Quando si scioglie la neve

di _kookieo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo II: Reprise ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Interludio ***
Capitolo 8: *** Capitolo VI ***
Capitolo 9: *** Capitolo VII ***
Capitolo 10: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 11: *** Capitolo IX ***
Capitolo 12: *** Capitolo X ***
Capitolo 13: *** Capitolo XI ***
Capitolo 14: *** Capitolo XI: Reprise ***
Capitolo 15: *** Capitolo XII ***
Capitolo 16: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 17: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 18: *** Capitolo XV ***
Capitolo 19: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 20: *** Capitolo XVII : Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


CAPITOLO I
 

Amor con l'età fervida
convien che si dilegue;
ma l'amistà ne segue
fino a l'estremo dì.

 
 
(Giuseppe Parini, Il brindisi, 1761)
 

 

28 dicembre 2016

Quella notte qualcuno tra le nuvole lassù sembrava aver deciso di voler ricordare ai mortali il vero significato della stagione che loro definivano con il nome inverno. La temperatura aveva raggiunto i -10°, quattro gradi più sotto delle minime medie invernali per la città di Seoul. Il cielo notturno era se possibile ancora più nero del solito e la presenza della luna si percepiva solo grazie alla pallida luce irraggiata dietro ai nuvoloni scuri che cercavano di coprirla, e che rendeva i loro contorni più evidenti e minacciosi. I fiocchi di neve cadevano gonfi precipitandosi e quando si posavano sul viso dei passanti esplodevano trasformandosi in fastidiose grosse gocce umide e fredde. Il vento soffiava agitato, rendendo del tutto impossibile servirsi di un ombrello. I pochi passanti che cercavano di aprirlo dovevano desistere subito, il turbinio d’aria troppo forte perché potesse aprirsi propriamente. Fino alla settimana prima un tempo del genere forse non avrebbe fermato le folle, smaniose di terminare gli ultimi acquisti di Natale per parenti e amici. Oggi però, quando già le carte delle confezioni regalo erano state stracciate e i fiocchi dei nastri sciolti, solo chi doveva necessariamente uscire si sarebbe avventurato per le strade.

Non avrebbe potuto esserci un contrasto maggiore tra ciò che stava avvenendo all’esterno e l’atmosfera nell’appartamento 503. La grande ghirlanda appesa fuori dalla porta d’ingresso era la perfetta anteprima di ciò che si sarebbe potuto trovare all’interno. Calore, accoglienza, allegria. Le decorazioni e i ninnoli natalizi che abbellivano pareti e mobili della stanza principale della casa segnalavano una grande cura e attenzione da parte di coloro che li avevano disposti. Il pavimento di parquet marrone chiaro era pulito e lucido, tranne alcuni graffi attorno alle gambe dei due divani e altri curiosamente al centro della sala, come se qualcuno ci avesse sistematicamente strisciato con delle scarpette. Il lampadario emetteva una luce calda leggermente fioca, tipica delle lampadine a risparmio energetico, che avvolgeva l’ambiente amalgamando i colori e creando giochi di sfumature e ombre tra i rami del piccolo abete decorato a festa. L’alberello era stato posto vicino al televisore e spinto bene verso il muro, in quella che forse era l’unica posizione che non desse intralcio, come aveva sostenuto uno dei tre inquilini della casa, ma che vista la lontananza dalla finestra all’altro lato della stanza era anche la meno indicata per la povera pianta, come aveva ribadito più volte un altro. Il terzo aveva semplicemente scrollato le spalle e l’alberello era così rimasto nel suo angolo, gonfio di ghirlande oro e argento e pesante di palline rosse. Nell’altra metà della stanza, un grande tavolo rotondo ospitava sette piatti, sette bicchieri, sette coppie di bacchette e tre bottiglie di birra Hite.

Un ragazzo sulla ventina si affacciò sulla soglia della cucina, che si trovava di fronte al tavolo. Andò in direzione di altri due ragazzi, più o meno anche loro della sua età, che si trovavano seduti con le spalle vicine presso la tavola. Il loro chiacchiericcio animato si spense all’improvviso appena videro l’altro che si avvicinava. O meglio, videro cosa indossava. Sopra al suo maglioncino di lana bouclè grigia il ragazzo aveva messo quello che doveva chiaramente essere un grembiule da cucina femminile, rosa a pois bianchi, con merletto ai bordi e taschina in alto al centro all’altezza del petto e con tanto di cuore rosso stampato sulla tasca a concludere l’opera. Le risate che seguirono il primo secondo di frastornamento non sorpresero Jimin. Quando uno dei due, più piccolo dell’altro per età, ma decisamente non per altezza, si era gettato in avanti sulla sedia e si era messo a ridere fragorosamente applaudendo ripetutamente, non aveva potuto far altro che mettersi le mani sui fianchi, alzare gli occhi al cielo e poi sorridere anche lui. Sapeva di essere abbastanza ridicolo. L’altro ragazzo seduto aveva avuto una reazione più contenuta, ma la sua espressione tradiva comunque divertimento anche se misto a un po’ di perplessità. Quando aveva visto Jimin uscire così dalla cucina sulle prime era rimasto incredulo, ma quando poi Hoseok si era piegato in due per il ridere lui aveva cercato di smorzare la risata che già gli era in parte uscita con una mano. Non riuscendo però a trattenersi del tutto, soprattutto per colpa del comportamento dell’amico lì vicino, si arrese ad una piccola risata e drizzandosi su con le spalle cercò di dire nella maniera più composta possibile: 

– Oi, Jimin-ah.. – pausa per soffocare risatina – che cosa… – altra pausa per altra risatina ­ – quali sevizie ti stanno infliggendo in quella cucina? Non so se voglio metterci piede. – e si mise a ridere di più, visto che Hoseok a questo commento aveva praticamente iniziato ad ululare.

– Jungkookie ha trovato questo grembiule in un cassetto della cucina e ha voluto che lo indossassi, io ho detto di no, ma non mi ha dato scelta. – rispose Jimin con tono di sconfitta, fingendosi triste, ma con gli occhi che tradivano il suo divertimento. Un viso sorridente, contornato di lisci e morbidi capelli marrone scuro fece capolino dalla porta della cucina. –  Allora? Che ve ne pare del nostro Jiminie-hyung? – Entrò in sala allegramente, guardando Hoseok e Yoongi con sguardo furbo e vivace. Indossava un maglione nero, la cui stoffa morbida era sottile per essere un maglione invernale, ma sufficiente a mantenerlo al caldo. Gli scendeva fino a poco sotto la cintura dei jeans, lento lungo i fianchi e rimanendo più aderente sul petto così che, grazie anche al colore scuro, riusciva a mettere in evidenza tutta la gloria del suo fisico allenato e della sua giovane età. Aveva 19 anni, ma vestito così avrebbe potuto sembrare un coetaneo di Jimin.

– Junkookie! Lo odi così tanto? – Disse Hoseok non riuscendo a smettere di ridere.

– Era nel cassetto di Jin!! – rispose Jungkook.

– Cosa sta succedendo dentro quella cucina? Jin! – chiamò Yoongi alzandosi lentamente. Si portò di fianco a Jimin, il quale nel frattempo arrendendosi agli eventi presenti aveva ora semplicemente incrociato le braccia sul petto, abbassato la testa e si stava portando una mano sugli occhi con fare sconsolato. Yoongi strinse con la mano sinistra la spalla destra del ragazzo e continuò a chiamare guardando in direzione della cucina quello che a questo punto era il principale indiziato per le nefandezze che stavano avvenendo davanti ai fornelli. 

– Jin-huyng! Sei il più grande! Cosa stai facendo a questi due bimbi?

I quattro ragazzi presero a ridere ancora di più, ormai l’uno contagiato dall’altro, e quando Jimin tra le risate si avvicinò di più a Yoongi, posandogli di istinto la testa sulla spalla, l’altro gli mise una mano sul fianco, quasi ad abbracciarlo. Durò un momento, poiché dalla cucina si levò uno sbuffo esasperato e Jimin si staccò da lui per guardare il ragazzo che rispondeva al nome di Jin arrivare come una scheggia.

– Jungkookie lo ha tirato fuori, perché state incolpando me?? – esclamò cercando di essere serio all’inizio, ma scoppiando a ridere appena finita la frase.

– Perché è il tuo! Mio no, e Namjoon non cucina, sei tu quindi il proprietario. ­– spiegò Yoongi.

Con le larghe spalle che sussultavano per il ridere e leggermente rosso in viso, Jin chiuse gli occhi per un momento, e dopo aver tirato un profondo sospiro rispose di averlo vinto ad una pesca di beneficienza e visto che il grembiule era assolutamente funzionale non aveva visto il senso di buttarlo solo per la discutibile fantasia.

– Forse piace a Namjoon-hyung. – disse Jungkook maliziosamente appoggiandosi con le mani al tavolo e piegandosi a ridere. A questo punto Hoseok si buttò letteralmente per terra, ormai con le lacrime agli occhi e lo stomaco che faceva male. Jimin prese a ridere ancora di più anche lui, lievemente rosso in viso per via dell’allusione di Jungkook, mentre Yoongi fece una smorfia schifata mormorando – Vivo qui, vi prego, cosa fate in quella cucina?

Jin si fece color porpora:

– Come siamo arrivati a me, il più innocente qui dentro, accusato di sevizie e atti di dubbio gusto quando è Kookie che ha fatto tutto??

Hoseok si rialzò da terra e con le poche forze che gli rimanevano chiese ansimando a Jungkook perché avesse voluto far indossare a Jimin quel grembiule tremendo.  

– Ho pensato gli si addicesse. ­– rispose semplicemente. Sembrava una presa in giro, ma l’affetto che c’era in quelle parole era evidente. Avvicinandosi a Jimin aggiunse poi tranquillo, sorridendo: – E poi fai sempre tutto quello che ti dico di fare, quindi è divertente.

Mentre Jimin prendeva a ridere di nuovo e dava dei piccoli colpetti veloci sulle braccia a Jungkook, Jin, fremente dall’inizio, richiamò i più giovani all’ordine, ricordando che c’era una cena da preparare e che sia il ramyeon che gli spiedini non si sarebbero messi sul fuoco da soli.

Yoongi non aveva apprezzato il modo in cui Jungkook aveva guardato Jimin mentre rispondeva alla domanda di Hoseok. Non era il solito sguardo furbo e sicuro tipico di Jungkook, il ragazzo che eccelleva in tutto ciò che decideva di fare. C’era qualcosa di più, non necessariamente negativo, ma che per qualche ragione faceva scaturire in Yoongi un sentimento simile alla preoccupazione. Non era la prima volta che si sentiva così nei confronti del ragazzo più piccolo, c’erano stati altri episodi in cui il suo stomaco si era sentito strano di fronte alle interazioni tra Jimin e Jungkook. Come se fossero presagi di qualche pericolo incombente. Era una cosa piuttosto sciocca da pensare. Ma Min Yoongi, 23 anni, laureato in Music Production, praticante in un’etichetta discografica da un anno, pensava spesso cose sciocche. Questa era ovviamente la sua personale opinione, la quale non era l’unica che contasse, ma certamente l’unica che avrebbe mai sentito visto che non era solito condividere ciò che passava ore a rimurginare. Per questo motivo, giusti o sbagliati che fossero, i giudizi sulle idee di Min Yoongi erano dati solo da Min Yoongi e Min Yoongi aveva decretato che tutta questa cosa, letteralmente non sapeva come altro definirla se non cosa, che sentiva per Jungkook era un’altra delle tante cose sconclusionate che si muovevano nella sua mente sovraffollata. Non aveva nulla contro Jungkook. Davvero. Era un ragazzo in gamba e Yoongi non aveva avuto problemi ad accettarlo quando aveva iniziato a diventare prima un ospite fisso delle loro cene di gruppo e poi di conseguenza un membro della loro compagnia. Queste cene a casa di Yoongi, Jin e il suo ragazzo Namjoon erano iniziate un paio di anni prima che Jungkook si trasferisse a Seul, quando ancora Namjoon non era ufficialmente fidanzato con Jin, Jimin e Tae erano al loro primo anno di università, ed era Hoseok a vivere in questa casa. Seppure amico con quest’ultimo da sempre, i primi due anni di università Yoongi li aveva passati in appartamento da solo. Hoseok, o Hobi, come a volte si divertiva a chiamarlo, era il suo unico vero amico e dato che durante il suo primo anno di università il ragazzo frequentava ancora l’ultimo anno della scuola superiore, Yoongi aveva deciso di affittare un piccolo studio per conto suo. Non era un granché, ma gli permetteva di concentrarsi sulla musica e i suoi studi. Neppure in seguito, durante il secondo anno di università, i due avevano potuto convivere, poiché nell’Accademia di ballo a cui Hoseok era stato ammesso vigeva la regola per le matricole di vivere il primo anno in campus. Dal terzo anno però le cose cambiarono. Hoseok era finalmente libero di scegliersi una casa ed ovviamente sapeva che sarebbe andato a vivere con Yoongi. Una coincidenza fortunata volle che durante il corso di rappresentazione teatrale a cui si era iscritto e che frequentava due volte a settimana facesse amicizia con l’all’epoca ventenne Kim Seokjin. Jin veniva da una famiglia piuttosto agiata, che possedeva un bell’appartamento spazioso con tre camere in una buona zona di Seoul. I suoi genitori gli avevano lasciato l’appartamento a disposizione, ma lui non si era ancora mai deciso a trasferirvisi. Quando aveva saputo che Hoseok stava cercando casa con un amico per l'anno scolastico successivo non aveva esitato due volte a proporgli di andare a vivere insieme a partire dall'estate. I due ragazzi si trovavano bene l’uno con l’altro, erano entrambi socievoli e pronti allo scherzo e dunque avevano legato più o meno sin da subito.

Yoongi aveva fatto la conoscenza di Jin una sera davanti a un ricco barbeque. Avrebbe detto di sì alla convivenza anche a scatola chiusa: innanzitutto il suo interesse principale era vivere con Hoseok ed era questo ciò che lo interessava; in secondo luogo, sembrava che all’amico piacesse davvero questo ragazzo e dunque Yoongi si fidava del suo giudizio. In ogni caso Hoseok ci teneva che i due facessero conoscenza prima del trasferimento e dunque accettò la proposta. Non se ne pentì perché passò una bella serata, durante la quale tra l’altro apprese che Jin era molto bravo a cucinare, un bonus assolutamente da non sottovalutare. Quella sera il ragazzo più grande pagò la cena, la prima di una lunga serie di volte in cui il suo portafogli sarebbe venuto in soccorso dei due, nettamente più squattrinati. Il bello di Jin però è che faceva cose del genere senza la minima traccia di presunzione o vanità. Non metteva mano al borsellino con aria di chi può concedersi tutto e regala in modo magnanimo il suo aiuto ai bisognosi. Yoongi aveva capito fin da subito che lo faceva per sincera generosità e con totale disinteresse. Questa impressione gli era stata confermata sempre di più durante il periodo di convivenza e si era dunque trattata di una delle poche volte in cui una sua idea non si era rivelata sciocca. Yoongi era grato a Jin anche di questo.

Jin non faceva mai nulla per apparire “figo”. Non era un qualcosa che ricercava perché onestamente non ci si sentiva. Aveva senza dubbio una bella presenza. Soprattutto quando indossava maglie a collo alto, come aveva fatto la sera del loro primo incontro in quel ristorante elegante dalle sedie con cuscini rossi, Jin aveva un portamento incredibile. Il suo volto era regolare e piacevole, i capelli castani e le labbra piene dalla forma insolita rendevano particolarmente bello un viso che sarebbe altrimenti stato semplicemente bello. Le grandi spalle e il torace ampio e ben sviluppato, oltreché l’altezza, completavano il quadro di una persona obiettivamente di bell’aspetto. Jin se ne rendeva conto, come però si rendeva anche conto di essere obiettivamente goffo. Dalla goffaggine però nasceva anche la spontaneità, e per questo Yoongi era più che contento di star ancora condividendo, tre anni dopo, lo stesso tetto con lui. Vivere invece con Hoseok un po’ gli mancava, anche adesso dopo più di un anno. Nell’estate dell’anno precedente l’amico era dovuto partire per uno stage di sei mesi che si era aggiudicato tramite la sua Accademia di danza. In quello stesso periodo Jin e Namjoon avevano ufficializzato la loro relazione per cui era sembrata a tutti l’opzione più naturale che quest’ultimo prendesse il posto lasciato da Hoseok. Yoongi anche in quel caso non aveva avuto nulla da ridire, in fondo era grazie a lui se i due si erano messi insieme e Namjoon era una persona come si deve. Quando poi Hoseok era tornato a novembre era andato a vivere in un altro appartamento insieme a Jungkook, “trovato” da Taehyung in qualche modo – Yoongi non ricordava mai bene i particolari dell’incontro tra i due – e praticamente adottato dal gruppo degli altri sei che ormai erano diventati come una grande famiglia. Ed esattamente come una famiglia si comportavano, senza filtri e stuzzicandosi a vicenda. Come stava avvenendo ora.

– Ma Namjoonie? Dov’è?? Hey, Namjoon-ah! – Hoseok guardò dall’altro lato della sala, verso il divano, cercando segni di vita dall’altro ragazzo. Nel frattempo dalla cucina iniziarono ad arrivare suoni di pentole che sbattevano e attività in atto, al che Yoongi pensò che finalmente le urla di Jin avevano avuto effetto e ci si stava dando seriamente da fare per preparare da mangiare. Mentre tornava a sedere sulla sedia da cui si era alzato prima guardò il vecchio orologio vicino la porta della cucina. Era appeso in equilibrio precario, ma miracolosamente ancora mai caduto. Il chiodo lo aveva messo Namjoon una giornata di due anni prima, quando la sua presenza in quella casa era solo di visita e doveva ancora dimostrare a Jin di essere un uomo, come disse esplicitamente Namjoon stesso. Guardando il risultato finale tutti i presenti in quel momento pensarono, ovviamente senza esprimerlo ad alta voce, che la decisione di Jin sul se Namjoon fosse un vero uomo o meno sarebbe sicuramente dipesa da altro. Nonostante tutto però, il chiodo reggeva ostinato. E l’orologio ora impolverato (nessuno si azzardava a toccarlo per pulirlo, nemmeno il super ordinato Jin) rimaneva impettito lì anche quella sera, segnando le otto e mezza precise. Yoongi si lasciò sfuggire un sospiro, lo stomaco che brontolava.

– Ha le cuffie, non sente! – suonò nel frattempo un’altra voce. Senza sentirlo parlare, nessuno avrebbe mai associato quelle parole calde e basse con la figurina di ragazzo che le aveva pronunciate. L’aspetto esile e delicato di Kim Taehyung non avrebbe infatti mai fatto pensare che potesse nascondere una tale tonalità di voce. Questa era però solo una delle tante cose che lo rendevano una persona particolare. Uscendo dal bagno ed entrando in sala aveva sentito l’amico chiamare Namjoon e poiché lo aveva visto alla sua sinistra sul divano agitare la testa a ritmo di musica con le cuffiette nelle orecchie si era sentito in dover di comunicarlo. Non sapeva bene cosa stesse accadendo, ma l’importante per Taehyung era buttarsi e partecipare, che si trattasse di grandi sfide della vita o conversazioni altrui senza importanza come quella in svolgimento ora. Mentre si avviava verso il tavolo cambiò direzione bruscamente, andando verso il divano, un’idea chiaramente in testa. La felpa rossa oversize che stava indossando lo faceva sembrare ancora più sottile, ma difficilmente quando si era attorno a Taehyung ci si riusciva a ricordare di quanto fosse gracile. L’energia che sprigionava dalle sue piccole ossa metteva in ombra tutto il resto e trasformava quella che all’inizio sembrava solo delicata fragilità in grazia. I suoi movimenti frenetici diventavano grazie al suo aspetto estremamente eleganti. Un’altra delle particolarità di Kim Taehyung, ventuno anni, specializzando al secondo anno di Arti Figurative.

Si avvicinò silenziosamente e a passetti piccoli al ragazzo che stava ascoltando la musica ad occhi chiusi, i piedi al caldo nei calzini grigi che battevano il ritmo. Taehyung gli si portò di lato, facendo ben attenzione ad essere il più silenzioso possibile, si piegò in avanti, poi strappò all’improvviso la cuffietta dall’orecchio della vittima e lo chiamò col suo nome urlandogli direttamente nel timpano.

L’urlo e salto del malcapitato Namjoon seguirono all’istante. Si ritrasse a un lato del divano con le mani davanti al petto, guardando con occhi spaventati la fonte del suo terrore.

– Taehyung!!! Che diamine…???

Il ragazzo in piedi di fronte a lui si mise semplicemente a ridere e Yoongi e Hoseok fecero lo stesso. Spaventare Namjoon era fin troppo facile, ma non per questo meno divertente. Saltellando per unirsi agli altri due, Taehyung comunicò a Namjoon che era probabilmente tempo di alzarsi da quel divano e sospirando Namjoon concordò. Mentre si alzava pigramente dal soffice divano nero e si avviava verso il tavolino, Hoseok gli disse:

– Ci chiedevamo cosa ne pensassi del grembiulino rosa di Jin.

– Quale grembiulino? –  Fece perplesso in coro insieme a Taehyung, il quale aveva perso tutto ciò che era accaduto mentre si trovava in bagno. Rispose Yoongi:

– Jiminah lo sta indossando ora.

Mentre però Taehyung si precipitò subito in cucina curioso di capire di cosa si stesse parlando, Namjoon scrollò semplicemente le spalle e si mise a sedere su una sedia, a un posto di distanza da Hoseok. Quest’ultimo osservò per un attimo il ragazzo che si era appena seduto.

–  Ci sono ospiti e tu li ignori.

–  Ti senti davvero nella categoria “ospite”?

–  Come sei rude Joonie. – disse Hoseok fingendo un’espressione ferita. Si rivolse poi a Yoongi: – Yoongi-ah, spiegami di nuovo come una persona così cortese e affabile come te sia finita amica di questo cafone?

– Era bravo a scuola.

La risposta asciutta di Yoongi arrivò mentre Namjoon si portava una mano sugli occhi ripetendo sottovoce –  Cortese e affabile… – e scuoteva la testa ridendo tra sé.

Kim Namjoon, classe 1994 come Jung Hoseok, sapeva fare tante cose. Parlare l’inglese, comporre musica e saltare anni scolastici per via della sua intelligenza erano nella lista. Cucinare o rendersi utile in casa non erano decisamente nella lista. Era anzi molto meglio non fargli toccar nulla, come dimostravano i numerosi cocci che ora giacevano nei cimiteri delle discariche di Seoul, resti di tazze che avevano avuto la sfortuna di fare l’incontro con le mani di Namjoon. Consapevole di questo suo limite, il ragazzo aveva reputato più opportuno non dare nell’occhio, e soprattutto non sabotare la cena di sette persone, mettendosi semplicemente tranquillo in un angolo del divano ad ascoltare nuova musica. Di solito in effetti pur non aiutando rimaneva con gli altri ragazzi per chiacchierare, ma oggi per qualche motivo si sentiva particolarmente stanco per cui aveva scelto la soluzione più riposante. In ogni caso Jin se la cavava egregiamente in cucina, si sarebbe occupato lui di tutto. Come al solito d’altronde.

Le risate di Taehyung che doveva aver visto Jimin nella sua tenuta rosa riempirono la stanza e furono seguite a breve da un nuovo urlo esasperato di Jin, al momento intento ad occuparsi delle verdure. Avere persone extra in cucina lo rendeva inquieto e la sua capacità di sopportazione quando oltre che a star cucinando era anche affamato diventava pari a zero. Tae stava distraendo sia Jimin che Jungkook, i quali avevano ripreso a ridere, e vista l’ora tarda al momento questo era un lusso che non ci si poteva permettere.

– Taehyungieee, non distrarmi la manovalanza!!!

Ognuno aveva il proprio ruolo all’interno di quella organizzata cucina, come sempre. Jungkook si stava occupando del ramyeon, per la cui preparazione sembrava provare una particolare simpatia e dunque quasi sempre si incaricava lui del compito di cucinarlo. Jimin era intento a preparare gli spiedini di carne, cavandosela piuttosto bene, mentre Jin, che si era messo un grembiule bianco per proteggere la maglia verde muschio e il cardigan beige che portava sotto, sovrintendeva e guidava come un abile capitano di nave tutte le operazioni culinarie, dispensando consigli e guidando i più inesperti. Gli sarebbe piaciuto che anche Namjoon avesse quantomeno provato ad imparare qualche piatto, ma ormai era un desiderio che sapeva non avrebbe visto esaudito in questa vita. Forse nella prossima, se le loro anime si fossero incontrate di nuovo, come lui sperava, avrebbe avuto più fortuna.

Come se Jin non avesse nemmeno parlato, Taehyung per tutta risposta si mise la mano nella tasca dei jeans grigi, tirò fuori il cellulare e mise della musica. Jimin prese a cantare la canzone sottovoce, muovendo leggermente la testa e facendo così cadere un po’ di ciuffetti di capelli neri davanti agli occhi, e aggiunse un pochino di olio a quello che già sfriggeva nella pentola con gli spiedini. Taehyung, che nel frattempo si era avvicinato saltellando a Jungkook, anche lui vicino ai fornelli, gli si mise a ballare dietro e Jungkook non esitò ad unirsi, agitando il bacino e le braccia a ritmo di musica e ridendo divertito. A questa scena Jin posò rumorosamente sul bancone la pentola su cui aveva appena messo le verdure crude e che si stava avviando a mettere sul fuoco e guardò i due con sguardo glaciale. Jimin dal canto suo semplicemente sorrise. Di nuovo ignorando del tutto l’impazienza del più grande, Taehyung continuò a ridere e prese Jungkook per i fianchi, aggrappandosi al maglione nero e sporgendosi al di là della sua spalla per osservare la situazione del cibo in preparazione. Il suo viso si rabbuiò. Il ramyeon non dava segni di essere ancora pronto e la carne degli spiedini era decisamente più rosa di quanto si fosse aspettato. Capendo che il momento di cenare non era poi così vicino come credeva sospirò deluso:

– Aaah, perché ancora non è pronto nulla?

– Non sarà pronto mai se non esci da questa cucina! – sbottò Jin, serio in teoria, ma incapace di rimbrottare il più giovane senza accennare un sorriso alla fine della frase.

Ridacchiando Jungkook riprese a mescolare il brodo, mentre Taehyung a malincuore si staccò da lui e uscì, lasciandosi alle spalle l’ampio bancone moderno, le tende bianche della porta finestra e le mattonelle delle pareti umide per la condensa del vapore sprigionato dal cibo in cottura. Non ancora pronto ad accettare la sconfitta, tornò alla carica nell’altra stanza. Posò il cellulare che aveva in mano affianco al suo piatto, al posto che avrebbe poi occupato durante la cena, vicino a Namjoon, e prese ad improvvisare un nuovo balletto di fronte ai tre ragazzi. Come era prevedibile Hoseok si alzò all’improvviso, entusiasmato dal ritmo, e si unì gioioso alla danza di Taehyung, facendo versetti acuti e agitando vivacemente le mani in ogni direzione. La netta disparità nelle capacità motorie dei due non scoraggiò all’iniziò Taehyung, il quale cercò di star dietro agli intricati movimenti dell’altro. Non poteva però competere con un ballerino semi-professionista, per cui dopo un po’ semplicemente si fermò, ridendo forte e continuando ad osservare Hoseok e la sua inesauribile energia.

Era davvero felice che Jimin fosse entrato nella stessa Accademia di danza del ragazzo e i due avessero così potuto avere l’occasione di diventare amici. Hoseok era al secondo anno quando aveva conosciuto Jimin, il quale invece aveva appena iniziato ed era quindi nuovo al mondo al di fuori della scuola superiore, come d’altronde lo era anche lui, Taehyung. I due ragazzi, all’epoca entrambi di diciotto anni, si conoscevano da quando ne avevano tredici e perciò ovviamente si erano trasferiti in casa insieme. Sebbene a volte fosse faticoso vivere lontani dalla propria famiglia, per Taehyung era comunque bello affrontare le piccole e grandi novità della vita da adulti con il proprio migliore amico. Rendeva tutto più semplice e più magico, se ciò poteva avere un senso. Erano entrambi alla scoperta dell’universo e della vita e intraprendere insieme questa avventura significava non solo condividere i momenti di difficoltà, ma anche contagiarsi a vicenda, passarsi tutto l’entusiasmo e la curiosità che potevano avere due ragazzi ancora estremamente giovani. Significava trasmettersi emozioni e guardare la realtà l’uno con gli occhi dell’altro, come appunto per magia. Sarebbe stato difficile dire fino a che punto ciò che ognuno dei due era ora non fosse stato dovuto alla presenza dell’altro nella propria vita. Proprio come una coppia di fratelli.

Era stata proprio questa loro unione a portare indirettamente alla situazione presente. Jimin aveva preso ad un certo punto a frequentare sempre più assiduamente la casa di Hoseok, quindi all’epoca questo appartamento, perché quest’ultimo si era offerto di aiutare il più piccolo con gli esercizi di danza. Il grande salotto spazioso era infatti ideale per muoversi liberamente, decisamente il contrario di quanto sarebbe accaduto nella piccola zona giorno della casa di Taehyung e Jimin. Quando per la prima volta Jin gli propose di fermarsi a cena con loro, Jimin, sentendosi in colpa all’idea di lasciare Taehyung da solo tutta la sera, chiese se poteva chiamare anche lui. Si può dire che fu da quel giorno che le ormai tipiche cene della compagnia ebbero inizio.

Mentre Hoseok continuava a far mostra delle sue doti di ballerino sotto lo sguardo divertito di Taehyung, impassibile di Yoongi e perplesso di Namjoon, dalla cucina si sentì arrivare nuovamente la voce di Jin, che chiedeva una mano da parte di qualcuno per occuparsi del taglio della frutta. Gli piaceva avere tutto già pronto e presentato in maniera appetitosa e invitante, per cui anche l’impiattamento della fine del pasto doveva essere preparato con cura. Rabbrividiva all’idea di quelle ciotole enormi dove la frutta veniva ammassata senza un ordine e lasciata alla mercé di ogni mano. Yoongi decise di proporsi. Far andare Namjoon non era in nessun caso una buona idea, neppure per sbucciare una mela, e Taehyung e Hoseok avrebbero rischiato di compromettere definitivamente i nervi già provati del capo cuoco. Entrò nella ariosa cucina trascinando leggermente i piedi. I pantaloni neri di tuta che stava indossando erano troppo grandi per lui, per cui gli davano un po’ di difficoltà quando camminava. Non voleva decidersi a buttarli perché ci era affezionato, ma li aveva dovuti relegare alla funzione di vestiti per casa. Non era inusuale per Yoongi indossare indumenti più grandi di lui. Non era alto, le sue spalle erano piuttosto strette e le ossa delle gambe estremamente sottili. Non sapeva nemmeno se avrebbe potuto metter su una massa muscolare, qualora un giorno ne avesse mai sentito il desiderio per qualche assurdo motivo. Per ciò che faceva aveva comunque bisogno solamente del suo orecchio musicale, che era ben allenato, e delle sue mani, anche loro della grandezza giusta e stranamente piuttosto maschili. Il resto di sé Yoongi non lo considerava particolarmente maschile, né tantomeno attraente. Questa era un’altra di quelle verità a cui credeva ciecamente e che non aveva mai dato l’opportunità a nessuno di sconfessare poiché rimanevano solo nella sua testa.

Tirandosi su le maniche della felpa che aveva messo sopra una maglietta nera a righe bianche chiese istruzioni precise su cosa dovesse fare. Sbrigativamente Jin gli disse come muoversi e lo mise a tagliare frutta seduto sul piccolo tavolo quadrato della cucina. Mentre era intento in questa occupazione la sedia vicino a lui si mosse, spostata da una coppia di piccole mani tondine. Riconobbe subito il proprietario. Jimin. Il ragazzo si sedette di fianco a Yoongi e appoggiando i gomiti sul tavolo si portò un braccio a tenere la testa mentre con l’altra mano si mise ad usare il suo telefono. Il suono del coltello che sbatteva sul tagliere, lo sfrigolare dell’olio e l’ululato del vento fuori dalla finestra furono per qualche minuto gli unici suoni nella stanza. Dopo un po’ Jimin parlò:

– Ho fame, hyung.

– Anche io Jimin-ah, ma in questa cucina accadono cose strane e noi intanto fuori moriamo di fame. – Girò la testa di lato per guardarlo e squadrandolo velocemente sorrise:

– Jungkookie ha ragione, ti si addice.

– Woaah, basta, per favore – rispose l’altro, sorridendo a sua volta e coprendosi il volto con una mano. Le orecchie gli si erano fatte leggermente rosse.

– Jimin-ah, devi imparare a farti rispettare. – disse guardandolo con uno sguardo misto a divertimento e tenerezza. Jimin si limitò a fare spallucce, sempre sorridente, dando ad intendere che quello era lo stato delle cose e ormai se ne era fatto una ragione.

– Farsi rispettare?? Yoongi-hyung, non mettergli strane idee in testa!

Jungkook aveva udito quanto i due ragazzi si erano detti e si stava dunque precipitando ad andare in difesa dei propri interessi. Il suo ramyeon era pronto, un coperchio messo sopra al pentolone per tenerlo caldo. Avvicinandosi a Jimin gli mise le mani sulle spalle e con una salda stretta gliele scosse leggermente. Jimin emise un finto gemito di dolore. Jungkook lo guardò solo per un attimo. Era consapevole di essere molto più forte sia di Jimin sia di chiunque altro del gruppo, ma sapeva anche di essere bravo a regolare bene la sua forza e dunque era anche sicuro che Jimin non stesse provando realmente dolore. Facendo scorrere le mani lungo il maglioncino grigio le portò ai lati del braccio del ragazzo, continuando a tenerlo ben stretto e piegandosi leggermente verso di lui.

– Se non fosse arrendevole, non sarebbe Jimin-hyung. – concluse sorridendo.

Yoongi dette un piccolo sorriso alle parole del ragazzo, guardandolo velocemente per poi tornare a fissare lo sguardo sulla lama del coltello, bagnata di piccole goccioline di succo di mela. Prese a contarle e poi si chiese perché. Nel frattempo Jimin stava cercando di difendersi. La sua risata chiara e dalla tonalità leggermente più acuta del normale per un ragazzo era decisamente segno di come non si fosse offeso.

– Io non sono arrendevole! – disse accompagnando le parole a piccoli colpetti sul braccio di Jungkook. Da parte sua Jungkook semplicemente alzò un sopracciglio e disse:
– I tuoi spiedini stanno per bruciarsi, devi girarli.

Jimin si fece quasi serio e molto incredulo: – Non puoi andare tu visto che sei in piedi?

– No.

Con un sospiro Jimin si alzò e si affrettò verso il fornello, terrorizzato all’idea di commettere un simile errore davanti a Jin. Eppure Jin avrebbe urlato se avesse visto qualcosa bruciare… Yoongi sapeva cosa stava per accadere, e scosse la testa come a dire non c’è davvero speranza che impari.

– Li avevi girati tu gli spiedini, ma mi hai fatto alzare!! – esclamò appena vide la situazione della carne nella padella. La risata di Jungkook irruppe fragorosa e anche Jin nonostante tutto quel caos prese a ridere piano. Jimin era davvero senza speranza.

Avvicinatosi con una piccola e leggera corsa al ragazzo che continuava a ridere piegato in due e battendo piano le mani, Jimin prese a dargli altre piccole botte sulle braccia, in parte divertito anche lui, in parte lamentandosi.  

– E avevi detto che non eri arrendevole!! – questo pensiero suscitò ancora più ilarità in Jungkook che tra le risate sollevava le braccia cercando di ripararsi dagli attacchi di Jimin. Alla fine decise di porre fine alla situazione bloccandogli entrambe le mani, girandolo e prendendolo su per un fianco come se fosse stato una piuma. Quando lo sollevò da terra Jimin si mise a ridere ancora di più e prese a scalciare piano senza però molta convinzione, sapendo di non avere speranze di liberarsi da quella morsa da solo senza che Jungkook decidesse di sua volontà di lasciarlo andare. Yoongi si fissò ad osservarli.

La voce di Jin che decretava con sicurezza – Fra venti minuti mangiamo. – lo scosse e lo fece tornare alla sua frutta, riportando anche gli altri obbedienti alle loro file. Jimin, finalmente rimesso giù, si posizionò di nuovo nella sua postazione davanti alla carne, mentre Jungkook, che non aveva più nulla di particolare da fare, decise di sistemarglisi vicino, piegandosi con un braccio lungo il bancone e dicendo cose che portavano l’altro a ridere in continuazione.

In effetti, come profetizzato dallo chef, dopo venti minuti tutto era pronto. Quando si misero a tavola portando il cibo fumante, Jimin prendendo posto vicino a Yoongi, Jungkook tra Jimin e Taehyung e Jin in mezzo a Namjoon e Hoseok, i tre ragazzi furono accolti dall’applauso generale degli altri quattro, ormai in lacrime per la gioia di poter finalmente placare i loro stomaci. La serata procedette tranquilla come sempre, al caldo confortevole di quella casa che ormai da diverso tempo aveva smesso di essere solo casa dei legittimi inquilini e aveva preso ad essere un po’ la casa di tutti. Vi furono come sempre urla, risate, le battute imbarazzanti da parte di Jin, i salti improvvisi sulla sedia di Hoseok, le frasi senza senso di Taehyung, momenti di caos e momenti di silenzio confortevole. Il piccolo universo che si erano creati, l’equilibrio che avevano costruito nel corso degli anni era sempre riuscito a mantenersi stabile. Non si era scomposto nemmeno quando Yoongi e Namjoon si erano laureati e avevano preso a lavorare. O quando Hobi aveva cambiato casa. Neppure quando si era unito al gruppo Jungkook. Le stagioni si erano susseguite, la natura attorno a loro aveva spesso mutato forme e colori, e loro stessi erano cambiati a poco a poco, in quella crescita continua che è tipica dell’inizio della giovinezza, senza che tutto ciò intaccasse il loro legame. In questo momento, chiunque tra i sette ragazzi avrebbe risposto che sì, di nuovo la primavera avrebbe trasformato il paesaggio e ancora una volta loro l’avrebbero salutata fieri della consapevolezza che se il passare del tempo poteva cambiare il mondo, non sarebbe riuscito ad avere effetto sulla loro unione. Ma la primavera era lontana e c’era ancora un altro inverno da passare.
 

 

 

 

Note dell’autrice: Ciao a tutti! Grazie tantissimo se avete letto questo primo capitolo e grazie ancora di più se dedicherete cinque minuti a leggere queste note. Questa è la prima volta che scrivo (o provo a scrivere) qualcosa che non sia una oneshot quindi non posso dire di essere pratica di storie lunghe. Lette tantissime, ma scritte, come ho detto, mai. Di solito sono sempre andata su storie autoconclusive e solo in un paio di casi le avevo cercate di allungare di qualche capitolo, ma poi non sapendo bene cosa fare della storia mi sono fermata (né le ho mai pubblicate). In questo caso invece per la prima volta ho progettato una trama completa per cui l’idea è quella di finirla. Scrivere mi piace tantissimo, ma non posso dire di essere una macchina sforna storie. Una volta che ho una trama scrivo anche per dieci anni, ma il mio problema è proprio creare trame. Dal momento che ora una trama ce l’ho, ho deciso di voler cimentarmi in questa impresa e dunque provare a buttarla tutta giù. L’ho preso come un esercizio per me stessa, per divertirmi a vedere come si fa a creare e realizzare una storia e dei personaggi dall’inizio alla fine. Mi scuso dunque fin da ora se a tratti nella mia storia dovessero capitare incongruenze o cose che hanno poco senso. Spero ciò non accada, ma gli errori capita di farli. Un feedback mi sarebbe dunque incredibilmente utile, per cui se avete modo di lasciare un commento mi fareste una donna davvero felice <3


Quanto ai personaggi della storia e a come saranno costruiti: una cosa a cui cerco sempre di stare attenta è la caratterizzazione, perché di solito non mi piacciono molto i personaggi OOC. Adoro i BTS con tutta me stessa, e vorrei davvero descriverli nella mia storia in modo tale che siano almeno simili alle loro vere (o comunque quelle che ci vengono mostrate) personalità. Non devono essere realistici al 100%, ma quantomeno credibili. Dato che non ho grande esperienza in fatto di creare personaggi per storie lunghe, se ci sono consigli (non solo qui, ma anche nel corso degli altri capitoli) sulla loro caratterizzazione, siete i benvenuti.


Queste note dovevano limitarsi a due righe, ma ecco già scritta una pagina di word. Mi fermo qui. Nelle note del prossimo capitolo magari entro più nel dettaglio della storia, ma per il momento non credo ci sia molto da dire, questo capitolo è introduttivo, l’azione inizierà a muoversi un pochino dal secondo. Per favore, se avete letto questo leggete anche quello. <3


PS: non sono mai stata a Seul, quindi le mie descrizioni della città sono assolutamente generiche, così come non so in dettaglio come funzioni il sistema scolastico coreano, per cui ho preso a riferimento quello europeo con scuola superiore di 4 anni e università con 3+2. Era più semplice fare così e poi a livello di trama la loro istruzione non è un punto chiave, per cui spero vada bene anche così ;)
 
Ci vediamo sul capitolo due, baci
Elle

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


CAPITOLO II

 

Il tempo fluisce in modo uguale per tutti gli uomini.

E ogni uomo galleggia nel tempo in maniera diversa.

 

 (Manuel Neila)

 

 

29 Dicembre 2016

 

La tempesta della sera prima aveva lasciato tracce del suo passaggio. La neve ricopriva le auto e quelle strade che ancora ancora attendevano di essere ripulite. L’erba corta dei cortili interni delle case era nascosta da un bianco strato alto diversi centimetri e camminando sul marciapiede bisognava far bene attenzione a non andare troppo veloci o si rischiava di cadere per colpa della sottile lastra di ghiaccio che si era formata durante la notte. Come spesso capita, il vento della bufera aveva anche però dissipato le nuvole e dunque quella mattina il sole era riuscito a fare di nuovo capolino tra i tetti dei grattacieli di Seul. Era un sole leggero e pallido, che lentamente stava sciogliendo la neve, ma che pur essendo già al punto massimo del suo percorso continuava a non essere sufficiente a riscaldare il viso delle persone. Per sottrarsi anche solo per qualche minuto alla morsa del gelo, numerosi passanti se incontravano sulla loro strada un caffè decidevano all’improvviso di fare una veloce deviazione dalla loro destinazione e di entrare per godere del calore all’interno, far riattivare i muscoli intorpiditi e magari comprare anche una bevanda fumante da tenere tra le mani durante il tragitto fino al luogo dove si stavano recando. Un signore di mezza età dall’aria rispettabile avvolto in un cappotto nero lungo entrò in un caffè molto carino, situato all’angolo di un grattacielo, tra un negozio di scarpe e un supermercato. Con passo frettoloso si avviò in direzione del bancone, senza far caso alle piccole pozzette che si erano formate davanti alla porta d’ingresso, residui lasciati dalle scarpe bagnate di ghiaccio di tutti coloro che quella mattina prima di lui avevano preso la sua stessa decisione ed erano passati da quella porta. Quando toccò il pavimento, la scarpa destra, già scivolosa di suo, non trovando attrito non poté far altro che navigare leggera sul sottile strato di acqua. Tale viaggio inaspettato costituì forse una fonte di avventura nella sua monotona vita di scarpa, ma di certo non fece piacere al suo proprietario, il quale solo grazie allo schienale di una sedia afferrato all’ultimo istante riuscì a non cadere come un sacco sulla propria pancia e tenersi in piedi. Imprecò sottovoce. Il rumore causato dall’episodio fece girare molte teste, ma quasi tutte si voltarono di nuovo velocemente nella direzione opposta, per discrezione ed empatia nei confronti dello sfortunato signore. Sebbene l’empatia fosse un tratto che in una certa misura poteva essere attribuito a Jung Hoseok, la discrezione, invece, se si fosse fatta una lista delle sue doti caratteriali non sarebbe apparsa nemmeno tra le prime mille. Si aggrappò al braccio di Seokjin, in piedi vicino a lui davanti al bancone del bar in attesa della cioccolata calda che avevano ordinato poco prima, stringendolo sempre più forte man mano che sentiva la pressione delle risate salire e battergli contro il petto, cercando una via di uscita.

– Hoseok, non ridere! – disse Jin sottovoce e a mezza bocca, divertito dalla scena anche lui, ma troppo educato per poter ignorare l’imbarazzo della situazione che si sarebbe potuta creare se Hoseok avesse davvero dato sfogo come avrebbe voluto al suo bisogno di ridere. Comunque, non sarebbe stato rispettoso nei confronti del signore. – Smettila. E lasciami che mi fai male!  

Quasi strozzandosi nei suoi stessi spasmi e fingendo un discutibile attacco di tosse Hoseok allentò piano la presa sul braccio di Jin e fece due respiri grandi prima di drizzarsi più su con le spalle e annuire in direzione dell’amico, come a dire ok, tutto risolto. Le sue guance rosse e occhi lucidi dicevano però ben altro e Jin si rese conto che doveva star facendo uno sforzo incredibile per trattenersi e dunque il pericolo non era ancora del tutto scampato. Pensò a qualcosa da dire per distrarlo:

– Mi sembra che oggi le prove stiano andando bene, non pensi?

Hoseok colse le sue intenzioni e cercò di concentrarsi sulla conversazione, nel tentativo così di dimenticare il signore dal cappotto nero che ora si era avvicinato anche lui verso il bancone.

– Sì, abbastanza direi. Non perfetto in alcuni dettagli, ma credo siano correggibili in una settimana.

– Vero. Tra l’altro la storia quest’anno è più interessante, quindi vedo più entusiasmo rispetto all’anno scorso e credo aiuterà poi nella riuscita finale.

Hoseok annuì, d’accordo con la considerazione dell’amico. Anche questo dicembre, come era accaduto nei passati tre, la piccola compagnia teatrale con cui recitavano Jin e Hoseok stava preparando lo spettacolo di metà anno che si sarebbe tenuto a gennaio. Solitamente ogni anno le rappresentazioni teatrali date dal gruppo erano due e quella principale, su cui si lavorava da ottobre a giugno, veniva messa in secondo piano nel mese di dicembre per poter prepararne un’altra, più semplice e meno impegnativa. Vista l’attrattiva esercitata sul pubblico da trame romantiche a sfondo natalizio, l’obiettivo dietro gli spettacoli di gennaio era quello di attirare più persone possibili con storie leggere facendo così un po’ più di pubblicità alla compagnia e sperando di assicurarsi un’audience maggiore per la rappresentazione finale. Da quando era stato dato il via a questa sorta di strategia commerciale, gli spettacoli di giugno avevano effettivamente più spettatori e per questo motivo la tradizione continuava, anche se tra gli attori non erano in molti ad essere fan del “secondo show”, come veniva chiamato nella cerchia interna dei commedianti. Attirare l’attenzione mesi prima della rappresentazione finale sulla compagnia era un’idea su cui tutti erano d’accordo. Coloro che partecipavano al gruppo da anni si erano accorti dei risultati, mentre gli ultimi arrivati anche avessero avuto un’opinione diversa non avrebbero mai detto nulla in contrario rispetto a chi era lì da prima di loro. Il problema vero che aleggiava ogni anno sul secondo show era rappresentato proprio dal motivo stesso della grande affluenza di pubblico, ovvero la trama dello spettacolo. Molto spesso, per motivi sia di tempo che “commerciali”, venivano scelte storie poco profonde, eccessivamente romantiche o semplicemente banali. Ciò dunque portava ad uno scarso coinvolgimento emotivo da parte degli attori che quindi, abbastanza annoiati, pur dando il meglio di sé il giorno dello spettacolo faticavano durante le prove a trovare la motivazione per correggere e perfezionare battute che, in cuor loro, si vergognavano anche un pochino di dover recitare. Grazie a qualche miracoloso intervento divino, forse un’apparizione in sogno, forse un grillo parlante – diverse leggende stavano iniziando a diffondersi in proposito dietro le quinte – il responsabile della scelta del soggetto degli spettacoli aveva trovato quest’anno una storia che seppur mantenendo dei toni in linea con l’obiettivo del secondo show quantomeno aveva stuzzicato a sufficienza l’attenzione degli attori. Lavorandoci poi su e apportando qualche modifica tutti insieme si erano infine accorti che per una volta avevano effettivamente tra le mani buon materiale e questo era bastato per rianimare un po’ gli spiriti e incoraggiare una maggiore produttività. Per la prima volta in diversi anni, l’idea di sacrificare il proprio tempo libero dalle lezioni universitarie per andare a provare non era accolta di malavoglia da nessuno, e Jin ed Hoseok non facevano eccezione. Durante il resto dell’anno gli incontri avvenivano due volte a settimana, ma si intensificavano durante i periodi più a ridosso delle rappresentazioni finali. Visto che il cinque gennaio, data dello spettacolo, non era molto lontano, e dato anche che coloro che frequentavano l’università erano liberi dalle lezioni, a partire da quella settimana le prove erano diventate quotidiane e il gruppo passava buona parte della mattinata, e a volte anche qualche ora il pomeriggio, a lavorare insieme alla rappresentazione.

Come nelle tre mattine precedenti, la sveglia per i due ragazzi era suonata abbastanza presto. Jin era stato subito abbastanza reattivo, cercando di scuotersi dal torpore prima possibile e poter affrontare così l’impresa di svegliare Namjoon, il quale, seppure non in veste di attore, faceva anche lui parte della compagnia e doveva dunque alzarsi per andare alle prove come Jin. Il modo usualmente adottato da Jin per svegliarlo era semplicemente sollevarlo di peso e buttarlo giù dal letto. Era un metodo un po’ violento, lo ammetteva, ma era anche l’unico che fosse riuscito a trovare dalla prima volta in cui avevano dormito insieme, quando dopo due ore e mezza di attesa a fissare il soffitto si era reso conto che né il ragazzo si sarebbe svegliato da solo né la linea delicata che stava adottando per toglierlo dal mondo dei sogni avrebbe dato frutti. Detestava farlo, ovviamente. Avrebbe preferito lasciarlo lì, al riparo sotto al piumone, guardarlo dormire per un po’ e poi metterglisi affianco e riprovare ad addormentarsi stringendolo. Ma non poteva essere sempre così, purtroppo. Dapprima con poca forza, poi sempre con maggiore pressione Jin aveva iniziato a scuotere Namjoon per un braccio, senza avere risultati. Era passato al piano due, più per poter dire di averle provate tutte che perché convinto che avrebbe sortito l’effetto sperato. Alzatosi dal letto matrimoniale era andato ad aprire la finestra, così che la poca luce del mattino potesse giungere nella sua stanza. Si era poi guardato attorno sbattendo gli occhi. Ovviamente i vestiti che Namjoon si era tolto la sera prima erano buttati in un angolo per terra affianco alla poltroncina vicino al letto. Guardando quell’ammasso informe Jin aveva ringraziato, come spesso gli accadeva quando vedeva questo genere di cose, di non dover, per il momento almeno, dividere una stanza insieme a lui. I due ragazzi avevano infatti ognuno la propria camera, avendo Namjoon occupato quella che era precedentemente di Hoseok. Entrambi però disponevano di un letto matrimoniale per cui, tranne rare occasioni, ogni notte uno dei due dormiva dall’altro. Solitamente era sempre Namjoon che andava da Jin poiché il caos che regnava nella stanza del primo metteva spesso a dura prova la fiducia in una futura vita matrimoniale del secondo. Come previsto, anche adesso che il sole gli arrivava sul viso il ragazzo continuava a russare. Jin aveva dunque fatto un sospiro profondo, alzato gli occhi al cielo e si era avviato verso il letto.

Per Hoseok il momento del risveglio era ben diverso. Non avendo nessuno vicino a sé da controllare o che potesse controllarlo di solito la routine della mattina prevedeva il suono della sveglia, l’interruzione del suddetto suono da parte di una mano che poi ricadeva inerte sul cuscino, il suono della sveglia dopo altri cinque minuti, interruzione di nuovo, e così via per almeno cinque o sei volte finché quasi tra le lacrime il ragazzo si accorgeva di essere in ritardo e si catapultava fuori dal letto per buttarsi immediatamente sotto la doccia e svegliarsi. Quasi ogni giorno Jungkook assisteva a quella scena, per cui faceva sempre in modo di aver finito con il bagno prima del risveglio del suo coinquilino per poi mettersi a preparare la colazione per entrambi, assicurandosi di poggiare una tazza di caffè caldo in bella vista sul tavolo pronta per il ragazzo che anche dopo il getto di acqua fredda rimaneva sempre assonnato. Quella mattina in particolare però Hoseok non aveva trovato nessuno ad aspettarlo in cucina. Poiché le lezioni erano sospese, Jungkook non sarebbe dovuto uscire che solo nella tarda mattinata, per incontrarsi con Taehyung attorno alle undici, e dunque adesso era ancora nel suo letto a dormire. Con occhi semi socchiusi si era chiesto se avrebbe avuto le energie per prepararsi il caffè da solo. Ci era riuscito, con grande sforzo, rischiando di addormentarsi in piedi diverse volte mentre aspettava che fosse pronto. Appena le sue labbra avevano toccato la bevanda nera si era sentito subito meglio. Il 90% dell’efficacia del caffè era dovuto a un effetto placebo, ne era sicuro, ma qualunque fosse il motivo non avrebbe potuto farne a meno la mattina. Dopo aver trovato per colazione qualche avanzo del pranzo del giorno precedente nel frigo si era accorto di avere solo dieci minuti prima di perdere il suo bus. Di corsa, era andato a prendere la borsa rossa che aveva in camera, aveva indossato il suo cappotto beige preferito sopra la maglia di lana bianca, fatto scorrere attorno al collo una pesante sciarpa nera e si era affrettato verso la porta di casa. Prima di uscire si era fermato un attimo davanti allo specchio appeso all’ingresso e si era sistemato con una mano i capelli. Soddisfatto, aveva poi girato la maniglia e infilandosi i guanti aveva preso a correre verso la fermata del bus, ringraziando il vento freddo che in pochi secondi lo aveva svegliato del tutto e sentendosi finalmente pronto ad affrontare una nuova giornata con entusiasmo.

Aveva incontrato Jin direttamente nell’appartamento all’ottavo piano che la compagnia teatrale aveva affittato e utilizzava come luogo di ritrovo per gli incontri. L’interno era stato ristrutturato così da venire incontro alle esigenze del gruppo, e presentava dunque ora un’unica ampia stanza, dove si teneva il corso, più un bagno e una piccola cucina con l’essenziale – un microonde, un bollitore, un tostapane e un piccolo frigo – a disposizione dei membri qualora avessero voluto bere o mangiare qualcosa di veloce. Fu lì che Hoseok trovò il suo amico, al momento del suo ingresso occupato a parlare con un gruppetto formato da due ragazzi e una ragazza, mentre teneva in mano una tazza di tè e si appoggiava lievemente al muro della cucina. Stava indossando un paio di jeans scuri e un maglioncino blu elettrico, un completo semplicissimo che però lo faceva assomigliare lo stesso ad un membro della casata reale e che portò Hoseok a domandarsi come potesse apparire così elegante alle otto e mezza della mattina. Namjoon invece era andato un attimo al bagno per potersi dare una rinfrescata al viso e cercare di farlo apparire meno gonfio. Una volta arrivati tutti, le prove avevano avuto inizio e si erano protratte fino a più o meno un quarto d’ora prima che l’uomo dal cappotto nero mettesse a dura prova con la sua piccola disavventura le buone maniere di Hoseok. Il caffè in cui lui e Jin si trovavano ora apparteneva allo stesso palazzo in cui era anche l’appartamento usato per il corso di teatro, e dunque bastava uscire sulla strada dal portone principale, camminare per dieci secondi oltre il negozio di scarpe per ritrovarsi di fronte alla porta marrone scuro e poter entrare accompagnati dal suono di un campanellino ad ordinarsi qualcosa di buono. Era ciò che i due ragazzi avevano fatto, per allietare con una fumante cioccolata l’oretta che avrebbero dovuto passare ancora in sala prove, avendo deciso di rimanere un po’ più a lungo degli altri insieme a Namjoon per fargli compagnia mentre lavorava su alcuni brani musicali per lo spettacolo. Si sarebbero potuti scaldare qualcosa nella piccola cucina della compagnia, ma la cioccolata del bar era ovviamente tutta un’altra storia.

La voce squillante della cameriera al bancone annunciò ai ragazzi che il loro ordine era pronto. Rimettendosi i guanti, Hoseok prese il suo bicchiere di cartone, Jin ne prese due e si riavviarono verso lo studio. Due minuti dopo, mentre i numeri rossi scorrevano sul display dell’ascensore, Jin sentì il cellulare nella tasca del cappotto squillare. Hoseok prese una delle tazze che aveva in mano così che il ragazzo potesse rispondere. Guardò lo schermo: “Joonie ~”.

  Sono in ascensore, arrivo fra un minuto – rispose senza nemmeno aspettare ciò che l’altro aveva da dire.

Oh, ok. Quando arrivi con Hoseok vieni in cucina per favore. si sentì dall’altra parte della cornetta.

– Perché in cucina? Non stavi lavorando alla musica??

Ti dico appena arrivi. Ciao. – Perplesso Jin guardò Hoseok il quale aveva sentito la conversazione e che disse con una risatina:

– Cosa ha combinato adesso? ­

– Ho onestamente paura di scoprirlo. – fu la risposta di Jin mentre riprendeva la sua tazza e le porte dell’ascensore si aprivano al suono di un din.

Rientrati nella sala i due videro che c’erano ancora un paio di ragazzi, nuove reclute di quest’anno, che dovevano essersi attardati a parlottare tra loro e che quando li videro li salutarono allegramente.

– Com’è il tempo? Fa tanto freddo? – chiese uno dei due avvicinandosi, avendo probabilmente notato il naso arrossato dei ragazzi che erano appena stati fuori. Jin rispose che purtroppo si, il sole non doveva ingannarli, faceva ancora molto freddo e quindi era bene che si preparassero e coprissero bene. Hoseok affiancò a lui confermò. Curioso di sapere cosa fosse successo al suo ragazzo, Jin si scusò subito e salutando si avviò verso la cucina, dove in teoria avrebbe dovuto trovare Namjoon. Nel frattempo l’altro dei due ragazzi si rivolse ad Hoseok:

– Hoseok-hyung, qual è l’orario esatto per la festa di sabato? Le venti o più tardi?

– Oh, abbiamo deciso di fare più tardi! – rispose Hoseok allegramente ­– Mi spiace per la confusione! Questa mattina avevamo proposto di fare qualcosa anche per cena, ma alla fine parlando un po’ con tutti abbiamo visto che era meglio far partire la serata dopo, dalle ventuno e trenta in poi, più o meno. Quindi è quello l’orario ufficiale. L’indirizzo della casa lo avete?

– Sì, quello sì, ce lo hanno dato! Però volevamo conferma sull’ora perché non eravamo sicuri. Sia io che Doyun verremo sicuramente. Grazie mille di mettere a disposizione la vostra casa per tutti noi! – disse inchinandosi lievemente mentre l’altro ragazzo, Doyun, lo imitava. Hoseok sorrise, facendo un passetto indietro, leggermente imbarazzato. La casa dove si sarebbe tenuta la festa per l’ultimo dell’anno non era in realtà sua, ma, nuovamente, della famiglia di Jin. Dato che però l’organizzazione era stata sempre portata avanti non solo da Jin, ma da tutto il gruppo dell’appartamento 503 (che ormai includeva anche Jimin, Taehyung e Jungkook), l’idea comune era diventata che quella casa fosse di proprietà di tutti loro.

– Tranquilli! È una cosa che organizziamo già da alcuni anni, ci fa davvero piacere! Per qualunque dubbio comunque questo è il mio numero di telefono.

I due giovani presero diligentemente nota del numero e poi rendendosi conto dell’ora si affrettarono ad andare via, salutando e ringraziando Hoseok ancora svariate volte. Quando la porta si fu chiusa dietro di loro, il ragazzo si avviò verso la cucina e per prima cosa sentì la voce di Jin borbottare:

– Bene! Se ne sono andati, adesso mi spieghi per cortesia? –

– Dai Jin, non irritarti! Volevo essere sicuro che nessuno al di fuori di voi due entrasse in cucina mentre mostravo… il d-danno che potrei aver fatto... – La voce di Namjoon si affievolì mentre diceva queste ultime parole. Hoseok si battè la mano libera sulla coscia:

  Ero sicuro si trattasse di qualcosa del genere! Cosa hai rotto questa volta Joonie-ah?

Namjoon rivolse a Jin uno sguardo di scusa che Jin ricambiò con un’espressione rassegnata, facendo un cenno del capo per incoraggiare il ragazzo a far vedere la new entry nella sua lista di disastri. Chinandosi in ginocchio, Namjoon aprì lo sportello sotto il lavandino, dentro cui aveva nascosto il corpo del reato. Si rialzò tenendo in una mano il bollitore e nell’altra il coperchio che fino a un’ora prima vi si trovava attaccato.

– Aaah Joon! Che devo fare con te? – esclamò Jin mentre Hoseok ovviamente si metteva a ridere. Jin prese i resti separati del bollitore e iniziò a cercare di capire come poter ripararlo, sperando di non doverne ricomprare uno nuovo. Namjoon era effettivamente mortificato:

– Non posso scaldarmi nemmeno un po’ di acqua.

– A cosa ti serviva l’acqua calda per il tè se noi stavamo comprando la cioccolata? – chiese Hoseok.

– Non era per un tè ovviamente! Mi serviva per scioglierci dentro questa polvere. È un paio di giorni che mi sento stanco e non vorrei un’influenza proprio ora che abbiamo la festa da organizzare, senza parlare dello spettacolo.

– E non potevi prendere semplicemente l’acqua calda del lavandino?? – il tono sorpreso con cui Hoseok pose questa domanda lasciò Namjoon spiazzato per un paio di secondi. Si riprese subito dicendo:

– Non mi piace un po’ calda, mi piace molto calda.

Hoseok rispose ridacchiando guardandolo con espressione furba e con il tono che si usa spesso con i bambini a cui si spiegano cose ovvie della vita:

– Ma Namjoon-ah, se aspetti un po’ anche l’acqua del lavandino diventa bollente.

– Non a sufficienza, va bene?! – scattò su Namjoon, irritato, mentre Hoseok prendeva a ridere ancora di più e Jin chiudeva finalmente il coperchio sul bollitore con un clack metallico.

– Va bene voi due, basta, la buona notizia è che lo avevi solo sganciato e non rotto. Hai provato almeno un attimo a metterlo a posto da solo? Non era così difficile.

– Appena mi sono ritrovato col coperchio in mano sono entrato nel panico e il mio istinto è stato nascondere tutto sotto il lavandino.

Hoseok e Jin scossero entrambi la testa. Un po’ rosso in viso, Namjoon prese dal bancone dove Jin lo aveva poggiato il suo bicchiere di cioccolata, che per fortuna si era mantenuta calda, e insieme agli altri si avviò nell’angolo della sala principale dove era stato messo un tavolo e tutto il materiale che gli occorreva per occuparsi delle musiche dello spettacolo.

Quel lavoro gli era stato consigliato due anni prima da Yoongi, che aveva conosciuto in università perché frequentava il suo stesso corso di Music Production. Namjoon era un anno più piccolo, ma grazie alla sua intelligenza fuori dal comune era riuscito durante le scuole superiori a saltare direttamente un intero anno e dunque si trovava ora nello stesso livello scolastico di Yoongi. Questo particolare aveva incuriosito il ragazzo più grande, che si era per questo messo ad osservare l’altro con maggiore attenzione di quanta solitamente ne riservasse alle persone che gli si muovevano intorno. Fin dalla prima volta che avevano lavorato insieme ad un progetto, Yoongi si era reso che oltre ad essere intelligente Namjoon aveva anche un’incredibile dose di talento. Le idee che aveva erano estremamente interessanti e Yoongi si ritrovò così in poco tempo a frequentare sempre più il ragazzo dopo le lezioni nella caffetteria della facoltà per discutere dapprima solo di musica, poi anche di interessi comuni, che scoprì essere tanti. Quando un giorno di novembre Jin e Hoseok gli comunicarono che il musicista della loro compagnia si era dovuto trasferire in modo improvviso con la famiglia in un’altra città e avevano pensato a lui dovendo cercare urgentemente un sostituto, Yoongi fece il nome di Namjoon. Lo vedeva meglio di sé in una posizione del genere, in cui era necessario relazionarsi con un gruppo di persone e prendere in considerazione esigenze altrui invece che seguire solo la propria ispirazione. In questo modo il ragazzo si era incontrato con Jin. L’intesa era stata abbastanza chiara fin da subito, anche se sarebbe stato difficile comunque non notarla vista la frequenza con cui in casa Jin finiva a parlare di Namjoon, di quanto fosse contento che Yoongi lo avesse proposto perché era davvero bravo e sicuramente avrebbe dato una svolta interessante e originale allo stile della compagnia ed era anche così simpatico e gentile ed era così semplice andare d’accordo con lui, dovremmo invitarlo più spesso a casa nostra, Yoongi perché non lo hai mai portato a casa prima? La domanda di Jin era legittima e il pomeriggio in cui la pose anche Yoongi se lo domandò. Seppure lavorassero spesso assieme, in effetti nei due mesi passati non si erano mai incontrati al di fuori delle mura dell’università. Determinato a non perdere tempo, pur senza slanciarsi troppo Jin prese da subito in mano la situazione e Namjoon divenne un ospite sempre più assiduo in casa loro. Yoongi ogni tanto quando li vedeva adesso in giro per casa che battibeccavano ripensava a quei giorni e gli sembrava passata un’eternità da un lato e due ore da un altro. I due ragazzi erano davvero fatti l’uno per l’altro. Simili su ciò che contava, l’onestà, la dedizione al lavoro, la gentilezza, erano poi diversi in maniera perfetta. La prima volta in cui entrambi si erano davvero resi conto di quanto stessero bene l’uno vicino all’altro era stata una sera di febbraio risalente a tre anni prima. Come era già accaduto qualche altra volta nei tre mesi passati da quando Namjoon aveva accettato provvisoriamente il ruolo nella compagnia, anche quel pomeriggio Jin aveva deciso di rimanere insieme al ragazzo per non lasciarlo solo mentre aggiustava alcune musiche. Le due riunioni settimanali con tutto il gruppo non duravano molto durante l’anno, un paio d’ore soltanto, per cui necessariamente Namjoon doveva portare avanti la composizione nel suo tempo libero. Era tuttavia un tipo di lavoro di cui si sarebbe potuto occupare benissimo anche a casa propria, come sia Namjoon stesso che Jin ben sapevano. Nessuno dei due però accennò mai a tale particolare, entrambi utilizzando questa scusa per crearsi un’occasione per rimanere insieme un po’ più a lungo. Il bello di questi pomeriggi era proprio che avvenivano in un terreno neutro che non metteva a disagio o in imbarazzo nessuno dei due ragazzi, a differenza di quanto sarebbe accaduto a quello stadio di conoscenza se uno avesse apertamente chiesto all’altro di andare insieme in qualche altro posto. Durante quel lungo pomeriggio, che si trasformò poi – troppo velocemente secondo i due giovani – in sera, iniziarono per la prima volta a parlare non soltanto di argomenti inerenti allo spettacolo o leggeri, ma si aprirono anche su temi più importanti, confidandosi pensieri che di solito non condividevano con altri e finendo a parlare dei misteri dell’universo, seduti per terra vicini in un angolo e con una tazza di tè in mano. Erano così presi dai loro discorsi che non si erano accorti che il sole aveva ceduto il posto alla luna e solo la telefonata preoccupata di Hoseok che chiedeva a Jin se tutto fosse apposto li aveva riportati alla realtà. Quella stessa notte Jin andò a dormire sentendo che qualcosa tra loro due si era trasformato e si addormentò stringendo il cuscino con un sorriso sulle labbra, il cuore che ancora batteva forte al pensiero delle ore – ore! Sembravano secondi! – appena trascorse.

Nonostante la chiara attrazione che c’era tra loro però, entrambi erano fondamentalmente piuttosto timidi, per cui la relazione si era sviluppata a ritmi davvero geologici. Ad aprile finalmente uno dei due ebbe il coraggio di accostare le proprie labbra a quelle dell’altro in un bacio progressivamente più appassionato, ma fu solamente diversi mesi dopo che Yoongi e Hoseok li sentirono proclamare l’annuncio ci frequentiamo, ma vorremmo per il momento tenerlo per noi, voi siete gli unici a saperlo. I due ragazzi rimasero sorpresi, il che fu piuttosto divertente per la coppia, convinta che i loro amici avessero capito da tempo cosa stesse bollendo in pentola. Spiegarono che la loro sorpresa era dovuta unicamente al fatto che ormai dopo tutto questo tempo avevano creduto che un evento del genere non si sarebbe più verificato. Ovviamente si erano accorti di ciò che stava accadendo, e non avrebbero potuto essere più felici di questa unione. Namjoon e Jin funzionavano davvero, e funzionavano così perché nonostante le loro differenze si comprendevano appieno l’uno con l’altro. Bastava che Jin sollevasse un sopracciglio perché Namjoon sapesse esattamente cosa non andava, allo stesso modo in cui un battito di ciglia di Namjoon era sufficiente perché Jin accorresse a porre rimedio a problemi che l’altro non aveva bisogno di dire. Anche in questo caso, durante l’episodio del bollitore, Jin aveva avvertito la difficoltà di Namjoon di fronte alle domande di Hoseok. Pur non guardando la scena perché occupato a rimettere a posto l’oggetto, i due brevi secondi in cui il ragazzo aveva pensato a una risposta sulla questione dell’acqua calda non erano sfuggiti a Jin, e sapendo l’imbarazzo che doveva provare aveva prontamente interrotto il battibecco tra i due, intenzionato a chiudere la questione il più velocemente possibile per il bene di Namjoon. Adesso che i due erano insieme ormai da un po’, questa intesa era diventata palese anche durante le ore trascorse a lavorare allo spettacolo. Con la frequentazione di Namjoon, Jin aveva col tempo iniziato ad imparare alcune cose sulla creazione di musica, o comunque ad avere un’idea leggermente più precisa di che tipo di lavoro fosse. Questo fatto, unito a una maggiore spigliatezza nei confronti di Namjoon che finalmente poteva permettersi anche davanti ad altri, aveva fatto sì che durante le riunioni Jin contribuisse più di quanto non avesse mai fatto alle scelte inerenti le musiche per gli spettacoli. Discutendo e scambiandosi opinioni apertamente, era chiaro a tutti il livello di comprensione reciproca dei due giovani. Completarsi le frasi a vicenda e anticipare i dubbi dell’altro erano solo alcuni dei segnali che lo rendevano evidente. La discussione in atto al momento era dunque per Hoseok solo una delle tante in cui era testimone dell’efficienza della macchina Namjoon/Jin.

– Lo so che forse i tempi stringono, ma stavo pensando di cambiare la musica di transizione tra il t- – iniziò Namjoon.

– Terzo e quarto atto. – gli si sovrappose Jin – Si, sono d’accordo. Non rende molto l’atmosfera dell’ultima parte della storia.

– Esattamente. – rispose l’altro osservando compiaciuto il proprio ragazzo di fronte a sé. Era davvero orgoglioso di quanto avesse imparato nell’ultimo anno e felice di poter contare sul suo appoggio e aiuto. – Cosa ne pensi Hoseokah? – chiese poi rivolgendosi a Hoseok che si era un attimo distratto a guardar fuori dalla finestra un uccellino che ci stava volando davanti.

– Oh? – Si scosse dalla sua ipnosi. – Si, mi fido di voi. In effetti anche io avevo notato che c’era qualcosa che non andava. – disse cercando di apparire credibile e prendendo un lungo sorso dalla tazza. Gli altri due sorrisero. Jin decise di essere onesto:

– Ascolta, c’è un’altra cosa che credo non vada. La tua scena Hoseokah. Mi dispiace dirlo ma… – esitò, mordendosi leggermente il labbro. Namjoon gli venne incontro:

– È un po’ un disastro. – disse in tono di verità scientifica.

Jin fece un mormorio di assenso, guardando Hoseok con aria mortificata. Il ragazzo non se la prese.

–Uuuuh! Lo so davvero! – disse levando gli occhi al cielo e facendo un risolino. – È una scena difficile, soprattutto per me che… – si arrestò di colpo e rimase quasi paralizzato per quella frazione di secondo sufficiente a far sì che sia Jin che Namjoon lo guardassero con sguardo interrogativo. Riprendendosi dallo spaesamento che l’essersi accorto di ciò che stava per dire gli aveva causato, finì in fretta la sua frase con un:

– Lo sapete che non sono una persona molto seria. – e li guardò con un sorriso di scuse. Namjoon alzò le sopracciglia e annuì, concordando con l’affermazione, mentre Jin precisò che nessuno si aspettava livelli di recitazione alti nel secondo show, ma comunque qualcosa doveva essere fatto affinché la scena in questione uscisse se non da premio Oscar quantomeno non ridicola. 

– Ho tutto sotto controllo. –  rispose Hoseok sicuro di sé. – Mi è venuto in mente ieri sera un modo per migliorare, datemi fiducia.

– Ovvero? – chiese subito Namjoon, curioso. Hoseok lo guardò divertito:

– Tranquillo Joonie, non vi deluderò. Jin si ispira con grembiulini rosa, io ho altri segreti. – e facendogli l’occhiolino lanciò un bacio in direzione di Namjoon. Diverse sfumature di rosso, dal rosa pallido allo scarlatto, colorarono in pochi secondi i volti dei due ragazzi, entrambi terribilmente imbarazzati all’idea che qualcuno dei loro amici pensasse davvero che sarebbero stati capaci di fare qualsiasi genere di attività con quell’coso. Dopo un breve momento di confusione causato dall’allusione di Hoseok, tutti e tre si ricomposero e si rimisero a lavoro, cercando di finire prima possibile la revisione dei punti più urgenti.

Passata all’incirca quasi un’altra ora, finalmente furono liberi di tornare a casa e soddisfare i loro stomaci che avevano già iniziato a brontolare vistosamente. Messa giù la matita, Namjoon si tirò indietro sulla sedia, sollevò le braccia e si stirò emettendo un lungo suono gutturale. Così facendo espose agli occhi di Jin la macchia di caffè che aveva sulla manica destra della camicia di jeans. Sapeva quanto al ragazzo desse fastidio quando indossava capi non perfettamente puliti, ma quella mattina si sentiva troppo spossato per riuscire a riflettere su ciò che doveva mettersi addosso. Si accorse dello sguardo di disapprovazione di Jin e abbassò subito le mani, scattando in piedi e cercando di deviare l’attenzione:

– Cosa c’è per pranzo Jinnie? Non vedo l’ora di riempire lo stomaco.

– Non sono ancora sicuro, mi farò ispirare dal frigorifero. – rispose composto Jin, consapevole della tattica di Namjoon, ma deciso a lasciar correre per il momento. Ne avrebbero parlato dopo, non c’era bisogno di farlo ora di fronte a Hoseok, il quale probabilmente voleva anche lui sbrigarsi a tornare a casa.

– Io credo comprerò qualcosa per strada, non penso di aver più nulla in frigo con cui poter prepararmi un pasto decente. – disse Hoseok pensieroso.  

– Forse intendevi tutto quello che ha cucinato Jungkook è finito? Anche se avessi avuto un’intera cucina piena di ingredienti non avresti mai cucinato comunque Hoseokah. – lo punzecchiò Namjoon sorridendo. Il ragazzo ridacchiò e Jin chiese:

– Kookie non c’è?

– No, credo sia da Taehyungie per un progetto di cui si stanno occupando insieme.

Jin registrò l’informazione, annuendo e iniziando ad infilarsi il cappotto. Imitandolo, gli altri due fecero lo stesso. Sull’uscio della sede, mentre Jin stava per chiudere la porta sentì il telefono che teneva nella tasca posteriore dei jeans squillare nello stesso momento in cui Hoseok tirava un urletto e chiedeva di rientrare perché aveva dimenticato la sua sciarpa all’interno. Un po’ in confusione Jin fece spazio per farlo passare e mentre il ragazzo entrava disse ad alta voce, ma chiaramente parlando tra sé:

– Mi è arrivato un messaggio? – e fece per portare un braccio dietro la schiena, fermato però tempestivamente da un’altra mano. Era Namjoon, il quale mentre lui chiudeva la porta gli era dietro a qualche passo di distanza ed ora aveva evidentemente deciso di compiere un’audace avanzata.

– Si, ti è arrivato un messaggio. – rispose. Aveva sentito anche lui lo squillo e siccome Jin gli si trovava davanti aveva anche visto il cellulare illuminarsi e dunque individuato la sua posizione. Approfittando dell’inaspettato allontanamento di Hoseok aveva avuto la fulminea idea di accostarsi al suo ragazzo ed occuparsi lui stesso dell’estrazione dell’oggetto dalla tasca. Sentendolo dietro di sé Jin istintivamente gli si addossò ancora di più. Stringendo il ragazzo da dietro con un braccio, Namjoon si sporse a dargli un bacio sulla guancia mentre con la mano libera indugiava più del necessario sopra la tasca dei pantaloni.

– Ecco. – disse alla fine estraendo il telefono. Jin si girò e lo baciò delicatamente. Gli prese poi il telefono dalle mani e sbloccò lo schermo. Si sentì da dietro arrivare la voce di Hoseok:

– Scusate, ho bevuto svelto un bicchiere d’acqua, non resistivo un’altra mezz’o… Ma vedo che non stavate sentendo la mia mancanza. – aggiunse ironico accorgendosi della posizione dei due ragazzi. Si staccarono ridacchiando. Mentre Hoseok chiudeva la porta e Namjoon si avviava all’ascensore Jin lesse finalmente il messaggio e si lasciò scappare un’esclamazione di gioia. Namjoon si girò sorpreso verso di lui.

 Cosa c’è?

– Ho appena ricevuto avviso dal corriere che entro massimo dopodomani mi consegneranno il quadro che avevo ordinato. Ricordi? Quello che ti ho fatto vedere tre giorni fa.

– Un quadro? – chiese Hoseok.

– Un quadro Hoseokah si. Noi poveri studenti compriamo videogiochi e lui compra quadri.

– Compro anche io videogiochi! – rispose Jin risentito – Ma quel muro in sala vicino alla porta d’ingresso mi sembra così spoglio senza nulla appeso…

– Così hai comprato un quadro.

– Così ho comprato un quadro, Joonie, si. – e gli fece una linguaccia ridendo.

L’arrivo dell’ascensore interruppe la conversazione. Sentendosi un passo più vicini al pranzo i tre ragazzi vi si fiondarono dentro. Dopo qualche secondo di silenzio Jin disse:

– Tanto per ricapitolare, la festa si terrà a partire dalle nove e mezza. Quindi io direi di dire agli altri quattro di vederci attorno alle otto, che dite?  

Sia Hoseok che Namjoon furono d’accordo. Hoseok chiese poi se avessero già una mezza idea su quanta gente sarebbe venuta, al che Namjoon guardò Jin perché anche lui aveva lo stesso dubbio. Jin, che aveva tenuto più o meno il conto sia delle persone che avevano già risposto ufficialmente sia di quelle che avevano anticipato un sì quasi sicuro, rispose che per il momento ci sarebbero state circa una quarantina di persone. Il numero non era impressionante, considerato che solo il gruppo della compagnia di teatro era composto da diciotto persone e ognuno di loro avrebbe portato almeno un amico. L’invito non era esteso a tutti incondizionatamente, ma i ragazzi erano abbastanza flessibili su quante persone extra ogni ospite ufficiale potesse portare, a patto che lo facessero presente.

– A casa lo diremo anche a Yoongi. – aggiunse Namjoon. – E poi qualcuno dovrà scrivere un messaggio sul gruppo di Katalk per riepilogare tutto ciò che dobbiamo preparare.

– Si quello posso farlo io tranquillamente più tardi – disse Jin, uscendo finalmente dall’ascensore.

Per strada i tre ragazzi si salutarono velocemente, stringendosi nei loro cappotti in un tentativo di riparo dal freddo pungente, e si avviarono in direzioni opposte verso le rispettive fermate del bus, Namjoon e Jin tenendosi per mano verso destra, Hoseok verso sinistra.

 

*****

 

– Perché non avete scritto l’orario subito su Katalk? Dobbiamo passarci le comunicazioni a voce alle soglie del 2017? – disse Jimin rivolgendosi con sorpresa a Namjoon. Si trovava seduto al tavolo della cucina di casa Min/Kim, con le gambe che si muovevano ciondoloni sullo sgabello troppo alto per lui. Era un’impresa salirci sopra, ma era il suo posto preferito. Non sapeva bene come ci fosse finito uno sgabello da bar nella loro cucina, ma lo trovava divertente, per cui appena poteva se ne appropriava. Davanti a lui si trovava Yoongi, seduto su una sedia normale e con l’iPod tra le mani. Namjoon era invece al bancone, occupato a farsi un altro caffè. Non riusciva davvero a scuotersi questa sonnolenza di dosso oggi. Si era cambiato. La camicia di jeans era finita in lavatrice il momento esatto in cui aveva messo piede dentro casa. Jin gliela aveva tolta di dosso con una tale foga che lì per lì il poverino si era illuso e aveva pensato l’altro fosse stato colto da un momento di passione. Si era però accorto subito con delusione che in quel momento l’unica passione ad occupare la testa di Jin era quella per i vestiti freschi di bucato. Con un sospiro aveva lasciato che il suo ragazzo si dirigesse come una scheggia al bagno di servizio per metter via la camicia sporca e si era avviato verso la sua camera alla ricerca di qualcosa di più pesante da poter mettere sopra la maglietta di cotone grigia. Fatto ciò si era allungato sul divano, Jin già in postazione in cucina pronto a preparare il pranzo per lui e gli altri due ragazzi. Mentre stavano finendo di mangiare il campanello aveva suonato e Yoongi era andato ad aprire, tornando verso il tavolo insieme a Jimin, avvolto in una sciarpa enorme per lui, zainetto alle spalle, un ombrello in una mano e una busta di carta in un’altra. Adesso Jin era andato a riposare, mentre Namjoon contava sul caffè per rimanere sveglio di fronte al libro che aveva intenzione di mettersi a leggere dentro il suo letto. Non sarebbe riuscito a combinare molto altro oggi.

– Jiminie è vero, non ci abbiamo pensato – rise Namjoon scuotendo la testa con fare rassegnato.

– E voi tre oggi vi sareste riuniti a discutere dettagli sullo spettacolo da soli? Terrò la vostra compagnia nelle mie preghiere. – Yoongi aveva proferito queste parole senza alzare gli occhi dall’iPod. Jimin lo guardò divertito, mentre Namjoon portava una mano in alto in segno di resa e attraversando la cucina diretto verso la propria camera annunciava che da quel momento avrebbero potuto occuparsi di tutto loro due, lui non avrebbe sollevato obiezioni. Yoongi annuì soddisfatto e Jimin sorridendo prese il telefono. Fece scorrere velocemente le piccole dita sulla tastiera e inviò messaggi sulla chat di gruppo di KakaoTalk.

 

--- giovedi 29 dicembre 2016 ---

Jimin

14:38  Per Kookie e Taehyungie che ancora non

sanno: il 31 ci vediamo alle 20:00 J

14:39  Jin hyung aggiornerà meglio su dettagli

organizzazione

14:39  Presto!

14:40  per favore :P

 

– Fatto! – annunciò soddisfatto al ragazzo di fronte a sé. Scese con un piccolo salto giù dallo sgabello e gli si avvicinò. – Andiamo in camera tua?

Yoongi fece un cenno d’assenso e si alzò anche lui.

 

*****

 

Bzzzz.

Il suono di un telefono che vibrava fece sollevare la testa a Jungkook. Tiratosi su sulle ginocchia cercò con gli occhi la direzione del rumore e individuò in pochi secondi il cellulare di Taehyung, lasciato sul tavolo.

– Il tuo telefono. – disse prima di rimettersi giù, viso rivolto al foglio di cartone sul pavimento, gomiti per terra, pennarello in mano. Dopo mezzo minuto si rese conto che Taehyung non aveva sentito né la vibrazione, né quello che aveva detto. Lo scosse piano su una spalla. Il ragazzo fece un suono sorpreso, come se lo avessero appena svegliato. Il punto però era che non stava dormendo, ed era esattamente questo ciò che non finiva mai di meravigliare Jungkook quando scene del genere accadevano. Era mai possibile isolarsi in quel modo?

– Il tuo telefono ha vibrato, hai ricevuto un messaggio. – Aveva aggiunto il secondo dettaglio nell’eventualità che durante il suo viaggio fuori dall’orbita terrestre la mente di Taehyung avesse dimenticato i dettagli più comuni del mondo in cui viveva. Il più grande smise di fare ciò che chiaramente stava richiedendo tutta la sua attenzione e si sollevò da terra. Il progetto del corso di fotografia che lui e Jungkook seguivano insieme di cui si stavano occupando al momento aveva inaspettatamente richiesto più spazio di quanto avevano programmato all’inizio. Una serie di scatti in bianco e nero e di cartoncini beige era sparsa sul tavolo posto al centro della cucina-sala nel piccolo appartamento affittato da Taehyung e Jimin. Altri cartoncini, un tubetto di colla e alcuni pennarelli si trovavano sparpagliati sul pavimento freddo, a cui Jungkook e Tae avevano chiesto accoglienza visto il loro bisogno di ulteriore superfice per lavorare.

– Chi è? – chiese Jungkook sollevando il viso verso Taehyung.

– Jiminie. – gettò un velocissimo sguardo sull’altro ragazzo – Ci avvisa che sabato ci vediamo tutti alle otto.

Jungkook annuì. Taehyung rimise il telefono al suo posto tra le carte del tavolo, si sedette di nuovo a terra con le gambe incrociate e guardò il lavoro fatto fino a quel momento. Ci stavano mettendo un’eternità a finire questo progetto. Oltre al non riuscire ancora a trovare soggetti da fotografare che li soddisfacessero davvero, ci si aggiungeva anche il fatto che lavorare insieme seriamente e con concentrazione per più di dieci minuti era per loro quasi impossibile. Quasi coetanei, i due ragazzi si erano presi fin dal momento in cui si erano conosciuti. La loro amicizia era diventata subito forte, merito anche della vivacità e del carattere estroverso di Taehyung. Si era accorto piuttosto presto che Jungkook era più riservato di lui e per questo all’inizio era stato tra i due quello che maggiormente aveva compiuto passi in direzione dell’altro. Per far sì che il ragazzo prendesse facilmente con confidenza con lui, aveva organizzato nel primo periodo una serie di attività infinite, proponendo a Jungkook di vedersi quasi ogni giorno, fosse per un cinema o un pranzo fuori. Lo stesso corso che adesso frequentavano insieme era stata una proposta di Taehyung, fatta appena l’altro ragazzo aveva accennato al suo amore per la fotografia. Gli aveva anche poi raccontato qualche dettaglio in più su sé stesso e sulla sua vita, sperando così che in quel modo Jungkook anche si aprisse un po’ più a lui e lo iniziasse a considerare un suo amico. Poiché quando si erano incontrati il più piccolo si era trasferito a Seul da poco, all’epoca non conosceva ancora bene nessuno e dunque Taehyung ci teneva a fargli capire che poteva contare sul suo appoggio in qualsiasi momento. Ricordava la difficoltà che aveva avuto lui stesso ad adattarsi ai ritmi di quella città gigantesca ed estremamente popolata. Era stata dura, e lui poteva almeno dire di avere Jimin vicino a sé. Fin da subito non poté dunque fare a meno di mettersi nei panni di Jungkook e sentire un moto di simpatia istintiva nei suoi confronti. Come sperato il ragazzo si era a poco a poco sciolto sempre di più ed in capo a tre-quattro mesi si poteva dire completamente integrato anche all’interno del gruppo dell’appartamento 503. Adesso sarebbe stato difficile per Taehyung immaginarli tutti insieme senza la presenza del più giovane. A differenza del primo periodo, ora la sua personalità usciva completamente fuori di fronte a tutti loro e non si poteva dire che la sua presenza fosse semplice da ignorare. Non era probabilmente rumoroso come Hoseok, e forse neppure come Taehyung, ma gli piaceva stuzzicare tutti, aveva la battutina sempre pronta, e appena poteva non si lasciava sfuggire un’occasione per mettere in mostra uno dei suoi – ben numerosi – talenti. Quando poi si ritrovava con Taehyung creava ancora più confusione, contagiato dalla vitalità del primo che bene si accordava con la sua energia. Essendo abituati a giocare tra loro tutto il tempo era dunque assai improbabile che riuscissero a rimanere insieme nella stessa per ore senza distrarsi e iniziare qualche genere di attività totalmente scollegata dal lavoro che avrebbero dovuto fare, come mettersi a cantare o guardare video stupidi al telefono. Il loro gusto e la loro sensibilità in fatto di fotografia era però molto simile per cui nessuno dei due avrebbe voluto occuparsi di questo progetto con un altro partner. Sapevano che lavorando insieme non avrebbero avuto discussioni e che le idee dell’uno sarebbero state accolte positivamente dall’altro e, al massimo, migliorate dai suoi consigli. Per questo motivo anche se ancora si trovavano parecchio indietro sul programma che avevano tentato di seguire, Taehyung non rimpiangeva comunque neppure un secondo passato a lavorare insieme a Jungkook. Nemmeno i secondi che erano stati sprecati a ridere o mangiare un gelato quando avrebbero dovuto essere alla ricerca di buoni soggetti da fotografare.

– È inutile che fissi Taehyung. La risposta è sì, siamo indietrissimo.  – Jungkook si era accorto di come Taehyung stava guardando l’ammasso di fogli davanti a lui. Imitando l’amico si mise anche lui a gambe incrociate e continuò:

– In teoria non andrebbe nemmeno così male visto che manca ancora un mese alla presentazione, ma considerando che i giorni dopo la festa saremo probabilmente K.O. e poi dal nove riprendono le lezioni sarebbe stato meglio che fossimo riusciti a fare di più. – Si portò una mano all’orecchio e iniziò a giocherellare distrattamente con il piccolo cerchietto dell’orecchino, fissando il suo cartoncino pensieroso. Gli occhi grandi di Taehyung si puntarono su di lui. Dopo un momento di silenzio Jungkook sollevò lo sguardo su Taehyung che ancora lo stava fissando e fece una risatina, dicendo:

– Scusa, sembrava stessi riflettendo sul progetto, ma stavo solo pensando a cosa cucinare questa sera!

– Come? – esclamò Taehyung – Credevo stessi creando qualche idea geniale!

Jungkook rise, gli occhi che gli brillavano. Chiese di nuovo scusa e poi fece presente all’amico che non era nella posizione adatta per poter rimproverare nessuno per essersi un attimo incantato a pensare ad altro. Taehyung alzò le mani in segno di resa:

– Vero, vero, ok, hai vinto tu. – e sorridendo guardò l’altro ragazzo negli occhi. I due rimasero qualche secondo in silenzio fissandosi finché entrambi non scoppiarono a ridere. Ogni tanto ingaggiavano dal nulla queste gare e solitamente finivano in parità, come era accaduto adesso. Riprendere ciò che avevano interrotto fu faticoso, ma dopo circa dieci minuti le loro teste erano di nuovo abbassate e per un po’ di tempo non vi furono altri suoni nella stanza al di fuori del fruscio di fogli e dello stridio dei pennarelli.

– Per la festa. – iniziò Jungkook ad un certo punto – Jin utilizzerà di nuovo la sua macchina?

– Credo di sì.

Jungkook fece un mormorio come a dire di aver inteso. Due di loro avrebbero dunque dovuto utilizzare i mezzi per raggiungere la casa. L’anno scorso erano stati Hoseok e Taehyung – a Jungkook era stato lasciato un posto come simbolo di benvenuto, mentre Jimin, a quanto il ragazzo aveva capito dai racconti degli anni precedenti, in qualche modo aveva sempre il passaggio assicurato con gli hyungs – mentre per quest’anno Jungkook aveva già in mente un’idea. Dopo aver aspettato qualche secondo chiese di nuovo:

– Jimin-hyung dov’è? Sei da solo oggi?

Tae alzò la testa.

– È da Yoongi-hyung. Non so quando torna. Devi parlargli?

– Ero solo curioso. – rispose Jungkook continuando a disegnare sul foglio davanti a sé.

Il pomeriggio avanzò lento. Per cercare di essere il più produttivi possibile, i due ragazzi si imposero più volte, con tanto di cronometro, blocchi di tempo in cui era vietato distrarsi o parlare di altro che non fosse il progetto, alternando dieci minuti di totale silenzio a dieci minuti più rilassati. Così facendo, riuscirono ad avanzare almeno un po’ nel loro lavoro. Attorno alle quattro e mezza Jungkook si alzò un momento e si stirò. Era esausto e aveva raggiunto il suo limite per oggi. Anche Taehyung aveva già da un po’ dato segni di essere stanco, per cui probabilmente da lì a poco avrebbero rimesso a posto e archiviato tutto per quel giorno. Andò al tavolino, fece per cercare alcune fotografie e spinse il bottone rotondo del cellulare dell’amico. Lo schermo si illuminò, scoprendo le grandi cifre numeriche che segnavano l’ora e Jungkook istintivamente gettò gli occhi verso la porta d’ingresso. Sentì Taehyung alzarsi e voltandosi verso di lui gli chiese se voleva un tè. Il ragazzo rispose affermativamente e si lasciò cadere pesantemente su una sedia. La schiena gli faceva male per via delle ore trascorse a terra, e il suo amico aveva passato una quantità sufficiente di tempo in casa sua per potersi occupare da solo della preparazione. Non che ci volesse molto a prendere dimestichezza con la cucina di Taheyung, o anche della casa intera. Il locale che avevano in affitto era semplice e decisamente non grande quanto l’appartamento 503. L’arredamento era essenziale e le stanze – due camerette singole, un bagno, una stanza di servizio e una zona giorno comprendente un piano cucina – avevano solo il mobilio e gli utensili necessari per svolgervi in tranquillità le funzioni a cui erano adibite. Anche dopo un’ora chiunque avrebbe saputo dove trovare il necessario per cucinare.  Aspettando che la loro acqua bollisse Taehyung e Jungkook si misero a parlare del più e del meno, mai a corto di argomenti quando si trovavano insieme. Al fischio della teiera fu il più grande ad alzarsi questa volta. Con una presina dagli angoli lisi in mano la tolse dal fuoco e versò l’acqua bollente nelle grandi tazze azzurre che Jungkook aveva preparato sul bancone. Aggiunse lo zucchero e portò poi il tutto in tavola, accompagnato nel suo tragitto da nuvolette di vapore.

– Due cucchiaini per te, uno per me – disse sorridendo.

– Grazie Taehyungie. Fa un po’ freddo qui dentro.

Taehyung annuì e rispose:

– Lo so, abbiamo qualcosa che non va con il nostro riscaldamento. Non so se il problema è il termosifone o altro. Dovremmo chiamare qualcuno.

Jungkook fece un sorso di tè e si chiese se lo avrebbero mai effettivamente fatto. Né Taehyung né Jimin si potevano definire tipi dal senso pratico. Jungkook ne aveva invece da vendere e lo avrebbe messo volentieri a disposizione della vita quotidiana di almeno uno dei due. Deglutì il tè leggermente più forte del normale al pensiero.

– Non ci vuole molto a fare una telefonata, lo potete anche fare appena Jimin hyung torna. Che ha da fare così a lungo da Yoongi-hyung?

– Uh? – Fu la risposta spaesata di Taehyung. – Perché, che ore sono?

– Quasi le cinque credo.

Taehyung si buttò sul suo telefono a controllare. Quasi sobbalzò vedendo che quanto l’altro aveva detto era vero. Se qualcuno glielo avesse chiesto avrebbe giurato non fossero nemmeno le tre e mezza. Quando si erano fatte le cinque?

– Non mi ero accorto fosse così tardi! – esclamò, gli occhi fattisi più grandi dalla sorpresa. Jungkook sorrise e prese un altro sorso. Taehyung si rimise con le spalle sulla sedia tirando uno sbuffo.

– Spero torni per cena, non ho voglia di mangiare da solo. – disse mettendo su il broncio. Guardò poi Jungkook, come in attesa di qualcosa dal ragazzo, il quale però sembrava essersi fissato in un punto nel vuoto. Taehyung alzò gli occhi al cielo portandosi la tazza alla bocca.

– Jungkookie! – esclamò di colpo.

Come ridestatosi, Jungkook dette un piccolo sussulto e quasi per riprendersi gli venne istintivo poggiare la tazza sul tavolo e tirare su le maniche del maglioncino beige per coprirsi le mani. Taehyung aveva notato che era un gesto che faceva spesso. Con le mani coperte a metà e più al caldo di prima Jungkook riprese la sua tazza e chiese scusa all’amico prima di bere una lunga sorsata. Taehyung aprì la bocca per chiedere cosa gli passasse per la testa, ma si fermò di colpo, mordendosi il labbro. Rimasero un altro po’ in silenzio a finire il loro tè, ognuno immerso nel corso dei propri pensieri, prima di rompere la quiete e iniziare a discutere di cosa dovessero occuparsi la volta successiva. Finito di prendere accordi, Jungkook disse che doveva andare via. Mentre raccoglieva il suo zainetto, Tae gli passò il cappotto che aveva abbandonato sul divano quando era arrivato quella mattina, raggiante all’idea che ci fosse un po’ di sole dopo il finimondo che era venuto giù la notte precedente. Adesso era già l’imbrunire e intravedendo il cielo scuro alla finestra Taheyung non poté fare a meno di pensare a come le giornate passassero sempre così in fretta quando si trovava in compagnia del ragazzo. I due si salutarono sulla soglia, dicendo che si sarebbero risentiti per telefono l’indomani per altri dettagli sulla festa e rivisti direttamente il sabato. Quando la porta si fu chiusa dietro di lui, Jungkook si avviò verso l’ascensore. Durante l’attesa che la macchina scendesse dal decimo al quarto piano e poi nel tragitto fino al piano terra rimase pensieroso. Sapeva ciò che doveva fare, ma aveva timore e non riusciva a decidersi. Ma era o ora o più. Jungkook era una persona competitiva, non solo con gli altri, ma anche con sé stesso. Anche in questo caso la sfida era verso di sé. Si era dato dei limiti. Oltre quelli avrebbe perso. Si dette l’indomani pomeriggio come termine ultimo. Forse lo avrebbe fatto prima o forse no. Non lo sapeva. La sua solita sicurezza gli mancava del tutto, e la sensazione non gli piaceva. Comunque sia, pensò, domani a quest’ora dovrei già sapere il verdetto. Uscì dal portone principale del palazzo e iniziò a camminare a passo spedito sotto un cielo che si rabbuiava di nuvoloni neri, chiedendosi perché diamine mezza giornata dovesse sembrare così lunga.

 

*****

 

Il tepore lo investì appena mise piede dentro l’appartamento. Posò il sacchetto che aveva in mano vicino al muro, si sbattè la porta alle spalle e scosse la testa con un brivido. Fuori era davvero freddissimo. Mentre sistemava il suo cappotto nell’appendiabiti vicino allo specchio sentì dei passi trotterellanti venire verso di lui e poi una voce squillante:

– Jungkookieeeeee! – Hoseok abbracciò con entusiasmo il ragazzo appena rientrato. Aveva sentito dalla cucina la chiave sulla toppa e si era precipitato ad accoglierlo. – Mi sei mancato oggi!

Cercando di liberarsi dalla morsa del più grande, Jungkook rise e chiese se gli servisse qualcosa. Hoseok si finse offeso all’allusione dell’amico, ma davanti allo sguardo eloquente dell’altro cedette. Kookie era troppo bellino per poter mentire al suo bel faccino.

– Ti prego-ti prego-ti prego, prepara qualcosa di buono stasera perché a colazione mi sono dovuto arrangiare e a pranzo ho mangiato un tristissimo panino fuori. – disse in un sol fiato con trasporto e chinandosi in avanti a mo’ di preghiera. Jungkook scoppiò a ridere, soddisfatto:

– Non preoccuparti, la tata è arrivata. Sono appena stato al supermercato a comprare qualcosa.

Hoseok saltò in aria, lanciando un urletto emozionato e improvvisando una piccola danza per esprimere la sua gioia. Jungkook entrò in cucina, sacchetto alla mano, sorridendo. Hoesok era la persona più rumorosa che avesse mai incontrato. Non aveva neppure idea che si potesse essere così sonori e chiassosi prima di conoscerlo. Aprì il frigo e notando che era semivuoto sentì addosso quel senso di colpa che forse avevano anche le madri quando si accorgevano di non aver provveduto ad un bisogno primario del figlio. Hoseok era effettivamente un po’ come un bambino. Bisognava prendersi cura di lui in un determinato modo e da questo punto di vista la convivenza con Jungkook rappresentava una soluzione ideale. Molto più maturo di quanto la sua giovane età potesse far credere, Jungkook era incredibilmente autonomo e data la sua personalità dominante non aveva problemi a prendere in mano le redini e mettersi sulle spalle qualche compito in più. Era lui che si occupava di cose come pensare e cucinare i pasti, organizzare i turni di pulizia e ricordare quando era tempo di andare a buttare la spazzatura. Aveva capito fin dai primi giorni in cui si era trasferito in questo appartamento come fosse fatto Hoseok, ma in tutta onestà non poteva dire che la cosa gli pesasse. Gli piaceva sentirsi utile e necessario, e anche in questo Hoseok era un match perfetto per lui. Privo di ogni senso del pudore o dell’imbarazzo, Hoseok non aveva la minima difficoltà a ricordare al ragazzo più piccolo numerose volte al giorno sia verbalmente che con manifestazioni fisiche quanto fosse grato di averlo in casa con lui e quanto apprezzasse ciò che faceva, a partire dalla sua cucina. Hoseok era in effetti al settimo cielo per il modo in cui si era evoluta la loro convivenza e non sarebbe potuto essere più contento del suo coinquilino. A lui piaceva sentirsi coccolato, mentre a Jungkook sentire di avere il comando. Senza saperlo Taehyung aveva portato insieme sotto lo stesso tetto due soggetti con il 100% di compatibilità.

Hoseok seguì Jungkook in cucina, canticchiando sottovoce un motivetto allegro. Mettendosi a sedere sul bordo del tavolo chiese all’altro come fosse andata la giornata. Si guardò bene invece dal chiedere se il ragazzo avesse bisogno di una mano a mettere a posto la spesa.

– Cosa hai preso di buono? Devo decidere se domani ci sarò a pranzo o no.

– Cosa intendi? – chiese Jungkook mentre sistemava due cartoni di succo di frutta.

– Voglio dire che in base a ciò che avevi pensato di cucinare decido se andare da Yoongi direttamente a pranzo o subito dopo. – Guardò per terra – C’è una cosa importante di cui devo parlargli.

Mentre diceva queste parole sentì un tonfo sordo seguito un’imprecazione. Alzò lo sguardo e vide Jungkook piegato a terra di fianco al frigo che scopriva i danni fatti dalla caduta del cartone di uova. Hoseok si mise a ridere e venne in aiuto, strappando dal rotolo sul bancone qualche tovagliolo di carta e tendendolo all’amico. Prendendo i quadratini di carta in mano Jungkook imprecò di nuovo:

– Merda!

– Succede Kookie. Tranquillo, adesso lì pulisco io. – lo tranquillizzò Hoseok posandogli veloce una mano in testa e scompigliandogli un po’ i capelli. Jungkook annuì e andò a buttare la scatola di cartone ormai piena di gusci vuoti. Mentre prendeva uno strofinaccio per ripulire il pavimento dalla pozza di albumi e tuorli Hoseok chiese:

– Stavo dicendo prima che forse domani a pranzo sono da Yoongi. Però se hai in mente di cucinare qualcosa di buono vado nel pomeriggio.

– Anche Jin potrebbe cucinare qualcosa di buono. – rispose Jungkook sorridendo. Si era riavvicinato al frigorifero e stava mettendo dentro le ultime verdure rimaste nella busta.

– Però lo sai che ormai sei tu la mia cuoca preferita Kookie. – Rispose Hoseok sollevandosi da terra e facendoli l’occhiolino. Il più piccolo ridacchiò, poi accartocciò il sacchetto di plastica, lo mise velocemente in un cassetto e sospirò.

– Domani non mi vedo con Tae, per cui se a pranzo ci sei a farmi compagnia sono contento. Si, ho in serbo qualcosa di buono.

– Allora sono qui tutto tuo! – disse Hoseok entusiasta. Andò poi verso il bagno per mettere in lavatrice il panno sporco, mentre Jungkook si avviò verso la sua stanzetta. Si lasciò cadere sul letto, la mente affollata da un unico pensiero e decise di provare a dormire un pochino prima di iniziare a preparare la cena.

Si risvegliò dopo un sonno profondo, e per prima cosa guardò il telefono. Segnava le sette meno cinque, quindi capì di aver dormito circa un’ora. Quando entrò in cucina trovò Hoseok disteso sul divano, dei pantaloni pesanti grigi e una felpetta nera addosso, un cuscino stretto tra le braccia e gli occhi incollati allo schermo del televisore. Si era messo una fascetta sulla fronte per tenere indietro il ciuffetto di capelli castano scuro e sembrava così più piccolo dei suoi ventidue anni. Il suo viso serio e preoccupato fece sorridere Jungkook. Si sentiva uno dei pochi eletti ad avere il privilegio di vederlo in questa modalità. Tolto quando si esercitava su qualche coreografia particolarmente complessa, solamente mentre guardava drama era possibile vedere una tale espressione sul suo volto. Tirò fuori gli ingredienti che gli occorrevano dal frigorifero ed iniziò a preparare la cena. Le sere erano tranquille in casa Jung/Jeon. Per quanto fosse una persona piena di energie quando il sole tramontava ad Hoseok piaceva rimanere dentro e godersi una buona cena con calma in compagnia dell’amico, magari guardandosi subito dopo un buon film. Aveva spesso declinato inviti da parte dei suoi amici di accademia ad uscire fuori in qualche club o bar. Nonostante la sua estroversione e voglia di vivere, era fondamentalmente una persona abitudinaria a cui piaceva avere la propria routine e passare il tempo in compagnia delle persone che conosceva meglio e con cui si sentiva più a suo agio. A Jungkook andava bene così. Nemmeno lui era tipo da feste tutte le sere. Ogni tanto certo si univa al gruppo di amici che si era fatto in un’università, ma non di frequente. Preferiva anche lui rimanere nella cerchia di coloro con cui era più legato, ovvero, ormai, il gruppo del 503. Questi ragazzi erano stati una benedizione nella sua vita, e Taehyung quel giorno davvero un angelo caduto dal cielo. Se tutto fosse andato come sperato alcuni suoi legami si sarebbero fatti ancora più importanti.

 

*****

 

Si era fatto estremamente tardi e non capiva come. Sarebbe dovuto rimanere solo un paio d’ore e invece erano già le sette. Jimin stava camminando lungo la strada fuori dal palazzo del 503, bene attento a dove metteva i piedi. Avrebbe voluto affrettarsi, ma il marciapiede ghiacciato non glielo consentiva. Chissà se Taehyung lo avrebbe aspettato per cena. Pensò che non lo aveva neppure avvisato che avrebbe fatto così tardi e si sentì in colpa. Però se non lo aveva ancora cercato significava che almeno non si era preoccupato. Il pomeriggio era davvero volato in un lampo. Era andato a casa di Yoongi per riportargli alcuni fumetti che gli aveva prestato e poi perché il ragazzo voleva fargli ascoltare delle nuove musiche che aveva composto. Jimin ancora non riusciva ad abituarsi al senso di piacere che gli dava il sapere di essere uno tra i pochi, se non il solo, a venire messo a conoscenza delle creazioni di Yoongi-hyung. Era sempre contento poi di poter aiutare il più grande dicendo le sue idee ed opinioni su ciò che gli faceva ascoltare. Si chiedeva spesso perché una persona intelligente e abile come Yoongi ascoltasse ciò lui avesse da dire, ma non lo avrebbe mai detto ad alta voce. Sapeva quanto il ragazzo fosse geloso di ciò che componeva e l’idea di essere non solo messo a conoscenza di ciò che creava ma di poter essere addirittura una possibile influenza nel processo di creazione lo faceva sentire troppo speciale per dare voce ai suoi stupidi dubbi. Yoongi-hyung sapeva cosa doveva fare e se chiedeva a lui un motivo doveva esserci, Jimin di questo era sicuro. Dal momento dunque che Yoongi era sinceramente interessato alle opinioni di Jimin, gli incontri tra i due finivano sempre per protrarsi a lungo. Era difficile spesso accorgersi delle ore che passavano anche perché ormai Jimin non si sentiva più come un ospite, ma esattamente come se fosse nel suo appartamento.

Passava sempre così tanto tempo dentro quella casa. Le immagini che aveva impresse nella mente delle prime volte che c’era stato sembravano appartenere a un altro. Nei suoi ricordi dei primi giorni trascorsi nel 503 la casa appariva diversa, poiché gli occhi con cui la guardava all’epoca erano diversi. Tutto era estraneo e ne aveva avuto quasi soggezione all’inizio viste anche le dimensioni così maggiori rispetto al modesto appartamentino che aveva affittato con Tae. Adesso avrebbe potuto descrivere ogni angolo di quella casa, ogni fessura, ogni sportello. Sapeva dove si trovavano le riserve di cibo, il contatore dell’acqua ed il kit d’emergenza. Dove Jin aveva i prodotti per il bucato, dove Namjoon metteva i suoi videogiochi e dove Yoongi riponeva la scatola dentro cui teneva la sua collezione di guide turistiche di posti che non aveva mai visitato. Poteva chiudere gli occhi e vedere ogni singolo graffio lasciato sul pavimento della sala da lui e Hoseok con le loro scarpette da danza.

Il motivo per cui aveva iniziato a frequentare il 503 era stato proprio il ballo. Hoseok frequentava la stessa accademia in cui, un anno dopo, era entrato anche Jimin. Seppure in due gruppi diversi, le occasioni per avere contatti con ragazzi più grandi erano comunque numerose, in primo luogo nella palestra della scuola, riservata a chiunque volesse esercitarsi. Era lì che Jimin e Hoseok avevano iniziato a conoscersi. Il più grande gli aveva in seguito detto che era stato subito incuriosito dal più piccolo perché tra i ragazzi del suo anno era sicuramente il ballerino che spiccava di più. Gli aveva poi detto diverse volte quanto trovasse aggraziata la sua danza e che spesso pareva volasse più che ballare, riuscendo in quella che è l’impresa più difficile per qualsiasi professionista in qualsiasi campo e che distingue chi è davvero un fuoriclasse da chi è solo bravo: far sembrare semplice ciò che in realtà era estremamente complesso. Jimin teneva sempre nel cuore queste parole. Sebbene avesse un talento naturale per il ballo e si rendesse conto da solo di essere ad un livello superiore rispetto a tanti altri ragazzi della sua età, aveva però spesso difficoltà nel memorizzare le coreografie ed in generale non si sentiva sicuro di sé. Hoseok anche era incredibilmente bravo e quando si era proposto di aiutarlo Jimin aveva accettato con grande gioia. Sacrificando a volte anche il proprio allenamento, Hoseok aveva passato pomeriggi interi insieme a Jimin provando e riprovando con lui, aiutandolo nella memorizzazione e dandogli consigli su come aggiustare i suoi movimenti. La sala di Hoseok era davvero spaziosa e il bel pavimento di legno sembrava essere fatto apposta per loro. L’idea di farlo venire a praticare in casa era stata del più grande, il quale si era accorto che Jimin tendeva a deconcentrarsi molto quando la palestra iniziava ad essere troppo affollata. La sua insicurezza lo portava a bloccarsi, terrorizzato all’idea di commettere errori e rendersi ridicolo davanti agli altri ragazzi. Così erano finiti in quella casa che sarebbe poi diventata un luogo così familiare e amico. A poco a poco Jimin aveva preso anche a conoscere gli altri inquilini, ovvero all’epoca Seokjin e Yoongi. Jin era stato fin da subito molto espansivo, sempre sorridente e cordiale con lui. Per Yoongi c’era voluto più tempo. Di certo, dopo il loro primo incontro mai avrebbe pensato che tra tutte le persone dentro l’appartamento sarebbe stato proprio lui quello con cui avrebbe passato spesso interi pomeriggi. Jimin ricordava perfettamente la prima volta che avevano iniziato a legare davvero, nonostante lui frequentasse il 503 già da circa un anno e mezzo. Era stato quando lo aveva sentito suonare il piano per la prima volta, un giorno di due anni prima.

 

 

 

Note dell’autrice:

Ciao a tutti e grazie di nuovo per aver letto questo secondo capitolo. Voglio innanzitutto ringraziare chi ha recensito/seguito/preferito/ricordato la storia.  Mi ha fatto davvero molto piacere considerato che poi avevo per il momento caricato un capitolo solo. Grazie di cuore

Passando al capitolo presente: vado per punti.

Primo punto: non sono brava con i titoli quindi utilizzo le citazioni all’inizio come modo per accennare a quelli che saranno i temi principali del capitolo o ad alcuni particolari importanti che sono da notare. Il riferimento al tempo che scorre in maniera diversa mi occorreva perché l’ho utilizzato come filo conduttore nel capitolo ed è il modo che ho scelto per far capire le relazioni tra i personaggi senza andare sempre a spiegarlo esplicitamente.

Secondo punto: a livello di trama questo capitolo mi serviva per introdurre alcuni dettagli che torneranno e saranno poi utili nei capitoli successivi, primo fra tutti quello della festa di fine anno a casa Min/Kim. Non ci sono troppi eventi e i prossimi due capitoli (che saranno una reprise di questo secondo e poi il terzo) saranno simili da questo punto di vista. Spero non dipiacciano dei capitoli più introspettivi o comunque dove la trama principale rimane leggermente in stallo, ma mi occorrono davvero per dare un qualche background ai personaggi e spiegarli un po’ meglio. Ho fatto questa scelta essenzialmente perché credo che se non si conoscono almeno un po’ le persone che fanno parte di una storia poi è più difficile interessarsi a ciò che fanno e dunque preferisco impostare così il lavoro :) 

Terzo punto: ho dovuto fare una modifica al capitolo precedente perché mi sono accorta di aver fatto un paio di errori con le età dei personaggi. Quando parlo di Hoseok che incontra Jin avevo scritto “l’allora ventiduenne Seokjin” mentre invece è ventenne; così come quando ho introdotto Taehyung, il ragazzo non si trova al primo anno di master ma al secondo. Ho cambiato perché erano errori che creavano confusione sulla linea temporale. Forse a nessuno interessa mettersi a ricostruirla, ma siccome io la ho tutta delineata e ben presente non potevo lasciare stare, soprattutto visto che ci ho messo una vita per crearla ahah (portare avanti e incrociare le vite/età/corsi di studi di sette personaggi mi è stato molto più difficile di quanto avrei pensato, ma forse è perché sono lenta io ^^’).

Grazie ancora per il vostro interesse nella mia storia, spero il capitolo vi sia piaciuto e non vi abbia fatto addormentare! Di nuovo, i commenti sono più che benvenuti quindi per favore lasciate un feedback se potete, mi sarebbe davvero molto utile  :)

Ci vediamo sul prossimo capitolo! 

Baci, Elle

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Capitolo 3
*** Capitolo II: Reprise ***


CAPITOLO II : REPRISE

 

Summer for thee grant I may be
When summer days are flown!

[Estate per te, fa' ch'io sia

Quando i giorni d'Estate si saranno involati!]

(Emily Dickinson, 1858)

 

 

– Jimin-ah c’è un cambio di programma.

Hoseok si era avvicinato a Jimin che lo stava aspettando fuori dalla porta della palestra dell’Accademia. Giocherellava con il suo mazzo di chiavi facendolo roteare attorno al suo indice.

– Tieni – gli aveva detto tendendogliele – prendi le chiavi e vai avanti, non sono sicuro ci sia qualcuno a casa in questo momento e non vorrei rimanessi fuori.

Jimin aveva chiesto cosa fosse successo, al che Hoseok aveva dato una spiegazione veloce:

– Abbiamo avuto un problema. Un ragazzo nel mio gruppo di ballo si è infortunato e quindi le prove si sono dovute interrompere, allungando i tempi. Morale della storia, dobbiamo ancora ripassare alcune sequenze e siccome sono importanti la gran parte ha votato per rimanere di più. Mi dispiace per il contrattempo Jiminie, so che dovevamo andare da me insieme, ma non posso lasciare le prove.

– Ma certo, tranquillo Hoseok-hyung! Non è un problema per me aspettarti a casa.

Erano passati due anni, ma Jimin ricordava ancora bene quel pomeriggio di novembre. La sera si sarebbe tenuta la loro cena settimanale per cui si era accordato con Hoseok per andare direttamente al 503 insieme a lui appena finite le lezioni ed esercitarsi lì. Taehyung e Namjoon avrebbero poi raggiunto il gruppo dei cinque più tardi. una volta terminati i loro impegni universitari. Il fatto che Hoseok fosse stato trattenuto in Accademia non aveva davvero creato alcun disturbo a Jimin. Era un po’ stanco e quindi l’idea di arrivare in una casa vuota e poter magari anche schiacciare un pisolino al momento non gli sembrava malvagia. Aveva dunque assicurato al ragazzo di non preoccuparsi per lui e si era avviato per conto suo verso l’appartamento. Girando la chiave nella toppa aveva pensato che non era mai entrato prima nel 503 da solo come se fosse casa sua e si era sorpreso nel rendersi conto che questo pensiero non lo faceva sentire strano, ma felice. Il fatto che Hoseok non si fosse fatto alcuno scrupolo a lasciargli il suo mazzo di chiavi, chiaramente convinto anche che nessuno dei suoi coinquilini avrebbe avuto qualcosa in contrario, gli aveva fatto realizzare per la prima volta quanta confidenza ci fosse ormai tra lui e questi ragazzi, e tale idea gli aveva creato una piacevole sensazione calda al centro dello stomaco. Nell’appartamento non aveva trovato nessuno e quando aveva urlato “permesso!” non gli era giunta risposta. Ricordava che gli aveva fatto un po’ effetto che non ci fosse nessuno in una casa che solitamente era abituato a vedere piena di persone. C’era evidentemente una prima volta per tutto. Si era avviato ancora con il cappotto addosso verso la cucina per prendere un bicchiere d’acqua e mentre beveva aveva sentito il telefono vibrargli. Lo aveva dunque preso dalla tasca e una volta appoggiato il piumino nero sopra al tavolino della cucina si era seduto su una sedia, intento a sbloccare lo schermo. Letto il messaggio – un semplice annuncio di saldi imminenti presso il negozio di dischi e videogiochi da cui aveva fatto la tessera – visto che aveva ormai il cellulare tra le mani gli era venuto spontaneo aprire la cartella dove teneva i giochi e riprendere una partita che aveva interrotto la sera prima. Dopo probabilmente una decina di minuti era stato sorpreso all’improvviso da un suono proveniente dall’esterno. No, non dall’esterno, aveva pensato. Dalla casa. E non era un suono qualsiasi, ma la musica di un pianoforte. Un pianoforte qui? Lì per lì si era spaventato e aveva passato alcuni secondi immobile, contemplando come fuggire nel caso in cui la casa fosse infestata (non lo avrebbe confessato apertamente nemmeno a sé stesso, ma era terrorizzato dall’idea dei fantasmi). Quei pochi secondi però furono sufficienti a fargli realizzare due cose. La prima era che in effetti ora che ci pensava aveva visto a un certo punto con la coda dell’occhio un pianoforte che prima non c’era in un angolo della sala, vicino alla televisione, senza che però vi facesse molto caso chissà per quale motivo. La seconda era che quella melodia era effettivamente bella e valeva la pena fermarsi un attimo ad ascoltarla prima di dare avviso della propria presenza a chiunque stesse suonando. Piano piano era sceso dalla sedia, cercando di fare il meno rumore possibile e muovendosi in punta di piedi si era avvicinato alla porta della cucina per dare una sbirciata in sala. Yoongi-hyung?? Non si era aspettato di vedere proprio lui seduto a quel piano. Più tardi si chiese anche perché, visto che se avesse riflettuto un attimo avrebbe ripensato che dentro quella casa era lui quello con più probabilità di saper suonare uno strumento. Jimin ricordava che in quel momento però non stava riflettendo molto. Era rimasto catturato da ciò che stava ascoltando e non riusciva a staccare gli occhi di dosso dalla figura di Yoongi. Gli sembrava un’altra persona rispetto al ragazzo che era abituato a vedere. Non riusciva a decidere se così, mentre aveva gli occhi chiusi e scorreva le mani sui tasti, muovendo leggermente la testa a ritmo, la sua aura gli sembrasse più vulnerabile o più grande del solito. Forse entrambe le cose. A Jimin era venuta la strana sensazione che quello strumento rappresentasse al tempo stesso la più grande debolezza e la più grande forza di Yoongi. Che cosa mi metto a pensare? si era chiesto, senza capire da dove gli venissero idee del genere. Era probabilmente passato qualche minuto da quando si era messo sulla soglia della cucina per ascoltare meglio e sapeva quello che l’educazione avrebbe voluto. Un altro minuto però. Un altro minuto. Solo un altro minuto. Si rendeva tuttavia conto che non sarebbe potuto rimanere lì tutto il pomeriggio. Gli era venuto all’improvviso in mente che Hoseok sarebbe potuto rientrare da un momento all’altro e sarebbe stato estremamente imbarazzante se lo avesse trovato lì a spiare Yoongi-hyung in quel modo.

Aveva preso coraggio e sperando che l’altro non si innervosisse troppo nello scoprire che era rimasto a spiarlo tutto quel tempo aveva fatto un passettino incerto fuori dalla porta. Aveva dato un colpettino di tosse, prima uno piccolo e poi un altro più udibile, che infatti era riuscito ad attirare l’attenzione di Yoongi. Chiaramente non si era aspettato di avere attorno spettatori poiché le sue piccole spalle avevano dato un sussulto e aveva girato velocemente il viso un po’ allarmato in cerca della fonte del rumore. Jimin riusciva ancora a rivedere chiaramente davanti a sé come se lo stesse vivendo ora il modo in cui Yoongi-hyung lo aveva guardato. Una volta accortosi della sua presenza non aveva detto nulla, né si era scomposto più di tanto. Lo aveva semplicemente fissato, nel viso un’espressione tra il sorpreso e l’interrogativo. Non era però infastidito, almeno cosi era sembrato a Jimin e era stata proprio questa impressione a farlo sentire meno in soggezione e dargli il coraggio di parlare.

– Anche Tae sa suonare il piano, ma non così bene. – Perché non aveva chiesto prima scusa per la sua indiscrezione? – Sei molto bravo.

Yoongi aveva fatto spallucce:

– Non così tanto.

– Se- secondo me sì!

Jimin aveva risposto di getto, ma decisamente troppo appassionatamente e si ricordava bene di come si era sentito avvampare di colpo subito dopo averle pronunciate. Ma oggi le buone maniere dove le ho messe? Ricordava anche di aver notato lo sguardo di Yoongi cambiare all’improvviso, ma forse era di nuovo una sua impressione. Aveva inclinato leggermente il viso da un lato:

– Non credevo ci fosse nessuno in casa. Come sei entrato?

– Oh, Hoseok mi ha dato il suo mazzo di chiavi. Saremmo dovuti tornare qui insieme, ma è stato trattenuto in Accademia per cui mi ha detto intanto di venire senza di lui. Quando sono entrato mi sono annunciato, ma nessuno ha risposto per cui ho pensato di essere da solo. Ero in cucina quando ti sei messo a suonare. Mi dispiace moltissimo di non averti avvisato prima della mia presenza Yoongi-huyng.

Il discorso era stato detto velocemente e concluso con un piccolo inchino. Non voleva che il ragazzo pensasse che non sapeva stare al suo posto. Yoongi aveva scosso la testa e un ciuffetto di capelli neri gli era caduto sul viso:

– No, scusami tu, dovrei accorgermi cosa accade sotto il mio tetto. Quando sei entrato avevo probabilmente le cuffie, per questo non ti ho sentito. Questo piano è arrivato qui l’altro ieri. – aveva detto sfiorando delicatamente i tasti – Non è mio ovviamente. L’ho solo noleggiato.

Jimin non si era aspettato di ricevere tutte queste informazioni senza nemmeno averle chieste e gli aveva fatto più piacere di quanto avrebbe immaginato. Ricordava che avrebbe voluto chiedergli anche perché lo avesse noleggiato, ma aveva preferito che fosse Yoongi-hyung stesso a decidere cosa volesse dirgli e cosa no. Si era solo avvicinato lentamente e si era messo al lato del pianoforte. Aveva poi volto semplicemente lo sguardo ai tasti bianchi e neri, le mani unite davanti a sé, come a dire non disturbo più. Prima ancora che potesse rendersi conto che forse la cosa migliore da fare sarebbe stata chiedere esplicitamente di nuovo scusa per il disturbo e tornare in cucina Yoongi aveva ripreso a suonare. Non sembrava essere turbato dalla presenza di Jimin. Con gli occhi di nuovo chiusi, aveva ripreso a far scivolare le mani morbide sulla tastiera lasciando scie musicali al loro passaggio. Guardandole, Jimin aveva sentito le sue guance imporporarsi. Sono belle.

Dopo qualche minuto Yoongi si era fermato per fare delle correzioni sullo spartito e mentre scribacchiava con la matita sul foglio aveva chiesto:

– Dunque ti piace il pianoforte?

– Si. – il salone rimbombava solo della sua voce – I miei nonni mi portavano spesso a concerti di musica classica. Anche se ero molto piccolo non mi sono mai annoiato nemmeno una volta. Amavo ascoltare musica. Poi un giorno andammo a vedere uno spettacolo un po’ diverso, dove dei pianisti si esibirono sul palco insieme a ballerini professionisti che danzarono al ritmo dei loro brani. Rimasi così affascinato da quei movimenti che ne diventai ossessionato. Volevo anche io imparare a muovermi così. Però l’ammirazione per quei pianisti è sempre rimasta viva. Osservavo la loro arte e mi chiedevo se sarei mai stato anche io così capace in qualcosa.

– Beh, ci sei riuscito. – Quella affermazione aveva scosso Jimin e aveva sentito il sangue affluirgli alle orecchie. Aveva scosso la testa:

– Ho sempre trovato suonare più difficile. A volte mi chiedo se non abbia scelto la danza perché la sentivo meno intoccabile. Credo di aver pensato che se non potevo essere un pianista e dar vita a quella musica allora l’avrei accompagnata, completata in un certo senso. –  aveva fatto una piccola pausa e aggrottato le sopracciglia prima di riprendere il suo discorso – Non avevo mai pensato a questa cosa in realtà, ma penso che sia così.

Era rimasto stupito dalla calma con cui aveva parlato. Stava dicendo cose che non solo non aveva mai detto ad alta voce prima, ma su cui non si era mai nemmeno soffermato a pensare e si sentiva tranquillo nel farlo. Aveva poi intercettato lo sguardo di Yoongi e ricordandosi della situazione in cui si trovava si era agitato di nuovo.

– S- scusa, non so perché mi sono messo a parlare di cose insensate. Continuo a disturbarti, mi dispiace!

– Non sono cose insensate Jimin-ah, va tutto bene. Magari puoi darmi alcuni consigli su alcune melodie che sto scrivendo qualche volta. Dirmi se ti piacciono o meno. – e gli aveva rivolto un piccolo sorriso di incoraggiamento.

Ho sentito bene? Nonostante la sorpresa Jimin aveva cercato di rispondere nella maniera più composta possibile, rimproverandosi mentalmente per il suo “sì” che era comunque uscito con troppa foga.

Il motivo per cui Yoongi aveva noleggiato quel piano gli era stato riferito più tardi da Hoseok quel pomeriggio stesso, in un momento in cui si trovavano loro due da soli.

– Si, il piano è una new entry. Come sai Yoongi-hyung è all’ultimo anno del suo master e deve quindi preparare un lavoro finale. L’ho visto spesso nei mesi scorsi lavorare a questo progetto, si butta sempre così a capofitto nelle cose! Ogni tanto mi ha anche accennato a qualche idea. Non che me ne abbia mai parlato nel dettaglio, lo sappiamo come è fatto. Però a quanto ho capito da ciò che diceva all’inizio non credo che nei suoi piani ci fosse l’utilizzo di un pianoforte, deve aver cambiato idea di recente. L’altra sera ha quindi iniziato a cercare su internet se ci fosse modo di noleggiarne uno, mettendo mano ai suoi risparmi. Onestamente è stata una buona idea, a me non sarebbe venuto in mente che gli strumenti musicali potessero essere affittati.

– È davvero bravo, mi sorprende che non avesse deciso fin da subito di usare un piano. – aveva risposto Jimin.

– Lo so, ma in effetti come ti ho detto non è un’idea che viene subito quella di mettersi in casa uno strumento come un pianoforte e credo quindi che lì per lì non ci abbia pensato neppure a lui. Ho una mia idea in proposito in realtà. Credo che all’inizio abbia lasciato stare per questo motivo, ma poi man mano che è andato avanti col suo lavoro si è reso sempre più conto di quanto poco senso avesse non presentare qualcosa dove potesse utilizzare il pianoforte e quindi ha cercato in maniera più attiva una soluzione.

Jimin non aveva capito bene a cosa si riferisse Hoseok e dunque aveva deciso di mettere da parte i suoi scrupoli e chiedere che cosa intendesse. Era sempre interessato a ciò che il ragazzo aveva da dire su Yoongi, perché lo conosceva da sempre ed era quindi la fonte più attendibile quando si trattava di cercare di capire cosa passasse nella testa del più grande.  

– Il pianoforte è una parte di Yoongi-hyung, Jiminie. Una parte importante a dire il vero. Questo è il suo progetto finale. La conclusione di un percorso durato anni e che non è stato facile per lui, per diversi motivi. Ma ci ha messo impegno e passione. È ciò che ama, e i sacrifici che ha dovuto fare li ha fatti volentieri, non l’ho sentito mai lamentarsi nemmeno una volta. Ottenere questa laurea è dunque una tappa importante per lui e credo sia normale che voglia creare qualcosa che lo rispecchi il più possibile. Ecco perché dicevo che seguendo questo ragionamento lasciare il pianoforte fuori da tutto questo era assurdo.

Questo era ciò che Jimin ricordava di quella giornata. Non aveva idea di cosa fosse avvenuto di preciso quella sera né di cosa avesse fatto prima, durante la mattina. Ciò che era per sempre indelebile nella sua memoria era il momento in cui aveva capito che il rapporto tra lui e Yoongi sarebbe cambiato. Da quel giorno, per tutto il periodo in cui il pianoforte rimase al 503 ogni volta che che Yoongi iniziava a suonare lui andava a metterglisi vicino, spontaneamente e senza pensarci. Fu da allora che il legame che Jimin e Yoongi condividevano adesso aveva iniziato a mettere vere radici. Prima di quel momento Jimin non gli si era avvicinato troppo. Ai suoi occhi Yoongi-hyung era sempre stato una persona che poteva essenzialmente essere solo guardata da lontano e nonostante si sentisse attratto dalla sua particolarità al tempo stesso ne era intimorito. Aveva un carattere particolare e Jimin non sapeva mai bene come comportarsi con lui. Non che il ragazzo gli avesse mai dato motivo di sentirsi in soggezione. Yoongi era sempre stato gentile nei suoi confronti e Jimin aveva anche notato che mentre non si faceva problemi a punzecchiare Hoseok o a volte indirizzare frecciatine persino a Taehyung, non aveva mai fatto lo stesso con lui.  Ma tra loro non c’era ancora particolare confidenza e il tempo che trascorrevano insieme era sempre condiviso con gli altri quattro. Piano piano, con poche parole, Yoongi-hyung si era ritagliato un posto speciale nella vita di Jimin, facendolo sentire accettato e voluto, due cose che il ragazzo desiderava ardentemente. In qualche modo era riuscito a fargli relegare sempre più in un angolo la sua insicurezza e gli sembrava assurdo adesso pensare di poter sentirsi tutto fuorché completamente a proprio agio con il ragazzo più grande. L’ammirazione che aveva per lui non era cambiata, anzi adesso era anche aumentata visto che lo conosceva meglio. Lo trovava un artista eccezionale e si fidava completamente delle sue intuizioni. Yoongi era tenace e conosceva perfettamente sia i suoi limiti che le sue forze. Jimin sapeva con certezza che aveva un futuro più brillante di quanto lui stesso credesse davanti a sé. Continuava a ritenersi estremamente fortunato di poter assistere alla nascita di quello che per lui sarebbe stato un futuro genio del mondo discografico. Nonostante ciò, non provava più quel senso di timore o soggezione che lo avevano accompagnato nelle sue interazioni con il ragazzo nei primi tempi.

Era stata l’estate a solidificare definitivamente il loro rapporto. Il motivo indiretto, ma principale, per cui era stato possibile questo ulteriore avvicinamento era stata la partenza di Hoseok. Finché lui era lì era più difficile per Jimin muoversi attorno a Yoongi. Il ragazzo non c’entrava davvero nulla, era stato lui a portare Jimin in casa propria e non aveva mai dato segni di essere geloso del suo amico. Tuttavia Jimin sentiva spesso il peso della loro amicizia e gli era difficile pensare di potersi mettere in qualche modo in mezzo a loro. Avevano un legame chiaramente speciale, che affondava le proprie radici in molti anni addietro e dunque sapeva essere stabile e forte. Quando si trovavano in cucina loro tre, ad esempio, Jimin in qualche modo si sentiva sempre quasi di troppo, come se fosse un elemento in più in un quadro che sarebbe apparso molto più bello senza di lui.

Avendo ottenuto uno stage dall’Accademia, l’anno precedente Hoseok si era dovuto trasferire in Giappone per sei mesi, dal maggio all’ottobre 2015. Non era stato semplice per Yoongi-hyung, Jimin se ne era reso conto. Non era solo la partenza dell’amico a renderlo triste, ma anche e soprattutto il fatto che sapeva che ciò avrebbe significato il trasloco definitivo di Hoseok in un’altra casa una volta tornato a Seul. Davanti a lui però, fino all’ultimo momento quando dovettero salutarsi al check-in dell’aeroporto, Yoongi si era comportato con tranquillità e disinvoltura. “Hobi, sono sei mesi, me li godrò tutti senza il tuo chiasso attorno.” “Piangerai calde lacrime ogni giorno in mia assenza Yoongi, lo so.” “Chi ha gli occhi bagnati tra noi due qui sei tu vorrei farti notare. Io me la caverò, stai tranquillo. Fai buon viaggio Hoseok e fai foto a Tokyo.”

Sia Jimin che gli altri ragazzi però sapevano che non poteva durare. Finché si era trattato di non allarmare l’amico Yoongi aveva saputo resistere, ma una volta che Hoseok fu partito gli era servito del tempo per abituarsi al nuovo stato delle cose. Non si era fatto scontroso, ma semplicemente ancora più silenzioso del solito e perso sempre più di frequente nei suoi pensieri. L’assenza del migliore amico il giorno della sua laurea era stata secondo Jimin uno dei momenti più difficili da gestire per Yoongi. Come aveva appreso da Hoseok stesso, per il più grande non era stato semplice toccare quel traguardo. Jimin era sicuro di ciò che Yoongi doveva star provando. Come poteva una persona che aveva sentito il bisogno di includere nel suo lavoro finale uno strumento a lui caro perché voleva che lo rappresentasse a pieno non sentirsi incompleto quando il proprio migliore amico non era lì a condividere con lui l’ultima tappa di un percorso così importante?

Dopo la proclamazione di laurea e la consegna dei diplomi, mentre gli amici e i genitori lo festeggiavano nel giardino della facoltà, Yoongi si era scusato un attimo per andare al bagno. Dopo qualche minuto Jimin si era offerto di andare a recuperarlo, così che poi potessero tutti avviarsi a casa per mangiare insieme e festeggiare. Era una giornata di giugno calda e leggermente afosa, ma si stava comunque bene all’aperto perché il sole splendeva e spesso tirava un leggero venticello che dava refrigerio. Jimin aveva trovato Yoongi sul retro dell’edificio, appoggiato ad un piccolo steccato, i capelli scuri e leggermente arricciati scompigliati dalla brezza. Non credeva ci fosse qualcosa da dire che avrebbe potuto farlo star meglio, per cui gli era solo andato vicino e lo aveva abbracciato forte. Yoongi si era fatto abbracciare senza levare proteste, calmo e docile.

 – Ho contattato Hoseok e gli ho dato i dettagli della giornata, ha detto ti chiamerà questo pomeriggio, potrai tranquillamente andare in camera tua, nessuno di noi se la prenderà se ci lasci un momento. – gli aveva detto Jimin in modo semplice, sorridendogli con affetto. Stupido hyung, hai paura di disturbarlo ma è anche lui il tuo migliore amico, ci tiene a sentirti in un giorno così importante. Yoongi lo aveva guardato un momento, per poi sorridere leggermente e annuire. Con calma si erano poi riuniti al resto del gruppo e i festeggiamenti, telefonata compresa, erano andati bene. Da quel momento Jimin aveva cercato di compensare il più possibile per l’assenza di Hoseok. Prima che il ragazzo partisse Yoongi era abituato non solo a viverci insieme, ma anche ad avere Jimin spesso interi pomeriggi da lui. Jimin non voleva che Yoongi-hyung pensasse la loro amicizia fosse di circostanza o comunque in qualche modo legata ad Hoseok. Lui era stato un ponte, questo sicuro, ma adesso Jimin voleva fosse chiaro che il suo essergli amico era indipendente da qualsiasi altro fattore esterno. Aveva preso la decisione che avrebbe continuato a frequentare il 503 come e più di prima, anche a costo di sembrare invadente. Yoongi doveva trovare lavoro e dunque non sarebbe tornato a casa dai suoi genitori per l’estate. La casa sarebbe però rimasta vuota per un periodo poiché Jin e Namjoon avevano finalmente prenotato la loro prima vacanza da fidanzati ufficiali. Taehyung anche sarebbe stato via per un paio di mesi con la sua famiglia nella località di mare di Haehundae per cui a Seul per un po’ non ci sarebbe stato davvero nessuno. Jimin era dunque rimasto e lo aveva aiutato a trovare un lavoro. Non lo lascerò solo a Seul in un momento come questo.

Yoongi non lo aveva mai espresso chiaramente, ma era evidente che la presenza di Jimin doveva essergli di un qualche aiuto. Non si era mai mostrato infastidito dalle prime volte in cui Jimin aveva preso ad autoinvitarsi nel suo appartamento e alla fine aveva iniziato addirittura a darlo per scontato, aspettandolo anche quando la sera non si erano dati esplicitamente appuntamento per il giorno dopo. “A che ora arrivi?” era diventato uno dei messaggi più frequentemente ricevuti da Jimin sul telefono. A volte il ragazzo gli faceva addirittura trovare qualche dolce o snack che sapeva gli sarebbero piaciuti. I due avevano trascorso interi pomeriggi insieme, a cui Jimin ripensava spesso con piacere e un po’ di nostalgia. A volte aiutava Yoongi attivamente, portando il suo computer con sé e mettendosi anche lui a cercare possibili posizioni per l’amico. Altre volte si facevano compagnia solo fisicamente, con Yoongi intento a scrivere lettere di presentazione e Jimin sul suo letto a leggere i suoi manga. Più tardi nell’estate aveva anche aiutato con il trasloco di Namjoon, che fu più lungo del previsto vista la quantità sproporzionata di cose che aveva portato con sé. Aveva poi in seguito gioito insieme a Yoongi quando il ragazzo era finalmente riuscito a trovare un posto come tirocinante in un’etichetta discografica a Seul, e che pagava anche piuttosto bene. In quell’estate era davvero diventato parte integrante della vita di Yoongi e dell’appartamento 503.

Finiti i sei mesi di stage, Hoseok era finalmente tornato da Tokyo e Jimin si era ritrovato ad essere genuinamente felice che Yoongi riavesse il suo migliore amico vicino. In realtà anche lui, insieme agli altri ragazzi, stava contando i giorni che mancavano al rientro in patria del ragazzo. Hoseok con la sua energia era una presenza così vitale che erano davvero tutti al settimo cielo all’idea che finalmente tornasse tra le loro fila. A quel punto però era arrivato anche Jungkook, portato dal vento e dalla pioggia di ottobre. Il trasferimento del ragazzo nello stesso appartamento di Hoseok era avvenuto praticamente subito, agli inizi del novembre dell’anno prima e da quel giorno il più piccolo era divenuto membro fisso della compagnia. Jimin sorrise mentre pensava al giovane e il suo viso prendeva forma nella sua mente. Gli era piaciuto subito. Forse era stato influenzato nella sua opinione fin dall’inizio. Taheyung parlava così tanto e così bene di lui che quando lo aveva incontrato per la prima volta lo aveva accolto e salutato come se già fosse un caro amico che conosceva da anni. A ripensarci ora forse era stato anche un po’ eccessivo nel suo entusiasmo durante il momento delle presentazioni. Ma fin da subito anche Jungkook era stato molto socievole con lui per cui non ci aveva poi mai ripensato su molto. Non era difficile d’altronde andare d’accordo con il ragazzo. Anche se non estroverso sin da subito, era una persona positiva e la sua vivacità era simile a quella di Tae per cui Jimin si ritrovò a legare con lui in modo naturale, senza la ben che minima fatica.

