Dirty band shirts and cute panties

di Pinkproudhead
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Take me out tonight ***
Capitolo 2: *** Cleanin' out my closet ***
Capitolo 3: *** Pedestrian at best ***
Capitolo 4: *** Tommys Party ***
Capitolo 5: *** Tonight tonight ***



Capitolo 1
*** Take me out tonight ***


Ecco perchè le feste fanno schifo. Puntualmente se ne dimentica e - puntualmente- viene trascinata in qualcuna di queste fiere della tristezza. Ecco cosa pensa Bonnie, mentre si trova da sola, sprofondata in una poltrona di cuoio, a casa di non-ricorda-bene-chi, con in mano il suo bicchiere di coca cola, mentre intorno le persone si dimenano, bevono troppo, si trusciano, fumano e parlano troppo ed a voce troppo alta.
Peter M.Butler  è scomparso circa tre ore fa, con la promessa-non mantenuta- di tornare presto. E' il suo pressoche unico amico da un'infinità di tempo,ma quando fa così sente il bisogno fisiologico di fargli del male. E' tutta colpa sua, E' stato lui ad insistere che venisse,perchè- sostiene -hai 17 anni e tra poco le superiori finiranno, non puoi rimanere nell'anonimato, esci dal tuo guscio! Come se le importasse,non è nulla che le sia mai pesato,ma mentre parla Peter è così convincente che non ha potuto fare a meno di resistere alla tentazione che l'ha vista arrivare fin qua. Si rigira nella più totale noia, ed è ­anche piuttosto tardi, e se non sarà a casa nell'orario previsto sarà un dramma ,decide allora di alzarsi alla ricerca dell'amico perduto, sperando che non abbia bevuto, perchè è lui che ha la macchina ed è la sua unica fonte di salvezza, il suo unico spiraglio di luce. Passa per la cucina, per il giardino, da un occhiata alla fila al bagno, di nuovo in salotto,la casa è ridotta ad uno schifo, l'aria è densa di fumo ed irrespirabile,ovunque bicchieri rovesciati ed aleggia una strano odore di vomito, non gli sembra di vederlo e comunque c'è troppo casino e anche la musica di sottofondo, nonostante sia ad un volume accettabile, inizia a diventare insostenibile. Qualcuno le rivolge dei commenti più o meno spinti e decide, con democrazia, di ignorarli tutti.
Alla fine si trova sempre sola, sul retro,l'aria è gelida e rabbrividisce, frustrata, si appoggia al muro e si accende una sigaretta. Questa è l'unica cosa che le rimane di quando, qualche anno prima, frequentava un tipo talmente poco interessante da non meritare nemmeno una menzione, si rende perfettamente conto di quanto sia poco producente e stupido, Peter la guarda sempre con disprezzo per qualche secondo quando se ne accende una,ma ha deciso di passarci sopra, anche perchè è l'unica cosa che le tiene compagnia nelle lunghe nottate spese sui libri, insieme ad ettolitri di caffè. 
Nel momento stesso in cui perde la speranza, lo vede, da lontano, sta per scomparire di nuovo ed allora, sfidando le scomodissime scarpe con il tacco che ha indossato con coraggio, decide di corrergli incontro. Peter è facilmente riconoscibile per l'estrema eleganza, che sfoggia in ogni occasione e circostanza , e in particolare stasera, nel suo smoking immacolato; è una pecora nera tra tutti i ragazzi in t-shirt e jeans: è estremamente educato, non molto alto,con una grande passione per le mentine (conosce tutte le differenze tra di loro e ne ha persino una collezione) e quella-più nascosta- per il paranormale. A lei fa sorridere, è da quando hanno 12 anni che insiste nel leggergli regolarmente i tarocchi. Ma non esiste persona al mondo più scettica di lei, è tempo perso.
Quando riesce a raggiungerlo, lui sfoggia un sorriso di scuse, le fa un cenno con gli occhi, è a braccetto con un ragazzo che non ha mai visto prima, lei capisce e d'un tratto non è più arrabbiata. La saluta con entusiasmo -Bonnibel, che piacere vederti.-
Lei borbotta qualcosa a bassa voce. -Quando puoi accompagnarmi a casa?- decide di arrivare dritto al sodo.
Peter sembra d'un tratto risvegliarsi da un sogno, cadere dalla nuvole, ricordarsi all'ultimo momento di un appuntamento importante -Giusto..emh..ti dovevo accompagnare io..perchè..
Il ragazzo al suo fianco interrompe il patetico monologo, sfoggia un sorriso a trentadue denti, le tende la mano. 
E' anche più basso di quanto non sia Peter, pelle a metà tra il pallido e il grigiastro, occhi scuri, capelli stranamente biondastri, faccia spruzzata di lentiggini. Ha l'aria da bimbo, è così esile che sembra doversi spezzare da un momento all'altro. La sua mano è anche più piccola della sua. -Piacere di conoscerti..Bonnibel? Io sono Bimo. Se te lo stai chiedendo, no, non è un soprannome, è indonesiano, i miei genitori sono fissati con queste cose esotiche, e io ne pago le conseguenze.
Non può fare a meno di ricambiare il sorriso. - Carino- mente spudoratamente- è particolare. 
-Non ti ho mai vista in giro, è un vero peccato.-riprende allegro.
Bonnie si guarda la punta delle scarpe, ormai sporche di fango, leggermente a disagio, sta per rispondere quando Peter prende la parola al suo posto. 
-Pensa che la vita sociale non sia altro che un optional, un pacchetto extra.- dice serio, mentre gesticola.
Bimo ridacchia divertito -Non hai poi tutti i torti. Io preferisco mille volte stare a casa a giocare che uscire, ma delle volte è più forte di me, persino questo nerdone deve prendersi un po' di riposo- dice riferendosi a se stesso.
Ha una voce acuta e decide che le è simpatico. Ed è anche contenta che Peter abbia trovato qualcuno, certe volte si dispera perchè i ragazzi omosessuali dichiarati a scuola sono talmente pochi- e talmente poco stimolanti- che si sente come un animale raro o in via d'estinzione. Andare alla caccia di gay ingenui poi- aggiunge- è uno sport veramente faticoso e -conclude- nessuno comprende i suoi modi educati. Ma forse sta solo leggendo troppo tra le righe, in ogni caso non è un suo problema.
-Mi spiace disturbarti ma devo comunque tornare a casa in qualche modo- insiste. 
Peter alza gli occhi al cielo,poi tira un impercettibile sospiro -Hai ragione, andiamo.- 
E' il tipo di persona che crede fermamente nella parola data,nostante le circostanze. 
Bimo sembra deluso, il suo viso rabbuia per un secondo, ma poi torna sereno. -Ve ne andate già? E' un peccato, potremmo rivederci domani a scuola se vi va,a pranzo (E' quest'invito è riferito sopratutto a Peter) potete trovarmi al tavolo più vicino alla scuola.- Il tavolo degli informatici, si rende conto. Per qualche ragione non ne è assolutamente stupita.
Mentre parla, dalla casa, arriva qualcuno a spezzare la calma piatta che aveva regnato fino a quel momento, un gruppo di ragazzi urla, schiamazza, Bonnie si gira e vede le felpe della squadra di football. Trema. La squadra di football è piena di ragazzi da un ego sproporzionato e le spalle larghissime, accodati da ragazze belle e senza scrupoli, dalla risata troppo acuta e i capelli troppo perfetti. E' felice di essere sul punto di andarsene. Dal gruppo si stacca uno di loro, e lo vede chiaramente avvicinarsi, non è sicura di cosa voglia, spera soltanto che non si stia avvicinando solo per attaccare briga. I ragazzi del genere sono sempre maleducati e supponenti, non le piace generalizzare, ma insomma, certe volte non se ne può proprio fare a meno.
