Quando si scioglie la neve di _kookieo (/viewuser.php?uid=1035501)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo II: Reprise ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Interludio ***
Capitolo 8: *** Capitolo VI ***
Capitolo 9: *** Capitolo VII ***
Capitolo 10: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 11: *** Capitolo IX ***
Capitolo 12: *** Capitolo X ***
Capitolo 13: *** Capitolo XI ***
Capitolo 14: *** Capitolo XI: Reprise ***
Capitolo 15: *** Capitolo XII ***
Capitolo 16: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 17: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 18: *** Capitolo XV ***
Capitolo 19: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 20: *** Capitolo XVII : Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo I ***
CAPITOLO
I
Amor
con l'età fervida
convien che si dilegue;
ma l'amistà ne segue
fino a l'estremo dì.
(Giuseppe
Parini, Il
brindisi, 1761)
28
dicembre 2016
Quella
notte qualcuno tra le nuvole lassù sembrava aver deciso di
voler ricordare ai
mortali il vero significato della stagione che loro definivano con il
nome inverno. La temperatura aveva
raggiunto i -10°, quattro gradi
più sotto delle minime medie invernali per la
città di Seoul. Il cielo notturno
era se possibile ancora più nero del solito e la presenza
della luna si
percepiva solo grazie alla pallida luce irraggiata dietro ai nuvoloni
scuri che
cercavano di coprirla, e che rendeva i loro contorni più
evidenti e minacciosi.
I fiocchi di neve cadevano gonfi precipitandosi e quando si posavano
sul viso
dei passanti esplodevano trasformandosi in fastidiose grosse gocce
umide e
fredde. Il vento soffiava agitato, rendendo del tutto impossibile
servirsi di un
ombrello. I pochi passanti che cercavano di aprirlo dovevano desistere
subito,
il turbinio d’aria troppo forte perché potesse
aprirsi propriamente. Fino alla
settimana prima un tempo del genere forse non avrebbe fermato le folle,
smaniose di terminare gli ultimi acquisti di Natale per parenti e
amici. Oggi
però, quando già le carte delle confezioni regalo
erano state stracciate e i
fiocchi dei nastri sciolti, solo chi doveva necessariamente uscire si
sarebbe
avventurato per le strade.
Non
avrebbe potuto esserci un contrasto maggiore tra ciò che
stava avvenendo
all’esterno e l’atmosfera
nell’appartamento 503. La grande ghirlanda appesa
fuori dalla porta d’ingresso era la perfetta anteprima di
ciò che si sarebbe
potuto trovare all’interno. Calore, accoglienza, allegria. Le
decorazioni e i
ninnoli natalizi che abbellivano pareti e mobili della stanza
principale della
casa segnalavano una grande cura e attenzione da parte di coloro che li
avevano
disposti. Il pavimento di parquet marrone chiaro era pulito e lucido,
tranne
alcuni graffi attorno alle gambe dei due divani e altri curiosamente al
centro
della sala, come se qualcuno ci avesse sistematicamente strisciato con
delle
scarpette. Il lampadario emetteva una luce calda leggermente fioca,
tipica
delle lampadine a risparmio energetico, che avvolgeva
l’ambiente amalgamando i
colori e creando giochi di sfumature e ombre tra i rami del piccolo
abete
decorato a festa. L’alberello era stato posto vicino al
televisore e spinto
bene verso il muro, in quella che forse era l’unica posizione
che non desse
intralcio, come aveva sostenuto uno dei tre inquilini della casa, ma
che vista
la lontananza dalla finestra all’altro lato della stanza era
anche la meno
indicata per la povera pianta, come aveva ribadito più volte
un altro. Il terzo
aveva semplicemente scrollato le spalle e l’alberello era
così rimasto nel suo
angolo, gonfio di ghirlande oro e argento e pesante di palline rosse.
Nell’altra metà della stanza, un grande tavolo
rotondo ospitava sette piatti,
sette bicchieri, sette coppie di bacchette e tre bottiglie di birra
Hite.
Un
ragazzo sulla ventina si affacciò sulla
soglia della cucina, che si trovava di fronte al tavolo.
Andò in direzione di
altri due ragazzi, più o meno anche loro della sua
età, che si trovavano seduti
con le spalle vicine presso la tavola. Il loro chiacchiericcio animato
si
spense all’improvviso appena videro l’altro che si
avvicinava. O meglio, videro
cosa indossava. Sopra al suo maglioncino di lana bouclè
grigia il ragazzo aveva
messo quello che doveva chiaramente essere un grembiule da cucina
femminile,
rosa a pois bianchi, con merletto ai bordi e taschina in alto al centro
all’altezza del petto e con tanto di cuore rosso stampato
sulla tasca a
concludere l’opera. Le risate che seguirono il primo secondo
di frastornamento
non sorpresero Jimin. Quando uno dei due, più piccolo
dell’altro per età, ma
decisamente non per altezza, si era gettato in avanti sulla sedia e si
era
messo a ridere fragorosamente applaudendo ripetutamente, non aveva
potuto far altro
che mettersi le mani sui fianchi, alzare gli occhi al cielo e poi
sorridere
anche lui. Sapeva di essere abbastanza ridicolo. L’altro
ragazzo seduto aveva
avuto una reazione più contenuta, ma la sua espressione
tradiva comunque
divertimento anche se misto a un po’ di
perplessità. Quando aveva visto Jimin
uscire così dalla cucina sulle prime era rimasto incredulo,
ma quando poi
Hoseok si era piegato in due per il ridere lui aveva cercato di
smorzare la
risata che già gli era in parte uscita con una mano. Non
riuscendo però a
trattenersi del tutto, soprattutto per colpa del comportamento
dell’amico lì
vicino, si arrese ad una piccola risata e drizzandosi su con le spalle
cercò di
dire nella maniera più composta possibile:
–
Oi, Jimin-ah.. – pausa per soffocare risatina – che
cosa… – altra pausa per
altra risatina – quali sevizie ti stanno
infliggendo in quella cucina? Non so
se voglio metterci piede. – e si mise a ridere di
più, visto che Hoseok a
questo commento aveva praticamente iniziato ad ululare.
–
Jungkookie
ha trovato questo grembiule in un cassetto della cucina e ha voluto che
lo
indossassi, io ho detto di no, ma non mi ha dato scelta. –
rispose Jimin con
tono di sconfitta, fingendosi triste, ma con gli occhi che tradivano il
suo
divertimento. Un viso sorridente, contornato di lisci e morbidi capelli
marrone
scuro fece capolino dalla porta della cucina. –
Allora? Che ve ne pare
del nostro Jiminie-hyung? – Entrò in sala
allegramente, guardando Hoseok e
Yoongi con sguardo furbo e vivace. Indossava un maglione nero, la cui
stoffa
morbida era sottile per essere un maglione invernale, ma sufficiente a
mantenerlo al caldo. Gli scendeva fino a poco sotto la cintura dei
jeans, lento
lungo i fianchi e rimanendo più aderente sul petto
così che, grazie anche al
colore scuro, riusciva a mettere in evidenza tutta la gloria del suo
fisico
allenato e della sua giovane età. Aveva 19 anni, ma vestito
così avrebbe potuto
sembrare un coetaneo di Jimin.
–
Junkookie! Lo odi così tanto? – Disse Hoseok non
riuscendo a smettere di
ridere.
–
Era nel cassetto di Jin!! – rispose Jungkook.
–
Cosa sta succedendo dentro quella cucina? Jin! –
chiamò Yoongi alzandosi
lentamente. Si portò di fianco a Jimin, il quale nel
frattempo arrendendosi
agli eventi presenti aveva ora semplicemente incrociato le braccia sul
petto,
abbassato la testa e si stava portando una mano sugli occhi con fare
sconsolato. Yoongi strinse con la mano sinistra la spalla destra del
ragazzo e
continuò a chiamare guardando in direzione della cucina
quello che a questo
punto era il principale indiziato per le nefandezze che stavano
avvenendo
davanti ai fornelli.
–
Jin-huyng! Sei il più grande! Cosa stai facendo a questi due
bimbi?
I
quattro ragazzi presero a ridere ancora di più, ormai
l’uno contagiato
dall’altro, e quando Jimin tra le risate si
avvicinò di più a Yoongi,
posandogli di istinto la testa sulla spalla, l’altro gli mise
una mano sul
fianco, quasi ad abbracciarlo. Durò un momento,
poiché dalla cucina si levò uno
sbuffo esasperato e Jimin si staccò da lui per guardare il
ragazzo che
rispondeva al nome di Jin arrivare come una scheggia.
–
Jungkookie lo ha tirato fuori, perché state incolpando me??
– esclamò cercando
di essere serio all’inizio, ma scoppiando a ridere appena
finita la frase.
–
Perché è il tuo! Mio no, e Namjoon non cucina,
sei tu quindi il proprietario. –
spiegò Yoongi.
Con
le larghe spalle che sussultavano per il ridere e leggermente rosso in
viso,
Jin chiuse gli occhi per un momento, e dopo aver tirato un profondo
sospiro
rispose di averlo vinto ad una pesca di beneficienza e visto che il
grembiule
era assolutamente funzionale non aveva visto il senso di buttarlo solo
per la
discutibile fantasia.
–
Forse piace a Namjoon-hyung. – disse Jungkook maliziosamente
appoggiandosi con
le mani al tavolo e piegandosi a ridere. A questo punto Hoseok si
buttò
letteralmente per terra, ormai con le lacrime agli occhi e lo stomaco
che
faceva male. Jimin prese a ridere ancora di più anche lui,
lievemente rosso in
viso per via dell’allusione di Jungkook, mentre Yoongi fece
una smorfia
schifata mormorando – Vivo qui, vi prego, cosa fate in quella
cucina?
Jin
si fece color porpora:
–
Come siamo arrivati a me, il più innocente qui dentro,
accusato di sevizie e
atti di dubbio gusto quando è Kookie che ha fatto tutto??
Hoseok
si rialzò da terra e con le poche forze che gli rimanevano
chiese ansimando a
Jungkook perché avesse voluto far indossare a Jimin quel
grembiule tremendo.
–
Ho
pensato gli si addicesse. – rispose semplicemente.
Sembrava una presa in giro,
ma l’affetto che c’era in quelle parole era
evidente. Avvicinandosi a Jimin
aggiunse poi tranquillo, sorridendo: – E poi fai sempre tutto
quello che ti
dico di fare, quindi è divertente.
Mentre
Jimin prendeva a ridere di nuovo e dava dei piccoli colpetti veloci
sulle
braccia a Jungkook, Jin, fremente dall’inizio,
richiamò i più giovani
all’ordine, ricordando che c’era una cena da
preparare e che sia il ramyeon che
gli spiedini non si sarebbero messi sul fuoco da soli.
Yoongi
non aveva apprezzato il modo in cui Jungkook aveva guardato Jimin
mentre
rispondeva alla domanda di Hoseok. Non era il solito sguardo furbo e
sicuro
tipico di Jungkook, il ragazzo che eccelleva in tutto ciò
che decideva di fare.
C’era qualcosa di più, non necessariamente
negativo, ma che per qualche ragione
faceva scaturire in Yoongi un sentimento simile alla preoccupazione.
Non era la
prima volta che si sentiva così nei confronti del ragazzo
più piccolo, c’erano
stati altri episodi in cui il suo stomaco si era sentito strano di
fronte alle
interazioni tra Jimin e Jungkook. Come se fossero presagi di qualche
pericolo
incombente. Era una cosa piuttosto sciocca da pensare. Ma Min Yoongi,
23 anni,
laureato in Music Production, praticante in un’etichetta
discografica da un
anno, pensava spesso cose sciocche. Questa era ovviamente la sua
personale
opinione, la quale non era l’unica che contasse, ma
certamente l’unica che
avrebbe mai sentito visto che non era solito condividere ciò
che passava ore a
rimurginare. Per questo motivo, giusti o sbagliati che fossero, i
giudizi sulle
idee di Min Yoongi erano dati solo da Min Yoongi e Min Yoongi aveva
decretato
che tutta questa cosa, letteralmente non
sapeva come altro definirla
se non cosa, che sentiva per Jungkook era
un’altra delle
tante cose sconclusionate che si
muovevano nella sua mente
sovraffollata. Non aveva nulla contro Jungkook. Davvero. Era un ragazzo
in
gamba e Yoongi non aveva avuto problemi ad accettarlo quando aveva
iniziato a
diventare prima un ospite fisso delle loro cene di gruppo e poi di
conseguenza
un membro della loro compagnia. Queste cene a casa di Yoongi, Jin e il
suo
ragazzo Namjoon erano iniziate un paio di anni prima che Jungkook si
trasferisse
a Seul, quando ancora Namjoon non era ufficialmente fidanzato con Jin,
Jimin e
Tae erano al loro primo anno di università, ed era Hoseok a
vivere in questa
casa. Seppure amico con quest’ultimo da sempre, i primi due
anni di università
Yoongi li aveva passati in appartamento da solo. Hoseok, o Hobi, come a
volte
si divertiva a chiamarlo, era il suo unico vero amico e dato che
durante il suo
primo anno di università il ragazzo frequentava ancora
l’ultimo anno della
scuola superiore, Yoongi aveva deciso di affittare un piccolo studio
per conto
suo. Non era un granché, ma gli permetteva di concentrarsi
sulla musica e i
suoi studi. Neppure in seguito, durante il secondo anno di
università, i due
avevano potuto convivere, poiché nell’Accademia di
ballo a cui Hoseok era stato
ammesso vigeva la regola per le matricole di vivere il primo anno in
campus.
Dal terzo anno però le cose cambiarono. Hoseok era
finalmente libero di
scegliersi una casa ed ovviamente sapeva che sarebbe andato a vivere
con
Yoongi. Una coincidenza fortunata volle che durante il corso di
rappresentazione teatrale a cui si era iscritto e che frequentava due
volte a
settimana facesse amicizia con l’all’epoca ventenne
Kim Seokjin. Jin veniva da
una famiglia piuttosto agiata, che possedeva un
bell’appartamento spazioso con
tre camere in una buona zona di Seoul. I suoi genitori gli avevano
lasciato
l’appartamento a disposizione, ma lui non si era ancora mai
deciso a
trasferirvisi. Quando aveva saputo che Hoseok stava cercando casa con
un amico
per l'anno scolastico successivo non aveva esitato due volte a
proporgli di
andare a vivere insieme a partire dall'estate. I due ragazzi si
trovavano bene
l’uno con l’altro, erano entrambi socievoli e
pronti allo scherzo e dunque
avevano legato più o meno sin da subito.
Yoongi
aveva fatto la conoscenza di Jin una sera davanti a un ricco barbeque.
Avrebbe
detto di sì alla convivenza anche a scatola chiusa:
innanzitutto il suo
interesse principale era vivere con Hoseok ed era questo ciò
che lo
interessava; in secondo luogo, sembrava che all’amico
piacesse davvero questo
ragazzo e dunque Yoongi si fidava del suo giudizio. In ogni caso Hoseok
ci
teneva che i due facessero conoscenza prima del trasferimento e dunque
accettò
la proposta. Non se ne pentì perché
passò una bella serata, durante la quale
tra l’altro apprese che Jin era molto bravo a cucinare, un
bonus assolutamente
da non sottovalutare. Quella sera il ragazzo più grande
pagò la cena, la prima
di una lunga serie di volte in cui il suo portafogli sarebbe venuto in
soccorso
dei due, nettamente più squattrinati. Il bello di Jin
però è che faceva cose
del genere senza la minima traccia di presunzione o vanità.
Non metteva mano al
borsellino con aria di chi può concedersi tutto e regala in
modo magnanimo il
suo aiuto ai bisognosi. Yoongi aveva capito fin da subito che lo faceva
per
sincera generosità e con totale disinteresse. Questa
impressione gli era stata
confermata sempre di più durante il periodo di convivenza e
si era dunque
trattata di una delle poche volte in cui una sua idea non si era
rivelata
sciocca. Yoongi era grato a Jin anche di questo.
Jin
non faceva mai nulla per apparire “figo”. Non era
un qualcosa che ricercava
perché onestamente non ci si sentiva. Aveva senza dubbio una
bella presenza.
Soprattutto quando indossava maglie a collo alto, come aveva fatto la
sera del
loro primo incontro in quel ristorante elegante dalle sedie con cuscini
rossi,
Jin aveva un portamento incredibile. Il suo volto era regolare e
piacevole, i
capelli castani e le labbra piene dalla forma insolita
rendevano particolarmente bello
un viso che sarebbe altrimenti stato semplicemente bello. Le grandi
spalle e il
torace ampio e ben sviluppato, oltreché l’altezza,
completavano il quadro di
una persona obiettivamente di bell’aspetto. Jin se ne rendeva
conto, come però
si rendeva anche conto di essere obiettivamente goffo.
Dalla
goffaggine però nasceva anche la spontaneità, e
per questo Yoongi era più che
contento di star ancora condividendo, tre anni dopo, lo stesso tetto
con lui.
Vivere invece con Hoseok un po’ gli mancava, anche adesso
dopo più di un anno.
Nell’estate dell’anno precedente l’amico
era dovuto partire per uno stage di
sei mesi che si era aggiudicato tramite la sua Accademia di danza. In
quello
stesso periodo Jin e Namjoon avevano ufficializzato la loro relazione
per cui
era sembrata a tutti l’opzione più naturale che
quest’ultimo prendesse il posto
lasciato da Hoseok. Yoongi anche in quel caso non aveva avuto nulla da
ridire,
in fondo era grazie a lui se i due si erano messi insieme e Namjoon era
una
persona come si deve. Quando poi Hoseok era tornato a novembre era
andato a
vivere in un altro appartamento insieme a Jungkook,
“trovato” da Taehyung in
qualche modo – Yoongi non ricordava mai bene i particolari
dell’incontro tra i
due – e praticamente adottato dal gruppo degli altri sei che
ormai erano
diventati come una grande famiglia. Ed esattamente come una famiglia si
comportavano, senza filtri e stuzzicandosi a vicenda. Come stava
avvenendo ora.
–
Ma
Namjoonie? Dov’è?? Hey, Namjoon-ah! –
Hoseok guardò dall’altro lato della sala,
verso il divano, cercando segni di vita dall’altro ragazzo.
Nel frattempo dalla
cucina iniziarono ad arrivare suoni di pentole che sbattevano e
attività in
atto, al che Yoongi pensò che finalmente le urla di Jin
avevano avuto effetto e
ci si stava dando seriamente da fare per preparare da mangiare. Mentre
tornava
a sedere sulla sedia da cui si era alzato prima guardò il
vecchio orologio
vicino la porta della cucina. Era appeso in equilibrio precario, ma
miracolosamente ancora mai caduto. Il chiodo lo aveva messo Namjoon una
giornata di due anni prima, quando la sua presenza in quella casa era
solo di
visita e doveva ancora dimostrare a Jin di essere un uomo, come disse
esplicitamente Namjoon stesso. Guardando il risultato finale tutti i
presenti
in quel momento pensarono, ovviamente senza esprimerlo ad alta voce,
che la
decisione di Jin sul se Namjoon fosse un vero uomo o meno sarebbe
sicuramente
dipesa da altro. Nonostante tutto però, il chiodo reggeva
ostinato. E
l’orologio ora impolverato (nessuno si azzardava a toccarlo
per pulirlo,
nemmeno il super ordinato Jin) rimaneva impettito lì anche
quella sera,
segnando le otto e mezza precise. Yoongi si lasciò sfuggire
un sospiro, lo
stomaco che brontolava.
–
Ha
le cuffie, non sente! – suonò nel frattempo
un’altra voce. Senza sentirlo
parlare, nessuno avrebbe mai associato quelle parole calde e basse con
la
figurina di ragazzo che le aveva pronunciate. L’aspetto esile
e delicato di Kim
Taehyung non avrebbe infatti mai fatto pensare che potesse nascondere
una tale
tonalità di voce. Questa era però solo una delle
tante cose che lo rendevano
una persona particolare. Uscendo dal bagno ed entrando in sala aveva
sentito
l’amico chiamare Namjoon e poiché lo aveva visto
alla sua sinistra sul divano
agitare la testa a ritmo di musica con le cuffiette nelle orecchie si
era
sentito in dover di comunicarlo. Non sapeva bene cosa stesse accadendo,
ma
l’importante per Taehyung era buttarsi e partecipare, che si
trattasse di
grandi sfide della vita o conversazioni altrui senza importanza come
quella in
svolgimento ora. Mentre si avviava verso il tavolo cambiò
direzione
bruscamente, andando verso il divano, un’idea chiaramente in
testa. La felpa
rossa oversize che stava indossando lo faceva sembrare ancora
più sottile, ma
difficilmente quando si era attorno a Taehyung ci si riusciva a
ricordare di
quanto fosse gracile. L’energia che sprigionava dalle sue
piccole ossa metteva
in ombra tutto il resto e trasformava quella che all’inizio
sembrava solo
delicata fragilità in grazia. I suoi movimenti frenetici
diventavano grazie al
suo aspetto estremamente eleganti. Un’altra delle
particolarità di Kim
Taehyung, ventuno anni, specializzando al secondo anno di Arti
Figurative.
Si
avvicinò silenziosamente e a passetti piccoli al ragazzo che
stava ascoltando
la musica ad occhi chiusi, i piedi al caldo nei calzini grigi che
battevano il
ritmo. Taehyung gli si portò di lato, facendo ben attenzione
ad essere il più
silenzioso possibile, si piegò in avanti, poi
strappò all’improvviso la
cuffietta dall’orecchio della vittima e lo chiamò
col suo nome urlandogli
direttamente nel timpano.
L’urlo
e salto del malcapitato Namjoon seguirono all’istante. Si
ritrasse a un lato
del divano con le mani davanti al petto, guardando con occhi spaventati
la
fonte del suo terrore.
–
Taehyung!!! Che diamine…???
Il
ragazzo in piedi di fronte a lui si mise semplicemente a ridere e
Yoongi e
Hoseok fecero lo stesso. Spaventare Namjoon era fin troppo facile, ma
non per
questo meno divertente. Saltellando per unirsi agli altri due, Taehyung
comunicò a Namjoon che era probabilmente tempo di alzarsi da
quel divano e
sospirando Namjoon concordò. Mentre si alzava pigramente dal
soffice divano
nero e si avviava verso il tavolino, Hoseok gli disse:
–
Ci
chiedevamo cosa ne pensassi del grembiulino rosa di Jin.
–
Quale grembiulino? – Fece perplesso in coro insieme
a Taehyung, il quale
aveva perso tutto ciò che era accaduto mentre si trovava in
bagno. Rispose
Yoongi:
–
Jiminah lo sta indossando ora.
Mentre
però Taehyung si precipitò subito in cucina
curioso di capire di cosa si stesse
parlando, Namjoon scrollò semplicemente le spalle e si mise
a sedere su una
sedia, a un posto di distanza da Hoseok. Quest’ultimo
osservò per un attimo il
ragazzo che si era appena seduto.
–
Ci sono ospiti e tu li ignori.
–
Ti senti davvero nella categoria “ospite”?
–
Come sei rude Joonie. – disse Hoseok fingendo
un’espressione ferita. Si rivolse
poi a Yoongi: – Yoongi-ah, spiegami di nuovo come una persona
così cortese e
affabile come te sia finita amica di questo cafone?
–
Era bravo a scuola.
La
risposta asciutta di Yoongi arrivò mentre Namjoon si portava
una mano sugli
occhi ripetendo sottovoce – Cortese e
affabile… – e scuoteva la testa
ridendo tra sé.
Kim
Namjoon, classe 1994 come Jung Hoseok, sapeva fare tante cose. Parlare
l’inglese, comporre musica e saltare anni scolastici per via
della sua
intelligenza erano nella lista. Cucinare o rendersi utile in
casa non erano
decisamente nella lista. Era anzi molto meglio non fargli toccar nulla,
come
dimostravano i numerosi cocci che ora giacevano nei cimiteri delle
discariche
di Seoul, resti di tazze che avevano avuto la sfortuna di fare
l’incontro con
le mani di Namjoon. Consapevole di questo suo limite, il ragazzo aveva
reputato
più opportuno non dare nell’occhio, e soprattutto
non sabotare la cena di sette
persone, mettendosi semplicemente tranquillo in un angolo del divano ad
ascoltare nuova musica. Di solito in effetti pur non aiutando rimaneva
con gli
altri ragazzi per chiacchierare, ma oggi per qualche motivo si sentiva
particolarmente stanco per cui aveva scelto la soluzione più
riposante. In ogni
caso Jin se la cavava egregiamente in cucina, si sarebbe occupato lui
di tutto.
Come al solito d’altronde.
Le
risate di Taehyung che doveva aver visto Jimin nella sua tenuta rosa
riempirono
la stanza e furono seguite a breve da un nuovo urlo esasperato di Jin,
al
momento intento ad occuparsi delle verdure. Avere persone extra in
cucina lo
rendeva inquieto e la sua capacità di sopportazione quando
oltre che a star
cucinando era anche affamato diventava pari a zero. Tae stava
distraendo sia
Jimin che Jungkook, i quali avevano ripreso a ridere, e vista
l’ora tarda al
momento questo era un lusso che non ci si poteva permettere.
–
Taehyungieee, non distrarmi la manovalanza!!!
Ognuno
aveva il proprio ruolo all’interno di quella organizzata
cucina, come sempre.
Jungkook si stava occupando del ramyeon, per la cui preparazione
sembrava
provare una particolare simpatia e dunque quasi sempre si incaricava
lui del
compito di cucinarlo. Jimin era intento a preparare gli spiedini di
carne,
cavandosela piuttosto bene, mentre Jin, che si era messo un grembiule
bianco
per proteggere la maglia verde muschio e il cardigan beige che portava
sotto,
sovrintendeva e guidava come un abile capitano di nave tutte le
operazioni
culinarie, dispensando consigli e guidando i più inesperti.
Gli sarebbe
piaciuto che anche Namjoon avesse quantomeno provato ad imparare
qualche
piatto, ma ormai era un desiderio che sapeva non avrebbe visto esaudito
in
questa vita. Forse nella prossima, se le loro anime si fossero
incontrate di
nuovo, come lui sperava, avrebbe avuto più fortuna.
Come
se Jin non avesse nemmeno parlato, Taehyung per tutta risposta si mise
la mano
nella tasca dei jeans grigi, tirò fuori il cellulare e mise
della musica. Jimin
prese a cantare la canzone sottovoce, muovendo leggermente la testa e
facendo
così cadere un po’ di ciuffetti di capelli neri
davanti agli occhi, e aggiunse
un pochino di olio a quello che già sfriggeva nella pentola
con gli spiedini.
Taehyung, che nel frattempo si era avvicinato saltellando a Jungkook,
anche lui
vicino ai fornelli, gli si mise a ballare dietro e Jungkook non
esitò ad
unirsi, agitando il bacino e le braccia a ritmo di musica e ridendo
divertito.
A questa scena Jin posò rumorosamente sul bancone la pentola
su cui aveva
appena messo le verdure crude e che si stava avviando a mettere sul
fuoco e
guardò i due con sguardo glaciale. Jimin dal canto suo
semplicemente sorrise.
Di nuovo ignorando del tutto l’impazienza del più
grande, Taehyung continuò a
ridere e prese Jungkook per i fianchi, aggrappandosi al maglione nero e
sporgendosi al di là della sua spalla per osservare la
situazione del cibo in
preparazione. Il suo viso si rabbuiò. Il ramyeon non dava
segni di essere
ancora pronto e la carne degli spiedini era decisamente più
rosa di quanto si
fosse aspettato. Capendo che il momento di cenare non era poi
così vicino come
credeva sospirò deluso:
–
Aaah, perché ancora non è pronto nulla?
–
Non sarà pronto mai se non esci da questa cucina!
– sbottò Jin, serio in
teoria, ma incapace di rimbrottare il più giovane senza
accennare un sorriso
alla fine della frase.
Ridacchiando
Jungkook riprese a mescolare il brodo, mentre Taehyung a malincuore si
staccò
da lui e uscì, lasciandosi alle spalle l’ampio
bancone moderno, le tende
bianche della porta finestra e le mattonelle delle pareti umide per la
condensa
del vapore sprigionato dal cibo in cottura. Non ancora pronto ad
accettare la
sconfitta, tornò alla carica nell’altra stanza.
Posò il cellulare che aveva in
mano affianco al suo piatto, al posto che avrebbe poi occupato durante
la cena,
vicino a Namjoon, e prese ad improvvisare un nuovo balletto di fronte
ai tre
ragazzi. Come era prevedibile Hoseok si alzò
all’improvviso, entusiasmato dal
ritmo, e si unì gioioso alla danza di Taehyung, facendo
versetti acuti e
agitando vivacemente le mani in ogni direzione. La netta
disparità nelle
capacità motorie dei due non scoraggiò
all’iniziò Taehyung, il quale cercò di
star dietro agli intricati movimenti dell’altro. Non poteva
però competere con
un ballerino semi-professionista, per cui dopo un po’
semplicemente si fermò,
ridendo forte e continuando ad osservare Hoseok e la sua inesauribile
energia.
Era
davvero felice che Jimin fosse entrato nella stessa Accademia di danza
del
ragazzo e i due avessero così potuto avere
l’occasione di diventare amici.
Hoseok era al secondo anno quando aveva conosciuto Jimin, il quale
invece aveva
appena iniziato ed era quindi nuovo al mondo al di fuori della scuola
superiore, come d’altronde lo era anche lui, Taehyung. I due
ragazzi, all’epoca
entrambi di diciotto anni, si conoscevano da quando ne avevano tredici
e perciò
ovviamente si erano trasferiti in casa insieme. Sebbene a volte fosse
faticoso
vivere lontani dalla propria famiglia, per Taehyung era comunque bello
affrontare le piccole e grandi novità della vita da adulti
con il proprio
migliore amico. Rendeva tutto più semplice e più
magico, se ciò poteva avere un
senso. Erano entrambi alla scoperta dell’universo e della
vita e intraprendere
insieme questa avventura significava non solo condividere i momenti di
difficoltà, ma anche contagiarsi a vicenda, passarsi tutto
l’entusiasmo e la
curiosità che potevano avere due ragazzi ancora estremamente
giovani.
Significava trasmettersi emozioni e guardare la realtà
l’uno con gli occhi
dell’altro, come appunto per magia. Sarebbe stato difficile
dire fino a che
punto ciò che ognuno dei due era ora non fosse stato dovuto
alla presenza
dell’altro nella propria vita. Proprio come una coppia di
fratelli.
Era
stata proprio questa loro unione a portare indirettamente alla
situazione
presente. Jimin aveva preso ad un certo punto a frequentare sempre
più
assiduamente la casa di Hoseok, quindi all’epoca questo
appartamento, perché
quest’ultimo si era offerto di aiutare il più
piccolo con gli esercizi di
danza. Il grande salotto spazioso era infatti ideale per muoversi
liberamente,
decisamente il contrario di quanto sarebbe accaduto nella piccola zona
giorno
della casa di Taehyung e Jimin. Quando per la prima volta Jin gli
propose di
fermarsi a cena con loro, Jimin, sentendosi in colpa all’idea
di lasciare
Taehyung da solo tutta la sera, chiese se poteva chiamare anche lui. Si
può
dire che fu da quel giorno che le ormai tipiche cene della compagnia
ebbero
inizio.
Mentre
Hoseok continuava a far mostra delle sue doti di ballerino sotto lo
sguardo
divertito di Taehyung, impassibile di Yoongi e perplesso di Namjoon,
dalla
cucina si sentì arrivare nuovamente la voce di Jin, che
chiedeva una mano da
parte di qualcuno per occuparsi del taglio della frutta. Gli piaceva
avere
tutto già pronto e presentato in maniera appetitosa e
invitante, per cui anche
l’impiattamento della fine del pasto doveva essere preparato
con cura.
Rabbrividiva all’idea di quelle ciotole enormi dove la frutta
veniva ammassata
senza un ordine e lasciata alla mercé di ogni mano. Yoongi
decise di proporsi.
Far andare Namjoon non era in nessun caso una buona idea, neppure per
sbucciare
una mela, e Taehyung e Hoseok avrebbero rischiato di compromettere
definitivamente i nervi già provati del capo cuoco.
Entrò nella ariosa cucina
trascinando leggermente i piedi. I pantaloni neri di tuta che stava
indossando
erano troppo grandi per lui, per cui gli davano un po’ di
difficoltà quando
camminava. Non voleva decidersi a buttarli perché ci era
affezionato, ma li
aveva dovuti relegare alla funzione di vestiti per casa. Non era
inusuale per
Yoongi indossare indumenti più grandi di lui. Non era alto,
le sue spalle erano
piuttosto strette e le ossa delle gambe estremamente sottili. Non
sapeva
nemmeno se avrebbe potuto metter su una massa muscolare, qualora un
giorno ne
avesse mai sentito il desiderio per qualche assurdo motivo. Per
ciò che faceva
aveva comunque bisogno solamente del suo orecchio musicale, che era ben
allenato, e delle sue mani, anche loro della grandezza giusta e
stranamente
piuttosto maschili. Il resto di sé Yoongi non lo considerava
particolarmente
maschile, né tantomeno attraente. Questa era
un’altra di quelle verità a cui
credeva ciecamente e che non aveva mai dato
l’opportunità a nessuno di
sconfessare poiché rimanevano solo nella sua testa.
Tirandosi
su le maniche della felpa che aveva messo sopra una maglietta nera a
righe
bianche chiese istruzioni precise su cosa dovesse fare. Sbrigativamente
Jin gli
disse come muoversi e lo mise a tagliare frutta seduto sul piccolo
tavolo
quadrato della cucina. Mentre era intento in questa occupazione la
sedia vicino
a lui si mosse, spostata da una coppia di piccole mani tondine.
Riconobbe
subito il proprietario. Jimin. Il ragazzo
si sedette di fianco a
Yoongi e appoggiando i gomiti sul tavolo si portò un braccio
a tenere la testa
mentre con l’altra mano si mise ad usare il suo telefono. Il
suono del coltello
che sbatteva sul tagliere, lo sfrigolare dell’olio e
l’ululato del vento fuori
dalla finestra furono per qualche minuto gli unici suoni nella stanza.
Dopo un
po’ Jimin parlò:
–
Ho
fame, hyung.
–
Anche io Jimin-ah, ma in questa cucina accadono cose strane e noi
intanto fuori
moriamo di fame. – Girò la testa di lato per
guardarlo e squadrandolo
velocemente sorrise:
–
Jungkookie ha ragione, ti si addice.
–
Woaah,
basta, per favore – rispose l’altro, sorridendo a
sua volta e coprendosi il
volto con una mano. Le orecchie gli si erano fatte leggermente rosse.
–
Jimin-ah, devi imparare a farti rispettare. – disse
guardandolo con uno sguardo
misto a divertimento e tenerezza. Jimin si limitò a fare
spallucce, sempre
sorridente, dando ad intendere che quello era lo stato delle cose e
ormai se ne
era fatto una ragione.
–
Farsi rispettare?? Yoongi-hyung, non mettergli strane idee in testa!
Jungkook
aveva udito quanto i due ragazzi si erano detti e si stava dunque
precipitando
ad andare in difesa dei propri interessi. Il suo ramyeon era pronto, un
coperchio messo sopra al pentolone per tenerlo caldo. Avvicinandosi a
Jimin gli
mise le mani sulle spalle e con una salda stretta gliele scosse
leggermente.
Jimin emise un finto gemito di dolore. Jungkook lo guardò
solo per un attimo.
Era consapevole di essere molto più forte sia di Jimin sia
di chiunque altro
del gruppo, ma sapeva anche di essere bravo a regolare bene la sua
forza e
dunque era anche sicuro che Jimin non stesse provando realmente dolore.
Facendo
scorrere le mani lungo il maglioncino grigio le portò ai
lati del braccio del
ragazzo, continuando a tenerlo ben stretto e piegandosi leggermente
verso di
lui.
–
Se
non fosse arrendevole, non sarebbe Jimin-hyung. – concluse
sorridendo.
Yoongi
dette un piccolo sorriso alle parole del ragazzo, guardandolo
velocemente per
poi tornare a fissare lo sguardo sulla lama del coltello, bagnata di
piccole
goccioline di succo di mela. Prese a contarle e poi si chiese
perché. Nel
frattempo Jimin stava cercando di difendersi. La sua risata chiara e
dalla
tonalità leggermente più acuta del normale per un
ragazzo era decisamente segno
di come non si fosse offeso.
–
Io
non sono arrendevole! – disse accompagnando le parole a
piccoli colpetti sul
braccio di Jungkook. Da parte sua Jungkook semplicemente
alzò un sopracciglio e
disse:
–
I tuoi spiedini stanno per bruciarsi, devi
girarli.
Jimin
si fece quasi serio e molto incredulo: – Non puoi andare tu
visto che sei in
piedi?
–
No.
Con
un sospiro Jimin si alzò e si affrettò verso il
fornello, terrorizzato all’idea
di commettere un simile errore davanti a Jin. Eppure Jin avrebbe urlato
se
avesse visto qualcosa bruciare… Yoongi sapeva cosa stava per
accadere, e scosse
la testa come a dire non c’è
davvero speranza che impari.
–
Li
avevi girati tu gli spiedini, ma mi hai fatto alzare!! –
esclamò appena vide la
situazione della carne nella padella. La risata di Jungkook irruppe
fragorosa e
anche Jin nonostante tutto quel caos prese a ridere piano. Jimin era
davvero
senza speranza.
Avvicinatosi
con una piccola e leggera corsa al ragazzo che continuava a ridere
piegato in
due e battendo piano le mani, Jimin prese a dargli altre piccole botte
sulle
braccia, in parte divertito anche lui, in parte lamentandosi.
–
E
avevi detto che non eri arrendevole!! – questo pensiero
suscitò ancora più
ilarità in Jungkook che tra le risate sollevava le braccia
cercando di
ripararsi dagli attacchi di Jimin. Alla fine decise di porre fine alla
situazione bloccandogli entrambe le mani, girandolo e prendendolo su
per un
fianco come se fosse stato una piuma. Quando lo sollevò da
terra Jimin si mise
a ridere ancora di più e prese a scalciare piano senza
però molta convinzione, sapendo
di non avere speranze di liberarsi da quella morsa da solo senza che
Jungkook
decidesse di sua volontà di lasciarlo andare. Yoongi si
fissò ad osservarli.
La
voce di Jin che decretava con sicurezza – Fra venti minuti
mangiamo. – lo
scosse e lo fece tornare alla sua frutta, riportando anche gli altri
obbedienti
alle loro file. Jimin, finalmente rimesso giù, si
posizionò di nuovo nella sua
postazione davanti alla carne, mentre Jungkook, che non aveva
più nulla di
particolare da fare, decise di sistemarglisi vicino, piegandosi con un
braccio
lungo il bancone e dicendo cose che portavano l’altro a
ridere in
continuazione.
In
effetti, come profetizzato dallo chef, dopo venti minuti tutto era
pronto.
Quando si misero a tavola portando il cibo fumante, Jimin prendendo
posto
vicino a Yoongi, Jungkook tra Jimin e Taehyung e Jin in mezzo a Namjoon
e
Hoseok, i tre ragazzi furono accolti dall’applauso generale
degli altri
quattro, ormai in lacrime per la gioia di poter finalmente placare i
loro
stomaci. La serata procedette tranquilla come sempre, al caldo
confortevole di
quella casa che ormai da diverso tempo aveva smesso di essere solo casa
dei
legittimi inquilini e aveva preso ad essere un po’ la casa di
tutti. Vi furono
come sempre urla, risate, le battute imbarazzanti da parte di Jin, i
salti
improvvisi sulla sedia di Hoseok, le frasi senza senso di Taehyung,
momenti di
caos e momenti di silenzio confortevole. Il piccolo universo che si
erano
creati, l’equilibrio che avevano costruito nel corso degli
anni era sempre
riuscito a mantenersi stabile. Non si era scomposto nemmeno quando
Yoongi e
Namjoon si erano laureati e avevano preso a lavorare. O quando Hobi
aveva
cambiato casa. Neppure quando si era unito al gruppo Jungkook. Le
stagioni si
erano susseguite, la natura attorno a loro aveva spesso mutato forme e
colori,
e loro stessi erano cambiati a poco a poco, in quella crescita continua
che è
tipica dell’inizio della giovinezza, senza che tutto
ciò intaccasse il loro
legame. In questo momento, chiunque tra i sette ragazzi avrebbe
risposto che
sì, di nuovo la primavera avrebbe trasformato il paesaggio e
ancora una volta
loro l’avrebbero salutata fieri della consapevolezza che se
il passare del
tempo poteva cambiare il mondo, non sarebbe riuscito ad avere effetto
sulla
loro unione. Ma la primavera era lontana e c’era ancora un
altro inverno da
passare.
Note
dell’autrice:
Ciao a tutti! Grazie tantissimo se avete letto
questo primo capitolo e grazie ancora di più se dedicherete
cinque minuti a
leggere queste note. Questa è la prima volta che scrivo (o
provo a scrivere)
qualcosa che non sia una oneshot quindi non posso dire di essere
pratica di
storie lunghe. Lette tantissime, ma scritte, come ho detto, mai. Di
solito sono
sempre andata su storie autoconclusive e solo in un paio di casi le
avevo
cercate di allungare di qualche capitolo, ma poi non sapendo bene cosa
fare
della storia mi sono fermata (né le ho mai pubblicate). In
questo caso invece
per la prima volta ho progettato una trama completa per cui
l’idea è quella di
finirla. Scrivere mi piace tantissimo, ma non posso dire di essere una
macchina
sforna storie. Una volta che ho una trama scrivo anche per dieci anni,
ma il
mio problema è proprio creare trame. Dal momento che ora una
trama ce l’ho, ho
deciso di voler cimentarmi in questa impresa e dunque provare a
buttarla tutta
giù. L’ho preso come un esercizio per me stessa,
per divertirmi a vedere come
si fa a creare e realizzare una storia e dei personaggi
dall’inizio alla fine.
Mi scuso dunque fin da ora se a tratti nella mia storia dovessero
capitare
incongruenze o cose che hanno poco senso. Spero ciò non
accada, ma gli errori
capita di farli. Un feedback mi sarebbe dunque incredibilmente utile,
per cui
se avete modo di lasciare un commento mi fareste una donna davvero
felice <3
Quanto
ai personaggi della storia e a come saranno
costruiti: una cosa a cui cerco sempre di stare attenta è la
caratterizzazione,
perché di solito non mi piacciono molto i personaggi OOC.
Adoro i BTS con tutta
me stessa, e vorrei davvero descriverli nella mia storia in modo tale
che siano
almeno simili alle loro vere (o comunque quelle che ci vengono
mostrate)
personalità. Non devono essere realistici al 100%, ma
quantomeno credibili.
Dato che non ho grande esperienza in fatto di creare personaggi per
storie
lunghe, se ci sono consigli (non solo qui, ma anche nel corso degli
altri
capitoli) sulla loro caratterizzazione, siete i benvenuti.
Queste
note dovevano limitarsi a due righe, ma
ecco già scritta una pagina di word. Mi fermo qui. Nelle
note del prossimo
capitolo magari entro più nel dettaglio della storia, ma per
il momento non
credo ci sia molto da dire, questo capitolo è introduttivo,
l’azione inizierà a
muoversi un pochino dal secondo. Per favore, se avete letto questo
leggete anche
quello. <3
PS:
non sono mai stata a Seul, quindi le mie
descrizioni della città sono assolutamente generiche,
così come non so in
dettaglio come funzioni il sistema scolastico coreano, per cui ho preso
a
riferimento quello europeo con scuola superiore di 4 anni e
università con 3+2.
Era più semplice fare così e poi a livello di
trama la loro istruzione non è un
punto chiave, per cui spero vada bene anche così ;)
Ci
vediamo sul capitolo due, baci
Elle
|
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Capitolo 2 *** Capitolo II ***
CAPITOLO II
Il
tempo fluisce in modo uguale per
tutti gli uomini.
E
ogni uomo galleggia nel tempo in
maniera diversa.
(Manuel
Neila)
29
Dicembre 2016
La
tempesta della sera prima aveva lasciato tracce del
suo passaggio. La neve ricopriva le auto e quelle strade che ancora
ancora
attendevano di essere ripulite. L’erba corta dei cortili
interni delle case era
nascosta da un bianco strato alto diversi centimetri e camminando sul
marciapiede bisognava far bene attenzione a non andare troppo veloci o
si rischiava
di cadere per colpa della sottile lastra di ghiaccio che si era formata
durante
la notte. Come spesso capita, il vento della bufera aveva anche
però dissipato
le nuvole e dunque quella mattina il sole era riuscito a fare di nuovo
capolino
tra i tetti dei grattacieli di Seul. Era un sole leggero e pallido, che
lentamente stava sciogliendo la neve, ma che pur essendo già
al punto massimo
del suo percorso continuava a non essere sufficiente a riscaldare il
viso delle
persone. Per sottrarsi anche solo per qualche minuto alla morsa del
gelo, numerosi
passanti se incontravano sulla loro strada un caffè
decidevano all’improvviso
di fare una veloce deviazione dalla loro destinazione e di entrare per
godere
del calore all’interno, far riattivare i muscoli intorpiditi
e magari comprare
anche una bevanda fumante da tenere tra le mani durante il tragitto
fino al
luogo dove si stavano recando. Un signore di mezza età
dall’aria rispettabile
avvolto in un cappotto nero lungo entrò in un
caffè molto carino, situato
all’angolo di un grattacielo, tra un negozio di scarpe e un
supermercato. Con
passo frettoloso si avviò in direzione del bancone, senza
far caso alle piccole
pozzette che si erano formate davanti alla porta d’ingresso,
residui lasciati
dalle scarpe bagnate di ghiaccio di tutti coloro che quella mattina
prima di
lui avevano preso la sua stessa decisione ed erano passati da quella
porta. Quando
toccò il pavimento, la scarpa destra, già
scivolosa di suo, non trovando
attrito non poté far altro che navigare leggera sul sottile
strato di acqua.
Tale viaggio inaspettato costituì forse una fonte di
avventura nella sua
monotona vita di scarpa, ma di certo non fece piacere al suo
proprietario, il
quale solo grazie allo schienale di una sedia afferrato
all’ultimo istante riuscì
a non cadere come un sacco sulla propria pancia e tenersi in piedi.
Imprecò
sottovoce. Il rumore causato dall’episodio fece girare molte
teste, ma quasi
tutte si voltarono di nuovo velocemente nella direzione opposta, per
discrezione ed empatia nei confronti dello sfortunato signore. Sebbene
l’empatia fosse un tratto che in una certa misura poteva
essere attribuito a
Jung Hoseok, la discrezione, invece, se si fosse fatta una lista delle
sue doti
caratteriali non sarebbe apparsa nemmeno tra le prime mille. Si
aggrappò al
braccio di Seokjin, in piedi vicino a lui davanti al bancone del bar in
attesa
della cioccolata calda che avevano ordinato poco prima, stringendolo
sempre più
forte man mano che sentiva la pressione delle risate salire e battergli
contro
il petto, cercando una via di uscita.
–
Hoseok, non ridere! – disse Jin sottovoce e a mezza
bocca, divertito dalla scena anche lui, ma troppo educato per poter
ignorare
l’imbarazzo della situazione che si sarebbe potuta creare se
Hoseok avesse
davvero dato sfogo come avrebbe voluto al suo bisogno di ridere.
Comunque, non
sarebbe stato rispettoso nei confronti del signore. –
Smettila. E lasciami che
mi fai male!
Quasi
strozzandosi nei suoi stessi spasmi e fingendo un
discutibile attacco di tosse Hoseok allentò piano la presa
sul braccio di Jin e
fece due respiri grandi prima di drizzarsi più su con le
spalle e annuire in
direzione dell’amico, come a dire ok,
tutto
risolto. Le sue guance rosse e occhi lucidi dicevano
però ben altro e Jin si
rese conto che doveva star facendo uno sforzo incredibile per
trattenersi e
dunque il pericolo non era ancora del tutto scampato. Pensò
a qualcosa da dire
per distrarlo:
–
Mi sembra che oggi le prove stiano andando bene, non
pensi?
Hoseok
colse le sue intenzioni e cercò di concentrarsi
sulla conversazione, nel tentativo così di dimenticare il
signore dal cappotto
nero che ora si era avvicinato anche lui verso il bancone.
–
Sì, abbastanza direi. Non perfetto in alcuni dettagli, ma
credo siano correggibili in una settimana.
–
Vero. Tra l’altro la storia quest’anno è
più
interessante, quindi vedo più entusiasmo rispetto
all’anno scorso e credo
aiuterà poi nella riuscita finale.
Hoseok
annuì, d’accordo con la considerazione
dell’amico.
Anche questo dicembre, come era accaduto nei passati tre, la piccola
compagnia
teatrale con cui recitavano Jin e Hoseok stava preparando lo spettacolo
di metà
anno che si sarebbe tenuto a gennaio. Solitamente ogni anno le
rappresentazioni
teatrali date dal gruppo erano due e quella principale, su cui si
lavorava da
ottobre a giugno, veniva messa in secondo piano nel mese di dicembre
per poter
prepararne un’altra, più semplice e meno
impegnativa. Vista l’attrattiva esercitata
sul pubblico da trame romantiche a sfondo natalizio,
l’obiettivo dietro gli
spettacoli di gennaio era quello di attirare più persone
possibili con storie
leggere facendo così un po’ più di
pubblicità alla compagnia e sperando di
assicurarsi un’audience maggiore per la rappresentazione
finale. Da quando era
stato dato il via a questa sorta di strategia commerciale, gli
spettacoli di
giugno avevano effettivamente più spettatori e per questo
motivo la tradizione
continuava, anche se tra gli attori non erano in molti ad essere fan
del
“secondo show”, come veniva chiamato nella cerchia
interna dei commedianti.
Attirare l’attenzione mesi prima della rappresentazione
finale sulla compagnia
era un’idea su cui tutti erano d’accordo. Coloro
che partecipavano al gruppo da
anni si erano accorti dei risultati, mentre gli ultimi arrivati anche
avessero
avuto un’opinione diversa non avrebbero mai detto nulla in
contrario rispetto a
chi era lì da prima di loro. Il problema vero che aleggiava
ogni anno sul
secondo show era rappresentato proprio dal motivo stesso della grande
affluenza
di pubblico, ovvero la trama dello spettacolo. Molto spesso, per motivi
sia di
tempo che “commerciali”, venivano scelte storie
poco profonde, eccessivamente
romantiche o semplicemente banali. Ciò dunque portava ad uno
scarso
coinvolgimento emotivo da parte degli attori che quindi, abbastanza
annoiati,
pur dando il meglio di sé il giorno dello spettacolo
faticavano durante le
prove a trovare la motivazione per correggere e perfezionare battute
che, in
cuor loro, si vergognavano anche un pochino di dover recitare. Grazie a
qualche
miracoloso intervento divino, forse un’apparizione in sogno,
forse un grillo
parlante – diverse leggende stavano iniziando a diffondersi
in proposito dietro
le quinte – il responsabile della scelta del soggetto degli
spettacoli aveva
trovato quest’anno una storia che seppur mantenendo dei toni
in linea con l’obiettivo
del secondo show quantomeno aveva stuzzicato a sufficienza
l’attenzione degli
attori. Lavorandoci poi su e apportando qualche modifica tutti insieme
si erano
infine accorti che per una volta avevano effettivamente tra le mani
buon
materiale e questo era bastato per rianimare un po’ gli
spiriti e incoraggiare
una maggiore produttività. Per la prima volta in diversi
anni, l’idea di
sacrificare il proprio tempo libero dalle lezioni universitarie per
andare a
provare non era accolta di malavoglia da nessuno, e Jin ed Hoseok non
facevano
eccezione. Durante il resto dell’anno gli incontri avvenivano
due volte a
settimana, ma si intensificavano durante i periodi più a
ridosso delle
rappresentazioni finali. Visto che il cinque gennaio, data dello
spettacolo,
non era molto lontano, e dato anche che coloro che frequentavano
l’università
erano liberi dalle lezioni, a partire da quella settimana le prove
erano
diventate quotidiane e il gruppo passava buona parte della mattinata, e
a volte
anche qualche ora il pomeriggio, a lavorare insieme alla
rappresentazione.
Come
nelle tre mattine precedenti, la sveglia per i due
ragazzi era suonata abbastanza presto. Jin era stato subito abbastanza
reattivo, cercando di scuotersi dal torpore prima possibile e poter
affrontare
così l’impresa di svegliare Namjoon, il quale,
seppure non in veste di attore,
faceva anche lui parte della compagnia e doveva dunque alzarsi per
andare alle
prove come Jin. Il modo usualmente adottato da Jin per svegliarlo era
semplicemente sollevarlo di peso e buttarlo giù dal letto.
Era un metodo un po’
violento, lo ammetteva, ma era anche l’unico che fosse
riuscito a trovare dalla
prima volta in cui avevano dormito insieme, quando dopo due ore e mezza
di
attesa a fissare il soffitto si era reso conto che né il
ragazzo si sarebbe
svegliato da solo né la linea delicata che stava adottando
per toglierlo dal
mondo dei sogni avrebbe dato frutti. Detestava farlo, ovviamente.
Avrebbe
preferito lasciarlo lì, al riparo sotto al piumone,
guardarlo dormire per un
po’ e poi metterglisi affianco e riprovare ad addormentarsi
stringendolo. Ma
non poteva essere sempre così, purtroppo. Dapprima con poca
forza, poi sempre
con maggiore pressione Jin aveva iniziato a scuotere Namjoon per un
braccio,
senza avere risultati. Era passato al piano due, più per
poter dire di averle
provate tutte che perché convinto che avrebbe sortito
l’effetto sperato. Alzatosi
dal letto matrimoniale era andato ad aprire la finestra,
così che la poca luce
del mattino potesse giungere nella sua stanza. Si era poi guardato
attorno
sbattendo gli occhi. Ovviamente i vestiti che Namjoon si era tolto la
sera
prima erano buttati in un angolo per terra affianco alla poltroncina
vicino al
letto. Guardando quell’ammasso informe Jin aveva ringraziato,
come spesso gli
accadeva quando vedeva questo genere di cose, di non dover, per il
momento
almeno, dividere una stanza insieme a lui. I due ragazzi avevano
infatti ognuno
la propria camera, avendo Namjoon occupato quella che era
precedentemente di
Hoseok. Entrambi però disponevano di un letto matrimoniale
per cui, tranne rare
occasioni, ogni notte uno dei due dormiva dall’altro.
Solitamente era sempre
Namjoon che andava da Jin poiché il caos che regnava nella
stanza del primo
metteva spesso a dura prova la fiducia in una futura vita matrimoniale
del
secondo. Come previsto, anche adesso che il sole gli arrivava sul viso
il
ragazzo continuava a russare. Jin aveva dunque fatto un sospiro
profondo,
alzato gli occhi al cielo e si era avviato verso il letto.
Per
Hoseok il momento del risveglio era ben diverso. Non
avendo nessuno vicino a sé da controllare o che potesse
controllarlo di solito
la routine della mattina prevedeva il suono della sveglia,
l’interruzione del
suddetto suono da parte di una mano che poi ricadeva inerte sul
cuscino, il
suono della sveglia dopo altri cinque minuti, interruzione di nuovo, e
così via
per almeno cinque o sei volte finché quasi tra le lacrime il
ragazzo si
accorgeva di essere in ritardo e si catapultava fuori dal letto per
buttarsi
immediatamente sotto la doccia e svegliarsi. Quasi ogni giorno Jungkook
assisteva a quella scena, per cui faceva sempre in modo di aver finito
con il
bagno prima del risveglio del suo coinquilino per poi mettersi a
preparare la
colazione per entrambi, assicurandosi di poggiare una tazza di
caffè caldo in
bella vista sul tavolo pronta per il ragazzo che anche dopo il getto di
acqua
fredda rimaneva sempre assonnato. Quella mattina in particolare
però Hoseok non
aveva trovato nessuno ad aspettarlo in cucina. Poiché le
lezioni erano sospese,
Jungkook non sarebbe dovuto uscire che solo nella tarda mattinata, per
incontrarsi con Taehyung attorno alle undici, e dunque adesso era
ancora nel
suo letto a dormire. Con occhi semi socchiusi si era chiesto se avrebbe
avuto
le energie per prepararsi il caffè da solo. Ci era riuscito,
con grande sforzo,
rischiando di addormentarsi in piedi diverse volte mentre aspettava che
fosse
pronto. Appena le sue labbra avevano toccato la bevanda nera si era
sentito
subito meglio. Il 90% dell’efficacia del caffè era
dovuto a un effetto placebo,
ne era sicuro, ma qualunque fosse il motivo non avrebbe potuto farne a
meno la
mattina. Dopo aver trovato per colazione qualche avanzo del pranzo del
giorno precedente
nel frigo si era accorto di avere solo dieci minuti prima di perdere il
suo
bus. Di corsa, era andato a prendere la borsa rossa che aveva in
camera, aveva
indossato il suo cappotto beige preferito sopra la maglia di lana
bianca, fatto
scorrere attorno al collo una pesante sciarpa nera e si era affrettato
verso la
porta di casa. Prima di uscire si era fermato un attimo davanti allo
specchio
appeso all’ingresso e si era sistemato con una mano i
capelli. Soddisfatto, aveva
poi girato la maniglia e infilandosi i guanti aveva preso a correre
verso la
fermata del bus, ringraziando il vento freddo che in pochi secondi lo
aveva
svegliato del tutto e sentendosi finalmente pronto ad affrontare una
nuova
giornata con entusiasmo.
Aveva
incontrato Jin direttamente nell’appartamento
all’ottavo
piano che la compagnia teatrale aveva affittato e utilizzava come luogo
di
ritrovo per gli incontri. L’interno era stato ristrutturato
così da venire
incontro alle esigenze del gruppo, e presentava dunque ora
un’unica ampia
stanza, dove si teneva il corso, più un bagno e una piccola
cucina con
l’essenziale – un microonde, un bollitore, un
tostapane e un piccolo frigo – a
disposizione dei membri qualora avessero voluto bere o mangiare
qualcosa di
veloce. Fu lì che Hoseok trovò il suo amico, al
momento del suo ingresso occupato
a parlare con un gruppetto formato da due ragazzi e una ragazza, mentre
teneva
in mano una tazza di tè e si appoggiava lievemente al muro
della cucina. Stava
indossando un paio di jeans scuri e un maglioncino blu elettrico, un
completo
semplicissimo che però lo faceva assomigliare lo stesso ad
un membro della
casata reale e che portò Hoseok a domandarsi come potesse
apparire così
elegante alle otto e mezza della mattina. Namjoon invece era andato un
attimo
al bagno per potersi dare una rinfrescata al viso e cercare di farlo
apparire
meno gonfio. Una volta arrivati tutti, le prove avevano avuto inizio e
si erano
protratte fino a più o meno un quarto d’ora prima
che l’uomo dal cappotto nero
mettesse a dura prova con la sua piccola disavventura le buone maniere
di
Hoseok. Il caffè in cui lui e Jin si trovavano ora
apparteneva allo stesso
palazzo in cui era anche l’appartamento usato per il corso di
teatro, e dunque
bastava uscire sulla strada dal portone principale, camminare per dieci
secondi
oltre il negozio di scarpe per ritrovarsi di fronte alla porta marrone
scuro e
poter entrare accompagnati dal suono di un campanellino ad ordinarsi
qualcosa
di buono. Era ciò che i due ragazzi avevano fatto, per
allietare con una
fumante cioccolata l’oretta che avrebbero dovuto passare
ancora in sala prove,
avendo deciso di rimanere un po’ più a lungo degli
altri insieme a Namjoon per
fargli compagnia mentre lavorava su alcuni brani musicali per lo
spettacolo. Si
sarebbero potuti scaldare qualcosa nella piccola cucina della
compagnia, ma la
cioccolata del bar era ovviamente tutta un’altra storia.
La
voce squillante della cameriera al bancone annunciò ai
ragazzi che il loro ordine era pronto. Rimettendosi i guanti, Hoseok
prese il suo
bicchiere di cartone, Jin ne prese due e si riavviarono verso lo
studio. Due
minuti dopo, mentre i numeri rossi scorrevano sul display
dell’ascensore, Jin
sentì il cellulare nella tasca del cappotto squillare.
Hoseok prese una delle
tazze che aveva in mano così che il ragazzo potesse
rispondere. Guardò lo
schermo: “Joonie ~”.
– Sono in
ascensore, arrivo fra un minuto – rispose senza nemmeno
aspettare ciò che
l’altro aveva da dire.
–
Oh, ok. Quando
arrivi con Hoseok vieni in cucina per favore. – si sentì
dall’altra parte della cornetta.
–
Perché in cucina? Non stavi lavorando alla musica??
–
Ti dico appena
arrivi. Ciao. – Perplesso Jin guardò
Hoseok il quale aveva sentito la
conversazione e che disse con una risatina:
–
Cosa ha combinato adesso?
–
Ho onestamente paura di scoprirlo. – fu la risposta di
Jin mentre riprendeva la sua tazza e le porte dell’ascensore
si aprivano al
suono di un din.
Rientrati
nella sala i due videro che c’erano ancora un
paio di ragazzi, nuove reclute di quest’anno, che dovevano
essersi attardati a
parlottare tra loro e che quando li videro li salutarono allegramente.
–
Com’è il tempo? Fa tanto freddo? –
chiese uno dei due
avvicinandosi, avendo probabilmente notato il naso arrossato dei
ragazzi che
erano appena stati fuori. Jin rispose che purtroppo si, il sole non
doveva
ingannarli, faceva ancora molto freddo e quindi era bene che si
preparassero e coprissero
bene. Hoseok affiancò a lui confermò. Curioso di
sapere cosa fosse successo al
suo ragazzo, Jin si scusò subito e salutando si
avviò verso la cucina, dove in
teoria avrebbe dovuto trovare Namjoon. Nel frattempo l’altro
dei due ragazzi si
rivolse ad Hoseok:
–
Hoseok-hyung, qual è l’orario esatto per la festa
di
sabato? Le venti o più tardi?
–
Oh, abbiamo deciso di fare più tardi! – rispose
Hoseok
allegramente – Mi spiace per la confusione! Questa
mattina avevamo proposto di
fare qualcosa anche per cena, ma alla fine parlando un po’
con tutti abbiamo
visto che era meglio far partire la serata dopo, dalle ventuno e trenta
in poi,
più o meno. Quindi è quello l’orario
ufficiale. L’indirizzo della casa lo
avete?
–
Sì, quello sì, ce lo hanno dato! Però
volevamo conferma
sull’ora perché non eravamo sicuri. Sia io che
Doyun verremo sicuramente.
Grazie mille di mettere a disposizione la vostra casa per tutti noi!
– disse inchinandosi
lievemente mentre l’altro ragazzo, Doyun, lo imitava. Hoseok
sorrise, facendo
un passetto indietro, leggermente imbarazzato. La casa dove si sarebbe
tenuta
la festa per l’ultimo dell’anno non era in
realtà sua, ma, nuovamente, della
famiglia di Jin. Dato che però l’organizzazione
era stata sempre portata avanti
non solo da Jin, ma da tutto il gruppo dell’appartamento 503
(che ormai
includeva anche Jimin, Taehyung e Jungkook), l’idea comune
era diventata che
quella casa fosse di proprietà di tutti loro.
–
Tranquilli! È una cosa che organizziamo già da
alcuni anni,
ci fa davvero piacere! Per qualunque dubbio comunque questo
è il mio numero di
telefono.
I
due giovani presero diligentemente nota del numero e
poi rendendosi conto dell’ora si affrettarono ad andare via,
salutando e
ringraziando Hoseok ancora svariate volte. Quando la porta si fu chiusa
dietro
di loro, il ragazzo si avviò verso la cucina e per prima
cosa sentì la voce di
Jin borbottare:
–
Bene! Se ne sono andati, adesso mi spieghi per
cortesia? –
–
Dai Jin, non irritarti! Volevo essere sicuro che
nessuno al di fuori di voi due entrasse in cucina mentre
mostravo… il d-danno
che potrei aver fatto... – La voce di Namjoon si
affievolì mentre diceva queste
ultime parole. Hoseok si battè la mano libera sulla coscia:
– Ero sicuro si
trattasse di qualcosa del genere! Cosa hai rotto questa volta
Joonie-ah?
Namjoon
rivolse a Jin uno sguardo di scusa che Jin
ricambiò con un’espressione rassegnata, facendo un
cenno del capo per
incoraggiare il ragazzo a far vedere la new entry nella sua lista di
disastri.
Chinandosi in ginocchio, Namjoon aprì lo sportello sotto il
lavandino, dentro
cui aveva nascosto il corpo del reato. Si rialzò tenendo in
una mano il
bollitore e nell’altra il coperchio che fino a
un’ora prima vi si trovava
attaccato.
–
Aaah Joon! Che devo fare con te? – esclamò Jin
mentre
Hoseok ovviamente si metteva a ridere. Jin prese i resti separati del
bollitore
e iniziò a cercare di capire come poter ripararlo, sperando
di non doverne
ricomprare uno nuovo. Namjoon era effettivamente mortificato:
–
Non posso scaldarmi nemmeno un po’ di acqua.
–
A cosa ti serviva l’acqua calda per il tè se noi
stavamo comprando la cioccolata? – chiese Hoseok.
–
Non era per un tè ovviamente! Mi serviva per
scioglierci dentro questa polvere. È un paio di giorni che
mi sento stanco e
non vorrei un’influenza proprio ora che abbiamo la festa da
organizzare, senza
parlare dello spettacolo.
–
E non potevi prendere semplicemente l’acqua calda del
lavandino?? – il tono sorpreso con cui Hoseok pose questa
domanda lasciò
Namjoon spiazzato per un paio di secondi. Si riprese subito dicendo:
–
Non mi piace un
po’ calda, mi piace molto
calda.
Hoseok
rispose ridacchiando guardandolo con espressione
furba e con il tono che si usa spesso con i bambini a cui si spiegano
cose
ovvie della vita:
–
Ma Namjoon-ah, se aspetti un po’ anche l’acqua del
lavandino diventa bollente.
–
Non a sufficienza, va bene?! – scattò su Namjoon,
irritato, mentre Hoseok prendeva a ridere ancora di più e
Jin chiudeva
finalmente il coperchio sul bollitore con un clack
metallico.
–
Va bene voi due, basta, la buona notizia è che lo avevi
solo sganciato e non rotto. Hai provato almeno un attimo a metterlo a
posto da
solo? Non era così difficile.
–
Appena mi sono ritrovato col coperchio in mano sono
entrato nel panico e il mio istinto è stato nascondere tutto
sotto il
lavandino.
Hoseok
e Jin scossero entrambi la testa. Un po’ rosso in
viso, Namjoon prese dal bancone dove Jin lo aveva poggiato il suo
bicchiere di
cioccolata, che per fortuna si era mantenuta calda, e insieme agli
altri si
avviò nell’angolo della sala principale dove era
stato messo un tavolo e tutto
il materiale che gli occorreva per occuparsi delle musiche dello
spettacolo.
Quel
lavoro gli era stato consigliato due anni prima da
Yoongi, che aveva conosciuto in università perché
frequentava il suo stesso
corso di Music Production. Namjoon era un anno più piccolo,
ma grazie alla sua
intelligenza fuori dal comune era riuscito durante le scuole superiori
a
saltare direttamente un intero anno e dunque si trovava ora nello
stesso
livello scolastico di Yoongi. Questo particolare aveva incuriosito il
ragazzo
più grande, che si era per questo messo ad osservare
l’altro con maggiore attenzione
di quanta solitamente ne riservasse alle persone che gli si muovevano
intorno.
Fin dalla prima volta che avevano lavorato insieme ad un progetto,
Yoongi si
era reso che oltre ad essere intelligente Namjoon aveva anche
un’incredibile
dose di talento. Le idee che aveva erano estremamente interessanti e
Yoongi si
ritrovò così in poco tempo a frequentare sempre
più il ragazzo dopo le lezioni nella
caffetteria della facoltà per discutere dapprima solo di
musica, poi anche di
interessi comuni, che scoprì essere tanti. Quando un giorno
di novembre Jin e
Hoseok gli comunicarono che il musicista della loro compagnia si era
dovuto
trasferire in modo improvviso con la famiglia in un’altra
città e avevano
pensato a lui dovendo cercare urgentemente un sostituto, Yoongi fece il
nome di
Namjoon. Lo vedeva meglio di sé in una posizione del genere,
in cui era
necessario relazionarsi con un gruppo di persone e prendere in
considerazione
esigenze altrui invece che seguire solo la propria ispirazione. In
questo modo
il ragazzo si era incontrato con Jin. L’intesa era stata
abbastanza chiara fin
da subito, anche se sarebbe stato difficile comunque non notarla vista
la
frequenza con cui in casa Jin finiva a parlare di Namjoon, di quanto
fosse
contento che Yoongi lo avesse proposto perché era davvero
bravo e sicuramente
avrebbe dato una svolta interessante e originale allo stile della
compagnia ed
era anche così simpatico e gentile ed era così
semplice andare d’accordo con
lui, dovremmo invitarlo più spesso
a casa
nostra, Yoongi perché non lo hai mai portato a casa prima?
La domanda di
Jin era legittima e il pomeriggio in cui la pose anche Yoongi se lo
domandò.
Seppure lavorassero spesso assieme, in effetti nei due mesi passati non
si
erano mai incontrati al di fuori delle mura
dell’università. Determinato a non
perdere tempo, pur senza slanciarsi troppo Jin prese da subito in mano
la
situazione e Namjoon divenne un ospite sempre più assiduo in
casa loro. Yoongi
ogni tanto quando li vedeva adesso in giro per casa che battibeccavano
ripensava
a quei giorni e gli sembrava passata un’eternità
da un lato e due ore da un
altro. I due ragazzi erano davvero fatti l’uno per
l’altro. Simili su ciò che
contava, l’onestà, la dedizione al lavoro, la
gentilezza, erano poi diversi in
maniera perfetta. La prima volta in cui entrambi si erano davvero resi
conto di
quanto stessero bene l’uno vicino all’altro era
stata una sera di febbraio
risalente a tre anni prima. Come era già accaduto qualche
altra volta nei tre
mesi passati da quando Namjoon aveva accettato provvisoriamente il
ruolo nella
compagnia, anche quel pomeriggio Jin aveva deciso di rimanere insieme
al
ragazzo per non lasciarlo solo mentre aggiustava alcune musiche. Le due
riunioni
settimanali con tutto il gruppo non duravano molto durante
l’anno, un paio
d’ore soltanto, per cui necessariamente Namjoon doveva
portare avanti la
composizione nel suo tempo libero. Era tuttavia un tipo di lavoro di
cui si
sarebbe potuto occupare benissimo anche a casa propria, come sia
Namjoon stesso
che Jin ben sapevano. Nessuno dei due però
accennò mai a tale particolare,
entrambi utilizzando questa scusa per crearsi un’occasione
per rimanere insieme
un po’ più a lungo. Il bello di questi pomeriggi
era proprio che avvenivano in
un terreno neutro che non metteva a disagio o in imbarazzo nessuno dei
due ragazzi,
a differenza di quanto sarebbe accaduto a quello stadio di conoscenza
se uno
avesse apertamente chiesto all’altro di andare insieme in
qualche altro posto.
Durante quel lungo pomeriggio, che si trasformò poi
– troppo velocemente
secondo i due giovani – in sera, iniziarono per la prima
volta a parlare non
soltanto di argomenti inerenti allo spettacolo o leggeri, ma si
aprirono anche
su temi più importanti, confidandosi pensieri che di solito
non condividevano
con altri e finendo a parlare dei misteri dell’universo,
seduti per terra
vicini in un angolo e con una tazza di tè in mano. Erano
così presi dai loro
discorsi che non si erano accorti che il sole aveva ceduto il posto
alla luna e
solo la telefonata preoccupata di Hoseok che chiedeva a Jin se tutto
fosse
apposto li aveva riportati alla realtà. Quella stessa notte
Jin andò a dormire sentendo
che qualcosa tra loro due si era trasformato e si addormentò
stringendo il
cuscino con un sorriso sulle labbra, il cuore che ancora batteva forte
al
pensiero delle ore – ore! Sembravano secondi! –
appena trascorse.
Nonostante
la chiara attrazione che c’era tra loro però,
entrambi erano fondamentalmente piuttosto timidi, per cui la relazione
si era
sviluppata a ritmi davvero geologici. Ad aprile finalmente uno dei due
ebbe il
coraggio di accostare le proprie labbra a quelle dell’altro
in un bacio
progressivamente più appassionato, ma fu solamente diversi
mesi dopo che Yoongi
e Hoseok li sentirono proclamare l’annuncio ci
frequentiamo, ma vorremmo per il momento tenerlo per noi, voi siete gli
unici a
saperlo. I due ragazzi rimasero sorpresi, il che fu piuttosto
divertente
per la coppia, convinta che i loro amici avessero capito da tempo cosa
stesse
bollendo in pentola. Spiegarono che la loro sorpresa era dovuta
unicamente al
fatto che ormai dopo tutto questo tempo avevano creduto che un evento
del
genere non si sarebbe più verificato. Ovviamente si erano
accorti di ciò che
stava accadendo, e non avrebbero potuto essere più felici di
questa unione.
Namjoon e Jin funzionavano davvero, e funzionavano così
perché nonostante le
loro differenze si comprendevano appieno l’uno con
l’altro. Bastava che Jin
sollevasse un sopracciglio perché Namjoon sapesse
esattamente cosa non andava,
allo stesso modo in cui un battito di ciglia di Namjoon era sufficiente
perché
Jin accorresse a porre rimedio a problemi che l’altro non
aveva bisogno di
dire. Anche in questo caso, durante l’episodio del bollitore,
Jin aveva
avvertito la difficoltà di Namjoon di fronte alle domande di
Hoseok. Pur non
guardando la scena perché occupato a rimettere a posto
l’oggetto, i due brevi
secondi in cui il ragazzo aveva pensato a una risposta sulla questione
dell’acqua calda non erano sfuggiti a Jin, e sapendo
l’imbarazzo che doveva
provare aveva prontamente interrotto il battibecco tra i due,
intenzionato a
chiudere la questione il più velocemente possibile per il
bene di Namjoon.
Adesso che i due erano insieme ormai da un po’, questa intesa
era diventata
palese anche durante le ore trascorse a lavorare allo spettacolo. Con
la
frequentazione di Namjoon, Jin aveva col tempo iniziato ad imparare
alcune cose
sulla creazione di musica, o comunque ad avere un’idea
leggermente più precisa
di che tipo di lavoro fosse. Questo fatto, unito a una maggiore
spigliatezza
nei confronti di Namjoon che finalmente poteva permettersi anche
davanti ad
altri, aveva fatto sì che durante le riunioni Jin
contribuisse più di quanto
non avesse mai fatto alle scelte inerenti le musiche per gli
spettacoli. Discutendo
e scambiandosi opinioni apertamente, era chiaro a tutti il livello di
comprensione reciproca dei due giovani. Completarsi le frasi a vicenda
e
anticipare i dubbi dell’altro erano solo alcuni dei segnali
che lo rendevano
evidente. La discussione in atto al momento era dunque per Hoseok solo
una
delle tante in cui era testimone dell’efficienza della
macchina Namjoon/Jin.
–
Lo so che forse i tempi stringono, ma stavo pensando di
cambiare la musica di transizione tra il t- –
iniziò Namjoon.
–
Terzo e quarto atto. – gli si sovrappose Jin – Si,
sono
d’accordo. Non rende molto l’atmosfera
dell’ultima parte della storia.
–
Esattamente. – rispose l’altro osservando
compiaciuto
il proprio ragazzo di fronte a sé. Era davvero orgoglioso di
quanto avesse
imparato nell’ultimo anno e felice di poter contare sul suo
appoggio e aiuto. –
Cosa ne pensi Hoseokah? – chiese poi rivolgendosi a Hoseok
che si era un attimo
distratto a guardar fuori dalla finestra un uccellino che ci stava
volando
davanti.
–
Oh? – Si scosse dalla sua ipnosi. – Si, mi fido di
voi.
In effetti anche io avevo notato che c’era qualcosa che non
andava. – disse
cercando di apparire credibile e prendendo un lungo sorso dalla tazza.
Gli
altri due sorrisero. Jin decise di essere onesto:
–
Ascolta, c’è un’altra cosa che credo non
vada. La tua
scena Hoseokah. Mi dispiace dirlo ma… –
esitò, mordendosi leggermente il
labbro. Namjoon gli venne incontro:
–
È un po’ un disastro. – disse in tono di
verità
scientifica.
Jin
fece un mormorio di assenso, guardando Hoseok con aria
mortificata. Il ragazzo non se la prese.
–Uuuuh!
Lo so davvero! – disse levando gli occhi al cielo
e facendo un risolino. – È una scena difficile,
soprattutto per me che… – si
arrestò di colpo e rimase quasi paralizzato per quella
frazione di secondo
sufficiente a far sì che sia Jin che Namjoon lo guardassero
con sguardo
interrogativo. Riprendendosi dallo spaesamento che l’essersi
accorto di ciò che
stava per dire gli aveva causato, finì in fretta la sua
frase con un:
–
Lo sapete che non sono una persona molto seria. – e li
guardò con un sorriso di scuse. Namjoon alzò le
sopracciglia e annuì,
concordando con l’affermazione, mentre Jin precisò
che nessuno si aspettava
livelli di recitazione alti nel secondo show, ma comunque qualcosa
doveva
essere fatto affinché la scena in questione uscisse se non
da premio Oscar quantomeno
non ridicola.
–
Ho tutto sotto controllo. –
rispose Hoseok sicuro di sé. – Mi
è venuto in
mente ieri sera un modo per migliorare, datemi fiducia.
–
Ovvero? – chiese subito Namjoon, curioso. Hoseok lo
guardò divertito:
–
Tranquillo Joonie, non vi deluderò. Jin si ispira con
grembiulini rosa, io ho altri segreti. – e facendogli
l’occhiolino lanciò un
bacio in direzione di Namjoon. Diverse sfumature di rosso, dal rosa
pallido
allo scarlatto, colorarono in pochi secondi i volti dei due ragazzi,
entrambi terribilmente
imbarazzati all’idea che qualcuno dei loro amici pensasse
davvero che sarebbero
stati capaci di fare qualsiasi genere di attività con
quell’coso. Dopo un breve
momento di
confusione causato dall’allusione di Hoseok, tutti e tre si
ricomposero e si
rimisero a lavoro, cercando di finire prima possibile la revisione dei
punti
più urgenti.
Passata
all’incirca quasi un’altra ora, finalmente furono
liberi di tornare a casa e soddisfare i loro stomaci che avevano
già iniziato a
brontolare vistosamente. Messa giù la matita, Namjoon si
tirò indietro sulla
sedia, sollevò le braccia e si stirò emettendo un
lungo suono gutturale. Così
facendo espose agli occhi di Jin la macchia di caffè che
aveva sulla manica
destra della camicia di jeans. Sapeva quanto al ragazzo desse fastidio
quando
indossava capi non perfettamente puliti, ma quella mattina si sentiva
troppo
spossato per riuscire a riflettere su ciò che doveva
mettersi addosso. Si
accorse dello sguardo di disapprovazione di Jin e abbassò
subito le mani,
scattando in piedi e cercando di deviare l’attenzione:
–
Cosa c’è per pranzo Jinnie? Non vedo
l’ora di riempire
lo stomaco.
–
Non sono ancora sicuro, mi farò ispirare dal
frigorifero. – rispose composto Jin, consapevole della
tattica di Namjoon, ma
deciso a lasciar correre per il momento. Ne avrebbero parlato dopo, non
c’era
bisogno di farlo ora di fronte a Hoseok, il quale probabilmente voleva
anche
lui sbrigarsi a tornare a casa.
–
Io credo comprerò qualcosa per strada, non penso di
aver più nulla in frigo con cui poter prepararmi un pasto
decente. – disse
Hoseok pensieroso.
–
Forse intendevi tutto quello che ha cucinato Jungkook è
finito? Anche se avessi avuto un’intera cucina piena di
ingredienti non avresti
mai cucinato comunque Hoseokah. – lo punzecchiò
Namjoon sorridendo. Il ragazzo
ridacchiò e Jin chiese:
–
Kookie non c’è?
–
No, credo sia da Taehyungie per un progetto di cui si
stanno occupando insieme.
Jin
registrò l’informazione, annuendo e iniziando ad
infilarsi il cappotto. Imitandolo, gli altri due fecero lo stesso.
Sull’uscio
della sede, mentre Jin stava per chiudere la porta sentì il
telefono che teneva
nella tasca posteriore dei jeans squillare nello stesso momento in cui
Hoseok
tirava un urletto e chiedeva di rientrare perché aveva
dimenticato la sua
sciarpa all’interno. Un po’ in confusione Jin fece
spazio per farlo passare e
mentre il ragazzo entrava disse ad alta voce, ma chiaramente parlando
tra sé:
–
Mi è arrivato un messaggio? – e fece per portare
un braccio
dietro la schiena, fermato però tempestivamente da
un’altra mano. Era Namjoon,
il quale mentre lui chiudeva la porta gli era dietro a qualche passo di
distanza ed ora aveva evidentemente deciso di compiere
un’audace avanzata.
–
Si, ti è arrivato un messaggio. – rispose. Aveva
sentito
anche lui lo squillo e siccome Jin gli si trovava davanti aveva anche
visto il
cellulare illuminarsi e dunque individuato la sua posizione.
Approfittando
dell’inaspettato allontanamento di Hoseok aveva avuto la
fulminea idea di accostarsi
al suo ragazzo ed occuparsi lui stesso dell’estrazione
dell’oggetto dalla
tasca. Sentendolo dietro di sé Jin istintivamente gli si
addossò ancora di più.
Stringendo il ragazzo da dietro con un braccio, Namjoon si sporse a
dargli un
bacio sulla guancia mentre con la mano libera indugiava più
del necessario
sopra la tasca dei pantaloni.
–
Ecco. – disse alla fine estraendo il telefono. Jin si
girò e lo baciò delicatamente. Gli prese poi il
telefono dalle mani e sbloccò
lo schermo. Si sentì da dietro arrivare la voce di Hoseok:
–
Scusate, ho bevuto svelto un bicchiere d’acqua, non resistivo
un’altra mezz’o… Ma vedo che non stavate
sentendo la mia mancanza. – aggiunse
ironico accorgendosi della posizione dei due ragazzi. Si staccarono
ridacchiando. Mentre Hoseok chiudeva la porta e Namjoon si avviava
all’ascensore Jin lesse finalmente il messaggio e si
lasciò scappare
un’esclamazione di gioia. Namjoon si girò sorpreso
verso di lui.
–
Cosa
c’è?
–
Ho appena ricevuto avviso dal corriere che entro
massimo dopodomani mi consegneranno il quadro che avevo ordinato.
Ricordi?
Quello che ti ho fatto vedere tre giorni fa.
–
Un quadro? – chiese Hoseok.
–
Un quadro Hoseokah si. Noi poveri studenti compriamo
videogiochi e lui compra quadri.
–
Compro anche io videogiochi! – rispose Jin risentito
– Ma
quel muro in sala vicino alla porta d’ingresso mi sembra
così spoglio senza
nulla appeso…
–
Così hai comprato un quadro.
–
Così ho comprato un quadro, Joonie, si. – e gli
fece
una linguaccia ridendo.
L’arrivo
dell’ascensore interruppe la conversazione.
Sentendosi un passo più vicini al pranzo i tre ragazzi vi si
fiondarono dentro.
Dopo qualche secondo di silenzio Jin disse:
–
Tanto per ricapitolare, la festa si terrà a partire
dalle nove e mezza. Quindi io direi di dire agli altri quattro di
vederci attorno
alle otto, che dite?
Sia
Hoseok che Namjoon furono d’accordo. Hoseok chiese
poi se avessero già una mezza idea su quanta gente sarebbe
venuta, al che
Namjoon guardò Jin perché anche lui aveva lo
stesso dubbio. Jin, che aveva
tenuto più o meno il conto sia delle persone che avevano
già risposto
ufficialmente sia di quelle che avevano anticipato un sì
quasi sicuro, rispose
che per il momento ci sarebbero state circa una quarantina di persone.
Il
numero non era impressionante, considerato che solo il gruppo della
compagnia
di teatro era composto da diciotto persone e ognuno di loro avrebbe
portato
almeno un amico. L’invito non era esteso a tutti
incondizionatamente, ma i
ragazzi erano abbastanza flessibili su quante persone extra ogni ospite
ufficiale potesse portare, a patto che lo facessero presente.
–
A casa lo diremo anche a Yoongi. – aggiunse Namjoon.
–
E poi qualcuno dovrà scrivere un messaggio sul gruppo di
Katalk per riepilogare
tutto ciò che dobbiamo preparare.
–
Si quello posso farlo io tranquillamente più tardi
–
disse Jin, uscendo finalmente dall’ascensore.
Per
strada i tre ragazzi si salutarono velocemente,
stringendosi nei loro cappotti in un tentativo di riparo dal freddo
pungente, e
si avviarono in direzioni opposte verso le rispettive fermate del bus,
Namjoon
e Jin tenendosi per mano verso destra, Hoseok verso sinistra.
*****
–
Perché non avete scritto l’orario subito su
Katalk?
Dobbiamo passarci le comunicazioni a voce alle soglie del 2017?
– disse Jimin
rivolgendosi con sorpresa a Namjoon. Si trovava seduto al tavolo della
cucina
di casa Min/Kim, con le gambe che si muovevano ciondoloni sullo
sgabello troppo
alto per lui. Era un’impresa salirci sopra, ma era il suo
posto preferito. Non
sapeva bene come ci fosse finito uno sgabello da bar nella loro cucina,
ma lo
trovava divertente, per cui appena poteva se ne appropriava. Davanti a
lui si
trovava Yoongi, seduto su una sedia normale e con l’iPod tra
le mani. Namjoon
era invece al bancone, occupato a farsi un altro caffè. Non
riusciva davvero a
scuotersi questa sonnolenza di dosso oggi. Si era cambiato. La camicia
di jeans
era finita in lavatrice il momento esatto in cui aveva messo piede
dentro casa.
Jin gliela aveva tolta di dosso con una tale foga che lì per
lì il poverino si
era illuso e aveva pensato l’altro fosse stato colto da un
momento di passione.
Si era però accorto subito con delusione che in quel momento
l’unica passione
ad occupare la testa di Jin era quella per i vestiti freschi di bucato.
Con un
sospiro aveva lasciato che il suo ragazzo si dirigesse come una
scheggia al
bagno di servizio per metter via la camicia sporca e si era avviato
verso la
sua camera alla ricerca di qualcosa di più pesante da poter
mettere sopra la
maglietta di cotone grigia. Fatto ciò si era allungato sul
divano, Jin già in
postazione in cucina pronto a preparare il pranzo per lui e gli altri
due
ragazzi. Mentre stavano finendo di mangiare il campanello aveva suonato
e
Yoongi era andato ad aprire, tornando verso il tavolo insieme a Jimin,
avvolto
in una sciarpa enorme per lui, zainetto alle spalle, un ombrello in una
mano e
una busta di carta in un’altra. Adesso Jin era andato a
riposare, mentre
Namjoon contava sul caffè per rimanere sveglio di fronte al
libro che aveva
intenzione di mettersi a leggere dentro il suo letto. Non sarebbe
riuscito a
combinare molto altro oggi.
–
Jiminie è vero, non ci abbiamo pensato – rise
Namjoon
scuotendo la testa con fare rassegnato.
–
E voi tre oggi vi sareste riuniti a discutere dettagli
sullo spettacolo da soli? Terrò la vostra compagnia nelle
mie preghiere. –
Yoongi aveva proferito queste parole senza alzare gli occhi
dall’iPod. Jimin lo
guardò divertito, mentre Namjoon portava una mano in alto in
segno di resa e
attraversando la cucina diretto verso la propria camera annunciava che
da quel
momento avrebbero potuto occuparsi di tutto loro due, lui non avrebbe
sollevato
obiezioni. Yoongi annuì soddisfatto e Jimin sorridendo prese
il telefono. Fece
scorrere velocemente le piccole dita sulla tastiera e inviò
messaggi sulla chat
di gruppo di KakaoTalk.
---
giovedi 29 dicembre 2016 ---
Jimin
14:38
Per
Kookie e Taehyungie che ancora non
sanno:
il 31 ci vediamo alle 20:00 J
14:39
Jin
hyung aggiornerà meglio su dettagli
organizzazione
14:39
Presto!
14:40
per favore :P
–
Fatto! – annunciò soddisfatto al ragazzo di fronte
a sé. Scese con un
piccolo salto giù dallo sgabello e gli si
avvicinò. – Andiamo in camera tua?
Yoongi
fece un cenno d’assenso e si alzò anche lui.
*****
Bzzzz.
Il
suono di un telefono che vibrava fece sollevare la
testa a Jungkook. Tiratosi su sulle ginocchia cercò con gli
occhi la direzione
del rumore e individuò in pochi secondi il cellulare di
Taehyung, lasciato sul
tavolo.
–
Il tuo telefono. – disse prima di rimettersi giù,
viso
rivolto al foglio di cartone sul pavimento, gomiti per terra,
pennarello in
mano. Dopo mezzo minuto si rese conto che Taehyung non aveva sentito
né la
vibrazione, né quello che aveva detto. Lo scosse piano su
una spalla. Il
ragazzo fece un suono sorpreso, come se lo avessero appena svegliato.
Il punto
però era che non stava dormendo, ed era esattamente questo
ciò che non finiva
mai di meravigliare Jungkook quando scene del genere accadevano. Era
mai
possibile isolarsi in quel modo?
–
Il tuo telefono ha vibrato, hai ricevuto un messaggio.
– Aveva aggiunto il secondo dettaglio
nell’eventualità che durante il suo
viaggio fuori dall’orbita terrestre la mente di Taehyung
avesse dimenticato i
dettagli più comuni del mondo in cui viveva. Il
più grande smise di fare ciò
che chiaramente stava richiedendo tutta la sua attenzione e si
sollevò da
terra. Il progetto del corso di fotografia che lui e Jungkook seguivano
insieme
di cui si stavano occupando al momento aveva inaspettatamente richiesto
più
spazio di quanto avevano programmato all’inizio. Una serie di
scatti in bianco
e nero e di cartoncini beige era sparsa sul tavolo posto al centro
della
cucina-sala nel piccolo appartamento affittato da Taehyung e Jimin.
Altri
cartoncini, un tubetto di colla e alcuni pennarelli si trovavano
sparpagliati
sul pavimento freddo, a cui Jungkook e Tae avevano chiesto accoglienza
visto il
loro bisogno di ulteriore superfice per lavorare.
–
Chi è? – chiese Jungkook sollevando il viso verso
Taehyung.
–
Jiminie. – gettò un velocissimo sguardo
sull’altro
ragazzo – Ci avvisa che sabato ci vediamo tutti alle otto.
Jungkook
annuì. Taehyung rimise il telefono al suo posto
tra le carte del tavolo, si sedette di nuovo a terra con le gambe
incrociate e
guardò il lavoro fatto fino a quel momento. Ci stavano
mettendo un’eternità a
finire questo progetto. Oltre al non riuscire ancora a trovare soggetti
da
fotografare che li soddisfacessero davvero, ci si aggiungeva anche il
fatto che
lavorare insieme seriamente e con concentrazione per più di
dieci minuti era
per loro quasi impossibile. Quasi coetanei, i due ragazzi si erano
presi fin
dal momento in cui si erano conosciuti. La loro amicizia era diventata
subito
forte, merito anche della vivacità e del carattere
estroverso di Taehyung. Si
era accorto piuttosto presto che Jungkook era più riservato
di lui e per questo
all’inizio era stato tra i due quello che maggiormente aveva
compiuto passi in
direzione dell’altro. Per far sì che il ragazzo
prendesse facilmente con
confidenza con lui, aveva organizzato nel primo periodo una serie di
attività
infinite, proponendo a Jungkook di vedersi quasi ogni giorno, fosse per
un
cinema o un pranzo fuori. Lo stesso corso che adesso frequentavano
insieme era
stata una proposta di Taehyung, fatta appena l’altro ragazzo
aveva accennato al
suo amore per la fotografia. Gli aveva anche poi raccontato qualche
dettaglio
in più su sé stesso e sulla sua vita, sperando
così che in quel modo Jungkook anche
si aprisse un po’ più a lui e lo iniziasse a
considerare un suo amico. Poiché
quando si erano incontrati il più piccolo si era trasferito
a Seul da poco,
all’epoca non conosceva ancora bene nessuno e dunque Taehyung
ci teneva a fargli
capire che poteva contare sul suo appoggio in qualsiasi momento.
Ricordava la
difficoltà che aveva avuto lui stesso ad adattarsi ai ritmi
di quella città
gigantesca ed estremamente popolata. Era stata dura, e lui poteva
almeno dire
di avere Jimin vicino a sé. Fin da subito non
poté dunque fare a meno di
mettersi nei panni di Jungkook e sentire un moto di simpatia istintiva
nei suoi
confronti. Come sperato il ragazzo si era a poco a poco sciolto sempre
di più
ed in capo a tre-quattro mesi si poteva dire completamente integrato
anche
all’interno del gruppo dell’appartamento 503.
Adesso sarebbe stato difficile
per Taehyung immaginarli tutti insieme senza la presenza del
più giovane. A
differenza del primo periodo, ora la sua personalità usciva
completamente fuori
di fronte a tutti loro e non si poteva dire che la sua presenza fosse
semplice
da ignorare. Non era probabilmente rumoroso come Hoseok, e forse
neppure come
Taehyung, ma gli piaceva stuzzicare tutti, aveva la battutina sempre
pronta, e
appena poteva non si lasciava sfuggire un’occasione per
mettere in mostra uno
dei suoi – ben numerosi – talenti. Quando poi si
ritrovava con Taehyung creava
ancora più confusione, contagiato dalla vitalità
del primo che bene si
accordava con la sua energia. Essendo abituati a giocare tra loro tutto
il
tempo era dunque assai improbabile che riuscissero a rimanere insieme
nella
stessa per ore senza distrarsi e iniziare qualche genere di
attività totalmente
scollegata dal lavoro che avrebbero dovuto fare, come mettersi a
cantare o
guardare video stupidi al telefono. Il loro gusto e la loro
sensibilità in
fatto di fotografia era però molto simile per cui nessuno
dei due avrebbe
voluto occuparsi di questo progetto con un altro partner. Sapevano che
lavorando insieme non avrebbero avuto discussioni e che le idee
dell’uno
sarebbero state accolte positivamente dall’altro e, al
massimo, migliorate dai
suoi consigli. Per questo motivo anche se ancora si trovavano parecchio
indietro sul programma che avevano tentato di seguire, Taehyung non
rimpiangeva
comunque neppure un secondo passato a lavorare insieme a Jungkook.
Nemmeno i
secondi che erano stati sprecati a ridere o mangiare un gelato quando
avrebbero
dovuto essere alla ricerca di buoni soggetti da fotografare.
–
È inutile che fissi Taehyung. La risposta è
sì, siamo
indietrissimo. –
Jungkook si era accorto
di come Taehyung stava guardando l’ammasso di fogli davanti a
lui. Imitando
l’amico si mise anche lui a gambe incrociate e
continuò:
–
In teoria non andrebbe nemmeno così male visto che
manca ancora un mese alla presentazione, ma considerando che i giorni
dopo la
festa saremo probabilmente K.O. e poi dal nove riprendono le lezioni
sarebbe
stato meglio che fossimo riusciti a fare di più. –
Si portò una mano all’orecchio
e iniziò a giocherellare distrattamente con il piccolo
cerchietto
dell’orecchino, fissando il suo cartoncino pensieroso. Gli
occhi grandi di Taehyung
si puntarono su di lui. Dopo un momento di silenzio Jungkook
sollevò lo sguardo
su Taehyung che ancora lo stava fissando e fece una risatina, dicendo:
–
Scusa, sembrava stessi riflettendo sul progetto, ma
stavo solo pensando a cosa cucinare questa sera!
–
Come? – esclamò Taehyung – Credevo
stessi creando
qualche idea geniale!
Jungkook
rise, gli occhi che gli brillavano. Chiese di
nuovo scusa e poi fece presente all’amico che non era nella
posizione adatta
per poter rimproverare nessuno per essersi un attimo incantato a
pensare ad
altro. Taehyung alzò le mani in segno di resa:
–
Vero, vero, ok, hai vinto tu. – e sorridendo
guardò
l’altro ragazzo negli occhi. I due rimasero qualche secondo
in silenzio
fissandosi finché entrambi non scoppiarono a ridere. Ogni
tanto ingaggiavano
dal nulla queste gare e solitamente finivano in parità, come
era accaduto adesso.
Riprendere ciò che avevano interrotto fu faticoso, ma dopo
circa dieci minuti
le loro teste erano di nuovo abbassate e per un po’ di tempo
non vi furono
altri suoni nella stanza al di fuori del fruscio di fogli e dello
stridio dei
pennarelli.
–
Per la festa. – iniziò Jungkook ad un certo punto
– Jin
utilizzerà di nuovo la sua macchina?
–
Credo di sì.
Jungkook
fece un mormorio come a dire di aver inteso. Due
di loro avrebbero dunque dovuto utilizzare i mezzi per raggiungere la
casa.
L’anno scorso erano stati Hoseok e Taehyung – a
Jungkook era stato lasciato un
posto come simbolo di benvenuto, mentre Jimin, a quanto il ragazzo
aveva capito
dai racconti degli anni precedenti, in qualche modo aveva sempre il
passaggio
assicurato con gli hyungs – mentre per quest’anno
Jungkook aveva già in mente
un’idea. Dopo aver aspettato qualche secondo chiese di nuovo:
–
Jimin-hyung dov’è? Sei da solo oggi?
Tae
alzò la testa.
–
È da Yoongi-hyung. Non so quando torna. Devi parlargli?
–
Ero solo curioso. – rispose Jungkook continuando a
disegnare sul foglio davanti a sé.
Il
pomeriggio avanzò lento. Per cercare di essere il
più
produttivi possibile, i due ragazzi si imposero più volte,
con tanto di
cronometro, blocchi di tempo in cui era vietato distrarsi o parlare di
altro
che non fosse il progetto, alternando dieci minuti di totale silenzio a
dieci
minuti più rilassati. Così facendo, riuscirono ad
avanzare almeno un po’ nel
loro lavoro. Attorno alle quattro e mezza Jungkook si alzò
un momento e si
stirò. Era esausto e aveva raggiunto il suo limite per oggi.
Anche Taehyung
aveva già da un po’ dato segni di essere stanco,
per cui probabilmente da lì a
poco avrebbero rimesso a posto e archiviato tutto per quel giorno.
Andò al
tavolino, fece per cercare alcune fotografie e spinse il bottone
rotondo del
cellulare dell’amico. Lo schermo si illuminò,
scoprendo le grandi cifre
numeriche che segnavano l’ora e Jungkook istintivamente
gettò gli occhi verso
la porta d’ingresso. Sentì Taehyung alzarsi e
voltandosi verso di lui gli
chiese se voleva un tè. Il ragazzo rispose affermativamente
e si lasciò cadere
pesantemente su una sedia. La schiena gli faceva male per via delle ore
trascorse a terra, e il suo amico aveva passato una quantità
sufficiente di
tempo in casa sua per potersi occupare da solo della preparazione. Non
che ci
volesse molto a prendere dimestichezza con la cucina di Taheyung, o
anche della
casa intera. Il locale che avevano in affitto era semplice e
decisamente non grande
quanto l’appartamento 503. L’arredamento era
essenziale e le stanze – due
camerette singole, un bagno, una stanza di servizio e una zona giorno
comprendente un piano cucina – avevano solo il mobilio e gli
utensili necessari
per svolgervi in tranquillità le funzioni a cui erano
adibite. Anche dopo
un’ora chiunque avrebbe saputo dove trovare il necessario per
cucinare. Aspettando
che la loro acqua bollisse Taehyung
e Jungkook si misero a parlare del più e del meno, mai a
corto di argomenti
quando si trovavano insieme. Al fischio della teiera fu il
più grande ad
alzarsi questa volta. Con una presina dagli angoli lisi in mano la
tolse dal
fuoco e versò l’acqua bollente nelle grandi tazze
azzurre che Jungkook aveva
preparato sul bancone. Aggiunse lo zucchero e portò poi il
tutto in tavola,
accompagnato nel suo tragitto da nuvolette di vapore.
–
Due cucchiaini per te, uno per me – disse sorridendo.
–
Grazie Taehyungie. Fa un po’ freddo qui dentro.
Taehyung
annuì e rispose:
–
Lo so, abbiamo qualcosa che non va con il nostro
riscaldamento. Non so se il problema è il termosifone o
altro. Dovremmo
chiamare qualcuno.
Jungkook
fece un sorso di tè e si chiese se lo avrebbero
mai effettivamente fatto. Né Taehyung né Jimin si
potevano definire tipi dal
senso pratico. Jungkook ne aveva invece da vendere e lo avrebbe messo
volentieri a disposizione della vita quotidiana di almeno uno dei due.
Deglutì il
tè leggermente più forte del normale al pensiero.
–
Non ci vuole molto a fare una telefonata, lo potete
anche fare appena Jimin hyung torna. Che ha da fare così a
lungo da
Yoongi-hyung?
–
Uh? – Fu la risposta spaesata di Taehyung. –
Perché,
che ore sono?
–
Quasi le cinque credo.
Taehyung
si buttò sul suo telefono a controllare. Quasi
sobbalzò vedendo che quanto l’altro aveva detto
era vero. Se qualcuno glielo
avesse chiesto avrebbe giurato non fossero nemmeno le tre e mezza.
Quando si
erano fatte le cinque?
–
Non mi ero accorto fosse così tardi! –
esclamò, gli
occhi fattisi più grandi dalla sorpresa. Jungkook sorrise e
prese un altro
sorso. Taehyung si rimise con le spalle sulla sedia tirando uno sbuffo.
–
Spero torni per cena, non ho voglia di mangiare da
solo. – disse mettendo su il broncio. Guardò poi
Jungkook, come in attesa di
qualcosa dal ragazzo, il quale però sembrava essersi fissato
in un punto nel
vuoto. Taehyung alzò gli occhi al cielo portandosi la tazza
alla bocca.
–
Jungkookie! – esclamò di colpo.
Come
ridestatosi, Jungkook dette un piccolo sussulto e quasi per riprendersi
gli venne istintivo poggiare la tazza sul tavolo e tirare su le maniche
del
maglioncino beige per coprirsi le mani. Taehyung aveva notato che era
un gesto
che faceva spesso. Con le mani coperte a metà e
più al caldo di prima Jungkook
riprese la sua tazza e chiese scusa all’amico prima di bere
una lunga sorsata.
Taehyung aprì la bocca per chiedere cosa gli passasse per la
testa, ma si fermò
di colpo, mordendosi il labbro. Rimasero un altro po’ in
silenzio a finire il
loro tè, ognuno immerso nel corso dei propri pensieri, prima
di rompere la quiete
e iniziare a discutere di cosa dovessero occuparsi la volta successiva.
Finito di
prendere accordi, Jungkook disse che doveva andare via. Mentre
raccoglieva il
suo zainetto, Tae gli passò il cappotto che aveva
abbandonato sul divano quando
era arrivato quella mattina, raggiante all’idea che ci fosse
un po’ di sole
dopo il finimondo che era venuto giù la notte precedente.
Adesso era già
l’imbrunire e intravedendo il cielo scuro alla finestra
Taheyung non poté fare
a meno di pensare a come le giornate passassero sempre così
in fretta quando si
trovava in compagnia del ragazzo. I due si salutarono sulla soglia,
dicendo che
si sarebbero risentiti per telefono l’indomani per altri
dettagli sulla festa e
rivisti direttamente il sabato. Quando la porta si fu chiusa dietro di
lui,
Jungkook si avviò verso l’ascensore. Durante
l’attesa che la macchina scendesse
dal decimo al quarto piano e poi nel tragitto fino al piano terra
rimase
pensieroso. Sapeva ciò che doveva fare, ma aveva timore e
non riusciva a
decidersi. Ma era o ora o più. Jungkook era una persona
competitiva, non solo
con gli altri, ma anche con sé stesso. Anche in questo caso
la sfida era verso
di sé. Si era dato dei limiti. Oltre quelli avrebbe perso.
Si dette l’indomani
pomeriggio come termine ultimo. Forse lo avrebbe fatto prima o forse
no. Non lo
sapeva. La sua solita sicurezza gli mancava del tutto, e la sensazione
non gli
piaceva. Comunque sia, pensò, domani a quest’ora
dovrei già sapere il verdetto.
Uscì dal portone principale del palazzo e iniziò a camminare
a passo spedito sotto un cielo
che si rabbuiava di nuvoloni neri, chiedendosi perché
diamine mezza giornata dovesse
sembrare così lunga.
*****
Il
tepore lo investì appena mise piede dentro
l’appartamento. Posò il sacchetto che aveva in
mano vicino al muro, si sbattè
la porta alle spalle e scosse la testa con un brivido. Fuori era
davvero
freddissimo. Mentre sistemava il suo cappotto
nell’appendiabiti vicino allo
specchio sentì dei passi trotterellanti venire verso di lui
e poi una voce
squillante:
–
Jungkookieeeeee! – Hoseok abbracciò con entusiasmo
il
ragazzo appena rientrato. Aveva sentito dalla cucina la chiave sulla
toppa e si
era precipitato ad accoglierlo. – Mi sei mancato oggi!
Cercando
di liberarsi dalla morsa del più grande,
Jungkook rise e chiese se gli servisse qualcosa. Hoseok si finse offeso
all’allusione dell’amico, ma davanti allo sguardo
eloquente dell’altro cedette.
Kookie era troppo bellino per poter mentire al suo bel faccino.
–
Ti prego-ti prego-ti prego, prepara qualcosa di buono
stasera perché a colazione mi sono dovuto arrangiare e a
pranzo ho mangiato un
tristissimo panino fuori. – disse in un sol fiato con
trasporto e chinandosi in
avanti a mo’ di preghiera. Jungkook scoppiò a
ridere, soddisfatto:
–
Non preoccuparti, la tata è arrivata. Sono appena stato
al supermercato a comprare qualcosa.
Hoseok
saltò in aria, lanciando un urletto emozionato e
improvvisando una piccola danza per esprimere la sua gioia. Jungkook
entrò in
cucina, sacchetto alla mano, sorridendo. Hoesok era la persona
più rumorosa che
avesse mai incontrato. Non aveva neppure idea che si potesse essere
così sonori
e chiassosi prima di conoscerlo. Aprì il frigo e notando che
era semivuoto
sentì addosso quel senso di colpa che forse avevano anche le
madri quando si
accorgevano di non aver provveduto ad un bisogno primario del figlio.
Hoseok
era effettivamente un po’ come un bambino. Bisognava
prendersi cura di lui in
un determinato modo e da questo punto di vista la convivenza con
Jungkook
rappresentava una soluzione ideale. Molto più maturo di
quanto la sua giovane
età potesse far credere, Jungkook era incredibilmente
autonomo e data la sua
personalità dominante non aveva problemi a prendere in mano
le redini e
mettersi sulle spalle qualche compito in più. Era lui che si
occupava di cose
come pensare e cucinare i pasti, organizzare i turni di pulizia e
ricordare
quando era tempo di andare a buttare la spazzatura. Aveva capito fin
dai primi
giorni in cui si era trasferito in questo appartamento come fosse fatto
Hoseok,
ma in tutta onestà non poteva dire che la cosa gli pesasse.
Gli piaceva
sentirsi utile e necessario, e anche in questo Hoseok era un match
perfetto per
lui. Privo di ogni senso del pudore o dell’imbarazzo, Hoseok
non aveva la
minima difficoltà a ricordare al ragazzo più
piccolo numerose volte al giorno
sia verbalmente che con manifestazioni fisiche quanto fosse grato di
averlo in
casa con lui e quanto apprezzasse ciò che faceva, a partire
dalla sua cucina.
Hoseok era in effetti al settimo cielo per il modo in cui si era
evoluta la
loro convivenza e non sarebbe potuto essere più contento del
suo coinquilino. A
lui piaceva sentirsi coccolato, mentre a Jungkook sentire di avere il
comando.
Senza saperlo Taehyung aveva portato insieme sotto lo stesso tetto due
soggetti
con il 100% di compatibilità.
Hoseok
seguì Jungkook in cucina, canticchiando sottovoce
un motivetto allegro. Mettendosi a sedere sul bordo del tavolo chiese
all’altro
come fosse andata la giornata. Si guardò bene invece dal
chiedere se il ragazzo
avesse bisogno di una mano a mettere a posto la spesa.
–
Cosa hai preso di buono? Devo decidere se domani ci
sarò a pranzo o no.
–
Cosa intendi? – chiese Jungkook mentre sistemava due
cartoni di succo di frutta.
–
Voglio dire che in base a ciò che avevi pensato di
cucinare decido se andare da Yoongi direttamente a pranzo o subito
dopo. –
Guardò per terra – C’è una
cosa importante di cui devo parlargli.
Mentre
diceva queste parole sentì un tonfo sordo seguito
un’imprecazione. Alzò lo sguardo e vide Jungkook
piegato a terra di fianco al
frigo che scopriva i danni fatti dalla caduta del cartone di uova.
Hoseok si
mise a ridere e venne in aiuto, strappando dal rotolo sul bancone
qualche
tovagliolo di carta e tendendolo all’amico. Prendendo i
quadratini di carta in
mano Jungkook imprecò di nuovo:
–
Merda!
–
Succede Kookie. Tranquillo, adesso lì pulisco io.
– lo
tranquillizzò Hoseok posandogli veloce una mano in testa e
scompigliandogli un
po’ i capelli. Jungkook annuì e andò a
buttare la scatola di cartone ormai
piena di gusci vuoti. Mentre prendeva uno strofinaccio per ripulire il
pavimento dalla pozza di albumi e tuorli Hoseok chiese:
–
Stavo dicendo prima che forse domani a pranzo sono da
Yoongi. Però se hai in mente di cucinare qualcosa di buono
vado nel pomeriggio.
–
Anche Jin potrebbe cucinare qualcosa di buono. –
rispose Jungkook sorridendo. Si era riavvicinato al frigorifero e stava
mettendo dentro le ultime verdure rimaste nella busta.
–
Però lo sai che ormai sei tu la mia cuoca preferita
Kookie. – Rispose Hoseok sollevandosi da terra e facendoli
l’occhiolino. Il più
piccolo ridacchiò, poi accartocciò il sacchetto
di plastica, lo mise
velocemente in un cassetto e sospirò.
–
Domani non mi vedo con Tae, per cui se a pranzo ci sei
a farmi compagnia sono contento. Si, ho in serbo qualcosa di buono.
–
Allora sono qui tutto tuo! – disse Hoseok entusiasta.
Andò poi verso il bagno per mettere in lavatrice il panno
sporco, mentre
Jungkook si avviò verso la sua stanzetta. Si
lasciò cadere sul letto, la mente
affollata da un unico pensiero e decise di provare a dormire un pochino
prima
di iniziare a preparare la cena.
Si
risvegliò dopo un sonno profondo, e per prima cosa
guardò il telefono.
Segnava le sette meno cinque, quindi capì di aver dormito
circa un’ora. Quando
entrò in cucina trovò Hoseok disteso sul divano,
dei pantaloni pesanti grigi e
una felpetta nera addosso, un cuscino stretto tra le braccia e gli
occhi
incollati allo schermo del televisore. Si era messo una fascetta sulla
fronte
per tenere indietro il ciuffetto di capelli castano scuro e sembrava
così più
piccolo dei suoi ventidue anni. Il suo viso serio e preoccupato fece
sorridere
Jungkook. Si sentiva uno dei pochi eletti ad avere il privilegio di
vederlo in
questa modalità. Tolto quando si esercitava su qualche
coreografia
particolarmente complessa, solamente mentre guardava drama era
possibile vedere
una tale espressione sul suo volto. Tirò fuori gli
ingredienti che gli
occorrevano dal frigorifero ed iniziò a preparare la cena.
Le sere erano
tranquille in casa Jung/Jeon. Per quanto fosse una persona piena di
energie quando
il sole tramontava ad Hoseok piaceva rimanere dentro e godersi una
buona cena
con calma in compagnia dell’amico, magari guardandosi subito
dopo un buon film.
Aveva spesso declinato inviti da parte dei suoi amici di accademia ad
uscire
fuori in qualche club o bar. Nonostante la sua estroversione e voglia
di
vivere, era fondamentalmente una persona abitudinaria a cui piaceva
avere la
propria routine e passare il tempo in compagnia delle persone che
conosceva
meglio e con cui si sentiva più a suo agio. A Jungkook
andava bene così.
Nemmeno lui era tipo da feste tutte le sere. Ogni tanto certo si univa
al
gruppo di amici che si era fatto in un’università,
ma non di frequente.
Preferiva anche lui rimanere nella cerchia di coloro con cui era
più legato,
ovvero, ormai, il gruppo del 503. Questi ragazzi erano stati una
benedizione
nella sua vita, e Taehyung quel giorno davvero un angelo caduto dal
cielo. Se
tutto fosse andato come sperato alcuni suoi legami si sarebbero fatti
ancora
più importanti.
*****
Si
era fatto estremamente tardi e non capiva come.
Sarebbe dovuto rimanere solo un paio d’ore e invece erano
già le sette. Jimin stava
camminando lungo la strada fuori dal palazzo del 503, bene attento a
dove
metteva i piedi. Avrebbe voluto affrettarsi, ma il marciapiede
ghiacciato non
glielo consentiva. Chissà se Taehyung lo avrebbe aspettato
per cena. Pensò che
non lo aveva neppure avvisato che avrebbe fatto così tardi e
si sentì in colpa.
Però se non lo aveva ancora cercato significava che almeno
non si era
preoccupato. Il pomeriggio era davvero volato in un lampo. Era andato a
casa di
Yoongi per riportargli alcuni fumetti che gli aveva prestato e poi
perché il
ragazzo voleva fargli ascoltare delle nuove musiche che aveva composto.
Jimin
ancora non riusciva ad abituarsi al senso di piacere che gli dava il
sapere di
essere uno tra i pochi, se non il solo, a venire messo a conoscenza
delle
creazioni di Yoongi-hyung. Era sempre contento poi di poter aiutare il
più
grande dicendo le sue idee ed opinioni su ciò che gli faceva
ascoltare. Si
chiedeva spesso perché una persona intelligente e abile come
Yoongi ascoltasse
ciò lui avesse da dire, ma non lo avrebbe mai detto ad alta
voce. Sapeva quanto
il ragazzo fosse geloso di ciò che componeva e
l’idea di essere non solo messo
a conoscenza di ciò che creava ma di poter essere
addirittura una possibile
influenza nel processo di creazione lo faceva sentire troppo speciale
per dare
voce ai suoi stupidi dubbi. Yoongi-hyung sapeva cosa doveva fare e se
chiedeva
a lui un motivo doveva esserci, Jimin di questo era sicuro. Dal momento
dunque
che Yoongi era sinceramente interessato alle opinioni di Jimin, gli
incontri
tra i due finivano sempre per protrarsi a lungo. Era difficile spesso
accorgersi delle ore che passavano anche perché ormai Jimin
non si sentiva più
come un ospite, ma esattamente come se fosse nel suo appartamento.
Passava
sempre così tanto tempo dentro quella casa. Le
immagini che aveva impresse nella mente delle prime volte che
c’era stato
sembravano appartenere a un altro. Nei suoi ricordi dei primi giorni
trascorsi
nel 503 la casa appariva diversa, poiché gli occhi con cui
la guardava all’epoca
erano diversi. Tutto era estraneo e ne aveva avuto quasi soggezione
all’inizio
viste anche le dimensioni così maggiori rispetto al modesto
appartamentino che
aveva affittato con Tae. Adesso avrebbe potuto descrivere ogni angolo
di quella
casa, ogni fessura, ogni sportello. Sapeva dove si trovavano le riserve
di
cibo, il contatore dell’acqua ed il kit
d’emergenza. Dove Jin aveva i prodotti
per il bucato, dove Namjoon metteva i suoi videogiochi e dove Yoongi
riponeva
la scatola dentro cui teneva la sua collezione di guide turistiche di
posti che
non aveva mai visitato. Poteva chiudere gli occhi e vedere ogni singolo
graffio
lasciato sul pavimento della sala da lui e Hoseok con le loro scarpette
da
danza.
Il
motivo per cui
aveva iniziato a frequentare il 503 era stato proprio il ballo. Hoseok
frequentava la stessa accademia in cui, un anno dopo, era entrato anche
Jimin.
Seppure in due gruppi diversi, le occasioni per avere contatti con
ragazzi più
grandi erano comunque numerose, in primo luogo nella palestra della
scuola,
riservata a chiunque volesse esercitarsi. Era lì che Jimin e
Hoseok avevano
iniziato a conoscersi. Il più grande gli aveva in seguito
detto che era stato
subito incuriosito dal più piccolo perché tra i
ragazzi del suo anno era
sicuramente il ballerino che spiccava di più. Gli aveva poi
detto diverse volte
quanto trovasse aggraziata la sua danza e che spesso pareva volasse
più che
ballare, riuscendo in quella che è l’impresa
più difficile per qualsiasi
professionista in qualsiasi campo e che distingue chi è
davvero un fuoriclasse
da chi è solo bravo: far sembrare semplice ciò
che in realtà era estremamente
complesso. Jimin teneva sempre nel cuore queste parole. Sebbene avesse
un
talento naturale per il ballo e si rendesse conto da solo di essere ad
un
livello superiore rispetto a tanti altri ragazzi della sua
età, aveva però
spesso difficoltà nel memorizzare le coreografie ed in
generale non si sentiva
sicuro di sé. Hoseok anche era incredibilmente bravo e
quando si era proposto
di aiutarlo Jimin aveva accettato con grande gioia. Sacrificando a
volte anche
il proprio allenamento, Hoseok aveva passato pomeriggi interi insieme a
Jimin
provando e riprovando con lui, aiutandolo nella memorizzazione e
dandogli
consigli su come aggiustare i suoi movimenti. La sala di Hoseok era
davvero
spaziosa e il bel pavimento di legno sembrava essere fatto apposta per
loro.
L’idea di farlo venire a praticare in casa era stata del
più grande, il quale
si era accorto che Jimin tendeva a deconcentrarsi molto quando la
palestra
iniziava ad essere troppo affollata. La sua insicurezza lo portava a
bloccarsi,
terrorizzato all’idea di commettere errori e rendersi
ridicolo davanti agli
altri ragazzi. Così erano finiti in quella casa che sarebbe
poi diventata un
luogo così familiare e amico. A poco a poco Jimin aveva
preso anche a conoscere
gli altri inquilini, ovvero all’epoca Seokjin e Yoongi. Jin
era stato fin da
subito molto espansivo, sempre sorridente e cordiale con lui. Per
Yoongi c’era
voluto più tempo. Di certo, dopo il loro primo incontro mai
avrebbe pensato che
tra tutte le persone dentro l’appartamento sarebbe stato
proprio lui quello con
cui avrebbe passato spesso interi pomeriggi. Jimin ricordava
perfettamente la
prima volta che avevano iniziato a legare davvero, nonostante lui
frequentasse
il 503 già da circa un anno e mezzo. Era stato quando lo
aveva sentito suonare
il piano per la prima volta, un giorno di due anni prima.
Note
dell’autrice:
Ciao
a tutti e
grazie di nuovo per aver letto questo secondo capitolo. Voglio
innanzitutto
ringraziare chi ha recensito/seguito/preferito/ricordato la
storia. Mi ha
fatto davvero molto piacere considerato che poi avevo per il momento
caricato
un capitolo solo. Grazie di cuore ❤
Passando
al
capitolo presente: vado per punti.
Primo
punto:
non sono brava con i titoli quindi utilizzo le citazioni
all’inizio come modo
per accennare a quelli che saranno i temi principali del capitolo o ad
alcuni
particolari importanti che sono da notare. Il riferimento al tempo che
scorre
in maniera diversa mi occorreva perché l’ho
utilizzato come filo conduttore nel
capitolo ed è il modo che ho scelto per far capire le
relazioni tra i
personaggi senza andare sempre a spiegarlo esplicitamente.
Secondo
punto:
a livello di trama questo capitolo mi serviva per introdurre alcuni
dettagli
che torneranno e saranno poi utili nei capitoli successivi, primo fra
tutti quello
della festa di fine anno a casa Min/Kim. Non ci sono troppi eventi e i
prossimi
due capitoli (che saranno una reprise di
questo secondo e poi il
terzo) saranno simili da questo punto di vista. Spero non dipiacciano
dei
capitoli più introspettivi o comunque dove la trama
principale rimane
leggermente in stallo, ma mi occorrono davvero per dare un
qualche background ai personaggi e spiegarli un po’
meglio. Ho fatto
questa scelta essenzialmente perché credo che se non si
conoscono almeno un po’
le persone che fanno parte di una storia poi è
più difficile interessarsi a ciò
che fanno e dunque preferisco impostare così il lavoro
:)
Terzo
punto: ho
dovuto fare una modifica al capitolo precedente perché mi
sono accorta di aver
fatto un paio di errori con le età dei personaggi. Quando
parlo di Hoseok che
incontra Jin avevo scritto “l’allora ventiduenne
Seokjin” mentre invece è ventenne;
così come quando ho introdotto Taehyung, il ragazzo non si
trova al primo anno
di master ma al secondo. Ho cambiato
perché erano errori che creavano
confusione sulla linea temporale. Forse a nessuno interessa mettersi a
ricostruirla, ma siccome io la ho tutta delineata e ben presente non
potevo
lasciare stare, soprattutto visto che ci ho messo una vita per crearla
ahah
(portare avanti e incrociare le vite/età/corsi di studi di
sette personaggi mi
è stato molto più difficile di quanto avrei
pensato, ma forse è perché sono
lenta io ^^’).
Grazie
ancora
per il vostro interesse nella mia storia, spero il capitolo vi sia
piaciuto e non
vi abbia fatto addormentare! Di nuovo, i commenti sono più
che benvenuti
quindi per favore lasciate un feedback se potete, mi
sarebbe davvero
molto utile :)
Ci
vediamo sul
prossimo capitolo!
Baci,
Elle ❤
|
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Capitolo 3 *** Capitolo II: Reprise ***
CAPITOLO II :
REPRISE
Summer for thee
grant I may be
When summer days are flown!
[Estate per te, fa'
ch'io sia
Quando i giorni
d'Estate si saranno
involati!]
(Emily Dickinson,
1858)
–
Jimin-ah c’è un
cambio di programma.
Hoseok
si era
avvicinato a Jimin che lo stava aspettando fuori dalla porta della
palestra
dell’Accademia. Giocherellava con il suo mazzo di chiavi
facendolo roteare
attorno al suo indice.
–
Tieni – gli aveva
detto tendendogliele – prendi le chiavi e vai avanti, non
sono sicuro ci sia
qualcuno a casa in questo momento e non vorrei rimanessi fuori.
Jimin
aveva chiesto
cosa fosse successo, al che Hoseok aveva dato una spiegazione veloce:
–
Abbiamo avuto un
problema. Un ragazzo nel mio gruppo di ballo si è
infortunato e quindi le prove
si sono dovute interrompere, allungando i tempi. Morale della storia,
dobbiamo
ancora ripassare alcune sequenze e siccome sono importanti la gran
parte ha
votato per rimanere di più. Mi dispiace per il contrattempo
Jiminie, so che
dovevamo andare da me insieme, ma non posso lasciare le prove.
–
Ma certo, tranquillo
Hoseok-hyung! Non è un problema per me aspettarti a casa.
Erano
passati due
anni, ma Jimin ricordava ancora bene quel pomeriggio di novembre. La
sera si
sarebbe tenuta la loro cena settimanale per cui si era accordato con
Hoseok per
andare direttamente al 503 insieme a lui appena finite le lezioni ed
esercitarsi lì. Taehyung e Namjoon avrebbero poi raggiunto
il gruppo dei cinque
più tardi. una volta terminati i loro impegni universitari.
Il fatto che Hoseok
fosse stato trattenuto in Accademia non aveva davvero creato alcun
disturbo a
Jimin. Era un po’ stanco e quindi l’idea di
arrivare in una casa vuota e poter
magari anche schiacciare un pisolino al momento non gli sembrava
malvagia.
Aveva dunque assicurato al ragazzo di non preoccuparsi per lui e si era
avviato
per conto suo verso l’appartamento. Girando la chiave nella
toppa aveva pensato
che non era mai entrato prima nel 503 da solo come se fosse casa sua e
si era
sorpreso nel rendersi conto che questo pensiero non lo faceva sentire
strano,
ma felice. Il fatto che Hoseok non si fosse fatto alcuno scrupolo a
lasciargli
il suo mazzo di chiavi, chiaramente convinto anche che nessuno dei suoi
coinquilini
avrebbe avuto qualcosa in contrario, gli aveva fatto realizzare per la
prima
volta quanta confidenza ci fosse ormai tra lui e questi ragazzi, e tale
idea
gli aveva creato una piacevole sensazione calda al centro dello
stomaco.
Nell’appartamento non aveva trovato nessuno e quando aveva
urlato “permesso!”
non gli era giunta risposta. Ricordava che gli aveva fatto un
po’ effetto che
non ci fosse nessuno in una casa che solitamente era abituato a vedere
piena di
persone. C’era evidentemente una prima volta per tutto. Si
era avviato ancora
con il cappotto addosso verso la cucina per prendere un bicchiere
d’acqua e mentre
beveva aveva sentito il telefono vibrargli. Lo aveva dunque preso dalla
tasca e
una volta appoggiato il piumino nero sopra al tavolino della cucina si
era
seduto su una sedia, intento a sbloccare lo schermo. Letto il messaggio
– un
semplice annuncio di saldi imminenti presso il negozio di dischi e
videogiochi
da cui aveva fatto la tessera – visto che aveva ormai il
cellulare tra le mani
gli era venuto spontaneo aprire la cartella dove teneva i giochi e
riprendere
una partita che aveva interrotto la sera prima. Dopo probabilmente una
decina
di minuti era stato sorpreso all’improvviso da un suono
proveniente
dall’esterno. No, non dall’esterno, aveva pensato. Dalla casa. E non era un suono qualsiasi,
ma la musica di un
pianoforte. Un pianoforte qui?
Lì per
lì si era spaventato e aveva passato alcuni secondi
immobile, contemplando come
fuggire nel caso in cui la casa fosse infestata (non lo avrebbe
confessato
apertamente nemmeno a sé stesso, ma era terrorizzato
dall’idea dei fantasmi).
Quei pochi secondi però furono sufficienti a fargli
realizzare due cose. La
prima era che in effetti ora che ci pensava aveva visto a un certo
punto con la
coda dell’occhio un pianoforte che prima non c’era
in un angolo della sala,
vicino alla televisione, senza che però vi facesse molto
caso chissà per quale
motivo. La seconda era che quella melodia era effettivamente bella e
valeva la
pena fermarsi un attimo ad ascoltarla prima di dare avviso della
propria
presenza a chiunque stesse suonando. Piano piano era sceso dalla sedia,
cercando di fare il meno rumore possibile e muovendosi in punta di
piedi si era
avvicinato alla porta della cucina per dare una sbirciata in sala. Yoongi-hyung?? Non si era aspettato di
vedere proprio lui seduto a quel piano. Più tardi si chiese
anche perché, visto
che se avesse riflettuto un attimo avrebbe ripensato che dentro quella
casa era
lui quello con più probabilità di saper suonare
uno strumento. Jimin ricordava
che in quel momento però non stava riflettendo molto. Era
rimasto catturato da
ciò che stava ascoltando e non riusciva a staccare gli occhi
di dosso dalla
figura di Yoongi. Gli sembrava un’altra persona rispetto al
ragazzo che era
abituato a vedere. Non riusciva a decidere se così, mentre
aveva gli occhi
chiusi e scorreva le mani sui tasti, muovendo leggermente la testa a
ritmo, la
sua aura gli sembrasse più vulnerabile o più
grande del solito. Forse entrambe
le cose. A Jimin era venuta la strana sensazione che quello strumento
rappresentasse al tempo stesso la più grande debolezza e la
più grande forza di
Yoongi. Che cosa mi metto a pensare? si
era chiesto, senza capire da dove gli venissero idee del genere. Era
probabilmente passato qualche minuto da quando si era messo sulla
soglia della
cucina per ascoltare meglio e sapeva quello che l’educazione
avrebbe voluto. Un altro minuto
però. Un altro minuto.
Solo un altro minuto. Si
rendeva tuttavia conto che non sarebbe potuto rimanere lì
tutto il pomeriggio.
Gli era venuto all’improvviso in mente che Hoseok sarebbe
potuto rientrare da
un momento all’altro e sarebbe stato estremamente
imbarazzante se lo avesse
trovato lì a spiare Yoongi-hyung in quel modo.
Aveva
preso coraggio
e sperando che l’altro non si innervosisse troppo nello
scoprire che era
rimasto a spiarlo tutto quel tempo aveva fatto un passettino incerto
fuori
dalla porta. Aveva dato un colpettino di tosse, prima uno piccolo e poi
un
altro più udibile, che infatti era riuscito ad attirare
l’attenzione di Yoongi.
Chiaramente non si era aspettato di avere attorno spettatori
poiché le sue piccole
spalle avevano dato un sussulto e aveva girato velocemente il viso un
po’
allarmato in cerca della fonte del rumore. Jimin riusciva ancora a
rivedere
chiaramente davanti a sé come se lo stesse vivendo ora il
modo in cui
Yoongi-hyung lo aveva guardato. Una volta accortosi della sua presenza
non
aveva detto nulla, né si era scomposto più di
tanto. Lo aveva semplicemente
fissato, nel viso un’espressione tra il sorpreso e
l’interrogativo. Non era
però infastidito, almeno cosi era sembrato a Jimin e era
stata proprio questa
impressione a farlo sentire meno in soggezione e dargli il coraggio di
parlare.
–
Anche Tae sa
suonare il piano, ma non così bene. –
Perché non aveva chiesto prima scusa per
la sua indiscrezione? – Sei molto bravo.
Yoongi
aveva fatto
spallucce:
–
Non così tanto.
–
Se- secondo me sì!
Jimin
aveva risposto
di getto, ma decisamente troppo appassionatamente e si ricordava bene
di come
si era sentito avvampare di colpo subito dopo averle pronunciate. Ma oggi le buone maniere dove le ho messe?
Ricordava anche di aver notato lo sguardo di Yoongi cambiare
all’improvviso, ma
forse era di nuovo una sua impressione. Aveva inclinato leggermente il
viso da
un lato:
–
Non credevo ci
fosse nessuno in casa. Come sei entrato?
–
Oh, Hoseok mi ha
dato il suo mazzo di chiavi. Saremmo dovuti tornare qui insieme, ma
è stato
trattenuto in Accademia per cui mi ha detto intanto di venire senza di lui.
Quando sono entrato mi sono annunciato, ma nessuno ha risposto per cui
ho
pensato di essere da solo. Ero in cucina quando ti sei messo a suonare.
Mi
dispiace moltissimo di non averti avvisato prima della mia presenza
Yoongi-huyng.
Il
discorso era stato
detto velocemente e concluso con un piccolo inchino. Non voleva che il
ragazzo
pensasse che non sapeva stare al suo posto. Yoongi aveva scosso la
testa e un
ciuffetto di capelli neri gli era caduto sul viso:
–
No, scusami tu,
dovrei accorgermi cosa accade sotto il mio tetto. Quando sei entrato
avevo
probabilmente le cuffie, per questo non ti ho sentito. Questo piano
è arrivato qui
l’altro ieri. – aveva detto sfiorando delicatamente
i tasti – Non è mio
ovviamente. L’ho solo noleggiato.
Jimin
non si era
aspettato di ricevere tutte queste informazioni senza nemmeno averle
chieste e
gli aveva fatto più piacere di quanto avrebbe immaginato.
Ricordava che avrebbe
voluto chiedergli anche perché lo avesse noleggiato, ma
aveva preferito che
fosse Yoongi-hyung stesso a decidere cosa volesse dirgli e cosa no. Si
era solo
avvicinato lentamente e si era messo al lato del pianoforte. Aveva poi
volto
semplicemente lo sguardo ai tasti bianchi e neri, le mani unite davanti
a sé,
come a dire non disturbo più.
Prima
ancora che potesse rendersi conto che forse la cosa migliore da fare
sarebbe
stata chiedere esplicitamente di nuovo scusa per il disturbo e tornare
in
cucina Yoongi aveva ripreso a suonare. Non sembrava essere turbato
dalla
presenza di Jimin. Con gli occhi di nuovo chiusi, aveva ripreso a far
scivolare
le mani morbide sulla tastiera lasciando scie musicali al loro
passaggio. Guardandole,
Jimin aveva sentito le sue guance imporporarsi. Sono
belle.
Dopo
qualche minuto Yoongi
si era fermato per fare delle correzioni sullo spartito e mentre
scribacchiava
con la matita sul foglio aveva chiesto:
–
Dunque ti piace il
pianoforte?
–
Si. – il salone
rimbombava solo della sua voce – I miei nonni mi portavano
spesso a concerti di
musica classica. Anche se ero molto piccolo non mi sono mai annoiato
nemmeno
una volta. Amavo ascoltare musica. Poi un giorno andammo a vedere uno
spettacolo un po’ diverso, dove dei pianisti si esibirono sul
palco insieme a ballerini
professionisti che danzarono al ritmo dei loro brani. Rimasi
così affascinato
da quei movimenti che ne diventai ossessionato. Volevo anche io
imparare a
muovermi così. Però l’ammirazione per
quei pianisti è sempre rimasta viva.
Osservavo la loro arte e mi chiedevo se sarei mai stato anche io
così capace in
qualcosa.
–
Beh, ci sei
riuscito. – Quella affermazione aveva scosso Jimin e aveva
sentito il sangue
affluirgli alle orecchie. Aveva scosso la testa:
–
Ho sempre trovato
suonare più difficile. A volte mi chiedo se non abbia scelto
la danza perché la
sentivo meno intoccabile. Credo di aver pensato che se non potevo
essere un pianista
e dar vita a quella musica allora l’avrei accompagnata,
completata in un certo
senso. – aveva
fatto una piccola pausa e
aggrottato le sopracciglia prima di riprendere il suo discorso
– Non avevo mai
pensato a questa cosa in realtà, ma penso che sia
così.
Era
rimasto stupito
dalla calma con cui aveva parlato. Stava dicendo cose che non solo non
aveva
mai detto ad alta voce prima, ma su cui non si era mai nemmeno
soffermato a
pensare e si sentiva tranquillo nel farlo. Aveva poi intercettato lo
sguardo di
Yoongi e ricordandosi della situazione in cui si trovava si era agitato
di
nuovo.
–
S- scusa, non so
perché mi sono messo a parlare di cose insensate. Continuo a
disturbarti, mi
dispiace!
–
Non sono cose
insensate Jimin-ah, va tutto bene. Magari puoi darmi alcuni consigli su
alcune
melodie che sto scrivendo qualche volta. Dirmi se ti piacciono o meno.
– e gli
aveva rivolto un piccolo sorriso di incoraggiamento.
Ho
sentito bene?
Nonostante la sorpresa Jimin aveva cercato di rispondere nella maniera
più
composta possibile, rimproverandosi mentalmente per il suo
“sì” che era
comunque uscito con troppa foga.
Il
motivo per cui
Yoongi aveva noleggiato quel piano gli era stato riferito
più tardi da Hoseok
quel pomeriggio stesso, in un momento in cui si trovavano loro due da
soli.
–
Si, il piano è una new entry.
Come sai Yoongi-hyung è
all’ultimo anno del suo master e deve quindi preparare un
lavoro finale. L’ho
visto spesso nei mesi scorsi lavorare a questo progetto, si butta
sempre così a
capofitto nelle cose! Ogni tanto mi ha anche accennato a qualche idea.
Non che
me ne abbia mai parlato nel dettaglio, lo sappiamo come è
fatto. Però a quanto
ho capito da ciò che diceva all’inizio non credo
che nei suoi piani ci fosse
l’utilizzo di un pianoforte, deve aver cambiato idea di
recente. L’altra sera
ha quindi iniziato a cercare su internet se ci fosse modo di
noleggiarne uno,
mettendo mano ai suoi risparmi. Onestamente è stata una
buona idea, a me non
sarebbe venuto in mente che gli strumenti musicali potessero essere
affittati.
–
È davvero bravo, mi
sorprende che non avesse deciso fin da subito di usare un piano.
– aveva
risposto Jimin.
–
Lo so, ma in
effetti come ti ho detto non è un’idea che viene
subito quella di mettersi in
casa uno strumento come un pianoforte e credo quindi che lì
per lì non ci abbia
pensato neppure a lui. Ho una mia idea in proposito in
realtà. Credo che
all’inizio abbia lasciato stare per questo motivo, ma poi man
mano che è andato
avanti col suo lavoro si è reso sempre più conto
di quanto poco senso avesse
non presentare qualcosa dove potesse utilizzare il pianoforte e quindi
ha cercato
in maniera più attiva una soluzione.
Jimin
non aveva
capito bene a cosa si riferisse Hoseok e dunque aveva deciso di mettere
da
parte i suoi scrupoli e chiedere che cosa intendesse. Era sempre
interessato a
ciò che il ragazzo aveva da dire su Yoongi,
perché lo conosceva da sempre ed
era quindi la fonte più attendibile quando si trattava di
cercare di capire
cosa passasse nella testa del più grande.
–
Il pianoforte è una
parte di Yoongi-hyung, Jiminie. Una parte importante a dire il vero.
Questo è il
suo progetto finale. La conclusione di un percorso durato anni e che
non è
stato facile per lui, per diversi motivi. Ma ci ha messo impegno e
passione. È
ciò che ama, e i sacrifici che ha dovuto fare li ha fatti
volentieri, non l’ho
sentito mai lamentarsi nemmeno una volta. Ottenere questa laurea
è dunque una
tappa importante per lui e credo sia normale che voglia creare qualcosa
che lo
rispecchi il più possibile. Ecco perché dicevo
che seguendo questo ragionamento
lasciare il pianoforte fuori da tutto questo era assurdo.
Questo
era ciò che
Jimin ricordava di quella giornata. Non aveva idea di cosa fosse
avvenuto di
preciso quella sera né di cosa avesse fatto prima, durante
la mattina. Ciò che
era per sempre indelebile nella sua memoria era il momento in cui aveva
capito
che il rapporto tra lui e Yoongi sarebbe cambiato. Da quel giorno, per
tutto il
periodo in cui il pianoforte rimase al 503 ogni volta che che Yoongi
iniziava a
suonare lui andava a metterglisi vicino, spontaneamente e senza
pensarci. Fu da
allora che il legame che Jimin e Yoongi condividevano adesso aveva
iniziato a
mettere vere radici. Prima di quel momento Jimin non gli si era
avvicinato
troppo. Ai suoi occhi Yoongi-hyung era sempre stato una persona che
poteva
essenzialmente essere solo guardata da lontano e nonostante si sentisse
attratto dalla sua particolarità al tempo stesso ne era
intimorito. Aveva un
carattere particolare e Jimin non sapeva mai bene come comportarsi con
lui. Non
che il ragazzo gli avesse mai dato motivo di sentirsi in soggezione.
Yoongi era
sempre stato gentile nei suoi confronti e Jimin aveva anche notato che
mentre
non si faceva problemi a punzecchiare Hoseok o a volte indirizzare
frecciatine
persino a Taehyung, non aveva mai fatto lo stesso con lui. Ma tra loro non
c’era ancora particolare
confidenza e il tempo che trascorrevano insieme era sempre condiviso
con gli
altri quattro. Piano piano, con poche parole, Yoongi-hyung si era
ritagliato un
posto speciale nella vita di Jimin, facendolo sentire accettato e
voluto, due
cose che il ragazzo desiderava ardentemente. In qualche modo era
riuscito a fargli
relegare sempre più in un angolo la sua insicurezza e gli
sembrava assurdo
adesso pensare di poter sentirsi tutto fuorché completamente
a proprio agio con
il ragazzo più grande. L’ammirazione che aveva per
lui non era cambiata, anzi
adesso era anche aumentata visto che lo conosceva meglio. Lo trovava un
artista
eccezionale e si fidava completamente delle sue intuizioni. Yoongi era
tenace e
conosceva perfettamente sia i suoi limiti che le sue forze. Jimin
sapeva con
certezza che aveva un futuro più brillante di quanto lui
stesso credesse davanti
a sé. Continuava a ritenersi estremamente fortunato di poter
assistere alla
nascita di quello che per lui sarebbe stato un futuro genio del mondo
discografico. Nonostante ciò, non provava più
quel senso di timore o soggezione
che lo avevano accompagnato nelle sue interazioni con il ragazzo nei
primi
tempi.
Era
stata l’estate a
solidificare definitivamente il loro rapporto. Il motivo indiretto, ma
principale, per cui era stato possibile questo ulteriore avvicinamento
era
stata la partenza di Hoseok. Finché lui era lì
era più difficile per Jimin
muoversi attorno a Yoongi. Il ragazzo non c’entrava davvero
nulla, era stato
lui a portare Jimin in casa propria e non aveva mai dato segni di
essere geloso
del suo amico. Tuttavia Jimin sentiva spesso il peso della loro
amicizia e gli
era difficile pensare di potersi mettere in qualche modo in mezzo a
loro.
Avevano un legame chiaramente speciale, che affondava le proprie radici
in
molti anni addietro e dunque sapeva essere stabile e forte. Quando si
trovavano
in cucina loro tre, ad esempio, Jimin in qualche modo si sentiva sempre
quasi
di troppo, come se fosse un elemento in più in un quadro che
sarebbe apparso
molto più bello senza di lui.
Avendo
ottenuto uno
stage dall’Accademia, l’anno precedente Hoseok si
era dovuto trasferire in Giappone
per sei mesi, dal maggio all’ottobre 2015. Non era stato
semplice per
Yoongi-hyung, Jimin se ne era reso conto. Non era solo la partenza
dell’amico a
renderlo triste, ma anche e soprattutto il fatto che sapeva che
ciò avrebbe
significato il trasloco definitivo di Hoseok in un’altra casa
una volta tornato
a Seul. Davanti a lui però, fino all’ultimo
momento quando dovettero salutarsi
al check-in dell’aeroporto, Yoongi si era comportato con
tranquillità e
disinvoltura. “Hobi, sono sei mesi,
me li
godrò tutti senza il tuo chiasso attorno.”
“Piangerai calde lacrime ogni giorno
in mia assenza Yoongi, lo so.” “Chi ha gli occhi
bagnati tra noi due qui sei tu
vorrei farti notare. Io me la caverò, stai tranquillo. Fai
buon viaggio Hoseok
e fai foto a Tokyo.”
Sia
Jimin che gli
altri ragazzi però sapevano che non poteva durare.
Finché si era trattato di non
allarmare l’amico Yoongi aveva saputo resistere, ma una volta
che Hoseok fu partito
gli era servito del tempo per abituarsi al nuovo stato delle cose. Non
si era
fatto scontroso, ma semplicemente ancora più silenzioso del
solito e perso
sempre più di frequente nei suoi pensieri.
L’assenza del migliore amico il
giorno della sua laurea era stata secondo Jimin uno dei momenti
più difficili
da gestire per Yoongi. Come aveva appreso da Hoseok stesso, per il
più grande non
era stato semplice toccare quel traguardo. Jimin era sicuro di
ciò che Yoongi
doveva star provando. Come poteva una persona che aveva sentito il
bisogno di
includere nel suo lavoro finale uno strumento a lui caro
perché voleva che lo
rappresentasse a pieno non sentirsi incompleto quando il proprio
migliore amico
non era lì a condividere con lui l’ultima tappa di
un percorso così importante?
Dopo
la proclamazione
di laurea e la consegna dei diplomi, mentre gli amici e i genitori lo
festeggiavano nel giardino della facoltà, Yoongi si era
scusato un attimo per
andare al bagno. Dopo qualche minuto Jimin si era offerto di andare a
recuperarlo, così che poi potessero tutti avviarsi a casa
per mangiare insieme
e festeggiare. Era una giornata di giugno calda e leggermente afosa, ma
si
stava comunque bene all’aperto perché il sole
splendeva e spesso tirava un
leggero venticello che dava refrigerio. Jimin aveva trovato Yoongi sul
retro
dell’edificio, appoggiato ad un piccolo steccato, i capelli
scuri e leggermente
arricciati scompigliati dalla brezza. Non credeva ci fosse qualcosa da
dire che
avrebbe potuto farlo star meglio, per cui gli era solo andato vicino e
lo aveva
abbracciato forte. Yoongi si era fatto abbracciare senza levare
proteste, calmo
e docile.
– Ho contattato
Hoseok e gli ho dato i
dettagli della giornata, ha detto ti chiamerà questo
pomeriggio, potrai
tranquillamente andare in camera tua, nessuno di noi se la
prenderà se ci lasci
un momento. – gli aveva detto Jimin in modo semplice,
sorridendogli con
affetto. Stupido hyung, hai paura di
disturbarlo ma è anche lui il tuo migliore amico, ci tiene a
sentirti in un
giorno così importante. Yoongi lo aveva guardato
un momento, per poi
sorridere leggermente e annuire. Con calma si erano poi riuniti al
resto del
gruppo e i festeggiamenti, telefonata compresa, erano andati bene. Da
quel
momento Jimin aveva cercato di compensare il più possibile
per l’assenza di
Hoseok. Prima che il ragazzo partisse Yoongi era abituato non solo a
viverci
insieme, ma anche ad avere Jimin spesso interi pomeriggi da lui. Jimin
non
voleva che Yoongi-hyung pensasse la loro amicizia fosse di circostanza
o
comunque in qualche modo legata ad Hoseok. Lui era stato un ponte,
questo
sicuro, ma adesso Jimin voleva fosse chiaro che il suo essergli amico
era
indipendente da qualsiasi altro fattore esterno. Aveva preso la
decisione che
avrebbe continuato a frequentare il 503 come e più di prima,
anche a costo di
sembrare invadente. Yoongi doveva trovare lavoro e dunque non sarebbe
tornato a
casa dai suoi genitori per l’estate. La casa sarebbe
però rimasta vuota per un
periodo poiché Jin e Namjoon avevano finalmente prenotato la
loro prima vacanza
da fidanzati ufficiali. Taehyung anche sarebbe stato via per un paio di
mesi con
la sua famiglia nella località di mare di Haehundae per cui
a Seul per un po’
non ci sarebbe stato davvero nessuno. Jimin era dunque rimasto e lo
aveva
aiutato a trovare un lavoro. Non lo
lascerò solo a Seul in un momento come questo.
Yoongi
non lo aveva
mai espresso chiaramente, ma era evidente che la presenza di Jimin
doveva
essergli di un qualche aiuto. Non si era mai mostrato infastidito dalle
prime
volte in cui Jimin aveva preso ad autoinvitarsi nel suo appartamento e
alla
fine aveva iniziato addirittura a darlo per scontato, aspettandolo
anche quando
la sera non si erano dati esplicitamente appuntamento per il giorno
dopo. “A
che ora arrivi?” era diventato uno dei messaggi
più frequentemente ricevuti da
Jimin sul telefono. A volte il ragazzo gli faceva addirittura trovare
qualche
dolce o snack che sapeva gli sarebbero piaciuti. I due avevano
trascorso interi
pomeriggi insieme, a cui Jimin ripensava spesso con piacere e un
po’ di
nostalgia. A volte aiutava Yoongi attivamente, portando il suo computer
con sé
e mettendosi anche lui a cercare possibili posizioni per
l’amico. Altre volte
si facevano compagnia solo fisicamente, con Yoongi intento a scrivere
lettere
di presentazione e Jimin sul suo letto a leggere i suoi manga.
Più tardi
nell’estate aveva anche aiutato con il trasloco di Namjoon,
che fu più lungo
del previsto vista la quantità sproporzionata di cose che
aveva portato con sé.
Aveva poi in seguito gioito insieme a Yoongi quando il ragazzo era
finalmente
riuscito a trovare un posto come tirocinante in un’etichetta
discografica a
Seul, e che pagava anche piuttosto bene. In quell’estate era
davvero diventato
parte integrante della vita di Yoongi e dell’appartamento 503.
Finiti
i sei mesi di
stage, Hoseok era finalmente tornato da Tokyo e Jimin si era ritrovato
ad
essere genuinamente felice che Yoongi riavesse il suo migliore amico
vicino. In
realtà anche lui, insieme agli altri ragazzi, stava contando
i giorni che
mancavano al rientro in patria del ragazzo. Hoseok con la sua energia
era una
presenza così vitale che erano davvero tutti al settimo
cielo all’idea che
finalmente tornasse tra le loro fila. A quel punto però era
arrivato anche
Jungkook, portato dal vento e dalla pioggia di ottobre. Il
trasferimento del
ragazzo nello stesso appartamento di Hoseok era avvenuto praticamente
subito,
agli inizi del novembre dell’anno prima e da quel giorno il
più piccolo era
divenuto membro fisso della compagnia. Jimin sorrise mentre pensava al
giovane
e il suo viso prendeva forma nella sua mente. Gli era piaciuto subito.
Forse
era stato influenzato nella sua opinione fin dall’inizio.
Taheyung parlava così
tanto e così bene di lui che quando lo aveva incontrato per
la prima volta lo
aveva accolto e salutato come se già fosse un caro amico che
conosceva da anni.