Lo scorso Natale era stato dunque il primo passato tutti e sette insieme. Un momento che Jimin ricordava con particolare chiarezza era quando avevano trascorso una serata a decorare l’albero e la casa del 503. Non riusciva a far smettere Jungkook di riprenderlo con la sua fotocamera:

– Jimin, sorridi! Smile for the camera!

  Jungkookie basta! –  aveva continuato a ripetere mettendo continuamente la mano davanti all’obiettivo, ma senza risultati. Non c’era nulla da fare, il ragazzo non demordeva e continuava ad infastidirlo con il suo solito sorrisetto mentre sferrava attacchi da varie angolazioni. Taehyung a un certo punto era venuto in suo soccorso. Mentre Jungkook era seduto in ginocchio per terra gli era arrivato da dietro all’improvviso e gli si era buttato addosso, sporgendosi in avanti per mettere la testa all’ingiù davanti alla telecamera.

  Kim Taheyung-ah qui!

 Jungkook non si era mosso dalla sua posizione ­– Taehyung era troppo gracile e lui troppo robusto per poter accusare il peso del ragazzo sulla sua schiena – ma si era leggermente spaventato. Appena si era ripreso era passato alle minacce:

– Come osi interrompere un genio a lavoro?

I due ragazzi avevano iniziato a giocare, con Jungkook che cercava di tirare sul pavimento Taehyung per poterlo girare e sculacciare e Taehyung che opponeva una resistenza sempre più debole per via delle risate. Yoongi e Namjoon nel frattempo stavano mettendo le palline nell’albero, attività di cui si stava occupando anche Jimin sebbene le continue interruzioni da parte di Jungkook non lo avessero reso il decoratore di abeti più celere del paese. Yoongi sembrava invece procedere tranquillo nel suo lavoro, mentre Namjoon anche veniva spesso interrotto da continui starnuti dovuti a un raffreddore. Era piuttosto divertente per Jimin come il ragazzo amasse l’inverno ma poi fosse il primo ad ammalarsi appena la temperatura scendeva sotto i sedici gradi. Si era messo al collo una sciarpa di lana grande che gli avvolgeva anche parte del corpo e portava un cappellino nero per proteggere meglio la testa e tenersi di più al caldo. Il suo naso era leggermente rosso a causa della stoffa dei fazzoletti contro cui si sfregava ogni cinque minuti e aveva ovviamente causato commenti come “a che ora devi andare a tirare la slitta di Babbo Natale?” da parte degli altri ragazzi, primo tra tutti Hoseok. In questo momento il ragazzo non si trovava occupato a dar fastidio a Namjoon, ma si trovava invece dall’altro lato della stanza, intento ad appendere le decorazioni per la casa. Jin era invece in cucina, dove stava preparando delle bevande calde. – Guardate, la neve! – aveva esclamato a un certo punto Hoseok mentre metteva gli adesivi alla finestra.

Jimin aveva accolto la notizia con grande entusiasmo:

– Nevica?? Voglio andare sul tetto a vedere meglio! Qualcuno di voi vuole venire con me? – e si era fiondato a mettersi il piumino. Non era inusuale che nevicasse a Seul ovviamente, ma questa era stata la prima neve della stagione e dunque il ragazzo si era emozionato all’improvviso riuscendo a contagiare anche gli altri due più giovani. Dal momento che Hoseok era preoccupato per il freddo, Jin occupato in cucina e Namjoon troppo raffreddato per potersi permettere di uscire, solo Jimin, Taehyung, Yoongi e Jungkook erano saliti al tetto, chiusi per bene nei loro cappotti.

– Non avevo ripensato alla differenza di temperatura, fa freddissimo! – aveva esclamato Jimin una volta arrivati in cima al palazzo. Il commento di Jungkook non si era fatto attendere:

– Sta nevicando Jiminie, cosa ti aspettavi?

– È solo all’inizio che sembra freddo, Jimin-ah, ora ti abitui subito.

– Si lo so, grazie Yoongi-hyung. Jungkookie deve sempre trattarmi male. –  Aveva detto Jimin mettendo su il broncio e portandosi il colletto del piumino sopra la bocca.

Taheyung aveva interrotto la discussione:

– È la prima neve dell’anno, accogliamola con felicità! –  e detto questo era corso più vicino al parapetto. Gli altri anche si erano avvicinati e erano rimasti un pochino li, ad osservare i fiocchi scivolargli davanti agi occhi.

– Si possono esprimere desideri sulla neve? – aveva chiesto all’improvviso Taehyung.

Yoongi aveva soffocato una risata, Jimin e Jungkook un’espressione dubbiosa in viso.

– No, non credo sia come per le stelle cadenti Taehyung-ah –  Jungkook aveva dato questa risposta mettendogli un braccio sulle spalle. – Però puoi sempre provare.

L’occhiolino che l’amico gli aveva rivolto a conclusione delle sue parole aveva convinto Taehyung. Accettando la proposta aveva sorriso e chiudendo gli occhi aveva volto il viso in direzione del cielo.

– Fatto!

Jimin ricordava in quel momento di aver provato un grande amore per il proprio migliore amico ed era corso a metterglisi all’altro fianco, quello libero, per stringerlo forte in vita e appoggiargli il viso sulla spalla. Il gesto aveva un po’ stupito sia Yoongi che Jungkook, ma Jimin sapeva che Taehyung avrebbe capito, come infatti era stato. Ricambiando subito il gesto d’affetto lo aveva cinto a sua volta anche lui con un braccio dietro le spalle. Jungkook si era a questo punto allontanato sbuffando:

– Ecco Jiminie che rovina tutto. Essere abbracciati in tre è imbarazzante!

– Stavo per dirlo io, ma poi non volevo essere sempre quello che rovina l’atmosfera.

– Grazie del sostegno, Yoongi-hyung. Ad ogni modo il mio naso congelato mi sta suggerendo che è il caso di rientrare, non voglio fare la fine di Namjoon-hyung.

Taehyung lo aveva seguito subito:

– Povero Joonie, spero si riprenda un pochino almeno per il giorno di Natale. A proposito Kookie-ah, hai desideri particolari? Regali che vuoi ricevere?

– Vuoi farmi un regalo? Quindi ora mi tocca pensare a cosa prenderti? Credevo di averla scampata!

Bisticciando scherzosamente i due ragazzi erano rientrati nell’edificio in direzione dell’ascensore e Jimin stava per fare lo stesso quando si era sentito afferrare per una manica. Aveva guardato Yoongi con sguardo interrogativo.

– Un attimo solo, Jimin-ah.

Si era messo una mano nella larga tasca del cappotto e aveva tirato fuori un pacchettino sottile quadrato che aveva steso poi a Jimin. Il ragazzo lo aveva aperto stupito, non sapendo cosa aspettarsi. Yoongi aveva scelto una carta blu elettrico, attorno a cui aveva legato (Jimin era novantanove per cento sicuro che si fosse occupato da solo di incartare il regalo) un nastro bianco. Per via del freddo le sue mani si erano arrossate e poiché iniziava a fare leggera fatica a muoverle aveva preso questa come scusa per scartare la sorpresa più lentamente di quanto ci sarebbe normalmente voluto. Era curioso di sapere cosa ci fosse dentro, però allo stesso tempo sentiva di voler prolungare questo momento. Finalmente era riuscito a staccare l’ultimo pezzetto di scotch e aveva liberato quello che sembrava essere la custodia di un cd. Aveva poi osservato meglio e si era accorto che il regalo era effettivamente stato prodotto del tutto in casa e non veniva da un negozio.

Mixtape n.1’” aveva letto.

– Mixt- Yoongi-hyung! È ciò che penso? – aveva esclamato continuando a fissare le lettere nere lasciate indelebili sul cd da un evidenziatore.

– Mi hai aiutato tanto quest’estate. Mi sembrava il minimo. – aveva detto con il suo solito fare conciso Yoongi. Jimin lo aveva guardato incredulo. Sapeva cosa significasse questo per il ragazzo e si era chiesto subito se effettivamente se lo meritasse. Gli ho solamente fatto compagnia mentre cercava lavoro, come potrò essere da oggi un amico ancora migliore per Yoongi-hyung?

– Promettimi solo una cosa. –  Yoongi aveva parlato lentamente, ma con decisione, non guardandolo negli occhi, ma lasciando vagare lo sguardo oltre le spalle di Jimin –  Ascoltalo una volta, poi per favore buttalo. È tutta robaccia comunque. Ma è la robaccia che ho fatto fino ad ora e nulla… volevo dartela.

Jimin era rimasto interdetto qualche secondo e poi lo aveva guardato scherzosamente:

– Lo ascolterò ogni notte prima di andare a dormire. – e gli aveva fatto un occhiolino malizioso.

  Ew Jimin-ah, non essere volgare ora. Anzi, ridammelo!

Jimin ricordava come ridendo aveva piroettato lontano da Yoongi per proteggere ciò che aveva mano e gli aveva fatto notare che poteva anche provare a riprenderselo, ma non avrebbe avuto una possibilità.

  Sei troppo pigro per rincorrermi più di cinque minuti mentre io non mi arrenderei e continuerei a scappare per sempre.

Era un regalo da Min Yoongi. Non se lo sarebbe fatto sottrarre per nulla al mondo.

 

*****

 

Plic plic plic

Il flusso dei ricordi fu interrotto quando Jimin si rese conto di essere quasi davanti al suo palazzo. Sentì un tuono scoppiare fortissimo nel cielo e realizzò che aveva preso a piovere. Corse al portone, aprì velocemente e si buttò dentro l’atrio. Quando era iniziato l’acquazzone? Non se ne era accorto e adesso era tutto zuppo. Mentre aspettava il suo ascensore si mise a frugare nel suo zainetto cercando l’ombrello. Non ricordava di averlo ripreso da casa di Yoongi. Cercando un po’ di più vide di essere nel giusto, lo aveva dimenticato in camera sua. Non avrebbe dunque potuto ripararsi dalla pioggia neppure volendo e tale scoperta lo tranquillizzò perché gli dette la scusa per non preoccuparsi del fatto che aveva fatto l’intero percorso fino a casa praticamente in stato di trance. Si era dato di nuovo appuntamento con Yoongi-hyung per l’indomani e avrebbe lì ripreso il suo ombrello. Rientrò in casa sereno accompagnato dal ritmo della pioggia che scrosciava fuori.

 

 

Note dell’autrice: Hello again! Nuovo capitolo fatto. È una reprise del secondo e descrive i ricordi di Jimin riguardanti la sua amicizia con Yoongi. Il punto di vista è essenzialmente il suo, per cui le le sensazioni riportate sono quelle vissute da lui. La parte in cui avremo il punto di vista di Yoongi arriverà nel capitolo terzo.

Ribadisco ciò che ho detto nelle scorse note: a questo punto della storia ciò che voglio è fornire più informazioni sui personaggi, poiché credo sia importante dare uno scorcio su ciò che c’è dietro le loro relazioni. Scrivendo mi sono resa conto che è una cosa che mi piace fare e forse uno dei motivi principali per cui ho iniziato a scrivere questa storia. Volevo parlare di loro come persone prima ancora che raccontare una sequela eventi. Questo semplicemente per dire che nonostante questi probabilmente (secondo il progetto che ho ora almeno) siano i capitoli più “statici” di tutta la storia comunque ci sarà una grande presenza di momenti introspettivi o riflessivi.

Spero di nuovo che il capitolo vi sia piaciuto, grazie mille di averlo letto e grazie per aver anche letto le note, come sempre i commenti aiutano per cui lasciate pure un feedback se potete.

Ci vediamo sul capitolo tre,

Baci, Elle

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


CAPITOLO III

 

 

 

Chi ti vuole bene conosce quattro cose di te: il dolore dietro al tuo sorriso,

l’amore dietro alla tua rabbia, le ragioni del tuo silenzio... E dove soffri il solletico.

 

(Charles M. Schulz)

 

 

 

Il suono fragoroso di un tuono fece sollevare la testa di scatto a Yoongi. Wow, pensò. Dalla scrivania presso cui era seduto si accorse che la pioggia aveva preso a scrosciare violentemente e che l’acqua stava iniziando ad entrare dalla finestra lasciata aperta. Si affrettò ad andare a chiuderla, sbattendola rumorosamente e notando le numerose goccioline che ora bagnavano il davanzale.

– Che palle. – borbottò mentre tornava ad occupare la posizione di prima. Si mise a riflettere un attimo: – Chissà se Jimin-ah è già arrivato a casa o si sta beccando questo temporale. Aveva l’ombrello però se non sbaglio.

Istintivamente volse lo sguardo in direzione della porta, dove ricordava che Jimin aveva lasciato cadere il suo ombrello azzurro quando era arrivato. Era ancora lì.

– Ovviamente se l’è dimenticato. Lo riprenderà domani a questo punto.

Lui e Jimin avevano trascorso il pomeriggio un po’ a commentare i fumetti che Jimin gli aveva riportato, un po’ ad ascoltare dei nuovi brani che Yoongi aveva buttato giù. Come al solito però il tempo volava e c’era ancora tanto di cui discutere per cui i due ragazzi avevano deciso di rivedersi il giorno dopo sul pomeriggio tardi, attorno alle cinque. “Così con poco tempo dobbiamo per forza sbrigarci”, aveva detto con fare pratico Yoongi. In particolare gli premeva fargli leggere alcuni testi che aveva scritto di recente e non era riuscito a mostrargli durante l’incontro di quel giorno. Il quadernino nero in cui erano racchiusi si trovava dunque per il momento in attesa, appoggiato sul comodino e in compagnia di un paio di libri, un bicchiere d’acqua e un mazzo di chiavi. Yoongi non era particolarmente disordinato, non come Namjoon sicuramente, ma non era neppure un maniaco dell’ordine alla stregua di Jin. Solo raramente la sua stanza si trovava in condizioni di caos estremo, mentre nel resto del tempo si presentava in uno stato di piacevole confusione. Quando si entrava si aveva l’impressione che ogni oggetto avesse il proprio posto, ma che solo provvisoriamente si trovasse da qualche altra parte perché il proprietario era impegnato in qualche attività creativa. In altre parole, era un disordine leggero che sembrava nascere più da una distrazione artistica che da un’effettiva pigrizia o negligenza. Inoltre Yoongi ci teneva a mantenerla pulita. Amava tenere le finestre aperte per cui l’odore che vi si respirava dentro non era mai cattivo, anzi. La camera sapeva di fresco, di carta e di limone. Il profumo pungente di questo agrume era il suo preferito per cui faceva sempre in modo di avere una candela in camera che potesse diffonderne un po’ l’aroma ed era questa l’unica frivolezza presente nella sua stanza. Il resto di ciò che Yoongi vi teneva riposto era essenzialmente di carattere pratico o comunque rientrava nella categoria di cose che il ragazzo definiva utili. Tutto ciò che possedeva aveva un significato e una logica. Nella bassa libreria a tre scaffali vicino alla scrivania aveva disposto in ordine cd e dvd, per i quali sapeva sarebbe sempre riuscito a trovare spazio anche avesse abitato in un buco. Non era per fortuna comunque questo il caso, poiché la stanza che stava attualmente occupando non era piccola e riusciva a contenere senza difficoltà le sue proprietà. Tra la libreria e l’armadio c’era uno spazio vuoto che aveva riempito con la sua chitarra acustica, unico strumento musicale che al momento possedesse. Solitamente per terra ai piedi dell’oggetto si potevano trovare un paio di quadernetti aperti e qualche accessorio di cancelleria come matite mangiucchiate e gomme consumate, lasciati lì a testimonianza del tempo speso a comporre melodie che probabilmente non avrebbero mai abbandonato quelle quattro mura. Tra la porta e il letto, che si trovava appoggiato sul suo lato lungo alla parete opposta a quella della scrivania e dell’armadio, c’era il comodino, dove spesso venivano lasciati altri quaderni di appunti che altrimenti era facile trovare anche sul davanzale della finestra o direttamente al centro della stanza, per terra. Quando aveva l’ispirazione per qualche testo Yoongi trovava infatti che sdraiarsi sul pavimento nel bel mezzo della camera, quaderno e penna nera alla mano, fosse la posizione che aiutava maggiormente il suo flusso creativo. Sulla scrivania sempre aperto era il suo computer, al quale erano attaccate due casse di media grandezza. Erano state un po’ una spesa, ma Yoongi ne aveva sentito il bisogno. Sebbene utilizzasse come tutti l’iPod mentre era in giro, il suo orecchio era in grado di percepire perfettamente la distinzione di qualità tra il suono che veniva da un formato mp3 e quello che invece proveniva da un cd riprodotto su uno stereo. Aveva dunque deciso di concedersi questo regalo e comprare delle casse di fascia media che potessero garantirgli, almeno quando era in camera sua, un’esperienza migliore nell’ascoltare musica. Quando era particolarmente stanco era ciò che preferiva fare: mettere uno dei suoi cd preferiti e rilassarsi sdraiato sul letto. Sebbene solo di rado lasciato disfatto, il letto di Yoongi era solitamente occupato da qualche libro o manga e sempre dal suo cappotto nero, messo in fondo: era la prima cosa che si toglieva appena tornato in camera, ma che non aveva mai voglia di riporre dentro l’armadio, perché tanto mi occorrerà più tardi. Altri libri e fumetti erano poi sparsi un po’ ovunque, sul comodino, sulla scrivania, impilati dentro l’armadio o addossati lungo le pareti. Le mura della stanza non erano decorate, fatta eccezione per lo spazio sopra la testiera del letto. Lì aveva appeso un paio di locandine che aveva trovato graficamente interessanti di eventi a cui era stato e qualche articolo preso da riviste musicali che lo aveva colpito. I magazine di musica erano piuttosto costosi e poteva permettersene uno solo una volta ogni tanto, per cui quando riusciva ad acquistare qualche copia conservava gelosamente ogni informazione che riusciva a trovarvi e che considerava importante. Quelle che poi non finivano al muro andavano dentro un raccoglitore bianco che il ragazzo teneva dentro il suo armadio. Yoongi era abbastanza geloso delle sue cose, un po’ per via del suo carattere riservato, un po’ perché entrare in possesso di molte era stato frutto di sacrifici e ore di lavoro. Altre erano regali con un significato speciale. Come ad esempio la sua chitarra. Un compleanno di diversi anni prima, quando ancora Yoongi frequentava l’ultimo anno di liceo, Hoseok aveva deciso di fargli una sorpresa e regalargli finalmente una buona chitarra che potesse sostituire quella che ormai aveva da anni ed era diventata quasi inutilizzabile. Andando insieme in centro un giorno Hoseok lo aveva visto fare occhi sognanti di fronte a un bel modello e si era dunque messo in mente di comprarglielo. Non riuscendo ad arrivare alla somma necessaria con i suoi risparmi aveva chiesto aiuto ai genitori di Yoongi. I due trovarono che una chitarra nuova fosse una buona idea come regalo per il figlio e si offrirono addirittura di pagare tutto loro, ma Hoseok rimase irremovibile e, come raccontarono più tardi a sorpresa ricevuta a Yoongi, non fu loro possibile dire di no agli occhi così determinati di quel ragazzino. “Deve volerti davvero molto bene” gli aveva detto la mamma in seguito. Yoongi sapeva che era così. All’epoca l’amico aveva solo sedici anni per cui poteva immaginare cosa avesse potuto significare per lui mettere da parte i soldi per un regalo del genere e così quando si trovarono loro due da soli nella sua cameretta per trovare un posto alla nuova arrivata il ragazzo più grande, come solo in pochissime altre occasioni gli era capitato nella vita, si ritrovò incapace di frenare le lacrime.

Seppure Yoongi, quando decideva di usarle davvero, se la cavasse senza difficoltà con le parole, il bene che voleva ad Hoseok era un qualcosa che non avrebbe saputo spiegare verbalmente. Lo considerava la persona più importante della sua vita e non sapeva che cosa avrebbe fatto senza di lui, sia in passato che in futuro. Hoseok era il tipo di persona che non ci si sarebbe mai aspettata di vedere vicino a un ragazzo come Yoongi, ma era esattamente il tipo di persona di cui un ragazzo come Yoongi aveva bisogno. Si conoscevano da quando erano bambini perché i genitori di Hoseok si erano trasferiti nello stesso quartiere in cui viveva Yoongi quando loro due avevano sei e sette anni. Erano letteralmente cresciuti insieme e Yoongi non riusciva neppure a concepire la possibilità di un’esistenza in cui il suo amico non fosse al suo fianco. Hoseok era davvero una delle pochissime persone che potessero dire di conoscerlo del tutto, se non l’unica. Sapeva come farlo ridere, sapeva quando lasciarlo da solo, sapeva quando aveva bisogno di una tirata d’orecchi. Yoongi aveva sempre pensato che uno dei motivi principali per cui la loro amicizia aveva funzionato fin dal primo momento era proprio la personalità di Hoseok. Cosi solare e così espansivo, nulla sembrava poter scalfire la sua corazza di positività. Yoongi non aveva un carattere semplice e tantissime altre persone lo avrebbero di sicuro lasciato perdere in più di un’occasione, ma non Hoseok. Non importava quante volte si chiudesse in sé stesso, quante risposte scontrose desse o quanto di malumore fosse, Hoseok sembrava riuscire a far rimbalzare tutto ciò che di negativo gli veniva tirato addosso ed accogliere solo ciò che di positivo Yoongi aveva da offrire. Se voleva fargli tornare il sorriso non demordeva, i suoi modi spicci non lo avevano mai intimorito e aveva dimostrato in un’infinità di occasioni che la sua porta era sempre aperta in qualsiasi giorno e a qualsiasi ora per qualunque problema l’amico avesse, più di quante Yoongi potesse contarne. Non che Yoongi avesse avuto una vita di per sé difficile. Non c’erano stati particolari traumi o esperienze dolorose che lo avessero fortemente segnato. Veniva da una famiglia semplice, di persone tranquille e la sua infanzia era stata essenzialmente serena. Certo, i soldi a volte avevano rappresentato un problema ed in generale né il suo percorso né quello dei genitori era sempre stato solo cosparso di rose, ma Yoongi non poteva in tutta onestà dire di aver avuto difficoltà maggiori di quelle che ha la gran parte della gente a questo mondo. Il momento davvero più complicato che aveva dovuto affrontare era stato quello in cui aveva dovuto prendere una decisione sul suo percorso di studi e quindi il suo futuro. I genitori erano stati ben chiari con lui: non erano d’accordo sulla sua scelta di dedicarsi alla musica come professione vera e propria. Quando poi si erano resi conto che il figlio sarebbe stato irremovibile gli avevano detto che a quel punto non lo avrebbero fermato, ma nemmeno aiutato economicamente. Il primo anno era stato dunque estremamente duro per il ragazzo. Oltre al fatto di essere da solo in una città enorme che gli era del tutto straniera, avvertiva quotidianamente, in ogni sua azione, il peso del giudizio dei genitori. A rendere la situazione ancora peggiore, si era dovuto arrangiare in una cameretta di una casa che cadeva a pezzi e contando solo sui pochi risparmi che aveva e i guadagni di lavoretti fatti qua e là. Anche in quell’occasione Hoseok si era rivelato eccezionale come sempre. Avendo sempre lavorato e risparmiato, ma vivendo ancora con i genitori, non aveva quell’anno particolari esigenze per cui non aveva pensato due volte ad aiutare l’amico. Il ragazzo non aveva ovviamente accettato subito, ma altrettanto ovviamente Hoseok non aveva desistito e era riuscito a spuntarla. Ora Yoongi gli aveva finalmente restituito tutto, ma il suo aiuto in quei primi mesi era davvero stato preziosissimo. La vita di tutti i giorni era comunque stata pesante e Yoongi si era potuto permettere tra il poco e il niente in termini di spese extra che non fossero per la sopravvivenza o l’università, ma quantomeno l’appoggio di Hoseok aveva fatto sì che non si ritrovasse sotto un ponte dopo i primi due mesi dal suo arrivo a Seul. La situazione era poi per fortuna migliorata. I genitori si accorsero della sua dedizione e poiché nonostante dissapori e conflitti dopotutto amavano sinceramente il figlio, gli comunicarono che erano disposti ad addossarsi buona parte delle responsabilità economiche, prima fra tutte le tasse universitarie. Di nuovo Yoongi sulle prime aveva risposto di no all’aiuto offerto, ma poi parlandone anche con Hoseok si era reso conto di quale sforzo avesse rappresentato per i genitori fare questo passo verso di lui e dunque aveva accettato. Durante il secondo anno però aveva continuato a lavorare lo stesso per poter così risparmiare altri soldi. Lo aveva fatto per due motivi principali: innanzitutto per potersi permettere di mettere da parte il lavoro e dedicarsi completamente solo ai suoi studi durante l’ultimo anno di università e poi la specialistica, che reputava essere gli anni più importanti del suo percorso scolastico. Aveva poi deciso di lavorare un altro anno poiché ancora non poteva vivere con Hoseok e dunque avere qualcosa da fare uscito dall’università lo avrebbe aiutato ad alleviare la solitudine. Il periodo universitario, soprattutto l’inizio, aveva dunque effettivamente rappresentato un momento molto faticoso nella vita di Yoongi, sotto diversi punti di vista, ma questo fatto da solo non era ovviamente sufficiente a spiegare molte delle difficoltà e particolarità del suo carattere.

La ragione vera per cui Yoongi sin dalla più giovane età aveva avuto problemi con il mondo circostante era costituita essenzialmente da sé stesso. Si rendeva conto di essere una persona molto chiusa, introversa e intrappolata tra l’autocelebrazione e l’auto disprezzo. Guardava le persone e si sentiva al tempo stesso mille volte migliore e mille volte peggiore di loro e non gli era dunque facile entrarci in contatto, così incastrato com’era tra il “perché dovrebbero interessarsi a me?” e il “perché dovrei essere interessato a loro?”. Era una trappola da cui non riusciva ancora ad uscire, per quanti sforzi facesse. Ciò però non faceva di lui un anaffettivo. In realtà era l’esatto contrario. In ogni momento della sua vita la sua sensibilità era attivata al massimo. Riusciva davvero a percepire gli altri, a comprendere i loro bisogni. Ciò che aveva difficoltà a fare era però dialogare con loro e tale problema scaturiva essenzialmente da una condizione di profonda insicurezza. Credeva di saper fare solo pochissime cose e forse una sola in realtà, ovvero musica. Anche in questo campo però spesso si sentiva travolto dai dubbi. A tratti sentiva che poteva davvero farcela, che aveva qualcosa da dire e da dare, mentre in tanti altri veniva preso dall’idea che sarebbe rimasto per sempre confinato nel suo angolo. La fatica degli ultimi anni non aveva certamente aiutato. Si era reso conto di sentirsi del tutto spaesato e privo di senso da solo senza Hoseok e sebbene all’università andasse bene per un periodo l’intero mondo gli apparve completamente a tinte nere. L’arrivo dell’amico a Seul e l’alleggerimento delle responsabilità economiche a suo carico migliorarono le sue condizioni di vita quotidiana e certamente anche il suo spirito, ma gli affanni interiori rimasero. Yoongi non era uno stupido e trascorreva molte ore a riflettere su sé stesso e la sua vita. Non era cieco ai suoi problemi e riusciva ad auto analizzarsi quasi sempre in modo piuttosto lucido, seppure spesso troppo duro. Sapeva che le difficoltà vissute durante il primo anno non avevano fatto altro che portare a galla sentimenti che covava già dentro sé da tempo. Aveva avuto ancor più netta la sensazione di essere un ospite invisibile su questo mondo, destinato a non uscire mai allo scoperto e rimanere attaccato al muro. Si era anche reso conto che la sua passione per la musica lo spaventava. Era consapevole che essa costituiva un suo punto di forza. Era solo l’amore per la musica e per il disegno che aveva progettato per la sua vita che gli permetteva di far fronte a testa alta alle difficoltà che potevano mettersi sul suo cammino. Sapeva che la sua determinazione lo avrebbe aiutato spesso e che sarebbe stato il motore che gli avrebbe permesso di non arrendersi là dove altri si sarebbero fermati. Allo stesso tempo però un’idea del genere lo terrorizzava perché era conscio che tale passione rappresentava l’unica cosa per cui riuscisse a combattere così. Se avesse fallito nell’ottenere ciò a cui professionalmente aspirava, se i suoi sogni fossero rimasti solo sogni, non avrebbe davvero saputo cosa fare della sua vita. Questo amore così profondo e intenso, ossessivo quasi, per la musica era un’arma a doppio taglio e era questo un pensiero che lo teneva spesso sveglio per ore la notte.

Gli era capitato più volte di pensare che ciò potesse costituire un’altra motivazione alla base della sua difficoltà ad avvicinarsi alle persone. Quando ci si dedica in modo così totalizzante a qualcosa necessariamente qualcos’altro deve essere sacrificato. Per poter lavorare al meglio Yoongi aveva bisogno di energie. Socializzare, avere amici, costruire relazioni, gli richiedeva una quantità di energia che né poteva né sapeva concedere. La sua natura introversa lo portava d’istinto a ritrarsi di fronte alle persone e dunque trovarsi in contesti sociali risultava per lui molto faticoso. Aveva un giorno letto da qualche parte una spiegazione interessante sulla differenza tra le persone introverse ed estroverse. Mentre la persona estroversa si alza al mattino con un sacchetto vuoto e durante la giornata lo riempie di monete, ovvero energia, stando con le persone, la persona introversa inizia la sua giornata con un sacchetto pieno che poi viene progressivamente svuotato con lo stare con gli altri. Yoongi aveva riflettuto su quest’immagine ed aveva pensato che era vero, si era sentito in effetti come un sacchetto vuoto, privo di forze, le rarissime (due soltanto ed una solo perché Namjoon lo aveva implorato) volte in cui si era ritrovato a partecipare a delle feste universitarie. Nemmeno la solitudine era semplice però. Yoongi la accettava ormai come parte di sé stesso e di certo la preferiva all’essere contornato di persone dalla mattina alla sera. Tuttavia ciò non significava che non gli andasse mai stretta. Si sentiva bloccato in qualcosa che non sapeva definire e non riuscendogli a dare un nome non aveva nemmeno idea di cosa avrebbe mai dovuto fare per uscirne.

La sua personalità particolare derivava dunque quasi interamente da un’interiorità complessa, sempre in affanno e in contraddizione con sé stessa e che era portata per istinto naturale ad isolarsi e essere colta da ondate di pessimismo e ansia profonda che spesso gli serravano la gola. Non riusciva a guardare alla sua vita con grande positività. Non avrebbe cambiato le decisioni che aveva preso, ma non sentiva però di poter dire di voler ripercorrere gli anni vissuti fino a quel momento. In qualche modo la sua vita aveva acquisito un certo equilibrio, ma non riusciva a tirare un vero sospiro di sollievo e considerarsi completamente al sicuro. Aveva la costante sensazione di trovarsi ancora in un periodo a cui avrebbe riguardato fra venti o trent’anni e di cui, almeno così si augurava, avrebbe detto: “Alla fine ce l’ho fatta e ne sono uscito”. Da cosa di preciso dovesse uscire, non era chiaro nemmeno a lui. Più ci pensava più la rabbia gli ribolliva dentro. Era consapevole di non avere un motivo esatto per sentirsi insoddisfatto o considerare il presente un “momento buio”. Aveva studiato ciò che desiderava, aveva trovato un buon lavoro, la situazione con i genitori si era appianata e aveva buoni amici, a cui teneva moltissimo e che tenevano a lui. Sapeva di non avere diritto a lamentarsi, eppure non riusciva ad evitare di sentirsi ancora in un tunnel buio e per questo motivo si odiava ancora di più. Credeva di essere una persona ingrata, a cui non sarebbe mai andato bene nulla e dunque destinata a una perpetua infelicità. Questo era uno dei timori più grandi di Yoongi, uno di quelli che gli mozzavano il respiro. Quando tali pensieri si impossessavano di lui l’unico modo che trovava per difendersi era concentrarsi il più possibile solo ed esclusivamente sul presente, cercare di ignorare il rumore nella sua testa e portando l’attenzione su qualcos’altro. Avere Hoseok vicino rendeva questo compito incredibilmente facile. Era impossibile per Yoongi ricordare anche solo una volta in cui il sorriso dell’amico non fosse riuscito a tirarlo fuori dal fumo di negatività da cui si sentiva avvolto. Hoseok sapeva da solo quando e soprattutto come accorrere, Yoongi non aveva bisogno di chiedere, né tantomeno di fingere. Anche si fosse mostrato la persona più serena di questo mondo, l’amico avrebbe comunque visto al di là e lo stesso valeva nel caso contrario. I modi freddi di Yoongi non rappresentavano per Hoseok un ostacolo perché sapeva che nascondevano solo tanta paura e al tempo stesso curiosità per la vita.

Era una cosa bella, il non aver bisogno di dirsi nulla. Il non dover ripercorrere ad alta voce le sue inquietudini faceva sentire Yoongi incredibilmente rilassato. Hoseok lo capiva e non poiché non si sarebbe mai domandato il perché di alcuni suoi comportamenti Yoongi sapeva di non doverli tenere a freno o starci attento. Il risultato di ciò era che riusciva a scordarsene. Hoseok era un balsamo per lui e Yoongi pregava ogni giorno che non cessasse mai di essere al suo fianco. Vivere sotto lo stesso di Hoseok era un qualcosa con cui aveva ancora qualche difficoltà a fare i conti. Gli mancava terribilmente, soprattutto in momenti particolari della giornata. I pranzi erano sempre troppo silenziosi, le serate troppo tranquille. Hoseok aveva l’abitudine di andare sempre in camera di Yoongi prima di mettersi a letto e Yoongi lo avrebbe voluto trovare almeno un’altra volta con indosso il suo pigiama verde acqua seduto sopra al suo cuscino pronto a scambiare quattro chiacchiere bevendo una tazza di camomilla. Gli sarebbe piaciuto, solo un’altra mattina, urlargli contro mezzo nudo e assonnato, sbattendo la mano sulla porta del bagno e incitandolo a sbrigarsi a uscire. Così come ancora a volte quando attraversava il grande salone buio nel cuore della notte per andare a prendere un bicchiere d’acqua si aspettava di trovarlo insieme a Jin a giocare con la playstation, attività che nei weekend spesso i due conducevano fino ad addirittura le due o le tre. Gli mancavano persino quegli stupidissimi drama che era solito guardare ogni santa sera prima di cena e nei cui confronti Yoongi non riusciva mai a celare la propria irritazione. Gli dispiaceva ora di averlo preso continuamente in giro, di essersi messo tantissime volte seduto vicino a lui sul divano, cercando di comprendere la sua passione per quelle trame improbabili ed esagerate senza riuscirci e facendo commenti acidi su ogni personaggio. Hoseok reagiva o mettendosi a ridere o al massimo tirandogli una cuscinata sorridendo e continuando indisturbato nella sua visione. No, non avrebbe mai trovato qualcuno come Hoseok nella sua vita. Quando era dovuto partire per sei mesi l’anno prima, Yoongi si era sentito più volte afferrare dal timore che quelle sensazioni che solo con l’amico vicino poteva mettere da parte venissero fuori troppo spesso. Se ciò non era avvenuto doveva ringraziare soprattutto Jimin. Buffo come di nuovo, sebbene in modo indiretto, anche qui Yoongi dovesse ringraziare Hoseok, essendo stato lui a portarlo in casa loro. Non che gli altri ragazzi non lo conoscessero ovviamente. Jin aveva vissuto con lui per anni ormai, quindi sapeva come prenderlo ed era sempre stato rispettoso del suo spazio personale. Il suo carattere tranquillo e aperto unito a quello di Hoseok aveva davvero reso la casa un posto dove Yoongi poteva respirare. Anche Namjoon, una delle persone che Yoongi si era trovato a frequentare di più anche al di fuori del suo appartamento, era per lui un caro amico. Tra loro c’era una grande stima reciproca e avevano interessi simili oltre la musica, come ad esempio i fumetti e i viaggi. Avendo frequentato la stessa università Namjoon aveva di conseguenza trascorso tanto tempo con Yoongi e dunque anche lui capiva quando era il momento di ritirarsi e lasciare l’altro ragazzo per conto suo. La soluzione adottata da tutti era sempre quella però. Mantenere le distanze, ed anche se fatta in buona fede, tale soluzione era un po’ parte stessa del problema. Non sapendo bene come altro muoversi era un atteggiamento normale da parte dei ragazzi, ma a Yoongi dispiaceva pensare che i migliori amici dovessero camminare sulle uova in sua presenza. Per un lungo periodo era stato così anche per Jimin, finché le cose erano cambiate. Sebbene il ragazzo avesse già attirato la sua attenzione per altri motivi fin dalle prime volte in cui Hoseok lo aveva portato in casa, ciò che lo aveva attratto il pomeriggio in cui i due si erano ritrovati inavvertitamente da soli era stato il suo atteggiamento diverso dal solito. Nessuno, tranne probabilmente appunto solo Hoseok, si sarebbe mai sistemato con tanta disinvoltura e naturalezza di fianco a lui mentre suonava. Sapeva con certezza che a nessuno degli altri sarebbe nemmeno venuto in mente di mettersi a osservarlo e sorprenderlo da dietro. Jimin invece gli si era affiancato e aveva addirittura preso a raccontargli di sé stesso in maniera tranquilla, senza pensarci. Lo aveva visto agitarsi all’inizio quando era stato sorpreso, ma invece che scusarsi o andarsene aveva fatto subito un commento sul suo modo di suonare. Non erano molte le persone che si comportavano così con lui, praticamente nessuno. Quando poi Jimin gli aveva detto che lo reputava bravo, Yoongi si era stupito ancora di più. Gli aveva quasi dato sulla voce e il suo tono era sincero, non di circostanza. Senza saperlo Jimin con la sua reazione aveva scatenato in lui una sensazione che lo aveva colto di sorpresa. Non era solito condividere ciò che faceva e dunque non era abituato alla piacevolezza di ciò che aveva avvertito, una gioia nata dal sentirsi apprezzati e dal semplice condividere qualcosa di proprio con qualcuno che non è lì per giudicare, come un professore o un insegnante di musica, ma per accogliere. Accogliere ciò che lui offriva per condividere poi a sua volta ciò che il suo dono gli aveva trasmesso, come aveva fatto Jimin. Yoongi non riusciva a ricordare l’ultima volta in cui si era aperto con qualcuno da un punto di vista creativo. Quasi preso da una foga di cui non credeva nemmeno di essere capace si era subito rimesso a suonare appena Jimin gli si era sistemato vicino, come se avesse paura che si stancasse e scappasse via.  

Il fatto di avergli regalato il suo mixtape poi era un evento senza precedenti. Nemmeno Namjoon, con cui Yoongi scambiava spesso opinioni artistiche in modo teorico, aveva mai avuto accesso a quella parte del suo lavoro, ovvero i progetti personali a cui si dedicava. Yoongi non poteva più farne a meno adesso. Del modo in cui Jimin lo sosteneva, della sua voce quando gli faceva un commento, che scendeva di qualche ottava quando si trattava di un complimento, e al contrario saliva per l’agitazione quando doveva fargli un notare un punto che non gli piaceva. Si era anche ormai abituato al modo in cui il ragazzo più piccolo sembrava curarsi di lui. In più di un’occasione glielo aveva dimostrato, come ad esempio quando nell’estate dell’anno prima aveva trascorso le sue vacanze ad aiutarlo. O prima ancora nel giorno della sua laurea, quando era intervenuto nella situazione con Hoseok. Yoongi riusciva ancora a sentire il calore di quell’abbraccio, così pieno di affetto e comprensione. Come al solito Yoongi aveva partorito un’idea stupida, pensando che non sentire per niente il migliore amico sarebbe stata la migliore soluzione, quella meno dolorosa. Quando però si era ritrovato davanti al gruppo di persone pronte a celebrarlo istintivamente il viso di Hoseok era stato il primo che aveva cercato. Una tristezza enorme lo aveva colto all’improvviso e aveva sentito il bisogno di allontanarsi un attimo. Mentre si avvicinava allo steccato del giardino della facoltà aveva provato a telefonare al suo Hobi, ma era partita la segreteria e lui aveva a quel punto dato per scontato che l’amico sarebbe stato tutto il giorno occupato con il suo stage e non avrebbe avuto modo di sentirlo. Di nuovo Jimin lo aveva sorpreso, rassicurandolo di aver pensato a tutto.

Così come era stato con Hobi tanti anni addietro, anche con Jimin Yoongi aveva avuto quasi sin da subito l’impressione che si trattasse di una persona speciale. Nel corso dei pomeriggi passati ad averlo in casa aveva avuto modo di osservarlo da vicino e c’erano alcuni aspetti di Jimin in particolare che lo avevano attirato perché ci si era rispecchiato. Sebbene a differenza della sua quella di Jimin fosse certamente una personalità positiva, allo stesso tempo non era neppure quell’esplosione di energia spensierata che invece erano ad esempio Hoseok stesso o anche l’amico Taehyung; allo stesso modo il ragazzo non aveva nulla della sicurezza e spigliatezza di Jungkook. Jimin aveva un’indole più tranquilla e rassicurante. Soprattutto era evidente quanto fosse insicuro. Era così bravo a danzare, ma aveva reso chiaro più e più volte quanto non ci si sentisse. Yoongi capiva che era pieno di dubbi costanti, esattamente come lui. Quando ballava si fermava di frequente e i suoi occhi cercavano in continuazione quelli di Hoseok esprimendo la muta domanda: va bene cosi? Spesso, alla fine di un pomeriggio speso ad esercitarsi nel salone, Yoongi lo aveva colto nell’atto di buttarsi a sedere sul divano nero e passandosi le mani fra i capelli tirare un sospiro profondo, in cui Yoongi avvertiva non soltanto stanchezza, ma anche sfiducia. Si era quindi sentito contento quando aveva avuto l’occasione di dirgli che era bravo a ballare, il giorno in cui Jimin lo aveva sorpreso da solo a suonare il pianoforte. Quando ripensava al racconto di Jimin, al motivo per cui aveva iniziato a danzare, Yoongi avrebbe voluto tornare indietro e dire qualcosa di più di un semplice “sei riuscito a diventare bravo”.  Jimin si era evidentemente aperto con lui, parlandogli di ciò che provava mentre danzava, del suo desiderio di completare con il proprio corpo sinfonie e arie. Yoongi si era sentito così travolto da un’emozione strana mentre il ragazzo diceva tali cose che non era riuscito ad insistere di più sul fatto che la sua danza era perfetta così com’era e a dirgli quello che pensava, ovvero che quando si muoveva riusciva davvero a fondersi con la melodia. Aveva avvertito di nuovo il bisogno di tenerlo vicino e di nuovo quell’affanno, come se dovesse evitare con urgenza che il ragazzo gli scivolasse via. Magari puoi darmi alcuni consigli su alcune melodie che sto scrivendo qualche volta. Dirmi se ti piacciono o meno. Si era sorpreso di sentire queste parole dalla sua stessa voce. Era il modo che aveva trovato, lì, velocemente, per legarlo a lui. Quanto Jimin fosse effettivamente convinto che il suo ballo fosse solo un accessorio e tutta la sua magia risiedesse nelle musiche su cui si esibiva piuttosto che nella sua grazia era diventato sempre più chiaro a Yoongi man mano che i loro incontri si intensificavano e soffriva della sua incapacità di dirgli ciò di cui sempre più si stava convincendo: ai suoi occhi non era la musica a render bella la danza di Jimin, ma l’esatto contrario. Decise che se mai avesse composto qualcosa degno di essere ascoltato non lo avrebbe mai considerato completo se il ragazzo non fosse riuscito a danzarvi sopra perdendocisi dentro.

Ciò che non smetteva mai di stupire Yoongi era il modo in cui Jimin si apriva verso il mondo nonostante le sue insicurezze. Come riusciva ad essere così dolce? Se già Yoongi non poteva perdonarsi il suo essere scontento perché credeva di non averne motivo, si sentiva ancora più meschino pensando che invece Jimin era effettivamente stato più volte ferito e tutta l’insicurezza che ancora gli rimaneva incollata addosso era il risultato sgorgato da quei segni profondi. Yoongi non capiva come, malgrado ciò, riuscisse a rimanere sempre così disponibile. Era una persona calda, che non faceva difficoltà ad accogliere il mondo e era portata spontaneamente a vedere il lato bello di cose e persone. Forse era questo il motivo che lo aveva spinto verso di lui, Yoongi. Aveva trascurato i lati oscuri del suo carattere per soffermarsi evidentemente su altro, sebbene a Yoongi sfuggisse di preciso cosa potesse essere. Si sentiva costantemente osservato dal ragazzo più piccolo con occhi di ammirazione e rispetto, come se pendesse dalle sue labbra e lo considerasse maestro di vita. Tutto ciò gli appariva incredibilmente buffo: era lui che avrebbe dovuto far capire a Jimin quanto lo stimasse. Di sé stesso non c’era nulla da ammirare, anche se Jimin sembrava essere di un’altra opinione.

Hyung è la persona più in gamba che io conosca” gli aveva detto una sera dopo un paio di birre di troppo, mentre erano tutti riuniti nel salone del 503, mettendosi seduto vicino a lui sul divano e circondandogli le spalle con un braccio. Il suo sorriso era sincero e Yoongi aveva perfettamente percepito l’affetto autentico che vi si nascondeva. In quell’occasione anche non aveva saputo cosa dire. Gli aveva solo preso la mano che lo cingeva, gliel’aveva rimessa in grembo e sollevandosi veloce gli aveva detto che evidentemente non doveva conoscere tante persone. Anche in questo caso quando ripensava a tale episodio si chiedeva perché non avesse risposto solo con un “grazie”. Perché era così incapace di dire ciò che affettivamente pensava? Il suo posto era poi stato occupato velocemente da Jungkook, il quale aveva chiesto cosa Jimin pensasse invece di lui.

– Jungkookie tu sei il più fastidioso!

– Taehyung è meno fastidioso di me?!

– Si! – aveva risposto Jimin, tintinnando una risata e buttandosi all’indietro sullo schienale del divano. Si era poi portato le gambe al petto per cingersele con le braccia e appoggiandoci la testa sopra aveva proseguito mentre fissava Jungkook:

– E il più carino.   

– Oh, okay, molto meglio – era stato il commento dell’altro che esibiva ora un’espressione soddisfatta – “carino” va bene per il momento.

Jin era intervenuto:

– Jiminie, per Kookie dovresti dire bello però.

– Ecco che corre in difesa del suo protetto – aveva fatto eco Namjoon. – Ora gli lasci anche il trono come più bello del gruppo?

Mentre tutti ridacchiavano Jin aveva spiegato:

– Ovviamente ancora non è pronto per quel titolo però posso vedere chiaramente fin da ora che presto l’allievo supererà il maestro.

Yoongi in quell’occasione aveva alla fine solo scosso la testa. Prendeva sempre in giro Jin per come era pronto a difendere e appoggiare Jungkook, ma in effetti lui faceva lo stesso con Jimin. L’attenzione particolare che Jin aveva nei confronti di Jungkook era dovuta a diversi fattori. Innanzitutto perché era il più piccolo e dunque il lato materno di Jin scattava automaticamente con lui. Poi perché seppur di età differenti i due ragazzi avevano effettivamente legato molto. La prima volta che era andato al 503 Jungkook aveva subito notato la collezione di dvd di Jin ed era rimasto a bocca aperta. Era un grande amante del cinema, così come lo era Jin e malgrado la sua giovane età aveva già larghe conoscenze e gusti interessanti. Scambiarsi opinioni sugli ultimi film usciti e vederne altri insieme era stato un modo per loro di trovare un punto di contatto nonostante si trovassero in due fasi della vita piuttosto differenti e Jin aveva preso dunque in simpatia Junkook molto velocemente, trasferendolo subito sotto la sua ala protettiva. Yoongi a volte si chiedeva se ciò che Jin faceva con Jungkook fosse la stessa cosa che stava facendo con Jimin. Certo le tempistiche e modi erano state notevolmente differenti, ma Yoongi sentiva che il bisogno che Jin aveva di dover proteggere Jungkook era lo stesso che aveva anche lui. C’era però sempre qualcosa che non gli quadrava quando analizzava la situazione. Erano i due casi effettivamente paragonabili? In parte riusciva a spiegarsi questa sensazione con la differenza di carattere tra lui e Jin. Quest’ultimo esternava di più ciò che pensava, era esplicito nel suo affetto per Jungkook. Yoongi invece come sempre tendeva a non esprimersi e lasciare che i suoi comportamenti parlassero per sé. Era sempre stato incredibilmente attento a non urtare la sensibilità di Jimin. Il modo in cui lo punzecchiava era estremamente leggero e mai sarebbe riuscito a sfoderare con lui atteggiamenti che sapeva lo avrebbero potuto far sentire respinto. Questa era infatti la cosa che più premeva a Yoongi, il messaggio che cercava di far passare. Qualunque cosa accadesse, Jimin non avrebbe dovuto mai sentirsi respinto da lui. Fino a quel momento il suo metodo sembrava aver funzionato. Non lo aveva mai detto a parole, ma stando a ciò che vedeva Jimin si sentiva a suo agio con lui, ed era questo ciò che contava di più e che non sarebbe dovuto cambiare. Questa era una buona spiegazione, ma non bastava. Qualcos’altro sfuggiva a Yoongi. Un’altra delle sue idee stupide gli si affacciava spesso in testa. L’idea che ci fosse un dettaglio mancante che avrebbe reso chiaro in cosa le loro situazioni fossero differenti.

 

Mentre chiudeva infastidito con un click la centesima finestra pop-up apparsa sullo schermo, Yoongi sentì la suoneria del suo cellulare comunicargli di aver ricevuto un messaggio.

 

--- giovedi 29 dicembre 2016 ---

Hobi

19:42 Posso venire domani subito dopo pranzo?

19:42 Intorno alle 15?

19:42 J

Yoongi

19:43 Chiaro

Hobi

19:48 Oky

19:49 C’è una cosa importante di cui devo parlarti

Yoongi

19:50 ???

Hobi

19:50 A domani~~~

19:51 ^_^

Yoongi

19:51 *eyeroll*

 

– Che problema c’è, Hoseok-ah ? – si chiese sottovoce rimettendo il telefono sulla scrivania.

Non era da Hoseok parlare di cose importanti dal nulla, non così importanti da doverlo comunicare in anticipo per lo meno. Yoongi si alzò dalla sedia girevole e andò a buttarsi sul letto con un sospiro. Aveva addosso ancora una volta una sensazione strana e non ne capiva il motivo. Era di nuovo quell’inquietudine fuori luogo e un presentimento sgradevole.

 

****

 

30 dicembre 2016

 

Sistemandosi un po’ il colletto della camicia in bagno Hoseok tirò un profondo respiro. Si avviò poi all’ingresso, si mise addosso il cappotto, chiuse lentamente tutti i bottoni e ne tirò un altro. Sebbene l’abbondante pranzo – ora in cammino nel suo stomaco – preparatogli da Jungkook avrebbe dovuto farlo sentire assonnato, al momento il ragazzo aveva solo ansia. Non sapeva come avrebbe reagito l’amico e ciò gli procurava agitazione. Alzò gli occhi al cielo. La stava mettendo troppo sul tragico, come al solito. Alla peggio avrebbe detto di no e non sarebbe stata la fine del mondo. In qualche modo se la sarebbe cavata, anche se ciò che stava per provare avesse avuto un esito negativo. Certo, sarebbe stato un po’ imbarazzante, ma lui e Yoongi erano troppo legati perchè una situazione del genere potesse creare eccessivi problemi. Hoseok decise di darsi una mossa e uscì dalla porta di casa dopo aver lanciato un saluto a Jungkook. Anche lui sembrava strano quella mattina. Hoseok era distratto, ma non così distratto da non accorgersi di come prima a colazione il ragazzo avesse messo il caffè nel bicchiere per l’acqua e l’acqua nella tazza del caffè e poi di nuovo a pranzo due piatti sporchi nel forno invece che nella lavastoviglie. Neppure la sua lieve agitazione era sufficiente a fargli passare del tutto inosservato lo sguardo del ragazzo più piccolo, che si fissava spesso in un punto nel vuoto e appariva alle volte sognante, altre preoccupato.

 

 

 

 

 

Note dell’autrice: Eccoci qui di nuovo! Come sempre grazie per aver letto anche questo capitolo. Grazie anche a chi ha recensito quello scorso e ha messo la storia tra le preferite/seguite

Mi sono messa a scrivere questo capitolo un po’in ansia perché per un milione di motivi ci tenevo a parlare bene di Yoongi. Devo dire che alla fine mi è stato meno difficile di quanto credevo, ho scritto quasi tutto piuttosto di getto. Se poi abbia fatto un buon lavoro e l’abbia descritto adeguatamente quello lascio giudicare gli altri.

Ci tengo a parlare un attimo della citazione iniziale di Schulz (uno dei miei fumettisti preferiti tra l’altro). Visto che in questo capitolo ho parlato essenzialmente di Yoongi e dei suoi due legami più importanti con le persone a lui più vicine il quote mi è sembrato calzante perché rimanda (almeno secondo la mia interpretazione) a quanto sia importante per un rapporto di amicizia l’essere basato su qualcosa di più del solo “esserci nel dolore”. Yoongi da entrambe queste persone così importanti nella sua vita, Hoseok e Jimin,  si sente compreso nel profondo perché sì, sa che riescono a leggere oltre i suoi atteggiamenti, arrivano al dolore che c’è dietro e lo accettano, però anche perché con queste persone sta bene, portano gioia nel suo mondo. L’apparente leggerezza della citazione mi è piaciuta perché mette in luce la parte allegra di questi rapporti, che per me è un punto importante da ribadire. Yoongi li tiene vicini al proprio cuore non soltanto perché con loro può essere sé stesso, silenzioso, brusco, introverso, ma anche perché può rilassarsi e far uscire un lato che altrimenti non sarebbe visibile da come si comporta normalmente. Con loro è essenzialmente felice. Non so se sono riuscita a rendere tutto ciò anche solo minimamente percettibile nel capitolo, ho dunque messo questa lunga spiegazione qui per renderlo più chiaro.

Anche in questa parte, come preannunciato, non ci sono stati eventi particolari, tranne il ritorno alla timeline presente alla fine, perché è importante per il prossimo capitolo, da cui la trama vera e propria verrà ripresa.

Sperando di non aver annoiato nessuno, vi saluto fino al prossimo capitolo! Sento che la parte più difficile arriva ora e sono infatti molto in ansia. Mi auguro di riuscire a fare un lavoro decente. Nelle prossime due settimane farò un po’ avanti e indietro Italia-estero per cui forse i prossimi due capitoli usciranno più lentamente, ma usciranno!

Lo dirò ogni volta, i commenti sono accettatissimi e utili, per cui se riuscite lasciatene uno, anche breve ^-^

Baci, Elle

 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


CAPITOLO IV

 

Forse era ver, ma non però credibile,

a chi del senso suo fosse signore;

ma parve facilmente a lui possibile,

ch’era perduto in via più grave errore.

Quel che l’uom vede, Amor gli fa invisibile,

e l’invisibil fa vedere Amore.

Questo creduto fu; che ‘l miser suole

dar facile credenza a quel che vuole.

 

(Ludovico Ariosto, Orlando furioso, Canto I)

 

30 settembre 2016

 

Nell’ultima settimana, a Jungkook era capitato di perdere il filo di ciò che stava facendo più volte di quanto non gli fosse accaduto in una vita intera. Succedeva in momenti casuali e nel mezzo di gesti quotidiani, senza una logica precisa o qualcosa di particolare che innescasse il suo stato di incantamento. A volte era accaduto sotto la doccia, mentre si sciacquava i capelli e si chiedeva improvvisamente quando se li fosse insaponati. Altre volte gli era capitato mentre era al supermercato, dove si era ritrovato a fissare il prezzo di un prodotto troppo a lungo finché un dipendente non gli aveva chiesto se avesse bisogno di aiuto. Era accaduto spesso anche quando si trovava in compagnia di Taehyung. Poi oggi di nuovo, ben due volte. Prima, la mattina, si era accorto di aver fatto confusione con le tazze sul tavolo per la colazione. Non aveva davvero fatto caso ai gesti che stava compiendo e le sue mani si erano mosse completamente da sole. Adesso a pranzo gli era successo di nuovo. Si era ritrovato a compiere un’azione senza registrarla minimamente. Non riusciva davvero a ricordare quando, a pasto ultimato, avesse deciso di impilare le due ciotole sporche, alzarsi, aprire il forno e riporle lì. Era stato Hoseok a fargli notare quella stranezza.

– Oi, Jungkookie! Perché metti le ciotole in forno?

– Come scusa? – aveva risposto distrattamente mentre tornava verso il tavolo.

– Hai appena messo le ciotole in forno invece che nella lavastoviglie.

– Oh? – si era girato per accertarsi che fosse vero e questo fu sufficiente a farlo tornare di scatto alla realtà e sbalordito fiondarsi a sistemare la confusione che aveva creato.

Quando sentì Hoseok salutarlo e sbattersi la porta rumorosamente dietro di sé si chiese se l’amico avesse notato la sua distrazione continua. Era particolarmente vistosa oggi, ma forse c’era speranza che Hoseok avesse la testa da un’altra parte e si fosse accorto solo dei due episodi avvenuti durante i pasti. Non che facesse molta differenza, pensò, e si sistemò meglio sul divano su cui si era sdraiato poco prima. Avendo abbandonato l’idea di riuscire a trovare un po’ di pace in un sonnellino, si mise a fare una veloce carrellata per vedere se ci fosse qualcosa in televisione. Era solo un modo per procrastinare il tempo, lo sapeva, ma un tentativo non costava nulla. Per sua sfortuna, non trovò nessun programma interessante e dovette dunque spegnere l’apparecchio e mettersi a fare seriamente i conti con i suoi pensieri. Rimboccandosi le lunghe maniche della felpa rossa cercò di fare il punto della situazione. Fissò di nuovo lo sguardo in punto nel vuoto. Da quando si era svegliato aveva un unico pensiero fisso e sapeva cosa doveva fare, ma continuava a non essere sicuro né del come né del quando. A tratti non era nemmeno sicuro che fosse proprio da fare. No, lì c’era già passato. Da fare, era da fare. Su questa decisione non sarebbe tornato indietro. Però continuava a rimanere il problema del quan- no, il quando anche sapeva. Oggi. Questo pomeriggio. Ok, allora “come”. Come lo faccio.

Si mise a riflettere meglio, cercando di razionalizzare il tutto e pensando ai vari livelli che avrebbe dovuto attraversare. Dopotutto, il primo non era difficile. Non si trattava ancora di confessare nulla. Tantomeno per messaggio. In effetti, al momento l’unica cosa di cui occuparsi era trovare un modo, possibilmente carino, per invitare Jimin a rinunciare al suo solito posto in macchina con tutti gli altri l’indomani e ad andare con lui in tram alla festa. Questo gli avrebbe dato modo di stare da solo con lui in maniera poco sospetta. Sondare il terreno. Vedere come raggiungere il livello successivo.

Era davvero importante per lui avere questo momento solo per loro. Quando era con Jimin si trovava sempre circondato da almeno altre cinque persone e anche quando era nel suo appartamentino capitava estremamente di rado che Taehyung si allontanasse più dei cinque minuti necessari a usare il bagno e tornare. C’erano ovviamente stati momenti in cui i due avevano potuto godere di un po’ di solitudine, ma erano sempre parentesi all’interno di qualche evento di gruppo, che fosse una cena o una scampagnata o un’uscita in centro. Jungkook voleva solo un momento tutto per lui. Voleva per una volta sentirsi tranquillo e non come se avesse un cronometro che batteva al contrario consumando i minuti che poteva trascorrere per conto suo con Jiminie. Ogni tanto si chiedeva se fosse un atteggiamento un po’ egoista da parte sua, questo volerlo solo per lui. Si chiedeva anche come sarebbe finita se si fossero mai messi insieme. Sarebbe stato disposto a condividerlo con il mondo? Tutti sembravano adorare Jimin. Non che d’altronde fosse possibile fare altrimenti. Si rendeva conto che non poteva essere il solo a volere nella sua vita una persona così, ma passando a mente l’elenco di coloro con cui avrebbe dovuto dividerlo di sicuro sentì che era già troppo lungo. Innanzitutto c’era Taehyung. Jungkook non ne era ovviamente geloso, sapeva che i due erano migliori amici da sempre e tali sarebbero per sempre rimasti. Però era una presenza importante nella vita di Jimin con cui avrebbe dovuto fare i conti. Il ragazzo passava poi tanto tempo con Hoseok e questo significava di conseguenza anche Yoongi. Ora, il rapporto tra Jimin e Yoongi sfuggiva lievemente alla comprensione di Jungkook. Sapeva che i due erano legati, ma non riusciva a capire appieno in che modo e con che profondità e soprattutto non aveva ancora un’idea chiara di come il loro legame fosse nato. Da ciò che poteva vedere Yoongi teneva sicuramente a Jimin, ma non era mai sembrato essere interessato a lui per qualcosa che andasse oltre la semplice amicizia. Però Yoongi era così strano, chissà cosa gli passava in realtà per la testa, pensò Jungkook. Nemmeno su Jimin, su ci che provava nei confronti del ragazzo più grande, si sentiva completamente certo. Un particolare però lo rassicurava. Quando si trovavano da soli i due solo raramente uscivano di casa, non facevano attività insieme normali per persone che su frequentano, o sono interessate a frequentarsi, come andare al cinema o a prendere un gelato. A quanto Jungkook sapeva, fino ad ora Yoongi non aveva mai cercato un modo per portare Jimin lontano, lo aveva sempre tenuto vicino in un terreno sì familiare, ma essenzialmente neutro e con diverse paia di occhi potenzialmente indiscrete attorno. Non c’erano molti elementi su cui Jungkook riuscisse a vedere la possibilità di piantare delle basi per una relazione di tipo romantico. Quando si tiene a qualcuno si desidera portarlo in giro, fargli vedere il mondo, condividere avventure insieme. La vita quotidiana è spesso grigia, se non si ha il desiderio di colorare con cose straordinarie quella dell’altra persona non si può davvero dire di amarla. Jungkook credeva fermamente in questo e perciò non riusciva a convincersi che potesse esserci qualcosa in più del solo affetto e stima tra Jimin e Yoongi.

Tra l’altro, non si poteva di certo dire che lui non fosse stato esplicito. Pur non avendo mai detto nulla con chiarezza, era più di un anno che cercava di rendere ovvio come provasse più che semplice simpatia nei confronti del ragazzo più grande. Coglieva ogni occasione per andargli vicino, toccarlo un po’, vedere fino a che punto potesse spingersi con la confidenza che gli dava. Jimin non lo aveva mai fermato, nemmeno una volta. Anzi, sembrava apprezzare le sue attenzioni. In quanto a Yoongi, dal canto suo il ragazzo non era mai apparso particolarmente turbato o infastidito dalle interazioni dei due, e se lo era stato lo aveva nascosto bene perché Jungkook non lo aveva davvero notato. Anche questo era un altro punto che lo convinceva ancor di più che tra Jimin e Yoongi non potesse esserci altro che una sincera amicizia. Quando si vuole una persona si combatte per lei, fino alla fine, e non la si lascia semplicemente andare. Jungkook non voleva lasciare che Jimin si allontanasse da lui e avrebbe fatto tutto il possibile per tenerlo vicino. Aveva già deciso che una volta comprato il necessario per la festa gli avrebbe chiesto di fermarsi con lui da qualche parte, prima di andare verso la casa in campagna. Avrebbe in questo modo guadagnato un po’ più di tempo insieme e immaginare come sarebbe stato se fossero stati ufficialmente una coppia. Il pensiero faceva accelerare i battiti del cuore di Jungkook. Averlo attorno come proprio fidanzato. Avere quel sorriso sempre per sé, qualunque momento volesse.

Jimin era sempre allegro con lui e Jungkook amava farlo ridere ogni volta che poteva e vedere quelle guance farsi ancora più tonde, gli occhi rimpicciolirsi in un moto di gioia e il suo visetto illuminarsi. Jungkook voleva vedere quella luce più spesso che poteva. Amava avere persone luminose intorno. Non era d’altronde una coincidenza se il suo migliore amico, la prima persona con cui avesse stretto amicizia davvero arrivato a Seul e quella con cui passava dal primo giorno in cui si erano conosciuti la gran parte del suo tempo fosse Taehyung. Tae… Jungkook si mise a pensare un attimo all’amico, che al momento doveva sicuramente trovarsi a casa sua in compagnia di Jimin, chissà a far cosa. Forse aveva sbagliato a non proporgli di vedersi anche quest’oggi. Con qualcuno attorno si sarebbe sentito meno in agitazione e avrebbe forse avuto almeno una speranza, seppur remota, di portare la sua mente su altro. Taehyung però non sapeva nulla della presente situazione, pensò Jungkook, e se fossero stati insieme per quanto il suo corrente stato di agitazione si sarebbe potuto attenuare in presenza dell’amico, non sarebbe comunque mai sparito del tutto. Tae si accorgerebbe di sicuro che qualcosa non va, quindi forse ho fatto bene così. Forse. E forse avrei dovuto dirgli tutto fin dall’inizio. Il perché avesse preso la decisione di non condividere con l’amico il suo segreto, non lo ricordava nemmeno lui stesso. Eppure avrebbe aiutato così tanto. A rigor di logica Taehyung rappresentava la persona più qualificata sulla faccia della terra a cui rivolgersi in una situazione come questa. Migliore amico di Jimin, addirittura suo coinquilino, estremamente legato a Jungkook, il ragazzo costituiva il tramite perfetto tra i due. Non era solo una questione di aiuto pratico però. Per Jungkook, il condividere questa cosa con Taehyung avrebbe significato un appoggio soprattutto da un altro punto di vista, ovvero quello emotivo. Quando si trovava con le persone, un po’ per il suo carattere competitivo e leggermente orgoglioso, un po’ anche per via della sua timidezza, tendeva sempre a mantenere le sue emozioni più profonde sotto controllo. Non si lasciava mai andare ad eccessi d’ira, non permetteva che il suo malumore fosse di disturbo o disagio agli altri, né si sarebbe messo dal nulla a confessare i segreti della sua anima. In sereno silenzio o rumorosa allegria, era così che era possibile per il mondo esterno vedere Jungkook.  Ciò non vuol dire che non fosse spontaneo. Era una persona naturalmente inclinata ad un carattere positivo, per cui erano pochi i momenti in cui doveva fare uno sforzo su sé stesso e nascondere ciò che provava. Sia per pudore dei propri sentimenti e sia per educazione ci teneva però ad essere il più rispettoso possibile, mostrandosi dunque sempre disponibile e allegro. Ecco perché gli dava fastidio l’idea che qualcuno si fosse accorto dei suoi continui momenti di distrazione nell’ultimo periodo. Non riusciva però ad evitarli. Dal nulla, senza che potesse bloccarli, i pensieri prendevano vita e lui si ritrovava a dargli retta e ascoltarli, incapace di notare altro attorno a sé. Iniziava a capire la difficoltà che aveva Taehyung e perché non riuscisse a smetterla col suo vizio di isolarsi dal mondo. C’erano tante domande che affollavano la mente di Jungkook. Dapprima il punto interrogativo principale era stato se fosse effettivamente il caso di farso avanti con Jimin, visto che un esito negativo avrebbe potuto comportare problemi all’interno di un gruppo unito e che tale era rimasto per anni. In qualche modo alla fine aveva deciso che sì, valeva la pena e avrebbe tentato lo stesso. Combattere per ciò che si vuole, Jungkook. È una cosa che devi fare se vuoi dimostrarti degno di lui. Una volta presa la decisione definitiva, ovvero che si sarebbe dichiarato e lo avrebbe fatto prima della fine dall’anno, altri quesiti avevano iniziato ad affastellarsi. Si metteva spesso a riflettere su ciò che avrebbe potuto dire. Le parole che avrebbe usato, come si sarebbe comportato. Che distanza si mantiene da una persona a cui stai confessando i tuoi sentimenti? È lecito prendergli una mano? Come si impedisce alla voce di cedere così che le parole scorrano fluide? Qual è l’occasione migliore? Come la si sceglie? Come andrà a finire? Quale sarà la reazione di Jimin? In caso positivo cosa è bene fare? Dargli un bacio? Forse è troppo? Forse solo abbracciarlo. Se però le cose vanno male cosa dovrei dire? Erano dubbi questi che pesavano in modo notevole nel cuore di un ragazzo che prima di allora non aveva avuto modo di acquisire troppe esperienze in fatto di amore. Aveva avuto flirt, ma questa era la prima volta che si innamorava davvero ed era difficile per lui decidere come muoversi. Chissà se Taehyungie è mai stato innamorato. Ecco di nuovo il bisogno di confidarsi con il suo amico. Si, avere Taehyung dalla sua parte in questa situazione lo avrebbe aiutato, e non solo per avere informazioni su Jimin. Con Taehyung non si sarebbe vergognato di mostrare la sua agitazione, né addirittura di dirgli qualche idea che gli era venuta in mente riguardo a ciò che poteva scrivere. Qualcosa però lo aveva frenato fino ad ora dal rendere l’amico partecipe di ciò che provava. Si sentiva imbrigliato da un sentimento che sembrava consigliarli di tacere. Sentiva di star commettendo quasi un tradimento, ma non riusciva a capire bene ai danni di chi. Scusami Tae. Se va tutto come spero, sarai il primo a cui lo dirò. Così pensando, Jungkook prese il suo telefono dalla tasca e controllò l’ora. Erano le 15:07. Il tempo stava per scadere e lui doveva muoversi. Decise che avrebbe aspettato ancora un’ora, solo una, e poi avrebbe inviato il suo messaggio. Alle sedici in punto.

****

Arrivato al quinto piano, Hoseok trotterellò fuori dall’ascensore e si avviò verso la porta dell’appartamento. Ci aveva messo più del previsto per arrivare e stava letteralmente congelando perché nel bus che aveva preso un finestrino era mezzo rotto e dunque l’intero viaggio nella vettura era stato tormentato da fastidiosissimi spifferi e folatine di vento. Quantomeno però ciò lo aveva tenuto impegnato – ed irritato – abbastanza da fargli dimenticare per un po’ il perché della sua visita a Yoongi. Appena mise il dito sul bottoncino del campanello e lo schiacciò sentì quella sensazione di ansia tornargli di botta nello stomaco. Fece l’ennesimo respiro profondo. Se non mi calmo mi prendo a schiaffi da solo. Non c’è motivo di sentirmi così.

Hobi. Credevo non arrivassi più.

Yoongi aveva aperto la porta lentamente e i suoi capelli scuri scompigliati fecero capire a Hoseok che doveva essersi appena svegliato da un pisolino.

– Stavi dormendo? Perché hai risposto tu? – domandò entrando in casa.

– Sono solo, Jin-hyung e Namjoonie non ci sono. – la voce di Yoongi era ancora un po’ impastata e continuava a sbattere le palpebre nel tentativo di svegliarsi del tutto. – Sono usciti poco fa, mi hanno detto che ti aspettano alla fermata del bus così potete andare alle prove insieme. –  si fermò un attimo per stropicciarsi gli occhi. – Ti mandano un messaggio quando hanno fatto.

Togliendosi il cappotto e iniziando a scaldarsi un pochino Hoseok chiese sorpreso perché non lo avessero aspettato direttamente. Yoongi rispose mentre si avviava in cucina grattandosi la testa, l’amico al suo seguito:

– Perché volevano fare un po’ di shopping per la festa di domani e se fossero usciti più tardi avrebbero avuto poco tempo. Questo è quanto ho capito, ma non me ne intendo di shopping quindi potrei aver frainteso. Comunque mi ero allungato solo da cinque minuti. Vuoi una cioccolata? Mi devo un po’ svegliare.

– Si, grazie Yoongi.

Mettendosi a sedere su una delle sedie della cucina Hoseok pensò che forse era meglio che non ci fosse nessuno in casa, sarebbe stato tutto più semplice e senza testimoni.

Rivolgendosi alla schiena dell’amico che stava mettendo il latte a scaldare si scusò per il suo ritardo.

– Mi dispiace, credevo sarei arrivato prima, ma il bus che ho preso era letteralmente un macinino mezzo rotto. Non so nemmeno che ore si siano fatte.

Controllò il telefono e vide che erano quasi le quindici e trenta. Si morse il labbro e poi emise una piccola risata di sorpresa. Sarebbe dovuto essere lì almeno mezz’ora prima in effetti.

– Uooh! Diamine, si! – esclamò mettendosi una mano davanti alla bocca – Si è fatto tardi! Non mi sorprende che Joonie e Jin-hyung siano usciti senza di me. C’era un sacco di traffico, mi chiedo dove se ne debba andare la gente alle due del pomeriggio.

Yoongi fece spallucce. Aveva messo le tazze sul bancone e si stava ora sedendo anche lui di fronte all’amico.

– È un problema per te? Hai da fare?

– No Hoseok, tranquillo. Mi ero messo a dormire, ti sembra il comportamento di chi ha impegni importanti?

Hoseok sorrise:

– A parte vedere me. Quello è il più importante di tutti.

– Si, di tutti ovviamente. – fece eco Yoongi con uno sbuffo divertito. Appoggiò la testa sulla mano, ma la tolse subito quando si rese conto che non avrebbe aiutato a disfarsi del suo sonno. Hoseok non sembrava particolarmente strano. Chissà cosa voleva dirgli. Era curioso, ma non voleva forzarlo per cui non avrebbe chiesto nulla finché lui stesso non avesse aperto il discorso su qualsiasi cosa fosse che voleva parlare. Yoongi sperava solo che non fosse nulla di grave, e questo timore era l’unico motivo per cui si sentiva leggermente impaziente. Immaginò però che se fosse stato qualcosa di estremamente preoccupante e urgente Hoseok non avrebbe aspettato a lungo prima di dirglielo.

– Davvero, non fa differenza per me, Hobi. Ho appuntamento con Jiminah nel pomeriggio, ma non verrà qui prima di un altro paio d’ore quindi abbiamo tutto il tempo.

– Oky.

Hoseok ringraziò dentro di sé Yoongi per aver proposto questa cioccolata. Gli stava dando tempo di procrastinare e anche se forse non era un bene perché il tempo stringeva, lo faceva sentire più tranquillo. Quando il latte si fece leggermente più caldo fu Hoseok ad alzarsi per andare ad aggiungere la polvere di cioccolato e rimanere a mescolare durante il tempo di cottura. Yoongi sollevò un sopracciglio. Doveva forse chiedergli un grosso favore, altrimenti perché si sarebbe alzato ad aiutare? Yoongi non riusciva neppure a ricordare l’ultima volta in cui Hoseok avesse deciso di dare una mano ai fornelli di sua spontanea volontà.

In quel periodo dell’anno, la cucina era la stanza più confortevole al 503. La casa era ben riscaldata, ma il freddo all’esterno riusciva lo stesso a infiltrarsi attraverso i muri sottili del grattacielo, rendendo soprattutto a determinati orari alcune stanze leggermente meno calde di altre. Dal momento che era il luogo dove si cucinava, non capitava quasi mai che il calore lasciasse del tutto le sue mura. Non era inoltre particolarmente grande e anche se ospitava una porta finestra il termosifone piuttosto alto era sufficiente a riscaldarla a dovere. Il fatto che spesso i coinquilini si trovassero meglio a passare il tempo in cucina piuttosto che in sala era stato oggetto di discussione. In uno dei rari momenti in cui aveva deciso di dire la sua sulla gestione degli spazi nella casa, Namjoon aveva proposto di comprare un tavolo più grande, dove tutti potessero mangiare nel caso in cui la sala diventasse troppo fredda. Jin era rimasto piacevolmente colpito da questa sua volontà di migliorare le condizioni di vita domestiche, ma seppur sorridendo aveva espresso fermamente il suo disaccordo. Un tavolo più grande non sarebbe mai stato utilizzato perché lo spazio in cucina non sarebbe bastato a ospitarlo insieme a tutti e sette i ragazzi e dunque far cena lì sarebbe diventato disagevole. Era insomma solo uno spreco di soldi. Namjoon aveva però preso ad insistere, sentendo finalmente di avere una voce in capitolo su una questione su cui aveva già maturato una propria opinione già da anni, ma che non aveva mai esposto finché era rimasto solo un ospite della casa. Non trovando una soluzione i due avevano chiesto il parere di Yoongi, il quale aveva detto che forse non era una cattiva idea, ma non si sentiva in grado di andare contro le disposizioni di Jin. La situazione era andata avanti per diverso tempo e alla fine era stata addirittura esposta pubblicamente all’attenzione di tutti i ragazzi durante una cena. Jungkook si era schierato nel team Jin, insieme a Jimin, che aveva giustificato la sua scelta con un “La casa è di Jin-hyung, sa meglio di tutti noi cosa deve esserci e cosa no”. Hoseok e Taehyung invece per qualche motivo si erano entusiasmati all’idea fomentandosi ancora di più a vicenda e si erano dunque schierati con Namjoon. Con la neutralità di Yoongi però la situazione non era cambiata e alla fine avevano tutti deciso che la cosa migliore fosse non intromettersi in quello che ormai sembrava esser diventato più che altro un gioco di poteri all’interno della coppia Jin-Namjoon. Alla fine aveva vinto Jin. La piccola e breve insurrezione di Namjoon era però rimasta negli annali della casa e veniva spesso tirata fuori di nuovo tra scrosci di risa quando qualcuno si ritrovava per un motivo o per un altro a lamentarsi del poco spazio sul tavolino della cucina.

Con gesto sicuro Hoseok batté il cucchiaio con cui aveva mescolato il latte e cioccolato sul bordo del pentolino e con l’altra mano spense il gas.

– Prontaaaaa! – trillò allegro. Fece scivolare il denso liquido scuro nelle due tazze e si avviò verso il tavolino. I due ragazzi bevvero alternando momenti di silenzio a momenti di dialogo. Yoongi voleva sapere come stava procedendo lo spettacolo mentre Hoseok voleva avere qualche dettaglio in più sulla festa dell’indomani.

– Qualcuno ha spalato la neve nel cortile?

– Si, Jin ha già prenotato il servizio. A meno che non faccia una bufera stanotte non dovrebbero esserci problemi. – gettò uno sguardo alla finestra. La giornata non era luminosa, ma il cielo bianco non prometteva neppure tempesta. – Non credo ci sia possibilità però.

– Per l’auto invece? Come ci si organizza? Perché ci stiamo riducendo all’ultimo quest’anno? – continuò Hoseok con voce acuta.

– Non lo so, forse è un anno strano, non ne ho idea. Io sono sempre stato piuttosto pigro sull’organizzazione però, quindi non noto molta differenza. Comunque, credo che come al solito due di noi dovranno andare per conto loro ad occuparsi di una parte degli acquisti e venire con i mezzi, mentre gli altri andranno in auto con Jin.

– E chi andrà con i mezzi? – Hoseok temeva la risposta.

– Non lo so, tu e Jungkook?

– Ecco che ne ero convinto! Perché di nuovo io fuori dall’auto??

– Semplice Hobi, Jin e Namjoon non si dividono, io non ho voglia di andare con il bus e-

– Nessuno ha voglia di andare con il bus Yoongi. – replicò Hoseok volgendo gli occhi al cielo, tanto per dire qualcosa più che perché convinto dell’efficacia delle sue lamentele.

– Io sono più grande però Hobi, come stavo dicendo prima di essere interrotto. – rispose Yoongi con un mezzo ghigno. – L’anno scorso Taehyung è andato con i mezzi, mentre Jungkook in auto, per cui quest’anno era solo naturale che la situazione fosse rovesciata, per giustizia.

– Yoongi, hai lasciato fuori Jimin. Rimane anche lui oltre me.

– Nah, Jimin-ah viene con noi. Vuoi davvero lasciarlo nelle grinfie di Jungkook? Lo sai com’è dispettoso verso di lui, avresti dovuto vedere l’anno scorso in auto e non gli era nemmeno seduto vicino. ­– Yoongi dette un ultimo sorso alla sua cioccolata e si alzò per metterla nel lavandino, dando così ad intendere che per lui la discussione era terminata.

– Come sei loquace quando devi tirare l’acqua al tuo mulino, hai parlato più in questi cinque minuti che nelle ultime cinque settimane.

Yoongi borbottò qualcosa di indistinto, insicuro su cosa replicare, e si voltò poi di nuovo verso l’amico. Lo guardò un attimo e annunciò portando il dito indice in alto:

– Devo andare al bagno.

Hoseok scoppiò a ridere. L’amico lo aveva osservato con occhi così seri che lì per lì si era anche preoccupato.

– Serviva dirlo in quel modo? Vai, io finisco la cioccolata e ti raggiungo.

– Mi raggiungi in bagno? Hoseok-ah, preferirei di no…

– Yoongi, intendo in camera tua! – continuando a ridere Hoseok lo vide allontanarsi dicendo piano qualcosa come:

– ­Ancora più interessante.

Aiuto, pensò Hoseok. Aspetta di vedere cosa sarà veramente interessante. Si sentì leggermente rosso in volto e mentre terminava la sua cioccolata riprese a dirsi tra sé e sé il mantra che si ripeteva da giorni: non c’è nulla di male non c’è nulla di male non c’è nulla di male. Comunque, andava fatto. Controllò di nuovo il cellulare. Era quasi più di venti minuti che procrastinava. Era tempo.

Poco prima che si alzasse per mettere via la tazza sentì il citofono suonare. Yoongi era in bagno e lui era l’unico al momento nell’appartamento per cui non ci pensò due volte e andò a rispondere.

– Si, chi è? Come? Oh! Va bene, certo, scendo subito, grazie! – riappese il citofono e urlò velocemente – Yoongi, vado di sotto a ritirare una cosa per Jin! – prima di correre fuori dalla porta.

Al portone dell’ingresso principale del palazzo lo stava aspettando un fattorino. Aveva con sé un carrelletto, di quelli che servono per portare i pacchi pesanti. Appoggiatovi sopra era un pacco dalla forma rettangolare, non eccessivamente grande, ma nemmeno piccolo, avvolto in una carta marrone e chiaramente imbottito all’interno. Hoseok salutò cordialmente l’uomo di fronte a lui, tentando di mantenere un sorriso di facciata sebbene si stesse maledicendo dentro di sé per essersi scordato di mettersi addosso un cappotto. L’aria gelida che arrivava dalla strada era sferzante e lo stava colpendo come tanti coltelli.

– Il signor Kim Seokjin?

– No, sono un suo amico, posso ritirare lo stesso?

– Certamente, metta solo una firma qui.

Hoseok scarabocchiò velocemente col dito sulla tavoletta elettronica.

– Grazie. Il quadro è un po’ pesante. – riprese l’uomo toccando il pacco con una mano –  Posso lasciarle il carrello per portarlo su se vuole. Ho solo un favore da chiederle. Le spiacerebbe tenerlo da lei per un po’? Sono in ritardo con le commissioni e mi farebbe davvero un gran piacere se mi permettesse di andare via subito e tornare da lei a giro fatto.

– Ma certo! – rispose sorridente Hoseok agitando le mani – Non c’è assolutamente problema. Mi dia tutto e torni quando vuole. Il mio amico rimarrà a casa, risponderà lui se io sarò già andato via.

Il fattorino fu grato di questo aiuto e elargendo profondi inchini e copiosi ringraziamenti tornò tra i venti dell’inverno. Hoseok chiuse velocemente il portone dietro l’uomo, e pensò di essere fortunato a non dover lavorare in giro per strada con un tempo simile. Prese il carrello e tornò al quinto piano. Rientrò in casa dando una lieve spinta alla porta dietro di sé senza accompagnarla del tutto, preso com’era dalla curiosità di sapere che cosa fosse questo misterioso quadro. Felice di essere di nuovo al tepore si diresse verso la stanza di Yoongi lasciandosi il freddo alle spalle con un ultimo brividino.

– Yoongi-ah, è arrivato un mega pacco per Jin, credo sia il suo quadro.

– Mh? – Yoongi era ora in camera sua, seduto sulla sedia girevole, le gambe tirate su. Hoseok notò che si era messo addosso una felpetta con la zip sopra al maglioncino. – Ah sì, mi ha detto sarebbero passati a consegnarlo, però lo avevo del tutto scordato.

– Si, ne stava infatti parlando l’altro giorno. Che cosa bizzarra, comprare un quadro.

– Jin è sofisticato, lo sai. Comunque mettilo davanti la porta di camera sua, quando torna se ne occuperà lui.

– Quindi non lo apriamo?

– Hoseok-ah, no ovviamente.

Hoseok fece picchetto, ma ubbidì docilmente e andò a lasciare il carrello davanti all’ingresso della camera di Jin. – Vorrei sapere davvero cosa ritrae. ­­– disse mentre rientrava in camera.

– Lo scoprirai presto visto che lo appenderà in casa, dai. Vuoi sederti?

Il ragazzo annuì e andò a mettersi sul letto di Yoongi. Il gesto non gli era nuovo. Fino all’anno prima era un qualcosa che era abituato a fare tutte le sere e una sensazione di familiarità lo pervase appena sentì la solita coperta blu consumata sotto i suoi palmi. Ancora Yoongi non si era deciso a comprarne una nuova. Lo guardò negli occhi e Yoongi ricambiò. Hoseok era l’unica persona che riuscisse a mantenere perfettamente quello sguardo distante. Andrà tutto bene, pensò.

****

Nello stesso momento in cui Jungkook si arrovellava sul modo migliore per avvicinarglisi e Hoseok era sul bus ad imprecare contro gli spifferi del finestrino rotto del bus e il traffico di Seul, Jimin stava pensando se non fosse il caso di andare a casa di Yoongi prima del previsto. Si trovava in camera sua, ancora con indosso il suo pigiama rosso, steso nel letto con le cuffiette alle orecchie. La mattina era trascorsa abbastanza oziosa e ora Taehyung si era addormentato sul divano. La pila di fumetti da leggere era terminata il giorno prima e era già un’ora che ascoltava musica. Era annoiato. Si era dato appuntamento con l’altro ragazzo per le cinque, ma l’idea di rimanere altre due ore in casa gli dava la nausea. Sicuramente non aveva neppure aiutato che fosse rimasto tutta la mattinata in pigiama a trascinarsi tra la cucina e il letto. La pioggia presa il giorno prima lo aveva lasciato inumidito e la mattina si era svegliato con un leggero mal di gola. Per evitare di ammalarsi del tutto aveva quindi deciso di non uscire di casa fino al pomeriggio e rimanere al caldo nel suo letto il più possibile. Si sentiva effettivamente meglio, ma adesso non ce la faceva più. Si alzò dal letto e si tolse di scatto le coperte di dosso.

– Tempo di farsi una doccia!

Dieci minuti dopo si trovava sotto il getto caldo dell’acqua fumante, fischiettando un motivetto allegro mentre si passava il sapone addosso. Si prese il suo tempo, godendosi il calore delle gocce bollenti sulla pelle, e quando uscì e i suoi piedi nudi toccarono il tappetino di plastica scivoloso chiuse gli occhi e tirò un lungo sospiro. Si sentiva decisamente meglio, rilassato e ricaricato. Riprendendo a fischiettare si vestì il più velocemente possibile perché seppure il vapore rendesse il bagno piuttosto caldo era pur sempre dicembre. Riuscì a essere pronto del tutto in una decina di minuti e prima di uscire andò in cucina per prendere il suo zainetto. Taehyung lo aveva tolto dal divano e poggiato sulle mattonelle del pavimento. Jimin gli si avvicinò piano per non svegliarlo e allungò la mano per prendere l’oggetto a terra. Mentre se lo metteva sulle spalle osservò il suo migliore amico che dormiva placido, su un fianco, le spalle che si muovevano lente su e giu. E gli venne da sorridere. Taehyung riusciva ad addormentarsi profondamente dappertutto e il divano era il suo posto preferito, anche più del letto. Prese una copertina lasciata sul bracciolo e la adagiò delicatamente sul corpo del ragazzo. Soddisfatto del suo lavoro si avviò verso la porta, indossò il suo giacchino, si mise i guanti, si coprì la bocca completamente con una grande sciarpa di lana – non voleva rischiare di prendere di nuovo troppo freddo – e uscì di casa. Camminò un pochino a testa bassa per coprirsi dal vento verso la fermata del bus. La sera prima era tornato a casa a piedi, ma oggi non era il caso viste le sue condizioni. Non pioveva né nevicava, però la temperatura era davvero bassa e il vento rendeva il tutto ancora peggio. Si tolse i guanti solo un attimo per mandare un messaggio veloce a Yoongi e avvisarlo che sarebbe arrivato prima. Si rimise il telefono in tasca e rindossò i guanti, la pelle della mano già rossa. Buttò lo sguardo verso la fine della via, impaziente per il bus. Non dovette aspettare molto per fortuna. Il mezzo fece capolino dall’angolo piuttosto velocemente e Jimin ci si fiondò dentro, buttandosi sul primo sedile disponibile. Appoggiò la testa al finestrino e chiuse un po’ gli occhi.

Dopo un po’ di tempo fu scosso dal torpore che lo stava per cogliere da una vibrazione proveniente dalla tasca del cappotto. Il telefono. Fece per prenderlo, ma lasciò stare subito. Faceva troppo freddo al momento per togliersi di nuovo i guanti e comunque anche lo avesse fatto le sue mani sensibili si sarebbero irrigidite e indolenzite subito rendendo disagevole controllare il messaggio. Lo aprirò appena sono da Yoongi. Riappoggiò la testa sul vetro di fianco a lui e prese tranquillo a guardare fuori i colori di palazzi e persone che si confondevano tra loro con la velocità, attendendo che il bus arrivasse a destinazione. Si mise a pensare ai diversi punti che voleva discutere con Yoongi. La sera prima aveva riflettuto di nuovo su ciò che gli aveva mostrato e fatto ascoltare e c’erano alcuni appunti in più che gli erano venuti in mente. Jimin non credeva, al solito, che fossero particolarmente interessanti, ma ormai aveva imparato a non filtrare più le sue opinioni. Avrebbe come sempre espresso il suo parere in maniera onesta e poi Yoongi-hyung avrebbe saputo cosa farne. Era inoltre incredibilmente emozionato all’idea di leggere i nuovi testi che il ragazzo aveva composto. Amava leggere ciò che Yoongi scriveva. Il ragazzo utilizzava le parole in un modo tutto suo, prendendole, sfruttandole, spremendole fino all’ultimo significato e facendone uscire alla fine immagini bellissime. Si, era stata una buona idea andare prima. Alla fine, visto il tragitto in bus, si sarebbe ritrovato ad essere solo un’oretta in anticipo e di sicuro non sarebbe stato un problema per Yoongi.

Con una brusca frenata il bus si fermò. Jimin scese e si avviò a passo svelto verso il palazzo del 503. Mentre si accostava all’edificio una signora di mezza età, di cui erano visibili solo gli occhi da sotto il cappello e il bavero del cappotto tirato su, uscì di fretta. Prima che il portone sbattesse, il ragazzo si slanciò in avanti e lo bloccò, impedendo che si chiudesse. Entrò nell’atrio e mentre attendeva l’arrivo dell’ascensore si guardò attorno distrattamente. Lo sguardo gli cadde sul display che troneggiava sopra il lungo blocco metallico di cassette grigie della posta e che segnava alternandole la temperatura e l’ora. “-2°C” Se non avesse avuto la bocca coperta Jimin avrebbe tirato un fischio. Era davvero freddo. “16:17”. Come pensavo, sono in anticipo ma non di troppo. Giunto al quinto piano, si accorse che la porta di casa era stata lasciata aperta. Si chiese il perché, ma non ci rifletté su molto e la chiuse piano senza sbatterla, dirigendosi poi verso il centro della sala. Sembrava non esserci nessuno. La grande sciarpa attorno alla bocca gli impediva di parlare e chiamare qualcuno, ma si sentiva ancora troppo infreddolito per togliersela. Quel silenzio e quel vuoto lo stavano inoltre rendendo leggermente inquieto e quindi forse non avrebbe comunque emesso in ogni caso nessun suono. Perché la porta era aperta? E dov’era Yoongi? Sapeva che lui stava arrivando, dove era andato? Mettendo la sua apprensione da parte, si rispose che molto probabilmente la soluzione più razionale era che fosse sceso un attimo per prendere qualcosa per fare merenda insieme al convenience store all’angolo e avesse lasciato la porta aperta nel caso in cui Jimin fosse arrivato. Il messaggio sicuramente sarà stato da parte sua, per avvisarmi di questo. Non è comunque un’opzione molto sicura lasciare la porta aperta, Yoongi. Decise di aspettarlo direttamente in camera sua e si diresse lì, con cappotto, sciarpa e guanti ancora addosso. Man mano che si avvicinava alla porta altri suoni poco distinti, ma percettibili iniziarono ad aggiungersi a quelli dello scricchiolio delle sue scarpe. Allora Yoongi-hyung c’è? È al telefono? O c’è qualcuno? Per qualche motivo prese a rallentare il passo e quasi camminare in punta di piedi. Non aveva precisa intenzione di origliare, ma sembrava che il suo corpo si stesse muovendo per lui. Prima che potesse toccare il pomello freddo della porta, alcune parole, questa volta chiare, gli giunsero alle orecchie e gli fecero fermare la mano a mezz’aria.

– ...sognato questo momento così tante volte, così tante notti.

Hoseok-hyung? Jimin sentì un tonfo, come se corpo fosse stato sbattuto contro la porta.

– Perché non mi hai mai detto niente? Tutto questo tempo perso...

Yoongi-hyung??

– Hoseok-ah, guardami negli occhi.

– S-si.

– Così, bravo. Ora continua a guardarmi per favore.

Jimin si ritrasse di scatto, facendo due passi indietro. Da quando...? Hoseok e Yoongi-hyung? Dall’altra parte giungeva silenzio, e Jimin non sentì il bisogno di restare per immaginare cosa stesse succedendo. Si voltò di scatto e sforzandosi di andare via nel modo al tempo stesso più silenzioso, ma anche veloce possibile obbligò le sue gambe a raggiungere il pianerottolo. Chiusa bene la porta dietro di sé – a questo punto pensò fosse stata una semplice distrazione da parte di uno dei due, senza che il suo arrivo c’entrasse nulla – senza pensarci prese le scale invece che l’ascensore. Non gli andava di aspettare, voleva allontanarsi il più possibile e processare ciò che aveva appena udito. 

****

Camminando piano per le vie di Seul e ignorando il vento freddo che lo colpiva violentemente in viso Jimin cercava di comprendere cosa stesse succedendo. Forse non era stata una buona idea scappare via in quel modo. Forse sarebbe dovuto rimanere. Tornare in sala, avvicinarsi alla porta a passi ben udibili, bussare rumorosamente ed entrare in camera. Perché però sarebbe dovuto essere meglio? Una simile azione avrebbe solo appagato il suo desiderio di interrompere qualunque cosa stesse avvenendo dall’altro lato della porta. Che poi perché avrebbe mai voluto interromperla? Perché aveva pensato una cosa simile? No, aveva fatto bene ad essere discreto. Si chiese se Yoongi avesse mai visto il suo messaggio. Non sarebbe dovuto andare prima. Perché sei così stupido, Park Jimin? Stava ancora cercando di dare un senso a quello che era appena accaduto e il pensare e ripensare a tutta la situazione gli stava mettendo nausea addosso. Yoongi-hyung non gli aveva detto nulla. Lui stesso non si era mai accorto di nulla. Aveva sempre dato per scontato che Yoongi e Hoseok fossero amici. Legatissimi, questo sì, ma amici. Quello che aveva sentito era stato sufficiente a fargli capire che invece entrambi nutrivano sentimenti più profondi l’uno per l’altro ormai da anni, ma non avevano mai avuto il coraggio di confessarlo. Jimin sentiva che avrebbe dovuto provare felicità per l’amico, per entrambi gli amici, ma non ci riusciva. Si sentiva come offeso e non era in grado di capire esattamente per cosa. Hyung glielo avrebbe dovuto dire. Era forse un grande segreto difficile da condividere, ma a Jimin aveva già permesso di entrare in luoghi così privati della sua vita, perché avrebbe dovuto essere diverso anche con questa faccenda? Jimin si sentiva ancora sotto shock e non riusciva a capire se al momento fosse più irritato o sorpreso. In effetti aveva sempre avuto un po’ l’impressione di essere solo un elemento aggiuntivo nella relazione tra Yoongi e Hoseok. Il suo senso di non appartenenza al loro mondo era probabilmente il risultato di un sesto senso che già da tempo aveva percepito ciò che c’era nell’aria. Di nuovo, sentì rabbia. Perché hanno aspettato così tanto a dirselo? Ora cosa faranno? Lo annunceranno a tutti domani? Dovremo brindare alla loro salute? Dopo che ci hanno presi in giro per tutto questo tempo? Si fermò un secondo, smettendo di camminare e addossandosi leggermente al muro di un grattacielo. Ma presi in giro su cosa? Nessuno ha preso in giro nessuno Jimin. Sei solo tu che non lo avevi notato e adesso te la stai prendendo con te stesso perché sei stato un pessimo amico.

Riprese a camminare a passo un po’ più svelto. Dette un piccolo calcio a una lattina che ostruiva il suo cammino e guardando fisso davanti a sé con occhi vacui si fece largo tra la folla dei passanti, incurante delle gomitate che dava o riceveva. Il freddo stava iniziando a penetrargli nelle ossa e voleva davvero sbrigarsi a tornare a casa.

Quando finalmente giunse al suo appartamento entrò chiudendo la porta dietro di sé velocemente e andò dritto in direzione della sua stanza, dimenticandosi di salutare Taehyung.

– Jiminie? Che ci fai qui? – sentì la voce dell’amico venire dalla sala. Si girò lievemente e senza guardarlo negli occhi rispose:

– Io… Il mal di gola è peggiorato per cui ho deciso di tornare indietro. Ora sono stanco, ci vediamo a cena.

Forse era stato un po’ brusco, ma Tae sarebbe sopravvissuto. Si chiuse la porta bianca alle spalle, si spogliò di tutto quello che indossava in pochi secondi e tornò a mettersi nel suo pigiama caldo. Raccolse poi da per terra il suo piumino e mettendosi a sedere sul letto prese dalla tasca il suo telefono. Vide due notifiche di messaggi. Uno da Yoongi-hyung, risalente a nemmeno mezz’ora prima, e poi un altro ricevuto alle ore 16:00. Jimin ripensò alla vibrazione che aveva sentito in bus. Allora era lui ad avermi scritto. Ignorando per il momento il messaggio di Yoongi, aprì quello di Jungkook e il suo volto si distese in un mezzo sorriso.

 

 

 

Note dell’autrice: Ciao a tutti! Spero stiate tutti bene e soprattutto che siate riusciti a sopravvivere a questo come back. Da parte mia ho avuto serie difficoltà, ma alla fine in qualche modo pur continuando ad essere ancora profondamente scossa pare che la mia vita dopo lunedì sia riuscita a procedere e dunque anche questo capitolo ha visto la luce. Grazie mille di averlo letto, spero vi sia piaciuto. 

Come anticipato, l’azione è ripresa e in questa parte accadono un diverse cosine.
Innanzitutto, scopriamo ufficialmente cosa vuole fare Jungkook e di chi è innamorato. Spero si sia notato come il suo modo di guardare Jimin sia completamente differente da quello di Yoongi. Jungkook coglie del ragazzo e si sofferma di più su sfaccettature del suo carattere diverse da quelle rilevate da Yoongi, come d’altronde è normale che sia vista la profonda diversità di personalità di Jk e Yoongi. La visione che Jungkook ha dell’amore e delle relazioni è piuttosto precisa ed ho cercato di rispecchiare in lei la giovane età di Kookie. Come è espresso dai suoi pensieri, ha delle opinioni piuttosto precise di come le cose debbano funzionare tra due persone, in modo forse un po’ ingenuo, ma ha ancora tempo di imparare che le cose non sono sempre in bianco e nero, diamogli tempo. ^^ Presenta anche altri elementi tipici di chi si trova alle prime armi: è leggermente possessivo, ma al contempo estremamente insicuro, e soprattutto vive i sentimenti in maniera assoluta e preferisce buttarcisi dentro piuttosto che fare un passo indietro ed analizzare davvero bene la situazione. Nonostante non sia ancora del tutto maturo ci tengo però a ribadire, nel caso non fosse chiaro, che tiene davvero molto a Jimin e alla sua felicità. Deve ancora imparare bene come muoversi, ma il suo affetto è sincero. :)

Poi arriva la scena Sope. Non odiatemi se il dialogo è estremamente cheesy, ma abbiate pazienza e aspettate il prossimo capitolo per favore. Nel frattempo Jimin è un po’ scosso da ciò di cui è stato testimone, e come biasimarlo in effetti? Non lo sa neppure bene lui cosa lo innervosisca maggiormente di tutta la situazione, ma la vicenda avrà le sue conseguenze. 

Per quanto riguarda la citazione all’inizio, c’è un motivo preciso per cui l’ho scelta, ma onestamente non so come parlarne senza fare spoiler per cui probabilmente ne parlerò un pochino nel capitolo successivo, nel frattempo immaginate voi ;) 

Grazie per aver letto queste note e grazie anche di nuovo per aver letto il capitolo. Se riesco pubblicherò il prossimo alla fine della prossima settimana, altrimenti quella dopo.

Come sempre i commenti sono accettatissimi!

 

Baci, Elle

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


CAPITOLO V

Il vero mistero del mondo è ciò che si vede, e non l’invisibile.

(Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray)

 

– Vuoi sederti?

Yoongi aveva parlato con tono deciso e Hoseok capì che era arrivato il momento. Si mise a sedere sul letto, toccando la coperta di Yoongi con le mani e facendo pressione sul materasso per aiutarsi a spingersi verso il muro e appoggiarci la schiena. Guardò l’amico negli occhi e sentì il suo corpo rilassarsi.

– Yoongi-ah…. Avrei un favorino da chiederti. Niente di eccessivo.

Yoongi avvertì subito la tensione che non si era nemmeno accorto di avere accumulato fino a quel momento sollevarsi via di botta dal suo petto. Era solo un favore. Niente di eccessivo.

– … niente di troppo eccessivo.

Le sopracciglia di Yoongì si aggrottarono. 

– Che cosa intendi? È eccessivo o non è eccessivo?

– Non particolarmente... credo… Cioè, dipende…

– Hoseok-ah, seriamente? Non sto capendo nulla, dimmi cosa ti serve, lo farò e anche subito se vuoi, ma parlami! – a Yoongi stava iniziando a venire il mal di testa.

– Ok, scusa, va bene! – disse alzando la voce Hoseok – Ho bisogno di una mano con una scena dello spettacolo!

Yoongi era se possibile ancora più confuso. Si portò una mano alla tempia e si mise in attesa di una spiegazione migliore.

– Lo so che è una richiesta strana, ascoltami e basta, va bene? – Hoseok sembrava serio e anche lievemente mortificato. Yoongi annuì paziente, calmandosi anche lui.

– Sai che stiamo preparando il secondo show e che sarà tra pochi giorni. La storia è come al solito d’amore, come tutte le storie che dobbiamo fare per lo spettacolo di Natale, purtroppo. In pratica quest’anno le love-story principali sono due: quella tra il protagonista e la protagonista e poi quella tra i loro rispettivi aiutanti. Io sono stato scelto come aiutante del protagonista. – emise un respiro profondo prima di riprendere – Ora, è vero che il secondo show non è il nostro spettacolo migliore, però sarebbe bene fare quantomeno un lavoro decente. Questi spettacoli ci occorrono per attrarre pubblico, e se non riusciamo ad essere convincenti nemmeno con un soggetto del genere, come possiamo sperare che la gente sia invogliata a venire al prossimo che è di carattere più impegnativo?

– E tu insomma hai paura che a causa tua l’intera compagnia ne risenta.

Come è tipico di te Hobi.

Hoseok annuì lievemente:

– Tutta l’attrattiva di questi show è davvero solo nella loro trama romantica, quindi sarebbe darsi la zappa sui piedi rendere poco convincenti i momenti più intensi da quel punto di vista. E io non li so fare bene Yoongi! – saltò in piedi di scatto, facendo sussultare leggermente l’amico di fronte a sé. – Sono un disastro! Anche Jin-hyung me lo ha detto, più di una volta! Persino Joonie! Joonie!! Non so cosa fare, mi occorre provare di più, ma da solo è impossibile, ho bisogno di qualcuno di vero, concreto, fisico… – crollò a terra in ginocchio e abbassò la testa portando le braccia in avanti in direzione di Yoongi – Non so a chi altro chiedere, sei l’unico che può aiutarmi Yoongi-ah!

Yoongi rimase un attimo in silenzio. Notò le orecchie rosse di Hoseok e non poté fare a meno di farsi scappare una piccola risata:

– Sempre teatrale Hobi. Va bene, certo che ti aiuto. Non occorreva inginocchiarsi.

Il viso di Hoseok si sollevò veloce e il ragazzo disse con tono di incredulità:

– Davvero? Davvero-davvero? Senza nemmeno sapere che scena sia??

– Senza nemmeno sapere che scena sia. – disse Yoongi alzandosi in piedi e sistemandosi un po’ i pantaloni. – Allora, che scena è?

Hoseok si tirò su in fretta e si slanciò sull’amico abbracciandolo stretto, incurante dell’evidente irrigidimento di Yoongi.

– Grazie grazie grazie! Ti lascio scusami. – disse poi scostandosi e ridendo.

– Tutto apposto. Non capisco però perché ti sia fatto tanti problemi a dirmelo.

– Yoongi, non è la più semplice delle cose dire al tuo migliore amico “ho bisogno che tu mi faccia da partner in scene amorose”.

– Dobbiamo consumare? – chiese calmo Yoongi.

– No, fin lì non possiamo arrivare. Sai com’è, le famiglie rappresentano una buona fetta del nostro pubblico a Natale.

– Peccato, sarà per un’altra volta. Dunque, mi dici allora che dobbiamo fare?

Hoseok non riusciva a credere che fosse stato così facile convincere Yoongi a dargli una mano su questa cosa. In effetti avrebbe dovuto aspettarselo, e adesso si sentì sciocco, e anche un po’ in colpa, all’idea di aver dubitato di lui. Probabilmente sì, l’amico avrebbe preferito fare altro con il suo tempo che non fosse scambiarsi fittizie battute d’amore con lui, però come aveva potuto pensare anche solo per un momento che si sarebbe tirato indietro? Questa parte che aveva ottenuto stava dando non pochi problemi ad Hoseok, per più di un motivo. Innanzitutto, non sentiva un gran feeling con la sua partner. Il ragazzo era una persona estremamente socievole e solo di rado aveva problemi a legare con le persone o comunque ad instaurarci un rapporto amichevole. Nel caso della ragazza che avrebbe interpretato la cameriera personale della protagonista però, Hoseok non poteva dire di nutrire una particolare simpatia. Al momento forse la sua insofferenza era acutizzata da questa parte per cui non si sentiva portato, però già da quando la ragazza si era unita alla compagnia pochi mesi prima non ne aveva avuto una buonissima impressione. Il non lavorare in coppia con qualcuno con cui avesse una buona alchimia andava dunque solo a peggiorare quella che era la vera e principale ragione da cui nasceva tutto il problema: Hoseok non aveva mai avuto una relazione. Anzi, peggio. Non solo non aveva mai avuto una relazione, nel senso di stare con qualcuno stabilmente, ma non aveva mai nemmeno avuto flirt o scappattelle o storie da una notte e via. Era una cosa che lo metteva estremamente a disagio e non ne aveva mai parlato apertamente neppure con Yoongi, seppure fosse convinto che l’amico ne avesse sentore. Non gli aveva però mai chiesto nulla su questo argomento e Hoseok non si era mai sentito in dovere di dare spiegazioni.

Era questo non aver dimestichezza quasi per nulla con situazioni di tipo romantico ad essere la causa prima della difficoltà di Hoseok a calarsi nella parte. Aveva chiaramente bisogno di praticare e si era alla fine risolto a chiedere un aiuto esterno pochi giorni prima perché si era reso conto che se già sarebbe stato difficile per chiunque provare per conto proprio, per una persona che come lui non aveva ricordi dalla sua vita personale a cui aggrapparsi per aiutarsi nella recitazione era impossibile sperare di poter migliorare. Quando Jin un paio di giorni prima gli aveva fatto l’ennesimo appunto sulla scena più importante della sua story-line, Hoseok aveva risposto di avere un piano. Il piano era Yoongi. A chi altri avrebbe potuto chiedere una cosa del genere? Era il suo amico più stretto e se già con lui Hoseok si sentiva in imbarazzo, non riusciva nemmeno ad immaginare fare prove con chiunque altro. Il motivo poi per cui stava chiedendo a Yoongi di provare proprio in quel momento era che nel giro di due ore ci sarebbero state altre prove generali e dunque Hoseok sperava di andarci almeno leggermente più preparato. Lo spettacolo di per sè anche era molto vicino e dunque non c’era davvero tempo da perdere. Gli sarebbe davvero dovuta arrivare prima questa idea.

– In una delle scene più importanti, che è quella che vorrei provare ora, ci sono i due amanti che si incontrano in una notte di luna piena. Clichè, lo so. – Hoseok fece scivolare una mano nel taschino della camicia a righine azzurre che indossava e ne estrasse un foglio ripiegato. Lo aprì e lo porse a Yoongi: – Ho trascritto velocemente il dialogo. Io so già le mie battute a memoria. Potresti stare sulla scena con me leggendo le tue per favore?

Il ragazzo più grande dette una scorsa veloce a ciò che avrebbe dovuto dire. Non sembrò impressionato.

– Ok. Ci sono momenti particolari in cui hai più problemi?

– … un po’ tutti?

– Tutti, perfetto. – disse Yoongi sollevando leggermente le sopracciglia e continuando a leggere il dialogo.

– Gli occhi. Non riesco a guardare la mia partner negli occhi. È una difficoltà che ho e Jin-hyung me lo ha fatto notare decine di volte.

– Va bene, allora partiamo da li. Adesso reciteremo questo dialogo e tu mi guarderai fisso negli occhi, sempre, qualunque cosa dirai. Lo sguardo è il punto di contatto principale tra due persone, il punto di inizio di qualsiasi tensione di tipo romantico. Se ti concentri sullo sguardo dell’altro piano piano sentirai qualcosa smosso dentro di te e potrai dire le tue battute in modo più convincente.

– O-ok. – Guarda tu se Yoongi deve saperne così tanto di queste cose – Se mi guardi negli occhi però come fai a leggere ciò che devi dire?

– Non è un copione complesso, sono quattro battute in croce o quasi per la mia parte. Il senso l’ho capito, improvviso se non ricordo bene. – mise via il foglio sulla scrivania dietro di lui – Quello che deve lavorare qui sei tu. Ora guardami e inizia.

Hoseok deglutì rumorosamente. Guardò Yoongi. Fece un risolino.

– Hoseok-ah. Non ho tutto il pomeriggio.

Hoseok capì e si fece serio. I suoi occhi si fermarono fissi su quelli del ragazzo più grande di fronte a lui per diversi secondi. Prese poi ad avvicinarglisi. Oddio voglio morire ma devo concentrarmi o Yoongi mi uccide. Giunto a pochi centimetri dall’altro sollevò lentamente una mano e la portò sul fianco di Yoongi. Il gesto lo mise un po’ a disagio e il suo viso si contrasse leggermente. Fece del suo meglio per non bloccare però il contatto visivo e iniziò a spingerlo leggermente all’indietro. Yoongi era piccolo e si lasciava guidare bene per cui riuscì senza difficoltà a portarlo verso la porta chiusa della camera e lì lo fece appoggiare con una spinta leggermente più forte. Iniziò a recitare le proprie battute:

– Ho sognato questo momento così tante volte… così tante notti.

Yoongi aveva ragione. Guardare l’altra persona negli occhi in effetti aiutava. Creava un clima diverso, più intimo, che uno lo volesse o no. Sentiva il suo respiro leggermente meno stabile e la voce gli era uscita più bassa di come si sarebbe aspettato. Si avvicinò di più all’altro, che dal canto suo non sembrava provare nessun tipo di imbarazzo in quella situazione.

– Perché non mi hai mai detto niente prima? Tutto questo tempo perso 

Quando l’amico disse così, Hoseok non ce la fece più e guardò in un’altra direzione.

– Hoseok-ah, guardami negli occhi. –  Yoongi lo riprese subito, ma con voce morbida. Forse per non rovinare l’atmosfera, immaginò Hoseok.

– S-si. –  In ogni momento della sua vita aveva sempre tenuto lo sguardo dell’amico perfettamente, ma in questa situazione stava facendo difficoltà. Come sperava di riuscirci con la partner che aveva?

– Così, bravo. Ora continua a guardarmi per favore.

I due mantennero l’uno lo sguardo dell’altro per un po’ senza parlare. Non fu facile per Yoongi rimanere fermo e assumere un’aria tranquilla. Non era un fan del contatto fisico né delle distanze ravvicinate e certamente la situazione in cui si trovava era piuttosto strana. Il suo amico aveva tuttavia bisogno di lui in qualcosa che lo rendeva nervoso e dunque il modo migliore per aiutarlo era mostrarsi sciolto e rilassato. Yoongi credeva che provare in questo modo fosse la soluzione più semplice e veloce per far prendere confidenza a Hoseok con un gesto che gli dava difficoltà e di conseguenza far risultare la sua recitazione almeno fisicamente meno rigida. Dopo nemmeno una decina di secondi Hoseok volse di nuovo lo sguardo e divenne rosso. Yoongi sospirò.

– No Hobi, così non va, devi mantenere il contatto visi- cos’è questo rumore? –  esclamò all’improvviso bloccando la frase a metà –  Lo hai sentito?

– Che rumore? – il ragazzo si raddrizzò e fece un passo indietro, felice di avere una scusa per allontanarsi un attimo dal viso troppo vicino dell’amico.

– Come una porta che sbatteva. Quella dell’ingresso credo.

Hoseok si allarmò leggermente e si portò una mano alla bocca:

– E se fosse un ladro? Yoongi vai a vedere tu!

– Mi commuovi, così preoccupato per la mia sicurezza. Stai a vedere che sei tu che non l’avevi chiusa bene quando sei rientrato. – replicò Yoongi alzando gli occhi al cielo e uscendo dalla camera. Passando davanti alle porte delle varie stanze, attraversò il corridoio per sbucare poi in sala. Andò alla porta e si assicurò che fosse chiusa. Lo era.

Hoseok dal canto suo si sentiva stremato. Un peso gli si era tolto dal cuore, ma gli aveva consumato tantissime energie. Andò ad accasciarsi sul letto appena Yoongi fu uscito dalla stanza.

– Cosa non si è disposti a fare in nome dell’arte! – esclamò ad alta voce sollevando la testa al soffitto. Sentì i passi di Yoongi avvicinarsi di nuovo. – Dunque non era un ladro?

– Non era un ladro. – rispose l’altro richiudendo la porta alle sue spalle.

– Sai, credo di essere stato io davvero. Ora che ci penso quando sono rientrato non ho fatto caso se avessi chiuso o no, ero troppo curioso per il quadro.

– Ma sì, la corrente l’avrà ora fatta sbattere. Stai più attento però.

Hoseok annuì con energia. Già Yoongi lo stava aiutando, ci mancava solo che con la sua distrazione fosse la causa di furti o incidenti nell’appartamento.

– Mi spiace.

– Non è successo nulla, quindi tranquillo. Che fai seduto? Riprendiamo le prove! Devi esercitarti Hobi, se non riesci ad essere rilassato con me come pensi di riuscirci con la tua partner?

– Lo so Yoongi-ah, ho pensato la stessa cosa. – rispose Hoseok con voce sommessa.

– Ma perché ti hanno dato questa parte?

– Volevano che ne provassi una diversa dalle solite di cui mi occupo e onestamente anche io lì per lì ho creduto sarebbe stato stimolante fare qualcosa di nuovo, soprattutto visto che preparare il secondo show è spesso molto noioso. Però forse mi sono sopravvalutato. Tra l’altro credo anche che la tipa con cui devo lavorare abbia una cotta per me. – concluse sollevando gli occhi al cielo.

Yoongi emise un fischio.

– Ti sei cacciato in un bel guaio. Beh, ormai è fatta, quindi rimettiamoci all’opera, futura stella delle rom-com.

Ridendo Hoseok si alzò di nuovo dal letto e riprendendo la scena dal principio avviò un’altra volta le loro prove.

Dopo circa una mezz’oretta i due iniziarono a non poterne più di tutte quelle smancerie.

– Sarò a rischio vomito davanti a qualsiasi tipo di interazione romantica da qui al prossimo capodanno. – disse Yoongi quando per l’ennesima volta si rimisero nella posizione di partenza, pronti ad un’ultima prova. – Cosa dovrebbe accadere dopo questo scambio?

– Lei prende l’iniziativa e lo bacia. Ma noi questo pezzo possiamo saltarlo, andremo direttamente alla battuta successiva quando lo proveremo.

– Per fortuna, grazie. Nello spettacolo devi baciare davvero la tipa?

– Di sicuro mi tocca appoggiare le labbra alle sue, sto poi pregando che lei non decida di rendere il tutto più realistico attaccandomi con la lingua, ad essere onesto. La sua parte sarebbe quella di un’ancella pudica, ma non si è mai troppo sicuri.

– Dio mio, non ti invidio.

Mentre dicevano così Yoongi e Hoseok sentirono di nuovo la porta di ingresso sbattere e dei passi pesanti accompagnati da un brusio di voci muoversi dalla sala verso il corridoio. Un urletto eccitato li fece trasalire.

– È arrivato!! Addirittura ci hanno dato il carrello?

Yoongi aprì la porta e sporse la testa fuori:

– Oi, Jin-hyung, che ci fate a casa?

Jin si girò verso Yoongi. Namjoon era vicino a lui, appoggiato al muro. Entrambi erano ancora nei loro cappotti e l’aria fredda non gli si era staccata di dosso.

– Jinnieeeee! Siete venuti a riprendermi?? – Hoseok si mostrò ai due spalancando ancora di più la porta. Notò subito l’ammasso di buste ai piedi dei ragazzi. – Avete svaligiato una boutique intera?

– Più o meno – rispose Namjoon iniziando a togliersi il cappotto e allontanarsi. Jin aprì la porta della sua camera e mentre prendeva in mano parte della refurtiva spiegò ai ragazzi prima di entrare nella stanza a poggiare tutto:

– L’idea era comprare una cosetta o due, ma ci siamo lasciati un po’ prendere la mano. Non ci sembrava il caso di andare alla sede con tutte queste buste e quindi abbiamo deciso di rientrare un attimo prima, visto poi che comunque tu eri qui e saremmo dovuti andare insieme.

– Scommetto che sei felice di questa scelta adesso Jin. Visto che è arrivato il quadro. – disse Namjoon mentre usciva dalla sua stanza, dove era appena stato per metter via il suo cappotto.

– Siiii! – esclamò Jin con un urletto acuto dalla propria camera.

– Quindi si può aprire ora?? – Hoseok non stava nella pelle. – È tutto il pomeriggio che voglio sapere com’è!

– Lo porto di là in sala. – intervenne Namjoon prendendo il carrello.

Pochi minuti dopo tutti e quattro i ragazzi si trovavano nel salone, aspettando il momento della rivelazione. Yoongi si era messo a sedere sul divano, in silenziosa attesa. Anche lui voleva saperne di più su questo famoso quadro di cui Jin sembrava essere così entusiasta. Non sapeva bene cosa aspettarsi. Conoscendo l’amico sarebbe potuto trattarsi di una tela di arte astratta realizzata da un autore contemporaneo sconosciuto, così come un soggetto classico che ritraeva damine vestite di rosa che danzavano in una sala da ballo cinquecentesca.

– Sono molto soddisfatto della mia scelta. – disse Jin contento strappando via la carta marrone con la foga di un bambino il giorno del compleanno.

– Non ricordo se mi avevi fatto vedere cosa ritraesse o meno.

– No Joonie, non l’ho fatto vedere a nessuno. Qualcosa mi ha detto che se lo avessi fatto mi avreste impedito di comprarlo.

Quando il gruppo dei tre ragazzi vide finalmente l’opera pensò che in effetti forse Jin aveva fatto bene a non chiedere loro un consiglio. Era decisamente strano.

– Un po’ inquietante forse, Jinnie? – disse Namjoon con tono cauto al ragazzo, incaricandosi dello scomodo compito di farsi portavoce dei pensieri di tutti.

– Sapevo che lo avreste detto. Secondo me non è così. Aiutami ad appoggiarlo al muro nel verso giusto, Joonie. Vedrete che è bello.

I ragazzi osservarono di nuovo per bene il quadro. Era lungo circa un metro e mezzo e alto uno e sarebbe dovuto essere appeso alla parete bianca vicino alla porta di casa. Lo stile non era male e il disegno di base era buono. Niente arte astratta, pensò Yoongi. Di per sé era un bel quadro, realistico, ma dipinto con pennellate un po’ indecise che donavano dunque alla sua atmosfera un tocco leggermente onirico. Tecnica affascinante, senza dubbio. Era ciò che rappresentava a costituire fonte di perplessità. Si trattava di un paesaggio naturale ritratto nel pieno dell’inverno, a quanto era possibile capire. Sulla linea dell’orizzonte il terreno era coperto di neve bianca e azzurrina che si confondeva a tratti con il cielo, anche lui reso con questi colori uniti però a un leggero tocco di rosa sbiadito, dando la sensazione che la scena fosse stata colta nel momento dell’alba. Cinque alberi spogli dominavano il centro del dipinto e in primo piano c’era un prato gelato. A Yoongi colpì questo particolare, perché in un soggetto invernale non ci si aspetterebbe di vedere un prato verde. Invece l’artista aveva deciso di donare al suolo innevato nella parte più bassa della tela una sfumatura verdina, molto pallida e mista al bianco, che però rendeva perfettamente l’idea di un prato rigoglioso e solo momentaneamente ghiacciato. A conferma di questa impressione, nell’angolo basso sinistro del quadro faceva capolino un piccolo ciuffetto di erba, completamente verde questa volta. All’angolo esattamente opposto, quindi quello in alto a destra, si poteva intravedere un sole giallo pallido, i cui raggi sembravano essere in diretto dialogo con il piccolo germoglio.

– Non è brutto, ma… hai scelto un soggetto buio e invernale come decorazione per ravvivare un muro che hai detto trovavi triste? – domandò Hoseok incapace di trattenersi ancora.

– Non è buio! Lo guardo e mi dona tranquillità. – Le sue parole dovevano essere vere, visto il sorriso placido con cui continuava a rimirare il suo acquisto – Piacerà anche a voi prima o poi, ne sono sicuro. Dovete solo abituarvici.

Due paia di sopracciglia si alzarono dubbiose. Il proprietario del terzo paio fece invece una domanda:

– Ha un titolo questo quadro?

– Grazie Yoongi-ah per essere stato l’unico a porre un quesito costruttivo. – Namjoon e Hoseok alzarono gli occhi al cielo e si guardarono poi tra loro ghignando sotto i baffi. – Ce l’ha. È scritto in piccolo, in basso a destra.

Di nuovo tre paia di occhi si spostarono nel punto indicato da Jin. Era lì, poco visibile, scritto in blu con una grafia nervosa: “Transizione”.

Transizione. Yoongi portò la testa di lato.

– Questa sera lo appenderemo, ok Joonie? Yoongi-ah se vuoi puoi aiutarci logicamente.

– Uh? – il corso dei suoi pensieri fu interrotto – Si, va bene.

– Adesso. – Jin si voltò con fare deciso prima verso il suo ragazzo, poi verso Hoseok e batté le mani – Gambe in spalla che è ora di uscire. Non voglio arrivare in ritardo!

– Ma perché, che ore sono? – chiese Yoongi colto alla sprovvista.

– Saranno le cinque e un quarto-cinque e venti. Noi dobbiamo essere in sede per le sei.

Yoongi spalancò gli occhi:

– Le cinque e un quarto? Jimin-ah doveva essere qui per le cinque, dove si è cacciato?

Così dicendo si affrettò in direzione della propria camera e andò subito a controllare il cellulare lasciato sul comodino di cui si era dimenticato per tutto il pomeriggio. Vide infatti un messaggio da Jimin, risalente a più o meno un’ora e mezzo prima:

 

--- venerdì 30 dicembre 2016 ---

Jimin-ah

15:53 Hyuuuuunggg sono a casa e mi annoio,

arrivo un po’ prima, va bene??

15:53 Attendimi per favore, ho tante cose da dirti :)

Yoongi

17:18 Dove sei???

 

Jimin era famoso per i suoi ritardi, ma a Yoongi questo in particolare pareva strano perché innanzitutto quando doveva vedersi con lui solo davvero raramente gli era capitato di farne, e poi perché non capiva come potesse essere in ritardo quando addirittura gli aveva scritto che sarebbe stato in anticipo. Cercò di non allarmarsi, chiudendo gli occhi un attimo e pensando che forse alla fine qualche contrattempo lo aveva bloccato e quindi sarebbe arrivato attorno all’orario concordato. Se però non avesse risposto entro un quarto d’ora, avrebbe chiamato Taehyung.

****

Jungkook stava fremendo. Aveva creduto che una volta mandato il messaggio si sarebbe sentito più libero e la sua mente sarebbe finalmente stata sgombra, ma era successo l’esatto contrario. Da quando aveva premuto “invia” non era riuscito a pensare ad altro. Si sentiva però soddisfatto che alla fine fosse riuscito ad attenersi ai suoi piani. Nell’ora precedente all’invio del messaggio aveva iniziato a mettere per iscritto sull’app Note del cellulare tutte le idee che era riuscito a farsi venire su cosa scrivere. Dopo una selezione accurata, il testo finale del messaggio era stato deciso e portato con un copia-incolla nella casellina di testo della chat di KaTalk. La chat privata di lui e Jimin, si intende ovviamente. Jungkook era un po’ terrificato al pensiero di commettere questo errore, e fino all’ultimo, in totale paranoia, aveva continuato a leggere “Jiminie-hyung” in alto così da essere del tutto sicuro che fosse solo a lui che stesse scrivendo. Aveva a quel punto aspettato le sedici in punto, non trovando il coraggio di farlo prima, e con dito tremante allo scattare dell’ora aveva inviato. Appena compiuto questo gesto aveva messo giù di scatto il telefono e rigirandosi a pancia in sotto aveva infilato la testa sotto al cuscino del divano. Lo aveva fatto. L’ho fatto. Aveva battuto i piedi ripetutamente, sgambettando. Adesso che ci stava ripensando gli sembrava un messaggio idiota e si sentiva terribilmente imbarazzato. No no, va tutto bene. Si era detto emettendo ripetuti respiri profondi e tirando fuori la testa da sotto il cuscino. Ora devo solo aspettare. 

Aspettare. Detta così, sembrava facile. La palla adesso era a Jimin, e davvero non c’era più nulla che lui potesse fare o rimproverarsi. Però era dura. Voleva sapere. Jiminieeee perché non mi rispondi? Ovviamente, i pensieri per la sua testa erano di ogni genere ed occupavano per intero la gamma che va dallo scenario irrealisticamente positivo (Jimin aveva letto e si stava fiondando da lui di corsa, da dovunque fosse, per prenderlo tra le sue braccia e confessargli il suo amore) allo scenario tragicamente catastrofico (Jimin in realtà lo odiava e aveva mandato uno screen del suo messaggio nella chat di gruppo per prenderlo in giro pubblicamente prima di eliminare il suo nome dalla lista dei suoi contatti per sempre). Jungkook non sapeva nemmeno se il ragazzo avesse effettivamente aperto il messaggio. Gli mancava il coraggio di controllare perciò aveva deciso che avrebbe semplicemente atteso una risposta. Vedendo dopo un quarto d’ora che ancora non ve ne era traccia, andò a farsi una doccia per trascorrere in qualche modo quel pomeriggio di attesa estenuante. Una volta uscito dal bagno aveva continuato ad ammazzare il tempo davanti al computer fino a quando, controllando per la centesima volta che ore fossero, non aveva decretato che stava iniziando a passare troppo tempo e si era risolto dunque a mandare un messaggio a Tae. Saprà di sicuro dov’è.

****

Taehyung quel giorno si sentiva un centralino. O una stazione della polizia. Ancora non poteva dire quale delle due, ma pregava fosse la prima. Tutti sembravano star cercando Jimin, a questo punto lui incluso. Non lo aveva visto uscire nel pomeriggio perché si era addormentato sul divano, ma stando allo zainetto che non c’era più, aveva dedotto che dovesse essersene andato. Lui si era svegliato attorno alle quattro e mezza, per cui Jimin per forza doveva essere uscito almeno prima di quell’ora. Yoongi per telefono gli aveva spiegato che lui e il ragazzo si sarebbero dovuti vedere per le cinque, ma che poi aveva visto un messaggio dove Jimin gli comunicava che sarebbe arrivato in anticipo, e ciò in effetti riportava con la deduzione di Taehyung, ovvero che fosse uscito prima del previsto. Lì per lì aveva esitato un attimo a dire a Yoongi la verità. Il ragazzo suonava abbastanza preoccupato e prima di metterlo troppo in ansia Taehyung avrebbe preferito dirgli che si, alla fine Jimin aveva avuto un contrattempo ed era uscito un po’ in ritardo. Ma se qualcosa fosse effettivamente successo all’amico non si sarebbe mai perdonato, né tantomeno sarebbe stato perdonato, di aver minimizzato la faccenda. Aveva dunque detto all’altro le cose come stavano, ma lo aveva anche cercato di rassicurare sul fatto che a volte il suo migliore amico era distratto e c’erano un milione di spiegazioni rassicuranti che potevano essere trovate:

– Era a corto di manga quindi probabilmente visto che era in anticipo avrà pensato di fare una sortita in fumetteria. Lì potrebbe aver perso il senso del tempo e quindi aver preso il bus per casa tua in ritardo. Oppure può essere che abbia deciso di camminare invece che prendere il bus e di nuovo si sia fermato lungo negozi. Davvero Yoongi-hyung, non credo sia ancora il caso di agitarsi troppo.

Non sono agitato come un isterico, mi piacerebbe solo sapere dov’è. – replicò dall’altro capo Yoongi brusco. – Perché non risponde al telefono?

– Hyung, fa freddo, lo sai che le mani di Jimin meno sono al vento durante l’inverno meglio è. Avrà il cellulare in tasca, ma non potrà prenderlo per questo motivo.

Vero. – disse Yoongi dopo un attimo di pausa. – Vabbè, se hai sue notizie fammi sapere. Ciao.

La chiamata terminò e Taehyung volse gli occhi al cielo.

– Ecco quello che si ottiene a voler avere un po’ di tatto… – disse sottovoce tra sé e sé. Quando aveva detto a Yoongi-hyung che non era il caso di agitarsi, lo voleva semplicemente rassicurare, nient’altro. Non aveva intenzione di offenderlo facendolo passare per un isterico. Che poi, anche si fosse agitato, che male ci sarebbe stato? Anche lui stava iniziando a sentirsi un po’ teso per quella situazione. Non aiutava nemmeno il fatto che anche Jungkook a un certo punto, prima della telefonata di Yoongi, avesse preso a chiedere di Jimin. Tutti sembravano allarmati. Tutti che volevano attorno Jimin. Sarebbe probabilmente stato il ragazzo più desiderato del veglione se le cose continuavano così. Scherzi a parte, anche lui era del parere che sparire così era piuttosto strano. L’amico si premurava sempre di non farlo preoccupare e non accadeva quasi mai che non gli desse sue notizie o non lo aggiornasse qualora avesse cambiato i suoi piani. Che poi desse buca a Yoongi-hyung, era semplicemente assurdo. Era questo pensiero a rendere un po’ più agitato Taehyung. Jimin sapeva che il ragazzo più grande lo stava aspettando, non era da lui non mandargli nemmeno un avviso. Poi perché non aveva risposto a Jungkook? E soprattutto, che cosa gli aveva scritto il ragazzo? La curiosità divorava Taehyung. Per quanto cercasse di autoconvincersi che non erano affari suoi e comunque non sarebbe stato nulla di interessante, qualcosa dentro di lui moriva dalla voglia di sapere di più. O tutto. In effetti, a Taehyung sarebbe piaciuto sapere tutto. Tante volte davanti al telefono di Jungkook o Jimin lasciato incustodito vicino a lui aveva sentito un formicolio alle mani che gli suggeriva di prenderlo e leggere quello che si scrivevano. Non sapeva nemmeno se si scrivevano di frequente in realtà, né di cosa parlassero. Era il dubbio che lo consumava. Non aveva mai ceduto alla tentazione però, né aveva mai chiesto informazioni a nessuno dei due amici. Non era sicuro di voler sapere. Per quanto la condizione di ignoranza fosse fastidiosa, a questo punto Taehyung la preferiva a risposte che per il momento non aveva cuore di sentire. Aveva dunque deciso di ignorare del tutto questa cosa, zittire la vocina nella sua testa e fingere che nulla di ciò che gli sembrava di aver compreso esistesse, nella speranza che se avesse distolto a sufficienza lo sguardo essa sarebbe sparita via.

Si mise a scorrere distrattamente tanto per fare qualcosa gli ultimi messaggi che si era scambiato con Jungkook:

 

--- venerdì 30 dicembre 2016 ---

Kookie~~

17:24 Tae sai dov’è Jimin-hyung? Gli ho scritto un messaggio

più di un’ora fa ma ancora non ha risposto

Taehyung

17:26 Credo sia uscito verso le quattro

per andare da Yoongi-hyung

17:27 Immagino sia lì adesso

Kookie~~

17:27 Ok

17:27 Grazie taehyungie

Taehyung

17:29 No problem ;)

 

Nel caso di Jungkook aveva deciso invece di non dirgli nulla del problema sorto. Non era davvero il caso adesso di far preoccupare tutti senza motivo. Gli avrebbe detto qualcosa solo se ce ne fosse stato bisogno e Taehyung ovviamente si augurava di no. Quasi a risposta delle sue silenziose preghiere finalmente sentì una chiave girare sulla toppa della porta principale. Scattò a sedere un po’ di più su sul divano, per sporgersi. Sentì dei passi, e intravide una massa di capelli neri e uno zainetto. Il suo amico era a casa, per fortuna. Anche se sarebbe dovuto essere da Yoongi, no?

– Jiminie? Che ci fai qui?

Jimin a malapena lo guardò e velocemente gli rispose di aver mal di gola ed essere stanco prima di chiudersi in camera sua. Taehyung aggrottò la fronte. Si mise un attimo a riflettere meglio e sentì che qualcosa non riportava. Ci voleva circa una mezz’ora buona per raggiungere il 503 a piedi e più o meno quindici minuti con i mezzi. Jimin era stato fuori almeno più di un’ora e mezzo. Comunque la rigirasse, Taehyung trovava buchi di tempo. Se avesse preso i mezzi sia all’andata che al ritorno gli sarebbe servita solo una mezz’ora in tutto. Anche avesse fatto il percorso a piedi entrambe le volte non ci sarebbe voluta più di un’ora. Anzi di meno, perché se davvero aveva deciso di tornare indietro a piedi quando si era accorto di star peggio, sarebbe dovuto essere quando ancora si trovava nemmeno a metà strada. Senza contare che, anche andando a piedi, con il mal di gola a quel punto la cosa più naturale da fare sarebbe stata prendere un mezzo al ritorno. Insomma, nessuna di queste possibilità sembrava giustificare le quasi due ore di scomparsa di Jimin. Dove era stato? Doveva per forza essersi fermato da qualche parte se non era mai andato all’appartamento. Considerando quanto questa scusa facesse acqua da tutte le parti, Taehyung pensò che l’amico l’avesse messa su all’ultimo e dunque qualche contrattempo doveva essere davvero accaduto. Cosa poteva però essere tale da giustificare scuse e bugie? Taehyung si ricordò di avvisare sia Yoongi che Jungkook del ritorno di Jimin e mandò loro un messaggio. Cosa mi tocca fare.

Mentre Taehyung cercava di mettere insieme i pezzi per ricomporre il puzzle di quella giornata che si stava concludendo in modo così strano, Jimin era in camera sua, ancora scosso e agitato. Il messaggio di Jungkook però lo aveva fatto sentire decisamente meglio. Addirittura sorridere. Tenendo il telefono stretto tra le due mani si mise lungo sul letto, appoggiando la testa sul cuscino e mettendosi lo schermo in alto davanti agli occhi. Continuava a rileggerlo e sorridere. Un messaggio del genere gli avrebbe fatto piacere in qualunque momento, ma ora gliene aveva fatto ancora di più. Per qualche motivo l’episodio del pomeriggio lo aveva turbato profondamente e la lunga deviazione che aveva deciso di intraprendere all’ultimo, proprio quando era quasi davanti al portone di casa sua, non lo aveva aiutato a fare chiarezza su niente. Dopo aver leggermente iniziato a fare i conti con il significato di quello che aveva visto, il tutto aveva iniziato a sedimentarsi dentro di lui e nuove sensazioni avevano preso ad affiorargli dalla bocca dello stomaco, andando a sostituire lo shock e la meraviglia iniziali. Una di queste era un senso di abbandono. Si sentiva abbandonato e di troppo. Non aveva forse il diritto di sentirsi così. Era ingiusto da parte sua visto che non aveva nemmeno parlato né con Yoongi-hyung nè con Hoseok-hyung. Probabilmente se lo avesse fatto gli avrebbero spiegato le loro ragioni e lui avrebbe potuto accettare questa cosa più di buon grado. Adesso però non riusciva davvero a pensare a una possibilità del genere. Non sapeva spiegarsi il perché, ma all’improvviso si era sentito davvero solo. Messo da parte. Il fatto che qualcuno almeno oggi si fosse ricordato di lui, lo avesse cercato, gli avesse dedicato un pensiero così carino era esattamente quello di cui stava avendo bisogno ora. Lesse di nuovo il testo del messaggio:

 

--- venerdì 30 dicembre 2016 ---

Jungkookie

16:00 Lo so che il calduccio dell’auto è più invitante,

ma se facessimo pausa in un caffè per riscaldarci

nel pomeriggio accetteresti a venire con me

alla festa domani? Offro io! :D

Ci guadagni una bevanda calda, la gratitudine

eterna di Hoseok-hyung e salvi me dalle sue grinfie.

Quindi tu vai in positivo con due buone azioni

sul tuo conto e ottieni anche bonus che va in negativo

sul mio, non dire che non faccio mai nulla per te :P

Fammi sapere Jiminie! ;) JK

 

Pensandoci bene, non era in fondo una cattiva idea. L’appunto su Hoseok poi era vero. Sarebbe stato il secondo anno consecutivo per lui in cui sarebbe dovuto andare alla casa in campagna dove si teneva la festa con il bus, mentre Jimin invece era sempre andato in auto con gli hyung. Sarebbe stato solo giusto se finalmente anche lui si fosse fatto il suo turno con i mezzi. Jimin sapeva poi Jungkook aveva ragione anche a temere le furie di Hoseok, il quale sicuramente l’avrebbe fatta scontare a lui con le sue lamentele. Pensando ad Hoseok, Jimin non poté fare a meno di ripensare a quello che aveva udito. Aveva le parole di Yoongi che gli rimbombavano ancora chiarissime nelle orecchie: “Perché non mi hai mai detto niente? Tutto questo tempo perso...”. Chiuse un attimo gli occhi. Visti i nuovi sviluppi, il favore che Jimin avrebbe fatto a Hoseok sarebbe valso per due, in realtà. Yoongi-hyung anche sarebbe stato contento di essere in macchina con il ragazzo. Che stava a fare lui lì? L’ultima cosa che avrebbe voluto era finire ad essere il terzo incomodo. Tre buone azioni sul mio conto Jungkookie, pensò, e iniziò a scrivere una risposta.

 

Jimin

17:52 Scambio solo caffè con cioccolata e panna,

il resto può rimanere invariato ;)

17:53 Vengo io da te domani, va bene?

17:53 Avvisa tu Hoseok-hyung per me!