Il ragazzo non fa una piega quando arriva -Hey belli- 
Rimane interdetta. Ma lui continua a non fare una piega.   - Ehy Bimo ti stavo cercando, amico!- E da una pacca sulla spalla al ragazzo che sembra doversi accartocciare. Il ragazzo ricambia, peccato debba saltellare per raggiungere la spalla, questo crea ilarità generale. 
-Che succede?- chiede. 
-Sono venuto a salutarti, questo posto è uno schifo.- E non lo dice con disprezzo, con calma,con la calma di chi sa cosa sta dicendo, come se fosse un'assoluta verità o una certezza cosmica.
-Wow- dice l'altro ironico- Finn Martens va via presto da una festa. Qualcuno avverti le autorità competenti.- 
-Chi sono i tuoi amici?- chiede Finn e intanto osserva sia lei che Peter come a soppersarli. 
Bonnie è sorpresa del fatto che questo pseudo-bambino, conosca e addirittura sia amico di un giocatore di football. E' quel tipo di cose su le quali non scommetteresti nulla. La vita è sempre piena di sorprese. -Lui è Peter-  Peter fa un cenno. -Piacere di conoscerti- commenta senza entusiasmo. Finn sorride. 
-E lei è Bonnibel, anche se Bonnibel è piuttosto lungo come nome, che ne dici di B?.- Alla fine ride alla sua stessa affermazione.
Lei sorride e basta,in modo artificioso, la sua mente continua a fantasticare su quando sarà a casa lontana da tutto questo, studiando per il test di matematica e preparando il numero con il clarinetto per la banda.
-Si, Bonnibel, o B, come preferisci piacere mio.-è frettolosa e non lascia il tempo di replicare a Finn -Peeeter, andiamo forza!-
Peter fa qualche passo, poi quando sono già lontani qualche metro una vocina interrompe il tutto -Ehy, aspettate, ho un idea!- E' Bimo. 
Bonnie sbuffa, ma Peter la trascina indietro per un braccio -Sei talmente scorbutica!- le sussurra nell'orecchio. 
-Stavo pensando, Bonnibel, perchè non ti fai accompagnare  da Finn?- Finn aggrotta le sopracciglia, non è evidentemente al corrente di questo lampo di genio. -Voglio dire, sta andando a casa, puoi farti accompagnare, no?- Gongola nelle sue parole, sembra talmente soddisfatto, poi si rinviene - Se per voi va bene.- 
Finn scrolla le spalle -E' okay per me, ho preso il van, posso accompagnare a casa un plotone.-
-E' una buona idea- commenta Peter prendendo la palla al balzo -Per te, Bonnie?- 
E lei vorrebbe urlare di frustrazione che,no,non va assolutamente bene, non va bene per un cazzo, non andrebbe bene neanche tra un milione di anni, neanche in un'altra vita, che razza di amico sei se mi molli con il primo sconosciuto incontrato ad una festa? 
Invece osserva la scena, e tutti i riflettori sono puntati su di lei, non vuole essere la solita guastafeste, pensa che forse è  arrivato il suo momento di sacrificarsi e allora timida dice- Certo, perchè no?-  E ridacchia come una stupida. 
Lo sguardo di Peter è pura gratitudine ma con una buona dose di stupore. La pagherà per questo, più tardi,la pagherà duramente. 
-Fico- commenta Finn annoiato scrollando le spalle- seguimi. 
Mentre attraversa la casa di nuovo decide che fare felici gli altri non'è, senz'ombra di dubbio, la sua tazza di tè, e in più decide che i commentini che provengono dalla varie parti della casa sono da inserire nella sua personale  lista delle venti cose più fastidiose. Ma prova anche un leggero piacere nella consapevolezza che più o meno tutti, in questo momento, si stanno chiedendo chi è. In ogni caso la scuola superiore è un micro-cosmo che non vede l'ora di abbandonare per sempre. 
La macchina si  trova ovviamente nel posto più vicino, davanti all'ingresso.  Peter ha dovuto parcheggiarla almeno un isolato più lontano perchè non si trovava posto da nessuna parte. La popolarità apre le porte di tutti questi piccoli-grandi vantaggi. E' un van nero, imponente, pulito, deve costare un sacco di soldi ed è una rensponsabiltà enorme per un adolescente. Sul cruscotto sono attaccati innumerevoli adesivi di vari locali, squadre sportive, frasi buffe.   
Finn le apre la portiera. Poi sale al posto di guida. L'aria è tesa e  l'interno odora di erba. Lui tenta di scusarsi impacciato e Bonnie si chiede se arriverà viva a casa, se non si schianteranno prima, contro un albero o qualcosa del genere. Dopo i  primi dieci minuti si sente più rilassata, e decide di stendersi sul seggiolino, è solo allora che scorge qualcuno sdraiato sul sedile posteriore, caccia un urlo di sorpresa. Finn quasi esce fuori pista dalla paura. 
-Che cosa succede?- sbotta. -Abbiamo investito qualcuno?- 
-C'è qualcuno dietro, è così immobile, è per caso un cadavere?- 
Non intendeva essere ironica ma Finn inizia a ridere di gusto -No- riesce a dire tra le risate- E' mio cugino.- 
-Perchè è in coma su i seggiolini posteriori, e come può essere così innaturalmente immobile, non sembra neanche che respiri? - 
-Diciamo che lui si diverte un po' troppo alla feste, ecco..- 
Bonnie lo stuzzica, è impressionata da quanto sia statico -Sicuro non sia morto?- 
-Parola di lupetto.- ride di nuovo. -Probabilmente passerà la notte qui.- 
-Morirà di freddo.- constata 
-Forse.- non distoglie gli occhi dalla strada neanche per un attimo - Nel cruscotto c'è una coperta, mi faresti il favore di coprirlo?- 
Lei fruga, alla fine tra qualche CD e pacchetti di patatine vuote trova una coperta bianca, che sa di paprika, chissà cosa ha vissuto quella coperta, e le fa schifo toccarla, ma alla fine la stende sul corpo morto con la sicurezza di aver salvato una vita dai morsi del assideramento.
-Grazie.-
 Bonnie è stupita, in positivo, di quanto in realtà sia una persona alla mano, ma subito le viene in mente che forse non è altro che un momento e in più è quasi impossibile essere cattivi con l'unica persona in macchina con te alle due di notte.  
-Dove ti lascio?- 
-Lasciami alla scuola, poi proseguirò a piedi.- 
-Non è pericoloso?- si preoccupa per un attimo. 
-Non se sei una tipa tosta come me.-
Finn scuote la testa in segno di disapprovazione, ride: -Come ti pare, ci si becca in giro, sei ok Bonnie.-
-Mh, wow..è un complimento? Grazie del passaggio. 
Mentre passeggia nel freddo verso casa si sente stanca, arrabbiata con Peter, preoccupata per la reazione dei suoi e per la verifica di matematica tra sole poche ore. Ma si sente anche un po' contenta, nel profondo di se, perchè qualcuno di estremamente popolare le ha detto che è ok, c'è chi passa tutte le superiori nell'attesa di un momento simile. Sorride nel buio, non ha importanza ma è una soddisfazione, superficiale certo, ma sempre una soddisfazione.

