Le Spade di Endymion - Trincee di Fuoco

di Inquisitor95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. Dantos - Mercenario ***
Capitolo 2: *** 02. Kari - Città della neve ***
Capitolo 3: *** 03. Astrid - Osservatore ***
Capitolo 4: *** 04. Dantos - Dedizione ***
Capitolo 5: *** 05. Kari - Maschere ***
Capitolo 6: *** 06. Astrid - Il Varco ***
Capitolo 7: *** 07. Dantos - Il Re dei Re ***
Capitolo 8: *** 08. Kari - Serpi in seno ***
Capitolo 9: *** 09. Astrid - Fuoco e maghi ***
Capitolo 10: *** 10. Dantos - Potere ***
Capitolo 11: *** 11. Kari - Amara verità ***
Capitolo 12: *** 12. Astrid - Fuoco che non brucia ***
Capitolo 13: *** 13. Dantos - La fitta rete ***
Capitolo 14: *** 14. Kari - Ritorno a casa ***
Capitolo 15: *** 15. Astrid - Verità ***
Capitolo 16: *** 16. Dantos - Giustizia del Re ***
Capitolo 17: *** 17. Kari - Un gioco pericoloso ***
Capitolo 18: *** 18. Astrid - La crepa nel muro ***
Capitolo 19: *** 19. Dantos - Sole scuro ***
Capitolo 20: *** 20. Kari - Debolezza ***
Capitolo 21: *** 21. Astrid - Famiglia ***
Capitolo 22: *** 22. Dantos - False accuse ***
Capitolo 23: *** 23. Kari - Inganno ***
Capitolo 24: *** 24. Astrid - Fuoco e fiamme, ghiaccio e neve ***
Capitolo 25: *** 25. Dantos - L'ultima spiaggia ***
Capitolo 26: *** 26. Kari - Frammenti ***
Capitolo 27: *** 27. Astrid - Oltre il limite ***
Capitolo 28: *** 28. Dantos - Colui che sopravvive... ***
Capitolo 29: *** 29. Kari - ...Colei che fugge... ***
Capitolo 30: *** 30. Astrid - ...Colui che saluta la morte ***



Capitolo 1
*** 01. Dantos - Mercenario ***


{Dantos}

1.

Mercenario

  

Il sole splendeva alto nel cielo, da lontano si udiva il forte suono delle campane che echeggiavano in ogni angolo della capitale del regno. Era un caldo pomeriggio e tutta la città era in festa, naturalmente l’evento più importante del mese: il principe ereditario al trono aveva finalmente compiuto diciott’anni e in base alle leggi divine poteva quindi prendere moglie e le redini del regno.

Non tutti erano però interessati alla vita politica del regno, i cittadini che abitavano la parte inferiore della capitale avevano altri pensieri al quale fare fronte, sopravvivere un giorno in più era di per sé un’impresa difficile per chi non sedeva su un trono ricamato.

Per questo, la maggior parte degli uomini, soldati o mercenari o di qualunque altra classe sociale, trovavano la pace nel fare visita alla “Grazia speziata”, una struttura dove sia uomini che donne potevano trovare sfogo ai propri piaceri carnali.

Mentre le campane continuavano a suonare, Dantos si destava dal letto dopo aver avuto modo di sfogare i propri piaceri. Aveva il fiato pesante vista la foga che aveva messo nel soddisfare il proprio corpo con la donna che riposava al suo fianco.

Il giovane uomo aveva solo venticinque anni, un fisico allenato e i muscoli del corpo erano completamente tesi dai costanti allenamenti, aveva la pelle bronzea e questo non faceva altro che risaltare la sua bellezza paragonabile a quella di una statua. Era un tratto tipico da chi veniva dal profondo sud ma era nato a Brezza Meridione a pochi giorni dalla capitale. I suoi occhi erano verdi come smeraldi, i suoi capelli biondi e corti si mischiavano alla barba che gli contornava la mascella.

Dantos si alzò dal proprio letto, incurante delle sue nudità si avvicino alla finestra spalancata, quello era uno dei più caldi pomeriggi d’estate che avesse mai vissuto la capitale.

« Te ne stai già andando? » chiese la donna che aveva lasciato alle proprie spalle, Dantos fece un mezzo sorriso voltandosi appena verso la propria compagna d’avventure.

« No, Rosa. Ho ancora un po’ di tempo prima di andare. » le rispose lui con voce calda e passionale, si volto completamente verso di lei che era adagiata tra le coperte senza preoccuparsi di mostrare al compagno il proprio corpo nudo.

Rosa era una prostituta del bordello più famoso della città, in molti avevano pensato di darle un nomignolo, Bocca di dea era quello più famoso e Dantos ne poteva dare conferma visto che ormai era un cliente abituale.

« Potremmo fare un altro giro. Sei l’unico che riesce a fare quei giochetti con la lingua proprio qua sotto… » disse lei facendo scendere le dita in mezzo alle proprie gambe.

Il ragazzo le rispose con un sorriso, era stato un lungo e intenso pomeriggio, non appena era arrivato in città aveva deposto le proprie cose ed era andato subito da Rosa, aveva dovuto pagare per stare con lei ma era ormai da un anno che non la considerava più una donna come tutte le altre. Provava qualcosa per lei.

E lei ne provava per lui, questo era certo.

« Un altro giro? » disse lui spostandosi nuovamente verso il letto, si distese al fianco della donna accarezzandole il viso e i morbidi capelli rosso fuoco. Anche lei come Dantos aveva gli occhi verdi, splendenti come i suoi capelli.

« Ti dispiacerebbe? » chiese lei con titubanza, non era solita mostrare insicurezze, ma quanto lei passava il proprio tempo con Dantos sentiva di essere diversa, perché lui la faceva sentire speciale, e non solo per la sua bravura a letto.

« No, anzi. È da un po’ che non sento il piacevole tocco di una donna. Ma questo mi costerà il doppio, lo sai no? » disse lui in risposta, non era di certo ricco e sapeva bene che le tariffe della Grazia speziata erano piuttosto dispendiose per i “secondi giri” improvvisati all’ultimo momento.

« Hai davvero avuto così tanti problemi? Con tutto questo bene degli Dei non sei riuscito a trovare una donna da soddisfare? » chiese lei maliziosamente, si morse le labbra e mentre lo faceva spostò la mano tra le gambe del compagno stringendo poi con delicatezza quello che tanto desiderava.

Dantos emise un sospiro pesante, la reazione al tocco di Rosa fu immediato e si trovò nuovamente rapito dalla passione che provava per lei, tuttavia non poteva restare così a lungo.

« Mi conosci ormai, sai che potrei restare qui almeno per un’altra ora… » disse lui spostandosi sopra di lei senza chiederne il permesso, la donna non si fece indietro e allargò le gambe in modo da far mettere comodo Dantos che poggiò il proprio corpo su quello di Rosa. « Garseo mi aspetta al molo tra mezz’ora. »

Rosa strinse le labbra gettando le braccia attorno al collo di Dantos si fece forza tirandosi verso di lui così da baciarlo, fu un bacio lento ma che il ragazzo dovette interrompere presto.

Nuovamente si mise in piedi, ignorando l’eccitazione del momento che sarebbe passata di lì a poco, si tirò su le braghe di cuoio e indossò gli scarponi allacciando i nodi.

« Resterai di più stavolta? » chiese Rosa speranzosa in una risposta positiva da parte di Dantos che fu costretto a fermarsi, si voltò verso di lei con sguardo compassionevole.

Dantos era un mercenario di un potente gruppo di assassini proveniente dalle Terre del Sol Levante, il continente ad est di Endymion, era stato reclutato quando era soltanto un bambino di dieci anni, questo perché la madre era morta dandolo alla luce, il padre era stato ucciso dai briganti che passavano per Brezza Meridione e lui si era trovato per le strade del villaggio campestre.

Quando incontrò Garseo ormai quindici anni prima, non seppe cosa si mosse in lui, forse pietà per un ragazzino. Forse voleva semplicemente un fratello minore, visto che Garseo aveva vent’anni quando lui ne aveva appena dieci. Col tempo pensò anche che Garseo volesse ben altro da lui, era noto a tutti la passione per i ragazzi del giovane capo dei mercenari.

Ma non si era mai permesso di toccarlo neanche quando avrebbe potuto, anzi, lo addestrò come un maestro, gli insegnò tutto quello che sapeva nell’arte della spada e dell’omicidio. A soli quindici anni, Dantos era diventato il migliore di tutti gli altri novizi e aveva ricevuto il suo primo incarico, uccidere un ricco mercante a Cresta del Titano nelle lontane terre ad ovest.

Era ritornato vittorioso e pieno di gloria, Dantos avrebbe ricordato per sempre l’espressione soddisfatta di Garseo.

« Non lo so, probabilmente Garseo mi manderà presto in missione. D’estate pare che ci sia una predisposizione maggior per far eliminare i propri nemici. » disse Dantos con sarcasmo constatando che era già il quinto contratto d’assassinio in pochi mesi.

Non aveva avuto molto tempo per restare a casa nella capitale, però aveva trovato del tempo per visitare Rosa e passare un pomeriggio di passione con lei.

« Spero proprio che resterai di più. Non voglio salutarti così presto, ho voglia di te ancora e ancora. » disse lei in maniera provocante, lui annuì e si alzò alla ricerca della propria camicia, la trovò infilandola nelle proprie braghe e cercando le due daghe che portava sempre con sé, le aveva chiamate Amdir e Maziof: rispettivamente i nomi della madre e del padre.

Le mise ben nascoste nella cintura che gli cingeva la vita e le coprì come meglio poteva, la guardia cittadina della capitale non vedeva di buon occhio i soggetti armati e lui non voleva di certo perdere tempo con degli stupidi cani ammaestrati.

« Ci rivedremo presto, prima che partirò per la prossima missione. Te lo giuro, mia signora. » disse lui inchinandosi a lei prendendole la mano e poggiando le sue labbra sulla pelle.

Rosa fece un sorriso arrossendo appena, quando l’uomo le lasciò la mano e si avvicinò alla porta, corse in fretta contro di lui abbracciandolo da dietro, sfregando il suo corpo contro i vestiti ruvidi di Dantos che si voltò verso di lei.

Ne osservò i seni e il corpo in tutta la sua bellezza, non le aveva mai chiesto da dove venisse, ma sicuramente era una terra nel quale sarebbe voluto morire se c’erano bellezze simili.

« Ti amo. » disse lei con un sussurro, lui non ebbe la possibilità di ribattere, Dantos sfuggì alle sue mani aprendo la porta e trovandosi nel corridoio principale del bordello nel quale c’erano almeno una decina di stanze le cui porte erano chiuse.

Si mosse verso l’androne principale con pochi passi, aveva una stazza possente per via dei muscoli ma le sue falcate erano altrettanto possenti quindi era in grado di compiere pochi metri in pochi istanti. Si trovò davanti l’ingresso che dava sulla strada, sentì il fastidioso odore di incenso che gli fece storcere il naso.

« Ci hai messo più del solito, mio amico. » un ragazzo alle proprie spalle, Dantos si voltò di scatto osservando il giovane che lo aveva chiamato, lo aveva visto spesso nel bordello, era uno dei pochi gigolò nella struttura. « Hai già pagato? »

Dantos annuì senza proferire parole, si limitò a spostarsi verso l’ingresso ignorando il ragazzo, aveva sentito che si faceva chiamare Vipera profonda, non ci teneva a sapere il perché.

« Magari vuoi divertirti anche con me, mio signore? Sono in molte le donne a parlare bene delle tue doti. » disse ancora il giovane, Dantos si fermò appena prima di uscire, scosse il viso senza voltarsi ed uscì dal bordello trovandosi per le strade di Altura Silente.

La capitale era stata costruita sulla magnifica pianura, era raro che piovesse o che il cielo fosse coperto dalle nuvole, naturalmente era estate quindi improbabile che ci fosse brutto tempo e a Dantos piaceva molto l’aria calda della città.

Le strade erano piene di gente, non solo di tutti i cittadini che nell’arco della giornata uscivano dalle proprie case, ma anche un elevato numero di guardie che pattugliavano le strade. Dantos non era molto felice di incrociare gli uomini in armatura grigia che facevano parte della guardia cittadina, se ne stavano a gironzolare aspettando di fermare una rivolta e di diventare eroi da un momento all’altro. Sapeva bene che erano degli ottimi combattenti e più di una volta si era trovato a dover scappare da loro.

Dantos si mosse per la strada che lo avrebbe portato al porto della capitale; non era un tipo molto pacifico, da molti era definito sbruffone e spocchioso, ma non era sua intenzione apparire in quel modo. La verità è che chi lo conosceva veramente lo apprezzava per la sua lealtà e la sua forza, il desiderio di proteggere gli indifesi che subivano maltrattamenti dalla guardia cittadina.

Per questo motivo più di una volta si era trovato a scontrarsi contro Karpos Painer, l’Alto-comandante della guardia reale. Era un uomo orribile al quale piaceva fare del male alle persone, non era successo spesso che i due si fossero incrociati a combattere in pubblico, questo perché attaccare una guardia della città era un crimine contro la corona.

E in un periodo come quello, la città non aveva bisogno di quel genere di problemi e scaramucce, aveva bisogno di trovare la pace che era stata tanto combattuta e meritata.

Solo quindici anni prima, il trono del Re dei Re era finalmente tornato in mano agli umani, dopo tre secoli di terrore dovuti al dominio degli elfi, la ribellione finalmente aveva portato alla vittoria degli umani nonostante sangue innocente venne versato in ogni strada di Altura Silente, era proprio a causa della guerra contro gli elfi che suo padre era morto, ucciso dai briganti in cerca di qualcosa da mangiare o dei soldi. Se solo fosse finita prima…

“Probabilmente oggi non sarei qui. E mi piace troppo il punto in cui sono arrivato combattendo.” Pensò Dantos riflettendo sul proprio passato, non avrebbe di certo conosciuto Rosa e l’idea non gli andava a genio.

Svoltò l’angolo della strada principale entrando nel complicato reticolo di strade minori e strette che portavano direttamente al molo, l’aria salmastra riempiva l’intero quartiere dando un senso di nausea per via del cattivo odore. Dantos non aveva viaggiato spesso su una nave per mare, non si sentiva a suo agio e gli veniva da vomitare.

Per questo il ragazzo si trovava meglio viaggiando per le strade del regno camminando col proprio cavallo in giro per Endymion.

Dopo aver raggiunto il punto in cui avrebbe dovuto incontrare Garseo si rese conto di essere da solo o in anticipo, attorno a lui c’erano pescatori e marinai che stavano scaricando dalle loro navi il materiale che portavano, c’erano moltissime navi ferme nella Baia nel Naufragio, una larghissima distesa di acqua dal quale si riuscivano comunque a vedere le Montagne del Gelo.

Dantos si voltò quando sentì una mano sulla propria spalla, non trovò Garseo a chiamarlo, bensì il suo migliore amico e compagno di squadra dei mercenari. « Velasco? Pensavo di dover incontrare Garseo, che ci fai qui? » chiese Dantos.

Velasco aveva la stessa età del ragazzo, anche lui aveva gli occhi verdi e dal taglio esotico che segnava chi proveniva dalle terre orientali, aveva i capelli corti e di un castano simile al legno, a confronto Velasco sarebbe potuto passare per un bambino visto il suo fisico esile e leggero che sfigurava davanti Dantos.

Si erano conosciuti proprio grazie ai mercenari, avevano cominciato insieme gli allenamenti e mentre Dantos sviluppava forza e possanza, Velasco sfruttava la propria agilità e il proprio fisico esile per colpire velocemente senza farsi vedere. Avevano condiviso molte cose, più di una volta anche la donna che avevano deciso di pagare così da dividere la spesa.

« Garseo mi ha riferito che dovevate incontrarvi qui al molo. Ha detto che ha avuto un imprevisto quindi non potrà essere presente. Spero che non ti abbia rovinato i piani del pomeriggio. » disse Velasco rispondendo alla domanda fatta dall’amico, aveva un tono di voce freddo nonostante fosse amico di Dantos.

Quasi tutti quelli che venivano dal continente orientale avevano un accento freddo. Il ragazzo sospirò rilassando la postura. « Diciamo che avrei saputo divertirmi meglio, sapendo di avere la giornata libera. » disse tranquillamente, Velasco conosceva di fama Rosa ma non aveva mai avuto il piacere di constatare la verità.

« Immagino che ne valesse la pena. Sei stato da lei, vero? Neanche il tempo di tornare a già sei andato a svuotarti! Sei un animale, Dantos. » disse Velasco scherzando e gettando un braccio intorno al collo dell’amico, ridacchiarono insieme cominciando a camminare a ritroso per uscire dai moli.

« È stato favoloso, come sempre. » disse in risposta Dantos, parlando con il suo amico cercava di non mettere in gioco i sentimenti che provava per Rosa, restava sempre sui toni scherzosi nonostante tutto quello che Velasco gli diceva.

I due ragazzi si spostarono per la parte inferiore della capitale parlando in totale tranquillità e visitando il bazar dove c’era il centro della vita della città. C’erano molte persone, erano allegre nonostante la vita nella capitale che spesso e volentieri non meritava di essere presa con la risata, Dantos più di tutti sapeva che la maggior parte dei cittadini vivevano una costante crisi economica, molti non riuscivano ad arrivare a fine mese per sfamare le loro famiglie ed erano costretti a fare cose orribili.

Dantos avrebbe tanto voluto fare qualcosa per tutti loro, ma tutto questo spettava a chi stava alle alte cariche; la famiglia Grimalder da sempre aveva indossato la Corona Splendente, uno dei più antichissimi manufatti che indossava solamente il Re dei Re che governava l’intera Endymion che si diceva avesse il potere di controllare l’energia del sole stesso.

Tuttavia nell’anno 40 AD scoppiò la guerra contro gli elfi, le creature dei boschi attaccarono gli umani che per loro erano stati degli alleati in passato e li avevano conquistati, dall’effettiva dominio degli elfi erano passati ben 330 anni. La capitale era quindi uscita devastata dalla spesa della guerra.

Una volta ripresa la capitale, i Grimalder tornarono in città pretendendo di governare, ma la loro regale Casata ormai valeva poco quindi avevano combinato un matrimonio con Casa Lucarhis affinché in qualche modo la capitale si riprendesse.

A distanza di alcuni anni tutto quello che era stato progettato era finalmente divenuto realtà, il matrimonio combinato del principe Drustan Grimalder con Nynniew Lucarhis aveva avuto luogo proprio in quel giorno e la città ne era quindi in festa.

« Credi davvero che ci sarà la pace finalmente? Voglio dire, hai visto com’è stata la capitale in questi anni. » chiese Velasco interrompendo i pensieri di Dantos dopo pochi istanti, il ragazzo aveva appena comprato un sacco di mele da un venditore al bazar.

Dantos fece spallucce. « I Grimalder hanno governato con saggezza, ma se non sbaglio più di una volta si sono sposati tra fratelli e sorelle per mantenere loro il regno. Questo è da pervertiti persino per uno come me. » disse a mo’ di battuta. « E per quanto riguarda i Lucarhis, è risaputo che siano delle carogne. »

Velasco fece un mezzo sorriso, Dantos non era particolarmente interessato alla politica, non aveva mai pensato al dominio del Re dei Re essendo nato da umili origini. Tuttavia il suo amico si dimostrò interessato a parlarne. « Voglio dargli fiducia. Sicuramente questa crisi economica vedrà finalmente la fine. Inoltre è risaputo che i Lucarhis sono grandi fabbri, producono armature di titanio. »

« Questo non fa di loro bravi sovrani. » disse Dantos in risposta, questo fece zittire l’amico; svoltarono l’angolo del bazar che li avrebbe portati nella città superiore quando dovettero fermarsi in mezzo alla strada osservando le guardie cittadine.

Una piccola squadra composta da quattro guardie con armature completamente grigie di titanio avevano circondato un pover’uomo dalle vesti logore che si trovava a terra completamente insanguinato e col viso completamente deturpato per via dei colpi.

Davanti a lui si ergeva glorioso Karpos Painer: era risaputo che gli uomini provenienti da Artiglio del Drago a nord fossero molto brutali, l’Alto-comandante della guardia cittadina manteneva questa titolo con fierezza comportandosi come un mostro, era un uomo dai capelli e dagli occhi scuri, il fisico impostato e alto, ricoperto dall’involucro di titanio come i suoi soldati, ma a differenza loro indossava un lungo mantello con lo stemma dei Lucarhis, un martello verde su sfondo rosso.

Karpos Painer era feroce e crudele e questa sua forza e ostinatezza gli aveva permesso di vincere moltissime battaglie e combattimenti, l’unica volta che aveva perso era stato in una battaglia contro gli elfi e ci aveva rimesso alcuni denti che ormai erano rotti, queste rendeva il suo sorriso paragonabile e quello di un animale, sadico come pochi e malvagio sotto ogni aspetto.

« Il furto è un reato punibile, lurido pezzo di merda. Potrei limitarmi ad ucciderti dando la tua testa alla parte offesa, ma non sporcherò la terra fangosa nel quale cammini col tuo stupido sangue. Piuttosto mi prenderò le tue mani! » disse l’Alto-comandante ad alta voce affinché tutti potessero sentire la punizione inflitta all’uomo, più di una volta Dantos aveva rubato al bazar, sapeva che era sbagliato e quando lo avevano scoperto era fuggito.

Storse il naso per la situazione che poco lo convinceva quindi si avvicinò nonostante gli avvertimenti di Velasco nel non immischiarsi. « Pietà, Alto-comandante. Non ho rubato nulla, ve lo giuro sugli Dei Titani! Vi prego. » chiese supplicante il pover’uomo, Dantos era ormai arrivato oltre la folla che si era radunata attorno alla scena, le persone sussurravano insulti alla guardia cittadina ma nessuno aveva armi o voglia di agire.

Karpos Painer fece un sorriso, il suo terribile e famoso sorriso costituito da zanne, allora fece un cenno ai suoi uomini che accerchiarono l’uomo e lo misero disteso a terra tenendolo completamente immobilizzato mentre l’Alto-comandante estraeva dal fodero la propria spada e si accingeva a prendere la mira.

Dantos non poté più trattenersi. « Karpos, amico mio. Non credi che sarebbe meglio stabilire la sua colpevolezza in un giusto processo? » disse avanzando oltre la folla e tenendo le mani alzate in segno di pace, l’Alto-comandante alzò lo sguardo glaciale posandolo su Dantos e guardandolo male.

« Re Drustan non ha tempo per amministrare la giustizia per questi poveracci, o per te. Spetta quindi alla guardia cittadina amministrare l’ordine. Quest’uomo ha usato le sue mani per rubare, ora le sue mani gli verranno strappate. » rispose l’uomo, Dantos in qualunque momento era pronto per agire, attaccare la guardia cittadina con le armi era un reato ma tirare loro una mela sarebbe stato piuttosto divertente da vedere.

Inoltre cominciava a sentire il sapore della rabbia di Karpos che lo stava puntando con la spada per essersi fatto avanti a difesa del pover’uomo. « Inoltre questa faccenda e la giustizia non sono affari che ti riguardano, feccia. “Giustizia sempre fatta”! » continuò Karpos dichiarando il motto della Casa Lucarhis.

« Non c’è giustizia in quello che stai facendo, pezzo di merda! » disse Dantos in faccia all’uomo, Karpos strinse le sue labbra nascondendo i suoi denti aguzzi e cominciando a tremare di rabbia, allora agì con rapidità: piantò la propria spada nel polso sinistro del ladro steso a terra strappando di netto la mano dell’uomo che cominciò ad urlare per il dolore mentre il sangue cominciava a sgorgare sul terreno fangoso del bazar.

Dantos reagì per istinto prendendo l’intero sacco di mele che aveva comprato a colpendo Karpos con tutta la forza che aveva, naturalmente non scalfì l’armatura di titanio dell’uomo ma ottenne l’effetto che aveva sperato: « Lasciate perdere questo morto di fame, portatemi la testa di quel topo di fogna! » urlò l’Alto-comandante ai propri uomini.  Dantos allora reagì con la fuga.

Si scontrò contro la folla nel tentativo di aprirsi un varco e raggiunse Velasco che aveva già capito quali fossero le intenzioni dell’amico e stava iniziando a scappare a sua volta compiendo la strada del bazar a ritroso.

Le guardie si lanciarono all’istante all’inseguimento di Dantos che cominciò a ridacchiare per quello che aveva fatto, in cuor suo non poteva però non essere dispiaciuto per il ladro che aveva comunque perso una mano ma che almeno aveva ancora l’altra.

« Sei un idiota, lasciatelo dire! » disse Velasco al proprio amico quando finalmente seminarono le guardie cittadine. Avevano dovuto correre a lungo e alla fine erano riusciti a trovare un rifugio in una vecchia casa abbandonata e completamente nascosta nell’ombra. Erano molte le abitazioni ormai cadute in disuso nonostante la capitale contasse ancora quasi centomila abitanti.

Dantos appoggiò le proprie spalle completamente sudate alla parete, la camicia gli si era attaccata alla schiena e stava lentamente riprendendo il fiato quindi rispose all’amico. « Dovevo occupare in qualche altro modo il mio tempo e litigare con Karpos Painer è il mio hobby preferito dopo il sesso. » rispose lui.

« Qualche giorno di questi finirai per farmi uccidere per colpa tua. Ma ti giuro che se ciò accadesse ti tormenterei per l’eternità, lo giuro sugli Dei Titani. » disse Velasco in risposta alla leggerezza di Dantos, quello annuì ridacchiando.

Diede una rapida occhiata alla porta dal quale erano entrati assicurandosi che non ci fosse nessuno nei dintorni e trovò il vicolo completamente sgombro. Si voltò verso Velasco facendogli un cenno, ormai era quasi sera e le prime stelle cominciavano a trapuntare il cielo sopra Altura Silente mentre il sole calava.

« Credo possiamo uscire finalmente. Pensi che Garseo sarà finalmente disposto a ricevermi? » chiese Dantos parlando con l’amico, quello si mise nuovamente in piedi facendosi forza sulle ginocchia con le mani e si avvicinò all’amico.

« Probabile. Lo troverai al solito posto immagino. Ti accompagno, poi però me ne andrò a casa, voglio evitare di morire stanotte per causa tua! » disse lui scherzando, i due si scambiarono un cenno di intesa quindi uscirono dall’abitazione abbandonata e si spostarono lungo il vicolo stretto così da raggiungere la via principale che avrebbe condotti alla piazza della fontana.

Al centro di Altura Silente era stata costruita una gigantesca fontana durante il periodo in cui il Re dei Re era l’Imperatore elfico Aranel, il Voluttuoso, colui che aveva ricondotto la capitale sull’orlo della crisi economica che stava affrontando adesso.

A dispetto di quello che era il progetto iniziale, la fontana rappresentava elementi della natura, gli alberi e un cervo, quattro cavalli rivolti verso l’interno della fontana e una bellissima statua di dea elfica con un vaso. Il progetto iniziale era quello di costruire una fontana che rappresentasse l’imperatore elfo sopra i cadaveri di alcuni umani, la fontana quindi sarebbe stata alimentata col sangue degli oppositori anziché con l’acqua.

Ma qualcuno aveva presentato alcune modifiche all’Imperatore che le aveva trovate più di buon gusto. La piazza della fontana era il luogo in cui Garseo era solito incontrare i suoi uomini durante le prime ore dalla sera, Dantos e Velasco arrivano dalla strada ad ovest e trovarono l’uomo davanti ai loro occhi.

Garseo indossava abiti scuri, un pantalone che gli arrivava fino alle caviglie e un paio di scarpe comode di tela, anche lui aveva una camicia di lino e aveva i guanti alle mani. Era alto ma non quando Dantos, aveva una corporatura robusta per via dei muscoli e spalle possenti, aveva i capelli castani che alla luce riflettevano delle sfumature di oro, gli occhi erano dello stesso coloro del legno ma in lui c’era una luce particolare.

Non era un mistero che Garseo fosse pieno di ferite, tagli più o meno profondi che ormai erano cicatrici, nessuno era a conoscenza del suo passato o da dove venisse esattamente, ma Dantos era convinto che quando era adolescente fosse coinvolto in lotte tra umani all’ultimo sangue. Magari la sua fantasia era eccessiva.

Da un paio di mesi a questa parte, Garseo rasava completamente i capelli ai lati lasciandoli quindi lungo nella nuca e dietro in modo da farli scendere in maniera morbida lungo il collo.

« Buonasera, amici. Ho saputo che oggi al bazar avete avuto un incontro ravvicinato con la guardia cittadina. Non si è parlato d’altro per almeno un’ora. » disse Garseo con tono piuttosto distaccato, anche lui veniva dal continente orientale e l’accento era freddo.

« So bene che non approvi, ma Karpos se l’era presa con un povero innocente. Non era giusto non intervenire e permettergli di tagliargli entrambe le mani. » disse Dantos assumendosi quindi la colpa di quello che era successo, Garseo mosse i suoi occhi sul giovane e sul suo amico, gli fece un cenno e Velasco capì di essere libero di andare quindi se ne andò senza pensarci due volte.

« Se vuoi prendertela con qualcuno prenditela con me. » disse Dantos, sapeva bene però che Garseo aveva un occhio particolare per lui e che non l’avrebbe mai punito. Di fatti l’uomo gli fece un sorriso scuotendo il viso leggermente.

« Sei proprio come un animale. Difficile da tenere al guinzaglio. Ma la prossima volta che infastidirai Karpos Painer dovrò punirti in qualche modo. Non voglio problemi con la guardia cittadina. Sono stato chiaro!? » era una domanda che non ammetteva repliche ma Dantos sapeva bene che anche una risposta positiva lo avrebbe irritato. Il silenzio era la migliore risposta che gli si potesse dare.

Ci fu un lungo attimo di silenzio nel quale Garseo ebbe modo di trovare la propria soddisfazione nel rimprovero, poi parlò ancora: « Ti stai proprio divertendo eh? So che sei stato con la tua puttana oggi pomeriggio. » disse l’uomo, Dantos strinse i pugni.

« Non chiamarla così. Comunque sì sono stato con lei. »

Ancora un lungo silenzio seguì le parole di Dantos e ancora una volta fu Garseo ad interromperlo parlando direttamente del motivo per il quale aveva chiamato Dantos. « Ho un contratto per te e sono sicuro che non ti piacerà, ci facciamo un giro? » disse allungando il braccio verso la strada, il ragazzo annuì seguendo quindi il proprio capo e sentendo una morsa di preoccupazione allo stomaco.

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Capitolo 2
*** 02. Kari - Città della neve ***


{Kari}

2.

Città della neve

 

Kari aprì gli occhi ritrovandosi nella sua stanza, non si preoccupò di osservare il cielo fuori dalla finestra per capire che ore fossero, non avrebbe trovato comunque il sole visto che il cielo era coperto da nuvole anche in quelle giornate estive. La ragazza si alzò comunque dal proprio letto ricoperta dalle morbide lenzuola e una lunga veste da notte di cotone, poggiando i piedi per terra incontrò il freddo pavimento di pietra rabbrividendo.

« Mia signora, buongiorno. » disse una donna anziana entrando nella stanza attraverso la porta di legno, Kari si voltò verso la propria curatrice, nonostante fosse ormai diciottenne, aveva ancora a disposizione le cure di Amberol che per molto tempo si era occupata di lei come dei suoi fratelli prima ancora. « Avete dormito bene? » chiese la donna spostandosi verso la finestra.

Era sua intenzione chiuderla ma Kari la fermò prima che potesse farlo. « Non chiuderla, voglio assaporare l’aria del mattino. » disse mettendosi quindi in piedi e spostandosi vicino la finestra, inspirò così tanta aria da riempirsi i polmoni per poi rilassarsi.

Alla vista della ragazza, apparì la grande cittadina: Bosco Ombroso era da sempre una città molto fredda, questo a causa della sua vicinanza con la Tundra Innevata, una vasta terra ricoperta da neve e ghiaccio per miglia e miglia. D’altronde era normale visto quando la città fosse situata a nord, a centinaia di miglia della capitale Altura Silente. Il cielo era spesso grigio e tetro, le nevicate facevano coprire i tetti delle abitazioni sottostanti con alti strati di neve e trasformavano la città in una distasa di bianco.

Durante l’estate però non nevicava, l’aria era gelida ma a Kari piaceva di più il periodo invernale. « Vi prenderete un malanno se non chiudo la finestra, mia signora. » insistette la curatrice di Kari, la ragazza fu costretta a spostarsi così che la donna chiudesse le ante.

Entrambe poi si spostarono verso lo specchio del boudoir situato in un angolo della stanza, Kari si sedette e lasciò che le venissero spazzolati i lunghi capelli neri. La ragazza osservò il contorno dei propri occhi azzurri e notò un velo di occhiaie.

In effetti non aveva dormito molto bene, era preoccupata: in quanto Lord di Bosco Ombroso, suo padre, Sten della Casa Caelum aveva dovuto presenziare un importante incontro in un'altra città e aveva portato con sé il figlio maggiore, Valdis.

La Casa Caelum era una delle più antiche che avesse mai calpestato la terra di Endymion, le sue origini risalivano all’Era dell’Oscurità quando i maghi persero il controllo sulla magia ed evocarono dei potentissimi spiriti conosciuti come Cavalieri Neri. Fu una delle epoche più brutte e oscure che il mondo potesse vedere, ma grazie alla casata era stato possibile raggiungere la vittoria.

I primi fondatori della casata si stabilirono infine nelle terre del nord e fondarono Bosco Ombroso vicino la grande Foresta Silvestre, da più di cinquemila anni Casa Caelum era sempre stata la più rispettata e la più giusta, lasciando spazio all’onore ma non prima del sangue, il motto della famiglia era di fatti “Il sangue prima del sole” a significare che gli affetti e gli amori sono tutto.

Kari conosceva bene cosa significasse il motto della propria casata, era nata in una famiglia numerosa e questo rendeva ogni momento passato insieme unico e speciale, permettendo anche di rafforzare il legame col proprio gemello Synder, entrambi secondogeniti di Sten Caelum ed Helga Grimalder, lontana cugina dei sovrani di Altura Silente.

Il fratello più grande era Valdis, maggiore di cinque anni ed era il primogenito nonché erede di Bosco Ombroso, seguivano Kari e Synder e infine c’era il più piccolo, Haydu di tredici anni. Come quasi ogni altro abitante delle terre del nord, i Caelum avevano singolari tratti distintivi: capelli neri come la pece e brillanti, occhi azzurri e freddi come il ghiaccio e una tonalità di pelle simile all’alabastro. Spesso in giro si sentiva dire che i Caelum discendessero da potenti spiriti o che fossero in realtà fantasmi, ma erano solo dicerie, nessuno di loro aveva mai avuto a che fare con la magia per quanto se ne sapesse.

« Siete bellissima, mia signora. Ora è tempo di andare. » disse la donna facendole un largo sorriso dopo che le aveva fatto il bagno e le aveva fatto indossare un vestito violaceo, Kari era una delle ragazze più belle dell’intera Bosco Ombroso, aveva ereditato la sua bellezza dalla madre che proveniva dal sud. Ciò la rendeva un partito molto desiderato, ma il suo matrimonio era già stato combinato con il futuro Lord di una casata non lontana.

« Grazie, Amberol. » disse lei gentilmente, era stata truccava e i lunghi capelli erano stati raccolti in una treccia che le arrivavano poco più sopra del bacino.

Come ogni mattina, come ogni volta che usciva dalla propria stanza, trovò ad aspettarla Aedan, la sua fedele guardia del corpo. Il ragazzo aveva la stessa età del fratello maggiore e aveva dimostrato il proprio valore già molto tempo prima a Sten Caelum.

Quando Kari uscì dalla stanza lui si rivolse a lei, chinò il viso facendo un leggero inchino portandosi il pugno sinistro alla spalla destra in modo rispettoso; la giovane lady osservò quindi il cavaliere: lunghi capelli dorati adornavano il viso del ragazzo che proveniva, come la madre proveniva da Altura Silente, gli occhi verdi dal taglio deciso e tratti marcati, possenti come il suo fisico.

« Buongiorno, mia signora. » disse Aedan con tono solenne, la sua voce era molto calda, non c’erano molte voci come quella in giro, in parte le ricordava molto quella di Valdis, il fratello maggiore. Ma aveva quel tocco straniero che lo rendeva interessante.

« Buongiorno a te, Aedan. » disse lei, si  incamminò quindi lungo il corridoio del castello con la guardia subito dietro di lei come fosse un’ombra lasciando quindi la vecchia Amberol nella stanza.

Ogni figlio dei Caelum aveva una propria guardia del corpo, non che avessero nemici all’interno delle loro terre, i Caelum erano da sempre amati e rispettati per la loro gentilezza, questo perché il loro motto non si soffermava solo alla famiglia reale della casata, il popolo stesso era la famiglia.

Kari e Aedan si spostarono lungo il corridoio superando le finestre coperte da un lungo arazzo che arrivava a strisciare al pavimento, svoltarono l’angolo restando in silenzio finché la giovane non si fermò davanti la porta della stanza del fratello gemello, dove si trovava un altro cavaliere.

A guardia di Synder c’era Ingrid; affascinante sotto ogni aspetto, stava chiusa nella propria corazza di cuoio mostrando la fluente acconciatura rosso fuoco, guardò la lady avvicinarsi con i suoi occhi castani e fece un inchino molto elegante, Kari la invidiava molto per la sua delicatezza in ogni movimento anche se aveva quell’aspetto e quelle movenze che solo un soldato aveva.

« Mio fratello Synder non è ancora pronto? » chiese Kari, Ingrid non ebbe il tempo di rispondere che la porta si aprì e da essa ne uscì il proprio fratello gemello.

Uguali in tutto, a partire dai classici e distintivi tratti di famiglia fino al fisico, lui e Kari erano alti e magri, ma comunque allenati e tonici per via degli allenamenti, mentre Synder sottostava agli allenamenti che il loro padre degnava solo ai figli maschi, Kari aveva chiesto ad Aedan stesso di tenerla in allenamento correndo e facendole praticare la meditazione affinché restasse sempre concentrata. Non che ne avrebbe potuto avere bisogno, ma Kari aveva da sempre un’inclinazione allo sport.

« Avrebbe dovuto svegliarsi all’alba ma si è riaddormentato! » disse Ingrid rispondendo a Kari e parlando con sincerità, il rapporto che si era stabilito in anni di servizio presso la loro famiglia li aveva resi molto più che semplici guardie del corpo, Aedan e Ingrid così come gli altri erano amici della famiglia.

« Non sgridarmi anche tu. Ci ha già pensato la vecchia Amberol. » disse in risposta Synder usando un tono infastidito e chiaramente assonnato. Aveva già indossato la propria veste signorile che richiamava i colori del loro stemma, una spada argentata su sfondo violaceo simile al colore delle prugne.

Il viola era un colore molto importante che fin dalla creazione dello stemma era stato importante per il primo Caelum che aveva chiamato la spada come la moglie, Viola. Ecco perché il simbolo stesso era una spada, l’argento invece rappresentava la neve e il freddo gelido del nord. Questo faceva riflettere sulla perennità dei ghiacci che in almeno cinquemila anni persistevano.