 

Inviati i suoi messaggi mise giù il telefono e chiuse di nuovo gli occhi. Se era onesto con sé stesso non poteva dire che questa nuova situazione non lo facesse sentire strano, ma di sicuro si sentiva meglio di quando era tornato in camera. Leggermente meglio. A sufficienza comunque per sentirsi all’improvviso in colpa per i modi che aveva avuto con Taehyung prima. L’amico non c’entrava nulla, non si meritava di essere trattato così. Inoltre ora che ci pensava era davvero scomparso per ore senza dirgli niente. Aveva sicuro fatto preoccupare tutti. Si coprì il viso con un braccio. Ecco come si diventa in nemmeno dodici ore l’amico peggiore del 2016. Si alzò un po’ a fatica dal suo letto. Le tempie iniziarono a pulsargli di più. Gli stava esplodendo ora tutto all’improvviso un fortissimo mal di testa. Andò un attimo in bagno per prendere un’aspirina e con la scatoletta in mano entrò timidamente in cucina, dove Taehyung stava guardando un variety show in televisione.

– Taehyungie…

– Jiminie! – il ragazzo si alzò subito in piedi e andò verso l’amico. Lo prese per un braccio. – Stai bene? Eravamo tutti un po’ preoccupati!

Jimin sorrise e disse piano:

– No, Tae, sto bene davvero. Mi dispiace tanto averti agitato e soprattutto averti risposto male prima.

  Non preoccuparti, non preoccuparti! Mi interessava solo essere sicuro che fosse tutto apposto.

Jimin fece spallucce sorridendo debolmente:

  Si Tae, tranquillo.

Passò poi oltre l’amico, dirigendosi verso il lavandino per prendere l’acqua per l’aspirina. Gettò la tavoletta effervescente nel bicchiere e si appoggiò in modo stanco al bancone della cucina. Taehyung si rimise a sedere sul divano, in silenzio. C’era qualcosa nei gesti di Jimin, nel modo in cui parlava e nei suoi occhi che dette a Taehyung l’impressione che l’amico fosse davvero molto stanco e decise che per quella sera non avrebbe più chiesto nulla. Jimin era tornato sano e salvo a casa, sia Jungkook che Yoongi erano stati avvertiti e lui non aveva fretta di sapere cosa fosse successo quel pomeriggio se l’amico non voleva ancora dirglielo. Con il bicchiere di acqua in mano Jimin attraversò la cucina e gli comunicò che non aveva fame.

– Se non ti dispiace mi metterei già a letto. Ho la testa che mi fa malissimo.

– Certo, riposati adesso Jiminie. Hai preso tanto freddo. – e gli sorrise con dolcezza. Jimin gli dette la buonanotte con un gesto della mano e si avviò piano verso la sua camera. Taehyung emise un leggero sospiro e si accasciò con la testa sul divano, mettendosi addosso una copertina. Gli era passata la voglia di vedere la televisione. Continuava a sentire di avere un mosaico da ricostruire e seppure avesse tutti i tasselli non riusciva a metterli insieme nel modo giusto. A un lato del divano il suo telefono vibrò. Svogliatamente si allungò di lato e lo prese. Era Jungkook. “Tranquillo, so che sta bene, ha risposto!” lesse Taehyung sul cellulare. Stando alla faccina sorridente allegata al messaggio la risposta doveva anche essere stata soddisfacente per Jungkook. Anche Taehyung iniziava a essere un po’ stanco e mentre spegneva del tutto il telefono percepì una morsa strana trafiggergli il petto.

 

 

Note dell’autrice: Salve a tutti! Eccoci con il nuovo capitolo! Grazie mille per averlo letto!

Nella mia idea iniziale questa parte qui sarebbe dovuta essere contenuta nel capitolo precedente, ma poi mi sono sentita cattivella e per aumentare la suspense ho deciso di dividere il tutto eheheh

Diverse domande che erano state lasciate in sospeso la scorsa volta spero abbiano trovato risposta, visto che gli eventi che accadono qui vanno essenzialmente ad integrare il quarto capitolo. Ci sono però alcuni elementi nuovi sparsi qua e là che occorrono per continuare ad approfondire ciò che vivono i vari personaggi.

Avevo detto che avrei parlato qui della citazione sullo scorso capitolo. Rimanda al caos e la confusione che si sono un po’ create in questi ultimi due capitoli per i personaggi e soprattutto ovviamente al grande malinteso avvenuto ai danni di Jimin. La citazione qui invece è in merito al filo rosso di questa ultima parte (e un po’ anche di quella precedente), ovvero tasselli di realtà che si hanno davanti agli occhi e non si riescono a decifrare bene.

Che dire? Questo è quanto. Il prossimo capitolo, al 99%, sarà un salto indietro nel tempo per approfondire meglio uno dei protagonisti e la sua relazione con un altro dei personaggi. La parte centrale della storia però sta per arrivare quindi perdonate questa (probabilmente ultima) deviazione dalla story-line principale ^^

Grazie di nuovo per aver letto fino a qui e se avete un attimo fatemi sapere nei commenti cosa pensate. A questo punto mi fermo, ci vediamo sul prossimo capitolo!

Baci, Elle

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Capitolo 7
*** Interludio ***


INTERLUDIO

[…] Ma non è invece giusto il contrario, che un avvenimento è tanto più significativo

e privilegiato quanti più casi fortuiti intervengono a determinarlo?

Soltanto il caso può apparirci come un messaggio. Ciò che avviene per necessità,

ciò che è atteso, che si ripete ogni giorno, tutto ciò è muto. Soltanto il caso ci parla.

 

(Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere)

 

 

I

 

3 ottobre 2015

 

Per nulla infastiditi dalla pioggerellina che da circa un’ora cadeva leggera, ma insistente, Jimin e Taehyung continuavano a girovagare tranquilli per le vie del centro un sabato pomeriggio di ottobre, l’uno al fianco dell’altro, sotto uno stesso ombrello, e guardarsi intorno alla ricerca di negozi interessanti. Le vetrine grandi e dagli allestimenti perfetti erano continua fonte di distrazione per i due giovani, che ogni quattro passi si trovavano a sognare di fronte a un prodotto diverso.

– Jiminie, voglio essere ricco. –  disse Taehyung sospirando dopo aver sollevato con sconforto lo sguardo dall’ennesimo cartellino con un prezzo troppo alto. Al momento l’oggetto del suo desiderio era un set di matite e acquerelli da disegno con tele da pittura incluse esposto in primo piano nella vetrina di un negozio di articoli di cancelleria e arte. Lo avrebbe comprato anche subito se avesse potuto, ma non credeva i proprietari dell’attività fossero interessati ai suoi organi interni, unica cosa di valore in suo possesso che potesse raggiungere la cifra richiesta. L’interno del suo borsellino era invece piuttosto vuoto. Jimin sorrise:

– Lo so Tae, piacerebbe anche a me. Magari possiamo provare a comprare un gratta e vinci.

­– Perché, tu hai soldi da spendere in gratta e vinci?

– In effetti no. – rispose Jimin scoppiando a ridere.

– Appunto. – fece eco Taehyung ridendo a sua volta.

I due ragazzi scherzavano spesso tra loro sulla loro condizione di studenti squattrinati. Non che fossero in particolari ristrettezze, ma, come la gran parte dei ragazzi della loro età, disponevano semplicemente del necessario per condurre uno stile di vita normale. Potevano permettersi alcuni extra, come una cena fuori, un libro o cose di questo genere, ma di sicuro non potevano spendere centinaia di won in beni che non solo non erano di prima necessità, ma neppure seconda o terza, come il set di matite adocchiato da Taehyung. Aveva già tutti gli strumenti di cui aveva davvero bisogno per i suoi studi. Pensò che magari avrebbe potuto chiedere questo set come regalo di Natale. L’altra soluzione era mettere da parte i soldi, ma ci sarebbe voluto tempo, come ce ne era voluto per risparmiare quelli che aveva adesso utilizzato per fare l’abbonamento alla palestra verso cui si stava dirigendo. Taehyung si sentiva molto fiero di sé. Non solo era stato capace di mettere via ogni mese parte del denaro che riceveva dai genitori senza cadere nella tentazione di fare acquisti compulsivi (cosa che spesso gli accadeva), ma aveva anche utilizzato questi risparmi per qualcosa di utile. Era da un po’ di tempo che il ragazzo voleva iniziare ad allenarsi e dunque diversi mesi prima aveva formulato il proposito di iniziare non appena fosse ricominciato l’anno accademico. Aveva preso poi non solo a risparmiare, ma anche a fare ricerche e spulciare online siti su siti per trovare quali fossero le palestre con i prezzi e i servizi migliori. Alla fine ne aveva trovata una che sebbene non fosse particolarmente vicina aveva però una buona offerta, con costo di iscrizione economico, fino a due corsi da poter scegliere e accesso illimitato alla sala attrezzi. Taehyung non aveva certamente bisogno di dimagrire, al contrario. Il motivo per cui desiderava iscriversi ad una palestra era quello opposto, ovvero perché aveva bisogno di mettere su massa muscolare. Aveva spesso modo di notare le gambe e le braccia del suo amico, rese toniche dalla danza e in cui si potevano vedere accennati, anche quando erano in stato rilassato, le rotondità dei muscoli sottostanti. Taehyung sapeva che lui non sarebbe mai stato così. Il fisico di Jimin era il frutto di ore ed ore passate a muoversi e non era a quello che il ragazzo aspirava. Almeno per un primo momento, il suo obiettivo era semplicemente rendere più forti e più definite le sue braccia esili e, possibilmente, ingrandirsi un po’ le spalle. Non aveva intenzione di gettarsi nel body building, voleva solamente essere più soddisfatto dell’immagine che vedeva riflessa nello specchio la mattina quando si vestiva.

– A proposito di soldi e acquisti. – disse Jimin –  Mi è appena venuto in mente che forse sarebbe una buona idea comprare qualche birra per la cena di domani. È da un po’ che non portiamo più nulla e non mi sembra educato, non trovi?

Taehyung annuì.

  È vero, ce ne siamo del tutto dimenticati ultimamente. Ogni settimana Jin-hyung cucina per un reggimento e noi nemmeno una coca cola abbiamo offerto.

– Sono sicuro nessuno se la sarà presa, però è bene rimediare. Passerò al supermercato prima di rientrare a casa. Ne prendo nove, va bene? Una e mezza a testa.

Taehyung rispose affermativamente, ma poi si accorse che il calcolo non riportava e corresse l’amico con tono divertito:

– Jiminie, non siamo sei, siamo in cinque. Sono passati mesi e ancora spesso ti sbagli.

– Vero! – Jimin si porto una mano sugli occhi – Prima o poi mi entrerà in testa che manca Hobi-hyung.

– Temo che saresti comunque troppo in ritardo ormai, visto che a fine mese finalmente ritornerà tra noi. – abbassò poi lo sguardo sulle sue scarpe da tennis nere che sollevavano piccoli spruzzi d’acqua quando entravano in contatto con la superfice bagnata del marciapiede – Sono davvero felice che torni. Non vedo l’ora in realtà.

– Anche io. – rispose Jimin – Credo che tutti abbiano voglia di rivederlo.

– Già. Posso immaginare quanto manchi a Yoongi-hyung.

Jimin serrò le labbra, incerto su cosa dire. Sapeva, o meglio, sentiva, visto che non gli era mai stato detto apertamente, che Yoongi aveva davvero bisogno di riavere il suo amico. A Jimin stesso mancava moltissimo. Era abituato a passarci ore intere fin da quasi gli inizi della sua vita a Seul e quel periodo senza Hoseok era stato strano per lui così come lo era stato per tutti gli altri. Era davvero impaziente che tornasse. C’era tuttavia qualcosa riguardo al ritorno del ragazzo che gli creava una leggera apprensione e sebbene non capisse bene nemmeno lui di cosa avesse timore esattamente, percepiva che riguardava Yoongi-hyung e il rapporto che avevano costruito durante l’estate. Si sentiva in colpa a pensarlo, ma soprattutto ora che il momento del rientro si avvicinava, lui non poteva fare a meno di sentire una lieve ansia farglisi strada nella mente e ricordargli la possibilità non remota che lui potesse tornare a passare in secondo piano. Erano due sentimenti contrastanti tra loro e Jimin stesso non sapeva come potessero convivere in lui. Ciò che riusciva a mettere a tacere queste sue paranoie era il sapere quanto felice Yoongi sarebbe stato al riavere finalmente per sé il suo migliore amico e questo pensiero rendeva Jimin genuinamente contento per la riunione dei due ragazzi. Parlarne gli era però leggermente difficile e dunque si limitò semplicemente ad emettere un mmh-mmh come risposta all’affermazione di Taehyung.

– Tra l’altro, Hoseok-hyung è l’unico che mi dà corda sui miei entusiasmi.

Jimin ridacchiò:

– È vero, non hai più un compagno di merende con cui fare rumore.

– Siete tutti troppo tranquilli, nessuno che giochi con me. – il ragazzo fece picchetto fingendo uno sguardo triste. – Ho spesso chiesto al cielo in questi mesi che mi inviasse qualcuno a sostituirlo, ma non sono stato ascoltato. 

– Aah, Taehyungie, presto tornerai a poterti esprimere pienamente, nel frattempo fai godere noi di un po’ di pace, va bene?

I due ragazzi si sorrisero a vicenda e continuarono poi a camminare silenziosamente. La palestra dove Taehyung doveva andare era vicina, ormai non mancava molto. Jimin era stato decisamente carino ad accompagnarlo. Doveva uscire perché qualche giorno prima aveva notato che il taccuino di Yoongi era quasi finito e voleva dunque prendergliene uno nuovo, ma era una commissione che avrebbe potuto fare anche nel suo quartiere, senza andare necessariamente in centro. Quel sabato non aveva però molto da fare e volendo trascorrere un po’ di tempo con il suo amico aveva proposto a Taehyung di uscire prima con lui così che potessero farsi un giro insieme e poi lo avrebbe accompagnato in palestra prima di tornare a casa. Taehyung aveva acconsentito con entusiasmo ed aveva quindi fatto compagnia a Jimin nella sua commissione, zainetto con dentro asciugamano, cambio e scarpette in spalla.

Circa cinque minuti dopo si trovarono di fronte all’insegna della palestra. Taehyung si chiese se sarebbe stata più o meno piena di persone. Non era un gran frequentatore di palestre e quindi non aveva un’idea precisa di cosa aspettarsi. Jimin lo accompagnò fino all’ultimo, per evitare che la pioggia lo bagnasse. Si salutarono allegramente e Taehyung finalmente entrò. Si sentì contento nel varcare la soglia e il cuore gli batté un po’ più forte nel petto. Era solo un’iscrizione in palestra, ma per Taehyung significava comunque tanto. Era innanzitutto orgoglioso di sé stesso per aver finalmente messo in atto il proprio proposito e, in secondo luogo, era un’esperienza nuova ed era dunque curioso di sapere come sarebbe andata. Di fronte a qualsiasi novità Taehyung si sentiva sempre estremamente positivo, certo che avrebbe portato qualcosa in più alla sua vita, anche se piccola. In questo caso, sperava il ragazzo, un corpo più virile.

Non trovò un grande traffico di persone. Nello spogliatoio c’erano solo altri quattro ragazzi, mentre vide uscire due donne da quello femminile. L’ambiente gli fece una buona impressione. Le due ragazze alla reception erano molto gentili e l’interno dell’edificio sembrava moderno e pulito, diviso in quattro sale al piano terra e due al primo, che erano ampie ma non così grandi da intimorire. Taehyung non aveva bisogno di una palestra di lusso, ma di una che funzionasse. Entrò incerto in una delle quattro stanze, si accorse che era quella sbagliata e si avviò verso un’altra, di fianco. Notò prima di entrare che le funzioni delle sale erano scritti su un cartello al di fuori sulla porta e sorrise tra sé per la sua solita distrazione. Gli avevano detto che avrebbe trovato lì il suo istruttore ed infatti così fu. A Taehyung prese un mezzo spavento quando lo vide. Alto, spalle larghissime, maglietta rossa a maniche corte attillata da cui il torace imponente quasi esplodeva e che lasciava in mostra i muscoli, gonfissimi, delle braccia. Non era esattamente il tipo di fisico a cui il ragazzo stava puntando e sperò non fossero questi i risultati futuri del suo allenamento, ma ovviamente si guardò bene dal dirlo ad alta voce. Quell’uomo lo avrebbe probabilmente potuto atterrare in mezzo secondo solo con il suo dito indice. Al contrario, ascoltò attento la spiegazione sul come usare la macchina per i pesi, preoccupandosi più di annuire per far capire che stava seguendo che di comprendere effettivamente ciò che gli stava venendo detto. Il risultato fu che quando l’omone se ne andò lui non aveva ancora un’idea precisa di ciò che dovesse fare. Si sentiva piuttosto impacciato steso li, e fu grato del fatto che nella sala sembravano esserci solo un altro paio di persone e tutte a debita distanza da lui. Stava facendo una fatica incredibile e stava diventando piuttosto rumoroso in proposito. Come gli accadeva spesso, si mise a mugugnare tra sé e sé, dapprima sottovoce, poi in modo sempre più forte, fino a raggiungere quasi il volume del parlato normale. Il repertorio da lui offerto a chiunque avesse potuto udirlo in quel momento comprendeva sbuffi, sospiri, altri sbuffi, mezze imprecazioni, esclamazioni e ancora sbuffi. Si sollevò all’improvviso, lamentandosi.

– Come ha potuto anche solo pensare che potessi farcela con un peso del genere? –

disse quasi ad alta voce in tono lamentoso. Si alzò per cambiare il peso, ma non riuscì a spostarlo di un millimetro. Le braccia gli facevano già troppo male per poter sollevarlo, ma non voleva assolutamente tornare da quell’uomo per dirgli che si era arreso dopo nemmeno cinque minuti.

– Che faccio adesso? – disse di nuovo come se stesse parlando a qualcuno lasciandosi cadere le braccia lungo fianchi. – Come tolgo questo peso?

– Ti serve una mano?

Una voce calda arrivò all’orecchio di Taehyung, il quale con sorpresa si girò subito di lato per vedere a chi appartenesse. Davanti lui si trovava un ragazzo giovane, probabilmente della sua stessa età, Taehyung non avrebbe saputo dire con precisione se poco più grande o poco più piccolo, più o meno della sua stessa altezza, che gli sorrideva leggermente. Aveva uno sguardo amichevole e il suo viso, decisamente attraente, era incorniciato da una massa di capelli castano scuro, al momento un po’ bagnati lungo la fronte, probabilmente per un qualche sforzo compiuto fino a poco prima.

– Ti ho sentito in difficoltà e mi sono chiesto se non potessi essere d’aiuto. – sembrava essere sinceramente preoccupato e a Taehyung venne quasi da piangere per la gioia di essere incappato in una persona così gentile.

– Si, in effetti si, per favore! Non riesco a sollevare questo peso, ma devo assolutamente cambiarlo perché l’istruttore me lo ha messo troppo pesante e non riesco a fare l’esercizio. Tu saresti capace?

– Mmh, vediamo. – rispose tranquillo il ragazzo avvicinandosi alla macchina. Impugnò l’asta del peso con le mani, piuttosto grandi, notò Taehyung, e contraendo le braccia prese a sollevarlo. Taehyung fu estremamente colpito dalla relativa facilità con cui il peso fu allontanato dal suo appoggio e sistemato al suo posto per terra insieme agli altri.

– Uaaaah!! – esclamò, guadagnandosi un sorrisino soddisfatto dall’altro.

– Ti occorre ne metta un altro? Quale vuoi?

– Posso approfittare? Me ne serve uno più leggero, forse quello del primo livello?

Il ragazzo di fronte a lui sembrò fermarsi un momento a riflettere, le mani sui fianchi e la fronte corrucciata.

– Secondo me se inizi con il peso più leggero non ti eserciterai abbastanza. Te ne occorre uno intermedio tra il primo e quello che l’istruttore ti ha dato. Facciamo il terzo e vediamo come va, ok?

– Il terzo...? – rispose Taehyung titubante. Vide l’altro prendere il peso con ancor più facilità dell’altro, ovviamente, e poggiarlo senza la ben che minima fatica sulle due asticelle sopra la panca.

– Fidati, se ti do una mano io aiutandoti a prenderlo in mano e sorreggendolo ogni tanto quando ti senti stanco puoi farcela. In questo modo potrai esercitarti partendo da qualcosa di più del minimo.

Taehyung sbarrò gli occhi e chiese all’altro se davvero fosse disposto ad aiutarlo. Non ci mise molto a convincersi del fatto che per il ragazzo non rappresentava davvero un problema interrompere il suo allenamento e rimanere lì a dargli una mano. Lui sembrava onesto e a Taehyung avrebbe fatto comodo avere qualcuno che gli indicasse come muoversi. Non solo questo ragazzo sembrava sapere davveron cosa fare, ma come ciliegina sulla torta era anche decisamente carino. Sarebbe stato difficile rifiutare. Messosi a sedere sulla panca, Taehyung lo ringraziò prima di stendersi giù e iniziare il suo esercizio:

 – Grazie mille, ehm..

– Jungkook! Mi chiamo Jeon Jungkook.

– Kim Taehyung, piacere di conoscerti!

Il ragazzo di nome Jungkook sembrava effettivamente saperne molto su palestre e attrezzi da ginnastica. In un modo che non risultava né invadente né arrogante, riusciva a fare da guida dando consigli e suggerimenti, con voce calma, ma sicura. Sebbene Taehyung fino a poco prima avesse ringraziato di trovarsi isolato e senza nessun altro intorno che potesse vedere quanto era impacciato, ora non avvertiva nessun tipo di imbarazzo o disagio di fronte a questo ragazzo e, al contrario, non esitava a lamentarsi quando sentiva di non farcela o chiedere quando aveva dei dubbi su come stava muovendo le braccia.

Dopo un po’ iniziò a sentirsi stanco e chiese a Jungkook se fosse prevista una piccola pausa per bere. Il ragazzo dette ridacchiando il suo permesso e quando si accorse che Taehyung non aveva una boccetta d’acqua con sé si offrì di andare a prendergliela al distributore. Prima che Taehyung potesse dire nulla era già sparito fuori dalla stanza. Quando lo vide tornare lui era intento a togliersi la felpetta che aveva indossato fino a quel momento, mettendo in mostra la canottiera nera, più indicata per non morire di caldo durante l’allenamento. Prese la bottiglietta dalle mani dell’altro e ringraziò, chiedendo poi dove fosse il distributore. Jungkook sembrò sorpreso:

– Non sai dov’è il distributore?

– No, è il mio primo giorno in questa palestra.

– Come? È la tua prima volta qui? Sei sicuro?

Taehyung notò che il ragazzo era effettivamente meravigliato e gli venne da ridere.

  Si, è ovvio che sono sicuro!

– No certo, scusami, era una domanda stupida. È che… la tua voce. –  si interruppe e scosse leggermente la testa –  Credevo di aver già sentito la tua voce, e che dunque fossi nuovo solo a questa macchina, ma non alla palestra. Evidentemente mi sbagliavo.

– Mmh... Forse frequentiamo la stessa facoltà? –  anche se non credo davvero, pensò Taehyung – Tu cosa studi?

– Video production, ma sono abbastanza sicuro di non averti visto in università.

– No infatti, io studio Arti figurative.

Gli occhi dell’altro brillarono all’improvviso.

– Arti figurative? Davvero? Che bello! A me piace tantissimo disegnare.

Gli occhi di Taehyung, già grandi, lo divennero ancora di più:

  Sul serio?

Jungkook mise subito le mani avanti muovendole:

– Si, ma nulla di professionale, solo schizzi a matita.

Pur senza conoscerlo, Taehyung sentì che il ragazzo dovesse essere di sicuro più bravo di ciò che voleva far credere.

  Però l’arte mi piace, così come andare a mostre e musei.

Taehyung ascoltava sempre più interessato. Non si sarebbe mai aspettato, tra tutti i luoghi, di trovare qualcuno che condivideva le sue passioni proprio in palestra.

– Mi piacciono soprattutto le esibizioni di fotografia però.

A queste parole Taehyung fermò la boccetta che si stava portando alla bocca a mezz’aria. Jungkook non sembrò accorgersene e proseguì:

– Faccio anche foto io stesso, quando ho tempo.

– Ti va di mangiare qualcosa di caldo per strada usciti di qui? – le labbra di Taehyung si erano mosse senza che lui avesse il tempo di riflettere, come se fosse in trance. Lo sguardo leggermente confuso di Jungkook lo riportò alla realtà. Durò solo un secondo però, perché il ragazzo si mise a ridere e rispose affermativamente. Taehyung scoppiò a ridere anche lui e decise di dare delle spiegazioni:

– Scusami davvero, non volevo interromperti! Giuro che stavo ascoltando! Amo tantissimo la fotografia anche io e stavo pensando che volevo chiederti chi fossero i tuoi fotografi preferiti, ma che non abbiamo tempo perché siamo venuti per esercitarci e tu non puoi passare tutto il pomeriggio qui ad aiutare me e poi ho pensato che dovevo sdebitarmi per l’aiuto e quindi ho pensato di chiedere se volessi mangiare un boccone insieme, pago io ovviamente. – Taehyung smise di parlare e si accorse che l’ombra di un altro sorriso si era disegnata sul viso di Jungkook. Abbassò lo sguardo e sospirò prima di riprendere – Scusami ancora. Mi dicono spesso che a volte parlo in modo confusionario, lo so che può risultare difficile seguirmi. Hai capito qualcosa di quello che ho detto?

Alzò gli occhi sull’altro, il quale nel frattempo continuava a guardarlo con un’espressione tra il divertito e l’incuriosito. Parlò con un tono disteso e amichevole che rasserenò Taehyung e lo tranquillizzò facendolo sentire meno strano.

  Ho capito tutto perfettamente. Mi farebbe molto piacere mangiare qualcosa insieme. Adesso però a lavoro!

– Si signore! – rispose allegro Taehyung posando la boccetta a terra e sdraiandosi di nuovo sulla panca. Come prima, Jungkook si riposizionò dietro al peso, aiutando l’altro a prenderlo e sollevarlo. Mentre le braccia gli si incordavano per la fatica e la fronte iniziava ad imperlarsi di sudore, Taehyung si domandò se fosse normale che un’ora di palestra risultasse così divertente.

 ****        

Quando Taehyung e Jungkook uscirono dalla porta principale, fuori era già buio e la pioggia non accennava a smettere. Jungkook aprì l’ombrello e lo usò per coprire anche Taehyung.

– Il mio amico, Jimin, lo ha portato con sé quando mi ha lasciato qui. Mi dispiace per il disagio. 

Di nuovo, Jungkook non dovette insistere molto per convincerlo che non occorreva scusarsi.

– Stai per offrirmi del cibo, non mi metterò a lamentare per aver dovuto condividere un ombrello.

Il posto che avevano scelto si trovava a poca distanza dalla palestra e proprio davanti alla fermata del bus che entrambi i ragazzi avrebbero poi dovuto prendere per tornare a casa. Come Taehyung venne a sapere, Jungkook al momento viveva provvisoriamente in zona e per questo si era iscritto a questa palestra, ma avrebbe dovuto presto cambiare casa poiché l’affitto era decisamente troppo alto.

– Vivere qui è sicuramente bello, ma non posso davvero permettermelo. – spiegò Jungkook mentre sollevava i noodles caldi dalla zuppa fumante di ramyeon e se li portava in bocca.

– Anche raggiungere il campus dell’università non ti è molto comodo da qui, no? – chiese Taehyung – Dovrebbe essere vicino al mio, o sbaglio?

Jungkook, che doveva ancora ingoiare il suo boccone, fece un segno affermativo con la testa. Taehyung si fermò un minuto a guardarlo con soddisfazione mangiare di gusto il suo ramyeon prima di fargli un’altra domanda:

– Che anno frequenti? Non te l’ho ancora chiesto.

Jungkook buttò giù un po’ di brodo e sollevò lo sguardo sull’altro:

– Sono al primo anno del mio corso, ma dovrei essere al secondo, ho cambiato università quest’anno. Tu invece? Quanti anni hai?

Quindi è più piccolo, pensò Taehyung. Rispose alla domanda e da lì la conversazione iniziò a farsi più fitta. Era curioso di sapere di più su questo ragazzo. All’inizio gli era piaciuto a istinto, senza un motivo preciso, ma ora che stava parlandoci di più si rendeva sempre più conto di non essersi sbagliato. Jungkook era una persona piacevole, disponibile e allegra. Quasi fin da subito Taehyung si accorse che doveva essere abbastanza riservato o comunque sicuramente meno estroverso. Mentre infatti Taehyung si era trovato subito a suo agio e aveva dunque iniziato a raccontare diverse cose su di sé, Jungkook non sembrava essere il tipo di persona che si apre spontaneamente. Aveva bisogno di una piccola spinta e questo fu quello che Taehyung cercò di fare per tutta la sera. Quando capì che il ragazzo non era sicuro su ciò che l’altro sarebbe stato interessato ad ascoltare prese a fargli una sfilza di domande a cui Jungkook rispose senza problemi, dando dunque a Taehyung la prova che la sua impressione era stata giusta. Il ragazzo era socievole, ma doveva solo essere incoraggiato e quando iniziava ad aprirsi sapeva il fatto suo. Parlava con un tono di voce abbastanza basso, ma aveva un modo di esporre le sue idee convincente. Taehyung venne dunque a sapere che aveva frequentato l’anno prima un corso simile a quello di ora, ma nell’università della sua città natale. Non soddisfatto però del livello della facoltà, aveva deciso di cambiare e trasferirsi nella capitale. Qualcosa nel modo in cui Jungkook espose questa storia, sbrigativo e a tratti con voce quasi incerta, fece pensare a Taehyung che dovesse esserci anche qualche altra ragione dietro al suo trasferimento, ma decise di non indagare oltre per il momento. Non voleva sembrare un ficcanaso, in fondo si conoscevano solo da tre ore.

La serata trascorse incredibilmente piacevole per Taehyung e si augurò che per l’altro fosse stato lo stesso. Jungkook, a quanto gli aveva riferito, si trovava da pochissimo a Seul e ancora doveva farsi degli amici. A Taehyung sarebbe piaciuto diventare il primo e sperava dunque di non avergli lasciato nessuna impressione negativa durante il tempo trascorso insieme. Fece ad un certo punto un tentativo per sondare le acque in questo senso. Il discorso era caduto nuovamente sulla fotografia. Taehyung era curioso di sapere come questa passione fosse nata in Jungkook e il ragazzo sembrava più che felice di condividerlo con lui.

– Ascolta. – Taehyung si schiarì la voce con un colpettino di tosse. Il cuore stava accelerando leggermente, e si sentì un po’ stupido. Di solito non era il tipo da agitarsi. – Ho… c’è questo corso. Di fotografia. Sembra interessante e volevo quindi iniziarlo. Non dovrebbe essere troppo impegnativo, ma credo potrebbe essere un buon modo per imparare tecniche nuove. Se ti piace la fotografia, e se hai tempo e modo ovviamente, perché non vieni anche tu? Le iscrizioni non sono ancora chiuse. – sorrise – Che ne dici?

La risposta affermativa di Jungkook gli creò un moto di entusiasmo più forte di quanto si fosse aspettato. Colse l’occasione come scusa per chiedergli il suo numero di telefono e fare piani sulla prossima volta in cui potevano incontrarsi. Jungkook sembrava davvero contento di aver trovato qualcuno con cui passare del tempo e Taehyung ne fu felice. Finita la loro cena rimasero a chiacchierare un altro po’ alla luce soffusa del ristorante, mentre la pioggia, che adesso si era intensificata, continuava a battere sulla strada e scivolare lungo la vetrata al loro fianco. Una volta usciti, Jungkook lasciò passare di proposito il suo bus e aspettò che Taehyung salisse sul proprio, così da rimanere a coprirlo con il suo ombrello fino all’ultimo. Quando il veicolo fu sparito nella foschia della notte, alzò lo sguardo sul tabellone luminoso. Cinque minuti e il bus successivo che lo avrebbe portato a casa sarebbe arrivato.

Quella notte sarebbe andato a dormire più sereno di quanto non lo fosse stato in mesi. Era grato che quel ragazzo, Taehyung, fosse più estroverso di lui e dunque avesse preso l’iniziativa per continuare a vedersi. Gli aveva fatto una buona impressione e ne era stato incuriosito sin dal primo momento. Aveva dei modi di fare diversi da lui, ma che però in qualche modo coincidevano. Era sicuramente particolare e non occorreva essere degli psicologi per accorgersi di quanto la sua personalità fosse unica. Era stato evidente già da quando lo aveva visto muoversi agitato e in panne davanti a suoi pesi e parlare ad alta voce incurante dell’ambiente intorno a sé. C’era però anche un altro motivo che lo aveva spinto ad andargli vicino. Mentre faceva il suo esercizio non lo aveva visto poiché gli stava dando la schiena. Era stata proprio la sua voce ad attirarlo. Era convinto, quasi al cento per cento, di averla già udita da qualche altra parte, ma al momento non avrebbe saputo dire dove. Sembrava provenire da un ricordo a cui però non riusciva a dare né un tempo né uno spazio e non era capace di mettere a fuoco. Forse mi verrà in mente prima o poi. O forse dopo tutto questo tempo da solo ho le allucinazioni. Non importava però. L’importante era che sentiva, dopo tanto tempo, di aver finalmente trovato un amico.


II

27 luglio 2015

Il ronzio del vecchio ventilatore era l’unico suono udibile in quell’assolato pomeriggio di luglio. Il piccolo panno utilizzato da Jungkook sfregava contro la superfice metallica del tavolino rotondo, lasciando dietro di sé una scia di piccoli aloni che sparivano all’aria dopo pochi istanti. Era il quarto tavolo che puliva, l’ultimo che gli fosse rimasto. Aveva già riordinato il vecchio bancone di legno scuro, dato una passata di scopa alle mattonelle grigie del pavimento e nutrito i bei pesci che nuotavano nell’acquario appoggiato al muro laterale del bar. In tutto quel tempo nessun cliente era entrato, ma Jungkook non si sarebbe aspettato nulla di differente. Come tutti i giorni, quello era l’orario dove il traffico di persone era ridotto al minimo. Tutti avevano mangiato e il caldo del primissimo pomeriggio rendeva incredibilmente poco allettante l’idea di uscire di casa o allontanarsi dalla scarsa ombra proiettata dal proprio ombrellone. Per fortuna il bar dei nonni non aveva questo tipo di problema durante il resto della giornata, pensò Jungkook. Il locale non era frequentatissimo, ma a sufficienza per costituire una buona fonte di guadagno per la vecchia coppia. Posò il pannetto che aveva in mano in un angolo dietro al bancone con la cassa e decise di mettersi per un po’ sulla porta principale del bar. Si appoggiò allo stipite e il suo sguardo prese a vagare sulla vista di fronte a lui. Per Jungkook questo rappresentava il momento migliore. La tranquillità calava sulla spiaggia e le onde del mare potevano finalmente essere udite. Jungkook amava il loro suono, il loro ritmo, lo scroscio della schiuma che si infrangeva sul bagnasciuga. Gli dava pace. Non che di pace non ne avesse a sufficienza qui. Anche troppa, avrebbe detto sua madre. La sua idea di andare a vivere durante i mesi estivi a casa dei nonni e lavorare nel piccolo bar che gestivano nella località di mare di Haehundae non le era andata a genio e continuava a non piacerle. Probabilmente però a un certo punto doveva essersi accorta che non si trattava di un capriccio, ma di quello di cui lui aveva davvero bisogno al momento. Jungkook sapeva che la donna era convinta che questa non fosse la soluzione migliore al suo problema e che aveva timore che l’avrebbe solamente peggiorata. Ma doveva essere stanca di vedere le cose rimanere uguali giorno dopo giorno, per cui forse per questo aveva deciso di assecondarlo. “Magari facendo a modo tuo questa situazione si schioda.” gli aveva detto. “Lo spero anche io mamma.”. La madre lo aveva abbracciato stretto prima di lasciarlo salire sul treno, gli occhi inumiditi. Lo chiamava ogni giorno. Attorno all’ora di cena Jungkook sapeva che doveva tenere il suo cellulare vicino perché tra le sette e mezza e le nove avrebbe sicuramente squillato. A volte questa cosa gli dava fastidio, si sentiva troppo controllato. Ma in fondo i suoi genitori avevano acconsentito sia alla sua idea di venire a Haehundae per l’estate che di trasferirsi a Seul a settembre, e quindi assecondare le loro ansie era il minimo che Jungkook sentisse di poter fare.

Seul. Jungkook sperava davvero fosse stata una buona idea quella di andare nella capitale per riprendere i suoi studi in una nuova università. Sperava di ritrovare un po’ di motivazione. Non poteva comunque rimanere nella sua città. Delle fiamme balenarono davanti ai suoi occhi. All’improvviso si fece caldo. Era tanto caldo, e le fiamme non smettevano di ballargli attorno. Sentì di nuovo nella bocca il sapore amaro di un doppio tradimento. La testa prese a fargli male e dovette chiudere gli occhi e inalare lentamente l’aria marina per cercare di calmare le immagini nella sua mente e porre fine al pulsare delle sue tempie. Si trovava al sicuro. I nonni erano nel retro. Davanti a sé aveva solo dei puntini pigri e semi addormentati al riparo dalla calura estiva sotto gli ombrelloni. Nessuno vicino. Come negli ultimi tre mesi. Nessuno attorno. Solo lui e il suo disincanto. Ma era meglio così. In questo posto almeno poteva essere rilassato, non doveva controllare nulla. Non c’era nulla da fare tranne servire i clienti e pulire e non c’era nessuno con cui parlare a parte i nonni. Era tutto a posto. Ora è tutto a posto. E sarà così anche a Seul. Riaprì lentamente gli occhi, scoprendo a poco a poco nuovamente il paesaggio. I grattacieli sullo sfondo. File di ombrelloni aperti. La sabbia dorata che rifletteva la luce. È tutto apposto.

Il sole che picchiava alto nel cielo iniziò a dargli fastidio e decise quindi di rientrare. Il locale era cosi vuoto che i suoi passi rimbombavano. Mentre si metteva dietro al bancone vide il nonno uscire dal retro.

– Jungkook-ah! Mi metto io adesso qui, tu riposati un pochino. Non c’è nessuno a quest’ora, non c’è bisogno che mi aiuti. Lavori già tanto, puoi permettertela una bella pausa.

Il viso sorridente del nonno, così rugoso, ma così rassicurante, fece tornare completamente alla normalità i battiti del cuore di Jungkook. È tutto apposto, si ripetè di nuovo. Aveva però bisogno di tenersi occupato. Contraccambiò il sorriso.

– Grazie nonno, ma non sono stanco. Mi metto qui sul retro a mettere a posto la credenza, va bene? È già da ieri che volevo farlo.

– Come vuoi tu. Se però vuoi andare di sopra a schiacciare un pisolino, fai pure.

Il vecchio si mise a sedere pesantemente sulla sedia di paglia che teneva dietro alla cassa, pronto per almeno un altro paio d’ore di inattività. Jungkook dal canto suo prese una piccola scala, la portò davanti alla credenza che si trovava vicino alla porticina che collegava il retro del locale con la stanza principale del bar e iniziò a togliere tutti i barattoli e lo scatolame vario per poterla prima spolverare un po’. Mentre era concentrato a non perdere l’equilibrio e stendersi in avanti per cercare di raggiungere con il panno un angolo della credenza, gli sembrò di sentire dei passi provenire dall’interno del bar e una voce squillante proclamare un salve detto a voce più alta del necessario. Jungkook era piuttosto impegnato con ciò che stava facendo e fu solo quando udì il nonno chiedere “Ti piacciono i pesci?” che si rese conto che per cinque minuti buoni il bar era calato nel silenzio seppure vi fosse dentro un cliente. Che starà succedendo? si chiese distrattamente mentre controllava la scadenza su uno dei barattolini di marmellata. La stessa voce che aveva salutato pochi minuti prima, e che Jungkook giudicò dovesse appartenere ad una persona giovane, rispose:

– Si! Questi sono bellissimi! Mi piacciono tutti gli animali a dire il vero. Questi suoi pesci però sono davvero belli! Hanno dei nomi?

– Nomi? – fece eco il vecchio e Jungkook si accorse dal tono che doveva starsela ridendo sotto i baffi.

– Si nomi. Non hanno dei nomi questi pesci? Sono i suoi, no?

A Jungkook anche scappò da ridere e quasi cadde dalla scala nel tentativo di reprimere la risata. Ma chi è questo ragazzo? Chi è che dà un nome a dieci pesci in un acquario?

– Si, sono miei, ma mi vergogno di dire che in realtà non li hanno. Non credevo fosse importante dare un nome a dei pesci, a meno che non si tratti di un unico pesce rosso, forse.

– Certo che è importante signore. – il tono del ragazzo sembrava essere diventato serio all’improvviso. – Immagino lei se ne prenda cura, no? Gli darà da mangiare e gli cambierà l’acqua. Se non gli volesse bene non se ne prenderebbe cura e quindi perché non dà dei nomi a qualcosa a cui vuole bene?

Jungkook rimase a bocca aperta di fronte a tale risposta e si chiese cosa avrebbe detto il nonno, visto che se questa cosa fosse stata detta a lui non avrebbe trovato le parole per rispondere. È incredibile come abbia parlato seriamente. Sentì il nonno emettere una risatina sommessa e ammettere la sconfitta.

– Hai ragione, me ne prendo cura e gli voglio bene. Non so perché non abbia mai pensato a mettergli un nome. Lo farò oggi e se domani torni te lo dirò va bene? Intanto, c’era qualcosa che volevi comprare?

– Ah sì, è vero! Ero venuto per prendere alcune cose, dimenticavo!

Jungkook non riusciva davvero a credere alle sue orecchie. Ha scordato di essere entrato in un bar per comprare qualcosa?? La curiosità adesso lo aveva afferrato del tutto. C’era qualcosa nella voce di questo ragazzo che lo attirava. Una gioia e una spontaneità che da tempo lui stesso non sentiva in sè e che forse non aveva neppure mai udito nelle persone intorno a lui. Voleva vedere chi fosse questa persona e sentì il bisogno di entrare nel bar. Non riusciva però a decidersi a scendere dalla scala. Si vergognava e aveva la solita ansia che ormai lo prendeva sempre di fronte alle persone. Fece uno sforzo. Quando il suo piede stava per toccare terra sentì una voce chiamarlo:

– Jungkook! – era la nonna che si trovava all’altro lato della stanza, affacciandosi dalla porta che dava sul giardino nel retro dell’edificio – Ho bisogno di una mano a sollevare dei vasi, puoi venire per favore?

Jungkook sentì nello stesso momento il ragazzo nell’altra stanza salutare il nonno e uscire di corsa dal bar. Cavolo. Aveva perso tutto quel tempo a pensare se fosse il caso di uscire o no e adesso se ne era andato.

– Si nonna, arrivo.

Non si sentiva scoraggiato però. Da quanto tempo era che non sentiva di voler fare amicizia con qualcuno? Era felice già anche solo di questo e grato a questo ragazzo che nemmeno ancora conosceva per avergli fatto capire che non era troppo tardi per tornare a trarre piacere dalla compagnia altrui. La mamma sarebbe stata contenta quando glielo avrebbe detto. Non si sarebbe fatto scappare questa occasione. Il ragazzo sarebbe sicuramente ritornato l’indomani e lui non si sarebbe fatto venire timori inutili. Sarebbe uscito dal suo cantuccio e si sarebbe presentato.

****

Tenendo fermo sulla testa con una mano il suo cappello di paglia, il ragazzo uscì dal bar di corsa e si diresse affannato verso la strada. Ho perso un sacco di tempo, mamma mi ucciderà. Era sempre così distratto e gli dispiaceva quando poi il suo avere la testa continuamente tra le nuvole creava disagi alle altre persone. Dopo circa cinque minuti di corsa sul marciapiede sotto il sole delle tre si fermò per riprendere fiato, scuotendo la larga camicia bianca per farsi aria. Si guardò un po’ attorno e non gli sembrò di vedere nessuno. Era arrivato prima della madre, bene. Dopo circa un minuto si sentì chiamare.

– Taehyungie!

Eccola lì, che lo stava chiamando da vicino alla sua auto. Urlò un “arrivo!” e attraversò la strada per andare dall’altra parte.

– È molto che aspetti?

– Sono appena arrivato.

Montò in macchina e si accasciò sul sedile. Il refrigerio dell’aria condizionata lo investì subito e lo fece riprendere.

– Mentre eravate dalla tua amica mi sono fatto un giretto. Sono finito in questo piccolo bar dove c’era un acquario bellissimo.

– Un acquario? – chiese la sorellina dal posto dietro.

– Si! Con dieci pesci! Tutti colorati e vivaci, mi sono fermato a guardarlo per un sacco di tempo, a te sarebbe piaciuto sicuramente! Il padrone poi è stato gentilissimo. Ho preso un pacchetto di caramelle e poi mi ha regalato la limonata perché mi sono accorto di non avere soldi a sufficienza. – prese la lattina in mano e girandosi la porse alla sorella. – Tieni, è per te.

– Oh che gentile! – disse la mamma – Peccato che il nostro residence fosse in un’altra zona. Questa area è molto più bella, spiaggia compresa, me ne sono accorta mentre ero da Seo-yun. L’anno prossimo chiederò a lei per qualche consiglio su dove affittare un posto.

– Mamma, tu e papà nemmeno ci volevate venire qui a Haehundae e ci ho messo una vita a convincervi, stai a vedere che ci finiamo tutte le estati!

La madre ridacchiò ammettendo che si trattava di uno scenario probabile. Taehyung si affacciò al finestrino. Si sentiva rilassato e di buon umore. A un certo punto scattò su all’improvviso.

– I nomi!!

– Cosa urli, Tae! Vuoi farci prendere un colpo?

– Scusa mamma, è che i nomi… I pesci non avevano un nome e io ho detto che doveva darglieli. Allora il signore ha detto che lo avrebbe fatto e me li avrebbe detti domani.

– E tu non gli hai detto che tornavamo a casa proprio oggi?

Taehyung fece cenno di no con la testa. La cosa non sorprese minimamente la donna. Conosceva bene il figlio. Cercò di rincuorarlo.

– Non hai detto che ormai hai capito che torneremo qui tutti gli anni? L’anno prossimo potrai andarci di nuovo e scoprire che nomi ha scelto.

– Si, si lo so. È che quel vecchietto è stato così carino che mi sembrava il minimo tornare per ringraziarlo di nuovo e chiedergli dei pesci. Peccato. – appoggiò la testa al finestrino e riprese a guardare fuori – Se fossimo rimasti più a lungo sarei di sicuro andato domani.

Chiuse leggermente gli occhi per ripararli dal sole e prima che potesse accorgersene si trovava già nel mondo dei sogni.

 

 

 

Note dell’autrice: Ciao a tutti! Eccomi qui di nuovo ^-^

Ho chiamato questo capitolo Interludio per distinguerlo dagli altri, visto che rappresenta una vera e propria parentesi all’interno della story-line. Questo “inserto” lo avevo in mente fin dall’inizio, era solo una questione di scegliere dove metterlo. Siccome però dal prossimo capitolo si arriva alla parte centrale della storia, ho pensato fosse meglio metterlo qui. Nonostante lo avessi progettato da sempre, quando ho iniziato a scriverlo non avevo un’idea precisa sul come strutturarlo. Sono poi riuscita a dargli forma e mi sono sorpresa di come la prima parte mi sia uscita piuttosto velocemente e soprattutto di come la seconda sia diventata una delle parti che mi è piaciuto di più scrivere. Probabilmente è perché ho un soft spot per le storie che si ambientano in estate o forse è perché avevo tutto quello che doveva accadere vivido in mente, ma comunque qualunque sia il motivo credo potrebbe essere la mia parte preferita fino a questo momento.

Procedendo da quali sono o non sono le mie parti preferite, cosa che non interessa a nessuno, passiamo al capitolo vero e proprio: non c’è troppo da dire, credo sia piuttosto auto-esplicativo. Come avevo già anticipato è un salto indietro nel tempo, utile per avere più informazioni su Taehyung e Jungkook e la loro amicizia. Non avevamo ancora visto come si erano conosciuti e finalmente era il caso di mostrarlo. Altro elemento introdotto: ci sono ancora delle cose da scoprire sul passato di Jungkook. Il modo con cui si relaziona con il mondo ha un motivo così come c’è un motivo preciso se è stata proprio una personalità come quella di Tae ad attirarlo subito. Per il momento però non sappiamo ancora di cosa si tratti eheh

Direi che è tutto. Vi ringrazio come sempre per aver letto il capitolo e queste note, e come sempre vi esorto a lasciare un vostro feedback J

Ci vediamo sul prossimo capitolo!

Baci, Elle

 

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Capitolo 8
*** Capitolo VI ***


CAPITOLO VI

 

Di pena in pena l'amore attraversa le sue isole
e affonda radici che poi irriga il pianto,
e nessuno può, nessuno può evadere i passi
del cuore che corre silenzioso e macellaio.

[…]


(
Pablo Neruda, Sonetto LXXI, strofa 1)

 

31 dicembre 2016

Dopo aver preso la sua aspirina e aver dato la buonanotte a Taehyung, Jimin si era raccolto sotto le coperte e raggomitolato su un fianco aveva fissato per una buona quantità di minuti il secondo messaggio che aveva ricevuto. Quello che aveva ignorato. Quello che non aveva voglia di aprire. Quello che sapeva che doveva aprire. “Dove sei???

Dove sei’. ‘Dove sei?’. Dove voglio essere? Sei tu che hai dimenticato il nostro appuntamento. Lasciò cadere il telefono sul materasso. Non era vero e Jimin lo sapeva. Sarebbe stato tutto molto più semplice se Yoongi avesse dimenticato davvero. In quel caso questa rabbia sarebbe potuta essere giustificata. Ma così… Jimin era consapevole di come fosse stato lui stesso ad essersene andato senza nemmeno aver notificato la sua presenza. Soprattutto, era stato lui stesso a decidere di andare in anticipo e senza aver neppure aspettato una risposta. Per quanto il pensiero non lo aiutasse a calmarsi, sapeva perfettamente che Yoongi non aveva fatto nulla di male. Non avrebbe avuto Jimin in casa prima di almeno un’altra ora, perché non avrebbe potuto occupare il suo tempo come meglio preferiva? Sebbene non se ne rendesse conto del tutto, era proprio l’idea che fosse quello il modo in cui aveva scelto di trascorrere le ore precedenti al suo arrivo che infastidiva di più Jimin. Quello che poteva perdonare a Yoongi era l’aver permesso che una cosa del genere accadesse proprio poco prima del loro incontro, ma non lo realizzava completamente a livello conscio e per questo motivo si domandava perché ce l’avesse con il ragazzo più grande e soprattutto per quale motivo si sentisse come se qualcuno avesse il suo spazio personale. Quello doveva essere il suo pomeriggio. Hoseok lo aveva da sempre per sé, che bisogno c’era di decidere di farsi certe confessioni proprio nel tempo che doveva essere destinato a lui? La testa continuava a fargli male e aveva deciso a un certo punto di compiere un ultimo sforzo, pensare ad una risposta credibile da inviare e chiudere il telefono, sperando che il sonno e il riposo gli donassero nuove energie e soprattutto più lucidità. Aveva inviato un messaggio generico e breve, troppo stanco per pensare ad una vera e propria scusa. Sperava che con la festa di mezzo tutti sarebbero stati occupati in altro e che quindi questa storia non venisse più discussa. Non avrebbe davvero saputo cosa inventarsi e la sola idea di doversi mettere a costruire storie gli faceva aumentare la pulsazione nelle tempie. Una volta appoggiato il telefono spento sul comodino si era stretto di più sotto al piumone caldo e aveva chiuso gli occhi, cercando di concentrarsi sulla giornata seguente e di spegnere le due voci che continuava a sentire da ore nella testa.

Adesso che si trovava in bagno davanti allo specchio pensò che il proverbio secondo il quale il sonno porta consiglio doveva essere stato inventato da qualcuno che di problemi doveva averne ben pochi o comunque di semplice risoluzione. Si sentiva sicuramente meglio rispetto al giorno prima, ma il mal di gola non era passato del tutto, anzi, sentiva la gola leggermente più gonfia. I preziosi famosi consigli poi non erano assolutamente arrivati, e lui ancora non aveva idea di come affrontare tutta questa situazione. Sapeva che la soluzione migliore, ovviamente, era semplicemente aspettare che i due ragazzi decidessero loro stessi quando condividere questo segreto con lui e tutti gli altri. Però non sapeva davvero come fare per nascondere il suo disappunto fino a che quel momento sarebbe arrivato. Si sentiva ansioso all’idea di dover incontrare Yoongi e Hoseok tra poche ore e si faceva sempre più convinto che accettare la proposta di Jungkook e andare da lui già la mattina fosse stata una buona idea. Mi tirerò su e mi distrarrò. Non può che farmi bene passare la giornata fino a questa sera con lui.  

Si vestì in fretta, lasciando il suo appartamento prima ancora che Taehyung si svegliasse. Arrivato a destinazione, si bloccò un secondo prima di suonare il campanello. Ricordò che c’era una grande possibilità che Hoseok fosse in casa. Perché non ci aveva pensato? Era troppo tardi però per dire a Jungkook di cambiare i piani, e d’altronde non voleva rendere così evidente nemmeno sé stesso che l’avvenimento del giorno prima aveva avuto il potere di influenzare così tanto la sua vita. Se lo incontro lo saluterò normalmente, come sempre. Non mi ha fatto nulla di male. Non mi ha fatto nulla di male. È Hoseok-hyung, Jimin, ricordatelo. Così pensando fece trillare il citofono e fu sollevato nel sentire rispondere la voce di Jungkook. Nonostante i suoi tentativi di tranquillizzarsi, durante tutto il tragitto in ascensore non fece che pensare a come avrebbe reagito alla vista di Hoseok. Provò un paio di saluti allo specchio, per vedere se riusciva ad apparire sufficientemente sciolto, ma si sentì di colpo incredibilmente ridicolo e lasciò stare. A questo punto davvero non sapeva più se fosse arrabbiato maggiormente con i due amici per avergli creato tutto questo disagio o con sé stesso per essersi fatto toccare così tanto da un episodio che non aveva tra l’altro, a voler essere fiscali, nulla a che fare con lui. La porta di ingresso all’appartamento fu aperta di nuovo, per la gioia di Jimin, da Jungkook.

– Hey! – il viso luminoso e disteso del ragazzo di fronte a lui fece improvvisamente calare a Jimin un po’ della tensione accumulata e il sorriso che rivolse a Jungkook nel salutarlo fu spontaneo. Mentre si toglieva il cappotto Jungkook gli si mise dietro e lo aiutò, facendogli scorrere giù le maniche e prendendolo poi per appenderlo.

– Grazie Jungkookie. Sei solo in casa? – l’agitazione di sapere se doveva o meno prepararsi psicologicamente alla presenza di Hoseok era troppa.

– No, Hobi-hyung si sta preparando. Esce fra poco. Gli ho detto che gli hai lasciato il posto in auto quest’anno e credo che entrambi ci siamo a questo punto guadagnati un eterno fedele servitore, come d’altronde avevo predetto. Voleva ringraziarti personalmente.

Accompagnò Jimin in cucina e lo fece sedere al tavolo. Lì per lì era stato sul punto di proporre di andare in camera sua, ma poi ci aveva ripensato, temendo di agitarsi troppo alla vista del ragazzo nella sua stanza. Evitiamo di fare la figura dell’idiota.

– Ti offrirei un the, ma non so se ti va visto che dopo prenderemo una cioccolata. Non dimentico la mia promessa.

– Non ti darei modo di dimenticarla. Perché credi abbia accettato altrimenti? Per la tua compagnia?

– Uuuh Jiminie, ovvio che no. Per il mio bel viso però si – disse appoggiandosi al tavolo e facendogli l’occhiolino.

Jimin accennò una risata abbassando subito lo sguardo. Sarebbe stato difficile per chiunque non accorgersi di come Jungkook fosse effettivamente bello in quel momento, con la luce del sole invernale che filtrando dalla finestra gli arrivava in viso e metteva in risalto i riflessi dei suoi capelli. Stava indossando una semplicissima felpa rossa con cappuccio, ma era incredibile quanto un indumento così banale potesse donargli così tanto. Intrecciandosi un po’ con le parole, riuscì alla fine a riportare il discorso sul the:

– In realtà un the lo prendo volentieri, perché pensavo che la cioccolata potesse essere l’ultima cosa dopo aver fatto shopping?

Jungkook scattò su:

– Subito!

Nel frattempo si sentì una porta sbattere. Hoseok, pensò Jimin. L’ansia tornò e il ragazzo sentì di volersi prendere a schiaffi. 

– Jiminieeeeee!

Si, era proprio lui. Vedendolo arrivare sorridente e chiaramente contento di vederlo, Jimin si sentì afferrare dai sensi di colpa. Come aveva potuto lasciarsi trasportare così dalla sua rabbia irrazionale? La prima cosa che fece appena entrato in cucina fu corrergli incontro e abbracciarlo. Jimin si sentì inizialmente rigido, ma si sciolse in pochi istanti.

– Volevo ringraziarti per non avermi condannato per il secondo anno di fila. So che l’idea è stata di Kookie, ma tu avresti potuto benissimo dire di no.

– Figurati, hyung. Era solo giusto – rispose Jimin sorridendo. Vedendo il ragazzo completamente pronto per uscire un dubbio gli passò nella mente come un fulmine a ciel sereno – Dove stai andando così presto?

– Da Yoongi – rispose Hoseok con naturalezza prima di allontanarsi un attimo per andare a prendere il suo cappotto appeso all’ingresso. Jimin sentì il cuore affondargli un pochino. Hoseok rientrò in cucina per fornire ulteriori dettagli – Mi devo vedere con lui e poi rimango direttamente lì. Noi ci vediamo direttamente alle otto, giusto?

Sia Jimin che Jungkook annuirono lievemente. Jimin avrebbe voluto chiedere per quale motivo i due si dovessero incontrare, ma pensò che a questo punto la cosa migliore fosse cercare di rimanere in possesso della minore quantità di informazioni possibile. Non voleva rovinarsi la serata. Vide Hoseok allontanarsi salutando, ma fermarsi poi di colpo.

– Ah, Jiminie. Ieri a che ora sei arrivato da Yoongi? Eri in ritardo? – Jimin sentì le sue orecchie farsi più calde – Quando sono uscito con Jin-hyung e Joonie per andare a teatro Yoongi non sapeva dove ti fossi cacciato.

Jimin prese a muoversi leggermente sulla sedia, a disagio, e cercò di pensare velocemente a una risposta. Né il suo irrigidimento né il lieve tremolio della sua voce sfuggirono a Jungkook.

– Ah… eri lì all’appartamento a-anche tu? – fece un risolino imbarazzato – ieri è stata una giornata un po’ strana, alla fine non sono potuto andare.

– Perché strana?

– I-io... non mi sono sentito molto bene – Jimin aveva pregato con tutto il cuore che questa esatta conversazione non avvenisse e invece eccolo lì a tentare di mettere su in pochi secondi una storia credibile. Si maledisse per non aver mai imparato a mentire bene.

– Cosa hai fatto? Che ti è successo? Sicuro che vuoi darmi il posto in auto allora? – esclamò Hoseok in evidente agitazione.

Jungkook decise di dare un taglio al tutto:

– Ok, hyung, stai per fare tardi per il tuo bus, non vorrai lasciare Yoongi-hyung ad aspettare anche tu? Jiminie sta bene adesso, se fosse stato qualcosa di importante lo avrebbe detto.

Troncare gli attacchi insistenti di Hoseok in modo brusco era letteralmente l’unico modo per mettergli un freno. L’altro ragazzo si accorse di essere effettivamente in ritardo e lanciando un mini urlo salutò frettolosamente gli altri due e si slanciò fuori dalla porta. Sebbene provasse una certa curiosità, Jungkook decise di cambiare del tutto discorso, cercando di rimettere Jimin a proprio agio.

– Taehyungie come sta? Non ci siamo visti ieri.

– Tutto tranquillo. Non l’ho visto però stamattina, quando sono uscito stava ancora dormendo. Credo andrà al 503 più tardi e quindi lo vedremo direttamente alla festa. A proposito, dovremmo fare una lista delle cose da comprare.

Jungkook andò a spegnere l’acqua bollente del the e disse:

– Si, si, Hoseok mi ha detto cosa dobbiamo prendere, ma c’è tutto il tempo per quello. Il the è pronto – mentre allungava la tazza a Jimin si accorse che il ragazzo stava leggermente tremando. Spalancò gli occhi – Jiminie, hai freddo? Vuoi qualcosa da metterti addosso?

Jimin strinse la tazza calda tra le mani e annuì.

– In effetti si, ma mi è arrivato all’improvviso, stavo bene fino a cinque minuti fa.

– Vado subito a prenderti una felpa – disse Jungkook e si avviò a passo svelto verso la porta. La voce di Jimin lo bloccò:

– Aspetta Kookie, vengo con te – disse prendendo entrambe le tazze. Jungkook rimase sorpreso, ma cercò di mantenere una certa spavalderia:

– Nemmeno un quarto d’ora che sei qui e già ti intrufoli in camera mia – stuzzicò con un ghigno. Jimin rispose semplicemente sollevando gli occhi al cielo. In effetti ora che ci pensava avrebbe potuto evitare questa situazione, ma in fondo che male poteva esserci? Appena aveva visto Jungkook allontanarsi gli era venuto istintivo andare con lui perché non gli andava di rimanere da solo. Sentiva che anche due minuti in solitudine con i propri pensieri sarebbero stati troppi e voleva che quel senso di nausea finisse il prima possibile. Arrivati in camera, Jimin ebbe modo di darsi un’occhiata attorno. Era stato nella stanza di Jungkook solo due volte in precedenza. La prima era stata l’anno prima, agli inizi della convivenza del ragazzo con Hoseok. Jimin era andato nell’appartamento perché era curioso di vedere la nuova casa dell’amico, ma non essendoci ancora molta confidenza con Jungkook il ragazzo gli aveva mostrato la propria camera solo in modo molto veloce. La seconda volta era stata qualche mese dopo, anche in quel caso per pochi secondi, un pomeriggio in cui si era fermato da Hoseok ed era andato a un certo punto a bussargli per chiamarlo in cucina. Era ora passato però quasi un anno e la sua stanza era decisamene più personale e decorata di quanto ricordasse. Jimin fu impressionato dalla quantità di dvd posseduti dal ragazzo. Aveva montato vicino alla porta una lunga libreria e ve li aveva disposti tutti ordinati. L’intera stanza in realtà era davvero in ordine e Jimin ne fu sorpreso. Sapeva che Jungkook era piuttosto preciso, ma non si aspettava così.

– Wow, potresti fare concorrenza a Jin-hyung con questa organizzazione!

Jungkook sembrò apprezzare il commento e sorrise con soddisfazione:

– Non credo di essere a quel livello, ma si… Mi piace avere un ambiente in ordine attorno a me – si avvicinò a una cassettiera e iniziò a frugare in un cassetto pieno di indumenti – Comunque si, questa è la mia stanza.

– Incredibile come sia solo la prima volta che la vedo davvero – disse Jimin mentre continuava a guardare con curiosità intorno a sé. Ai suoi occhi balzarono un poster di Iron Man, appeso dietro la porta, e le numerose action figures che si trovavano sopra la cassettiera da cui Jungkook stava estraendo una delle sue numerose felpe. Jimin vide addirittura per terra in un angolo lo schermo di un piccolo televisore con una playstation attaccata. Appoggiò le tazze di the sulla scrivania – che accoglieva un computer chiaramente costoso, altri oggetti elettronici, come uno stereo e un ipad, e anche una bella macchina fotografica con tanto di obiettivo – e le si avvicinò, accucciandosi piegando le ginocchia e mettendosi a vedere i vari giochi che il ragazzo aveva. Dopo un attimo sentì Jungkook vicino a sé. Gli si era messo di fianco, osservando ciò che faceva e tenendo tra le mani la felpetta arancione che aveva scelto per il ragazzo.

– Se te ne piace uno puoi prenderlo senza problemi Jiminie – gli disse con dolcezza e qualcosa nel suo tono fece arrossire leggermente Jimin – oppure puoi venire qui quando vuoi per fare qualche partita.

Appena detto questo Jungkook si sentì improvvisamente imbarazzato, chiedendosi da dove avesse preso il coraggio di fare una proposta del genere. Senza aspettare la risposta di Jimin riprese a parlare per cambiare discorso:

– Tieni, ti ho preso questa felpa. Vieni che ti aiuto.

Aveva raggomitolato la felpa e la stava ora tenendo in modo che Jimin potesse infilarci direttamente la testa e le braccia. Senza dir nulla Jimin obbedì docilmente e Jungkook gliela fece scorrere addosso, sistemandola poi un pochino e indugiando più del necessario quando prese ad aggiustargliela lungo i fianchi.

– Meglio? – gli disse sollevando il viso. Erano piuttosto vicini e Jungkook sperò con tutto il cuore che l’altro non potesse sentire il rimbombo nella sua cassa toracica che stava invece avvertendo lui.

– Meglio – rispose Jimin. La stanza di Jungkook era più calda e appena il ragazzo gli aveva messo la felpa addosso si era subito sentito protetto – Grazie Kookie.

Jungkook semplicemente sorrise e si tirò su. Tese poi la mano a Jimin, che la strinse e si fece aiutare ad alzarsi.

I due ragazzi trascorsero un po’ di tempo in ozio, Jimin seduto sulla sedia alla scrivania e Jungkook per terra vicino a lui, sorseggiando il loro the e chiacchierando tranquillamente. Fecero poi una lista di quello che dovevano comprare per la festa. Gli altri avrebbero provveduto a tutto il resto, mentre loro si sarebbero dovuti occupare di prendere snack vari, qualche bevanda analcolica, posate, bicchieri e piatti di carta e delle decorazioni in più per la casa. A un certo punto Jungkook propose di uscire:

– Vorresti andare fuori già da adesso? Ho cucinato ieri quindi ho il pranzo pronto e potremmo portarlo con noi. Non fa caldo, ma c’è il sole oggi e ho pensato che magari ti andasse di fare un giro al parco?

Per quanto la proposta potesse sembrare spontanea, Jungkook ci aveva in realtà riflettuto un’eternità, in dubbio se fosse il caso o meno di provare una mossa del genere. Moriva dalla voglia di fare una passeggiata tranquilla con Jimin, ma temeva tale richiesta potesse suonare troppo audace e mettere in qualche modo l’altro in imbarazzo. I suoi timori si rivelarono infondati. Jimin sembrò contento di accettare e dopo aver velocemente preso ognuno il proprio zainetto i due ragazzi si trovarono in pochi minuti già per strada.

Durante la notte c’era stata una leggera spruzzatina di neve e Jungkook aveva pensato sarebbe stato bello andare insieme a Jimin a vedere il parco delicatamente imbiancato. Fu contento di vedere che, una volta arrivati, l’altro ragazzo sembrava apprezzare lo scenario come lui. Camminarono lentamente lungo il sentiero cosparso di fitti fiocchi bianchi, i loro visi continuamente all’insù per guardare i rami degli alberi spogli e innevati e i riflessi del sole sul bianco della neve. Accadeva spesso però che mentre Jimin era intento ad osservare qualche uccellino su un ramo o un frammento di paesaggio particolarmente bello, Jungkook facesse scorrere il suo sguardo su di lui, senza che l’altro se ne accorgesse. Gli piaceva guardarlo perché lo vedeva disteso e sentiva una gioia calda nel cuore al pensiero che all’altro sembrava far piacere esser lì tanto quanto ne stava facendo a lui. Solo ogni tanto, Jungkook si accorgeva che un’ombra passava sul suo viso e in quei momenti cercava sempre in qualche modo di distrarlo da qualunque cosa fosse che gli stava recando tristezza: una volta gli tirava una ciocca di capelli per dargli fastidio, un’altra indirizzava il discorso verso qualcosa di divertente, un’altra ancora gli indicava un punto del paesaggio su cui soffermarsi. Erano modi semplici, ma sembravano funzionare. Quando si misero a sedere sul prato umido Jungkook vide Jimin rabbrividire di nuovo. Con gesto lesto, si tolse il cappotto e lo distese a terra, di fianco a sé.

– Siediti qui sopra, non metterti sull’erba bagnata.

– Kookie no, tranquillo, non toglierti il cappotto!

– Non ho davvero freddo, mentre tu chiaramente sì, quindi tieni il tuo piumino addosso e siediti sul mio. Altrimenti niente cioccolata dopo! – disse scherzando. Jimin ridacchiò e fece come gli era stato detto. Si accoccolò sul morbido cappotto, tirando le ginocchia a sé e intrecciando le mani davanti, per tenersi ancora di più al caldo. Jungkook gli mise una mano dietro la schiena:

– Hai ancora freddo?

– No, no adesso va bene. Grazie ancora Kookie. Grazie di tutto in effetti – rispose portando gli occhi sui lacci delle proprie scarpe. Jungkook avrebbe voluto abbracciarlo forte e dirgli che era lui che doveva ringraziarlo per aver acconsentito a trascorrere un’intera giornata insieme, ma ovviamente non lo fece. Si limitò solo a scompigliargli i capelli corvini e dirgli:

– È tutto a posto Jiminie. Adesso mangiamo che ho fame, tu no?

Tirò tre scatolette ermetiche fuori dallo zainetto dove aveva messo anche il necessario per i due giorni che avrebbe dovuto trascorrere alla casa in campagna. Ne dette una a Jimin e una la tenne per sé. In entrambe aveva messo del riso con carne e uova. Nella terza scatoletta aveva invece messo una ventina di ggul tteok, le tipiche palline di riso con miele e zucchero. Sapeva che a Jimin piacevano le cose dolci e quando aveva avuto conferma la sera prima che il ragazzo sarebbe rimasto a pranzo con lui gli era venuta l’idea di prepararle e si era dunque fiondato al convenience store per comprare gli ingredienti. Finché si trattò di mangiare il riso Jimin non ebbe problemi ad usare le bacchette con le mani guantate, ma era difficoltoso fare lo stesso con le palline e la cosa migliore sarebbe stato prenderle direttamente in mano. Il problema era però che erano troppo appiccicose per prenderle con i guanti di cotone e d’altro canto Jimin non aveva assolutamente intenzione di non mangiarle, visto che Jungkook le aveva fatte apposta per lui. Cominciò a sfilarsi un guanto, ma l’altro lo fermò di colpo, prendendogli le mani tra le sue.

– No, no, fermo! È meglio di no, lo sai.

– Ma Jungkookie, come faccio a mangiare se li tengo addosso?

Sempre continuando a tenere le mani di Jimin, Jungkook guardò un po’ interdetto la scatolina con i ggul tteok per un momento per poi tornare sul ragazzo. Gli rimise con delicatezza a posto il guanto che si era tolto solo per metà e lasciandogli le mani prese la scatola di cibo. Afferrò poi una pallina tra le dita e la accostò alle labbra di Jimin.

– Aaah – disse mimando il gesto di aprire la bocca. Jimin comprese subito ciò che il ragazzo voleva fare ed emise una leggera risatina prima di aprire la bocca e dire a sua volta:

– Aaah!

Jungkook lasciò cadere il dolcetto rosa, sfiorando quasi impercettibilmente le labbra di Jimin prima di ritrarre la mano. Il ragazzo più grande sembrò apprezzare il sapore dolce sprigionatosi nella sua bocca. Con occhi che esprimevano chiaro gradimento annuì solo, senza dire nulla, e appena ebbe ingoiato aprì di nuovo la bocca, indicando a Jungkook di continuare ad imboccarlo. A Jungkook venne quasi da piangere. Questa giornata stava andando meglio di quanto avesse mai osato sperare.

 

****

 

Alcune ore dopo i due avevano finito il loro giro di shopping e si stavano finalmente godendo il meritato riposo al calduccio di un grazioso caffè. Per qualsiasi spettatore esterno, la scena che si stava svolgendo sarebbe sembrata chiara e inequivoca: due amici tranquilli che si rilassavano di fronte a una tazza di cioccolata. Le buste ai piedi del loro tavolino segnavano una recente sortita al supermercato probabilmente per comprare qualche ultima bottiglia in più che sarebbe poi stata consumata durante il veglione di quella stessa sera. Il distratto passante di turno avrebbe visto due ragazzi giovani, entrambi attraenti, di passaggio in un bar e pronti a godersi una nottata in allegria a festeggiare con amici. Avrebbe visto i sorrisi dei loro volti, le loro guance arrossate che rimanevano a prova del tempo trascorso all’aperto, avrebbe avvertito la familiarità che c’era tra loro. C’erano molte altre cose che però non avrebbe potuto notare. Osservando Jungkook bere la sua cioccolata con scioltezza, non avrebbe avuto idea dei veloci movimenti della sua maglietta nera, che batteva forte all’altezza del cuore da sotto la pesante felpa rossa. Non avrebbe mai saputo che quel girare e rigirare il cucchiaino nella tazza aveva meno a che fare con il voler mischiare la panna e più con il nervosismo che stava provando in quel momento a causa del ragazzo che vedeva di fronte a sé. In modo simile, la momentanea tranquillità di Jimin non avrebbe tradito nemmeno all’osservatore più attento il travaglio in cui la sua mente e il suo fisico si erano trovati fino a solo la notte prima e che ogni tanto, a ondate, lo coglieva ancora. La mattina era stata piacevole, ed ancora una volta si rese conto di aver fatto la scelta giusta a trascorrere la giornata con Jungkook. Non poteva però dire di essersi completamente calmato. Ogni tanto, dal nulla, ricordava. E quando ricordava sentiva un malessere che gli metteva i brividi. Si era chiesto tante volte nel corso della mattinata e poi del pomeriggio che cosa dovesse fare Hoseok con Yoongi. La cosa peggiore era che riusciva a immaginarselo benissimo. I preparativi per la festa non sarebbero iniziati prima almeno dell’ora di pranzo, con eccezione forse solo di Jin che come sempre si incaricava di cucinare qualcosa personalmente. Né Yoongi né Hoseok erano però tipi da poter essere di una qualsiasi utilità in questo senso. Jimin aveva spesso dei flash che gli abbagliavano la vista, flash dei due ragazzi in atteggiamenti che non aveva assolutamente voglia di figurarsi nella mente. Il recupero del tempo perduto.

Jungkook stava facendo un gran bel lavoro nel tenerlo occupato però. Anzi, Jimin era dispiaciuto di sembrare così distante a volte. Man mano che il momento di vedere Hoseok e Yoongi insieme nello stesso posto si avvicinava, la sua ansia aumentava. Allo stesso tempo però, trovava anche progressivamente più facile farsi distrarre da Jungkook e accettare le sue attenzioni, sentendosi sempre più in confidenza e rassicurato dalla sua presenza.

Jimin era ingenuo su tante cose, ma non era neppure completamente stupido. Si era accorto dell’interesse di Jungkook nei suoi confronti. Ci era arrivato un po’ tardi, solo di recente e di sicuro più tardi di Taehyung – anche se non gli aveva mai chiesto se e quando lo avesse capito, era convinto che il ragazzo fosse troppo vicino ad entrambi loro per non essersene reso conto molto prima di lui – ma alla fine ci era arrivato. Non gli aveva però mai dato troppo peso, per diversi motivi. Innanzitutto non credeva che Jungkook fosse effettivamente serio. Jimin non trovava un motivo valido per cui un ragazzo così bello e bravo a districarsi nella vita dovesse essere seriamente interessato a lui. Un altro motivo, forse il principale, era il contesto in cui entrambi si trovavano. I due erano parte di un gruppo affiatato ed è risaputo che ogni volta che problemi di tipo sentimentale iniziano a mettersi in mezzo a gruppi di amici finiscono col risucchiare l’armonia di tutti. Aveva quindi cercato di accantonare la questione, sicuro che prima o poi Jungkook avrebbe mollato. Il fatto che però non lo avesse mai fatto gli faceva più piacere di quanto a lui stesso andasse di ammettere. Per questo motivo pur non facendo passi per sviluppare nulla, non aveva allo stesso tempo nemmeno mai dato segno a Jungkook di allontanarsi. La sua personalità insicura si sentiva in qualche modo confortata dal pensiero che ci fosse qualcuno che avesse piacere a dargli determinate attenzioni. La giornata appena trascorsa era stata una conferma di questo. A Jimin era piaciuto avere la sensazione che qualcuno si stesse prendendo cura di lui. Era forse egoistico da parte sua e se ci si metteva a pensare quasi si vergognava di lasciarsi andare così alla vanità, ma non riusciva, soprattutto in questo momento preciso, a farne a meno. Aveva bisogno di sentirsi voluto e accolto e non aveva davvero le forze per allontanarsi quando queste cose gli stavano venendo offerte gratuitamente e con gioia. Inoltre, voleva bene a Jungkook. Teneva davvero a lui, ci si trovava bene e più di una volta si era trovato ad arrossire di fronte a quel viso così bello. Questi erano chiari segni che qualcosa in più dovesse esserci dentro di lui nei confronti di questo ragazzo. I suoi timori gli avevano sempre impedito di mettersi a riflettere su tutto ciò, ma adesso gli appariva chiaro. Non c’era motivo per cui non dovesse avvicinarcisi di più. Non c’era motivo. Non c’è motivo. Non c’è motivo.

– Forse è tempo di andare? – disse Jungkook guardando l’orologio. Ci voleva almeno un’ora ad arrivare alla casa in campagna, e questo nello scenario migliore, ovvero in quello che non prevedeva né traffico né ritardi. Era però l’ultimo dell’anno e tutti questa sera sembravano dover andare da qualche altra parte. Se tutto fosse andato bene, i ragazzi sarebbero riusciti ad arrivare in non meno di un’ora e mezza. Erano già le sei e un quarto e si sarebbero dovuti incontrare con tutti gli altri alle otto. Jimin sentì il suo stomaco farsi più pesante.

– Aspettiamo un altro po’ per favore Kookie? – disse cercando di apparire il più naturale possibile. Jungkook fu sorpreso per la centesima volta nella giornata. Non si sarebbe mai davvero aspettato che Jimin si trovasse così bene con lui. O almeno, sperava questo fosse il motivo per cui ora chiedeva di prolungare la loro seduta in quel caffè.

– Sei sicuro? Ci metteremo un po’ ad arrivare.

Jimin fece spallucce:

– Andremo fra poco, ma non ho ancora voglia di buttarmi nella follia del traffico, qui si sta bene – e dette un sorriso timido al ragazzo di fronte a lui. Jungkook sorrise di rimando e si sistemò meglio sulla sedia, allungandosi sullo schienale.

– Ogni tuo desiderio è un ordine Jiminie.

 

****

– Sembra che tu non abbia mai preso un’auto prima d’ora Hoseokah! – Yoongi non era particolarmente infastidito, ma sentiva di dover in qualche modo bloccare l’eccesso di entusiasmo dell’amico. Continuava a muoversi nel sedile, seguito fedelmente da Taehyung, cantando a ritmo di una canzone che stava passando alla radio e dicendo ogni due minuti quanto fosse felice di trovarsi lì dentro. A tutti faceva piacere che il ragazzo fosse contento di viaggiare con loro, ma erano partiti da solamente dieci minuti e chiaramente l’intero viaggio non poteva essere fatto così. Il commento di Yoongi non ebbe molto effetto e Hoseok – Yoongi non credeva sarebbe stato possibile – prese ad urlare ancora più forte, completamente preso dalla canzone, aiutato nei suoi gorgheggi da Taehyung e poi all’improvviso anche da Jin, il quale divertito dal comportamento dell’amico aveva deciso di arrendersi ed unirsi al coro anche lui. Namjoon si coprì il viso con entrambe le mani, la tentazione di invocare Yoongi di aiutarlo ad uccidere tutti e tre a mani nude molto forte. Era sicuro che anche Jin e Yoongi dovessero star rimpiangendo la presenza ben meno confusionaria di un altro ragazzo, ma era anche abbastanza convinto che ci fosse un motivo preciso per cui nemmeno Jin aveva deciso di dir nulla e al contrario incitare tutta quella confusione. Doveva avere a che fare con il timore che una lamentela di troppo potesse far uscire il nome più discusso della giornata: Jimin. Decise dunque di mettere da parte il suo fastidio e per la prima volta in tutto il giorno se ne rimase in silenzio al momento opportuno.

I ragazzi stavano dirigendosi verso la villa in campagna posseduta dalla famiglia di Seokjin. Gli accordi presi erano i soliti. I cinque che sarebbero dovuti andare con la macchina guidata da Jin si sarebbero visti al 503 e avrebbero dato ognuno una mano con l’organizzazione. Come sempre, Jin aveva trascorso la mattina a cucinare qualche spuntino salato così come un paio di torte. È vero che la festa si sarebbe tenuta dopo cena, ma era comunque bene avere del cibo sulla tavola. Attorno all’ora di pranzo Taehyung era arrivato e dopo aver mangiato tutti insieme, Jin era rimasto a casa mentre gli altri erano usciti per acquistare delle cassette di birra, diverse bottiglie di soju al limone e tre bottiglie di champagne per il momento in cui sarebbe scoccata la mezzanotte. Prevedendo traffico, avevano poi deciso di partire un po’ prima delle sei, così da arrivare alla villa attorno alle otto ed avere il tempo di sistemare la casa. Essendo usata solo poche volte l’anno, era indispensabile che venisse innanzitutto arieggiata e spolverata e poi bisognava anche spostare i mobili e i divani nella grande stanza da salotto principale, dove si sarebbe tenuto il cuore della festa, in modo che fosse consono per contenere senza intralci tutti gli invitati. Svolta questa occupazione, i ragazzi avrebbero poi avuto tempo di prepararsi loro stessi, prendendo posto nelle varie camere che la casa offriva e cambiandosi di vestiti per la festa. Tutto stava procedendo come al solito. O quasi. La notizia, riferita da Hoseok una volta arrivato al 503, che Jimin sarebbe andato con Jungkook e quindi il posto in auto se lo sarebbe beccato lui aveva lasciato un po’ tutti sorpresi. A rigor di logica era una scelta giustificabile, ma era da quando Jimin e Taehyung si erano uniti al gruppo che Jimin andava sempre con gli hyung e questo cambio improvviso era ancora più strano per il fatto che fosse stato Jungkook a proporlo. Era difficile, per ognuno di loro, non avere la stessa domanda nel retro della propria mente: cosa poteva significare il fatto che Jimin avesse accettato? Era ancora più difficile però farla ad alta voce, per cui, come in un tacito assenso, l’argomento non venne toccato. Non in questi termini almeno. Solo a pranzo Hoseok aveva ad un certo punto accennato al tema Jimin e la conversazione che aveva fatto seguito era stata sufficiente per convincere tutti di come fosse bene non toccarlo più.

– Ah! Jiminie mi ha detto prima che ieri poi si è sentito poco bene, per questo non è riuscito a venire, mi ero scordato di dirvelo ­– aveva detto Hoseok mentre mangiavano tutti riuniti attorno al solito tavolo in sala. Yoongi aveva sollevato gli occhi dal suo piatto e aveva guardato Hoseok:

– Ha detto così anche a me, ma non capisco perché abbia aspettato tutta la sera a dirmelo.

– Anche a me ha detto la stessa cosa, gli faceva molto male la gola e ha preso anche un’aspirina prima di andare a dormire – aveva detto Taehyung per supportare ulteriormente la storia dell’amico. Le sue speranze che la conseguente domanda successiva non venisse fatta si rivelarono vane ed ovviamente chi la pose fu Namjoon. Sapeva che specialmente lui non ci avrebbe messo più di mezzo istante a fare due conti.

– Ma scusate, se si è sentito male dopo essere uscito di casa perché se ne è rimasto in giro per ore? E poi non sarebbe stato meglio lasciarlo venire in auto?

Taehyung si era morso il labbro. Namjoonah, cosa ti costa tacere per una volta?

– Hoseokah, sei una persona orribile! – aveva esclamato Jin con gli occhi spalancati.

– Ma io gli ho chiesto se fosse sicuro infatti! Sono stato messo a tacere da Kookie, per cui è colpa sua se Jiminie si prende un malanno.

– E tu ti fai mettere i piedi in testa da un ragazzo più piccolo? – Jin era rimasto genuinamente sorpreso, ma poi ci aveva pensato un attimo su – A parte che Kookie riuscirebbe a dar del filo da torcere a chiunque. Hoseok, non avevi speranze contro di lui in effetti – aveva quindi detto ghignando sotto i baffi.

Taehyung avrebbe voluto interrompere subito questa conversazione. Innanzitutto, essendo stato l’unico ad aver visto le condizioni dell’amico, non voleva che gli altri ragazzi si mettessero a discutere di qualcosa che lui probabilmente voleva tenere privata. In secondo luogo, avvertiva un’ansia via via maggiore da quando Jungkook era stato messo di mezzo nella conversazione. Di nuovo sperò che il discorso finisse lì. Lui sapeva come stavano le cose, ovvero che Jungkook anche era stato preoccupato per Jimin, ma sapeva che c’era un’altra possibile conclusione a cui si sarebbe potuti arrivare: e se i due si fossero visti?

– Ma se Jiminie e Jungkookie si fossero visti ieri?

Taehyung a questo punto avrebbe tirato volentieri il piatto a Namjoon se avesse potuto. Gli altri probabilmente dovevano essere dello stesso avviso perché infatti il silenzio era calato all’improvviso sulla tavola. Gli occhi di Hoseok erano volati quasi involontariamente su Yoongi, seduto proprio di fronte a lui. Era rimasto con le bacchette a mezz’aria. Fu proprio lui a rompere il silenzio, con voce bassa e un tono che tradiva un certo turbamento:

– E… E ci mentono entrambi? Cosa fanno? Si nascondono?

Hoseok aveva avvertito una progressiva irritazione nel modo in cui l’amico aveva posto le tre domande e qualcosa dentro di lui gli aveva fatto capire che era il caso di interrompere il discorso. Taehyung parlò prima che potesse lui:

– Jungkookie nemmeno sapeva dove fosse Jiminie, quindi non credo nessuno si stia nascondendo da nessuno hyung.

– Allora sai darmi tu una spiegazione plausibile, Taehyung? Mh?

Yoongi aveva adoperato un tono piuttosto aspro, di cui si pentì un secondo dopo. Gli veniva sempre troppo semplice rispondere male a quel ragazzo. Non sapendo cosa dire abbassò di nuovo lo sguardo e riprese a mangiare. Taehyung era rimasto ammutolito, così come anche Jin e Namjoon, i quali seguendo l’esempio di Yoongi pensarono che la cosa migliore fosse mettersi del cibo in bocca e terminarla lì. Hoseok fu l’unico che parlò:

– Yoongiah, sono sicuro che ci saranno stati dei motivi validi da parte di Jiminie per non venire. Potrebbe essere andato a comprare dei regali per tutti noi da quello che sappiamo. Lo so che il suo comportamento non è stato dei migliori, ma credo che l’ultima cosa che dovremmo fare è metterci a fare supposizioni ingiuste nei suoi confronti. Se poi davvero non si sente nemmeno troppo bene, come Taehyungie ha confermato, questo potrebbe aver ulteriormente influenzato il suo comportamento. Sono sicuro ti chiederà scusa una volta che si sarà rimesso del tutto. Nel frattempo, il nuovo anno sta arrivando e non possiamo iniziarlo provando sentimenti negativi gli uni verso gli altri.

Jin aveva annuito con un piccolo mormorio di assenso, mentre Taehyung aveva cercato semplicemente a quel punto di sviare il discorso su qualcos’altro. Non venendogli in mente molto alla fine aveva chiesto a Jin come stessero procedendo le torte. Il cambio di tema fu accolto positivamente da tutti, Yoongi incluso, e piano piano l’atmosfera era tornata serena e rilassata.

Ecco dunque perché a nessuno dei passeggeri del veicolo sarebbe venuto in mente di riaprire l’argomento. Ognuno dava per scontato che una volta che Jimin e Jungkook fossero arrivati e tutti fossero entrati nello spirito della festa questi dissapori sarebbero spariti assieme al vecchio anno. Così sperava anche Yoongi. Di sicuro il fatto che Jimin non avesse dato notizie di sé per delle ore gli aveva dato un leggero fastidio, ma una volta accertatosi che al ragazzo non era successo nulla sarebbe potuto facilmente passare sopra a una cosa del genere. Ciò che lo aveva fatto scattare – e in un modo che aveva sorpreso lui stesso – era stata l’ipotesi avanzata da Namjoon, ovvero che Jimin avesse potuto mentire per vedersi con Jungkook. Yoongi non ne capiva il motivo. Il sotterfugio gli faceva pensare che ci fosse qualcosa da tenere segreta, e questo qualcosa lo rendeva incredibilmente nervoso. Se non c’era nulla di male nell’incontro dei due giovani, perché mentire? Gli piaceva pensare che se Jimin gli avesse semplicemente detto che non potevano più vedersi perché aveva un impegno con Jungkook per lui sarebbe stato tutto apposto. Che sarebbe stato capace di accettare che Jimin facesse saltare l’appuntamento già programmato da tempo con lui per andare in visita all’altro ragazzo. Diceva a sé stesso che in quel caso non avrebbe avvertito il senso di spaesamento che stava sentendo ora e che la colpa di tale sentimento era solo dovuta alla bugia di Jimin e all’implicazione che essa poteva portare. Lo scatto che aveva avuto con Taehyung era stato del tutto immotivato e come al solito solo una scusa per scaricare parte della sua ansia. Il ragazzo aveva in effetti confermato che Jimin non aveva mentito a nessuno, ma Jimin era sempre stato trasparente con lui e Yoongi adesso invece non riusciva a capirlo. Che cosa succedeva? Non aveva più voglia di stare insieme a lui? Pensò al quaderno di testi che avrebbe voluto fargli ancora vedere. Non era convinto di così tanti punti e aveva bisogno di un consiglio. Voleva sapere anche quale fosse l’opinione di Jimin sulle parti che invece a lui piacevano. Una delle sue cose che amava di più era vedere gli occhi dell’altro scorrere lungo le pagine scritte da lui e illuminarsi in quegli stessi punti che anche lui preferiva. Era probabilmente una sensazione stupida, ma quella reazione gli dava conforto, gli faceva sentire che ciò che stava facendo aveva un senso e donava alle sue creazioni una bellezza ulteriore. Proprio perché erano state apprezzate da Jimin, diventavano più speciali anche per Yoongi stesso e lui smetteva di guardarle con i suoi occhi, sempre così critici nei propri confronti, ma prendeva ad osservarle attraverso quelli di Jimin. Quella mattina, dopo aver continuato ad aiutare Hoseok con le sue prove, si era messo a un certo punto davanti a quelle righe scritte fitte e non era riuscito a combinarci nulla. Né aggiustarle né aggiungere qualcosa. Erano rimaste lì, incomplete e vuote, in attesa. Yoongi non era arrabbiato con Jimin. Non avrebbe chiesto le sue scuse. Non avrebbe chiesto nulla tranne un’unica cosa: che non lo lasciasse solo.

 

****

Quella villa non avrebbe mai smesso di sorprenderlo, pensò Hoseok mentre scendeva con un salto fuori dal veicolo. Era immersa nella natura e il sottile strato di neve che ricopriva tutto, dai rami degli alberi intorno, all’erba del prato, ai cespugli di siepi, fino al tetto dell’abitazione rendeva tutto ancora più magico. Era sempre felice ogni volta che ci tornava. La prima cosa che fece appena tutti furono usciti dall’auto fu tirare un po’ di fiocchi bianchi raccolti da terra giù per il colletto di Namjoon. Dargli fastidio era letteralmente la sua attività preferita. Il ragazzo urlava e sbraitava ogni volta, ma poi di fatto non concretizzava mai le sue minacce. La casa era rimasta come tutti la ricordavano. L’anticamera dell’ingresso ospitava un armadietto piuttosto spazioso dove si potevano lasciare le scarpe e una porta conduceva poi nel grande salone, luogo principale dove si sarebbe svolta la festa e dove quindi sarebbe stato messo oltre al tavolo con il cibo anche lo stereo con la musica. Tranne le camere da letto dove avrebbero dormito i sette ragazzi, che erano off-limits e chiuse a chiave, il resto della casa, giardino incluso, era tutto messo a disposizione degli ospiti. Era spaziosa e avrebbe potuto contenere anche forse un’ottantina di persone, se queste si fossero ben distribuite tra i vari piani e il giardino. Il piano terra presentava oltre all’anticamera e alla sala anche una spaziosa cucina e un bagno. Al primo piano si trovavano le camere da letto, altri due bagni, uno studiolo e una stanza in più che era sempre rimasta senza una funzione specifica. All’ultimo piano si trovava un grosso ambiente unico dove era stato un grande tavolo da biliardo, un tavolino con delle poltroncine e un’altra credenza piena di liquori e altri alcolici. Insomma, fungeva da sorta di secondo salotto, ed era nato proprio per quelle occasioni in cui entrambi i genitori di Jin si ritrovavano a ricevere due gruppi separati di ospiti.

Appena messo piede in casa Jin si diresse subito verso le persiane e fece entrare nuova aria. Accese poi le luci del cortile fuori. Era inverno e dunque era già come se fosse piena notte. A ruota, dopo aver lasciato ognuno il proprio cappotto e zainetto presso il proprio letto, anche tutti gli altri presero a dividersi i ruoli e si misero a darsi da fare, ripetendo la routine di ogni anno.

Attorno alle 20:30 tutto era quasi pronto. I grandi divani del salotto erano stati spostati alle pareti così che non dessero intralcio durante la festa. Il computer era stato attaccato alla televisione per poter diffondere la musica. Ben adiacente anche lui al muro era stato posto il pesante tavolo di legno scuro, protetto da una tovaglia. Sopra vi erano stati appoggiati tutti i vari vassoi che Jin aveva portato con il cibo da lui preparato e le bottiglie di soju comprate. Il pavimento era stato ripulito e nell’attesa che asciugasse i ragazzi si erano occupati di riporre tutte le birre comprate nel grande frigorifero d’acciaio nella cucina, così che si tenessero al fresco. Colsero l’occasione intanto per berne un paio a testa anche loro stessi, la voglia troppa per poter aspettare ancora. D’altronde se lo meritavano. L’unica cosa che mancava era aggiungere al tavolo le bevande analcoliche, gli snack e decorare un po’ la casa con le decorazioni che erano state comprate da Jimin e Jungkook. I due, però, stavano facendo notevolmente ritardo.

– Dove si sono cacciati? – chiese Jin guardando fuori dalla finestra il vialetto d’ingresso con le braccia incrociate e un piede che batteva impaziente a terra – qualcuno ha avuto notizie?

– Aspetta, li chiamo adesso – disse Taehyung. Telefonò a Jimin, il quale lo rassicurò.

Il traffico era allucinante, Taehyungie. Siamo quasi arrivati però. Cinque minuti e siamo lì.

– Ok, tranquilli, volevamo solo accertarci che tutto fosse apposto.

Riappese il telefono e comunicò quanto gli era stato detto agli altri. Trattenne il fiato per un attimo per poi rilasciarlo un minuto dopo, quando sentì solo mormorii di assenso provenire dagli amici. Aveva avuto seriamente paura che Namjoon desse di nuovo voce al dubbio di tutti: sapevano le condizioni del traffico ogni anno, e ogni anno tutti si erano regolati di conseguenza per essere alla villa in orario. Che avevano combinato per essere così in ritardo oggi?

– Beh, non ci è rimasto molto da fare, no? Io andrei a farmi una veloce doccia calda se non vi dispiace – Yoongi si trovava già con la mano sulla ringhiera delle scale per il piano superiore.

– Si anche io andrei a prepararmi – aveva detto Namjoon – Tu che fai Jin?

– Andate intanto tu e Yoongi, i bagni sono solo due. Noi andremo dopo.

– Perfetto – dissero quasi in coro sia Yoongi che Namjoon ed insieme si avviarono di sopra.

Jin, Taehyung e Hoseok si buttarono in attesa sul divano e per circa cinque minuti l’unico suono nella stanza fu lo scroscio delle docce al piano superiore. Quando il rumore cessò, Jin si alzò e andò anche lui su per le scale, capendo che era arrivato il suo turno.

– Voi andate dopo? – chiese agli altri due che nel frattempo non si erano mossi dal divano.

– Io sono un po’ stanco, vado fra cinque minuti, tanto siamo in orario, no? – rispose Taehyung. Hoseok annuì come a dire che per lui valeva lo stesso.

– Si, si, come volete – rispose Jin e sparì per le scale. Dopo un minuto passato a osservare il soffitto, Taehyung si alzò dal divano e andò davanti alla finestra che dava sul vialetto, cercando qualcosa con lo sguardo.

– Avevano detto cinque minuti… Ah no, eccoli!

Hoseok si portò in piedi ed andò vicino all’amico. Jimin e Jungkook erano intravedibili in lontananza, due figure scure appena toccate dalla luce dei fari al di fuori del cancello d’ingresso. Stavano chiaramente giocando, correndo in quella che doveva essere una sorta di acchiapparella. Ci stavano mettendo una vita infatti ad arrivare poiché Jimin continuava a scappare da Jungkook che lo stava rincorrendo tornando spesso indietro e non arrivando dunque mai alla villa.   

– Hoseokah…. – Taehyung aveva parlato con una voce ancora più bassa del solito – Tu… tu come li vedi? Pensi… possano funzionare?

La domanda sorprese non poco Hoseok. Credeva quello fosse un argomento tabù per tutti, ma fu felice che qualcuno finalmente ne volesse parlare.

– Beh – disse tirando un sospiro –  personalmente, a me sembrerebbe che Jiminie sia piuttosto preso. Tu cosa pensi invece?

– Ti ho fatto una domanda prima io e ti chiesto se credi che possano stare bene insieme, non come ti sembra Jimin. Puoi rispondermi?

– Taehyung? – non capitava davvero mai che Taehyung fosse così brusco, tantomeno nei suoi confronti. Gli sembrava la versione meno estrema di Yoongi in questo momento. L’altro ragazzo sembrò rendersi subito conto di avere esagerato.

– Scusa! Scusami Hobi! Le due birre che ho bevuto prima devono starmi facendo effetto, chiaramente – scosse la testa come a dire che l’argomento poteva tranquillamente essere chiuso e fece per andarsene –  Chiedevo solo perché voglio che il mio migliore amico sia felice.

– Anche io voglio che il mio lo sia.

Il tono serio di Hoseok fece arrestare bruscamente Taehyung. Tornò alla finestra, con un’espressione incuriosita.

   Per cui ora dimmi cosa pensi Tae. Perché mi hai fatto questa domanda?

L’altro rimase un attimo in silenzio prima di parlare:

– Mi chiedo solo se possano rendersi davvero felici. Non ne ho parlato con nessuno prima. È la prima volta che dico questo ad alta voce, e credo di essermi sentito libero di farlo perché so che anche tu sei vicino a Jiminie e ci tieni. Lo vedo anche io che è preso. Ma che due persone siano prese non è sufficiente per essere felici. All’inizio tutti sono presi, ma deve esserci qualcosa di più. Jimin è un ragazzo che ha bisogno di sicurezza, e continue rassicurazioni, questo lo sai bene come me – Hoseok annuì e Taehyung continuò – Jungkook può dargli questa sicurezza e mi rendo conto che Jimin dal canto suo dà a Kookie quello che lui spesso cerca, ovvero qualcuno che gli si affidi. Ma vedi, non è una cosa difficile da ottenere questa, può essere trovata anche in un coinquilino, quando questo non sa badare a sé stesso.

Dicendo questo Taheyung lanciò un’occhiata scherzosa a Hoseok, sorridendo leggermente. Hoseok dette una debole risatina soffocata:

– È vero, su questo ti do ragione.

– Perché hai accennato a Yoongi-hyung prima?

– Mah, credo di averlo fatto perché volevo davvero avere un’altra opinione e ho pensato che tu avessi più risposte di me. Sai, Yoongi non si avvicina facilmente alle persone. Non so davvero neppure io bene di cosa sto parlando, è semplicemente una sensazione che ho. Credo che Jimin dovrebbe rimanere nella sua vita. A volte mi chiedo che peso possa avere Jungkook in questo però. Come ho già detto, non so davvero cosa pensi Yoongi. Volevo quindi sapere se tu avessi un’idea più chiara almeno su Jimin. Sapere se anche a te sembra preso da Jungkook o se riesci a vedere oltre. Qualcos’altro che a me sfugge e che potrebbe essere utile per districare questa situazione.

  Mi piacerebbe averla hyung, credimi. Credo che Jimin sia incredibilmente legato a Yoongi e non sono sicuro sia un legame facilmente spezzabile anche se Jungkook dovesse mettersi in mezzo, se è questo che ti preme. D’altro canto se dicessi che non vedo un interesse per Jungkook da parte di Jimin mentirei. Gli è sinceramente affezionato.

  Dunque l’incognita è Jimin – disse Hoseok.

  L’incognita è Jimin –  ripetè Taehyung. Rimase poi un attimo a fissare il cielo fuori dalla finestra, lo sguardo perso e incantato. Riprese lentamente:

– Jimin non sarebbe infelice con Jungkook. Lo so. Sono di certo una coppia su cui si potrebbe scommettere. Il problema è che Jungkook darebbe tutte le sue attenzioni a Jimin, ma non credo Jimin saprebbe fare altrettanto. Ecco perché ti ho fatto la domanda iniziale. Mi chiedevo se Jimin potesse renderlo felice.

  Credevo avessi chiesto se potessero rendersi felici a vicenda? –  disse Hoseok in un tono serio, ma che tradiva una punta di giocosa malizia. Tae sorrise:

– Touché.

Mentre all’interno avveniva questa conversazione, Jimin e Jungkook, ignari di essere oggetto di discussione da circa tutto il giorno, continuavano a rimanere nel proprio mondo, divertendosi a farsi dispetti a vicenda e giocare tra la neve. Durante una delle sue piroette per scappare da Jungkook, Jimin si rese conto che l’altro lo stava chiaramente facendo vincere, scattando verso di lui ogni volta che scappava, ma permettendogli all’ultimo, quando lo raggiungeva, di schivare la sua presa e continuare a correre via. Jimin trovò ciò non accettabile, non poteva permettere di essere preso in giro così da un ragazzo più piccolo. Decise di fare leva sullo spirito di competizione di Jungkook. Per la centesima volta lo incitò a prenderlo e Jungkook per la centesima volta gli corse incontro rallentando solo alla fine. Jimin rallentò con lui, obbligando così l’altro a ragazzo a doverlo prendere per forza, a meno che non volesse ammettere di averlo fatto vincere fino a quel momento. Quando Jungkook, quasi fermandosi del tutto, il respiro affannato per la corsa, gli prese il lembo della manica del cappotto, Jimin fuggì via di nuovo urlando:

– Il primo che arriva al cancello vince!

Vediamo adesso se ti tiri indietro, pensò Jimin con un ghigno. I riflessi incredibilmente pronti di Jungkook scattarono, e nel giro di un solo secondo il ragazzo stava correndo come non aveva fatto fino ad ora:

– Hai bisogno di imbrogliare per vincere Jimine?!

Era incredibilmente veloce, e sebbene Jimin gli tenesse abbastanza testa, sapeva di non potercela fare. Vide a un certo punto una scheggia passargli di fianco e coprire in nemmeno tre secondi la poca distanza che era rimasta tra loro e il cancelletto della villa. Si fermò solo quando ebbe toccato le sbarre del cancello, facendolo tremare per via dell’impeto con cui gli si era buttato addosso. Un paio di secondi Jungkook dopo sentì una colluttazione dietro di sé. Anche Jimin era arrivato e così come lui aveva usato il cancello per bloccare la sua corsa, Jimin aveva deciso di usare direttamente lui come cuscinetto. Lo slancio della corsa lo fece sbattere violentemente contro la schiena di Jungkook il quale nel girarsi causò la perdita di equilibrio dell’altro. La neve non era molta, per cui il terreno non era troppo soffice, ma piuttosto semi ghiacciato, per cui era facile scivolare. Prima di cadere a terra Jimin afferrò il braccio di Jungkook, che a sua volta ruzzolò giù con lui, nel tentativo vano di impedire la caduta del più grande. Con le spalle che continuavano ad essere scosse dalle risate, entrambi si ritrovarono a terra, Jimin completamente disteso, Jungkook parzialmente finito addosso a lui. Respirando con difficoltà nel mezzo delle risate prese una manciatina di neve da terra e mise le mani tra i capelli di Jimin, scuotendogliela in mezzo. Jimin si mise a urlare, le braccia che cercavano di fermare il più piccolo, mentre ancora non riusciva a smettere di ridere convulsivamente.

– Cosa volevi fare? Il furbo? Chiedimi scusa!

– O-ok, ok! – Jimin non stava quasi più respirando, lo stomaco gli faceva male dal troppo ridere e adesso Jungkook aveva reso il tutto anche peggiore mettendosi a solleticarlo – mi-mi… arren… mi arrendo! S-scusa! 

Jungkook si fermò, soddisfatto. Con un finto sguardo minaccioso disse:

– Non farlo mai più.

– Mi hai sporcato i capelli, li avevo appena lavati – rispose Jimin mettendo su il broncio e scrollando l’altro da sé, tirandosi su. Jungkook si alzò a sua volta:

– Vedrai che sarai perfetto lo stesso, Jiminie, fidati. Dopo di te – Aprì il cancello e fece un piccolo inchino muovendo il braccio in direzione della casa, ad indicare che lasciava a Jimin il privilegio di passare per primo.

– Bravo, porta rispetto ai p-

Si fermò di colpo. Entrando nel cortile della casa i suoi occhi avevano in pochi istanti vagato in varie direzioni, e una di queste era stata la fila di finestre del primo piano, da cui si affacciavano le camere da letto. Due fiammelle di ghiaccio incrociarono i suoi occhi. Se le sentì addosso anche da quella distanza e avvertì il cuore cadergli giù all’interno della cassa toracica, come se si fosse fatto all’improvviso di piombo. La stanza si trovava nella penombra, quindi non sarebbe stato facile né accorgersi della figura alla finestra, né forse capire subito di chi si trattasse, ma Jimin non avrebbe mai confuso quell’esile figura con quella di nessun altro. Yoongi-hyung lo stava guardando. Da quanto tempo è lì? Dopo quelli che sembrarono due anni, ma probabilmente furono solo due secondi, Yoongi si allontanò dalla finestra, scomparendo dalla vista di Jimin. Il ragazzo abbassò lo sguardo e in silenzio prese ad avviarsi verso la porta d’ingresso, ignorando le domande insistenti di Jungkook, curioso di sapere cosa stesse per dire e impaziente di stuzzicarlo un altro po’.

 

 

Note dell’autrice: Ooook siamo alla parte centrale della storia. Non sono ancora sicura se farò durare la festa solamente un altro capitolo o due, ma comunque sia rappresenterà (come credo si sia già potuto immaginare) un momento importante. Sono contenta di essere arrivata fino a questo punto perché ho in mente questa specifica parte da quando ho iniziato a scrivere e la scena che vi sarà inclusa (nel prossimo capitolo o fra due) è quella che mi ha ispirato l’intera fanfiction. Perciò a questi capitoli tengo particolarmente e spero dunque, ancor più del solito, che siano di vostro gradimento

In questo capitolo credo che tutti i personaggi inizino a capire un po’ meglio sia ciò che sta accadendo (e cambiando) sia che ciò che loro stessi provano. Certo è che c’è ancora molto confusione e soprattutto molte incomprensioni. La scena tra Jimin e Jungkook in origine sarebbe dovuta essere più breve, ma poi ho pensato di allungarla. Mi premeva ribadire, e mostrare, che c’è un’effettiva intesa tra i due, non sono spuntati fuori dal nulla. Jimin non va da Jungkook per dispetto nei confronti di qualcuno, o almeno, non c’è questo nelle sue intenzioni. Crede davvero che il ragazzo possa farlo stare meglio e sia ciò di cui ha bisogno. Se nei suoi atteggiamenti sembra esserci della ripicca, beh, il povero Jimin non è consapevole. Yoongi anche deve fare i conti con sensazioni molto simili a quelle che sta vivendo Jimin. I due ragazzi stanno essenzialmente provando le stesse cose, si sentono entrambi messi da parte dall’altro ma non parlandosi ovviamente ciò non può essere chiarito.

Si nota poi come un po' tutti stiano iniziando ad avere il presentimento che qualcosa sta cambiando e come si aspettino, a dispetto degli sforzi fatti per mantenere la situazione stabile, uno scoppio a breve. Il discorso tra Taehyung e Hoseok è importante in questo senso. Sono quelli che meglio di tutti possono avere un'idea d'insieme accurata, ma anche loro non sanno esattamente cosa pensare. Hoseok, conoscendo Yoongi, ha pensato all'eventualità che Jimin sia per Yoongi qualcosa di diverso da ciò che è lui. Ha paura per il suo amico, e per questo tiene d'occhio la stituazione. Però non riesce a essere sicuro di nulla, esattamente come Tae, e questo essenzialmente perchè quando i ragazzi sono tutti insieme sono sicuramente Jungkook e Jimin a saltare più all'occhio di Jimin e Yoongi. Ci tenevo a precisarlo perchè ovviamente essendo Tae e Hobi i migliori amici di Jimin e Yoongi potrebbe apparire strano che nessuno dei due sia capace di farsi un'opinione precisa. C'è però un momento in cui anche l'amicizia più stretta non è sufficiente, e occorre davvero che le cose vengano dette come sono. Diciamo che al momento si muovono tutti e sette solo nel campo delle sensazioni, e non sono capaci di spiegarsele.

Di nuovo non so mai se le note hanno senso, fatene ciò che volete. Come ho già detto, questo capitolo, come il prossimo, è importante per la storia così come ha un valore particolare per me, però as usual non sono convinta di aver reso bene ciò che avrei voluto ahah Dunque un feedback è più che benvenuto ^-^

Grazie tantissimo di aver letto fin qui, ci si vede la prossima settimana!

Baci, Elle

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Capitolo 9
*** Capitolo VII ***


CAPITOLO VII

 

[…]

 

Così tu e io cerchiamo un buco, un altro pianeta
dove il sale non toccherà la tua chioma,
dove non cresceranno dolori per mia colpa,
dove il pane vivrà senza agonia.

 

[…]

 

 (Pablo Neruda, Sonetto LXXI, strofa 2)

 

 

– Ce l’avete fatta ad arrivare! - esclamò Hoseok mentre apriva la porta a Jimin e Jungkook per poi richiuderla in un lampo appena furono entrati. L’aria che arrivava da fuori era estremamente fredda e si chiese con che coraggio fossero riusciti a rimanere per tutto quel tempo all’aria aperta.

– Hey, lo sapete che quando si usano i trasporti si sa quando si parte, ma non quando si arriva – Jungkook iniziò a sfilarsi il cappotto e fece scorrere lo sguardo da Hoseok all’altro ragazzo sul divano – Ciao Tae!

– Ciao Kookie – rispose Taehyung con un sorriso che Jungkook avrebbe definito lievemente strano, quasi stanco, se solo avesse avuto modo di soffermarsi a pensarci. Venne invece distratto da alcuni passi pesanti che provenivano dalla direzione delle scale. Jimin si girò subito di scatto. Yoongi stava scendendo lentamente al piano terra, una mano alla ringhiera, lo sguardo fisso sui due nuovi arrivati, insondabile, e in parte coperto da alcune ciocche di capelli neri leggermente ondulate che gli ricadevano sulla fronte.

– Dunque siete vivi – fu il suo commento una volta arrivato a terra. A Jimin parve di sentire dietro di sé Jungkook rispondere qualcosa ridacchiando, ma non ne era sicuro. Gli sembrava di trovarsi in un’altra dimensione, dove i suoni erano attutiti e lo spazio deformato. Non riuscì a dire nulla alla vista di Yoongi, il groppo che si sentiva in gola troppo ingombrante per far spazio alle parole. Lo rimase semplicemente a guardare, pietrificato e irrigidendosi leggermente quando il ragazzo più grande iniziò a coprire la distanza tra loro. Vide Yoongi far cadere velocemente i suoi occhi su Jungkook – allora doveva effettivamente aver parlato – e poi posarsi per un attimo su di lui, prima di lanciargli un “Ciao, Jiminah” e passargli davanti dirigendosi verso il tavolo con le bibite. Prima che avesse modo di rispondere la voce di Jungkook gli fu vicino:

– Jiminie, non ti togli il cappotto?

– Come?

– Il cappotto, lo hai ancora addosso. Senti di nuovo freddo?

Jimin sentì una sorta di strattone riportarlo alla realtà. Che stava facendo? Perché era rimasto ammutolito di fronte a Yoongi-hyung? Con mani incerte si tirò giù la zip del cappotto, senza toglierselo del tutto ancora.

– No, no, sto bene. Scusateci del ritardo ragazzi – disse guardando principalmente in direzione di Taehyung ed evitando lo sguardo di Hoseok, seduto su un bracciolo del divano. Yoongi si trovava di schiena, intento a versarsi del soju in un bicchiere di carta rosso. La sua piccola figura occupava solo la vista periferica di Jimin, ma il suo cervello la registrava in primo piano come se gli si fosse trovato davanti e a due centimetri di distanza. Indossava un paio di jeans neri semi aderenti, mentre sopra aveva semplicemente una camicia bianca di seta e una giacca rossa, ma che gli donavano incredibilmente. Questi ultimi due capi dovevano appartenere al gruppo di vestiti che Yoongi possedeva solo perché obbligato a comprarli da Hoseok. “Ci sono occasioni in cui avere qualcosa di meno casual di una tuta può tornare utile, mi ringrazierai spesso nel corso della tua vita Yoongiah per avere questa isola felice di eleganza nel tuo armadio”. Da quando viveva con Jin la spinta in questo senso era raddoppiata e dunque Yoongi non si era mai opposto quelle volte in cui era stato letteralmente messo a muro affinché acquistasse qualche pezzo più elegante. Ovviamente Hoseok lo ha spinto a vestirsi così. Dovrebbe farlo più spesso, pensò Jimin. Sentì subito del calore affluirgli alle guance e farsi ancora più intenso quando intravide di lato Yoongi girarsi verso di lui. Nonostante parte di sé avrebbe voluto correre via, una forza inspiegabile lo spinse a muovere d’istinto il viso nella direzione di Yoongi. Ancora vicino al tavolo, il ragazzo si stava portando il bicchiere alla bocca e i suoi occhi, invece che passargli sopra solo velocemente, questa volta si fissarono in quelli di Jimin. Tirò giù un sorso di soju e parlò poi con voce tranquilla, più morbida di quanto Jimin si sarebbe aspettato:

– Come stai?

Non aveva voglia di chiedere spiegazioni per il giorno prima. Non aveva voglia di null’altro che non fosse accantonare tutta la vicenda e riprendere da dove si era rimasti. Vedere finalmente di nuovo il ragazzo gli aveva dato la conferma che in effetti non gliene importava nulla di cosa avesse fatto, purché riprendesse a parlargli ed essere quello che era sempre stato, il suo Jimin. Trovava che ristabilire un contatto tra loro fosse al momento la cosa più importante da fare, prima ancora che mettersi a fare scenate o chiedere spiegazioni che avrebbero reso il tutto ancora più teso. Come quella prima volta in cui si erano parlati davanti al pianoforte, ora Yoongi sentiva di nuovo, inconsapevolmente, l’urgenza di doverlo tirare di nuovo a sé, mantenerlo nella propria orbita, urgenza che percepiva con ancora più prepotenza da quando aveva visto Jungkook giocare con lui nella neve pochi minuti prima.

C’era silenzio nella stanza. Nessuno dei ragazzi presenti stava emettendo un fiato, tutti troppo ansiosi di vedere come si sarebbe svolto l’incontro e speranzosi che quella situazione si risolvesse prima possibile. Jimin fece del suo meglio per apparire il più naturale che potesse e per aiutarsi in questo decise di trovare un’occupazione per le proprie mani – e avere così una scusa per interrompere per un attimo il contatto visivo – togliendosi del tutto il piumino che aveva addosso. Un debole “B-bene” uscì dalla sua bocca, prima di accorgersi di uno strano lampo negli occhi di Yoongi e arrestarsi di colpo.

– È tua quella felpa?

Jimin si sentì rigido di nuovo. Aveva scordato di star indossando la felpa di Jungkook. Un fischio gli giunse alle orecchie. Era Jungkook, il quale si era appena messo a sedere sul divano di fianco a Taehyung, un braccio dietro al collo del ragazzo.

– Non ti sfugge nulla hyung. È la mia. Jiminie deve avere cubetti di ghiaccio nelle vene.

Yoongi inclinò leggermente la testa e batté le palpebre velocemente un paio di volte prima di parlare:

– Non hai controllato il tempo prima di uscire di casa?

Jimin non sentì più la morbidezza che gli era parso di avvertire prima nelle parole di Yoongi. Incerto su cosa rispondere esitò e Hoseok, che era rimasto a guardare attentamente alternativamente Jimin e Yoongi durante quello scambio, sentì che era tempo di intervenire e alleggerire l’atmosfera.

– Yoongi, non credo tu sia nella posizione di poter dare a chiunque consigli sul come vestirsi – si alzò e gli andò incontro, mettendogli un braccio intorno alle spalle – devo ricordarti grazie a chi hai avuto stasera modo di sfoggiare una mise non solo appropriata, ma che ti dona anche discretamente? Tu saresti venuto in pigiama se avessi potuto.

– Il che sarebbe andato comunque bene, Hoseokah, saranno tutti troppo ubriachi comunque per far caso a cosa indosso io.

– Mai sottovalutare il potere di un buon outfit il primo dell’anno, caro Yoongiah, mai – rispose Hoseok ridendo e facendogli l’occhiolino. Dall’idea che si era fatto osservando il suo sguardo poco prima, Jimin doveva aver certamente notato quanto Yoongi fosse bello quella sera. Lo era davvero, anche lui stesso se ne rendeva conto e non a caso aveva insistito che comprasse questo completo. Era elegante, ma non ingessato come avrebbero potuto risultare giacca nera e cravatta. Era un completo che spiccava e Hoseok credeva fosse adatto a Yoongi. Sebbene il ragazzo facesse del suo meglio per rimanere nell’ombra – o meglio, non si curasse troppo di venire alla luce – l’aura che traspariva da lui rimaneva comunque incredibilmente grande. Se si fosse dovuto attribuire a Yoongi un elemento, probabilmente chiunque avrebbe a prima vista detto il ghiaccio, ma Hoseok, il suo migliore amico, sapeva che era il fuoco. Lo pensava da sempre e dopo tanti anni ancora si meravigliava di come Yoongi stesso non si rendesse conto del magma caldo che aveva dentro di sé. Si sentiva dunque incredibilmente felice di averlo convinto a prendere questa giacca rossa. Gli si addiceva e sperava gli potesse essere di buon auspicio per l’anno nuovo. Notò un particolare che non lo convinse e intervenne prontamente, slacciando con dita veloci i primi due bottoni della camicia bianca di Yoongi. Spero l’alcol faccia il resto, pensò. Il mio lavoro è fatto.

L’intervento di Hoseok, il modo in cui si era avvicinato a Yoongi proprio mentre finalmente si stavano parlando, il braccio che gli aveva fatto scorrere attorno al collo e la mano che invece gli aveva toccato il polso, aveva turbato di nuovo Jimin. Sentì i suoi battiti farsi più celeri e la nausea tornargli con violenza quando nelle orecchie gli rimbombò di nuovo il suono di parole che ancora non riusciva a dimenticare. Aveva una mezza idea di cosa stesse parlando Hoseok e quel gesto di slacciare i primi due bottoni della camicia di Yoongi lo aveva reso secondo lui ancora più esplicito. Yoongi era vestito benissimo e Hoseok lo vedeva – come d’altronde lo riusciva a vedere anche lui – e Jimin aveva dunque ben in mente a cosa alludesse quando aveva accennato ai vantaggi di esser ben vestiti. Sentì rabbia e fastidio nascergli di nuovo dentro. Va bene se stanno insieme, ma potrebbero essere almeno un po’ più discreti? Altrimenti lo dicessero direttamente così la questione si sistema una volta per tutte. Così pensando si girò bruscamente verso Taehyung e Jungkook sul divano:

– Io vado a farmi una doccia e prepararmi.

– Vengo anche io – rispose Taehyung andandogli dietro. Prima di salire al piano superiore guardò Jungkook – Kookie nel frattempo vuoi sistemare sul tavolo le cose avete comprato e mettere i festoni? Dove sono le buste?

– Gli zaini! – esclamò Jimin in cima alla scala. Nonostante il nodo allo stomaco non accennasse a sciogliersi, la sua risata cristallina scoppiò fragorosa – Jungkookie, abbiamo scordato gli zainetti fuori!

– È vero! – scattò su dal divano il ragazzo – Li abbiamo buttati a terra per correre meglio – si mise a ridere anche lui – Vado e torno!

– Perché si ride qui? Finalmente siete arrivati – Namjook era apparso davanti a Jimin, all’inizio delle scale, pronto a scendere e preparato anche lui per la festa. Jimin spiegò brevemente la situazione mentre faceva gli ultimi scalini e poi si avviò verso quella che credeva essere la porta della sua camera.

– Non lì, Jiminie. Tu sei in stanza con Jungkook, la terza. Tu Tae vai nella prima, con Hobi e Yoongi-hyung. Abbiamo diviso così. Attenti a non bagnare troppo il pavimento mentre fate la doccia – date queste veloci istruzioni scese al piano terra. Jimin si trovò a chiedersi se fosse il caso di dire a Jin e Namjoon che forse quest’anno qualcun altro avrebbe voluto competere con loro per occupare la seconda camera, quella con il letto matrimoniale.

****

Jimin ebbe modo di riflettere sotto la doccia. La sensazione che qualcosa di incredibilmente prezioso gli stesse venendo sottratto era immensa, ma si accorse di provare dentro di sé anche vergogna per il suo attegiamento così infantile. Capì che se avesse continuato a sentirsi così ne sarebbe mai uscito. Doveva proteggersi. Giunse alla conclusione che l’unico modo per non soccombere fosse accettare tutto. Per quanto sapesse della difficoltà che avrebbe dovuto fare, sentì che era la soluzione migliore. Avrebbe dovuto imparare a fare i conti con questa nuova realtà e prima si fosse distaccato emotivamente dalla situazione meglio sarebbe stato. Doveva lasciare che le cose facessero il loro corso, senza cercare di capirne i perché o pensarci su troppo. La sensazione di essere stato accantonato sarebbe rimasta ancora per tanto, ne era consapevole, ma si convinse che prima o poi sarebbe passata. Probabilmente già quando i due ragazzi fossero usciti allo scoperto. Gli avrebbero parlato e lui avrebbe capito. Poteva farcela. Nel frattempo avrebbe avuto modo di concentrarsi su ciò che lo faceva stare bene. La giornata trascorsa con Jungkook era stata piacevole, rovinata solamente, appunto, dalle sensazioni sgradevoli suscitategli dai pensieri negativi nei confronti di Yoongi e Hoseok. Sentì di aver finalmente compreso il vero problema: lui stesso e il modo in cui stava gestendo le sue emozioni. Mentre l’acqua gli scorreva calda addosso, seduto per terra nella doccia, avvertì la consapevolezza che continuando così avrebbe distrutto tutto, sia il suo rapporto con i due ragazzi più grandi che ciò che avrebbe potuto avere con Jungkook. Si sarebbe rovinato la vita. In quel momento, tra le nuvolette di fumo sprigionate dal vapore, sentì di sapere finalmente cosa avrebbe dovuto fare e il suo corpo si distese. Tutto gli sembrò più facile. Gli sembrò possibile relegare nel passato i pomeriggi passati con Yoongi. Gli sembrò possibile accettare che non sarebbe stato più il primo ad ascoltare la sua musica o leggere i suoi testi. Gli sembrò possibile sgombrare la sua mente dal ricordo di questa perdita e concentrarsi su chi invece c’era. Gli sembrò possibile smettere di cercare un avvicinamento. Gli sembrò possibile arrendersi.

Quando scese nel salotto ebbe l’impressione che l’atmosfera avesse iniziato a scaldarsi e i ragazzi stessero entrando sempre più nel mood festivo. La prima cosa che notò furono Hoseok e Yoongi seduti vicini sul divano. Stavano parlando vivacemente, o meglio, Hoseok stava gesticolando vistosamente e dicendo qualcosa che doveva essere incredibilmente divertente stando al sorriso impresso sul viso di Yoongi. Entrambi avevano un bicchiere in mano, quasi vuoto quello di Hoseok, ancora pieno quello di Yoongi. Taehyung doveva essere stato più veloce di lui a prepararsi perché Jimin lo vide con la coda dell’occhio che stava per entrare in cucina mentre dal bagno si sentiva chiaro lo scroscio di una doccia accesa. Deve essere Jungkookie, pensò e l’idea del ragazzo sotto la doccia lo fece sentire strano per un attimo. Namjoon e Jin stavano sistemando i festoni – evidentemente Jin aveva fermato Jungkook e Hoseok, fidandosi poco delle loro abilità di decorare la casa – mentre sul tavolo erano già stati disposti tutti i piatti e bicchieri di carta e gli snack comprati quel pomeriggio. Prima di entrare in cucina Taehyung si accorse a sua volta Jimin.

– Vuoi qualcosa da bere? Abbiamo iniziato già ad aprire qualche bottiglia.

– Si volentieri, grazie – rispose Jimin, e seguì l’amico in cucina – Buona idea bere fin da adesso e mettere la musica, aiuta a distendersi prima dell’arrivo degli ospiti. Bella questa canzone, tra l’altro.

– Selezione a cura di Joonie-hyung, si occuperà lui della colonna sonora. Ha già acceso per entrare nello spirito del party.

Dette il bicchiere a Jimin e prese un piccolo sorso dal suo, osservando il suo amico:

– Ti sei ripreso da ieri?

Jimin fece passare il bicchiere da una mano all’altra per un paio di volte prima di rispondere:

– Si. Si, sto bene adesso. Davvero Taehyungie, mi dispiace così tanto di averti fatto preoccupare. Ma non è accaduto nulla di grave, te lo assicuro. Ho solo perso il senso del tempo in centro e quando mi sono reso conto di essere in ritardo mi sono anche iniziato a sentir male per cui sono tornato a casa.

Come credevo, pensò Taehyung, di colpo più sollevato. Sebbene sapesse che il giorno prima non era avvenuto nessun incontro segreto tra lui e Jungkook – il più piccolo era in fondo preoccupato riguardo Jimin esattamente come lui e Yoongi – non si era reso conto di aver bisogno di averne la certezza fino a quel momento.

– La tua testa come va? Devi aver preso freddo oggi.

– No, sembra star bene. Avevo la gola un po’ più gonfia questa mattina, ma dovrei riuscire a sopravvivere, non ti libererai di me così facilmente Tae – disse Jimin strizzando l’occhio.

– Temo di no Jiminie, ma va bene così, posso sopportarti un altro po’.

Gli occhi sorridenti dell’amico rilassarono Jimin. Voleva che almeno con lui tutto fosse apposto. Gli era dispiaciuto dovergli mentire, ma era necessario per il momento. Per quanto Jimin trovasse stupido che si tenessero quel segreto per loro, non avrebbe tradito Yoongi e Hoseok. Però l’ultima cosa che avrebbe voluto era che Taehyung pensasse che stesse nascondendo qualcosa o che si preoccupasse credendo che avesse qualche problema serio. In fondo non ce l’ho. A chi Yoongi apre la sua camera da letto non è davvero un mio problema. Mentre pensava questo rientrò in salone, con Taehyung a suo fianco. Hoseok stava ancora parlando con Yoongi, i visi dei due incredibilmente vicini. Jimin mandò giù l’intero contenuto del suo bicchiere in tre sorsi.

– Buono! – esclamò. Il soju al limone non tradiva mai. Andò a prendere la bottiglia lasciata sul tavolo della cucina e se ne versò un altro, che bevve di nuovo in un sol sorso. Prese poi la bottiglia che stava quasi finendo e una nuova e le portò sul tavolo della sala. Mentre si versava un terzo bicchiere disse ad alta voce:

– Ma Kookie dove è finito?

– Qui.

Jimin si girò su sé stesso, guardando in direzione della voce. Hoseok e Yoongi anche si girarono brevemente verso il ragazzo che scendeva le scale, mentre Taehyung indugiò lo sguardo su di lui più a lungo, seguendolo mentre con fare sicuro e sciolto faceva gli ultimi gradini e andava verso Jimin. Sentì il suo respiro farsi leggermente meno regolare. Chiunque avesse un paio di occhi avrebbe potuto constatare la bellezza di Jungkook in quel momento. Aveva optato per qualcosa di abbastanza classico, ma che secondo Taehyung nessuno al mondo aveva mai indossato prima in modo tanto meraviglioso. Aveva una camicia bianca di cotone che gli ricadeva un po’ larga, primi bottoni slacciati, una cravatta nera messa lenta attorno al collo e gilet nero di velluto a piccoli pallini bianchi tenuto aperto. Sembrava così più grande della sua età e… uomo. Taehyung ingoiò della saliva e distolse gli occhi.

– Jungkookie! – esclamò Jin scendendo dalla sedia sopra cui si era arrampicato per sistemare uno dei festoni – Come siamo belli questa sera! Hai intenzione di spezzare altri cuori? Non ti sono bastati quelli che hai infranto l’anno scorso?

Jungkook rise solamente, a metà tra il lusingato e l’imbarazzato, e decise di distogliere l’attenzione da sé:

– E che ne dite di Jimin-hyung? Pensate che aveva paura di essere brutto perché prima gli ho scompigliato leggermente i capelli – Nel dire così gli si portò dietro e lo scosse un po’ per le spalle – Sempre a fare gli insicuri, eh Jiminie? Tu cosa credi Tae? Il tuo amico è presentabile?

Al momento distratto dal ciuffo di capelli di Jungkook, Taehyung fu costretto a tornare alla conversazione. Jimin stava effettivamente davvero bene. Aveva messo una maglietta aderente completamente bianca sopra a cui aveva abbinato una giacca anch’essa bianca, ma con un pattern di disegni neri. Sembrava letteralmente un angelo.

– Si. Si, direi che è più che presentabile. – Guardò Jimin con affetto e si spostò poi su Jungkook –  Però Jin ha ragione, tu ci batti tutti quanti Kookie.

Una voce squillante intervenne:

– Questo perché ancora non mi sono preparato io. Direi che è il mio turno di andare a farmi bello e lasciarvi tutti senza fiato.

– È vero Hoseok-hyung, abbiamo fatto male i calcoli – rispose ridendo Jungkook.

– Come avreste dovuto fare prima di assegnare premi di bellezza, infatti.

– La ragione si dà ai fessi, Hoseokah! – urlò Namjoon dall’alto della sua sedia, mentre si sporgeva leggermente per attaccare il filo con un pezzetto di nastro adesivo.

 – Certo Joonie, e per te è una benedizione visto che solo per questo ogni tanto Jin te le fa vincere.

Nessuno riuscì a reprimere una risatina, Namjoon incluso. Se l’era meritata. Mentre Hoseok si dirigeva verso le scale, Jungkook decise che era giunto il momento di dare un altro po’ di fastidio a Jimin:

– Allora abbiamo deciso che posso fare così finché voglio perché tanto non rovina la tua splendida immagine, giusto? – disse mettendogli di nuovo le mani tra i capelli e scompigliandoglieli.

  Kookieeee no! –  rispose Jimin cercando di allontanare la testa e fermare le mani di Jungkook.

  Hoseokah, salgo con te – disse Yoongi all’improvviso alzandosi dal divano e andò di sopra anche lui, sulla scia di Hoseok. Lottando debolmente contro Jungkook con una mano, Jimin li seguì con lo sguardo e mandò giù in un sol fiato il bicchiere che teneva nell’altra.

****

La mezzanotte era arrivata e lo champagne era stato stappato, tra le urla gioiose di tutti quanti. La situazione stava procedendo perfettamente. L’alcol era sufficiente, grazie anche al contributo degli ospiti, i quali avevano portato ognuno un altro paio di bottiglie da condividere. Nessuno sembrava stare ancora troppo male, ma sicuramente tutti erano chiaramente ben più che semplicemente allegri. La sala era piena di persone che ballavano, saltavano e sembravano starsi divertendo davvero. Gli ospiti che alla fine erano venuti erano leggermente più numerosi di quanti se ne aspettassero, il che era un buon segno. Significava che nessuno dei commedianti – la maggioranza degli invitati proveniva infatti dalla cerchia teatrale – si era annoiato i precedenti anni e dunque aveva sparso la notizia della festa ad un numero maggiore di amici. Jin sperò che tutta quella partecipazione avvenisse anche il giorno del loro spettacolo. Appollaiato su un gradino della scala osservava dalle sbarre della ringhiera di legno tutti quei corpi davanti e attorno a sé. Era soddisfatto di come la festa stesse riuscendo e non poté reprimere un senso di orgoglio. L’alcol che aveva in corpo gli amplificava le sensazioni e dunque sentiva ancora più potente del solito il piacere che gli veniva sempre dal sapere di aver provveduto agli altri. L’armonia era per Jin importante. Che si trattasse di una festa con sessanta invitati o una cena solo lui e i suoi più intimi amici, amava creare situazioni che unissero le persone e amava che ogni singola persona si sentisse benvenuta e accolta. Era questo il motivo per cui non aveva esitato ad aprire la propria casa ad Hoseok, anni prima. Era questo il motivo che lo aveva spinto ad invitare Jimin a restare cena la prima volta. Era questo il motivo per cui non aveva mai avuto la ben che minima remora all’aprire le porte anche a Taehyung, Jungkook ed ovviamente, anche se era un caso un po’ diverso, a Namjoon. Non c’era dunque da sorprendersi se l’idea di aver creato una routine annuale per la cerchia di persone con cui passava la maggior parte del suo tempo gli mettesse così tanta serenità. Dalla sua posizione avvistò le persone più importanti di tutte. Namjoon era vicino al tavolo degli alcolici, impegnato a riempire due bicchieri, uno per sé e uno da portare a lui. Vicino al caminetto, che si trovava centrale sul muro lungo della stanza, quello opposto alla porta d’ingresso, poteva vedere Jungkook, intento a parlare vivacemente con una crocchia di persone, prevalentemente ragazze. Aveva bevuto anche lui e come tutti era leggermente brillo, ma sapendo di non reggere l’alcol con facilità aveva per il momento deciso di non andarci giù troppo pesante. Nonostante avesse la più completa attenzione del pubblico femminile, a Jin era chiaro come i suoi interessi risedessero altrove. Il suo braccio finiva spesso, molto spesso a dire la verità, dietro la schiena di Jimin, lì di fianco a lui. Durante il corso della serata, Jin aveva avuto di notare come il ragazzo fosse rimasto quasi sempre vicino a Jungkook, alternando la sua compagnia solo a quella di Taehyung e occasionalmente sua o di Namjoon. Aveva anche avuto modo di notare qualcos’altro. Il suo bicchiere sempre pieno. Jimin non era tra loro uno dei più sensibili all’etanolo. Hoseok aveva la tolleranza di un bambino, Taehyung più o meno come lui, ma Jimin così come Jin stesso, avevano una certa resistenza. Non d’acciaio come quella di Yoongi, ma nella norma. Ciò non significava che non finissero mai ubriachi. L’alcol aveva effetto su di loro come su tutto il resto della popolazione mondiale. Yoongi stesso non faceva eccezione. Solamente non accadeva loro di sentirsi male, rimettere o perdere completamente il lume della ragione. E se gli accadeva – una o due volte nella vita era successo a tutti – avevano bisogno di una quantità non indifferente di alcol nel sangue (nel caso di Yoongi, botti intere). Jin non era sicuro di quanto avesse bevuto Jimin, né, anche avesse voluto, sarebbe riuscito in quel contesto – con la mente offuscata dal soju, il buio, la musica e gli attacchi continui del suo ragazzo, il quale non perdeva occasione per addossarglisi o spingerlo al muro – a tenerne il conto. Ciò di cui si era accorto era solamente che mai una volta gli aveva visto il bicchiere vuoto, il che poteva significare solo due cose. O Jimin non aveva mai bevuto, o faceva in modo di avere sempre con sé qualcosa da mandar giù. Dal suo attuale precario equilibrio – si aggrappava spesso mentre parlava al braccio di Jungkook – e dal modo in cui i suoi gesti sembravano venir fuori un po’ eccessivi Jin pensò che dovesse trattarsi del secondo caso. Jin distolse lo sguardo dai due ragazzi più piccoli, notando Namjoon che finalmente stava tornando da lui con i due bicchieri nelle mani. Seguendo con gli occhi il suo ragazzo, lo vide passare di lato ad un altro gruppetto di persone, al lato opposto di quello dove erano Jimin e Jungkook. Tra queste persone c’erano anche Yoongi e Hoseok. E come non notare Hoseok. La sala era gremita e la musica era altissima, eppure in qualche modo quando Hoseok parlava o rideva il suono della sua voce riusciva a coprire tutti gli altri.

– Rifornimento in arrivo – urlò Namjoon dal fondo delle scale cercando di attirare l’attenzione di Jin. Il ragazzo girò la testa e vide l’altro cercare di farsi largo tra il via vai di gente che faceva su e giù dalle scale.

– Joonie, mi sei mancato – disse Jin con tono languido quando Namjoon riuscì a mettersi a sedere di fianco a lui. Gli passò un braccio dietro la schiena e avvicinandoglisi portò la bocca nell’incavo del suo collo.

– Sono stato via tre minuti Jin – rispose Namjoon con un ghigno, socchiudendo gli occhi alla sensazione delle labbra dell’altro sulla sua pelle.

– È sempre troppo tempo – sollevò la testa e prima che Namjoon potesse rispondere lo baciò, ricambiato immediatamente dall’altro.

– Mmh avete una camera tutta per voi o sbaglio? Occorre che vi mettiate a dare spettacolo in un luogo pubblico?

La testa di Taehyung spuntò all’improvviso tra i due ragazzi, i quali emisero entrambi un urlo quando sentirono la sua voce roca, resa ancora più roca dall’alcol, dritta nelle orecchie. Gli era venuta voglia di giocare ed era quindi salito per un po’ al piano superiore per vedere se ci fossero attività divertenti in corso. Ne aveva trovata finalmente una e dunque adesso stava scendendo veloce, rischiando anche di inciampare e ruzzolare giù per via della testa che gli girava lievemente, per andare da Jungkook ad informarlo. Nella sua strada aveva notato Jin e Namjoon e non si era lasciato sfuggire l’occasione di infastidirli.

– Taehyungie! Cosa diamine spunti così?!

– Non stavamo facendo nulla di male!

– Namjoon, tranquillo, ormai lo sappiamo che ti piace prendere Jin in modi diciamo… non convenzionali. Vuoi che ti porti un grembiulino per darti un’ulteriore spinta?

A questo punto fu interrotto dalle braccia di Namjoon attorno al suo collo, mentre intanto sentiva Jin ridere in modo quasi isterico, un po’ dall’imbarazzo e un po’ perché al momento il suo cervello avrebbe probabilmente recepito qualsiasi cosa come divertente. Taehyung riuscì in qualche modo a liberarsi dalla presa mortale di Namjoon e scappare via facendogli la linguaccia. Di nuovo rischiò di inciampare sugli ultimi gradini. Cavolo, aveva bevuto un bel po’. Dovette fermarsi un attimo per riprendere il senso dell’equilibrio e approfittò intanto per dare una veloce scorsa alla stanza alla ricerca di Jungkook. I suoi occhi si illuminarono. Eccolo lì. 

****

Jimin non avrebbe saputo dire se si stesse divertendo o no. Avrebbe saputo dire ben poco in realtà. Sapeva solamente che a un certo punto il mondo aveva iniziato ad apparire sempre più distante. Non lo sapeva nemmeno lui quanto aveva bevuto, ciò che però sapeva era che non riusciva a ricordare un momento in cui non lo avesse fatto. La sensazione all’inizio gli era piaciuta. Si era sentito più leggero, sia nel corpo che nella mente, e per un po’ era riuscito a dimenticarsi di tutto. O perlomeno di molto. Aveva ballato, aveva chiacchierato, scherzato, o così gli sembrava di ricordare. Aveva sempre fatto in modo di avere qualcuno dei suoi amici vicino a sé, Taehyung o Jungkook o Jin e Namjoon. Ma poi quei due… quei due avevano preso a starsene sempre attaccati e lui aveva iniziato a sentire di nuovo nausea. Perché continuava ad avere nausea ogni volta che li vedeva? Perché ogni volta che Hoseok si avvicinava a Yoongi o vedeva Yoongi ridere a causa di Hoseok si sentiva come se gli stessero dando tremila pugni nello stomaco? Perché Yoongi non veniva a parlargli? Perché lo allontanava dalla sua vita? Quando questi pensieri iniziarono a prendere il sopravvento su di lui si accorse di aver forse bevuto un paio di bicchieri di troppo, ma l’alcol nella sua circolazione era già troppo per ritrovare l’auto controllo necessario a fermarsi. Aveva dunque continuato a bere e adesso stava cercando di apparire sciolto, ridendo a battute che non facevano ridere, sorridendo a persone che non conosceva, annuendo a discorsi che non riusciva a capire. Si augurava solo che gli altri fossero più ubriachi di lui e dunque non si accorgessero di nulla. Non si accorgessero di come i suoi gesti stessero diventando caricature. Non si accorgessero dei momenti in cui il suo sguardo si faceva vuoto e ci voleva la voce di qualcuno, di solito Taehyung, più spesso Jungkook, a riportarlo al presente. Al momento stava di nuovo fingendo di ascoltare quello che un ragazzo di fronte a lui stava dicendo, annuendo a caso e cercando di simulare nei suoi occhi una luce di comprensione che in verità non c’era. Il braccio di Jungkook, a cui si era aggrappato spesso negli ultimi… quindici? Venti minuti? Due ore? Da quanto tempo erano qui con queste persone?, era l’unica cosa che sembrava essere reale. Tutto attorno a lui sembrava ormai ballare, in senso sia figurato che letterale, e quelle braccia gli facevano da appiglio. Sentirle forti sotto la sua presa gli ricordavano di non essere abbandonato. Gli ricordavano che qualcuno, in quel momento, per lui c’era. Separò a un certo punto una voce conosciuta dal mare di suoni indistinti creato dalle altre voci.