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Capitolo 2
*** Cleanin' out my closet ***


- Capricorno, bilancia...È perfetto! Non ti pare?- 
Bonnie annuisce senza convinzione mentre avanza per il corridoio, al suo fianco Peter è entusiasta, sta continuando a parlare e parlare e parlare. Nemmeno la confusione della folla che alla campanella finale si affretta per uscire riesce a placarlo. È da stamattina che parla senza sosta, argomenti della conversazione: la festa, la serata, Bimo, l'oroscopo e le stelle e chissà che altro. Ha smesso di ascoltarlo qualche minuto dopo, è riuscita a essere persino grata alle lezioni che non hanno in comune (le più pesanti, per la precisione) per il fatto di poter riposare il cervello. Dal canto suo a Peter sembra non importare nulla del palese disinteresse del suo interlocutore, parlando a se stesso più che altro, come in una sorta di monologo. Dimostra, anzi, anche un lieve disappunto per il mancato coinvolgimento che sperava di ottenere. 
-Potresti ascoltarmi? Ti sto parlando di una cosa piuttosto seria e tu non ti degni nemmeno di rispondermi.- 
-Ma cosa devo risponderti? Sai come la penso su queste cialtronate, non posso dire niente senza rischiare di offenderti. - dice in tono accusatorio
Peter d'un tratto la supera e le si para davanti costringendola a fissarlo negli occhi, o meglio, costringendola a fissarlo e basta dal momento che è di qualche spanna più basso. Piccolo ingorgo in corridoio, qualcuno protesta, questo non distoglie l'attenzione di Peter dalla sua scena madre. 
Con fare molto drammatico comincia -Mi hai già parecchio offeso con queste tue cattiverie gratuite, per la cronaca.- Cerca di essere serio ma gli sfugge un sorriso, Bonnie allora ride di rimando e lo supera di nuovo dandogli una leggera spallata e si rimette in marcia, anche lui quindi riprende a camminare e a seguirla. Qualche metro dopo, accertatasi che sia di nuovo accanto a lei, riprende la parola -Offeso?- comincia d'un tratto -Dovrei essere io quella offesa, vorrei ricordarti.- 
Peter ruota gli occhi -Stai ricominciando? Ti ho già chiesto perdono, sono desolato. Comunque alla fine tutto si è risolto per il meglio per tutti, e questa storia è chiusa, non mi pare il caso di continuare questa pantomima. Che altro dovrei fare per chiederle ulteriormente umilmente scusa?- conclude in tono canzonatorio.
-Tacere, ad esempio -risponde lei di rimando, sarcastica. Si ferma, il corridoio è terminato, si trovano ormai all'uscita principale, escono senza nessuna esitazione. 
È una giornata d'autunno fredda, il cielo è terso, tuttavia tira un vento che non perdona. È ormai tardo pomeriggio e il cielo sta cominciando a imbrunire colorando l'orizzonte di un blu cobalto sbiadito. Davanti a loro si erge l'enorme cortile della Washington High School. In lontananza i campi da gioco fanno da cornice a l'immenso prato che circonda la scuola, prima di svanire e lasciare posto al parcheggio. È ben curato e custodito, tuttavia nemmeno il miglior giardiniere può impedire che il vento dissemini ovunque le foglie ormai ingiallite e morte per via della stagione, che si trovano infatti da ogni parte donando al paesaggio un aspetto un po' disordinato ma meno artificioso del solito. I tavolini di legno sparsi qua e là, in genere sempre pieni di studenti a ripassare o semplicemente e trascorrere il pomeriggio sono vuoti; stare all'aperto è una vera sfida contro la natura.
Una folata di vento più forte li coglie all'improvviso, si stringono entrambi nelle loro giacche.  
-Se lo desideri posso darti un passaggio adesso, però.-  
-Mi piacerebbe accettare ma ho bisogno di andare in biblioteca- risponde Bonnie 
-Biblioteca? Le persone vanno ancora lì? Non è stata rimpiazzata da internet da circa...non saprei, un po' di tempo- 
-In realtà tutto inizia nel 1960 con l'inizio delle ricerche, poi nel 1967...- 
-Non m'importa veramente!- la interrompe Peter -Era solo una battuta, perché prendi sempre tutto così sul serio?- 
-Non prendo tutto sul serio, stavo solo cercando di rendermi utile, non importa, fatto sta che devo rifiutare l'offerta.-  
-Che cosa devi cercare comunque in biblioteca che google non possa fornirti?- 
-Una ricerca sulla condizione sociopolitica americana a partire dall'indipendenza degli Stati Uniti, concentrandomi in particolare sull'evoluzione in questa città. Per questo preferisco avere a disposizione il materiale dell'epoca.-
Peter alza le spalle, annoiato, finisce di abbottonarsi il cappotto doppio petto color cammello, infila le mani in tasca, il vento gli scompiglia i capelli scuri e gli arrossa il viso pallido. 
-Ma che corsi stai seguendo?- Non si aspetta nessuna risposta.- Va bene, come preferisci, ci vediamo.- 
Bonnie fa un cenno rapido, così si salutano. 
La biblioteca, come aveva previsto Peter, è deserta. L'unica presenza sembra quella dell'arcigna bibliotecaria, che , come da manuale, è vestita come una cariatide, ha un'espressione poco accomodante sul viso, un grosso paio di occhiali da lettura e una crocchia di capelli che sembrano spruzzati di bianco. Sembra più inacidita del solito e si muove per i tavoli deserti a passo svelto, come se stesse cercando qualcosa, le riserva uno sguardo tutt'altro che accogliente, come di sfida, ma Bonnie lo ignora, l'ambiente è caldo e piacevole, il silenzio quasi innaturale, e non sarà certo quella megera a rovinargli l'umore. 
Il materiale sulla storia cittadina, scopre dopo una breve ricerca sul database, è relegato in una stanza all'ultimo piano, una stanza così piccola da sembrare una soffitta, e nessuno li consulta da quello che pare un decennio. Sono polverosi ed enormi, rilegati in cuoio e pesantissimi, aprirli le causa un moto di tosse ed enorme fatica, scritti a mano in un corsivo criptico chissà quanti anni prima; si prospetta un duro lavoro. In questo angolo dimenticato da dio si trova una sola piccola scrivania, una lampada è pronta per illuminare il piano di lavoro, un ambiente che sembra essere in attesa di lei. 
Non riesce però a concentrarsi come vorrebbe, un fastidioso ticchettio continua a darle su i nervi, possibile che il rumore dei tacchetti bassi delle orribili scarpe della bibliotecaria riescano ad arrivare fin lassù? Eppure è certa di non averla sentita salire le scale, così come è certa che non ci sia nessuno oltre lei nei paraggi. Sarà una tubatura che perde, un topo intento a rosicchiare un volume da qualche, pensiero che la disgusta leggermente, una lampadina in fin di vita, un ramo che batte sulla finestra per il vento. Certo, il vento, (come ha potuto non pensarci prima?) è la soluzione più logica. 
Il ticchettio però è ritmico e persistente, assomiglia vagamente al rumore di dita che digitano compulsivamente su una tastiera. Il che avrebbe senso, in una biblioteca, ma se è lei l'unica presente come potrebbe spiegarsi? 
Questo pensiero la tormenta, i primi cittadini e i loro impieghi hanno perso qualsiasi importanza, decide alla fine, esasperata, di fare un giro di tutto il piano per arrivare in fondo alla questione. Oltre alla stanza in cui si trova c'è un grosso salone, nel quale si aggira sospettosa, completamente vuoto. Altre due piccole stanze polverose, deserte. Due bagni, uno per le donne e uno per gli uomini, entrambi desolati. Uno sgabuzzino per le scope anch'esso assolutamente privo di vita. Sta iniziando a innervosirsi, il rumore è totalmente scomparso dal momento in cui è uscita dalla stanza. Tutto è di nuovo muto. 
Quando rientra qualcosa di ancora più strano la attende, non c'è più solo il ticchettio nell'aria ma anche quella che assomiglia vagamente a una musica. Una musica ovattata ma distinguibile, una musica che sembra musica rock o qualcosa del genere, non totalmente riconoscibile, come una musica altissima sparata da un paio di cuffiette. 
Adesso l'assale un sentimento che non è più frustrazione, né curiosità, ma assomiglia tremendamente alla paura. Si ferma in mezzo alla stanza, immobilizzata. 
La voce della ragione le dice di prendere le sue cose ad andarsene, ma la voce ancora più razionale le suggerisce che non può esserci nulla di spaventoso in fin dei conti. Aguzza l'udito, come in uno scadente film dell'orrore di serie b il suono proviene dall'armadio. Non si può essere spaventati da un tale stereotipo. Si avvicina quindi cauta, spaventata ma smaniosa di avere finalmente una risposta. 
Poi, senza indugiare ulteriormente, con un gesto rapido, apre l'anta. 
-Signorina Wright posso spiegarle!- strilla una voce 
-Io non...cosa sta succedendo?- riesce a borbottare prima che venga spinta con forza nell'armadio che viene poi chiuso nuovamente con forza ma con un'attenzione particolare nel non fare rumore.
-Tu non sei la signorina Wright, chi sei? Che stai facendo qua?- chiede la voce con tono accusatorio. Bonnie è sconvolta, il suo corpo è irrigidito. 
L'armadio all'interno è molto più grande di quello che ci si potrebbe aspettare, si trova infatti incastonato tra due librerie e questo fatto, a una prima occhiata esterna, non lascia trasparire le sue reali dimensioni. Si tratta sempre di uno spazio angusto, certo, ma il soffitto, se così può essere definito, è alto quasi quanto la stanza e la larghezza e la profondità sono a misura di persona, o almeno, di una persona esile. Adesso che sono in due sembra di stare in una scatoletta di sardine, non c'è nemmeno lo spazio di respirare. Al suo interno uno sgabello, un computer gettato per terra nella foga, qualche foglio accartocciato per terra, una luce da notte attaccata al soffitto con lo scotch adesivo illuminano due occhi che la stanno scrutando dall'alto in basso. 
-Mi stai chiedendo che sto facendo qua?-
-Parla piano, cazzo!- le intima l'altra voce bisbigliando.
-Parlare piano? Cosa stai facendo in un armadio, perché, chi sei?
La persona dall'altra parte emette quello che sembra essere un moto di frustrazione, poi la sua voce, una voce di donna, si addolcisce. -Non posso spiegarti adesso, non posso stare qua.- 
-Perchè?- risponde Bonnie. 
Come annunciato l'altra non risponde. -Penso di doverti effettivamente delle spiegazioni. Ma non adesso. Usciamo, ma fai piano.-  
E lei ad uscire per prima, rapidamente, con aria sospetta si avvicina verso la porta della stanza e la chiude con delicatezza. Dopo un momento che si concede ancora per lo sbigottimento anche Bonnie esce dall'armadio. Alla luce naturale riesce a vedere bene la ragazza: è molto alta, persino più alta di lei, i larghi indumenti che indossa non riescono a nascondere una corporatura talmente esile da sembrare scheletrica, capelli neri che arrivano più o meno alle spalle, arruffati, in disordine, sembra se li sia tagliati da sola, cadono distrattamente su un viso spigoloso e severo, occhi neri, incarnato evanescente. È certa di non averla mai vista prima di allora. 
-Vediamoci fuori di qua.- dice mentre tende l'orecchio verso la porta chiusa controllando che non stia arrivando nessuno. 
-Io non so chi sei, non so che intenzioni tu abbia, eri nascosta dentro un armadio, perchè dovrei fidarmi di te?-
Lei si gira e sorride in modo beffardo, la sua espressione seria cambia di colpo, continua a parlare flebilmente -Che tu ti fida di me o meno non è un problema mio, fino a prova contraria sei tu che mi hai disturbato. Ti chiedo solo un favore, e te lo chiedo dal cuore, non dire a nessuno che ero qua, non sono autorizzata a stare qui.- 
Adesso la frustrazione proviene da Bonnie -Ma perché e perché dovrei farti un favore?- Non riesce a capacitarsi, vorrebbe urlare, continua a sentirsi minacciata. 
-Senti, seriamente, vediamoci fuori e ti dirò tutto quello che hai bisogno di sapere- adesso è infastidita, si muove velocemente verso di lei. Bonnie non risponde, è indecisa sul da farsi. 
-Va bene?- la incalza l'altra speranzosa.  
Si arrende -Va bene, va bene.- 
Il suo viso questa volta si accende di gioia -Ci vediamo qua davanti.- 
Bonnie è confusa, più confusa di prima-Non dobbiamo fare comunque la stessa strada per scendere?- 
-Tu non ne hai idea- risponde concedendosi una risata un po' più forte, e dopo aver velocemente spento la luce, raccolto il computer e aver chiuso l'armadio con un lucchetto che tira fuori dalla tasca si avvicina verso la finestra ad altezza uomo posizionata all'angolo e senza tentennamenti la scavalca, ritrovandosi nel buio.