A ripensarci ora forse era stato anche un po’ eccessivo nel
suo entusiasmo
durante il momento delle presentazioni. Ma fin da subito anche Jungkook
era
stato molto socievole con lui per cui non ci aveva poi mai ripensato su
molto.
Non era difficile d’altronde andare d’accordo con
il ragazzo. Anche se non
estroverso sin da subito, era una persona positiva e la sua
vivacità era simile
a quella di Tae per cui Jimin si ritrovò a legare con lui in
modo naturale,
senza la ben che minima fatica.
Lo
scorso Natale era
stato dunque il primo passato tutti e sette insieme. Un momento che
Jimin
ricordava con particolare chiarezza era quando avevano trascorso una
serata a
decorare l’albero e la casa del 503. Non riusciva a far
smettere Jungkook di
riprenderlo con la sua fotocamera:
–
Jimin, sorridi! Smile for the camera!
– Jungkookie basta!
– aveva
continuato a ripetere mettendo
continuamente la mano davanti all’obiettivo, ma senza
risultati. Non c’era
nulla da fare, il ragazzo non demordeva e continuava ad infastidirlo
con il suo
solito sorrisetto mentre sferrava attacchi da varie angolazioni.
Taehyung a un
certo punto era venuto in suo soccorso. Mentre Jungkook era seduto in
ginocchio
per terra gli era arrivato da dietro all’improvviso e gli si
era buttato addosso,
sporgendosi in avanti per mettere la testa
all’ingiù davanti alla telecamera.
– Kim Taheyung-ah qui!
Jungkook non si era mosso
dalla sua posizione –
Taehyung era troppo gracile e lui troppo robusto per poter accusare il
peso del
ragazzo sulla sua schiena – ma si era leggermente spaventato.
Appena si era
ripreso era passato alle minacce:
–
Come osi interrompere
un genio a lavoro?
I
due ragazzi avevano
iniziato a giocare, con Jungkook che cercava di tirare sul pavimento
Taehyung
per poterlo girare e sculacciare e Taehyung che opponeva una resistenza
sempre
più debole per via delle risate. Yoongi e Namjoon nel
frattempo stavano mettendo
le palline nell’albero, attività di cui si stava
occupando anche Jimin sebbene
le continue interruzioni da parte di Jungkook non lo avessero reso il
decoratore di abeti più celere del paese. Yoongi sembrava
invece procedere
tranquillo nel suo lavoro, mentre Namjoon anche veniva spesso
interrotto da
continui starnuti dovuti a un raffreddore. Era piuttosto divertente per
Jimin
come il ragazzo amasse l’inverno ma poi fosse il primo ad
ammalarsi appena la
temperatura scendeva sotto i sedici gradi. Si era messo al collo una
sciarpa di
lana grande che gli avvolgeva anche parte del corpo e portava un
cappellino
nero per proteggere meglio la testa e tenersi di più al
caldo. Il suo naso
era leggermente rosso a causa della stoffa
dei fazzoletti contro cui si sfregava ogni cinque minuti e aveva
ovviamente
causato commenti come “a che ora devi andare a tirare la
slitta di Babbo
Natale?” da parte degli altri ragazzi, primo tra tutti
Hoseok. In questo
momento il ragazzo non si trovava occupato a dar fastidio a Namjoon, ma
si
trovava invece dall’altro lato della stanza, intento ad
appendere le
decorazioni per la casa. Jin era invece in cucina, dove stava
preparando delle
bevande calde. – Guardate, la neve! – aveva
esclamato a un certo punto Hoseok
mentre metteva gli adesivi alla finestra.
Jimin
aveva accolto
la notizia con grande entusiasmo:
–
Nevica?? Voglio andare
sul tetto a vedere meglio! Qualcuno di voi vuole venire con me?
– e si era
fiondato a mettersi il piumino. Non era inusuale che nevicasse a Seul
ovviamente,
ma questa era stata la prima neve della stagione e dunque il ragazzo si
era
emozionato all’improvviso riuscendo a contagiare anche gli
altri due più
giovani. Dal momento che Hoseok era preoccupato per il freddo, Jin
occupato in
cucina e Namjoon troppo raffreddato per potersi permettere di uscire,
solo
Jimin, Taehyung, Yoongi e Jungkook erano saliti al tetto, chiusi per
bene nei
loro cappotti.
–
Non avevo ripensato
alla differenza di temperatura, fa freddissimo! – aveva
esclamato Jimin una
volta arrivati in cima al palazzo. Il commento di Jungkook non si era
fatto
attendere:
–
Sta nevicando
Jiminie, cosa ti aspettavi?
–
È solo all’inizio
che sembra freddo, Jimin-ah, ora ti abitui subito.
–
Si lo so, grazie
Yoongi-hyung. Jungkookie deve sempre trattarmi male. – Aveva detto Jimin mettendo
su il broncio e
portandosi il colletto del piumino sopra la bocca.
Taheyung
aveva
interrotto la discussione:
–
È la prima neve
dell’anno, accogliamola con felicità! –
e detto questo era corso più vicino al
parapetto. Gli altri anche si
erano avvicinati e erano rimasti un pochino li, ad osservare i fiocchi
scivolargli davanti agi occhi.
–
Si possono esprimere
desideri sulla neve? – aveva chiesto all’improvviso
Taehyung.
Yoongi
aveva
soffocato una risata, Jimin e Jungkook un’espressione
dubbiosa in viso.
–
No, non credo sia
come per le stelle cadenti Taehyung-ah – Jungkook
aveva dato questa risposta mettendogli
un braccio sulle spalle. – Però puoi sempre
provare.
L’occhiolino
che
l’amico gli aveva rivolto a conclusione delle sue parole
aveva convinto
Taehyung. Accettando la proposta aveva sorriso e chiudendo gli occhi
aveva volto
il viso in direzione del cielo.
–
Fatto!
Jimin
ricordava in
quel momento di aver provato un grande amore per il proprio migliore
amico ed
era corso a metterglisi all’altro fianco, quello libero, per
stringerlo forte
in vita e appoggiargli il viso sulla spalla. Il gesto aveva un
po’ stupito sia Yoongi
che Jungkook, ma Jimin sapeva che Taehyung avrebbe capito, come infatti
era
stato. Ricambiando subito il gesto d’affetto lo aveva cinto a
sua volta anche
lui con un braccio dietro le spalle. Jungkook si era a questo punto
allontanato
sbuffando:
–
Ecco Jiminie che
rovina tutto. Essere abbracciati in tre è imbarazzante!
–
Stavo per dirlo io,
ma poi non volevo essere sempre quello che rovina l’atmosfera.
–
Grazie del
sostegno, Yoongi-hyung. Ad ogni modo il mio naso congelato mi sta
suggerendo
che è il caso di rientrare, non voglio fare la fine di
Namjoon-hyung.
Taehyung
lo aveva
seguito subito:
–
Povero Joonie,
spero si riprenda un pochino almeno per il giorno di Natale. A
proposito
Kookie-ah, hai desideri particolari? Regali che vuoi ricevere?
–
Vuoi farmi un
regalo? Quindi ora mi tocca pensare a cosa prenderti? Credevo di averla
scampata!
Bisticciando
scherzosamente i due ragazzi erano rientrati nell’edificio in
direzione dell’ascensore
e Jimin stava per fare lo stesso quando si era sentito afferrare per
una
manica. Aveva guardato Yoongi con sguardo interrogativo.
–
Un attimo solo,
Jimin-ah.
Si
era messo una mano
nella larga tasca del cappotto e aveva tirato fuori un pacchettino
sottile
quadrato che aveva steso poi a Jimin. Il ragazzo lo aveva aperto
stupito, non
sapendo cosa aspettarsi. Yoongi aveva scelto una carta blu elettrico,
attorno a
cui aveva legato (Jimin era novantanove per cento sicuro che si fosse
occupato
da solo di incartare il regalo) un nastro bianco. Per via del freddo le
sue
mani si erano arrossate e poiché iniziava a fare leggera
fatica a muoverle
aveva preso questa come scusa per scartare la sorpresa più
lentamente di quanto
ci sarebbe normalmente voluto. Era curioso di sapere cosa ci fosse
dentro, però
allo stesso tempo sentiva di voler prolungare questo momento.
Finalmente era
riuscito a staccare l’ultimo pezzetto di scotch e aveva
liberato quello che
sembrava essere la custodia di un cd. Aveva poi osservato meglio e si
era
accorto che il regalo era effettivamente stato prodotto del tutto in
casa e non
veniva da un negozio.
“Mixtape n.1’” aveva
letto.
–
Mixt- Yoongi-hyung!
È ciò che penso? – aveva esclamato
continuando a fissare le lettere nere
lasciate indelebili sul cd da un evidenziatore.
–
Mi hai aiutato
tanto quest’estate. Mi sembrava il minimo. – aveva
detto con il
suo solito fare conciso Yoongi. Jimin lo aveva guardato incredulo.
Sapeva cosa
significasse questo per il ragazzo e si era chiesto subito se
effettivamente se
lo meritasse. Gli ho solamente fatto
compagnia mentre cercava lavoro, come
potrò essere da oggi un amico ancora migliore per
Yoongi-hyung?
–
Promettimi solo una
cosa. – Yoongi
aveva parlato lentamente,
ma con decisione, non guardandolo negli occhi, ma lasciando vagare lo
sguardo
oltre le spalle di Jimin –
Ascoltalo una
volta, poi per favore buttalo. È tutta robaccia comunque. Ma
è la robaccia che
ho fatto fino ad ora e nulla… volevo dartela.
Jimin
era rimasto
interdetto qualche secondo e poi lo aveva guardato scherzosamente:
–
Lo ascolterò ogni notte
prima di andare a dormire. – e gli aveva fatto un occhiolino
malizioso.
– Ew Jimin-ah, non essere
volgare ora. Anzi,
ridammelo!
Jimin
ricordava come
ridendo aveva piroettato lontano da Yoongi per proteggere
ciò che aveva mano e
gli aveva fatto notare che poteva anche provare a riprenderselo, ma non
avrebbe
avuto una possibilità.
– Sei troppo pigro per
rincorrermi più di
cinque minuti mentre io non mi arrenderei e continuerei a scappare per
sempre.
Era
un regalo da Min
Yoongi. Non se lo sarebbe fatto sottrarre per nulla al mondo.
*****
Plic
plic plic
Il
flusso dei ricordi
fu interrotto quando Jimin si rese conto di essere quasi davanti al suo
palazzo. Sentì un tuono scoppiare fortissimo nel cielo e
realizzò che aveva
preso a piovere. Corse al portone, aprì velocemente e si
buttò dentro l’atrio.
Quando era iniziato l’acquazzone? Non se ne era accorto e
adesso era tutto
zuppo. Mentre aspettava il suo ascensore si mise a frugare nel suo
zainetto
cercando l’ombrello. Non ricordava di averlo ripreso da casa
di Yoongi. Cercando
un po’ di più vide di essere nel giusto, lo aveva
dimenticato in camera sua. Non
avrebbe dunque potuto ripararsi dalla pioggia neppure volendo e tale
scoperta
lo tranquillizzò perché gli dette la scusa per
non preoccuparsi del fatto che
aveva fatto l’intero percorso fino a casa praticamente in
stato di trance. Si
era dato di nuovo appuntamento con Yoongi-hyung per
l’indomani e avrebbe lì
ripreso il suo ombrello. Rientrò in casa sereno accompagnato
dal ritmo della
pioggia che scrosciava fuori.
Note
dell’autrice:
Hello again! Nuovo capitolo fatto. È una reprise del secondo
e descrive i
ricordi di Jimin riguardanti la sua amicizia con Yoongi. Il punto di
vista è
essenzialmente il suo, per cui le le sensazioni riportate sono quelle
vissute
da lui. La parte in cui avremo il punto di vista di Yoongi
arriverà nel
capitolo terzo.
Ribadisco
ciò che ho detto nelle scorse note: a questo
punto della storia ciò che voglio è fornire
più informazioni sui personaggi, poiché
credo sia importante dare uno scorcio su ciò che
c’è dietro le loro relazioni.
Scrivendo mi sono resa conto che è una cosa che mi piace
fare e forse uno dei
motivi principali per cui ho iniziato a scrivere questa storia. Volevo
parlare
di loro come persone prima ancora che raccontare una sequela eventi.
Questo
semplicemente per dire che nonostante questi probabilmente (secondo il
progetto
che ho ora almeno) siano i capitoli più
“statici” di tutta la storia comunque
ci sarà una grande presenza di momenti introspettivi o
riflessivi.
Spero
di nuovo che il capitolo vi sia piaciuto, grazie
mille di averlo letto e grazie per aver anche letto le note, come
sempre i
commenti aiutano per cui lasciate pure un feedback se potete.
Ci
vediamo sul capitolo tre,
Baci,
Elle
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Capitolo 4 *** Capitolo III ***
CAPITOLO
III
Chi
ti vuole
bene conosce quattro cose di te:
il dolore dietro al
tuo sorriso,
l’amore dietro alla
tua rabbia, le ragioni del
tuo silenzio... E dove soffri il solletico.
(Charles M. Schulz)
Il
suono fragoroso di
un tuono fece sollevare la testa di scatto a Yoongi. Wow,
pensò. Dalla scrivania presso cui era seduto si accorse che
la
pioggia aveva preso a scrosciare violentemente e che l’acqua
stava iniziando ad
entrare dalla finestra lasciata aperta. Si affrettò ad
andare a chiuderla,
sbattendola rumorosamente e notando le numerose goccioline che ora
bagnavano il
davanzale.
–
Che palle. –
borbottò mentre tornava ad occupare la posizione di prima.
Si mise a riflettere
un attimo: – Chissà se Jimin-ah è
già arrivato a casa o si sta beccando questo
temporale. Aveva l’ombrello però se non sbaglio.
Istintivamente
volse
lo sguardo in direzione della porta, dove ricordava che Jimin aveva
lasciato
cadere il suo ombrello azzurro quando era arrivato. Era ancora
lì.
–
Ovviamente se l’è
dimenticato. Lo riprenderà domani a questo punto.
Lui
e Jimin avevano
trascorso il pomeriggio un po’ a commentare i fumetti che
Jimin gli aveva
riportato, un po’ ad ascoltare dei nuovi brani che Yoongi
aveva buttato giù.
Come al solito però il tempo volava e c’era ancora
tanto di cui discutere per
cui i due ragazzi avevano deciso di rivedersi il giorno dopo sul
pomeriggio
tardi, attorno alle cinque. “Così
con
poco tempo dobbiamo per forza sbrigarci”, aveva
detto con fare pratico
Yoongi. In particolare gli premeva fargli leggere alcuni testi che
aveva
scritto di recente e non era riuscito a mostrargli durante
l’incontro di quel
giorno. Il quadernino nero in cui erano racchiusi si trovava dunque per
il
momento in attesa, appoggiato sul comodino e in compagnia di un paio di
libri,
un bicchiere d’acqua e un mazzo di chiavi. Yoongi non era
particolarmente
disordinato, non come Namjoon sicuramente, ma non era neppure un
maniaco
dell’ordine alla stregua di Jin. Solo raramente la sua stanza
si trovava in
condizioni di caos estremo, mentre nel resto del tempo si presentava in
uno
stato di piacevole confusione. Quando si entrava si aveva
l’impressione che
ogni oggetto avesse il proprio posto, ma che solo provvisoriamente si
trovasse da
qualche altra parte perché il proprietario era impegnato in
qualche attività
creativa. In altre parole, era un disordine leggero che sembrava
nascere più da
una distrazione artistica che da un’effettiva pigrizia o
negligenza. Inoltre
Yoongi ci teneva a mantenerla pulita. Amava tenere le finestre aperte
per cui
l’odore che vi si respirava dentro non era mai cattivo, anzi.
La camera sapeva
di fresco, di carta e di limone. Il profumo pungente di questo agrume
era il
suo preferito per cui faceva sempre in modo di avere una candela in
camera che
potesse diffonderne un po’ l’aroma ed era questa
l’unica frivolezza presente
nella sua stanza. Il resto di ciò che Yoongi vi teneva
riposto era
essenzialmente di carattere pratico o comunque rientrava nella
categoria di
cose che il ragazzo definiva utili.
Tutto
ciò che possedeva aveva un significato e una logica. Nella
bassa libreria a tre
scaffali vicino alla scrivania aveva disposto in ordine cd e dvd, per i
quali
sapeva sarebbe sempre riuscito a trovare spazio anche avesse abitato in
un
buco. Non era per fortuna comunque questo il caso, poiché la
stanza che stava
attualmente occupando non era piccola e riusciva a contenere senza
difficoltà
le sue proprietà. Tra la libreria e l’armadio
c’era uno spazio vuoto che aveva riempito
con la sua chitarra acustica, unico strumento musicale che al momento
possedesse. Solitamente per terra ai piedi dell’oggetto si
potevano trovare un
paio di quadernetti aperti e qualche accessorio di cancelleria come
matite
mangiucchiate e gomme consumate, lasciati lì a testimonianza
del tempo speso a
comporre melodie che probabilmente non avrebbero mai abbandonato quelle
quattro
mura. Tra la porta e il letto, che si trovava appoggiato sul suo lato
lungo
alla parete opposta a quella della scrivania e dell’armadio,
c’era il comodino,
dove spesso venivano lasciati altri quaderni di appunti che altrimenti
era
facile trovare anche sul davanzale della finestra o direttamente al
centro
della stanza, per terra. Quando aveva l’ispirazione per
qualche testo Yoongi
trovava infatti che sdraiarsi sul pavimento nel bel mezzo della camera,
quaderno e penna nera alla mano, fosse la posizione che aiutava
maggiormente il
suo flusso creativo. Sulla scrivania sempre aperto era il suo computer,
al
quale erano attaccate due casse di media grandezza. Erano state un
po’ una
spesa, ma Yoongi ne aveva sentito il bisogno. Sebbene utilizzasse come
tutti
l’iPod mentre era in giro, il suo orecchio era in grado di
percepire
perfettamente la distinzione di qualità tra il suono che
veniva da un formato
mp3 e quello che invece proveniva da un cd riprodotto su uno stereo.
Aveva
dunque deciso di concedersi questo regalo e comprare delle casse di
fascia
media che potessero garantirgli, almeno quando era in camera sua,
un’esperienza
migliore nell’ascoltare musica. Quando era particolarmente
stanco era ciò che
preferiva fare: mettere uno dei suoi cd preferiti e rilassarsi sdraiato
sul
letto. Sebbene solo di rado lasciato disfatto, il letto di Yoongi era
solitamente occupato da qualche libro o manga e sempre dal suo cappotto
nero,
messo in fondo: era la prima cosa che si toglieva appena tornato in
camera, ma
che non aveva mai voglia di riporre dentro l’armadio, perché tanto mi occorrerà
più tardi. Altri libri e fumetti erano
poi sparsi un po’ ovunque, sul comodino, sulla scrivania,
impilati dentro
l’armadio o addossati lungo le pareti. Le mura della stanza
non erano decorate,
fatta eccezione per lo spazio sopra la testiera del letto.
Lì aveva appeso un
paio di locandine che aveva trovato graficamente interessanti di eventi
a cui
era stato e qualche articolo preso da riviste musicali che lo aveva
colpito. I
magazine di musica erano piuttosto costosi e poteva permettersene uno
solo una
volta ogni tanto, per cui quando riusciva ad acquistare qualche copia
conservava gelosamente ogni informazione che riusciva a trovarvi e che
considerava importante. Quelle che poi non finivano al muro andavano
dentro un
raccoglitore bianco che il ragazzo teneva dentro il suo armadio. Yoongi
era
abbastanza geloso delle sue cose, un po’ per via del suo
carattere riservato,
un po’ perché entrare in possesso di molte era
stato frutto di sacrifici e ore
di lavoro. Altre erano regali con un significato speciale. Come ad
esempio la
sua chitarra. Un compleanno di diversi anni prima, quando ancora Yoongi
frequentava l’ultimo anno di liceo, Hoseok aveva deciso di
fargli una sorpresa
e regalargli finalmente una buona chitarra che potesse sostituire
quella che
ormai aveva da anni ed era diventata quasi inutilizzabile. Andando
insieme in
centro un giorno Hoseok lo aveva visto fare occhi sognanti di fronte a
un bel
modello e si era dunque messo in mente di comprarglielo. Non riuscendo
ad
arrivare alla somma necessaria con i suoi risparmi aveva chiesto aiuto
ai
genitori di Yoongi. I due trovarono che una chitarra nuova fosse una
buona idea
come regalo per il figlio e si offrirono addirittura di pagare tutto
loro, ma
Hoseok rimase irremovibile e, come raccontarono più tardi a
sorpresa ricevuta a
Yoongi, non fu loro possibile dire di no agli occhi così
determinati di quel
ragazzino. “Deve volerti davvero
molto
bene” gli aveva detto la mamma in seguito. Yoongi
sapeva che era così.
All’epoca l’amico aveva solo sedici anni per cui poteva
immaginare cosa avesse
potuto significare per lui mettere da parte i soldi per un regalo del
genere e
così quando si trovarono loro due da soli nella sua
cameretta per trovare un
posto alla nuova arrivata il ragazzo più grande, come solo
in pochissime altre
occasioni gli era capitato nella vita, si ritrovò incapace
di frenare le
lacrime.
Seppure
Yoongi,
quando decideva di usarle davvero, se la cavasse senza
difficoltà con le
parole, il bene che voleva ad Hoseok era un qualcosa che non avrebbe
saputo
spiegare verbalmente. Lo considerava la persona più
importante della sua vita e
non sapeva che cosa avrebbe fatto senza di lui, sia in passato che in
futuro.
Hoseok era il tipo di persona che non ci si sarebbe mai aspettata di
vedere
vicino a un ragazzo come Yoongi, ma era esattamente il tipo di persona
di cui
un ragazzo come Yoongi aveva bisogno. Si conoscevano da quando erano
bambini
perché i genitori di Hoseok si erano trasferiti nello stesso
quartiere in cui
viveva Yoongi quando loro due avevano sei e sette anni. Erano
letteralmente
cresciuti insieme e Yoongi non riusciva neppure a concepire la
possibilità di
un’esistenza in cui il suo amico non fosse al suo fianco.
Hoseok era davvero
una delle pochissime persone che potessero dire di conoscerlo del
tutto, se non
l’unica. Sapeva come farlo ridere, sapeva quando lasciarlo da
solo, sapeva
quando aveva bisogno di una tirata d’orecchi. Yoongi aveva
sempre pensato che
uno dei motivi principali per cui la loro amicizia aveva funzionato fin
dal
primo momento era proprio la personalità di Hoseok. Cosi
solare e così espansivo,
nulla sembrava poter scalfire la sua corazza di positività.
Yoongi non aveva un
carattere semplice e tantissime altre persone lo avrebbero di sicuro
lasciato
perdere in più di un’occasione, ma non Hoseok. Non
importava quante volte si
chiudesse in sé stesso, quante risposte scontrose desse o
quanto di malumore
fosse, Hoseok sembrava riuscire a far rimbalzare tutto ciò
che di negativo gli
veniva tirato addosso ed accogliere solo ciò che di positivo
Yoongi aveva da
offrire. Se voleva fargli tornare il sorriso non demordeva, i suoi modi
spicci
non lo avevano mai intimorito e aveva dimostrato in
un’infinità di occasioni
che la sua porta era sempre aperta in qualsiasi giorno e a qualsiasi
ora per
qualunque problema l’amico avesse, più di quante
Yoongi potesse contarne. Non
che Yoongi avesse avuto una vita di per sé difficile. Non
c’erano stati particolari
traumi o esperienze dolorose che lo avessero fortemente segnato. Veniva
da una
famiglia semplice, di persone tranquille e la sua infanzia era stata
essenzialmente
serena. Certo, i soldi a volte avevano rappresentato un problema ed in
generale
né il suo percorso né quello dei genitori era
sempre stato solo cosparso di
rose, ma Yoongi non poteva in tutta onestà dire di aver
avuto difficoltà
maggiori di quelle che ha la gran parte della gente a questo mondo. Il
momento
davvero più complicato che aveva dovuto affrontare era stato
quello in cui
aveva dovuto prendere una decisione sul suo percorso di studi e quindi
il suo
futuro. I genitori erano stati ben chiari con lui: non erano
d’accordo sulla
sua scelta di dedicarsi alla musica come professione vera e propria.
Quando poi
si erano resi conto che il figlio sarebbe stato irremovibile gli
avevano detto
che a quel punto non lo avrebbero fermato, ma nemmeno aiutato
economicamente.
Il primo anno era stato dunque estremamente duro per il ragazzo. Oltre
al fatto
di essere da solo in una città enorme che gli era del tutto
straniera,
avvertiva quotidianamente, in ogni sua azione, il peso del giudizio dei
genitori. A rendere la situazione ancora peggiore, si era dovuto
arrangiare in
una cameretta di una casa che cadeva a pezzi e contando solo sui pochi
risparmi
che aveva e i guadagni di lavoretti fatti qua e là. Anche in
quell’occasione
Hoseok si era rivelato eccezionale come sempre. Avendo sempre lavorato
e
risparmiato, ma vivendo ancora con i genitori, non aveva
quell’anno particolari
esigenze per cui non aveva pensato due volte ad aiutare
l’amico. Il ragazzo non
aveva ovviamente accettato subito, ma altrettanto ovviamente Hoseok non
aveva
desistito e era riuscito a spuntarla. Ora Yoongi gli aveva finalmente
restituito tutto, ma il suo aiuto in quei primi mesi era davvero stato
preziosissimo. La vita di tutti i giorni era comunque stata pesante e
Yoongi si
era potuto permettere tra il poco e il niente in termini di spese extra
che non
fossero per la sopravvivenza o l’università, ma
quantomeno l’appoggio di Hoseok
aveva fatto sì che non si ritrovasse sotto un ponte dopo i
primi due mesi dal
suo arrivo a Seul. La situazione era poi per fortuna migliorata. I
genitori si
accorsero della sua dedizione e poiché nonostante dissapori
e conflitti
dopotutto amavano sinceramente il figlio, gli comunicarono che erano
disposti
ad addossarsi buona parte delle responsabilità economiche,
prima fra tutte le
tasse universitarie. Di nuovo Yoongi sulle prime aveva risposto di no
all’aiuto
offerto, ma poi parlandone anche con Hoseok si era reso conto di quale
sforzo
avesse rappresentato per i genitori fare questo passo verso di lui e
dunque aveva
accettato. Durante il secondo anno però aveva continuato a
lavorare lo stesso
per poter così risparmiare altri soldi. Lo aveva fatto per
due motivi
principali: innanzitutto per potersi permettere di mettere da parte il
lavoro e
dedicarsi completamente solo ai suoi studi durante l’ultimo
anno di università
e poi la specialistica, che reputava essere gli anni più
importanti del suo
percorso scolastico. Aveva poi deciso di lavorare un altro anno
poiché ancora
non poteva vivere con Hoseok e dunque avere qualcosa da fare uscito
dall’università lo avrebbe aiutato ad alleviare la
solitudine. Il periodo
universitario, soprattutto l’inizio, aveva dunque
effettivamente rappresentato
un momento molto faticoso nella vita di Yoongi, sotto diversi punti di
vista, ma
questo fatto da solo non era ovviamente sufficiente a spiegare molte
delle
difficoltà e particolarità del suo carattere.
La
ragione vera per
cui Yoongi sin dalla più giovane età aveva avuto
problemi con il mondo
circostante era costituita essenzialmente da sé stesso. Si
rendeva conto di
essere una persona molto chiusa, introversa e intrappolata tra
l’autocelebrazione e l’auto disprezzo. Guardava le
persone e si sentiva al
tempo stesso mille volte migliore e mille volte peggiore di loro e non
gli era
dunque facile entrarci in contatto, così incastrato
com’era tra il “perché
dovrebbero interessarsi a me?” e il
“perché dovrei essere interessato a
loro?”.
Era una trappola da cui non riusciva ancora ad uscire, per quanti
sforzi
facesse. Ciò però non faceva di lui un
anaffettivo. In realtà era l’esatto
contrario. In ogni momento della sua vita la sua sensibilità
era attivata al
massimo. Riusciva davvero a percepire gli altri, a comprendere i loro
bisogni.
Ciò che aveva difficoltà a fare era
però dialogare con loro e tale problema
scaturiva essenzialmente da una condizione di profonda insicurezza.
Credeva di
saper fare solo pochissime cose e forse una sola in realtà,
ovvero musica.
Anche in questo campo però spesso si sentiva travolto dai
dubbi. A tratti
sentiva che poteva davvero farcela, che aveva qualcosa da dire e da
dare,
mentre in tanti altri veniva preso dall’idea che sarebbe
rimasto per sempre
confinato nel suo angolo. La fatica degli ultimi anni non aveva
certamente
aiutato. Si era reso conto di sentirsi del tutto spaesato e privo di
senso da
solo senza Hoseok e sebbene all’università andasse
bene per un periodo l’intero
mondo gli apparve completamente a tinte nere. L’arrivo
dell’amico a Seul e
l’alleggerimento delle responsabilità economiche a
suo carico migliorarono le
sue condizioni di vita quotidiana e certamente anche il suo spirito, ma
gli
affanni interiori rimasero. Yoongi non era uno stupido e trascorreva
molte ore
a riflettere su sé stesso e la sua vita. Non era cieco ai
suoi problemi e
riusciva ad auto analizzarsi quasi sempre in modo piuttosto lucido,
seppure
spesso troppo duro. Sapeva che le difficoltà vissute durante
il primo anno non
avevano fatto altro che portare a galla sentimenti che covava
già dentro sé da
tempo. Aveva avuto ancor più netta la sensazione di essere
un ospite invisibile
su questo mondo, destinato a non uscire mai allo scoperto e rimanere
attaccato
al muro. Si era anche reso conto che la sua passione per la musica lo
spaventava. Era consapevole che essa costituiva un suo punto di forza.
Era solo
l’amore per la musica e per il disegno che aveva progettato
per la sua vita che
gli permetteva di far fronte a testa alta alle difficoltà
che potevano mettersi
sul suo cammino. Sapeva che la sua determinazione lo avrebbe aiutato
spesso e che
sarebbe stato il motore che gli avrebbe permesso di non arrendersi
là dove
altri si sarebbero fermati. Allo stesso tempo però
un’idea del genere lo
terrorizzava perché era conscio che tale passione
rappresentava l’unica cosa
per cui riuscisse a combattere così. Se avesse fallito
nell’ottenere ciò a cui
professionalmente aspirava, se i suoi sogni fossero rimasti solo sogni,
non
avrebbe davvero saputo cosa fare della sua vita. Questo amore
così profondo e
intenso, ossessivo quasi, per la musica era un’arma a doppio
taglio e era
questo un pensiero che lo teneva spesso sveglio per ore la notte.
Gli
era capitato più
volte di pensare che ciò potesse costituire
un’altra motivazione alla base
della sua difficoltà ad avvicinarsi alle persone. Quando ci
si dedica in modo
così totalizzante a qualcosa necessariamente
qualcos’altro deve essere
sacrificato. Per poter lavorare al meglio Yoongi aveva bisogno di
energie.
Socializzare, avere amici, costruire relazioni, gli richiedeva una
quantità di
energia che né poteva né sapeva concedere. La sua
natura introversa lo portava
d’istinto a ritrarsi di fronte alle persone e dunque trovarsi
in contesti
sociali risultava per lui molto faticoso. Aveva un giorno letto da
qualche
parte una spiegazione interessante sulla differenza tra le persone
introverse
ed estroverse. Mentre la persona estroversa si alza al mattino con un
sacchetto
vuoto e durante la giornata lo riempie di monete, ovvero energia,
stando con le
persone, la persona introversa inizia la sua giornata con un sacchetto
pieno
che poi viene progressivamente svuotato con lo stare con gli altri.
Yoongi
aveva riflettuto su quest’immagine ed aveva pensato che era
vero, si era
sentito in effetti come un sacchetto vuoto, privo di forze, le
rarissime (due
soltanto ed una solo perché Namjoon lo aveva implorato)
volte in cui si era
ritrovato a partecipare a delle feste universitarie. Nemmeno la
solitudine era
semplice però. Yoongi la accettava ormai come parte di
sé stesso e di certo la
preferiva all’essere contornato di persone dalla mattina alla
sera. Tuttavia
ciò non significava che non gli andasse mai stretta. Si
sentiva bloccato in
qualcosa che non sapeva definire e non riuscendogli a dare un nome non
aveva
nemmeno idea di cosa avrebbe mai dovuto fare per uscirne.
La
sua personalità
particolare derivava dunque quasi interamente da
un’interiorità complessa,
sempre in affanno e in contraddizione con sé stessa e che
era portata per
istinto naturale ad isolarsi e essere colta da ondate di pessimismo e
ansia
profonda che spesso gli serravano la gola. Non riusciva a guardare alla
sua
vita con grande positività. Non avrebbe cambiato le
decisioni che aveva preso,
ma non sentiva però di poter dire di voler ripercorrere gli
anni vissuti fino a
quel momento. In qualche modo la sua vita aveva acquisito un certo
equilibrio,
ma non riusciva a tirare un vero sospiro di sollievo e considerarsi
completamente al sicuro. Aveva la costante sensazione di trovarsi
ancora in un
periodo a cui avrebbe riguardato fra venti o trent’anni e di
cui, almeno così
si augurava, avrebbe detto: “Alla fine ce l’ho
fatta e ne sono uscito”. Da cosa
di preciso dovesse uscire, non era chiaro nemmeno a lui. Più
ci pensava più la
rabbia gli ribolliva dentro. Era consapevole di non avere un motivo
esatto per
sentirsi insoddisfatto o considerare il presente un “momento
buio”. Aveva
studiato ciò che desiderava, aveva trovato un buon lavoro,
la situazione con i
genitori si era appianata e aveva buoni amici, a cui teneva moltissimo
e che
tenevano a lui. Sapeva di non avere diritto a lamentarsi, eppure non
riusciva
ad evitare di sentirsi ancora in un tunnel buio e per questo motivo si
odiava
ancora di più. Credeva di essere una persona ingrata, a cui
non sarebbe mai
andato bene nulla e dunque destinata a una perpetua
infelicità. Questo era uno
dei timori più grandi di Yoongi, uno di quelli che gli
mozzavano il respiro. Quando
tali pensieri si impossessavano di lui l’unico modo che
trovava per difendersi
era concentrarsi il più possibile solo ed esclusivamente sul
presente, cercare
di ignorare il rumore nella sua testa e portando l’attenzione
su qualcos’altro.
Avere Hoseok vicino rendeva questo compito incredibilmente facile. Era
impossibile
per Yoongi ricordare anche solo una volta in cui il sorriso
dell’amico non
fosse riuscito a tirarlo fuori dal fumo di negatività da cui
si sentiva
avvolto. Hoseok sapeva da solo quando e soprattutto come accorrere,
Yoongi non
aveva bisogno di chiedere, né tantomeno di fingere. Anche si
fosse mostrato la
persona più serena di questo mondo, l’amico
avrebbe comunque visto al di là e
lo stesso valeva nel caso contrario. I modi freddi di Yoongi non
rappresentavano per Hoseok un ostacolo perché sapeva che
nascondevano solo
tanta paura e al tempo stesso curiosità per la vita.
Era
una cosa bella,
il non aver bisogno di dirsi nulla. Il non dover ripercorrere ad alta
voce le
sue inquietudini faceva sentire Yoongi incredibilmente rilassato.
Hoseok lo
capiva e non poiché non si sarebbe mai domandato il
perché di alcuni suoi
comportamenti Yoongi sapeva di non doverli tenere a freno o starci
attento. Il
risultato di ciò era che riusciva a scordarsene. Hoseok era
un balsamo per lui
e Yoongi pregava ogni giorno che non cessasse mai di essere al suo
fianco.
Vivere sotto lo stesso di Hoseok era un qualcosa con cui aveva ancora
qualche
difficoltà a fare i conti. Gli mancava terribilmente,
soprattutto in momenti
particolari della giornata. I pranzi erano sempre troppo silenziosi, le
serate
troppo tranquille. Hoseok aveva l’abitudine di andare sempre
in camera di
Yoongi prima di mettersi a letto e Yoongi lo avrebbe voluto trovare
almeno
un’altra volta con indosso il suo pigiama verde acqua seduto
sopra al suo
cuscino pronto a scambiare quattro chiacchiere bevendo una tazza di
camomilla.
Gli sarebbe piaciuto, solo un’altra mattina, urlargli contro
mezzo nudo e
assonnato, sbattendo la mano sulla porta del bagno e incitandolo a
sbrigarsi a
uscire. Così come ancora a volte quando attraversava il
grande salone buio nel
cuore della notte per andare a prendere un bicchiere d’acqua
si aspettava di
trovarlo insieme a Jin a giocare con la playstation,
attività che nei weekend
spesso i due conducevano fino ad addirittura le due o le tre. Gli
mancavano
persino quegli stupidissimi drama che era solito guardare ogni santa
sera prima
di cena e nei cui confronti Yoongi non riusciva mai a celare la propria
irritazione. Gli dispiaceva ora di averlo preso continuamente in giro,
di
essersi messo tantissime volte seduto vicino a lui sul divano, cercando
di
comprendere la sua passione per quelle trame improbabili ed esagerate
senza
riuscirci e facendo commenti acidi su ogni personaggio. Hoseok reagiva
o
mettendosi a ridere o al massimo tirandogli una cuscinata sorridendo e
continuando indisturbato nella sua visione. No, non avrebbe mai trovato
qualcuno come Hoseok nella sua vita. Quando era dovuto partire per sei
mesi
l’anno prima, Yoongi si era sentito più volte
afferrare dal timore che quelle
sensazioni che solo con l’amico vicino poteva mettere da
parte venissero fuori
troppo spesso. Se ciò non era avvenuto doveva ringraziare
soprattutto Jimin.
Buffo come di nuovo, sebbene in modo indiretto, anche qui Yoongi
dovesse
ringraziare Hoseok, essendo stato lui a portarlo in casa loro. Non che
gli
altri ragazzi non lo conoscessero ovviamente. Jin aveva vissuto con lui
per
anni ormai, quindi sapeva come prenderlo ed era sempre stato rispettoso
del suo
spazio personale. Il suo carattere tranquillo e aperto unito a quello
di Hoseok
aveva davvero reso la casa un posto dove Yoongi poteva respirare. Anche
Namjoon, una delle persone che Yoongi si era trovato a frequentare di
più anche
al di fuori del suo appartamento, era per lui un caro amico. Tra loro
c’era una
grande stima reciproca e avevano interessi simili oltre la musica, come
ad
esempio i fumetti e i viaggi. Avendo frequentato la stessa
università Namjoon
aveva di conseguenza trascorso tanto tempo con Yoongi e dunque anche
lui capiva
quando era il momento di ritirarsi e lasciare l’altro ragazzo
per conto suo. La
soluzione adottata da tutti era sempre quella però.
Mantenere le distanze, ed
anche se fatta in buona fede, tale soluzione era un po’ parte
stessa del
problema. Non sapendo bene come altro muoversi era un atteggiamento
normale da
parte dei ragazzi, ma a Yoongi dispiaceva pensare che i migliori amici
dovessero camminare sulle uova in sua presenza. Per un lungo periodo
era stato
così anche per Jimin, finché le cose erano
cambiate. Sebbene il ragazzo avesse
già attirato la sua attenzione per altri motivi fin dalle
prime volte in cui Hoseok
lo aveva portato in casa, ciò che lo aveva attratto il
pomeriggio in cui i due
si erano ritrovati inavvertitamente da soli era stato il suo
atteggiamento
diverso dal solito. Nessuno, tranne probabilmente appunto solo Hoseok,
si
sarebbe mai sistemato con tanta disinvoltura e naturalezza di fianco a
lui
mentre suonava. Sapeva con certezza che a nessuno degli altri sarebbe
nemmeno
venuto in mente di mettersi a osservarlo e sorprenderlo da dietro.
Jimin invece
gli si era affiancato e aveva addirittura preso a raccontargli di
sé stesso in
maniera tranquilla, senza pensarci. Lo aveva visto agitarsi
all’inizio quando
era stato sorpreso, ma invece che scusarsi o andarsene aveva fatto
subito un
commento sul suo modo di suonare. Non erano molte le persone che si
comportavano così con lui, praticamente nessuno. Quando poi
Jimin gli aveva
detto che lo reputava bravo, Yoongi si era stupito ancora di
più. Gli aveva
quasi dato sulla voce e il suo tono era sincero, non di circostanza.
Senza
saperlo Jimin con la sua reazione aveva scatenato in lui una sensazione
che lo
aveva colto di sorpresa. Non era solito condividere ciò che
faceva e dunque non
era abituato alla piacevolezza di ciò che aveva avvertito,
una gioia nata dal
sentirsi apprezzati e dal semplice condividere qualcosa di proprio con
qualcuno
che non è lì per giudicare, come un professore o
un insegnante di musica, ma
per accogliere. Accogliere ciò che lui offriva per
condividere poi a sua volta
ciò che il suo dono gli aveva trasmesso, come aveva fatto
Jimin. Yoongi non
riusciva a ricordare l’ultima volta in cui si era aperto con
qualcuno da un
punto di vista creativo. Quasi preso da una foga di cui non credeva
nemmeno di
essere capace si era subito rimesso a suonare appena Jimin gli si era
sistemato
vicino, come se avesse paura che si stancasse e scappasse via.
Il
fatto di avergli
regalato il suo mixtape poi era un evento senza precedenti. Nemmeno
Namjoon,
con cui Yoongi scambiava spesso opinioni artistiche in modo teorico,
aveva mai
avuto accesso a quella parte del suo lavoro, ovvero i progetti
personali a cui
si dedicava. Yoongi non poteva più farne a meno adesso. Del
modo in cui Jimin
lo sosteneva, della sua voce quando gli faceva un commento, che
scendeva di
qualche ottava quando si trattava di un complimento, e al contrario
saliva per
l’agitazione quando doveva fargli un notare un punto che non
gli piaceva. Si
era anche ormai abituato al modo in cui il ragazzo più
piccolo sembrava curarsi
di lui. In più di un’occasione glielo aveva
dimostrato, come ad esempio quando
nell’estate dell’anno prima aveva trascorso le sue
vacanze ad aiutarlo. O prima
ancora nel giorno della sua laurea, quando era intervenuto nella
situazione con
Hoseok. Yoongi riusciva ancora a sentire il calore di
quell’abbraccio, così
pieno di affetto e comprensione. Come al solito Yoongi aveva partorito
un’idea
stupida, pensando che non sentire per niente il migliore amico sarebbe
stata la
migliore soluzione, quella meno dolorosa. Quando però si era
ritrovato davanti
al gruppo di persone pronte a celebrarlo istintivamente il viso di
Hoseok era
stato il primo che aveva cercato. Una tristezza enorme lo aveva colto
all’improvviso e aveva sentito il bisogno di allontanarsi un
attimo. Mentre si
avvicinava allo steccato del giardino della facoltà aveva
provato a telefonare
al suo Hobi, ma era partita la segreteria e lui aveva a quel punto dato
per
scontato che l’amico sarebbe stato tutto il giorno occupato
con il suo stage e
non avrebbe avuto modo di sentirlo. Di nuovo Jimin lo aveva sorpreso,
rassicurandolo di aver pensato a tutto.
Così
come era stato
con Hobi tanti anni addietro, anche con Jimin Yoongi aveva avuto quasi
sin da
subito l’impressione che si trattasse di una persona
speciale. Nel corso dei
pomeriggi passati ad averlo in casa aveva avuto modo di osservarlo da
vicino e
c’erano alcuni aspetti di Jimin in particolare che lo avevano
attirato perché
ci si era rispecchiato. Sebbene a differenza della sua quella di Jimin
fosse
certamente una personalità positiva, allo stesso tempo non
era neppure
quell’esplosione di energia spensierata che invece erano ad
esempio Hoseok
stesso o anche l’amico Taehyung; allo stesso modo il ragazzo
non aveva nulla
della sicurezza e spigliatezza di Jungkook. Jimin aveva
un’indole più
tranquilla e rassicurante. Soprattutto era evidente quanto fosse
insicuro. Era
così bravo a danzare, ma aveva reso chiaro più e
più volte quanto non ci si
sentisse. Yoongi capiva che era pieno di dubbi costanti, esattamente
come lui.
Quando ballava si fermava di frequente e i suoi occhi cercavano in
continuazione quelli di Hoseok esprimendo la muta domanda: va bene cosi? Spesso, alla fine di un
pomeriggio speso ad
esercitarsi nel salone, Yoongi lo aveva colto nell’atto di
buttarsi a sedere
sul divano nero e passandosi le mani fra i capelli tirare un sospiro
profondo,
in cui Yoongi avvertiva non soltanto stanchezza, ma anche sfiducia. Si
era
quindi sentito contento quando aveva avuto l’occasione di
dirgli che era bravo
a ballare, il giorno in cui Jimin lo aveva sorpreso da solo a suonare
il
pianoforte. Quando ripensava al racconto di Jimin, al motivo per cui
aveva
iniziato a danzare, Yoongi avrebbe voluto tornare indietro e dire
qualcosa di
più di un semplice “sei riuscito a diventare
bravo”. Jimin
si era evidentemente aperto con lui,
parlandogli di ciò che provava mentre danzava, del suo
desiderio di completare
con il proprio corpo sinfonie e arie. Yoongi si era sentito
così travolto da
un’emozione strana mentre il ragazzo diceva tali cose che non
era riuscito ad
insistere di più sul fatto che la sua danza era perfetta
così com’era e a
dirgli quello che pensava, ovvero che quando si muoveva riusciva
davvero a
fondersi con la melodia. Aveva avvertito di nuovo il bisogno di tenerlo
vicino
e di nuovo quell’affanno, come se dovesse evitare con urgenza
che il ragazzo
gli scivolasse via. Magari puoi darmi
alcuni consigli su alcune melodie che sto scrivendo qualche volta.
Dirmi se ti
piacciono o meno. Si era sorpreso di sentire queste parole
dalla sua stessa
voce. Era il modo che aveva trovato, lì, velocemente, per
legarlo a lui. Quanto
Jimin fosse effettivamente convinto che il suo ballo fosse solo un
accessorio e
tutta la sua magia risiedesse nelle musiche su cui si esibiva piuttosto
che
nella sua grazia era diventato sempre più chiaro a Yoongi
man mano che i loro
incontri si intensificavano e soffriva della sua incapacità
di dirgli ciò di
cui sempre più si stava convincendo: ai suoi occhi non era
la musica a render
bella la danza di Jimin, ma l’esatto contrario. Decise che se
mai avesse
composto qualcosa degno di essere ascoltato non lo avrebbe mai
considerato
completo se il ragazzo non fosse riuscito a danzarvi sopra perdendocisi
dentro.
Ciò
che non smetteva
mai di stupire Yoongi era il modo in cui Jimin si apriva verso il mondo
nonostante le sue insicurezze. Come riusciva ad essere così
dolce? Se già
Yoongi non poteva perdonarsi il suo essere scontento perché
credeva di non
averne motivo, si sentiva ancora più meschino pensando che
invece Jimin era
effettivamente stato più volte ferito e tutta
l’insicurezza che ancora gli
rimaneva incollata addosso era il risultato sgorgato da quei segni
profondi.
Yoongi non capiva come, malgrado ciò, riuscisse a rimanere
sempre così
disponibile. Era una persona calda, che non faceva
difficoltà ad accogliere il
mondo e era portata spontaneamente a vedere il lato bello di cose e
persone.
Forse era questo il motivo che lo aveva spinto verso di lui, Yoongi.
Aveva
trascurato i lati oscuri del suo carattere per soffermarsi
evidentemente su
altro, sebbene a Yoongi sfuggisse di preciso cosa potesse essere. Si
sentiva
costantemente osservato dal ragazzo più piccolo con occhi di
ammirazione e
rispetto, come se pendesse dalle sue labbra e lo considerasse maestro
di vita.
Tutto ciò gli appariva incredibilmente buffo: era lui che
avrebbe dovuto far
capire a Jimin quanto lo stimasse. Di sé stesso non
c’era nulla da ammirare,
anche se Jimin sembrava essere di un’altra opinione.
“Hyung è la persona più in
gamba che io conosca” gli aveva detto una
sera dopo un paio di birre di troppo, mentre erano tutti riuniti nel
salone del
503, mettendosi seduto vicino a lui sul divano e circondandogli le
spalle con
un braccio. Il suo sorriso era sincero e Yoongi aveva perfettamente
percepito
l’affetto autentico che vi si nascondeva. In
quell’occasione anche non aveva
saputo cosa dire. Gli aveva solo preso la mano che lo cingeva,
gliel’aveva
rimessa in grembo e sollevandosi veloce gli aveva detto che
evidentemente non
doveva conoscere tante persone. Anche in questo caso quando ripensava a
tale
episodio si chiedeva perché non avesse risposto solo con un
“grazie”. Perché
era così incapace di dire ciò che affettivamente
pensava? Il suo posto era poi
stato occupato velocemente da Jungkook, il quale aveva chiesto cosa
Jimin
pensasse invece di lui.
–
Jungkookie tu sei
il più fastidioso!
–
Taehyung è meno
fastidioso di me?!
–
Si! – aveva
risposto Jimin, tintinnando una risata e buttandosi
all’indietro sullo
schienale del divano. Si era poi portato le gambe al petto per
cingersele con
le braccia e appoggiandoci la testa sopra aveva proseguito mentre
fissava
Jungkook:
–
E il più
carino.
–
Oh, okay, molto
meglio – era stato il commento dell’altro che
esibiva ora un’espressione
soddisfatta – “carino” va bene per il
momento.
Jin
era intervenuto:
–
Jiminie, per Kookie
dovresti dire bello però.
–
Ecco che corre in difesa del suo protetto – aveva fatto
eco Namjoon. – Ora gli lasci anche il trono come
più bello del gruppo?
Mentre
tutti ridacchiavano Jin aveva spiegato:
–
Ovviamente ancora non è pronto per quel titolo
però
posso vedere chiaramente fin da ora che presto l’allievo
supererà il maestro.
Yoongi
in quell’occasione
aveva alla fine solo scosso la testa. Prendeva sempre in giro Jin per
come era
pronto a difendere e appoggiare Jungkook, ma in effetti lui faceva lo
stesso
con Jimin. L’attenzione particolare che Jin aveva nei
confronti di Jungkook era
dovuta a diversi fattori. Innanzitutto perché
era il più piccolo e dunque il
lato materno di Jin scattava automaticamente con lui. Poi
perché seppur di età
differenti i due ragazzi avevano effettivamente legato molto. La prima
volta
che era andato al 503 Jungkook aveva subito notato la collezione di dvd
di Jin
ed era rimasto a bocca aperta. Era un grande amante del cinema,
così come lo
era Jin e malgrado la sua giovane età aveva già
larghe conoscenze e gusti
interessanti. Scambiarsi opinioni sugli ultimi film usciti e vederne
altri
insieme era stato un modo per loro di trovare un punto di contatto
nonostante
si trovassero in due fasi della vita piuttosto differenti e Jin aveva
preso
dunque in simpatia Junkook molto velocemente, trasferendolo subito
sotto la sua
ala protettiva. Yoongi a volte si chiedeva se ciò che Jin
faceva con Jungkook
fosse la stessa cosa che stava facendo con Jimin. Certo le tempistiche
e modi
erano state notevolmente differenti, ma Yoongi sentiva che il bisogno
che Jin
aveva di dover proteggere Jungkook era lo stesso che aveva anche lui.
C’era
però sempre qualcosa che non gli quadrava quando analizzava
la situazione.
Erano i due casi effettivamente paragonabili? In parte riusciva a
spiegarsi
questa sensazione con la differenza di carattere tra lui e Jin.
Quest’ultimo
esternava di più ciò che pensava, era esplicito
nel suo affetto per Jungkook.
Yoongi invece come sempre tendeva a non esprimersi e lasciare che i
suoi
comportamenti parlassero per sé. Era sempre stato
incredibilmente attento a non
urtare la sensibilità di Jimin. Il modo in cui lo
punzecchiava era estremamente
leggero e mai sarebbe riuscito a sfoderare con lui atteggiamenti che
sapeva lo
avrebbero potuto far sentire respinto. Questa era infatti la cosa che
più
premeva a Yoongi, il messaggio che cercava di far passare. Qualunque
cosa
accadesse, Jimin non avrebbe dovuto mai sentirsi respinto da lui. Fino
a quel
momento il suo metodo sembrava aver funzionato. Non lo aveva mai detto
a
parole, ma stando a ciò che vedeva Jimin si sentiva a suo
agio con lui, ed era
questo ciò che contava di più e che non sarebbe
dovuto cambiare. Questa era una
buona spiegazione, ma non bastava. Qualcos’altro sfuggiva a
Yoongi. Un’altra
delle sue idee stupide gli si affacciava spesso in testa.
L’idea che ci fosse
un dettaglio mancante che avrebbe reso chiaro in cosa le loro
situazioni
fossero differenti.
Mentre
chiudeva
infastidito con un click la centesima finestra pop-up apparsa sullo
schermo,
Yoongi sentì la suoneria del suo cellulare comunicargli di
aver ricevuto un
messaggio.
---
giovedi 29 dicembre 2016 ---
Hobi
19:42
Posso
venire
domani subito dopo pranzo?
19:42
Intorno alle 15?
19:42
J
Yoongi
19:43
Chiaro
Hobi
19:48
Oky
19:49
C’è una cosa importante
di cui devo parlarti
Yoongi
19:50
???
Hobi
19:50
A
domani~~~
19:51
^_^
Yoongi
19:51
*eyeroll*
–
Che problema c’è, Hoseok-ah ? – si
chiese sottovoce rimettendo il
telefono sulla scrivania.
Non
era da Hoseok parlare di cose importanti dal nulla, non così
importanti
da doverlo comunicare in anticipo per lo meno. Yoongi si
alzò dalla sedia
girevole e andò a buttarsi sul letto con un sospiro. Aveva
addosso ancora una
volta una sensazione strana e non ne capiva il motivo. Era di nuovo
quell’inquietudine fuori luogo e un presentimento sgradevole.
****
30
dicembre
2016
Sistemandosi
un po’
il colletto della camicia in bagno Hoseok tirò un profondo
respiro. Si avviò
poi all’ingresso, si mise addosso il cappotto, chiuse
lentamente tutti i
bottoni e ne tirò un altro. Sebbene l’abbondante
pranzo – ora in cammino nel
suo stomaco – preparatogli da Jungkook avrebbe dovuto farlo
sentire assonnato,
al momento il ragazzo aveva solo ansia. Non sapeva come avrebbe reagito
l’amico
e ciò gli procurava agitazione. Alzò gli occhi al
cielo. La stava mettendo
troppo sul tragico, come al solito. Alla peggio avrebbe detto di no e
non
sarebbe stata la fine del mondo. In qualche modo se la sarebbe cavata,
anche se
ciò che stava per provare avesse avuto un esito negativo.
Certo, sarebbe stato
un po’ imbarazzante, ma lui e Yoongi erano troppo legati
perchè una situazione
del genere potesse creare eccessivi problemi. Hoseok decise di darsi
una mossa
e uscì dalla porta di casa dopo aver lanciato un saluto a
Jungkook. Anche lui
sembrava strano quella mattina. Hoseok era distratto, ma non
così distratto da
non accorgersi di come prima a colazione il ragazzo avesse messo il
caffè nel
bicchiere per l’acqua e l’acqua nella tazza del
caffè e poi di nuovo a pranzo
due piatti sporchi nel forno invece che nella lavastoviglie. Neppure la
sua lieve
agitazione era sufficiente a fargli passare del tutto inosservato lo
sguardo
del ragazzo più piccolo, che si fissava spesso in un punto
nel vuoto e appariva
alle volte sognante, altre preoccupato.
Note
dell’autrice: Eccoci qui
di nuovo! Come sempre grazie per aver letto
anche questo capitolo. Grazie anche a chi ha recensito quello scorso e
ha messo
la storia tra le preferite/seguite ♥
Mi sono messa
a scrivere questo capitolo un po’in ansia
perché per un milione di motivi ci tenevo a parlare bene di
Yoongi. Devo dire
che alla fine mi è stato meno difficile di quanto credevo,
ho scritto quasi
tutto piuttosto di getto. Se poi abbia fatto un buon lavoro e
l’abbia descritto
adeguatamente quello lascio giudicare gli altri.
Ci
tengo a parlare un attimo della
citazione iniziale di Schulz (uno dei miei fumettisti preferiti tra
l’altro).
Visto che in questo capitolo ho parlato essenzialmente di Yoongi e dei
suoi due
legami più importanti con le persone a lui più
vicine il quote mi è sembrato
calzante perché rimanda (almeno secondo la mia
interpretazione) a quanto sia
importante per un rapporto di amicizia l’essere basato su
qualcosa di più del
solo “esserci nel dolore”. Yoongi da entrambe queste
persone così importanti
nella sua vita, Hoseok e Jimin, si
sente
compreso nel profondo perché sì, sa che riescono
a leggere oltre i suoi
atteggiamenti, arrivano al dolore che c’è dietro e
lo accettano, però anche
perché con queste persone sta bene, portano gioia nel suo
mondo. L’apparente
leggerezza della citazione mi è piaciuta perché
mette in luce la parte allegra
di questi rapporti, che per me è un punto importante da
ribadire. Yoongi li
tiene vicini al proprio cuore non soltanto perché con loro
può essere sé
stesso, silenzioso, brusco, introverso, ma anche perché
può rilassarsi e far
uscire un lato che altrimenti non sarebbe visibile da come si comporta
normalmente. Con loro è essenzialmente felice. Non so se
sono riuscita a
rendere tutto ciò anche solo minimamente percettibile nel
capitolo, ho dunque
messo questa lunga spiegazione qui per renderlo più chiaro.
Anche
in questa parte, come
preannunciato, non ci sono stati eventi particolari, tranne il ritorno
alla
timeline presente alla fine, perché è importante
per il prossimo capitolo, da
cui la trama vera e propria verrà ripresa.
Sperando
di non aver annoiato nessuno,
vi saluto fino al prossimo capitolo! Sento che la parte più
difficile arriva
ora e sono infatti molto in ansia. Mi auguro di riuscire a fare un
lavoro
decente. Nelle prossime due settimane farò un po’
avanti e indietro
Italia-estero per cui forse i prossimi due capitoli usciranno
più lentamente,
ma usciranno!
Lo
dirò ogni volta, i commenti sono
accettatissimi e utili, per cui se riuscite lasciatene uno, anche breve
^-^
Baci,
Elle
|
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Capitolo 5 *** Capitolo IV ***
CAPITOLO
IV
Forse
era ver,
ma non però credibile,
a
chi del senso
suo fosse signore;
ma
parve
facilmente a lui possibile,
ch’era
perduto
in via più grave errore.
Quel
che l’uom
vede, Amor gli fa invisibile,
e
l’invisibil
fa vedere Amore.
Questo
creduto
fu; che ‘l miser suole
dar
facile
credenza a quel che vuole.
(Ludovico
Ariosto, Orlando furioso, Canto I)
30
settembre 2016
Nell’ultima
settimana,
a Jungkook era capitato di perdere il filo di ciò che stava
facendo più volte
di quanto non gli fosse accaduto in una vita intera. Succedeva in
momenti
casuali e nel mezzo di gesti quotidiani, senza una logica precisa o
qualcosa di
particolare che innescasse il suo stato di incantamento. A volte era
accaduto
sotto la doccia, mentre si sciacquava i capelli e si chiedeva
improvvisamente
quando se li fosse insaponati. Altre volte gli era capitato mentre era
al
supermercato, dove si era ritrovato a fissare il prezzo di un prodotto
troppo a
lungo finché un dipendente non gli aveva chiesto se avesse
bisogno di aiuto.
Era accaduto spesso anche quando si trovava in compagnia di Taehyung.
Poi oggi
di nuovo, ben due volte. Prima, la mattina, si era accorto di aver
fatto confusione
con le tazze sul tavolo per la colazione. Non aveva davvero fatto caso
ai gesti
che stava compiendo e le sue mani si erano mosse completamente da sole.
Adesso
a pranzo gli era successo di nuovo. Si era ritrovato a compiere
un’azione senza
registrarla minimamente. Non riusciva davvero a ricordare quando, a
pasto
ultimato, avesse deciso di impilare le due ciotole sporche, alzarsi,
aprire il
forno e riporle lì. Era stato Hoseok a fargli notare quella
stranezza.
–
Oi, Jungkookie!
Perché metti le ciotole in forno?
–
Come scusa? – aveva
risposto distrattamente mentre tornava verso il tavolo.
–
Hai appena messo le
ciotole in forno invece che nella lavastoviglie.
–
Oh? – si era girato
per accertarsi che fosse vero e questo fu sufficiente a farlo tornare
di scatto
alla realtà e sbalordito fiondarsi a sistemare la confusione
che aveva creato.
Quando
sentì Hoseok
salutarlo e sbattersi la porta rumorosamente dietro di sé si
chiese se l’amico
avesse notato la sua distrazione continua. Era particolarmente vistosa
oggi, ma
forse c’era speranza che Hoseok avesse la testa da
un’altra parte e si fosse
accorto solo dei due episodi avvenuti durante i pasti. Non che facesse
molta
differenza, pensò, e si sistemò meglio sul divano
su cui si era sdraiato poco
prima. Avendo abbandonato l’idea di riuscire a trovare un
po’ di pace in un
sonnellino, si mise a fare una veloce carrellata per vedere se ci fosse
qualcosa in televisione. Era solo un modo per procrastinare il tempo,
lo
sapeva, ma un tentativo non costava nulla. Per sua sfortuna, non
trovò nessun
programma interessante e dovette dunque spegnere
l’apparecchio e mettersi a
fare seriamente i conti con i suoi pensieri. Rimboccandosi le lunghe
maniche
della felpa rossa cercò di fare il punto della situazione.
Fissò di nuovo lo sguardo
in punto nel vuoto. Da quando si era svegliato aveva un unico pensiero
fisso e
sapeva cosa doveva fare, ma continuava a non essere sicuro
né del come né del
quando. A tratti non era nemmeno sicuro che fosse proprio da fare. No,
lì c’era
già passato. Da fare, era da fare. Su questa decisione non
sarebbe tornato
indietro. Però continuava a rimanere il problema del quan-
no, il quando anche
sapeva. Oggi. Questo pomeriggio. Ok,
allora “come”. Come lo faccio.
Si
mise a riflettere
meglio, cercando di razionalizzare il tutto e pensando ai vari livelli
che
avrebbe dovuto attraversare. Dopotutto, il primo non era difficile. Non
si
trattava ancora di confessare nulla. Tantomeno per messaggio. In
effetti, al
momento l’unica cosa di cui occuparsi era trovare un modo,
possibilmente
carino, per invitare Jimin a rinunciare al suo solito posto in macchina
con
tutti gli altri l’indomani e ad andare con lui in tram alla
festa. Questo gli
avrebbe dato modo di stare da solo con lui in maniera poco sospetta.
Sondare il
terreno. Vedere come raggiungere il livello successivo.
Era
davvero
importante per lui avere questo momento solo per loro. Quando era con
Jimin si
trovava sempre circondato da almeno altre cinque persone e anche quando
era nel
suo appartamentino capitava estremamente di rado che Taehyung si
allontanasse
più dei cinque minuti necessari a usare il bagno e tornare.
C’erano ovviamente
stati momenti in cui i due avevano potuto godere di un po’ di
solitudine, ma
erano sempre parentesi all’interno di qualche evento di
gruppo, che fosse una
cena o una scampagnata o un’uscita in centro. Jungkook voleva
solo un momento
tutto per lui. Voleva per una volta sentirsi tranquillo e non come se
avesse un
cronometro che batteva al contrario consumando i minuti che poteva
trascorrere
per conto suo con Jiminie. Ogni tanto si chiedeva se fosse un
atteggiamento un
po’ egoista da parte sua, questo volerlo solo per lui. Si
chiedeva anche come
sarebbe finita se si fossero mai messi insieme. Sarebbe stato disposto
a
condividerlo con il mondo? Tutti sembravano adorare Jimin. Non che
d’altronde
fosse possibile fare altrimenti. Si rendeva conto che non poteva essere
il solo
a volere nella sua vita una persona così, ma passando a
mente l’elenco di
coloro con cui avrebbe dovuto dividerlo di sicuro sentì che
era già troppo
lungo. Innanzitutto c’era Taehyung. Jungkook non ne era
ovviamente geloso,
sapeva che i due erano migliori amici da sempre e tali sarebbero per
sempre
rimasti. Però era una presenza importante nella vita di
Jimin con cui avrebbe
dovuto fare i conti. Il ragazzo passava poi tanto tempo con Hoseok e
questo
significava di conseguenza anche Yoongi. Ora, il rapporto tra Jimin e
Yoongi
sfuggiva lievemente alla comprensione di Jungkook. Sapeva che i due
erano
legati, ma non riusciva a capire appieno in che modo e con che
profondità e
soprattutto non aveva ancora un’idea chiara di come il loro
legame fosse nato.
Da ciò che poteva vedere Yoongi teneva sicuramente a Jimin,
ma non era mai
sembrato essere interessato a lui per qualcosa che andasse oltre la
semplice
amicizia. Però Yoongi era così strano,
chissà cosa gli passava in realtà per la
testa, pensò Jungkook. Nemmeno su Jimin, su ci che provava
nei confronti del
ragazzo più grande, si sentiva completamente certo. Un
particolare però lo
rassicurava. Quando si trovavano da soli i due solo raramente uscivano
di casa,
non facevano attività insieme normali per persone che su
frequentano, o sono
interessate a frequentarsi, come andare al cinema o a prendere un
gelato. A
quanto Jungkook sapeva, fino ad ora Yoongi non aveva mai cercato un
modo per
portare Jimin lontano, lo aveva sempre tenuto vicino in un terreno
sì
familiare, ma essenzialmente neutro e con diverse paia di occhi
potenzialmente
indiscrete attorno. Non c’erano molti elementi su cui
Jungkook riuscisse a
vedere la possibilità di piantare delle basi per una
relazione di tipo
romantico. Quando si tiene a qualcuno si desidera portarlo in giro,
fargli
vedere il mondo, condividere avventure insieme. La vita quotidiana
è spesso
grigia, se non si ha il desiderio di colorare con cose straordinarie
quella
dell’altra persona non si può davvero dire di
amarla. Jungkook credeva fermamente
in questo e perciò non riusciva a convincersi che potesse
esserci qualcosa in
più del solo affetto e stima tra Jimin e Yoongi.
Tra
l’altro, non si
poteva di certo dire che lui non fosse stato esplicito. Pur non avendo
mai
detto nulla con chiarezza, era più di un anno che cercava di
rendere ovvio come
provasse più che semplice simpatia nei confronti del ragazzo
più grande.
Coglieva ogni occasione per andargli vicino, toccarlo un po’,
vedere fino a che
punto potesse spingersi con la confidenza che gli dava. Jimin non lo
aveva mai
fermato, nemmeno una volta. Anzi, sembrava apprezzare le sue
attenzioni. In
quanto a Yoongi, dal canto suo il ragazzo non era mai apparso
particolarmente
turbato o infastidito dalle interazioni dei due, e se lo era stato lo
aveva
nascosto bene perché Jungkook non lo aveva davvero notato.
Anche questo era un
altro punto che lo convinceva ancor di più che tra Jimin e
Yoongi non potesse
esserci altro che una sincera amicizia. Quando si vuole una persona si
combatte
per lei, fino alla fine, e non la si lascia semplicemente andare.
Jungkook non
voleva lasciare che Jimin si allontanasse da lui e avrebbe fatto tutto
il
possibile per tenerlo vicino. Aveva già deciso che una volta
comprato il
necessario per la festa gli avrebbe chiesto di fermarsi con lui da
qualche
parte, prima di andare verso la casa in campagna. Avrebbe in questo
modo
guadagnato un po’ più di tempo insieme e
immaginare come sarebbe stato se
fossero stati ufficialmente una coppia. Il pensiero faceva accelerare i
battiti
del cuore di Jungkook. Averlo attorno come proprio fidanzato. Avere
quel
sorriso sempre per sé, qualunque momento volesse.
Jimin
era sempre
allegro con lui e Jungkook amava farlo ridere ogni volta che poteva e
vedere
quelle guance farsi ancora più tonde, gli occhi
rimpicciolirsi in un moto di
gioia e il suo visetto illuminarsi. Jungkook voleva vedere quella luce
più
spesso che poteva. Amava avere persone luminose intorno. Non era
d’altronde una
coincidenza se il suo migliore amico, la prima persona con cui avesse
stretto
amicizia davvero arrivato a Seul e quella con cui passava dal primo
giorno in
cui si erano conosciuti la gran parte del suo tempo fosse Taehyung. Tae… Jungkook si mise a
pensare un
attimo all’amico, che al momento doveva sicuramente trovarsi
a casa sua in
compagnia di Jimin, chissà a far cosa. Forse aveva sbagliato
a non proporgli di
vedersi anche quest’oggi. Con qualcuno attorno si sarebbe
sentito meno in
agitazione e avrebbe forse avuto almeno una speranza, seppur remota, di
portare
la sua mente su altro. Taehyung però non sapeva nulla della
presente
situazione, pensò Jungkook, e se fossero stati insieme per
quanto il suo
corrente stato di agitazione si sarebbe potuto attenuare in presenza
dell’amico, non sarebbe comunque mai sparito del tutto. Tae si accorgerebbe di sicuro che qualcosa non va,
quindi forse ho
fatto bene così. Forse.
E forse avrei dovuto dirgli tutto fin
dall’inizio. Il perché avesse preso la
decisione di non condividere con
l’amico il suo segreto, non lo ricordava nemmeno lui stesso.
Eppure avrebbe
aiutato così tanto. A rigor di logica Taehyung rappresentava
la persona più
qualificata sulla faccia della terra a cui rivolgersi in una situazione
come
questa. Migliore amico di Jimin, addirittura suo coinquilino,
estremamente legato
a Jungkook, il ragazzo costituiva il tramite perfetto tra i due. Non
era solo
una questione di aiuto pratico però. Per Jungkook, il
condividere questa cosa
con Taehyung avrebbe significato un appoggio soprattutto da un altro
punto di
vista, ovvero quello emotivo. Quando si trovava con le persone, un
po’ per il
suo carattere competitivo e leggermente orgoglioso, un po’
anche per via della
sua timidezza, tendeva sempre a mantenere le sue emozioni
più profonde sotto
controllo. Non si lasciava mai andare ad eccessi d’ira, non
permetteva che il
suo malumore fosse di disturbo o disagio agli altri, né si
sarebbe messo dal
nulla a confessare i segreti della sua anima. In sereno silenzio o
rumorosa
allegria, era così che era possibile per il mondo esterno
vedere Jungkook. Ciò
non vuol dire che non fosse spontaneo.
Era una persona naturalmente inclinata ad un carattere positivo, per
cui erano
pochi i momenti in cui doveva fare uno sforzo su sé stesso e
nascondere ciò che
provava. Sia per pudore dei propri sentimenti e sia per educazione ci
teneva
però ad essere il più rispettoso possibile,
mostrandosi dunque sempre
disponibile e allegro. Ecco perché gli dava fastidio
l’idea che qualcuno si
fosse accorto dei suoi continui momenti di distrazione
nell’ultimo periodo. Non
riusciva però ad evitarli. Dal nulla, senza che potesse
bloccarli, i pensieri
prendevano vita e lui si ritrovava a dargli retta e ascoltarli,
incapace di
notare altro attorno a sé. Iniziava a capire la
difficoltà che aveva Taehyung e
perché non riuscisse a smetterla col suo vizio di isolarsi
dal mondo. C’erano
tante domande che affollavano la mente di Jungkook. Dapprima il punto
interrogativo principale era stato se fosse effettivamente il caso di
farso
avanti con Jimin, visto che un esito negativo avrebbe potuto comportare
problemi all’interno di un gruppo unito e che tale era
rimasto per anni. In
qualche modo alla fine aveva deciso che sì, valeva la pena e
avrebbe tentato lo
stesso. Combattere per ciò che si
vuole,
Jungkook. È una cosa che devi fare se vuoi dimostrarti degno
di lui. Una volta
presa la decisione definitiva, ovvero che si sarebbe dichiarato e lo
avrebbe
fatto prima della fine dall’anno, altri quesiti avevano
iniziato ad
affastellarsi. Si metteva spesso a riflettere su ciò che
avrebbe potuto dire.
Le parole che avrebbe usato, come si sarebbe comportato. Che distanza
si
mantiene da una persona a cui stai confessando i tuoi sentimenti?
È lecito
prendergli una mano? Come si impedisce alla voce di cedere
così che le parole
scorrano fluide? Qual è l’occasione migliore? Come
la si sceglie? Come andrà a
finire? Quale sarà la reazione di Jimin? In caso positivo
cosa è bene fare?
Dargli un bacio? Forse è troppo? Forse solo abbracciarlo. Se
però le cose vanno
male cosa dovrei dire? Erano dubbi questi che pesavano in modo notevole
nel
cuore di un ragazzo che prima di allora non aveva avuto modo di
acquisire
troppe esperienze in fatto di amore. Aveva avuto flirt, ma questa era
la prima
volta che si innamorava davvero ed era difficile per lui decidere come
muoversi. Chissà se Taehyungie
è mai
stato innamorato. Ecco di nuovo il bisogno di confidarsi con
il suo amico.
Si, avere Taehyung dalla sua parte in questa situazione lo avrebbe
aiutato, e
non solo per avere informazioni su Jimin. Con Taehyung non si sarebbe
vergognato di mostrare la sua agitazione, né addirittura di
dirgli qualche idea
che gli era venuta in mente riguardo a ciò che poteva
scrivere. Qualcosa però
lo aveva frenato fino ad ora dal rendere l’amico partecipe di
ciò che provava.
Si sentiva imbrigliato da un sentimento che sembrava consigliarli di
tacere.
Sentiva di star commettendo quasi un tradimento, ma non riusciva a
capire bene
ai danni di chi. Scusami Tae. Se va tutto come spero, sarai il primo a cui
lo dirò. Così pensando, Jungkook prese
il suo telefono dalla tasca e
controllò l’ora. Erano le 15:07. Il tempo stava
per scadere e lui doveva
muoversi. Decise che avrebbe aspettato ancora un’ora, solo
una, e poi avrebbe
inviato il suo messaggio. Alle sedici in punto.
****
Arrivato
al quinto
piano, Hoseok trotterellò fuori dall’ascensore e
si avviò verso la porta
dell’appartamento. Ci aveva messo più del previsto
per arrivare e stava
letteralmente congelando perché nel bus che aveva preso un
finestrino era mezzo
rotto e dunque l’intero viaggio nella vettura era stato
tormentato da
fastidiosissimi spifferi e folatine di vento. Quantomeno
però ciò lo aveva
tenuto impegnato – ed irritato – abbastanza da
fargli dimenticare per un po’ il
perché della sua visita a Yoongi. Appena mise il dito sul
bottoncino del
campanello e lo schiacciò sentì quella sensazione
di ansia tornargli di botta
nello stomaco. Fece l’ennesimo respiro profondo. Se non mi calmo mi prendo a schiaffi da solo. Non
c’è motivo di
sentirmi così.
– Hobi. Credevo
non
arrivassi più.
Yoongi
aveva aperto
la porta lentamente e i suoi capelli scuri scompigliati fecero capire a
Hoseok
che doveva essersi appena svegliato da un pisolino.
–
Stavi dormendo?
Perché hai risposto tu? – domandò
entrando in casa.
–
Sono solo,
Jin-hyung e Namjoonie non ci sono. – la voce di Yoongi era
ancora un po’
impastata e continuava a sbattere le palpebre nel tentativo di
svegliarsi del
tutto. – Sono usciti poco fa, mi hanno detto che ti aspettano
alla fermata del
bus così potete andare alle prove insieme. – si fermò un
attimo per stropicciarsi gli
occhi. – Ti mandano un messaggio quando hanno fatto.
Togliendosi
il
cappotto e iniziando a scaldarsi un pochino Hoseok chiese sorpreso
perché non
lo avessero aspettato direttamente. Yoongi rispose mentre si avviava in
cucina
grattandosi la testa, l’amico al suo seguito:
–
Perché volevano
fare un po’ di shopping per la festa di domani e se fossero
usciti più tardi
avrebbero avuto poco tempo. Questo è quanto ho capito, ma
non me ne intendo di
shopping quindi potrei aver frainteso. Comunque mi ero allungato solo
da cinque
minuti. Vuoi una cioccolata? Mi devo un po’ svegliare.
–
Si, grazie Yoongi.
Mettendosi
a sedere
su una delle sedie della cucina Hoseok pensò che forse era
meglio che non ci
fosse nessuno in casa, sarebbe stato tutto più semplice e
senza testimoni.
Rivolgendosi
alla
schiena dell’amico che stava mettendo il latte a scaldare si
scusò per il suo
ritardo.
–
Mi dispiace,
credevo sarei arrivato prima, ma il bus che ho preso era letteralmente
un
macinino mezzo rotto. Non so nemmeno che ore si siano fatte.
Controllò
il telefono
e vide che erano quasi le quindici e trenta. Si morse il labbro e poi
emise una
piccola risata di sorpresa. Sarebbe dovuto essere lì almeno
mezz’ora prima in
effetti.
–
Uooh! Diamine, si! –
esclamò mettendosi una mano davanti alla bocca –
Si è fatto tardi! Non mi
sorprende che Joonie e Jin-hyung siano usciti senza di me.
C’era un sacco di
traffico, mi chiedo dove se ne debba andare la gente alle due del
pomeriggio.
Yoongi
fece spallucce.
Aveva messo le tazze sul bancone e si stava ora sedendo anche lui di
fronte
all’amico.
–
È un problema per
te? Hai da fare?
–
No Hoseok,
tranquillo. Mi ero messo a dormire, ti sembra il comportamento di chi
ha
impegni importanti?
Hoseok
sorrise:
–
A parte vedere me.
Quello è il più importante di tutti.
–
Si, di tutti
ovviamente. – fece eco Yoongi con uno sbuffo divertito.
Appoggiò la testa sulla
mano, ma la tolse subito quando si rese conto che non avrebbe aiutato a
disfarsi del suo sonno. Hoseok non sembrava particolarmente strano.
Chissà cosa
voleva dirgli. Era curioso, ma non voleva forzarlo per cui non avrebbe
chiesto
nulla finché lui stesso non avesse aperto il discorso su
qualsiasi cosa fosse
che voleva parlare. Yoongi sperava solo che non fosse nulla di grave, e
questo
timore era l’unico motivo per cui si sentiva leggermente
impaziente. Immaginò
però che se fosse stato qualcosa di estremamente
preoccupante e urgente Hoseok
non avrebbe aspettato a lungo prima di dirglielo.
–
Davvero, non fa differenza
per me, Hobi. Ho appuntamento con Jiminah nel pomeriggio, ma non
verrà qui
prima di un altro paio d’ore quindi abbiamo tutto il tempo.
–
Oky.
Hoseok
ringraziò
dentro di sé Yoongi per aver proposto questa cioccolata. Gli
stava dando tempo
di procrastinare e anche se forse non era un bene perché il
tempo stringeva, lo
faceva sentire più tranquillo. Quando il latte si fece
leggermente più caldo fu
Hoseok ad alzarsi per andare ad aggiungere la polvere di cioccolato e
rimanere
a mescolare durante il tempo di cottura. Yoongi sollevò un
sopracciglio. Doveva
forse chiedergli un grosso favore, altrimenti perché si
sarebbe alzato ad
aiutare? Yoongi non riusciva neppure a ricordare l’ultima
volta in cui Hoseok
avesse deciso di dare una mano ai fornelli di sua spontanea
volontà.
In
quel periodo
dell’anno, la cucina era la stanza più
confortevole al 503. La casa era ben
riscaldata, ma il freddo all’esterno riusciva lo stesso a
infiltrarsi
attraverso i muri sottili del grattacielo, rendendo soprattutto a
determinati
orari alcune stanze leggermente meno calde di altre. Dal momento che
era il
luogo dove si cucinava, non capitava quasi mai che il calore lasciasse
del
tutto le sue mura. Non era inoltre particolarmente grande e anche se
ospitava
una porta finestra il termosifone piuttosto alto era sufficiente a
riscaldarla
a dovere. Il fatto che spesso i coinquilini si trovassero meglio a
passare il
tempo in cucina piuttosto che in sala era stato oggetto di discussione.
In uno
dei rari momenti in cui aveva deciso di dire la sua sulla gestione
degli spazi
nella casa, Namjoon aveva proposto di comprare un tavolo più
grande, dove tutti
potessero mangiare nel caso in cui la sala diventasse troppo fredda.
Jin era
rimasto piacevolmente colpito da questa sua volontà di
migliorare le condizioni
di vita domestiche, ma seppur sorridendo aveva espresso fermamente il
suo
disaccordo. Un tavolo più grande non sarebbe mai stato
utilizzato perché lo
spazio in cucina non sarebbe bastato a ospitarlo insieme a tutti e
sette i
ragazzi e dunque far cena lì sarebbe diventato disagevole.
Era insomma solo uno
spreco di soldi. Namjoon aveva però preso ad insistere,
sentendo finalmente di
avere una voce in capitolo su una questione su cui aveva già
maturato una
propria opinione già da anni, ma che non aveva mai esposto
finché era rimasto
solo un ospite della casa. Non trovando una soluzione i due avevano
chiesto il
parere di Yoongi, il quale aveva detto che forse non era una cattiva
idea, ma
non si sentiva in grado di andare contro le disposizioni di Jin. La
situazione
era andata avanti per diverso tempo e alla fine era stata addirittura
esposta
pubblicamente all’attenzione di tutti i ragazzi durante una
cena. Jungkook si
era schierato nel team Jin, insieme a Jimin, che aveva giustificato la
sua
scelta con un “La casa è
di Jin-hyung, sa
meglio di tutti noi cosa deve esserci e cosa no”.
Hoseok e Taehyung invece
per qualche motivo si erano entusiasmati all’idea
fomentandosi ancora di più a
vicenda e si erano dunque schierati con Namjoon. Con la
neutralità di Yoongi
però la situazione non era cambiata e alla fine avevano
tutti deciso che la
cosa migliore fosse non intromettersi in quello che ormai sembrava
esser
diventato più che altro un gioco di poteri
all’interno della coppia
Jin-Namjoon. Alla fine aveva vinto Jin. La piccola e breve insurrezione
di
Namjoon era però rimasta negli annali della casa e veniva
spesso tirata fuori
di nuovo tra scrosci di risa quando qualcuno si ritrovava per un motivo
o per
un altro a lamentarsi del poco spazio sul tavolino della cucina.
Con
gesto sicuro
Hoseok batté il cucchiaio con cui aveva mescolato il latte e
cioccolato sul
bordo del pentolino e con l’altra mano spense il gas.
–
Prontaaaaa! –
trillò allegro. Fece scivolare il denso liquido scuro nelle
due tazze e si
avviò verso il tavolino. I due ragazzi bevvero alternando
momenti di silenzio a
momenti di dialogo. Yoongi voleva sapere come stava procedendo lo
spettacolo
mentre Hoseok voleva avere qualche dettaglio in più sulla
festa dell’indomani.
–
Qualcuno ha spalato
la neve nel cortile?
–
Si, Jin ha già
prenotato il servizio. A meno che non faccia una bufera stanotte non
dovrebbero
esserci problemi. – gettò uno sguardo alla
finestra. La giornata non era
luminosa, ma il cielo bianco non prometteva neppure tempesta.
– Non credo ci
sia possibilità però.
–
Per l’auto invece?
Come ci si organizza? Perché ci stiamo riducendo
all’ultimo quest’anno? –
continuò Hoseok con voce acuta.
–
Non lo so, forse è
un anno strano, non ne ho idea. Io sono sempre stato piuttosto pigro
sull’organizzazione però, quindi non noto molta
differenza. Comunque, credo che
come al solito due di noi dovranno andare per conto loro ad occuparsi
di una
parte degli acquisti e venire con i mezzi, mentre gli altri andranno in
auto
con Jin.
–
E chi andrà con i
mezzi? – Hoseok temeva la risposta.
–
Non lo so, tu e
Jungkook?
–
Ecco che ne ero
convinto! Perché di nuovo io fuori dall’auto??
–
Semplice Hobi, Jin
e Namjoon non si dividono, io non ho voglia di andare con il bus e-
–
Nessuno ha voglia
di andare con il bus Yoongi. – replicò Hoseok
volgendo gli occhi al cielo,
tanto per dire qualcosa più che perché convinto
dell’efficacia delle sue
lamentele.
–
Io sono più grande
però Hobi, come stavo dicendo prima di essere interrotto.
– rispose Yoongi con
un mezzo ghigno. – L’anno scorso Taehyung
è andato con i mezzi, mentre Jungkook
in auto, per cui quest’anno era solo naturale che la
situazione fosse
rovesciata, per giustizia.
–
Yoongi, hai
lasciato fuori Jimin. Rimane anche lui oltre me.
–
Nah, Jimin-ah viene
con noi. Vuoi davvero lasciarlo nelle grinfie di Jungkook? Lo sai
com’è
dispettoso verso di lui, avresti dovuto vedere l’anno scorso
in auto e non gli
era nemmeno seduto vicino. – Yoongi dette un ultimo
sorso alla sua cioccolata
e si alzò per metterla nel lavandino, dando così
ad intendere che per lui la
discussione era terminata.
–
Come sei loquace
quando devi tirare l’acqua al tuo mulino, hai parlato
più in questi cinque
minuti che nelle ultime cinque settimane.
Yoongi
borbottò
qualcosa di indistinto, insicuro su cosa replicare, e si
voltò poi di nuovo
verso l’amico. Lo guardò un attimo e
annunciò portando il dito indice in alto:
–
Devo andare al
bagno.
Hoseok
scoppiò a
ridere. L’amico lo aveva osservato con occhi così
seri che lì per lì si era
anche preoccupato.
–
Serviva dirlo in
quel modo? Vai, io finisco la cioccolata e ti raggiungo.
–
Mi raggiungi in
bagno? Hoseok-ah, preferirei di no…
–
Yoongi, intendo in
camera tua! – continuando a ridere Hoseok lo vide
allontanarsi dicendo piano
qualcosa come:
–
Ancora più
interessante.
Aiuto,
pensò Hoseok. Aspetta di vedere
cosa sarà veramente
interessante. Si sentì leggermente rosso in volto
e mentre terminava la sua
cioccolata riprese a dirsi tra sé e sé il mantra
che si ripeteva da giorni: non
c’è nulla di male non c’è
nulla di male
non c’è nulla di male. Comunque, andava
fatto. Controllò di nuovo il
cellulare. Era quasi più di venti minuti che procrastinava.
Era tempo.
Poco
prima che si
alzasse per mettere via la tazza sentì il citofono suonare.
Yoongi era in bagno
e lui era l’unico al momento nell’appartamento per
cui non ci pensò due volte e
andò a rispondere.
–
Si, chi è? Come?
Oh! Va bene, certo, scendo subito, grazie! – riappese il
citofono e urlò
velocemente – Yoongi, vado di sotto a ritirare una cosa per
Jin! – prima di
correre fuori dalla porta.
Al
portone
dell’ingresso principale del palazzo lo stava aspettando un
fattorino. Aveva
con sé un carrelletto, di quelli che servono per portare i
pacchi pesanti.
Appoggiatovi sopra era un pacco dalla forma rettangolare, non
eccessivamente
grande, ma nemmeno piccolo, avvolto in una carta marrone e chiaramente
imbottito all’interno. Hoseok salutò cordialmente
l’uomo di fronte a lui,
tentando di mantenere un sorriso di facciata sebbene si stesse
maledicendo
dentro di sé per essersi scordato di mettersi addosso un
cappotto. L’aria
gelida che arrivava dalla strada era sferzante e lo stava colpendo come
tanti
coltelli.
–
Il signor Kim
Seokjin?
–
No, sono un suo
amico, posso ritirare lo stesso?
–
Certamente, metta
solo una firma qui.
Hoseok
scarabocchiò
velocemente col dito sulla tavoletta elettronica.
–
Grazie. Il quadro è
un po’ pesante. – riprese l’uomo toccando
il pacco con una mano –
Posso lasciarle il carrello per portarlo su se
vuole. Ho solo un favore da chiederle. Le spiacerebbe tenerlo da lei
per un
po’? Sono in ritardo con le commissioni e mi farebbe davvero
un gran piacere se
mi permettesse di andare via subito e tornare da lei a giro fatto.
–
Ma certo! – rispose
sorridente Hoseok agitando le mani – Non
c’è assolutamente problema. Mi dia
tutto e torni quando vuole. Il mio amico rimarrà a casa,
risponderà lui se io
sarò già andato via.
Il
fattorino fu grato
di questo aiuto e elargendo profondi inchini e copiosi ringraziamenti
tornò tra
i venti dell’inverno. Hoseok chiuse velocemente il portone
dietro l’uomo, e
pensò di essere fortunato a non dover lavorare in giro per
strada con un tempo
simile. Prese il carrello e tornò al quinto piano.
Rientrò in casa dando una
lieve spinta alla porta dietro di sé senza accompagnarla del
tutto, preso
com’era dalla curiosità di sapere che cosa fosse
questo misterioso quadro.
Felice di essere di nuovo al tepore si diresse verso la stanza di
Yoongi
lasciandosi il freddo alle spalle con un ultimo brividino.
–
Yoongi-ah, è
arrivato un mega pacco per Jin, credo sia il suo quadro.
–
Mh? – Yoongi era
ora in camera sua, seduto sulla sedia girevole, le gambe tirate su.
Hoseok notò
che si era messo addosso una felpetta con la zip sopra al maglioncino.
– Ah sì,
mi ha detto sarebbero passati a consegnarlo, però lo avevo
del tutto scordato.
–
Si, ne stava
infatti parlando l’altro giorno. Che cosa bizzarra, comprare
un quadro.
–
Jin è sofisticato,
lo sai. Comunque mettilo davanti la porta di camera sua, quando torna
se ne
occuperà lui.
–
Quindi non lo
apriamo?
–
Hoseok-ah, no
ovviamente.
Hoseok
fece
picchetto, ma ubbidì docilmente e andò a lasciare
il carrello davanti
all’ingresso della camera di Jin. – Vorrei sapere
davvero cosa ritrae. –
disse mentre rientrava in camera.
–
Lo scoprirai presto
visto che lo appenderà in casa, dai. Vuoi sederti?
Il
ragazzo annuì e
andò a mettersi sul letto di Yoongi. Il gesto non gli era
nuovo. Fino all’anno
prima era un qualcosa che era abituato a fare tutte le sere e una
sensazione di
familiarità lo pervase appena sentì la solita
coperta blu consumata sotto i
suoi palmi. Ancora Yoongi non si era deciso a comprarne una nuova. Lo
guardò
negli occhi e Yoongi ricambiò. Hoseok era l’unica
persona che riuscisse a
mantenere perfettamente quello sguardo distante. Andrà
tutto bene, pensò.
****
Nello
stesso momento
in cui Jungkook si arrovellava sul modo migliore per avvicinarglisi e
Hoseok
era sul bus ad imprecare contro gli spifferi del finestrino rotto del
bus e il
traffico di Seul, Jimin stava pensando se non fosse il caso di andare a
casa di
Yoongi prima del previsto. Si trovava in camera sua, ancora con indosso
il suo
pigiama rosso, steso nel letto con le cuffiette alle orecchie. La
mattina era
trascorsa abbastanza oziosa e ora Taehyung si era addormentato sul
divano. La
pila di fumetti da leggere era terminata il giorno prima e era
già un’ora che
ascoltava musica. Era annoiato. Si era dato appuntamento con
l’altro ragazzo
per le cinque, ma l’idea di rimanere altre due ore in casa
gli dava la nausea.
Sicuramente non aveva neppure aiutato che fosse rimasto tutta la
mattinata in
pigiama a trascinarsi tra la cucina e il letto. La pioggia presa il
giorno
prima lo aveva lasciato inumidito e la mattina si era svegliato con un
leggero
mal di gola. Per evitare di ammalarsi del tutto aveva quindi deciso di
non
uscire di casa fino al pomeriggio e rimanere al caldo nel suo letto il
più
possibile. Si sentiva effettivamente meglio, ma adesso non ce la faceva
più. Si
alzò dal letto e si tolse di scatto le coperte di dosso.
–
Tempo di farsi una
doccia!
Dieci
minuti dopo si
trovava sotto il getto caldo dell’acqua fumante,
fischiettando un motivetto
allegro mentre si passava il sapone addosso. Si prese il suo tempo,
godendosi
il calore delle gocce bollenti sulla pelle, e quando uscì e
i suoi piedi nudi
toccarono il tappetino di plastica scivoloso chiuse gli occhi e
tirò un lungo
sospiro. Si sentiva decisamente meglio, rilassato e ricaricato.
Riprendendo a
fischiettare si vestì il più velocemente
possibile perché seppure il vapore
rendesse il bagno piuttosto caldo era pur sempre dicembre.
Riuscì a essere
pronto del tutto in una decina di minuti e prima di uscire
andò in cucina per
prendere il suo zainetto. Taehyung lo aveva tolto dal divano e poggiato
sulle
mattonelle del pavimento. Jimin gli si avvicinò piano per
non svegliarlo e
allungò la mano per prendere l’oggetto a terra.
Mentre se lo metteva sulle
spalle osservò il suo migliore amico che dormiva placido, su
un fianco, le spalle
che si muovevano lente su e giu. E gli venne da sorridere. Taehyung
riusciva ad
addormentarsi profondamente dappertutto e il divano era il suo posto
preferito,
anche più del letto. Prese una copertina lasciata sul
bracciolo e la adagiò
delicatamente sul corpo del ragazzo. Soddisfatto del suo lavoro si
avviò verso
la porta, indossò il suo giacchino, si mise i guanti, si
coprì la bocca
completamente con una grande sciarpa di lana – non voleva
rischiare di prendere
di nuovo troppo freddo – e uscì di casa.
Camminò un pochino a testa bassa per
coprirsi dal vento verso la fermata del bus. La sera prima era tornato
a casa a
piedi, ma oggi non era il caso viste le sue condizioni. Non pioveva
né
nevicava, però la temperatura era davvero bassa e il vento
rendeva il tutto
ancora peggio. Si tolse i guanti solo un attimo per mandare un
messaggio veloce
a Yoongi e avvisarlo che sarebbe arrivato prima. Si rimise il telefono
in tasca
e rindossò i guanti, la pelle della mano già
rossa. Buttò lo sguardo verso la
fine della via, impaziente per il bus. Non dovette aspettare molto per
fortuna.
Il mezzo fece capolino dall’angolo piuttosto velocemente e
Jimin ci si fiondò
dentro, buttandosi sul primo sedile disponibile. Appoggiò la
testa al
finestrino e chiuse un po’ gli occhi.
Dopo
un po’ di tempo
fu scosso dal torpore che lo stava per cogliere da una vibrazione
proveniente
dalla tasca del cappotto. Il telefono. Fece
per prenderlo, ma lasciò stare subito. Faceva troppo freddo
al momento per
togliersi di nuovo i guanti e comunque anche lo avesse fatto le sue
mani
sensibili si sarebbero irrigidite e indolenzite subito rendendo
disagevole
controllare il messaggio. Lo
aprirò
appena sono da Yoongi. Riappoggiò la testa sul
vetro di fianco a lui e prese
tranquillo a guardare fuori i colori di palazzi e persone che si
confondevano
tra loro con la velocità, attendendo che il bus arrivasse a
destinazione. Si
mise a pensare ai diversi punti che voleva discutere con Yoongi. La
sera prima
aveva riflettuto di nuovo su ciò che gli aveva mostrato e
fatto ascoltare e
c’erano alcuni appunti in più che gli erano venuti
in mente. Jimin non credeva,
al solito, che fossero particolarmente interessanti, ma ormai aveva
imparato a
non filtrare più le sue opinioni. Avrebbe come sempre
espresso il suo parere in
maniera onesta e poi Yoongi-hyung avrebbe saputo cosa farne. Era
inoltre
incredibilmente emozionato all’idea di leggere i nuovi testi
che il ragazzo
aveva composto. Amava leggere ciò che Yoongi scriveva. Il
ragazzo utilizzava le
parole in un modo tutto suo, prendendole, sfruttandole, spremendole
fino
all’ultimo significato e facendone uscire alla fine immagini
bellissime. Si,
era stata una buona idea andare prima. Alla fine, visto il tragitto in
bus, si
sarebbe ritrovato ad essere solo un’oretta in anticipo e di
sicuro non sarebbe
stato un problema per Yoongi.
Con
una brusca
frenata il bus si fermò. Jimin scese e si avviò a
passo svelto verso il palazzo
del 503. Mentre si accostava all’edificio una signora di
mezza età, di cui
erano visibili solo gli occhi da sotto il cappello e il bavero del
cappotto
tirato su, uscì di fretta. Prima che il portone sbattesse,
il ragazzo si
slanciò in avanti e lo bloccò, impedendo che si
chiudesse. Entrò nell’atrio e
mentre attendeva l’arrivo dell’ascensore si
guardò attorno distrattamente. Lo
sguardo gli cadde sul display che troneggiava sopra il lungo blocco
metallico
di cassette grigie della posta e che segnava alternandole la
temperatura e
l’ora. “-2°C”
Se non avesse avuto la
bocca coperta Jimin avrebbe tirato un fischio. Era davvero freddo.
“16:17”. Come pensavo, sono in anticipo ma non di troppo.
Giunto al quinto
piano, si accorse che la porta di casa era stata lasciata aperta. Si
chiese il
perché, ma non ci rifletté su molto e la chiuse
piano senza sbatterla,
dirigendosi poi verso il centro della sala. Sembrava non esserci
nessuno. La
grande sciarpa attorno alla bocca gli impediva di parlare e chiamare
qualcuno,
ma si sentiva ancora troppo infreddolito per togliersela. Quel silenzio
e quel
vuoto lo stavano inoltre rendendo leggermente inquieto e quindi forse
non
avrebbe comunque emesso in ogni caso nessun suono. Perché la
porta era aperta?
E dov’era Yoongi? Sapeva che lui stava arrivando, dove era
andato? Mettendo la
sua apprensione da parte, si rispose che molto probabilmente la
soluzione più
razionale era che fosse sceso un attimo per prendere qualcosa per fare
merenda
insieme al convenience store all’angolo e avesse lasciato la
porta aperta nel
caso in cui Jimin fosse arrivato. Il
messaggio sicuramente sarà stato da parte sua, per avvisarmi
di questo. Non è
comunque un’opzione molto sicura
lasciare la porta aperta, Yoongi. Decise di aspettarlo
direttamente in
camera sua e si diresse lì, con cappotto, sciarpa e guanti
ancora addosso. Man
mano che si avvicinava alla porta altri suoni poco distinti, ma
percettibili
iniziarono ad aggiungersi a quelli dello scricchiolio delle sue scarpe.
Allora Yoongi-hyung c’è?
È al telefono? O
c’è qualcuno? Per qualche motivo prese a
rallentare il passo e quasi
camminare in punta di piedi. Non aveva precisa intenzione di origliare,
ma
sembrava che il suo corpo si stesse muovendo per lui. Prima che potesse
toccare
il pomello freddo della porta, alcune parole, questa volta chiare, gli
giunsero
alle orecchie e gli fecero fermare la mano a mezz’aria.
–
...sognato questo
momento così tante volte, così tante notti.
Hoseok-hyung?
Jimin
sentì un tonfo, come se corpo fosse stato sbattuto contro la
porta.
–
Perché non mi hai
mai detto niente? Tutto questo tempo perso...
Yoongi-hyung??
–
Hoseok-ah, guardami
negli occhi.
–
S-si.
–
Così, bravo. Ora
continua a guardarmi per favore.
Jimin
si ritrasse di
scatto, facendo due passi indietro. Da quando...? Hoseok e
Yoongi-hyung?
Dall’altra parte giungeva silenzio, e Jimin non
sentì il bisogno di restare per
immaginare cosa stesse succedendo. Si voltò di scatto e
sforzandosi di andare
via nel modo al tempo stesso più silenzioso, ma anche veloce
possibile obbligò
le sue gambe a raggiungere il pianerottolo. Chiusa bene la porta dietro
di sé –
a questo punto pensò fosse stata una semplice distrazione da
parte di uno dei
due, senza che il suo arrivo c’entrasse nulla –
senza pensarci prese le scale
invece che l’ascensore. Non gli andava di aspettare, voleva
allontanarsi il più
possibile e processare ciò che aveva appena udito.
****
Camminando
piano per
le vie di Seul e ignorando il vento freddo che lo colpiva violentemente
in viso
Jimin cercava di comprendere cosa stesse succedendo. Forse non era
stata una
buona idea scappare via in quel modo. Forse sarebbe dovuto rimanere.
Tornare in
sala, avvicinarsi alla porta a passi ben udibili, bussare rumorosamente
ed
entrare in camera. Perché però sarebbe dovuto
essere meglio? Una simile azione
avrebbe solo appagato il suo desiderio di interrompere qualunque cosa
stesse
avvenendo dall’altro lato della porta. Che poi
perché avrebbe mai voluto
interromperla? Perché aveva pensato una cosa simile? No,
aveva fatto bene ad
essere discreto. Si chiese se Yoongi avesse mai visto il suo messaggio.
Non
sarebbe dovuto andare prima. Perché
sei
così stupido, Park Jimin? Stava ancora cercando di
dare un senso a quello
che era appena accaduto e il pensare e ripensare a tutta la situazione
gli
stava mettendo nausea addosso. Yoongi-hyung non gli aveva detto nulla.
Lui
stesso non si era mai accorto di nulla. Aveva sempre dato per scontato
che
Yoongi e Hoseok fossero amici. Legatissimi, questo sì, ma
amici. Quello che
aveva sentito era stato sufficiente a fargli capire che invece entrambi
nutrivano sentimenti più profondi l’uno per
l’altro ormai da anni, ma non
avevano mai avuto il coraggio di confessarlo. Jimin sentiva che avrebbe
dovuto
provare felicità per l’amico, per entrambi gli
amici, ma non ci riusciva. Si
sentiva come offeso e non era in grado di capire esattamente per cosa.
Hyung
glielo avrebbe dovuto dire. Era forse un grande segreto difficile da
condividere, ma a Jimin aveva già permesso di entrare in
luoghi così privati
della sua vita, perché avrebbe dovuto essere diverso anche
con questa faccenda?
Jimin si sentiva ancora sotto shock e non riusciva a capire se al
momento fosse
più irritato o sorpreso. In effetti aveva sempre avuto un
po’ l’impressione di
essere solo un elemento aggiuntivo nella relazione tra Yoongi e Hoseok.
Il suo
senso di non appartenenza al loro mondo era probabilmente il risultato
di un
sesto senso che già da tempo aveva percepito ciò
che c’era nell’aria. Di nuovo,
sentì rabbia. Perché
hanno aspettato così
tanto a dirselo? Ora cosa faranno? Lo annunceranno a tutti domani?
Dovremo
brindare alla loro salute? Dopo che ci hanno presi in giro per tutto
questo
tempo? Si fermò un secondo, smettendo di
camminare e addossandosi
leggermente al muro di un grattacielo. Ma
presi in giro su cosa? Nessuno ha preso in giro nessuno Jimin. Sei solo
tu che
non lo avevi notato e adesso te la stai prendendo con te stesso
perché sei
stato un pessimo amico.
Riprese
a camminare a
passo un po’ più svelto. Dette un piccolo calcio a
una lattina che ostruiva il
suo cammino e guardando fisso davanti a sé con occhi vacui
si fece largo tra la
folla dei passanti, incurante delle gomitate che dava o riceveva. Il
freddo
stava iniziando a penetrargli nelle ossa e voleva davvero sbrigarsi a
tornare a
casa.
Quando
finalmente
giunse al suo appartamento entrò chiudendo la porta dietro
di sé velocemente e
andò dritto in direzione della sua stanza, dimenticandosi di
salutare Taehyung.
–
Jiminie? Che ci fai
qui? – sentì la voce dell’amico venire
dalla sala. Si girò lievemente e senza
guardarlo negli occhi rispose:
–
Io… Il mal di gola
è peggiorato per cui ho deciso di tornare indietro. Ora sono
stanco, ci vediamo
a cena.
Forse
era stato un
po’ brusco, ma Tae sarebbe sopravvissuto. Si chiuse la porta
bianca alle
spalle, si spogliò di tutto quello che indossava in pochi
secondi e tornò a
mettersi nel suo pigiama caldo. Raccolse poi da per terra il suo
piumino e
mettendosi a sedere sul letto prese dalla tasca il suo telefono. Vide
due
notifiche di messaggi. Uno da Yoongi-hyung, risalente a nemmeno
mezz’ora prima,
e poi un altro ricevuto alle ore 16:00. Jimin ripensò alla
vibrazione che aveva
sentito in bus. Allora era lui ad avermi
scritto. Ignorando per il momento il messaggio di Yoongi,
aprì quello di
Jungkook e il suo volto si distese in un mezzo sorriso.
Note
dell’autrice: Ciao a
tutti! Spero stiate tutti bene e soprattutto che siate riusciti a
sopravvivere
a questo come back. Da parte mia ho avuto serie difficoltà,
ma alla fine in
qualche modo pur continuando ad essere ancora profondamente scossa pare
che la
mia vita dopo lunedì sia riuscita a procedere e dunque anche
questo capitolo ha
visto la luce. Grazie mille di averlo letto, spero vi sia piaciuto.
Come
anticipato, l’azione è ripresa e in questa parte
accadono un diverse
cosine.
Innanzitutto, scopriamo ufficialmente cosa vuole fare Jungkook e di chi
è
innamorato. Spero si sia notato come il suo modo di guardare Jimin sia
completamente differente da quello di Yoongi. Jungkook coglie del
ragazzo e si
sofferma di più su sfaccettature del suo carattere diverse
da quelle rilevate
da Yoongi, come d’altronde è normale che sia vista
la profonda diversità di
personalità di Jk e Yoongi. La visione che Jungkook ha
dell’amore e delle
relazioni è piuttosto precisa ed ho cercato di rispecchiare
in lei la giovane
età di Kookie. Come è espresso dai suoi pensieri,
ha delle opinioni piuttosto
precise di come le cose debbano funzionare tra due persone, in modo
forse un
po’ ingenuo, ma ha ancora tempo di imparare che le cose non
sono sempre in bianco
e nero, diamogli tempo. ^^ Presenta anche altri elementi tipici di chi
si trova
alle prime armi: è leggermente possessivo, ma al contempo
estremamente insicuro,
e soprattutto vive i sentimenti in maniera assoluta e preferisce
buttarcisi
dentro piuttosto che fare un passo indietro ed analizzare davvero bene
la
situazione. Nonostante non sia ancora del tutto maturo ci tengo
però a
ribadire, nel caso non fosse chiaro, che tiene davvero molto a Jimin e
alla sua
felicità. Deve ancora imparare bene come muoversi, ma il suo
affetto è sincero. :)
Poi arriva la
scena Sope. Non odiatemi se il dialogo è estremamente cheesy, ma abbiate pazienza e aspettate il prossimo capitolo per favore. Nel frattempo
Jimin è un
po’ scosso da ciò di cui è stato
testimone, e come biasimarlo in effetti? Non
lo sa neppure bene lui cosa lo innervosisca maggiormente di tutta la
situazione, ma la vicenda avrà le sue conseguenze.
Per quanto
riguarda la citazione all’inizio, c’è un
motivo preciso per cui
l’ho scelta, ma onestamente non so come parlarne senza fare
spoiler per cui
probabilmente ne parlerò un pochino nel capitolo successivo,
nel frattempo
immaginate voi ;)
Grazie per
aver letto queste note e grazie anche di nuovo per aver letto il
capitolo. Se riesco pubblicherò il prossimo alla fine della
prossima settimana,
altrimenti quella dopo.
Come sempre i
commenti sono accettatissimi! ♥
Baci, Elle
|
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Capitolo 6 *** Capitolo V ***
CAPITOLO
V
Il
vero mistero del mondo è ciò che si
vede, e non l’invisibile.
(Oscar
Wilde, Il
ritratto di Dorian Gray)
–
Vuoi sederti?
Yoongi
aveva parlato con
tono deciso e Hoseok capì che era arrivato il momento. Si
mise a sedere sul
letto, toccando la coperta di Yoongi con le mani e facendo pressione
sul
materasso per aiutarsi a spingersi verso il muro e appoggiarci la
schiena.
Guardò l’amico negli occhi e sentì il
suo corpo rilassarsi.
–
Yoongi-ah…. Avrei un
favorino da chiederti. Niente di eccessivo.
Yoongi
avvertì subito la
tensione che non si era nemmeno accorto di avere accumulato
fino
a quel momento
sollevarsi via di botta dal suo petto. Era solo un favore. Niente di
eccessivo.
–
… niente di troppo
eccessivo.
Le
sopracciglia di Yoongì si
aggrottarono.
–
Che cosa intendi? È
eccessivo o non è eccessivo?
–
Non particolarmente...
credo… Cioè, dipende…
–
Hoseok-ah, seriamente? Non
sto capendo nulla, dimmi cosa ti serve, lo farò e anche
subito se vuoi, ma
parlami! – a Yoongi stava iniziando a venire il mal di testa.
–
Ok, scusa, va bene! –
disse alzando la voce Hoseok – Ho bisogno di una mano con una
scena dello
spettacolo!
Yoongi
era se possibile ancora
più confuso. Si portò una mano alla tempia e si
mise in attesa di una
spiegazione migliore.
–
Lo so che è una richiesta
strana, ascoltami e basta, va bene? – Hoseok sembrava serio e
anche lievemente
mortificato. Yoongi annuì paziente, calmandosi anche lui.
–
Sai che stiamo preparando
il secondo show e che sarà tra pochi giorni. La storia
è come al solito
d’amore, come tutte le storie che dobbiamo fare per lo
spettacolo di Natale,
purtroppo. In pratica quest’anno le love-story principali
sono due: quella tra
il protagonista e la protagonista e poi quella tra i loro rispettivi
aiutanti.
Io sono stato scelto come aiutante del protagonista. – emise
un respiro
profondo prima di riprendere – Ora, è vero che il
secondo show non è il nostro
spettacolo migliore, però sarebbe bene fare quantomeno un
lavoro decente.
Questi spettacoli ci occorrono per attrarre pubblico, e se non
riusciamo ad
essere convincenti nemmeno con un soggetto del genere, come possiamo
sperare
che la gente sia invogliata a venire al prossimo che è di
carattere più
impegnativo?
–
E tu insomma hai paura che
a causa tua l’intera compagnia ne risenta.
Come
è tipico di te Hobi.
Hoseok
annuì lievemente:
–
Tutta l’attrattiva di
questi show è davvero solo nella loro trama romantica,
quindi sarebbe darsi la
zappa sui piedi rendere poco convincenti i momenti più
intensi da quel punto di
vista. E io non li so fare bene Yoongi! – saltò in
piedi di scatto, facendo
sussultare leggermente l’amico di fronte a sé.
– Sono un disastro! Anche
Jin-hyung me lo ha detto, più di una volta! Persino Joonie!
Joonie!! Non so
cosa fare, mi occorre provare di più, ma da solo
è impossibile, ho bisogno di
qualcuno di vero, concreto, fisico… –
crollò a terra in ginocchio e abbassò la
testa portando le braccia in avanti in direzione di Yoongi –
Non so a chi altro
chiedere, sei l’unico che può aiutarmi Yoongi-ah!
Yoongi
rimase un attimo in
silenzio. Notò le orecchie rosse di Hoseok e non
poté fare a meno di farsi
scappare una piccola risata:
–
Sempre teatrale Hobi. Va
bene, certo che ti aiuto. Non occorreva inginocchiarsi.
Il
viso di Hoseok si sollevò
veloce e il ragazzo disse con tono di incredulità:
–
Davvero? Davvero-davvero?
Senza nemmeno sapere che scena sia??
–
Senza nemmeno sapere che
scena sia. – disse Yoongi alzandosi in piedi e sistemandosi
un po’ i pantaloni.
– Allora, che scena è?
Hoseok
si tirò su in fretta
e si slanciò sull’amico abbracciandolo stretto,
incurante dell’evidente
irrigidimento di Yoongi.
–
Grazie grazie grazie! Ti
lascio scusami. – disse poi scostandosi e ridendo.
–
Tutto apposto. Non capisco
però perché ti sia fatto tanti problemi a
dirmelo.
–
Yoongi, non è la più
semplice delle cose dire al tuo migliore amico “ho bisogno
che tu mi faccia da
partner in scene amorose”.
–
Dobbiamo consumare? –
chiese calmo Yoongi.
–
No, fin lì non possiamo
arrivare. Sai com’è, le famiglie rappresentano una
buona fetta del nostro
pubblico a Natale.
–
Peccato, sarà per un’altra
volta. Dunque, mi dici allora che dobbiamo fare?
Hoseok
non riusciva a
credere che fosse stato così facile convincere Yoongi a
dargli una mano su
questa cosa. In effetti avrebbe dovuto aspettarselo, e adesso si
sentì sciocco,
e anche un po’ in colpa, all’idea di aver dubitato
di lui. Probabilmente sì,
l’amico avrebbe preferito fare altro con il suo tempo che non
fosse scambiarsi
fittizie battute d’amore con lui, però come aveva
potuto pensare anche solo per
un momento che si sarebbe tirato indietro? Questa parte che aveva
ottenuto
stava dando non pochi problemi ad Hoseok, per più di un
motivo. Innanzitutto,
non sentiva un gran feeling con la sua partner. Il ragazzo era una
persona
estremamente socievole e solo di rado aveva problemi a legare con le
persone o
comunque ad instaurarci un rapporto amichevole. Nel caso della ragazza
che
avrebbe interpretato la cameriera personale della protagonista
però, Hoseok non
poteva dire di nutrire una particolare simpatia. Al momento forse la
sua
insofferenza era acutizzata da questa parte per cui non si sentiva
portato,
però già da quando la ragazza si era unita alla
compagnia pochi mesi prima non
ne aveva avuto una buonissima impressione. Il non lavorare in coppia
con
qualcuno con cui avesse una buona alchimia andava dunque solo a
peggiorare
quella che era la vera e principale ragione da cui nasceva tutto il
problema:
Hoseok non aveva mai avuto una relazione. Anzi, peggio. Non solo non
aveva mai
avuto una relazione, nel senso di stare con qualcuno stabilmente, ma
non aveva
mai nemmeno avuto flirt o scappattelle o storie da una notte e via. Era
una
cosa che lo metteva estremamente a disagio e non ne aveva mai parlato
apertamente neppure con Yoongi, seppure fosse convinto che
l’amico ne avesse
sentore. Non gli aveva però mai chiesto nulla su questo
argomento e Hoseok non
si era mai sentito in dovere di dare spiegazioni.
Era
questo non aver dimestichezza
quasi per nulla con situazioni di tipo romantico ad essere la causa
prima della
difficoltà di Hoseok a calarsi nella parte. Aveva
chiaramente bisogno di
praticare e si era alla fine risolto a chiedere un aiuto esterno pochi
giorni
prima perché si era reso conto che se già sarebbe
stato difficile per chiunque
provare per conto proprio, per una persona che come lui non aveva
ricordi dalla
sua vita personale a cui aggrapparsi per aiutarsi nella recitazione era
impossibile sperare di poter migliorare. Quando Jin un paio di giorni
prima gli
aveva fatto l’ennesimo appunto sulla scena più
importante della sua story-line,
Hoseok aveva risposto di avere un piano. Il piano era Yoongi. A chi
altri
avrebbe potuto chiedere una cosa del genere? Era il suo amico
più stretto e se
già con lui Hoseok si sentiva in imbarazzo, non riusciva
nemmeno ad immaginare
fare prove con chiunque altro. Il motivo poi per cui stava chiedendo a
Yoongi
di provare proprio in quel momento era che nel giro di due ore ci
sarebbero
state altre prove generali e dunque Hoseok sperava di andarci almeno
leggermente più preparato. Lo spettacolo di per
sè anche era molto vicino e
dunque non c’era davvero tempo da perdere. Gli sarebbe
davvero dovuta arrivare
prima questa idea.
–
In una delle scene più
importanti, che è quella che vorrei provare ora, ci sono i
due amanti che si
incontrano in una notte di luna piena. Clichè, lo so.
– Hoseok fece scivolare
una mano nel taschino della camicia a righine azzurre che indossava e
ne
estrasse un foglio ripiegato. Lo aprì e lo porse a Yoongi:
– Ho trascritto
velocemente il dialogo. Io so già le mie battute a memoria.
Potresti stare
sulla scena con me leggendo le tue per favore?
Il
ragazzo più grande dette
una scorsa veloce a ciò che avrebbe dovuto dire. Non
sembrò impressionato.
–
Ok. Ci sono momenti
particolari in cui hai più problemi?
–
… un po’ tutti?
–
Tutti, perfetto. – disse
Yoongi sollevando leggermente le sopracciglia e continuando a leggere
il dialogo.
–
Gli occhi. Non riesco a
guardare la mia partner negli occhi. È una
difficoltà che ho e Jin-hyung me lo
ha fatto notare decine di volte.
–
Va bene, allora partiamo
da li. Adesso reciteremo questo dialogo e tu mi guarderai fisso negli
occhi,
sempre, qualunque cosa dirai. Lo sguardo è il punto di
contatto principale tra
due persone, il punto di inizio di qualsiasi tensione di tipo
romantico. Se ti
concentri sullo sguardo dell’altro piano piano sentirai
qualcosa smosso dentro
di te e potrai dire le tue battute in modo più convincente.
–
O-ok. – Guarda tu se Yoongi deve
saperne così tanto
di queste cose – Se mi guardi negli occhi
però come fai a leggere ciò che
devi dire?
–
Non è un copione
complesso, sono quattro battute in croce o quasi per la mia parte. Il
senso
l’ho capito, improvviso se non ricordo bene. – mise
via il foglio sulla scrivania
dietro di lui – Quello che deve lavorare qui sei tu. Ora
guardami e inizia.
Hoseok
deglutì
rumorosamente. Guardò Yoongi. Fece un risolino.
–
Hoseok-ah. Non ho tutto il
pomeriggio.
Hoseok
capì e si fece serio.
I suoi occhi si fermarono fissi su quelli del ragazzo più
grande di fronte a
lui per diversi secondi. Prese poi ad avvicinarglisi. Oddio
voglio morire ma devo concentrarmi o Yoongi mi uccide. Giunto
a pochi centimetri dall’altro sollevò lentamente
una mano e la portò sul fianco
di Yoongi. Il gesto lo mise un po’ a disagio e il suo viso si
contrasse
leggermente. Fece del suo meglio per non bloccare però il
contatto visivo e
iniziò a spingerlo leggermente all’indietro.
Yoongi era piccolo e si lasciava
guidare bene per cui riuscì senza difficoltà a
portarlo verso la porta chiusa
della camera e lì lo fece appoggiare con una spinta
leggermente più forte.
Iniziò a recitare le proprie battute:
–
Ho sognato questo momento
così tante volte… così tante notti.
Yoongi
aveva ragione.
Guardare l’altra persona negli occhi in effetti aiutava.
Creava un clima
diverso, più intimo, che uno lo volesse o no. Sentiva il suo
respiro
leggermente meno stabile e la voce gli era uscita più bassa
di come si sarebbe
aspettato. Si avvicinò di più
all’altro, che dal canto suo non sembrava provare
nessun tipo di imbarazzo in quella situazione.
–
Perché non mi hai mai
detto niente prima? Tutto questo tempo perso…
Quando
l’amico disse così,
Hoseok non ce la fece più e guardò in
un’altra direzione.
–
Hoseok-ah, guardami
negli occhi. – Yoongi lo riprese subito, ma
con voce morbida.
Forse per non rovinare l’atmosfera, immaginò
Hoseok.
–
S-si. – In
ogni
momento della sua vita aveva sempre tenuto
lo sguardo dell’amico perfettamente, ma in questa situazione
stava facendo
difficoltà. Come sperava di riuscirci con la partner che
aveva?
–
Così, bravo. Ora
continua a guardarmi per favore.
I
due mantennero
l’uno lo sguardo dell’altro per un po’
senza parlare. Non fu facile per Yoongi
rimanere fermo e assumere un’aria tranquilla. Non era un fan
del contatto
fisico né delle distanze ravvicinate e certamente la
situazione in cui si
trovava era piuttosto strana. Il suo amico aveva tuttavia bisogno di
lui in
qualcosa che lo rendeva nervoso e dunque il modo migliore per aiutarlo
era
mostrarsi sciolto e rilassato. Yoongi credeva che provare in questo
modo fosse
la soluzione più semplice e veloce per far prendere
confidenza a Hoseok con un
gesto che gli dava difficoltà e di conseguenza far risultare
la sua recitazione
almeno fisicamente meno rigida. Dopo nemmeno una decina di secondi
Hoseok volse
di nuovo lo sguardo e divenne rosso. Yoongi sospirò.
–
No Hobi, così non
va, devi mantenere il contatto visi- cos’è questo
rumore? – esclamò
all’improvviso bloccando la frase a
metà – Lo
hai sentito?
–
Che rumore? – il
ragazzo si raddrizzò e fece un passo indietro, felice di
avere una scusa per
allontanarsi un attimo dal viso troppo vicino dell’amico.
–
Come una porta che
sbatteva. Quella dell’ingresso credo.
Hoseok
si allarmò
leggermente e si portò una mano alla bocca:
–
E se fosse un ladro?
Yoongi vai a vedere tu!
–
Mi commuovi, così
preoccupato per la mia sicurezza. Stai a vedere che sei tu che non
l’avevi
chiusa bene quando sei rientrato. – replicò Yoongi
alzando gli occhi al cielo e
uscendo dalla camera. Passando davanti alle porte delle varie stanze,
attraversò
il corridoio per sbucare poi in sala. Andò alla porta e si
assicurò che fosse
chiusa. Lo era.
Hoseok
dal canto suo
si sentiva stremato. Un peso gli si era tolto dal cuore, ma gli aveva
consumato
tantissime energie. Andò ad accasciarsi sul letto appena
Yoongi fu uscito dalla
stanza.
–
Cosa non si è disposti a fare in nome dell’arte!
–
esclamò ad alta voce sollevando la testa al soffitto.
Sentì i passi di Yoongi avvicinarsi di nuovo. –
Dunque non era un ladro?
–
Non era un ladro. – rispose l’altro richiudendo la
porta alle sue spalle.
–
Sai, credo di essere stato io davvero. Ora che ci penso quando sono
rientrato non ho fatto caso se avessi chiuso o no, ero troppo curioso
per il
quadro.
–
Ma sì, la corrente l’avrà ora fatta
sbattere. Stai più attento però.
Hoseok
annuì con energia. Già Yoongi lo stava aiutando,
ci mancava solo che
con la sua distrazione fosse la causa di furti o incidenti
nell’appartamento.
–
Mi spiace.
–
Non è successo nulla, quindi tranquillo. Che fai seduto?
Riprendiamo le
prove! Devi esercitarti Hobi, se non riesci ad essere rilassato con me
come
pensi di riuscirci con la tua partner?
–
Lo so Yoongi-ah, ho pensato la stessa cosa. – rispose Hoseok
con voce sommessa.
–
Ma perché ti hanno dato questa parte?
–
Volevano che ne provassi una diversa dalle solite di cui mi occupo e
onestamente anche io lì per lì ho creduto sarebbe
stato stimolante fare
qualcosa di nuovo, soprattutto visto che preparare il secondo show
è spesso
molto noioso. Però forse mi sono sopravvalutato. Tra
l’altro credo anche che la
tipa con cui devo lavorare abbia una cotta per me. – concluse
sollevando gli
occhi al cielo.
Yoongi
emise un fischio.
–
Ti sei cacciato in un bel guaio. Beh, ormai è fatta, quindi
rimettiamoci
all’opera, futura stella delle rom-com.
Ridendo
Hoseok si alzò di nuovo dal letto e riprendendo la scena dal
principio avviò un’altra volta le loro prove.
Dopo
circa una mezz’oretta i due iniziarono a non poterne
più di tutte
quelle smancerie.
–
Sarò a rischio vomito davanti a qualsiasi tipo di
interazione romantica
da qui al prossimo capodanno. – disse Yoongi quando per
l’ennesima volta si
rimisero nella posizione di partenza, pronti ad un’ultima
prova. – Cosa
dovrebbe accadere dopo questo scambio?
–
Lei prende l’iniziativa e lo bacia. Ma noi questo pezzo
possiamo
saltarlo, andremo direttamente alla battuta successiva quando lo
proveremo.
–
Per fortuna, grazie. Nello spettacolo devi baciare davvero la tipa?
–
Di sicuro mi tocca appoggiare le labbra alle sue, sto poi pregando che
lei non decida di rendere il tutto più realistico
attaccandomi con la lingua,
ad essere onesto. La sua parte sarebbe quella di un’ancella
pudica, ma non si è
mai troppo sicuri.
–
Dio mio, non ti invidio.
Mentre
dicevano così Yoongi e Hoseok sentirono di nuovo la porta di
ingresso sbattere e dei passi pesanti accompagnati da un brusio di voci
muoversi dalla sala verso il corridoio. Un urletto eccitato li fece
trasalire.
–
È arrivato!! Addirittura ci hanno dato il carrello?
Yoongi
aprì la porta e sporse la testa fuori:
–
Oi, Jin-hyung, che ci fate a casa?
Jin
si girò verso Yoongi. Namjoon era vicino a lui, appoggiato
al muro.
Entrambi erano ancora nei loro cappotti e l’aria fredda non
gli si era staccata
di dosso.
–
Jinnieeeee! Siete venuti a riprendermi?? – Hoseok si
mostrò ai due
spalancando ancora di più la porta. Notò subito
l’ammasso di buste ai piedi dei
ragazzi. – Avete svaligiato una boutique intera?
–
Più o meno – rispose Namjoon iniziando a togliersi
il cappotto e
allontanarsi. Jin aprì la porta della sua camera e mentre
prendeva in mano
parte della refurtiva spiegò ai ragazzi prima di entrare
nella stanza a
poggiare tutto:
–
L’idea era comprare una cosetta o due, ma ci siamo lasciati
un po’
prendere la mano. Non ci sembrava il caso di andare alla sede con tutte
queste
buste e quindi abbiamo deciso di rientrare un attimo prima, visto poi
che
comunque tu eri qui e saremmo dovuti andare insieme.
–
Scommetto che sei felice di questa scelta adesso Jin. Visto che
è
arrivato il quadro. – disse Namjoon mentre usciva dalla sua
stanza, dove era
appena stato per metter via il suo cappotto.
–
Siiii! – esclamò Jin con un urletto acuto dalla
propria camera.
–
Quindi si può aprire ora?? – Hoseok non stava
nella pelle. – È tutto il
pomeriggio che voglio sapere com’è!
–
Lo porto di là in sala. – intervenne Namjoon
prendendo il carrello.
Pochi
minuti dopo tutti e quattro i ragazzi si trovavano nel salone,
aspettando il momento della rivelazione. Yoongi si era messo a sedere
sul
divano, in silenziosa attesa. Anche lui voleva saperne di
più su questo famoso
quadro di cui Jin sembrava essere così entusiasta. Non
sapeva bene cosa
aspettarsi. Conoscendo l’amico sarebbe potuto trattarsi di
una tela di arte
astratta realizzata da un autore contemporaneo sconosciuto,
così come un
soggetto classico che ritraeva damine vestite di rosa che danzavano in
una sala
da ballo cinquecentesca.
–
Sono molto soddisfatto della mia scelta. – disse Jin contento
strappando
via la carta marrone con la foga di un bambino il giorno del
compleanno.
–
Non ricordo se mi avevi fatto vedere cosa ritraesse o meno.
–
No Joonie, non l’ho fatto vedere a nessuno. Qualcosa mi ha
detto che se
lo avessi fatto mi avreste impedito di comprarlo.
Quando
il gruppo dei tre ragazzi vide finalmente l’opera
pensò che in
effetti forse Jin aveva fatto bene a non chiedere loro un consiglio.
Era
decisamente strano.
–
Un po’ inquietante forse, Jinnie? – disse Namjoon
con tono cauto al
ragazzo, incaricandosi dello scomodo compito di farsi portavoce dei
pensieri di
tutti.
–
Sapevo che lo avreste detto. Secondo me non è
così. Aiutami ad
appoggiarlo al muro nel verso giusto, Joonie. Vedrete che è
bello.
I
ragazzi osservarono di nuovo per bene il quadro. Era lungo circa un
metro
e mezzo e alto uno e sarebbe dovuto essere appeso alla parete bianca
vicino
alla porta di casa. Lo stile non era male e il disegno di base era
buono. Niente arte astratta,
pensò Yoongi. Di
per sé era un bel quadro, realistico, ma dipinto con
pennellate un po’ indecise
che donavano dunque alla sua atmosfera un tocco leggermente onirico.
Tecnica
affascinante, senza dubbio. Era ciò che rappresentava a
costituire fonte di
perplessità. Si trattava di un paesaggio naturale ritratto
nel pieno
dell’inverno, a quanto era possibile capire. Sulla linea
dell’orizzonte il
terreno era coperto di neve bianca e azzurrina che si confondeva a
tratti con
il cielo, anche lui reso con questi colori uniti però a un
leggero tocco di
rosa sbiadito, dando la sensazione che la scena fosse stata colta nel
momento
dell’alba. Cinque alberi spogli dominavano il centro del
dipinto e in primo
piano c’era un prato gelato. A Yoongi colpì questo
particolare, perché in un soggetto
invernale non ci si aspetterebbe di vedere un prato verde. Invece
l’artista
aveva deciso di donare al suolo innevato nella parte più
bassa della tela una
sfumatura verdina, molto pallida e mista al bianco, che però
rendeva
perfettamente l’idea di un prato rigoglioso e solo
momentaneamente ghiacciato.
A conferma di questa impressione, nell’angolo basso sinistro
del quadro faceva
capolino un piccolo ciuffetto di erba, completamente verde questa
volta.
All’angolo esattamente opposto, quindi quello in alto a
destra, si poteva
intravedere un sole giallo pallido, i cui raggi sembravano essere in
diretto
dialogo con il piccolo germoglio.
–
Non è brutto, ma… hai scelto un soggetto buio e
invernale come
decorazione per ravvivare un muro che hai detto trovavi triste?
– domandò
Hoseok incapace di trattenersi ancora.
–
Non è buio! Lo guardo e mi dona tranquillità.
– Le sue parole dovevano
essere vere, visto il sorriso placido con cui continuava a rimirare il
suo
acquisto – Piacerà anche a voi prima o poi, ne
sono sicuro. Dovete solo
abituarvici.
Due
paia di sopracciglia si alzarono dubbiose. Il proprietario del terzo
paio fece invece una domanda:
–
Ha un titolo questo quadro?
–
Grazie Yoongi-ah per essere stato l’unico a porre un quesito
costruttivo.
– Namjoon e Hoseok alzarono gli occhi al cielo e si
guardarono poi tra loro
ghignando sotto i baffi. – Ce l’ha. È
scritto in piccolo, in basso a destra.
Di
nuovo tre paia di occhi si spostarono nel punto indicato da Jin. Era
lì,
poco visibile, scritto in blu con una grafia nervosa: “Transizione”.
Transizione.
Yoongi
portò la testa di
lato.
–
Questa sera lo appenderemo, ok Joonie? Yoongi-ah se vuoi puoi aiutarci
logicamente.
–
Uh? – il corso dei suoi pensieri fu interrotto –
Si, va bene.
–
Adesso. – Jin si voltò con fare deciso prima verso
il suo ragazzo, poi
verso Hoseok e batté le mani – Gambe in spalla che
è ora di uscire. Non voglio
arrivare in ritardo!
–
Ma perché, che ore sono? – chiese Yoongi colto
alla sprovvista.
–
Saranno le cinque e un quarto-cinque e venti. Noi dobbiamo essere in
sede
per le sei.
Yoongi
spalancò gli occhi:
–
Le cinque e un quarto? Jimin-ah doveva essere qui per le cinque, dove
si
è cacciato?
Così
dicendo si affrettò in direzione della propria camera e
andò subito a
controllare il cellulare lasciato sul comodino di cui si era
dimenticato per
tutto il pomeriggio. Vide infatti un messaggio da Jimin, risalente a
più o meno
un’ora e mezzo prima:
---
venerdì
30 dicembre 2016 ---
Jimin-ah
15:53
Hyuuuuunggg
sono a casa e mi annoio,
arrivo
un po’ prima, va bene??
15:53
Attendimi per favore, ho
tante cose da dirti :)
Yoongi
17:18
Dove sei???
Jimin
era famoso per i suoi ritardi, ma a Yoongi questo in particolare
pareva strano perché innanzitutto quando doveva vedersi con
lui solo davvero
raramente gli era capitato di farne, e poi perché non capiva
come potesse
essere in ritardo quando addirittura gli aveva scritto che sarebbe
stato in
anticipo. Cercò di non allarmarsi, chiudendo gli occhi un
attimo e pensando che
forse alla fine qualche contrattempo lo aveva bloccato e quindi sarebbe
arrivato attorno all’orario concordato. Se però
non avesse risposto entro un
quarto d’ora, avrebbe chiamato Taehyung.
****
Jungkook
stava fremendo. Aveva creduto che una volta mandato il messaggio
si sarebbe sentito più libero e la sua mente sarebbe
finalmente stata sgombra,
ma era successo l’esatto contrario. Da quando aveva premuto
“invia” non era
riuscito a pensare ad altro. Si sentiva però soddisfatto che
alla fine fosse
riuscito ad attenersi ai suoi piani. Nell’ora precedente
all’invio del
messaggio aveva iniziato a mettere per iscritto sull’app Note
del cellulare
tutte le idee che era riuscito a farsi venire su cosa scrivere. Dopo
una
selezione accurata, il testo finale del messaggio era stato deciso e
portato
con un copia-incolla nella casellina di testo della chat di KaTalk. La
chat
privata di lui e Jimin, si intende ovviamente. Jungkook era un
po’ terrificato
al pensiero di commettere questo errore, e fino all’ultimo,
in totale paranoia,
aveva continuato a leggere “Jiminie-hyung” in alto
così da essere del tutto
sicuro che fosse solo a lui che stesse scrivendo. Aveva a quel punto
aspettato
le sedici in punto, non trovando il coraggio di farlo prima, e con dito
tremante allo scattare dell’ora aveva inviato. Appena
compiuto questo gesto
aveva messo giù di scatto il telefono e rigirandosi a pancia
in sotto aveva
infilato la testa sotto al cuscino del divano. Lo aveva fatto. L’ho fatto. Aveva battuto i
piedi
ripetutamente, sgambettando. Adesso che ci stava ripensando gli
sembrava un
messaggio idiota e si sentiva terribilmente imbarazzato. No
no, va tutto bene. Si era detto emettendo ripetuti respiri
profondi e tirando fuori la testa da sotto il cuscino.
Ora devo solo aspettare.
Aspettare.
Detta così, sembrava facile. La palla adesso era a Jimin, e
davvero non c’era più nulla che lui potesse fare o
rimproverarsi. Però era
dura. Voleva sapere. Jiminieeee
perché
non mi rispondi? Ovviamente, i pensieri per la sua testa
erano di ogni
genere ed occupavano per intero la gamma che va dallo scenario
irrealisticamente positivo (Jimin aveva letto e si stava fiondando da
lui di
corsa, da dovunque fosse, per prenderlo tra le sue braccia e
confessargli il
suo amore) allo scenario tragicamente catastrofico (Jimin in
realtà lo odiava e
aveva mandato uno screen del suo messaggio nella chat di gruppo per
prenderlo
in giro pubblicamente prima di eliminare il suo nome dalla lista dei
suoi
contatti per sempre). Jungkook non sapeva nemmeno se il ragazzo avesse
effettivamente aperto il messaggio. Gli mancava il coraggio di
controllare
perciò aveva deciso che avrebbe semplicemente atteso una
risposta. Vedendo dopo
un quarto d’ora che ancora non ve ne era traccia,
andò a farsi una doccia per
trascorrere in qualche modo quel pomeriggio di attesa estenuante. Una
volta
uscito dal bagno aveva continuato ad ammazzare il tempo davanti al
computer
fino a quando, controllando per la centesima volta che ore fossero, non
aveva
decretato che stava iniziando a passare troppo tempo e si era risolto
dunque a
mandare un messaggio a Tae. Saprà
di
sicuro dov’è.
****
Taehyung
quel giorno si sentiva un centralino. O una stazione della
polizia. Ancora non poteva dire quale delle due, ma pregava fosse la
prima.
Tutti sembravano star cercando Jimin, a questo punto lui incluso. Non
lo aveva
visto uscire nel pomeriggio perché si era addormentato sul
divano, ma stando
allo zainetto che non c’era più, aveva dedotto che
dovesse essersene andato.
Lui si era svegliato attorno alle quattro e mezza, per cui Jimin per
forza
doveva essere uscito almeno prima di quell’ora. Yoongi per
telefono gli aveva
spiegato che lui e il ragazzo si sarebbero dovuti vedere per le cinque,
ma che
poi aveva visto un messaggio dove Jimin gli comunicava che sarebbe
arrivato in
anticipo, e ciò in effetti riportava con la deduzione di
Taehyung, ovvero che
fosse uscito prima del previsto. Lì per lì aveva
esitato un attimo a dire a
Yoongi la verità. Il ragazzo suonava abbastanza preoccupato
e prima di metterlo
troppo in ansia Taehyung avrebbe preferito dirgli che si, alla fine
Jimin aveva
avuto un contrattempo ed era uscito un po’ in ritardo. Ma se
qualcosa fosse
effettivamente successo all’amico non si sarebbe mai
perdonato, né tantomeno
sarebbe stato perdonato, di aver minimizzato la faccenda. Aveva dunque
detto
all’altro le cose come stavano, ma lo aveva anche cercato di
rassicurare sul
fatto che a volte il suo migliore amico era distratto e
c’erano un milione di
spiegazioni rassicuranti che potevano essere trovate:
–
Era a corto di manga quindi probabilmente visto che era in anticipo
avrà
pensato di fare una sortita in fumetteria. Lì potrebbe aver
perso il senso del
tempo e quindi aver preso il bus per casa tua in ritardo. Oppure
può essere che
abbia deciso di camminare invece che prendere il bus e di nuovo si sia
fermato
lungo negozi. Davvero Yoongi-hyung, non credo sia ancora il caso di
agitarsi
troppo.
–
Non sono agitato come un isterico,
mi piacerebbe solo sapere dov’è.
– replicò dall’altro capo Yoongi brusco.
–
Perché non risponde al telefono?
–
Hyung, fa freddo, lo sai che le mani di Jimin meno sono al vento
durante
l’inverno meglio è. Avrà il cellulare
in tasca, ma non potrà prenderlo per
questo motivo.
–
Vero. – disse Yoongi dopo
un
attimo di pausa. – Vabbè,
se hai sue
notizie fammi sapere. Ciao.
La
chiamata terminò e Taehyung volse gli occhi al cielo.
–
Ecco quello che si ottiene a voler avere un po’ di
tatto… – disse
sottovoce tra sé e sé. Quando aveva detto a
Yoongi-hyung che non era il caso di
agitarsi, lo voleva semplicemente rassicurare, nient’altro.
Non aveva
intenzione di offenderlo facendolo passare per un isterico. Che poi,
anche si
fosse agitato, che male ci sarebbe stato? Anche lui stava iniziando a
sentirsi
un po’ teso per quella situazione. Non aiutava nemmeno il
fatto che anche
Jungkook a un certo punto, prima della telefonata di Yoongi, avesse
preso a
chiedere di Jimin. Tutti sembravano allarmati. Tutti che volevano
attorno
Jimin. Sarebbe probabilmente stato il ragazzo più desiderato
del veglione se le
cose continuavano così. Scherzi a parte, anche lui era del
parere che sparire
così era piuttosto strano. L’amico si premurava
sempre di non farlo preoccupare
e non accadeva quasi mai che non gli desse sue notizie o non lo
aggiornasse
qualora avesse cambiato i suoi piani. Che poi desse buca a
Yoongi-hyung, era
semplicemente assurdo. Era questo pensiero a rendere un po’
più agitato
Taehyung. Jimin sapeva che il ragazzo più grande lo stava
aspettando, non era
da lui non mandargli nemmeno un avviso. Poi perché non aveva
risposto a
Jungkook? E soprattutto, che cosa gli aveva scritto il ragazzo? La
curiosità
divorava Taehyung. Per quanto cercasse di autoconvincersi che non erano
affari
suoi e comunque non sarebbe stato nulla di interessante, qualcosa
dentro di lui
moriva dalla voglia di sapere di più. O tutto. In effetti, a
Taehyung sarebbe
piaciuto sapere tutto. Tante volte davanti al telefono di Jungkook o
Jimin
lasciato incustodito vicino a lui aveva sentito un formicolio alle mani
che gli
suggeriva di prenderlo e leggere quello che si scrivevano. Non sapeva
nemmeno
se si scrivevano di frequente in realtà, né di
cosa parlassero. Era il dubbio
che lo consumava. Non aveva mai ceduto alla tentazione però,
né aveva mai
chiesto informazioni a nessuno dei due amici. Non era sicuro di voler
sapere.
Per quanto la condizione di ignoranza fosse fastidiosa, a questo punto
Taehyung
la preferiva a risposte che per il momento non aveva cuore di sentire.
Aveva
dunque deciso di ignorare del tutto questa cosa, zittire la vocina
nella sua testa
e fingere che nulla di ciò che gli sembrava di aver compreso
esistesse, nella
speranza che se avesse distolto a sufficienza lo sguardo essa sarebbe
sparita
via.
Si
mise a scorrere distrattamente tanto per fare qualcosa gli ultimi
messaggi che si era scambiato con Jungkook:
---
venerdì
30 dicembre 2016 ---
Kookie~~
17:24
Tae
sai dov’è
Jimin-hyung? Gli ho scritto un messaggio
più
di
un’ora fa ma ancora non ha risposto
Taehyung
17:26
Credo sia uscito verso le
quattro
per
andare da Yoongi-hyung
17:27
Immagino sia lì adesso
Kookie~~
17:27
Ok
17:27
Grazie taehyungie
Taehyung
17:29
No problem ;)
Nel
caso di Jungkook aveva deciso invece di non dirgli nulla del problema
sorto. Non era davvero il caso adesso di far preoccupare tutti senza
motivo.
Gli avrebbe detto qualcosa solo se ce ne fosse stato bisogno e Taehyung
ovviamente si augurava di no. Quasi a risposta delle sue silenziose
preghiere
finalmente sentì una chiave girare sulla toppa della porta
principale. Scattò a
sedere un po’ di più su sul divano, per sporgersi.
Sentì dei passi, e intravide
una massa di capelli neri e uno zainetto. Il suo amico era a casa, per
fortuna.
Anche se sarebbe dovuto essere da Yoongi, no?
–
Jiminie? Che ci fai
qui?
Jimin
a malapena lo guardò e velocemente gli rispose di aver mal
di gola ed
essere stanco prima di chiudersi in camera sua. Taehyung
aggrottò la fronte. Si
mise un attimo a riflettere meglio e sentì che qualcosa non
riportava. Ci
voleva circa una mezz’ora buona per raggiungere il 503 a
piedi e più o meno
quindici minuti con i mezzi. Jimin era stato fuori almeno
più di un’ora e
mezzo. Comunque la rigirasse, Taehyung trovava buchi di tempo. Se
avesse preso
i mezzi sia all’andata che al ritorno gli sarebbe servita
solo una mezz’ora in
tutto. Anche avesse fatto il percorso a piedi entrambe le volte non ci
sarebbe
voluta più di un’ora. Anzi di meno,
perché se davvero aveva deciso di tornare
indietro a piedi quando si era accorto di star peggio, sarebbe dovuto
essere
quando ancora si trovava nemmeno a metà strada. Senza
contare che, anche
andando a piedi, con il mal di gola a quel punto la cosa più
naturale da fare
sarebbe stata prendere un mezzo al ritorno. Insomma, nessuna di queste
possibilità sembrava giustificare le quasi due ore di
scomparsa di Jimin. Dove
era stato? Doveva per forza essersi fermato da qualche parte se non era
mai
andato all’appartamento. Considerando quanto questa scusa
facesse acqua da
tutte le parti, Taehyung pensò che l’amico
l’avesse messa su all’ultimo e
dunque qualche contrattempo doveva essere davvero accaduto. Cosa poteva
però
essere tale da giustificare scuse e bugie? Taehyung si
ricordò di avvisare sia Yoongi
che Jungkook del ritorno di Jimin e mandò loro un messaggio.
Cosa mi tocca fare.
Mentre
Taehyung cercava di mettere insieme i pezzi per ricomporre il puzzle
di quella giornata che si stava concludendo in modo così
strano, Jimin era in
camera sua, ancora scosso e agitato. Il messaggio di Jungkook
però lo aveva
fatto sentire decisamente meglio. Addirittura sorridere. Tenendo il
telefono
stretto tra le due mani si mise lungo sul letto, appoggiando la testa
sul
cuscino e mettendosi lo schermo in alto davanti agli occhi. Continuava
a
rileggerlo e sorridere. Un messaggio del genere gli avrebbe fatto
piacere in
qualunque momento, ma ora gliene aveva fatto ancora di più.
Per qualche motivo
l’episodio del pomeriggio lo aveva turbato profondamente e la
lunga deviazione
che aveva deciso di intraprendere all’ultimo, proprio quando
era quasi davanti
al portone di casa sua, non lo aveva aiutato a fare chiarezza su
niente. Dopo
aver leggermente iniziato a fare i conti con il significato di quello
che aveva
visto, il tutto aveva iniziato a sedimentarsi dentro di lui e nuove
sensazioni
avevano preso ad affiorargli dalla bocca dello stomaco, andando a
sostituire lo
shock e la meraviglia iniziali. Una di queste era un senso di
abbandono. Si
sentiva abbandonato e di troppo. Non aveva forse il diritto di sentirsi
così.
Era ingiusto da parte sua visto che non aveva nemmeno parlato
né con
Yoongi-hyung nè con Hoseok-hyung. Probabilmente se lo avesse
fatto gli
avrebbero spiegato le loro ragioni e lui avrebbe potuto accettare
questa cosa
più di buon grado. Adesso però non riusciva
davvero a pensare a una possibilità
del genere. Non sapeva spiegarsi il perché, ma
all’improvviso si era sentito
davvero solo. Messo da parte. Il fatto che qualcuno almeno oggi si
fosse
ricordato di lui, lo avesse cercato, gli avesse dedicato un pensiero
così
carino era esattamente quello di cui stava avendo bisogno ora. Lesse di
nuovo
il testo del messaggio:
---
venerdì
30 dicembre 2016 ---
Jungkookie
16:00
Lo
so che il calduccio dell’auto è più
invitante,
ma
se
facessimo pausa in un caffè per riscaldarci
nel
pomeriggio accetteresti a venire con me
alla
festa domani? Offro io! :D
Ci
guadagni una bevanda calda, la gratitudine
eterna
di Hoseok-hyung e salvi me dalle sue grinfie.
Quindi
tu vai in positivo con due buone azioni
sul
tuo
conto e ottieni anche bonus che va in negativo
sul
mio, non dire che non faccio mai nulla per te :P
Fammi
sapere Jiminie! ;) JK
Pensandoci
bene, non era in fondo una cattiva idea. L’appunto su Hoseok
poi
era vero. Sarebbe stato il secondo anno consecutivo per lui in cui
sarebbe
dovuto andare alla casa in campagna dove si teneva la festa con il bus,
mentre
Jimin invece era sempre andato in auto con gli hyung. Sarebbe stato
solo giusto
se finalmente anche lui si fosse fatto il suo turno con i mezzi. Jimin
sapeva
poi Jungkook aveva ragione anche a temere le furie di Hoseok, il quale
sicuramente l’avrebbe fatta scontare a lui con le sue
lamentele. Pensando ad
Hoseok, Jimin non poté fare a meno di ripensare a quello che
aveva udito. Aveva
le parole di Yoongi che gli rimbombavano ancora chiarissime nelle
orecchie: “Perché
non mi
hai mai detto niente? Tutto questo tempo perso...”.
Chiuse un attimo gli occhi. Visti
i nuovi sviluppi, il favore che Jimin avrebbe fatto a
Hoseok sarebbe valso per due, in realtà. Yoongi-hyung anche
sarebbe stato
contento di essere in macchina con il ragazzo. Che stava a fare lui
lì?
L’ultima cosa che avrebbe voluto era finire ad essere il
terzo incomodo. Tre buone azioni sul mio
conto Jungkookie,
pensò, e iniziò a scrivere una risposta.
Jimin
17:52
Scambio solo caffè con
cioccolata e panna,
il
resto può rimanere invariato ;)
17:53
Vengo io da te domani, va
bene?
17:53
Avvisa tu Hoseok-hyung
per me!
Inviati
i suoi messaggi mise giù il telefono e chiuse di nuovo gli
occhi.
Se era onesto con sé stesso non poteva dire che questa nuova
situazione non lo
facesse sentire strano, ma di sicuro si sentiva meglio di quando era
tornato in
camera. Leggermente meglio. A sufficienza comunque per sentirsi
all’improvviso
in colpa per i modi che aveva avuto con Taehyung prima.