– Taehyungieeeee! – esclamò quando vide il suo amico vicino a sé, appendendogli le braccia al collo e bloccandolo in un abbraccio sicuramente sincero, ma da cui traspariva ben poca lucidità.

– Oi Jiminie, mi soffochi! Quanto hai bevuto?

– Taehyungie ti voglio bene – Jimin continuò come se l’altro non avesse parlato, il corpo pesante addosso a Taehyung, gli occhi allegri chiusi a formare due mezzelune e le parole lente e molli. Jungkook si mise a ridere, prendendolo di forza e allontanandolo dall’altro.

– È la prima volta che lo vedo così, Tae, è normale?

– Si, si, o forse no, non lo so, io non ricordo.

Jungkook guardò Taehyung con sguardo interrogativo e pensò che anche lui, come Jimin, doveva chiaramente aver bevuto più di quanto avrebbe dovuto – Voglio dire… voglio dire che quando bevo io sento subito l’effetto… quindi non posso dire se Jiminie sia mai stato così perché sono sempre il primo ad ubriacarmi insieme ad Hoseokie e quindi non ricordo. Capito cosa intendo? Ora Kookie, ascoltami ­– Spostò con ben poco riguardo da un lato Jimin, il quale non sembrò prendersela e parve all’improvviso essere particolarmente interessato al contenuto del suo bicchiere, fissandolo per un po’ prima di mandarlo giù in due sorsi – stanno facendo una gara a braccio di ferro sopra e quel cretino di Hyonsu continua a dire di poter vincere contro di te, abbiamo quasi litigato, devi venire e battere tutti, Kookie vieni, vieni, dai.

– Tae, Tae, va bene! Va bene, vengo con te – rise Jungkook. Per quanto gli piacesse stare lì con Jimin al suo fianco, non sarebbe mai riuscito a dire di no. Innanzitutto l’idea di dare una lezione a quello sbruffone di Hyonsu e poi iniziare una gara con gli altri ragazzi lo entusiasmava incredibilmente. In secondo luogo, Taehyung avrebbe probabilmente potuto convincerlo a buttarsi da un aereo senza paracadute. Anche quando gli proponeva cose che Jungkook non avrebbe mai fatto o non aveva voglia di fare, il modo in cui ne parlava, l’entusiasmo che ci metteva, la luce nei suoi occhi, da sempre non fallivano mai di contagiarlo. Anche in questo momento, mentre lo pregava di venire con lui, con quella sua voce bassa, le guance accese, le mani calde che continuavano a toccargli il collo, e saltando sul posto in quel modo, facendo scuotere il colletto della camicia azzurra che indossava, Jungkook non poteva fare a meno di sentire la voglia di seguirlo in capo al mondo.

– Andiamo di sopra. Jiminie, vieni anche tu?

– Kookie, Jiminie non può partecipare però – disse subito Taehyung con voce lamentosa.

– Ma Taehyungie, se vuole venire…

– No, no –  Jimin aveva una voce leggermente impastata – Va bene così, andate voi, io sto qui. Non… non credo di riuscire a fare le scale.

Si piegò in avanti, sorreggendosi con le mani sulle ginocchia e rise, senza apparente motivo.

– Sei sicuro che sia bene lasciarlo solo? – disse Jungkook guardando prima Jimin e poi Taehyung con sguardo perplesso. Taehyung annuì solamente, prendendolo per mano e trascinandolo via.

– Rimani lì Jiminie! – furono le sole parole che Jungkook riuscì a lanciare a Jimin prima che il ragazzo sparisse completamente dal suo campo visivo. Taehyung mandò poi Jungkook avanti, reputando il suo fisico più adeguato a farsi spazio nel fiume di corpi che gli venivano addosso nella loro traversata per il piano superiore. Sulle scale si accorse che Namjoon e Jin erano spariti e la curiosità di sapere dove fossero lo distrasse quel tempo sufficiente a fargli scordare di trovarsi su delle scale e inciampare di nuovo. Si aggrappò con forza al braccio di Jungkook, il quale si girò in un attimo e riuscì ad afferrarlo a sua volta per tenerlo in equilibrio. Proseguirono tra le risate, facendo gli ultimi scalini tenendosi per mano e guardandosi negli occhi senza prestare attenzione a dove mettessero i piedi.

– Stai bene? – disse Jungkook a Taehyung una volta arrivati al piano.

– Si, si, sto bene. Continuo ad inciampare, ma è tutto a posto se ci sei tu Kookie.

– Davvero, come ti terresti vivo senza me che ti controllo.

Come ti terresti vivo senza me che ti controllo”. A volte mi chiedo se saresti mai tornato vivo tu, se non ti avessi trovato io. Guardò il ragazzo di fronte a sé con dolcezza, osservandolo mentre procedeva tra la folla, e avvertì un moto di affetto infinito nei suoi confronti. Sapeva che i suoi sentimenti erano ingigantiti da ciò che aveva bevuto, ma sapeva anche che tutto quello che stava provando era vero, e lo era anche da sobrio. Coprì la distanza tra loro con una piccola corsetta e passandogli le mani attorno alla vita lo strinse forte da dietro, fermandolo. Jungkook rimase interdetto sulle prime, ma si riprese subito. Mise le proprie mani su quelle di Taehyung, strizzandole amichevolmente. Si trovavano in mezzo al corridoio, e Jungkook non poté fare a meno di chiedersi a cosa fosse dovuta tanta affettuosità all’improvviso. Invece che domandarlo però, sentendo che l’amico non allentava la presa sui suoi fianchi, portò semplicemente la testa all’indietro e gliela appoggiò sulla spalla. Probabilmente era per effetto dell’alcol, ma non appena aveva sentito il calore di Taehyung dietro di sé aveva percepito una sensazione di sollievo propagarsi attraverso il suo corpo e distenderlo completamente. Sentì la tensione accumulata nella giornata appena vissuta disciogliersi del tutto. Era stato bene, era andato tutto meglio di quanto avrebbe mai creduto, ma era stato faticoso, in un certo senso. Vista la situazione si era trovato spesso a sudare, ad agitarsi, a pensare affannosamente a qualcosa di divertente da dire o a un modo per mantenere l’attenzione di Jimin su di lui. A un certo punto era stato tutto più spontaneo, questo era indubbio, ma di certo non era stata esattamente una giornata di totale relax per lui. Invece adesso sentiva di star finalmente prendendosi una pausa, da tutto. Dai timori, gli imbarazzi, i dubbi. Con Taehyung non doveva davvero pensare a nulla. Non c’era bisogno di fare nessuno sforzo. Non doveva impegnarsi per essere più brillante, più spigliato o più divertente. Ciò che era, ciò che poteva offrire bastava. Bastava sempre. Gli dispiaceva di aver lasciato Jimin da solo al piano terra, ma erano due giorni che si preoccupava della sua giornata con lui e che non vedeva il suo amico. Si meritava questo momento, e ne aveva bisogno. Voleva godersi un attimo di tranquillità, e quella assoluta era possibile solo con Taehyung. Gli ho chiesto che cosa farebbe se non ci fossi io, ma se mi trovo qui in questo momento è solo merito suo. Rise di sé stesso, di quanto fosse stato stupido a poter pensare di tenere una parte così importante della sua vita nascosta a Taehyung. Di quanto fosse stato stupido a voler fare tutto da solo, senza chiedere il suo appoggio. Si sarebbe risparmiato così tanto stress se lo avesse fin da subito avuto al suo fianco in questa cosa. E rise perché si sentiva all’improvviso amareggiato da sé. Tae meritava di più. L’indomani mattina gli avrebbe detto tutto. Tutto. Non voleva pensare all’eventualità che avesse problemi con questa situazione, perché non sapeva in quel caso cosa avrebbe fatto. Doveva sapere che l’amico era dalla sua parte.

– Rimani sempre qui ok? –  gli disse piano.

Taehyung sentì che Jungkook non si stava riferendo al momento presente. Lo strinse più forte, respirando il profumo della sua colonia mentre un pensiero prendeva forma nella sua mente, lucidissimo nonostante l’offuscamento in cui si trovava: Non ti abbandonerò mai.

– Jungkookie.

– Mmh? – rispose piano continuando a tenere gli occhi chiusi.

– Abbiamo una sfida da vincere.

Jungkook ghignò.

****

Jungkook era sparito, trascinato da Taehyung. Namjoon e Jin non erano da nessuna parte, nessuna che lui si sentisse in grado di raggiungere almeno. Jimin non era entusiasta all’idea di essere rimasto solo, ma il bisogno di tenersi in compagnia era passato in secondo piano rispetto alla nausea che sentiva al pensiero di dover arrampicarsi per le scale. La musica gli rimbombava forte nelle orecchie e non riusciva a focalizzarsi su quasi nulla, non sarebbe mai riuscito a fare nemmeno due gradini. Si allontanò leggermente, tenendosi al muro, dal gruppetto dove fino a un momento prima era insieme a Jungkook. Non aveva idea se qualcuno stesse parlando o meno, né gliene importava in quel momento. Probabilmente erano tutti troppo ubriachi come lui per rendersi conto della sua scomparsa. E forse non occorreva nemmeno essere ubriachi per non accorgersi della sua assenza, pensò con amarezza mentre si appoggiava al tavolo con gli alcolici. Si girò in direzione dell’unico punto della stanza che avesse avuto la sua quasi più totale attenzione per praticamente tutta la serata, o almeno da quando si trovavano tutti lì. Posò lo sguardo dove gli interessava e per l’ennesima volta – possibile che li beccasse sempre appiccicati? – vide Hoseok addosso a Yoongi. Per l’ennesima volta sentì il suo respiro farsi incredibilmente pesante.

 

 

 

Note dell’autrice: Ciao a tutti! Nuovo capitolo fatto. Ho deciso di pubblicarlo adesso e non la prossima settimana perché insieme al capitolo precedente e al prossimo fa parte di una stessa “sequenza” e dato che questo è un momento importante nella storia, ho pensato fosse meglio pubblicare a distanza più ravvicinata, per mantenere un po’ il “flow” della narrazione.

Non credo di aver molto da aggiungere in nota, preferisco che il capitolo parli per conto suo, senza commenti miei a chiarire/confondere (dipende dai punti di vista ahah) le acque. Ciò che è stato descritto fa da momento di passaggio, dunque credo che se avrò qualcosa da dire sarà nel prossimo.

Grazie come sempre di aver letto capitolo e note, spero la lettura sia stata di vostro gradimento. La mia intenzione è far uscire il prossimo capitolo mercoledì, alla peggio giovedì. Attendetemi lì ~

Come sempre, i commenti sono i benvenuti e grazie per chi ha aggiunto questa storia alle preferite/seguite ♥

Alla prossima! Baci, Elle

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Capitolo 10
*** Capitolo VIII ***


CAPITOLO VIII

[…]

Un pianeta intricato per distanza e fogliame,
una steppa, una roccia crudele e disabitata,
con le nostre stesse mani costruire un nido solido,

volevamo, senza danno, né ferita né parola,
e non fu così l'amore; ma una città pazza
dove la gente impallidisce ai balconi.

(Pablo Neruda, Sonetto LXXI, strofe 3-4)

 

Jimin si girò in direzione dell’unico punto della stanza che avesse avuto la sua quasi più totale attenzione per praticamente tutta la serata, o almeno da quando si trovavano tutti lì. Posò lo sguardo dove gli interessava e per l’ennesima volta – possibile che li beccasse sempre appiccicati? – vide Hoseok addosso a Yoongi. Per l’ennesima volta sentì il suo respiro farsi incredibilmente pesante. Era stanco. L’alcol era tanto, tanto e troppo e stava iniziando a perdere l’orientamento. Sentiva sia la mente che il corpo pesargli addosso. Nonostante avesse bevuto continuamente, la gola gli si era fatta secca. Credette che un bicchiere d’acqua lo avrebbe aiutato e sforzandosi di guardare solo dritto davanti a sé, iniziò a camminare a passi instabili verso la cucina, cercando sostegno ogni tanto da chiunque capitasse di trovarglisi vicino, per riacquistare un po’ di equilibrio. Riuscì a portarsi fino al rubinetto e riempirsi il bicchiere. Il sollievo che attendeva non arrivò, ma pensò che prima o poi in qualche modo l’acqua avrebbe fatto effetto. Si portò di nuovo alla porta, appoggiandosi pesantemente allo stipite. Continuando ad avere il respiro affannato gettò un’altra volta lo sguardo verso quel punto preciso, all’angolo estremo della sala. Hoseok aveva portato Yoongi al muro, i loro visi incredibilmente vicini, Yoongi sorridente. Jimin distolse lo sguardo. Sentì d’un tratto il bisogno di rimettere e il suo viso farsi caldo. Ci mise un po’ ad arrivare alla porta d’ingresso, ma alla fine le sue mani toccarono il pomello e si lasciò andare fuori dalla villa. Si ritrovò esposto al vento freddo, implorando il gelo di ghiacciargli addosso la decisione che aveva preso.

****

Yoongi non aveva mai distolto la sua attenzione da Jimin durante il corso dell’intera serata. Ogni volta che si erano trovati nella stessa stanza, pur non fissandolo apertamente, aveva sempre fatto in modo di sapere dove fosse e localizzarlo anche solo con la coda dell’occhio. Non gli piaceva che stesse bevendo così tanto. Sapeva quale fosse il suo limite e credeva lo avesse superato da un bel pezzo. Non avrebbe saputo tuttavia come intervenire, e ciò lo rattristava incredibilmente. Il suo desiderio maggiore al momento era prendere Jimin in disparte, togliergli il bicchiere dalle mani e… poi cosa? Non aveva una idea precisa di cosa avrebbe dovuto dire e questo era stato uno dei motivi principali che fino ad ora lo avevano bloccato dall’avvicinarsi al ragazzo. Si era sforzato di pensare alle parole che avrebbe potuto rivolgergli, ma gli sembravano tutte stupide e vuote. Domandare se stesse bene non aveva senso, glielo aveva già chiesto e comunque era un qualcosa che in quel contesto sarebbe suonato ridicolo. Chiedergli se c’era un problema? Che domanda era? Non c’era un problema. O meglio c’era, ma non per Jimin. Di questo Yoongi era sicuro. Il problema era tutto suo e si chiamava Jungkook. Forse avrebbe potuto avvicinarsi ed iniziare a parlare con Jimin facendo all’inizio qualche chiacchiera di circostanza. Non solo però le chiacchiere di circostanza non erano il forte di Yoongi, ma se anche lo fossero state rimaneva il fatto che Jimin sembrava chiaramente gradire la compagnia del ragazzo più piccolo e gli era difficile pensare che i suoi discorsi forzati avrebbero potuto distrarlo. Tantomeno attrarlo di nuovo a sé. Quando si erano parlati la prima volta Yoongi non aveva trovato difficoltà ad offrire a Jimin qualcosa che gli permettesse di tenerlo vicino, ma adesso, in questa circostanza, fuori dal suo elemento, si chiedeva cosa avesse da dare. La verità era che Yoongi sapeva che qualsiasi cosa lui avesse detto non avrebbe funzionato, perché non sarebbe stata sincera. C’era un unico desiderio che premeva nel suo cuore ed era rivolgere a Jimin una preghiera. Dirgli prima di tutto che capiva, comprendeva perché fosse interessato a Jungkook, e rassicurarlo che lo avrebbe accettato, ma lui avrebbe dovuto fargli una promessa. Lo avrebbe implorato se necessario, ma avrebbe dovuto sentir uscire dalla bocca di Jimin le parole “sarà tutto come prima”. Non era ciò che era stato a preoccupare Yoongi. Si era reso conto già da diverso tempo di non essere turbato da quello. Ma guardare Jimin e Jungkook giocare tra la neve così allegri, così spensierati, così belli insieme gli aveva fatto realizzare di avere una paura folle del futuro. Tutta l’apprensione, tutta l’inquietudine che aveva vissuto fino a quel momento, adesso comprendeva da cosa derivavano. Da un terrore assoluto di ciò che sarebbe potuto essere. Ovviamente però confessare a Jimin una cosa del genere era un’idea sciocca. Jimin e Jungkook non avevano neppure dato conferma del fatto che tra loro ci fosse qualcosa, e già lui saltava a conclusioni. Allo stesso modo, qualora già avessero deciso di iniziare una relazione, non aveva diritto di fare una richiesta simile a Jimin. A quale fidanzato avrebbe fatto piacere che la propria metà passasse ore chiuso in uno studio (o, peggio ancora, in una camera) con un’altra persona? Oltre al fatto che dare per scontato che fosse Jungkook a non essere d’accordo con i loro incontri non era forse segno di grande presunzione da parte sua? Poteva benissimo essere Jimin stesso, nel momento in cui si era legato a qualcuno, a volere in futuro mettere dei paletti al loro rapporto e ridurre il tempo da passare con lui. Il che avrebbe avuto senso. Perché preferire le sue creazioni senza valore alla compagnia della persona amata? Era evidente che Yoongi non poteva confessargli il suo timore, né tantomeno rivolgere una simile richiesta. Il fatto che l’unica possibile soluzione che gli fosse venuta in mente fosse così insensata non gli aveva destato sorpresa. Lui era Min Yoongi, e Min Yoongi pensava spesso cose sciocche. Dunque si trovava paralizzato. Si sentiva confuso, spaesato e privo di mezzi per intervenire ed evitare il disastro che vedeva arrivare sempre più vicino come un TIR in corsa. Avrebbe volentieri mollato tutto per andare a dormire se non fosse stato per Hoseok. Non lo aveva lasciato solo neppure per un momento, e di questo Yoongi gli poteva solo essere grato. Per quanto ormai fosse si abbastanza abituato a queste feste di fine anno, rimaneva comunque sempre piuttosto rigido in questo tipo di contesti e faceva difficoltà a rilassarsi completamente. Non era il suo ambiente, lo gestiva male ed Hoseok lo sapeva. Quest’anno, ancor più che i precedenti, la sua presenza era stata vitale per Yoongi. Nonostante si sentisse frastornato – e per quanto fosse capace di resistere all’alcol, bere non lo aveva comunque aiutato a smorzare questa sensazione – con l’amico attorno, così vivace e così chiaramente risoluto a mantenerlo di buon umore, non c’era modo di rimanere serio. Era il più rumoroso di tutti ed era impossibile ignorarlo. Non che Yoongi avesse desiderio di farlo. Concentrarsi su di lui era facile e soprattutto essenziale in quel momento. Yoongi si chiedeva che cosa l’amico avesse capito di tutta questa situazione. Se avesse anche lui percepito qualcosa di strano nell’atteggiamento di Jimin. Soprattutto, se avesse percepito qualcosa di strano nel suo atteggiamento. Gli sembrava impossibile pensare che Hoseok non si fosse accorto dello sguardo preoccupato con cui spesso si soffermava a guardare il più piccolo. Così come non poteva non aver notato quanto Yoongi fosse ancora più silenzioso degli altri anni. Non si sforzava mai di essere un gran conversatore, ma quest’anno il suo impegno era ridotto davvero ai minimi termini. L’unica persona con cui stesse riuscendo ad avere un contatto era Hoseok. Hoseok questo doveva averlo senz’altro percepito nonostante la nebbia dell’alcol – mio dio partiva sempre dopo appena due sorsi – perché infatti aveva fatto in modo di restare al suo fianco, distraendolo come meglio poteva e integrandolo nella conversazione quando si trovava a parlare con altre persone.

Durante l’ultima parte della serata entrambi erano rimasti in piedi vicino al divano, circondati da un gruppetto di ragazzi con cui Hoseok continuava a ridere e scherzare. Yoongi si era sistemato strategicamente in mezzo a loro in una posizione tale che gli consentisse di tenere sotto controllo Jimin e quello che faceva. Il che, la gran parte delle volte, era bere o appoggiarsi a Jungkook. Al ragazzo ciò non doveva sicuramente dispiacere, visto che ogni qual volta Jimin lo anche solo sfiorava, subito il suo braccio finiva dietro la sua schiena. Fu sorpreso di vedere a un certo punto Jimin piegarsi sulle ginocchia e Jungkook e Taehyung andarsene al piano superiore lasciandolo lì. Credette che Jimin li avrebbe seguiti, ma quando si accorse che invece aveva preso a camminare appoggiandosi al muro nella direzione opposta alla scala, verso il tavolo degli alcolici, si rabbuiò. Pensò che fosse il caso di andare quantomeno ad aiutarlo, ma qualcuno all’interno del gruppo chiamò il suo nome mettendogli un braccio intorno al collo. Se Hoseok già da sobrio era una persona particolarmente affettuosa e fisicamente espansiva, da ubriaco portava il tutto a un livello superiore.

– Hobi, lo so che queste parole per te al momento non avranno senso, ma lo spazio personale, porca miseria! – gli disse, incapace però di essere effettivamente infastidito e neppure facendo il tentativo di scollarsi il ragazzo di dosso, consapevole del fatto che gli si sarebbe riappiccicato addosso nel giro di un nanosecondo. Hoseok però era più alto e pesante di lui e con un braccio attorno al suo collo stava iniziando ad appoggiarglisi un po’ troppo e Yoongi ebbe paura per un momento di cadere o soffocare. Con un guizzo negli occhi gli porto una mano sul collo e iniziò a fargli il solletico. Sapeva che l’amico era particolarmente sensibile ed infatti, tra salti, urla e risate, finalmente mollò la presa. Tutti quanti attorno a loro scoppiarono a ridere, divertiti dal modo in cui il piccoletto si era fatto valere. Dopo pochi minuti, Yoongi si guardò di nuovo attorno. Aveva perso di vista Jimin. Sentì di nuovo un nodo stringergli la gola, ma si obbligò a rimanere calmo e perlustrare con gli occhi l’area che aveva di fronte. Mentre era occupato a scannerizzare la stanza, e stava quasi per buttarsi nella mischia per cercare di ritrovare Jimin, sentì due mani che gli afferravano il polso. Hoseok lo trascinò più verso il muro all’angolo della sala, senza che lui, preso in totale contropiede, avesse i riflessi pronti ad intervenire. Con una mano Hoseok lo spinse verso la parete, addossandoglisi. Le sue pupille erano incredibilmente dilatate, gli occhi brillanti e chiaramente alterati. Yooghi fece un ghigno.

– Hoseokie, dovrebbero toglierti il permesso di bere.

– Shh, so quello che faccio – rispose mettendo un dito sulle labbra di Yoongi per interromperlo. C’era così tanta confusione quindi nessuno avrebbe davvero badato a loro, ma allo stesso tempo si trovavano con moltissime altre persone, e nella mente annebbiata del ragazzo ciò faceva di quel momento il momento perfetto per mostrare i propri progressi all’amico – C’è la luna piena, dovremmo davvero provare, potrei farti vedere i risultati delle tue lezioni nell’atmosfera giusta.

Così dicendo Hoseok passò la mano sulla guancia di Yoongi, guadagnandosi un sorrisetto malizioso:

– Fino all’altro ieri non riuscivi nemmeno a fissarmi negli occhi, guardati ora, così spigliato di fronte a tutte queste persone – afferrò la mano che Hoseok aveva sul suo viso, allontanandola – Ma aiutarti nel segreto delle mie stanze è tutto quello che avrai da me. 

– Yoongiaaahh non sei divertente!

– Quando tornerai in te mi sarai grato – disse Yoongi sospirando e girando la testa in direzione delle scale. Aveva pensato che Jimin, se non era in sala, poteva a questo punto trovarsi solo o sulle scale o in cucina. Aveva avuto ragione. Una maglietta bianca all’altro lato della stanza attirò la sua attenzione. Fu un attimo, prima che sparisse uscendo dal salone. Dove va? Fuori? Solo adesso, cogliendolo mentre si muoveva verso la porta, si era reso conto di quanto stesse male. Non si reggeva quasi in piedi e Yoongi aveva avuto modo di notare come avesse rischiato di cadere ogni volta che qualche corpo gli si era scontrato addosso. Proprio nel momento in cui Yoongi realizzava questo e la preoccupazione iniziava ad afferrarlo questa volta sul serio, un urlo acuto gli trafisse un timpano. Si voltò spaventato e vide Hoseok, allontanatosi di colpo da lui, saltare sul posto, due braccia alzate, il volto raggiante.

– La mia canzone preferita! Io vado in mezzo!

Così dicendo si buttò nella mischia, spingendo chiunque incontrasse sulla sua strada finché non fu giunto al centro della sala, dove iniziò a ballare e saltare. Libero da Hoseok, Yoongi fu finalmente in grado di allontanarsi dal muro e avanzare verso la parte opposta della sala. Voleva assolutamente sapere cosa stesse facendo Jimin. Aveva percepito qualcosa in lui che gli aveva fatto male. Gli era apparso incredibilmente indifeso e si chiese come avessero potuto lasciarlo da solo. Mio dio, non si reggeva quasi in piedi. Che diavolo ci voleva a controllarlo meglio? Capì che spettava a lui il compito di accertarsi che fosse al sicuro e visto il modo in cui camminava era convinto che non lo fosse. Doveva prenderlo e riportarlo dentro. Quando stava per giungere alla porta chiusa che dava sull’anticamera, venne fermato da un ragazzo. Yoongi non aveva idea di chi fosse, né di cosa volesse. Non voleva essere sgarbato, ma tutto in lui lottava contro l’istinto di spingerlo da un lato e passargli oltre. Doveva andare da Jimin. Il tipo continuava a dire di volerlo conoscere perché era amico di Namjoon-hyung, e a un certo punto gli allungò una mano come a volerlo salutare. Vedendo la mano del ragazzo, Yoongi si chiese se Jimin avesse almeno preso i guanti. È indispensabile che prenda i guanti. Un’ansia enorme si impadronì di lui e sentì il bisogno di precipitarsi fuori. Tutta la sera aveva procrastinato il momento in cui andare a parlargli e alla fine si era anche quasi arreso all’idea, ma adesso che sentiva che ogni istante era fondamentale e il tempo che stava perdendo lo stava mettendo in uno stato d’incredibile agitazione. Più veniva tenuto lontano, più pensava ai secondi che Jimin stava passando da solo al freddo e sentiva crescere dentro sé l’urgenza di andare da lui. Questa improvvisa intromissione nel suo proposito lo fece sentire per un attimo stanchissimo. Tutta la sera si era trovato scuse per non avvicinarsi. Tutta la sera aveva permesso che terze parti lo dissuadessero dal fare una cosa per lui importantissima. Adesso si trovava davanti un ulteriore ostacolo. Sembrava quasi che il destino non volesse dargli questa opportunità, che stesse lanciando dei chiari segnali che il suo tempo con Jimin era finito. Sentì le sue energie venir meno. Se è così che deve andare, che potere ho io per oppormi? Jimin però si trovava sotto il vento di gennaio, al buio e solo, lo doveva raggiungere. Si riprese e senza troppi complimenti decise di passare oltre il ragazzo, dopo avergli gettato addosso delle scuse confuse. Quando si chiuse la porta dell’anticamera alle spalle e vide di essere solo tirò un sospiro di sollievo, prima di aprire la porta d’ingresso e senza nemmeno indossare un cappotto uscire nella notte urlando il nome di Jimin.

Quella situazione non gli piaceva. Dov’era andato? Cosa stava facendo? Sentì l’aria sferzargli il viso, il vento ululare tra gli alberi neri in lontananza e un brivido lo percorse.

– Jimin! Jiminah!

Non era nel cortile e ebbe paura fosse uscito. Si precipitò verso il cancello, aprendolo con foga. Aveva deciso di controllare fuori prima ancora che il retro del giardino, perché se Jimin fosse stato lì lo avrebbe ritrovato, mentre era invece essenziale che, nel caso in cui si fosse avventurato fuori dai confini della villa, lo ritrovasse nel minor tempo possibile. Era anche stato male, non doveva assolutamente rimanere all’aperto. Si buttò fuori dal cancello principale pregando che il ragazzo fosse lì vicino. Nelle sue condizioni non può aver fatto tanta strada. Ti prego Jimin, dove sei? Si raccolse le braccia davanti al petto, guardandosi intorno con frenesia e il cuore che gli batteva all’impazzata. I fari illuminavano la notte, ma non riuscivano a coprire un raggio vasto. Yoongi fu preso dal terrore che Jimin si trovasse là dove il suo sguardo non avrebbe potuto coglierlo, in mezzo alle tenebre. A un certo punto vide qualcosa muoversi, dietro a un albero che si trovava un po’ in lontananza, ma era ancora sufficientemente vicino da venir leggermente toccato dalla luce dei lampioncini.

– Jiminah! – Si slanciò di corsa verso il ragazzo, dimenticando di colpo il freddo e la preoccupazione. Era lì. Lo aveva trovato. Era arrivato in tempo – Jiminah, cosa stai facendo qui fuori??

Lo scrollò forte per le spalle e cercò poi di avvicinarlo al cancello. All’inizio non trovò resistenza da parte del ragazzo, ma a un certo punto Jimin si bloccò di colpo.

– Jimin, vieni, cosa succede?

Ora che si trovavano più vicini alla villa ed erano quindi più esposti alla luce al neon, Yoongi ebbe modo di osservarlo meglio. Sentì un colpo al cuore quando vide il suo viso. C’era solo confusione nel suo sguardo, che era diventato quasi vitreo, e sembrava posarsi sulle cose senza in realtà comprenderle. Yoongi ebbe l’impressione che il ragazzo fosse del tutto spaesato e che la mente annebbiata dall’alcol gli avesse sottratto la capacità di realizzare dove si trovasse o cosa stesse facendo. Continuava a guardarsi attorno, muovendo la testa freneticamente come cercando qualcosa, e divincolandosi leggermente dalla presa di Yoongi. Yoongi sentì le sue mani allentarsi, automaticamente, colpito dal terrore di star facendo male al ragazzo. Jimin approfittò per fare un paio di passi incerti in autonomia in direzione dell’ingresso, Yoongi sempre affianco a lui per paura che cadesse. Prese poi a camminare più velocemente, come se fosse stato colto da una foga improvvisa, sempre guardandosi ossessivamente attorno. Cerca qualcosa? O qualcuno? Vide Jimin entrare nel cancello, seguendolo sempre come se fosse la sua ombra. Jimin si fermò e Yoongi con lui. Gli sembrò di udire il proprio nome, in un sussurro quasi impercettibile:

– Yoongi-hyung..?

– Jiminah… – Era davvero il suo nome che aveva pronunciato? Yoongi sentì il cuore balzargli nel petto quando si rese conto di essersi trovato a pensare che Jimin lo chiamasse perché, nella sua confusione, era lui che stava cercando. Era un pensiero sciocco, no? Gli sei davanti, è ovvio che abbia chiamato te. Eppure sentiva, no, sperava, e ciò lo agitò ancora di più, che il ragazzo non si stesse rendendo conto perfettamente di dove si trovasse e dunque l’aver invocato il suo nome non c’entrasse nulla con la presenza effettiva di Yoongi, ma piuttosto con un desiderio da parte di Jimin di trovarlo. Il suono però era stato a malapena udibile e Yoongi temette di averlo sognato – Jimin, dobbiamo rientrare. Capisci ciò che ti dico? Non puoi rimanere fuori, fa troppo freddo.

Jimin continuava a guardarsi intorno spaesato, oscillando notevolmente, e Yoongi non era sicuro che udisse nulla di ciò che gli stava venendo detto. Decise quindi di prenderlo di nuovo per le spalle, più delicatamente questa volta, e di condurlo verso la porta, ma all’ultimo Jimin dette uno strattone e barcollando si addossò al muro di fianco all’entrata. Yoongi si precipitò su di lui, di nuovo terrorizzato all’idea che potesse cadere. Il ragazzo aveva iniziato a tremare vistosamente e Yoongi gli strinse istintivamente le braccia con entrambe le mani.

Per tutta risposta Jimin portò le mani lungo i suoi fianchi, aggrappandosi ai lembi della giacca rossa e avvicinandolo a sé. Yoongi spalancò gli occhi, ammutolito. Il ragazzo continuava a stringerglisi e lui non ebbe la forza di opporglisi. Jimin prese poi a scorrere giù lungo il muro, a sedere, trascinando Yoongi con lui. Erano ora seduti sull'erba di ghiaccio e bagnata, ma nessuno dei due sembrò curarsene. Yoongi non sentiva neppure più freddo. Si accorse in realtà di non sentire nulla, tutto d’un colpo, tranne la pressione delle mani di Jimin su di sé. Sentì le sue dita muoversi all’improvviso dai suoi fianchi e scorrergli lungo il petto, aggrappandosi ogni tanto alla sottile camicia bianca come se faticassero a salire. Gli giunsero fino alla spalla, stringendola. Il respiro di Yoongi si fermò completamente quando Jimin iniziò ad avvicinare sempre più il proprio viso all’incavo del suo collo. Quando ci posò sopra la fronte – che scottava vistosamente e in modo preoccupante, visto il freddo che il ragazzo pareva star sentendo – Yoongi sentì un lungo brivido percorrergli l’intero corpo, un brivido né freddo né caldo e che sicuramente non aveva nulla a che fare con la temperatura esterna. D’istinto, portò le sue braccia attorno a Jimin, stringendolo a sé e trovandosi, per quanto assurdo potesse sembrare, a pregare qualcuno lassù che questo momento durasse per sempre, e che questa sensazione non passasse. Lo aveva trovato. Lo aveva trovato e Jimin aveva chiamato il suo nome. Era da quando si erano visti l’ultima volta che aveva bisogno di rivederlo e ora che lo aveva finalmente tra le braccia, in quel modo, così vicini, così intimi, sentì che non voleva lasciarlo andare, per nulla al mondo. Voleva sistemarlo ancora meglio contro il suo petto, tenerlo stretto ancora un po’, possibilmente per sempre. Si rese conto in quell’esatto istante di quanto avesse pesato sulla sua anima il pensiero e la paura di averlo perso. Riuscì anche a rendersi finalmente conto di quanto strano fosse stato quel timore. Sapeva bene che Jimin non sarebbe scomparso dalla sua vita, sarebbe rimasto suo amico ed avrebbe continuato a frequentare la sua casa. Dunque di cosa aveva avuto paura esattamente? Perché aveva avvertito un senso di solitudine immensa all’idea che qualcosa tra loro potesse cambiare? Come poteva pretendere che Jimin non avesse una propria vita? Era questo che rendeva strano il suo attaccamento. Non aveva mai avuto paura di perdere Hoseokie prima, anche quando erano stati lontani. Il ragazzo era incredibilmente socievole, aveva mille amicizie, si era avvicinato a Jin, così come poi in seguito Jimin, eppure Yoongi mai, mai si era sentito minacciato da questo. Il modo in cui Jimin si era avvicinato a Jungkook, ogni loro interazione, lo aveva invece sempre gettato in uno stato di profondo turbamento. Aveva sempre reputato Jimin la sua amicizia più stretta, vicino ad Hoseok. Ma se davvero occupava nel suo cuore lo stesso posto di Hobi, perché si sentiva diverso ora con lui? Perché si sentiva incredibilmente leggero all’idea che ora fosse finalmente non solo vicino a lui, ma si fosse persino spontaneamente accoccolato nelle sue braccia dopo che era stato così in pena tutto il pomeriggio sapendolo con Jungkook? Gelosia. Yoongi era bravo con le parole. Gelosia. Sapeva usarle. Gelosia. La famosa cosa che sentiva quando Jungkook si avvicinava a Jimin non era nient’altro che gelosia. La realizzazione lo investì mentre teneva possessivamente Jimin sotto le sue mani e lo strinse ancora più forte, passandogli una mano tra i capelli e serrandogli l’altro braccio attorno alla vita. Jimin doveva per qualche motivo essersi tolto la giacca a un certo punto, perché aveva addosso solo la sua maglietta bianca. Le mani di Yoongi la sentirono sottile, così sottile da dargli quasi l’impressione di star toccando la schiena nuda dell’altro. Inspirò profondamente e sentì il sangue battergli con ancora più forza nelle vene quando Jimin portò le sue labbra al suo orecchio. Lo sentì ripetere il suo nome. Voleva piangere e mettersi a ridere allo stesso tempo, si sentiva sia leggero che pesante, e sapeva con certezza che non era per via dell'alcol. Finalmente, finalmente tutto il peso che si era portato addosso non solo negli ultimi due giorni, ma da quando quell’inquietudine si era impossessata di lui, si dissolse. Jimin lo voleva ancora. Il sollievo era talmente tanto che lo travolse completamente e fu come se gli aprisse la porta verso un nuovo mondo. Ciò che stava provando era qualcosa che non aveva mai sentito prima, e in una frazione di secondo due pensieri gli attraversarono la mente. Il primo fu che non avrebbe mai smesso di amare questa sensazione. Non aveva nemmeno saputo di averne bisogno fino ad ora. Ma avere Jimin così vicino a sé, sicuro del fatto che non se ne sarebbe andato, perché era lui che stava cercando, glielo aveva fatto finalmente comprendere. Il secondo pensiero fu che l'idea che tutto questo potesse accadere ancora, tante volte, senza limiti di tempo, gli aveva di colpo alleggerito il cuore, e l'idea di avere il cuore leggero lo aveva fatto sentire davvero felice, e poche nella vita, probabilmente mai, si era sentito davvero felice. Bastò un attimo per concepire questi pensieri, ma capì che gli avrebbero cambiato la vita per sempre. Accarezzando i capelli di Jimin pensò che non solo non lo aveva perso e non era ancora troppo tardi, ma che forse aveva anche la possibilità di guadagnare qualcosa di più e la gioia gli strinse il cuore. Offuscato così dal corso dei suoi pensieri, ci mise più del necessario a realizzare il senso delle parole che Jimin gli stava dicendo adesso all’orecchio. Lo sentì parlare con suoni tremuli, sottili e comprese che il freddo gli stava serrando la gola impendendogli di esprimersi a piena voce.

–… Kookie… dov’è? Dov’è… – Sembrò voler dire altro ma prese a tossire lievemente. A Yoongi girò per un momento la testa, non sapendo come sentirsi. Non sapeva nemmeno se aveva tempo al momento di cercare di sapere come sentirsi.  

– Pe-perché non è qui? – Jimin quasi piangeva e a Yoongi sembrò avere il tono di chi stia delirando. Continuava a tenere i pugni serrati sulla spalla e la vita di Yoongi, con le mani che Yoongi sapeva dovevano ormai essere rosse e quasi del tutto intorpidite. Fu solo la preoccupazione che gli dette la forza necessaria per reagire.

– Jimin-ah... – faceva fatica ad articolare le parole, la gola completamente secca –Jimin! Ti devi alzare, ti prego!

Il ragazzo però non si mosse, sollevando solamente la testa e continuando a cercare con occhi vacui in giro.

– Kookie! Per favore dimmi dov’è! Non…  mi sento bene… – Yoongi si sentiva paralizzato, non sapeva più cosa dovesse fare e il cervello gli stava funzionando a rallentatore – Per favore…

 Yoongi lo osservò bene. I suoi occhi continuavano ad apparire confusi e a girovagare ovunque. Doveva davvero rientrare e mettersi a letto, probabilmente aveva la febbre. Sta male. Sta male e io l’ho tenuto qui perché mi sono messo a fare pensieri insensati. Yoongi sei il più grosso idiota del mondo. Jimin non sembrava però voler collaborare. Yoongi si rese conto che non sarebbe mai riuscito a prenderlo e portarlo in casa di peso. Si sentiva stravolto. In solo pochi minuti aveva vissuto emozioni che non era riuscito a provare in una vita intera. Credere che Jimin avesse bisogno di lui, che le sue attenzioni fossero rivolte a lui, lo aveva fatto stare così bene, anche se solo per un attimo, che fu costretto a smettere di mentire a sé stesso e guardare in faccia la realtà. Era quello il modo in cui voleva che Jimin lo volesse. Erano quelle le attenzioni che Jimin gli rivolgesse. Era così che voleva che Jimin gli stesse vicino. Quando sentì Jimin ripetere un'altra volta il nome di Jungkook, come se supplicasse, Yoongi sentì uno strappo forte dentro di sé. Annaspando nel suo stesso respiro, gli fu chiaro cosa avrebbe dovuto fare, per il bene di tutti. Trovò il cellulare di Jimin nella tasca dei suoi pantaloni, mentre il ragazzo continuava a starsene raggomitolato su di lui. Con mani tremanti scrisse un messaggio, sperando il destinatario vedesse perché non solo lui non avrebbe avuto le forze di guardarlo negli occhi, ma aveva anche bisogno di rimanere con Jimin fino all’ultimo secondo. Una volta premuto invio poggiò il telefono per terra e strinse Jimin di nuovo tra le sue braccia, cercando di scaldarlo un po’e tenerlo sveglio.

– Ascolta Jiminah… – quasi si bloccò, ma pensò che non aveva tempo e poco importava che Jimin forse non capisse ciò che stava per dirgli, voleva comunque farlo – Ascoltami, va tutto bene. Va tutto bene, tra poco sarai al sicuro. Mi sento uno stupido a dirti questo, ma… a un certo punto… ho sentito qualcosa che... Mi hai fatto vivere cose che non avevo mai vissuto prima. Ero felice, ci credi? Io, Min Yoongi, felice. Però… però l’importante è che sia felice tu. Non fa niente se le cose devono andare così, se ti allontanerai da me. Voglio che tu sia felice. Capito Jiminah? Sii felice. Tu hai reso tanto felice me, io cercherò di fare in modo di rendere felice te. È che non mi ero reso conto… Non mi ero mai reso conto… – gli si strozzarono le parole in gola e fu sul punto di piangere. Gli tornarono in mente – che diamine si metteva a pensare adesso? – delle parole che aveva letto un giorno in un libro di Namjoon. Aveva trovato il piccolo libriccino sul divano un giorno e viste le dimensioni ridotte aveva deciso di mettersi a leggerlo per passare il pomeriggio. La conclusione amara del libro lo aveva colpito, ma mai prima di allora era riuscito a capire a pieno il senso delle parole del protagonista, così disperato eppure quasi sereno. Gli venne spontaneo dirle ad alta voce, in un mormorio:

– “Un minuto intero di beatitudine! Ma è forse poco questo, sia pure per l’intera vita di un uomo?” Non… non sapevo cosa significassero. Credo di averlo capito Jimin-ah e per questo ti ringrazio.

In modo lento, scostò delicatamente Jimin da sé e guardandolo con dolcezza lo appoggiò di nuovo al muro. I suoi occhi erano socchiusi, e appena toccò la parete della villa portò la testa all’indietro, come se volesse dormire. Yoongi gli mise una mano sulla guancia, avvicinandosi piano al suo viso. Sentì una porta sbattere. Sobbalzò. La porta dell’anticamera. Si alzò in un lampo e corse più veloce che poté verso il fianco della villa, per nascondersi. Fece appena in tempo a svoltare l’angolo prima di sentire un urlo:

– Jiminie! Mio dio Jiminie, che cosa ci fai qui fuori?!

È arrivato, pensò Yoongi e il pensiero che Jimin fosse finalmente al sicuro e fra pochi minuti si sarebbe trovato al caldo lo fece sentire tranquillo, ma fu una pace momentanea. Dai suoni che provenivano dal cortile, capì che Jungkook doveva aver sollevato Jimin di peso e quando sentì la porta d’ingresso sbattere seppe che entrambi erano rientrati. A questo punto, giunse l’inferno. Si sentì annaspare, non riusciva più a controllare il proprio respiro e non capì se fosse per colpa dell’aria fredda o meno. Chiuse gli occhi e cercò di ritrovare la calma, ma il suo cuore non smetteva di battergli alla follia nel petto, come se volesse scapparsene da qualche parte. Pensò di camminare per sentirsi meglio. Avanzò nel giardino, come in trance e uscì dal cancello, cercando conforto nelle tenebre del boschetto davanti a sé, dove la luce dei fanali non arrivava. Continuò ad avanzare nell’oscurità, inciampando due volte nel terreno pietroso chiazzato di neve. Le gambe iniziarono a tremargli e incapace di andare avanti si trascinò come meglio poté all’albero più vicino. Appoggiandosi al tronco prese poi a scivolare giù, incurante del palmo della mano che si graffiava sulla pesante corteccia scura, fino a che le ginocchia non ebbero toccato terra. Il senso di vuoto successivo alla realizzazione di ciò che aveva perso, quando fino a un’ora prima non sapeva nemmeno di averlo, lo stava invadendo, possedendolo del tutto. Aveva appena gettato Jimin tra le braccia di un altro. Ansimò leggermente portandosi una mano sullo stomaco. Gli occhi si aggiravano inquieti in tutte le direzioni e grosse gocce iniziarono a formarsi ai loro lati finché alla fine presero a scorrergli giù per le guance. Lanciò un urlo che lo lasciò senza voce prima di raggomitolarsi a terra e piangere come non aveva mai fatto prima.

 

 

Note dell’autrice: Chiedo scusa a tutti, e in primo luogo a Min Yoongi-ssi, per aver dato la luce a questo capitolo. Non so cosa altro poter dire in mia difesa se non che sono stata male anche io nello scriverlo. Non è stato semplice. Non è stato per niente semplice, visto tra l’altro che Yoongi è il mio personaggio preferito e ci tengo in modo particolare. Il punto però è che andava fatto. È un passaggio che occorreva a Yoongi e non poteva avvenire in altro modo se non in questo, così drammatico e brutale. Yoongi è un tipo difficile da scrollare, solo qualcosa di forte poteva fargli realizzare determinate cose e quindi ho reputato che questo episodio fosse necessario. Accade a volte che situazioni particolari inneschino in noi emozioni che fanno da chiave a cassetti che a volte nemmeno sapevamo di avere. Accade anche spesso che questi cassetti si aprano all’ultimo. È quello che è accaduto a Yoongi, ma chissà se nel suo caso potrebbe essere troppo tardi.

Il capitolo è più breve degli altri, ma credo sia perdonabile visto che ne ho pubblicato un altro tre giorni fa. Tra l’altro è un capitolo particolarmente introspettivo (e un po’ tragico) per cui farlo troppo lungo lo avrebbe reso a mio parere troppo pesante, sia, forse, per voi da leggere, sia, di sicuro, per me da scrivere! Come ho già detto, non mi è stato semplice mettere giù questa parte. La scena in sé l’avevo chiara, ma mi ha dato tante difficoltà e tuttora mi chiedo se sia stata capace di renderla bene, o comunque come avrei voluto. È un momento talmente importante per uno dei personaggi principali, ci sono così tanti pensieri e sensazioni in atto, e per me stessa questa scena è così importante (è dall'idea di questo momento che mi è poi venuta in mente l'intera storia, quindi le devo un bel po') che non mi è stato facile decidermi a pubblicare. Ci sono ancora delle cose di cui non sono convinta, ma se dò retta ai miei dubbi non pubblico più e dunque eccomi qui. La cosa più mportante però è che sia riuscita a far capire ciò che Yoongi ha provato, sia nel corso della serata che con Jimin vicino a sè. Volevo rendere la sua realizzazione sì improvvisa, ma anche credibile, logica quasi (passatemi il termine, anche se parliamo di emozioni e c’è ben poco di logico in loro). Spero quindi di aver reso chiaro in che modo e attraverso quale flusso di pensieri Yoongi arrivi a capire di essere fondamentalmente innamorato di Jimin. Era il punto fondamentale del capitolo dunque mi auguro di non aver fallito miseramente in ciò.

La citazione di cui Yoongi parla è tratta dal momento finale di “Le Notti Bianche” di Dostoevskij, un raccontino tanto breve quanto intenso, che ho letto diverso tempo fa e mi ha in parte ispirato nella stesura di questo capitolo.

La chiudo con queste note lunghissime. Grazie di aver letto fin qui, i feedback sono sempre ben accetti Ci si vede la prossima settimana! Mi raccomando leggete il prossimo capitolo perché verrà fornito un dettaglio essenziale e chiarirà un punto importante una volta per tutte. Avrei voluto metterlo alla fine di questa parte ma sono cattivella eheheh

Baci, Elle (porgo ancora le mie più umili scuse)

 

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Capitolo 11
*** Capitolo IX ***


CAPITOLO IX

 

Ti voglio dire,
che ti voglio
dire, che ti
voglio dire, che
voglio dirti, che
ti voglio dire,
che ti voglio.

 

(Tibur Kibirov, Dichiarazione)

 

1 gennaio 2017; h. 2:48

 

Non riesco. Non riesco. Non riesco. Ah, la cucina finalmente, acqua, ho bisogno di acqua. Ok, mi devo solo calmare. Ora fa effetto. Ora fa effetto. Respira Jimin, respira profondo. E appoggiati santo cielo, non riesci più a tenerti in piedi! Adesso fa caldo. Perché l’acqua non sta funzionando? Mi sento male. Ok, via questa giacca, dio mio come mi è venuto in mente di mettermela? No, no non va meglio. Sto soffocando qui dentro. Soffoco. La porta, devo raggiungere la porta. Ok, ok, ci sono. Ora mi calmo… Non guardare lì, non guardare… eccoli. Eccoli, eccoli, eccoli. Sempre attaccati, sempre l’uno addosso all’altro. Perché davanti a tutti se poi continuate a nascondervi? Lascialo andare. Ti prego lascialo andare. Non ce la faccio. Fa ancora più caldo adesso, gira tutto. Perché ho le guance infuocate? Devo uscire, ora esco. Posso farcela. Bravo, un passo poi un altro Jimin, posso farcela. La porta non è distante. Gira tutto. Ahi, perché le persone mi vengono addosso? Nonono non cadere, arriva alla porta, arriva alla porta, ecco ci sei. Ok, chiudiamo. Fuori, fuori, ho bisogno di aria. Non posso stare dentro. Non posso vederli. Se rimango… cosa staranno facendo adesso? Ho fatto bene a uscire. Ho fatto bene a uscire? Non posso, non posso andare dentro. Se li vedo un altro secondo… se li vedo un altro secondo…. No, Jimin, ti prego, lo sai cosa devi fare. Non cercarlo, non guardarlo, non volerlo. Non volerlo. Non volerlo. Esci. Esci subito. Che ore sono? Fa freddo. Ti prego, fa che resista. Ti prego notte assistimi. L’albero laggiù, laggiù c’è un albero e potrò appoggiarmi. Si, piano, posso arrivarci. Ti prego notte assistimi, ti prego. Fa che non perda la ragione. Fa che non faccia cose stupide. Non ce la faccio più. Ti prego ti prego non ti appoggiare, se chiudo gli occhi è finita. Mi sentirò ancora peggio. Jimin non appoggiarti, non chiudere gli o…

 

****

Che succede? Dove sono? Perché fa così freddo? Mi sento svenire. Di chi sono queste mani? Chi è? Non so dove sono. Ho paura, gira tutto, ho freddo. Dov’è? Dov’è Yoongi-hyung? Dov’è? Perché... chi è.... io devo andare da Yoongi… Forse se li imploro, mi ascolteranno. Non riesco più a stare in piedi, non so cosa stia succedendo. È il mio nome questo? Perché sto abbracciando qualcuno? Non so nemmeno chi sia, ma ha un tocco morbido e dolce. Se mi stringo di più… forse smetterò di sentire freddo. Devo dirgli… devo fargli capire… devono chiamarlo. Perché non riesco a parlare? Forse è Jungkook. Mi vuole così bene. Scusami Kookie, non dovresti vedermi così. Credo mi stia dicendo qualcosa. Cerco di concentrarmi, ma non riesco a riconoscere la voce, né a sollevare gli occhi. Mi vuole bene. Mi vuole bene. Devo pensare a questo. Se questo è il suo tocco… mi sento così sicuro. Mi piace. È caldo. Protettivo. Sento amore. È così che deve essere trovarsi tra le braccia della persona amata. Però Kookie io non ti amo. Ora devo piangere. Non amo te. Perché credevo di poterlo fare? Ti prego, Kookie, portami da lui. Non riesco più a parlare, ti prego. Credo di star dicendo frasi incoerenti, ma non riesco a formularne di migliori. Qualcuno chiama il mio nome, ma io devo sapere dove sia la persona che voglio vedere. Continuo a chiedere a Jungkook dove sia, ma non mi risponde. Ti prego, non ho le forze, portatemi da lui. Dove sei Yoongi? Vieni qui. Perché non mi risponde? Kookie rispondimi. Sto male. La gola mi brucia. La testa è pesante. Non so dove mi trovo. Dov’è Yoongi-hyung? Forse sto allucinando. Forse qui davanti non c’è nessuno e io sto solo sognando.

 

****

Jimin si risvegliò alle 5:46 della mattina del 1 gennaio 2017 e la prima cosa che avvertì appena aperti gli occhi fu una fitta lancinante alla testa. Davanti a sé tutto sembrava girare e se non si fosse sentito così privo di forze probabilmente avrebbe riso della sensazione visto che i suoi occhi vagavano ciechi nel buio attorno a lui e non c’era nulla che potessero effettivamente vedere muoversi. Eppure la terra sembrava vorticare e il senso di vertigine lo costrinse a serrare di nuovo le palpebre. La nottata era stata tremenda, quel poco di cui si ricordava almeno. Aveva le sensazioni suscitate dai suoi sogni ancora attaccate addosso ed erano stati sogni orribili. Sentiva freddo fin dentro le ossa, ma allo stesso tempo si accorse di essere completamente sudato. Percepì il calore di un altro corpo vicino al suo. Continuando a tenere gli occhi chiusi cercò di muovere un braccio per capire meglio, ma non ci riuscì. Qualcosa di pesante lo bloccava. Una persona. Nella confusione che ancora regnava nella sua mente capì di trovarsi in un letto, vicino a qualcuno. Avrebbe voluto avere le energie per indagare meglio, ma era troppo difficile anche solo girare il viso di lato. Si sentiva incredibilmente stanco, pesante, provato. Sebbene il sonno gli avesse fatto riacquistare una lucidità maggiore di quella che gli era mancata del tutto poche ore prima, poteva ancora a sentire l’effetto di ogni singola goccia di alcol bevuto. Riuscì a registrare appena che chi gli era accanto aveva quasi metà del suo corpo su di lui e a chiedersi cosa stesse succedendo, prima di ricadere in un sonno profondo. Non si mosse più per le successive sei ore, tranne solamente una volta, quando colto da un attacco di freddo mentre dormiva emise un suono breve e qausi inudibile:

– Yoongi…

 

****

1 gennaio 2017; h. 11:38

Cercando di muoversi nella maniera più silenziosa possibile, Jungkook entrò piano nella camera che condivideva con Jimin, camminando sulle punte dei piedi fasciati nei calzini. Era l’unico in quel momento ad essere sveglio nell’intera villa: gli ospiti se ne erano andati e gli altri ragazzi dormivano all’interno delle loro camere. Ciò non lo sorprese. Vista l’emergenza con Jimin, lui era andato a dormire relativamente presto ed in più non aveva nemmeno bevuto eccessivamente, per cui le quasi nove ore di sonno di cui aveva goduto gli erano state per il momento sufficienti. Si sentiva ancora un po’ insonnolito però, per cui dopo essere andato a fare pipì aveva deciso di rimettersi sotto le coperte. Le sue stavolta. Mentre si avvicinava al suo lettino ancora intatto vide dei movimenti provenire dall’altro. Jimin si era svegliato e si stava ora portando a sedere, con evidente fatica. Intervenne subito:

– Jiminie, fermo, non ti muovere!

L’altro fece un debole cenno con la mano e finì di sollevarsi, appoggiando stancamente la schiena e la testa al muro. Aveva fatto uno sforzo minimo, ma gli aveva lasciato il respiro pesante e le guance arrossate.

– Cosa è successo? Non ricordo nulla. Che cosa… che cosa ho fatto ieri?

Jungkook gli si portò vicino, mettendosi a sedere sul bordo del letto. Il peggio pareva essere passato, ma il ragazzo gli sembrava ancora fortemente provato. Gli avrebbe spiegato tutto velocemente e poi lo avrebbe fatto riaddormentare.

– Sei stato molto male. Sei praticamente svenuto al freddo, perché sei uscito fuori Jimine? E con addosso solo la maglietta? Quando ti ho messo a letto eri quasi delirante, tra tutto quello che avevi bevuto e la febbre. Eri bollente, ti era salita così tanto e ho avuto davvero paura… per cui ti ho messo a letto e poi ho dovuto… – si fece leggermente rosso e si fermò per un attimo – credo sia quasi passata adesso.

Jimin inclinò lentamente la testa di lato, uno sguardo interrogativo.

– Hai dovuto...?

Jungkook portò con esitazione il suo sguardo su Jimin, una sfumatura di rosa acceso sul suo viso. Si schiarì la gola, come per voler dire qualcosa, ma poi sembrò ripensarci e girò il viso. Respirò profondamente:

– Jiminie, mi dispiace. Non… non sapevo nemmeno se dirtelo, ma… Insomma era necessario… Ho dov-dovuto, come dire, intervenire, toglierti, insomma, un po’… un po’ di tutto quel calore. Mi-mi spiace, non sapevo davvero cosa altro fare ed erano tutti troppo ubriachi per darmi una mano.

Il ragazzo era adesso color porpora e Jimin capì dopo un momento di cosa stesse parlando. Arrossì un po’ anche lui e disse solo:

– Oh…

Ricordava di essersi svegliato a un certo punto durante la notte e aver percepito qualcuno vicino, anzi, addosso a lui. Adesso capiva. Jungkook doveva aver usato il proprio corpo per assorbire il calore in eccesso in quello di Jimin. Il metodo più veloce per far passare velocemente la fase più acuta di un attacco di febbre improvvisa. Metodo che però prevedeva che la pelle di malato e persona sana fossero a contatto. Al momento entrambi avevano le proprie magliette però e Jimin fu grato per quella premura. Non doveva esser stato facile rivestirlo in stato semi svenuto, ma era una fatica che fu felice Jungkook avesse fatto.

– V-va bene, non… non preoccuparti, se andava fatto, non devi… Non devi scusarti, anzi… – mise una mano su quella di Jungkook, spingendo il ragazzo a guardarlo finalmente di nuovo – Ti ringrazio. Davvero.

Jungkook avvolse prese la piccola mano nelle sue, scuotendo la testa.

– Adesso stai meglio, è solo questo che conta – fece una pausa e sembrò voler dire altro, ma la sua attenzione cadde sulle sue mani – Jiminie! Guarda cosa è successo alle tue mani!

Fin da quando era bambino Jimin aveva avuto in tutto il corpo una pelle delicata, facile ad arrossarsi e che doveva essere trattata in modo molto particolare. Quella sulle sue mani era però ancora più sensibile. Bastava nulla ad irritarla, un detersivo troppo forte, un sapone economico, uno sfregamento che non fosse più che delicato, ed il freddo aveva sempre rappresentato il suo peggior nemico. Appena vi entrava in contatto subiva un trauma enorme: si seccava in pochissimo tempo e se non veniva coperta subito iniziava a quasi a squamarsi in punti precisi, come le nocche e le giunture delle dita. Il freddo inoltre la arrossava incredibilmente facendogli diventare le mani rosse e gonfie, e questo, unito al normale rallentamento della circolazione, impediva a Jimin quasi completamente ogni movimento. Dopo il tempo trascorso in balìa del vento e del freddo di quella notte, le sue mani si trovavano quindi in una condizione tremenda: screpolatissime, chiazzate di rosso e molto, molto gonfie.

– Hai portato la tua crema? Dobbiamo mettercela subito.

Jimin non aveva notato ciò che gli era successo. Era assonnato, la testa gli pesava e non riusciva a sentirsi ancora padrone del suo corpo. Gli sembrava quasi di star vivendo all’interno di quello di qualcun altro, di cui non era capace di percepire nulla, o di cui non riusciva ad interessarsi, tanto la sua mente era distante. Indicò a Jungkook la tasca del proprio zainetto e mentre il ragazzo si precipitava a prendere il tubetto di crema lui si mise a fissare un punto nel vuoto, sforzandosi di ricordare. Ciò che lo mandava fuori di testa era il fatto che non riusciva assolutamente a risvegliare la sua memoria e scoprire cosa avesse fatto a un certo punto durante la notte, ma nonostante ciò riusciva ancora a percepire come se gli fossero state incise dentro con il fuoco le emozioni che aveva provato. Ciò che aveva pensato. I bisogni che aveva avuto. La persona che aveva cercato e aveva chiaramente fallito miseramente nel trovare, visto che adesso non era lì. Sentì lacrime che si stupì essere proprie formarglisi agli angoli degli occhi e fece quello che gli parve un enorme sforzo per ricacciarle dentro. Jungkook gli fu presto di nuovo vicino. Tornò a sedere di fianco a lui e dopo essersi messo un po’ di crema sulle dita gli prese una mano ed iniziò con molta delicatezza a passarcela sopra, massaggiandola lievemente. Mentre compiva questa operazione, il più giovane sentiva il proprio cuore battere all’impazzata e pregò che l’altro non si accorgesse del rossore che di nuovo sentiva affiorare sulle proprie guance. Guardando il modo in cui Jungkook si stava occupando di lui, Jimin non poté non sentire un’enorme gratitudine. Se si fosse sentito meno stanco, sia fisicamente che soprattutto interiormente, avrebbe sicuramente anche sorriso. Jungkook appariva concentrato in ciò che faceva, serio quasi, ed il fatto che tale serietà contrastasse incredibilmente con il suo aspetto al momento – indossava un pigiamino di flanella e aveva il viso ancora un po’ gonfio, sembrando più piccolo ancora della sua età – rendeva l’immagine estremamente dolce. Mentre iniziava a massaggiargli con due dita il palmo dell’altra mano, Jungkook prese a parlare, con voce quasi strozzata.

– È… è colpa mia.

– Come?

– È colpa mia. Ero lì vicino a te e non ho fatto nulla per impedirti di bere. Non saresti uscito e non saresti stato male. Dio mio, a cosa pensavo quando ti ho lasc-

Fu interrotto dalla mano di Jimin, appena poggiata sulle proprie labbra. Lo udì dire in un sussurro, ma con tono fermo:

– Non c’entri nulla. Sono io il più grande qui Kookie. Tu non c’entri nulla. Nulla.

– Ma…

Jimin scosse forte la testa e gli portò le braccia dietro il collo, abbracciandolo:

– Sei qui, ok? Sei qui.

Gli era venuto naturale avvicinarlo a sé. Non aveva motivo di sentirsi responsabile o in colpa perché se c’era qualcuno che si era comportato da idiota, creando un disastro, quello era lui, Jimin. Non voleva che Jungkook soffrisse di nessuna di quelle conseguenze che lui sapeva gli sarebbero presto piombate addosso in tutta la loro violenza appena avesse riacquistato di più le forze. Ma adesso non riusciva a pensarci, voleva solo calmare il ragazzo, la paura che qualcosa potesse scattare in lui e spingerlo ad allontanarsi troppo grande. Sperò di esserci riuscito quando lo sentì reagire al suo abbraccio. Lo sentì stringergli la vita e portarselo più vicino. Rimasero in silenzio per qualche secondo, finché Jungkook gli si scostò leggermente. Gli passò una mano sulla guancia, poi sulla fronte ed infine gli disse scostandogli un po’ i capelli da davanti agli occhi.

– Devi dormire adesso. Sei ancora un po’ caldo. La febbre non è passata del tutto. Vuoi… Vuoi che rimanga qui vicino a te?

Jungkook si chiese da dove gli fosse venuto il coraggio di fare una domanda del genere, allibito da sé stesso, ma prima che gli insulti che si stava lanciando nella sua testa potessero farsi troppo pesanti udì la risposta:

– …si.

Dieci minuti dopo, Jungkook si era addormentato di nuovo. Anche Jimin ne aveva bisogno, ma non riusciva a lasciare spazio al sonno. Continuava a cercare tra i suoi ricordi qualcosa che gli potesse offrire un’illuminazione sulla notte precedente. Sapeva ciò che aveva sentito. Lo ricordava con una chiarezza quasi inquietante. Quando il giorno prima, sotto la doccia, aveva preso la risoluzione di allontanarsi da Yoongi aveva creduto davvero di poterlo fare. Credeva che nonostante la difficoltà sarebbe stato capace di mantenere la sua posizione. Credeva, soprattutto, che fosse la cosa migliore in primo luogo per sé stesso. Mentre si metteva l’accappatoio addosso e si guardava allo specchio, aveva davvero sentito che avrebbe sofferto di più se non lo avesse lasciato andare e non si fosse arreso allo sviluppo degli eventi. Uscendo dal bagno e avvicinandosi poi alla scala per scendere, aveva quasi avvertito sollievo per essere giunto a questa conclusione, confortato dalla convinzione di aver trovato sia il nocciolo del problema che la sua soluzione e dunque essere già a metà dell’opera. La serata però era andata diversamente da quel che aveva immaginato.

Nonostante i suoi propositi, vedere Hoseok e Yoongi vicini lo aveva fin da subito turbato e cercando di trovarvi una via di fuga si era abbandonato all’alcol. Ma a un certo punto aveva iniziato a sentirsi l’opposto di come avrebbe voluto. Adesso sapeva cosa era successo. Sapeva che la sua mente era stata, nella nebbia dell’alcol, obbligata a sgombrare qualsiasi cosa che non fossero le sue emozioni più vere, più sincere, anche più egoiste in un certo senso. Aveva sgombrato con una facilità impressionante tutta la barricata che lui aveva faticosamente cercato di costruirsi. Andar fuori era stato solo un ultimo gesto disperato per cercare di allontanarsi, per cercare di essere solo e rinforzarsi nel proposito che aveva preso, ma che sembrava così stupido, così prossimo allo sgretolarsi. L’ultima, minuscola, parte sobria di Jimin gli diceva cosa fare, e Jimin aveva cercato fino all’ultimo di ascoltarla, ma era stato sempre più difficile. Più lei sussurrava “è meglio così, devi proteggerti, soffrirai di meno”, più tutto il resto di lui urlava, con un’intensità resa ancora più cruda e violenta dall’alcol, che non avrebbe potuto soffrire più di quanto stava soffrendo ora, con in cuore il proposito di abbandonare Yoongi. Di accettare di farsi abbandonare. “Non potrai sopportarlo Jimin. Stargli vicino potrà farti male, ma sarà nulla rispetto a questo. Vederlo saranno mille chiodi nel petto, ma non vederlo saranno come mille milioni e tu non ce la farai. Vai da lui, vai da lui ora”. Queste erano le parole che si era detto ed erano parole che non poteva dimenticare. Avrebbe voluto sotterrarle da qualche parte o rimandarle dove erano venute, ma ormai non poteva più tornare indietro. Sapeva che era vero. Sapeva che non avrebbe mai potuto allontanarsi da Yoongi. Non ne aveva la forza ora, come non l’aveva avuta mai e come non l’avrebbe avuta nell’eternità a venire. Ciò che però aveva lasciato il segno più profondo in lui era stato un altro pensiero ed era quello che gli rimbombava maggiormente nella mente. Fino a che il suo stato mentale era rimasto inalterato aveva creduto che il fastidio che gli nasceva in petto all’idea e alla vista di Yoongi e Hoseok insieme fosse dovuto a due motivi. Innanzitutto, l’irritazione causata dall’essere stato tenuto al buio riguardo questa cosa. In secondo luogo, aveva giustificato il suo turbamento con la paura di essere escluso e dimenticato. Tutto ciò era vero, ma solo in parte, e gli era diventato dolorosamente chiaro la sera prima. Appoggiato allo stipite della porta, vedendo le labbra di Hoseok così vicine a quelle di Yoongi una domanda si era aggiunta a torturarlo: “Perché non me?” Aveva capito nel peggiore dei modi di non essere capace di sopportare che Yoongi rivolgesse quel tipo di attenzioni a qualcuno che non fosse lui. Gli fu evidente in quel momento quanto avesse bisogno di sentirsi amato così dall’altro. Voleva che Yoongi guardasse solo lui con la stessa intensità con cui voleva che nessuno, a parte lui stesso, si avvicinasse a Yoongi. Non era più solo una questione di non voler essere escluso dalla sua vita. Jimin si era reso conto che ciò che davvero voleva era averlo solo per sé e che Yoongi sapesse a sua volta che Jimin era solo suo. La confusione in cui si era trovato di fronte a un sentimento di questo tipo era stata senza precedenti. Ricordava quanto male si fosse sentito, quanto avesse avuto bisogno di correre fuori per cercare di prestare fede alla decisione che aveva preso prima, quando ancora stava bene, e sopprimere l’istinto che aveva di correre tra i due ragazzi, separarli e far capire a Yoongi quanto avesse bisogno di lui e quanto lo desiderasse. Desiderare. Il pensiero faceva arrossire Jimin fin sopra la punta dei capelli, ma ormai non poteva più negarlo. Era ciò che aveva provato e nonostante fosse affiorato mentre si trovava in una situazione di spaesamento, ora che si sentiva meglio non riusciva a raccontarsi che era solo il frutto di una mente alterata.

Ricordandosi così bene di queste sensazioni, Jimin non poteva dunque che provare ansia all’idea di non sapere cosa fosse accaduto una volta che si era appoggiato all’albero. Quello era il suo ultimo ricordo. Pur sapendo che se avesse chiuso gli occhi tutta la stanchezza e l’ubriacatura gli sarebbero piombate addosso peggiorando la situazione, non era riuscito a tenersi sveglio. Ciò che era avvenuto tra quel momento e quando si era risvegliato nel letto con Jungkook accanto a sé gli era sconosciuto. Aveva paura di aver fatto qualche scenata o di essersi reso ridicolo. Aveva anche il folle terrore di aver detto qualcosa di troppo, alla persona sbagliata. Dei momenti peggiori, quelli in cui l’alcol si era miscelato alla febbre e al freddo portandolo quasi alla soglia delle allucinazioni, aveva solo dei flash che non riusciva a distinguere dai propri sogni, quelli orribili che aveva avuto mentre dormiva, quando la febbre doveva essere stata al suo picco. Ricordava delle braccia salde attorno a sé, qualcuno doveva averlo trovato lì fuori. Il volto era del tutto coperto adesso, ma ricordava di aver avuto la sensazione che fosse Jungkook per cui pensò che evidentemente doveva averlo a un certo punto visto e riconosciuto, ma ora non ricordava più. Gli sembrava di aver cercato Yoongi, di aver chiesto più volte dove fosse, ma non era più sicuro se ciò fosse parte del sogno o no. Certo è che la sensazione che gli aveva lasciato tale ricordo era la stessa di un incubo, di quelli dove si parla senza emettere suoni o si deve correre e non si riescono a schiodare i piedi da terra. La sensazione di impotenza era la stessa quando ripensava a come si fosse sentito debole, incapace quasi di parlare, sperando che lo portassero dall’unica persona che voleva lo raccogliesse. Deve essersi trattato sicuramente di un sogno. Kookie non mi avrebbe mai ignorato se gli avessi detto di star cercando Yoongi. Con occhi pesanti, pronti ad arrendersi finalmente al sonno, guardò il ragazzo di fianco a lui. Il letto non era grande e loro si trovavano stretti e vicini. Le loro gambe erano quasi intrecciate e il corpo di Jungkook, più grande di quello di Jimin, lo avvolgeva completamente. Le sue braccia gli erano attorno, protettive e quando Jimin gli si avvicinò reagirono d’istinto nel sonno attirandolo ancora più a sé. Mentre si stringeva contro il suo petto, Jimin si chiese se stesse facendo bene ad agire così. Ma era troppo stanco adesso e Jungkook era così caldo, mentre lui aveva tanto freddo.

 

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1 gennaio 2017; h. 5:40

Dio mio, ma quanto ho bevuto? Si chiese Hoseok chiudendo dietro di sé la porta del bagno. Era riuscito a dormire solo un’oretta prima di venir svegliato dal bisogno urgentissimo di fare pipì. In realtà non aveva bevuto molto più di altri, sebbene così sembrasse dai suoi comportamenti. È che su di lui gli alcolici avevano effetto immediato e bastavano davvero due gocce per mandarlo completamente fuori di sé. Proprio perché però le sue sbornie erano generate più da una scarsa tolleranza che dalla quantità di alcol ingerito, solitamente avevano vita breve. Il ragazzo rimaneva intontito e assonnato per diverso tempo durante il post-sbornia, ma da quando smetteva di bere non gli occorrevano più di un paio d’ore per riprendersi quasi completamente da un punto di vista di lucidità. Per questo motivo quando rientrando di nuovo in camera vide un letto vuoto ebbe la prontezza di spirito sufficiente per rifletterci su. Taehyung era lì. Si era buttato sul letto ancora vestito, Hoseok non era sicuro di quando. Lui era rimasto con Jin e Namjoon quando avevano provveduto ad accompagnare tutti gli ospiti alla porta e ringraziarli, intorno alle quattro e mezza di mattina. Quello era infatti l’orario in cui le corse dei tram riprendevano e dunque tutti potevano tornare a casa. Hoseok si era unito a loro nei saluti finali – d’altronde la gran parte degli ospiti era lì essenzialmente perché conosceva lui, Namjoon e Jin – senza porsi troppe domande sul dove fossero gli altri ragazzi. Aveva a un certo punto perso di vista Yoongi, ma non si era preoccupato. Lui aveva ancora voglia di ballare mentre stare al centro della pista non era di sicuro l’attività preferita dell’amico, per cui aveva dato per scontato che se ne fosse andato in camera. D’altra parte, lui non era nemmeno la balia di Yoongi, né tantomeno il suo guardiano. Sentiva di aver fatto del suo meglio per rendere migliore la serata del suo amico, ma non c’era nemmeno un contratto che lo obbligasse a stargli addosso ogni minuto.

Alla vista adesso del letto vuoto però Hoseok reagì in modo diverso. Non si agitò, ma volle accertarsi di dove fosse Yoongi. Tornò in corridoio, ispezionando ogni stanza. Nella casa regnava il silenzio e Hoseok sperò di non aver svegliato nessuno quando inciampando su un bicchiere di carta per terra lanciò un piccolo urlo che soffocò poi subito con la mano. Non trovando Yoongi nella villa si chiese se non fosse uscito fuori e andò alla finestra che dava sul cortile al piano terra. Gli parve di vedere qualcuno in lontananza, vicino a un albero e pensò che potesse essere lui. Ammantato nel cappotto, gli andò incontro e capì di essere nel giusto, la piccola silhouette di Yoongi sempre più riconoscibile man mano che gli si avvicinava. Indossava ancora i suoi jeans neri e addosso si era messo il suo solito cappotto verde dalle tasche larghe. Fa un freddo cane, cosa diamine sta facendo qui?

Yoongi non sembrò accorgersi del suo arrivo, perché infatti quando gli giunse alle spalle non si mosse, come se non lo avesse sentito, e solo quando Hoseok lo chiamò per nome si girò verso di lui, dando a intendere di aver capito che era lì. Dal viso dell’amico, Hoseok intuì in qualche modo che qualcosa doveva essere avvenuto in lui. Il suo sguardo era strano, indecifrabile da un lato, chiaramente ferito dall’altro. Non solo ferito. In pena. Che cosa ti è successo Yoongi? Hoseok sentì un tonfo allo stomaco a vederlo così. Gli si avvicinò piano e gli portò una mano sulla spalla, stringendola forte. Sperò riuscisse a comunicare il suo messaggio: qualunque cosa sia, ci sono qui io. Con una strana tranquillità, quasi con lentezza, Yoongi si girò del tutto verso l’amico e lo abbracciò forte. Abbracciandolo a sua volta Hoseok avvertì il suo respiro calmo e regolare, ma c’era qualcosa in questo abbraccio che lo disturbava. Il modo in cui Yoongi lo aveva guardato e lo aveva stretto gli faceva pensare che non fosse in realtà affatto tranquillo, che non stesse bene. Gli chiese di entrare dentro e Yoongi rispose di sì. Una volta rientrati nella villa, senza nemmeno chiedergli cosa volesse fare, Hoseok lo guidò direttamente in cucina, facendolo sedere e togliendogli il cappotto umido di dosso. Mise velocemente del latte a scaldare e salì poi di sopra. Riscese poco dopo, cercando di far le scale nella maniera più veloce possibile senza però che i piedi facessero troppo rumore. Aveva ora in mano una pesante coperta di lana con cui fasciò subito Yoongi, sistemandogliela bene attorno alla schiena e coprendolo così che potesse scaldarsi un po’. Rimase poi un minuto a sfregargli le spalle, sperando che aiutasse a fargli tornare il sangue in circolazione. Lo vedeva estremamente pallido e i solchi delle occhiaie insieme con il lieve rossore dei suoi occhi gli indicavano che erano lì non solo per colpa della mancanza di sonno. In tutto questo tempo, da quando Hoseok lo aveva messo a sedere al tavolo della cucina, Yoongi non si era mosso. Aveva continuato solo a guardare fisso davanti a sé, con sguardo distante e apparentemente calmo. Hoseok non sapeva cosa pensare. Gli si mise a sedere vicino.

– Adesso arriva il latte caldo Yoongiah. Ti farà bene berne un po’ prima di andare a dormire.

– Grazie Hobi.

Ora che aveva parlato, Hoseok percepì la sua voce esattamente come aveva percepito il suo respiro prima e il suo sguardo poi. Calma, ma distante.

– Hai dormito? Non ti ho visto quando sono andati via tutti.

– Ho… sono andato a letto... non lo so quando. Ma gli ospiti erano ancora tutti qui.  Taehyungie era già a dormire – ok, parlava. Gli parlava. Non si era del tutto chiuso. Hoseok pregò la situazione rimanesse così. Fa che non peggiori – Non so che ore fossero. Non sono riuscito a dormire molto. Ho sentito le persone andare via e poi sei salito anche tu. Non so quanto sia rimasto a letto. Non riuscivo a dormire e alla fine sono uscito. Ora tornerò su con te.

– Va bene – rispose Hoseok sistemandogli un piccolo ciuffo di capelli dietro le orecchie. Avrebbe voluto fare di più, ma non sapeva come e sperò che una volta ripresosi dalla stanchezza gli venisse in mente qualcosa.

– Se hai sonno puoi andare. Il latte lo prendo, se è per quello che stai rimanendo.

Hoseok sorrise:

– È vero, si, in parte voglio assicurarmi che tu lo beva, ma no, non ho così sonno da dover tornare a letto ora. Rimango con te.

Il ragazzo annuì e basta e anche se Hoseok non ne era sicuro, avrebbe scommesso di aver visto l’ombra di un lieve sorriso affacciarsi sulle labbra di Yoongi alle sue parole.

 

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1 gennaio 2017; h. 16:10

Tra le 15 e le 16, tutti e sette gli abitanti temporanei della villa di campagna si erano svegliati, richiamati al tavolo da pranzo dalle proteste dei loro stomaci, ormai vuoti da troppo tempo. L’atmosfera era certamente ben diversa adesso da quella della sera prima, e sembrava assurdo pensare che tra le due non intercorressero ancora neppure ventiquattro ore. Per quanto la casa era tirata a lucido e splendente alle otto della sera prima, adesso ovunque ci si girasse si potevano vedere bicchieri di carta a terra, bottiglie di vino rovesciate sul tavolo, coriandoli, trombette, tovaglioli appallottolati nei punti più impensabili. La fodera del divano era completamente spostata. La leggera tovaglia di carta era caduta da uno dei tavolini e diversi piatti con i resti di pezzi di torta erano sparsi in giro per la stanza. La differenza principale era però costituita dai ragazzi. Fuori dai loro vestiti festaioli e sgargianti, si trovavano ora tutti riuniti nel salone con solamente i loro pigiami, i visi gonfi di sonno e i capelli scompigliati. Come ogni anno, si apprestavano a mangiare qualcosa prima di dare una iniziale e sommaria riordinata alla casa. Il grosso della pulizia sarebbe stato fatto l’indomani, ma per portarsi avanti con il lavoro per il momento avrebbero raccolto l’immondizia da terra e messo via il cibo avanzato. Come ogni anno, tutte queste operazioni vennero fatte in relativo silenzio, nessuno di loro ancora in forze sufficienti per poter intrattenere una vera e propria conversazione. Sacchi della spazzatura alla mano, si divisero in tre gruppi, ognuno dei quali si sarebbe occupato di un piano. Jin e Namjoon presero il piano terra, Taehyung e Jungkook si fermarono al primo mentre Hoseok e Yoongi andarono nel terzo. Jimin era l’unico esonerato dall’aiutare. La febbre non gli era ancora del tutto passata e dunque avevano tutti convenuto che fosse meglio lasciarlo dormire per smaltire sia influenza che sbornia.

– Per quale motivo tocca sempre a noi il piano terra Jinah? – si lamentò Namjoon mentre con sguardo disgustato buttava nel sacco nero avanzi di torta altrui – È sempre quello più disordinato.

– Proprio per questo me ne voglio occupare io. Comunque sei libero di fare a cambio con chiunque altro, non sei obbligato ad aiutare proprio me – rispose Jin. Stava rimettendo a posto la fodera del divano, controllandola con attenzione nel caso in cui vi fossero macchie. Namjoon alzò gli occhi al cielo. Jin e le sue manie. Gli andò vicino, raccogliendo i vari bicchieri che trovava per terra sul suo cammino. Gli disse poi sottovoce, non volendo farsi sentire dagli altri:

– E con chi dovrei andare? Taehyungie stamattina non si schioda da Kookie, mentre Yoongi-hyung sembra sul punto di uccidere tutti da un momento all’altro. Rimane Hoseokah e dubito che finirebbe bene, noi due soli in una stanza.

Jin corrugò la fronte e smise di occuparsi del divano per guardare meglio Namjoon, sorpreso dalla sua perspicacia, alquanto inusuale in questo genere di cose:

– Allora hai notato anche tu qualcosa di strano? – chiese facendo anche lui attenzione a parlare piano – Credevo di essere solo io e non sapevo a chi chiedere perché… Beh, mi hai sorpreso.

– Jin, non sono un idiota.

Jin sorrise e gli dette un bacio leggero sulla guancia:

– Lo so Joonie, lo so.

Al primo piano, Taehyung e Jungkook si trovavano impegnati a ripulire la stanza dove la notte prima si era svolta la “gara” di braccio di ferro. Gara in cui ovviamente Jungkook aveva battuto tutti, sotto gli occhi di un Taehyung estatico. Gara da cui però era poi dovuto scappare all’improvviso appena aveva letto il messaggio con la richiesta di aiuto di Jimin. Il fatto che fosse stato chiaramente digitato di fretta e in stato alterato lo aveva allarmato in modo incredibile, per cui aveva mollato Taehyung lanciandogli un “è urgente, scusami, devo andare di sotto” che il ragazzo era a malapena riuscito a interpretare. Quando poi era tornato sopra con Jimin tra le braccia, a Taehyung, che lo stava aspettando, era quasi venuto un colpo, vedendo l’amico in quelle condizioni. Si era precipitato verso Jungkook, aiutandolo aprendogli la porta della camera e seguendolo dentro, ma prima ancora che potesse avvicinarsi al letto di Jimin l’altro lo aveva fatto andare fuori dicendogli che tutto sarebbe andato bene, ma adesso doveva pensare tranquillo a cosa fare senza averlo attorno, visto che era comunque troppo ubriaco per poter effettivamente aiutare. Jungkook non sapeva se Taehyung ricordasse le parole che gli aveva rivolto, ma non trovava il coraggio di chiederlo. Si sentiva in colpa adesso di averlo trattato male e cacciato via quando era solo preoccupato per il suo migliore amico. In quel momento era entrato però nel panico, spaventato dallo stato in cui aveva trovato Jimin e incerto su cosa dovesse fare. Avrebbe voluto chiamare Jin-hyung, ma non lo aveva visto rientrando e temeva che il cercarlo gli avrebbe fatto perdere troppo tempo. Vedendo Jimin stare così male, sentendolo scottare sotto le sue mani ed emettere piccoli lamenti simili al pianto che indicavano quanto dovesse star soffrendo, Jungkook si era sentito incredibilmente responsabile e con questo suo senso di colpa aveva voluto fare i conti da solo. Sentiva che aveva fallito ad occuparsi del ragazzo e adesso non lo avrebbe più permesso. Era compito suo aiutarlo.

– Tae… Mi spiace essere corso via lasciandoti qui da solo ieri. Poi cosa… cosa hai fatto? – nel porre questa domanda Jungkook pensò di aver trovato la soluzione migliore per scoprire se Taehyung ricordasse o meno tutto ciò che era avvenuto la notte prima. Taehyung lo guardò fisso, intensamente, mentre Jungkook si dava da fare per ripulire il pavimento da un gruppetto di tovagliolini usati. Cosa ho fatto? Sono venuto da te e ti ho offerto il mio aiuto, ma tu mi hai lasciato fuori. Come fai troppo spesso e come non dovresti fare mai. A Taehyung il modo in cui Jungkook gli si era rivolto aveva fatto male. Sentirsi dire di non essere in grado di aiutare il suo migliore amico gli era dispiaciuto, certamente, ma era soprattutto ciò che la reazione di Jungkook significava a rappresentare la fonte del suo malessere. Non sopportava più l’idea che ci fossero cose da cui il ragazzo lo escludesse, e che ancora, dopo tanto tempo, non si fidasse di lui su tutto. Lui, Taehyung, che gli sarebbe rimasto vicino anche se fosse stato legato ai binari di un treno. Perché si obbligava a questa solitudine? Taehyung non capiva più se era un delirio di onnipotenza o semplice cecità nei confronti dei propri limiti. Qualunque ne fosse il motivo, avrebbe dato qualsiasi cosa affinché Jungkook aprisse gli occhi e si rendesse conto che non avrebbe potuto continuare così per tutta la vita. L’idea che il ragazzo dovesse affrontare qualcosa da solo, senza un appoggio, senza un conforto lo perseguitava giorno e notte, come una spina nel cuore. Anche se Taehyung non fosse stato nelle condizioni di aiutare materialmente, perché addossarsi tutta la responsabilità? Perché non volere qualcuno al proprio fianco che potesse condividere le sue stesse pene? Dopo essere stato messo alla porta, quella notte Taehyung aveva perso la voglia di tornare a festeggiare. Si fidava di Jungkook e sapeva che Jimin sarebbe stato bene. Era andato nella sua stanza e si era buttato sul letto con tutti i vestiti, cadendo addormentato all’istante. Quando quel pomeriggio uscendo dalla camera aveva visto il più piccolo scendere le scale di nuovo aveva sentito una morsa al petto. Non aveva dimenticato la promessa silenziosa che aveva fatto la sera prima, quando lo aveva abbracciato nel corridoio. “Non ti abbandonerò mai”. Così era. Jungkook avrebbe potuto metterlo alla porta cento volte, centouno volte lui sarebbe tornato a bussare. Voleva che questo gli fosse chiaro.

– Credo di essere andato a dormire. Non ricordo bene a dire il vero. Lo sai come sono con l’alcol – e gli rivolse uno dei suoi ampi sorrisi. Vedendo le spalle di Jungkook distendersi leggermente, seppe di aver fatto la scelta giusta a nascondergli la verità.

Hoseok aveva detto a Yoongi di non preoccuparsi, poteva tenere semplicemente il sacco mentre lui avrebbe pensato a raccogliere tutto, al che Yoongi aveva risposto di sì senza opporre resistenza, di nuovo. Da quando lo aveva trovato con lo sguardo perso nel vuoto davanti all’albero, Hoseok aveva avuto l’impressione che Yoongi avesse deciso di rispondere agli stimoli esterni con uno sforzo pari al minimo indispensabile – ovvero limitarsi a sollevare la testa se qualcuno lo chiamava ed evitare l’uso delle parole a meno che queste non fossero strettamente necessarie – e di portare ai minimi termini la propria iniziativa personale muovendosi quasi solo dietro istruzione di Hoseok.  Yoongiah, forse è meglio se indossi una felpa”, “Yoongi, dovresti prendere un po’ più di riso”, “attento a non pestare quella pozza di soju con i calzini”. Hoseok era preoccupato. Che Yoongi si chiudesse in sé stesso era una cosa frequente, però non gli era mai successo di vedere il ragazzo così. Aveva però tanta paura di chiedere cosa avesse fatto, quanta di non fare assolutamente nulla. Decise di prendere il discorso alla larga, mentre con la scopa dava forma a un piccolo mucchietto di bicchieri e tovaglioli:

– Yoongi, sei sicuro di esserti riposato a sufficienza? Sembri un po’ stanco, nessuno se la prenderà se vuoi tornare a dormire – si fermò per guardare l’amico. Lo vide fare uno sguardo confuso, quasi come se fosse meravigliato dal sentirsi porre quella domanda.

– No, sto bene Hoseokah, perché me lo chiedi?

Possibile non si rendesse conto di quanto questa volta il suo atteggiamento fosse strano? Si muoveva quasi da automa, non parlava e sembrava perdersi nei suoi pensieri ogni dieci secondi. Questo non era uno dei suoi soliti momenti dove era brusco o semplicemente scostante, questo era qualcos’altro. Di solito quando il ragazzo era di cattivo umore o aveva voglia di essere lasciato in pace, era anche consapevole del suo atteggiamento ed infatti ogni volta che poi qualcuno gli chiedeva se ci fosse un problema, si scusava, seppure a mezza bocca, o cercava di spiegarne in breve la motivazione. Il fatto che invece adesso Yoongi non sembrava avere nessun tipo di coscienza del modo in cui si stava comportando fece salire un brivido su per la schiena di Hoseok. Per la prima volta nella storia della loro amicizia, sentiva di non sapere che cosa fare. 

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Sebbene avessero mangiato appena due ore prima, i sei ragazzi fecero cena insieme intorno alle diciannove, così da poter andare a dormire presto senza morire di fame durante la notte, e fu solo durante la cena che ci fu maggiore vivacità nel gruppo e si dette inizio a qualche commento sulla festa appena passata. A un certo punto Jin chiese:

– Jungkookie, come sta Jiminie? Credi possa andare se gli facciamo una visitina? O dorme di nuovo?

– No, no, la febbre c’è ancora un po’, ma credo sia poca e dopo aver dormito quasi tutto il giorno e mangiato quello che gli ho portato sta meglio – Jungkook si mise poi a ridere, mettendo le mani avanti – e comunque non dovete chiedere il mio permesso per vederlo.

– Quindi non devo ottenere il tuo lasciapassare per tornare a vivere con lui? – disse Taehyung, attirandosi una botta sulla spalla da parte di Jungkook e suscitando un’ondata di risolini negli altri. Hoseok guardò velocemente verso Yoongi e vide che stava continuando a mangiare come se non avesse sentito nulla e di nuovo si sentì angosciato.

– Siete tutti così spiritosi – disse Jin con tono sarcastico – chiedevo a te Kookie solo perché sei l’unico ad averlo visto. Quando si è deboli e in convalescenza è meglio non avere troppa gente attorno.

– Prima avevo troppo sonno per chiederlo, ma cosa è successo esattamente? Quando si è sentito male? – Namjoon pose questa domanda mentre prendeva la brocca dal centro del tavolo – aah, è finita l’acqua!

– Dammi, vado io – disse Yoongi con una velocità fulminante. Prese la brocca dalle mani di Namjoon e si alzò in fretta per andare in cucina. Hoseok sollevò un sopracciglio.

– Dunque, cosa è successo? – riprese Namjoon guardando Jungkook e senza far caso a Yoongi. Il ragazzo spiegò come avesse ricevuto un messaggio confuso da parte di Jimin dove gli chiedeva di uscire fuori a prenderlo perché si stava sentendo male. Raccontò quindi di come avesse lasciato tutto e si fosse precipitato in cortile per trovarlo seduto sulla neve, appoggiato al muro e in stato di semi delirio. Jin si passò una mano sulla fronte:

– Non avremmo mai dovuto farlo bere così, non dopo che aveva evitato per un pelo l’influenza.

Jungkook rimase in silenzio, Namjoon annuì mentre Taehyung e Hoseok aprirono la bocca nello stesso momento.

– Scusa, vai tu hyung.

– Stavo solo per dire che non capisco come gli sia potuta sfuggire così di mano la situazione, di solito è raro che Jiminie perda il controllo.

– Lo so – disse Taehyung pensieroso mentre si portava un po’ di riso alla bocca – ma adesso sta bene ed è quello l’importante. Non era facile per noi tenerlo troppo d’occhio, c’era il buio, la musica alta, le persone intorno…

– E la nostra tremenda capacità di sopportare l’alcol, vero Taehyungie? – gli disse Hoseok facendogli l’occhiolino.

– Io stavo meglio di te però hyung, e sono più piccolo – gli rispose l’altro mostrandogli la lingua.

Sentendo gli schiamazzi degli altri, Yoongi si chiese dalla cucina se non fosse il caso di tornare in sala. La brocca era stata già riempita da diversi minuti, ma lui stava ancora cercando il coraggio di rimettere piede nell’altra stanza. Ora che il discorso sembrava starsi concludendo pensò che forse sarebbe potuto tornare a tavola prima che qualcuno lo chiamasse chiedendo dove fosse finito. La brocca si era svuotata al momento giusto, evitandogli così di ascoltare il racconto di Jungkook. Sapeva già come erano andati i fatti, era anzi l’unico a sapere come fossero andati davvero, perché nessuno era lì fuori al gelo con Jimin eccetto lui. Non voleva ascoltare di come Jungkook avesse ricevuto un messaggio da Jimin. Sapeva già anche questo e, di nuovo, era l’unico a sapere la verità. Quel messaggio lo aveva mandato lui ed era stata la cosa più difficile che avesse fatto nella sua vita. Non aveva bisogno che gli facessero rivivere quel momento. Non voleva ripensarci, lo aveva già fatto fin troppo. Era rimasto ore a pensare quanto avrebbe voluto essere stato lui a portare Jimin in salvo, metterlo a letto e accudirlo fino al mattino. Non sapere come si sentisse, non sapere cosa stesse facendo nell’altra stanza lo faceva impazzire. Si odiava adesso per essere stato un idiota fin dall’inizio. Era sempre stato così tranquillo, così sicuro di avere Jimin vicino a sé che non si era mai dato pena di fargli capire ciò che significava realmente per lui. Come poteva però mostrargli qualcosa di cui lui stesso si era accorto solo adesso? Si odiava per non aver capito mai nulla ed essersi lasciato scappare ciò che amava tra le dita. Ma Jimin meritava di avere ciò che desiderava e lui si sarebbe fatto da parte, scomparendo a poco a poco.

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– Posso entrare Jiminie? – chiese Taehyung mentre chiudeva delicatamente la porta. L’amico lo accolse con un sorriso enorme, e gli occhi gli divennero ancora più brillanti quando si posarono sul piattino che l’altro aveva in mano. Taehyung se ne accorse e sorrise soddisfatto – Abbiamo finito di cenare da poco, ti ho portato una fetta di torta. Jin non voleva perché dice che non aiuta a riprendersi dall’influenza, ma ho approfittato di un attimo di distrazione per prenderne un pezzetto e correre quassù. Lo so che ti piacciono i dolci.

– Taehyungie sei il migliore! – Jimin arraffò il piattino dalle mani di Taehyung appena questi si fu messo a sedere vicino a lui. Non avrebbe dovuto avere molto appetito vista la sua condizione, ma la vista della torta di Jin glielo aveva fatto venire –  ti ho mai detto che ti voglio bene?

  Qualche volta si. Spero tu me ne voglia per motivi più seri però.

  Qushto è umhn mtivo ssherioh –  replicò Jimin con la bocca piena.

– Continui a farci prendere spaventi Jiminie.

Jimin ingoiò sonoramente il suo boccone e guardò Taehyung con occhi mortificati:

  Lo so, e mi sento malissimo in proposito infatti. Non so cosa altro dire se non che mi dispiace.

– Per questa volta passa. Però ti sei giocato tutte le possibilità che avevi di farci preoccupare per almeno i prossimi sei mesi – disse Taehyung scompigliandogli i capelli neri. Jimin annuì sorridendo e riprese a mangiare la torta. Taehyung si mise a guardarlo con affetto. Sollevò un sopracciglio:

– Certo, bisogna riconoscerti il merito di aver saputo badare a te stesso mandando quel messaggio a Kookie.

Jimin inclinò la testa di lato:

– Che messhaggio?

– Non ricordi? Ieri hai mandato un messaggio a Junkookie chiedendogli di venirti a prendere fuori perché ti stavi sentendo male. Per questo motivo ha potuto aiutarti subito – Jimin aveva smesso di mangiare e si era fatto così serio che fece sentire Taehyung allarmato – possibile che non ricordi assolutamente nulla?

– Tae… c’è un momento di cui ho un totale buco nero. Non so cosa abbia fatto o detto. Quindi no, non sapevo di aver inviato quel messaggio.

Prima che Taehyung potesse replicare si sentì bussare e un attimo dopo il viso sorridente di Hoseok fece capolino nella stanza.

– Jiminieeeeee! Posso? –  Senza aspettare risposta entrò e si mise ai piedi del lettino, gambe larghe e mani sui fianchi – Spero Jungkookie si sia occupato bene di te.

Jimin cercò di mantenere la voce il più stabile possibile mentre rispondeva che andava tutto bene e il peggio era passato.

– Bene. Cerca di riprenderti presto e inizia a preparati fin da ora, l’anno prossimo ti faremo recuperare queste pulizie scampate.

Jimin sorrise:

  Spero Jin-hyung non vi abbia fatto lavorare troppo vista la mia assenza.

– Siamo sopravvissuti. Tu invece non è detto vedrai l’alba di domani se non ti sbrighi a finire quella torta prima che salga quassù. Un fato peggiore potrebbe invece aspettare te Taehyungie.

  Tranquillo – rispose Taehyung –  Jin-hyung è già stato qui insieme a Namjoon-hyung quindi siamo entrambi fuori dai guai –  e si scambiò uno sguardo d’intesa con Jimin.

– Oh, perfetto. Dunque sono venuti proprio tutti… –  Sembrò non sapere cosa dire e Jimin lo guardò in attesa, sbattendo le palpebre un paio di volte. Non tutti. È il suo turno adesso, no? – Beh, è tempo che io vada a dormire. Jiminie, Yoongi… credo sia molto stanco oggi, e… si è già addormentato. Ovviamente però è contento anche lui che ti senta meglio. Se fosse stato sveglio sarebbe venuto, ma si è davvero addormentato all’improvviso e non mi sembrava il caso di-

– No, va tutto bene – disse Jimin interrompendo il più grande – Non c’è problema, dopo ieri è normale avere già sonno per tutti, figuriamoci per Y-Yoongi-hyung.

Dalla soglia della porta, Hoseok rivolse a Jimin un sorriso di scuse:

– Vi vedrete domani a questo punto. Buonanotte Jiminie. Tu Taehyung vieni?

– Rimango un altro po’ qui, aspetto che Jungkookie salga così mi dà il cambio con il malato – rispose sorridendo e dando una piccola pacca sulla coscia di Jimin.

Hoseok annuì e tornò in camera da solo. La luce era spenta, due letti ancora vuoti, uno no.

– Yoongi sono io, Taehyung rimane ancora un po’ da Jiminie quindi puoi anche smetterla di fingere di dormire – sentì un “mmh” provenire dal letto di Yoongi – non chiedermi più di coprirti mentendo in faccia ai miei amici. Dopo la notte che ha passato, mi sono davvero vergognato a cercare un modo per giustificare la tua assen-

– Hoseokah, io sto effettivamente dormendo. Sono stanco. Jiminah sopravvivrà una notte senza vedere il mio viso.

Hoseok sollevò gli occhi al cielo:

– Fa come vuoi – disse bruscamente mentre si infilava i pantaloni del pigiama. Vi fu silenzio per qualche minuto finché Hoseok non si mise sotto le coperte e tirò un sospiro – Yoongiah, non so cosa tu abbia fatto. Se non stai bene… mi dispiace. Mi dispiace e lo sai che se hai bisogno sono qui per te. Però oggi sei stato davvero così strano, non solo con me, ma con tutti, hai detto sì e no due parole in tutta la giornata e… non capisco perché. Aiutami a capire perché? Yoongi?

A Yoongi si strinse il cuore. Era buio e lui era disteso nel suo letto cosi come Hoseok nel proprio, quindi non potevano vedersi, ma la voce strozzata dell’amico gli aveva fatto intuire che era prossimo alle lacrime. Stava malissimo, non riusciva a sentire altro che dolore dentro di sé, ma ferire Hoseok era l’ultima cosa che lo avrebbe aiutato a stare meglio. Cercò le parole da usare:

–Scusami. Non credevo di averti fatto preoccupare tanto. Scusa. Non è… –  strizzò gli occhi e inspirò profondamente prima di continuare – non è nulla di grave, davvero. Una serie di cose. Pensieri, riflessioni sull’anno passato e il futuro. La stanchezza della festa, il sonno. Tante cose insieme mi hanno… reso peggio del solito. Ma non devi preoccuparti, va bene? – silenzio – Va bene Hoseokah?

– …sicuro?

– Si. Però se dovessi fare così di nuovo, puoi avere pazienza con me per favore? – la sua voce profonda si era fatta ancora più bassa – Ho bisogno che tu abbia pazienza con me.

Sentì Hoseok lanciare un risolino:

– Sedici anni non ti hanno ancora dimostrato quanta ne possa avere?

Yoongi sorrise debolmente, e cercò di fermare le lacrime prima che uscissero. Una vita passata a controllarsi perfettamente ed ecco che nelle ultime ventiquattro ore era già la seconda volta che avrebbe voluto scoppiare in un pianto dirotto. Questa volta però si controllò. Si girò su un fianco e sistemò meglio la testa sul cuscino:

– Buonanotte Hobi.

 

****

     

      Jimin avrebbe voluto concentrarsi su ciò che Taehyung e Jungkook stavano dicendo, sul serio, ma per quanti sforzi facesse ogni quattro parole perdeva il segno. Stavolta però non c’entrava nulla il solito fatto che quando i due ragazzi parlavano tra loro seguire i loro discorsi era davvero difficile. Piuttosto, il motivo per cui Jimin si trovava incapace di partecipare alla conversazione era semplicemente che aveva la testa da un’altra parte. La visita di Hoseok lo aveva lasciato molto scosso. Aveva atteso tutta la giornata la visita di Yoongi. Da un lato la temeva. Rivederlo dopo ciò che aveva pensato la scorsa notte, dopo ciò di cui aveva preso coscienza, sarebbe stato duro. Non aveva ancora neppure l’ombra di un’idea su cosa dirgli o su come comportarsi, tantomeno su cosa fare per fare per rimanergli vicino nel modo più silenzioso e meno ingombrante possibile. Mentre era solo nella stanza aveva avuto modo di riflettere ed era giunto alla conclusione che la cosa più semplice fosse far fare a lui. Yoongi avrebbe potuto dettare tutte le condizioni. Cercarlo quando si sentiva, chiamarlo quando voleva, anche fosse stata una sola volta al mese. Purché quella volta ci fosse. Il senso di abbandono continuava a perforargli l’anima come un trapano, ma se fino al giorno prima aveva pensato che il modo migliore per scapparvi fosse voltare del tutto le spalle al ragazzo, adesso sapeva che questa per lui non era una soluzione possibile perché lo avrebbe fatto stare ancora peggio. Avrebbe dunque sopportato tutto e finché l’altro glielo avesse permesso gli sarebbe rimasto affianco. “Vederlo saranno mille chiodi nel petto”. Li avrebbe affrontati uno per uno pur di non sentirsi morire come aveva fatto ieri. Però il fatto che Yoongi non si fosse fatto vivo per tutta la giornata e che addirittura alla fine avesse usato Hoseok come proprio portavoce lo aveva sconvolto. Una parte di lui gli diceva che era meglio così, era ancora troppo debole ed era solo un bene che l’incontro fosse stato procrastinato. Ma un’altra parte voleva davvero rivederlo. Aveva bisogno di sapere che non si era del tutto dimenticato di lui e che in qualche modo lo voleva ancora nella sua vita. Era tutto ciò di cui aveva bisogno, non voleva altro. Si sarebbe accontentato delle briciole e se le sarebbe fatte bastare. Lo avrebbe addirittura ringraziato per avergliele date. Però se gli avesse tolto anche quelle… Strinse i pugni nella coperta più forte e iniziò a respirare più pesantemente. Jungkook, seduto di fianco a lui nel lato opposto a Taehyung, se ne accorse subito.

– Jiminie? Tutto ok? Sei di nuovo rosso.

– Ti abbiamo stancato troppo! Ora torno in camera, scusami – disse Taehyung scattando in piedi.

Con fatica, Jimin riuscì a sorridere all’amico dicendo che non era nulla di grave, ma sarebbe stato meglio per lui mettersi subito a dormire. Jungkook lo fece distendere e accompagnò poi Taehyung alla porta:

– Dicono che la notte la febbre tenda a salire sempre un po’, non credo ci sia nulla di cui preoccuparsi.

– Si, è normale. Però deve riposarsi. Grazie per quello che stai facendo per lui Kookie. Mi scoccia ammetterlo, ma stai forse facendo un lavoro migliore di quello che farei io.

– E dov’è la novità? – rispose Jungkook con un ghigno e strizzando un occhio.

Tornato dentro vide Jimin raggomitolato da un lato. Aveva le guance un po’ rosse, ma respirava regolarmente da sotto le coperte e Jungkook si tranquillizzò. La notte sarebbe sicuramente passata senza problemi. Si mise il pigiama silenziosamente e si era appena seduto sul letto quando sentì Jimin chiamarlo:

– Kookie… ho freddo. Vuoi… – affondò la testa nel cuscino e le parole vennero fuori attutite, tanto che Jungkook lì per lì temette di aver capito male – potresti dormire qui vicino a me anche stanotte?

 

 

 

 

 

Note dell’autrice: Hello, ecco il nuovo capitolo ~

Dunque… da dove partire? Facciamo da Jimin, che è il personaggio più centrale qui. Come avevo anticipato sulle scorse note, un punto decisamente essenziale si è chiarito (spero): quelli che sono i sentimenti di Jimin per Yoongi. Il paragrafo iniziale dove parla in prima persona è un esperimento che ho voluto fare. Non amo molto le narrazioni in prima persona e dunque non la uso mai, però questa volta ho pensato che forse la maniera migliore per descrivere al meglio le emozioni di Jimin mentre si trovava in quello stato così confuso fosse proprio lasciare la parola direttamente a lui. È davvero la prima volta che scrivo in prima persona quindi è stato un po’ un leap of faith affidarle un momento così importante, però volevo provare e dunque questo è quanto è uscito. Ciò che conta è che si sia capito quello che pensa Jimin e questo punto viene esplorato poi anche più in là nel capitolo. Anche lui prova qualcosa di più che semplice amicizia per Yoongi. Sono due idioti che si amano e non se lo dicono perché non hanno capito nulla. E il problema più grande adesso che ognuno ha avuto la propria “rivelazione” è che le loro decisioni in merito a come affrontare la situazione sono opposte, ma anche inconciliabili: Yoongi vuole lasciare Jimin in pace, mentre Jimin se da un lato ha capito che non può fare a meno di essere nella vita di Yoongi, anche solo come contorno, dall’altro, non sapendo cosa altro fare, ha deciso di lasciare la palla a Yoongi e aspettare che detti lui le sue condizioni. Dunque, è tutto molto confortante e roseo J J
Per quanto poi riguarda Jungkook, Jimin vede in lui una sorta di porto sicuro al momento. Diciamo che si sta abituando a determinate attenzioni e adesso che si sente così vulnerabile non riesce ad allontanarle e soprattutto non vuole che anche l’altro ragazzo lo lasci solo.

In tutto ciò Taehyung capisce più cose su Jungkook di quanto il suo carattere sereno e distratto possa far pensare, mentre Hoseok al contrario non ha ben chiaro cosa stia avvenendo in Yoongi. Non si può biasimarlo però. Non può immaginare al momento che il malessere dell’amico derivi dalla situazione di Jk e Jimin. Tutto ciò che lui sa è che Yoongi era normale durante la festa, e poi Jimin si è sentito male e Jk lo ha aiutato, il che non è nulla di traumatizzante come fatto in sé. Forse se i due fossero entrambi stati in salute e si fossero chiusi per ore in camera, allora Hoseok avrebbe potuto pensare che Yoongi fosse turbato per questo, ma Jimin era malato, letteralmente non c’è nulla riguardo Jimin e Kookie che ai suoi occhi possa aver sconvolto Yoongi così tanto da giustificare il suo comportamento. Dunque sta male a vedere Yoongi in questo stato, perché non sa come aiutarlo.

Io giuro che voglio bene a questi personaggi e non voglio che soffrano, però certe scelte sono necessarie >.<
Spero comunque che questo capitolo abbia chiarito definitivamente un dettaglio principale, ovvero quello che Jimin prova nei confronti di Yoongi, ed abbia in generale chiarito ciò che i vari personaggi provano l’uno per l’altro.
La citazione iniziale è riferita a Jimin, ho pensato rappresentasse bene il suo stato confusionale quando ha provato determinate cose. 


Mi fermo qui con queste note lunghissime. Grazie come sempre per aver letto fin qui
♥♥ Ci vediamo sul prossimo capitolo!

Baci, Elle

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo X ***


CAPITOLO X

 

 

Quando considero i limiti in cui sono rinchiuse le facoltà pratiche e indagatrici dell’uomo,

quando vedo come ogni attività metta capo alla soddisfazione di bisogni che a loro volta non hanno

alcuno scopo se non di prolungare la nostra misera esistenza, e ancora, come ogni accontentarsi

di certi risultati della ricerca sia semplicemente la rassegnazione del sognatore,

pago di decorare con figure variopinte e luminosi paesaggi i muri della sua prigione,

tutto questo, Whilhelm, mi fa ammutolire!

 

(J. W. Goethe, I dolori del giovane Werther)

 

2 gennaio 2017

 

Il secondo giorno dell’anno accolse i sette ragazzi con una pioggia fitta e pesante. Fin dal primissimo mattino il ticchettio dei vetri colpiti dall’acqua iniziò a farsi strada nei loro sogni, senza però riuscire a disturbare il sonno di nessuno. Per motivi differenti, ognuno di loro era estremamente stanco e fu non prima delle dieci di mattina che la cucina iniziò a venire piano piano ripopolata dal gruppo. Alle dieci e mezza i mancanti all’appello erano solo tre: Namjoon, Taehyung e Jimin. L’agenda della giornata era piuttosto serrata: per prima cosa, la villa andava completamente ripulita e lucidata e questa era già un’operazione che avrebbe richiesto almeno un paio d’ore; occorreva poi che tutti si vestissero, e di nuovo del tempo ce ne sarebbe voluto vista la disponibilità limitata di bagni; infine, entro massimo le tre sarebbero dovuti tutti trovarsi fuori dalla villa, in partenza verso la città. Lo spettacolo di Namjoon, Jin e Hoseok era infatti incredibilmente vicino e le prove erano state fissate per le cinque di quel pomeriggio. Il lavoro di squadra si attivò subito: mentre Hoseok e Yoongi davano il via alle operazioni andando a prendere detersivi, stracci e scopettoni vari, Jin andò a buttare come al solito Namjoon giù dal letto mentre Jungkook andava ad occuparsi di Taehyung. Cinque minuti dopo, un incredibilmente assonato Namjoon in boxer neri e t-shirt bianca scendeva lentamente le scale stropicciandosi gli occhi e un Taehyung terribilmente spaesato si rendeva conto di non essere più nel suo letto, ma tra le braccia di Jungkook che lo stava portando così di sotto. Accesa della musica in sottofondo, le grandi pulizie ebbero ufficialmente inizio.

L’unico che, di nuovo, era stato esentato dalla partecipazione al progetto “rendiamo-di-nuovo-vivibile-questo posto” era Jimin. Il ragazzo aveva lievemente insistito quando Jungkook aveva lasciato il posto nel letto di fianco a lui e si era preparato per scendere, ma l’ennesima notte trascorsa con la febbre lo aveva lasciato indebolito. Aveva anche avuto di nuovo degli incubi. Non ricordava più bene di quale natura fossero, ma gli avevano lasciato un grande senso di sgradevolezza addosso. Sgradevolezza e angoscia. Questa sensazione era poi stata acutizzata dal primo pensiero che gli era affiorato alla mente appena si era svegliato: oggi dovrò parlare con Yoongi-hyung. Era consapevole che prima o poi ad un certo punto della mattina ciò sarebbe dovuto succedere. Era irritato con sé stesso, si rimproverava la perdita di controllo avvenuta due sere prima. Se ora si trovava bloccato a letto, quasi privo di forze, era solamente colpa di quell’assurda idea di uscire fuori alle tre di notte in mezzo al gelo. Come poteva essere stato così stupido? Se si fosse sentito meglio adesso sarebbe corso vicino a Yoongi e con una scusa avrebbe ripreso a parlarci. Non ne poteva davvero più di tutto quel silenzio tra loro. Era stato lui il primo a chiudersi, ma ora voleva che l’altro gli parlasse, che lo guardasse. Doveva accertarsi che avesse ancora qualcosa da dirgli, che lo volesse vicino. Ma non poteva comprendere nulla di tutto ciò se non lo guardava negli occhi. Aveva bisogno di vedere Yoongi, capire in prima persona quanto di ciò che avevano sarebbe rimasto. Aveva però poche energie e non riuscì ad insistere quando Jungkook lo fece distendere di nuovo e lo assicurò che l’unica cosa a cui avrebbe dovuto pensare era riprendersi. Non riuscì a farsi valere neppure poco dopo, quando Taehyung sgattaiolò un attimo da lui per portargli qualcosa da mangiare, in dosi ben più generose di quanto Jin avrebbe mai acconsentito. Non sapeva da dove prendere le forze e ad un certo punto, mentre era da solo e lanciava uno sguardo verso la finestra, sollevato a sedere da una pila di cuscini, diverse lacrime silenziose presero a scorrergli giù. Se le asciugò in fretta. Se mi metto anche a piangere è la volta buona che non mi riprendo più. Non sapeva esattamente da quanto tempo fosse in quella posizione, forse dieci minuti, forse un’ora, con i suoni delle faccende in corso che gli arrivavano attutite da attraverso la porta chiusa e con gli stessi pensieri che a ruota gli vagavano per la mente: perché Yoongi-hyung non viene? Perché sono sempre così inutile? Quando mi sentirò meglio? Ad un tratto sentì una voce venire dal corridoio davanti alla sua camera e si mise in allarme, sentendo i nervi farsi più tesi e un piccolo brivido partirgli dalla nuca.

– Ti ho detto che va bene Hoseok-ah, mi occupo io di pulire quello, basta che smetti di chiedermelo. Riesci a fare almeno il lavandino nel frattempo?

– Si, ovvio che riesco, è solo-

– Solo che ti viene da vomitare all’idea di pulire il water, lo so, me lo hai detto.

Yoongi-hyung! Di nuovo Jimin si sentì come si era sentito nel suo incubo. Avrebbe voluto gridare, urlare al ragazzo che lui era lì, sveglio e lo stava aspettando, ma nulla uscì dalla sua bocca. Era rimasto pietrificato, il cuore che batteva all’improvviso dieci volte più veloce rispetto a pochi secondi prima. Perché non entrava? Perché non aveva voglia di vederlo? Di sapere come stesse? Perché si accontentava di ciò che Hoseok gli riferiva su di lui? Si portò le mani alle tempie, appoggiando i gomiti alle ginocchia. Non ne poteva più. Si sentiva così stupido ad avere questo bisogno, come se fosse un bambino capriccioso. Che senso aveva affannarsi così ora? Ci sarebbe stato modo di rivedere Yoongi e parlarci con calma anche nei prossimi giorni, dunque perché si stava sentendo come se l’attendere un altro minuto gli sarebbe stato fatale? La sensazione di impotenza di fronte agli eventi, di fronte a questa debolezza fisica, di fronte a sé stesso, gli dette d’un tratto la nausea e le lacrime tornarono a fare capolino. Passò un po’ di tempo a cercare di razionalizzare e concentrarsi sui giorni futuri, quando finalmente sano e in forze sarebbe potuto tornare a bussare al 503, ma non aiutò. Continuava a voler andare subito, in quell’esatto istante. L’udire un’altra volta la voce di Yoongi – lui e Hoseok dovevano aver finito di pulire e Jimin sentì i loro passi sulle scale – lo convinse definitivamente a fare qualcosa. Inspirò profondamente, e prese a togliersi di dosso le coperte con grande lentezza. Nella casa si stava bene, ma aveva paura che lo sbalzo di temperatura potesse comunque peggiorare la sua salute. Poggiò i piedi a terra, il rumore del piccolo salto attutito dai calzini bianchi. Sentì la testa girare, molto, e dovette appoggiare le mani al letto per tenersi in piedi. Le gambe lo sorreggevano a malapena e per un attimo sentì la speranza di riuscire ad arrivare alla porta affievolirsi. Si scrollò subito però e tirando un altro grande respiro si mise in cammino. Nel momento di aprire la maniglia si fermò di nuovo perché la testa continuava ad ondeggiargli un pochino, ma almeno si sentiva più stabile sulle gambe. Se fosse riuscito ad arrivare in fondo alle scale, sarebbe stata fatta. Quando si appoggiò al corrimano poté finalmente udire distintamente le voci provenienti dal piano inferiore, dove al momento tutti i ragazzi sembravano trovarsi. Con lentezza fece il primo gradino. La testa aveva finalmente quasi smesso di girargli e si sentiva capace di mostrarsi abbastanza sicuro davanti agli altri cosi che acconsentissero a farlo unire ai lavori di casa. Quando si trovò a metà scala una voce lo raggiunse:

– Jiminie? Che ci fai qui sotto??

Namjoon lo stava guardando preoccupato. Aveva lasciato il tavolo che stava richiudendo e adesso aveva iniziato ad andare verso di lui. La sua esclamazione fu seguita a ruota da quelle di Jungkook e Taehyung. Dovevano starsi occupando del bagno, perché uscirono entrambi da lì, accorrendo subito verso Jimin. Hoseok lo guardò incuriosito, ed emise solo un suono. Si trovava seduto sul divano, probabilmente intento a prendersi una pausa dopo il trauma vissuto al bagno del piano superiore, e masticava rumorosamente una mela.

– Cosa stai facendo? – esclamò Jungkook raggiungendolo velocemente facendo sei gradini con due passi – Torna di sopra, come ti è venuto in mente di alzarti?

Se mentre scendeva si era sentito meglio, ora che aveva tutte quelle persone intorno Jimin sentì le forze venirgli di nuovo meno. Voleva solo arrivare da Yoongi, non aveva le energie per mettersi a discutere contro una coalizione intera di persone decise a rimandarlo indietro. Ma ce l’aveva fatta fin lì, non si sarebbe fermato adesso. Tenendosi forte al corrimano, passò oltre Jungkook, e cercando di suonare credibile guardò Namjoon:

– Sto bene. Mi sento molto meglio e sono annoiato – finalmente mise il piede a terra. Il peggio era passato, ce l’aveva fatta – Voglio darvi una mano.

Namjoon spostò leggermente la testa in direzione della cucina, continuando però a guardare Jimin allarmato:

– Jiiiiiin!

– Ho sentito – disse Jin uscendo dalla cucina mentre si asciugava le mani con uno strofinaccio – Jiminie, sei stato male, non credo davvero sia una buona ide-

– Sto bene. Voglio aiutarvi. Non mi muovo da qui.

La fermezza del suo tono lasciò tutti un po’ interdetti. Mentre Hoseok osservava la scena con un’espressione divertita, i quattro ragazzi raggruppati vicino a Jimin si scambiarono diversi sguardi. Alla fine fu Jungkook a parlare:

– Jin-hyung, è stato a letto per un giorno intero, non mi sorprende che sia annoiato. Potrebbe fare qualcosa di leggero, così che non si stanchi, ma intanto stia con noi. Pensi si possa fare?

Jin guardò prima Jungkook, poi Jimin, di nuovo Jungkook, velocemente Taehyung –che lo stva guardando appoggiato alla balaustra, testa tra le mani, la bocca appena socchiusa, curioso sul responso – ed infine Namjoon, che gli fece un cenno di assenso. Sospirò:

– Va bene, va bene. Puoi aiutare, ma non devi stancarti assolutamente, ci siamo intesi? Voi tornate a lavoro, tu Jiminie siediti un attimo sul divano, ora ti trovo qualcosa da fare.

Si dispersero ad uno ad uno, Jungkook per ultimo, dopo aver strizzato una spalla al ragazzo e avergli detto piano:

– Appena dovessi sentirti peggio, dimmelo subito che ti riporto sopra.

Jimin annuì e lo vide allontanarsi. I suoi occhi vagarono per la sala. Dov’è Yoongi-hyung? Mentre si allontanava dalle scale, pronto ad obbedire a Jin e andare a mettersi verso il divano, girò la testa verso la cucina sulla destra e si bloccò. Yoongi era lì dentro. Jin era di schiena, intento a lavare dei piatti, mentre Yoongi, anche lui di spalle, si occupava di asciugarli. Li prendeva con movimenti rapidi, i piatti che Jin gli passava, strusciandoci sopra il panno e posandoli davanti a sé, formando una piccola pila. Dovevano essere le stoviglie della sera prima e della colazione. Entrò, ma nessuno dei due sembrò sentirlo sopra al rumore dell’acqua. Ora che aveva Yoongi davanti, le gambe gli si erano fatte di piombo. Si fece coraggio e si schiarì la gola. Sia Jin che Yoongi si girarono verso di lui nello stesso momento e lui si sentì di nuovo caldo.

– Jin… Jin-hyung. P-posso aiutare qui?

Jin lo osservò in silenzio per un momento che al più piccolo sembrò troppo lungo. Finalmente parlò:

– In effetti non è una cattiva idea. Puoi asciugare i piatti stando seduto sulla sedia. Mettiti qui, ti prendo un panno per asciugare.

– Hyung, può prendere il mio – Jin si voltò verso Yoongi – Può prendere il mio, in due non ha senso, non sono così tanti piatti.

Stava posando alternativamente lo sguardo su Jin e il lavandino, parlando di Jimin come se non fosse neppure nella stanza. Guardami. Perché non ti rivolgi a me? Jin anche doveva essere rimasto interdetto, perché non riuscì a dir nulla e si ritrovò a guardare il ragazzo posare il suo strofinaccio sul tavolo vicino a Jimin, e dirgli con voce bassa, fissando la porta della cucina davanti a lui:

– Ti sei ripreso? Stai meglio?

Jimin ci mise qualche secondo a rendersi conto che si stava rivolgendo a lui. Quando comprese sussultò leggermente:

– Si, si ora sto meglio. Grazie.

– Ok – Yoongi riprese a camminare – Potrebbero non esserci sempre persone lì a salvarti, vedi di non essere così idiota la prossima volta.

Jin spalancò gli occhi e subito li gettò in direzione di Jimin. Il ragazzo più piccolo sembrava essere rimasto senza respiro. Diamine Yoongi, ma a che cosa pensi? Arrendendosi in partenza con il malumore di Yoongi, cercò di occuparsi almeno di Jimin:

– Jiminie, Yoongi è un po’ nervoso oggi, sono convinto che non intendeva…

– No – Jimin strinse i pugni e deglutì – Ha ragione. Sono stato un idiota. Riprendiamo a lavorare hyung, va tutto bene.

Con riluttanza, Jin riprese il suo posto al lavandino e si rimise a sciacquare le ciotole e passarle a Jimin. Una, due, tre. Prendi, asciuga, impila. Non pensare ad altro. Potrai parlarci dopo. Quando starai meglio. Quando lui sarà di buon umore. “Vedi di non essere così idiota la prossima volta”. Era sceso per vedere Yoongi-hyung, magari parlarci un po’, dare all’altro l’occasione di avvicinarglisi. Non si aspettava lo avrebbe trattato con tanta durezza. Non ci era in realtà davvero abituato. Era la prima volta che Yoongi lo faceva sentire quasi… sbagliato. Con lui di solito Jimin non aveva timori e sentiva di poter essere sé stesso, ma adesso le parole del maggiore lo avevano colpito terribilmente, mettendogli addosso un sentimento di umiliazione. Si sentiva ancora più stupido di quanto già non si sentisse. Il suo tono… non lo ha detto in modo giocoso. Era serio. Mi sono comportato da idiota. Sono un idiota. Ho fatto un casino e adesso hyung non ha nemmeno voglia di parlarmi. Gli occhi gli si appannarono di un sottile velo di lacrime, e dovette sbattere le palpebre diverse volte per scacciarlo. Passando il panno sopra alla stoviglia con più forza del necessario cercò di concentrarsi su ciò che stava facendo, ma aveva solo voglia di piangere. La voce di Yoongi gli giunse di nuovo alle orecchie, meno severa questa volta, più distesa:

– Hoseok-ah, torniamo noi in città con il tram – Non era una domanda.

– Uh? Jiminie deve tornare con l’auto per forza, ma noi possiamo fare ad estrazione per vedere chi tor-

– Non ce n’è bisogno, voglio andare con il tram. Vieni a pulire il cortile?

Un mormorio di assenso, qualche passo, una porta sbattuta. Le mani di Jimin lasciarono andare la ciotola che stavano impugnando. La vide infrangersi a terra, ma non fece nulla per evitarlo. Sentì Jin urlare il suo nome, chiedergli se stava bene, se si era fatto male o tagliato. Accennò un no. Sentì Namjoon accorrere subito e chiedere cosa fosse successo, Jin rassicurare che nessuno si preoccupasse e andare a prendere una scopa per raccogliere i cocci. Jungkook anche era arrivato adesso, lo aveva fatto sollevare dalla sedia afferrandogli il polso. Jimin si girò verso la porta della cucina, vide lì anche Taehyung che lo guardava con sguardo preoccupato.

– Ma perché sei sceso qui? Sei ancora troppo debole, adesso torni subito di sopra.

– No aspetta… – Jungkook lo aveva preso per mano e lo stava tirando per portarlo verso le scale, rimetterlo a letto. Lui voleva rimanere però. Voleva aspettare che Yoongi tornasse in casa e sperare che gli parlasse di nuovo.  – Sto bene. Kookie, non c’è bisogno…

– Jiminie, io credo che tu non sia davvero ancora in forze per stare qui. Sei evidentemente troppo debole. Per favore, torna su – il tono di Jin era fermo, la presa di Jungkook su di lui salda e vide sia Taehyung che Namjoon annuire. Capì di aver perso, e accettò il verdetto. Non fece resistenza quando Jungkook lo prese in braccio e iniziò a salire le scale e neppure quando lo mise a letto e gli rimboccò le coperte. Disse solo ad un certo punto, mentre il ragazzo gli aggiungeva un’altra copertina, più come se parlasse a sé stesso: 

– Stavo bene. Potevo rimanere, sto be-

– No, non stai bene! – il tono di voce di Jungkook si fece più alto – Sei sudato, stavi quasi ansimando! Jiminie, ti prego – gli strinse forte una mano e si inginocchiò vicino a lui, e riprese con voce più calma – ti prego, fidati di me. Stai tranquillo, non ti agitare, non ti affaticare. Non ce la faccio più a vederti star male, voglio che tu ti riprenda. Stammi a sentire per favore. Dammi modo di prendermi cura di te. 

Lo sguardo del ragazzo colpì profondamente Jimin. Sembrava così preoccupato e risoluto allo stesso tempo. Quasi adulto. Non seppe dire di no. Forse non volle dire di no. La sua voce era flebile quando parlò:

– Scusami. Non volevo farti preoccupare. Mi dispiace tanto. Sono… un disastro assoluto – si portò una mano davanti agli occhi e Jungkook scattò su, tirandosi in piedi e mettendosi questa volta seduto di fianco a lui:

– Jiminie, no! – gli tolse le mani dal viso e gli portò una mano sulla guancia – Non sei un disastro! Sei solo stato male per colpa di una dannata febbre e… perché ti sei un po’ confuso con le dosi di soju – il sorriso nella sua voce fece sorridere leggermente anche Jimin. Si guardarono negli occhi – Va tutto bene, ok? Tu non preoccuparti di nulla, stai qui tranquillo, vengo io a prenderti quando è ora di andare via, d’accordo?

Jimin annuì, e non si scansò quando Jungkook gli si avvicinò per dargli un leggero bacio sulla guancia.

 

****

 

Il viaggio di Hoseok e Yoongi fu silenzioso. Il primo non era riuscito a dire no alla richiesta del secondo e quindi alla fine si erano entrambi avviati verso la fermata del tram una decina di minuti prima che gli altri ripartissero in macchina. Per qualche motivo Yoongi era voluto tornare con il tram e Hoseok non aveva voluto mettersi a contestare il suo desiderio di andare insieme. Continuava a vedere Yoongi scosso e non capiva il perché, per cui aveva deciso che avrebbe cercato di stargli addosso il più possibile, sperando che osservandolo bene qualcosa uscisse fuori o gli balzasse all’occhio. Nulla però lo aveva aiutato a capire meglio cosa stesse passando nella mente del più grande e anche adesso sentiva che non era il momento di mettersi a fare domande.

Yoongi stava guardando fuori dal finestrino, un gomito appoggiato vicino al vetro, lo sguardo perso. Si sentiva un po’ in colpa di aver chiesto ad Hoseok di andare con lui quando adesso non gli stava quasi rivolgendo la parola, ma al momento aveva un unico pensiero per la testa: il modo in cui aveva trattato Jimin. Uscendo dalla cucina, dopo avergli risposto così male, Yoongi avrebbe voluto prendersi a pugni, con la consapevolezza che se anche se ne fosse dati cento e poi cento e poi altri cento non sarebbero stati ancora sufficienti. Se ne meritava di più. Lasciarsi andare alla rabbia così con Jimin, chiamandolo idiota in quel modo, con la bocca piena d’astio… come aveva potuto? Si era subito pentito di ciò che aveva detto il secondo stesso in cui lo aveva fatto e il pensiero di aver dato un dispiacere a Jimin gli aveva fatto malissimo. Il problema è che quando il ragazzo aveva risposto di stare bene, Yoongi non aveva potuto fare a meno di pensare a come non fosse stato lui a farlo sentire meglio e l’immagine di Jungkook che se ne prendeva cura gli aveva fatto perdere il lume della ragione. Aveva sentito un enorme risentimento nascergli dentro e lo aveva esternato, senza pensare alle conseguenze. Stava male a ripensarci perché non era davvero con Jimin che ce l’aveva, e neppure con Jungkook. Ce l’aveva solo con sé stesso, ma come sempre nella sua vita questo auto disprezzo si traduceva poi in un apparente odio verso gli altri. Però non poteva permetterlo. Non poteva assolutamente permettere che Jimin rimanesse ferito da lui. Non avrebbe potuto sopportarne il pensiero e decise in quell’istante che avrebbe fatto di tutto affinché ciò non accadesse, prendendo una decisione.

 

****

 

I giorni successivi furono particolarmente frenetici per il gruppo del 503 e caratterizzati da un grande via vai di persone nei vari appartamenti. I più impegnati di tutti erano Jin, Namjoon e Hoseok. Lo spettacolo era alle porte e l’agitazione era palpabile. Il pomeriggio del due gennaio si erano tutti e tre fiondati in sede, dove trascorsero quasi cinque ore il giorno dopo per le ultime prove, mentre il mercoledì rimasero per quelle generali quasi l’intera giornata all’interno del teatro dove la rappresentazione avrebbe avuto luogo. Anche quando erano a casa, l’atmosfera era un po’ delirante, con Jin che si metteva a recitare in momenti casuali, mentre si muoveva tra i fornelli o sotto la doccia o durante il notiziario, e Namjoon che continuava a lamentarsi contro un iper-attivo Hoseok, il quale si era ormai fissato in pianta semi stabile nell’appartamento e alternava momenti in cui si chiudeva in camera con Yoongi ad altri in cui andava in sala per, appunto, scaricare la propria tensione infastidendo e lamentandosi con Namjoon. Nel frattempo, un’altra persona aveva quasi messo le tende in casa altrui: Jungkook. Quando il lunedì pomeriggio Jin aveva fermato la sua auto davanti casa di Jimin e Taehyung, il ragazzo aveva insistito per salire con loro ad aiutare ed era andato via solamente a sera tarda, dopo essersi accertato che Jimin mangiasse propriamente, andasse a letto presto e dopo aver trascorso un paio di ore a chiacchierare con Taehyung in cucina. Il giorno dopo si era poi presentato al mattino piuttosto presto, accompagnato da un cestino infiocchettato:

– È un kit di sopravvivenza, Jiminie. Ci ho messo dentro alcune cosine che credo possano aiutarti ad allievare la noia. Tae mi ha detto che avevi finito i manga quindi sono passato in fumetteria e te ne ho presi alcuni. Queste sono un paio di riviste interessanti che avevo a casa. Due dvd di Hoseok-hyung, credo siano del suo drama preferito, non dirgli che te li ho portati. Magari piacciono anche a te. Poi vediamo… cioccolata, un paio di barrette, dei fazzoletti tanto per sicurezza e questo qui – prese quella che sembrava essere una scatoletta bianca in mano – è il mio Nintendo. Lo so che i videogiochi non sono il meglio quando si è ammalati, ma secondo me domani dovresti già essere quasi guarito, quindi potrai usarlo. Spero il gioco che ci ho messo dentro ti piaccia.

– Jungkookie – Jimin non sapeva cosa dire – sei completamente impazzito, non dovevi assolutamente disturbarti così!

– Ssh. Prendi e basta. Te lo appoggio qui vicino al letto, va bene?

Taehyung entrò nella stanza, una tuta nera larga addosso, le mani incrociate dietro la testa:

– A me non hai mai regalato tutte queste cose Kookie.

Jungkook lo guardò serio:

– Tu non ti sei mai ammalato da quando ci conosciamo.

– Ok, quando mi ammalerò allora dovrai fare un cestino anche per me. Prometti – e gli si mise davanti con le braccia conserte.

Jimin portò gli occhi al cielo, mentre Jungkook ridacchiò portandosi la mano al cuore:

– Io, Jeon Jungkook, prometto solennemente di accudire te, Kim Taehyung, nel momento della malattia – Taehyung sorrise annuendo soddisfatto, e Jungkook continuò –  e così in ogni malattia finché morte non ci separi. Va bene?

      Finché morte non ci separi. Taehyung rimase spiazzato di fronte a queste parole, e sentirle uscire dalla bocca del ragazzo davanti a sé, che lo guardava dritto negli occhi, sorridente, bellissimo, lo mandò in tilt. Spalancò gli occhi, sentì un rossore caldo sulle guance e per cercare di riprendersi, non sapendo cosa altro fare, si mise a sedere per terra, balbettando:

– S-si, ok ti credo. Dimmi piuttosto di Hoseok-hyung – era la prima cosa che gli era venuta in mente per cambiare discorso – che cosa sta facendo? È agitato per dopodomani?

– In realtà non ci ho potuto parlare molto – rispose Jungkook – Ieri notte quando sono tornato non l’ho trovato, gli ho scritto e mi ha detto che dopo le prove era rimasto con Yoongi-hyung. Poi questa mattina invece è stato hyung a venire da noi, sono stati in camera per un po’ e poi sono andati via, credo Hobi-hyung avesse le prove presto. Mi ha detto che forse rimarrà via anche stasera.

– Yoongi-hyung viene da voi? – Taehyung era incredibilmente sorpreso – Perché mai?

– Non ne ho idea onestamente. Ci sta che Hoseokie rimanga al 503 per esercitarsi con gli altri, ma perché mai Yoongi-hyung si prenda il disturbo di venire da noi, è un mistero. Jiminie, tu ne sai nulla?

– Come? I-io? No, non so niente. Non… non so il perché.

Jimin vide Jungkook fare spallucce rassegnate e ne ebbe invidia. Avrebbe dato tutto ciò che aveva in quel momento per poter fare la stessa cosa. Alzare le spalle e procedere, cambiare argomento, spostare i pensieri. Ma non gli era possibile. Quando Jungkook aveva parlato la ormai familiare sensazione di avere un improvviso buco allo stomaco era tornata nel giro di un istante. Per un secondo aveva anche contemplato l’idea di confidarsi con i due amici e condividere ciò che sapeva sui due, però ci aveva ripensato subito. Dirlo ad alta voce ad altre persone lo avrebbe reso troppo reale.

Il giorno dopo Jungkook tornò di nuovo, questa volta portando con sé una busta intera della spesa, spiegando come ci fosse bisogno del suo aiuto per il pranzo perché Taehyung non sapeva cucinare e Jimin continuava a sembrare troppo sciupato. Di nuovo, informò i ragazzi della presenza di Yoongi a casa loro di prima mattina e dell’avere appreso che aveva preso ad accompagnare Hoseok alle prove insieme a Jin e Namjoon.

– Non sapevo che hyung fosse così interessato a questo spettacolo. Forse vuole affiancare Namjoonie-hyung nella composizione delle musiche? – fu il commento di Taehyung mentre passava un coltello per tagliare la verdura a Jungkook.

   Mi piacerebbe risponderti, ma non posso e a dirti la verità l’idea di chiedere spiegazioni non mi attrae – disse l’altro sistemando per bene il tagliere sul tavolo – il dover rivolgere la parola a Yoongi-hyung mi mette una certa ansia ultimamente.

– Perché cosa succede? – chiese Jimin. Dal momento che dal pomeriggio precedente non aveva più la febbre aveva deciso di alzarsi un pochino e mettersi lungo sul divano con una coperta addosso per stare in compagnia degli altri due ragazzi mentre si occupavano del pranzo. Proprio come il giorno precedente, l’aver avuto notizia di come Yoongi stesse trascorrendo ogni minuto con Hoseok lo aveva rabbuiato. Avrebbe preferito che il discorso venisse chiuso e Jungkook non ne facesse più cenno, per un milione di motivi diversi. Quando però lo aveva sentito fare quel commento su Yoongi era rimasto incuriosito. Stava male? – Che cosa ha fatto Yoongi-hyung?

Jungkook scoppiò a ridere:

– Non sarei qui a parlarne se lo sapessi Jiminie! È sempre quello il problema con Yoongi-hyung, no? Non si sa mai cosa gli passi per la testa – fece cenno a Taehyung di prendere il suo posto al tagliere – o almeno, io non sono in grado di capirlo. Grazie Tae, finisci tu così io intanto metto il brodo a fare.

