One

di eastwood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** zero ***
Capitolo 2: *** first ***
Capitolo 3: *** second ***
Capitolo 4: *** third ***
Capitolo 5: *** fourth ***
Capitolo 6: *** fifth ***



Capitolo 1
*** zero ***


 

"Questa risulta l'ultima di una ventina di annotazioni. 
Si osserverà leggendole che,
per quanto inventivo possa essere il diavolo,
lo schema quotidiano non variava mai. 
Prima egli mi tentava e poi mi frustrava,
lasciandomi con un dolore sordo
alla radice stessa del mio essere."

Lo sguardo scivolava da sinistra a destra sulla pagina, così che ogni parola letta in silenzio andasse mano a mano a ricreare una frase fatta nella mia testa.

Ero concentrata sul libro saldamente stretto tra le mani e lo tenevo poggiato sulle cosce delle gambe rialzate, di cui avevo poggiati i piedi sul sedile di fronte al mio, per maggiore comodità, visto che la metropolitana era praticamente vuota, probabilmente per via dell'orario.

Stavo tornando a casa dopo una serata in compagnia da un'amica: poca gente, musica, un film a cui nessuno si è minimamente interessato, qualche sigaretta e tante risate, una cosa tranquilla insomma, ci voleva.
Inspirai dell'aria e nel momento in cui la espirai dalle labbra fuoriuscì una specie di sospiro che probabilmente Paul, seduto al mio fianco, fraintese.

Sentii infatti i suoi occhi puntati addosso pochi secondi dopo.

Inarcai un sopracciglio e lo guardai di sottecchi, confermando così il mio sospetto nell'intravedere i suoi occhi verdi che si spostavano dal mio viso al libro che tenevo in mano, ripetendo quest'azione al contrario, così premetti le labbra una sull'altra sentendo un fastidio al centro del labbro superiore, probabilmente per via di un taglietto creatosi grazie al vento e alle mie labbra perennemente secche, e richiusi il libro dando una rapida occhiata al numero scritto sul fondo della pagina che stavo leggendo, lasciando la prima di copertina a poggiare contro le cosce scoperte, accompagnando poi il libro a scivolare su queste verso il basso, fino ad arrivare al bacino, dove lo tenni appoggiato mentre giravo il capo e mi ritrovai poco dopo con lo sguardo puntato verso il ragazzo, tirando le labbra in un sorriso appena accennato.

«Sicura di stare bene?» 
A quelle parole abbassai lo sguardo e schiusi le labbra, sbuffando scocciata mentre feci roteare gli occhi chiari e li riportai a guardare verso il libro, del quale accarezzai il retro con il polpastrello del pollice, sentendo nuovamente la voce roca del ragazzo.

«Am, non c'è niente di male nel far vedere che almeno un po' ti dispiace» 
Sentii due delle sue dita fredde posarsi sotto il mio mento, obbligandomi a sollevare il capo per via della pressione dei suoi polpastrelli, con delicatezza, e cercò di farmi girare allo stesso modo il viso, così che tornassi a guardarlo, poi mi sorrise.

«Stare male è umano, non devi aver paura» 
Mano a mano che ascoltavo le sue parole allargavo un sorriso sulle labbra, aveva un'espressione seria e convinta mentre pronunciava quelle parole e mi sembrava una situazione così buffa che l'unica cosa che feci alla fine fu scoppiare a ridere, letteralmente.

Socchiusi le palpebre e lasciai ricadere all'indietro il capo mentre lasciai la presa del libro con una mano e la portai a diretto contatto con la stoffa della maglia svolazzante che copriva il mio busto, sfiorando appena la pelle sottostante con la pressione dei polpastrelli.

Paul mi guardò dapprima sorpreso, poi sospirò soffiando dell'aria dalle narici e premette le labbra tra loro mentre alzava a mezz'aria le mani, tenendole all'altezza delle spalle, tornando a parlare.

«E va bene, non dico più nulla, proprio non mi prendi sul serio» 
Cercai di tornare in me, rallentai la risata lasciando che dal sorriso trasparisse comunque del divertimento, allontanando poi la mano dalla postazione presa per portarla al viso e scostare una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Oh andiamo Paul, - cominciai, dandogli una leggera pacca sulla spalla destra - dovresti vedere le espressioni che fai quando mi parli in questo modo» 
Feci una pausa, tenendo lo sguardo dritto sul suo viso e scrollando le spalle, storcendo appena le labbra in una piccola smorfia.

«Sto bene davvero, Paul. Ti ricordo che stiamo parlando di un criceto, lo adoravo e ci ero affezionata, ma non esageriamo»
Era esilarante, all'apparenza sembrava una cosa seria mentre nel dettaglio era imbarazzante.

Sbuffò ed io scossi lievemente il capo cercando di non ridere ulteriormente, mentre Paul lo fece, cercando però di mascherare la risata.

«Parlavo di Chris»
«Paul..»
Mormorai il suo nome a mezza voce, sperando che chiudesse il discorso.

«Va bene, scusa. Comunque, stasera avresti dovuto avvisare Matt, tu sai quanto tenga a Tanya»
Era stata davvero una bella serata e volevo solo tornarmene a casa e sdraiarmi tra le coperte calde del mio letto per dormire, non pensare anche ai problemi altrui.

«Dico solo che avresti potuto dirgli che Tanya avrebbe portato un altro ragazzo stasera»
Continuò, dopo un attimo di pausa che mi rifiutai di occupare con una risposta.

«Paul, dovranno risolversela tra loro, prima o poi» 
Sbuffai il suo nome scocciata, ero davvero stanca di parlarne.

«Vorrei solo evitare scompiglio nel gruppo» e si voltò a guardare fuori dal finestrino alla sua sinistra, tamburellando la punta delle dita sulle cosce magre coperte da uno strato di jeans neri.