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Capitolo 3
*** Pedestrian at best ***


Seduta su una panchina davanti alla biblioteca Bonnie freme d'ansia. La ragazza che si è lanciata dalla finestra le ha lasciato addosso un incredibile senso d'angoscia, a nulla è servito vedere che in realtà era sana e salva sul piccolo balconcino proprio di fronte alla finestra, a nulla sono servite le sue rassicurazioni "so quello che sto facendo, l'ho già fatto prima" aveva detto senza scomporsi, poi aveva incominciato lentamente ad arrampicarsi usando come punto d'appoggio gli altri balconcini con abilità, lei l'aveva guardata per qualche momento, poi il magone era diventato troppo grande  e l'immagine di lei spiaccicata a terra continuava a torentarla, quindi era uscita di fretta.
Adesso già da dieci minuti stava la fuori congelando, nella serata ormai buia, e l'ansia non era non era diminuita, nessuno all'orizzonte. Non sa cosa pensare, che se ne sia andata di proposito? Che le sia successo qualcosa nella sua scalata? Vorrebbe andarsene e smetterla con questa pagliacciata ma la sa voglia di risposte, la voglia di capire, è più forte di qualsiasi altra cosa.
D'un tratto la vede, ed è come liberarsi di un peso, si sta avvicinando verso di lei arrivando dal retro con passo tranquillo o molleggiato, i capelli più spettinati di prima, lei non si alza per andarle incontro, i muscoli sono irrigiditi per il freddo e in più è ancora un po' sulle sue, non del tutto convinta, in qualche modo persino offesa. L'altra invece non sembra prendersela nemmeno per un attimo e continua, con un sorriso impossibile da ignorare ad accorciare le distanze. Quando si avvicina abbastanza riesce a notare le guance leggermente colorite per lo sforzo fisico, il suo sorriso si allarga ancora.
-Sapevo che ti avrei trovata- prende una pausa -Non ne ero certa in realtà, da un lato pensavo che ti avrei trovato insieme alla polizia ad aspettarmi, sono felice di essermi sbagliata però.
-Credevi che avrei chiamato la polizia?- risponde, stizzita. In realtà non avrebbe potuto negare di averci pensato, ci aveva pensato eccome.
Cerca di giustificarsi in qualche modo -Hai l'aria di una che non aspetta altro che chiamare la polizia.- Bonnie la guarda torva, non capisce perfettamente quello che significa, ma è certa che non sia nulla di positivo. L'altra decide di ignorarla e continua a parlare.
-Comunque, io non so nemmeno come ti chiami, certo, nemmeno tu sai come mi chiamo io. Il che rende di sicuro la situazione misteriosa, ma poco pratica. Piacere, Marceline.-
-Bonnibel-  si presenta di fretta anche lei ancora lievemente imbronciata -Vieni alla Washington? Non ti ho mai visto.-  
-Neanche io ho mai visto te.-
Questo non risponde alla domanda -E' un si o no?-
Marceline non risponde, e lei decide che queste mezze risposte la stanno innervosendo
-Non ti andrebbe di andare al chiuso?- risponde, invece.
-Mi stai prendendo in giro? Siamo appena uscite dalla biblioteca.-
-Lo dico per te, per me è lo stesso-sta dritta davanti a lei, che è ancora seduta, e non si scompone nemmeno di un millimentro alla sua reazione perplessa -stai morendo di freddo, sei cianotica.-  Di fronte all'evidenza delle sue labbra tremolanti, non può negare nemmeno questo.
-In più -continua - la storia è abbastanza lunga ed è quasi l'ora di cena, mi sta venendo un po' di fame.-   
Bonnie si alza dalla panchina in uno scatto, in un certo senso felice di questa spiegazione logica, in modo da poter accettare la proposta a cuor leggero  -Andiamo.- dice semplicemente.
-Non capisco come tu non possa avere freddo.- aggiunge poi mentre camminano alla ricerca di un posto.
Scrolla le spalle, nella sua giacca di pelle primaverile aperta, con le mani in tasca, come unico segno di disagio -Che posso farci?-
Il locale in cui entrano poco dopo, una tavola calda, il primo incontrato sul percorso, a differenza delle strade e della biblioteca è gremito di gente, creando un contrasto particolare con la città che invece sembra deserta. La maggior parte dei clienti sono studenti ma c'è anche qualche famiglia intenta a cenare, si siedono in uno dei pochi tavoli vuoti, l'una di fronte all'altra. Quasi subito arriva una ragazza a prendere le loro ordinazioni: una cioccolata calda per Bonnie, Marcy prende delle patatine fritte.
-Allora, posso sapere adesso?- comincia Bonnie dopo che la ragazza se ne è andata, impaziente.
Marcy ha un'espressione serissima  -Tutto inizia da quando vennì al mondo, in una notte come un'altra di circa ormai 19 anni fa..-
-Puoi essere seria!- risponde quasi urlando di rabbia.
Ride di gusto  -Scusa, è stato più forte di me. La tua frustrazione è divertente. Dicevo, tutto parte da quando avevo libero accesso alla biblioteca, e questo succedeva circa un anno fa. Mi è sempre piaciuta la stanza in cui ti ho incontrato, non credo sia mai entrato nessuno da quando la frequento, è pieno di roba che non interessa a nessuno.-
-A me interessa.- interrompe Bonnie sentendosi chiamata in causa.
-Non è questo il punto- Marceline la ignora tornando al suo racconto - Stavo li tutto il giorno, la signora Wright, la bibliotecaria, mi ha sempre odiato in silenzio, credo, non le piaceva il fatto che non leggessi mai effettivamente un libro, che ascoltassi la musica, che stessi sempre in un luogo appartato lontano dalla sua visuale, che fossi sempre l'ultima ad uscire. Fatto sta che finchè io non le ho dato nessuna ragione non ha potuto cacciarmi.-
-E poi che hai fatto?- Adesso è incuriosita
Sta per riprendere a parlare quando arriva la cameriera arriva con le ordinazioni interrompendo il tutto. Dopo aver immerso le patatine nel ketchup Marceline prende nuovamente la parola mentre mangiucchia -Stavo molto tempo li, appunto- ha la bocca piena e le parole sono poco comprensibili -E già da tempo meditavo l'idea di provare a scalare la parete fino  terra, ci sono molti punti d'appoggio, e avevo calcolato tutto nei minimi dettagli, quindi un giorno ho preso coraggio e alla fine ce l'ho fatta. -
-Non ci credo!- esclama Bonnie sputando quasi la cioccolata che sta sorseggiando per la sorpresa e l'incredulità  -Seriamente, continua più tranquilla -E' veramente difficile da credere, se non ti avessi vista non ci crederei, ti hanno scoperta?-
-Non siamo ancora alla fine-  sta iniziando a provare un certo gusto nel raccontare questa storia come se fosse un prestigiatore che gongola prima di sfoderare il suo trucco finale.
-Ah no?-
-Nessuno mi ha mai scoperta ad arrampicarmi, per fortuna, il retro rimane riparato, se ci sono delle telecamere, nessuno si è mai preso la briga di controllarle. Avevo preso l'abitudine di entrare e uscire a mio piacimento, mi bastava entrare dalla finestra, è vecchia, basta un colpetto e si apre senza problemi.-  
Bonnie si limita a guardarla esterefatta, convinta definitivamente di star ascoltando un sacco di palle.
-Il mio momento preferito in cui andare era la notte, senza fare niente, passare semplicemente la notte lì,la biblioteca di notte è fantastica. La mattina poi andavo a scuola prima dell'apertura, era perfetto, nessuno si era mai accorto di niente.-  
-E poi?-
-E poi...una notte, non so come, devo essermi addormentata senza accorgermene. Mi hanno svegliato le urla della signorina Wright che mi ha trovata accasciata sulla scrivania al piano terra, sembrava indemionata.-
Mentre lo dice è accigliata e composta ma Bonnie non può far a meno di ridere -Ma dai, non ce la faccio a prenderti sul serio!-
-Shh, ascoltami: l'ho convinta che mi fossi nascosta lì alla chiusura per rimanere la notte, non volevo svelarle il mio piccolo segreto, e in più mi sembrava una cosa meno grave. Lei era fuori di sè; voleva farmi causa, portarmi in tribunale.-
-Giustamente, direi- disturba Bonnie acida ma sempre divertita.
Marceline scuote la testa in segno di disapprovazione -Ma da che parte stai? Alla fine sono riuscita a sfangarla semplicemente con la promessa di non farmi vedere mai più. -
-Promessa infranta.- conclude l'altra. -Ma perche- riprende- continui a tornare lì?  E' rischioso, potresti andare in un bar o a scuola o in un qualsiasi altro luogo, come fanno tutti.-
-E' il mio posto preferito nel mondo- dice Marcy senza nessuna esitazione -Persino quell'armadio mi piace moltissimo, mi nascondo la dentro, come ti ho detto, nessuno prende mai la briga di arrivare fin lì, e quando passa la Wright per la ricognizione a fine giornata non si accorge mai di niente, anche se dall'incidente si è trasformata in una specie di cane da caccia. Adesso sto più attenta, rimango solo nell'orario di apertura, faccio molto silezio- si ferma come se stesse cercando una degna conclusione al monologo  -In un certo senso è come se avessi  invaso il mio spazio personale.-
-Non ne avevo idea,  e dovresti rivedere la tua idea di luogo accogliente-  risponde Bonnie senza farsi scalfire minimamente dalla frecciatina.
-Non puoi capire, mi ispira a scrivere, mi aiuta a riflettere, a volte schiaccio persino dei sonnellini meravigliosi. C'è un legame magico. E così finisce e si spiega tutto, soddisfatta?-
Lei continua a essere stupefatta ma allegra, forse quella che si trova davanti è una pazza che si è appena inventata una storia assurda dal nulla, eppure l'ha recitata egregiamente, risulta molto credibile. -Forse dovrei chiamare veramente la polizia.- scherza.
La battuta viene ignorata.
-Mi sono dovuta fidare di te per forza di cose- riprende Marcy distrattamente leccando il ketchup dal fondo della vaschetta di patatine ormai finite -Ti prego non dirlo a nessuno, se qualcuno avesse anche solo il sospetto di questo e ciò arrivasse alle orecchie della Wright, come puoi capire, sarei in un mare di guai.-
Smette nella sua impresa e si mette a guardarla fisso negli occhi, quasi con ostilità
-Promettimelo.-
Bonnie non è sicura di riuscire a sostenere l'intensità dello sguardo che nasconde in se qualcosa che incute qualcosa di simile al timore , però alla fine non si lascia spaventare e porge la mano, non sa nemmeno perchè lo sta facendo, però questa ragazza le infonde simpatia e qualunque cosa faccia in biblioteca il pomeriggio non è un problema suo, in fin dei conti.
-Lo prometto.- E così detto si stringono la mano con vigore.
Tutta l'asprezza si scioglie da Marceline nel momento in cui anche la loro stretta si scioglie a sua volta Bonnie di rimando si sente più rilassata.
-Se non torno a casa adesso sarà un problema-  dice poi sovrappensiero raccogliendo la borsa per andarsene. -Ti ringrazio, adesso so dove non avventurarmi in biblioteca.-
-Ti serve un passaggio? Alla fine questo ritardo è solo colpa mia, se posso sdebitarmi in qualche modo- chiede l'altra.
E Bonnie pensa che nemmeno questa sia una cattiva idea.
La sua opinione cambia nel momento stesso in cui vede il mezzo che dovrà condurla a casa.
-Non sono sicura di fidarmi di te fino a questo punto.- amette, davanti alla moto di Marceline che l'ha condotta al suo cospetto, parcheggiata poco fuori delle strade principali, dopo l'approvazione della sua idea. E' grossa, imponente, un po' ammaccata, come la sua proprietaria le incute un senso di soggezione.
Marcy ridacchia aprendo il baule -Puoi sempre fartela a piedi - poi le lancia un casco che Bonnie per poco non lascia cadere -E' una fortuna per te che tenga sempre un casco di scorta. -
-Una fortuna.- echeggia lei sarcastica.
La prima sale, mette in moto -Dai monta!- e Bonnie goffamente, con un po' di sforzo, ci riesce. La moto parte e tutto quello che riesce a fare è stringersi forte. 

