Principi e draghi di mikimac (/viewuser.php?uid=775246)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un incontro imprevisto ***
Capitolo 2: *** Il principe di Gand ***
Capitolo 3: *** Nuove amicizie ***
Capitolo 1 *** Un incontro imprevisto ***
Un incontro imprevisto
Oggi
è il terzo anniversario della mia prima pubblicazione su EFP.
Dedico questa storia a tutti voi, come ringraziamento per avermi
sopportato (e supportato), leggendo i miei racconti. Ciò che vi
apprestate a leggere è una fiaba, composta da tre capitoli, che
saranno pubblicati tutti oggi. Questa favola è stata pensata
come storia della buonanotte per i figli di Mycroft e Greg, nello
strano universo Omega della serie che sto pubblicando ora “E le
stelle stanno a guardare”. Per chi non lo conoscesse, in quello
strano mondo gli Alfa sono vampiri, i Beta sono licantropi e gli Omega
sono gli unici procreatori per entrambe le razze, altrimenti sterili.
Per leggere questo racconto, comunque, non è necessario
conoscere la serie, in quanto sono storie completamente indipendenti.
I personaggi di “Sherlock” non mi appartengono. Questo
racconto non ha scopo di lucro. Se dovesse ricordare altre storie,
chiedo scusa, ma sarebbe involontario.
Buona lettura.
C’era un tempo, oramai lontano, in cui sulla Terra viveva la
nobile razza dei Draghi. Animali intelligenti e fieri, erano di grandi
dimensioni, potendo arrivare fino a venti metri di altezza; camminavano
eretti su due grandi zampe e ne avevano altre due più piccole
alle cui estremità c’erano le mani con lunghi e affilati
artigli al posto delle unghie. Su un collo grosso e corto era poggiata
la grande testa, dotata di una cresta dura e tagliente, che difendeva
tutta la fronte. Il muso era allungato con le narici alle
estremità; gli occhi, con le iridi generalmente gialle,
risaltavano come gemme illuminate dal sole. Tutto il corpo era coperto
da sottili squame, che variavano nelle molte tonalità del verde,
del marrone o del nero e che proteggevano i Draghi
dall’acqua, in caso di pioggia, o respingevano il calore del
sole, quando era piena estate. All’estremità opposta della
testa c’era una lunga coda liscia e avevano grandi ali, che
permettevano loro di volare. Erano, inoltre, capaci di comunicare con
tutti gli altri animali. Se la loro imponente figura non era
sufficiente a spaventare possibili aggressori, potevano difendersi con
il fuoco che facevano uscire dalla bocca. I Draghi erano
generalmente di indole docile e pacifica, ma, come in ogni specie,
esistevano delle eccezioni e quando un drago era malvagio, era molto
difficile difendersi dal suo attacco.
Essi vissero sicuri e tranquilli fino alla comparsa di una nuova specie
di mammiferi, che cominciò a popolare la Terra, sempre
più numerosa: l’Uomo, che, spaventato dalla potenza e
dalla imponenza fisica dei Draghi, iniziò a cacciarli,
distruggendone le uova e portandoli sulla via dell’estinzione.
Essi furono, così, costretti a nascondersi nei luoghi più
remoti della Terra, per cercare di sopravvivere.
I posti in cui i Draghi potevano nascondersi divennero sempre meno
numerosi e sempre più inaccessibili. Oramai ridotti a pochi
esemplari, i Draghi trovarono rifugio in una valle nascosta da montagne
impervie e qui vissero, dimenticati dagli Uomini.
Il ricordo della loro reale esistenza si perse con il trascorrere dei
secoli e rimasero solo le favole, che le mamme raccontavano ai figli
per farli addormentare.
In realtà, essi vivevano nella Valle dei Draghi e non avevano
più avuto contatti con gli Uomini. Solo i racconti dei Draghi
più anziani ricordavano il terrore di quei tempi bui, ma per i
giovani erano solo favole narrate per impedire loro di andare oltre
l’altissima parete, che proteggeva la valle dal mondo esterno.
Erano state messe persino delle sentinelle, affinché i piccoli
non potessero avventurarsi fuori, mettendo in pericolo la sopravvivenza
della specie. Inoltre, erano state stabilite punizioni severissime per
chi cercasse di passare i pochi valichi aperti. Nella valle c’era
tutto ciò di cui essi avevano bisogno: acqua e piante con cui
nutrirsi, grotte in cui ripararsi e spazio a sufficienza per muoversi.
Ciononostante, capitava che qualche giovane drago cercasse di passare
oltre le montagne, pensando che la vita nella valle fosse noiosa e
desiderando esplorare l’esterno in cerca di avventura. I
controlli, però, erano stati sempre molto severi ed erano secoli
che nessun Drago lasciava la valle.
Un incontro imprevisto
Era una mattina come tante altre. Il sole era alto nel cielo, ma non
faceva ancora tanto caldo. Gli adulti sedevano pigramente sotto gli
alberi in riva al lago azzurro, in cui si riflettevano nuvole bianche
dalle forme bizzarre, che si spostavano nel cielo sospinte da una
leggera brezza. I draghi più piccoli stavano giocando
allegramente a nascondino, mentre quelli adolescenti avevano formato un
gruppetto seduto non molto lontano dagli adulti.
“Che noia. – sospirò Ecciù, un maschio dal
manto verde scuro – Tutti i giorni le stesse cose. Ci
alziamo, mangiamo, veniamo a sdraiarci in riva al lago, mangiamo,
torniamo qui, aspettiamo che il sole cali e andiamo a dormire. E il
giorno dopo ricomincia tutto da capo, uguale al precedente.”
“Che cosa proporresti di fare di diverso?” chiese Beal, una femmina dal manto nero.
“Non saprei… sarebbe bello sapere che cosa ci sia oltre le montagne.”
“E proprio tu avresti il coraggio di superare le sentinelle e i
valichi?” lo canzonò Xint, un maschio dal manto marrone
chiaro.
“Credi che non ne sarei capace?” si scaldò Ecciù.
“Vuoi scommettere?” insistette Xint.
“Ragazzi, non dite assurdità. – si intromise Ylial,
una femmina dal manto verde chiaro – Sapete benissimo che
esistono leggi e punizioni severe contro chi tenti di superare la
barriera.”
“Certo che lo sappiamo. – ribatté Xint, con
sufficienza – Ed è per questo che sono sicuro che
Ecciù non avrà mai il coraggio di trasgredire alle
regole. Ce lo vedete il bravo, dolce, remissivo e pavido Ecciù
fare qualcosa che mammina non approverebbe?” Terminò,
esibendosi in una risatina derisoria.
Ecciù era furibondo. Lui e Xint non erano mai stati
particolarmente amici, ma non poteva permettere che lo denigrasse
davanti agli altri giovani draghi. Soprattutto davanti a Ylial!
“Ti farò vedere io chi è che non ha coraggio!” sibilò e si allontanò dal gruppo.
Ylial gli corse dietro: “Ecciù fermati! Che cosa vuoi
fare? Lascia stare quello che ha detto Xint, sai che gli piace
provocarti. Non puoi fare una cosa così stupida solo per non
dargliela vinta.”