« Sei un idiota! » disse Kari dando un colpo sulla spalla del fratello gemello, quello rimase di sasso e fu quello il segnale che faceva iniziare il gioco: Kari girò sui tacchi e cominciò a correre inseguita da Synder che la voleva colpire a sua volta, sia Aedan che Ingrid fecero un sospiro e si scambiarono uno sguardo, era abitudine che i due gemelli Caelum giocassero in quel modo, quindi si gettarono all’inseguimento dei loro protetti per fermarli.

Kari si dovette tenere la gonna dell’abito leggermente sollevata per impedire di cadere inciampando, Synder invece si poteva muovere con più libertà indossando una giacca e un pantalone, tuttavia la sorella era più agile grazie alle corse fatte insieme ad Aedan, ma non era all’altezza del fratello Valdis che era anche conosciuto come “Signore della Guerra” per la sua forza e maestria, non per niente guidava lui stesso l’esercito di Bosco Ombroso.

Quando i due gemelli si fermarono fu solo grazie alle loro guardie del corpo che dovette separarli in pieno litigio nell’androne principale subito dopo aver sceso le scale, i due fratelli fecero una leggera risata intervallata dai respiri pesanti.

« Sono più veloce di te! Ti sei fatto battere da una femmina. » disse Kari vantandosi col proprio fratello, quello cercò di divincolarsi dalle braccia di Ingrid che lo abbracciavano del tutto per tenerlo fermo, stessa cosa faceva Aedan con la sua lady.

« Non dovreste correre, sapete bene che se Lady Helga vi vedesse vi rimproverebbe. » disse Aedan sussurrandolo nell’orecchio di Kari, la ragazza si calmò ascoltando le parole del cavaliere che purtroppo aveva ragione: Lady Helga avrebbe detto che “i Lord non corrono, solo i cani e i cinghiali lo fanno” così come era già successo altre volte prima di quella.

Sia Kari che Synder decisero quindi di sistemarsi ed entrambi camminarono fianco a fianco spostandosi verso la sala grande nel quale avrebbero fatto colazione. Erano certi che sarebbero stati da soli visto che la madre e il fratello minore erano già svegli ed erano fuori dal castello. I quattro attraversarono la porta della sala dove si trovava un largo e robusto tavolo di legno con  alcune sedie intorno.

La loro colazione era già pronta ad aspettarli: latte riscaldato e cereali, pane morbido e delle marmellate fatte la mattina stessa. C’era anche un cesto di frutta al centro del tavolo e naturalmente le posate per poter mangiare ogni cosa singolarmente.

« Stanotte non ho proprio chiuso occhio. » disse Synder sedendosi con le spalle rivolte alle larghe finestre, a differenza dei corridoi, la sala da pranzo aveva le tende completamente tirate affinché tutta la luce esterna potesse entrare.

Kari sobbalzò alle parole del fratello gemello. « Anch’io non sono riuscita a dormire bene, pensavo di essere la sola. » disse lei cominciando a spalmare di marmellata le proprie fette di pane.

Alzò lo sguardo, anche lei era seduta con le spalle alle finestre e poco distanti da loro si erano fermati Ingrid e Aedan. Il cavaliere scambiò uno sguardo con la lady facendole un cenno d’intesa, ovviamente lei non lo aveva informato della cosa ma lui era ben disposto ad accettare il fatto che l’avesse tenuto segreto.

Tra Aedan e Kari c’era molta intesa, molto più di quella che ci sarebbe stata tra chiunque altro, non era solo la guardia del corpo, Aedan era un confidente e un amico e non mancava mai di dire la sua riguardo le preoccupazioni della lady. Kari ricordava bene di averlo visto dai primi anni in cui era al castello, allenandosi tra le reclute e dimostrando di essere uno dei più validi. Suo padre non lo avrebbe mai messe a difesa dell’unica figlia femmina se non lo avesse ritenuto all’altezza del compito.

Spesso Kari aveva notato una dolcezza particolare nei suoi confronti, non sapeva nulla della famiglia di Aedan ma era sicura che fosse figlio unico, magari lui la vedeva come la sorella minora da proteggere anche se Synder non era dello stesso parere. Il fratello gemello si avvicinò alla sorella per sussurrarle qualcosa.

« Non hai mai la sensazione che Aedan ci provi con te? Voglio dire, io trovo Ingrid molto sensuale, abbiamo la stessa età e non ci sarebbe male nel raggiungere un po’ di intimità. » disse in tono scherzoso, Kari capì lo scherzo a proprio per quel motivo gli diede un altro colpo sulla spalla facendo traballare il latte nella tazza che stringeva nella mano.

« Non è da te fare certi discorsi, Aedan è il mio cavaliere, è ovvio che lui abbia sempre un occhio di riguardo nei miei confronti, così come Ingrid ti tiene d’occhio, non credere che tutto sia diverso. » disse lei rispondendogli con finta freddezza; non era chiaro neanche a lei cosa potesse sembrare, di certo agli occhi esterni era chiaro come Aedan vivesse per servirla e proteggerla ad ogni costo mentre lei provava una profondissima stima nei suoi confronti.

« Lo chiedo direttamente a lui? » disse Synder in tono di sfida, Kari non pensava che lui l’avrebbe realmente fatto ma dall’espressione che aveva assunto non era più tanto sicura. Quando il fratello si voltò verso Aedan sentì un sussulto al cuore.

« Aedan, non trovi che mia sorella sia splendida oggi? » disse Synder con un largo sorriso tra le labbra, Kari gli tirò una gomitata al fianco e quello sobbalzò per il dolore, seguirono le risate di entrambi i fratelli ma il cavaliere rispose nonostante lo scherzo.

« Trovo che sia ogni giorno che passa sempre più bella del precedente, mio signore. » disse lui tenendo gli occhi fissi su Kari, la ragazza ricambiò lo sguardo della guardia imbarazzata visto che non si aspettava una risposta così tranquilla.

Synder sbuffò compiaciuto della risposta che era stata data. « Ignoralo, Aedan. Mio fratello è ancora un bambino, non è vero Ingrid? Tu che lo sorvegli notte e giorno confermerai. » dissi Kari cercando di spezzare la tensione che la risposta di Aedan aveva creato, si sentiva molto a disagio.

La guardia di Synder fece un mezzo sorriso. « Direi che spesso e volentieri lo sei, mio signore. » disse lei in risposta, a quel punto Synder si rese conto di avere tutti contro nel suo stesso scherzo ma non aggiunge ulteriore parole all’argomento.

« Credo che oggi andrò in città. Ho voglia di assaporare questa bellissima giornata, vieni con me, Synder? » chiese Kari quando terminò la colazione, si alzò dal proprio posto spostandosi verso Aedan che era già pronto a seguirla come un’ombra.

Il ragazzo scosse il viso. « Devo incontrarmi col maestro di spade, oggi mi tocca l’allenamento, cara sorella. Ti lascio comunque in buona compagnia. » disse nuovamente riferendosi ad Aedan; Kari non fece caso a quello che aveva detto e con un cenno alla propria guardia si congedarono insieme.

Adesso che restavano da soli Kari si sentiva più a suo agio. « Perdona Synder, lo sai com’è. Gli piace scherzare. » disse lei mentre percorreva l’androne principale e camminando verso la porta del castello che l’avrebbe condotta all’esterno.

« Nessun problema, mia signora. » disse in risposta il cavaliere, le camminava a distanza di meno di un metro restando indietro di pochi passi. « Vi ho vista imbarazzata però, mi dispiace che vi siate sentita a disagio. » disse lui continuando.

Nuovamente Kari si sentì in difficoltà, non era brava a mentire, non poteva nascondere l’imbarazzo causato dal fratello perciò strinse le labbra amareggiata. « Io e mio fratello ci vogliamo bene anche se non lo diamo a vedere, non era sua intenzione farlo. Se è questo che ti stai chiedendo. »

Aedan fece spallucce senza smettere di guardare in avanti. « Non giudico il mio signore, tuttavia non credo che per voi dovrebbe essere motivo di imbarazzo essere bella. »

Kari non era come le altre lady, si imbarazzava quando gli veniva detto che era bellissima. « Sei gentile. » si limitò a dire, davanti loro c’era il grande portone di massiccio legno al quale erano di guardia alcuni uomini che indossavano la stessa corazza di cuoio di Aedan e degli altri cavalieri personali.

Il ragazzo fece loro un cenno che annuirono a loro volta, alzarono le braccia e le porte si aprirono lentamente mosse dal meccanismo in alto nelle torri, Kari poté ritrovarsi nella scalinata di pietra che la condusse direttamente nel cortile dove si trovava la guarnigione del padre, molti soldati erano semplicemente a riposo, altri invece si allenavano in un angolo, altri camminavano.

A Kari era sempre piaciuto quell’aria di serenità e tranquillità, le guardie la facevano sentire davvero protetta, ma più di una volta li aveva invidiati con tutta se stessa: quegli uomini sapevano usare spade, giavellotti e lance, scudi e balestre. Sapevano come uccidere un uomo in combattimento mentre lei non era pronta.

Essendo la figlia femmina era destinata a ben altre attenzioni, l’arte della danza, del cucito e cosa al quale Kari non era interessata. Strinse i pugni giunti in grembo mentre osservava i soldati lottare.

« Qualcosa ti turba, mia signora? » chiese Aedan quando si accorse dello sguardo truce che aveva indossato la ragazza, Aedan l’aveva chiamata con distacco in quanto erano circondati dai soldati.

« No, Aedan. Solo stupidi pensieri. » disse lei in risposta, non ne aveva parlato con nessuno della sua voglia di imparare l’arte della guerra, era sicura che i suoi fratelli non avrebbero potuto capirla o aiutarla, e affrontare sua madre e suo padre era fuori discussione.

« Siete preoccupata per il matrimonio? » chiese Aedan insistendo.

Kari sentì un sussulto al cuore, tra gli altri motivi di preoccupazione c’era anche quello del proprio matrimonio: avendo ormai compiuto diciott’anni sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro. Essendo la figlia femmina era stata promessa in sposta come segno di alleanza e al discendente diretto di Casa Dunnstone  di Artiglio del Drago.

Era risaputo come gli uomini di quelle terre fossero completamente in balia della follia e della sete di sangue, dopo tanti anni di scontri tra le due casate, Sten Caelum era infine riuscito a concordare una pace che sarebbe durata a lungo col matrimonio dell’unica figlia che aveva, i Dunnstone aveva accettato di buongusto ma Kari non era felice di quello che l’aspettava.

Erano noti come “scopatori di porci”, Kari cercava di non dare retta alle voci che giravano sulla famiglia Dunnstone ma non erano così infondate: girava voce che le donne promesse in spose alla casata venissero maltrattate come bestiame e rese oggetto di piacere come se fossero semplici maiali. C’era anche chi diceva che ogni loro Lord aveva ingravidato almeno una volta nella sua vita un maiale, ma ovviamente questo non poteva essere vero. Così come in giro si dicesse che i Caelum erano fantasmi.

« Tu come ti sentiresti se sapessi che sei promesso sposo ad un ragazzo noto per essersi fatto ogni prostituta della città in pieno pubblico e senza pudore? Inoltre è il futuro Lord di Artiglio del Drago e la stima della sua gente si basa sulla paura. » disse Kari rispondendo finalmente alla domanda del cavaliere, non osava guardarlo ma sentiva i suoi occhi addosso mentre camminavano superando il cortile e avvicinandosi al cancello di legno.

« Non credo potrei mai sposare un uomo del genere! » disse facendo una battuta, Kari fu costretta a fermarsi e a rimproverarlo con lo sguardo, non gli piaceva scherzare quando si trattava del proprio matrimonio anche se apprezzava il tentativo di farla ridere. « Non riesco ad immaginare la vergogna. Ma devi passarci sopra, mia signora. Inoltre io verrò con te, se le voci sui Dunnstone e le loro mogli sono vere allora nulla frenerà la mia spada dal trapassarlo prima che ti faccia del male. » disse Aedan in sua difesa.

Questo la faceva sentire meglio, sapere che avrebbe avuto il suo fedele cavaliere a proteggerla rendeva la cosa più semplice ma non abbastanza. Non volle continuare a parlare dell’argomento quindi riprese a camminare lungo la via principale della città assaporando l’aria gelida del mattino di Bosco Ombroso.

La città dei Caelum era una delle città più grandi del continente, eppure a confronto con Altura Silente era poco più grande della metà della capitale. Ospitava oltre diecimila persone e ogni vita all’interno aveva voglia di mettersi in gioco per il proprio Lord e la famiglia Caelum, proprio per questo motivo quando Kari entrò nelle vie principali della città le vennero rivolti dei sorrisi dai passanti.

Lei ricambiò amichevolmente come se tutti i cittadini le fossero amici, si muoveva senza meta in giro per la città, poi decise di voler salire sui bastioni di pietra quindi si spostò verso le vie a destra con un passo sempre più spedito, essendo nell’altura di una collina la vista era meravigliosa e c’era sempre un piacevole vento fresco.

« Mio padre e mio fratello dovevano tornare in questi giorni. Abbiamo avuto notizie da parte loro? » chiese Kari al proprio cavaliere, questo aveva la risposta già pronta.

« Abbiamo ricevuto un corvo proprio ieri. Erano a meno di un giorno di distanza. Probabilmente arriveranno in mattina, mia signora. Sarai contenta di poter riabbracciare tuo padre. » le rispose il cavaliere, si sentiva più tranquilla quindi si limitò ad annuire mentre saliva le scalinate dei bastioni, naturalmente non erano soli visto che la guarnigione di guardie circolava anche sulle mura.

Lei si fermò ad un metro dalla balaustra di pietra assaporando l’aria, rilassò le spalle e liberò la mente da ogni pensieri godendosi la vista che le si presentava davanti, chilometri di terra scura si estendevano fino all’orizzonte dove compariva la linea del mare.

« Non è magnifica? L’aria qua sopra è così pulita e fresca, amo questo posto. Non credo ci sia posto più bello, eppure non riesco a togliermi dalla testa l’idea di voler visitare altri luoghi. » disse sognante la lady parlando col proprio cavaliere, quello in un primo momento rimase in silenzio.

« Io vengo da Altura Silente, mia signora. Ammetto che preferisco il clima del sud, è più caldo e meno umido, il sole splende ogni giorno e c’è tanto verde e tanto colore in giro. Sono sicuro che piacerebbe anche a te se lo potessi vedere. »

« Altura Silente. La grande capitale. La terra perduta dei Grimalder. » sussurrò la ragazza tra sé e sé ma non abbastanza piano da non farsi sentire dal cavaliere.

« È la terra di vostra madre. Vostro cugino è il Re dei Re ora che si è unito in matrimonio. Prima o poi visiterete la capitale e allora spero di essere lì a sentirmi dire che avevo ragione. » disse Aedan ridendo e scherzando, la lady lo fissò direttamente negli occhi verdi e cercò di trattenere il proprio sorriso.

« Un giorno la visiterò è vero, ma non credo amerò il verde della prateria più della neve della tundra. » disse lei annusando nuovamente l’aria, c’era un odore particolare, selvaggio e delicato, pino silvestre, intorno alle mura c’erano molti esemplari.

In lontananza Kari sentì il suono del cancello aprirsi e le voci di acclamazione al Lord della città, la ragazza si voltò verso la parete sud delle mura cercando di scrutare l’arrivo del padre e del fratello.

« Credo che i vostri familiari siano appena tornati. Volete fargli l’incontro o preferite aspettarli al castello? » chiese Aedan guardando la ragazza con sguardo sorridente, lei rispose allo sguardo non riuscendo più a stare nella pelle.

« Voglio aspettarli all’ingresso del castello. » rispose.

Scesero in fretta dai bastioni usando la stessa scalinata che aveva usato precedentemente per ritornare in mezzo alle vie della città, Kari non fece caso alle pozze di fango che pestava, le importava solo di arrivare abbastanza in tempo, sapeva che suo padre e Valdis ci avrebbero impiegato pochi minuti per cavalcare fino all’ingresso del castello quindi non poteva permettersi la calma.

Quando Sten Caelum arrivò davanti l’ingresso del castello vide i suoi soldati pronti per riceverlo, al suo fianco su un altro cavallo c’era il proprio figlio maggiore che avanzava con la stessa fierezza del padre, e proprio sull’ingresso c’era la intera famiglia.

Kari era riuscita ad arrivare giusto in tempo quando sia Synder che Haydun uscivano dal castello per incontrare il loro padre, non c’erano le loro guardie del corpo bensì un’unica donna bellissima: Helga era splendente anche se vestiva lo scuro viola della casata, i suoi capelli fluenti erano biondi e anche lei come i suoi figli aveva gli occhi azzurri anche se meno freddi, la sua pelle poi era dorata come ogni abitante della parte meridionale del continente.

Entrambi gli uomini di casa Caelum scesero dai loro cavalli fermi a pochi metri dalla scalinata del portone del castello che vennero presi in custodia dagli stallieri, poi si avvicinarono alla famiglia che si riunì in un cerchio, ognuno aspettò il proprio turno per salutare i due Caelum che erano appena tornati a casa.

Valdis era il ritratto del padre da giovane, era molto alto e con le spalle larghe e le braccia muscolose, uno strato di barba scura gli contornava il viso e le labbra mentre Lord Caelum aveva solo un paio di scuri baffi, anche fisicamente erano simili.

« Sono felice di essere tornato a casa. » disse Sten salutando prima i propri figli e poi rivolendosi alla moglie adorata, tutti potevano vedere quando i due si amassero nonostante anche il loro matrimonio era stato combinato. Non capitava spesso di innamorarsi senza conoscersi davvero, un caso raro.

« E io sono felice di vedervi nuovamente con noi. » disse Lady Helga, la sua voce era calda e dolce, nonostante fosse una donna dura era anche amorevole col proprio marito così come con i figli.

Valdis si rivolse ai propri fratelli minori scombinando loro i capelli e dandogli delle pacche sulle spalle, arrivando dalla sorella invece non esitò un istante nell’abbracciarla; per Kari fu come se la terra le si attaccasse alle gambe, salda come un albero, amava il fratello maggiore forse anche più del proprio gemello. Questo perché lui era il più grande e la coccolava.

« È bello vederti, mi assento da casa un mese e sembri completamente un’altra splendida donna. » disse Valdis salutando la ragazza con un bacio sulla guancia.

La sensazione della rasposa barba sulla propria pelle le fece provare un brivido che le passò lungo la schiena. « Grazie, sono lieta che siate tornati. Avrai tante cose da raccontarci. » disse Kari restando abbracciata a lui, i suoi occhi si mossero alle loro spalle dove Kari notò Danar muoversi dietro le spalle del proprio protetto.

Danar era una ragazza molto giovane, con i capelli corti e neri, gli occhi castani scuri che ricordavano il colore della terra di Bosco Ombroso, anche lei come ogni guardia aveva un fisico allenato e vestiva un’armatura protettiva con la propria spada al fianco. Kari l’aveva sempre vista come una presenza molto inquietante, era fredda e distaccata con chiunque che non fosse Valdis.

Più di una volta aveva creduto che il cavaliere fosse in realtà innamorata del proprio protetto, e più di una volta Kari aveva anche ritenuto giusto credere che Valdis ricambiava l’interesse.

« Non credo ti piacerebbe parlare di guerra, sorellina. Ma adesso entriamo, meglio parlarne dentro casa, ho proprio voglia di riscaldarmi per bene  ella mia stanza. » disse in risposta il fratello maggiore, sciolse l’abbraccio con la sorellina e insieme agli altri si spostò all’interno del castello.

« Prima di parlare d’altro ho ricevuto un messaggio molto importante mentre percorrevamo la Gran Via Imperiale. » disse Sten rivolgendosi alla propria famiglia, Kari non sapeva dove fossero stati ma se avevano imboccato la Gran Via Imperiale significava che erano andati molto distante da casa.

Gli occhi del Lord si posarono sulla propria figlia. « Ho ricevuto un invito ad un ballo in maschera da parte del Lord di Artiglio del Drago, ci tengono a conoscere e vedere la futura sposa del loro erede. » disse continuando a parlare con tono grave.

Kari sentì un vuoto allo stomaco, la sua reazione di stupore era visibile a chiunque nell’androne principale, si scambiò un’occhiata con Synder il fratello gemello, poi cercò aiuto nello sguardo di Aedan, il cavaliere tuttavia non aveva parola in merito.

Con grande sforzo, Kari riuscì a far un sorriso. « Non vedo l’ora di parteciparvi. » disse infine. Era chiaro a tutti i presenti che Kari non avesse realmente intenzione di partecipare al ballo, tantomeno non voleva conoscere il futuro marito. Nessuno però le replicò.

« Devo tornare un attimo in camera mia ho dimenticato una cosa, torno subito. » disse Kari continuando, si congedò dalla propria famiglia spostandosi a passo spedito verso la scala del piano superiore sentendo già le lacrime solcarle il volto.

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Capitolo 3
*** 03. Astrid - Osservatore ***


{Astrid}

3.

Osservatore
 

Le alte torri della Cattedrale marmorea apparvero all’orizzonte solo all’alba, quando la debole luce del sole ne illuminò la superficie bianca e la fece risplendere come un faro in mezzo alle colline. Un gruppo di uomini formato da cinque persone si aggirava tra le oscure tenebre della notte aspettando proprio l’alba per smontare il loro accampamento così da poter finalmente fare ritorno alla loro casa. Un tra loro si era svegliato un’ora prima degli altri affinché potesse avere il tempo di allenarsi con la spada.

Astrid era un ragazzo di soli vent’anni, aveva i capelli color nocciola così come gli occhi e aveva una tonalità di pelle piuttosto chiara, era un tratto che molti uomini provenienti dai luoghi freddi avevano nel nord di Endymion; Astrid proveniva da Rocca Ferrea, situata tra le Montagne del Gelo, poco più a nord rispetto alla capitale del reame, tuttavia la sua casa non era più quella fredda e triste cittadina. Ormai era la Cattedrale marmorea.

« Quando sono arrivato la prima volta, ero certo di poter vedere la luce che il Varco emanasse anche da qui. E invece ho trovato solo nuvole, freddo e pioggia ad aspettarmi. » disse una voce al fianco di Astrid, il giovane si voltò verso il compagno di squadra che lo aveva appena riportato alla realtà dai suoi pensieri.

« Che stupidaggine, Caius. » disse in risposta l’altro, a differenza di Caius che aveva un fisico ben allenato, Astrid era magro, aveva sufficienti muscoli per impugnare armi pesanti di ogni genere, ma era rimasto “piccolo” rispetto ai suoi compagni. Era alto, certo, ma comunque smilzo, e il suo mentore più volte gli aveva detto che il suo dono era quello dell’agilità.

« Hey vedi di non offendermi. Ero un bambino di soli dieci anni quando sono arrivato alla Cattedrale marmorea. » disse Caius sentendosi offeso dalle parole dell’amico, Astrid si voltò quindi verso di lui osservandone i dettagli del viso, l’unica parte del corpo scoperta visto che il resto era coperto da una cotta di maglia nera.

Caius aveva lo stesso colore di capelli nocciola, a differenza di Astrid però li aveva più corti ed era solito radersi la barba lasciando solo il mento con quella folta peluria. Inoltre aveva due splendenti occhi verdi che con le giornate grigie cambiavano colore.

« Io sono arrivato alla Cattedrale quando ne avevo sette. » disse Astrid ricordando le proprie origini all’amico che lo conosceva ormai da molto tempo per dimenticarsi dei dettagli. « Mio padre fu costretto a vendermi per riuscire a sfamare mia madre e il bambino che aveva in grembo. Fu costretto a farmi arruolare negli Osservatori dell’Abisso, non fu una scelta. Saremmo morti tutti. »

Gli Osservatori dell’Abisso erano un ordine antico di diverse migliaia di anni quando la magia era troppo potente per essere compresa e i Cavalieri Neri erano arrivati da una dimensione oscura, l’ordine fu costituito con l’intenzione di proteggere il Varco, una fenditura nello spazio e nel tempo che conduceva nel luogo nel quale le ombre nere erano state confinate.

« Per me fu un onore entrare nei loro ranghi, non desideravo altro. Ma capirai bene che sono io quello messo peggio: vengo da Porto del Sole, è la città più a sud che si possa immaginare in tutta Endymion. Ritrovarmi in queste terre del nord… » disse Caius lasciando in sospeso la propria frase, Astrid sbuffò infastidito dalle insinuazioni dell’amico e si voltò indietro dando le spalle alla magnifica e lontana Cattedrale.

« Non fare a gara di chi sia più disadattato. Perché vinco io. » disse il ragazzo facendo l’occhiolino al compagno di squadra, si spostò verso gli altri tre uomini che avevano ormai smontato l’intero accampamento legando le borse ai cavalli.

Due di loro erano Osservatori mandati in missione con lui, della sua squadra però aveva potuto portare con sé solo Caius, i suoi veri compagni non c’erano ma solo perché impegnati in un’altra missione; Agis, Ongor e Neferi erano fedeli amici e lui se ne fidava ciecamente, se avesse dovuto  mettere la vita nelle mani di qualcuno avrebbe scelto loro, insieme a Caius ovviamente.

« Ormai è l’alba. Possiamo riprendere la nostra missione, saremo alla Cattadrale marmorea prima di mezzogiorno. » disse Astrid impartendo l’ordine ai due, non amava dare ordini, era piuttosto insicuro quando si trattava di responsabilità. Astrid era ancora giovane ma in ogni squadra mandata in missione c’era qualcuno che doveva comandare e gli altri non avevano esperienza sufficiente per poter condurre la missione. O lui o Caius quindi.

In generale gli Osservatori erano immobili, per oltre un millennio dalla sconfitta dei Cavalieri Neri erano rimasti nella Cattedrale marmorea, generazioni di cavalieri avevano dato la propria spada e si erano votati alla difesa del Varco fino alla fine. Ma tutto era cambiato duecento anni prima quando Xenophia, l’Ammazzadraghi, aveva conquistato l’ordine minacciandone la distruzione.

L’imperatore elfico era ossessionato dalla caccia ai quattro draghi rimasti (gli ultimi probabilmente) nel continente che avevano solcato i cieli di Endymion, si pensava fosse un presagio oscuro. Ma Xenophia non aveva fatto altro che perdere tempo e la credibilità, aveva rischiato di distruggere gli Osservatori mandandoli alla ricerca dei draghi e aveva quasi fatto riaprire il Varco.

Alla fine Xenophia era stato ucciso misteriosamente, alcuni libri dicono che fosse opera del fratello, Sovelys che ne prese il posto.

« Pensi che sia davvero colpevole? » chiese Caius quando ripresero a galoppare verso la Cattedrale, il sole in costante salita finché il cielo si era totalmente tinto di azzurro.

Astrid prestò attenzione all’amico riguardo il loro prigioniero, un mago umano. « Stava scappando, potrebbe essere colpevole. » disse gettando un’occhiata alle proprie spalle, il mago era un uomo che aveva almeno il doppio dei suoi anni, aveva la bocca completamente tappata da uno straccio, le mani erano legate dietro le sue spalle e a loro volta legate al cavallo sul quale si trovava uno dei compagni.

« Sto parlando seriamente. » disse Caius ribattendo.

« Anch’io! » disse Astrid con tono freddo e affermativo. « Ti ho mai parlato di quel mago che mi aveva quasi dato fuoco? Ero ancora a Rocca Ferrea; quel giorno ero scappato dalla mano di mio padre mentre eravamo in giro per il mercato e avevo incontrato uno dei Piromani. Un mago era riuscito ad infiltrarsi nella città con l’intendo di eliminare degli innocenti. Sarei stato tra questi se mio padre non si fosse gettato in mischia per eliminare il mago. » Astrid fece una pausa lasciando che i suoi occhi rimanessero fissi all’orizzonte come se cercasse di ignorare il resto. « Subito dopo le guardie delle città riuscirono a fermarlo eliminando il pericolo, ma era troppo tardi per mio padre che aveva le braccia completamente bruciate, riuscimmo a curarlo ma perse la sua forza. »

« Avreste potuto chiedere un risarcimento, Rocca Ferrea è guidata da Casa Sigmurd; “La violenza è la nostra tempesta” o qualcosa del genere, no? Lo avrebbero premiato. » disse Caius senza essere a conoscenza di quello che era successo, Astrid non amava molto parlare di come suo padre aveva perso l’uso delle braccia, per un semplice uomo di strada le sue braccia e la sua forza sono tutto.

Suo padre aveva perso entrambe le cose ed era diventato inutile.

Da allora erano cominciati i problemi e per due anni avevano vissuto di stenti, proprio per quel motivo era stato costretto a vendere il proprio figlio maschio agli Osservatori, gli aveva anche assicurato un futuro che non fosse morire di fame.

« Non fummo mai ricevuti da Casa Sigmurd. L’Alto-comandante ci rise in faccia cacciandosi con calci e pugni. Non dimenticherò mai la crudeltà di un uomo. » fu l’ultima risposta di Astrid al proprio amico. Caius continuò a guardarlo con dolcezza.

« Per questo detesti la magia e chi ne fa uso? »

« Per questo motivo odio le persone che fanno domande sul mio passato. Non costringermi a spaccarti la faccia! » disse Astrid con tono autoritario voltandosi verso l’altro, si guardarono negli occhi ed entrambi si fecero un cenno d’intesa.

L’argomento morì lì e il gruppo rimase in silenzio finché le torri della Cattadrale non furono talmente vicine a loro da farli immergere nella loro ombra. Il cancello d’ingresso si chinò con un colpo creando un passaggio che permettere ai quattro Osservatori di camminare oltre il ponte levatoio sospeso sul fossato.

Caius si voltò verso gli altri compagni di squadra con un largo sorriso stampato in volto. « Quando avremo completato la missione intendo andare a Fossa Profonda a scoparmi qualche puttana! »

Astrid fece un mezzo sorriso non trovando la cosa particolarmente divertente, era ben differente dagli altri Osservatori, la maggior parte di loro erano “uomini” per metà, semplici animali a due zampe che erano utili solo a combattere. Caius faceva così per essere divertente e gli altri ci cascavano pienamente.

« L’unica cosa che potrai scoparti sarà la mano, Caius. » disse in risposta il ragazzo, gli altri due Osservatori trovarono più divertente Astrid che gli aveva risposto, quello rimase serio non sapendo cosa dire all’amico, in silenzio entrarono nella Cattedrale.

Un grande cortile coperto si trovava oltre il ponte levatoio all’interno del grande tempio, lì gli Osservatori lasciavano i cavalli nelle stalle, davano loro da mangiare e si toglievano il pesante mantello di pelliccia d’orso che li copriva dal freddo; si affrettavano poi ad attraversare le arcate per raggiungere la navata principale.

Quando Astrid entrò all’interno sentì il cambio di temperatura come se gli avessero appena tirato un coltello in pieno viso, dal freddo pungente al calore interno animato dalle decine di torce che rivestivano le lunghe pareti intervallate da doppie porte.

Astrid si voltò verso il tetto della navata, alto sopra la propria testa, osservò i grandi lampadari pieni di candele accese, le fineste situate ancora più in alto dove il tetto diventava spiovente, ne poté osservare l’intricato sistema di travi che serviva a reggere l’intera struttura superiore. Udì il suono delle campane delle torri.

« Bentornati, non vi aspettavo prima del tramonto. » chiese un Osservatore avvicinandosi al gruppo, Astrid per primo avanzò rivolgendosi al proprio mentore e limitandosi ad annuire.

Adalvin era un uomo dall’aspetto possente, dai capelli scuri e scombinati e dagli occhi chiari, aveva vissuto la ribellione degli umani agli elfi e persino combattuto nell’ultima battaglia per prendere la capitale durante l’assedio finale e vide Heian, l’Eremita venire giustiziato proprio nella sala del trono del castello.

La sua famiglia era una delle minori casate che servivano i Caelum di Bosco Ombroso, i Londir però avevano già un erede che avrebbe dominato su Caer Londir, la loro città. Adalvin era il secondogenito e volendo continuare a combattere aveva scelto di farlo al fianco degli Osservatori dell’Abisso, in costante lotta contro maghi e streghe in tutta Endymion.

« Ottimo lavoro, voi due scortate il mago nelle prigioni, » disse Adalvin parlando con i due alle spalle di Astrid e Caius, quelli annuirono all’ordine del comandante e scortarono via il mago lasciando quindi i due Osservatori col mentore. « immagino che non abbia confessato nulla. » chiese continuando, i suoi occhi azzurri si posarono su Astrid ignorando l’altro ragazzo.

« No, mio signore. Abbiamo cercato di interrogarlo ma era determinato ad ucciderci e a morire per la sua causa; i Piromani della luce non soffriranno per un piccolo pesce, quindi non se ne preoccuperanno. E lui è ben disposto a morire per loro. » rispose prontamente il giovane Osservatore.

Adalvin annuì ancora, avrebbe provato lui stesso ad interrogarlo durante il processo che si sarebbe però tenuto non prima dell’indomani. « Chiaro, adesso andate entrambi a lavarvi, state puzzando di capra e merda. » disse sarcasticamente lasciando i due ragazzi da soli nell’androne.

Astrid si voltò verso Caius trovandolo con un braccio alzato per metà nel tentativo di annusare il proprio corpo. « Non è poi così pessimo! » disse infine, l’altro gli fece un mezzo sorriso abbassando la testa con fare esasperato.

« Faremo meglio ad andare a lavarci prima che ci venga detto di peggio. Sinceramente ho bisogno di un bel bagno caldo, mi si è congelato il sangue a furia di dormire al freddo. Ci vediamo più tardi allora. » disse Astrid poggiando una mano sulla spalla dell’amico, i due si scambiarono un altro sguardo, consapevoli che “più tardi” sarebbe arrivato ben presto di quello che sembrava.

Astrid si trovò quindi da solo a camminare lungo il corridoio largo che fiancheggiava le armerie e le sale per l’allenamento, sentiva il suono di spade incrociarsi, il piacevole suono che lo rassicurava, tutto quello era casa sua da ormai tredici anni e per quanto potesse ammettere il contrario non gli dispiaceva.

Il profumo di incenso si miscelava all’odore acre del sudore degli uomini che combattevano, Astrid si godette ogni passo lungo il largo corridoio finché non si mise alle spalle tutto quello ed entrò nella parte residenziale della Cattedrale: gli alloggi erano situati nel lato nord, bisognava quindi attraversare l’intera struttura prima di arrivare al complesso abitativo; il ragazzo salì le scale salutando con un cenno chi lo incrociava con lo sguardo.

Era mancato solo due settimane per dare la caccia al mago dei Piromani della luce, un gruppo di fanatici maghi che professavano di servire un’entità chiamata “Fuoco divino” superiore persino agli Dei Titani, non che questo avesse molta importanza: Astrid era più preoccupato per il pericolo che i maghi rappresentavano, chi non riusciva a gestire e usare il proprio potere con parsimonia allora perdeva ogni diritto di usarlo, era solito ripetergli Adalvin.

E forse non aveva del tutto torto.

Astrid però non era così estremo, gli altri Osservatori credevano nella morte dei maghi, nella giustizia contro i deboli e gli oppressi, contro tutti quelli che avevano sofferto per via dei Cavalieri Neri. Ma quelli erano eventi accaduti ormai cinque millenni prima.

Astrid credeva nella giustizia e nel bene superiore, credeva negli Dei Titani, entità scomparse oltre diecimila anni fa quando gli uomini arrivarono ad Endymion per espandersi, ma non credeva che i maghi dovessero morire. Una volta aveva letto di alcuni Circoli, accademie nelle quali i maghi avevano studiato per secoli finché la magia non si era quasi del tutto estinta e i Circoli abbattuti.

I pensieri del ragazzo furono interrotti quando arrivò davanti la porta della propria stanza, girò la maniglia con un movimento secco entrandoci dentro e trovandola esattamente come l’aveva lasciata, in ordine e pulita, le coperte del letto completamente tirare, la vasca nell’angolo con un telo per asciugare la pelle. Dall’altro lato un armadio nel quale avrebbe riposto la propria cotta di maglia e già non vedeva l’ora di spogliarsene.

Astrid si tolse gli scarponi per prima cosa sentendo il piacevole senso di libertà ai piedi. Li gettò via non curandosi di dove sarebbero finiti, poggiò i suoi piedi sul pavimento di marmo e provò un brivido lungo tutta la schiena visto che era freddo.

Si avvicinò quindi al camino usando i tizzoni per accendere il fuoco e preparando la vasca con l’acqua gelida dalla pilozza. Dovette però interrompersi quando sentì qualcuno bussare alla porta.

« Astrid, sono io. Apri. » disse una voce maschile dall’altro lato, il ragazzo riconobbe subito il sussurro di Caius.

Si spostò quindi verso la porta sapendo quello che lo aspettava, poggiò la mano sulla maniglia esitando un solo istante, poi l’aprì di scatto dando modo di entrare a Caius; il ragazzo avanzò prepotentemente all’interno della stanza spingendo l’altro di alcuni passi indietro, poggiò una mano dietro la testa dell’amico e l’altra sul fianco e gli stampò un bacio direttamente sulle labbra, un bacio con passione che Astrid non volle rifiutare e che anzi, ricambiò con piacere visto che anche lui voleva farlo.

Era ormai da molto che quella strana relazione andava avanti, lo stesso Astrid non sapeva dire se si trattasse di semplice divertimento, se fosse qualcosa tra compagni di squadra o se ci fosse del reale interesse nei confronti l’uno dell’altro. Qualcosa che non si limitasse al sesso che facevano periodicamente.

« Non riuscivo più a resistere… » disse Caius tra un sospiro e l’altro spostando le proprie labbra al collo dell’altro giovane, la mano che aveva poggiato sul fianco si spostò lungo la schiena scivolando dentro i pantaloni e stringendo la carne che tanto desiderava. Ad Astrid gli venne strappato un gemito con quel semplice gesto, sentendo già il cavallo tirare per l’eccitazione.

« Ne avevo voglia anch’io! » disse in risposta, più di una volta si era chiesto se fosse normale quello che facevano, non c’erano ragazze o cavalieri donna tra gli Osservatori dell’Abisso, era un ordine composto da soli uomini, c’è chi aveva moglie, chi aveva tante amanti, chi andava nei bordelli.

Astrid però non aveva mai sentito quella necessità, forse perché era ancora molto giovane, ma fin dall’adolescenza non sentiva quel genere di bisogno arrivando a credere di essere asessuato. Fu dopo una notte passata ad ubriacarsi che lui e Caius cominciarono quella strana relazione, nessuno dei due voleva parlare di sentimenti, ma era chiaro ad entrambi che l’altro provava qualcosa.

« Cos’è che dicevi prima? » disse Caius mordicchiando il collo di Astrid, il quale aveva iniziato a sua volta a toccare il corpo dell’amico, la sua mano era scesa dal petto fino a dentro la corazza, andando a tastare l’intimità tra le gambe dell’altro. « L’unica cosa che avrei scopato sarebbe stata la mia mano!? » continuò venendo interrotto da un altro gemito, anche lui in preda all’eccitazione.