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Capitolo 4
*** Tommys Party ***


-Dovresti venire, sarà divertente.-
-Sarà-assolutamente- divertente, i sondaggi di instangram lo indicano come uno degli eventi più attesi di quest'anno. Non andare sarebbe un suicidio alla tua vita sociale.-
-Pìù divertente e figa di qualsiasi altra festa ogni fine settimana?- Bonnie continua a mangiucchiare il suo panino poco convinta dagli argomenti delle sue amiche. Davanti a lei Lady e Lola non sembrano volersi dare per vinte.
-Tu non capisci!- continua Lola esasperata -Ho programmato attentamente tutti i miei movimenti delle scorse due settimane per riuscire ad essere nel luogo giusto al momento giusto ed ottenere un invito, ho dovuto persino conversare amichevolemente con quella sfigata di Tracy, anche perchè era l'unica che si siede nella parte ovest della mensa dove in genere passa Tom però solo di mercoledì e solo tra mezzogiorno e mezza e l'una e un quarto per accaparrarsi una doppia porzione di nachos, che sono buoni,per carità, ma un po' troppo unti e calorici per i miei gusti...-
-Dev'essere stato terribile- commenta Bonnie con ironia per tagliare corto il monologo dell'amica, che, se lasciata a se stessa, potrebbe andare avanti indisturbata per ore e ore -E poi scusa, se ci tenevi così tanto, non potevi chiedere a Lady che sta con Jake, che è inguaiato con questa roba, e andare comunque?-
Le due la guardano con quello che sembra sbigottimento e anche un po' di sincera perplessità.
-Ma da dove vieni? Queste cose non funzionano così!- Lola è ormai fuori di sé dalla frustrazione
-Ah no?-
-No.- continua in modo più pacato Lady -Deve essere uno di ruolo nella squadra di football ad invitarti alla festa annuale della squadra di football, semmai non vale nulla, non puoi entrare, tutti si prodigano per avere un invito, se fosse così facile non ci sarebbe tutto questo hype.- E lo spiega come si spiega una formula matematica, con logica e precisione.
-E' valsa anche per te questa cosa ?- risponde Bonnie piuttosto sorpresa dalla stramba regola sociale della quale era all'oscuro fino a pochi secondi prima, e nel mentre il panino è finito, si pulisce la bocca con fazzoletto di carta.
-Anche per me.-
-Bella cazzata- esclama
-Non importa a nessuno se la cosa ti piaccia o meno, non è importante, l'importante è: se la vita ti da i limoni, o erano arance, o forse pompelmi? Ma no dai, impossibile fossero pompelmi, vabbè, insomma quello che è, volevo dire, non farti scappare la chance, carpe diem!- E nel dirlo il tono di Lola è incredibilmente teatrale.
Bonnie alza le spalle, quasi indifferente, ma anche un po' persuasa da questo goffo tentativo di retorica -Ci penserò, dai-
L'altra non riesce a trattenere l'entusiasmo, lanciando un gridolino di gioia fuori luogo -Domani tutte da Nordstrom per decidere cosa mettere! Sarà bellissimo! Saremo bellissime!-
-Calmati, non ho detto che vengo di sicuro, ho solo detto che potrei considerare l'idea.-
-Oh ma smettila di fare queste storie!- Le dà una pacca talmente forte da farla quasi cadere dalla sedia -So che ci sarai!-
-Lola ha ragione- aggiunge Lady tranquillamente -Sarà una bella esperienza, non precludertela.-
-Una bella esperienza? Cazzo, puoi dirlo! Ci saranno tutti, ci sarà di tutto, e in più ho sentito dire che la casa di Anderson, il capitano, è una villa pazzesca con piscina e, ma non ne sarei sicura, addirittura, un cinema!- Con lo sguardo sognante fissa un punto per qualche secondo poi rinsavisce dai suoi pensieri, un po' mogia dice -Io dovrei andare, comunque.-
-Di già? Abbiamo ancora mezz'ora di tempo- commenta Lady aggrottando le sopracciglia.
-Sono in punizione. Devo lavare i piatti in mensa.-
-Di nuovo? Come mai?- ma Bonnie non è per niente sorpresa da questa cosa in verità
-A quanto pare dire alla signorina Thompson che la sua camicia sembra uno straccio uscito da un negozio dell'usato per, non solo senzatetto, ma anche senza buon gusto, e che dovrebbe fare un favore se stessa e gli altri riportandola dal buco dell'inferno dalla quale l'ha presa è considerata una mancanza di rispetto- scuote la testa contrariata - Io volevo solo darle un parere sincero, non è possibile uscire di casa vestita in quel modo; dovrebbe essere un crimine. L'umanità non capisce l'importanza della mia missione.- E senza aspettare risposta, né salutare, si avvia con passo deciso verso la scuola, attraversando il giardino nel quale si trovano per trascorrere la pausa pranzo.
Lola è proprio una tipa strana, pensa Bonnie mentre la vede pian piano diventare sempre più piccola in lontananza e sempre più confusa nella folla di persone che, come loro, hanno deciso di uscire per pranzo incuranti del freddo. Lola Lumpy è bassa, e piuttosto in carne, con un "grande culo e grandi tette", le piace descriversi come la versione più giovane e-soprattutto-non rifatta di Kim K. Si muove sempre come se fosse diretta e decisa, con un portamento che vorrebbe essere molto sicuro ma che a tratti risulta fin troppo sicuro fino a diventare quasi caricaturale e ridicolo. Ha grandi occhi scuri e la carnagione olivastra, un'espressione costantemente tra l'annoiato e lo sfacciato, una testa d'incontenibili indomabili ricci nerissimi che aggiungono volume alla sua figura altrimenti piuttosto ridotta. Ha la capacità di non riuscire mai a tenere la bocca chiusa abbinata al discutibile talento di riuscire a tirare fuori dal sacchetto delle informazioni sempre quella meno opportuna, una passione vivace per l'altro sesso e conta innumerevoli follower sui vari social media, che non manca mai di tenere aggiornati passo passo su tutti gli step della sua vita. Le è simpatica, nonostante riconosca che la sua spumeggiante personalità, come se fosse un medicinale, abbia bisogno di essere assunta in piccoli dosi per non rivelarsi tossica.
Adesso che sono rimaste solo lei e Lady al tavolo l'atmosfera è decisamente più tranquilla e rilassata.
-Comunque non sapevo che conoscessi Finn, ogni volta che ti invito a fare qualcosa con i miei amici declini-
-Non lo conosco infatti, o meglio, l'altra sera mi ha dato un passaggio a casa, tutto qua. Credo volesse sdebitarsi per essermi accorta di Jake collassato sul sedile posteriore, cosa che, tra l'altro, dovresti fare anche tu.-
Lady alza gli occhi al cielo e poi aggrotta le sopracciglia -Non mi avevi raccontato di questa storia.-
-Nulla di importante in realtà.-
-Adesso capisco perchè non è tornato l'altra sera, e comunque grazie.- risponde con poca convinzione
- E' tutto quello che sai fare? - ridacchia Bonnie -Saresti potuta rimanere vedova a soli diciotto anni, e tutto quello che sai dirmi è "grazie"?-
Lady ride a sua volta, consapevole del fatto che tutti trovino strano che sia già sposata, ma, se i primi tempi sembrava assurdo a lei in primis, adesso nemmeno ci fa più a meno che qualcuno tiri la cosa in ballo, come ora.
Tutto è partito qualche anno fa, quando è arrivata in America per uno scambio culturale della durata di un anno. Lady viene dalla Corea, il suo vero nome non è Lady. Il suo nome di battesimo è un vero mistero, dal momento che nessuno sa pronunciarlo nè tanto meno scriverlo, e quindi ha adottato uno pseudonimo sin da subito; la parola "Lady" l'ha letta su un cartellone pubblicitario appena uscita dall'aeroporto, non ricorda cosa si stesse pubblicizzando, ma il suono della parola le è piaciuto talmente tanto che le è venuto quasi naturale adottarla come nome proprio, o almeno così racconta. Il nome Lady, in più, le si addice in modo quasi inquietante; un viso dolce e allungato, altissima e delicata, capelli neri, lunghi e lisci sempre perfettamente ordinati, una voce morbida e flebile, che doppia frasi spesso in un inglese un po' tentennante, con un forte accento, ma mai in modo fastidioso.