“Credi anche tu che io sia un vigliacco attaccato alla coda della mamma, vero?!”
“No! Lo sai…”
“Lasciami in pace!” Ed Ecciù corse via lasciando di sasso la povera Ylial.
Per sbollire la rabbia, Ecciù continuò a camminare senza
meta, fino a trovarsi nei pressi di uno dei valichi. Si fermò e
guardò a lungo l’alta catena montuosa che circondava la
valle proteggendola dall’esterno. I draghi guardiani ne
sorvegliavano gli ingressi per impedire che qualcuno uscisse o
entrasse, ma era da così tanto tempo che non accadeva nulla, che
l’attenzione era molto calata. Infatti Ecciù sentì
un leggero russare e, seguendo quel debole suono, arrivò vicino
a una feritoia, davanti alla quale dormiva placidamente un adulto.
C’era spazio sufficiente per passare. Avrebbe potuto uscire,
prendere qualcosa, che nella valle non esisteva, per dimostrare che
fosse stato all’esterno, e tornare prima di sera. Avrebbe
ricacciato in gola a Xint la sua stupida risatina beffarda. Avrebbe
dimostrato a Ylial che lui era un drago degno di lei. E se anche lo
avessero scoperto e punito, ne sarebbe valsa la pena.
Facendo meno rumore possibile, girò intorno al guardiano e si
infilò nella stretta fessura. Dovette strisciare contro la dura
parete e percorrere un lungo sentiero impervio, ma giunse alla fine
della stretta galleria e si ritrovò in una grotta profonda. Con
molta circospezione uscì dall’anfratto e cominciò a
perlustrare il bosco che ne nascondeva l’entrata, alla ricerca
della prova che avrebbe dimostrato il suo coraggio a Xint e Ylial. Non
trovando nulla che lo soddisfacesse, lentamente si spinse sempre
più lontano, ma, improvvisamente, si rese conto di avere perso
ogni punto di riferimento.
Preso dal panico, iniziò a correre, cercando la via di casa, ma inutilmente.
Sul fare della notte, si accovacciò sotto la folta chioma di una
grande quercia secolare e pianse disperatamente. Come poteva tornare a
casa? Che cosa avrebbero pensato di lui i genitori e gli amici, se non
che era stato sciocco e avventato? Come avrebbe potuto nascondersi ai
terribili Uomini, contro cui la madre lo aveva tanto messo in guardia?
Era sì un giovane drago, ma pur sempre alto oltre sette metri e
lungo dieci, coda compresa! Era difficile che riuscisse a passare
inosservato per molto tempo. Sapeva che nessuno sarebbe venuto a
cercarlo, per non mettere in ulteriore pericolo il loro rifugio sicuro.
Era solo, in un mondo sconosciuto e ostile.
Preso da questi pensieri disperati, il giovane drago pianse fino ad addormentarsi.
Il bosco, nel quale Ecciù si era addormentato, faceva parte di
un piccolo regno, che si affacciava sul mare da una parte ed era
circondato da alte montagne dall’altra. Re Andrew Watson di
Bradley, ultimo discendente maschio e Alfa della famiglia che governava
da lungo tempo su quelle terre, le amministrava con giustizia e
saggezza. Anche la sua sposa, la regina Kathrine, era molto amata dal
popolo. Il matrimonio era stato allietato dalla nascita di un unico
figlio, John, che era un Omega. Il principe era un giovane bellissimo,
con i capelli biondi e occhi azzurri, che presto avrebbe compiuto venti
anni. Molte famiglie avevano proposto i propri figli, come consorti per
il principe John, ma lui ostentava un carattere terribile, che faceva
fuggire ogni pretendente, causando non pochi dispiaceri ai regali
genitori. A dire il vero, il giovane era sempre generoso e disponibile,
ma diventava inesorabilmente intrattabile appena il padre gli
presentava qualche principe aspirante a sposarlo.
Essi vivevano in un castello intorno a cui sorgeva un villaggio e alte
mura massicce li proteggevano entrambi da eventuali nemici. In
realtà, le mura erano molto antiche, perché da lungo
tempo il regno viveva in pace e armonia con i vicini. Tutti sapevano
che, se John si fosse sposato e re Andrew fosse morto, il regno di
Bradley avrebbe finito di esistere, assorbito nei possedimenti del
regale consorte del principe. E se anche lui si fosse rifiutato di
sposarsi, difficilmente sarebbe sopravvissuto un regno governato da un
Omega. Era per questo che il re cercava un degno erede da far sposare
al figlio, ma John era ostinatamente contrario e il padre non aveva
cuore per imporsi perché non voleva renderlo infelice.
Quel giorno John lasciò il castello con una piccola scorta per
andare a trovare una principessa di cui era molto amico. La carrozza su
cui viaggiava passò attraverso il bosco in cui il drago si era
addormentato. Vi erano entrati da poco, quando il cocchiere fu
costretto a frenare d’improvviso: davanti ai cavalli si erano
parati tre uomini mascherati e armati. Le guardie della scorta
tentarono di intervenire, ma vennero fatte cadere da cavallo da altri
uomini usciti improvvisamente dal bosco. John si affacciò al
finestrino: “Che cosa sta succedendo? Perché ci siamo
fermati in questo modo?”
“Ci scusiamo con vostra altezza, - disse uno dei banditi, con
voce rauca e canzonatoria – ma vorremmo invitarla a unirsi a noi
per qualche minuto. Giusto il tempo di prendere la chincaglieria che
porta addosso, poi la lasceremo andare al suo importantissimo
appuntamento.”
Gli altri banditi risero sguaiatamente. John scese dalla carrozza
impettito e paonazzo: “Signori, voi non sapete chi sono io.”
“Oh, si sbaglia, sappiamo benissimo chi lei sia, principe John.
E’ per questo che siamo sicuri che abbia con sé tante
belle cosette, di cui può tranquillamente disfarsi senza morire
di fame. Mi consegni i suoi gioielli e il suo denaro senza fare tante
storie e andremo tutti per le nostre rispettive strade felici e
contenti.”
Il principe lo guardò dritto negli occhi per nulla intimorito
dalla situazione: “Vieni a prenderli, se hai coraggio,
fellone.”
I banditi rimasero sorpresi da tanta spavalderia, ma il loro capo non
poteva certo farsi mettere i piedi in testa da un spocchioso ragazzino,
oltretutto Omega. Così si avvicinò per strappare la
collana dal collo del principe. John, con una mossa improvvisa,
estrasse la spada e lo colpì alla mano.
L’uomo urlò dal dolore: “Maledetto! Adesso ti
farò vedere io! Prendetelo e dategli la lezione che si
merita!”
Due uomini si avvicinarono al ragazzo. John ferì un altro
bandito, ma il secondo riuscì ad afferrarlo per le braccia.
Subito un altro malvivente andò a dare man forte a quello che
aveva bloccato John, che si divincolò e tirò calci, ma
non riuscì a liberarsi dalla loro salda presa.
“Lasciatemi! – iniziò allora ad urlare – Se
non mi obbedite subito, vi farò staccare la testa!”