A volte ero quasi gelosa del suo corpo: era abbastanza alto, magro e non troppo muscoloso, tutto nel giusto, nel perfetto.

«Io sono arrivata, ci vediamo domani va bene?» 
Annuì soltanto e mi avvicinai a lui sporgendomi con il busto fino a sfiorargli la spalla con la mia, respirandogli sul collo con un piccolo sorriso mentre mi avvicinavo ed arrivavo sempre più vicina alla sua guancia, affondandoci poi le labbra per una manciata di secondi.

«Suvvia Collins, non avrai intenzione di tenermi il muso, spero» 
Allargai appena il sorriso mentre lui girava nuovamente il viso verso di me e delineava uno di quei suoi sorrisetti irresistibili.

«Vattene da qui, Miller» un cenno d'accordo con il capo, una risata trattenuta e mi alzai dal sedile recuperando velocemente la borsa poggiata su quello di fronte, dove tenevo poco prima anche i piedi, infilandoci accuratamente il libro e camminando nel frattempo verso le porte, aggrappandomi ad un palo vicino mentre aspettavo la frenata e sistemavo la borsa sulla spalla.

Appena le porte si aprirono feci un passo verso l'esterno, avendo anche un leggero sobbalzo col quale feci dei passi veloci in avanti, rallentando poi e voltandomi a salutare con la mano il ragazzo, indietreggiando mentre vedevo la metropolitana ripartire e sfrecciare nella galleria.

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Capitolo 2
*** first ***


Non riuscivo a dormire.

La scusa di cui mi servii fu la luce fioca del lampione che entrava dalla finestra e che incolpavo di essere fastidiosa, anche se prima di quella sera non mi aveva mai urtato tanto.

 

Sbuffai e scostai il lenzuolo con un gesto secco della mano, così da scoprirmi e mettermi a sedere sul bordo del letto mentre raggiungevo il pavimento fresco con i piedi nudi, dandomi poi un piccolo slancio con le mani contro il materasso per alzarmi e raggiungere l'armadio.

 

Avevo bisogno di una boccata d'aria.

 

Infilai dei pantaloni della tuta grigi sui pantaloncini neri e attillati, adibiti a pigiama, ed afferrai una felpa pesante che indossai sopra la canottiera bianca, visto che la sera cominciava già a fare freddo, ormai, mentre infilavo ai piedi un paio di scarpe nere trovate in fondo all'armadio.

 

Aprii la porta lentamente e scrutai attorno a me con attenzione prima di uscire dalla stanza e raggiungere con estrema lentezza le scale, scendendole in punta di piedi nel tentativo di non fare rumore visto che mio padre aveva il sonno leggero e la camera dei miei genitori si trovava nella stanza accanto al sottoscala.

 

Arrivata in fondo strinsi il labbro inferiore tra i denti e mi avvicinai alla porta bianca dell'ingresso allungando una mano verso questa fino a raggiungere la serratura e sbloccarla, con un gesto secco, così da aprire poi la porta ed uscire, socchiudendola alle mie spalle prima di chiuderla totalmente con più attenzione, tirando un sospiro di sollievo mentre feci un mezzo giro sui talloni e socchiusi gli occhi inspirando dell'aria dalle narici ed espirandola allo stesso modo mentre risollevai le palpebre e, prendendo a camminare nel vialetto di casa, infilai le mani nelle tasche laterali della felpa scontrando le dita con un oggetto estraneo che estrassi corrucciando la fronte, inizialmente perplessa, poi abbassai lo sguardo sulla mano nel quale lo tenevo e riconobbi la fantasia che circondava il Clipper colorito, trovato per terra settimane prima mentre girovagavo per il paese con Tanya.

 

Sorrisi e lo presi con il pollice e l'indice per poterlo avvicinare al viso, ma una voce mi deconcentrò, facendomi rialzare lo sguardo.

 

«Non è che potrei prenderlo in prestito, per un secondo?»

Il ragazzo a pochi passi da me indicò il Clipper nella mia mano mentre con l'altra avvicinò la sigaretta alle labbra. 

 

Mi soffermai per un breve istante sulle sue labbra carnose, avendo seguito lo spostamento della mano dal corpo snello al viso, intravedendo appena i suoi occhi, oscurati dalla luce notturna, ed il suo capo, coperto da dei capelli corti, illuminato appena dalla fioca luce di un lampione.

 

Mi limitai ad annuire dopo qualche secondo dalla sua domanda e glielo porsi, sentendo le sue dita calde sfiorare le mie.

 

Distolsi lo sguardo non appena ritrassi la mano e la infilai, come l'altra, nella tasca della felpa, dovendola però estrarre nuovamente pochi attimi dopo per riprendere l'accendino e rimettermelo in tasca, sorridendo al suo ringraziamento e riabbassando in seguito lo sguardo sull'asfalto.

 

«Sei la prima persona che incontro da quando sono qui, sai? Senza contare quell'amorevole uomo collassato davanti al supermercato..»

Espirò il fumo mentre parlava, abbassando la tonalità della voce mano amano che finiva la frase e notai anche un'espressione sempre più perplessa farsi strada sul suo volto, non potei non sorridere divertita, specialmente quando, subito dopo, rialzò lo sguardo su di me e schiuse le labbra per lasciar trapassare una risata. Lo seguii a ruota.

 

«Beh, alle quattro del mattino di un mercoledì speravi davvero di trovare qualcuno?»

«Ho trovato te»

«Ti è andata bene»

«Direi di sì, non posso negarlo»

Storsi appena le labbra in una piccola smorfia, era molto probabile che i miei zigomi si stessero arrossando, sì, arrossivo per ogni cosa, senza nemmeno volerlo, persino per cose così stupide.