« Non ho mai specificato che fosse la tua!  » rispose prontamente Astrid, aveva imparato a rispondere all’amico con quella malizia che lo faceva impazzire. « Però non credo possiamo andare oltre per oggi. Ho davvero bisogno di un lungo bagno! »

Caius alzò un sopracciglio con una luce di interesse negli occhi e fece un mezzo sorriso al compagno. « Potrei lavarti la schiena. Ci entriamo in due nella vasca… » le sue mani continuavano a toccare con vigore il corpo di Astrid che avrebbe tanto voluto dirgli di sì, ma essendo ancora giorno non era prudente.

« No, sai perfettamente come la penso. C’è la possibilità che qualcuno possa scoprirci. » rispose Astrid mordendosi le labbra per resistere alla tentazione, Caius capì quindi l’intenzione dell’altro e si fermò nonostante l’evidente protuberanza nei pantaloni.

Giacere con un uomo era proibito dal Libro dei Titani scritto oltre diecimila anni fa, quando l’uomo sconfisse i Titani, un’antica razza di potenti creature insieme agli elfi, nani e ai silfi. Venivano chiamati “flagelli” per simboleggiare l’orrendo atto compiuto. Se qualcuno all’interno della Cattedrale marmorea avesse scoperto che Astrid e Caius erano  flagelli ne avrebbero di certo fatto un dramma, avrebbero anche potuto giustiziarli.

« Va bene, hai ragione. Come sempre. Mi sa che dovrò farmela da solo. Mi avrai sulla coscienza, sai che dicono che faccia male farsi le cose da solo? Se domani sarò morto, sai che la colpa è unicamente tua. » disse Caius continuando a scherzare, dispiaciuto per non aver potuto fare qualcosa ma comunque tranquillo.

Astrid però non voleva del tutto deluderlo, specie perché era certo di avere più voglia dell’altro. « Stanotte rimedierò al mio rifiuto di adesso. » disse infine, fece un mezzo sorriso all’altro che ricambiò notevolmente sollevato.

« Ci conto. Ci vediamo per cena. » disse il ragazzo uscendo dalla porta, Astrid rimase nuovamente solo in camera quindi si tolse l’armatura buttandosi nella vasca e rilassandosi lasciando che il tempo si mischiasse con la sensazione di pace che lo attraversò.

Quando ebbe finito si vestì con abiti più leggeri della corazza ma comunque fatti di cuoio, il freddo non era estremamente rigido nonostante la Cattedrale fosse situata quasi all’esterno del continente. Sopra di loro c’erano solo le lande di ghiaccio, terre che si estendevano per migliaia di chilometri.

Nessuno era mai stato oltre la landa di ghiaccio, alcuni pensavano che il mondo sarebbe finito e chiunque fosse stato così folle da attraversare l’intera landa sarebbe arrivato ai confin e caduto oltre.

Astrid però non poteva creare che il mondo fosse limitato solo a Endymion, ne era la prova il continente ad est del Sol Levante, la terra dei draconiani, o le terre aride dell’ovest oltre il Mare Possente, luogo da dove vennero gli orchi.

Un altro suono distrasse Astrid, era seduto davanti la propria scrivania lucidando e pulendo le proprie armi quando dalla finestra venne il suono di un colpo, qualcosa che graffiava e che tornava a battere come se stesse bussando. Il ragazzo si alzò dalla sedia per vedere di cosa si trattasse e con sua meraviglia vide un piccolo gatto dal pelo grigio e bianco e dagli occhi azzurri.

« Oh finalmente ti fai vedere? Pensavo che ti avessero cucinato e dato in pasto ai cani! » disse Astrid aprendo la finestra e lasciando entrare il gatto che comincio a strusciarsi attorno alle gambe del ragazzo, alzò il viso verso l’alto e miagolò. « Non ho cibo da darti. Sono tornato adesso e non ho ancora potuto prendere nulla dalle cucine. Ma forse ho del pane vecchio con me… »

Si spostò verso la propria sacca notando che non aveva più scorte di mangiare, scosse il viso tornando a guardare il gatto che lo fissava con il viso inclinato da un lato tornando a miagolare.

« Mi spiace ma non ho nulla. Torna più tardi, magari riesco a portarti qualcosa dalla cena. » disse Astrid, non era certo che il gatto lo capisse ma incredibilmente quello sembrò intuire cosa gli fosse stato detto quindi si spostò velocemente in un angolo della stanza appallottolandosi e nascondendosi nell’ombra.

Più tardi Astrid scese per la cena nella sala grande, si sedette vicino Caius e i suoi amici: Agis, Ongor e Neferi venivano da tre città differenti l’una dall’altro, il primo veniva da Bastione Rugiada nell’estremo ovest, le cosiddette terre pluviali, aveva quindi un aspetto più esotico, capelli ricci e rossi e occhi chiari; il secondo veniva da Selenia, un piccolo villaggio nella Piana dei Sussurri situata al centro del continente, aveva l’aspetto più comune di chiunque altro all’interno della sala visto che aveva capelli e occhi castani scuri, ma si distingueva comunque per la stazza notevolmente superiore a quella degli altri quattro. Infine c’era Neferi che venendo dai deserti del sud aveva la pelle molto scura, teneva la testa rasata e aveva occhi neri.

Tutti avevano più o meno lo stesso fisico allenato di Caius, Astrid era il solo e uno dei pochi ad avere un fisico più agile e snello, Ongor poteva sembrare il padre di tutti loro visto quanto fosse muscoloso, inoltre la folta barba gli dava un tocco più maturo.

« Domani si terrà il processo del mago, vero? » chiese Agis, i suoi occhi chiari incrociarono quelli di Astrid, la sua voce era neutra, calmo come pochi ma letale. Era in grado di mettere a proprio agio le persone che cui parlava, per questo scherzavano molto con il suo nome. Astrid annuì con forza.

« Sì, probabilmente verrà dichiarato colpevole. Il mago non si è fatto problemi a dirci che collaborava con i Piromani, ma sarà impossibile estrarre delle informazioni. E la tortura va contro i nostri principi e il nostro Credo. » continuò Caius.

Stavolta fu Ongod a replicare, aveva una voce grossa e pesante nonostante fosse di pochi anni più grande di Astrid. « Si fotta il Credo, è una stupidaggine; come pensiamo che le persone possano parlare se non diamo loro un incentivo per farlo? »

« La tortura è una cosa brutale. Non saremmo tanto diversi dai sovrani che disprezziamo. Per Casa Sigmurd la tortura è un passatempo, più che un modo per estrarre informazioni, sono temuti e odiati da tutti. Questo non può accadere anche a noi. » disse Astrid in risposta all’amico, sentì Caius cominciare ad agitare il piede velocemente, il ragazzo si voltò quindi a destra osservando l’amico in grave difficoltà, sudava persino come se si sentisse male.

« Essere temuti non è così male. Gli Osservatori dell’Abisso sono stati costretti a giurare fedeltà all’Imperatore Xenophia, l’Ammazzadraghi quando decise di conquistare le terre più a nord. Questo ci ha fatto apparire deboli e nessuno voleva più unirsi al nostro ordine per non sembrare un diretto alleato degli elfi. » disse Neferi intromettendosi nell’argomento, la sua tesi era corretta, pensò Astrid, ma proprio perché erano tanto temuti il loro numero era sceso drasticamente, prima si poteva contare su un esercito di mille uomini, in quei giorni invece se ne contavano poco meno di novanta, le reclute erano poche e le perdite troppe.

« Sta di fatto che non confesserà e verrà comunque processato per tradimento e uso delle arti oscure. Ci sarà poco trambusto e riprenderemo a proteggere il Varco nel tempo libero. » disse Astrid con un leggero sarcasmo, si voltò ancora verso Caius che si era calmato e aveva smesso di muovere il piede.

Non gli era mai piaciuto parlare di torture, Astrid era sicuro che da bambino avesse visto qualcosa che nessuno avrebbe mai voluto vedere, ma non si era mai permesso di chiedere in tutti quegli anni insieme, era la sua vita e il suo passato e nessuno glieli avrebbe rubati, inoltre Astrid rispettava la privacy altrui.

La discussione divenne più leggera, i cinque ragazzi parlano di altro in maniera spensierata fermandosi più del dovuto nella sala grande per la cena, alla fine si dovettero separare e Astrid tornò nella propria camera, quella notte sarebbe andato a letto molto tardi sapendo che Caius gli avrebbe tenuto compagnia.

Il giorno seguente Astrid e Caius si svegliarono l’uno al fianco dell’altro, completamente nudi. Il primo si alzò spostandosi verso la finestra, il cielo era completamente annuvolato. “Pioverà da un momento all’altro. Odio la pioggia! È l’unica rogna di vivere in questo posto così a nord!” penso tra sé e sé il giovane.

Più tardi, dopo essersi vestiti con la cotta di maglia nera, Astrid e Caius scesero nel cortile principale dev’era stato già preparato il patibolo per l’esecuzione, su di esso c’erano i due Osservatori che li avevano accompagnati durante la recente missione per catturare il mago che stava proprio in mezzo ai due, lentamente un quarto uomo si accingeva a salire sul patibolo.

Bradan Lucarhis era da quindici anni il capo degli Osservatori dell’Abisso, era un lontano parente dei Lucarhis di Cresta del Titano nel sud che regnavano il trono insieme ai Grimalder unendo in matrimonio i loro figli. Astrid però non era interessato alla politica o al passato dell’uomo o alla sua famiglia.

Lo ammirava per il generale che dimostrava di essere: l’Alto-comandante aveva biondi e fluenti capelli lisci, occhi azzurri come ogni membro della sua famiglia, un fisico normale ma che grazie all’armatura di piastre in titanio lo faceva sembrare notevolmente più grande e grosso. Gli mancava un orecchio, chiunque avesse avuto il coraggio di chiedergli com’era successo non aveva vissuto tanto a lungo da raccontarlo.

Ma gli Osservatori sapevano benissimo che il loro Alto-comandante aveva perso l’orecchio durante una battaglia contro la setta dei Piromani all’epoca della guerra contro gli elfi, quando gli umani avevano cercato di riprendere Altura Silente.

« Pensavo che prima lo avrebbero interrogato. » disse Caius osservando la scena da lontano insieme al proprio amico, Astrid era della stessa opinione ma lui stesso era il primo a pensare che non avrebbe portato a nulla. Era quasi certo che Bradan lo avesse già incontrato e che questo non aveva portato a nulla di utile.

« Stiamo per assistere alla sua esecuzione… »

Seguì il silenzio, Bradan estrasse la propria spada pesante dal fodero e la rivolse prima al cielo poi ne poggiò la punta sul legno del patibolo, il mago fu spinto in avanti, messo in ginocchio con la testa chi poggiava su una grossa pietra. Sarebbe stato decapitato.

« Non serviamo dei, non serviamo re. Siamo Osservatori, il nostro compito e proteggere, guidare e agire secondo un Credo che ci impone di lottare contro tutto quello che si trova al di là del Varco. L’Abisso, così come la magia devono essere controllati. » cominciò Bradan con voce solenne, il mago che era stato catturato non sembrò intimorito da quello che lo aspettava.

« Akhel di Hagòrat, in qualità di Alto-comandante degli Osservatori dell’Abisso, giudico le accuse di stregoneria oscura contro di te fondate. La condanna è quindi la pena capitale, la morte. Spero che tu possa trovare la pace in qualunque cosa tu creda ci sia dopo la morte, perché in vita non ne avresti mai avuta. » disse infine l’Alto-comandante, con un rapido movimento alzò la propria spada calandola violentemente sul collo del mago.

Astrid aveva già assistito alle condanne a morte, ma ogni volta sentiva lo stomaco rivoltarsi e aveva bisogno di vomitare, chiuse quindi gli occhi quando la testa si stacco di netto.

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Capitolo 4
*** 04. Dantos - Dedizione ***


{Dantos}

4.

Dedizione

 

Garseo era una delle persone più rispettabili di Altura Silente, l’intera capitale probabilmente conosceva il suo nome e  il suo gruppo di assassini proveniente dal Sol Levante: molti li chiamavano le “Lame dell’oscurità”, altri non sapevano neanche che il gruppo avesse un nome. A Dantos non importava come lo avrebbero chiamato, lui veniva semplicemente pagato per uccidere persone, non che questo gli desse piacere, ma era il suo lavoro.

C’erano poche cosa che infastidivano il mercenario e Garseo lo sapeva bene essendo il suo capo, le sue parole avevano quindi insinuato preoccupazione nel cuore di Dantos.

« Si tratta di un contratto pericoloso. Quindi se non vorrai accettare sarò più che d’accordo; non intendo rischiare uno dei miei uomini migliori per qualcosa del genere. » disse Garseo capendo subito la preoccupazione dell’altro.

Dantos si limitò a pensare, come se gli fosse già stato detto chi era il bersaglio, aveva un buco allo stomaco che non sarebbe passato finché non lo avesse davvero chiesto. « Chi devo uccidere? »

Con sua sorpresa, Garseo scosse il viso. « Il contratto non lo dice, viene detto che per l’assassinio ti verrà fornita una copertura falsa e che dovrai incontrare chi ti procurerà l’equipaggiamento alla taverna domani sera. » aveva usato un tono piuttosto vago e Dantos ormai conosceva bene il proprio capo.

« Falsa copertura? Non una cosa rapida e indolore? Dove mi devo infiltrare? » non gli piacevano i mezzi termini, era uno che andava dritto al sodo perché le parole perdevano di valore man mano che si accavallavano una sopra l’altra.

« Il castello. » disse infine Garseo.

Dantos fu costretto a fermarsi per l’incredulità trovandosi quindi a parlare con la nuca dell’uomo. « Chi è che vuole qualcuno morto al castello!? » non era più sicuro di voler accettare, il senso di vuoto allo stomaco si fece inspiegabilmente pesante.

« Non lo so, non vengono fatti nomi. È tutto nell’anonimato e hanno chiesto il mio uomo migliore; tuttavia non voglio perdere uno dei pezzi della mia scacchiera. Sai bene quanti in città vorrebbero distruggere le Lame dell’oscurità. » disse in risposta l’altro.

Dantos storse il naso, riprese a camminare al fianco di Garseo che lo seguì a sua volta, notò che tra le mani stringeva ancora il rotolo di carta. “Questa storia non mi piace.” Disse pensieroso a se stesso infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.

« Non vuoi rischiare me, eppure nonostante non ti fidi mi hai parlato ugualmente di questo contratto. Perché? » chiese infine Dantos, era raro che Garseo desse a qualcuno dei suoi la possibilità di scegliere se accettare o meno.

« Perché hanno promesso cento corone dorate! » disse Garseo stringendo le labbra, Dantos fece un sorriso abbassando il viso, naturalmente era una questione di soldi: con dieci corone dorate si poteva comprare un’intera fattoria completa di cavalli, mucche e pecore. Con cinquanta si poteva costruire un’intera nave da guerra che potesse portarti in qualunque angolo del continente.

« Non so nemmeno come impiegarle cinquanta corone dorate! » disse Dantos continuando a ridacchiare con amarezza, solitamente la paga che veniva offerta veniva divisa in parti uguali tra Garseo e chi compieva il contratto. Ma più di una volta il capo aveva diviso in modo che lui stesso ne ricevesse di meno.

« Sto facendo di tutto per non pensare all’aspetto economico del contratto, sai quanto io tenga ai miei uomini. Ma cento corone dorate sono tante. » disse Garseo quasi come se cercasse di discolparsi, come se lo stessero obbligando ad accettare.

« Posso leggere il messaggio? » chiese Dantos, se voleva accettare voleva assicurarsi che non ci fossero particolari clausole.

Il capo dei mercenari passò il rotolo con tranquillità alle mani dell’altro che lo aprì e cominciò a leggere.

La scrittura era molto delicata, Dantos era cresciuto nella miseria quindi faceva parte di quella parte di popolazione che non sapeva né leggere né scrivere. Tuttavia nel tempo passato insieme a Rosa aveva avuto modo di imparare a leggere, o almeno ci provava con grandi difficoltà visto che le lettere sembravano tutte uguali tra loro.

Quello che ne capì fu lo stesso che gli era stato detto: un assassinio al castello, il bersaglio sconosciuto come la mano di chi lo aveva richiesto, sicuramente qualcuno con molti soldi per potersi permettere una cifra del genere per un assassinio. Gli veniva inoltre chiesto di incontrarsi alla taverna in città per “lo scambio dell’equipaggiamento” l’indomani sera: la sua copertura.

« Sai che non pensavo che la tua Rosa sapesse leggere? La maggior parte delle troie non sa neanche parlare bene, figuriamoci scrivere o leggere. » disse Garseo con amarezza nella voce, Dantos però lo ignorò ritornandogli indietro il messaggio.

« Credo che accetterò il contratto. Domani incontrerò questa persona e deciderò al momento. » disse infine.

« Sei sicuro? Posso sempre inviare qualcun altro. » disse in risposta il capo, ma Dantos sapeva che non c’era nessuno che avesse le sue stesse capacità quindi toccava a lui.

E per quanto gli desse fastidio, i soldi erano un richiamo troppo forte per poterlo ignorare. Annuì silenziosamente e svoltò l’angolo salutando l’uomo con un cenno, per quella sera avevano finito. Probabilmente avrebbero parlato a contratto terminato, era quindi giunto il momento di ritornare a casa.

L’abitazione di Dantos non era una villa, non era la più bella casa del distretto residenziale. Era una sola grande stanza che aveva tutto quello che gli potesse essere utile: un letto, un armadio con pochi vestiti, alcuni strumenti per la cucina e una vasca da bagno. D’altronde lui non aveva bisogno di grandi lussi quindi gli bastava quel poco che aveva, anche se un giorno si era ripromesso di poter comprare una casa vera e propria.

Camminava lentamente per i vicoli di Altura Silente: di notte la capitale assumeva una luce completamente diversa, i mercati erano chiusi dai cancelli e non c’era quel piacevole vocifero del giorno; le strade inoltre erano pattugliate regolarmente da coppie di guardie cittadine. Le finestre e le porte erano chiuse per paura che qualcuno potesse entrare e rubare, persino i bordelli sembravano deserti.

La cosa migliore della notte, a detta di Dantos, era che Karpos Painer non era in giro per le strade, l’Alto-comandante della guardia cittadina tornava infatti al castello per pattugliare i corridoi interni e proteggere le due famiglie reali all’interno.

Da sempre i Grimalder avevano vissuto all’interno del castello, almeno fino al domino degli elfi quando furono costretti a nascondersi. I Lucarhis, provenienti da Cresta del Titano erano qui nella capitale per via del matrimonio della loro figlia, tra qualche settimana sarebbero infine tornati a casa propria.

Dantos entrò evitando la porta principale che faceva sempre un fastidioso cigolio quando la apriva, preferiva evitare di far rumore durante la notte. Si spostò quindi nel vicolo entrando da una delle finestre laterali accertandosi che nessuno lo vedesse, una volta che fu dentro si chiuse la finestra alle spalle nonostante fosse estate.

« Finalmente a casa… » disse tra sé e sé. Il suo stomaco brontolava per la fame visto che non mangiava dalla mattina, si mise quindi alla ricerca di quello che aveva in casa trovando poche scorte di cibo. Mancava da molto e non appena era tornato aveva voluto fare visita a Rosa dimenticandosi del resto, inoltre al mercato avrebbe dovuto fare spesa ma aveva preferito infastidire l’Alto-comandante ed era stato costretto a fuggire.

Si accontentò di un po’ di pane che gli era rimasto nonostante il sapore fosse terribile. « Domani evito di fare incazzare quello stronzo. Voglio mangiare bene per un giorno. » disse tra sé e sé, sarebbe ritornato al mercato evitando di incrociare Karpos Painer che al solito avrebbe compiuto il suo giro nel pomeriggio.

Dopo aver sbrigato le proprie commissioni e l’aver preparato un pasto decente, Dantos si era messo in programma di fare visita a Rosa nel pomeriggio, avrebbe dovuto pagare ovviamente ma gli stava bene. Tuttavia quando arrivò alla Grazia Speziata gli venne detto che Bocca di dea aveva l’intero pomeriggio impegnato e che avrebbe potuto avere una delle altre “dee” all’interno del bordello.

Ma Dantos voleva solo lei, quindi uscì di corsa dal bordello pensando alla donna, sentendo una morsa allo stomaco al pensiero di quello che stava facendo. Velasco, il suo migliore amico, più di una volta gli aveva detto di “non innamorarsi di qualcuno che vende il proprio corpo per soldi”.

“Forse Velasco ha ragione, ma io non amo Rosa. Lo capirei se fosse così, anche se le sue parole…” proprio il giorno precedente la donna gli aveva detto di amarlo e lui non aveva potuto replicare, o meglio non aveva voluto. Ma Dantos era tormentato da un altro pensiero: e se lei stesse fingendo? Lui la pagava come chiunque altro per fargli quello che gli piaceva, sentirsi amato era forse quello di cui aveva bisogno e per il quale stava pagando?

Non riuscì più a stare a sentire i propri pensieri, se ne andò quindi in giro per la città alla ricerca di Velasco, non gli avrebbe parlato dei propri problemi sentimentali, gli serviva qualcuno che lo facesse svagare e lui era il migliore in quello, andò direttamente al porto dove era sicuro di trovarlo e passò il pomeriggio in suo compagnia finché la sera non scese e il cielo si riempì di stelle.

« Devo andare, ho un appuntamento in taverna. » disse Dantos notando che la notte era scesa piuttosto velocemente, le giornate sembravano essersi accorciate nella capitale.

« In taverna? Incontri qualche bella signorina? Se ha un’amica o una sorella presentamela. Ho voglia di infilare il mio uccello in un posto pulito ogni tanto! » disse Velasco in risposta, alzò il pugno in modo da salutare l’amico che ricambiò col proprio pugno e si affrettò quindi a raggiungere la taverna in tempo.

Non aveva voglia di dirgli cosa stava realmente andando a fare, Garseo gli aveva insegnato di non rivelare a nessuno il proprio contratto, così come Velasco, anche lui seguiva quella dottrina.

Quando arrivo trovò la porta della taverna completamente spalancata così come lo erano le finestre, era normale viste le calde notti estive. La taverna era un luogo di ritrovo per chiunque avesse bisogno di qualcosa da bere per dimenticare i propri problemi, questo contemplava quindi solo un basso ceto di clienti, anche se di tanto in tanto qualcuno si presentava con un abito troppo importante per essere un semplice operaio.

Anche quella sera la taverna era piena di gente e c’era caldo, l’aria che Dantos respirava era satura di alcol e fumo ma gli piaceva, gli dava un senso di tranquillità e calma che nessun altro luogo riusciva a dargli. Si avvicinò quindi al bancone muovendosi con attenzione e cercando di capire chi volesse incontrarlo.

Una volta arrivato al banco alzò un dito per chiamare il barista che stava pulendo un boccale di birra appena lavato. « Credo che qualcuno mi stia aspettando. Magari c’è una camera secondaria o qualcosa del genere? » chiese Dantos, non aveva mai visto quel barista prima d’ora e di fatti capì subito che qualcosa puzzava.

L’uomo gli fece un cenno rapido verso sinistra e Dantos vide una piccola porta che si era appena aperta di pochi centimetri, si spostò velocemente così da entrare all’interno ma quando fu davanti la porta venne fermato da una voce maschile. « Chi sei? »

« Sono Dantos, mi manda Garseo. Gli avete mandato un messaggio… » disse senza sbilanciarsi troppo e mantenendosi sul vago, la porta a quel punto gli venne aperta e accettò l’invito.

La stanza nel quale si trovava era piccola e con una sola finestra appannata, c’era molto caldo all’interno e il ragazzo quasi si sentì soffocare vista l’assenza di una minima luce all’interno.

« Amico, dovresti utilizzare le candele o aprire un po’ la finestra. Non sarai mica allergico alla luce della luna!? » chiese sarcasticamente Dantos, la figura che gli aveva aperto la porta si spostò in modo da mettersi sotto la finestra.

Il giovane uomo non poté vederne i tratti visto che indossava un lungo mantello di seta nero, aveva anche il cappuccio e questo gli nascondeva parte del viso, la restante parte era coperta da uno scialle, sicuramente erano abiti presi dal castello vista la qualità del materiale e la lavorazione con fili d’oro intrecciati.

« E così sei il meglio che le Lame dell’oscurità possono offrire? » chiese l’interlocutore di Dantos, adesso che lo aveva davanti poteva con certezza dire che si trattava di un uomo, probabilmente avrebbe avuto la sua stessa età visto il timbro di voce.

« Qualche problema, amico? Almeno io ho avuto le palle di mostrarmi! » disse in risposta Dantos così da provocare l’altro ma quello non cedette, si limitò a portare le proprie mani congiunte dietro la schiena e tirare il petto in fuori. Di tutta risposta, il giovane mercenario incrociò le braccia al petto.

« Sono solo un emissario. Il mio compito è metterti al corrente della tua missione ed equipaggiarti di conseguenza. Dietro di te, alla tua sinistra troverai un sacco con quello che indosserai al castello. » disse la figura senza alcuna emozione nella voce, Dantos trovò strano tutto quello ma fece come gli era stato detto.

Si volse indietro, si avvicinò al sacco e cercò di prenderlo con una mano notando che era pesantissimo, non riuscì quindi a tirarlo su e incuriosito dovette sbirciare all’interno: trovò una splendente armatura grigia interamente fatta di titanio. L’armatura che indossavano i cavalieri della guardia di Altura Silente, ma lui l’avrebbe indossata all’interno del castello come falso cavaliere.

« Un’armatura di titanio? C’era scritto che il mio bersaglio era al castello. Di chi si tratta? » chiese Dantos cominciando ad avere un cattivo presentimento, chiunque sarebbe stato il bersaglio era interamente legato alla politica e a lui non interessava immischiarsi in quel genere di cose. Ma ormai era tardi per rifiutare.

« Quell’armatura ti permetterà di mimetizzarti tra gli altri cavalieri. Ti verrà data una falsa identità e un falso titolo cavallerizzo; sarai nominato come guardia del corpo di sua Maestà Re Drustan, studierai i suoi movimenti e quando ti verrà chiesto, gli infliggerai un colpo mortale uccidendolo. » disse la figura in nero sorridendo, il suo tono di voce era passato dal neutro al divertito.

Dantos si sentì il sangue gelare, aveva ucciso molte persone, sia ricchi che poveri, innocenti o mostri. Ma non gli era mai stato chiesto di assassinare un principe, una lady o persino il Re dei Re. « Uccidere Sua Maestà!? Dev’essere uno scherzo molto brutto! »

Ma la figura non si lasciò scoraggiare dalla furia e dall’incredulità di Dantos nel sentir parlare del suo bersaglio. « Non preoccuparti. Avrai tempo per abituarti all’idea. Sappi solo che quando ti verrà dato il segnale lo capirai, non parlerai con nessuno della tua missione al castello, non puoi fidarti di nessuno. Nessuna colpa verrà direttamente data a te e sarete pagati a fine contratto. »

« E se dovessi rifiutarmi di farlo? » chiese coraggiosamente Dantos. Non voleva essere un regicida, neanche per l’oro.

La figura non staccò lo sguardo dal mercenario, quasi come se in qualche modo gli stesse leggendo la mente, cosa improbabile. « Non puoi tirarti indietro adesso e nel caso in cui ci provi, o non compieresti la tua missione, ne pagherai le giuste conseguenze. »

Dantos non cadeva spesso nelle minacce dei suoi nemici, aveva sempre combattuto chiunque senza preoccuparsi delle conseguenze. Ma il tono freddo col quale era stato minacciato gli aveva fatto venire i brividi alla schiena. Non avrebbe chiesto nuovamente delle conseguenze, sicuramente non gli avrebbe risposto.

« Devi andare a prepararti. Non preoccuparti di uccidere il tuo bersaglio. Non è ancora giunto il momento, e come già stato promesso vi daremo cento corone dorate. Presentati domani all’alba al Cancello del Serpente. Ci saranno due guardie, di loro che ti manda lo Spettro Folle, ti lasceranno passare. »

Dantos annuì alle istruzioni che gli erano state date. « Mi presento direttamente con l’armatura? Mi devo in qualche modo infiltrare nel castello o deve spiegare a chiunque chi sono? » disse cercando di chiarire i punti che non lo convincevano, era quasi certo però che a pochissimi importava di una nuovo cavaliere in giro per il castello, inoltre tutte le guardie cittadine giravano con l’elmo indossato quindi era impossibile riconoscerle.

L’unico che faceva eccezione era Karpos Painer che però ne era l’Alto-comandante e quindi doveva essere riconosciuto. « Nessuno ti chiamerà con un nome diverso che non sia “hey tu”. Se dovessero chiederti il nome risponderai che sei Sir Maxwell di Porto del Sole. » disse la figura in modo serio senza dare troppo conto a quello che preoccupava il mercenario.

Dantos non era ancora convinto, ma qualunque dubbio lo affliggesse non c’era più tempo per poterlo esporre. La figura si spostò verso la porta d’ingresso e la aprì con l’intenzione di fare uscire il mercenario. « Se non c’è altro ti pregherei di uscire. La paga di verrà data a lavoro compiuto. Ci vedremo in giro per il castello. » disse la figura incappucciata.

Dantos non aveva più motivo per restare lì quindi si alzò e se ne andò col sacco sulle spalle, ogni suo movimento faceva muovere la corazza facendo parecchio rumore, tuttavia nessuno lo notò all’uscita dalla porta perché c’era molta più confusione di prima.

Se ne tornò in fretta verso la propria abitazione muovendosi per le strade secondarie e i vicoli così che nessuno avrebbe potuto vederlo con un enorme sacco con armatura alle proprie spalle. Poté tirare un sospiro di sollievo solo quando fu finalmente a casa, completamente immerso nell’oscurità e nei pensieri.

“Uccidere il Re dei Re. Non sono sicuro di poterlo fare. Anche se sarò la sua guardia del corpo e avrò molte occasioni per poterlo fare. Ma quanto mi costerà tutto questo? Mi ero ripromesso di non intromettermi nella politica, adesso ho toccato il fondo.” Penso tra sé e sé. Non aveva senso però parlarne da solo, non poteva neanche parlare con qualcun altro della sua missione.

Se quella notizia fosse stata messa in circolo sarebbe stato il primo indiziato e non sarebbe passato poco tempo affinché gli venisse mossa contro l’accusa di pianificazione ai danni del Re.

Però c’era qualcuno che lo avrebbe ascoltato senza fare troppe domande: Rosa. Uscì di casa in fretta senza preoccuparsi di quello che lasciava in casa, si mosse lungo i vicoli fino alla Grazia Speziata e quando arrivò trovò il bordello chiuso ovviamente visto che era tardi. Probabilmente la donna stava dormendo ma lui aveva bisogno di parlarle lo stesso, fece quindi il giro della struttura arrivando al cancello che dava sul giardino esterno, chiuso.

“Ovviamente. Mi toccherà scavalcarlo!” pensò guardandosi intorno, si gettò quindi sul cancello cominciando a scalarlo, piede dopo piedi arrivò in cima e si catapultò dall’altro lato atterrando poi con i piedi sul terriccio. Si acquattò contro la parete e avanzò.

Non c’era nessuno di guardia, nessun cliente e nessuna ragazza in giro, inoltre il proprietario del bordello sembrava già essere andato a letto. Dantos alzò lo sguardo verso l’alto cercando la stanza di Rosa e trovando le luci spente.

Il mercenario cominciò a scalare la parete fino ad arrivare alla giusta altezza trovando poi la finestra aperta e una sagoma tra le coperte che dormiva serenamente; atterrò all’interno della stanza, c’era stato solo il giorno prima ma si sentiva piuttosto strano.

Si avvicinò al letto e con dolcezza svegliò Rosa che però si spaventò quando sentì il tocco sulla guancia di Dantos. Quando lei aprì gli occhi vide che si trattava dell’uomo che amava e quindi si mise subito seduta portando le braccia attorno al suo collo.

« Non puoi venire qua di notte. Lo sai benissimo che è pericoloso. Se ci scoprisse il padrone rischieremmo la vita entrambi! » disse lei, era già successo che lui la venisse a trovare di notte, essendo una prostituta non aveva possibilità di incontrare uomini al di fuori del proprio lavoro, questo contemplava anche la notte.

« Non sono qui per fare sesso. Avevo bisogno di parlare con qualcuno che mi avrebbe capito e non avrebbe fatto domande… si tratta di un nuovo contratto. » disse lui, ebbe subito l’attenzione di Rosa che lo guardo seriamente senza distogliere gli occhi.

« Dimmi tutto. » disse lei.

Dantos cominciò quindi a misurare le parole cercando di non rivelarle nulla. « Mi hanno offerto un contratto, però è molto pericoloso, e va contro quello che ho sempre pensato riguardo la politica. Non posso dirti di più ma la paga è davvero tanto buona e come sai io non navigo nell’oro. »

« Secondo te la persona che devi uccidere merita davvero di morire? » chiese lei, in qualche modo aveva capito che Dantos non voleva accettare il contratto in base alla persona che doveva eliminare, lui rifletté attentamente alle sue parole.

« Penso di no. Ma non mi sono mai posto questo problema. Inoltre ormai che ci sono dentro potrei essere costretto a farlo. Mi hanno fatto intendere che potrei rischiare di più rifiutandomi di compiere l’assassinio. » disse lui continuando, a quel punto non c’era più nulla che Rosa avesse potuto dirgli e lui lo sapeva bene.

« Se non hai nulla da perdere allora fallo. » disse infine lei, la sua risposta lasciò Dantos quasi senza parole, solitamente lei era una persona ragionevole, che non dava certe sentenza senza aver prima trovato più soluzioni. Questo significava una cosa: lei stava cercando di sbarazzarsi di Dantos.

« Mi pare di capire che non puoi parlare molto. È successo qualcosa per caso? Oggi ti ho cercata ma mi hanno detto che eri impegnata tutto il pomeriggio. » chiese lui, Rosa lo guardò con i suoi occhi verdi, scrollò le spalle in maniera evasiva.

« Sono solo molto stanca. » si limitò lei, chiaramente c’era qualcosa sotto ma Dantos lo capì quindi non volle più insistere, sarebbe stata lei stessa a parlargliene se ne avesse avuto bisogno.

« Va bene, allora è giunto il momento di andare. Non so quando ci potremo vedere ancora. Non mi hanno detto di portare a termine il contratto entro una scadenza. Spero di rivederti presto. » disse il mercenario, non disse che sarebbe sempre rimasto ad Altura Silente, preferiva che la donna non sapesse della sua presenza in città.

Anche perché essendo la guardia del corpo del Re non avrebbe potuto allontanarsi un secondo dal castello quindi era come se non ci fosse. Tornò a casa a passo lento, incrociò le guardie cittadine ma quelle non avevano motivo per fermarlo quindi lo lasciarono andare tranquillamente avanti, Dantos pensò che l’indomani avrebbe indossato la loro corazza di titanio, anche se solo per copertura ma sarebbe effettivamente stato una guardia.

Era tutto molto strano per lui, ma era il lavoro.

L’indomani mattina si svegliò prima dell’alba e ovviamente la città era ancora investita dalla luce notturna, si affrettò a prepararsi indossando abiti di lino comodi, probabilmente sarebbe stato condotto là dove le guardie si cambiavano per indossare l’armatura quindi si mise il sacco alle spalle e si incamminò verso il Cancello del Serpente, l’ingresso ad est del cortile della guarnigione.

Dantos non era preoccupato, anzi, era piuttosto eccitato della cosa, era la prima volta che vedeva il grande castello della capitale, all’interno vivevano circa mille persone: tra questi mille c’erano ovviamente le due casate nobili, la Giunta Capitale e tutti coloro che servivano chiunque abitasse nel castello. Se i conti di Dantos erano esatti, almeno duecento e anche più erano le guardie di servizio.

Quando arrivò al Cancello del Serpente vide le alte mura del castello davanti ai propri occhi, il suo sguardo non riusciva a distogliersi dalla magnificenza del progetto, non ne capiva molto di architettura ma era sicuro che quelle mura potevano resistere ad un attacco davvero prolungato. D’altronde c’erano documenti storici che parlavano della durata dell’assedio al castello, prima da parte degli elfi e poi durante la ribellione degli umani.

« Gira a largo, morto di fame. Qui non si fa carità per nessun poveraccio! » gli urlò contro una delle due guardie a protezione del castello, era naturale che gli avessero urlato contro, ma Dantos non si fece intimidire, avrebbe potuto ucciderli facilmente.

« Mi manda lo Spettro Folle. » disse, facendo come gli era stato detto. Le due guardie mostrarono esitazione in un primo momento, poi si convinsero della cosa e fecero aprire il cancello di legno massiccio che impiegò diversi secondi per alzarsi di poco. Dopo pochi minuti fu totalmente issato e Dantos venne fatto passare, una terza guardia lo stava aspettando, gli fece cenno di seguirlo e non esitò un istante nel farlo.

« Da questa parte ci sono i nostri alloggi; da qualunque tugurio tu venissi prima ti sembreranno anche peggio. C’è puzza di merda e di roba andata a male. Ma quando uscirai all’aria aperta non ti sembrerà una così cattiva sistemazione; almeno qui non c’è quell’insopportabile puzza di fogna e vomito che gira nelle strade della città! » disse la guardia che lo stava scortando fino agli alloggi delle guardie cittadine.

Una grande e imponente torre sovrastava il cortile d’allenamento nel quale c’erano già numerose guardie, tutti vestivano la loro corazza di grigio titanio, nessuno di loro indossava il mantello e tutti erano armati con la spada. Impresso nella schiena di ogni cavaliere c’era lo stemma della casa Grimalder unito a quello della casa Lucarhis: il martello verde batteva su un libro blu, lo sfondo era poi diviso in due metà, bianco e rosso. Non aveva fatto caso allo stemma che aveva nella propria armatura ma era certo fosse uguale.

« Per non parlare della puzza di piscio! » disse Dantos una volta che era entrato all’interno della Torre di guardia, il cavaliere che lo aveva accompagnato fece una risata e lo lasciò davanti il proprio letto in uno dei tanti piani della torre. Non c’erano finestre se non piccole aperture che si affacciavano sul resto della città.

Dantos cominciò ad indossare la propria armatura cominciando dal cosciale fino a scendere indossando gli stivali pesanti, legando le varie cinte e i lacci che cominciavano a dargli fastidio. Mise il giaco di maglia prima di indossare il pesante pezzo di armatura che gli proteggeva i fianchi e l’addome, poi cominciò a montare i pezzi delle braccia lasciando le mani scoperte dei guanti. Fu difficile per lui montare da solo l’intero pezzo del pettorale e degli spallacci ma alla fine ci riuscì senza dover chiedere aiuto.

L’armatura gli calzava a pennello come se avessero saputo le sue misure, si sentiva bene all’interno ma sentiva parecchio caldo e non aveva ancora indossato l’elmo che gli avrebbe coperto il capo. Prese un ultimo respiro indossando l’ultimo elemento dell’armatura e prese poi la spada che gli era stata messa sul letto.