Il trambusto svegliò il drago, che si avvicinò per vedere che cosa stesse accadendo.
Si trovò, così, davanti una strana scena: c’erano
quelli che dovevano essere uomini, dalle descrizioni fatte dalla madre
e dagli altri anziani. Alcuni uomini, di cui non poteva vedere il viso,
perché era coperto da uno strano indumento, stavano bloccando un
giovane dai capelli chiari, che si dimenava furiosamente. Sempre
più incuriosito dall’inspiegabile interazione fra gli
Umani, il drago cercò di sistemarsi in una posizione migliore,
ma si appoggiò troppo ad un albero che si inclinò
pericolosamente verso la radura in cui era stata bloccata la carrozza.
Tutti alzarono gli occhi verso l’albero che si piegava e si
trovarono di fronte il muso di un drago spaventoso. Terrorizzati
dall’apparizione di un essere che credevano esistesse solo nelle
fiabe, gli uomini, comprese le guardie del castello, fuggirono in ogni
direzione.
Anche il drago, spaventato dalla reazione degli uomini, si voltò
e si mise a correre, ma gli alberi gli impedivano una rapida fuga. Si
fermò, sperando di aver seminato eventuali inseguitori, invece
sobbalzò al suono di una voce ansimante: “Per fortuna ti
sei fermato! Ho fatto molta fatica a starti dietro. Corri veloce per
essere così grosso, sai?”
Il drago si girò spaventato. John si stava passando una mano fra
i capelli scompigliati, poi si aggiustò il vestito: “Sei
un drago, vero? E’ buffo. Pensavo che foste solo personaggi dei
racconti popolari. Tu mi capisci?” E si esibì in un
sorriso rassicurante e curioso. Il drago rimase per un attimo
interdetto e si sorprese lui stesso a sentire la propria voce profonda
che rispondeva: “Sì.”
“Oh, bene!” disse allegramente John guardandosi intorno per
trovare un posto in cui sedersi. Vide una radice affiorante dal terreno
e decise che non avrebbe trovato di meglio. Si sedette e iniziò
a fare conversazione con il drago come fosse la cosa più normale
al mondo: “Io mi chiamo John Watson e sono il figlio del re di
questo regno. E tu? Hai un nome, vero?”
“Ecciù.”
“Salute.”
“Salute a te,” ricambiò il drago.
“Io sto bene, grazie.” disse John.
“Anche io sto bene.”
Si studiarono per qualche minuto, entrambi perplessi.
“Come ti chiami?” Chiese di nuovo il principe.
“Ecciù,” ripeté il drago.
“Salute di nuovo. Sei molto raffreddato?”
“No. Sto bene.”
“Però starnutisci in continuazione e non mi dici il tuo nome!” Ribatté John, pazientemente
“Mi chiamo Ecciù.”
John scoppiò a ridere: “Scusa. Pensavo stessi starnutendo.
Il tuo nome è davvero carino, ma può essere frainteso.
Come posso chiamarti? – rimase un attimo a riflettere – Per
te va bene se ti chiamo Sneeze?”
Il drago rifletté un attimo e trovò il nome simpatico: “Va bene. Mi piace.”
“Perfetto. Da dove vieni, Sneeze?”
“Non lo so,” rispose il drago e raccontò a John di
come si fosse allontanato dalla Valle dei Draghi e non fosse più
riuscito a trovare la strada di casa.
L’Omega rimase molto colpito: “Devi trovare un posto in cui
nasconderti. I cacciatori di draghi sono personaggi da favola, ma se
quei banditi spargono la voce che ti hanno visto… io farò
di tutto per mettere a tacere la cosa, naturalmente, ma se qualche
cavaliere in cerca di fama credesse loro, tu saresti in grave pericolo.
Senza offesa, Sneeze, sei grande e grosso, ma non mi sembri molto
minaccioso.”
“Oh, non mi offendo, John. Vorrei tanto tornare a casa.”
“Lo capisco, ma non saprei come aiutarti a ritrovare la Valle dei
Draghi e tu non puoi certo andare in giro a cercarla. Dobbiamo trovare
un posto sicuro in cui puoi vivere. Che cosa mangi?”
“Noi Draghi siamo erbivori.”
“Ci sono delle grotte sulla scogliera. Alcune si possono
raggiungere solo dal mare. Tu, però, potresti arrivarci in volo
ed io convincerò mio padre a proibire a chiunque di andarci. Tu
sai volare, vero? Quelle sono ali, giusto?”
“Sì, posso volare.”
“Bene! – continuò John soddisfatto – Di giorno
starai nascosto nelle grotte e di notte, quando nessuno ti potrà
vedere, potrai uscire per mangiare. Ora andiamo. Ti accompagno fino
alla scogliera. Mi raccomando, Sneeze, cerca di non farti vedere. Io
verrò a trovarti. Una delle grotte può essere raggiunta
scendendo una scalinata, che parte dal giardino del castello. Comunica
con le altre, ma solo poche persone possono usarla. Quando potrò
venire da te, scenderò di lì e ti chiamerò.”
Erano, intanto, arrivati al limitare del bosco e potevano sentire il
fragore del mare, che si infrangeva tempestoso sulla scogliera.
“Eccoci. Quando sarà buio, potrai volare sotto di noi.
Scegli la grotta che ti è più comoda. Puoi sistemarla
come meglio credi. So che sarà noioso perché molto spesso
sarai solo e sentirai la mancanza dei tuoi simili, ma la cosa
più importante è che tu ora stia al sicuro, poi
cercheremo il modo di farti tornare a casa.”
“Grazie, John, sei molto gentile.”
“Tu mi hai salvato da quei banditi e il minimo che io possa fare
è aiutarti. Ora torno al castello, ma verrò presto a
trovarti. Ciao, Sneeze, e stai attento.”
“A presto, John.”
Il Drago osservò l’Umano, che si allontanava. Forse non
sarebbe più riuscito a tornare a casa, ma aveva trovato un nuovo
amico e non sarebbe mai stato solo.
Angolo dell’autrice
Il primo capitolo finisce qui. Il prossimo sarà pubblicato verso le 13.30.
Grazie a chi si sia avventurato in questa nuova storia.
Ciao.
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Capitolo 2 *** Il principe di Gand ***
Il principe di Gand
John
arrivò al castello, mentre un cielo infuocato salutava il giorno
appena trascorso, per dare il benvenuto alla notte con tutto il suo
firmamento di luci lontane. Nel cortile principale ferveva una grande
agitazione: cavalieri in armi stavano preparandosi a uscire, mentre
altri gridavano ordini. Malgrado la confusione, il principe riconobbe
la voce del padre, che sovrastava tutte le altre: da una parte
organizzava le ricerche del figlio disperso e dall’altra inveiva
contro le guardie, che lo avevano abbandonato nel bosco:
“Capitano! Divida i suoi uomini in piccoli gruppi! Seguite ogni
traccia che trovate! Riportatemi mio figlio! E la testa di chiunque
abbia osato toccarlo! E voi! Vi farò levare la pelle a
scudisciate! Avete abbandonato il mio piccolo e indifeso bambino
in balia dei banditi! E non osate bofonchiare ancora la storia del
drago! Pensate che io creda alle favole?! Ubriachi oltre che incapaci!