Taehyung annuì e disse qualcosa, ma Jimin non stava più ascoltando. Aveva aperto il cellulare e, come aveva fatto già mille volte anche il giorno prima, era andato a controllare la casella dei messaggi, come se per magia da un momento all’altro potesse apparire un piccolo “1” vicino alla chat sua e di Yoongi-hyung. L’ultima conversazione però rimaneva sempre quella, delle 17:18 del 30 dicembre 2016: “Dove sei???”. Fermi lì. Erano rimasti lì e Jimin iniziava a chiedersi se sarebbero mai andati avanti. Rilesse per la milionesima volta gli ultimi messaggi che lui stesso aveva mandato. “Attendimi per favore, ho tante cose da dirti :)”. Sembrava passato così tanto tempo. Avrebbe voluto avere la stessa leggerezza anche ora, passare le dita sui tasti senza pensarci e chiedere all’altro ragazzo cosa stesse facendo. Il Jimin che aveva mandato quegli ultimi messaggi, quello di nemmeno cinque giorni prima, lo avrebbe fatto. Il Jimin di ora però non ne aveva il coraggio. Questo pensiero gli mise addosso una sensazione fastidiosa, decisamente sgradevole. Era così strano. Tutto ciò che stava vivendo, provando, pensando era sconosciuto, estraneo. Desiderava con tutto sé stesso che le cose tornassero come prima, ma di nuovo si sentiva impotente perché sapeva che non avrebbe potuto far nulla in proposito. Quella che era stata rabbia iniziale, quando aveva sorpreso Yoongi e Hoseok quel fatidico pomeriggio, e che poi si era trasformata in disperazione, durante la festa e quando poi Yoongi gli aveva parlato in cucina, aveva adesso lasciato il posto solo alla tristezza. Un’enorme tristezza che si era impossessata di lui e di cui non riusciva più a disfarsi. Il venire a sapere di come Hoseok e Yoongi passassero così tanto tempo insieme aveva definitivamente distrutto le sue speranze. Il fatto che Yoongi stesse facendo compagnia ad Hoseok addirittura a teatro, quando se fosse stato chiunque altro a chiederglielo gli avrebbe solo riso in faccia, fu per Jimin un’ulteriore conferma di ciò che c’era tra i due ragazzi, di come tra loro il rapporto fosse cambiato e diventato qualcosa di più di pura amicizia. Ma d’altronde si conoscevano da una vita, avrebbe dovuto aspettarsi una cosa del genere già da tempo, e anzi, era strano che non fosse accaduto prima. A lui invece Yoongi-hyung non aveva mandato nemmeno un messaggio. Non gli aveva chiesto se stesse bene. Non aveva nemmeno colto l’occasione di chiedere a Jungkook che glielo salutasse. Nulla. D’altronde era di cattivo umore, come gli avevano detto più volte anche gli altri, ed era normale che l’unica persona che sopportasse fosse Hoseok. Che stupido che era stato a pensare di avercela fatta, di essersi guadagnato un posto speciale nella vita del più grande. Doveva probabilmente sentirsi solo fortunato ad averlo potuto avere un po’ per sé per tutto questo tempo. Ciò che stava accadendo ora era inevitabile, solo questione di tempo e Jimin lo aveva previsto. Ritornò con la mente al periodo in cui Hoseok doveva far ritorno dal Giappone. Aveva già allora iniziato ad avere una certa apprensione, il timore che tutto quello che aveva avuto con Yoongi si trasformasse in una semplice parentesi. Eppure ciò non era accaduto. Hoseok era tornato, ma Yoongi non aveva cambiato nulla nel loro rapporto. Al contrario. Quando gli aveva regalato il mixtape, Jimin aveva sentito una gioia enorme esplodergli nel cuore, resa ancora più intensa dal sollievo provato. Yoongi gli aveva dato le sue creazioni, le aveva date a lui e solo a lui. Non lo avrebbe allontanato da sé, Jimin si era sentito convinto di questo in quel momento, su quel tetto, mentre piroettando scappava da Yoongi e vedeva ballare attorno a sé i fiocchi della prima neve dell’anno. Quando aveva ascoltato il cd, da solo nella propria camera, Jimin aveva pianto. Erano lacrime di commozione e gioia. Non solo aveva un pezzetto di Yoongi tutto per sé, da poter tenere vicino in qualunque momento, ma era anche un qualcosa che era solo suo. Neppure di Hoseok. Di nessun altro. Solo ed esclusivamente suo. Si allungò sul divano e chiuse gli occhi prima che altre lacrime potessero scendere. Il cd gli rimaneva, ma di tutto il resto ora non aveva più nulla. Poteva solo sperare che per qualche motivo Yoongi-hyung decidesse di parlargli di nuovo. L’idea di dover rivivere ciò che era accaduto due giorni prima gli stritolava il cuore, ma cercò di tranquillizzarsi pensando che quello doveva essersi trattato di un momento particolare, mentre appena si fossero trovati nel contesto familiare di una delle solite cene, al riparo nel 503, le cose sarebbero forse andate in un altro modo. Pregò di avere ragione. Solo un po’ di pazienza Jimin. Solo un altro po’ di pazienza.

 

****

5 gennaio 2017

– Come ti senti? Pensi di riuscire a venire questa sera allo spettacolo?

– A che ora è?

– Alle diciotto e trenta. Però non durerà molto e nel teatro farà caldo. Se ti copri bene e prendiamo il tram proprio qui sotto non dovrebbero esserci problemi. Poi al 503 per la cena potrà portarti Jin-hyung in auto.

– Non lo so Tae… non so se mi sento ancora in forze sufficienti. Ho soprattutto paura di una ricaduta e vorrei essere sicuro al cento per cento di essere guarito prima di uscire con questo freddo. Mi dispiace.

– Tranquillo Jimin, gli hyung capiranno.

– Salutameli e complimentali da parte mia. Digli che anche senza averli visti so che saranno stati bravissimi.

– Ricevuto. Allora io inizio a prepararmi, tu per cena hai il brodo che è avanzato di ieri. Quando tornerò forse starai già dormendo, ci vediamo direttamente domani mattina, ok? Sopravvivrai stasera senza me e Kookie?

–Vai Taehyungie. Buon divertimento.

 

****

 

– Giuro che la prossima volta che quella mi tocca il braccio fuori dalle scene lancio un grido di aiuto. Credi che possa denunciarla per molestie?

– Prima o dopo lo spettacolo?

– Se va avanti così lo farò probabilmente prima.

– Possiamo in effetti sempre chiedere un cambio, io al posto suo – Yoongi sorrise in direzione di Hoseok, il quale rise a sua volta, ovviamente in modo più rumoroso dell’altro. Si trovavano già dalla mattina all’interno del teatro dove entro un paio di ore si sarebbe tenuto finalmente il tanto sospirato secondo show. L’emozione che si sentiva correre tra i membri della compagnia teatrale era dovuta più alla felicità di essersi quasi liberati di questa rappresentazione che a una vera agitazione pre-spettacolo. Yoongi si era unito, così come anche nei giorni precedenti, a Jin, Namjoon e Hoseok per controllare più da vicino l’amico e rendersi conto di come eventualmente aiutarlo quando provavano insieme. Fino all’ultimo infatti Hoseok aveva voluto che Yoongi provasse con lui. Non si sentiva sufficientemente pronto per cui aveva deciso di usufruire del tempo in cui non era impegnato nelle prove con la compagnia facendo venire Yoongi a casa sua. Jungkook era un coinquilino molto più discreto di Jin e Namjoon, e non avrebbe fatto troppo caso a ciò che i due ragazzi stavano facendo chiusi in camera. Al contrario, la presenza di Jin e Namjoon in casa avrebbe assicurato continue interruzioni e sarebbe risultato difficile per Hoseok rilassarsi e rimanere concentrato. Anche se ormai con Yoongi l’imbarazzo era del tutto scomparso o quasi, il ragazzo non aveva tuttavia ancora intenzione di far sapere ad anima viva il favore che aveva chiesto all’amico. Aveva dunque supplicato Yoongi che gli facesse la cortesia di venire da lui la mattina e accompagnarlo poi alle prove. “Potrai vedere dove sbaglio e poi potrai parlarmene a casa tua dopo cena. Però le prove vere e proprie le facciamo da me. Tra l’altro Jungkook non c’è comunque, perché andrà da Taehyungie e Jiminie”. L’amico aveva accettato subito, e Hoseok gliene era grato. Questa mattina erano andati al teatro piuttosto sul presto e la giornata era trascorsa prova dopo prova. Yoongi aveva ricevuto il permesso di rimanere lì – Namjoon aveva approfittato della sua presenza per farsi dare una mano – e aveva fatto da supporto morale ad Hoseok, osservandolo dalla platea quando era in scena e andandogli vicino dietro le quinte per bisbigliarli un “bravo” o un “rilassati di più” appena il suo turno finiva. Lo aveva visto particolarmente agitato quando era andato da lui la mattina, ma adesso sembrava essersi calmato e concentrato. Al momento la sua più grande preoccupazione era l’imprevedibilità della sua partner, la quale non perdeva occasione per andargli vicino, chiedergli di provare ancora e allungare ogni tanto anche una mano, dedicando ad Hoseok attenzioni che il ragazzo avrebbe pagato oro pur di non ricevere.

– Non mi vergogno nemmeno di dire che preferirei limonare con te davanti a trecento persone rispetto a sentire un’altra volta anche solo per un secondo la sua mano sul mio braccio.

– Ok, ritiro tutto. Aspetta che lo spettacolo sia finito prima di denunciarla, non ci tengo a limonare con te.

La risata di Hoseok scoppiò proprio mentre Jin gli si avvicinava. Il ragazzo era nervoso, ma invece che mostrarsi con la scontrosità, il nervosismo di Jin si manifestava attraverso un’allegria quasi isterica. Bastava nulla per farlo ridere e si metteva ad urlare incoraggiamenti a tutto il gruppo non appena ne aveva l’occasione. Yoongi non aveva mai assistito alle prove generali di nessuno dei suoi spettacoli e adesso, vedendolo così, gli fu estremamente chiaro perché non ci avesse messo molto tempo a fare amicizia con Hoseok.

– Yoongi caro – trillò avvicinandosi a lui e portandogli le mani sulle spalle – Il mio Joonie vorrebbe un consiglio su una piccola modifica che vuole fare… Non ho capito bene cosa, vedi tu. Sono così contento che tu sia qui con noi! Ora ti voglio a tutti i futuri spettacoli, qualcosa mi dice che la tua presenza porterà fortuna!

 Yoongi a queste parole spalancò gli occhi e guardò Hoseok come a dire “Non ho firmato anche per questo”. Mettendosi a ridere Hoseok prese Jin per il polso e lo scostò da Yoongi, sottolineandogli l’importanza dell’andare per gradi.

– Ok, ok, segui i tuoi tempi Yoongi-ah. Sento però che questo è solo l’inizio e un giorno salterai a bordo con noi.

I due presero a parlottare animatamente tra loro e a creare quelli che a Yoongi suonarono come scenari distopici riguardanti lui e sue possibili parti in un qualche spettacolo. Incapace di fronteggiare la combinazione Jin-Hoseok, al ragazzo non restò che andare a cercare rifugio da Namjoon. Rimase con lui per tutto il resto del tempo, dandogli una mano come gli aveva chiesto, finché finalmente, incredibilmente in fretta, giunse l’orario di apertura delle porte al pubblico. A questo punto Yoongi salutò Namjoon e andò per l’in bocca al lupo prima da Jin e poi da Hoseok, a cui dette anche qualche ultima raccomandazione:

– Stai tranquillo e non agitarti. Sei migliorato tantissimo e puoi farcela. Se te la vedi brutta, ripensa al mio bel viso, vedrai che tutto andrà liscio.

Ridacchiando Hoseok lo abbracciò. Il modo in cui l’amico aveva accettato di aiutarlo e il fatto che avesse continuato a farlo nonostante ci fosse qualcosa che chiaramente lo rendeva inquieto significava moltissimo per Hoseok. Si sentiva felice di essersi aperto all’amico e aver chiesto aiuto mettendo da parte l’orgoglio. Gli sarebbe piaciuto Yoongi facesse lo stesso, non voleva vederlo mai più come lo aveva visto qualche giorno prima. Lo strinse fortissimo, attirandosi ovviamente le sue proteste. Gli voleva così bene che il cuore a volte gli faceva male e questa era una di quelle. Incurante delle resistenze dell’altro, non lo lasciò andare e gli disse piano:

–Grazie mille Yoongi-ah. Di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, io sono qui. Ti voglio bene. Lo sai che ti voglio bene, vero? – lo lasciò andare solo per porgli quest’ultima domanda guardandolo in viso, ma il suo sguardo serio ebbe vita breve. Lo sguardo scioccato di Yoongi unito al nuovo rossore sulle sue guance fu abbastanza per farlo ridere. Il più grande lo scrollò via da sé.

– Vado a prendere posto perché davvero sto iniziando a temere per la mia incolumità fisica.

– Ti stavo solamente dimostrando il mio amichevole e fraterno affetto –  gli disse Hoseok fingendo un tono ripiccato mentre lui si allontanava. Rispose continuando a camminare, dandogli la schiena e sollevando una mano a mo’ di saluto:

– Dimostramelo facendomi vedere che non ho perso il mio tempo. Fai scintille stasera su quel palco, Hobi.

Scintille fece. Nessuno nel pubblico avrebbe potuto credere che la persona di fronte ai loro occhi era un ragazzo insicuro e inesperto che fino a una settimana prima non sapeva nemmeno da dove iniziare con scene come quelle che stava recitando. Anche coloro che lo conoscevano furono sorpresi. Persino Jungkook e Taehyung furono capaci di dimenticarsi che quello era il loro amico, il loro rumoroso, confusionario, perennemente allegro Jung Hoseok. Yoongi era estremamente orgoglioso. Il ragazzo aveva ascoltato tutti i suoi consigli e per Yoongi fu davvero divertente scoprire che avevano funzionato per davvero. Si era mostrato sempre sicuro di sé mentre aiutava l’altro, ma in realtà non poteva dire di saperne poi molto di più in materia rispetto ad Hoseok. Mentre lo guardava muoversi così disinvolto sul palco, avvicinarsi alla sua partner e toccarla senza problemi, recitare battute romantiche con scioltezza, Yoogni pensò alla incredibile crudele ironia di tutto questo. Hoseok trasformato in un eccellente attore sentimentale proprio da lui, che invece si era lasciato scappare la persona che amava con tutto sé stesso da sotto gli occhi. L’impegno con Hoseok lo aveva aiutato a distrarsi e riempire il tempo, tuttavia la ferita era sempre lì, fresca e pulsante come se fosse stata appena aperta. Se ne rendeva conto soprattutto la notte. Sebbene avesse cercato il più possibile, riuscendoci, di non rimanere solo, la notte non poteva purtroppo trovare riparo in nessuno. Ecco quindi che i pensieri prendevano vita e gli si attorcigliavano confusi per ore, senza che lui riuscisse a districarseli di dosso. Erano come delle arpie, mai sazi e sempre vogliosi di tornare a tormentarlo. Ciò che era più frustrante era la consapevolezza dell’inutilità di tutto questo pensare. Yoongi non aveva più nulla di nuovo da analizzare, aveva rivisto ogni dettaglio nella sua mente, ripercorso ogni fase della sua stupidità già un’infinità di volte. Aveva già tratto le sue conclusioni e preso la sua decisione. Da quando gli si era affacciata alla mente, chiara e limpida, facile, quattro giorni prima, mentre il tram riportava lui e Hoseok a Seul, si era convinto sempre di più che fosse la soluzione giusta. Questa sera a cena ne avrebbe informato velocemente gli altri. Probabilmente era un bene che Jimin non ci fosse, anzi lo era sicuramente. Avrebbe avuto paura di vacillare se avesse dovuto fare il suo annuncio guardando negli occhi il ragazzo che amava.

– Ho sognato questo momento così tante volte… così tante notti.

L’udire l’amico dire di nuovo queste battute, finalmente su un palco, indossando i vestiti di scena, la mossa spavalda di chi sa il fatto suo, fece sorridere Yoongi. In fondo era da lì che avevano iniziato tutto.

 

****

 

Una pioggia di applausi riempì la sala del teatro, inondando i commedianti e poi sfumando piano piano, fino a scomparire del tutto, sostituita dal brusio della folla in marcia verso le porte d’uscita. Taehyung poteva sentire i mormorii soddisfatti delle persone intorno a lui, rallegrandosi dei commenti positivi. Gli amici avevano fatto davvero un buon lavoro e lui si sentiva contentissimo per loro, sapendo quanto la buona riuscita di questo spettacolo fosse importante per fare pubblicità alla compagnia. Peccato Jiminie non sia venuto, pensò mentre girava la testa per controllare che Jungkook fosse ancora vicino a lui. Si, era lì. Lo prese sottobraccio:

– Direi che è andata bene, no?

– Si, non mi sono per niente annoiato! Voglio proprio andare da Hoseokie-hyung, ho di che prenderlo in giro per almeno un altro anno – disse Jungkook scoppiando a ridere. Anche Taehyung sorrise:

– Non lo avrei mai creduto capace di certe scene, era così serio.

– È stato divertentissimo. Mi dispiace davvero che Jiminie se lo sia perso. Come stava?

– In realtà mi è sembrato piuttosto tornato in forze, ma posso capire che non abbia voluto rischiare.

  Jungkook annuì. Erano usciti dalla sala principale con la platea e si trovavano adesso nel corridoio d’ingresso.

– Dove dobbiamo andare?

Taehyung si fermò un attimo, la fronte aggrottata:

– Non ricordo se è a destra o a sinistra – si guardò alle spalle e quando vide colui ce stava cercando lo chiamò – Yoongi-hyung! Come si arriva ai camerini degli attori?

Yoongi stava arrivando lentamente, era rimasto indietro a causa della folla e sembrava notevolmente irritato dal trovarsi in mezzo a un mare di persone.

– Te l’ho detto quattro volte, a sinistra.

– Scusa, non ricordavo.

 Senza dargli risposta Yoongi passò oltre i due ragazzi più giovani e prese a mostrare la strada. Taehyung e Jungkook si scambiarono un breve sguardo di intesa, come a dire cerchiamo di avere pazienza. L’atmosfera era stata un po’ tesa, mentre erano tutti e tre seduti vicini sulle seggioline rosse della platea. Senza Jimin con loro, o un altro degli hyung, erano una tripletta strana. Non era vero imbarazzo quello che sentivano tra loro, ma, almeno da parte di Taehyung e Jungkook, si trattava piuttosto di una leggera difficoltà a capire come prendere Yoongi. La sua presenza li metteva entrambi un po’ in tensione e avrebbero preferito che ci fosse stato lì anche qualcun altro dei ragazzi che riuscisse ad essere più rilassato di loro quando Yoongi si trovava nelle sue giornate no. Questa volta in particolare, la giornata no sarebbe presto diventata una settimana no. Taehyung, ma come del resto anche tutti gli altri, si era accorto del malumore del ragazzo e si era dunque comportato come faceva sempre in quei momenti: evitava di parlargli troppo. Voleva bene al suo hyung, ma si rendeva conto che avevano due caratteri profondamente diversi e si sentiva dunque l’ultima persona sulla faccia della terra adatta a trattarci quando qualcosa non andava. Si chiedeva spesso come facesse Hoseok, il quale invece era così simile a lui. Taehyung amava la personalità di Hoseok. La reputava unica ed era fermamente convinto che il ragazzo fosse una delle persone più spontanee e generose che avesse mai conosciuto. Se la sua amicizia con Yoongi lo lasciava a volte perplesso, non aveva al contrario mai avuto dubbi sul perché si fosse invece trovato bene con Jimin. Il suo migliore amico anche era dolce e allegro, gli mancava solo quel pizzico di sicurezza in più che invece Hoseok sembrava avere a vagonate e dunque era logico che i due ragazzi avessero legato. Un milione di volte, prima di conoscere Jungkook, si era fermato a pensare a quanto gli sarebbe piaciuto avere una persona come lui vicino, che fosse in casa o in università. Quando Jimin glielo aveva presentato per la prima volta, Taehyung non aveva potuto fare a meno di adorarlo all’istante. Innanzitutto, gli era per sempre grato per aver avvicinato il suo amico, averlo addirittura accolto in casa propria e averlo aiutato con le sue insicurezze, facendogli sia da mentore che, ancora meglio, da fratello maggiore. Taehyung sapeva le difficoltà che Jimin aveva nell’accettarsi e dunque ciò che Hoseok aveva fatto, e continuava a fare, per lui era qualcosa di cui Taehyung era convinto non si sarebbe mai potuto sdebitare. Grazie a quell’amicizia poi i due giovani avevano avuto l’opportunità di conoscere anche tutti gli altri e quindi godere adesso di un bellissimo legame che, di nuovo, per Taehyung non aveva prezzo. L’amicizia era un qualcosa di importantissimo per il ragazzo, la considerava preziosa e cercava di onorarla sempre. Hoseok era stato un amico per Jimin, un vero amico, e Taehyung sapeva come lo fosse da sempre anche per Yoongi. Sapeva che Hoseok era una persona di cui ci si poteva fidare, una di quelle che non ti lascia andare a costo di finire nel burrone con te, e questa era una cosa che non poteva fare altro che amare. Quando poi aveva accettato la proposta di andare a vivere con Jungkook, per Taehyung era stata l’ennesima conferma di ciò che pensava: di persone come Hoseok ne vengono al mondo una ogni venti migliaia di anni. Forse sono addirittura leggendarie e lui aveva avuto l’enorme fortuna di vivere nella stessa epoca in cui viveva anche questo stupendo esemplare di anima umana. Taehyung era così preoccupato sul responso quando gli aveva inviato il messaggio dove gli spiegava la situazione di Jungkook e gli esponeva la soluzione a cui aveva pensato. Era in ansia per il più piccolo, perché voleva trovasse un posto dove stare, ed era in ansia perché voleva con tutto il suo cuore che il ragazzo condividesse qualcosa di più grande con lui. Era forse stupido da pensare, perché si sarebbero potuti vedere comunque, ma per Taehyung quello non era sufficiente, voleva che entrasse a fare ancora più parte della sua vita. Quale migliore possibilità che andare a vivere con uno di quelli che oramai erano diventati i suoi migliori amici? Lacrime di gioia vennero fuori quando Hoseok gli aveva detto di sì senza nemmeno porre domande. Non solo era stato il primo ad avvicinare e accettare il suo migliore amico, ma adesso, senza neanche conoscerlo, stava aiutando Taehyung ad occuparsi di un’altra persona che in pochissimo tempo era diventata fondamentale nella sua vita. Come poteva dunque non provare altro che una profonda gratitudine e un’ammirazione sconfinata per Hoseok? Lo prendeva come un vero e proprio punto di riferimento, anche in virtù del fatto che caratterialmente lo sentiva vicino a sé, e il suo unico rimpianto era non poterci passare più tempo insieme. Così come tutti gli anni, era dunque anche quest’anno andato a vedere lo spettacolo con grandissimo piacere e al momento voleva davvero arrivare in quel camerino per fargli i complimenti per la sua recitazione. Sperò solo che Yoongi non sfogasse la sua stranezza del momento su di lui, ma allontanò subito il pensiero da sé, ricordando i racconti di Jungkook e quindi di come Yoongi fosse stato di supporto per questo spettacolo. Yoongi trovò con facilità la fila di porte dei camerini, quasi tutte aperte a causa del grande via vai di persone, gli attori che ancora stavano smaltendo l’adrenalina e occasionali parenti stretti o amici che erano venuti per rallegrarsi. Svettando sugli altri per la sua statura, la testa di Namjoon fu facile da individuare, nel fondo della stanza. Yoongi si fece largo seguito fedelmente dai due ragazzi più piccoli e fece un cenno con la testa in direzione di Namjoon appena questi lo vide. A sedere lì vicino, illuminati dai neon degli specchi, c’erano Jin e Hoseok, visibilmente contenti, con gli occhi stretti e lucidi per la soddisfazione e con un bicchierino di spumante tra le mani.

– Eccovi qui! – Jin si alzò andando in direzione dei più giovani a braccia tese, andando ad abbracciare per primo Jungkook – grazie di essere venuti! Che cosa vi è sembrato?

Sia Taehyung che Jungkook si misero a dire di come si fossero divertiti e come quest’anno il tutto fosse stato molto più interessante degli anni passati.

– Soprattutto complimenti alla diva della serata! Dov’è il mio caro coinquilino? Hoseokie-hyung! Da quando sei un tale dongiovanni?

La risata di Hoseok scoppi fragorosa seguita a ruota di quella di Taehyung e Jin. Anche Yoongi, che si era messo vicino a Namjoon, sorrise.

– Hai visto quale recitazione perfetta?

– Sei stato eccezionale hyung! – esclamò Taehyung – Jiminie non è potuto venire perché ancora non sta del tutto bene, ma mi ha detto di fare i complimenti a tutti, sapeva già che sareste stati bravissimi.

Hoseok ringraziò e aggiunse:

– Non credo che gli capiterà mai più una tale occasione però. È l’ultima volta che accetto una parte del genere, per cui si è davvero perso il meglio – prima che Taehyung potesse aggiungere altro, Jungkook gli dette una gomitata e fece uno sguardo furbo. Alzò un dito come a dire di aspettare mentre si portava le mani alla tasca e tirò fuori il cellulare. Andò sulla galleria, mostrando infine lo schermo e facendo l’occhiolino a Hoseok.

– Hai fatto un video?? Jungkookie cancellalo subito!!

– Credi davvero mi sarei lasciato sfuggire un’occasione del genere? – rise ancora di più mentre con facilità evitava i tentativi di Hoseok di riprendersi il cellulare – Potremmo rivederlo ad ogni cena, prima di iniziare a mangiare, che cosa dite?

Namjoon, mani nelle tasche, un ghigno sul volto, intervenne:

– Potrei avere gli incubi, ma sono quasi tentato di votare per il sì solo per vedere Hoseok-ah morire di imbarazzo.

– Ma perché ti abbiamo dato lavoro qui? – replicò Hoseok alzando gli occhi al cielo.

L’altro gli si avvicinò e gli punzecchiò un braccio:

– Senza di me non avresti avuto quel bellissimo accompagnamento sonoro che è stato al novanta per cento responsabile della riuscita delle tue scene, dunque tecnicamente gli applausi che ti sei preso sarebbero per me. Ringraziami invece che lamentarti.

Interdetto un attimo, Hoseok si riprese subito e mostrò un sorriso innocente:

– E dimmi Namjoonie caro, l’ispirazione per scrivere musiche così magistrali adatte ad un chiaro di luna da dove ti è venuta? Mentre sotto le stelle toglievi a Jin il grembiulino rosa?

Namjoon lanciò un urlo disperato, mentre gli altri riprendevano a ridere e Jin gli si portava vicino, passandogli un braccio attorno alla vita, ridendo anche lui. Prese le difese del suo ragazzo:

– Basta con questo grembiulino! Annuncio una volta per tutte, di fronte alla quasi totalità del gruppo, che nessun atto discutibile è stato causato da quel grembiule!

– Ma sicuro che Namjoon-hyung non vorreb- iniziò a dire Taehyung, interrotto dall’urlo di Jin, ormai quasi paonazzo in volto:

– Non facciamo sesso con quel grembiule! – rendendosi conto di aver urlato si bloccò con gli occhi spalancati e si guardò intorno, notando che ora quasi la metà dei presenti nel camerino ora silenziosa e lo stava guardando incuriosita. Namjoon si portò una mano al viso, e mentre tutti gli amici erano piegati in due, anche qualcun altro degli attori fece una battuta e presto la stanza si riempì di altre risate, schiamazzi e prese in giro. Ugualmente in allegria i ragazzi tornarono al 503 e festeggiarono il successo della serata con buon cibo e qualche bottiglia di birra. Yoongi fece del suo meglio per rimanere tranquillo, almeno all’apparenza. Si impegnò a non rispondere male o mostrarsi inquieto. Per fortuna l’attenzione era totalmente spostata su altro e dunque non dovette faticare troppo per rimanere nel suo angolo. Verso la fine della serata comunicò agli altri ragazzi ciò che aveva già detto ad Hoseok due giorni prima e dopo aver dovuto sopportare, come si era però aspettato, qualche naturale domanda si ritirò nella sua camera a dormire comunicando di essere molto stanco.

 

****

 

6 gennaio 2017

Taehyung si svegliò intorno alle nove affamato e dopo aver aspettato una mezz’oretta decise di fare colazione da solo. Avrebbe preferito mangiare insieme a Jimin, ma aveva davvero bisogno di mettere a tacere il suo stomaco. Mentre mangiava il suo riso ricevette un messaggio da Jungkook che lo informava che sarebbe venuto a trovarli anche quel giorno. Rispose ovviamente che non c’erano problemi, perché effettivamente non ce ne erano. Perché avrebbero dovuto esserci problemi nel fatto che Jungkook venisse ogni giorno per visitare Jimin? Per lui era solo un vantaggio, visto che così poteva godere della vicinanza di entrambi i migliori amici senza nemmeno muoversi di casa. No? Sospirò forte, posando il telefono sul tavolo e facendo vagare la mente. Tutto sembrava tranquillo e normale, eppure era già da qualche giorno che Taehyung avvertiva un’atmosfera singolare attorno a sé. Non riusciva a definirla, ma era sicuramente diversa. Come quella sera in cui aveva visto Jimin rientrare dopo ore di sparizione, sentiva anche adesso di avere di fronte a sé tutti i pezzi di un mosaico che però non riusciva a ricomporre. Pensò di scrollarsi di dosso questi pensieri facendosi una doccia e preparandosi in attesa di Jungkook. Era contento che venisse. Vederlo, parlarci, stargli vicino lo avrebbe fatto sentire meglio nonostante tutto, qualunque fossero le ragioni della sua visita.

Fu non prima delle undici che Jimin uscì dalla sua camera. Trovò Taehyung seduto sul divano, con il laptop appoggiato sulle gambe incrociate. Gli dette un buongiorno assonnato a cui l’amico rispose allegramente e con un largo sorriso e mise subito a farsi una tazza di the.

Si portò lentamente sul divano e si mise a sedere vicino a Taehyung, il quale continuò tranquillamente ad usare il computer mentre Jimin gli si accoccolava addosso, con la testa appoggiata sulla sua spalla e le mani sotto al suo braccio come per scaldarle:

– Perché è sempre così freddo in questa cucina?

– Lo so, c’è una copertina sulla sedia se vuoi. Ah, in proposito! – girò il viso verso l’amico – Jungkookie mi ha costretto a chiamare un tecnico tre giorni fa. Verrà lunedì prossimo.

– E tu quando avevi intenzione di dirmelo?

– Mi sono dimenticato, scusa – rispose Taehyung distendendo il volto in un sorriso innocente e mostrando poi la lingua. Tornò serio – come ti senti questa mattina?

– Quasi come nuovo, credo di esserne fuori.

Rimasero in silenzio per un po’, con Jimin sempre appoggiato a Taehyung e l’altro ragazzo intento a leggere la programmazione dei film al cinema per il mese di gennaio.

– Ti sei addormentato tardi ieri?

– No, anzi. Forse mi sento così bene proprio perché ho dormito tanto. Ho smaltito gli ultimi residui di febbre – fu interrotto dal suono del campanello – aspettiamo qualcuno?

Taehyung si alzò rispondendo:

– Secondo te?

Jimin ridacchiò. Aveva capito. Cinque minuti dopo Jungkook era nella loro cucina, seduto al posto di Jimin vicino a Taehyung mentre Jimin si era messo su una sedia a bere the verde e fare colazione, portandosi il cibo alla bocca come meglio poteva vista la mobilità ridotta che la copertina in cui si era avvolto gli dava. Faceva però davvero troppo freddo e l’ultima cosa che avrebbe voluto era riprendere la febbre.

– Dunque Jiminie, ti sei fatto raccontare qualcosa di ieri?

– No ancora no, mi sono appena svegliato come puoi vedere. Come è andata?

Jimin non era sicuro al cento per cento di volerne parlare subito. Si sentiva in colpa a non essere andato, era la prima volta in anni che succedeva. La sera prima si sentiva bene, non perfettamente, ma in effetti come aveva detto Taehyung il modo di presentarsi allo spettacolo ed essere con gli altri ragazzi alla cena in maniera sicura per la sua salute c’era. All’ultimo non se l’era però sentita. Sapeva che avrebbe rivisto Yoongi, ma sapeva anche che probabilmente quella sarebbe stata la serata di Hoseok per il ragazzo. Aveva immaginato di doverli vedere vicini, magari abbracciarsi, toccarsi come era successo alla festa e non aveva avuto il coraggio di muoversi di casa. Prima o poi era una cosa che avrebbe dovuto affrontare, ne era consapevole, e non era tornato indietro sulla sua decisione. Però credeva che andare proprio quella sera non avrebbe aiutato, anzi. Si sarebbe forse sentito ancora più escluso e se la morsa che afferrava il suo cuore era già così stretta solo a pensierci, ebbe timore di ciò che avrebbe potuto sentire di persona. Aveva però promesso a sé stesso che quella sarebbe stata l’ultima volta che procrastinava. Finalmente la sua salute era migliorata e aveva bisogno di rivedere Yoongi e parlarci. Era stanco di aspettare, e nonostante l’ansia fosse presente non vedeva l’ora che arrivasse la cena della settimana dopo. Ovviamente, sempre se Yoongi non lo avesse chiamato prima per chiedergli di trascorrere il pomeriggio con lui. Per quanto si ripetesse che era meglio non farsi illusioni, rimaneva difficile per Jimin non continuare a sperare, nel fondo del suo cuore, in un’eventualità del genere.

– Benissimo! Ci siamo addirittura divertiti, non è vero Tae? È stato un bene, visto come si era messa all’inizio.

Taehyung annuì e Jimin inclinò la testa di lato:

– Cosa intendi?

– È che senza te eravamo solo io e lui ad assistere insieme a Yoongi-hyung, e beh… non si può dire la sua presenza rilassi – Jimin provò una fitta al petto a queste parole. Non era la prima volta che Jungkook accennava al comportamento strano di Yoongi e Jimin non poteva fare a meno di domandarsi se non stesse male. Devo davvero vederlo, e presto – Però devo ammettere che durante la cena è stato piuttosto tranquillo.

– Si, se per tranquillo intendi che non ha quasi spiccicato parola.

– Lo so Tae, ma ripensa all’altro giorno, il primo dell’anno. Era in silenzio anche lì, ma sembrava davvero una presenza dell’altro mondo. Mi sono un po’ agitato onestamente, ma poi Hobi-hyung continuava ad essere tranquillo intorno a lui per cui ho pensato non potesse essere così grave – scrollò le spalle – Qualunque cosa sia hyung saprà cosa fare. Chissà, forse era nervoso solo per via di ciò che ci ha detto ieri. A quanto ho capito Hoseok-hyung già ne era al corrente quindi per questo forse non era preoccupato.

Taehyung si morse il labbro. Per qualche motivo quando aveva visto Jimin aveva pensato fosse meglio informarlo più tardi su questa questione. Ma ormai era fatta.

– Di cosa stai parlando? Cosa vi ha detto? – Jimin si sentiva teso come una corda di violino senza sapere neppure lui bene il perché.

– Come? Tae non ti ha detto ancora nulla? Yoongi-hyung va via per un po’. Prenderà il treno per Daegu questo pomeriggio.  

 

 

 

Note dell’autrice: Hi everyone ~ Eccoci qui con una nuova parte. #Backstagealert: questa parte ha corso il rischio di non venire mai pubblicata visto che è dalla scorsa settimana che la serenità della mia esistenza viene messa ripetutamente a dura prova dalle foto di Namjoon in Italia. Non so se qualcun altro l’ha vissuta male come me (ditemi di sì), ma io ho alternato lacrime (“COSA VUOL DIRE CHE ERA COSI VICINO”) ad insulti (“FOTO COSI BELLE NON SI PUBBLICANO, PERCHE’ VUOLE UCCIDERMI QUESTO STRONZO?”). Kudos alla mia amica per aver sopportato le decine di messaggi vocali che le ho mandato e in cui ho rigettato tutta la mia isteria. Insomma, c’è stato il rischio che questa storia rimanesse incompleta, non ti azzardare più a fare una cosa del genere @ Kim Namjoon. Ti perdono quelle di oggi solo perché sono in Svizzera. Adesso la smetto, perdonate la deviazione tematica, anche se, visto che in questo momento siete qui a leggere una fanfic sui BTS, molto probabilmente potete capirmi benissimo J J Non posso dire di aver riacquisito tutta la mia sanità mentale, ma quella rimasta è stata sufficiente per terminare questo capitolo. Ok, parliamo quindi del capitolo.

È un po’ lungo, e non sapevo se spezzarlo o meno, ma poi ho pensato che tutto quello che succede qui aveva senso insieme, come blocco unico. Vediamo illustrata la fase “post-festa” e le conseguenze a cui ha portato. Come si era capito, le risoluzioni di Jimin e Yoongi si sono effettivamente dimostrate incompatibili e adesso assistiamo ad un Jimin che cerca di compiere qualche passo in avanti e uno Yoongi piuttosto devastato dal dolore e dalla gelosia che invece gli si allontana. Assistiamo poi alla sempre maggiore presenza di Jungkook nella vita di Jimin. Il ragazzo non molla, non si è ancora dichiarato apertamente, ma a questo punto non si fa più tanti problemi a slanciarsi di più con l’altro. La sua presenza è poi importante perché funge da sorta di “ponte” tra le vite di Yoongi-Hoseok-hyungs e quella di Jimin e Tae, i quali altrimenti, senza la vicinanza di Jimin a Yoongi, sarebbero rimasti all’oscuro di determinati particolari. Primo fra questi, l’aiuto di Yoongi a Hoseok, che dà non poca sofferenza a Jimin. Anche per questo motivo, il ragazzo decide di non andare alla rappresentazione, cosa che invece avrebbe dovuto fare visto che avrebbe riconosciuto determinate parole e quanto meno gli sarebbe forse venuto il dubbio di aver capito fischi per fiaschi, ma le cose ovviamente non possono essere così semplici! Mi sono dilungata più di quanto avessi programmato sulla serata a teatro, ma mi piaceva l’idea di soffermarmici un po’ di più, sia per dare più “tempo in scena” agli altri personaggi sia per non lasciare del tutto in sospeso il punto di vista di Yoongi durante questi tre giorni. Infine nell’ultima parte leggiamo di come nonostante il suo dolore Jimin durante la convalescenza non abbia cambiato idea e abbia davvero un desiderio fortissimo di rivedere Yoongi. Ma, come ho detto prima, le cose non possono essere così semplici. ;)

La citazione iniziale fa riferimento alle scelte che i personaggi stanno facendo (tutti, in modo diverso, e in gradi diversi di consapevolezza), a come invece che aiutarli li stiano in effetti solo ferendo di più, e a come ci sia in loro, al momento, una quasi totale assenza di spirito combattivo per spingersi un po’ fuori dalla loro “comfort-zone” e cercare di andare oltre ciò che vedono e scoprire determinate verità. 

Mi fermo per non tediarvi oltre, grazie mille di aver letto il capitolo ed essere arrivati fin qui. Un grazie grandissimo anche a chi ha aggiunto la storia alle preferite/seguite e un altro enormissimo a chi commenta lasciandomi sempre scritte bellissime cose. Grazie di cuore Spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento, attendete il prossimo per favore ~

Baci, Elle

 

Ps: C’è a un certo punto un piccolo excursus sull’amicizia tra Taehyung e Hoseok. Riguardo a ciò che Tae provava per Hobi prima di conoscere Kookie… potete farne ciò che volete, non lo so nemmeno io :P Ho solo descritto come si sentiva e si sente. Mi piaceva metterlo perché alla fine in questa storia ho parlato un po’ di tutti quindi non credo sia fuori luogo soffermarmi anche su altri rapporti al di fuori di quelli principali. Ogni ragazzo ha con ognuno degli altri una propria relazione e una propria storia e mi piacerebbe davvero tanto parlarne più profusamente, ma non posso nemmeno dilungarmi troppo uscendo dalla trama. Dove sento che possa starci però scrivo, come in questo caso. Altrimenti cerco (enfasi sul “cerco”) di far capire determinate dinamiche attraverso dialoghi e situazioni. Post scriptum forse inutile, ma volevo un attimo fare accenno a quella parte perché nello scriverla ho riversato tantissimi sentimenti che ho per Hobi e credo che gli occhi con cui l’ho fatto guardare da Tae siano piuttosto i miei :P

PPS: Forse verrà un giorno in cui le note saranno solo note e non racconti brevi. Ma non è questo il giorno. Alla prossima settimana ~

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Capitolo 13
*** Capitolo XI ***


CAPITOLO XI

 

Ma dov’è ciò che inseguo da sí gran tempo?

E perché ancora non la trovo?

 

(Walt Whitman, Facing West from California’s Shores)

 

7 gennaio 2017

 

Fu da quella notte che gli incubi ripresero. Erano molto simili a quelli che Jimin aveva già avuto durante la terribile notte di capodanno, quando la febbre era stata al suo picco. Quando si svegliava non riusciva mai a ricordare benissimo cosa vi accadesse di preciso, ma tutti avevano caratteristiche comuni: il freddo, la neve, il buio, una sensazione enorme di vuoto che gli rimaneva incollata fino a ben dopo essersi risvegliato, pallido e sudato, con il battito accelerato e il respiro affannato. A volte urlava nel sonno, altre volte veniva svegliato dalle sue stesse urla. Quando ciò accadeva, quando spalancava gli occhi e si guardava smarrito attorno, accorgendosi che, di nuovo, per l’ennesima notte di fila, aveva avuto un incubo, non poteva far altro che cercare di fermare le lacrime che però ostinate prendevano sempre a scorrergli lungo le guance. Poi nel dormiveglia, quando finalmente il sonno stava per prenderlo di nuovo, ma ancora la sensazione di affanno persisteva, chiamava un nome. Chiamava il nome dell’unica persona che avrebbe potuto mettere fine a tutto. Agli incubi, alla sofferenza, a quel buco allo stomaco. In quel momento in cui la coscienza è quasi del tutto sopita, l’unico nome che Jimin invocava era quello di Yoongi. Il senso di assoluta solitudine dovuta alla lontananza dal ragazzo e il bisogno di svegliarsi trovandoselo accanto a scaldarlo, erano altre caratteristiche comuni alle sue notti. Yoongi non c’era. Proprio quando Jimin si sentiva meno confuso, quando aveva preso la sua decisione definitiva e stava solamente aspettando il momento opportuno per mettere il ragazzo più grande nelle condizioni di riallacciare i rapporti con lui, gli era stata data quella terribile notizia. “Yoongi-hyung va via per un po’. Prenderà il treno per Daegu questo pomeriggio”. Jimin si era immobilizzato a quelle parole. Lo shock era stato talmente grande da renderlo irrazionalmente lucido per un po’. Sentì il suo corpo muoversi per lui, la sua bocca parlare per lui. Fu come se avesse messo un pilota automatico, dove ogni azione veniva svolta in virtù dell’abitudine, ma la sua anima fosse scomparsa, avesse smesso di controllare l’involucro esteriore per rannicchiarsi in un cantuccio dentro di lui. Quella giornata era trascorsa in maniera strana, e Jimin ne ricordava ben poco. Una piccola voce dentro di lui si dimenava e cercava di costringerlo a fare qualcosa, ma era troppo flebile. Era un insieme di cose che aveva sconvolto Jimin. Innanzitutto, c’era la sorpresa in sé per sé. Ora che finalmente stava attendendo con ansia il momento di rivedere Yoongi, ecco che gli scivolava via di nuovo. Jimin era al suo limite, aveva bisogno già da giorni di ristabilire un contatto con l’altro e quest’ennesimo ritardo inaspettato lo aveva lasciato del tutto scioccato. Non sapere poi quanto tempo sarebbe rimasto a Daegu lo faceva impazzire. Jungkook e Taehyung gli avevano riferito ciò che Yoongi aveva detto, ovvero che sarebbe stato via un paio di settimane, “ma non ne sono ancora sicuro”.  Che cosa significava che non ne era sicuro? Yoongi lavorava a Seul, proprio in quel posto che avevano cercato e trovato insieme due estati prima. Era davvero l’etichetta stessa che adesso gli aveva chiesto di spostarsi a Daegu? E perché lo aveva fatto? Era una cosa provvisoria o stava sondando il terreno per vedere se assumerlo lì? L’idea che Yoongi potesse lasciare definitivamente Seul non era un’ipotesi che Jimin riuscisse a sopportare. Quando il pensiero lo sfiorò per la prima volta lo ricacciò subito indietro, all’istante, dicendosi che avrebbe permesso al suo cuore di frantumarsi solo quando fosse stato sicuro di una cosa del genere. Ciò che però aveva avuto l’impatto maggiore sul ragazzo, era stato il dettaglio aggiunto da Jungkook. “A quanto ho capito Hoseok-hyung già ne era al corrente”. Hoseok era l’unico a sapere. Non solo, tutti gli altri lo avevano saputo, seppure in ritardo, da Yoongi stesso, ma lui? Lui nulla. Yoongi non aveva scritto nemmeno un messaggio, non lo aveva chiamato. Aveva dato forse per scontato che qualcuno dei ragazzi lo avrebbe prima o poi avvisato, ma non si era preso il disturbo di farlo di persona. Questa riflessione aveva devastato Jimin in modo incredibile, e più la lancetta dell’orologio scorreva, più la ferita diventava profonda. Forse ora mi avvisa. Forse adesso. Forse tra un po’. Forse sta andando in stazione, mi scriverà con calma sul treno. Forse si è addormentato sul treno, mi scriverà con calma appena arrivato. Forse è troppo stanco stasera, mi scriverà con calma domani. Non c’era stato un messaggio l’indomani. Non ci fu nemmeno il giorno dopo. Né il giorno dopo ancora. Ne quello dopo. Non ci fu nessun messaggio. Mentre però quegli ultimi due giorni di vacanza furono quasi invivibili e tutto ciò che Jimin riuscì a fare fu incollarsi alla televisione per evitare di pensare ad altro, dal lunedì l’essere obbligato a riprendere le attività quotidiane – accademia, prove, una pseudo vita sociale – riuscì in qualche modo a tenerlo su quel tanto sufficiente a non fargli avere un totale crollo. Sperando ogni mattina che le occhiaie che ormai avevano preso residenza sotto i suoi occhi non si notassero troppo, dovette ingoiare il suo dolore e cercare di riempire in qualche modo quel vuoto allo stomaco che ormai non accennava più ad andar via. O quantomeno distrarsi a sufficienza per allontanarlo almeno un po’ dalla sua mente. Di notte non era possibile, ma di giorno si, se si sforzava abbastanza. Yoongi gli mancava come non gli era mai mancato nulla in tutta la sua vita, ma la presenza di Taehyung e Jungkook rendeva tutto più sopportabile. Gli faceva sentire che sebbene avesse del tutto incasinato qualcosa di speciale e unico, d’altra parte c’erano altre cose bellissime nella sua vita che non aveva intenzione di farsi sfuggire via. Fu per questo motivo che mai, neppure una sola volta, Jimin fu scorbutico con Taehyung. Il ragazzo stava dimostrando una pazienza infinita con lui, visto che diverse volte gli era capitato di essere svegliato dalle sue urla nel cuore della notte. Eppure non aveva mai fatto domande, non gli aveva mai messo pressione. La prima volta che gli incubi tornarono, alle due della notte tra il sei e il sette gennaio, Jimin si era svegliato completamente in lacrime e Taehyung ci mise un bel po’ di tempo a calmarlo e fargli capire che qualunque cosa avesse visto nei suoi incubi, non era reale. Taehyung sapeva che qualcosa non andava in lui, sapeva ciò che accadeva di notte, e per questo motivo Jimin cercava di non metterlo ancora più in ansia durante il giorno, cercando di dimostrare che tutto ciò che accadeva al buio rimaneva lì, nel buio, e non era collegato a nulla che facesse parte della vita diurna. Erano solo stupidi incubi, forse ultimi residui della sua recente influenza. Questo era il messaggio che cercava di mandare e sperava tanto che Taehyung ci credesse.

Se con Taehyung era relativamente facile mantenere i rapporti normali, il discorso era diverso per Hoseok. Dal lunedì avevano tutti ripreso l’università, inclusi Jimin e Hoseok. Il ragazzo si comportava ovviamente come al solito con lui: appena lo vedeva lo abbracciava, ci trascorreva quando poteva il pranzo insieme, addirittura un paio di volte lo aveva riaccompagnato a prendere il bus. Di nuovo, Jimin non voleva prendersela con l’amico. Era sul serio l’ultima cosa che avrebbe voluto fare, essere brusco con quel ragazzo che invece lo guardava in modo così solare e pieno di gioia. Jimin voleva bene ad Hoseok e la sua amicizia con lui era un’altra di quelle cose che si sentiva fortunato ad avere e che non voleva rovinare, eppure non ce la faceva. Non ce la faceva più a sorridergli come faceva una volta. Non riusciva più a cercarlo lui stesso quando intravedeva il suo gruppo in palestra. Non era più capace di provare quella genuina serenità nel cuore appena vedeva che l’altro gli si stava avvicinando. Vederlo gli ricordava troppo Yoongi, e pensare a Yoongi faceva davvero un male incredibile. La situazione era poi peggiorata dal fatto che Hoseok, credendo sicuramente di fargli un favore, gli raccontava, non spesso, ma a sufficienza per Jimin, qualcosa sul conto di Yoongi. Erano informazioni brevi, solo quei due-tre dettagli sulla sua vita che il ragazzo credeva Jimin potesse avere piacere a sapere. “Ho sentito Yoongi-ah ieri sera. Ha detto che Daegu gli era mancata tanto”, “Devo scrivere a Yoongi-ah più tardi, pare che il posto di lavoro sia meno bello di quello di Seul”, “Che noia senza Yoongi, non trovi?” Jimin faceva del suo meglio per essere il più educato e al contempo evasivo possibile. Non aveva voglia di venire a conoscenza di quanto Hoseok e Yoongi fossero in contatto quando con lui erano giorni che non si faceva vivo. Ciò che Jimin non poteva sapere era che Hoseok, prima di salutare Yoongi alla stazione del treno, gli aveva un attimo preso il cellulare con una scusa ed era andato a controllare i suoi messaggi, accorgendosi che non ne aveva inviato nessuno per avvisare personalmente Jimin, l’unico assente la sera prima, della sua partenza. Jimin non poteva inoltre sapere di come Hoseok avesse reputato la cosa strana e dunque adesso parlasse di Yoongi con lui perché voleva capire cosa Jimin sapesse dell’altro e cosa no. Voleva cercare di capire nel modo meno intrusivo possibile cosa pensasse il suo migliore amico, se parlasse con altri, come stesse gestendo il rapporto con questa persona che invece, stando a quanto Hoseok capiva, all’improvviso sembrava aver escluso dalla sua vita. Jimin infatti sembrava sempre cadere dalle nuvole ogni volta che Hoseok diceva qualcosa sul ragazzo più grande e il modo in cui non faceva domande, rimaneva in silenzio e cercava sempre di chiudere velocemente il discorso lo rendeva ancora più inquieto. Non riusciva a darsi pace, chiedendosi il perché della stranezza di Yoongi, e iniziando anche a valutare l’eventualità che per qualche motivo i due avessero litigato lontano dagli occhi degli altri. Jimin non sapeva però nulla tutto questo e sebbene cercasse di evitarlo il più possibile, non gli era facile mantenersi tranquillo quando si trovava con il ragazzo.

Al contrario, le cose erano semplicissime con Jungkook. Esattamente come per le altre persone al momento nella sua vita, anche con il ragazzo Jimin sentiva di avere un rapporto speciale che non era intenzionato a distruggere. E fu per questo motivo che mai una volta si tirò indietro di fronte alle sue avance. Jungkook non gli aveva ancora parlato apertamente, ma era sempre più chiaro come ormai avesse preso a sentirsi più sicuro nei suoi confronti tanto da invitarlo quasi ogni giorno a fare qualcosa. La prima settimana dopo il trasferimento di Yoongi a Daegu, il gruppo si era dimezzato. Namjoon e Jin si erano presi una meritata vacanza, per riprendersi dalle fatiche dello spettacolo e per ricaricarsi prima di riprendere con il lavoro di preparazione di quello principale. Erano partiti prestissimo la mattina del lunedì e con anche Yoongi via le porte del 503 si erano così chiuse per un po’. Senza dunque nemmeno la loro cena settimanale, o la possibilità di irruzioni random – capitava non di rado che qualcuno dei ragazzi andasse lì anche solo per studiare, o si autoinvitasse a pranzo, o, come capitava spesso a Jungkook, passasse per vedere un film insieme a Jin – i tre ragazzi si trovarono ancora più spinti a passare il tempo insieme e Jungkook colse quindi ogni occasione che riuscì a trovare per portare Jimin fuori a fare qualcosa. Questa situazione non cambiò neppure con il ritorno di Namjoon e Jin, anzi fu favorita ancora di più dal fatto che adesso Jungkook era davvero quasi sempre solo in casa poiché Hoseok aveva ripreso a fare la spola tra l’accademia e la sede della compagnia teatrale.

Quel periodo si svolse, nella sua straordinarietà, in modo incredibilmente regolare. Jimin andava all’accademia, vedeva Hoseok quando doveva, lo evitava quando poteva, tornava a casa e aspettava che Taehyung o Jungkook tornassero a loro volta. I due ragazzi anche avevano ricominciato le lezioni e al momento avevano anche ripreso a lavorare insieme al loro progetto per il corso di fotografia. Per questo motivo Jungkook continuava ad andare a casa loro. Liberi dalle lezioni, i giovani si incontravano a casa di Jimin e Taehyung e dopo aver lavorato Jungkook chiedeva a Jimin di fare qualcosa insieme. La prima volta che ciò era accaduto, il martedì, anche Taehyung era stato incluso. A Jungkook non piaceva l’idea di lasciare l’amico del tutto fuori. Sapeva che non ce ne era motivo, ma si sentiva in colpa. Non aveva ancora detto a nulla a Taehyung delle sue intenzioni nei confronti di Jimin, nonostante se lo fosse ripromesso sere addietro poiché la malattia di Jimin, unita alla strana atmosfera all’interno del gruppo, gli avevano impedito di trovare il momento più adeguato. Ci sto mettendo più tempo a dirlo a Taehyungie di quanto ne abbia impiegato a chiedere a Jimin di uscire con me. La seconda volta però che Jungkook aveva proposto un cinema subito dopo aver finito ad aiutare l’amico a rimettere a posto la cucina dal disordine che avevano creato con pennarelli, fotografie e cartoncini, Taehyung si era tirato indietro. Seppure al cinema da soli, non era accaduto nulla tra i due ragazzi, ma l’uscita era andata bene e questo aveva spinto Jungkook a portarsi ancora più oltre, chiedendo a Taehyung di lavorare in biblioteca così che poi potesse invitare Jimin ad uscire con lui la sera separatamente senza che Taehyung si sentisse escluso. Jimin disse di sì, quella sera e quella dopo. Poi il sabato. La domenica Jungkook si fermò invece a mangiare da loro. Aveva voglia di trascorrere una serata di nuovo tutti insieme e così propose una cena. Chiese anche ad Hoseok di unirsi, ma il più grande rispose che non avrebbe voluto rovinare la serata con la sua vecchiaia e da bravo vecchietto appunto se ne sarebbe andato a dormire presto. I tre giovani trascorsero ore piacevoli. Jungkook si occupò come sempre di cucinare, mentre gli altri due seguivano le sue istruzioni. “Il vero erede di Jin-hyung!” fu il commento di Jimin. Tutto andò bene. Finché Taehyung e Jungkook non decisero di voler vedere un film e Jimin disse di sentirsi stanco. Credette di dover insistere di più, ma sorprendentemente nessuno dei due ragazzi lo trattenne. Jungkook ci rimase leggermente male, ma, così come Taehyung, si era anche lui accorto degli enormi cerchi grigi sotto gli occhi di Jimin, e non se l’era sentita di farlo stancare di più. D’altro canto aveva voglia di vedere questo film e Taehyung sembrava essere d’accordo con lui. Lasciarono dunque andare Jimin, che in dieci minuti fu a letto, e si misero vicini sul divano, sotto un’unica coperta, a guardare la televisione. Dopo circa un’ora, giunse il primo urlo. Taehyung sobbalzò appena, capendo subito di cosa si trattasse, ma Jungkook scattò in piedi:

– Tae che succede? Jiminie! – e prima che l’altro potesse rispondere si fiondò in camera del più grande. Jimin non era ancora sveglio. Si stava contorcendo nel sonno, muovendosi agitato tra le coperte, la fronte imperlata di sudore e gli occhi serrati. Scuoteva la testa in un no e continuava a urlare. Jungkook rimase paralizzato mentre Taehyung, accorso velocemente dietro di lui, scattò in avanti, pronto a prestare soccorso all’amico per l’ennesima volta.

– Svegliati! Jiminie, svegliati! – si girò verso Jungkook, spiegandogli velocemente – è uno dei suoi incubi, dobbiamo svegliarlo!

Jungkook a queste parole sembrò riscuotersi. Si mise all’altro lato del letto e spostando le mani di Taehyung prese le spalle di Jimin e prese a scrollarlo, chiamando il suo nome. Finalmente Jimin aprì gli occhi, ma sentendosi ancora dentro al sogno, continuò ad urlare e gemere “no” portandosi a sedere di scatto. Jungkook lo afferrò al volo, per paura che si portasse troppo in avanti o si ributtasse violentemente all’indietro sbattendo la testa. Il ragazzo si dimenò ancora per pochi secondi nelle sue braccia mentre lui lo stringeva forte e gli diceva “Jimin, calmati!”, e poi iniziò gradualmente a calmarsi, forse iniziando a capire dove si trovava, e più lui si calmava più la voce di Jungkook si abbassava e diventava morbida, fino a trasformarsi in un piccolo sussurro all’orecchio dell’altro, una serie di “va tutto bene, va tutto bene”, mentre piano dondolava il ragazzo che ora piangeva sommessamente, e gli passava delicatamente una mano su e giù per la schiena, nella speranza di tranquillizzarlo del tutto. I singhiozzi di Jimin furono sempre più silenziosi e alla fine cessarono, sostituiti da respiri profondi.

– Ssh, va tutto bene. Stai calmo, Jiminie. Va tutto bene, era un sogno. Solo un brutto sogno – Quando gli sembrò che Jimin si fosse finalmente ripreso lo scostò appena da sé, dandogli un piccolo bacio sulla tempia – Sei al sicuro qui.

Jimin annuì semplicemente e strinse i lati della maglia di Jungkook, rannicchiandosi di nuovo contro di lui. Mentre lo avvolgeva di nuovo verso sé, il ragazzo più piccolo gettò uno sguardo a Taehyung e gli fece un cenno. Taheyung capì, annuì a sua volta e uscì dalla camera. Sapeva che Jungkook aveva la situazione sotto controllo, aveva già accudito Jimin una volta e era capace di farlo di nuovo. Si mise a sedere aspettando che uscisse. Dopo circa dieci minuti lo vide riapparire in sala. Nessuno dei due ragazzi si mise a parlare di ciò che era appena accaduto. Decisero in tacito accordo di riprendere la visione del film e lasciare i loro pensieri sopiti fino all’indomani.

 

16 gennaio 2017

Il lunedì in cui Namjoon e Jin tornarono a Seul anche per Hoseok riprese il lavoro presso la compagnia teatrale. Jungkook sarebbe stato dunque solo a pranzo e non avendo lezioni il pomeriggio decise di chiedere a Jimin di vedersi. Il ragazzo rispose che purtroppo quel giorno aveva delle prove particolari, ma sarebbe stato più che felice di mangiare con lui il giorno dopo. Un po’ deluso, ma comunque contento che Jimin avesse fatto subito una controproposta, Jungkook telefonò dunque a Taehyung e i due si accordarono di incontrarsi intorno alle due di pomeriggio per lavorare insieme al progetto a casa di Jungkook e Hoseok.

L’episodio della sera precedente aveva impressionato non poco Jungkook. Sapeva che gli incubi possono capitare, ma vedere quel piccolo ragazzo così sconvolto, tutto sudato e che piangeva disperato, gli aveva fatto male. Gli aveva ricordato di quando lo aveva visto preda del delirio la notte di capodanno, e ciò non gli era piaciuto. Gli aveva messo una sgradevole sensazione addosso e per questo motivo aveva deciso di parlarne con Taehyung. Forse era meglio che Jimin avesse posticipato il loro appuntamento – poteva chiamarlo così? Lo avrebbe chiamato così – e gli avesse in questo modo offerto la possibilità di passare un pomeriggio da solo con il suo amico. Mentre si avviava a piedi verso il campus della facoltà di Taehyung, non troppo distante dalla sua, si mise a riflettere su ciò che avrebbe potuto dire. Non sapeva bene come approcciare il discorso o cosa chiedere di preciso all’altro perché in effetti non sapeva bene neppure lui che cosa volesse sapere. Perché Jimin aveva gli incubi? Gli incubi accadono di tanto in tanto, che domanda idiota era? Non sembrava in effetti esserci un motivo razionale che potesse spiegare ciò che sentiva. Aveva però già fatto l’errore di tenere Taehyung all’oscuro di qualcosa, non l’avrebbe fatto di nuovo. Qualcosa nel comportamento di Jimin lo turbava e dunque sentiva che se aveva anche il più piccolo dubbio sul benessere del ragazzo era indispensabile che lo condividesse con Taehyung. Non solo indispensabile, doveroso. L’amico lo avrebbe capito come nessun’altro probabilmente avrebbe potuto e se le sue ansie forse non avevano senso, ancora meno ne aveva tenerle lontane da Taehyung. Jungkook era giovane e inesperto, ma non era né stupido né superficiale e quando voleva poteva cogliere determinati dettagli in modo estremamente acuto. La prima volta che aveva chiesto a Jimin di uscire, quel pomeriggio di due settimane e mezzo prima, era incredibilmente nervoso. Lo era stato anche la mattina dopo, quando avevano trascorso tutta la giornata insieme e lo era rimasto anche la mattina successiva alla sfebbrata di Jimin. Solo adesso iniziava a sentirsi un po’ meno in agitazione di fronte al ragazzo. Prima di questo momento, nell’anno passato, ogni interazione avuta con il più grande era fatta pensando al modo migliore per risultare simpatico, per piacergli. La sua attenzione era completamente o quasi focalizzata sull’attirare Jimin a sé e quando nell’ultimo periodo aveva iniziato a fare passi ancora più concreti in questo senso, le sue paranoie, il suo nervosismo, la sua trepidazione lo avevano assorbito del tutto. Ora invece finalmente iniziava a sentirsi più sicuro. Quando invitava Jimin a fare qualcosa aveva ancora un po’ di ansia, ma ai suoi occhi il ragazzo gli aveva dato segnali sufficienti a fargli capire che quantomeno aveva piacere a trascorrere il tempo da solo con lui. Essere più rilassato significava avere una mente meno annebbiata e una mente meno annebbiata significava cogliere più particolari. Riusciva a guardare meglio Jimin, guardarlo davvero. Quel bel sorriso, una delle cose che Jungkook amava di più nell’altro ragazzo, non sembrava essere più lì. Non che non ridesse più o non sembrasse mai allegro, ma passandoci adesso molto più tempo insieme era difficile non rendersi conto che qualcosa nella luminosità del suo sorriso sembrava essere cambiata. Di nuovo, queste erano sensazioni che Jungkook aveva, ma non avrebbe saputo dire da cosa di preciso fossero generate. Tuttavia erano lì e lui non poteva ignorarle. Sapeva che più si conosce una persona più è facile cogliere in lei quei piccoli cambiamenti invisibili per altri e credeva questo fosse il caso. Sperava non fosse così ovviamente, sperava di sbagliarsi, che Jimin non avesse nessun tipo di problema, ma la vocina nella sua testa gli suggeriva di indagare di più. L’episodio a cui aveva assistito la notte precedente era per Jungkook l’ultimo di una serie di tasselli che gli stavano sempre più facendo da campanelli d’allarme sul fatto che qualcosa non andasse. Sebbene Jimin non lo avesse mai allontanato, tuttavia capitava spesso a Jungkook di vederlo distante, quasi assente e come se avesse qualcosa per la testa, proprio come quella mattina mentre camminavano nel parco. Anche lì lo aveva visto rabbuiarsi, ma all’epoca non si era preoccupato di andare in fondo alla faccenda, troppo timoroso di fare domande fuori luogo e troppo impegnato a far semplicemente rilassare Jimin. Non capiva tuttavia quale potesse essere il problema. Jungkook prese a chiedersi cosa stesse facendo di sbagliato. Quando erano insieme faceva di tutto per farlo stare bene. Non voleva che stesse troppo tempo in casa, voleva dimostragli quanto ci tenesse a lui, e il suo modo per far ciò era cercare posti in cui portarlo, viste da mostrargli, regali da donargli. Gli avrebbe volentieri regalato il mondo se avesse potuto. Voleva che quel ragazzo fosse ricoperto delle attenzioni che meritava. Quelle che non aveva avuto lui. Voleva che si sentisse sicuro. Al contrario di come si era sentito lui. Buttò indietro i ricordi e tornò a concentrarsi sul presente. Doveva occuparsi di Jimin. Anche fisicamente gli sembrava più sciupato. Cercava di dirsi che era colpa della febbre appena passata, ma era difficile non chiedersi perché un ragazzo tornato in salute dovesse avere quel viso pallido, a tratti quasi giallo, e soprattutto quelle occhiaie. Era ormai quasi una decina di giorni che Jungkook gliele vedeva addosso e l’episodio della notte prima gli aveva fatto pensare che ci fosse un collegamento tra le due cose e dunque che questa non fosse la prima volta che Jimin faceva dei sogni agitati. Aveva assolutamente bisogno di parlare con Taehyung.

****

Lungo il tragitto dal luogo in cui Jungkook aveva incontrato Taehyung, davanti alla porta d’ingresso della caffetteria del campus, fino alla fermata del bus i due ragazzi parlarono del più e del meno, raccontandosi a vicenda come avevano trascorso la mattina. Mentre erano seduti nel mezzo, cullati dal movimento ondeggiante delle ruote, continuarono ancora a scherzare e parlare di film, videogiochi e altri argomenti leggeri. Quando si misero finalmente a lavorare nella cucina di Jungkook, il dover riprendere il filo di un lavoro accantonato per diversi giorni li costrinse a scambiarsi poche parole e concentrarsi su ciò che dovevano fare. Per Jungkook ciò fu all’inizio un bene. Adesso che si trovava di fronte a Taehyung riusciva ancora meno a farsi venire in mente un modo naturale per introdurre ciò di cui voleva discutere. Quando fu passata quasi più di un’ora e mezza pensò però che fosse il caso di prendere il toro per le corna e optò per la via più diretta.

– Hyung, vorrei parlarti. Ti va se ci fermiamo un attimo e prepariamo qualcosa da bere?

Taehyung annuì serio, senza nemmeno chiedere di cosa volesse parlare. Jungkook si chiese se non lo avesse intuito da solo. Così come il ragazzo si accorgeva che qualcosa non andava in Jimin, allo stesso modo notava gli sguardi preoccupati che Taehyung rivolgeva al suo migliore amico e era capace di rendersi conto che anche lui doveva star probabilmente covando le sue stesse preoccupazioni. Radunando alla meglio le loro cose sul tavolo, si prepararono la merenda, mettendosi poi a sedere uno sul divano, uno su una sedia, in mano una cioccolata calda per Jungkook, un the verde bollente per Taehyung. Rimasero in silenzio alcuni secondi.

– È di Jiminie che vuoi parlare, vero Kookie?

 In qualche modo, le parole di Taehyung sollevarono Jungkook. Capendo che l’amico forse condivideva i suoi stessi pensieri, sentì come se le cose andassero già meglio, il che non aveva senso visto che il problema era lungi dall’essere risolto.

– Ciò che è avvenuto l’altra sera… Di cosa si tratta esattamente? Non sembravi sorpreso, è per caso successo altre volte?

– Si.

– Davvero?

– Si.

Jungkook emise un profondo respiro e sprofondò con la schiena contro lo schienale morbido del divano, chiudendo poi gli occhi. Aveva avuto ragione a preoccuparsi, e per la prima volta nella sua vita l’idea di essere nel giusto non lo rallegrò. Sentì Taehyung riprendere a parlare:

– È iniziato circa una settimana fa. Il giorno dopo lo spettacolo degli hyung… quella è stata la prima notte. Era andato a dormire di nuovo piuttosto presto, quindi io ero ancora in piedi quando si è svegliato. Proprio come ieri mi trovavo in cucina, a giocare al computer, quando l’ho sentito gridare. La casa come sai è piccola, si sente tutto e Jiminie stava urlando così tanto… Mi sono precipitato da lui, non sapendo nemmeno bene cosa aspettarmi. Quando sono entrato in camera l’ho trovato che si dimenava nel letto, già sveglio, ma ancora in stato di confusione totale e ci ho messo un bel po’ a tranquillizzarlo. Ovviamente lì per lì non gli ho dato molta importanza, e quando la notte successiva l’ho sentito urlare di nuovo ero già quasi addormentato, per cui ho creduto di averlo sognato. Quando però poi la notte dopo ancora ha iniziato a urlare mentre ero sveglio a guardare un film ho capito che non doveva essere stata la mia immaginazione – Taehyung si fermò solo un attimo per bagnarsi con la lingua le labbra ormai secche. Jungkook lo stava guardando con occhioni spalancati, cercando di elaborare le informazioni – Jiminie sta avendo incubi tutte le notti, e devono essere tremendi dal modo in cui piange, e io non so davvero cosa fare. Non… non capisco. Vorrei farlo star meglio, ma non so come.

Jungkook si schiarì la gola:

– Hai provato a parlarci? Chiedergli cosa sogna?

– Non esattamente… Ogni volta è così sconvolto che ho solo voglia di fargli dimenticare tutto, convincerlo che è solo un incubo, e non mi va di farglielo ripercorrere raccontandomelo. Poi la mattina… ci ho pensato un paio di volte, di chiedergli la mattina cosa avesse sognato, ma Kookie, lo hai visto anche tu. Gli si legge in viso che non sta bene eppure sembra anche così intenzionato a far credere il contrario. Mai una volta che avesse accennato alla notte passata durante la colazione insieme. Mai. Come se nulla fosse accaduto – sospirò e riprese dopo aver fissato il pavimento per qualche secondo, un’espressione pensierosa in viso – Il punto è che se il problema fossero solo gli incubi sarei più tranquillo. Potrebbero essere un retaggio della passata malattia, oppure semplicemente dei disturbi del sonno. Possono capitare dei periodi in cui si dorme peggio del solito. A volte poi non ci sono motivazioni precise, mentre altre sì, possono essere stress, preoccupazioni per l’università, stanchezza eccessiva. Insomma, dormire male succede, e se ciò fosse causato da normali ansie non dovrebbe essere un problema parlarne, no? È il fatto che lui tenti di ignorare del tutto la cosa, addirittura fingendo che sia tutto perfetto, che mi preoccupa davvero e che mi porta a pensare che ci sia qualcosa di più sotto. Perché nascondere che ha un problema? Come se poi potesse riuscirci. Come se non capissi che sta male. Diamine, è mio fratello in pratica, perché si ostina così a far finta che tutto vada come sempre?

Jungkook non sapeva cosa dire. Soffriva all’idea che Jimin stesse così male e non si confidasse con nessuno. Soffriva all’idea che Taehyung stesse male con lui. Però non aveva una soluzione. Guardò Taehyung mentre beveva il suo the e pensò, fu quasi sicuro, che se avessero lavorato insieme forse una soluzione l’avrebbero potuta trovare.

– Taehyungie. Sono convinto che riusciremo a venirne a capo. Andrà tutto bene, nulla di grave è accaduto a Jiminie ultimamente, tranne quella febbre. Era tutto normale fino a quel momento, e lo abbiamo poi sempre tenuto d’occhio. Cosa può essere avvenuto nel frattempo che lo ha sconvolto così? È stato letteralmente sempre con noi – Qualcosa sembrò scattare negli occhi di Taehyung. Una sorta di lampo, una luce strana e Jungkook interruppe di colpo il suo ragionamento – Cosa c’è? Ti è venuto in mente qualcosa?

Il ragazzo di fronte a lui batté le palpebre un paio di volte e poi disse:

– No, no, nulla. Stavo… stavo solo cercando di ragionare. Probabilmente dovrei parlarci, sai. Non mi importa se non vuole dirmi niente, non riuscirò a sentirmi apposto con me stesso finché non avrò almeno cercato di fare qualcosa per aiutarlo. Fino ad ora ho evitato un confronto solo perché dentro di me una parte pensava fossero solo impressioni mie, ma adesso che so che anche tu le hai vuol dire che abbiamo ragione. Cercherò di capire di più e te ne parlerò. Nel frattempo dovremmo cercare di tenerlo il più impegnato possibile, farlo distrarre, possibilmente stancare. Magari la spossatezza fisica gli può donare qualche ora di riposo in più.

– Vero. Beh, non possiamo però dire di non starlo già facendo. Mi sembra di averlo cercato di distrarre io stesso abbastanza nell’ultimo periodo, no? Per questo la sua inquietudine mi sorprende ancora di più – strinse leggermente di più la presa sulla sua tazza e sembrò non parlare più a Taehyung, ma con sé stesso – Ho fatto di tutto per… – Si ricosse e guardò in direzione dell’amico, che lo stava fissando con espressione indecifrabile. Jungkook pensò si stesse chiedendo cosa intendesse. Decise che era il momento di vuotare il sacco – Scusami, st-stavo riflettendo ad alta voce. È che… Tu sai cosa... cioè, ovvio che no, no che non lo sai, come potresti saperlo? Non ti ho mai detto nulla. Ma forse… insomma credo si sia capito. Credo. Aaaah, non lo so Taehyungie, non so come dirlo – Si portò una mano tra i capelli. Era normale agitarsi così per dire la verità non al diretto interessato? Si chiese se dichiararsi a Jimin, un giorno, sarebbe stato più difficile, e si rispose che non poteva esserlo. Ma era Taehyung maledizione, cosa c’era da balbettare così? – Jimin-hyung… Io…

– Jiminie ti piace, non è così?

Completamente rosso, Jungkook guardò Taehyung negli occhi. Il ragazzo sembrava calmo, così calmo che quasi stupì Jungkook. Non sapeva bene che reazione aspettarsi dall’amico in realtà. Aveva messo in conto che poteva aver già capito tutto da tempo, e che dunque non si sarebbe stupito, allo stesso modo in cui aveva ipotizzato che invece non avesse colto nulla e dunque avrebbe spalancato gli occhi, magari urlato dalla sorpresa. C’era poi l’opzione peggiore, quella a cui Jungkook aveva cercato di dare il meno spazio possibile. La possibilità che a Taehyung tutto questo non stesse bene. In qualsiasi caso, Jungkook non aveva comunque previsto tanta calma. Chissà poi perché. Ovviamente Taehyung, conoscendolo così bene, doveva essersi accorto dell’interesse che nutriva nei confronti di Jimin e dunque che cos’altro avrebbe dovuto fare se non accogliere la notizia con tranquillità? Eppure c’era qualcosa nella sua espressione a cui Jungkook non riuscì a dare un nome, ma che lo colpì. Gli sembrò di trovarsi, per la prima volta, di fronte a un Taehyung che forse non aveva mai visto prima d’ora.

– Kookie? – doveva essersi incantato per un attimo, perché l’amico lo stava chiamando, con sguardo adesso preoccupato. Ok, preoccupato va bene. La preoccupazione la riconosco. – Ho chiesto, Jiminie ti interessa, giusto? A me puoi dirlo. Lo avevo già capito da solo in realtà.

Di nuovo era tornato quello sguardo strano e Jungkook si sentì ancora più confuso quando lo vide accompagnato da un debole sorriso. Sembrava quasi… triste? Ma perché sarebbe dovuto esserlo? Jungkook concluse che l’intera situazione di Jimin, ciò di cui avevano parlato fino ad ora, dovesse pesare molto sulle sue spalle e dunque da ciò nascesse la sua attuale malinconia. O forse è dispiaciuto che non glielo abbia detto prima! Ma certo, Jungkook, come puoi essere stato così stupido da non pensarci?

– Taehyungie, mi dispiace tantissimo! Avrei dovuto dirtelo prima! Sei il mio migliore amico, e il migliore amico di Jimin-hyung, non avrei dovuto tenertelo nascosto!

Taehyung lo interruppe scuotendo la testa e mettendo le mani avanti:

– Siamo amici, ma non sei obbligato a dirmi tutto Kookie. Stai tranquillo, non me la sono presa. Come ti ho detto, me ne ero accorto per conto mio, anche quando non parli io ti leggo nel pensiero – fece l’occhiolino e Jungkook si sentì più sollevato. Almeno aveva accettato le sue scuse e non sembrava essersela presa. Gli rispose con un sorriso:

– Non posso sfuggire con te vedo. Si, Jiminie mi… mi piace. Tanto. Mi piace tanto, Taehyungie, e io sto facendo di tutto affinché si accorga di poter contare su di me. Lo so che ha anche te, non voglio portartelo via. È solo che una spalla in più può solo far comodo, no? – guardò Taehyung con un piccolo ghigno per poi tornare serio –  L’unica cosa è che non so se mi sto muovendo bene. Insomma, non sembra che le mie attenzioni gli diano fastidio, quindi probabilmente… non voglio allargarmi troppo ora, ma… insomma, potrebbe esserci una minima possibilità che possa ricambiarmi e quindi non capisco. Non capisco davvero. Se gli piace passare il tempo con me, se sa che su di me può contare, se poi torna a casa dal suo migliore amico, che sa essere lì per lui, perché si comporta così? Vorrei solo farlo stare bene, ma sento di star fallendo. Credi mi manchi qualcosa Tae?

– Come? Mancarti qual-? – Taehyung osservò bene l’amico. Aveva uno sguardo implorante, era evidente che avesse rimuginato su questa questione da solo a lungo, ed era altrettanto evidente che finalmente stava dando sfogo a tutti i pensieri che lo turbavano. Quando vide i suoi occhi ricoprirsi di un velo lucido, come se stesse per scoppiare in lacrime, Taehyung gli si fiondò vicino sul divano e lo abbracciò, dando il via a un mantra di rassicurazioni. Jungkook, sei un testone – No. No, Kookie no. No, no, no e no. Non ti manca nulla. Stai scherzando? A te? – si staccò da lui, lasciandogli una mano sulle spalle e una dietro la nuca – come ti è venuta in mente una cosa simile? Sei il ragazzo perfetto! Come puoi pensare…

– Ma Jiminie-

– Jiminie vede come tu sia lì per lui. E lo vedo anche io. Te ne sei preso cura benissimo, te l’ho già detto mi sembra, meglio addirittura di come avrei potuto fare io stesso. So che Jiminie la pensa allo stesso modo, perché è il mio migliore amico e lo conosco. Tu hai fatto di tutto, continui – pose enfasi su quest’ultima parola vedendo Jungkook scuotere leggermente la testa – continui a fare di tutto, e non hai assolutamente nulla da rimproverarti. Mi hai capito? Non pensare mai, mai più che ci sia un problema in te. Kookie, dimmi che hai capito. Sono serio.

Jungkook attese un secondo e poi annuì, al che Taehyung gli scompigliò i capelli in modo affettuoso, finalmente sorridendogli. Jungkook gli sorrise a sua volta e si chiese come avesse fatto tutto questo tempo a sopportare l’ansia di tali pensieri da solo. Come avesse fatto in generale per diciotto anni a sopravvivere senza Taehyung vicino.

– Forse dovrei semplicemente farla finita una volta per tutte e dirgli chiaramente ciò che provo, così almeno può avere la certezza che sono lì per lui. Sai, magari non mi parla perché crede di essere un fastidio.

– Jiminie crede troppo spesso di essere un fastidio, ed è il suo problema più grande.

Jungkook non poté far altro che essere d’accordo con lui.

****

Taehyung stava correndo verso la fermata del bus. Parlando con Jungkook il tempo era passato velocemente e lui si era quasi scordato che alle cinque sarebbe venuto il tecnico per controllare il problema al riscaldamento. Era scappato via salutando Jungkook frettolosamente e aveva fatto del suo meglio per tornare a casa prima possibile e avere così tempo di riordinare velocemente la cucina. Era convinto ci fossero ancora i piatti della colazione nel lavandino e qualcos’altro sparso per la stanza, e gli dava fastidio l’idea di far entrare l’uomo in un ambiente disordinato e sporco. Entrò in casa come un fulmine, buttò il cappotto sul divano e ancora col fiatone si mise a fare i piatti. Per fortuna riuscì a riordinare la stanza in tempo e quando l’uomo arrivò in orario Taehyung non provò imbarazzo nel farlo accomodare. Durante le operazioni del tecnico rimase in cucina leggendo un fumetto, così da rimanere a portata di mano nel caso in cui avesse avuto bisogno di qualcosa. In un quarto d’ora aveva finito.

– Dunque, ho controllato l’impianto di riscaldamento e i termosifoni nell’appartamento. C’è un problema con questo qui in cucina e ci sarà probabilmente bisogno di ricontrollare le tubature. Chiederò anche al mio collega, ma penso che questo sarà il caso.

– Capisco. Quindi…

– Quindi ciò significa che dovremo fare dei lavori per smantellare il pavimento e montare un nuovo termosifone al muro. Per voi è un problema?

Taehyung spiegò di come lui e il suo amico fossero semplicemente affittuari dell’appartamento e decisioni di quel genere dovevano essere prese dal padrone di casa. Gli lasciò dunque il numero di telefono insieme al proprio chiedendogli di avvisarlo nel caso in cui il padrone avesse dato il via libera ai lavori.

– Così facciamo trovare qualcuno in casa che possa aprirvi.

– Perfetto. Chiamerò con ulteriori dettagli non appena parlato con il signor Sin.

Chiudendo la porta di casa Taehyung sperò che questi lavori non creassero troppo scompiglio e non si protraessero troppo a lungo. Doveva studiare e sarebbe stato difficile con il rumore di operai a lavoro. Pensò che avrebbe potuto proporre a Jungkook di lavorare insieme a casa sua. Sempre se non preferisce che sia Jimin a fargli compagnia. Alla peggio c’è comunque il 503.

Attorno alle sei del pomeriggio le chiavi girarono nella toppa e Taehyung sentì dalla sua stanza i familiari passi di Jimin. Sperò non fosse troppo stanco perché durante la cena era intenzionato a parlargli seriamente. L’amico doveva assolutamente aprirsi con lui, anche solo in minima parte. Non pensò su molto a come aprire l’argomento. Era convinto che l’occasione sarebbe arrivata da sé e comunque un discorso anche spontaneo andava benissimo, non c’era bisogno di preparare nulla. Andò in camera di Jimin e lo trovò intento a togliersi i vestiti freddi e umidi e indossare una più comoda tuta blu.

– Come stai?

– Tutto ok. Oggi è stato più impegnativo del solito in accademia ma sono sopravvissuto. Tu? Come è andata la giornata?

Taehyung fece spallucce:

– Apposto anche a me. Mi sono visto con Jungkookie per lavorare insieme e poi sono tornato qui. Oggi è il sedici, ci siamo dimenticati entrambi che sarebbe passato il tecnico per il riscaldamento.

Jimin sobbalzò:

– È vero! Sei tornato in tempo?

– Si, si – rispose mentre l’amico si stava adesso infilando un paio di morbidi calzini di lana – Mi ha detto che probabilmente dovranno tornare per fare dei lavori, ma comunque verremo avvisati in anticipo. Gli ho lasciato il numero del signor Sin.

– Hai fatto benissimo. Bravo Taehyungie – dal letto dove era seduto Jimin sorrise all’amico e Taehyung fece lo stesso.

– Fai cena con me, si? O sei stanco?

– Come? Si, ovvio che mangio con te, non sono freschissimo, ma non è stata neppure una giornata così faticosa da farmi saltare la cena insieme.

– Ok, volevo solo accertarmi che non mi dessi buca – rispose Taehyung facendogli occhiolino e linguaccia – Credo che fra un’ora inizierò a prepararla, se ti va puoi farmi compagnia.

– Si certo, fra una mezz’oretta mi faccio una doccia e poi vengo ad aiutarti. Quando mai ti ho dato buca comunque?

 ****


Taehyung sentì Jimin accendere la doccia e controllò l’orologio. Aveva detto che se la sarebbe fatta entro mezz’ora e invece erano già le sette. Alzò gli occhi al cielo, pensando a quanto l’amico riuscisse ad essere ritardatario anche in casa propria e sulle sue attività personali. Si sentiva un po’ impaziente, in parte perché aveva più fame del solito, ma soprattutto perché voleva davvero parlare con l’amico. Decise di andare lo stesso in cucina e iniziare, con molta calma, i preparativi per la cena. Mentre tirava fuori un paio di ciotole, sentì Jimin chiamarlo dal bagno e accorse subito, preoccupato che qualcosa fosse accaduto. – Si Jiminie, che c’è?

– È finito il bagnoschiuma! L’ho ricomprato, ma ho scordato di metterlo qui, dovrebbe essere in camera mia, in una busta dentro l’armadio con altri prodotti per la casa. Puoi andare a prenderlo per favore?

– Detto fatto! – rispose Taehyung, sollevato che fosse semplicemente questo il motivo per cui era stato chiamato.

In camera di Jimin andò ad aprire l’armadio ed in effetti al suo interno ai piedi dei cappotti trovò una busta di carta marrone dentro cui erano stati messi un paio di detersivi per pavimenti, un ammorbidente e una bottiglia di bagnoschiuma. Uscendo dalla camera, Taehyung notò due tazze sporche sul comodino di Jimin e si prese un appunto mentale di tornare a prenderle appena portato il bagnoschiuma al ragazzo. Un minuto dopo era di nuovo in camera di Jimin. Nell’afferrare i due manici di ceramica, l’occhio gli cadde su ciò che era stato lasciato sul comodino e un oggetto in particolare lo colpì. Una custodia per cd trasparente che gli sembrò fin troppo familiare. Gettò lo sguardo sul letto di Jimin, in cerca di qualcosa che trovò subito. Posò le tazze un attimo e prese fra le mani il lettore cd abbandonato vicino al cuscino. Si sentiva un po’ sciocco, a dare tanta importanza a una cosa che probabilmente non ne aveva. Forse non aveva neppure ragione sul contenuto di quella scatoletta mangiatrice di musica. Invece sì.

Mixtape n.1, in chiare lettere nere, la grafia di Yoongi inconfondibile.

 

 

 

 

Note dell’autrice: Hello everyone, bentornati  

E dopo la micro pausa per respirare un po’ che mi sono concessa con la os rossa di qualche giorno fa, ecco che torno a rigettarmi nell’angst. Anche qui ce ne è un bel po’ e come sempre mi scuso. In questo capitolo continuiamo a vedere in che modo la vita abbia ripreso a scorrere per i nostri ragazzi e come i postumi della notte di capodanno si stiano portando avanti. Jimin, no, non è andato a riprendersi Yoongi in stazione, e adesso sta facendo i conti con le conseguenze di questa lontananza. Il suo punto di vista però sarà esplorato ancora meglio nel prossimo capitolo. Nel frattempo Taehyung e Jungkook non possono ovviamente rimanere indifferenti di fronte a ciò che sta succedendo al più grande e finalmente si confrontano, tentando di capirci di più sulla situazione e ciò non può che essere un bene.

Mi dispiace se le cose si muovono lentamente, spero nessuno si stia annoiando a leggere tutto quello che passa per la mente di questi poveri piccoli. MA ho deciso una cosa. Visto che mi sembra di star creando troppa sofferenza, ho deciso che pubblicherò la seconda parte di questo capitolo domenica. Già anche altre volte ho dovuto dividere sequenze che nella mia mente dovevano andare insieme perché ciò che in origine credo possa essere di due pagine ne diventa di cinque. È il caso anche di questo capitolo. La parte successiva a questa è quasi altrettanto lunga e mi sembrava davvero troppo in un’unica botta. D’altro canto, avevo deciso di voler inserire tutto insieme per un motivo preciso che però ancora non posso dire (verrà chiarito nelle prossime note) e dunque, per evitare la ghigliottina davvero, ho optato per un compromesso. Quindi la seconda parte verrà pubblicata domenica invece che mercoledì prossimo. Di più non posso fare. Sarà tutto più chiaro nel prossimo capitolo comunque.

Per il momento vi saluto e come sempre vi ringrazio per aver letto fin qui. Se dedicherete del tempo a lasciare un feedback vi sarò infinitamente grata, non siate timidi A domenica!

Baci, Elle ~

 

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Capitolo 14
*** Capitolo XI: Reprise ***


CAPITOLO XI : REPRISE

 

Ancora non lo sai

– sibila nel frastuono delle volte

la sibilla, quella

che sempre più ha voglia di morire –

non lo sospetti ancora

che di tutti i colori il più forte

il più indelebile

è il colore del vuoto?

 

(Vittorio Sereni, Autostrada della Cisa)

 

Jimin non voleva mentire all’amico, ma quando Taehyung durante la cena gli chiese all’improvviso per quale motivo continuasse ad avere incubi, si sentì messo con le spalle al muro. La via più semplice sarebbe stata raccontare che non lo sapeva e che per quanto svegliarsi ogni notte gli desse fastidio non era nulla che gli creava un eccessivo disagio. Ma sarebbe stato capace di imbrogliare l’amico? Perché Jimin sapeva esattamente qual era il motivo, fin troppo bene. Pur sforzandosi di pensare ad altro e rimettersi in sesto, dentro era un disastro. Si sentiva completamente lacerato e più il tempo passava meno il dolore, come lui aveva invece inizialmente sperato, accennava a passare. Al contrario. Ogni volta che Jimin si metteva a letto e capiva che altre ventiquattro ore erano passate senza che Yoongi-hyung gli avesse fatto sapere nulla di sé, la ferita si faceva sempre più profonda. Questo non era tutto. Come se già la mancanza di Yoongi non fosse sufficiente, in Jimin stava diventando sempre più forte anche un altro sentimento: il senso di colpa. Gli incubi erano dovuti in buona parte anche a questo, e allo stesso modo che con il dolore per la perdita di Yoongi, anche il senso di colpa sembrava destinato a diventare sempre più grande. Sebbene la compagnia del suo migliore amico e di Jungkook gli facessero bene e lui genuinamente si sentisse estremamente meglio quando si trovava con loro, sentiva comunque di non essere del tutto sincero con il più piccolo. Jimin poteva vedere come di giorno in giorno il ragazzo si facesse sempre un po’ più audace con lui e il suo sguardo un po’ più acceso ogni volta che lui accettava i suoi inviti. Non solo acceso, speranzoso. Lo stava facendo sperare, e questo Jimin non riusciva a perdonarselo. Quando rifletteva sulla situazione cercava di mitigare il suo magone pensando a come a lui effettivamente piacesse trascorrere il tempo con Jungkook. Il modo in cui si comportava con lui era spontaneo, nulla era una bugia. Il ragazzo lo faceva davvero sentire protetto e era una persona estremamente piacevole con cui, così come era sempre stato, Jimin si sentiva in completo relax. Ma gli voleva troppo bene per raccontarsi che ciò fosse segno di sentimenti più profondi. Ci aveva pensato a un certo punto. Già quel pomeriggio di dicembre, quando erano stati insieme dalla mattina, si era chiesto se non potesse provare qualcosa di più forte per il ragazzo, ed era una domanda sincera di cui non sapeva la risposta all’epoca. Stava vedendo Yoongi allontanarsi e aveva pensato fosse un bene cercare di prenderne le distanze cercando la felicità per sé. Che cosa aveva Jungkook che non avrebbe potuto renderlo felice? Era indubbiamente un bellissimo ragazzo, era affettuoso, ci teneva davvero a lui, lo accudiva in tutti i modi. Era addirittura amico del suo migliore amico, un bonus notevole visto che tutti e tre si trovavano bene insieme e quindi non si sarebbero formate gelosie né Jimin avrebbe dovuto vedersi costretto a scegliere tra i due. Che cosa aveva dunque Jungkook che non avrebbe potuto renderlo felice? Non è Yoongi-hyung. La risposta era questa, tutte le volte, devastante nella sua semplicità. Anche quando cercava di modificare i suoi ragionamenti, o trovare vie alternative per giungere ad un’altra conclusione, il punto di arrivo era sempre lo stesso. Jungkook non è Yoongi. Lo aveva compreso perfettamente e in modo definitivo la notte precedente, quando era intervenuto al posto di Taehyung per farlo calmare. Jimin aveva ad un certo punto capito di trovarsi finalmente fuori dai suoi sogni, e lì per lì si era spontaneamente abbandonato di nuovo nelle braccia dell’altro, sperando che funzionasse, ma il suo desiderio era rimasto inesaudito. Si era addormentato tra le braccia di Jungkook facendo finta che fossero quelle di Yoongi, perché era lui di cui aveva bisogno per calmarsi. Come poteva dunque, sapendo che questi erano i suoi pensieri e conoscendo perfettamente ciò che il più piccolo provava per lui, continuare a comportarsi così? Come poteva essere tanto egoista? Jimin non riusciva a spiegarselo, ma non riusciva nemmeno a smettere di esserlo. Stava cercando troppo intensamente di trovare un modo per imparare a convivere con l’idea che Yoongi non lo avrebbe mai voluto nella sua vita come lui desiderava da non avere anche le forze di reagire di fronte all’amore di Jungkook. Ne aveva bisogno, in realtà. In un modo del tutto diverso da come aveva bisogno dell’amore di Yoongi, ma ugualmente vivo e reale.

Il senso di colpa però si faceva sempre più grande. Raddoppiava quando si accorgeva di stare vicino a una persona a cui teneva sapendo di starle dando segnali opposti a quelli che avrebbe dovuto ricevere. Triplicava quando era vicino al ragazzo mentre nel frattempo provava il bisogno di sapere come stesse l’altro. O quando guardando in quei suoi occhi così sinceri invece che sentirsi a casa continuava a sentirsi come se gli avessero tolto un braccio. Aveva la nausea ogni volta che rispondeva a Jungkook al cellulare e si accorgeva che se il suo cuore aveva sussultato al partire della suoneria era perché aveva sperato che fosse un’altra voce a rispondere. Nonostante tutto questo, Jimin continuava tuttavia a rimanere terrificato all’idea di prendere le distanze dal ragazzo. C’era una minuscola parte di lui che non demordeva, e che era convinta che prima o poi le cose sarebbero migliorate. Che prima o poi Jimin avrebbe accettato la lontananza di Yoongi. Che prima o poi il tempo avrebbe sanato tutto e tra lui e il più grande sarebbe rimasta, nella migliore delle ipotesi, solo una certa confidenza, ma nulla di più. Che prima o poi Jimin avrebbe dunque voluto andare avanti con la sua vita. In quello scenario, lo stare con Jungkook aveva senso. Il problema era che tutto il resto di Jimin non la pensava così. Era sicuro che mai avrebbe potuto ricambiare i sentimenti del giovane e soprattutto mai avrebbe potuto amare qualcuno come sentiva di amare Yoongi. Eppure quella piccola parte rimaneva lì, in un angolo dentro di lui, come una fiammella debole, ma ancora viva. Gli serviva, non poteva soffocarla completamente, altrimenti si sarebbe sentito del tutto perso. Doveva credere, anche se solo con un millesimo di sé stesso, che tenere Jungkook nella sua vita potesse solo fargli bene. Oltre al fatto, poi, che non voleva assolutamente perdere un’altra amicizia così importante.

C’era infine anche un altro motivo che rendeva impossibile per Jimin allontanare da sé Jungkook. Lo faceva sentire speciale. Jimin non si era mai sentito speciale nella sua vita, nemmeno quando Hoseok ci si mise di punta e cercò di fargli capire che persona bellissima fosse e come la sua danza avesse una magia tutta sua che nessun’altro al mondo sarebbe stato capace di riprodurre. Solo una volta ci si era sentito. Quando Yoongi lo aveva reso partecipe dei suoi lavori. Ogni volta che Jimin entrava nella stanza dell’altro e il ragazzo prendeva a parlargli di ciò che faceva, gli mostrava ciò che componeva e addirittura gli chiedeva dei consigli, si sentiva quasi un eletto. Il modo in cui Yoongi lo trattava gli faceva credere di valere davvero qualcosa. Essere privato di una sensazione del genere, dopo averne colto le gioie, lo aveva messo in uno stato di agonia incredibile, quasi astinenza e sebbene Jungkook non riuscisse a dissetarla del tutto la metteva almeno a tacere per un po’. Era però naturale che la consapevolezza di star facendo un torto enorme a quel ragazzo fosse sempre vivo in lui. Non si stupiva se aveva incubi. Credeva anzi di meritarseli, erano una punizione giusta per ciò che stava facendo. Ciò che li rendeva ancora più angosciosi era il fatto che adesso stava iniziando a non distinguere più cosa fosse sogno e cosa fosse realtà. I ricordi avevano iniziato un pochino a riaffiorare nel corso dei giorni. Pochi, molto nebbiosi, ma più di una volta Jimin aveva avuto flash improvvisi nella mente che mostravano situazioni che lui non ricordava prima di quel momento di aver vissuto.

Il primo flash era tornato esattamente una settimana prima, ovvero tre giorni, un’ora e trentasette minuti dopo la partenza di Yoongi. Esausto da quella prima giornata passata ad affrontare il mondo esterno, Jimin si era rannicchiato per terra ai piedi del suo letto. Non aveva voglia di fare nulla e si era chiesto se ogni giornata sarebbe stata d’ora in avanti così, non sapendo ancora che dal giorno dopo sarebbero iniziati i quotidiani appuntamenti con Jungkook. C’era un’unica cosa che al momento avesse voglia di fare, sentire la voce di Yoongi. Era troppo, troppo tempo che non la riascoltava e all’improvviso aveva capito che per quanto doloroso potesse essere, se non lo avesse fatto subito sarebbe impazzito. Si era alzato velocemente da terra e aveva preso il suo lettore cd. Lo aveva comprato l’anno prima appositamente per lo specifico cd che adesso stava per ascoltare. Jimin voleva che la musica che gli giungeva alle orecchie provenisse dalla copia fisica, quella che Yoongi aveva utilizzato e toccato, quella su cui aveva scritto con un evidenziatore nero. Voleva avere vicino quella che considerava essere una parte del ragazzo e non rimpiazzarla convertendola in un mp3. Così dunque adesso Jimin era forse l’ultima persona a Seul, se non in tutta la Corea (forse in tutto il mondo), ad ascoltare cd in un lettore apposito. Aprì il cassetto del suo comodino. Eccolo lì, riposto con cura, il mixtape di Yoongi. Non appena la sua voce aveva preso a scorrere bassa e fluida attraverso le cuffiette Jimin aveva chiuso gli occhi e sentito il suo corpo rilassarsi. Aveva anche pregato di non mettersi a piangere, ma non fu ascoltato. Passandosi una mano sulle guance per asciugarsi ecco all’improvviso un’immagine. Il muro di una casa, sembrava la villa. Le sue labbra vicine a un collo morbido, le mani strette ad una vita. A Jimin era già sembrato di aver vaghe memorie riguardo qualcuno presente con lui durante quella notte, ma ancora non era sicuro se provenissero da un sogno o meno. Dal momento che però Jungkook lo aveva riportato a casa aveva dato per scontato che, nel caso in cui si trattassero di ricordi veri, la persona fosse proprio il più giovane. Questo flash che aveva avuto ora però era diverso. Non gli si era mostrato come ricordo, dunque estremamente sbiadito. Piuttosto, la scena gli era apparsa davanti agli occhi come se stesse vivendola in quel preciso momento. Non era una memoria nebbiosa, era un qualcosa di cui era sicuro avesse preso parte in prima persona. Non ricordava di essersi aggrappato così a Jungkook e l’idea lo fece stare ancora peggio. Chissà cos’altro gli aveva detto. Però l’idea di aver riavuto un ricordo lo aveva leggermente confortato. Il buco nero di quelle ore pesava ancora su di lui e sebbene l’ignoranza possa essere spesso una benedizione, Jimin sentiva che non era questo il caso. Dopo questo primo episodio, altre volte Jimin aveva riottenuto qualche frammento più vivido di ciò che era accaduto mentre era ubriaco e febbricitante. Ricordava una camicia bianca. Un cellulare abbandonato per terra. Aveva anche ricordato le mani di Jungkook attorno a lui che lo posavano nel letto e che poi lavoravano con i bottoni della sua camicia. A un certo punto erano arrivati anche dei suoni, ma non era sicuro a chi appartenessero. Si era poi accorto che non erano solo suoni, ma delle parole, delle parole roche, dette da una voce bassa. “Sii felice”, “Ti ringrazio”. Quelle parole continuavano a tornare, ululate dalla tempesta dei suoi incubi. E poi c’era stato quel “Jimin-ah”. Jimin-ah. Jungkook non lo chiamava mai così. Quella voce… Ma non avrebbe avuto senso. Stava solo proiettando ciò che più desiderava. Jimin aveva dunque presto deciso di non dare troppo peso a questi mozziconi di memorie, angosciato dal non riuscire a distinguere più ciò che era vero dal ciò che era falso. Come spiegare però tutto questo a Taehyung?

– Non hai nemmeno una mezza idea?

Lo stava fissando con sguardo interrogativo, in attesa di una risposta, e Jimin dovette ingegnarsi a trovarne una. Concluse che la soluzione migliore era dire una mezza verità. Se avesse continuato a negare l’evidenza l’amico avrebbe potuto insospettirsi ancora di più e diventare più insistente.

– Taehyungie non lo so perché continuo a fare brutti sogni – Questa era una bugia – Ma ovviamente stanno diventando un problema, sono piuttosto stanco di svegliarmi così ogni notte – Questo era vero – Ho cercato di dargli il meno peso possibile sperando che smettessero, ma non è stato così – Anche questo era in parte vero – Per questo motivo non ne ho mai parlato prima – Questa era di nuovo una bugia. Aveva fatto finta di nulla solo perché sperava di poter ingannare l’amico e convincerlo che non ci fosse nessun problema. Non aveva voglia di parlare. Tra l’altro, come avrebbe potuto essere del tutto onesto con lui? Sapeva quanto tenesse a Jungkook e non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi e confidargli perché si sentiva colpevole nei confronti del ragazzo. E soprattutto perché non riusciva a smettere di comportarsi così.

– Ci sono problemi in accademia? O c’è qualcos’altro che non va? – Jimin continuava a tenere lo sguardo basso e Taehyung volle rassicurarlo – Ascolta Jiminie, non voglio costringerti a dirmi nulla, è solo che sono un po’ preoccupato. Se sono qui a parlarti ora è solo per questo. Se tu mi dici che neanche tu sai il perché di questi sogni allora ci credo. Se sono semplici disturbi del sonno ci sono cose che si possono prendere per aiutarti, andiamo in farmacia e si risolve. Vorrei però essere sicuro che dietro non ci siano preoccupazioni di altro tipo. In quel caso lo sai che con me puoi parlare, vero? 

Jimin gli prese una mano e la strinse, sorridendogli dolcemente:

– Lo so, Taehyungie, lo so. Ma per il momento non c’è molto da dire, faccio dei sogni orribili tutte le notti e non so come farli smettere – Bugia anche questa. Ogni volta che mentiva all’amico Jimin provava un dolore simile a quello di un piccolo spillo che ti si pianta nel petto – Ma non devi preoccuparti troppo, va bene? Se sembro strano… è solo perché la notte non dormo bene. Ma hai ragione tu, forse dovrei prendere qualcosa. Prima però vorrei aspettare un altro po’, magari passano da soli in modo naturale senza che io inizi a prendere nulla. Ma se dovessero continuare prometto di intervenire, affare fatto?

– Mi sembra un buon compromesso, si. Io voglio solo che tu stia bene Jiminie.

Jimin annuì come a dire che lo sapeva e strizzando di nuovo la mano di Taehyung finalmente gliela lasciò per prendere le sue bacchette. Sperò che l’argomento fosse chiuso lì. C’era tuttavia un altro punto che premeva a Taehyung, ancora più delicato, tanto che il ragazzo decise di prenderlo incredibilmente alla larga:

– Oggi gli hyung sono tornati dalla loro vacanza.

– Si, lo so. Sono stati bene?

– Non lo so, non li ho ancora sentiti, ma credo lo farò domani. Sai, pensavo che se qui vengono davvero a fare i lavori potrebbe diventare difficile studiare e quindi mi era venuto in mente di chiedere a Jin-hyung se potevo usufruire del loro salotto per stare un po’ più in tranquillità. Magari anche Kookie vuole unirsi. Le giornate sono corte e è meno deprimente studiare al calduccio in casa piuttosto che in una biblioteca da cui si vede solo il cielo scuro.

– Mi sembra una buona idea – disse Jimin senza particolare enfasi.

– Potresti venire anche tu per allenarti con Hoseok-hyung.

Jimin ebbe un attimo di esitazione:

– Io… si, ovvio, anche se ultimamente non ci sono coreografie urgenti su cui sto lavorando per cui credo che la palestra dell’accademia vada benissimo.

Taehyung annuì soltanto, continuando a far muovere le valvole del cervello per trovare il modo di agganciarsi a ciò di cui voleva parlare. Forse ci aveva girato attorno un po’ troppo.

– Comunque sia – disse dopo qualche istante, mescolando con le bacchette il riso e le uova nella ciotola – credo che hyung mi dirà di sì. Me lo avrebbe detto di sicuro in ogni caso, ma ancora di più questa settimana. La casa è praticamente deserta – si portò il cibo alla bocca fermandosi un attimo per osservare Jimin. Gli giunse solo un piccolo “mmh” di risposta. Continuò – Voglio dire, lui e Namjoonie-hyung saranno quasi sempre a lavorare allo spettacolo, e Yoongi-hyung non c’è, quindi non credo possa creare problemi se noi andiamo lì il pomeriggio.

– Vero.

– A proposito, Yoongi-hyung dovrebbe tornare la prossima settimana, no?

Jimin smise per un momento di mangiare e guardò Taehyung negli occhi.

– Non ero io che ero lì quella sera – Taehyung colse una luce nel suo sguardo, quasi di irritazione, che però si spense subito – Insomma, me lo avete detto voi che ha detto che sarebbe stato via due settimane, ma non ne era sicuro, o sbaglio?

– No, no, è vero. In effetti non so da cosa dipenda quell’incertezza. Tu ne sai nulla? – Taehyung si chiese se non si stesse spingendo troppo in là e troppo in fretta, ma aveva davvero bisogno di sapere – Ti ha dato qualche notizia?

Jimin sembrò a corto di fiato per un breve istante, ma lo vide poi riprendersi subito.

– No, non… non mi ha detto niente.

– Ma vi siete sentiti recentemente? – adesso si alza e se ne va, pensò Taehyung. Non accadde. Jimin si riempì la bocca di riso, scuotendo la testa, prima di ingoiare e riprendere a parlare:

– Non lo sento da un po’ in effetti, da quando eravamo alla villa tutti insieme. Tutto quello che so è da parte di Hoseok-hyung. Però insomma, ha dovuto prepararsi al viaggio e poi credo abbia dovuto concentrarsi sul nuovo luogo di lavoro e immagino sia sempre tanto stanco. Non mi sorprende si tenga in contatto solo con Hobi-hyung. Probabilmente sarà molto sbrigativo anche con lui.

Quando Taehyung gli aveva fatto quella domanda, così diretta, Jimin si era sentito un groppo in gola. Aveva dunque dovuto mettersi in bocca più riso che poteva così da avere una scusa per ingoiare le lacrime. Aveva poi dato una risposta che lo aveva lasciato stupito. Avrebbe potuto semplicemente dire che no, era diverso tempo che non sentiva Yoongi-hyung. Si era invece sentito per qualche motivo in dovere di dare una spiegazione, e, soprattutto, quasi giustificare l’altro ragazzo. Perché non aveva semplicemente detto le cose come stavano? Ovvero che Yoongi da un giorno all’altro aveva preso ad ignorarlo? Era vero, e probabilmente a Taehyung non sarebbe mai venuto in mente di collegare questo fatto agli incubi, essendo all’oscuro di troppe altre cose. Eppure non se l’era sentita. Il pensiero di buttare la responsabilità su Yoongi-hyung lo faceva stare male. Il ragazzo non se lo meritava. Che male c’era se era impegnato e voleva, una volta arrivato stanco alla sera, sentire solamente la voce del suo ragazzo? Che colpa aveva Yoongi se lui era stato così idiota da giocarsi quegli ultimi momenti insieme con la bella idea di ubriacarsi e ricoprirsi di ridicolo compromettendo la sua salute e finendo bloccato a letto? Yoongi non aveva colpe, era lui che aveva complicato tutto con le sue stesse mani.

Lo squillo di un cellulare interruppe il discorso, con grande sollievo di Jimin, un po’ meno di Taehyung. Se lo estrasse dalla tasca con riluttanza, sapendo che non sarebbe probabilmente stato possibile riaprire con disinvoltura, come aveva fatto ora, l’argomento.

– Pronto?... Si certo, ricordo, nessun problema, si figuri… Ah sì? D’accordo, a che ora?... Va bene, perfetto. Grazie mille e buona serata.

– Chi era?

– Il tecnico del riscaldamento, gli avevo dato il mio numero. Ha detto che il signor Sin ha acconsentito ai lavori, vengono qui a partire da dopodomani. Dovrebbero volerci circa quattro giorni perché dovranno lavorare su turni brevi.

– Sai, mi è venuta un’idea prima Taehyungie. Visto che comunque ci sarà tantissimo disordine in cucina, perché non ne approfittiamo e pitturiamo le pareti come abbiamo sempre voluto? Potremmo farlo domenica insieme, che ne dici? È l’unico giorno in cui ho tempo e credo anche tu, no?

– Si! Che bello, è vero! Ne abbiamo parlato tante volte, in effetti questa potrebbe essere l’occasione perfetta! – fece scorrere gli occhi lungo le pareti bianche della piccola cucina – Non ci saranno problemi con il padrone di casa, vero?

– No, perché dovrebbero? Prima di andare via le dipingeremo di bianco di nuovo, tante persone lo fanno – Jimin sorrise – allora, deciso? Domenica?

– Domenica!

Domenica… era il giorno in cui Jimin avrebbe saputo se Yoongi sarebbe tornato o meno. Così tante volte si era chiesto cosa avrebbe fatto se il più grande avesse deciso di prolungare il suo soggiorno a Daegu, ma ogni volta si era poi scrollato, risoluto a non pensarci finché non fosse stata più di un’ipotesi remota. Aveva avuto una bella idea a proporre a Taehyung di trascorrere il pomeriggio insieme impegnati in questa attività. Lo avrebbe aiutato a distrarsi da quella che sarebbe potuta diventare un’orribile realtà.

 

16 gennaio 2017; h. 13:17

È aperto, bene, pensò Yoongi entrando nel piccolo negozio di libri. Aveva fatto una camminata fino alla piccola libreria che aveva visto in una delle passeggiate lunghissime in giro per Daegu che ormai erano diventate un’abitudine nell’ultima settimana, ma non vi era potuto entrare perché era sera ed era quindi già chiuso. Il suo aspetto però aveva incuriosito Yoongi, così anacronistico nel suo stile primo novecento europeo in quel quartiere moderno. Aveva perciò deciso ora di provare a tornarci, nonostante non fosse convinto di trovarlo aperto neppure stavolta. Si sa che le piccole attività spesso non fanno orario continuato. Invece trovò la porta aperta e l’acchiappasogni appeso sopra la porta gli dette il benvenuto con il suo tintinnio. Salutò con un cenno della testa l’uomo di mezza età seduto dietro il bancone della cassa e iniziò a rovistare tra gli scaffali. Non cercava qualcosa in particolare, voleva solamente una lettura interessante che lo aiutasse con la noia. Aveva troppo tempo libero e non sapeva davvero cosa farsene, ma d’altro canto non poteva chiamare o mandare messaggi continuamente a Hoseok né tantomeno chiedergli di andare a trovarlo anche solo per un paio di giorni. Nessuno dei suoi amici a Seul sapeva infatti la verità, Hoseok compreso. A tutti loro aveva detto che l’etichetta discografica in cui era praticante aveva bisogno di lui nella sede di Daegu, perché lì si sarebbero svolte delle attività che avevano piacere seguisse da vicino così che potesse imparare a gestirle. Aveva poi detto che la durata di questo soggiorno sarebbe stata di due settimane, ma senza esserne sicuro poiché potevano sempre verificarsi cambiamenti in corso d’opera. Tranne che sulla durata del suo viaggio e sul fatto che non fosse convinto della data di ritorno, su tutto il resto aveva mentito. Aveva tantissimo tempo libero ora perché in realtà non era tornato a Daegu su richiesta dell’etichetta discografica. Era tornato a Daegu solamente perché voleva allontanarsi da Seul velocemente prima che potesse combinare un disastro irreparabile, e al momento viveva nella sua casa d’infanzia insieme ai genitori, in attesa che qualcosa, non sapeva nemmeno lui cosa, gli indicasse il cammino da intraprendere. Soprattutto, in attesa che il dolore passasse.

Yoongi ci aveva provato. Ci aveva davvero provato ad accettare l’idea di farsi da parte. Aveva però ben presto capito che non avrebbe potuto continuare a lungo ad avere Jimin davanti agli occhi. Glielo aveva fatto capire quello scatto d’ira e gelosia, quando si era rivolto al più piccolo in modo così freddo. Non voleva ferirlo, e aveva dovuto trovare il modo di sottrarsi a questo rischio. C’era un’altra persona inoltre che Yoongi non voleva ferire: sé stesso. Non solo ferire Jimin lo feriva a sua volta, ma anche il solo vederlo era per lui troppo doloroso. Aveva pensato di poter rimanere in un angolino in disparte, ma se già il solo pensiero di Jimin e Jungkook insieme gli faceva vedere rosso, non riusciva neppure a immaginare cosa avrebbe potuto provare a vederli effettivamente insieme. Era pericolosa, la situazione in cui si trovava. Yoongi voleva allontanarsene perché non riusciva a immaginare come avrebbe potuto evitare di rimanerne del tutto distrutto se avesse continuato a starci in mezzo. Era sempre stato certo che Jimin amasse i loro momenti insieme, sapeva che li attendeva, e non riusciva a sopportare il pensiero che invece adesso trovandosi in sua compagnia il ragazzo pensasse al momento di ritornare da un altro, magari già mettendosi a pensare cosa avrebbero fatto a cena o… dopo. La sua mente, come sempre, volava, viaggiando a una velocità eccessiva che in qualche modo andava frenata. Quando si era accorto di sentirsi inghiottito completamente da una tromba d’aria di pensieri che non riusciva più a controllare, si era convinto che la decisione che aveva maturato pochi giorni prima fosse quella giusta. Andarsene prima che tutto degenerasse e l’onda d’urto investisse non solo lui, ma anche le persone attorno a lui. Aveva dunque chiesto un permesso di quindici giorni all’etichetta dove lavorava. Essendo un praticante, le cose sarebbero andate avanti anche senza di lui, senza contare che il periodo dopo le vacanze di Natale era sempre un tempo piuttosto morto ed infatti non aveva avuto problemi ad ottenerlo. Sapeva però che quello era il massimo che potesse chiedere, non gli avrebbero dato di più per il momento. Quei quindici giorni erano quindi fondamentali per lui, perché avrebbe dovuto capire che cosa fare. Sperava che la pausa potesse aiutarlo a fare chiarezza nella sua mente e decidere così, allo scadere delle due settimane, quale fosse la scelta migliore. Rimanere lì ancora, magari lasciando il lavoro e cercandone un altro provvisorio finché non si fosse sentito pronto a tornare a Seul, oppure immergersi di nuovo nei problemi della sua vita nella capitale. Al momento la prima soluzione gli sembrava quella più appetibile, procrastinare, possibilmente dimenticare. Ma non era nemmeno così ingenuo da non rendersi conto delle difficoltà legate a una tale scelta. Non era una cosa da nulla lasciare tutto all’improvviso e ristabilirsi a Daegu, anche fosse stato solo per qualche altro mese. Ecco perché sperava che in qualche modo queste due settimane potessero offrirgli una qualche illuminazione. In che modo, non lo sapeva ancora, ma ci sperava.

E invece non stavano servendo, o almeno molto meno di ciò che aveva creduto all’inizio. Erano passati già dieci giorni dalla sua partenza e mancava meno di una settimana prima che il tempo che gli era stato concesso dall’etichetta scadesse. Non poteva davvero dire di sentirsi meno confuso. Aveva creduto che scappando, isolandosi, creando un muro di silenzio tra lui e Jimin e ponendo chilometri di distanza tra loro sarebbe in qualche modo riuscito a quietare la sua mente. Invece il dolore non stava andando da nessuna parte. Ciò che pensava riguardo a tutta la situazione quando si era messo su quel treno, riguardo alle sue colpe nel crearla, riguardo le sue difficoltà nello gestirla, era rimasto invariato. Continuava a stare male e continuava a non sapere come avrebbe potuto affrontare Jimin e il suo rapporto con lui se fosse mai rientrato a Seul. Le giornate passavano pigre, dormiva fino a tardi, scendeva per mangiare, cercava il più possibile di evitare le domande dei genitori. Forse davvero l’unica soluzione possibile era rimanersene un altro po’ a Daegu per ritrovare sé stesso e uscire da tutta questa situazione. Era evidente che non c’era modo di sfuggire al dolore e tornando a Seul questo sarebbe stato solamente amplificato. Eppure, mentre continuava a ripetersi questa cosa, un paio di sere prima, mentre si trovava su un ponte, appoggiato a braccia conserte al parapetto osservando il fiume sottostante, qualcosa aveva iniziato a disturbarlo. Ritrovare sé stesso, voleva ritrovare sé stesso. Cosa significava? Essere sé stesso voleva dire rimanere illeso da tutto? Ritornare alla condizione in cui era prima di arrivare a Seul? Far finta che quegli anni non fossero passati? Fingere di non aver mai conosciuto le persone che gli erano state vicine? Essere di nuovo una tabula rasa, come il giorno in cui era nato, quello significava essere sé stesso? Aveva sempre creduto che sì, meno si fosse fatto contagiare dagli avvenimenti del mondo più sarebbe stato capace di rimanere per la sua strada, e per far ciò aveva sempre, anche senza rendersene conto, sacrificato tante altre cose. Per la prima volta però in tutta la sua vita, adesso stava pensando di mettere in discussione questo suo principio.

Nonostante avesse fatto del suo meglio per isolarsi in quel periodo, scrivendo solo ogni tanto poche righe a Hoseok per tenerlo tranquillo e non attirare troppa attenzione, gli sembrava di non riuscire come al solito a staccarsi di dosso ciò che si era lasciato alle spalle. Non un giorno era passato senza che lui non avesse pensato non soltanto ad Hoseok e Jimin – non era stupito ovviamente di sentire la loro di mancanza – ma anche ad ognuno degli altri ragazzi. Mentre aiutava la madre a cucinare sentiva nelle orecchie la voce chiara di Jin. Quando rientrava a casa per qualche assurdo motivo si aspettava sempre di trovare Namjoon steso sul divano, a leggere un libro o ad ascoltare della musica. Quando vedeva il tramonto, con le sue luci e i suoi colori, non riusciva a non pensare a Taehyung, che sapeva amare i tramonti e che appena ne vedeva uno che lo emozionava particolarmente non perdeva tempo a scattargli una foto da aggiungere alla sua collezione. Perfino Jungkook gli veniva spesso in mente, quando passando in rassegna i canali televisivi la sera si imbatteva in un film che non aveva mai visto, ma sapeva essere famoso e immaginava come il più piccolo, con il suo solito modo un po’ impertinente, lo avrebbe preso in giro. Questi ragazzi continuavano ad essere con lui tutto il tempo e si sentiva senza scampo. Quando se ne era accorto si era però anche iniziato a chiedere che scampo ci fosse da trovare. Era davvero questo da cui doveva trarsi in salvo? Dai ricordi delle persone che avevano reso la sua vita a Seul più bella, più piena, più sensata? Come poteva trattarli come se fossero loro stessi il problema? Perché non erano loro il problema. Non lo era Jimin, non lo era Jungkook. Non lo è nessuno tranne che la mia fottuta paura di avvicinarmi alle persone e farle avvicinare a me. Se non fosse stato così chiuso, così guardingo come sempre, forse si sarebbe accorto prima dei suoi sentimenti per Jimin e forse avrebbe anche trovato il modo per farsi ricambiare dal ragazzo, aprendoglisi di più, lasciandogli uno spiraglio aperto. Era stato un comportamento stupido e la cosa che lo rendeva ancora più stupido era il fatto che si era anche rivelato inutile. In un modo o nell’altro, a un certo punto, non soltanto Jimin, ma anche ognuno di quei ragazzi gli era comunque entrato dentro. Erano passati sotto la sua corazza silenziosamente mentre lui credeva ancora di avere le redini del gioco in mano, di aver deciso di aprire la porta per farli entrare appena, ma essere ancora perfettamente in grado di scegliere quando richiuderla. Era quello che credeva di fare partendo: chiuderla. Invece no, non aveva più nessun tipo di controllo, perché ormai queste persone erano diventate qualcosa di più di una semplice presenza nella sua vita a cui lui dava il permesso di rimanere. Avevano preso casa dentro di lui e avevano deciso di non andarsene. Questa cosa lo metteva incredibilmente in crisi, perché sentiva adesso di aver forse preso la scelta sbagliata a comprare quel dannato biglietto. Aveva assecondato come sempre i suoi timori, credendo di poter fare ciò che aveva sempre fatto, mettere dei confini tra lui e il resto del mondo, ma si stava sempre più rendendo conto che in questo caso non era possibile. Come aveva potuto pensare che lo sarebbe stato? Come aveva potuto trattare Jimin come uno qualsiasi? Come poteva non averlo capito prima, che nel suo caso i suoi soliti stupidi metodi per difendersi non potevano funzionare? Non era una persona a cui poteva semplicemente voltare le spalle. Tutto ciò che aveva a Seul non era qualcosa a cui poteva voltare le spalle, perché se anche avesse provato a farlo sarebbe lo stesso tornato a prenderlo. Dunque se fosse tornato a prenderlo, continuando a perseguitarlo per sempre, e se il dolore era destinato a rimanere lì, stanziato in lui come una vedetta fin troppo solerte, che senso aveva a questo punto soffrire da solo? Yoongi in quel momento aveva pensato che se avesse dovuto continuare a star male, tanto valeva tornare a star male nel posto dove stava meglio.

Mentre scorreva i titoli scritti sulle costine impolverate dei libri si chiese se fosse il caso di mandare un messaggio a Namjoon per chiedere un consiglio, per poi rispondersi che no, non era probabilmente il caso. Ecco di nuovo, il bisogno dei suoi amici. Come quella sera di due giorni prima in cui aveva finalmente realizzato tutto ciò, ovvero che nessuna distanza fisica sarebbe mai stata sufficiente a slegarlo da queste persone. Appoggiato al parapetto del ponte a un certo punto si era sentito solo, tanto solo, troppo. Di ciò che stava vivendo al momento, dei suoi sentimenti per Jimin, dei veri motivi per cui era voluto fuggire da Seul, non era riuscito a parlare neppure con il suo migliore amico e dunque adesso si stava sentendo estremamente isolato. E proprio in quel momento, con lo stomaco contratto e mentre si sentiva solo come non mai nella sua vita, i volti di tutti e sei i ragazzi avevano preso a sfilargli davanti agli occhi. E aveva sentito la morsa della solitudine allentare la sua presa. Li vedeva tutti chiari di fronte a sé e sembravano dirgli che solo non era, non lo sarebbe mai stato. Si era sorpreso perché aveva iniziato a comprendere che le stesse persone da cui si stava isolando volontariamente erano però anche le uniche che avrebbero avuto il potere di non farlo sentire solo. Perché lui non era solo, quando li aveva affianco. Adesso stava iniziando a capirlo e li voleva di nuovo vicino a sé. Voleva tornare dalla sua famiglia. Sì, a Min Yoongi la solitudine andava bene. Gli andava stretta a volte, ma la accettava come parte di sé stesso. Questa era la regola. Ma se c’era una regola doveva esserci un’eccezione. Occorreva un’eccezione. Questi ragazzi erano la sua. Non poteva nascondersi da loro perché da alcuni affetti semplicemente non si può scappare. Non è giusto scappare. E ciò che aveva fatto non era giusto. Nei confronti di nessuno, né sé stesso né loro. Aveva mentito, li aveva abbandonati da un giorno all’altro. Come aveva potuto? La sua vita era cambiata grazie a questi ragazzi, tutto ciò che aveva adesso, ciò che era adesso, era anche merito loro. Aveva pensato a tutto quello che ognuno aveva fatto per lui. Tutti in un modo o nell’altro lo avevano accolto, lui che era così strano e così difficile da gestire. Jin, subito così disponibile e che non aveva esitato ad offrirgli la sua stessa casa. Namjoon, che si era subito fidato di lui e anche se l’interesse artistico tra loro era reciproco era stato il primo a considerarlo davvero un amico, chiedendogli consigli e mostrandogli ciò che creava (cosa che Yoongi invece non aveva mai ricambiato e un po’ di senso di colpa aveva fatto capolino). Anche i più piccini, Taehyung e Jungkook, erano stati sempre e solo gentilissimi e pazienti con lui, e pensò a come sarebbe potuto essere uno hyung migliore per loro. Con Taehyung se la prendeva sempre, mentre Jungkook… chissà, forse se gli avesse prestato più attenzione avrebbe anche potuto comprendere meglio la situazione. Inutile poi enumerare tutto ciò che Hoseok aveva fatto per lui durante la sua vita. Inutile anche cercare di spiegare quanto avesse significato l’amicizia di Jimin, averlo accanto tutto quel tempo, a sostenerlo, supportarlo. Eppure, nonostante queste realizzazioni, nonostante Yoongi avesse capito di aver bisogno di tornare ad avere questi ragazzi nella sua vita ciò non lo aveva comunque aiutato a capire cosa avrebbe dovuto fare se avesse mai deciso di tornare a Seul. Va bene, la sua vita nella capitale gli mancava, ma come avrebbe potuto risolvere i problemi che vi aveva lasciato? Come doveva comportarsi nei confronti di Jimin? Non sapeva da che parte cominciare. Avevano un rapporto speciale che stava mandando in malora e anche una persona chiusa e introversa come lui si rendeva conto di quanto poco senso tutto ciò avesse, esattamente come non aveva senso escludere tutti gli altri ragazzi dalla sua vita. È vero, non voleva soffrire, ma come aveva già capito la sua permanenza a Daegu non stava aiutando a lenire il dolore quindi non era la soluzione. Ma se fosse tornato a Seul, a casa, quali passi avrebbe dovuto compiere per stare meglio? Come avrebbe potuto scappare dalla sofferenza che sapeva lo aspettava? Questa cosa gli faceva paura, andare ad affrontare consapevolmente qualcosa che sapeva lo avrebbe fatto star male. Oltre al fatto che non si fidava di sé stesso, continuava a temere di ferire Jimin se mai si fosse trovato in uno dei suoi momenti no. Dunque, come poteva fare ad evitare tutto ciò? Soffrire, far soffrire? Qual era la soluzione, quale era il passo giusto che gli avrebbe permesso di porre fine a quel dolore e sistemare la situazione? Andare lontano da Seul, come aveva visto, non lo era. Ma ignorare Jimin nemmeno.

Cambiare città, girare il volto da un’altra parte… pensava sempre a come evitare qualcosa. Possibile che l’unica cosa che fosse in grado di fare era scappare? Possibile che appena aveva paura si tirava indietro? Jimin meritava di più. Molto di più. Quello che avevano meritava di più. Spezzare quel legame così dal nulla, fare finta che non fosse mai esistito… Chi lo diceva che era la cosa migliore per Jimin? Chi gli dava il diritto di far questa scelta per lui? Seppure mossa dalle più buone intenzioni, questa sua fuga per quanto ne sapeva poteva aver fatto male a Jimin esattamente come le parole che gli aveva rivolto. In effetti, in entrambi i casi, aveva trattato il ragazzo peggio di come avrebbe meritato. Non lo aveva salutato. Non gli aveva scritto. Jimin era parte della sua vita da anni e anche se lui aveva accettato l’idea che forse non ne avrebbe più fatto parte come prima, rimaneva il fatto che Yoongi era parte a sua volta della vita di Jimin. Lui non sapeva il posto che il ragazzo gli avrebbe riservato, anche durante la sua relazione con Jungkook. La verità era che con questa fuga Yoongi non stava facendo un favore a nessun’altro se non a sé stesso. Stava solo assecondando il suo bisogno di fuggire e tornare al sicuro. Affrontare tutto, nonostante il dolore. Questo avrebbe dovuto fare. Era la terza via che ancora non aveva provato. Aveva cercato di far finta che Jimin non esistesse. Aveva cercato di far finta che la sua vita a Seul non esistesse. Inutile. Era tempo di scegliere l’opzione di cui era più spaventato, quella che forse lo avrebbe lasciato con più ammostature di tutte, ma era l’unica che gli avrebbe forse ridato il coraggio di guardarsi allo specchio sentendosi in pace con sé stesso.

Prendendo un libro dalla copertina rossa e cercando di concentrarsi sulla trama sbiadita, Yoongi sbuffò leggermente. Erano un paio di giorni ormai che faceva i conti con questi pensieri. Va bene, fuggire per sempre non era un’opzione, ma continuava lo stesso a sentirsi paralizzato. Che cosa avrebbe dovuto fare una volta tornato? Che cosa avrebbe dovuto dire? Con chi avrebbe dovuto parlare? Non sapeva da dove iniziare. Va bene, affrontare, ma in che modo esattamente? Yoongi sentiva di non essere bravo nei rapporti interpersonali. Tutte le persone a cui era legato erano tali o perché avevano fatto loro il primo passo o perché semplicemente una serie di cause aveva portato alla situazione presente. Yoongi non aveva mai effettivamente lavorato per costruire un’amicizia. Gli erano sempre andati incontro tutti. Un movimento alla sua destra lo colpì, come se fosse passata un’ombra di corsa. Guardò in quella direzione e vide che c’era un’altra piccola saletta piena di libri. Per qualche motivo se ne sentì incuriosito e volendo anche capire se iniziava ad avere le allucinazioni o meno, vi entrò passando attraverso la piccola volta di pietra che faceva da ingresso. Era effettivamente un’altra stanza della libreria. Le scaffalature giravano tutte in tondo ai tre lati della stanza e ce ne era poi un’altra proprio nel centro, a dividere l’intera sala in due parti. A Yoongi per qualche motivo vennero in mente le navate di una chiesa, forse per via dell’architettura, forse per l’aura di sacralità che i luoghi pieni di libri hanno per alcune persone. Notò nella parte sinistra della sala due bambini che si stavano dirigendo verso il fondo. Non aveva visto un fantasma, erano loro l’ombra che aveva attirato la sua attenzione. Yoongi seguì il loro trotterellare senza riuscire a trattenere un sorriso. Non avevano probabilmente più di quattro o cinque anni, i faccini paffuti e i corpicini che ancora avevano intatte tutte le rotondità dell’infanzia, e sembravano ancora più piccoli ai piedi degli alti scaffali pieni di libri. Si fermarono proprio nell’angolo più remoto, che collegava la scaffalatura del muro sinistro a quella appoggiata alla parete che dava dirimpetto a quella dell’ingresso. Si accoccolarono seduti lì e presero a confabulare. Yoongi decise di non disturbarli, ma era interessato a questa parte della libreria, dove i volumi sembravano essere ancora più vecchi. Per non dare nell’occhio, si spostò in punta di piedi nella parte destra e sempre cercando di fare il minor rumore possibile prese a camminare anche lui verso il fondo della sala, protetto dalla vista dei bambini dalla scaffalatura centrale. I bambini presero ad un certo punto a parlare leggermente più ad alta voce e i loro discorsi giunsero così alle orecchie di Yoongi:

– Adesso io ti ho detto il mio segreto. Tu devi dimmi uno tuo.

– No, no, non posso.

– Si, devi dimmelo. Se dici un segreto poi devi… Pecché tu devi dire quando io ti dico un segreto uno tuo di segreto.

– Ma io non te lo voglio dire il mio segreto.

– Allora non siamo più amicci.

– Pecché? – Il bimbo che chiaramente non ci teneva a condividere le sue informazioni più intime era sull’orlo delle lacrime. Yoongi non poté fare a meno di simpatizzare con lui – Pecchè non siamo amicci?

– Pecchè se io sono amico tuo dico il segreto a te e se tu sei amico mio mi dici il tuo a me.

– Va bene... ti dico mio segreto.

Mentre i bambini riprendevano a confabulare di nuovo tra loro, a Yoongi salì un groppo improvviso su per la gola. Con gli occhi sbarrati prese a fissare un punto a caso delle pagine che aveva aperto, le lacrime prossime ad uscire. Gli sembrò tutto sensato. Se io sono tuo amico dico un segreto a te e tu ne dici uno a me. Come era potuto essere così stupido da non capire una cosa tanto semplice? Non bisognava essere esperti di amicizie o relazioni interpersonali o psicologi di fama mondiale per rendersi conto che ciò che doveva fare non era nulla di complicato. Il dialogo tra i due bimbi aveva risvegliato un ricordo in Yoongi. Gli aveva fatto tornare in mente la prima volta che aveva incontrato Hoseok.

Quel giorno uno Yoongi di sette anni si trovava come spesso gli accadeva seduto in un angolino del cortile interno del suo condominio, solo con le sue scarpette un po’ sporche, le sue ginocchia sbucciate, i suoi calzoncini corti. Era estate, faceva caldo e le giornate erano lunghe, per cui la mamma non aveva problemi a farlo rimanere all’aperto un po’ più a lungo. Il cortile poi era sicuro, non c’era motivo di preoccuparsi. Erano le sei e mezzo di sera, ma sembravano ancora le quattro di pomeriggio e a Yoongi questa cosa piaceva. Gli dava l’impressione di vivere giornate infinite, come se fosse in una favola. Era il motivo per cui amava l’estate, era una stagione magica per lui. Una leggera brezza ora si era levata e a lui piaceva stare lì ad assaporarla. Niente scuola, niente compiti, nulla da fare. Poteva dormire finché voleva. Si, l’estate era davvero un periodo magico. Il furgone non se ne era ancora andato. Parcheggiato in un angolo del cortile, sembrava non esserci mai fine a ciò che avrebbe sputato. Sedie, tavoli, bauli. Yoongi aveva seguito le manovre di quel trasloco fin dal giorno prima. Non aveva molto di meglio da fare, per cui erano due giorni che trascorreva a spiare quello che quegli uomini sudati in maglietta bianca e cappellino azzurro facevano entrando e uscendo dal grande camion. Aveva visto anche la famiglia che avrebbe preso il posto dei signori Choi. Era contento che finalmente se ne fossero andati, a Yoongi non erano mai piaciuti. Puzzavano entrambi e avevano un chiaro odio nei confronti dei bambini. Il nuovo nucleo familiare era invece composto da madre, padre, una figlia, un figlio. La bambina sembrava più grande di lui, ma il bambino probabilmente aveva più o meno la sua età. Li aveva potuti osservare poco però, i genitori evidentemente li tenevano in casa mentre loro invece indaffarati andavano avanti e indietro dall’appartamento, su e giù per le scale, dentro e fuori dal camion. Solo un attimo i loro sguardi si erano incrociati. Il giorno prima Yoongi stava risalendo con la mamma, dopo essere andato con lei a fare spesa. L’appartamento dove la nuova famiglia si sarebbe trasferita era nello stesso corridoio di quello della famiglia di Yoongi, solo tre porte a separare le due abitazioni. Camminando verso il portone di casa insieme alla mamma Yoongi era rimasto un attimo indietro, quando passando davanti all’appartamento della nuova famiglia aveva trovato la porta aperta. Aveva dato una sbirciata, preso dalla curiosità come tutti i bambini. I suoi occhi ne avevano incrociato un altro paio, che subito si era illuminato e il visetto ovale del bimbo di fronte a lui si era aperto in un sorriso. Yoongi si era spaventato, non credeva di trovare qualcuno, e timido com’era non aveva nemmeno ricambiato il sorriso ed era corso ad aggrapparsi alla gamba della mamma. Si era poi voltato, per vedere se il bimbo lo stesse seguendo, ma no, non lo aveva fatto, Probabilmente, esattamente come lui, aveva il divieto di uscire di casa. Oggi però si sentiva più coraggioso, e ripensando all’episodio si sentiva un pochino in colpa. Quel bambino era stato così carino e lui non aveva nemmeno salutato. Forse ormai non avrebbe più voluto giocare con lui, come già era capitato con tanti altri bambini. Perso a guardare il cielo della sera, aveva ad un certo punto sentito uno scalpiccio di passi nel vialetto. Il bimbo era lì. Camminava mano per mano alla mamma, cercando di tenere il ritmo nella maniera migliore che i suoi piccoli passi gli permettevano, e nell’altra mano teneva un piccolo mazzolino di fiori molto belli. Yoongi si accorse che lo aveva visto, lo vide dire qualcosa alla madre e vide lei accennare un sì con un sorriso. Le loro mani si staccarono e il bambino si mise a correre verso di lui, fermandoglisi davanti. Aveva il viso gentile e delicato, carnagione olivastra, più scura della sua, e corporatura esile. Indossava un paio di calzoncini rossi, con un paio di macchie qua e là – forse erano stati nella campagna vicina, Yoongi aveva visto solo il marito occuparsi di parlare con i signori con il berretto azzurro – e una cannottierina nera. Yoongi lo guardò e il bambino tenne il suo sguardo, fissandolo con occhi dolci e morbidi. Sorrise di nuovo e senza dire niente prese due fiorellini dal suo mazzo e glieli porse. Yoongi non capiva il perché di quel gesto, ma quella condivisione così spontanea lo aveva colpito. Tese la manina e prese i fiori da quella dell’altro bimbo.

– Mi chiamo Hoseok. Questi sono i due più bei fiorellini – disse guardandolo sempre sorridente.

– Yoongi – anche lui aveva fatto un piccolo sorriso, ma più timido, perché ancora si sentiva un po’ in imbarazzo per quella gentilezza gratuita – Grazie del regalo.

Hoseok aveva scrollato le piccole spalle e sorriso ancora di più. Yoongi era rimasto affascinato dalla sua spontaneità, dal modo in cui per lui sembrava essere facile andare da un bambino che non conosceva e dargli dei fiori. Yoongi non aveva molti amici, era troppo timido e troppo chiuso, non giocava quasi mai con nessuno. Non poterono dirsi molto di più quel pomeriggio perché la mamma di Hoseok lo chiamò, riprendendogli la manina e guidandolo per le scale verso il loro nuovo appartamento. Era stato un paio di giorni dopo che Yoongi lo aveva incontrato di nuovo, nel parco dietro casa, quello dove tutti i bimbi del quartiere andavano per giocare. Era anche quello un luogo sicuro, e le mamme si mettevano d’accordo a turno per controllare i bambini. Yoongi si trovava come sempre sull’altalena, unico gioco che gli permettesse di rimanere abbastanza per conto suo, quando vide arrivare Hoseok. Lo riconobbe subito e il suo primo istinto fu quello di andare a salutarlo. Ma poi si bloccò subito. Si vergognava, meglio fare finta di non averlo visto continuando a dondolarsi. Continuò a darsi spinte con i piedi su e giù senza nel frattempo staccare mai gli occhi da Hoseok. Si soprese quando vide che sembrava aver difficoltà ad avvicinarsi agli altri bimbi nel parco. Il suo visino non trasmetteva la serenità della sera in cui gli aveva regalato i fiori, ma piuttosto insicurezza. Aveva cercato a un certo punto di mettersi a giocare con altri bambini, ma loro si conoscevano tutti a vicenda e quindi dopo un po’ lui era rimasto escluso. Yoongi era a quel punto sceso dall’altalena. Aveva camminato a passo svelto e aveva in breve coperto la distanza tra lui e Hoseok. Il bambino era di schiena e per attirare la sua attenzione invece che chiamarlo lo prese per una mano. Hoseok si girò subito di scatto e appena lo riconobbe Yoongi vide tornare sul suo volto la stessa luce che vi aveva visto due sere prima.

– C’è un bel posto qui, ma nessuno lo conosce. Se vieni con me ti faccio vedere. Ma devi promettere che non lo dici a nessuno, è il mio posto segreto.

Hoseok aveva annuito e promesso, e Yoongi lo aveva così portato con sé tenendolo per mano nel suo rifugio segreto, il luogo dove andava a nascondersi quando era triste, pensieroso o semplicemente voleva starsene da solo. Non lo aveva mai mostrato a nessuno, ma Hoseok era stato così carino a condividere con lui quel mazzetto di bellissimi fiori e lo aveva fatto così senza motivo che Yoongi aveva sentito il bisogno di ricambiare in qualche modo. Voleva condividere anche lui qualcosa di proprio e questa era stata l’occasione perfetta.

Si asciugò le lacrime. Tutto era chiaro adesso.