 

«Non ti ho ancora chiesto come ti chiami»

Mormorò poi, forse per spezzare il silenzio che si era involontariamente creato.

 

«Amanda»

«Amanda?»

«Non va bene?»

Chiesi, un po' titubante nel vedere la sua reazione.

 

«Oh no, certo che no, è un nome molto bello»

Inclinò il viso verso il basso, forse per non far notare il sorriso, ma riuscii ad intravederlo lo stesso.

 

«Io sono Cameron»

Fece un altro tiro non appena rialzò il viso e spostò la mano al fianco, sorridendomi mentre io annuivo alla sua presentazione.

 

Solo in quel momento notai la borsa ed il trolley che teneva accanto a sé, allora interruppi qualunque cosa stesse per dire mentre il fumo particolarmente visibile fluttuava nell'aria fuoriuscendo dalla sua bocca.

 

«Non vorrei infrangere i tuoi sogni, Cameron, ma non penso che questo sia il luogo adatto per farsi una vacanza, sai?»

Notai il suo sguardo seguire la direzione del mio sui suoi bagagli, intravedendo il suo sorriso scomparire per un breve istante, poi, avendo capito a cosa mi riferivo, tornò a sorridere e rispose.

 

«Se fossi in vacanza non ci verrei da solo, non ti pare? Comunque sia no, non lo sono.

 In realtà i miei mi hanno spedito qui per un po' di casini che ho combinato..»

«Quindi sarebbe una specie di punizione, venire qui?..»

Mormorai in risposta, lasciando trapassare l'ironia difficilmente comprensibile tra le parole, per poi liberarmi in un sorriso nel sentire la sua risata leggera, seguendolo nel frattempo con lo sguardo mentre si metteva a sedere sul marciapiede cosa che feci anche io, subito dopo.

 

Mi sembrava familiare, quel ragazzo.

Quella risata l'avevo già sentita prima, solo che non riuscivo a realizzare quando e perché.

 

«Sarei dovuto restare in aeroporto, dormire lì per stanotte e farmi venire a prendere al mattino, ma mi annoiavo e volevo un'anteprima della città in cui vivrò per i prossimi mesi»

Cominciò a raccontare ed io lo ascoltai interessata, stringendomi nella felpa calda, infastidita dagli spifferi leggeri che di tanto in tanto si facevano sentire.

 

«Da dove vieni?»

«California»

«Dalla California sei venuto qui? Ti è dato di volta il cervello? Sarai stanco»

Dissi, stupefatta dalla sua risposta.

 

Capisco allontanare, ma dalla California al New Jersey è una tratta non troppo breve.

 

Non vorranno liberarsi di lui, spero?

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Capitolo 3
*** second ***


Eravamo ancora seduti sul marciapiede di fronte a casa mia e continuavamo a parlare, mi raccontò della sua giornata e del fatto che i suoi genitori avevano insistito per farlo pyartire quella stessa mattina con un volo diretto per il New Jersey, a casa di un vecchio amico di infanzia del padre, ma era riuscito a perderlo ed aveva dovuto rifare il biglietto per il primo aereo con in posto a sedere libero, che partì poche ore dopo, e così atterro qui a mezzanotte passata.

 

«Scusa se mi impiccio, ma cosa avresti combinato di tanto assurdo da doverti allontanare dai tuoi genitori?»

Fece un attimo di pausa stringendo le labbra e poggiando i gomiti sulle ginocchia piegate, abbassando per un breve istante lo sguardo sulle sue mani, prima di rispondere in tutta tranquillità.

 

«Mi sono innamorato di mia cugina, diretta..»

Era leggermente imbarazzato, gli si leggeva negli occhi.

 

Tenevo le gambe incrociate e le mani poggiate sul marciapiede, accanto ai fianchi, tenendo le braccia tese e le spalle un poco alzate mentre lo guardavo.

 

«Dici seriamente?»

Mormorai, inarcando le sopracciglia.

La sua espressione cambiò, tramutandosi in una piccola smorfia mentre prese ad annuire.

 

«Oh dio, 'innamorato', diciamo che ne ero attratto ed i miei genitori ci hanno visti mentre pomiciavamo..»

Fece spallucce alzando le spalle velocemente, per poi soffiare una piccola risata e portare una mano alla testa, accarezzandosi i capelli.

 

«Tua cugina..»

Ero rimasta bloccata, volevo ridere ma mi sembrava poco carino, quindi cercavo di trattenere il sorriso mordicchiando il labbro inferiore.

 

Notai però che lui il sorriso divertito sulle labbra l'aveva e poco dopo riprese a parlare, non dandomi il tempo di dire altro.

 

«Ma tralasciamo, è una storia noiosa e complicata, che dovrei dimenticare stando qui. Tu piuttosto che ci fai qui fuori alle quattro del mattino?»

Storsi un poco le labbra e poi presi un piccolo respiro, espirando poi una risposta alla sua domanda.

 

«Mi pare ovvio, per parlare con degli sconosciuti e farmi gli affari loro»

Mormorai ironica, lasciandomi scappare un sorriso sulle labbra che anche lui mi mostrò, per poi scoppiare entrambi in una piccola risata.

 

«No, beh, io non ho mai avuto relazioni con dei parenti, magari cugini di qualche grado, inconsapevolmente, ma non potrei assicurartelo»

Continuai, prendendolo in giro.

 

«Sì, brava, prenditi gioco di me»

Mimò un applauso avvicinando i palmi delle due mani tra loro, mentre sorrideva divertito e di tanto in tanto, tra uno sbuffo e l'altro, lasciava che trapassassero delle risate.