Andate voi! E non osate tornare senza mio figlio!”
Nel trambusto, nessuno si era accorto dell’arrivo del principe
nella piazza d’armi. John si avvicinò con calma al padre e
gli picchiettò delicatamente su una spalla. L’uomo si
voltò con un’espressione irata sul volto, poi proruppe in
un urlo strozzato e strinse a sé il figlio, con tutta la forza
che aveva.
“John! Bambino mio! Sei qui, sano e salvo! Non ne ho mai dubitato. So di non aver allevato una debole donnetta!”
“Padre, - si lamentò John, con un filo di voce – mi stai soffocando.”
“Oh, certo.” ribatté il re, allontanando il figlio e
scrutandolo bene da capo a piedi per essere sicuro che fosse tutto
intero: “Capitano! Rimandi le guardie negli alloggi. Butti quegli
incompetenti in cella e li tenga a pane e acqua per venti giorni.
Andiamo, figlio mio, chissà come sarai provato,” sorrise,
circondando con un braccio le spalle del figlio e guidandolo dolcemente
verso il castello.
John si lasciò condurre dal padre docilmente: “Padre, -
iniziò con voce debole – non hai idea di quanta paura
abbia patito. Quei farabutti volevano i miei gioielli e miei soldi.
Avevano sopraffatto quelle povere guardie ed eravamo alla loro
mercé, quando è accaduto qualcosa di strano: un
albero si è inclinato, come piegato da una forza incredibile.
Due spaventosi occhi gialli sono spuntati dal folto degli alberi e
tutti abbiamo cominciato a correre senza sapere dove stessimo andando.
Anche io ho fatto la stessa cosa e mi sono ritrovato sulla scogliera.
Quando ho capito che nessuno mi inseguiva, mi sono riposato, poi sono
tornato a casa.”
Il re aveva ascoltato con attenzione il racconto del figlio e gli chiese: “Allora anche tu hai visto il drago?”
John finse prima sgomento, poi fece una risata isterica: “Drago?!
No, padre, ma che dici?! Era un gigantesco orso! Per fortuna l’ho
seminato o mi avrebbe sbranato,” e rabbrividì, come se
quel ricordo fosse terribile per lui.
“Volevo ben dire. – bofonchiò il re – Un
drago! Che immaginazione hanno quelle guardie incapaci! Le farò
punire come meritano.”
“Padre, ti prego. – supplicò John – Saranno
inetti, ma hanno tentato di difendermi. Rimandali a casa senza punirli.
Non è certo colpa loro se non sono adatti alla vita del
soldato.”
Il re guardò il figlio con orgoglio: “Sei proprio un
ragazzo generoso. E sia! Visto che stai bene, non infierirò su
quei poveretti. Corri da tua madre, che è stata tanto in pena
per te. Io darò ordine di rilasciare quegli uomini.”
Il principe di Gand
John corse dalla madre, che lo riempì di baci e abbracci. Dopo
un bagno rilassante e un cambio d’abito, il principe
riuscì a restare solo e sgattaiolò fuori dalle proprie
stanze, senza farsi notare, per raggiungere gli alloggi delle guardie.
Mentre tutti cenavano, gli uomini della sua scorta stavano preparando
le loro cose per partire. John entrò nella camerata e
abbassò il cappuccio del mantello, che lo riparava dalla brezza
della notte: “Buonasera, signori. – esordì –
Non ho molto tempo, quindi sarò breve e conciso, ma sarà
meglio per voi che mi capiate bene. Io ho convinto mio padre a
liberarvi senza punirvi e vi ho portato queste monete d’oro. Sono
l’equivalente di un anno di paga per ognuno di voi. Saranno
vostre a una condizione: non dovrete ripetere la storia assurda del
drago ad anima viva. A piegare la pianta è stato un orso.
Sappiate che scoprirò se mancherete al patto e farò
punire anche le vostre famiglie, oltre che voi. Ci siamo capiti?”
Il tono minaccioso e deciso del principe non ammetteva repliche. I
poveri uomini annuirono e giurarono sulle teste dei loro figli di non
raccontare mai più l’assurdità del drago. Il
principe sorrise soddisfatto. Rialzò il cappuccio sulla testa e
tornò nelle proprie stanze, per concedersi un meritato riposo,
dopo una giornata così straordinaria.
Mentre John dormiva placidamente nel proprio letto, Sneeze aveva atteso
che facesse buio e, aiutato dalla luce della luna piena, si era alzato
in volo per raggiungere le grotte della scogliera. Era stato un volo
breve, ma interessante. Nella Valle dei Draghi potevano volare, ma lo
spazio da esplorare era abbastanza ristretto e le distese di acqua
piuttosto limitate. Ora Sneeze stava volando su una immensa distesa
nera di cui non riusciva a vedere l’altra sponda. Era tentato di
spingersi verso il largo, per vedere dove finisse il mare, ma aveva
promesso a John di stare attento e di non farsi vedere. Inoltre, era
già stato abbastanza fortunato a trovare un Umano così
amichevole, non voleva sfidare troppo la sorte. Se davvero non fosse
più riuscito a tornare a casa, avrebbe avuto tutto il tempo che
voleva per scoprire come fosse fatto il mondo fuori dalla Valle. Si
diresse alla scogliera e iniziò a esplorarne le grotte. Ne
visitò diverse, fino a quando ne trovò una proprio
carina: si trovava a metà dell’altezza della scogliera con
l’ingresso a picco sul mare. Da lì avrebbe potuto guardare
che cosa accadeva sulla vasta distesa blu in modo discreto, nascosto
dalle ombre della grotta. Inoltre, sarebbe stato protetto dalle
mareggiate e la grotta era abbastanza profonda da essere
sufficientemente calda in inverno.
Trascorse il resto della notte a mangiare, poi tornò alla grotta
e si accucciò davanti all’apertura della sua nuova casa
per osservare il sole che, sorgendo dal mare, annunciava l’inizio
di un nuovo giorno e per ascoltare il canto degli uccelli, che davano
il bentornato al mattino. La risacca del mare e i mormorii degli
animali cullarono Sneeze, che si addormentò.
Erano trascorsi alcuni mesi dai fatti fin qui narrati.
John andava a trovare Sneeze ogni volta che poteva. Sfruttando la
terribile esperienza vissuta, l’Omega era riuscito a ottenere dal
padre che nessuno potesse avvicinarsi alla scogliera e che solo lui
potesse accedere alla scalinata, che portava alle grotte. Giustificava
le sue lunghe assenze con la scusa di una ricerca di pace ed
equilibrio. Re Andrew trovò strana la richiesta del figlio, ma
non si oppose, perché voleva che John fosse felice, almeno fino
al giorno in cui lo avrebbe costretto a sposarsi. Il Re sapeva che John
sarebbe stato un ottimo regnante, ma era un Omega e non poteva essere
designato erede del regno. Se non gli avesse trovato un consorte, che
sarebbe divenuto il nuovo re di Bradley alla sua morte, il reame
sarebbe stato il centro delle ambizioni di conquista dei regni vicini.