Non si sentiva a proprio agio con un’arma lunga ma ci avrebbe fatto l’abitudine, il suo addestramento nelle Lame dell’oscurità lo rendeva idoneo a qualunque arma bianca; per sicurezza aveva portato con sé anche Admir e Maziof, le due daghe, che fu costretto a nascondere sotto il proprio cuscino.

Dantos uscì dagli alloggi delle guardie sentendo davvero la piacevole brezza e il piacevole odore che aleggiava nel cortile, il sole era già alto nel cielo visto che ci aveva messo almeno un’ora per montare l’intera armatura, il cortile si era quasi del tutto svuotato, le guardie cominciavano la ronda. Fece pochi passi in avanti ma fu costretto ad arrestarsi quando vide Karpos Painer avvicinarsi a lui di corsa, pensò di essere stato scoperto.

« Tu sei il coglione che dovrà fare da guardia al nostro Re? Spero per te che saprai maneggiare la spada quando e se ci sarà bisogno di te altrimenti ti giuro che ti infilzerò la mia spada nel culo! » disse con voce fredda e tagliente, sembrava intenzionato ad attaccare briga ma Karpos Painer scoppiò a ridere l’attimo dopo.

« Ti ho fatto cagare sotto eh? Ti hanno tagliato la lingua prima di venire qui!? » disse a fatica tra una risata e l’altra, se possibile era ancora più brutto di quando non lo faceva, pensò Dantos tra sé e sé. Si limitò a rispondere con un sorriso all’Alto-comandante.

« Vieni con me pivello, ti porto nella sala del trono. Devi essere presentato ufficialmente al nostro Re e alla corte. Dopo potrai fare il turista per il castello insieme al nostro piccolo Re. » continuò l’Alto-comandante, mise una mano dietro la spalla di Dantos spingendolo verso l’entrata del castello.

Il giovane uomo pensò che i suoi guai stavano per cominciare.

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Capitolo 5
*** 05. Kari - Maschere ***


{Kari}

5.

Maschere

  

La carovana era in viaggio da ormai cinque giorni, l’intera famiglia Caelum si stava spostando armata di pochi cavalieri e dei propri stendardi con il loro stemma dipinto; Kari guardava ammaliata il panorama delle terre del nord oltre il finestrino e tra lei e l’immensa piana c’era proprio uno dei fanti con l’arazzo di famiglia, la spada argentata su sfondo viola.

C’era voluto un intero pomeriggio per preparare la propria borsa da viaggio, Kari era sicura che non avrebbe dovuto portare molto con sé visto che anche ad Artiglio del Drago avrebbero ricevuto degli eleganti vestiti, ma sua madre le aveva insegnato che una signora portava sempre tutti i suoi vestiti con sé.

Aedan era stato silenzioso per tutto il tempo che lei preparò la valigia, semplicemente ascoltava i singhiozzi della ragazza che non aveva voglia di parlare dell’imminente matrimonio. Le aveva chiesto lei stessa di non dire nulla in merito e lui seguiva l’ordine, anche se Kari aveva più volte notato che il cavaliere era sul punto di dirle qualcosa, magari per consolarla.

Ma lei era una ragazza testarda e troppo orgogliosa per poter accettare la compassione di qualcun altro, questo tratto lo aveva ereditato dal proprio padre, così come anche Valdis, il fratello maggiore. Durante il pomeriggio la carovana arrestò la propria corsa affinché i cavalli potessero riposare un po’.

Kari uscì per prima dalla carrozza, insieme a lei viaggiavano Synder e il fratello minore, Haydun. Le loro guardie del corpo stavano appena dietro di loro sui propri cavalli dal manto castano. « Finalmente un po’ di aria fresca, non ne potevo più di stare chiusa là dentro! » disse la ragazza assaporando la fredda aria del nord.

Per l’occasione indossava una veste di seta pregiata e un soprabito nero interamente fatto di pelliccia d’orso, le teneva molto caldo viste le temperature rigide anche durante l’estate.

Aedan scese dal proprio cavallo avvicinandosi alla propria lady così come Ingrid andò dal fratello gemello e Gustav andò dal proprio protetto, il piccolo della famiglia Caelum. Kari si voltò appena osservando i tre cavalieri avvicinarsi ai propri protetti: notò dei comportamenti molto diversi tra di loro nonostante avessero ricevuto il medesimo addestramento da guardie del corpo.

Ingrid sembrava la meno tesa di tutti, era quella più a suo agio tra le guardie e quella con più confidenza col proprio protetto; Gustav era il più serio di tutti, si comportava sempre con eccessivo distacco, almeno per quello che pensava la lady, però era indubbio il bene che volesse al piccolo Caelum.

Aedan avanzò in maniera tranquilla verso Kari tenendo le mani dietro la schiena giunte, i fluenti capelli dorati erano tirati indietro e legati per fare un codino in modo che non gli si appiccicassero al viso dandogli fastidio. « State bene, mia signora? » chiese lui veramente preoccupato, Kari lo intuì dal tono di voce e lei si poté concedere di annuire con titubanza.

« Meglio di quanto mi aspettassi, non sto ancora per sposarmi. La data del matrimonio è ancora lontana quindi cerco di non pensarci. » disse lei rispondendo al proprio cavaliere, lanciò uno sguardo alle proprie spalle vedendo che dall’altra carrozza stavano scendendo anche i suoi genitori e Valdis che viaggiavano insieme, anche loro furono subito raggiunti dalle proprie guardie del corpo: Danar andò dal fratello maggiore, Brutus dai genitori.

« Meglio non è necessariamente un bene, mia signora. » disse Aedan capendo quanto Kari fosse in realtà in ansia. Lei non si preoccupò di negare e gli fece un mezzo sorriso, fece cenno di seguirla ed entrambi si spostarono di alcuni metri in avanti.

« Non ti posso nascondere nulla, vero? » disse lei parlando con schiettezza. Kari teneva gli occhi alti in modo da vedere quello che aveva davanti a sé piuttosto che guardare il proprio cavaliere, a pochi metri da loro c’era la grande sagoma di un albero scheletrico privato delle foglie, fiori o qualunque frutto.

« L’Albero dell’Impiccato. » disse Aedan notando che la propria lady stava osservando l’inquietante albero con interesse. « Stando ai racconti storici è qui che Lucian il Conquistatore fece giustiziare i nemici della razza elfica quando prese il potere. » continuò senza distogliere lo sguardo dalla forma acuminata dei rami, neanche Kari poteva distogliere gli occhi: era ammaliata dall’inquietudine che quell’albero secolare le metteva.

« Lucian il Conquistatore, primo imperatore degli elfi. Il liberatore del popolo dei boschi. La Mano del dio Fato. Titoli molto altisonanti per un usurpatore. » disse Kari ricordando le lezioni sulla storia del dominio degli elfi, tutto era incominciato con una serie di ribellioni durate quarant’anni. Alla fine Lucian era entrato ad Altura Silente e aveva giustiziato tutti i Grimalder all’interno, almeno questo fu quanto si dicesse in giro.

« Il Conquistatore usò questo posto per eliminare i propri nemici, come dici tu. La maggior parte di questi erano i parenti di mia madre, i Grimalder. Poi c’erano decine di altri sostenitori, tra cui molti della casata Caelum. » disse Kari continuando a riportare i fatti accaduti, lei e il cavaliere erano ormai vicini all’albero e si sentiva qualcosa di diverso nell’aria: una strana pesantezza mischiata all’odore di qualcosa di nauseabondo che fece storcere il naso della lady.

« Non dovremmo avvicinarci troppo, mia signora. Non è un bel posto in cui stare e non si addice di certo a voi. » disse Aedan cercando di riportare indietro la propria protetta, la ragazza si fermò quando il proprio stivale toccò la radice del grande albero.

Kari allungò la mano verso il legno nero dell’albero, era uno dei pochi alberi in tutta Endymion in cui le foglie, il muschio e qualunque altra forma di vegetazione non crescesse più, intorno ad esso il terreno era smosso, l’erba completamente inesistente. « Dicono che sia stato buttato il sale sia sulla terra che sull’albero affinché non crescesse nulla. Tu cosa credi, Aedan? » chiese lei.

Il cavaliere fissò la ragazza con i propri occhi verdi. « Non so, potrebbe essere una spiegazione interessante. Stando agli elfi e ai racconti sulle loro divinità, questi alberi sono stati toccati dal dio Morte, potrebbe anche esserci un fondo di verità. »

« Dei Titani, la Triade, il Fuoco Divino, l’Ombra che tutto vede. Il dio senza nome. Gli elfi hanno ucciso e distrutto città nel nome dei loro tre dei. Noi umani abbiamo fatto lo stesso. Sembra tutto così piccolo… » disse Kari poggiando infine la mano sulla superfice dell’Albero degli Impiccati. « Sto per sposare un uomo che non amo, che appartiene ad una casata che ci ha giurato vendetta fino a che gli Dei Titani non si desteranno dalle lapidi per giudicarci. Pensi che pregare mi possa davvero aiutare? » continuò con voce amareggiata, le venne istintivo stringere la mano in un pugno, come se potesse grattare il legno dell’albero.

Le era stato insegnato in cosa credere e le era stato chiesto se volesse credere, e lei aveva scelto di volerlo fare. “Se non sono gli Dei Titani, ha comunque un altro nome, ci dev’essere qualcosa al di sopra di tutti noi al quale rivolgerci.” Era solita pensare.

« Dicono che pensare negativamente attragga solo cose brutte, mia signora. Non posso immaginare ciò che il vostro cuore sta passando, posso solo dirvi che avrete sempre un amico al vostro fianco e che non dovreste negarvi di parlarne, potreste sentirvi davvero meglio. » disse lui parlando seriamente, questo strappò un lieve sorriso alla ragazza che sapeva bene di poter contare su di lui.

“Ha proprio ragione, meglio non vuol dire che vada bene.” Pensò tra sé e sé. Si allontanò dall’Albero degli Impiccati avvicinandosi al proprio cavaliere e lasciando che lui la scortasse indietro fino alla carovana distante di una ventina di metri.

« L’inverno è ancora distante, mia signora. Vi sposerete con l’ultima luna piena di questo anno, quindi avete ancora tutto il tempo per riflettere. Non dovete portare questo fardello da sola, ho giurato di proteggervi, il mio giuramento non si limita alla spada però.» disse Aedan cercando di incoraggiare la propria signora, Kari annuì apprezzando con tutta se stessa la disponibilità del cavaliere.

Prima che potessero ritornare, Kari vide avvicinarsi Synder insieme alla propria guardia, Ingrid. Anche loro probabilmente stavano andando all’Albero dell’Impiccato, penso Kari; loro due ci tenevano molto a vedere il luogo in cui erano stati giustiziati i loro avi, sia dalla parte del padre che dalla madre.

« Già avete finito? Pensavo che il tuo pellegrinaggio sarebbe durato di più, sorella. Sono giorni che parli di quanto tu voglia vedere l’Albero degli Impiccati. » disse Synder prendendo in giro la propria sorella gemella, Ingrid gli diede un colpetto sulla spalla per richiamarlo ma Kari non si lasciò ridicolizzare.

« Ti sbagli, sei tu che continui a parlarne senza sosta. Quando ci siamo fermati ho ringraziato i Titani così da non doverti sentire ancora parlare. » disse lei rispondendogli con finta cortesia e continuando a camminare verso le carrozze, sia lei che Synder sorrisero nello stesso momento e si fecero l’occhiolino per poi doversi separare nuovamente.

Rimasero fermi per circa un’ora per far riposare e dare da mangiare ai cavalli, Kari rimase fuori dalla carrozza nel quale era rinchiusa da troppo tempo, stava seduta su una roccia poco distante cercando di svuotare la mente dai propri pensieri, fu distratta però dall’avvicinarsi di alcuni passi, si voltò vedendo Valdis e Danar che si avvicinavano a loro volta.

« Sir Aedan, posso parlare con mia sorella in privato? » chiese Valdis parlando con tono gentile ed educato, quello che si addice ad un perfetto Lord, d’altronde avrebbe ereditato lui le fortune e le terre dei Caelum e quando il loro padre sarebbe morto lui avrebbe preso il possesso del loro grande impero.

Aedan annuì allontanandosi insieme a Danar, la guardia del fratello maggiore lasciando quindi Kari col proprio fratello.

La ragazza stava per alzarsi ma Valdis la fermò sedendosi al suo fianco; a differenza degli altri fratelli che indossavano degli abiti più semplici, Valdis indossava una corazza di acciaio e cuoio con lo stemma dei Caelum impresso nella pettiera.

Aveva i capelli arruffati come sempre e la barba leggermente più corta, quando era arrivato al castello sei giorni fa era stato chiamato un barbiere affinché si preoccupasse di sistemare il volto degli uomini della famiglia Caelum in occasione del ballo in maschera.

« Anche tu sei pronto per dispensare perle di saggezza? » disse Kari con sarcasmo, Valdis fece un sorriso mostrando i suoi denti perfetti e chiari come la loro pelle, poi lasciò che il suo sguardo di ghiaccio si posasse su quello della propria sorella.

« Sei forte, sorellina. Sei la donna più forte che io conosca, davvero. Neanche Danar o nostra madre sono così determinate e battagliere, per questo sono convinto che ti troverai benissimo ad Artiglio del Drago, saprai come difenderti. » disse Valdis dandole supporto morale, ma Kari non fu convinta delle sue parole e scosse il viso negandole e subito aggiungendo il proprio pensiero.

« Non è vero. Non sono forte, non so come si combatte, non so come comportarmi in certe situazioni. Mi sto per chiudere in un castello che sarà la mia tomba, sai benissimo come sono i Dunnstone e quello che è successo tra le nostre casate. » disse lei in risposta.

« Sì, lo so bene. Da secoli e anche oltre le nostre famiglie sono nemiche. I Dunnstone ci odiano per le terre che possediamo, per il controllo e l’affetto che i nostri concittadini ci danno. Per la nostra alleanza con la corona; loro non hanno mai avuto tutto quello che abbiamo noi, motivi per scatenare una guerra contro di noi. » disse Valdis riflettendo su quanto il passato delle due famiglie fosse stato turbolento, inoltre furono proprio i Dunnstone ad appoggiare gli elfi durante la loro conquista al trono di Endymion.

« Questo dovrebbe farmi sentire meglio, Valdis!? » chiese lei voltandosi verso di lui, la guardò intensamente negli occhi e le fece un mezzo sorriso socchiudendo il proprio sguardo.

« No, non riesco ad impedire che mia sorella sposi uno degli “stupratori di porci” o qualcosa del genere. Non potrei quindi farti sentire meglio neanche se ne avessi la possibilità! » disse Valdis pieno di amarezza, Kari rimase senza parole sentendo il fratello.

« Tu non hai colpa di nulla, nostro padre ha combinato il matrimonio. Tu non dire nulla in merito neanche se fossi il Lord di Bosco Ombroso, e comunque sono scopatori non stupratori. » disse lei, Valdis fece una risata e poi cadde un silenzio strano: Valdis era più grande di lei di alcuni anni ed era quindi normale che si sentisse responsabile, ma ormai non c’era nulla che potesse impedire agli eventi di compiersi.

« Nonostante questo mi sento comunque responsabile. Se avessi accettato la proposta di Myrella Dunnstone probabilmente non saresti stata costretta a sposare quel piccolo mostro del fratello minore! » disse Valdis pensando a quando l’anno precedente gli era stato chiesto di unirsi in matrimonio con la figlia primogenita dei Dunnstone. Lui però aveva rifiutato, di conseguenza si era cercato un altro modo per unire le due casate.

Ed essendo una figlia femmina, Kari non aveva diritto di rifiutare la proposta di matrimonio. « Sapevo che saremmo andati a finire in questa discussione, » disse lei con tono esasperato, non era la prima volta che Valdis le faceva quel discorso. « hai fatto ciò che era giusto. I Caelum e i Dunnstone sono nemici per natura da sempre. Cercare di unirli in matrimonio è follia. Ma pare che in qualche modo riuscirò a mettere una sorta di stallo tra le due casate. »

« “Dominare e distruggere”? » chiese in maniera sarcastica Valdis recitando il motto di Casa Dunnstone, sia lui che Kari scoppiarono a ridere per quanto fosse assurdo.

« E noi che pensavamo che non ci potesse essere di peggio! » disse lei tra una risata e l’altra, furono però costretti ad interrompersi visto che le loro guardie del corpo tornarono al loro fianco.

Aedan per primo parlò. « Stiamo per ripartire, mia signora. Dovreste ritornare nella vostra carrozza. » disse. Non fu necessario che anche Danar indicasse il proprio protetto nella carrozza.

Valdis stava per allontanarsi quando Kari sentì il bisogno di abbracciarlo, le aveva dato le spalle ormai e stava per chiamarlo di nuovo a sé per fermarlo, tuttavia si morse la lingua per evitare di farlo, si negò quell’abbraccio tornando in silenzio all’interno della carrozza, Aedan aveva notato il comportamento della propria lady ma non ci fu tempo di parlarne.

“Devo cominciare ad abituarmi all’idea che presto tutto questo finirà. Mi troverò in un’altra città con altre persone. Non ci sarà per sempre Valdis a proteggermi, posso solo contare su Aedan.” Disse nella propria mente, l’unico amico che avrebbe avuto ad Artiglio del Drago era il suo cavaliere.

Kari si sedette all’interno della carrozza, rientrò per prima subito seguita dal piccolo Haydun e infine da Synder che era ritornato dall’Albero degli Impiccati, la loro prossima metà sarebbe stata Artiglio del Drago a soli due giorni di distanza.

Passò un giorno e mezzo, arrivarono sopra la collina che si affacciava su Artiglio del Drago prima che il sole cominciasse a tramontare; Kari si affacciò dal proprio finestrino mentre la carovana seguiva la strada principale scendendo nella valle creata della deformazione del vento nel corso di secoli e secoli.

« Dicono che sia stato un drago a modellare la roccia dell’isola sul quale si trova la città. Per questo venne chiamata “Artiglio del Drago”. » disse Synder osservando la città insieme alla sorella.

Kari l’aveva letto nei libri di storia ma lei non credeva nel mito dei draghi nonostante in molti ne parlassero nei libri; era ormai troppo tempo che un drago non solcava i cieli del continente, anche se fossero davvero esistiti, ormai dovevano essersi estinti.

Artiglio del Drago era una città interamente edificata su un’isola non molto distante dalla costa, oltre di essa vi era poi il mare più freddo di tutti, il Mare dei Titani. Nessuno con le navi si era mai spinto oltre per poter disegnare una carta accurata, ma Kari non era così lungimirante: i suoi occhi vennero catturati dalle torri del castello, erano acuminate e scure così come i tetti delle case circostanti, ne poteva vedere solo il profilo visto quanto erano distanti. Ciononostante aveva l’impressione che quei tetti acuminati fosse proprio degli artigli che la volevano ghermire.

Si allontanò dal finestrino sentendo i brividi che le salivano lungo la schiena e si poggiò allo schienale.

La carovana entrò in città attraverso il Ponte Sud, una gigantesca costruzione interamente fatta in pietra le cui balaustre erano riempite a intervalli con delle statue di gargolle mostruose. Era una giornata piuttosto nuvolosa e il loro ingresso in città venne ufficializzato con una leggera pioggia che fece alzare un odore che Kari trovò molto piacevole da assaporare.

Quando arrivarono davanti al castello fermarono la loro corsa: era situato al centro della città e contornato da mura scure e alte, splendenti sotto la debolissima luce. Era ovvio che non si trattasse di una comunissima pietra e Kari ne rimase affascinata; adesso che era ai piedi del castello poteva notare che l’intera struttura non era costruita con nessun materiale che aveva visto a Bosco Ombroso.

I Dunnstone ovviamente si fecero trovare al completo davanti il portone della loro casa, erano in quattro: Lord e Lady Dunnstone erano persone dall’aspetto comune, qualunque abitante delle terre del nord aveva gli stessi tratti somatici e gli stessi capelli e occhi scuri, quando Kari soffermò il proprio sguardo su Lord Dunnstone non poté non chiedersi se, secondo le dicerie, almeno una volta era stato a davvero a letto con un maiale.

« Diamo il benvenuto a Sten Caelum Lord di Bosco Ombroso e alla sua magnifica famiglia! » disse Lord Dunnstone salutando la famiglia nobile non appena furono scesi dalle loro carrozze; nel frattempo i servitori e i cavalieri stavano aiutando gli stallieri del lord ospitante a sistemare ciò che si erano portati per il viaggio in città. « È un onore accogliervi in casa mia, specialmente durante un così lieto evento. Che i libri di storia e i bardi possano raccontare per secoli di questo di giorno. » disse il Lord continuando e avvicinandosi a Sten Caelum.

Quello si avvicinò in risposta e strinse la mano all’altro lord, entrambi si fissarono negli occhi intensamente come se stessero combattendo una battaglia. Kari non mancò di notare quello strano comportamento e capì che c’era ancora dell’astio tra le due famiglie, dubitò che il suo matrimonio avrebbe risolto la cosa.

« È un piacere poterti finalmente vedere, carissima. » disse Lady Dunnstone avvicinandosi per prima a Kari, il suo tono di voce era gentile e premuroso, alla giovane lady ricordò molto il tono della propria madre. Fece un inchino solenne alla donna che tra qualche mese avrebbe dovuto chiamare “madre”.

« Il piacere è tutto mio, Lady Dunnstone. »  disse Kari facendo un largo sorriso alla donna, le era stato insegnato come sorridere anche quando non voleva, adesso capiva a cosa le sarebbe servito.

La ragazza si voltò verso i due membri della famiglia che non le erano ancora stati presentati anche se li conosceva benissimo: Myrella era la figlia maggiore aveva circa l’età di Valdis o poco più ed era il ritratto della madre, bella con i capelli scuri lisci e gli occhi penetranti, aveva un fisico snello e indossava degli abiti di cotone.

Suo fratello Volmar era al suo fianco, messi l’uno vicino all’altra si poteva benissimo notare la somiglianza quasi fossero gemelli, anche lui aveva capelli scuri e molto corti, il pizzetto contornava il mento e le labbra sottili, gli occhi neri come le pareti del castello e un fisico asciutto e slanciato, tuttavia Kari non dubitò un istante che in quel corpo potesse esserci molta forza.

Volmar Dunnstone non le toglieva gli occhi di dosso, anche stavolta Kari cercò di non dare pregiudizi, ma la sua fama di donnaiolo era certa anche all’esterno di Artiglio del Drago. Erano in molti e dire che l’ereditario della Casa Dunnstone era solito farsi lunghi giri e nottate nei bordelli delle città che visitava.

E se non fosse stato per la sua bellezza inquietante, Kari non avrebbe capito come sarebbe stata possibile una cosa del genere. Volmar era un insieme di molte cose a primo impatto: forza, bellezza e delicatezza. Il tutto però distorto da un elemento minaccioso.

« Anch’io non vedevo l’ora di conoscervi, mia signora. » disse Volmar avvicinandosi alla futura moglie, lanciò uno sguardo di complicità al padre che ricambiò con un cenno. Kari si sentì subito oppressa dallo sguardo che le lanciò nuovamente il futuro marito.

« Lo stesso vale per me, chiamatemi pure per nome se vi aggrada farlo. » disse Kari allungando la mano, Volmar si chinò in avanti flettendo appena le gambe visto quanto era alto, prese la mano della giovane lady e la baciò con delicatezza. La ragazza ebbe un sussultò sentendo le fredde labbra del giovane, ma cerco di non far trasparire la paura che la stava lentamente inghiottendo.

« Bene, direi che è giunto il momento di farvi accomodare in casa nostra, qua fuori c’è molto freddo. Avremo tempo per parlare meglio stasera al ballo in maschera. » disse Lord Dunnstone con tono quasi annoiato ma serio, fece accomodare i suoi ospiti all’interno del castello e fece indicare loro le stanze nelle quali avrebbero riposato.

Kari si fece un lungo e rilassante bagno in totale tranquillità, anche se il clima esterno era molto freddo per via dei venti del mare che spiravano da nord, all’interno del castello la ragazza non sentiva minimamente il clima esterno: le era sorto spontaneo chiederlo visto che tra i corridoi di pietra scura c’era un piacevole calore.

« Anticamente c’era solo il castello, era usato come roccaforte ed era inespugnabile. Le leggende che parlano di un drago che modellò la città sono in parte vere: l’intero castello è costruito con ossidiana o pietra di lava, sono in molti a pensare che in realtà l’isola sia un vulcano ormai sprofondato. Questo fa sì che la temperatura sia sembra calda. » disse Aedan rispondendo alla domanda. Kari era rimasta affascinata e per tutto il tempo aveva guardato le pareti immaginando come fosse stata modellata quella pietra.

In Endymion non c’erano vulcani quindi l’unica risposta era che l’isola fosse davvero la punta del vulcano ormai sprofondato. Poteva anche crederci, ma sulla parte del drago aveva dei dubbi.

Quando la musica cominciò a risuonare dalla sala grande, Kari seppe che era il momento di scendere. Uscì quindi dalla sua stanza avvolta nello splendido abito viola che le era stato cucito per l’occasione, indossava alcune spille e gioielli di colore blu e nero che richiamavano i colori di Casa Dunnstone.

I suoi lunghi capelli erano stati legati in un grande  chignon sul quale mise un fermaglio di pietre preziose. Kari non si era mai sentita così bella e per quanto non volesse darlo a vedere, le faceva piacere sentirsi in quel modo. Quando uscì dalla porta della propria stanza c’era Aedan ad aspettarla con indosso la sua corazza di pelle scura e sotto di essa degli abiti più caldi.

« Siete incantevole, mia signora. » disse il cavaliere ammirando la magnificenza della propria protetta, Kari cercò di essere seria ma non ci riuscì: fece un giro su se stessa agitando la gonna come nessuna lady avrebbe mai fatto in casa d’altri.

«  Grazie, Aedan. Anche tu sei molto elegante. » disse ridacchiando, il cavaliere annuì alzando poi gli occhi al cielo.

« Siete gentile ma indosso la mia tipica divisa. L’unica cosa diversa è la spilla della vostra casata che porto sul petto. » disse lui in risposta, solo ora che l’aveva detto Kari notò la spilla, osservo il proprio stemma e ritornò seria, come se si fosse ricordata che non era lì per divertirti e che stava per iniziare un gioco fatale.

Kari si spostò quindi silenziosamente con Aedan che la seguì come fosse la sua ombra fino all’androne principale.

La sala grande era davvero molto grande: larga e lunga avrebbe sicuramente ricoperto l’intero piano terra del castello dei Caelum a Bosco Ombroso, il pavimento era stato lucidato proprio quella mattina e splendeva così come i ghirigori che era stati dipinti sulle pareti e nel tetto molti secoli prima; erano scene di guerra e combattimenti, poi il simbolo dei Dunnstone era impresso in ognuna delle cinque pareti che componevano la sala pentagonale, il toro nero sullo sfondo blu mare. C’erano decine di torce che brillavano e i grandi lampadari avevano tutte le candele accese per l’occasione affinché l’intera sala fosse illuminata.

Dall’altro lato dell’ingresso c’era una lunga fila di finestre che si affacciavano sul cortile esterno e sul muro di cinta che contornava il castello, proprio ai piedi delle vetrate lunghi tavoli erano stati disposti per poter ospitare almeno cinquanta persone, più o meno tutti i nobili che si trovavano all’interno della sala grande.

Kari sentiva già il dolce profumo del mangiare che era stato preparato, annusò l’aria quasi come fosse un cane dimenticando le buone maniere, poi venne riportata alla realtà dalla propria madre.

Lady Helga indossava un abito argentato per l’occasione, colore che richiamava la casata del marito e che si intonava perfettamente con i suoi splendenti capelli dorati e gli occhi azzurri. Il vestito le cingeva la vita con delicatezza esaltando il suo esile corpo, sopra le spalle indossava poi uno scialle delicato color melanzana. Inoltre sul viso aveva una maschera viola che presentava il ricamo di una spada sulla sua superfice. Era la donna più bella nella sala.

« Madre. » disse lei inchinandosi. Credeva di essere perfetta ma aveva dimenticato un dettaglio importante, qualcosa che aveva lasciato in camera e che era sicura Lady Helga avesse notato. « So bene di aver scordato la maschera, torno in camera a prenderla. »

« No, può andarci Aedan al tuo posto. » disse lei con tono autoritario senza preoccuparsi troppo della dimenticanza della figlia. Fece quindi un cenno al cavaliere che annuì. Kari guardò la madre come se fosse impazzita, era certa che suo padre non avrebbe mai approvato che in un castello straniero venisse separata dal proprio cavaliere ma non obbiettò al riguardo.

« Che sta succedendo? » disse Kari sentendosi spingere dalla madre in mezzo alla sala, la sua mano premeva sulla schiena affinché potesse andare avanti senza fermarsi.

« Volmar Dunnstone ti cerca per ballare con te ed ha aspettato già troppo tempo per potergli dire ancora che non sei pronta. » disse lei in maniera fredda e distaccata, Kari si spiegò quindi il perché aveva fatto allontanare il cavaliere.

La ragazza arrivò davanti alla lunga tavolata per la cena e vide che Volmar era in piedi oltre di essa che la stava aspettando con le braccia unite dietro la schiena; era elegante, vestiva degli abiti che risaltavano positivamente il suo fisico facendolo sembra persino più alto di quanto non fosse già, aveva il petto in fuori e naturalmente vestiva di nero e blu come i colori della sua casata.

« Lady Kari, sei splendida con questo vestito. Il blu ti dona quanto il viola che indossi. Spero che ti sia trovata bene nelle stanze che ti abbia riservato, non vorrei mai che la mia futura signora non gradisca il castello nella quale vivrà. » disse con tono educato e gentile, Volmar si avvicinò così da fare nuovamente il baciamano come aveva fatto poche ore prima. Kari fece un inchino solenne sforzandosi di sorridere. Era evidente come Volmar si sentisse a disagio e non credesse particolarmente in quello che diceva.

“Credo che in qualche modo anche lui non sopporti di sposare qualcuno che non ha mai visto prima d’ora.” Penso lei mentre si inchinava, ritornò poi su guardando il futuro marito negli occhi, finora si era sempre sentita lei in gabbia.

Ma anche Volmar non era felice di quella situazione. Per un breve minuto credette persino di provare simpatia per lui. « Posso avere l’onore di questo ballo? » disse lui educatamente, lei non rifiutò di certo, si allontanò dalla madre insieme al futuro marito e prese la mano del giovane che la condusse al centro della sala.

« Non ti vedo tranquilla, Kari. Sembra che qualcosa ti preoccupa. Non ti piace stare in mezzo alla gente? » chiese premurosamente Volmar, erano circondati da nobili che danzavano e lo spazio era più che sufficiente per tutti, non era quello a preoccuparla.

« Niente affatto, mio signore. Sono solo un po’ spaesata. Cercate di capirmi, mi ritrovo nella mia futura casa e so così poco di essa o di voi. » disse Kari in risposta, la musica stava intonando una ballata molto allegra, uno dei bardi suonò una nota più alta, Volmar fece fare un giro su se stessa alla propria dama ritornando poi ad abbracciarla con una mano sul fianco.

« Chiamami pure per nome. Se lo faccio io non vedo perché non dovresti poterlo fare anche tu. » disse lui quasi ignorando quello che la ragazza aveva detto, ma non era passato inosservato. « Posso immaginare che tutto quello che hai letto sulla nostra famiglia, gli scontri tra le nostre casate e quello che si dice in giro ti abbia messo preoccupazione. » disse lui continuando a farla danzare tranquillamente, Kari si lasciò condurre chiedendosi dove Volmar volesse andare a parare con quel discorso.

« Cerco di non badare alle dicerie. Anche se suscitano sempre parecchio interesse. Solitamente dietro una grande bugia c’è una piccola verità. » disse Kari in risposta senza preoccuparsi di spingersi troppo oltre con un tono provocatorio.

« Quindi è vero che i Caelum sono stregoni e non-morti? » chiese lui con un ghigno, Kari lo fissò direttamente negli occhi scuri oltre la maschera da toro che indossava a coprirgli il viso. Era stato cattivo e intenzionale.

« Potrebbe essere la verità. Mi chiedo a questo punto se sia vero che i Dunnstone fanno sesso con i propri maiali nel porcile. » chiese lei cercando di sopportare quel gioco, Kari aveva la certezza che Volmar non volesse quel matrimonio, ma che era più che d’accordo col proprio padre sul disprezzo che avevano per i Caelum.

« Una lady così intelligente come te non dovrebbe insinuare e credere a queste menzogne. » disse lui rispondendole con calma, ma Kari sentì la mano del ragazzo tremare per la rabbia quando la cinse nuovamente in vita a seguito di un altro giro.

« E il lord di una potente casata non dovrebbe di certo credere che i suoi futuri alleati siano stregoni. O che esistano i fantasmi. » disse lei con la risposta pronta, non si era mai sentita così potente, era stata spavalda e questo le dava forza.

Era ovvio come Volmar la stesse in qualche modo provocando e lei aveva tutte le intenzioni di rispondergli a tono. Era pronta alla successiva battuta del lord, quando alle sue spalle sentì l’acuto rumore di una lama che veniva estratta. Poi seguirono le urla dei nobili che roteavano intorno alla coppia danzante e l’urlo straziato di un uomo molto vicino a Kari.

Si voltò per guardare cosa fosse successo: Aedan aveva la propria spada sguainata e ricoperta di sangue, nell’altra mano stringeva la maschera viola con la spada della propria lady; ai suoi piedi c’era una mano che stringeva un pugnale, la mano di chi aveva appena cercato di ucciderla.

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Capitolo 6
*** 06. Astrid - Il Varco ***


{Astrid}

6.

Il Varco

 

Astrid non aveva fatto altro che pensare alla decapitazione del mago, così cruda e veloce da domandarsi se quell’uomo avesse sentito o meno il dolore della morte provocata. Era stato un lungo giorno ma alla fine aveva deciso di ignorare la decisione presa dall’Alto-comandante arrivando a credere che sicuramente avesse preso la scelta con giudizio. Aveva quindi passato l’intera giornata ad allenarsi da solo, solo all’ora di cena aveva deciso di unirsi a Caius e gli altri. Quando il giovane amico gli chiese cosa avrebbe fatto l’indomani, Astrid rispose che doveva fare la guardia al Varco durante tutta la mattina.

Caius annuì in maniera silenziosa e distratta, forse nella sua testa pensava di passare un po’ di tempo con l’amico ma Astrid non disse nulla al riguardo comportandosi come sempre fatto.

L’indomani si svegliò prima del sorgere del sole, era ancora buio nonostante in lontananza il cielo cominciasse ad avere sfumature di rosso, arancio e viola che terminavano col blu della notte. Le stelle scomparivano e Astrid indossò la propria corazza di cuoio nero prendendo la spada e indossandola al fianco.

Uscì dalla stanza assicurandosi che in un piatto nell’angolo ci fosse quello che era riuscito a portarsi dietro per il gatto grigio e bianco che tanto accudiva. Aveva spesso pensato di dargli un nome, ma essendo una creatura selvaggia non aveva la certezza che sarebbe tornato da lui, quindi per non affezionarsi più di quanto avesse già fatto, Astrid aveva deciso di lasciarlo privo di nome.

Sarebbe stato più semplice, in caso non fosse tornato, a lasciarlo andare per sempre. Almeno così credeva.

Il ragazzo attraversò i corridoi di marmo della grande Cattedrale spostandosi verso le scale che scendevano in uno degli angoli della struttura. Si mosse in maniera rapida visto che voleva arrivare in anticipo sul posto, superò l’ultimo corridoio che lo separava dalla gigantesca stanza e quando si trovò sotto l’arco sentì i brividi attraversagli la schiena: non ci faceva ancora l’abitudine.

Quando entrò venne subito accolto da una larga balconata e poco distante dall’ingresso la balaustra curvava in maniera ampia verso l’interno. A distanza di alcuni metri una gigantesca fenditura sovrastava l’aria sollevata da terra di alcuni metri.

Il Varco aveva l’aspetto di una grande e allungata opera di cristallo, era quasi evanescente ma abbastanza tangibile da avere dei contorni ben definiti e delineati, proprio come una statua. I colori del portale per l’Abisso tendevano a compiere delle sfumature di luce a seconda dell’ora della giornata; solitamente la mattina aveva delle sfumature rosse e nere simili ai carboni ardenti, era il momento migliore per osservare il Varco, a detta di Astrid.

In quanto Osservatore dell’Abisso, il suo compito era principalmente quello di vegliare sul Varco, non a tutti però era concesso di poter entrare in quella che veniva chiamata “Sala dell’Abisso”, solo pochi cavalieri dell’ordine compivano la ronda nella stanza e ognuno faceva un turno di circa sei ore.

Astrid non aveva mai pensato che potesse essere un’esperienza mistica stare nella Sala dell’Abisso: quando faceva da guardia al Varco si sentiva stranamente leggero e privo di pensieri. In tutta la stanza si poteva respirare un’aria sacrale che il ragazzo faceva entrare in sé, se c’era qualcosa di potente e divino doveva di certo avere quell’intensità e mai nessuno che avesse scritto un testo sacro parlava di quell’incredibile purezza. Anche per questo Astrid non riusciva a credere in una religione, perché nessuno l’aveva vista.

« Finalmente sei arrivato! Mi sto pisciando addosso! » disse l’Osservatore al quale Astrid avrebbe dovuto dare il cambio, il ragazzo fece un mezzo sorriso tendendo il pugno al nuovo arrivato per salutarlo, lo stesso fece quello in risposta.

« E io che pensavo di essere in anticipo abbastanza. » disse Astrid a mo’ di scuse, non si preoccupò davvero di quello che gli era stato detto visto che era in tono scherzoso. « Qualche anomalia da riferire? » chiese rivolgendo lo sguardo al Varco.

Come era ovvio, l’Osservatore scosse il viso negativamente.

Compito dei vigilanti non era solo quello di guardare il Varco e assicurarsi che nessuno, ad eccezione dei due che percorrevano la passerella, si avvicinasse più del dovuto alla fenditura sovrannaturale. Dovevano anche fare rapporto per qualunque anomalia, che fosse un cambio di colore troppo repentino, o che una nuova formazione cristallina si presentasse sulla superfice.

Nonostante fossero passati millenni dalla formazione della prigione che aveva rinchiuso i Cavalieri Neri nell’Abisso, nessuno si permetteva il lusso di prendere la cosa con leggerezza. « Niente, come sempre. Che ti aspetti? Moriremo qui facendo la veglia a questa bomba ad orologeria! » disse sarcasticamente l’Osservatore.