 

«Ammetto di averlo fatto apposta, ma hai rovinato la mia passeggiata notturna stasera»

«Credevo fossi uscita apposta per incontrare persone come me, non per camminare»

«Touché»

Mormorai, per finire, mantenendo un piccolo sorriso ed abbassando lo sguardo sulle mani che unii e sfregai tra loro per pulirle dai sassolini del marciapiede che erano rimasti attaccati alla pelle.

 

«E poi c'è Cameron, che ha una sete non misurabile ma allo stesso tempo il bisogno urgente di usare un bagno»

Rialzai lo sguardo ridendo alle sue parole, passando poi la lingua tra le labbra prima di alzarmi con decisione e mettermi davanti a lui, porgendogli le mani ed aiutandolo ad alzarsi mentre mormorai in risposta:

 

«Che coincidenza, io ho un bagno e, in teoria, dell'acqua potabile in frigo, a meno che tu non voglia bere direttamente dal water già che ci sei»

«Mhn, no, penso che dopo il bagno passerò in cucina»

Annuì, rispondendomi con tono scherzoso, esattamente come avevo fatto io, poi strinse solo una delle mie mani e si alzò, senza che lo aiutassi, lasciando subito dopo la presa - inutile aggiungerei -, sorridendomi e concludendo la frase.

 

«Usufruisco e me ne vado, giuro» disse.

 

 

Ripercorsi il breve tratto che divideva l'ingresso di casa mia alla strada e premetti i palmi di entrambe le mani contro il legno liscio della porta, così da aprirla lentamente e sentirla cigolare appena, facendo subito dei piccoli passi all'interno per poi girarmi e far segno al ragazzo di entrare e far silenzio, richiudendola lentamente e mettendo poi la sicura.

 

«Su di sopra, la prima porta che ti trovi di fronte è il bagno»

Sussurrai, sporgendo il busto verso di lui per far si che potesse sentirmi senza problemi, indicando nel frattempo le scale.

 

Alzò un pollice facendomi quindi intuire che avesse capito, poi ammiccò e si voltò per camminare verso le scale e salire ogni gradino lentamente, con i bagagli in spalla. 

Sì, anche il trolley.

 

Lo osservai per un breve istante facendo ricadere lo sguardo sulla sua figura magra oscurata dal buio che c'era all'intero, voltandomi poi per entrare in cucina ed aprire il frigo alla ricerca della bottiglia verde-acqua, afferrandola poi per estrarla dal frigo e portarla al petto, richiudendo l'anta e lasciando quindi che anche la luce all'interno si spegnesse.

 

Mi avvicinai ed aprii lentamente il piccolo mobile posizionato al di sopra del lavandino per estrarre due bicchieri, facendoli involontariamente tintinnare tra loro mentre cercavo di richiudere l'anta, accompagnandola per evitare di svegliare qualcuno con un tonfo.

 

Uscii dalla cucina e mi guardai intorno mentre mi avvicinavo in punta di piedi alla camera dei miei, così da controllare che stessero ancora dormendo, allora avvicinai l'orecchio alla porta cercando di sentire mio padre russare, cosa che fu inutile visto che quell'uomo era una banda, quando dormiva, infatti lo sentii senza avvicinarmi troppo e sospirai di sollievo.

 

Camminai velocemente verso le scale, rallentando quando iniziai a salirle, ed una volta arrivata in cima presi un respiro e guardai velocemente la porta del bagno, che però era ancora chiusa e ne approfittai per entrare in camera mia, portando con me il trolley e la borsa che aveva abbandonato lì vicino il ragazzo, per sistemarlo accanto alla porta subito dopo aver posato la bottiglia d'acqua e i bicchieri sulla scrivania, così da avere le mani libere, infine ripulii velocemente il tavolo bianco appallottolando i vestiti e lanciandoli nell'armadio.

 

Penso che sia un problema comune di tutti gli adolescenti quello della camera in disordine, legati a questo poi ci sono i genitori che ti urlano addosso tutto il giorno di sistemare, quando sono i primi che lasciano le ciabatte sotto il divano o sotto al tavolo in cucina.

Coerenti.

 

Uscii dalla stanza e mi avvicinai alla porta del bagno, che giusto in quel momento si stava aprendo, ed in quello stesso istante sentii la voce di Cameron pronunciare "hai davvero un bel-" ma lo bloccai, premendo una mano sulla sua bocca quando, sorpresa, vidi la porta della camera di mio fratello aprirsi e dei piedi strisciare verso l'esterno, allora mi fiondai sul corpo del ragazzo di fronte a me per mantenergli la bocca tappata, con una mano, e premere contro il suo petto l'altra per spingerlo nuovamente all'interno del bagno, chiudendo velocemente la porta con un piede e poggiandomi contro questa con la schiena mentre premetti le labbra una contro l'altra, facendo una piccola smorfia.

 

«C'era bisogno di traumatizzarmi così?»

Mormorò Cameron, spostando prima la mia mano verso il basso, accompagnandola con la sua.

 

Alzai lo sguardo ed incontrai il suo, notando la distanza che in tutto quel trambusto si era dimezzata tra noi, al che allontanai la mano dalla sua bocca e rilasciai la presa contro la sua maglia, che involontariamente avevo stretto tra le dita.

 

«Come spiegavo a mio fratello chi eri? A malapena lo so io..»

Sussurrai in risposta, non potendo però sentire la risposta di Cameron perché mio fratello lo batté sul tempo, mormorando il mio nome con voce assonnata.

 

«Amanda, sei tu?»

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Capitolo 4
*** third ***


«Amanda sei tu?»

 

Biascicò, in qualche modo.

Lo immaginai mentre si sfregava gli occhi con le mani, lo faceva spesso e gli si arrossavano facilmente.