La relazione più importante che avesse mai avuto era quella con Hoseok. Era stata anzi l’unica relazione davvero fondamentale per lui fino a quel momento. Il discorso, così ingenuo ma vero, dei due bambini gli aveva fatto ricordare un dettaglio importante. È vero, durante la sua vita, era stato quasi sempre Hoseok tra i due ad essere quello più paziente, più tollerante, più estroverso e forse aveva fatto per Yoongi molto più di quanto Yoongi non sentisse di aver fatto per lui. Però se la loro amicizia aveva avuto modo di mettere radici non era stato solamente grazie all’estroversione di Hoseok o dei passi che aveva continuamente fatto nella sua direzione. La loro amicizia era sbocciata perché aveva fatto lui stesso un passo in avanti, e ciò che aveva fatto dopo avergli preso la mano era stato il vero punto di svolta: aveva condiviso qualcosa di proprio. Era questa la differenza che c’era tra il rapporto che Yoongi aveva con Hoseok rispetto alle altre persone, rispetto anche agli altri ragazzi. A Hoseok aveva dato subito un pezzo di sé. Se io sono tuo amico dico un segreto a te e tu ne dici uno a me. La reciprocità. Erano quelle le basi fondamentali per costruire un rapporto saldo e duraturo con un’altra persona. E anche se poteva essere spaventosa l’idea di mostrarsi a qualcun altro era anche l’unico modo per creare fiducia e complicità. Yoongi ripensò all’altra relazione che si era adesso reso conto essere fondamentale per lui, quella con Jimin. Era così diversa da quella con Hoseok, ma allo stesso tempo così simile. Anche ciò che aveva avuto con Jimin era non a caso nato nel momento in cui lui stesso si era aperto. Jimin esattamente come Hoseok tanti anni prima gli si era avvicinato per primo, ma lui, esattamente come aveva fatto con Hoseok, non solo non lo aveva allontanato, ma gli si era anche aperto, e questo non lo aveva fatto davvero con nessun’altro. Tornò un attimo all’origine del suo interesse per Jimin. Il ragazzo lo aveva subito messo a conoscenza di determinati fatti su di sé per poi dirgli esplicitamente ciò che pensava della sua musica. Yoongi ricordò la sensazione di piacere che gli era nata nel petto all’idea di poter mostrare ciò che aveva da dare senza aver paura di giudicato. Era proprio questa sensazione che lo aveva spinto ad invitare il ragazzo a passare il tempo con lui ed aiutarlo. Aver condiviso una parte importantissima della sua vita con Jimin… solo adesso si rendeva davvero conto di che ruolo fondamentale e prezioso avesse giocato nella costruzione del loro rapporto. Condiviso. La chiave era lì. Se da Jimin e da ciò che c’era stato tra di loro non poteva scappare, se l’unico modo per uscire da questo dolore era affrontare la situazione di petto, avrebbe provato ad uscirne così, lottando per continuare ad avere almeno la sua amicizia. Ma per far ciò doveva esporsi di più. Doveva fare con Jimin ciò che aveva fatto con Hoseok. Ciò che aveva già una volta fatto con Jimin stesso. Sarebbe ripartito da lì. Forse non avrebbe funzionato, forse Jimin gli avrebbe chiuso la porta in faccia, ma era una scelta che avrebbe lasciato a lui. Lui, Min Yoongi, per una volta nella sua vita non sarebbe stato il primo a voltare le spalle per scappare dal dolore, ma avrebbe provato ad affrontarlo a testa alta. Non poteva vivere senza Jimin esattamente come non avrebbe potuto vivere senza Hoseok. E ora che ci pensava senza nessuno dei ragazzi. Meritavano anche loro qualcosa di più dei suoi malumori e delle sue stranezze. Comprò un paio di libri in quel negozio, e venne a sapere che i bimbi erano il nipote del proprietario e un suo amichetto. Yoongi lanciò uno sguardo affettuoso in direzione della saletta laterale e uscì dal negozio, tanta gratitudine nel cuore. Tornò a casa, accese il computer e comprò un biglietto del treno. Sarebbe tornato a Seul.

 

 

Note dell’autrice: Questo capitolo forse è un casino? Avrei dovuto farlo più lineare, ma pur avendo provato fino alla fine a renderlo più chiaro non ci sono riuscita. Quando si tratta di Yoongi so sempre cosa pensa, ma non riesco mai a spiegarlo come vorrei. Il nostro Yoongi elabora come sempre un milione di cose e nel corso delle sue tortuose riflessioni giunge finalmente a due conclusioni. La prima è che non può scappare per sempre. Soffre e si sente solo, ma si rende conto che l’essersi isolato lo ha fatto sentire ancora peggio. Ha bisogno dei cinque ragazzi nella sua vita e soprattutto ha bisogno di Jimin e visto che la fuga non si è rivelata una soluzione per porre fine al suo dolore, ha capito una cosa arrivando alla seconda conclusione: deve affrontare il tutto e l’unico modo per farlo è cercare di salvare il rapporto che ha con Jimin. Come? Semplicemente facendo ciò che ha già fatto quando si è trattato di fare amicizia con Hoseok e rifare ciò aveva, inconsapevolmente, fatto anche all’inizio della sua relazione con Jimin. Yoongi deve imparare ad aprirsi di più, perché può essere doloroso, ma può anche portare tanta gioia. Il chiudersi d’altronde lo ha portato fin qui, quindi perché a questo punto non scommettere su una strada diversa?

Questo è fondamentalmente ciò che accade nella mente di Yoongi, detto in modo molto sbrigativo, ben più sbrigativo delle dieci e più pagine con cui ho cercato di farlo capire nel capitolo ahah Questa era la parte ce mi premeva di più far leggere. Il capitolo X si era concluso in quel modo così drammatico, con Yoongi che scappa da Seul, solo perché poi avevo in mente di smorzare l’angst già dal capitolo successivo, mostrando subito il suo ripensamento. Ma mi dilungo sempre e dunque si è dovuto aspettare di più, mi dispiace.

La parte iniziale mostra invece Jimin e Taehyung. Esploriamo meglio ciò che il primo pensa e scopriamo che inizia a recuperare frammenti di memoria che potrebbero essere importanti. Vediamo il secondo tentare di raccogliere particolari in più e soprattutto fare domande un tantino più mirate. Jimin ricorderà di più? Taehyung inizierà a far più luce su tutto ciò che sta accadendo? Cosa farà Yoongi una volta tornato a Seul? Qualcosa inizierà a muoversi un pochino di più? Varie domande che verranno affrontate nei prossimi capitoli, continuate a seguire per favore ~ Non sono sicura se il prossimo capitolo uscirà mercoledì perché potrebbero esserci cause di forza maggiore che mi impediranno di pubblicarlo quel giorno, ma intorno a giovedì/venerdì dovrei riuscire. Alla peggio posto domenica, quindi comunque l’attesa non sarà più lunga di una settimana ^-^

Sperando che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e non eccessivamente confuso, vi saluto per il momento, ringraziando sempre per aver letto fino a qui ♥♥

Alla prossima, baci Elle ~

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Capitolo 15
*** Capitolo XII ***


CAPITOLO XII

 

Cosí visitai ciascuno dei miei amici a turno, cercando con dita brancolanti di forzare i loro scrigni chiusi. Andai dall'uno all'altro porgendo il mio dolore – no, non il mio dolore, ma la natura incomprensibile di questa nostra vita – alla loro attenzione. C'è chi si rivolge ai preti, chi alla poesia; io ai miei amici, al mio cuore, a cercare tra le frasi e i frammenti qualcosa di intatto […]

 

(Virginia Woolf, Le Onde)

 

17 gennaio 2107

Mentre pigiava con il dito il bottone del campanello, Taehyung ancora non sapeva come sentirsi riguardo a ciò che stava facendo. Il suo cuore ospitava diverse emozioni, molti dubbi e una gran voglia di aggiustare le cose. Il problema era che forse non tutti sarebbero stati d’accordo con la sua idea di “aggiustare”.  La sera prima era finalmente riuscito a far parlare Jimin e anche se il ragazzo non si era sbottonato più di tanto alcuni dettagli di ciò che aveva detto, così come anche il suo linguaggio corporeo, avevano colpito Taehyung. Erano stati sufficienti non per avere una visione completa degli eventi, ma almeno farlo avvicinare un po’ di più. Il seme del dubbio riguardo una questione precisa gli era stato instillato da un’affermazione fatta da Jungkook il pomeriggio prima, mentre si confrontavano sulla situazione di Jimin. “Cosa può essere avvenuto nel frattempo che lo ha sconvolto così? È stato letteralmente sempre con noi”. Quel “è stato letteralmente sempre con noi” aveva fatto scattare qualcosa in Taehyung e era partito a velocità fulminea con una serie di associazioni di pensiero. Aveva pensato a lui e Jungkook, così vicini a Jimin, a come fosse un bene che lo avessero sott’occhio e questo lo aveva a sua volta guidato verso un altro pensiero, ovvero quello delle persone con cui Jimin era normalmente solito trascorrere più tempo. Il nome di Yoongi gli era venuto in mente nello stesso momento in cui si era chiesto se non fosse proprio il fatto di essere rimasto solo con loro a rappresentare il problema. Dov’era Yoongi? I due ragazzi si parlavano? Diverse domande si erano presentate, ma Taehyung aveva deciso di non condividerle con Jungkook prima di averci capito di più. Quando poi aveva trovato il mixtape nel lettore cd di Jimin ancora più dubbi erano spuntati fuori. Perché proprio adesso, in questo periodo così strano per lui, l’amico aveva tirato fuori questo cd? Poteva essere legato alla partenza dell’altro ragazzo? Ecco dunque il motivo per cui a cena aveva cercato di introdurre il discorso Yoongi. Voleva capire come e fino a che punto i ragazzi fossero in contatto, cosa si dicessero e in generale vedere come Jimin avrebbe reagito al nome dell’amico. Ciò che aveva scoperto non gli era piaciuto neanche un po’: i due non si parlavano da più di dieci giorni. Taehyung sapeva che la cosa non poteva essere normale, ma purtroppo la conversazione era stata bruscamente interrotta dalla telefonata del tecnico e dunque non aveva potuto indagare meglio, volendo evitare di affrontare Jimin troppo di petto. Quel piccolo indizio tuttavia gli era bastato per decidere quale sarebbe dovuta essere la mossa successiva. Parlare con Hoseok-hyung.

Aveva bisogno di sapere anche la parte di Yoongi in tutto questo e sapeva che non c’era altra persona a cui si sarebbe potuto rivolgere. Inoltre, il ragazzo era stato l’unico con cui Taehyung già si fosse un po’ aperto in precedenza, per cui sapeva che quando avrebbe introdotto l’argomento Hoseok non sarebbe caduto dalle nuvole. Sperava davvero di ottenere qualche informazione, ma al contempo era dubbioso sulla decisione che aveva preso. Si sentiva nel mezzo di due fuochi. Da un lato, la felicità del suo migliore amico, che era per lui esattamente come un fratello. Dall’altro, la felicità di un altro dei suoi migliori amici, il quale però era anche la persona che Taheyung amava. L’ultima cosa che avrebbe voluto fare nella vita era compiere qualsiasi atto che potesse recare dolore al ragazzo e anche se non sapeva bene il perché capiva che ciò che stava per fare avrebbe potuto prendere una piega che di sicuro Jungkook non avrebbe apprezzato. Tuttavia ciò che aveva comunicato la sera di capodanno a Hoseok era vero, lui voleva solamente che Jungkook fosse felice e non poteva fare a meno di sentire che non era Jimin ciò di cui aveva realmente bisogno. Chi era però lui per fare di questi pensieri? Si sentiva in colpa quando ragionava in questo modo, perché temeva di essere troppo coinvolto e non riuscire davvero a valutare con obiettività la situazione. Era quindi combattuto, come se non sapesse dalla parte di quale dei due amici stare. Questo caso però era incredibilmente delicato e la salute di Jimin troppo importante. Al momento stava evidentemente male e lui aveva il dovere di fare qualcosa in proposito. C’erano insomma moltissimi dubbi, domande, incertezze, che turbavano la mente di Taehyung quando si presentò alla porta del piccolo appartamento di Hoseok e Junkook. Il più giovane non c’era, sapeva che avrebbe fatto pranzo con Jimin e poi sarebbe dovuto tornare in università. Anche Hoseok sarebbe dovuto essere fuori per pranzo, ma Taehyung lo aveva chiamato facendogli capire a grandi linee di cosa volesse trattare e convincendolo sull’importanza di non rimandare. 

– Tae-tae!

– Hobi-hyung! – Taehyung gli saltò al collo e fu grato che anche a Hoseok il contatto fisico non solo non dispiacesse, ma anzi, lo utilizzasse come lui come metodo principale per esprimere il proprio affetto. Era diverso tempo che non lo vedeva e gli era mancato.

– Taehyungie mi fai male! – gli disse Hoseok ridendo e dandogli un pizzicotto sul fianco. Taheyung si staccò da lui ridendo a sua volta e spiegando il perché della sua reazione.

– Lo so, mi chiedo come tu abbia fatto a starmi lontano così a lungo. Sei l’unico che non ho più visto.

– Lo so scusami davvero – era dispiaciuto sul serio – ma sai, tra Jimin malato prima, le lezioni poi…

– Lo so, lo so, non devi scusarti. Scusa se la cucina è un po’ in disordine, sia io che Jungkookie siamo spesso via ultimamente e c’è poco tempo per pulire – Radunò diverse cose dal tavolo e le spostò sul divano. Si rese poi conto che forse Taehyung sarebbe stato più comodo lì e entrambi ci si sarebbero potuti mettere a sedere per cui le spostò di nuovo, rimettendole sul tavolo. Continuò a non essere convinto e alla fine buttò tutto come meglio poté su un paio di sedie. Finita questa macchinosa operazione sorrise a Taehyung che ricambiò subito – Ci possiamo sistemare tutti e due sul divano, la sedia è più scomoda, che dici?

Taehyung fu d’accordo, e si alzò dalla sedia per sistemarsi sul divanetto rosso, seguito da Hoseok.

– Jungkookie è con Jiminie giusto?

– Si. Si vedono per pranzo per questo ho pensato fosse il momento migliore per chiederti di parlare. Mi dispiace che tu abbia dovuto cancellare i tuoi impegni per me. Solo che… non so a chi altro chiedere hyung – Taehyung guardò Hoseok con un’espressione mortificata e abbattuta e Hoseok gli pizzicò una guancia.

– Taehyungie, sono qui per te. Il mondo non crollerà se per un giorno salto delle prove, tu sei più importante – gli fece un sorriso di incoraggiamento, facendo apparire le piccole fossette ai lati delle labbra – Di cosa volevi parlare?

Taehyung fece un respiro profondo e iniziò a spiegare il motivo per cui voleva vederlo. Cercò di essere il più chiaro e dettagliato possibile cercando nel contempo di non perdersi troppo poiché sapeva che spesso quando parlava troppo correva il rischio di risultare dispersivo e confusionario. Parlò tenendo lo sguardo per lo più fisso sulle mani che teneva in grembo, per cercare di concentrarsi e non dimenticare tutto quello che voleva dire. Ogni tanto sollevava gli occhi su Hoseok che, con un’espressione seria in viso, gli faceva un cenno della testa come per dire ci sono, continua. Taehyung iniziò il suo discorso partendo dal fatto più recente, gli incubi di Jimin, spiegando a Hoseok come si ripetessero ogni notte e di come l’evasività di Jimin lo avesse fatto insospettire. Gli raccontò della frase di Jungkook e di come la scoperta del mixtape lo aveva spinto a cercare di sapere che rapporti intercorressero ora tra Jimin e Yoongi. Infine gli parlò della conversazione della sera precedente e di ciò che ne aveva tirato fuori.

– Dunque a quanto ho capito Yoongi-hyung non si è fatto sentire mai dal due gennaio e la cosa è un po’… strana? Passano sempre tanto tempo insieme, che cosa è successo adesso? Tra l’altro Jiminie era un po’ che non sentiva quel mixtape, ne sono sicuro, non è una coincidenza strana che l’abbia tirato fuori di nuovo proprio ora che sono tanti giorni che non parla con Yoongi-hyung? Mi ricordo che Yoongi alla villa sembrava davvero nervoso, non lo so… non lo so se c’entra qualcosa ma… credi potrebbero aver litigato? Tu senti Yoongi-hyung, magari lui ti ha detto qualcosa? Aah, non so cosa sto dicendo hyung… Non so nemmeno cosa pretendo da te dopo una spiegazione simile.

– No Taehyungie – Hoseok non aveva voluto interrompere il più piccolo per tutto il tempo che aveva parlato perché sapeva che la cosa migliore sarebbe stata farlo finire, ma adesso si sentì costretto a intervenire –  Non hai detto cose insensate, ho capito perfettamente tutto. Ci sono altri dettagli, particolari che mi devi ancora dire?

Taehyung ci pensò un po’ su poi rispose:

  No, credo sia tutto.

 Ok, allora ora ti rispondo. Innanzitutto, ho avuto anche io ultimamente l’impressione che qualcosa di strano ci sia nell’aria, ed esattamente come te non so spiegarmi bene da dove provenga. In realtà credo sia un’impressione che abbiamo un po’ tutti, anche se non ce lo siamo detti… Sono contento che tu ne voglia parlare. Mi dispiace molto per Jiminie, e hai fatto bene a dirmelo. Sai… – un’espressione amara gli si dipinse sul viso – l’ho visto molto strano anche io ultimamente, ma non mi parla in molto. Mi sento come te, convinto che qualcosa stia accadendo, ma incapace di spiegare cosa me lo faccia dire. È come se la mia presenza… non lo so, sembra quasi che gli dia fastidio.

Taehyung non poté fare a meno di ripensare alla risposta di Jimin quando lui gli aveva proposto di esercitarsi in settimana con Hoseok. Il più grande riprese, dopo aver piegato le gambe e poggiato il mento sulle ginocchia:

– Però adesso questo atteggiamento si potrebbe spiegare con la stanchezza e il nervosismo causati dal non riuscire a riposarsi adeguatamente la notte. Ad ogni modo, non fa nulla come tratta me, qui l’importante è capire cosa c’è che non va e il tuo collegamento a Yoongiah… beh, potrebbe essere meno insensato di quanto tu creda, Tae. La mattina del primo dell’anno, così come i giorni successivi, Yoongi è stato effettivamente strano, chiaramente qualcosa non andava. Ha cercato di farmi credere che fossero solo pensieri passeggeri, riflessioni sull’anno passato credo mi abbia detto, ma no, io sono sicuro che ci fosse qualcosa di più dietro perché… beh quello non era lo Yoongi pensieroso che conosco io. Non lo era davvero. Doveva esserci dell’altro, ma purtroppo non sono riuscito a scoprire cosa. Anche ora che è a Daegu… Non darà notizie di sé a Jiminie, ma non credere che con me parli molto di più. Immagino sarà occupato, ma mi fa davvero sapere il minimo indispensabile. Ripeto, non ci sono prove concrete o schiaccianti che Yoongi abbia un problema, ma in quanto suo migliore amico la mia sensazione è proprio quella. Se tu hai la stessa con Jiminie, se addirittura anche Kookie ha notato qualcosa… Taehyungie, non possiamo essere tutti visionari, no?

Si guardarono negli occhi, espressioni incredibilmente serie sui loro volti solitamente allegri:

– No, hyung, direi proprio di no.

****

18 gennaio 2017

Questa era la parte uno del piano A. Tra tutti e sette i ragazzi probabilmente Taehyung e Hoseok erano proprio gli ultimi che ci si sarebbe mai aspettati nei panni di abili strateghi, ma così stavano le cose. Dopo essere rimasti a parlare per diverse ore, erano giunti alla conclusione che ormai fare finta di niente era inutile e bisognava dare il via a un qualche piano di azione. In primo luogo, era indispensabile che tutti fossero sulla stessa pagina. Per questo preciso motivo adesso Hoseok si trovava su quell’ascensore che lo avrebbe portato al quinto piano. Trovò la porta d’ingresso aperta e dopo aver lasciato l’ombrello bagnato fuori entrò. Ogni volta che rimetteva piede in questa casa doveva ricordarsi che non era più la sua. L’istinto, dopo più di un anno, era ancora quello di andare dritto in direzione della sua camera, quella che adesso era di Namjoon. Andò invece prima in cucina, per vedere se ci fosse qualcuno. Vuota. Attraversò il salone, iniziando a slacciarsi nel frattempo i bottoni del cappotto lungo, e andò nel corridoio dove si trovavano le porte delle varie stanze. Eccola qui, alla sinistra di quella di Yoongi, di fronte a quella di Jin. Le stanze erano più o meno tutte della stessa grandezza, ma per evitare qualsiasi tipo di problema lui, Yoongi e Jin avevano deciso di tirare a sorte quelle che ognuno avrebbe occupato. Hoseok era stato contento della sua. Era piuttosto calda, più di quella di Yoongi, e amava il fatto che nel muro su un lato ci fosse una piccola rientranza. Ci aveva sistemato due morbidi pouf e un tavolinetto molto basso e gli piaceva quando aveva tempo, quindi soprattutto la domenica, rannicchiarcisi steso con una coperta addosso e mettersi a leggere tranquillo. Adesso Namjoon ci aveva messo un paio di attrezzature per la creazione di musica e dunque la magia di quel piccolo angolo era svanita. Ovviamente, non si era fatto problemi ad informare Namjoon di questo suo parere.

– Posso entrare? – disse bussando sulla porta che però era solo socchiusa. Gli giunse un mormorio dall’interno che prese come d’assenso – Joonie?

– Si, sono qui – rispose il ragazzo senza sollevare gli occhi dal libro. Era a sedere sul letto e si era sistemato un paio di cuscini dietro la schiena per tenersi su. Aveva una piccola coperta viola che gli copriva le gambe ed indossava una delle sue solite tenute per casa: una tuta nera, dei calzini grigi, gli occhiali inforcati. Soprattutto questi ultimi erano il segnale che oggi probabilmente non sarebbe più uscito di casa. Hoseok si fece strada lungo il pavimento accidentato di ostacoli – pile di libri e fumetti, piccole isole di vestiti, confezioni vuote di patatine, fogli sparsi, e altri oggetti non meglio identificabili – e lasciò il cappotto e la sciarpa sulla sedia vicino alla scrivania. Di nuovo a fatica riuscì a raggiungere il letto matrimoniale di Namjoon e vi ci si lascò cadere sopra, disteso, facendo rimbalzare il materasso. Namjoon sobbalzò con lui:

– Scusa, Hoseokah, ma chi ti ha dato il permesso di salire sul mio letto? Preferirei che tu non lo facessi.

Hoseok si tirò su in ginocchio e sorridendo maliziosamente si avvicinò a Namjoon, il quale lo guardò con occhi spalancati pieni di terrore:

– Qual è il problema? Temi di non riuscire a resistermi?

– Non mi metto a vomitare solo perché questa camera è già abbastanza sporca di suo – rispose Namjoon scuotendo la testa e chiudendo il libro, chiaramente capendo che la pacchia era finita. Hoseok tornò serio e glielo prese di mano:

– Cosa leggi? – dette un’occhiata al titolo e sgranò gli occhi – Ancora??

– Lo sapevo che non dovevo tirarlo fuori quando venivi tu – disse Namjoon sollevando lo sguardo al cielo.

– Ma Joonie sul serio, 1Q84? È uscito quasi dieci anni fa!

– Nemmeno otto, ad essere precisi – Namjoon tolse il pesante libro dalle grinfie dell’amico e lo appoggiò sul comodino. Il volume cadde a terra con un tonfo sordo un secondo dopo, il comodino era troppo pieno e il ragazzo lo aveva dovuto mettere troppo in bilico – Non ho mai avuto tempo, ok? Lo sai che ho sempre mille libri in lista.

Hoseok annuì. Monitorarsi le letture a vicenda e scambiarsi idee sui libri che leggevano non era infrequente per lui e Namjoon. Forse non proprio ai livelli dell’amico, ma anche Hoseok era un avido lettore e cercava sempre di tenersi al passo con le ultime novità, soprattutto quando si trattava dei suoi autori preferiti. La letteratura era un qualcosa che aveva sempre amato ed era felice di essere circondato da persone che su questo punto gli fossero affini. Namjoon macinava libri come una macchina, ma anche Jin e Yoongi sapevano il fatto loro. A differenza di Yoongi e Namjoon però, né lui né Jin erano particolarmente attratti dai manga. Hoseok vedeva in compenso numerosi anime e questo era spesso fonte di biasimo da parte di Namjoon il quale non si capacitava del come una persona potesse decidere così serenamente di ignorare il prodotto originale. Almeno Jin non guardava neppure anime, lo aveva dovuto convincere lui ogni tanto a vederne qualcuno, per cui poteva trovare in lui una coerenza, ma quella di Hoseok era invece una scelta consapevole. Ciò nonostante, pur sapendo che l’amico aveva solo una visione parziale della storia visto che era sempre all’oscuro della versione cartacea, a Namjoon piaceva – non lo avrebbe mai confessato – commentare le puntate dei suoi anime preferiti con Hoseok. Il ragazzo, andava riconosciuto, seguiva tutto con un’energia contagiosa e Namjoon si divertiva un sacco – di nuovo, non lo avrebbe mai ammesso – a vedere quanto intensamente Hoseok venisse risucchiato dalla trama e il modo vivo e sincero in cui si preoccupava dei personaggi e ciò che poteva accadere loro. Dava insomma soddisfazione parlare con lui. Gli dava sicuramente più soddisfazione di Jin, il quale lo assecondava, ma era evidente, tranne in rarissimi casi come i film dello Studio Ghibli, che non riusciva ad apprezzarli quanto lui, e gli dava anche più soddisfazione di Yoongi, che pur apprezzandoli non era certamente il tipo da esprimere il proprio coinvolgimento con toni entusiasti. Namjoon invece, nonostante la sua apparente serietà, era in realtà un bambino troppo cresciuto, pronto a battere le mani davanti a ciò che gli dava gioia o saltare sul posto per la contentezza. Non se lo sarebbero mai detto, ma la verità era che Hoseok e Namjoon si trovavano benissimo insieme e erano anche molto più simili di quanto a ognuno dei due sarebbe mai piaciuto ammettere. Forse per questo motivo Hoseok aveva detto a Taehyung che, prima ancora che a Jin, avrebbe avuto piacere a parlare con Namjoon. Il ragazzo sembrava troppo spesso sempre l’ultimo a sapere le cose e questo a Hoseok non piaceva. Il motivo ufficiale annunciabile al mondo però era “dobbiamo assolutamente metterlo al corrente della situazione prima che faccia uno dei suoi soliti danni”.

– Jin-hyung? Credevo fosse con te.

– È fuori a fare un paio di commissioni, credo mi abbia detto che forse si sarebbe anche incontrato con qualche vecchio amico, qualcuno che io non conosco. Siamo due persone separate, sai?

– Ok ok, scusa – disse Hoseok sollevando gli occhi al cielo, ma sorridendo – Beh, questo ti sembra il modo di ricevere ospiti però? Sai di avere visite e te ne torni in camera a fare tranquillamente gli affari tuoi? Povero Jin, se sapesse che sei così maleducato sotto il suo stesso tetto...

– Ancora con questa storia che sei un ospite? Hoseokah, davvero… – non poté non lasciarsi sfuggire un risolino – Come devo fare con te? – lo guardò di traverso, con un ghigno in faccia prima di dirgli: – Che cosa mi volevi dire di tanto urgente?

– È importante davvero Joonie. Riguarda tutti noi. Cioè non esattamente, ma in qualche modo si. Ho già parlato con Taehyungie che ha parlato con Jungkookie – si fermò per cercare di cogliere ciò che Namjoon stava pensando. Aveva assunto un viso concentrato e la luce di scherno che di solito illuminava i suoi occhi quando Hoseok parlava era del tutto scomparsa. Namjoon sapeva ascoltare. Sapeva ascoltare benissimo, e anche se non lo si sarebbe detto era in realtà una persona estremamente delicata e sensibile. A volte era effettivamente lento a capire alcune cose, e sicuramente si faceva scappare qualche parola di troppo, ma nel momento in cui qualcuno dei suoi amici aveva bisogno, si sarebbe volentieri tagliato un braccio intero pur di aiutarlo. Il suo problema era solo essere troppo distratto – non riusciva davvero mai a concentrarsi su più di uno stimolo per volta – ma quando rivolgeva la sua attenzione a qualcosa era la persona ideale con cui parlare. Sapeva quando annuire, quando fare una domanda, quando rimanere solo in silenzio e quando invece intervenire. Namjoon non era uno di quei nerd aridi bravi solo tra i banchi di scuola, ma incapaci di rapportarsi con il mondo esterno. Aveva un cuore grande, era una persona gentile e teneva davvero alle persone intorno a lui e questo traspariva completamente in momenti come questi. Hoseok era felice di avergli dato fiducia e essere andato da lui prima di Jin e era convinto che anche Namjoon lo avrebbe apprezzato.

– Non so se tu o Jin-hyung avete avuto un’impressione simile… Ultimamente non ti pare che ci sia qualcosa di strano nell’aria? Ripensando magari ai primi giorni dell’anno?

– Mmh beh, sì, sicuramente quei giorni lì furono un po’ pesanti, ricordo di averlo anche fatto presente a un certo punto a Jinah. Poi però siamo stati presi dallo spettacolo e poi partiti, è successo dell’altro?

– Taehyungie mi ha detto che Jiminie non sta bene.

– Jiminie?? Perché? Che cosa ha fatto? – Namjoon si era portato di scatto a sedere ancora più dritto sul letto, gli occhi quasi sgranati.

– Durante il tempo in cui voi siete stati via… Anzi, ad essere precisi dal giorno dopo il nostro spettacolo, tutte le notti ha degli incubi terribili che lo fanno svegliare in lacrime e il fatto che poi non ne voglia mai parlare ha insospettito Taehyungie. Io stesso l’ho visto stanco e molto strano e Tae mi ha confermato che sia lui che Kookie si sono accorti della stessa cosa – si morse un attimo il labbro e continuò – Il punto è che io nel frattempo ho notato comportamenti che mi hanno messo una certa ansia anche in Yoongi. Tu ha-

– Si, Jiminie l’ho potuto tenere meno d’occhio, ma Yoongi-hyung si – Namjoon si affrettò subito a mettere in chiaro questo punto, ovvero che anche lui si era accorto del comportamento di Yoongi. L’istinto di mostrare all’altro che anche lui fosse amico stretto di Yoongi e in quanto tale lo capisse e sapesse cose su di lui non si era ancora sedato del tutto in Namjoon. La stima e il rispetto che aveva per il più grande erano incredibili e fin dal primo secondo in cui si erano parlati si era sentito attratto da lui, sia da un punto di vista artistico che anche personale. Quando poi aveva inquadrato meglio il carattere di Yoongi si era sentito ancora più felice all’idea di essere l’unico nell’intera facoltà a poterlo definire suo amico. I due ragazzi parlavano spesso, di tante cose e Yoongi non era certamente chiuso né schivo nei confronti di Namjoon, la loro intesa era reale. Tuttavia, il più piccolo sentiva comunque che l’unica persona con cui Yoongi si confidava davvero era Hoseok e all’inizio della loro amicizia era stato piuttosto geloso del legame tra i due, pur non avendo mai incontrato di persona il ragazzo. Yoongi ne parlava spesso, e Namjoon non poteva fare a meno di pensare a quanto gli sarebbe piaciuto averlo conosciuto per primo. Era una persona così complessa e lui avrebbe voluto saperne di più, ma aveva capito presto che non avrebbe mai potuto andare anche solo lontanamente vicino al posto che Hoseok occupava nel suo cuore. Il motivo per cui i primi tempi, dopo aver iniziato a lavorare per la compagnia teatrale e aver finalmente avuto modo di incontrarlo, aveva cercato di approfondire la conoscenza di Hoseok era stato proprio questo, cercare di capire meglio Yoongi studiando il suo migliore amico. Tra l’altro Hoseok sembrava essersi attirato fin da subito, da ben prima che lo incontrasse lui, anche l’affetto del ragazzo di cui adesso si stava innamorando e dunque ancora di più ciò aveva spinto Namjoon a cercare di capire cosa fosse in Hoseok ad attirare così tanto le persone. Non ci mise molto a scoprirlo, e contrariamente a quanto lui stesso si sarebbe aspettato, entrò anche lui ben presto a far parte del sistema solare di Hoseok. Era impossibile non andarci d’accordo e soprattutto non volergli bene. Tuttavia le tracce dell’antica gelosia riaffioravano spesso nelle continue frecciatine che gli mandava e in modo ancora più evidente in momenti come questo – Durante i giorni alla villa l’ho visto particolarmente fuori di sé anche io, non è che non lo conosca, sai. Anche tutta quella attenzione per il nostro spettacolo… non era normale.

Hoseok si sentì arrossire:

– Mmh, sì, ma quello magari non c’entra.

– Non c’entra? Che ne sai?

– Sì, potrebbe, ma ci sono anche altre cose.

– Appunto, anche, e questa ne è una.

– Va bene, ok! Possiamo procedere??

– Hoseokah, sei tu che vuoi una mano per capire cosa ha fatto Yoongi-hyung! Che dovrei fare se non ragionare con te ad alta voce?!

Hoseok chiuse gli occhi e fece un respiro. Namjoon sembrava sconvolto dal modo in cui si stava impuntando su un dettaglio del genere e lui dovette ricordarsi che l’amico non sapeva nulla del vero motivo per cui Yoongi si era messo a seguire lo spettacolo da vicino.

– Hai ragione – disse calmandosi e adottando un tono più ragionevole – Ha fatto diverse cose strane ultimamente. Il punto è che non ho idea del perché. Parlando con Tae però abbiamo messo insieme dei pezzi e beh, non ne siamo sicuri, ma alcuni potrebbero coincidere – una delle gambe sopra cui era seduto iniziava ad addormentarsi per cui cambiò posizione e riprese – La mattina del primo dell’anno, quando ho trovato Yoongi… cioè quando ho notato che era strano, beh, era uno strano-strano, capisci che intendo?

– Temo di no.

Hoseok scosse la testa:

– Voglio dire che non era uno strano normale, alla Yoongiah. Era uno strano più strano.

– Si, questo… lo hai detto?

– Insomma, era strano davvero e io mi sono preoccupato un po’, anche se ho cercato di non darlo a vedere. Poi la sera è avvenuta una cosa che mi ha messo ancora più in ansia. Ricordi quando tutti noi a giro siamo andati a trovare Jiminie in camera? Non so nemmeno se dovrei dirlo, ma… Beh, credo non possa nuocere: Yoongiah quella sera mi chiese espressamente di mentire a Jimin e riferirgli che lui si era addormentato presto e dunque non poteva andare a salutarlo. Ma non era addormentato Joonie, era sveglio come non mai.

– Davvero ti ha detto una cosa del genere?

– Si, davvero. Già lì mi è sembrata una richiesta così assurda, ma onestamente l’ho collegata al suo malumore più che al non voler vedere Jimin in sé per sé.

– E cosa ti ha fatto cambiare idea?

– Due cose. Parto dalla prima, che è anche quella di cui sono meno fiero. Quando l’ho accompagnato alla stazione due venerdì fa a un certo punto gli ho controllato il telefono e ho visto che non aveva avvisato Jiminie della sua partenza. È vero che ha dato l’annuncio a tutti noi, ma loro sono così legati, non pare un po’ anomalo anche a te che non gli abbia detto assolutamente nulla? – Namjoon sollevò le sopracciglia come a dire di sì – Ma anche in quel caso, non ci ho pensato su troppo, cioè di nuovo credevo fosse a causa dei suoi sbalzi di umore. Ero preoccupato, questo sì, ma cercavo la causa del suo malessere continuando a credere che il suo comportamento con Jiminie ne fosse una conseguenza. Ma poi, e questa è la seconda cosa, Taehyungie mi ha detto che non ha mai nemmeno una volta scritto a Jiminie durante questi dieci giorni, neppure per chiedere come stesse, dopo una febbre del genere poi. Questo mi ha dato molto da pensare, soprattutto unito a un altro fatto riferitomi da Tae: pare che Jiminie abbia tirato fuori il mixtape che Yoongiah gli regalò lo scorso Natale e se lo tiene spesso con sé. Anche stamattina Tae mi ha mandato un messaggio per dirmi che stanotte si è addormentato ascoltandolo e poi ha portato il lettore cd con sé quando è uscito per andare in accademia. Dunque io mi chiedo Namjoonie… ti prego dimostrami la tua tanto decantata ma mai da me pervenuta intelligenza per una volta – vide l’amico alzare gli occhi al cielo, ma senza scomporsi – Credi che a questo punto la situazione con Jiminie potrebbe essere invece che la conseguenza la causa delle stranezze di Yoongi? Insomma, se i due avessero litigato diverse cose potrebbero spiegarsi, no?

Hoseok terminò il suo discorso e aspettò Namjoon. Il ragazzo si prese un minuto buono per pensare e infine parlò:

– Dunque… In teoria si, certamente nel caso in cui avessero litigato è possibile che adesso ci stiano male entrambi, avrebbe senso pensarlo. L’unica cosa che mi chiedo è quando avrebbero dovuto litigare? Si sono visti un giorno e tutto andava bene, poi il giorno dopo dovevano vedersi di nuovo, ma non è accaduto, quindi quando… aspetta! Forse Yoongi-hyung è ancora offeso per quell’episodio? Vuole delle scuse? Ricordo che era piuttosto innervosito a riguardo.

– Mmh forse, ma… Il tutto deve comunque essere peggiorato dopo la notte della festa, perché Jimin prima di quel giorno non aveva avuto brutti sogni e Yoongi non era sicuramente di quell’umore tremendo. Magari c’è stato un confronto la sera?

– Lo escludo – disse sicuro Namjoon – Jimin è stato sempre con qualcuno quella notte. E se non sbaglio… nella lista non c’era Yoongi.

– Vero, non sbagli. Lo ha proprio evitato accuratamente se vuoi un mio parere, per questo poi io sono rimasto sempre con lui. Avevo l’impressione che fosse Jiminie in realtà ad avercela con Yoongi… – si portò le ginocchia al mento cingendole con le braccia e portando le labbra in fuori –  Mmh… Però se così fosse cadrebbe la tua ipotesi secondo la quale è Yoongi ad essere innervosito con Jiminie. D’altro canto, se gli avesse fatto una tirata tra l’ultima volta che si sono visti e l’inizio della festa potrebbe avere più senso che Jimin si sia risentito.

– Ma quando gliel’avrebbe dovuta fare? Jiminie è andato a dormire e poi il giorno della festa è stato sempre con Jungkookie. Hai detto che Yoongi non gli ha scritto, no? Per cui se si sono parlati deve essere stato per telefono. Quando? Mentre andava da Jungkook? Ma io ero in casa quella mattina e non mi pare che Yoongi-hyung abbia fatto telefonate accaldate.

– Aaaaah Joonieeee!! È un disastro, non ci capisco niente! Comunque la mettiamo non sembra esserci una spiegazione! – si gettò supino sul letto, scoraggiato – Forse le due cose non sono connesse e noi ci siamo del tutto arenati.

– No Hoseokah, io credo che un qualche collegamento potrebbe esserci. È davvero una coincidenza strana che tutto questo sia iniziato proprio quel giorno in cui Jiminie ha dato buca a Yoongiah.

– Mmmmmh…. Ma non sono mai stai da soli così da poter litigare – disse Hoseok con voce lamentosa.

– Ascolta, io e Jin a un certo punto durante la festa siamo andati a- cioè, ci siamo dovuti, insom-

– Joonie, risparmiami i dettagli scabrosi perché li ho capiti e vai al punto.

– Il punto è che io non ho visto cosa abbia fatto Jiminie tutta la sera, né Yoongi-hyung. Tu sei stato sempre, sempre con lui? È che sai, a volte l’alcol non aiuta a mantenere la calma e magari Yoongi già era un po’ stranito e quindi a un certo punto potrebbe essere andato a confrontarsi con Jiminie.

– Beh, però io sono rimasto sempre con lu- no, aspetta. A un certo punto in effetti se non sbaglio me ne sono andato per ballare e l’ho perso di vista. Ma credo mi abbia detto che era andato a dormire… però anche mi avesse mentito, non so cosa abbia fatto Jiminie, cioè se sia rimasto solo o no. Forse dovrei chiedere a Taehyungie… – si drizzò a sedere e guardò Namjoon con sguardo mortificato – La verità Joonie è che io non ricordo molto bene i dettagli di quella serata, diciamo che non ero… lucido.

Namjoon sospirò:

– Lo so, nessuno di noi lo era in realtà.

– Non avrei dovuto perdere Yoongi di vista.

– Non siamo i loro baby-sitter Hobi, tu non hai nessuna colpa – gli disse dandogli un pizzicotto di conforto sulla guancia per accorgersi poi con terrore di cosa avesse fatto.

Hoseok e Namjoon parlarono ancora un po’ quel pomeriggio e alla fine Namjoon anche convenne che comunque se avevano una possibilità di risolvere questa questione, la scelta più sicura era scommettere su un problema creatosi fra Jimin e Yoongi. Jin li trovò così, a confabulare sul letto e dopo aver fatto un commento sul fatto che di tutti i posti in cui avrebbe pensato di trovare Hoseok il letto di Namjoon era senz’altro l’ultimo, ma “come vedo le persone ti sorprendono sempre”, si unì a loro sul lettone e fu reso partecipe di tutto. Avere Jin a bordo era la parte due del piano A. Dopo aver ascoltato le riflessioni dei ragazzi Jin risultò essere della stessa opinione. C’erano probabilmente ancora dei dettagli che non sapevano, ma qualcosa tra Jimin e Yoongi doveva per forza essere successo. Sebbene nessuno avesse mai esplicitamente pensato che fra i due potesse esserci qualcosa di più, tutti avevano comunque notato il legame che avevano. L’idea che però potessero provare dei sentimenti più profondi l’uno per l’altro non era mai stata considerata. Ognuno dei ragazzi aveva con l’altro un rapporto particolare e non era strano per nessuno che alcuni trascorressero tanto tempo insieme. L’unico interesse chiaro come il sole era quello di Jungkook per Jimin. Jin lo aveva notato quasi fin da subito e più aveva conosciuto il ragazzo più piccolo, più se ne era convinto. Adesso, parlando con gli altri due, non sapeva bene perché ma questa cosa gli tornò in mente:

– Jiminie ha dato buca a Yoongiah e poi il giorno dopo ha passato tutta la mattinata con Jungkookie, vero? Non potrebbe anche questo averlo infastidito? Insomma, Jiminie sarebbe benissimo potuto andare da lui per recuperare la sera precedente e invece non lo ha fatto, ha accettato l’invito di Kookie.

– Quale invito? – dissero quasi in coro Namjoon e Hoseok.

– Seguitemi. Diamo per scontato che Jiminie e Yoongiah non abbiano litigato la sera in cui Jiminie gli ha dato buca, giusto? Non si sono visti, stando a quanto ha visto Hoseokie non si sono mandati messaggi infuocati e novanta per cento non si sono nemmeno sentiti per telefono, soprattutto non quella stessa sera. Yoongiah il giorno dopo a tavola sembrava avere solo le informazioni fornitegli da Jiminie nel suo ultimo messaggio. Insomma, non sembrava davvero che ci avesse parlato o che la cosa avesse avuto ulteriori sviluppi. Dunque, – Jin guardò il suo ragazzo con aria di sfida, come a dire “guarda chi è la mente adesso” – probabilmente la scelta di Jiminie di andare con Kookie è stata fatta a prescindere dalla situazione con Yoongiah. Ma lui stava male, dunque non credo che avrebbe rinunciato al suo posto in auto con noi onestamente, non di sua iniziativa almeno. Cosa può averlo spinto a ciò, se non è stato un litigio con Yoongi? – alzò il dito indice – Jungkookie lo ha invitato ad uscire. È andata così, sono convinto – concluse il suo discorso con un sorriso soddisfatto e strizzò un occhio ai due ragazzi.

– Beh… – Hoseok fu il primo a parlare – Certo non sarebbe poi così strano. Taehyungie mi ha detto che adesso lo invita tutti i giorni a fare qualcosa e Jiminie accetta. Ma insomma l’iniziativa parte da Kookie. Anche ieri erano a pranzo insieme ad esempio.

– Quindi adesso che Yoongiah non c’è Jiminie sta passando tutti i giorni con Kookie? Ma ascolta il mixtape la notte? – la voce di Jin si era fatta leggermente più accaldata e Namjoon accorgendosene inclinò la testa da un lato.

– Jin, che cosa vuoi dire?

– Nulla, è solo che… insomma, Jiminie avrà capito qualcosa immagino, no? Non starà passando giornate intere con Kookie senza avere la ben che minima idea del perché quel povero ragazzo lo stia invitando fuori con lui? Non lo so, non… – sospirò e disse a voce più bassa – Non mi va che Kookie ci rimanga scottato.

– Ma perché, credi ci sia il rischio?

– Non lo so Joonie, è solo una sensazione che ho.

– Ormai viviamo di quelle – disse Hoseok portando gli occhi al soffitto – Quindi Jin-hyung tu credi che Kookie si sia fatto avanti in modo più esplicito con Jiminie?

– Beh, di certo è visibile da lontano mille miglia che Kookie sia preso da Jiminie, esattamente fino a che punto si sia spinto però non lo so davvero. Mi sarebbe sempre piaciuto parlargli ogni tanto in proposito ma… Temo di aver pensato un po’ troppe volte che la soluzione migliore fosse non parlare – Namjoon e Hoseok capirono fin troppo bene il significato di queste parole – Comunque, era organizzata bene come cosa. Lui e Jiminie sul tram così da poter stare insieme. Mi sembra una soluzione logica se si vuol cercare di passare del tempo con la persona di cui si è innamorati.

– Si ma Yoongi in che modo entra in ciò?

– Beh, non sono sicuro al cento per cento in effetti – disse Jin ridendo leggermente – Però… pensavo che magari potesse essersi infastidito?

– Ma Jin-hyung, anche Yoongi si fosse infastidito si torna al punto di partenza. È Jiminie che lo ha ignorato tutta la sera, non il contrario.

– Lo so, l’ho notato anche io, ma-

Namjoon interruppe Jin rispondendo ad Hoseok per lui:

– Ma Jiminie potrebbe averlo ignorato semplicemente perché ha preferito stare con Kookie. Yoongi ci è rimasto male, si è sentito escluso e si è offeso. E adesso che come conseguenza di ciò ha interrotto i suoi contatti con Jiminie, Jiminie ci sta male perché si è pentito di come lo ha trattato! Ma certo! Così potrebbe avere senso!

– Esattamente Namjoonie. Le cose potrebbero proprio stare così.

Hoseok era piuttosto stupito. In effetti non aveva ancora pensato in questa occasione precisa ad inserire Jungkook nell’equazione, ma ora che Jin lo aveva fatto gli sembrava tutto incredibilmente sensato. Però se davvero la reazione così drastica di Yoongi era dovuta all’avvicinamento di Jimin a Jungkook, se davvero avessero accettato questa come l’ipotesi più probabile, ciò poteva significare solo che Yoongi era…

– …geloso – mormorò – Dunque Jin-hyung, tu credi che Yoongiah sia… geloso di Kookie e Jiminie?

– Onestamente? Si. Non so che tipo di gelosia sia, ma una delle sue varietà, certamente. Sarebbe una cosa così strana?

No, a Hoseok non sembrava strano e non se ne sarebbe meravigliato se avesse saputo che così stavano effettivamente le cose. Gli sarebbe solo dispiaciuto non essere riuscito a capirlo prima.

****

Hoseok uscì dal palazzo del 503 leggermente più leggero. Sapeva che averne parlato con tutti quanti rappresentava forse solo un primo passo, ma sicuramente il più importante. Era sorpreso dal modo in cui ogni ragazzo con cui avesse parlato fosse stato in grado di dare il suo personale contributo condividendo impressioni e aggiungendo dettagli non colti da altri. La situazione che stavano vivendo poteva essere la stessa, ma occorrevano gli occhi di tutti per coglierla nella sua completezza e Hoseok si chiese perché non lo avessero capito prima. Comunque, meglio tardi che mai. Prese il telefono per telefonare a Taehyung e informarlo su ciò di cui aveva discusso con Jin e Namjoon e le conclusioni a cui erano arrivati. Anche la parte tre del piano A era stata portata a termine: far ideare a Jin e Namjoon un vero piano. Hoseok avrebbe informato Taehyung anche di questo, pur sapendo che una parte probabilmente non gli sarebbe piaciuta. Se però l’ipotesi di Jin-hyung era corretta, come ormai tutti credevano fosse, era indispensabile che le operazioni venissero portate avanti nel modo in cui avevano deciso. Spiegò tutto per bene all’altro e capì dal tono della sua risposta che sebbene stesse accettando a malincuore ciò che avrebbe dovuto fare non si sarebbe tirato indietro.

– Voglio davvero che tutto si risolva per il meglio. Sono entrambi due testoni. Yoongi-hyung poi lasciamo stare… non lo pieghi nemmeno a pagarlo oro.

– E Jiminie non fa passi avanti perché ha sempre troppa paura – rispose Hoseok. Pur non vedendosi l’un l’altro, sorrisero nello stesso momento. Era inutile che si insultassero i migliori amici a vicenda, li avrebbero difesi fino alla morte ma sapevano che avevano entrambi le loro colpe.

– Hyung ascolta… – Taehyung raccolse coraggio per formulare la domanda. Temeva che parlando dell’eventualità essa si sarebbe potuta avverare, ma doveva anche sapere – Cosa facciamo se Yoongi-hyung decidesse di rimanere a Daegu? Aveva detto di non essere sicuro sul quanto sarebbe stato via…

– In quel caso si attiva il piano B. Taehyungie, hai la mia parola d’onore: se Yoongiah non si presenta qui fra quattro giorni entro la mezzanotte in punto io salgo sul primo treno per Daegu e lo vado a prendere per i capelli.

Non fu necessario. Quella sera stessa Namjoon mandò un messaggio concitato a Hoseok avvisandolo del ritorno inaspettato di Yoongi. “Ero sul divano, ho visto la porta aprirsi e me lo sono ritrovato davanti, mi ha salutato e poi se ne è andato in camera sua come se niente fosse”, recitava una parte del messaggio. Velocemente, come in una catena di montaggio, una serie di altri messaggi tra Hoseok, Namjoon, Jin e Taehyung fece irruzione nell’etere e sancì l’accordo sul cambio di programma: l’operazione sarebbe stata anticipata e invece che la settimana successiva come programmato le si sarebbe dato il via quel venerdì stesso. 

 

 

 

Note dell’autrice: Hello, hello, bentornati ~ Ce l’ho fatta a postare! Il capitolo è nettamente breve in contrasto alla doppia razione della scorsa settimana, ma quella era una parte un po’ speciale. Qui abbiamo invece oltre che molte meno pagine anche molto meno flusso di coscienza e molti più fatti. Diciamo che è un capitolo essenzialmente di passaggio che occorreva, a livello di trama, per fare andare avanti l’azione. Ho inserito davvero tanto dialogo, cosa che di solito non faccio, ma volevo provare a spingermi un po’ fuori dalla mia comfort zone.

Nonostante il capitolo sia piuttosto lineare e usato prima di tutto per far scorrere la trama io credo che ci siano comunque altri motivi che lo rendono importante. Nello scriverlo ho sì pensato a come utilizzarlo per far progredire l’intreccio, ma dall’altro lato ho voluto anche prenderlo come un’occasione per mostrare alcune cose che altrimenti forse non avrebbero trovato spazio. Innanzitutto, credo sia stato un capitolo importante per capire, direttamente dalle voci dei ragazzi, esattamente che cosa ognuno di loro stia recependo di tutta questa vicenda. Nei capitoli precedenti ci sono solo state allusioni al fatto che un po’ tutti avessero colto qualcosa, ma poi non c’era mai stato il modo di andare più nel dettaglio di ciò che ognuno pensa. Invece è importante perché la domanda ovviamente sorge spontanea: “ma tutti gli altri che pensano??”. In secondo luogo, ho preso questo capitolo come occasione per soffermarmi un po’ di più su interazioni tra personaggi che non abbiamo visto troppo in precedenza e dare un maggiore rilievo a altre relazioni oltre quelle principali. Mi piaceva l’idea di far vedere la discussione tra Hoseok e Taehyung, la cura del più grande nei confronti del più piccolo e la chiara fiducia di Taehyungie nei confronti di Hopi e poi passare invece al rapporto tra Joonie e Hoseok, così diverso, ma ugualmente intenso: più paritario, più conflittuale all’esterno, molto profondo nella realtà. Ho poi inserito quella piccola digressione sul rapporto di Namjoon con Yoongi e ne sono stata contenta (tra l’altro bravo il nostro Yoongi, così scorbutico ma così conteso, mentre il povero Hoseokie che è così solare e adorabile dovrebbe iniziare a portarsi dietro qualcosa contro l’invidia ahah). Ci tenevo a mostrare per una volta Namjoon per conto proprio e approfondire un po’ di più il suo personaggio, perché poverino per il momento è sempre stato descritto come un “pacchetto unico” insieme a Jin quando sono comunque due persone diverse. Si amano sì, stanno insieme ok, ma dovrebbero avere anche una loro personale identità. Purtroppo per motivi di trama non posso approfondire tutti i personaggi allo stesso modo, ma si fa quel che si può.

Nel prossimo capitolo scopriremo meglio che cosa hanno pensato di fare i ragazzi per sbloccare questa situazione, e soprattutto se i lor sforzi avranno un risultato positivo o meno. Yoongi intanto come potete vedere è tornato. Non ci sono state tragedie durante il viaggio in treno, né ha cambiato idea all’ultimo. È a Seul, è al 503, è finalmente di nuovo alla portata di Jimin. vedremo adesso come si evolverà il tutto. Voi attendete pazienti per favore ~

Ci si vede la prossima settimana, sempre se sopravvivo alle varie performance e apparizioni che avranno luogo in questa di settimana, prevedo un overflowing di contenuti e soprattutto HQ pics ed ovviamente non è detto che il mio cuore ce la faccia :)

Baci, Elle

 

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Capitolo 16
*** Capitolo XIII ***


CAPITOLO XIII

 

“E credi che la tua gentilezza mi ha indotto ad amarti più profondamente di quanto farei

se meritassi il tuo amore, e sebbene non potrei, e non posso fare a meno di mostrarti la mia natura,

me ne rammarico e me ne pento; e me ne pentirò e rammaricherò fino alla morte.”

 

(Emily Brontë, Cime Tempestose)

 

20 gennaio 2107

Un’altra ondata di maltempo è prevista su Seul e zone limitrofe durante il fine settimana. Dopo le intense piogge di inizio settimana, alla pausa degli ultimi due giorni seguirà un nuovo abbassamento delle temperature e si avranno forti nevicate tra i giorni di sabato e domen-”

Yoongi cambiò canale. Il meteo gli interessava fino ad un certo punto. Nessun disastro naturale era stato annunciato e questo gli bastava, il resto era ciò che c’è da aspettarsi da un normale inverno. Comunque, lui non sarebbe dovuto andare da nessuna parte durante il fine settimana per cui la cosa non lo avrebbe riguardato in ogni caso. Prese un sorso dalla tisana allo zenzero che stava bevendo e si sistemò meglio tra i cuscini del divano. Non stava facendo nulla di particolare al momento e come i giorni precedenti si stava semplicemente godendo l’ozio da cui sarebbe stato costretto ad uscire dalla settimana successiva. Eppure, si sentiva appagato. Era contento di essere tornato a Seul, era contento di trovarsi adesso in questa casa, in questa sala, su questo divano. Era anche contento di non aver rinunciato ai giorni che gli erano stati concessi dall’etichetta. Non se ne sarebbe potuti permettere più per un bel po’, lo sapeva, ma non era pentito della sua decisione. Aveva bisogno di rimanere concentrato su ciò che era più importante per lui adesso, senza che stanchezze e nervosismi esterni si mettessero in mezzo a rendergli tutto più complicato. Fin da quando aveva varcato la soglia del 503, ignorando lo sguardo sconvolto di Namjoon e dicendogli un semplice “ciao” – aveva pensato che comportarsi in modo naturale sarebbe stato il metodo più sicuro per assicurarsi l’assenza di domande, ma ovviamente Jin era Jin, anche se non era stato pressante come suo solito – si era arrovellato su un unico punto: cosa fare quando avrebbe rivisto Jimin. Ci aveva pensato e ripensato, improvvisato mille discorsi e progettati altri mille, ma nulla gli suonava efficace. Il problema principale era che neppure lui era sicuro di come avrebbe reagito di fronte al ragazzo. L’ultima volta che lo aveva visto le cose non erano andate bene e lui era spaventato dal ripetere lo stesso errore. Il tempo per riflettere però iniziava a scadere e fra non molto più di un quarto d’ora probabilmente tutti i ragazzi sarebbero stati già lì, incluso Jimin. Non gli aveva scritto una volta tornato e si era chiesto se qualcuno degli altri lo avesse avvisato. Immaginò di sì, così come qualcuno di sicuro a un certo punto doveva averlo informato due settimane prima sulla sua improvvisa partenza. Il pensiero di aver lasciato Jimin così, senza una spiegazione, senza modo di parlargli, faceva ancora sentire a Yoongi una morsa al cuore. Se anche un giorno Jimin lo avesse perdonato, di sicuro lui non lo avrebbe mai fatto. Yoongi cambiò di nuovo canale e si fermò su un programma di varietà. Le persone risero divertite a qualcosa che il conduttore aveva detto, ma lui rimase serio. Non stava in realtà seguendo, guardava solo le figure sperando che lo distraessero dalle paure che lo stavano infestando. Chissà se Jimin sarebbe venuto. Chissà se gli avrebbe parlato. Forse ormai lo odiava. Forse si era dimenticato di lui. Forse non lo odiava, e Yoongi gli era semplicemente indifferente. Lo scenario peggiore. Yoongi sentiva come ogni centimetro del suo corpo, ogni suo istinto più radicato gli urlassero di tornarsene in camera, uscirne solo per cena, sedersi a tavola vicino a Hoseok, chiacchierare un po’ con lui e rimanere in disparte il resto del tempo, ma non avrebbe ceduto questa volta. Si era messo su quel divano apposta. Doveva riuscire quanto meno a rimanere in sala tutto il tempo, con Jimin davanti a lui. Non sapeva ancora bene come avvicinarglisi o approcciarlo, ma era sicuro, così come era sicuro di chiamarsi Min Yoongi, che non si sarebbe nascosto un’altra volta. Sarebbe riuscito a parlare con Jimin, anche a rischio che l’altro gli sbattesse la porta in faccia.

Il campanello suonò e Yoongi sentì lo stomaco affondare, ma il suo viso non tradì nessuna emozione.

Fu Namjoon ad andare alla porta, quando si accorse che Yoongi non lo avrebbe fatto. Se avesse potuto lo avrebbe sollevato lui stesso da quel divano, ma era anche dell’idea che non bisognasse accelerare troppo le cose e dunque di dare ancora un po’ di tempo all’amico. Poteva immaginare quello che stava pensando. Dietro quel citofono ci sarebbe potuto benissimo essere Jimin e capiva come questa idea potesse spaventare Yoongi. Rispose pregando in cuor suo che fosse solo un momento di iniziale imbarazzo. Due voci in coro risposero, quelle di Taehyung e Jungkook.

– Siete venuti insieme?

No, sono venuto con Jiminie, ma Kookie era da qui poco prima di noi per cui ci ha aspettati. Hyuuuuuung aprici però, che fa freddo!

– Ah sì, giusto! Scusate! – rispose Namjoon come se si fosse accorto solo ora di star comunicando con i ragazzi attraverso un citofono e non un telefono e quindi era il caso di frenare la sua curiosità almeno finché non fossero saliti al caldo. Rimettendo il ricevitore al proprio posto non poté fare a meno di chiedersi come sarebbe andata la serata. Poteva davvero andare in qualsiasi modo. Sarebbe potuta diventare la cena più imbarazzante di sempre. Sarebbe potuta finire in tragedia, con urla e strilla. Ma sarebbe anche potuta finire bene, come lui, Jin, Taehyung e Hoseok speravano. Avevano deciso di spostare prima possibile la loro cena di gruppo per far sì che la situazione di Jimin e Yoongi potesse sbloccarsi al più presto, ma avevano anche concluso di comune accordo che, prima di qualsiasi tipo di intervento, avrebbero solamente monitorato la situazione. Volevano dare a Jimin e Yoongi la possibilità di muoversi per conto proprio, e dunque l’idea era che avrebbero dato il via al loro piano solo qualora avessero visto la necessità di una spintarella. Non avrebbero comunque per il momento fatto nulla di troppo invasivo. Continuavano tutti a rimanere dell’opinione che fosse giusto che i due ragazzi se la sbrigliassero da soli e per questo motivo, almeno all’inizio, loro avrebbero solo aiutato a creare le condizioni per un’eventuale rappacificazione. Con l’arrivo adesso di tutti e tre i ragazzi, tutti i personaggi del loro piano, qualora ce ne fosse stato bisogno, erano sulla scena.

 Mentre Namjoon apriva la porta d’ingresso dell’appartamento, socchiudendola per bene così che non entrasse troppo freddo in casa, i tre ragazzi più giovani stavano coprendo in verticale, chiusi nel gabbiotto dell’ascensore, la distanza tra il piano terra e il quinto piano. Taehyung cercava di capire cosa stava pensando Jimin, il quale era appoggiato nell’angolo con un’espressione piuttosto seria, ma che non lasciava intravedere molto dei pensieri che sicuramente dovevano star fluttuando nella sua testa. Come parte del piano, solo il giovedì sera, all’ora di cena e nei loro rispettivi appartamenti, Hoseok e Taehyung avevano riferito a Jungkook e Jimin del ritorno di Yoongi avvenuto il mercoledì, e solo dopo essersi assicurati della loro disponibilità per una cena al 503. Jungkook era stato avvisato nello stesso momento di Jimin per evitare che per qualche motivo decidesse di riferirglielo lui stesso prima di quando Jimin avrebbe dovuto saperlo, e si era deciso che Jimin dovesse saperlo quasi all’ultimo per evitare che se ne tirasse indietro. Taehyung aveva in realtà avuto paura di una scusa all’ultimo momento da parte di Jimin, ma quando entrambi furono per strada disse addio a questo timore. Jimin però era rimasto abbastanza silenzioso durante il viaggio in tram e questo Taehyung lo aveva notato. Anche adesso nell’ascensore continuava a non parlare. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, incoraggiarlo, rassicurarlo che se aveva bisogno di un appoggio lui ci sarebbe stato, ma non poteva senza rischiare di far capire a Jimin che lui qualcosa sapeva mettendo così in pericolo tutto il loro piano. Il piano… l’aver dovuto tenere Jungkook fuori non era stato semplice per Taehyung. Si sentiva il cuore stringere a vederlo così sorridente e allegro come sempre sapendo di star tenendolo all’oscuro di una situazione che in qualche modo, purtroppo, coinvolgeva anche lui. Ma come avrebbero potuto metterlo a parte del loro piano? Taehyung sapeva perfettamente che se Jungkook avesse saputo che Jimin e Yoongi erano in cattivi rapporti sarebbe stato il primo a volerli aiutare. Il problema era che non sarebbe stato possibile spiegargli questo senza metterlo anche al corrente del modo in cui tutti loro erano giunti a questa conclusione. Era impensabile credere che il ragazzo non avrebbe fatto domande, non avrebbe voluto sapere tutti i dettagli ed era dunque assurdo pensare che la questione della gelosia di Yoongi non sarebbe venuta fuori. E non poteva, non doveva, venire fuori, non con Jungkook. Se gli avessero detto “abbiamo capito che Yoongi è geloso di Jimin e vorremmo aiutarlo ad avvicinarglisi di nuovo senza nessuno in mezzo” sarebbe stato come dirgli tutti in coro “abbiamo deciso che fra i due chi deve farsi da parte sei tu”. Avrebbe interpretato il loro atteggiamento come un chiaro favoritismo nei confronti di Yoongi sentendosi tradito dai suoi stessi amici e Taehyung questo non poteva proprio permetterlo. Innanzitutto, Yoongi sarebbe potuto benissimo essere geloso di Jimin semplicemente in quanto suo amico. Non era assolutamente detto che provasse per il ragazzo altri sentimenti, per cui la ripresa dei rapporti tra i due avrebbe potuto lasciare intaccata la relazione tra Jimin e Jungkook. In secondo luogo, qualora invece il tutto avesse preso un’altra piega, Taehyung sapeva che il favore vero che tutti stavano facendo era anche proprio nei confronti di Jungkook. Ma questi erano argomenti troppo logici e come si fa a parlare con la logica ad un cuore giovane e innamorato? Il ragazzo avrebbe visto un chiaro rischio in questa serata e sarebbe potuta diventare una pedina imprevedibile. Tra l’altro, anche qualora avesse accettato di lasciare spazio a Yoongi per questa sera, sarebbe stato giusto chiederglielo? Tutti e quattro i ragazzi avevano convenuto di no.

Jungkook entrò in casa lanciando un sonoro “ciao” seguito a ruota da quelli di Taehyung e, ben più flebile, quello di Jimin. Aveva visto Yoongi sul divano e si era sentito più agitato che mai. Fece tuttavia del suo meglio per sembrare tranquillo e fu aiutato in questo dal comportamento di Jungkook. Mentre Namjoon prendeva i loro cappotti per andare a portarli in camera, fu lui che si rivolse a Yoongi per primo:

– Hyung! Bentornato!

Yoongi, che non si era ancora alzato dal divano, ma si era obbligato a smettere di guardare la televisione e girarsi in direzione dei tre ragazzi, fu grato a Jungkook per essere stato lui a rompere il ghiaccio:

– Grazie – disse, annuendo e sorridendogli brevemente. I suoi occhi si posarono poi su Taehyung, il quale aggiunse anche lui un “bentornato, hyung” e guardò poi Jimin. Il ragazzo dette solo un piccolo assenso alle parole di Taehyung facendo un cenno del capo e mormorando “mmh” come a dare ragione all’amico. Yoongi avrebbe preferito che gli parlasse direttamente, ma sapeva di non poter pretendere troppo. Si guardarono solo per un momento perché poi Jimin spostò subito lo sguardo verso il corridoio con le camere, da cui Jin stava facendo capolino.

– Scusatemi, ero di là a cambiarmi! Siete arrivati tutti?

– Hoseok-hyung no, mi ha detto di avvisare che arriva più tardi, non ho capito bene perché.

– Oh, ok, va bene, tanto ancora non ho iniziato a preparare niente – rispose Jin con tranquillità. In realtà sapeva benissimo che Hoseok non sarebbe venuto subito. Per esigenze di copione occorreva che per il momento non fosse presente, poiché sarebbe stato più semplice attivare il loro piano con meno persone in casa. Nel caso in cui la situazione si fosse risolta da sola gli avrebbe scritto per dirgli di salire, altrimenti il ragazzo li avrebbe aspettati come d’accordi in un bar poco distante da casa loro.

****

La situazione non sembrava starsi risolvendo da sola. Erano le sette e quarantacinque, Jungkook, Jimin e Taehyung erano arrivati da ormai quasi mezz’ora, ma ancora nulla. Fingendo di andare un attimo in camera sua, Jin attraversò la sala per studiare bene ciò che stava avvenendo. Yoongi non si era mosso dal divano. La televisione era accesa, ma lui non sembrava starla guardando, e pareva più preso a fissare il quadro nuovo recentemente appeso in casa come se volesse memorizzarlo fin nei minimi particolari. Namjoon non si era appositamente seduto vicino a lui, sperando così di lasciare spazio a Jimin qualora volesse andare a parlarci, ma ancora il ragazzo non lo aveva fatto, né aveva dato segnali di volerlo fare. Come un po’ tutti avevano previsto, chi era più difficile da gestire era Jungkook. Come d’aspettativa, il ragazzo era seduto al tavolo della sala vicino a Jimin e continuava a tenerlo impegnato. Taehyung, seduto vicino a loro, cercava di distrarlo ogni tanto, portando il discorso su argomenti a cui Jimin non poteva partecipare, sperando che l’amico afferrasse quello spiraglio e decidesse di usarlo per alzarsi e andare da Yoongi, ma nulla. Jin esitò un minuto in camera, per dare l’impressione di aver effettivamente un motivo per essere lì, ed uscì di nuovo tornando in cucina e facendo cenno a Namjoon, seduto anche lui al tavolo della sala, di raggiungerlo dentro. Senza dirsi nulla, i due ragazzi si mandarono occhiate che esprimevano benissimo tutta la loro frustrazione. Subito dopo si levò la voce di Jungkook:

– Vado un momento in bagno. Torno subito.

Entrambi i visi di Namjoon e Jin si illuminarono a questo. Namjoon chiuse gli occhi in attesa e Jin li sollevò al cielo a mo’ di preghiera, entrambi sperando che Taehyung capisse cosa doveva fare.

– Vado a prendere un bicchiere d’acqua.

SI! Pensò Jin, bravo Taehyungie! Il giovane entrò in cucina e lanciò anche lui uno sguardo eloquente ai ragazzi sollevando le sopracciglia. Nella sala rimanevano, anche se ancora troppo distanti, solo Jimin e Yoongi e dunque nel caso in cui uno dei due avesse voluto fare una mossa verso l’altro questo sarebbe stato il momento perfetto. Taehyung si portò vicino alla credenza e iniziò a fare dei rumori a caso con i bicchieri per dare l’impressione di star facendo qualcosa e anche Namjoon e Jin si misero a parlottare di cose inutili. Credevano che il messaggio che stessero lanciando fosse chiaro: non facciamo caso a voi, parlatevi tranquilli. Sentirono la sedia di Jimin spostarsi e tutti e tre rimasero con il fiato sospeso. Dei passi. Prima che la gioia potesse invaderli si accorsero che invece che allontanarsi, si avvicinavano. La testa di Jimin fece capolino dalla porta:

– Posso aiutare? – ed entrò anche lui in cucina. Namjoon si lasciò sfuggire un sospiro. Taehyung prese a riempire il suo bicchiere scuotendo appena la testa, mentre Jin capì che era giunto il momento di fare davvero qualcosa. Meglio ancora che Jungkook fosse in bagno, e Jimin avesse posto questa domanda. Sarebbe sembrato ancora più scontato che avesse chiesto proprio a lui il favore di cui aveva bisogno.

– In effetti si Jiminie! Stavo notando proprio ora che sono a corto di scorte. Mi dispiace tanto, ma è stata una giornata un po’ indaffarata oggi e non ho avuto modo di ricontrollare per bene che avessi tutto – ovviamente era perfettamente al corrente della condizione della sua dispensa al momento, ma non c’era bisogno che Jimin ne fosse informato – Vieni con me.

Mentre accompagnava Jimin alla porta d’ingresso, Namjoon prese il cellulare e ebbe un brevissimo scambio di messaggi:

 

--- venerdì 20 gennaio 2017 ---

Kim Namjoon

19:54 Bar.

Hoseokah

19:54 Ok!

 

Vicino alla porta, Jin prese delle chiavi appese a un chiodino vicino al citofono e le passò a Jimin:

– Ho bisogno che tu mi prenda tre pacchi di riso tra quelli che sono dentro la scatola verde al terzo ripiano della scaffalatura in cantina. Puoi farlo per favore? – vide con la coda dell’occhio che Jungook stava uscendo dal bagno e si era fermato in piedi davanti alla televisione, evidentemente interessato a qualcosa che stava venendo trasmesso.

– Terzo ripiano, scatola verde, ok! Vado e torno, tranquillo.

Chiusa la porta dietro a Jimin, Jin sapeva che adesso dovevano fare tutto abbastanza celermente. Il ragazzo non sarebbe tornato subito, aveva l’ascensore da prendere, sia all’andata che al ritorno, e poi bisognava anche camminare un po’ per arrivare alla porta del loro fondaco. In più, Jin aveva messo apposta la scatola con i pacchi di riso – solitamente per terra vicino alla porta perché era l’alimento che finiva più spesso ed era logico tenerlo a portata di mano – nello scaffale più alto, sapendo che Jimin per arrivarci avrebbe dovuto utilizzare la scala che avrebbe trovato sempre lì nel loro fondaco. Questo avrebbe dunque rallentato la sua ricerca, ma comunque non potevano sperare di avere più di cinque, massimo dieci minuti a disposizione per andare avanti con il resto del piano. Si affrettò in cucina e Jungkook gli si accodò:

– Dove è andato Jiminie?

– A prendere del riso sotto, ho fatto un po’ di confusione stasera.

– Tu in confusione sul cibo, hyung?

– Capita anche ai migliori, Jungkookie – gli disse Jin sorridendogli – Mi sono scordato di comprare anche altre cose temo.

– Se vuoi posso andare io al supermercato – rispose immediatamente Taehyung – Kookie, vuoi venire con me? Jin-hyung poi deve cucinare, la spesa possiamo almeno farla noi.

Jungkook annuì:

– Si, certo! – e aggiunse poi ridacchiando – Immagino Namjoonie-hyung sia escluso a priori, giusto?

Namjoon sollevò gli occhi al cielo sorridendo e si morse la lingua. Era necessario che entrambi i ragazzi se ne andassero al più presto per cui adesso non poteva mettersi a discutere, ma il tempo per la vendetta sarebbe venuto. La sfrontataggine di Jungkook lo aveva quasi convinto a sentirsi meno in colpa sul fatto che lo avessero escluso. Quasi. Non era contento nemmeno lui che il ragazzo venisse raggirato in questo modo, ma vedendo come Jimin e Yoongi si stavano comportando non riusciva a vedere altra soluzione. Taehyung andò velocemente in camera di Namjoon a prendere i cappotti e aprì la porta, fermandosi sulla soglia con entrambi in mano:

– Kookieee!

– Si, eccomi. Dammi il mio.

Taehyung uscì fuori infilandosi il proprio capotto e urlando un “A dopo hyung!” con Jungkook che lo seguiva sul pianerottolo mentre ancora anche lui doveva finire a indossare il suo giaccone.

– Jin-hyung mi ha dato la lista delle cose da prendere – disse Jungkook mostrando un foglietto a Taehyung mentre aspettavano l’ascensore – è un po’ lunga, non fa spesa da giorni?

Taehyung dette un’occhiata alla lista e iniziò a leggere ciò che vi era scritto ad alta voce per evitare di rispondere a Jungkook.

 

****

In casa ora erano rimasti solo Namjoon e Jin. Dovevano uscire al più presto. Jin portò qualche ciotola in sala per vedere cosa stesse facendo Yoongi. Sempre su quel divano. Andò di nuovo in camera sua, prese il cellulare e telefonò a Namjoon, ancora in cucina.

– Pronto? – la voce dell’amico che rispondeva al telefono giunse a Yoongi – Oh, ciao Kangdae-hyung! No, non disturbi. Oh, adesso? Va bene, se è urgente certo. No, non c’è problema, arriviamo subito! Aspettaci lì.

A Jin era venuto da ridere durante la conversazione e si dovette coprire la bocca con la mano quando Namjoon lo chiamò correndo verso la sua camera affannato. Stava recitando bene, forse avrebbero dovuto includere anche lui nello spettacolo l’anno successivo.

– Jinah, Kangdae-hyung ha appena chiamato. C’è una cosa urgente di cui deve parlarci per lo spettacolo.

– Adesso?? – Jin si stava comportando come se dovesse recitare la parte più importante della sua vita e tirò fuori il tono più genuinamente sorpreso di cui fosse capace. I suoi occhi però tradivano una punta di divertimento che quelli di Namjoon ricambiavano completamente – Cosa chiama a quest’ora della sera? Dovremmo dirgli-

– No Jinah, lo sai che non possiamo. Credo abbia del materiale importante da consegnarci, ma ha detto che deve dare istruzioni a entrambi e siccome sta passando di qui ed è urgente ha chiesto di vederci. Non potevo davvero dire di no.

– Ok, ok – disse Jin mettendosi il cappotto di fretta e Namjoon corse in camera sua a fare lo stesso. Yoongi li vide spuntare dal corridoio intabarrati nei loro cappotti e discutendo animatamente:

– Sei sempre il solito! Non potevi dirgli di venire qui?

– Non ci ho pensato Jinah, va bene?? Ma non mi sembrava avesse molto tempo. Ci aspetta al semaforo all’angolo.

– Ma dove state andando scusate? Uscite davvero?

Jin aprì la porta, Namjoon uscì fuori frettolosamente e il più grande si fermò solo un attimo per rispondere a Yoongi – È un’emergenza di teatro, speriamo di cavarcela subito. Tu non muoverti per nessun motivo, altrimenti chi apre a Jiminie? Sarà qui a breve.

Chiuse poi la porta dietro di sé, lasciando Yoongi da solo.

Nell’ascensore Jin dette un veloce bacio a Namjoon come a dirgli di aver fatto un buon lavoro e poi si lasciarono finalmente andare alle risate. Entrambi si erano agitati di non avere abbastanza tempo per cui tutta la loro performance aveva avuto toni più eccessivi di quanto avevano programmato. Però sembrava tutto aver funzionato. Hoseok era stato escluso fin dall’inizio poiché ai ragazzi era sembrato troppo complicato trovare una scusa per far uscire di casa tutti e sei e la sua assenza toglieva dunque un problema. Loro due sarebbero andati nel bar dove Hoseok già li aspettava e lì avrebbero atteso quella che avevano reputato essere una quantità ragionevole e credibile di tempo, ovvero circa una ventina di minuti, massimo mezz’ora, prima di tornare a casa. Taehyung si sarebbe occupato di tenere lontano Jungkook. In casa c’era solamente Yoongi e Jimin di lì a pochi minuti sarebbe risalito, trovandosi così da solo in casa con lui.

****

Quella notte era piuttosto limpida. Le previsioni segnavano neve nel fine settimana, ma oggi, così come il giorno prima, il tempo era stato clemente. Faceva sempre freddo, ma le forti piogge dei giorni precedenti avevano spazzato via molte nuvole e dunque il cielo era più sereno. Jungkook e Taehyung raggiunsero il supermercato in cinque minuti e una volta dentro iniziarono a muoversi tra gli scaffali per riempire il cestino con le cose che Jin gli aveva detto di comprare. Taehyung cercò di rallentare il tutto il più possibile, mettendo nel cesto le cose sbagliate svariate volte e obbligando poi Jungkook a riportarle al loro posto. Jin gli aveva mandato un messaggio appena uscito di casa e Taehyung aveva capito che era lui senza nemmeno controllare dopo aver sentito la vibrazione del telefono in tasca. Sapeva che era da quel momento che avrebbe dovuto considerare almeno venti minuti. Era ora di cena, ma per fortuna non trovarono le casse vuote e anche se la fila non era eccessivamente lunga un po’ di tempo fu mangiato in questo modo. Alla fine uscirono. È troppo presto, pensò Taehyung.

– Kookie, che ne diresti di fare tutto il giro dell’isolato? Potremmo passare dalla parte del fiume Han, oggi il cielo non è troppo coperto e deve essere bello, ti va?

– Ma non credi che Jin-hyu-

– Se si preoccupano ci faranno sapere, non allungheremo di molto. Ti prego? Kookie? Vorrei davvero vedere il fiume, è tanto che non ci passo di notte.

Come sempre quando Taehyung lo guardava in quel modo, Jungkook non seppe dire di no. Lo prese sottobraccio e con un sospiro lo iniziò a guidare lui stesso nella direzione per andare lungo il fiume.

– Se Jin-hyung se la prende dico che la colpa è la tua – gli disse con un ghigno.

– Jin-hyung non se la prenderebbe comunque mai con te Kookie – gli rispose sorridente Taehyung. Mentre camminavano tranquilli passarono di fronte a un piccolo stand dove preparavano zucchero filato.

– Uuuh! – esclamò Jungkook mentre lo sorpassavano e continuando a seguirlo per un po’ con lo sguardo – Mi piace tanto lo zucchero filato!

– Perché non ne prendi un po’?

– Non ho più spicci, gli unici che ho mi servono per il bus.

– Ah, ok, capisco – rispose Taehyung. Esclamò poi – Eccoci quasi!

Uscirono dalla via che avevano appena percorso e sbucarono sulla grande strada a lei perpendicolare che seguiva una delle sponde del fiume Han. Attraversarono per andare dall’altro lato, quello che si affacciava sul fiume e presero a camminare un altro po’. Taehyung emetteva piccoli urletti ed esclamazioni circa ogni cinque secondi e Jungkook sapeva che forse sarebbe stato normale aver voglia di dirgli di smetterla, ma la realtà era che lui avrebbe potuto osservare l’amico fare così per sempre. Aveva una gioia di vivere così contagiosa e in tutto questo tempo non era mai cambiato. Era rimasto spensierato e dolce e innocente come la prima volta che lo aveva conosciuto, mentre incurante delle occhiate strane che poteva attirarsi si era messo a fare suoni molto simili a quelli di adesso nel mezzo della palestra.

– Qui ti piace? – chiese Jungkook dolcemente quando Taehyung si staccò da lui per andare a sporgersi di più emettendo un urletto più entusiasmato degli altri.

– Si, rimaniamo qui!

Jungkook annuì e si sistemò vicino a lui. Era davvero una bella vista, con l’altra parte della città che si stagliava di fronte a loro e tutte le luci che si riflettevano sull’acqua. Dopo un minuto di silenzio Taehyung disse a Jungkook che doveva allontanarsi un momento.

– Dove devi andare?

– Vado e torno, un minuto solo, tu rimani qui buono, promesso?

– O-ok, ma… – Taehyung era già corso via. Jungkook rimase perplesso a seguirlo con lo sguardo, finché non lo vide scomparire per la via da cui erano venuti. Sollevò gli occhi al cielo ridacchiando per la stranezza dell’amico e riprese ad osservare il fiume di fronte a sé. Era inutile cercare di capire Taehyung, per quanto spesso sentisse di essere il solo a riuscire ad accompagnarlo quasi ovunque, sapeva anche che c’erano delle volte in cui la sua mente era semplicemente troppo distante per poter essere seguita. Aveva scelto davvero un bel punto, pensò ammirando la vista che aveva davanti. Taehyung aveva sempre avuto un occhio migliore del suo, anche per le fotografie e gli aveva insegnato tanto. Jin forse li avrebbe sgridati per questa deviazione, ma Jungkook non rimpiangeva l’aver assecondato l’amico. A un certo punto sentì dei passi concitati dietro di sé.

– Tae, dove eri anda- Ma che cosa hai preso?!

Di fronte a lui c’era Taehyung con in mano una stecca di zucchero filato, presa dallo stand su cui Jungkook aveva posato gli occhi poco prima. Gli tese la nuvoletta azzurra e si rimise vicino a lui.

– Tu ne avevi voglia, e io avevo i soldi. Eccolo qui, tutto tuo.

– Ma Taehyungie non dovevi! – rispose Jungkook prima di staccare un ciuffetto morbido e metterselo in bocca – Non dovevi davvero, ma grazie.

Taehyung ricambiò il sorriso del giovane e gli si portò ancora più vicino, prendendolo sotto braccio e appoggiandogli la testa sulla spalla. Jungkook non fece una piega e continuò tranquillo a mangiare il suo zucchero filato:

– Ne vuoi un po’?

– No, no, te l’ho detto che è tutto per te Kookie.

– Se lo vuoi dimmelo. Sai, pensavo che questo sarebbe stato un bel punto per fare delle foto per il nostro progetto, peccato non avere l’attrezzatura.

– È vero! Peccato sul serio. Il progetto è vicino, ma io non sono per niente convinto dei nostri scatti, sai?

– Nemmeno io e infatti ci ho riflettuto un po’. Ascolta – si fermò per far sciogliere in bocca un po’ di zucchero – e se scattassimo qualcosa in un posto innevato? Danno neve per domani. Potremmo andare domenica.

– Ma anche domenica dovrebbe nevicare, no? – Taehyung aveva sollevato la testa per guardare Jungkook in viso, ma continuava a tenere il braccio incrociato al suo. Jungkook scosse la testa.

– Ho controllato sul telefono, pare ci sia sole di nuovo la mattina e il pomeriggio, mentre la neve riprenderà la sera. Potremmo approfittare, che dici? Secondo me verrebbero degli scatti bellissimi. Il sole, ma con la neve, quando riavremo un’occasione simile? Le nostre macchine fotografiche piangeranno di gioia.

Jungkook sembrava davvero convinto e Taehyung anche pensò fosse un’idea molto buona. Accettò con entusiasmo e i due ragazzi decisero che si sarebbero visti la domenica per trascorrere la giornata insieme nelle campagne limitrofe, intorno alla zona della villa di Jin. Si rimisero poi in silenzio ad osservare il lento scorrere del fiume Han, Jungkook che assottigliava con calma il suo bastoncino di zucchero filato e Taehyung che si era riappoggiato alla sua spalla. Era felice di star condividendo quel momento insieme. Sapeva che, formalmente, aveva portato Jungkook lì perché doveva, ma la verità era che lui voleva. Voleva portarlo lì, voleva stare con lui. Se a qualcuno di esterno fosse stata spiegata la situazione, questi avrebbe visto in ciò che Taehyung stava facendo ora solo un modo per tenere Jungkook lontano da Jimin e Yoongi così che loro potessero avere il tempo di parlare e riprendere i rapporti. Ma Taehyung non la vedeva così. Sapeva che era uno solo il motivo principale per cui stava facendo ciò che stava facendo e sapeva che non lo avrebbe mai fatto se avesse creduto che potesse anche solo lontanamente far davvero male a Jungkook. Non lo stava tradendo, lo stava proteggendo. Si rendeva conto che non avrebbe potuto farlo per sempre, e era consapevole che prima o poi, se le cose fossero andate in un certo modo, la realtà avrebbe bussato anche alla porta di Jungkook, ma, almeno per questa sera, Taehyung si sarebbe messo in mezzo e le avrebbe ostruito il passaggio. Avrebbe tenuto Jungkook al sicuro ancora per un altro po’.

****

– Jin-hyung, scusa, ci ho mes- –Jimin si interruppe appena vide che di fronte a sé non c’era Jin, bensì Yoongi. Era lì davanti, capelli neri scompigliati, felpa grigia con cappuccio e quei suoi soliti pantaloni neri che non si ostinava a buttare, sempre troppo larghi per lui. Jimin avrebbe voluto buttargli le braccia addosso, ma si trattenne ovviamente – Oh, hy-hyung… scusami, grazie. Scusa.

– Perché ti scusi?

La domanda prese Jimin in contropiede. Perché ho detto scusa?

– I-io… ti ho scambiato per Jin-hyung e-e ti se alzato per me… quindi scusa – erano motivazioni sensate? Jimin sperò di sì. Non lo sapeva bene nemmeno lui perché si stesse scusando. Forse gli era semplicemente venuto spontaneo, scusami se infastidisco con la mia stupida esistenza.

– Dovevo lasciarti fuori? – Yoongi sentiva di star facendo il contrario di ciò che avrebbe dovuto. Voleva parlare con Jimin e si era aggrappato a questa occasione, appena il ragazzo si era finalmente rivolto a lui personalmente. Gli aveva dunque risposto sperando che in qualche modo la conversazione prendesse quota e non voleva lasciarlo andare, ma chiaramente non aveva idea di cosa stesse facendo. Gli si stava rivolgendo in modo troppo diretto, troppo aggressivo. Esattamente come aveva temuto. Guardò Jimin e lo vide irrigidirsi appena a quelle parole, come se si stesse riscuotendo.

– No, certo. Grazie – Smettila di dire cose cretine, ringrazia e basta. Già pensa che tu sia idiota a sufficienza, non peggiorare tutto. Si girò e dando le spalle a Yoongi lo lasciò lì, dirigendosi verso la cucina. Vide il tavolo vuoto e si accorse anche del silenzio nella casa. Si fermò davanti alla porta della cucina.

– Dove sono finiti tutti quanti?!

Yoongi coprì velocemente la distanza tra loro, prendendo dalle mani di Jimin due dei tre pacchi di riso che stava tenendo ed entrò nella stanza:

– Per un motivo o per un altro sono tutti dovuti uscire.

– Ma cosa è successo??

Yoongi posò pesantemente i pacchi sul bancone vicino al lavandino e Jimin fece lo stesso, ma posando il suo sul tavolino.

– Jin-hyung e Joonie sono dovuti correre da qualcuno per una cosa di teatro, mentre Taehyungie e Jungkookie sono a fare spesa, se non ho capito male. Realisticamente, non so se stasera riusciremo a mangiare.

– Oh – fu il solo commento di Jimin – e Hoseok-hyung? Non è arrivato?

– No. Non so cosa stia facendo.

– Non lo sai?

– No – Jimin aveva usato un tono strano, quasi ironico, nel porre quella domanda che Yoongi non riuscì a capire – No, non lo so perché ci stia mettendo tanto.

Jimin annuì e basta. Non sapeva cos’altro dire. Si guardò attorno. Guardò il pacco di riso sul tavolo. Lo prese di nuovo in mano.

– Dove… dove credi vada?

Non ho idea, stava per rispondere Yoongi, ma si fermò. Gli era appena venuta in mente una risposta migliore.

– Lo puoi mettere qui vicino a questi, poi ci penserà hyung – e dette un colpetto con la mano ai due pacchi di riso che aveva messo lui sul bancone. Per qualche motivo quella distanza tra loro lo stava rendendo ancora più nervoso. Voleva Jimin un po’ più vicino, nella speranza che sentirlo affianco a lui lo scaldasse quel tanto necessario a fargli dire ciò che tanto voleva. Non rimetterlo su quel maledetto tavolo.

Jimin si sentì con le spalle al muro. L’idea di avvicinarsi a Yoongi lo spaventava. Temeva di non riuscire a controllarsi, arrossire o mettersi a balbettare. Però non aveva davvero ragioni per non fare ciò che Yoongi gli aveva chiesto. Dopo un attimo di esitazione, si avvicinò lentamente e con apparente tranquillità al bancone e appoggiò il riso tenendo lo sguardo basso e facendo ben attenzione a non avvicinarsi troppo a Yoongi. Prima che potesse allontanarsi e trovare rifugio su una sedia del tavolo, fu Yoongi ad avvicinarsi ancora di più. Quando lo vide così vicino, Jimin non poté far altro che sollevare gli occhi su di lui. La sua espressione era strana, spaventata quasi. In effetti, quei pochi centimetri di distanza erano stati incredibilmente difficili da coprire per Yoongi. Si sentiva come se avesse appena attraversato un deserto intero e il cuore gli stava battendo freneticamente nel petto. Come sempre, sentì tornare quell’istinto così innato in lui di ritrarsi, rimettere una distanza di sicurezza ragionevole tra lui e Jimin e rimandare, possibilmente a mai, quello che stava per fare. Era terrorizzato, non si era mai comportato così in vita sua e onestamente non era nemmeno sicuro di esserne capace. La paura aumentava poi ancora di più non essendo sicuro di come avrebbe reagito Jimin. Era un rischio che però andava preso. Se lo era detto: così come era sicuro di chiamarsi Min Yoongi, non si sarebbe nascosto un’altra volta.

  Jiminah, aspetta – si sorprese a vedere che Jimin effettivamente si mise ad aspettare. Stava chiaramente per andare a mettersi a sedere, ma le sue parole dovevano essere già state sufficienti a fermarlo. Non aveva girato i tacchi ignorandolo. Forse era un buon segno. Forse no. Ma forse sì. Questo pensiero gli dette un po’ più di coraggio – Mi hai detto scusa prima. Ti ho chiesto perché. Forse sono sembrato brusco. È che…è che stavo pensando che non sei tu che devi scusarti. Jiminah, te l’ho detto mille volte, devi imparare a farti rispettare! – Vide gli occhi di Jimin sgranarsi in un’espressione confusa. Evidentemente le sue parole dovevano averlo colto di sorpresa. Avevano colto di sorpresa anche lui in effetti, non era così che aveva pensato di iniziare il suo discorso. La vuoi smettere di spaventarlo?? Cercò di rilassare di più le spalle e ammorbidire la propria voce – Mi dispiace. Mi dispiace Jiminah – allontanò il suo sguardo, ma si obbligò a riportarlo subito su Jimin. Continuava ad apparire tra lo spaesato e il dubbioso, e Yoongi dovette deglutire un momento prima di riuscire a proseguire. Era difficile, porca miseria. Così difficile. Si arrese al fatto che non sarebbe riuscito a dire, e soprattutto adeguatamente, tutto ciò che voleva, ma decise che quantomeno sarebbe dovuto riuscire a comunicare la cosa più importante – Mi dispiace non averti detto nulla della mia partenza, mi dispiace averti trattato male quando non ti sentivi bene e mi dispiace non essermi fatto sentire, né averti chiesto come stavi. Sono stato un pessimo amico – Si, così andava bene. Non era tutta la verità, ma almeno ne era una parte – Scusami.

Jimin dovette fare un grande sforzo per trattenere le lacrime. Yoongi-hyung si stava scusando con lui. Non solo gli aveva rivolto la parola, ma adesso stava anche chiedendo scusa. Jimin non era sicuro di potersi permettere la speranza che gli era nata in petto. La speranza che le scuse di Yoongi potessero significare un prossimo riavvicinamento. Jimin aveva atteso moltissimo il momento di rivedere Yoongi, ma dopo la sua improvvisa partenza aveva quasi perso ogni fiducia nelle sue capacità di potergli di nuovo andare vicino. Aveva interpretato il suo silenzio come un chiaro segnale da parte del ragazzo del fatto che lui non era poi una parte così importante della sua vita e dunque tutta quella volontà che aveva provato i primi giorni dell’anno di dare la possibilità a Yoongi di tenerlo vicino a lui, in qualunque modo preferisse, era andata via via scomparendo sempre più. Il suo ritorno, di nuovo improvviso e non annunciato, lo avevano definitivamente convinto di questo: era inutile ormai tentare di farsi benvolere. Doveva accettare le cose come stavano e mettersi una volta per tutte l’anima in pace sul fatto che Yoongi probabilmente non lo avrebbe più cercato. Invece adesso era qui, che lo guardava serio, con occhi quasi colpevoli, cercando il suo perdono. Si stava scusando per ciò che aveva fatto, per essersene andato e per non avergli parlato. Jimin non sapeva cosa provare. Era felice, ma aveva paura. Aveva paura di leggere nelle parole dell’altro più di quanto in realtà ci fosse. Il ragazzo poteva benissimo sentirsi in colpa per come lo aveva trattato, ma comunque non intendere che aveva intenzione di ripristinare il loro antico rapporto. Eppure aveva detto “sono stato un pessimo amico”. Jimin volle credere che significassero ciò che lui sperava. Riprendiamoci almeno la nostra amicizia. Decise di andargli incontro:

– Hyung… non mi devi chiedere scusa – iniziò con voce leggermente tremante, ma riuscì ad acquistare progressiva sicurezza – Sono sicuro avrai avuto le tue ragioni per-

– Non avevo ragioni – disse Yoongi interrompendolo con voce bassa, ma risoluta. Si mise le mani in tasca facendo spallucce – non avevo davvero nessuno motivo per ignorarti così. A volte… a volte il tuo hyung fa cose stupide, molto stupide, e questa è stata una di quelle.

Sembrava quasi tranquillo nel suo modo di parlare, come se dicesse una verità risaputa di cui tutti erano a conoscenza, già verificata e la cui accettazione non pesava più ormai. Jimin si sentì di nuovo le lacrime in gola.

– Hyung, credo che il premio stupido dell’anno vada a me però. Mi sono quasi ucci-

– No Jiminah, no che non va a te.

– Io penso di sì.

– Non ti ho appena detto di non farti mettere i piedi sopra? – disse Yoongi alzando leggermente la voce e sgranando gli occhi, con un tono che non era irritato, ma solamente incredulo. Si fissarono per un secondo e poi entrambi si lasciarono sfuggire una piccola risata. Quel battibecco su chi fosse stato più stupido stava diventando ridicolo e se ne erano accorti entrambi.

– Sei proprio ancora senza speranza – disse Yoongi a Jimin guardandolo affettuosamente, l’ombra di un sorriso ancora sul suo viso.

– Temo di sì hyung – disse Jimin abbassando gli occhi – assolutamente senza speranza – intendeva molto più di quello che Yoongi avrebbe capito, ma andava bene così. Si stavano parlando. Yoongi-hyung si era scusato e adesso gli stava addirittura sorridendo. Lo vide aggrottare gli occhi e portarli sulla sua pancia. Jimin vi portò le mani velocemente, arrossendo leggermente.

– Temo di aver fame…

Yoongi ridacchiò di nuovo, andando verso il frigorifero, e Jimin pensò quanto gli fosse mancato questo suono. 

– A te il dolce piace sempre giusto? Anche prima dei pasti se non sbaglio.

– Mh, sì, perché?

Yoongi aprì lo sportello del frigo, prese qualcosa e tornò vicino a Jimin. Gli posò davanti una barretta di cioccolato fondente all’arancia, staccò due cubetti e glieli passò.

– È la tua? – disse Jimin per cortesia, ma mettendosela intanto in bocca.

– Si, beh, non distribuisco cibo altrui di solito – lo guardò con aria di scherno – forse dovremmo rivedere l’assegnazione di quei premi stupidità a ben pensarci.

Jimin per tutta risposta si mise a ridere e staccò velocemente un pezzetto dell’alluminio che avvolgeva la tavoletta di cioccolato, gli dette la forma di una palletta con le piccole dita e la tirò poi a Yoongi. Il ragazzo non si spostò, ma chiuse gli occhi ridacchiando e annuendo come a dire che se lo meritava. Aveva fatto davvero la scelta giusta. Non vedeva nulla in Jimin di tutto ciò che temeva avrebbe incontrato. Non c’era astio, non c’era rancore, non c’era chiusura in lui. Non gli stava sbattendo il portone in faccia. Yoongi aveva fatto la scelta giusta ad aver lasciato a Jimin il diritto di scegliere da solo se voleva ancora avere a che fare con lui. Senza che Yoongi lo sapesse, quello era esattamente lo stesso pensiero di Jimin. Ho fatto bene a venire qui questa sera.

– Grazie, hyung. Per la cioccolata e per le scuse. Però va bene così. Non voglio riprendere la discussione, promesso! – aggiunse velocemente sorridendo e scuotendo una mano – Voglio solo dirti che non devi sentirti in obbligo di darmi spiegazioni. Dici che fai cose stupide, ma io non credo sia così. È vero, non mi hai avvisato, ma in fondo sei stato preso dal trasloco e sicuramente ritrovarsi in un nuovo ambiente di lavoro non deve essere facile.

Yoongi si sentì stringere il cuore. Il ragazzo non sapeva che non c’era nessun luogo di lavoro a cui si era dovuto abituare.

– Però… adesso sei tornato, vero?

Perché gli occhi di Jimin sembravano quasi implorarlo? Era di sicuro solo una sua impressione.

– Sono tornato Jiminah – Diglielo. Diglielo Yoongi. Dillo ora – …e tu mi devi ancora un pomeriggio di consulenza.

Jimin batté le palpebre due volte e socchiuse le labbra in un’espressione di sorpresa. Yoongi gli sorrise:

– Non pensare che me ne sia scordato.

Ce l’aveva fatta. Glielo aveva detto. Cercava di mantenere un’apparenza sciolta, ma si sentiva le gambe tremare. Stava chiedendo a Jimin di continuare i loro pomeriggi insieme. Non sapeva neppure lui dove avesse trovato il coraggio. Continuava a pensare che fosse un’idea assurda, suicida. Lo avrebbe solo fatto soffrire di più. Ma aveva preso non solo la decisione di non fare più scelte per Jimin, ma anche, e soprattutto, quella ancora più importante di esporsi di più, condividere qualcosa di proprio, mostrare una parte di sé stesso. E l’unico luogo da cui Yoongi sapesse partire era la musica. Dopo aver comprato il biglietto che lo avrebbe riportato a Seul, il lunedì, aveva subito dopo sentito di nuovo un fiume di ispirazione, il primo da quando aveva avuto luogo il suo ultimo incontro con Jimin. Si era messo a scrivere e adesso aveva bisogno di renderne partecipe l’altro ragazzo. Ti prego non dirmi di no. 

Jimin non disse di no.

****

– Jinnie-hyung, quanto tempo è passato?

Jin prese il telefono e appoggiò il mento su una mano:

– Quasi un quarto d’ora.

– Voglio sapere cosa sta succedendoooooo!

Hoseok si portò un po’ indietro con la sedia sulla quale era seduto, dentro il piccolo bar fuori mano a poca distanza dal palazzo del 503, e abbassò la testa sul tavolo.

– Hoseokah, è inutile che batti i piedi! Abbiamo ancora dieci minuti di attesa e poi torniamo su e vediamo cosa è successo. Perché ti comporti come un bambino?

– Joonie fa tanto il tranquillo, ma in realtà anche lui è nervoso come te Hoseokie – disse Jin con un sorrisino.

Namjoon spalancò gli occhi:

– Non sono nervoso!

Jin scoppiò a ridere:

– Continui a battere il piede e muovere la gamba, sei chiaramente nervoso. Pensi che non ti conosca?

Hoseok irruppe in una risata che a Namjoon, diventato ora rosso, suonò come un ghigno malefico. Jin gli mise una mano dietro la nuca, accarezzandolo con delicatezza:

– Non c’è niente di male Joonie. Sarebbe strano il contrario.

– Il telefono! – urlò Hoseok facendo sobbalzare gli altri due – Jin-hyung è Yoongi!

Jin si precipitò a recuperare il telefono che aveva poggiato sulla tovaglietta rossa del tavolino nero e rispose:

– Si pronto, dimmi! – esclamò facendo con la mano cenno di allontanarsi a Hoseok e Namjoon, che nel frattempo si erano portati vicino a lui nella speranza di riuscire a sentire parte della telefonata.

Ma dove siete?? Io e Jiminah abbiamo fame e voi siete tutti dispersi! Volete farci morire?

Il volto di Jin sembrò illuminarsi e Hoseok e Namjoon spalancarono gli occhi nello stesso momento, curiosi di sapere di più.

– S-si, Yoongiah, io e Joonie abbiamo quasi finito. Mi dispiace tanto per l’attesa. Jiminie quindi è lì?

Dove vuole essere scusa?

Jin sentì un rumore e poi un’altra voce, ben più squillante di quella bassa e roca di Yoongi.

Jin-hyuuung! Vuoi dirci intanto se c’è qualcosa che possiamo iniziare a fare? Altrimenti io e Yoongi-hyung ce ne andiamo a mangiare da un’altra par-

Jiminah, io non mi muovo di qui, fa freddo, che stai dicendo?

Yoongi sembrava star ridendo e lo stesso Jimin. Jin sentì un sollievo immenso scendergli addosso e avvolgerlo completamente. Le cose dovevano essere andate bene per forza.

Shhh Yoongi-hyung era una tecnica per farlo venire prima!

Ma tecnica di cosa?? Jin-hyung davvero, siamo disperati, torna a casa.

– Guarda, abbiamo proprio fatto, adesso arriviamo a salvarvi.

Spense il telefono con un sorriso che andava da un orecchio all’altro. Namjoon e Hoseok, come spesso capitava, dissero la stessa cosa insieme:

– Tutto andato liscio???

Jin gli fece l’occhiolino:

– Parlavano e scherzavano, non solo con me ma anche tra loro. Ragazzi. Credo che ce l’abbiamo fatta!

Il “si” che lanciò Hoseok fece scoppiare Jin a ridere e spinse Namjoon a prenderlo per le spalle e trascinarlo fuori, ridendo però anche lui.

– Mando un messaggio a Taehyungie – disse Jin quando furono usciti. Il piano prevedeva che quando i tre ragazzi avessero lasciato il bar, Jin avrebbe mandato un messaggio indecifrabile a Taehyung, che lui avrebbe interpretato come segnale per tornare a casa, ma che avrebbe potuto far passare per un errore del più grande nel caso in cui Jungkook per qualche motivo lo avesse visto. Digitò un carattere a caso e premette invio – Ok, torniamo a casa.

****

Yoongi chiuse la chiamata.

– Pare stiano arrivando a salvarci.

– Speriamo si muovano. Tutti scomparsi, non ci posso credere.

Yoongi fece un gesto come a dire che ormai non ci si poteva più far nulla e tornò in sala, riprendendo il suo posto sul divano davanti alla televisione. Jimin lo seguì e in silenzio si mise seduto vicino a lui. Per tutto il tempo che rimasero soli nessuno dei due disse più nulla, tranne occasionali commenti veloci o risatine per il varietà che stavano guardando, ma nella semplicità di quell’azione entrambi ritrovarono ciò che credevano di aver perduto. Pur non sapendolo, i pensieri che stavano facendo erano gli stessi. Entrambi avevano l’impressione di star vivendo un piccolo miracolo, e si sentivano ancora stupiti di come fossero riusciti a ritrovarsi qui, in questo momento, seduti vicini a vedere la televisione come se non fosse mai accaduto nulla. Era stato difficile, ma al tempo stesso così semplice. Prendere il coraggio di provare ad avvicinarsi estremamente faticoso, ma fare breccia l’uno nell’altro incredibilmente facile. Non c’erano state asce di guerra sollevate, muri eretti, rancori portati. L’uno aveva colto nell’altro la volontà di ritrovare un contatto e questo era stato sufficiente a far nascere un ponte tra loro. Erano anche entrambi consapevoli però che questo era solo l’inizio. Le cose potevano sembrare come prima, ma non lo erano. Avrebbero dovuto trovare un nuovo equilibrio, capire meglio cosa l’uno poteva dare all’altro ora che non erano più soli nella loro relazione, come entrambi a causa del malinteso non ancora chiarito credevano. Questa idea creava inquietudine sia a Yoongi che Jimin. Se su quel divano entrambi avevano deciso di godere di quel momento fine a sé stesso ed evitare ulteriori parole che potessero portare nella direzione sbagliata, d’altro canto nessuno dei due poteva smettere di pensare al rischio che stava correndo. Sarebbero potuti essere amici? Sarebbe potuto il loro rapporto continuare a funzionare anche in questa situazione? Escludere l’altro dalla propria vita non era più un’opzione, per nessuno di loro, ma quanto dolore avrebbe causato questa scelta? La tranquillità del momento presente, sarebbero riusciti a mantenerla? Forse sì, pensavano, se solo fossero stati cauti e si fossero avvicinati solo quel tanto che bastava a non tagliare il cordone, ma allo stesso tempo anche a non creare fastidio l’uno nella vita dell’altro. Eppure entrambi sentivano comunque che questa era probabilmente la cosa peggiore che potessero fare, tornare a stare vicini, quando tutto era così diverso, quando vedersi faceva così male. Avrebbero resistito a quella vicinanza, pur sapendo che la persona amata apparteneva ora ad un altro? Avevano paura, allo stesso modo, per gli stessi motivi, ma non lo sapevano. Così rimasero muti, a guardare uno schermo, senza che i loro pensieri trovassero una voce, per un altro po’, fino a quando finalmente una chiave non girò nella toppa.

 

 

 

Note dell’autrice: Hello everybody, eccoci qui con un altro capitolo ~

Non ho troppissimo da dire questa volta, mi sembra che tutto parli un po’ da solo. Il piano sembrerebbe aver funzionato! Grazie al tempo da soli che i ragazzi hanno regalato loro, Jimin e Yoongi sono finalmente riusciti almeno a parlarsi e a ricostruire un ponticello. Non si sono verificati melodrammi, non ci sono state scene madri, né lacrime. I due piccini si mancavano a vicenda ed hanno così trovato abbastanza facilmente il modo per rientrare in contatto. Ci sono però troppe cose che devono ancora uscire, no? Per il momento, nessuno dei due ha voglia di parlarne, pur sapendo che però questa stasi non può durare per sempre e lo sappiamo anche noi ovviamente che non potranno continuare così ancora a lungo, per cui stiamo a vedere che cosa succede. Il prossimo capitolo è molto importante, mi raccomando leggetelo ~~

Credo sia chiaro, ma comunque volevo precisare che non ho idea di come sia fatta effettivamente Seul, quindi visto che siamo in un AU facciamo che anche abbiamo anche una Alternative Seul, visto che la descrizione della strada che fanno Taehyung e Jungkook è stata fatta a fantasia ahah

Io mi fermerei qui, come ho già detto non ho cose particolari da aggiungere in questo capitolo. Il primo passo verso un ricongiungimento è stato fatto, adesso è solo questione di vedere come si evolverà il tutto, se Yoongi e Jimin continueranno a cercare di rimanere solo in rapporti di amicizia, o se uno dei due deciderà comunque di farsi avanti, o se questo non chiarirsi porterà Jimin ad avvicinarsi di più a Kookie o se prima o poi qualche nodo verrà al pettine. Tante strade possibili, vedremo quale sarà quella intrapresa ;)

Grazie come sempre di aver letto il capitolo e queste noticine, fatemi sapere cosa ne avete pensato Vi aspetto qui sugli stessi schermi la settimana prossima ~

Baci, Elle

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Capitolo 17
*** Capitolo XIV ***


Note dell’autrice (1): piccolo disclaimer inutile tanto per avvisare. Il capitolo è nettamente più lungo rispetto ai soliti. Avrei potuto spezzarlo come di solito faccio, ma questa volta ho pensato che tutto quello che vi è descritto doveva essere lasciato insieme. Poi capirete il perché. Mi scuso fin da ora se vi toccherà usare un’ora per finirlo >__< Ma forse alla fine converrete con me che era la scelta più giusta da fare. Buona lettura e ci vediamo dopo sulle note finali ♥ Elle ~

 

 

CAPITOLO XIV

Credevo che la felicità
fosse sempre domani,
e poi domani e domani ancora
Forse essa è qui.
Forse essa è ora.
E io ho guardato in qualsiasi altro luogo.

(Osho)

 

 

– Ma di notte non vi mette un po’ ansia?

– Ancora mi ci devo abituare – rispose Namjoon sottovoce a Jungkook.

– Io lo trovo interessante. Particolare, ma interessante – aggiunse una voce più acuta.

– Beh, di sicuro come scelta lo è. Un po’ troppo però forse.

– Kookie, guarda che ti ho sentito. Anche a te, Kim Namjoon – disse Jin mentre portava le ultime due lattine di birra. Ognuno aveva già finito la propria durante la cena, era tempo di fare il secondo giro. Si mise a sedere sul divano tenendone una per lui e tendendo l’altra a Jimin, vicino a lui – Jiminie è sempre il più dolce. Particolare, ma interessante, esattamente. Ti sei guadagnato una torta tutta per te.

Tutti riuniti in sala, l’argomento di discussione era al momento il nuovo quadro di Jin. Era la prima volta da quando era stato appeso che i tre ragazzi più giovani lo vedevano e dunque aveva attratto la loro curiosità. A Jungkook, come aveva esplicitamente espresso, metteva un po’ di angoscia, mentre a Jimin era piaciuto. Taehyung anche sembrava averlo apprezzato, come si sbrigò subito a ribadire a Jin:

– Hey, anche io ho detto che mi piace! Appunto è particolare ed è un qualcosa che forse la gran parte delle persone non appenderebbe in casa, per cui ciò rende la nostra sala unica.

Jin non poté trattenere un sorriso all’utilizzo del “nostra” da parte di Taehyung.

– Vero, torta per l’appartamento Kim/Park allora.

– Se vi piace tanto, possiamo regalarvelo, non fate complimenti.

Jin fulminò Namjoon con lo sguardo.

– Jinnie, potevi degnarti almeno di farmelo vedere prima però!

– Joonie, l’ho fatto!

– Mi hai solo sbattuto davanti lo schermo del telefono per mezzo secondo dicendomi di aver comprato un quadro, ma senza darmi nemmeno il tempo di guardare l’immagine, tra l’altro minuscola, di ciò che vi era dipinto.

Jin alzò gli occhi al cielo, ridacchiando e diventando rosso, sapendo che il ragazzo stava dicendo la verità. Namjoon si trovava seduto al lato estremo destro del divano, vicino a Yoongi. Di fianco a Yoongi aveva preso posto Jimin, alla cui sinistra c’erano poi Jin e Hoseok. Nel divano sarebbe entrata anche una sesta persona ma Taehyung aveva deciso di mettersi per terra vicino a Jungkook, ai piedi di Namjoon. Arrivato per ultimo al divano il ragazzo era stato costretto a mettersi per terra e Taehyung aveva preferito condividere quella sorte con lui. In origine si trovava tra Jin e Hoseok e sapeva che comunque non era quello il posto che Jungkook avrebbe voluto. Non gli era sfuggito il modo in cui il più piccolo si era accorto che non c’era posto per lui vicino a Jimin. Taehyung era sicuro che si sarebbe fiondato lì e dunque aveva avuto modo di notare la lieve delusione che si dipinse sul suo viso quando vide Jimin seduto comodamente vicino a Yoongi. Non che Jungkook si aspettasse che il ragazzo gli tenesse il posto vicino a lui, però… forse sì, se lo aspettava. La loro relazione si era evoluta in modo tale che non era d’altronde del tutto illogico pensare una cosa simile. Nel corso delle ultime due settimane Jimin era uscito con lui praticamente tutti i giorni, assecondandolo in qualsiasi cosa avesse proposto. Una volta erano andati al cinema, un’altra a mangiare in un luogo particolare di cui Jungkook aveva sentito parlare, un’altra volta ancora erano andati a fare un giro in una fumetteria che piaceva tanto a Jimin e Jungkook gli aveva anche comprato un peluche. Si erano visti anche il pomeriggio del mercoledì in cui Yoongi era tornato. Jungkook aveva portato Jimin in una zona un po’ fuori mano, con cui erano dovuti arrivare in treno, dove davano una mostra che credeva sarebbe potuta piacergli. Così era stato ed avevano passato un bel pomeriggio insieme anche se, ancora una volta, Jungkook non era riuscito a farsi avanti in modo esplicito. E ormai aveva capito che sarebbe toccato a lui fare il primo passo. A Jimin piaceva la sua compagnia, ma non aveva mai cercato di mettere fine a quel pochissimo spazio di distanza che adesso li separava. Quel piccolo spazio che segnava il confine tra l’essere amici e essere qualcosa di più. Jungkook aveva pensato mille volte di provare a prendergli la mano o compiere qualche gesto che potesse avvicinarli e magari anche permettergli di dargli un leggero bacio. Ma la sua timidezza era sempre lì e non riuscendo ad agire d’impulso ogni volta che si metteva a riflettere sull’efficacia di azioni del genere puntualmente giungeva alla conclusione che fosse pari a zero. Sarebbe stato orribile ad esempio afferrare la mano Jimin all’improvviso solo per vederlo ritrarla alla svelta. No, non poteva coglierlo di sorpresa, doveva prepararsi un buon discorso e dirgli tutto con calma. Nessuna decisione affrettata o istintiva lo avrebbe aiutato. Era però stato felice quando, mentre erano sul treno per tornare a casa, poco prima dell’ora di cena, aveva sentito a un certo punto la testa di Jimin appoggiarglisi sulla spalla e farsi progressivamente più pesante. All’inizio Jungkook si era irrigidito, non sapendo cosa fosse più giusto fare, se muoversi o rimanere immobile, ma quando aveva iniziato a sentire il respiro regolare del ragazzo aveva compreso che gli si era addormentato addosso. Pensò fosse normale, quella sonnolenza, visto quanto poco e male Jimin dormiva la notte. Piano piano, cercando di essere delicato per non svegliarlo, gli aveva fatto passare un braccio dietro la schiena, per metterselo un po’ di più contro il petto e farlo stare più comodo. Jimin, rimanendo addormentato, si era sistemato meglio e lui lo aveva quindi stretto di più a sé. Di nuovo, aveva avuto voglia di compiere tanti gesti per cui forse un’altra persona più audace di lui non si sarebbe fatta problemi, soprattutto visto che Jimin dormiva profondamente. Lui però era innanzitutto terrorizzato dall’idea che l’altro svegliandosi se ne accorgesse e si innervosisse, e poi non credeva fosse giusto. Jimin non era ancora il suo ragazzo e lui non si sentiva in diritto di fare tutto ciò che avrebbe voluto. Come toccare i suoi capelli corvini, accarezzargli piano una guancia, prendergli una mano e tenerla nella sua, le loro dita intrecciate fino a destinazione. Lo aveva solamente tenuto stretto, sereno nel vedere Jimin così tranquillo con lui e pregando che il suo amore potesse essere sufficiente a ridonargli la serenità. Riguardo al problema di Jimin, Taehyung non aveva ottenuto molte più informazioni di quante già non ne avessero in precedenza. Gli aveva riferito di aver parlato con Jimin e che il ragazzo aveva detto di non sapere effettivamente il perché degli incubi e che aveva promesso di prendere provvedimenti nel caso in cui fossero continuati. A questo punto Jungkook aveva dunque pensato che la cosa migliore fosse aspettare e vedere come si evolveva la situazione. Non dubitava della sincerità di Jimin e dunque immaginava che prima o poi anche questo periodo sarebbe passato, come tanti altri periodi brutti nella vita. Quel venerdì sera, quando era rientrato dal supermercato con Taehyung, aveva trovato Jimin già indaffarato insieme a Jin per i preparativi della cena, mentre Namjoon e Hoseok erano sul divano insieme a Yoongi. Mentre era in cucina per dare una mano, aveva avuto modo di vedere qualcosa di diverso in Jimin. Sembrava più rilassato, più sereno. Ogni tanto gli lanciava un’occhiata di nascosto, come faceva spesso, e si accorgeva che, mentre tagliava le verdure, si era fermato con il coltello a mezz’aria, lo sguardo fisso e un sorriso sulle labbra. Anche durante la cena era stato più rumoroso, ridendo di più e facendo più chiasso. L’atmosfera stessa sembrava più tranquilla rispetto all’inizio della serata. Tutti erano intorno al tavolo, chiacchieravano e si divertivano e sembravano comportarsi in modo diverso da quanto avevano fatto prima. Jungkook aveva notato che la tensione che si era percepita nell’ultimo periodo era sparita, forse anche per via del fatto che l’umore nero di Yoongi sembrava essersi dileguato. Prima era rimasto sul suo divano senza parlare con nessuno o quasi, mentre adesso partecipava alla conversazione e faceva addirittura battute ogni tanto e anche gli altri ragazzi apparivano ora più allegri e chiassosi. Tutto ciò sarebbe andato benissimo a Jungkook, se solo non avesse sentito a un certo punto una conversazione tra Jimin e Yoongi che gli aveva provocato una certa apprensione. Era accaduto mentre si trovavano in cucina poco prima di cena. Jimin stava lavando alcune verdure nel lavandino mentre lui era sul bancone vicino a lui a tagliare la carne. A un certo punto Yoongi era entrato e si era portato vicino a Jimin per prendere un bicchiere d’acqua. Dopo aver finito di bere lo aveva scosso apposta davanti al viso del ragazzo per fargli arrivare delle gocce in viso, al che Jimin aveva chiuso gli occhi e arricciato il naso tirandosi leggermente indietro e ridendo. “Quel pomeriggio salta se continui a trattarmi male, hyung!” aveva detto scherzando e Yoongi aveva risposto portando le braccia ai fianchi: “Chi ti ha insegnato a parlare così? Porta più rispetto!”. Jimin era diventato leggermente rosso e aveva ripreso a pulire le sue verdure, ridacchiando e dicendo “Ho seguito i consigli di un uccellino che mi ha detto di farmi rispettare”. Yoongi se ne era andato scuotendo la testa e affermando deciso “Il pomeriggio si fa”. Ovviamente, Jungkook non aveva potuto fare a meno di chiedersi di cosa stessero parlando e soprattutto a quale pomeriggio facessero riferimento. Dovevano incontrarsi? Jungkook sapeva che Jimin e Yoongi erano soliti da anni passare pomeriggi insieme, e quando vi aveva riflettuto in passato era sempre arrivato alla conclusione che non ci fosse nulla di cui preoccuparsi. Si era già interrogato sul come fare i conti con le persone nella vita di Jimin e per quanto riguardava Yoongi sapeva che il ragazzo era una presenza, su questo non c’erano dubbi, ma non vi aveva mai visto i presupposti di una possibile minaccia. Adesso che però aveva iniziato a frequentare Jimin più spesso e si stava abituando all’idea che tra loro le cose potessero effettivamente andare nella direzione da lui sperata, l’idea che Jimin condividesse con Yoongi qualcosa che a lui era sconosciuto sembrava stargli dando molti più problemi di quanto avesse pensato. Una piccola fitta dolorosa lo aveva punto in pieno petto e lui aveva capito di essere geloso. Avrebbe però dovuto imparare a gestire questo sentimento, aveva pensato, Jimin non poteva trascorrere il tempo solo con lui. L’importante era che fosse felice e se i pomeriggi con Yoongi lo facevano stare bene lui non si sarebbe opposto. In effetti finalmente lo vedeva più tranquillo di quanto non lo avesse visto da settimane e se il merito era anche di Yoongi non aveva nulla in contrario al fatto che il loro hyung partecipasse al benessere di Jimin. Si era detto così, mentre tagliava a pezzettini con le forbici la carne, ma ovviamente non era nemmeno riuscito ad ignorare del tutto il senso di inquietudine che lo aveva colto. Ora che erano tutti riuniti attorno al divano, questa sensazione si era ripresentata e Jungkook non poté far altro che essere grato a Taehyung per non averlo lasciato da solo per terra.

– La sala comunque sembra quasi nuova grazie a questo quadro – disse Jimin – e meno spoglia. Ora che avete tolto le decorazioni natalizie mi devo un attimo riabituare a tutto questo spazio vuoto.

– A proposito di rinnovamenti – intervenne Jungkook – come stanno andando i lavori da voi? Avrete finalmente una cucina vivibile e non a rischio ibernazione?

– Credo di sì, gli operai hanno finito oggi – alzò gli occhi al cielo – dovresti vedere che disordine hanno lascia-

L’urlo di Taehyung interruppe Jimin e fece sobbalzare tutti. Aveva gli occhi spalancati e stava guardando Jimin con aria colpevole:

– Jiminie! Ho scordato che volevamo ripitturare le pareti!

– Che pareti? – chiese Hoseok.

Jimin rimase un attimo interdetto, non capendo perché una semplice dimenticanza, tra l’altro piuttosto frequente in Taehyung, lo avesse sconvolto così tanto:

– Abbiamo deciso di approfittare del disordine e ridipingere domenica la cucina perché è tanto che volevamo farlo. Tae, non fa niente se lo avevi scordato, te lo avrei ricordato io domani, qual è il problema?

– Ah, domenica avreste dovuto…? – fu la domanda di Jungkook a Taehyung – Non fa niente allora, non ti pre-

– No! No, no, Kookie, aspetta un attimo. Jiminie – disse poi rivolgendosi all’amico – scusami tantissimo, lo avevo del tutto scordato. Io e Kookie… avremmo deciso di andare in campagna per fare delle foto per il nostro progetto questa domenica.

– Taehyungie, ma scusa! Ci eravamo già accordati!

– Lo so, ma-

– Non dobbiamo per forza andare Tae – Jungkook cercò di rimediare e giustificare l’amico – mi è venuto in mente prima all’improvviso Jiminie, non lo avrei nemmeno proposto se avessi sap-

– No, dobbiamo andare invece. È come hai detto tu, quando ci ricapita la neve con il sole? E il progetto è vicinissimo, non abbiamo più molto tempo da perdere. Jiminie, ti dispiace tanto se rimandiamo io e te?

Jimin sembrava effettivamente esserci rimasto male. È vero che aveva proposto quell’attività come distrazione dall’incognita del ritorno di Yoongi, e da questo punto di vista urgenza non c’era più. Yoongi gli aveva detto che sarebbe rimasto, e Jimin gli credeva completamente. D’altro lato però ci teneva davvero a fare qualcosa con l’amico e il fatto che si fosse del tutto scordato dei loro accordi lo aveva leggermente offeso.

– Taehyungie, le lezioni si stanno facendo più intense e non lo so se troverò un altro momento. Questa domenica sarebbe stata perfetta perché tanto dovevamo comunque ripulire tutto. C’è un disordine incredibile in cucina – disse per spiegare meglio agli altri – e io non penso di trovare un pomeriggio da dedicarle la prossima settimana.

Taehyung si morse il labbro, incerto su cosa dire. Jungkook aprì la bocca per cercare di convincere Taehyung ad annullare il loro piano, ma venne anticipato da un’altra voce.

– Posso venire io ad aiutarti a pulire – disse Yoongi. Sei paia di occhi sconvolti si posarono in contemporanea su di lui. Ne sentì il peso, ma continuò, il cuore veloce nel petto e la voce ferma – Se è troppo per farlo da solo, posso venire io. E posso aiutarti a pitturare – rifletté un attimo su ciò che aveva detto e sentendosi le orecchie calde si corresse – Cioè, quella è una cosa che volevi fare con Taehyungie, scusami, questo possiamo lasciar stare. Ma posso aiutarti a riordinare e preparare tutta la stanza per la verniciatura.

Su Jimin si mossero ora solo cinque paia di occhi, perchè Yoongi continuava a guardare fisso davanti a sé. Non poteva crederci nemmeno lui. Che cosa mi è saltato in mente di fare? Come aveva potuto fare una proposta del genere dal nulla, così insensata, così priva di logica? Aveva visto Jimin dispiaciuto ed aveva provato una voglia enorme di fare qualcosa e aveva dunque fatto un enorme sforzo su sé stesso per lasciare scorrere le parole nel momento in cui le aveva pensate, senza mettersi a filtrarle e bloccarle con il raziocinio. Ora però stava sudando e lo stomaco gli si era contratto. Se il ragazzo non avesse risposto entro cinque secondi giurò a sé stesso che sarebbe fuggito via di corsa in camera e fatta la valigia avrebbe afferrato il primo volo per l’altra parte del mondo.

– Va bene – Jimin era stupito, ma cercò di non darlo a vedere. Disse quelle due paroline di fretta, nel terrore che Yoongi si rimangiasse la sua proposta e solo dopo averle pronunciate si rese conto davvero di ciò che era appena successo. Aveva accettato che Yoongi si presentasse a casa sua domenica. Si sarebbero trovati un intero pomeriggio da soli. Il pensiero rendeva Jimin allo stesso tempo emozionato e terrorizzato. Era contento, ma avrebbe anche voluto prendersi a schiaffi. Non avrei dovuto accettare. Non possiamo comportarci come prima, hyung. Non posso stare vicino a te così a lungo, non così presto. Sarebbe dovuto essere più cauto. Quando aveva deciso di lasciare la porta aperta per Yoongi lo aveva fatto convinto che il ragazzo non gli avrebbe comunque mai più dato lo spazio che aveva prima. Credeva si sarebbe dovuto accontentare di poco. Invece adesso Yoongi si stava offrendo di attraversare mezza Seul solamente per andare ad aiutarlo a mettere a posto la sua cucina e di trascorrere un’intera domenica solo con lui. Era più di quanto Jimin avesse messo in conto e adesso era dunque spaventato. Questa vicinanza poteva rivelarsi più dolorosa del previsto, ma d’altra parte lui non riusciva a dirle di no. Aveva voglia di trascorrere del tempo insieme a Yoongi e si era buttato a capofitto in quella situazione pur sapendo quanto avrebbe bruciato, la sera, il vederlo andare via e non poterlo tenere per sé. Ma ormai era fatta. I nuovi accordi furono presi, Taehyung e Jungkook sarebbero andati presto in missione nelle campagne attorno alla casa di Jin, mentre Yoongi sarebbe andato subito dopo pranzo a casa di Jimin per dargli una mano con le pulizie della sua cucina.

 

22 gennaio 2017

Ci sono volte nella vita in cui capita di ritrovarsi ad affrontare situazioni come se queste non fossero reali, come se fosse un sogno il fatto che esse siano arrivate sul nostro cammino e davanti alla cui occorrenza ci sentiamo ancora più sbigottiti quando ci rendiamo conto di essere stati proprio noi a provocarle. Era questo il modo in cui Yoongi si sentiva in quella limpida domenica di gennaio. Nonostante avesse avuto del tempo per abituarsi all’idea, continuava a chiedersi e richiedersi come fosse giunto fin lì. Su quella strada bianca che scricchiolava sotto i suoi piedi, sotto quel cielo terso e quell’arietta fredda, davanti a quel portone che lo metteva in soggezione. Era il portone della casa di Jimin e Taehyung, e lui stava per entrarvi dentro, salire fino all’appartamento e fare irruzione nella domenica pomeriggio di Jimin come se fosse la cosa più naturale del mondo. Come se la presenza di Jimin fosse per lui semplice da sopportare. Come se non avesse capito di amarlo. Come se non avesse mai sentito le labbra del ragazzo pronunciare però un nome differente dal proprio. Ed era infatti come se nulla di tutto ciò fosse successo che Yoongi si era proposto davanti agli sguardi esterrefatti di tutti i suoi amici di uscire di casa, con il freddo e con la neve, dopo pranzo – rinunciando anche al suo riposino pomeridiano – per andare dall’altra parte della città ad aiutare Jimin con un qualcosa che non solo avrebbe potuto benissimo fare da solo, ma che, sebbene con un po’ di fastidio, avrebbe comunque potuto rimandare. Eccolo lì dunque, adesso, fare un passo dopo l’altro marciando dritto verso le sue paure, le sue ansie, e lasciando indietro il vecchio sé stesso. Perché di questo doveva trattarsi, questa persona che si stava muovendo ora verso l’ascensore e premeva il bottone del giusto piano. Un Min Yoongi sconosciuto, una nuova versione nata dal nulla, o che forse era stata sempre lì, ma non aveva mai trovato abbastanza ossigeno per nascere. Yoongi si chiese quale delle due ipotesi fosse corretta, se quella della creazione o della gestazione. Pensò che non aveva molto senso saperlo non appena vide il viso di Jimin venire progressivamente scoperto dalla porta che si apriva. Quali che fossero i motivi per cui aveva agito così, restava il fatto che adesso era lì, di fronte al ragazzo che amava, e solo questo contava.  

– Ciao hyung – disse Jimin con un sorriso, ma tradendo un leggero imbarazzo – vieni dentro – Yoongi entrò e Jimin chiuse la porta – mi spiace averti fatto uscire con questo freddo.

Yoongi, mani nelle tasche, lo guardò e basta, sbattendo un paio di volte le palpebre. Jimin capì e ridacchiò – L’ho fatto di nuovo.

– Esatto – rispose Yoongi iniziando finalmente a togliersi il cappotto e lo zainetto – ti ho detto io che potevo venire, non serve scusarsi.

Sentì Jimin andargli più vicino e fece del suo meglio per non irrigidirsi troppo quando lo vide allungare le mani verso di lui per prendergli lo zaino e aiutarlo con il cappotto. Glielo passò cercando di apparire naturale e cercò di non sobbalzare quando sentì il delicato tocco delle mani calde di Jimin sulle sue ben più fredde. Il contatto durò solo un battito di ciglia e il ragazzo più piccolo piegò poi il giaccone su un braccio e gli disse di accomodarsi intanto in cucina.

– È ovviamente un disastro come potrai immaginare – avvisò prima di andare nella propria camera per posare il tutto. La cucina era effettivamente in condizioni poco felici. Il tavolo e il divano erano stati spostati per far spazio ai lavori e c’era tantissima polvere bianca per terra. In realtà, la polvere era un po’ ovunque, anche addirittura sopra il bancone della cucina, su cui tra l’altro erano rimasti accatastati diversi piatti. Una pila di giornali giaceva in un angolo, una busta di rifiuti in un altro. Ancora i pezzi del vecchio termosifone non erano stati portati via e bisognava dunque spostarli da qualche altra parte, visto che adesso giacevano nel mezzo della stanza. Sotto il tavolo, Yoongi vide due secchi di tintura. Vi si accucciò, piegato sulle ginocchia così ci stava perfettamente, e girò i secchi: il quadratino sul davanti indicava la presenza all’interno di un liquido arancione pallido.

– Hyung? Che fai lì sotto? – esclamò Jimin sorpreso.

– Avete scelto un buon colore.

– Ah sì, sono andato a comprare la tintura ieri. Abbiamo sempre voluto avere delle pareti così.

Yoongi si rialzò e sgrullò via con le mani dai jeans neri la polvere bianca che gli era rimasta attaccata quando aveva gattonato per uscire dal ventre del tavolo. Senza troppe parole, i due ragazzi iniziarono ad occuparsi di mettere a posto la stanza. Yoongi si sentiva strano e Jimin ancora di più. Entrambi non sapevano cosa fare di quel tempo che gli era stato concesso. Lo vedevano come un dono inaspettato, gradito, ma difficile da accettare. Le domande che avevano affollato i pensieri di Yoongi lungo il tragitto erano molto simili a quelle che avevano tormentato Jimin per tutta la mattina. Come era accaduto tutto ciò? Fino a solo quattro giorni prima credeva di aver perso Yoongi per sempre. Non lo vedeva né sentiva la sua voce da settimane, non aveva nemmeno idea di quando avrebbe fatto ritorno a Seul e per quello che Jimin ne sapeva sarebbe potuto anche andare via per sempre. Adesso invece si trovava addirittura da solo con lui in casa propria, a darsi alle faccende di casa esattamente come se fosse il suo coinquilino e migliore amico. La circostanza era sicuramente singolare. Allo stesso modo di Yoongi, anche Jimin era però ben presto giunto alla conclusione che l’unica cosa rimasta da fare a quel punto fosse concentrarsi non su ciò che aveva portato a questo momento, ma piuttosto sul momento stesso. E questo momento era importante. Era da solo con Yoongi, come aveva desiderato di essere da giorni e giorni ormai. Aveva finalmente l’occasione di verificare se avrebbero potuto funzionare, insieme in questo modo. Difficile a dirsi. Per il momento, i due ragazzi non stavano parlando molto. Yoongi non sapeva come fare conversazione mentre Jimin si sentiva troppo timoroso per parlare con disinvoltura. Tranne per scambiarsi informazioni sull’attività che stavano svolgendo – “dove lo metto questo?” “aiutami a spostare” – e le occasionali domande di circostanza – “come stanno gli hyung?” “lunedì riprendi a lavorare?” – i due ragazzi non si dissero molto altro. Fu solo quando Jimin rientrò in cucina dopo essere andato a prendere la scopa e inciampò inspiegabilmente sul bastone troppo lungo che gli arrivava ai piedi che l’atmosfera si rilassò leggermente per pochi minuti. Yoongi scoppiò a ridere forte, mentre Jimin rimase disteso per terra supino scuotendo la pancia per le risate anche lui, lamentandosi del dolore. Vide le scarpe di Yoongi avvicinarsi e subito dopo il ragazzo piegarsi sulle ginocchia.

– Stai bene? – gli chiese con voce morbida continuando a ridere e poggiandogli una mano sulla spalla. Il calore della mano di Yoongi si propagò attraverso il tessuto della maglia nera di Jimin e giunse dritto alla sua pelle, che segnalò il proprio stupore attraverso una scarica di piccole scosse elettriche che gli si propagarono nel corpo. Si alzò a sedere piano, Yoongi continuava a tenere la sua mano su di lui, come se vi fosse incollata.

– S-si, sto bene.

– Hai fatto un bel ruzzolone – Le sue labbra, striscioline color fragola su sfondo imbiancato, erano ancora dispiegate in un mezzo sorriso. Era così vicino adesso. Fece scorrere la mano lungo il braccio di Jimin e quando fu all’altezza del polso lo tirò aiutandolo a rimettersi in piedi e alzandosi a sua volta. Le sue dita esitarono vicino alla sua mano, come se non volessero lasciarlo andare, e Jimin dovette fare appello a tutte le forze per lottare contro l’istinto di avvicinarglisi ancora di più. Doveva ricordarsi che Yoongi adesso stava insieme ad Hoseok, al cui lui era legato da un legame di amicizia che non poteva compromettere lasciandosi andare a mosse istintive ed azzardate. Si allontanò da Yoongi con un piccolo scatto, facendo due passi indietro e interrompendo il contatto tra le loro pelli senza che l’altro opponesse resistenza. Balbettò un grazie e si girò per riprendere la scopa da terra prima che il più grande avesse modo di accorgersi del rossore sulle sue guance.

– Rimettiamoci a lavoro.

Yoongi sentì Jimin rivolgergli queste parole e fece un cenno d’assenso con la testa, ma mentre il ragazzo si avviava dall’altro lato della cucina e iniziava a accumulare la polvere in piccoli mucchietti bianchi e grigi, lui rimase qualche secondo immobile. Quando si era accucciato vicino a Jimin gli aveva preso la spalla senza quasi pensarci, movimento istintivo vedendo l’amico per terra. Ma il discendere fino alla mano, prendergli il polso… quella era stata una scelta deliberata. Di nuovo, ebbe la sensazione di essere estraneo a sé stesso. Che cosa stava facendo? Il modo in cui Jimin si era allontanato da lui lo aveva fatto sentire un idiota. Si stava comprendo di ridicolo, perché diamine si era cacciato in una situazione del genere? Qual era il senso di torturarsi così? Contemplò per un momento l’idea di inventarsi una scusa e andarsene di lì, prima di fare qualcos’altro di ben peggiore che potesse comprometterlo. Uscendo di malavoglia da queste riflessioni si girò e andò incontro a Jimin. Voleva andarsene, ma voleva anche restare. Non riuscendo a trovare una soluzione pensò che l’unico modo per cercare di tenersi a galla fosse semplicemente lasciarsi spingere dalla corrente senza preoccuparsi di dove conducesse. Era venuto per aiutare Jimin, e dunque avrebbe aiutato Jimin, tenendosi così tenuto occupato in queste attività manuali nella speranza che lo traghettassero in modo sicuro alla fine del pomeriggio.

– Cosa devo fare?

Jimin gli dette istruzioni sul come pulire il bancone e Yoongi le seguì fedelmente. Mentre bagnava la spugnetta sotto il getto dell’acqua del rubinetto, si chiese perché non riuscisse a capire che cosa stesse succedendo, perché ogni più piccolo dettaglio gli apparisse insolito. Cos’è che non sta funzionando? Perché siamo così? Quando la sera del venerdì erano rimasti soli in casa non aveva avvertito la stessa pressione che stava sentendo invece in questo momento. Però a ben pensarci, quella era una situazione differente. Ciò che era prevalso in quel momento era stato il sollievo di essere riuscito a riavvicinarsi a Jimin, non c’era stato modo di pensare ad altro. Inoltre si trovavano in un contesto conosciuto, erano sì soli, ma in fondo non del tutto ed in effetti, ora che Yoongi ci rifletteva bene, dopo quell’iniziale conversazione non si erano più parlati molto fintanto che non c’era stato nessun altro in casa. Quasi per nulla. Si erano iniziati a sentire più rilassati solo quando gli altri erano arrivati. Quello che stava avvenendo oggi… era diverso da tutto il resto. Non era assolutamente simile a nient’altro avessero mai sperimentato prima perché erano loro ad essere diversi, e Yoongi se ne rendeva conto. Jimin non era quello di sempre, lo percepiva, e era sicuro avesse qualcosa a che fare con il modo con cui lo aveva trattato nell’ultimo periodo. Non aveva ancora chiesto al ragazzo come si fosse sentito, ma avrebbe voluto. Jimin era sempre così insicuro che più Yoongi ci pensava più si rendeva conto di quanto avesse sbagliato a prendere ed andarsene ignorandolo. Non si sarebbe sorpreso se il comportamento un po’ teso del ragazzo fosse dovuto a questo. Lui invece, da parte sua, sapeva perfettamente il motivo per cui tutto quello che stava vivendo in quel momento avesse sfumature nuove. Non era più in presenza semplicemente di un amico, ma del ragazzo che amava. Avrebbe voluto prenderlo da una parte e rassicurarlo, dirgli che se si era allontanato non era stato per mancanza di interesse, ma solo per troppo amore e che se lui voleva gli sarebbe rimasto vicino per sempre, nella veste di ciò che lui preferiva. Non erano però queste dichiarazioni che potesse fare. L’unica cosa che poteva fare era cercare di far parlare le sue azioni. Stare vicino a Jimin si stava rivelando difficile, più difficile di quanto avesse creduto, ma mentre passava il piccolo pannetto ruvido sotto il rubinetto e sentiva il tessuto ammorbidirsi e farsi più flaccido tra le sue mani si disse anche che non poteva mollare ora. Non sarebbe tornato sui suoi passi e avrebbe onorato la sua, silenziosa, promessa. Accogliere Jimin. Farlo sentire voluto. Fargli capire che lui c’era, di fianco lui, e non se ne sarebbe andato di nuovo.

I pensieri di Jimin non erano poi così differenti da quelli di Yoongi. Ancora una volta i due ragazzi stavano vivendo le stesse emozioni, ma senza renderne partecipe l’altro. Anche lui si era reso conto della difficoltà che stava avendo quel pomeriggio a stare intorno a Yoongi e gli stessi dubbi che gli si erano affacciati alla mente il venerdì sera sul divano, ma il cui volume era riuscito ad abbassare, stavano tornando ben più rumorosi. Non riusciva davvero a vedere nel futuro, neppure a fare un’ipotesi. Non aveva idea di cosa sarebbe potuto accadere tra loro due. Voleva rimanere di fianco al ragazzo, fintanto che Yoongi glielo avesse permesso, ma così non sembrava davvero funzionare. Si sentiva impacciato e si convinse presto che la sua inadeguatezza ad affrontare la situazione stesse contagiando anche Yoongi. Visto ciò che era accaduto, si era aspettato un po’ di imbarazzo iniziale, ma non aveva previsto che poi non appena l’atmosfera fosse stata per rilassarsi lui avrebbe rovinato di nuovo tutto trattando Yoongi con una freddezza che non meritava solo perché non poteva farglisi troppo vicino. Dipendeva tutto da lui, ne era sicuro, da quanto normalmente si sarebbe comportato, ma era complicato. Un’improvvisa paura che questa fosse l’ultima volta in cui avrebbero condiviso lo stesso spazio e lo stesso tempo da soli si impossessò all’improvviso di lui. Il panico che facesse un casino immenso e allontanasse Yoongi da sé con le sue stesse mani.

– Hyung?

– Mmh?

– Ti andrebbe di aiutarmi a dipingere una parete?

Yoongi aggrottò appena le sopracciglia e si voltò:

– Ma… credevo volessi farlo con Taehyung?