Astrid annuì interessato. « Sapevi che stando ai libri di storia, la faglia del Varco prima non era poco più alta di due metri? Adesso guardarla, » disse il ragazzo indicando la fenditura. « alta sei metri, larga quando un grassone e piena di cristallizzazioni sulla superfice. Sai cosa vuol dire questo? »

L’Osservatore aveva ascoltato Astrid con poco interesse, lo guardava con il sopracciglio alzato a chiedersi se davvero l’altro pensava che gli importasse qualcosa, ciononostante il ragazzo continuò a parlare. « In diversi millenni è diventata una vera e propria spaccatura nello spazio. Tra altrettanti anni potrebbe aver inghiottito l’intera Cattedrale. La Sala dell’Abisso è grande, ma visto come il Varco si espande, non credo che potrà contenerlo per sempre. E quando questo avverrà vuol dire che saremo nei guai. »

« Tu credi troppo nelle favole. È colpa di Bradan che ti ha inculcato queste assurde teorie sull’espansione del Varco. E anche se fosse, non vedremo mai la sua riapertura, saremo morti e reincarnati già da molto, mio caro amico. » disse in risposta l’altro, ovviamente Astrid non era d’accordo ma poco gli importava il parere dell’Osservatore che cominciò a sbuffare.

« Mi sa che me la farò nelle braghe prima di arrivare in camera, per colpa tua. Buona ronda. » disse quello salutando e lasciando Astrid al suo posto, il ragazzo restò con la schiena curva osservando la magnificenza del Varco e chiedendosi se la sua espansione fosse proporzionata all’attività oltre di esso.

Il ritorno dei Cavalieri Neri avrebbe gettato il mondo nel panico. La Cattedrale marmorea sarebbe stata la prima a cadere, quando ci sarebbe voluto ai demoni prima di inghiottire l’intera Endymion?

Astrid rimase tutta la mattina a fare la guardia al Varco, si sentiva tranquillo e il tempo non gli sembrava passare mai, forse preferiva così. Qualcosa dall’altro lato lo chiamava, o forse era solo una sensazione. Astrid sapeva solo di essere affascinato dalla meraviglia del Varco e non gli sarebbe dispiaciuto approfondire di più gli argomenti trattati nei libri nell’ala est della Cattedrale.

« Non ti sembra si sia mosso? » chiese l’altro Osservatore dal lato opposto della sala, Astrid alzò lo sguardo cercando l’altro che aveva parlato con lui. Abbassò nuovamente lo sguardo sulla fenditura cercando di cogliere il minimo movimento.

« Non mi pare. Ho gli occhi fissi da un bel po’ credo, me ne sarei accorto. Credo che tu stia dormendo in piedi. » disse Astrid sarcasticamente all’altro, quello fece una mezza risata e tornò a camminare per la stanza osservando la meridiana.

La stanza era completamente sottoterra, non c’era modo affinché la luce potesse entrare all’interno e quindi segnare l’ora, tuttavia molto tempo fa era stato chiesto ad un mago di creare un sortilegio che facesse in modo che l’ombra della meridiana si spostasse da sola seguendo il movimento esterno del sole. Questo affascinava Astrid che però non aveva meno paura della magia, visto il suo passato.

Era quasi mezzogiorno quando il ragazzo sentì i passi di qualcuno alle proprie spalle, si voltò pensando che stava per arrivare l’Osservatore che gli avrebbe dato il cambio, spalancò gli occhi per la meraviglia vedendo Caius che avanzava a passo deciso e che sorrideva spavaldo all’amico.

Astrid rizzò subito sull’attenti vedendolo arrivare, nessun altro Osservatore eccetto quei pochi avrebbe potuto avvicinarsi così tanto al Varco, da sempre era stato un sogno di Caius riuscire a vedere la luce che emanava, ma non gli era permesso. Il ragazzo quindi si affrettò a sbarrare la strada all’amico in arrivo.

« Che ci fai qui? Non puoi starci! » disse Astrid.

L’umore di Caius mutò come se gli avessero dato un pugno, da che sorrideva si rabbuiò del tutto per come il ragazzo aveva risposto freddo, non era stato volontario, ma l’Osservatore aveva un carattere molto distaccato il più delle volte e Caius lo sapeva bene.

« Hai quasi finito la ronda. Volevo accompagnarti in sala da pranzo. Sempre se hai fame chiaramente. » disse con tono fiacco, Astrid guardò gli occhi verdi dell’amico e si sentì in colpa.

Lanciò una rapida occhiata alle proprie spalle e una lungo il corridoio dal quale proveniva Caius, allora fece una mossa rapida: spostò l’amico con il braccio affinché scomparissero entrambi oltre l’arcata della sala, Astrid spinse il giovane con le spalle contro la parete e stringendo i vestiti di Caius si spinse in avanti per baciarlo sulla bocca, un bacio che l’altro ricambiò passando le mani intorno al fianco e dietro la nuca per non lasciarlo andare.

Fu un bacio forte e fugace, Astrid sfuggì alla morsa di passione di Caius sentendo il proprio respiro rotto dalla fatica e dalla tensione. Poi si distaccò tornando sotto l’arcata per evitare che qualcuno entrasse. « Dovresti baciarmi più spesso così! » disse lui.

Astrid fece una smorfia stizzita per la battura dell’amico. « Abbiamo rischiato grosso, quindi non ti abituare troppo a questo genere di cose improvvisate. » disse in risposta.

Ma Caius amava quel genere di cose e Astrid lo sapeva bene e in fondo anche a lui eccitava molto tutto quel “tira e prendi” che teneva segretamente nascosto. « Che ne dici se oggi pomeriggio passiamo un po’ di tempo insieme? Magari ci alleniamo, ieri avresti anche potuto dirmelo così ti avrei tenuto compagnia. » chiese l’amico.

« Dovrei essere libero. Mi farebbe piacere allenarmi un po’ anche se avevo intenzione di studiare un po’ nella biblioteca. » disse Astrid in risposta, gettò una rapida occhiata alla meridiana che segnava mezzogiorno passato, tornò a guardare il corridoio vedendo un altro Osservatore avvicinarsi a loro, finalmente gli veniva dato il cambio.

« Come sei noioso! Topo di biblioteca! » lo insultò Caius, scoppiarono entrambi a ridere, a quel punto Astrid fece rapporto all’Osservatore che gli stava dando il cambio e poté andarsene insieme a Caius, ma non prima che quello gli lanciasse un’occhiata.

« Hai visto come mi ha guardato? Non credo di avergli fatto qualcosa di male. » disse Caius stranito dalla reazione dell’altro Osservatore mentre percorrevano il corridoio buio.

« Se evitassi di guardare tutti come se te li volessi mangiare o peggio, se la smettessi di guardare il culo ad ogni Osservatore nella Cattedrale forse non ti guarderebbero straniti. » disse Astrid a chiarire il dubbio dell’amico, quello fu sconvolto per la reazione che aveva visto e scoppiò a ridere.

« Sei geloso!? Mi piace questa cosa… » disse Caius continuando a ridere, Astrid sapeva bene che si sarebbe pentito di quello che gli aveva detto visto che Caius ne avrebbe montato uno spettacolo.

« No, ma dovresti fare più attenzione. Ultimamente sei più… animale del solito. » disse Astrid con lo sguardo abbassato mentre salivano la scalinata che li avrebbe portati al piano terra.

« Se tu scopassi di più con me forse potrei evitarlo… » disse l’amico in risposta parlando normalmente, si rese subito dopo conto che aveva parlato senza abbassare il tono.

Sia Astrid che Caius si guardarono intorno come per capire se qualcuno avesse potuto sentire la battuta ma fortunatamente per loro la scalinata era vuota e nessuno scendeva a quell’ora.

« Sei un idiota. Lasciatelo dire. » disse freddamente Astrid.

Caius non si azzardò a rispondere perché sapeva bene quanto avrebbe dato fastidio all’amico che in quel caso aveva ragione, i due camminarono in silenzio fianco a fianco, dopo un lungo camminare senza incrociare nessun Osservatore, Astrid si concesse un lusso che non avrebbe mai fatto alla luce del sole: si spostò più vicino a Caius e gli tese la mano stringendo la sua con dolcezza. Sentì la stretta ricambiata e capì che era tutto apposto.

« Non ti ho chiesto se stai bene, voglio dire dopo aver visto quel mago venire decapitato. Sembravi piuttosto a disagio ma non ne parlavi quindi non ti ho chiesto. » disse Caius introducendo un nuovo argomento, Astrid si voltò verso di lui mentre camminavano verso la porta della sala da pranzo.

« Se non te ne ho parlato prima pensi che voglia farlo adesso? » disse con mezzo sarcasmo. « Solo che non mi piace il modo in cui è successo. Troppo veloce, non gli è stata concessa neanche un’ultima parola, è stato terribile. » rispose infine Astrid.

« Se non me ne parli non posso capire che stai male. » cominciò Caius. « Voglio dire anche se “ci divertiamo” siamo amici prima di tutto. Voglio che mi dici quando una cosa ti fa stare male o quando hai dei pensieri per la testa. »  terminò, i due Osservatori nel frattempo arrivarono nella sala da pranzo dov’erano stipati più della metà degli abitanti della Cattedrale, tutti seduti o intenti a prendersi ancora da mangiare, alcuni ridevano altri parlavano tranquillamente.

Astrid e Caius come sempre si spostarono al tavolo dove sedevano già gli altri tre compagni di squadra. « Io non ti chiedo mai nulla del tuo passato o del perché il solo parlare di torture ti faccia paura. » disse Astrid con poca delicatezza, vide Caius perdersi con lo sguardo nel vuoto.

Il ragazzo alzò quindi entrambe le mani ponendole davanti al proprio viso e socchiudendo gli occhi, chiaramente amareggiato. « Penso che fosse ovvio, anche se non ne voglio parlare. » disse in risposta, Astrid osservò le mani che gli venivano mostrate, sapeva bene che al ragazzo mancavano entrambi i mignoli, ma non aveva mai collegato le due cose. Pensava ci fosse un altro motivo, sperava che non fosse qualcosa di orribile, ma si sbagliava.

« Scusami, è il sonno che mi fa dire stupidaggini. » disse Astrid chiaramente dispiaciuto, era da tutta la mattina che sembra non riuscire a comunicare bene con Caius, quello fece scivolare le mani lungo i fianchi accettando le scuse dell’amico ma senza poter replicare visto che erano ormai arrivati al tavolo con gli altri tre che li salutarono rumorosamente.

« Allora che ci dici? Il Varco sta finalmente per esplodere? » disse Ongor con la sua voce pesante a mo’ di battuta mentre si leccava un po’ di salsa di pomodoro che gli era colata sulla barba scura.

Astrid fece un mezzo sorriso ma non rispose, solitamente era meglio evitare di comunicare ad altri le condizioni del Varco e quello che accadeva nella Sala dell’Abisso, il ragazzo faceva come gli era stato detto e preferiva il silenzio totale.

Quel silenzio che fu notato da Agis che era il più attento e intelligente del gruppo. « Lascia stare, Ongor. Astrid è un bravo Osservatore e non disubbidirebbe mai a un ordine. Credo che se ci fossero novità interessanti non sarebbe subito venuto qui da noi ma avrebbe prima fatto rapporto all’Alto-comandante. »

Astrid si trovò preso contropiede ma non gli importava poi tanto, finché non c’erano novità sul Varco andava più che bene il fatto che pensassero che lui non nascondeva la verità. D’altronde erano passati ormai tre anni dall’ultima formazione cristallina comparsa.

« Farò rapporto all’Alto-comandante più tardi. Voi invece che avete fatto di bello? » disse Astrid potendo finalmente sedersi, Caius invece si spostò dall’altro lato della sala così da prendere la ciotola col riso sia per lui che per l’amico.

« Io e Neferi ci siamo allenati tutta la mattina. È parecchio agile per essere così alto. È una cosa che mi dà fastidio farmi fregare in questo modo. » rispose Ongor in riferimento al quinto membro della compagnia, il ragazzo dalla pelle scura fece un sorriso.

« Prima o poi riuscirai a battermi. In quanto agilità  nessuno è mio pari tra gli altri Osservatori, forse solo Astrid è capace di battermi. » disse il ragazzo guardando poi l’amico con i suoi occhi scuri, Astrid fece spallucce non riuscendo ad immaginare come sarebbe potuto finire un combattimento tra loro due.

« Questa non me la voglio proprio perdere. Perché non ci date dentro oggi? Voglio vedere il vostro sangue scorrere! » continuò Ongor incitando i due amici ad un combattimento che fosse oltre il semplice amichevole, i due in questione ridacchiarono e pochi istanti dopo Caius tornò con un vassoio pieno di roba da mangiare per sé stesso e per Astrid.

« Riso, carne, carote. Intendi mangiare tutto quello da solo? » chiese Agis in maniera innocua, non era la prima volta però che il ragazzo prendeva mangiare sia per sé che per qualcun altro.

« No, questo è  per me. » disse Astrid prendendo di prepotenza una ciotola di riso, aveva un buon profumo, delicato e leggermente speziato; molto diverso dal solito riso che veniva cotto in cucina, accadeva quando un Osservatore ritornava dall’esplorazione in cerca di spezie ed erbe medicinali.

« A proposito di cose successe nella mattina, ho incontrato l’Alto-comandante e mi ha detto di avere un compito per noi. Non gli ho chiesto i dettagli ma mi ha fatto intendere che siano implicati i Piromani della luce. Visto che dopo devi andare da lui credo te ne parlerà. Facci sapere di che si tratta. » disse Neferi addentando un grosso pezzo di carne che aveva sul piatto e non preoccupandosi di utilizzare il coltello per tagliarlo.

Astrid annuì con i pensieri rivolti a quello che avrebbe dovuto dirgli Bradan Lucarhis sulla loro missione, se c’entravano i Piromani sicuramente era qualcosa di molto grave e che dovevano scongiurare. Non ci rifletté a lungo e si godette il momento insieme ai suoi compagni di squadra in totale tranquillità.

Quando ebbero terminato di pranzare, Astrid gettò una rapida occhiata intorno notando che molti Osservatori avevano già lasciato la sala da pranzo per tornare alle loro cose, in quel frangente di tempo non era riuscito a vedere l’Alto-comandante nella stanza e si chiese se magari avesse saltato il pranzo.

« Sarà meglio che vada a parlare con l’Alto-comandante. Rheys sarà già andato da lui ma sapete quanto ci tiene a sentire entrambe le versioni di cosa accade nella Sala dell’Abisso. » disse Astrid alzandosi dal proprio posto con l’intendo di congedarsi, Caius alzò lo sguardo verso l’alto.

« Siedi il culo! Ogni volta te ne vai in fretta perché sei sempre impegnato. Dovresti goderti di più il tempo libero. » disse quello, Astrid scosse il viso poggiando la mano sulla spalla dell’amico quasi come se ci si dovesse reggere.

« Ci vediamo dopo noi. In biblioteca, sarò l’unico probabilmente. » disse il ragazzo salutando il proprio amico e rivolgendo poi un cenno agli altri tre. Si allontanò quindi dalla stanza a passo spedito con l’intenzione di sbrigarsi in fretta dalla riunione con Bradan.

Quando arrivò davanti la porta della stanza dell’Alto-comandante, Astrid sentì qualcuno parlare al suo interno e distinse due voci differenti: la prima era quella di Bradan, l’altra era quella di Adalvin, il suo mentore e sembrava una discussione piuttosto accesa. Astrid rimase quindi fuori dalla porta e distante alcuni metri, non era uno al quale piaceva origliare le conversazioni degli altri, voleva anche evitare degli imbarazzi ma dopo dieci minuti finalmente la porta si aprì e il suo mentore ne uscì.

Adalvin guardò Astrid in maniera confusa quando notò che il ragazzo era distante dalla porta; il ragazzo era appoggiato alla finestra spalancata sul giardino interno della Cattedrale e quando vide che il suo mentore era uscito si drizzò in piedi.

« Molti a differenza tua sarebbero rimasti ad ascoltare. Sei proprio un vero uomo del nord. Hai rispetto per gli altri, cosa che molti a Rocca Ferrea non conoscono. Sicuro che i tuoi genitori siano di quelle parti? » disse l’uomo avvicinandosi lentamente al ragazzo, quello scrollò le spalle e si mise subito composto con le mani giunte dietro la schiena e lo sguardo alto.

« Da quello che so, mentore. Non ritengo sia giusto origliare, forse mi avete insegnato cosa vuol dire “rispetto”. » disse Astrid in risposta, il mentore allora fece un sorriso e diede una pacca sulla spalla del giovane, poi si allontanò salutandolo e permettendo ad Astrid di avvicinarsi alla porta della stanza.

Bussò e attese che gli fosse dato il permesso di entrare quindi girò la maniglia e si chiuse la porta alle proprie spalle; la stanza di Bradan era una delle più grandi della Cattedrale, c’era un letto molto spazioso, una scrivania poco distante, un armadio ampio e un largo tavolo nell’angolo della stanza con quattro sedie disposte intorno.

« Buongiorno, Astrid. Rheys è già venuto da me, mi ha detto che non ci sono eventi da riferire. Mi dai conferma di questo? » chiese l’Alto-comandante. A quella domanda il ragazzo annuì.

« Esatto, Alto-comandante. Il Varco è stabile. Volevo parlarti anche di un’altra cosa; Neferi mi ha detto che gli hai parlato di un compito per noi. Mi chiedevo di cosa si trattasse esattamente. » disse Astrid facendo un passo in avanti, l’uomo gli dava le spalle ma quando gli venne chiesto della missione si voltò.

Nel girarsi, Astrid notò come sempre l’assenza dell’orecchio e si chiedeva anche quella volta come dov’essere sentire qualcosa che manca dal proprio corpo. Non riusciva a spiegarsi quella sensazione, un po’ come Caius con i mignoli, doveva essere terribile.

L’uomo dai capelli dorati avanzò lungo la stanza, vestiva un abito con colori scuri, che ne risaltava il fisico allenato e massiccio nonostante l’età avanzata, i primi segni della vecchiaia però erano visibili dalle rughe intorno agli occhi e da fili di capelli grigi. Si fermò quando fu arrivato al tavolo rotondo.

Astrid si avvicinò osservando con meraviglia il rilievo che era presente su di esso: non era un comunissimo tavolo da scrittura, mostrava l’intera mappa di Endymion segnando dei leggeri rilievi là dove c’erano le Montagne del Gelo fino alle grandi pianure centrali per arrivare poi alle famose “terre pluviali” di Bastione Rugiada ad ovest; dal profondo sud dei deserti e delle Valli Nebbiose fino alla tundra del nord e oltre il Mare dei Titani il vuoto e la fine del tavolo.

« Ci è stata segnalata attività di magia proibita a Fossa Profonda. Alcune donne sono state trovate squartate e con le viscere completamente uscite di fuori in alcuni punti del villaggio. Dalla descrizione fatta sembra che siano costruiti degli strani altari. Ho timore di credere che si tratti dei nostri “amici” Piromani. » cominciò ad esporre l’Alto-comandante, Astrid si avvicinò quindi alla mappa di Endymion segnando la distanza tra la Cattedrale e Fossa Profonda a non più di due giorni di viaggio.

« Alcune donne? Di quante persone morte in questo modo stiamo parlando? » chiese Astrid cercando di capire da quanto tempo quella storia andava avanti, solitamente i Piromani agivano con la magia del fuoco, o comunque lasciavano segni che potevano richiamare il loro dio, la Fiamma Divina.

« Le vittime ammontano a quattro. Esattamente due ragazze erano state viste girare intorno al bordello più volte, le altre due invece erano delle “dipendenti”. Non sappiamo nulla sulla dinamica ma voglio che indagate, Fossa Profonda è molto vicina a noi e non voglio che i maghi si avvicinino troppo al Varco. L’ultima volta fu tre anni fa quando venne quel mago da sud. Ricordi che comparse una nuova deformazione sul Varco? » disse l’Alto-comandante cercando di farlo ricordare al ragazzo che però sapeva benissimo quello di cui stava parlando. Eppure non erano pochi i maghi che avevano portato all’interno della Cattedrale.

« Intendi dire i maghi fuori controllo. » lo corresse Astrid riferendosi ai gruppi o ai vagabondi in giro per Endymion. « Credo che sia tutto regolare. Controllerò col mio gruppo, se è questo che vuoi. Ho solo una domanda: vuoi che li condanni o preferisci prima interrogarli? » chiese il giovane, il suo tono di voce non nascondeva di certo l’amarezza che aveva per la decapitazione quasi forzata del mago di due giorni prima. E all’Alto-comandante non sfuggì.

« Stai ancora pensando a quel mago, vero? Sapevo che non avresti approvato la mia azione. Posso però assicurarti di averlo interrogato e come tu stesso hai riportato ad Adalvin, non ha detto nulla di nulla. Era inutile trattenerlo ancora quindi ho fatto ciò che doveva essere fatto. » disse Bradan con sguardo chino sulla mappa di Endymion, Astrid annuì senza emettere fiato al riguardo, era solito non tenersi le cose dentro e anche quello venne notato.

« Tu cosa avresti fatto? Lo avresti tenuto prigioniero? Lo avresti torturato? È ovvio che disapprovi la mia azione, così come Adalvin stesso. Certe volte mi pare di credere che abbiate lo stesso sangue visto che vi comportate allo stesso modo. » disse Bradan scherzando, Astrid rimase serio e osservò gli occhi azzurri dell’Alto-comandante aspettandosi che quello lo fermasse prima di rispondere.

« Posso davvero dire quello che penso al riguardo? » chiese.

Bradan ritornò serio, diventò scuro in volto e distolse lo sguardo da quello accusatorio di Astrid. « Ovviamente lo avresti tenuto prigioniero. Non ami fare del male alle persone, non ti piace torturare come fanno quelle tigri dei Sigmurd! » disse prendendo in giro lo stemma della famiglia di Rocca Ferrea, non era un mistero che i Lucarhis e i Sigmurd fossero nemici, Bradan aveva giurato di mettere da parte la propria casata quando era entrato negli Osservatori, ma Astrid era convinto che in cuore suo non lo avesse fatto e che fosse ancora legato alla propria famiglia.

« Non trovo piacere nel torturare o uccidere una persona. Poteva essere un interessante prigioniero. Avrebbe potuto cedere, sappiamo bene che i Piromani sono assuefatti al fumo dei baccelli di delonix regia. Quando avrebbe potuto resistere senza? » gli fece constatare Astrid, l’Alto-comandante si trovò in difficoltà visto che il ragazzo aveva pienamente ragione, sembrava ammetterlo da solo.

« Un giorno, come tutti noi, ti troverai a dover compiere una scelta che ti sembrerà facile e innocente ma le quali conseguenze ti verranno rivelate solo a lungo andare in maniera esponenziale. Lasciare vivo quel mago qui, nella Cattedrale che protegge il luogo più pericoloso dell’intero continente sarebbe una follia. » Bradan fece una pausa, si poggiò con entrambi i gomiti sul tavolo di legno e alzò lo sguardo incrociando quello di Astrid ancora una volta.

 « Spero che tu sia pronto per compiere quella scelta e che farai la cosa giusta, questo non sempre significherà ascoltare la ragione o il cuore. Ricorda queste mie parole quando finirò nell’Eden dei Titani. » aggiunse in conclusione, Astrid si dovette mordere l’interno della bocca pur di non ammettere che l’Alto-comandante aveva ragione.

Era ancora convinto che giustiziare il mago non fosse la soluzione migliore, quantomeno non così frettolosamente. Ma sapeva bene che se mai si fosse trovato davanti ad una scelta importante non avrebbe saputo gestirla come giusto che fosse, e questo lo spaventava a morte.

« Partiremo domani mattina, se non è un problema. Non voglio perdere altro tempo e aspettare una quinta vittima. Mi viene concesso il permesso? » chiese Astrid parlando con tono meno sicuro e voce tremante, Bradan si accorse nuovamente del cambio di emozioni del ragazzo e fece un altro sorriso come se volesse incoraggiarlo.

« Sai… pochi giorni fa mia nipote si è sposata, diventando la Regina di Endymion. Mio fratello mi aveva invitato ad Altura Silente per partecipare alla festa in suo onore, ma mi sono rifiutato. » disse Bradan facendo seguire poi una pausa. « Ho scelto di restare qui, mettendo da parte la mia famiglia, lasciandomi tutti gli affetti alle spalle. Ricordati, Astrid, che la persona che amiamo, sarà sempre la nostra più grande debolezza, perché se gli dovesse accadere qualcosa, moriremmo con lei. » disse infine.

Astrid non colse subito le parole di Bradan, o almeno non riuscì a capirle subito, poi gli venne in mente il dubbio che in qualche modo, l’Alto-comandante sapesse di lui e Caius. Il ragazzo si sforzò quindi di sorridere nonostante il velo di terrore.

« Vedrò di ricordarmelo. » disse infine, a quel punto sentì il bisogno urgente di fuggire da quella stanza correndo il più lontano possibile dall’Alto-comandante.

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Capitolo 7
*** 07. Dantos - Il Re dei Re ***


{Dantos}

 

7.

Il Re dei Re

 

Dantos si sentiva non poco a disagio sapendo che Karpos Painer era al suo fianco, tra i due non c’era mai stato buon sangue, probabilmente l’uomo neanche sapeva chi aveva al proprio fianco, dal canto suo il mercenario non aveva la minima intenzione di farglielo notare o avrebbe avuto problemi. Conosceva bene la sua identità, vederlo in giro per i muri del palazzo come un infiltrato qualunque lo avrebbe fatto insospettire parecchio.

I due si mossero attraverso i larghi corridoi del castello, alte finestre riempivano la parete destra dal quale Dantos poteva vedere lo scorcio sulla Baia del Naufragio, ora che non erano più ai piani inferiori del castello. Il mare sembrava così distante dal punto in cui si trovavano, Dantos lo fissava con un certo disgusto visto che non gli piaceva ma non si lasciò coinvolgere nella distesa di mare blu splendente e rimase concentrato sulla prima prova.

La sala del trono sarebbe stata riempita delle nobili famiglie e degli ospiti che c’erano a distanza di pochi giorni dal matrimonio combinato dell’erede al trono dei Grimalder. Si sarebbe dovuto presentare alla corte ma questo non lo preoccupava: non si agitava facilmente ma essere alla presenza del Re dei Re era comunque qualcosa che faceva uno strano effetto per uno come lui.

A maggior ragione sapendo che prima o poi avrebbe dovuto ucciderlo come da contratto stabilito.

« Non sei un tipo che parla molto, vero? Meglio così, come guardie non siamo altro che delle armi, quindi non ti aspettare che qualcuno all’infuori del Re ti parli personalmente. » disse a mo’ di avvertimento Karpos, Dantos in qualche modo credette che stesse cercando di metterlo a proprio agio.

“Fingere di essere timido magari mi è d’aiuto.” Pensò il mercenario, fece per schiarirsi la gola così da rispondere quando delle guardie svoltarono l’angolo, ebbe un attimo di titubanza poi si ricordò che era normale vederne in ogni corridoio.

« Scommetto che non hai mai neanche visto un membro della famiglia reale. Nessun cavaliere proveniente dalle cazzo di fogne dal quale vieni tu li ha mai visti, senza offesa eh! » disse Karpos facendo una risata, Dantos non si stupì del fatto che l’uomo si comportasse così anche con i propri uomini. Il mercenario dovette quindi stringere le labbra per la rabbia.

« Nessuna offesa, comunque la mia fogna era senza dubbio più pulita del tuo culo! » non volle aggiungere altro visto che ne aveva voglia, Karpos lo fissò infastidito per il resto del tragitto finché non arrivarono alla sala del trono.

Quando aprirono la porta alla fine dell’ennesimo corridoio, Dantos si trovò finalmente nella grande sala addobbata con gli stendardi verdi e rossi dei Lucarhis e blu e bianchi dei Grimalder, i loro stemmi erano stati decorati in ogni parete e in ogni arazzo davanti le finestre, questo dava alla sala un aspetto piuttosto caloroso grazie ai colori caldi e più forti.

Dantos notò anche che c’era un buon profumo che ipotizzò fosse incenso visto che in più punti sotto le colonne c’erano delle candele fumanti. In un istante si guardò intorno capendo di essere dietro i due grandi troni dei sovrani.

La sala del trono si diceva che fosse costruita di pietra lavica così come il resto del castello e che poi era stato interamente ricoperto di legno e vetro, pietra e altri rivestimenti che non facessero sembrare l’intero castello così tetro come negli anni del dominio elfico. A Dantos non importava molto come fosse costruito, ma ammise a se stesso che gli sarebbe piaciuto vivere in un castello tanto grande.

La sala serviva ad ospitare ricevimenti, feste e banchetti durante i mesi freddi dell’inverno quindi permetteva l’ingresso di almeno cinquecento persone tutte insieme. La grande navata davanti il portone d’ingresso era divisa  da un lungo tappeto amaranto con i righini dorati che arrivava fino alla scalinata con i due troni. Delle larghe colonne piene di dettagli floreali formavano due file perfette che sostenevano le due balconate ora vuote.

C’era molto movimento tra gli ospiti del castello, Dantos non immaginava perché tutto quel trambusto solo per accogliere un cavaliere, immaginò che ci sarebbe stato altro a seguito della sua ufficiale presentazione al Re dei Re. Ci volle qualche minuto ancora affinché il silenzio cominciasse a regnare e nella sala facevano già il loro ingresso i membri delle famiglie reali.

Entrarono da una porta opposta a quella dal quale era passato Dantos che capì conducesse negli alloggi privati e nelle stanze sulle quattro torri cardinali. I primi ad entrare furono i Lucarhis, in particolare la madre della Regina; Dantos rimase paralizzato vedendo la bellezza quasi inumana di quella donna, era risaputo che le donne del sud fossero belle ma non aveva immaginato così tanto.

Saisyll Lucarhis era una donna dal corpo formoso che indossava un abito di seta verde smeraldo, il colore predominante della loro famiglia, che le si intonava perfettamente con i penetranti occhi azzurri, ciò che colpì il mercenario più del resto furono i lunghi capelli chiari quasi argentei. Sembrava molto giovane ma Dantos sapeva che aveva quasi il doppio dei suoi anni. Seguì il marito, il quale aveva una ferita di guerra che gli aveva fatto perdere un occhio e che lo aveva costretto a camminare con un bastone.

Maedoc Lucarhis era un uomo forte e valoroso con un fisico scolpito da anni di guerra, chiunque conosceva il ruolo che lui e il fratello* Bradan avevano avuto nella guerra contro gli elfi pochi anni prima. Si era meritato di stare nella sala del trono. Seguì poi la loro figlia, bella quanto la madre e che aveva ereditato i tratti del padre somigliandogli sia nei lineamenti del viso che nel taglio degli occhi.

« Non è lei che dovrai proteggere, quindi vedi di frenare il cazzo, non c’è spazio per nessuno che non sia il Re tra le sue gambe! » disse Karpos sussurrando con voce fredda e divertita all’orecchio del mercenario, quello gli gettò una rapida occhiata.

Provò un senso di nervosismo ancora maggiore verso l’uomo, lui faceva cose orribili è vero, ma non si sarebbe mai aspettato che un uomo dell’età di Painer potesse avere fantasie del genere su una ragazzina che poteva benissimo essere sua figlia.

« Non stavo facendo alcun pensiero su di lei, Alto-comandante. » disse Dantos come per giustificarsi, se proprio doveva essere sincero ne aveva fatte sulla madre che aveva un aspetto singolare che il cavaliere arrivò a pensare che era persino più bella di Rosa.

« Sì, come no. Frena comunque il cazzo o te lo taglierò personalmente. » disse ancora insistendo, Dantos preferì non replicare a quel punto e si limitò ad osservare la famiglia Lucarhis che si spostava dietro i due troni, Lady Saisyll e Lord Maedoc camminarono proprio davanti ai due ma li ignorarono.

La Regina Nynniew invece si fermò davanti al proprio trono e si sedette nell’attesa che arrivasse il Re, cosa che non tardò ad accadere visto che la porta d’ingresso si aprì pochi minuti dopo.

Erano solo in due, Dantos non sapeva come la madre fosse morta ma per la prima volta vedeva il suo bersaglio e ne focalizzò i lineamenti come per imprimerlo bene nella sua memoria: nonostante avesse già diciott’anni, Drustan sembrava essere molto più piccolo dell’età dimostrata e persino dell’attuale Regina che essendo donna si era già sviluppata. Il ragazzo aveva pochi anni in meno di Dantos ma ne dimostrava averne ancora meno, non aveva barba o peli superflui sul viso, i capelli castani erano tirati indietro proprio come quelli del padre che si muoveva al suo fianco indossando un completo azzurrino a differenza del figlio che vestiva interamente di bianco e che aveva una spilla sul petto.

Dantos poté vedere che anche se era giovane, l’attuale Re aveva comunque un portamento fiero e nel suo abito di seta bianca sembrava perfettamente a suo agio, come se fosse nato per essere sovrano dopo anni di devastazione nel continente.

Neanche loro due si preoccuparono delle guardie in giro, Re Drustan si andò a sedere accanto alla propria moglie mentre il padre gli si spostò a pochi metri dietro insieme ad altri tre uomini, insieme formavano la Giunta Capitale, i consiglieri del re.

Ci furono lunghi attimi di silenzio, poi sia la Regina che il Re si scambiarono uno sguardo profondo, il giovane sovrano si alzò quindi dal proprio trono e solo in quel momento Dantos notò la famosa Corona Splendente che egli indossava, uno degli oggetti divini, che si dicesse in grado di comandare la luce del sole.

Sembrava fatta di cristallo visto che era semitrasparente, i suoi riflessi però mostravano delle parti interamente opache come se ci fosse del fumo intrappolato dentro, i ricami rappresentavano simboli e riferimenti legati al fuoco e alla luce del sole. Era l’unico gioiello che era indossato dal sovrano, a parte la spilla che rappresentava lo stemma della propria famiglia.

Dantos ritornò alla realtà osservando  movimenti del Re, un servo gli si era avvicinato portando un largo fodero con una grande spada dentro, Drustan la estrasse impugnandola con entrambe le mani visto che era pesante. « Si faccia avanti il Cavaliere del Re. » disse il Re con voce solenne, a quel punto Dantos seppe che stava parlando di lui, Karpos tuttavia gli diede un colpo sulla spalla come per spingerlo ad andare avanti e quasi inciampò nello stivale di un’altra guardia; grazie ai suoi riflessi però rimase in equilibrio.

Avanzò come gli era stato ordinato facendo il giro largo della sala passando dietro i Lucarhis e il colonnato con gli altri ospiti così da trovarsi a percorrere la navata arrivando quindi a distanza di pochi metri dai due troni e dal sovrano in piedi.

Dantos e Re Drustan si scambiarono un’occhiata mentre l’uno avanzava verso l’altro, era come se i due potessero parlare tramite i pensieri, o almeno come se ci provassero, il mercenario non si sentì intimorito dallo sguardo indagatorio finché non gli venne fatta la successiva richiesta da Lord Donchad Grimalder.

« Togliti l’elmo davanti al tuo Re, cavaliere. » disse il padre del Re dei Re, fu allora che Dantos si trovò davvero in difficoltà come se tutto quello che aveva pensato mentre attraversava i corridoi fosse divenuto improvvisamente realtà.

Il Re continuò a guardarlo aspettando con la spada in mano che quello si mostrasse, allora Dantos sbuffò all’interno del proprio elmo e fu costretto a toglierselo: mise le mani sui lati e tirò via lasciando che il suo viso potesse essere ben visto.

Evitò lo sguardo di chiunque non fosse il Re, aveva paura della reazione di tutti all’interno della sala, aveva paura che Karpos Painer cominciasse ad urlare ma nessuno si azzardò ad emettere un fiato prima che potesse farlo il sovrano. Drustan continuava a guardarlo con i suoi occhi verde palude cercando di capire qualcosa, ma Dantos si concentrò solo su quegli occhi indagatori.

Pensò a chiunque gli fosse vicino o amico, nessuno di loro era all’interno del castello per poterlo aiutare, per potergli dare uno sguardo rassicurante o una pacca sulla spalla.

Pensò alle gocce di sudore che gli bagnavano la schiena e che lo rigavano come se fossero unghie. Fu un attimo eterno come il sole, poi vide le labbra del Re inclinarsi in un sorriso.

« Presentati a questa corte, Cavaliere del Re. » gli venne ordinato da Drustan, Dantos aveva notato un cambiamento nella voce del giovane che restava duro e distaccato, sembrava essere fiducioso, come se in qualche modo si fidasse del cavaliere davanti gli occhi, il mercenario si mise composto e parlò a voce alta e chiara in modo che tutti lo sentissero all’interno della stanza.

« Sono Sir Maxwell di Porto del Sole, mio signore. »

A quelle parole il Re annuì solennemente per poi poggiare la punta della spada sul pavimento coperto dal tappeto. « Inginocchiati e pronuncia insieme a me il Giuramento della guardia. » ordinò ancora una volta il giovane Re, Dantos fece come gli era stato chiesto mettendosi in ginocchio davanti al sovrano.

« Giuro di servirti lealmente, giuro di proteggerti da ogni male, da chiunque te ne voglia e da chiunque proverà a nuocerti. Sono la tua spada, sono il tuo scudo, sono ciò che si frapporrà tra te e il resto del mondo. Ti proteggerò a costo della mia vita e finché avrò fiato in corpo non smetterò di lottare nel tuo nome. » recitò Dantos parlando con voce seria e contenuta, ovviamente aveva dovuto studiare il Giuramento della guardia che ogni cavaliere conosceva.

Il giovane uomo alzò lo sguardo rivolgendolo al proprio protetto che avrebbe dovuto recitare la sua parte. « Giuro di rispettarti, giuro di esserti sempre vicino e che non insulterò mai il tuo onore, che rispetterò e ascolterò il tuo pensiero e che al pari di un fratello ti accoglierò nella mia casa. Che il Titano Carro mi sia testimone, la sua forza sia la tua. Che la tua vittoria sia la mia, che la tua sconfitta sia la nostra! » e dopo aver pronunciato con solennità il giuramento, il Re si avvicinò di alcuni passi al proprio cavaliere passando la spada prima sulle spalle e sul sulla testa.

« Ora che il giuramento è compiuto, potrai venire alla mia destra accanto al trono, Sir Maxwell. » disse infine il Re facendo alzare il proprio cavaliere che lo sovrastò in quanto altezza e fisico, essendo molto vicini Dantos notò che il Re era un ragazzino dal fisico asciutto e che era molto più basso di lui.

« Sarebbe un onore per me, Vostra Maestà. » disse in risposta il mercenario, gli fece un largo sorriso che il ragazzo ricambiò amichevolmente e subito seguirono gli applausi in onore del nuovo cavaliere. Solo allora Dantos cercò lo sguardo di Karpos ma non lo trovò e ne fu felice così da non doverlo affrontare subito.

Il “nuovo” cavaliere si spostò quindi alla destra del sovrano insieme ad egli, Re Drustan si sedette sul proprio trono mentre Dantos si mise al suo fianco, neanche la Regina era così tanto vicina a lui, nessun altro avrebbe potuto avvicinarsi tanto.

« Direi di cominciare subito ad esaminare il primo caso del giorno. Lord Donchad, prego. » disse il Re chiamando suo padre col proprio nome, Dantos ammirò molto questa cosa, non sapeva perché ma a primo impatto gli sembrò una cosa giusta, lui però non conosceva le usanze di una corte quindi non pensò anche che forse era una cosa normale evitare di chiamarsi per nome.