La popolazione avrebbe sofferto e Andrew doveva proteggere il proprio
popolo, anche a scapito della felicità del figlio. Era per
questo motivo che gli aveva sempre concesso tutto, sapendo che avrebbe
dovuto spezzargli il cuore.
Un giorno, tornando da un incontro con Sneeze, John trovò il
castello in grande fermento. Fermò una della dame di compagnia
della madre e le chiese che cosa stesse accadendo: “Abbiamo
visite, principe. Mentre era a fare la sua passeggiata, è
arrivato il principe Sherlock del regno di Gand. Dovrebbe vederlo!
E’ bello come il sole e tanto tanto simpatico,” concluse
con una risatina eccitata.
John era tutt’altro che felice. Era sicuro che il padre avesse
invitato il principe per convincerlo a sposarlo. Sapeva che Sherlock di
Gand era uno dei principi più contesi, perché il suo era
un regno molto potente. John si era sempre meravigliato che re Andrew
non avesse ancora tentato di presentarglielo come pretendente, dato che
era un grande amico del Re Richard di Gand. Era seccato dal fatto che
il padre avesse invitato Sherlock senza avvisarlo, ma era anche
incuriosito dalle voci contrastanti che giravano su di lui. Per alcune
principesse era un uomo socievole ed espansivo, sempre pronto alla
battuta e a divertirsi. Altre lo descrivevano educato e cortese,
sì, ma molto riservato, freddo e poco incline al sorriso. Per
altre ancora, era gelido, indelicato e arrogante. John era sempre stato
intrigato dal mistero di questa strana personalità, ma non ne
aveva mai accennato al padre per timore che pensasse che fosse
interessato a Sherlock per sposarlo. Ora che poteva soddisfare la
propria curiosità, era indispettito dal non aver saputo prima
dell’arrivo dell’ospite.
La nobile dama non si accorse dello sguardo irritato dell’Omega e
continuò a parlare allegramente: “Ora il principe si trova
nella sala del trono con i suoi genitori. Vedrà che le
piacerà tanto.”
John ne dubitava molto e si avviò verso la sala deciso a non
dare soddisfazione al principe ospite. Avvicinandosi, sentì la
voce del padre che conversava giovialmente con qualcuno, che rideva
educatamente alle sue battute. Quando entrò nella sala del
trono, l’Omega fu accolto con entusiasmo dal padre: “John,
finalmente! Ti stavamo aspettando. – si rivolse al giovane seduto
di fronte a lui – Principe Sherlock, mi permetta di presentarle
mio figlio John. – si girò verso il figlio, con un sorriso
di incoraggiamento – Caro, questo è il principe Sherlock
di Gand. Passava dal nostro regno per andare in visita alla zia, la
Duchessa di Follet, e ha pensato di farci un’improvvisata,
portandoci i saluti del padre. Ricordi che Richard di Gand ed io siamo
grandi amici fin da giovani, vero? Peccato che gli impegni di governo
dei nostri rispettivi regni non ci permettano di incontrarci quanto
vorremmo! Però, Sherlock è stato veramente gentile a
venirci a trovare. L’ultima volta che l’ho visto era ancora
un bambino. Visto che bel giovane è diventato?”
John si trovò a guardare un giovane Alfa della sua età,
alto e magro, ma muscoloso, con corti capelli neri e lisci,
accuratamente pettinati, e sorridenti occhi verdi, vestito con
eleganti, ma pratici abiti da viaggio. John degnò il principe
del più gelido e indifferente dei suoi sguardi, allungando la
mano con sufficienza e accompagnando il gesto con un annoiato:
“Piacere.”
Sherlock gli fece un sorriso raggiante e gli baciò la mano. John
distolse lo sguardo, già completamente disinteressato dal
giovane che, per nulla offeso, continuò a parlare con il re. Nel
vagare per la stanza, lo sguardo dell’Omega cadde su un altro
giovane uomo elegantemente vestito, che lo stava attentamente
studiando. Lo si sarebbe potuto dire il fratello del principe: stessa
corporatura, anche se questo vampiro era più magro, stesso
colore di capelli, che però erano ricci e scompigliati, solo gli
occhi erano di un azzurro chiarissimo, quasi trasparente e
terribilmente seri, mentre il portamento era veramente rigido e vigile.
I loro sguardi si incrociarono. John si aspettava che il vampiro
abbassasse gli occhi, per rispetto del suo ceto superiore, invece gli
occhi chiari e severi dell’uomo sostennero il suo sguardo, per
nulla intimoriti. Sherlock notò il duello di sguardi e fece uno
strano sorriso divertito: “Sono davvero imperdonabile. Principe
John, mi permetta di presentarle il mio fidato scudiero Sebastian
Moran.”
“Mi meraviglio di lei, principe Sherlock. – lo
apostrofò stizzito e con voce tagliente l’Omega –
Dovrebbe insegnare al suo scudiero come ci si comporta in presenza di
altri regnanti!”
Sebastian Moran fece un leggero inchino: “Chiedo scusa, se le ho
involontariamente mancato di rispetto, principe. Il mio compito
è proteggere il mio signore e ho l’abitudine di osservare
attentamente tutti i presenti, per essere sicuro che nessuno possa
fargli del male. Ho imparato che il pericolo può arrivare nei
modi più diversi e i principi, come lei, non fanno
eccezione.”
La voce profonda dello scudiero era calma e pacata e per nulla
dispiaciuta per il fatto che John si fosse sentito offeso.
L’Omega era abituato ad avere l’ultima parola in ogni
circostanza e non poteva certo permettere che un semplice scudiero se
la cavasse con delle scuse, che non erano tali: “Pensa forse che
io possa essere una minaccia per il principe?” Chiese sprezzante
e ironico.
“Esistono molti tipi di pericolo, mio signore, e da alcuni è impossibile proteggersi.”
Il re e la regina si aspettavano che il figlio facesse una sfuriata,
invece, con loro grande sorpresa, il ragazzo piegò i bordi delle
labbra in un lieve sorriso divertito.
“Seb ed io siamo amici da quando eravamo bambini. –
intervenne Sherlock – Per me è molto più di un
semplice scudiero. Potrei quasi dire che siamo la stessa persona. Se,
però, lei principe si sentisse offeso, gli ordinerò di
farle le sue scuse e lo punirò come meglio lei creda.”
“Non ce ne è bisogno, principe Sherlock. Il suo scudiero
si è già spiegato. E su certe cose non posso dargli
torto.”
Il piccolo incidente si era risolto. Il re e il principe Sherlock
continuarono la loro piacevole conversazione. John assisteva con
cortese disinteresse, ma sentiva su di sé gli occhi indagatori
di Sebastian. Alcune volte lo guardò di sottecchi per
assicurarsi che la sua non fosse solo un’impressione e aveva
ragione: lo scudiero lo studiava con interesse, come per cercare di
capire chi fosse. John si accorse di non essere stato abbastanza
attento e che Sebastian si era reso conto che lo osservava. Così
non si girò più, per non dargli la certezza di essere
interessato a lui.