– Sono tre pareti. Se ne facciamo una sola non se la prenderà. Davvero – Jimin parlò piano, con tono delicato e concluse la frase con un sorriso dolce appoggiandosi al bastone della scopa. Per qualche motivo, messo di fronte all’eventualità che un momento come questo non si sarebbe mai più ripresentato, aveva sentito la voglia di allungare quel pomeriggio, dare a Yoongi una scusa per rimanere di più. Soprattutto, dare a sé stesso un’occasione per rimediare. Ma non voleva obbligare il ragazzo:

– Solo se ti va, ovviamente – disse poi serio.

Yoongi sembrò rimanere perplesso per un paio di secondi, poi batté due volte le palpebre e rispose:

– Si, certo che mi va.

Così si ritrovarono, dieci minuti dopo, a sistemare fogli di giornale ai piedi della parete prescelta. Jimin si divertì e gli sembrò lo stesso fosse per Yoongi. Amò ogni momento trascorso con lui. Quando sistemarono carponi sul pavimento i fogli di giornale. Quando Yoongi scoppiò a ridere di fronte alla fatica di Jimin nel forzare il coperchio sigillato del bidone di tempera, aiutandolo a tenerlo così che nulla si rovesciasse per terra. Mentre discutevano su chi dei due fosse più grande di statura e dunque dovesse assumersi il compito di reggere la scala per l’altro che ci sarebbe salito. Quando finalmente Yoongi – il vincitore della discussione – si decise a concedergli il suo posto a terra e lo fece scendere dalla scala, occupandosi lui di dipingere l’altra metà superiore della parete. Quando poi fu il momento di pitturare là dove entrambi, nelle loro piccole altezze, potevano arrivare. La scala fu dunque messa via ed entrambi si armarono di pennelli. Nessuno dei due avrebbe saputo dire quanto tempo impiegarono a compiere quel lavoro, ma il punto era che il tempo non importava. Per l’ennesima volta, entrambi stavano provando la stessa cosa. Quel momento sembrava sia a Jimin che Yoongi talmente magico che nessuno dei due riusciva ad allontanare da sé la sensazione che non si sarebbe ripetuto mai più. Per cui avevano entrambi deciso di coglierlo e, proprio come avevano fatto il venerdì precedente, accantonarono temporaneamente tutto ciò che non apparteneva al momento presente, unico obiettivo quello di farsi compagnia. Guardando Yoongi imprecare nell’accorgersi di dover riprendere la scala per via di un punto rimasto bianco a cui non riusciva ad arrivare, Jimin rise con gli occhi lucidi. Stava diventando troppo semplice immaginare che non ci fossero più barriere, tensioni, paure a separarli. Che una vita in cui Yoongi appartenesse completamente al proprio mondo potesse esistere. Perché di questo aveva voglia Jimin e se ne rese conto proprio in quel momento, realizzando anche perché fosse stato così felice del fatto che Yoongi avesse accettato di aiutarlo in un’attività così semplice, ordinaria, domestica. Si rese conto di voler davvero entrare nel mondo di Yoongi in modo completo, riempiendo ogni fessura e arrivando in ogni angolo e il cuore gli si strinse a questo pensiero perché sapeva che non sarebbe mai stato possibile. Di nuovo l’angoscia del futuro, la sensazione che i loro giorni insieme fossero finiti. Se lo era detto, stargli vicino gli avrebbe fatto male come non mai, ma la sofferenza sarebbe comunque stata minore rispetto al non averlo. Eppure iniziava a dubitarne. Non sapeva se sarebbe stato capace di continuare così, ad averlo a sprazzi, passare con lui due ore per poi vederlo andare via, da qualcun altro, senza sentire l’impulso di scoppiare in lacrime, prendergli la mano e implorarlo di non lasciarlo. Di condividere con lui anche la sera e la notte e la mattina. Di permettergli di rimboccargli le coperte e portargli la colazione. Di riempirgli le giornate con la sua presenza, anche quando era silenziosa, anche quando era discreta. Era difficile pensare di portarsi tutto questo nel cuore ogni giorno senza prima o poi scoppiare. Volle però allontanarsi subito da questi pensieri. Le cose stavano andando bene proprio perché li aveva accantonati e non voleva rovinare tutto. Si avvicinò a Yoongi per aiutarlo mentre saliva di nuovo sulla scala e prese a ridere della sua altezza finché non sentì qualcosa di molle e umido sui capelli. Spalancò gli occhi e si portò una mano sulla testa, che gli tornò indietro sporca di arancione.

– Hyung?! Che cosa…??

Pennello gocciolante alla mano, Yoongi guardava in basso verso di lui con un ghigno:

– Ti stavi facendo troppo impertinente – e riprese tranquillo il suo lavoro di tinteggiatura. Jimin scoppiò a ridere e corse a prendere dei fazzolettini:

– E quindi hai deciso di buttarmi la tempera addosso?!

– Esattamente. L’acqua corrente tanto l’avrete no? Vieni a tenere la scala!

Jimin continuava a ridere, passandosi la carta bianca tra i capelli e tornando alla sua postazione. Riprese a tenere ferma la scala, scuotendo nel frattempo la testa e continuando a dimostrare la sua incredulità a suon di lievi imprecazioni. Quando finalmente Yoongi scese si fermò un attimo per osservare il lavoro che aveva fatto sui capelli di Jimin. Mezzo lato nero e mezzo lato screziato di arancione. Emise un piccolo buffo di scherno sorridendo:

– Non ti stanno male in fondo. Dovresti tingerteli tutti così.

– Hyung, c’è poco da fare lo spiritoso, non ci posso ancora credere – rispose Jimin ripiegando la scala mentre Yoongi andava a lavarsi le mani nel lavandino.

– Eppure sarebbe divertente. Park Jimin che fa qualcosa di trasgressivo. Sarei tentato di dirti che potrei tingermi anch’io nel caso in cui tu lo facessi, pur di vederlo accadere.

– Vuoi scommettere?

– No. Potrei perché so che non lo farai comunque, ma voglio andare sul sicuro. Ho una posizione da difendere.

– Chissà, tinti potrebbero starti bene. Dovrebbe essere un colore eccentrico però.

– Cosa vuoi dire?

– Che non sarebbe da te farli rossi o biondi, hyung. Troppo scontato.

– E che colore dovrei fare secondo te? – chiese Yoongi appoggiando la schiena contro il bancone a braccia conserte e sollevando un sopracciglio in direzione di Jimin:

– Non so, pensavo verde. Verde chiaro. Tipo sul menta, hai capito? Più originale.

– Jiminah, la tempera ti ha dato alla testa, forse è il caso che vada a farti una doccia.

Jimin concordò ridendo, ma decisero prima di terminare la parete. Proprio poco prima che finissero del tutto Jimin sentì il telefono che aveva in tasca squillare.

– Pronto, Tae? Cosa succede?

– Jiminie, volevo avvisarti che vista la situazione probabilmente non torneremo.

– Come? Che situazione?

– La neve, no? Qui ne sta facendo veramente tanta, le previsioni si sono sbagliate, tanto per cambiare.

– Ah... perché, nevica? – Jimin si girò verso la finestra e si accorse che, sì, nevicava davvero. Yoongi seguì la direzione del suo sguardo e lanciò anche lui un suono di sorpresa. Nessuno dei due si era accorto di nulla. Si portò più vicino al vetro: la neve era effettivamente tanta, i fiocchi rotolavano vorticosi e il fischio che adesso giungeva alle orecchie di Yoongi lasciava intuire un vento forte. Il cielo era scuro e nuvoloso e Yoongi capì perché Taehyung avesse chiamato in proposito. Si trovava insieme a Jungkook in campagna, convinto che il sole avrebbe resistito per buona parte del pomeriggio, così come le previsioni avevano detto, ma la natura ovviamente non aveva voluto dare questa soddisfazione agli uomini. Pensò a quanto fosse assurdo il fatto che né lui né Jimin si fossero resi conto di nulla. Che ore erano?

– Ok, ok, tranquilli! L’importante è che siate al sicuro e al caldo, non vi preoccupate. A domani allora – Yoongi sentì Jimin dire così e riappendere – Hyung sta nevicando! Non me ne ero davvero accorto! E sono già le sei! Non so perché ho perso del tutto il senso del tempo – la voce gli si affievolì proprio verso la fine della frase, colto all’improvviso dal timore che il ragazzo potesse cogliervi delle allusioni dietro. Si schiarì la gola e si avvicinò alla finestra, mettendosi a fianco dell’altro. Attaccò il naso al vetro ed espirò formando una nuvoletta di condensa, dentro cui poi scrisse il suo nome.

– Che fai, come i bambini?

– È divertente, prova anche tu!

– Jiminah… – Yoongi scosse semplicemente la testa con un sospiro, divertito dall’immagine del più piccolo così felice di fronte a un semplice vetro appannato –  Dunque cosa ti ha detto Taehyungie?

– Pare che abbia iniziato a nevicare già un’oretta fa, quando davvero loro non se lo aspettavano per niente. Presi alla sprovvista sono stati costretti a rifugiarsi alla villa, Jin-hyung ieri aveva dato le chiavi a Kookie per sicurezza. Hanno deciso di rimanere lì stanotte.

Yoongi annuì e basta, guardando anche lui fuori Seul che veniva imbiancandosi.

– Ti va di restare a cena? – chiese Jimin dopo qualche minuto di silenzio. Non spostò gli occhi dal grattacielo grigio che aveva di fronte, troppo terrorizzato dall’idea di arrossire e mettersi a balbettare se avesse guardato in faccia Yoongi. Aveva deciso di fare questa proposta il secondo in cui l’aveva pensata, cercando di ignorare il più possibile la sua insicurezza e timidezza e rendere la voce più stabile che potesse.

– Mmh – fu il suono d’assenso di Yoongi. Si staccò poi dalla finestra e tornò al muro. Si sentiva più felice di quanto gli fosse lecito per l’invito e aveva timore a rimanere troppo vicino a Jimin, per cui si era dovuto allontanare dalla finestra. Gli aveva già preso il polso in quel modo prima, chissà cosa altro era capace di fare questo Yoongi strano che era apparso da qualche giorno se fosse rimasto affianco al ragazzo un altro po’. Riprese il pennello in mano. – Finiamo qui, poi tu ti fai una doccia e dopo di che mangiamo, va bene? Spero ne valga la pena Jiminah, visto che sto rinunciando alla cucina di Jin.

Con occhi che brillavano, Jimin accorciò di nuovo la distanza tra loro e affiancò il ragazzo nell’opera di tinteggiatura.

 

****

 

– Perfetto, è venuto proprio bene! – esclamò Jimin contento, saltando sul posto e battendo le mani – No?

– Si – anche Yoongi era soddisfatto, avevano fatto un buon lavoro – Se Taehyungah dovesse darti buca un’altra volta direi che rappresento un valido sostituto. Sono sbalordito dalla mia capacità di imbianchino.

– Hyung, non hai fatto tutto tu – gli rispose Jimin ridendo e prendendo ad avviarsi fuori dalla cucina.

– Hai ragione, anche tu hai aiutato per il dieci per cento.

Jimin si limitò a ridacchiare scuotendo il capo:

– Pensa ciò che vuoi. Non vorrei contraddirti e ritrovarmi addosso un intero secchio questa volta. Vado a farmi la doccia, va bene?

– Si, qui adesso sistemo io il tavolo.

Un grazie melodioso gli giunse alle orecchie e a seguito una porta sbattuta e il rumore dell’acqua che prendeva a scorrere. In pochi minuti Yoongi pulì la tavola e vi mise sopra accatastate le cose che sarebbero servite per mangiare. Si mise poi le mani nelle tasche, ma le sentì vuote. Cercava il telefono, voleva controllare nel mentre che Jimin si faceva la doccia se qualcuno lo avesse cercato. Non che Yoongi avesse molti “qualcuni” che avessero voglia di cercarlo. Si ricordò di averlo lasciato nel cappotto e si avviò dunque in camera di Jimin, dove il ragazzo aveva posato anche il suo zainetto. Entrò un po’ incerto. Non era mai stato in camera di Jimin, questa era la prima volta e si sentiva strano al pensiero di starci mettendo piede senza che l’altro lo sapesse. Però doveva davvero solo prendere il suo telefono, sarebbe uscito subito. Evitò di guardarsi troppo attorno e andò dritto verso il letto di Jimin, sopra cui aveva visto il suo cappotto. Frugò nelle tasche frettolosamente, ma non lo trovò neppure lì. Probabilmente allora lo aveva lasciato nello zaino. Per terra però non c’era. A malincuore, si decise ad esplorare la camera un po’ di più per cercare di capire dove Jimin potesse averlo messo. Non dovette cercare a lungo. Il ragazzo lo aveva messo sopra la sedia della sua scrivania. Yoongi andò a recuperarlo e mentre cercava nella tasca anteriore il suo sguardo si posò su un lettore cd poggiato sul fondo del tavolo bianco, vicino al muro. Non riuscì a trattenere un ghigno. Ma chi usava i lettori cd ormai nel 2017? Sperando di trovare all’interno materiale con cui prendere in giro Jimin (il cd di qualche gruppo k-pop anni’90 di quando era bambino magari), afferrò l’oggetto e lo aprì. Ebbe un sussulto al cuore e le mani presero a tremargli leggermente. Il mio mixtape? Ancora lo ascolta? Sentì gli occhi farglisi umidi e cercò di vincere la sua emozione. Chiuse di scatto il lettore e lo rimise dove lo aveva trovato, come se fosse di fuoco. Forse… forse non era follia pura fare ciò che avrebbe voluto fare. Fino ad ora non aveva trovato il momento adatto e stava iniziando a dubitare di avere il coraggio che gli occorreva. Non si era dimenticato del suo proposito principale, aprirsi a Jimin. Aveva già cercato di farlo in una certa misura, ma ancora non era abbastanza. Voleva riportare le cose a come erano prima, voleva che il loro rapporto riprendesse quantomeno da dove lo avevano lasciato. Voleva che il ragazzo sapesse con certezza che aveva ancora accesso al suo cuore. E il suo cuore erano i suoi testi e la sua musica. Prima di andare via di casa Yoongi aveva infilato nello zaino il libretto nero dove aveva ripreso a scrivere quelle parole che gli erano mancate per tutto il tempo in cui era rimasto convinto di doversi allontanare da Jimin. Ora finalmente aveva però qualcosa di nuovo e ci teneva incredibilmente a far leggere tutto all’amico. Aveva bisogno di risentire quella sensazione di calore che gli veniva data dal vedere Jimin lavorare con lui, al suo fianco, offrendogli spunti e opinioni. In fondo glielo aveva già detto che gli doveva un pomeriggio, no? Jimin pareva avere accettato. Adesso sapeva anche che il ragazzo ascoltava ancora ciò che aveva composto quasi due anni prima e dunque non aveva scuse. Doveva chiedergli di leggere i suoi testi. Se non lo avesse fatto ora, non lo avrebbe fatto mai più, Yoongi lo sapeva con certezza. Con la stessa certezza con cui sapeva di amare Park Jimin.

Sentì una porta sbattere di nuovo e dei passi farsi più vicini. Si scosse dai propri pensieri e capendo ciò che stava per succedere si sbrigò ad aprire il cellulare e fingersi intento a leggerci qualcosa. Come si era aspettato, Jimin entrò in camera.

– Oh, hyung! No-non ti aspettavo qui!

Yoongi sollevò lo sguardo e si sentì mancare il fiato per un secondo. Jimin aveva addosso solo i pantaloni del pigiama, ma nient’altro sopra e teneva un asciugamano bianco sopra la testa. Fu abbastanza lucido da reagire subito, evitando di rimanere ad osservare l’altro troppo a lungo, come invece avrebbe voluto fare:

– S-scusa, volevo solo prendere il telefono – Jimin si era adesso spostato dalla soglia e si stava dirigendo verso il letto e Yoongi iniziò ad avviarsi fuori dalla camera – Esco subito.

– No, no, tranquillo –  lo fermò Jimn con un risolino imbarazzato. Stava tirando fuori una maglietta di pigiama, bordeaux come i pantaloni, da sotto il cuscino – Un secondo e ho fatto – fece in un secondo – Mi sono scordato la maglia del pigiama come uno scemo –  si bloccò all’improvviso e Yoongi aggrottò le sopracciglia – I-in effetti… Non so nemmeno perché mi sono già messo in pigiama, mi è venuto automatico. Hyung, scusa! Dobbiamo cenare, non sono modi di ricevere osp-

– Jiminah, va tutto bene! – per tranquillizzarlo Yoongi gli si era avvicinato con due falcate e adesso era abbastanza vicino da potergli prendere le mani. Si fermò in tempo almeno su questo. Vedere il ragazzo così di fronte a lui gli aveva creato una sensazione di calore alla bocca dello stomaco. Era un’immagine che non aveva mai avuto davanti prima d’ora: Jimin nella propria camera, rilassato dopo le fatiche della giornata, pronto per la notte. Era dolce, e bello. Era davvero bello, nel suo pigiamino, con i capelli corvini bagnati e le guance tonde ancora arrossate dall’acqua calda. La voce di Yoongi tremava leggermente mentre parlò – Non ti… Non devi preoccuparti. Sono io, Jimin. Sono solo io.

Jimin capì cosa il ragazzo volesse dire e annuì, rincuorato. Si guardarono ancora un attimo, entrambi in imbarazzo, finché Yoongi non parlò di nuovo:

– Ascolta… quel pomeriggio che mi devi… Insomma, se fosse sera? Cioè se… se ti facessi vedere qualcosa che ho scritto ora? Ti andrebbe? – Jimin sgranò gli occhi e Yoongi si chiese se non si fosse appena buttato in una missione suicida. Sarei dovuto starmene zitto, che idiota. Mi dirà che adesso non è il moment-

– Certo! Certo, hyung, va benissimo! – Jimin sembrava assolutamente serio e genuinamente interessato. Yoongi sentì le spalle farglisi più leggere.

– Da-davvero? Non è un problema per te?

– No, perché dovrebbe essere un problema? Volevo… – si fermò. Volevo da tanto che tornassi a farmeli vedere. Disse altro – Ti ho promesso che ti avrei restituito il tuo pomeriggio, eccomi qui – e gli sorrise. Yoongi ricambiò, troppo sollevato per riuscire a ringraziare come avrebbe voluto. Il suo sguardò si posò poi sulla testa di Jimin.

– Prima però credo sia il caso ti asciughi, non vorrai riprenderti la febbre di nuovo?

Anche Jimin sembrò riscuotersi da qualche pensiero e si portò veloce una mano tra i capelli bagnati.

– Si, hai ragione. Faccio subito subito, cinque minuti, tu aspettami qui, va bene? – e andò fuori dalla stanza di corsa, non lasciando a Yoongi nemmeno il tempo di rispondere. “Aspettami qui”. Yoongi aveva pensato di portare il suo quaderno in sala, ma a questo punto… Non aveva senso il rimanere lì, lo sapeva, e Jimin aveva detto così sicuramente per riflesso, senza intendere davvero che il ragazzo lo aspettasse proprio in camera sua. Eppure a Yoongi parve una scusa sufficiente per prendere il suo quadernetto, spostare il suo cappotto ai piedi del letto e mettercisi a sedere. Non voleva andarsene da lì dentro. Era convinto non vi avrebbe mai più messo piede e voleva dunque rimanerci ancora un po’. Gli sembrava un luogo migliore per ciò che doveva fare. Poteva fingere che vi fosse una corrispondenza tra il suo desiderio di condividere qualcosa di proprio con Jimin e il desiderio di Jimin di accoglierlo in un luogo per lui intimo. Ovviamente era sicuro non fosse questo il caso, ma allo Yoongi sconosciuto sembrava piacere darsi a mosse rischiose e speranze vane. Rimase seduto per qualche minuto lì, quaderno alle mani, fissando un punto nel vuoto, cercando di sgombrare la sua mente, non pensare a nulla, e concentrarsi solo sul rumore di fondo del phon in lontananza. Ebbe l’istinto di aprire quelle pagine, ridare un’occhiata a ciò che era dentro, ma lasciò perdere. Se avesse riletto quello che aveva scritto non sarebbe mai riuscito a farlo vedere a Jimin.

Nei cinque minuti che trascorsero da quando aveva lasciato la sua camera a quando spense l’interruttore dell’asciugacapelli, il cuore di Jimin non aveva mai cessato di rimbombargli nel petto. Yoongi-hyung vuole farmi già vedere i suoi testi! Aveva atteso davvero questo momento da tanto e il fatto che fosse giunto nonostante le difficoltà durante il pomeriggio lo convinse che qualcosa di buono dovesse averla fatta. Non sapeva se un’altra giornata come questa sarebbe ricapitata, ma anche se questa fosse finita per essere l’ultima volta in cui avrebbero avuto questo tipo di intimità Jimin non poteva fare altro che sentirsi grato. Era grato perché Yoongi stava per metterlo a parte del suo mondo ancora una volta e proprio dentro la propria camera, il luogo che tra tutti gli era il più personale e privato. Quelle quattro pareti sarebbero state testimoni di quel momento e lui entrandoci avrebbe potuto riviverlo ogni volta. Forse era un sentimento stupido, provare tanta felicità di fronte a un dettaglio così di contorno – che differenza poteva fare se Yoongi gli mostrava i testi in un giardino o un ufficio o un luna park? – eppure per Jimin la differenza era enorme. Si asciugò i capelli con fretta febbrile, sperando che il ragazzo non cambiasse idea nel frattempo. Se glieli avesse fatti davvero vedere, Jimin avrebbe allora anche potuto riprendere a sperare che ci fosse una possibilità per loro. Che nonostante gli imbarazzi, e la fatica, e il suo essere completamente inadeguato a star vicino al ragazzo dimenticandosi ciò di ciò che provava per lui, forse in fondo un modo si sarebbe trovato. Staccò con gesto sicuro la presa del phon dalla corrente e lo poggiò a terra prima di lanciarsi fuori dalla porta. Entrò in camera e Yoongi era ancora lì, adesso seduto sul suo letto. Aveva il suo solito blocco nero tra le mani e Jimin non poté fare a meno di sentire un’ondata di sollievo spargerglisi per le membra. Non ha cambiato idea.

– Hyung – lo chiamò coprendo la distanza tra loro e mettendoglisi a sedere vicino. Sentì la gamba di Yoongi contro la propria, e ne avvertì il calore ancora più distintamente a causa della sottile stoffa del pigiama. Si chiese se non fosse il caso di allontanarsi, ma l’imbarazzo e l’agitazione gli impedirono di muoversi. Poiché nemmeno Yoongi sembrava scostarsi da lui, decise di non pensarci e concentrarsi su ciò che dovevano fare. Gettò lo sguardo sul blocco tra le mani di Yoongi:

– Qu-quindi… – ingoiò velocemente – hai scritto qualcosa di nuovo? Posso vedere?

Yoongi non disse nulla, semplicemente aprì il quadernetto alla pagina giusta e lo passò a Jimin, il quale glielo prese dalle mani e iniziò a leggere in silenzio. Yoongi era agitato. Jimin era così vicino a lui, avrebbe potuto cingergli la vita con un braccio e attirarlo a sé con una semplicità incredibile. Ripensò a quando lo aveva stretto quella notte al gelo e la voglia di sentire il corpo di Jimin contro il suo si fece ancora più forte. Dette un profondo respiro per riprendersi e poi si obbligò a guardare il ragazzo. Aveva timore di ciò che avrebbe visto. I versi che aveva scritto erano diversi dal suo solito stile, secco, diretto, sferzante. Questa volta erano più morbidi, delicati, le parole stesse non si avvicendavano come lame taglienti, ma piuttosto come onde sinuose. Rotolavano una dietro all’altra e parlavano di perdita e lontananza, ma anche di scoperta e riscatto. Erano malinconiche, ma lasciavano una sensazione dolce nel cuore. Forse erano troppo sdolcinate però. Forse Jimin avrebbe avuto l’impressione di star leggendo il diario segreto di una quattordicenne invece che i versi di un ragazzo come lui. Aveva paura di leggere sul volto dell’altro disapprovazione. Ma non vi trovò nulla di tutto questo. Jimin stava piangendo. Piangeva e continuava a leggere, incurante delle grosse gocce che gli rigavano le guance e colavano via. Jimin aveva cercato di trattenersi, ma non ci era davvero riuscito. Aveva vissuto troppe emozioni quella giornata e adesso non era davvero più riuscito a controllarsi. Ciò che stava leggendo lo aveva colpito dritto fino al profondo dell’anima ed era probabilmente quanto di più bello Yoongi avesse mai scritto. Per qualche inspiegabile motivo riusciva a rispecchiarsi in quei versi. Sembravano parlare di lui, come se avesse raccontato a Yoongi tutto ciò che aveva vissuto nell’ultimo mese e il ragazzo lo avesse trasformato in una poesia. Come poteva dare una voce a pensieri che lui stesso non era mai stato capace di formulare con chiarezza? L’idea che Yoongi-hyung potesse aver vissuto, da qualche parte nella sua vita, qualcosa di simile a lui lo fece sentire allo stesso tempo estremamente triste ed estremamente felice. Triste perché Yoongi non doveva soffrire. Felice perché lo stava facendo sentire meno solo. Jimin avrebbe tanto voluto chiedergli che cosa gli fosse successo per riuscire a mettere giù quei versi, così differenti rispetto ai soliti che scriveva, ma gli mancavano le parole. Arrivò alla fine della paginetta con il respiro bloccato, il troppo amore per il ragazzo seduto vicino a lui esploso all’improvviso a riempirgli il petto e serrargli la gola. Sentì Yoongi chiamarlo, il suo tono sembrava preoccupato. Sentì il tocco di dita leggere sulla guancia e si voltò. Alla sorpresa di vedere Jimin piangere, Yoongi non aveva saputo lì per lì come reagire. Da un lato voleva tranquillizzarlo, ma dall’altro avrebbe voluto continuare a guardare quest’immagine per un altro po’, per imprimersela bene nella mente e nel cuore. Era stato difficile arrivare fin lì, ma quanto stava accadendo gli aveva fatto capire che ne era valsa la pena. Aveva fatto bene a dare a Jimin, e a sé stesso, un’altra possibilità. Si sentì come la notte di capodanno, in preda ad emozioni opposte. L’idea che non avrebbe più trovato nessun’altro al mondo che piangesse così per quello che lui scriveva lo rendeva felice, perché gli confermava di aver fatto la scelta migliore che potesse fare ad affidarsi a Jimin. Dall’altro lato però gli riempiva il petto di dolore, perché ciò significava che nessuno avrebbe mai potuto sostituire Jimin, ed era tragico visto che il ragazzo probabilmente non sarebbe mai stato suo. Mentre lui si chiedeva cosa fosse giusto fare per calmare il più giovane, era stato di nuovo lo Yoongi appena nato a muoversi per lui. Portandogli una mano sulla guancia fece voltare il ragazzo verso di lui e gli parlò con voce bassa:

  – Jimin, non… non piangere. Non devi pian-

Interrompendo il più grande nel mezzo della frase, Jimin pose fine alla distanza tra i loro volti e lo baciò all’improvviso. Guardando il viso di Yoongi attraverso gli occhi appannati un unico desiderio aveva rapito tutto il suo essere e lui si era ritrovato ad assecondarlo senza nemmeno pensarci. Posando le labbra delicatamente su quelle dell’altro si sorprese di quanto sembrassero combaciare perfettamente. Si perdette completamente nella sensazione di avere Yoongi così vicino a sé, dimentico del fatto che non avrebbe dovuto fare una cosa del genere. Del fatto che Yoongi avesse già un’altra persona. Del fatto che lui stesso ne stesse quasi frequentando un’altra. Tutto ciò che voleva fare era baciare Yoongi e fargli sentire quanto lo ammirasse e amasse, e quando il ragazzo sembrò reagire appena, premendo un pochino di più le proprie labbra contro le sue, Jimin dimenticò anche tutto il resto. Dove si trovasse, come si chiamasse. Yoongi, Yoongi, Yoongi era tutto quello che riusciva a pensare mentre gli portava le mani in vita e lo stringeva di più. Yoongi lo lasciò fare, ma aveva paura di ciò che stava accadendo. Lo voleva anche lui, e poiché non sarebbe mai riuscito a toccare Jimin così di sua iniziativa, il fatto che fosse stato il più giovane a sorprenderlo sicuramente gli faceva piacere. Ma cosa poteva significare? Non si sentiva del tutto tranquillo, ma nonostante ciò la forza che lo spingeva verso Jimin era troppo intensa e si ritrovò presto a ricambiare quel bacio, con esitazione prima, intensificandolo un attimo dopo. Gli mise le mani sulle spalle e quando Jimin sentì il suo tocco su di sé entrò in uno stato di trance, incapace di fare nient’altro che non fosse muovere le proprie labbra allo stesso ritmo di Yoongi. Fu il maggiore a interrompere per primo quel contatto e riportarlo alla realtà. Si scostò leggermente da lui guardandolo con occhi sopresi:

– Jiminah… – si fermò un secondo per riprendere fiato – Cosa… – Il voltò di Jimin si trasfigurò di fronte ai suoi occhi. Lo vede dipingersi di un’espressione di orrore, alzarsi di scatto dal letto e allontanandosi di qualche passo portarsi le mani davanti alla bocca. Che stava succedendo? Si era pentito? Ti prego non di nuovo. Non farmi questo di nuovo. La testa gli stava girando, si sentiva confuso, non sapeva cosa provare. Era spaesato, sfiancato dalla battaglia in corso nella sua mente. Da un lato l’istinto di tornare a prendere il ragazzo tra le sue braccia e cedere alla piccola speranza che stava mettendo radici nel suo petto, dall’altro l’allarme che stava urlando con voce stridente avvisandolo che doveva essersi trattato di un errore, di rimanere guardingo. Distrutto dall’idea che tutto potesse infrangersi di nuovo. Jimin era lì, che lo guardava con sguardo colpevole.

– Hy-hyung… mi dispiace… mi dispiace tanto, scusami! Scusami, scusami, scusami – disse piangendo e si coprì tutto il viso con le mani, completamente rosso, e Yoongi non resistette più. Al diavolo tutto. Gli corse vicino in un lampo e delicatamente gli prese entrambi i polsi e lo obbligò a scoprirsi il viso. Jimin continuò però a tenere lo sguardo basso, scuotendo forte la testa e ripetendo il suo mantra di scuse:

– Mi dispiace, mi dispiace, che cosa ho fatto?!

– Jiminah, smettila – gli disse Yoongi calmo, cercando di tranquillizzarlo. Ma perché si stava scusando così? Lui non si era tirato indietro, lo aveva ricambiato, che cosa lo spingeva a chiedere scusa in questo modo? In realtà se c’era qualcuno che avrebbe dovuto chiedere scusa quello era lui.

– Sono un pessimo amico.

– Mi vuoi guardare per favore?

– Hyung, mi dispiace, sono una persona orribile. Hoseok… mi dispiace tanto.

– Jiminah, ma di cosa vai parlando? Che cosa c'entra Hoseok adesso?! Guardami! – gli lasciò un polso e gli prese il viso per costringerlo a guardarlo. Jimin lo assecondò e finalmente posò i suoi occhi, completamente rossi, su di lui. Yoongi gli lasciò andare anche l’altro braccio e gli portò entrambe le mani sulle guance. Era così sconvolto, troppo, e Yoongi non ne capiva il motivo. Lì per lì aveva creduto fosse per il senso di colpa nei confronti di Jungkook, ma poi il ragazzo aveva nominato Hoseok… che si fosse sbagliato? – Che stai dicendo? Hoseokah… come ti è venuto in mente ora?

– Hyung so tutto! Non devi fingere!

Yoongi iniziò a preoccuparsi sul serio. Che avesse di nuovo la febbre?

– Ma tutto cosa? Non sto capendo niente Jimin!

– Di te e Hoseok-hyung! Lo so che state insieme!

– Io insiem-

– Vi ho sentiti quel pomeriggio, quando vi siete dichiarati l’uno all’altro! – La voce di Jimin era scossa da singhiozzi. Yoongi rimase in silenzio. Jimin capì che il loro tempo era scaduto. Ora che Yoongi sapeva che lui lo aveva deliberatamente baciato nonostante sapesse della sua relazione con Hoseok di sicuro non avrebbe più voluto avere nulla a che fare con lui. Questa idea lo inondò di un mare di tristezza tale che riuscì persino a calmarsi. Abbassò il tono della voce e parlò di nuovo – Quello che ho fatto è imperdonabile – prese le mani di Yoongi sul suo viso e le portò giù, con il cuore che gli batteva forte alla vista dello sguardo sconvolto di Yoongi.

– M-me e Hoseokah? Insieme? Come… Jiminah, ma come ti può venire in mente una cosa del genere? – Le parole di Yoongi lasciarono Jimin interdetto. Perché continuava a fingere nonostante lui gli avesse detto di aver sentito tutto? Non si aspettava questa reazione.

– Hyung, te l’ho detto. Vi ho sentiti. Non devi più far fint-

– Ma sentiti quando?? Quando mai io e Hoseokah ci siamo fatti qualche dichiarazione?! È il mio migliore amico, quasi mio fratello, da dove ti è venuta l’idea che tra noi potesse esserci altro?

Il viso genuinamente sorpreso di Jimin sconvolse ancora di più Yoongi. Il ragazzo sembrava davvero sicuro di ciò di cui parlava. Ma che diamine stava succedendo?

– Il pomeriggio in cui sarei dovuto venire da te – Jimin aveva la gola secca, ma si costrinse a parlare. Forse se avesse spiegato per bene tutto a Yoongi lui si sarebbe convinto che stava dicendo la verità e avrebbe smesso di far finta di non capire – ricordi ti avevo detto che sarei venuto prima?

Yoongi annuì.

– Ma poi non ti sei presentato.

– Mi sono presentato. Con quasi un’ora di anticipo. Ho trovato la porta aperta.

Qualcosa si accese nella mente di Yoongi. Un click che sembrava aver scattato una catena di pensieri, ricostruzioni e associazioni. Lasciò però finire Jimin.

– Credevo avessi visto il mio messaggio e mi avessi così lasciato aperto. Quando sono entrato però non ti ho visto e ho creduto fossi sceso a prendere qualcosa da mangiare. Allora ho deciso di aspettarti in camera tua, ma quando stavo per aprire ho sentito la voce di Hoseok-hyung… e la tua. Stavate dicendo… stavate dicendo… – non riusciva a continuare, ripetere quelle parole che ormai lo infestavano da settimane troppo penoso.

– Che avevamo sognato quel momento da tante notti? Perché non ci fossimo mai detti nulla prima? Che volevamo rimanere assieme per sempre? “Le tue labbra sono come una rosa”? Dove… quando sei arrivato? Quali di queste battute hai sentito?

Jimin aggrottò le sopracciglia, guardandolo interrogativo.

– Jimin stavamo… – non riuscì a trattenere un piccolo accesso di riso. Per qualche motivo l’essere venuto a capo di questo mistero gli stava riempendo le membra di sollievo e aveva bisogno di scaricare la tensione accumulata fino a quel momento – Stavamo recitando! Quella porta… Hobi ha lasciato la porta aperta per sbaglio quando è salito, per questo l’hai trovata così. Ce ne siamo accorti solo quando l’abbiamo sentita sbattere. Abbiamo pensato fosse stata una corrente d’aria, ma quindi… eri tu. – Jimin ebbe solo le energie di annuire. Gli sembrava di star vivendo in uno dei suoi sogni – Io purtroppo il tuo messaggio non l’ho letto, ero impegnato con Hoseokah che mi aveva chiesto un favore – non sapeva se Hoseok sarebbe stato contento che svelasse il suo segreto, ma quello che stava accadendo ora con Jimin era più importante – un favore per il teatro. Mi ha chiesto di aiutarlo con alcune scene per lo spettacolo. Se fossi venuto a vederlo lo avresti capito perfettamente. Erano scene romantiche e lui non si sentiva a suo agio con la sua partner per cui mi ha chiesto di fare pratica. Tutto qui. Come hai potuto pensare che davvero io e Hoseok stessimo… Signore, mi viene la nausea solo a pensarci – concluse Yoongi sollevando gli occhi al cielo e continuando a ridacchiare. Jimin rimaneva immobile però e Yoongi si rifece serio. Lo prese di nuovo per mano e lo accompagnò delicatamente vicino al letto, facendolo sedere e mettendoglisi accanto. Stava accadendo qualcosa nella mente del ragazzo e lui aveva bisogno di capire di che si trattasse. Credeva davvero che lo sconvolgimento di Jimin fosse dovuto a Jungkook, ma dalla sua reazione era evidente che la sua angoscia nasceva da altro e traeva origine dalla sua convinzione che tra lui e il suo migliore amico ci fossero sentimenti romantici. 

– Quindi… – la voce del ragazzo era debolissima – quindi tra te e hyung… non… non c’è nulla? Non state insieme?

– Jiminah, no! Ripeto, l’idea mi mette… Santo cielo, no. Io gli… Hoseok… – cercò le parole giuste – voglio bene ad Hoseokah più di quanto sarò mai capace di esprimere, non solo a parole, ma anche a gesti. Lui è sempre stato migliore di me in questo senso, mentre io non credo di avergli mai dimostrato abbastanza quanto sia importante per me. Non saprei davvero cosa fare senza di lui, ma… non lo amo, se è questo che vuoi sapere. L’amore che ho per Hobi è quello che si ha per qualcuno che è la tua famiglia più della tua stessa famiglia. Che si ha per chi ti ha sempre tenuto la mano, non lasciandoti andare anche quando quell’unione avrebbe rischiato di trascinare entrambi giù dal dirupo. O quando avrebbe avuto tutti i motivi per farlo. È… Jiminah, è forte, mentirei se ti dicessi il contrario. Gli voglio più bene di quanto ne voglia a me stesso, Hoseok è una parte di me. Ma non c’è niente, assolutamente niente di romantico in tutto questo. Non mi sognerei mai di… quello che è successo ora con te… – chiuse gli occhi per l’imbarazzo – non mi sognerei mai di farlo accadere con Hoseok e so che per lui è lo stesso. Mai, mai, mai. E anche se il nostro rapporto può intimorire… – riaprì gli occhi e li puntò in quelli di Jimin, facendo incontrare il suo sguardo infuocato con quello pieno di meraviglia dell’altro – non vuol dire che io non abbia posto per nessun altro. Jiminah… – continuando a tenere in una mano quella di Jimin, portò l’altra dietro la nuca del ragazzo – anche tu sei una parte di me. Avrei dovuto dirtelo prima, ma lo sai che sono un creti-

Jimin gli buttò le braccia al collo. L’abbraccio era così forte che a Yoongi per un attimo mancò il respiro, ma non gliene importò. Ricambiò quella stretta, cingendo Jimin sulla vita e portandolo verso di sé. Jimin era così sconvolto che non aveva nemmeno più le forze di piangere. Non riusciva a parlare, continuava solo a tenere gli occhi sgranati e si sentiva boccheggiare. Meraviglia, stupore, sollievo, tutto in una volta. Per tutto quel tempo aveva creduto… Allora Yoongi gli si era allontanato solo perché era stato lui stesso il primo ad allontanarlo. Doveva essere così. Non era vero che non gli importava nulla che lui non si fosse presentato quel pomeriggio. Non si era dimenticato del loro appuntamento. Non ne aveva parlato solamente perché Yoongi era Yoongi, e Yoongi si teneva tutto dentro. Jimin lo aveva ferito, se ne rendeva conto adesso. E si sentì stringere il cuore a questo pensiero e per reazione abbracciò il ragazzo ancora più forte.

– In realtà – la voce di Yoongi gli giunse morbida alle orecchie – te lo avevo già detto quello che significavi per me. Ma immagino non conti.

Jimin si staccò da lui per guardarlo in viso.

– Cosa intendi?

– La notte di Capodanno. Avevo… – si interruppe, nella mente di nuovo un particolare spuntò fuori e tornò a sentirsi confuso. Jungkook. Che ruolo aveva in tutto questo? – Jimin, cosa c’è tra te e Jungkookie?

Jimin non seppe cosa rispondere. Cosa c’era tra loro? Da parte di Jimin, amicizia. Ma da parte dell’altro… Rimase in silenzio.

– State insieme? – il tono di Yoongi si fece più flebile e Jimin lo vide allontanarsi leggermente da lui. Lo prese per le braccia per trattenerlo:

– No! – urlò – no, non stiamo insieme! Lo so che ho passato tanto tempo con lui ultimamente, ma…cre-credevo… io credevo che tu stessi con Hoseok-hyung! – ecco, lo aveva detto. Non ne era fiero, si sentiva schifoso, ma era inutile mentire a Yoongi. Voleva mostrarglisi completamente, anche quelle parti di cui lui si sarebbe disfatto per vedere se il ragazzo avrebbe potuto amare anche quelle. Yoongi lo guardava interdetto – Tu non c’eri. Mi avevi lasciato solo.

– Jiminah, io ti ho lasciato perché credevo stessi insieme a lui. Che non volessi avere più nulla a che fare con me. La notte in cui mi sono dichiarato a te… hai cercato lui. Hai chiamato il suo nome. Allora ho pensato di aiutarti e ho mandato un messaggio a Jungkook con il tuo telefono fingendo che fossi tu a chiedere il suo aiuto. Eri quasi svenuto e io non sarei riuscito a portarti dentro in ogni caso… Jiminah?

Jimin si era alzato di nuovo, come aveva fatto poco prima, quando aveva creduto di aver appena tradito la sua amicizia con Hoseok.

– Di cosa stai parlando? Yoongi-hyung, di cosa stai parlando?! Quale notte? Quale dichiarazione?!

Sembrava pronto ad esplodere da un momento all’altro per cui Yoongi parlò lentamente e con cautela:

– La notte di Capodanno… a un certo punto tu sei uscito e io sono stato l’unico ad essermene accorto. Eri chiaramente ubriaco e si vedeva che stavi male, così mi sono preoccupato e ti ho seguito, trovandoti con solo la magliettina addosso, nel pieno della notte. Credo la tua febbre fosse altissima in quel momento perché ti ho visto davvero perso, probabilmente deliravi. Infatti non ricordi nulla, vero?

Poco. Jimin ricordava poco, davvero molto poco. Ma quel poco che ricordava ormai era impresso in lui per sempre perché erano scene che aveva girato nella sua mente in continuazione. Delle braccia che lo avvolgevano, la sensazione di sentirsi amato, protetto, al sicuro. Poi quella voce… quella voce che gli tornava spesso nei sogni, che sembrava appartenere a Yoongi. Il più grande continuò, mentre lui cercava di rimettere insieme tutti i pezzi di quella confusa notte.

– Ti sei appoggiato al muro della casa, e mi hai trascinato giù con te – gli occhi di Jimin si fecero enormi – È poi stato quando ti ho sentito dire il nome di Jungkook che… che ho capito che dovevo farmi da parte. Così ti ho confessato i miei sentimenti prima di nascondermi. Se fossi stato più lucido avresti capito da lì che non potevo stare con Hobi…

– Eri tu?! – l’urlo di Jimin rimbombò sulle pareti. Aveva lo sguardo costernato, le guance rosse e negli occhi gli si erano già formate nuove lacrime che lui questa volta non aveva forza di fermare – Eri tu li con me?! Hyung, io stavo chiamando te! Stavo male e credevo ci fosse Jungkook vicino a me, ma stavo cercando te!! Gli stavo chiedendo… – Si buttò per terra, appoggiandosi alle ginocchia di Yoongi e sollevando i suoi occhi sconvolti in quelli ugualmente scioccati dell’altro. Le lacrime ormai cadevano una dietro l’altra come un fiume in piena – gli stavo chiedendo di portarmi da te, Yoongi! – Nascose il viso tra le gambe del più grande e scoppiò in un pianto dirotto e Yoongi capì che c’era tutto, in quel pianto. La liberazione. La sorpresa. La tensione. La sofferenza. Tutto quello che doveva aver provato da solo in quel mese in cui aveva creduto di averlo perso. E come un perfetto idiota lui non aveva nemmeno provato a parlarci, avvicinarglisi. Se gli avesse detto che stava male a vederlo distante, che l’idea che potesse allontanarsi da lui lo sconvolgeva, che non stava capendo il perché di quel silenzio improvviso… se avesse ammesso con il più piccolo, e a sé stesso, di avere dei sentimenti, anche se prima di capodanno non sapeva di che natura esatta fossero, di avere un cuore che pulsava emozioni e non c’era nulla di male in ciò, avrebbe saputo prima del malinteso in cui era caduto Jimin e non avrebbe lasciato il piccolo soffrire in solitudine per tutto quel tempo. Di nuovo, lui e la sua fottuta paura di avvicinarsi alle persone e farle avvicinare a sé erano stati la causa di tutto ciò. Sarebbe stato troppo per il vecchio Yoongi confessare di sentirsi turbato dall’improvvisa freddezza dell’altro. Ferito dal suo comportamento. Ma adesso quello Yoongi non c’era più. C’era il nuovo, e Yoongi iniziava a sentirsi più a casa nei suoi panni che in quelli dell’altro. Più libero. Mise la mano tra i capelli di Jimin, prendendo ad accarezzare piano quelle ciocchette nere e delle piccole gocce iniziarono a cadere anche dai suoi di occhi. Con la voce leggermente smorzata lo chiamò:

– Jiminah… Jimin, guardami.

Continuando a singhiozzare il più giovane sollevò il viso. Yoongi si piegò su di lui e lo baciò piano prima di prendergli le braccia e guidarlo di nuovo a sedere vicino a lui. Lo avvicinò poi a sé portandogli una mano in vita e rimise l’altra tra i suoi capelli. Il bacio riprese, questa volta più sicuro, fermo. Yoongi aveva avuto paura di lasciarsi andare prima, ma adesso sapeva esattamente cosa stava facendo. Le sue labbra toccavano quelle di Jimin in modo appassionato, ma delicato, senza fretta e senza paura questa volta, sapendo finalmente con certezza che non stava facendo nulla di sbagliato, che Jimin non sarebbe corso via di nuovo, che adesso sarebbe stato davvero solo per lui. Si allontanò solo un momento e sembrò voler dire qualcosa, ma Jimin scosse la testa. Non era più il tempo delle parole e Yoongi capì. Mettendogli le mani dietro al collo, Jimin riaccostò le loro labbra e intensificò la velocità di quel bacio. Più sentiva Yoongi vicino, più lo voleva ancora di più addosso. Più lo assaporava, più se ne sentiva assetato. C’era però ancora troppa distanza tra loro. Senza preavviso, gli si mise a cavalcioni sopra, senza mai interrompere il bacio, e Yoongi lo prese saldo dietro la schiena. Fece scorrere le mani e arrivato al bordo della sottile maglia le mise sotto, andando a toccare con le dita la pelle nuda di Jimin. Il ragazzo emise un piccolo gemito a questo improvviso contatto e mise ancora più energia nel bacio. Il cuore gli batteva fortissimo e sentiva caldo in tutto il corpo. Si sentiva protetto nelle braccia di Yoongi, voluto, desiderato, tanto quanto lui lo voleva e desiderava. Yoongi si staccò appena, per riprendere fiato, e Jimin anche ebbe così tempo di snebbiare con un po’ di ossigeno la sua mente appannata. Si sentì prendere e sollevare leggermente per poi finire con la schiena sul materasso, Yoongi sopra di lui. Jimin gli prese il viso tra le mani e il ragazzo si abbassò di nuovo, riprendendo il flusso dei loro baci. Gli si distese sopra e le loro gambe si intrecciarono istintivamente. Mentre le loro labbra continuavano a cercarsi ed esplorarsi, Jimin portava le proprie mani su Yoongi ovunque riuscisse, tra i suoi capelli, sul collo, sulle spalle, in vita, le braccia. Passò le mani sotto al suo maglione e le portò sul suo petto, godendo finalmente di quel contatto più diretto. Yoongi sembrava avere più controllo di lui, ma quando sentì le sue dita sotto la maglia non riuscì a trattenere un sussulto e inspirando profondamente lasciò le labbra di Jimin e si tuffò nel suo collo. Jimin si sentì il respiro farsi più affannato e chiuse gli occhi per isolarsi da tutto e concentrarsi solo sulle sensazioni che Yoongi gli stava donando. Le sue labbra e la sua lingua si muovevano lungo il suo collo e Jimin aveva appena preso a sollevare i lembi della maglia di Yoongi quando sentì il ragazzo fermarsi. Lo sentì tirare un altro profondo sospiro prima di sollevare la testa e guardarlo. Quel semplice movimento era costato uno sforzo disumano a Yoongi. Jimin era caldo e morbido e il suo profumo fresco e che sapeva di pulito gli stava iniziando ad invadere completamente la mente e i sensi. Ma non poteva ancora permetterlo. Jimin aveva il fiato corto sotto di lui e Yoongi gli dette un piccolo bacio su una guancia, poi sull’altra e infine sulla fronte, cercando di regalare ad entrambi un po’ di tempo per calmarsi. Parlò poi dolcemente, ma con voce ferma:

– Forse è meglio fermarsi qui, che dici?

Jimin non sembrava convinto. Non era abituato a sentire tutte quelle emozioni e lo stavano letteralmente divorando, impedendogli di trovare le redini per dare a tutto un freno.

– Hyung, però…

– Ascoltami – lo interruppe Yoongi con voce bassa e morbida lasciandoli un delicato bacio sul collo – ci sono troppe cose che dobbiamo sistemare, non pensi? – parlava al plurale, ma Jimin capì si riferiva in primo luogo a lui – Persone… persone che devono sapere. Ci sono dettagli che mi sono tornati in mente e credo… – gli scostò una ciocca di capelli dagli occhi e gli lasciò un altro piccolo bacio sulla fronte – beh, credo abbiamo dato da pensare un po’ a tutti. Ho trattato Hoseok davvero molto male – la voce gli si assottigliò nel dire queste parole e gli occhi gli si fecero tristi. Il pensiero dell’amico fece sentire all’improvviso anche Jimin incredibilmente triste.

– Anche io non sono stato giusto con lui. E poi c’è… c’è…

– Lo so – gli disse Yoongi, evitando al ragazzo il dolore di dover pronunciare quel nome ad alta voce. E poi c’è Jungkook, questo stava per dire. Gli si spostò da sopra, distendendosi vicino a lui e Jimin gli si sistemò meglio contro il petto – andrà tutto bene vedrai. Ma vedi? Ci sono ancora troppe persone coinvolte in tutto questo – gli sollevò il viso per guardarlo negli occhi – e io voglio stare solo con te, senza nient’altro in mezzo a noi. Che siano incomprensioni, malintesi o situazioni non chiarite. Voglio poterti tenere tra le braccia senza paura di offendere nessuno, senza preoccupazioni, non voglio provare vergogna all’idea che… che tutti sappiano che sono tuo così come spero tu sia mio.

Jimin si sentì il cuore esplodere. Lo strinse fortissimo e arrossendo parlò con il viso contro la maglia di Yoongi:

– Non devi sperare hyung. Sono tuo da un bel po’, anche se nemmeno io lo sapevo.

Yoongi sorrise e sentendo altre lacrime pronte ad uscire cercò di fermarle abbracciando a sua volta Jimin più stretto. C’era un limite a quanto avrebbe voluto tenerlo vicino? Ci sarebbe stato un momento in cui avrebbe detto “va bene, così è sufficiente”? No.

Rimasero abbracciati in silenzio per qualche minuto, il suono di piccoli baci leggeri e soffici come unica prova che in quella stanza al momento ci fossero due persone. Una piccola risata uscì da Yoongi all’improvviso e Jimin lo guardò incuriosito.

– Cosa c’è? Perché ridi?

– Nulla è che… – rise piano di nuovo – sto pensando al quadro di Jin-hyung, quello in salotto, “Transizione”. Mi viene da ridere perché è un dettaglio così idiota. Però… – si fece più serio e trasse un lungo sospiro – Rappresenta il disgelo e… all’inizio ho pensato fosse una scelta strana per un salotto, un po’ eccentrica. Ma adesso capisco, e hyung aveva ragione, non è triste. Non è davvero triste come sembra.

– Disgelo? Credi sia questo che rappresenti? Quando si scioglie la neve?

– Si, credo sia l’unico modo per spiegarsi il titolo, altrimenti sarebbe stato solo, non so, “Inverno, immagino. O “Paesaggio innevato”. Ma secondo me l’artista stava cercando di mettere in risalto qualcos’altro e se immaginiamo che il momento di transizione sia rappresentato dal momento del disgelo, credo che il dettaglio del sole… beh era proprio il passaggio da uno stato all’altro su cui il pittore penso volesse attirare l’attenzione. E sotto questa luce riesco a rendermi conto perché Jin abbia scelto quel quadro dicendo che gli donava tranquillità. È il momento più bello, quello del disgelo. Più bello ancora della primavera stessa, quando ti trovi già davanti al fatto compiuto, la vita ritornata. Il disgelo è invece l’esatto momento in cui le cose tornano a vivere, disfacendosi finalmente del ghiaccio. Ciò a cui sei messo di fronte è la vita stessa in atto di liberarsi, dunque quando è nella sua forma più fragile, ma ha la volontà più forte. Vedi quella carica vitale pronta a scoppiare e sai che riuscirà a prevalere. Io… mi è tornato in mente perché io mi sento esattamente così in questo momento. Oggi è stato difficile, ho temuto in così tanti momenti di non avere la forza per continuare a lottare, per tenerti a me, per ritrovarti. E invece adesso… non mi sono mai sentito più felice di ora, quando mi sono accorto che tutto il ghiaccio che ho sempre avuto attorno si stava sciogliendo e ho sentito il mio respiro libero di nuovo – la voce gli si incrinò. Jimin ascoltava tutto immobile e in silenzio assoluto, combattendo contro le lacrime. Respirava piano, temendo che il suono del suo stesso respiro potesse spezzare la magia del momento e interrompere Yoongi, che si stava aprendo a lui in un modo che Jimin non avrebbe mai creduto possibile – Sei il mio disgelo Jimin. Non riesco a crederci, ma sono ancora vivo.

Yoongi piangeva adesso e Jimin con lui. Non sapeva cosa dire, quali parole usare dopo una dichiarazione del genere? Fece ciò che aveva spesso fatto con Yoongi, lasciò i gesti parlare per lui. Gli passò le mani sulle guance portando via le sue lacrime e poi lo baciò di nuovo e in quel bacio cercò di comunicargli tutto l’amore che provava per lui, sicuro che Yoongi lo avrebbe capito. Stretti così, l’uno tra le braccia dell’altro, tutte le angosce dell’ultimo periodo, tutto il dolore provato in quel mese infernale, svanirono di colpo. Leggeri e felici erano adesso lì, finalmente riuniti, finalmente insieme. Jimin sarebbe potuto rimanere così per sempre, a godere semplicemente del calore del corpo di Yoongi e delle labbra morbide del ragazzo sulle proprie. Si sentiva anche lui felice come non gli era mai successo prima e lacrime di gioia e desiderio presero a scorrergli giù ancora una volta dagli angoli dei suoi occhi chiusi. Amava Yoongi con tutto il suo cuore e la sua anima, ed era sicuro come era sicuro che domani il sole sarebbe sorto che non lo avrebbe mai più lasciato andare.

 

 

Note dell’autrice (2): Oooook. Ce l’ho fatta. Non so come spiegare adeguatamente la difficoltà che lo scrivere questo capitolo mi ha dato. È uno di quelli che ho in mente fin dall’inizio eppure quando poi mi sono messa a scriverlo… è stato incredibilmente complesso. Ho sudato ad ogni singola frase, penso di avere diciotto versioni diverse delle stesse scene nel mio computer. Forse perché non era semplice traghettare queste due anime dal punto in cui sono partite a quello di arrivo, forse per un altro milione di motivi che però non mi metterò a dirvi. Voglio lasciare il tutto completamente a voi, senza mettermi ad elencare tutti i punti che sono per me fonte di insicurezza. Dico solo che è stata dura pubblicarlo, anche perché è un capitolo, come si sarà potuto capire, fondamentale. Direi il punto più importante di tutti visto che siamo giunti al momento che attendevamo tutti con ansia, il chiarimento tra Jimin e Yoongi. Spero con questo i dubbi si siano dissolti: non sono una sadica! Ok la sofferenza, ma il lieto fine glielo diamo a questi bimbi che hanno dovuto fare tanti sforzi su loro stessi, crescere e uscire dal loro guscio. È giusto che lo abbiano, hanno fatto cavolate, ma le hanno pagate e hanno imparato. Si meritano la loro gioia, no? Lo so che ci sono ancora una cosetta o due da sistemare, come anche Yoongi stesso dice a Jimin. Immagino la prima persona che viene in mente a questo riguardo sia il piccolo Jungkook. Anche Hopi merita delle scuse ed in generale ci sono ancora un po’ di chiarimenti che vanno fatti, per cui il prossimo capitolo si occuperà di questo. Mi dispiace da morire dirlo, ma temo siamo in dirittura d’arrivo… Ma comunque parlerò meglio anche di questo nel prossimo paio di capitoli.

Come avevo accennato nelle note iniziali, il capitolo è lungo, ma come dividerlo? Credo che la narrazione del percorso affrontato dai nostri bimbi durante questo lungo pomeriggio fosse da lasciare ininterrotta, così che fosse più semplice immedesimarsi in tutto quello che hanno provato e vivere poi al meglio con loro il sollievo finale. E sì che ne hanno passate un bel po’ di emozioni, no? Dall’imbarazzo, alla paura, alla spensieratezza, la tensione, il sollievo… uuuh è stata faticosa. Lo è stato da morire anche per me, per cui spero con tutto il cuore che questo capitolo vi piaccia. Mi ha letteralmente prosciugato le energie.

Per oggi vi lascio. Grazie tantissimo come ogni volta di aver letto il capitolo e le note. Se avete un attimo fatemi sapere cosa ne avete pensato ♥ Ci vediamo la prossima settimana, baci,

Elle ~

PS: la vostra sanità mentale dopo venerdì è ancora intatta? La mia poco :P Applausi per noi reduci.

PPS: Mentre scrivevo il capitolo c’è stata una canzone che è partita e il cui testo sembrava piuttosto perfetto per quello che Jimin e Yoongi pensano prima di scoprire ciò che realmente l’uno prova per l’altro. Io stessa non la conoscevo e visto che mi è piaciuta molto e mi fatto pensare ai miei Yoonmin ve la lascio qui: “Bud” di Fenne Lily. Mi ha colpito l’adeguatezza del testo rispetto alla situazione pre-chiarimento di Jimin e Yoongi proprio mentre scrivevo di loro.

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Capitolo 18
*** Capitolo XV ***


CAPITOLO XV

 

“L'amore astratto brama gesta immediate, edificanti perché tutti lo notino. Si giunge effettivamente anche al punto di sacrificare la vita purché non vada troppo per le lunghe e si concluda al più presto, come sulla scena, così che tutti vedano e plaudano. L'amore attivo è fatica e perseveranza.”

 

(Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov)

 

23 gennaio 2017

 

Jimin quella mattina si svegliò completamente riposato. Non aveva avuto nessun incubo. Nessun vento ruggente, nessuna tenebra gelida lo era andato a visitare in sogno durante le ore notturne. Dopo aver ripassato come un film ogni singolo attimo trascorso durante la giornata, Jimin aveva chiuso le palpebre con un sorriso sulle labbra e c’era stata poi solo l’oscurità. Quanto tempo era che non dormiva così bene? Così tanto che lì per lì fece fatica a riprendersi subito. La rilassatezza post-sonno era un qualcosa che non sperimentava da un po’ e per questo al risveglio si sentì del tutto frastornato. Osservò il mondo della sua camera con gli occhi appena visibili da sotto la coperta e poi si stirò placido. Yoongi-hyung, fu la prima cosa che pensò. I ricordi della sera precedente presero ad affiorare e Jimin si chiese se avesse sognato tutto. Gli tornò in mente il suo viso, che finalmente aveva potuto avere così vicino al proprio. La sua voce, che gli aveva sussurrato dolci parole all’orecchio. Ripensò alla sua pelle liscia, il suo profumo così particolare. Ripensò alle sue labbra… no, no non era stato un sogno e il pensiero lo fece ridacchiare da solo e scalcettare freneticamente con i piedini mentre arrossiva fino alla punta dei capelli. Per prima cosa appena messosi a sedere sul letto prese il telefono come faceva sempre e quando lo accese lo schermo si illuminò con una notifica. Yoongi-hyung~ (3). Non era la prima volta che riceveva un messaggio da Yoongi ovviamente, ma mai prima d’ora il cuore gli aveva battuto tanto forte. Lo aprì con trepidazione e lesse con occhi dapprima incuriositi e che in pochi istanti si fecero sognanti. Di nuovo le guance gli si imporporarono e ridacchiò imbarazzato.

 

--- lunedì 23 gennaio 2017 ---

Yoongi-hyung~

8:55 di nuovo a lavoro, ho sonno.

9:16 buona giornata jiminah

9:16 non farti male, ti voglio intero ;)

 

Quanto gli sarà costato mandarmi queste quattro righe? pensò Jimin e il petto gli si gonfiò di felicità. Lo amava tanto e non vedeva l’ora che uscisse da lavoro così che potessero rivedersi per dimostrarglielo ancora. La sera prima, dopo che Yoongi gli aveva fatto quella dichiarazione a cui lui si era messo a piangere e che sapeva avrebbe custodito nel suo cuore fino alla fine dei giorni, erano rimasti nel letto un altro po’, a scambiarsi lenti baci e altri piccole manifestazioni d’affetto, parlandosi dolcemente e perdendosi l’uno negli occhi dell’altro. Si erano poi accorti che di solo amore non si può vivere quando i loro stomaci avevano brontolato. Avevano quindi preparato insieme la cena e mentre mangiavano avevano avuto modo di raccontarsi ancora meglio tutto quello che era accaduto durante il periodo in cui erano stati separati. Si aprirono su quanto avevano vissuto, spiegarono i motivi delle loro azioni, chiarirono ogni gesto frainteso. Resero l’altro completamente a parte di cose che entrambi credevano si sarebbero dovuti per sempre tenere nascosti nel petto in silenzio. Yoongi pianse di nuovo quando Jimin gli raccontò dei suoi incubi. Era stato indeciso fino all’ultimo se condividere con lui anche questo dettaglio, ma alla fine aveva deciso di sì, perché in qualche modo lo sarebbe venuto a sapere e lui voleva essere completamente onesto. Gli aveva detto ciò che sognava e della voce che sentiva. Gli aveva detto che era convinto fosse la sua, ma aveva sempre cercato di scacciare l’idea per terrore che potesse essere sbagliata. Yoongi si era alzato dal suo posto a quelle parole ed era corso da Jimin, facendolo mettere in piedi e prendendolo stretto, cullandoselo tra le braccia e mormorando una sequela di “scusa”. Jimin aveva cercato di dirgli che non era colpa sua, ma il ragazzo non aveva voluto sentire ragioni e aveva continuato ad insultarsi finché Jimin lo aveva calmato baciandolo un’infinità di volte e guidandolo sul divano, dove poi gli era salito sopra e aveva continuato a lasciargli soffici baci sul viso pregandolo che si tranquillizzasse, rassicurandolo che era tutto finito, ora sei qui, sei qui con me, nient’altro ha più importanza. Erano quindi rimasti su quel divano per alcune ore, forse due, forse quattro, non avrebbero saputo dirlo. Alla fine era arrivato per Yoongi il tempo di andarsene: 

– Lo sai che vorrei rimanere qui, ma domani ho lavoro e…

– Lo so, hyung, lo so. Vai tranquillo – Jimin si era scoperto completamente calmo all’idea di vederlo andare via. Non stava andando da un altro ed era da lui che sarebbe ritornato. Sulla soglia Yoongi lo aveva abbracciato di nuovo:

– Promettimi che non sognerai niente di brutto.

– Te lo prometto Yoongi-hyung.

– Ricordati che non me ne vado più.

Jimin aveva sorriso e annuito, del tutto tranquillo in quella che sapeva sarebbe stata una promessa mantenuta. Yoongi gli aveva preso il viso fra le mani e aveva sfregato la punta del proprio naso contro la sua e dopo avergli dato un altro lento bacio se ne era andato. Jimin non vedeva l’ora che tutto questo si ripetesse. Ormai aveva scoperto cosa significava ricevere l’affetto di Yoongi-hyung, i suoi baci e le sue carezze, e sapeva che mai più avrebbe potuto farne di nuovo a meno. Rileggendo i tre messaggini Jimin si fissò sulla scritta “Yoongi-hyung~Chissà se adesso potrò… ma sì, perché no? Ridacchiando tra sé e sé cambiò velocemente il contatto e ammirò soddisfatto il nuovo nome: “Yoongi-hyung ♥”. Sapeva che quando Yoongi se ne fosse accorto gli sarebbero venuti i brividi per quella smanceria e questo pensiero lo convinse definitivamente a lasciare il suo numero salvato così. Si alzò canticchiando e mentre si dirigeva verso il bagno passò di fronte alla camera aperta di Taehyung. L’amico non c’era e Jimin si ricordò solo in quel momento dell’amico rimasto a dormire alla villa di Jin. Fu tirato giù dalla sua nuvola rosa e si morse il labbro. Jungkook!

 

23 gennaio 2017; h. 7:57

 

Jungkook e Taehyung respiravano piano, dormendo vicini sotto al caldo piumone del letto matrimoniale della camera al primo piano. Si erano trasferiti lassù attorno alle due di notte, quando Taehyung si era svegliato all’improvviso e si era reso conto che entrambi erano caduti addormentati sul divano mentre guardavano la televisione. Quasi sonnambulo, aveva allora delicatamente scosso Jungkook e lo aveva fatto alzare, accompagnandolo poi tenendolo per mano nella camera di solito usata da Jin e Namjoon. Poiché il loro pernottamento lì era stato improvviso, il riscaldamento che avevano acceso da solo poche ore non aveva ancora estinto del tutto l’umidità e il freddo all’interno della villa e quella camera era la più calda. Inoltre era meglio dormire vicini così che si potessero tenere ancora più caldo a vicenda e dunque un letto matrimoniale sarebbe stato più comodo di uno singolo. Jungkook aveva fatto le scale anche lui quasi senza svegliarsi e aveva seguito Taehyung docilmente. Si era fatto rimboccare le coperte e appena Taehyung era entrato vicino a lui lasciandosi sprofondare nel morbido materasso si era aggrappato al suo braccio come a un cuscino e si era riaddormentato profondamente, seguito un attimo dopo dall’amico. Taehyung si svegliò e lo trovò quasi nella stessa posizione, con l’unica differenza che adesso invece che solo al suo braccio il ragazzo si era avviluppato completamente a lui. Solo dopo diversi secondi di spaesamento causati dal non vedere le familiari mura della propria camera, Taehyung ricordò perché si trovasse lì e soprattutto perché avesse il corpo dell’altro quasi interamente sopra di lui. Arrossì leggermente e prese a spostarsi, muovendosi con attenzione per evitare di svegliarlo. Pesava un pochino quindi non fu un’operazione semplicissima per le sue ossa sottili. Liberatosi, si spostò ancora di più, pronto per uscire dal letto per andare in bagno, ma guardando il viso di Jungkook che dormiva sereno se ne dimenticò e si incantò a guardarlo. Era bello, il più bello di tutti, questo pensava Taehyung. E sembrava un bambino, con i capelli davanti agli occhi e la bocca leggermente schiusa. Portò due dita vicino alle labbra del ragazzo e senza toccarle si fermò a una distanza sufficiente a sentire il calore emanato dal suo respiro regolare. Quel gesto lo rilassava. Era come se così potesse cogliere con i suoi stessi sensi tutta la tranquillità sprigionata dal ragazzo a riposo. Quella calma… Taehyung avrebbe voluto la conservasse per sempre, ma come tenerlo al sicuro da tutto quello che c’era là fuori nel mondo? Si costrinse a ritirare la mano e con tutta la delicatezza di cui era capace sgusciò fuori dal letto e uscì dalla stanza. Prima di farvi ritorno scese al piano di sotto, dove ancora un po’ assonnato andò ad aprire la dispensa e mise a fare del riso. Poiché al momento nessuno abitava nella villa, il frigorifero era vuoto e dunque a disposizione i due ragazzi avevano avuto anche la sera prima solo riso e del cibo in scatola. Poco male, Taehyung era affamato, non gli importava di rimangiare la stessa cosa purché mettesse qualcosa nello stomaco. Tornò di sopra e nel chiudere la porta della stanza la fece battere un po’ più forte di quanto avesse voluto e sentì un mormorio provenire dalla direzione di Jungkook. Si avvicinò al letto e vide il ragazzo muoversi.

– Kookie? – disse sottovoce – ti ho svegliato?

Jungkook chiuse e aprì gli occhi diverse volte di seguito e sollevò lo sguardo quando sentì il materasso abbassarsi.

– Mmmh… che ore sono...?

– Intorno alle otto credo. Se vuoi dormire un altro po’ puoi.

– No, no – rispose Jungkook con voce impastata tirandosi a sedere – Se mi rimetto giù non mi sveglio più.

– Quando hai lezione oggi?

– In tarda mattinata.

– Ok, io nel primo pomeriggio, possiamo prepararci con calma.

Jungkook si massaggiò gli occhi e annuì con la testa. Guardò poi Taehyung attraverso le palpebre ancora pesanti per il sonno.

– L’idea di alzarmi mi mette nausea – gli disse con voce lamentosa. A questo Taehyung gli si portò più vicino e Jungkook vide un lampo balenare nei suoi occhi. Il secondo dopo sentì le sue mani invadergli lo stomaco, sotto le braccia, il collo, veloci e leggere come tante formichine. Jungkook scoppiò a ridere forte, sensibile al solletico, e si rovesciò sulla pancia, cercando di ripararsi dall’attacco improvviso. Taehyung si mise sopra di lui e continuò quella lotta felice, ridendo ancora più forte di Jungkook, finché non decise che fosse sufficiente.

– Tae…hyungie… – disse Jungkook senza fiato, raggomitolato e ancora scosso dai fremiti delle risate – questa… me la paghi… non ora, ma me la paghi.

Taehyung, seduto ancora sopra di lui, gli prese le spalle e gli fece un piccolo massaggio affettuoso:

– Kookie, cosa devo pagare? Ti stavo facendo un favore! – lasciò libero il ragazzo – eri assonnato, ho trovato un metodo per farti tornare velocemente le energie.

Jungkook rideva ancora e scosse la testa a questa risposta, chiaramente arresosi all’idea di rimanere arrabbiato con l’amico. Riappoggiò la testa sul cuscino e si portò le mani sulla pancia.

– Non sferro un contro attacco solo perché sono a stomaco vuoto. 

– Ah, il riso! – esclamò Taehyung balzando fuori dal letto – Ho messo del riso a cucinare, scendi a fare colazione?

– Tu intanto inizia, ancora io non ho le forze.

– Devo utilizzare di nuovo la mia tecnica?

– Sono sicuro presto farà affetto, vai tranquillo Tae.

Con un ghigno Taehyung se ne andò di sotto. Con grande sorpresa di Jungkook, che nel frattempo stava chiedendosi se queste forze le avrebbe mai trovate, la porta si aprì di nuovo dopo nemmeno cinque minuti. Vide Taehyung entrare con un vassoio in mano e spalancò gli occhi seguendolo con lo sguardo finché il più grande non fu di nuovo vicino al letto e a quel punto lo aiutò prendendogli il vassoio dalle mani e affondandolo tra le soffici coperte bianche.

– Ma cosa hai portato?!

– La colazione, non vedi?

– Tae, sì lo vedo, seriamen...? – disse Jungkook scoppiando a ridere e guardandolo come se fosse pazzo.

– Sì, ho capito cosa intendevi, ovvio – disse Taehyung sorridendo a sua volta e portando gli occhi al cielo – Che problema c’è se ho portato su la colazione?

– No, non c’è un problema, ma non dovevi scomodarti – rispose Jungkook afferrando la sua ciotola di riso e buttandocisi sopra. Taehyung gli si mise vicino, gli avvolse un braccio e poggiò la testa sulla sua spalla:

– Ma ti ha fatto piacere?

– Ovvio che mi ha fatto piacere, avevo una fame da lupi, ma ero preoccupato di non riuscire ad alzarmi prima di un’altra mezz’ora e morire qui – rispose Jungkook tranquillo mentre finalmente soddisfaceva il suo appetito.

– Allora se a Kookie fa piacere, Taehyungie lo fa.

Jungkook ingoiò il boccone e abbassò lo sguardo su Taehyung. Il ragazzo lo stava guardando con dolcezza e a lui venne istintivo ricambiare quello sguardo con un sorriso. Poi parlò:

– Non mangi?

Taehyung sembrò ricordarsi in quel momento che c’era una ciotola anche per lui.

– Ah sì, è vero! Ho fame anche io!

Ridacchiando un po’ Jungook riprese a mangiare, seguito a ruota da Taehyung.

– È stata un po’ una sfortuna avere questo contrattempo, ma ne è valsa la pena, no? Gli scatti sono venuti davvero bene.

– Si! – rispose Taehyung entusiasta – Sono così contento dell’idea che hai avuto!

Jungkook assunse un’espressione soddisfatta:

– Ho sempre idee perfette, Taehyungie, ormai dovresti saperlo. Spero solo… credi che Jiminie si sia dispiaciuto tanto? Non vorrei che si fosse offeso…

– No, Kookie, sono sicuro che va tutto bene. Tra l’altro alla fine un aiuto lo ha avuto, no? – sollevò lo sguardo e vide il viso di Jungkook rabbuiarsi e il ragazzo sul punto di dire qualcosa – Cosa c’è?

– No, niente. Niente, tranquillo.

– Kookie, che succede? Sono io, a me puoi parlare.

– Nulla, è solo che… Jiminie, come lo trovi? Nel senso, ti era sembrato stesse meglio in questi ultimi giorni? Io non avevo notato molta differenza eppure…

Taehyung si sentì stringere il petto.

– Eppure?

– Eppure venerdì sera sembrava così diverso dal solito. Cioè diverso in modo positivo. Nel senso, diverso rispetto al solito degli ultimi tempi, che era già diverso rispetto al solito vero… aaaah! Inizio a parlare come te! Non ridere! Quello che voglio dire è che mi sembrava tornato normale, ecco. Più allegro. Sai se è successo qualcosa?

Taehyung rimase qualche secondo in silenzio con il cuore che aveva preso ad accelerare leggermente e interdetto sul da farsi. Si schiarì la gola:

– Di preciso no – in fondo non era una bugia. Tirò la palla di nuovo a lui – Tu cosa hai notato?

– L’ho visto così rilassato. Rideva quasi come prima… – Jungkook dette un piccolo sobbalzo – Il che va benissimo! Taehyungie ovviamente ne sono felice, non devi pensare che non lo sia!

– Kookie, è evidente, lo so, non devi nemmeno dirmelo. Ma che cosa c’è allora che ti turba?

– Ecco… quando ho visto Jiminie così sereno comportarsi finalmente come sempre, me ne sono rallegrato. Anche l’atmosfera che si respirava, tra tutti, sembrava essere davvero tranquilla e persino Yoongi-hyung mi è sembrato finalmente più di buon umore, il che mi ha spinto a pensare che proprio questo abbia favorito l’ambiente disteso. Ne sono stato felice. Però poi… – il ragazzo si fece leggermente rosso – mi vergogno un po’ a dirlo, ma… ho trovato spesso Jiminie a ridere e scherzare con Yoongi-hyung e sapendo un po’ dei loro trascorsi e visto il modo in cui sono stato accanto a Jimin nell’ultimo mese… c-credo… credo di essermi un po’ ingelosito.

Jungkook lasciò la ciotola sul vassoio e si nascose il volto tra le mani sospirando. Taehyung non sapeva cosa dire, si sentiva impotente e inutile. Posò una mano sulla spalla di Jungkook, ma l’altro parlò prima che lui potesse intervenire:

– Taehyungie, perché sono geloso? Non mi sono mai sentito geloso di hyung, perché ora? Mi sento come in ansia…

– Ti senti in ansia perché Jiminie è una persona a cui tieni, e adesso che vi siete avvicinati di più hai logicamente più timori di prima. Kookie, ciò che provi è normale.

– Ma è Yoongi-hyung, Tae! Ci ho pensato spesso a lui, sai? Mi è stato chiaro fin da subito che lui e Jimin fossero vicini, ma… forse sono stato stupido, ma sono sempre giunto alla conclusione che tra i due non ci fosse niente. Continuo – pose l’accento sulla parola – a credere che non ci sia nulla. Però il fatto che si vedano… non farei mai nulla per evitarlo, ma mi agita anche se so che non dovrebbe. C’è qualcosa, un rapporto, un legame tra loro che non capisco, ma questa mia angoscia non va bene. Dovrei fidarmi di Jiminie, dovrei sentirmi tranquillo, più sicuro di me, ma non riesco Taehyungie.

Taehyung sentì il cuore spezzarsi. Sapeva perfettamente da cosa derivavano tutte queste insicurezze e lui avrebbe voluto dirgli tutta la verità, senza tralasciare più nulla, perché la meritava. Meritava di sapere ciò che c’era tra Jimin e Yoongi così come meritava che gli venissero aperti gli occhi sul fatto che non era con Jimin che avrebbe trovato la felicità. Adesso Taehyung ne era sicuro. Dopo questo sfogo capì con certezza che ciò che Jungkook provava era la prova che non avrebbe trovato quello che cercava in Jimin. Anche se in modo molto inferiore, e soprattutto più sano, anche con Jimin Jungkook stava mettendo in moto dinamiche che aveva già adottato in passato e lo avevano lasciato ferito. Aveva bisogno di qualcuno con cui poter essere sé stesso, di cui fidarsi completamente, con cui sentirsi totalmente a suo agio. Jungkook aveva bisogno di lui. Taehyung ne era più convinto di prima. Ma come farglielo capire? Come spiegargli che Jimin non poteva andare per lui, senza dirgli come stavano le cose? Il dilemma era che, è vero, Jungkook meritava la verità, ma non meritava di soffrire. E sapere tutto quello che Taehyung e gli altri ragazzi avevano intuito e come poi avevano agito in proposito… non poteva dirglielo. Doveva trovare un modo per farlo avvicinare il più dolcemente possibile a quella che Taehyung sentiva essere una realtà sempre più probabile. Fece scorrere la mano che aveva sulla sua spalla e gliela portò dietro la vita, stringendoglisi vicino.

– Kookie ascoltami – disse cercando di assumere un tono convincente – Yoongi-hyung e Jiminie sono da sempre uniti da un piccolo filo il cui effettivo valore nessuno di noi credo abbia mai compreso appieno. Yoongi-hyung è… particolare ed è quindi difficile capire ciò che pensa, si comporta in modo schivo con tutti, ma poi ci sono quelle due o tre persone che in qualche modo riesce ad accettare. Perché? Non ne ho idea. Nessuno di noi ce l’ha. Fatto sta che sì, sarebbe una bugia dirti che nessuno ha mai notato il loro stretto legame. In quest’ultimo periodo poi… – Jungkook lo guardava come se pendesse dalle sue labbra e Taehyung sentì che doveva dirgli qualcosa, non troppo, ma qualcosina almeno. Non poteva essere del tutto all’oscuro di tutto – io credo che la partenza di Yoongi-hyung abbia un po’ preoccupato Jiminie e penso che durante quel periodo si siano anche sentiti poco, il che ha aumentato il suo dispiacere. Probabilmente l’altra sera lo hai visto più contento perché finalmente hyung era tornato.

– Ma perché, io non gli basto? – Jungkook aveva quasi le lacrime agli occhi.

– No Kookie, non è questo! Ma… ma Jimin e Yoongi sono amici già da un po’ e quello che volevo dirti con il mio discorso sconclusionato-

– Non era sconclusionato.

– Ok, con il mio discorso e basta, era che sì, Yoongi e Jimin hanno un rapporto particolare, e sì, qualcosa mi dice che l’atteggiamento di Jiminie era dovuto al sollievo per l’idea che uno dei suoi più cari amici non se ne fosse andato via. Questo però non vuol dire che ciò debba essere una minaccia per te Kookie. Solo… – come continuare?

– …solo?

– Solo dovresti forse interrogarti sul se potresti mai venire a patti con questo legame. Perché Jungkookie, io credo che continuerà. Non ti sto dicendo che la tua gelosia sia giustificata, perché, credimi, non ho idea di cosa effettivamente Yoongi provi per Jiminie – almeno adesso non stava mentendo –  ma sto solo cercando di farti capire che, al di là di ciò che può provare per te, Jiminie vuole bene davvero a hyung e lo ammira tanto – sto parlando troppo? – ed è una cosa con cui devi saper fare i conti perché… perché non credo tu possa chiedergli di interrompere tutto questo.

Jungkook tirò un po’ su col naso:

– Ma io non voglio chiederglielo. Non glielo chiederei mai. È che… credevo di aver fatto tanta strada. Invece adesso ho di nuovo paura. Non voglio restare solo di nuovo.

Taehyung gli dette un pizzicotto su un fianco fingendo un’espressione ripiccata e gli scompigliò i capelli:

– Ma Kookie cosa dici? Non sei solo! Ci sono io.

Jungkook sospirò:

– Lo so Taehyungie, ma non posso chiederti di essere sempre accanto a me. Devo imparare ad essere adulto, no? – concluse facendogli l’occhiolino. Taehyung avrebbe voluto dirgli che a lui sarebbe andato benissimo se gli avesse chiesto di rimanergli sempre accanto e che non avrebbe avuto nulla contrario ad aiutarlo a diventare adulto. Quello che gli disse fu invece che non doveva preoccuparsi troppo per Jimin, ma magari cercare di sondare ancora meglio il terreno prima di buttarsi con azioni avventate. Jungkook rispose che era proprio quello che aveva fatto fino ad ora.

 

23 gennaio 2017; h. 19:07

 

Taehyung era esausto quando tornò a casa. Le lezioni erano incominciate tardi, ma erano finite altrettanto tardi e la stanchezza adesso si tava facendo sentire, dopo aver quasi passato quasi due giorni interi fuori. Era tornato sa Seul la mattina tardi insieme a Jungkook e mentre il ragazzo era andato a lezione lui aveva avuto poco più di un’ora per rientrare velocemente, cambiarsi i vestiti, prendere il materiale per le lezioni e correre di nuovo via in facoltà. Fu con grande gioia dunque che infilò le chiavi nell’ingresso della serratura, sognando già il momento in cui finalmente si sarebbe potuto mettere comodo e sdraiarsi sul divano. Prima che potesse nemmeno fare due passi nel corridoio dell’ingresso sentì un urlo provenire dalla cucina:

– Taehyungieeeee, fermo lì, non ti muovere!

– Che succede?!

Jimin arrivò con occhi vispi e andatogli vicino saltellando gli prese la mano:

– C’è un piccolo cambiamento in cucina. Non voglio che ti arrabbi in proposito, promettimelo! D’altronde sei tu che devi essere perdonato visto che mi hai dato buca.

Taehyung non avrebbe trovato le energie per arrabbiarsi nemmeno se avesse voluto. Rispose tranquillo:

– No, no, promesso. Cosa avete combinato tu e hyung ieri? Vi siete improvvisati arredatori?

– Nulla di così drastico. Prendila come una preview per quello che faremo io e te – Lo trascinò in cucina e gli indicò la parete tinteggiata con un sonoro “TA DAAN!” – Che te ne pare??

Taehyung spalancò gli occhi di fronte al muro arancione:

– Aaaah! Come è venuta bene!! Jiminie quando saranno così anche le altre due sarà bellissimo vedrai!

– Dunque non ti dispiace che abbia fatto una parete con lui? Lo so che era una nostra idea, ma già che Yoongi era qui-ehm Yoongi-hyung, Yoongi-hyung era qui.

Taehyung lanciò un’occhiata curiosa all’amico:

– Avete pitturato insieme? Tu e Yoongi-hyung? – rimarcò quest’ultima parola – Credevo volesse solo aiutarti a sistemare. Deve essercene voluto di tempo – si avvicinò alla parete tinta di fresco per osservarla meglio, mani alle tasche, serio in viso – Era ancora qui quando ti ho chiamato? Immagino di sì.

– In effetti sì, perché proprio come hai detto c’è voluto più tempo. Non gli è… Non gli è costato rimanere un po’ di più.

– E l’idea come ti è venuta? – disse Taehyung girandosi adesso verso Jimin e fissandolo negli occhi. Jimin non seppe cosa rispondere sulle prime. Cosa voleva dire?

– Che intendi con come mi è venuta? Eravamo qui e mi-mi è semplicemente venuto in mente.

– Si ma era un po’ che non vi vedevate, immagino che per rimanere più a lungo il pomeriggio sia andato bene. A differenza di quanto accaduto nell’ultimo periodo, o mi sbaglio? – penetrò Jimin con lo sguardo e vide l’amico arrossire leggermente – Non avete avuto molti contatti, e questo credo abbia fatto stare male entrambi. Non guardarmi così Jiminie, credi che non ti conosca per niente? Se davvero le cose tra voi si sono sistemate io sarò il primo a gioirne – la bocca si distese in un sorriso amaro – ma mi chiedo solo perché tu non abbia voluto dirmi nulla di tutto ciò prima.

Taehyung era ormai sicuro che le cose dovessero essersi per forza aggiustate quanto meno in parte tra Jimin e Yoongi per cui sentì che non c’era più nessun motivo di fingere di non sapere niente o per evitare di aprire l’argomento. Questa volta anzi avrebbe insistito di più per farsi dire la verità. Dopo ciò che Jungkook gli aveva detto voleva avere un’idea precisa di ciò che stava accadendo, non tanto per lui, ma piuttosto per il più piccolo. Non si sarebbe più accontentato di teorie incerte o vaghe spiegazioni. Tra l’altro se davvero i due ragazzi avevano concluso quale che fosse la questione aperta in corso tra loro, era anche e soprattutto merito suo e degli altri ragazzi, per cui chiedere a Jimin come effettivamente stessero le cose era solo giusto. Gli tornò di nuovo in mente Jungkook. In realtà il merito di tutto questo era stato suo, perché era stato proprio grazie ad una frase che il ragazzo aveva detto che a Taehyung si era accesa la lampadina giusta che aveva poi aiutato a fare luce sul resto. Il cuore gli fece male di nuovo e pensò a quanto tristemente ironico fosse tutto ciò. Non solo Jungkook era il motivo principale per cui Jimin non era crollato in tutto quel periodo, ma adesso era anche stato la causa involontaria del suo riavvicinamento con Yoongi. Jimin lo aveva chiamato Yoongi, non era mai successo prima. Chissà se l’amico aveva una mezza idea di quanto dovesse a Jungkook. Taehyung si sentì all’improvviso afferrato da una curiosità violenta di scoprire se il premio di ringraziamento che aveva in serbo per lui fosse solo quello di consolazione o meno. Jimin iniziò a dire qualcosa, ma poi si fermò. Poi riprese di nuovo:

– Non sapevo da dove iniziare.

– E per quale motivo? – il suo tono era più freddo di quanto avrebbe voluto, e capì che anche Jimin doveva essersene accorto. Non riusciva però ad evitarlo – Cosa c’era di male a dire che avevi dei problemi con un tuo amico? Mh?

– T-Tae, perché fai così? Lo so avrei dovuto parlartene, ma non me la sono sentita – E io voglio capire il perché! Pensò Taehyung, ma cercò di frenarsi. Jimin sembrava davvero spaesato dal modo in cui lo stava aggredendo ed in effetti ne aveva motivo. Taehyung stava reagendo in modo eccessivo, considerato tra l’altro quanto poco ancora sapesse su tutta la questione. Il problema era che un dubbio atroce aveva preso a ballargli nella mente. Il pensiero che Jimin avesse avuto difficoltà a confidarsi con lui riguardo a Yoongi perché in realtà provava per il più grande qualcosa di più, ma allo stesso tempo continuava ad uscire con Jungkook. Volle però concedergli il beneficio del dubbio e pensò che in fondo Jimin potesse aver deciso di non aprirsi solo per riservatezza e lui non aveva diritto di avercela con lui per questo. Jimin era libero di decidere cosa condividere e cosa no, ed era un diritto di cui Taehyung non si sarebbe mai sognato di privarlo. Capì dallo sguardo dell’altro di fronte a sé che se avesse continuato a dar retta ai suoi ragionamenti avrebbe finito con lo spaventare Jimin e farlo chiudere ancora di più, mentre lui al momento aveva bisogno di qualche risposta. Decise di calmarsi e relegò quella domanda che gli martellava in testa in un angolo, pensando che l’avrebbe tirata fuori solo se fosse servito. Addolcì il suo sguardo e tolse le mani dalle tasche. Si avvicinò a Jimin e gli prese una mano:

– Scusami, non volevo essere brusco. Ti avevo detto io stesso che non dovevi dirmi nulla che non volessi, perdonami. È solo che mi sono preoccupato, sai, e l’idea che tu abbia deciso di portarti dentro qualcosa che ti faceva star male senza dirlo a nessuno… non mi fa piacere. Vieni – prese Jimin per le spalle e lo portò al divano, dove lo fece sedere mettendosi poi vicino a lui – Confermo ciò che ho detto, non devi sentirti obbligato a parlare. Tuttavia, mi piacerebbe davvero tanto che tu lo facessi, perché ti voglio bene Jiminie e voglio capire che cosa hai passato o stai passando. Innanzitutto, la cosa più importante: come stai adesso? Meglio?

Jimin annuì e rispose sottovoce:

– Si. Non ho nemmeno avuto incubi questa notte Taehyungie.

– Davvero? Questa è una bellissima notizia allora! – nonostante l’irritazione provata pochi minuti prima Taehyung sentì adesso un sincero sollievo – Quando volevi dirmelo?!

– Te lo avrei detto a cena, credo. Ti avrei detto anche altro, volevo parlarti proprio questa sera. Ma hai preso il discorso prima tu per cui… seguirò la corrente e ti dirò tutto.

Finalmente, pensò Taehyung. Credeva che la parte più difficile sarebbe stata il convincerlo a parlare, ma adesso si rese conto che in realtà si sentiva più in ansia per la prova che sapeva lo avrebbe aspettato di lì a pochi minuti. Accogliere ciò che Jimin gli avrebbe detto, di qualsiasi cosa si fosse trattata, e accettarla senza giudicare l’amico. Non era sicuro di esserne capace.

– Comincio dai miei incubi, che sono immagino ciò che ti ha fatto preoccupare di più. Credo siano finiti davvero questa volta Tae. Non torneranno, ne sono certo. Vedi… quegli incubi erano… insomma non avevi tutti i torti quando hai detto di aver capito che tra me e Yoongi-hyung le cose non stavano andando bene e infatti quegli incubi erano collegati a questo. Io… credevo di averlo perso Tae. Non ho saputo gestire la sua lontananza e il suo silenzio. Perché sì, anche su questo avevi ragione. Non ci siamo sentiti molto mentre è stato via, anzi, in realtà per niente. È una cosa che mi ha fatto stare molto male, inutile negarlo.

– Jiminie, avevi gli incubi tutte le notti. Tutte. Ogni singola volta che poggiavi la testa sul cuscino iniziavi a urlare e piangere. Direi che ti ha fatto stare qualcosa di più che semplicemente “molto male”, no?

Jimin balbettò:

– S-si imma-immagino di sì. Si, è una cosa che mi ha… mi ha…

– Devastato. Io utilizzerei questo termine.

Jimin annuì. Taehyung si aspettava che continuasse e invece non lo fece per cui dopo alcuni secondi di silenzio lo spronò dolcemente:

– Potrei sapere, se non ti dispiace, il motivo per cui vi eravate smessi di parlare? – vide l’amico fare uno sguardo strano, quasi sofferente, come se il tirare fuori le parole gli causasse dolore.

– C’erano dei… malintesi fra noi. Credevamo di esserci persi.

– Jiminie, così è davvero generico. Non mi stai facendo capire molto.

– Lo so, lo so Taehyungie! Ecco perché non ti avevo ancora detto nulla, perché è difficile. Non so come spiegarmi, non so come spiegare tutto. Non so soprattutto da dove partire.

– Provaci! Che cosa c’è che non si può dire?! Jiminie, per favor-

– Sono innamorato di Yoongi-hyung! – esclamò Jimin tutto d’un fiato, diventando color rubino e distogliendo lo sguardo dall’amico – Lo amo Tae, da morire, e il fatto che se ne fosse andato mi stava consumando dall’interno.

Perché gliel’ho detto così?! Jimin sapeva di aver sbagliato. Avrebbe dovuto iniziare dal principio, con ordine, da quando ancora non sapeva dei suoi veri sentimenti nei confronti di Yoongi, dell’errore in cui era caduto ascoltando le battute che si stava scambiando con Hoseok, il senso di abbandono profondo e il bisogno di compensare, la convinzione vera, agli inizi, di poter trovare in un’altra persona ciò che aveva perso. Forse se avesse detto tutte queste cose prima Taehyung avrebbe potuto perdonargli il resto, ovvero l’aver continuato a ferirsi e ferire una persona a cui entrambi volevano bene solo per paura di sentirsi solo e l’essere così stato il responsabile principale dell’allontanamento di Yoongi. Il non aver avuto la forza di fermarsi prima, quando ancora i danni sarebbero stati minimi. Invece sotto le pressioni dell’amico se ne era uscito così, sputando quelle parole come se fossero macigni. Guardando Taehyung temette per un attimo che di macigni concreti si fosse davvero trattato. Il suo tono era affilato quando parlò:

– E Yoongi-hyung è innamorato di te?

– S-si. Ieri ce lo siamo confessati entrambi – ormai era andata, tanto valeva dire le cose come stavano. Avrebbe voluto prendersi a schiaffi per come stava gestendo questo confronto. Perché di un confronto si sarebbe trattato di lì a poco, Jimin lo sapeva. Lo sapeva. Taehyung scoppiò in una risatina, sottile e affilata, che lo mise in allarme.

– Jiminie, io sono contento che tu abbia finalmente fatto chiarezza nel tuo cuore, perché in effetti anche io sono del parere che ti servisse. E te ne servisse tanta – lo trafisse con lo sguardo – Però voglio sentirtelo dire. Cosa c’era di male in tutto questo? Confidare a me, il tuo migliore amico, di essere innamorato di una persona che chiaramente aveva un posto speciale per te e di sentirne la mancanza? Qual è la parte che ti creava così tante difficoltà da portarti ad esempio quella mattina in cui ti ho chiesto la fonte dei tuoi incubi a mentire e dirmi che non ne avevi idea? Cos’è che ti creava davvero imbarazzo? Il dirmi che eri innamorato di hyung o… – si fermò. Voleva che Jimin lo ammettesse. Sapeva che lo stava mettendo all’angolo, non gli stava dando modo di ripararsi dai suoi attacchi, ma era stato protetto per tanto, troppo tempo. Era giunta l’ora che fosse messo di fronte alla conseguenza delle sue azioni.

– Taehyungie, non lo so perché l’ho fatto! Ero confuso e-e – Jimin stava perdendo il controllo della situazione, voleva calmare l’amico, raccontargli tutto pian piano, ma non ci stava riuscendo e Taehyung si stava davvero agitando.

– Ti prego non dirmi che eri confuso, perché non è vero. Voglio la verità per una buona volta, non ne posso più di dover interpretare tutto. Non mi stai nemmeno dicendo la causa del vostro litigio! Perché Yoongi-hyung ha smesso di parlarti? C’entra la tua uscita con Jungkook? Il modo in cui gli sei stato addosso tutta la sera?! Con cui lo hai illuso tutto questo tempo??! – Taehyung era ormai livido e si era alzato in piedi, urlando come forse non gli era mai capitato in tutta la vita – Che cosa stavi facendo Jiminie?! Dicevi di sì agli inviti di Kookie mentre volevi Yoongi??

– No Tae, non è così! Io non sapevo di amare Yoongi! Credevo che lui stesse con Hoseok-hyung e per questo... – vide gli occhi di Taehyung farsi assurdamente enormi e iniziò a sudare. Stava facendo un danno dopo l’altro con queste sue parole affrettate. Si precipitò dall’amico e lo afferrò per una mano – Ascoltami, ascoltami – vide Taehyung trarre un profondo sospiro, sapeva che forse questa era la sua ultima possibilità per evitare il peggio e doveva giocarsela bene. Ma proprio adesso che gli occorrevano, le parole faticavano ad arrivare – I-io credevo… Tae io credevo di poter voler bene a Jungkookie. Gliene voglio. Non ho mai finto con lui, su questo devi credermi – vide gli occhi dell’amico perdere una punta della loro durezza e questo gli fece coraggio – Ci sto davvero bene insieme, mi fa ridere e lo sai che ci siamo sempre trattati con confidenza. Non sapendo ciò che provavo per Yoongi, l’ho visto prendere la sua strada e ho pensato dovessi prendere la mia. Ho davvero creduto che potesse nascere qualcosa tra me e Kookie, finché a Capodanno non ho capito di amare Yoong-

La mano di Taehyung si allontanò di colpo da quella di Jimin.

– Lo hai capito a Capodanno? Capodanno Jiminie?? Va bene, ammettiamo pure che non sapessi cosa sentivi nei confronti di Yoongi-hyung e, va bene, hai provato a far funzionare le cose con Kookie. Ma dopo? Dopo?! Non mi hai risposto prima, ma rispondo io adesso per te, perché tanto lo so: mi hai mentito quel giorno perché non potevi dirmi di essere innamorato di hyung senza ammettere di star illudendo Jungkook! Per questo non mi hai mai voluto spiegare nulla sui tuoi incubi! Un errore è ammissibile, ma hai avuto un mese, un mese Jimin per vedere questo ragazzo innamorarsi ogni giorno di più di te e capire quanto male gli avresti potuto fare!!

– Ma io credevo Yoongi-hyung non mi amasse! Che stesse con Hoseokie! Tae, mi devi far spiegare! Pensavo che non avrei mai avuto una speranza con lui!!

– E ti sembra una giustificazione?! Hai usato Jungkook come un ripiego!! – Taehyung era paonazzo e il suo respiro era affannato – E dimmi, che cosa avresti fatto nel caso in cui Yoongi-hyung fosse tornato da Daegu, eh?? Te lo sarai chiesto sicuro! Stavi tenendoti Jungkook vicino per sicurezza, nel caso hyung non si fosse fatto più vedere, ma se ti avesse chiesto di trascorrere i pomeriggi di nuovo con lui, anche solo come amici, tu come avresti risposto? Saresti rimasto con Jungkook mentre nel frattempo gli tenevi nascosto che il ragazzo con cui passavi il tempo era quello che in segreto realmente amavi? Quello per cui avevi avuto un mese di incubi, incubi Jimin! Avevi gli incubi per questa persona e non hai nemmeno provato a parlarle! È chiaro che sarebbe uscita l’assurdità di Hoseok-hyung e tutto si sarebbe risolto, senza dolore per nessuno, e invece no! Ora la tua felicità avrà degli effetti collaterali e questo solo perché non avevi abbastanza fegato per fare i conti con i tuoi stessi sentimenti! Così preso a difenderti dalle tue stesse paure che non hai gettato nemmeno un occhio su quelle degli altri!! Su quelle di una persona che era lì per te, tutto il tempo e dei cui sentimenti tu ti sei completamente infischiato! Non sei il solo ad avere insicurezze su questa terra Park Jimin!

Jimin era sull’orlo delle lacrime e riuscì solo a balbettare un tremolante:

– Di-di cosa parli?

– Ma non lo sai?! Non sai assolutamente nulla su Jungkook?! Quello che ha passato? Cosa faceva, chi era prima di venire qui??

– I-io no, non so. Cosa vuoi di-

– Perfetto! Sei stato tutti i giorni con lui e non ti sei neppure preso la briga di chiedergli altro sulla sua vita! Illuminami, Jiminie, come speravi, in una situazione come la tua, di innamorarti di un’altra persona senza nemmeno provare a conoscerla veramente? In che modo avevi intenzione di costruirci un rapporto?!  – gli occhi di Taehyung si erano riempiti di lacrime e sembravano fatti di ghiaccio, Jimin non lo aveva mai visto così – Tu a Jungkook non hai mai dato nemmeno per un secondo una vera possibilità! Ma lui era l’ultima persona al mondo a cui avresti dovuto fare una cosa del genere!

Urlando queste parole Taehyung scoppiò a piangere e poi corse via, nella sua camera. Voleva stare da solo, non ce la faceva più. Entrò sbattendo la porta e chiudendola a chiave e si appoggiò poi al muro, seduto per terra, gambe rannicchiate vicino al petto, fronte sulle ginocchia, il viso rosso e calde lacrime lungo le guance infuocate. Non se lo meritava, non se lo meritava, non se lo meritava. Jungkook non se lo meritava, era questo l’unico pensiero adesso presente in Taehyung. Non lui. Tutti, ma non lui. Non così. Non questo. Jimin aveva detto che lui e Yoongi-hyung si erano già addirittura confessati. Era stato quel particolare a farlo scattare e perdere il lume della ragione. Jimin non aveva perso nemmeno un secondo dunque a chiarire tutto con Yoongi e buttarsi tra le sue braccia. A Jungkook non ci pensava? Come aveva potuto fargli una cosa simile? Mentre cercava di ritrovare il fiato e far scomparire la voce di Jimin che adesso lo stava chiamando al di fuori della porta cercando di convincerlo ad uscire, la sua memoria prese a viaggiare e tornò al pomeriggio in cui giurò a sé stesso che avrebbe amato e protetto Jungkook con tutte le sue forze fino al giorno del suo ultimo respiro.

Ricordava bene tutto. Era un sabato di gennaio, agli inizi dell’anno prima. Era andato a mangiare a casa di Jungkook perché il ragazzo lo aveva invitato sapendo che Hoseok sarebbe rimasto tutto il giorno fuori occupato dalle prove per lo spettacolo invernale. Jungkook sembrava essersi ambientato bene a Seul, il corso all’università gli stava piacendo e Taehyung poteva vedere con soddisfazione come ogni giorno di più avesse preso ad uscire dal suo guscio. Era felice che i suoi amici lo avessero accolto a braccia aperte ed aveva il cuore colmo di gratitudine verso Hoseok per aver reso tutto questo ancora più semplice accettando di trasferirsi insieme a lui. Anche la loro convivenza stava andando a gonfie vele e questo era dunque un altro motivo per Taehyung di essere soddisfatto del lavoro che aveva fatto. Si era sentito per qualche motivo fin da subito attratto dal giovane, ma più lo aveva conosciuto più il bisogno di saperlo tranquillo e sereno si era fatto forte. Voleva che Jungkook si ambientasse e trovasse bene in quella nuova città il prima possibile ed era contento di averlo aiutato in questo senso. Tuttavia, aveva notato come il ragazzo tuttora continuasse a non avere molti amici all’università. Taheyung e i ragazzi del 503 erano praticamente l’unico gruppo di persone che frequentava e se da un lato questo gli faceva piacere dall’altro un po’ lo metteva in apprensione. Anche oggi, Jungkook non aveva piani per il sabato pomeriggio ed aveva chiamato Taehyung per non rimanere da solo. Era una persona così socievole e allegra, anche se un po’ timida, e il più grande non riusciva davvero a capacitarsi del fatto che non fosse più ricercato. Mentre lo aiutava a cucinare aveva cercato di indagare un po’ in proposito, ma Jungkook era stato piuttosto evasivo, come sempre accadeva quando Taehyung toccava determinati argomenti. Come ad esempio, la sua vita prima di Seul. Tranne qualche informazione generica sul luogo in cui viveva e sul corso a cui era iscritto prima di trasferirsi nella capitale, Jungkook non aveva ancora svelato molto altro su di sé. Taehyung però non si faceva abbattere. Sapeva che prima o poi avrebbe trovato un modo per raggiungere il cuore del ragazzo e fargli comprendere che di lui poteva fidarsi. Non c’era fretta. Avrebbe continuato ogni tanto a bussare, delicatamente, per non spaventarlo, ma non avrebbe smesso. A un certo punto, era avvenuto quell’incidente. Taehyung stava mescolando il brodo quando questo aveva preso a bollire velocemente e debordare a causa della fiamma troppo alta e lui nella foga aveva afferrato a mani nude la pentola per toglierla dal fuoco e appoggiarla sull’altro fornello. Ovviamente si era scottato e per questo aveva lasciato andare la pentola in modo un po’ troppo violento e del brodo caldo gli era andato sulla mano. Afferrando con un urlo uno strofinaccio si era asciugato velocemente e aveva poi gettato via in fretta il panno per correre a mettere mano e polso sotto il getto dell’acqua fredda che Jungkook, accortosi dell’incidente, gli aveva nel frattempo aperto. I due ragazzi erano intenti ad osservare l’acqua scivolare tra le dita di Taehyung, cercando di capire il livello dei danni, quando all’improvviso Jungkook aveva sollevato lo sguardo e gettato un grido.

– Tae! Fai qualcosa! I-il panno!! Tae c’è fuoco!

Taehyung si era voltato di scatto e quasi gli era preso un colpo. Quando aveva spostato la pentola non aveva chiuso il gas e poi aveva lasciato cadere inavvertitamente lo strofinaccio con cui si era asciugato proprio al centro del fornello, sopra la fiamma. Adesso la stoffa si era infiammata e grosse lingue di fuoco minacciavano di inghiottirla del tutto. Vedendo che Jungkook non reagiva, ma anzi sembrava essersi addirittura retratto e immobilizzato, Taehyung era corso a prendere una ciotola e dopo averla riempita d’acqua l’aveva gettata completamente sopra al panno, e aveva ripetuto la stessa operazione altre due volte, finché finalmente le striscioline di fumo e il fischio emesso dal fuoco morente avevano segnato che era tutto finito. Pericolo passato. Si era voltato verso Jungkook per chiedere scusa, ma lo sguardo del ragazzo lo aveva paralizzato. Aveva le lacrime agli occhi e tremava, continuando a ripetere:

– Poteva incendiarsi tutto… poteva incendiarsi tutto...

Taehyung gli era corso vicino per scusarsi ancora, ma poi Jungkook si era fatto ancora più inquieto e aveva preso a sudare:

– Fa caldo… Taehyungie, fa caldo, perché fa così caldo?

Taehyung si era spaventato nel vederlo così e aveva cercato di tranquillizzarlo, ma poiché il ragazzo aveva preso a respirare più affannosamente lo aveva alla fine preso e lo aveva fatto sedere sul divano, mettendoglisi vicino.

– Kookie, va tutto bene, guardami. Non fa caldo, non c’è nulla, è stato un falso allarme, mi vedi? Respira, respira forte.

Jungkook finalmente aveva iniziato a rispondere ai suoi incoraggiamenti e si era calmato piano piano, inspirando ed espirando forte, uno, due, tre respiri, finché il cuore aveva ripreso a battere normalmente. Come se avesse capito solo in quel momento cosa fosse successo, aveva poi preso a scusarsi con Taehyung, imbarazzato per l’attacco di panico. Taehyung aveva risposto avvolgendolo in un abbraccio protettivo:

– Kookie, non è successo niente, è a me che dispiace, tanto, stavo per combinare un disastro, non è colpa tua, non devi scusarti.

– È che quando vedo il fuoco la mia mente va in tilt.

– Ma è perché ne hai paura?

– Non ne avevo… prima.

Taehyung a questo punto aveva aggrottato le sopracciglia e aveva lasciato andare Jungkook per guardarlo in viso:

– Prima? Prima di cosa?

 

Jungkook aveva sospirato e aveva poi iniziato il suo racconto, un racconto che Taehyung risentiva ancora nelle orecchie e che non avrebbe più scordato.

****

– La mia vita a Busan – il tono di Jungkook era tranquillo, quasi rassegnato, come se stesse ripercorrendo le scene di un film che ormai sapeva a memoria e che non gli suscitava più emozioni – era molto diversa da quella che conduco qui Taehyungie. Fin da quando ero più piccolo sono stato circondato di amici per via del mio carattere socievole e credo anche perché mi è sempre piaciuto mettermi in gioco. Magari non ero quello che iniziava a parlare con gli altri bambini, ma appena c’era una sfida, un gioco dove bisognava vincere, una caccia al tesoro, ero sempre in prima linea e questo quindi ha fatto sì che non abbia mai avuto problemi ad avere amici. Già nell’infanzia ero vispo, ero vivace e ai bambini piaceva stare con me perché prendevo sempre l’iniziativa, non aspettavo mai che qualcuno venisse a risolvermi i problemi. Credo si sentissero sicuri con me e facenti parte di una squadra vincente. Potevo combinarne di tutti i colori capitanando il mio gruppetto di fedeli, ma poi il fatto che fossi educato e carino mi faceva sempre ottenere il perdono di tutti. Da bambino carino divenni un ragazzino di bell’aspetto e già ai tempi delle medie ero piuttosto popolare a scuola. Le ragazze mi venivano dietro, i ragazzi volevano essere miei amici. Mi distinguevo. Non ero eccellente a scuola, al modo di Namjoon-hyung per intenderci, ma non avevo problemi a mantenere una buona media, mentre nel frattempo svolgevo tantissime attività e eccellevo negli sport. Fin da piccino mia mamma ci ha tenuto che facessi attività fisica così mi ha iscritto a diversi corsi nel corso degli anni. Durante la prima adolescenza ho poi frequentato la piscina, mentre nel frattempo, già dai quindici anni, andavo anche in palestra regolarmente. Al liceo ho anche iniziato un corso di fumetto e poi uno di grafica digitale. Insomma, facevo tantissime cose e sembrava riuscissi ad andare bene in tutte. Credevo il passaggio dalle medie al liceo sarebbe stato traumatico, ma in effetti andò tutto come era sempre andato. In poco tempo riuscì a farmi un gruppo di amici, ricevevo dichiarazioni dalle ragazze circa tre volte al giorno e mi feci così una reputazione tale da essere sempre tra i nomi principali nelle liste degli invitati se chi dava la festa voleva che essa riuscisse. Taehyungie, è vero, sono una persona riservata nel senso che non mi apro troppo, ma una volta che non devo parlare davvero di me, tutto il resto mi viene facile. So stare insieme agli altri e, ti dirò di più, le attenzioni mi piacciono. Cioè non più, credimi, non così almeno, ma all’epoca le amavo, era ciò di cui vivevo. Era tra l’altro tutto ciò che avessi mai conosciuto. Però sai, come tutte le cose a cui ci si abitua e che ci fanno sentire vivi… inizi ad un certo punto ad averne bisogno sempre di più, ad identificartici come se rappresentassero completamente la persona che sei e sviluppi con loro un rapporto di dipendenza. Io non potevo fare a meno delle attenzioni, traevo da loro la mia energia. A un certo punto non sono più riuscito a dividere la persona che tutti conoscevano, quella che tutti erano convinto che fossi, dal vero io. Non ti sto dicendo che avessi addosso una maschera, Tae. Non credo di essere una persona capace di fingere completamente. Semplicemente ho iniziato, fin da quando ero piccolo, senza neppure accorgermene, a seppellire altre parti di me. Ciò che le persone vedevano non era qualcosa messo su ad arte, che avevo tirato fuori dal nulla, ma era solo un lato del mio carattere. Quello spavaldo, vincente, sicuro. Quello che alla fine è diventato così fondamentale nella mia vita sociale che ha risucchiato tutti gli altri, come un buco nero. Credevo che fosse l’unico modo in cui mi era concesso apparire al mondo, insomma niente di nuovo, Taehyungie. Solita vecchia storia, bisogno di sentirsi benvoluto e ammirato e conseguente costante tentativo di non perdere questa ammirazione soddisfacendo le esigenze altrui. Chi può dire di non esserci mai passato? Solo che io… beh quella per me era tutta la mia vita. Tranne che nella mia camera, non avevo modo di essere… anche qualcos’altro, qualcosa che fosse diverso dalla persona che tutti erano abituati a conoscere. Sentivo di non potermi permettere debolezze, momenti di sfiducia, lasciamo stare di paura… Come puoi immaginare, tutto ciò al liceo aumentò, soprattutto a causa delle compagnie che iniziai a frequentare a partire dal secondo anno. Erano tutti ragazzi più grandi, del terzo, quarto anno e io ero sempre il più piccolo. Erano interessati a me per il motivo per cui lo erano tutti e non credo ci sia bisogno che te lo dica… io mi sentivo così fortunato e… potente? Non so se è il termine giusto, ma insomma qualcosa di simile. Ancora più del solito, da quel momento iniziai a sentire il bisogno di nascondere e sopprimere qualsiasi aspetto della mia vita che sentivo di non poter mostrare senza perdere il rispetto e l’attenzione di queste persone. Ci ero già abituato in parte, per cui non mi fu difficile. Come sempre, non serviva che fingessi, bastava solamente tenere lontano tutto ciò che sentivo non potesse superare la prova. Questo mi portò ad essere sempre accondiscendente con tutti, a starmene zitto anche quando non ero d’accordo, a concentrare tutti i miei sforzi per piacere ed essere accettato dal giro in cui mi trovavo. Non erano cattivi ragazzi, ma erano più grandi e facevano di tutto per comportarsi come se fossero ancora più grandi. Facevano casino in giro, andavano sempre alle feste, organizzavano a loro volta festini, ed erano tutti sicuri di sé, convinti di avere il mondo in mano e, beh, molti di loro erano anche piuttosto presuntuosi e prepotenti. Non proprio tutti, alcuni erano un po’ più tranquilli, ma la gran parte apparteneva a quella categoria di persone che non sono abituate a sentirsi dire di no e a cui tutto è permesso. Io ero il piccolo del gruppo per cui potevo concedermi il lusso di rimanere un po’ in disparte a volte, quando credevo che esagerassero, però Tae rimane il fatto che trascorressi con loro quasi tutti i miei pomeriggi. Un po’ di giudizio per fortuna l’ho sempre avuto e loro come ti ho detto non erano cattivi o dei veri delinquenti, quindi riuscivo a gestire piuttosto bene l’influenza che avrebbero potuto avere su di me, e non hanno cambiato ciò che sono nel profondo. È certo però che il mio modo di comportarmi esteriore veniva condizionato in modo enorme quando ero in loro compagnia, così attento a non mostrarmi troppo che alla fine era diventato un riflesso anche con tutte le altre persone. Quando facevo il terzo anno, uno dei ragazzi della mia compagnia, si chiamava Lee Haneul e lavorava come modello presso un’agenzia locale di moda, mi disse che stavano cercando nuovi volti per una campagna pubblicitaria e mi chiese se fossi interessato a partecipare. Lì per lì la proposta mi intimidì leggermente, ma accettai quasi subito. Sapevo di essere un bel ragazzo e l’idea di entrare in un mondo così esclusivo mi allettava. Taehyung, le cose andarono bene. Fui assunto dall’agenzia e devo dire che fecero un buon lavoro a trovarmi, dopo quella prima, altre campagne e servizi a cui potessi partecipare. Venni introdotto nel, chiamiamolo così, giro, e per due anni ho davvero visto un bel po’ di proposte. Per quanto dentro di me non avessi escluso proprio del tutto l’ipotesi, ero stato chiaro fin da subito sul fatto di non voler fare il modello professionista e di conseguenza la mia agenzia scremava molto sulle opportunità da propormi, sapendo che non avrei voluto accettarle tutte. È stato solo questo il motivo per cui non ho mai raggiunto il successo a livello nazionale. Ma avrei potuto, Taehyungie, avrei davvero potuto. Ho detto di no a tante offerte, tante e… di tanti tipi. Non volevo lasciare la scuola e l’idea di dedicarmi full time ad una professione così incerta non mi andava a genio. Però mi piaceva. Mi piaceva davvero. Oltretutto pagava molto bene. Hai visto quante cose ho in camera, no? In quel periodo sono riuscito a non farmi mancare nulla e a tutt’oggi ho una buona quantità di risparmi che mi consentono di mantenere uno stile di vita più che privilegiata per un semplice studente universitario. Come ti ho detto, ero ricercato e la mia scarsa disponibilità mi rese ancora più ambito. La mia agenzia giocò su questo e chi mi prendeva poi era disposto a pagare profumatamente. Dunque i lati positivi erano tanti e, ti ripeto, fare il modello era qualcosa che davvero mi divertiva. Era dura, su questo non c’è dubbio. Dovevo sempre essere impeccabile, controllato, interessante, sopportare persone che non mi piacevano e sorridergli come se fossero divinità scese in terra, ma il lavoro di per sé mi piaceva davvero tanto. Su quello non ho mai finto, né sentivo come un peso i sacrifici che facevo per mantenermi nel giro e nel frattempo continuare ad andare bene a scuola. Quando poi arrivavano quelle giornate in cui mi sentivo davvero stanco o avevo bisogno di avere attorno qualcuno che mi capisse, c’era Haneul. Lavorava spesso con me, di solito dove ingaggiavano me, ingaggiavano anche lui e alla fine eravamo diventati inseparabili. Era più grande, si trovava in quel mondo da più tempo di me ed era chiaro che sapesse muovercisi bene, per cui lo vedevo come un punto di riferimento. Ci trovavamo spesso sul set di un servizio spalla a spalla e tutte le mie preoccupazioni e difficoltà legate alla posizione che stavo vivendo di studente in carriera, se così si può definire, lui le comprendeva. Non… non credo di aver mai parlato con Haenul così a cuore aperto come sto facendo ora con te. Questo non l’ho mai fatto prima con nessuno. Ma sapevo di poter contare sul suo appoggio quando magari mi lasciavo andare a qualche lamentela su un servizio troppo lungo che aveva sottratto tempo allo studio per un test del giorno dopo o quando avevo bisogno di un consiglio sul come comportarmi in determinate occasioni. Era bravo con il suo lavoro. Lo era. E credo avesse velleità ben più alte delle mie, voleva arrivare a Vogue o riviste del genere. Questo mi fu chiaro quando io andai all’ultimo anno e lui terminò la scuola. Non andò all’università, ma decise di continuare la carriera di modello, ma quando io entrai all’università l’anno dopo lui ancora non era riuscito a fare quello scatto che avrebbe voluto. Non me ne ha mai parlato apertamente, ma io lo vedevo sempre più irrequieto di fronte a quelle macchine fotografiche che ai suoi occhi iniziavano ad essere davvero troppo piccole. Aveva un ego smisurato, questo lo capisco solo adesso, e non riusciva a vedere la verità per quella che era. Aveva talento, un bel viso ed era sciolto e professionale, ma non aveva le carte per salire di livello. Non era un volto da copertina di Vogue per intenderci. Io… io sì. Me lo dicevano in tanti, e io ogni volta sorridevo, lusingato, ma affermavo chiaramente di voler proseguire con l’università e vedere in seguito se avessi voluto alzare la posta e provare a buttarmi nel mondo del modelling in maniera più seria. Haneul nel frattempo aveva preso ad avere problemi con l’agenzia per cui lavoravamo, credeva fosse colpa loro se lui non riusciva a spiccare il salto di qualità, ma i suoi tentativi di entrare in altre agenzie fallivano poi sempre per via delle troppe pretese e condizioni che poneva. Insomma, ciò che voleva era che queste gli garantissero il successo, e logicamente era una cosa che non potevano fare. Alla fine dunque decise di rimanere con la nostra agenzia e io ero ovviamente il suo confidente preferito. Mi parlava in continuazione dell’incompetenza dei nostri agenti e lo sentivo pieno di astio nei confronti delle agenzie che non avevano accettato di prenderlo seguendo le sue regole. Io come puoi immaginare mi guardavo bene dal dirgli ciò che pensavo davvero, ovvero che non poteva pretendere un risultato differente ponendosi in quel modo di fronte alle persone che avrebbero dovuto assumerlo e che forse se si fosse mostrato più umile, meno bramoso, le cose piano piano si sarebbero aggiustate. Però rimaneva lo stesso un mio amico e mi dispiaceva vederlo star male. Per questo, pur sapendo di non potergli dire le cose esattamente come stavano, cercavo comunque di trovare il modo migliore per ridagli fiducia e fargli capire che con il duro lavoro alla fine ce l’avrebbe fatta. In uno dei pomeriggi in cui ero a casa sua perché si stava finendo a preparare e poi saremmo andati all’agenzia insieme mi baciò. La cosa mi colse di sorpresa, ma mi piacque e risposi anche io al bacio. Come ti ho detto, Haenul era bello, era più grande e tenevo a lui. Non ti so dire se ciò che iniziò a quel punto si possa definire una vera relazione. Non uscivamo insieme o andavamo ad appuntamenti, né ci mandavamo messaggi di buongiorno e buonanotte. Haneul diceva che voleva procedere con calma e io ero d’accordo, perché non avevo mai avuto nessuno e dunque mi muovevo in modo un po’ impacciato in queste situazioni. Ciò che essenzialmente facevamo in quanto coppia era baciarci. Haneul mi era addosso spesso. Nelle sale prove, quando ero da lui, negli angoli bui delle discoteche quando ci andavamo con la nostra compagnia. Una volta sola andò un pochino più oltre, ma mi vide in difficoltà per cui si fermò subito. Mi diceva che non voleva costringermi a fare nulla con cui non mi sentissi a mio agio e io ci credevo. Sapevo che forse non saremmo stati insieme per sempre, ma mi piaceva avere questa persona con cui avevo un legame speciale al mio fianco. Ad un certo punto avevo anche iniziato a notare con piacere che da quando era nata questa situazione tra noi sembrava più tranquillo, litigava meno con gli agenti, era più docile e bendisposto nei confronti di colleghi e staff. Diventava sempre più chiaro per me che finalmente si era messo il cuore in pace riguardo al suo futuro e aveva iniziato a prendere tutto in maniera meno ossessiva. Nello stesso periodo, la nostra agenzia era in grande fermento per via di un provino particolare e piuttosto importante che si sarebbe tenuto di lì a un mese. Era per una campagna incredibilmente importante, breve ma che avrebbe fruttato un bel po’ di soldi all’agenzia che fosse riuscita a far scritturare uno dei suoi modelli. Per questo motivo anche la nostra, come tutte le altre, si era messa alla ricerca incessante dei volti giusti da selezionare. Come mi aspettavo, uscì fuori anche il mio nome. L’agenzia mi disse che ero il suo fiore all’occhiello e sarebbe davvero stato importante se avessi partecipato al provino. I miei agenti erano sicuri che avrei avuto una buonissima possibilità di riuscita, il che avrebbe fatto guadagnare molto a loro e davvero molto a me. Mi assicurarono che l’impegno da un punto di vista di tempo non sarebbe stato eccessivo e dunque non avrebbe intralciato i miei studi universitari, ma io già all’epoca mi ero già piuttosto stufato del mio corso, perché il livello non era come me lo ero aspettato e stavo iniziando ad avere i miei dubbi sulla sua efficacia di garantirmi un lavoro una volta presa la laurea. Al momento insomma, la scelta meno azzardata sembrava proprio quella di questo provino. Ne parlai con Haneul e lui mi disse che non c’erano motivi per non provare, se davvero volevo. E io avevo deciso che volevo. Più ci riflettevo più mi rendevo conto che quella era l’occasione più grande che mi si fosse presentata fino a quel momento. Non ero ancora convinto di voler lasciare l’università, ma questo forse sarebbe potuto essere un buon modo per deciderlo. Tra l’altro, per la mia agenzia era davvero importante che io partecipassi, avevano bisogno che facessi almeno un tentativo e dunque non avrei potuto dire di no in ogni caso. Quando venne resa nota la data in cui si sarebbe svolto il provino mi agitai un po’. Era di giovedì pomeriggio ed essendo maggio, dunque periodo di esami, capitava proprio la settimana in cui avevo diversi test finali e dunque l’idea di dover gestire entrambe le cose non mi faceva saltare di gioia. Tuttavia volevo e dovevo andare a quel provino, era davvero importantissimo e non me lo sarei fatto scappare. Dovendo però prepararmi bene per gli esami comunicai all’agenzia e anche ovviamente a Haneul che quella settimana non mi sarei mosso di casa tranne che per andare al provino il giovedì e che sarei tornato solamente il venerdì pomeriggio, una volta libero dai miei impegni universitari. Mi reclusi in casa e detti il via a una settimana che sarebbe stata letteralmente da incubo, ma la cui idea allo stesso tempo mi esaltava. Lo sai quanto mi piacciano le sfide, Taehyungie, e questa era una sfida bella grossa da cui non mi sarei fatto spaventare. Il mercoledì sera, mentre ero ancora alla mia scrivania a studiare per uno dei test teorici che avrei avuto il giorno dopo, Haneul mi chiamò e mi disse che l’agenzia lo aveva incaricato di comunicarmi che per mia fortuna il provino era stato spostato al sabato perché uno degli esaminatori aveva avuto un problema di salute. Ne fui ovviamente felicissimo, perché ciò significava che avrei avuto più tempo per prepararmi al test di venerdì, che era uno dei più difficili, e ringraziai Haneul di essersi preso il disturbo di avvertirmi. Il giovedì trascorsi letteralmente tutto il giorno a studiare e poi finalmente il venerdì pomeriggio, liberatomi di quel peso, andai in agenzia per avere migliori informazioni e consigli sul provino dell’indomani. L’accoglienza che mi riservarono non fu quella che mi aspettavo. Mi chiesero perché non mi fossi presentato al provino, e soprattutto senza avvisarli, e la mia espressione spaesata li irritò ancora di più. Probabilmente credettero che avessi voluto dare la precedenza all’università e stessi solo fingendo davanti a loro di essermi scordato della data esatta del provino. Mi dissero che quando le schede con i commenti e le valutazioni per ciascun modello che loro avevano presentato erano arrivati poche ore prima, si erano tutti meravigliati nel vedere come io non ci fossi. Provai a spiegare che credevo il provino fosse stato spostato al sabato, ma dai loro sguardi confusi e sospettosi capii in un attimo come fossero andate realmente le cose. Haneul mi aveva mentito. Mi aveva detto che il provino si sarebbe tenuto in un altro giorno quando non era vero. Tae, io… non ti so dire come mi sono sentito. Ho sentito il mondo crollarmi addosso, ero talmente sconvolto che non riuscii più nemmeno a rispondere ai miei agenti. Erano arrabbiati, davvero un bel po’, l’avevo combinata grossa e mi urlarono contro, non sapendo che non era colpa mia. Uscii dall’edificio tremante, dovetti appoggiarmi al muro a un certo punto perché la testa mi girava. Ero confuso e tutto quello che riuscivo a pensare era “Perché? Perché Haneul mi ha fatto una cosa del genere?”. Tornai a casa e mi chiusi in camera, dove rimasi per credo due o tre ore, sul mio letto, rannicchiato contro il cuscino, incapace di versare lacrime, ma con il cuore infranto. Però quella domanda mi stava consumando. Dovevo sapere il perché Haneul mi avesse mentito mettendomi nei guai in quel modo e precludendomi l’opportunità migliore che fosse capitata da anni. Mi ricordai che nel pomeriggio tardi sarebbe stato in agenzia, così mi feci forza e decisi di tornare lì per parlarci. Volevo avere delle risposte, stavo uscendo pazzo. Era ormai piuttosto tardi e in agenzia non c’era quasi più nessuno. Riuscii ad evitare praticamente tutti e salii al primo piano, dove speravo di trovare Haneul visto che era lì che di solito si cambiava. C’era, da solo. Chiusi la porta alle mie spalle e lo affrontai. Taehyungie, io ti giuro che non so nemmeno bene cosa dissi. Non riesco a ricordare con precisione, perché mi sembrava di vivere in un’altra dimensione, tutto appannato, tutto irreale. Mi rimarrà invece per sempre in mente il modo con cui Haneul mi guardò quando mi misi di fronte a lui. Come se fossi un estraneo. Mi squadrava con astio, rancore, quasi odio. Mi fu chiaro poco dopo dal discorso che fece che si trattava di invidia. Pura e semplice invidia. Mi parlò con una voce cattiva che mi paralizzò ancora di più. E quello che mi disse fece male, tanto male. “Credevi davvero che sarei rimasto in un angolo a guardarti scalare le vette del successo mentre io rimanevo chiuso in questo fottuto buco?” “Ma potevi provare anche tu il provino se ti sentivi così”, provai a dirgli, “Avevi detto che non eri più interessato a diventare un professionista, volevi iniziare l’università, avevi detto che mi volevi bene”. Lui mi guardò con ancora più distacco e poi i suoi occhi si riempirono di qualcosa di peggio, un’ombra canzonatoria che mi trafisse come una lama “E tu ci hai creduto ovviamente. Faceva parte del mio piano. Le agenzie che mi hanno rifiutato me lo hanno detto chiaramente, non potrò mai avere davvero successo e io l’ho accettato sai? Guadagno comunque bene con l’agenzia, mi basta trovare un altro lavoro e sono apposto. Ma tu… tu potresti avere di più lo so, con quel bel visino che hai. Sei più bello di me, l’ho sempre saputo, ma non credevo che saresti anche stato più bravo. Piaci di più. All’inizio non ti avevo preso come una minaccia. Mi dava fastidio il modo con cui rifiutavi offerta su offerta solo per continuare a fare il bravo studente, ma sembravi davvero intenzionato a non fare del modelling la tua professione. Ma ci ho creduto poco a questa tua farsa e quando hai iniziato a raccontarmi tutte quelle storie sul fatto che l’università non ti piacesse più mi hai confermato che i miei sospetti erano veri. Avevi sempre voluto diventare un professionista e adesso stava giungendo la tua occasione. Mi dispiace, caro Jungkookie, ma non te lo avrei lasciato fare per nulla al mondo. Mi sono avvicinato a te in modo più intimo solo per avere la tua fiducia, così che la tua guardia fosse del tutto abbassata e non avresti avuto dubbi a credermi il giorno in cui mi sarei vendicato”. Credo che a quel punto stessi tremando di nuovo, un po’ per la collera un po’ per il modo in cui queste parole mi avevano trafitto. Io non ero mai stato disonesto con lui, quando avevo iniziato ero davvero sicuro di non voler diventare un professionista, e tutti i miei dubbi sul se lasciare o meno l’università erano sinceri. Ma lui aveva interpretato tutto attraverso i suoi occhi invidiosi ed aveva dunque visto malizia lì dove non ce ne era. Credo di aver alzato un po’ la voce, averlo preso per un braccio per farmi ascoltare. Nonostante tutto non volevo credere al suo tradimento, pensavo che se gli avessi spiegato che aveva capito male sarebbe tornato al mio fianco e io avrei potuto perdonarlo. A quel punto mi afferrò e mi fece sbattere al muro, tenendomi le braccia ferme e premendo il suo corpo contro di me. Mi sputò addosso altre cose brutte, quanto mi detestasse, che ero un bambino, che ormai nessuno all’agenzia si fidava più di me e probabilmente ne sarei stato cacciato e così la mia carriera sarebbe finita ancora prima di cominciare. Poi iniziò… iniziò a toccarmi di più, dicendo che se volevo ero però ancora in tempo per avere un ultimo ricordo piacevole in quell’edificio e altre cose che non voglio ripetere. Non credo fosse serio, credo lo stesse facendo più per spaventarmi, ma ci stava riuscendo. In uno scatto disperato mi divincolai e riuscii a liberarmi da lui, finendo a sbattere violentemente contro il tavolo lì vicino. Non provò nemmeno a rimettermi le mani addosso, a conferma del fatto che in realtà non aveva intenzioni serie quando mi aveva detto tutte quelle oscenità. Mi guardò e basta e io sapevo che sarei dovuto correre via, ma rimasi immobilizzato sotto il suo sguardo. Avevo davvero paura Taehyungie, mi sentivo ancora l’odio della sua voce nelle orecchie e le sue mani su di me. In quel momento di tensione, durato comunque pochi secondi, nessuno dei due si accorse che nella mia colluttazione contro il tavolo le due candele accese che vi erano sopra erano cadute, rotolando a terra e finendo proprio sotto le tende del camerino, così lunghe che toccavano il pavimento. Tae, di quel momento ho ricordi confusi e frenetici, avvenne tutto in un lampo. Quando vedemmo quella fiamma spandersi su per la tenda a una velocità violenta rimanemmo entrambi esterrefatti per alcuni istanti, poi il fuoco inghiottì anche l’altra tenda e fu allora che ci svegliammo dal nostro stato di ipnosi. Io feci per correre verso la porta, ma Haneul mi afferrò e mi dette uno spintone, buttandomi a terra. Caddi sbattendo la testa contro la sedia e la botta fece così male che il mondò ballò per diversi minuti e fui incapace di muovermi. Nel frattempo Haneul era fuggito ed aveva richiuso la porta. Il fuoco stava iniziando a propagarsi, c’erano riviste, fogli, vestiti, insomma tantissimo materiale infiammabile nel camerino e io me ne accorsi, ma non riuscivo a muovermi. La testa mi pulsava in modo indicibile e il dolore era lancinante, vedevo tutto sfocato davanti a me. Poi arrivò il caldo, quel caldo soffocante che iniziò a rendere ardente ogni centimetro del mio corpo e soprattutto il fumo. Iniziai a tossire, cercando di gridare aiuto, ma ogni volta che aprivo la bocca respiravo quell’aria tossica e a un certo punto capii che la mia unica salvezza sarebbe stata uscire di lì. Il fuoco però era già troppo, era arrivato alla porta e quando provai comunque ad alzarmi la testa mi girò e ricaddi di nuovo. Ricordo delle lacrime, il bruciore in gola e poi il nulla. Svenni e quando riaprii gli occhi il viso di mia madre rigato e i suoi singhiozzi assordanti furono il modo in cui venni accolto di nuovo nel regno dei vivi. Non ero morto. Chiesi come fosse possibile e mio padre mi spiegò, mentre mia madre cercava di calmarsi, che per fortuna i dipendenti che erano ancora nell’edificio si erano accorti piuttosto subito delle fiamme e avevano dato l’allarme. Entrambi i miei genitori mi fecero qualche domanda per capire come mi fossi ritrovato in quella situazione, ma non mi cavarono fuori neppure mezza parola. Per fortuna si resero conto che avevo solo bisogno di tranquillità e mi lasciarono stare. Io… io non credo di essere stato più lo stesso dopo quel giorno Taehyungie. Non solo per via del tradimento di Haneul, ma anche per ciò che aveva fatto dopo, buttandomi praticamente tra le fiamme e lasciandomi lì. Non riuscii più a fidarmi di nessuno. Non volevo fidarmi di nessuno. Inoltre per più di un mese ho continuato ogni notte a sognare delle fiamme quindi dormivo male e questo contribuì a rendermi ancora più spossato. Non avevo più voglia di stare con le altre persone, non ne traevo piacere. Avevo avuto modo durante la mia permanenza in ospedale di rendermi conto da quanta falsità fossi sempre stato circondato e quanto la mia vita fosse in realtà vuota. Non avevo nessuno da poter chiamare amico, nessuno che mi amasse o mi conoscesse e apprezzasse davvero per quello che sono. Persi qualsiasi tipo di interesse per la professione di modello e mi chiamai fuori anche dal mio giro di amicizie. Provai agli inizi a concentrarmi di nuovo sugli studi, ma anche lì vedevo il fallimento. Il corso era noioso e non mi stimolava. Piano piano mi chiusi sempre più in me stesso, isolandomi completamente e parlando il minimo indispensabile, e questo minimo comunque solo con i miei genitori. Loro sono stati i soli a cui io abbia confidato tutto. Una sera a cena non ce l’ho fatta più di fronte ai loro sguardi preoccupati e interrogativi e ho sentito il bisogno di fargli sapere come erano andate le cose. Ovviamente entrambi mi dissero che avrei dovuto denunciare Haneul, in fondo aveva quasi causato la mia morte, ma io li implorai di lasciare perdere, perché davvero Taehyungie, l’unica cosa che avevo voglia di fare era mettermi alle spalle tutta questa storia. Mettermi alle spalle la mia intera vita se possibile, chiudermi nella mia stanza e non uscirne più. A fine giugno decisi che avrei cambiato università e dato una possibilità a Seul. Non avevo davvero più nulla a Busan tranne i miei genitori e ebbi la lucidità di capire che non sarebbe potuta per sempre continuare così. Comunicai dunque la mia decisione di trasferirmi e poi durante l’estate, per non rimanere in città dove avevo paura di trovarmi costretto ad incontrare ed affrontare persone che non avevo nemmeno voglia di vedere, pensai di andare dai miei nonni a Haeundae. Mia mamma non era d’accordo perché lì ci sono ancora meno persone che a Busan, ma è proprio quello che io volevo. Essere solo, ma in libertà. Non solo e recluso nella mia camera. E così sono rimasto lì un paio di mesi e poi mi sono trasferito qui a Seul. Ora va tutto bene, sono felice Taehyungie, ed è merito tuo. Però quello che mi è accaduto ogni tanto ritorna su, come è successo oggi. – Jungkook a questo punto si era fermato e aveva osservato bene Taehyung, il quale aveva gli occhi pieni di lacrime, ma stava cercando di non scoppiare a piangere.

– Kookie… mi-mi dispiace…

– No Tae, non dire così. È tutto apposto ora. Tutto apposto. Non devi più pensarci a questa cosa, promettimelo. Promettimelo!

– P-prometto. Va bene, prometto – aveva risposto tirando su con il naso e ricacciandosi le lacrime in gola.

– Bene. Ti ho detto tutto perché sei mio amico. Davvero mio amico, e voglio essere onesto con te. Però non mi va che questo cambi qualcosa tra noi, va bene? Ci tengo sul serio. Il nostro rapporto, così com’è, è troppo importante per me. Tu non sei stata solamente la prima persona con cui sono riuscito a diventare amico, ma anche la prima con cui abbia avuto voglia di fare amicizia. Mmh, ok, forse no, su questa cosa direi la seconda.

Uno sguardo furbo aveva ridato luce ai suoi occhi e Taehyung aveva capito che adesso stava finalmente bene. Il raccontargli il suo passato non lo aveva turbato, ma al contrario, alleggerito. Rincuorato da questa idea aveva iniziato a stuzzicarlo:

– Come sarebbe a dire seconda? Voglio sapere chi c’è stato prima di me!

– No, no, no! Per oggi basta così, il tempo dei racconti è finito, magari un’altra volta. Devo andarci piano con quello che ti dico, altrimenti se svelo tutto subito poi ti stufi prima di me.

Taehyung gli aveva tirato un cuscino e poi lo aveva ripreso per colpircelo. Jungkook era scoppiato a ridere e Taehyung anche, prendendo a dire che era un cretino e che non si sarebbe mai liberato di lui. Taehyung dopo quel pomeriggio si era dimenticato completamente di chiedere a Jungkook notizie riguardo la misteriosa persona di cui aveva accennato, ma ciò che non aveva mai scordato era la promessa di non abbandonare mai questo ragazzo che aveva inciso nel proprio cuore.

 

Note dell’autrice: Eccoci di nuovo qui, in questi che saranno i capitoli conclusivi della storia. Come già detto, anche se gli Yoonmin finalmente si sono chiariti, ci sono ancora alcune questioni da risolvere, ed è di questo di cui la parte finale si occuperà. Una delle incognite più grandi fino a questo punto credo fosse stato il passato del nostro Kookie. Ce ne sono stati accenni nel corso dei capitoli, ma mai qualcosa di più. Finalmente in questo capitolo scopriamo cosa nascondeva. Due parole sulla scelta che ho fatto per quanto riguarda il modo in cui gli ho fatto narrare la propria storia. Non sono una fan delle storie in prima persona, trovo che sia un punto di vista molto particolare da usare con parsimonia Ho letto libri che mi sono piaciuti tantissimo in prima persona, quindi ovviamente il discorso non vale sempre, però per quanto mi riguarda preferisco attenermi alla cara vecchia terza. In situazioni normali, credo che quando non se ne abusa può creare un bell’effetto in quanto lascia la possibilità di coinvolgere ancora di più nell’azione che sta avendo luogo. Avevo fatto una cosa simile quando ho descritto nel capitolo IX Jimin ubriaco, ma quelli erano pensieri sconnessi più che essere una vera e propria narrazione. In questo caso ho invece voluto provare a fare un racconto nel racconto, per vedere come usciva. Sono contenta della mia scelta, perché Jungkook è un personaggio importante e ho pensato che alla fine fosse meglio lasciare la parola direttamente a lui per parlare del suo passato. Visto il mio soft(issimo) spot per JK, è quella una parte che ho scritto di getto e con particolare passione per cui fatemi sapere cosa ne avete pensato.

Passiamo poi all’altro protagonista di questo capitolo, Taehyung. Spero si sia capito quanto sia cotto e stra cotto di Jungkookie. Ci tiene tantissimo ed ovviamente il sapere che sta per affrontare un’altra delusione gli provoca sofferenza e reagisce in questo modo con Jimin. Forse è troppo duro con l’amico, ma capiamolo, è innamorato. Vuole solo il bene di Kookie e non riesce a sopportare l’idea che il ragazzo venga messo di fronte a qualsiasi tipo di dolore. Cerca di occuparsene al meglio, ma ovviamente non può arrivare dappertutto e ci sono delle cose che comunque non può evitargli.