Lord Donchad fece come gli era stato detto, aveva una cartelletta di legno in mano con alcuni fogli di pergamena sopra e una penna di corvo con calamaio annesse per scrivere. « In qualità di Maestro Diplomatico, ho la facoltà di rappresentare le terre di Altura Silente negli altri regni quindi oggi come primo incarico del Vostro mandato esaminiamo la richiesta dei contadini di Porto del Sole, uno dei villaggi del nostro territorio. » disse l’uomo leggendo la pergamena.

« Allora fate entrare il loro rappresentante. » disse Re Drustan voltandosi verso la porta d’ingresso, tutti quanti fecero lo stesso e le porte si aprirono lasciando passare un uomo che vestiva abiti logori ma curati, un uomo magro e dall’aspetto affamato, non c’erano dubbi che si trattasse di un contadino, Dantos però si meravigliò del fatto che non riconoscesse il rappresentante in questione, erano passati quindici anni, lui non sarebbe sicuramente stato riconosciuto e la sua copertura sarebbe rimasta salda.

« Prego buon uomo, esponi a questa corte i problemi che affliggono il tuo villaggio. » parlò ancora una volta il Re, anche stavolta aveva usato un tono distaccato, Dantos  pensò che il suo fosse solo un modo per sembrare più superbo.

Il pover’uomo avanzò finché gli fu concesso per poi cadere in ginocchio al cospetto del proprio Re. « Vostrà Maestà, il nostro villaggio è costantemente attaccato da banditi e ladri, derubano quanto possono prendendo le nostre scorte per l’inverno. Ogni anno produciamo molto grano per la capitale, ma così facendo ce ne priviamo noi. Se continueremo con questi furti non ci resterà nulla per affrontare l’inverno che verrà e moriremo di fame. »

Il giovane Re ascoltò attentamente ogni parola che venne pronunciata dall’uomo così come Dantos che sentiva la questione molto personale, suo padre era morto proprio in quel modo e da allora la sua vita era stata vissuta alla giornata.

« Cosa venite a chiedere dunque? Protezione? » chiese il Re parlando con umiltà al servo, il suo tono di voce era cambiato ma il silenzio restava una legge all’interno della sala, nessuno si permetteva di intromettersi durante l’incontro.

« Se poteste inviare una piccola squadra potremmo riuscire a proteggere le nostre case. Porto del Sole è un villaggio molto piccolo, non serviranno molti uomini. »

« Mi permetto di intromettermi, mio signore… » dai quattro consiglieri avanzò uno degli uomini che stava in mezzo, aveva un fisico curato e una media altezza, capelli e occhi castani scuri che si intonavano con la veste che indossava, sulla indossava una cappa con gli stemmi delle due casate reggenti. « L’ordinamento delle guardie cittadine non è una proposta discutibile durante un’udienza. La loro disposizione viene decisa dal nostro Maestro della Guerra e dall’Alto-comandante in separata sede. » disse l’uomo indicando uno dei tre uomini che erano rimasti indietro. Quello proseguì usando un tono di voce più tetro che rassicurante. « Sarebbe meglio evitare di dividere le nostre forze, ora che la capitale ha finalmente due sovrani ed è veramente unita. » disse terminando.

Dantos sentì fin da subito qualcosa ribollirgli dentro, una sensazione che gli scorreva nel sangue quando incontrava qualcuno che non gli stava a genio, sensazione che aveva perennemente quando incontrava Karpos. Tuttavia eseguì il suo compito restando in muto silenzio e aspettando il giudizio del Re con le mani incrociate davanti il pube e col petto in fuori.

« Ti ringrazio, Ollyson per il tuo prezioso consiglio. Tuttavia credo che il nostro esercito sia molto grande, venti uomini in meno non ci renderanno più deboli o meno uniti. Vorrei proprio sapere cosa ne pensa il mio cavaliere, invece. » disse il Re in risposta all’uomo della Giunta che si era fatto avanti, Dantos si voltò di scatto verso il sovrano mentre l’uomo chiamato Ollyson si fece avanti ancora una volta nel tentativo di opporsi.

« Vostra Meastà non conoscete neanche quest’uomo, un giuramento fatto pochi minuti fa non lo rende di certo un buon consigliere. » disse quello, Dantos si voltò verso l’uomo scoccandogli un’occhiata col quale voleva incutere timore, quando Ollyson però rivolse il suo sguardo a quello del cavaliere non mostrò paura, anzi, sembrava quasi divertito dalla cosa.

« Non posso che essere concorde col Maestro delle Spie, figliolo… Maestà! » disse intervenendo Lord Donchad, Dantos pensò che fosse normale per lui chiamarlo figliolo, tuttavia la correzione che fece a se stesso gli fece ben pensare che non avrebbe potuto chiamarlo così.

« Sir Maxwell, i miei consiglieri mi dicono che non dovrei ascoltare il tuo parere. Provieni da Porto del Sole e sei diventato cavaliere, questo villaggio non ci ha portato solo grano, ma anche dei valorosi soldati del nostro esercito. Mi sbaglio forse? » chiese il Re dei Re parlando col proprio protettore, a quel punto Dantos fu sicuro che avrebbe potuto esprimersi al riguardo, cercò quindi di ponderare le parole pensando a cosa avrebbe potuto davvero convincere il Re ad aiutare il suo vecchio villaggio.

« Vostra Maestà, come dite voi una squadra di venti uomini non nuocerà al vostro esercito. Se il villaggio dovesse cadere non riceveremmo le annuali grandi quantità di grano. Inoltre un po’ di giustizia contro dei furfanti non sarebbe così mal vista. » si limitò a quelle poche parole tornando a chiudersi nei propri pensieri mentre il Re rifletteva sul giudizio.

« Invierò a Porto del Sole una guarnigione di venti soldati affinché possano proteggere il vostro villaggio e le vostre scorte. Se non proteggiamo i nostri alleati quando possiamo farlo non siamo migliori di quanto erano gli elfi quindici anni fa. In questi anni di crisi dobbiamo tutti aiutarci e stringere i denti. Questo è il mio giudizio! » disse infine il giovane Re autentificando la propria sentenza al riguardo, il popolano se ne tornò indietro con un largo e sdentato sorriso che però non sembrò rendere felice Drustan.

Quando l’uomo uscì subito dei servitori fecero portare delle brocche d’acqua col quale riempirono dei calici di vetro, uno per la Regina e uno per il Re affinché potessero berle.

Ci fu una brevissima pausa e successivamente venne fatto entrare un altro uomo con un'altra richiesta, poi un altro ancora e a seguire un criminale che venne messo nelle prigioni sotto la città. Seguirono altre tre criminali e alla fine dovettero interrompersi per il pranzo. Re e Regina si mossero attraverso i corridoi dietro la sala del trono così da raggiungere le scale che portavano ai piani superiori.

Dantos ovviamente rimase ogni istante col proprio Re cercando di capire chi fosse lo Spettro Folle tra tutte quelle persone che aveva incontrato, non era sicuro che si sarebbe presentato come tale, ma era probabilmente lo avrebbe conosciuto presto.

Dopo il suntuoso pranzo che le famiglie reali consumarono nella grande sala da pranzo, Dantos vide Karpos Painer entrare nella sala spostandosi per le pareti e raggiungendo il Cavaliere del Re. Quando il giovane uomo vide avvicinarsi l’Alto-comandante credette che la sua copertura sarebbe stata mascherata, ma quando quello gli fu vicino lo prese per la callotta avvicinando le proprie labbra all’orecchio del cavaliere. « Hai dieci minuti per pranzare, pisciare o cacare e tornare qui, feccia. » gli disse quello senza aggiungere altro, Dantos si voltò di pochi centimetri così da guardarlo nei profondi occhi neri stringendo le labbra per la rabbia.

« Va bene, Alto-cazzone!. » disse in risposta, era ovvio che fosse stato riconosciuto e quindi voleva tanto prendersi un po’ di soddisfazione provocando ancora l’uomo che per qualche motivo che non gli era ancora chiaro, aveva preferito mantenere il silenzio, almeno per adesso.

Fece attenzione per i corridoi silenziosi passando per le porte di servizio che lo condussero al passaggio isolato che aveva già percorso quella mattina per raggiungere la sala del trono e nel tentativo di orientarsi arrivò finalmente alla torre di guardia.

C’era molta confusione ma Dantos preferì restare da solo prendendo la propria scodella con lo stufato di carne e mettendosi in un angolo della torre in modo che nessuno lo trovasse; dopo aver visitato la latrina fu finalmente pronto per tornare nella sala da pranzo dal proprio protetto, cosa non facile.

Nel farlo Dantos perse completamente il proprio orientamento ritrovandosi nel complicato intrico di corridoi dei piani superiori del castello. Non si fece prendere dal panico perché aveva già superato la sala del trono che era stato costretto ad attraversa e che era rimasta desolata, passò quindi dietro i troni e entrò nella porta.

Non aveva incontrato neanche una guardia durante il suo vagabondare per il castello finché non si era arreso appoggiandosi ad una parete di pietra chiara, davanti a sé una finestra si affacciava sulla città ed era contornata da due arazzi che mostravano una scena di battaglia, un cavaliere a cavallo che stava combattendo contro uno altro che vestiva un’armatura verde e cavalcava un drago.

Dantos rimase senza parole vista la bellezza della scena, non poté non mostrarsi interessato così si spostò trovandosi nuovamente in piedi davanti l’enorme arazzo diviso in due, tirò da entrambi i lati così da chiedere la finestra e rivelando la scena centrale che raffigurava il castello di Altura Silente in tutta la sua magnificenza, tuttavia era colorato di nero brillante anziché della pietra color sabbia che lo rivestiva nella realtà.

« Una bella immagine, non trovi? Delicata e potente allo stesso tempo. Fu dipinta da Lucian il Conquistatore oltre trecento anni fa. Immagino che tu sappia chi fu, giusto? » disse una voce alle spalle del cavaliere, Dantos fece quindi un salto in avanti voltandosi poi indietro così da poter vedere chi gli aveva parlato.

Davanti a sé il cavaliere vide che c’era la bellissima Lady Saisyll con i suoi lunghi capelli di platino che le ricadevano sul delicato vestito che indossava; teneva le mani incrociate in grembo e i suoi splendenti occhi azzurri erano puntati contro il cavaliere.

« Il primo Imperatore elfico. » disse Dantos deglutendo, non sapeva esattamente come comportarsi di fronte a quella donna, la sua bellezza però lo metteva non poco in crisi, la dona fece un sorriso leggero mantenendo i suoi occhi immobili.

« Vedo che non sei quell’ignorante di campagna che Karpos mi aveva fatto credere. Questo rende tutto molto più interessante… » disse la donna spostandosi vicino l’arazzo e allungando il proprio braccio per toccare la delicata stoffa dipinta. « Anche se hai chiaramente l’aspetto di un volgare popolano. Come tutti quelli di questa città fangosa, in fin dei conti. » disse la donna subito dopo facendo comparire sul delicato viso una smorfia di disgusto.

« Posso fare qualcosa per voi, mia signora? » chiese Dantos cercando di deviare le attenzioni dalle accuse, ovviamente Painer non poteva non essersi tenuto tutto dentro. Era andato a riferire alla Reggente Madre quello che era, eppure lei non sembrava curarsi della possibilità che Dantos potesse essere un falso cavaliere.

« Non dovresti essere nella sala da pranzo a proteggere Re Drustan? Un ragazzo così giovane che indossa la Corona Splendente non dovrebbe essere privo di protezione tanto a lungo. » disse Lady Saisyll ignorando la domanda postale dal cavaliere, la donna abbassò lo sguardo sul cavaliere, continuò a muovere le dita delicatamente toccando il tessuto morbido dell’arazzo con un fare che Dantos ritenne seducente, cercò di controllarsi.

« Mi sono perso. » si limitò a dire, Lady Saisyll fece un largo sorriso divertita dalla cosa. « Forse sareste così gentile da accompagnare questo novello cavaliere attraverso il castello? » aggiunse gentilmente accennando un inchino poco profondo, Lady Saisyll ignorò nuovamente le parole del cavaliere.

« Sapevi che Lucian il Conquistatore cavalcò un drago che si dicesse fosse in grado di tramutare le cose in pietra? Col suo soffio di fumo nero era capace di trasformare qualunque oggetto o persona in pietra, fu così che gli elfi arrivarono al castello e lo invasero eliminando ogni Grimalder che lo abitasse. » chiese la donna in riferimento alla tela, Dantos annuì con titubanza.

« Sì, ho letto qualcosa al riguardo, mia signora. Cercherò da solo la strada che mi riporti dal Re. » disse Dantos allontanandosi dalla donna, la sensazione di disagio lo stava tormentando a tal punto da pensare che Lady Saisyll si stesse prendendo gioco di lui.

« Se lo cerchi nelle torri sicuramente non lo troverai mai a meno che non vuoi finire nella sua camera da letto. Ti basterà scendere la scalinata principale e seguire il drappeggio rosso finché non dovrai svoltare a destra, capirai da solo la strada da prendere a quel punto e arriverai alla porta di servizio della sala. » rispose infine la donna quando il cavaliere le aveva ormai dato le spalle, quello si voltò appena la donna si fu allontanata dall’arazzo.

« Si vede che sei solo un poveraccio e che non sei un vero cavaliere. Quello che mi chiedo è il perché della tua venuta qui e chi è tanto potente da essere riuscito a farti entrare. » insistette la donna, era ovvio che Dantos non poté darle conferma del fatto che fosse un infiltrato, Lady Saisyll era una donna molto astuta.

« Cosa ve lo fa pensare? » chiese lui.

« Il drago di Lucian non sputava soffio di fumo. Il suo nome era Valefar ed era chiamato “il Demone Rosso”; le fiamme del suo soffio erano talmente calde da ridurre in cenere le mura di città intere. Villaggi completamente ridotti in melma dal suo fuoco. Chiunque abbia un titolo cavalleresco conosce bene la storia di Lucian e Valefar e di come il Demone Rosso scappò dal suo controllo. Cercherò di capire quali sono i tuoi interessi in questa storia, nel frattempo vedi di svolgere il compito assegnato. » disse la Reggente Madre, Dantos non si permise di risponderle ancora e si limitò ad un inchino per poi spostarsi attraverso il corridoio come gli era stato indicato arrivando al piano inferiore scendendo la torre e trovandosi poi nella sala da pranzo.

“Non so perché ma credo che questa donna sia peggio di quel che sembra.” Penso tra sé e sé Dantos quando ebbe finalmente raggiunto la sala da pranzo, rivolse un veloce sguardo al tavolo dove si trovava Re Drustan e vide il ragazzo voltare il viso trovando quindi il proprio cavaliere, gli fece un sorriso amichevole e alzò il calice di vino a mo’ di brindisi per la loro amicizia.

Fu allora che il cavaliere pensò che quello sarebbe stato il più difficile dei suoi contratti, avrebbe dovuto uccidere un ragazzo buono e giusto, forse il miglior sovrano che Endymion avesse avuto in circa sette millenni di storia.



Note dell'Autore:
*nello scorso capitolo ho fatto un piccolo ma importante errore che mi sono reso conto di non aver notato. Bradan nello scorso capitolo parla ad Astrid dicendo che "sua sorella" lo aveva invitato al castello, in realtà parlava di "suo fratello" appunto Maedoc. Perdonate l'errore di disattenzione.
PS: Spero che la storia vi stia appassionando e interessante, se capita lasciate qualche commento per farmi sapere le vostre impressioni^^
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 8
*** 08. Kari - Serpi in seno ***


{Kari} 
 

8.

Serpi in seno

  

L’urlo straziato dell’uomo riusciva a coprire il silenzio dei pochi e lo sgomento di molti, nessuno riusciva a capire cosa fosse successo con l’eccezione di chi era troppo vicino all’immagine: un uomo dall’aspetto comune vestiva delle semplici vesti, aveva una maschera totalmente nera e priva di alcuna forma a coprirgli il viso, gli mancava una mano, recisa dalla spada del cavaliere che aveva protetto la giovane Kari di Casa Caelum.

« Vi ho riportato la maschera, mia signora. » disse il cavaliere con tono serio, la fronte corrucciata e gli occhi puntati contro la propria protetta che grazie a lui era sana e salva.

Kari era ancora sconvolta e non riusciva a credere a quello che era appena successo, qualcuno aveva cercato di ucciderla, quel qualcuno adesso stava urlando in preda al dolore mentre il suo sangue ricopriva il pavimento splendente della sala da ballo.

« Fate sbarrare le porte, non voglio che nessuno esca dalla sala! » tuonò con voce autoritaria Sten Caelum rivolgendosi a Brutus, la propria guardia; il cavaliere dalla veneranda età fece un cenno a qualcuno alle spalle e si affretto a raggiungere la porta d’ingresso.

In pochi istanti gli uomini che i Caelum avevano portato con sé durante il viaggio verso Artiglio del Drago avevano già raggiunto ogni apertura della sala e l’avevano sbarrata tenendo chiusi i nobili e ogni invitato all’interno della sala.

« Non potete chiuderci qui dentro, questa è la nostra casa! » squittì con un grugnito Myrella Dunnstone, per tutta la serata era stata in disparte non avendo qualcuno con cui ballare, ora che il trambusto si stava animando era intervenuta.

« Proprio perché voi Dunnstone siete chiusi qui dentro posso finalmente stare tranquillo e fare luce sulla situazione! » urlò ancora Lord Caelum zittendo con una sola frase la giovane lady dell’altra casata. L’uomo si fece quindi largo tra la folla riuscendo ad arrivare alla propria figlia che allontanò dal futuro sposo.

« Sto bene, padre. Aedan mi ha salvata. » disse la giovane lady in risposta, ma non era del tutto vero. Si sentiva strana, leggera come l’aria con la testa che continuava a vagare tra i pensieri.

« Sten ti prego, lascia le porte della sala aperta e risolviamo la cosa civilmente, ci sarà sicuramente qualcuno a pagare di quanto è successo ma non i Dunnstone! » disse Lady Helga cercando di franare la rabbia del marito, ma fu inutile visto quanto lui era arrabbiato con lei soprattutto.

« “Il sangue prima del sole” cara Helga! Sei stata tu a far allontanare il cavaliere di tua figlia esponendola ad un pericolo troppo grande. Sei cieca se non vedi il pericolo che ha corso! » ribatté il Lord contro la propria moglie, quella non riuscì a replicare piena di vergogna per quello che stava succedendo.

« Lord Sten, ti prego di calmarti. Posso capire la tua furia ma ti assicuro che non c’è nessuno qui o nella mia famiglia che vorrebbe la tua giovane figlia morta. Specie visto quanto il matrimonio dei nostri due figli potrebbe significare. » disse il Lord della Casa Dunnstone cercando di calmare l’animo dell’ospite irato, il Lord di Bosco Ombroso quindi si voltò verso l’uomo fissandolo negli occhi scuri e penetranti come il carbone.

« Facile da dire, Lord Garrel. Non è uno dei tuoi figli che ha rischiato di morire nella casa di qualcun altro. » disse il Lord parlando con tono contenuto come aveva fatto il padrone di casa, i due si guardarono ancora una volta proprio come quel pomeriggio, come se cercassero di intendersi.

Quello che seguì dopo lasciò gli invitati urlanti: Volmar prese la spada che aveva al proprio fianco, liberandosi della maschera si fece vedere da tutti gli invitati mentre alzava la spada piantandola nel cranio del tentato omicida e distruggendone la forma. Staccò la spada con rabbia ansimando e sputando sul cadavere dell’uomo.

« Questa feccia non merita di vivere, nessuno può fare del male alla mia futura moglie. La sua vita è il giusto compenso per la paura che la mia lady ha provato. » disse Volmar voltandosi poi verso Sten Caelum e la figlia che teneva ancora tra le braccia.

Kari aveva vissuto quei minuti in stasi, come se non riuscisse a pensare, come se per pochi istanti il suo mondo si fosse fermato. Aveva appena visto qualcuno morire, ucciso brutalmente da un altro uomo; aveva visto il suo cavaliere con lo sguardo ancora arrabbiato con la lama sporca di sangue.

Non aveva mai pensato che in quel mondo ci potesse essere tanto male, e lei era una semplice persona. Un titolo la rendeva più ricca e desiderata, ma agli occhi della morte era comune a tutti gli altri: debole nella sua forma umana, indifesa se non fosse per il cavaliere.

Kari sentì l’aria venirle a meno, il calore creato dalle mura di ossidiana adesso le dava fastidio, non più conforto. Ebbe il bisogno di staccarsi dalle braccia del padre e restare libera per qualche istante; ovviamente Lord Caelum la lasciò andare e lei poté osservare attentamente il cranio spappolato di colui che la voleva uccidere. « Volmar ha ragione, non meritava di vivere. » disse lei stringendo i denti e sentendo una strana angoscia insinuarsi nel suo cuore, prima di allora si sentiva innocente.

Adesso qualcosa l’aveva turbata e non capiva in che modo.

Poco più tardi, Kari si trovava nella sua stanza al secondo piano del castello, distante dalla sala da ballo dove le guardie di suo padre avevano lasciato poi uscire tutti gli invitati; Sten Caelum arrivò ben presto alla conclusione che non avrebbe potuto scoprire nulla, anche se era fermamente convinto, come le sue guardie, che i responsabili in qualche modo fossero proprio i Dunnstone.

« Pensate anche voi che siano stati loro, mia signora? » chiese Aedan quando lui e la lady rimasero soli nella stanza, solitamente lui non aveva il permesso di restare nella camera mentre lei si preparava per andare a dormire, ma Kari si sentiva fin troppo vulnerabile quella sera e l’aveva pregato di restare.

Le dava le spalle ovviamente, non avrebbe potuto vedere la lady mentre si spogliava del proprio vestito e indossava una semplice veste da notte. « Non lo so… qualcosa nella reazione di Volmar mi ha lasciato in dubbio; forse non c’entrano loro. Magari i Caelum hanno altri nemici all’interno di questo castello. » disse lei sciogliendo i propri capelli e lasciandoli liberi fino alla schiena.

« Potrebbe anche essere un trucco, mia signora. Volmar potrebbe aver giustiziato l’uomo così da distogliere i sospetti dalla sua famiglia e così facendo ha impedito anche la sua interrogazione. » disse in risposta Aedan contrariato con quello che aveva detto Kari.

La ragazza rimase immobile pensando anche a quella ipotesi, se non aveva voglia di sposare Volmar Dunnstone prima di quel giorno, di sicuro adesso non voleva proprio averci a che fare.

E pensando proprio a lui, si rese conto che stava bussando alla porta della sua stanza. « Kari, posso entrare? Volevo accertarmi che stessi bene. » disse Volmar dall’altro lato della porta, il cavaliere fu subito in allarme ma la ragazza lo frenò con la mano.

« Entra pure, Volmar. » disse lei, il giovane Dunnstone mise la mano sulla maniglia girandola e aprendo di poco la porta per poter entrare, fu sorpreso di trovare la guardia della ragazza. « È casa tua, non posso impedirti di entrare nelle stanze. »

« Sarà anche casa tua un giorno, quindi voglio che tu sia libera di fare quello che più desideri. » disse il giovane lord con fare frustato senza riuscire a tenere il viso alto, i suoi occhi obietti cercavano quelli chiari di Kari che però rifiutava il contatto visivo.

« Solo quando saremo uniti in matrimonio diventerà casa mia, fino ad allora questo posto non rappresenta nulla per me. » disse la lady con tono distaccato, Volmar fu visibilmente offeso da quello che le aveva risposto, stringendo i denti quindi si affrettò a risponderle ancora una volta.

« Il tuo cinismo non ti porterà da nessuna parte, mia futura sposa! » rispose il ragazzo con una vena di sarcasmo che cercava di nascondere quanto fosse irritato dal tono della ragazza. « Spero che questo spiacevole avvenimento non ti faccia pensare che sei mal voluta. I miei genitori sono già affezionati a te, così come io non riesco a guardare altre ragazze quando tu sei nella stanza. »

« Risparmia le tue dolci frasette per qualcun'altra, Volmar. » disse Kari avvicinandosi al ragazzo e mettendo da parte le buone maniere, si erano decisi a darsi del “tu” quindi poteva parlargli come se parlasse a qualunque altra persona. « Mio padre non si fermerà dal cercare il responsabile di quello che è successo stasera e se dovesse scoprire in qualche modo un vostro coinvolgimento ne pagherete le conseguenze. » disse in tono minaccioso, non si era mai sentita così, Kari non si sarebbe mai riconosciuta vedendosi allo specchio, avrebbe visto un’altra persona.

Nonostante il tono della ragazza, Volmar si sforzò di mantenersi tranquillo, era risaputo a tutti che la calma non faceva parte della sua persona, ma sembrava aver capito che era inutile urlare. « Questo non è uno dei tuoi giochi con le bambole, Kari. Questo mondo ruota intorno ad intrighi e minacce e per quanto ne so, quel pugnale poteva essere diretto a me non a te! » disse lui.

Kari vide il proprio coraggio sgretolarsi come una lastra di ghiaccio colpita con forza. « Che stai dicendo? Cosa stai insinuando? » chiese lei non riuscendo a capire quello che il lord le voleva dire.

Intervenne quindi Aedan che aveva ben capito di cosa si stava parlando. « Lord Caelum non avrebbe mai introdotto un assassino in casa vostra per cercare di uccidervi o rischiare la vita della propria figlia e uno dei suoi uomini. »

« Stai insinuando che mio padre abbia architettato tutto questo contro di voi!? » chiese Kari dopo che il proprio cavaliere aveva ben esposto quello che Volmar cercava di dire.

« Vedila dal mio punto di vista, non ho la certezza che la tua famiglia abbia buoni propositi verso la mia. Caelum e Dunnstone sono rivali da eoni! Questa potrebbe essere la nostra occasione quanto la vostra di metter fine al futuro dell’altra famiglia! » disse il giovane Dunnstone con tono amareggiato, guardava Kari negli occhi come se si stesse giustificando, sembrava talmente convinto dell’innocenza della propria famiglia che Kari pensò davvero all’ipotesi che le era stata presentata.

« Non può essere… mio padre è una persona con dei valori. Con sani principi. Non ucciderebbe mai qualcuno nella propria casa. » disse Kari stringendo i pugni per la rabbia.

« Esatto, principessina. Neanche mio padre ucciderebbe nella propria casa, specie dopo aver aperto le porte ai propri ospiti. La tua famiglia non è la sola ad avere dei principi e a rischiare tutto quello che siamo in questo grande gioco delle casate. » disse Volmar lasciando un amaro silenzio a seguito di quello che aveva detto.

Volmar si distaccò da Kari e la sua guardia avvicinandosi nuovamente alla porta della stanza per lasciarla, diede le spalle ai due Caelum fermandosi prima di uscire. « Indagherò anch’io su quello che è successo. E se dovessi scoprire che la tua famiglia ha cercato di nuocere a me o alla mia casata, allora ti giuro che rinuncerò al matrimonio e muoverò guerra contro di voi! »

Kari osservò gli occhi del ragazzo capendo quanto fosse serio e determinato, deglutì al solo pensiero di una guerra tra casate. « Lo stesso faremo noi, Valdis non lascerà che la sua unica sorella sia data in pasto ai feroci tori di Artiglio del Drago. » disse lei utilizzando come nomignolo lo stemma di Casa Dunnstone.

A quelle parole Volmar uscì dalla stanza, solo quando i suoi passi furono abbastanza lontani nel corridoio Kari poté finalmente rilassarsi e lasciarsi cadere sulle ginocchia. Aedan accorse immediatamente in soccorso della lady che però rifiutò di alzarsi, aveva bisogno di qualcosa di saldo al quale tenersi ferma e il pavimento era la cosa migliore che potesse avere.

« Dimmi che non può essere, dimmi che stava mentendo riguardo quella assurda ipotesi che mio padre possa aver organizzato l’omicidio di Volmar. »  disse lei guardando fissa il pavimento e il proprio riflesso sbiadito dalla pietra nera.

Aedan fece una lunga pausa prima di rispondere, probabilmente anche lui aveva pensato a quell’idea. « No, vostro padre non lo farebbe mai. È un uomo di valori forti, i Dunnstone invece non lo sono e non sanno cosa sia la lealtà. »

« Anche se ciò mi avrebbe impedito di sposarmi con quell’orrendo mostro che è Volmar? » chiese lei alzandosi di scatto e trovandosi faccia a faccia col cavaliere dai biondi capelli. Lui la guardò con occhi dolci e preoccupati.

« Sì, non lo avrebbe mai fatto. » ribadì ancora.

Il pomeriggio seguente, Kari si trovava in giro per il castello di Artiglio del Drago, non riusciva a smettere di pensare a quello che era accaduto la notte prima, ma si sentiva più tranquilla con Aedan anche se cercava in tutti i modi di nascondere l’imbarazzo della cosa: si sentiva debole, non voleva avere bisogno di qualcuno che la proteggesse, voleva essere forte come Valdis.

« State ancora pensando a ieri sera, mia signora? » chiese Aedan mentre stavano percorrendo una delle arcate, Kari si trovò in un bellissimo giardino all’aria aperta, il cielo era nuvoloso ma non pioveva ancora, c’era una piacevole aria fresca e voleva godersela.

« Sì e no. » disse lei, non poté dirgli di più visto che qualcuno le si stava avvicinando in fretta dall’altro lato del giardino. « Myrella, che piacere vedere che anche tu sei qui. » continuò salutando la primogenita di Casa Dunnstone.

La ragazza indossava degli abiti scuri e molto attillati in pelle, le risaltavano la carnagione chiara e i brillanti capelli neri che le scivolavano dietro la schiena lisci, inoltre il suo corpo veniva valorizzato mostrando un accenno dei fianchi e del seno. « Cercavo proprio te, Kari. Dopo quanto successo ieri sera speravo ti unissi a me per un tè pomeridiano, io e mia madre lo facciamo sempre ma oggi pomeriggio volevo passare del tempo con te. » disse Myrella in risposta alla ragazza, il suo tono di voce era grezzo ma contenuto, muoveva le labbra in maniera quasi volgare e Kari notò molta mascolinità nei movimenti della ragazza che non si preoccupava minimamente di indossare abiti e gonne per “fare la dama”, come avrebbe detto Lady Helga alla propria figlia.

« Tè nel pomeriggio? Al nord non abbiamo usanze del genere. » disse Kari interessata alla proposta di Myrella. « Sembra una cosa piuttosto esotica direi. » continuò la ragazza.

La giovane Dunnstone annuì all’affermazione della ragazza. « Più o meno, mia madre è di Nieflheim, una cugina di Casa Sullivan. Loro sono molto attaccati alle tradizioni e questo include anche il tè del pomeriggio con biscotti. Vieni, parliamo un po’. Ho sempre desiderato avere una sorella col quale condividere i miei dolcetti. » disse Myrella allungando la mano e stringendo quella di Kari per poi trascinarla con sé fino ad un delizioso “giardino d’inverno”.

Kari si trovò quindi davanti la porta di vetro del bellissimo giardino, una struttura interamente coperta di vetro in mezzo a quello spiazzo di natura, al centro c’era un piccolo tavolino con una teiera e due tazze sopra, poi c’era un vassoio con alcuni biscotti color panna, in un altro piccolo piatto c’erano dei dolcetti ricoperti di zucchero che avevano l’aspetto di essere morbidi.

« Avevi già pensato di invitare qualcuno? O è una casualità il fatto che ci fossi io a passare di qua? » chiese Kari guardandosi intorno piuttosto stranita da come l’intero giardino era preparato per l’appuntamento. Myrella si limitò a sghignazzare.

« Speravo che passassi di qua, non è necessario che la tua guardia ci segua come un’ombra. Non corri pericoli qui dentro con me, davvero. » disse la ragazza assumendo un’espressione di interesse nei confronti del cavaliere. Quello le rivolse uno sguardo immobile per poi cercare gli occhi di ghiaccio della propria protetta.

« Perdonami, Myrella. Ma non mi sentirei a mio agio dopo quanto è successo ieri sera. Spero potrai capirmi e accettare la mia presenza insieme a quella del mio cavaliere. » disse la ragazza in risposta, la Dunnstone rimase chiaramente di stucco al fatto che avesse ottenuto quel rifiuto.

Deglutì e prese un bel respiro. « E va bene, parleremo di cose da donna, magari si farà un po’ di istruzione al riguardo. » disse prendendo in giro Aedan mentre si stava sedendo.

Kari imitò il movimento della lady sedendosi proprio davanti a lei mentre Aedan si spostò proprio alle sue spalle fiancheggiando la parete vetrata per dare sufficiente spazio alle due signore. « Con tutto rispetto, mia signora, conosco bene il corpo di una donna. Sono un cavaliere, questo non significa che non abbia avuto modo delle donne. » disse Aedan rispondendo con tono educato, la cosa diede visibilmente fastidio a Myrella che si sentiva contrastata.

« Comunque, poco mi importa. » si rivolse poi alla sua invitata servendole il tè nella tazza, Kari sentì subito il delizioso profumo di vaniglia che veniva dalla bevanda, Myrella fece lo stesso con la propria tazza avvicinandola poi alle sue labbra. « Lasciamo che gli uomini facciano i brindisi con il vino, a noi basta il tè. » disse poi dando due sorsate. Kari fece lo stesso della donna.

« È davvero delizioso. Ha un buon sapore, oltre che un buon odore. Se non sbaglio non ci sono piante di vaniglia qui al nord. È un infuso che viene da Nieflheim? » chiese la giovane Caelum.

Myrella annuì spingendo in avanti il piatto con i dolci ricoperti di zucchero. « Dovresti provarlo con questi, vaniglia e crema di frutti di bosco stanno benissimo insieme. Il dolce sapore del sud contro quello selvaggio del nord. »

Kari fece come gli era stato detto, prese il biscotto sentendo subito la sua morbidezza e provò ad addentarlo sentendo sulla propria lingua l’esplosione di sapori dei frutti di bosco. « È molto buono! » commentò cercando di contenersi per non ingerire l’intero dolce. Bevve altre due sorsate di tè bollente.

“Myrella ha proprio ragione, il contrasto è buonissimo. Ma ancora mi chiedo se sperava davvero che passassi io.” Pensò Kari tra sé e sé cercando una spiegazione a quell’evento.

« Immagino che dopo ieri sera sei molto attenta. Sono così addolorata per quello che è successo. Fortunatamente il tuo cavaliere dai capelli dorati era lì a proteggerti, proprio come in una bellissima fiaba. » commentò la ragazza con sarcasmo, Kari rivolse uno sguardo ad Aedan che non mosse un muscolo nonostante fosse stato chiamato in causa.

« Già, spero quindi tu capisca perché voglio averlo vicino a me anche per un semplice tè con un’amica. » disse Kari marcando l’ultima parola usata, ovviamente questo non fu lasciato da parte da Myrella che si affrettò a correggerla.

« Sorella, Kari. Tra quattro mesi esatti sposerai mio fratello e diventeremo sorelle; e immagino che ben presto comincerete a darci dentro per generare degli eredi forti e sani. » disse lei. Kari notò la strana sviolinatura nella voce di Myrella, era convinta che la ragazza volesse portare il discorso in quel punto particolare.

« Sì, ci impegneremo immagino. Certo è ancora presto per parlare di figli ma verranno anche loro. » disse la ragazza in risposta, gli occhi scuri di Myrella si illuminarono di una strana luce.

« Dal modo in cui ne parli sembra che tu non ne voglia. O forse non vuoi averne perché non trovi mio fratello abbastanza attraente? » disse infine ridacchiando e bevendo una grande sorsata di tè, alcuni rivoli le colarono sul mento.

Kari capì di essere sotto esame, non comprese il perché di quella domanda ma Myrella era finalmente riuscita ad arrivare al centro del discorso. « Volmar è un bellissimo ragazzo con un fisico tonico. Sarei onorata di dare alla luce i suoi figli e se crescessero belli e forti come lui. » disse stringendo la tazzina tra le proprie mani.

Ancora una volta Myrella rise della risposta datale. « Certo che lo saresti, crescerai una magnifica dinastia di Dunnstone. Magari prenderanno quei bellissimi occhi di ghiaccio che hai. Sono davvero spettacolari, è come se potessi sentire l’inverno… come mi piacerebbe toccarli per vedere se sono freddi per davvero. »

La situazione si fece così tesa che Kari per un attimo pensò di scappare via correndo, ma avrebbe dimostrato di essere intimorita da quella ragazza che aveva espresso un pensiero così macabro che Kari pensò che lei potesse riflettere davvero il motto della sua famiglia: “Dominare e distruggere”.

« Credo si sia fatto tardi. Potrebbe piovere da un momento all’altro e non vorrei restare qui in giardino a bagnarmi. » disse Kari alzandosi dalla propria sedia, non sarebbe rimasta un solo minuto in più con quella pazza di Myrella per sentirsi a disagio.

« Ma dai già vai via? Abbiamo iniziato solo adesso, poi siamo al coperto quindi non c’è pericolo di bagnarci. Resta ancora un po’. » disse Myrella cercando di insistere sul fare restare Kari.

Ma la ragazza aveva già preso la sua decisione e non sarebbe rimasta un solo minuto là dentro. « Mi dispiace, sarà per la prossima volta, Myrella. » disse, si spostò quindi verso la porta d’uscita del giardino d’inverno trovandosi all’esterno e camminando a passo svelto verso il corridoio dal quale era venuta.

« Un tipo piuttosto lugubre, non trovate, mia signora? » chiese Aedan quando furono abbastanza distanti dal giardino e dalle orecchie di Myrella, superarono un piccolo gruppo di serve che stavano pulendo e spazzando per terra e svoltarono l’angolo.

« Ricordami la prossima volta di non prendere il tè con la mia futura cognata. Non voglio più trovarmi nello stesso tavolo con lei a parlare di Volmar e dei miei occhi! » disse rabbrividendo.

Kari era riuscita a scappare da Myrella e dal suo giardino d’inverno ma ci sarebbe voluto ancora qualche giorno affinché la sua famiglia lasciasse Artiglio del Drago quindi doveva mettersi l’anima in pace pensando che avrebbe dovuto cenare ancora e ancora con i Dunnstone seduta alla stessa tavola. Il giorno seguente Aedan entrò nella stanza di Kari dicendole che Lord Caelum aveva detto che sarebbero ripartiti tra cinque giorni.

Fu un giorno abbastanza cupo, non smise di piovere per un istante e nel frattempo aveva dovuto passare del tempo in giro per la città trovandosi a sera col sole tramontato e i vestiti completamente inzuppati dalla pioggia.

Il suo giro era stato accompagnato da Volmar ovviamente, visto che erano ormai giorni che non stavano insieme, lei doveva fare la sua parte stando con quel ragazzo che tanto odiava, non smetteva di pensare un solo istante alle parole che le aveva detto e al dubbio che le aveva insinuato nel cuore, lei non avrebbe mai creduto che suo padre avrebbe potuto fare una cosa tanto meschina. Avrebbe tanto voluto parlarne con qualcuno dei suoi fratelli ma era certa che Synder e Haydun non avrebbero potuto capire, l’unico al quale poteva rivolgersi era Valdis.