In ogni caso, a Lady l'America era piaciuta sin dal primo momento e sin dal primo momento all'America era piaciuta Lady. In pochi mesi, nonostante il suo carattere introverso, si era ritrovata circondata da amici, lei e Bonnie si erano conosciute durante l'allenamento per la squadra di matematica: erano le uniche due partecipanti della scuola. In breve tempo, vedendosi due volte a settimana, erano diventate buone amiche ed erano riuscite persino a qualificarsi per le nazionali,che non erano però riuscite a superare, perchè per quanto brillanti, due menti sono sempre più lente di sei menti, il numero richiesto per essere una squadra regolare. Alla fine dell'anno non aveva trovato solo amici, ottimi voti, e un ambiente piacevole, ma, inaspettatamente, anche l'amore; nessuno riusciva a comprendere cosa esattamente lei e Jake avessero in comune di preciso, ma da quando si erano incontrati nel corridoio davanti all'ufficio del preside in attesa di entrare, lui per sistemare qualche casino, lei per sistemare qualche documento, erano inseparabili. Un amore talmente forte che alla fine del tempo consentito tornare in Corea sembrava impensabile, e per addirittura un anno era riuscita a rimandare e rimandare e rimandare il rimpatrio, prima prolungando di poco il soggiorno, poi perdendo il passaporto più e più volte, perdendo l'aereo ed altri stratagemmi simili; la situazione era arrivata al limite e la legge sarebbe presto intervenuta quando, d'un tratto, l'illuminazione.
Jake aveva vent'anni ed era al terzo anno, Lady diciotto e aveva appena iniziato il quinto quando le aveva detto "sposami", così sarebbe stata una cittadina americana e non si sarebbe dovuta più preoccupare di tornare in Corea. Era senz'ombra di dubbio un'idea idiota. Nessuno dei due aveva un soldo, Jake viveva nella mansarda del cugino e Lady in una specie di dormitorio, e nel mezzo c'era un sacco di burocrazia. Lady ne aveva parlato con Bonnie quando si trattava ancora solo di un'idea e il pensiero di Bonnie, così come quello di tutti quelli interpellati a riguardo, era stato chiaro e trasparente: un'idiozia.
Una settimana dopo comunque erano legalmente sposati; alla notizia i genitori di lei erano venuti a trovarla e per settimane avevano pianto e gridato cose che nessuno aveva capito cercando di farle cambiare idea, ma la sua decisione era stata definitiva e irrevocabile. Alla fine se ne erano tornati in patria senza di lei e Lady si era trovata un lavoro piuttosto buono come insegnate di coreano in una scuola pomeridiana di lingue, che le aveva permesso di affittare un monolocale e nello stesso tempo di poter completare le superiori. Adesso viveva in questa casa malridotta con Jake e di tanto in tanto un impiegato dell'ufficio immigrazione faceva capolino per controllare che tutto andasse bene, e l'avrebbe fatto per i successivi tre anni prima di avere l'approvazione totale dallo stato americano, me nessuno dei due ne era minimamente preoccupato. Nonostante questa situazione fosse un sacco di roba da affrontare, entrambi avevano mantenuto una calma invidiabile per tutto il tempo, e anche adesso mentre Bonnie guarda l'espressione serena dell'amica le sembra impossibile che un viso così sereno e tranquillo possa aver stravolto completamente la sua esistenza nemmeno un anno prima. Lady però si alza e interrompe il suo pensiero -Farò meglio ad andarmene anche io, ho un paio di compiti da correggere e riconsegnare oggi pomeriggio, me ne ero completamente dimenticata, farò meglio ad inziare, scusa.-
-Come ci sente a correggere compiti?-
-Piuttosto bene.- Quindi Lady se ne va, e rimasta sola Bonnie si accorge che intorno a lei le persone sono sempre di meno, guarda il telefono, solo dieci minuti al suono della campanella . Oggi pomeriggio l'aspetta inglese 4 e un'ora obbligatoria di economia domestica, non proprio la sua cosa preferita.
-Ehy cosa!- dietro di lei la voce le trapana le orecchie e le fa venire un crepacuore, si gira.
Marceline è dalla parte opposta del tavolo da picnic nel quale è seduta, nella penombra, sta fumando una sigaretta. -Sei pazza? Non si può fumare a scuola.-
-Oh no, grazie per avermelo detto- ribatte l'altra sarcastica proseguendo tranquillamente la sua azione.
-Se ti beccano ti faranno rapporto.-
-E' una stronzata, non è vero, come il mostro di Lochness, lo dicono per fare paura, non frega niente a nessuno.- Fa una pausa - Tu fumi?-
Bonnie esita un attimo-Sì-
Marceline sembra sorpresa -Non me l'aspettavo da te.-
-Non ne vado fiera in ogni caso, e smettila con queste frecciatine.- L'altra ignora la lamentela -Vuoi una?- dice calma allungando verso di lei il pacchetto.
-No grazie, io ho un po' di paura nel mostro di Lochness la nutro comunque.-
-Una ragazza così metodica spaventata da sciocche dicerie, una sorpresa dopo l'altra questa giornata-
Bonnie scuote la testa snervata - Per quanto sia stata interessante questa lezione di mitologia, mancano pochi minuti, devo andare, arriverò in ritardo.-
-Dai.-
-Cosa?-
-"Arriverò in ritardo"- recita facendole il verso -Le lezioni del pomeriggio sono facoltative, lo sanno tutti.- aggiunge.
-Non lo sono.-
-Lo sono se vuoi che tu lo siano.- Marcy ha finito la sigaretta e la getta a terra, poi la fissa -Sto scappando da questo postaccio, vieni con me?-
-Non ci penso neanche.- risponde Bonnie decisa mentre comincia a raccogliere le cose sparse sul tavolo -Io non ho questo impellente desiderio di lezioni facoltative, credo che le lezioni vadano bene così come sono-
-Tu non sei umana. Insisterei , ma mi sembri piuttosto decisa.-
-Esattamente.-
-Peccato, evadere da soli non ha lo stesso gusto. E poi avresti potuto fumare quella sigaretta...-
-Mi dispiace.- Bonnie, che ha finito di mettere le cose nello zaino, si ferma, sorride -In realtà non mi importa nulla, divertiti, comunque.-
-Come puoi ferirmi così?- risponde Marceline, e si porta una mano sul petto a come a mimare un infarto con un espressione eccessivamente drammatica -Almeno ci sarai sabato?-
-Sabato?- ripete Bonnie confusa
-La festa. Spero che tu abbia un invito, altrimenti la domanda sarebbe fuori luogo e si creerebbe una situazione imbarazzante e dovrei trovare un modo veloce per dissolvermi nel buio.-
Bonnie la guarda seria e in silenzio, divertita dal clima che si è creato, cercando di trattenere una risata, l'altra sta un po' al gioco guardandola seria a dua volta finchè stufa esclama -Quindi?-
-Ho un invito, ho un invito.- ammette.
E fa per andarsene, ma la voce di Marceline la insegue -Non hai risposto alla domanda! Ci sarai quindi?-
Bonnie è ormai a qualche metro di distanza, si gira, l'altra sta continuando a guardarla in attesa -Ci sarò!- risponde urlando alzando il pollice in su in segno di affermazione.
Marceline capisce e fa cenno a sua volta, per indicare di aver capito.
Dopo questo, una si avvia allegramente e a passo svelto verso una lezione su Shakespeare, l'altra più lentamente e pensierosa si dirige verso il parcheggio.

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Capitolo 5
*** Tonight tonight ***


Due feste in due settimane, non male, pensa
Bonnie
mentre aspetta davanti alla porta che qualcuno venga ad aprire.
Con lei c'è
Peter
, che ha guidato fin qua, Lola,
Lady
e
Bimo
. La musica si sente sin da fuori, sul portico qualcuno che non ha mai visto prima sta conversando in gruppo.
Lola aveva ragione, la casa è sontuosa
è
imponente, il genere di villa che sembra uscita da un quartiere di
Beverly
Hills
. Tre piani, lussuosa, probabilmente non c'è nessun cinema ma
non
è
difficile immaginare il
perchè
si possa pensare una cosa del genere. La porta si apre di scatto, davanti a loro la faccia rosea di Finn gli accoglie con un sorriso accomodante, con l'immancabile giacca da football, tirata a lucido per l'occasione, li invita
ad entrare
.
-E' un piacere vedervi, amici!- Poi da una pacca sulla spalla a tutti
-Jake
, è arrivata
Lady
!- urla
poi
con un tono di voce altissimo
ad un
punto non ben precisato della casa, e sempre da un
punto
non
precisato
della
casa
Jake
arriva di fretta
-Hey
!-
urla
come saluto generale,
poi
si avvicina a
Lady
e le
da
un veloce bacio sulle labbra.