L’amico non c’entrava
nulla, non si meritava di essere trattato così. Inoltre ora
che ci pensava era
davvero scomparso per ore senza dirgli niente. Aveva sicuro fatto
preoccupare
tutti. Si coprì il viso con un braccio. Ecco
come si diventa in nemmeno dodici ore l’amico peggiore del
2016. Si alzò un
po’ a fatica dal suo letto. Le tempie iniziarono a pulsargli
di più. Gli stava
esplodendo ora tutto all’improvviso un fortissimo mal di
testa. Andò un attimo
in bagno per prendere un’aspirina e con la scatoletta in mano
entrò timidamente
in cucina, dove Taehyung stava guardando un variety show in
televisione.
–
Taehyungie…
–
Jiminie! – il ragazzo si alzò subito in piedi e
andò verso l’amico. Lo
prese per un braccio. – Stai bene? Eravamo tutti un
po’ preoccupati!
Jimin
sorrise e disse piano:
–
No, Tae, sto bene davvero. Mi dispiace tanto averti agitato e
soprattutto
averti risposto male prima.
– Non preoccuparti, non
preoccuparti! Mi interessava solo essere sicuro che fosse tutto
apposto.
Jimin
fece spallucce sorridendo debolmente:
– Si Tae, tranquillo.
Passò
poi oltre l’amico, dirigendosi verso il lavandino per
prendere
l’acqua per l’aspirina. Gettò la
tavoletta effervescente nel bicchiere e si
appoggiò in modo stanco al bancone della cucina. Taehyung si
rimise a sedere
sul divano, in silenzio. C’era qualcosa nei gesti di Jimin,
nel modo in cui
parlava e nei suoi occhi che dette a Taehyung l’impressione
che l’amico fosse
davvero molto stanco e decise che per quella sera non avrebbe
più chiesto
nulla. Jimin era tornato sano e salvo a casa, sia Jungkook che Yoongi
erano
stati avvertiti e lui non aveva fretta di sapere cosa fosse successo
quel
pomeriggio se l’amico non voleva ancora dirglielo. Con il
bicchiere di acqua in
mano Jimin attraversò la cucina e gli comunicò
che non aveva fame.
–
Se non ti dispiace mi metterei già a letto. Ho la testa che
mi fa
malissimo.
–
Certo, riposati adesso Jiminie. Hai preso tanto freddo. – e
gli sorrise
con dolcezza. Jimin gli dette la buonanotte con un gesto della mano e
si avviò
piano verso la sua camera. Taehyung emise un leggero sospiro e si
accasciò con
la testa sul divano, mettendosi addosso una copertina. Gli era passata
la
voglia di vedere la televisione. Continuava a sentire di avere un
mosaico da
ricostruire e seppure avesse tutti i tasselli non riusciva a metterli
insieme
nel modo giusto. A un lato del divano il suo telefono vibrò.
Svogliatamente si
allungò di lato e lo prese. Era Jungkook. “Tranquillo,
so che sta bene, ha risposto!” lesse Taehyung sul
cellulare. Stando alla
faccina sorridente allegata al messaggio la risposta doveva anche
essere stata
soddisfacente per Jungkook. Anche Taehyung iniziava a essere un
po’ stanco e
mentre spegneva del tutto il telefono percepì una morsa
strana trafiggergli il
petto.
Note
dell’autrice:
Salve a tutti! Eccoci con il nuovo capitolo! Grazie
mille per averlo letto!
Nella
mia idea iniziale
questa parte qui sarebbe dovuta essere contenuta nel capitolo
precedente, ma
poi mi sono sentita cattivella e per aumentare la suspense ho deciso di
dividere il tutto eheheh
Diverse
domande che erano
state lasciate in sospeso la scorsa volta spero abbiano trovato
risposta, visto
che gli eventi che accadono qui vanno essenzialmente ad integrare il
quarto
capitolo. Ci sono però alcuni elementi nuovi sparsi qua e
là che occorrono per
continuare ad approfondire ciò che vivono i vari personaggi.
Avevo
detto che avrei
parlato qui della citazione sullo scorso capitolo. Rimanda al caos e la
confusione che si sono un po’ create in questi ultimi due
capitoli per i
personaggi e soprattutto ovviamente al grande malinteso avvenuto ai
danni di
Jimin. La citazione qui invece è in merito al filo rosso di
questa ultima parte
(e un po’ anche di quella precedente), ovvero tasselli di
realtà che si hanno
davanti agli occhi e non si riescono a decifrare bene.
Che
dire? Questo è quanto. Il
prossimo capitolo, al 99%, sarà un salto indietro nel tempo
per approfondire
meglio uno dei protagonisti e la sua relazione con un altro dei
personaggi. La
parte centrale della storia però sta per arrivare quindi
perdonate questa
(probabilmente ultima) deviazione dalla story-line principale ^^
Grazie
di nuovo per aver
letto fino a qui e se avete un attimo fatemi sapere nei commenti cosa
pensate.
A questo punto mi fermo, ci vediamo sul prossimo capitolo!
Baci,
Elle
|
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Capitolo 7 *** Interludio ***
INTERLUDIO
[…]
Ma non è invece giusto
il contrario, che un avvenimento è tanto più
significativo
e
privilegiato quanti più
casi fortuiti intervengono a determinarlo?
Soltanto
il caso può
apparirci come un messaggio. Ciò che avviene per
necessità,
ciò
che è atteso, che si
ripete ogni giorno, tutto ciò è muto. Soltanto il
caso ci parla.
(Milan
Kundera, L’insostenibile leggerezza
dell’essere)
I
3
ottobre 2015
Per
nulla infastiditi
dalla pioggerellina che da circa un’ora cadeva leggera, ma
insistente, Jimin e
Taehyung continuavano a girovagare tranquilli per le vie del centro un
sabato
pomeriggio di ottobre, l’uno al fianco dell’altro,
sotto uno stesso ombrello, e
guardarsi intorno alla ricerca di negozi interessanti. Le vetrine
grandi e
dagli allestimenti perfetti erano continua fonte di distrazione per i
due
giovani, che ogni quattro passi si trovavano a sognare di fronte a un
prodotto
diverso.
–
Jiminie, voglio
essere ricco. – disse
Taehyung
sospirando dopo aver sollevato con sconforto lo sguardo
dall’ennesimo
cartellino con un prezzo troppo alto. Al momento l’oggetto
del suo desiderio
era un set di matite e acquerelli da disegno con tele da pittura
incluse esposto
in primo piano nella vetrina di un negozio di articoli di cancelleria e
arte.
Lo avrebbe comprato anche subito se avesse potuto, ma non credeva i
proprietari
dell’attività fossero interessati ai suoi organi
interni, unica cosa di valore
in suo possesso che potesse raggiungere la cifra richiesta.
L’interno del suo
borsellino era invece piuttosto vuoto. Jimin sorrise:
–
Lo so Tae,
piacerebbe anche a me. Magari possiamo provare a comprare un gratta e
vinci.
–
Perché, tu hai
soldi da spendere in gratta e vinci?
–
In effetti no. –
rispose Jimin scoppiando a ridere.
–
Appunto. – fece eco
Taehyung ridendo a sua volta.
I
due ragazzi
scherzavano spesso tra loro sulla loro condizione di studenti
squattrinati. Non
che fossero in particolari ristrettezze, ma, come la gran parte dei
ragazzi
della loro età, disponevano semplicemente del necessario per
condurre uno stile
di vita normale. Potevano permettersi alcuni extra, come una cena
fuori, un
libro o cose di questo genere, ma di sicuro non potevano spendere
centinaia di
won in beni che non solo non erano di prima necessità, ma
neppure seconda o
terza, come il set di matite adocchiato da Taehyung. Aveva
già tutti gli
strumenti di cui aveva davvero bisogno per i suoi studi.
Pensò che magari
avrebbe potuto chiedere questo set come regalo di Natale.
L’altra soluzione era
mettere da parte i soldi, ma ci sarebbe voluto tempo, come ce ne era
voluto per
risparmiare quelli che aveva adesso utilizzato per fare
l’abbonamento alla
palestra verso cui si stava dirigendo. Taehyung si sentiva molto fiero
di sé.
Non solo era stato capace di mettere via ogni mese parte del denaro che
riceveva dai genitori senza cadere nella tentazione di fare acquisti
compulsivi
(cosa che spesso gli accadeva), ma aveva anche utilizzato questi
risparmi per
qualcosa di utile. Era da un po’ di tempo che il ragazzo
voleva iniziare ad
allenarsi e dunque diversi mesi prima aveva formulato il proposito di
iniziare
non appena fosse ricominciato l’anno accademico. Aveva preso
poi non solo a
risparmiare, ma anche a fare ricerche e spulciare online siti su siti
per
trovare quali fossero le palestre con i prezzi e i servizi migliori.
Alla fine
ne aveva trovata una che sebbene non fosse particolarmente vicina aveva
però
una buona offerta, con costo di iscrizione economico, fino a due corsi
da poter
scegliere e accesso illimitato alla sala attrezzi. Taehyung non aveva
certamente
bisogno di dimagrire, al contrario. Il motivo per cui desiderava
iscriversi ad
una palestra era quello opposto, ovvero perché aveva bisogno
di mettere su
massa muscolare. Aveva spesso modo di notare le gambe e le braccia del
suo
amico, rese toniche dalla danza e in cui si potevano vedere accennati,
anche
quando erano in stato rilassato, le rotondità dei muscoli
sottostanti. Taehyung
sapeva che lui non sarebbe mai stato così. Il fisico di
Jimin era il frutto di
ore ed ore passate a muoversi e non era a quello che il ragazzo
aspirava.
Almeno per un primo momento, il suo obiettivo era semplicemente rendere
più
forti e più definite le sue braccia esili e, possibilmente,
ingrandirsi un po’
le spalle. Non aveva intenzione di gettarsi nel body building, voleva
solamente
essere più soddisfatto dell’immagine che vedeva
riflessa nello specchio la
mattina quando si vestiva.
–
A proposito di
soldi e acquisti. – disse Jimin –
Mi è
appena venuto in mente che forse sarebbe una buona idea comprare
qualche birra
per la cena di domani. È da un po’ che non
portiamo più nulla e non mi sembra
educato, non trovi?
Taehyung
annuì.
– È vero, ce ne
siamo del tutto dimenticati
ultimamente. Ogni settimana Jin-hyung cucina per un reggimento e noi
nemmeno
una coca cola abbiamo offerto.
–
Sono sicuro nessuno
se la sarà presa, però è bene
rimediare. Passerò al supermercato prima di
rientrare a casa. Ne prendo nove, va bene? Una e mezza a testa.
Taehyung
rispose
affermativamente, ma poi si accorse che il calcolo non riportava e
corresse l’amico
con tono divertito:
–
Jiminie, non siamo
sei, siamo in cinque. Sono passati mesi e ancora spesso ti sbagli.
–
Vero! – Jimin si
porto una mano sugli occhi – Prima o poi mi
entrerà in testa che manca
Hobi-hyung.
–
Temo che saresti
comunque troppo in ritardo ormai, visto che a fine mese finalmente
ritornerà
tra noi. – abbassò poi lo sguardo sulle sue scarpe
da tennis nere che
sollevavano piccoli spruzzi d’acqua quando entravano in
contatto con la
superfice bagnata del marciapiede – Sono davvero felice che
torni. Non vedo
l’ora in realtà.
–
Anche io. – rispose
Jimin – Credo che tutti abbiano voglia di rivederlo.
–
Già. Posso
immaginare quanto manchi a Yoongi-hyung.
Jimin
serrò le
labbra, incerto su cosa dire. Sapeva, o meglio, sentiva, visto che non
gli era
mai stato detto apertamente, che Yoongi aveva davvero bisogno di
riavere il suo
amico. A Jimin stesso mancava moltissimo. Era abituato a passarci ore
intere
fin da quasi gli inizi della sua vita a Seul e quel periodo senza
Hoseok era
stato strano per lui così come lo era stato per tutti gli
altri. Era davvero
impaziente che tornasse. C’era tuttavia qualcosa riguardo al
ritorno del
ragazzo che gli creava una leggera apprensione e sebbene non capisse
bene
nemmeno lui di cosa avesse timore esattamente, percepiva che riguardava
Yoongi-hyung e il rapporto che avevano costruito durante
l’estate. Si sentiva
in colpa a pensarlo, ma soprattutto ora che il momento del rientro si
avvicinava, lui non poteva fare a meno di sentire una lieve ansia
farglisi
strada nella mente e ricordargli la possibilità non remota
che lui potesse
tornare a passare in secondo piano. Erano due sentimenti contrastanti
tra loro
e Jimin stesso non sapeva come potessero convivere in lui.
Ciò che riusciva a
mettere a tacere queste sue paranoie era il sapere quanto felice Yoongi
sarebbe
stato al riavere finalmente per sé il suo migliore amico e
questo pensiero
rendeva Jimin genuinamente contento per la riunione dei due ragazzi.
Parlarne
gli era però leggermente difficile e dunque si
limitò semplicemente ad emettere
un mmh-mmh come risposta
all’affermazione di Taehyung.
–
Tra l’altro,
Hoseok-hyung è l’unico che mi dà corda
sui miei entusiasmi.
Jimin
ridacchiò:
–
È vero, non hai più
un compagno di merende con cui fare rumore.
–
Siete tutti troppo
tranquilli, nessuno che giochi con me. – il ragazzo fece
picchetto fingendo uno
sguardo triste. – Ho spesso chiesto al cielo in questi mesi
che mi inviasse
qualcuno a sostituirlo, ma non sono stato ascoltato.
–
Aah, Taehyungie,
presto tornerai a poterti esprimere pienamente, nel frattempo fai
godere noi di
un po’ di pace, va bene?
I
due ragazzi si
sorrisero a vicenda e continuarono poi a camminare silenziosamente. La
palestra
dove Taehyung doveva andare era vicina, ormai non mancava molto. Jimin
era stato
decisamente carino ad accompagnarlo. Doveva uscire perché
qualche giorno prima
aveva notato che il taccuino di Yoongi era quasi finito e voleva dunque
prendergliene uno nuovo, ma era una commissione che avrebbe potuto fare
anche
nel suo quartiere, senza andare necessariamente in centro. Quel sabato
non
aveva però molto da fare e volendo trascorrere un
po’ di tempo con il suo amico
aveva proposto a Taehyung di uscire prima con lui così che
potessero farsi un
giro insieme e poi lo avrebbe accompagnato in palestra prima di tornare
a casa.
Taehyung aveva acconsentito con entusiasmo ed aveva quindi fatto
compagnia a
Jimin nella sua commissione, zainetto con dentro asciugamano, cambio e
scarpette in spalla.
Circa
cinque minuti
dopo si trovarono di fronte all’insegna della palestra.
Taehyung si chiese se
sarebbe stata più o meno piena di persone. Non era un gran
frequentatore di
palestre e quindi non aveva un’idea precisa di cosa
aspettarsi. Jimin lo accompagnò
fino all’ultimo, per evitare che la pioggia lo bagnasse. Si
salutarono
allegramente e Taehyung finalmente entrò. Si
sentì contento nel varcare la
soglia e il cuore gli batté un po’ più
forte nel petto. Era solo un’iscrizione
in palestra, ma per Taehyung significava comunque tanto. Era
innanzitutto orgoglioso
di sé stesso per aver finalmente messo in atto il proprio
proposito e, in
secondo luogo, era un’esperienza nuova ed era dunque curioso
di sapere come
sarebbe andata. Di fronte a qualsiasi novità Taehyung si
sentiva sempre
estremamente positivo, certo che avrebbe portato qualcosa in
più alla sua vita,
anche se piccola. In questo caso, sperava il ragazzo, un corpo
più virile.
Non
trovò un grande
traffico di persone. Nello spogliatoio c’erano solo altri
quattro ragazzi,
mentre vide uscire due donne da quello femminile. L’ambiente
gli fece una buona
impressione. Le due ragazze alla reception erano molto gentili e
l’interno
dell’edificio sembrava moderno e pulito, diviso in quattro
sale al piano terra
e due al primo, che erano ampie ma non così grandi da
intimorire. Taehyung non
aveva bisogno di una palestra di lusso, ma di una che funzionasse.
Entrò
incerto in una delle quattro stanze, si accorse che era quella
sbagliata e si
avviò verso un’altra, di fianco. Notò
prima di entrare che le funzioni delle
sale erano scritti su un cartello al di fuori sulla porta e sorrise tra
sé per
la sua solita distrazione. Gli avevano detto che avrebbe trovato
lì il suo
istruttore ed infatti così fu. A Taehyung prese un mezzo
spavento quando lo
vide. Alto, spalle larghissime, maglietta rossa a maniche corte
attillata da
cui il torace imponente quasi esplodeva e che lasciava in mostra i
muscoli,
gonfissimi, delle braccia. Non era esattamente il tipo di fisico a cui
il
ragazzo stava puntando e sperò non fossero questi i
risultati futuri del suo
allenamento, ma ovviamente si guardò bene dal dirlo ad alta
voce. Quell’uomo lo
avrebbe probabilmente potuto atterrare in mezzo secondo solo con il suo
dito
indice. Al contrario, ascoltò attento la spiegazione sul
come usare la macchina
per i pesi, preoccupandosi più di annuire per far capire che
stava seguendo che
di comprendere effettivamente ciò che gli stava venendo
detto. Il risultato fu
che quando l’omone se ne andò lui non aveva ancora
un’idea precisa di ciò che
dovesse fare. Si sentiva piuttosto impacciato steso li, e fu grato del
fatto
che nella sala sembravano esserci solo un altro paio di persone e tutte
a
debita distanza da lui. Stava facendo una fatica incredibile e stava
diventando
piuttosto rumoroso in proposito. Come gli accadeva spesso, si mise a
mugugnare
tra sé e sé, dapprima sottovoce, poi in modo
sempre più forte, fino a
raggiungere quasi il volume del parlato normale. Il repertorio da lui
offerto a
chiunque avesse potuto udirlo in quel momento comprendeva sbuffi,
sospiri,
altri sbuffi, mezze imprecazioni, esclamazioni e ancora sbuffi. Si
sollevò
all’improvviso, lamentandosi.
–
Come ha potuto
anche solo pensare che potessi farcela con un peso del genere?
–
disse
quasi ad alta
voce in tono lamentoso. Si alzò per cambiare il peso, ma non
riuscì a spostarlo
di un millimetro. Le braccia gli facevano già troppo male
per poter sollevarlo,
ma non voleva assolutamente tornare da quell’uomo per dirgli
che si era arreso
dopo nemmeno cinque minuti.
–
Che faccio adesso?
– disse di nuovo come se stesse parlando a qualcuno
lasciandosi cadere le
braccia lungo fianchi. – Come tolgo questo peso?
–
Ti serve una mano?
Una
voce calda arrivò
all’orecchio di Taehyung, il quale con sorpresa si
girò subito di lato per
vedere a chi appartenesse. Davanti lui si trovava un ragazzo giovane,
probabilmente della sua stessa età, Taehyung non avrebbe
saputo dire con
precisione se poco più grande o poco più piccolo,
più o meno della sua stessa
altezza, che gli sorrideva leggermente. Aveva uno sguardo amichevole e
il suo
viso, decisamente attraente, era incorniciato da una massa di capelli
castano
scuro, al momento un po’ bagnati lungo la fronte,
probabilmente per un qualche
sforzo compiuto fino a poco prima.
–
Ti ho sentito in
difficoltà e mi sono chiesto se non potessi essere
d’aiuto. – sembrava essere
sinceramente preoccupato e a Taehyung venne quasi da piangere per la
gioia di
essere incappato in una persona così gentile.
–
Si, in effetti si,
per favore! Non riesco a sollevare questo peso, ma devo assolutamente
cambiarlo
perché l’istruttore me lo ha messo troppo pesante
e non riesco a fare
l’esercizio. Tu saresti capace?
–
Mmh, vediamo. –
rispose tranquillo il ragazzo avvicinandosi alla macchina.
Impugnò l’asta del
peso con le mani, piuttosto grandi, notò Taehyung, e
contraendo le braccia
prese a sollevarlo. Taehyung fu estremamente colpito dalla relativa
facilità
con cui il peso fu allontanato dal suo appoggio e sistemato al suo
posto per
terra insieme agli altri.
–
Uaaaah!! – esclamò,
guadagnandosi un sorrisino soddisfatto dall’altro.
–
Ti occorre ne metta
un altro? Quale vuoi?
–
Posso approfittare?
Me ne serve uno più leggero, forse quello del primo livello?
Il
ragazzo di fronte
a lui sembrò fermarsi un momento a riflettere, le mani sui
fianchi e la fronte
corrucciata.
–
Secondo me se inizi
con il peso più leggero non ti eserciterai abbastanza. Te ne
occorre uno
intermedio tra il primo e quello che l’istruttore ti ha dato.
Facciamo il terzo
e vediamo come va, ok?
–
Il terzo...? –
rispose Taehyung titubante. Vide l’altro prendere il peso con
ancor più
facilità dell’altro, ovviamente, e poggiarlo senza
la ben che minima fatica
sulle due asticelle sopra la panca.
–
Fidati, se ti do
una mano io aiutandoti a prenderlo in mano e sorreggendolo ogni tanto
quando ti
senti stanco puoi farcela. In questo modo potrai esercitarti partendo
da
qualcosa di più del minimo.
Taehyung
sbarrò gli
occhi e chiese all’altro se davvero fosse disposto ad
aiutarlo. Non ci mise molto
a convincersi del fatto che per il ragazzo non rappresentava davvero un
problema interrompere il suo allenamento e rimanere lì a
dargli una mano. Lui
sembrava onesto e a Taehyung avrebbe fatto comodo avere qualcuno che
gli
indicasse come muoversi. Non solo questo ragazzo sembrava sapere
davveron cosa
fare, ma come ciliegina sulla torta era anche decisamente carino.
Sarebbe stato
difficile rifiutare. Messosi a sedere sulla panca, Taehyung lo
ringraziò prima
di stendersi giù e iniziare il suo esercizio:
–
Grazie mille, ehm..
–
Jungkook! Mi chiamo
Jeon Jungkook.
–
Kim Taehyung,
piacere di conoscerti!
Il
ragazzo di nome
Jungkook sembrava effettivamente saperne molto su palestre e attrezzi
da
ginnastica. In un modo che non risultava né invadente
né arrogante, riusciva a
fare da guida dando consigli e suggerimenti, con voce calma, ma sicura.
Sebbene
Taehyung fino a poco prima avesse ringraziato di trovarsi isolato e
senza
nessun altro intorno che potesse vedere quanto era impacciato, ora non
avvertiva nessun tipo di imbarazzo o disagio di fronte a questo ragazzo
e, al
contrario, non esitava a lamentarsi quando sentiva di non farcela o
chiedere
quando aveva dei dubbi su come stava muovendo le braccia.
Dopo
un po’ iniziò a
sentirsi stanco e chiese a Jungkook se fosse prevista una piccola pausa
per
bere. Il ragazzo dette ridacchiando il suo permesso e quando si accorse
che
Taehyung non aveva una boccetta d’acqua con sé si
offrì di andare a
prendergliela al distributore. Prima che Taehyung potesse dire nulla
era già
sparito fuori dalla stanza. Quando lo vide tornare lui era intento a
togliersi
la felpetta che aveva indossato fino a quel momento, mettendo in mostra
la
canottiera nera, più indicata per non morire di caldo
durante l’allenamento.
Prese la bottiglietta dalle mani dell’altro e
ringraziò, chiedendo poi dove
fosse il distributore. Jungkook sembrò sorpreso:
–
Non sai dov’è il
distributore?
–
No, è il mio primo
giorno in questa palestra.
–
Come? È la tua
prima volta qui? Sei sicuro?
Taehyung
notò che il
ragazzo era effettivamente meravigliato e gli venne da ridere.
– Si, è ovvio che
sono sicuro!
–
No certo, scusami,
era una domanda stupida. È che… la tua voce.
–
si interruppe e scosse leggermente la testa – Credevo di aver
già sentito la tua voce, e che
dunque fossi nuovo solo a questa macchina, ma non alla palestra.
Evidentemente
mi sbagliavo.
–
Mmh... Forse
frequentiamo la stessa facoltà? –
anche se non credo davvero,
pensò
Taehyung – Tu cosa studi?
–
Video production,
ma sono abbastanza sicuro di non averti visto in università.
–
No infatti, io
studio Arti figurative.
Gli
occhi dell’altro
brillarono all’improvviso.
–
Arti figurative?
Davvero? Che bello! A me piace tantissimo disegnare.
Gli
occhi di
Taehyung, già grandi, lo divennero ancora di più:
– Sul serio?
Jungkook
mise subito
le mani avanti muovendole:
–
Si, ma nulla di
professionale, solo schizzi a matita.
Pur
senza conoscerlo,
Taehyung sentì che il ragazzo dovesse essere di sicuro
più bravo di ciò che
voleva far credere.
– Però
l’arte mi piace, così come andare a
mostre e musei.
Taehyung
ascoltava
sempre più interessato. Non si sarebbe mai aspettato, tra
tutti i luoghi, di
trovare qualcuno che condivideva le sue passioni proprio in palestra.
–
Mi piacciono
soprattutto le esibizioni di fotografia però.
A
queste parole
Taehyung fermò la boccetta che si stava portando alla bocca
a mezz’aria.
Jungkook non sembrò accorgersene e proseguì:
–
Faccio anche foto
io stesso, quando ho tempo.
–
Ti va di mangiare
qualcosa di caldo per strada usciti di qui? – le labbra di
Taehyung si erano
mosse senza che lui avesse il tempo di riflettere, come se fosse in
trance. Lo
sguardo leggermente confuso di Jungkook lo riportò alla
realtà. Durò solo un
secondo però, perché il ragazzo si mise a ridere
e rispose affermativamente.
Taehyung scoppiò a ridere anche lui e decise di dare delle
spiegazioni:
–
Scusami davvero,
non volevo interromperti! Giuro che stavo ascoltando! Amo tantissimo la
fotografia anche io e stavo pensando che volevo chiederti chi fossero i
tuoi
fotografi preferiti, ma che non abbiamo tempo perché siamo
venuti per
esercitarci e tu non puoi passare tutto il pomeriggio qui ad aiutare me
e poi
ho pensato che dovevo sdebitarmi per l’aiuto e quindi ho
pensato di chiedere se
volessi mangiare un boccone insieme, pago io ovviamente. –
Taehyung smise di
parlare e si accorse che l’ombra di un altro sorriso si era
disegnata sul viso
di Jungkook. Abbassò lo sguardo e sospirò prima
di riprendere – Scusami ancora.
Mi dicono spesso che a volte parlo in modo confusionario, lo so che
può
risultare difficile seguirmi. Hai capito qualcosa di quello che ho
detto?
Alzò
gli occhi
sull’altro, il quale nel frattempo continuava a guardarlo con
un’espressione
tra il divertito e l’incuriosito. Parlò con un
tono disteso e amichevole che
rasserenò Taehyung e lo tranquillizzò facendolo
sentire meno strano.
– Ho capito tutto
perfettamente. Mi farebbe
molto piacere mangiare qualcosa insieme. Adesso però a
lavoro!
–
Si signore! –
rispose allegro Taehyung posando la boccetta a terra e sdraiandosi di
nuovo
sulla panca. Come prima, Jungkook si riposizionò dietro al
peso, aiutando
l’altro a prenderlo e sollevarlo. Mentre le braccia gli si
incordavano per la
fatica e la fronte iniziava ad imperlarsi di sudore, Taehyung si
domandò se
fosse normale che un’ora di palestra risultasse
così divertente.
****
Quando
Taehyung e Jungkook uscirono dalla porta
principale, fuori era già buio e la pioggia non accennava a
smettere. Jungkook
aprì l’ombrello e lo usò per coprire
anche Taehyung.
–
Il mio amico, Jimin, lo ha portato con sé quando mi ha
lasciato qui. Mi dispiace per il disagio.
Di
nuovo, Jungkook non dovette insistere molto per
convincerlo che non occorreva scusarsi.
–
Stai per offrirmi del cibo, non mi metterò a lamentare
per aver dovuto condividere un ombrello.
Il
posto che avevano scelto si trovava a poca distanza
dalla palestra e proprio davanti alla fermata del bus che entrambi i
ragazzi
avrebbero poi dovuto prendere per tornare a casa. Come Taehyung venne a
sapere,
Jungkook al momento viveva provvisoriamente in zona e per questo si era
iscritto a questa palestra, ma avrebbe dovuto presto cambiare casa
poiché
l’affitto era decisamente troppo alto.
–
Vivere qui è sicuramente bello, ma non posso davvero
permettermelo. – spiegò Jungkook mentre sollevava
i noodles caldi dalla zuppa
fumante di ramyeon e se li portava in bocca.
–
Anche raggiungere il campus dell’università non ti
è
molto comodo da qui, no? – chiese Taehyung –
Dovrebbe essere vicino al mio, o
sbaglio?
Jungkook,
che doveva ancora ingoiare il suo boccone, fece
un segno affermativo con la testa. Taehyung si fermò un
minuto a guardarlo con
soddisfazione mangiare di gusto il suo ramyeon prima di fargli
un’altra domanda:
–
Che anno frequenti? Non te l’ho ancora chiesto.
Jungkook
buttò giù un po’ di brodo e
sollevò lo sguardo
sull’altro:
–
Sono al primo anno del mio corso, ma dovrei essere al
secondo, ho cambiato università quest’anno. Tu
invece? Quanti anni hai?
Quindi
è più
piccolo,
pensò Taehyung. Rispose alla
domanda e da lì la conversazione iniziò a farsi
più fitta. Era curioso di
sapere di più su questo ragazzo. All’inizio gli
era piaciuto a istinto, senza
un motivo preciso, ma ora che stava parlandoci di più si
rendeva sempre più
conto di non essersi sbagliato. Jungkook era una persona piacevole,
disponibile
e allegra. Quasi fin da subito Taehyung si accorse che doveva essere
abbastanza
riservato o comunque sicuramente meno estroverso. Mentre infatti
Taehyung si
era trovato subito a suo agio e aveva dunque iniziato a raccontare
diverse cose
su di sé, Jungkook non sembrava essere il tipo di persona
che si apre
spontaneamente. Aveva bisogno di una piccola spinta e questo fu quello
che
Taehyung cercò di fare per tutta la sera. Quando
capì che il ragazzo non era
sicuro su ciò che l’altro sarebbe stato
interessato ad ascoltare prese a fargli
una sfilza di domande a cui Jungkook rispose senza problemi, dando
dunque a
Taehyung la prova che la sua impressione era stata giusta. Il ragazzo
era
socievole, ma doveva solo essere incoraggiato e quando iniziava ad
aprirsi
sapeva il fatto suo. Parlava con un tono di voce abbastanza basso, ma
aveva un
modo di esporre le sue idee convincente. Taehyung venne dunque a sapere
che
aveva frequentato l’anno prima un corso simile a quello di
ora, ma
nell’università della sua città natale.
Non soddisfatto però del livello della
facoltà, aveva deciso di cambiare e trasferirsi nella
capitale. Qualcosa nel
modo in cui Jungkook espose questa storia, sbrigativo e a tratti con
voce quasi
incerta, fece pensare a Taehyung che dovesse esserci anche qualche
altra
ragione dietro al suo trasferimento, ma decise di non indagare oltre
per il momento.
Non voleva sembrare un ficcanaso, in fondo si conoscevano solo da tre
ore.
La
serata trascorse incredibilmente piacevole per
Taehyung e si augurò che per l’altro fosse stato
lo stesso. Jungkook, a quanto
gli aveva riferito, si trovava da pochissimo a Seul e ancora doveva
farsi degli
amici. A Taehyung sarebbe piaciuto diventare il primo e sperava dunque
di non
avergli lasciato nessuna impressione negativa durante il tempo
trascorso
insieme. Fece ad un certo punto un tentativo per sondare le acque in
questo
senso. Il discorso era caduto nuovamente sulla fotografia. Taehyung era
curioso
di sapere come questa passione fosse nata in Jungkook e il ragazzo
sembrava più
che felice di condividerlo con lui.
–
Ascolta. – Taehyung si schiarì la voce con un
colpettino
di tosse. Il cuore stava accelerando leggermente, e si sentì
un po’ stupido. Di
solito non era il tipo da agitarsi. – Ho…
c’è questo corso. Di fotografia.
Sembra interessante e volevo quindi iniziarlo. Non dovrebbe essere
troppo
impegnativo, ma credo potrebbe essere un buon modo per imparare
tecniche nuove.
Se ti piace la fotografia, e se hai tempo e modo ovviamente,
perché non vieni
anche tu? Le iscrizioni non sono ancora chiuse. – sorrise
– Che ne dici?
La
risposta affermativa di Jungkook gli creò un moto di
entusiasmo più forte di quanto si fosse aspettato. Colse
l’occasione come scusa
per chiedergli il suo numero di telefono e fare piani sulla prossima
volta in
cui potevano incontrarsi. Jungkook sembrava davvero contento di aver
trovato
qualcuno con cui passare del tempo e Taehyung ne fu felice. Finita la
loro cena
rimasero a chiacchierare un altro po’ alla luce soffusa del
ristorante, mentre
la pioggia, che adesso si era intensificata, continuava a battere sulla
strada
e scivolare lungo la vetrata al loro fianco. Una volta usciti, Jungkook
lasciò
passare di proposito il suo bus e aspettò che Taehyung
salisse sul proprio,
così da rimanere a coprirlo con il suo ombrello fino
all’ultimo. Quando il
veicolo fu sparito nella foschia della notte, alzò lo
sguardo sul tabellone
luminoso. Cinque minuti e il bus successivo che lo avrebbe portato a
casa
sarebbe arrivato.
Quella
notte sarebbe andato a dormire più sereno di
quanto non lo fosse stato in mesi. Era grato che quel ragazzo,
Taehyung, fosse
più estroverso di lui e dunque avesse preso
l’iniziativa per continuare a
vedersi. Gli aveva fatto una buona impressione e ne era stato
incuriosito sin
dal primo momento. Aveva dei modi di fare diversi da lui, ma che
però in
qualche modo coincidevano. Era sicuramente particolare e non occorreva
essere
degli psicologi per accorgersi di quanto la sua personalità
fosse unica. Era
stato evidente già da quando lo aveva visto muoversi agitato
e in panne davanti
a suoi pesi e parlare ad alta voce incurante dell’ambiente
intorno a sé. C’era
però anche un altro motivo che lo aveva spinto ad andargli
vicino. Mentre
faceva il suo esercizio non lo aveva visto poiché gli stava
dando la schiena.
Era stata proprio la sua voce ad attirarlo. Era convinto, quasi al
cento per
cento, di averla già udita da qualche altra parte, ma al
momento non avrebbe
saputo dire dove. Sembrava provenire da un ricordo a cui
però non riusciva a
dare né un tempo né uno spazio e non era capace
di mettere a fuoco. Forse mi verrà
in mente prima o poi. O forse
dopo tutto questo tempo da solo ho le allucinazioni. Non
importava però.
L’importante era che sentiva, dopo tanto tempo, di aver
finalmente trovato un
amico.
II
27
luglio 2015
Il
ronzio del vecchio
ventilatore era l’unico suono udibile in
quell’assolato pomeriggio di luglio. Il
piccolo panno utilizzato da Jungkook sfregava contro la superfice
metallica del
tavolino rotondo, lasciando dietro di sé una scia di piccoli
aloni che
sparivano all’aria dopo pochi istanti. Era il quarto tavolo
che puliva,
l’ultimo che gli fosse rimasto. Aveva già
riordinato il vecchio bancone di
legno scuro, dato una passata di scopa alle mattonelle grigie del
pavimento e
nutrito i bei pesci che nuotavano nell’acquario appoggiato al
muro laterale del
bar. In tutto quel tempo nessun cliente era entrato, ma Jungkook non si
sarebbe
aspettato nulla di differente. Come tutti i giorni, quello era
l’orario dove il
traffico di persone era ridotto al minimo. Tutti avevano mangiato e il
caldo
del primissimo pomeriggio rendeva incredibilmente poco allettante
l’idea di
uscire di casa o allontanarsi dalla scarsa ombra proiettata dal proprio
ombrellone. Per fortuna il bar dei nonni non aveva questo tipo di
problema
durante il resto della giornata, pensò Jungkook. Il locale
non era
frequentatissimo, ma a sufficienza per costituire una buona fonte di
guadagno
per la vecchia coppia. Posò il pannetto che aveva in mano in
un angolo dietro
al bancone con la cassa e decise di mettersi per un po’ sulla
porta principale
del bar. Si appoggiò allo stipite e il suo sguardo prese a
vagare sulla vista
di fronte a lui. Per Jungkook questo rappresentava il momento migliore.
La
tranquillità calava sulla spiaggia e le onde del mare
potevano finalmente
essere udite. Jungkook amava il loro suono, il loro ritmo, lo scroscio
della
schiuma che si infrangeva sul bagnasciuga. Gli dava pace. Non che di
pace non
ne avesse a sufficienza qui. Anche troppa, avrebbe detto sua madre. La
sua idea
di andare a vivere durante i mesi estivi a casa dei nonni e lavorare
nel
piccolo bar che gestivano nella località di mare di
Haehundae non le era andata
a genio e continuava a non piacerle. Probabilmente però a un
certo punto doveva
essersi accorta che non si trattava di un capriccio, ma di quello di
cui lui
aveva davvero bisogno al momento. Jungkook sapeva che la donna era
convinta che
questa non fosse la soluzione migliore al suo problema e che aveva
timore che
l’avrebbe solamente peggiorata. Ma doveva essere stanca di
vedere le cose
rimanere uguali giorno dopo giorno, per cui forse per questo aveva
deciso di
assecondarlo. “Magari facendo a modo tuo questa situazione si
schioda.” gli
aveva detto. “Lo spero anche io mamma.”. La madre
lo aveva abbracciato stretto
prima di lasciarlo salire sul treno, gli occhi inumiditi. Lo chiamava
ogni
giorno. Attorno all’ora di cena Jungkook sapeva che doveva
tenere il suo
cellulare vicino perché tra le sette e mezza e le nove
avrebbe sicuramente
squillato. A volte questa cosa gli dava fastidio, si sentiva troppo
controllato.
Ma in fondo i suoi genitori avevano acconsentito sia alla sua idea di
venire a
Haehundae per l’estate che di trasferirsi a Seul a settembre,
e quindi
assecondare le loro ansie era il minimo che Jungkook sentisse di poter
fare.
Seul.
Jungkook
sperava davvero fosse stata una buona idea quella di andare nella
capitale per riprendere
i suoi studi in una nuova università. Sperava di ritrovare
un po’ di
motivazione. Non poteva comunque rimanere nella sua città.
Delle fiamme
balenarono davanti ai suoi occhi. All’improvviso si fece
caldo. Era tanto
caldo, e le fiamme non smettevano di ballargli attorno.
Sentì di nuovo nella
bocca il sapore amaro di un doppio tradimento. La testa prese a fargli
male e
dovette chiudere gli occhi e inalare lentamente l’aria marina
per cercare di
calmare le immagini nella sua mente e porre fine al pulsare delle sue
tempie.
Si trovava al sicuro. I nonni erano nel retro. Davanti a sé
aveva solo dei puntini
pigri e semi addormentati al riparo dalla calura estiva sotto gli
ombrelloni.
Nessuno vicino. Come negli ultimi tre mesi. Nessuno attorno. Solo lui e
il suo
disincanto. Ma era meglio così. In questo posto almeno
poteva essere rilassato,
non doveva controllare nulla. Non c’era nulla da fare tranne
servire i clienti
e pulire e non c’era nessuno con cui parlare a parte i nonni.
Era tutto a
posto. Ora è tutto a posto. E
sarà così
anche a Seul. Riaprì lentamente gli occhi,
scoprendo a poco a poco
nuovamente il paesaggio. I grattacieli sullo sfondo. File di ombrelloni
aperti.
La sabbia dorata che rifletteva la luce. È
tutto apposto.
Il
sole che picchiava
alto nel cielo iniziò a dargli fastidio e decise quindi di
rientrare. Il locale
era cosi vuoto che i suoi passi rimbombavano. Mentre si metteva dietro
al
bancone vide il nonno uscire dal retro.
–
Jungkook-ah! Mi
metto io adesso qui, tu riposati un pochino. Non
c’è nessuno a quest’ora, non
c’è bisogno che mi aiuti. Lavori già
tanto, puoi permettertela una bella pausa.
Il
viso sorridente
del nonno, così rugoso, ma così rassicurante,
fece tornare completamente alla
normalità i battiti del cuore di Jungkook. È
tutto apposto, si ripetè di nuovo. Aveva
però bisogno di tenersi occupato.
Contraccambiò il sorriso.
–
Grazie nonno, ma
non sono stanco. Mi metto qui sul retro a mettere a posto la credenza,
va bene?
È già da ieri che volevo farlo.
–
Come vuoi tu. Se
però vuoi andare di sopra a schiacciare un pisolino, fai
pure.
Il
vecchio si mise a
sedere pesantemente sulla sedia di paglia che teneva dietro alla cassa,
pronto
per almeno un altro paio d’ore di inattività.
Jungkook dal canto suo prese una
piccola scala, la portò davanti alla credenza che si trovava
vicino alla
porticina che collegava il retro del locale con la stanza principale
del bar e
iniziò a togliere tutti i barattoli e lo scatolame vario per
poterla prima
spolverare un po’. Mentre era concentrato a non perdere
l’equilibrio e
stendersi in avanti per cercare di raggiungere con il panno un angolo
della credenza,
gli sembrò di sentire dei passi provenire
dall’interno del bar e una voce
squillante proclamare un salve
detto
a voce più alta del necessario. Jungkook era piuttosto
impegnato con ciò che
stava facendo e fu solo quando udì il nonno chiedere
“Ti piacciono i pesci?”
che si rese conto che per cinque minuti buoni il bar era calato nel
silenzio
seppure vi fosse dentro un cliente. Che
starà succedendo? si chiese distrattamente mentre
controllava la scadenza
su uno dei barattolini di marmellata. La stessa voce che aveva salutato
pochi
minuti prima, e che Jungkook giudicò dovesse appartenere ad
una persona
giovane, rispose:
–
Si! Questi sono
bellissimi! Mi piacciono tutti gli animali a dire il vero. Questi suoi
pesci
però sono davvero belli! Hanno dei nomi?
–
Nomi? – fece eco il
vecchio e Jungkook si accorse dal tono che doveva starsela ridendo
sotto i
baffi.
–
Si nomi. Non hanno
dei nomi questi pesci? Sono i suoi, no?
A
Jungkook anche
scappò da ridere e quasi cadde dalla scala nel tentativo di
reprimere la
risata. Ma chi è questo ragazzo?
Chi è
che dà un nome a dieci pesci in un acquario?
–
Si, sono miei, ma
mi vergogno di dire che in realtà non li hanno. Non credevo
fosse importante
dare un nome a dei pesci, a meno che non si tratti di un unico pesce
rosso, forse.
–
Certo che è
importante signore. – il tono del ragazzo sembrava essere
diventato serio
all’improvviso. – Immagino lei se ne prenda cura,
no? Gli darà da mangiare e
gli cambierà l’acqua. Se non gli volesse bene non
se ne prenderebbe cura e quindi
perché non dà dei nomi a qualcosa a cui vuole
bene?
Jungkook
rimase a
bocca aperta di fronte a tale risposta e si chiese cosa avrebbe detto
il nonno,
visto che se questa cosa fosse stata detta a lui non avrebbe trovato le
parole
per rispondere. È incredibile come
abbia
parlato seriamente. Sentì il nonno emettere una
risatina sommessa e
ammettere la sconfitta.
–
Hai ragione, me ne
prendo cura e gli voglio bene. Non so perché non abbia mai
pensato a mettergli
un nome. Lo farò oggi e se domani torni te lo
dirò va bene? Intanto, c’era
qualcosa che volevi comprare?
–
Ah sì, è vero! Ero
venuto per prendere alcune cose, dimenticavo!
Jungkook
non riusciva
davvero a credere alle sue orecchie. Ha
scordato di essere entrato in un bar per comprare qualcosa?? La
curiosità
adesso lo aveva afferrato del tutto. C’era qualcosa nella
voce di questo
ragazzo che lo attirava. Una gioia e una spontaneità che da
tempo lui stesso non
sentiva in sè e che forse non aveva neppure mai udito nelle
persone intorno a
lui. Voleva vedere chi fosse questa persona e sentì il
bisogno di entrare nel
bar. Non riusciva però a decidersi a scendere dalla scala.
Si vergognava e
aveva la solita ansia che ormai lo prendeva sempre di fronte alle
persone. Fece
uno sforzo. Quando il suo piede stava per toccare terra
sentì una voce
chiamarlo:
–
Jungkook! – era la
nonna che si trovava all’altro lato della stanza,
affacciandosi dalla porta che
dava sul giardino nel retro dell’edificio – Ho
bisogno di una mano a sollevare
dei vasi, puoi venire per favore?
Jungkook
sentì nello
stesso momento il ragazzo nell’altra stanza salutare il nonno
e uscire di corsa
dal bar. Cavolo. Aveva perso tutto quel tempo a pensare se fosse il
caso di
uscire o no e adesso se ne era andato.
–
Si nonna, arrivo.
Non
si sentiva
scoraggiato però. Da quanto tempo era che non sentiva di
voler fare amicizia
con qualcuno? Era felice già anche solo di questo e grato a
questo ragazzo che
nemmeno ancora conosceva per avergli fatto capire che non era troppo
tardi per
tornare a trarre piacere dalla compagnia altrui. La mamma sarebbe stata
contenta quando glielo avrebbe detto. Non si sarebbe fatto scappare
questa
occasione. Il ragazzo sarebbe sicuramente ritornato
l’indomani e lui non si
sarebbe fatto venire timori inutili. Sarebbe uscito dal suo cantuccio e
si
sarebbe presentato.
****
Tenendo
fermo sulla
testa con una mano il suo cappello di paglia, il ragazzo
uscì dal bar di corsa
e si diresse affannato verso la strada. Ho
perso un sacco di tempo, mamma mi ucciderà. Era
sempre così distratto e gli
dispiaceva quando poi il suo avere la testa continuamente tra le nuvole
creava
disagi alle altre persone. Dopo circa cinque minuti di corsa sul
marciapiede
sotto il sole delle tre si fermò per riprendere fiato,
scuotendo la larga
camicia bianca per farsi aria. Si guardò un po’
attorno e non gli sembrò di
vedere nessuno. Era arrivato prima della madre, bene. Dopo circa un
minuto si
sentì chiamare.
–
Taehyungie!
Eccola
lì, che lo stava
chiamando da vicino alla sua auto. Urlò un
“arrivo!” e attraversò la strada per
andare dall’altra parte.
–
È molto che
aspetti?
–
Sono appena
arrivato.
Montò
in macchina e
si accasciò sul sedile. Il refrigerio dell’aria
condizionata lo investì subito
e lo fece riprendere.
–
Mentre eravate
dalla tua amica mi sono fatto un giretto. Sono finito in questo piccolo
bar
dove c’era un acquario bellissimo.
–
Un acquario? –
chiese la sorellina dal posto dietro.
–
Si! Con dieci
pesci! Tutti colorati e vivaci, mi sono fermato a guardarlo per un
sacco di
tempo, a te sarebbe piaciuto sicuramente! Il padrone poi è
stato gentilissimo.
Ho preso un pacchetto di caramelle e poi mi ha regalato la limonata
perché mi
sono accorto di non avere soldi a sufficienza. – prese la
lattina in mano e
girandosi la porse alla sorella. – Tieni, è per te.
–
Oh che gentile! –
disse la mamma – Peccato che il nostro residence fosse in
un’altra zona. Questa
area è molto più bella, spiaggia compresa, me ne
sono accorta mentre ero da
Seo-yun. L’anno prossimo chiederò a lei per
qualche consiglio su dove affittare
un posto.
–
Mamma, tu e papà
nemmeno ci volevate venire qui a Haehundae e ci ho messo una vita a
convincervi, stai a vedere che ci finiamo tutte le estati!
La
madre ridacchiò
ammettendo che si trattava di uno scenario probabile. Taehyung si
affacciò al
finestrino. Si sentiva rilassato e di buon umore. A un certo punto
scattò su
all’improvviso.
–
I nomi!!
–
Cosa urli, Tae!
Vuoi farci prendere un colpo?
–
Scusa mamma, è che
i nomi… I pesci non avevano un nome e io ho detto che doveva
darglieli. Allora
il signore ha detto che lo avrebbe fatto e me li avrebbe detti domani.
–
E tu non gli hai
detto che tornavamo a casa proprio oggi?
Taehyung
fece cenno
di no con la testa. La cosa non sorprese minimamente la donna.
Conosceva bene
il figlio. Cercò di rincuorarlo.
–
Non hai detto che
ormai hai capito che torneremo qui tutti gli anni? L’anno
prossimo potrai
andarci di nuovo e scoprire che nomi ha scelto.
–
Si, si lo so. È che
quel vecchietto è stato così carino che mi
sembrava il minimo tornare per
ringraziarlo di nuovo e chiedergli dei pesci. Peccato. –
appoggiò la testa al
finestrino e riprese a guardare fuori – Se fossimo rimasti
più a lungo sarei di
sicuro andato domani.
Chiuse
leggermente
gli occhi per ripararli dal sole e prima che potesse accorgersene si
trovava
già nel mondo dei sogni.
Note
dell’autrice:
Ciao a tutti! Eccomi qui di
nuovo ^-^
Ho
chiamato questo capitolo Interludio
per distinguerlo dagli altri,
visto che rappresenta una vera e propria parentesi
all’interno della
story-line. Questo “inserto” lo avevo in mente fin
dall’inizio, era solo una
questione di scegliere dove metterlo. Siccome però dal
prossimo capitolo si arriva
alla parte centrale della storia, ho pensato fosse meglio metterlo qui.
Nonostante
lo avessi progettato da sempre, quando ho iniziato a scriverlo non
avevo
un’idea precisa sul come strutturarlo. Sono poi riuscita a
dargli forma e mi
sono sorpresa di come la prima parte mi sia uscita piuttosto
velocemente e
soprattutto di come la seconda sia diventata una delle parti che mi
è piaciuto
di più scrivere. Probabilmente è
perché ho un soft spot per le storie che si
ambientano in estate o forse è perché avevo tutto
quello che doveva accadere
vivido in mente, ma comunque qualunque sia il motivo credo potrebbe
essere la
mia parte preferita fino a questo momento.
Procedendo
da quali sono o
non sono le mie parti preferite, cosa che non interessa a nessuno,
passiamo al
capitolo vero e proprio: non c’è troppo da dire,
credo sia piuttosto
auto-esplicativo. Come avevo già anticipato è un
salto indietro nel tempo, utile
per avere più informazioni su Taehyung e Jungkook e la loro
amicizia. Non
avevamo ancora visto come si erano conosciuti e finalmente era il caso
di
mostrarlo. Altro elemento introdotto: ci sono ancora delle cose da
scoprire sul
passato di Jungkook. Il modo con cui si relaziona con il mondo ha un
motivo
così come c’è un motivo preciso se
è stata proprio una personalità come quella
di Tae ad attirarlo subito. Per il momento però non sappiamo
ancora di cosa si
tratti eheh
Direi
che è tutto. Vi
ringrazio come sempre per aver letto il capitolo e queste note, e come
sempre
vi esorto a lasciare un vostro feedback J
Ci
vediamo sul prossimo
capitolo!
Baci,
Elle
|
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Capitolo 8 *** Capitolo VI ***
CAPITOLO VI
Di pena in pena
l'amore attraversa le sue
isole
e affonda radici che poi irriga il pianto,
e nessuno può, nessuno può evadere i passi
del cuore che corre silenzioso e macellaio.
[…]
(Pablo Neruda, Sonetto LXXI, strofa 1)
31
dicembre 2016
Dopo
aver
preso la sua aspirina e aver dato la buonanotte a Taehyung, Jimin si
era
raccolto sotto le coperte e raggomitolato su un fianco aveva fissato
per una
buona quantità di minuti il secondo messaggio che aveva
ricevuto. Quello che
aveva ignorato. Quello che non aveva voglia di aprire. Quello che
sapeva che
doveva aprire. “Dove sei???”
‘Dove sei’. ‘Dove
sei?’. Dove voglio essere?
Sei tu che hai dimenticato il nostro appuntamento. Lasciò
cadere il
telefono sul materasso. Non era vero e Jimin lo sapeva. Sarebbe stato
tutto
molto più semplice se Yoongi avesse dimenticato davvero. In
quel caso questa
rabbia sarebbe potuta essere giustificata. Ma
così… Jimin era consapevole di
come fosse stato lui stesso ad essersene andato senza nemmeno aver
notificato la
sua presenza. Soprattutto, era stato lui stesso a decidere di andare in
anticipo e senza aver neppure aspettato una risposta. Per quanto il
pensiero
non lo aiutasse a calmarsi, sapeva perfettamente che Yoongi non aveva
fatto
nulla di male. Non avrebbe avuto Jimin in casa prima di almeno
un’altra ora,
perché non avrebbe potuto occupare il suo tempo come meglio
preferiva? Sebbene
non se ne rendesse conto del tutto, era proprio l’idea che
fosse quello il modo
in cui aveva scelto di trascorrere le ore precedenti al suo arrivo che
infastidiva di più Jimin. Quello che poteva perdonare a
Yoongi era l’aver
permesso che una cosa del genere accadesse proprio poco prima del loro
incontro,
ma non lo realizzava completamente a livello conscio e per questo
motivo si domandava
perché ce l’avesse con il ragazzo più
grande e soprattutto per quale motivo si
sentisse come se qualcuno avesse il suo spazio personale. Quello doveva
essere
il suo pomeriggio. Hoseok lo aveva
da
sempre per sé, che bisogno c’era di decidere di
farsi certe confessioni proprio
nel tempo che doveva essere destinato a lui? La testa continuava a
fargli male
e aveva deciso a un certo punto di compiere un ultimo sforzo, pensare
ad una
risposta credibile da inviare e chiudere il telefono, sperando che il
sonno e
il riposo gli donassero nuove energie e soprattutto più
lucidità. Aveva inviato
un messaggio generico e breve, troppo stanco per pensare ad una vera e
propria
scusa. Sperava che con la festa di mezzo tutti sarebbero stati occupati
in
altro e che quindi questa storia non venisse più discussa.
Non avrebbe davvero
saputo cosa inventarsi e la sola idea di doversi mettere a costruire
storie gli
faceva aumentare la pulsazione nelle tempie. Una volta appoggiato il
telefono spento
sul comodino si era stretto di più sotto al piumone caldo e
aveva chiuso gli
occhi, cercando di concentrarsi sulla giornata seguente e di spegnere
le due
voci che continuava a sentire da ore nella testa.
Adesso
che si
trovava in bagno davanti allo specchio pensò che il
proverbio secondo il quale
il sonno porta consiglio doveva essere stato inventato da qualcuno che
di
problemi doveva averne ben pochi o comunque di semplice risoluzione. Si
sentiva
sicuramente meglio rispetto al giorno prima, ma il mal di gola non era
passato
del tutto, anzi, sentiva la gola leggermente più gonfia. I
preziosi famosi
consigli poi non erano assolutamente arrivati, e lui ancora non aveva
idea di
come affrontare tutta questa situazione. Sapeva che la soluzione
migliore,
ovviamente, era semplicemente aspettare che i due ragazzi decidessero
loro
stessi quando condividere questo segreto con lui e tutti gli altri.
Però non
sapeva davvero come fare per nascondere il suo disappunto fino a che
quel
momento sarebbe arrivato. Si sentiva ansioso all’idea di
dover incontrare
Yoongi e Hoseok tra poche ore e si faceva sempre più
convinto che accettare la
proposta di Jungkook e andare da lui già la mattina fosse
stata una buona idea.
Mi tirerò su e mi
distrarrò. Non
può che farmi bene passare la giornata
fino a questa sera con lui.
Si
vestì in
fretta, lasciando il suo appartamento prima ancora che Taehyung si
svegliasse.
Arrivato a destinazione, si bloccò un secondo prima di
suonare il campanello. Ricordò
che c’era una grande possibilità che Hoseok fosse
in casa. Perché non ci aveva
pensato? Era troppo tardi però per dire a Jungkook di
cambiare i piani, e
d’altronde non voleva rendere così evidente
nemmeno sé stesso che l’avvenimento
del giorno prima aveva avuto il potere di influenzare così
tanto la sua vita. Se lo incontro lo
saluterò normalmente, come
sempre. Non mi ha fatto nulla di male. Non mi ha fatto nulla di male.
È
Hoseok-hyung, Jimin, ricordatelo. Così pensando
fece trillare il citofono e
fu sollevato nel sentire rispondere la voce di Jungkook. Nonostante i
suoi
tentativi di tranquillizzarsi, durante tutto il tragitto in ascensore
non fece
che pensare a come avrebbe reagito alla vista di Hoseok.
Provò un paio di
saluti allo specchio, per vedere se riusciva ad apparire
sufficientemente
sciolto, ma si sentì di colpo incredibilmente ridicolo e
lasciò stare. A questo
punto davvero non sapeva più se fosse arrabbiato
maggiormente con i due amici
per avergli creato tutto questo disagio o con sé stesso per
essersi fatto
toccare così tanto da un episodio che non aveva tra
l’altro, a voler essere
fiscali, nulla a che fare con lui. La porta di ingresso
all’appartamento fu
aperta di nuovo, per la gioia di Jimin, da Jungkook.
–
Hey! – il
viso luminoso e disteso del ragazzo di fronte a lui fece
improvvisamente calare
a Jimin un po’ della tensione accumulata e il sorriso che
rivolse a Jungkook
nel salutarlo fu spontaneo. Mentre si toglieva il cappotto Jungkook gli
si mise
dietro e lo aiutò, facendogli scorrere giù le
maniche e prendendolo poi per
appenderlo.
–
Grazie
Jungkookie. Sei solo in casa? – l’agitazione di
sapere se doveva o meno
prepararsi psicologicamente alla presenza di Hoseok era troppa.
–
No,
Hobi-hyung si sta preparando. Esce fra poco. Gli ho detto che gli hai
lasciato
il posto in auto quest’anno e credo che entrambi ci siamo a
questo punto
guadagnati un eterno fedele servitore, come d’altronde avevo
predetto. Voleva
ringraziarti personalmente.
Accompagnò
Jimin in cucina e lo fece sedere al tavolo. Lì per
lì era stato sul punto di
proporre di andare in camera sua, ma poi ci aveva ripensato, temendo di
agitarsi troppo alla vista del ragazzo nella sua stanza. Evitiamo
di fare la figura dell’idiota.
–
Ti offrirei
un the, ma non so se ti va visto che dopo prenderemo una cioccolata.
Non
dimentico la mia promessa.
–
Non ti
darei modo di dimenticarla. Perché credi abbia accettato
altrimenti? Per la tua
compagnia?
–
Uuuh
Jiminie, ovvio che no. Per il mio bel viso però si
– disse appoggiandosi al
tavolo e facendogli l’occhiolino.
Jimin
accennò
una risata abbassando subito lo sguardo. Sarebbe stato difficile per
chiunque
non accorgersi di come Jungkook fosse effettivamente bello in quel
momento, con
la luce del sole invernale che filtrando dalla finestra gli arrivava in
viso e metteva
in risalto i riflessi dei suoi capelli. Stava indossando una
semplicissima
felpa rossa con cappuccio, ma era incredibile quanto un indumento
così banale
potesse donargli così tanto. Intrecciandosi un po’
con le parole, riuscì alla
fine a riportare il discorso sul the:
–
In realtà
un the lo prendo volentieri, perché pensavo che la
cioccolata potesse essere
l’ultima cosa dopo aver fatto shopping?
Jungkook
scattò su:
–
Subito!
Nel
frattempo
si sentì una porta sbattere. Hoseok,
pensò Jimin. L’ansia tornò e il ragazzo
sentì di volersi prendere a
schiaffi.
–
Jiminieeeeee!
Si,
era
proprio lui. Vedendolo arrivare sorridente e chiaramente contento di
vederlo,
Jimin si sentì afferrare dai sensi di colpa. Come aveva
potuto lasciarsi
trasportare così dalla sua rabbia irrazionale? La prima cosa
che fece appena
entrato in cucina fu corrergli incontro e abbracciarlo. Jimin si
sentì
inizialmente rigido, ma si sciolse in pochi istanti.
–
Volevo
ringraziarti per non avermi condannato per il secondo anno di fila. So
che
l’idea è stata di Kookie, ma tu avresti potuto
benissimo dire di no.
–
Figurati,
hyung. Era solo giusto – rispose Jimin sorridendo. Vedendo il
ragazzo
completamente pronto per uscire un dubbio gli passò nella
mente come un fulmine
a ciel sereno – Dove stai andando così presto?
–
Da Yoongi –
rispose Hoseok con naturalezza prima di allontanarsi un attimo per
andare a
prendere il suo cappotto appeso all’ingresso. Jimin
sentì il cuore affondargli
un pochino. Hoseok rientrò in cucina per fornire ulteriori
dettagli – Mi devo
vedere con lui e poi rimango direttamente lì. Noi ci vediamo
direttamente alle
otto, giusto?
Sia
Jimin che
Jungkook annuirono lievemente. Jimin avrebbe voluto chiedere per quale
motivo i
due si dovessero incontrare, ma pensò che a questo punto la
cosa migliore fosse
cercare di rimanere in possesso della minore quantità di
informazioni
possibile. Non voleva rovinarsi la serata. Vide Hoseok allontanarsi
salutando,
ma fermarsi poi di colpo.
–
Ah,
Jiminie. Ieri a che ora sei arrivato da Yoongi? Eri in ritardo?
– Jimin sentì
le sue orecchie farsi più calde – Quando sono
uscito con Jin-hyung e Joonie per
andare a teatro Yoongi non sapeva dove ti fossi cacciato.
Jimin
prese a
muoversi leggermente sulla sedia, a disagio, e cercò di
pensare velocemente a
una risposta. Né il suo irrigidimento né il lieve
tremolio della sua voce
sfuggirono a Jungkook.
–
Ah… eri lì
all’appartamento a-anche tu? – fece un risolino
imbarazzato – ieri è stata una
giornata un po’ strana, alla fine non sono potuto andare.
–
Perché
strana?
–
I-io... non
mi sono sentito molto bene – Jimin aveva pregato con tutto il
cuore che questa
esatta conversazione non avvenisse e invece eccolo lì a
tentare di mettere su
in pochi secondi una storia credibile. Si maledisse per non aver mai
imparato a
mentire bene.
–
Cosa hai
fatto? Che ti è successo? Sicuro che vuoi darmi il posto in
auto allora? –
esclamò Hoseok in evidente agitazione.
Jungkook
decise di dare un taglio al tutto:
–
Ok, hyung,
stai per fare tardi per il tuo bus, non vorrai lasciare Yoongi-hyung ad
aspettare anche tu? Jiminie sta bene adesso, se fosse stato qualcosa di
importante lo avrebbe detto.
Troncare
gli
attacchi insistenti di Hoseok in modo brusco era letteralmente
l’unico modo per
mettergli un freno. L’altro ragazzo si accorse di essere
effettivamente in
ritardo e lanciando un mini urlo salutò frettolosamente gli
altri due e si
slanciò fuori dalla porta. Sebbene provasse una certa
curiosità, Jungkook
decise di cambiare del tutto discorso, cercando di rimettere Jimin a
proprio
agio.
–
Taehyungie
come sta? Non ci siamo visti ieri.
–
Tutto
tranquillo. Non l’ho visto però stamattina, quando
sono uscito stava ancora
dormendo. Credo andrà al 503 più tardi e quindi
lo vedremo direttamente alla
festa. A proposito, dovremmo fare una lista delle cose da comprare.
Jungkook
andò
a spegnere l’acqua bollente del the e disse:
–
Si, si,
Hoseok mi ha detto cosa dobbiamo prendere, ma c’è
tutto il tempo per quello. Il
the è pronto – mentre allungava la tazza a Jimin
si accorse che il ragazzo
stava leggermente tremando. Spalancò gli occhi –
Jiminie, hai freddo? Vuoi
qualcosa da metterti addosso?
Jimin
strinse
la tazza calda tra le mani e annuì.
–
In effetti
si, ma mi è arrivato all’improvviso, stavo bene
fino a cinque minuti fa.
–
Vado subito
a prenderti una felpa – disse Jungkook e si avviò
a passo svelto verso la
porta. La voce di Jimin lo bloccò:
–
Aspetta
Kookie, vengo con te – disse prendendo entrambe le tazze.
Jungkook rimase
sorpreso, ma cercò di mantenere una certa spavalderia:
–
Nemmeno un
quarto d’ora che sei qui e già ti intrufoli in
camera mia – stuzzicò con un
ghigno. Jimin rispose semplicemente sollevando gli occhi al cielo. In
effetti
ora che ci pensava avrebbe potuto evitare questa situazione, ma in
fondo che
male poteva esserci? Appena aveva visto Jungkook allontanarsi gli era
venuto
istintivo andare con lui perché non gli andava di rimanere
da solo. Sentiva che
anche due minuti in solitudine con i propri pensieri sarebbero stati
troppi e
voleva che quel senso di nausea finisse il prima possibile. Arrivati in
camera,
Jimin ebbe modo di darsi un’occhiata attorno. Era stato nella
stanza di
Jungkook solo due volte in precedenza. La prima era stata
l’anno prima, agli
inizi della convivenza del ragazzo con Hoseok. Jimin era andato
nell’appartamento perché era curioso di vedere la
nuova casa dell’amico, ma non
essendoci ancora molta confidenza con Jungkook il ragazzo gli aveva
mostrato la
propria camera solo in modo molto veloce. La seconda volta era stata
qualche
mese dopo, anche in quel caso per pochi secondi, un pomeriggio in cui
si era
fermato da Hoseok ed era andato a un certo punto a bussargli per
chiamarlo in
cucina. Era ora passato però quasi un anno e la sua stanza
era decisamene più personale
e decorata di quanto ricordasse. Jimin fu impressionato dalla
quantità di dvd
posseduti dal ragazzo. Aveva montato vicino alla porta una lunga
libreria e ve
li aveva disposti tutti ordinati. L’intera stanza in
realtà era davvero in
ordine e Jimin ne fu sorpreso. Sapeva che Jungkook era piuttosto
preciso, ma
non si aspettava così.
–
Wow,
potresti fare concorrenza a Jin-hyung con questa organizzazione!
Jungkook
sembrò apprezzare il commento e sorrise con soddisfazione:
–
Non credo
di essere a quel livello, ma si… Mi piace avere un ambiente
in ordine attorno a
me – si avvicinò a una cassettiera e
iniziò a frugare in un cassetto pieno di
indumenti – Comunque si, questa è la mia stanza.
–
Incredibile
come sia solo la prima volta che la vedo davvero – disse
Jimin mentre
continuava a guardare con curiosità intorno a sé.
Ai suoi occhi balzarono un
poster di Iron Man, appeso dietro la porta, e le numerose action
figures che si
trovavano sopra la cassettiera da cui Jungkook stava estraendo una
delle sue
numerose felpe. Jimin vide addirittura per terra in un angolo lo
schermo di un
piccolo televisore con una playstation attaccata. Appoggiò
le tazze di the
sulla scrivania – che accoglieva un computer chiaramente
costoso, altri oggetti
elettronici, come uno stereo e un ipad, e anche una bella macchina
fotografica
con tanto di obiettivo – e le si avvicinò,
accucciandosi piegando le ginocchia
e mettendosi a vedere i vari giochi che il ragazzo aveva. Dopo un
attimo sentì
Jungkook vicino a sé. Gli si era messo di fianco, osservando
ciò che faceva e
tenendo tra le mani la felpetta arancione che aveva scelto per il
ragazzo.
–
Se te ne
piace uno puoi prenderlo senza problemi Jiminie – gli disse
con dolcezza e
qualcosa nel suo tono fece arrossire leggermente Jimin –
oppure puoi venire qui
quando vuoi per fare qualche partita.
Appena
detto
questo Jungkook si sentì improvvisamente imbarazzato,
chiedendosi da dove
avesse preso il coraggio di fare una proposta del genere. Senza
aspettare la
risposta di Jimin riprese a parlare per cambiare discorso:
–
Tieni, ti
ho preso questa felpa. Vieni che ti aiuto.
Aveva
raggomitolato la felpa e la stava ora tenendo in modo che Jimin potesse
infilarci direttamente la testa e le braccia. Senza dir nulla Jimin
obbedì
docilmente e Jungkook gliela fece scorrere addosso, sistemandola poi un
pochino
e indugiando più del necessario quando prese ad
aggiustargliela lungo i
fianchi.
–
Meglio? –
gli disse sollevando il viso. Erano piuttosto vicini e Jungkook
sperò con tutto
il cuore che l’altro non potesse sentire il rimbombo nella
sua cassa toracica
che stava invece avvertendo lui.
–
Meglio –
rispose Jimin. La stanza di Jungkook era più calda e appena
il ragazzo gli
aveva messo la felpa addosso si era subito sentito protetto –
Grazie Kookie.
Jungkook
semplicemente sorrise e si tirò su. Tese poi la mano a
Jimin, che la strinse e
si fece aiutare ad alzarsi.
I
due ragazzi
trascorsero un po’ di tempo in ozio, Jimin seduto sulla sedia
alla scrivania e
Jungkook per terra vicino a lui, sorseggiando il loro the e
chiacchierando
tranquillamente. Fecero poi una lista di quello che dovevano comprare
per la
festa. Gli altri avrebbero provveduto a tutto il resto, mentre loro si
sarebbero dovuti occupare di prendere snack vari, qualche bevanda
analcolica,
posate, bicchieri e piatti di carta e delle decorazioni in
più per la casa. A
un certo punto Jungkook propose di uscire:
–
Vorresti
andare fuori già da adesso? Ho cucinato ieri quindi ho il
pranzo pronto e
potremmo portarlo con noi. Non fa caldo, ma c’è il
sole oggi e ho pensato che
magari ti andasse di fare un giro al parco?
Per
quanto la
proposta potesse sembrare spontanea, Jungkook ci aveva in
realtà riflettuto
un’eternità, in dubbio se fosse il caso o meno di
provare una mossa del genere.
Moriva dalla voglia di fare una passeggiata tranquilla con Jimin, ma
temeva tale
richiesta potesse suonare troppo audace e mettere in qualche modo
l’altro in
imbarazzo. I suoi timori si rivelarono infondati. Jimin
sembrò contento di
accettare e dopo aver velocemente preso ognuno il proprio zainetto i
due
ragazzi si trovarono in pochi minuti già per strada.
Durante
la
notte c’era stata una leggera spruzzatina di neve e Jungkook
aveva pensato
sarebbe stato bello andare insieme a Jimin a vedere il parco
delicatamente
imbiancato. Fu contento di vedere che, una volta arrivati,
l’altro ragazzo
sembrava apprezzare lo scenario come lui. Camminarono lentamente lungo
il
sentiero cosparso di fitti fiocchi bianchi, i loro visi continuamente
all’insù
per guardare i rami degli alberi spogli e innevati e i riflessi del
sole sul
bianco della neve. Accadeva spesso però che mentre Jimin era
intento ad
osservare qualche uccellino su un ramo o un frammento di paesaggio
particolarmente bello, Jungkook facesse scorrere il suo sguardo su di
lui,
senza che l’altro se ne accorgesse. Gli piaceva guardarlo
perché lo vedeva
disteso e sentiva una gioia calda nel cuore al pensiero che
all’altro sembrava
far piacere esser lì tanto quanto ne stava facendo a lui.
Solo ogni tanto, Jungkook
si accorgeva che un’ombra passava sul suo viso e in quei
momenti cercava sempre
in qualche modo di distrarlo da qualunque cosa fosse che gli stava
recando
tristezza: una volta gli tirava una ciocca di capelli per dargli
fastidio,
un’altra indirizzava il discorso verso qualcosa di
divertente, un’altra ancora
gli indicava un punto del paesaggio su cui soffermarsi. Erano modi
semplici, ma
sembravano funzionare. Quando si misero a sedere sul prato umido
Jungkook vide
Jimin rabbrividire di nuovo. Con gesto lesto, si tolse il cappotto e lo
distese
a terra, di fianco a sé.
–
Siediti qui
sopra, non metterti sull’erba bagnata.
–
Kookie no,
tranquillo, non toglierti il cappotto!
–
Non ho
davvero freddo, mentre tu chiaramente sì, quindi tieni il
tuo piumino addosso e
siediti sul mio. Altrimenti niente cioccolata dopo! – disse
scherzando. Jimin ridacchiò
e fece come gli era stato detto. Si accoccolò sul morbido
cappotto, tirando le
ginocchia a sé e intrecciando le mani davanti, per tenersi
ancora di più al
caldo. Jungkook gli mise una mano dietro la schiena:
–
Hai ancora
freddo?
–
No, no
adesso va bene. Grazie ancora Kookie. Grazie di tutto in effetti
– rispose
portando gli occhi sui lacci delle proprie scarpe. Jungkook avrebbe
voluto
abbracciarlo forte e dirgli che era lui che doveva ringraziarlo per
aver
acconsentito a trascorrere un’intera giornata insieme, ma
ovviamente non lo
fece. Si limitò solo a scompigliargli i capelli corvini e
dirgli:
–
È tutto a
posto Jiminie. Adesso mangiamo che ho fame, tu no?
Tirò
tre
scatolette ermetiche fuori dallo zainetto dove aveva messo anche il
necessario
per i due giorni che avrebbe dovuto trascorrere alla casa in campagna.
Ne dette
una a Jimin e una la tenne per sé. In entrambe aveva messo
del riso con carne e
uova. Nella terza scatoletta aveva invece messo una ventina di ggul
tteok, le
tipiche palline di riso con miele e zucchero. Sapeva che a Jimin
piacevano le
cose dolci e quando aveva avuto conferma la sera prima che il ragazzo
sarebbe
rimasto a pranzo con lui gli era venuta l’idea di prepararle
e si era dunque
fiondato al convenience store per comprare gli ingredienti.
Finché si trattò di
mangiare il riso Jimin non ebbe problemi ad usare le bacchette con le
mani
guantate, ma era difficoltoso fare lo stesso con le palline e la cosa
migliore
sarebbe stato prenderle direttamente in mano. Il problema era
però che erano
troppo appiccicose per prenderle con i guanti di cotone e
d’altro canto Jimin
non aveva assolutamente intenzione di non mangiarle, visto che Jungkook
le
aveva fatte apposta per lui. Cominciò a sfilarsi un guanto,
ma l’altro lo fermò
di colpo, prendendogli le mani tra le sue.
–
No, no,
fermo! È meglio di no, lo sai.
–
Ma
Jungkookie, come faccio a mangiare se li tengo addosso?
Sempre
continuando a tenere le mani di Jimin, Jungkook guardò un
po’ interdetto la
scatolina con i ggul tteok per un momento per poi tornare sul ragazzo.
Gli
rimise con delicatezza a posto il guanto che si era tolto solo per
metà e
lasciandogli le mani prese la scatola di cibo. Afferrò poi
una pallina tra le
dita e la accostò alle labbra di Jimin.
–
Aaah –
disse mimando il gesto di aprire la bocca. Jimin comprese subito
ciò che il
ragazzo voleva fare ed emise una leggera risatina prima di aprire la
bocca e
dire a sua volta:
–
Aaah!
Jungkook
lasciò cadere il dolcetto rosa, sfiorando quasi
impercettibilmente le labbra di
Jimin prima di ritrarre la mano. Il ragazzo più grande
sembrò apprezzare il
sapore dolce sprigionatosi nella sua bocca. Con occhi che esprimevano
chiaro
gradimento annuì solo, senza dire nulla, e appena ebbe
ingoiato aprì di nuovo
la bocca, indicando a Jungkook di continuare ad imboccarlo. A Jungkook
venne
quasi da piangere. Questa giornata stava andando meglio di quanto
avesse mai
osato sperare.
****
Alcune
ore
dopo i due avevano finito il loro giro di shopping e si stavano
finalmente
godendo il meritato riposo al calduccio di un grazioso
caffè. Per qualsiasi
spettatore esterno, la scena che si stava svolgendo sarebbe sembrata
chiara e
inequivoca: due amici tranquilli che si rilassavano di fronte a una
tazza di
cioccolata. Le buste ai piedi del loro tavolino segnavano una recente
sortita
al supermercato probabilmente per comprare qualche ultima bottiglia in
più che
sarebbe poi stata consumata durante il veglione di quella stessa sera.
Il
distratto passante di turno avrebbe visto due ragazzi giovani, entrambi
attraenti, di passaggio in un bar e pronti a godersi una nottata in
allegria a
festeggiare con amici. Avrebbe visto i sorrisi dei loro volti, le loro
guance
arrossate che rimanevano a prova del tempo trascorso
all’aperto, avrebbe
avvertito la familiarità che c’era tra loro.
C’erano molte altre cose che però
non avrebbe potuto notare. Osservando Jungkook bere la sua cioccolata
con
scioltezza, non avrebbe avuto idea dei veloci movimenti della sua
maglietta
nera, che batteva forte all’altezza del cuore da sotto la
pesante felpa rossa.
Non avrebbe mai saputo che quel girare e rigirare il cucchiaino nella
tazza
aveva meno a che fare con il voler mischiare la panna e più
con il nervosismo
che stava provando in quel momento a causa del ragazzo che vedeva di
fronte a
sé. In modo simile, la momentanea tranquillità di
Jimin non avrebbe tradito
nemmeno all’osservatore più attento il travaglio
in cui la sua mente e il suo
fisico si erano trovati fino a solo la notte prima e che ogni tanto, a
ondate,
lo coglieva ancora. La mattina era stata piacevole, ed ancora una volta
si rese
conto di aver fatto la scelta giusta a trascorrere la giornata con
Jungkook.
Non poteva però dire di essersi completamente calmato. Ogni
tanto, dal nulla,
ricordava. E quando ricordava sentiva un malessere che gli metteva i
brividi.
Si era chiesto tante volte nel corso della mattinata e poi del
pomeriggio che
cosa dovesse fare Hoseok con Yoongi. La cosa peggiore era che riusciva
a
immaginarselo benissimo. I preparativi per la festa non sarebbero
iniziati
prima almeno dell’ora di pranzo, con eccezione forse solo di
Jin che come
sempre si incaricava di cucinare qualcosa personalmente. Né
Yoongi né Hoseok
erano però tipi da poter essere di una qualsiasi
utilità in questo senso. Jimin
aveva spesso dei flash che gli abbagliavano la vista, flash dei due
ragazzi in
atteggiamenti che non aveva assolutamente voglia di figurarsi nella
mente. Il recupero del tempo perduto.
Jungkook
stava facendo un gran bel lavoro nel tenerlo occupato però.
Anzi, Jimin era
dispiaciuto di sembrare così distante a volte. Man mano che
il momento di
vedere Hoseok e Yoongi insieme nello stesso posto si avvicinava, la sua
ansia
aumentava. Allo stesso tempo però, trovava anche
progressivamente più facile
farsi distrarre da Jungkook e accettare le sue attenzioni, sentendosi
sempre
più in confidenza e rassicurato dalla sua presenza.
Jimin
era
ingenuo su tante cose, ma non era neppure completamente stupido. Si era
accorto
dell’interesse di Jungkook nei suoi confronti. Ci era
arrivato un po’ tardi,
solo di recente e di sicuro più tardi di Taehyung
– anche se non gli aveva mai
chiesto se e quando lo avesse capito, era convinto che il ragazzo fosse
troppo
vicino ad entrambi loro per non essersene reso conto molto prima di lui
– ma
alla fine ci era arrivato. Non gli aveva però mai dato
troppo peso, per diversi
motivi. Innanzitutto non credeva che Jungkook fosse effettivamente
serio. Jimin
non trovava un motivo valido per cui un ragazzo così bello e
bravo a
districarsi nella vita dovesse essere seriamente interessato a lui. Un
altro
motivo, forse il principale, era il contesto in cui entrambi si
trovavano. I
due erano parte di un gruppo affiatato ed è risaputo che
ogni volta che
problemi di tipo sentimentale iniziano a mettersi in mezzo a gruppi di
amici finiscono
col risucchiare l’armonia di tutti. Aveva quindi cercato di
accantonare la
questione, sicuro che prima o poi Jungkook avrebbe mollato. Il fatto
che però
non lo avesse mai fatto gli faceva più piacere di quanto a
lui stesso andasse
di ammettere. Per questo motivo pur non facendo passi per sviluppare
nulla, non
aveva allo stesso tempo nemmeno mai dato segno a Jungkook di
allontanarsi. La
sua personalità insicura si sentiva in qualche modo
confortata dal pensiero che
ci fosse qualcuno che avesse piacere a dargli determinate attenzioni.
La
giornata appena trascorsa era stata una conferma di questo. A Jimin era
piaciuto avere la sensazione che qualcuno si stesse prendendo cura di
lui. Era
forse egoistico da parte sua e se ci si metteva a pensare quasi si
vergognava
di lasciarsi andare così alla vanità, ma non
riusciva, soprattutto in questo
momento preciso, a farne a meno. Aveva bisogno di sentirsi voluto e
accolto e
non aveva davvero le forze per allontanarsi quando queste cose gli
stavano
venendo offerte gratuitamente e con gioia. Inoltre, voleva bene a
Jungkook.
Teneva davvero a lui, ci si trovava bene e più di una volta
si era trovato ad
arrossire di fronte a quel viso così bello. Questi erano
chiari segni che
qualcosa in più dovesse esserci dentro di lui nei confronti
di questo ragazzo.
I suoi timori gli avevano sempre impedito di mettersi a riflettere su
tutto
ciò, ma adesso gli appariva chiaro. Non c’era
motivo per cui non dovesse
avvicinarcisi di più. Non c’era motivo. Non
c’è motivo. Non c’è motivo.
–
Forse è
tempo di andare? – disse Jungkook guardando
l’orologio. Ci voleva almeno un’ora
ad arrivare alla casa in campagna, e questo nello scenario migliore,
ovvero in quello
che non prevedeva né traffico né ritardi. Era
però l’ultimo dell’anno e tutti
questa sera sembravano dover andare da qualche altra parte. Se tutto
fosse
andato bene, i ragazzi sarebbero riusciti ad arrivare in non meno di
un’ora e
mezza. Erano già le sei e un quarto e si sarebbero dovuti
incontrare con tutti
gli altri alle otto. Jimin sentì il suo stomaco farsi
più pesante.
–
Aspettiamo
un altro po’ per favore Kookie? – disse cercando di
apparire il più naturale
possibile. Jungkook fu sorpreso per la centesima volta nella giornata.
Non si
sarebbe mai davvero aspettato che Jimin si trovasse così
bene con lui. O
almeno, sperava questo fosse il motivo per cui ora chiedeva di
prolungare la
loro seduta in quel caffè.
–
Sei sicuro?
Ci metteremo un po’ ad arrivare.
Jimin
fece
spallucce:
–
Andremo fra
poco, ma non ho ancora voglia di buttarmi nella follia del traffico,
qui si sta
bene – e dette un sorriso timido al ragazzo di fronte a lui.
Jungkook sorrise
di rimando e si sistemò meglio sulla sedia, allungandosi
sullo schienale.
–
Ogni tuo
desiderio è un ordine Jiminie.
****
–
Sembra
che tu non abbia mai preso un’auto prima d’ora
Hoseokah! – Yoongi non era particolarmente
infastidito, ma sentiva di dover in qualche modo bloccare
l’eccesso di
entusiasmo dell’amico. Continuava a muoversi nel sedile,
seguito fedelmente da
Taehyung, cantando a ritmo di una canzone che stava passando alla radio
e
dicendo ogni due minuti quanto fosse felice di trovarsi lì
dentro. A tutti
faceva piacere che il ragazzo fosse contento di viaggiare con loro, ma
erano
partiti da solamente dieci minuti e chiaramente l’intero
viaggio non poteva
essere fatto così. Il commento di Yoongi non ebbe molto
effetto e Hoseok –
Yoongi non credeva sarebbe stato possibile – prese ad urlare
ancora più forte,
completamente preso dalla canzone, aiutato nei suoi gorgheggi da
Taehyung e poi
all’improvviso anche da Jin, il quale divertito dal
comportamento dell’amico
aveva deciso di arrendersi ed unirsi al coro anche lui. Namjoon si
coprì il
viso con entrambe le mani, la tentazione di invocare Yoongi di aiutarlo
ad
uccidere tutti e tre a mani nude molto forte. Era sicuro che anche Jin
e Yoongi
dovessero star rimpiangendo la presenza ben meno confusionaria di un
altro
ragazzo, ma era anche abbastanza convinto che ci fosse un motivo
preciso per
cui nemmeno Jin aveva deciso di dir nulla e al contrario incitare tutta
quella
confusione. Doveva avere a che fare con il timore che una lamentela di
troppo
potesse far uscire il nome più discusso della giornata:
Jimin. Decise dunque di
mettere da parte il suo fastidio e per la prima volta in tutto il
giorno se ne
rimase in silenzio al momento opportuno.
I
ragazzi stavano
dirigendosi verso la villa in campagna posseduta dalla famiglia di
Seokjin. Gli
accordi presi erano i soliti. I cinque che sarebbero dovuti andare con
la
macchina guidata da Jin si sarebbero visti al 503 e avrebbero dato
ognuno una
mano con l’organizzazione. Come sempre, Jin aveva trascorso
la mattina a
cucinare qualche spuntino salato così come un paio di torte.
È vero che la
festa si sarebbe tenuta dopo cena, ma era comunque bene avere del cibo
sulla
tavola. Attorno all’ora di pranzo Taehyung era arrivato e
dopo aver mangiato
tutti insieme, Jin era rimasto a casa mentre gli altri erano usciti per
acquistare delle cassette di birra, diverse bottiglie di soju al limone
e tre
bottiglie di champagne per il momento in cui sarebbe scoccata la
mezzanotte.
Prevedendo traffico, avevano poi deciso di partire un po’
prima delle sei, così
da arrivare alla villa attorno alle otto ed avere il tempo di sistemare
la
casa. Essendo usata solo poche volte l’anno, era
indispensabile che venisse
innanzitutto arieggiata e spolverata e poi bisognava anche spostare i
mobili e
i divani nella grande stanza da salotto principale, dove si sarebbe
tenuto il
cuore della festa, in modo che fosse consono per contenere senza
intralci tutti
gli invitati. Svolta questa occupazione, i ragazzi avrebbero poi avuto
tempo di
prepararsi loro stessi, prendendo posto nelle varie camere che la casa
offriva
e cambiandosi di vestiti per la festa. Tutto stava procedendo come al
solito. O
quasi. La notizia, riferita da Hoseok una volta arrivato al 503, che
Jimin
sarebbe andato con Jungkook e quindi il posto in auto se lo sarebbe
beccato lui
aveva lasciato un po’ tutti sorpresi. A rigor di logica era
una scelta
giustificabile, ma era da quando Jimin e Taehyung si erano uniti al
gruppo che
Jimin andava sempre con gli hyung e questo cambio improvviso era ancora
più
strano per il fatto che fosse stato Jungkook a proporlo. Era difficile,
per
ognuno di loro, non avere la stessa domanda nel retro della propria
mente: cosa
poteva significare il fatto che Jimin avesse accettato? Era ancora
più
difficile però farla ad alta voce, per cui, come in un
tacito assenso,
l’argomento non venne toccato. Non in questi termini almeno.
Solo a pranzo Hoseok
aveva ad un certo punto accennato al tema Jimin e la conversazione che
aveva
fatto seguito era stata sufficiente per convincere tutti di come fosse
bene non
toccarlo più.
–
Ah!
Jiminie mi ha detto prima che ieri poi si è sentito poco
bene, per questo non è
riuscito a venire, mi ero scordato di dirvelo –
aveva detto Hoseok mentre
mangiavano tutti riuniti attorno al solito tavolo in sala. Yoongi
aveva sollevato gli occhi dal suo piatto e aveva
guardato Hoseok:
–
Ha
detto così anche a me, ma non capisco perché
abbia aspettato tutta la sera a
dirmelo.
–
Anche a
me ha detto la stessa cosa, gli faceva molto male la gola e ha preso
anche
un’aspirina prima di andare a dormire – aveva detto
Taehyung per supportare
ulteriormente la storia dell’amico. Le sue speranze che la
conseguente domanda
successiva non venisse fatta si rivelarono vane ed ovviamente chi la
pose fu
Namjoon. Sapeva che specialmente lui non ci avrebbe messo
più di mezzo istante
a fare due conti.
–
Ma
scusate, se si è sentito male dopo essere uscito di casa
perché se ne è rimasto
in giro per ore? E poi non sarebbe stato meglio lasciarlo venire in
auto?
Taehyung
si era morso il labbro. Namjoonah, cosa
ti costa tacere per una volta?
–
Hoseokah, sei una persona orribile! – aveva esclamato Jin con
gli occhi
spalancati.
–
Ma io
gli ho chiesto se fosse sicuro infatti! Sono stato messo a tacere da
Kookie,
per cui è colpa sua se Jiminie si prende un malanno.
–
E tu ti
fai mettere i piedi in testa da un ragazzo più piccolo?
– Jin era rimasto
genuinamente sorpreso, ma poi ci aveva pensato un attimo su –
A parte che
Kookie riuscirebbe a dar del filo da torcere a chiunque. Hoseok, non
avevi speranze
contro di lui in effetti – aveva quindi detto ghignando sotto
i baffi.
Taehyung
avrebbe
voluto interrompere subito questa conversazione. Innanzitutto, essendo
stato
l’unico ad aver visto le condizioni dell’amico, non
voleva che gli altri
ragazzi si mettessero a discutere di qualcosa che lui probabilmente
voleva
tenere privata. In secondo luogo, avvertiva un’ansia via via
maggiore da quando
Jungkook era stato messo di mezzo nella conversazione. Di nuovo
sperò che il
discorso finisse lì. Lui sapeva come stavano le cose, ovvero
che Jungkook anche
era stato preoccupato per Jimin, ma sapeva che c’era
un’altra possibile
conclusione a cui si sarebbe potuti arrivare: e se i due si fossero
visti?
–
Ma se
Jiminie e Jungkookie si fossero visti ieri?
Taehyung
a questo punto avrebbe tirato volentieri il piatto a Namjoon se avesse
potuto. Gli
altri probabilmente dovevano essere dello stesso avviso
perché infatti il
silenzio era calato all’improvviso sulla tavola. Gli occhi di
Hoseok erano
volati quasi involontariamente su Yoongi, seduto proprio di fronte a
lui. Era
rimasto con le bacchette a mezz’aria. Fu proprio lui a
rompere il silenzio, con
voce bassa e un tono che tradiva un certo turbamento:
–
E… E ci
mentono entrambi? Cosa fanno? Si nascondono?
Hoseok
aveva avvertito una progressiva irritazione nel modo in cui
l’amico aveva posto
le tre domande e qualcosa dentro di lui gli aveva fatto capire che era
il caso
di interrompere il discorso. Taehyung parlò prima che
potesse lui:
–
Jungkookie nemmeno sapeva dove fosse Jiminie, quindi non credo nessuno
si stia
nascondendo da nessuno hyung.
–
Allora
sai darmi tu una spiegazione plausibile, Taehyung? Mh?
Yoongi
aveva adoperato un tono piuttosto aspro, di cui si pentì un
secondo dopo. Gli
veniva sempre troppo semplice rispondere male a quel ragazzo. Non
sapendo cosa
dire abbassò di nuovo lo sguardo e riprese a mangiare.
Taehyung era rimasto
ammutolito, così come anche Jin e Namjoon, i quali seguendo
l’esempio di Yoongi
pensarono che la cosa migliore fosse mettersi del cibo in bocca e
terminarla
lì. Hoseok fu l’unico che parlò:
–
Yoongiah, sono sicuro che ci saranno stati dei motivi validi da parte
di
Jiminie per non venire. Potrebbe essere andato a comprare dei regali
per tutti
noi da quello che sappiamo. Lo so che il suo comportamento non
è stato dei
migliori, ma credo che l’ultima cosa che dovremmo fare
è metterci a fare
supposizioni ingiuste nei suoi confronti. Se poi davvero non si sente
nemmeno
troppo bene, come Taehyungie ha confermato, questo potrebbe aver
ulteriormente
influenzato il suo comportamento. Sono sicuro ti chiederà
scusa una volta che
si sarà rimesso del tutto. Nel frattempo, il nuovo anno sta
arrivando e non
possiamo iniziarlo provando sentimenti negativi gli uni verso gli altri.
Jin
aveva
annuito con un piccolo mormorio di assenso, mentre Taehyung aveva
cercato
semplicemente a quel punto di sviare il discorso su
qualcos’altro. Non
venendogli in mente molto alla fine aveva chiesto a Jin come stessero
procedendo le torte. Il cambio di tema fu accolto positivamente da
tutti,
Yoongi incluso, e piano piano l’atmosfera era tornata serena
e rilassata.
Ecco
dunque perché a nessuno dei passeggeri del veicolo sarebbe
venuto in mente di
riaprire l’argomento. Ognuno dava per scontato che una volta
che Jimin e
Jungkook fossero arrivati e tutti fossero entrati nello spirito della
festa
questi dissapori sarebbero spariti assieme al vecchio anno.
Così sperava anche
Yoongi. Di sicuro il fatto che Jimin non avesse dato notizie di
sé per delle
ore gli aveva dato un leggero fastidio, ma una volta accertatosi che al
ragazzo
non era successo nulla sarebbe potuto facilmente passare sopra a una
cosa del
genere. Ciò che lo aveva fatto scattare – e in un
modo che aveva sorpreso lui
stesso – era stata l’ipotesi avanzata da Namjoon,
ovvero che Jimin avesse
potuto mentire per vedersi con Jungkook. Yoongi non ne capiva il
motivo. Il
sotterfugio gli faceva pensare che ci fosse qualcosa da tenere segreta,
e
questo qualcosa lo rendeva incredibilmente nervoso. Se non
c’era nulla di male
nell’incontro dei due giovani, perché mentire? Gli
piaceva pensare che se Jimin
gli avesse semplicemente detto che non potevano più vedersi
perché aveva un
impegno con Jungkook per lui sarebbe stato tutto apposto. Che sarebbe
stato
capace di accettare che Jimin facesse saltare l’appuntamento
già programmato da
tempo con lui per andare in visita all’altro ragazzo. Diceva
a sé stesso che in
quel caso non avrebbe avvertito il senso di spaesamento che stava
sentendo ora
e che la colpa di tale sentimento era solo dovuta alla bugia di Jimin e
all’implicazione che essa poteva portare. Lo scatto che aveva
avuto con
Taehyung era stato del tutto immotivato e come al solito solo una scusa
per
scaricare parte della sua ansia. Il ragazzo aveva in effetti confermato
che
Jimin non aveva mentito a nessuno, ma Jimin era sempre stato
trasparente con
lui e Yoongi adesso invece non riusciva a capirlo. Che cosa succedeva?
Non
aveva più voglia di stare insieme a lui? Pensò al
quaderno di testi che avrebbe
voluto fargli ancora vedere. Non era convinto di così tanti
punti e aveva
bisogno di un consiglio. Voleva sapere anche quale fosse
l’opinione di Jimin sulle
parti che invece a lui piacevano. Una delle sue cose che amava di
più era
vedere gli occhi dell’altro scorrere lungo le pagine scritte
da lui e
illuminarsi in quegli stessi punti che anche lui preferiva. Era
probabilmente
una sensazione stupida, ma quella reazione gli dava conforto, gli
faceva sentire
che ciò che stava facendo aveva un senso e donava alle sue
creazioni una
bellezza ulteriore. Proprio perché erano state apprezzate da
Jimin, diventavano
più speciali anche per Yoongi stesso e lui smetteva di
guardarle con i suoi
occhi, sempre così critici nei propri confronti, ma prendeva
ad osservarle
attraverso quelli di Jimin. Quella mattina, dopo aver continuato ad
aiutare
Hoseok con le sue prove, si era messo a un certo punto davanti a quelle
righe
scritte fitte e non era riuscito a combinarci nulla. Né
aggiustarle né
aggiungere qualcosa. Erano rimaste lì, incomplete e vuote,
in attesa. Yoongi
non era arrabbiato con Jimin. Non avrebbe chiesto le sue scuse. Non
avrebbe
chiesto nulla tranne un’unica cosa: che non lo lasciasse
solo.
****
Quella
villa non avrebbe mai smesso di sorprenderlo, pensò Hoseok
mentre scendeva con
un salto fuori dal veicolo. Era immersa nella natura e il sottile
strato di
neve che ricopriva tutto, dai rami degli alberi intorno,
all’erba del prato, ai
cespugli di siepi, fino al tetto dell’abitazione rendeva
tutto ancora più
magico. Era sempre felice ogni volta che ci tornava. La prima cosa che
fece
appena tutti furono usciti dall’auto fu tirare un
po’ di fiocchi bianchi
raccolti da terra giù per il colletto di Namjoon. Dargli
fastidio era
letteralmente la sua attività preferita. Il ragazzo urlava e
sbraitava ogni
volta, ma poi di fatto non concretizzava mai le sue minacce. La casa
era
rimasta come tutti la ricordavano. L’anticamera
dell’ingresso ospitava un
armadietto piuttosto spazioso dove si potevano lasciare le scarpe e una
porta
conduceva poi nel grande salone, luogo principale dove si sarebbe
svolta la
festa e dove quindi sarebbe stato messo oltre al tavolo con il cibo
anche lo
stereo con la musica. Tranne le camere da letto dove avrebbero dormito
i sette
ragazzi, che erano off-limits e chiuse a chiave, il resto della casa,
giardino
incluso, era tutto messo a disposizione degli ospiti. Era spaziosa e
avrebbe
potuto contenere anche forse un’ottantina di persone, se
queste si fossero ben
distribuite tra i vari piani e il giardino. Il piano terra presentava
oltre
all’anticamera e alla sala anche una spaziosa cucina e un
bagno. Al primo piano
si trovavano le camere da letto, altri due bagni, uno studiolo e una
stanza in
più che era sempre rimasta senza una funzione specifica.
All’ultimo piano si
trovava un grosso ambiente unico dove era stato un grande tavolo da
biliardo,
un tavolino con delle poltroncine e un’altra credenza piena
di liquori e altri
alcolici. Insomma, fungeva da sorta di secondo salotto, ed era nato
proprio per
quelle occasioni in cui entrambi i genitori di Jin si ritrovavano a
ricevere
due gruppi separati di ospiti.
Appena
messo piede in casa Jin si diresse subito verso le persiane e fece
entrare nuova
aria. Accese poi le luci del cortile fuori. Era inverno e dunque era
già come
se fosse piena notte. A ruota, dopo aver lasciato ognuno il proprio
cappotto e
zainetto presso il proprio letto, anche tutti gli altri presero a
dividersi i
ruoli e si misero a darsi da fare, ripetendo la routine di ogni anno.
Attorno
alle 20:30 tutto era quasi pronto. I grandi divani del salotto erano
stati
spostati alle pareti così che non dessero intralcio durante
la festa. Il
computer era stato attaccato alla televisione per poter diffondere la
musica.
Ben adiacente anche lui al muro era stato posto il pesante tavolo di
legno
scuro, protetto da una tovaglia. Sopra vi erano stati appoggiati tutti
i vari
vassoi che Jin aveva portato con il cibo da lui preparato e le
bottiglie di
soju comprate. Il pavimento era stato ripulito e nell’attesa
che asciugasse i
ragazzi si erano occupati di riporre tutte le birre comprate nel grande
frigorifero d’acciaio nella cucina, così che si
tenessero al fresco. Colsero
l’occasione intanto per berne un paio a testa anche loro
stessi, la voglia
troppa per poter aspettare ancora. D’altronde se lo
meritavano. L’unica cosa che
mancava era aggiungere al tavolo le bevande analcoliche, gli snack e
decorare
un po’ la casa con le decorazioni che erano state comprate da
Jimin e Jungkook.
I due, però, stavano facendo notevolmente ritardo.
–
Dove si
sono cacciati? – chiese Jin guardando fuori dalla finestra il
vialetto
d’ingresso con le braccia incrociate e un piede che batteva
impaziente a terra –
qualcuno ha avuto notizie?
–
Aspetta, li chiamo adesso – disse Taehyung.
Telefonò a Jimin, il quale lo rassicurò.
–
Il traffico era allucinante, Taehyungie.
Siamo quasi arrivati però. Cinque
minuti
e siamo lì.
–
Ok,
tranquilli, volevamo solo accertarci che tutto fosse apposto.
Riappese
il telefono e comunicò quanto gli era stato detto agli
altri. Trattenne il
fiato per un attimo per poi rilasciarlo un minuto dopo, quando
sentì solo
mormorii di assenso provenire dagli amici. Aveva avuto seriamente paura
che
Namjoon desse di nuovo voce al dubbio di tutti: sapevano le condizioni
del
traffico ogni anno, e ogni anno tutti si erano regolati di conseguenza
per
essere alla villa in orario. Che avevano combinato per essere
così in ritardo
oggi?
–
Beh,
non ci è rimasto molto da fare, no? Io andrei a farmi una
veloce doccia calda
se non vi dispiace – Yoongi si trovava già con la
mano sulla ringhiera delle
scale per il piano superiore.
–
Si
anche io andrei a prepararmi – aveva detto Namjoon
– Tu che fai Jin?
–
Andate
intanto tu e Yoongi, i bagni sono solo due. Noi andremo dopo.
–
Perfetto – dissero quasi in coro sia Yoongi che Namjoon ed
insieme si avviarono
di sopra.
Jin,
Taehyung e Hoseok si buttarono in attesa sul divano e per circa cinque
minuti
l’unico suono nella stanza fu lo scroscio delle docce al
piano superiore. Quando
il rumore cessò, Jin si alzò e andò
anche lui su per le scale, capendo che era
arrivato il suo turno.
–
Voi
andate dopo? – chiese agli altri due che nel frattempo non si
erano mossi dal
divano.
–
Io sono
un po’ stanco, vado fra cinque minuti, tanto siamo in orario,
no? – rispose
Taehyung. Hoseok annuì come a dire che per lui valeva lo
stesso.
–
Si, si,
come volete – rispose Jin e sparì per le scale.
Dopo un minuto passato a
osservare il soffitto, Taehyung si alzò dal divano e
andò davanti alla finestra
che dava sul vialetto, cercando qualcosa con lo sguardo.
–
Avevano
detto cinque minuti… Ah no, eccoli!
Hoseok
si
portò in piedi ed andò vicino
all’amico. Jimin e Jungkook erano intravedibili
in lontananza, due figure scure appena toccate dalla luce dei fari al
di fuori
del cancello d’ingresso. Stavano chiaramente giocando,
correndo in quella che
doveva essere una sorta di acchiapparella. Ci stavano mettendo una vita
infatti
ad arrivare poiché Jimin continuava a scappare da Jungkook
che lo stava
rincorrendo tornando spesso indietro e non arrivando dunque mai alla
villa.
–
Hoseokah…. – Taehyung aveva parlato con una voce
ancora più bassa del solito –
Tu… tu come li vedi? Pensi… possano funzionare?
La
domanda sorprese non poco Hoseok. Credeva quello fosse un argomento
tabù per
tutti, ma fu felice che qualcuno finalmente ne volesse parlare.
–
Beh –
disse tirando un sospiro –
personalmente,
a me sembrerebbe che Jiminie sia piuttosto preso. Tu cosa pensi invece?
–
Ti ho
fatto una domanda prima io e ti chiesto se credi che possano stare bene
insieme, non come ti sembra Jimin. Puoi rispondermi?
–
Taehyung? – non capitava davvero mai che Taehyung fosse
così brusco, tantomeno
nei suoi confronti. Gli sembrava la versione meno estrema di Yoongi in
questo
momento. L’altro ragazzo sembrò rendersi subito
conto di avere esagerato.
–
Scusa!
Scusami Hobi! Le due birre che ho bevuto prima devono starmi facendo
effetto,
chiaramente – scosse la testa come a dire che
l’argomento poteva
tranquillamente essere chiuso e fece per andarsene – Chiedevo solo
perché voglio che il mio
migliore amico sia felice.
–
Anche
io voglio che il mio lo sia.
Il
tono
serio di Hoseok fece arrestare bruscamente Taehyung. Tornò
alla finestra, con
un’espressione incuriosita.
–
Per
cui ora dimmi cosa pensi Tae. Perché mi hai fatto questa
domanda?
L’altro
rimase un attimo in silenzio prima di parlare:
–
Mi
chiedo solo se possano rendersi davvero felici. Non ne ho parlato con
nessuno
prima. È la prima volta che dico questo ad alta voce, e
credo di essermi
sentito libero di farlo perché so che anche tu sei vicino a
Jiminie e ci tieni.
Lo vedo anche io che è preso. Ma che due persone siano prese
non è sufficiente
per essere felici. All’inizio tutti sono presi, ma deve
esserci qualcosa di
più. Jimin è un ragazzo che ha bisogno di
sicurezza, e continue rassicurazioni,
questo lo sai bene come me – Hoseok annuì e
Taehyung continuò – Jungkook può
dargli questa sicurezza e mi rendo conto che Jimin dal canto suo
dà a Kookie
quello che lui spesso cerca, ovvero qualcuno che gli si affidi. Ma
vedi, non è
una cosa difficile da ottenere questa, può essere trovata
anche in un
coinquilino, quando questo non sa badare a sé stesso.
Dicendo
questo Taheyung lanciò un’occhiata scherzosa a
Hoseok, sorridendo leggermente.
Hoseok dette una debole risatina soffocata:
–
È vero,
su questo ti do ragione.
–
Perché
hai accennato a Yoongi-hyung prima?
–
Mah,
credo di averlo fatto perché volevo davvero avere
un’altra opinione e ho
pensato che tu avessi più risposte di me. Sai, Yoongi non si
avvicina
facilmente alle persone. Non so davvero neppure io bene di cosa sto
parlando, è
semplicemente una sensazione che ho. Credo che Jimin dovrebbe rimanere
nella
sua vita. A volte mi chiedo che peso possa avere Jungkook in questo
però. Come
ho già detto, non so davvero cosa pensi Yoongi. Volevo
quindi sapere se tu
avessi un’idea più chiara almeno su Jimin. Sapere
se anche a te sembra preso da
Jungkook o se riesci a vedere oltre. Qualcos’altro che a me
sfugge e che
potrebbe essere utile per districare questa situazione.
– Mi piacerebbe averla
hyung, credimi. Credo
che Jimin sia incredibilmente legato a Yoongi e non sono sicuro sia un
legame
facilmente spezzabile anche se Jungkook dovesse mettersi in mezzo, se
è questo
che ti preme. D’altro canto se dicessi che non vedo un
interesse per Jungkook
da parte di Jimin mentirei. Gli è sinceramente affezionato.
– Dunque
l’incognita è Jimin – disse Hoseok.
– L’incognita
è Jimin – ripetè
Taehyung. Rimase poi un attimo a
fissare il cielo fuori dalla finestra, lo sguardo perso e incantato.
Riprese
lentamente:
–
Jimin
non sarebbe infelice con Jungkook. Lo so. Sono di certo una coppia su
cui si
potrebbe scommettere. Il problema è che Jungkook darebbe
tutte le sue
attenzioni a Jimin, ma non credo Jimin saprebbe fare altrettanto. Ecco
perché ti
ho fatto la domanda iniziale. Mi chiedevo se Jimin potesse renderlo
felice.
– Credevo avessi chiesto se
potessero rendersi
felici a vicenda? – disse
Hoseok in un tono
serio, ma che tradiva una punta di giocosa malizia. Tae sorrise:
–
Touché.
Mentre
all’interno avveniva questa conversazione, Jimin e Jungkook,
ignari di essere
oggetto di discussione da circa tutto il giorno, continuavano a
rimanere nel
proprio mondo, divertendosi a farsi dispetti a vicenda e giocare tra la
neve.
Durante una delle sue piroette per scappare da Jungkook, Jimin si rese
conto
che l’altro lo stava chiaramente facendo vincere, scattando
verso di lui ogni
volta che scappava, ma permettendogli all’ultimo, quando lo
raggiungeva, di
schivare la sua presa e continuare a correre via. Jimin
trovò ciò non
accettabile, non poteva permettere di essere preso in giro
così da un ragazzo
più piccolo. Decise di fare leva sullo spirito di
competizione di Jungkook. Per
la centesima volta lo incitò a prenderlo e Jungkook per la
centesima volta gli
corse incontro rallentando solo alla fine. Jimin rallentò
con lui, obbligando
così l’altro a ragazzo a doverlo prendere per
forza, a meno che non volesse
ammettere di averlo fatto vincere fino a quel momento. Quando Jungkook,
quasi
fermandosi del tutto, il respiro affannato per la corsa, gli prese il
lembo della
manica del cappotto, Jimin fuggì via di nuovo urlando:
–
Il
primo che arriva al cancello vince!
Vediamo
adesso se ti tiri indietro,
pensò Jimin con un ghigno. I riflessi
incredibilmente pronti di Jungkook scattarono, e nel giro di un solo
secondo il
ragazzo stava correndo come non aveva fatto fino ad ora:
–
Hai
bisogno di imbrogliare per vincere Jimine?!
Era
incredibilmente veloce, e sebbene Jimin gli tenesse abbastanza testa,
sapeva di
non potercela fare. Vide a un certo punto una scheggia passargli di
fianco e
coprire in nemmeno tre secondi la poca distanza che era rimasta tra
loro e il
cancelletto della villa. Si fermò solo quando ebbe toccato
le sbarre del
cancello, facendolo tremare per via dell’impeto con cui gli
si era buttato
addosso. Un paio di secondi Jungkook dopo sentì una
colluttazione dietro di sé.
Anche Jimin era arrivato e così come lui aveva usato il
cancello per bloccare
la sua corsa, Jimin aveva deciso di usare direttamente lui come
cuscinetto. Lo
slancio della corsa lo fece sbattere violentemente contro la schiena di
Jungkook il quale nel girarsi causò la perdita di equilibrio
dell’altro. La
neve non era molta, per cui il terreno non era troppo soffice, ma
piuttosto
semi ghiacciato, per cui era facile scivolare. Prima di cadere a terra
Jimin
afferrò il braccio di Jungkook, che a sua volta
ruzzolò giù con lui, nel
tentativo vano di impedire la caduta del più grande. Con le
spalle che
continuavano ad essere scosse dalle risate, entrambi si ritrovarono a
terra,
Jimin completamente disteso, Jungkook parzialmente finito addosso a
lui.
Respirando con difficoltà nel mezzo delle risate prese una
manciatina di neve
da terra e mise le mani tra i capelli di Jimin, scuotendogliela in
mezzo. Jimin
si mise a urlare, le braccia che cercavano di fermare il più
piccolo, mentre
ancora non riusciva a smettere di ridere convulsivamente.
–
Cosa
volevi fare? Il furbo? Chiedimi scusa!
–
O-ok,
ok! – Jimin non stava quasi più respirando, lo
stomaco gli faceva male dal troppo
ridere e adesso Jungkook aveva reso il tutto anche peggiore mettendosi
a
solleticarlo – mi-mi… arren… mi
arrendo! S-scusa!
Jungkook
si fermò, soddisfatto. Con un finto sguardo minaccioso disse:
–
Non
farlo mai più.
–
Mi hai
sporcato i capelli, li avevo appena lavati – rispose Jimin
mettendo su il
broncio e scrollando l’altro da sé, tirandosi su.
Jungkook si alzò a sua volta:
–
Vedrai
che sarai perfetto lo stesso, Jiminie, fidati. Dopo di te –
Aprì il cancello e
fece un piccolo inchino muovendo il braccio in direzione della casa, ad
indicare che lasciava a Jimin il privilegio di passare per primo.
–
Bravo,
porta rispetto ai p-
Si
fermò
di colpo. Entrando nel cortile della casa i suoi occhi avevano in pochi
istanti
vagato in varie direzioni, e una di queste era stata la fila di
finestre del
primo piano, da cui si affacciavano le camere da letto. Due fiammelle
di
ghiaccio incrociarono i suoi occhi. Se le sentì addosso
anche da quella
distanza e avvertì il cuore cadergli giù
all’interno della cassa toracica, come
se si fosse fatto all’improvviso di piombo. La stanza si
trovava nella
penombra, quindi non sarebbe stato facile né accorgersi
della figura alla
finestra, né forse capire subito di chi si trattasse, ma
Jimin non avrebbe mai confuso
quell’esile figura con quella di nessun altro. Yoongi-hyung
lo stava guardando.
Da quanto tempo è lì?
Dopo quelli che
sembrarono due anni, ma probabilmente furono solo due secondi, Yoongi
si
allontanò dalla finestra, scomparendo dalla vista di Jimin.
Il ragazzo abbassò lo
sguardo e in silenzio prese ad avviarsi verso la porta
d’ingresso, ignorando le
domande insistenti di Jungkook, curioso di sapere cosa stesse per dire
e
impaziente di stuzzicarlo un altro po’.
Note
dell’autrice:
Ooook siamo alla
parte centrale della storia. Non sono ancora sicura se farò durare la festa
solamente un altro capitolo o due, ma comunque sia
rappresenterà
(come credo si sia già potuto immaginare) un momento
importante. Sono contenta
di essere arrivata fino a questo punto perché ho in mente
questa specifica
parte da quando ho iniziato a scrivere e la scena che vi
sarà inclusa (nel
prossimo capitolo o fra due) è quella che mi ha ispirato
l’intera fanfiction.
Perciò a questi capitoli tengo particolarmente e spero
dunque, ancor più del
solito, che siano di vostro gradimento ♥
In
questo capitolo credo che tutti i personaggi
inizino a capire un po’ meglio sia ciò che sta
accadendo (e cambiando) sia che
ciò che loro stessi provano. Certo è che
c’è ancora molto confusione e
soprattutto molte incomprensioni. La scena tra Jimin e Jungkook in
origine
sarebbe dovuta essere più breve, ma poi ho pensato di
allungarla. Mi premeva
ribadire, e mostrare, che c’è
un’effettiva intesa tra i due, non sono spuntati
fuori dal nulla. Jimin non va da Jungkook per dispetto nei confronti di
qualcuno, o almeno, non c’è questo nelle sue
intenzioni. Crede davvero che il
ragazzo possa farlo stare meglio e sia ciò di cui ha
bisogno. Se nei suoi
atteggiamenti sembra esserci della ripicca, beh, il povero Jimin non
è
consapevole. Yoongi anche deve fare i conti con sensazioni molto simili
a
quelle che sta vivendo Jimin. I due ragazzi stanno essenzialmente
provando le
stesse cose, si sentono entrambi messi da parte dall’altro ma
non parlandosi
ovviamente ciò non può essere chiarito.
Si
nota poi come un po' tutti stiano iniziando ad avere il
presentimento che qualcosa sta cambiando e come si aspettino,
a dispetto
degli sforzi fatti per mantenere la situazione stabile, uno scoppio a
breve. Il
discorso tra Taehyung e Hoseok è importante in questo senso.
Sono quelli che
meglio di tutti possono avere un'idea d'insieme accurata, ma anche loro
non
sanno esattamente cosa pensare. Hoseok, conoscendo Yoongi, ha
pensato
all'eventualità che Jimin sia per Yoongi qualcosa di diverso
da ciò che è lui.
Ha paura per il suo amico, e per questo tiene d'occhio la stituazione.
Però non
riesce a essere sicuro di nulla, esattamente come Tae, e questo
essenzialmente
perchè quando i ragazzi sono tutti insieme sono sicuramente
Jungkook e Jimin a
saltare più all'occhio di Jimin e Yoongi. Ci tenevo a
precisarlo perchè
ovviamente essendo Tae e Hobi i migliori amici di Jimin e
Yoongi potrebbe
apparire strano che nessuno dei due sia capace di farsi un'opinione
precisa.
C'è però un momento in cui anche l'amicizia
più stretta non è sufficiente, e
occorre davvero che le cose vengano dette come sono. Diciamo che al
momento si
muovono tutti e sette solo nel campo delle sensazioni, e non sono
capaci di
spiegarsele.
Di
nuovo non so mai se le note hanno senso, fatene ciò
che volete. Come ho già detto, questo capitolo, come il
prossimo, è importante
per la storia così come ha un valore particolare per me,
però as usual non sono
convinta di aver reso bene ciò che avrei voluto ahah Dunque
un feedback è più
che benvenuto ^-^
Grazie
tantissimo di aver letto fin qui, ci si vede la
prossima settimana!
Baci,
Elle ♥
|
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Capitolo 9 *** Capitolo VII ***
CAPITOLO VII
[…]
Così
tu e io cerchiamo un buco, un altro pianeta
dove il sale non toccherà la tua chioma,
dove non cresceranno dolori per mia colpa,
dove il pane vivrà senza agonia.
[…]
(Pablo Neruda, Sonetto LXXI, strofa
2)
–
Ce l’avete fatta ad
arrivare! - esclamò Hoseok mentre apriva la porta a Jimin e
Jungkook per poi richiuderla
in un lampo appena furono entrati. L’aria che arrivava da
fuori era estremamente
fredda e si chiese con che coraggio fossero riusciti a rimanere per
tutto quel
tempo all’aria aperta.
–
Hey, lo sapete che
quando si usano i trasporti si sa quando si parte, ma non quando si
arriva –
Jungkook iniziò a sfilarsi il cappotto e fece scorrere lo
sguardo da Hoseok
all’altro ragazzo sul divano – Ciao Tae!
–
Ciao Kookie –
rispose Taehyung con un sorriso che Jungkook avrebbe definito
lievemente
strano, quasi stanco, se solo avesse avuto modo di soffermarsi a
pensarci.
Venne invece distratto da alcuni passi pesanti che provenivano dalla
direzione
delle scale. Jimin si girò subito di scatto. Yoongi stava
scendendo lentamente
al piano terra, una mano alla ringhiera, lo sguardo fisso sui due nuovi
arrivati, insondabile, e in parte coperto da alcune ciocche di capelli
neri
leggermente ondulate che gli ricadevano sulla fronte.
–
Dunque siete vivi –
fu il suo commento una volta arrivato a terra. A Jimin parve di sentire
dietro
di sé Jungkook rispondere qualcosa ridacchiando, ma non ne
era sicuro. Gli
sembrava di trovarsi in un’altra dimensione, dove i suoni
erano attutiti e lo
spazio deformato. Non riuscì a dire nulla alla vista di
Yoongi, il groppo che
si sentiva in gola troppo ingombrante per far spazio alle parole. Lo
rimase
semplicemente a guardare, pietrificato e irrigidendosi leggermente
quando il
ragazzo più grande iniziò a coprire la distanza
tra loro. Vide Yoongi far cadere
velocemente i suoi occhi su Jungkook – allora doveva
effettivamente aver
parlato – e poi posarsi per un attimo su di lui, prima di
lanciargli un “Ciao,
Jiminah” e passargli davanti dirigendosi verso il tavolo con
le bibite. Prima
che avesse modo di rispondere la voce di Jungkook gli fu vicino:
–
Jiminie, non ti
togli il cappotto?
–
Come?
–
Il cappotto, lo hai
ancora addosso. Senti di nuovo freddo?
Jimin
sentì una sorta
di strattone riportarlo alla realtà. Che stava facendo?
Perché era rimasto ammutolito
di fronte a Yoongi-hyung? Con mani incerte si tirò
giù la zip del cappotto,
senza toglierselo del tutto ancora.
–
No, no, sto bene.
Scusateci del ritardo ragazzi – disse guardando
principalmente in direzione di
Taehyung ed evitando lo sguardo di Hoseok, seduto su un bracciolo del
divano.
Yoongi si trovava di schiena, intento a versarsi del soju in un
bicchiere di
carta rosso. La sua piccola figura occupava solo la vista periferica di
Jimin,
ma il suo cervello la registrava in primo piano come se gli si fosse
trovato
davanti e a due centimetri di distanza. Indossava un paio di jeans neri
semi
aderenti, mentre sopra aveva semplicemente una camicia bianca di seta e
una
giacca rossa, ma che gli donavano incredibilmente. Questi ultimi due
capi
dovevano appartenere al gruppo di vestiti che Yoongi possedeva solo
perché
obbligato a comprarli da Hoseok. “Ci
sono
occasioni in cui avere qualcosa di meno casual di una tuta
può tornare utile,
mi ringrazierai spesso nel corso della tua vita Yoongiah per avere
questa isola
felice di eleganza nel tuo armadio”. Da quando
viveva con Jin la spinta in
questo senso era raddoppiata e dunque Yoongi non si era mai opposto
quelle
volte in cui era stato letteralmente messo a muro affinché
acquistasse qualche
pezzo più elegante. Ovviamente
Hoseok lo
ha spinto a vestirsi così. Dovrebbe
farlo più spesso, pensò Jimin.
Sentì subito del calore affluirgli alle
guance e farsi ancora più intenso quando intravide di lato
Yoongi girarsi verso
di lui. Nonostante parte di sé avrebbe voluto correre via,
una forza
inspiegabile lo spinse a muovere d’istinto il viso nella
direzione di Yoongi.
Ancora vicino al tavolo, il ragazzo si stava portando il bicchiere alla
bocca e
i suoi occhi, invece che passargli sopra solo velocemente, questa volta
si fissarono
in quelli di Jimin. Tirò giù un sorso di soju e
parlò poi con voce tranquilla,
più morbida di quanto Jimin si sarebbe aspettato:
–
Come stai?
Non
aveva voglia di
chiedere spiegazioni per il giorno prima. Non aveva voglia di
null’altro che
non fosse accantonare tutta la vicenda e riprendere da dove si era
rimasti.
Vedere finalmente di nuovo il ragazzo gli aveva dato la conferma che in
effetti
non gliene importava nulla di cosa avesse fatto, purché
riprendesse a parlargli
ed essere quello che era sempre stato, il suo Jimin. Trovava che
ristabilire un
contatto tra loro fosse al momento la cosa più importante da
fare, prima ancora
che mettersi a fare scenate o chiedere spiegazioni che avrebbero reso
il tutto
ancora più teso. Come quella prima volta in cui si erano
parlati davanti al
pianoforte, ora Yoongi sentiva di nuovo, inconsapevolmente,
l’urgenza di
doverlo tirare di nuovo a sé, mantenerlo nella propria
orbita, urgenza che
percepiva con ancora più prepotenza da quando aveva visto
Jungkook giocare con
lui nella neve pochi minuti prima.
C’era
silenzio nella
stanza. Nessuno dei ragazzi presenti stava emettendo un fiato, tutti
troppo
ansiosi di vedere come si sarebbe svolto l’incontro e
speranzosi che quella
situazione si risolvesse prima possibile. Jimin fece del suo meglio per
apparire il più naturale che potesse e per aiutarsi in
questo decise di trovare
un’occupazione per le proprie mani – e avere
così una scusa per interrompere
per un attimo il contatto visivo – togliendosi del tutto il
piumino che aveva
addosso. Un debole “B-bene” uscì dalla
sua bocca, prima di accorgersi di uno
strano lampo negli occhi di Yoongi e arrestarsi di colpo.
–
È tua quella felpa?
Jimin
si sentì rigido
di nuovo. Aveva scordato di star indossando la felpa di Jungkook. Un
fischio
gli giunse alle orecchie. Era Jungkook, il quale si era appena messo a
sedere
sul divano di fianco a Taehyung, un braccio dietro al collo del
ragazzo.
–
Non ti sfugge nulla
hyung. È la mia. Jiminie deve avere cubetti di ghiaccio
nelle vene.
Yoongi
inclinò
leggermente la testa e batté le palpebre velocemente un paio
di volte prima di
parlare:
–
Non hai controllato
il tempo prima di uscire di casa?
Jimin
non sentì più
la morbidezza che gli era parso di avvertire prima nelle parole di
Yoongi.
Incerto su cosa rispondere esitò e Hoseok, che era rimasto a
guardare
attentamente alternativamente Jimin e Yoongi durante quello scambio,
sentì che
era tempo di intervenire e alleggerire l’atmosfera.
–
Yoongi, non credo
tu sia nella posizione di poter dare a chiunque consigli sul come
vestirsi – si
alzò e gli andò incontro, mettendogli un braccio
intorno alle spalle – devo
ricordarti grazie a chi hai avuto stasera modo di sfoggiare una mise
non solo
appropriata, ma che ti dona anche discretamente? Tu saresti venuto in
pigiama
se avessi potuto.
–
Il che sarebbe
andato comunque bene, Hoseokah, saranno tutti troppo ubriachi comunque
per far
caso a cosa indosso io.
–
Mai sottovalutare
il potere di un buon outfit il primo dell’anno, caro
Yoongiah, mai – rispose
Hoseok ridendo e facendogli l’occhiolino. Dall’idea
che si era fatto osservando
il suo sguardo poco prima, Jimin doveva aver certamente notato quanto
Yoongi
fosse bello quella sera. Lo era davvero, anche lui stesso se ne rendeva
conto e
non a caso aveva insistito che comprasse questo completo. Era elegante,
ma non
ingessato come avrebbero potuto risultare giacca nera e cravatta. Era
un
completo che spiccava e Hoseok credeva fosse adatto a Yoongi. Sebbene
il
ragazzo facesse del suo meglio per rimanere nell’ombra
– o meglio, non si
curasse troppo di venire alla luce – l’aura che
traspariva da lui rimaneva
comunque incredibilmente grande. Se si fosse dovuto attribuire a Yoongi
un
elemento, probabilmente chiunque avrebbe a prima vista detto il
ghiaccio, ma Hoseok,
il suo migliore amico, sapeva che
era
il fuoco. Lo pensava da sempre e dopo tanti anni ancora si meravigliava
di come
Yoongi stesso non si rendesse conto del magma caldo che aveva dentro di
sé. Si
sentiva dunque incredibilmente felice di averlo convinto a prendere
questa
giacca rossa. Gli si addiceva e sperava gli potesse essere di buon
auspicio per
l’anno nuovo. Notò un particolare che non lo
convinse e intervenne prontamente,
slacciando con dita veloci i primi due bottoni della camicia bianca di
Yoongi.
Spero l’alcol faccia il resto,
pensò.
Il mio lavoro è fatto.
L’intervento
di
Hoseok, il modo in cui si era avvicinato a Yoongi proprio mentre
finalmente si
stavano parlando, il braccio che gli aveva fatto scorrere attorno al
collo e la
mano che invece gli aveva toccato il polso, aveva turbato di nuovo
Jimin. Sentì
i suoi battiti farsi più celeri e la nausea tornargli con
violenza quando nelle
orecchie gli rimbombò di nuovo il suono di parole che ancora
non riusciva a
dimenticare. Aveva una mezza idea di cosa stesse parlando Hoseok e quel
gesto
di slacciare i primi due bottoni della camicia di Yoongi lo aveva reso
secondo
lui ancora più esplicito. Yoongi era vestito benissimo e
Hoseok lo vedeva –
come d’altronde lo riusciva a vedere anche lui – e
Jimin aveva dunque ben in
mente a cosa alludesse quando aveva accennato ai vantaggi di esser ben
vestiti.
Sentì rabbia e fastidio nascergli di nuovo dentro. Va bene se stanno insieme, ma potrebbero essere
almeno un po’ più
discreti? Altrimenti lo dicessero direttamente così la
questione si sistema una
volta per tutte. Così pensando si girò
bruscamente verso Taehyung e
Jungkook sul divano:
–
Io vado a farmi una
doccia e prepararmi.
–
Vengo anche io –
rispose Taehyung andandogli dietro. Prima di salire al piano superiore
guardò
Jungkook – Kookie nel frattempo vuoi sistemare sul tavolo le
cose avete
comprato e mettere i festoni? Dove sono le buste?
–
Gli zaini! –
esclamò Jimin in cima alla scala. Nonostante il nodo allo
stomaco non
accennasse a sciogliersi, la sua risata cristallina scoppiò
fragorosa –
Jungkookie, abbiamo scordato gli zainetti fuori!
–
È vero! – scattò su
dal divano il ragazzo – Li abbiamo buttati a terra per
correre meglio – si mise
a ridere anche lui – Vado e torno!
–
Perché si ride qui?
Finalmente siete arrivati – Namjook era apparso davanti a
Jimin, all’inizio
delle scale, pronto a scendere e preparato anche lui per la festa.
Jimin spiegò
brevemente la situazione mentre faceva gli ultimi scalini e poi si
avviò verso
quella che credeva essere la porta della sua camera.
–
Non lì, Jiminie. Tu
sei in stanza con Jungkook, la terza. Tu Tae vai nella prima, con Hobi
e
Yoongi-hyung. Abbiamo diviso così. Attenti a non bagnare
troppo il pavimento
mentre fate la doccia – date queste veloci istruzioni scese
al piano terra.
Jimin si trovò a chiedersi se fosse il caso di dire a Jin e
Namjoon che forse
quest’anno qualcun altro avrebbe voluto competere con loro
per occupare la
seconda camera, quella con il letto matrimoniale.
****
Jimin
ebbe modo di
riflettere sotto la doccia. La sensazione che qualcosa di
incredibilmente
prezioso gli stesse venendo sottratto era immensa, ma si accorse di
provare
dentro di sé anche vergogna per il suo attegiamento
così infantile. Capì che se
avesse continuato a sentirsi così ne sarebbe mai uscito.
Doveva proteggersi. Giunse alla
conclusione che l’unico
modo per non soccombere fosse accettare tutto. Per quanto sapesse della
difficoltà che avrebbe dovuto fare, sentì che era
la soluzione migliore.
Avrebbe dovuto imparare a fare i conti con questa nuova
realtà e prima si fosse
distaccato emotivamente dalla situazione meglio sarebbe stato. Doveva
lasciare
che le cose facessero il loro corso, senza cercare di capirne i
perché o
pensarci su troppo. La sensazione di essere stato accantonato sarebbe
rimasta
ancora per tanto, ne era consapevole, ma si convinse che prima o poi
sarebbe
passata. Probabilmente già quando i due ragazzi fossero
usciti allo scoperto.
Gli avrebbero parlato e lui avrebbe capito. Poteva farcela. Nel
frattempo
avrebbe avuto modo di concentrarsi su ciò che lo faceva
stare bene. La giornata
trascorsa con Jungkook era stata piacevole, rovinata solamente,
appunto, dalle
sensazioni sgradevoli suscitategli dai pensieri negativi nei confronti
di
Yoongi e Hoseok. Sentì di aver finalmente compreso il vero
problema: lui stesso
e il modo in cui stava gestendo le sue emozioni. Mentre
l’acqua gli scorreva
calda addosso, seduto per terra nella doccia, avvertì la
consapevolezza che
continuando così avrebbe distrutto tutto, sia il suo
rapporto con i due ragazzi
più grandi che ciò che avrebbe potuto avere con
Jungkook. Si sarebbe rovinato
la vita. In quel momento, tra le nuvolette di fumo sprigionate dal
vapore,
sentì di sapere finalmente cosa avrebbe dovuto fare e il suo
corpo si distese.
Tutto gli sembrò più facile. Gli
sembrò possibile relegare nel passato i
pomeriggi passati con Yoongi. Gli sembrò possibile accettare
che non sarebbe
stato più il primo ad ascoltare la sua musica o leggere i
suoi testi. Gli
sembrò possibile sgombrare la sua mente dal ricordo di
questa perdita e
concentrarsi su chi invece c’era. Gli sembrò
possibile smettere di cercare un
avvicinamento. Gli sembrò possibile arrendersi.
Quando
scese nel
salotto ebbe l’impressione che l’atmosfera avesse
iniziato a scaldarsi e i
ragazzi stessero entrando sempre più nel mood festivo. La
prima cosa che notò
furono Hoseok e Yoongi seduti vicini sul divano. Stavano parlando
vivacemente,
o meglio, Hoseok stava gesticolando vistosamente e dicendo qualcosa che
doveva
essere incredibilmente divertente stando al sorriso impresso sul viso
di
Yoongi. Entrambi avevano un bicchiere in mano, quasi vuoto quello di
Hoseok, ancora
pieno quello di Yoongi. Taehyung doveva essere stato più
veloce di lui a
prepararsi perché Jimin lo vide con la coda
dell’occhio che stava per entrare
in cucina mentre dal bagno si sentiva chiaro lo scroscio di una doccia
accesa. Deve essere Jungkookie,
pensò e l’idea
del ragazzo sotto la doccia lo fece sentire strano per un attimo.
Namjoon e Jin
stavano sistemando i festoni – evidentemente Jin aveva
fermato Jungkook e
Hoseok, fidandosi poco delle loro abilità di decorare la
casa – mentre sul
tavolo erano già stati disposti tutti i piatti e bicchieri
di carta e gli snack
comprati quel pomeriggio. Prima di entrare in cucina Taehyung si
accorse a sua
volta Jimin.
–
Vuoi qualcosa da
bere? Abbiamo iniziato già ad aprire qualche bottiglia.
–
Si volentieri,
grazie – rispose Jimin, e seguì l’amico
in cucina – Buona idea bere fin da
adesso e mettere la musica, aiuta a distendersi prima
dell’arrivo degli ospiti.
Bella questa canzone, tra l’altro.
–
Selezione a cura di
Joonie-hyung, si occuperà lui della colonna sonora. Ha
già acceso per entrare
nello spirito del party.
Dette
il bicchiere a
Jimin e prese un piccolo sorso dal suo, osservando il suo amico:
–
Ti sei ripreso da
ieri?
Jimin
fece passare il
bicchiere da una mano all’altra per un paio di volte prima di
rispondere:
–
Si. Si, sto bene
adesso. Davvero Taehyungie, mi dispiace così tanto di averti
fatto preoccupare.
Ma non è accaduto nulla di grave, te lo assicuro. Ho solo
perso il senso del
tempo in centro e quando mi sono reso conto di essere in ritardo mi
sono anche
iniziato a sentir male per cui sono tornato a casa.
Come
credevo,
pensò Taehyung, di colpo più sollevato. Sebbene
sapesse che il giorno prima non
era avvenuto nessun incontro segreto tra lui e Jungkook – il
più piccolo era in
fondo preoccupato riguardo Jimin esattamente come lui e Yoongi
– non si era
reso conto di aver bisogno di averne la certezza fino a quel momento.
–
La tua testa come
va? Devi aver preso freddo oggi.
–
No, sembra star
bene. Avevo la gola un po’ più gonfia questa
mattina, ma dovrei riuscire a
sopravvivere, non ti libererai di me così facilmente Tae
– disse Jimin
strizzando l’occhio.
–
Temo di no Jiminie,
ma va bene così, posso sopportarti un altro po’.
Gli
occhi sorridenti
dell’amico rilassarono Jimin. Voleva che almeno con lui tutto
fosse apposto.
Gli era dispiaciuto dovergli mentire, ma era necessario per il momento.
Per
quanto Jimin trovasse stupido che si tenessero quel segreto per loro,
non
avrebbe tradito Yoongi e Hoseok. Però l’ultima
cosa che avrebbe voluto era che
Taehyung pensasse che stesse nascondendo qualcosa o che si preoccupasse
credendo che avesse qualche problema serio. In
fondo non ce l’ho. A chi Yoongi apre la sua camera da letto
non è davvero un
mio problema. Mentre pensava questo rientrò in
salone, con Taehyung a suo
fianco. Hoseok stava ancora parlando con Yoongi, i visi dei due
incredibilmente
vicini. Jimin mandò giù l’intero
contenuto del suo bicchiere in tre sorsi.
–
Buono! – esclamò.
Il soju al limone non tradiva mai. Andò a prendere la
bottiglia lasciata sul
tavolo della cucina e se ne versò un altro, che bevve di
nuovo in un sol sorso.
Prese poi la bottiglia che stava quasi finendo e una nuova e le
portò sul
tavolo della sala. Mentre si versava un terzo bicchiere disse ad alta
voce:
–
Ma Kookie dove è
finito?
–
Qui.
Jimin
si girò su sé
stesso, guardando in direzione della voce. Hoseok e Yoongi anche si
girarono
brevemente verso il ragazzo che scendeva le scale, mentre Taehyung
indugiò lo
sguardo su di lui più a lungo, seguendolo mentre con fare
sicuro e sciolto
faceva gli ultimi gradini e andava verso Jimin. Sentì il suo
respiro farsi
leggermente meno regolare. Chiunque avesse un paio di occhi avrebbe
potuto
constatare la bellezza di Jungkook in quel momento. Aveva optato per
qualcosa
di abbastanza classico, ma che secondo Taehyung nessuno al mondo aveva
mai
indossato prima in modo tanto meraviglioso. Aveva una camicia bianca di
cotone
che gli ricadeva un po’ larga, primi bottoni slacciati, una
cravatta nera messa
lenta attorno al collo e gilet nero di velluto a piccoli pallini
bianchi tenuto
aperto. Sembrava così più grande della sua
età e… uomo.
Taehyung ingoiò della saliva e distolse gli occhi.
–
Jungkookie! –
esclamò Jin scendendo dalla sedia sopra cui si era
arrampicato per sistemare
uno dei festoni – Come siamo belli questa sera! Hai
intenzione di spezzare
altri cuori? Non ti sono bastati quelli che hai infranto
l’anno scorso?
Jungkook
rise
solamente, a metà tra il lusingato e
l’imbarazzato, e decise di distogliere
l’attenzione da sé:
–
E che ne dite di
Jimin-hyung? Pensate che aveva paura di essere brutto perché
prima gli ho
scompigliato leggermente i capelli – Nel dire così
gli si portò dietro e lo
scosse un po’ per le spalle – Sempre a fare gli
insicuri, eh Jiminie? Tu cosa
credi Tae? Il tuo amico è presentabile?
Al
momento distratto
dal ciuffo di capelli di Jungkook, Taehyung fu costretto a tornare alla
conversazione. Jimin stava effettivamente davvero bene. Aveva messo una
maglietta aderente completamente bianca sopra a cui aveva abbinato una
giacca
anch’essa bianca, ma con un pattern di disegni neri. Sembrava
letteralmente un
angelo.
–
Si. Si, direi che è
più che presentabile. – Guardò Jimin
con affetto e si spostò poi su Jungkook
– Però
Jin ha ragione, tu ci batti tutti
quanti Kookie.
Una
voce squillante
intervenne:
–
Questo perché
ancora non mi sono preparato io. Direi che è il mio turno di
andare a farmi
bello e lasciarvi tutti senza fiato.
–
È vero
Hoseok-hyung, abbiamo fatto male i calcoli – rispose ridendo
Jungkook.
–
Come avreste dovuto
fare prima di assegnare premi di bellezza, infatti.
–
La ragione si dà ai
fessi, Hoseokah! – urlò Namjoon
dall’alto della sua sedia, mentre si sporgeva
leggermente per attaccare il filo con un pezzetto di nastro adesivo.
– Certo Joonie, e
per te è una benedizione
visto che solo per questo ogni tanto Jin te le fa vincere.
Nessuno
riuscì a
reprimere una risatina, Namjoon incluso. Se l’era meritata.
Mentre Hoseok si
dirigeva verso le scale, Jungkook decise che era giunto il momento di
dare un
altro po’ di fastidio a Jimin:
–
Allora abbiamo
deciso che posso fare così finché voglio
perché tanto non rovina la tua
splendida immagine, giusto? – disse mettendogli di nuovo le
mani tra i capelli
e scompigliandoglieli.
– Kookieeee no! – rispose Jimin cercando di
allontanare la
testa e fermare le mani di Jungkook.
– Hoseokah, salgo con te
– disse Yoongi
all’improvviso alzandosi dal divano e andò di
sopra anche lui, sulla scia di
Hoseok. Lottando debolmente contro Jungkook con una mano, Jimin li
seguì con lo
sguardo e mandò giù in un sol fiato il bicchiere
che teneva nell’altra.
****
La
mezzanotte era
arrivata e lo champagne era stato stappato, tra le urla gioiose di
tutti
quanti. La situazione stava procedendo perfettamente. L’alcol
era sufficiente,
grazie anche al contributo degli ospiti, i quali avevano portato ognuno
un
altro paio di bottiglie da condividere. Nessuno sembrava stare ancora
troppo
male, ma sicuramente tutti erano chiaramente ben più che
semplicemente allegri.
La sala era piena di persone che ballavano, saltavano e sembravano
starsi
divertendo davvero. Gli ospiti che alla fine erano venuti erano
leggermente più
numerosi di quanti se ne aspettassero, il che era un buon segno.
Significava che
nessuno dei commedianti – la maggioranza degli invitati
proveniva infatti dalla
cerchia teatrale – si era annoiato i precedenti anni e dunque
aveva sparso la
notizia della festa ad un numero maggiore di amici. Jin
sperò che tutta quella
partecipazione avvenisse anche il giorno del loro spettacolo.
Appollaiato su un
gradino della scala osservava dalle sbarre della ringhiera di legno
tutti quei
corpi davanti e attorno a sé. Era soddisfatto di come la
festa stesse riuscendo
e non poté reprimere un senso di orgoglio. L’alcol
che aveva in corpo gli
amplificava le sensazioni e dunque sentiva ancora più
potente del solito il
piacere che gli veniva sempre dal sapere di aver provveduto agli altri.
L’armonia era per Jin importante. Che si trattasse di una
festa con sessanta
invitati o una cena solo lui e i suoi più intimi amici,
amava creare situazioni
che unissero le persone e amava che ogni singola persona si sentisse
benvenuta
e accolta. Era questo il motivo per cui non aveva esitato ad aprire la
propria
casa ad Hoseok, anni prima. Era questo il motivo che lo aveva spinto ad
invitare Jimin a restare cena la prima volta. Era questo il motivo per
cui non
aveva mai avuto la ben che minima remora all’aprire le porte
anche a Taehyung,
Jungkook ed ovviamente, anche se era un caso un po’ diverso,
a Namjoon. Non
c’era dunque da sorprendersi se l’idea di aver
creato una routine annuale per
la cerchia di persone con cui passava la maggior parte del suo tempo
gli
mettesse così tanta serenità. Dalla sua posizione
avvistò le persone più
importanti di tutte. Namjoon era vicino al tavolo degli alcolici,
impegnato a
riempire due bicchieri, uno per sé e uno da portare a lui.
Vicino al caminetto,
che si trovava centrale sul muro lungo della stanza, quello opposto
alla porta
d’ingresso, poteva vedere Jungkook, intento a parlare
vivacemente con una
crocchia di persone, prevalentemente ragazze. Aveva bevuto anche lui e
come
tutti era leggermente brillo, ma sapendo di non reggere
l’alcol con facilità
aveva per il momento deciso di non andarci giù troppo
pesante. Nonostante
avesse la più completa attenzione del pubblico femminile, a
Jin era chiaro come
i suoi interessi risedessero altrove. Il suo braccio finiva spesso,
molto
spesso a dire la verità, dietro la schiena di Jimin,
lì di fianco a lui.
Durante il corso della serata, Jin aveva avuto di notare come il
ragazzo fosse
rimasto quasi sempre vicino a Jungkook, alternando la sua compagnia
solo a
quella di Taehyung e occasionalmente sua o di Namjoon. Aveva anche
avuto modo
di notare qualcos’altro. Il suo bicchiere sempre pieno. Jimin
non era tra loro
uno dei più sensibili all’etanolo. Hoseok aveva la
tolleranza di un bambino,
Taehyung più o meno come lui, ma Jimin così come
Jin stesso, avevano una certa
resistenza. Non d’acciaio come quella di Yoongi, ma nella
norma. Ciò non
significava che non finissero mai ubriachi. L’alcol aveva
effetto su di loro
come su tutto il resto della popolazione mondiale. Yoongi stesso non
faceva
eccezione. Solamente non accadeva loro di sentirsi male, rimettere o
perdere
completamente il lume della ragione. E se gli accadeva – una
o due volte nella
vita era successo a tutti – avevano bisogno di una
quantità non indifferente di
alcol nel sangue (nel caso di Yoongi, botti intere). Jin non era sicuro
di
quanto avesse bevuto Jimin, né, anche avesse voluto, sarebbe
riuscito in quel
contesto – con la mente offuscata dal soju, il buio, la
musica e gli attacchi
continui del suo ragazzo, il quale non perdeva occasione per
addossarglisi o
spingerlo al muro – a tenerne il conto. Ciò di cui
si era accorto era solamente
che mai una volta gli aveva visto il bicchiere vuoto, il che poteva
significare
solo due cose. O Jimin non aveva mai bevuto, o faceva in modo di avere
sempre
con sé qualcosa da mandar giù. Dal suo attuale
precario equilibrio – si
aggrappava spesso mentre parlava al braccio di Jungkook – e
dal modo in cui i
suoi gesti sembravano venir fuori un po’ eccessivi Jin
pensò che dovesse
trattarsi del secondo caso. Jin distolse lo sguardo dai due ragazzi
più
piccoli, notando Namjoon che finalmente stava tornando da lui con i due
bicchieri nelle mani. Seguendo con gli occhi il suo ragazzo, lo vide
passare di
lato ad un altro gruppetto di persone, al lato opposto di quello dove
erano
Jimin e Jungkook. Tra queste persone c’erano anche Yoongi e
Hoseok. E come non
notare Hoseok. La sala era gremita e la musica era altissima, eppure in
qualche
modo quando Hoseok parlava o rideva il suono della sua voce riusciva a
coprire
tutti gli altri.
–
Rifornimento in
arrivo – urlò Namjoon dal fondo delle scale
cercando di attirare l’attenzione
di Jin. Il ragazzo girò la testa e vide l’altro
cercare di farsi largo tra il
via vai di gente che faceva su e giù dalle scale.
–
Joonie, mi sei
mancato – disse Jin con tono languido quando Namjoon
riuscì a mettersi a sedere
di fianco a lui. Gli passò un braccio dietro la schiena e
avvicinandoglisi
portò la bocca nell’incavo del suo collo.
–
Sono stato via tre
minuti Jin – rispose Namjoon con un ghigno, socchiudendo gli
occhi alla
sensazione delle labbra dell’altro sulla sua pelle.
–
È sempre troppo
tempo – sollevò la testa e prima che Namjoon
potesse rispondere lo baciò,
ricambiato immediatamente dall’altro.
–
Mmh avete una
camera tutta per voi o sbaglio? Occorre che vi mettiate a dare
spettacolo in un
luogo pubblico?
La
testa di Taehyung
spuntò all’improvviso tra i due ragazzi, i quali
emisero entrambi un urlo
quando sentirono la sua voce roca, resa ancora più roca
dall’alcol, dritta
nelle orecchie. Gli era venuta voglia di giocare ed era quindi salito
per un
po’ al piano superiore per vedere se ci fossero
attività divertenti in corso.
Ne aveva trovata finalmente una e dunque adesso stava scendendo veloce,
rischiando anche di inciampare e ruzzolare giù per via della
testa che gli
girava lievemente, per andare da Jungkook ad informarlo. Nella sua
strada aveva
notato Jin e Namjoon e non si era lasciato sfuggire
l’occasione di
infastidirli.
–
Taehyungie! Cosa
diamine spunti così?!
–
Non stavamo facendo
nulla di male!
–
Namjoon,
tranquillo, ormai lo sappiamo che ti piace prendere Jin in modi
diciamo… non
convenzionali. Vuoi che ti porti un grembiulino per darti
un’ulteriore spinta?
A
questo punto fu
interrotto dalle braccia di Namjoon attorno al suo collo, mentre
intanto
sentiva Jin ridere in modo quasi isterico, un po’
dall’imbarazzo e un po’
perché al momento il suo cervello avrebbe probabilmente
recepito qualsiasi cosa
come divertente. Taehyung riuscì in qualche modo a liberarsi
dalla presa
mortale di Namjoon e scappare via facendogli la linguaccia. Di nuovo
rischiò di
inciampare sugli ultimi gradini. Cavolo, aveva bevuto un bel
po’. Dovette
fermarsi un attimo per riprendere il senso dell’equilibrio e
approfittò intanto
per dare una veloce scorsa alla stanza alla ricerca di Jungkook. I suoi
occhi
si illuminarono. Eccolo lì.
****
Jimin
non avrebbe
saputo dire se si stesse divertendo o no. Avrebbe saputo dire ben poco
in
realtà. Sapeva solamente che a un certo punto il mondo aveva
iniziato ad
apparire sempre più distante. Non lo sapeva nemmeno lui
quanto aveva bevuto,
ciò che però sapeva era che non riusciva a
ricordare un momento in cui non lo
avesse fatto. La sensazione all’inizio gli era piaciuta. Si
era sentito più
leggero, sia nel corpo che nella mente, e per un po’ era
riuscito a
dimenticarsi di tutto. O perlomeno di molto. Aveva ballato, aveva
chiacchierato,
scherzato, o così gli sembrava di ricordare. Aveva sempre
fatto in modo di
avere qualcuno dei suoi amici vicino a sé, Taehyung o
Jungkook o Jin e Namjoon.