Nel prossimo capitolo vedremo se farà pace con Jimin o se continuerà a rimanere arrabbiato con lui, e vedremo anche che cos’altro accadrà, perché ci sono ancora diverse cose da fare per il nostro Jiminie e come gli ha detto Yoongi loro due non potranno davvero stare bene insieme finché non saranno risolte.

Annuncio: per motivi di varia natura, sono quasi convinta di affrettare la conclusione della storia. Non perché voglia (sono tristissima a riguardo), ma perché devo. Per questa ragione, al 99% posterò il prossimo capitolo domenica. L’idea sarebbe di concludere entro la settimana prossima, facendo così uscire l’ultimo capitolo mercoledì come sempre. Cause di forza maggiore. Quindi voi intanto domenica venite a dare un’occhiata perché il capitolo potrebbe già essere stato pubblicato ;)

Come sempre vi ringrazio tantissimo per aver letto il capitolo e queste (lunghissime, as usual) note e vi esorto a lasciare un feedback ♥
Ci vediamo (probabilmente) fra 4 giorni!

Baci, Elle~

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Capitolo 19
*** Capitolo XVI ***


CAPITOLO XVI

 

“E la cosa più bella è che mi sei stato molto più vicino da quando sono sotto una fosca nube, di quando il sole sfolgorava. Questa è decisamente la cosa più bella.”

(Charles Dickens, Grandi Speranze)

 

Il corso dei pensieri di Taehyung venne interrotto dalla voce attutita di Jimin, il quale sembrava non essersi ancora arreso e rimaneva persistente lì fuori dalla sua camera dando colpetti timidi alla porta e chiamando il suo nome con tono colpevole.

– Taehyungie? Ti prego vieni fuori. Tae… perdonami. Mi sono spiegato male, ho bisogno che tu mi ascolti. Tae? Per favore, esci…

Ma Taehyung non usciva. Si teneva stretto alle proprie gambe come se fossero un salvagente mentre le lacrime continuavano a scorrere sul suo viso delicato. Non riusciva a pensare a Jimin, voleva solo correre da Jungkook per stringerlo forte e poi prenderlo e portarlo con sé in qualche posto lontano, dove avrebbe potuto tenerlo al riparo da questa sorte che sembrava accanirsi così duramente su di lui. Piano piano la voce di Jimin si fece sempre più smorta, e alla fine cessò del tutto, facendo seguire al suo silenzio il rumore di passi che si allontanavano. Taehyung iniziò a fare grandi respiri profondi e sentì il cuore decelerare gradualmente la sua corsa. Ora che non aveva più i richiami di Jimin a distrarlo poteva pensare meglio. Rimase accoccolato per terra per un tempo indefinito, aspettando di calmarsi e di sbollire la rabbia. A poco a poco, il fumo rosso che aveva invaso la sua mente iniziò a dipanarsi e lui poté cominciare a guardare tutto con più lucidità. Sebbene il dispiacere per Jungkook fosse ancora ciò che occupava lo spazio maggiore dentro di lui, il senso di colpa per come aveva trattato Jimin riuscì debolmente, ma tenacemente a trovarsi un posto e alla fine gli si affiancò del tutto. Taehyung era adesso pentito del modo in cui aveva reagito con l’amico. Si sforzò di ripercorrere la scena dall’inizio e si rese conto di come in effetti fosse subito saltato su, iniziando ad urlare quasi senza una logica e impedendo al suo migliore amico di parlargli a cuore aperto e al sicuro dal timore di giudizi affrettati. Gli aveva detto tante cose cattive, dure. Forse in fondo anche un po’ vere, ma distorte dallo stato alterato in cui si trovava. Nemmeno Jimin meritava di essere trattato così. È vero, aveva sbagliato, ma era un errore che aveva pagato a caro prezzo. Stava perdendo la salute, forse la stabilità mentale stessa, senza contare la persona che amava, in quel periodo tremendo ed aveva sopportato tutto in completa solitudine. Forse aveva gestito male la situazione, forse ci sarebbe stato un modo più razionale per reagire a tutto ciò, ma chi era Taehyung per giudicare? Dal modo in cui lo aveva trattato era evidente che lui stesso non fosse un esempio di controllo e raziocinio. Tra l’altro, nemmeno lui aveva in fondo saputo gestire bene quella situazione. Per evitare di ferire entrambi gli amici, alla fine non aveva evitato il dolore a nessuno dei due. Se fosse intervenuto prima, se avesse insistito di più con Jimin, se avesse messo da parte le sue remore e avesse tentato di capire cosa stesse succedendo fin dall’inizio, sicuramente determinati nodi sarebbero venuti al pettine prima e tutto quello che era accaduto nell’ultimo mese si sarebbe potuto evitare. Lui aveva sempre avuto il sentore che qualcosa del genere potesse succedere. La reazione esplosiva che aveva avuto di fronte alle parole di Jimin era dovuta unicamente allo shock di aver visto realizzarsi paure che si teneva da tempo imbottigliate dentro e il cui peso lo aveva trasformato in una pentola a pressione, pronta a scoppiare. Credeva che quando questi timori si fossero concretizzati lui sarebbe stato pronto, ma non era stato così e il dolore e l’amore per Jungkook lo avevano completamente accecato. Aveva gettato del tutto su Jimin una colpa di cui anche lui era partecipe, perché anche il suo non far nulla, o non farlo prima, era stato una delle cause della situazione presente. Ripensò ad alcune cose che Jimin gli aveva detto mentre lui gli urlava in faccia. C’erano tanti dettagli di cui ancora non era a conoscenza e non gli riportavano, come aveva potuto comportarsi così senza prima farsi spiegare chiaramente tutta la verità? Quella verità che lui stesso aveva spronato Jimin a condividere. Ad esempio, cosa aveva spinto Jimin a pensare che Yoongi e Hoseok stessero insieme? Da quanto tempo Yoongi sapeva di amare Jimin? Era stato davvero il suo appuntamento con Jungkook a fargli scattare la molla della gelosia? Quella era un’ipotesi di Jin, ma nessuno di loro lo sapeva con certezza. Cosa si erano detti due il venerdì sera per far pace se poi l’effettiva confessione era arrivata solo la domenica, quasi per caso viste le circostanze del loro incontro? C’erano tante cose che Taehyung ancora non sapeva e adesso si rese davvero conto di quanto ingiusto fosse stato con Jimin a lasciarlo da solo in cucina in quel modo. Si era sfogato solo perché era tanto tempo che voleva farlo, ma se l’era presa con la persona sbagliata. Come se poi ci fosse una persona giusta. Si alzò e si ricompose come meglio poté. È vero, Jungkook avrebbe sofferto sulle prime, ma Taehyung era stanco di mentire a sé stesso. Sapeva che in fondo ciò che stava per succedere sarebbe solo stato un bene per il giovane ed anzi, forse era ancora meglio che fosse avvenuto prima che il ragazzo facesse lo sforzo di dichiararsi apertamente. In ogni caso, poi, ci sarebbe stato lui a cercare di attutire la caduta. Uscì dalla sua stanza e andò in cucina. La trovò però vuota e così tornò indietro e si mise davanti alla porta chiusa della camera di Jimin. Bussò piano ed entrò senza attendere una risposta. Trovò Jimin seduto alla sua scrivania, viso basso nascosto tra le braccia appoggiate al tavolo, scosso da singhiozzi attutiti. Da quanto tempo piangi Jiminie? Sollevò il viso rosso e bagnato e spalancò gli occhi.

– Taehyungie... mi dispiace così tanto…

Taehyung gli corse incontro e lo abbracciò forte, cadendo piano poi ai suoi piedi e trascinandolo con sé. La sua voce uscì più roca del solito, graffiata dalle lacrime versate poco prima e dall’emozione:

– No, è a me che dispiace. Scusa, scusa, scusa! Ho esagerato, non avrei dovuto parlarti così. Non le penso davvero tutte quelle cose. Ti voglio bene Jiminie, sono contento che ora tu sia felice e… – non riuscì a trattenere un piccolo singhiozzo – mi dispiace anche che ti sia sentito tanto solo! Non sono stato un bravo amico. Puoi dirmi tutto ora, puoi dirmi tutto, prometto che ascolterò con calma, ma ti prego apriti con me, è importante!

Fu così che i due ragazzi riuscirono a chiarirsi. Dopo essersi entrambi calmati tornarono in cucina, e lì Jimin, finalmente tranquillo, riuscì a raccontare per bene come si era svolto tutto, partendo da quel fatidico pomeriggio di dicembre. Taehyung ascoltò senza interromperlo, incoraggiandolo dove aveva bisogno e annuendo nei punti giusti. Alla fine lo abbracciò di nuovo, rassicurandolo un’altra volta che non era più arrabbiato e deprecando dentro di sé la propria incapacità di intervenire meglio.

– Ascoltami Jiminie, questo devo dirtelo. Kookie è davvero innamorato di te – era la prima volta che affrontava con l’amico questo argomento –  lo hai capito, no? Credo che presto ti si sarebbe anche dichiarato, ma non possiamo permettere che questo succeda. È davvero importante che tu ci parli subito perché non so che decisione abbia deciso di prendere. L’ultima volta che ci ho parlato, ovvero questa mattina, mi ha confessato di aver notato qualcosa tra te e Yoongi-hyung e di essersi ingelosito. Non era contento di sentirsi così e al contrario continuava a cercare di convincersi che non c’era nulla di cui preoccuparsi, ma non so nemmeno se ci credesse davvero.

  Tu cosa gli hai detto? Ancora non sapevi…

  Con certezza no, ma avevo intuito qualcosa. Tutti noi avevamo intuito che qualcosa non andava tra te e Yoongi-hyung e poi confrontandoci abbiamo cercato di risalirne alle cause. Ci eravamo abbastanza avvicinati direi –  vide Jimin spalancare gli occhi e rise – Jiminie, siamo vostri amici, a un certo punto era normale che cercassimo di indagare meglio l’atmosfera strana che si era creata nell’ultimo periodo. Di questo però ti parlerò con calma dopo. Adesso è Jungkook il punto. Avendo sentore di quello che sarebbe potuto succedere tra te e Yoongi-hyung gli ho spiegato che in ogni caso la vostra amicizia non si sarebbe fermata anche qualora lui si fosse messo con te e dunque doveva chiedersi se poteva accettarlo. Insomma, ho cercato di preparare un po’ il terreno, cercare di avvicinarlo all’eventualità che forse tu non avresti potuto dargli esattamente ciò di cui lui ha bisogno.

Jimin arrossì a queste parole. Si sentiva una persona terribile. Taehyung aveva ragione, lui non avrebbe mai potuto dare a Jungkook quello che il ragazzo desiderava e si chiese come potesse essere stato così sciocco da pensare di poterlo fare. Taehyung continuò:

– Il punto è che la mia idea era di mettergli un freno, ma nulla vieta che lo abbia potuto al contrario indurre ad accelerare le cose, a tentare il tutto per tutto. Insomma, agire prima che lo faccia Yoongi-hyung. Non voglio che affronti un rifiuto. Sarebbe sconvolto e non ti ascolterebbe, non capirebbe esattamente che cosa ti ha spinto a restargli vicino. Jiminie – strinse forte il braccio dell’amico – tu devi farlo sedere e devi spiegargli tutto con calma, cercando il più possibile di fargli capire come il tuo scopo non fosse prenderlo in giro o giocare con lui, devi fargli comprendere che eri in buona fede, che non hai mai voluto ferirlo e ti dispiace per come siano andate le cose. È essenziale che tu lo faccia Jiminie, dico sul serio. Jungkook non è una persona astiosa, non porterebbe mai rancore, a te poi meno di tutti. Lo so che ti perdonerà, lo so perché… lo so. Probabilmente ti perdonerebbe anche se tu gli dicessi esattamente tutta la verità, ma poi ne sarebbe troppo scosso. Si infrangerebbe di nuovo chiudendosi in sé stesso e questo non deve accadere. Ecco perché è importante che tu stia attento a come gli parlerai e faccia del tuo meglio per fargli capire che tutto quello che è accaduto non era tua intenzione. Ma devi davvero accertartene Jiminie. Kookie mette sempre su un sorriso e finge di star bene, ma tu devi leggere al di là, guardarlo per davvero. Devi promettermi che quando ci parlerai non lascerai il suo fianco fino a che non sarai assolutamente sicuro che lui abbia capito e ti creda. Al resto penserò io. Posso fidarmi che lo farai?

– Va-va bene. Te lo prometto. Te lo prometto davvero, Taehyungie. Ma cosa c’è che non so su di lui? A cosa alludevi prima?

– Non so se sia il caso di parlartene nel dettaglio. Forse c’è un motivo per cui non ti ha detto niente, non lo so. A questo punto credo di essere l’unica persona a saperlo… Facciamo così, ti dirò solo quello che è importante tu sappia per organizzare il tuo discorso quando ci parlerai. Jungkookie è una persona insicura, Jiminie, in modo diverso da te, ma forse con la stessa intensità. Ci sono tante cose che tiene per sé e cerca sempre di farsi accettare dalle persone dando loro ciò che crede vogliano e mettendo poche volte sé stesso al primo posto. Ci sono state esperienze nella sua vita che lo hanno spinto a questo atteggiamento e l’unica volta che si è lasciato andare un po’ di più è stato tradito. Ecco perché è importante che tu gli faccia capire che ti sei avvicinato a lui perché credevi davvero in voi due. In qualche modo ti si è aperto e tu non puoi assolutamente dargli motivo di credere che questa sua fiducia sia stata mal riposta… di nuovo.

Jimin assimilò tutte le informazioni, sentendosi ancora peggio per la superficialità con cui aveva accettato le chiare avance di Jungkook. Rimase un po’ in silenzio prima di chiedere:

– Quando pensi dovrei dirglielo? Anche secondo Yoongi-hyung è davvero importante parlargli.

Taehyung sollevò le sopracciglia e fece una smorfia colpita:

  Wow, qualcosa su cui concordiamo. Dunque può accadere, una volta ogni ventimila anni.

  Taehyungie, dai! – rise Jimin dandogli una piccola botta sulla spalla – Non dire così! Yoongi ha il suo modo di fare, ma lo sa quanto sei importante per me e ti vuole bene. E io ne voglio tantissimo a lui quindi cercherete di andare più d’accordo, per favore?

– Ma io ci vado d’accordo, è poi Yoongi-hyung che spesso mi ringhia contro. Ok, ok, scusa, scherzavo. Si, prometto che da oggi le asce di guerra sono abbassate. Che poi Jiminie, se davvero lo avessi odiato avrei fatto di tutto per tenerlo lontano da te e invece, pensa un po’, mi sono ingegnato insieme agli altri per trovare un modo per farvi riappacificare!

– Ma insomma mi vuoi dire infatti che cosa è successo tra te e gli altri? Quanti concili avete tenuto con me e Yoongi-hyung come ordine del giorno?!

Quando Taehyung finì di spiegargli tutto quello che si era mosso alle loro spalle e il ruolo che gli amici avevano giocato nell’aiutarli Jimin era incredulo.

– Pensa tu, non mi sono accorto di nulla! Quando Jin-hyung mi ha mandato a prendere quel riso non mi sono insospettito per niente, ricordo solo di aver pensato nel fondaco quanto fosse scomodo tenere proprio il riso in un posto così poco pratico. Forse Yoongi ha ragione, prendermi in giro è fin troppo facile.

Taehyung fece spallucce:

– Anche a lui era sfuggito tutto, quindi…

– Vero. Però abbiamo creato davvero tanto disagio a tutti quanti, non credevo che la situazione tra noi fosse diventata così pesante anche dall’esterno. Mi dispiace, sul serio. E vi ringrazio. Io e Yoongi credevamo di dover parlare con Hoseokie-hyung e Jungkookie, ma a questo punto dobbiamo delle scuse e dei ringraziamenti a tutti. Sai, avevo già pensato di annunciare a tutti voi separatamente la notizia di me e Yoongi, per evitare di dirlo ad una cena con davanti anche Jungkookie. Ma adesso che so che abbiamo creato tensione anche per Jin-hyung e Namjoon-hyung è fondamentale che oltre ai nostri ringraziamenti porgiamo anche a loro le nostre scuse spiegandogli ciò che è successo e dunque davvero devo parlare a tutti in occasioni differenti. Ci sono troppe cose che Jungkookie non deve sapere. Credi dunque che debba parlarci presto?

– Io credo di sì. E sono d’accordo con l’affrontare tutti in separata sede. L’ultima cosa di cui Kookie ha bisogno è che questa storia gli venga continuata a sbattere in faccia.

– Questa settimana sono davvero troppo impegnato con l’accademia, quindi credo che parlerò con Jin e Namjoon hyung direttamente venerdì. Posso andare un po’ prima rispetto alla nostra cena per essere sicuro che Jungkookie non sia ancora lì. Domani invece vedrò Hoseok-hyung in accademia, spero di trovare un buco per spiegargli perché l’ho trattato così male. Ti ha aiutato così tanto, e io sono stato davvero uno stronzo.

 

24 gennaio 2107

 

Seconda notte senza incubi. Jimin si sentiva fresco come una rosa quel mattino e la sua produttività in accademia fu ancora migliore del giorno prima. Adesso che aveva parlato con Taehyung e che sapeva che presto si sarebbe chiarito anche con Hoseok si sentiva infinitamente più leggero. L’idea di spiegarsi con Jungkook lo spaventava, ma sapeva che sarebbe andato tutto bene, come Taehyung gli aveva detto e come Yoongi stesso gli aveva ripetuto la sera prima, quando avevano parlato per due ore al telefono prima di andare entrambi a dormire. Vedeva insomma la fine di tutta quella vicenda e non poteva sentirsi più felice. Aveva finalmente fiducia di nuovo nel fatto che tutto si sarebbe aggiustato per il meglio e che alla fine tutto tra loro sarebbe tornato come prima. Anche Jungkook era sicuro se la sarebbe cavata, perché non sarebbe stato da solo. Tutti loro avrebbero fatto in modo di rendergli la situazione più leggera ovviamente, ma, soprattutto, Jimin ormai sapeva che il più piccolo avrebbe potuto contare su tutto l’appoggio possibile da parte di una persona in particolare. Si chiese a quante altre cose fosse rimasto cieco nell’ultimo periodo. Quanti dettagli gli fossero sfuggiti, quanti sentimenti avesse scavalcato. Le parole di Taehyung, sebbene dette in un momento di ira, non erano poi così sbagliate. È vero che non aveva saputo fare i conti con ciò che provava, negando fino all’ultimo di aprire gli occhi su quanto sentiva per Yoongi e finendo così a coinvolgere Jungkook. E c’erano anche tantissime altre cose a cui non aveva fatto caso perché troppo preso da sé stesso, se ne rendeva conto ora. Come, ad esempio, quello che Taehyung provava per Jungkook. Quanto aveva fatto soffrire il suo migliore amico agendo come aveva agito? Non solo gli stava sottraendo il ragazzo che lui amava, ma lo stava anche facendo per i motivi sbagliati. Aveva ferito la persona a cui Taehyung teneva più di tutti e nemmeno un secondo si era fermato a rifletterci su prima. Ora però aveva capito. Aveva davvero capito e avrebbe risolto. E Yoongi aveva avuto ragione. Sarebbero potuti essere davvero felici solo una volta aver sistemato il disastro che avevano causato attorno a loro.

L’occasione per parlare con Hoseok si presentò nel pomeriggio intorno alle cinque, quando entrambi stavano tornando a casa insieme. Hoseok aveva finito le lezioni prima di Jimin, ma lo aveva aspettato poiché all’ora di pranzo il più piccolo lo aveva cercato e gli aveva chiesto se poteva attenderlo all’uscita perché doveva discutere con lui di una cosa importante. Curioso come sempre, Hoseok ovviamente non ci aveva pensato due volte ad accettare. Adesso stavano camminando lentamente verso la fermata del bus. Jimin teneva la testa bassa, perso nei propri pensieri e Hoseok fu costretto a richiamarlo sulla terra.

– Si! Scusa! Scusa hyung, ero sovrappensiero.

– Ho notato – rispose Hoseok sorridendogli dolcemente – Di che cosa dovevi parlarmi? È tutto il giorno che muoio di curiosità.

– Si, certo. Dunque, di cosa volevo parlarti… allora… io… i-io volevo chiederti scusa per come mi sono comportato con te in quest’ultimo periodo. Non so se te ne eri accorto, ma credo di essere stato un po’ più freddo e distante. E mi dispiace. È solo che… c’erano delle cose che non avevo capito, altre che avevo capito male e… beh, tu non ne avevi nessuna colpa ma me la sono comunque presa con te perché c’entravi solo in un certo senso, senza che in effetti lo sapessi… Non sono molto chiaro, vero?

Hoseok ridacchiò:

– No, ma sono sicuro che troverai le parole. Sono io Jiminie, con me puoi parlare tranquillo – gli mise un braccio attorno alle spalle e lo fermò, portandolo poi più vicino al muro per togliersi dal mezzo del marciapiede – allora, che cos’è che ti ho fatto senza saperlo?

Jimin non lesse nulla di negativo nell’espressione di Hoseok. I suoi occhi erano sereni e dolci come sempre e lo rilassarono incredibilmente. Trasse un profondo sospiro e smise di girarci attorno:

– Hoseok-hyung, io credevo che tu stessi insieme a Yoongi-hyung.

Hoseok allontanò il braccio da Jimin e il suo viso si fece confuso:

– Come? Co-cosa intendi? Che vuol dire insieme?

– Insieme, hyung, insieme, come una coppia. Credevo Yoongi-hyung fosse il tuo fidanzato.

Più ci pensava più Jimin adesso si sentiva così cretino ad aver concepito un’idea tanto assurda. Ma cosa avrebbe dovuto pensare dopo ciò che aveva sentito? Gli occhi di Hoseok, dapprima interdetti, si accesero di una luce di comprensione e poi la sua espressione meravigliata si trasformò in una di disgusto:

– Me e Yoongiiiii?!! – urlò – Come?! Jiminie cosa stai dicendooo?! Mi viene la nausea a pensarci!!!

– Si lo so, è un’idea che ti fa venire il voltastomaco, anche Yoongi ha detto la stessa cosa – rispose Jimin alzando gli occhi al cielo.

– Ma certo che ti ha detto lo stesso! – scoppiò a ridere – Cioè, davvero hai creduto… hai potuto credere… io e Yoongi!

– Ok, ho capito, sono stato un idiota, la smetti di ridere ora? Yoongi ci ha già riso sopra a sufficienza.

– Ma come faccio a non ridere?! Aspetta… Yoongi? Yoongi?? Jiminie, aspetta!! Vuoi vedere che… Perché? Perché eri arrabbiato con me credendo che stessi con Yoongiah?! Non mi dire… non mi dire…!! Sei tutto rosso, mi stai dicendo!! Woaaaaahhh!! Tu e… Tu e Yoongi!! Aspetta, aspetta un attimo! Ma quindi avete fatto pace davvero? Non solo, qualcosa di più deve essere successo! Guarda come sei rossooooo!!

– Hoseok-hyung, per favore, smet-

– Ma noi credevamo fosse il contrario! Che Yoongi fosse geloso della tua relazione con Jungkookie! Però… mi viene il dubbio ora, avevi davvero una relazione con Jungkook? Era questa l’ipotesi di Jin-hyung, ma forse abbiamo sbagliato! Ah, ma ti devo spiegare cosa c’entra Jin-hyung!

– Hyung, lo so, ho parlato con Ta-

– E Yoongi!! Quel bastardo, non mi ha ancora detto nulla! Una notizia del genere!!

– Jung Hoseok hyung, mi devi stare a sentire!! – esclamò Jimin con gli occhi ormai colmi di divertimento – ti giuro che sono felicissimo che tu la stia prendendo così, ma devi davvero ascoltarmi, ho una risposta a tutto! Comunque si, hai indovinato, io e Yoongi-hyung, stiamo… stiamo insieme.

Altro urlo di Hoseok, altra ondata di imbarazzo sul viso di Jimin.

– Ok, adesso ti ascolto, mi sono sfogato. Cioè non ho finito, ma va bene così per il momento. Innanzitutto, cosa diamine ti ha fatto pensare che potessi avere una relazione con Yoongiah?

Jimin ripeté tutto anche a Hoseok, usando ormai quasi le stesse parole che aveva già usato con l’amico la sera prima e aggiungendo poi il racconto in breve di ciò che era accaduto con Taehyung. Il ragazzo fu relativamente tranquillo, ridusse al minimo i suoi urletti e le sue esclamazioni e Jimin riuscì a concludere il suo discorso. A quel punto Hoseok, per la prima volta da quando la loro conversazione era iniziata, si fece del tutto serio.

– Beh, innanzitutto Jiminie, voglio dirti che mi dispiace. Mi dispiace tantissimo che tu abbia passato tutto questo. Sei stato uno sciocchino. Lo so che avevi paura di rovinare la relazione sia con me che con Yoongiah, ma se fossi venuto a parlarmi ti avrei potuto tranquillizzare subito – sospirò – mi sento un po’ in colpa, perché sono io che ho chiesto quel favore a Yoongi quel pomeriggio, mentre se fossi stato un po’ più autonomo tutto questo disastro non sarebbe mai accaduto.

– Hyung, come puoi sentirti in colpa? Io devo solo ringraziarti, per la pazienza che hai avuto sia con me che con Yoongi. E poi ci sono tante cose che ognuno di noi avrebbe potuto fare per non arrivare a questo punto, ma ormai non ha più senso starci a pensare. Anche io avrei potuto evitare di presentarmi da Yoongi-hyung all’improvviso senza nemmeno aspettare la sua risposta. Insomma, non hai davvero nessuna colpa, è stato il caso a giocare un brutto scherzo e poi io e Yoongi abbiamo reso tutto più complicato non risolvendo i nostri problemi tra noi e trascinando involontariamente giù anche voi. Con te sono stato tanto ingiusto, ma chi mi dispiace maggiormente che sia finito in mezzo a me e Yoongi è Jungkookie. Taehyung era preoccupato per lui.

Hoseok annuì:

– Si e anche Jin-hyung in realtà. Hai deciso quando parlarci?

– Taehyungie crede sia meglio farlo prima possibile.

– Sono d’accordo. Lo hai sentito per niente oggi?

– Mi ha mandato un messaggio che ho letto a pranzo dove mi chiedeva come stesse andando la mia giornata e io gli ho risposto, ma poi è finita lì. Credo abbia un po’da fare.

  Si, ma stasera è a casa, lo so perché mi ha detto che mi avrebbe preparato qualcosa di buono. Secondo me dovresti tornare con me, poi io me ne posso andare in camera e lasciare tutto il resto della casa a voi. Sarò invisibile, promesso.

Jimin ci pensò su. In effetti poteva essere la soluzione migliore, considerando che negli altri giorni non avrebbe avuto tempo di prendersi un pomeriggio. Oltre al fatto che non era detto che Jungkook sarebbe stato disponibile quando lo era lui ed era invece indispensabile che ci parlasse prima di venerdì.

– Va bene, vengo con te. Spero solo che non sia un errore… nel senso, non mi sono preparato molto su ciò che devo dirgli.

– Jiminie, cosa ti ha detto Taehyungie? Di fargli capire che non hai fatto nulla con cattiveria. E questo è vero, no? Ok, probabilmente dovrai edulcorargli la verità un pochino, ma sul punto essenziale non devi mentire. Parlagli con il cuore, Jungkookie capirà.

– Si, dite tutti così, ma…

– Sei tu che devi parlarci, lo so. Non ti sto dicendo che sarà facile, ti sto solo dicendo che tutto andrà bene. Jungkookie è davvero una persona dolce, te ne accorgi a poco a poco, ma alla fine diventa chiaro. Quando ti dico che si sistemerà tutto è perché ci credo seriamente Jiminie. E adesso andiamo a prendere il bus sennò a casa non ci arriviamo mai. Coraggiooo!! – esclamò alla fine scrollando Jimin per le spalle e riprendendo a camminare – E così tu e il mio Yoongi, eh? Aah, non so perché ma non ci avevo mai pensato molto, sai? Che razza di amico… E ha detto anche lui che si vuole scusare con me? – ridacchiò – non lo ha ancora fatto ovviamente, lo chiamerò io e lo obbligherò. Gli darà così fastidio, provo piacere al solo pensiero.

– Fammi poi sapere come è andata! – gli disse Jimin ridendo e facendogli l’occhiolino – Ah, Hoseok-hyung, posso farti una domanda? Non voglio assolutamente farti sentire in colpa, è solamente che me lo sto chiedendo da un po’. Per quale motivo non hai detto a nessuno che avevi chiesto a Yoongi-hyung il suo aiuto? Jungkookie vi vedeva insieme la mattina, ma non aveva idea di cosa steste facendo, e così tutti gli altri…e poi Yoongi stesso mi ha detto che non volevi che nessuno lo sapesse. C’è un motivo in particolare? Lo trovo un po’… curioso. Cosa c’era di male a dirlo?

Hoseok rimase assorto per un po’ e dette un calcio ad un sassolino.

– Non c’era nulla di male, lo so. E non mi imbarazza l’aver chiesto a Yoongi. Quello che mi imbarazzava era il dover chiedere a Yoongi. Insomma, mi vergognavo a confessare di aver bisogno di aiuto per una cosa del genere.

– Ma perché? In fondo era un tipo di parte che non avevi mai avuto, no? Cosa c’era di strano a-

– C’era di strano Jiminie che io ero totalmente incapace quando di solito sono un bravo attore. E per mesi non sono riuscito a migliorare. C’era di strano che una stupida, semplice, banale commedia romantica piena di cliché mi creasse così tanta difficoltà quando mi sono esibito egregiamente in parti di ben maggior spessore. C’era di strano… c’era di strano il motivo per cui avevo così bisogno di auto e il mio terrore era proprio che me lo chiedessero. Io… non riuscivo davvero a muovermi in una parte del genere perché… – arrossì di colpo – perché non ho ma avuto esperienze di quel tipo. E non intendo semplicemente che non sono mai stato in una relazione vera con qualcuno, intendo che in quel campo, ovvero quello delle più-che-amicizie, il mio punteggio è una tabula rasa, Jiminie. Non so nemmeno io il perché onestamente. Mi conosci, lo sai come sono e ti assicuro che ero uguale anche da bambino, eppure il mio essere così espansivo e aperto non mi ha mai comunque portato a cercare le persone in un modo che andasse oltre i confini segnati da un legame amichevole. Ho avuto sparsi qua e là ogni tanto qualche dichiarazione o invito ad uscire, ma li ho sempre declinati tutti. Jiminie, il punto è che non solo non sono mai stato capace di avvicinarmi a qualcuno in modo più intimo, ma non ne ho nemmeno mai sentito davvero il bisogno, capisci che intendo? Non lo so il perché, ho smesso di rifletterci su già da un po’, è semplicemente così. Non c’è stato nessuno che io abbia incontrato e mi abbia fatto venire voglia di, che ne so, passarci tutta la serata insieme baciandoci o camminare per le strade mano nella mano. Non ho problemi con il contatto fisico, e tu lo sai, ma con quel tipo di fisicità… beh, non mi trovo molto a mio agio. Non la voglio nemmeno per il momento. Se mai arriverà qualcuno a farmi cambiare idea benissimo, altrimenti va bene così. Però capisci ora come l’idea di mettermi a recitare determinate scene mi avesse buttato nel panico assoluto? Non sapevo proprio da cosa attingere per migliorare – si fermò e trasse un profondo sospiro e Jimin si sentì in dovere di dire qualcosa per calmarlo perché la voce aveva iniziato leggermente a tremargli. Lo prese sottobraccio e lo guardò con occhi dolci:

– Hobi-hyung, va tutto bene. Non ti sei mai innamorato e non avevi voglia di avvicinarti a nessuno che non occupasse un posto speciale nel tuo cuore, continuo a non vedere nulla di male in tutto questo. Non è indispensabile nella vita sentire il bisogno di volersi richiudere in uno sgabuzzino con qualcuno, non c’è nulla di cui vergognarsi. Non volevi proprio dirlo nemmeno a Jin-hyung e Namjoonie-hyung? Perché lo hai detto a me?

– Credo sia perché mi sento ancora un po’ in colpa per quello che è successo. Se avessi fatto le cose alla luce del sole non saremmo arrivati a questo punto. Nemmeno Yoongi sa esattamente, sai? Nel senso, non gli ho mai spiegato questa cosa nel dettaglio come ho fatto con te. Magari, ecco, se potessi evitare di-

– Sarò una tomba hyung. Ti prometto che Yoongi non saprà nulla da me.

– Grazie – Hoseok tirò su con il naso ricacciando indietro anche le piccole goccioline che gli si erano formate ai margini degli occhi – io credo che lui abbia capito che il mio disagio fosse in parte dovuto anche a questo, ma non mi ha mai fatto domande esplicite. Probabilmente si è reso conto da solo della situazione, è una vita che mi conosce.

Jimin strizzò il braccio dell’amico continuando a tenerlo stretto:

– Grazie della fiducia. Non me la merito nemmeno dopo il modo in cui ti ho trattato.

– No, Jiminie, di cosa parli. Non hai fatto nulla che non possa comprendere, non dire che non meriti la mia fiducia. E poi ora che ti sei legato a Yoongiah sei diventato ufficialmente anche tu come un fratello per me.

Jimin sentì il cuore scoppiargli di felicità e si chiese come avesse fatto a pensare in questi anni che Hoseok potesse rappresentare un ostacolo tra lui e Yoongi.

****

Non ti sto dicendo che sarà facile, ti sto solo dicendo che tutto andrà bene”. Non sarà facile, ma andrà bene. Non sarà facile, ma andrà bene. Non sarà facile, ma andrà bene. Jimin era spaventato, da morire. Spaventato da ciò che avrebbe potuto dire, dalla possibile reazione di Jungkook. Spaventato da ciò che lui stesso aveva combinato. Ma le parole dei suoi amici lo rincuoravano e cercò di aggrapparcisi il più stretto possibile. Il rumore delle chiavi di Hoseok nella toppa lo fece sussultare. Il momento era sempre più vicino e lui iniziava a sentirsi sudato. Forse dopotutto non era stata una buona idea venire qui, forse era meglio andarsene subito e rimandare…

– Kookieeeee!

L’urlo di Hoseok gli perforò i timpani e gli fece come da sveglia. Basta tentennamenti, era il momento di svegliarsi e affrontare di petto la cosa.

– Kookie, guarda chi ti ho portato! Dove sei?

– In cucina! Sto lavorando.

Hoseok andò dritto verso la voce del ragazzo e Jimin lo seguì timidamente come un’ombra. Jungkook era seduto al tavolo, gambe incrociate sopra la sedia, computer aperto, quaderno di appunti alla destra e tazza di the alla sinistra. Si sorprese nel vedere Jimin.

– Ma ancora studi? – gli disse Hoseok con voce preoccupata – Non hai avuto lezione fino a questo pomeriggio oggi?

– Si, ma c’è davvero una cosa che non riesco proprio a fare – rispose Jungkook fissando però Jimin – e mi dà fastidio per cui avevo deciso di mettermici finché non ci fossi riuscito. Ma se Jiminie è qui non fa nulla, non è nulla di urgente.

– Si-sicuro? Jungkookie, se devi lavorare-

– Se ti ha detto che non è urgente si vede che non lo è, non trovi Jiminie? – Hoseok era intervenuto guardando Jimin in modo eloquente. Nessuna scusa. Doveva parlare con Jungkook – Beh, io me ne vado in camera a fare un pisolino, sono esausto. Kookie, mi chiami tu per cena?

Jungkook rispose di sì e Hoseok così se ne andò, lasciando i due ragazzi soli nel silenzio della cucina.

– Come stai? – chiese Jungkook sorridendo mentre chiudeva il computer e accatastava le sue cose a un lato del tavolo. Non era un sorriso convinto, Jimin lo percepì. Che avesse sentore...? – Non ti ho sentito quasi per niente questi due giorni. Siediti però, che fai lì fermo?

– Ah sì, certo! Mi metto qui, ok? – si mise a sedere sul divano, Jungkook ancora sulla sedia. – Lo so, mi dispiace, sono stato effettivamente un po’ indaffarato. Mi pare anche tu, no?

– Si, si, anche io. Ieri soprattutto è stata una giornata un po’ frenetica visto l’inconveniente della neve di domenica, e poi oggi sono stato ugualmente impegnato, quindi sono riuscito a mandarti solo quel messaggio striminzito visto che non mi avevi ancora scritto tu. Mi spiace.

Jimin si chiese se ci fosse un’accusa in quelle parole, o ironia nel “mi spiace”, o se effettivamente Jungkook fosse dispiaciuto di non aver cercato Jimin di più nonostante lui non gli avesse parlato per due giorni interi, totalmente preso da altro. Da qualcun altro, per meglio dire.

– Potevi avvisarmi comunque che venivi! Mi sarei organizzato meglio, anche per la cena-

– No, Jungkookie, io… sono venuto qui per parlare. Non volevo piombarti in casa a sorpresa, ma c’è qualcosa di molto importante che devo dirti e che sento non possa aspettare.

L’espressione di Jungkook era indecifrabile, sembrava quasi tranquilla. Dopo un attimo di pausa gli disse:

– Andiamo in camera mia, così non disturbiamo hyung che dorme.

In camera, Jungkook spostò la sedia imbottita che era davanti la sua scrivania per metterla di fronte al letto. Fece cenno a Jimin di accomodarcisi mentre lui si mise a sedere vicino al proprio cuscino.

– Che succede?

Nel porre questa domanda, Jungkook sentì un groppo salirgli in gola. Adesso che l’interrogativo era stato posto, non poteva più scappare da qualsiasi risposta Jimin gli avrebbe dato. Una piccolissima parte di lui sperava ancora che il più grande fosse venuto per dirgli che ricambiava i suoi sentimenti, ma c’era qualcosa nei suoi occhi che gli dettero un’altra impressione. Erano seri, quasi preoccupati e… tristi? Non averlo sentito il giorno prima aveva accresciuto le sue ansie e nell’ombra della propria camera Jungkook aveva avuto tempo, troppo, per nutrirle ancora di più. Continuava a rivedere il sorriso di Jimin mentre scherzava con Yoongi, il modo in cui gli si era messo vicino sul divano, la domesticità con cui si muovevano l’uno attorno all’altro e l’idea di quel pomeriggio trascorso da soli lo inquietava. E Jimin non si era fatto sentire per due giorni interi. Lunedì se ne era accorto presto, ma aveva aspettato a scrivergli per primo, per vedere cosa sarebbe successo. Ciò che era successo era stato il totale silenzio. La sera poi aveva avuto la tentazione di chiamarlo per risentire la sua voce, ma aveva poi pensato che forse gli avrebbe dato fastidio essere chiamato proprio prima di andare a dormire. Alla fine non facendocela più mentre era in facoltà quella mattina gli aveva scritto e adesso se lo era ritrovato all’improvviso di fronte, bello come sempre, ma con un’espressione strana che Jungkook non gli aveva mai visto rivolgergli. Anche adesso, mentre aspettava che iniziasse a parlare, poteva vedere sul suo viso un rossore imbarazzato, come se si vergognasse di qualcosa.

– Non so bene da dove iniziare. Ci ho pensato un bel po’, se partire dall’inizio o dalla fine. Ho deciso di non fare né l’una né l’altra cosa e partire semplicemente da me. Dalla persona che sono. Una persona spesso così ossessionata dall’evitare di fare ciò che crede sia sbagliato o fastidioso che finisce proprio per farlo. Creando così ancora più danni. E temo sia ciò che ho appena fatto, e mi chiedo se abbia il diritto di chiedere il tuo perdono. C’è stato un momento, lo scorso mese, in cui mi sono sentito perso e tanto solo. Non è la prima volta che succede nella mia vita, ma di solito c’è sempre stato Taehyungie al mio fianco. Questa volta invece non è bastato. Mi sono richiuso in me stesso e non gli ho dato la possibilità di aiutarmi. Tu… tu sei stato così buono. Ci tenevi a me e io… Jungkookie io avevo bisogno di te. Tanto. Non so nemmeno come esprimere quanto ti sia grato per il modo in cui mi sei stato vicino, per come mi hai sorretto e protetto. Non stavo bene, so che questo lo hai notato, ma quando ero con te mi sentivo davvero meglio. Mi hai trattato con delle attenzioni e un riguardo che nessuno aveva mai avuto con me. Mi hai fatto sentire in ogni momento e con ogni tuo gesto che ero importante ed io ti giuro, ti giuro su ciò che è a me più caro, che darei volentieri entrambe le mie gambe per poter cambiare lo stato delle cose. Per poter essere qualcosa di più per te, più di un amico. Vorrei poterti donare completamente il mio cuore, così come ho provato a fare tutto questo tempo, ma… a un certo punto… ho capito che non ci sarei riuscito. Nel corso delle nostre giornate insieme tante volte ho pensato di… avvicinarmi di più. C’era però qualcosa di piccolo piccolo, che poi è diventato più grande, che mi bloccava e mi impediva di compiere quel passo. Mi diceva che non ero adeguato per ciò che tu avresti voluto, ma non gli ho dato ascolto perché volevo davvero rimanere con te. Ho provato, te lo giuro. Tu sei stato così… così fondamentale per me, non puoi nemmeno immaginare quanto. Non mi basterà un’intera vita per dimostrartelo. Però, anche se vorrei, non posso impormi sui miei stessi sentimenti. Se con te ero bloccato… era perché la parte più intima di me mi trascinava in un’altra direzione. Non lo sapevo quando ho iniziato ad uscire con te, ma il mio cuore era già occupato. E io come un imbecille non me ne sono reso conto fino all’ultimo. E mi dispiace così tanto di questo.

– ...Yoongi-hyung, vero? Sei innamorato di lui.

Non era una domanda quella di Jungkook. Sapeva che era così, e anche se Jimin non avesse risposto lo avrebbe saputo lo stesso.

– Io… – rispose Jimin con voce sommessa guardando a terra – Si.

– Quando lo hai capito?

Lo sguardo di supplica negli occhi di Jungkook convinse Jimin a mentire. Non avrebbe potuto fare altrimenti.

– Quando è tornato. Domenica pomeriggio mi è stato ancora più evidente e ho-ho scoperto che anche per lui era così.

Jungkook non ebbe la forza di chiedere come. Non ebbe la forza di chiedere nulla, perché una grande tristezza lo aveva inondato come un’onda che si abbatte su una piccola scialuppa. Le parole di Jimin erano state belle, a loro modo. Poteva percepire il sincero dispiacere dell’amico ed era sicuro che Jimin non lo avrebbe mai ferito se avesse potuto evitarlo. D’altronde, che Yoongi-hyung facesse parte in modo stabile della sua vita già da molto tempo prima che lui lo conoscesse era un fatto che gli era noto, ma aveva comunque deciso di tentare senza nemmeno assicurarsi del posto che effettivamente aveva nel cuore di Jimin. In fondo quindi era anche un po’ colpa sua, per essersi buttato in questo gioco senza leggerne prima bene le regole. Non sapeva come rispondere a Jimin, ma dal silenzio dell’amico era chiaro che stesse aspettando una sua reazione. Dischiuse le labbra, ma non uscì nulla e solo al terzo tentativo finalmente la sua voce prese corpo:

– Va bene – cos’altro poteva dire? Cos’altro c’era da dire? Se Jimin non lo amava non avrebbe potuto costringerlo, quindi accettare tutto era l’unica soluzione per almeno non perderlo del tutto. Perché Jungkook davvero non voleva perderlo – Va bene, se così stanno le cose non credo di poterle cambiare. Sono felice almeno di averti aiutato a star meglio – nel dire queste parole in qualche modo si sentì tirare un po’ su, perché si rese conto che erano vere –  volevo che tu ti affidassi a me e così è stato, mi hai dato modo di passare il tempo con te e di crearmi dei bellissimi ricordi. Non posso dirti di cambiare ciò che provi. Sapevo che tu e Yoongi-hyung eravate vicini, solo che ho sempre minimizzato la cosa, non ho mai indagato meglio. Forse avrei anche dovuto parlarne prima con Tae. Gli ho detto ciò che provavo per te solo di recente e forse è stato un errore. Lui ti conosce così bene, avrebbe sicuramente saputo aiutarmi ad aprire gli occhi.

– Ju-jungkookie, nemmeno io ero sicuro di-

– Gli amici capiscono sempre prima di noi, Jiminie – gli disse Jungkook con un sorriso triste – tu non te ne eri accorto, ma Tae forse sì. Lui… Taehyungie… mi sorprende sempre. Sembra sempre arrivare prima di tutti noi, là dove noi crediamo invece che la sua mente si sia persa nell’aria. Vola e vaga è vero, ma sempre avanti. Non so nemmeno come io abbia potuto pensare di escluderlo da tutto questo. Ho fatto da solo e così è finita.

– Mi dispiace Jungkookie… Io anche avrei dovuto confidarmi prima con lui, ma almeno adesso lo sappiamo.

– Già, lo sappiamo.

Ci fu un attimo di silenzio imbarazzato.

– Kookie… scusami ancora. Io non volevo che tutto questo accadesse.

– E io ti credo. Ti credo davvero. Lo so, non c’è nemmeno bisogno che tu me lo dica.

– Però sei sicuro? Sul serio, per me è importante che tu sappia-

– Hyung, sei il migliore amico di Taehyungie, un motivo deve pur esserci, no? Se fossi stato capace di architettare raggiri sentimentali non credo sarebbe rimasto al tuo fianco per tutta la vita. L’ho sempre visto, sai? – continuò guardando Jimin con affetto e inclinando la testa di lato – Il perché proprio tu. Taehyungie fa amicizia con tutti, ma tu sei al primo posto della lista, da tutta la sua vita. Non credo sia solo per via del fatto che siete cresciuti insieme. Riesco a vedere chiaramente dove le vostre anime si toccano. Sei una persona speciale, esattamente come lo è Taehyungie. E mi hai subito ispirato fiducia e sicurezza perché mi sembrava di aver trovato in te un pezzetto di lui.

Jungkook aveva detto quest’ultima frase tranquillo, come se fosse un dato di fatto e Jimin si chiese se invece si stesse rendendo conto del peso che aveva. Avrebbe voluto domandargli perché non fosse andato direttamente da Taehyung, per averlo così intero, non solo un pezzetto, ma non era il momento quello. Un giorno però sarebbe arrivato, Jimin ne era convinto adesso più che mai. Jungkook sospirò profondamente e riprese a parlare.

– Sii felice, è l’unica cosa che ti chiedo. Lo sai quanto io ami perdere, almeno che sia stato per un valido motivo.

– Te lo prometto – rispose Jimin con le lacrime agli occhi – e grazie Kookie. Ti voglio bene.

Jungkook annuì e si alzò in piedi e Jimin lo imitò. Si guardarono negli occhi per qualche secondo, incerti su cosa dirsi e cosa fare. Fu Jungkook a spezzare quel momento di imbarazzo indicandogli la direzione della porta con una mano e Jimin così si scosse e vi si avviò. Proprio mentre era quasi fuori dalla camera sentì Jungkook dietro di lui chiamarlo:

– Jimin!

Sentì il più piccolo afferrargli il braccio e girarlo verso di sé, avvolgendolo poi in un forte abbraccio.

– Dammi… un attimo solo – lo sentì dirgli piano.

Jimin reagì dolcemente. Abbracciò a sua volta il ragazzo e gli accarezzò la schiena. Jungkook si era sempre trattenuto dall’avvicinarsi troppo a lui senza il suo permesso, ma vedendolo uscire per l’ultima volta dalla sua camera aveva avvertito il bisogno di sentirselo vicino e stringerlo un’ultima volta.

– Mi spiace… – mormorò Jimin.

Jungkook scosse vigorosamente la testa.

– Va tutto bene. Devi stare tranquillo. Ho capito, va tutto bene – Lo lasciò andare con esitazione, faticando ad allontanare le proprie mani dal corpo caldo del ragazzo, e si avviò nel corridoio fino alla porta di ingresso, dove riprese il cappotto di Jimin dall’appendiabiti e glielo passò – Va tutto bene – gli ripeté di nuovo mentre il ragazzo se lo infilava e i due si guardarono negli occhi scambiandosi piccoli e tristi sorrisi. Aprì la porta e Jimin uscì, voltandosi poi verso di lui.

– Posso dirti solo un’ultima cosa Kookie?

– Si certo, cosa?

– Non fare i miei stessi errori. Se c’è una vocina… dalle retta.

Jungkook annuì con la testa, non sicurissimo però sul di cosa Jimin stesse parlando:

– Sarà fatto, Jimin-hyung.

Jimin lo guardò sorpreso:

– Jiminie.

Jungkook ci pensò su un attimo e sorrise:

– Jiminie-hyung.

Jimin gli sorrise a sua volta con dolcezza e annuì in accordo, per poi voltarsi e andarsene piano lungo il corridoio, inghiottito infine dall’ascensore. Fu solo a questo punto che Jungkook chiuse la porta.

 

 

 

Note dell’autrice: Aaah ed ecco i ruoli che si sono rovesciati. Prima c’è stato Yoongi a dire a Jimin di essere felice, ora è il turno di Kookie. È stato molto triste scrivere questa parte del capitolo, ma spero che gli indizi buttati qua e là siano sufficienti a sollevare gli animi e a far sperare in un futuro più roseo per il nostro piccolino. Sia questo che il prossimo capitolo hanno questo obiettivo. Sono i conclusivi per cui trovo che per forza debbano contenere i vari chiarimenti, spero solo che la cosa non risulti noiosa. Però, sia qui che nel prossimo capitolo, credo che ci siano dialoghi importanti per capire un pochino anche noi come sentirci in tutta questa situazione. La “questione Kookie” lascia un po’ tutti con l’amaro in bocca infatti e il prossimo capitolo anche si occuperà di questo. Ci saranno dei dialoghi e delle scene che aiuteranno Jimin (e noi) a rendersi conto di come gestire questi suoi sentimenti contrastanti. Per il nostro Chim infatti non sarà facile affrontare il momento post conversazione con Kookie. Avrà pure agito male in passato, ma se ne è reso conto e a Jungkook vuole davvero bene per cui… beh vedremo quali sensazioni proverà a riguardo e cosa gli verrà detto dalle persone intorno a lui. In particolare ci sarà un confronto tra due personaggi molto, molto importante.

Il prossimo capitolo è in teoria l’ultimo, però per un motivo che poi dirò credo che separerò l’ultimissima parte di chiusura dal resto. Quindi il capitolo XVII uscirà mercoledì, per l’epilogo vero e proprio non so ancora cosa fare, se pubblicarlo nello stesso momento o lo stesso giorno ma più tardi, o il giorno dopo, ci devo pensare ahah Comunque le informazioni in proposito saranno fornite nelle prossime note.  

Come sempre vi ringrazio per aver letto fino a qui, attendete qualche giorno per l’ultimo(-ish) capitolo ~

Baci, Elle ♥

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Capitolo 20
*** Capitolo XVII : Epilogo ***


Note dell’autrice (1): Avevo anticipato sulle scorse note che avrei dato informazioni sull’epilogo. Alla fine l’ho messo qui, all’interno di questo capitolo, separato dal resto giusto appena appena dalla scritta “[Epilogo]. Per cui yep, questo è proprio l’ultimissimo capitolo. Ci vediamo nelle note sotto. Buona lettura, Elle ♥~

 

 

CAPITOLO XVII

 

“Ho scoperto una cosa importante, Ben […], e cioè che la realtà è sempre

più sopportabile del suo fantasma, anche se è peggiore! Non volevo figli,

ora ne ho due, bè non è questa la cosa orribile, la cosa orribile è di aver

avuto tanta paura di questa meraviglia…”

 

(Daniel Pennac, Il paradiso degli orchi)

 

 

 

23 gennaio 2017

Jimin non ne poteva più di piangere. Era sempre stato un ragazzo piuttosto incline alle lacrime, ma nell’ultimo periodo ne aveva versate davvero troppe, si sentiva un miserabile. Aveva pianto di rabbia, di paura, di dolore e poi di felicità. E adesso erano arrivate le lacrime di rimorso, iniziate il momento in cui l’aria gelida di fine gennaio aveva toccato il suo viso, appena fuori dal palazzo dove vivevano Jungkook e Hoseok. La calma del ragazzo lo aveva spiazzato. Sembrava quasi che fosse pronto a ciò che era successo e il modo in cui aveva accettato le sue parole aveva profondamente colpito Jimin. Sperava che ciò che gli aveva detto, ovvero che gli credeva, fosse la verità. Gli era sembrato sincero, ma lui non era Taehyung. Taehyung avrebbe capito subito con un solo sguardo i sentimenti del più piccolo. Si chiese se l’amico avesse fatto bene a riporre in lui tutta quella fiducia. Il modo in cui Jungkook aveva però parlato di Taehyung aveva dato modo a Jimin di credere che si sarebbe ripreso prima del previsto. Era sicuro, nel profondo dentro di sé, che prima o poi avrebbe capito che per loro non ci sarebbe mai stata nessuna possibilità perché lui stesso era già destinato a un’altra persona. Anche il suo cuore era già occupato, ma, esattamente come era stato per lui, anche Jungkook doveva ancora capirlo. Questo pensiero lo aveva confortato per un po’, il tempo del tragitto in ascensore, ma poi gli era tornato in mente il modo in cui il più piccolo lo aveva abbracciato e si era sentito di nuovo lo stomaco affondare. Si, Taehyung gli sarebbe stato accanto e prima o poi Jimin era sicuro che lo avrebbe risvegliato, ma ciò non toglieva il fatto che soprattutto all’inizio per Jungkook sarebbe stata dura. E Jimin a questo pensiero si era di nuovo messo a piangere. Aveva guardato l’ora e fatto una telefonata. Yoongi aveva risposto con la sua solita voce roca e strascinata che si era poi fatta subito più presente quando aveva sentito i singhiozzi di Jimin. Era uscito da poco dal lavoro e stava rientrando in quel momento, e dunque aveva detto a Jimin di andare da lui e Jimin ci si era precipitato. Al suono del campanello Yoongi era scattato, urlando a Jin, solo insieme a lui in casa, chiuso nella propria camera, di non preoccuparsi e aveva poi portato velocemente Jimin in camera. Il momento in cui aveva chiuso la porta Jimin aveva ripreso a versare quelle lacrime che aveva dovuto trattenere con sforzo mentre era nel bus, e Yoongi lo aveva stretto, rimanendo un po’ in piedi con lui e poi mettendosi seduto sul letto e facendo accoccolare Jimin vicino. Il più piccolo si era sfogato un altro po’, mentre Yoongi lo aveva tenuto tra le sue braccia accarezzandogli dolcemente i capelli e sussurrandogli che tutto si sarebbe sistemato.  

– Mi dispiace, piango in continuazione, non ce la faccio più. Ma oggi è stato… difficile, Yoongi. Così difficile.

– Ovviamente, ma andrà tutto bene. Kookie ti ha detto che ha capito, no?

– Si, ma io mi sento così schifoso, uno schifo assoluto.

– Jiminah, no! – Yoongi aveva a questo punto quasi gridato e lo aveva preso per le spalle, costringendolo a guardarlo – Non sei uno schifoso, non devi dire una cosa del genere! Non devi nemmeno pensarla perché non è così! Non è così! Mi hai capito?

– Però…

– No. Non ti permetto di parlare in questo modo. Hai detto tutto a Taehyung, no? E anche lui ha capito. Lui, che è il tuo migliore amico, ma che chiaramente a quanto mi hai detto prova anche qualcosa di forte per Jungkookie. E ti ha detto la stessa cosa, ciò che hai fatto è comprensibile. Non c’era cattiveria nel tuo cuore, questo ti avrebbe reso uno schifoso.

– Yoongi-hyung, io però sapevo quello che stavo facendo, mi sono attaccato a lui per trovare conforto dal fatto che tu te ne fossi andato.

– Ma è forse una colpa quella di aver cercato la felicità? – il tono di Yoongi era ora più morbido, stava cercando di arrivare con delicatezza al cuore di Jimin e convincerlo delle sue parole – Io ho fatto lo stesso, Jiminah. Ti ho abbandonato, sperando di ritrovare la serenità lontano, in un altro posto. Non ha funzionato, mi sono reso conto di aver fatto la scelta sbagliata, ma non l’ho fatto apposta. In quel momento ho creduto davvero che fosse l’unica soluzione per tornare a stare bene. E invece ti ho fatto male, senza saperlo. Ma tu stesso mi hai detto l’altra sera che non dovevo farmene una colpa, no? – gli dette un piccolo bacio sulla punta del naso – Tu hai agito come me. Hai cercato di essere felice e hai cercato questa cosa in una persona. Jungkookie non ti ha detto di essere stato contento all’idea di averti aiutato? È vero, non ha funzionato, ma hai dimostrato di avergli dato un’enorme fiducia, di aver messo nelle sue mani la tua felicità. Sarà forse difficile affrontare questo rifiuto all’inizio, ma pensa al dopo. Taehyung gli sarà vicino e io spero come te che presto le cose tra loro vadano come sarebbero sempre dovute andare. Jungkook anche sarà felice con qualcuno che lo ama davvero e il ricordo che gli rimarrà di te sarà di quello di una persona che lo ha ritenuto così speciale da poter essere l’unico a cui affidare quel briciolo di speranza di felicità che gli era rimasta. Non smetterà di volerti bene Jiminah, sono sicuro che continuerai ad occupare uno spazio di riguardo nel suo cuore.

– Sei… sicuro?

– Si, e questo è il tuo hyung che ti parla, non il tuo fidanzato. Quindi non c’entra niente il fatto che ti amo, sono convinto di quello che dico perché la maturità della mia età me lo permette.

Jimin non rispose a queste parole e si fece invece tutto rosso. Non riuscì a trattenere un sorriso mentre nascondeva il viso nella maglia di Yoongi.

– Che hai adesso? Ti ho convinto così facilmente?

– Si… no cioè non è quello – sollevò gli occhi luminosi su Yoongi – non mi avevi mai detto che mi ami prima. Non esplicitamente.

Yoongi spalancò gli occhi e arrossì anche lui.

– N-no? Non avevo… cioè io… e-era ovvio, nel senso…

Jimin scoppiò a ridere e gli dette un bacio profondo e intenso, che Yoongi non si aspettava.

– Anche io ti amo. Così tanto che non immagini – disse buttandogli le braccia al collo – Grazie. Quello che hai detto è vero. Mi ci vorrà forse un po’ a convincermene, ma sono sicuro che prima o poi tutti staremo bene.

– Ne sono convinto anche io – rispose Yoongi sorridendo e tenendolo stretto. Jimin si fece cullare un po’ da quelle calde braccia e poi parlò di nuovo:

– Yoongi…

– Mh?

– Hai chiamato Hoseok-hyung?

Yoongi emise un suono gutturale, tra l’infastidito e il sofferente, e Jimin scoppiò a ridere.

– Ti ha chiamato lui vero? Cosa ti ha detto? Ti ha fatto implorare il suo perdono, non è così??

– Jiminaah, basta dai, non ne voglio parlare – disse Yoongi facendo una smorfia e nascondendo a stento un sorriso – Mi ha chiamato dopo di te, mentre stavi venendo qui, ci siamo chiariti e basta. Smettila di ridere!

– Te la farà scontare, ne sono sicuro.

– La farò scontare io a te se non la pianti subito.

– Vorrei proprio sapere come, hyung.

Yoongi assottigliò gli occhi:

– Vuoi scommettere?

Jimin ebbe la cattiva idea di scommettere.

 

****

– Credi che Jin-hyung abbia sentito qualcosa? – chiese Jimin preoccupato mentre Yoongi se lo attirava a sé unendo in un abbraccio il calore dei loro petti nudi. Non erano andati troppo oltre, Yoongi su questo continuava ad essere irremovibile, ma al di là a sufficienza perché Jimin si facesse a un certo punto un po’ troppo sonoro. L’idea che Jin-hyung potesse aver sentito qualcosa lo metteva in un imbarazzo incredibile, come ne aveva provato poche volte in vita sua. Yoongi ridacchiò e gli baciò la testa:

– Non credo, le pareti non sono poi così sottili e probabilmente sarà concentrato su altro. In ogni caso, non sarebbe la fine del mondo, è più grande di noi e vaccinato, ne sarebbe meno sconvolto di quanto credi.

– Si, ma-

– Jiminah, avrebbe comunque da farsi perdonare troppe volte in cui è toccato a me essere testimone oculare dei suoi sollazzi notturni con Namjoon per venire a lamentarsi. No, aspetta! Non oculare, ew, no no! Volevo dire… come si dice? Testimone uditivo?

– Non ne ho idea – rispose Jimin ridacchiando.

– Beh, hai capito cosa intendo. Stai tranquillo piccolo. Jin-hyung non ha subìto traumi – prese ad accarezzare i capelli scuri di Jimin – Ti sei un po’ calmato? Eri troppo sconvolto quando sei arrivato.

Jimin annuì:

– Si, sto meglio. Ho fatto bene a venire qui.

– Si che hai fatto bene – rispose Yoongi baciandolo sulla guancia e prendendogli una mano – Puoi venire sempre quando ti senti giù – gli baciò una spalla – e quando ti senti su – gli baciò la fronte– e quando ti senti in mezzo – gli baciò le labbra e soffocò così la risata appena nata in Jimin.

– Hyung… – disse Jimin cercando di inserire le parole in quei brevi attimi di pausa che le labbra di Yoongi gli concedevano. Era completamente immerso in quel bacio e solo a fatica lo interrompeva negli istanti necessari a riprendere fiato – dovremmo… Yoongi… devo andare…

Il mormorio assente con cui Yoongi rispose gli fece capire che avrebbe dovuto avere un po’ più di polso se avesse voluto fermare il più grande. Gli prese le spalle delicatamente e lo scansò da sé – Taehyungie mi sta aspettando per cena, devo davvero andare.

Yoongi alzò gli occhi al cielo, ma si arrese. Mentre si rimettevano le loro magliette Jimin chiese a Yoongi se non fosse il caso di parlare con Jin e Namjoon.

– La mia intenzione era venire qui venerdì intorno alle sei e parlarci, perché ho così tanto da fare all’accademia che credevo di non avere tempo prima di quel giorno. Ma visto che c’è stato questo cambio di programma forse dovremmo approfittare – mise la sua piccola mano su quella più grande di Yoongi – insieme. Si meritano qualche spiegazione e dei ringraziamenti, non trovi?

Yoongi fu d’accordo e sebbene affrontare determinati discorsi non fosse semplice per lui, mentre la mano calda di Jimin teneva la sua più fredda per fargli strada nel corridoio sentì che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. Jimin bussò alla porta di Jin e il ragazzo lo invitò ad entrare.

– Jiminie? Ah, mi pareva di aver sentito la tua voce! – esclamò Jin facendo un giro di 180 gradi sulla sua sedia girevole e voltandosi verso Jimin e Yoongi. Alle sue spalle lo schermo della televisione era acceso su quella che sembrava essere la partita un videogioco. Jimin si fece rosso e spalancò gli occhi:

– C-che intendi? Hai s-sentito la mia v-

– Hyung, Jiminah è qui perché ci sono delle cose che deve dire. – Yoongi tagliò corto prima che Jin con un’altra parola mandasse Jimin in iperventilazione – quando torna Namjoonah?

– Oh? Joonie? – Jin gettò uno sguardo al vetro dell’orologio da polso – dovrebbe essere qui a momenti. Voleva vedere un film che proprio non mi interessava quindi alla fine è andato da solo – disse ridacchiando all’idea e tirandosi in piedi – vuoi parlare con lui? Ti posso fare qualcosa di caldo nel frattempo.

– Magari, grazie hyung! – esclamò Jimin uscendo dalla camera seguendo Jin. Yoongi disse dal fondo della fila:

– Allora cioccolata calda con panna.

– Yoongiah, tu non prendi mai la panna!

– No, no, infatti io non la voglio – rispose Yoongi a Jin. Il più grande rimase interdetto e Yoongi sentì il bisogno di dare spiegazioni anche se avrebbe voluto evitare – Hai detto sì a qualcosa di caldo, Jiminah, credevo che dunque avresti scelto la cioccolata calda e so che ti piace con la panna.

Jimin divenne tutto rosso a queste parole e si ritrovò a balbettare:

– S-si, era… era proprio quello che volevo.

Jin corrugò la fronte, ma non disse nulla. Mandò solo una preghiera telepatica a Namjoon affinché si sbrigasse a tornare a casa il prima possibile dato che lui stava morendo di curiosità.

Namjoon non arrivò al 503 prima di un’altra ventina di minuti, di cui Jin sentì tutto peso poiché non vedeva l’ora di sapere cosa ci fosse di così importante di cui parlare. Quando sentì la porta di casa sbattere si precipitò di corsa dal ragazzo, chiamando il suo nome e acciuffandolo prima che rientrasse in camera propria per trascinarlo subito in cucina.

– Mi fai togliere il cappotto almeno? Sono tutto umido, non voglio prendere freddo!

– Ti scaldo dopo io, Joonie, promesso, ma adesso vieni! Guarda, c’è qui Jiminie e deve parlarti con Yoongiah. Parlarci. Ti abbiamo aspettato fino ad ora, non puoi farci attendere ancora.

Namjoon si sentì, come spesso gli accadeva con Jin, messo con le spalle al muro e si arrese con un sospiro.

– Cosa succede di così urgente? – disse con pazienza appoggiando il cappotto bagnato sul tavolo. Fu Jimin ad iniziare:

– Io e Yoongi-hyung volevamo farvi delle scuse ufficiali... ma anche dei ringraziamenti. Le scuse sono per tutto il disagio che abbiamo creato nell’ultimo periodo mentre i ringraziamenti per ciò che avete fatto per sistemare la situazione tra di noi. Taehyungie mi ha detto tutto e se non fosse stato per ciò che avete fatto forse noi…

– Non ci saremmo messi insieme – concluse la frase Yoongi.

Con grande sollievo dei due ragazzi, le reazioni di Jin e Namjoon furono positive, esattamente come lo era stata quella di Hoseok, e una volta passato il primo momento di fatto di vari “davvero??” “Yoongiah in una relazione? Sogno o son desto?!” “ma quando è successo?”, Jimin e Yoongi fecero a turno per raccontare tutto quello che era accaduto tra di loro. Jin aveva occhi sognanti, felicissimo per i suoi due amici e quando Jimin fece un profondo inchino di ringraziamento si alzò dalla sua sedia con gli occhi lucidi e lo abbracciò forte dicendogli quanto fosse contento che tutto si fosse risolto. Namjoon rimaneva più composto, ma era evidente che anche a lui tutta la situazione faceva piacere dal modo orgoglioso in cui guardava Yoongi. A un certo punto fu necessario affrontare più in dettaglio il discorso di Jungkook e così Jimin raccontò agli hyung quello che era accaduto tra lui e Tae e poi come era andata quel pomeriggio dal più piccolo. Era ancora un po’ doloroso ripercorrere tutta la vicenda e i propri errori per Jimin ed era in special modo preoccupato del giudizio di Jin, il quale sapeva avere una predilezione particolare per Jungkook. Finito di parlare era tutto rosso, con Yoongi che gli passava una mano di incoraggiamento dietro la schiena.

– Jin-hyung, credi che sia una persona orribile? Perché ancora continua a pensare che lo sia.

– No, ovviamente non lo credo, né lo crederò mai – rispose Jin con dolcezza – Senz’altro non avrai agito nel migliore dei modi, ma il fatto che tu ti senta così in proposito è di per sé già una prova che non sei assolutamente una persona orribile. Ammetto che sì, quando ho iniziato ad avere il sospetto che tu ti sentissi molto legato a Yoongi, ma comunque continuassi ad uscire con Jungkook, mi sono preoccupato, ci ho pensato su un bel po’. Ma non l’ho mai fatto con in mente l’idea che tu stessi agendo con malignità. Ero più che altro interessato a capire cosa ti stesse spingendo a fare ciò e adesso so che era il dolore. E chi sono io per decidere come sia giusto reagire al dolore? Anzi, mi dispiace davvero che tutti noi non ti siamo stati più vicini. Se ci fossimo parlati prima forse avremmo chiarito subito tantissime cose e io stesso ti avrei detto molto tempo fa di fermarti con Jungkook e correre da Yoongiah. Ma non mi sono mai messo a sedere vicino a te, e mi dispiace per questo Jiminie.

– Dispiace anche a me – fece eco Namjoon – anche tu Yoongi-hyung… non stavi bene e me ne ero accorto, eppure non ho fatto molto in proposito, anzi nulla a dire il vero. Ed è stato Hoseok a tirare fuori con me il discorso, altrimenti forse io neppure lo avrei fatto. Siamo amici eppure… scusami.

Yoongi scosse la testa e Jimin mormorò un grazie che gli uscì dal cuore. Voleva così bene a tutti loro ed esattamente come gli era già capitato sia con Taehyung che con Hoseok si chiese perché avesse aspettato tanto tempo a confidarcisi. Lasciò il 503 confortato, sentendo che forse da questo momento, senza più conti in sospeso da chiudere, le cose potessero finalmente iniziare ad andare davvero meglio.

****

I due giorni che seguirono furono particolarmente indaffarati per Jimin. Diverse coreografie dovevano essere finalizzate e le prove lo lasciavano sfiancato. Anche Hoseok si trovava un po’ nella stessa situazione e per questo i due ragazzi non riuscirono a trascorrere molto tempo insieme tranne che nella breve pausa pranzo che era loro concessa. Però Jimin notò con grande gioia che tutto sembrava essere tornato come prima con il più grande e, anzi, gli sembrò di scorgere ancora più tenerezza nel modo in cui il ragazzo gli si rivolgeva. Forse davvero adesso vedeva in lui un fratello minore. Jimin si accorse che la burrasca era definitivamente passata anche con Taehyung. La sera del martedì, quando era tornato a casa, aveva raccontato quello che era successo da Jungkook e Taehyung aveva approvato ciò che gli aveva detto. Tacitamente, aveva poi fatto capire a Jimin che da lì in poi si sarebbe occupato di tutto lui e così fu. Jungkook non scrisse a Jimin ed evitò i contatti con lui, come ovviamente il più grande si era aspettato. Fu tuttavia Taehyung a riempire momenti di vuoto del più piccolo, facendogli compagnia quando non aveva lezione sacrificando in alcuni casi anche le sue. Fu in questo modo che Jimin riuscì comunque a tenersi aggiornato sul come Jungkook stesse affrontando la situazione. Grazie alle informazioni fornitegli da Taehyung, venne a sapere che il più piccolo sembrava star gestendo il tutto meglio del previsto, sicuramente intristito, ma a detta dell’amico ancora in “fase di stabilizzazione”, come si era espresso testualmente. Era sua opinione che Jungkook al momento, tra l’altro non aiutato in questo dai suoi numerosi impegni universitari e la preparazione del loro progetto di fotografia, fosse ancora spaesato rispetto a ciò che era successo, essendoselo aspettato da un lato, ma pur sempre avendo sperato fino all’ultimo che non accadesse dall’altro.

Taehyung avrebbe voluto vederlo più reattivo. Gridare e tirare pugni all’aria, piangere e diventare rosso, ma Jungkook continuava a comportarsi così come Jimin gli aveva riferito si era comportato la sera in cui ci aveva parlato: in modo quieto, tollerante, paziente. Era triste e Taehyung questo lo vedeva, però avrebbe voluto che fosse meno silenzioso a riguardo, perché sebbene riuscisse a vedere che il ragazzo si sarebbe ripreso meglio di quanto sperato, credeva che quel momento di sfogo, anche magari di rabbia, fosse necessario per dare una chiusura a tutta la storia. O comunque per segnare un punto di inizio dal momento in cui avrebbe iniziato a cercare di mettersela alle spalle. Invece era lì, sempre vicino a lui se non si trovava a lezione, seguendolo fedelmente come un’ombra, cercandolo appena spariva per più di due minuti – “Kookie, sono solo andato a prendere un caffè, la fila al bagno era lunga” – e trovando solo nei giochi e rituali del loro piccolo mondo privato qualcosa che gli facesse brillare di più gli occhi. Stava parlando proprio di questo la sera del giovedì ad uno Jimin stanchissimo, seduto sul divano vicino a lui, quando venne interrotto dal suono di un telefono.

– Jiminie, è il tuo.

  Vero! – esclamò Jimin alzandosi per andare a prendere il telefono che aveva lasciato sul tavolo – Magari è Yoon- sì, è lui! Pronto?!

Vedendo illuminarsi il volto del ragazzo, fino a pochi attimi prima segnato dalla stanchezza della giornata trascorsa in accademia, Taehyung capì che ormai le emozioni che aveva provato per Jimin il giorno in cui aveva litigato con lui erano completamente sparite e non poteva al contrario fare a meno di provare gioia alla vista della felicità del suo migliore amico. Si convinse in quel momento che quello che era sembrato a tutti per tantissimo tempo un qualcosa da evitare, un tema di cui non discutere, una situazione a cui non pensare per paura di distruggere qualcosa aveva poi invece plasmato la realtà in una forma forse ancora migliore di quella di partenza. La telefonata di Jimin con Yoongi fu molto breve e Taehyung si chiese cosa stesse succedendo quando Jimin chiuse la chiamata saltellando sul posto e ridendo come un bambino, gli occhi a mezzaluna due fessurine.

– Viene qui! Yoongi-hyung viene qui a cena!

– Come? Ora?

– Si! L’ultima volta che ci siamo visti è stato martedì sera perché poi io ieri non ho avuto le forze per andare al 503 e la stessa cosa è successa oggi. Così a lui è venuta l’idea di auto invitarsi. Ci credi, Taehyungie? Nemmeno quarantotto ore e già non riesce a starmi lontano!

Taehyung scoppiò a ridere, contagiato dall’entusiasmo di Jimin.

– È meglio che tu non ripeta questa cosa davanti a hyung altrimenti potrebbe decidere di farti ricredere non cercandoti per un mese.

– Non lo farebbe mai – rispose Jimin sorridendo e diventando poi serio –  e poi che ne sai che non me lo abbia detto proprio lui? Con testuali parole “Nemmeno quarantotto ore che non ti vedo e già non riesco più a starti lontano”? – Taehyung sollevò le sopracciglia e Jimin scoppiò a ridere, rendendosi conto da solo di ciò che stava dicendo – Il motivo però è questo, io lo so anche se non lo dice.

Taehyung era d’accordo, ma rimase in silenzio per non fomentare ancora di più il fermento di Jimin, il quale sembrava poter schizzare via dalla propria pelle per l’entusiasmo da un momento all’altro.

– Hyung! – esclamò Jimin aprendo la porta quando finalmente Yoongi si presentò.

– Jiminah, cosa urli come se fossi sorpreso? – disse il più grande entrando al riparo nella casa calda – ti ho detto che stavo venendo!

– Credo non sia sorpresa, hyung – Yoongi si girò e vide Taehyung appoggiato a braccia conserte sullo stipite della porta della cucina, un sorriso dipinto sul volto –Jiminie ha iniziato a saltellare non appena ha riappes-

– Non devi andare a cucinare, TaeTae??! – urlò Jimin interrompendolo e diventando rosso davanti alle risate sommesse di Taehyung e Yoongi.

– Tae –  disse Yoongi al ragazzo sorridendo timidamente e facendogli un cenno che Taehyung ricambiò.

– Hyung.

Il muto dialogo dei loro sguardi mise fine a ogni equivoco, ogni dissapore, e parlò di accettazione dell’altro e di reciproca fiducia. Jimin prese Yoongi sottobraccio e iniziò a guidarlo verso la propria camera.

– Vieni a toglierti il cappotto. Taehyungie penserà ad iniziare a cucinare.

– Va bene Jiminie! Non c’è di che Jiminie! – urlò ironico Taehyung rientrando in cucina.

Quando Jimin ebbe fatto entrare Yoongi in camera e chiuso la porta, non dette al ragazzo nemmeno il tempo di toccare il primo bottone, allacciandogli le braccia dietro al collo e unendo con foga le loro labbra. Yoongi reagì subito con la stessa intensità e portò Jimin contro di sé stringendolo in vita, dimentico all’improvviso anche del suo cappotto bagnato. Un po’ senza fiato, Jimin si staccò da lui e gli sussurrò:

– Mi sei mancato.

– Anche tu Jiminah –Yoongi rispose con voce bassa portando la bocca vicino al lobo di Jimin e mordendolo piano – per questo sono venuto.

Jimin chiuse gli occhi e si lasciò andare alla piacevolezza datagli dalla sensazione delle labbra di Yoongi che si muovevano lungo il suo collo e risalivano poi alla sua bocca.

Uno starnuto interruppe la magia del momento.

– S-scusa, hyung.

Yoongi ridacchiò:

– No, è colpa mia, ti ho passato tutto il freddo – lasciò andare Jimin e si tolse finalmente il cappotto – non vorrei che il piccolo Jiminie si ammalasse di nuovo per colpa mia.

– Però se accadesse tu potresti venire a farmi da infermiere. Non ti piacerebbe?

– Scordatelo – fu la risposta decisa di Yoongi – fare il crocerossino non fa per me.

– Sei sicuro? – Jimin gli si strinse a un braccio e gli si fece di nuovo vicino. Yoongi gli appariva così bello avvolto in quel maglioncino di lana nero a collo alto e a Jimin venne voglia di stuzzicarlo un po’ – pensa a quando dovrei spogliarmi per il troppo caldo…

– Martedì sera non ricordo che avessi granché caldo, eppure sono riuscito a farti spogliare lo stesso – gli sussurrò Yoongi all’orecchio e Jimin si sentì di nuovo diventare rosso – anzi – se il ragazzo voleva giocare sporco, anche lui lo avrebbe fatto – mi sembra che volessi anche spogliarti di più.

Jimin ingoiò e lo interruppe mortificato:

  Va bene, ho capito, hai vinto tu.

Yoongi sorrise con affetto e gli prese il viso tra le mani per lasciargli un bacio delicato impresso sulle labbra morbide prima di avviarsi fuori dalla camera.

Raggiunsero Taehyung in cucina e iniziarono insieme i preparativi per la cena. L’atmosfera fu tranquilla e rilassata e Jimin fu felice che la promessa del migliore amico di cercare di andare d’accordo con Yoongi fosse rispettata. Sembravano entrambi a loro agio, addirittura in più occasioni si coalizzarono contro di lui, prendendolo di mira con qualche battuta o frecciatina. Jimin non poteva fare altro che godersi il tutto con un’espressione serena e la calma nel cuore. Solo ad un certo punto si rattristò, mentre mangiavano, e sia Yoongi che Taehyung se ne accorsero. Un’ombra gli era passata davanti, l’ombra di una serata molto simile, sempre a tre, in cui solo uno dei fattori era diverso. Chissà come stava adesso Jungkook. A Jimin mancava e si chiese se tra loro sarebbe mai tornata l’amicizia di un tempo o dovesse arrendersi all’idea di averlo perduto per sempre. Se avesse fatto una scelta simile lui non avrebbe potuto biasimarlo, ma ne avrebbe sofferto.

– Jiminah – la voce di Yoongi lo scosse – tutto bene?

– Si – rispose Jimin sommessamente – si tutto bene, stavo solo pensando. Ecco, non voglio davvero rattristare nessuno – guardò di sfuggita Taehyung – ma noi tre qui, a cenare insieme e ridere… mi ha fatto tornare in mente quella sera in cui Jungkookie rimase qui a mangiare, ricordi Taehyungie? La situazione era molto simile e… e nulla, mi sono rattristato perché vorrei sapere come sta. Ovviamente non mi ha cercato in questi due giorni ma…

Jimin aveva lasciato andare le bacchette e adesso guardava il suo piatto con sguardo triste. Taehyung e Yoongi si guardarono, entrambi tristi e preoccupati. Yoongi portò un braccio dietro le spalle di Jimin mentre Taehyung prese a parlare:

– Allora Jiminie, innanzitutto Kookie al momento non è solo. Hoseok sa tutta la situazione e io stesso ci ho parlato per chiedergli di rimanere con lui più tempo che può quando non ci sono io. Stasera aveva deciso per intrattenerlo di chiedergli di insegnargli a cucinare qualcosa e poi dopo cena voleva proporgli di vedere un film che era da tanto che Kookie voleva vedere. Jiminie, non lo stai abbandonando, mi hai capito? È solo un bene che adesso però ci sia un po’ di distanza tra voi due.

– Di cosa hai paura Jiminah? – aggiunse Yoongi con voce bassa e morbida.

– Io… io ho paura che non mi voglia più parlare. Che decida di non vedermi più e… e lo so che è egoistico forse da parte mia, ma ho bisogno di sapere che prima o poi le cose torneranno come prima perché la sua amicizia… per me era importante e mi manca davvero tanto.

– Jiminie, su questo devi credermi. Jungkookie non ne fa una colpa a te di ciò che è successo.

– Si ma io mi sento in così in colpa lo stesso, perché tra l’altro non gli ho nemmeno saputo dire la verità! Ho dovuto nascondergli un sacco di cose e-

– Jimin, basta – il tono di Yoongi era fermo, così come il modo in cui gli strinse la mano – Taehyung è stato il primo a consigliarti di essere cauto sulle cose da dire, e lui ne sa più di tutti noi su Jungkookah. La verità è importante, ma non è sempre, in qualsiasi caso, la scelta migliore per la persona che deve riceverla. A volte rischia di essere solo un modo per scaricare la nostra di coscienza, assecondando il nostro bisogno di sentirci “onesti”, ma andando a danneggiare incredibilmente chi è di fronte a noi. La verità va usata nel momento in cui può migliorare una situazione, non peggiorarla. Se tu andassi adesso a raccontare esattamente come tutto si è svolto a Jungkook, ti sentiresti davvero meglio sapendo di avergli causato un dolore ancora più grande? Tra l’altro che lui sappia di preciso ciò che è accaduto al momento non è rilevante, perché non cambia comunque lo stato delle cose, ovvero che io e te stiamo insieme. Un giorno sono sicuro che sarà pronto per sapere tutto, ma non adesso. Adesso ciò a cui tu e tutti noi dobbiamo pensare è rendergli più semplice questo momento. Per cui Jimin non devi più pensare a questa cosa e soprattutto non devi piangere, non te lo consento più. Te lo abbiamo detto tutti. Tutti. Io, Taehyungie qui, Hobi e persino Namjoonah e Jin-hyung. Jungkookie non ti toglierà la sua amicizia né ti escluderà per sempre dalla sua vita. Forse sì, non sarà con te agli inizi esattamente come prima, ma piano piano, con il tempo, il vostro rapporto si ricostruirà. Anzi, scusami, ho usato il termine sbagliato. Non deve ricostruirsi perché nulla si è rotto. Si trasformerà. Prenderà un’altra sembianza, ma sarà tanto saldo quanto lo era prima – Jimin stava guardando Yoongi con un’espressione che esprimeva tutto lo sforzo che il ragazzo stava mettendo nel cercare di convincersi delle sue parole e Yoongi decise dunque di essere ancora più diretto. Jimin seguì il suo sguardo quando lo puntò su Taehyung – Quanto tempo gli dai? – disse con un piccolo ghigno – Io non dico più di sei mesi.

Jimin ci mise qualche secondo a capire, ma poi i suoi occhi si illuminarono e sorrise anche lui, guardando Taehyung con affetto:

– Forse anche di meno, perché il mio Taehyungie è eccezionale.

Taehyung guardò entrambi confuso, ma arrossì leggermente, avendo un piccolo presentimento su ciò a cui Yoongi e Jimin si stavano riferendo.

– D-di che state parlando?

Jimin mise i gomiti sul tavolo e appoggiò la testa alle mani:

– Quanto ancora hai intenzione di aspettare prima di dirgli qualcosa?

Yoongi scoppiò in una risatina e si sentì solidale con Taehyung, il quale era intanto arrossito in modo preoccupante per essere Taehyung e era quasi caduto dalla sedia.

– No-non so cosa tu stia dicendo Jiminie!

– Su, su, che ho capito tutto. Com’è, il confidarsi vale solo per me? Anzi, avresti dovuto dirmelo prima, non sarei nemmeno mai uscito con lui se avessi capito quanto ci tieni.

Taehyung era diventato un groviglio di parole incoerenti e mentre Jimin ghignava sotto i baffi Yoongi decise di andare in suo aiuto, riassumendo velocemente il concetto essenziale:

– Noi tifiamo per te, Taehyungie. Per voi.

Taehyung si portò una mano al viso, ancora completamente rosso:

– P-prima… prima devo togliergli quell’invadente del mio migliore amico dalla testa. Poi vedremo cosa si può fare. Jiminie, se torni sui tuoi passi sappi dunque che stavolta non avrò pietà.

– Hai capito Jiminie? – disse Yoongi solleticando Jimin dietro un orecchio – Gli hai davvero fatto solo un favore a toglierti di mezzo. E no – disse poi incredibilmente serio e quasi minaccioso rivolgendosi a Taehyung, la mano sempre dietro l’orecchio di Jimin – non tornerà sui suoi passi.

Jimin e Taehyung scoppiarono a ridere.

 

27 gennaio 2017

 

Yoongi osservava il grande edificio con espressione indecifrabile. Fermo dall’altro lato del marciapiede poteva abbracciare con lo sguardo tutta la facciata grigia e parte del giardino, sentendoli quasi familiari. Il campus della facoltà di arti figurative non era poi molto diverso da quello che aveva frequentato lui quando ancora andava all’università. Si chiese se dentro anche fosse simile, ma pensò poi che probabilmente no. Lo scheletro forse, ma tutto il resto, l’anima stessa del luogo, sarebbe stato differente. Si decise ad incamminarsi verso il largo ingresso che fino a quel momento aveva solo guardato con sospetto dicendosi che il grado di somiglianza dell’edificio a quello che aveva frequentato lui era assolutamente irrilevante in una situazione del genere. Fu solo quando finalmente dovette varcare la soglia che ne capì invece l’importanza. Fingere di trovarsi in un luogo conosciuto, vissuto, sperimentato, forse lo avrebbe aiutato a mitigare la sensazione di estraneità che provava rispetto a quello che stava per andare a fare. Anche lui in quel momento si sentiva come un involucro a cui avessero messo dentro un’anima differente. Come spesso d’altronde gli era capitato di sentirsi negli ultimi giorni. Non avrebbe mai creduto di trovarsi in questa posizione, pronto a parlare e far parlare, diretto volontariamente verso un incontro che si sarebbe potuto trasformare facilmente in uno scontro. Eppure questa era la scelta giusta. Doveva farlo, doveva parlare con Jungkook. Non poteva ignorarlo e non voleva farlo. Aveva bisogno di ringraziarlo, aveva bisogno di scusarsi. Aveva bisogno di capire come stesse, e questo anche per amore di Jimin. Il modo in cui Jimin la sera prima era di nuovo quasi scoppiato a piangere, tornando su un punto che Yoongi credeva fosse chiarito una volta per tutte, lo aveva convinto a questo passo. Voleva leggere di persona negli occhi di Jungkook il perdono perché sapeva che né Jimin né lui avrebbero mai potuto mettere radici su un terreno dove ancora circolavano dei fantasmi. Voleva poi anche dare al ragazzo un’occasione per urlargli contro o dargli un pugno, se ne avesse avuto voglia. Non si sarebbe tirato indietro. In tempi diversi, tutti questi motivi per cui era necessario che parlasse con il più piccolo sarebbero stati sufficienti per spingerlo esattamente nella direzione opposta, ma non oggi. Oggi Yoongi varcò quella soglia a testa alta e avanzò a passo deciso nei corridoi ormai semi vuoti, salì i gradini di pietra fino al secondo piano e pose fine alla distanza che lo separava da Taehyung e Jungkook.

Avendogli mandato un messaggio poco prima, Taehyung lo stava aspettando a metà del corridoio e gli venne incontro quando lo vide fare capolino dalle scale. I due ragazzi avevano preso accordi per questo pomeriggio la sera prima, quando Yoongi aveva chiesto a Taehyung se potesse aiutarlo a trovare un momento in cui parlare faccia a faccia con Jungkook. Il ragazzo aveva proposto questa occasione poiché si sarebbero trovati entrambi alla facoltà di arti figurative per dare una mano con l’allestimento delle aule dove si sarebbe esibita la mostra conclusiva del progetto fotografico a cui avevano lavorato. L’esposizione si sarebbe tenuta il lunedì ed essendo il campus chiuso sia il sabato che la domenica il loro insegnante aveva proposto che ci si iniziasse a portare avanti con il lavoro quel giorno, preparando le sale che aveva prenotato per l’occasione.

– Yoongi-hyung! Sei venuto davvero.

– Sono venuto davvero.

Taehyung sorrise e gli fece strada:

– Ho detto a Kookie che andavo al bagno, stiamo allestendo un’aula che si trova nell’altro corridoio, ora ti ci porto. Siamo gli ultimi due rimasti quindi puoi stare tranquillo che nessuno vi disturberà, io incluso. Me ne andrò a prendere qualcosa da mangiare al distributore e rimarrò lì buono buono. Eccoci qui – disse poi sottovoce – è quella porta lì, Kookie è dentro.

– Grazie, Taehyungie.

– E di cosa? Volevo ringraziare io te in realtà. Hai avuto… insomma credo sia stato un bel pensiero questo di venire a parlare con Kookie e sono sicuro che farà tanto bene anche a lui. Stai tranquillo. Kookie è triste, ma non c’è un solo frammento di ostilità in lui.

Yoongi annuì e si fece coraggio, confortato dalle parole di Taehyung. Forse non lo avrebbe preso a pugni alla fine e l’idea lo rassicurò. Tra tutti i suoi amici, Jungkook era davvero l’ultimo di cui avrebbe voluto assaggiare il gancio destro.

– Jungkookah?

Il ragazzo si girò di scatto quando sentì il suo nome da una voce diversa da quella di Taehyung e ci mise qualche secondo a rendersi conto della persona che aveva davanti, così fuori contesto lì.

– Y-yoongi-hyung? – esclamò con occhi stupiti facendo cadere la fotografia cartonata che aveva in mano e che stava per sistemare. Si chinò velocemente a raccoglierla e la appoggiò sul tavolo, indietreggiando poi un po’ verso il vetro della finestra – sc-scusami, non mi aspettavo… cerchi Tae?

– No, non cerco Taehyung. Cercavo proprio te – Yoongi vide Jungkook dischiudere le labbra, ma senza dire nulla. Si capiva che era spaesato. Anche Yoongi un po’ ci si sentiva, ma era più grande ed era in una posizione tale per cui spettava a lui fare uno sforzo – Volevo parlarti perché ci sono delle cose che voglio dirti. Riguardo… Jiminah.

Jungkook sospirò e scosse la testa:

– Hyung, non-

– No – Yoongi avanzò e si mise in piedi vicino a Jungkook – Non trovo… giusto. Giusto è la parola. Non trovo giusto essere felice con lui senza prima averti parlato o dato l’opportunità di… – si interruppe e lo guardò con timore – ..vuoi darmi un pugno? Puoi farlo, non mi tirerò indietro.

Jungkook spalancò gli occhi:

– Cosa? Un pugno? Hyung, no, no che non voglio darti un pugno, perché mai dovrei?! – Il sospiro di sollievo che si levò dal petto di Yoongi suscitò una risatina in Jungkook – Quando avrò l’omicidio nei miei propositi, lo farò.

– Omicidio? Ehi modera i termini. Non sono così fragile, resisterei benissimo all’impatto.

– Benissimo?

– Benissimo.

– Proviamo allora.

Yoongi indietreggiò di un passo e Jungkook scoppiò a ridere.

– Hyung, non ti faccio niente davvero.

Yoongi alzò gli occhi al cielo:

– Impudente sempre e comunque vedo, non importa la situazione. Te la faccio passare solo perché ho un debito nei tuoi confronti.

– Debito? – Jungkook tornò serio.

– Io… volevo ringraziarti. È per questo che sono qui, oltre che per il pugno. Volevo dirti grazie per come ti sei preso cura di Jimin. Spero tu non ti offenda per queste parole, non voglio che suonino come un “grazie per avermi tenuto bene il ragazzo mentre io ero via”. Non è assolutamente questo che voglio dire. Lo so che il concetto forse alla fine sembra quello, ma ciò che io vorrei dirti è che Jimin non sarebbe davvero dove è ora se tu non fossi stato al suo fianco. E non sarebbe dove è ora nemmeno se tu non ti fossi dimostrato così comprensivo con lui quando ti è venuto a parlare per spiegarti la situazione. Nonostante tu lo avessi assicurato che poteva stare tranquillo, era devastato lo stesso, sai? Mi ci è voluta quasi un’ora per farlo smettere di piangere. Con questo non voglio dire che tu debba sentirti in pena per lui, semmai dovrebbe essere il contrario e lo so che non è Jiminah ad avere il diritto di piangere. Però credo sia necessario che tu questo lo sappia per capire che probabilmente se tu non ti fossi dimostrato così dolce con lui non so se sarebbe mai riuscito nemmeno a stare davvero con me. Aveva bisogno del tuo perdono, anche se non avrebbe forse nessun diritto a chiedertelo, e lo stesso vale per me. Io posso solo ringraziarti e scusarmi, ma non dovrei stare qui a farti certe richieste eppure… eppure ho bisogno di sapere che tu stai bene. Che starai bene. Che potrai perdonarci. Puoi farlo, Jungkookie?

La voce di Yoongi, leggermente tremula per l’emozione nel pronunciare con quel diminutivo il suo nome, colpì profondamente Jungkook. Non si sarebbe mai aspettato un discorso del genere proprio da Yoongi. Non si sarebbe in effetti proprio aspettato affatto un discorso. Il venire a conoscenza del fatto che Jimin avesse pianto per lui e il vedersi adesso Yoongi, Yoongi!, di fronte alla ricerca del suo perdono fecero capire a Jungkook, l’illuminazione fu improvvisa, come il suo posto sarebbe stato sempre e comunque vicino a queste persone. Ci tenevano a lui. Gli volevano bene. Gli volevano realmente bene. Gli apparve chiaro come il sole ed era questo qualcosa di cui aveva bisogno ancora più che dell’amore di Jimin. Capì finalmente di aver trovato un luogo protetto, in cui poter rimanere, dove nessuno lo avrebbe più ferito. E allora le parole furono facili, i suoni uscirono fluidi, spontanei:

– L’ho già fatto, hyung – disse, e capì dagli occhi di Yoongi che il ragazzo ci credeva, perché riusciva a vedere che era vero – dunque niente pugno.

Yoongi ridacchiò, prendendo l’occasione per chiudere gli occhi e spannarli un po’ dal sottilissimo velo bagnato che li aveva ricoperti:

– Questo è davvero un sollievo.

– Hyung, sei libero di non crederci ovviamente, ma io vorrei davvero che voi foste felici. E non voglio che Jiminie-hyung pianga più per me, questo devi dirglielo. Ricordagli ciò che gli ho già detto, non amo perdere quindi voglio che almeno questa sconfitta non sia stata vana. Voglio che il suo sorriso sia sempre splendente e so che tu saprai tenerlo acceso, hyung, non ne ho dubbi. Se so che farai questo, mi faccio da parte senza rimorsi. Credo che l’idea di farmi da parte mi avrebbe riempito di vergogna fino a poco tempo fa. Avrebbe significato arrendersi, non dimostrare di volere davvero ciò che si insegue. Forse ti avrei effettivamente dato un pugno – Yoongi ridacchiò – Ma adesso non più. Ci ho riflettuto un po’ in questi ultimi giorni e credo di aver capito… di essermi convinto che amare sia anche questo. Mettere da parte il proprio egoismo per capire qual è davvero il bene per l’altra persona. In questo momento penso che il modo migliore per dimostrare a Jiminie-hyung quanto tenga a lui sia proprio fare spazio a te.

Yoongi si chiese perché un ragazzo più piccolo di lui avesse capito in due giorni ciò a cui lui era arrivato dopo due intere settimane. E anche di più. È vero, si era fatto da parte anche lui per il bene di Jimin, e questo almeno non poteva rimproverarselo. Però il modo in cui si era comportato dopo era imperdonabile, perché anche se credeva che stesse con un’altra persona, Jimin rimaneva pur sempre un amico e lui quando era partito aveva davvero assecondato solo sé stesso.

– Sei un ragazzo in gamba, Jungkookie.

Jungkook fece spallucce e si mise le mani nelle tasche:

– Non lo ero abbastanza però – continuò prima che Yoongi avesse il tempo di pensare a qualcosa da dire, guardando fuori dalla finestra verso un punto oltre l’orizzonte – Ho cercato di rendermi interessante facendogli fare mille cose, portandolo in giro. Gli avrei voluto offrire il mondo.

– Io il mondo da offrirgli non ce l’ho – disse sommessamente Yoongi – Ho sì e no me stesso.

– Già, ed è proprio quello il punto. Jimin non aveva bisogno del mondo, e io non me ne sono accorto.

  Il mondo puoi offrirlo a qualcun altro Jungkookah. So che puoi.

Jungkook si drizzò meglio in piedi, scostando la spalla dalla finestra a cui si era appoggiato.

– Ho chiuso con mondi da offrire, hyung. Da oggi in poi cercherò di volare più in basso, al massimo offro un gelato. Anche se a Jimin avevo offerto una cioccolata e non mi pare sia servito – disse con una mezza risatina nervosa.

Yoongi lo guardò un attimo fisso, indeciso se parlare ancora o no, e alla fine disse: 

– Jungkook, io non sono un professionista in materia d’amore, ma posso darti un consiglio?

 Jungkook fece per aprire la bocca ma Yoongi lo interruppe subito:

– Ho deciso, te lo do. Il mondo tu ce l’hai, ma non è fuori, è dentro. Ci credo davvero in ciò che ho detto prima, sei un ragazzo in gamba, lo dico perché lo penso. Apri meno la porta, e di più il tuo cuore – Si fermò un secondo – Oddio, ho davvero detto una cosa del genere?

Jungkook non riuscì a trattenere una risata, seppur debole. Era a metà tra l’esilarante e l’imbarazzante ascoltare il suo hyung parlargli di cose del genere. Aveva ragione però.

– Beh, se il pugno allora non vuoi darmelo, io direi che dopo questa uscita, i miei doveri di hyung sono completamente compiuti. Non voglio rubarti altro tempo. Un’ultima cosa però. Stasera… se non volessi venire perché… non lo so, non devi sentirtela per forza.

Jungkook gli lanciò uno sguardo sorpreso:

– Perché non dovrei venire? No, hyung, verrò, ovviamente verrò. Siete le uniche persone che mi abbiano mai regalato la loro amicizia in tutta la mia vita. Non ho intenzione di perdere tutto questo, per nessun motivo al mondo.

Yoongi gli sorrise e allungò una mano per strizzargli un braccio con affetto prima di allontanarsi. Mentre Yoongi si allontanava, Jungkook sentì tante emozioni affiorargli in gola, tutte insieme, e si trovò ad avere difficoltà a gestirle. Il desiderio dello hyung di parlare con lui lo aveva toccato molto e l’idea di non aver davvero perso né Jimin né Yoongi gli aveva dato sollievo. Però il vedere Yoongi uscire dall’aula aveva in qualche modo reso finale il suo distacco da Jimin. Lo aveva concretizzato ancora di più e la verità e il peso del significato di ciò lo colpì all’improvviso. E poi c’erano state quelle ultime parole, che gli erano entrate davvero dentro e avevano preso a rendere alcune cose più chiare nella sua mente. Realizzò meglio dove aveva sbagliato. Aveva sempre voluto fare troppo, sempre. Ma Yoongi e Jimin erano la prova che quando si è felici con una persona non si ha bisogno di riempire il tempo insieme perché la compagnia l’uno dell’altro è sufficiente. Non si ha bisogno di pensare costantemente a cosa fare o come comportarsi. E non era perché non le si voglia abbastanza bene o non si voglia riempire la sua vita. Il punto è che ciò che davvero la riempie sono soprattutto le emozioni che l’uno dà all’altro, e questo può accadere ovunque. Tutto il resto viene dopo. Pensò che doveva essere un po’ come quando sei con un amico e stare in silenzio ognuno a leggere per conto suo ma seduti su un divano vicini riempie il pomeriggio e il cuore. Quando i minuti più belli sono quelli trascorsi a ridere delle cose più stupide e banali. Quando basta sentire l’altro vicino per sentirsi completamente rilassato. Jungkook pensò che se l’amore era davvero così allora doveva essere davvero molto simile all’amicizia, perché al momento mentre cercava di pensare a con chi si sentisse in questo modo il viso di una sola persona prendeva forma nella sua mente.

– Kookie? –  una voce inconfondibile lo strappò via dai suoi pensieri.

  Tae?

L’amico stava facendo capolino con la testa dalla porta. Aveva visto Yoongi uscire e si era dunque precipitato da Jungkook.

– Posso entrare Kookie?

Jungkook annuì. Taehyung entrò timidamente, chiudendosi piano la porta alle spalle. Appariva così esile nella felpa verde troppo larga. Aveva dovuto rimboccare le maniche e il maglioncino gli arrivava quasi fino a metà coscia. Gli si fermò davanti.

– Non… non deve essere stato facile... Sono qui se hai bisogno.

Il ragazzo più piccolo lo guardò negli occhi, quei grandi occhi che lo conoscevano così bene. Aveva un unico grande desiderio al momento, il bisogno di fare una cosa che fino ad ora aveva sentito di non potersi concedere, né davanti a Jimin né Yoongi, e nemmeno quando era da solo. Ma davanti a Taehyung, con Taehyung, sentiva che avrebbe potuto. Si lanciò di getto incontro all’amico e il corpo di Taehyung solo a malapena resistette all’impatto con il fisico più forte dell'altro. Sentì le braccia di Jungkook attorno a sé e le sentì stringerlo in un forte abbraccio, a cui reagì subito portandogli a sua volta le braccia attorno alla vita. Arrivarono poi dei piccoli singhiozzi attutiti, prima più sommessi, poi via via più forti, e vide le spalle dell’amico scosse da singulti. Lo strinse maggiormente e Jungkook gli si avvinghiò ancora di più. Finalmente era riuscito a piangere.

 

 

 

[Epilogo]

 

Yoongi era seduto sulla sedia, vicino alla scrivania, una candela al limone che bruciava lì vicino spargendo una corolla di luce con la sua piccola fiamma. Sulle sue ginocchia Jimin, al momento impegnato a leggere un messaggio appena ricevuto da Taehyung. Yoongi lo osservava tranquillo, gli occhi pieni di amore e la mano che scorreva morbida tra i capelli del più piccolo e gli massaggiava dolcemente la testa. Mentre Jimin iniziava a rispondere al messaggio, stanco di guardare solamente Yoongi se lo avvicinò di più mettendogli la mano dietro la nuca e prese a dargli tanti bacini sonori sulla guancia. Jimin ridacchiò, piegando leggermente la testa di lato a causa del leggero solletico.

– Hyuuuung, due secondi e ho fatto!

Yoongi si staccò da lui contando fino a due, tempo che fu sufficiente a Jimin per premere il tasto “invia”, e riprese poi il suo assalto alle guanciotte del ragazzo. Jimin tornò a ridere e Yoongi pensò che se lo avessero mai costretto a scegliere un unico suono da ascoltare a ripetizione per tutta la vita sarebbe stato quello. Il tintinnio fresco della risata di Jimin lo rimetteva in pace con il mondo e l’universo e perfino le persone e avrebbe fatto di tutto per continuare ad ascoltarlo ogni giorno.

– Chi era?

– Taehyungie. Sta arrivando con Kookie, non sono riusciti a prendere il bus in tempo e quindi hanno dovuto aspettare venti minuti alla fermata. Devo dire a Tae di prendere qualcosa stasera, fa davvero freddo e non voglio si ammali.

Faceva effettivamente molto freddo. La temperatura di per sé non era eccessivamente bassa perché stava nevicando, ma comunque tirava un vento sferzante che faceva tremare ogni cosa, inclusi i vetri della camera di Yoongi.

– Hai sentito cosa ti ho detto prima?

– Mh? Si… si, ho sentito. Però hyung, non credo che-

– Non credi cosa? Qual è il problema?

Jimin si spostò un po’ sulle gambe di Yoongi per sistemarsi meglio e portò le braccia fasciate dal maglioncino di lana color mattone attorno alle spalle del ragazzo.

– Il problema, hyung, è che non credo di esserne capace. Non credo di poter rendere giustizia alla tua musica.

Yoongi portò gli occhi al cielo:

– Jiminah, di cosa vai parlando? Chi altri sarebbe capace di danzare sulla mia musica e rendergli giustizia meglio di te?

Jimin sollevò il viso verso il soffitto, pensandoci su. Uno sguardo malizioso gli fece stendere le labbra in un sorriso:

– Non lo so, Hoseok-hyung per esempio.

– Aaaah, adesso ti butto fuori dalla finestra!

Jimin scoppiò a ridere di nuovo mentre Yoongi lo scuoteva un po’ abbracciandolo poi stretto, sorridendo anche lui.

– Sono serio, Jiminah – disse poi, il volto affondato nella spalla di Jimin, la voce leggermente attutita dalla maglia pesante contro la sua bocca – non vorrei nessun altro a fare una cosa del genere. Non sono nemmeno musiche che ho intenzione di far sentire a nessuno. Ma… fin da quella volta – sollevò il viso e scostò appena Jimin da sé per guardarlo negli occhi e unire le loro fronti – fin da quella volta in cui mi ti avvicinasti mentre suonavo, ho sempre voluto comporre qualcosa solo per te, anche se non credo avrei mai avuto il coraggio di dirtelo – così dicendo chiuse gli occhi e appoggiò le proprie labbra su quelle del ragazzo, iniziando a baciarlo intensamente e con dolcezza, fermandosi solo ogni tanto per cercare di convincerlo – che ne dici?... per favore… sarai ricompensato…

– Beh, se… se me lo chiedi… così… – Jimin si stava sciogliendo sotto il calore delle labbra di Yoongi e la fiamma che accendevano nel suo corpo – potrei... ripensarci…

Yoongi emise un sospiro di soddisfazione e rendendo il bacio ancora più profondo prese Jimin in braccio e lo portò sul suo letto, distendendosi poi sopra di lui mentre il più piccolo si aggrappava alla sua maglietta. Si spostò lasciando una scia di piccola baci lungo il viso di Jimin, arrivando all’orecchio, scivolando poi sul collo, fermandosi infine alla spalla, che scoprì spostando il maglione e che poi mordicchiò piano.

  Sei convinto?

– Mh-mh, però…

Yoongi si spostò più in basso, sollevò il maglioncino e posò le proprie labbra sullo stomaco di Jimin, ormai percorso da brividi.

– Però? – disse con voce roca, interrompendo la sequenza di baci e piccoli morsi che gli stava lasciando sull’addome.

Jimin gli affondò le mani tra i capelli:

– Convincimi un po’ di più.

Yoongi sorrise e stava per mettere in atto il suo proposito quando una voce squillante vi si insinuò in mezzo.

– Yoongi, è or-aaaah! Oddio scusate!! No-non volevo!

Yoongi emise un suono gutturale di frustrazione e non poté trattenersi dal lanciare un urlo contro Hoseok:

– MA VUOI BUSSARE PRIMA DI ENTRARE IN CAMERA DELLA GENTE??!

Jimin esplose in una risata, non riuscendo nemmeno ad essere imbarazzato di fronte a quella scena. Yoongi stava quasi emettendo fumo dalle orecchie, mentre Hoseok, ormai passato il primo attimo di sorpresa, continuava a ridere e giustificarsi dicendo che ovviamente non poteva trattare Yoongi come “la gente”.

– Dobbiamo mangiare, cosa ne potevo sapere che vi sareste messi proprio ora a… a…– si portò una mano alla bocca per cercare di porre un freno alle risate, alimentate ancora di più dallo sguardo furente di Yoongi.

– Hoseokie-hyung, è tutto ok! Non era nulla di importante.

Yoongi guardò Jimin corrucciato:

Era importante. Ti avevo quasi convinto.

– Puoi convincermi dopo – disse allegro Jimin facendogli l’occhiolino e scendendo con un saltino dal letto – grazie per averci chiamati – disse poi rivolto a Hoseok.

– Per fortuna sono arrivato adesso e non più tardi – fu la risposta del più grande – La cena è pronta, Jin-hyung la sta portando in tavola ora visto che finalmente Taehyungie e Kookie sono arrivati. Ah, una cosa – aggiunse serio guardando Yoongi e Jimin a turno – stanno salendo ora. Mi dispiace chiedervelo, ma… potreste magari ridurre al minimo gli scambi di effusioni? Per Jungkookie?

– Che coinquilino premuroso che sei Hobi.

– Geloso, Yoongiah?

Jimin ridacchiò e rivolse a Hoseok un sorriso per rassicurarlo:

– Certo hyung, lo sappiamo, stai tranquillo.

Mentre finiva la frase i tre ragazzi sentirono la porta di casa aprirsi e delle risate riecheggiare all’interno trascinate dal rimbombo del pianerottolo. Taehyung e Jungkook entrarono in sala e Hoseok gli andò incontro dal corridoio guardandoli con affetto. Era sempre tranquillo quando Jungkook era con Taehyung, perché sapeva che in un modo o nell’altro il ragazzo avrebbe trovato il modo di rilassarlo. Hoseok sapeva che il varcare la soglia del 503 quella particolare sera per Jungkook non sarebbe stato semplice, ed eccolo qui adesso, gonfio nel suo piumino, le guance e il naso arrossati dal freddo, che entrava in casa con le risate ancora in gola. “Effetto Taehyung”, così lo aveva chiamato Hoseok.

– Ben arrivati! – Jin era in piedi presso il tavolo, intento a mettere nei piatti generose mestolate di ramyeon fumante – Lasciate pure i cappotti sul divano e venite veloci che qui sennò si fredda tutto. Joonie, prendi i tovaglioli, che li ho scordati!

– Li avevo già presi – rispose tranquillo Namjoon uscendo dalla cucina con in mano due bottiglie di birra e un mazzetto di tovaglioli rossi tenuti fermi sotto il braccio.

– Che bravo che sei – gli disse Jin quando gli fu vicino, ridacchiando e scompigliandogli un po’ i capelli. Jungkook e Taehyung avevano abbandonato alla svelta i loro cappotti infreddoliti e si stavano adesso dirigendo di corsa alla tavola, piombando seduti sulle proprie sedie e chiedendo di poter iniziare subito a trangugiare le loro porzioni.

– Da quanti anni non mangiate? – esclamò sorpreso Jin guardandoli ad occhi spalancati mentre anche Namjoon prendeva il suo posto alla sinistra di Jungkook.

– Hyung, siamo rimasti al freddo per mezz’ora, non abbiamo più forze vitali! Necessitiamo calore anche all’interno! – si difese Taehyung.

– Ci siamo tutti tanto, iniziate pure – disse Hoseok arrivandogli alle spalle e mettendosi a sedere di fianco a lui. Comparvero anche Jimin e Yoongi che presero il loro posto alla destra di Hoseok. Jimin salutò Taehyung con un cenno della testa e fece poi un piccolo sorriso a Jungkook.

– Ciao Jungkookie.

– Ciao Jiminie-hyung – rispose il ragazzo ricambiando con un sorriso timido, ma dolce – Yoongi-hyung.

Yoongi anche gli sorrise, provando all’improvviso una tenerezza incredibile per quel giovane e promettendo a sé stesso di essere più attento da quel momento in poi con lui e soprattutto tenersi informato sugli sviluppi con Taehyung. Perché Yoongi era convinto, come ne era convinto anche Jimin, che presto ci sarebbero stati sviluppi. Dovevano esserci e sarebbe stato il primo a felicitarsene.

Sebbene tutti fossero al corrente della situazione tra Jimin e Jungkook, nessuno lasciò che questo contagiasse l’atmosfera della tavola. Yoongi e Jimin tennero fede alla promessa fatta ad Hoseok e rimasero discreti, senza ostentare un bene che non avevano bisogno di ribadirsi ogni secondo per sapere che c’era. Anche ognuno degli altri ragazzi fece del suo meglio per allietare il più possibile la serata, parlando di argomenti leggeri, scherzando ed evitando questioni che potessero in qualche modo scuotere la sensibilità del più piccolo. Senza essersi detti nulla, lavorarono in gruppo affinché la cena si svolgesse nel modo più sereno e tranquillo possibile, e quando delle lacrime di divertimento affiorarono sugli occhi di Jungkook all’ennesima battuta infelice di Jin, tutti e sei provarono la stessa gioia. Ce l’avrebbe fatta. Tutti loro ce l’avrebbero fatta. Fintanto che fossero rimasti uniti e avessero continuato a proteggersi a vicenda, avrebbero potuto affrontare qualsiasi cosa, qualsiasi cambiamento, qualsiasi difficoltà. La primavera era dentro di loro e avrebbero trovato la strada per sbocciare anche in mezzo al più glaciale degli inverni.

****

– Allora – disse Jin alzandosi dalla tavola – adesso chi vuole può aiutarmi a sparecchiare e mettere un po’ a posto, poi direi che fra… – guardò il vecchio orologio appeso al muro – facciamo venti minuti ci ritroviamo tutti sul divano. C’è un bel film che io e Joonie vogliamo farvi vedere.

– Che film è? – chiese Hoseok sorpreso, seguito dai mormorii di assenso di tutti gli altri.

– È una sorpresa – gli rispose Jin strizzandogli un occhio.

– Perché Namjoonah ride? – chiese di nuovo Hoseok, insistente e con sguardo improvvisamente preoccupato – È un horror? Io non li vedo i film horror!

Risatine dai vari lati della tavola.

– No, non è un film horror, Hoseokie, fidati, dai! Non sarà nulla che attenterà alla tua vita.

Con questo, Jin radunò un po’ di piatti e si avviò in cucina, seguito da Namjoon, che ancora ghignava, e Yoongi, e segnando così la rottura delle file per tutto il resto del gruppo. Taehyung afferrò prontamente Jungkook per un polso e se lo trascinò dietro fino al divano, dove lo fece mettere seduto vicino a lui. Il più piccolo come al solito lo seguì senza porsi domande, e quando si fu seduto gli prese un braccio e gli appoggiò il mento sulla spalla, guardando con curiosità lo schermo del cellulare tra le mani di Taehyung.

– Devo farti vedere un video divertentissimo, aspetta che lo ritrovo.

– Okay – rispose Jungkook tranquillo, mettendosi più comodo e avvolgendo ancora meglio il braccio di Taehyung. Si sentiva rilassato quando aveva il calore dell’amico vicino. Era per lui come una copertina magica, un punto fermo capace di donargli la serenità e ricordargli che c’erano ancora cose belle al mondo. È vero, con Jimin era stato sconfitto, ma non tutto era perduto, aveva ancora Taehyung. Finché lo avesse avuto al suo fianco, Jungkook sentiva che avrebbe potuto perdere ancora altre mille sfide. La vittoria più bella della sua vita l’aveva già avuta incontrando questo ragazzo e la sua amicizia e il suo affetto erano ciò che di più prezioso possedesse. Si sentì strano quando realizzò che sentiva di poter in qualche modo trovare la sua strada anche senza Jimin, ma che sarebbe stato del tutto perso senza Taehyung a guidarlo. Si chiese cosa potesse significare e gli strinse il braccio un po’ più forte.

– Kookie, guarda che non scappo – gli disse la voce allegra di Taehyung interrompendo i suoi pensieri – mi stai stringendo un po’ troppo, io non sono robusto come te.

Jungkook chiese scusa ridacchiando e allentò leggermente la presa, non mettendo però fine alla loro vicinanza. Le risate di Hoseok e Jimin dalla cucina, confuse al rumore dell’acqua e di stoviglie battute tra loro, gli fecero tornare in mente Jimin, e Yoongi e ciò che era avvenuto nell’ultima settimana. Sollevò lo sguardo su Taehyung, all’improvviso consapevole di tutto quello che l’amico stava facendo pur di distrarlo e tenerlo al sereno. Si mise ad osservare per un momento i suoi lineamenti delicati e la sua espressione concentrata. Sembrava così fragile ed etereo, quasi come se appartenesse ad un altro mondo, ma ecco che gli stava offrendo riparo per la centesima volta. Gli si scostò appena e poi lo avvolse all’improvviso, con dolcezza, ma in modo fermo, lasciando Taehyung senza fiato per la sorpresa e facendogli quasi cadere di mano il telefono. Lo tenne qualche secondo tra le sue braccia, mentre il cuore di Taehyung prendeva ad accelerare ad ogni secondo passato in quell’abbraccio caldo. Jungkook parlò sottovoce, con emozione:

– Grazie Taehyung.

Taehyung chiuse un attimo gli occhi, e respirò profondamente, inalando a fondo quell’odore così buono di sapone fresco che Jungkook aveva sempre su di sé. Scosse poi la testa, perché Jungkook non doveva ringraziare. Si staccò delicatamente dalla morsa del più piccolo e lo guardò in viso.

– Sempre qui – gli disse con dolcezza. I due ragazzi si guardarono sorridendo e si rimisero poi nella posizione di partenza, ma Taehyung con le guance un po’ più rosse e Jungkook con il cuore un po’ più leggero.

****

Seduti tutti sul divano, tranne Jimin e Hoseok che avevano deciso di mettersi per terra, i sette ragazzi attendevano che Namjoon premesse play e che questa volta non ci fossero intoppi. La prima volta che aveva preso in mano il telecomando lo aveva fatto accidentalmente cadere mentre si metteva a sedere sul cuscino e così le pile erano schizzate via e Hoseok e Jimin avevano dovuto precipitarsi a gattoni a fermarle dalla loro corsa rotolante alla conquista degli angoli più nascosti del salone. Dopo questo incidente Namjoon aveva spinto il tasto sbagliato chiudendo dunque sia il lettore dvd che la televisione. Ora tutti speravano fosse la volta buona. Così fu. Salutato da un boato di gioia, lo schermo finalmente prese vita e i colori iniziarono a muoversi al suo interno. La musica e il video di presentazione della 20th Century Fox allungò la suspense dell’audience, ormai completamente catturato e nella snervante attesa di vedere quale fosse il film che Namjoon e Jin volevano tanto mostrare. La prima immagine arrivò. La ripresa non era ferma, ma un po’ tremolante, come se fosse stata girata da una mano amatoriale. Uno zoom su quello che sembrava essere un palco e una voce distinta, ma chiaramente registrata in diretta e non doppiata come in un film, iniziò il suo discorso. Hoseok scattò in piedi urlando, ma Namjoon, il quale si era aspettato questa reazione, gli fu subito addosso, fermandolo prima che potesse spegnere la televisione o staccare la presa o andare a togliere direttamente la luce all’intero palazzo. Lo sollevò da terra prendendolo da dietro e bloccandogli le braccia mentre il ragazzo continuava a gettare urletti scalciando. Tutti i ragazzi stavano ridendo eccetto Jimin, al quale fu necessario un attimo di più per capire cosa stesse succedendo. Guardò meglio lo schermo. Era Hoseok dentro quella TV. Ma certo, doveva essere il video del suo spettacolo, quello che lui aveva perso!

– VI AVEVO DETTO CHE NON VOLEVO CHE VENISSE TIRATO FUORI!

– Hoseokah!! Smettila di dimenarti, noi vedremo questo filmino, e tu verrai legato se necessario – gli urlò addosso Namjoon tra le risate.

Yoongi si teneva lo stomaco per il ridere, scosso da convulsioni, crollato per terra, mentre Taehyung e Jungkook si erano praticamente gettati l’uno addosso all’altro per sorreggersi a vicenda. Jin anche era a corto di fiato quando cercò di parlare:

– Hoseok... Hoseokie! M-mi spiace… – risata – non voleva..mo.. – altra risata – non volevamo ma era davvero troppo bello per non ri..riproporlo! – scoppiò di nuovo a ridere, mentre gli ormai gemiti di disperazione di Hoseok avevano suscitato la risata anche di Jimin.

– Ma questo quindi è lo spettacolo degli hyung? Hobi-hyung non puoi farci spegnere, io non ho visto nulla, non è giusto!

– Jiminie ha ragione, Hobi – disse Jin respirando affannosamente.

– Mi avevi detto che non si trattava di niente che attentasse alla mia vita! Questo è un attentato alla mia dignità, come potete essere così subdoli?! Avete anche aggiunto il video iniziale per farmi credere fosse un film vero! – gettò gli occhi su Namjoon torcendo il collo, quel tanto che poteva considerata la sua posizione, con il ragazzo alle sue spalle che ancora lo teneva fermo stringendolo forte attorno alla vita –Vi meritate a vicenda! Entrambi due serpi!

– Hoseokah, basta! Ti hanno visto decine e decine di persone quella sera, che problema ti fai con noi?

Le parole di Yoongi misero un freno alle lamentele di Hoseok, il quale decise di arrendersi completamente e appoggiò semplicemente la nuca sulla spalla di Namjoon, emettendo mugolii di scontento. Una volta sicuro che non avrebbe fatto più resistenza Namjoon lo lasciò andare e Hoseok andò a mettersi nuovamente al suo posto sul divano, un cuscino in mano che poi si portò sulla faccia, coprendosi per evitare almeno di guardare ciò che le orecchie non potevano censurare, le sue battute imbarazzanti e le grasse risate dei suoi amici. Pensò che questa parte gli aveva dato fin troppi grattacapi e portato fin troppi problemi. Sarebbe stato l’ultimo anno che avrebbe acconsentito ad un ruolo del genere. Il pensiero però non lo consolò del tutto, perché sapeva che comunque ormai questo unico errore era stato registrato in modo permanente ed era convinto come era convinto del suo stesso nome che nemmeno nei venticinque o anche trenta gennai a venire i suoi amici gli avrebbero fatto la grazia di dimenticarsene. Ma va bene così, pensò, fintanto che fra venticinque o trenta gennai saremo ancora a ridere insieme, mi va bene così.

****

Nell’esatto istante in cui la lancetta dei minuti combaciò con quella delle ore, si udì un tonfo e un sonoro crash. Tutti e sette i ragazzi, che in quel momento si trovavano radunati per terra al centro della sala a giocare ad un gioco di società, girarono prontamente la testa in direzione del rumore. L’urletto di Jin e Taehyung si confuse sopra la voce di Hoseok:

– Cosa è successo?!

– Non lo so, adesso vado a vedere – Jin si alzò velocemente da terra, imitato da tutti gli altri, e corse verso la porta della cucina, da cui il rumore sembrava provenire – Nooo!! Come è potuto accadere?!

– Cosa? – chiese Jungkook preoccupato accorrendo da Jin con Namjoon al suo fianco.

– L’orologio! L’orologio è caduto!

Anche le ultime quattro paia di gambe si mossero a questo annuncio. In pochi secondi si formò un piccolo crocicchio che aveva al suo centro Jin. Teneva l’orologio con il vetro ormai rotto tra le mani, fermo alla mezzanotte spaccata, guardandolo con sconcerto e tristezza.

– Era lì da anni… il chiodo ha ceduto… come…

– Beh – cercò di dire Yoongi, con cautela – credo che la vera domanda sia piuttosto come sia potuto rimanere appeso tutto questo tempo. Senza offesa Namjoonah.

Namjoon scosse la testa, non potendo negare la verità dell’affermazione di Yoongi.

– Si, ma… non lo so… è… – a Jin sembravano mancare le parole e continuava ad osservare i resti dell’orologio pensieroso, così Hoseok andò in suo aiuto.

– Lo abbiamo appeso da tanto tempo, in effetti dispiace. Mi sento strano a vedere quel pezzo di muro vuoto.

I mormorii di assenso degli altri ragazzi indicarono che tutti erano d’accordo. Nessuno si sentiva tranquillo quando dei cambiamenti avvenivano al 503. Yoongi si avvicinò alla parete ed esaminò meglio il buchino che il chiodo caduto aveva lasciato.

– Comunque, anche se è vero che quel chiodo sfidava le leggi della fisica, chissà perché gli è venuto di cadere proprio ora.

– Già, e a mezzanotte in punto – fece eco Jimin – È talmente preciso come attimo che mi mette un po’ i brividi onestamente.

– Jiminie, non credo sia un fantasma, se è a quello che stai pensando.

– Taehyungie, non credo ai fantasmi!

– No, certo che no – rispose ironico Taehyung con un ghigno. Gli altri risero con lui mentre Jimin si metteva a dargli dei piccoli colpetti di rimprovero sulle braccia. Jin trasse un profondo sospiro:

– Sapete cosa? Si, è un momento preciso. È un nuovo giorno, anche se è notte e non ce ne rendiamo conto. Chi lo sa, forse è un segno. Fuori il vecchio dentro il nuovo. Sono due anni che temo che questo orologio cada e adesso che è accaduto mi sento quasi più leggero.

Jin andò in cucina per buttare il vecchio orologio nella spazzatura e prendere la scopa per ripulire il pavimento dai pezzi del vetro.

– In che senso? – chiese Namjoon dando voce alla domanda di tutti.

– Nel senso che lo avevi appeso tu. E in qualche modo l’idea che l’orologio cadesse era per me associata all’idea che tu te ne andassi – un coro di “awwww” lo fece diventare rosso, mentre teneva lo sguardo per terra fisso sui coccetti che stava radunando – Si, insomma, credevo portasse sfortuna. E invece se penso a come mi sento ora… – si fermò e guardò Namjoon negli occhi – mi chiedo come abbia potuto mai vedere un legame tra la nostra felicità e uno stupido orologio. Era un ricordo sì, ma ce ne faremo altri. Ora che ci penso, non c’è niente qui dentro che appartenga a tutti, e non ci saremmo mai decisi a togliere questo orologio, quindi è stato solo un bene che sia caduto. Ne prenderemo subito un altro e lo sceglieremo stavolta tutti insieme, che ne dite?

Guardò uno per uno i ragazzi i quali sembrarono essere d’accordo sull’idea.

Jimin si mise con un saltello a sedere sul tavolo:

– Come siamo finiti a fare dissertazioni filosofiche su un orologio caduto?

Hoseok lo imitò, mettendoglisi di fianco:

– È che Jin-hyung ha passato troppo tempo con Namjoonah, prima non era così. Ormai legge il senso dell’esistenza anche nelle bucce di mela.

La risata di Jin si propagò dalla cucina, dove era andato velocemente a buttare i cocci, mentre Namjoon ribattè:

– Però sai Hoseokah, il senso della tua di esistenza nella nostra vita ancora non l’abbiamo scoperto, nonostante il tempo passato a leggere le bucce di mela.

– Davvero Namjoon? Sei convinto di ciò che dici? – Hoseok aveva un ghigno in viso che confuse Namjoon, ma gli fu chiaro alle parole di Jin, tornato ora di fianco a lui.

– Joonie, non ci saremmo mai incontrati senza Hoseokie, direi che ha avuto un bel senso, no?

Namjoon divenne rosso, mentre tutti intorno a lui ridacchiavano e Hoseok urlava:

– Bam! Colpito e affondato!

Jin dette un bacio affettuoso sulla guancia a Namjoon e si rivolse poi agli altri:

– Che facciamo? Riprendiamo a giocare?

Lo sbadiglio di Jungkook fece da risposta.

– Vuoi tornare a casa Kookie? Anche io ho un po’ sonno in effetti, si è fatto tardi e non ce ne eravamo accorti – gli chiese Hoseok.

– Mmh, non vorrei però interrompere per tutti…Immagino che soprattutto Jiminie-hyung voglia continuare, visto la bellissima partita che stava facendo...?

– Jungkookie, credo davvero che per te sia arrivata l’ora di andare a dormire – gli rispose Jimin mentre il ragazzo se la rideva sotto i baffi.

– In effetti era chiaro che stessi vincendo io – intervenne Taehyung – per me possiamo anche interromperla qui.

Presi un po’ tutti dal sonno, i ragazzi concordarono e decisero di interrompere la partita. Hoseok e Jungkook furono i primi ad andarsene. Jungkook si sentiva davvero molto stanco e nessuno poteva biasimarlo, in particolar modo Hoseok e Taehyung, gli unici a conoscenza per il momento dell’incontro tra lui e Yoongi. Era stata una giornata, e una settimana, intensa per il giovane e questa sera era stata un banco di prova fondamentale che doveva avergli richiesto molte energie. Mentre Hoseok e Jungkook lasciavano la casa, Taehyung si mise a dare una mano a Namjoon a riordinare per terra, mentre Jin si occupava di mettere a bollire l’acqua per prepararsi una tisana per la notte.

– Taehyungah – la voce di Yoongi lo sorprese alle spalle, bassa e roca come sempre – va bene se tornate a casa fra un altro po’? Non voglio fare ostaggi, ma…

– Uh? – Taehyung guardò Yoongi e poi Jimin dietro di lui – Ah, ma certo! Si, si, non dobbiamo andare subito. Cioè, posso anche andare da solo.

– No, no, non occorre! – rispose pronto Jimin – torno a casa con te, ma-

– Jiminie, non ho paura di dormire da solo una notte – gli disse Taehyung sorridendogli e avvicinandoglisi per prendergli una mano. Gliela strizzò e lo incoraggiò – davvero.

Jimin annuì e ricambiò il sorriso dell’amico, convintosi. Fu così dunque che dopo pochi minuti la porta del 503 si chiuse anche dietro a Taehyung. Jin e Namjoon si ritirarono anche loro, tazze fumanti in una mano, le dita dell’altra intrecciate. Dettero la buonanotte a Yoongi e Jimin, che si trovavano in cucina intenti anche loro a farsi una tisana, e scomparvero entrambi dentro la camera di Jin. Quando i due ragazzi si furono allontanati Yoongi prese Jimin per la vita e lo strinse a sé, felice di trovarsi finalmente solo con lui.

– È andata bene questa sera, vero?

– Si – rispose Jimin appoggiandosi contro il suo petto e chiudendo gli occhi – meglio di quanto avrei creduto.

Yoongi lasciò un piccolo bacio sulla testa di Jimin. L’indomani mattina gli avrebbe detto del suo incontro con Jungkook, sperando che almeno le parole stesse del giovane potessero donargli la serenità che attendeva. Stasera però voleva che fossero solo loro due.

– Rimani qui un attimino? Devo andare a prendere una cosa.

– Oh? Si, certo, ti aspetto qui.

Jimin lo lasciò andare e nell’attesa che Yoongi tornasse iniziò a riempire le tazze con l’acqua calda. Accese poi le luci del balcone della cucina ed uscì fuori. Faceva freddo e ancora nevicava, ma Jimin sentiva il bisogno in quel momento di tornare a rimmergersi nell’atmosfera ghiacciata. Si sentiva così bene, così caldo dentro in quel momento e non poté fare a meno di ripensare alla fredda notte di Capodanno. Anche lì stava congelando eppure le emozioni che aveva provato erano state tra le più forti di tutta la sua vita. Ripensò anche alle parole di Yoongi sul quadro di Jin e pensò che forse adesso iniziava a capirle. Ovviamente il suo hyung aveva ragione e sapeva di cosa parlava, come sempre. Lo amo così tanto. Sentì dei passi alle sue spalle. Yoongi era tornato e gli si stava avvicinando, le mani dietro la schiena.

– Che fai qui fuori? Vuoi ammalarti?

– Voglio solo guardare la città innevata un altro po’. Cos’è che hai lì dietro?

– Io… – Yoongi avanzò ancora, uscendo anche lui in balcone e mettendosi vicino a Jimin – Avrei voluto dartelo prima, ma… ecco qui. È da un po’ che è pronto per te, solo non sapevo quando fosse il momento adatto.

Allungò a Jimin un pacchettino dalla forma quadrata, avvolto in una sottile carta nera. Jimin lo prese con mano un po’ tremante. Gli sembrava di star avendo un dejà vu. Tolse velocemente l’involucro scuro e aprì la custodia che si ritrovò in mano.

“Mixtape n.2

Lanciò un urlo e si buttò tra le braccia di Yoongi, ridendo felice e al tempo stesso con le lacrime agli occhi.

– L’altro ancora lo ascolti, e così mi sono convinto a darti questo…

– Ovviamente ancora ascolto l’altro! È bellissimo e sono sicuro che questo sarà ancora più bello! E Yoongi, ti prego – gli strinse la mano libera intorno alla vita – dobbiamo iniziare a farle sentire ad altre persone queste tue cose, perché sono troppo… troppo importanti. Non ho mai avuto il coraggio di dirtelo chiaramente prima, però adesso posso. Tu hai davvero qualcosa da dire, no, non solamente qualcosa, ma tanto. Così tanto e io vorrei essere lì il momento in cui finalmente leverai la tua voce e il mondo si fermerà ad ascoltarla. Perché so che sarà così. Quindi devi promettermi che lo farai, io sarò sempre vicino a te!

Yoongi rimase un attimo senza parole, abbagliato dalla bellezza di Jimin in quel momento, illuminato dalla luce della cucina mista a quella più calda della lampadina del balcone, con le guance rosse e gli occhi lucidi di emozione che lo fissavano brillanti. Gli portò una mano sul viso e gli sistemò alcuni capelli dietro le orecchie, prima di prenderlo e abbracciarlo.

– Jiminah… grazie. Ti amo.

– Anche io ti amo.

– Come ho fatto ad essere così fortunato?

Con ancora le lacrime agli occhi, Jimin si scostò appena per guardarlo in viso:

– Non credere nemmeno per un momento di essere più fortunato di me. Ho un capolavoro qui di fronte a me, vorrei che te lo ricordassi più spesso.

– Non sono un capolavoro, Jimin. Sono una-

– Persona. Sei una persona, lo so Yoongi. Non ti sto dicendo che ti sto mettendo su un piedistallo e che mi aspetto che tu sia perfetto. Sto dicendo che tutto quello che fa di te te, le tue perfezioni e le tue imperfezioni, è un capolavoro.

Yoongi lo strinse di più e se lo avvicinò con un bacio profondo, intenso e lungo. Si mosse con cura sulle sue labbra, prendendosi più tempo del solito ad assaggiarle. Il sapore di Jimin era dolce, e sapeva di amore e di casa. Jimin seguì il suo ritmo docile, facendosi guidare, e godendo di quel momento magico. Quando Yoongi parlò di nuovo a Jimin mancava quasi il fiato.

– Guarda che potrei abituarmi a sentirmi dire certe cose – vide con piacere le spalle di Jimin scuotersi in una piccola risata – Mi ero già messo l’anima in pace quella notte e sarei stato felice anche così, avendoti avuto per un tempo limitato. Aspetta, cos’è che ho tirato fuori? Una citazione da un libro di Namjoon… come faceva? Ah, sì! “Un minuto intero di beatitudine! Ma è forse poco questo, sia pure per l’intera vita di un uomo?” – allargò un po’ gli occhi, colpito dall’amarezza del ricordo e dalla distanza che sembrava esserci fra quel momento e il presente – Esprimeva davvero come mi sentivo in quel momento.

Jimin sorrise dolcemente e gli portò una mano sul viso che gli fece poi scorrere dietro la nuca. Intrecciò le proprie dita nei suoi capelli corvini e prima di riprendere il loro bacio sussurrò:

– Sarà più di un minuto Min Yoongi.

FINE

 

 

 

 

Note dell’autrice (2): Ho scritto queste ultime righe con le lacrime in gola. I actually made it?? Ho iniziato tutta questa cosa come un esperimento che non prevedeva più di 8, max 10 capitoli e sono invece arrivata al doppio. Non so da dove partire davvero per queste note. Facciamo così, con ordine: prima parlo del capitolo XVII e poi mi soffermo meglio sull’epilogo e tutto il resto. Ho sempre fatto le note lunghissime, quindi stavolta aspettatevele di dieci pagine.

Il capitolo si apre con Jimin che piange. Again. Lo so, Jimin piange spesso, ma è fatto così. Credo che le sue continue crisi, soprattutto in questa ultima parte, siano anche un po’ rappresentative di tutti noi, come ho già accennato nelle scorse note. La situazione di Kookie non fa stare bene nessuno, e così come noi sentiamo il dolceamaro, lo sente anche Jimin. Ma questo capitolo era fondamentale proprio per questo, per fargli (e farci) capire che non c’è motivo di non essere felici. Che le cose andranno meglio anche per Kookie e che tutto è andato come doveva andare. Spero davvero di essere riuscita a comunicare tutto questo tramite i discorsi che ci sono stati tra i vari personaggi. Il punto è che questi ragazzi sono una famiglia, e come tale si comportano. Possono esserci incomprensioni e difficoltà, litigi anche, ma nessuno volta le spalle a nessuno. Ecco perché credo che questo fosse l’unico modo in cui questa storia potesse concludersi. Con Jin e Namjoon che accettano Jimin e Yoongi e con Jungkook che riesce a capire quali sono le cose che veramente contano e a non tornare a chiudersi a riccio, come è chiaro dalle parole finali che rivolge a Yoongi. Quel dialogo l’avevo scritto già mesi fa ed è molto importante perché credo servisse davvero un confronto tra i due. E poi è anche importante perché si mettono delle minuscole basi per… diciamo possibili sviluppi futuri (più sotto ne parlerò meglio *cough taekook cough*).

Passiamo all’epilogo… Il motivo per cui volevo che fosse separato dal resto è semplice: volevo un’atmosfera solamente positiva alla fine. La parte del capitolo XVII non è proprio triste, ma le lacrime ci sono e io non volevo che queste influenzassero troppo la ricezione della parte conclusiva. I nostri piccoli stanno bene, si vogliono bene come prima e più di prima, ognuno di loro conosce un po’ meglio sé stesso e gli altri, e questa è solo la prima tappa di un lungo cammino che affronteranno insieme e lungo il quale si scopriranno l’uno all’altro ancora di più. Per diversi motivi alla fine ho messo tutto insieme invece che creare un nuovo capitolo, ma mi auguro davvero che alla fine ci sia stata solo gioia nel vostro cuore e nessun sentimento triste. Io un po’ di tristezza nel cuore in realtà ce l’ho mentre scrivo queste note finali perché questa storia è stata molto importante per me e mi ha accompagnato lungo un importante momento di passaggio nella mia vita. Non credevo davvero che sarebbe stata più lunga di dieci capitoli e invece ne ho raggiunti il doppio, ancora non me ne capacito.

Riguardo ai punti rimasti sospesi in questa storia… (avete capito a chi mi riferisco!!). Fin dall’inizio, questo doveva essere il finale, a livello di coppie. Però nel mio progetto iniziale Jungkook e ancora di più Taehyung dovevano essere delle figure molto più marginali, e comunque meno approfondite, ma poi come spesso succede hanno iniziato ad acquisire vita propria ed è finita che adesso li amo quasi più dei protagonisti. Ho visto anche che sono stati due personaggi amati non solo da me e dunque credo di non essere la sola a volerli vedere finalmente felici (e insieme). Purtroppo in futuro avrò meno tempo a mia disposizione, ma credo davvero di voler in qualche modo dire qualcosa di più su di loro. Perché se lo meriterebbero. Per cui non so ancora in forma di cosa, se di capitoli brevi o di OS lunga, su questo davvero non ho idea, ma mi piacerebbe raccontare anche la loro di storia. Non so ancora di preciso quando, spero più presto che tardi, ma davvero vorrei tanto avere modo di buttarmi in quest’altra avventura e parlare meglio di questi due piccolini riprendendo anche le vite degli altri ragazzi del 503. Quindi hopefully potrete rivederli ~

Ok, mi sa che adesso ho proprio detto tutto ed è tempo di fermarmi. Uuuuh il magone. Grazie tantissimo, tantissimo, tantissimo a tutti coloro che hanno letto questa storia, tutti tutti, chi l’ha letta in silenzio, chi l’ha messa alle seguite, chi alle ricordate e chi alle preferite. Chi insomma mi ha dato fiducia in questa cosa di cui non ero convinta neppure io stessa. Un grazie speciale è doveroso a chi ha lasciato commenti ai capitoli (voi che avete commentato tutto o quasi in questi mesi… sapete chi siete, voglio bene davvero tanto a tutte ♥♥♥♥) perché se non fosse stato per quelli conoscendomi forse non avrei smesso di scrivere, ma probabilmente di pubblicare. Perché scrivere mi è sempre piaciuto e avrei continuato a farlo per me sola, come ho sempre fatto, ma mettere questa storia qui mi ha dato una gioia ulteriore, ovvero quella di condividere qualcosa (*me che impara come Yoongi*) e soprattutto di sapere di aver allietato anche solo per un’ora la giornata di qualcuno. Non mi sono sentita inutile nello scrivere questa storia insomma, quindi grazie grazie grazie dal più profondo del cuore per aver condiviso con me le vostre sensazioni e impressioni (*tutti che impariamo come Yoongi*). Ed infine infinissimo, ringrazio, anche se non sarà mai abbastanza, la persona con cui tutto questo è partito. You know who you are e  non c'è bisogno aggiunga altro.

Mi fermo qui, l’abitudine di scrivere papiri invece che note me la sono portata appresso fino alla fine sigh Spero di non aver tediato nessuno.

Ancora una volta grazie per aver letto fin qui, fino all’ultimo ripeterò che se volete lasciare un commento, anche solo di una riga, siete i più che benvenuti e nulla… watch out per un’eventuale seguito se questa storia e i suoi personaggi vi sono piaciuti ;) Gamsahamnida.

Baci, Elle ♥~

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