 

«Sì, vai giù, ci metterò un po'»

«Solo tu puoi cagare a quest'ora»

Borbottò mentre si allontanava, sentii infatti la sua voce farsi più piccola mano a mano che si allontanava e vidi nel frattempo il viso di Cameron assumere un'espressione divertita.

 

«Cagare..»

«Non dire niente, quel bambino ha dieci anni e non è normale»

Ora scoppiò a ridere e io non potei fare altro che seguirlo a ruota, aveva una risata contagiosa e un sorriso davvero bello, non si poteva resistere.

 

Scrollai le spalle con un piccolo sospiro ed aprii la porta, poco, ma abbastanza da poter guardare all'esterno per controllare e, non vedendo nessuno, spalancai velocemente la porta senza pensarci colpendo involontariamente in testa Cameron, che nel frattempo stava per sporgersi a sua volta.

 

Mi voltai di scatto nel sentire le sue lamentele e spalancai la bocca iniziando a sussurrare "cazzo" e poi "scusa" e "mi dispiace", tante ed innumerabili volte mentre allungai le mani verso di lui posandone una sulla sua spalla ed una sulla sua mano, posizionata sulla fronte.

 

Restammo lì fermi per una manciata di minuti poi al suo "tranquilla, mi passa tra poco ma devi guidarmi tu perchè se apro gli occhi vedo puntini.."

Annuii e mormorai "sì" probabilmente tante volte quante avevo detto "scusa" poco prima, mentre gli circondai le spalle e lo accompagnai fuori dal bagno.

 

Allungò la mano libera davanti a se, tastando l'aria mentre camminava fuori dal piccolo bagno, poi lo feci girare per far si che fosse rivolto verso la porta della camera ed osservai le scale, nel frattempo, per controllare che mio fratello non apparisse all'improvviso, così premetti una mano sulla schiena del ragazzo perchè entrasse in camera mia mentre io controllavo la zona, solo che non mi ricordai di aver chiuso la porta, prima.

 

E si, si schiantò ancora di testa contro la porta perchè la mano che teneva davanti a se già l'aveva abbassata.

 

Sentendo il tonfo e la sua voce borbottare a denti stretti il mio nome mi voltai di scatto e mormorai "Merda", avvicinandomi velocemente ed aprendo la porta mentre con una mano premuta contro la sua schiena lo accompagnavo all'interno, chiudendo la porta e facendolo poi sedere sul fondo del mio letto.

 

«Hai intenzione di finirmi prima di pranzo?»

Mormorò schiudendo un occhio ed alzando lo sguardo su di me, prima che io mi girassi e mi avvicinai alla scrivania per versare l'acqua nei bicchieri e portarne uno a lui, spostandogli la mano dalla fronte per posarci il vetro fresco del bicchiere.

 

«Scusa, Cam»

«Cam?»

«Volevo dire Cameron, scusa»

«Perchè continui a scusarti?»

«Perchè mi dispiace, scusa»

«Amanda»

«Va bene, ora la smetto, scusa»

Feci una smorfia accorgendomi solo poco dopo di aver detto ancora 'scusa' ed abbassai poi lo sguardo intravvedendo il suo sorriso divertito.

 

Sentii la sua mano contro la mia, era calda e grande, allora alzai nuovamente lo sguardo e lasciai la presa del bicchiere per lasciarlo in mano sua.

 

«Mi stava congelando il cervello»

Mormorò divertito, allontanando il bicchiere opaco dalla fronte.

Mi spostai e mi sedetti accanto a lui lasciando ricadere le mani sulle cosce e spostando nel frattempo lo sguardo sulla sveglia illuminata dietro di noi.

 

Segnava le 5:19

 

Sgranai gli occhi e il ragazzo accanto a me lo notò, voltandosi a sua volta per guardare cosa aveva causato la mia reazione.

 

«Sarà meglio che vada, dovrai dormire»

Disse, facendomi così voltare nuovamente verso di lui per guardarlo ed incontrare il suo sguardo già puntato su di me.

 

«Ma tu hai dove dormire?»

«No ma, devo tornare all'aereoporto così mi faccio venire a prendere»

Annuii ed abbassai lo sguardo, facendo una piccola smorfia.

 

«Potresti restare»

«Come?»

Avevo sussurrato quelle parole quasi tra me e me e la sua domanda non mi stupì affatto.

 

Alzai lo sguardo incontrando nuovamente il suo e iniziai a gesticolare mentre parlavo, come facevo spesso, un po' impacciata.

 

«Potresti dormire qui intanto, basta che poi te ne vai prima delle nove»

Gli risposi e conclusi alzando le spalle, osservando attentamente la sua espressione che non cambiò di molto, facendosi però più pensierosa, poi alzò le spalle ed annuì.

 

«Alle otto e mezza sarò fuori di qui - alzò una mano a mezz'aria fermandola davanti alla spalla e rivolse il palmo verso di me - parola di scout»

Schiuse le labbra in un piccolo sorriso divertito mentre abbassava la mano lasciandola ricadere sulla coscia ed io mi alzai, sfilando la felpa ed avvicinandomi nel frattempo alla sedia accanto alla scrivania.

 

«Dai scout, mettiti a letto»

Mormorai con una lieve risata mentre mi rigirai verso di lui e sfilai le scarpe velocemente, così da poter poi accompagnare i pantaloni a scivolare lungo le gambe ed a scoprire nuovamente i pantaloncini neri, lasciando la tuta sulla felpa e lanciando su questa anche i calzini, che tolsi velocemente prima di correre verso il letto ed infilarmi sotto le coperte, spostandomi verso il bordo opposto per fargli più spazio.

 

In tutto questo non mi accorsi dei suoi spostamenti.

 

Stava di fronte alla finestra, dalla quale entrava ancora quella flebile luce del lampione che lo illuminava, da dietro, mentre sfilava la felpa, restando con una t-shirt blu ed i pantaloni.