Kari bussò quindi alla porta della sua stanza annunciandosi; ovviamente al fianco della porta c’era Danar, la fedele guardia di Valdis che lo sorvegliava tutto il giorno; non avevano mai parlato, il rapporto che Kari aveva con lei era molto distaccato e l’altra si comportava esattamente allo stesso modo con gli altri cavalieri, a detta di Aedan era solita restare in silenzio.

« Puoi entrare, Kari. » disse Valdis rispondendo dall’altro lato della porta, la ragazza fece quindi cenno al proprio cavaliere così che sarebbe rimasto fuori, era al sicuro con suo fratello.

Quando Kari entrò vide che la stanza era molto più grande della sua, con un grande letto matrimoniale e un baldacchino con delle tende scure, la finestra era interamente coperta da un arazzo che ovviamente presentava il toro nero dei Dunnstone; in un angolo c’era una grande vasca che era ancora piena d’acqua, Kari seguì quindi le impronte sul pavimento arrivando con lo sguardo all’altro angolo dove trovò Valdis seminudo, coperto soltanto da un pantalone di cuoio mostrando il fisico allenato.

« Abbi la decenza di vestirti quando entra una signora nella stanza, Valdis. » disse Kari riprendendo il fratello maggiore in tono scherzoso, il ragazzo si voltò verso la sorella mentre stava per indossare la propria maglia di cotone.

Si sistemò i capelli scuri portandoli indietro affinché non gli cadessero sul viso e sulla barba e fece un largo sorriso. « Non mi hai dato il tempo di farlo. E poi sei mia sorella, non ti scandalizzerai mica. » disse lui in risposta, in verità Kari si era sentiva piuttosto a disagio nonostante fosse il proprio fratello.

Non aveva mai visto un uomo privo di vesti o armatura, chiunque vivesse al castello era sempre coperto per via del freddo anche durante i mesi estivi e non era mai accaduto prima che la porta della stanza fosse aperta prima che colui che stava all’interno fosse vestito. Kari si sentì quasi in colpa, come se avesse pensato alla possibilità che Valdis non fosse pronto a riceverla.

« Lasciamo perdere. Ho saputo che staremo ancora un po’ qui ad Artiglio del Drago. Questo renderà felice nostra madre sicuramente, ma ho visto che nostro padre è di pessimo umore. » disse Kari introducendo l’argomento, Valdis annuì avvicinandosi alla sorella e facendole segno di accomodarsi sulla sedia della scrivania.

« Tu sicuramente più di chiunque altro non vuoi stare qui dentro. Nostra madre ha deciso di prolungare la nostra visita qui proprio per farti passare più tempo con Volmar. È ovvio che ha visto il tuo distacco dopo quanto è successo… » disse Valdis in maniera molto vaga, la ragazza non poté non essere d’accordo con lui.

« Immagino che per lei sia la cosa migliore; sono sicura che nostro padre non sia d’accordo con questa sceneggiata… e ciò mi ha dato da pensare anche a quello che è successo al ballo. » disse Kari in risposta, restava seduta con la schiena poggiata sullo schienale mentre Valdis le restava vicino ma in piedi.

« Che intendi dire? » chiese lui.

Kari rifletté pochi istanti prima di pensare a cosa dire, voleva parlargliele, voleva avere la conferma che i suoi dubbi erano senza fondamenta. « Pensi che nostro padre possa aver architettato tutto questo per impedirmi di sposare Volmar? » sputò infine alzando gli occhi e incrociando quelli del fratello maggiore.

Valdis guardò attentamente la sorella, si mise in ginocchio prendendole il viso tra le mani, erano fredde e dure, normale per un guerriero che stringeva sempre una spada, pensò Kari. « Sei intelligente, Kari. Non farti influenzare da quello che pensa o ti dice Volmar. “Il sangue prima del sole”; è il nostro motto di famiglia ed è tutto quello che rappresentiamo. La nostra casata è tutto, sai bene che Volmar ti vuole mettere contro di noi. »

Kari annuì lentamente trovandosi col viso tra le mani del fratello. « Mi sento in colpa per averlo pensato, forse non conosco così bene nostro padre. So che è buono e caritatevole, che tratta ogni suddito con rispetto, ma per proteggere la propria famiglia si potrebbe arrivare a fare cose che vanno contro il nostro onore. » rispose la ragazza stringendo le labbra mentre parlava, il suo tono di voce era ormai un sussurro e sentiva gli occhi pesanti, Valdis non la stava sgridando ma lei si sentiva esattamente in quel modo.

« Non dubitare mai di nessuno di noi. La nostra famiglia è unita e non permettiamo a nessuno di dividerci, quindi la prossima volta che Volmar ci prova, tiragli un calcio nelle palle. » disse Valdis con tono serio, Kari non poté non scoppiargli a ridere in faccia visto com’era vicino e anche lui seguì con un sorriso. « È la parte più debole di noi uomini, sono certo che te ne ricorderai. » disse continuando, solo a quel punto si staccò dalla propria sorella camminando verso la propria armatura per pulirla.

« Grazie per aver chiarito i miei dubbi. » disse Kari notevolmente più tranquilla, Valdis le lanciò un ultimo sguardo sorridente. « Sarà meglio che vada, è stata una giornata stancante e penso sia giunto il momento di terminarla qui. Da domani mi aspetterà passare del tempo con quel mostro. » disse infine la giovane lady.

« Grazie a te per averne parlato, ricordati che puoi parlarmi di tutto e quando avrai un dubbio o bisogno di un consiglio ci sono sempre per te. » disse Valdis affettuosamente, la ragazza uscì quindi dalla stanza allontanandosi col proprio cavaliere e sentendosi sollevata riguardo la questione dell’assassino.

Non avrebbe mai più messo in dubbio il valore della propria famiglia e l’onore dei singoli membri.

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Capitolo 9
*** 09. Astrid - Fuoco e maghi ***


{Astrid}

9.

Fuoco e maghi

 

Astrid si svegliò presto quella mattina, doveva svolgere una missione e si sentiva piuttosto di buon umore visto che sarebbe andato a Fossa Profonda con la propria squadra, si vestì in fretta indossando l’armatura nera e portando con sé la propria spada di ferro, si spostò quindi verso destra lungo gli alloggi così da arrivare nella stanza di Caius, quando bussò gli venne detto di entrare quindi Astrid girò la maniglia e chiuse la porta alle spalle.

« Non sei ancora pronto? Solitamente sei puntuale. » disse il ragazzo osservando l’amico che stava ancora indossando la propria corazza e aveva difficoltà nell’allacciare i nodi.

« Mi sono svegliato tardi, mi daresti una mano per favore? » chiese Caius con un tono di voce roco a causa del sonno. Astrid non se lo fece chiedere due volte e si avvicinò all’amico per aiutarlo.

« Fossa Profonda è distante due giorni. Hai già preparato la sacca per il viaggio? » chiese Astrid amichevolmente, il ragazzo castano indicò un angolo dove si trovava una sedia con sopra una sacca.

Astrid quindi annuì in silenzio e aiutò Caius con i lacci per i successivi dieci minuti, quando anche quello fu pronto si voltò verso il proprio amico prendendogli il viso tra le mani guantate e avvicinando le labbra alle sue per baciarlo.

Fu un momento breve che però Astrid era deciso a volersi godere a pieno, alzò la mano portandola al fianco dell’amico e chiuse gli occhi tranquillo nel trovarsi con lui. Dovettero poi separarsi quando qualcun altro bussò alla porta. « Sono pronto, sto uscendo. » rispose Caius, era certo che fosse uno degli altri tre compagni di viaggio.

Quando i due Osservatori aprirono la porta trovarono Agis, i suoi capelli rossi erano tirati indietro per l’occasione del lungo viaggio, squadrò i due compagni di squadra dalla testa ai piedi come se cercasse di capire qualcosa, ma Astrid era certo che non avrebbe capito nulla, lui e Caius erano piuttosto cauti.

Anche se le parole dell’Alto-comandante Bradan echeggiavano nella testa di Astrid come le campane della Cattedrale marmorea: che significato potevano avere? Aveva avuto il chiaro presentimento che stesse parlando di lui e Caius, forse aveva dei sospetti.

« Ongor e Neferi sono già nell’androne. Vi stavamo aspettando, sono quasi le sei. Ci sembrava strano che steste ritardando. » disse Agis cercando di giustificare la sua venuta nella camera mentre camminavano per i corridoi in maniera silenziosa.

Astrid quasi saltò in aria alle parole del rosso. « È colpa di Caius. Io ero pronto già mezz’ora fa. » disse in totale sincerità, l’amico gli diede un leggero pugno sul braccio ridacchiando appena, ricambiò il sorriso e Agis parve farsi bastare quella scusa.

“Non credo che sappia qualcosa. Anche se forse non siamo così cauti come pensiamo, come fa Bradan ad averlo capito?” pensò Astrid nella propria mente, non si era preoccupato di dirlo a Caius, si era limitato a fare finta di nulla una volta in biblioteca.

Si era allenato con Caius successivamente e si era detto di non dirgli nulla per evitare di farlo preoccupare, non era sicuro di quello che gli era stato detto Bradan e se davvero aveva capito, allora doveva portare quel fardello da solo e non mettere strane preoccupazioni nella testa del ragazzo che sembrava avere già abbastanza pensieri in quei giorni.

« Sei piuttosto silenzioso oggi, voglio dire… più del normale. È da ieri che quasi mi eviti, non sembravi neanche voler stare con me ieri pomeriggio, mi sarei divertito di più standomene da solo. » disse Caius quando furono fianco a fianco all’esterno del cortile principale dove tenevano le scuderie, avevano preso i propri mantelli di pelliccia d’orso nero e i cavalli.

« Scusami, solo qualche brutto pensiero per la testa. » disse tagliando corto in risposta, ma ovviamente Caius conosceva bene Astrid e le volte in cui cercava di evitare un discorso.

« C’entra Bradan scommetto? Ti ha detto qualcosa riguardo la missione che ti ha fatto rabbuiare? » chiese lui insistendo, Astrid quasi si morse la lingua per non parlare, non avrebbe potuto visto che c’erano anche gli altri con loro, erano molto vicini e avrebbero potuto sentire la loro discussione.

« Ti spiace se ne parliamo più tardi? Voglio solo non pensare a nulla in questo momento. » disse Astrid cercando di utilizzare un tono più piatto possibile fingendo di avere ancora sonno, Caius sembrò farsi bastare quella risposta, anche se l’Osservatore era quasi certo di averlo nuovamente ferito.

Poco più tardi il gruppo dovette fermarsi per un veloce pranzo: non rimasero molto, prepararono un po’ del riso che si erano portati dalle cucine e fecero più uno spuntino che un pranzo vero e proprio; il cielo sopra di loro era molto nuvoloso e Astrid era certo che sarebbe piovuto di lì a breve e questo lo turbava.

« Mi sa che ci bagneremo un po’. » disse Ongor ridacchiando e dando una pacca sulla spalla di Neferi che stava accanto a lui, il ragazzo dalla pelle scura lo guardò male.

« Mi spiace Ongor, ma non sei il mio tipo! » tagliò corto quello in tono scherzoso, la risposta del ragazzo massiccio fu un pugno sul braccio che l’amico si affrettò a scansare arrivando quasi a cadere al centro del campo improvvisato dove si trovava il fuoco.

« Fate spegnere il fuoco e giuro che vi ammazzo! » disse Astrid fulminando i due amici con lo sguardo, ci aveva messo molto tempo per riuscire ad accenderlo visto che aveva dovuto cercare due pietre focaie che non fossero bagnate dalla pioggia, alla fine c’era riuscito a aveva potuto appiccare un bel falò. Aveva anche pensato sarcasticamente che i Piromani non avevano quel genere di problemi visto che loro dominavano la magia del fuoco.

Caius si alzò dalla grande roccia nel quale era seduto mettendo da parte la propria scodella e si incamminò verso il fiume che avevano distanziato di diversi metri. « Dove vai? » chiese il ragazzo rivolgendosi all’amante segreto, quello gli rivolse uno sguardo incerto e scrollò le spalle innocentemente.

« Sto andando a pisciare, ci sono problemi? » chiese Caius senza aspettare la risposta dell’amante, quello gli tirò la propria scodella ormai vuotata e dovette spiccare un salto per evitarlo.

« Non siamo ancora arrivati al punto di avere bisogno di raccogliere il pisciò per bere, Astrid. O vuoi forse contare quante gocce escono? » chiese Ongor ridacchiando ancora un po’, aveva fatto una semplice battuta, era solito farne.

« Fottiti! » gli rispose quello alzandosi per andare a prendere la scodella che aveva lanciato, con gli occhi cercò ancora Caius, dopo le parole di quella mattina non avevano ancora avuto modo di parlarne quindi pensò che era in debito con lui. « Tieni, vado a pisciare anch’io! » disse lasciando la scodella ad Agis.

Si incamminò con passo svelto così da raggiungere Caius che aveva trovato un punto isolato vicino al fiume dove c’era una serie di arbusti completamente bagnati di rugiada. « Vuoi un assaggio? » chiese sarcasticamente quando si trovò in compagnia di Astrid.

Il ragazzo sbottonò il pantalone, allargò appena le gambe e si liberò del proprio bisogno. « Non ci tengo, grazie. » disse Astrid in maniera quasi fredda, si rilassò assicurandosi che i tre amici fossero distanti e che non ci fossero altri a sentirlo. « Credo che l’Alto-comandante sappia di noi due! » buttò lì.

« Che intendi con “sappia di noi due”? » chiese Caius senza capire davvero di cosa stessero parlando, l’altro gli lanciò un’occhiataccia e quello parve capire al volo. « Intendi dire che sa stiamo insieme? » chiese stupito.

A quelle parole Astrid ebbe un colpo al cuore, era la prima volta in tutti quegli anni che Caius usava la parola “insieme” alludendo a loro due. Non era mai capitato e il ragazzo non riuscì a frenare il proprio cuore dal battere velocemente. «  Ho detto che lo credo, ma non ne sono sicuro. Ieri pomeriggio mi ha fatto uno strano discorso sulle persone che amo e la nostra debolezza. Sono quasi sicuro che si stesse riferendo a te… in qualche modo. »

Caius si affrettò a rimettere dentro il pantalone il proprio membro così da abbottonarsi e voltarsi verso Astrid, era visibilmente agitato ed era questo che il ragazzo voleva evitare. « Pensi che lo abbia detto in giro? » chiese abbastanza spaventato.

Astrid alzò gli occhi al cielo, anche lui chiuse il proprio pantalone e si voltò verso Caius così da guardarlo direttamente negli occhi. « Ma figurati, Bradan non è una donnetta, non pettegola. E se non siamo ancora stati uccisi o sbattuti fuori dalla Cattedrale vuol dire che primo, non lo sa nessun altro e secondo, forse ha una considerazione più alta verso i flagelli. » rispose.

Caius abbassò lo sguardo, incrociò le braccia riflettendo sulla cosa, Astrid cominciò a temere per la loro relazione, ci teneva molto e lo stesso l’altro, ma bisognava anche fare i conti con la realtà. « Stiamo apposto, voglio dire, se per lui non è un problema che continuiamo allora non vedo perché pensarci. » fu poi la risposta dell’altro. I suoi occhi verdi incrociarono quelli castani di Astrid.

Si sentì notevolmente più sollevato, aveva davvero creduto che Caius stesse riflettendo o no su cosa sarebbe successo a loro due e Astrid nonostante mostrasse sempre una facciata gelida, alle parole dell’altro riguardo lo “stare insieme” si era sciolto.

« Sì. Ma questo non vuol dire che dovremo fare meno attenzione. Intesi? » chiese Astrid come se stessero firmando una specie di compromesso, Caius allora gli rivolse un largo sorriso compiaciuto e l’altro non riuscì a fare a meno di ricambiare.

« No, certo. Magari stasera potresti venirmi a trovare nella tenda e potremmo toccarci un po’, che ne dici? » chiese quello avvicinandosi con fare molle al compagno, Astrid bloccò le mani di Caius prima che potessero raggiungere il proprio viso.

« Ti sei toccato l’uccello con queste mani, non ci tengo ad averle in viso, grazie. » disse facendogliele abbassare di nuovo, si spostarono entrambi verso il campo con gli altri tre compagni di squadra ma non prima che Astrid avesse chiarito una cosa: « E no, stasera niente sesso, non siamo soli! »

« Sei noioso quando fai così! » disse l’amico con un sospiro, scoppiarono entrambi in una risata e tornarono dal gruppo.

Quella sera il gruppo si fermò solo quanto la notte fu abbastanza scure e le stelle erano splendenti in cielo, in quei giorni di pioggia era raro vedere la luna piena, era immensa e brillante a detta di Astrid, la fissava con occhi persi nel vuoto mentre consumavano il loro pasto, Agis e Neferi erano andati a cacciare qualcosa nei dintorni della tundra mentre gli altri tre avevano preparato il campo con le tende e acceso un falò più grande visto che la notte era molto più fredda del giorno.

Dopo cena Ongor fu il primo ad andare a dormire, sarebbero partiti l’indomani mattina presto, prima dell’alba quindi avevano bisogno di dormire, era loro intenzione arrivare prima del tramonto a Fossa Profonda così da avere il tempo di cercarsi una sistemazione in città e magari poter anche indagare riguardo i quattro crimini.

Caius e Astrid come sempre erano vicini, e parlavano tranquillamente insieme ad Agis e Neferi riguardo i casi dei Piromani che avevano affrontato prima di allora. Quando il ragazzo scuro di pelle andò nella propria tenda anche Caius seguì il suo esempio lanciando un ultimo sguardo al proprio amante che però evitò di ricambiare.

« Sai, mentre tu e Caius cercavate il mago a sud, io e gli altri abbiamo studiato alcuni movimenti intorno a Fossa Profonda, non mi stupisce che alla fine qualcosa si sia materializzato. Mi chiedo se magari non abbiamo tralasciato qualche indizio che avrebbe potuto rivelare la presenza dei Piromani della luce. » disse Agis preoccupato con lo sguardo perso nel fuoco, i suoi occhi verdi, come quelli di Caius, cambiavano colore a seconda del riflesso che li colpiva e dell’intensità della luce.

« Non preoccuparti Agis, sei il ragazzo più intelligente e attento dell’intera Cattedrale. Se non avete trovato degli indizi allora significa che questo gruppo si è spostato da poco nel villaggio. » disse Astrid con tono consolatorio stringendosi nel mantello di pelliccia che lo avvolgeva, si stava bene vicino al fuoco.

Agis però non sembrava particolarmente entusiasta di quello che gli era stato detto come se non fosse sufficiente. « L’Alto-comandante ci aveva chiesto di cercare possibili collegamenti dei Piromani a un altro gruppo, sospettava fossero elfi. » disse infine alzando lo sguardo oltre le fiamme del falò verso Astrid.

Il ragazzo rimase di sasso alle parole dell’Osservatore. « Elfi? Davvero? Da dove dovrebbero venire? Sappiamo tutti che l’ultima città degli elfi qui ad Endymion è Suevanna e che è stata distrutta anni fa. Non c’è un singolo elfo rimasto nel continente… »

Agis scrollò le spalle, ne sapeva quanto lui. « Non abbiamo scoperto nulla infatti, per questo siamo tornati alla Cattedrale. Non c’era nulla che facesse presagire il ritorno degli elfi, ma sappiamo entrambi che dopo la loro sconfitta si sono ritirati ai confini del mondo a nord. » disse il ragazzo. « Potrebbero essere scesi nuovamente, forse hanno trovato qualcosa che li possa ricondurre al potere per vendicarsi. » disse ancora in tono vago.

« Parli di uno dei quattro oggetti divini? » chiese Astrid incuriosito da quello che sapeva Agis, entrambi erano dei lettori, ma il giovane Osservatore non aveva mai mostrato interesse nella storia dei quattro Oggetti Divini costruiti per battere i titani.

« Io penso di sì, e anche l’Alto-comandante lo pensa. Sappiamo benissimo che la Corona Splendente è l’unico manufatto di cui è nota la locazione; si trova sulla testa del Re dei Re e se gli Dei Titani lo permettono non c’è luogo più sicuro di quello. » disse Agis parlando della potente corona in grado di controllare la luce del sole e di vaporizzare intere città e terre con la sua potenza.

« Io credevo che anche l’Anello Ancestrale fosse sotto la protezione del Re. Da quanto mi raccontava mio padre era nascosto nelle segrete insieme alla Spada delle Tempeste. »

« Tuo padre era un povero manifattore se ben ricordi, quindi non credo che fosse proprio nelle segrete il giorno in cui erano stati nascosti al castello gli oggetti divini. La spada in grado di controllare le forze atmosferiche e i fulmini è andata persa, probabilmente gli elfi la distrussero quando capirono di essere spacciati e di non avere nulla di utile contro la forza di un esercito. Riguardo l’Anello… se il Re dei Re avesse un oggetto tanto potente credi che non lo avrebbe già usato? Fidati, lo hanno perso ma non hanno diffuso la notizia visto il potere che ha. » disse Agis assumendo un’espressione cupa e una luce strana negli occhi.

« L’Anello ha la capacità di piegare la volontà di interi eserciti, di distruggere la magia in ogni sua forma. Annulla il fuoco dei draghi, da quanto mi diceva mio padre. » disse ancora Astrid.

I racconti di suo padre sembravano fantasiosi, ma lui ammirava quell’uomo e da grande avrebbe voluto diventare come lui, il destino aveva avuto di meglio però in serbo. Agis rispose subito con un’espressione allibita. « Io sapevo che fosse in grado di far leggere nel pensiero. » fece una breve pausa e poi tornò ad osservare il fuoco. « Sta di fatto che c’è qualcosa di grande in movimento, che siano i Piromani o che sia un ritorno degli elfi, di sicuro il pericolo è dietro l’angolo e a sud gli eserciti non fanno altro che lottare tra loro per il potere e per il trono. » disse continuando.

Astrid fece una mezza risata alle parole del rosso. « Non pensavo che ti interessassi di politica. Me ne ricorderò quando dovrò fare un saggio sulle lotte del potere. » disse Astrid, l’altro Osservatore gli fece un cattivo gesto con le dita in tono scherzoso, dopo entrambi tornarono a dormire ma non prima di aver spento il fuoco del falò.

Astrid nel frattempo si chiese se fosse possibile quello che aveva detto il suo amico: gli elfi erano stati sconfitti solo quindici anni fa, un tempo brevissimo affinché potessero ripristinare il proprio esercito e per organizzare una nuova conquista. Senza contare che erano stati quasi del tutto sterminati, non c’era solo mancanza di organizzazione, agli elfi mancavano i numeri e le armi.

E Astrid sapeva bene quanto i numeri non fossero importanti per la battaglia, ma potevano comunque incidere sull’esito finale. Si disse di stare tranquillo perché non era quella la minaccia di cui preoccuparsi, i Piromani erano il vero problema. Quindi chiuse gli occhi addormentandosi in un sonno profondo.

Il giorno seguente, proprio come avevano previsto, il gruppo riuscì ad arrivare a Fossa Profonda prima del tramonto del sole, erano ancora le sei del pomeriggio ma essendo molto nuvoloso in cielo non era impossibile vedere il sole. I cinque ragazzi entrarono nel villaggio passando davanti una grande locanda, Astrid sapeva bene che in realtà era un mascheramento: Caius più volte gli aveva detto che era il bordello cittadino e che all’interno “un uomo poteva realizzare i suoi sogni”. Non aveva mai pensato a quali sogni si riferisse ma era sicuro che lui non c’era davvero mai stato.

« Caius questa è la tua occasione per abbordare qualche troia. Sono giorni che ne parli, no? » chiese Ongor dando una gomitata amichevole al fianco del ragazzo, quello ridacchiò insieme all’altro e Astrid osservò la scena con gelido silenzio.

« Non abbiamo tempo da perdere, dovremmo metterci alla ricerca dell’ultimo corpo e vedere cosa riusciamo a scoprire! » disse quello in tono distaccato, ovviamente Agis e Neferi furono concordi con lui visto che erano i più diligenti del gruppo.

Fossa Profonda era un villaggio molto piccolo e il suo nome non era stato una mera casualità, di fatti le abitazioni e i vari locali erano stati costruiti in una larga fossa dando quindi l’immagine che il villaggio potesse essere costruito a forma di imbuto. Una volta Astrid aveva letto in un libro che il vero nome del villaggio dovesse essere “fossa larga” ma qualcuno aveva ben pensato che sarebbe stato un doppio senso troppo volgare da pronunciare quindi era stato leggermente cambiato. L’Osservatore aveva riso all’inizio, poi aveva capito quello che avrebbe significato per chiunque pronunciare un nome del genere quindi aveva smesso.

« Che buon profumo! Non sarebbe bello mangiare della carne di cervo una volta tanto? » chiese sarcasticamente Caius rivolgendo il proprio sguardo desideroso al banco del macellaio, erano entrati dall’ingresso secondario del villaggio: seguendo il lungo viale pieno di abitazioni si arrivava ad una piazza con il macellaio, il fabbro in un angolo stava forgiando un’ascia battendo sull’incudine, il sudore gli scendeva sulla pelle attraversando gli occhi tant’è che era costretto ad asciugarsi con un panno sporco.

« Non abbiamo i soldi per permettercelo. Inoltre non credo che alla Cattedrale vedremo mai qualcosa di vagamente così buono. » disse Agis in risposta al ragazzo, quello fece un brontolio e Astrid non si curò di rispondere a sua volta.

Era impegnato nell’osservare la vita del villaggio che stava ormai smontando il mercanto, le persone stavano cominciando ad andare verso le proprie case, alcuni avevano appena finito di fare acquisti di frutta e pane, altri invece erano riusciti a comparare dei grossi pesci dal pescivendolo. « Pesce fresco… non credo di aver mai mangiato il pesce! » disse Astrid osservando il bancone.

Neferi si avvicinò all’amico poggiandogli una mano sulla spalla. « Non è niente di che, ad Anatema Fiammeggiante lo mangiavo tutti i giorni da bambino, nonostante sia in pieno deserto c’erano file di pescatori che andavano nel Mare Possente per catturarli. » disse il ragazzo scuro di pelle, Astrid annuì interessato.

« Dovremmo chiedere informazioni, piuttosto che pensare al cibo. » disse ancora una volta Agis intervenendo nel discorso, tutti gli altri furono d’accordo con lui mettendo da parte il languore che sentivano nel profondo dello stomaco.

« Dobbiamo dividerci, dobbiamo analizzare la prima e l’ultima scena del crimine. Io e Neferi andremo a controllare il corpo dell’ultima vittima cercando le tracce fresche. Tu, Ongor e Caius andrete invece a controllare dove tutto è iniziato. » disse Astrid dividendo gli ordini e il gruppo, lui e Agis si scambiarono un cenno di intesa e il gruppo si separò in due metà.

Il mercato era il punto perfetto dove chiedere informazioni dei recenti assassini, Astrid sapeva anche chi sarebbe stato il più informato e andò direttamente lungo la via che lo fece entrare nel pieno delle poche case di cui era costituito il villaggio arrivando finalmente ad una casa quasi isolata. « Che stiamo cercando? Non dovremmo chiedere a qualcuno per strada invece di girare a caso? » chiese Neferi molto stranito dal comportamento di Astrid. Quello gli fece cenno di stare tranquillo perché sapeva cosa faceva.

« Conosco un tipo qui a Fossa Profonda, credo che lui sappia dirci quello di cui abbiamo bisogno meglio di chiunque altro. » gli rispose, si avvicinò quindi al porticato della piccola abitazione salendo due scalini e arrivando alla porta di legno.

Astrid bussò più volte nell’attesa che il suo “contatto” aprisse la porta e così fu dopo circa cinque minuti. L’uomo che aprì rimase sconcertato alla vista dei due Osservatori, riconoscibili dalle loro vesti di cuoio scuro e dai pesanti mantelli d’orso nero. « Buonasera, Alamond. Spero di non averti disturbato. » disse il giovane.

L’uomo indossava una lunga veste logora, scolorita ormai dagli anni ma un tempo era di un intenso e acceso viola; Alamond non era vecchio, tuttavia il modo in cui si manteneva era davvero pessimo oltre le condizioni di vita, questo aveva fatto sì che la sua pelle aggrinzisse troppo presto, i suoi occhi erano diventati grigi come i suoi capelli che aveva cominciato a perdere.

« Giovane Astrid, non mi aspettavo di certo una tua visita. Perdonami se non ti faccio entrare in casa, ma sei con un ospite estraneo. » disse il vecchio uomo riferendosi a Neferi, l’Osservatore dalla pelle scura incrociò le braccia alzando un sopracciglio.

« Mi fa pensare che stiate parlando di me, vecchio? »

« Perdonami Alamond, so che non mi aspettavi e soprattutto con un amico. Ma tu sei il più informato di tutti nel villaggio. Mi chiedevo quindi cosa ne sapessi di questi recenti omicidi e se potesse indicarmi il luogo in cui è stato compiuto l’ultimo. » chiese gentilmente Astrid senza pretendere di entrare nella casa dell’uomo. Quello uscì dall’abitazione chiudendo la porta alle spalle.

« Non sono altro che un fantasma, un’ombra che ascolta e osserva e poi riferisce tutto al grande Spettro Folle di Altura Silente. Sai bene che per ogni cosa c’è un prezzo. » disse Alamond, il giovane Osservatore sapeva bene che l’uomo era una sorta di spia per qualcuno di molto influente all’interno della corte ma poco gli importava visto che lui non era nessuno di importante.

« Una spia!? Stiamo davvero parlando con quest’uomo anziché consegnarlo alle autorità dei Sigmurd? » disse Neferi in riferimento alla legge che era stata stabilità, lo spionaggio era considerato tradimento nelle terre di Casa Sigmurd che includevano le Montagne del Gelo e le colline ai loro piedi.

« Solo perché una spia ha tradito la tua famiglia e ti ha fatto restare orfano non significa che tutti siano uguali. Inoltre il nostro Codice ci dice che non dobbiamo sottostare alle leggi delle casate, questo significa che non consegneremo quest’uomo! » disse Astrid con tono autoritario, Neferi non fu d’accordo con quello che era stato detto ma era ovvio che fosse una questione personale.

« Ipocrita… » disse con un sussurro il ragazzo.

« Mi pare di capire di non essere ben visto dal tuo amico, ma siccome conosco te, indicherò la strada senza problemi. Anche se mi devi un favore. » disse Alamond, Astrid annuì quindi senza preoccuparsi del prezzo che avrebbe dovuto pagare, in città era quello più informato di tutti e questo significava non solo sapere dove fossero stati compiuti gli omicidi, ma anche chi c’era dietro.

L’uomo accompagnò i due Osservatori compiendo la strada a ritroso fino ad uno dei vicoli non molto distante dalla locanda, svoltarono l’angolo tra due abitazioni entrando in una specie di piccolo giardino con al centro una fontana di pietra.

Non scorreva acqua dalla struttura, questo perché era spenta e Astrid indovinò dov’era stata assassinata la donna: sulla fontana stessa; il ragazzo si avvicinò alla costruzione vedendo che la pietra era macchiata di sangue in un particolare punto dove era anche rotta, una crepa era comparsa di recente.

« Cosa mi sai dire degli assassini? » disse Astrid guardandosi intorno e osservando altre macchie di sangue sparse per terra, ormai era secco visto che era passato qualche giorno.

Alamond si schiarì la gola per parlare. « Probabilmente quello che il tuo Alto-comandante ha letto nel messaggio del corvo. Vittime sventrate brutalmente. » si limitò a dire, chiaramente stava mentendo, era una brava spia e questo Astrid non l’aveva mai messo in dubbio, però lui aveva un certo fiuto per quel genere di cose.

« Guarda qui Astrid… » disse Neferi osservando anche lui la fenditura nella pietra della fontana. « Questo è recente. Sembra che qualcuno ci abbia battuto sopra con forza. » Neferi fece quindi una pausa voltandosi verso la spia. « Hai visto il corpo? »

Alamond annuì solennemente. « Quindi immagino che ci sapresti dire se c’erano segni di lotta o di uno scontro. » disse Astrid facendo la domanda che avrebbe voluto fare Neferi, i due si trovarono a guardarsi negli occhi scambiandosi un cenno di intesa.

« Era difficile da dire. Il corpo era completamente smembrato, c’era molto sangue intorno. Ma è probabile che la ragazza abbia combattuto a mani nude per non farsi prendere. Chiunque lo avrebbe fatto, aveva anche una menomazione nella tempia, come se fosse stata colpita con un’arma… » disse Alamond.

« Questo potrebbe spiegare il perché della crepa. » disse Astrid abbassandosi a terra, scavò tra l’erbaccia circostante trovando una macchia di sangue secco. « Le hanno spaccato la testa contro la fontana così da non doverla far urlare ancora. » concluse, anche Neferi fu della stessa opinione dell’altro Osservatore.

« Questo però non ci collega ai Piromani, perché non utilizzare la magia? E soprattutto perché queste quattro ragazze? Qual è il loro legame? Due prostitute e due ragazze comuni. »

« Potremmo avere a che fare con uno stupratore seriale, un uomo al quale piace rincorrere le donne e poi fare loro del male. » disse Alamond, ma entrambi gli Osservatori non era convinti della cosa. « Anche se posso dire che “forse” i loro organi erano bruciati. »

Entrambi gli Osservatori si voltarono verso la spia che fece un sorrisetto alzando le braccia verso l’alto. « Bruciati? » ripeterono loro e l’uomo annuì ancora una volta.

« Completamente carbonizzati in effetti. Immagino chiunque sia stato abbia utilizzato il fuoco come divertimento. » rispose Alamond, ma c’era ancora qualcosa che non riusciva a quadra.

« Va bene ma perché queste ragazze? Che hanno fatto di male? A chi hanno pestato i piedi? Sarà un rituale di qualche tipo? » chiese ancora una volta Neferi, ma Astrid non aveva la risposta.

Se nonché qualcosa catturò la sua attenzione quando mosse un passo lateralmente, si accorse di aver pestato un oggetto e si chinò per raccoglierlo trovando quello che sembrava un anello di legno, lo osservò attentamente notando subito l’incisione all’interno, quasi rovinata e illeggibile per via di una macchia di sangue.

“Donah e Merys. Sono i nomi di due ragazze?” chiese a se stesso pensieroso raccogliendo l’anello e rigirandolo tra le dita, c’era disegnato anche un cuore insieme ai due nomi ma era sbiadito.

Fu allora che Astrid ricevette l’illuminazione come un pugno in pieno viso. « Alamond, come si chiamavano le ragazze assassinate? Tutte e quattro! » chiese sentendo la propria voce tesa e spaventata.

« In ordine mi pare Elyra, Tiaena, Donah e Merys. » rispose quindi la spia, fu a quel punto che Astrid ebbe la conferma di quello che aveva timore, trovando quindi il collegamento tra le vittime.

« “Amore profano”. » disse con un sussurro, Neferi lo guardò interrogativo senza capire a cosa Astrid si riferisse. « Sono fanatici religiosi, seguono la dottrina dell’Amore profano, prostitute e flagelli devono essere eliminati dal mondo col rogo. Questo spiegherebbe anche perché hanno le interiora bruciate, perché se li bruciassero totalmente la loro anima verrebbe purificata e loro non vogliono quello, vogliono che siano dannati per sempre! »

Elyra e Tiaena erano due prostitute che vendevano il corpo per soldi, Donah e Merys erano fidanzate, flagelli.

Astrid non ebbe il tempo di continuare che alle sue spalle sentì arrivare Ongor di corsa, il viso e i vestiti ricoperti di sangue così come la grande ascia che usava come arma. « Hanno catturato Caius e Agis, ho provato a salvarli ma erano troppi… ne abbiamo uccisi la metà ma hanno usato il fuoco e sono riusciti a portarli via. » e con quelle parole Astrid sentì il proprio cuore fermarsi.

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Capitolo 10
*** 10. Dantos - Potere ***


{Dantos}

10.

Potere

 

Erano passati sette giorni da quando Dantos era diventato ufficialmente il Cavaliere del Re, non che questo in qualche modo lo rendesse un vero cavaliere, ma lui sentiva di essere davvero qualcosa di speciale adesso che aveva preso parte alla vita di corte, aveva imparato un po' di quella che i nobili avrebbero chiamato la “buona etichetta” e alcuni degli usi della corte di Altura Silente.

Fare da guardia al Re significava seguirlo tutto il giorno eccetto quando entrava nelle sue stanze, di fatti la notte Dantos restava quasi sempre dietro la porta facendo da guardia, durante il pranzo e in alcune ore durante il cambio di guardia aveva il permesso di schiacciare dei leggeri pisolini, non che il sonno fosse un problema per lui, aveva passato giorni interi senza dormire.

Questo in qualche modo lo aveva preparato alla missione che stava affrontando adesso, la parte più difficile però era l'attesa: Dantos sapeva bene che non avrebbe potuto agire finché non avesse ricevuto il segnale da parte dello Spettro Folle o da chiunque altro fosse immischiato in quella situazione. Per di più, nessuno alla corte sembrava interessato minimamente a lui con l'eccezione del Re e della Reggente Madre, la madre della Regina Nynniew. La “donna dai capelli platinati” aveva un fare molto sospetto, il modo in cui si muoveva e guardava Dantos gli faceva credere che la donna stesse studiando ogni suo movimento, il modo in cui lo faceva però era così delicato e nascosto da non essere davvero visibile. Il cavaliere era anche arrivato al punto da chiedersi se non si stesse immaginando tutto.

« Vostra Maestà vi prego, sapete bene quanto sia importante studiare. » disse il maestro di Re Drustan, Dantos era stato in una sorte di stasi per tutta la durata della lezione dove il giovane Re stava studiando uno dei testi sul tavolo.

Il giovane Re alzò gli occhi al cielo sbuffando e battendo i pugni sul tavolo. « Proprio non riesco a capire, quanto può essere importante davvero studiare la storia dei draghi e degli elfi? » era una domanda che il ragazzo aveva rivolto sia al proprio maestro che a Dantos che lo guardava distrattamente.

« Lo studio è molto importante, maestà. La vostra giovane mente dev'essere coltivata con i frutti della sapienza. » rispose il tutore del Re, Dantos osservava quell'uomo vecchio e stanco che faceva da bibliotecario nella grande sala nel castello.

Era il luogo perfetto dove studiare, centinaia di volumi racchiusi in una gigantesca stanza piena di scaffali e con le finestre alte fino al tetto, a Dantos non erano mai interessati i libri ma doveva fare la sua parte quindi giocare al buon cavaliere.

« Il vostro maestro ha ragione, mio Re. Nella vita è molto importante conoscere la storia che ci ha preceduto. Non solo il vino e le belle donne. » disse cercando di restare il più serio possibile, il Re di tutta risposta gli fece un largo sorriso annuendo e riprendendo a scrivere il testo per impararlo.