Dopo lunga insistenza, Sherlock acconsentì a fermarsi per la
notte e si ritirò nelle stanze degli ospiti, con il suo
inseparabile scudiero, per prepararsi per la cena. Rimasti soli, il
principe chiese allo scudiero: “Che cosa ne pensi?”
L’uomo che era stato presentato come Sebastian Moran, si diresse
alla finestra della stanza per guardare il cielo colorato dal tramonto:
“Non so che cosa pensare, Seb. Re Andrew mi sembra affabile, come
lo ricordavo. Mio padre dubita che stia tramando qualcosa ai danni del
nostro regno, ma non si capisce perché abbia interdetto la
navigazione di un pezzo così lungo di costa. Mentre tu sarai a
cena con loro, io cercherò di arrivare alla scogliera e di
scoprire che cosa nascondano.”
“Farò anche questo sacrificio per te, mio signore. –
ribatté, con un sorriso divertito, il vero scudiero – Che
cosa ne pensi del principe John? Ho notato come vi siete
guardati…”
Sherlock si girò verso lo scudiero con lo sguardo irritato, ma
la voce rimase sempre calma: “Sembra il solito principe viziato,
che, solo perché è un Omega e ha un titolo, si sente
superiore al resto del mondo e pensa che tutti gli debbano cadere ai
piedi. Scommetto che re Andrew gliele dà tutte vinte.”
“Però è molto bello,” ribatté Sebastian.
“La bellezza non è tutto,” troncò Sherlock.
Sebastian conosceva bene il suo principe e sapeva che il tono che aveva
usato significava che il discorso era chiuso. Non insisté oltre
e iniziò a sistemare i loro pochi bagagli per la notte.
Angolo dell’autrice
Ed ecco entrare in scena Sherlock, in compagnia di uno scudiero decisamente insolito.
Grazie a chi stia leggendo questa storia di draghi, vampiri, omega e principi.
Il terzo e ultimo capitolo sarà pubblicato verso le 18.30.
Ciao!
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Capitolo 3 *** Nuove amicizie ***
Nuove amicizie
Sherlock
di Gand aveva constatato, da tempo, che era più facile ottenere
informazioni nei panni di uno scudiero piuttosto che in quelli di
principe. La gente si sentiva più a proprio agio con quello che
credeva un popolano e, spesso, parlavano come se nemmeno fosse
presente. Questo era uno dei motivi per cui Sherlock e Sebastian si
scambiavano le identità.
Fu così che, girando
fra la servitù del castello, Sherlock scoprì che il re
aveva proibito anche l’accesso alla scalinata che dal giardino
portava alla scogliera. Sempre più preoccupato dal fatto che
questo mistero potesse celare un complotto contro il suo regno, il
principe sgattaiolò furtivo nel giardino del palazzo e si
diresse verso la zona in cui si trovava la scalinata. L’accesso a
questa era protetto da una cancellata nascosta da una siepe verde, ma
non c’erano guardie e fu facile per Sherlock scavalcarla. Scese
cautamente i gradini illuminati dalla luce della luna piena e si
ritrovò all’ingresso di una grotta. Appena oltre
l’entrata c’era una fiaccola. Sherlock la prese,
l’accese e iniziò l’esplorazione della grotta. Forse
il mistero della scogliera era nascosto nell’intrigo di grotte di
cui aveva sentito parlare. In effetti, si rese conto che in quel luogo
avrebbe potuto nascondersi un esercito e nessuno lo avrebbe mai saputo.
Era giunto in una grotta comunicante con quella da cui era entrato e
doveva decidere da che parte andare, quando sentì una voce
maschile, molto profonda e dolce, chiamare:
“John? Sei già
tornato? Hai rischiato di non trovarmi, stavo per andare fuori a
cercare qualcosa da mangiare.”
Sherlock indirizzò la
luce verso la galleria da cui proveniva la voce e illuminò un
essere gigantesco che ne occupava l’entrata con il corpo.
Sneeze, spaventato dalla
presenza dello sconosciuto, si voltò di scatto per scappare, ma
non riuscì a controllare la gigantesca coda che colpì
Sherlock facendolo volare contro la parete. Il principe cadde
pesantemente a terra.
Immobile.
Sneeze si accorse di
ciò che aveva involontariamente fatto e tornò lentamente
indietro per controllare come stesse lo sconosciuto. L’uomo
continuava a non muoversi. Il drago, prudentemente, si avvicinò
e lo girò delicatamente in modo da vedergli il viso: dalla
fronte scendeva un piccolo filo di sangue. In preda al panico, Sneeze
lasciò la grotta e si diresse al castello. John gli aveva fatto
vedere, una volta, quali fossero le finestre delle sue stanze e il
Drago vi si diresse.
Era buio, ma la grande
portafinestra del balcone era socchiusa e lui la aprì per
entrare. L’Omega non c’era, quindi decise di aspettarlo
sperando che tornasse presto.
Nuove amicizie
La cena era stata piacevole e
il principe Sherlock era stato un conversatore amabile e leggero. John,
però, aveva trascorso la sera a pensare allo scudiero e aveva
cercato di indagare discretamente su Sebastian Moran. Il principe
di Gand aveva risposto in modo molto evasivo, come se preferisse non
parlare troppo del vampiro che aveva definito come suo amico fraterno,
creando un alone di mistero intorno alla figura eterea dello scudiero.
John non voleva ammettere nemmeno con se stesso quanto fosse
affascinato e intrigato da Sebastian, ma voleva capire da che cosa
nascesse questa strana attrazione per un vampiro con una condizione
sociale inferiore alla sua. Fantasticando su una improbabile e
scandalosa relazione con Sebastian Moran, John entrò nelle
proprie stanze e si rese subito conto che qualcosa non andava: la
finestra della camera da letto era spalancata e la luna piena faceva
risaltare una enorme sagoma scura. Mandò via la cameriera, che
lo aveva seguito per aiutarlo a prepararsi per la notte, e accese un
piccolo lume: “Sneeze! Sei impazzito?! Che cosa ci fai qui?
Qualcuno poteva vederti!”
“Ho ucciso un uomo!” Esclamò il drago sconvolto.
“Hai ucciso un uomo?
Non è possibile! Nessuno può scendere nelle grotte.
Calmati e raccontami tutto.” John ascoltò il
racconto di Sneeze, a dire il vero un po’ confuso, poi decise di
andare alla grotta per vedere chi avesse scoperto il drago e come
stesse realmente: “Se salgo sulla tua schiena, riesci a portarmi
velocemente alla grotta?”
“Sì, certo.”
“Bene, andiamo.”
Spense la luce, prese il
mantello e andarono sul terrazzo. John salì sulla schiena di
Sneeze tenendosi al collo e partirono in volo nella luce lunare. Il
viaggio fu breve e veloce, ma John lo trovò entusiasmante. Era
affascinato dal paesaggio osservato dall’alto, da come tutto
sembrasse piccolo e insignificante, ed era inebriato dalla brezza
frizzante che gli colpiva il volto e il corpo.
La grotta era buia. I deboli
raggi della Luna non riuscivano a penetrarne l’oscurità.