Ma poi quei due… quei due avevano preso a starsene sempre
attaccati e lui aveva
iniziato a sentire di nuovo nausea. Perché continuava ad
avere nausea ogni
volta che li vedeva? Perché ogni volta che Hoseok si
avvicinava a Yoongi o
vedeva Yoongi ridere a causa di Hoseok si sentiva come se gli stessero
dando
tremila pugni nello stomaco? Perché Yoongi non veniva a
parlargli? Perché lo
allontanava dalla sua vita? Quando questi pensieri iniziarono a
prendere il
sopravvento su di lui si accorse di aver forse bevuto un paio di
bicchieri di
troppo, ma l’alcol nella sua circolazione era già
troppo per ritrovare l’auto
controllo necessario a fermarsi. Aveva dunque continuato a bere e
adesso stava
cercando di apparire sciolto, ridendo a battute che non facevano
ridere,
sorridendo a persone che non conosceva, annuendo a discorsi che non
riusciva a
capire. Si augurava solo che gli altri fossero più ubriachi
di lui e dunque non
si accorgessero di nulla. Non si accorgessero di come i suoi gesti
stessero
diventando caricature. Non si accorgessero dei momenti in cui il suo
sguardo si
faceva vuoto e ci voleva la voce di qualcuno, di solito Taehyung,
più spesso
Jungkook, a riportarlo al presente. Al momento stava di nuovo fingendo
di
ascoltare quello che un ragazzo di fronte a lui stava dicendo, annuendo
a caso
e cercando di simulare nei suoi occhi una luce di comprensione che in
verità
non c’era. Il braccio di Jungkook, a cui si era aggrappato
spesso negli ultimi…
quindici? Venti minuti? Due ore? Da quanto tempo erano qui con queste
persone?,
era l’unica cosa che sembrava essere reale. Tutto attorno a
lui sembrava ormai
ballare, in senso sia figurato che letterale, e quelle braccia gli
facevano da
appiglio. Sentirle forti sotto la sua presa gli ricordavano di non
essere
abbandonato. Gli ricordavano che qualcuno, in quel momento, per lui
c’era.
Separò a un certo punto una voce conosciuta dal mare di
suoni indistinti creato
dalle altre voci.
–
Taehyungieeeee! –
esclamò quando vide il suo amico vicino a sé,
appendendogli le braccia al collo
e bloccandolo in un abbraccio sicuramente sincero, ma da cui traspariva
ben
poca lucidità.
–
Oi Jiminie, mi
soffochi! Quanto hai bevuto?
–
Taehyungie ti
voglio bene – Jimin continuò come se
l’altro non avesse parlato, il corpo
pesante addosso a Taehyung, gli occhi allegri chiusi a formare due
mezzelune e
le parole lente e molli. Jungkook si mise a ridere, prendendolo di
forza e
allontanandolo dall’altro.
–
È la prima volta
che lo vedo così, Tae, è normale?
–
Si, si, o forse no,
non lo so, io non ricordo.
Jungkook
guardò
Taehyung con sguardo interrogativo e pensò che anche lui,
come Jimin, doveva
chiaramente aver bevuto più di quanto avrebbe dovuto
– Voglio dire… voglio dire
che quando bevo io sento subito l’effetto… quindi
non posso dire se Jiminie sia
mai stato così perché sono sempre il primo ad
ubriacarmi insieme ad Hoseokie e
quindi non ricordo. Capito cosa intendo? Ora Kookie, ascoltami
– Spostò con
ben poco riguardo da un lato Jimin, il quale non sembrò
prendersela e parve
all’improvviso essere particolarmente interessato al
contenuto del suo
bicchiere, fissandolo per un po’ prima di mandarlo
giù in due sorsi – stanno
facendo una gara a braccio di ferro sopra e quel cretino di Hyonsu
continua a
dire di poter vincere contro di te, abbiamo quasi litigato, devi venire
e
battere tutti, Kookie vieni, vieni, dai.
–
Tae, Tae, va bene!
Va bene, vengo con te – rise Jungkook. Per quanto gli
piacesse stare lì con
Jimin al suo fianco, non sarebbe mai riuscito a dire di no.
Innanzitutto l’idea
di dare una lezione a quello sbruffone di Hyonsu e poi iniziare una
gara con
gli altri ragazzi lo entusiasmava incredibilmente. In secondo luogo,
Taehyung
avrebbe probabilmente potuto convincerlo a buttarsi da un aereo senza
paracadute. Anche quando gli proponeva cose che Jungkook non avrebbe
mai fatto
o non aveva voglia di fare, il modo in cui ne parlava,
l’entusiasmo che ci
metteva, la luce nei suoi occhi, da sempre non fallivano mai di
contagiarlo.
Anche in questo momento, mentre lo pregava di venire con lui, con
quella sua
voce bassa, le guance accese, le mani calde che continuavano a
toccargli il
collo, e saltando sul posto in quel modo, facendo scuotere il colletto
della
camicia azzurra che indossava, Jungkook non poteva fare a meno di
sentire la
voglia di seguirlo in capo al mondo.
–
Andiamo di sopra.
Jiminie, vieni anche tu?
–
Kookie, Jiminie non
può partecipare però – disse subito
Taehyung con voce lamentosa.
–
Ma Taehyungie, se
vuole venire…
–
No, no – Jimin
aveva una voce leggermente impastata –
Va bene così, andate voi, io sto qui. Non… non
credo di riuscire a fare le
scale.
Si
piegò in avanti,
sorreggendosi con le mani sulle ginocchia e rise, senza apparente
motivo.
–
Sei sicuro che sia
bene lasciarlo solo? – disse Jungkook guardando prima Jimin e
poi Taehyung con
sguardo perplesso. Taehyung annuì solamente, prendendolo per
mano e
trascinandolo via.
–
Rimani lì Jiminie!
– furono le sole parole che Jungkook riuscì a
lanciare a Jimin prima che il
ragazzo sparisse completamente dal suo campo visivo. Taehyung
mandò poi
Jungkook avanti, reputando il suo fisico più adeguato a
farsi spazio nel fiume
di corpi che gli venivano addosso nella loro traversata per il piano
superiore.
Sulle scale si accorse che Namjoon e Jin erano spariti e la
curiosità di sapere
dove fossero lo distrasse quel tempo sufficiente a fargli scordare di
trovarsi
su delle scale e inciampare di nuovo. Si aggrappò con forza
al braccio di
Jungkook, il quale si girò in un attimo e riuscì
ad afferrarlo a sua volta per
tenerlo in equilibrio. Proseguirono tra le risate, facendo gli ultimi
scalini
tenendosi per mano e guardandosi negli occhi senza prestare attenzione
a dove
mettessero i piedi.
–
Stai bene? – disse
Jungkook a Taehyung una volta arrivati al piano.
–
Si, si, sto bene.
Continuo ad inciampare, ma è tutto a posto se ci sei tu
Kookie.
–
Davvero, come ti
terresti vivo senza me che ti controllo.
“Come ti terresti vivo senza me che ti controllo”.
A volte mi chiedo se saresti mai tornato
vivo tu, se non ti avessi trovato io. Guardò il
ragazzo di fronte a sé con
dolcezza, osservandolo mentre procedeva tra la folla, e
avvertì un moto di
affetto infinito nei suoi confronti. Sapeva che i suoi sentimenti erano
ingigantiti da ciò che aveva bevuto, ma sapeva anche che
tutto quello che stava
provando era vero, e lo era anche da sobrio. Coprì la
distanza tra loro con una
piccola corsetta e passandogli le mani attorno alla vita lo strinse
forte da
dietro, fermandolo. Jungkook rimase interdetto sulle prime, ma si
riprese
subito. Mise le proprie mani su quelle di Taehyung, strizzandole
amichevolmente. Si trovavano in mezzo al corridoio, e Jungkook non
poté fare a
meno di chiedersi a cosa fosse dovuta tanta affettuosità
all’improvviso. Invece
che domandarlo però, sentendo che l’amico non
allentava la presa sui suoi
fianchi, portò semplicemente la testa all’indietro
e gliela appoggiò sulla
spalla. Probabilmente era per effetto dell’alcol, ma non
appena aveva sentito
il calore di Taehyung dietro di sé aveva percepito una
sensazione di sollievo
propagarsi attraverso il suo corpo e distenderlo completamente.
Sentì la
tensione accumulata nella giornata appena vissuta disciogliersi del
tutto. Era
stato bene, era andato tutto meglio di quanto avrebbe mai creduto, ma
era stato
faticoso, in un certo senso. Vista la situazione si era trovato spesso
a
sudare, ad agitarsi, a pensare affannosamente a qualcosa di divertente
da dire
o a un modo per mantenere l’attenzione di Jimin su di lui. A
un certo punto era
stato tutto più spontaneo, questo era indubbio, ma di certo
non era stata
esattamente una giornata di totale relax per lui. Invece adesso sentiva
di star
finalmente prendendosi una pausa, da tutto. Dai timori, gli imbarazzi,
i dubbi.
Con Taehyung non doveva davvero pensare a nulla. Non c’era
bisogno di fare
nessuno sforzo. Non doveva impegnarsi per essere più
brillante, più spigliato o
più divertente. Ciò che era, ciò che
poteva offrire bastava. Bastava sempre.
Gli dispiaceva di aver lasciato Jimin da solo al piano terra, ma erano
due
giorni che si preoccupava della sua giornata con lui e che non vedeva
il suo
amico. Si meritava questo momento, e ne aveva bisogno. Voleva godersi
un attimo
di tranquillità, e quella assoluta era possibile solo con
Taehyung. Gli ho chiesto che cosa farebbe se
non ci
fossi io, ma se mi trovo qui in questo momento è solo merito
suo. Rise di
sé stesso, di quanto fosse stato stupido a poter pensare di
tenere una parte
così importante della sua vita nascosta a Taehyung. Di
quanto fosse stato
stupido a voler fare tutto da solo, senza chiedere il suo appoggio. Si
sarebbe
risparmiato così tanto stress se lo avesse fin da subito
avuto al suo fianco in
questa cosa. E rise perché si sentiva
all’improvviso amareggiato da sé. Tae
meritava di più. L’indomani mattina gli avrebbe
detto tutto. Tutto. Non voleva
pensare all’eventualità che avesse problemi con
questa situazione, perché non
sapeva in quel caso cosa avrebbe fatto. Doveva sapere che
l’amico era dalla sua
parte.
–
Rimani sempre qui
ok? – gli
disse piano.
Taehyung
sentì che
Jungkook non si stava riferendo al momento presente. Lo strinse
più forte,
respirando il profumo della sua colonia mentre un pensiero prendeva
forma nella
sua mente, lucidissimo nonostante l’offuscamento in cui si
trovava: Non ti abbandonerò mai.
–
Jungkookie.
–
Mmh? – rispose
piano continuando a tenere gli occhi chiusi.
–
Abbiamo una sfida
da vincere.
Jungkook
ghignò.
****
Jungkook
era sparito,
trascinato da Taehyung. Namjoon e Jin non erano da nessuna parte,
nessuna che
lui si sentisse in grado di raggiungere almeno. Jimin non era
entusiasta
all’idea di essere rimasto solo, ma il bisogno di tenersi in
compagnia era passato
in secondo piano rispetto alla nausea che sentiva al pensiero di dover
arrampicarsi per le scale. La musica gli rimbombava forte nelle
orecchie e non
riusciva a focalizzarsi su quasi nulla, non sarebbe mai riuscito a fare
nemmeno
due gradini. Si allontanò leggermente, tenendosi al muro,
dal gruppetto dove fino
a un momento prima era insieme a Jungkook. Non aveva idea se qualcuno
stesse
parlando o meno, né gliene importava in quel momento.
Probabilmente erano tutti
troppo ubriachi come lui per rendersi conto della sua scomparsa. E
forse non
occorreva nemmeno essere ubriachi per non accorgersi della sua assenza,
pensò
con amarezza mentre si appoggiava al tavolo con gli alcolici. Si
girò in
direzione dell’unico punto della stanza che avesse avuto la
sua quasi più
totale attenzione per praticamente tutta la serata, o almeno da quando
si
trovavano tutti lì. Posò lo sguardo dove gli
interessava e per l’ennesima volta
– possibile che li beccasse sempre appiccicati? – vide
Hoseok addosso
a Yoongi. Per l’ennesima volta sentì il suo
respiro farsi incredibilmente pesante.
Note
dell’autrice: Ciao a tutti!
Nuovo capitolo fatto. Ho deciso di
pubblicarlo adesso e non la prossima settimana perché
insieme al capitolo precedente
e al prossimo fa parte di una stessa “sequenza” e
dato che questo è un momento
importante nella storia, ho pensato fosse meglio pubblicare a distanza
più ravvicinata,
per mantenere un po’ il “flow” della
narrazione.
Non credo di
aver molto da aggiungere in nota, preferisco
che il capitolo parli per conto suo, senza commenti miei a
chiarire/confondere
(dipende dai punti di vista ahah) le acque. Ciò che
è stato descritto fa da momento
di passaggio, dunque credo che se avrò qualcosa da dire
sarà nel prossimo.
Grazie come
sempre di aver letto capitolo e note, spero la
lettura sia stata di vostro gradimento. La mia intenzione è
far uscire il
prossimo capitolo mercoledì, alla peggio giovedì.
Attendetemi lì ~
Come sempre, i
commenti sono i benvenuti e grazie per chi
ha aggiunto questa storia alle preferite/seguite ♥
Alla prossima!
Baci, Elle
|
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Capitolo 10 *** Capitolo VIII ***
CAPITOLO VIII
[…]
Un pianeta
intricato per distanza e
fogliame,
una steppa, una roccia crudele e disabitata,
con le nostre stesse mani costruire un nido solido,
volevamo, senza
danno, né ferita né
parola,
e non fu così l'amore; ma una città pazza
dove la gente impallidisce ai balconi.
(Pablo Neruda, Sonetto LXXI, strofe
3-4)
Jimin si
girò in
direzione dell’unico punto della stanza che avesse avuto la
sua quasi più
totale attenzione per praticamente tutta la serata, o almeno da quando
si
trovavano tutti lì. Posò lo sguardo dove gli
interessava e per l’ennesima volta
– possibile che li beccasse sempre appiccicati? –
vide
Hoseok addosso a
Yoongi. Per l’ennesima
volta sentì il suo respiro farsi incredibilmente pesante.
Era stanco. L’alcol
era tanto, tanto e troppo e stava iniziando a perdere
l’orientamento. Sentiva
sia la mente che il corpo pesargli addosso. Nonostante avesse bevuto
continuamente, la gola gli si era fatta secca. Credette che un
bicchiere
d’acqua lo avrebbe aiutato e sforzandosi di guardare solo
dritto davanti a sé,
iniziò a camminare a passi instabili verso la cucina,
cercando sostegno ogni
tanto da chiunque capitasse di trovarglisi vicino, per riacquistare un
po’ di
equilibrio. Riuscì a portarsi fino al rubinetto e riempirsi
il bicchiere. Il sollievo
che attendeva non arrivò, ma pensò che prima o
poi in qualche modo l’acqua
avrebbe fatto effetto. Si portò di nuovo alla porta,
appoggiandosi pesantemente
allo stipite. Continuando ad avere il respiro affannato
gettò un’altra volta lo
sguardo verso quel punto preciso, all’angolo estremo della
sala. Hoseok aveva
portato Yoongi al muro, i loro visi incredibilmente vicini, Yoongi
sorridente.
Jimin distolse lo sguardo. Sentì d’un tratto il
bisogno di rimettere e il suo
viso farsi caldo. Ci mise un po’ ad arrivare alla porta
d’ingresso, ma alla
fine le sue mani toccarono il pomello e si lasciò andare
fuori dalla villa. Si
ritrovò esposto al vento freddo, implorando il gelo di
ghiacciargli addosso la
decisione che aveva preso.
****
Yoongi non aveva
mai distolto
la sua attenzione da Jimin durante il corso dell’intera
serata. Ogni volta che si
erano trovati nella stessa stanza, pur non fissandolo apertamente,
aveva sempre
fatto in modo di sapere dove fosse e localizzarlo anche solo con la
coda
dell’occhio. Non gli piaceva che stesse bevendo
così tanto. Sapeva quale fosse
il suo limite e credeva lo avesse superato da un bel pezzo. Non avrebbe
saputo
tuttavia come intervenire, e ciò lo rattristava
incredibilmente. Il suo
desiderio maggiore al momento era prendere Jimin in disparte,
togliergli il
bicchiere dalle mani e… poi cosa? Non aveva una idea precisa
di cosa avrebbe
dovuto dire e questo era stato uno dei motivi principali che fino ad
ora lo
avevano bloccato dall’avvicinarsi al ragazzo. Si era sforzato
di pensare alle
parole che avrebbe potuto rivolgergli, ma gli sembravano tutte stupide
e vuote.
Domandare se stesse bene non aveva senso, glielo aveva già
chiesto e comunque
era un qualcosa che in quel contesto sarebbe suonato ridicolo.
Chiedergli se
c’era un problema? Che domanda era? Non c’era un
problema. O meglio c’era, ma
non per Jimin. Di questo Yoongi era sicuro. Il problema era tutto suo e
si
chiamava Jungkook. Forse avrebbe potuto avvicinarsi ed iniziare a
parlare con
Jimin facendo all’inizio qualche chiacchiera di circostanza.
Non solo però le
chiacchiere di circostanza non erano il forte di Yoongi, ma se anche lo
fossero
state rimaneva il fatto che Jimin sembrava chiaramente gradire la
compagnia del
ragazzo più piccolo e gli era difficile pensare che i suoi
discorsi forzati
avrebbero potuto distrarlo. Tantomeno attrarlo di nuovo a
sé. Quando si erano
parlati la prima volta Yoongi non aveva trovato difficoltà
ad offrire a Jimin
qualcosa che gli permettesse di tenerlo vicino, ma adesso, in questa
circostanza, fuori dal suo elemento, si chiedeva cosa avesse da dare.
La verità
era che Yoongi sapeva che qualsiasi cosa lui avesse detto non avrebbe
funzionato, perché non sarebbe stata sincera.
C’era un unico desiderio che
premeva nel suo cuore ed era rivolgere a Jimin una preghiera. Dirgli
prima di
tutto che capiva, comprendeva perché fosse interessato a
Jungkook, e rassicurarlo
che lo avrebbe accettato, ma lui avrebbe dovuto fargli una promessa. Lo
avrebbe
implorato se necessario, ma avrebbe dovuto sentir uscire dalla bocca di
Jimin
le parole “sarà tutto come prima”. Non
era ciò che era stato a preoccupare Yoongi.
Si era reso conto già da diverso tempo di non essere turbato
da quello. Ma
guardare Jimin e Jungkook giocare tra la neve così allegri,
così spensierati,
così belli insieme gli aveva fatto realizzare di avere una
paura folle del
futuro. Tutta l’apprensione, tutta l’inquietudine
che aveva vissuto fino a quel
momento, adesso comprendeva da cosa derivavano. Da un terrore assoluto
di ciò
che sarebbe potuto essere. Ovviamente però confessare a
Jimin una cosa del
genere era un’idea sciocca. Jimin e Jungkook non avevano
neppure dato conferma
del fatto che tra loro ci fosse qualcosa, e già lui saltava
a conclusioni. Allo
stesso modo, qualora già avessero deciso di iniziare una
relazione, non aveva
diritto di fare una richiesta simile a Jimin. A quale fidanzato avrebbe
fatto
piacere che la propria metà passasse ore chiuso in uno
studio (o, peggio
ancora, in una camera) con un’altra persona? Oltre al fatto
che dare per
scontato che fosse Jungkook a non essere d’accordo con i loro
incontri non era
forse segno di grande presunzione da parte sua? Poteva benissimo essere
Jimin
stesso, nel momento in cui si era legato a qualcuno, a volere in futuro
mettere
dei paletti al loro rapporto e ridurre il tempo da passare con lui. Il
che
avrebbe avuto senso. Perché preferire le sue creazioni senza
valore alla
compagnia della persona amata? Era evidente che Yoongi non poteva
confessargli
il suo timore, né tantomeno rivolgere una simile richiesta.
Il fatto che
l’unica possibile soluzione che gli fosse venuta in mente
fosse così insensata non
gli aveva destato sorpresa. Lui era Min Yoongi, e Min Yoongi pensava
spesso
cose sciocche. Dunque si trovava paralizzato. Si sentiva confuso,
spaesato e
privo di mezzi per intervenire ed evitare il disastro che vedeva
arrivare
sempre più vicino come un TIR in corsa. Avrebbe volentieri
mollato tutto per
andare a dormire se non fosse stato per Hoseok. Non lo aveva lasciato
solo neppure
per un momento, e di questo Yoongi gli poteva solo essere grato. Per
quanto
ormai fosse si abbastanza abituato a queste feste di fine anno,
rimaneva
comunque sempre piuttosto rigido in questo tipo di contesti e faceva
difficoltà
a rilassarsi completamente. Non era il suo ambiente, lo gestiva male ed
Hoseok
lo sapeva. Quest’anno, ancor più che i precedenti,
la sua presenza era stata
vitale per Yoongi. Nonostante si sentisse frastornato – e per
quanto fosse
capace di resistere all’alcol, bere non lo aveva comunque
aiutato a smorzare
questa sensazione – con l’amico attorno,
così vivace e così chiaramente
risoluto a mantenerlo di buon umore, non c’era modo di
rimanere serio. Era il
più rumoroso di tutti ed era impossibile ignorarlo. Non che
Yoongi avesse
desiderio di farlo. Concentrarsi su di lui era facile e soprattutto
essenziale
in quel momento. Yoongi si chiedeva che cosa l’amico avesse
capito di tutta
questa situazione. Se avesse anche lui percepito qualcosa di strano
nell’atteggiamento di Jimin. Soprattutto, se avesse percepito
qualcosa di
strano nel suo atteggiamento. Gli sembrava impossibile pensare che
Hoseok non
si fosse accorto dello sguardo preoccupato con cui spesso si soffermava
a
guardare il più piccolo. Così come non poteva non
aver notato quanto Yoongi
fosse ancora più silenzioso degli altri anni. Non si
sforzava mai di essere un
gran conversatore, ma quest’anno il suo impegno era ridotto
davvero ai minimi
termini. L’unica persona con cui stesse riuscendo ad avere un
contatto era
Hoseok. Hoseok questo doveva averlo senz’altro percepito
nonostante la nebbia
dell’alcol – mio dio partiva sempre dopo appena due
sorsi – perché infatti
aveva fatto in modo di restare al suo fianco, distraendolo come meglio
poteva e
integrandolo nella conversazione quando si trovava a parlare con altre
persone.
Durante
l’ultima parte
della serata entrambi erano rimasti in piedi vicino al divano,
circondati da un
gruppetto di ragazzi con cui Hoseok continuava a ridere e scherzare.
Yoongi si
era sistemato strategicamente in mezzo a loro in una posizione tale che
gli
consentisse di tenere sotto controllo Jimin e quello che faceva. Il
che, la
gran parte delle volte, era bere o appoggiarsi a Jungkook. Al ragazzo
ciò non
doveva sicuramente dispiacere, visto che ogni qual volta Jimin lo anche
solo
sfiorava, subito il suo braccio finiva dietro la sua schiena. Fu
sorpreso di
vedere a un certo punto Jimin piegarsi sulle ginocchia e Jungkook e
Taehyung
andarsene al piano superiore lasciandolo lì. Credette che
Jimin li avrebbe
seguiti, ma quando si accorse che invece aveva preso a camminare
appoggiandosi
al muro nella direzione opposta alla scala, verso il tavolo degli
alcolici, si
rabbuiò. Pensò che fosse il caso di andare
quantomeno ad aiutarlo, ma qualcuno
all’interno del gruppo chiamò il suo nome
mettendogli un braccio intorno al
collo. Se Hoseok già da sobrio era una persona
particolarmente affettuosa e
fisicamente espansiva, da ubriaco portava il tutto a un livello
superiore.
–
Hobi, lo so che queste
parole per te al momento non avranno senso, ma lo spazio personale,
porca
miseria! – gli disse, incapace però di essere
effettivamente infastidito e
neppure facendo il tentativo di scollarsi il ragazzo di dosso,
consapevole del
fatto che gli si sarebbe riappiccicato addosso nel giro di un
nanosecondo.
Hoseok però era più alto e pesante di lui e con
un braccio attorno al suo collo
stava iniziando ad appoggiarglisi un po’ troppo e Yoongi ebbe
paura per un
momento di cadere o soffocare. Con un guizzo negli occhi gli porto una
mano sul
collo e iniziò a fargli il solletico. Sapeva che
l’amico era particolarmente
sensibile ed infatti, tra salti, urla e risate, finalmente
mollò la presa.
Tutti quanti attorno a loro scoppiarono a ridere, divertiti dal modo in
cui il
piccoletto si era fatto valere. Dopo pochi minuti, Yoongi si
guardò di nuovo
attorno. Aveva perso di vista Jimin. Sentì di nuovo un nodo
stringergli la
gola, ma si obbligò a rimanere calmo e perlustrare con gli
occhi l’area che
aveva di fronte. Mentre era occupato a scannerizzare la stanza, e stava
quasi per
buttarsi nella mischia per cercare di ritrovare Jimin, sentì
due mani che gli
afferravano il polso. Hoseok lo trascinò più
verso il muro all’angolo della
sala, senza che lui, preso in totale contropiede, avesse i riflessi
pronti ad intervenire.
Con una mano Hoseok lo spinse verso la parete, addossandoglisi. Le sue
pupille
erano incredibilmente dilatate, gli occhi brillanti e chiaramente
alterati.
Yooghi fece un ghigno.
–
Hoseokie, dovrebbero
toglierti il permesso di bere.
– Shh,
so quello che
faccio – rispose mettendo un dito sulle labbra di Yoongi per
interromperlo.
C’era così tanta confusione quindi nessuno avrebbe
davvero badato a loro, ma
allo stesso tempo si trovavano con moltissime altre persone, e nella
mente annebbiata
del ragazzo ciò faceva di quel momento il momento perfetto
per mostrare i
propri progressi all’amico –
C’è la luna piena, dovremmo davvero provare,
potrei farti vedere i risultati delle tue lezioni
nell’atmosfera giusta.
Così
dicendo Hoseok passò
la mano sulla guancia di Yoongi, guadagnandosi un sorrisetto malizioso:
– Fino
all’altro ieri non
riuscivi nemmeno a fissarmi negli occhi, guardati ora, così
spigliato di fronte
a tutte queste persone – afferrò la mano che
Hoseok aveva sul suo viso,
allontanandola – Ma aiutarti nel segreto delle mie stanze
è tutto quello che
avrai da me.
–
Yoongiaaahh non sei
divertente!
–
Quando tornerai in te
mi sarai grato – disse Yoongi sospirando e girando la testa
in direzione delle
scale. Aveva pensato che Jimin, se non era in sala, poteva a questo
punto
trovarsi solo o sulle scale o in cucina. Aveva avuto ragione. Una
maglietta
bianca all’altro lato della stanza attirò la sua
attenzione. Fu un attimo,
prima che sparisse uscendo dal salone. Dove
va? Fuori? Solo adesso, cogliendolo mentre si muoveva verso
la porta, si
era reso conto di quanto stesse male. Non si reggeva quasi in piedi e
Yoongi
aveva avuto modo di notare come avesse rischiato di cadere ogni volta
che
qualche corpo gli si era scontrato addosso. Proprio nel momento in cui
Yoongi
realizzava questo e la preoccupazione iniziava ad afferrarlo questa
volta sul
serio, un urlo acuto gli trafisse un timpano. Si voltò
spaventato e vide
Hoseok, allontanatosi di colpo da lui, saltare sul posto, due braccia
alzate,
il volto raggiante.
– La
mia canzone preferita!
Io vado in mezzo!
Così
dicendo si buttò
nella mischia, spingendo chiunque incontrasse sulla sua strada
finché non fu
giunto al centro della sala, dove iniziò a ballare e
saltare. Libero da Hoseok,
Yoongi fu finalmente in grado di allontanarsi dal muro e avanzare verso
la
parte opposta della sala. Voleva assolutamente sapere cosa stesse
facendo Jimin.
Aveva percepito qualcosa in lui che gli aveva fatto male. Gli era
apparso
incredibilmente indifeso e si chiese come avessero potuto lasciarlo da
solo. Mio dio, non si reggeva quasi in piedi.
Che
diavolo ci voleva a controllarlo meglio? Capì che
spettava a lui il compito
di accertarsi che fosse al sicuro e visto il modo in cui camminava era
convinto
che non lo fosse. Doveva prenderlo e riportarlo dentro. Quando stava
per
giungere alla porta chiusa che dava sull’anticamera, venne
fermato da un
ragazzo. Yoongi non aveva idea di chi fosse, né di cosa
volesse. Non voleva
essere sgarbato, ma tutto in lui lottava contro l’istinto di
spingerlo da un
lato e passargli oltre. Doveva andare da Jimin. Il tipo continuava a
dire di
volerlo conoscere perché era amico di Namjoon-hyung, e a un
certo punto gli
allungò una mano come a volerlo salutare. Vedendo la mano
del ragazzo, Yoongi
si chiese se Jimin avesse almeno preso i guanti. È
indispensabile che prenda i guanti. Un’ansia enorme
si impadronì
di lui e sentì il bisogno di precipitarsi fuori. Tutta la
sera aveva
procrastinato il momento in cui andare a parlargli e alla fine si era
anche
quasi arreso all’idea, ma adesso che sentiva che ogni istante
era fondamentale
e il tempo che stava perdendo lo stava mettendo in uno stato
d’incredibile
agitazione. Più veniva tenuto lontano, più
pensava ai secondi che Jimin stava
passando da solo al freddo e sentiva crescere dentro sé
l’urgenza di andare da
lui. Questa improvvisa intromissione nel suo proposito lo fece sentire
per un
attimo stanchissimo. Tutta la sera si era trovato scuse per non
avvicinarsi.
Tutta la sera aveva permesso che terze parti lo dissuadessero dal fare
una cosa
per lui importantissima. Adesso si trovava davanti un ulteriore
ostacolo.
Sembrava quasi che il destino non volesse dargli questa
opportunità, che stesse
lanciando dei chiari segnali che il suo tempo con Jimin era finito.
Sentì le
sue energie venir meno. Se è
così che
deve andare, che potere ho io per oppormi? Jimin
però si trovava sotto il
vento di gennaio, al buio e solo, lo doveva raggiungere. Si riprese e
senza
troppi complimenti decise di passare oltre il ragazzo, dopo avergli
gettato
addosso delle scuse confuse. Quando si chiuse la porta
dell’anticamera alle
spalle e vide di essere solo tirò un sospiro di sollievo,
prima di aprire la
porta d’ingresso e senza nemmeno indossare un cappotto uscire
nella notte
urlando il nome di Jimin.
Quella
situazione non gli
piaceva. Dov’era andato? Cosa stava facendo? Sentì
l’aria sferzargli il viso,
il vento ululare tra gli alberi neri in lontananza e un brivido lo
percorse.
–
Jimin! Jiminah!
Non era nel
cortile e
ebbe paura fosse uscito. Si precipitò verso il cancello,
aprendolo con foga.
Aveva deciso di controllare fuori prima ancora che il retro del
giardino,
perché se Jimin fosse stato lì lo avrebbe
ritrovato, mentre era invece essenziale
che, nel caso in cui si fosse avventurato fuori dai confini della
villa, lo
ritrovasse nel minor tempo possibile. Era anche stato male, non doveva
assolutamente rimanere all’aperto. Si buttò fuori
dal cancello principale
pregando che il ragazzo fosse lì vicino. Nelle
sue condizioni non può aver fatto tanta strada. Ti prego Jimin, dove sei? Si raccolse le
braccia davanti al petto,
guardandosi intorno con frenesia e il cuore che gli batteva
all’impazzata. I
fari illuminavano la notte, ma non riuscivano a coprire un raggio
vasto. Yoongi
fu preso dal terrore che Jimin si trovasse là dove il suo
sguardo non avrebbe
potuto coglierlo, in mezzo alle tenebre. A un certo punto vide qualcosa
muoversi, dietro a un albero che si trovava un po’ in
lontananza, ma era ancora
sufficientemente vicino da venir leggermente toccato dalla luce dei
lampioncini.
–
Jiminah! – Si slanciò
di corsa verso il ragazzo, dimenticando di colpo il freddo e la
preoccupazione.
Era lì. Lo aveva trovato. Era arrivato in tempo –
Jiminah, cosa stai facendo
qui fuori??
Lo
scrollò forte per le
spalle e cercò poi di avvicinarlo al cancello.
All’inizio non trovò resistenza
da parte del ragazzo, ma a un certo punto Jimin si bloccò di
colpo.
–
Jimin, vieni, cosa
succede?
Ora che si
trovavano più vicini alla
villa ed erano quindi più esposti alla luce al neon, Yoongi
ebbe modo di
osservarlo meglio. Sentì un colpo al cuore quando vide il
suo viso. C’era solo
confusione nel suo sguardo, che era diventato quasi vitreo, e sembrava
posarsi
sulle cose senza in realtà comprenderle. Yoongi ebbe
l’impressione che il
ragazzo fosse del tutto spaesato e che la mente annebbiata
dall’alcol gli
avesse sottratto la capacità di realizzare dove si trovasse
o cosa stesse
facendo. Continuava a guardarsi attorno, muovendo la testa
freneticamente come
cercando qualcosa, e divincolandosi leggermente dalla presa di Yoongi.
Yoongi
sentì le sue mani allentarsi, automaticamente, colpito dal
terrore di star
facendo male al ragazzo. Jimin approfittò per fare un paio
di passi incerti in autonomia
in direzione dell’ingresso, Yoongi sempre affianco a lui per
paura che cadesse.
Prese poi a camminare più velocemente, come se fosse stato
colto da una foga
improvvisa, sempre guardandosi ossessivamente attorno. Cerca
qualcosa? O qualcuno? Vide Jimin entrare nel cancello,
seguendolo sempre come se fosse la sua ombra. Jimin si fermò
e Yoongi con lui.
Gli sembrò di udire il proprio nome, in un sussurro quasi
impercettibile:
–
Yoongi-hyung..?
–
Jiminah… – Era davvero
il suo nome che aveva pronunciato? Yoongi sentì il cuore
balzargli nel petto
quando si rese conto di essersi trovato a pensare che Jimin lo
chiamasse
perché, nella sua confusione, era lui che stava cercando.
Era un pensiero
sciocco, no? Gli sei davanti, è
ovvio che
abbia chiamato te. Eppure sentiva, no, sperava,
e ciò lo agitò ancora di più, che il
ragazzo non si stesse rendendo conto perfettamente
di dove si trovasse e dunque l’aver invocato il suo nome non
c’entrasse nulla
con la presenza effettiva di Yoongi, ma piuttosto con un desiderio da
parte di
Jimin di trovarlo. Il suono però era stato a malapena
udibile e Yoongi temette
di averlo sognato – Jimin, dobbiamo rientrare. Capisci
ciò che ti dico? Non
puoi rimanere fuori, fa troppo freddo.
Jimin continuava
a
guardarsi intorno spaesato, oscillando notevolmente, e Yoongi non era
sicuro
che udisse nulla di ciò che gli stava venendo detto. Decise
quindi di prenderlo
di nuovo per le spalle, più delicatamente questa volta, e di
condurlo verso la
porta, ma all’ultimo Jimin dette uno strattone e barcollando
si addossò al muro
di fianco all’entrata. Yoongi si precipitò su di
lui, di nuovo terrorizzato
all’idea che potesse cadere. Il ragazzo aveva iniziato a
tremare vistosamente e
Yoongi gli strinse istintivamente le braccia con entrambe le mani.
Per tutta
risposta Jimin portò
le mani lungo i suoi fianchi, aggrappandosi ai lembi della giacca rossa
e
avvicinandolo a sé. Yoongi spalancò gli occhi,
ammutolito. Il ragazzo continuava
a stringerglisi e lui non ebbe la forza di opporglisi. Jimin prese poi
a
scorrere giù lungo il muro, a sedere, trascinando Yoongi con
lui. Erano ora
seduti sull'erba di ghiaccio e bagnata, ma nessuno dei due
sembrò curarsene.
Yoongi non sentiva neppure più freddo. Si accorse in
realtà di non sentire
nulla, tutto d’un colpo, tranne la pressione delle mani di
Jimin su di sé.
Sentì le sue dita muoversi all’improvviso dai suoi
fianchi e scorrergli lungo
il petto, aggrappandosi ogni tanto alla sottile camicia bianca come se
faticassero a salire. Gli giunsero fino alla spalla, stringendola. Il
respiro
di Yoongi si fermò completamente quando Jimin
iniziò ad avvicinare sempre più
il proprio viso all’incavo del suo collo. Quando ci
posò sopra la fronte – che
scottava vistosamente e in modo preoccupante, visto il freddo che il
ragazzo
pareva star sentendo – Yoongi sentì un lungo
brivido percorrergli l’intero
corpo, un brivido né freddo né caldo e che
sicuramente non aveva nulla a che
fare con la temperatura esterna. D’istinto, portò
le sue braccia attorno a Jimin,
stringendolo a sé e trovandosi, per quanto assurdo potesse
sembrare, a pregare
qualcuno lassù che questo momento durasse per sempre, e che
questa sensazione
non passasse. Lo aveva trovato. Lo aveva trovato e Jimin aveva chiamato
il suo
nome. Era da quando si erano visti l’ultima volta che aveva
bisogno di
rivederlo e ora che lo aveva finalmente tra le braccia, in quel modo,
così
vicini, così intimi, sentì che non voleva
lasciarlo andare, per nulla al mondo.
Voleva sistemarlo ancora meglio contro il suo petto, tenerlo stretto
ancora un
po’, possibilmente per sempre.
Si rese conto in
quell’esatto istante di quanto avesse pesato sulla sua anima
il pensiero e la
paura di averlo perso. Riuscì anche a rendersi finalmente
conto di quanto
strano fosse stato quel timore. Sapeva bene che Jimin non sarebbe
scomparso
dalla sua vita, sarebbe rimasto suo amico ed avrebbe continuato a
frequentare
la sua casa. Dunque di cosa aveva avuto paura esattamente?
Perché aveva
avvertito un senso di solitudine immensa all’idea che
qualcosa tra loro potesse
cambiare? Come poteva pretendere che Jimin non avesse una propria vita?
Era
questo che rendeva strano il suo attaccamento. Non aveva mai avuto
paura di
perdere Hoseokie prima, anche quando erano stati lontani. Il ragazzo
era incredibilmente
socievole, aveva mille amicizie, si era avvicinato a Jin,
così come poi in
seguito Jimin, eppure Yoongi mai, mai si era sentito minacciato da
questo. Il modo in
cui Jimin si era avvicinato a Jungkook,
ogni loro interazione, lo aveva invece sempre gettato in uno stato di
profondo
turbamento. Aveva sempre reputato Jimin la sua amicizia più
stretta, vicino ad
Hoseok. Ma se davvero occupava nel suo cuore lo stesso posto di Hobi,
perché si
sentiva diverso ora con lui? Perché si sentiva
incredibilmente leggero all’idea
che ora fosse finalmente non solo vicino a lui, ma si fosse persino
spontaneamente accoccolato nelle sue braccia dopo che era stato
così in pena
tutto il pomeriggio sapendolo con Jungkook? Gelosia.
Yoongi era bravo con le parole. Gelosia.
Sapeva usarle. Gelosia. La famosa cosa che sentiva quando Jungkook si
avvicinava
a Jimin non era nient’altro che gelosia. La realizzazione lo
investì mentre
teneva possessivamente Jimin sotto le sue mani e lo strinse ancora
più forte,
passandogli una mano tra i capelli
e serrandogli
l’altro braccio attorno alla vita. Jimin doveva per qualche
motivo essersi
tolto la giacca a un certo punto, perché aveva addosso solo
la sua maglietta
bianca. Le mani di Yoongi la sentirono sottile, così sottile
da dargli quasi
l’impressione di star toccando la schiena nuda
dell’altro. Inspirò
profondamente e sentì il sangue battergli con ancora
più forza nelle vene
quando Jimin portò le sue labbra al suo orecchio. Lo
sentì ripetere il suo nome. Voleva piangere e mettersi a
ridere allo stesso tempo,
si sentiva sia leggero che pesante, e sapeva con certezza che non era
per via
dell'alcol. Finalmente, finalmente tutto il peso che si era portato
addosso non
solo negli ultimi due giorni, ma da quando quell’inquietudine
si era impossessata
di lui, si dissolse. Jimin lo voleva ancora. Il sollievo era talmente
tanto che
lo travolse completamente e fu come se gli aprisse la porta verso un
nuovo
mondo. Ciò che stava provando era qualcosa che non aveva mai
sentito prima, e
in una frazione di secondo due pensieri gli attraversarono la mente. Il
primo
fu che non avrebbe mai smesso di amare questa sensazione. Non aveva
nemmeno
saputo di averne bisogno fino ad ora. Ma avere Jimin così
vicino a sé, sicuro
del fatto che non se ne sarebbe andato, perché era lui che
stava cercando,
glielo aveva fatto finalmente comprendere. Il secondo pensiero fu che
l'idea
che tutto questo potesse accadere ancora, tante volte, senza limiti di
tempo,
gli aveva di colpo alleggerito il cuore, e l'idea di avere il cuore
leggero lo
aveva fatto sentire davvero felice, e poche nella vita, probabilmente
mai, si era
sentito davvero felice. Bastò
un attimo per
concepire questi pensieri, ma capì che gli avrebbero
cambiato la vita per
sempre. Accarezzando i capelli di Jimin pensò che non solo
non lo aveva perso e
non era ancora troppo tardi, ma che forse aveva anche la
possibilità di
guadagnare qualcosa di più e la gioia gli strinse il cuore.
Offuscato così dal
corso dei suoi pensieri, ci mise più del necessario a
realizzare il senso delle
parole che Jimin gli stava dicendo adesso all’orecchio. Lo
sentì parlare con
suoni tremuli, sottili e comprese che il freddo gli stava serrando la
gola
impendendogli di esprimersi a piena voce.
–…
Kookie… dov’è?
Dov’è…
– Sembrò voler dire altro ma prese a tossire
lievemente. A Yoongi girò per un
momento la testa, non sapendo come sentirsi. Non sapeva nemmeno se
aveva tempo
al momento di cercare di sapere come sentirsi.
–
Pe-perché non è qui? –
Jimin quasi piangeva e a Yoongi sembrò avere il tono di chi
stia delirando.
Continuava a tenere i pugni serrati sulla spalla e la vita di Yoongi,
con le
mani che Yoongi sapeva dovevano ormai essere rosse e quasi del tutto
intorpidite. Fu solo la preoccupazione che gli dette la forza
necessaria per reagire.
–
Jimin-ah... – faceva
fatica ad articolare le parole, la gola completamente secca
–Jimin! Ti devi
alzare, ti prego!
Il ragazzo
però non si
mosse, sollevando solamente la testa e continuando a cercare con occhi
vacui in
giro.
–
Kookie! Per favore
dimmi dov’è! Non…
mi sento bene… –
Yoongi si sentiva paralizzato, non sapeva più cosa dovesse
fare e il cervello
gli stava funzionando a rallentatore – Per favore…
Yoongi
lo osservò bene. I suoi occhi
continuavano ad apparire confusi e a girovagare ovunque. Doveva davvero
rientrare e mettersi a letto, probabilmente aveva la febbre. Sta male. Sta male e io l’ho tenuto qui
perché mi sono messo a fare pensieri insensati. Yoongi sei
il più grosso idiota
del mondo. Jimin non sembrava però voler
collaborare. Yoongi si rese conto
che non sarebbe mai riuscito a prenderlo e portarlo in casa di peso. Si
sentiva
stravolto. In solo pochi minuti aveva vissuto emozioni che non era
riuscito a
provare in una vita intera. Credere che Jimin avesse bisogno di lui,
che le sue
attenzioni fossero rivolte a lui, lo aveva fatto stare così
bene, anche se solo
per un attimo, che fu costretto a smettere di mentire a sé
stesso e guardare in
faccia la realtà. Era quello il modo in cui voleva che Jimin
lo volesse. Erano
quelle le attenzioni che Jimin gli rivolgesse. Era così che
voleva che Jimin
gli stesse vicino. Quando sentì Jimin ripetere un'altra
volta il nome di
Jungkook, come se supplicasse, Yoongi sentì uno strappo
forte dentro di sé.
Annaspando nel suo stesso respiro, gli fu chiaro cosa avrebbe dovuto
fare, per
il bene di tutti. Trovò il cellulare di Jimin nella tasca
dei suoi pantaloni,
mentre il ragazzo continuava a starsene raggomitolato su di lui. Con
mani
tremanti scrisse un messaggio, sperando il destinatario vedesse
perché non solo
lui non avrebbe avuto le forze di guardarlo negli occhi, ma aveva anche
bisogno
di rimanere con Jimin fino all’ultimo secondo. Una volta
premuto invio poggiò
il telefono per terra e strinse Jimin di nuovo tra le sue braccia,
cercando di
scaldarlo un po’e tenerlo sveglio.
–
Ascolta Jiminah… –
quasi si bloccò, ma pensò che non aveva tempo e
poco importava che Jimin forse
non capisse ciò che stava per dirgli, voleva comunque farlo
– Ascoltami, va
tutto bene. Va tutto bene, tra poco sarai al sicuro. Mi sento uno
stupido a
dirti questo, ma… a un certo punto… ho sentito
qualcosa che... Mi hai fatto
vivere cose che non avevo mai vissuto prima. Ero felice, ci credi? Io,
Min
Yoongi, felice. Però… però
l’importante è che sia felice tu. Non fa niente se
le cose devono andare così, se ti allontanerai da me. Voglio
che tu sia felice.
Capito Jiminah? Sii felice. Tu hai reso tanto felice me, io
cercherò di fare in
modo di rendere felice te. È che non mi ero reso
conto… Non mi ero mai reso
conto… – gli si strozzarono le parole in gola e fu
sul punto di piangere. Gli
tornarono in mente – che diamine si metteva a pensare adesso?
– delle parole
che aveva letto un giorno in un libro di Namjoon. Aveva trovato il
piccolo
libriccino sul divano un giorno e viste le dimensioni ridotte aveva
deciso di
mettersi a leggerlo per passare il pomeriggio. La conclusione amara del
libro
lo aveva colpito, ma mai prima di allora era riuscito a capire a pieno
il senso
delle parole del protagonista, così disperato eppure quasi
sereno. Gli venne
spontaneo dirle ad alta voce, in un mormorio:
–
“Un minuto intero di
beatitudine! Ma è forse poco questo, sia pure per
l’intera vita di un uomo?”
Non… non sapevo cosa significassero. Credo di averlo capito
Jimin-ah e per
questo ti ringrazio.
In modo lento,
scostò
delicatamente Jimin da sé e guardandolo con dolcezza lo
appoggiò di nuovo al
muro. I suoi occhi erano socchiusi, e appena toccò la parete
della villa portò
la testa all’indietro, come se volesse dormire. Yoongi gli
mise una mano sulla
guancia, avvicinandosi piano al suo viso. Sentì una porta
sbattere. Sobbalzò. La porta
dell’anticamera. Si alzò in un
lampo e corse più veloce che poté verso il fianco
della villa, per nascondersi.
Fece appena in tempo a svoltare l’angolo prima di sentire un
urlo:
–
Jiminie! Mio dio
Jiminie, che cosa ci fai qui fuori?!
È
arrivato,
pensò Yoongi e il pensiero che Jimin fosse finalmente al
sicuro e fra pochi minuti si sarebbe trovato al caldo lo fece sentire
tranquillo, ma fu una pace momentanea. Dai suoni che provenivano dal
cortile,
capì che Jungkook doveva aver sollevato Jimin di peso e
quando sentì la porta
d’ingresso sbattere seppe che entrambi erano rientrati. A
questo punto, giunse
l’inferno. Si sentì annaspare, non riusciva
più a controllare il proprio
respiro e non capì se fosse per colpa dell’aria
fredda o meno. Chiuse gli occhi
e cercò di ritrovare la calma, ma il suo cuore non smetteva
di battergli alla
follia nel petto, come se volesse scapparsene da qualche parte.
Pensò di
camminare per sentirsi meglio. Avanzò nel giardino, come in
trance e uscì dal
cancello, cercando conforto nelle tenebre del boschetto davanti a
sé, dove la
luce dei fanali non arrivava. Continuò ad avanzare
nell’oscurità, inciampando
due volte nel terreno pietroso chiazzato di neve. Le gambe iniziarono a
tremargli e incapace di andare avanti si trascinò come
meglio poté all’albero
più vicino. Appoggiandosi al tronco prese poi a scivolare
giù, incurante del
palmo della mano che si graffiava sulla pesante corteccia scura, fino a
che le
ginocchia non ebbero toccato terra. Il senso di
vuoto successivo alla realizzazione di ciò che
aveva perso, quando fino a un’ora prima non sapeva nemmeno di
averlo, lo stava
invadendo, possedendolo del tutto. Aveva appena
gettato Jimin tra le braccia di un altro. Ansimò
leggermente portandosi una mano sullo stomaco. Gli occhi si aggiravano
inquieti
in tutte le direzioni e grosse gocce iniziarono a formarsi ai loro lati
finché
alla fine presero a scorrergli giù per le guance.
Lanciò un urlo che lo lasciò
senza voce prima di raggomitolarsi a terra e piangere come non aveva
mai fatto
prima.
Note
dell’autrice: Chiedo scusa
a tutti, e in primo
luogo a Min Yoongi-ssi, per aver dato la luce a questo capitolo. Non so
cosa
altro poter dire in mia difesa se non che sono stata male anche io
nello
scriverlo. Non è stato semplice. Non è stato per
niente semplice, visto tra
l’altro che Yoongi è il mio personaggio preferito
e ci tengo in modo
particolare. Il punto però è che andava fatto.
È un passaggio che occorreva a
Yoongi e non poteva avvenire in altro modo se non in questo,
così drammatico e
brutale. Yoongi è un tipo difficile da scrollare, solo
qualcosa di forte poteva
fargli realizzare determinate cose e quindi ho reputato che questo
episodio
fosse necessario. Accade a volte che situazioni particolari inneschino
in noi
emozioni che fanno da chiave a cassetti che a volte nemmeno sapevamo di
avere.
Accade anche spesso che questi cassetti si aprano all’ultimo.
È quello che è
accaduto a Yoongi, ma chissà se nel suo caso potrebbe essere
troppo tardi.
Il capitolo
è più breve degli altri, ma credo sia perdonabile
visto che ne
ho pubblicato un altro tre giorni fa. Tra l’altro
è un capitolo particolarmente
introspettivo (e un po’ tragico) per cui farlo troppo lungo
lo avrebbe reso a
mio parere troppo pesante, sia, forse, per voi da leggere, sia, di
sicuro, per
me da scrivere! Come ho già detto, non mi è stato
semplice mettere giù questa
parte. La scena in sé l’avevo chiara, ma mi ha
dato tante difficoltà e
tuttora mi chiedo se sia stata capace di renderla bene, o comunque come
avrei
voluto. È un momento talmente importante per uno dei
personaggi principali, ci
sono così tanti pensieri e sensazioni in atto, e per me
stessa questa scena è così importante
(è dall'idea di questo momento che mi è poi
venuta in mente l'intera storia, quindi le devo un bel po') che non mi
è stato facile decidermi a pubblicare. Ci sono ancora delle
cose di cui non sono convinta, ma se dò retta ai miei dubbi
non pubblico più e dunque eccomi qui.
La cosa più mportante però è che
sia riuscita a far capire ciò che Yoongi ha
provato,
sia nel corso della serata che con Jimin vicino a sè. Volevo
rendere la
sua realizzazione sì improvvisa, ma anche credibile, logica
quasi (passatemi il
termine, anche se parliamo di emozioni e c’è ben
poco di logico in loro). Spero
quindi di aver reso chiaro in che modo e attraverso quale flusso di
pensieri
Yoongi arrivi a capire di essere fondamentalmente innamorato di Jimin.
Era il punto fondamentale del capitolo dunque mi auguro di non aver
fallito miseramente
in ciò.
La citazione
di cui Yoongi parla è tratta dal momento finale di
“Le Notti
Bianche” di Dostoevskij, un raccontino tanto breve quanto
intenso, che ho letto
diverso tempo fa e mi ha in parte ispirato nella stesura di questo
capitolo.
La chiudo con
queste note lunghissime. Grazie di aver letto fin qui, i
feedback sono sempre ben accetti ♥ Ci si vede la
prossima settimana! Mi raccomando leggete il prossimo capitolo
perché verrà
fornito un dettaglio essenziale e chiarirà un punto
importante una volta per
tutte. Avrei voluto metterlo alla fine di questa parte ma sono
cattivella
eheheh
Baci, Elle
(porgo ancora le mie più umili scuse)
|
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Capitolo 11 *** Capitolo IX ***
CAPITOLO IX
Ti
voglio dire,
che
ti voglio
dire,
che ti
voglio
dire, che
voglio
dirti, che
ti
voglio dire,
che
ti voglio.
(Tibur
Kibirov, Dichiarazione)
1
gennaio 2017; h. 2:48
Non
riesco. Non
riesco. Non riesco. Ah, la cucina finalmente, acqua, ho bisogno di
acqua. Ok,
mi devo solo calmare. Ora fa effetto. Ora fa effetto. Respira Jimin,
respira
profondo. E appoggiati santo cielo, non riesci più a tenerti
in piedi! Adesso
fa caldo. Perché l’acqua non sta funzionando? Mi
sento male. Ok, via questa giacca,
dio mio come mi è venuto in mente di mettermela? No, no non
va meglio. Sto
soffocando qui dentro. Soffoco. La porta, devo raggiungere la porta.
Ok, ok, ci
sono. Ora mi calmo… Non guardare lì, non
guardare… eccoli. Eccoli, eccoli,
eccoli. Sempre attaccati, sempre l’uno addosso
all’altro. Perché davanti a
tutti se poi continuate a nascondervi? Lascialo andare. Ti prego
lascialo
andare. Non ce la faccio. Fa ancora più caldo adesso, gira
tutto. Perché ho le
guance infuocate? Devo uscire, ora esco. Posso farcela. Bravo, un passo
poi un
altro Jimin, posso farcela. La porta non è distante. Gira
tutto. Ahi, perché le
persone mi vengono addosso? Nonono non cadere, arriva alla porta,
arriva alla
porta, ecco ci sei. Ok, chiudiamo. Fuori, fuori, ho bisogno di aria.
Non posso
stare dentro. Non posso vederli. Se rimango… cosa staranno
facendo adesso? Ho
fatto bene a uscire. Ho fatto bene a uscire? Non posso, non posso
andare
dentro. Se li vedo un altro secondo… se li vedo un altro
secondo…. No, Jimin,
ti prego, lo sai cosa devi fare. Non cercarlo, non guardarlo, non
volerlo. Non
volerlo. Non volerlo. Esci. Esci subito. Che ore sono? Fa freddo. Ti
prego, fa
che resista. Ti prego notte assistimi. L’albero
laggiù, laggiù c’è un albero
e
potrò appoggiarmi. Si, piano, posso arrivarci. Ti prego
notte assistimi, ti
prego. Fa che non perda la ragione. Fa che non faccia cose stupide. Non
ce la
faccio più. Ti prego ti prego non ti appoggiare, se chiudo
gli occhi è finita.
Mi sentirò ancora peggio. Jimin non appoggiarti, non
chiudere gli o…
****
Che
succede? Dove sono?
Perché fa così freddo? Mi sento svenire. Di chi
sono queste mani? Chi è? Non so
dove sono. Ho paura, gira tutto, ho freddo. Dov’è?
Dov’è Yoongi-hyung? Dov’è?
Perché... chi è.... io devo andare da
Yoongi… Forse se li imploro, mi
ascolteranno. Non riesco più a stare in piedi, non so cosa
stia succedendo. È
il mio nome questo? Perché sto abbracciando qualcuno? Non so
nemmeno chi sia,
ma ha un tocco morbido e dolce. Se mi stringo di
più… forse smetterò di sentire
freddo. Devo dirgli… devo fargli capire… devono
chiamarlo. Perché non riesco a
parlare? Forse è Jungkook. Mi vuole così bene.
Scusami Kookie, non dovresti
vedermi così. Credo mi stia dicendo qualcosa. Cerco di
concentrarmi, ma non
riesco a riconoscere la voce, né a sollevare gli occhi. Mi
vuole bene. Mi vuole
bene. Devo pensare a questo. Se questo è il suo
tocco… mi sento così sicuro. Mi
piace. È caldo. Protettivo. Sento amore. È
così che deve essere trovarsi tra le
braccia della persona amata. Però Kookie io non ti amo. Ora
devo piangere. Non
amo te. Perché credevo di poterlo fare? Ti prego, Kookie,
portami da lui. Non
riesco più a parlare, ti prego. Credo di star dicendo frasi
incoerenti, ma non
riesco a formularne di migliori. Qualcuno chiama il mio nome, ma io
devo sapere
dove sia la persona che voglio vedere. Continuo a chiedere a Jungkook
dove sia,
ma non mi risponde. Ti prego, non ho le forze, portatemi da lui. Dove
sei
Yoongi? Vieni qui. Perché non mi risponde? Kookie
rispondimi. Sto male. La gola
mi brucia. La testa è pesante. Non so dove mi trovo.
Dov’è Yoongi-hyung? Forse
sto allucinando. Forse qui davanti non c’è nessuno
e io sto solo sognando.
****
Jimin
si risvegliò
alle 5:46 della mattina del 1 gennaio 2017 e la prima cosa che
avvertì appena
aperti gli occhi fu una fitta lancinante alla testa. Davanti a
sé tutto
sembrava girare e se non si fosse sentito così privo di
forze probabilmente
avrebbe riso della sensazione visto che i suoi occhi vagavano ciechi
nel buio
attorno a lui e non c’era nulla che potessero effettivamente
vedere muoversi.
Eppure la terra sembrava vorticare e il senso di vertigine lo costrinse
a
serrare di nuovo le palpebre. La nottata era stata tremenda, quel poco
di cui
si ricordava almeno. Aveva le sensazioni suscitate dai suoi sogni
ancora
attaccate addosso ed erano stati sogni orribili. Sentiva freddo fin
dentro le
ossa, ma allo stesso tempo si accorse di essere completamente sudato.
Percepì
il calore di un altro corpo vicino al suo. Continuando a tenere gli
occhi
chiusi cercò di muovere un braccio per capire meglio, ma non
ci riuscì.
Qualcosa di pesante lo bloccava. Una persona. Nella confusione che
ancora
regnava nella sua mente capì di trovarsi in un letto, vicino
a qualcuno.
Avrebbe voluto avere le energie per indagare meglio, ma era troppo
difficile
anche solo girare il viso di lato. Si sentiva incredibilmente stanco,
pesante,
provato. Sebbene il sonno gli avesse fatto riacquistare una
lucidità maggiore
di quella che gli era mancata del tutto poche ore prima, poteva ancora
a sentire
l’effetto di ogni singola goccia di alcol bevuto.
Riuscì a registrare appena
che chi gli era accanto aveva quasi metà del suo corpo su di
lui e a chiedersi
cosa stesse succedendo, prima di ricadere in un sonno profondo. Non si
mosse
più per le successive sei ore, tranne solamente una volta,
quando colto da un
attacco di freddo mentre dormiva emise un suono breve e qausi
inudibile:
–
Yoongi…
****
1
gennaio 2017; h. 11:38
Cercando
di muoversi
nella maniera più silenziosa possibile, Jungkook
entrò piano nella camera che
condivideva con Jimin, camminando sulle punte dei piedi fasciati nei
calzini.
Era l’unico in quel momento ad essere sveglio
nell’intera villa: gli ospiti se
ne erano andati e gli altri ragazzi dormivano all’interno
delle loro camere.
Ciò non lo sorprese. Vista l’emergenza con Jimin,
lui era andato a dormire
relativamente presto ed in più non aveva nemmeno bevuto
eccessivamente, per cui
le quasi nove ore di sonno di cui aveva goduto gli erano state per il
momento
sufficienti. Si sentiva ancora un po’ insonnolito
però, per cui dopo essere
andato a fare pipì aveva deciso di rimettersi sotto le
coperte. Le sue stavolta.
Mentre si avvicinava al suo lettino ancora intatto vide dei movimenti
provenire
dall’altro. Jimin si era svegliato e si stava ora portando a
sedere, con
evidente fatica. Intervenne subito:
–
Jiminie, fermo, non
ti muovere!
L’altro
fece un
debole cenno con la mano e finì di sollevarsi, appoggiando
stancamente la schiena
e la testa al muro. Aveva fatto uno sforzo minimo, ma gli aveva
lasciato il
respiro pesante e le guance arrossate.
–
Cosa è successo?
Non ricordo nulla. Che cosa… che cosa ho fatto ieri?
Jungkook
gli si portò
vicino, mettendosi a sedere sul bordo del letto. Il peggio pareva
essere
passato, ma il ragazzo gli sembrava ancora fortemente provato. Gli
avrebbe
spiegato tutto velocemente e poi lo avrebbe fatto riaddormentare.
–
Sei stato molto
male. Sei praticamente svenuto al freddo, perché sei uscito
fuori Jimine? E con
addosso solo la maglietta? Quando ti ho messo a letto eri quasi
delirante, tra
tutto quello che avevi bevuto e la febbre. Eri bollente, ti era salita
così
tanto e ho avuto davvero paura… per cui ti ho messo a letto
e poi ho dovuto… –
si fece leggermente rosso e si fermò per un attimo
– credo sia quasi passata
adesso.
Jimin
inclinò
lentamente la testa di lato, uno sguardo interrogativo.
–
Hai dovuto...?
Jungkook
portò con esitazione
il suo sguardo su Jimin, una sfumatura di rosa acceso sul suo viso. Si
schiarì
la gola, come per voler dire qualcosa, ma poi sembrò
ripensarci e girò il viso.
Respirò profondamente:
–
Jiminie, mi
dispiace. Non… non sapevo nemmeno se dirtelo, ma…
Insomma era necessario… Ho
dov-dovuto, come dire, intervenire, toglierti, insomma, un
po’… un po’ di tutto
quel calore. Mi-mi spiace, non sapevo davvero cosa altro fare ed erano
tutti
troppo ubriachi per darmi una mano.
Il
ragazzo era adesso
color porpora e Jimin capì dopo un momento di cosa stesse
parlando. Arrossì un
po’ anche lui e disse solo:
–
Oh…
Ricordava
di essersi
svegliato a un certo punto durante la notte e aver percepito qualcuno
vicino,
anzi, addosso a lui. Adesso capiva.
Jungkook doveva aver usato il proprio corpo per assorbire il calore in
eccesso
in quello di Jimin. Il metodo più veloce per far passare
velocemente la fase
più acuta di un attacco di febbre improvvisa. Metodo che
però prevedeva che la
pelle di malato e persona sana fossero a contatto. Al momento entrambi
avevano
le proprie magliette però e Jimin fu grato per quella
premura. Non doveva esser
stato facile rivestirlo in stato semi svenuto, ma era una fatica che fu
felice
Jungkook avesse fatto.
–
V-va bene, non… non
preoccuparti, se andava fatto, non devi… Non devi scusarti,
anzi… – mise una
mano su quella di Jungkook, spingendo il ragazzo a guardarlo finalmente
di
nuovo – Ti ringrazio. Davvero.
Jungkook
avvolse
prese la piccola mano nelle sue, scuotendo la testa.
–
Adesso stai meglio,
è solo questo che conta – fece una pausa e
sembrò voler dire altro, ma la sua
attenzione cadde sulle sue mani – Jiminie! Guarda cosa
è successo alle tue
mani!
Fin
da quando era
bambino Jimin aveva avuto in tutto il corpo una pelle delicata, facile
ad arrossarsi
e che doveva essere trattata in modo molto particolare. Quella sulle
sue mani
era però ancora più sensibile. Bastava nulla ad
irritarla, un detersivo troppo
forte, un sapone economico, uno sfregamento che non fosse
più che delicato, ed
il freddo aveva sempre rappresentato il suo peggior nemico. Appena vi
entrava
in contatto subiva un trauma enorme: si seccava in pochissimo tempo e
se non
veniva coperta subito iniziava a quasi a squamarsi in punti precisi,
come le
nocche e le giunture delle dita. Il freddo inoltre la arrossava
incredibilmente
facendogli diventare le mani rosse e gonfie, e questo, unito al normale
rallentamento della circolazione, impediva a Jimin quasi completamente
ogni
movimento. Dopo il tempo trascorso in balìa del vento e del
freddo di quella
notte, le sue mani si trovavano quindi in una condizione tremenda:
screpolatissime, chiazzate di rosso e molto, molto gonfie.
–
Hai portato la tua
crema? Dobbiamo mettercela subito.
Jimin
non aveva
notato ciò che gli era successo. Era assonnato, la testa gli
pesava e non
riusciva a sentirsi ancora padrone del suo corpo. Gli sembrava quasi di
star
vivendo all’interno di quello di qualcun altro, di cui non
era capace di
percepire nulla, o di cui non riusciva ad interessarsi, tanto la sua
mente era
distante. Indicò a Jungkook la tasca del proprio zainetto e
mentre il ragazzo
si precipitava a prendere il tubetto di crema lui si mise a fissare un
punto
nel vuoto, sforzandosi di ricordare. Ciò che lo mandava
fuori di testa era il
fatto che non riusciva assolutamente a risvegliare la sua memoria e
scoprire
cosa avesse fatto a un certo punto durante la notte, ma nonostante
ciò riusciva
ancora a percepire come se gli fossero state incise dentro con il fuoco
le
emozioni che aveva provato. Ciò che aveva pensato. I bisogni
che aveva avuto.
La persona che aveva cercato e aveva chiaramente fallito miseramente
nel
trovare, visto che adesso non era lì. Sentì
lacrime che si stupì essere proprie
formarglisi agli angoli degli occhi e fece quello che gli parve un
enorme sforzo
per ricacciarle dentro. Jungkook gli fu presto di nuovo vicino.
Tornò a sedere
di fianco a lui e dopo essersi messo un po’ di crema sulle
dita gli prese una
mano ed iniziò con molta delicatezza a passarcela sopra,
massaggiandola
lievemente. Mentre compiva questa operazione, il più giovane
sentiva il proprio
cuore battere all’impazzata e pregò che
l’altro non si accorgesse del rossore
che di nuovo sentiva affiorare sulle proprie guance. Guardando il modo
in cui
Jungkook si stava occupando di lui, Jimin non poté non
sentire un’enorme
gratitudine. Se si fosse sentito meno stanco, sia fisicamente che
soprattutto
interiormente, avrebbe sicuramente anche sorriso. Jungkook appariva
concentrato
in ciò che faceva, serio quasi, ed il fatto che tale
serietà contrastasse
incredibilmente con il suo aspetto al momento – indossava un
pigiamino di
flanella e aveva il viso ancora un po’ gonfio, sembrando
più piccolo ancora
della sua età – rendeva l’immagine
estremamente dolce. Mentre iniziava a massaggiargli
con due dita il palmo dell’altra mano, Jungkook prese a
parlare, con voce quasi
strozzata.
–
È… è colpa mia.
–
Come?
–
È colpa mia. Ero lì
vicino a te e non ho fatto nulla per impedirti di bere. Non saresti
uscito e
non saresti stato male. Dio mio, a cosa pensavo quando ti ho lasc-
Fu
interrotto dalla
mano di Jimin, appena poggiata sulle proprie labbra. Lo udì
dire in un
sussurro, ma con tono fermo:
–
Non c’entri nulla.
Sono io il più grande qui Kookie. Tu non c’entri
nulla. Nulla.
–
Ma…
Jimin
scosse forte la
testa e gli portò le braccia dietro il collo, abbracciandolo:
–
Sei qui, ok? Sei
qui.
Gli
era venuto
naturale avvicinarlo a sé. Non aveva motivo di sentirsi
responsabile o in colpa
perché se c’era qualcuno che si era comportato da
idiota, creando un disastro,
quello era lui, Jimin. Non voleva che Jungkook soffrisse di nessuna di
quelle
conseguenze che lui sapeva gli sarebbero presto piombate addosso in
tutta la
loro violenza appena avesse riacquistato di più le forze. Ma
adesso non riusciva
a pensarci, voleva solo calmare il ragazzo, la paura che qualcosa
potesse
scattare in lui e spingerlo ad allontanarsi troppo grande.
Sperò di esserci
riuscito quando lo sentì reagire al suo abbraccio. Lo
sentì stringergli la vita
e portarselo più vicino. Rimasero in silenzio per qualche
secondo, finché
Jungkook gli si scostò leggermente. Gli passò una
mano sulla guancia, poi sulla
fronte ed infine gli disse scostandogli un po’ i capelli da
davanti agli occhi.
–
Devi dormire
adesso. Sei ancora un po’ caldo. La febbre non è
passata del tutto. Vuoi… Vuoi
che rimanga qui vicino a te?
Jungkook
si chiese da
dove gli fosse venuto il coraggio di fare una domanda del genere,
allibito da
sé stesso, ma prima che gli insulti che si stava lanciando
nella sua testa potessero
farsi troppo pesanti udì la risposta:
–
…si.
Dieci
minuti dopo,
Jungkook si era addormentato di nuovo. Anche Jimin ne aveva bisogno, ma
non
riusciva a lasciare spazio al sonno. Continuava a cercare tra i suoi
ricordi
qualcosa che gli potesse offrire un’illuminazione sulla notte
precedente.
Sapeva ciò che aveva sentito. Lo ricordava con una chiarezza
quasi inquietante.
Quando il giorno prima, sotto la doccia, aveva preso la risoluzione di
allontanarsi da Yoongi aveva creduto davvero di poterlo fare. Credeva
che
nonostante la difficoltà sarebbe stato capace di mantenere
la sua posizione.
Credeva, soprattutto, che fosse la cosa migliore in primo luogo per
sé stesso.
Mentre si metteva l’accappatoio addosso e si guardava allo
specchio, aveva
davvero sentito che avrebbe sofferto di più se non lo avesse
lasciato andare e non
si fosse arreso allo sviluppo degli eventi. Uscendo dal bagno e
avvicinandosi
poi alla scala per scendere, aveva quasi avvertito sollievo per essere
giunto a
questa conclusione, confortato dalla convinzione di aver trovato sia il
nocciolo del problema che la sua soluzione e dunque essere
già a metà
dell’opera. La serata però era andata diversamente
da quel che aveva
immaginato.
Nonostante
i suoi
propositi, vedere Hoseok e Yoongi vicini lo aveva fin da subito turbato
e
cercando di trovarvi una via di fuga si era abbandonato
all’alcol. Ma a un
certo punto aveva iniziato a sentirsi l’opposto di come
avrebbe voluto. Adesso
sapeva cosa era successo. Sapeva che la sua mente era stata, nella
nebbia
dell’alcol, obbligata a sgombrare qualsiasi cosa che non
fossero le sue
emozioni più vere, più sincere, anche
più egoiste in un certo senso. Aveva
sgombrato con una facilità impressionante tutta la barricata
che lui aveva
faticosamente cercato di costruirsi. Andar fuori era stato solo un
ultimo gesto
disperato per cercare di allontanarsi, per cercare di essere solo e
rinforzarsi
nel proposito che aveva preso, ma che sembrava così stupido,
così prossimo allo
sgretolarsi. L’ultima, minuscola, parte sobria di Jimin gli
diceva cosa fare, e
Jimin aveva cercato fino all’ultimo di ascoltarla, ma era
stato sempre più
difficile. Più lei sussurrava “è meglio
così, devi proteggerti, soffrirai di
meno”, più tutto il resto di lui urlava, con
un’intensità resa ancora più cruda
e violenta dall’alcol, che non avrebbe potuto soffrire
più di quanto stava
soffrendo ora, con in cuore il proposito di abbandonare Yoongi. Di
accettare di
farsi abbandonare. “Non potrai sopportarlo Jimin. Stargli
vicino potrà farti
male, ma sarà nulla rispetto a questo. Vederlo saranno mille
chiodi nel petto,
ma non vederlo saranno come mille milioni e tu non ce la farai. Vai da
lui, vai
da lui ora”. Queste erano le parole che si era detto ed erano
parole che non
poteva dimenticare. Avrebbe voluto sotterrarle da qualche parte o
rimandarle
dove erano venute, ma ormai non poteva più tornare indietro.
Sapeva che era
vero. Sapeva che non avrebbe mai potuto allontanarsi da Yoongi. Non ne
aveva la
forza ora, come non l’aveva avuta mai e come non
l’avrebbe avuta nell’eternità
a venire. Ciò che però aveva lasciato il segno
più profondo in lui era stato un
altro pensiero ed era quello che gli rimbombava maggiormente nella
mente. Fino
a che il suo stato mentale era rimasto inalterato aveva creduto che il
fastidio
che gli nasceva in petto all’idea e alla vista di Yoongi e
Hoseok insieme fosse
dovuto a due motivi. Innanzitutto, l’irritazione causata
dall’essere stato
tenuto al buio riguardo questa cosa. In secondo luogo, aveva
giustificato il
suo turbamento con la paura di essere escluso e dimenticato. Tutto
ciò era
vero, ma solo in parte, e gli era diventato dolorosamente chiaro la
sera prima.
Appoggiato allo stipite della porta, vedendo le labbra di Hoseok
così vicine a
quelle di Yoongi una domanda si era aggiunta a torturarlo:
“Perché non me?”
Aveva capito nel peggiore dei modi di non essere capace di sopportare
che
Yoongi rivolgesse quel tipo di attenzioni a qualcuno che non fosse lui.
Gli fu
evidente in quel momento quanto avesse bisogno di sentirsi amato
così
dall’altro. Voleva che Yoongi guardasse solo lui con la
stessa intensità con
cui voleva che nessuno, a parte lui stesso, si avvicinasse a Yoongi.
Non era
più solo una questione di non voler essere escluso dalla sua
vita. Jimin si era
reso conto che ciò che davvero voleva era averlo solo per
sé e che Yoongi
sapesse a sua volta che Jimin era solo suo. La confusione in cui si era
trovato
di fronte a un sentimento di questo tipo era stata senza precedenti.
Ricordava
quanto male si fosse sentito, quanto avesse avuto bisogno di correre
fuori per
cercare di prestare fede alla decisione che aveva preso prima, quando
ancora
stava bene, e sopprimere l’istinto che aveva di correre tra i
due ragazzi,
separarli e far capire a Yoongi quanto avesse bisogno di lui e quanto
lo
desiderasse. Desiderare. Il
pensiero
faceva arrossire Jimin fin sopra la punta dei capelli, ma ormai non
poteva più
negarlo. Era ciò che aveva provato e nonostante fosse
affiorato mentre si
trovava in una situazione di spaesamento, ora che si sentiva meglio non
riusciva a raccontarsi che era solo il frutto di una mente alterata.
Ricordandosi
così
bene di queste sensazioni, Jimin non poteva dunque che provare ansia
all’idea
di non sapere cosa fosse accaduto una volta che si era appoggiato
all’albero.
Quello era il suo ultimo ricordo. Pur sapendo che se avesse chiuso gli
occhi
tutta la stanchezza e l’ubriacatura gli sarebbero piombate
addosso peggiorando
la situazione, non era riuscito a tenersi sveglio. Ciò che
era avvenuto tra
quel momento e quando si era risvegliato nel letto con Jungkook accanto
a sé
gli era sconosciuto. Aveva paura di aver fatto qualche scenata o di
essersi
reso ridicolo. Aveva anche il folle terrore di aver detto qualcosa di
troppo,
alla persona sbagliata. Dei momenti peggiori, quelli in cui
l’alcol si era
miscelato alla febbre e al freddo portandolo quasi alla soglia delle
allucinazioni, aveva solo dei flash che non riusciva a distinguere dai
propri
sogni, quelli orribili che aveva avuto mentre dormiva, quando la febbre
doveva
essere stata al suo picco. Ricordava delle braccia salde attorno a
sé, qualcuno
doveva averlo trovato lì fuori. Il volto era del tutto
coperto adesso, ma
ricordava di aver avuto la sensazione che fosse Jungkook per cui
pensò che
evidentemente doveva averlo a un certo punto visto e riconosciuto, ma
ora non
ricordava più. Gli sembrava di aver cercato Yoongi, di aver
chiesto più volte
dove fosse, ma non era più sicuro se ciò fosse
parte del sogno o no. Certo è
che la sensazione che gli aveva lasciato tale ricordo era la stessa di
un
incubo, di quelli dove si parla senza emettere suoni o si deve correre
e non si
riescono a schiodare i piedi da terra. La sensazione di impotenza era
la stessa
quando ripensava a come si fosse sentito debole, incapace quasi di
parlare,
sperando che lo portassero dall’unica persona che voleva lo
raccogliesse. Deve essersi trattato
sicuramente di un
sogno. Kookie non mi avrebbe mai ignorato se gli avessi detto di star
cercando
Yoongi. Con occhi pesanti, pronti ad arrendersi finalmente al
sonno, guardò
il ragazzo di fianco a lui. Il letto non era grande e loro si trovavano
stretti
e vicini. Le loro gambe erano quasi intrecciate e il corpo di Jungkook,
più
grande di quello di Jimin, lo avvolgeva completamente. Le sue braccia
gli erano
attorno, protettive e quando Jimin gli si avvicinò reagirono
d’istinto nel
sonno attirandolo ancora più a sé. Mentre si
stringeva contro il suo petto,
Jimin si chiese se stesse facendo bene ad agire così. Ma era
troppo stanco
adesso e Jungkook era così caldo, mentre lui aveva tanto
freddo.
****
1
gennaio 2017; h. 5:40
Dio
mio, ma quanto ho bevuto? Si
chiese Hoseok chiudendo dietro di sé la porta del
bagno. Era riuscito a dormire solo un’oretta prima di venir
svegliato dal
bisogno urgentissimo di fare pipì. In realtà non
aveva bevuto molto più di
altri, sebbene così sembrasse dai suoi comportamenti.
È che su di lui gli
alcolici avevano effetto immediato e bastavano davvero due gocce per
mandarlo
completamente fuori di sé. Proprio perché
però le sue sbornie erano generate
più da una scarsa tolleranza che dalla quantità
di alcol ingerito, solitamente
avevano vita breve. Il ragazzo rimaneva intontito e assonnato per
diverso tempo
durante il post-sbornia, ma da quando smetteva di bere non gli
occorrevano più
di un paio d’ore per riprendersi quasi completamente da un
punto di vista di
lucidità. Per questo motivo quando rientrando di nuovo in
camera vide un letto
vuoto ebbe la prontezza di spirito sufficiente per rifletterci su.
Taehyung era
lì. Si era buttato sul letto ancora vestito, Hoseok non era
sicuro di quando.
Lui era rimasto con Jin e Namjoon quando avevano provveduto ad
accompagnare
tutti gli ospiti alla porta e ringraziarli, intorno alle quattro e
mezza di
mattina. Quello era infatti l’orario in cui le corse dei tram
riprendevano e
dunque tutti potevano tornare a casa. Hoseok si era unito a loro nei
saluti
finali – d’altronde la gran parte degli ospiti era
lì essenzialmente perché
conosceva lui, Namjoon e Jin – senza porsi troppe domande sul
dove fossero gli
altri ragazzi. Aveva a un certo punto perso di vista Yoongi, ma non si
era
preoccupato. Lui aveva ancora voglia di ballare mentre stare al centro
della
pista non era di sicuro l’attività preferita
dell’amico, per cui aveva dato per
scontato che se ne fosse andato in camera. D’altra parte, lui
non era nemmeno
la balia di Yoongi, né tantomeno il suo guardiano. Sentiva
di aver fatto del
suo meglio per rendere migliore la serata del suo amico, ma non
c’era nemmeno
un contratto che lo obbligasse a stargli addosso ogni minuto.
Alla
vista adesso del
letto vuoto però Hoseok reagì in modo diverso.
Non si agitò, ma volle
accertarsi di dove fosse Yoongi. Tornò in corridoio,
ispezionando ogni stanza.
Nella casa regnava il silenzio e Hoseok sperò di non aver
svegliato nessuno
quando inciampando su un bicchiere di carta per terra lanciò
un piccolo urlo
che soffocò poi subito con la mano. Non trovando Yoongi
nella villa si chiese
se non fosse uscito fuori e andò alla finestra che dava sul
cortile al piano
terra. Gli parve di vedere qualcuno in lontananza, vicino a un albero e
pensò
che potesse essere lui. Ammantato nel cappotto, gli andò
incontro e capì di
essere nel giusto, la piccola silhouette di Yoongi sempre
più riconoscibile man
mano che gli si avvicinava. Indossava ancora i suoi jeans neri e
addosso si era
messo il suo solito cappotto verde dalle tasche larghe. Fa
un freddo cane, cosa diamine sta facendo qui?
Yoongi
non sembrò
accorgersi del suo arrivo, perché infatti quando gli giunse
alle spalle non si
mosse, come se non lo avesse sentito, e solo quando Hoseok lo
chiamò per nome
si girò verso di lui, dando a intendere di aver capito che
era lì. Dal viso
dell’amico, Hoseok intuì in qualche modo che
qualcosa doveva essere avvenuto in
lui. Il suo sguardo era strano, indecifrabile da un lato, chiaramente
ferito
dall’altro. Non solo ferito. In
pena. Che
cosa ti è successo Yoongi? Hoseok sentì
un tonfo allo stomaco a vederlo
così. Gli si avvicinò piano e gli
portò una mano sulla spalla, stringendola
forte. Sperò riuscisse a comunicare il suo messaggio: qualunque cosa sia, ci sono qui io. Con
una strana tranquillità,
quasi con lentezza, Yoongi si girò del tutto verso
l’amico e lo abbracciò
forte. Abbracciandolo a sua volta Hoseok avvertì il suo
respiro calmo e
regolare, ma c’era qualcosa in questo abbraccio che lo
disturbava. Il modo in
cui Yoongi lo aveva guardato e lo aveva stretto gli faceva pensare che
non
fosse in realtà affatto tranquillo, che non stesse bene. Gli
chiese di entrare
dentro e Yoongi rispose di sì. Una volta rientrati nella
villa, senza nemmeno
chiedergli cosa volesse fare, Hoseok lo guidò direttamente
in cucina, facendolo
sedere e togliendogli il cappotto umido di dosso. Mise velocemente del
latte a
scaldare e salì poi di sopra. Riscese poco dopo, cercando di
far le scale nella
maniera più veloce possibile senza però che i
piedi facessero troppo rumore.
Aveva ora in mano una pesante coperta di lana con cui fasciò
subito Yoongi,
sistemandogliela bene attorno alla schiena e coprendolo così
che potesse
scaldarsi un po’. Rimase poi un minuto a sfregargli le
spalle, sperando che
aiutasse a fargli tornare il sangue in circolazione. Lo vedeva
estremamente
pallido e i solchi delle occhiaie insieme con il lieve rossore dei suoi
occhi
gli indicavano che erano lì non solo per colpa della
mancanza di sonno. In
tutto questo tempo, da quando Hoseok lo aveva messo a sedere al tavolo
della
cucina, Yoongi non si era mosso. Aveva continuato solo a guardare fisso
davanti
a sé, con sguardo distante e apparentemente calmo. Hoseok
non sapeva cosa
pensare. Gli si mise a sedere vicino.
–
Adesso arriva il
latte caldo Yoongiah. Ti farà bene berne un po’
prima di andare a dormire.
–
Grazie Hobi.
Ora
che aveva
parlato, Hoseok percepì la sua voce esattamente come aveva
percepito il suo
respiro prima e il suo sguardo poi. Calma, ma distante.
–
Hai dormito? Non ti
ho visto quando sono andati via tutti.
–
Ho… sono andato a
letto... non lo so quando. Ma gli ospiti erano ancora tutti qui. Taehyungie era
già a dormire – ok, parlava.
Gli parlava. Non si era del tutto chiuso. Hoseok pregò la
situazione rimanesse
così. Fa che non peggiori
– Non so
che ore fossero. Non sono riuscito a dormire molto. Ho sentito le
persone
andare via e poi sei salito anche tu. Non so quanto sia rimasto a
letto. Non
riuscivo a dormire e alla fine sono uscito. Ora tornerò su
con te.
–
Va bene – rispose
Hoseok sistemandogli un piccolo ciuffo di capelli dietro le orecchie.
Avrebbe
voluto fare di più, ma non sapeva come e sperò
che una volta ripresosi dalla
stanchezza gli venisse in mente qualcosa.
–
Se hai sonno puoi
andare. Il latte lo prendo, se è per quello che stai
rimanendo.
Hoseok
sorrise:
–
È vero, si, in
parte voglio assicurarmi che tu lo beva, ma no, non ho così
sonno da dover
tornare a letto ora. Rimango con te.
Il
ragazzo annuì e
basta e anche se Hoseok non ne era sicuro, avrebbe scommesso di aver
visto
l’ombra di un lieve sorriso affacciarsi sulle labbra di
Yoongi alle sue parole.
****
1
gennaio 2017; h. 16:10
Tra
le 15 e le 16,
tutti e sette gli abitanti temporanei della villa di campagna si erano
svegliati, richiamati al tavolo da pranzo dalle proteste dei loro
stomaci,
ormai vuoti da troppo tempo. L’atmosfera era certamente ben
diversa adesso da quella
della sera prima, e sembrava assurdo pensare che tra le due non
intercorressero
ancora neppure ventiquattro ore. Per quanto la casa era tirata a lucido
e
splendente alle otto della sera prima, adesso ovunque ci si girasse si
potevano
vedere bicchieri di carta a terra, bottiglie di vino rovesciate sul
tavolo,
coriandoli, trombette, tovaglioli appallottolati nei punti
più impensabili. La
fodera del divano era completamente spostata. La leggera tovaglia di
carta era
caduta da uno dei tavolini e diversi piatti con i resti di pezzi di
torta erano
sparsi in giro per la stanza. La differenza principale era
però costituita dai
ragazzi. Fuori dai loro vestiti festaioli e sgargianti, si trovavano
ora tutti
riuniti nel salone con solamente i loro pigiami, i visi gonfi di sonno
e i
capelli scompigliati. Come ogni anno, si apprestavano a mangiare
qualcosa prima
di dare una iniziale e sommaria riordinata alla casa. Il grosso della
pulizia
sarebbe stato fatto l’indomani, ma per portarsi avanti con il
lavoro per il
momento avrebbero raccolto l’immondizia da terra e messo via
il cibo avanzato.
Come ogni anno, tutte queste operazioni vennero fatte in relativo
silenzio,
nessuno di loro ancora in forze sufficienti per poter intrattenere una
vera e
propria conversazione. Sacchi della spazzatura alla mano, si divisero
in tre
gruppi, ognuno dei quali si sarebbe occupato di un piano. Jin e Namjoon
presero
il piano terra, Taehyung e Jungkook si fermarono al primo mentre Hoseok
e
Yoongi andarono nel terzo. Jimin era l’unico esonerato
dall’aiutare. La febbre
non gli era ancora del tutto passata e dunque avevano tutti convenuto
che fosse
meglio lasciarlo dormire per smaltire sia influenza che sbornia.
–
Per quale motivo
tocca sempre a noi il piano terra Jinah? – si
lamentò Namjoon mentre con
sguardo disgustato buttava nel sacco nero avanzi di torta altrui
– È sempre
quello più disordinato.
–
Proprio per questo
me ne voglio occupare io. Comunque sei libero di fare a cambio con
chiunque
altro, non sei obbligato ad aiutare proprio me – rispose Jin.
Stava rimettendo
a posto la fodera del divano, controllandola con attenzione nel caso in
cui vi
fossero macchie. Namjoon alzò gli occhi al cielo. Jin e le
sue manie. Gli andò
vicino, raccogliendo i vari bicchieri che trovava per terra sul suo
cammino.
Gli disse poi sottovoce, non volendo farsi sentire dagli altri:
–
E con chi dovrei
andare? Taehyungie stamattina non si schioda da Kookie, mentre
Yoongi-hyung
sembra sul punto di uccidere tutti da un momento all’altro.
Rimane Hoseokah e
dubito che finirebbe bene, noi due soli in una stanza.
Jin
corrugò la fronte
e smise di occuparsi del divano per guardare meglio Namjoon, sorpreso
dalla sua
perspicacia, alquanto inusuale in questo genere di cose:
–
Allora hai notato anche
tu qualcosa di strano? – chiese facendo anche lui attenzione
a parlare piano –
Credevo di essere solo io e non sapevo a chi chiedere
perché… Beh, mi hai
sorpreso.
–
Jin, non sono un
idiota.
Jin
sorrise e gli
dette un bacio leggero sulla guancia:
–
Lo so Joonie, lo
so.
Al
primo piano,
Taehyung e Jungkook si trovavano impegnati a ripulire la stanza dove la
notte
prima si era svolta la “gara” di braccio di ferro.
Gara in cui ovviamente
Jungkook aveva battuto tutti, sotto gli occhi di un Taehyung estatico.
Gara da
cui però era poi dovuto scappare all’improvviso
appena aveva letto il messaggio
con la richiesta di aiuto di Jimin. Il fatto che fosse stato
chiaramente
digitato di fretta e in stato alterato lo aveva allarmato in modo
incredibile,
per cui aveva mollato Taehyung lanciandogli un “è
urgente, scusami, devo andare
di sotto” che il ragazzo era a malapena riuscito a
interpretare. Quando poi era
tornato sopra con Jimin tra le braccia, a Taehyung, che lo stava
aspettando,
era quasi venuto un colpo, vedendo l’amico in quelle
condizioni. Si era
precipitato verso Jungkook, aiutandolo aprendogli la porta della camera
e
seguendolo dentro, ma prima ancora che potesse avvicinarsi al letto di
Jimin
l’altro lo aveva fatto andare fuori dicendogli che tutto
sarebbe andato bene,
ma adesso doveva pensare tranquillo a cosa fare senza averlo attorno,
visto che
era comunque troppo ubriaco per poter effettivamente aiutare. Jungkook
non
sapeva se Taehyung ricordasse le parole che gli aveva rivolto, ma non
trovava
il coraggio di chiederlo. Si sentiva in colpa adesso di averlo trattato
male e
cacciato via quando era solo preoccupato per il suo migliore amico. In
quel
momento era entrato però nel panico, spaventato dallo stato
in cui aveva
trovato Jimin e incerto su cosa dovesse fare. Avrebbe voluto chiamare
Jin-hyung, ma non lo aveva visto rientrando e temeva che il cercarlo
gli
avrebbe fatto perdere troppo tempo. Vedendo Jimin stare così
male, sentendolo
scottare sotto le sue mani ed emettere piccoli lamenti simili al pianto
che
indicavano quanto dovesse star soffrendo, Jungkook si era sentito
incredibilmente responsabile e con questo suo senso di colpa aveva
voluto fare
i conti da solo. Sentiva che aveva fallito ad occuparsi del ragazzo e
adesso
non lo avrebbe più permesso. Era compito suo aiutarlo.
–
Tae… Mi spiace
essere corso via lasciandoti qui da solo ieri. Poi cosa…
cosa hai fatto? – nel
porre questa domanda Jungkook pensò di aver trovato la
soluzione migliore per
scoprire se Taehyung ricordasse o meno tutto ciò che era
avvenuto la notte
prima. Taehyung lo guardò fisso, intensamente, mentre
Jungkook si dava da fare
per ripulire il pavimento da un gruppetto di tovagliolini usati. Cosa ho fatto? Sono venuto da te e ti ho
offerto il mio aiuto, ma tu mi hai lasciato fuori. Come fai troppo spesso e come non dovresti fare mai.
A Taehyung il
modo in cui Jungkook gli si era rivolto aveva fatto male. Sentirsi dire
di non
essere in grado di aiutare il suo migliore amico gli era dispiaciuto,
certamente, ma era soprattutto ciò che la reazione di
Jungkook significava a
rappresentare la fonte del suo malessere. Non sopportava più
l’idea che ci
fossero cose da cui il ragazzo lo escludesse, e che ancora, dopo tanto
tempo,
non si fidasse di lui su tutto. Lui, Taehyung, che gli sarebbe rimasto
vicino
anche se fosse stato legato ai binari di un treno. Perché si
obbligava a questa
solitudine? Taehyung non capiva più se era un delirio di
onnipotenza o semplice
cecità nei confronti dei propri limiti. Qualunque ne fosse
il motivo, avrebbe
dato qualsiasi cosa affinché Jungkook aprisse gli occhi e si
rendesse conto che
non avrebbe potuto continuare così per tutta la vita.
L’idea che il ragazzo
dovesse affrontare qualcosa da solo, senza un appoggio, senza un
conforto lo
perseguitava giorno e notte, come una spina nel cuore. Anche se
Taehyung non
fosse stato nelle condizioni di aiutare materialmente,
perché addossarsi tutta
la responsabilità? Perché non volere qualcuno al
proprio fianco che potesse
condividere le sue stesse pene? Dopo essere stato messo alla porta,
quella
notte Taehyung aveva perso la voglia di tornare a festeggiare. Si
fidava di
Jungkook e sapeva che Jimin sarebbe stato bene. Era andato nella sua
stanza e
si era buttato sul letto con tutti i vestiti, cadendo addormentato
all’istante.
Quando quel pomeriggio uscendo dalla camera aveva visto il
più piccolo scendere
le scale di nuovo aveva sentito una morsa al petto. Non aveva
dimenticato la
promessa silenziosa che aveva fatto la sera prima, quando lo aveva
abbracciato
nel corridoio. “Non ti
abbandonerò mai”. Così
era. Jungkook avrebbe potuto metterlo alla porta cento volte, centouno
volte
lui sarebbe tornato a bussare. Voleva che questo gli fosse chiaro.
–
Credo di essere
andato a dormire. Non ricordo bene a dire il vero. Lo sai come sono con
l’alcol
– e gli rivolse uno dei suoi ampi sorrisi. Vedendo le spalle
di Jungkook
distendersi leggermente, seppe di aver fatto la scelta giusta a
nascondergli la
verità.
Hoseok
aveva detto a
Yoongi di non preoccuparsi, poteva tenere semplicemente il sacco mentre
lui
avrebbe pensato a raccogliere tutto, al che Yoongi aveva risposto di
sì senza
opporre resistenza, di nuovo. Da quando lo aveva trovato con lo sguardo
perso
nel vuoto davanti all’albero, Hoseok aveva avuto
l’impressione che Yoongi
avesse deciso di rispondere agli stimoli esterni con uno sforzo pari al
minimo
indispensabile – ovvero limitarsi a sollevare la testa se
qualcuno lo chiamava
ed evitare l’uso delle parole a meno che queste non fossero
strettamente
necessarie – e di portare ai minimi termini la propria
iniziativa personale
muovendosi quasi solo dietro istruzione di Hoseok.
“Yoongiah,
forse è meglio se indossi una felpa”,
“Yoongi,
dovresti prendere un po’ più di riso”,
“attento
a non pestare quella pozza di soju con i calzini”.
Hoseok era preoccupato.
Che Yoongi si chiudesse in sé stesso era una cosa frequente,
però non gli era
mai successo di vedere il ragazzo così. Aveva
però tanta paura di chiedere cosa
avesse fatto, quanta di non fare assolutamente nulla. Decise di
prendere il discorso
alla larga, mentre con la scopa dava forma a un piccolo mucchietto di
bicchieri
e tovaglioli:
–
Yoongi, sei sicuro
di esserti riposato a sufficienza? Sembri un po’ stanco,
nessuno se la prenderà
se vuoi tornare a dormire – si fermò per guardare
l’amico. Lo vide fare uno
sguardo confuso, quasi come se fosse meravigliato dal sentirsi porre
quella
domanda.
–
No, sto bene
Hoseokah, perché me lo chiedi?
Possibile
non si
rendesse conto di quanto questa volta il suo atteggiamento fosse
strano? Si
muoveva quasi da automa, non parlava e sembrava perdersi nei suoi
pensieri ogni
dieci secondi. Questo non era uno dei suoi soliti momenti dove era
brusco o
semplicemente scostante, questo era qualcos’altro. Di solito
quando il ragazzo
era di cattivo umore o aveva voglia di essere lasciato in pace, era
anche
consapevole del suo atteggiamento ed infatti ogni volta che poi
qualcuno gli
chiedeva se ci fosse un problema, si scusava, seppure a mezza bocca, o
cercava
di spiegarne in breve la motivazione. Il fatto che invece adesso Yoongi
non
sembrava avere nessun tipo di coscienza del modo in cui si stava
comportando
fece salire un brivido su per la schiena di Hoseok. Per la prima volta
nella
storia della loro amicizia, sentiva di non sapere che cosa fare.
****
Sebbene
avessero
mangiato appena due ore prima, i sei ragazzi fecero cena insieme
intorno alle
diciannove, così da poter andare a dormire presto senza
morire di fame durante
la notte, e fu solo durante la cena che ci fu maggiore
vivacità nel gruppo e si
dette inizio a qualche commento sulla festa appena passata. A un certo
punto
Jin chiese:
–
Jungkookie, come
sta Jiminie? Credi possa andare se gli facciamo una visitina? O dorme
di nuovo?
–
No, no, la febbre
c’è ancora un po’, ma credo sia poca e
dopo aver dormito quasi tutto il giorno
e mangiato quello che gli ho portato sta meglio – Jungkook si
mise poi a
ridere, mettendo le mani avanti – e comunque non dovete
chiedere il mio
permesso per vederlo.
–
Quindi non devo
ottenere il tuo lasciapassare per tornare a vivere con lui? –
disse Taehyung,
attirandosi una botta sulla spalla da parte di Jungkook e suscitando
un’ondata
di risolini negli altri. Hoseok guardò velocemente verso
Yoongi e vide che
stava continuando a mangiare come se non avesse sentito nulla e di
nuovo si
sentì angosciato.
–
Siete tutti così
spiritosi – disse Jin con tono sarcastico –
chiedevo a te Kookie solo perché
sei l’unico ad averlo visto. Quando si è deboli e
in convalescenza è meglio non
avere troppa gente attorno.
–
Prima avevo troppo
sonno per chiederlo, ma cosa è successo esattamente? Quando
si è sentito male?
– Namjoon pose questa domanda mentre prendeva la brocca dal
centro del tavolo –
aah, è finita l’acqua!
–
Dammi, vado io –
disse Yoongi con una velocità fulminante. Prese la brocca
dalle mani di Namjoon
e si alzò in fretta per andare in cucina. Hoseok
sollevò un sopracciglio.
–
Dunque, cosa è
successo? – riprese Namjoon guardando Jungkook e senza far
caso a Yoongi. Il
ragazzo spiegò come avesse ricevuto un messaggio confuso da
parte di Jimin dove
gli chiedeva di uscire fuori a prenderlo perché si stava
sentendo male.
Raccontò quindi di come avesse lasciato tutto e si fosse
precipitato in cortile
per trovarlo seduto sulla neve, appoggiato al muro e in stato di semi
delirio.
Jin si passò una mano sulla fronte:
–
Non avremmo mai
dovuto farlo bere così, non dopo che aveva evitato per un
pelo l’influenza.
Jungkook
rimase in
silenzio, Namjoon annuì mentre Taehyung e Hoseok aprirono la
bocca nello stesso
momento.
–
Scusa, vai tu
hyung.
–
Stavo solo per dire
che non capisco come gli sia potuta sfuggire così di mano la
situazione, di
solito è raro che Jiminie perda il controllo.
–
Lo so – disse
Taehyung pensieroso mentre si portava un po’ di riso alla
bocca – ma adesso sta
bene ed è quello l’importante. Non era facile per
noi tenerlo troppo d’occhio,
c’era il buio, la musica alta, le persone intorno…
–
E la nostra tremenda
capacità di sopportare l’alcol, vero Taehyungie?
– gli disse Hoseok facendogli
l’occhiolino.
–
Io stavo meglio di
te però hyung, e sono più piccolo – gli
rispose l’altro mostrandogli la lingua.
Sentendo
gli
schiamazzi degli altri, Yoongi si chiese dalla cucina se non fosse il
caso di
tornare in sala. La brocca era stata già riempita da diversi
minuti, ma lui
stava ancora cercando il coraggio di rimettere piede
nell’altra stanza. Ora che
il discorso sembrava starsi concludendo pensò che forse
sarebbe potuto tornare
a tavola prima che qualcuno lo chiamasse chiedendo dove fosse finito.
La brocca
si era svuotata al momento giusto, evitandogli così di
ascoltare il racconto di
Jungkook. Sapeva già come erano andati i fatti, era anzi
l’unico a sapere come
fossero andati davvero,
perché
nessuno era lì fuori al gelo con Jimin eccetto lui. Non
voleva ascoltare di
come Jungkook avesse ricevuto un messaggio da Jimin. Sapeva
già anche questo e,
di nuovo, era l’unico a sapere la verità. Quel
messaggio lo aveva mandato lui
ed era stata la cosa più difficile che avesse fatto nella
sua vita. Non aveva
bisogno che gli facessero rivivere quel momento. Non voleva ripensarci,
lo
aveva già fatto fin troppo. Era rimasto ore a pensare quanto
avrebbe voluto
essere stato lui a portare Jimin in salvo, metterlo a letto e accudirlo
fino al
mattino. Non sapere come si sentisse, non sapere cosa stesse facendo
nell’altra
stanza lo faceva impazzire. Si odiava adesso per essere stato un idiota
fin
dall’inizio. Era sempre stato così tranquillo,
così sicuro di avere Jimin
vicino a sé che non si era mai dato pena di fargli capire
ciò che significava
realmente per lui. Come poteva però mostrargli qualcosa di
cui lui stesso si
era accorto solo adesso? Si odiava per non aver capito mai nulla ed
essersi
lasciato scappare ciò che amava tra le dita. Ma Jimin
meritava di avere ciò che
desiderava e lui si sarebbe fatto da parte, scomparendo a poco a poco.
****
–
Posso entrare
Jiminie? – chiese Taehyung mentre chiudeva delicatamente la
porta. L’amico lo
accolse con un sorriso enorme, e gli occhi gli divennero ancora
più brillanti
quando si posarono sul piattino che l’altro aveva in mano.
Taehyung se ne
accorse e sorrise soddisfatto – Abbiamo finito di cenare da
poco, ti ho portato
una fetta di torta. Jin non voleva perché dice che non aiuta
a riprendersi
dall’influenza, ma ho approfittato di un attimo di
distrazione per prenderne un
pezzetto e correre quassù. Lo so che ti piacciono i dolci.
–
Taehyungie sei il
migliore! – Jimin arraffò il piattino dalle mani
di Taehyung appena questi si
fu messo a sedere vicino a lui. Non avrebbe dovuto avere molto appetito
vista
la sua condizione, ma la vista della torta di Jin glielo aveva fatto
venire
– ti ho
mai detto che ti voglio bene?
– Qualche volta si. Spero tu
me ne voglia per
motivi più seri però.
– Qushto è umhn
mtivo ssherioh – replicò
Jimin con la bocca piena.
–
Continui a farci
prendere spaventi Jiminie.
Jimin
ingoiò
sonoramente il suo boccone e guardò Taehyung con occhi
mortificati:
– Lo so, e mi sento
malissimo in proposito
infatti. Non so cosa altro dire se non che mi dispiace.
–
Per questa volta
passa. Però ti sei giocato tutte le possibilità
che avevi di farci preoccupare per
almeno i prossimi sei mesi – disse Taehyung scompigliandogli
i capelli neri. Jimin
annuì sorridendo e riprese a mangiare la torta. Taehyung si
mise a guardarlo
con affetto. Sollevò un sopracciglio:
–
Certo, bisogna
riconoscerti il merito di aver saputo badare a te stesso mandando quel
messaggio a Kookie.
Jimin
inclinò la
testa di lato:
–
Che messhaggio?
–
Non ricordi? Ieri
hai mandato un messaggio a Junkookie chiedendogli di venirti a prendere
fuori
perché ti stavi sentendo male. Per questo motivo ha potuto
aiutarti subito –
Jimin aveva smesso di mangiare e si era fatto così serio che
fece sentire
Taehyung allarmato – possibile che non ricordi assolutamente
nulla?
–
Tae… c’è un momento
di cui ho un totale buco nero. Non so cosa abbia fatto o detto. Quindi
no, non
sapevo di aver inviato quel messaggio.
Prima
che Taehyung
potesse replicare si sentì bussare e un attimo dopo il viso
sorridente di
Hoseok fece capolino nella stanza.
–
Jiminieeeeee!
Posso? – Senza
aspettare risposta entrò
e si mise ai piedi del lettino, gambe larghe e mani sui fianchi
– Spero
Jungkookie si sia occupato bene di te.
Jimin
cercò di
mantenere la voce il più stabile possibile mentre rispondeva
che andava tutto
bene e il peggio era passato.
–
Bene. Cerca di
riprenderti presto e inizia a preparati fin da ora, l’anno
prossimo ti faremo
recuperare queste pulizie scampate.
Jimin
sorrise:
– Spero Jin-hyung non vi
abbia fatto lavorare
troppo vista la mia assenza.
–
Siamo
sopravvissuti. Tu invece non è detto vedrai l’alba
di domani se non ti sbrighi
a finire quella torta prima che salga quassù. Un fato
peggiore potrebbe invece
aspettare te Taehyungie.
– Tranquillo –
rispose Taehyung – Jin-hyung
è già stato qui insieme a
Namjoon-hyung quindi siamo entrambi fuori dai guai – e si scambiò
uno sguardo d’intesa con Jimin.
–
Oh, perfetto.
Dunque sono venuti proprio tutti… –
Sembrò non sapere cosa dire e Jimin lo
guardò in attesa, sbattendo le
palpebre un paio di volte. Non tutti.
È
il suo turno adesso, no? – Beh, è tempo
che io vada a dormire. Jiminie,
Yoongi… credo sia molto stanco oggi, e… si
è già addormentato. Ovviamente però
è contento anche lui che ti senta meglio. Se fosse stato
sveglio sarebbe
venuto, ma si è davvero addormentato
all’improvviso e non mi sembrava il caso
di-
–
No, va tutto bene –
disse Jimin interrompendo il più grande – Non
c’è problema, dopo ieri è normale
avere già sonno per tutti, figuriamoci per Y-Yoongi-hyung.
Dalla
soglia della
porta, Hoseok rivolse a Jimin un sorriso di scuse:
–
Vi vedrete domani a
questo punto. Buonanotte Jiminie. Tu Taehyung vieni?
–
Rimango un altro
po’ qui, aspetto che Jungkookie salga così mi
dà il cambio con il malato –
rispose sorridendo e dando una piccola pacca sulla coscia di Jimin.
Hoseok
annuì e tornò
in camera da solo. La luce era spenta, due letti ancora vuoti, uno no.
–
Yoongi sono io,
Taehyung rimane ancora un po’ da Jiminie quindi puoi anche
smetterla di fingere
di dormire – sentì un “mmh”
provenire dal letto di Yoongi – non chiedermi più
di coprirti mentendo in faccia ai miei amici. Dopo la notte che ha
passato, mi
sono davvero vergognato a cercare un modo per giustificare la tua
assen-
–
Hoseokah, io sto
effettivamente dormendo. Sono stanco. Jiminah sopravvivrà
una notte senza
vedere il mio viso.
Hoseok
sollevò gli
occhi al cielo:
–
Fa come vuoi –
disse bruscamente mentre si infilava i pantaloni del pigiama. Vi fu
silenzio
per qualche minuto finché Hoseok non si mise sotto le
coperte e tirò un sospiro
– Yoongiah, non so cosa tu abbia fatto. Se non stai
bene… mi dispiace. Mi
dispiace e lo sai che se hai bisogno sono qui per te. Però
oggi sei stato
davvero così strano, non solo con me, ma con tutti, hai
detto sì e no due
parole in tutta la giornata e… non capisco
perché. Aiutami a capire perché?
Yoongi?
A
Yoongi si strinse
il cuore. Era buio e lui era disteso nel suo letto cosi come Hoseok nel
proprio, quindi non potevano vedersi, ma la voce strozzata
dell’amico gli aveva
fatto intuire che era prossimo alle lacrime. Stava malissimo, non
riusciva a
sentire altro che dolore dentro di sé, ma ferire Hoseok era
l’ultima cosa che
lo avrebbe aiutato a stare meglio. Cercò le parole da usare:
–Scusami.
Non credevo
di averti fatto preoccupare tanto. Scusa. Non è…
– strizzò
gli occhi e inspirò profondamente
prima di continuare – non è nulla di grave,
davvero. Una serie di cose.
Pensieri, riflessioni sull’anno passato e il futuro. La
stanchezza della festa,
il sonno. Tante cose insieme mi hanno… reso peggio del
solito. Ma non devi
preoccuparti, va bene? – silenzio – Va bene
Hoseokah?
–
…sicuro?
–
Si. Però se dovessi
fare così di nuovo, puoi avere pazienza con me per favore?
– la sua voce
profonda si era fatta ancora più bassa – Ho
bisogno che tu abbia pazienza con
me.
Sentì
Hoseok lanciare
un risolino:
–
Sedici anni non ti
hanno ancora dimostrato quanta ne possa avere?
Yoongi
sorrise
debolmente, e cercò di fermare le lacrime prima che
uscissero. Una vita passata
a controllarsi perfettamente ed ecco che nelle ultime ventiquattro ore
era già
la seconda volta che avrebbe voluto scoppiare in un pianto dirotto.
Questa
volta però si controllò. Si girò su un
fianco e sistemò meglio la testa sul
cuscino:
–
Buonanotte Hobi.
****
Jimin
avrebbe voluto concentrarsi su ciò
che Taehyung e Jungkook stavano dicendo, sul serio, ma per quanti
sforzi
facesse ogni quattro parole perdeva il segno. Stavolta però
non c’entrava nulla
il solito fatto che quando i due ragazzi parlavano tra loro seguire i
loro
discorsi era davvero difficile. Piuttosto, il motivo per cui Jimin si
trovava
incapace di partecipare alla conversazione era semplicemente che aveva
la testa
da un’altra parte. La visita di Hoseok lo aveva lasciato
molto scosso. Aveva
atteso tutta la giornata la visita di Yoongi. Da un lato la temeva.
Rivederlo
dopo ciò che aveva pensato la scorsa notte, dopo
ciò di cui aveva preso
coscienza, sarebbe stato duro. Non aveva ancora neppure
l’ombra di un’idea su
cosa dirgli o su come comportarsi, tantomeno su cosa fare per fare per
rimanergli vicino nel modo più silenzioso e meno ingombrante
possibile. Mentre
era solo nella stanza aveva avuto modo di riflettere ed era giunto alla
conclusione che la cosa più semplice fosse far fare a lui.
Yoongi avrebbe
potuto dettare tutte le condizioni. Cercarlo quando si sentiva,
chiamarlo quando
voleva, anche fosse stata una sola volta al mese. Purché
quella volta ci fosse.
Il senso di abbandono continuava a perforargli l’anima come
un trapano, ma se
fino al giorno prima aveva pensato che il modo migliore per scapparvi
fosse
voltare del tutto le spalle al ragazzo, adesso sapeva che questa per
lui non
era una soluzione possibile perché lo avrebbe fatto stare
ancora peggio.
Avrebbe dunque sopportato tutto e finché l’altro
glielo avesse permesso gli
sarebbe rimasto affianco. “Vederlo saranno mille chiodi nel
petto”. Li avrebbe
affrontati uno per uno pur di non sentirsi morire come aveva fatto
ieri. Però
il fatto che Yoongi non si fosse fatto vivo per tutta la giornata e che
addirittura alla fine avesse usato Hoseok come proprio portavoce lo
aveva
sconvolto. Una parte di lui gli diceva che era meglio così,
era ancora troppo
debole ed era solo un bene che l’incontro fosse stato
procrastinato. Ma
un’altra parte voleva davvero rivederlo. Aveva bisogno di
sapere che non si era
del tutto dimenticato di lui e che in qualche modo lo voleva ancora
nella sua
vita. Era tutto ciò di cui aveva bisogno, non voleva altro.
Si sarebbe
accontentato delle briciole e se le sarebbe fatte bastare. Lo avrebbe
addirittura ringraziato per avergliele date. Però se gli
avesse tolto anche
quelle… Strinse i pugni nella coperta più forte e
iniziò a respirare più
pesantemente. Jungkook, seduto di fianco a lui nel lato opposto a
Taehyung, se
ne accorse subito.
–
Jiminie? Tutto ok?
Sei di nuovo rosso.
–
Ti abbiamo stancato
troppo! Ora torno in camera, scusami – disse Taehyung
scattando in piedi.
Con
fatica, Jimin
riuscì a sorridere all’amico dicendo che non era
nulla di grave, ma sarebbe
stato meglio per lui mettersi subito a dormire. Jungkook lo fece
distendere e
accompagnò poi Taehyung alla porta:
–
Dicono che la notte
la febbre tenda a salire sempre un po’, non credo ci sia
nulla di cui
preoccuparsi.
–
Si, è normale. Però
deve riposarsi. Grazie per quello che stai facendo per lui Kookie. Mi
scoccia
ammetterlo, ma stai forse facendo un lavoro migliore di quello che
farei io.
–
E dov’è la novità?
– rispose Jungkook con un ghigno e strizzando un occhio.
Tornato
dentro vide
Jimin raggomitolato da un lato. Aveva le guance un po’ rosse,
ma respirava
regolarmente da sotto le coperte e Jungkook si
tranquillizzò. La notte sarebbe
sicuramente passata senza problemi. Si mise il pigiama silenziosamente
e si era
appena seduto sul letto quando sentì Jimin chiamarlo:
–
Kookie… ho freddo.
Vuoi… – affondò la testa nel cuscino e
le parole vennero fuori attutite, tanto
che Jungkook lì per lì temette di aver capito
male – potresti dormire qui
vicino a me anche stanotte?
Note
dell’autrice: Hello, ecco
il nuovo capitolo ~
Dunque…
da dove partire? Facciamo da Jimin, che è il personaggio
più
centrale qui. Come avevo anticipato sulle scorse note, un punto
decisamente
essenziale si è chiarito (spero): quelli che sono i
sentimenti di Jimin per
Yoongi. Il paragrafo iniziale dove parla in prima persona è
un esperimento che
ho voluto fare. Non amo molto le narrazioni in prima persona e dunque
non la
uso mai, però questa volta ho pensato che forse la maniera
migliore per
descrivere al meglio le emozioni di Jimin mentre si trovava in quello
stato
così confuso fosse proprio lasciare la parola direttamente a
lui. È davvero la
prima volta che scrivo in prima persona quindi è stato un
po’ un leap of faith
affidarle un momento così importante, però volevo
provare e dunque questo è
quanto è uscito. Ciò che conta è che
si sia capito quello che pensa Jimin e
questo punto viene esplorato poi anche più in là
nel capitolo. Anche lui prova
qualcosa di più che semplice amicizia per Yoongi. Sono due
idioti che si amano
e non se lo dicono perché non hanno capito nulla. E il
problema più grande
adesso che ognuno ha avuto la propria “rivelazione”
è che le loro decisioni in
merito a come affrontare la situazione sono opposte, ma anche
inconciliabili:
Yoongi vuole lasciare Jimin in pace, mentre Jimin se da un lato ha
capito che
non può fare a meno di essere nella vita di Yoongi, anche
solo come contorno,
dall’altro, non sapendo cosa altro fare, ha deciso di
lasciare la palla a
Yoongi e aspettare che detti lui le sue condizioni. Dunque,
è tutto molto
confortante e roseo J J
Per quanto poi riguarda Jungkook, Jimin vede in lui una sorta di porto
sicuro al momento. Diciamo che si sta abituando a determinate
attenzioni e
adesso che si sente così vulnerabile non riesce ad
allontanarle e soprattutto
non vuole che anche l’altro ragazzo lo lasci solo.
In tutto
ciò Taehyung capisce più cose su Jungkook di
quanto il suo
carattere sereno e distratto possa far pensare, mentre Hoseok al
contrario non
ha ben chiaro cosa stia avvenendo in Yoongi. Non si può
biasimarlo però. Non
può immaginare al momento che il malessere
dell’amico derivi dalla situazione
di Jk e Jimin. Tutto ciò che lui sa è che Yoongi
era normale durante la festa,
e poi Jimin si è sentito male e Jk lo ha aiutato, il che non
è nulla di
traumatizzante come fatto in sé. Forse se i due fossero
entrambi stati in
salute e si fossero chiusi per ore in camera, allora Hoseok avrebbe
potuto
pensare che Yoongi fosse turbato per questo, ma Jimin era malato,
letteralmente
non c’è nulla riguardo Jimin e Kookie che ai suoi
occhi possa aver sconvolto Yoongi
così tanto da giustificare il suo comportamento. Dunque sta
male a vedere
Yoongi in questo stato, perché non sa come aiutarlo.
Io giuro che
voglio bene a questi personaggi e non voglio che soffrano,
però certe scelte sono necessarie >.<
Spero comunque che questo capitolo abbia chiarito definitivamente un
dettaglio principale, ovvero quello che Jimin prova nei confronti di
Yoongi, ed
abbia in generale chiarito ciò che i vari personaggi provano
l’uno per l’altro.
La citazione iniziale è riferita a Jimin, ho pensato
rappresentasse bene il
suo stato confusionale quando ha provato determinate cose.
Mi fermo qui con queste note lunghissime. Grazie come sempre per aver
letto
fin qui ♥♥ Ci vediamo sul
prossimo capitolo!
Baci, Elle
|
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Capitolo 12 *** Capitolo X ***
CAPITOLO X
Quando
considero i limiti in cui sono rinchiuse le facoltà pratiche
e
indagatrici dell’uomo,
quando
vedo come ogni attività metta capo alla soddisfazione di
bisogni che
a loro volta non hanno
alcuno
scopo se non di prolungare la nostra misera esistenza, e ancora, come
ogni accontentarsi
di
certi risultati della ricerca sia semplicemente la rassegnazione del
sognatore,
pago
di decorare con figure variopinte e luminosi paesaggi i muri della sua
prigione,
tutto
questo, Whilhelm, mi fa ammutolire!
(J.
W. Goethe, I dolori del giovane Werther)
2
gennaio 2017
Il
secondo giorno
dell’anno accolse i sette ragazzi con una pioggia fitta e
pesante. Fin dal
primissimo mattino il ticchettio dei vetri colpiti dall’acqua
iniziò a farsi
strada nei loro sogni, senza però riuscire a disturbare il
sonno di nessuno.
Per motivi differenti, ognuno di loro era estremamente stanco e fu non
prima
delle dieci di mattina che la cucina iniziò a venire piano
piano ripopolata dal
gruppo. Alle dieci e mezza i mancanti all’appello erano solo
tre: Namjoon,
Taehyung e Jimin. L’agenda della giornata era piuttosto
serrata: per prima
cosa, la villa andava completamente ripulita e lucidata e questa era
già
un’operazione che avrebbe richiesto almeno un paio
d’ore; occorreva poi che
tutti si vestissero, e di nuovo del tempo ce ne sarebbe voluto vista la
disponibilità limitata di bagni; infine, entro massimo le
tre sarebbero dovuti
tutti trovarsi fuori dalla villa, in partenza verso la
città. Lo spettacolo di
Namjoon, Jin e Hoseok era infatti incredibilmente vicino e le prove
erano state
fissate per le cinque di quel pomeriggio. Il lavoro di squadra si
attivò
subito: mentre Hoseok e Yoongi davano il via alle operazioni andando a
prendere
detersivi, stracci e scopettoni vari, Jin andò a buttare
come al solito Namjoon
giù dal letto mentre Jungkook andava ad occuparsi di
Taehyung. Cinque minuti
dopo, un incredibilmente assonato Namjoon in boxer neri e t-shirt
bianca scendeva
lentamente le scale stropicciandosi gli occhi e un Taehyung
terribilmente
spaesato si rendeva conto di non essere più nel suo letto,
ma tra le braccia di
Jungkook che lo stava portando così di sotto. Accesa della
musica in
sottofondo, le grandi pulizie ebbero ufficialmente inizio.
L’unico
che, di
nuovo, era stato esentato dalla partecipazione al progetto
“rendiamo-di-nuovo-vivibile-questo posto” era
Jimin. Il ragazzo aveva
lievemente insistito quando Jungkook aveva lasciato il posto nel letto
di
fianco a lui e si era preparato per scendere, ma l’ennesima
notte trascorsa con
la febbre lo aveva lasciato indebolito. Aveva anche avuto di nuovo
degli
incubi. Non ricordava più bene di quale natura fossero, ma
gli avevano lasciato
un grande senso di sgradevolezza addosso. Sgradevolezza e angoscia.
Questa
sensazione era poi stata acutizzata dal primo pensiero che gli era
affiorato
alla mente appena si era svegliato: oggi
dovrò parlare con Yoongi-hyung. Era consapevole
che prima o poi ad un certo
punto della mattina ciò sarebbe dovuto succedere. Era
irritato con sé stesso,
si rimproverava la perdita di controllo avvenuta due sere prima. Se ora
si
trovava bloccato a letto, quasi privo di forze, era solamente colpa di
quell’assurda idea di uscire fuori alle tre di notte in mezzo
al gelo. Come
poteva essere stato così stupido? Se si fosse sentito meglio
adesso sarebbe
corso vicino a Yoongi e con una scusa avrebbe ripreso a parlarci. Non
ne poteva
davvero più di tutto quel silenzio tra loro. Era stato lui
il primo a
chiudersi, ma ora voleva che l’altro gli parlasse, che lo
guardasse. Doveva
accertarsi che avesse ancora qualcosa da dirgli, che lo volesse vicino.
Ma non
poteva comprendere nulla di tutto ciò se non lo guardava
negli occhi. Aveva
bisogno di vedere Yoongi, capire in prima persona quanto di
ciò che avevano
sarebbe rimasto. Aveva però poche energie e non
riuscì ad insistere quando
Jungkook lo fece distendere di nuovo e lo assicurò che
l’unica cosa a cui
avrebbe dovuto pensare era riprendersi. Non riuscì a farsi
valere neppure poco
dopo, quando Taehyung sgattaiolò un attimo da lui per
portargli qualcosa da
mangiare, in dosi ben più generose di quanto Jin avrebbe mai
acconsentito. Non
sapeva da dove prendere le forze e ad un certo punto, mentre era da
solo e lanciava
uno sguardo verso la finestra, sollevato a sedere da una pila di
cuscini,
diverse lacrime silenziose presero a scorrergli giù. Se le
asciugò in fretta. Se mi metto
anche a piangere è la volta buona
che non mi riprendo più. Non sapeva esattamente da
quanto tempo fosse in
quella posizione, forse dieci minuti, forse un’ora, con i
suoni delle faccende
in corso che gli arrivavano attutite da attraverso la porta chiusa e
con gli
stessi pensieri che a ruota gli vagavano per la mente: perché
Yoongi-hyung non viene? Perché sono sempre così
inutile? Quando mi
sentirò meglio? Ad un tratto sentì una
voce venire dal corridoio davanti
alla sua camera e si mise in allarme, sentendo i nervi farsi
più tesi e un
piccolo brivido partirgli dalla nuca.
–
Ti ho detto che va
bene Hoseok-ah, mi occupo io di pulire quello, basta che smetti di
chiedermelo.
Riesci a fare almeno il lavandino nel frattempo?
–
Si, ovvio che
riesco, è solo-
–
Solo che ti viene
da vomitare all’idea di pulire il water, lo so, me lo hai
detto.
Yoongi-hyung!
Di
nuovo Jimin si sentì come si era sentito nel suo incubo.
Avrebbe voluto
gridare, urlare al ragazzo che lui era lì, sveglio e lo
stava aspettando, ma nulla
uscì dalla sua bocca. Era rimasto pietrificato, il cuore che
batteva
all’improvviso dieci volte più veloce rispetto a
pochi secondi prima. Perché
non entrava? Perché non aveva voglia di vederlo? Di sapere
come stesse? Perché
si accontentava di ciò che Hoseok gli riferiva su di lui? Si
portò le mani alle
tempie, appoggiando i gomiti alle ginocchia. Non ne poteva
più. Si sentiva così
stupido ad avere questo bisogno, come se fosse un bambino capriccioso.
Che senso
aveva affannarsi così ora? Ci sarebbe stato modo di rivedere
Yoongi e parlarci
con calma anche nei prossimi giorni, dunque perché si stava
sentendo come se
l’attendere un altro minuto gli sarebbe stato fatale? La
sensazione di
impotenza di fronte agli eventi, di fronte a questa debolezza fisica,
di fronte
a sé stesso, gli dette d’un tratto la nausea e le
lacrime tornarono a fare
capolino. Passò un po’ di tempo a cercare di
razionalizzare e concentrarsi sui
giorni futuri, quando finalmente sano e in forze sarebbe potuto tornare
a
bussare al 503, ma non aiutò. Continuava a voler andare
subito, in quell’esatto
istante. L’udire un’altra volta la voce di Yoongi
– lui e Hoseok dovevano aver
finito di pulire e Jimin sentì i loro passi sulle scale
– lo convinse definitivamente
a fare qualcosa. Inspirò profondamente, e prese a togliersi
di dosso le coperte
con grande lentezza. Nella casa si stava bene, ma aveva paura che lo
sbalzo di
temperatura potesse comunque peggiorare la sua salute.
Poggiò i piedi a terra,
il rumore del piccolo salto attutito dai calzini bianchi.
Sentì la testa
girare, molto, e dovette appoggiare le mani al letto per tenersi in
piedi. Le
gambe lo sorreggevano a malapena e per un attimo sentì la
speranza di riuscire
ad arrivare alla porta affievolirsi. Si scrollò subito
però e tirando un altro
grande respiro si mise in cammino. Nel momento di aprire la maniglia si
fermò
di nuovo perché la testa continuava ad ondeggiargli un
pochino, ma almeno si
sentiva più stabile sulle gambe. Se fosse riuscito ad
arrivare in fondo alle
scale, sarebbe stata fatta. Quando si appoggiò al corrimano
poté finalmente
udire distintamente le voci provenienti dal piano inferiore, dove al
momento
tutti i ragazzi sembravano trovarsi. Con lentezza fece il primo
gradino. La
testa aveva finalmente quasi smesso di girargli e si sentiva capace di
mostrarsi abbastanza sicuro davanti agli altri cosi che acconsentissero
a farlo
unire ai lavori di casa. Quando si trovò a metà
scala una voce lo raggiunse:
–
Jiminie? Che ci fai
qui sotto??
Namjoon
lo stava
guardando preoccupato. Aveva lasciato il tavolo che stava richiudendo e
adesso
aveva iniziato ad andare verso di lui. La sua esclamazione fu seguita a
ruota
da quelle di Jungkook e Taehyung. Dovevano starsi occupando del bagno,
perché
uscirono entrambi da lì, accorrendo subito verso Jimin.
Hoseok lo guardò
incuriosito, ed emise solo un suono. Si trovava seduto sul divano,
probabilmente intento a prendersi una pausa dopo il trauma vissuto al
bagno del
piano superiore, e masticava rumorosamente una mela.
–
Cosa stai facendo?
– esclamò Jungkook raggiungendolo velocemente
facendo sei gradini con due passi
– Torna di sopra, come ti è venuto in mente di
alzarti?
Se
mentre scendeva si
era sentito meglio, ora che aveva tutte quelle persone intorno Jimin
sentì le
forze venirgli di nuovo meno. Voleva solo arrivare da Yoongi, non aveva
le
energie per mettersi a discutere contro una coalizione intera di
persone decise
a rimandarlo indietro. Ma ce l’aveva fatta fin lì,
non si sarebbe fermato adesso.
Tenendosi forte al corrimano, passò oltre Jungkook, e
cercando di suonare
credibile guardò Namjoon:
–
Sto bene. Mi sento
molto meglio e sono annoiato – finalmente mise il piede a
terra. Il peggio era
passato, ce l’aveva fatta – Voglio darvi una mano.
Namjoon
spostò
leggermente la testa in direzione della cucina, continuando
però a guardare
Jimin allarmato:
–
Jiiiiiin!
–
Ho sentito – disse
Jin uscendo dalla cucina mentre si asciugava le mani con uno
strofinaccio –
Jiminie, sei stato male, non credo davvero sia una buona ide-
–
Sto bene. Voglio
aiutarvi. Non mi muovo da qui.
La
fermezza del suo
tono lasciò tutti un po’ interdetti. Mentre Hoseok
osservava la scena con un’espressione
divertita, i quattro ragazzi raggruppati vicino a Jimin si scambiarono
diversi
sguardi. Alla fine fu Jungkook a parlare:
–
Jin-hyung, è stato
a letto per un giorno intero, non mi sorprende che sia annoiato.
Potrebbe fare
qualcosa di leggero, così che non si stanchi, ma intanto
stia con noi. Pensi si
possa fare?
Jin
guardò prima
Jungkook, poi Jimin, di nuovo Jungkook, velocemente Taehyung
–che lo stva
guardando appoggiato alla balaustra, testa tra le mani, la bocca appena
socchiusa, curioso sul responso – ed infine Namjoon, che gli
fece un cenno di
assenso. Sospirò:
–
Va bene, va bene. Puoi
aiutare, ma non devi stancarti assolutamente, ci siamo intesi? Voi
tornate a
lavoro, tu Jiminie siediti un attimo sul divano, ora ti trovo qualcosa
da fare.
Si
dispersero ad uno
ad uno, Jungkook per ultimo, dopo aver strizzato una spalla al ragazzo
e
avergli detto piano:
–
Appena dovessi sentirti
peggio, dimmelo subito che ti riporto sopra.
Jimin
annuì e lo vide
allontanarsi. I suoi occhi vagarono per la sala. Dov’è
Yoongi-hyung? Mentre si allontanava dalle scale, pronto ad
obbedire a Jin e andare a mettersi verso il divano, girò la
testa verso la
cucina sulla destra e si bloccò. Yoongi era lì
dentro. Jin era di schiena,
intento a lavare dei piatti, mentre Yoongi, anche lui di spalle, si
occupava di
asciugarli. Li prendeva con movimenti rapidi, i piatti che Jin gli
passava, strusciandoci
sopra il panno e posandoli davanti a sé, formando una
piccola pila. Dovevano
essere le stoviglie della sera prima e della colazione.
Entrò, ma nessuno dei
due sembrò sentirlo sopra al rumore dell’acqua.
Ora che aveva Yoongi davanti,
le gambe gli si erano fatte di piombo. Si fece coraggio e si
schiarì la gola.
Sia Jin che Yoongi si girarono verso di lui nello stesso momento e lui
si sentì
di nuovo caldo.
–
Jin… Jin-hyung. P-posso
aiutare qui?
Jin
lo osservò in
silenzio per un momento che al più piccolo sembrò
troppo lungo. Finalmente
parlò:
–
In effetti non è
una cattiva idea. Puoi asciugare i piatti stando seduto sulla sedia.
Mettiti
qui, ti prendo un panno per asciugare.
–
Hyung, può prendere
il mio – Jin si voltò verso Yoongi –
Può prendere il mio, in due non ha senso,
non sono così tanti piatti.
Stava
posando
alternativamente lo sguardo su Jin e il lavandino, parlando di Jimin
come se
non fosse neppure nella stanza. Guardami.
Perché non ti rivolgi a me? Jin anche doveva
essere rimasto interdetto,
perché non riuscì a dir nulla e si
ritrovò a guardare il ragazzo posare il suo
strofinaccio sul tavolo vicino a Jimin, e dirgli con voce bassa,
fissando la
porta della cucina davanti a lui:
–
Ti sei ripreso?
Stai meglio?
Jimin
ci mise qualche
secondo a rendersi conto che si stava rivolgendo a lui. Quando comprese
sussultò leggermente:
–
Si, si ora sto
meglio. Grazie.
–
Ok – Yoongi riprese
a camminare – Potrebbero non esserci sempre persone
lì a salvarti, vedi di non
essere così idiota la prossima volta.
Jin
spalancò gli
occhi e subito li gettò in direzione di Jimin. Il ragazzo
più piccolo sembrava
essere rimasto senza respiro. Diamine
Yoongi, ma a che cosa pensi? Arrendendosi in partenza con il
malumore di
Yoongi, cercò di occuparsi almeno di Jimin:
–
Jiminie, Yoongi è
un po’ nervoso oggi, sono convinto che non
intendeva…
–
No – Jimin strinse
i pugni e deglutì – Ha ragione. Sono stato un
idiota. Riprendiamo a lavorare
hyung, va tutto bene.
Con
riluttanza, Jin
riprese il suo posto al lavandino e si rimise a sciacquare le ciotole e
passarle a Jimin. Una, due, tre. Prendi, asciuga, impila. Non pensare
ad altro.
Potrai parlarci dopo. Quando starai meglio. Quando lui sarà
di buon umore. “Vedi di non essere
così idiota la prossima
volta”. Era sceso per vedere Yoongi-hyung, magari
parlarci un po’, dare
all’altro l’occasione di avvicinarglisi. Non si
aspettava lo avrebbe trattato
con tanta durezza. Non ci era in realtà davvero abituato.
Era la prima volta
che Yoongi lo faceva sentire quasi… sbagliato. Con lui di
solito Jimin non
aveva timori e sentiva di poter essere sé stesso, ma adesso
le parole del
maggiore lo avevano colpito terribilmente, mettendogli addosso un
sentimento di
umiliazione. Si sentiva ancora più stupido di quanto
già non si sentisse. Il suo
tono… non lo ha detto in modo giocoso.
Era serio. Mi sono comportato da idiota. Sono
un idiota. Ho fatto un casino e adesso hyung non ha nemmeno voglia di
parlarmi. Gli occhi gli si appannarono di un sottile velo di
lacrime, e
dovette sbattere le palpebre diverse volte per scacciarlo. Passando il
panno
sopra alla stoviglia con più forza del necessario
cercò di concentrarsi su ciò
che stava facendo, ma aveva solo voglia di piangere. La voce di Yoongi
gli
giunse di nuovo alle orecchie, meno severa questa volta, più
distesa:
–
Hoseok-ah, torniamo
noi in città con il tram – Non era una domanda.
–
Uh? Jiminie deve
tornare con l’auto per forza, ma noi possiamo fare ad
estrazione per vedere chi
tor-
–
Non ce n’è bisogno,
voglio andare con il tram. Vieni a pulire il cortile?
Un
mormorio di
assenso, qualche passo, una porta sbattuta. Le mani di Jimin lasciarono
andare
la ciotola che stavano impugnando. La vide infrangersi a terra, ma non
fece
nulla per evitarlo. Sentì Jin urlare il suo nome, chiedergli
se stava bene, se
si era fatto male o tagliato. Accennò un no.
Sentì Namjoon accorrere subito e
chiedere cosa fosse successo, Jin rassicurare che nessuno si
preoccupasse e
andare a prendere una scopa per raccogliere i cocci. Jungkook anche era
arrivato adesso, lo aveva fatto sollevare dalla sedia afferrandogli il
polso.
Jimin si girò verso la porta della cucina, vide
lì anche Taehyung che lo
guardava con sguardo preoccupato.
–
Ma perché sei sceso
qui? Sei ancora troppo debole, adesso torni subito di sopra.
–
No aspetta… –
Jungkook lo aveva preso per mano e lo stava tirando per portarlo verso
le
scale, rimetterlo a letto. Lui voleva rimanere però. Voleva
aspettare che
Yoongi tornasse in casa e sperare che gli parlasse di nuovo. – Sto bene.
Kookie, non c’è bisogno…
–
Jiminie, io credo
che tu non sia davvero ancora in forze per stare qui. Sei evidentemente
troppo
debole. Per favore, torna su – il tono di Jin era fermo, la
presa di Jungkook
su di lui salda e vide sia Taehyung che Namjoon annuire.
Capì di aver perso, e
accettò il verdetto. Non fece resistenza quando Jungkook lo
prese in braccio e
iniziò a salire le scale e neppure quando lo mise a letto e
gli rimboccò le
coperte. Disse solo ad un certo punto, mentre il ragazzo gli aggiungeva
un’altra copertina, più come se parlasse a
sé stesso:
–
Stavo bene. Potevo
rimanere, sto be-
–
No, non stai bene!
– il tono di voce di Jungkook si fece più alto
– Sei sudato, stavi quasi
ansimando! Jiminie, ti prego – gli strinse forte una mano e
si inginocchiò
vicino a lui, e riprese con voce più calma – ti
prego, fidati di me. Stai
tranquillo, non ti agitare, non ti affaticare. Non ce la faccio
più a vederti
star male, voglio che tu ti riprenda. Stammi a sentire per favore.
Dammi modo
di prendermi cura di te.
Lo
sguardo del
ragazzo colpì profondamente Jimin. Sembrava così
preoccupato e risoluto allo
stesso tempo. Quasi adulto. Non seppe dire di no. Forse non volle dire
di no.
La sua voce era flebile quando parlò:
–
Scusami. Non volevo
farti preoccupare. Mi dispiace tanto. Sono… un disastro
assoluto – si portò una
mano davanti agli occhi e Jungkook scattò su, tirandosi in
piedi e mettendosi
questa volta seduto di fianco a lui:
–
Jiminie, no! – gli tolse
le mani dal viso e gli portò una mano sulla guancia
– Non sei un disastro! Sei
solo stato male per colpa di una dannata febbre e…
perché ti sei un po’ confuso
con le dosi di soju – il sorriso nella sua voce fece
sorridere leggermente
anche Jimin. Si guardarono negli occhi – Va tutto bene, ok?
Tu non preoccuparti
di nulla, stai qui tranquillo, vengo io a prenderti quando è
ora di andare via,
d’accordo?
Jimin
annuì, e non si
scansò quando Jungkook gli si avvicinò per dargli
un leggero bacio sulla
guancia.
****
Il
viaggio di Hoseok
e Yoongi fu silenzioso. Il primo non era riuscito a dire no alla
richiesta del
secondo e quindi alla fine si erano entrambi avviati verso la fermata
del tram
una decina di minuti prima che gli altri ripartissero in macchina. Per
qualche
motivo Yoongi era voluto tornare con il tram e Hoseok non aveva voluto
mettersi
a contestare il suo desiderio di andare insieme. Continuava a vedere
Yoongi
scosso e non capiva il perché, per cui aveva deciso che
avrebbe cercato di stargli
addosso il più possibile, sperando che osservandolo bene
qualcosa uscisse fuori
o gli balzasse all’occhio. Nulla però lo aveva
aiutato a capire meglio cosa
stesse passando nella mente del più grande e anche adesso
sentiva che non era
il momento di mettersi a fare domande.
Yoongi
stava
guardando fuori dal finestrino, un gomito appoggiato vicino al vetro,
lo
sguardo perso. Si sentiva un po’ in colpa di aver chiesto ad
Hoseok di andare
con lui quando adesso non gli stava quasi rivolgendo la parola, ma al
momento
aveva un unico pensiero per la testa: il modo in cui aveva trattato
Jimin.
Uscendo dalla cucina, dopo avergli risposto così male,
Yoongi avrebbe voluto
prendersi a pugni, con la consapevolezza che se anche se ne fosse dati
cento e
poi cento e poi altri cento non sarebbero stati ancora sufficienti. Se
ne
meritava di più. Lasciarsi andare alla rabbia
così con Jimin, chiamandolo
idiota in quel modo, con la bocca piena d’astio…
come aveva potuto? Si era
subito pentito di ciò che aveva detto il secondo stesso in
cui lo aveva fatto e
il pensiero di aver dato un dispiacere a Jimin gli aveva fatto
malissimo. Il
problema è che quando il ragazzo aveva risposto di stare
bene, Yoongi non aveva
potuto fare a meno di pensare a come non fosse stato lui a farlo
sentire meglio
e l’immagine di Jungkook che se ne prendeva cura gli aveva
fatto perdere il
lume della ragione. Aveva sentito un enorme risentimento nascergli
dentro e lo
aveva esternato, senza pensare alle conseguenze. Stava male a
ripensarci perché
non era davvero con Jimin che ce l’aveva, e neppure con
Jungkook. Ce l’aveva solo
con sé stesso, ma come sempre nella sua vita questo auto
disprezzo si traduceva
poi in un apparente odio verso gli altri. Però non poteva
permetterlo. Non
poteva assolutamente permettere che Jimin rimanesse ferito da lui. Non
avrebbe
potuto sopportarne il pensiero e decise in quell’istante che
avrebbe fatto di
tutto affinché ciò non accadesse, prendendo una
decisione.
****
I
giorni successivi
furono particolarmente frenetici per il gruppo del 503 e caratterizzati
da un
grande via vai di persone nei vari appartamenti. I più
impegnati di tutti erano
Jin, Namjoon e Hoseok. Lo spettacolo era alle porte e
l’agitazione era
palpabile. Il pomeriggio del due gennaio si erano tutti e tre fiondati
in sede,
dove trascorsero quasi cinque ore il giorno dopo per le ultime prove,
mentre il
mercoledì rimasero per quelle generali quasi
l’intera giornata all’interno del
teatro dove la rappresentazione avrebbe avuto luogo. Anche quando erano
a casa,
l’atmosfera era un po’ delirante, con Jin che si
metteva a recitare in momenti
casuali, mentre si muoveva tra i fornelli o sotto la doccia o durante
il
notiziario, e Namjoon che continuava a lamentarsi contro un iper-attivo
Hoseok,
il quale si era ormai fissato in pianta semi stabile
nell’appartamento e
alternava momenti in cui si chiudeva in camera con Yoongi ad altri in
cui
andava in sala per, appunto, scaricare la propria tensione infastidendo
e
lamentandosi con Namjoon. Nel frattempo, un’altra persona
aveva quasi messo le
tende in casa altrui: Jungkook. Quando il lunedì pomeriggio
Jin aveva fermato
la sua auto davanti casa di Jimin e Taehyung, il ragazzo aveva
insistito per
salire con loro ad aiutare ed era andato via solamente a sera tarda,
dopo
essersi accertato che Jimin mangiasse propriamente, andasse a letto
presto e
dopo aver trascorso un paio di ore a chiacchierare con Taehyung in
cucina. Il
giorno dopo si era poi presentato al mattino piuttosto presto,
accompagnato da
un cestino infiocchettato:
–
È un kit di
sopravvivenza, Jiminie. Ci ho messo dentro alcune cosine che credo
possano aiutarti
ad allievare la noia. Tae mi ha detto che avevi finito i manga quindi
sono
passato in fumetteria e te ne ho presi alcuni. Queste sono un paio di
riviste
interessanti che avevo a casa. Due dvd di Hoseok-hyung, credo siano del
suo
drama preferito, non dirgli che te li ho portati. Magari piacciono
anche a te.
Poi vediamo… cioccolata, un paio di barrette, dei fazzoletti
tanto per
sicurezza e questo qui – prese quella che sembrava essere una
scatoletta bianca
in mano – è il mio Nintendo. Lo so che i
videogiochi non sono il meglio quando
si è ammalati, ma secondo me domani dovresti già
essere quasi guarito, quindi
potrai usarlo. Spero il gioco che ci ho messo dentro ti piaccia.
–
Jungkookie – Jimin
non sapeva cosa dire – sei completamente impazzito, non
dovevi assolutamente
disturbarti così!
–
Ssh. Prendi e
basta. Te lo appoggio qui vicino al letto, va bene?
Taehyung
entrò nella
stanza, una tuta nera larga addosso, le mani incrociate dietro la testa:
–
A me non hai mai
regalato tutte queste cose Kookie.
Jungkook
lo guardò
serio:
–
Tu non ti sei mai
ammalato da quando ci conosciamo.
–
Ok, quando mi
ammalerò allora dovrai fare un cestino anche per me.
Prometti – e gli si mise
davanti con le braccia conserte.
Jimin
portò gli occhi
al cielo, mentre Jungkook ridacchiò portandosi la mano al
cuore:
–
Io, Jeon Jungkook,
prometto solennemente di accudire te, Kim Taehyung, nel momento della
malattia
– Taehyung sorrise annuendo soddisfatto, e Jungkook
continuò – e
così in ogni malattia finché morte non ci
separi. Va bene?
Finché
morte non ci separi. Taehyung rimase spiazzato di fronte a
queste parole, e
sentirle uscire dalla bocca del ragazzo davanti a sé, che lo
guardava dritto
negli occhi, sorridente, bellissimo, lo mandò in tilt.
Spalancò gli occhi,
sentì un rossore caldo sulle guance e per cercare di
riprendersi, non sapendo
cosa altro fare, si mise a sedere per terra, balbettando:
–
S-si, ok ti credo.
Dimmi piuttosto di Hoseok-hyung – era la prima cosa che gli
era venuta in mente
per cambiare discorso – che cosa sta facendo? È
agitato per dopodomani?
–
In realtà non ci ho
potuto parlare molto – rispose Jungkook – Ieri
notte quando sono tornato non
l’ho trovato, gli ho scritto e mi ha detto che dopo le prove
era rimasto con
Yoongi-hyung. Poi questa mattina invece è stato hyung a
venire da noi, sono
stati in camera per un po’ e poi sono andati via, credo
Hobi-hyung avesse le
prove presto. Mi ha detto che forse rimarrà via anche
stasera.
–
Yoongi-hyung viene
da voi? – Taehyung era incredibilmente sorpreso –
Perché mai?
–
Non ne ho idea
onestamente. Ci sta che Hoseokie rimanga al 503 per esercitarsi con gli
altri,
ma perché mai Yoongi-hyung si prenda il disturbo di venire
da noi, è un
mistero. Jiminie, tu ne sai nulla?
–
Come? I-io? No, non
so niente. Non… non so il perché.
Jimin
vide Jungkook
fare spallucce rassegnate e ne ebbe invidia. Avrebbe dato tutto
ciò che aveva
in quel momento per poter fare la stessa cosa. Alzare le spalle e
procedere,
cambiare argomento, spostare i pensieri. Ma non gli era possibile.
Quando
Jungkook aveva parlato la ormai familiare sensazione di avere un
improvviso
buco allo stomaco era tornata nel giro di un istante. Per un secondo
aveva
anche contemplato l’idea di confidarsi con i due amici e
condividere ciò che
sapeva sui due, però ci aveva ripensato subito. Dirlo ad
alta voce ad altre persone
lo avrebbe reso troppo reale.
Il
giorno dopo
Jungkook tornò di nuovo, questa volta portando con
sé una busta intera della
spesa, spiegando come ci fosse bisogno del suo aiuto per il pranzo
perché
Taehyung non sapeva cucinare e Jimin continuava a sembrare troppo
sciupato. Di
nuovo, informò i ragazzi della presenza di Yoongi a casa
loro di prima mattina
e dell’avere appreso che aveva preso ad accompagnare Hoseok
alle prove insieme
a Jin e Namjoon.
–
Non sapevo che
hyung fosse così interessato a questo spettacolo. Forse
vuole affiancare
Namjoonie-hyung nella composizione delle musiche? – fu il
commento di Taehyung
mentre passava un coltello per tagliare la verdura a Jungkook.
–
Mi
piacerebbe risponderti, ma non posso e a dirti la verità
l’idea di chiedere
spiegazioni non mi attrae – disse l’altro
sistemando per bene il tagliere sul
tavolo – il dover rivolgere la parola a Yoongi-hyung mi mette
una certa ansia
ultimamente.
–
Perché cosa
succede? – chiese Jimin. Dal momento che dal pomeriggio
precedente non aveva
più la febbre aveva deciso di alzarsi un pochino e mettersi
lungo sul divano
con una coperta addosso per stare in compagnia degli altri due ragazzi
mentre
si occupavano del pranzo. Proprio come il giorno precedente,
l’aver avuto
notizia di come Yoongi stesse trascorrendo ogni minuto con Hoseok lo
aveva
rabbuiato. Avrebbe preferito che il discorso venisse chiuso e Jungkook
non ne
facesse più cenno, per un milione di motivi diversi. Quando
però lo aveva
sentito fare quel commento su Yoongi era rimasto incuriosito. Stava
male? – Che
cosa ha fatto Yoongi-hyung?
Jungkook
scoppiò a
ridere:
–
Non sarei qui a
parlarne se lo sapessi Jiminie! È sempre quello il problema
con Yoongi-hyung,
no? Non si sa mai cosa gli passi per la testa – fece cenno a
Taehyung di
prendere il suo posto al tagliere – o almeno, io non sono in
grado di capirlo.
Grazie Tae, finisci tu così io intanto metto il brodo a fare.
Taehyung
annuì e disse qualcosa, ma Jimin non stava più
ascoltando. Aveva aperto il cellulare e, come aveva fatto
già mille volte anche
il giorno prima, era andato a controllare la casella dei messaggi, come
se per
magia da un momento all’altro potesse apparire un piccolo
“1” vicino alla chat
sua e di Yoongi-hyung. L’ultima conversazione però
rimaneva sempre quella,
delle 17:18 del 30 dicembre 2016: “Dove
sei???”. Fermi lì. Erano rimasti
lì e Jimin iniziava a chiedersi se
sarebbero mai andati avanti. Rilesse per la milionesima volta gli
ultimi
messaggi che lui stesso aveva mandato. “Attendimi
per favore, ho tante cose da dirti :)”. Sembrava
passato così tanto tempo.