-Sei
fatto-
afferma lei senza nessuna particolare intonazione nella voce.

Jake
ride
-Sono
fatto.- ammette tranquillamente
-Dai
, vieni con me.- E così dicendo le prende la mano e si allontanano immediatamente nella folla.
La casa è infatti all'interno gremita di gente,
gente
da tutte le parti,
gente
sul divano,
gente
sulle scale,
gente
appoggiata alle pareti,
gente
in fila per il bagno, da ogni parte persone e
persone
e
persone
; il minor rapporto tra spazio disponibile e
persone
presenti che
Bonnie
abbia mai visto.

-Alla
faccia dell'esclusività, tutta la Washington è qua dentro.- dice sarcastica
- Quella roba dell'esclusività è solo per fare scena.- risponde Finn che nel mentre le si
è
avvicinato-Non
ci sarebbe nulla di divertente se le feste fossero esclusive,
è
solo
bello vedere la gente che si prodiga cercando di ottenere un invito di cui non ha veramente bisogno.-

Bonnie
scuote la testa
-Ma
tutti sono così seri a riguardo. Non ha alcun senso.-

-Non
ce l'ha
perchè
non sei tu quella per cui loro si
prodigano-

-Forse
.- risponde, sconfitta.
-Comunque
io sono qui e non ho dovuto fare niente di particolare, mi ritengo soddisfatta.- continua, sperando di accaparrasi una piccola rivincita.
Il sorriso di Finn si allarga
-Sono
contento che tu sia venuta.
Jake
mi aveva che sarebbe stato inutile invitarti
perchè
non ti piacciono un
granchè
queste cose e avresti rifiutato in ogni caso.-
-In
effetti non mi piacciono queste cose, ma la roba dell'esclusività funziona proprio come dovrebbe. Ti fa sentire quasi speciale.- ammette

-Vedi
?- Finn scoppia a ridere. Ho fatto bene a invitarti comunque.-
Mentre
parlano passano un sacco di persone, a ognuna di queste Finn riserva un saluto veloce con un cenno della testa, al punto che diventa estenuante reggere una conversazione in questo modo. Finn è il classico ragazzo d'oro da manuale, stella dello sport, popolarità al massimo, un sacco di amici, di bell'aspetto, alto, con questi lunghi capelli biondi che gli arrivano alle spalle e questi occhioni azzurri e i lineamenti dolci, quasi infantili, il fisico asciutto e muscoloso da atleta ma, sopratutto, notoriamente dotato di un carattere buono e affabile che, nonostante la posizione di rilievo in mezzo al pazzo ecosistema del liceo, gli impedisce di essere uno stronzo pieno di
, a differenza dei suoi compagni di squadra; tutto il team ottiene lo stesso in trattamento da piccole star di quartiere ma se tutti gli altri non hanno nessuno che li apprezzi genuinamente come individui
al di
fuori del loro ruolo,
non
esiste
nessuno
in tutta la Washington che
genuinamente
disprezzi Finn, verso il quale al
massimo
si può riservare una tranquilla indifferenza, o un po' di riverenza sociale.

Mentre
chiacchiera con lui
Bonnie
si accorge di aver perso tutti i suoi amici, di nuovo, in qualche modo, si sono dileguati nella folla
-Merda
!- esclama quindi di colpo.

-Che
succede?- chiede Finn che sembra sinceramente preoccupato.
-Non
so dove siano andati a finire tutti, erano qua, mi sono distratta parlando con te e li ho persi
come l'ultima volta.-

-Mi
dispiace, chiamali al telefono.- suggerisce
-C'è un casino, non mi sentiranno mai!- risponde piuttosto alterata
In effetti persino loro, che si trovano a pochi metri di distanza, devono alzare notevolmente la voce per capirsi sopra la musica

-Hai
ragione-
conclude lui
-Dai
, ti do una mano a
cercarli-

-Non
devi farlo per forza, posso cavarmela, hai
un
marea di persone ad aspettarti, non perdere tempo.-
Non
le piace essere trattata come una deficiente, e
non
ha bisogno della compassione di nessuno.
-Non
sto perdendo tempo, lo faccio volentieri, e sono anche piuttosto bravo, ne ho già trovato uno.-
Con la mano
le
indica una poltrona nel soggiorno, lei ci mette un po' a inquadrare la scena ma quando riesce a metterla fuoco è chiara e trasparente; Lola
è
sulle gambe di un ragazzo, stanno
limonando
di brutto.

-Ci
sa fare eh, il vecchio
Jeremy
.- commenta Finn
Bonnie
non è stupita
-Jeremy
Higgs?-
Finn annuisce
-Proprio
lui.-
Lei alza gli occhi al cielo
-Dopo
aver completato la lista dei ragazzi con il nome in ordine alfabetico adesso è passata ai cognomi, piuttosto impressionante se ci pensi.- conclude ridacchiando.
Finn mostra un' espressione vagamente sorpresa
-Che
hobby particolare.-

Bonnie
non se la sente di commentare oltre questa situazione
-Bene
. Una è andata.
Ma
come fanno a sparire così? Siamo qui da neanche cinque minuti.-

-Chi
manca all'appello?- chiede lui, ignorando la domanda

-Lady
è con
Jake
,
Peter
sarà con
Bimo
...da qualche parte.-
ipotizza-
A questo punto conviene considerarli andati tutti. Rimangio tutto, lo sapevo che era una brutta idea.- continua frustrata.

-Dai
, non dire
così-
sembra vagamente ferito
-Come
hai detto, sei qui da neanche cinque minuti, troppo poco per giudicare.Intanto togliamoci dall'ingresso e vieni a bere qualcosa, non risolverà la situazione, ma
non
potrà nemmeno peggiorarla.-
In realtà l'alcool può assolutamente peggiorare la situazione, obbiettivamente, ma del resto che senso ha discuterne?
E'
sabato sera, è una festa, ed
è
rimasta completamente sola, tanto vale arrendersi.
E
alzando le spalle decide di seguirlo. Stare al seguito di Finn ha i suoi vantaggi
perchè
non c'è alcun bisogno di fare
a spallate
con la folla, la
folla
si sposta spontaneamente per consentirgli il passaggio e lei può usufruire della situazione, come se fosse una star dal
red
carpet
anche se al posto del tappeto rosso c'
è
un moquette color pistacchio.
La cucina da più l'impressione di essere un bar piuttosto che una
cucina
qualsiasi, con un ampio bancone e gremita di gente buttata qua e la in modo casuale nella stanza. Tutti li guardano curiosi prima di tornare a le loro cose, ovunque ci
sono
litri e
litri
di
ponch
e birra e vino e altri alcolici che non riesce a distinguere.

-Deve
spendere un sacco di soldi questo
Thomas
per queste feste.-

-Thomas
è un
riccastro
, per il suo compleanno ha chiesto e ricevuto un maneggio con tanto di cavalli e tutto il resto.- dice Finn sovrappensiero mentre girato verso il balcone versa due bicchieri di qualcosa

-Dei
cavalli? Non sapevo avesse questa passione.-
Bonnie
aggrotta leggermente le sopracciglia confusa

-Non
ce l'ha infatti, aveva appena visto
Spirit
. L'aveva molto commosso.-
-La
gente ricca è spesso incomprensibile a i miei occhi
-commenta
vagamente amareggiata, poi un pensiero sfiora la sua mente, o meglio, la sfonda; il suo interlocutore. Finn è notoriamente pieno di soldi, per qualche ragione oscura, e si tratta anche di una delle più grandi speculazioni nei suoi confronti, varie voci che girano, dai motivi
più
ragionevoli fino ad arrivare alle follie
complottiste
"
E'
il figlio illegittimo di un emirato arabo attualmente in fuga per crimini contro l'umanità, ho fonti certe" ricorda di aver sentito una volta da delle ragazzine in corridoio.
Cerca quindi di riprendersi
-Nel
senso...non che ci sa nulla di male nell'essere ricchi, va bene, no
problem
, stavo solo cercando di dire che
a volte
..
- prova a spiegare

-Oh
, non devi
scusarti-
dice lui estremamente calmo, quasi robotico, mentre poggia il bicchiere ormai vuoto vicino a lui mentre sta appoggiato al balcone della cucina
-So
quello che si
dice
, più o meno,
non
mi sono offeso.-
Il tono sommesso con cui lo dice le fa venire voglia di fare domande e di saperne di più, ma il sorriso triste che ha preso posto sul suo volto la trattiene. Si chiede
perchè
una cosa del genere possa essere un peso, poi cerca di scacciare il pensiero il più velocemente possibile
perchè
nella conversazione si è insinuato un lieve imbarazzo fastidioso.

-Tra
poco dobbiamo assolutamente andare sul tetto.- Dice lui
poco
dopo di nuovo pimpante.