 

Distolsi la direzione dello sguardo non appena alzò nuovamente il suo dalle scarpe che aveva appena tolto e si avvicinò al letto, infilandosi a sua volta sotto il lenzuolo leggero, accanto a me.

 

«Posso stare anche sul pavimento, sai?»

«Non dire sciocchezze»

Sorrisi e restai girata su un fianco, verso di lui, infilando una mano sotto al cuscino ed una sul piccolo tratto di materasso libero accanto, o meglio davanti, a me.

 

«Buonanotte, Amanda»

Sentii appena la sua voce, un po' confusa, ed il suo viso mano a mano si faceva più sfocato mentre mormoravo "Buonanotte" e i miei occhi si socchiudevano lentamente fino a chiudersi.

 

Sentivo la stanchezza della giornata addosso, ora. 

Sarà per questo che mi addormentai subito.

L'ultima cosa che vidi chiaramente furono gli occhi brillanti del ragazzo di fronte a me, che mi guardava con un sorriso appena accennato.

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Capitolo 5
*** fourth ***


Aprii lentamente gli occhi sbattendo le palpebre più volte prima di riuscire a tenerli socchiusi, mentre la luce del sole di fine estate entrava dalla finestra ed illuminava la mia stanza.

La finestra che vidi essere socchiusa ma a cui non diedi molta importanza.

Mi stiracchiai restando girata sulla schiena, allungando le braccia in parte a me e spostandole a scatti, piegandone una per avvicinare la mano al viso e sfregare gli occhi mentre con l'altra mi imbattei in un pezzo di carta, appena sopra il cuscino.

Voltai lo sguardo, quasi di scatto, cercando di aprire gli occhi ma si vedeva chiaramente che ero ancora rimbambita, presi il foglietto tra le mani e cercai di focalizzare le lettere scritte in penna.

"Grazie per ieri sera, spero di rivederti presto e, perché questo accada, ti lascio il mio numero.
Chiamami appena puoi.
Cameron"

Sorrisi automaticamente nel leggere quelle parole e subito dopo girai il viso per poter controllare l'orario sulla sveglia mentre lasciai ricadere le mani sul ventre ancora coperto dal sottile lenzuolo stropicciato.

10:03
Avevo dormito davvero poco, anzi, non avevo dormito affatto visti i miei standard, ma poco importava, avrei recuperato quella stessa sera.

Mi misi a sedere tra le coperte alzando lentamente il busto e di conseguenza il capo, in controvoglia, lasciando scivolare i capelli mossi dietro la schiena prima di inclinare lievemente il capo verso il basso ed abbassare anche lo sguardo, rileggendo il biglietto con una piccola smorfia.

Quando avrei dovuto chiamarlo?

Sbuffai.
Scelte, scelte, scelte.
Scostai le coperte dalle gambe e scesi dal letto spostandomi a piedi scalzi per la stanza alla ricerca di un paio di infradito, infilai una felpa leggera, grigia chiara e dotata di cappuccio ed infine camminai verso la porta della stanza, abbassando lo sguardo per notare così l'assenza dei bagagli di Cameron.

Sbuffai ancora.
Di prima mattina non si può fare altro, se non tirar giù qualche santo dall'empireo.
A mente, ovvio.
Le forze per parlare arrivano solo dopo pranzo.

Aprii la porta ed uscii percorrendo le scale fino al piano terra, sentii delle voci ed una porta chiudersi, ma non ci feci troppo caso poiché ero intenta a cercare di non scivolare sulle scale e cadere come un sacco di patate, come già successo più volte con quelle maledette infradito addosso, poi alzai lo sguardo e sussultai alla sua vista, facendo un balzo indietro.

Cameron stava in piedi davanti alla porta d'ingresso con il braccio di mio padre attorno alle spalle ed il trolley e la borsa in mano, mi fissava sconcertato quanto me mentre mio padre accanto a lui sorrideva a labbra spalancate così da mettere in mostra i suoi denti poco perfetti.

Deglutii, in un primo istante, pensando che ci avesse scoperti, poi quest'ipotesi svanì dalla mia mente nel ricordare il suo respiro profondo e rumoroso della sera prima, allora pensai che l'avesse trovato per strada e l'avesse portato qui per dargli una casa, per compassione, ma quello stesso pensiero fu sormontato dal fatto che Cameron aveva una casa in cui andare, una famiglia che lo ospitava, anche se io non sapevo quale fosse.
Solo che lui si aggirava nei pressi di casa mia, aveva l'indirizzo.
La casa che cercava era la mia, ma lui non ne aveva la minima idea.

Dubbi e speranze che non fosse vera nemmeno questa ipotesi furono completamente spazzate via dalle parole di mio padre.

«Amanda, ti ricordi di Cameron?»
Mormorò, guardandolo fiero dall'alto.

A quelle parole però rimasi perplessa.
Ricordi? Oh cielo, sa davvero tutto ed ora lo ammazza davanti a me.

«Cosa dovrei ricordare, esattamente?»
Tentai, mormorando quelle parole un po' titubante mentre guardavo mio padre ed ignoravo lo sguardo di Cameron puntato su di me.

«Ti ricordi Dallas, quel mio amico del campeggio?»
«Mhn, quello del liceo e del college?»
«Esatto! Ecco, questo è suo figlio, mi pareva aveste giocato insieme da piccoli qualche volta. Tesoro, non hanno mai giocato insieme?»

Mia madre apparì dal corridoio e mi girai a guardarla mentre le mie gambe tremolavano, lei annuì e mormorò
"sì amore, siamo andati al mare con loro per due anni di fila" 
Avvicinandosi nel frattempo a Cameron che ora guardai e vidi accennare un sorriso, ricambiando l'abbraccio stretto di mia madre che sottovoce gli faceva i complimenti su quanto fosse cresciuto e su come fosse diventato bello.