Avrebbe voluto avere la stessa leggerezza anche ora, passare le dita
sui tasti
senza pensarci e chiedere all’altro ragazzo cosa stesse
facendo. Il Jimin che
aveva mandato quegli ultimi messaggi, quello di nemmeno cinque giorni
prima, lo
avrebbe fatto. Il Jimin di ora però non ne aveva il
coraggio. Questo pensiero
gli mise addosso una sensazione fastidiosa, decisamente sgradevole. Era
così
strano. Tutto ciò che stava vivendo, provando, pensando era
sconosciuto,
estraneo. Desiderava con tutto sé stesso che le cose
tornassero come prima, ma
di nuovo si sentiva impotente perché sapeva che non avrebbe
potuto far nulla in
proposito. Quella che era stata rabbia iniziale, quando aveva sorpreso
Yoongi e
Hoseok quel fatidico pomeriggio, e che poi si era trasformata in
disperazione,
durante la festa e quando poi Yoongi gli aveva parlato in cucina, aveva
adesso
lasciato il posto solo alla tristezza. Un’enorme tristezza
che si era
impossessata di lui e di cui non riusciva più a disfarsi. Il
venire a sapere di
come Hoseok e Yoongi passassero così tanto tempo insieme
aveva definitivamente
distrutto le sue speranze. Il fatto che Yoongi stesse facendo compagnia
ad
Hoseok addirittura a teatro, quando se fosse stato chiunque altro a
chiederglielo
gli avrebbe solo riso in faccia, fu per Jimin un’ulteriore
conferma di ciò che
c’era tra i due ragazzi, di come tra loro il rapporto fosse
cambiato e
diventato qualcosa di più di pura amicizia. Ma
d’altronde si conoscevano da una
vita, avrebbe dovuto aspettarsi una cosa del genere già da
tempo, e anzi, era
strano che non fosse accaduto prima. A lui invece Yoongi-hyung non
aveva
mandato nemmeno un messaggio. Non gli aveva chiesto se stesse bene. Non
aveva
nemmeno colto l’occasione di chiedere a Jungkook che glielo
salutasse. Nulla. D’altronde
era di cattivo umore, come gli avevano detto più volte anche
gli altri, ed era
normale che l’unica persona che sopportasse fosse Hoseok. Che
stupido che era
stato a pensare di avercela fatta, di essersi guadagnato un posto
speciale
nella vita del più grande. Doveva probabilmente sentirsi
solo fortunato ad averlo
potuto avere un po’ per sé per tutto questo tempo.
Ciò che stava accadendo ora era
inevitabile, solo questione di tempo e Jimin lo aveva previsto.
Ritornò con la
mente al periodo in cui Hoseok doveva far ritorno dal Giappone. Aveva
già
allora iniziato ad avere una certa apprensione, il timore che tutto
quello che
aveva avuto con Yoongi si trasformasse in una semplice parentesi.
Eppure ciò
non era accaduto. Hoseok era tornato, ma Yoongi non aveva cambiato
nulla nel
loro rapporto. Al contrario. Quando gli aveva regalato il mixtape,
Jimin aveva
sentito una gioia enorme esplodergli nel cuore, resa ancora
più intensa dal
sollievo provato. Yoongi gli aveva dato le sue creazioni, le aveva date
a lui e
solo a lui. Non lo avrebbe allontanato da sé, Jimin si era
sentito convinto di
questo in quel momento, su quel tetto, mentre piroettando scappava da
Yoongi e
vedeva ballare attorno a sé i fiocchi della prima neve
dell’anno. Quando aveva
ascoltato il cd, da solo nella propria camera, Jimin aveva pianto.
Erano
lacrime di commozione e gioia. Non solo aveva un pezzetto di Yoongi
tutto per
sé, da poter tenere vicino in qualunque momento, ma era
anche un qualcosa che
era solo suo. Neppure di Hoseok. Di nessun altro. Solo ed
esclusivamente suo. Si
allungò sul divano e chiuse gli occhi prima che altre
lacrime potessero
scendere. Il cd gli rimaneva, ma di tutto il resto ora non aveva
più nulla. Poteva
solo sperare che per qualche motivo Yoongi-hyung decidesse di parlargli
di
nuovo. L’idea di dover rivivere ciò che era
accaduto due giorni prima gli
stritolava il cuore, ma cercò di tranquillizzarsi pensando
che quello doveva
essersi trattato di un momento particolare, mentre appena si fossero
trovati
nel contesto familiare di una delle solite cene, al riparo nel 503, le
cose
sarebbero forse andate in un altro modo. Pregò di avere
ragione. Solo un po’ di pazienza
Jimin. Solo un altro
po’ di pazienza.
****
5
gennaio 2017
–
Come ti senti? Pensi di riuscire a venire questa sera
allo spettacolo?
–
A che ora è?
–
Alle diciotto e trenta. Però non durerà molto e
nel
teatro farà caldo. Se ti copri bene e prendiamo il tram
proprio qui sotto non
dovrebbero esserci problemi. Poi al 503 per la cena potrà
portarti Jin-hyung in
auto.
–
Non lo so Tae… non so se mi sento ancora in forze
sufficienti. Ho soprattutto paura di una ricaduta e vorrei essere
sicuro al
cento per cento di essere guarito prima di uscire con questo freddo. Mi
dispiace.
–
Tranquillo Jimin, gli hyung capiranno.
–
Salutameli e complimentali da parte mia. Digli che
anche senza averli visti so che saranno stati bravissimi.
–
Ricevuto. Allora io inizio a prepararmi, tu per cena
hai il brodo che è avanzato di ieri. Quando
tornerò forse starai già dormendo,
ci vediamo direttamente domani mattina, ok? Sopravvivrai stasera senza
me e
Kookie?
–Vai
Taehyungie. Buon divertimento.
****
–
Giuro che la prossima volta che quella mi tocca il
braccio fuori dalle scene lancio un grido di aiuto. Credi che possa
denunciarla
per molestie?
–
Prima o dopo lo spettacolo?
–
Se va avanti così lo farò probabilmente prima.
–
Possiamo in effetti sempre chiedere un cambio, io al
posto suo – Yoongi sorrise in direzione di Hoseok, il quale
rise a sua volta,
ovviamente in modo più rumoroso dell’altro. Si
trovavano già dalla mattina all’interno
del teatro dove entro un paio di ore si sarebbe tenuto finalmente il
tanto
sospirato secondo show. L’emozione che si sentiva correre tra
i membri della
compagnia teatrale era dovuta più alla felicità
di essersi quasi liberati di
questa rappresentazione che a una vera agitazione pre-spettacolo.
Yoongi si era
unito, così come anche nei giorni precedenti, a Jin, Namjoon
e Hoseok per
controllare più da vicino l’amico e rendersi conto
di come eventualmente
aiutarlo quando provavano insieme. Fino all’ultimo infatti
Hoseok aveva voluto
che Yoongi provasse con lui. Non si sentiva sufficientemente pronto per
cui
aveva deciso di usufruire del tempo in cui non era impegnato nelle
prove con la
compagnia facendo venire Yoongi a casa sua. Jungkook era un coinquilino
molto
più discreto di Jin e Namjoon, e non avrebbe fatto troppo
caso a ciò che i due
ragazzi stavano facendo chiusi in camera. Al contrario, la presenza di
Jin e
Namjoon in casa avrebbe assicurato continue interruzioni e sarebbe
risultato difficile
per Hoseok rilassarsi e rimanere concentrato. Anche se ormai con Yoongi
l’imbarazzo era del tutto scomparso o quasi, il ragazzo non
aveva tuttavia
ancora intenzione di far sapere ad anima viva il favore che aveva
chiesto
all’amico. Aveva dunque supplicato Yoongi che gli facesse la
cortesia di venire
da lui la mattina e accompagnarlo poi alle prove. “Potrai vedere dove sbaglio e poi potrai parlarmene
a casa tua dopo
cena. Però le prove vere e proprie le facciamo da me. Tra
l’altro Jungkook non
c’è comunque, perché andrà
da Taehyungie e Jiminie”. L’amico aveva
accettato subito, e Hoseok gliene era grato. Questa mattina erano
andati al
teatro piuttosto sul presto e la giornata era trascorsa prova dopo
prova.
Yoongi aveva ricevuto il permesso di rimanere lì –
Namjoon aveva approfittato
della sua presenza per farsi dare una mano – e aveva fatto da
supporto morale
ad Hoseok, osservandolo dalla platea quando era in scena e andandogli
vicino
dietro le quinte per bisbigliarli un “bravo” o un
“rilassati di più” appena il
suo turno finiva. Lo aveva visto particolarmente agitato quando era
andato da
lui la mattina, ma adesso sembrava essersi calmato e concentrato. Al
momento la
sua più grande preoccupazione era
l’imprevedibilità della sua partner, la quale
non perdeva occasione per andargli vicino, chiedergli di provare ancora
e
allungare ogni tanto anche una mano, dedicando ad Hoseok attenzioni che
il
ragazzo avrebbe pagato oro pur di non ricevere.
–
Non mi vergogno nemmeno di dire che preferirei limonare
con te davanti a trecento persone rispetto a sentire un’altra
volta anche solo
per un secondo la sua mano sul mio braccio.
–
Ok, ritiro tutto. Aspetta che lo spettacolo sia finito
prima di denunciarla, non ci tengo a limonare con te.
La
risata di Hoseok scoppiò proprio mentre Jin gli si
avvicinava. Il ragazzo era nervoso, ma invece che mostrarsi con la
scontrosità,
il nervosismo di Jin si manifestava attraverso un’allegria
quasi isterica.
Bastava nulla per farlo ridere e si metteva ad urlare incoraggiamenti a
tutto
il gruppo non appena ne aveva l’occasione. Yoongi non aveva
mai assistito alle
prove generali di nessuno dei suoi spettacoli e adesso, vedendolo
così, gli fu
estremamente chiaro perché non ci avesse messo molto tempo a
fare amicizia con
Hoseok.
–
Yoongi caro – trillò avvicinandosi a lui e
portandogli
le mani sulle spalle – Il mio Joonie vorrebbe un consiglio su
una piccola
modifica che vuole fare… Non ho capito bene cosa, vedi tu.
Sono così contento
che tu sia qui con noi! Ora ti voglio a tutti i futuri spettacoli,
qualcosa mi
dice che la tua presenza porterà fortuna!
Yoongi a queste
parole spalancò gli occhi e guardò Hoseok come a
dire “Non ho firmato anche per
questo”. Mettendosi a ridere Hoseok prese Jin per il polso e
lo scostò da
Yoongi, sottolineandogli l’importanza dell’andare
per gradi.
–
Ok, ok, segui i tuoi tempi Yoongi-ah. Sento però che
questo è solo l’inizio e un giorno salterai a
bordo con noi.
I
due presero a parlottare animatamente tra loro e a
creare quelli che a Yoongi suonarono come scenari distopici riguardanti
lui e
sue possibili parti in un qualche spettacolo. Incapace di fronteggiare
la
combinazione Jin-Hoseok, al ragazzo non restò che andare a
cercare rifugio da
Namjoon. Rimase con lui per tutto il resto del tempo, dandogli una mano
come gli
aveva chiesto, finché finalmente, incredibilmente in fretta,
giunse l’orario di
apertura delle porte al pubblico. A questo punto Yoongi
salutò Namjoon e andò
per l’in bocca al lupo prima da Jin e poi da Hoseok, a cui
dette anche qualche
ultima raccomandazione:
–
Stai tranquillo e non agitarti. Sei migliorato
tantissimo e puoi farcela. Se te la vedi brutta, ripensa al mio bel
viso,
vedrai che tutto andrà liscio.
Ridacchiando
Hoseok lo abbracciò. Il modo in cui l’amico
aveva accettato di aiutarlo e il fatto che avesse continuato a farlo
nonostante
ci fosse qualcosa che chiaramente lo rendeva inquieto significava
moltissimo
per Hoseok. Si sentiva felice di essersi aperto all’amico e
aver chiesto aiuto
mettendo da parte l’orgoglio. Gli sarebbe piaciuto Yoongi
facesse lo stesso,
non voleva vederlo mai più come lo aveva visto qualche
giorno prima. Lo strinse
fortissimo, attirandosi ovviamente le sue proteste. Gli voleva
così bene che il
cuore a volte gli faceva male e questa era una di quelle. Incurante
delle
resistenze dell’altro, non lo lasciò andare e gli
disse piano:
–Grazie
mille Yoongi-ah. Di qualsiasi cosa tu abbia
bisogno, io sono qui. Ti voglio bene. Lo sai che ti voglio bene, vero?
– lo
lasciò andare solo per porgli quest’ultima domanda
guardandolo in viso, ma il
suo sguardo serio ebbe vita breve. Lo sguardo scioccato di Yoongi unito
al
nuovo rossore sulle sue guance fu abbastanza per farlo ridere. Il
più grande lo
scrollò via da sé.
–
Vado a prendere posto perché davvero sto iniziando a
temere per la mia incolumità fisica.
–
Ti stavo solamente dimostrando il mio amichevole e
fraterno affetto – gli
disse Hoseok fingendo
un tono ripiccato mentre lui si allontanava. Rispose continuando a
camminare, dandogli
la schiena e sollevando una mano a mo’ di saluto:
–
Dimostramelo facendomi vedere che non ho perso il mio
tempo. Fai scintille stasera su quel palco, Hobi.
Scintille
fece. Nessuno nel pubblico avrebbe potuto
credere che la persona di fronte ai loro occhi era un ragazzo insicuro
e
inesperto che fino a una settimana prima non sapeva nemmeno da dove
iniziare
con scene come quelle che stava recitando. Anche coloro che lo
conoscevano furono
sorpresi. Persino Jungkook e Taehyung furono capaci di dimenticarsi che
quello
era il loro amico, il loro rumoroso, confusionario, perennemente
allegro Jung
Hoseok. Yoongi era estremamente orgoglioso. Il ragazzo aveva ascoltato
tutti i
suoi consigli e per Yoongi fu davvero divertente scoprire che avevano
funzionato per davvero. Si era mostrato sempre sicuro di sé
mentre aiutava
l’altro, ma in realtà non poteva dire di saperne
poi molto di più in materia
rispetto ad Hoseok. Mentre lo guardava muoversi così
disinvolto sul palco,
avvicinarsi alla sua partner e toccarla senza problemi, recitare
battute
romantiche con scioltezza, Yoogni pensò alla incredibile
crudele ironia di
tutto questo. Hoseok trasformato in un eccellente attore sentimentale
proprio
da lui, che invece si era lasciato scappare la persona che amava con
tutto sé
stesso da sotto gli occhi. L’impegno con Hoseok lo aveva
aiutato a distrarsi e riempire
il tempo, tuttavia la ferita era sempre lì, fresca e
pulsante come se fosse
stata appena aperta. Se ne rendeva conto soprattutto la notte. Sebbene
avesse
cercato il più possibile, riuscendoci, di non rimanere solo,
la notte non
poteva purtroppo trovare riparo in nessuno. Ecco quindi che i pensieri
prendevano vita e gli si attorcigliavano confusi per ore, senza che lui
riuscisse a districarseli di dosso. Erano come delle arpie, mai sazi e
sempre
vogliosi di tornare a tormentarlo. Ciò che era
più frustrante era la
consapevolezza dell’inutilità di tutto questo
pensare. Yoongi non aveva più
nulla di nuovo da analizzare, aveva rivisto ogni dettaglio nella sua
mente,
ripercorso ogni fase della sua stupidità già
un’infinità di volte. Aveva già
tratto le sue conclusioni e preso la sua decisione. Da quando gli si
era
affacciata alla mente, chiara e limpida, facile, quattro giorni prima,
mentre
il tram riportava lui e Hoseok a Seul, si era convinto sempre di
più che fosse
la soluzione giusta. Questa sera a cena ne avrebbe informato
velocemente gli
altri. Probabilmente era un bene che Jimin non ci fosse, anzi lo era
sicuramente. Avrebbe avuto paura di vacillare se avesse dovuto fare il
suo annuncio
guardando negli occhi il ragazzo che amava.
–
Ho sognato questo momento così tante volte…
così tante notti.
L’udire
l’amico dire di nuovo queste battute, finalmente
su un palco, indossando i vestiti di scena, la mossa spavalda di chi sa
il fatto
suo, fece sorridere Yoongi. In fondo era da lì che avevano
iniziato tutto.
****
Una
pioggia di applausi riempì la sala del teatro,
inondando i commedianti e poi sfumando piano piano, fino a scomparire
del
tutto, sostituita dal brusio della folla in marcia verso le porte
d’uscita.
Taehyung poteva sentire i mormorii soddisfatti delle persone intorno a
lui,
rallegrandosi dei commenti positivi. Gli amici avevano fatto davvero un
buon
lavoro e lui si sentiva contentissimo per loro, sapendo quanto la buona
riuscita di questo spettacolo fosse importante per fare
pubblicità alla
compagnia. Peccato Jiminie non sia venuto,
pensò mentre girava la testa per controllare che Jungkook
fosse ancora vicino a
lui. Si, era lì. Lo prese sottobraccio:
–
Direi che è andata bene,
no?
–
Si, non mi sono per niente
annoiato! Voglio proprio andare da Hoseokie-hyung, ho di che prenderlo
in giro
per almeno un altro anno – disse Jungkook scoppiando a
ridere. Anche Taehyung
sorrise:
–
Non lo avrei mai creduto
capace di certe scene, era così serio.
–
È stato divertentissimo. Mi
dispiace davvero che Jiminie se lo sia perso. Come stava?
–
In realtà mi è sembrato
piuttosto tornato in forze, ma posso capire che non abbia voluto
rischiare.
Jungkook annuì.
Erano usciti dalla sala
principale con la platea e si trovavano adesso nel corridoio
d’ingresso.
–
Dove dobbiamo andare?
Taehyung
si fermò un attimo,
la fronte aggrottata:
–
Non ricordo se è a destra
o a sinistra – si guardò alle spalle e quando vide
colui ce stava cercando lo
chiamò – Yoongi-hyung! Come si arriva ai camerini
degli attori?
Yoongi
stava arrivando
lentamente, era rimasto indietro a causa della folla e sembrava
notevolmente
irritato dal trovarsi in mezzo a un mare di persone.
–
Te l’ho detto quattro
volte, a sinistra.
–
Scusa, non ricordavo.
Senza dargli risposta Yoongi
passò oltre i due
ragazzi più giovani e prese a mostrare la strada. Taehyung e
Jungkook si
scambiarono un breve sguardo di intesa, come a dire cerchiamo
di avere pazienza. L’atmosfera era stata un
po’ tesa,
mentre erano tutti e tre seduti vicini sulle seggioline rosse della
platea.
Senza Jimin con loro, o un altro degli hyung, erano una tripletta
strana. Non
era vero imbarazzo quello che sentivano tra loro, ma, almeno da parte
di
Taehyung e Jungkook, si trattava piuttosto di una leggera
difficoltà a capire
come prendere Yoongi. La sua presenza li metteva entrambi un
po’ in tensione e
avrebbero preferito che ci fosse stato lì anche qualcun
altro dei ragazzi che
riuscisse ad essere più rilassato di loro quando Yoongi si
trovava nelle sue
giornate no. Questa volta in particolare, la giornata no sarebbe presto
diventata una settimana no. Taehyung, ma come del resto anche tutti gli
altri,
si era accorto del malumore del ragazzo e si era dunque comportato
come
faceva sempre in quei momenti: evitava di parlargli troppo. Voleva bene
al suo
hyung, ma si rendeva conto che avevano due caratteri profondamente
diversi e si
sentiva dunque l’ultima persona sulla faccia della terra
adatta a trattarci
quando qualcosa non andava. Si chiedeva spesso come facesse Hoseok, il
quale
invece era così simile a lui. Taehyung amava la
personalità di Hoseok. La reputava
unica ed era fermamente convinto che il ragazzo fosse una delle persone
più
spontanee e generose che avesse mai conosciuto. Se la sua amicizia con
Yoongi
lo lasciava a volte perplesso, non aveva al contrario mai avuto dubbi
sul
perché si fosse invece trovato bene con Jimin. Il suo
migliore amico anche era
dolce e allegro, gli mancava solo quel pizzico di sicurezza in
più che invece
Hoseok sembrava avere a vagonate e dunque era logico che i due ragazzi
avessero
legato. Un milione di volte, prima di conoscere Jungkook, si era
fermato a
pensare a quanto gli sarebbe piaciuto avere una persona come lui
vicino, che
fosse in casa o in università. Quando Jimin glielo aveva
presentato per la
prima volta, Taehyung non aveva potuto fare a meno di adorarlo
all’istante.
Innanzitutto, gli era per sempre grato per aver avvicinato il suo
amico, averlo
addirittura accolto in casa propria e averlo aiutato con le sue
insicurezze,
facendogli sia da mentore che, ancora meglio, da fratello maggiore.
Taehyung
sapeva le difficoltà che Jimin aveva
nell’accettarsi e dunque ciò che Hoseok
aveva fatto, e continuava a fare, per lui era qualcosa di cui Taehyung
era
convinto non si sarebbe mai potuto sdebitare. Grazie a
quell’amicizia poi i due
giovani avevano avuto l’opportunità di conoscere
anche tutti gli altri e quindi
godere adesso di un bellissimo legame che, di nuovo, per Taehyung non
aveva
prezzo. L’amicizia era un qualcosa di importantissimo per il
ragazzo, la
considerava preziosa e cercava di onorarla sempre. Hoseok era stato un
amico
per Jimin, un vero amico, e Taehyung sapeva come lo fosse da sempre
anche per
Yoongi. Sapeva che Hoseok era una persona di cui ci si poteva fidare,
una di
quelle che non ti lascia andare a costo di finire nel burrone con te, e
questa
era una cosa che non poteva fare altro che amare. Quando poi aveva
accettato la
proposta di andare a vivere con Jungkook, per Taehyung era stata
l’ennesima
conferma di ciò che pensava: di persone come Hoseok ne
vengono al mondo una
ogni venti migliaia di anni. Forse sono addirittura leggendarie e lui
aveva
avuto l’enorme fortuna di vivere nella stessa epoca in cui
viveva anche questo
stupendo esemplare di anima umana. Taehyung era così
preoccupato sul responso
quando gli aveva inviato il messaggio dove gli spiegava la situazione
di
Jungkook e gli esponeva la soluzione a cui aveva pensato. Era in ansia
per il
più piccolo, perché voleva trovasse un posto dove
stare, ed era in ansia perché
voleva con tutto il suo cuore che il ragazzo condividesse qualcosa di
più
grande con lui. Era forse stupido da pensare, perché si
sarebbero potuti vedere
comunque, ma per Taehyung quello non era sufficiente, voleva che
entrasse a
fare ancora più parte della sua vita. Quale migliore
possibilità che andare a
vivere con uno di quelli che oramai erano diventati i suoi migliori
amici?
Lacrime di gioia vennero fuori quando Hoseok gli aveva detto di
sì senza
nemmeno porre domande. Non solo era stato il primo ad avvicinare e
accettare il
suo migliore amico, ma adesso, senza neanche conoscerlo, stava aiutando
Taehyung
ad occuparsi di un’altra persona che in pochissimo tempo era
diventata
fondamentale nella sua vita. Come poteva dunque non provare altro che
una
profonda gratitudine e un’ammirazione sconfinata per Hoseok?
Lo prendeva come
un vero e proprio punto di riferimento, anche in virtù del
fatto che
caratterialmente lo sentiva vicino a sé, e il suo unico
rimpianto era non
poterci passare più tempo insieme. Così come
tutti gli anni, era dunque anche
quest’anno andato a vedere lo spettacolo con grandissimo
piacere e al momento
voleva davvero arrivare in quel camerino per fargli i complimenti per
la sua
recitazione. Sperò solo che Yoongi non sfogasse la sua
stranezza del momento su
di lui, ma allontanò subito il pensiero da sé,
ricordando i racconti di
Jungkook e quindi di come Yoongi fosse stato di supporto per questo
spettacolo.
Yoongi trovò con facilità la fila di porte dei
camerini, quasi tutte aperte a
causa del grande via vai di persone, gli attori che ancora stavano
smaltendo
l’adrenalina e occasionali parenti stretti o amici che erano
venuti per
rallegrarsi. Svettando sugli altri per la sua statura, la testa di
Namjoon fu
facile da individuare, nel fondo della stanza. Yoongi si fece largo
seguito
fedelmente dai due ragazzi più piccoli e fece un cenno con
la testa in
direzione di Namjoon appena questi lo vide. A sedere lì
vicino, illuminati dai
neon degli specchi, c’erano Jin e Hoseok, visibilmente
contenti, con gli occhi
stretti e lucidi per la soddisfazione e con un bicchierino di spumante
tra le
mani.
–
Eccovi qui! – Jin si alzò
andando in direzione dei più giovani a braccia tese, andando
ad abbracciare per
primo Jungkook – grazie di essere venuti! Che cosa vi
è sembrato?
Sia
Taehyung che Jungkook si
misero a dire di come si fossero divertiti e come quest’anno
il tutto fosse
stato molto più interessante degli anni passati.
–
Soprattutto complimenti
alla diva della serata! Dov’è il mio caro
coinquilino? Hoseokie-hyung! Da
quando sei un tale dongiovanni?
La
risata di Hoseok scoppi
fragorosa seguita a ruota di quella di Taehyung e Jin. Anche Yoongi,
che si era
messo vicino a Namjoon, sorrise.
–
Hai visto quale
recitazione perfetta?
–
Sei stato eccezionale
hyung! – esclamò Taehyung – Jiminie non
è potuto venire perché ancora non sta
del tutto bene, ma mi ha detto di fare i complimenti a tutti, sapeva
già che
sareste stati bravissimi.
Hoseok
ringraziò e aggiunse:
–
Non credo che gli capiterà
mai più una tale occasione però. È
l’ultima volta che accetto una parte del
genere, per cui si è davvero perso il meglio –
prima che Taehyung potesse
aggiungere altro, Jungkook gli dette una gomitata e fece uno sguardo
furbo. Alzò
un dito come a dire di aspettare mentre si portava le mani alla tasca e
tirò
fuori il cellulare. Andò sulla galleria, mostrando infine lo
schermo e facendo
l’occhiolino a Hoseok.
–
Hai fatto un video?? Jungkookie
cancellalo subito!!
–
Credi davvero mi sarei
lasciato sfuggire un’occasione del genere? – rise
ancora di più mentre con
facilità evitava i tentativi di Hoseok di riprendersi il
cellulare – Potremmo
rivederlo ad ogni cena, prima di iniziare a mangiare, che cosa dite?
Namjoon,
mani nelle tasche,
un ghigno sul volto, intervenne:
–
Potrei avere gli incubi,
ma sono quasi tentato di votare per il sì solo per vedere
Hoseok-ah morire di
imbarazzo.
–
Ma perché ti abbiamo dato
lavoro qui? – replicò Hoseok alzando gli occhi al
cielo.
L’altro
gli si avvicinò e
gli punzecchiò un braccio:
–
Senza di me non avresti
avuto quel bellissimo accompagnamento sonoro che è stato al
novanta per cento
responsabile della riuscita delle tue scene, dunque tecnicamente gli
applausi
che ti sei preso sarebbero per me. Ringraziami invece che lamentarti.
Interdetto
un attimo, Hoseok
si riprese subito e mostrò un sorriso innocente:
–
E dimmi Namjoonie caro,
l’ispirazione per scrivere musiche così magistrali
adatte ad un chiaro di luna
da dove ti è venuta? Mentre sotto le stelle toglievi a Jin
il grembiulino rosa?
Namjoon
lanciò un urlo
disperato, mentre gli altri riprendevano a ridere e Jin gli si portava
vicino,
passandogli un braccio attorno alla vita, ridendo anche lui. Prese le
difese
del suo ragazzo:
–
Basta con questo
grembiulino! Annuncio una volta per tutte, di fronte alla quasi
totalità del
gruppo, che nessun atto discutibile è stato causato da quel
grembiule!
–
Ma sicuro che
Namjoon-hyung non vorreb- iniziò a dire Taehyung, interrotto
dall’urlo di Jin,
ormai quasi paonazzo in volto:
–
Non facciamo sesso con
quel grembiule! – rendendosi conto di aver urlato si
bloccò con gli occhi spalancati
e si guardò intorno, notando che ora quasi la
metà dei presenti nel camerino
ora silenziosa e
lo stava guardando
incuriosita. Namjoon si portò una mano al viso, e mentre
tutti gli amici erano
piegati in due, anche qualcun altro degli attori fece una battuta e
presto la
stanza si riempì di altre risate, schiamazzi e prese in
giro. Ugualmente in
allegria i ragazzi tornarono al 503 e festeggiarono il successo della
serata
con buon cibo e qualche bottiglia di birra. Yoongi fece del suo meglio
per
rimanere tranquillo, almeno all’apparenza. Si
impegnò a non rispondere male o
mostrarsi inquieto. Per fortuna l’attenzione era totalmente
spostata su altro e
dunque non dovette faticare troppo per rimanere nel suo angolo. Verso
la fine
della serata comunicò agli altri ragazzi ciò che
aveva già detto ad Hoseok due
giorni prima e dopo aver dovuto sopportare, come si era però
aspettato, qualche
naturale domanda si ritirò nella sua camera a dormire
comunicando di essere
molto stanco.
****
6
gennaio 2017
Taehyung
si svegliò intorno alle nove affamato e dopo
aver aspettato una mezz’oretta decise di fare colazione da
solo. Avrebbe
preferito mangiare insieme a Jimin, ma aveva davvero bisogno di mettere
a
tacere il suo stomaco. Mentre mangiava il suo riso ricevette un
messaggio da
Jungkook che lo informava che sarebbe venuto a trovarli anche quel
giorno.
Rispose ovviamente che non c’erano problemi,
perché effettivamente non ce ne
erano. Perché avrebbero dovuto esserci problemi nel fatto
che Jungkook venisse
ogni giorno per visitare Jimin? Per lui era solo un vantaggio, visto
che così
poteva godere della vicinanza di entrambi i migliori amici senza
nemmeno
muoversi di casa. No? Sospirò forte, posando il telefono sul
tavolo e facendo
vagare la mente. Tutto sembrava tranquillo e normale, eppure era
già da qualche
giorno che Taehyung avvertiva un’atmosfera singolare attorno
a sé. Non riusciva
a definirla, ma era sicuramente diversa. Come quella sera in cui aveva
visto Jimin
rientrare dopo ore di sparizione, sentiva anche adesso di avere di
fronte a sé
tutti i pezzi di un mosaico che però non riusciva a
ricomporre. Pensò di
scrollarsi di dosso questi pensieri facendosi una doccia e preparandosi
in
attesa di Jungkook. Era contento che venisse. Vederlo, parlarci,
stargli vicino
lo avrebbe fatto sentire meglio nonostante tutto, qualunque fossero le
ragioni
della sua visita.
Fu
non prima delle undici che Jimin uscì dalla sua camera.
Trovò
Taehyung seduto sul divano, con il laptop appoggiato sulle gambe
incrociate.
Gli dette un buongiorno assonnato a cui l’amico rispose
allegramente e con un
largo sorriso e mise subito a farsi una tazza di the.
Si
portò lentamente sul divano e si mise a sedere vicino
a Taehyung, il quale continuò tranquillamente ad usare il
computer mentre Jimin
gli si accoccolava addosso, con la testa appoggiata sulla sua spalla e
le mani
sotto al suo braccio come per scaldarle:
–
Perché è sempre così
freddo in questa cucina?
–
Lo so, c’è una copertina
sulla sedia se vuoi. Ah, in proposito! – girò il
viso verso l’amico –
Jungkookie mi ha costretto a chiamare un tecnico tre giorni fa.
Verrà lunedì
prossimo.
–
E tu quando avevi
intenzione di dirmelo?
–
Mi sono dimenticato, scusa
– rispose Taehyung distendendo il volto in un sorriso
innocente e mostrando poi
la lingua. Tornò serio – come ti senti questa
mattina?
–
Quasi come nuovo, credo di
esserne fuori.
Rimasero
in silenzio per un
po’, con Jimin sempre appoggiato a Taehyung e
l’altro ragazzo intento a leggere
la programmazione dei film al cinema per il mese di gennaio.
–
Ti sei addormentato tardi
ieri?
–
No, anzi. Forse mi sento
così bene proprio perché ho dormito tanto. Ho
smaltito gli ultimi residui di
febbre – fu interrotto dal suono del campanello –
aspettiamo qualcuno?
Taehyung
si alzò
rispondendo:
–
Secondo te?
Jimin
ridacchiò. Aveva
capito. Cinque minuti dopo Jungkook era nella loro cucina, seduto al
posto di
Jimin vicino a Taehyung mentre Jimin si era messo su una sedia a bere
the verde
e fare colazione, portandosi il cibo alla bocca come meglio poteva
vista la
mobilità ridotta che la copertina in cui si era avvolto gli
dava. Faceva però
davvero troppo freddo e l’ultima cosa che avrebbe voluto era
riprendere la
febbre.
–
Dunque Jiminie, ti sei
fatto raccontare qualcosa di ieri?
–
No ancora no, mi sono
appena svegliato come puoi vedere. Come è andata?
Jimin
non era sicuro al
cento per cento di volerne parlare subito. Si sentiva in colpa a non
essere
andato, era la prima volta in anni che succedeva. La sera prima si
sentiva
bene, non perfettamente, ma in effetti come aveva detto Taehyung il
modo di
presentarsi allo spettacolo ed essere con gli altri ragazzi alla cena
in
maniera sicura per la sua salute c’era. All’ultimo
non se l’era però sentita.
Sapeva che avrebbe rivisto Yoongi, ma sapeva anche che probabilmente
quella
sarebbe stata la serata di Hoseok per il ragazzo. Aveva immaginato di
doverli
vedere vicini, magari abbracciarsi, toccarsi come era successo alla
festa e non
aveva avuto il coraggio di muoversi di casa. Prima o poi era una cosa
che
avrebbe dovuto affrontare, ne era consapevole, e non era tornato
indietro sulla
sua decisione. Però credeva che andare proprio quella sera
non avrebbe aiutato,
anzi. Si sarebbe forse sentito ancora più escluso e se la
morsa che afferrava
il suo cuore era già così stretta solo a
pensierci, ebbe timore di ciò che
avrebbe potuto sentire di persona. Aveva però promesso a
sé stesso che quella
sarebbe stata l’ultima volta che procrastinava. Finalmente la
sua salute era
migliorata e aveva bisogno di rivedere Yoongi e parlarci. Era stanco di
aspettare, e nonostante l’ansia fosse presente non vedeva
l’ora che arrivasse
la cena della settimana dopo. Ovviamente, sempre se Yoongi non lo
avesse
chiamato prima per chiedergli di trascorrere il pomeriggio con lui. Per
quanto
si ripetesse che era meglio non farsi illusioni, rimaneva difficile per
Jimin
non continuare a sperare, nel fondo del suo cuore, in
un’eventualità del
genere.
–
Benissimo! Ci siamo
addirittura divertiti, non è vero Tae? È stato un
bene, visto come si era messa
all’inizio.
Taehyung
annuì e Jimin
inclinò la testa di lato:
–
Cosa intendi?
–
È che senza te eravamo
solo io e lui ad assistere insieme a Yoongi-hyung, e beh…
non si può dire la
sua presenza rilassi – Jimin provò una fitta al
petto a queste parole. Non era
la prima volta che Jungkook accennava al comportamento strano di Yoongi
e Jimin
non poteva fare a meno di domandarsi se non stesse male. Devo
davvero vederlo, e presto – Però devo
ammettere che durante la
cena è stato piuttosto tranquillo.
–
Si, se per tranquillo
intendi che non ha quasi spiccicato parola.
–
Lo so Tae, ma ripensa
all’altro giorno, il primo dell’anno. Era in
silenzio anche lì, ma sembrava
davvero una presenza dell’altro mondo. Mi sono un
po’ agitato onestamente, ma
poi Hobi-hyung continuava ad essere tranquillo intorno a lui per cui ho
pensato
non potesse essere così grave – scrollò
le spalle – Qualunque cosa sia hyung
saprà cosa fare. Chissà, forse era nervoso solo
per via di ciò che ci ha detto
ieri. A quanto ho capito Hoseok-hyung già ne era al corrente
quindi per questo
forse non era preoccupato.
Taehyung
si morse il labbro.
Per qualche motivo quando aveva visto Jimin aveva pensato fosse meglio
informarlo
più tardi su questa questione. Ma ormai era fatta.
–
Di cosa stai parlando?
Cosa vi ha detto? – Jimin si sentiva teso come una corda di
violino senza
sapere neppure lui bene il perché.
–
Come? Tae non ti ha detto
ancora nulla?
Yoongi-hyung va via per un po’. Prenderà il treno
per Daegu questo pomeriggio.
Note
dell’autrice: Hi everyone ~
Eccoci qui con una nuova parte. #Backstagealert:
questa parte ha corso il rischio di non venire mai pubblicata visto che
è dalla
scorsa settimana che la serenità della mia esistenza viene
messa ripetutamente a
dura prova dalle foto di Namjoon in Italia. Non so se qualcun altro
l’ha
vissuta male come me (ditemi di sì), ma io ho alternato
lacrime (“COSA VUOL
DIRE CHE ERA COSI VICINO”) ad insulti (“FOTO COSI
BELLE NON SI PUBBLICANO,
PERCHE’ VUOLE UCCIDERMI QUESTO STRONZO?”). Kudos
alla mia amica per aver
sopportato le decine di messaggi vocali che le ho mandato e in cui ho
rigettato
tutta la mia isteria. Insomma, c’è stato il
rischio che questa storia rimanesse
incompleta, non ti azzardare più a fare una cosa del genere
@ Kim Namjoon. Ti
perdono quelle di oggi solo perché sono in Svizzera. Adesso
la smetto,
perdonate la deviazione tematica, anche se, visto che in questo momento
siete
qui a leggere una fanfic sui BTS, molto probabilmente potete capirmi
benissimo J J Non posso
dire di aver riacquisito tutta la mia sanità mentale, ma
quella rimasta è stata
sufficiente per terminare questo capitolo. Ok, parliamo quindi del
capitolo.
È
un po’ lungo, e non sapevo se spezzarlo o meno, ma poi
ho pensato che tutto quello che succede qui aveva senso insieme, come
blocco
unico. Vediamo illustrata la fase “post-festa” e le
conseguenze a cui ha
portato. Come si era capito, le risoluzioni di Jimin e Yoongi si sono
effettivamente dimostrate incompatibili e adesso assistiamo ad un Jimin
che
cerca di compiere qualche passo in avanti e uno Yoongi piuttosto
devastato dal
dolore e dalla gelosia che invece gli si allontana. Assistiamo poi alla
sempre
maggiore presenza di Jungkook nella vita di Jimin. Il ragazzo non
molla, non si
è ancora dichiarato apertamente, ma a questo punto non si fa
più tanti problemi
a slanciarsi di più con l’altro. La sua presenza
è poi importante perché funge
da sorta di “ponte” tra le vite di
Yoongi-Hoseok-hyungs e quella di Jimin e
Tae, i quali altrimenti, senza la vicinanza di Jimin a Yoongi,
sarebbero
rimasti all’oscuro di determinati particolari. Primo fra
questi, l’aiuto di
Yoongi a Hoseok, che dà non poca sofferenza a Jimin. Anche
per questo motivo,
il ragazzo decide di non andare alla rappresentazione, cosa che invece
avrebbe
dovuto fare visto che avrebbe riconosciuto determinate parole e quanto
meno gli
sarebbe forse venuto il dubbio di aver capito fischi per fiaschi, ma le cose
ovviamente non possono essere così semplici! Mi sono
dilungata più di quanto
avessi programmato sulla serata a teatro, ma mi piaceva
l’idea di soffermarmici
un po’ di più, sia per dare più
“tempo in scena” agli altri personaggi sia per
non lasciare del tutto in sospeso il punto di vista di Yoongi durante
questi
tre giorni. Infine nell’ultima parte leggiamo di come
nonostante il suo dolore Jimin
durante la convalescenza non abbia cambiato idea e abbia davvero un
desiderio
fortissimo di rivedere Yoongi. Ma, come ho detto prima, le cose non
possono
essere così semplici. ;)
La citazione
iniziale fa riferimento alle scelte che i
personaggi stanno facendo (tutti, in modo diverso, e in gradi diversi
di
consapevolezza), a come invece che aiutarli li stiano in effetti solo
ferendo
di più, e a come ci sia in loro, al momento, una quasi
totale assenza di
spirito combattivo per spingersi un po’ fuori dalla loro
“comfort-zone” e
cercare di andare oltre ciò che vedono e scoprire
determinate verità.
Mi fermo per
non tediarvi oltre, grazie mille di aver
letto il capitolo ed essere arrivati fin qui. Un grazie grandissimo
anche a chi
ha aggiunto la storia alle preferite/seguite e un altro enormissimo a
chi
commenta lasciandomi sempre scritte bellissime cose. Grazie di cuore ♥ Spero che
anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento, attendete il
prossimo per
favore ~
Baci, Elle
Ps:
C’è a un certo punto un piccolo excursus
sull’amicizia tra Taehyung e Hoseok. Riguardo a
ciò che Tae provava per Hobi
prima di conoscere Kookie… potete farne ciò che
volete, non lo so nemmeno io :P
Ho solo descritto come si sentiva e si sente. Mi piaceva metterlo
perché alla
fine in questa storia ho parlato un po’ di tutti quindi non
credo sia fuori
luogo soffermarmi anche su altri rapporti al di fuori di quelli
principali. Ogni
ragazzo ha con ognuno degli altri una propria relazione e una propria
storia e
mi piacerebbe davvero tanto parlarne più profusamente, ma
non posso nemmeno
dilungarmi troppo uscendo dalla trama. Dove sento che possa starci
però scrivo,
come in questo caso. Altrimenti cerco (enfasi sul
“cerco”) di far capire
determinate dinamiche attraverso dialoghi e situazioni. Post scriptum
forse
inutile, ma volevo un attimo fare accenno a quella parte
perché nello scriverla
ho riversato tantissimi sentimenti che ho per Hobi e credo che gli
occhi con
cui l’ho fatto guardare da Tae siano piuttosto i miei :P
PPS: Forse
verrà un giorno in cui le note saranno solo
note e non racconti brevi. Ma non è questo il giorno. Alla
prossima settimana ~
|
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Capitolo 13 *** Capitolo XI ***
CAPITOLO
XI
Ma
dov’è ciò che inseguo da sí
gran
tempo?
E
perché ancora non la trovo?
(Walt
Whitman, Facing West from
California’s
Shores)
7
gennaio 2017
Fu
da quella notte
che gli incubi ripresero. Erano molto simili a quelli che Jimin aveva
già avuto
durante la terribile notte di capodanno, quando la febbre era stata al
suo
picco. Quando si svegliava non riusciva mai a ricordare benissimo cosa
vi accadesse
di preciso, ma tutti avevano caratteristiche comuni: il freddo, la
neve, il
buio, una sensazione enorme di vuoto che gli rimaneva incollata fino a
ben dopo
essersi risvegliato, pallido e sudato, con il battito accelerato e il
respiro
affannato. A volte urlava nel sonno, altre volte veniva svegliato dalle
sue
stesse urla. Quando ciò accadeva, quando spalancava gli
occhi e si guardava
smarrito attorno, accorgendosi che, di nuovo, per l’ennesima
notte di fila,
aveva avuto un incubo, non poteva far altro che cercare di fermare le
lacrime
che però ostinate prendevano sempre a scorrergli lungo le
guance. Poi nel
dormiveglia, quando finalmente il sonno stava per prenderlo di nuovo,
ma ancora
la sensazione di affanno persisteva, chiamava un nome. Chiamava il nome
dell’unica persona che avrebbe potuto mettere fine a tutto.
Agli incubi, alla
sofferenza, a quel buco allo stomaco. In quel momento in cui la
coscienza è
quasi del tutto sopita, l’unico nome che Jimin invocava era
quello di Yoongi.
Il senso di assoluta solitudine dovuta alla lontananza dal ragazzo e il
bisogno
di svegliarsi trovandoselo accanto a scaldarlo, erano altre
caratteristiche
comuni alle sue notti. Yoongi non c’era. Proprio quando Jimin
si sentiva meno
confuso, quando aveva preso la sua decisione definitiva e stava
solamente
aspettando il momento opportuno per mettere il ragazzo più
grande nelle
condizioni di riallacciare i rapporti con lui, gli era stata data
quella
terribile notizia. “Yoongi-hyung va
via
per un po’. Prenderà il treno per Daegu questo
pomeriggio”. Jimin si era
immobilizzato a quelle parole. Lo shock era stato talmente grande da
renderlo irrazionalmente
lucido per un po’. Sentì il suo corpo muoversi per
lui, la sua bocca parlare
per lui. Fu come se avesse messo un pilota automatico, dove ogni azione
veniva
svolta in virtù dell’abitudine, ma la sua anima
fosse scomparsa, avesse smesso
di controllare l’involucro esteriore per rannicchiarsi in un
cantuccio dentro
di lui. Quella giornata era trascorsa in maniera strana, e Jimin ne
ricordava
ben poco. Una piccola voce dentro di lui si dimenava e cercava di
costringerlo a
fare qualcosa, ma era troppo flebile. Era un insieme di cose che aveva
sconvolto Jimin. Innanzitutto, c’era la sorpresa in
sé per sé. Ora che
finalmente stava attendendo con ansia il momento di rivedere Yoongi,
ecco che gli
scivolava via di nuovo. Jimin era al suo limite, aveva bisogno
già da giorni di
ristabilire un contatto con l’altro e
quest’ennesimo ritardo inaspettato lo
aveva lasciato del tutto scioccato. Non sapere poi quanto tempo sarebbe
rimasto
a Daegu lo faceva impazzire. Jungkook e Taehyung gli avevano riferito
ciò che
Yoongi aveva detto, ovvero che sarebbe stato via un paio di settimane,
“ma non ne sono ancora sicuro”. Che cosa significava che
non ne era sicuro?
Yoongi lavorava a Seul, proprio in quel posto che avevano cercato e
trovato
insieme due estati prima. Era davvero l’etichetta stessa che
adesso gli aveva
chiesto di spostarsi a Daegu? E perché lo aveva fatto? Era
una cosa provvisoria
o stava sondando il terreno per vedere se assumerlo lì?
L’idea che Yoongi
potesse lasciare definitivamente Seul non era un’ipotesi che
Jimin riuscisse a
sopportare. Quando il pensiero lo sfiorò per la prima volta
lo ricacciò subito
indietro, all’istante, dicendosi che avrebbe permesso al suo
cuore di
frantumarsi solo quando fosse stato sicuro di una cosa del genere.
Ciò che però
aveva avuto l’impatto maggiore sul ragazzo, era stato il
dettaglio aggiunto da
Jungkook. “A
quanto ho capito Hoseok-hyung già ne era al corrente”.
Hoseok era l’unico a sapere. Non solo, tutti gli
altri lo avevano saputo, seppure in ritardo, da Yoongi stesso, ma lui?
Lui
nulla. Yoongi non aveva scritto nemmeno un messaggio, non lo aveva
chiamato.
Aveva dato forse per scontato che qualcuno dei ragazzi lo avrebbe prima
o poi
avvisato, ma non si era preso il disturbo di farlo di persona. Questa
riflessione aveva devastato Jimin in modo incredibile, e più
la lancetta
dell’orologio scorreva, più la ferita diventava
profonda. Forse ora mi avvisa. Forse adesso.
Forse tra un po’. Forse sta andando
in stazione, mi scriverà con calma sul treno. Forse si
è addormentato sul
treno, mi scriverà con calma appena arrivato. Forse
è troppo stanco stasera, mi
scriverà con calma domani. Non c’era
stato un messaggio l’indomani. Non ci
fu nemmeno il giorno dopo. Né il giorno dopo ancora. Ne
quello dopo. Non ci fu
nessun messaggio. Mentre però quegli ultimi due giorni di
vacanza furono quasi
invivibili e tutto ciò che Jimin riuscì a fare fu
incollarsi alla televisione
per evitare di pensare ad altro, dal lunedì
l’essere obbligato a riprendere le
attività quotidiane – accademia, prove, una pseudo
vita sociale – riuscì in
qualche modo a tenerlo su quel tanto sufficiente a non fargli avere un
totale
crollo. Sperando ogni mattina che le occhiaie che ormai avevano preso
residenza
sotto i suoi occhi non si notassero troppo, dovette ingoiare il suo
dolore e
cercare di riempire in qualche modo quel vuoto allo stomaco che ormai
non
accennava più ad andar via. O quantomeno distrarsi a
sufficienza per
allontanarlo almeno un po’ dalla sua mente. Di notte non era
possibile, ma di
giorno si, se si sforzava abbastanza. Yoongi gli mancava come non gli
era mai
mancato nulla in tutta la sua vita, ma la presenza di Taehyung e
Jungkook
rendeva tutto più sopportabile. Gli faceva sentire che
sebbene avesse del tutto
incasinato qualcosa di speciale e unico, d’altra parte
c’erano altre cose
bellissime nella sua vita che non aveva intenzione di farsi sfuggire
via. Fu
per questo motivo che mai, neppure una sola volta, Jimin fu scorbutico
con
Taehyung. Il ragazzo stava dimostrando una pazienza infinita con lui,
visto che
diverse volte gli era capitato di essere svegliato dalle sue urla nel
cuore
della notte. Eppure non aveva mai fatto domande, non gli aveva mai
messo
pressione. La prima volta che gli incubi tornarono, alle due della
notte tra il
sei e il sette gennaio, Jimin si era svegliato completamente in lacrime
e
Taehyung ci mise un bel po’ di tempo a calmarlo e fargli
capire che qualunque
cosa avesse visto nei suoi incubi, non era reale. Taehyung sapeva che
qualcosa
non andava in lui, sapeva ciò che accadeva di notte, e per
questo motivo Jimin
cercava di non metterlo ancora più in ansia durante il
giorno, cercando di
dimostrare che tutto ciò che accadeva al buio rimaneva
lì, nel buio, e non era
collegato a nulla che facesse parte della vita diurna. Erano solo
stupidi
incubi, forse ultimi residui della sua recente influenza. Questo era il
messaggio che cercava di mandare e sperava tanto che Taehyung ci
credesse.
Se
con Taehyung era relativamente facile mantenere i rapporti normali, il
discorso
era diverso per Hoseok. Dal lunedì avevano tutti ripreso
l’università, inclusi
Jimin e Hoseok. Il ragazzo si comportava ovviamente come al solito con
lui: appena
lo vedeva lo abbracciava, ci trascorreva quando poteva il pranzo
insieme,
addirittura un paio di volte lo aveva riaccompagnato a prendere il bus.
Di
nuovo, Jimin non voleva prendersela con l’amico. Era sul
serio l’ultima cosa
che avrebbe voluto fare, essere brusco con quel ragazzo che invece lo
guardava
in modo così solare e pieno di gioia. Jimin voleva bene ad
Hoseok e la sua
amicizia con lui era un’altra di quelle cose che si sentiva
fortunato ad avere
e che non voleva rovinare, eppure non ce la faceva. Non ce la faceva
più a
sorridergli come faceva una volta. Non riusciva più a
cercarlo lui stesso
quando intravedeva il suo gruppo in palestra. Non era più
capace di provare
quella genuina serenità nel cuore appena vedeva che
l’altro gli si stava
avvicinando. Vederlo gli ricordava troppo Yoongi, e pensare a Yoongi
faceva
davvero un male incredibile. La situazione era poi peggiorata dal fatto
che
Hoseok, credendo sicuramente di fargli un favore, gli raccontava, non
spesso,
ma a sufficienza per Jimin, qualcosa sul conto di Yoongi. Erano
informazioni
brevi, solo quei due-tre dettagli sulla sua vita che il ragazzo credeva
Jimin
potesse avere piacere a sapere. “Ho
sentito Yoongi-ah ieri sera. Ha detto che Daegu gli era mancata tanto”,
“Devo scrivere a Yoongi-ah
più tardi, pare
che il posto di lavoro sia meno bello di quello di Seul”,
“Che noia senza Yoongi, non trovi?”
Jimin
faceva del suo meglio per essere il più educato e al
contempo evasivo
possibile. Non aveva voglia di venire a conoscenza di quanto Hoseok e
Yoongi
fossero in contatto quando con lui erano giorni che non si faceva vivo.
Ciò che
Jimin non poteva sapere era che Hoseok, prima di salutare Yoongi alla
stazione
del treno, gli aveva un attimo preso il cellulare con una scusa ed era
andato a
controllare i suoi messaggi, accorgendosi che non ne aveva inviato
nessuno per
avvisare personalmente Jimin, l’unico assente la sera prima,
della sua
partenza. Jimin non poteva inoltre sapere di come Hoseok avesse
reputato la
cosa strana e dunque adesso parlasse di Yoongi con lui
perché voleva capire
cosa Jimin sapesse dell’altro e cosa no. Voleva cercare di
capire nel modo meno
intrusivo possibile cosa pensasse il suo migliore amico, se parlasse
con altri,
come stesse gestendo il rapporto con questa persona che invece, stando
a quanto
Hoseok capiva, all’improvviso sembrava aver escluso dalla sua
vita. Jimin infatti
sembrava sempre cadere dalle nuvole ogni volta che Hoseok diceva
qualcosa sul
ragazzo più grande e il modo in cui non faceva domande,
rimaneva in silenzio e
cercava sempre di chiudere velocemente il discorso lo rendeva ancora
più
inquieto. Non riusciva a darsi pace, chiedendosi il perché
della stranezza di
Yoongi, e iniziando anche a valutare l’eventualità
che per qualche motivo i due
avessero litigato lontano dagli occhi degli altri. Jimin non sapeva
però nulla
tutto questo e sebbene cercasse di evitarlo il più
possibile, non gli era
facile mantenersi tranquillo quando si trovava con il ragazzo.
Al
contrario, le cose erano semplicissime con Jungkook. Esattamente come
per le
altre persone al momento nella sua vita, anche con il ragazzo Jimin
sentiva di
avere un rapporto speciale che non era intenzionato a distruggere. E fu
per
questo motivo che mai una volta si tirò indietro di fronte
alle sue avance.
Jungkook non gli aveva ancora parlato apertamente, ma era sempre
più chiaro
come ormai avesse preso a sentirsi più sicuro nei suoi
confronti tanto da
invitarlo quasi ogni giorno a fare qualcosa. La prima settimana dopo il
trasferimento di Yoongi a Daegu, il gruppo si era dimezzato. Namjoon e
Jin si
erano presi una meritata vacanza, per riprendersi dalle fatiche dello
spettacolo e per ricaricarsi prima di riprendere con il lavoro di
preparazione
di quello principale. Erano partiti prestissimo la mattina del
lunedì e con
anche Yoongi via le porte del 503 si erano così chiuse per
un po’. Senza dunque
nemmeno la loro cena settimanale, o la possibilità di
irruzioni random –
capitava non di rado che qualcuno dei ragazzi andasse lì
anche solo per
studiare, o si autoinvitasse a pranzo, o, come capitava spesso a
Jungkook,
passasse per vedere un film insieme a Jin – i tre ragazzi si
trovarono ancora
più spinti a passare il tempo insieme e Jungkook colse
quindi ogni occasione
che riuscì a trovare per portare Jimin fuori a fare
qualcosa. Questa situazione
non cambiò neppure con il ritorno di Namjoon e Jin, anzi fu
favorita ancora di
più dal fatto che adesso Jungkook era davvero quasi sempre
solo in casa poiché
Hoseok aveva ripreso a fare la spola tra l’accademia e la
sede della compagnia
teatrale.
Quel
periodo si svolse, nella sua straordinarietà, in modo
incredibilmente regolare.
Jimin andava all’accademia, vedeva Hoseok quando doveva, lo
evitava quando
poteva, tornava a casa e aspettava che Taehyung o Jungkook tornassero a
loro
volta. I due ragazzi anche avevano ricominciato le lezioni e al momento
avevano
anche ripreso a lavorare insieme al loro progetto per il corso di
fotografia.
Per questo motivo Jungkook continuava ad andare a casa loro. Liberi
dalle
lezioni, i giovani si incontravano a casa di Jimin e Taehyung e dopo
aver
lavorato Jungkook chiedeva a Jimin di fare qualcosa insieme. La prima
volta che
ciò era accaduto, il martedì, anche Taehyung era
stato incluso. A Jungkook non
piaceva l’idea di lasciare l’amico del tutto fuori.
Sapeva che non ce ne era
motivo, ma si sentiva in colpa. Non aveva ancora detto a nulla a
Taehyung delle
sue intenzioni nei confronti di Jimin, nonostante se lo fosse
ripromesso sere
addietro poiché la malattia di Jimin, unita alla strana
atmosfera all’interno
del gruppo, gli avevano impedito di trovare il momento più
adeguato. Ci sto mettendo più
tempo a dirlo a
Taehyungie di quanto ne abbia impiegato a chiedere a Jimin di uscire
con me.
La seconda volta però che Jungkook aveva proposto un cinema
subito dopo aver
finito ad aiutare l’amico a rimettere a posto la cucina dal
disordine che
avevano creato con pennarelli, fotografie e cartoncini, Taehyung si era
tirato
indietro. Seppure al cinema da soli, non era accaduto nulla tra i due
ragazzi, ma
l’uscita era andata bene e questo aveva spinto Jungkook a
portarsi ancora più
oltre, chiedendo a Taehyung di lavorare in biblioteca così
che poi potesse
invitare Jimin ad uscire con lui la sera separatamente senza che
Taehyung si
sentisse escluso. Jimin disse di sì, quella sera e quella
dopo. Poi il sabato.
La domenica Jungkook si fermò invece a mangiare da loro.
Aveva voglia di
trascorrere una serata di nuovo tutti insieme e così propose
una cena. Chiese
anche ad Hoseok di unirsi, ma il più grande rispose che non
avrebbe voluto
rovinare la serata con la sua vecchiaia e da bravo vecchietto appunto
se ne
sarebbe andato a dormire presto. I tre giovani trascorsero ore
piacevoli.
Jungkook si occupò come sempre di cucinare, mentre gli altri
due seguivano le
sue istruzioni. “Il vero erede di
Jin-hyung!” fu il commento di Jimin. Tutto
andò bene. Finché Taehyung e
Jungkook non decisero di voler vedere un film e Jimin disse di sentirsi
stanco.
Credette di dover insistere di più, ma sorprendentemente
nessuno dei due ragazzi
lo trattenne. Jungkook ci rimase leggermente male, ma, così
come Taehyung, si
era anche lui accorto degli enormi cerchi grigi sotto gli occhi di
Jimin, e non
se l’era sentita di farlo stancare di più.
D’altro canto aveva voglia di vedere
questo film e Taehyung sembrava essere d’accordo con lui.
Lasciarono dunque
andare Jimin, che in dieci minuti fu a letto, e si misero vicini sul
divano,
sotto un’unica coperta, a guardare la televisione. Dopo circa
un’ora, giunse il
primo urlo. Taehyung sobbalzò appena, capendo subito di cosa
si trattasse, ma
Jungkook scattò in piedi:
–
Tae che succede? Jiminie! – e prima che l’altro
potesse rispondere si fiondò in
camera del più grande. Jimin non era ancora sveglio. Si
stava contorcendo nel
sonno, muovendosi agitato tra le coperte, la fronte imperlata di sudore
e gli
occhi serrati. Scuoteva la testa in un no e continuava a urlare.
Jungkook
rimase paralizzato mentre Taehyung, accorso velocemente dietro di lui,
scattò
in avanti, pronto a prestare soccorso all’amico per
l’ennesima volta.
–
Svegliati! Jiminie, svegliati! – si girò verso
Jungkook, spiegandogli
velocemente – è uno dei suoi incubi, dobbiamo
svegliarlo!
Jungkook
a queste parole sembrò riscuotersi. Si mise
all’altro lato del letto e
spostando le mani di Taehyung prese le spalle di Jimin e prese a
scrollarlo,
chiamando il suo nome. Finalmente Jimin aprì gli occhi, ma
sentendosi ancora
dentro al sogno, continuò ad urlare e gemere
“no” portandosi a sedere di
scatto. Jungkook lo afferrò al volo, per paura che si
portasse troppo in avanti
o si ributtasse violentemente all’indietro sbattendo la
testa. Il ragazzo si
dimenò ancora per pochi secondi nelle sue braccia mentre lui
lo stringeva forte
e gli diceva “Jimin, calmati!”, e poi
iniziò gradualmente a calmarsi, forse
iniziando a capire dove si trovava, e più lui si calmava
più la voce di
Jungkook si abbassava e diventava morbida, fino a trasformarsi in un
piccolo
sussurro all’orecchio dell’altro, una serie di
“va tutto bene, va tutto bene”,
mentre piano dondolava il ragazzo che ora piangeva sommessamente, e gli
passava
delicatamente una mano su e giù per la schiena, nella
speranza di
tranquillizzarlo del tutto. I singhiozzi di Jimin furono sempre
più silenziosi
e alla fine cessarono, sostituiti da respiri profondi.
–
Ssh, va tutto bene. Stai calmo, Jiminie. Va tutto bene, era un sogno.
Solo un
brutto sogno – Quando gli sembrò che Jimin si
fosse finalmente ripreso lo
scostò appena da sé, dandogli un piccolo bacio
sulla tempia – Sei al sicuro
qui.
Jimin
annuì semplicemente e strinse i lati della maglia di
Jungkook, rannicchiandosi
di nuovo contro di lui. Mentre lo avvolgeva di nuovo verso
sé, il ragazzo più
piccolo gettò uno sguardo a Taehyung e gli fece un cenno.
Taheyung capì, annuì
a sua volta e uscì dalla camera. Sapeva che Jungkook aveva
la situazione sotto
controllo, aveva già accudito Jimin una volta e era capace
di farlo di nuovo.
Si mise a sedere aspettando che uscisse. Dopo circa dieci minuti lo
vide
riapparire in sala. Nessuno dei due ragazzi si mise a parlare di
ciò che era
appena accaduto. Decisero in tacito accordo di riprendere la visione
del film e
lasciare i loro pensieri sopiti fino all’indomani.
16
gennaio 2017
Il
lunedì in cui Namjoon e Jin tornarono a Seul anche per
Hoseok riprese il lavoro
presso la compagnia teatrale. Jungkook sarebbe stato dunque solo a
pranzo e non
avendo lezioni il pomeriggio decise di chiedere a Jimin di vedersi. Il
ragazzo
rispose che purtroppo quel giorno aveva delle prove particolari, ma
sarebbe stato
più che felice di mangiare con lui il giorno dopo. Un
po’ deluso, ma comunque
contento che Jimin avesse fatto subito una controproposta, Jungkook
telefonò
dunque a Taehyung e i due si accordarono di incontrarsi intorno alle
due di
pomeriggio per lavorare insieme al progetto a casa di Jungkook e
Hoseok.
L’episodio
della sera precedente aveva impressionato non poco Jungkook. Sapeva che
gli
incubi possono capitare, ma vedere quel piccolo ragazzo così
sconvolto, tutto
sudato e che piangeva disperato, gli aveva fatto male. Gli aveva
ricordato di
quando lo aveva visto preda del delirio la notte di capodanno, e
ciò non gli
era piaciuto. Gli aveva messo una sgradevole sensazione addosso e per
questo
motivo aveva deciso di parlarne con Taehyung. Forse era meglio che
Jimin avesse
posticipato il loro appuntamento – poteva chiamarlo
così? Lo avrebbe chiamato
così – e gli avesse in questo modo offerto la
possibilità di passare un
pomeriggio da solo con il suo amico. Mentre si avviava a piedi verso il
campus
della facoltà di Taehyung, non troppo distante dalla sua, si
mise a riflettere
su ciò che avrebbe potuto dire. Non sapeva bene come
approcciare il discorso o
cosa chiedere di preciso all’altro perché in
effetti non sapeva bene neppure
lui che cosa volesse sapere. Perché Jimin aveva gli incubi?
Gli incubi accadono
di tanto in tanto, che domanda idiota era? Non sembrava in effetti
esserci un
motivo razionale che potesse spiegare ciò che sentiva. Aveva
però già fatto
l’errore di tenere Taehyung all’oscuro di qualcosa,
non l’avrebbe fatto di
nuovo. Qualcosa nel comportamento di Jimin lo turbava e dunque sentiva
che se
aveva anche il più piccolo dubbio sul benessere del ragazzo
era indispensabile
che lo condividesse con Taehyung. Non solo indispensabile, doveroso.
L’amico lo
avrebbe capito come nessun’altro probabilmente avrebbe potuto
e se le sue ansie
forse non avevano senso, ancora meno ne aveva tenerle lontane da
Taehyung. Jungkook
era giovane e inesperto, ma non era né stupido né
superficiale e quando voleva poteva
cogliere determinati dettagli in modo estremamente acuto. La prima
volta che
aveva chiesto a Jimin di uscire, quel pomeriggio di due settimane e
mezzo
prima, era incredibilmente nervoso. Lo era stato anche la mattina dopo,
quando
avevano trascorso tutta la giornata insieme e lo era rimasto anche la
mattina
successiva alla sfebbrata di Jimin. Solo adesso iniziava a sentirsi un
po’ meno
in agitazione di fronte al ragazzo. Prima di questo momento,
nell’anno passato,
ogni interazione avuta con il più grande era fatta pensando
al modo migliore
per risultare simpatico, per piacergli. La sua attenzione era
completamente o
quasi focalizzata sull’attirare Jimin a sé e
quando nell’ultimo periodo aveva
iniziato a fare passi ancora più concreti in questo senso,
le sue paranoie, il
suo nervosismo, la sua trepidazione lo avevano assorbito del tutto. Ora
invece
finalmente iniziava a sentirsi più sicuro. Quando invitava
Jimin a fare qualcosa
aveva ancora un po’ di ansia, ma ai suoi occhi il ragazzo gli
aveva dato
segnali sufficienti a fargli capire che quantomeno aveva piacere a
trascorrere
il tempo da solo con lui. Essere più rilassato significava
avere una mente meno
annebbiata e una mente meno annebbiata significava cogliere
più particolari.
Riusciva a guardare meglio Jimin, guardarlo davvero.
Quel bel sorriso, una delle cose che Jungkook amava di più
nell’altro ragazzo,
non sembrava essere più lì. Non che non ridesse
più o non sembrasse mai allegro,
ma passandoci adesso molto più tempo insieme era difficile
non rendersi conto
che qualcosa nella luminosità del suo sorriso sembrava
essere cambiata. Di
nuovo, queste erano sensazioni che Jungkook aveva, ma non avrebbe
saputo dire
da cosa di preciso fossero generate. Tuttavia erano lì e lui
non poteva
ignorarle. Sapeva che più si conosce una persona
più è facile cogliere in lei
quei piccoli cambiamenti invisibili per altri e credeva questo fosse il
caso.
Sperava non fosse così ovviamente, sperava di sbagliarsi,
che Jimin non avesse
nessun tipo di problema, ma la vocina nella sua testa gli suggeriva di
indagare
di più. L’episodio a cui aveva assistito la notte
precedente era per Jungkook
l’ultimo di una serie di tasselli che gli stavano sempre
più facendo da
campanelli d’allarme sul fatto che qualcosa non andasse.
Sebbene Jimin non lo
avesse mai allontanato, tuttavia capitava spesso a Jungkook di vederlo
distante, quasi assente e come se avesse qualcosa per la testa, proprio
come
quella mattina mentre camminavano nel parco. Anche lì lo
aveva visto
rabbuiarsi, ma all’epoca non si era preoccupato di andare in
fondo alla
faccenda, troppo timoroso di fare domande fuori luogo e troppo
impegnato a far
semplicemente rilassare Jimin. Non capiva tuttavia quale potesse essere
il
problema. Jungkook prese a chiedersi cosa stesse facendo di sbagliato.
Quando
erano insieme faceva di tutto per farlo stare bene. Non voleva che
stesse
troppo tempo in casa, voleva dimostragli quanto ci tenesse a lui, e il
suo modo
per far ciò era cercare posti in cui portarlo, viste da
mostrargli, regali da
donargli. Gli avrebbe volentieri regalato il mondo se avesse potuto.
Voleva che
quel ragazzo fosse ricoperto delle attenzioni che meritava. Quelle che
non
aveva avuto lui. Voleva che si sentisse sicuro. Al contrario di come si
era
sentito lui. Buttò indietro i ricordi e tornò a
concentrarsi sul presente.
Doveva occuparsi di Jimin. Anche fisicamente gli sembrava
più sciupato. Cercava
di dirsi che era colpa della febbre appena passata, ma era difficile
non
chiedersi perché un ragazzo tornato in salute dovesse avere
quel viso pallido,
a tratti quasi giallo, e soprattutto quelle occhiaie. Era ormai quasi
una
decina di giorni che Jungkook gliele vedeva addosso e
l’episodio della notte
prima gli aveva fatto pensare che ci fosse un collegamento tra le due
cose e
dunque che questa non fosse la prima volta che Jimin faceva dei sogni
agitati.
Aveva assolutamente bisogno di parlare con Taehyung.
****
Lungo
il tragitto dal luogo in cui Jungkook aveva incontrato Taehyung,
davanti alla
porta d’ingresso della caffetteria del campus, fino alla
fermata del bus i due
ragazzi parlarono del più e del meno, raccontandosi a
vicenda come avevano
trascorso la mattina. Mentre erano seduti nel mezzo, cullati dal
movimento
ondeggiante delle ruote, continuarono ancora a scherzare e parlare di
film,
videogiochi e altri argomenti leggeri. Quando si misero finalmente a
lavorare
nella cucina di Jungkook, il dover riprendere il filo di un lavoro
accantonato
per diversi giorni li costrinse a scambiarsi poche parole e
concentrarsi su ciò
che dovevano fare. Per Jungkook ciò fu all’inizio
un bene. Adesso che si
trovava di fronte a Taehyung riusciva ancora meno a farsi venire in
mente un
modo naturale per introdurre ciò di cui voleva discutere.
Quando fu passata
quasi più di un’ora e mezza pensò
però che fosse il caso di prendere il toro
per le corna e optò per la via più diretta.
–
Hyung,
vorrei parlarti. Ti va se ci fermiamo un attimo e prepariamo qualcosa
da bere?
Taehyung
annuì serio, senza nemmeno chiedere di cosa volesse parlare.
Jungkook si chiese
se non lo avesse intuito da solo. Così come il ragazzo si
accorgeva che
qualcosa non andava in Jimin, allo stesso modo notava gli sguardi
preoccupati
che Taehyung rivolgeva al suo migliore amico e era capace di rendersi
conto che
anche lui doveva star probabilmente covando le sue stesse
preoccupazioni. Radunando
alla meglio le loro cose sul tavolo, si prepararono la merenda,
mettendosi poi a
sedere uno sul divano, uno su una sedia, in mano una cioccolata calda
per
Jungkook, un the verde bollente per Taehyung. Rimasero in silenzio
alcuni
secondi.
–
È
di Jiminie che vuoi parlare, vero Kookie?
In qualche modo, le parole
di Taehyung
sollevarono Jungkook. Capendo che l’amico forse condivideva i
suoi stessi
pensieri, sentì come se le cose andassero già
meglio, il che non aveva senso visto
che il problema era lungi dall’essere risolto.
–
Ciò che è avvenuto l’altra
sera… Di cosa si tratta esattamente? Non sembravi
sorpreso, è per caso successo altre volte?
–
Si.
–
Davvero?
–
Si.
Jungkook
emise un profondo respiro e sprofondò con la schiena contro
lo schienale
morbido del divano, chiudendo poi gli occhi. Aveva avuto ragione a
preoccuparsi, e per la prima volta nella sua vita l’idea di
essere nel giusto
non lo rallegrò. Sentì Taehyung riprendere a
parlare:
–
È
iniziato circa una settimana fa. Il giorno dopo lo spettacolo degli
hyung…
quella è stata la prima notte. Era andato a dormire di nuovo
piuttosto presto,
quindi io ero ancora in piedi quando si è svegliato. Proprio
come ieri mi
trovavo in cucina, a giocare al computer, quando l’ho sentito
gridare. La casa
come sai è piccola, si sente tutto e Jiminie stava urlando
così tanto… Mi sono
precipitato da lui, non sapendo nemmeno bene cosa aspettarmi. Quando
sono entrato
in camera l’ho trovato che si dimenava nel letto,
già sveglio, ma ancora in
stato di confusione totale e ci ho messo un bel po’ a
tranquillizzarlo.
Ovviamente lì per lì non gli ho dato molta
importanza, e quando la notte
successiva l’ho sentito urlare di nuovo ero già
quasi addormentato, per cui ho
creduto di averlo sognato. Quando però poi la notte dopo
ancora ha iniziato a
urlare mentre ero sveglio a guardare un film ho capito che non doveva
essere
stata la mia immaginazione – Taehyung si fermò
solo un attimo per bagnarsi con
la lingua le labbra ormai secche. Jungkook lo stava guardando con
occhioni
spalancati, cercando di elaborare le informazioni – Jiminie
sta avendo incubi
tutte le notti, e devono essere tremendi dal modo in cui piange, e io
non so
davvero cosa fare. Non… non capisco. Vorrei farlo star
meglio, ma non so come.
Jungkook
si schiarì la gola:
–
Hai provato a parlarci? Chiedergli cosa sogna?
–
Non esattamente… Ogni volta è così
sconvolto che ho solo voglia di fargli
dimenticare tutto, convincerlo che è solo un incubo, e non
mi va di farglielo
ripercorrere raccontandomelo. Poi la mattina… ci ho pensato
un paio di volte,
di chiedergli la mattina cosa avesse sognato, ma Kookie, lo hai visto
anche tu.
Gli si legge in viso che non sta bene eppure sembra anche
così intenzionato a
far credere il contrario. Mai una volta che avesse accennato alla notte
passata
durante la colazione insieme. Mai. Come se nulla fosse accaduto
– sospirò e
riprese dopo aver fissato il pavimento per qualche secondo,
un’espressione
pensierosa in viso – Il punto è che se il problema
fossero solo gli incubi
sarei più tranquillo. Potrebbero essere un retaggio della
passata malattia,
oppure semplicemente dei disturbi del sonno. Possono capitare dei
periodi in
cui si dorme peggio del solito. A volte poi non ci sono motivazioni
precise,
mentre altre sì, possono essere stress, preoccupazioni per
l’università,
stanchezza eccessiva. Insomma, dormire male succede, e se
ciò fosse causato da
normali ansie non dovrebbe essere un problema parlarne, no?
È il fatto che lui
tenti di ignorare del tutto la cosa, addirittura fingendo che sia tutto
perfetto, che mi preoccupa davvero e che mi porta a pensare che ci sia
qualcosa
di più sotto. Perché nascondere che ha un
problema? Come se poi potesse
riuscirci. Come se non capissi che sta male. Diamine, è mio
fratello in
pratica, perché si ostina così a far finta che
tutto vada come sempre?
Jungkook
non sapeva cosa dire. Soffriva all’idea che Jimin stesse
così male e non si
confidasse con nessuno. Soffriva all’idea che Taehyung stesse
male con lui.
Però non aveva una soluzione. Guardò Taehyung
mentre beveva il suo the e pensò,
fu quasi sicuro, che se avessero lavorato insieme forse una soluzione
l’avrebbero potuta trovare.
–
Taehyungie. Sono convinto che riusciremo a venirne a capo.
Andrà tutto bene,
nulla di grave è accaduto a Jiminie ultimamente, tranne
quella febbre. Era
tutto normale fino a quel momento, e lo abbiamo poi sempre tenuto
d’occhio.
Cosa può essere avvenuto nel frattempo che lo ha sconvolto
così? È stato
letteralmente sempre con noi – Qualcosa sembrò
scattare negli occhi di
Taehyung. Una sorta di lampo, una luce strana e Jungkook interruppe di
colpo il
suo ragionamento – Cosa c’è? Ti
è venuto in mente qualcosa?
Il
ragazzo di fronte a lui batté le palpebre un paio di volte e
poi disse:
–
No, no, nulla. Stavo… stavo solo cercando di ragionare.
Probabilmente dovrei
parlarci, sai. Non mi importa se non vuole dirmi niente, non
riuscirò a
sentirmi apposto con me stesso finché non avrò
almeno cercato di fare qualcosa
per aiutarlo. Fino ad ora ho evitato un confronto solo
perché dentro di me una
parte pensava fossero solo impressioni mie, ma adesso che so che anche
tu le
hai vuol dire che abbiamo ragione. Cercherò di capire di
più e te ne parlerò.
Nel frattempo dovremmo cercare di tenerlo il più impegnato
possibile, farlo
distrarre, possibilmente stancare. Magari la spossatezza fisica gli
può donare
qualche ora di riposo in più.
–
Vero. Beh, non possiamo però dire di non starlo
già facendo. Mi sembra di
averlo cercato di distrarre io stesso abbastanza nell’ultimo
periodo, no? Per
questo la sua inquietudine mi sorprende ancora di più
– strinse leggermente di
più la presa sulla sua tazza e sembrò non parlare
più a Taehyung, ma con sé
stesso – Ho fatto di tutto per… – Si
ricosse e guardò in direzione dell’amico,
che lo stava fissando con espressione indecifrabile. Jungkook
pensò si stesse
chiedendo cosa intendesse. Decise che era il momento di vuotare il
sacco –
Scusami, st-stavo riflettendo ad alta voce. È
che… Tu sai cosa... cioè, ovvio
che no, no che non lo sai, come potresti saperlo? Non ti ho mai detto
nulla. Ma
forse… insomma credo si sia capito. Credo. Aaaah, non lo so
Taehyungie, non so
come dirlo – Si portò una mano tra i capelli. Era
normale agitarsi così per
dire la verità non al
diretto
interessato? Si chiese se dichiararsi a Jimin, un giorno, sarebbe stato
più
difficile, e si rispose che non poteva esserlo. Ma era Taehyung
maledizione,
cosa c’era da balbettare così? –
Jimin-hyung… Io…
–
Jiminie ti piace, non è così?
Completamente
rosso, Jungkook guardò Taehyung negli occhi. Il ragazzo
sembrava calmo, così
calmo che quasi stupì Jungkook. Non sapeva bene che reazione
aspettarsi
dall’amico in realtà. Aveva messo in conto che
poteva aver già capito tutto da
tempo, e che dunque non si sarebbe stupito, allo stesso modo in cui
aveva
ipotizzato che invece non avesse colto nulla e dunque avrebbe
spalancato gli
occhi, magari urlato dalla sorpresa. C’era poi
l’opzione peggiore, quella a cui
Jungkook aveva cercato di dare il meno spazio possibile. La
possibilità che a
Taehyung tutto questo non stesse bene. In qualsiasi caso, Jungkook non
aveva
comunque previsto tanta calma. Chissà poi perché.
Ovviamente Taehyung,
conoscendolo così bene, doveva essersi accorto
dell’interesse che nutriva nei
confronti di Jimin e dunque che cos’altro avrebbe dovuto fare
se non accogliere
la notizia con tranquillità? Eppure c’era qualcosa
nella sua espressione a cui Jungkook
non riuscì a dare un nome, ma che lo colpì. Gli
sembrò di trovarsi, per la
prima volta, di fronte a un Taehyung che forse non aveva mai visto
prima d’ora.
–
Kookie? – doveva essersi incantato per un attimo,
perché l’amico lo stava
chiamando, con sguardo adesso preoccupato. Ok,
preoccupato va bene. La preoccupazione la riconosco. –
Ho chiesto, Jiminie
ti interessa, giusto? A me puoi dirlo. Lo avevo già capito
da solo in realtà.
Di
nuovo era tornato quello sguardo strano e Jungkook si sentì
ancora più confuso
quando lo vide accompagnato da un debole sorriso. Sembrava
quasi… triste? Ma
perché sarebbe dovuto esserlo? Jungkook concluse che
l’intera situazione di
Jimin, ciò di cui avevano parlato fino ad ora, dovesse
pesare molto sulle sue
spalle e dunque da ciò nascesse la sua attuale malinconia. O forse è dispiaciuto che non glielo
abbia detto prima! Ma certo, Jungkook,
come puoi essere stato così stupido da non pensarci?
–
Taehyungie, mi dispiace tantissimo! Avrei dovuto dirtelo prima! Sei il
mio
migliore amico, e il migliore amico di Jimin-hyung, non avrei dovuto
tenertelo
nascosto!
Taehyung
lo interruppe scuotendo la testa e mettendo le mani avanti:
–
Siamo amici, ma non sei obbligato a dirmi tutto Kookie. Stai
tranquillo, non me
la sono presa. Come ti ho detto, me ne ero accorto per conto mio, anche
quando
non parli io ti leggo nel pensiero – fece
l’occhiolino e Jungkook si sentì più
sollevato. Almeno aveva accettato le sue scuse e non sembrava essersela
presa.
Gli rispose con un sorriso:
–
Non posso sfuggire con te vedo. Si, Jiminie mi… mi piace.
Tanto. Mi piace
tanto, Taehyungie, e io sto facendo di tutto affinché si
accorga di poter
contare su di me. Lo so che ha anche te, non voglio portartelo via.
È solo che
una spalla in più può solo far comodo, no?
– guardò Taehyung con un piccolo
ghigno per poi tornare serio – L’unica
cosa è che non so se mi sto muovendo bene. Insomma, non
sembra che le mie
attenzioni gli diano fastidio, quindi probabilmente… non
voglio allargarmi
troppo ora, ma… insomma, potrebbe esserci una minima
possibilità che possa
ricambiarmi e quindi non capisco. Non capisco davvero. Se gli piace
passare il
tempo con me, se sa che su di me può contare, se poi torna a
casa dal suo
migliore amico, che sa essere lì per lui, perché
si comporta così? Vorrei solo
farlo stare bene, ma sento di star fallendo. Credi mi manchi qualcosa
Tae?
–
Come? Mancarti qual-? – Taehyung osservò bene
l’amico. Aveva uno sguardo
implorante, era evidente che avesse rimuginato su questa questione da
solo a
lungo, ed era altrettanto evidente che finalmente stava dando sfogo a
tutti i
pensieri che lo turbavano. Quando vide i suoi occhi ricoprirsi di un
velo lucido,
come se stesse per scoppiare in lacrime, Taehyung gli si
fiondò vicino sul
divano e lo abbracciò, dando il via a un mantra di
rassicurazioni. Jungkook, sei un testone
– No. No,
Kookie no. No, no, no e no. Non ti manca nulla. Stai scherzando? A te?
– si
staccò da lui, lasciandogli una mano sulle spalle e una
dietro la nuca – come
ti è venuta in mente una cosa simile? Sei il ragazzo
perfetto! Come puoi
pensare…
–
Ma
Jiminie-
–
Jiminie vede come tu sia lì per lui. E lo vedo anche io. Te
ne sei preso cura
benissimo, te l’ho già detto mi sembra, meglio
addirittura di come avrei potuto
fare io stesso. So che Jiminie la pensa allo stesso modo,
perché è il mio
migliore amico e lo conosco. Tu hai fatto di tutto, continui
– pose enfasi su
quest’ultima parola vedendo Jungkook scuotere leggermente la
testa – continui a
fare di tutto, e non hai assolutamente nulla da rimproverarti. Mi hai
capito?
Non pensare mai, mai più che ci sia un problema in te.
Kookie, dimmi che hai
capito. Sono serio.
Jungkook
attese un secondo e poi annuì, al che Taehyung gli
scompigliò i capelli in modo
affettuoso, finalmente sorridendogli. Jungkook gli sorrise a sua volta
e si
chiese come avesse fatto tutto questo tempo a sopportare
l’ansia di tali
pensieri da solo. Come avesse fatto in generale per diciotto anni a
sopravvivere senza Taehyung vicino.
–
Forse dovrei semplicemente farla finita una volta per tutte e dirgli
chiaramente ciò che provo, così almeno
può avere la certezza che sono lì per
lui. Sai, magari non mi parla perché crede di essere un
fastidio.
–
Jiminie crede troppo spesso di essere un fastidio, ed è il
suo problema più
grande.
Jungkook
non poté far altro che essere d’accordo con lui.
****
Taehyung
stava correndo verso la fermata del bus. Parlando con Jungkook il tempo
era
passato velocemente e lui si era quasi scordato che alle cinque sarebbe
venuto
il tecnico per controllare il problema al riscaldamento. Era scappato
via
salutando Jungkook frettolosamente e aveva fatto del suo meglio per
tornare a
casa prima possibile e avere così tempo di riordinare
velocemente la cucina.
Era convinto ci fossero ancora i piatti della colazione nel lavandino e
qualcos’altro sparso per la stanza, e gli dava fastidio
l’idea di far entrare
l’uomo in un ambiente disordinato e sporco. Entrò
in casa come un fulmine,
buttò il cappotto sul divano e ancora col fiatone si mise a
fare i piatti. Per
fortuna riuscì a riordinare la stanza in tempo e quando
l’uomo arrivò in orario
Taehyung non provò imbarazzo nel farlo accomodare. Durante
le operazioni del
tecnico rimase in cucina leggendo un fumetto, così da
rimanere a portata di
mano nel caso in cui avesse avuto bisogno di qualcosa. In un quarto
d’ora aveva
finito.
–
Dunque, ho controllato l’impianto di riscaldamento e i
termosifoni
nell’appartamento. C’è un problema con
questo qui in cucina e ci sarà probabilmente
bisogno di ricontrollare le tubature. Chiederò anche al mio
collega, ma penso
che questo sarà il caso.
–
Capisco. Quindi…
–
Quindi ciò significa che dovremo fare dei lavori per
smantellare il pavimento e
montare un nuovo termosifone al muro. Per voi è un problema?
Taehyung
spiegò di come lui e il suo amico fossero semplicemente
affittuari
dell’appartamento e decisioni di quel genere dovevano essere
prese dal padrone
di casa. Gli lasciò dunque il numero di telefono insieme al
proprio
chiedendogli di avvisarlo nel caso in cui il padrone avesse dato il via
libera
ai lavori.
–
Così facciamo trovare qualcuno in casa che possa aprirvi.
–
Perfetto. Chiamerò con ulteriori dettagli non appena parlato
con il signor Sin.
Chiudendo
la porta di casa Taehyung sperò che questi lavori non
creassero troppo
scompiglio e non si protraessero troppo a lungo. Doveva studiare e
sarebbe
stato difficile con il rumore di operai a lavoro. Pensò che
avrebbe potuto
proporre a Jungkook di lavorare insieme a casa sua. Sempre
se non preferisce che sia Jimin a fargli compagnia. Alla peggio
c’è comunque il 503.
Attorno
alle sei del pomeriggio le chiavi girarono nella toppa e Taehyung
sentì dalla
sua stanza i familiari passi di Jimin. Sperò non fosse
troppo stanco perché
durante la cena era intenzionato a parlargli seriamente.
L’amico doveva
assolutamente aprirsi con lui, anche solo in minima parte. Non
pensò su molto a
come aprire l’argomento. Era convinto che
l’occasione sarebbe arrivata da sé e
comunque un discorso anche spontaneo andava benissimo, non
c’era bisogno di
preparare nulla. Andò in camera di Jimin e lo
trovò intento a togliersi i
vestiti freddi e umidi e indossare una più comoda tuta blu.
–
Come stai?
–
Tutto ok. Oggi è stato più impegnativo del solito
in accademia ma sono
sopravvissuto. Tu? Come è andata la giornata?
Taehyung
fece spallucce:
–
Apposto anche a me. Mi sono visto con Jungkookie per lavorare insieme e
poi
sono tornato qui. Oggi è il sedici, ci siamo dimenticati
entrambi che sarebbe
passato il tecnico per il riscaldamento.
Jimin
sobbalzò:
–
È
vero! Sei tornato in tempo?
–
Si, si – rispose mentre l’amico si stava adesso
infilando un paio di morbidi
calzini di lana – Mi ha detto che probabilmente dovranno
tornare per fare dei
lavori, ma comunque verremo avvisati in anticipo. Gli ho lasciato il
numero del
signor Sin.
–
Hai fatto benissimo. Bravo Taehyungie – dal letto dove era
seduto Jimin sorrise
all’amico e Taehyung fece lo stesso.
–
Fai cena con me, si? O sei stanco?
–
Come? Si, ovvio che mangio con te, non sono freschissimo, ma non
è stata
neppure una giornata così faticosa da farmi saltare la cena
insieme.
–
Ok, volevo solo accertarmi che non mi dessi buca – rispose
Taehyung facendogli
occhiolino e linguaccia – Credo che fra un’ora
inizierò a prepararla, se ti va
puoi farmi compagnia.
–
Si
certo, fra una mezz’oretta mi faccio una doccia e poi vengo
ad aiutarti. Quando
mai ti ho dato buca comunque?
****
Taehyung
sentì Jimin accendere la doccia e controllò
l’orologio. Aveva detto che se la
sarebbe fatta entro mezz’ora e invece erano già le
sette. Alzò gli occhi al
cielo, pensando a quanto l’amico riuscisse ad essere
ritardatario anche in casa
propria e sulle sue attività personali. Si sentiva un
po’ impaziente, in parte
perché aveva più fame del solito, ma soprattutto
perché voleva davvero parlare
con l’amico. Decise di andare lo stesso in cucina e iniziare,
con molta calma,
i preparativi per la cena. Mentre tirava fuori un paio di ciotole,
sentì Jimin chiamarlo
dal bagno e accorse subito, preoccupato che qualcosa fosse accaduto.
– Si
Jiminie, che c’è?
–
È
finito il bagnoschiuma! L’ho ricomprato, ma ho scordato di
metterlo qui,
dovrebbe essere in camera mia, in una busta dentro l’armadio
con altri prodotti
per la casa. Puoi andare a prenderlo per favore?
–
Detto fatto! – rispose Taehyung, sollevato che fosse
semplicemente questo il
motivo per cui era stato chiamato.
In
camera di Jimin andò ad aprire l’armadio ed in
effetti al suo interno ai piedi
dei cappotti trovò una busta di carta marrone dentro cui
erano stati messi un
paio di detersivi per pavimenti, un ammorbidente e una bottiglia di
bagnoschiuma. Uscendo dalla camera, Taehyung notò due tazze
sporche sul
comodino di Jimin e si prese un appunto mentale di tornare a prenderle
appena
portato il bagnoschiuma al ragazzo. Un minuto dopo era di nuovo in
camera di
Jimin. Nell’afferrare i due manici di ceramica,
l’occhio gli cadde su ciò che
era stato lasciato sul comodino e un oggetto in particolare lo
colpì. Una custodia
per cd trasparente che gli sembrò fin troppo familiare.
Gettò lo sguardo sul
letto di Jimin, in cerca di qualcosa che trovò subito.
Posò le tazze un attimo
e prese fra le mani il lettore cd abbandonato vicino al cuscino. Si
sentiva un
po’ sciocco, a dare tanta importanza a una cosa che
probabilmente non ne aveva.
Forse non aveva neppure ragione sul contenuto di quella scatoletta
mangiatrice
di musica. Invece sì.
Mixtape
n.1,
in chiare lettere nere, la grafia di
Yoongi inconfondibile.
Note
dell’autrice: Hello
everyone, bentornati ♡
E dopo la
micro pausa per respirare un po’ che mi sono concessa con la
os
rossa di qualche giorno fa, ecco che torno a rigettarmi
nell’angst. Anche qui
ce ne è un bel po’ e come sempre mi scuso. In
questo capitolo continuiamo a
vedere in che modo la vita abbia ripreso a scorrere per i nostri
ragazzi e come
i postumi della notte di capodanno si stiano portando avanti. Jimin,
no, non è
andato a riprendersi Yoongi in stazione, e adesso sta facendo i conti
con le
conseguenze di questa lontananza. Il suo punto di vista però
sarà esplorato
ancora meglio nel prossimo capitolo. Nel frattempo Taehyung e Jungkook
non
possono ovviamente rimanere indifferenti di fronte a ciò che
sta succedendo al
più grande e finalmente si confrontano, tentando di capirci
di più sulla
situazione e ciò non può che essere un bene.
Mi dispiace se
le cose si muovono lentamente, spero nessuno si stia
annoiando a leggere tutto quello che passa per la mente di questi
poveri
piccoli. MA ho deciso una cosa.
Visto
che mi sembra di star creando troppa sofferenza, ho deciso che
pubblicherò la
seconda parte di questo capitolo domenica. Già anche altre
volte ho dovuto
dividere sequenze che nella mia mente dovevano andare insieme
perché ciò che in
origine credo possa essere di due pagine ne diventa di cinque.
È il caso anche
di questo capitolo. La parte successiva a questa è quasi
altrettanto lunga e mi
sembrava davvero troppo in un’unica botta. D’altro
canto, avevo deciso di voler
inserire tutto insieme per un motivo preciso che però ancora
non posso dire
(verrà chiarito nelle prossime note) e dunque, per evitare
la ghigliottina
davvero, ho optato per un compromesso. Quindi la seconda parte
verrà pubblicata
domenica invece che mercoledì prossimo. Di più
non posso fare. Sarà tutto più
chiaro nel prossimo capitolo comunque.
Per il
momento vi saluto e come sempre vi ringrazio per aver letto fin qui.
Se dedicherete del tempo a lasciare un feedback vi sarò
infinitamente grata,
non siate timidi ♥ A domenica!
Baci, Elle ~
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Capitolo 14 *** Capitolo XI: Reprise ***
CAPITOLO
XI : REPRISE
Ancora
non lo sai
–
sibila nel frastuono delle volte
la
sibilla, quella
che
sempre più ha voglia di morire –
non
lo sospetti ancora
che
di tutti i colori il più forte
il
più indelebile
è
il colore del vuoto?
(Vittorio Sereni,
Autostrada
della Cisa)
Jimin
non voleva mentire all’amico, ma quando Taehyung durante la
cena gli
chiese all’improvviso per quale motivo continuasse ad avere
incubi, si sentì
messo con le spalle al muro. La via più semplice sarebbe
stata raccontare che
non lo sapeva e che per quanto svegliarsi ogni notte gli desse fastidio
non era
nulla che gli creava un eccessivo disagio. Ma sarebbe stato capace di
imbrogliare l’amico? Perché Jimin sapeva
esattamente qual era il motivo, fin
troppo bene. Pur sforzandosi di pensare ad altro e rimettersi in sesto,
dentro
era un disastro. Si sentiva completamente lacerato e più il
tempo passava meno
il dolore, come lui aveva invece inizialmente sperato, accennava a
passare. Al
contrario. Ogni volta che Jimin si metteva a letto e capiva che altre
ventiquattro ore erano passate senza che Yoongi-hyung gli avesse fatto
sapere
nulla di sé, la ferita si faceva sempre più
profonda. Questo non era tutto.
Come se già la mancanza di Yoongi non fosse sufficiente, in
Jimin stava
diventando sempre più forte anche un altro sentimento: il
senso di colpa. Gli
incubi erano dovuti in buona parte anche a questo, e allo stesso modo
che con
il dolore per la perdita di Yoongi, anche il senso di colpa sembrava
destinato
a diventare sempre più grande. Sebbene la compagnia del suo
migliore amico e di
Jungkook gli facessero bene e lui genuinamente si sentisse estremamente
meglio
quando si trovava con loro, sentiva comunque di non essere del tutto
sincero
con il più piccolo. Jimin poteva vedere come di giorno in
giorno il ragazzo si
facesse sempre un po’ più audace con lui e il suo
sguardo un po’ più acceso
ogni volta che lui accettava i suoi inviti. Non solo acceso, speranzoso. Lo stava facendo sperare, e
questo Jimin non riusciva a perdonarselo. Quando rifletteva sulla
situazione
cercava di mitigare il suo magone pensando a come a lui effettivamente
piacesse
trascorrere il tempo con Jungkook. Il modo in cui si comportava con lui
era
spontaneo, nulla era una bugia. Il ragazzo lo faceva davvero sentire
protetto e
era una persona estremamente piacevole con cui, così come
era sempre stato,
Jimin si sentiva in completo relax. Ma gli voleva troppo bene per
raccontarsi
che ciò fosse segno di sentimenti più profondi.
Ci aveva pensato a un certo
punto. Già quel pomeriggio di dicembre, quando erano stati
insieme dalla
mattina, si era chiesto se non potesse provare qualcosa di
più forte per il
ragazzo, ed era una domanda sincera di cui non sapeva la risposta
all’epoca.
Stava vedendo Yoongi allontanarsi e aveva pensato fosse un bene cercare
di
prenderne le distanze cercando la felicità per
sé. Che cosa aveva Jungkook che
non avrebbe potuto renderlo felice? Era indubbiamente un bellissimo
ragazzo,
era affettuoso, ci teneva davvero a lui, lo accudiva in tutti i modi.
Era
addirittura amico del suo migliore amico, un bonus notevole visto che
tutti e
tre si trovavano bene insieme e quindi non si sarebbero formate gelosie
né
Jimin avrebbe dovuto vedersi costretto a scegliere tra i due. Che cosa
aveva dunque
Jungkook che non avrebbe potuto renderlo felice? Non
è Yoongi-hyung. La risposta era questa, tutte le
volte,
devastante nella sua semplicità. Anche quando cercava di
modificare i suoi
ragionamenti, o trovare vie alternative per giungere ad
un’altra conclusione,
il punto di arrivo era sempre lo stesso. Jungkook
non è Yoongi. Lo aveva compreso perfettamente e in
modo definitivo la notte
precedente, quando era intervenuto al posto di Taehyung per farlo
calmare.
Jimin aveva ad un certo punto capito di trovarsi finalmente fuori dai
suoi
sogni, e lì per lì si era spontaneamente
abbandonato di nuovo nelle braccia
dell’altro, sperando che funzionasse, ma il suo desiderio era
rimasto inesaudito.
Si era addormentato tra le braccia di Jungkook facendo finta che
fossero quelle
di Yoongi, perché era lui di cui aveva bisogno per calmarsi.
Come poteva
dunque, sapendo che questi erano i suoi pensieri e conoscendo
perfettamente ciò
che il più piccolo provava per lui, continuare a comportarsi
così? Come poteva
essere tanto egoista? Jimin non riusciva a spiegarselo, ma non riusciva
nemmeno
a smettere di esserlo. Stava cercando troppo intensamente di trovare un
modo
per imparare a convivere con l’idea che Yoongi non lo avrebbe
mai voluto nella
sua vita come lui desiderava da non avere anche le forze di reagire di
fronte
all’amore di Jungkook. Ne aveva bisogno, in
realtà. In un modo del tutto
diverso da come aveva bisogno dell’amore di Yoongi, ma
ugualmente vivo e reale.
Il
senso di colpa però si faceva sempre più grande.
Raddoppiava quando si
accorgeva di stare vicino a una persona a cui teneva sapendo di starle
dando
segnali opposti a quelli che avrebbe dovuto ricevere. Triplicava quando
era
vicino al ragazzo mentre nel frattempo provava il bisogno di sapere
come stesse
l’altro. O quando guardando in quei suoi occhi
così sinceri invece che sentirsi
a casa continuava a sentirsi come se gli avessero tolto un braccio.
Aveva la
nausea ogni volta che rispondeva a Jungkook al cellulare e si accorgeva
che se
il suo cuore aveva sussultato al partire della suoneria era
perché aveva
sperato che fosse un’altra voce a rispondere. Nonostante
tutto questo, Jimin
continuava tuttavia a rimanere terrificato all’idea di
prendere le distanze dal
ragazzo. C’era una minuscola parte di lui che non demordeva,
e che era convinta
che prima o poi le cose sarebbero migliorate. Che prima o poi Jimin
avrebbe
accettato la lontananza di Yoongi. Che prima o poi il tempo avrebbe
sanato
tutto e tra lui e il più grande sarebbe rimasta, nella
migliore delle ipotesi,
solo una certa confidenza, ma nulla di più. Che prima o poi
Jimin avrebbe
dunque voluto andare avanti con la sua vita. In quello scenario, lo
stare con
Jungkook aveva senso. Il problema era che tutto il resto di Jimin non
la
pensava così. Era sicuro che mai avrebbe potuto ricambiare i
sentimenti del
giovane e soprattutto mai avrebbe potuto amare qualcuno come sentiva di
amare
Yoongi. Eppure quella piccola parte rimaneva lì, in un
angolo dentro di lui,
come una fiammella debole, ma ancora viva. Gli serviva, non poteva
soffocarla completamente,
altrimenti si sarebbe sentito del tutto perso. Doveva credere, anche se
solo
con un millesimo di sé stesso, che tenere Jungkook nella sua
vita potesse solo
fargli bene. Oltre al fatto, poi, che non voleva assolutamente perdere
un’altra
amicizia così importante.
C’era
infine anche un altro motivo che rendeva impossibile per Jimin
allontanare da sé Jungkook. Lo faceva sentire speciale.
Jimin non si era mai
sentito speciale nella sua vita, nemmeno quando Hoseok ci si mise di
punta e
cercò di fargli capire che persona bellissima fosse e come
la sua danza avesse
una magia tutta sua che nessun’altro al mondo sarebbe stato
capace di
riprodurre. Solo una volta ci si era sentito. Quando Yoongi lo aveva
reso
partecipe dei suoi lavori. Ogni volta che Jimin entrava nella stanza
dell’altro
e il ragazzo prendeva a parlargli di ciò che faceva, gli
mostrava ciò che
componeva e addirittura gli chiedeva dei consigli, si sentiva quasi un
eletto.
Il modo in cui Yoongi lo trattava gli faceva credere di valere davvero
qualcosa. Essere privato di una sensazione del genere, dopo averne
colto le
gioie, lo aveva messo in uno stato di agonia incredibile, quasi
astinenza e
sebbene Jungkook non riuscisse a dissetarla del tutto la metteva almeno
a
tacere per un po’. Era però naturale che la
consapevolezza di star facendo un
torto enorme a quel ragazzo fosse sempre vivo in lui. Non si stupiva se
aveva
incubi. Credeva anzi di meritarseli, erano una punizione giusta per
ciò che
stava facendo. Ciò che li rendeva ancora più
angosciosi era il fatto che adesso
stava iniziando a non distinguere più cosa fosse sogno e
cosa fosse realtà. I
ricordi avevano iniziato un pochino a riaffiorare nel corso dei giorni.
Pochi,
molto nebbiosi, ma più di una volta Jimin aveva avuto flash
improvvisi nella
mente che mostravano situazioni che lui non ricordava prima di quel
momento di
aver vissuto.
Il
primo flash era tornato esattamente una settimana prima, ovvero tre
giorni, un’ora e trentasette minuti dopo la partenza di
Yoongi. Esausto da
quella prima giornata passata ad affrontare il mondo esterno, Jimin si
era
rannicchiato per terra ai piedi del suo letto. Non aveva voglia di fare
nulla e
si era chiesto se ogni giornata sarebbe stata d’ora in avanti
così, non sapendo
ancora che dal giorno dopo sarebbero iniziati i quotidiani appuntamenti
con
Jungkook. C’era un’unica cosa che al momento avesse
voglia di fare, sentire la
voce di Yoongi. Era troppo, troppo tempo che non la riascoltava e
all’improvviso aveva capito che per quanto doloroso potesse
essere, se non lo
avesse fatto subito sarebbe impazzito. Si era alzato velocemente da
terra e
aveva preso il suo lettore cd. Lo aveva comprato l’anno prima
appositamente per
lo specifico cd che adesso stava per ascoltare. Jimin voleva che la
musica che
gli giungeva alle orecchie provenisse dalla copia fisica, quella che
Yoongi
aveva utilizzato e toccato, quella su cui aveva scritto con un
evidenziatore
nero. Voleva avere vicino quella che considerava essere una parte del
ragazzo e
non rimpiazzarla convertendola in un mp3. Così dunque adesso
Jimin era forse
l’ultima persona a Seul, se non in tutta la Corea (forse in
tutto il mondo), ad
ascoltare cd in un lettore apposito. Aprì il cassetto del
suo comodino. Eccolo
lì, riposto con cura, il mixtape di Yoongi. Non appena la
sua voce aveva preso
a scorrere bassa e fluida attraverso le cuffiette Jimin aveva chiuso
gli occhi
e sentito il suo corpo rilassarsi. Aveva anche pregato di non mettersi
a
piangere, ma non fu ascoltato. Passandosi una mano sulle guance per
asciugarsi
ecco all’improvviso un’immagine. Il muro di una
casa, sembrava la villa. Le sue
labbra vicine a un collo morbido, le mani strette ad una vita. A Jimin
era già
sembrato di aver vaghe memorie riguardo qualcuno presente con lui
durante
quella notte, ma ancora non era sicuro se provenissero da un sogno o
meno. Dal
momento che però Jungkook lo aveva riportato a casa aveva
dato per scontato
che, nel caso in cui si trattassero di ricordi veri, la persona fosse
proprio
il più giovane. Questo flash che aveva avuto ora
però era diverso. Non gli si era
mostrato come ricordo, dunque estremamente sbiadito. Piuttosto, la
scena gli
era apparsa davanti agli occhi come se stesse vivendola in quel preciso
momento.
Non era una memoria nebbiosa, era un qualcosa di cui era sicuro avesse
preso
parte in prima persona. Non ricordava di essersi aggrappato
così a Jungkook e
l’idea lo fece stare ancora peggio. Chissà
cos’altro gli aveva detto. Però
l’idea di aver riavuto un ricordo lo aveva leggermente
confortato. Il buco nero
di quelle ore pesava ancora su di lui e sebbene l’ignoranza
possa essere spesso
una benedizione, Jimin sentiva che non era questo il caso. Dopo questo
primo
episodio, altre volte Jimin aveva riottenuto qualche frammento
più vivido di
ciò che era accaduto mentre era ubriaco e febbricitante.
Ricordava una camicia
bianca. Un cellulare abbandonato per terra. Aveva anche ricordato le
mani di
Jungkook attorno a lui che lo posavano nel letto e che poi lavoravano
con i
bottoni della sua camicia. A un certo punto erano arrivati anche dei
suoni, ma
non era sicuro a chi appartenessero. Si era poi accorto che non erano
solo
suoni, ma delle parole, delle parole roche, dette da una voce bassa.
“Sii felice”,
“Ti ringrazio”.
Quelle parole continuavano a tornare, ululate dalla
tempesta dei suoi incubi. E poi c’era stato quel “Jimin-ah”. Jimin-ah.
Jungkook non lo chiamava mai così. Quella voce…
Ma non avrebbe avuto senso.
Stava solo proiettando ciò che più desiderava.
Jimin aveva dunque presto deciso
di non dare troppo peso a questi mozziconi di memorie, angosciato dal
non
riuscire a distinguere più ciò che era vero dal
ciò che era falso. Come
spiegare però tutto questo a Taehyung?
–
Non hai nemmeno una
mezza idea?
Lo
stava fissando con
sguardo interrogativo, in attesa di una risposta, e Jimin dovette
ingegnarsi a
trovarne una. Concluse che la soluzione migliore era dire una mezza
verità. Se
avesse continuato a negare l’evidenza l’amico
avrebbe potuto insospettirsi
ancora di più e diventare più insistente.
–
Taehyungie non lo
so perché continuo a fare brutti sogni – Questa
era una bugia – Ma ovviamente
stanno diventando un problema, sono piuttosto stanco di svegliarmi
così ogni
notte – Questo era vero – Ho cercato di dargli il
meno peso possibile sperando
che smettessero, ma non è stato così –
Anche questo era in parte vero – Per
questo motivo non ne ho mai parlato prima – Questa era di
nuovo una bugia.
Aveva fatto finta di nulla solo perché sperava di poter
ingannare l’amico e
convincerlo che non ci fosse nessun problema. Non aveva voglia di
parlare. Tra
l’altro, come avrebbe potuto essere del tutto onesto con lui?
Sapeva quanto
tenesse a Jungkook e non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi e
confidargli perché si sentiva colpevole nei confronti del
ragazzo. E soprattutto
perché non riusciva a smettere di comportarsi
così.
–
Ci sono problemi in
accademia? O c’è qualcos’altro che non
va? – Jimin continuava a tenere lo
sguardo basso e Taehyung volle rassicurarlo – Ascolta
Jiminie, non voglio
costringerti a dirmi nulla, è solo che sono un po’
preoccupato. Se sono qui a
parlarti ora è solo per questo. Se tu mi dici che neanche tu
sai il perché di
questi sogni allora ci credo. Se sono semplici disturbi del sonno ci
sono cose
che si possono prendere per aiutarti, andiamo in farmacia e si risolve.
Vorrei
però essere sicuro che dietro non ci siano preoccupazioni di
altro tipo. In
quel caso lo sai che con me puoi parlare, vero?
Jimin
gli prese una
mano e la strinse, sorridendogli dolcemente:
–
Lo so, Taehyungie,
lo so. Ma per il momento non c’è molto da dire,
faccio dei sogni orribili tutte
le notti e non so come farli smettere – Bugia anche questa.
Ogni volta che
mentiva all’amico Jimin provava un dolore simile a quello di
un piccolo spillo
che ti si pianta nel petto – Ma non devi preoccuparti troppo,
va bene? Se
sembro strano… è solo perché la notte
non dormo bene. Ma hai ragione tu, forse
dovrei prendere qualcosa. Prima però vorrei aspettare un
altro po’, magari
passano da soli in modo naturale senza che io inizi a prendere nulla.
Ma se
dovessero continuare prometto di intervenire, affare fatto?
–
Mi sembra un buon
compromesso, si. Io voglio solo che tu stia bene Jiminie.
Jimin
annuì come a
dire che lo sapeva e strizzando di nuovo la mano di Taehyung finalmente
gliela
lasciò per prendere le sue bacchette. Sperò che
l’argomento fosse chiuso lì.
C’era tuttavia un altro punto che premeva a Taehyung, ancora
più delicato,
tanto che il ragazzo decise di prenderlo incredibilmente alla larga:
–
Oggi gli hyung sono
tornati dalla loro vacanza.
–
Si, lo so. Sono
stati bene?
–
Non lo so, non li
ho ancora sentiti, ma credo lo farò domani. Sai, pensavo che
se qui vengono
davvero a fare i lavori potrebbe diventare difficile studiare e quindi
mi era
venuto in mente di chiedere a Jin-hyung se potevo usufruire del loro
salotto
per stare un po’ più in tranquillità.
Magari anche Kookie vuole unirsi. Le
giornate sono corte e è meno deprimente studiare al
calduccio in casa piuttosto
che in una biblioteca da cui si vede solo il cielo scuro.
–
Mi sembra una buona
idea – disse Jimin senza particolare enfasi.
–
Potresti venire
anche tu per allenarti con Hoseok-hyung.
Jimin
ebbe un attimo
di esitazione:
–
Io… si, ovvio,
anche se ultimamente non ci sono coreografie urgenti su cui sto
lavorando per
cui credo che la palestra dell’accademia vada benissimo.
Taehyung
annuì
soltanto, continuando a far muovere le valvole del cervello per trovare
il modo
di agganciarsi a ciò di cui voleva parlare. Forse ci aveva
girato attorno un
po’ troppo.
–
Comunque sia –
disse dopo qualche istante, mescolando con le bacchette il riso e le
uova nella
ciotola – credo che hyung mi dirà di
sì. Me lo avrebbe detto di sicuro in ogni
caso, ma ancora di più questa settimana. La casa
è praticamente deserta – si
portò il cibo alla bocca fermandosi un attimo per osservare
Jimin. Gli giunse
solo un piccolo “mmh” di risposta.
Continuò – Voglio dire, lui e
Namjoonie-hyung saranno quasi sempre a lavorare allo spettacolo, e
Yoongi-hyung
non c’è, quindi non credo possa creare problemi se
noi andiamo lì il
pomeriggio.
–
Vero.
–
A proposito,
Yoongi-hyung dovrebbe tornare la prossima settimana, no?
Jimin
smise per un
momento di mangiare e guardò Taehyung negli occhi.
–
Non ero io che ero
lì quella sera – Taehyung colse una luce nel suo
sguardo, quasi di irritazione,
che però si spense subito – Insomma, me lo avete
detto voi che ha detto che
sarebbe stato via due settimane, ma non ne era sicuro, o sbaglio?
–
No, no, è vero. In
effetti non so da cosa dipenda quell’incertezza. Tu ne sai
nulla? – Taehyung si
chiese se non si stesse spingendo troppo in là e troppo in
fretta, ma aveva
davvero bisogno di sapere – Ti ha dato qualche notizia?
Jimin
sembrò a corto
di fiato per un breve istante, ma lo vide poi riprendersi subito.
–
No, non… non mi ha
detto niente.
–
Ma vi siete sentiti
recentemente? – adesso si alza e se
ne va,
pensò Taehyung. Non accadde. Jimin si riempì la
bocca di riso, scuotendo la
testa, prima di ingoiare e riprendere a parlare:
–
Non lo sento da un
po’ in effetti, da quando eravamo alla villa tutti insieme.
Tutto quello che so
è da parte di Hoseok-hyung. Però insomma, ha
dovuto prepararsi al viaggio e poi
credo abbia dovuto concentrarsi sul nuovo luogo di lavoro e immagino
sia sempre
tanto stanco. Non mi sorprende si tenga in contatto solo con
Hobi-hyung.
Probabilmente sarà molto sbrigativo anche con lui.
Quando
Taehyung gli
aveva fatto quella domanda, così diretta, Jimin si era
sentito un groppo in
gola. Aveva dunque dovuto mettersi in bocca più riso che
poteva così da avere
una scusa per ingoiare le lacrime. Aveva poi dato una risposta che lo
aveva
lasciato stupito. Avrebbe potuto semplicemente dire che no, era diverso
tempo
che non sentiva Yoongi-hyung. Si era invece sentito per qualche motivo
in
dovere di dare una spiegazione, e, soprattutto, quasi giustificare
l’altro
ragazzo. Perché non aveva semplicemente detto le cose come
stavano? Ovvero che
Yoongi da un giorno all’altro aveva preso ad ignorarlo? Era
vero, e
probabilmente a Taehyung non sarebbe mai venuto in mente di collegare
questo
fatto agli incubi, essendo all’oscuro di troppe altre cose.
Eppure non se l’era
sentita. Il pensiero di buttare la responsabilità su
Yoongi-hyung lo faceva
stare male. Il ragazzo non se lo meritava. Che male c’era se
era impegnato e
voleva, una volta arrivato stanco alla sera, sentire solamente la voce
del suo
ragazzo? Che colpa aveva Yoongi se lui era stato così idiota
da giocarsi quegli
ultimi momenti insieme con la bella idea di ubriacarsi e ricoprirsi di
ridicolo
compromettendo la sua salute e finendo bloccato a letto? Yoongi non
aveva
colpe, era lui che aveva complicato tutto con le sue stesse mani.
Lo
squillo di un
cellulare interruppe il discorso, con grande sollievo di Jimin, un
po’ meno di
Taehyung. Se lo estrasse dalla tasca con riluttanza, sapendo che non
sarebbe
probabilmente stato possibile riaprire con disinvoltura, come aveva
fatto ora,
l’argomento.
–
Pronto?... Si
certo, ricordo, nessun problema, si figuri… Ah
sì? D’accordo, a che ora?... Va
bene, perfetto. Grazie mille e buona serata.
–
Chi era?
–
Il tecnico del
riscaldamento, gli avevo dato il mio numero. Ha detto che il signor Sin
ha
acconsentito ai lavori, vengono qui a partire da dopodomani. Dovrebbero
volerci
circa quattro giorni perché dovranno lavorare su turni
brevi.
–
Sai, mi è venuta
un’idea prima Taehyungie. Visto che comunque ci
sarà tantissimo disordine in cucina,
perché non ne approfittiamo e pitturiamo le pareti come
abbiamo sempre voluto?
Potremmo farlo domenica insieme, che ne dici? È
l’unico giorno in cui ho tempo
e credo anche tu, no?
–
Si! Che bello, è
vero! Ne abbiamo parlato tante volte, in effetti questa potrebbe essere
l’occasione perfetta! – fece scorrere gli occhi
lungo le pareti bianche della
piccola cucina – Non ci saranno problemi con il padrone di
casa, vero?
–
No, perché
dovrebbero? Prima di andare via le dipingeremo di bianco di nuovo,
tante
persone lo fanno – Jimin sorrise – allora, deciso?
Domenica?
–
Domenica!
Domenica…
era il
giorno in cui Jimin avrebbe saputo se Yoongi sarebbe tornato o meno.
Così tante
volte si era chiesto cosa avrebbe fatto se il più grande
avesse deciso di
prolungare il suo soggiorno a Daegu, ma ogni volta si era poi
scrollato,
risoluto a non pensarci finché non fosse stata
più di un’ipotesi remota. Aveva
avuto una bella idea a proporre a Taehyung di trascorrere il pomeriggio
insieme
impegnati in questa attività. Lo avrebbe aiutato a distrarsi
da quella che
sarebbe potuta diventare un’orribile realtà.
16
gennaio 2017; h. 13:17
È
aperto, bene, pensò
Yoongi entrando nel piccolo negozio di libri. Aveva fatto una camminata
fino
alla piccola libreria che aveva visto in una delle passeggiate
lunghissime in
giro per Daegu che ormai erano diventate un’abitudine
nell’ultima settimana, ma
non vi era potuto entrare perché era sera ed era quindi
già chiuso. Il suo
aspetto però aveva incuriosito Yoongi, così
anacronistico nel suo stile primo
novecento europeo in quel quartiere moderno. Aveva perciò
deciso ora di provare
a tornarci, nonostante non fosse convinto di trovarlo aperto neppure
stavolta.
Si sa che le piccole attività spesso non fanno orario
continuato. Invece trovò
la porta aperta e l’acchiappasogni appeso sopra la porta gli
dette il benvenuto
con il suo tintinnio. Salutò con un cenno della testa
l’uomo di mezza età
seduto dietro il bancone della cassa e iniziò a rovistare
tra gli scaffali. Non
cercava qualcosa in particolare, voleva solamente una lettura
interessante che
lo aiutasse con la noia. Aveva troppo tempo libero e non sapeva davvero
cosa
farsene, ma d’altro canto non poteva chiamare o mandare
messaggi continuamente
a Hoseok né tantomeno chiedergli di andare a trovarlo anche
solo per un paio di
giorni. Nessuno dei suoi amici a Seul sapeva infatti la
verità, Hoseok
compreso. A tutti loro aveva detto che l’etichetta
discografica in cui era
praticante aveva bisogno di lui nella sede di Daegu, perché
lì si sarebbero
svolte delle attività che avevano piacere seguisse da vicino
così che potesse
imparare a gestirle. Aveva poi detto che la durata di questo soggiorno
sarebbe
stata di due settimane, ma senza esserne sicuro poiché
potevano sempre
verificarsi cambiamenti in corso d’opera. Tranne che sulla
durata del suo
viaggio e sul fatto che non fosse convinto della data di ritorno, su
tutto il
resto aveva mentito. Aveva tantissimo tempo libero ora
perché in realtà non era
tornato a Daegu su richiesta dell’etichetta discografica. Era
tornato a Daegu
solamente perché voleva allontanarsi da Seul velocemente
prima che potesse
combinare un disastro irreparabile, e al momento viveva nella sua casa
d’infanzia insieme ai genitori, in attesa che qualcosa, non
sapeva nemmeno lui
cosa, gli indicasse il cammino da intraprendere. Soprattutto, in attesa
che il
dolore passasse.
Yoongi
ci aveva provato.
Ci aveva davvero provato ad accettare l’idea di farsi da
parte. Aveva però ben
presto capito che non avrebbe potuto continuare a lungo ad avere Jimin
davanti
agli occhi. Glielo aveva fatto capire quello scatto d’ira e
gelosia, quando si
era rivolto al più piccolo in modo così freddo.
Non voleva ferirlo, e aveva
dovuto trovare il modo di sottrarsi a questo rischio. C’era
un’altra persona
inoltre che Yoongi non voleva ferire: sé stesso. Non solo
ferire Jimin lo
feriva a sua volta, ma anche il solo vederlo era per lui troppo
doloroso. Aveva
pensato di poter rimanere in un angolino in disparte, ma se
già il solo
pensiero di Jimin e Jungkook insieme gli faceva vedere rosso, non
riusciva
neppure a immaginare cosa avrebbe potuto provare a vederli
effettivamente
insieme. Era pericolosa, la situazione in cui si trovava. Yoongi voleva
allontanarsene perché non riusciva a immaginare come avrebbe
potuto evitare di
rimanerne del tutto distrutto se avesse continuato a starci in mezzo.
Era
sempre stato certo che Jimin amasse i loro momenti insieme, sapeva che
li
attendeva, e non riusciva a sopportare il pensiero che invece adesso
trovandosi
in sua compagnia il ragazzo pensasse al momento di ritornare da un
altro, magari
già mettendosi a pensare cosa avrebbero fatto a cena
o… dopo. La sua mente, come
sempre, volava, viaggiando a una velocità eccessiva che in
qualche modo andava
frenata. Quando si era accorto di sentirsi inghiottito completamente da
una
tromba d’aria di pensieri che non riusciva più a
controllare, si era convinto
che la decisione che aveva maturato pochi giorni prima fosse quella
giusta.
Andarsene prima che tutto degenerasse e l’onda
d’urto investisse non solo lui,
ma anche le persone attorno a lui. Aveva dunque chiesto un permesso di
quindici
giorni all’etichetta dove lavorava. Essendo un praticante, le
cose sarebbero
andate avanti anche senza di lui, senza contare che il periodo dopo le
vacanze
di Natale era sempre un tempo piuttosto morto ed infatti non aveva
avuto
problemi ad ottenerlo. Sapeva però che quello era il massimo
che potesse
chiedere, non gli avrebbero dato di più per il momento. Quei
quindici giorni
erano quindi fondamentali per lui, perché avrebbe dovuto
capire che cosa fare.
Sperava che la pausa potesse aiutarlo a fare chiarezza nella sua mente
e decidere
così, allo scadere delle due settimane, quale fosse la
scelta migliore.
Rimanere lì ancora, magari lasciando il lavoro e cercandone
un altro
provvisorio finché non si fosse sentito pronto a tornare a
Seul, oppure
immergersi di nuovo nei problemi della sua vita nella capitale. Al
momento la
prima soluzione gli sembrava quella più appetibile,
procrastinare,
possibilmente dimenticare. Ma non era nemmeno così ingenuo
da non rendersi
conto delle difficoltà legate a una tale scelta. Non era una
cosa da nulla
lasciare tutto all’improvviso e ristabilirsi a Daegu, anche
fosse stato solo
per qualche altro mese. Ecco perché sperava che in qualche
modo queste due
settimane potessero offrirgli una qualche illuminazione. In che modo,
non lo
sapeva ancora, ma ci sperava.
E
invece non stavano servendo, o almeno molto meno di ciò
che aveva creduto all’inizio. Erano passati già
dieci giorni dalla sua partenza
e mancava meno di una settimana prima che il tempo che gli era stato
concesso
dall’etichetta scadesse. Non poteva davvero dire di sentirsi
meno confuso.
Aveva creduto che scappando, isolandosi, creando un muro di silenzio
tra lui e
Jimin e ponendo chilometri di distanza tra loro sarebbe in qualche modo
riuscito a quietare la sua mente. Invece il dolore non stava andando da
nessuna
parte. Ciò che pensava riguardo a tutta la situazione quando
si era messo su
quel treno, riguardo alle sue colpe nel crearla, riguardo le sue
difficoltà
nello gestirla, era rimasto invariato. Continuava a stare male e
continuava a
non sapere come avrebbe potuto affrontare Jimin e il suo rapporto con
lui se
fosse mai rientrato a Seul. Le giornate passavano pigre, dormiva fino a
tardi,
scendeva per mangiare, cercava il più possibile di evitare
le domande dei
genitori. Forse davvero l’unica soluzione possibile era
rimanersene un altro
po’ a Daegu per ritrovare sé stesso e uscire da
tutta questa situazione. Era
evidente che non c’era modo di sfuggire al dolore e tornando
a Seul questo
sarebbe stato solamente amplificato. Eppure, mentre continuava a
ripetersi
questa cosa, un paio di sere prima, mentre si trovava su un ponte,
appoggiato a
braccia conserte al parapetto osservando il fiume sottostante, qualcosa
aveva
iniziato a disturbarlo. Ritrovare sé stesso, voleva
ritrovare sé stesso. Cosa
significava? Essere sé stesso voleva dire rimanere illeso da
tutto? Ritornare
alla condizione in cui era prima di arrivare a Seul? Far finta che
quegli anni
non fossero passati? Fingere di non aver mai conosciuto le persone che
gli
erano state vicine? Essere di nuovo una tabula rasa, come il giorno in
cui era
nato, quello significava essere sé stesso? Aveva sempre
creduto che sì, meno si
fosse fatto contagiare dagli avvenimenti del mondo più
sarebbe stato capace di
rimanere per la sua strada, e per far ciò aveva sempre,
anche senza rendersene
conto, sacrificato tante altre cose. Per la prima volta però
in tutta la sua
vita, adesso stava pensando di mettere in discussione questo suo principio.
Nonostante
avesse fatto del suo meglio per isolarsi in
quel periodo, scrivendo solo ogni tanto poche righe a Hoseok per
tenerlo
tranquillo e non attirare troppa attenzione, gli sembrava di non
riuscire come
al solito a staccarsi di dosso ciò che si era lasciato alle
spalle. Non un
giorno era passato senza che lui non avesse pensato non soltanto ad
Hoseok e
Jimin – non era stupito ovviamente di sentire la loro di
mancanza – ma anche ad
ognuno degli altri ragazzi. Mentre aiutava la madre a cucinare sentiva
nelle
orecchie la voce chiara di Jin. Quando rientrava a casa per qualche
assurdo motivo
si aspettava sempre di trovare Namjoon steso sul divano, a leggere un
libro o
ad ascoltare della musica. Quando vedeva il tramonto, con le sue luci e
i suoi
colori, non riusciva a non pensare a Taehyung, che sapeva amare i
tramonti e che
appena ne vedeva uno che lo emozionava particolarmente non perdeva
tempo a
scattargli una foto da aggiungere alla sua collezione. Perfino Jungkook
gli
veniva spesso in mente, quando passando in rassegna i canali televisivi
la sera
si imbatteva in un film che non aveva mai visto, ma sapeva essere
famoso e
immaginava come il più piccolo, con il suo solito modo un
po’ impertinente, lo
avrebbe preso in giro. Questi ragazzi continuavano ad essere con lui
tutto il
tempo e si sentiva senza scampo. Quando se ne era accorto si era
però anche
iniziato a chiedere che scampo ci fosse da trovare. Era davvero questo
da cui
doveva trarsi in salvo? Dai ricordi delle persone che avevano reso la
sua vita
a Seul più bella, più piena, più
sensata? Come poteva trattarli come se fossero
loro stessi il problema? Perché non erano loro il problema.
Non lo era Jimin,
non lo era Jungkook. Non lo è
nessuno
tranne che la mia fottuta paura di avvicinarmi alle persone e farle
avvicinare
a me. Se non fosse stato così chiuso,
così guardingo come sempre, forse si
sarebbe accorto prima dei suoi sentimenti per Jimin e forse avrebbe
anche
trovato il modo per farsi ricambiare dal ragazzo, aprendoglisi di
più,
lasciandogli uno spiraglio aperto. Era stato un comportamento stupido e
la cosa
che lo rendeva ancora più stupido era il fatto che si era
anche rivelato
inutile. In un modo o nell’altro, a un certo punto, non
soltanto Jimin, ma
anche ognuno di quei ragazzi gli era comunque entrato dentro. Erano
passati
sotto la sua corazza silenziosamente mentre lui credeva ancora di avere
le
redini del gioco in mano, di aver deciso di aprire la porta per farli
entrare
appena, ma essere ancora perfettamente in grado di scegliere quando
richiuderla. Era quello che credeva di fare partendo: chiuderla. Invece
no, non
aveva più nessun tipo di controllo, perché ormai
queste persone erano diventate
qualcosa di più di una semplice presenza nella sua vita a
cui lui dava il
permesso di rimanere. Avevano preso casa dentro di lui e avevano deciso
di non
andarsene. Questa cosa lo metteva incredibilmente in crisi,
perché sentiva
adesso di aver forse preso la scelta sbagliata a comprare quel dannato
biglietto. Aveva assecondato come sempre i suoi timori, credendo di
poter fare
ciò che aveva sempre fatto, mettere dei confini tra lui e il
resto del mondo,
ma si stava sempre più rendendo conto che in questo caso non
era possibile.
Come aveva potuto pensare che lo sarebbe stato? Come aveva potuto
trattare
Jimin come uno qualsiasi? Come poteva non averlo capito prima, che nel
suo caso
i suoi soliti stupidi metodi per difendersi non potevano funzionare?
Non era
una persona a cui poteva semplicemente voltare le spalle. Tutto ciò che aveva a Seul non
era qualcosa a cui poteva voltare le
spalle, perché se anche avesse provato a farlo sarebbe lo
stesso tornato a
prenderlo. Dunque se fosse tornato a prenderlo, continuando a
perseguitarlo per
sempre, e se il dolore era destinato a rimanere lì,
stanziato in lui come una
vedetta fin troppo solerte, che senso aveva a questo punto soffrire da
solo? Yoongi
in quel momento aveva pensato che se avesse dovuto continuare a star
male,
tanto valeva tornare a star male nel posto dove stava meglio.
Mentre
scorreva i titoli scritti sulle costine
impolverate dei libri si chiese se fosse il caso di mandare un
messaggio a
Namjoon per chiedere un consiglio, per poi rispondersi che no, non era
probabilmente il caso. Ecco di nuovo, il bisogno dei suoi amici. Come
quella
sera di due giorni prima in cui aveva finalmente realizzato tutto
ciò, ovvero
che nessuna distanza fisica sarebbe mai stata sufficiente a slegarlo da
queste
persone. Appoggiato al parapetto del ponte a un certo punto si era
sentito solo,
tanto solo, troppo. Di ciò che stava vivendo al momento, dei
suoi sentimenti
per Jimin, dei veri motivi per cui era voluto fuggire da Seul, non era
riuscito
a parlare neppure con il suo migliore amico e dunque adesso si stava
sentendo estremamente
isolato. E proprio in quel momento, con lo stomaco contratto e mentre
si
sentiva solo come non mai nella sua vita, i volti di tutti e sei i
ragazzi
avevano preso a sfilargli davanti agli occhi. E aveva sentito la morsa
della
solitudine allentare la sua presa. Li vedeva tutti chiari di fronte a
sé e
sembravano dirgli che solo non era, non lo sarebbe mai stato. Si era
sorpreso
perché aveva iniziato a comprendere che le stesse persone da
cui si stava
isolando volontariamente erano però anche le uniche che
avrebbero avuto il
potere di non farlo sentire solo. Perché lui non era solo,
quando li aveva
affianco. Adesso stava iniziando a capirlo e li voleva di nuovo vicino
a sé. Voleva
tornare dalla sua famiglia. Sì, a Min Yoongi la solitudine
andava bene. Gli
andava stretta a volte, ma la accettava come parte di sé
stesso. Questa era la
regola. Ma se c’era una regola doveva esserci
un’eccezione. Occorreva
un’eccezione. Questi ragazzi
erano la sua. Non poteva nascondersi da loro perché da
alcuni affetti
semplicemente non si può scappare. Non è giusto
scappare. E ciò che aveva fatto
non era giusto. Nei confronti di nessuno, né sé
stesso né loro. Aveva mentito,
li aveva abbandonati da un giorno all’altro. Come aveva
potuto? La sua vita era
cambiata grazie a questi ragazzi, tutto ciò che aveva
adesso, ciò che era
adesso, era anche merito loro. Aveva
pensato a tutto quello che ognuno aveva fatto per lui. Tutti
in un modo
o nell’altro lo avevano accolto, lui che era così
strano e così difficile da
gestire. Jin,
subito così disponibile e che non
aveva esitato ad offrirgli la sua stessa casa. Namjoon, che si era
subito
fidato di lui e anche se l’interesse artistico tra loro era
reciproco era stato
il primo a considerarlo davvero un amico, chiedendogli consigli e
mostrandogli
ciò che creava (cosa che Yoongi invece non aveva mai
ricambiato e un po’ di
senso di colpa aveva fatto capolino). Anche i più piccini,
Taehyung e Jungkook,
erano stati sempre e solo gentilissimi e pazienti con lui, e
pensò a come sarebbe
potuto essere uno hyung migliore per loro. Con Taehyung se la prendeva
sempre,
mentre Jungkook… chissà, forse se gli avesse
prestato più attenzione avrebbe
anche potuto comprendere meglio la situazione. Inutile
poi enumerare tutto ciò che Hoseok aveva fatto
per lui durante la sua vita. Inutile anche cercare di spiegare quanto
avesse
significato l’amicizia di Jimin, averlo accanto tutto quel
tempo, a sostenerlo,
supportarlo. Eppure, nonostante queste realizzazioni, nonostante Yoongi
avesse
capito di aver bisogno di tornare ad avere questi ragazzi nella sua
vita ciò
non lo aveva comunque aiutato a capire cosa avrebbe dovuto fare se
avesse mai
deciso di tornare a Seul. Va bene, la sua vita nella capitale gli
mancava, ma
come avrebbe potuto risolvere i problemi che vi aveva lasciato? Come
doveva
comportarsi nei confronti di Jimin? Non sapeva da che parte cominciare.
Avevano
un rapporto speciale che stava mandando in malora e anche una persona
chiusa e
introversa come lui si rendeva conto di quanto poco senso tutto
ciò avesse,
esattamente come non aveva senso escludere tutti gli altri ragazzi
dalla sua
vita. È vero, non voleva soffrire, ma come aveva
già capito la sua permanenza a
Daegu non stava aiutando a lenire il dolore quindi non era la
soluzione. Ma se
fosse tornato a Seul, a casa, quali passi avrebbe dovuto compiere per
stare
meglio? Come avrebbe potuto scappare dalla sofferenza che sapeva lo
aspettava?
Questa cosa gli faceva paura, andare ad affrontare consapevolmente
qualcosa che
sapeva lo avrebbe fatto star male. Oltre al fatto che non si fidava di
sé
stesso, continuava a temere di ferire Jimin se mai si fosse trovato in
uno dei
suoi momenti no. Dunque, come poteva fare ad evitare tutto
ciò? Soffrire, far
soffrire? Qual era la soluzione, quale era il passo giusto che gli
avrebbe
permesso di porre fine a quel dolore e sistemare la situazione? Andare
lontano
da Seul, come aveva visto, non lo era. Ma ignorare Jimin nemmeno.
Cambiare
città, girare il volto da un’altra
parte…
pensava sempre a come evitare qualcosa.
Possibile che l’unica cosa che fosse in grado di fare era
scappare? Possibile
che appena aveva paura si tirava indietro? Jimin meritava di
più. Molto di più.
Quello che avevano meritava di più. Spezzare quel legame
così dal nulla, fare
finta che non fosse mai esistito… Chi lo diceva che era la
cosa migliore per
Jimin? Chi gli dava il diritto di far questa scelta per lui? Seppure
mossa
dalle più buone intenzioni, questa sua fuga per quanto ne
sapeva poteva aver
fatto male a Jimin esattamente come le parole che gli aveva rivolto. In
effetti, in entrambi i casi, aveva trattato il ragazzo peggio di come
avrebbe
meritato. Non lo aveva salutato. Non gli aveva scritto. Jimin era parte
della
sua vita da anni e anche se lui aveva accettato l’idea che
forse non ne avrebbe
più fatto parte come prima, rimaneva il fatto che Yoongi era
parte a sua volta
della vita di Jimin. Lui non sapeva il posto che il ragazzo gli avrebbe
riservato, anche durante la sua relazione con Jungkook. La
verità era che con
questa fuga Yoongi non stava facendo un favore a nessun’altro
se non a sé
stesso. Stava solo assecondando il suo bisogno di fuggire e tornare al
sicuro.
Affrontare tutto, nonostante il dolore. Questo avrebbe dovuto fare. Era
la
terza via che ancora non aveva provato. Aveva cercato di far finta che
Jimin
non esistesse. Aveva cercato di far finta che la sua vita a Seul non
esistesse.
Inutile. Era tempo di scegliere l’opzione di cui era
più spaventato, quella che
forse lo avrebbe lasciato con più ammostature di tutte, ma
era l’unica che gli
avrebbe forse ridato il coraggio di guardarsi allo specchio sentendosi
in pace
con sé stesso.
Prendendo
un libro dalla copertina rossa e cercando di
concentrarsi sulla trama sbiadita, Yoongi sbuffò
leggermente. Erano un paio di
giorni ormai che faceva i conti con questi pensieri. Va bene, fuggire
per
sempre non era un’opzione, ma continuava lo stesso a sentirsi
paralizzato. Che
cosa avrebbe dovuto fare una volta tornato? Che cosa avrebbe dovuto
dire? Con
chi avrebbe dovuto parlare? Non sapeva da dove iniziare. Va bene, affrontare, ma in che modo esattamente?
Yoongi sentiva di non essere bravo nei rapporti interpersonali. Tutte
le
persone a cui era legato erano tali o perché avevano fatto
loro il primo passo
o perché semplicemente una serie di cause aveva portato alla
situazione
presente. Yoongi non aveva mai effettivamente lavorato per costruire
un’amicizia. Gli erano sempre andati incontro tutti. Un
movimento alla sua
destra lo colpì, come se fosse passata un’ombra di
corsa. Guardò in quella
direzione e vide che c’era un’altra piccola saletta
piena di libri. Per qualche
motivo se ne sentì incuriosito e volendo anche capire se
iniziava ad avere le
allucinazioni o meno, vi entrò passando attraverso la
piccola volta di pietra
che faceva da ingresso. Era effettivamente un’altra stanza
della libreria. Le
scaffalature giravano tutte in tondo ai tre lati della stanza e ce ne
era poi
un’altra proprio nel centro, a dividere l’intera
sala in due parti. A Yoongi
per qualche motivo vennero in mente le navate di una chiesa, forse per
via
dell’architettura, forse per l’aura di
sacralità che i luoghi pieni di libri
hanno per alcune persone. Notò nella parte sinistra della
sala due bambini che
si stavano dirigendo verso il fondo. Non aveva visto un fantasma, erano
loro
l’ombra che aveva attirato la sua attenzione. Yoongi
seguì il loro
trotterellare senza riuscire a trattenere un sorriso. Non avevano
probabilmente
più di quattro o cinque anni, i faccini paffuti e i
corpicini che ancora
avevano intatte tutte le rotondità dell’infanzia,
e sembravano ancora più
piccoli ai piedi degli alti scaffali pieni di libri. Si fermarono
proprio
nell’angolo più remoto, che collegava la
scaffalatura del muro sinistro a
quella appoggiata alla parete che dava dirimpetto a quella
dell’ingresso. Si
accoccolarono seduti lì e presero a confabulare. Yoongi
decise di non
disturbarli, ma era interessato a questa parte della libreria, dove i
volumi
sembravano essere ancora più vecchi. Per non dare
nell’occhio, si spostò in
punta di piedi nella parte destra e sempre cercando di fare il minor
rumore
possibile prese a camminare anche lui verso il fondo della sala,
protetto dalla
vista dei bambini dalla scaffalatura centrale. I bambini presero ad un
certo
punto a parlare leggermente più ad alta voce e i loro
discorsi giunsero così
alle orecchie di Yoongi:
–
Adesso io ti ho detto il mio segreto. Tu devi dimmi uno
tuo.
–
No, no, non posso.
–
Si, devi dimmelo. Se dici un segreto poi devi…
Pecché
tu devi dire quando io ti dico un segreto uno tuo di segreto.
–
Ma io non te lo voglio dire il mio segreto.
–
Allora non siamo più amicci.
–
Pecché? – Il bimbo che chiaramente non ci teneva a
condividere le sue informazioni più intime era
sull’orlo delle lacrime. Yoongi
non poté fare a meno di simpatizzare con lui –
Pecchè non siamo amicci?
–
Pecchè se io sono amico tuo dico il segreto a te e se
tu sei amico mio mi dici il tuo a me.
–
Va bene... ti dico mio segreto.
Mentre
i bambini riprendevano a confabulare di nuovo tra
loro, a Yoongi salì un groppo improvviso su per la gola. Con
gli occhi sbarrati
prese a fissare un punto a caso delle pagine che aveva aperto, le
lacrime
prossime ad uscire. Gli sembrò tutto sensato. Se
io sono tuo amico dico un segreto a te e tu ne dici uno a me.
Come
era potuto essere così stupido da non capire una cosa tanto
semplice? Non
bisognava essere esperti di amicizie o relazioni interpersonali o
psicologi di
fama mondiale per rendersi conto che ciò che doveva fare non
era nulla di
complicato. Il dialogo tra i due bimbi aveva risvegliato un ricordo in
Yoongi.
Gli aveva fatto tornare in mente la prima volta che aveva incontrato
Hoseok.
Quel
giorno uno Yoongi di sette anni si trovava come
spesso gli accadeva seduto in un angolino del cortile interno del suo
condominio, solo con le sue scarpette un po’ sporche, le sue
ginocchia
sbucciate, i suoi calzoncini corti. Era estate, faceva caldo e le
giornate
erano lunghe, per cui la mamma non aveva problemi a farlo rimanere
all’aperto
un po’ più a lungo. Il cortile poi era sicuro, non
c’era motivo di preoccuparsi.
Erano le sei e mezzo di sera, ma sembravano ancora le quattro di
pomeriggio e a
Yoongi questa cosa piaceva. Gli dava l’impressione di vivere
giornate infinite,
come se fosse in una favola. Era il motivo per cui amava
l’estate, era una
stagione magica per lui. Una leggera brezza ora si era levata e a lui
piaceva
stare lì ad assaporarla. Niente scuola, niente compiti,
nulla da fare. Poteva
dormire finché voleva. Si, l’estate era davvero un
periodo magico. Il furgone
non se ne era ancora andato. Parcheggiato in un angolo del cortile,
sembrava
non esserci mai fine a ciò che avrebbe sputato. Sedie,
tavoli, bauli. Yoongi
aveva seguito le manovre di quel trasloco fin dal giorno prima. Non
aveva molto
di meglio da fare, per cui erano due giorni che trascorreva a spiare
quello che
quegli uomini sudati in maglietta bianca e cappellino azzurro facevano
entrando
e uscendo dal grande camion. Aveva visto anche la famiglia che avrebbe
preso il
posto dei signori Choi. Era contento che finalmente se ne fossero
andati, a
Yoongi non erano mai piaciuti. Puzzavano entrambi e avevano un chiaro
odio nei
confronti dei bambini. Il nuovo nucleo familiare era invece composto da
madre,
padre, una figlia, un figlio. La bambina sembrava più grande
di lui, ma il
bambino probabilmente aveva più o meno la sua
età. Li aveva potuti osservare
poco però, i genitori evidentemente li tenevano in casa
mentre loro invece
indaffarati andavano avanti e indietro dall’appartamento, su
e giù per le
scale, dentro e fuori dal camion. Solo un attimo i loro sguardi si
erano
incrociati. Il giorno prima Yoongi stava risalendo con la mamma, dopo
essere
andato con lei a fare spesa. L’appartamento dove la nuova
famiglia si sarebbe
trasferita era nello stesso corridoio di quello della famiglia di
Yoongi, solo
tre porte a separare le due abitazioni. Camminando verso il portone di
casa
insieme alla mamma Yoongi era rimasto un attimo indietro, quando
passando
davanti all’appartamento della nuova famiglia aveva trovato
la porta aperta.
Aveva dato una sbirciata, preso dalla curiosità come tutti i
bambini. I suoi
occhi ne avevano incrociato un altro paio, che subito si era illuminato
e il
visetto ovale del bimbo di fronte a lui si era aperto in un sorriso.
Yoongi si
era spaventato, non credeva di trovare qualcuno, e timido
com’era non aveva
nemmeno ricambiato il sorriso ed era corso ad aggrapparsi alla gamba
della
mamma. Si era poi voltato, per vedere se il bimbo lo stesse seguendo,
ma no,
non lo aveva fatto, Probabilmente, esattamente come lui, aveva il
divieto di
uscire di casa. Oggi però si sentiva più
coraggioso, e ripensando all’episodio
si sentiva un pochino in colpa. Quel bambino era stato così
carino e lui non
aveva nemmeno salutato. Forse ormai non avrebbe più voluto
giocare con lui,
come già era capitato con tanti altri bambini. Perso a
guardare il cielo della
sera, aveva ad un certo punto sentito uno scalpiccio di passi nel
vialetto. Il
bimbo era lì. Camminava mano per mano alla mamma, cercando
di tenere il ritmo
nella maniera migliore che i suoi piccoli passi gli permettevano, e
nell’altra
mano teneva un piccolo mazzolino di fiori molto belli. Yoongi si
accorse che lo
aveva visto, lo vide dire qualcosa alla madre e vide lei accennare un
sì con un
sorriso. Le loro mani si staccarono e il bambino si mise a correre
verso di
lui, fermandoglisi davanti. Aveva il viso gentile e delicato,
carnagione
olivastra, più scura della sua, e corporatura esile.
Indossava un paio di
calzoncini rossi, con un paio di macchie qua e là
– forse erano stati nella
campagna vicina, Yoongi aveva visto solo il marito occuparsi di parlare
con i
signori con il berretto azzurro – e una cannottierina nera.
Yoongi lo guardò e
il bambino tenne il suo sguardo, fissandolo con occhi dolci e morbidi.
Sorrise
di nuovo e senza dire niente prese due fiorellini dal suo mazzo e
glieli porse.
Yoongi non capiva il perché di quel gesto, ma quella
condivisione così
spontanea lo aveva colpito. Tese la manina e prese i fiori da quella
dell’altro
bimbo.
–
Mi chiamo Hoseok. Questi sono i due più bei fiorellini
– disse guardandolo sempre sorridente.
–
Yoongi – anche lui aveva fatto un piccolo sorriso, ma
più timido, perché ancora si sentiva un
po’ in imbarazzo per quella gentilezza gratuita
– Grazie del regalo.
Hoseok
aveva scrollato le piccole spalle e sorriso ancora
di più. Yoongi era rimasto affascinato dalla sua
spontaneità, dal modo in cui
per lui sembrava essere facile andare da un bambino che non conosceva e
dargli
dei fiori. Yoongi non aveva molti amici, era troppo timido e troppo
chiuso, non
giocava quasi mai con nessuno. Non poterono dirsi molto di
più quel pomeriggio
perché la mamma di Hoseok lo chiamò,
riprendendogli la manina e guidandolo per
le scale verso il loro nuovo appartamento. Era stato un paio di giorni
dopo che
Yoongi lo aveva incontrato di nuovo, nel parco dietro casa, quello dove
tutti i
bimbi del quartiere andavano per giocare. Era anche quello un luogo
sicuro, e
le mamme si mettevano d’accordo a turno per controllare i
bambini. Yoongi si
trovava come sempre sull’altalena, unico gioco che gli
permettesse di rimanere
abbastanza per conto suo, quando vide arrivare Hoseok. Lo riconobbe
subito e il
suo primo istinto fu quello di andare a salutarlo. Ma poi si
bloccò subito. Si
vergognava, meglio fare finta di non averlo visto continuando a
dondolarsi.
Continuò a darsi spinte con i piedi su e giù
senza nel frattempo staccare mai
gli occhi da Hoseok. Si soprese quando vide che sembrava aver
difficoltà ad
avvicinarsi agli altri bimbi nel parco. Il suo visino non trasmetteva
la
serenità della sera in cui gli aveva regalato i fiori, ma
piuttosto
insicurezza. Aveva cercato a un certo punto di mettersi a giocare con
altri
bambini, ma loro si conoscevano tutti a vicenda e quindi dopo un
po’ lui era rimasto
escluso. Yoongi era a quel punto sceso dall’altalena. Aveva
camminato a passo
svelto e aveva in breve coperto la distanza tra lui e Hoseok. Il
bambino era di
schiena e per attirare la sua attenzione invece che chiamarlo lo prese
per una
mano. Hoseok si girò subito di scatto e appena lo riconobbe
Yoongi vide tornare
sul suo volto la stessa luce che vi aveva visto due sere prima.
–
C’è un bel posto qui, ma nessuno lo conosce. Se
vieni
con me ti faccio vedere. Ma devi promettere che non lo dici a nessuno,
è il mio
posto segreto.
Hoseok
aveva annuito e promesso, e Yoongi lo aveva così
portato con sé tenendolo per mano nel suo rifugio segreto,
il luogo dove andava
a nascondersi quando era triste, pensieroso o semplicemente voleva
starsene da
solo. Non lo aveva mai mostrato a nessuno, ma Hoseok era stato
così carino a
condividere con lui quel mazzetto di bellissimi fiori e lo aveva fatto
così
senza motivo che Yoongi aveva sentito il bisogno di ricambiare in
qualche modo.
Voleva condividere anche lui qualcosa di proprio e questa era stata
l’occasione
perfetta.
Si
asciugò le lacrime. Tutto era chiaro adesso.
La
relazione più importante che avesse mai avuto era
quella con Hoseok. Era stata anzi l’unica relazione davvero
fondamentale per
lui fino a quel momento. Il discorso, così ingenuo ma vero,
dei due bambini gli
aveva fatto ricordare un dettaglio importante. È vero,
durante la sua vita, era
stato quasi sempre Hoseok tra i due ad essere quello più
paziente, più
tollerante, più estroverso e forse aveva fatto per Yoongi
molto più di quanto
Yoongi non sentisse di aver fatto per lui. Però se la loro
amicizia aveva avuto
modo di mettere radici non era stato solamente grazie
all’estroversione di
Hoseok o dei passi che aveva continuamente fatto nella sua direzione.
La loro
amicizia era sbocciata perché aveva fatto lui stesso un
passo in avanti, e ciò
che aveva fatto dopo avergli preso la mano era stato il vero punto di
svolta:
aveva condiviso qualcosa di proprio. Era questa la differenza che
c’era tra il
rapporto che Yoongi aveva con Hoseok rispetto alle altre persone,
rispetto
anche agli altri ragazzi. A Hoseok aveva dato subito un pezzo di
sé. Se io sono tuo amico dico un
segreto a te e
tu ne dici uno a me. La reciprocità. Erano quelle
le basi fondamentali per
costruire un rapporto saldo e duraturo con un’altra persona.
E anche se poteva
essere spaventosa l’idea di mostrarsi a qualcun altro era
anche l’unico modo per
creare fiducia e complicità. Yoongi ripensò
all’altra relazione che si era
adesso reso conto essere fondamentale per lui, quella con Jimin. Era
così
diversa da quella con Hoseok, ma allo stesso tempo così
simile. Anche ciò che
aveva avuto con Jimin era non a caso nato nel momento in cui lui stesso
si era
aperto. Jimin esattamente come Hoseok tanti anni prima gli si era
avvicinato
per primo, ma lui, esattamente come aveva fatto con Hoseok, non solo
non lo
aveva allontanato, ma gli si era anche aperto, e questo non lo aveva
fatto
davvero con nessun’altro. Tornò un attimo
all’origine del suo interesse per Jimin.