-Non
dirmi che c'è una specie di giardino sul tetto o qualcosa del genere come nei film,
è
ridicolo a questo
punto-

-Non
te lo dirò: però sappi che tra mezz'ora c'è una specie di concerto, proprio su quel tetto del quale tu non vuoi sapere nulla.-

Bonnie
ride, talmente incredula da non esserlo più
-Addirittura
un concerto? Chi suona? Gli U2? -
-Gli
U2?
Ma
quanti anni hai?- lui la prende in giro, lei si risente vagamente, poi lui continua
-Comunque
no, ovviamente. Una band della scuola, hanno debuttato da poco, sono forti, fidati, le
Scream
Queens
.-

-Non
ne ho mai sentito parlare prima.- commenta lei fredda

-Non
ne dubito.- Lei scuota la testa per comunicargli il suo nuovo disappunto. Lui ricambia con una risata

-Ci
conviene andare adesso, vedo che le persone stanno cominciando a salire, dopo ci toccherà rimanere accalcati in fondo, nemmeno io ho potere su una folla accalcata- dice infine.
-Tu
vai, io ti raggiungo subito, devo andare in bagno. A proposito, sai mica dove si trova?.-

-Esci
di qua e segui il corridoio fino in
fondo-

-Grazie
, credo di potercela fare, ci vediamo su.-
-Ti
aspetto.- Le fa cenno mentre si è ormai allontanato e sta uscendo dalla cucina confondendosi pian piano con altri volti. Adesso che è da sola si sente completamente consapevole della situazione, nel mezzo delle persone che sono a loro volta consapevoli della sua presenza in
mezzo
a loro, ma inaspettatamente non si
sente
particolarmente a disagio,
non
si
sente
fuori posto e senza guardarsi attorno nemmeno per un secondo segue le istruzioni di Finn.
Si rivela più facile del previsto ma quando la trovo la fila per il bagno è così lunga che la sgomenta immediatamente.
Davanti a lei una serie di nuche schiamazzanti poste a diverse altezze; in fondo, come la luce in
fondo
al tunnel, si scorge lontana una porta. Si appoggia quindi al muro arresa, pensando che probabilmente non ce la farà mai a raggiungere il tetto in un periodo di tempo accettabile.
-E' questa la fila?- le chiede d'un tratto una voce familiare mentre è assorta nei suoi pensieri.
Presa alla sprovvista, trasale.
-Ehy
, che c'è che non va? Non sono mica un fantasma.- continua la voce sarcastica.
-Scusa
, mi hai preso alla sprovvista, comunque si.-

-Cazzo
, che schifo.-

Marceline
sta davanti a lei, indossa una
canotta
nera logora con
davanti
un logo di qualcosa che lei non riconosce e che, stretta sul suo corpo, rivela la sua magrezza, un paio di jeans, degli anfibi, i capelli raccolti in una piccola coda, appare vagamente nervosa.
Per risponderle
Bonnie
alza le spalle come per dire "cosa ci si può fare"?
L'altra si appoggia al muro vicino a lei
-Alla
fine sei venuta.- aggiunge laconica

-Se
mi stai vedendo, evidentemente sì.-

-Ah
ah ah
, molto simpatica.-
risponde amara

-Non
avevo intenzione di offenderti, scusami.- dice perplessa dalla reazione

Marcy
sta fissando vacua la punta delle scarpe, e
Bonnie
è sorpresa di vederla in questa nuova veste incredibilmente umana e inedita.

-Non
è colpa tua, sono un po' agitata, scusami tu, tendo a diventare scontrosa.-

-Cosa
c'è che non va?- le viene da domandare in modo naturale.

Marcy
si rinviene e alzando la testa di colpo la fissa con aria strana e la fronte corrugata. I suoi occhi scuri la scrutano attentamente e la cosa va avanti per qualche momento.
Bonnie
sta per esprimere ad alta voce il suo disagio ma l'altra prende per prima la parola
-Devo
suonare tra
poco-
ammette infine con tono pacato
-e
la cosa mi spaventa sempre un po'-
Bonnie
inquadra velocemente la situazione
-Ah
, la band!- esclama

-Allora
lo
sai.-

-So
che esiste questa band, o meglio l'
ho scoperto poco fa, ma non avevo
idea che tu ne facessi parte.-

-Sarai
lì?- chiede
Marcy
. L'altra annuisce in silenzio.

-Pensavo
che mi stessi prendendo in giro, poco fa.- aggiunge poi

-Perchè
avrei dovuto?- chiede
Bonnie

-Non
ne ho
idea-
scuote la testa
-te
l'
ho
detto, tendo a diventare un po' paranoica in questi momenti.-

-Mi
è stato detto che spaccate, se ti può far piacere.- dice cercando di sdrammatizzare la situazione.

-So
che spacchiamo!- esclama
Marcy
piccata
-So
che spacco!
O
almeno
,credo
.
Ma
sono solo le prime volte, credo sia un po' di ansia da palcoscenico.-

-Se
sei brava in quello che fai non dovresti lasciare che niente ti faccia pensare il contrario.-

-Detta
così la fai sembrare molto
facile-
considera tristemente

-Non
ho detto che sia facile, ma è la cosa giusta. La cosa giusta non è facile.
Se
hai la capacità di spaccare quel palco, vai e spaccalo. Il resto non è importante.-
Strappa a
Marcy
un sorrisetto sbilenco
-Mi
sembra di parlare con uno di quei coach motivazionali della televisione.-
-E' quello che dico a me stessa quando mi vien qualche dubbio.- confessa -
Se vuoi veramente qualcosa vai e
prenditela
. Banale? Molto.
Ma
sono convinta che il primo passo per fare una cosa sia farla.-
L'espressione di
Marceline
è meno contrita ma non completamente convinta, rimane in silenzio.
-E poi sarò lì, come ti ho detto, se farai troppo schifo inizierò a urlare fortissimo fingendo un malore così nessuno se ne accorgerà.- conclude
Bonnie
cercando ancora di minimizzare

Marcy
ride
-Questo
si che è un piano.
Ma
non ce ne sarà bisogno, urlerai per l'emozione della mia musica, anche se
non
sono sicura che sia il tuo genere.- sembra di nuovo rinvigorita.
-Potrei
stupirti.-
I loro sguardi si incontrano per un lungo momento nella penombra del corridoio, dove la musica del soggiorno arriva solo in modo lieve come una stramba colonna sonora.
Marceline
sembra sull'orlo di continuare la conversazione ma d'un tratto qualcosa, o meglio, qualcuno all'inizio della fila attira il suo sguardo.

-Keilaaaaa
!- urla a pieni polmoni e tutta la fila si gira verso di lei.

-Keeeilaaaaa
!- continua a gridare a squarciagola
Bonnie
la guarda perplessa

-Credo
di aver trovato un modo per sorpassare la fila.- le spiega brevemente.
Dall'inizio della fila
Bonnie
vede un braccio alzarsi e muoversi in modo scomposto.

-Ci
vediamo sopra!- dice a
Bonnie
infine mentre inizia a fare
a spallate
per raggiungere l'amica. Lei purtroppo non ha questa fortuna, e di nuovo sola, deve sorbirsi tutta la fila in mezzo a le improbabili discussioni altrui fino all'ultima persona prima di lei.
Sarà passata più di una mezz'ora e ormai la casa, all'interno, è
pressoché vuota, e nonostante non senta particolare casino,
è
certa che tutto sia iniziato senza di lei. Un po' delusa inizia comunque a salire.
Dopo
una lunga scalinata da percorrere per almeno tre o quattro piani nei quali non incontra assolutamente nessuno arriva finalmente sul tetto. La quantità di gente la sopra è spaventosa
ed il
tetto
è
enorme, sembra una piazzetta o un piccolo campetto, un genere di cosa che fino ad adesso le
è
sembrata reale solo nelle fantasie.
Vede subito, lontano rispetto all'entrata, il palco di fortuna montato per l'occasione: sul
palco
stanno quelli che crede essere tutti i componenti della band, riconosce
subito
Marceline
che sta al centro e che si è sciolta i capelli, e
tutti
sono stranamente fermi, a quanto pare il concerto non
è
ancora iniziato, pensa, piuttosto sorpresa, e guardando meglio si accorge anche che il gruppo
sta
discutendo tra di loro per qualche ragione,
non
può capire quale sia la questione, ovviamente, ma
vede
le sagome muoversi animatamente.

Dopo
aver osservato la scena ancora per qualche momento cerca nella folla un volto familiare per non rimanere da sola in mezzo alla ressa, purtroppo
non
riconosce nessuno e si arrende all'idea di
rimanere
lì in solitudine fin quando il concerto
non
sarà iniziato, poi finito, e allora la
folla
si dissiperà un po', o almeno lo spera; è in quel
momento
che una voce arriva dal palco amplificata tramite un microfono con un po' di riverbero.
-E' il momento di cominciare, ci scusiamo per il ritardo,
ci
sono state alcune...
incomprensioni-
dice
Marceline
e poi si gira a fissare i suoi compagni dietro di lei.
La folla esulta, e anche
Bonnie
grida in supporto e la sua voce si confonde tra quelle di molte altre.
La ragazza sul palco scruta ancora per un momento tutta la folla, il suo sguardo preciso e calmo e indagatore, sicuro come quello di una
rockstar
consumata mentre la luce appena accesa le illumina il volto e la costringe a stringere leggermente gli occhi per mettere a fuoco. Qualche secondo ancora di attesa, mentre la folla inizia a borbottare di nuovo presa alla sprovvista da questa situazione; e poi lo sente, distintamente, senza alcuna esitazione: lo sguardo si posa brevemente su di lei, per un
secondo
appena, o forse è un'impressione,
è
impossibile che riesca realmente a vedere qualcosa
tanto meno a riconoscere qualcuno.
Eppure sembra così plausibile e reale.

Dopodiché
il volto della cantante si allarga in un sorriso genuino.
-E uno, due, tre, quattro...-
Il gruppo inizia a suonare.

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