Abbassai lo sguardo, divertita dalla situazione.

Poi iniziai a ricordare.
Varie immagini confuse si fecero strada nella mia mente, castelli di sabbia, gridolini, risate ed un bambino pieno di crema solare che scalciava la sabbia calda nel correre verso l'acqua limpida del mare.

La sua risata mi era così familiare, ora sapevo perché.

Alzai lentamente il viso, probabilmente ora avevo un'espressione più seria perché Cameron mi guardò confuso.

«Adesso Amanda ti accompagna nella tua stanza»
Mi voltai a guardare mio padre non avendo la minima idea di quale dovesse essere 'la sua camera', mentre mi riprendevo ed ignoravo le immagini nella mia testa.

«La camera di tuo fratello, Amanda»
Schiusi le labbra mormorando un 'oh, certo' ed un 'vieni pure' mentre indietreggiavo verso le scale, facendogli segno di seguirmi con la mano.

Appena mi affiancò, dopo aver ringraziato i miei genitori, salimmo insieme le scale ed io tenni lo sguardo fisso verso queste mentre incrociai le braccia al petto.

«È la seconda volta in meno di cinque ore che faccio queste scale con il trolley in spalla»
Sussurrò, quando poco dopo arrivammo al piano superiore, dopo aver tirato un lungo sospiro, allora alzai lo sguardo e mi girai per guardarlo mentre lentamente mi avvicinavo alla camera di mio fratello.

«Non la terza?»
Quella mattina se ne era andato, doveva essere passato per forza dall'ingresso.

Osservando la sua espressione un po' divertita ed un po' imbarazzata rimasi confusa, ma non faceva altro che mormorare 'eh', allora lo incitai a spiegarsi mentre mi inchiodai davanti alla porta bianca della camera di mio fratello ed afferrai la maniglia con una mano.

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Capitolo 6
*** fifth ***


Quella sera, come tutte le sere da quando l'estate era iniziata, sarei dovuta uscire con i miei amici, Tanya mi aveva tampinata di messaggi tutto il giorno per assicurarsi che ci sarei stata nonostante fosse arrivato un nuovo ospite (di cui già le avevo raccontato tutto), perché era terrorizzata dal fatto di dover restare sola con Matthew e Paul, ma soprattutto con Matthew che era cotto ed era riuscito ad avere solo qualcosa di piccolo da lei, che non comprendeva però le parole relazione e seria.

Così mi ritrovai alle nove di sera a cercare di convincere Cameron ad uscire, o i miei genitori mi avrebbero fatto storie se non lo avessi portavo con me, in più mi trovavo bene con lui e mi sarebbe piaciuto farlo conoscere ai miei amici.
Quest'ultima scusa fa sembrare la cosa meno forzata, nonostante non lo sia neanche un po'.

«Dai Cam, alza il culo che tra poco dobbiamo andare»
Sbuffai nel momento in cui mi affacciai alla porta della mia stanza, dopo aver occupato il bagno per un'oretta, e lo trovai sdraiato sul mio letto con indosso i pantaloni del pigiama ed i calzini di spugna.

«Tu credi davvero a queste cose?»
Mormorò mentre io mi avvicinavo a lui, scocciata.

Mi stravolgeva tutti i piani averlo tra i piedi e doverlo aspettare.
Lo afferrai per un braccio e notai solo in quel momento la rivista che teneva in mano, aperta nelle pagine dell'oroscopo.

Iniziai a tirarlo verso di me portando un piede contro il bordo del letto per aiutarmi a non scivolare sotto questo, sforzandomi ed emettendo anche piccoli lamenti appena sussurrati, a denti stretti, mentre lui tranquillo leggeva ad alta voce ciò che trovava scritto sulle pagine ed io mano a mano finivo col fondo schiena sempre più vicino al pavimento, nel tentativo di farlo alzare.

«Cielo, si inventano di tutto pur di far soldi senza lavorare»
Disse in conclusione, rivolgendomi finalmente una veloce occhiata mentre io arrivai a toccare terra con il sedere e sbuffai, rilasciando la presa sul suo braccio ed incrociando le mie al petto, tenendo le gambe piegate.

Si mise a sedere sul bordo del letto ed allungò il busto in avanti per poggiare i gomiti sulle ginocchia e potersi avvicinare così al mio viso imbronciato, sorridendo divertito.

«Se può renderti felice ci stavi quasi riuscendo, la mia schiena si è spostata di un centimetro»
Alzai lo sguardo su di lui e storsi lievemente le labbra, rilassando le spalle mentre lui si alzava ed io lo seguivo con lo sguardo.

Appena vidi le sue mani davanti al mio viso le afferrai, quasi titubante, e mi aiutò a rialzarmi con molta semplicità.

Notai di sfuggita i muscoli delle sue braccia contrarsi ed un sorriso meno ampio del precedente farsi strada tra le sue guance.

«Grazie»
Mi limitai a dire questo mentre sistemavo la maglietta larga, a maniche corte, lungo i fianchi già coperti dai pantaloncini a vita alta che indossavo, e lo guardai.

Era poco più alto di me, saranno stati tre o quattro centimetri di differenza al massimo, ed i suoi capelli erano scompigliati, come del resto anche gli indumenti che aveva addosso, tra i calzini tirati in modo diverso ed una gamba mezza scoperta dal pantalone rialzato.

«Vado a vestirmi, ci vediamo giù, okay?»
Mormorò poi con disinvoltura prima di rilasciare la presa sulle mie mani e voltarsi per camminare verso la stanza di mio fratello.