Il ragazzo lo aveva subito messo a conoscenza di determinati fatti su
di sé per
poi dirgli esplicitamente ciò che pensava della sua musica.
Yoongi ricordò la
sensazione di piacere che gli era nata nel petto all’idea di
poter mostrare ciò
che aveva da dare senza aver paura di giudicato. Era proprio questa
sensazione
che lo aveva spinto ad invitare il ragazzo a passare il tempo con lui
ed
aiutarlo. Aver condiviso una parte importantissima della sua vita con
Jimin…
solo adesso si rendeva davvero conto di che ruolo fondamentale e
prezioso
avesse giocato nella costruzione del loro rapporto. Condiviso. La
chiave era
lì. Se da Jimin e da ciò che c’era
stato tra di loro non poteva scappare, se l’unico
modo per uscire da questo dolore era affrontare la situazione di petto,
avrebbe
provato ad uscirne così, lottando per continuare ad avere
almeno la sua
amicizia. Ma per far ciò doveva esporsi di più.
Doveva fare con Jimin ciò che
aveva fatto con Hoseok. Ciò che aveva già una
volta fatto con Jimin stesso. Sarebbe
ripartito da lì. Forse non avrebbe funzionato, forse Jimin
gli avrebbe chiuso
la porta in faccia, ma era una scelta che avrebbe lasciato a lui. Lui,
Min Yoongi,
per una volta nella sua vita non sarebbe stato il primo a voltare le
spalle per
scappare dal dolore, ma avrebbe provato ad affrontarlo a testa alta.
Non poteva
vivere senza Jimin esattamente come non avrebbe potuto vivere senza
Hoseok. E
ora che ci pensava senza nessuno dei ragazzi. Meritavano anche loro
qualcosa di
più dei suoi malumori e delle sue stranezze.
Comprò un paio di libri in quel
negozio, e venne a sapere che i bimbi erano il nipote del proprietario
e un suo
amichetto. Yoongi lanciò uno sguardo affettuoso in direzione
della saletta
laterale e uscì dal negozio, tanta gratitudine nel cuore.
Tornò a casa, accese
il computer e comprò un biglietto del treno. Sarebbe tornato
a Seul.
Note
dell’autrice:
Questo
capitolo forse è un casino? Avrei dovuto farlo
più lineare, ma pur avendo provato
fino alla fine a renderlo più chiaro non ci sono riuscita.
Quando si tratta di
Yoongi so sempre cosa pensa, ma non riesco mai a spiegarlo come vorrei.
Il
nostro Yoongi elabora come sempre un milione di cose e nel corso delle
sue
tortuose riflessioni giunge finalmente a due conclusioni. La prima
è che non
può scappare per sempre. Soffre e si sente solo, ma si rende
conto che
l’essersi isolato lo ha fatto sentire ancora peggio. Ha
bisogno dei cinque
ragazzi nella sua vita e soprattutto ha bisogno di Jimin e visto che la
fuga
non si è rivelata una soluzione per porre fine al suo
dolore, ha capito una
cosa arrivando alla seconda conclusione: deve affrontare il tutto e
l’unico
modo per farlo è cercare di salvare il rapporto che ha con
Jimin. Come?
Semplicemente facendo ciò che ha già fatto quando
si è trattato di fare
amicizia con Hoseok e rifare ciò aveva, inconsapevolmente,
fatto anche
all’inizio della sua relazione con Jimin. Yoongi deve
imparare ad aprirsi di
più, perché può essere doloroso, ma
può anche portare tanta gioia. Il chiudersi
d’altronde lo ha portato fin qui, quindi perché a
questo punto non scommettere
su una strada diversa?
Questo
è fondamentalmente ciò che accade nella mente di
Yoongi, detto in modo molto sbrigativo, ben più sbrigativo
delle dieci e più pagine
con cui ho cercato di farlo capire nel capitolo ahah Questa era la
parte ce mi
premeva di più far leggere. Il capitolo X si era concluso in
quel modo così
drammatico, con Yoongi che scappa da Seul, solo perché poi
avevo in mente di
smorzare l’angst già dal capitolo successivo,
mostrando subito il suo ripensamento.
Ma mi dilungo sempre e dunque si è dovuto aspettare di
più, mi dispiace.
La parte
iniziale mostra invece Jimin e Taehyung.
Esploriamo meglio ciò che il primo pensa e scopriamo che
inizia a recuperare
frammenti di memoria che potrebbero essere importanti. Vediamo il
secondo
tentare di raccogliere particolari in più e soprattutto fare
domande un tantino
più mirate. Jimin ricorderà di più?
Taehyung inizierà a far più luce su tutto
ciò che sta accadendo? Cosa farà Yoongi una volta
tornato a Seul? Qualcosa
inizierà a muoversi un pochino di più? Varie
domande che verranno affrontate
nei prossimi capitoli, continuate a seguire per favore ~ Non sono
sicura se il prossimo capitolo uscirà mercoledì
perché potrebbero esserci cause
di forza maggiore che mi impediranno di pubblicarlo quel giorno, ma
intorno a
giovedì/venerdì dovrei riuscire. Alla peggio
posto domenica, quindi comunque
l’attesa non sarà più lunga di una
settimana ^-^
Sperando che
questo capitolo sia stato di vostro
gradimento e non eccessivamente confuso, vi saluto per il momento,
ringraziando
sempre per aver letto fino a qui ♥♥
Alla prossima,
baci Elle ~
|
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Capitolo 15 *** Capitolo XII ***
CAPITOLO
XII
Cosí visitai ciascuno dei
miei amici a
turno, cercando con dita brancolanti di forzare i
loro scrigni chiusi. Andai dall'uno all'altro porgendo il mio dolore
– no, non
il mio dolore, ma la natura incomprensibile di questa nostra vita
– alla loro
attenzione. C'è chi si rivolge ai preti, chi alla poesia; io
ai miei amici, al
mio cuore, a cercare tra le frasi e i frammenti qualcosa di intatto
[…]
(Virginia Woolf, Le
Onde)
17
gennaio 2107
Mentre
pigiava con il
dito il bottone del campanello, Taehyung ancora non sapeva come
sentirsi
riguardo a ciò che stava facendo. Il suo cuore ospitava
diverse emozioni, molti
dubbi e una gran voglia di aggiustare le cose. Il problema era che
forse non
tutti sarebbero stati d’accordo con la sua idea di
“aggiustare”.
La sera prima era finalmente riuscito a far
parlare Jimin e anche se il ragazzo non si era sbottonato
più di tanto alcuni
dettagli di ciò che aveva detto, così come anche
il suo linguaggio corporeo,
avevano colpito Taehyung. Erano stati sufficienti non per avere una
visione
completa degli eventi, ma almeno farlo avvicinare un po’ di
più. Il seme del
dubbio riguardo una questione precisa gli era stato instillato da
un’affermazione
fatta da Jungkook il pomeriggio prima, mentre si confrontavano sulla
situazione
di Jimin. “Cosa
può essere avvenuto nel frattempo che lo ha sconvolto
così? È stato
letteralmente sempre con noi”.
Quel
“è stato letteralmente sempre con noi”
aveva fatto scattare qualcosa in
Taehyung e era partito a velocità fulminea con una serie di
associazioni di
pensiero. Aveva pensato a lui e Jungkook, così vicini a
Jimin, a come fosse un
bene che lo avessero sott’occhio e questo lo aveva a sua
volta guidato verso un
altro pensiero, ovvero quello delle persone con cui Jimin era
normalmente
solito trascorrere più tempo. Il nome di Yoongi gli era
venuto in mente nello
stesso momento in cui si era chiesto se non fosse proprio il fatto di
essere
rimasto solo con loro a rappresentare il problema. Dov’era
Yoongi? I due
ragazzi si parlavano? Diverse domande si erano presentate, ma Taehyung
aveva
deciso di non condividerle con Jungkook prima di averci capito di
più. Quando
poi aveva trovato il mixtape nel lettore cd di Jimin ancora
più dubbi erano
spuntati fuori. Perché proprio adesso, in questo periodo
così strano per lui, l’amico
aveva tirato fuori questo cd? Poteva essere legato alla partenza
dell’altro
ragazzo? Ecco dunque il motivo per cui a cena aveva cercato di
introdurre il
discorso Yoongi. Voleva capire come e fino a che punto i ragazzi
fossero in
contatto, cosa si dicessero e in generale vedere come Jimin avrebbe
reagito al
nome dell’amico. Ciò che aveva scoperto non gli
era piaciuto neanche un po’: i
due non si parlavano da più di dieci giorni. Taehyung sapeva
che la cosa non
poteva essere normale, ma purtroppo la conversazione era stata
bruscamente interrotta
dalla telefonata del tecnico e dunque non aveva potuto indagare meglio,
volendo
evitare di affrontare Jimin troppo di petto. Quel piccolo indizio
tuttavia gli
era bastato per decidere quale sarebbe dovuta essere la mossa
successiva.
Parlare con Hoseok-hyung.
Aveva
bisogno di sapere anche la parte di Yoongi in tutto questo e sapeva che
non
c’era altra persona a cui si sarebbe potuto rivolgere.
Inoltre, il ragazzo era
stato l’unico con cui Taehyung già si fosse un
po’ aperto in precedenza, per
cui sapeva che quando avrebbe introdotto l’argomento Hoseok
non sarebbe caduto
dalle nuvole. Sperava davvero di ottenere qualche informazione, ma al
contempo
era dubbioso sulla decisione che aveva preso. Si sentiva nel mezzo di
due
fuochi. Da un lato, la felicità del suo migliore amico, che
era per lui
esattamente come un fratello. Dall’altro, la
felicità di un altro dei suoi
migliori amici, il quale però era anche la persona che
Taheyung amava. L’ultima
cosa che avrebbe voluto fare nella vita era compiere qualsiasi atto che
potesse
recare dolore al ragazzo e anche se non sapeva bene il
perché capiva che ciò
che stava per fare avrebbe potuto prendere una piega che di sicuro
Jungkook non
avrebbe apprezzato. Tuttavia
ciò che aveva
comunicato la sera di capodanno a Hoseok era vero, lui voleva solamente
che
Jungkook fosse felice e non poteva fare a meno di sentire che non era
Jimin ciò
di cui aveva realmente bisogno. Chi era però lui per fare di
questi pensieri?
Si sentiva in colpa quando ragionava in questo modo, perché
temeva di essere
troppo coinvolto e non riuscire davvero a valutare con
obiettività la
situazione. Era quindi combattuto, come se non sapesse dalla parte di
quale dei
due amici stare. Questo
caso però era
incredibilmente delicato e la salute di Jimin troppo importante. Al
momento
stava evidentemente male e lui aveva il dovere di fare qualcosa in
proposito. C’erano
insomma moltissimi dubbi, domande, incertezze, che turbavano la mente
di Taehyung
quando si presentò alla porta del piccolo appartamento di
Hoseok e Junkook. Il
più giovane non c’era, sapeva che avrebbe fatto
pranzo con Jimin e poi sarebbe
dovuto tornare in università. Anche Hoseok sarebbe dovuto
essere fuori per
pranzo, ma Taehyung lo aveva chiamato facendogli capire a grandi linee
di cosa
volesse trattare e convincendolo sull’importanza di non
rimandare.
–
Tae-tae!
–
Hobi-hyung! – Taehyung gli saltò al collo e fu
grato che anche a Hoseok il
contatto fisico non solo non dispiacesse, ma anzi, lo utilizzasse come
lui come
metodo principale per esprimere il proprio affetto. Era diverso tempo
che non
lo vedeva e gli era mancato.
–
Taehyungie mi fai male! – gli disse Hoseok ridendo e dandogli
un pizzicotto sul
fianco. Taheyung si staccò da lui ridendo a sua volta e
spiegando il perché della
sua reazione.
–
Lo
so, mi chiedo come tu abbia fatto a starmi lontano così a
lungo. Sei l’unico
che non ho più visto.
–
Lo
so scusami davvero – era dispiaciuto sul serio – ma
sai, tra Jimin malato prima,
le lezioni poi…
–
Lo
so, lo so, non devi scusarti. Scusa se la cucina è un
po’ in disordine, sia io
che Jungkookie siamo spesso via ultimamente e c’è
poco tempo per pulire – Radunò
diverse cose dal tavolo e le spostò sul divano. Si rese poi
conto che forse
Taehyung sarebbe stato più comodo lì e entrambi
ci si sarebbero potuti mettere
a sedere per cui le spostò di nuovo, rimettendole sul
tavolo. Continuò a non essere
convinto e alla fine buttò tutto come meglio poté
su un paio di sedie. Finita
questa macchinosa operazione sorrise a Taehyung che ricambiò
subito – Ci
possiamo sistemare tutti e due sul divano, la sedia è
più scomoda, che dici?
Taehyung
fu d’accordo, e si alzò dalla sedia per sistemarsi
sul divanetto rosso, seguito
da Hoseok.
–
Jungkookie è con Jiminie giusto?
–
Si. Si vedono per pranzo per questo ho pensato fosse il momento
migliore per
chiederti di parlare. Mi dispiace che tu abbia dovuto cancellare i tuoi
impegni
per me. Solo che… non so a chi altro chiedere hyung
– Taehyung guardò Hoseok
con un’espressione mortificata e abbattuta e Hoseok gli
pizzicò una guancia.
–
Taehyungie, sono qui per te. Il mondo non crollerà se per un
giorno salto delle
prove, tu sei più importante – gli fece un sorriso
di incoraggiamento, facendo
apparire le piccole fossette ai lati delle labbra – Di cosa
volevi parlare?
Taehyung
fece un respiro profondo e iniziò a spiegare il motivo per
cui voleva vederlo.
Cercò di essere il più chiaro e dettagliato
possibile cercando nel contempo di non
perdersi troppo poiché sapeva che spesso quando parlava
troppo correva il
rischio di risultare dispersivo e confusionario. Parlò
tenendo lo sguardo per
lo più fisso sulle mani che teneva in grembo, per cercare di
concentrarsi e non
dimenticare tutto quello che voleva dire. Ogni tanto sollevava gli
occhi su
Hoseok che, con un’espressione seria in viso, gli faceva un
cenno della testa
come per dire ci sono, continua.
Taehyung iniziò il suo discorso partendo dal fatto
più recente, gli incubi di
Jimin, spiegando a Hoseok come si ripetessero ogni notte e di come
l’evasività
di Jimin lo avesse fatto insospettire. Gli raccontò della
frase di Jungkook e
di come la scoperta del mixtape lo aveva spinto a cercare di sapere che
rapporti intercorressero ora tra Jimin e Yoongi. Infine gli
parlò della
conversazione della sera precedente e di ciò che ne aveva
tirato fuori.
–
Dunque a quanto ho capito Yoongi-hyung non si è fatto
sentire mai dal due
gennaio e la cosa è un po’… strana?
Passano sempre tanto tempo insieme, che
cosa è successo adesso? Tra l’altro Jiminie era un
po’ che non sentiva quel
mixtape, ne sono sicuro, non è una coincidenza strana che
l’abbia tirato fuori
di nuovo proprio ora che sono tanti giorni che non parla con
Yoongi-hyung? Mi
ricordo che Yoongi alla villa sembrava davvero nervoso, non lo
so… non lo so se
c’entra qualcosa ma… credi potrebbero aver
litigato? Tu senti Yoongi-hyung,
magari lui ti ha detto qualcosa? Aah, non so cosa sto dicendo
hyung… Non so
nemmeno cosa pretendo da te dopo una spiegazione simile.
–
No
Taehyungie – Hoseok non aveva voluto interrompere il
più piccolo per tutto il
tempo che aveva parlato perché sapeva che la cosa migliore
sarebbe stata farlo finire,
ma adesso si sentì costretto a intervenire –
Non hai detto cose insensate, ho capito perfettamente
tutto. Ci sono
altri dettagli, particolari che mi devi ancora dire?
Taehyung
ci pensò un po’ su poi rispose:
– No, credo sia tutto.
–
Ok, allora ora ti
rispondo. Innanzitutto, ho
avuto anche io ultimamente l’impressione che qualcosa di
strano ci sia
nell’aria, ed esattamente come te non so spiegarmi bene da
dove provenga. In
realtà credo sia un’impressione che abbiamo un
po’ tutti, anche se non ce lo
siamo detti… Sono contento che tu ne voglia parlare. Mi
dispiace molto per
Jiminie, e hai fatto bene a dirmelo. Sai… –
un’espressione amara gli si dipinse
sul viso – l’ho visto molto strano anche io
ultimamente, ma non mi parla in
molto. Mi sento come te, convinto che qualcosa stia accadendo, ma
incapace di
spiegare cosa me lo faccia dire. È come se la mia
presenza… non lo so, sembra
quasi che gli dia fastidio.
Taehyung
non poté fare a meno di ripensare alla risposta di Jimin
quando lui gli aveva
proposto di esercitarsi in settimana con Hoseok. Il più
grande riprese, dopo
aver piegato le gambe e poggiato il mento sulle ginocchia:
–
Però adesso questo atteggiamento si potrebbe spiegare con la
stanchezza e il
nervosismo causati dal non riuscire a riposarsi adeguatamente la notte.
Ad ogni
modo, non fa nulla come tratta me, qui l’importante
è capire cosa c’è che non
va e il tuo collegamento a Yoongiah… beh, potrebbe essere
meno insensato di
quanto tu creda, Tae. La mattina del primo dell’anno,
così come i giorni
successivi, Yoongi è stato effettivamente strano,
chiaramente qualcosa non
andava. Ha cercato di farmi credere che fossero solo pensieri
passeggeri,
riflessioni sull’anno passato credo mi abbia detto, ma no, io
sono sicuro che
ci fosse qualcosa di più dietro
perché… beh quello non era lo Yoongi pensieroso
che conosco io. Non lo era davvero. Doveva esserci
dell’altro, ma purtroppo non
sono riuscito a scoprire cosa. Anche ora che è a
Daegu… Non darà notizie di sé
a Jiminie, ma non credere che con me parli molto di più.
Immagino sarà
occupato, ma mi fa davvero sapere il minimo indispensabile. Ripeto, non
ci sono
prove concrete o schiaccianti che Yoongi abbia un problema, ma in
quanto suo
migliore amico la mia sensazione è proprio quella. Se tu hai
la stessa con
Jiminie, se addirittura anche Kookie ha notato qualcosa…
Taehyungie, non
possiamo essere tutti visionari, no?
Si
guardarono negli occhi, espressioni incredibilmente serie sui loro
volti
solitamente allegri:
–
No, hyung, direi proprio di no.
****
18
gennaio 2017
Questa
era la parte uno del piano A. Tra tutti e sette i ragazzi probabilmente
Taehyung e Hoseok erano proprio gli ultimi che ci si sarebbe mai
aspettati nei
panni di abili strateghi, ma così stavano le cose. Dopo
essere rimasti a
parlare per diverse ore, erano giunti alla conclusione che ormai fare
finta di
niente era inutile e bisognava dare il via a un qualche piano di
azione. In
primo luogo, era indispensabile che tutti fossero sulla stessa pagina.
Per
questo preciso motivo adesso Hoseok si trovava su
quell’ascensore che lo
avrebbe portato al quinto piano. Trovò la porta
d’ingresso aperta e dopo aver
lasciato l’ombrello bagnato fuori entrò. Ogni
volta che rimetteva piede in
questa casa doveva ricordarsi che non era più la sua.
L’istinto, dopo più di un
anno, era ancora quello di andare dritto in direzione della sua camera,
quella
che adesso era di Namjoon. Andò invece prima in cucina, per
vedere se ci fosse
qualcuno. Vuota. Attraversò il salone, iniziando a
slacciarsi nel frattempo i
bottoni del cappotto lungo, e andò nel corridoio dove si
trovavano le porte
delle varie stanze. Eccola qui, alla sinistra di quella di Yoongi, di
fronte a
quella di Jin. Le stanze erano più o meno tutte della stessa
grandezza, ma per
evitare qualsiasi tipo di problema lui, Yoongi e Jin avevano deciso di
tirare a
sorte quelle che ognuno avrebbe occupato. Hoseok era stato contento
della sua.
Era piuttosto calda, più di quella di Yoongi, e amava il
fatto che nel muro su
un lato ci fosse una piccola rientranza. Ci aveva sistemato due morbidi
pouf e
un tavolinetto molto basso e gli piaceva quando aveva tempo, quindi
soprattutto
la domenica, rannicchiarcisi steso con una coperta addosso e mettersi a
leggere
tranquillo. Adesso Namjoon ci aveva messo un paio di attrezzature per
la
creazione di musica e dunque la magia di quel piccolo angolo era
svanita.
Ovviamente, non si era fatto problemi ad informare Namjoon di questo
suo
parere.
–
Posso entrare? – disse bussando sulla porta che
però era solo socchiusa. Gli
giunse un mormorio dall’interno che prese come
d’assenso – Joonie?
–
Si, sono qui – rispose il ragazzo senza sollevare gli occhi
dal libro. Era a
sedere sul letto e si era sistemato un paio di cuscini dietro la
schiena per
tenersi su. Aveva una piccola coperta viola che gli copriva le gambe ed
indossava una delle sue solite tenute per casa: una tuta nera, dei
calzini
grigi, gli occhiali inforcati. Soprattutto questi ultimi erano il
segnale che
oggi probabilmente non sarebbe più uscito di casa. Hoseok si
fece strada lungo
il pavimento accidentato di ostacoli – pile di libri e
fumetti, piccole isole
di vestiti, confezioni vuote di patatine, fogli sparsi, e altri oggetti
non
meglio identificabili – e lasciò il cappotto e la
sciarpa sulla sedia vicino
alla scrivania. Di nuovo a fatica riuscì a raggiungere il
letto matrimoniale di
Namjoon e vi ci si lascò cadere sopra, disteso, facendo
rimbalzare il
materasso. Namjoon sobbalzò con lui:
–
Scusa, Hoseokah, ma chi ti ha dato il permesso di salire sul mio letto?
Preferirei che tu non lo facessi.
Hoseok
si tirò su in ginocchio e sorridendo maliziosamente si
avvicinò a Namjoon, il
quale lo guardò con occhi spalancati pieni di terrore:
–
Qual è il problema? Temi di non riuscire a resistermi?
–
Non mi metto a vomitare solo perché questa camera
è già abbastanza sporca di
suo – rispose Namjoon scuotendo la testa e chiudendo il
libro, chiaramente
capendo che la pacchia era finita. Hoseok tornò serio e
glielo prese di mano:
–
Cosa leggi? – dette un’occhiata al titolo e
sgranò gli occhi – Ancora??
–
Lo
sapevo che non dovevo tirarlo fuori quando venivi tu – disse
Namjoon sollevando
lo sguardo al cielo.
–
Ma
Joonie sul serio, 1Q84?
È uscito
quasi dieci anni fa!
–
Nemmeno otto, ad essere precisi – Namjoon tolse il pesante
libro dalle grinfie
dell’amico e lo appoggiò sul comodino. Il volume
cadde a terra con un tonfo
sordo un secondo dopo, il comodino era troppo pieno e il ragazzo lo
aveva
dovuto mettere troppo in bilico – Non ho mai avuto tempo, ok?
Lo sai che ho
sempre mille libri in lista.
Hoseok
annuì. Monitorarsi le letture a vicenda e scambiarsi idee
sui libri che
leggevano non era infrequente per lui e Namjoon. Forse non proprio ai
livelli
dell’amico, ma anche Hoseok era un avido lettore e cercava
sempre di tenersi al
passo con le ultime novità, soprattutto quando si trattava
dei suoi autori
preferiti. La letteratura era un qualcosa che aveva sempre amato ed era
felice
di essere circondato da persone che su questo punto gli fossero affini.
Namjoon
macinava libri come una macchina, ma anche Jin e Yoongi sapevano il
fatto loro.
A differenza di Yoongi e Namjoon però, né lui
né Jin erano particolarmente
attratti dai manga. Hoseok vedeva in compenso numerosi anime e questo
era
spesso fonte di biasimo da parte di Namjoon il quale non si capacitava
del come
una persona potesse decidere così serenamente di ignorare il
prodotto
originale. Almeno Jin non guardava neppure anime, lo aveva dovuto
convincere
lui ogni tanto a vederne qualcuno, per cui poteva trovare in lui una
coerenza,
ma quella di Hoseok era invece una scelta consapevole. Ciò
nonostante, pur
sapendo che l’amico aveva solo una visione parziale della
storia visto che era
sempre all’oscuro della versione cartacea, a Namjoon piaceva
– non lo avrebbe
mai confessato – commentare le puntate dei suoi anime
preferiti con Hoseok. Il
ragazzo, andava riconosciuto, seguiva tutto con un’energia
contagiosa e Namjoon
si divertiva un sacco – di nuovo, non lo avrebbe mai ammesso
– a vedere quanto
intensamente Hoseok venisse risucchiato dalla trama e il modo vivo e
sincero in
cui si preoccupava dei personaggi e ciò che poteva accadere
loro. Dava insomma
soddisfazione parlare con lui. Gli dava sicuramente più
soddisfazione di Jin,
il quale lo assecondava, ma era evidente, tranne in rarissimi casi come
i film
dello Studio Ghibli, che non riusciva ad apprezzarli quanto lui, e gli
dava
anche più soddisfazione di Yoongi, che pur apprezzandoli non
era certamente il
tipo da esprimere il proprio coinvolgimento con toni entusiasti.
Namjoon
invece, nonostante la sua apparente serietà, era in
realtà un bambino troppo
cresciuto, pronto a battere le mani davanti a ciò che gli
dava gioia o saltare
sul posto per la contentezza. Non se lo sarebbero mai detto, ma la
verità era
che Hoseok e Namjoon si trovavano benissimo insieme e erano anche molto
più
simili di quanto a ognuno dei due sarebbe mai piaciuto ammettere. Forse
per
questo motivo Hoseok aveva detto a Taehyung che, prima ancora che a
Jin,
avrebbe avuto piacere a parlare con Namjoon. Il ragazzo sembrava troppo
spesso
sempre l’ultimo a sapere le cose e questo a Hoseok non
piaceva. Il motivo
ufficiale annunciabile al mondo però era “dobbiamo
assolutamente metterlo al corrente della situazione prima che faccia
uno dei
suoi soliti danni”.
–
Jin-hyung?
Credevo fosse con te.
–
È
fuori a fare un paio di commissioni, credo mi abbia detto che forse si
sarebbe
anche incontrato con qualche vecchio amico, qualcuno che io non
conosco. Siamo
due persone separate, sai?
–
Ok
ok, scusa – disse Hoseok sollevando gli occhi al cielo, ma
sorridendo – Beh,
questo ti sembra il modo di ricevere ospiti però? Sai di
avere visite e te ne
torni in camera a fare tranquillamente gli affari tuoi? Povero Jin, se
sapesse
che sei così maleducato sotto il suo stesso tetto...
–
Ancora con questa storia che sei un ospite? Hoseokah,
davvero… – non poté non
lasciarsi sfuggire un risolino – Come devo fare con te?
– lo guardò di
traverso, con un ghigno in faccia prima di dirgli: – Che cosa
mi volevi dire di
tanto urgente?
–
È
importante davvero Joonie. Riguarda tutti noi. Cioè non
esattamente, ma in
qualche modo si. Ho già parlato con Taehyungie che ha
parlato con Jungkookie –
si fermò per cercare di cogliere ciò che Namjoon
stava pensando. Aveva assunto
un viso concentrato e la luce di scherno che di solito illuminava i
suoi occhi quando
Hoseok parlava era del tutto scomparsa. Namjoon sapeva ascoltare.
Sapeva
ascoltare benissimo, e anche se non lo si sarebbe detto era in
realtà una
persona estremamente delicata e sensibile. A volte era effettivamente
lento a
capire alcune cose, e sicuramente si faceva scappare qualche parola di
troppo,
ma nel momento in cui qualcuno dei suoi amici aveva bisogno, si sarebbe
volentieri tagliato un braccio intero pur di aiutarlo. Il suo problema
era solo
essere troppo distratto – non riusciva davvero mai a
concentrarsi su più di uno
stimolo per volta – ma quando rivolgeva la sua attenzione a
qualcosa era la
persona ideale con cui parlare. Sapeva quando annuire, quando fare una
domanda,
quando rimanere solo in silenzio e quando invece intervenire. Namjoon
non era
uno di quei nerd aridi bravi solo tra i banchi di scuola, ma incapaci
di
rapportarsi con il mondo esterno. Aveva un cuore grande, era una
persona
gentile e teneva davvero alle persone intorno a lui e questo traspariva
completamente in momenti come questi. Hoseok era felice di avergli dato
fiducia
e essere andato da lui prima di Jin e era convinto che anche Namjoon lo
avrebbe
apprezzato.
–
Non so se tu o Jin-hyung avete avuto un’impressione
simile… Ultimamente non ti
pare che ci sia qualcosa di strano nell’aria? Ripensando
magari ai primi giorni
dell’anno?
–
Mmh beh, sì, sicuramente quei giorni lì furono un
po’ pesanti, ricordo di
averlo anche fatto presente a un certo punto a Jinah. Poi
però siamo stati
presi dallo spettacolo e poi partiti, è successo
dell’altro?
–
Taehyungie mi ha detto che Jiminie non sta bene.
–
Jiminie?? Perché? Che cosa ha fatto? – Namjoon si
era portato di scatto a
sedere ancora più dritto sul letto, gli occhi quasi sgranati.
–
Durante il tempo in cui voi siete stati via… Anzi, ad essere
precisi dal giorno
dopo il nostro spettacolo, tutte le notti ha degli incubi terribili che
lo
fanno svegliare in lacrime e il fatto che poi non ne voglia mai parlare
ha
insospettito Taehyungie. Io stesso l’ho visto stanco e molto
strano e Tae mi ha
confermato che sia lui che Kookie si sono accorti della stessa cosa
– si morse
un attimo il labbro e continuò – Il punto
è che io nel frattempo ho notato
comportamenti che mi hanno messo una certa ansia anche in Yoongi. Tu ha-
–
Si, Jiminie l’ho potuto tenere meno d’occhio, ma
Yoongi-hyung si – Namjoon si
affrettò subito a mettere in chiaro questo punto, ovvero che
anche lui si era
accorto del comportamento di Yoongi. L’istinto di mostrare
all’altro che anche
lui fosse amico stretto di Yoongi e in quanto tale lo capisse e sapesse
cose su
di lui non si era ancora sedato del tutto in Namjoon. La stima e il
rispetto
che aveva per il più grande erano incredibili e fin dal
primo secondo in cui si
erano parlati si era sentito attratto da lui, sia da un punto di vista
artistico che anche personale. Quando poi aveva inquadrato meglio il
carattere
di Yoongi si era sentito ancora più felice
all’idea di essere l’unico
nell’intera facoltà a poterlo definire suo amico.
I due ragazzi parlavano
spesso, di tante cose e Yoongi non era certamente chiuso né
schivo nei
confronti di Namjoon, la loro intesa era reale. Tuttavia, il
più piccolo
sentiva comunque che l’unica persona con cui Yoongi si
confidava davvero era
Hoseok e all’inizio della loro amicizia era stato piuttosto
geloso del legame
tra i due, pur non avendo mai incontrato di persona il ragazzo. Yoongi
ne
parlava spesso, e Namjoon non poteva fare a meno di pensare a quanto
gli
sarebbe piaciuto averlo conosciuto per primo. Era una persona
così complessa e
lui avrebbe voluto saperne di più, ma aveva capito presto
che non avrebbe mai
potuto andare anche solo lontanamente vicino al posto che Hoseok
occupava nel suo
cuore. Il motivo per cui i primi tempi, dopo aver iniziato a lavorare
per la
compagnia teatrale e aver finalmente avuto modo di incontrarlo, aveva
cercato
di approfondire la conoscenza di Hoseok era stato proprio questo,
cercare di
capire meglio Yoongi studiando il suo migliore amico. Tra
l’altro Hoseok
sembrava essersi attirato fin da subito, da ben prima che lo
incontrasse lui,
anche l’affetto del ragazzo di cui adesso si stava
innamorando e dunque ancora
di più ciò aveva spinto Namjoon a cercare di
capire cosa fosse in Hoseok ad
attirare così tanto le persone. Non ci mise molto a
scoprirlo, e contrariamente
a quanto lui stesso si sarebbe aspettato, entrò anche lui
ben presto a far
parte del sistema solare di Hoseok. Era impossibile non andarci
d’accordo e
soprattutto non volergli bene. Tuttavia le tracce dell’antica
gelosia
riaffioravano spesso nelle continue frecciatine che gli mandava e in
modo
ancora più evidente in momenti come questo –
Durante i giorni alla villa l’ho
visto particolarmente fuori di sé anche io, non è
che non lo conosca, sai.
Anche tutta quella attenzione per il nostro spettacolo… non
era normale.
Hoseok
si sentì arrossire:
–
Mmh, sì, ma quello magari non c’entra.
–
Non c’entra? Che ne sai?
–
Sì,
potrebbe, ma ci sono anche altre cose.
–
Appunto, anche, e questa ne è una.
–
Va
bene, ok! Possiamo procedere??
–
Hoseokah, sei tu che vuoi una mano per capire cosa ha fatto
Yoongi-hyung! Che
dovrei fare se non ragionare con te ad alta voce?!
Hoseok
chiuse gli occhi e fece un respiro. Namjoon sembrava sconvolto dal modo
in cui
si stava impuntando su un dettaglio del genere e lui dovette ricordarsi
che
l’amico non sapeva nulla del vero motivo per cui Yoongi si
era messo a seguire
lo spettacolo da vicino.
–
Hai ragione – disse calmandosi e adottando un tono
più ragionevole – Ha fatto
diverse cose strane ultimamente. Il punto è che non ho idea
del perché.
Parlando con Tae però abbiamo messo insieme dei pezzi e beh,
non ne siamo
sicuri, ma alcuni potrebbero coincidere – una delle gambe
sopra cui era seduto
iniziava ad addormentarsi per cui cambiò posizione e riprese
– La mattina del
primo dell’anno, quando ho trovato Yoongi…
cioè quando ho notato che era
strano, beh, era uno strano-strano, capisci che intendo?
–
Temo di no.
Hoseok
scosse la testa:
–
Voglio dire che non era uno strano normale, alla Yoongiah. Era uno
strano più
strano.
–
Si, questo… lo hai detto?
–
Insomma, era strano davvero e io mi sono preoccupato un po’,
anche se ho
cercato di non darlo a vedere. Poi la sera è avvenuta una
cosa che mi ha messo
ancora più in ansia. Ricordi quando tutti noi a giro siamo
andati a trovare
Jiminie in camera? Non so nemmeno se dovrei dirlo, ma… Beh,
credo non possa
nuocere: Yoongiah quella sera mi chiese espressamente di mentire a
Jimin e
riferirgli che lui si era addormentato presto e dunque non poteva
andare a
salutarlo. Ma non era addormentato Joonie, era sveglio come non mai.
–
Davvero ti ha detto una cosa del genere?
–
Si, davvero. Già lì mi è sembrata una
richiesta così assurda, ma onestamente
l’ho collegata al suo malumore più che al non
voler vedere Jimin in sé per sé.
–
E
cosa ti ha fatto cambiare idea?
–
Due cose. Parto dalla prima, che è anche quella di cui sono
meno fiero. Quando
l’ho accompagnato alla stazione due venerdì fa a
un certo punto gli ho
controllato il telefono e ho visto che non aveva avvisato Jiminie della
sua
partenza. È vero che ha dato l’annuncio a tutti
noi, ma loro sono così legati,
non pare un po’ anomalo anche a te che non gli abbia detto
assolutamente nulla?
– Namjoon sollevò le sopracciglia come a dire di
sì – Ma anche in quel caso, non
ci ho pensato su troppo, cioè di nuovo credevo fosse a causa
dei suoi sbalzi di
umore. Ero preoccupato, questo sì, ma cercavo la causa del
suo malessere
continuando a credere che il suo comportamento con Jiminie ne fosse una
conseguenza. Ma poi, e questa è la seconda cosa, Taehyungie
mi ha detto che non
ha mai nemmeno una volta scritto a Jiminie durante questi dieci giorni,
neppure
per chiedere come stesse, dopo una febbre del genere poi. Questo mi ha
dato
molto da pensare, soprattutto unito a un altro fatto riferitomi da Tae:
pare
che Jiminie abbia tirato fuori il mixtape che Yoongiah gli
regalò lo scorso
Natale e se lo tiene spesso con sé. Anche stamattina Tae mi
ha mandato un
messaggio per dirmi che stanotte si è addormentato
ascoltandolo e poi ha
portato il lettore cd con sé quando è uscito per
andare in accademia. Dunque io
mi chiedo Namjoonie… ti prego dimostrami la tua tanto
decantata ma mai da me
pervenuta intelligenza per una volta – vide l’amico
alzare gli occhi al cielo,
ma senza scomporsi – Credi che a questo punto la situazione
con Jiminie
potrebbe essere invece che la conseguenza la causa delle stranezze di
Yoongi?
Insomma, se i due avessero litigato diverse cose potrebbero spiegarsi,
no?
Hoseok
terminò il suo discorso e aspettò Namjoon. Il
ragazzo si prese un minuto buono
per pensare e infine parlò:
–
Dunque… In teoria si, certamente nel caso in cui avessero
litigato è possibile
che adesso ci stiano male entrambi, avrebbe senso pensarlo.
L’unica cosa che mi
chiedo è quando avrebbero dovuto litigare? Si sono visti un
giorno e tutto
andava bene, poi il giorno dopo dovevano vedersi di nuovo, ma non
è accaduto,
quindi quando… aspetta! Forse Yoongi-hyung è
ancora offeso per quell’episodio?
Vuole delle scuse? Ricordo che era piuttosto innervosito a riguardo.
–
Mmh forse, ma… Il tutto deve comunque essere peggiorato dopo
la notte della
festa, perché Jimin prima di quel giorno non aveva avuto
brutti sogni e Yoongi
non era sicuramente di quell’umore tremendo. Magari
c’è stato un confronto la
sera?
–
Lo
escludo – disse sicuro Namjoon – Jimin è
stato sempre con qualcuno quella
notte. E se non sbaglio… nella lista non c’era
Yoongi.
–
Vero, non sbagli. Lo ha proprio evitato accuratamente se vuoi un mio
parere,
per questo poi io sono rimasto sempre con lui. Avevo
l’impressione che fosse
Jiminie in realtà ad avercela con Yoongi…
– si portò le ginocchia al mento
cingendole con le braccia e portando le labbra in fuori – Mmh…
Però se così fosse cadrebbe la tua
ipotesi secondo la quale è Yoongi ad essere innervosito con
Jiminie. D’altro
canto, se gli avesse fatto una tirata tra l’ultima volta che
si sono visti e
l’inizio della festa potrebbe avere più senso che
Jimin si sia risentito.
–
Ma
quando gliel’avrebbe dovuta fare? Jiminie è andato
a dormire e poi il giorno
della festa è stato sempre con Jungkookie. Hai detto che
Yoongi non gli ha
scritto, no? Per cui se si sono parlati deve essere stato per telefono.
Quando?
Mentre andava da Jungkook? Ma io ero in casa quella mattina e non mi
pare che
Yoongi-hyung abbia fatto telefonate accaldate.
–
Aaaaah Joonieeee!! È un disastro, non ci capisco niente!
Comunque la mettiamo
non sembra esserci una spiegazione! – si gettò
supino sul letto, scoraggiato –
Forse le due cose non sono connesse e noi ci siamo del tutto arenati.
–
No
Hoseokah, io credo che un qualche collegamento potrebbe esserci.
È davvero una
coincidenza strana che tutto questo sia iniziato proprio quel giorno in
cui
Jiminie ha dato buca a Yoongiah.
–
Mmmmmh…. Ma non sono mai stai da soli così da
poter litigare – disse Hoseok con
voce lamentosa.
–
Ascolta,
io e Jin a un certo punto durante la festa siamo andati a-
cioè, ci siamo
dovuti, insom-
–
Joonie, risparmiami i dettagli scabrosi perché li ho capiti
e vai al punto.
–
Il
punto è che io non ho visto cosa abbia fatto Jiminie tutta
la sera, né Yoongi-hyung.
Tu sei stato sempre, sempre con lui? È che sai, a volte
l’alcol non aiuta a
mantenere la calma e magari Yoongi già era un po’
stranito e quindi a un certo
punto potrebbe essere andato a confrontarsi con Jiminie.
–
Beh, però io sono rimasto sempre con lu- no, aspetta. A un
certo punto in
effetti se non sbaglio me ne sono andato per ballare e l’ho
perso di vista. Ma
credo mi abbia detto che era andato a dormire…
però anche mi avesse mentito,
non so cosa abbia fatto Jiminie, cioè se sia rimasto solo o
no. Forse dovrei
chiedere a Taehyungie… – si drizzò a
sedere e guardò Namjoon con sguardo
mortificato – La verità Joonie è che io
non ricordo molto bene i dettagli di
quella serata, diciamo che non ero… lucido.
Namjoon
sospirò:
–
Lo
so, nessuno di noi lo era in realtà.
–
Non avrei dovuto perdere Yoongi di vista.
–
Non siamo i loro baby-sitter Hobi, tu non hai nessuna colpa –
gli disse
dandogli un pizzicotto di conforto sulla guancia per accorgersi poi con
terrore
di cosa avesse fatto.
Hoseok
e Namjoon parlarono ancora un po’ quel pomeriggio e alla fine
Namjoon anche
convenne che comunque se avevano una possibilità di
risolvere questa questione,
la scelta più sicura era scommettere su un problema creatosi
fra Jimin e
Yoongi. Jin li trovò così, a confabulare sul
letto e dopo aver fatto un
commento sul fatto che di tutti i posti in cui avrebbe pensato di
trovare
Hoseok il letto di Namjoon era senz’altro l’ultimo,
ma “come vedo le persone ti
sorprendono sempre”, si unì a loro sul
lettone e fu reso partecipe di tutto. Avere Jin a bordo era la parte
due del
piano A. Dopo aver ascoltato le riflessioni dei ragazzi Jin
risultò essere
della stessa opinione. C’erano probabilmente ancora dei
dettagli che non
sapevano, ma qualcosa tra Jimin e Yoongi doveva per forza essere
successo.
Sebbene nessuno avesse mai esplicitamente pensato che fra i due potesse
esserci
qualcosa di più, tutti avevano comunque notato il legame che
avevano. L’idea
che però potessero provare dei sentimenti più
profondi l’uno per l’altro non
era mai stata considerata. Ognuno dei ragazzi aveva con
l’altro un rapporto
particolare e non era strano per nessuno che alcuni trascorressero
tanto tempo
insieme. L’unico interesse chiaro come il sole era quello di
Jungkook per
Jimin. Jin lo aveva notato quasi fin da subito e più aveva
conosciuto il
ragazzo più piccolo, più se ne era convinto.
Adesso, parlando con gli altri
due, non sapeva bene perché ma questa cosa gli
tornò in mente:
–
Jiminie ha dato buca a Yoongiah e poi il giorno dopo ha passato tutta
la
mattinata con Jungkookie, vero? Non potrebbe anche questo averlo
infastidito?
Insomma, Jiminie sarebbe benissimo potuto andare da lui per recuperare
la sera
precedente e invece non lo ha fatto, ha accettato l’invito di
Kookie.
–
Quale invito? – dissero quasi in coro Namjoon e Hoseok.
–
Seguitemi. Diamo per scontato che Jiminie e Yoongiah non abbiano
litigato la
sera in cui Jiminie gli ha dato buca, giusto? Non si sono visti, stando
a
quanto ha visto Hoseokie non si sono mandati messaggi infuocati e
novanta per
cento non si sono nemmeno sentiti per telefono, soprattutto non quella
stessa
sera. Yoongiah il giorno dopo a tavola sembrava avere solo le
informazioni
fornitegli da Jiminie nel suo ultimo messaggio. Insomma, non sembrava
davvero
che ci avesse parlato o che la cosa avesse avuto ulteriori sviluppi.
Dunque, –
Jin guardò il suo ragazzo con aria di sfida, come a dire
“guarda chi è la mente
adesso” – probabilmente la scelta di Jiminie di
andare con Kookie è stata fatta
a prescindere dalla situazione con Yoongiah. Ma lui stava male, dunque
non
credo che avrebbe rinunciato al suo posto in auto con noi onestamente,
non di
sua iniziativa almeno. Cosa può averlo spinto a
ciò, se non è stato un litigio
con Yoongi? – alzò il dito indice –
Jungkookie lo ha invitato ad uscire. È
andata così, sono convinto – concluse il suo
discorso con un sorriso
soddisfatto e strizzò un occhio ai due ragazzi.
–
Beh… – Hoseok fu il primo a parlare –
Certo non sarebbe poi così strano.
Taehyungie mi ha detto che adesso lo invita tutti i giorni a fare
qualcosa e
Jiminie accetta. Ma insomma l’iniziativa parte da Kookie.
Anche ieri erano a
pranzo insieme ad esempio.
–
Quindi adesso che Yoongiah non c’è Jiminie sta
passando tutti i giorni con
Kookie? Ma ascolta il mixtape la notte? – la voce di Jin si
era fatta
leggermente più accaldata e Namjoon accorgendosene
inclinò la testa da un lato.
–
Jin, che cosa vuoi dire?
–
Nulla, è solo che… insomma, Jiminie
avrà capito qualcosa immagino, no? Non
starà passando giornate intere con Kookie senza avere la ben
che minima idea
del perché quel povero ragazzo lo stia invitando fuori con
lui? Non lo so, non…
– sospirò e disse a voce più bassa
– Non mi va che Kookie ci rimanga scottato.
–
Ma
perché, credi ci sia il rischio?
–
Non lo so Joonie, è solo una sensazione che ho.
–
Ormai viviamo di quelle – disse Hoseok portando gli occhi al
soffitto – Quindi
Jin-hyung tu credi che Kookie si sia fatto avanti in modo
più esplicito con Jiminie?
–
Beh,
di certo è visibile da lontano mille miglia che Kookie sia
preso da Jiminie,
esattamente fino a che punto si sia spinto però non lo so
davvero. Mi sarebbe
sempre piaciuto parlargli ogni tanto in proposito ma… Temo
di aver pensato un
po’ troppe volte che la soluzione migliore fosse non parlare
– Namjoon e Hoseok
capirono fin troppo bene il significato di queste parole –
Comunque, era
organizzata bene come cosa. Lui e Jiminie sul tram così da
poter stare insieme.
Mi sembra una soluzione logica se si vuol cercare di passare del tempo
con la
persona di cui si è innamorati.
–
Si
ma Yoongi in che modo entra in ciò?
–
Beh,
non sono sicuro al cento per cento in effetti – disse Jin
ridendo leggermente –
Però… pensavo che magari potesse essersi
infastidito?
–
Ma
Jin-hyung, anche Yoongi si fosse infastidito si torna al punto di
partenza. È Jiminie
che lo ha ignorato tutta la sera, non il contrario.
–
Lo
so, l’ho notato anche io, ma-
Namjoon
interruppe Jin rispondendo ad Hoseok per lui:
–
Ma
Jiminie potrebbe averlo ignorato semplicemente perché ha
preferito stare con
Kookie. Yoongi ci è rimasto male, si è sentito
escluso e si è offeso. E adesso
che come conseguenza di ciò ha interrotto i suoi contatti
con Jiminie, Jiminie
ci sta male perché si è pentito di come lo ha
trattato! Ma certo! Così potrebbe
avere senso!
–
Esattamente Namjoonie. Le cose potrebbero proprio stare
così.
Hoseok
era piuttosto stupito. In effetti non aveva ancora pensato in questa
occasione
precisa ad inserire Jungkook nell’equazione, ma ora che Jin
lo aveva fatto gli
sembrava tutto incredibilmente sensato. Però se davvero la
reazione così
drastica di Yoongi era dovuta all’avvicinamento di Jimin a
Jungkook, se davvero
avessero accettato questa come l’ipotesi più
probabile, ciò poteva significare
solo che Yoongi era…
–
…geloso – mormorò – Dunque
Jin-hyung, tu credi che Yoongiah sia… geloso di
Kookie e Jiminie?
–
Onestamente? Si. Non so che tipo di gelosia sia, ma una delle sue
varietà,
certamente. Sarebbe una cosa così strana?
No,
a
Hoseok non sembrava strano e non se ne sarebbe meravigliato se avesse
saputo
che così stavano effettivamente le cose. Gli sarebbe solo
dispiaciuto non
essere riuscito a capirlo prima.
****
Hoseok
uscì dal palazzo del 503 leggermente più leggero.
Sapeva che averne parlato con
tutti quanti rappresentava forse solo un primo passo, ma sicuramente il
più
importante. Era sorpreso dal modo in cui ogni ragazzo con cui avesse
parlato
fosse stato in grado di dare il suo personale contributo condividendo
impressioni e aggiungendo dettagli non colti da altri. La situazione
che
stavano vivendo poteva essere la stessa, ma occorrevano gli occhi di
tutti per
coglierla nella sua completezza e Hoseok si chiese perché
non lo avessero
capito prima. Comunque, meglio tardi che mai. Prese il telefono per
telefonare
a Taehyung e informarlo su ciò di cui aveva discusso con Jin
e Namjoon e le
conclusioni a cui erano arrivati. Anche la parte tre del piano A era
stata
portata a termine: far ideare a Jin e Namjoon un vero piano. Hoseok
avrebbe
informato Taehyung anche di questo, pur sapendo che una parte
probabilmente non
gli sarebbe piaciuta. Se però l’ipotesi di
Jin-hyung era corretta, come ormai
tutti credevano fosse, era indispensabile che le operazioni venissero
portate
avanti nel modo in cui avevano deciso. Spiegò tutto per bene
all’altro e capì
dal tono della sua risposta che sebbene stesse accettando a malincuore
ciò che
avrebbe dovuto fare non si sarebbe tirato indietro.
–
Voglio davvero che tutto si risolva per il meglio. Sono entrambi due
testoni.
Yoongi-hyung poi lasciamo stare… non lo pieghi nemmeno a
pagarlo oro.
–
E
Jiminie non fa passi avanti perché ha sempre troppa paura
– rispose Hoseok. Pur
non vedendosi l’un l’altro, sorrisero nello stesso
momento. Era inutile che si
insultassero i migliori amici a vicenda, li avrebbero difesi fino alla
morte ma
sapevano che avevano entrambi le loro colpe.
–
Hyung ascolta… – Taehyung raccolse coraggio per
formulare la domanda. Temeva
che parlando dell’eventualità essa si sarebbe
potuta avverare, ma doveva anche
sapere – Cosa facciamo se Yoongi-hyung decidesse di rimanere
a Daegu? Aveva
detto di non essere sicuro sul quanto sarebbe stato via…
–
In
quel caso si attiva il piano B. Taehyungie, hai la mia parola
d’onore: se
Yoongiah non si presenta qui fra quattro giorni entro la mezzanotte in
punto io
salgo sul primo treno per Daegu e lo vado a prendere per i capelli.
Non
fu necessario. Quella sera stessa Namjoon mandò un messaggio
concitato a Hoseok
avvisandolo del ritorno inaspettato di Yoongi. “Ero
sul divano, ho visto la porta aprirsi e me lo sono ritrovato davanti,
mi ha salutato e poi se ne è andato in camera sua come se
niente fosse”,
recitava una parte del messaggio. Velocemente, come in una catena di
montaggio,
una serie di altri messaggi tra Hoseok, Namjoon, Jin e Taehyung fece
irruzione
nell’etere e sancì l’accordo sul cambio
di programma: l’operazione sarebbe stata
anticipata e invece che la settimana successiva come programmato le si
sarebbe
dato il via quel venerdì stesso.
Note
dell’autrice:
Hello, hello, bentornati ~ Ce l’ho fatta a postare! Il
capitolo è
nettamente breve in contrasto alla doppia razione della scorsa
settimana, ma
quella era una parte un po’ speciale. Qui abbiamo invece
oltre che molte meno
pagine anche molto meno flusso di coscienza e molti più
fatti. Diciamo che è un
capitolo essenzialmente di passaggio che occorreva, a livello di trama,
per fare
andare avanti l’azione. Ho inserito davvero tanto dialogo,
cosa che di solito
non faccio, ma volevo provare a spingermi un po’ fuori dalla
mia comfort zone.
Nonostante
il capitolo sia
piuttosto lineare e usato prima di tutto per far scorrere la trama io
credo che
ci siano comunque altri motivi che lo rendono importante. Nello
scriverlo ho sì
pensato a come utilizzarlo per far progredire l’intreccio, ma
dall’altro lato
ho voluto anche prenderlo come un’occasione per mostrare
alcune cose che
altrimenti forse non avrebbero trovato spazio. Innanzitutto, credo sia
stato un
capitolo importante per capire, direttamente dalle voci dei ragazzi,
esattamente che cosa ognuno di loro stia recependo di tutta questa
vicenda. Nei
capitoli precedenti ci sono solo state allusioni al fatto che un
po’ tutti
avessero colto qualcosa, ma poi non c’era mai stato il modo
di andare più nel
dettaglio di ciò che ognuno pensa. Invece è
importante perché la domanda
ovviamente sorge spontanea: “ma tutti gli altri che
pensano??”. In secondo
luogo, ho preso questo capitolo come occasione per soffermarmi un
po’ di più su
interazioni tra personaggi che non abbiamo visto troppo in precedenza e
dare un
maggiore rilievo a altre relazioni oltre quelle principali. Mi piaceva
l’idea
di far vedere la discussione tra Hoseok e Taehyung, la cura del
più grande nei
confronti del più piccolo e la chiara fiducia di Taehyungie
nei confronti di
Hopi e poi passare invece al rapporto tra Joonie e Hoseok,
così diverso, ma
ugualmente intenso: più paritario, più
conflittuale all’esterno, molto profondo
nella realtà. Ho poi inserito quella piccola digressione sul
rapporto di
Namjoon con Yoongi e ne sono stata contenta (tra l’altro
bravo il nostro
Yoongi, così scorbutico ma così conteso, mentre
il povero Hoseokie che è così
solare e adorabile dovrebbe iniziare a portarsi dietro qualcosa contro
l’invidia ahah). Ci tenevo a mostrare per una volta Namjoon
per conto proprio e
approfondire un po’ di più il suo personaggio,
perché poverino per il momento è
sempre stato descritto come un “pacchetto unico”
insieme a Jin quando sono
comunque due persone diverse. Si amano sì, stanno insieme
ok, ma dovrebbero
avere anche una loro personale identità. Purtroppo per
motivi di trama non
posso approfondire tutti i personaggi allo stesso modo, ma si fa quel
che si
può.
Nel
prossimo capitolo scopriremo
meglio che cosa hanno pensato di fare i ragazzi per sbloccare questa
situazione, e soprattutto se i lor sforzi avranno un risultato positivo
o meno.
Yoongi intanto come potete vedere è tornato. Non ci sono
state tragedie durante
il viaggio in treno, né ha cambiato idea
all’ultimo. È a Seul, è al 503,
è
finalmente di nuovo alla portata di Jimin. vedremo adesso come si
evolverà il
tutto. Voi attendete pazienti per favore ~
Ci
si vede la prossima settimana,
sempre se sopravvivo alle varie performance e apparizioni che avranno
luogo in questa di settimana, prevedo un overflowing di contenuti e soprattutto HQ
pics ed
ovviamente non è detto che il mio cuore ce la faccia :)
Baci,
Elle ♥
|
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Capitolo 16 *** Capitolo XIII ***
CAPITOLO
XIII
“E
credi che la tua gentilezza mi ha
indotto ad amarti più profondamente di quanto farei
se
meritassi il tuo amore, e sebbene non
potrei, e non posso fare a meno di mostrarti la mia natura,
me
ne rammarico e me ne pento; e me ne
pentirò e rammaricherò fino alla morte.”
(Emily Brontë,
Cime
Tempestose)
20
gennaio 2107
“Un’altra ondata di maltempo è
prevista su Seul e zone limitrofe durante
il fine settimana. Dopo le intense piogge di inizio settimana, alla
pausa degli
ultimi due giorni seguirà un nuovo abbassamento delle
temperature e si avranno
forti nevicate tra i giorni di sabato e domen-”
Yoongi
cambiò canale.
Il meteo gli interessava fino ad un certo punto. Nessun disastro
naturale era
stato annunciato e questo gli bastava, il resto era ciò che
c’è da aspettarsi
da un normale inverno. Comunque, lui non sarebbe dovuto andare da
nessuna parte
durante il fine settimana per cui la cosa non lo avrebbe riguardato in
ogni
caso. Prese un sorso dalla tisana allo zenzero che stava bevendo e si
sistemò
meglio tra i cuscini del divano. Non stava facendo nulla di particolare
al
momento e come i giorni precedenti si stava semplicemente godendo
l’ozio da cui
sarebbe stato costretto ad uscire dalla settimana successiva. Eppure,
si
sentiva appagato. Era contento di essere tornato a Seul, era contento
di
trovarsi adesso in questa casa, in questa sala, su questo divano. Era
anche
contento di non aver rinunciato ai giorni che gli erano stati concessi
dall’etichetta. Non se ne sarebbe potuti permettere
più per un bel po’, lo
sapeva, ma non era pentito della sua decisione. Aveva bisogno di
rimanere
concentrato su ciò che era più importante per lui
adesso, senza che stanchezze
e nervosismi esterni si mettessero in mezzo a rendergli tutto
più complicato.
Fin da quando aveva varcato la soglia del 503, ignorando lo sguardo
sconvolto
di Namjoon e dicendogli un semplice “ciao”
– aveva pensato che comportarsi in
modo naturale sarebbe stato il metodo più sicuro per
assicurarsi l’assenza di
domande, ma ovviamente Jin era Jin, anche se non era stato pressante
come suo
solito – si era arrovellato su un unico punto: cosa fare
quando avrebbe rivisto
Jimin. Ci aveva pensato e ripensato, improvvisato mille discorsi e
progettati
altri mille, ma nulla gli suonava efficace. Il problema principale era
che
neppure lui era sicuro di come avrebbe reagito di fronte al ragazzo.
L’ultima
volta che lo aveva visto le cose non erano andate bene e lui era
spaventato dal
ripetere lo stesso errore. Il tempo per riflettere però
iniziava a scadere e
fra non molto più di un quarto d’ora probabilmente
tutti i ragazzi sarebbero
stati già lì, incluso Jimin. Non gli aveva
scritto una volta tornato e si era
chiesto se qualcuno degli altri lo avesse avvisato. Immaginò
di sì, così come
qualcuno di sicuro a un certo punto doveva averlo informato due
settimane prima
sulla sua improvvisa partenza. Il pensiero di aver lasciato Jimin
così, senza
una spiegazione, senza modo di parlargli, faceva ancora sentire a
Yoongi una
morsa al cuore. Se anche un giorno Jimin lo avesse perdonato, di sicuro
lui non
lo avrebbe mai fatto. Yoongi cambiò di nuovo canale e si
fermò su un programma
di varietà. Le persone risero divertite a qualcosa che il
conduttore aveva
detto, ma lui rimase serio. Non stava in realtà seguendo,
guardava solo le
figure sperando che lo distraessero dalle paure che lo stavano
infestando.
Chissà se Jimin sarebbe venuto. Chissà se gli
avrebbe parlato. Forse ormai lo
odiava. Forse si era dimenticato di lui. Forse non lo odiava, e Yoongi
gli era
semplicemente indifferente. Lo scenario peggiore. Yoongi sentiva come
ogni
centimetro del suo corpo, ogni suo istinto più radicato gli
urlassero di
tornarsene in camera, uscirne solo per cena, sedersi a tavola vicino a
Hoseok,
chiacchierare un po’ con lui e rimanere in disparte il resto
del tempo, ma non
avrebbe ceduto questa volta. Si era messo su quel divano apposta.
Doveva
riuscire quanto meno a rimanere in sala tutto il tempo, con Jimin
davanti a
lui. Non sapeva ancora bene come avvicinarglisi o approcciarlo, ma era
sicuro,
così come era sicuro di chiamarsi Min Yoongi, che non si
sarebbe nascosto
un’altra volta. Sarebbe riuscito a parlare con Jimin, anche a
rischio che
l’altro gli sbattesse la porta in faccia.
Il
campanello suonò e
Yoongi sentì lo stomaco affondare, ma il suo viso non
tradì nessuna emozione.
Fu
Namjoon ad andare
alla porta, quando si accorse che Yoongi non lo avrebbe fatto. Se
avesse potuto
lo avrebbe sollevato lui stesso da quel divano, ma era anche
dell’idea che non
bisognasse accelerare troppo le cose e dunque di dare ancora un
po’ di tempo
all’amico. Poteva immaginare quello che stava pensando.
Dietro quel citofono ci
sarebbe potuto benissimo essere Jimin e capiva come questa idea potesse
spaventare Yoongi. Rispose pregando in cuor suo che fosse solo un
momento di
iniziale imbarazzo. Due voci in coro risposero, quelle di Taehyung e
Jungkook.
–
Siete venuti
insieme?
–
No, sono venuto con Jiminie, ma Kookie era
da qui poco prima di noi per cui ci ha aspettati. Hyuuuuuung aprici
però, che
fa freddo!
–
Ah sì, giusto!
Scusate! – rispose Namjoon come se si fosse accorto solo ora
di star
comunicando con i ragazzi attraverso un citofono e non un telefono e
quindi era
il caso di frenare la sua curiosità almeno finché
non fossero saliti al caldo.
Rimettendo il ricevitore al proprio posto non poté fare a
meno di chiedersi
come sarebbe andata la serata. Poteva davvero andare in qualsiasi modo.
Sarebbe
potuta diventare la cena più imbarazzante di sempre. Sarebbe
potuta finire in
tragedia, con urla e strilla. Ma sarebbe anche potuta finire bene, come
lui,
Jin, Taehyung e Hoseok speravano. Avevano deciso di spostare prima
possibile la
loro cena di gruppo per far sì che la situazione di Jimin e
Yoongi potesse
sbloccarsi al più presto, ma avevano anche concluso di
comune accordo che,
prima di qualsiasi tipo di intervento, avrebbero solamente monitorato
la
situazione. Volevano dare a Jimin e Yoongi la possibilità di
muoversi per conto
proprio, e dunque l’idea era che avrebbero dato il via al
loro piano solo
qualora avessero visto la necessità di una spintarella. Non
avrebbero comunque
per il momento fatto nulla di troppo invasivo. Continuavano tutti a
rimanere
dell’opinione che fosse giusto che i due ragazzi se la
sbrigliassero da soli e
per questo motivo, almeno all’inizio, loro avrebbero solo
aiutato a creare le
condizioni per un’eventuale rappacificazione. Con
l’arrivo adesso di tutti e
tre i ragazzi, tutti i personaggi del loro piano, qualora ce ne fosse
stato
bisogno, erano sulla scena.
Mentre Namjoon apriva la
porta d’ingresso
dell’appartamento, socchiudendola per bene così
che non entrasse troppo freddo
in casa, i tre ragazzi più giovani stavano coprendo in
verticale, chiusi nel
gabbiotto dell’ascensore, la distanza tra il piano terra e il
quinto piano.
Taehyung cercava di capire cosa stava pensando Jimin, il quale era
appoggiato
nell’angolo con un’espressione piuttosto seria, ma
che non lasciava intravedere
molto dei pensieri che sicuramente dovevano star fluttuando nella sua
testa.
Come parte del piano, solo il giovedì sera,
all’ora di cena e nei loro
rispettivi appartamenti, Hoseok e Taehyung avevano riferito a Jungkook
e Jimin del
ritorno di Yoongi avvenuto il mercoledì, e solo dopo essersi
assicurati della
loro disponibilità per una cena al 503. Jungkook era stato
avvisato nello
stesso momento di Jimin per evitare che per qualche motivo decidesse di
riferirglielo lui stesso prima di quando Jimin avrebbe dovuto saperlo,
e si era
deciso che Jimin dovesse saperlo quasi all’ultimo per evitare
che se ne tirasse
indietro. Taehyung aveva in realtà avuto paura di una scusa
all’ultimo momento
da parte di Jimin, ma quando entrambi furono per strada disse addio a
questo
timore. Jimin però era rimasto abbastanza silenzioso durante
il viaggio in tram
e questo Taehyung lo aveva notato. Anche adesso
nell’ascensore continuava a non
parlare. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, incoraggiarlo, rassicurarlo
che se
aveva bisogno di un appoggio lui ci sarebbe stato, ma non poteva senza
rischiare di far capire a Jimin che lui qualcosa sapeva mettendo
così in
pericolo tutto il loro piano. Il piano… l’aver
dovuto tenere Jungkook fuori non
era stato semplice per Taehyung. Si sentiva il cuore stringere a
vederlo così
sorridente e allegro come sempre sapendo di star tenendolo
all’oscuro di una
situazione che in qualche modo, purtroppo, coinvolgeva anche lui. Ma
come
avrebbero potuto metterlo a parte del loro piano? Taehyung sapeva
perfettamente
che se Jungkook avesse saputo che Jimin e Yoongi erano in cattivi
rapporti
sarebbe stato il primo a volerli aiutare. Il problema era che non
sarebbe stato
possibile spiegargli questo senza metterlo anche al corrente del modo
in cui
tutti loro erano giunti a questa conclusione. Era impensabile credere
che il
ragazzo non avrebbe fatto domande, non avrebbe voluto sapere tutti i
dettagli
ed era dunque assurdo pensare che la questione della gelosia di Yoongi
non
sarebbe venuta fuori. E non poteva, non doveva,
venire fuori, non con Jungkook. Se gli avessero detto
“abbiamo capito che
Yoongi è geloso di Jimin e vorremmo aiutarlo ad
avvicinarglisi di nuovo senza
nessuno in mezzo” sarebbe stato come dirgli tutti in coro
“abbiamo deciso che
fra i due chi deve farsi da parte sei tu”. Avrebbe
interpretato il loro
atteggiamento come un chiaro favoritismo nei confronti di Yoongi
sentendosi
tradito dai suoi stessi amici e Taehyung questo non poteva proprio
permetterlo.
Innanzitutto, Yoongi sarebbe potuto benissimo essere geloso di Jimin
semplicemente
in quanto suo amico. Non era assolutamente detto che provasse per il
ragazzo
altri sentimenti, per cui la ripresa dei rapporti tra i due avrebbe
potuto
lasciare intaccata la relazione tra Jimin e Jungkook. In secondo luogo,
qualora
invece il tutto avesse preso un’altra piega, Taehyung sapeva
che il favore vero
che tutti stavano facendo era anche proprio nei confronti di Jungkook.
Ma
questi erano argomenti troppo logici e come si fa a parlare con la
logica ad un
cuore giovane e innamorato? Il ragazzo avrebbe visto un chiaro rischio
in
questa serata e sarebbe potuta diventare una pedina imprevedibile. Tra
l’altro,
anche qualora avesse accettato di lasciare spazio a Yoongi per questa
sera,
sarebbe stato giusto chiederglielo? Tutti e quattro i ragazzi avevano
convenuto
di no.
Jungkook
entrò in
casa lanciando un sonoro “ciao” seguito a ruota da
quelli di Taehyung e, ben
più flebile, quello di Jimin. Aveva visto Yoongi sul divano
e si era sentito
più agitato che mai. Fece tuttavia del suo meglio per
sembrare tranquillo e fu
aiutato in questo dal comportamento di Jungkook. Mentre Namjoon
prendeva i loro
cappotti per andare a portarli in camera, fu lui che si rivolse a
Yoongi per
primo:
–
Hyung! Bentornato!
Yoongi,
che non si
era ancora alzato dal divano, ma si era obbligato a smettere di
guardare la
televisione e girarsi in direzione dei tre ragazzi, fu grato a Jungkook
per
essere stato lui a rompere il ghiaccio:
–
Grazie – disse,
annuendo e sorridendogli brevemente. I suoi occhi si posarono poi su
Taehyung,
il quale aggiunse anche lui un “bentornato, hyung”
e guardò poi Jimin. Il
ragazzo dette solo un piccolo assenso alle parole di Taehyung facendo
un cenno
del capo e mormorando “mmh” come a dare ragione
all’amico. Yoongi avrebbe
preferito che gli parlasse direttamente, ma sapeva di non poter
pretendere
troppo. Si guardarono solo per un momento perché poi Jimin
spostò subito lo
sguardo verso il corridoio con le camere, da cui Jin stava facendo
capolino.
–
Scusatemi, ero di
là a cambiarmi! Siete arrivati tutti?
–
Hoseok-hyung no, mi
ha detto di avvisare che arriva più tardi, non ho capito
bene perché.
–
Oh, ok, va bene,
tanto ancora non ho iniziato a preparare niente – rispose Jin
con tranquillità.
In realtà sapeva benissimo che Hoseok non sarebbe venuto
subito. Per esigenze
di copione occorreva che per il momento non fosse presente,
poiché sarebbe stato
più semplice attivare il loro piano con meno persone in
casa. Nel caso in cui
la situazione si fosse risolta da sola gli avrebbe scritto per dirgli
di
salire, altrimenti il ragazzo li avrebbe aspettati come
d’accordi in un bar
poco distante da casa loro.
****
La
situazione non
sembrava starsi risolvendo da sola. Erano le sette e quarantacinque,
Jungkook,
Jimin e Taehyung erano arrivati da ormai quasi mezz’ora, ma
ancora nulla.
Fingendo di andare un attimo in camera sua, Jin attraversò
la sala per studiare
bene ciò che stava avvenendo. Yoongi non si era mosso dal
divano. La
televisione era accesa, ma lui non sembrava starla guardando, e pareva
più
preso a fissare il quadro nuovo recentemente appeso in casa come se
volesse
memorizzarlo fin nei minimi particolari. Namjoon non si era
appositamente
seduto vicino a lui, sperando così di lasciare spazio a
Jimin qualora volesse
andare a parlarci, ma ancora il ragazzo non lo aveva fatto,
né aveva dato
segnali di volerlo fare. Come un po’ tutti avevano previsto,
chi era più
difficile da gestire era Jungkook. Come d’aspettativa, il
ragazzo era seduto al
tavolo della sala vicino a Jimin e continuava a tenerlo impegnato.
Taehyung,
seduto vicino a loro, cercava di distrarlo ogni tanto, portando il
discorso su
argomenti a cui Jimin non poteva partecipare, sperando che
l’amico afferrasse
quello spiraglio e decidesse di usarlo per alzarsi e andare da Yoongi,
ma
nulla. Jin esitò un minuto in camera, per dare
l’impressione di aver
effettivamente un motivo per essere lì, ed uscì
di nuovo tornando in cucina e
facendo cenno a Namjoon, seduto anche lui al tavolo della sala, di
raggiungerlo
dentro. Senza dirsi nulla, i due ragazzi si mandarono occhiate che
esprimevano
benissimo tutta la loro frustrazione. Subito dopo si levò la
voce di Jungkook:
–
Vado un momento in
bagno. Torno subito.
Entrambi
i visi di
Namjoon e Jin si illuminarono a questo. Namjoon chiuse gli occhi in
attesa e
Jin li sollevò al cielo a mo’ di preghiera,
entrambi sperando che Taehyung
capisse cosa doveva fare.
–
Vado a prendere un
bicchiere d’acqua.
SI!
Pensò Jin, bravo Taehyungie! Il
giovane entrò in
cucina e lanciò anche lui uno sguardo eloquente ai ragazzi
sollevando le
sopracciglia. Nella sala rimanevano, anche se ancora troppo distanti,
solo
Jimin e Yoongi e dunque nel caso in cui uno dei due avesse voluto fare
una
mossa verso l’altro questo sarebbe stato il momento perfetto.
Taehyung si portò
vicino alla credenza e iniziò a fare dei rumori a caso con i
bicchieri per dare
l’impressione di star facendo qualcosa e anche Namjoon e Jin
si misero a
parlottare di cose inutili. Credevano che il messaggio che stessero
lanciando
fosse chiaro: non facciamo caso a voi,
parlatevi tranquilli. Sentirono la sedia di Jimin spostarsi e
tutti e tre
rimasero con il fiato sospeso. Dei passi. Prima che la gioia potesse
invaderli
si accorsero che invece che allontanarsi, si avvicinavano. La testa di
Jimin
fece capolino dalla porta:
–
Posso aiutare? – ed
entrò anche lui in cucina. Namjoon si lasciò
sfuggire un sospiro. Taehyung prese
a riempire il suo bicchiere scuotendo appena la testa, mentre Jin
capì che era
giunto il momento di fare davvero qualcosa. Meglio ancora che Jungkook
fosse in
bagno, e Jimin avesse posto questa domanda. Sarebbe sembrato ancora
più
scontato che avesse chiesto proprio a lui il favore di cui aveva
bisogno.
–
In effetti si
Jiminie! Stavo notando proprio ora che sono a corto di scorte. Mi
dispiace
tanto, ma è stata una giornata un po’ indaffarata
oggi e non ho avuto modo di
ricontrollare per bene che avessi tutto – ovviamente era
perfettamente al
corrente della condizione della sua dispensa al momento, ma non
c’era bisogno
che Jimin ne fosse informato – Vieni con me.
Mentre
accompagnava
Jimin alla porta d’ingresso, Namjoon prese il cellulare e
ebbe un brevissimo
scambio di messaggi:
---
venerdì
20 gennaio 2017 ---
Kim
Namjoon
19:54
Bar.
Hoseokah
19:54
Ok!
Vicino
alla porta,
Jin prese delle chiavi appese a un chiodino vicino al citofono e le
passò a
Jimin:
–
Ho bisogno che tu
mi prenda tre pacchi di riso tra quelli che sono dentro la scatola
verde al
terzo ripiano della scaffalatura in cantina. Puoi farlo per favore?
– vide con
la coda dell’occhio che Jungook stava uscendo dal bagno e si
era fermato in piedi
davanti alla televisione, evidentemente interessato a qualcosa che
stava
venendo trasmesso.
–
Terzo ripiano,
scatola verde, ok! Vado e torno, tranquillo.
Chiusa
la porta
dietro a Jimin, Jin sapeva che adesso dovevano fare tutto abbastanza
celermente. Il ragazzo non sarebbe tornato subito, aveva
l’ascensore da
prendere, sia all’andata che al ritorno, e poi bisognava
anche camminare un po’
per arrivare alla porta del loro fondaco. In più, Jin aveva
messo apposta la
scatola con i pacchi di riso – solitamente per terra vicino
alla porta perché
era l’alimento che finiva più spesso ed era logico
tenerlo a portata di mano –
nello scaffale più alto, sapendo che Jimin per arrivarci
avrebbe dovuto
utilizzare la scala che avrebbe trovato sempre lì nel loro
fondaco. Questo
avrebbe dunque rallentato la sua ricerca, ma comunque non potevano
sperare di
avere più di cinque, massimo dieci minuti a disposizione per
andare avanti con
il resto del piano. Si affrettò in cucina e Jungkook gli si
accodò:
–
Dove è andato
Jiminie?
–
A prendere del riso
sotto, ho fatto un po’ di confusione stasera.
–
Tu in confusione
sul cibo, hyung?
–
Capita anche ai
migliori, Jungkookie – gli disse Jin sorridendogli
– Mi sono scordato di
comprare anche altre cose temo.
–
Se vuoi posso
andare io al supermercato – rispose immediatamente Taehyung
– Kookie, vuoi
venire con me? Jin-hyung poi deve cucinare, la spesa possiamo almeno
farla noi.
Jungkook
annuì:
–
Si, certo! – e
aggiunse poi ridacchiando – Immagino Namjoonie-hyung sia
escluso a priori, giusto?
Namjoon
sollevò gli
occhi al cielo sorridendo e si morse la lingua. Era necessario che
entrambi i
ragazzi se ne andassero al più presto per cui adesso non
poteva mettersi a
discutere, ma il tempo per la vendetta sarebbe venuto. La
sfrontataggine di Jungkook
lo aveva quasi convinto a sentirsi meno in colpa sul fatto che lo
avessero
escluso. Quasi. Non era contento nemmeno lui che il ragazzo venisse
raggirato
in questo modo, ma vedendo come Jimin e Yoongi si stavano comportando
non
riusciva a vedere altra soluzione. Taehyung andò velocemente
in camera di
Namjoon a prendere i cappotti e aprì la porta, fermandosi
sulla soglia con
entrambi in mano:
–
Kookieee!
–
Si, eccomi. Dammi
il mio.
Taehyung
uscì fuori
infilandosi il proprio capotto e urlando un “A dopo
hyung!” con Jungkook che lo
seguiva sul pianerottolo mentre ancora anche lui doveva finire a
indossare il
suo giaccone.
–
Jin-hyung mi ha
dato la lista delle cose da prendere – disse Jungkook
mostrando un foglietto a
Taehyung mentre aspettavano l’ascensore –
è un po’ lunga, non fa spesa da
giorni?
Taehyung
dette
un’occhiata alla lista e iniziò a leggere
ciò che vi era scritto ad alta voce
per evitare di rispondere a Jungkook.
****
In
casa ora erano
rimasti solo Namjoon e Jin. Dovevano uscire al più presto.
Jin portò qualche
ciotola in sala per vedere cosa stesse facendo Yoongi. Sempre su quel
divano.
Andò di nuovo in camera sua, prese il cellulare e
telefonò a Namjoon, ancora in
cucina.
–
Pronto? – la voce
dell’amico che rispondeva al telefono giunse a Yoongi
– Oh, ciao Kangdae-hyung!
No, non disturbi. Oh, adesso? Va bene, se è urgente certo.
No, non c’è
problema, arriviamo subito! Aspettaci lì.
A
Jin era venuto da
ridere durante la conversazione e si dovette coprire la bocca con la
mano
quando Namjoon lo chiamò correndo verso la sua camera
affannato. Stava
recitando bene, forse avrebbero dovuto includere anche lui nello
spettacolo
l’anno successivo.
–
Jinah,
Kangdae-hyung ha appena chiamato. C’è una cosa
urgente di cui deve parlarci per
lo spettacolo.
–
Adesso?? – Jin si
stava comportando come se dovesse recitare la parte più
importante della sua
vita e tirò fuori il tono più genuinamente
sorpreso di cui fosse capace. I suoi
occhi però tradivano una punta di divertimento che quelli di
Namjoon ricambiavano
completamente – Cosa chiama a quest’ora della sera?
Dovremmo dirgli-
–
No Jinah, lo sai
che non possiamo. Credo abbia del materiale importante da consegnarci,
ma ha
detto che deve dare istruzioni a entrambi e siccome sta passando di qui
ed è
urgente ha chiesto di vederci. Non potevo davvero dire di no.
–
Ok, ok – disse Jin
mettendosi il cappotto di fretta e Namjoon corse in camera sua a fare
lo
stesso. Yoongi li vide spuntare dal corridoio intabarrati nei loro
cappotti e
discutendo animatamente:
–
Sei sempre il
solito! Non potevi dirgli di venire qui?
–
Non ci ho pensato
Jinah, va bene?? Ma non mi sembrava avesse molto tempo. Ci aspetta al
semaforo
all’angolo.
–
Ma dove state
andando scusate? Uscite davvero?
Jin
aprì la porta,
Namjoon uscì fuori frettolosamente e il più
grande si fermò solo un attimo per
rispondere a Yoongi – È un’emergenza di
teatro, speriamo di cavarcela subito.
Tu non muoverti per nessun motivo, altrimenti chi apre a Jiminie?
Sarà qui a
breve.
Chiuse
poi la porta
dietro di sé, lasciando Yoongi da solo.
Nell’ascensore
Jin
dette un veloce bacio a Namjoon come a dirgli di aver fatto un buon
lavoro e
poi si lasciarono finalmente andare alle risate. Entrambi si erano
agitati di
non avere abbastanza tempo per cui tutta la loro performance aveva
avuto toni
più eccessivi di quanto avevano programmato. Però
sembrava tutto aver
funzionato. Hoseok era stato escluso fin dall’inizio
poiché ai ragazzi era
sembrato troppo complicato trovare una scusa per far uscire di casa
tutti e sei
e la sua assenza toglieva dunque un problema. Loro due sarebbero andati
nel bar
dove Hoseok già li aspettava e lì avrebbero
atteso quella che avevano reputato
essere una quantità ragionevole e credibile di tempo, ovvero
circa una ventina
di minuti, massimo mezz’ora, prima di tornare a casa.
Taehyung si sarebbe
occupato di tenere lontano Jungkook. In casa c’era solamente
Yoongi e Jimin di
lì a pochi minuti sarebbe risalito, trovandosi
così da solo in casa con lui.
****
Quella
notte era
piuttosto limpida. Le previsioni segnavano neve nel fine settimana, ma
oggi,
così come il giorno prima, il tempo era stato clemente.
Faceva sempre freddo,
ma le forti piogge dei giorni precedenti avevano spazzato via molte
nuvole e
dunque il cielo era più sereno. Jungkook e Taehyung
raggiunsero il supermercato
in cinque minuti e una volta dentro iniziarono a muoversi tra gli
scaffali per
riempire il cestino con le cose che Jin gli aveva detto di comprare.
Taehyung
cercò di rallentare il tutto il più possibile,
mettendo nel cesto le cose
sbagliate svariate volte e obbligando poi Jungkook a riportarle al loro
posto.
Jin gli aveva mandato un messaggio appena uscito di casa e Taehyung
aveva
capito che era lui senza nemmeno controllare dopo aver sentito la
vibrazione
del telefono in tasca. Sapeva che era da quel momento che avrebbe
dovuto
considerare almeno venti minuti. Era ora di cena, ma per fortuna non
trovarono
le casse vuote e anche se la fila non era eccessivamente lunga un
po’ di tempo
fu mangiato in questo modo. Alla fine uscirono. È
troppo presto, pensò Taehyung.
–
Kookie, che ne
diresti di fare tutto il giro dell’isolato? Potremmo passare
dalla parte del
fiume Han, oggi il cielo non è troppo coperto e deve essere
bello, ti va?
–
Ma non credi che
Jin-hyu-
–
Se si preoccupano
ci faranno sapere, non allungheremo di molto. Ti prego? Kookie? Vorrei
davvero
vedere il fiume, è tanto che non ci passo di notte.
Come
sempre quando
Taehyung lo guardava in quel modo, Jungkook non seppe dire di no. Lo
prese
sottobraccio e con un sospiro lo iniziò a guidare lui stesso
nella direzione
per andare lungo il fiume.
–
Se Jin-hyung se la
prende dico che la colpa è la tua – gli disse con
un ghigno.
–
Jin-hyung non se la
prenderebbe comunque mai con te Kookie – gli rispose
sorridente Taehyung.
Mentre camminavano tranquilli passarono di fronte a un piccolo stand
dove
preparavano zucchero filato.
–
Uuuh! – esclamò
Jungkook mentre lo sorpassavano e continuando a seguirlo per un
po’ con lo
sguardo – Mi piace tanto lo zucchero filato!
–
Perché non ne
prendi un po’?
–
Non ho più spicci,
gli unici che ho mi servono per il bus.
–
Ah, ok, capisco –
rispose Taehyung. Esclamò poi – Eccoci quasi!
Uscirono
dalla via
che avevano appena percorso e sbucarono sulla grande strada a lei
perpendicolare
che seguiva una delle sponde del fiume Han. Attraversarono per andare
dall’altro lato, quello che si affacciava sul fiume e presero
a camminare un
altro po’. Taehyung emetteva piccoli urletti ed esclamazioni
circa ogni cinque
secondi e Jungkook sapeva che forse sarebbe stato normale aver voglia
di dirgli
di smetterla, ma la realtà era che lui avrebbe potuto
osservare l’amico fare
così per sempre. Aveva una gioia di vivere così
contagiosa e in tutto questo
tempo non era mai cambiato. Era rimasto spensierato e dolce e innocente
come la
prima volta che lo aveva conosciuto, mentre incurante delle occhiate
strane che
poteva attirarsi si era messo a fare suoni molto simili a quelli di
adesso nel
mezzo della palestra.
–
Qui ti piace? –
chiese Jungkook dolcemente quando Taehyung si staccò da lui
per andare a
sporgersi di più emettendo un urletto più
entusiasmato degli altri.
–
Si, rimaniamo qui!
Jungkook
annuì e si
sistemò vicino a lui. Era davvero una bella vista, con
l’altra parte della
città che si stagliava di fronte a loro e tutte le luci che
si riflettevano
sull’acqua. Dopo un minuto di silenzio Taehyung disse a
Jungkook che doveva
allontanarsi un momento.
–
Dove devi andare?
–
Vado e torno, un
minuto solo, tu rimani qui buono, promesso?
–
O-ok, ma… – Taehyung
era già corso via. Jungkook rimase perplesso a seguirlo con
lo sguardo, finché
non lo vide scomparire per la via da cui erano venuti.
Sollevò gli occhi al
cielo ridacchiando per la stranezza dell’amico e riprese ad
osservare il fiume
di fronte a sé. Era inutile cercare di capire Taehyung, per
quanto spesso
sentisse di essere il solo a riuscire ad accompagnarlo quasi ovunque,
sapeva
anche che c’erano delle volte in cui la sua mente era
semplicemente troppo
distante per poter essere seguita. Aveva scelto davvero un bel punto,
pensò
ammirando la vista che aveva davanti. Taehyung aveva sempre avuto un
occhio
migliore del suo, anche per le fotografie e gli aveva insegnato tanto.
Jin
forse li avrebbe sgridati per questa deviazione, ma Jungkook non
rimpiangeva
l’aver assecondato l’amico. A un certo punto
sentì dei passi concitati dietro
di sé.
–
Tae, dove eri anda-
Ma che cosa hai preso?!
Di
fronte a lui c’era
Taehyung con in mano una stecca di zucchero filato, presa dallo stand
su cui
Jungkook aveva posato gli occhi poco prima. Gli tese la nuvoletta
azzurra e si
rimise vicino a lui.
–
Tu ne avevi voglia,
e io avevo i soldi. Eccolo qui, tutto tuo.
–
Ma Taehyungie non
dovevi! – rispose Jungkook prima di staccare un ciuffetto
morbido e metterselo in
bocca – Non dovevi davvero, ma grazie.
Taehyung
ricambiò il
sorriso del giovane e gli si portò ancora più
vicino, prendendolo sotto braccio
e appoggiandogli la testa sulla spalla. Jungkook non fece una piega e
continuò
tranquillo a mangiare il suo zucchero filato:
–
Ne vuoi un po’?
–
No, no, te l’ho
detto che è tutto per te Kookie.
–
Se lo vuoi dimmelo.
Sai, pensavo che questo sarebbe stato un bel punto per fare delle foto
per il
nostro progetto, peccato non avere l’attrezzatura.
–
È vero! Peccato sul
serio. Il progetto è vicino, ma io non sono per niente
convinto dei nostri
scatti, sai?
–
Nemmeno io e
infatti ci ho riflettuto un po’. Ascolta – si
fermò per far sciogliere in bocca
un po’ di zucchero – e se scattassimo qualcosa in
un posto innevato? Danno neve
per domani. Potremmo andare domenica.
–
Ma anche domenica
dovrebbe nevicare, no? – Taehyung aveva sollevato la testa
per guardare
Jungkook in viso, ma continuava a tenere il braccio incrociato al suo.
Jungkook
scosse la testa.
–
Ho controllato sul
telefono, pare ci sia sole di nuovo la mattina e il pomeriggio, mentre
la neve
riprenderà la sera. Potremmo approfittare, che dici? Secondo
me verrebbero
degli scatti bellissimi. Il sole, ma con la neve, quando riavremo
un’occasione
simile? Le nostre macchine fotografiche piangeranno di gioia.
Jungkook
sembrava
davvero convinto e Taehyung anche pensò fosse
un’idea molto buona. Accettò con
entusiasmo e i due ragazzi decisero che si sarebbero visti la domenica
per
trascorrere la giornata insieme nelle campagne limitrofe, intorno alla
zona
della villa di Jin. Si rimisero poi in silenzio ad osservare il lento
scorrere del
fiume Han, Jungkook che assottigliava con calma il suo bastoncino di
zucchero
filato e Taehyung che si era riappoggiato alla sua spalla. Era felice
di star
condividendo quel momento insieme. Sapeva che, formalmente, aveva
portato
Jungkook lì perché doveva, ma la
verità era che lui voleva. Voleva portarlo lì,
voleva stare con lui. Se a qualcuno di esterno fosse stata spiegata la
situazione, questi avrebbe visto in ciò che Taehyung stava
facendo ora solo un
modo per tenere Jungkook lontano da Jimin e Yoongi così che
loro potessero
avere il tempo di parlare e riprendere i rapporti. Ma Taehyung non la
vedeva
così. Sapeva che era uno solo il motivo principale per cui
stava facendo ciò
che stava facendo e sapeva che non lo avrebbe mai fatto se avesse
creduto che
potesse anche solo lontanamente far davvero male a Jungkook. Non lo
stava
tradendo, lo stava proteggendo. Si rendeva conto che non avrebbe potuto
farlo
per sempre, e era consapevole che prima o poi, se le cose fossero
andate in un
certo modo, la realtà avrebbe bussato anche alla porta di
Jungkook, ma, almeno
per questa sera, Taehyung si sarebbe messo in mezzo e le avrebbe
ostruito il
passaggio. Avrebbe tenuto Jungkook al sicuro ancora per un altro
po’.
****
–
Jin-hyung, scusa,
ci ho mes- –Jimin si interruppe appena vide che di fronte a
sé non c’era Jin,
bensì Yoongi. Era lì davanti, capelli neri
scompigliati, felpa grigia con
cappuccio e quei suoi soliti pantaloni neri che non si ostinava a
buttare,
sempre troppo larghi per lui. Jimin avrebbe voluto buttargli le braccia
addosso, ma si trattenne ovviamente – Oh,
hy-hyung… scusami, grazie. Scusa.
–
Perché ti scusi?
La
domanda prese
Jimin in contropiede. Perché ho
detto
scusa?
–
I-io… ti ho
scambiato per Jin-hyung e-e ti se alzato per me… quindi
scusa – erano
motivazioni sensate? Jimin sperò di sì. Non lo
sapeva bene nemmeno lui perché
si stesse scusando. Forse gli era semplicemente venuto spontaneo,
scusami se
infastidisco con la mia stupida esistenza.
–
Dovevo lasciarti
fuori? – Yoongi sentiva di star facendo il contrario di
ciò che avrebbe dovuto.
Voleva parlare con Jimin e si era aggrappato a questa occasione, appena
il
ragazzo si era finalmente rivolto a lui personalmente. Gli aveva dunque
risposto sperando che in qualche modo la conversazione prendesse quota
e non
voleva lasciarlo andare, ma chiaramente non aveva idea di cosa stesse
facendo.
Gli si stava rivolgendo in modo troppo diretto, troppo aggressivo.
Esattamente
come aveva temuto. Guardò Jimin e lo vide irrigidirsi appena
a quelle parole,
come se si stesse riscuotendo.
–
No, certo. Grazie –
Smettila di dire cose cretine, ringrazia
e basta. Già pensa che tu sia idiota a sufficienza, non
peggiorare tutto. Si
girò e dando le spalle a Yoongi lo lasciò
lì, dirigendosi verso la cucina. Vide
il tavolo vuoto e si accorse anche del silenzio nella casa. Si
fermò davanti
alla porta della cucina.
–
Dove sono finiti
tutti quanti?!
Yoongi
coprì velocemente
la distanza tra loro, prendendo dalle mani di Jimin due dei tre pacchi
di riso
che stava tenendo ed entrò nella stanza:
–
Per un motivo o per
un altro sono tutti dovuti uscire.
–
Ma cosa è
successo??
Yoongi
posò
pesantemente i pacchi sul bancone vicino al lavandino e Jimin fece lo
stesso,
ma posando il suo sul tavolino.
–
Jin-hyung e Joonie
sono dovuti correre da qualcuno per una cosa di teatro, mentre
Taehyungie e
Jungkookie sono a fare spesa, se non ho capito male. Realisticamente,
non so se
stasera riusciremo a mangiare.
–
Oh – fu il solo
commento di Jimin – e Hoseok-hyung? Non è arrivato?
–
No. Non so cosa
stia facendo.
–
Non lo sai?
–
No – Jimin aveva
usato un tono strano, quasi ironico, nel porre quella domanda che
Yoongi non
riuscì a capire – No, non lo so perché
ci stia mettendo tanto.
Jimin
annuì e basta.
Non sapeva cos’altro dire. Si guardò attorno.
Guardò il pacco di riso sul
tavolo. Lo prese di nuovo in mano.
–
Dove… dove credi
vada?
Non
ho idea,
stava per rispondere Yoongi, ma si fermò. Gli era appena
venuta in mente una
risposta migliore.
–
Lo puoi mettere qui
vicino a questi, poi ci penserà hyung – e dette un
colpetto con la mano ai due
pacchi di riso che aveva messo lui sul bancone. Per qualche motivo
quella
distanza tra loro lo stava rendendo ancora più nervoso.
Voleva Jimin un po’ più
vicino, nella speranza che sentirlo affianco a lui lo scaldasse quel
tanto
necessario a fargli dire ciò che tanto voleva. Non rimetterlo su quel maledetto tavolo.
Jimin
si sentì con le
spalle al muro. L’idea di avvicinarsi a Yoongi lo spaventava.
Temeva di non
riuscire a controllarsi, arrossire o mettersi a balbettare.
Però non aveva
davvero ragioni per non fare ciò che Yoongi gli aveva
chiesto. Dopo un attimo di
esitazione, si avvicinò lentamente e con apparente
tranquillità al bancone e
appoggiò il riso tenendo lo sguardo basso e facendo ben
attenzione a non
avvicinarsi troppo a Yoongi. Prima che potesse allontanarsi e trovare
rifugio
su una sedia del tavolo, fu Yoongi ad avvicinarsi ancora di
più. Quando lo vide
così vicino, Jimin non poté far altro che
sollevare gli occhi su di lui. La sua
espressione era strana, spaventata quasi. In effetti, quei pochi
centimetri di
distanza erano stati incredibilmente difficili da coprire per Yoongi.
Si
sentiva come se avesse appena attraversato un deserto intero e il cuore
gli
stava battendo freneticamente nel petto. Come sempre, sentì
tornare
quell’istinto così innato in lui di ritrarsi,
rimettere una distanza di
sicurezza ragionevole tra lui e Jimin e rimandare, possibilmente a mai,
quello
che stava per fare. Era terrorizzato, non si era mai comportato
così in vita
sua e onestamente non era nemmeno sicuro di esserne capace. La paura
aumentava
poi ancora di più non essendo sicuro di come avrebbe reagito
Jimin. Era un
rischio che però andava preso. Se lo era detto:
così come era sicuro di
chiamarsi Min Yoongi, non si sarebbe nascosto un’altra volta.
– Jiminah, aspetta
– si sorprese a vedere che
Jimin effettivamente si mise ad aspettare. Stava chiaramente per andare
a
mettersi a sedere, ma le sue parole dovevano essere già
state sufficienti a
fermarlo. Non aveva girato i tacchi ignorandolo. Forse era un buon
segno. Forse
no. Ma forse sì. Questo
pensiero gli
dette un po’ più di coraggio – Mi hai
detto scusa prima. Ti ho chiesto perché.
Forse sono sembrato brusco. È che…è
che stavo pensando che non sei tu che devi
scusarti. Jiminah, te l’ho detto mille volte, devi imparare a
farti rispettare!
– Vide gli occhi di Jimin sgranarsi in
un’espressione confusa. Evidentemente le
sue parole dovevano averlo colto di sorpresa. Avevano colto di sorpresa
anche
lui in effetti, non era così che aveva pensato di iniziare
il suo discorso. La vuoi smettere di
spaventarlo?? Cercò
di rilassare di più le spalle e ammorbidire la propria voce
– Mi dispiace. Mi
dispiace Jiminah – allontanò il suo sguardo, ma si
obbligò a riportarlo subito
su Jimin. Continuava ad apparire tra lo spaesato e il dubbioso, e
Yoongi
dovette deglutire un momento prima di riuscire a proseguire. Era
difficile,
porca miseria. Così difficile. Si arrese al fatto che non
sarebbe riuscito a
dire, e soprattutto adeguatamente, tutto ciò che voleva, ma
decise che
quantomeno sarebbe dovuto riuscire a comunicare la cosa più
importante – Mi dispiace
non averti detto nulla della mia partenza, mi dispiace averti trattato
male
quando non ti sentivi bene e mi dispiace non essermi fatto sentire,
né averti
chiesto come stavi. Sono stato un pessimo amico – Si,
così andava bene. Non era
tutta la verità, ma almeno ne era una parte –
Scusami.
Jimin
dovette fare un
grande sforzo per trattenere le lacrime. Yoongi-hyung si stava scusando
con
lui. Non solo gli aveva rivolto la parola, ma adesso stava anche
chiedendo
scusa. Jimin non era sicuro di potersi permettere la speranza che gli
era nata
in petto. La speranza che le scuse di Yoongi potessero significare un
prossimo
riavvicinamento. Jimin aveva atteso moltissimo il momento di rivedere
Yoongi,
ma dopo la sua improvvisa partenza aveva quasi perso ogni fiducia nelle
sue
capacità di potergli di nuovo andare vicino. Aveva
interpretato il suo silenzio
come un chiaro segnale da parte del ragazzo del fatto che lui non era
poi una
parte così importante della sua vita e dunque tutta quella
volontà che aveva
provato i primi giorni dell’anno di dare la
possibilità a Yoongi di tenerlo
vicino a lui, in qualunque modo preferisse, era andata via via
scomparendo
sempre più. Il suo ritorno, di nuovo improvviso e non
annunciato, lo avevano
definitivamente convinto di questo: era inutile ormai tentare di farsi
benvolere. Doveva accettare le cose come stavano e mettersi una volta
per tutte
l’anima in pace sul fatto che Yoongi probabilmente non lo
avrebbe più cercato.
Invece adesso era qui, che lo guardava serio, con occhi quasi
colpevoli,
cercando il suo perdono. Si stava scusando per ciò che aveva
fatto, per
essersene andato e per non avergli parlato. Jimin non sapeva cosa
provare. Era
felice, ma aveva paura. Aveva paura di leggere nelle parole
dell’altro più di
quanto in realtà ci fosse. Il ragazzo poteva benissimo
sentirsi in colpa per
come lo aveva trattato, ma comunque non intendere che aveva intenzione
di
ripristinare il loro antico rapporto. Eppure aveva detto
“sono stato un pessimo
amico”. Jimin volle credere che significassero ciò
che lui sperava. Riprendiamoci almeno la
nostra amicizia.
Decise di andargli incontro:
–
Hyung… non mi devi
chiedere scusa – iniziò con voce leggermente
tremante, ma riuscì ad acquistare
progressiva sicurezza – Sono sicuro avrai avuto le tue
ragioni per-
–
Non avevo ragioni –
disse Yoongi interrompendolo con voce bassa, ma risoluta. Si mise le
mani in
tasca facendo spallucce – non avevo davvero nessuno motivo
per ignorarti così.
A volte… a volte il tuo hyung fa cose stupide, molto
stupide, e questa è stata
una di quelle.
Sembrava
quasi
tranquillo nel suo modo di parlare, come se dicesse una
verità risaputa di cui
tutti erano a conoscenza, già verificata e la cui
accettazione non pesava più
ormai. Jimin si sentì di nuovo le lacrime in gola.
–
Hyung, credo che il
premio stupido dell’anno vada a me però. Mi sono
quasi ucci-
–
No Jiminah, no che
non va a te.
–
Io penso di sì.
–
Non ti ho appena
detto di non farti mettere i piedi sopra? – disse Yoongi
alzando leggermente la
voce e sgranando gli occhi, con un tono che non era irritato, ma
solamente
incredulo. Si fissarono per un secondo e poi entrambi si lasciarono
sfuggire
una piccola risata. Quel battibecco su chi fosse stato più
stupido stava diventando
ridicolo e se ne erano accorti entrambi.
–
Sei proprio ancora
senza speranza – disse Yoongi a Jimin guardandolo
affettuosamente, l’ombra di
un sorriso ancora sul suo viso.
–
Temo di sì hyung –
disse Jimin abbassando gli occhi – assolutamente senza
speranza – intendeva
molto più di quello che Yoongi avrebbe capito, ma andava
bene così. Si stavano
parlando. Yoongi-hyung si era scusato e adesso gli stava addirittura
sorridendo. Lo vide aggrottare gli occhi e portarli sulla sua pancia.
Jimin vi
portò le mani velocemente, arrossendo leggermente.
–
Temo di aver fame…
Yoongi
ridacchiò di
nuovo, andando verso il frigorifero, e Jimin pensò quanto
gli fosse mancato
questo suono.
–
A te il dolce piace
sempre giusto? Anche prima dei pasti se non sbaglio.
–
Mh, sì, perché?
Yoongi
aprì lo
sportello del frigo, prese qualcosa e tornò vicino a Jimin.
Gli posò davanti
una barretta di cioccolato fondente all’arancia,
staccò due cubetti e glieli
passò.
–
È la tua? – disse
Jimin per cortesia, ma mettendosela intanto in bocca.
–
Si, beh, non
distribuisco cibo altrui di solito – lo guardò con
aria di scherno – forse
dovremmo rivedere l’assegnazione di quei premi
stupidità a ben pensarci.
Jimin
per tutta
risposta si mise a ridere e staccò velocemente un pezzetto
dell’alluminio che
avvolgeva la tavoletta di cioccolato, gli dette la forma di una
palletta con le
piccole dita e la tirò poi a Yoongi. Il ragazzo non si
spostò, ma chiuse gli
occhi ridacchiando e annuendo come a dire che se lo meritava. Aveva
fatto
davvero la scelta giusta. Non vedeva nulla in Jimin di tutto
ciò che temeva
avrebbe incontrato. Non c’era astio, non c’era
rancore, non c’era chiusura in
lui. Non gli stava sbattendo il portone in faccia. Yoongi aveva fatto
la scelta
giusta ad aver lasciato a Jimin il diritto di scegliere da solo se
voleva
ancora avere a che fare con lui. Senza che Yoongi lo sapesse, quello
era
esattamente lo stesso pensiero di Jimin. Ho
fatto bene a venire qui questa sera.
–
Grazie, hyung. Per
la cioccolata e per le scuse. Però va bene così.
Non voglio riprendere la
discussione, promesso! – aggiunse velocemente sorridendo e
scuotendo una mano –
Voglio solo dirti che non devi sentirti in obbligo di darmi
spiegazioni. Dici
che fai cose stupide, ma io non credo sia così. È
vero, non mi hai avvisato, ma
in fondo sei stato preso dal trasloco e sicuramente ritrovarsi in un
nuovo
ambiente di lavoro non deve essere facile.
Yoongi
si sentì
stringere il cuore. Il ragazzo non sapeva che non c’era
nessun luogo di lavoro
a cui si era dovuto abituare.
–
Però… adesso sei
tornato, vero?
Perché
gli occhi di
Jimin sembravano quasi implorarlo? Era di sicuro solo una sua
impressione.
–
Sono tornato
Jiminah – Diglielo. Diglielo
Yoongi.
Dillo ora – …e tu mi devi ancora un
pomeriggio di consulenza.
Jimin
batté le
palpebre due volte e socchiuse le labbra in un’espressione di
sorpresa. Yoongi
gli sorrise:
–
Non pensare che me
ne sia scordato.
Ce
l’aveva fatta.
Glielo aveva detto. Cercava di mantenere un’apparenza
sciolta, ma si sentiva le
gambe tremare. Stava chiedendo a Jimin di continuare i loro pomeriggi
insieme.
Non sapeva neppure lui dove avesse trovato il coraggio. Continuava a
pensare
che fosse un’idea assurda, suicida. Lo avrebbe solo fatto
soffrire di più. Ma
aveva preso non solo la decisione di non fare più scelte per
Jimin, ma anche, e
soprattutto, quella ancora più importante di esporsi di
più, condividere
qualcosa di proprio, mostrare una parte di sé stesso. E
l’unico luogo da cui
Yoongi sapesse partire era la musica. Dopo aver comprato il biglietto
che lo
avrebbe riportato a Seul, il lunedì, aveva subito dopo
sentito di nuovo un
fiume di ispirazione, il primo da quando aveva avuto luogo il suo
ultimo
incontro con Jimin. Si era messo a scrivere e adesso aveva bisogno di
renderne
partecipe l’altro ragazzo. Ti prego
non
dirmi di no.
Jimin
non disse di
no.
****
–
Jinnie-hyung,
quanto tempo è passato?
Jin
prese il telefono
e appoggiò il mento su una mano:
–
Quasi un quarto
d’ora.
–
Voglio sapere cosa
sta succedendoooooo!
Hoseok
si portò un
po’ indietro con la sedia sulla quale era seduto, dentro il
piccolo bar fuori
mano a poca distanza dal palazzo del 503, e abbassò la testa
sul tavolo.
–
Hoseokah, è inutile
che batti i piedi! Abbiamo ancora dieci minuti di attesa e poi torniamo
su e
vediamo cosa è successo. Perché ti comporti come
un bambino?
–
Joonie fa tanto il
tranquillo, ma in realtà anche lui è nervoso come
te Hoseokie – disse Jin con
un sorrisino.
Namjoon
spalancò gli
occhi:
–
Non sono nervoso!
Jin
scoppiò a ridere:
–
Continui a battere
il piede e muovere la gamba, sei chiaramente nervoso. Pensi che non ti
conosca?
Hoseok
irruppe in una
risata che a Namjoon, diventato ora rosso, suonò come un
ghigno malefico. Jin
gli mise una mano dietro la nuca, accarezzandolo con delicatezza:
–
Non c’è niente di
male Joonie. Sarebbe strano il contrario.
–
Il telefono! – urlò
Hoseok facendo sobbalzare gli altri due – Jin-hyung
è Yoongi!
Jin
si precipitò a
recuperare il telefono che aveva poggiato sulla tovaglietta rossa del
tavolino
nero e rispose:
–
Si pronto, dimmi! –
esclamò facendo con la mano cenno di allontanarsi a Hoseok e
Namjoon, che nel
frattempo si erano portati vicino a lui nella speranza di riuscire a
sentire
parte della telefonata.
–
Ma dove siete?? Io e Jiminah abbiamo fame e
voi siete tutti dispersi! Volete farci morire?
Il
volto di Jin
sembrò illuminarsi e Hoseok e Namjoon spalancarono gli occhi
nello stesso
momento, curiosi di sapere di più.
–
S-si, Yoongiah, io
e Joonie abbiamo quasi finito. Mi dispiace tanto per
l’attesa. Jiminie quindi è
lì?
–
Dove vuole essere scusa?
Jin
sentì un rumore e
poi un’altra voce, ben più squillante di quella
bassa e roca di Yoongi.
–
Jin-hyuuung! Vuoi dirci intanto se
c’è
qualcosa che possiamo iniziare a fare? Altrimenti
io e Yoongi-hyung ce ne andiamo a mangiare da un’altra par-
–
Jiminah, io non mi muovo di qui, fa freddo,
che stai dicendo?
Yoongi
sembrava star
ridendo e lo stesso Jimin. Jin sentì un sollievo immenso
scendergli addosso e
avvolgerlo completamente. Le cose dovevano essere andate bene per forza.
–
Shhh Yoongi-hyung era una tecnica per farlo
venire prima!
–
Ma tecnica di cosa?? Jin-hyung davvero,
siamo disperati, torna a casa.
–
Guarda, abbiamo
proprio fatto, adesso arriviamo a salvarvi.
Spense
il telefono
con un sorriso che andava da un orecchio all’altro. Namjoon e
Hoseok, come
spesso capitava, dissero la stessa cosa insieme:
–
Tutto andato
liscio???
Jin
gli fece
l’occhiolino:
–
Parlavano e
scherzavano, non solo con me ma anche tra loro. Ragazzi. Credo che ce
l’abbiamo
fatta!
Il
“si” che lanciò
Hoseok fece scoppiare Jin a ridere e spinse Namjoon a prenderlo per le
spalle e
trascinarlo fuori, ridendo però anche lui.
–
Mando un messaggio
a Taehyungie – disse Jin quando furono usciti. Il piano
prevedeva che quando i
tre ragazzi avessero lasciato il bar, Jin avrebbe mandato un messaggio
indecifrabile a Taehyung, che lui avrebbe interpretato come segnale per
tornare
a casa, ma che avrebbe potuto far passare per un errore del
più grande nel caso
in cui Jungkook per qualche motivo lo avesse visto. Digitò
un carattere a caso
e premette invio – Ok, torniamo a casa.
****
Yoongi
chiuse la
chiamata.
–
Pare stiano
arrivando a salvarci.
–
Speriamo si
muovano. Tutti scomparsi, non ci posso credere.
Yoongi
fece un gesto
come a dire che ormai non ci si poteva più far nulla e
tornò in sala,
riprendendo il suo posto sul divano davanti alla televisione. Jimin lo
seguì e
in silenzio si mise seduto vicino a lui. Per tutto il tempo che
rimasero soli
nessuno dei due disse più nulla, tranne occasionali commenti
veloci o risatine
per il varietà che stavano guardando, ma nella
semplicità di quell’azione
entrambi ritrovarono ciò che credevano di aver perduto. Pur
non sapendolo, i
pensieri che stavano facendo erano gli stessi. Entrambi avevano
l’impressione
di star vivendo un piccolo miracolo, e si sentivano ancora stupiti di
come
fossero riusciti a ritrovarsi qui, in questo momento, seduti vicini a
vedere la
televisione come se non fosse mai accaduto nulla. Era stato difficile,
ma al
tempo stesso così semplice. Prendere il coraggio di provare
ad avvicinarsi
estremamente faticoso, ma fare breccia l’uno
nell’altro incredibilmente facile.
Non c’erano state asce di guerra sollevate, muri eretti,
rancori portati. L’uno
aveva colto nell’altro la volontà di ritrovare un
contatto e questo era stato
sufficiente a far nascere un ponte tra loro. Erano anche entrambi
consapevoli
però che questo era solo l’inizio. Le cose
potevano sembrare come prima, ma non
lo erano. Avrebbero dovuto trovare un nuovo equilibrio, capire meglio
cosa
l’uno poteva dare all’altro ora che non erano
più soli nella loro relazione,
come entrambi a causa del malinteso non ancora chiarito credevano.
Questa idea
creava inquietudine sia a Yoongi che Jimin. Se su quel divano entrambi
avevano
deciso di godere di quel momento fine a sé stesso ed evitare
ulteriori parole
che potessero portare nella direzione sbagliata, d’altro
canto nessuno dei due
poteva smettere di pensare al rischio che stava correndo. Sarebbero
potuti
essere amici? Sarebbe potuto il loro rapporto continuare a funzionare
anche in
questa situazione? Escludere l’altro dalla propria vita non
era più un’opzione,
per nessuno di loro, ma quanto dolore avrebbe causato questa scelta? La
tranquillità del momento presente, sarebbero riusciti a
mantenerla? Forse sì,
pensavano, se solo fossero stati cauti e si fossero avvicinati solo
quel tanto
che bastava a non tagliare il cordone, ma allo stesso tempo anche a non
creare
fastidio l’uno nella vita dell’altro. Eppure
entrambi sentivano comunque che
questa era probabilmente la cosa peggiore che potessero fare, tornare a
stare
vicini, quando tutto era così diverso, quando vedersi faceva
così male. Avrebbero
resistito a quella vicinanza, pur sapendo che la persona amata
apparteneva ora
ad un altro? Avevano paura, allo stesso modo, per gli stessi motivi, ma
non lo
sapevano. Così rimasero muti, a guardare uno schermo, senza
che i loro pensieri
trovassero una voce, per un altro po’, fino a quando
finalmente una chiave non
girò nella toppa.
Note
dell’autrice: Hello
everybody, eccoci qui con un altro capitolo ~
Non ho
troppissimo da dire questa volta, mi sembra che tutto parli un
po’
da solo. Il piano sembrerebbe aver funzionato! Grazie al tempo da soli
che i
ragazzi hanno regalato loro, Jimin e Yoongi sono finalmente riusciti
almeno a
parlarsi e a ricostruire un ponticello. Non si sono verificati
melodrammi, non
ci sono state scene madri, né lacrime. I due piccini si
mancavano a vicenda ed
hanno così trovato abbastanza facilmente il modo per
rientrare in contatto. Ci
sono però troppe cose che devono ancora uscire, no? Per il
momento, nessuno dei
due ha voglia di parlarne, pur sapendo che però questa stasi
non può durare per
sempre e lo sappiamo anche noi ovviamente che non potranno continuare
così
ancora a lungo, per cui stiamo a vedere che cosa succede. Il prossimo
capitolo
è molto importante, mi raccomando leggetelo ~~
Credo sia
chiaro, ma comunque volevo precisare che non ho idea di come sia
fatta effettivamente Seul, quindi visto che siamo in un AU facciamo che
anche
abbiamo anche una Alternative Seul, visto che la descrizione della
strada che
fanno Taehyung e Jungkook è stata fatta a fantasia ahah
Io mi fermerei
qui, come ho già detto non ho cose particolari da aggiungere
in questo capitolo. Il primo passo verso un ricongiungimento
è stato fatto,
adesso è solo questione di vedere come si
evolverà il tutto, se Yoongi e Jimin
continueranno a cercare di rimanere solo in rapporti di amicizia, o se
uno dei
due deciderà comunque di farsi avanti, o se questo non
chiarirsi porterà Jimin
ad avvicinarsi di più a Kookie o se prima o poi qualche nodo
verrà al pettine.
Tante strade possibili, vedremo quale sarà quella intrapresa
;)
Grazie come
sempre di aver letto il capitolo e queste noticine, fatemi
sapere cosa ne avete pensato ♥ Vi aspetto qui
sugli stessi schermi la settimana prossima
~
Baci, Elle ♥
|
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Capitolo 17 *** Capitolo XIV ***
Note
dell’autrice (1): piccolo
disclaimer inutile tanto per avvisare. Il
capitolo è nettamente più lungo rispetto ai
soliti. Avrei potuto spezzarlo come
di solito faccio, ma questa volta ho pensato che tutto quello che vi
è
descritto doveva essere lasciato insieme. Poi capirete il
perché. Mi scuso fin
da ora se vi toccherà usare un’ora per finirlo
>__< Ma forse alla fine
converrete con me che era la scelta più giusta da fare.
Buona lettura e ci
vediamo dopo sulle note finali ♥ Elle ~
CAPITOLO
XIV
Credevo
che la felicità
fosse
sempre domani,
e
poi domani e domani ancora
Forse
essa è qui.
Forse
essa è ora.
E
io ho guardato in qualsiasi altro luogo.
(Osho)
–
Ma di notte non vi
mette un po’ ansia?
–
Ancora mi ci devo
abituare – rispose Namjoon sottovoce a Jungkook.
–
Io lo trovo
interessante. Particolare, ma interessante – aggiunse una
voce più acuta.
–
Beh, di sicuro come
scelta lo è. Un po’ troppo però forse.
–
Kookie, guarda che
ti ho sentito. Anche a te, Kim Namjoon – disse Jin mentre
portava le ultime due
lattine di birra. Ognuno aveva già finito la propria durante
la cena, era tempo
di fare il secondo giro. Si mise a sedere sul divano tenendone una per
lui e
tendendo l’altra a Jimin, vicino a lui – Jiminie
è sempre il più dolce. Particolare,
ma interessante, esattamente. Ti sei guadagnato una torta tutta per te.
Tutti
riuniti in
sala, l’argomento di discussione era al momento il nuovo
quadro di Jin. Era la
prima volta da quando era stato appeso che i tre ragazzi più
giovani lo vedevano
e dunque aveva attratto la loro curiosità. A Jungkook, come
aveva
esplicitamente espresso, metteva un po’ di angoscia, mentre a
Jimin era
piaciuto. Taehyung anche sembrava averlo apprezzato, come si
sbrigò subito a
ribadire a Jin:
–
Hey, anche io ho
detto che mi piace! Appunto è particolare ed è un
qualcosa che forse la gran
parte delle persone non appenderebbe in casa, per cui ciò
rende la nostra sala
unica.
Jin
non poté
trattenere un sorriso all’utilizzo del
“nostra” da parte di Taehyung.
–
Vero, torta per
l’appartamento Kim/Park allora.
–
Se vi piace tanto,
possiamo regalarvelo, non fate complimenti.
Jin
fulminò Namjoon
con lo sguardo.
–
Jinnie, potevi
degnarti almeno di farmelo vedere prima però!
–
Joonie, l’ho fatto!
–
Mi hai solo
sbattuto davanti lo schermo del telefono per mezzo secondo dicendomi di
aver
comprato un quadro, ma senza darmi nemmeno il tempo di guardare
l’immagine, tra
l’altro minuscola, di ciò che vi era dipinto.
Jin
alzò gli occhi al
cielo, ridacchiando e diventando rosso, sapendo che il ragazzo stava
dicendo la
verità. Namjoon si trovava seduto al lato estremo destro del
divano, vicino a
Yoongi. Di fianco a Yoongi aveva preso posto Jimin, alla cui sinistra
c’erano
poi Jin e Hoseok. Nel divano sarebbe entrata anche una sesta persona ma
Taehyung aveva deciso di mettersi per terra vicino a Jungkook, ai piedi
di
Namjoon. Arrivato per ultimo al divano il ragazzo era stato costretto a
mettersi per terra e Taehyung aveva preferito condividere quella sorte
con lui.
In origine si trovava tra Jin e Hoseok e sapeva che comunque non era
quello il
posto che Jungkook avrebbe voluto. Non gli era sfuggito il modo in cui
il più
piccolo si era accorto che non c’era posto per lui vicino a
Jimin. Taehyung era
sicuro che si sarebbe fiondato lì e dunque aveva avuto modo
di notare la lieve
delusione che si dipinse sul suo viso quando vide Jimin seduto
comodamente
vicino a Yoongi. Non che Jungkook si aspettasse che il ragazzo gli
tenesse il
posto vicino a lui, però… forse sì, se
lo aspettava. La loro relazione si era
evoluta in modo tale che non era d’altronde del tutto
illogico pensare una cosa
simile. Nel corso delle ultime due settimane Jimin era uscito con lui
praticamente tutti i giorni, assecondandolo in qualsiasi cosa avesse
proposto.
Una volta erano andati al cinema, un’altra a mangiare in un
luogo particolare
di cui Jungkook aveva sentito parlare, un’altra volta ancora
erano andati a
fare un giro in una fumetteria che piaceva tanto a Jimin e Jungkook gli
aveva
anche comprato un peluche. Si erano visti anche il pomeriggio del
mercoledì in
cui Yoongi era tornato. Jungkook aveva portato Jimin in una zona un
po’ fuori
mano, con cui erano dovuti arrivare in treno, dove davano una mostra
che
credeva sarebbe potuta piacergli. Così era stato ed avevano
passato un bel
pomeriggio insieme anche se, ancora una volta, Jungkook non era
riuscito a
farsi avanti in modo esplicito. E ormai aveva capito che sarebbe
toccato a lui
fare il primo passo. A Jimin piaceva la sua compagnia, ma non aveva mai
cercato
di mettere fine a quel pochissimo spazio di distanza che adesso li
separava.
Quel piccolo spazio che segnava il confine tra l’essere amici
e essere qualcosa
di più. Jungkook aveva pensato mille volte di provare a
prendergli la mano o
compiere qualche gesto che potesse avvicinarli e magari anche
permettergli di
dargli un leggero bacio. Ma la sua timidezza era sempre lì e
non riuscendo ad
agire d’impulso ogni volta che si metteva a riflettere
sull’efficacia di azioni
del genere puntualmente giungeva alla conclusione che fosse pari a
zero.
Sarebbe stato orribile ad esempio afferrare la mano Jimin
all’improvviso solo
per vederlo ritrarla alla svelta. No, non poteva coglierlo di sorpresa,
doveva
prepararsi un buon discorso e dirgli tutto con calma. Nessuna decisione
affrettata o istintiva lo avrebbe aiutato. Era però stato
felice quando, mentre
erano sul treno per tornare a casa, poco prima dell’ora di
cena, aveva sentito
a un certo punto la testa di Jimin appoggiarglisi sulla spalla e farsi
progressivamente più pesante. All’inizio Jungkook
si era irrigidito, non
sapendo cosa fosse più giusto fare, se muoversi o rimanere
immobile, ma quando
aveva iniziato a sentire il respiro regolare del ragazzo aveva compreso
che gli
si era addormentato addosso. Pensò fosse normale, quella
sonnolenza, visto
quanto poco e male Jimin dormiva la notte. Piano piano, cercando di
essere
delicato per non svegliarlo, gli aveva fatto passare un braccio dietro
la
schiena, per metterselo un po’ di più contro il
petto e farlo stare più comodo.
Jimin, rimanendo addormentato, si era sistemato meglio e lui lo aveva
quindi
stretto di più a sé. Di nuovo, aveva avuto voglia
di compiere tanti gesti per
cui forse un’altra persona più audace di lui non
si sarebbe fatta problemi,
soprattutto visto che Jimin dormiva profondamente. Lui però
era innanzitutto
terrorizzato dall’idea che l’altro svegliandosi se
ne accorgesse e si
innervosisse, e poi non credeva fosse giusto. Jimin non era ancora il
suo
ragazzo e lui non si sentiva in diritto di fare tutto ciò
che avrebbe voluto.
Come toccare i suoi capelli corvini, accarezzargli piano una guancia,
prendergli una mano e tenerla nella sua, le loro dita intrecciate fino
a
destinazione. Lo aveva solamente tenuto stretto, sereno nel vedere
Jimin così
tranquillo con lui e pregando che il suo amore potesse essere
sufficiente a
ridonargli la serenità. Riguardo al problema di Jimin,
Taehyung non aveva
ottenuto molte più informazioni di quante già non
ne avessero in precedenza.
Gli aveva riferito di aver parlato con Jimin e che il ragazzo aveva
detto di
non sapere effettivamente il perché degli incubi e che aveva
promesso di
prendere provvedimenti nel caso in cui fossero continuati. A questo
punto
Jungkook aveva dunque pensato che la cosa migliore fosse aspettare e
vedere
come si evolveva la situazione. Non dubitava della sincerità
di Jimin e dunque
immaginava che prima o poi anche questo periodo sarebbe passato, come
tanti
altri periodi brutti nella vita. Quel venerdì sera, quando
era rientrato dal
supermercato con Taehyung, aveva trovato Jimin già
indaffarato insieme a Jin
per i preparativi della cena, mentre Namjoon e Hoseok erano sul divano
insieme
a Yoongi. Mentre era in cucina per dare una mano, aveva avuto modo di
vedere
qualcosa di diverso in Jimin. Sembrava più rilassato,
più sereno. Ogni tanto
gli lanciava un’occhiata di nascosto, come faceva spesso, e
si accorgeva che,
mentre tagliava le verdure, si era fermato con il coltello a
mezz’aria, lo
sguardo fisso e un sorriso sulle labbra. Anche durante la cena era
stato più
rumoroso, ridendo di più e facendo più chiasso.
L’atmosfera stessa sembrava più
tranquilla rispetto all’inizio della serata. Tutti erano
intorno al tavolo,
chiacchieravano e si divertivano e sembravano comportarsi in modo
diverso da
quanto avevano fatto prima. Jungkook aveva notato che la tensione che
si era
percepita nell’ultimo periodo era sparita, forse anche per
via del fatto che
l’umore nero di Yoongi sembrava essersi dileguato. Prima era
rimasto sul suo
divano senza parlare con nessuno o quasi, mentre adesso partecipava
alla
conversazione e faceva addirittura battute ogni tanto e anche gli altri
ragazzi
apparivano ora più allegri e chiassosi. Tutto ciò
sarebbe andato benissimo a
Jungkook, se solo non avesse sentito a un certo punto una conversazione
tra
Jimin e Yoongi che gli aveva provocato una certa apprensione. Era
accaduto
mentre si trovavano in cucina poco prima di cena. Jimin stava lavando
alcune
verdure nel lavandino mentre lui era sul bancone vicino a lui a
tagliare la
carne. A un certo punto Yoongi era entrato e si era portato vicino a
Jimin per
prendere un bicchiere d’acqua. Dopo aver finito di bere lo
aveva scosso apposta
davanti al viso del ragazzo per fargli arrivare delle gocce in viso, al
che
Jimin aveva chiuso gli occhi e arricciato il naso tirandosi leggermente
indietro e ridendo. “Quel pomeriggio salta se continui a
trattarmi male,
hyung!” aveva detto scherzando e Yoongi aveva risposto
portando le braccia ai
fianchi: “Chi ti ha insegnato a parlare così?
Porta più rispetto!”. Jimin era
diventato leggermente rosso e aveva ripreso a pulire le sue verdure,
ridacchiando e dicendo “Ho seguito i consigli di un uccellino
che mi ha detto
di farmi rispettare”. Yoongi se ne era andato scuotendo la
testa e affermando
deciso “Il pomeriggio si fa”. Ovviamente, Jungkook
non aveva potuto fare a meno
di chiedersi di cosa stessero parlando e soprattutto a quale pomeriggio
facessero
riferimento. Dovevano incontrarsi? Jungkook sapeva che Jimin e Yoongi
erano
soliti da anni passare pomeriggi insieme, e quando vi aveva riflettuto
in
passato era sempre arrivato alla conclusione che non ci fosse nulla di
cui
preoccuparsi. Si era già interrogato sul come fare i conti
con le persone nella
vita di Jimin e per quanto riguardava Yoongi sapeva che il ragazzo era
una
presenza, su questo non c’erano dubbi, ma non vi aveva mai
visto i presupposti
di una possibile minaccia. Adesso che però aveva iniziato a
frequentare Jimin
più spesso e si stava abituando all’idea che tra
loro le cose potessero
effettivamente andare nella direzione da lui sperata, l’idea
che Jimin
condividesse con Yoongi qualcosa che a lui era sconosciuto sembrava
stargli dando
molti più problemi di quanto avesse pensato. Una piccola
fitta dolorosa lo
aveva punto in pieno petto e lui aveva capito di essere geloso. Avrebbe
però
dovuto imparare a gestire questo sentimento, aveva pensato, Jimin non
poteva
trascorrere il tempo solo con lui. L’importante era che fosse
felice e se i
pomeriggi con Yoongi lo facevano stare bene lui non si sarebbe opposto.
In
effetti finalmente lo vedeva più tranquillo di quanto non lo
avesse visto da
settimane e se il merito era anche di Yoongi non aveva nulla in
contrario al
fatto che il loro hyung partecipasse al benessere di Jimin. Si era
detto così,
mentre tagliava a pezzettini con le forbici la carne, ma ovviamente non
era
nemmeno riuscito ad ignorare del tutto il senso di inquietudine che lo
aveva
colto. Ora che erano tutti riuniti attorno al divano, questa sensazione
si era
ripresentata e Jungkook non poté far altro che essere grato
a Taehyung per non
averlo lasciato da solo per terra.
–
La sala comunque sembra
quasi nuova grazie a questo quadro – disse Jimin –
e meno spoglia. Ora che
avete tolto le decorazioni natalizie mi devo un attimo riabituare a
tutto
questo spazio vuoto.
–
A proposito di
rinnovamenti – intervenne Jungkook – come stanno
andando i lavori da voi?
Avrete finalmente una cucina vivibile e non a rischio ibernazione?
–
Credo di sì, gli
operai hanno finito oggi – alzò gli occhi al cielo
– dovresti vedere che
disordine hanno lascia-
L’urlo
di Taehyung interruppe
Jimin e fece sobbalzare tutti. Aveva gli occhi spalancati e stava
guardando
Jimin con aria colpevole:
–
Jiminie! Ho
scordato che volevamo ripitturare le pareti!
–
Che pareti? –
chiese Hoseok.
Jimin
rimase un
attimo interdetto, non capendo perché una semplice
dimenticanza, tra l’altro
piuttosto frequente in Taehyung, lo avesse sconvolto così
tanto:
–
Abbiamo deciso di
approfittare del disordine e ridipingere domenica la cucina
perché è tanto che
volevamo farlo. Tae, non fa niente se lo avevi scordato, te lo avrei
ricordato
io domani, qual è il problema?
–
Ah, domenica
avreste dovuto…? – fu la domanda di Jungkook a
Taehyung – Non fa niente allora,
non ti pre-
–
No! No, no, Kookie,
aspetta un attimo. Jiminie – disse poi rivolgendosi
all’amico – scusami
tantissimo, lo avevo del tutto scordato. Io e Kookie…
avremmo deciso di andare
in campagna per fare delle foto per il nostro progetto questa domenica.
–
Taehyungie, ma
scusa! Ci eravamo già accordati!
–
Lo so, ma-
–
Non dobbiamo per
forza andare Tae – Jungkook cercò di rimediare e
giustificare l’amico – mi è
venuto in mente prima all’improvviso Jiminie, non lo avrei
nemmeno proposto se
avessi sap-
–
No, dobbiamo andare
invece. È come hai detto tu, quando ci ricapita la neve con
il sole? E il
progetto è vicinissimo, non abbiamo più molto
tempo da perdere. Jiminie, ti dispiace
tanto se rimandiamo io e te?
Jimin
sembrava
effettivamente esserci rimasto male. È vero che aveva
proposto quell’attività
come distrazione dall’incognita del ritorno di Yoongi, e da
questo punto di
vista urgenza non c’era più. Yoongi gli aveva
detto che sarebbe rimasto, e
Jimin gli credeva completamente. D’altro lato però
ci teneva davvero a fare
qualcosa con l’amico e il fatto che si fosse del tutto
scordato dei loro
accordi lo aveva leggermente offeso.
–
Taehyungie, le
lezioni si stanno facendo più intense e non lo so se
troverò un altro momento.
Questa domenica sarebbe stata perfetta perché tanto dovevamo
comunque ripulire
tutto. C’è un disordine incredibile in cucina
– disse per spiegare meglio agli
altri – e io non penso di trovare un pomeriggio da dedicarle
la prossima
settimana.
Taehyung
si morse il
labbro, incerto su cosa dire. Jungkook aprì la bocca per
cercare di convincere
Taehyung ad annullare il loro piano, ma venne anticipato da
un’altra voce.
–
Posso venire io ad
aiutarti a pulire – disse Yoongi. Sei paia di occhi sconvolti
si posarono in
contemporanea su di lui. Ne sentì il peso, ma
continuò, il cuore veloce nel
petto e la voce ferma – Se è troppo per farlo da
solo, posso venire io. E posso
aiutarti a pitturare – rifletté un attimo su
ciò che aveva detto e sentendosi
le orecchie calde si corresse – Cioè, quella
è una cosa che volevi fare con
Taehyungie, scusami, questo possiamo lasciar stare. Ma posso aiutarti a
riordinare e preparare tutta la stanza per la verniciatura.
Su
Jimin si mossero
ora solo cinque paia di occhi, perchè Yoongi continuava a
guardare fisso
davanti a sé. Non poteva crederci nemmeno lui. Che cosa mi è saltato in mente di fare?
Come aveva potuto fare una
proposta del genere dal nulla, così insensata,
così priva di logica? Aveva
visto Jimin dispiaciuto ed aveva provato una voglia enorme di fare
qualcosa e
aveva dunque fatto un enorme sforzo su sé stesso per
lasciare scorrere le
parole nel momento in cui le aveva pensate, senza mettersi a filtrarle
e
bloccarle con il raziocinio. Ora però stava sudando e lo
stomaco gli si era
contratto. Se il ragazzo non avesse risposto entro cinque secondi
giurò a sé
stesso che sarebbe fuggito via di corsa in camera e fatta la valigia
avrebbe
afferrato il primo volo per l’altra parte del mondo.
–
Va bene – Jimin era
stupito, ma cercò di non darlo a vedere. Disse quelle due
paroline di fretta,
nel terrore che Yoongi si rimangiasse la sua proposta e solo dopo
averle
pronunciate si rese conto davvero di ciò che era appena
successo. Aveva
accettato che Yoongi si presentasse a casa sua domenica. Si sarebbero
trovati
un intero pomeriggio da soli. Il pensiero rendeva Jimin allo stesso
tempo
emozionato e terrorizzato. Era contento, ma avrebbe anche voluto
prendersi a
schiaffi. Non avrei dovuto accettare. Non
possiamo comportarci come prima, hyung. Non posso stare vicino a te
così a
lungo, non così presto. Sarebbe dovuto essere
più cauto. Quando aveva deciso
di lasciare la porta aperta per Yoongi lo aveva fatto convinto che il
ragazzo
non gli avrebbe comunque mai più dato lo spazio che aveva
prima. Credeva si
sarebbe dovuto accontentare di poco. Invece adesso Yoongi si stava
offrendo di
attraversare mezza Seul solamente per andare ad aiutarlo a mettere a
posto la
sua cucina e di trascorrere un’intera domenica solo con lui.
Era più di quanto
Jimin avesse messo in conto e adesso era dunque spaventato. Questa
vicinanza
poteva rivelarsi più dolorosa del previsto, ma
d’altra parte lui non riusciva a
dirle di no. Aveva voglia di trascorrere del tempo insieme a Yoongi e
si era
buttato a capofitto in quella situazione pur sapendo quanto avrebbe
bruciato,
la sera, il vederlo andare via e non poterlo tenere per sé.
Ma ormai era fatta.
I nuovi accordi furono presi, Taehyung e Jungkook sarebbero andati
presto in
missione nelle campagne attorno alla casa di Jin, mentre Yoongi sarebbe
andato
subito dopo pranzo a casa di Jimin per dargli una mano con le pulizie
della sua
cucina.
22
gennaio 2017
Ci
sono volte nella vita
in cui capita di ritrovarsi ad affrontare situazioni come se queste non
fossero
reali, come se fosse un sogno il fatto che esse siano arrivate sul
nostro
cammino e davanti alla cui occorrenza ci sentiamo ancora più
sbigottiti quando
ci rendiamo conto di essere stati proprio noi a provocarle. Era questo
il modo
in cui Yoongi si sentiva in quella limpida domenica di gennaio.
Nonostante
avesse avuto del tempo per abituarsi all’idea, continuava a
chiedersi e
richiedersi come fosse giunto fin lì. Su quella strada
bianca che scricchiolava
sotto i suoi piedi, sotto quel cielo terso e quell’arietta
fredda, davanti a
quel portone che lo metteva in soggezione. Era il portone della casa di
Jimin e
Taehyung, e lui stava per entrarvi dentro, salire fino
all’appartamento e fare
irruzione nella domenica pomeriggio di Jimin come se fosse la cosa
più naturale
del mondo. Come se la presenza di Jimin fosse per lui semplice da
sopportare.
Come se non avesse capito di amarlo. Come se non avesse mai sentito le
labbra
del ragazzo pronunciare però un nome differente dal proprio.
Ed era infatti come
se nulla di tutto ciò fosse successo che Yoongi si era
proposto davanti agli
sguardi esterrefatti di tutti i suoi amici di uscire di casa, con il
freddo e
con la neve, dopo pranzo – rinunciando anche al suo riposino
pomeridiano – per
andare dall’altra parte della città ad aiutare
Jimin con un qualcosa che non
solo avrebbe potuto benissimo fare da solo, ma che, sebbene con un
po’ di
fastidio, avrebbe comunque potuto rimandare. Eccolo lì
dunque, adesso, fare un
passo dopo l’altro marciando dritto verso le sue paure, le
sue ansie, e
lasciando indietro il vecchio sé stesso. Perché
di questo doveva trattarsi, questa
persona che si stava muovendo ora verso l’ascensore e premeva
il bottone del
giusto piano. Un Min Yoongi sconosciuto, una nuova versione nata dal
nulla, o
che forse era stata sempre lì, ma non aveva mai trovato
abbastanza ossigeno per
nascere. Yoongi si chiese quale delle due ipotesi fosse corretta, se
quella
della creazione o della gestazione. Pensò che non aveva
molto senso saperlo non
appena vide il viso di Jimin venire progressivamente scoperto dalla
porta che
si apriva. Quali che fossero i motivi per cui aveva agito
così, restava il
fatto che adesso era lì, di fronte al ragazzo che amava, e
solo questo contava.
–
Ciao hyung – disse
Jimin con un sorriso, ma tradendo un leggero imbarazzo –
vieni dentro – Yoongi
entrò e Jimin chiuse la porta – mi spiace averti
fatto uscire con questo
freddo.
Yoongi,
mani nelle
tasche, lo guardò e basta, sbattendo un paio di volte le
palpebre. Jimin capì e
ridacchiò – L’ho fatto di nuovo.
–
Esatto – rispose
Yoongi iniziando finalmente a togliersi il cappotto e lo zainetto
– ti ho detto
io che potevo venire, non serve scusarsi.
Sentì
Jimin andargli più
vicino e fece del suo meglio per non irrigidirsi troppo quando lo vide
allungare le mani verso di lui per prendergli lo zaino e aiutarlo con
il
cappotto. Glielo passò cercando di apparire naturale e
cercò di non sobbalzare
quando sentì il delicato tocco delle mani calde di Jimin
sulle sue ben più
fredde. Il contatto durò solo un battito di ciglia e il
ragazzo più piccolo
piegò poi il giaccone su un braccio e gli disse di
accomodarsi intanto in
cucina.
–
È ovviamente un disastro
come potrai immaginare – avvisò prima di andare
nella propria camera per posare
il tutto. La cucina era effettivamente in condizioni poco felici. Il
tavolo e
il divano erano stati spostati per far spazio ai lavori e
c’era tantissima
polvere bianca per terra. In realtà, la polvere era un
po’ ovunque, anche
addirittura sopra il bancone della cucina, su cui tra l’altro
erano rimasti
accatastati diversi piatti. Una pila di giornali giaceva in un angolo,
una
busta di rifiuti in un altro. Ancora i pezzi del vecchio termosifone
non erano
stati portati via e bisognava dunque spostarli da qualche altra parte,
visto
che adesso giacevano nel mezzo della stanza. Sotto il tavolo, Yoongi
vide due
secchi di tintura. Vi si accucciò, piegato sulle ginocchia
così ci stava
perfettamente, e girò i secchi: il quadratino sul davanti
indicava la presenza
all’interno di un liquido arancione pallido.
–
Hyung? Che fai lì
sotto? – esclamò Jimin sorpreso.
–
Avete scelto un
buon colore.
–
Ah sì, sono andato
a comprare la tintura ieri. Abbiamo sempre voluto avere delle pareti
così.
Yoongi
si rialzò e
sgrullò via con le mani dai jeans neri la polvere bianca che
gli era rimasta
attaccata quando aveva gattonato per uscire dal ventre del tavolo.
Senza troppe
parole, i due ragazzi iniziarono ad occuparsi di mettere a posto la
stanza.
Yoongi si sentiva strano e Jimin ancora di più. Entrambi non
sapevano cosa fare
di quel tempo che gli era stato concesso. Lo vedevano come un dono
inaspettato,
gradito, ma difficile da accettare. Le domande che avevano affollato i
pensieri
di Yoongi lungo il tragitto erano molto simili a quelle che avevano
tormentato
Jimin per tutta la mattina. Come era accaduto tutto ciò?
Fino a solo quattro
giorni prima credeva di aver perso Yoongi per sempre. Non lo vedeva
né sentiva
la sua voce da settimane, non aveva nemmeno idea di quando avrebbe
fatto
ritorno a Seul e per quello che Jimin ne sapeva sarebbe potuto anche
andare via
per sempre. Adesso invece si trovava addirittura da solo con lui in
casa
propria, a darsi alle faccende di casa esattamente come se fosse il suo
coinquilino e migliore amico. La circostanza era sicuramente singolare.
Allo
stesso modo di Yoongi, anche Jimin era però ben presto
giunto alla conclusione
che l’unica cosa rimasta da fare a quel punto fosse
concentrarsi non su ciò che
aveva portato a questo momento, ma piuttosto sul momento stesso. E
questo
momento era importante. Era da solo con Yoongi, come aveva desiderato
di essere
da giorni e giorni ormai. Aveva finalmente l’occasione di
verificare se
avrebbero potuto funzionare, insieme in questo modo. Difficile a dirsi.
Per il
momento, i due ragazzi non stavano parlando molto. Yoongi non sapeva
come fare
conversazione mentre Jimin si sentiva troppo timoroso per parlare con
disinvoltura. Tranne per scambiarsi informazioni
sull’attività che stavano
svolgendo – “dove lo metto questo?”
“aiutami a spostare” – e le occasionali
domande di circostanza – “come stanno gli
hyung?” “lunedì riprendi a
lavorare?”
– i due ragazzi non si dissero molto altro. Fu solo quando
Jimin rientrò in
cucina dopo essere andato a prendere la scopa e inciampò
inspiegabilmente sul
bastone troppo lungo che gli arrivava ai piedi che
l’atmosfera si rilassò
leggermente per pochi minuti. Yoongi scoppiò a ridere forte,
mentre Jimin
rimase disteso per terra supino scuotendo la pancia per le risate anche
lui,
lamentandosi del dolore. Vide le scarpe di Yoongi avvicinarsi e subito
dopo il
ragazzo piegarsi sulle ginocchia.
–
Stai bene? – gli
chiese con voce morbida continuando a ridere e poggiandogli una mano
sulla spalla.
Il calore della mano di Yoongi si propagò attraverso il
tessuto della maglia
nera di Jimin e giunse dritto alla sua pelle, che segnalò il
proprio stupore
attraverso una scarica di piccole scosse elettriche che gli si
propagarono nel
corpo. Si alzò a sedere piano, Yoongi continuava a tenere la
sua mano su di
lui, come se vi fosse incollata.
–
S-si, sto bene.
–
Hai fatto un bel
ruzzolone – Le sue labbra, striscioline color fragola su
sfondo imbiancato,
erano ancora dispiegate in un mezzo sorriso. Era così vicino
adesso. Fece
scorrere la mano lungo il braccio di Jimin e quando fu
all’altezza del polso lo
tirò aiutandolo a rimettersi in piedi e alzandosi a sua
volta. Le sue dita esitarono
vicino alla sua mano, come se non volessero lasciarlo andare, e Jimin
dovette
fare appello a tutte le forze per lottare contro l’istinto di
avvicinarglisi
ancora di più. Doveva ricordarsi che Yoongi adesso stava
insieme ad Hoseok, al
cui lui era legato da un legame di amicizia che non poteva
compromettere
lasciandosi andare a mosse istintive ed azzardate. Si
allontanò da Yoongi con
un piccolo scatto, facendo due passi indietro e interrompendo il
contatto tra
le loro pelli senza che l’altro opponesse resistenza.
Balbettò un grazie e si
girò per riprendere la scopa da terra prima che il
più grande avesse modo di
accorgersi del rossore sulle sue guance.
–
Rimettiamoci a
lavoro.
Yoongi
sentì Jimin
rivolgergli queste parole e fece un cenno d’assenso con la
testa, ma mentre il
ragazzo si avviava dall’altro lato della cucina e iniziava a
accumulare la
polvere in piccoli mucchietti bianchi e grigi, lui rimase qualche
secondo
immobile. Quando si era accucciato vicino a Jimin gli aveva preso la
spalla
senza quasi pensarci, movimento istintivo vedendo l’amico per
terra. Ma il
discendere fino alla mano, prendergli il polso… quella era
stata una scelta
deliberata. Di nuovo, ebbe la sensazione di essere estraneo a
sé stesso. Che
cosa stava facendo? Il modo in cui Jimin si era allontanato da lui lo
aveva
fatto sentire un idiota. Si stava comprendo di ridicolo,
perché diamine si era
cacciato in una situazione del genere? Qual era il senso di torturarsi
così?
Contemplò per un momento l’idea di inventarsi una
scusa e andarsene di lì,
prima di fare qualcos’altro di ben peggiore che potesse
comprometterlo. Uscendo
di malavoglia da queste riflessioni si girò e
andò incontro a Jimin. Voleva
andarsene, ma voleva anche restare. Non riuscendo a trovare una
soluzione pensò
che l’unico modo per cercare di tenersi a galla fosse
semplicemente lasciarsi
spingere dalla corrente senza preoccuparsi di dove conducesse. Era
venuto per
aiutare Jimin, e dunque avrebbe aiutato Jimin, tenendosi
così tenuto occupato
in queste attività manuali nella speranza che lo
traghettassero in modo sicuro
alla fine del pomeriggio.
–
Cosa devo fare?
Jimin
gli dette
istruzioni sul come pulire il bancone e Yoongi le seguì
fedelmente. Mentre
bagnava la spugnetta sotto il getto dell’acqua del rubinetto,
si chiese perché non
riuscisse a capire che cosa stesse succedendo, perché ogni
più piccolo dettaglio
gli apparisse insolito. Cos’è
che non sta
funzionando? Perché
siamo così? Quando
la sera del venerdì erano rimasti soli in casa non aveva
avvertito la stessa
pressione che stava sentendo invece in questo momento. Però
a ben pensarci,
quella era una situazione differente. Ciò che era prevalso
in quel momento era
stato il sollievo di essere riuscito a riavvicinarsi a Jimin, non
c’era stato
modo di pensare ad altro. Inoltre si trovavano in un contesto
conosciuto, erano
sì soli, ma in fondo non del tutto ed in effetti, ora che
Yoongi ci rifletteva
bene, dopo quell’iniziale conversazione non si erano
più parlati molto fintanto
che non c’era stato nessun altro in casa. Quasi per nulla. Si
erano iniziati a
sentire più rilassati solo quando gli altri erano arrivati.
Quello che stava
avvenendo oggi… era diverso da tutto il resto. Non era
assolutamente simile a
nient’altro avessero mai sperimentato prima perché
erano loro ad essere
diversi, e Yoongi se ne rendeva conto. Jimin non era quello di sempre,
lo
percepiva, e era sicuro avesse qualcosa a che fare con il modo con cui
lo aveva
trattato nell’ultimo periodo. Non aveva ancora chiesto al
ragazzo come si fosse
sentito, ma avrebbe voluto. Jimin era sempre così insicuro
che più Yoongi ci
pensava più si rendeva conto di quanto avesse sbagliato a
prendere ed andarsene
ignorandolo. Non si sarebbe sorpreso se il comportamento un
po’ teso del
ragazzo fosse dovuto a questo. Lui invece, da parte sua, sapeva
perfettamente
il motivo per cui tutto quello che stava vivendo in quel momento avesse
sfumature nuove. Non era più in presenza semplicemente di un
amico, ma del
ragazzo che amava. Avrebbe voluto prenderlo da una parte e
rassicurarlo, dirgli
che se si era allontanato non era stato per mancanza di interesse, ma
solo per
troppo amore e che se lui voleva gli sarebbe rimasto vicino per sempre,
nella
veste di ciò che lui preferiva. Non erano però
queste dichiarazioni che potesse
fare. L’unica cosa che poteva fare era cercare di far parlare
le sue azioni.
Stare vicino a Jimin si stava rivelando difficile, più
difficile di quanto
avesse creduto, ma mentre passava il piccolo pannetto ruvido sotto il
rubinetto
e sentiva il tessuto ammorbidirsi e farsi più flaccido tra
le sue mani si disse
anche che non poteva mollare ora. Non sarebbe tornato sui suoi passi e
avrebbe
onorato la sua, silenziosa, promessa. Accogliere Jimin. Farlo sentire
voluto.
Fargli capire che lui c’era, di fianco lui, e non se ne
sarebbe andato di
nuovo.
I
pensieri di Jimin
non erano poi così differenti da quelli di Yoongi. Ancora
una volta i due
ragazzi stavano vivendo le stesse emozioni, ma senza renderne partecipe
l’altro. Anche lui si era reso conto della
difficoltà che stava avendo quel
pomeriggio a stare intorno a Yoongi e gli stessi dubbi che gli si erano
affacciati alla mente il venerdì sera sul divano, ma il cui
volume era riuscito
ad abbassare, stavano tornando ben più rumorosi. Non
riusciva davvero a vedere
nel futuro, neppure a fare un’ipotesi. Non aveva idea di cosa
sarebbe potuto
accadere tra loro due. Voleva rimanere di fianco al ragazzo, fintanto
che
Yoongi glielo avesse permesso, ma così non sembrava davvero
funzionare. Si
sentiva impacciato e si convinse presto che la sua inadeguatezza ad
affrontare
la situazione stesse contagiando anche Yoongi. Visto ciò che
era accaduto, si
era aspettato un po’ di imbarazzo iniziale, ma non aveva
previsto che poi non
appena l’atmosfera fosse stata per rilassarsi lui avrebbe
rovinato di nuovo
tutto trattando Yoongi con una freddezza che non meritava solo
perché non
poteva farglisi troppo vicino. Dipendeva tutto da lui, ne era sicuro,
da quanto
normalmente si sarebbe comportato, ma era complicato.
Un’improvvisa paura che
questa fosse l’ultima volta in cui avrebbero condiviso lo
stesso spazio e lo
stesso tempo da soli si impossessò all’improvviso
di lui. Il panico che facesse
un casino immenso e allontanasse Yoongi da sé con le sue
stesse mani.
–
Hyung?
–
Mmh?
–
Ti andrebbe di
aiutarmi a dipingere una parete?
Yoongi
aggrottò
appena le sopracciglia e si voltò:
–
Ma… credevo volessi
farlo con Taehyung?