Si sentiva il suono del mare e il canto di qualche uccello notturno.
Nulla più.
“Potresti accendere la torcia, Sneeze?”
La domanda fu seguita da un
leggero trambusto, ma presto una luce illuminò il volto pallido
e rigato di sangue di Sebastian Moran, lo scudiero del principe
Sherlock!
Nonostante la sorpresa e la
preoccupazione, John non perse il proprio sangue freddo. Si rese subito
conto che lo scudiero non era morto, ma respirava regolarmente.
Strappò un lembo del mantello e lo porse a Sneeze:
“È solo ferito e non sembra grave. Vai a bagnare questo
straccio alla fonte. Prendi anche uno dei contenitori, che ti ho
lasciato nella grotta accanto, e riempilo di acqua. Fai più
presto che puoi.”
Il drago volò via. In
attesa del suo ritorno, John cominciò a riflettere per cercare
di capire perché Sebastian si trovasse nelle grotte, invece che
nelle stanze degli ospiti in attesa del suo signore. E si stupì,
anche, dall’essere più preoccupato per lui che arrabbiato
con lui. Che cosa aveva quell’uomo che tanto lo attraeva? La sua
sfrontatezza? I suoi occhi severi? Sneeze ritornò, interrompendo
il filo dei suoi pensieri. Il principe pulì la ferita dello
scudiero con l’acqua e constatò che in effetti non era
profonda. Evidentemente era stata la botta presa a causargli la perdita
dei sensi. Si strappò un altro pezzo del mantello e
fasciò la fronte del vampiro. Come prima medicazione poteva
bastare, dato che la ferita era superficiale. Lentamente lo scudiero
aprì gli occhi e John non poté fare a meno di
sorridergli. Anche Sneeze era felice che l’uomo si fosse
finalmente svegliato. Aveva temuto veramente di averlo ucciso.
“Dove sono?” chiese l’uomo.
“Nelle grotte della
scogliera sotto il castello. – rispose John – La tua ferita
non è grave, ma hai perso del sangue. Prendine un po’ del
mio. Ti aiuterà a riprenderti in fretta,” aggiunse,
avvolgendo una manica su se stessa fino al gomito e porgendo il polso
allo scudiero.
Sherlock afferrò il
braccio dell’Omega e affondò delicatamente i denti aguzzi
nella morbida e profumata carne. Mentre succhiava il rosso e dolce
liquido vitale, il vampiro girò lo sguardo intorno e vide il
drago. Lasciò il braccio di John e cercò di alzarsi di
scatto. Sneeze, spaventato, si arrotolò su se stesso.
“Fermi tutti e due!
– intimò John – Sneeze, non fare movimenti bruschi e
tu, stai seduto. Hai preso una botta in testa e potresti avere problemi
di equilibrio.”
“La botta deve essere stata molto forte. Vedo un drago,” sbottò Sherlock, scuotendo la testa.
“In realtà, il
drago c’è davvero e sarebbe stato meglio che tu non lo
avessi scoperto,” sospirò John.
“Volete usarlo per attaccare gli altri regni!” Sibilò l’Alfa, in tono accusatorio.
“Assolutamente no! Chi
pensi che siamo! Dei guerrafondai?! Inoltre, nessuno sa di Sneeze,
oltre a me,” ribatté l’Omega, indispettito.
“Sneeze?!”
“Il drago si chiama Sneeze.”
Sherlock abbozzò un sorriso.
“Sì, lo so,
è un nome bizzarro. Però è carino, non
trovi?” John ricambiò il sorriso.
“Glielo hai dato tu?”
“Sì, io … Ehi! Io sono un principe e tu uno scudiero! Porta il dovuto rispetto al mio rango!”
“Segreto per segreto, anche io sono un principe.”
John lo guardò
stupito: “Tu sei … cosa?! Tu sei Sherlock Holmes! E’
per questo che le descrizioni sul tuo carattere sono così
diverse! Ti scambi con il tuo scudiero per poter spiare indisturbato
gli altri regni! – l’Omega era davvero arrabbiato per
l’inganno – E visto che tu fai il doppio gioco, pensi che
tutti siano falsi come te!”
Si allontanò da lui e andò a sedersi indispettito vicino a Sneeze voltando le spalle al vampiro.
“Capisco la tua
irritazione, ma come avrei potuto scoprire perché tuo padre
avesse proibito la navigazione vicino alla scogliera, senza questo
piccolo sotterfugio?”
“I nostri padri sono
amici da quando erano bambini, i nostri regni sono alleati da sempre e
diffidate della nostra lealtà, senza nemmeno il beneficio del
dubbio?!”
“Mio padre si fida
ciecamente di re Andrew, ma quando è arrivata la notizia del
blocco della navigazione vicino alla scogliera, il capitano delle
guardie ha insinuato il sospetto di una cospirazione ai nostri danni.
Sappiamo che i licantropi hanno chiesto la tua mano. I Moriarty sono un
famiglia potente e subdola. Per quanto ci fidassimo di tuo padre,
dovevamo essere più che certi che il capitano non avesse
ragione. Che voi non aveste deciso di cedere il regno ai nostri nemici.
Dovevamo indagare per la nostra sicurezza. Per quanto sia piccolo,
questo regno è in posizione strategica. Tu continui a rifiutare
tutte le proposte di matrimonio che ti vengono poste dai vampiri,
malgrado alcune siano state fatte da famiglie molto influenti e
prestigiose. Abbiamo temuto che tu fossi attratto dai licantropi.
Avevamo bisogno di sicurezza. A parti invertite, avreste fatto la
stessa cosa,” spiegò Sherlock.
John continuava a voltargli
le spalle, irritato, ma, in cuor suo, capiva le ragioni del vampiro:
“Non avete mai preso in considerazione il semplice fatto che io
trovi umiliante dovere sottostare a un Alfa, solo per il fatto di
essere un Omega? Chiunque mi sposi, si approprierà del mio
regno. Se io fossi stato un Alfa, come mio padre, sarei stato il
legittimo erede e nessuno avrebbe potuto strapparmi la corona. Solo
perché sono un Omega, voi Alfa e Beta pensate a come rendermi
vostro schiavo e sottrarmi ciò che è mio di
diritto.”
Sherlock aggrottò la fronte: “Mi dispiace. Non ho mai considerato le cose da questo punto di vista.”
“È ovvio che tu
non lo abbia fatto! Sei una Alfa! Cosa vuoi saperne, tu, di come si
senta un Omega? Per voi non siamo nulla. Solo un mezzo per ottenere uno
scopo.”
Sherlock aggrottò la
fronte. Non aveva mai considerato il punto di vista di un Omega. Di
solito li considerava solo delle seccature, perché tentavano di
conquistarlo con modi sdolcinati e ridicoli per farsi sposare da lui.
John era diverso da tutti gli altri. John non solo non voleva
intrappolarlo in un matrimonio, ma reclamava quelle che sarebbero state
delle valide rivendicazioni sul trono del padre, se non fosse stato per
il suo genere. Al suo posto, Sherlock avrebbe fatto lo stesso. Si rese
conto di provare una grande simpatia per il giovane Omega e di volerne
sapere di più. Doveva, però, conquistare la sua fiducia e
non sarebbe stato facile: “Dove hai trovato il drago?”