Restai ferma qualche istante per poterlo guardare mentre camminava e, non appena si fermò di fronte alla porta, mi voltai per paura che si accorgesse di avere i miei occhi puntati addosso, allora afferrai una felpa bianca e la indossai, senza però allacciarla, e fu così che notai una macchia marroncina sulla tasca.

"Accidenti" sbuffai, sfilandola velocemente ed avvicinandomi poi all'armadio per cercarne un'altra da mettere al suo posto, ma non ne trovai visto che ne avevo solo due, in tutto.

Una e mezza, dovrei dire.
Una era da lavare e quest'altra ci sarebbe finita presto, anche se inutilmente visto che probabilmente quella macchia era di caffè.

Afferrai velocemente le Vans nere nascoste sotto la scrivania per poi correre fuori dalla stanza e piazzarmi davanti a quella di Cameron, avvicinando, inizialmente decisa, la mano chiusa a pugno alla porta ma poi mi fermai, ripensando a ciò che avevo intenzione di fare.

Una cosa del genere l'avrei fatta con mio fratello, se non fosse stato alto quanto un Puffo appena nato.

Mi serviva una felpa, ma chiederla a Cameron mi sembrava quasi inopportuno, dopotutto non lo conoscevo realmente, quei due anni al mare erano impossibili da ricordare con chiarezza.

Allontanai la mano lentamente e la avvicinai al viso per prendere il labbro inferiore tra il pollice e l'indice e tirarlo più volte, ma alzai di scatto lo sguardo riabbassando la mano lungo il fianco non appena la porta si aprì e Cameron inchiodò alla mia vista.

«Amanda?»
Esclamò prima che io potessi parlare.
Non sapevo effettivamente che dire, ero un po' in imbarazzo dalla situazione e nonostante avessi le labbra schiuse non spiccicai parola.

«Credevo ci dovessimo incontrare giù»
«Sì, ma..»
Finsi un colpo di tosse ed abbassai il viso, notando solo ora le scarpe che tenevo ancora in mano e che decisi di sfruttare come scusa.

«Ero indecisa se mettere queste scarpe o quelle rosse, ma penso che metterò queste, hai ragione, sono molto meglio, grazie»
Gli posai la mano libera sulla spalla per dargli due piccole pacche e sorridergli, non facendo caso alla sua espressione confusa, poi mi girai di scatto e presi a camminare velocemente fino alle scale che discesi sobbalzando leggermente ad ogni passo, per poi fermarmi sull'ultimo scalino e sedermici sopra, infilando una scarpa alla volta e legandole ai piedi.

«Allora, andiamo? Se ti servono altri consigli ti conviene chiedermi ora o tacere per sempre, pare io abbia ottimi gusti»
Mi rialzai mentre parlava e lo ascoltai con attenzione, per poi sospirare e sorridere divertita mentre lui ridacchiava con il labbro inferiore stretto tra i denti.

«No, possiamo andare»
Mormorai mentre afferrai un suo braccio con la mano e presi a camminare fino alla porta, urlando un 'Ciao' per i miei genitori rinchiusi in cucina.

Appena uscimmo ci ritrovammo Paul e Tanya a parlare e gesticolare tra di loro in fondo al vialetto.
Ci avvicinammo e si accorsero del nostro arrivo solo nel momento in cui entrambi li salutammo, allora si girarono di scatto e Tanya sobbalzò leggermente. Era sempre persa nei suoi pensieri.

«Oh, eccoti finalmente, ti ho chiamata venti minuti fa per dirti che ero qui, grazie di aver risposto»
In quel momento mi accorsi del fatto che non avevo il telefono con me, ma non mi importava in effetti.

«Scusa Ty, non succederà più»
Dissi, come se fosse una filastrocca che mi ero dovuta imparare a memoria per la scuola.

«Non mi è nuova questa frase..»
Fece una piccola smorfia e poi mi sorrise, avvicinandosi velocemente per lasciarmi un bacio sulla guancia e farmi sorridere automaticamente.

«Non ci fai conoscere il tuo amico?»
Nel sentire la voce di Christian schiusi le labbra, quasi non dimenticavo le presentazioni, allora annuii ed indicai rispettivamente i presenti, nominandoli e presentandoli tra loro.

Si sorrisero a vicenda e si salutarino mentre, amorevole come era, Tanya si avvicinò a Cameron per abbracciarlo e dargli il benvenuto.

«Non sciuparmelo che devo riportarlo a casa tutto intero o i miei mi ammazzano»
Mormorai divertita mentre presi a camminare in fianco a Paul, così da iniziare ad incamminarci per andare al bar, come solito.

«Matthew non c'è?»
Domandai, non sentendo la sua risata squillante farmi perdere l'udito.

«Ha detto che non voleva uscire, non ho indagato sul perché visto che non mi interessa»
Tanya rispose subito alla mia domanda, sottolineando il "non" alzando la tonalità della voce.

Mi girai a guardarla visto che stava alle mie spalle e cercai di trattenere un sorriso, al che guardò prima me e poi Paul - che probabilmente stava già ridendo in silenzio - e sbuffò, iniziando a lamentarsi.

«Come non detto, vi odio, accidenti a voi..»
Risi alle sue parole, ogni volta che si parlava di Matthew finivamo sempre così, ma le passava subito.

Arrivammo all'entrata del bar e notai la luce fioca dell'interno trapassare dalla piccola finestrella di vetro colorato sulla parte alta della porta, illuminando parte del marciapiede che invece era al buio, vista l'ora.

Spinsi la porta per fare qualche passo all'interno e rilassai le spalle nel sentire l'ambiente interno fresco, rispetto all'afa esterna.

Presi un respiro e mi guardai intorno.
La serata era appena cominciata, dopotutto.

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