–
Sono tre pareti. Se
ne facciamo una sola non se la prenderà. Davvero –
Jimin parlò piano, con tono
delicato e concluse la frase con un sorriso dolce appoggiandosi al
bastone
della scopa. Per qualche motivo, messo di fronte
all’eventualità che un momento
come questo non si sarebbe mai più ripresentato, aveva
sentito la voglia di allungare
quel pomeriggio, dare a Yoongi una scusa per rimanere di
più. Soprattutto, dare
a sé stesso un’occasione per rimediare. Ma non
voleva obbligare il ragazzo:
–
Solo se ti va,
ovviamente – disse poi serio.
Yoongi
sembrò
rimanere perplesso per un paio di secondi, poi batté due
volte le palpebre e
rispose:
–
Si, certo che mi
va.
Così
si ritrovarono,
dieci minuti dopo, a sistemare fogli di giornale ai piedi della parete
prescelta. Jimin si divertì e gli sembrò lo
stesso fosse per Yoongi. Amò ogni
momento trascorso con lui. Quando sistemarono carponi sul pavimento i
fogli di
giornale. Quando Yoongi scoppiò a ridere di fronte alla
fatica di Jimin nel
forzare il coperchio sigillato del bidone di tempera, aiutandolo a
tenerlo così
che nulla si rovesciasse per terra. Mentre discutevano su chi dei due
fosse più
grande di statura e dunque dovesse assumersi il compito di reggere la
scala per
l’altro che ci sarebbe salito. Quando finalmente Yoongi
– il vincitore della
discussione – si decise a concedergli il suo posto a terra e
lo fece scendere
dalla scala, occupandosi lui di dipingere l’altra
metà superiore della parete.
Quando poi fu il momento di pitturare là dove entrambi,
nelle loro piccole
altezze, potevano arrivare. La scala fu dunque messa via ed entrambi si
armarono di pennelli. Nessuno dei due avrebbe saputo dire quanto tempo
impiegarono
a compiere quel lavoro, ma il punto era che il tempo non importava. Per
l’ennesima volta, entrambi stavano provando la stessa cosa.
Quel momento sembrava
sia a Jimin che Yoongi talmente magico che nessuno dei due riusciva ad
allontanare da sé la sensazione che non si sarebbe ripetuto
mai più. Per cui
avevano entrambi deciso di coglierlo e, proprio come avevano fatto il
venerdì
precedente, accantonarono temporaneamente tutto ciò che non
apparteneva al momento
presente, unico obiettivo quello di farsi compagnia. Guardando Yoongi
imprecare
nell’accorgersi di dover riprendere la scala per via di un
punto rimasto bianco
a cui non riusciva ad arrivare, Jimin rise con gli occhi lucidi. Stava
diventando troppo semplice immaginare che non ci fossero più
barriere,
tensioni, paure a separarli. Che una vita in cui Yoongi appartenesse
completamente al proprio mondo potesse esistere. Perché di
questo aveva voglia
Jimin e se ne rese conto proprio in quel momento, realizzando anche
perché
fosse stato così felice del fatto che Yoongi avesse
accettato di aiutarlo in
un’attività così semplice, ordinaria,
domestica. Si
rese conto di voler davvero entrare nel mondo di Yoongi in modo
completo,
riempiendo ogni fessura e arrivando in ogni angolo e il cuore gli si
strinse a
questo pensiero perché sapeva che non sarebbe mai stato
possibile. Di nuovo
l’angoscia del futuro, la sensazione che i loro giorni
insieme fossero finiti.
Se lo era detto, stargli vicino gli avrebbe fatto male come non mai, ma
la
sofferenza sarebbe comunque stata minore rispetto al non averlo. Eppure
iniziava a dubitarne. Non sapeva se sarebbe stato capace di continuare
così, ad
averlo a sprazzi, passare con lui due ore per poi vederlo andare via,
da
qualcun altro, senza sentire l’impulso di scoppiare in
lacrime, prendergli la
mano e implorarlo di non lasciarlo. Di condividere con lui anche la
sera e la
notte e la mattina. Di permettergli di rimboccargli le coperte e
portargli la
colazione. Di riempirgli le giornate con la sua presenza, anche quando
era
silenziosa, anche quando era discreta. Era difficile pensare di
portarsi tutto
questo nel cuore ogni giorno senza prima o poi scoppiare. Volle
però allontanarsi
subito da questi pensieri. Le cose stavano andando bene proprio
perché li aveva
accantonati e non voleva rovinare tutto. Si avvicinò a
Yoongi per aiutarlo mentre
saliva di nuovo sulla scala e prese a ridere della sua altezza
finché non sentì
qualcosa di molle e umido sui capelli. Spalancò gli occhi e
si portò una mano
sulla testa, che gli tornò indietro sporca di arancione.
–
Hyung?! Che cosa…??
Pennello
gocciolante
alla mano, Yoongi guardava in basso verso di lui con un ghigno:
–
Ti stavi facendo
troppo impertinente – e riprese tranquillo il suo lavoro di
tinteggiatura.
Jimin scoppiò a ridere e corse a prendere dei fazzolettini:
–
E quindi hai deciso
di buttarmi la tempera addosso?!
–
Esattamente. L’acqua
corrente tanto l’avrete no? Vieni a tenere la scala!
Jimin
continuava a
ridere, passandosi la carta bianca tra i capelli e tornando alla sua
postazione.
Riprese a tenere ferma la scala, scuotendo nel frattempo la testa e
continuando
a dimostrare la sua incredulità a suon di lievi
imprecazioni. Quando finalmente
Yoongi scese si fermò un attimo per osservare il lavoro che
aveva fatto sui
capelli di Jimin. Mezzo lato nero e mezzo lato screziato di arancione.
Emise un
piccolo buffo di scherno sorridendo:
–
Non ti stanno male
in fondo. Dovresti tingerteli tutti così.
–
Hyung, c’è poco da
fare lo spiritoso, non ci posso ancora credere – rispose
Jimin ripiegando la
scala mentre Yoongi andava a lavarsi le mani nel lavandino.
–
Eppure sarebbe
divertente. Park Jimin che fa qualcosa di trasgressivo. Sarei tentato
di dirti
che potrei tingermi anch’io nel caso in cui tu lo facessi,
pur di vederlo
accadere.
–
Vuoi scommettere?
–
No. Potrei perché
so che non lo farai comunque, ma voglio andare sul sicuro. Ho una
posizione da
difendere.
–
Chissà, tinti
potrebbero starti bene. Dovrebbe essere un colore eccentrico
però.
–
Cosa vuoi dire?
–
Che non sarebbe da
te farli rossi o biondi, hyung. Troppo scontato.
–
E che colore dovrei
fare secondo te? – chiese Yoongi appoggiando la schiena
contro il bancone a
braccia conserte e sollevando un sopracciglio in direzione di Jimin:
–
Non so, pensavo
verde. Verde chiaro. Tipo sul menta, hai capito? Più
originale.
–
Jiminah, la tempera
ti ha dato alla testa, forse è il caso che vada a farti una
doccia.
Jimin
concordò
ridendo, ma decisero prima di terminare la parete. Proprio poco prima
che
finissero del tutto Jimin sentì il telefono che aveva in
tasca squillare.
–
Pronto, Tae? Cosa
succede?
–
Jiminie, volevo
avvisarti che vista la situazione probabilmente non torneremo.
–
Come? Che
situazione?
–
La neve, no? Qui ne
sta facendo veramente tanta, le previsioni si sono sbagliate, tanto per
cambiare.
–
Ah... perché,
nevica? – Jimin si girò verso la finestra e si
accorse che, sì, nevicava
davvero. Yoongi seguì la direzione del suo sguardo e
lanciò anche lui un suono di
sorpresa. Nessuno dei due si era accorto di nulla. Si portò
più vicino al
vetro: la neve era effettivamente tanta, i fiocchi rotolavano vorticosi
e il
fischio che adesso giungeva alle orecchie di Yoongi lasciava intuire un
vento forte.
Il cielo era scuro e nuvoloso e Yoongi capì
perché Taehyung avesse chiamato in
proposito. Si trovava insieme a Jungkook in campagna, convinto che il
sole
avrebbe resistito per buona parte del pomeriggio, così come
le previsioni
avevano detto, ma la natura ovviamente non aveva voluto dare questa
soddisfazione agli uomini. Pensò a quanto fosse assurdo il
fatto che né lui né
Jimin si fossero resi conto di nulla. Che ore erano?
–
Ok, ok, tranquilli!
L’importante è che siate al sicuro e al caldo, non
vi preoccupate. A domani
allora – Yoongi sentì Jimin dire così e
riappendere – Hyung sta nevicando! Non
me ne ero davvero accorto! E sono già le sei! Non so
perché ho perso del tutto
il senso del tempo – la voce gli si affievolì
proprio verso la fine della
frase, colto all’improvviso dal timore che il ragazzo potesse
cogliervi delle
allusioni dietro. Si schiarì la gola e si
avvicinò alla finestra, mettendosi a
fianco dell’altro. Attaccò il naso al vetro ed
espirò formando una nuvoletta di
condensa, dentro cui poi scrisse il suo nome.
–
Che fai, come i
bambini?
–
È divertente, prova
anche tu!
–
Jiminah… – Yoongi
scosse semplicemente la testa con un sospiro, divertito
dall’immagine del più
piccolo così felice di fronte a un semplice vetro appannato
– Dunque
cosa ti ha detto Taehyungie?
–
Pare che abbia
iniziato a nevicare già un’oretta fa, quando
davvero loro non se lo aspettavano
per niente. Presi alla sprovvista sono stati costretti a rifugiarsi
alla villa,
Jin-hyung ieri aveva dato le chiavi a Kookie per sicurezza. Hanno
deciso di
rimanere lì stanotte.
Yoongi
annuì e basta,
guardando anche lui fuori Seul che veniva imbiancandosi.
–
Ti va di restare a
cena? – chiese Jimin dopo qualche minuto di silenzio. Non
spostò gli occhi dal
grattacielo grigio che aveva di fronte, troppo terrorizzato
dall’idea di
arrossire e mettersi a balbettare se avesse guardato in faccia Yoongi.
Aveva
deciso di fare questa proposta il secondo in cui l’aveva
pensata, cercando di
ignorare il più possibile la sua insicurezza e timidezza e
rendere la voce più
stabile che potesse.
–
Mmh – fu il suono
d’assenso di Yoongi. Si staccò poi dalla finestra
e tornò al muro. Si sentiva
più felice di quanto gli fosse lecito per l’invito
e aveva timore a rimanere
troppo vicino a Jimin, per cui si era dovuto allontanare dalla
finestra. Gli
aveva già preso il polso in quel modo prima,
chissà cosa altro era capace di
fare questo Yoongi strano che era apparso da qualche giorno se fosse
rimasto
affianco al ragazzo un altro po’. Riprese il pennello in
mano. – Finiamo qui,
poi tu ti fai una doccia e dopo di che mangiamo, va bene? Spero ne
valga la
pena Jiminah, visto che sto rinunciando alla cucina di Jin.
Con
occhi che
brillavano, Jimin accorciò di nuovo la distanza tra loro e
affiancò il ragazzo
nell’opera di tinteggiatura.
****
–
Perfetto, è venuto
proprio bene! – esclamò Jimin contento, saltando
sul posto e battendo le mani –
No?
–
Si – anche Yoongi
era soddisfatto, avevano fatto un buon lavoro – Se Taehyungah
dovesse darti
buca un’altra volta direi che rappresento un valido
sostituto. Sono sbalordito
dalla mia capacità di imbianchino.
–
Hyung, non hai
fatto tutto tu – gli rispose Jimin ridendo e prendendo ad
avviarsi fuori dalla
cucina.
–
Hai ragione, anche
tu hai aiutato per il dieci per cento.
Jimin
si limitò a
ridacchiare scuotendo il capo:
–
Pensa ciò che vuoi.
Non vorrei contraddirti e ritrovarmi addosso un intero secchio questa
volta.
Vado a farmi la doccia, va bene?
–
Si, qui adesso
sistemo io il tavolo.
Un
grazie melodioso
gli giunse alle orecchie e a seguito una porta sbattuta e il rumore
dell’acqua
che prendeva a scorrere. In pochi minuti Yoongi pulì la
tavola e vi mise sopra
accatastate le cose che sarebbero servite per mangiare. Si mise poi le
mani
nelle tasche, ma le sentì vuote. Cercava il telefono, voleva
controllare nel
mentre che Jimin si faceva la doccia se qualcuno lo avesse cercato. Non
che
Yoongi avesse molti “qualcuni”
che
avessero voglia di cercarlo. Si ricordò di averlo lasciato
nel cappotto e si
avviò dunque in camera di Jimin, dove il ragazzo aveva
posato anche il suo
zainetto. Entrò un po’ incerto. Non era mai stato
in camera di Jimin, questa
era la prima volta e si sentiva strano al pensiero di starci mettendo
piede
senza che l’altro lo sapesse. Però doveva davvero
solo prendere il suo
telefono, sarebbe uscito subito. Evitò di guardarsi troppo
attorno e andò
dritto verso il letto di Jimin, sopra cui aveva visto il suo cappotto.
Frugò
nelle tasche frettolosamente, ma non lo trovò neppure
lì. Probabilmente allora lo
aveva lasciato nello zaino. Per terra però non
c’era. A malincuore, si decise
ad esplorare la camera un po’ di più per cercare
di capire dove Jimin potesse
averlo messo. Non dovette cercare a lungo. Il ragazzo lo aveva messo
sopra la
sedia della sua scrivania. Yoongi andò a recuperarlo e
mentre cercava nella
tasca anteriore il suo sguardo si posò su un lettore cd
poggiato sul fondo del
tavolo bianco, vicino al muro. Non riuscì a trattenere un
ghigno. Ma chi usava
i lettori cd ormai nel 2017? Sperando di trovare all’interno
materiale con cui
prendere in giro Jimin (il cd di qualche gruppo k-pop anni’90
di quando era
bambino magari), afferrò l’oggetto e lo
aprì. Ebbe un sussulto al cuore e le
mani presero a tremargli leggermente. Il
mio mixtape? Ancora lo ascolta? Sentì gli occhi
farglisi umidi e cercò di
vincere la sua emozione. Chiuse di scatto il lettore e lo rimise dove
lo aveva
trovato, come se fosse di fuoco. Forse… forse non era follia
pura fare ciò che
avrebbe voluto fare. Fino ad ora non aveva trovato il momento adatto e
stava
iniziando a dubitare di avere il coraggio che gli occorreva. Non si era
dimenticato del suo proposito principale, aprirsi a Jimin. Aveva
già cercato di
farlo in una certa misura, ma ancora non era abbastanza. Voleva
riportare le
cose a come erano prima, voleva che il loro rapporto riprendesse
quantomeno da
dove lo avevano lasciato. Voleva che il ragazzo sapesse con certezza
che aveva
ancora accesso al suo cuore. E il suo cuore erano i suoi testi e la sua
musica.
Prima di andare via di casa Yoongi aveva infilato nello zaino il
libretto nero
dove aveva ripreso a scrivere quelle parole che gli erano mancate per
tutto il
tempo in cui era rimasto convinto di doversi allontanare da Jimin. Ora
finalmente aveva però qualcosa di nuovo e ci teneva
incredibilmente a far
leggere tutto all’amico. Aveva bisogno di risentire quella
sensazione di calore
che gli veniva data dal vedere Jimin lavorare con lui, al suo fianco,
offrendogli spunti e opinioni. In fondo glielo aveva già
detto che gli doveva
un pomeriggio, no? Jimin pareva avere accettato. Adesso sapeva anche
che il
ragazzo ascoltava ancora ciò che aveva composto quasi due
anni prima e dunque non
aveva scuse. Doveva chiedergli di leggere i suoi testi. Se non lo
avesse fatto
ora, non lo avrebbe fatto mai più, Yoongi lo sapeva con
certezza. Con la stessa
certezza con cui sapeva di amare Park Jimin.
Sentì
una porta
sbattere di nuovo e dei passi farsi più vicini. Si scosse
dai propri pensieri e
capendo ciò che stava per succedere si sbrigò ad
aprire il cellulare e fingersi
intento a leggerci qualcosa. Come si era aspettato, Jimin
entrò in camera.
–
Oh, hyung! No-non
ti aspettavo qui!
Yoongi
sollevò lo
sguardo e si sentì mancare il fiato per un secondo. Jimin
aveva addosso solo i
pantaloni del pigiama, ma nient’altro sopra e teneva un
asciugamano bianco
sopra la testa. Fu abbastanza lucido da reagire subito, evitando di
rimanere ad
osservare l’altro troppo a lungo, come invece avrebbe voluto
fare:
–
S-scusa, volevo
solo prendere il telefono – Jimin si era adesso spostato
dalla soglia e si
stava dirigendo verso il letto e Yoongi iniziò ad avviarsi
fuori dalla camera –
Esco subito.
–
No, no, tranquillo – lo
fermò Jimn con un risolino imbarazzato.
Stava tirando fuori una maglietta di pigiama, bordeaux come i
pantaloni, da
sotto il cuscino – Un secondo e ho fatto – fece in
un secondo – Mi sono
scordato la maglia del pigiama come uno scemo –
si bloccò all’improvviso e Yoongi
aggrottò le sopracciglia – I-in
effetti… Non so nemmeno perché mi sono
già messo in pigiama, mi è venuto
automatico. Hyung, scusa! Dobbiamo cenare, non sono modi di ricevere
osp-
–
Jiminah, va tutto
bene! – per tranquillizzarlo Yoongi gli si era avvicinato con
due falcate e
adesso era abbastanza vicino da potergli prendere le mani. Si
fermò in tempo
almeno su questo. Vedere il ragazzo così di fronte a lui gli
aveva creato una
sensazione di calore alla bocca dello stomaco. Era
un’immagine che non aveva
mai avuto davanti prima d’ora: Jimin nella propria camera,
rilassato dopo le
fatiche della giornata, pronto per la notte. Era dolce, e bello. Era
davvero
bello, nel suo pigiamino, con i capelli corvini bagnati e le guance
tonde ancora
arrossate dall’acqua calda. La voce di Yoongi tremava
leggermente mentre parlò –
Non ti… Non devi preoccuparti. Sono io, Jimin. Sono solo io.
Jimin
capì cosa il
ragazzo volesse dire e annuì, rincuorato. Si guardarono
ancora un attimo,
entrambi in imbarazzo, finché Yoongi non parlò di
nuovo:
–
Ascolta… quel
pomeriggio che mi devi… Insomma, se fosse sera?
Cioè se… se ti facessi vedere
qualcosa che ho scritto ora? Ti andrebbe? – Jimin
sgranò gli occhi e Yoongi si
chiese se non si fosse appena buttato in una missione suicida. Sarei dovuto starmene zitto, che idiota. Mi
dirà che adesso non è il moment-
–
Certo! Certo,
hyung, va benissimo! – Jimin sembrava assolutamente serio e
genuinamente
interessato. Yoongi sentì le spalle farglisi più
leggere.
–
Da-davvero? Non è
un problema per te?
–
No, perché dovrebbe
essere un problema? Volevo… – si fermò.
Volevo
da tanto che tornassi a farmeli vedere. Disse altro
– Ti ho promesso che ti
avrei restituito il tuo pomeriggio, eccomi qui – e gli
sorrise. Yoongi
ricambiò, troppo sollevato per riuscire a ringraziare come
avrebbe voluto. Il
suo sguardò si posò poi sulla testa di Jimin.
–
Prima però credo
sia il caso ti asciughi, non vorrai riprenderti la febbre di nuovo?
Anche
Jimin sembrò
riscuotersi da qualche pensiero e si portò veloce una mano
tra i capelli
bagnati.
–
Si, hai ragione.
Faccio subito subito, cinque minuti, tu aspettami qui, va bene?
– e andò fuori
dalla stanza di corsa, non lasciando a Yoongi nemmeno il tempo di
rispondere. “Aspettami qui”.
Yoongi aveva pensato di portare
il suo quaderno in sala, ma a questo punto… Non aveva senso
il rimanere lì, lo
sapeva, e Jimin aveva detto così sicuramente per riflesso,
senza intendere
davvero che il ragazzo lo aspettasse proprio in camera sua. Eppure a
Yoongi parve
una scusa sufficiente per prendere il suo quadernetto, spostare il suo
cappotto
ai piedi del letto e mettercisi a sedere. Non voleva andarsene da
lì dentro.
Era convinto non vi avrebbe mai più messo piede e voleva
dunque rimanerci ancora
un po’. Gli sembrava un luogo migliore per ciò che
doveva fare. Poteva fingere
che vi fosse una corrispondenza tra il suo desiderio di condividere
qualcosa di
proprio con Jimin e il desiderio di Jimin di accoglierlo in un luogo
per lui
intimo. Ovviamente era sicuro non fosse questo il caso, ma allo Yoongi
sconosciuto
sembrava piacere darsi a mosse rischiose e speranze vane. Rimase seduto
per
qualche minuto lì, quaderno alle mani, fissando un punto nel
vuoto, cercando di
sgombrare la sua mente, non pensare a nulla, e concentrarsi solo sul
rumore di
fondo del phon in lontananza. Ebbe l’istinto di aprire quelle
pagine, ridare
un’occhiata a ciò che era dentro, ma
lasciò perdere. Se avesse riletto quello
che aveva scritto non sarebbe mai riuscito a farlo vedere a Jimin.
Nei
cinque minuti che
trascorsero da quando aveva lasciato la sua camera a quando spense
l’interruttore dell’asciugacapelli, il cuore di
Jimin non aveva mai cessato di
rimbombargli nel petto. Yoongi-hyung
vuole farmi già vedere i suoi testi! Aveva atteso
davvero questo momento da
tanto e il fatto che fosse giunto nonostante le difficoltà
durante il
pomeriggio lo convinse che qualcosa di buono dovesse averla fatta. Non
sapeva
se un’altra giornata come questa sarebbe ricapitata, ma anche
se questa fosse
finita per essere l’ultima volta in cui avrebbero avuto
questo tipo di intimità
Jimin non poteva fare altro che sentirsi grato. Era grato
perché Yoongi stava
per metterlo a parte del suo mondo ancora una volta e proprio dentro la
propria
camera, il luogo che tra tutti gli era il più personale e
privato. Quelle
quattro pareti sarebbero state testimoni di quel momento e lui
entrandoci
avrebbe potuto riviverlo ogni volta. Forse era un sentimento stupido,
provare
tanta felicità di fronte a un dettaglio così di
contorno – che differenza
poteva fare se Yoongi gli mostrava i testi in un giardino o un ufficio
o un
luna park? – eppure per Jimin la differenza era enorme. Si
asciugò i capelli con
fretta febbrile, sperando che il ragazzo non cambiasse idea nel
frattempo. Se
glieli avesse fatti davvero vedere, Jimin avrebbe allora anche potuto
riprendere a sperare che ci fosse una possibilità per loro.
Che nonostante gli
imbarazzi, e la fatica, e il suo essere completamente inadeguato a star
vicino
al ragazzo dimenticandosi ciò di ciò che provava
per lui, forse in fondo un
modo si sarebbe trovato. Staccò con gesto sicuro la presa
del phon dalla
corrente e lo poggiò a terra prima di lanciarsi fuori dalla
porta. Entrò in
camera e Yoongi era ancora lì, adesso seduto sul suo letto.
Aveva il suo solito
blocco nero tra le mani e Jimin non poté fare a meno di
sentire un’ondata di
sollievo spargerglisi per le membra. Non
ha cambiato idea.
–
Hyung – lo chiamò
coprendo la distanza tra loro e mettendoglisi a sedere vicino.
Sentì la gamba
di Yoongi contro la propria, e ne avvertì il calore ancora
più distintamente a
causa della sottile stoffa del pigiama. Si chiese se non fosse il caso
di
allontanarsi, ma l’imbarazzo e l’agitazione gli
impedirono di muoversi. Poiché
nemmeno Yoongi sembrava scostarsi da lui, decise di non pensarci e
concentrarsi
su ciò che dovevano fare. Gettò lo sguardo sul
blocco tra le mani di Yoongi:
–
Qu-quindi… – ingoiò
velocemente – hai scritto qualcosa di nuovo? Posso vedere?
Yoongi
non disse
nulla, semplicemente aprì il quadernetto alla pagina giusta
e lo passò a Jimin,
il quale glielo prese dalle mani e iniziò a leggere in
silenzio. Yoongi era
agitato. Jimin era così vicino a lui, avrebbe potuto
cingergli la vita con un
braccio e attirarlo a sé con una semplicità
incredibile. Ripensò a quando lo
aveva stretto quella notte al gelo e la voglia di sentire il corpo di
Jimin
contro il suo si fece ancora più forte. Dette un profondo
respiro per
riprendersi e poi si obbligò a guardare il ragazzo. Aveva
timore di ciò che
avrebbe visto. I versi che aveva scritto erano diversi dal suo solito
stile,
secco, diretto, sferzante. Questa volta erano più morbidi,
delicati, le parole
stesse non si avvicendavano come lame taglienti, ma piuttosto come onde
sinuose. Rotolavano una dietro all’altra e parlavano di
perdita e lontananza,
ma anche di scoperta e riscatto. Erano malinconiche, ma lasciavano una
sensazione dolce nel cuore. Forse erano troppo sdolcinate
però. Forse Jimin avrebbe
avuto l’impressione di star leggendo il diario segreto di una
quattordicenne
invece che i versi di un ragazzo come lui. Aveva paura di leggere sul
volto dell’altro
disapprovazione. Ma non vi trovò nulla di tutto questo.
Jimin stava piangendo.
Piangeva e continuava a leggere, incurante delle grosse gocce che gli
rigavano
le guance e colavano via. Jimin aveva cercato di trattenersi, ma non ci
era
davvero riuscito. Aveva vissuto troppe emozioni quella giornata e
adesso non
era davvero più riuscito a controllarsi. Ciò che
stava leggendo lo aveva
colpito dritto fino al profondo dell’anima ed era
probabilmente quanto di più
bello Yoongi avesse mai scritto. Per qualche inspiegabile motivo
riusciva a
rispecchiarsi in quei versi. Sembravano parlare di lui, come se avesse
raccontato a Yoongi tutto ciò che aveva vissuto
nell’ultimo mese e il ragazzo
lo avesse trasformato in una poesia. Come poteva dare una voce a
pensieri che
lui stesso non era mai stato capace di formulare con chiarezza?
L’idea che
Yoongi-hyung potesse aver vissuto, da qualche parte nella sua vita,
qualcosa di
simile a lui lo fece sentire allo stesso tempo estremamente triste ed
estremamente felice. Triste perché Yoongi non doveva
soffrire. Felice perché lo
stava facendo sentire meno solo. Jimin avrebbe tanto voluto chiedergli
che cosa
gli fosse successo per riuscire a mettere giù quei versi,
così differenti
rispetto ai soliti che scriveva, ma gli mancavano le parole.
Arrivò alla fine
della paginetta con il respiro bloccato, il troppo amore per il ragazzo
seduto
vicino a lui esploso all’improvviso a riempirgli il petto e
serrargli la gola.
Sentì Yoongi chiamarlo, il suo tono sembrava preoccupato.
Sentì il tocco di dita
leggere sulla guancia e si voltò. Alla sorpresa di vedere
Jimin piangere,
Yoongi non aveva saputo lì per lì come reagire.
Da un lato voleva
tranquillizzarlo, ma dall’altro avrebbe voluto continuare a
guardare
quest’immagine per un altro po’, per imprimersela
bene nella mente e nel cuore.
Era stato difficile arrivare fin lì, ma quanto stava
accadendo gli aveva fatto
capire che ne era valsa la pena. Aveva fatto bene a dare a Jimin, e a
sé stesso,
un’altra possibilità. Si sentì come la
notte di capodanno, in preda ad emozioni
opposte. L’idea che non avrebbe più trovato
nessun’altro al mondo che piangesse
così per quello che lui scriveva lo rendeva felice,
perché gli confermava di
aver fatto la scelta migliore che potesse fare ad affidarsi a Jimin.
Dall’altro
lato però gli riempiva il petto di dolore, perché
ciò significava che nessuno
avrebbe mai potuto sostituire Jimin, ed era tragico visto che il
ragazzo probabilmente
non sarebbe mai stato suo. Mentre lui si chiedeva cosa fosse giusto
fare per calmare
il più giovane, era stato di nuovo lo Yoongi appena nato a
muoversi per lui.
Portandogli una mano sulla guancia fece voltare il ragazzo verso di lui
e gli
parlò con voce bassa:
– Jimin,
non… non piangere. Non devi pian-
Interrompendo
il più
grande nel mezzo della frase, Jimin pose fine alla distanza tra i loro
volti e
lo baciò all’improvviso. Guardando il viso di
Yoongi attraverso gli occhi
appannati un unico desiderio aveva rapito tutto il suo essere e lui si
era
ritrovato ad assecondarlo senza nemmeno pensarci. Posando le labbra
delicatamente
su quelle dell’altro si sorprese di quanto sembrassero
combaciare
perfettamente. Si perdette completamente nella sensazione di avere
Yoongi così
vicino a sé, dimentico del fatto che non avrebbe dovuto fare
una cosa del
genere. Del fatto che Yoongi avesse già un’altra
persona. Del fatto che lui
stesso ne stesse quasi frequentando un’altra. Tutto
ciò che voleva fare era
baciare Yoongi e fargli sentire quanto lo ammirasse e amasse, e quando
il
ragazzo sembrò reagire appena, premendo un pochino di
più le proprie labbra
contro le sue, Jimin dimenticò anche tutto il resto. Dove si
trovasse, come si
chiamasse. Yoongi, Yoongi, Yoongi
era
tutto quello che riusciva a pensare mentre gli portava le mani in vita
e lo
stringeva di più. Yoongi lo lasciò fare, ma aveva
paura di ciò che stava accadendo.
Lo voleva anche lui, e poiché non sarebbe mai riuscito a
toccare Jimin così di
sua iniziativa, il fatto che fosse stato il più giovane a
sorprenderlo
sicuramente gli faceva piacere. Ma cosa poteva significare? Non si
sentiva del
tutto tranquillo, ma nonostante ciò la forza che lo spingeva
verso Jimin era
troppo intensa e si ritrovò presto a ricambiare quel bacio,
con esitazione
prima, intensificandolo un attimo dopo. Gli mise le mani sulle spalle e
quando
Jimin sentì il suo tocco su di sé
entrò in uno stato di trance, incapace di
fare nient’altro che non fosse muovere le proprie labbra allo
stesso ritmo di Yoongi.
Fu il maggiore a interrompere per primo quel contatto e riportarlo alla
realtà.
Si scostò leggermente da lui guardandolo con occhi sopresi:
–
Jiminah… – si fermò
un secondo per riprendere fiato – Cosa…
– Il voltò di Jimin si trasfigurò di
fronte ai suoi occhi. Lo vede dipingersi di un’espressione di
orrore, alzarsi
di scatto dal letto e allontanandosi di qualche passo portarsi le mani
davanti
alla bocca. Che stava succedendo? Si era pentito? Ti
prego non di nuovo. Non farmi
questo di nuovo. La testa gli stava girando, si sentiva
confuso, non sapeva
cosa provare. Era spaesato, sfiancato dalla battaglia in corso nella
sua mente.
Da un lato l’istinto di tornare a prendere il ragazzo tra le
sue braccia e
cedere alla piccola speranza che stava mettendo radici nel suo petto,
dall’altro l’allarme che stava urlando con voce
stridente avvisandolo che
doveva essersi trattato di un errore, di rimanere guardingo. Distrutto
dall’idea che tutto potesse infrangersi di nuovo. Jimin era
lì, che lo guardava
con sguardo colpevole.
–
Hy-hyung… mi
dispiace… mi dispiace tanto, scusami! Scusami, scusami,
scusami – disse
piangendo e si coprì tutto il viso con le mani,
completamente rosso, e
Yoongi non resistette più. Al
diavolo
tutto. Gli corse vicino in un lampo e delicatamente gli prese
entrambi i
polsi e lo obbligò a scoprirsi il viso. Jimin
continuò però a tenere lo sguardo
basso, scuotendo forte la testa e ripetendo il suo mantra di scuse:
–
Mi dispiace, mi
dispiace, che cosa ho fatto?!
–
Jiminah, smettila –
gli disse Yoongi calmo, cercando di tranquillizzarlo. Ma
perché si stava
scusando così? Lui non si era tirato indietro, lo aveva
ricambiato, che cosa lo
spingeva a chiedere scusa in questo modo? In realtà se
c’era qualcuno che
avrebbe dovuto chiedere scusa quello era lui.
–
Sono un pessimo
amico.
–
Mi vuoi guardare
per favore?
–
Hyung, mi dispiace,
sono una persona orribile. Hoseok… mi dispiace tanto.
–
Jiminah, ma di cosa vai parlando? Che cosa c'entra Hoseok adesso?! Guardami! – gli
lasciò un polso e gli prese il
viso per costringerlo a guardarlo. Jimin lo assecondò e
finalmente posò i suoi
occhi, completamente rossi, su di lui. Yoongi gli lasciò
andare anche l’altro
braccio e gli portò entrambe le mani sulle guance. Era
così sconvolto, troppo,
e Yoongi non ne capiva il motivo. Lì per lì aveva
creduto fosse per il senso di
colpa nei confronti di Jungkook, ma poi il ragazzo aveva nominato
Hoseok… che
si fosse sbagliato? – Che stai dicendo? Hoseokah…
come ti è venuto in mente
ora?
–
Hyung so tutto! Non
devi fingere!
Yoongi
iniziò a
preoccuparsi sul serio. Che avesse di nuovo la febbre?
–
Ma tutto cosa? Non
sto capendo niente Jimin!
–
Di te e
Hoseok-hyung! Lo so che state insieme!
–
Io insiem-
–
Vi ho sentiti quel
pomeriggio, quando vi siete dichiarati l’uno
all’altro! – La voce di Jimin era
scossa da singhiozzi. Yoongi rimase in silenzio. Jimin capì
che il loro tempo
era scaduto. Ora che Yoongi sapeva che lui lo aveva deliberatamente
baciato
nonostante sapesse della sua relazione con Hoseok di sicuro non avrebbe
più
voluto avere nulla a che fare con lui. Questa idea lo inondò
di un mare di
tristezza tale che riuscì persino a calmarsi.
Abbassò il tono della voce e
parlò di nuovo – Quello che ho fatto è
imperdonabile – prese le mani di Yoongi
sul suo viso e le portò giù, con il cuore che gli
batteva forte alla vista
dello sguardo sconvolto di Yoongi.
–
M-me e Hoseokah?
Insieme? Come… Jiminah, ma come ti può venire in
mente una cosa del genere? –
Le parole di Yoongi lasciarono Jimin interdetto. Perché
continuava a fingere
nonostante lui gli avesse detto di aver sentito tutto? Non si aspettava
questa
reazione.
–
Hyung, te l’ho
detto. Vi ho sentiti. Non devi più far fint-
–
Ma sentiti quando??
Quando mai io e Hoseokah ci siamo fatti qualche dichiarazione?!
È il mio
migliore amico, quasi mio fratello, da dove ti è venuta
l’idea che tra noi
potesse esserci altro?
Il
viso genuinamente
sorpreso di Jimin sconvolse ancora di più Yoongi. Il ragazzo
sembrava davvero
sicuro di ciò di cui parlava. Ma che diamine stava
succedendo?
–
Il pomeriggio in
cui sarei dovuto venire da te – Jimin aveva la gola secca, ma
si costrinse a
parlare. Forse se avesse spiegato per bene tutto a Yoongi lui si
sarebbe
convinto che stava dicendo la verità e avrebbe smesso di far
finta di non
capire – ricordi ti avevo detto che sarei venuto prima?
Yoongi
annuì.
–
Ma poi non ti sei
presentato.
–
Mi sono presentato.
Con quasi un’ora di anticipo. Ho trovato la porta aperta.
Qualcosa
si accese
nella mente di Yoongi. Un click che
sembrava aver scattato una catena di pensieri, ricostruzioni e
associazioni.
Lasciò però finire Jimin.
–
Credevo avessi
visto il mio messaggio e mi avessi così lasciato aperto.
Quando sono entrato
però non ti ho visto e ho creduto fossi sceso a prendere
qualcosa da mangiare.
Allora ho deciso di aspettarti in camera tua, ma quando stavo per
aprire ho
sentito la voce di Hoseok-hyung… e la tua. Stavate
dicendo… stavate dicendo… –
non riusciva a continuare, ripetere quelle parole che ormai lo
infestavano da
settimane troppo penoso.
–
Che avevamo sognato
quel momento da tante notti? Perché non ci fossimo mai detti
nulla prima? Che
volevamo rimanere assieme per sempre? “Le tue labbra sono
come una rosa”? Dove…
quando sei arrivato? Quali di queste battute hai sentito?
Jimin
aggrottò le
sopracciglia, guardandolo interrogativo.
–
Jimin stavamo… –
non riuscì a trattenere un piccolo accesso di riso. Per
qualche motivo l’essere
venuto a capo di questo mistero gli stava riempendo le membra di
sollievo e
aveva bisogno di scaricare la tensione accumulata fino a quel momento
– Stavamo
recitando! Quella porta… Hobi ha lasciato la porta aperta
per sbaglio quando è salito,
per questo l’hai trovata così. Ce ne siamo accorti
solo quando l’abbiamo
sentita sbattere. Abbiamo pensato fosse stata una corrente
d’aria, ma quindi…
eri tu. – Jimin ebbe solo le energie di annuire. Gli sembrava
di star vivendo
in uno dei suoi sogni – Io purtroppo il tuo messaggio non
l’ho letto, ero
impegnato con Hoseokah che mi aveva chiesto un favore – non
sapeva se Hoseok
sarebbe stato contento che svelasse il suo segreto, ma quello che stava
accadendo ora con Jimin era più importante – un
favore per il teatro. Mi ha
chiesto di aiutarlo con alcune scene per lo spettacolo. Se fossi venuto
a
vederlo lo avresti capito perfettamente. Erano scene romantiche e lui
non si
sentiva a suo agio con la sua partner per cui mi ha chiesto di fare
pratica.
Tutto qui. Come hai potuto pensare che davvero io e Hoseok
stessimo… Signore,
mi viene la nausea solo a pensarci – concluse Yoongi
sollevando gli occhi al
cielo e continuando a ridacchiare. Jimin rimaneva immobile
però e Yoongi si
rifece serio. Lo prese di nuovo per mano e lo accompagnò
delicatamente vicino
al letto, facendolo sedere e mettendoglisi accanto. Stava accadendo
qualcosa
nella mente del ragazzo e lui aveva bisogno di capire di che si
trattasse.
Credeva davvero che lo sconvolgimento di Jimin fosse dovuto a Jungkook,
ma
dalla sua reazione era evidente che la sua angoscia nasceva da altro e
traeva
origine dalla sua convinzione che tra lui e il suo migliore amico ci
fossero
sentimenti romantici.
–
Quindi… – la voce
del ragazzo era debolissima – quindi tra te e
hyung… non… non c’è nulla?
Non
state insieme?
–
Jiminah, no!
Ripeto, l’idea mi mette… Santo cielo, no. Io
gli… Hoseok… – cercò le
parole
giuste – voglio bene ad Hoseokah più di quanto
sarò mai capace di esprimere,
non solo a parole, ma anche a gesti. Lui è sempre stato
migliore di me in
questo senso, mentre io non credo di avergli mai dimostrato abbastanza
quanto
sia importante per me. Non saprei davvero cosa fare senza di lui,
ma… non lo
amo, se è questo che vuoi sapere. L’amore che ho
per Hobi è quello che si ha
per qualcuno che è la tua famiglia più della tua
stessa famiglia. Che si ha per
chi ti ha sempre tenuto la mano, non lasciandoti andare anche quando
quell’unione avrebbe rischiato di trascinare entrambi
giù dal dirupo. O quando
avrebbe avuto tutti i motivi per farlo. È…
Jiminah, è forte, mentirei se ti
dicessi il contrario. Gli voglio più bene di quanto ne
voglia a me stesso,
Hoseok è una parte di me. Ma non c’è
niente, assolutamente niente di romantico
in tutto questo. Non mi sognerei mai di… quello che
è successo ora con te… –
chiuse gli occhi per l’imbarazzo – non mi sognerei
mai di farlo accadere con
Hoseok e so che per lui è lo stesso. Mai, mai, mai. E anche
se il nostro
rapporto può intimorire… –
riaprì gli occhi e li puntò in quelli di Jimin,
facendo incontrare il suo sguardo infuocato con quello pieno di
meraviglia dell’altro
– non vuol dire che io non abbia posto per nessun altro.
Jiminah… – continuando
a tenere in una mano quella di Jimin, portò
l’altra dietro la nuca del ragazzo –
anche tu sei una parte di me. Avrei dovuto dirtelo prima, ma lo sai che
sono un
creti-
Jimin
gli buttò le
braccia al collo. L’abbraccio era così forte che a
Yoongi per un attimo mancò
il respiro, ma non gliene importò. Ricambiò
quella stretta, cingendo Jimin
sulla vita e portandolo verso di sé. Jimin era
così sconvolto che non aveva
nemmeno più le forze di piangere. Non riusciva a parlare,
continuava solo a
tenere gli occhi sgranati e si sentiva boccheggiare. Meraviglia,
stupore,
sollievo, tutto in una volta. Per tutto quel tempo aveva
creduto… Allora Yoongi
gli si era allontanato solo perché era stato lui stesso il
primo ad allontanarlo.
Doveva essere così. Non era vero che non gli importava nulla
che lui non si fosse
presentato quel pomeriggio. Non si era dimenticato del loro
appuntamento. Non
ne aveva parlato solamente perché Yoongi era Yoongi, e
Yoongi si teneva tutto
dentro. Jimin lo aveva ferito, se ne rendeva conto adesso. E si
sentì stringere
il cuore a questo pensiero e per reazione abbracciò il
ragazzo ancora più
forte.
–
In realtà – la voce
di Yoongi gli giunse morbida alle orecchie – te lo avevo
già detto quello che
significavi per me. Ma immagino non conti.
Jimin
si staccò da
lui per guardarlo in viso.
–
Cosa intendi?
–
La notte di
Capodanno. Avevo… – si interruppe, nella mente di
nuovo un particolare spuntò
fuori e tornò a sentirsi confuso. Jungkook.
Che ruolo aveva in tutto questo? – Jimin, cosa
c’è tra te e Jungkookie?
Jimin
non seppe cosa
rispondere. Cosa c’era tra loro? Da parte di Jimin, amicizia.
Ma da parte
dell’altro… Rimase in silenzio.
–
State insieme? – il
tono di Yoongi si fece più flebile e Jimin lo vide
allontanarsi leggermente da
lui. Lo prese per le braccia per trattenerlo:
–
No! – urlò – no,
non stiamo insieme! Lo so che ho passato tanto tempo con lui
ultimamente,
ma…cre-credevo… io credevo che tu stessi con
Hoseok-hyung! – ecco, lo aveva
detto. Non ne era fiero, si sentiva schifoso, ma era inutile mentire a
Yoongi.
Voleva mostrarglisi completamente, anche quelle parti di cui lui si
sarebbe
disfatto per vedere se il ragazzo avrebbe potuto amare anche quelle.
Yoongi lo
guardava interdetto – Tu non c’eri. Mi avevi
lasciato solo.
–
Jiminah, io ti ho
lasciato perché credevo stessi insieme a lui. Che non
volessi avere più nulla a
che fare con me. La notte in cui mi sono dichiarato a te…
hai cercato lui. Hai
chiamato il suo nome. Allora ho pensato di aiutarti e ho mandato un
messaggio a
Jungkook con il tuo telefono fingendo che fossi tu a chiedere il suo
aiuto. Eri
quasi svenuto e io non sarei riuscito a portarti dentro in ogni
caso… Jiminah?
Jimin
si era alzato
di nuovo, come aveva fatto poco prima, quando aveva creduto di aver
appena
tradito la sua amicizia con Hoseok.
–
Di cosa stai
parlando? Yoongi-hyung, di cosa stai parlando?! Quale notte? Quale
dichiarazione?!
Sembrava
pronto ad
esplodere da un momento all’altro per cui Yoongi
parlò lentamente e con
cautela:
–
La notte di
Capodanno… a un certo punto tu sei uscito e io sono stato
l’unico ad essermene
accorto. Eri chiaramente ubriaco e si vedeva che stavi male,
così mi sono
preoccupato e ti ho seguito, trovandoti con solo la magliettina
addosso, nel
pieno della notte. Credo la tua febbre fosse altissima in quel momento
perché
ti ho visto davvero perso, probabilmente deliravi. Infatti non ricordi
nulla, vero?
Poco.
Jimin ricordava
poco, davvero molto poco. Ma quel poco che ricordava ormai era impresso
in lui
per sempre perché erano scene che aveva girato nella sua
mente in continuazione.
Delle braccia che lo avvolgevano, la sensazione di sentirsi amato,
protetto, al
sicuro. Poi quella voce… quella voce che gli tornava spesso
nei sogni, che
sembrava appartenere a Yoongi. Il più grande
continuò, mentre lui cercava di
rimettere insieme tutti i pezzi di quella confusa notte.
–
Ti sei appoggiato
al muro della casa, e mi hai trascinato giù con te
– gli occhi di Jimin si
fecero enormi – È poi stato quando ti ho sentito
dire il nome di Jungkook che…
che ho capito che dovevo farmi da parte. Così ti ho
confessato i miei
sentimenti prima di nascondermi. Se fossi stato più lucido
avresti capito da lì
che non potevo stare con Hobi…
–
Eri tu?! – l’urlo
di Jimin rimbombò sulle pareti. Aveva lo sguardo costernato,
le guance rosse e
negli occhi gli si erano già formate nuove lacrime che lui
questa volta non
aveva forza di fermare – Eri tu li con me?! Hyung, io stavo
chiamando te! Stavo
male e credevo ci fosse Jungkook vicino a me, ma stavo cercando te!!
Gli stavo
chiedendo… – Si buttò per terra,
appoggiandosi alle ginocchia di Yoongi e
sollevando i suoi occhi sconvolti in quelli ugualmente scioccati
dell’altro. Le
lacrime ormai cadevano una dietro l’altra come un fiume in
piena – gli stavo
chiedendo di portarmi da te, Yoongi! – Nascose il viso tra le
gambe del più
grande e scoppiò in un pianto dirotto e Yoongi
capì che c’era tutto, in quel
pianto. La liberazione. La sorpresa. La tensione. La sofferenza. Tutto
quello
che doveva aver provato da solo in quel mese in cui aveva creduto di
averlo
perso. E come un perfetto idiota lui non aveva nemmeno provato a
parlarci,
avvicinarglisi. Se gli avesse detto che stava male a vederlo distante,
che
l’idea che potesse allontanarsi da lui lo sconvolgeva, che
non stava capendo il
perché di quel silenzio improvviso… se avesse
ammesso con il più piccolo, e a
sé stesso, di avere dei sentimenti,
anche se prima di capodanno non sapeva di che natura esatta fossero, di
avere
un cuore che pulsava emozioni e non c’era nulla di male in
ciò, avrebbe saputo
prima del malinteso in cui era caduto Jimin e non avrebbe lasciato il
piccolo
soffrire in solitudine per tutto quel tempo. Di nuovo, lui e la sua
fottuta
paura di avvicinarsi alle persone e farle avvicinare a sé
erano stati la causa
di tutto ciò. Sarebbe stato troppo per il vecchio Yoongi
confessare di sentirsi
turbato dall’improvvisa freddezza dell’altro.
Ferito dal suo comportamento. Ma
adesso quello Yoongi non c’era più.
C’era il nuovo, e Yoongi iniziava a
sentirsi più a casa nei suoi panni che in quelli
dell’altro. Più libero. Mise
la mano tra i capelli di Jimin, prendendo ad accarezzare piano quelle
ciocchette nere e delle piccole gocce iniziarono a cadere anche dai
suoi di
occhi. Con la voce leggermente smorzata lo chiamò:
–
Jiminah… Jimin,
guardami.
Continuando
a
singhiozzare il più giovane sollevò il viso.
Yoongi si piegò su di lui e lo
baciò piano prima di prendergli le braccia e guidarlo di
nuovo a sedere vicino
a lui. Lo avvicinò poi a sé portandogli una mano
in vita e rimise l’altra tra i
suoi capelli. Il bacio riprese, questa volta più sicuro,
fermo. Yoongi aveva
avuto paura di lasciarsi andare prima, ma adesso sapeva esattamente
cosa stava
facendo. Le sue labbra toccavano quelle di Jimin in modo appassionato,
ma
delicato, senza fretta e senza paura questa volta, sapendo finalmente
con
certezza che non stava facendo nulla di sbagliato, che Jimin non
sarebbe corso
via di nuovo, che adesso sarebbe stato davvero solo per lui. Si
allontanò solo
un momento e sembrò voler dire qualcosa, ma Jimin scosse la
testa. Non era più
il tempo delle parole e Yoongi capì. Mettendogli le mani
dietro al collo, Jimin
riaccostò le loro labbra e intensificò la
velocità di quel bacio. Più
sentiva Yoongi vicino, più lo voleva ancora di
più addosso. Più lo assaporava,
più se ne sentiva assetato. C’era però
ancora troppa distanza tra loro. Senza
preavviso, gli si mise a cavalcioni sopra, senza mai interrompere il
bacio, e
Yoongi lo prese saldo dietro la schiena. Fece scorrere le mani e
arrivato al
bordo della sottile maglia le mise sotto, andando a toccare con le dita
la
pelle nuda di Jimin. Il ragazzo emise un piccolo gemito a questo
improvviso
contatto e mise ancora più energia nel bacio. Il cuore gli
batteva fortissimo e
sentiva caldo in tutto il corpo. Si sentiva protetto nelle braccia di
Yoongi,
voluto, desiderato, tanto quanto lui lo voleva e desiderava. Yoongi si
staccò
appena, per riprendere fiato, e Jimin anche ebbe così tempo
di snebbiare con un
po’ di ossigeno la sua mente appannata. Si sentì
prendere e sollevare
leggermente per poi finire con la schiena sul materasso, Yoongi sopra
di lui.
Jimin gli prese il viso tra le mani e il ragazzo si abbassò
di nuovo,
riprendendo il flusso dei loro baci. Gli si distese sopra e le loro
gambe si
intrecciarono istintivamente. Mentre le loro labbra continuavano a
cercarsi ed
esplorarsi, Jimin portava le proprie mani su Yoongi ovunque riuscisse,
tra i
suoi capelli, sul collo, sulle spalle, in vita, le braccia.
Passò le mani sotto
al suo maglione e le portò sul suo petto, godendo finalmente
di quel contatto
più diretto. Yoongi sembrava avere più controllo
di lui, ma quando sentì le sue
dita sotto la maglia non riuscì a trattenere un sussulto e
inspirando
profondamente lasciò le labbra di Jimin e si
tuffò nel suo collo. Jimin si sentì
il respiro farsi più affannato e chiuse gli occhi per
isolarsi da tutto e
concentrarsi solo sulle sensazioni che Yoongi gli stava donando. Le sue
labbra
e la sua lingua si muovevano lungo il suo collo e Jimin aveva appena
preso a
sollevare i lembi della maglia di Yoongi quando sentì il
ragazzo fermarsi. Lo
sentì tirare un altro profondo sospiro prima di sollevare la
testa e guardarlo.
Quel semplice movimento era costato uno sforzo disumano a Yoongi. Jimin
era
caldo e morbido e il suo profumo fresco e che sapeva di pulito gli
stava
iniziando ad invadere completamente la mente e i sensi. Ma non poteva
ancora
permetterlo. Jimin aveva il fiato corto sotto di lui e Yoongi gli dette
un
piccolo bacio su una guancia, poi sull’altra e infine sulla
fronte, cercando di
regalare ad entrambi un po’ di tempo per calmarsi.
Parlò poi dolcemente, ma con
voce ferma:
–
Forse è meglio
fermarsi qui, che dici?
Jimin
non sembrava
convinto. Non era abituato a sentire tutte quelle emozioni e lo stavano
letteralmente divorando, impedendogli di trovare le redini per dare a
tutto un
freno.
–
Hyung, però…
–
Ascoltami – lo
interruppe Yoongi con voce bassa e morbida lasciandoli un delicato
bacio sul
collo – ci sono troppe cose che dobbiamo sistemare, non
pensi? – parlava al
plurale, ma Jimin capì si riferiva in primo luogo a lui
– Persone… persone che
devono sapere. Ci sono dettagli che mi sono tornati in mente e
credo… – gli
scostò una ciocca di capelli dagli occhi e gli
lasciò un altro piccolo bacio
sulla fronte – beh, credo abbiamo dato da pensare un
po’ a tutti. Ho trattato
Hoseok davvero molto male – la voce gli si
assottigliò nel dire queste parole e
gli occhi gli si fecero tristi. Il pensiero dell’amico fece
sentire
all’improvviso anche Jimin incredibilmente triste.
–
Anche io non sono
stato giusto con lui. E poi c’è…
c’è…
–
Lo so – gli disse
Yoongi, evitando al ragazzo il dolore di dover pronunciare quel nome ad
alta
voce. E poi c’è Jungkook,
questo
stava per dire. Gli si spostò da sopra, distendendosi vicino
a lui e Jimin gli
si sistemò meglio contro il petto –
andrà tutto bene vedrai. Ma vedi? Ci sono
ancora troppe persone coinvolte in tutto questo – gli
sollevò il viso per
guardarlo negli occhi – e io voglio stare solo con te, senza
nient’altro in
mezzo a noi. Che siano incomprensioni, malintesi o situazioni non
chiarite.
Voglio poterti tenere tra le braccia senza paura di offendere nessuno,
senza
preoccupazioni, non voglio provare vergogna all’idea
che… che tutti sappiano che
sono tuo così come spero tu sia mio.
Jimin
si sentì il
cuore esplodere. Lo strinse fortissimo e arrossendo parlò
con il viso contro la
maglia di Yoongi:
–
Non devi sperare hyung.
Sono tuo da un bel po’, anche se nemmeno io lo sapevo.
Yoongi
sorrise e
sentendo altre lacrime pronte ad uscire cercò di fermarle
abbracciando a sua
volta Jimin più stretto. C’era un limite a quanto
avrebbe voluto tenerlo
vicino? Ci sarebbe stato un momento in cui avrebbe detto “va
bene, così è
sufficiente”? No.
Rimasero
abbracciati
in silenzio per qualche minuto, il suono di piccoli baci leggeri e
soffici come
unica prova che in quella stanza al momento ci fossero due persone. Una
piccola
risata uscì da Yoongi all’improvviso e Jimin lo
guardò incuriosito.
–
Cosa c’è? Perché
ridi?
–
Nulla è che… – rise
piano di nuovo – sto pensando al quadro di Jin-hyung, quello
in salotto,
“Transizione”. Mi viene da ridere perché
è un dettaglio così idiota.
Però… – si
fece più serio e trasse un lungo sospiro –
Rappresenta il disgelo e… all’inizio
ho pensato fosse una scelta strana per un salotto, un po’
eccentrica. Ma adesso
capisco, e hyung aveva ragione, non è triste. Non
è davvero triste come sembra.
–
Disgelo? Credi sia
questo che rappresenti? Quando si scioglie la neve?
–
Si, credo sia
l’unico modo per spiegarsi il titolo, altrimenti sarebbe
stato solo, non so, “Inverno”,
immagino. O “Paesaggio innevato”. Ma
secondo me l’artista stava cercando di mettere in risalto
qualcos’altro e se
immaginiamo che il momento di transizione sia rappresentato dal momento
del disgelo,
credo che il dettaglio del sole… beh era proprio il
passaggio da uno stato all’altro
su cui il pittore penso volesse attirare l’attenzione. E
sotto questa luce
riesco a rendermi conto perché Jin abbia scelto quel quadro
dicendo che gli
donava tranquillità. È il momento più
bello, quello del disgelo. Più bello
ancora della primavera stessa, quando ti trovi già davanti
al fatto compiuto,
la vita ritornata. Il disgelo è invece l’esatto
momento in cui le cose tornano
a vivere, disfacendosi finalmente del ghiaccio. Ciò a cui
sei messo di fronte è
la vita stessa in atto di liberarsi, dunque quando è nella
sua forma più
fragile, ma ha la volontà più forte. Vedi quella
carica vitale pronta a
scoppiare e sai che riuscirà a prevalere. Io… mi
è tornato in mente perché io
mi sento esattamente così in questo momento. Oggi
è stato difficile, ho temuto
in così tanti momenti di non avere la forza per continuare a
lottare, per
tenerti a me, per ritrovarti. E invece adesso… non mi sono
mai sentito più
felice di ora, quando mi sono accorto che tutto il ghiaccio che ho
sempre avuto
attorno si stava sciogliendo e ho sentito il mio respiro libero di
nuovo – la
voce gli si incrinò. Jimin ascoltava tutto immobile e in
silenzio assoluto,
combattendo contro le lacrime. Respirava piano, temendo che il suono
del suo
stesso respiro potesse spezzare la magia del momento e interrompere
Yoongi, che
si stava aprendo a lui in un modo che Jimin non avrebbe mai creduto
possibile –
Sei il mio disgelo Jimin. Non riesco a crederci, ma sono ancora vivo.
Yoongi
piangeva
adesso e Jimin con lui. Non sapeva cosa dire, quali parole usare dopo
una
dichiarazione del genere? Fece ciò che aveva spesso fatto
con Yoongi, lasciò i
gesti parlare per lui. Gli passò le mani sulle guance
portando via le sue
lacrime e poi lo baciò di nuovo e in quel bacio
cercò di comunicargli tutto
l’amore che provava per lui, sicuro che Yoongi lo avrebbe
capito. Stretti così,
l’uno tra le braccia dell’altro, tutte le angosce
dell’ultimo periodo, tutto il
dolore provato in quel mese infernale, svanirono di colpo. Leggeri e
felici
erano adesso lì, finalmente riuniti, finalmente insieme.
Jimin sarebbe potuto
rimanere così per sempre, a godere semplicemente del calore
del corpo di Yoongi
e delle labbra morbide del ragazzo sulle proprie. Si sentiva anche lui
felice
come non gli era mai successo prima e lacrime di gioia e desiderio
presero a scorrergli
giù ancora una volta dagli angoli dei suoi occhi chiusi.
Amava Yoongi con tutto
il suo cuore e la sua anima, ed era sicuro come era sicuro che domani
il sole
sarebbe sorto che non lo avrebbe mai più lasciato andare.
Note
dell’autrice (2): Oooook. Ce
l’ho fatta. Non so come
spiegare adeguatamente la difficoltà che lo scrivere questo
capitolo mi ha dato. È uno di quelli che ho in mente fin
dall’inizio eppure
quando poi mi sono messa a scriverlo… è stato
incredibilmente complesso. Ho
sudato ad ogni singola frase, penso di avere diciotto versioni diverse
delle
stesse scene nel mio computer. Forse perché non era semplice
traghettare queste
due anime dal punto in cui sono partite a quello di arrivo, forse per
un altro
milione di motivi che però non mi metterò a
dirvi. Voglio lasciare il tutto
completamente a voi, senza mettermi ad elencare tutti i punti che sono
per me
fonte di insicurezza. Dico solo che è stata dura
pubblicarlo, anche perché è un
capitolo, come si sarà potuto capire, fondamentale. Direi il
punto più
importante di tutti visto che siamo giunti al momento che attendevamo
tutti con
ansia, il chiarimento tra Jimin e Yoongi. Spero con questo i dubbi si
siano
dissolti: non sono una sadica! Ok la sofferenza, ma il lieto fine
glielo diamo
a questi bimbi che hanno dovuto fare tanti sforzi su loro stessi,
crescere e
uscire dal loro guscio. È giusto che lo abbiano, hanno fatto
cavolate, ma le
hanno pagate e hanno imparato. Si meritano la loro gioia, no? Lo so che
ci sono
ancora una cosetta o due da sistemare, come anche Yoongi stesso dice a
Jimin.
Immagino la prima persona che viene in mente a questo riguardo sia il
piccolo
Jungkook. Anche Hopi merita delle scuse ed in generale ci sono ancora
un po’ di
chiarimenti che vanno fatti, per cui il prossimo capitolo si
occuperà di
questo. Mi dispiace da morire dirlo, ma temo siamo in dirittura
d’arrivo… Ma
comunque parlerò meglio anche di questo nel prossimo paio di
capitoli.
Come avevo
accennato nelle note iniziali, il capitolo è
lungo, ma come dividerlo? Credo che la narrazione del percorso
affrontato dai
nostri bimbi durante questo lungo pomeriggio fosse da lasciare
ininterrotta,
così che fosse più semplice immedesimarsi in
tutto quello che hanno provato e
vivere poi al meglio con loro il sollievo finale. E sì che
ne hanno passate un
bel po’ di emozioni, no? Dall’imbarazzo, alla
paura, alla spensieratezza, la
tensione, il sollievo… uuuh è stata faticosa. Lo
è stato da morire anche per
me, per cui spero con tutto il cuore che questo capitolo vi piaccia. Mi
ha
letteralmente prosciugato le energie.
Per oggi vi
lascio. Grazie tantissimo come ogni volta di
aver letto il capitolo e le note. Se avete un attimo fatemi sapere cosa
ne
avete pensato ♥ Ci vediamo la
prossima settimana, baci,
Elle ~
PS: la vostra
sanità mentale dopo venerdì è ancora
intatta? La mia poco :P Applausi per noi reduci.
PPS: Mentre
scrivevo il capitolo c’è stata una canzone
che è partita e il cui testo sembrava piuttosto perfetto per
quello che Jimin e
Yoongi pensano prima di scoprire ciò che realmente
l’uno prova per l’altro. Io
stessa non la conoscevo e visto che mi è piaciuta molto e mi
fatto pensare ai
miei Yoonmin ve la lascio qui: “Bud” di Fenne Lily.
Mi ha colpito l’adeguatezza
del testo rispetto alla situazione pre-chiarimento di Jimin e Yoongi
proprio
mentre scrivevo di loro.
|
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Capitolo 18 *** Capitolo XV ***
CAPITOLO
XV
“L'amore
astratto brama gesta immediate,
edificanti perché tutti lo notino. Si giunge effettivamente
anche al punto di
sacrificare la vita purché non vada troppo per le lunghe e
si concluda al più
presto, come sulla scena, così che tutti vedano e plaudano.
L'amore attivo è
fatica e perseveranza.”
(Fëdor Dostoevskij,
I
fratelli Karamazov)
23
gennaio 2017
Jimin
quella mattina si svegliò completamente riposato.
Non aveva avuto nessun incubo. Nessun vento ruggente, nessuna tenebra
gelida lo
era andato a visitare in sogno durante le ore notturne. Dopo aver
ripassato
come un film ogni singolo attimo trascorso durante la giornata, Jimin
aveva
chiuso le palpebre con un sorriso sulle labbra e c’era stata
poi solo
l’oscurità. Quanto tempo era che non dormiva
così bene? Così tanto che lì per
lì fece fatica a riprendersi subito. La rilassatezza
post-sonno era un qualcosa
che non sperimentava da un po’ e per questo al risveglio si
sentì del tutto
frastornato. Osservò il mondo della sua camera con gli occhi
appena visibili da
sotto la coperta e poi si stirò placido. Yoongi-hyung,
fu la prima cosa che pensò. I ricordi della sera precedente
presero ad
affiorare e Jimin si chiese se avesse sognato tutto. Gli
tornò in mente il suo
viso, che finalmente aveva potuto avere così vicino al
proprio. La sua voce,
che gli aveva sussurrato dolci parole all’orecchio.
Ripensò alla sua pelle
liscia, il suo profumo così particolare. Ripensò
alle sue labbra… no, no non
era stato un sogno e il pensiero lo fece ridacchiare da solo e
scalcettare
freneticamente con i piedini mentre arrossiva fino alla punta dei
capelli. Per
prima cosa appena messosi a sedere sul letto prese il telefono come
faceva
sempre e quando lo accese lo schermo si illuminò con una
notifica. Yoongi-hyung~ (3). Non
era la prima
volta che riceveva un messaggio da Yoongi ovviamente, ma mai prima
d’ora il
cuore gli aveva battuto tanto forte. Lo aprì con
trepidazione e lesse con occhi
dapprima incuriositi e che in pochi istanti si fecero sognanti. Di
nuovo le
guance gli si imporporarono e ridacchiò imbarazzato.
---
lunedì 23 gennaio 2017 ---
Yoongi-hyung~
8:55
di nuovo a lavoro, ho sonno.
9:16
buona giornata jiminah
9:16
non farti male, ti voglio intero ;)
Quanto
gli sarà costato
mandarmi queste quattro righe?
pensò Jimin e il petto gli si gonfiò di
felicità. Lo amava tanto e non vedeva
l’ora che uscisse da lavoro così che potessero
rivedersi per dimostrarglielo
ancora. La sera prima, dopo che Yoongi gli aveva fatto quella
dichiarazione a
cui lui si era messo a piangere e che sapeva avrebbe custodito nel suo
cuore
fino alla fine dei giorni, erano rimasti nel letto un altro
po’, a scambiarsi
lenti baci e altri piccole manifestazioni d’affetto,
parlandosi dolcemente e
perdendosi l’uno negli occhi dell’altro. Si erano
poi accorti che di solo amore
non si può vivere quando i loro stomaci avevano brontolato.
Avevano quindi
preparato insieme la cena e mentre mangiavano avevano avuto modo di
raccontarsi
ancora meglio tutto quello che era accaduto durante il periodo in cui
erano
stati separati. Si aprirono su quanto avevano vissuto, spiegarono i
motivi
delle loro azioni, chiarirono ogni gesto frainteso. Resero
l’altro completamente
a parte di cose che entrambi credevano si sarebbero dovuti per sempre
tenere
nascosti nel petto in silenzio. Yoongi pianse di nuovo quando Jimin gli
raccontò dei suoi incubi. Era stato indeciso fino
all’ultimo se condividere con
lui anche questo dettaglio, ma alla fine aveva deciso di sì,
perché in qualche
modo lo sarebbe venuto a sapere e lui voleva essere completamente
onesto. Gli
aveva detto ciò che sognava e della voce che sentiva. Gli
aveva detto che era
convinto fosse la sua, ma aveva sempre cercato di scacciare
l’idea per terrore
che potesse essere sbagliata. Yoongi si era alzato dal suo posto a
quelle
parole ed era corso da Jimin, facendolo mettere in piedi e prendendolo
stretto,
cullandoselo tra le braccia e mormorando una sequela di
“scusa”. Jimin aveva
cercato di dirgli che non era colpa sua, ma il ragazzo non aveva voluto
sentire
ragioni e aveva continuato ad insultarsi finché Jimin lo
aveva calmato
baciandolo un’infinità di volte e guidandolo sul
divano, dove poi gli era
salito sopra e aveva continuato a lasciargli soffici baci sul viso
pregandolo
che si tranquillizzasse, rassicurandolo che era tutto finito, ora sei qui, sei qui con me, nient’altro
ha
più importanza. Erano quindi rimasti su quel
divano per alcune ore, forse
due, forse quattro, non avrebbero saputo dirlo. Alla fine era arrivato
per
Yoongi il tempo di andarsene:
–
Lo sai che vorrei rimanere qui, ma domani ho lavoro e…
–
Lo so, hyung, lo so. Vai tranquillo – Jimin si era
scoperto completamente calmo all’idea di vederlo andare via.
Non stava andando
da un altro ed era da lui che sarebbe ritornato. Sulla soglia Yoongi lo
aveva
abbracciato di nuovo:
–
Promettimi che non sognerai niente di brutto.
–
Te lo prometto Yoongi-hyung.
–
Ricordati che non me ne vado più.
Jimin
aveva sorriso e annuito, del tutto tranquillo in
quella che sapeva sarebbe stata una promessa mantenuta. Yoongi gli
aveva preso
il viso fra le mani e aveva sfregato la punta del proprio naso contro
la sua e
dopo avergli dato un altro lento bacio se ne era andato. Jimin non
vedeva l’ora
che tutto questo si ripetesse. Ormai aveva scoperto cosa significava
ricevere l’affetto
di Yoongi-hyung, i suoi baci e le sue carezze, e sapeva che mai
più avrebbe
potuto farne di nuovo a meno. Rileggendo i tre messaggini Jimin si
fissò sulla
scritta “Yoongi-hyung~”
Chissà se adesso
potrò… ma sì, perché no? Ridacchiando
tra sé e sé cambiò
velocemente il
contatto e ammirò soddisfatto il nuovo nome: “Yoongi-hyung ♥”.
Sapeva che quando Yoongi se ne fosse accorto gli
sarebbero venuti i brividi per quella smanceria e questo pensiero lo
convinse
definitivamente a lasciare il suo numero salvato così.
Si
alzò canticchiando e mentre si dirigeva verso il bagno
passò di fronte alla camera aperta di Taehyung.
L’amico non c’era e Jimin si
ricordò solo in quel momento dell’amico rimasto a
dormire alla villa di Jin. Fu
tirato giù dalla sua nuvola rosa e si morse il labbro. Jungkook!
23
gennaio 2017; h. 7:57
Jungkook
e Taehyung
respiravano piano, dormendo vicini sotto al caldo piumone del letto
matrimoniale della camera al primo piano. Si erano trasferiti
lassù attorno
alle due di notte, quando Taehyung si era svegliato
all’improvviso e si era
reso conto che entrambi erano caduti addormentati sul divano mentre
guardavano
la televisione. Quasi sonnambulo, aveva allora delicatamente scosso
Jungkook e
lo aveva fatto alzare, accompagnandolo poi tenendolo per mano nella
camera di
solito usata da Jin e Namjoon. Poiché il loro pernottamento
lì era stato
improvviso, il riscaldamento che avevano acceso da solo poche ore non
aveva
ancora estinto del tutto l’umidità e il freddo
all’interno della villa e quella
camera era la più calda. Inoltre era meglio dormire vicini
così che si
potessero tenere ancora più caldo a vicenda e dunque un
letto matrimoniale
sarebbe stato più comodo di uno singolo. Jungkook aveva
fatto le scale anche
lui quasi senza svegliarsi e aveva seguito Taehyung docilmente. Si era
fatto
rimboccare le coperte e appena Taehyung era entrato vicino a lui
lasciandosi
sprofondare nel morbido materasso si era aggrappato al suo braccio come
a un
cuscino e si era riaddormentato profondamente, seguito un attimo dopo
dall’amico. Taehyung si svegliò e lo
trovò quasi nella stessa posizione, con
l’unica differenza che adesso invece che solo al suo braccio
il ragazzo si era
avviluppato completamente a lui. Solo dopo diversi secondi di
spaesamento
causati dal non vedere le familiari mura della propria camera, Taehyung
ricordò
perché si trovasse lì e soprattutto
perché avesse il corpo dell’altro quasi
interamente sopra di lui. Arrossì leggermente e prese a
spostarsi, muovendosi
con attenzione per evitare di svegliarlo. Pesava un pochino quindi non
fu
un’operazione semplicissima per le sue ossa sottili.
Liberatosi, si spostò
ancora di più, pronto per uscire dal letto per andare in
bagno, ma guardando il
viso di Jungkook che dormiva sereno se ne dimenticò e si
incantò a guardarlo.
Era bello, il più bello di tutti, questo pensava Taehyung. E
sembrava un
bambino, con i capelli davanti agli occhi e la bocca leggermente
schiusa. Portò
due dita vicino alle labbra del ragazzo e senza toccarle si
fermò a una
distanza sufficiente a sentire il calore emanato dal suo respiro
regolare. Quel
gesto lo rilassava. Era come se così potesse cogliere con i
suoi stessi sensi
tutta la tranquillità sprigionata dal ragazzo a riposo.
Quella calma… Taehyung
avrebbe voluto la conservasse per sempre, ma come tenerlo al sicuro da
tutto
quello che c’era là fuori nel mondo? Si costrinse
a ritirare la mano e con
tutta la delicatezza di cui era capace sgusciò fuori dal
letto e uscì dalla
stanza. Prima di farvi ritorno scese al piano di sotto, dove ancora un
po’
assonnato andò ad aprire la dispensa e mise a fare del riso.
Poiché al momento
nessuno abitava nella villa, il frigorifero era vuoto e dunque a
disposizione i
due ragazzi avevano avuto anche la sera prima solo riso e del cibo in
scatola.
Poco male, Taehyung era affamato, non gli importava di rimangiare la
stessa
cosa purché mettesse qualcosa nello stomaco.
Tornò di sopra e nel chiudere la
porta della stanza la fece battere un po’ più
forte di quanto avesse voluto e
sentì un mormorio provenire dalla direzione di Jungkook. Si
avvicinò al letto e
vide il ragazzo muoversi.
–
Kookie? – disse
sottovoce – ti ho svegliato?
Jungkook
chiuse e
aprì gli occhi diverse volte di seguito e sollevò
lo sguardo quando sentì il
materasso abbassarsi.
–
Mmmh… che ore sono...?
–
Intorno alle otto
credo. Se vuoi dormire un altro po’ puoi.
–
No, no – rispose
Jungkook con voce impastata tirandosi a sedere – Se mi
rimetto giù non mi
sveglio più.
–
Quando hai lezione
oggi?
–
In tarda mattinata.
–
Ok, io nel primo
pomeriggio, possiamo prepararci con calma.
Jungkook
si massaggiò
gli occhi e annuì con la testa. Guardò poi
Taehyung attraverso le palpebre
ancora pesanti per il sonno.
–
L’idea di alzarmi
mi mette nausea – gli disse con voce lamentosa. A questo
Taehyung gli si portò
più vicino e Jungkook vide un lampo balenare nei suoi occhi.
Il secondo dopo
sentì le sue mani invadergli lo stomaco, sotto le braccia,
il collo, veloci e
leggere come tante formichine. Jungkook scoppiò a ridere
forte, sensibile al
solletico, e si rovesciò sulla pancia, cercando di ripararsi
dall’attacco
improvviso. Taehyung si mise sopra di lui e continuò quella
lotta felice,
ridendo ancora più forte di Jungkook, finché non
decise che fosse sufficiente.
–
Tae…hyungie… – disse
Jungkook senza fiato, raggomitolato e ancora scosso dai fremiti delle
risate –
questa… me la paghi… non ora, ma me la paghi.
Taehyung,
seduto
ancora sopra di lui, gli prese le spalle e gli fece un piccolo
massaggio
affettuoso:
–
Kookie, cosa devo
pagare? Ti stavo facendo un favore! – lasciò
libero il ragazzo – eri assonnato,
ho trovato un metodo per farti tornare velocemente le energie.
Jungkook
rideva
ancora e scosse la testa a questa risposta, chiaramente arresosi
all’idea di
rimanere arrabbiato con l’amico. Riappoggiò la
testa sul cuscino e si portò le
mani sulla pancia.
–
Non sferro un
contro attacco solo perché sono a stomaco vuoto.
–
Ah, il riso! –
esclamò Taehyung balzando fuori dal letto – Ho
messo del riso a cucinare,
scendi a fare colazione?
–
Tu intanto inizia,
ancora io non ho le forze.
–
Devo utilizzare di
nuovo la mia tecnica?
–
Sono sicuro presto
farà affetto, vai tranquillo Tae.
Con
un ghigno
Taehyung se ne andò di sotto. Con grande sorpresa di
Jungkook, che nel
frattempo stava chiedendosi se queste forze le avrebbe mai trovate, la
porta si
aprì di nuovo dopo nemmeno cinque minuti. Vide Taehyung
entrare con un vassoio
in mano e spalancò gli occhi seguendolo con lo sguardo
finché il più grande non
fu di nuovo vicino al letto e a quel punto lo aiutò
prendendogli il vassoio
dalle mani e affondandolo tra le soffici coperte bianche.
–
Ma cosa hai
portato?!
–
La colazione, non
vedi?
–
Tae, sì lo vedo,
seriamen...? – disse Jungkook scoppiando a ridere e
guardandolo come se fosse
pazzo.
–
Sì, ho capito cosa
intendevi, ovvio – disse Taehyung sorridendo a sua volta e
portando gli occhi
al cielo – Che problema c’è se ho
portato su la colazione?
–
No, non c’è un
problema, ma non dovevi scomodarti – rispose Jungkook
afferrando la sua ciotola
di riso e buttandocisi sopra. Taehyung gli si mise vicino, gli avvolse
un
braccio e poggiò la testa sulla sua spalla:
–
Ma ti ha fatto
piacere?
–
Ovvio che mi ha
fatto piacere, avevo una fame da lupi, ma ero preoccupato di non
riuscire ad
alzarmi prima di un’altra mezz’ora e morire qui
– rispose Jungkook tranquillo
mentre finalmente soddisfaceva il suo appetito.
–
Allora se a Kookie
fa piacere, Taehyungie lo fa.
Jungkook
ingoiò il
boccone e abbassò lo sguardo su Taehyung. Il ragazzo lo
stava guardando con
dolcezza e a lui venne istintivo ricambiare quello sguardo con un
sorriso. Poi
parlò:
–
Non mangi?
Taehyung
sembrò
ricordarsi in quel momento che c’era una ciotola anche per
lui.
–
Ah sì, è vero! Ho
fame anche io!
Ridacchiando
un po’
Jungook riprese a mangiare, seguito a ruota da Taehyung.
–
È stata un po’ una
sfortuna avere questo contrattempo, ma ne è valsa la pena,
no? Gli scatti sono
venuti davvero bene.
–
Si! – rispose
Taehyung entusiasta – Sono così contento
dell’idea che hai avuto!
Jungkook
assunse
un’espressione soddisfatta:
–
Ho sempre idee
perfette, Taehyungie, ormai dovresti saperlo. Spero solo…
credi che Jiminie si
sia dispiaciuto tanto? Non vorrei che si fosse offeso…
–
No, Kookie, sono
sicuro che va tutto bene. Tra l’altro alla fine un aiuto lo
ha avuto, no? –
sollevò lo sguardo e vide il viso di Jungkook rabbuiarsi e
il ragazzo sul punto
di dire qualcosa – Cosa c’è?
–
No, niente. Niente,
tranquillo.
–
Kookie, che
succede? Sono io, a me puoi parlare.
–
Nulla, è solo che…
Jiminie, come lo trovi? Nel senso, ti era sembrato stesse meglio in
questi
ultimi giorni? Io non avevo notato molta differenza eppure…
Taehyung
si sentì
stringere il petto.
–
Eppure?
–
Eppure venerdì sera
sembrava così diverso dal solito. Cioè diverso in
modo positivo. Nel senso,
diverso rispetto al solito degli ultimi tempi, che era già
diverso rispetto al
solito vero… aaaah! Inizio a parlare come te! Non ridere!
Quello che voglio
dire è che mi sembrava tornato normale, ecco. Più
allegro. Sai se è successo
qualcosa?
Taehyung
rimase
qualche secondo in silenzio con il cuore che aveva preso ad accelerare
leggermente e interdetto sul da farsi. Si schiarì la gola:
–
Di preciso no – in
fondo non era una bugia. Tirò la palla di nuovo a lui
– Tu cosa hai notato?
–
L’ho visto così
rilassato. Rideva quasi come prima… – Jungkook
dette un piccolo sobbalzo – Il
che va benissimo! Taehyungie ovviamente ne sono felice, non devi
pensare che
non lo sia!
–
Kookie, è evidente,
lo so, non devi nemmeno dirmelo. Ma che cosa c’è
allora che ti turba?
–
Ecco… quando ho
visto Jiminie così sereno comportarsi finalmente come
sempre, me ne sono
rallegrato. Anche l’atmosfera che si respirava, tra tutti,
sembrava essere
davvero tranquilla e persino Yoongi-hyung mi è sembrato
finalmente più di buon
umore, il che mi ha spinto a pensare che proprio questo abbia favorito
l’ambiente disteso. Ne sono stato felice. Però
poi… – il ragazzo si fece
leggermente rosso – mi vergogno un po’ a dirlo,
ma… ho trovato spesso Jiminie a
ridere e scherzare con Yoongi-hyung e sapendo un po’ dei loro
trascorsi e visto
il modo in cui sono stato accanto a Jimin nell’ultimo
mese… c-credo… credo di
essermi un po’ ingelosito.
Jungkook
lasciò la
ciotola sul vassoio e si nascose il volto tra le mani sospirando.
Taehyung non
sapeva cosa dire, si sentiva impotente e inutile. Posò una
mano sulla spalla di
Jungkook, ma l’altro parlò prima che lui potesse
intervenire:
–
Taehyungie, perché
sono geloso? Non mi sono mai sentito geloso di hyung, perché
ora? Mi sento come
in ansia…
–
Ti senti in ansia
perché Jiminie è una persona a cui tieni, e
adesso che vi siete avvicinati di
più hai logicamente più timori di prima. Kookie,
ciò che provi è normale.
–
Ma è Yoongi-hyung,
Tae! Ci ho pensato spesso a lui, sai? Mi è stato chiaro fin
da subito che lui e
Jimin fossero vicini, ma… forse sono stato stupido, ma sono
sempre giunto alla
conclusione che tra i due non ci fosse niente. Continuo
– pose l’accento sulla parola – a credere
che non ci sia
nulla. Però il fatto che si vedano… non farei mai
nulla per evitarlo, ma mi
agita anche se so che non dovrebbe. C’è qualcosa,
un rapporto, un legame tra
loro che non capisco, ma questa mia angoscia non va bene. Dovrei
fidarmi di
Jiminie, dovrei sentirmi tranquillo, più sicuro di me, ma
non riesco
Taehyungie.
Taehyung
sentì il
cuore spezzarsi. Sapeva perfettamente da cosa derivavano tutte queste
insicurezze e lui avrebbe voluto dirgli tutta la verità,
senza tralasciare più
nulla, perché la meritava. Meritava di sapere ciò
che c’era tra Jimin e Yoongi
così come meritava che gli venissero aperti gli occhi sul
fatto che non era con
Jimin che avrebbe trovato la felicità. Adesso Taehyung ne
era sicuro. Dopo
questo sfogo capì con certezza che ciò che
Jungkook provava era la prova che
non avrebbe trovato quello che cercava in Jimin. Anche se in modo molto
inferiore, e soprattutto più sano, anche con Jimin Jungkook
stava mettendo in
moto dinamiche che aveva già adottato in passato e lo
avevano lasciato ferito.
Aveva bisogno di qualcuno con cui poter essere sé stesso, di
cui fidarsi
completamente, con cui sentirsi totalmente a suo agio. Jungkook aveva
bisogno
di lui. Taehyung ne era più convinto di prima. Ma come
farglielo capire? Come
spiegargli che Jimin non poteva andare per lui, senza dirgli come
stavano le
cose? Il dilemma era che, è vero, Jungkook meritava la
verità, ma non meritava
di soffrire. E sapere tutto quello che Taehyung e gli altri ragazzi
avevano
intuito e come poi avevano agito in proposito… non poteva
dirglielo. Doveva
trovare un modo per farlo avvicinare il più dolcemente
possibile a quella che
Taehyung sentiva essere una realtà sempre più
probabile. Fece scorrere la mano
che aveva sulla sua spalla e gliela portò dietro la vita,
stringendoglisi
vicino.
–
Kookie ascoltami –
disse cercando di assumere un tono convincente – Yoongi-hyung
e Jiminie sono da
sempre uniti da un piccolo filo il cui effettivo valore nessuno di noi
credo
abbia mai compreso appieno. Yoongi-hyung è…
particolare ed è quindi difficile
capire ciò che pensa, si comporta in modo schivo con tutti,
ma poi ci sono
quelle due o tre persone che in qualche modo riesce ad accettare.
Perché? Non
ne ho idea. Nessuno di noi ce l’ha. Fatto sta che
sì, sarebbe una bugia dirti
che nessuno ha mai notato il loro stretto legame. In
quest’ultimo periodo poi…
– Jungkook lo guardava come se pendesse dalle sue labbra e
Taehyung sentì che
doveva dirgli qualcosa, non troppo, ma qualcosina almeno. Non poteva
essere del
tutto all’oscuro di tutto – io credo che la
partenza di Yoongi-hyung abbia un
po’ preoccupato Jiminie e penso che durante quel periodo si
siano anche sentiti
poco, il che ha aumentato il suo dispiacere. Probabilmente
l’altra sera lo hai
visto più contento perché finalmente hyung era
tornato.
–
Ma perché, io non
gli basto? – Jungkook aveva quasi le lacrime agli occhi.
–
No Kookie, non è
questo! Ma… ma Jimin e Yoongi sono amici già da
un po’ e quello che volevo
dirti con il mio discorso sconclusionato-
–
Non era
sconclusionato.
–
Ok, con il mio
discorso e basta, era che sì, Yoongi e Jimin hanno un
rapporto particolare, e
sì, qualcosa mi dice che l’atteggiamento di
Jiminie era dovuto al sollievo per l’idea
che uno dei suoi più cari amici non se ne fosse andato via.
Questo però non
vuol dire che ciò debba essere una minaccia per te Kookie.
Solo… – come
continuare?
–
…solo?
–
Solo dovresti forse
interrogarti sul se potresti mai venire a patti con questo legame.
Perché
Jungkookie, io credo che continuerà. Non ti sto dicendo che
la tua gelosia sia
giustificata, perché, credimi, non ho idea di cosa
effettivamente Yoongi provi
per Jiminie – almeno adesso non stava mentendo – ma sto solo cercando di
farti capire che, al
di là di ciò che può provare per te,
Jiminie vuole bene davvero a hyung e lo
ammira tanto – sto parlando troppo?
–
ed è una cosa con cui devi saper fare i conti
perché… perché non credo tu possa
chiedergli di interrompere tutto questo.
Jungkook
tirò un po’
su col naso:
–
Ma io non voglio
chiederglielo. Non glielo chiederei mai. È che…
credevo di aver fatto tanta
strada. Invece adesso ho di nuovo paura. Non voglio restare solo di
nuovo.
Taehyung
gli dette un
pizzicotto su un fianco fingendo un’espressione ripiccata e
gli scompigliò i
capelli:
–
Ma Kookie cosa
dici? Non sei solo! Ci sono io.
Jungkook
sospirò:
–
Lo so Taehyungie, ma
non posso chiederti di essere sempre accanto a me. Devo imparare ad
essere
adulto, no? – concluse facendogli l’occhiolino.
Taehyung avrebbe voluto dirgli
che a lui sarebbe andato benissimo se gli avesse chiesto di rimanergli
sempre
accanto e che non avrebbe avuto nulla contrario ad aiutarlo a diventare
adulto.
Quello che gli disse fu invece che non doveva preoccuparsi troppo per
Jimin, ma
magari cercare di sondare ancora meglio il terreno prima di buttarsi
con azioni
avventate. Jungkook rispose che era proprio quello che aveva fatto fino
ad ora.
23
gennaio 2017; h. 19:07
Taehyung
era esausto
quando tornò a casa. Le lezioni erano incominciate tardi, ma
erano finite
altrettanto tardi e la stanchezza adesso si tava facendo sentire, dopo
aver
quasi passato quasi due giorni interi fuori. Era tornato sa Seul la
mattina
tardi insieme a Jungkook e mentre il ragazzo era andato a lezione lui
aveva
avuto poco più di un’ora per rientrare
velocemente, cambiarsi i vestiti, prendere
il materiale per le lezioni e correre di nuovo via in
facoltà. Fu con grande
gioia dunque che infilò le chiavi nell’ingresso
della serratura, sognando già
il momento in cui finalmente si sarebbe potuto mettere comodo e
sdraiarsi sul
divano. Prima che potesse nemmeno fare due passi nel corridoio
dell’ingresso
sentì un urlo provenire dalla cucina:
–
Taehyungieeeee,
fermo lì, non ti muovere!
–
Che succede?!
Jimin
arrivò con
occhi vispi e andatogli vicino saltellando gli prese la mano:
–
C’è un piccolo cambiamento
in cucina. Non voglio che ti arrabbi in proposito, promettimelo!
D’altronde sei
tu che devi essere perdonato visto che mi hai dato buca.
Taehyung
non avrebbe
trovato le energie per arrabbiarsi nemmeno se avesse voluto. Rispose
tranquillo:
–
No, no, promesso.
Cosa avete combinato tu e hyung ieri? Vi siete improvvisati arredatori?
–
Nulla di così
drastico. Prendila come una preview
per quello che faremo io e te – Lo trascinò in
cucina e gli indicò la parete
tinteggiata con un sonoro “TA DAAN!”
– Che te ne pare??
Taehyung
spalancò gli
occhi di fronte al muro arancione:
–
Aaaah! Come è
venuta bene!! Jiminie quando saranno così anche le altre due
sarà bellissimo
vedrai!
–
Dunque non ti
dispiace che abbia fatto una parete con lui? Lo so che era una nostra
idea, ma
già che Yoongi era qui-ehm Yoongi-hyung, Yoongi-hyung era
qui.
Taehyung
lanciò
un’occhiata curiosa all’amico:
–
Avete pitturato
insieme? Tu e Yoongi-hyung?
– rimarcò
quest’ultima parola – Credevo volesse solo aiutarti
a sistemare. Deve essercene
voluto di tempo – si avvicinò alla parete tinta di
fresco per osservarla
meglio, mani alle tasche, serio in viso – Era ancora qui
quando ti ho chiamato?
Immagino di sì.
–
In effetti sì,
perché proprio come hai detto c’è
voluto più tempo. Non gli è… Non gli
è
costato rimanere un po’ di più.
–
E l’idea come ti è
venuta? – disse Taehyung girandosi adesso verso Jimin e
fissandolo negli occhi.
Jimin non seppe cosa rispondere sulle prime. Cosa voleva dire?
–
Che intendi con
come mi è venuta? Eravamo qui e mi-mi è
semplicemente venuto in mente.
–
Si ma era un po’
che non vi vedevate, immagino che per rimanere più a lungo
il pomeriggio sia
andato bene. A differenza di quanto accaduto nell’ultimo
periodo, o mi sbaglio?
– penetrò Jimin con lo sguardo e vide
l’amico arrossire leggermente – Non avete
avuto molti contatti, e questo credo abbia fatto stare male entrambi.
Non
guardarmi così Jiminie, credi che non ti conosca per niente?
Se davvero le cose
tra voi si sono sistemate io sarò il primo a gioirne
– la bocca si distese in
un sorriso amaro – ma mi chiedo solo perché tu non
abbia voluto dirmi nulla di
tutto ciò prima.
Taehyung
era ormai
sicuro che le cose dovessero essersi per forza aggiustate quanto meno
in parte
tra Jimin e Yoongi per cui sentì che non c’era
più nessun motivo di fingere di
non sapere niente o per evitare di aprire l’argomento. Questa
volta anzi
avrebbe insistito di più per farsi dire la
verità. Dopo ciò che Jungkook gli
aveva detto voleva avere un’idea precisa di ciò
che stava accadendo, non tanto
per lui, ma piuttosto per il più piccolo. Non si sarebbe
più accontentato di
teorie incerte o vaghe spiegazioni. Tra l’altro se davvero i
due ragazzi
avevano concluso quale che fosse la questione aperta in corso tra loro,
era
anche e soprattutto merito suo e degli altri ragazzi, per cui chiedere
a Jimin
come effettivamente stessero le cose era solo giusto. Gli
tornò di nuovo in
mente Jungkook. In realtà il merito di tutto questo era
stato suo, perché era
stato proprio grazie ad una frase che il ragazzo aveva detto che a
Taehyung si
era accesa la lampadina giusta che aveva poi aiutato a fare luce sul
resto. Il
cuore gli fece male di nuovo e pensò a quanto tristemente
ironico fosse tutto
ciò. Non solo Jungkook era il motivo principale per cui
Jimin non era crollato
in tutto quel periodo, ma adesso era anche stato la causa involontaria
del suo
riavvicinamento con Yoongi. Jimin
lo
aveva chiamato Yoongi, non era mai
successo prima. Chissà se l’amico aveva una mezza
idea di quanto dovesse a
Jungkook. Taehyung si sentì all’improvviso
afferrato da una curiosità violenta
di scoprire se il premio di ringraziamento che aveva in serbo per lui
fosse
solo quello di consolazione o meno. Jimin iniziò a dire
qualcosa, ma poi si
fermò. Poi riprese di nuovo:
–
Non sapevo da dove
iniziare.
–
E per quale motivo?
– il suo tono era più freddo di quanto avrebbe
voluto, e capì che anche Jimin
doveva essersene accorto. Non riusciva però ad evitarlo
– Cosa c’era di male a
dire che avevi dei problemi con un tuo amico? Mh?
–
T-Tae, perché fai
così? Lo so avrei dovuto parlartene, ma non me la sono
sentita – E io voglio capire il
perché! Pensò
Taehyung, ma cercò di frenarsi. Jimin sembrava davvero
spaesato dal modo in cui
lo stava aggredendo ed in effetti ne aveva motivo. Taehyung stava
reagendo in
modo eccessivo, considerato tra l’altro quanto poco ancora
sapesse su tutta la
questione. Il problema era che un dubbio atroce aveva preso a ballargli
nella
mente. Il pensiero che Jimin avesse avuto difficoltà a
confidarsi con lui
riguardo a Yoongi perché in realtà provava per il
più grande qualcosa di più,
ma allo stesso tempo continuava ad uscire con Jungkook. Volle
però concedergli
il beneficio del dubbio e pensò che in fondo Jimin potesse
aver deciso di non
aprirsi solo per riservatezza e lui non aveva diritto di avercela con
lui per
questo. Jimin era libero di decidere cosa condividere e cosa no, ed era
un
diritto di cui Taehyung non si sarebbe mai sognato di privarlo.
Capì dallo
sguardo dell’altro di fronte a sé che se avesse
continuato a dar retta ai suoi
ragionamenti avrebbe finito con lo spaventare Jimin e farlo chiudere
ancora di
più, mentre lui al momento aveva bisogno di qualche
risposta. Decise di calmarsi
e relegò quella domanda che gli martellava in testa in un
angolo, pensando che
l’avrebbe tirata fuori solo se fosse servito.
Addolcì il suo sguardo e tolse le
mani dalle tasche. Si avvicinò a Jimin e gli prese una mano:
–
Scusami, non volevo
essere brusco. Ti avevo detto io stesso che non dovevi dirmi nulla che
non
volessi, perdonami. È solo che mi sono preoccupato, sai, e
l’idea che tu abbia
deciso di portarti dentro qualcosa che ti faceva star male senza dirlo
a
nessuno… non mi fa piacere. Vieni – prese Jimin
per le spalle e lo portò al
divano, dove lo fece sedere mettendosi poi vicino a lui –
Confermo ciò che ho
detto, non devi sentirti obbligato a parlare. Tuttavia, mi piacerebbe
davvero
tanto che tu lo facessi, perché ti voglio bene Jiminie e
voglio capire che cosa
hai passato o stai passando. Innanzitutto, la cosa più
importante: come stai
adesso? Meglio?
Jimin
annuì e rispose
sottovoce:
–
Si. Non ho nemmeno
avuto incubi questa notte Taehyungie.
–
Davvero? Questa è
una bellissima notizia allora! – nonostante
l’irritazione provata pochi minuti
prima Taehyung sentì adesso un sincero sollievo –
Quando volevi dirmelo?!
–
Te lo avrei detto a
cena, credo. Ti avrei detto anche altro, volevo parlarti proprio questa
sera.
Ma hai preso il discorso prima tu per cui…
seguirò la corrente e ti dirò tutto.
Finalmente,
pensò Taehyung. Credeva che la parte più
difficile sarebbe stata il convincerlo
a parlare, ma adesso si rese conto che in realtà si sentiva
più in ansia per la
prova che sapeva lo avrebbe aspettato di lì a pochi minuti.
Accogliere ciò che
Jimin gli avrebbe detto, di qualsiasi cosa si fosse trattata, e
accettarla
senza giudicare l’amico. Non era sicuro di esserne capace.
–
Comincio dai miei
incubi, che sono immagino ciò che ti ha fatto preoccupare di
più. Credo siano
finiti davvero questa volta Tae. Non torneranno, ne sono certo.
Vedi… quegli
incubi erano… insomma non avevi tutti i torti quando hai
detto di aver capito
che tra me e Yoongi-hyung le cose non stavano andando bene e infatti
quegli
incubi erano collegati a questo. Io… credevo di averlo perso
Tae. Non ho saputo
gestire la sua lontananza e il suo silenzio. Perché
sì, anche su questo avevi
ragione. Non ci siamo sentiti molto mentre è stato via,
anzi, in realtà per
niente. È una cosa che mi ha fatto stare molto male, inutile
negarlo.
–
Jiminie, avevi gli
incubi tutte le notti. Tutte. Ogni singola volta che poggiavi la testa
sul
cuscino iniziavi a urlare e piangere. Direi che ti ha fatto stare
qualcosa di
più che semplicemente “molto male”, no?
Jimin
balbettò:
–
S-si imma-immagino
di sì. Si, è una cosa che mi ha… mi
ha…
–
Devastato. Io
utilizzerei questo termine.
Jimin
annuì. Taehyung
si aspettava che continuasse e invece non lo fece per cui dopo alcuni
secondi
di silenzio lo spronò dolcemente:
–
Potrei sapere, se
non ti dispiace, il motivo per cui vi eravate smessi di parlare?
– vide l’amico
fare uno sguardo strano, quasi sofferente, come se il tirare fuori le
parole
gli causasse dolore.
–
C’erano dei…
malintesi fra noi. Credevamo di esserci persi.
–
Jiminie, così è
davvero generico. Non mi stai facendo capire molto.
–
Lo so, lo so
Taehyungie! Ecco perché non ti avevo ancora detto nulla,
perché è difficile.
Non so come spiegarmi, non so come spiegare tutto. Non so soprattutto
da dove
partire.
–
Provaci! Che cosa
c’è che non si può dire?! Jiminie, per
favor-
–
Sono innamorato di
Yoongi-hyung! – esclamò Jimin tutto d’un
fiato, diventando color rubino e
distogliendo lo sguardo dall’amico – Lo amo Tae, da
morire, e il fatto che se
ne fosse andato mi stava consumando dall’interno.
Perché
gliel’ho detto così?!
Jimin sapeva di aver sbagliato. Avrebbe dovuto iniziare
dal principio, con ordine, da quando ancora non sapeva dei suoi veri
sentimenti
nei confronti di Yoongi, dell’errore in cui era caduto
ascoltando le battute
che si stava scambiando con Hoseok, il senso di abbandono profondo e il
bisogno
di compensare, la convinzione vera, agli inizi, di poter trovare in
un’altra
persona ciò che aveva perso. Forse se avesse detto tutte
queste cose prima
Taehyung avrebbe potuto perdonargli il resto, ovvero l’aver
continuato a
ferirsi e ferire una persona a cui entrambi volevano bene solo per
paura di
sentirsi solo e l’essere così stato il
responsabile principale
dell’allontanamento di Yoongi. Il non aver avuto la forza di
fermarsi prima,
quando ancora i danni sarebbero stati minimi. Invece sotto le pressioni
dell’amico se ne era uscito così, sputando quelle
parole come se fossero
macigni. Guardando Taehyung temette per un attimo che di macigni
concreti si
fosse davvero trattato. Il suo tono era affilato quando
parlò:
–
E Yoongi-hyung è
innamorato di te?
–
S-si. Ieri ce lo
siamo confessati entrambi – ormai era andata, tanto valeva
dire le cose come
stavano. Avrebbe voluto prendersi a schiaffi per come stava gestendo
questo
confronto. Perché di un confronto si sarebbe trattato di
lì a poco, Jimin lo
sapeva. Lo sapeva. Taehyung scoppiò in una risatina, sottile
e affilata, che lo
mise in allarme.
–
Jiminie, io sono
contento che tu abbia finalmente fatto chiarezza nel tuo cuore,
perché in
effetti anche io sono del parere che ti servisse. E te ne servisse
tanta – lo
trafisse con lo sguardo – Però voglio sentirtelo
dire. Cosa c’era di male in
tutto questo? Confidare a me, il tuo migliore amico, di essere
innamorato di una
persona che chiaramente aveva un posto speciale per te e di sentirne la
mancanza? Qual è la parte che ti creava così
tante difficoltà da portarti ad
esempio quella mattina in cui ti ho chiesto la fonte dei tuoi incubi a
mentire
e dirmi che non ne avevi idea? Cos’è che ti creava
davvero imbarazzo? Il dirmi
che eri innamorato di hyung o… – si
fermò. Voleva che Jimin lo ammettesse.
Sapeva che lo stava mettendo all’angolo, non gli stava dando
modo di ripararsi
dai suoi attacchi, ma era stato protetto per tanto, troppo tempo. Era
giunta
l’ora che fosse messo di fronte alla conseguenza delle sue
azioni.
–
Taehyungie, non lo
so perché l’ho fatto! Ero confuso e-e –
Jimin stava perdendo il controllo della
situazione, voleva calmare l’amico, raccontargli tutto pian
piano, ma non ci
stava riuscendo e Taehyung si stava davvero agitando.
–
Ti prego non dirmi
che eri confuso, perché non è vero. Voglio la
verità per una buona volta, non
ne posso più di dover interpretare tutto. Non mi stai
nemmeno dicendo la causa
del vostro litigio! Perché Yoongi-hyung ha smesso di
parlarti? C’entra la tua
uscita con Jungkook? Il modo in cui gli sei stato addosso tutta la
sera?! Con
cui lo hai illuso tutto questo tempo??! – Taehyung era ormai
livido e si era
alzato in piedi, urlando come forse non gli era mai capitato in tutta
la vita –
Che cosa stavi facendo Jiminie?! Dicevi di sì agli inviti di
Kookie mentre
volevi Yoongi??
–
No Tae, non è così!
Io non sapevo di amare Yoongi! Credevo che lui stesse con Hoseok-hyung
e per
questo... – vide gli occhi di Taehyung farsi assurdamente
enormi e iniziò a
sudare. Stava facendo un danno dopo l’altro con queste sue
parole affrettate.
Si precipitò dall’amico e lo afferrò
per una mano – Ascoltami, ascoltami – vide
Taehyung trarre un profondo sospiro, sapeva che forse questa era la sua
ultima
possibilità per evitare il peggio e doveva giocarsela bene.
Ma proprio adesso
che gli occorrevano, le parole faticavano ad arrivare – I-io
credevo… Tae io
credevo di poter voler bene a Jungkookie. Gliene voglio. Non ho mai
finto con
lui, su questo devi credermi – vide gli occhi
dell’amico perdere una punta
della loro durezza e questo gli fece coraggio – Ci sto
davvero bene insieme, mi
fa ridere e lo sai che ci siamo sempre trattati con confidenza. Non
sapendo ciò
che provavo per Yoongi, l’ho visto prendere la sua strada e
ho pensato dovessi
prendere la mia. Ho davvero creduto che potesse nascere qualcosa tra me
e
Kookie, finché a Capodanno non ho capito di amare Yoong-
La
mano di Taehyung
si allontanò di colpo da quella di Jimin.
–
Lo hai capito a
Capodanno? Capodanno Jiminie?? Va bene, ammettiamo pure che non sapessi
cosa
sentivi nei confronti di Yoongi-hyung e, va bene, hai provato a far
funzionare
le cose con Kookie. Ma dopo? Dopo?! Non mi hai risposto prima, ma
rispondo io
adesso per te, perché tanto lo so: mi hai mentito quel
giorno perché non potevi
dirmi di essere innamorato di hyung senza ammettere di star illudendo
Jungkook!
Per questo non mi hai mai voluto spiegare nulla sui tuoi incubi! Un
errore è
ammissibile, ma hai avuto un mese, un mese Jimin per vedere questo
ragazzo
innamorarsi ogni giorno di più di te e capire quanto male
gli avresti potuto
fare!!
–
Ma io credevo
Yoongi-hyung non mi amasse! Che stesse con Hoseokie! Tae, mi devi far
spiegare!
Pensavo che non avrei mai avuto una speranza con lui!!
–
E ti sembra una
giustificazione?! Hai usato Jungkook come un ripiego!! –
Taehyung era paonazzo
e il suo respiro era affannato – E dimmi, che cosa avresti
fatto nel caso in
cui Yoongi-hyung fosse tornato da Daegu, eh?? Te lo sarai chiesto
sicuro! Stavi
tenendoti Jungkook vicino per sicurezza, nel caso hyung non si fosse
fatto più
vedere, ma se ti avesse chiesto di trascorrere i pomeriggi di nuovo con
lui,
anche solo come amici, tu come avresti risposto? Saresti rimasto con
Jungkook
mentre nel frattempo gli tenevi nascosto che il ragazzo con cui passavi
il
tempo era quello che in segreto realmente amavi? Quello per cui avevi
avuto un
mese di incubi, incubi Jimin! Avevi
gli incubi per questa persona e non hai nemmeno provato a parlarle!
È chiaro
che sarebbe uscita l’assurdità di Hoseok-hyung e
tutto si sarebbe risolto,
senza dolore per nessuno, e invece no! Ora la tua felicità
avrà degli effetti
collaterali e questo solo perché non avevi abbastanza fegato
per fare i conti
con i tuoi stessi sentimenti! Così preso a difenderti dalle
tue stesse paure
che non hai gettato nemmeno un occhio su quelle degli altri!! Su quelle
di una
persona che era lì per te, tutto il tempo e dei cui
sentimenti tu ti sei
completamente infischiato! Non sei il solo ad avere insicurezze su
questa terra
Park Jimin!
Jimin
era sull’orlo
delle lacrime e riuscì solo a balbettare un tremolante:
–
Di-di cosa parli?
–
Ma non lo sai?! Non
sai assolutamente nulla su Jungkook?! Quello che ha passato? Cosa
faceva, chi
era prima di venire qui??
–
I-io no, non so.
Cosa vuoi di-
–
Perfetto! Sei stato
tutti i giorni con lui e non ti sei neppure preso la briga di
chiedergli altro
sulla sua vita! Illuminami, Jiminie, come speravi, in una situazione
come la
tua, di innamorarti di un’altra persona senza nemmeno provare
a conoscerla
veramente? In che modo avevi intenzione di costruirci un rapporto?! – gli occhi di
Taehyung si erano riempiti di
lacrime e sembravano fatti di ghiaccio, Jimin non lo aveva mai visto
così – Tu
a Jungkook non hai mai dato nemmeno per un secondo una vera
possibilità! Ma lui
era l’ultima persona al mondo a cui avresti dovuto fare una
cosa del genere!
Urlando
queste parole
Taehyung scoppiò a piangere e poi corse via, nella sua
camera. Voleva stare da
solo, non ce la faceva più. Entrò sbattendo la
porta e chiudendola a chiave e
si appoggiò poi al muro, seduto per terra, gambe
rannicchiate vicino al petto,
fronte sulle ginocchia, il viso rosso e calde lacrime lungo le guance
infuocate. Non se lo meritava, non se lo meritava, non se lo meritava.
Jungkook
non se lo meritava, era questo l’unico pensiero adesso
presente in Taehyung. Non lui. Tutti, ma non
lui. Non così. Non questo.
Jimin aveva detto che lui e Yoongi-hyung si erano già
addirittura confessati.
Era stato quel particolare a farlo scattare e perdere il lume della
ragione.
Jimin non aveva perso nemmeno un secondo dunque a chiarire tutto con
Yoongi e
buttarsi tra le sue braccia. A Jungkook non ci pensava? Come aveva
potuto
fargli una cosa simile? Mentre cercava di ritrovare il fiato e far
scomparire
la voce di Jimin che adesso lo stava chiamando al di fuori della porta
cercando
di convincerlo ad uscire, la sua memoria prese a viaggiare e
tornò al
pomeriggio in cui giurò a sé stesso che avrebbe
amato e protetto Jungkook con
tutte le sue forze fino al giorno del suo ultimo respiro.
Ricordava
bene tutto.
Era un sabato di gennaio, agli inizi dell’anno prima. Era
andato a mangiare a
casa di Jungkook perché il ragazzo lo aveva invitato sapendo
che Hoseok sarebbe
rimasto tutto il giorno fuori occupato dalle prove per lo spettacolo
invernale.
Jungkook sembrava essersi ambientato bene a Seul, il corso
all’università gli
stava piacendo e Taehyung poteva vedere con soddisfazione come ogni
giorno di
più avesse preso ad uscire dal suo guscio. Era felice che i
suoi amici lo
avessero accolto a braccia aperte ed aveva il cuore colmo di
gratitudine verso
Hoseok per aver reso tutto questo ancora più semplice
accettando di trasferirsi
insieme a lui. Anche la loro convivenza stava andando a gonfie vele e
questo
era dunque un altro motivo per Taehyung di essere soddisfatto del
lavoro che
aveva fatto. Si era sentito per qualche motivo fin da subito attratto
dal
giovane, ma più lo aveva conosciuto più il
bisogno di saperlo tranquillo e
sereno si era fatto forte. Voleva che Jungkook si ambientasse e
trovasse bene
in quella nuova città il prima possibile ed era contento di
averlo aiutato in
questo senso. Tuttavia, aveva notato come il ragazzo tuttora
continuasse a non
avere molti amici all’università. Taheyung e i
ragazzi del 503 erano
praticamente l’unico gruppo di persone che frequentava e se
da un lato questo
gli faceva piacere dall’altro un po’ lo metteva in
apprensione. Anche oggi,
Jungkook non aveva piani per il sabato pomeriggio ed aveva chiamato
Taehyung
per non rimanere da solo. Era una persona così socievole e
allegra, anche se un
po’ timida, e il più grande non riusciva davvero a
capacitarsi del fatto che non
fosse più ricercato. Mentre lo aiutava a cucinare aveva
cercato di indagare un
po’ in proposito, ma Jungkook era stato piuttosto evasivo,
come sempre accadeva
quando Taehyung toccava determinati argomenti. Come ad esempio, la sua
vita
prima di Seul. Tranne qualche informazione generica sul luogo in cui
viveva e
sul corso a cui era iscritto prima di trasferirsi nella capitale,
Jungkook non
aveva ancora svelato molto altro su di sé. Taehyung
però non si faceva
abbattere. Sapeva che prima o poi avrebbe trovato un modo per
raggiungere il
cuore del ragazzo e fargli comprendere che di lui poteva fidarsi. Non
c’era
fretta. Avrebbe continuato ogni tanto a bussare, delicatamente, per non
spaventarlo, ma non avrebbe smesso. A un certo punto, era avvenuto
quell’incidente.
Taehyung stava mescolando il brodo quando questo aveva preso a bollire
velocemente e debordare a causa della fiamma troppo alta e lui nella
foga aveva
afferrato a mani nude la pentola per toglierla dal fuoco e appoggiarla
sull’altro fornello. Ovviamente si era scottato e per questo
aveva lasciato
andare la pentola in modo un po’ troppo violento e del brodo
caldo gli era
andato sulla mano. Afferrando con un urlo uno strofinaccio si era
asciugato
velocemente e aveva poi gettato via in fretta il panno per correre a
mettere
mano e polso sotto il getto dell’acqua fredda che Jungkook,
accortosi
dell’incidente, gli aveva nel frattempo aperto. I due ragazzi
erano intenti ad
osservare l’acqua scivolare tra le dita di Taehyung, cercando
di capire il
livello dei danni, quando all’improvviso Jungkook aveva
sollevato lo sguardo e
gettato un grido.
–
Tae! Fai qualcosa!
I-il panno!! Tae c’è fuoco!
Taehyung
si era
voltato di scatto e quasi gli era preso un colpo. Quando aveva spostato
la
pentola non aveva chiuso il gas e poi aveva lasciato cadere
inavvertitamente lo
strofinaccio con cui si era asciugato proprio al centro del fornello,
sopra la
fiamma. Adesso la stoffa si era infiammata e grosse lingue di fuoco
minacciavano di inghiottirla del tutto. Vedendo che Jungkook non
reagiva, ma
anzi sembrava essersi addirittura retratto e immobilizzato, Taehyung
era corso
a prendere una ciotola e dopo averla riempita d’acqua
l’aveva gettata
completamente sopra al panno, e aveva ripetuto la stessa operazione
altre due
volte, finché finalmente le striscioline di fumo e il
fischio emesso dal fuoco
morente avevano segnato che era tutto finito. Pericolo passato. Si era
voltato
verso Jungkook per chiedere scusa, ma lo sguardo del ragazzo lo aveva
paralizzato. Aveva le lacrime agli occhi e tremava, continuando a
ripetere:
–
Poteva incendiarsi
tutto… poteva incendiarsi tutto...
Taehyung
gli era
corso vicino per scusarsi ancora, ma poi Jungkook si era fatto ancora
più
inquieto e aveva preso a sudare:
–
Fa caldo…
Taehyungie, fa caldo, perché fa così caldo?
Taehyung
si era
spaventato nel vederlo così e aveva cercato di
tranquillizzarlo, ma poiché il
ragazzo aveva preso a respirare più affannosamente lo aveva
alla fine preso e
lo aveva fatto sedere sul divano, mettendoglisi vicino.
–
Kookie, va tutto
bene, guardami. Non fa caldo, non c’è nulla,
è stato un falso allarme, mi vedi?
Respira, respira forte.
Jungkook
finalmente
aveva iniziato a rispondere ai suoi incoraggiamenti e si era calmato
piano
piano, inspirando ed espirando forte, uno, due, tre respiri,
finché il cuore
aveva ripreso a battere normalmente. Come se avesse capito solo in quel
momento
cosa fosse successo, aveva poi preso a scusarsi con Taehyung,
imbarazzato per
l’attacco di panico. Taehyung aveva risposto avvolgendolo in
un abbraccio
protettivo:
–
Kookie, non è
successo niente, è a me che dispiace, tanto, stavo per
combinare un disastro,
non è colpa tua, non devi scusarti.
–
È che quando vedo
il fuoco la mia mente va in tilt.
–
Ma è perché ne hai
paura?
–
Non ne avevo… prima.
Taehyung
a questo
punto aveva aggrottato le sopracciglia e aveva lasciato andare Jungkook
per
guardarlo in viso:
–
Prima? Prima di
cosa?
Jungkook
aveva
sospirato e aveva poi iniziato il suo racconto, un racconto che
Taehyung
risentiva ancora nelle orecchie e che non avrebbe più
scordato.
****
–
La mia vita a Busan
– il tono di Jungkook era tranquillo, quasi rassegnato, come
se stesse
ripercorrendo le scene di un film che ormai sapeva a memoria e che non
gli
suscitava più emozioni – era molto diversa da
quella che conduco qui
Taehyungie. Fin da quando ero più piccolo sono stato
circondato di amici per
via del mio carattere socievole e credo anche perché mi
è sempre piaciuto
mettermi in gioco. Magari non ero quello che iniziava a parlare con gli
altri bambini,
ma appena c’era una sfida, un gioco dove bisognava vincere,
una caccia al
tesoro, ero sempre in prima linea e questo quindi ha fatto
sì che non abbia mai
avuto problemi ad avere amici. Già nell’infanzia
ero vispo, ero vivace e ai
bambini piaceva stare con me perché prendevo sempre
l’iniziativa, non aspettavo
mai che qualcuno venisse a risolvermi i problemi. Credo si sentissero
sicuri
con me e facenti parte di una squadra vincente. Potevo combinarne di
tutti i
colori capitanando il mio gruppetto di fedeli, ma poi il fatto che
fossi
educato e carino mi faceva sempre ottenere il perdono di tutti. Da
bambino
carino divenni un ragazzino di bell’aspetto e già
ai tempi delle medie ero
piuttosto popolare a scuola. Le ragazze mi venivano dietro, i ragazzi
volevano
essere miei amici. Mi distinguevo. Non ero eccellente a scuola, al modo
di
Namjoon-hyung per intenderci, ma non avevo problemi a mantenere una
buona
media, mentre nel frattempo svolgevo tantissime attività e
eccellevo negli
sport. Fin da piccino mia mamma ci ha tenuto che facessi
attività fisica così
mi ha iscritto a diversi corsi nel corso degli anni. Durante la prima
adolescenza ho poi frequentato la piscina, mentre nel frattempo,
già dai
quindici anni, andavo anche in palestra regolarmente. Al liceo ho anche
iniziato un corso di fumetto e poi uno di grafica digitale. Insomma,
facevo
tantissime cose e sembrava riuscissi ad andare bene in tutte. Credevo
il
passaggio dalle medie al liceo sarebbe stato traumatico, ma in effetti
andò
tutto come era sempre andato. In poco tempo riuscì a farmi
un gruppo di amici,
ricevevo dichiarazioni dalle ragazze circa tre volte al giorno e mi
feci così
una reputazione tale da essere sempre tra i nomi principali nelle liste
degli
invitati se chi dava la festa voleva che essa riuscisse. Taehyungie,
è vero,
sono una persona riservata nel senso che non mi apro troppo, ma una
volta che
non devo parlare davvero di me, tutto il resto mi viene facile. So
stare
insieme agli altri e, ti dirò di più, le
attenzioni mi piacciono. Cioè non più,
credimi, non così almeno, ma all’epoca le amavo,
era ciò di cui vivevo. Era tra
l’altro tutto ciò che avessi mai conosciuto.
Però sai, come tutte le cose a cui
ci si abitua e che ci fanno sentire vivi… inizi ad un certo
punto ad averne
bisogno sempre di più, ad identificartici come se
rappresentassero
completamente la persona che sei e sviluppi con loro un rapporto di
dipendenza.
Io non potevo fare a meno delle attenzioni, traevo da loro la mia
energia. A un
certo punto non sono più riuscito a dividere la persona che
tutti conoscevano,
quella che tutti erano convinto che fossi, dal vero io. Non ti sto
dicendo che
avessi addosso una maschera, Tae. Non credo di essere una persona
capace di
fingere completamente. Semplicemente ho iniziato, fin da quando ero
piccolo,
senza neppure accorgermene, a seppellire altre parti di me.
Ciò che le persone
vedevano non era qualcosa messo su ad arte, che avevo tirato fuori dal
nulla,
ma era solo un lato del mio
carattere. Quello spavaldo, vincente, sicuro. Quello che alla fine
è diventato
così fondamentale nella mia vita sociale che ha risucchiato
tutti gli altri,
come un buco nero. Credevo che fosse l’unico modo in cui mi
era concesso
apparire al mondo, insomma niente di nuovo, Taehyungie. Solita vecchia
storia,
bisogno di sentirsi benvoluto e ammirato e conseguente costante
tentativo di
non perdere questa ammirazione soddisfacendo le esigenze altrui. Chi
può dire
di non esserci mai passato? Solo che io… beh quella per me
era tutta la mia
vita. Tranne che nella mia camera, non avevo modo di essere…
anche
qualcos’altro, qualcosa che fosse diverso dalla persona che
tutti erano
abituati a conoscere. Sentivo di non potermi permettere debolezze,
momenti di
sfiducia, lasciamo stare di paura… Come puoi immaginare,
tutto ciò al liceo
aumentò, soprattutto a causa delle compagnie che iniziai a
frequentare a
partire dal secondo anno. Erano tutti ragazzi più grandi,
del terzo, quarto
anno e io ero sempre il più piccolo. Erano interessati a me
per il motivo per
cui lo erano tutti e non credo ci sia bisogno che te lo
dica… io mi sentivo
così fortunato e… potente? Non so se è
il termine giusto, ma insomma qualcosa
di simile. Ancora più del solito, da quel momento iniziai a
sentire il bisogno
di nascondere e sopprimere qualsiasi aspetto della mia vita che sentivo
di non
poter mostrare senza perdere il rispetto e l’attenzione di
queste persone. Ci
ero già abituato in parte, per cui non mi fu difficile. Come
sempre, non serviva
che fingessi, bastava solamente tenere lontano tutto ciò che
sentivo non
potesse superare la prova. Questo mi portò ad essere sempre
accondiscendente
con tutti, a starmene zitto anche quando non ero d’accordo, a
concentrare tutti
i miei sforzi per piacere ed essere accettato dal giro in cui mi
trovavo. Non
erano cattivi ragazzi, ma erano più grandi e facevano di
tutto per comportarsi
come se fossero ancora più grandi. Facevano casino in giro,
andavano sempre
alle feste, organizzavano a loro volta festini, ed erano tutti sicuri
di sé,
convinti di avere il mondo in mano e, beh, molti di loro erano anche
piuttosto
presuntuosi e prepotenti. Non proprio tutti, alcuni erano un
po’ più
tranquilli, ma la gran parte apparteneva a quella categoria di persone
che non
sono abituate a sentirsi dire di no e a cui tutto è
permesso. Io ero il piccolo
del gruppo per cui potevo concedermi il lusso di rimanere un
po’ in disparte a
volte, quando credevo che esagerassero, però Tae rimane il
fatto che
trascorressi con loro quasi tutti i miei pomeriggi. Un po’ di
giudizio per
fortuna l’ho sempre avuto e loro come ti ho detto non erano
cattivi o dei veri
delinquenti, quindi riuscivo a gestire piuttosto bene
l’influenza che avrebbero
potuto avere su di me, e non hanno cambiato ciò che sono nel
profondo. È certo
però che il mio modo di comportarmi esteriore veniva
condizionato in modo
enorme quando ero in loro compagnia, così attento a non
mostrarmi troppo che
alla fine era diventato un riflesso anche con tutte le altre persone.
Quando
facevo il terzo anno, uno dei ragazzi della mia compagnia, si chiamava
Lee
Haneul e lavorava come modello presso un’agenzia locale di
moda, mi disse che
stavano cercando nuovi volti per una campagna pubblicitaria e mi chiese
se
fossi interessato a partecipare. Lì per lì la
proposta mi intimidì leggermente,
ma accettai quasi subito. Sapevo di essere un bel ragazzo e
l’idea di entrare
in un mondo così esclusivo mi allettava. Taehyung, le cose
andarono bene. Fui
assunto dall’agenzia e devo dire che fecero un buon lavoro a
trovarmi, dopo
quella prima, altre campagne e servizi a cui potessi partecipare. Venni
introdotto nel, chiamiamolo così, giro, e per due anni ho
davvero visto un bel
po’ di proposte. Per quanto dentro di me non avessi escluso
proprio del tutto
l’ipotesi, ero stato chiaro fin da subito sul fatto di non
voler fare il
modello professionista e di conseguenza la mia agenzia scremava molto
sulle
opportunità da propormi, sapendo che non avrei voluto
accettarle tutte. È stato
solo questo il motivo per cui non ho mai raggiunto il successo a
livello
nazionale. Ma avrei potuto, Taehyungie, avrei davvero potuto. Ho detto
di no a
tante offerte, tante e… di tanti tipi. Non volevo lasciare
la scuola e l’idea
di dedicarmi full time ad una professione così incerta non
mi andava a genio.
Però mi piaceva. Mi piaceva davvero. Oltretutto pagava molto
bene. Hai visto
quante cose ho in camera, no? In quel periodo sono riuscito a non farmi
mancare
nulla e a tutt’oggi ho una buona quantità di
risparmi che mi consentono di
mantenere uno stile di vita più che privilegiata per un
semplice studente
universitario. Come ti ho detto, ero ricercato e la mia scarsa
disponibilità mi
rese ancora più ambito. La mia agenzia giocò su
questo e chi mi prendeva poi
era disposto a pagare profumatamente. Dunque i lati positivi erano
tanti e, ti
ripeto, fare il modello era qualcosa che davvero mi divertiva. Era
dura, su
questo non c’è dubbio. Dovevo sempre essere
impeccabile, controllato,
interessante, sopportare persone che non mi piacevano e sorridergli
come se
fossero divinità scese in terra, ma il lavoro di per
sé mi piaceva davvero
tanto. Su quello non ho mai finto, né sentivo come un peso i
sacrifici che
facevo per mantenermi nel giro e nel frattempo continuare ad andare
bene a scuola.
Quando poi arrivavano quelle giornate in cui mi sentivo davvero stanco
o avevo
bisogno di avere attorno qualcuno che mi capisse, c’era
Haneul. Lavorava spesso
con me, di solito dove ingaggiavano me, ingaggiavano anche lui e alla
fine
eravamo diventati inseparabili. Era più grande, si trovava
in quel mondo da più
tempo di me ed era chiaro che sapesse muovercisi bene, per cui lo
vedevo come
un punto di riferimento. Ci trovavamo spesso sul set di un servizio
spalla a
spalla e tutte le mie preoccupazioni e difficoltà legate
alla posizione che
stavo vivendo di studente in carriera, se così si
può definire, lui le
comprendeva. Non… non credo di aver mai parlato con Haenul
così a cuore aperto
come sto facendo ora con te. Questo non l’ho mai fatto prima
con nessuno. Ma
sapevo di poter contare sul suo appoggio quando magari mi lasciavo
andare a
qualche lamentela su un servizio troppo lungo che aveva sottratto tempo
allo
studio per un test del giorno dopo o quando avevo bisogno di un
consiglio sul
come comportarmi in determinate occasioni. Era bravo con il suo lavoro.
Lo era.
E credo avesse velleità ben più alte delle mie,
voleva arrivare a Vogue o
riviste del genere. Questo mi fu chiaro quando io andai
all’ultimo anno e lui
terminò la scuola. Non andò
all’università, ma decise di continuare la
carriera
di modello, ma quando io entrai all’università
l’anno dopo lui ancora non era
riuscito a fare quello scatto che avrebbe voluto. Non me ne ha mai
parlato
apertamente, ma io lo vedevo sempre più irrequieto di fronte
a quelle macchine
fotografiche che ai suoi occhi iniziavano ad essere davvero troppo
piccole.
Aveva un ego smisurato, questo lo capisco solo adesso, e non riusciva a
vedere
la verità per quella che era. Aveva talento, un bel viso ed
era sciolto e
professionale, ma non aveva le carte per salire di livello. Non era un
volto da
copertina di Vogue per intenderci. Io… io sì. Me
lo dicevano in tanti, e io
ogni volta sorridevo, lusingato, ma affermavo chiaramente di voler
proseguire
con l’università e vedere in seguito se avessi
voluto alzare la posta e provare
a buttarmi nel mondo del modelling
in
maniera più seria. Haneul nel frattempo aveva preso ad avere
problemi con
l’agenzia per cui lavoravamo, credeva fosse colpa loro se lui
non riusciva a
spiccare il salto di qualità, ma i suoi tentativi di entrare
in altre agenzie
fallivano poi sempre per via delle troppe pretese e condizioni che
poneva.
Insomma, ciò che voleva era che queste gli garantissero il
successo, e
logicamente era una cosa che non potevano fare. Alla fine dunque decise
di
rimanere con la nostra agenzia e io ero ovviamente il suo confidente
preferito.
Mi parlava in continuazione dell’incompetenza dei nostri
agenti e lo sentivo
pieno di astio nei confronti delle agenzie che non avevano accettato di
prenderlo
seguendo le sue regole. Io come puoi immaginare mi guardavo bene dal
dirgli ciò
che pensavo davvero, ovvero che non poteva pretendere un risultato
differente
ponendosi in quel modo di fronte alle persone che avrebbero dovuto
assumerlo e
che forse se si fosse mostrato più umile, meno bramoso, le
cose piano piano si
sarebbero aggiustate. Però rimaneva lo stesso un mio amico e
mi dispiaceva
vederlo star male. Per questo, pur sapendo di non potergli dire le cose
esattamente come stavano, cercavo comunque di trovare il modo migliore
per
ridagli fiducia e fargli capire che con il duro lavoro alla fine ce
l’avrebbe
fatta. In uno dei pomeriggi in cui ero a casa sua perché si
stava finendo a
preparare e poi saremmo andati all’agenzia insieme mi
baciò. La cosa mi colse
di sorpresa, ma mi piacque e risposi anche io al bacio. Come ti ho
detto,
Haenul era bello, era più grande e tenevo a lui. Non ti so
dire se ciò che
iniziò a quel punto si possa definire una vera relazione.
Non uscivamo insieme
o andavamo ad appuntamenti, né ci mandavamo messaggi di
buongiorno e
buonanotte. Haneul diceva che voleva procedere con calma e io ero
d’accordo,
perché non avevo mai avuto nessuno e dunque mi muovevo in
modo un po’
impacciato in queste situazioni. Ciò che essenzialmente
facevamo in quanto
coppia era baciarci. Haneul mi era addosso spesso. Nelle sale prove,
quando ero
da lui, negli angoli bui delle discoteche quando ci andavamo con la
nostra
compagnia. Una volta sola andò un pochino più
oltre, ma mi vide in difficoltà
per cui si fermò subito. Mi diceva che non voleva
costringermi a fare nulla con
cui non mi sentissi a mio agio e io ci credevo. Sapevo che forse non
saremmo
stati insieme per sempre, ma mi piaceva avere questa persona con cui
avevo un
legame speciale al mio fianco. Ad un certo punto avevo anche iniziato a
notare
con piacere che da quando era nata questa situazione tra noi sembrava
più
tranquillo, litigava meno con gli agenti, era più docile e
bendisposto nei
confronti di colleghi e staff. Diventava sempre più chiaro
per me che
finalmente si era messo il cuore in pace riguardo al suo futuro e aveva
iniziato a prendere tutto in maniera meno ossessiva. Nello stesso
periodo, la
nostra agenzia era in grande fermento per via di un provino particolare
e
piuttosto importante che si sarebbe tenuto di lì a un mese.
Era per una
campagna incredibilmente importante, breve ma che avrebbe fruttato un
bel po’
di soldi all’agenzia che fosse riuscita a far scritturare uno
dei suoi modelli.
Per questo motivo anche la nostra, come tutte le altre, si era messa
alla
ricerca incessante dei volti giusti da selezionare. Come mi aspettavo,
uscì
fuori anche il mio nome. L’agenzia mi disse che ero il suo
fiore all’occhiello
e sarebbe davvero stato importante se avessi partecipato al provino. I
miei
agenti erano sicuri che avrei avuto una buonissima
possibilità di riuscita, il
che avrebbe fatto guadagnare molto a loro e davvero molto a me. Mi
assicurarono
che l’impegno da un punto di vista di tempo non sarebbe stato
eccessivo e
dunque non avrebbe intralciato i miei studi universitari, ma io
già all’epoca
mi ero già piuttosto stufato del mio corso,
perché il livello non era come me
lo ero aspettato e stavo iniziando ad avere i miei dubbi sulla sua
efficacia di
garantirmi un lavoro una volta presa la laurea. Al momento insomma, la
scelta
meno azzardata sembrava proprio quella di questo provino. Ne parlai con
Haneul
e lui mi disse che non c’erano motivi per non provare, se
davvero volevo. E io
avevo deciso che volevo. Più ci riflettevo più mi
rendevo conto che quella era
l’occasione più grande che mi si fosse presentata
fino a quel momento. Non ero
ancora convinto di voler lasciare l’università, ma
questo forse sarebbe potuto
essere un buon modo per deciderlo. Tra l’altro, per la mia
agenzia era davvero
importante che io partecipassi, avevano bisogno che facessi almeno un
tentativo
e dunque non avrei potuto dire di no in ogni caso. Quando venne resa
nota la
data in cui si sarebbe svolto il provino mi agitai un po’.
Era di giovedì
pomeriggio ed essendo maggio, dunque periodo di esami, capitava proprio
la
settimana in cui avevo diversi test finali e dunque l’idea di
dover gestire
entrambe le cose non mi faceva saltare di gioia. Tuttavia volevo e
dovevo
andare a quel provino, era davvero importantissimo e non me lo sarei
fatto
scappare. Dovendo però prepararmi bene per gli esami
comunicai all’agenzia e
anche ovviamente a Haneul che quella settimana non mi sarei mosso di
casa
tranne che per andare al provino il giovedì e che sarei
tornato solamente il
venerdì pomeriggio, una volta libero dai miei impegni
universitari. Mi reclusi
in casa e detti il via a una settimana che sarebbe stata letteralmente
da
incubo, ma la cui idea allo stesso tempo mi esaltava. Lo sai quanto mi
piacciano le sfide, Taehyungie, e questa era una sfida bella grossa da
cui non
mi sarei fatto spaventare. Il mercoledì sera, mentre ero
ancora alla mia
scrivania a studiare per uno dei test teorici che avrei avuto il giorno
dopo,
Haneul mi chiamò e mi disse che l’agenzia lo aveva
incaricato di comunicarmi
che per mia fortuna il provino era stato spostato al sabato
perché uno degli
esaminatori aveva avuto un problema di salute. Ne fui ovviamente
felicissimo,
perché ciò significava che avrei avuto
più tempo per prepararmi al test di
venerdì, che era uno dei più difficili, e
ringraziai Haneul di essersi preso il
disturbo di avvertirmi. Il giovedì trascorsi letteralmente
tutto il giorno a
studiare e poi finalmente il venerdì pomeriggio, liberatomi
di quel peso, andai
in agenzia per avere migliori informazioni e consigli sul provino
dell’indomani. L’accoglienza che mi riservarono non
fu quella che mi aspettavo.
Mi chiesero perché non mi fossi presentato al provino, e
soprattutto senza
avvisarli, e la mia espressione spaesata li irritò ancora di
più. Probabilmente
credettero che avessi voluto dare la precedenza
all’università e stessi solo
fingendo davanti a loro di essermi scordato della data esatta del
provino. Mi
dissero che quando le schede con i commenti e le valutazioni per
ciascun
modello che loro avevano presentato erano arrivati poche ore prima, si
erano
tutti meravigliati nel vedere come io non ci fossi. Provai a spiegare
che
credevo il provino fosse stato spostato al sabato, ma dai loro sguardi
confusi
e sospettosi capii in un attimo come fossero andate realmente
le cose. Haneul mi
aveva mentito. Mi aveva detto che il provino si sarebbe tenuto in un
altro
giorno quando non era vero. Tae, io… non ti so dire come mi
sono sentito. Ho
sentito il mondo crollarmi addosso, ero talmente sconvolto che non
riuscii più
nemmeno a rispondere ai miei agenti. Erano arrabbiati, davvero un bel
po’,
l’avevo combinata grossa e mi urlarono contro, non sapendo
che non era colpa
mia. Uscii dall’edificio tremante, dovetti appoggiarmi al
muro a un certo punto
perché la testa mi girava. Ero confuso e tutto quello che
riuscivo a pensare
era “Perché? Perché Haneul mi ha fatto
una cosa del genere?”. Tornai a casa e
mi chiusi in camera, dove rimasi per credo due o tre ore, sul mio
letto,
rannicchiato contro il cuscino, incapace di versare lacrime, ma con il
cuore
infranto. Però quella domanda mi stava consumando. Dovevo
sapere il perché
Haneul mi avesse mentito mettendomi nei guai in quel modo e
precludendomi
l’opportunità migliore che fosse capitata da anni.
Mi ricordai che nel
pomeriggio tardi sarebbe stato in agenzia, così mi feci
forza e decisi di
tornare lì per parlarci. Volevo avere delle risposte, stavo
uscendo pazzo. Era
ormai piuttosto tardi e in agenzia non c’era quasi
più nessuno. Riuscii ad
evitare praticamente tutti e salii al primo piano, dove speravo di
trovare
Haneul visto che era lì che di solito si cambiava.
C’era, da solo. Chiusi la
porta alle mie spalle e lo affrontai. Taehyungie, io ti giuro che non
so
nemmeno bene cosa dissi. Non riesco a ricordare con precisione,
perché mi
sembrava di vivere in un’altra dimensione, tutto appannato,
tutto irreale. Mi
rimarrà invece per sempre in mente il modo con cui Haneul mi
guardò quando mi
misi di fronte a lui. Come se fossi un estraneo. Mi squadrava con
astio,
rancore, quasi odio. Mi fu chiaro poco dopo dal discorso che fece che
si
trattava di invidia. Pura e semplice invidia. Mi parlò con
una voce cattiva che
mi paralizzò ancora di più. E quello che mi disse
fece male, tanto male.
“Credevi davvero che sarei rimasto in un angolo a guardarti
scalare le vette
del successo mentre io rimanevo chiuso in questo fottuto
buco?” “Ma potevi
provare anche tu il provino se ti sentivi così”,
provai a dirgli, “Avevi detto
che non eri più interessato a diventare un professionista,
volevi iniziare
l’università, avevi detto che mi volevi
bene”. Lui mi guardò con ancora più
distacco e poi i suoi occhi si riempirono di qualcosa di peggio,
un’ombra
canzonatoria che mi trafisse come una lama “E tu ci hai
creduto ovviamente.
Faceva parte del mio piano. Le agenzie che mi hanno rifiutato me lo
hanno detto
chiaramente, non potrò mai avere davvero successo e io
l’ho accettato sai?
Guadagno comunque bene con l’agenzia, mi basta trovare un
altro lavoro e sono
apposto. Ma tu… tu potresti avere di più lo so,
con quel bel visino che hai.
Sei più bello di me, l’ho sempre saputo, ma non
credevo che saresti anche stato
più bravo. Piaci di più. All’inizio non
ti avevo preso come una minaccia. Mi
dava fastidio il modo con cui rifiutavi offerta su offerta solo per
continuare
a fare il bravo studente, ma sembravi davvero intenzionato a non fare
del modelling la tua professione.
Ma ci ho
creduto poco a questa tua farsa e quando hai iniziato a raccontarmi
tutte
quelle storie sul fatto che l’università non ti
piacesse più mi hai confermato
che i miei sospetti erano veri. Avevi sempre voluto diventare un
professionista
e adesso stava giungendo la tua occasione. Mi dispiace, caro
Jungkookie, ma non
te lo avrei lasciato fare per nulla al mondo. Mi sono avvicinato a te
in modo
più intimo solo per avere la tua fiducia, così
che la tua guardia fosse del
tutto abbassata e non avresti avuto dubbi a credermi il giorno in cui
mi sarei
vendicato”. Credo che a quel punto stessi tremando di nuovo,
un po’ per la
collera un po’ per il modo in cui queste parole mi avevano
trafitto. Io non ero
mai stato disonesto con lui, quando avevo iniziato ero davvero sicuro
di non
voler diventare un professionista, e tutti i miei dubbi sul se lasciare
o meno
l’università erano sinceri. Ma lui aveva
interpretato tutto attraverso i suoi
occhi invidiosi ed aveva dunque visto malizia lì dove non ce
ne era. Credo di
aver alzato un po’ la voce, averlo preso per un braccio per
farmi ascoltare.
Nonostante tutto non volevo credere al suo tradimento, pensavo che se
gli
avessi spiegato che aveva capito male sarebbe tornato al mio fianco e
io avrei
potuto perdonarlo. A quel punto mi afferrò e mi fece
sbattere al muro,
tenendomi le braccia ferme e premendo il suo corpo contro di me. Mi
sputò
addosso altre cose brutte, quanto mi detestasse, che ero un bambino,
che ormai
nessuno all’agenzia si fidava più di me e
probabilmente ne sarei stato cacciato
e così la mia carriera sarebbe finita ancora prima di
cominciare. Poi iniziò…
iniziò a toccarmi di più, dicendo che se volevo
ero però ancora in tempo per
avere un ultimo ricordo piacevole in quell’edificio e altre
cose che non voglio
ripetere. Non credo fosse serio, credo lo stesse facendo più
per spaventarmi,
ma ci stava riuscendo. In uno scatto disperato mi divincolai e riuscii
a
liberarmi da lui, finendo a sbattere violentemente contro il tavolo
lì vicino.
Non provò nemmeno a rimettermi le mani addosso, a conferma
del fatto che in
realtà non aveva intenzioni serie quando mi aveva detto
tutte quelle oscenità.
Mi guardò e basta e io sapevo che sarei dovuto correre via,
ma rimasi
immobilizzato sotto il suo sguardo. Avevo davvero paura Taehyungie, mi
sentivo
ancora l’odio della sua voce nelle orecchie e le sue mani su
di me. In quel
momento di tensione, durato comunque pochi secondi, nessuno dei due si
accorse
che nella mia colluttazione contro il tavolo le due candele accese che
vi erano
sopra erano cadute, rotolando a terra e finendo proprio sotto le tende
del
camerino, così lunghe che toccavano il pavimento. Tae, di
quel momento ho
ricordi confusi e frenetici, avvenne tutto in un lampo. Quando vedemmo
quella
fiamma spandersi su per la tenda a una velocità violenta
rimanemmo entrambi
esterrefatti per alcuni istanti, poi il fuoco inghiottì
anche l’altra tenda e
fu allora che ci svegliammo dal nostro stato di ipnosi. Io feci per
correre
verso la porta, ma Haneul mi afferrò e mi dette uno
spintone, buttandomi a
terra. Caddi sbattendo la testa contro la sedia e la botta fece
così male che
il mondò ballò per diversi minuti e fui incapace
di muovermi. Nel frattempo
Haneul era fuggito ed aveva richiuso la porta. Il fuoco stava iniziando
a
propagarsi, c’erano riviste, fogli, vestiti, insomma
tantissimo materiale
infiammabile nel camerino e io me ne accorsi, ma non riuscivo a
muovermi. La
testa mi pulsava in modo indicibile e il dolore era lancinante, vedevo
tutto
sfocato davanti a me. Poi arrivò il caldo, quel caldo
soffocante che iniziò a
rendere ardente ogni centimetro del mio corpo e soprattutto il fumo.
Iniziai a
tossire, cercando di gridare aiuto, ma ogni volta che aprivo la bocca
respiravo
quell’aria tossica e a un certo punto capii che la mia unica
salvezza sarebbe
stata uscire di lì. Il fuoco però era
già troppo, era arrivato alla porta e
quando provai comunque ad alzarmi la testa mi girò e ricaddi
di nuovo. Ricordo
delle lacrime, il bruciore in gola e poi il nulla. Svenni e quando
riaprii gli
occhi il viso di mia madre rigato e i suoi singhiozzi assordanti furono
il modo
in cui venni accolto di nuovo nel regno dei vivi. Non ero morto. Chiesi
come
fosse possibile e mio padre mi spiegò, mentre mia madre
cercava di calmarsi,
che per fortuna i dipendenti che erano ancora nell’edificio
si erano accorti
piuttosto subito delle fiamme e avevano dato l’allarme.
Entrambi i miei
genitori mi fecero qualche domanda per capire come mi fossi ritrovato
in quella
situazione, ma non mi cavarono fuori neppure mezza parola. Per fortuna
si
resero conto che avevo solo bisogno di tranquillità e mi
lasciarono stare. Io…
io non credo di essere stato più lo stesso dopo quel giorno
Taehyungie. Non
solo per via del tradimento di Haneul, ma anche per ciò che
aveva fatto dopo,
buttandomi praticamente tra le fiamme e lasciandomi lì. Non
riuscii più a
fidarmi di nessuno. Non volevo fidarmi
di nessuno. Inoltre per più di un mese ho continuato ogni
notte a sognare delle
fiamme quindi dormivo male e questo contribuì a rendermi
ancora più spossato.
Non avevo più voglia di stare con le altre persone, non ne
traevo piacere.
Avevo avuto modo durante la mia permanenza in ospedale di rendermi
conto da
quanta falsità fossi sempre stato circondato e quanto la mia
vita fosse in
realtà vuota. Non avevo nessuno da poter chiamare amico,
nessuno che mi amasse
o mi conoscesse e apprezzasse davvero per quello che sono. Persi
qualsiasi tipo
di interesse per la professione di modello e mi chiamai fuori anche dal
mio
giro di amicizie. Provai agli inizi a concentrarmi di nuovo sugli
studi, ma
anche lì vedevo il fallimento. Il corso era noioso e non mi
stimolava. Piano
piano mi chiusi sempre più in me stesso, isolandomi
completamente e parlando il
minimo indispensabile, e questo minimo comunque solo con i miei
genitori. Loro
sono stati i soli a cui io abbia confidato tutto. Una sera a cena non
ce l’ho
fatta più di fronte ai loro sguardi preoccupati e
interrogativi e ho sentito il
bisogno di fargli sapere come erano andate le cose. Ovviamente entrambi
mi
dissero che avrei dovuto denunciare Haneul, in fondo aveva quasi
causato la mia
morte, ma io li implorai di lasciare perdere, perché davvero
Taehyungie,
l’unica cosa che avevo voglia di fare era mettermi alle
spalle tutta questa
storia. Mettermi alle spalle la mia intera vita se possibile, chiudermi
nella
mia stanza e non uscirne più. A fine giugno decisi che avrei
cambiato
università e dato una possibilità a Seul. Non
avevo davvero più nulla a Busan
tranne i miei genitori e ebbi la lucidità di capire che non
sarebbe potuta per
sempre continuare così. Comunicai dunque la mia decisione di
trasferirmi e poi
durante l’estate, per non rimanere in città dove
avevo paura di trovarmi
costretto ad incontrare ed affrontare persone che non avevo nemmeno
voglia di
vedere, pensai di andare dai miei nonni a Haeundae. Mia mamma non era
d’accordo
perché lì ci sono ancora meno persone che a
Busan, ma è proprio quello che io
volevo. Essere solo, ma in libertà. Non solo e recluso nella
mia camera. E così
sono rimasto lì un paio di mesi e poi mi sono trasferito qui
a Seul. Ora va
tutto bene, sono felice Taehyungie, ed è merito tuo.
Però quello che mi è
accaduto ogni tanto ritorna su, come è successo oggi.
– Jungkook a questo punto
si era fermato e aveva osservato bene Taehyung, il quale aveva gli
occhi pieni
di lacrime, ma stava cercando di non scoppiare a piangere.
–
Kookie… mi-mi
dispiace…
–
No Tae, non dire
così. È tutto apposto ora. Tutto apposto. Non
devi più pensarci a questa cosa,
promettimelo. Promettimelo!
–
P-prometto. Va
bene, prometto – aveva risposto tirando su con il naso e
ricacciandosi le
lacrime in gola.
–
Bene. Ti ho detto
tutto perché sei mio amico. Davvero
mio amico, e voglio essere onesto con te. Però non mi va che
questo cambi
qualcosa tra noi, va bene? Ci tengo sul serio. Il nostro rapporto,
così com’è,
è troppo importante per me. Tu non sei stata solamente la
prima persona con cui
sono riuscito a diventare amico, ma anche la prima con cui abbia avuto
voglia
di fare amicizia. Mmh, ok, forse no, su questa cosa direi la seconda.
Uno
sguardo furbo
aveva ridato luce ai suoi occhi e Taehyung aveva capito che adesso
stava
finalmente bene. Il raccontargli il suo passato non lo aveva turbato,
ma al
contrario, alleggerito. Rincuorato da questa idea aveva iniziato a
stuzzicarlo:
–
Come sarebbe a dire
seconda? Voglio sapere chi c’è stato prima di me!
–
No, no, no! Per
oggi basta così, il tempo dei racconti è finito,
magari un’altra volta. Devo
andarci piano con quello che ti dico, altrimenti se svelo tutto subito
poi ti
stufi prima di me.
Taehyung
gli aveva
tirato un cuscino e poi lo aveva ripreso per colpircelo. Jungkook era
scoppiato
a ridere e Taehyung anche, prendendo a dire che era un cretino e che
non si
sarebbe mai liberato di lui. Taehyung dopo quel pomeriggio si era
dimenticato
completamente di chiedere a Jungkook notizie riguardo la misteriosa
persona di
cui aveva accennato, ma ciò che non aveva mai scordato era
la promessa di non
abbandonare mai questo ragazzo che aveva inciso nel proprio cuore.
Note
dell’autrice: Eccoci di
nuovo qui, in questi che saranno i capitoli
conclusivi della storia. Come già detto, anche se gli
Yoonmin finalmente si
sono chiariti, ci sono ancora alcune questioni da risolvere, ed
è di questo di
cui la parte finale si occuperà. Una delle incognite
più grandi fino a questo
punto credo fosse stato il passato del nostro Kookie. Ce ne sono stati
accenni
nel corso dei capitoli, ma mai qualcosa di più. Finalmente
in questo capitolo
scopriamo cosa nascondeva. Due parole sulla scelta che ho fatto per
quanto
riguarda il modo in cui gli ho fatto narrare la propria storia. Non
sono una
fan delle storie in prima persona, trovo che sia un punto di vista
molto
particolare da usare con parsimonia Ho letto libri che mi sono piaciuti
tantissimo in prima persona, quindi ovviamente il discorso non vale
sempre,
però per quanto mi riguarda preferisco attenermi alla cara
vecchia terza. In
situazioni normali, credo che quando non se ne abusa può
creare un bell’effetto
in quanto lascia la possibilità di coinvolgere ancora di
più nell’azione che
sta avendo luogo. Avevo fatto una cosa simile quando ho descritto nel
capitolo
IX Jimin ubriaco, ma quelli erano pensieri sconnessi più che
essere una vera e
propria narrazione. In questo caso ho invece voluto provare a fare un
racconto
nel racconto, per vedere come usciva. Sono contenta della mia scelta,
perché
Jungkook è un personaggio importante e ho pensato che alla
fine fosse meglio
lasciare la parola direttamente a lui per parlare del suo passato.
Visto il mio
soft(issimo) spot per JK, è quella una parte che ho scritto
di getto e con
particolare passione per cui fatemi sapere cosa ne avete pensato.
Passiamo poi
all’altro protagonista di questo capitolo, Taehyung. Spero si
sia capito quanto sia cotto e stra cotto di Jungkookie. Ci tiene
tantissimo ed
ovviamente il sapere che sta per affrontare un’altra
delusione gli provoca
sofferenza e reagisce in questo modo con Jimin. Forse è
troppo duro con
l’amico, ma capiamolo, è innamorato. Vuole solo il
bene di Kookie e non riesce
a sopportare l’idea che il ragazzo venga messo di fronte a
qualsiasi tipo di
dolore. Cerca di occuparsene al meglio, ma ovviamente non
può arrivare
dappertutto e ci sono delle cose che comunque non può
evitargli.
Nel prossimo
capitolo vedremo se farà pace con Jimin o se
continuerà a
rimanere arrabbiato con lui, e vedremo anche che cos’altro
accadrà, perché ci
sono ancora diverse cose da fare per il nostro Jiminie e come gli ha
detto
Yoongi loro due non potranno davvero stare bene insieme
finché non saranno
risolte.