John non rispose.
“Capisci
l’assurdità di nascondere un drago? Non vedi quanto
è grande? Per ora puoi trattarlo come un simpatico cucciolo, ma
un giorno la sua natura prevarrà, ti si rivolterà contro
e inizierà a distruggere prima il tuo regno, poi quelli
vicini.”
Stavolta fu Sneeze a
rispondergli arrabbiato: “Ma chi ti credi di essere, a dare
giudizi su tutti, senza nemmeno conoscerli? Per chi mi hai preso? John
si è dimostrato un caro amico. Mi ha nascosto e protetto. Si
è fidato di me e mi ha concesso la sua amicizia. Non farei mai
nulla per nuocere al suo regno!”
“Hai insegnato al tuo drago a parlare?”
Sneeze si levò in
tutta la sua altezza e per la prima volta John lo vide veramente
furibondo: “Uomini! – iniziò sprezzante – Vi
credete superiori a tutte le altre creature viventi, ma siete i
peggiori animali esistenti sulla Terra! Distruggete tutto
indiscriminatamente senza pensare alle conseguenze. Vi uccidete persino
fra di voi! E le bestie feroci saremmo noi?! Ci avete portato
sull’orlo dell’estinzione distruggendo vigliaccamente le
nostre uova! E voi meritereste di vivere?! Se fossimo stati quei mostri
che descrivete nelle vostre storie, vi avremmo annientati, invece ci
siamo rifugiati in luoghi a voi inaccessibili, pur di poter vivere in
pace! Chi è il mostro?”
Sui tre piombò un
silenzio carico di tensione. Il Drago e il vampiro si guardavano
intensamente negli occhi: Sneeze orgoglioso e furente, Sherlock calmo e
impassibile. Fu John a parlare per primo con la voce strozzata per
l’emozione: “Sneeze, scusami. Non avevo capito quanto tu
fossi triste e solo. Sono stato egoista. Avevo trovato finalmente
qualcuno, che non vedeva in me solo un trofeo da esibire o un oggetto
da conquistare. Un amico. Un vero amico. Non volevo perderti.
Però, proprio per la nostra amicizia, avrei dovuto comprendere
il tuo desiderio di riunirti alla tua famiglia e fare di più per
aiutarti a tornare a casa.”
Il drago si voltò
verso l’Omega e parlò con voce molto più dolce:
“No, John, non è vero. Che cosa avresti potuto fare per
ritrovare casa mia, quando nemmeno io ricordo più la strada? Se
avessi mandato qualcuno a cercare la Valle dei Draghi, quel luogo
segreto sarebbe stato scoperto e la mia razza sarebbe stata distrutta
dalla vostra paura. L’unico responsabile della mia situazione
sono io e mi ritengo fortunato di aver incontrato una persona leale e
generosa come te.”
“Ora, però, per colpa mia sei stato scoperto…”
“Se temete che io possa
denunciare la presenza di un drago a Bradley, vi assicuro che il vostro
segreto è al sicuro. – intervenne Sherlock alzandosi
faticosamente e appoggiandosi alla parete della grotta – Io,
principe Sherlock Holmes di Gand, giuro sul mio onore di non svelare ad
anima viva, nemmeno al mio signor padre, a mio fratello o al mio fidato
scudiero, la presenza di un drago nel regno di Bradley. Spero che non
mettiate in dubbio la mia parola.”
John e Sneeze lo guardarono stupiti.
“Se mi credete, torno al castello prima che Seb si cominci a preoccupare seriamente e mi venga a cercare.”
Nessuno parlò.
Sherlock si avviò verso l’uscita, tornando al palazzo
attraverso la scalinata del giardino, mentre Sneeze riaccompagnò
John alle sue stanze in volo.
“Che cosa pensi di Sherlock, Sneeze?”
“Credo nella sua
parola. – rispose il drago – Ho guardato i suoi occhi e
sono quelli di un uomo leale. Fossi in te, proverei a dargli una
possibilità.”
John arrossì, ma il buio gli celava il volto: “Che cosa vorresti dire?”
“Ho visto come lo
guardavi e quanto fossi preoccupato per lui. Forse Sherlock è
l’uomo che hai sempre aspettato. Pensaci. Buona notte John.”
“Buona notte, Sneeze.”
Il principe si svestì
velocemente e si infilò nel letto. Ripensò a lungo alle
parole di Sneeze e si addormentò quando il sole iniziava a fare
capolino sul mare.
La mattina dormì
più a lungo di quello che avrebbe voluto. Quando si alzò,
era ancora indeciso su come affrontare Sherlock. Come poteva spiegare
al padre chi fosse veramente e come lo avesse scoperto? Sapeva che non
sarebbe riuscito a trattarlo come un semplice scudiero. Doveva rivelare
al vampiro i propri sentimenti? E se l’Alfa non lo avesse
ricambiato, che cosa avrebbe fatto? Con il cuore in gola, John
arrivò nella sala da pranzo e scoprì che la tavola era
preparata solo per i membri della famiglia. Fermò una delle
cameriere: “Perché non è apparecchiato anche per il
principe e per il suo scudiero?”
“Il principe Sherlock è partito con il suo scudiero all’alba, mio signore.”
Il cuore di John si fermò per un attimo di battere: “Partito?!”
“Sì. Dovevano
raggiungere la zia del principe e sono partiti sul far del giorno. Lo
scudiero aveva una ferita alla testa, ma non ha voluto dare
spiegazioni. Ha solo detto che stava bene e che era stato curato da una
delle persone più generose che avesse mai conosciuto.
Chissà a chi si riferiva. Certo che era proprio carino; peccato
fosse così serio e taciturno.”
John non stette a sentire
altro. Corse alle grotte chiamando il drago a squarciagola. Quando
Sneeze si presentò, l’Omega era senza fiato: “Se ne
è andato!” Riuscì solo a dire.
Sneeze si accovacciò
vicino a John e appoggiò delicatamente il muso sul viso
dell’Umano: “Un giorno tornerà, ne sono
sicuro,” lo consolò.
John si calmò. Si
avvicinò all’uscita della grotta e fissò il mare.
Cercò di immaginare la sponda dall’altra parte, dove si
trovava il Regno di Gand. Sentì come se anche Sherlock stesse
guardando verso di lui. Sì, sarebbe tornato. Sneeze sarebbe
stato il loro segreto. E sapeva che, con Sherlock dalla loro parte, il
drago sarebbe stato per sempre al sicuro. John sorrise. Allungò
una mano verso il muso di Sneeze e lo accarezzò. Avrebbero
atteso insieme il giorno in cui Sherlock sarebbe tornato da loro.
Angolo dell’autrice
Spero che questo strano primo incontro vi sia piaciuto. Chissà. Un giorno potrebbe pure avere un seguito.
Ringrazio chi abbia letto questa fiaba sull’amicizia e chi la abbia segnata in qualche categoria.
Grazie a CreepyDoll per i commenti al racconto.
Ciao!
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