Annuncio: per
motivi di varia natura, sono quasi convinta di affrettare la
conclusione della storia. Non perché voglia (sono
tristissima a riguardo), ma
perché devo. Per questa ragione, al 99% posterò
il prossimo capitolo domenica.
L’idea sarebbe di concludere entro la settimana prossima,
facendo così uscire
l’ultimo capitolo mercoledì come sempre. Cause di
forza maggiore. Quindi voi
intanto domenica venite a dare un’occhiata perché
il capitolo potrebbe già
essere stato pubblicato ;)
Come sempre vi
ringrazio tantissimo per aver letto il capitolo e queste
(lunghissime, as usual) note e vi esorto a lasciare un feedback
♥
Ci vediamo (probabilmente) fra 4 giorni!
Baci, Elle~
|
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Capitolo 19 *** Capitolo XVI ***
CAPITOLO
XVI
“E
la cosa più bella è che mi sei stato molto
più vicino da quando sono
sotto una fosca nube, di quando il sole sfolgorava. Questa è
decisamente la
cosa più bella.”
(Charles
Dickens, Grandi Speranze)
Il
corso dei pensieri
di Taehyung venne interrotto dalla voce attutita di Jimin, il quale
sembrava
non essersi ancora arreso e rimaneva persistente lì fuori
dalla sua camera
dando colpetti timidi alla porta e chiamando il suo nome con tono
colpevole.
–
Taehyungie? Ti
prego vieni fuori. Tae… perdonami. Mi sono spiegato male, ho
bisogno che tu mi
ascolti. Tae? Per favore, esci…
Ma
Taehyung non
usciva. Si teneva stretto alle proprie gambe come se fossero un
salvagente
mentre le lacrime continuavano a scorrere sul suo viso delicato. Non
riusciva a
pensare a Jimin, voleva solo correre da Jungkook per stringerlo forte e
poi
prenderlo e portarlo con sé in qualche posto lontano, dove
avrebbe potuto
tenerlo al riparo da questa sorte che sembrava accanirsi
così duramente su di
lui. Piano piano la voce di Jimin si fece sempre più smorta,
e alla fine cessò
del tutto, facendo seguire al suo silenzio il rumore di passi che si
allontanavano. Taehyung iniziò a fare grandi respiri
profondi e sentì il cuore
decelerare gradualmente la sua corsa. Ora che non aveva più
i richiami di Jimin
a distrarlo poteva pensare meglio. Rimase accoccolato per terra per un
tempo
indefinito, aspettando di calmarsi e di sbollire la rabbia. A poco a
poco, il
fumo rosso che aveva invaso la sua mente iniziò a dipanarsi
e lui poté cominciare
a guardare tutto con più lucidità. Sebbene il
dispiacere per Jungkook fosse
ancora ciò che occupava lo spazio maggiore dentro di lui, il
senso di colpa per
come aveva trattato Jimin riuscì debolmente, ma tenacemente
a trovarsi un posto
e alla fine gli si affiancò del tutto. Taehyung era adesso
pentito del modo in
cui aveva reagito con l’amico. Si sforzò di
ripercorrere la scena dall’inizio e
si rese conto di come in effetti fosse subito saltato su, iniziando ad
urlare
quasi senza una logica e impedendo al suo migliore amico di parlargli a
cuore
aperto e al sicuro dal timore di giudizi affrettati. Gli aveva detto
tante cose
cattive, dure. Forse in fondo anche un po’ vere, ma distorte
dallo stato
alterato in cui si trovava. Nemmeno Jimin meritava di essere trattato
così. È
vero, aveva sbagliato, ma era un errore che aveva pagato a caro prezzo.
Stava perdendo
la salute, forse la stabilità mentale stessa, senza contare
la persona che
amava, in quel periodo tremendo ed aveva sopportato tutto in completa
solitudine.
Forse aveva gestito male la situazione, forse ci sarebbe stato un modo
più
razionale per reagire a tutto ciò, ma chi era Taehyung per
giudicare? Dal modo
in cui lo aveva trattato era evidente che lui stesso non fosse un
esempio di
controllo e raziocinio. Tra l’altro, nemmeno lui aveva in
fondo saputo gestire
bene quella situazione. Per evitare di ferire entrambi gli amici, alla
fine non
aveva evitato il dolore a nessuno dei due. Se fosse intervenuto prima,
se
avesse insistito di più con Jimin, se avesse messo da parte
le sue remore e
avesse tentato di capire cosa stesse succedendo fin
dall’inizio, sicuramente
determinati nodi sarebbero venuti al pettine prima e tutto quello che
era
accaduto nell’ultimo mese si sarebbe potuto evitare. Lui
aveva sempre avuto il sentore
che qualcosa del genere potesse succedere. La reazione esplosiva che
aveva
avuto di fronte alle parole di Jimin era dovuta unicamente allo shock
di aver
visto realizzarsi paure che si teneva da tempo imbottigliate dentro e
il cui
peso lo aveva trasformato in una pentola a pressione, pronta a
scoppiare. Credeva
che quando questi timori si fossero concretizzati lui sarebbe stato
pronto, ma
non era stato così e il dolore e l’amore per
Jungkook lo avevano completamente
accecato. Aveva gettato del tutto su Jimin una colpa di cui anche lui
era
partecipe, perché anche il suo non far nulla, o non farlo
prima, era stato una delle
cause della situazione presente. Ripensò ad alcune cose che
Jimin gli aveva
detto mentre lui gli urlava in faccia. C’erano tanti dettagli
di cui ancora non
era a conoscenza e non gli riportavano, come aveva potuto comportarsi
così
senza prima farsi spiegare chiaramente tutta la verità?
Quella verità che lui
stesso aveva spronato Jimin a condividere. Ad esempio, cosa aveva
spinto Jimin
a pensare che Yoongi e Hoseok stessero insieme? Da quanto tempo Yoongi
sapeva
di amare Jimin? Era stato davvero il suo appuntamento con Jungkook a
fargli
scattare la molla della gelosia? Quella era un’ipotesi di
Jin, ma nessuno di
loro lo sapeva con certezza. Cosa si erano detti due il
venerdì sera per far
pace se poi l’effettiva confessione era arrivata solo la
domenica, quasi per
caso viste le circostanze del loro incontro? C’erano tante
cose che Taehyung
ancora non sapeva e adesso si rese davvero conto di quanto ingiusto
fosse stato
con Jimin a lasciarlo da solo in cucina in quel modo. Si era sfogato
solo
perché era tanto tempo che voleva farlo, ma se
l’era presa con la persona
sbagliata. Come se poi ci fosse una persona giusta. Si alzò
e si ricompose come
meglio poté. È vero, Jungkook avrebbe sofferto
sulle prime, ma Taehyung era
stanco di mentire a sé stesso. Sapeva che in fondo
ciò che stava per succedere
sarebbe solo stato un bene per il giovane ed anzi, forse era ancora
meglio che
fosse avvenuto prima che il ragazzo facesse lo sforzo di dichiararsi
apertamente. In ogni caso, poi, ci sarebbe stato lui a cercare di
attutire la
caduta. Uscì dalla sua stanza e andò in cucina.
La trovò però vuota e così
tornò indietro e si mise davanti alla porta chiusa della
camera di Jimin. Bussò
piano ed entrò senza attendere una risposta.
Trovò Jimin seduto alla sua
scrivania, viso basso nascosto tra le braccia appoggiate al tavolo,
scosso da
singhiozzi attutiti. Da quanto tempo
piangi Jiminie? Sollevò il viso rosso e bagnato e
spalancò gli occhi.
–
Taehyungie... mi
dispiace così tanto…
Taehyung
gli corse
incontro e lo abbracciò forte, cadendo piano poi ai suoi
piedi e trascinandolo
con sé. La sua voce uscì più roca del
solito, graffiata dalle lacrime versate
poco prima e dall’emozione:
–
No, è a me che
dispiace. Scusa, scusa, scusa! Ho esagerato, non avrei dovuto parlarti
così.
Non le penso davvero tutte quelle cose. Ti voglio bene Jiminie, sono
contento
che ora tu sia felice e… – non riuscì a
trattenere un piccolo singhiozzo – mi
dispiace anche che ti sia sentito tanto solo! Non sono stato un bravo
amico.
Puoi dirmi tutto ora, puoi dirmi tutto, prometto che
ascolterò con calma, ma ti
prego apriti con me, è importante!
Fu
così che i due
ragazzi riuscirono a chiarirsi. Dopo essersi entrambi calmati tornarono
in
cucina, e lì Jimin, finalmente tranquillo, riuscì
a raccontare per bene come si
era svolto tutto, partendo da quel fatidico pomeriggio di dicembre.
Taehyung
ascoltò senza interromperlo, incoraggiandolo dove aveva
bisogno e annuendo nei
punti giusti. Alla fine lo abbracciò di nuovo,
rassicurandolo un’altra volta
che non era più arrabbiato e deprecando dentro di
sé la propria incapacità di
intervenire meglio.
–
Ascoltami Jiminie,
questo devo dirtelo. Kookie è davvero innamorato di te
– era la prima volta che
affrontava con l’amico questo argomento –
lo hai capito, no? Credo che presto ti si sarebbe anche
dichiarato, ma
non possiamo permettere che questo succeda. È davvero
importante che tu ci
parli subito perché non so che decisione abbia deciso di
prendere. L’ultima
volta che ci ho parlato, ovvero questa mattina, mi ha confessato di
aver notato
qualcosa tra te e Yoongi-hyung e di essersi ingelosito. Non era
contento di
sentirsi così e al contrario continuava a cercare di
convincersi che non c’era
nulla di cui preoccuparsi, ma non so nemmeno se ci credesse davvero.
– Tu cosa gli hai detto?
Ancora non sapevi…
– Con certezza no, ma avevo
intuito qualcosa.
Tutti noi avevamo intuito che qualcosa non andava tra te e Yoongi-hyung
e poi
confrontandoci abbiamo cercato di risalirne alle cause. Ci eravamo
abbastanza
avvicinati direi – vide
Jimin spalancare
gli occhi e rise – Jiminie, siamo vostri amici, a un certo
punto era normale
che cercassimo di indagare meglio l’atmosfera strana che si
era creata
nell’ultimo periodo. Di questo però ti
parlerò con calma dopo. Adesso è
Jungkook il punto. Avendo sentore di quello che sarebbe potuto
succedere tra te
e Yoongi-hyung gli ho spiegato che in ogni caso la vostra amicizia non
si
sarebbe fermata anche qualora lui si fosse messo con te e dunque doveva
chiedersi se poteva accettarlo. Insomma, ho cercato di preparare un
po’ il
terreno, cercare di avvicinarlo all’eventualità
che forse tu non avresti potuto
dargli esattamente ciò di cui lui ha bisogno.
Jimin
arrossì a
queste parole. Si sentiva una persona terribile. Taehyung aveva
ragione, lui
non avrebbe mai potuto dare a Jungkook quello che il ragazzo desiderava
e si
chiese come potesse essere stato così sciocco da pensare di
poterlo fare.
Taehyung continuò:
–
Il punto è che la
mia idea era di mettergli un freno, ma nulla vieta che lo abbia potuto
al
contrario indurre ad accelerare le cose, a tentare il tutto per tutto.
Insomma,
agire prima che lo faccia Yoongi-hyung. Non voglio che affronti un
rifiuto.
Sarebbe sconvolto e non ti ascolterebbe, non capirebbe esattamente che
cosa ti
ha spinto a restargli vicino. Jiminie – strinse forte il
braccio dell’amico –
tu devi farlo sedere e devi spiegargli tutto con calma, cercando il
più
possibile di fargli capire come il tuo scopo non fosse prenderlo in
giro o giocare
con lui, devi fargli comprendere che eri in buona fede, che non hai mai
voluto
ferirlo e ti dispiace per come siano andate le cose. È
essenziale che tu lo
faccia Jiminie, dico sul serio. Jungkook non è una persona
astiosa, non
porterebbe mai rancore, a te poi meno di tutti. Lo so che ti
perdonerà, lo so
perché… lo so. Probabilmente ti perdonerebbe
anche se tu gli dicessi
esattamente tutta la verità, ma poi ne sarebbe troppo
scosso. Si infrangerebbe
di nuovo chiudendosi in sé stesso e questo non deve
accadere. Ecco perché è
importante che tu stia attento a come gli parlerai e faccia del tuo
meglio per
fargli capire che tutto quello che è accaduto non era tua
intenzione. Ma devi
davvero accertartene Jiminie. Kookie mette sempre su un sorriso e finge
di star
bene, ma tu devi leggere al di là, guardarlo per
davvero. Devi
promettermi che quando ci parlerai non lascerai il suo fianco fino a
che non
sarai assolutamente sicuro che lui abbia capito e ti creda. Al resto
penserò
io. Posso fidarmi che lo farai?
–
Va-va bene. Te lo
prometto. Te lo prometto davvero, Taehyungie. Ma cosa
c’è che non so su di lui?
A cosa alludevi prima?
–
Non so se sia il
caso di parlartene nel dettaglio. Forse c’è un
motivo per cui non ti ha detto
niente, non lo so. A questo punto credo di essere l’unica
persona a saperlo…
Facciamo così, ti dirò solo quello che
è importante tu sappia per organizzare
il tuo discorso quando ci parlerai. Jungkookie è una persona
insicura, Jiminie,
in modo diverso da te, ma forse con la stessa intensità. Ci
sono tante cose che
tiene per sé e cerca sempre di farsi accettare dalle persone
dando loro ciò che
crede vogliano e mettendo poche volte sé stesso al primo
posto. Ci sono state
esperienze nella sua vita che lo hanno spinto a questo atteggiamento e
l’unica
volta che si è lasciato andare un po’ di
più è stato tradito. Ecco perché
è
importante che tu gli faccia capire che ti sei avvicinato a lui
perché credevi
davvero in voi due. In qualche modo ti si è aperto e tu non
puoi assolutamente
dargli motivo di credere che questa sua fiducia sia stata mal
riposta… di
nuovo.
Jimin
assimilò tutte
le informazioni, sentendosi ancora peggio per la
superficialità con cui aveva
accettato le chiare avance di Jungkook. Rimase un po’ in
silenzio prima di
chiedere:
–
Quando pensi dovrei
dirglielo? Anche secondo Yoongi-hyung è davvero importante
parlargli.
Taehyung
sollevò le
sopracciglia e fece una smorfia colpita:
– Wow, qualcosa su cui
concordiamo. Dunque può
accadere, una volta ogni ventimila anni.
– Taehyungie, dai!
– rise Jimin dandogli una
piccola botta sulla spalla – Non dire così! Yoongi
ha il suo modo di fare, ma
lo sa quanto sei importante per me e ti vuole bene. E io ne voglio
tantissimo a
lui quindi cercherete di andare più d’accordo, per
favore?
–
Ma io ci vado
d’accordo, è poi Yoongi-hyung che spesso mi
ringhia contro. Ok, ok, scusa,
scherzavo. Si, prometto che da oggi le asce di guerra sono abbassate.
Che poi
Jiminie, se davvero lo avessi odiato avrei fatto di tutto per tenerlo
lontano
da te e invece, pensa un po’, mi sono ingegnato insieme agli
altri per trovare
un modo per farvi riappacificare!
–
Ma insomma mi vuoi
dire infatti che cosa è successo tra te e gli altri? Quanti
concili avete
tenuto con me e Yoongi-hyung come ordine del giorno?!
Quando
Taehyung finì
di spiegargli tutto quello che si era mosso alle loro spalle e il ruolo
che gli
amici avevano giocato nell’aiutarli Jimin era incredulo.
–
Pensa tu, non mi
sono accorto di nulla! Quando Jin-hyung mi ha mandato a prendere quel
riso non
mi sono insospettito per niente, ricordo solo di aver pensato nel
fondaco
quanto fosse scomodo tenere proprio il riso in un posto così
poco pratico.
Forse Yoongi ha ragione, prendermi in giro è fin troppo
facile.
Taehyung
fece
spallucce:
–
Anche a lui era
sfuggito tutto, quindi…
–
Vero. Però abbiamo
creato davvero tanto disagio a tutti quanti, non credevo che la
situazione tra
noi fosse diventata così pesante anche
dall’esterno. Mi dispiace, sul serio. E
vi ringrazio. Io e Yoongi credevamo di dover parlare con Hoseokie-hyung
e
Jungkookie, ma a questo punto dobbiamo delle scuse e dei ringraziamenti
a
tutti. Sai, avevo già pensato di annunciare a tutti voi
separatamente la
notizia di me e Yoongi, per evitare di dirlo ad una cena con davanti
anche
Jungkookie. Ma adesso che so che abbiamo creato tensione anche per
Jin-hyung e
Namjoon-hyung è fondamentale che oltre ai nostri
ringraziamenti porgiamo anche
a loro le nostre scuse spiegandogli ciò che è
successo e dunque davvero devo
parlare a tutti in occasioni differenti. Ci sono troppe cose che
Jungkookie non
deve sapere. Credi dunque che debba parlarci presto?
–
Io credo di sì. E
sono d’accordo con l’affrontare tutti in separata
sede. L’ultima cosa di cui
Kookie ha bisogno è che questa storia gli venga continuata a
sbattere in
faccia.
–
Questa settimana
sono davvero troppo impegnato con l’accademia, quindi credo
che parlerò con Jin
e Namjoon hyung direttamente venerdì. Posso andare un
po’ prima rispetto alla
nostra cena per essere sicuro che Jungkookie non sia ancora
lì. Domani invece
vedrò Hoseok-hyung in accademia, spero di trovare un buco
per spiegargli perché
l’ho trattato così male. Ti ha aiutato
così tanto, e io sono stato davvero uno
stronzo.
24
gennaio 2107
Seconda
notte senza
incubi. Jimin si sentiva fresco come una rosa quel mattino e la sua
produttività in accademia fu ancora migliore del giorno
prima. Adesso che aveva
parlato con Taehyung e che sapeva che presto si sarebbe chiarito anche
con
Hoseok si sentiva infinitamente più leggero.
L’idea di spiegarsi con Jungkook
lo spaventava, ma sapeva che sarebbe andato tutto bene, come Taehyung
gli aveva
detto e come Yoongi stesso gli aveva ripetuto la sera prima, quando
avevano
parlato per due ore al telefono prima di andare entrambi a dormire.
Vedeva
insomma la fine di tutta quella vicenda e non poteva sentirsi
più felice. Aveva
finalmente fiducia di nuovo nel fatto che tutto si sarebbe aggiustato
per il
meglio e che alla fine tutto tra loro sarebbe tornato come prima. Anche
Jungkook era sicuro se la sarebbe cavata, perché non sarebbe
stato da solo.
Tutti loro avrebbero fatto in modo di rendergli la situazione
più leggera
ovviamente, ma, soprattutto, Jimin ormai sapeva che il più
piccolo avrebbe
potuto contare su tutto l’appoggio possibile da parte di una
persona in
particolare. Si chiese a quante altre cose fosse rimasto cieco
nell’ultimo
periodo. Quanti dettagli gli fossero sfuggiti, quanti sentimenti avesse
scavalcato. Le parole di Taehyung, sebbene dette in un momento di ira,
non
erano poi così sbagliate. È vero che non aveva
saputo fare i conti con ciò che
provava, negando fino all’ultimo di aprire gli occhi su
quanto sentiva per
Yoongi e finendo così a coinvolgere Jungkook. E
c’erano anche tantissime altre
cose a cui non aveva fatto caso perché troppo preso da
sé stesso, se ne rendeva
conto ora. Come, ad esempio, quello che Taehyung provava per Jungkook.
Quanto
aveva fatto soffrire il suo migliore amico agendo come aveva agito? Non
solo
gli stava sottraendo il ragazzo che lui amava, ma lo stava anche
facendo per i
motivi sbagliati. Aveva ferito la persona a cui Taehyung teneva
più di tutti e
nemmeno un secondo si era fermato a rifletterci su prima. Ora
però aveva
capito. Aveva davvero capito e avrebbe risolto. E Yoongi aveva avuto
ragione.
Sarebbero potuti essere davvero felici solo una volta aver sistemato il
disastro che avevano causato attorno a loro.
L’occasione
per
parlare con Hoseok si presentò nel pomeriggio intorno alle
cinque, quando
entrambi stavano tornando a casa insieme. Hoseok aveva finito le
lezioni prima
di Jimin, ma lo aveva aspettato poiché all’ora di
pranzo il più piccolo lo
aveva cercato e gli aveva chiesto se poteva attenderlo
all’uscita perché doveva
discutere con lui di una cosa importante. Curioso come sempre, Hoseok
ovviamente
non ci aveva pensato due volte ad accettare. Adesso stavano camminando
lentamente verso la fermata del bus. Jimin teneva la testa bassa, perso
nei
propri pensieri e Hoseok fu costretto a richiamarlo sulla terra.
–
Si! Scusa! Scusa
hyung, ero sovrappensiero.
–
Ho notato – rispose
Hoseok sorridendogli dolcemente – Di che cosa dovevi
parlarmi? È tutto il
giorno che muoio di curiosità.
–
Si, certo. Dunque,
di cosa volevo parlarti… allora… io…
i-io volevo chiederti scusa per come mi
sono comportato con te in quest’ultimo periodo. Non so se te
ne eri accorto, ma
credo di essere stato un po’ più freddo e
distante. E mi dispiace. È solo che…
c’erano delle cose che non avevo capito, altre che avevo
capito male e… beh, tu
non ne avevi nessuna colpa ma me la sono comunque presa con te
perché c’entravi
solo in un certo senso, senza che in effetti lo sapessi… Non
sono molto chiaro,
vero?
Hoseok
ridacchiò:
–
No, ma sono sicuro
che troverai le parole. Sono io Jiminie, con me puoi parlare tranquillo
– gli mise
un braccio attorno alle spalle e lo fermò, portandolo poi
più vicino al muro
per togliersi dal mezzo del marciapiede – allora, che
cos’è che ti ho fatto
senza saperlo?
Jimin
non lesse nulla
di negativo nell’espressione di Hoseok. I suoi occhi erano
sereni e dolci come
sempre e lo rilassarono incredibilmente. Trasse un profondo sospiro e
smise di
girarci attorno:
–
Hoseok-hyung, io credevo
che tu stessi insieme a Yoongi-hyung.
Hoseok
allontanò il
braccio da Jimin e il suo viso si fece confuso:
–
Come? Co-cosa
intendi? Che vuol dire insieme?
–
Insieme, hyung,
insieme, come una coppia. Credevo Yoongi-hyung fosse il tuo fidanzato.
Più
ci pensava più
Jimin adesso si sentiva così cretino ad aver concepito
un’idea tanto assurda.
Ma cosa avrebbe dovuto pensare dopo ciò che aveva sentito?
Gli occhi di Hoseok,
dapprima interdetti, si accesero di una luce di comprensione e poi la
sua
espressione meravigliata si trasformò in una di disgusto:
–
Me e Yoongiiiii?!!
– urlò – Come?! Jiminie cosa stai
dicendooo?! Mi viene la nausea a pensarci!!!
–
Si lo so, è un’idea
che ti fa venire il voltastomaco, anche Yoongi ha detto la stessa cosa
–
rispose Jimin alzando gli occhi al cielo.
–
Ma certo che ti ha
detto lo stesso! – scoppiò a ridere –
Cioè, davvero hai creduto… hai potuto
credere… io e Yoongi!
–
Ok, ho capito, sono
stato un idiota, la smetti di ridere ora? Yoongi ci ha già
riso sopra a
sufficienza.
–
Ma come faccio a
non ridere?! Aspetta… Yoongi?
Yoongi?? Jiminie, aspetta!! Vuoi
vedere
che… Perché? Perché eri arrabbiato con
me credendo che stessi con Yoongiah?!
Non mi dire… non mi dire…!! Sei tutto rosso, mi
stai dicendo!! Woaaaaahhh!! Tu
e… Tu e Yoongi!! Aspetta, aspetta un attimo! Ma quindi avete
fatto pace
davvero? Non solo, qualcosa di più deve essere successo!
Guarda come sei
rossooooo!!
–
Hoseok-hyung, per
favore, smet-
–
Ma noi credevamo
fosse il contrario! Che Yoongi fosse geloso della tua relazione con
Jungkookie!
Però… mi viene il dubbio ora, avevi davvero una
relazione con Jungkook? Era
questa l’ipotesi di Jin-hyung, ma forse abbiamo sbagliato!
Ah, ma ti devo
spiegare cosa c’entra Jin-hyung!
–
Hyung, lo so, ho
parlato con Ta-
–
E Yoongi!! Quel
bastardo, non mi ha ancora detto nulla! Una notizia del genere!!
–
Jung Hoseok hyung,
mi devi stare a sentire!! – esclamò Jimin con gli
occhi ormai colmi di divertimento
– ti giuro che sono felicissimo che tu la stia prendendo
così, ma devi davvero
ascoltarmi, ho una risposta a tutto! Comunque si, hai indovinato, io e
Yoongi-hyung, stiamo… stiamo insieme.
Altro
urlo di Hoseok,
altra ondata di imbarazzo sul viso di Jimin.
–
Ok, adesso ti
ascolto, mi sono sfogato. Cioè non ho finito, ma va bene
così per il momento.
Innanzitutto, cosa diamine ti ha fatto pensare che potessi avere una
relazione
con Yoongiah?
Jimin
ripeté tutto
anche a Hoseok, usando ormai quasi le stesse parole che aveva
già usato con
l’amico la sera prima e aggiungendo poi il racconto in breve
di ciò che era
accaduto con Taehyung. Il ragazzo fu relativamente tranquillo, ridusse
al
minimo i suoi urletti e le sue esclamazioni e Jimin riuscì a
concludere il suo
discorso. A quel punto Hoseok, per la prima volta da quando la loro
conversazione era iniziata, si fece del tutto serio.
–
Beh, innanzitutto
Jiminie, voglio dirti che mi dispiace. Mi dispiace tantissimo che tu
abbia
passato tutto questo. Sei stato uno sciocchino. Lo so che avevi paura
di
rovinare la relazione sia con me che con Yoongiah, ma se fossi venuto a
parlarmi ti avrei potuto tranquillizzare subito –
sospirò – mi sento un po’ in
colpa, perché sono io che ho chiesto quel favore a Yoongi
quel pomeriggio,
mentre se fossi stato un po’ più autonomo tutto
questo disastro non sarebbe mai
accaduto.
–
Hyung, come puoi
sentirti in colpa? Io devo solo ringraziarti, per la pazienza che hai
avuto sia
con me che con Yoongi. E poi ci sono tante cose che ognuno di noi
avrebbe
potuto fare per non arrivare a questo punto, ma ormai non ha
più senso starci a
pensare. Anche io avrei potuto evitare di presentarmi da Yoongi-hyung
all’improvviso senza nemmeno aspettare la sua risposta.
Insomma, non hai
davvero nessuna colpa, è stato il caso a giocare un brutto
scherzo e poi io e
Yoongi abbiamo reso tutto più complicato non risolvendo i
nostri problemi tra
noi e trascinando involontariamente giù anche voi. Con te
sono stato tanto
ingiusto, ma chi mi dispiace maggiormente che sia finito in mezzo a me
e Yoongi
è Jungkookie. Taehyung era preoccupato per lui.
Hoseok
annuì:
–
Si e anche
Jin-hyung in realtà. Hai deciso quando parlarci?
–
Taehyungie crede
sia meglio farlo prima possibile.
–
Sono d’accordo. Lo
hai sentito per niente oggi?
–
Mi ha mandato un
messaggio che ho letto a pranzo dove mi chiedeva come stesse andando la
mia
giornata e io gli ho risposto, ma poi è finita
lì. Credo abbia un po’da fare.
– Si, ma stasera
è a casa, lo so perché mi ha
detto che mi avrebbe preparato qualcosa di buono. Secondo me dovresti
tornare
con me, poi io me ne posso andare in camera e lasciare tutto il resto
della
casa a voi. Sarò invisibile, promesso.
Jimin
ci pensò su. In
effetti poteva essere la soluzione migliore, considerando che negli
altri
giorni non avrebbe avuto tempo di prendersi un pomeriggio. Oltre al
fatto che
non era detto che Jungkook sarebbe stato disponibile quando lo era lui
ed era invece
indispensabile che ci parlasse prima di venerdì.
–
Va bene, vengo con
te. Spero solo che non sia un errore… nel senso, non mi sono
preparato molto su
ciò che devo dirgli.
–
Jiminie, cosa ti ha
detto Taehyungie? Di fargli capire che non hai fatto nulla con
cattiveria. E
questo è vero, no? Ok, probabilmente dovrai edulcorargli la
verità un pochino,
ma sul punto essenziale non devi mentire. Parlagli con il cuore,
Jungkookie
capirà.
–
Si, dite tutti
così, ma…
–
Sei tu che devi
parlarci, lo so. Non ti sto dicendo che sarà facile, ti sto
solo dicendo che
tutto andrà bene. Jungkookie è davvero una
persona dolce, te ne accorgi a poco
a poco, ma alla fine diventa chiaro. Quando ti dico che si
sistemerà tutto è
perché ci credo seriamente Jiminie. E adesso andiamo a
prendere il bus sennò a
casa non ci arriviamo mai. Coraggiooo!! – esclamò
alla fine scrollando Jimin
per le spalle e riprendendo a camminare – E così
tu e il mio Yoongi, eh? Aah,
non so perché ma non ci avevo mai pensato molto, sai? Che
razza di amico… E ha
detto anche lui che si vuole scusare con me? –
ridacchiò – non lo ha ancora
fatto ovviamente, lo chiamerò io e lo obbligherò.
Gli darà così fastidio, provo
piacere al solo pensiero.
–
Fammi poi sapere
come è andata! – gli disse Jimin ridendo e
facendogli l’occhiolino – Ah,
Hoseok-hyung, posso farti una domanda? Non voglio assolutamente farti
sentire
in colpa, è solamente che me lo sto chiedendo da un
po’. Per quale motivo non
hai detto a nessuno che avevi chiesto a Yoongi-hyung il suo aiuto?
Jungkookie
vi vedeva insieme la mattina, ma non aveva idea di cosa steste facendo,
e così
tutti gli altri…e poi Yoongi stesso mi ha detto che non
volevi che nessuno lo
sapesse. C’è un motivo in particolare? Lo trovo un
po’… curioso. Cosa c’era di
male a dirlo?
Hoseok
rimase assorto
per un po’ e dette un calcio ad un sassolino.
–
Non c’era nulla di
male, lo so. E non mi imbarazza l’aver chiesto a Yoongi.
Quello che mi
imbarazzava era il dover chiedere a Yoongi. Insomma, mi vergognavo a
confessare
di aver bisogno di aiuto per una cosa del genere.
–
Ma perché? In fondo
era un tipo di parte che non avevi mai avuto, no? Cosa c’era
di strano a-
–
C’era di strano
Jiminie che io ero totalmente incapace quando di solito sono un bravo
attore. E
per mesi non sono riuscito a migliorare. C’era di strano che
una stupida,
semplice, banale commedia romantica piena di cliché mi
creasse così tanta
difficoltà quando mi sono esibito egregiamente in parti di
ben maggior
spessore. C’era di strano… c’era di
strano il motivo per cui avevo così bisogno
di auto e il mio terrore era proprio che me lo chiedessero.
Io… non riuscivo
davvero a muovermi in una parte del genere
perché… – arrossì di colpo
– perché
non ho ma avuto esperienze di quel tipo. E non intendo semplicemente
che non
sono mai stato in una relazione vera con qualcuno, intendo che in quel
campo,
ovvero quello delle più-che-amicizie, il mio punteggio
è una tabula rasa,
Jiminie. Non so nemmeno io il perché onestamente. Mi
conosci, lo sai come sono
e ti assicuro che ero uguale anche da bambino, eppure il mio essere
così
espansivo e aperto non mi ha mai comunque portato a cercare le persone
in un
modo che andasse oltre i confini segnati da un legame amichevole. Ho
avuto
sparsi qua e là ogni tanto qualche dichiarazione o invito ad
uscire, ma li ho sempre
declinati tutti. Jiminie, il punto è che non solo non sono
mai stato capace di avvicinarmi
a qualcuno in modo più intimo, ma non ne ho nemmeno mai
sentito davvero il
bisogno, capisci che intendo? Non lo so il perché, ho smesso
di rifletterci su
già da un po’, è semplicemente
così. Non c’è stato nessuno che io
abbia
incontrato e mi abbia fatto venire voglia di, che ne so, passarci tutta
la
serata insieme baciandoci o camminare per le strade mano nella mano.
Non ho
problemi con il contatto fisico, e tu lo sai, ma con quel tipo di
fisicità…
beh, non mi trovo molto a mio agio. Non la voglio nemmeno per il
momento. Se
mai arriverà qualcuno a farmi cambiare idea benissimo,
altrimenti va bene così.
Però capisci ora come l’idea di mettermi a
recitare determinate scene mi avesse
buttato nel panico assoluto? Non sapevo proprio da cosa attingere per
migliorare – si fermò e trasse un profondo sospiro
e Jimin si sentì in dovere
di dire qualcosa per calmarlo perché la voce aveva iniziato
leggermente a
tremargli. Lo prese sottobraccio e lo guardò con occhi dolci:
–
Hobi-hyung, va
tutto bene. Non ti sei mai innamorato e non avevi voglia di avvicinarti
a
nessuno che non occupasse un posto speciale nel tuo cuore, continuo a
non
vedere nulla di male in tutto questo. Non è indispensabile
nella vita sentire
il bisogno di volersi richiudere in uno sgabuzzino con qualcuno, non
c’è nulla
di cui vergognarsi. Non volevi proprio dirlo nemmeno a Jin-hyung e
Namjoonie-hyung? Perché lo hai detto a me?
–
Credo sia perché mi
sento ancora un po’ in colpa per quello che è
successo. Se avessi fatto le cose
alla luce del sole non saremmo arrivati a questo punto. Nemmeno Yoongi
sa
esattamente, sai? Nel senso, non gli ho mai spiegato questa cosa nel
dettaglio
come ho fatto con te. Magari, ecco, se potessi evitare di-
–
Sarò una tomba
hyung. Ti prometto che Yoongi non saprà nulla da me.
–
Grazie – Hoseok
tirò su con il naso ricacciando indietro anche le piccole
goccioline che gli si
erano formate ai margini degli occhi – io credo che lui abbia
capito che il mio
disagio fosse in parte dovuto anche a questo, ma non mi ha mai fatto
domande
esplicite. Probabilmente si è reso conto da solo della
situazione, è una vita
che mi conosce.
Jimin
strizzò il
braccio dell’amico continuando a tenerlo stretto:
–
Grazie della
fiducia. Non me la merito nemmeno dopo il modo in cui ti ho trattato.
–
No, Jiminie, di
cosa parli. Non hai fatto nulla che non possa comprendere, non dire che
non
meriti la mia fiducia. E poi ora che ti sei legato a Yoongiah sei
diventato
ufficialmente anche tu come un fratello per me.
Jimin
sentì il cuore
scoppiargli di felicità e si chiese come avesse fatto a
pensare in questi anni
che Hoseok potesse rappresentare un ostacolo tra lui e Yoongi.
****
“Non ti sto dicendo che sarà facile, ti
sto solo dicendo che tutto andrà
bene”. Non
sarà facile, ma andrà
bene. Non sarà facile, ma andrà bene. Non
sarà facile, ma andrà bene. Jimin
era spaventato, da morire. Spaventato da ciò che avrebbe
potuto dire, dalla
possibile reazione di Jungkook. Spaventato da ciò che lui
stesso aveva
combinato. Ma le parole dei suoi amici lo rincuoravano e
cercò di aggrapparcisi
il più stretto possibile. Il rumore delle chiavi di Hoseok
nella toppa lo fece
sussultare. Il momento era sempre più vicino e lui iniziava
a sentirsi sudato.
Forse dopotutto non era stata una buona idea venire qui, forse era
meglio
andarsene subito e rimandare…
–
Kookieeeee!
L’urlo
di Hoseok gli
perforò i timpani e gli fece come da sveglia. Basta
tentennamenti, era il
momento di svegliarsi e affrontare di petto la cosa.
–
Kookie, guarda chi
ti ho portato! Dove sei?
–
In cucina! Sto
lavorando.
Hoseok
andò dritto
verso la voce del ragazzo e Jimin lo seguì timidamente come
un’ombra. Jungkook
era seduto al tavolo, gambe incrociate sopra la sedia, computer aperto,
quaderno di appunti alla destra e tazza di the alla sinistra. Si
sorprese nel
vedere Jimin.
–
Ma ancora studi? –
gli disse Hoseok con voce preoccupata – Non hai avuto lezione
fino a questo
pomeriggio oggi?
–
Si, ma c’è davvero
una cosa che non riesco proprio a fare – rispose Jungkook
fissando però Jimin –
e mi dà fastidio per cui avevo deciso di mettermici
finché non ci fossi
riuscito. Ma se Jiminie è qui non fa nulla, non è
nulla di urgente.
–
Si-sicuro?
Jungkookie, se devi lavorare-
–
Se ti ha detto che
non è urgente si vede che non lo è, non trovi
Jiminie? – Hoseok era intervenuto
guardando Jimin in modo eloquente. Nessuna scusa. Doveva parlare con
Jungkook –
Beh, io me ne vado in camera a fare un pisolino, sono esausto. Kookie,
mi
chiami tu per cena?
Jungkook
rispose di
sì e Hoseok così se ne andò, lasciando
i due ragazzi soli nel silenzio della
cucina.
–
Come stai? – chiese
Jungkook sorridendo mentre chiudeva il computer e accatastava le sue
cose a un
lato del tavolo. Non era un sorriso convinto, Jimin lo
percepì. Che avesse
sentore...? – Non ti ho sentito quasi per niente questi due
giorni. Siediti
però, che fai lì fermo?
–
Ah sì, certo! Mi
metto qui, ok? – si mise a sedere sul divano, Jungkook ancora
sulla sedia. – Lo
so, mi dispiace, sono stato effettivamente un po’
indaffarato. Mi pare anche
tu, no?
–
Si, si, anche io.
Ieri soprattutto è stata una giornata un po’
frenetica visto l’inconveniente
della neve di domenica, e poi oggi sono stato ugualmente impegnato,
quindi sono
riuscito a mandarti solo quel messaggio striminzito visto che non mi
avevi
ancora scritto tu. Mi spiace.
Jimin
si chiese se ci
fosse un’accusa in quelle parole, o ironia nel “mi spiace”, o se effettivamente
Jungkook fosse dispiaciuto di non
aver cercato Jimin di più nonostante lui non gli avesse
parlato per due giorni
interi, totalmente preso da altro. Da
qualcun altro, per meglio dire.
–
Potevi avvisarmi
comunque che venivi! Mi sarei organizzato meglio, anche per la cena-
–
No, Jungkookie, io…
sono venuto qui per parlare. Non volevo piombarti in casa a sorpresa,
ma c’è
qualcosa di molto importante che devo dirti e che sento non possa
aspettare.
L’espressione
di
Jungkook era indecifrabile, sembrava quasi tranquilla. Dopo un attimo
di pausa
gli disse:
–
Andiamo in camera
mia, così non disturbiamo hyung che dorme.
In
camera, Jungkook
spostò la sedia imbottita che era davanti la sua scrivania
per metterla di
fronte al letto. Fece cenno a Jimin di accomodarcisi mentre lui si mise
a
sedere vicino al proprio cuscino.
–
Che succede?
Nel
porre questa
domanda, Jungkook sentì un groppo salirgli in gola. Adesso
che l’interrogativo
era stato posto, non poteva più scappare da qualsiasi
risposta Jimin gli
avrebbe dato. Una piccolissima parte di lui sperava ancora che il
più grande
fosse venuto per dirgli che ricambiava i suoi sentimenti, ma
c’era qualcosa nei
suoi occhi che gli dettero un’altra impressione. Erano seri,
quasi preoccupati
e… tristi? Non averlo sentito il giorno prima aveva
accresciuto le sue ansie e
nell’ombra della propria camera Jungkook aveva avuto tempo,
troppo, per
nutrirle ancora di più. Continuava a rivedere il sorriso di
Jimin mentre
scherzava con Yoongi, il modo in cui gli si era messo vicino sul
divano, la
domesticità con cui si muovevano l’uno attorno
all’altro e l’idea di quel
pomeriggio trascorso da soli lo inquietava. E Jimin non si era fatto
sentire
per due giorni interi. Lunedì se ne era accorto presto, ma
aveva aspettato a
scrivergli per primo, per vedere cosa sarebbe successo. Ciò
che era successo
era stato il totale silenzio. La sera poi aveva avuto la tentazione di
chiamarlo per risentire la sua voce, ma aveva poi pensato che forse gli
avrebbe
dato fastidio essere chiamato proprio prima di andare a dormire. Alla
fine non
facendocela più mentre era in facoltà quella
mattina gli aveva scritto e adesso
se lo era ritrovato all’improvviso di fronte, bello come
sempre, ma con
un’espressione strana che Jungkook non gli aveva mai visto
rivolgergli. Anche
adesso, mentre aspettava che iniziasse a parlare, poteva vedere sul suo
viso un
rossore imbarazzato, come se si vergognasse di qualcosa.
–
Non so bene da dove
iniziare. Ci ho pensato un bel po’, se partire
dall’inizio o dalla fine. Ho
deciso di non fare né l’una né
l’altra cosa e partire semplicemente da me. Dalla
persona che sono. Una persona spesso così ossessionata
dall’evitare di fare ciò
che crede sia sbagliato o fastidioso che finisce proprio per farlo.
Creando
così ancora più danni. E temo sia ciò
che ho appena fatto, e mi chiedo se abbia
il diritto di chiedere il tuo perdono. C’è
stato un momento, lo scorso mese, in cui mi sono sentito perso e
tanto solo. Non è la prima volta che succede nella mia vita,
ma di solito c’è
sempre stato Taehyungie al mio fianco. Questa volta invece non
è bastato. Mi
sono richiuso in me stesso e non gli ho dato la possibilità
di aiutarmi. Tu…
tu sei stato così buono. Ci tenevi a me e io…
Jungkookie io avevo bisogno di
te. Tanto. Non so nemmeno come esprimere quanto ti sia grato per il
modo in cui
mi sei stato vicino, per come mi hai sorretto e protetto. Non stavo
bene, so
che questo lo hai notato, ma quando ero con te mi sentivo davvero
meglio. Mi hai
trattato con delle attenzioni e un riguardo che nessuno aveva mai avuto
con me.
Mi hai fatto sentire in ogni momento e con ogni tuo gesto che ero
importante ed
io ti giuro, ti giuro su ciò che è a me
più caro, che darei volentieri entrambe
le mie gambe per poter cambiare lo stato delle cose. Per poter essere
qualcosa
di più per te, più di un amico. Vorrei poterti
donare completamente il mio
cuore, così come ho provato a fare tutto questo tempo,
ma… a un certo punto… ho
capito che non ci sarei riuscito. Nel corso delle nostre giornate
insieme tante
volte ho pensato di… avvicinarmi di più.
C’era però qualcosa di piccolo
piccolo, che poi è diventato più grande, che mi
bloccava e mi impediva di
compiere quel passo. Mi diceva che non ero adeguato per ciò
che tu avresti
voluto, ma non gli ho dato ascolto perché volevo davvero
rimanere con te. Ho
provato, te lo giuro. Tu sei stato così…
così fondamentale per me, non puoi
nemmeno immaginare quanto. Non mi basterà
un’intera vita per dimostrartelo. Però,
anche se vorrei, non posso impormi sui miei stessi sentimenti. Se con
te ero
bloccato… era perché la parte più
intima di me mi trascinava in un’altra
direzione. Non lo sapevo quando ho iniziato ad uscire con te, ma il mio
cuore
era già occupato. E io come un imbecille non me ne sono reso
conto fino
all’ultimo. E mi dispiace così tanto di questo.
–
...Yoongi-hyung,
vero? Sei innamorato di lui.
Non
era una domanda
quella di Jungkook. Sapeva che era così, e anche se Jimin
non avesse risposto
lo avrebbe saputo lo stesso.
–
Io… – rispose Jimin
con voce sommessa guardando a terra – Si.
–
Quando lo hai
capito?
Lo
sguardo di
supplica negli occhi di Jungkook convinse Jimin a mentire. Non avrebbe
potuto
fare altrimenti.
–
Quando è tornato.
Domenica pomeriggio mi è stato ancora più
evidente e ho-ho scoperto che anche
per lui era così.
Jungkook
non ebbe la
forza di chiedere come. Non ebbe la forza di chiedere nulla,
perché una grande
tristezza lo aveva inondato come un’onda che si abbatte su
una piccola
scialuppa. Le parole di Jimin erano state belle, a loro modo. Poteva
percepire
il sincero dispiacere dell’amico ed era sicuro che Jimin non
lo avrebbe mai
ferito se avesse potuto evitarlo. D’altronde, che
Yoongi-hyung facesse parte in
modo stabile della sua vita già da molto tempo prima che lui
lo conoscesse era
un fatto che gli era noto, ma aveva comunque deciso di tentare senza
nemmeno
assicurarsi del posto che effettivamente aveva nel cuore di Jimin. In
fondo
quindi era anche un po’ colpa sua, per essersi buttato in
questo gioco senza
leggerne prima bene le regole. Non sapeva come rispondere a Jimin, ma
dal
silenzio dell’amico era chiaro che stesse aspettando una sua
reazione.
Dischiuse le labbra, ma non uscì nulla e solo al terzo
tentativo finalmente la
sua voce prese corpo:
–
Va bene – cos’altro
poteva dire? Cos’altro c’era da dire? Se Jimin non
lo amava non avrebbe potuto
costringerlo, quindi accettare tutto era l’unica soluzione
per almeno non
perderlo del tutto. Perché Jungkook davvero non voleva
perderlo – Va bene, se
così stanno le cose non credo di poterle cambiare. Sono
felice almeno di averti
aiutato a star meglio – nel dire queste parole in qualche
modo si sentì tirare
un po’ su, perché si rese conto che erano vere
– volevo
che tu ti affidassi a me e così è
stato, mi hai dato modo di passare il tempo con te e di crearmi dei
bellissimi
ricordi. Non posso dirti di cambiare ciò che provi. Sapevo
che tu e
Yoongi-hyung eravate vicini, solo che ho sempre minimizzato la cosa,
non ho mai
indagato meglio. Forse avrei anche dovuto parlarne prima con Tae. Gli
ho detto
ciò che provavo per te solo di recente e forse è
stato un errore. Lui ti
conosce così bene, avrebbe sicuramente saputo aiutarmi ad
aprire gli occhi.
–
Ju-jungkookie,
nemmeno io ero sicuro di-
–
Gli amici capiscono
sempre prima di noi, Jiminie – gli disse Jungkook con un
sorriso triste – tu
non te ne eri accorto, ma Tae forse sì. Lui…
Taehyungie… mi sorprende sempre.
Sembra sempre arrivare prima di tutti noi, là dove noi
crediamo invece che la
sua mente si sia persa nell’aria. Vola e vaga è
vero, ma sempre avanti. Non so
nemmeno come io abbia potuto pensare di escluderlo da tutto questo. Ho
fatto da
solo e così è finita.
–
Mi dispiace
Jungkookie… Io anche avrei dovuto confidarmi prima con lui,
ma almeno adesso lo
sappiamo.
–
Già, lo sappiamo.
Ci
fu un attimo di
silenzio imbarazzato.
–
Kookie… scusami
ancora. Io non volevo che tutto questo accadesse.
–
E io ti credo. Ti
credo davvero. Lo so, non c’è nemmeno bisogno che
tu me lo dica.
–
Però sei sicuro?
Sul serio, per me è importante che tu sappia-
–
Hyung, sei il
migliore amico di Taehyungie, un motivo deve pur esserci, no? Se fossi
stato
capace di architettare raggiri sentimentali non credo sarebbe rimasto
al tuo
fianco per tutta la vita. L’ho sempre visto, sai? –
continuò guardando Jimin
con affetto e inclinando la testa di lato – Il
perché proprio tu. Taehyungie fa
amicizia con tutti, ma tu sei al primo posto della lista, da tutta la
sua vita.
Non credo sia solo per via del fatto che siete cresciuti insieme.
Riesco a vedere
chiaramente dove le vostre anime si toccano. Sei una persona speciale,
esattamente come lo è Taehyungie. E mi hai subito ispirato
fiducia e sicurezza
perché mi sembrava di aver trovato in te un pezzetto di lui.
Jungkook
aveva detto
quest’ultima frase tranquillo, come se fosse un dato di fatto
e Jimin si chiese
se invece si stesse rendendo conto del peso che aveva. Avrebbe voluto
domandargli perché non fosse andato direttamente da
Taehyung, per averlo così
intero, non solo un pezzetto, ma non era il momento quello. Un giorno
però
sarebbe arrivato, Jimin ne era convinto adesso più che mai.
Jungkook sospirò
profondamente e riprese a parlare.
–
Sii felice, è
l’unica cosa che ti chiedo. Lo sai quanto io ami perdere,
almeno che sia stato
per un valido motivo.
–
Te lo prometto –
rispose Jimin con le lacrime agli occhi – e grazie Kookie. Ti
voglio bene.
Jungkook
annuì e si
alzò in piedi e Jimin lo imitò. Si guardarono
negli occhi per qualche secondo,
incerti su cosa dirsi e cosa fare. Fu Jungkook a spezzare quel momento
di
imbarazzo indicandogli la direzione della porta con una mano e Jimin
così si
scosse e vi si avviò. Proprio mentre era quasi fuori dalla
camera sentì
Jungkook dietro di lui chiamarlo:
–
Jimin!
Sentì
il più piccolo
afferrargli il braccio e girarlo verso di sé, avvolgendolo
poi in un forte
abbraccio.
–
Dammi… un attimo
solo – lo sentì dirgli piano.
Jimin
reagì
dolcemente. Abbracciò a sua volta il ragazzo e gli
accarezzò la schiena.
Jungkook si era sempre trattenuto dall’avvicinarsi troppo a
lui senza il suo
permesso, ma vedendolo uscire per l’ultima volta dalla sua
camera aveva
avvertito il bisogno di sentirselo vicino e stringerlo
un’ultima volta.
–
Mi spiace… –
mormorò Jimin.
Jungkook
scosse
vigorosamente la testa.
–
Va tutto bene. Devi
stare tranquillo. Ho capito, va tutto bene – Lo
lasciò andare con esitazione,
faticando ad allontanare le proprie mani dal corpo caldo del ragazzo, e
si
avviò nel corridoio fino alla porta di ingresso, dove
riprese il cappotto di
Jimin dall’appendiabiti e glielo passò –
Va tutto bene – gli ripeté di nuovo
mentre il ragazzo se lo infilava e i due si guardarono negli occhi
scambiandosi
piccoli e tristi sorrisi. Aprì la porta e Jimin
uscì, voltandosi poi verso di
lui.
–
Posso dirti solo un’ultima
cosa Kookie?
–
Si certo, cosa?
–
Non fare i miei stessi
errori. Se c’è una vocina… dalle retta.
Jungkook
annuì con la
testa, non sicurissimo però sul di cosa Jimin stesse
parlando:
–
Sarà fatto, Jimin-hyung.
Jimin
lo guardò sorpreso:
–
Jiminie.
Jungkook
ci pensò su
un attimo e sorrise:
–
Jiminie-hyung.
Jimin
gli sorrise a
sua volta con dolcezza e annuì in accordo, per poi voltarsi
e andarsene piano
lungo il corridoio, inghiottito infine dall’ascensore. Fu
solo a questo punto che
Jungkook chiuse la porta.
Note
dell’autrice: Aaah ed ecco i
ruoli che si sono rovesciati. Prima c’è
stato Yoongi a dire a Jimin di essere felice, ora è il turno
di Kookie. È stato
molto triste scrivere questa parte del capitolo, ma spero che gli
indizi
buttati qua e là siano sufficienti a sollevare gli animi e a
far sperare in un
futuro più roseo per il nostro piccolino. Sia questo che il
prossimo capitolo
hanno questo obiettivo. Sono i conclusivi per cui trovo che per forza
debbano
contenere i vari chiarimenti, spero solo che la cosa non risulti
noiosa. Però,
sia qui che nel prossimo capitolo, credo che ci siano dialoghi
importanti per
capire un pochino anche noi come sentirci in tutta questa situazione.
La “questione
Kookie” lascia un po’ tutti con l’amaro
in bocca infatti e il prossimo capitolo
anche si occuperà di questo. Ci saranno dei dialoghi e delle
scene che
aiuteranno Jimin (e noi) a rendersi conto di come gestire questi suoi
sentimenti contrastanti. Per il nostro Chim infatti non sarà
facile affrontare
il momento post conversazione con Kookie. Avrà pure agito
male in passato, ma
se ne è reso conto e a Jungkook vuole davvero bene per
cui… beh vedremo quali
sensazioni proverà a riguardo e cosa gli verrà
detto dalle persone intorno a
lui. In particolare ci sarà un confronto tra due personaggi
molto, molto importante.
Il prossimo
capitolo è in teoria l’ultimo, però per
un motivo che poi dirò
credo che separerò l’ultimissima parte di chiusura
dal resto. Quindi il
capitolo XVII uscirà mercoledì, per
l’epilogo vero e proprio non so ancora cosa
fare, se pubblicarlo nello stesso momento o lo stesso giorno ma
più tardi, o il
giorno dopo, ci devo pensare ahah Comunque le informazioni in proposito
saranno
fornite nelle prossime note.
Come sempre vi
ringrazio per aver letto fino a qui, attendete qualche
giorno per l’ultimo(-ish) capitolo ~
Baci, Elle
♥
|
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Capitolo 20 *** Capitolo XVII : Epilogo ***
Note
dell’autrice (1): Avevo
anticipato sulle scorse note che avrei dato
informazioni sull’epilogo. Alla fine l’ho messo
qui, all’interno di questo
capitolo, separato dal resto giusto appena appena dalla scritta
“[Epilogo]”. Per cui yep, questo è
proprio l’ultimissimo capitolo. Ci vediamo
nelle note sotto. Buona lettura, Elle ♥~
CAPITOLO
XVII
“Ho
scoperto una cosa importante, Ben
[…], e cioè che la realtà è
sempre
più
sopportabile del suo fantasma, anche
se è peggiore! Non volevo figli,
ora
ne ho due, bè non è questa la cosa
orribile, la cosa orribile è di aver
avuto
tanta paura di questa meraviglia…”
(Daniel Pennac, Il
paradiso degli orchi)
23
gennaio 2017
Jimin
non ne poteva
più di piangere. Era sempre stato un ragazzo piuttosto
incline alle lacrime, ma
nell’ultimo periodo ne aveva versate davvero troppe, si
sentiva un miserabile.
Aveva pianto di rabbia, di paura, di dolore e poi di
felicità. E adesso erano
arrivate le lacrime di rimorso, iniziate il momento in cui
l’aria gelida di
fine gennaio aveva toccato il suo viso, appena fuori dal palazzo dove
vivevano
Jungkook e Hoseok. La calma del ragazzo lo aveva spiazzato. Sembrava
quasi che
fosse pronto a ciò che era successo e il modo in cui aveva
accettato le sue
parole aveva profondamente colpito Jimin. Sperava che ciò
che gli aveva detto,
ovvero che gli credeva, fosse la verità. Gli era sembrato
sincero, ma lui non
era Taehyung. Taehyung avrebbe capito subito con un solo sguardo i
sentimenti
del più piccolo. Si chiese se l’amico avesse fatto
bene a riporre in lui tutta
quella fiducia. Il modo in cui Jungkook aveva però parlato
di Taehyung aveva
dato modo a Jimin di credere che si sarebbe ripreso prima del previsto.
Era
sicuro, nel profondo dentro di sé, che prima o poi avrebbe
capito che per loro
non ci sarebbe mai stata nessuna possibilità
perché lui stesso era già
destinato a un’altra persona. Anche il suo cuore era
già occupato, ma,
esattamente come era stato per lui, anche Jungkook doveva ancora
capirlo.
Questo pensiero lo aveva confortato per un po’, il tempo del
tragitto in
ascensore, ma poi gli era tornato in mente il modo in cui il
più piccolo lo
aveva abbracciato e si era sentito di nuovo lo stomaco affondare. Si,
Taehyung
gli sarebbe stato accanto e prima o poi Jimin era sicuro che lo avrebbe
risvegliato, ma ciò non toglieva il fatto che soprattutto
all’inizio per Jungkook
sarebbe stata dura. E Jimin a questo pensiero si era di nuovo messo a
piangere.
Aveva guardato l’ora e fatto una telefonata. Yoongi aveva
risposto con la sua
solita voce roca e strascinata che si era poi fatta subito
più presente quando
aveva sentito i singhiozzi di Jimin. Era uscito da poco dal lavoro e
stava rientrando
in quel momento, e dunque aveva detto a Jimin di andare da lui e Jimin
ci si
era precipitato. Al suono del campanello Yoongi era scattato, urlando a
Jin,
solo insieme a lui in casa, chiuso nella propria camera, di non
preoccuparsi e
aveva poi portato velocemente Jimin in camera. Il momento in cui aveva
chiuso
la porta Jimin aveva ripreso a versare quelle lacrime che aveva dovuto
trattenere con sforzo mentre era nel bus, e Yoongi lo aveva stretto,
rimanendo
un po’ in piedi con lui e poi mettendosi seduto sul letto e
facendo accoccolare
Jimin vicino. Il più piccolo si era sfogato un altro
po’, mentre Yoongi lo
aveva tenuto tra le sue braccia accarezzandogli dolcemente i capelli e
sussurrandogli che tutto si sarebbe sistemato.
–
Mi dispiace, piango
in continuazione, non ce la faccio più. Ma oggi è
stato… difficile, Yoongi.
Così difficile.
–
Ovviamente, ma
andrà tutto bene. Kookie ti ha detto che ha capito, no?
–
Si, ma io mi sento
così schifoso, uno schifo assoluto.
–
Jiminah, no! –
Yoongi aveva a questo punto quasi gridato e lo aveva preso per le
spalle,
costringendolo a guardarlo – Non sei uno schifoso, non devi
dire una cosa del
genere! Non devi nemmeno pensarla perché non è
così! Non è così! Mi hai capito?
–
Però…
–
No. Non ti permetto
di parlare in questo modo. Hai detto tutto a Taehyung, no? E anche lui
ha
capito. Lui, che è il tuo migliore amico, ma che chiaramente
a quanto mi hai
detto prova anche qualcosa di forte per Jungkookie. E ti ha detto la
stessa
cosa, ciò che hai fatto è comprensibile. Non
c’era cattiveria nel tuo cuore,
questo ti avrebbe reso uno schifoso.
–
Yoongi-hyung, io
però sapevo quello che stavo facendo, mi sono attaccato a
lui per trovare
conforto dal fatto che tu te ne fossi andato.
–
Ma è forse una
colpa quella di aver cercato la felicità? – il
tono di Yoongi era ora più
morbido, stava cercando di arrivare con delicatezza al cuore di Jimin e
convincerlo delle sue parole – Io ho fatto lo stesso,
Jiminah. Ti ho
abbandonato, sperando di ritrovare la serenità lontano, in
un altro posto. Non
ha funzionato, mi sono reso conto di aver fatto la scelta sbagliata, ma
non
l’ho fatto apposta. In quel momento ho creduto davvero che
fosse l’unica
soluzione per tornare a stare bene. E invece ti ho fatto male, senza
saperlo.
Ma tu stesso mi hai detto l’altra sera che non dovevo farmene
una colpa, no? –
gli dette un piccolo bacio sulla punta del naso – Tu hai
agito come me. Hai
cercato di essere felice e hai cercato questa cosa in una persona.
Jungkookie
non ti ha detto di essere stato contento all’idea di averti
aiutato? È vero,
non ha funzionato, ma hai dimostrato di avergli dato
un’enorme fiducia, di aver
messo nelle sue mani la tua felicità. Sarà forse
difficile affrontare questo
rifiuto all’inizio, ma pensa al dopo. Taehyung gli
sarà vicino e io spero come
te che presto le cose tra loro vadano come sarebbero sempre dovute
andare.
Jungkook anche sarà felice con qualcuno che lo ama davvero e
il ricordo che gli
rimarrà di te sarà di quello di una persona che
lo ha ritenuto così speciale da
poter essere l’unico a cui affidare quel briciolo di speranza
di felicità che
gli era rimasta. Non smetterà di volerti bene Jiminah, sono
sicuro che
continuerai ad occupare uno spazio di riguardo nel suo cuore.
–
Sei… sicuro?
–
Si, e questo è il
tuo hyung che ti parla, non il tuo fidanzato. Quindi non
c’entra niente il
fatto che ti amo, sono convinto di quello che dico perché la
maturità della mia
età me lo permette.
Jimin
non rispose a
queste parole e si fece invece tutto rosso. Non riuscì a
trattenere un sorriso
mentre nascondeva il viso nella maglia di Yoongi.
–
Che hai adesso? Ti
ho convinto così facilmente?
–
Si… no cioè non è
quello – sollevò gli occhi luminosi su Yoongi
– non mi avevi mai detto che mi
ami prima. Non esplicitamente.
Yoongi
spalancò gli
occhi e arrossì anche lui.
–
N-no? Non avevo…
cioè io… e-era ovvio, nel senso…
Jimin
scoppiò a
ridere e gli dette un bacio profondo e intenso, che Yoongi non si
aspettava.
–
Anche io ti amo.
Così tanto che non immagini – disse buttandogli le
braccia al collo – Grazie.
Quello che hai detto è vero. Mi ci vorrà forse un
po’ a convincermene, ma sono
sicuro che prima o poi tutti staremo bene.
–
Ne sono convinto
anche io – rispose Yoongi sorridendo e tenendolo stretto.
Jimin si fece cullare
un po’ da quelle calde braccia e poi parlò di
nuovo:
–
Yoongi…
–
Mh?
–
Hai chiamato
Hoseok-hyung?
Yoongi
emise un suono
gutturale, tra l’infastidito e il sofferente, e Jimin
scoppiò a ridere.
–
Ti ha chiamato lui
vero? Cosa ti ha detto? Ti ha fatto implorare il suo perdono, non
è così??
–
Jiminaah, basta
dai, non ne voglio parlare – disse Yoongi facendo una smorfia
e nascondendo a
stento un sorriso – Mi ha chiamato dopo di te, mentre stavi
venendo qui, ci
siamo chiariti e basta. Smettila di ridere!
–
Te la farà
scontare, ne sono sicuro.
–
La farò scontare io
a te se non la pianti subito.
–
Vorrei proprio
sapere come, hyung.
Yoongi
assottigliò
gli occhi:
–
Vuoi scommettere?
Jimin
ebbe la cattiva
idea di scommettere.
****
–
Credi che Jin-hyung
abbia sentito qualcosa? – chiese Jimin preoccupato mentre
Yoongi se lo attirava
a sé unendo in un abbraccio il calore dei loro petti nudi.
Non erano andati
troppo oltre, Yoongi su questo continuava ad essere irremovibile, ma al
di là a
sufficienza perché Jimin si facesse a un certo punto un
po’ troppo sonoro.
L’idea che Jin-hyung potesse aver sentito qualcosa lo metteva
in un imbarazzo
incredibile, come ne aveva provato poche volte in vita sua. Yoongi
ridacchiò e
gli baciò la testa:
–
Non credo, le
pareti non sono poi così sottili e probabilmente
sarà concentrato su altro. In
ogni caso, non sarebbe la fine del mondo, è più
grande di noi e vaccinato, ne
sarebbe meno sconvolto di quanto credi.
–
Si, ma-
–
Jiminah, avrebbe
comunque da farsi perdonare troppe volte in cui è toccato a
me essere testimone
oculare dei suoi sollazzi notturni con Namjoon per venire a lamentarsi.
No,
aspetta! Non oculare, ew, no no! Volevo dire… come si dice?
Testimone uditivo?
–
Non ne ho idea –
rispose Jimin ridacchiando.
–
Beh, hai capito
cosa intendo. Stai tranquillo piccolo. Jin-hyung non ha
subìto traumi – prese
ad accarezzare i capelli scuri di Jimin – Ti sei un
po’ calmato? Eri troppo
sconvolto quando sei arrivato.
Jimin
annuì:
–
Si, sto meglio. Ho
fatto bene a venire qui.
–
Si che hai fatto bene
– rispose Yoongi baciandolo sulla guancia e prendendogli una
mano – Puoi venire
sempre quando ti senti giù – gli baciò
una spalla – e quando ti senti su – gli
baciò la fronte– e quando ti senti in mezzo
– gli baciò le labbra e soffocò
così la risata appena nata in Jimin.
–
Hyung… – disse
Jimin cercando di inserire le parole in quei brevi attimi di pausa che
le
labbra di Yoongi gli concedevano. Era completamente immerso in quel
bacio e
solo a fatica lo interrompeva negli istanti necessari a riprendere
fiato – dovremmo…
Yoongi… devo andare…
Il
mormorio assente
con cui Yoongi rispose gli fece capire che avrebbe dovuto avere un
po’ più di
polso se avesse voluto fermare il più grande. Gli prese le
spalle delicatamente
e lo scansò da sé – Taehyungie mi sta
aspettando per cena, devo davvero andare.
Yoongi
alzò gli occhi
al cielo, ma si arrese. Mentre si rimettevano le loro magliette Jimin
chiese a
Yoongi se non fosse il caso di parlare con Jin e Namjoon.
–
La mia intenzione
era venire qui venerdì intorno alle sei e parlarci,
perché ho così tanto da
fare all’accademia che credevo di non avere tempo prima di
quel giorno. Ma
visto che c’è stato questo cambio di programma
forse dovremmo approfittare –
mise la sua piccola mano su quella più grande di Yoongi
– insieme. Si meritano
qualche spiegazione e dei ringraziamenti, non trovi?
Yoongi
fu d’accordo e
sebbene affrontare determinati discorsi non fosse semplice per lui,
mentre la
mano calda di Jimin teneva la sua più fredda per fargli
strada nel corridoio
sentì che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. Jimin
bussò alla porta di Jin e
il ragazzo lo invitò ad entrare.
–
Jiminie? Ah, mi
pareva di aver sentito la tua voce! – esclamò Jin
facendo un giro di 180 gradi
sulla sua sedia girevole e voltandosi verso Jimin e Yoongi. Alle sue
spalle lo
schermo della televisione era acceso su quella che sembrava essere la
partita
un videogioco. Jimin si fece rosso e spalancò gli occhi:
–
C-che intendi? Hai
s-sentito la mia v-
–
Hyung, Jiminah è
qui perché ci sono delle cose che deve dire. –
Yoongi tagliò corto prima che
Jin con un’altra parola mandasse Jimin in iperventilazione
– quando torna
Namjoonah?
–
Oh? Joonie? – Jin
gettò uno sguardo al vetro dell’orologio da polso
– dovrebbe essere qui a
momenti. Voleva vedere un film che proprio non mi interessava quindi
alla fine
è andato da solo – disse ridacchiando
all’idea e tirandosi in piedi – vuoi
parlare con lui? Ti posso fare qualcosa di caldo nel frattempo.
–
Magari, grazie
hyung! – esclamò Jimin uscendo dalla camera
seguendo Jin. Yoongi disse dal
fondo della fila:
–
Allora cioccolata
calda con panna.
–
Yoongiah, tu non
prendi mai la panna!
–
No, no, infatti io
non la voglio – rispose Yoongi a Jin. Il più
grande rimase interdetto e Yoongi
sentì il bisogno di dare spiegazioni anche se avrebbe voluto
evitare – Hai
detto sì a qualcosa di caldo, Jiminah, credevo che dunque
avresti scelto la
cioccolata calda e so che ti piace con la panna.
Jimin
divenne tutto
rosso a queste parole e si ritrovò a balbettare:
–
S-si, era… era
proprio quello che volevo.
Jin
corrugò la
fronte, ma non disse nulla. Mandò solo una preghiera
telepatica a Namjoon
affinché si sbrigasse a tornare a casa il prima possibile
dato che lui stava
morendo di curiosità.
Namjoon
non arrivò al
503 prima di un’altra ventina di minuti, di cui Jin
sentì tutto peso poiché non
vedeva l’ora di sapere cosa ci fosse di così
importante di cui parlare. Quando sentì
la porta di casa sbattere si precipitò di corsa dal ragazzo,
chiamando il suo
nome e acciuffandolo prima che rientrasse in camera propria per
trascinarlo
subito in cucina.
–
Mi fai togliere il
cappotto almeno? Sono tutto umido, non voglio prendere freddo!
–
Ti scaldo dopo io,
Joonie, promesso, ma adesso vieni! Guarda, c’è qui
Jiminie e deve parlarti con
Yoongiah. Parlarci. Ti abbiamo
aspettato fino ad ora, non puoi farci attendere ancora.
Namjoon
si sentì,
come spesso gli accadeva con Jin, messo con le spalle al muro e si
arrese con
un sospiro.
–
Cosa succede di
così urgente? – disse con pazienza appoggiando il
cappotto bagnato sul tavolo.
Fu Jimin ad iniziare:
–
Io e Yoongi-hyung
volevamo farvi delle scuse ufficiali... ma anche dei ringraziamenti. Le
scuse
sono per tutto il disagio che abbiamo creato nell’ultimo
periodo mentre i
ringraziamenti per ciò che avete fatto per sistemare la
situazione tra di noi.
Taehyungie mi ha detto tutto e se non fosse stato per ciò
che avete fatto forse
noi…
–
Non ci saremmo
messi insieme – concluse la frase Yoongi.
Con
grande sollievo
dei due ragazzi, le reazioni di Jin e Namjoon furono positive,
esattamente come
lo era stata quella di Hoseok, e una volta passato il primo momento di
fatto di
vari “davvero??”
“Yoongiah in una relazione? Sogno o
son
desto?!” “ma
quando è successo?”,
Jimin e Yoongi fecero a turno per raccontare tutto quello che era
accaduto tra
di loro. Jin aveva occhi sognanti, felicissimo per i suoi due amici e
quando
Jimin fece un profondo inchino di ringraziamento si alzò
dalla sua sedia con
gli occhi lucidi e lo abbracciò forte dicendogli quanto
fosse contento che
tutto si fosse risolto. Namjoon rimaneva più composto, ma
era evidente che
anche a lui tutta la situazione faceva piacere dal modo orgoglioso in
cui
guardava Yoongi. A un certo punto fu necessario affrontare
più in dettaglio il
discorso di Jungkook e così Jimin raccontò agli
hyung quello che era accaduto
tra lui e Tae e poi come era andata quel pomeriggio dal più
piccolo. Era ancora
un po’ doloroso ripercorrere tutta la vicenda e i propri
errori per Jimin ed
era in special modo preoccupato del giudizio di Jin, il quale sapeva
avere una
predilezione particolare per Jungkook. Finito di parlare era tutto
rosso, con
Yoongi che gli passava una mano di incoraggiamento dietro la schiena.
–
Jin-hyung, credi
che sia una persona orribile? Perché ancora continua a
pensare che lo sia.
–
No, ovviamente non
lo credo, né lo crederò mai – rispose
Jin con dolcezza – Senz’altro non avrai
agito nel migliore dei modi, ma il fatto che tu ti senta
così in proposito è di
per sé già una prova che non sei assolutamente
una persona orribile. Ammetto
che sì, quando ho iniziato ad avere il sospetto che tu ti
sentissi molto legato
a Yoongi, ma comunque continuassi ad uscire con Jungkook, mi sono
preoccupato,
ci ho pensato su un bel po’. Ma non l’ho mai fatto
con in mente l’idea che tu
stessi agendo con malignità. Ero più che altro
interessato a capire cosa ti
stesse spingendo a fare ciò e adesso so che era il dolore. E
chi sono io per
decidere come sia giusto reagire al dolore? Anzi, mi dispiace davvero
che tutti
noi non ti siamo stati più vicini. Se ci fossimo parlati
prima forse avremmo
chiarito subito tantissime cose e io stesso ti avrei detto molto tempo
fa di
fermarti con Jungkook e correre da Yoongiah. Ma non mi sono mai messo a
sedere
vicino a te, e mi dispiace per questo Jiminie.
–
Dispiace anche a me
– fece eco Namjoon – anche tu
Yoongi-hyung… non stavi bene e me ne ero accorto,
eppure non ho fatto molto in proposito, anzi nulla a dire il vero. Ed
è stato
Hoseok a tirare fuori con me il discorso, altrimenti forse io neppure
lo avrei
fatto. Siamo amici eppure… scusami.
Yoongi
scosse la
testa e Jimin mormorò un grazie che
gli uscì dal cuore. Voleva così bene a tutti loro
ed esattamente come gli era
già capitato sia con Taehyung che con Hoseok si chiese
perché avesse aspettato
tanto tempo a confidarcisi. Lasciò il 503 confortato,
sentendo che forse da
questo momento, senza più conti in sospeso da chiudere, le
cose potessero
finalmente iniziare ad andare davvero meglio.
****
I
due giorni che
seguirono furono particolarmente indaffarati per Jimin. Diverse
coreografie
dovevano essere finalizzate e le prove lo lasciavano sfiancato. Anche
Hoseok si
trovava un po’ nella stessa situazione e per questo i due
ragazzi non
riuscirono a trascorrere molto tempo insieme tranne che nella breve
pausa
pranzo che era loro concessa. Però Jimin notò con
grande gioia che tutto
sembrava essere tornato come prima con il più grande e,
anzi, gli sembrò di
scorgere ancora più tenerezza nel modo in cui il ragazzo gli
si rivolgeva.
Forse davvero adesso vedeva in lui un fratello minore. Jimin si accorse
che la
burrasca era definitivamente passata anche con Taehyung. La sera del
martedì,
quando era tornato a casa, aveva raccontato quello che era successo da
Jungkook
e Taehyung aveva approvato ciò che gli aveva detto.
Tacitamente, aveva poi
fatto capire a Jimin che da lì in poi si sarebbe occupato di
tutto lui e così
fu. Jungkook non scrisse a Jimin ed evitò i contatti con
lui, come ovviamente
il più grande si era aspettato. Fu tuttavia Taehyung a
riempire momenti di
vuoto del più piccolo, facendogli compagnia quando non aveva
lezione
sacrificando in alcuni casi anche le sue. Fu in questo modo che Jimin
riuscì
comunque a tenersi aggiornato sul come Jungkook stesse affrontando la
situazione. Grazie alle informazioni fornitegli da Taehyung, venne a
sapere che
il più piccolo sembrava star gestendo il tutto meglio del
previsto, sicuramente
intristito, ma a detta dell’amico ancora in “fase
di stabilizzazione”, come si
era espresso testualmente. Era sua opinione che Jungkook al momento,
tra
l’altro non aiutato in questo dai suoi numerosi impegni
universitari e la
preparazione del loro progetto di fotografia, fosse ancora spaesato
rispetto a
ciò che era successo, essendoselo aspettato da un lato, ma
pur sempre avendo
sperato fino all’ultimo che non accadesse
dall’altro.
Taehyung
avrebbe
voluto vederlo più reattivo. Gridare e tirare pugni
all’aria, piangere e
diventare rosso, ma Jungkook continuava a comportarsi così
come Jimin gli aveva
riferito si era comportato la sera in cui ci aveva parlato: in modo
quieto,
tollerante, paziente. Era triste e Taehyung questo lo vedeva,
però avrebbe voluto
che fosse meno silenzioso a riguardo, perché sebbene
riuscisse a vedere che il
ragazzo si sarebbe ripreso meglio di quanto sperato, credeva che quel
momento
di sfogo, anche magari di rabbia, fosse necessario per dare una
chiusura a
tutta la storia. O comunque per segnare un punto di inizio dal momento
in cui
avrebbe iniziato a cercare di mettersela alle spalle. Invece era
lì, sempre
vicino a lui se non si trovava a lezione, seguendolo fedelmente come
un’ombra,
cercandolo appena spariva per più di due minuti –
“Kookie, sono solo andato a prendere
un caffè”, “la fila al bagno era lunga”
– e trovando solo nei giochi e rituali del loro piccolo mondo
privato qualcosa
che gli facesse brillare di più gli occhi. Stava parlando
proprio di questo la
sera del giovedì ad uno Jimin stanchissimo, seduto sul
divano vicino a lui,
quando venne interrotto dal suono di un telefono.
–
Jiminie, è il tuo.
– Vero! –
esclamò Jimin alzandosi per andare a
prendere il telefono che aveva lasciato sul tavolo – Magari
è Yoon- sì, è lui!
Pronto?!
Vedendo
illuminarsi
il volto del ragazzo, fino a pochi attimi prima segnato dalla
stanchezza della
giornata trascorsa in accademia, Taehyung capì che ormai le
emozioni che aveva
provato per Jimin il giorno in cui aveva litigato con lui erano
completamente
sparite e non poteva al contrario fare a meno di provare gioia alla
vista della
felicità del suo migliore amico. Si convinse in quel momento
che quello che era
sembrato a tutti per tantissimo tempo un qualcosa da evitare, un tema
di cui
non discutere, una situazione a cui non pensare per paura di
distruggere
qualcosa aveva poi invece plasmato la realtà in una forma
forse ancora migliore
di quella di partenza. La telefonata di Jimin con Yoongi fu molto breve
e
Taehyung si chiese cosa stesse succedendo quando Jimin chiuse la
chiamata
saltellando sul posto e ridendo come un bambino, gli occhi a mezzaluna
due
fessurine.
–
Viene qui!
Yoongi-hyung viene qui a cena!
–
Come? Ora?
–
Si! L’ultima volta
che ci siamo visti è stato martedì sera
perché poi io ieri non ho avuto le
forze per andare al 503 e la stessa cosa è successa oggi.
Così a lui è venuta
l’idea di auto invitarsi. Ci credi, Taehyungie? Nemmeno
quarantotto ore e già
non riesce a starmi lontano!
Taehyung
scoppiò a
ridere, contagiato dall’entusiasmo di Jimin.
–
È meglio che tu non
ripeta questa cosa davanti a hyung altrimenti potrebbe decidere di
farti
ricredere non cercandoti per un mese.
–
Non lo farebbe mai
– rispose Jimin sorridendo e diventando poi serio – e poi che ne sai che non
me lo abbia detto
proprio lui? Con testuali parole “Nemmeno quarantotto ore che
non ti vedo e già
non riesco più a starti lontano”? –
Taehyung sollevò le sopracciglia e Jimin
scoppiò a ridere, rendendosi conto da solo di ciò
che stava dicendo – Il motivo
però è questo, io lo so anche se non lo dice.
Taehyung
era
d’accordo, ma rimase in silenzio per non fomentare ancora di
più il fermento di
Jimin, il quale sembrava poter schizzare via dalla propria pelle per
l’entusiasmo da un momento all’altro.
–
Hyung! – esclamò
Jimin aprendo la porta quando finalmente Yoongi si presentò.
–
Jiminah, cosa urli
come se fossi sorpreso? – disse il più grande
entrando al riparo nella casa
calda – ti ho detto che stavo venendo!
–
Credo non sia
sorpresa, hyung – Yoongi si girò e vide Taehyung
appoggiato a braccia conserte
sullo stipite della porta della cucina, un sorriso dipinto sul volto
–Jiminie
ha iniziato a saltellare non appena ha riappes-
–
Non devi andare a
cucinare, TaeTae??! – urlò Jimin interrompendolo e
diventando rosso davanti alle
risate sommesse di Taehyung e Yoongi.
–
Tae – disse
Yoongi al ragazzo sorridendo
timidamente e facendogli un cenno che Taehyung ricambiò.
–
Hyung.
Il
muto dialogo dei
loro sguardi mise fine a ogni equivoco, ogni dissapore, e
parlò di accettazione
dell’altro e di reciproca fiducia. Jimin prese Yoongi
sottobraccio e iniziò a
guidarlo verso la propria camera.
–
Vieni a toglierti
il cappotto. Taehyungie penserà ad iniziare a cucinare.
–
Va bene Jiminie!
Non c’è di che Jiminie! –
urlò ironico Taehyung rientrando in cucina.
Quando
Jimin ebbe
fatto entrare Yoongi in camera e chiuso la porta, non dette al ragazzo
nemmeno
il tempo di toccare il primo bottone, allacciandogli le braccia dietro
al collo
e unendo con foga le loro labbra. Yoongi reagì subito con la
stessa intensità e
portò Jimin contro di sé stringendolo in vita,
dimentico all’improvviso anche
del suo cappotto bagnato. Un po’ senza fiato, Jimin si
staccò da lui e gli
sussurrò:
–
Mi sei mancato.
–
Anche tu Jiminah
–Yoongi rispose con voce bassa portando la bocca vicino al
lobo di Jimin e
mordendolo piano – per questo sono venuto.
Jimin
chiuse gli
occhi e si lasciò andare alla piacevolezza datagli dalla
sensazione delle
labbra di Yoongi che si muovevano lungo il suo collo e risalivano poi
alla sua
bocca.
Uno
starnuto
interruppe la magia del momento.
–
S-scusa, hyung.
Yoongi
ridacchiò:
–
No, è colpa mia, ti
ho passato tutto il freddo – lasciò andare Jimin e
si tolse finalmente il
cappotto – non vorrei che il piccolo Jiminie si ammalasse di
nuovo per colpa
mia.
–
Però se accadesse
tu potresti venire a farmi da infermiere. Non ti piacerebbe?
–
Scordatelo – fu la
risposta decisa di Yoongi – fare il crocerossino non fa per
me.
–
Sei sicuro? – Jimin
gli si strinse a un braccio e gli si fece di nuovo vicino. Yoongi gli
appariva
così bello avvolto in quel maglioncino di lana nero a collo
alto e a Jimin
venne voglia di stuzzicarlo un po’ – pensa a quando
dovrei spogliarmi per il
troppo caldo…
–
Martedì sera non
ricordo che avessi granché caldo, eppure sono riuscito a
farti spogliare lo
stesso – gli sussurrò Yoongi
all’orecchio e Jimin si sentì di nuovo diventare
rosso – anzi – se il ragazzo voleva giocare sporco,
anche lui lo avrebbe fatto
– mi sembra che volessi anche spogliarti di più.
Jimin
ingoiò e lo
interruppe mortificato:
– Va bene, ho capito, hai
vinto tu.
Yoongi
sorrise con
affetto e gli prese il viso tra le mani per lasciargli un bacio
delicato
impresso sulle labbra morbide prima di avviarsi fuori dalla camera.
Raggiunsero
Taehyung
in cucina e iniziarono insieme i preparativi per la cena.
L’atmosfera fu
tranquilla e rilassata e Jimin fu felice che la promessa del migliore
amico di
cercare di andare d’accordo con Yoongi fosse rispettata.
Sembravano entrambi a
loro agio, addirittura in più occasioni si coalizzarono
contro di lui,
prendendolo di mira con qualche battuta o frecciatina. Jimin non poteva
fare
altro che godersi il tutto con un’espressione serena e la
calma nel cuore. Solo
ad un certo punto si rattristò, mentre mangiavano, e sia
Yoongi che Taehyung se
ne accorsero. Un’ombra gli era passata davanti,
l’ombra di una serata molto
simile, sempre a tre, in cui solo uno dei fattori era diverso.
Chissà come
stava adesso Jungkook. A Jimin mancava e si chiese se tra loro sarebbe
mai
tornata l’amicizia di un tempo o dovesse arrendersi
all’idea di averlo perduto
per sempre. Se avesse fatto una scelta simile lui non avrebbe potuto
biasimarlo, ma ne avrebbe sofferto.
–
Jiminah – la voce
di Yoongi lo scosse – tutto bene?
–
Si – rispose Jimin
sommessamente – si tutto bene, stavo solo pensando. Ecco, non
voglio davvero
rattristare nessuno – guardò di sfuggita Taehyung
– ma noi tre qui, a cenare
insieme e ridere… mi ha fatto tornare in mente quella sera
in cui Jungkookie
rimase qui a mangiare, ricordi Taehyungie? La situazione era molto
simile e… e
nulla, mi sono rattristato perché vorrei sapere come sta.
Ovviamente non mi ha
cercato in questi due giorni ma…
Jimin
aveva lasciato
andare le bacchette e adesso guardava il suo piatto con sguardo triste.
Taehyung e Yoongi si guardarono, entrambi tristi e preoccupati. Yoongi
portò un
braccio dietro le spalle di Jimin mentre Taehyung prese a parlare:
–
Allora Jiminie,
innanzitutto Kookie al momento non è solo. Hoseok sa tutta
la situazione e io
stesso ci ho parlato per chiedergli di rimanere con lui più
tempo che può
quando non ci sono io. Stasera aveva deciso per intrattenerlo di
chiedergli di
insegnargli a cucinare qualcosa e poi dopo cena voleva proporgli di
vedere un
film che era da tanto che Kookie voleva vedere. Jiminie, non lo stai
abbandonando, mi hai capito? È solo un bene che adesso
però ci sia un po’ di
distanza tra voi due.
–
Di cosa hai paura
Jiminah? – aggiunse Yoongi con voce bassa e morbida.
–
Io… io ho paura che
non mi voglia più parlare. Che decida di non vedermi
più e… e lo so che è
egoistico forse da parte mia, ma ho bisogno di sapere che prima o poi
le cose
torneranno come prima perché la sua amicizia… per
me era importante e mi manca
davvero tanto.
–
Jiminie, su questo
devi credermi. Jungkookie non ne fa una colpa a te di ciò
che è successo.
–
Si ma io mi sento
in così in colpa lo stesso, perché tra
l’altro non gli ho nemmeno saputo dire
la verità! Ho dovuto nascondergli un sacco di cose e-
–
Jimin, basta – il
tono di Yoongi era fermo, così come il modo in cui gli
strinse la mano – Taehyung
è stato il primo a consigliarti di essere cauto sulle cose
da dire, e lui ne sa
più di tutti noi su Jungkookah. La verità
è importante, ma non è sempre, in
qualsiasi caso, la scelta migliore per la persona che deve riceverla. A
volte
rischia di essere solo un modo per scaricare la nostra di coscienza,
assecondando il nostro bisogno di sentirci
“onesti”, ma andando a danneggiare
incredibilmente chi è di fronte a noi. La verità
va usata nel momento in cui
può migliorare una situazione, non peggiorarla. Se tu
andassi adesso a
raccontare esattamente come tutto si è svolto a Jungkook, ti
sentiresti davvero
meglio sapendo di avergli causato un dolore ancora più
grande? Tra l’altro che
lui sappia di preciso ciò che è accaduto al
momento non è rilevante, perché non
cambia comunque lo stato delle cose, ovvero che io e te stiamo insieme.
Un
giorno sono sicuro che sarà pronto per sapere tutto, ma non
adesso. Adesso ciò
a cui tu e tutti noi dobbiamo pensare è rendergli
più semplice questo momento.
Per cui Jimin non devi più pensare a questa cosa e
soprattutto non devi
piangere, non te lo consento più. Te lo abbiamo detto tutti.
Tutti. Io,
Taehyungie qui, Hobi e persino Namjoonah e Jin-hyung. Jungkookie non ti
toglierà la sua amicizia né ti
escluderà per sempre dalla sua vita. Forse sì,
non sarà con te agli inizi esattamente come prima, ma piano
piano, con il
tempo, il vostro rapporto si ricostruirà. Anzi, scusami, ho
usato il termine
sbagliato. Non deve ricostruirsi perché nulla si
è rotto. Si trasformerà.
Prenderà un’altra sembianza, ma sarà
tanto saldo quanto lo era prima – Jimin
stava guardando Yoongi con un’espressione che esprimeva tutto
lo sforzo che il
ragazzo stava mettendo nel cercare di convincersi delle sue parole e
Yoongi
decise dunque di essere ancora più diretto. Jimin
seguì il suo sguardo quando
lo puntò su Taehyung – Quanto tempo gli dai?
– disse con un piccolo ghigno – Io
non dico più di sei mesi.
Jimin
ci mise qualche
secondo a capire, ma poi i suoi occhi si illuminarono e sorrise anche
lui,
guardando Taehyung con affetto:
–
Forse anche di
meno, perché il mio Taehyungie è eccezionale.
Taehyung
guardò
entrambi confuso, ma arrossì leggermente, avendo un piccolo
presentimento su
ciò a cui Yoongi e Jimin si stavano riferendo.
–
D-di che state
parlando?
Jimin
mise i gomiti
sul tavolo e appoggiò la testa alle mani:
–
Quanto ancora hai
intenzione di aspettare prima di dirgli qualcosa?
Yoongi
scoppiò in una
risatina e si sentì solidale con Taehyung, il quale era
intanto arrossito in
modo preoccupante per essere Taehyung e era quasi caduto dalla sedia.
–
No-non so cosa tu
stia dicendo Jiminie!
–
Su, su, che ho
capito tutto. Com’è, il confidarsi vale solo per
me? Anzi, avresti dovuto
dirmelo prima, non sarei nemmeno mai uscito con lui se avessi capito
quanto ci
tieni.
Taehyung
era
diventato un groviglio di parole incoerenti e mentre Jimin ghignava
sotto i
baffi Yoongi decise di andare in suo aiuto, riassumendo velocemente il
concetto
essenziale:
–
Noi tifiamo per te,
Taehyungie. Per voi.
Taehyung
si portò una
mano al viso, ancora completamente rosso:
–
P-prima… prima devo
togliergli quell’invadente del mio migliore amico dalla
testa. Poi vedremo cosa
si può fare. Jiminie, se torni sui tuoi passi sappi dunque
che stavolta non
avrò pietà.
–
Hai capito Jiminie?
– disse Yoongi solleticando Jimin dietro un orecchio
– Gli hai davvero fatto
solo un favore a toglierti di mezzo. E no – disse poi
incredibilmente serio e
quasi minaccioso rivolgendosi a Taehyung, la mano sempre dietro
l’orecchio di
Jimin – non tornerà sui suoi passi.
Jimin
e Taehyung
scoppiarono a ridere.
27
gennaio 2017
Yoongi
osservava il
grande edificio con espressione indecifrabile. Fermo
dall’altro lato del
marciapiede poteva abbracciare con lo sguardo tutta la facciata grigia
e parte
del giardino, sentendoli quasi familiari. Il campus della
facoltà di arti
figurative non era poi molto diverso da quello che aveva frequentato
lui quando
ancora andava all’università. Si chiese se dentro
anche fosse simile, ma pensò
poi che probabilmente no. Lo scheletro forse, ma tutto il resto,
l’anima stessa
del luogo, sarebbe stato differente. Si decise ad incamminarsi verso il
largo
ingresso che fino a quel momento aveva solo guardato con sospetto
dicendosi che
il grado di somiglianza dell’edificio a quello che aveva
frequentato lui era
assolutamente irrilevante in una situazione del genere. Fu solo quando
finalmente dovette varcare la soglia che ne capì invece
l’importanza. Fingere
di trovarsi in un luogo conosciuto, vissuto, sperimentato, forse lo
avrebbe
aiutato a mitigare la sensazione di estraneità che provava
rispetto a quello
che stava per andare a fare. Anche lui in quel momento si sentiva come
un
involucro a cui avessero messo dentro un’anima differente.
Come spesso
d’altronde gli era capitato di sentirsi negli ultimi giorni.
Non avrebbe mai
creduto di trovarsi in questa posizione, pronto a parlare e far
parlare,
diretto volontariamente verso un incontro che si sarebbe potuto
trasformare
facilmente in uno scontro. Eppure questa era la scelta giusta. Doveva
farlo,
doveva parlare con Jungkook. Non poteva ignorarlo e non voleva farlo.
Aveva
bisogno di ringraziarlo, aveva bisogno di scusarsi. Aveva bisogno di
capire
come stesse, e questo anche per amore di Jimin. Il modo in cui Jimin la
sera
prima era di nuovo quasi scoppiato a piangere, tornando su un punto che
Yoongi
credeva fosse chiarito una volta per tutte, lo aveva convinto a questo
passo. Voleva
leggere di persona negli occhi di Jungkook il perdono perché
sapeva che né
Jimin né lui avrebbero mai potuto mettere radici su un
terreno dove ancora
circolavano dei fantasmi. Voleva poi anche dare al ragazzo
un’occasione per
urlargli contro o dargli un pugno, se ne avesse avuto voglia. Non si
sarebbe
tirato indietro. In tempi diversi, tutti questi motivi per cui era
necessario
che parlasse con il più piccolo sarebbero stati sufficienti
per spingerlo
esattamente nella direzione opposta, ma non oggi. Oggi Yoongi
varcò quella
soglia a testa alta e avanzò a passo deciso nei corridoi
ormai semi vuoti, salì
i gradini di pietra fino al secondo piano e pose fine alla distanza che
lo separava
da Taehyung e Jungkook.
Avendogli
mandato un
messaggio poco prima, Taehyung lo stava aspettando a metà
del corridoio e gli
venne incontro quando lo vide fare capolino dalle scale. I due ragazzi
avevano
preso accordi per questo pomeriggio la sera prima, quando Yoongi aveva
chiesto
a Taehyung se potesse aiutarlo a trovare un momento in cui parlare
faccia a
faccia con Jungkook. Il ragazzo aveva proposto questa occasione
poiché si
sarebbero trovati entrambi alla facoltà di arti figurative
per dare una mano
con l’allestimento delle aule dove si sarebbe esibita la
mostra conclusiva del
progetto fotografico a cui avevano lavorato. L’esposizione si
sarebbe tenuta il
lunedì ed essendo il campus chiuso sia il sabato che la
domenica il loro
insegnante aveva proposto che ci si iniziasse a portare avanti con il
lavoro
quel giorno, preparando le sale che aveva prenotato per
l’occasione.
–
Yoongi-hyung! Sei
venuto davvero.
–
Sono venuto
davvero.
Taehyung
sorrise e
gli fece strada:
–
Ho detto a Kookie
che andavo al bagno, stiamo allestendo un’aula che si trova
nell’altro
corridoio, ora ti ci porto. Siamo gli ultimi due rimasti quindi puoi
stare
tranquillo che nessuno vi disturberà, io incluso. Me ne
andrò a prendere
qualcosa da mangiare al distributore e rimarrò lì
buono buono. Eccoci qui –
disse poi sottovoce – è quella porta
lì, Kookie è dentro.
–
Grazie, Taehyungie.
–
E di cosa? Volevo
ringraziare io te in realtà. Hai avuto… insomma
credo sia stato un bel pensiero
questo di venire a parlare con Kookie e sono sicuro che farà
tanto bene anche a
lui. Stai tranquillo. Kookie è triste, ma non
c’è un solo frammento di ostilità
in lui.
Yoongi
annuì e si
fece coraggio, confortato dalle parole di Taehyung. Forse non lo
avrebbe preso
a pugni alla fine e l’idea lo rassicurò. Tra tutti
i suoi amici, Jungkook era
davvero l’ultimo di cui avrebbe voluto assaggiare il gancio
destro.
–
Jungkookah?
Il
ragazzo si girò di
scatto quando sentì il suo nome da una voce diversa da
quella di Taehyung e ci
mise qualche secondo a rendersi conto della persona che aveva davanti,
così
fuori contesto lì.
–
Y-yoongi-hyung? –
esclamò con occhi stupiti facendo cadere la fotografia
cartonata che aveva in
mano e che stava per sistemare. Si chinò velocemente a
raccoglierla e la
appoggiò sul tavolo, indietreggiando poi un po’
verso il vetro della finestra –
sc-scusami, non mi aspettavo… cerchi Tae?
–
No, non cerco
Taehyung. Cercavo proprio te – Yoongi vide Jungkook
dischiudere le labbra, ma
senza dire nulla. Si capiva che era spaesato. Anche Yoongi un
po’ ci si sentiva,
ma era più grande ed era in una posizione tale per cui
spettava a lui fare uno
sforzo – Volevo parlarti perché ci sono delle cose
che voglio dirti. Riguardo…
Jiminah.
Jungkook
sospirò e
scosse la testa:
–
Hyung, non-
–
No – Yoongi avanzò
e si mise in piedi vicino a Jungkook – Non trovo…
giusto. Giusto è la parola.
Non trovo giusto essere felice con lui senza prima averti parlato o
dato
l’opportunità di… – si
interruppe e lo guardò con timore – ..vuoi darmi
un
pugno? Puoi farlo, non mi tirerò indietro.
Jungkook
spalancò gli
occhi:
–
Cosa? Un pugno?
Hyung, no, no che non voglio darti un pugno, perché mai
dovrei?! – Il sospiro
di sollievo che si levò dal petto di Yoongi
suscitò una risatina in Jungkook –
Quando avrò l’omicidio nei miei propositi, lo
farò.
–
Omicidio? Ehi
modera i termini. Non sono così fragile, resisterei
benissimo all’impatto.
–
Benissimo?
–
Benissimo.
–
Proviamo allora.
Yoongi
indietreggiò
di un passo e Jungkook scoppiò a ridere.
–
Hyung, non ti
faccio niente davvero.
Yoongi
alzò gli occhi
al cielo:
–
Impudente sempre e
comunque vedo, non importa la situazione. Te la faccio passare solo
perché ho
un debito nei tuoi confronti.
–
Debito? – Jungkook
tornò serio.
–
Io… volevo
ringraziarti. È per questo che sono qui, oltre che per il
pugno. Volevo dirti
grazie per come ti sei preso cura di Jimin. Spero tu non ti offenda per
queste
parole, non voglio che suonino come un “grazie per avermi
tenuto bene il
ragazzo mentre io ero via”. Non è assolutamente
questo che voglio dire. Lo so
che il concetto forse alla fine sembra quello, ma ciò che io
vorrei dirti è che
Jimin non sarebbe davvero dove è ora se tu non fossi stato
al suo fianco. E non
sarebbe dove è ora nemmeno se tu non ti fossi dimostrato
così comprensivo con
lui quando ti è venuto a parlare per spiegarti la
situazione. Nonostante tu lo
avessi assicurato che poteva stare tranquillo, era devastato lo stesso,
sai? Mi
ci è voluta quasi un’ora per farlo smettere di
piangere. Con questo non voglio
dire che tu debba sentirti in pena per lui, semmai dovrebbe essere il
contrario
e lo so che non è Jiminah ad avere il diritto di piangere.
Però credo sia necessario
che tu questo lo sappia per capire che probabilmente se tu non ti fossi
dimostrato così dolce con lui non so se sarebbe mai riuscito
nemmeno a stare
davvero con me. Aveva bisogno del tuo perdono, anche se non avrebbe
forse
nessun diritto a chiedertelo, e lo stesso vale per me. Io posso solo
ringraziarti e scusarmi, ma non dovrei stare qui a farti certe
richieste
eppure… eppure ho bisogno di sapere che tu stai bene. Che
starai bene. Che
potrai perdonarci. Puoi farlo, Jungkookie?
La
voce di Yoongi,
leggermente tremula per l’emozione nel pronunciare con quel
diminutivo il suo
nome, colpì profondamente Jungkook. Non si sarebbe mai
aspettato un discorso
del genere proprio da Yoongi. Non si sarebbe in effetti proprio
aspettato
affatto un discorso. Il venire a conoscenza del fatto che Jimin avesse
pianto
per lui e il vedersi adesso Yoongi, Yoongi!, di fronte alla ricerca del
suo
perdono fecero capire a Jungkook, l’illuminazione fu
improvvisa, come il suo
posto sarebbe stato sempre e comunque vicino a queste persone. Ci
tenevano a
lui. Gli volevano bene. Gli volevano realmente
bene. Gli apparve chiaro come il sole ed era questo qualcosa di cui
aveva bisogno
ancora più che dell’amore di Jimin.
Capì finalmente di aver trovato un luogo
protetto, in cui poter rimanere, dove nessuno lo avrebbe più
ferito. E allora le
parole furono facili, i suoni uscirono fluidi, spontanei:
–
L’ho già fatto,
hyung – disse, e capì dagli occhi di Yoongi che il
ragazzo ci credeva, perché riusciva
a vedere che era vero – dunque niente pugno.
Yoongi
ridacchiò,
prendendo l’occasione per chiudere gli occhi e spannarli un
po’ dal
sottilissimo velo bagnato che li aveva ricoperti:
–
Questo è davvero un
sollievo.
–
Hyung, sei libero
di non crederci ovviamente, ma io vorrei davvero che voi foste felici.
E non
voglio che Jiminie-hyung pianga più per me, questo devi
dirglielo. Ricordagli
ciò che gli ho già detto, non amo perdere quindi
voglio che almeno questa
sconfitta non sia stata vana. Voglio che il suo sorriso sia sempre
splendente e
so che tu saprai tenerlo acceso, hyung, non ne ho dubbi. Se so che
farai
questo, mi faccio da parte senza rimorsi. Credo che l’idea di
farmi da parte mi
avrebbe riempito di vergogna fino a poco tempo fa. Avrebbe significato
arrendersi, non dimostrare di volere davvero ciò che si
insegue. Forse ti avrei
effettivamente dato un pugno – Yoongi ridacchiò
– Ma adesso non più. Ci ho
riflettuto un po’ in questi ultimi giorni e credo di aver
capito… di essermi
convinto che amare sia anche questo. Mettere da parte il proprio
egoismo per
capire qual è davvero il bene per l’altra persona.
In questo momento penso che
il modo migliore per dimostrare a Jiminie-hyung quanto tenga a lui sia
proprio
fare spazio a te.
Yoongi
si chiese
perché un ragazzo più piccolo di lui avesse
capito in due giorni ciò a cui lui
era arrivato dopo due intere settimane. E anche di più.
È vero, si era fatto da
parte anche lui per il bene di Jimin, e questo almeno non poteva
rimproverarselo. Però il modo in cui si era comportato dopo
era imperdonabile,
perché anche se credeva che stesse con un’altra
persona, Jimin rimaneva pur sempre
un amico e lui quando era partito aveva davvero assecondato solo
sé stesso.
–
Sei un ragazzo in
gamba, Jungkookie.
Jungkook
fece
spallucce e si mise le mani nelle tasche:
–
Non lo ero
abbastanza però – continuò prima che
Yoongi avesse il tempo di pensare a
qualcosa da dire, guardando fuori dalla finestra verso un punto oltre
l’orizzonte – Ho cercato di rendermi interessante
facendogli fare mille cose,
portandolo in giro. Gli avrei voluto offrire il mondo.
–
Io il mondo da
offrirgli non ce l’ho – disse sommessamente Yoongi
– Ho sì e no me stesso.
–
Già, ed è proprio
quello il punto. Jimin non aveva bisogno del mondo, e io non me ne sono
accorto.
– Il mondo puoi offrirlo a
qualcun altro
Jungkookah. So che puoi.
Jungkook
si drizzò
meglio in piedi, scostando la spalla dalla finestra a cui si era
appoggiato.
–
Ho chiuso con mondi
da offrire, hyung. Da oggi in poi cercherò di volare
più in basso, al massimo
offro un gelato. Anche se a Jimin avevo offerto una cioccolata e non mi
pare
sia servito – disse con una mezza risatina nervosa.
Yoongi
lo guardò un
attimo fisso, indeciso se parlare ancora o no, e alla fine disse:
–
Jungkook, io non
sono un professionista in materia d’amore, ma posso darti un
consiglio?
Jungkook fece per aprire la
bocca ma Yoongi lo
interruppe subito:
–
Ho deciso, te lo
do. Il mondo tu ce l’hai, ma non è fuori,
è dentro. Ci credo davvero in ciò che
ho detto prima, sei un ragazzo in gamba, lo dico perché lo
penso. Apri meno la
porta, e di più il tuo cuore – Si fermò
un secondo – Oddio, ho davvero detto
una cosa del genere?
Jungkook
non riuscì a
trattenere una risata, seppur debole. Era a metà tra
l’esilarante e
l’imbarazzante ascoltare il suo hyung parlargli di cose del
genere. Aveva
ragione però.
–
Beh, se il pugno
allora non vuoi darmelo, io direi che dopo questa uscita, i miei doveri
di
hyung sono completamente compiuti. Non voglio rubarti altro tempo.
Un’ultima
cosa però. Stasera… se non volessi venire
perché… non lo so, non devi
sentirtela per forza.
Jungkook
gli lanciò
uno sguardo sorpreso:
–
Perché non dovrei
venire? No, hyung, verrò, ovviamente verrò. Siete
le uniche persone che mi
abbiano mai regalato la loro amicizia in tutta la mia vita. Non ho
intenzione
di perdere tutto questo, per nessun motivo al mondo.
Yoongi
gli sorrise e allungò
una mano per strizzargli un braccio con affetto prima di allontanarsi.
Mentre
Yoongi si allontanava, Jungkook sentì tante emozioni
affiorargli in gola, tutte
insieme, e si trovò ad avere difficoltà a
gestirle. Il desiderio dello hyung di
parlare con lui lo aveva toccato molto e l’idea di non aver
davvero perso né
Jimin né Yoongi gli aveva dato sollievo. Però il
vedere Yoongi uscire dall’aula
aveva in qualche modo reso finale il suo distacco da Jimin. Lo aveva
concretizzato ancora di più e la verità e il peso
del significato di ciò lo
colpì all’improvviso. E poi c’erano
state quelle ultime parole, che gli erano
entrate davvero dentro e avevano preso a rendere alcune cose
più chiare nella
sua mente. Realizzò meglio dove aveva sbagliato. Aveva
sempre voluto fare
troppo, sempre. Ma Yoongi e Jimin erano la prova che quando si
è felici con una
persona non si ha bisogno di riempire il tempo insieme
perché la compagnia
l’uno dell’altro è sufficiente. Non si
ha bisogno di pensare costantemente a
cosa fare o come comportarsi. E non era perché non le si
voglia abbastanza bene
o non si voglia riempire la sua vita. Il punto è che
ciò che davvero la riempie
sono soprattutto le emozioni che l’uno dà
all’altro, e questo può accadere
ovunque. Tutto il resto viene dopo. Pensò che doveva essere
un po’ come quando
sei con un amico e stare in silenzio ognuno a leggere per conto suo ma
seduti
su un divano vicini riempie il pomeriggio e il cuore. Quando i minuti
più belli
sono quelli trascorsi a ridere delle cose più stupide e
banali. Quando basta
sentire l’altro vicino per sentirsi completamente rilassato.
Jungkook pensò che
se l’amore era davvero così allora doveva essere
davvero molto simile
all’amicizia, perché al momento mentre cercava di
pensare a con chi si sentisse
in questo modo il viso di una sola persona prendeva forma nella sua
mente.
–
Kookie? – una
voce inconfondibile lo strappò via dai
suoi pensieri.
– Tae?
L’amico
stava facendo
capolino con la testa dalla porta. Aveva visto Yoongi uscire e si era
dunque
precipitato da Jungkook.
–
Posso entrare
Kookie?
Jungkook
annuì.
Taehyung entrò timidamente, chiudendosi piano la porta alle
spalle. Appariva
così esile nella felpa verde troppo larga. Aveva dovuto
rimboccare le maniche e
il maglioncino gli arrivava quasi fino a metà coscia. Gli si
fermò davanti.
–
Non… non deve
essere stato facile... Sono qui se hai bisogno.
Il
ragazzo più
piccolo lo guardò negli occhi, quei grandi occhi che lo
conoscevano così bene.
Aveva un unico grande desiderio al momento, il bisogno di fare una cosa
che
fino ad ora aveva sentito di non potersi concedere, né
davanti a Jimin né
Yoongi, e nemmeno quando era da solo. Ma davanti a Taehyung, con Taehyung, sentiva che avrebbe
potuto. Si lanciò di getto incontro all’amico e il
corpo di Taehyung solo a
malapena resistette all’impatto con il fisico più
forte dell'altro. Sentì le
braccia di Jungkook attorno a sé e le sentì
stringerlo in un forte abbraccio, a
cui reagì subito portandogli a sua volta le braccia attorno
alla vita.
Arrivarono poi dei piccoli singhiozzi attutiti, prima più
sommessi, poi via via
più forti, e vide le spalle dell’amico scosse da
singulti. Lo strinse
maggiormente e Jungkook gli si avvinghiò ancora di
più. Finalmente era riuscito
a piangere.
[Epilogo]
Yoongi
era seduto
sulla sedia, vicino alla scrivania, una candela al limone che bruciava
lì
vicino spargendo una corolla di luce con la sua piccola fiamma. Sulle
sue
ginocchia Jimin, al momento impegnato a leggere un messaggio appena
ricevuto da
Taehyung. Yoongi lo osservava tranquillo, gli occhi pieni di amore e la
mano
che scorreva morbida tra i capelli del più piccolo e gli
massaggiava dolcemente
la testa. Mentre Jimin iniziava a rispondere al messaggio, stanco di
guardare
solamente Yoongi se lo avvicinò di più
mettendogli la mano dietro la nuca e
prese a dargli tanti bacini sonori sulla guancia. Jimin
ridacchiò, piegando
leggermente la testa di lato a causa del leggero solletico.
–
Hyuuuung, due
secondi e ho fatto!
Yoongi
si staccò da
lui contando fino a due, tempo che fu sufficiente a Jimin per premere
il tasto
“invia”, e riprese poi il suo assalto alle
guanciotte del ragazzo. Jimin tornò
a ridere e Yoongi pensò che se lo avessero mai costretto a
scegliere un unico
suono da ascoltare a ripetizione per tutta la vita sarebbe stato
quello. Il
tintinnio fresco della risata di Jimin lo rimetteva in pace con il
mondo e
l’universo e perfino le persone e avrebbe fatto di tutto per
continuare ad
ascoltarlo ogni giorno.
–
Chi era?
–
Taehyungie. Sta
arrivando con Kookie, non sono riusciti a prendere il bus in tempo e
quindi
hanno dovuto aspettare venti minuti alla fermata. Devo dire a Tae di
prendere
qualcosa stasera, fa davvero freddo e non voglio si ammali.
Faceva
effettivamente
molto freddo. La temperatura di per sé non era
eccessivamente bassa perché
stava nevicando, ma comunque tirava un vento sferzante che faceva
tremare ogni
cosa, inclusi i vetri della camera di Yoongi.
–
Hai sentito cosa ti
ho detto prima?
–
Mh? Si… si, ho
sentito. Però hyung, non credo che-
–
Non credi cosa?
Qual è il problema?
Jimin
si spostò un
po’ sulle gambe di Yoongi per sistemarsi meglio e
portò le braccia fasciate dal
maglioncino di lana color mattone attorno alle spalle del ragazzo.
–
Il problema, hyung,
è che non credo di esserne capace. Non credo di poter
rendere giustizia alla
tua musica.
Yoongi
portò gli
occhi al cielo:
–
Jiminah, di cosa
vai parlando? Chi altri sarebbe capace di danzare sulla mia musica e
rendergli
giustizia meglio di te?
Jimin
sollevò il viso
verso il soffitto, pensandoci su. Uno sguardo malizioso gli fece
stendere le
labbra in un sorriso:
–
Non lo so,
Hoseok-hyung per esempio.
–
Aaaah, adesso ti
butto fuori dalla finestra!
Jimin
scoppiò a
ridere di nuovo mentre Yoongi lo scuoteva un po’
abbracciandolo poi stretto,
sorridendo anche lui.
–
Sono serio, Jiminah
– disse poi, il volto affondato nella spalla di Jimin, la
voce leggermente
attutita dalla maglia pesante contro la sua bocca – non
vorrei nessun altro a
fare una cosa del genere. Non sono nemmeno musiche che ho intenzione di
far
sentire a nessuno. Ma… fin da quella volta –
sollevò il viso e scostò appena
Jimin da sé per guardarlo negli occhi e unire le loro fronti
– fin da quella
volta in cui mi ti avvicinasti mentre suonavo, ho sempre voluto
comporre
qualcosa solo per te, anche se non credo avrei mai avuto il coraggio di
dirtelo
– così dicendo chiuse gli occhi e
appoggiò le proprie labbra su quelle del
ragazzo, iniziando a baciarlo intensamente e con dolcezza, fermandosi
solo ogni
tanto per cercare di convincerlo – che ne dici?... per
favore… sarai
ricompensato…
–
Beh, se… se me lo
chiedi… così… – Jimin si
stava sciogliendo sotto il calore delle labbra di
Yoongi e la fiamma che accendevano nel suo corpo – potrei...
ripensarci…
Yoongi
emise un
sospiro di soddisfazione e rendendo il bacio ancora più
profondo prese Jimin in
braccio e lo portò sul suo letto, distendendosi poi sopra di
lui mentre il più
piccolo si aggrappava alla sua maglietta. Si spostò
lasciando una scia di
piccola baci lungo il viso di Jimin, arrivando all’orecchio,
scivolando poi sul
collo, fermandosi infine alla spalla, che scoprì spostando
il maglione e che
poi mordicchiò piano.
– Sei convinto?
–
Mh-mh, però…
Yoongi
si spostò più
in basso, sollevò il maglioncino e posò le
proprie labbra sullo stomaco di
Jimin, ormai percorso da brividi.
–
Però? – disse con
voce roca, interrompendo la sequenza di baci e piccoli morsi che gli
stava
lasciando sull’addome.
Jimin
gli affondò le
mani tra i capelli:
–
Convincimi un po’
di più.
Yoongi
sorrise e
stava per mettere in atto il suo proposito quando una voce squillante
vi si
insinuò in mezzo.
–
Yoongi, è or-aaaah!
Oddio scusate!! No-non volevo!
Yoongi
emise un suono
gutturale di frustrazione e non poté trattenersi dal
lanciare un urlo contro
Hoseok:
–
MA VUOI BUSSARE
PRIMA DI ENTRARE IN CAMERA DELLA GENTE??!
Jimin
esplose in una
risata, non riuscendo nemmeno ad essere imbarazzato di fronte a quella
scena.
Yoongi stava quasi emettendo fumo dalle orecchie, mentre Hoseok, ormai
passato
il primo attimo di sorpresa, continuava a ridere e giustificarsi
dicendo che
ovviamente non poteva trattare Yoongi come “la
gente”.
–
Dobbiamo mangiare,
cosa ne potevo sapere che vi sareste messi proprio ora a…
a…– si portò una mano
alla bocca per cercare di porre un freno alle risate, alimentate ancora
di più
dallo sguardo furente di Yoongi.
–
Hoseokie-hyung, è
tutto ok! Non era nulla di importante.
Yoongi
guardò Jimin
corrucciato:
–
Era importante. Ti avevo quasi
convinto.
–
Puoi convincermi
dopo – disse allegro Jimin facendogli l’occhiolino
e scendendo con un saltino
dal letto – grazie per averci chiamati – disse poi
rivolto a Hoseok.
–
Per fortuna sono
arrivato adesso e non più tardi – fu la risposta
del più grande – La cena è
pronta, Jin-hyung la sta portando in tavola ora visto che finalmente
Taehyungie
e Kookie sono arrivati. Ah, una cosa – aggiunse serio
guardando Yoongi e Jimin
a turno – stanno salendo ora. Mi dispiace chiedervelo,
ma… potreste magari
ridurre al minimo gli scambi di effusioni? Per Jungkookie?
–
Che coinquilino
premuroso che sei Hobi.
–
Geloso, Yoongiah?
Jimin
ridacchiò e
rivolse a Hoseok un sorriso per rassicurarlo:
–
Certo hyung, lo
sappiamo, stai tranquillo.
Mentre
finiva la
frase i tre ragazzi sentirono la porta di casa aprirsi e delle risate
riecheggiare all’interno trascinate dal rimbombo del
pianerottolo. Taehyung e
Jungkook entrarono in sala e Hoseok gli andò incontro dal
corridoio guardandoli
con affetto. Era sempre tranquillo quando Jungkook era con Taehyung,
perché
sapeva che in un modo o nell’altro il ragazzo avrebbe trovato
il modo di
rilassarlo. Hoseok sapeva che il varcare la soglia del 503 quella
particolare
sera per Jungkook non sarebbe stato semplice, ed eccolo qui adesso,
gonfio nel
suo piumino, le guance e il naso arrossati dal freddo, che entrava in
casa con
le risate ancora in gola. “Effetto Taehyung”,
così lo aveva chiamato Hoseok.
–
Ben arrivati! – Jin
era in piedi presso il tavolo, intento a mettere nei piatti generose
mestolate
di ramyeon fumante – Lasciate pure i cappotti sul divano e
venite veloci che
qui sennò si fredda tutto. Joonie, prendi i tovaglioli, che
li ho scordati!
–
Li avevo già presi
– rispose tranquillo Namjoon uscendo dalla cucina con in mano
due bottiglie di
birra e un mazzetto di tovaglioli rossi tenuti fermi sotto il braccio.
–
Che bravo che sei –
gli disse Jin quando gli fu vicino, ridacchiando e scompigliandogli un
po’ i
capelli. Jungkook e Taehyung avevano abbandonato alla svelta i loro
cappotti
infreddoliti e si stavano adesso dirigendo di corsa alla tavola,
piombando
seduti sulle proprie sedie e chiedendo di poter iniziare subito a
trangugiare
le loro porzioni.
–
Da quanti anni non
mangiate? – esclamò sorpreso Jin guardandoli ad
occhi spalancati mentre anche
Namjoon prendeva il suo posto alla sinistra di Jungkook.
–
Hyung, siamo
rimasti al freddo per mezz’ora, non abbiamo più
forze vitali! Necessitiamo
calore anche all’interno! – si difese Taehyung.
–
Ci siamo tutti
tanto, iniziate pure – disse Hoseok arrivandogli alle spalle
e mettendosi a
sedere di fianco a lui. Comparvero anche Jimin e Yoongi che presero il
loro
posto alla destra di Hoseok. Jimin salutò Taehyung con un
cenno della testa e
fece poi un piccolo sorriso a Jungkook.
–
Ciao Jungkookie.
–
Ciao Jiminie-hyung
– rispose il ragazzo ricambiando con un sorriso timido, ma
dolce –
Yoongi-hyung.
Yoongi
anche gli
sorrise, provando all’improvviso una tenerezza incredibile
per quel giovane e
promettendo a sé stesso di essere più attento da
quel momento in poi con lui e
soprattutto tenersi informato sugli sviluppi con Taehyung.
Perché Yoongi era
convinto, come ne era convinto anche Jimin, che presto ci sarebbero
stati
sviluppi. Dovevano esserci e sarebbe stato il primo a felicitarsene.
Sebbene
tutti fossero
al corrente della situazione tra Jimin e Jungkook, nessuno
lasciò che questo
contagiasse l’atmosfera della tavola. Yoongi e Jimin tennero
fede alla promessa
fatta ad Hoseok e rimasero discreti, senza ostentare un bene che non
avevano
bisogno di ribadirsi ogni secondo per sapere che c’era. Anche
ognuno degli
altri ragazzi fece del suo meglio per allietare il più
possibile la serata,
parlando di argomenti leggeri, scherzando ed evitando questioni che
potessero
in qualche modo scuotere la sensibilità del più
piccolo. Senza essersi detti
nulla, lavorarono in gruppo affinché la cena si svolgesse
nel modo più sereno e
tranquillo possibile, e quando delle lacrime di divertimento
affiorarono sugli
occhi di Jungkook all’ennesima battuta infelice di Jin, tutti
e sei provarono
la stessa gioia. Ce l’avrebbe fatta. Tutti loro ce
l’avrebbero fatta. Fintanto
che fossero rimasti uniti e avessero continuato a proteggersi a
vicenda,
avrebbero potuto affrontare qualsiasi cosa, qualsiasi cambiamento,
qualsiasi
difficoltà. La primavera era dentro di loro e avrebbero
trovato la strada per
sbocciare anche in mezzo al più glaciale degli inverni.
****
–
Allora – disse Jin
alzandosi dalla tavola – adesso chi vuole può
aiutarmi a sparecchiare e mettere
un po’ a posto, poi direi che fra… –
guardò il vecchio orologio appeso al muro
– facciamo venti minuti ci ritroviamo tutti sul divano.
C’è un bel film che io
e Joonie vogliamo farvi vedere.
–
Che film è? –
chiese Hoseok sorpreso, seguito dai mormorii di assenso di tutti gli
altri.
–
È una sorpresa –
gli rispose Jin strizzandogli un occhio.
–
Perché Namjoonah
ride? – chiese di nuovo Hoseok, insistente e con sguardo
improvvisamente
preoccupato – È un horror? Io non li vedo i film
horror!
Risatine
dai vari lati
della tavola.
–
No, non è un film
horror, Hoseokie, fidati, dai! Non sarà nulla che
attenterà alla tua vita.
Con
questo, Jin
radunò un po’ di piatti e si avviò in
cucina, seguito da Namjoon, che ancora
ghignava, e Yoongi, e segnando così la rottura delle file
per tutto il resto
del gruppo. Taehyung afferrò prontamente Jungkook per un
polso e se lo trascinò
dietro fino al divano, dove lo fece mettere seduto vicino a lui. Il
più piccolo
come al solito lo seguì senza porsi domande, e quando si fu
seduto gli prese un
braccio e gli appoggiò il mento sulla spalla, guardando con
curiosità lo
schermo del cellulare tra le mani di Taehyung.
–
Devo farti vedere
un video divertentissimo, aspetta che lo ritrovo.
–
Okay – rispose
Jungkook tranquillo, mettendosi più comodo e avvolgendo
ancora meglio il
braccio di Taehyung. Si sentiva rilassato quando aveva il calore
dell’amico
vicino. Era per lui come una copertina magica, un punto fermo capace di
donargli la serenità e ricordargli che c’erano
ancora cose belle al mondo. È
vero, con Jimin era stato sconfitto, ma non tutto era perduto, aveva
ancora
Taehyung. Finché lo avesse avuto al suo fianco, Jungkook
sentiva che avrebbe
potuto perdere ancora altre mille sfide. La vittoria più
bella della sua vita
l’aveva già avuta incontrando questo ragazzo e la
sua amicizia e il suo affetto
erano ciò che di più prezioso possedesse. Si
sentì strano quando realizzò che
sentiva di poter in qualche modo trovare la sua strada anche senza
Jimin, ma
che sarebbe stato del tutto perso senza Taehyung a guidarlo. Si chiese
cosa
potesse significare e gli strinse il braccio un po’
più forte.
–
Kookie, guarda che
non scappo – gli disse la voce allegra di Taehyung
interrompendo i suoi
pensieri – mi stai stringendo un po’ troppo, io non
sono robusto come te.
Jungkook
chiese scusa
ridacchiando e allentò leggermente la presa, non mettendo
però fine alla loro
vicinanza. Le risate di Hoseok e Jimin dalla cucina, confuse al rumore
dell’acqua e di stoviglie battute tra loro, gli fecero
tornare in mente Jimin,
e Yoongi e ciò che era avvenuto nell’ultima
settimana. Sollevò lo sguardo su
Taehyung, all’improvviso consapevole di tutto quello che
l’amico stava facendo
pur di distrarlo e tenerlo al sereno. Si mise ad osservare per un
momento i
suoi lineamenti delicati e la sua espressione concentrata. Sembrava
così
fragile ed etereo, quasi come se appartenesse ad un altro mondo, ma
ecco che
gli stava offrendo riparo per la centesima volta. Gli si
scostò appena e poi lo
avvolse all’improvviso, con dolcezza, ma in modo fermo,
lasciando Taehyung
senza fiato per la sorpresa e facendogli quasi cadere di mano il
telefono. Lo
tenne qualche secondo tra le sue braccia, mentre il cuore di Taehyung
prendeva
ad accelerare ad ogni secondo passato in quell’abbraccio
caldo. Jungkook parlò
sottovoce, con emozione:
–
Grazie Taehyung.
Taehyung
chiuse un
attimo gli occhi, e respirò profondamente, inalando a fondo
quell’odore così
buono di sapone fresco che Jungkook aveva sempre su di sé.
Scosse poi la testa,
perché Jungkook non doveva ringraziare. Si staccò
delicatamente dalla morsa del
più piccolo e lo guardò in viso.
–
Sempre qui – gli
disse con dolcezza. I due ragazzi si guardarono sorridendo e si
rimisero poi
nella posizione di partenza, ma Taehyung con le guance un po’
più rosse e
Jungkook con il cuore un po’ più leggero.
****
Seduti
tutti sul
divano, tranne Jimin e Hoseok che avevano deciso di mettersi per terra,
i sette
ragazzi attendevano che Namjoon premesse play
e che questa volta non ci fossero intoppi. La prima volta che aveva
preso in
mano il telecomando lo aveva fatto accidentalmente cadere mentre si
metteva a
sedere sul cuscino e così le pile erano schizzate via e
Hoseok e Jimin avevano
dovuto precipitarsi a gattoni a fermarle dalla loro corsa rotolante
alla
conquista degli angoli più nascosti del salone. Dopo questo
incidente Namjoon
aveva spinto il tasto sbagliato chiudendo dunque sia il lettore dvd che
la
televisione. Ora tutti speravano fosse la volta buona. Così
fu. Salutato da un
boato di gioia, lo schermo finalmente prese vita e i colori iniziarono
a
muoversi al suo interno. La musica e il video di presentazione della
20th
Century Fox allungò la suspense dell’audience,
ormai completamente catturato e
nella snervante attesa di vedere quale fosse il film che Namjoon e Jin
volevano
tanto mostrare. La prima immagine arrivò. La ripresa non era
ferma, ma un po’
tremolante, come se fosse stata girata da una mano amatoriale. Uno zoom
su
quello che sembrava essere un palco e una voce distinta, ma chiaramente
registrata in diretta e non doppiata come in un film, iniziò
il suo discorso.
Hoseok scattò in piedi urlando, ma Namjoon, il quale si era
aspettato questa
reazione, gli fu subito addosso, fermandolo prima che potesse spegnere
la
televisione o staccare la presa o andare a togliere direttamente la
luce
all’intero palazzo. Lo sollevò da terra
prendendolo da dietro e bloccandogli le
braccia mentre il ragazzo continuava a gettare urletti scalciando.
Tutti i
ragazzi stavano ridendo eccetto Jimin, al quale fu necessario un attimo
di più
per capire cosa stesse succedendo. Guardò meglio lo schermo.
Era Hoseok dentro
quella TV. Ma certo, doveva essere il video del suo spettacolo, quello
che lui
aveva perso!
–
VI AVEVO DETTO CHE
NON VOLEVO CHE VENISSE TIRATO FUORI!
–
Hoseokah!! Smettila
di dimenarti, noi vedremo questo filmino, e tu verrai legato se
necessario –
gli urlò addosso Namjoon tra le risate.
Yoongi
si teneva lo
stomaco per il ridere, scosso da convulsioni, crollato per terra,
mentre
Taehyung e Jungkook si erano praticamente gettati l’uno
addosso all’altro per
sorreggersi a vicenda. Jin anche era a corto di fiato quando
cercò di parlare:
–
Hoseok... Hoseokie!
M-mi spiace… – risata – non voleva..mo..
– altra risata – non volevamo ma era
davvero troppo bello per non ri..riproporlo! –
scoppiò di nuovo a ridere,
mentre gli ormai gemiti di disperazione di Hoseok avevano suscitato la
risata
anche di Jimin.
–
Ma questo quindi è
lo spettacolo degli hyung? Hobi-hyung non puoi farci spegnere, io non
ho visto
nulla, non è giusto!
–
Jiminie ha ragione,
Hobi – disse Jin respirando affannosamente.
–
Mi avevi detto che
non si trattava di niente che attentasse alla mia vita! Questo
è un attentato
alla mia dignità, come potete essere così
subdoli?! Avete anche aggiunto il
video iniziale per farmi credere fosse un film vero! –
gettò gli occhi su
Namjoon torcendo il collo, quel tanto che poteva considerata la sua
posizione,
con il ragazzo alle sue spalle che ancora lo teneva fermo stringendolo
forte
attorno alla vita –Vi meritate a vicenda! Entrambi due serpi!
–
Hoseokah, basta! Ti
hanno visto decine e decine di persone quella sera, che problema ti fai
con
noi?
Le
parole di Yoongi
misero un freno alle lamentele di Hoseok, il quale decise di arrendersi
completamente e appoggiò semplicemente la nuca sulla spalla
di Namjoon,
emettendo mugolii di scontento. Una volta sicuro che non avrebbe fatto
più
resistenza Namjoon lo lasciò andare e Hoseok andò
a mettersi nuovamente al suo
posto sul divano, un cuscino in mano che poi si portò sulla
faccia, coprendosi
per evitare almeno di guardare ciò che le orecchie non
potevano censurare, le
sue battute imbarazzanti e le grasse risate dei suoi amici.
Pensò che questa
parte gli aveva dato fin troppi grattacapi e portato fin troppi
problemi.
Sarebbe stato l’ultimo anno che avrebbe acconsentito ad un
ruolo del genere. Il
pensiero però non lo consolò del tutto,
perché sapeva che comunque ormai questo
unico errore era stato registrato in modo permanente ed era convinto
come era
convinto del suo stesso nome che nemmeno nei venticinque o anche trenta
gennai
a venire i suoi amici gli avrebbero fatto la grazia di dimenticarsene. Ma va bene così,
pensò, fintanto che fra
venticinque o trenta gennai
saremo ancora a ridere insieme, mi va bene così.
****
Nell’esatto
istante in
cui la lancetta dei minuti combaciò con quella delle ore, si
udì un tonfo e un
sonoro crash. Tutti e sette i
ragazzi, che in quel momento si trovavano radunati per terra al centro
della
sala a giocare ad un gioco di società, girarono prontamente
la testa in
direzione del rumore. L’urletto di Jin e Taehyung si confuse
sopra la voce di
Hoseok:
–
Cosa è successo?!
–
Non lo so, adesso
vado a vedere – Jin si alzò velocemente da terra,
imitato da tutti gli altri, e
corse verso la porta della cucina, da cui il rumore sembrava provenire
– Nooo!!
Come è potuto accadere?!
–
Cosa? – chiese
Jungkook preoccupato accorrendo da Jin con Namjoon al suo fianco.
–
L’orologio!
L’orologio è caduto!
Anche
le ultime
quattro paia di gambe si mossero a questo annuncio. In pochi secondi si
formò
un piccolo crocicchio che aveva al suo centro Jin. Teneva
l’orologio con il
vetro ormai rotto tra le mani, fermo alla mezzanotte spaccata,
guardandolo con
sconcerto e tristezza.
–
Era lì da anni… il
chiodo ha ceduto… come…
–
Beh – cercò di dire
Yoongi, con cautela – credo che la vera domanda sia piuttosto
come sia potuto
rimanere appeso tutto questo tempo. Senza offesa Namjoonah.
Namjoon
scosse la
testa, non potendo negare la verità
dell’affermazione di Yoongi.
–
Si, ma… non lo so…
è… – a Jin sembravano mancare le parole
e continuava ad osservare i resti
dell’orologio pensieroso, così Hoseok
andò in suo aiuto.
–
Lo abbiamo appeso
da tanto tempo, in effetti dispiace. Mi sento strano a vedere quel
pezzo di
muro vuoto.
I
mormorii di assenso
degli altri ragazzi indicarono che tutti erano d’accordo.
Nessuno si sentiva
tranquillo quando dei cambiamenti avvenivano al 503. Yoongi si
avvicinò alla
parete ed esaminò meglio il buchino che il chiodo caduto
aveva lasciato.
–
Comunque, anche se è
vero che quel chiodo sfidava le leggi della fisica, chissà
perché gli è venuto
di cadere proprio ora.
–
Già, e a mezzanotte
in punto – fece eco Jimin – È talmente
preciso come attimo che mi mette un po’
i brividi onestamente.
–
Jiminie, non credo
sia un fantasma, se è a quello che stai pensando.
–
Taehyungie, non
credo ai fantasmi!
–
No, certo che no –
rispose ironico Taehyung con un ghigno. Gli altri risero con lui mentre
Jimin
si metteva a dargli dei piccoli colpetti di rimprovero sulle braccia.
Jin
trasse un profondo sospiro:
–
Sapete cosa? Si, è
un momento preciso. È un nuovo giorno, anche se è
notte e non ce ne rendiamo
conto. Chi lo sa, forse è un segno. Fuori il vecchio dentro
il nuovo. Sono due
anni che temo che questo orologio cada e adesso che è
accaduto mi sento quasi
più leggero.
Jin
andò in cucina
per buttare il vecchio orologio nella spazzatura e prendere la scopa
per
ripulire il pavimento dai pezzi del vetro.
–
In che senso? –
chiese Namjoon dando voce alla domanda di tutti.
–
Nel senso che lo
avevi appeso tu. E in qualche modo l’idea che
l’orologio cadesse era per me
associata all’idea che tu te ne andassi – un coro
di “awwww” lo
fece diventare rosso, mentre teneva lo sguardo per terra
fisso sui coccetti che stava radunando – Si, insomma, credevo
portasse
sfortuna. E invece se penso a come mi sento ora… –
si fermò e guardò Namjoon
negli occhi – mi chiedo come abbia potuto mai vedere un
legame tra la nostra
felicità e uno stupido orologio. Era un ricordo
sì, ma ce ne faremo altri. Ora
che ci penso, non c’è niente qui dentro che
appartenga a tutti, e non ci
saremmo mai decisi a togliere questo orologio, quindi è
stato solo un bene che
sia caduto. Ne prenderemo subito un altro e lo sceglieremo stavolta
tutti
insieme, che ne dite?
Guardò
uno per uno i
ragazzi i quali sembrarono essere d’accordo
sull’idea.
Jimin
si mise con un
saltello a sedere sul tavolo:
–
Come siamo finiti a
fare dissertazioni filosofiche su un orologio caduto?
Hoseok
lo imitò,
mettendoglisi di fianco:
–
È che Jin-hyung ha
passato troppo tempo con Namjoonah, prima non era così.
Ormai legge il senso
dell’esistenza anche nelle bucce di mela.
La
risata di Jin si
propagò dalla cucina, dove era andato velocemente a buttare
i cocci, mentre
Namjoon ribattè:
–
Però sai Hoseokah,
il senso della tua di esistenza nella nostra vita ancora non
l’abbiamo
scoperto, nonostante il tempo passato a leggere le bucce di mela.
–
Davvero Namjoon?
Sei convinto di ciò che dici? – Hoseok aveva un
ghigno in viso che confuse
Namjoon, ma gli fu chiaro alle parole di Jin, tornato ora di fianco a
lui.
–
Joonie, non ci
saremmo mai incontrati senza Hoseokie, direi che ha avuto un bel senso,
no?
Namjoon
divenne
rosso, mentre tutti intorno a lui ridacchiavano e Hoseok urlava:
–
Bam! Colpito e
affondato!
Jin
dette un bacio
affettuoso sulla guancia a Namjoon e si rivolse poi agli altri:
–
Che facciamo?
Riprendiamo a giocare?
Lo
sbadiglio di
Jungkook fece da risposta.
–
Vuoi tornare a casa
Kookie? Anche io ho un po’ sonno in effetti, si è
fatto tardi e non ce ne
eravamo accorti – gli chiese Hoseok.
–
Mmh, non vorrei
però interrompere per tutti…Immagino che
soprattutto Jiminie-hyung voglia
continuare, visto la bellissima partita che stava facendo...?
–
Jungkookie, credo
davvero che per te sia arrivata l’ora di andare a dormire
– gli rispose Jimin
mentre il ragazzo se la rideva sotto i baffi.
–
In effetti era
chiaro che stessi vincendo io – intervenne Taehyung
– per me possiamo anche
interromperla qui.
Presi
un po’ tutti
dal sonno, i ragazzi concordarono e decisero di interrompere la
partita. Hoseok
e Jungkook furono i primi ad andarsene. Jungkook si sentiva davvero
molto
stanco e nessuno poteva biasimarlo, in particolar modo Hoseok e
Taehyung, gli
unici a conoscenza per il momento dell’incontro tra lui e
Yoongi. Era stata una
giornata, e una settimana, intensa per il giovane e questa sera era
stata un
banco di prova fondamentale che doveva avergli richiesto molte energie.
Mentre
Hoseok e Jungkook lasciavano la casa, Taehyung si mise a dare una mano
a
Namjoon a riordinare per terra, mentre Jin si occupava di mettere a
bollire
l’acqua per prepararsi una tisana per la notte.
–
Taehyungah – la
voce di Yoongi lo sorprese alle spalle, bassa e roca come sempre
– va bene se tornate
a casa fra un altro po’? Non voglio fare ostaggi,
ma…
–
Uh? – Taehyung
guardò Yoongi e poi Jimin dietro di lui – Ah, ma
certo! Si, si, non dobbiamo
andare subito. Cioè, posso anche andare da solo.
–
No, no, non
occorre! – rispose pronto Jimin – torno a casa con
te, ma-
–
Jiminie, non ho
paura di dormire da solo una notte – gli disse Taehyung
sorridendogli e
avvicinandoglisi per prendergli una mano. Gliela strizzò e
lo incoraggiò –
davvero.
Jimin
annuì e
ricambiò il sorriso dell’amico, convintosi. Fu
così dunque che dopo pochi
minuti la porta del 503 si chiuse anche dietro a Taehyung. Jin e
Namjoon si
ritirarono anche loro, tazze fumanti in una mano, le dita
dell’altra
intrecciate. Dettero la buonanotte a Yoongi e Jimin, che si trovavano
in cucina
intenti anche loro a farsi una tisana, e scomparvero entrambi dentro la
camera
di Jin. Quando i due ragazzi si furono allontanati Yoongi prese Jimin
per la
vita e lo strinse a sé, felice di trovarsi finalmente solo
con lui.
–
È andata bene
questa sera, vero?
–
Si – rispose Jimin
appoggiandosi contro il suo petto e chiudendo gli occhi –
meglio di quanto
avrei creduto.
Yoongi
lasciò un
piccolo bacio sulla testa di Jimin. L’indomani mattina gli
avrebbe detto del
suo incontro con Jungkook, sperando che almeno le parole stesse del
giovane
potessero donargli la serenità che attendeva. Stasera
però voleva che fossero
solo loro due.
–
Rimani qui un
attimino? Devo andare a prendere una cosa.
–
Oh? Si, certo, ti
aspetto qui.
Jimin
lo lasciò
andare e nell’attesa che Yoongi tornasse iniziò a
riempire le tazze con l’acqua
calda. Accese poi le luci del balcone della cucina ed uscì
fuori. Faceva freddo
e ancora nevicava, ma Jimin sentiva il bisogno in quel momento di
tornare a
rimmergersi nell’atmosfera ghiacciata. Si sentiva
così bene, così caldo dentro
in quel momento e non poté fare a meno di ripensare alla
fredda notte di
Capodanno. Anche lì stava congelando eppure le emozioni che
aveva provato erano
state tra le più forti di tutta la sua vita.
Ripensò anche alle parole di
Yoongi sul quadro di Jin e pensò che forse adesso iniziava a
capirle.
Ovviamente il suo hyung aveva ragione e sapeva di cosa parlava, come
sempre. Lo amo così tanto.
Sentì dei passi alle
sue spalle. Yoongi era tornato e gli si stava avvicinando, le mani
dietro la
schiena.
–
Che fai qui fuori?
Vuoi ammalarti?
–
Voglio solo
guardare la città innevata un altro po’.
Cos’è che hai lì dietro?
–
Io… – Yoongi avanzò
ancora, uscendo anche lui in balcone e mettendosi vicino a Jimin
– Avrei voluto
dartelo prima, ma… ecco qui. È da un
po’ che è pronto per te, solo non sapevo
quando fosse il momento adatto.
Allungò
a Jimin un
pacchettino dalla forma quadrata, avvolto in una sottile carta nera.
Jimin lo
prese con mano un po’ tremante. Gli sembrava di star avendo
un dejà vu. Tolse
velocemente l’involucro scuro e aprì la custodia
che si ritrovò in mano.
“Mixtape
n.2”
Lanciò
un urlo e si
buttò tra le braccia di Yoongi, ridendo felice e al tempo
stesso con le lacrime
agli occhi.
–
L’altro ancora lo
ascolti, e così mi sono convinto a darti questo…
–
Ovviamente ancora
ascolto l’altro! È bellissimo e sono sicuro che
questo sarà ancora più bello! E
Yoongi, ti prego – gli strinse la mano libera intorno alla
vita – dobbiamo
iniziare a farle sentire ad altre persone queste tue cose,
perché sono troppo…
troppo importanti. Non ho mai avuto il coraggio di dirtelo chiaramente
prima,
però adesso posso. Tu hai davvero qualcosa da dire, no, non
solamente qualcosa,
ma tanto. Così tanto e
io vorrei
essere lì il momento in cui finalmente leverai la tua voce e
il mondo si
fermerà ad ascoltarla. Perché so che
sarà così. Quindi devi promettermi che lo
farai, io sarò sempre vicino a te!
Yoongi
rimase un
attimo senza parole, abbagliato dalla bellezza di Jimin in quel
momento,
illuminato dalla luce della cucina mista a quella più calda
della lampadina del
balcone, con le guance rosse e gli occhi lucidi di emozione che lo
fissavano
brillanti. Gli portò una mano sul viso e gli
sistemò alcuni capelli dietro le
orecchie, prima di prenderlo e abbracciarlo.
–
Jiminah… grazie. Ti
amo.
–
Anche io ti amo.
–
Come ho fatto ad
essere così fortunato?
Con
ancora le lacrime
agli occhi, Jimin si scostò appena per guardarlo in viso:
–
Non credere nemmeno
per un momento di essere più fortunato di me. Ho un
capolavoro qui di fronte a
me, vorrei che te lo ricordassi più spesso.
–
Non sono un
capolavoro, Jimin. Sono una-
–
Persona. Sei una
persona, lo so Yoongi. Non ti sto dicendo che ti sto mettendo su un
piedistallo
e che mi aspetto che tu sia perfetto. Sto dicendo che tutto quello che
fa di te
te, le tue perfezioni e le tue
imperfezioni, è un capolavoro.
Yoongi
lo strinse di
più e se lo avvicinò con un bacio profondo,
intenso e lungo. Si mosse con cura
sulle sue labbra, prendendosi più tempo del solito ad
assaggiarle. Il sapore di
Jimin era dolce, e sapeva di amore e di casa. Jimin seguì il
suo ritmo docile,
facendosi guidare, e godendo di quel momento magico. Quando Yoongi
parlò di
nuovo a Jimin mancava quasi il fiato.
–
Guarda che potrei
abituarmi a sentirmi dire certe cose – vide con piacere le
spalle di Jimin
scuotersi in una piccola risata – Mi ero già messo
l’anima in pace quella notte
e sarei stato felice anche così, avendoti avuto per un tempo
limitato. Aspetta,
cos’è che ho tirato fuori? Una citazione da un
libro di Namjoon… come faceva? Ah,
sì! “Un minuto intero di beatitudine! Ma
è forse poco questo, sia pure per
l’intera vita di un uomo?” –
allargò un po’ gli occhi, colpito
dall’amarezza
del ricordo e dalla distanza che sembrava esserci fra quel momento e il
presente – Esprimeva davvero come mi sentivo in quel momento.
Jimin
sorrise
dolcemente e gli portò una mano sul viso che gli fece poi
scorrere dietro la
nuca. Intrecciò le proprie dita nei suoi capelli corvini e
prima di riprendere
il loro bacio sussurrò:
–
Sarà più di un
minuto Min Yoongi.
FINE
Note
dell’autrice (2): Ho scritto
queste ultime righe con le lacrime in gola. I actually made it?? Ho
iniziato
tutta questa cosa come un esperimento che non prevedeva più
di 8, max 10
capitoli e sono invece arrivata al doppio. Non so da dove partire
davvero per
queste note. Facciamo così, con ordine: prima parlo del
capitolo XVII e poi mi
soffermo meglio sull’epilogo e tutto il resto. Ho sempre
fatto le note
lunghissime, quindi stavolta aspettatevele di dieci pagine.
Il capitolo si
apre con Jimin che piange. Again. Lo so, Jimin piange
spesso, ma è fatto così. Credo che le sue
continue crisi, soprattutto in questa
ultima parte, siano anche un po’ rappresentative di tutti
noi, come ho già
accennato nelle scorse note. La situazione di Kookie non fa stare bene
nessuno,
e così come noi sentiamo il dolceamaro, lo sente anche
Jimin. Ma questo
capitolo era fondamentale proprio per questo, per fargli (e farci)
capire che
non c’è motivo di non essere felici. Che le cose
andranno meglio anche per
Kookie e che tutto è andato come doveva andare. Spero
davvero di essere
riuscita a comunicare tutto questo tramite i discorsi che ci sono stati
tra i
vari personaggi. Il punto è che questi ragazzi sono una
famiglia, e come tale
si comportano. Possono esserci incomprensioni e difficoltà,
litigi anche, ma
nessuno volta le spalle a nessuno. Ecco perché credo che
questo fosse l’unico
modo in cui questa storia potesse concludersi. Con Jin e Namjoon che
accettano
Jimin e Yoongi e con Jungkook che riesce a capire quali sono le cose
che
veramente contano e a non tornare a chiudersi a riccio, come è
chiaro dalle
parole finali che rivolge a Yoongi. Quel dialogo l’avevo
scritto già mesi fa ed
è molto importante perché credo servisse davvero
un confronto tra i due. E poi
è anche importante perché si mettono delle
minuscole basi per… diciamo
possibili sviluppi futuri (più sotto ne parlerò
meglio *cough taekook cough*).
Passiamo
all’epilogo… Il motivo per cui volevo che fosse
separato dal resto
è semplice: volevo un’atmosfera solamente positiva
alla fine. La parte del capitolo
XVII non è proprio triste, ma le lacrime ci sono e io non
volevo che queste
influenzassero troppo la ricezione della parte conclusiva. I nostri
piccoli
stanno bene, si vogliono bene come prima e più di prima,
ognuno di loro conosce
un po’ meglio sé stesso e gli altri, e questa
è solo la prima tappa di un lungo
cammino che affronteranno insieme e lungo il quale si scopriranno
l’uno
all’altro ancora di più. Per diversi motivi alla
fine ho messo tutto insieme
invece che creare un nuovo capitolo, ma mi auguro davvero che alla fine
ci sia
stata solo gioia nel vostro cuore e nessun sentimento triste. Io un
po’ di
tristezza nel cuore in realtà ce l’ho mentre
scrivo queste note finali perché
questa storia è stata molto importante per me e mi ha
accompagnato lungo un
importante momento di passaggio nella mia vita. Non credevo davvero che
sarebbe
stata più lunga di dieci capitoli e invece ne ho raggiunti
il doppio, ancora
non me ne capacito.
Riguardo ai
punti rimasti sospesi in questa storia… (avete capito a chi
mi
riferisco!!). Fin dall’inizio, questo doveva essere il
finale, a livello di
coppie. Però nel mio progetto iniziale Jungkook e ancora di
più Taehyung
dovevano essere delle figure molto più marginali, e comunque
meno approfondite,
ma poi come spesso succede hanno iniziato ad acquisire vita propria ed
è finita
che adesso li amo quasi più dei protagonisti. Ho visto anche
che sono stati due
personaggi amati non solo da me e dunque credo di non essere la sola a
volerli
vedere finalmente felici (e insieme). Purtroppo in
futuro avrò meno
tempo a mia disposizione, ma credo davvero di voler in qualche modo
dire
qualcosa di più su di loro. Perché se lo
meriterebbero. Per cui non so ancora
in forma di cosa, se di capitoli brevi o di OS lunga, su questo davvero
non ho
idea, ma mi piacerebbe raccontare anche la loro di storia. Non so
ancora di
preciso quando, spero più presto che tardi, ma davvero
vorrei tanto avere modo
di buttarmi in quest’altra avventura e parlare meglio di
questi due piccolini
riprendendo anche le vite degli altri ragazzi del 503. Quindi hopefully
potrete
rivederli ~
Ok, mi sa che
adesso ho proprio detto tutto ed è tempo di fermarmi. Uuuuh
il magone. Grazie tantissimo, tantissimo, tantissimo a tutti coloro che
hanno
letto questa storia, tutti tutti, chi l’ha letta in silenzio,
chi l’ha messa
alle seguite, chi alle ricordate e chi alle preferite. Chi insomma mi
ha dato
fiducia in questa cosa di cui non ero convinta neppure io stessa. Un
grazie
speciale è doveroso a chi ha lasciato commenti ai capitoli
(voi che avete
commentato tutto o quasi in questi mesi… sapete chi siete,
voglio bene davvero
tanto a tutte ♥♥♥♥)
perché se non fosse stato per quelli conoscendomi forse non
avrei smesso di scrivere, ma probabilmente di pubblicare.
Perché scrivere mi è
sempre piaciuto e avrei continuato a farlo per me sola, come ho sempre
fatto,
ma mettere questa storia qui mi ha dato una gioia ulteriore, ovvero
quella di
condividere qualcosa (*me che impara come
Yoongi*) e soprattutto di sapere di aver allietato anche solo
per un’ora la
giornata di qualcuno. Non mi sono sentita inutile nello scrivere questa
storia
insomma, quindi grazie grazie grazie dal più profondo del
cuore per aver
condiviso con me le vostre sensazioni e impressioni (*tutti
che impariamo come Yoongi*). Ed infine infinissimo,
ringrazio, anche se non sarà mai abbastanza, la persona con
cui tutto questo è partito. You know who you are e
non c'è bisogno aggiunga altro.
Mi fermo qui,
l’abitudine di scrivere papiri invece che note me la sono
portata appresso fino alla fine sigh
Spero di non aver tediato nessuno.
Ancora una
volta grazie per aver letto fin qui, fino all’ultimo
ripeterò
che se volete lasciare un commento, anche solo di una riga, siete i
più che
benvenuti e nulla… watch out per un’eventuale
seguito se questa storia e i suoi
personaggi vi sono piaciuti ;) Gamsahamnida.
Baci, Elle
♥~
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