Non era la prima volta che Dantos alludeva alle donne, sotto sua richiesta, il Re gli aveva più volte chiesto come fosse il mondo all'esterno del castello e gli aveva chiesto con quante donne avesse avuti rapporti. Dantos si mantenne con un numero basso per educazione, altrimenti avrebbe dovuto fare una lunga lista.

Drustan Grimalder non era un ragazzo così male, Dantos in qualche modo lo sentiva buono con lui, gentile con i suoi sudditi e nelle sue sentenze era giusto. Ogni giorno durante la mattina il Re dava udienza a chi chiedeva l'aiuto della corona o a tutti quei criminali che attendevano un giudizio. Era solito confrontarsi con la Giunta Capitale, i suoi quattro consiglieri, con la moglie Nynniew e con Sir Maxwell, il proprio cavaliere.

Durante il pomeriggio il giovane sovrano doveva studiare, aveva anche del tempo libero da passare in giro per il castello e semplicemente riposando nella propria stanza o camminando al passo della dolce Regina, giovane quanto intrepida. Nella notte, Nynniew si spostava dalla propria stanza andando in quella del proprio sposo, o viceversa lui l'andava trovare; Dantos restava fuori mentre dall'interno della stanza sentiva i gemiti di piacere dei due sovrani che stavano provvedendo ad un futuro erede.

Non che la situazione gli dispiacesse, c'era un che di eccitante a parer del cavaliere, ma non ne aveva fatto menzione col sovrano quando gli era stato chiesto. « Allora, Maestà, parlatemi delle origini dei draghi nel nostro continente. » disse infine il maestro quando la lezione fu quasi conclusa.

Il Re prese un grande respiro e iniziò. « In principio i draghi non erano schiavi, non avevano padroni, erano selvaggi e liberi come il vento. Certi individui li paragonavano a divinità, entità che non erano mai state viste prima d'ora, questo perché i draghi venivano da Sol Levante, il continente orientale ed furono controllati dalla grande famiglia Helioson. Tuttavia, un regime dittatoriale venne instaurato in seguito alla loro distruzione e i draghi furono costretti alla fuga in tutto il continente. A causa della Grande Caccia ci fu uno sterminio. »

« Ottimo, e sapreste dirmi quanti draghi arrivarono qui da noi? » chiese ancora il maestro, Dantos ascoltava con muto silenzio senza poter intervenire, sentire parlare il Re faceva un effetto strano: il suo tono anche se genuino, era davvero saggio. Non poteva fare a meno di ascoltare il suo racconto.

« Sei draghi arrivarono da Sol Levante, gli altri morirono tutti portando la razza sull'orlo dell'estinzione. I sei draghi rimasero nascosti per millenni fino alla rivolta degli elfi che riuscirono a soggiogare tre dei sei draghi viventi. Questi erano Valefar, il Demone Rosso; Sybiogan, la Furia di Pietra e Abysil, il Drago Marino. Con questi tre draghi, gli elfi conquistarono le terre e il nostro continente arrivando ad attaccare la capitale da ogni lato possibile portando i Grimalder alla loro fine, o quasi. »

« Esatto, i Grimalder non furono tutti uccisi, gli elfi credevano di fatti nel sistema delle casate e volevano preservare ogni membro vivente delle attuali case nonostante alcune come Casa Arni furono quasi portate alla distruzione e scomparsa. » continuò il maestro parlando ancora, il Re annuì e per Dantos fu automatico fare la domanda seguente nonostante non avrebbe potuto.

« Perché risparmiarono un Grimalder? Voglio dire... erano gli eredi al trono, era ovvio che prima o poi si sarebbero ribellati. » chiese Dantos, il maestro lo fulminò con lo sguardo assumendo un'espressione stizzita. Ma il Re era della stessa opinione.

« Lucian il Conquistatore non aveva intenzione di eliminarci, voleva solo prendere ciò che il suo popolo reclamava, terre dove poter vivere senza più nascondersi. Ma Lucian fece più di uno sbaglio nel suo governo, oltre a lasciare in vita i Grimalder e pochi loro discendenti, ruppe la sua alleanza col Demone Rosso che sfuggì al suo controllo, numerose città degli elfi furono ridotte in cenere proprio dalle sue fiamme. » rispose infine il maestro.

Re Drustan annuì in maniera silenziosa per poi osservare l'orologio che stava appeso nella grande stanza al sentire le campane del castello echeggiare. « Maestro ho una domanda, mio padre mi parla sempre di una sorella, mia Zia Helga. Vive a Bosco Ombroso, giusto? » chiese il Re incuriosito.

« Sì, Maestà. » confermò l'uomo.

« Mio padre ha detto che per solidificare la nostra famiglia e il nostro dominio avrei dovuto sposare mia cugina, Kari di Casa Caelum. È vero? » chiese il Re e ancora una volta il maestro confermò le sue parole finché non venne la vera domanda. « Perché allora non ho sposato lei? Voglio dire, Nynniew è bellissima, ma i Lucarhis non sono sulla linea di discendenza. »

La risposta a quella domanda non venne dal maestro ma da Dantos stesso che ne aveva sentito più volte parlare nei suoi recenti viaggi. « I Lucarhis hanno avuto un ruolo molto importante nella ripresa del castello e di Altura Silente, sono gli unici produttori in tutta Endymion di titanio, le loro armature erano indistruttibili e se non fosse stato per loro vostro padre sarebbe morto a causa di un colpo di spada dell'Imperatore Eremita. » disse Dantos citando il nomignolo dell'ultimo sovrano elfico di Endymion. « Inoltre molti nelle casate e nel popolo credevano che fosse finalmente il momento di cambiare rotta, dopo secoli e secoli di incesti i Grimalder avevano la possibilità di rendere meno “sporco” il loro sangue. » disse infine.

Sia il maestro che il Re lo guardarono stupefatti di quello che aveva raccontato; Dantos aveva viaggiato molto grazie alle Lame dell'Oscurità, il suo gruppo di mercenari ed aveva sentito molte storie nelle taverne e da molte donne stesse, in effetti era anche stato a Bosco Ombroso nel lontano nord diversi anni prima, si ricordava di aver incontrato la famiglia reale nella piazza ma nessuno di loro aveva mostrato interesse per lui.

Si ricordava chiaramente la bellezza di Lady Helga e della figlia che aveva scatenato nei suoi pensieri parecchia turbolenza, nonostante all'epoca la ragazza avesse appena quindici anni.

« Non sono molti i cavalieri a conoscere questa storia... » disse vago il maestro, Dantos scrollò le spalle con leggerezza.

« Sono ben istruito. » si limitò a dire con sarcasmo, quello fece sorridere il Re che si alzò dalla propria poltrona avendo finito la lezione, almeno per quel giorno. « Siete pronto? Avete la riunione con la Giunta Capitale tra pochi minuti. » il Re annuì ed entrambi gli uomini uscirono dalla grande biblioteca spostandosi quindi per i corridoi illuminati dalla luce del sole delle quattro del pomeriggio.

Svoltarono l'angolo e dopo un'occhiata di Drustan alle proprie spalle si rivolse ancora al proprio cavaliere. « Immagino che sia noioso per te, stare ad ascoltare un ragazzino e un vecchio parlare di storia antica. » disse con un tono di amarezza.

Dantos scosse il viso con sincerità. « Al contrario, mio Re. Starvi ad ascoltare è un piacere, avete la voce di un saggio e non credo di aver mai incontrato qualcuno come voi, si vede che ci tenete allo studio, nonostante i dispetti al vostro maestro. » disse in risposta, il ragazzo fece una leggera risata pensando al recente scherzo fatto dove aveva nascosto uno dei documenti del vecchio uomo in mezzo ad una pila di libri in un angolo della biblioteca.

« Sai, preferisco quando sei meno serio, Sir Maxwell. Parlare con te è come parlare con un fratello più grande. Sono lieto che sia stato scelto tu per rappresentare la mia guardia. » disse il Re con sincerità, a quelle parole Dantos ebbe un attimo di esitazione, si disse però che erano parole senza senso visto che si conoscevano da poco meno di una decade, il Re era ancora ingenuo.

E prima o poi Dantos avrebbe dovuto avere l'occasione per ucciderlo e tradire quel giuramento fatto senza valore. « Posso chiedervi una cosa, mio Re? Alcuni a Porto del Sole dicevano che la Corona Splendente fosse infestato da uno spirito che sussurrava nell'orecchio dei sovrani facendoli impazzire. Sono solo dicerie di un villaggio, vero? » chiese il cavaliere.

Ci fu un lungo attimo di silenzio, i due svoltarono il corridoio superando la balconata che si affacciava sul giardino interno, scesero poi la scalinata che li condusse nell'area verde del castello così da fargli raggiungere la stanza della Giunta Capitale.

« È falso, non c'è nessuna voce nella mia testa. » disse in maniera fredda e distaccata Re Drustan, Dantos si voltò istintivamente verso il proprio protetto osservando i suoi movimenti e cercando i suoi occhi paludosi che fissavano il vuoto.

Alzò lo sguardo osservando i dettagli della corona di diamante, così perfettamente incisi e opachi. « Sono sollevato, Vostra Maestà, perdonatemi se ho creduto a queste dicerie. » disse il cavaliere, non riuscì a dire se il Re diceva il vero o il falso, era stato criptico e non aveva mostrato emozioni nel rispondere.

Dantos pensò quindi che non ne volesse parlare e si fece bastare quella risposta sentendosi davvero sollevato all'idea che fosse falso. I due ragazzi passarono il cortile e salirono la lunga scalinata della torre arrivando nella cima dove si trovava la stanza che riempiva l'intero piano superiore della torre.

Quando Dantos entrò, osservò con meraviglia la bellezza della stanza: era grande, completamente circolare come la torre e priva di mobili superflui, c'erano stendardi appesi come ogni angolo del castello e c'erano delle colonne di pietra scura che tenevano sospeso il tetto distante di una decina di metri da loro. Il cavaliere alzò lo sguardo osservando la planimetria di Endymion che vi era dipinta sopra e vedendo che proprio dove c'era Altura Silente si trovava un buco che permetteva l'ingresso della luce.

Questo faceva sì che il circolare tavolo venisse completamente illuminato dal cono di luce che si veniva a creare, Dantos era ammaliato ma si contenne e seguì il Re fino al tavolo.

Era già tutti presenti e ognuno di loro sedeva su una sedia disposta a distanza di un metro l'una dall'altra: i quattro membri della Giunta Capitale (tra cui Donchad Grimalder come Maestro diplomatico e Ollyson Gatling come Maestro delle spie) e perfino Nynniew Lucarhis era seduta in silenzio. L'ultimo a sedersi fu il sovrano che era appena entrato nella sala.

« Scusate per l'attesa, spero di non avervi fatto aspettare molto. Il mio tutore mi ha trattenuto più del dovuto. » disse il Re con solenne tono di scuse, si schiarì la gola e parlò nuovamente. « Dichiaro aperto il primo Consiglio nel nuovo governo di pace degli umani, erano tre secoli che questa sala non vedeva i sei membri più importanti del castello seduti a questo tavolo. » disse con un tono di voce emozionato, Dantos stava imparando a conoscere il proprio Re e sapeva quando conteneva l'emozione.

La Regina Nynniew fece un sorriso al proprio Re e poi alzò gli occhi rivolgendoli al cavaliere che stava dietro di lui lanciandogli un'occhiata che Dantos avrebbe definito seducente.

Il cavaliere però ignorò le sue occhiate e ascoltò il Maestro diplomatico alzarsi dalla sedia per poter parlare. « Ci arrivarono numerose buone notizie, Vostra Maestà. Tutte le altre sette casate maggiori vi portano i loro auguri e si mettono a vostra disposizione con i loro eserciti, qualora ne aveste bisogno. » disse l'uomo facendo capire che tutta Endymion era ben disposta ad aiutare la capitale e riconoscevano Re Drustan come loro protettore.

Non possiamo davvero credere che le altre casate siano davvero interessate ad aiutarci. I Dunnstone tradirono i Grimalder oltre trecento anni fa agli inizi della guerra contro gli elfi.” pensò tra sé e sé Dantos che aveva imparato a non fidarsi di nessuno nella sua breve ma intensa vita.

« Ottimo, sono lieta che finalmente sia stata raggiunta un'alleanza tra le casate e la corona. Maestro di spie, voi confermate ciò che è stato appena detto da Lord Donchad o negate? » chiese la Regina Nynniew parlando con Ollyson, l'uomo aveva dato una cattiva impressione a Dantos nella sala del trono.

L'uomo si alzò a sua volta essendo stato interpellato sostituendosi quindi a Lord Donchad che tornò seduto. « Mi giungono numerose notizie e purtroppo non così positive. Il nord sembra in balia del caos, col matrimonio tra i Dunnstone e i Caelum c'è una brutta aria tra le aride tundre innevate. I Sigmurd non simpatizzano per i Lucarhis e temo che si rifiuteranno di collaborare con la corona così facilmente. »

« Sono il loro Re... » disse con voce debole Drustan, Dantos e gli altri nella sala si voltarono verso di lui aspettando che continuasse a parlare. « Chiunque non lo accetterà sarà automaticamente nostro nemico e dovrà essere eliminato. » disse continuando a denti stretti per la rabbia.

« Mio Re non credo che la violenza sia la soluzione migliore. Muovere guerra ora che la capitale sta vedendo finalmente un po' di luce non è una cosa che gioverebbe. » disse il cavaliere intromettendosi nel discorso, Drustan alzò lo sguardo verso Dantos cercando i suoi occhi come per confermare che quello che aveva appena detto fosse vero.

Lui stesso si rese conto della follia di una guerra. « Se non possiamo combattere i nostri nemici allora come ci dovremmo difendere in caso di un attacco, mi rivolgo a te Maestro della guerra. » continuò la Regina rubando le parole dalla bocca del proprio marito, Dantos fu sconcertato vedendo quando la ragazza era pronta alla drammaticità della situazione da affrontare.

Ollyson Gatling tornò a sedersi e al suo posto si alzò il Maestro in questione, un uomo che vestiva una corazza di titanio e che aveva un aspetto davvero troppo vecchio per poter stare a quel tavolo con tutti gli altri. « Il nostro esercito è grande, ma se il nord in qualche modo progettasse un attacco... non so quanto resisteremmo. Servono altri uomini, ma soprattutto servono armi più distruttive... » l'uomo si rivolse quindi a colui che aveva al suo fianco, un giovane uomo dall'aspetto curato di circa l'età di Dantos. « Io e il Maestro del conio abbiamo pensato di poter investire il denaro della capitale nelle miniere di diamanti nel grande deserto a sud. , il profitto sarebbe pari ad almeno tre volte l'oro che abbiamo. » disse il ragazzo poggiando sul tavolo grandi fascicoli di carte.

Sia il Re che la Regina rimasero in silenzio per pochi istanti pensando a cosa poter fare per risolvere la situazione. « Investire il denaro della corona è molto pericoloso. Quel poco che abbiamo è grazie alla mia famiglia e alle estrazioni di titanio nelle mie terre. La città già soffre una crisi senza eguali, c'è gente che muore di fame in giro per Altura Silente. » disse la Regina, Dantos analizzò i movimenti del suo viso e l'inclinazione dei suoi occhi, era convinto che alla Regina non importasse davvero della sofferenza del popolo e della fame che lo divorava.

« A tal proposito ci sarebbe anche un'importante e urgente questione, Vostra Maestà, » disse il Maestro della guerra parlando nuovamente col Re. « ci sono stati dei disordini in città in questi giorni. Disordini molto gravi, strade affollate per le proteste di gente che chiedeva supplicante il pane. »

« Cos'è successo? » chiese Re Drustan preoccupato.

« Pare che le puttane della città si siano messe in testa di aizzare il popolo contro di voi. Urlano per le piazze che non c'è denaro nel castello e che prima dell'inverno moriranno tutti di fame. La gente sembra essersi fatta guidare da un leader, un certo Bocca di dea. » continuò il Maestro della guerra, Dantos capì subito che la figura in questione era la sua Rosa, la donna che lo amava.

Per un breve istante si sentì fuori posto, aveva passato sette giorni all'interno del castello e gli sembrava di essere lì da una vita, si era come dimenticato cosa fosse la vita all'esterno e quali erano i reali problemi, lui non era un vero cavaliere e ben presto sarebbe dovuto tornare a quell'orrenda verità, svuotò la mente da quei pensieri tornando a concentrarsi sulla riunione in corso.

« Forse dovrei farmi vedere in pubblico, il popolo ha bisogno di sapere che sto dalla loro parte e che voglio il loro bene. » propose Re Drustan, tuttavia Dantos saltò subito sull'attenti a quelle parole, non poteva farsi vedere col Re senza l'elmo in mezzo ad una parata. Lo avrebbero sicuramente riconosciuto.

« Chiedo scusa, mio Re ma credo sia un'idea troppo pericolosa. Il popolo è arrabbiato, non diamo loro l'occasione di farvi del male. Piuttosto potremmo fare qualcosa per aiutarli... » disse Dantos parlando con un sussurro, ancora una volta il Re annuì alle parole del proprio cavaliere.

« Per quanto ritengo che l'opinione di un cavaliere di campagna conti poco, non posso dire di essere in disaccordo con Sir Maxwell. Il popolo non odia voi, ma la figura che rappresentate. » disse Ollyson parlando a denti stretti, la sua pelle rugosa simile a squame prese una strana piega all'altezza del collo.

« Anch'io sono d'accordo, » disse Lord Donchad parlando al proprio figlio. « sono quindici anni che il popolo è libero dalla tirannia degli elfi. Hanno dovuto aspettare un tempo troppo lungo visto che all'epoca tu e la Regina Nynniew avevate solo tre anni. »

« La colpa non è di certo nostra, non potevamo mica diminuire i nostri tempi di crescita! Se il popolo ha patito la fame non è colpa delle nostre famiglie. » disse la Regina Ninniew difendendosi da un'accusa che nessuno le aveva mosso, Dantos notò quindi il suo cambiamento repentino, da brava e premurosa che era divenne inasprita come un serpente.

« Quale è la soluzione? Se non posso investire il denaro nelle miniere di diamante, come posso farlo fruttare? Non esiste ancora qualcosa capace di clonare le corone o di trasformarle da rame in oro. » chiese il Re parlando con i propri consigliere, fu il Maestro del conio stesso ad alzarsi per la proposta.

« Ci sono sempre le rotte marittime con Casa Lofric e l'Arcipelago dei Cinque Spettri. Numerose sono le rotte che vanno al sud o verso ovest alla ricerca di terre neutre da depredare, la casata delle isole ha già ottenuto una fortuna con questi viaggi arrivando ad essere più ricca di chiunque altro. » disse il giovane Maestro del conio, Dantos non aveva idea di quanto quello fosse vero, di fatti Casa Lofric aveva spesso finanziato guerra intere in cambio di favori e scambi di valore con altre famiglie.

A quelle parole Ollyson sbuffò a ridere creando silenzio nella sala. « Cosa c'è di così divertente, Lord Gatling? » chiese Dantos rivolgendosi sempre con rispetto al Maestro di spie, quello scosse il viso come per negare la propria risata.

« È davvero divertente pensare che i nostri problemi si risolveranno affidandoci ai pesci e all'ignota possibilità di trovare un'isola piena d'oro. I Lofric ci hanno impiegato secoli per diventare ricchi. Non abbiamo tutto questo tempo. » disse con tono di voce grave, con grande amarezza Dantos gli diede ragione.

« Forse tu avrai di meglio da proporre, Maestro di spie. Se vuoi farci la grazia di illuminarci anziché ridere. » disse Donchad Grimalder piuttosto infastidito dal modo in cui l'uomo stava mancando di rispetto alla corona, ma il Re non sembrava disdegnare l'uomo che aveva effettivamente un'idea.

« In effetti sì, qualcosa di molto importante. Un progetto non ancora definito che alcune tribù di Sol Levante stanno studiando; si tratta di un progetto finanziato dagli elfi stessi quando trecento anni fa presero il controllo della capitale. » disse Ollyson facendo un breve pausa, i suoi occhi scuri si mossero cercando di attirare quelli di tutti gli altri così da ottenere la loro attenzione.

« Si tratta di un particolare liquido, giacimenti nascosti nella terra orientale; gli elfi lo chiamavano Respiro di fuoco ma più volgarmente era anche detto Fiamma del drago. Pare che si tratti di un potentissimo olio infiammabile che brucia anche se non è acceso dal fuoco. Sono documentati pochissimi casi ma penso che affidarci ad un'arma del genere sia la soluzione ai nostri problemi. » disse esponendo in maniera attenta e cauta.

La Regina tra tutti fu la più interessa. « E come potrebbe una sorta di esplosivo altamente infiammabile esserci d'aiuto? »

« Anzitutto ci sono numerosi giacimenti e creeremo una produzione molto importante: l'olio prodotto dal Respiro di fuoco può bruciare per oltre una settimana la stessa quantità di olio. Venderlo ci farebbe ricavare una fortuna inestimabile a tutti gli abitanti del Sol Levante che non hanno i mezzi per scoprirlo. Inoltre, oltre a saldare il debito pubblico, sarebbe un'arma formidabile che ci renderebbe imbattibili. Intere flotte ed eserciti brucerebbero se riuscissimo a creare una bomba. Non avremmo rivali, anche il problema della diplomazia sarebbe quindi superato. » disse concludendo il discorso sicuro di sé.

Dantos rifletté attentamente su quanto potesse essere pericoloso un olio del genere, di certo avrebbe davvero risanato ogni problema che affliggeva la capitale rendendo l'esercito di Altura Silente imbattibile. « Cosa ne pensi, mia Regina? » chiese Drustan parlando con la propria moglie al riguardo.

Nynniew abbassò gli occhi cercando di riflettere su quello che sarebbe potuto essere il loro futuro. Poi fece un largo sorriso alzando il volto e guardando lo sposo. « Credo sia l'unica soluzione, la migliore in questo caso. »

Ma il Re non era ancora convinto e Dantos lo sapeva bene visto che aveva imparato a conoscere la smorfia delle labbra che faceva quando era in dubbio. « E tu, Sir Maxwell? »

Dantos si sentì preso in contropiede, ancora una volta gli veniva chiesto il parere e il cavaliere sentiva che in qualche modo, il Re gli avrebbe dato più peso del parere della propria sposa. Rifletté attentamente, cercò di pensare ma non trovò quello su cui focalizzarsi, d'altronde era normale visto che lui non si era mai trovato a che fare con problemi del genere.

« Credo che dovreste finanziare questa ricerca. Il Respiro del drago o come si chiama. » disse con un tono di voce piuttosto debole, il Re abbassò nuovamente lo sguardo sul tavolo largo e gli ospiti che c'erano interno.

« E sia, studieremo il Respiro del drago e finanzieremo i giacimenti col denaro che abbiamo. Spero solo che fruttino al più presto per l'investimento. » confermò quindi il Re, nell'errore di Dantos era stato trovato un nome ufficiale da dare al potente olio di Sol Levante e in qualche modo al cavaliere fece piacere che il Re avesse apprezzato il suo parere.

« Bene, ci sarebbe un'ultima e importante questione, mio Re. Suggerirei quindi di spostarci nella sala del trono. » disse Lord Donchad in quanto Maestro diplomatico, il sovrano annuì e tutti e sette gli invitati alla sala della torre si spostarono uscendo dalla porta della stanza, Drustan ovviamente in prima fila subito seguito da Dantos e da Nynniew, a chiudere c'erano i quattro consiglieri.

« Vedo che mio marito da più ascolto a quello che dici tu, ha un'alta considerazione di te. Non credevo ma penso che gli Dei Titani ti abbiano mandato a noi per consigliarci. » disse la Regina parlando con voce sottile, Dantos si voltò verso la ragazza, i suoi tratti marcati le davano una luce dura al viso.

« Sembra un rimprovero, Vostra Altezza. Ho detto forse qualcosa che vi ha turbata in qualche modo? » chiese Dantos parlando con un leggero tono di voce senza distogliere gli occhi dal Re che era avanti di pochi metri.

« Nessun rimproverò. Anche se non smetto di chiedermi come sia possibile che il mio Re dia ascolto a te piuttosto che a sua moglie. Forse quando non ci sono io nella sua stanza, il Re ti invita nel suo letto? Questo spiegherebbe il vostro strano rapporto... » disse lei, a Dantos si gelò il sangue nelle vene senza riuscire a capire quello che la Regina stava dicendo, accusava Dantos di aver sedotto il Re nell'intimità della sua stanza?

« Vi sbagliate, Vostra Altezza. Tra me e il Re non c'è nulla di più di una profonda stima tra cavaliere e protetto. Il Re vi ama e desidera solo voi, non di certo giacere con uomini. » disse lui in risposta, sentì il sudore scendergli lungo la fronte, era una giornata calda e l'armatura pesava molto, ma nulla era in confronto a quella che era l'accusa della Regina.

Dantos realizzò che forse era stata proprio la Regina Nynniew a commissionare l'omicidio del proprio marito, così facendo avrebbe avuto il trono tutto per sé e la sua famiglia. Con l'accusa di essere un flagello, persino un Re o un Lord erano punibili.

« Non c'è nulla di male, voglio dire forse è un po' malato, ma spiegherebbe perché mio marito fatica nel proprio dovere nunziale. Sono inoltre certa che tu sei la sola vittima in questo gioco perverso al quale sta giocando Drustan! » disse lei sempre a bassa voce fermandosi davanti al cavaliere, in quel momento i quattro consiglieri passarono oltre lasciandoli da soli nel corridoio.

« A me piacciono le donne e vi assicuro, mia Regina che non farei sesso col Re neanche se mi obbligasse! E sono certo che i problemi a letto di Drustan siano legati alla salute. » disse lui come per giustificare la propria verità.

A quel punto la Regina fece un sorriso. « Sembri sincero, ma sappi che io posso aiutarti ad uscire da questo vortice di depravazione, sai dove trovarmi se hai bisogno di aiuto. » disse la ragazza, Dantos vide uno strano tremolio che mise in dubbio la ferocia della Regina, quelle idee non potevano essere state pensate da una ragazza di soli diciott'anni. Qualcun altro operava dietro la mente della Regina, qualcuno che la consigliava.

« Vi ringrazio per la disponibilità, Altezza. » disse con un sussurro, poi la Regina tornò a camminare lungo il corridoio. Quando fu abbastanza lontana, Dantos si concesse un sospiro. « Dev'essere impazzita... » si voltò trovando alle spalle uno dei servitori con abiti logori, era ovvio che lo avesse sentito. « Ecco... intendo dire che la Regina è confusa e... » cominciò ad accampare delle scuse ma il servo lo interruppe.

« Mi manda lo Spettro Folle con un messaggio per te. È stata stabilità una data per il tuo compito, devi adempiere al tuo ruolo prima che la neve cominci a cadere nella capitale. » disse il servo cominciò poi a correre via e Dantos si affrettò a seguirlo ma quando Dantos svoltò l'angolo del corridoio vide che era vuoto.

« Ho bisogno di una bella sbronza! » disse sarcasticamente a se stesso, poi cominciò a correre per scendere così da raggiungere il Re nella sala del trono.

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Capitolo 11
*** 11. Kari - Amara verità ***


{Kari}

11.

Amara verità

 

 

Il sole non splendeva quasi mai al nord anche quando era estate, anche in un giorno pieno di nuvole come quello però Kari era stata costretta ad approcciarsi alla vita e alle abitudini di Artiglio del Drago; dopo i recenti eventi non aveva di certo voglia di stare insieme a Volmar o Myrella ma sua madre aveva fatto in modo di organizzare una serie di eventi che avrebbe permesso alla ragazza di restare col futuro sposo. Questo le rendeva la vita impossibile, ma Kari si era ormai messa l'anima in pace e aveva capito che per sopravvivere ad Artiglio del Drago avrebbe dovuto giocare il suo ruolo in quello che era il grande gioco tra casate.

< Non pensavo che il bosco potesse essere così tanto fitto, avrei giurato il contrario. Non credo comunque che cacciare gli animali sia così interessante... > disse Synder mentre camminava al fianco della sorella gemella, Kari fece un sorriso sentendosi davvero rincuorata del fatto che la sua famiglia fosse con lei, si voltò verso il proprio cavaliere.

< Aedan tu sei mai stato a caccia? Non credo di aver mai sentito parlare dei nostri cavalieri in giro per i boschi. > chiese la ragazza, la guardia dai capelli dorati si trovava a pochi metri dietro di lei su un cavallo, accanto a lui c'era anche Ingrid, la guardia di Synder.

< Solo una volta mia signora, ero un semplice scudiero prima di venire promosso a cavaliere. Essendo nato nella capitale sono riuscito a dimostrare il mio valore e le mie abilità. È così che sono arrivato alla corte dei Caelum. > rispose il cavaliere aspirando una boccata d'aria fresca. Anche Kari volle assaporare la deliziosa aria del mattino sentendosi quasi libera.

< Io lo trovo un piacevole passatempo. Solo perché non sai cacciare, Synder, non significa che sia noioso. > disse Kari prendendo in giro il proprio fratello che aveva mascherato quelli che erano i suoi reali sentimenti al riguardo.

Synder sbuffò infastidito tenendo stretta l'impugnatura dell'arco tra le mani, alle proprie spalle aveva una faretra piena di frecce e non distoglieva lo sguardo dal proprio sentiero. Improvvisamente davanti ai loro occhi comparvero Volmar e Myrella, i due fratelli Dunnstone avevano già cacciato due marmotte impalandole con le frecce proprio in mezzo agli occhi.

< Spero ti stia divertendo, Kari. Ambisco al cacciare un bellissimo cervo in tuo onore, così che stasera a cena potremo abbuffarci con qualcosa degno di te. > disse Volmar con tono risoluto, sia lui che Kari si scambiarono uno sguardo, non le andava ancora a genio quel ragazzo e ancora meno provava simpatia verso la sorella più grande.

< Quanto è forte e valoroso il mio futuro sposo, sono davvero colpita. Peccato che mio fratello Synder non abbia il tuo stesso talento, Volmar. > disse lei con un finto sorriso, il gemello le fece una smorfia senza prestarle particolare attenzione mentre Volmar le fece un sorriso che sembrava quasi sincero.

< Ho visto tuo fratello Valdis poco fa, stava seguendo le tracce di un cervo, lo troverò e lo ammazzerò prima di lui. > disse il giovane Dunnstone dando poi un colpo al proprio cavallo con le redini per farlo ripartire, Myrella subito dietro di lui fissò Kari con gelido sguardo senza apparente motivo.

< Sì, non vedo l'ora di essere omaggiata con un cervo morto... > disse la ragazza in risposta, ormai i due Dunnstone erano distanti affinché potessero sentirla, tuttavia la battuta non fu ignorata da Synder che scoppiò a ridere in mezzo al bosco.

Secondo il Lord di Bosco Ombroso, far partecipare la propria figlia ad una caccia nel bosco non era adatto ad una signora, la verità probabilmente è che lui non voleva tenerla così tanto in pericolo esposta all'esterno, aveva quindi fatto sì che alla caccia dei Dunnstone partecipassero anche Valdis e Synder lasciando Haydun ad Artiglio del Drago essendo il più piccolo.

< Oh guarda, un coniglio! > disse Synder pieno di stupore, la creatura dal bianco pelo era immobile su una radice a pochi metri di distanza da loro e non sembrava essersi ancora accorta della loro presenza, i quattro si fermarono in mezzo al sentiero.

< Anche prima avevi trovato un coniglio e l'hai mancato di un bel po', caro fratello. > disse Kari stuzzicandolo, quello le lanciò un'occhiataccia subito seguita dall'arco che aveva in mano.

La ragazza presa alla sprovvista non si aspettava di certo che gli fosse lanciato l'arco ma ebbe comunque la prontezza di prenderlo con forza e decisione guardando poi il fratello gemello nei suoi freddi occhi di ghiaccio. < Fallo tu allora, visto che sei tanto brava da criticarmi, sorellina! > disse l'altro con una smorfia.

Kari fissò il fratello confusa quando le passò la freccia, non aveva mia tirato con l'arco, non aveva mai toccato un'altra arma prima di allora e non sapeva neanche da dove iniziare. Tuttavia era orgogliosa come ogni altro Caelum e non rifiutò la sfida.

< Bene, sono sicura che lo colpirò, o almeno andrò più vicina di quanto hai fatto tu prima. > disse schiarendosi la gola. Ovviamente non mancò di ascoltare le parole di Aedan al riguardo.

< Fate attenzione, mia signora. Tendete la corda lontana dal viso e stringete forte il manico dell'arco o vi scivolerà via, inoltre attenta che la corda sia ben distante o rimbalzerà sul vostro braccio e vi potreste fare davvero molto male! > disse premuroso, Aedan non credeva fosse una buona idea ma non frenò Kari dal farlo e la ragazza seguì i suoi consigli.

L'aveva visto fare tante volte, ma stringere l'impugnatura dell'arco e colpire era molto diverso dal vederlo, rifletté la giovane lady. Si trovò quindi con l'arco levato in aria, la corda sempre più tesa con la coda della freccia poggiata e in tensione, cercò di prendere la mira per colpire il coniglio.

Per un breve istante l'aria parve fermarsi, ogni altro rumore tacque come per magia in modo che Kari si potesse concentrare, focalizzò la sua attenzione sul coniglio finché non fu come se l'arco si spostasse da solo nella giusta angolazione per colpirlo. Prese un respiro profondo e poi lasciò la freccia volare.

Accadde tutto in pochi istanti: la freccia volò contro il bersaglio che non ebbe scampo e venne colpito in pieno petto e trapassato da parte a parte, il sangue riempì il manto chiaro dell'animale tingendo anche gli arbusti intorno di rosso; come la bestia era stata colpita dalla freccia, Kari subì il contraccolpo della tensione della corda che le aveva strisciato lungo il braccio provocandole il dolore simile ad una coltellata.

Gettò l'arco e terra in preda al forte dolore ricevuto e portò l'altra mano sul punto che era stato colpito dalla corda, fortunatamente non c'erano tagli visibili ma Aedan si avvicinò subito a lei così come Ingrid fece con Synder.

< Mia signora state bene? > chiese preoccupato il cavaliere, Kari annuì cercando di trattenere le lacrime per il dolore e arrivò a mordersi la lingua con forza per non urlare.

< Sto bene, non avevo idea che la corda potesse fare tanto male. > disse lei, il cavaliere portò la propria mano sul viso della ragazza che alzò lo sguardo con le lacrime agli occhi, non pianse, si fece forte e strinse le labbra.

< Maledizione a te, Kari! Non avrei dovuto darti l'arco! > le urlò contro Synder, anche lui si massaggiava il braccio nell'esatto punto in cui la sorella stava provando dolore. Ingrid controllò la condizione del punto del dolore ma la sua pelle era velata di una macchia rosa e nulla di più mentre Kari aveva già un livido.

< Mi dispiace, non volevo farlo. > disse lei con solenne tono di scuse; era una cosa normale quello che era appena successo: Kari e Synder erano dei gemelli molto particolari, non condividevano solo il sangue e i tratti somatici, erano connessi a tutti gli effetti, di fatti lo stesso dolore lo condividevano insieme.

Se uno dei due veniva ferito, anche l'altro provava lo stesso dolore in egual modo. Se uno dei due riceva un colpo, l'altro subiva la stessa conseguenza, questo per i gemelli Caelum non era un problema anzi, significava che il loro legame e la loro unione non era limitata all'apparenza, erano collegati anche fisicamente e questo era un dono agli occhi di molti altri.

Anche se nel dolore di uno, anche l'altro soffriva. < Lascia stare, non è colpa tua. Ha fatto parecchio male però. > disse Synder con tono di voce dispiaciuto guardando la sorella, ovviamente era più preoccupato per lei visto che era lei che aveva ricevuto il colpo, la ragazza si scoprì il braccio vedendo che una larga macchia violacea si era già formata lungo l'avambraccio.

Ci fu un leggero attimo di quiete a seguito di quello che era successo e tutti e quattro scesero dai propri cavalli restando in piedi, Aedan si preoccupò delle condizioni dei gemelli mentre Ingrid andò verso il coniglio che era stato colpito dalla freccia.

La guardia rimase senza parole vedendo con quanta precisione era stato colpito l'animale, per essere una novella aveva fatto un tiro fantastico. Ingrid prese quindi la bestia tenendola per la zampe posteriori, il coniglio bianco era diventato rosso come i capelli della guardia che lo teneva in mano. < Nonostante tutto credo che dovremmo fare i complimenti a Kari, ha centrato il coniglio in pieno petto, probabilmente ha preso il cuore... > disse meravigliata ritornando dagli altri tre.

Tutti guardarono il coniglio con visibile stupore, era quasi impossibile che lei fosse riuscita a colpirlo, Kari non aveva avuto ancora modo di vedere il risultato del suo tiro ma si scoprì piacevolmente sorpresa di quello che aveva fatto.

< Come hai fatto, per i nove Titani!? > chiese con gli occhi sbarrati Synder, Kari scrollò le spalle senza sapere come aveva davvero fatto quell'impresa che riteneva impossibile.

Non persero altro tempo e tornarono sui cavalli proseguendo lungo il sentiero che li avrebbe condotti nell'area più aperta del fitto bosco e lì poterono fermarsi e allontanarsi dalla battuta di caccia, certi che Volmar, Myrella e Valdis fossero ancora in giro.

< Sto ancora pensando al coniglio: non hai mai tirato con l'arco, questo va oltre la fortuna del principiante! > disse Synder ribadendo il proprio stupore verso la perfetta mira della sorella, quella fece una mezza risata mentre i due cavalieri che li seguivano stavano dando da bere ai cavalli.

< Sei solo invidioso. > disse lei, tornò subito seria. < C'è una cosa che non mi hai ancora detto da quando siamo arrivati e vorrei che tu fossi sincero al riguardo. > disse Kari, aveva intenzione di chiedergli il suo parere sui Dunnstone e sull'imminente matrimonio che sembrava ancora tanto distante.

< Chiedi pure. > disse Synder in risposta.

< Cosa ne pensi del mio matrimonio? Voglio dire, nostro padre e Valdis sembrano contrari, poi c'è anche questa storia del ballo e dell'assassino... > chiese lei quando gli fu concesso di chiedere, Synder spostò leggermente il viso verso la sorella cercando i suoi occhi, a quel punto si morse le labbra.

< Non so, io vedo un'occasione: Caelum e Dunnstone uniti finalmente, dopo secoli e secoli di guerre abbiamo la possibilità di far regnare la pace, immagina i nostri regni uniti, nessuno potrebbe più minacciare il nord e le nostre terre. > Synder era davvero convinto di quello che diceva, i suoi occhi brillavano mentre parlava come se sognasse davvero quella tregua la pace tra le due casate. < Riguardo quello che è successo la sera del ballo... non so cosa pensare, l'istinto mi dice di non credere all'apparenza; questa situazione è molto strana e sappiamo bene che ognuno ha il proprio ruolo in questa pagliacciata delle casate. >

Kari capì perfettamente quello che intendeva il fratello, nonostante il sistema delle casate fosse un dominio imperfetto, era così che il mondo girava e ognuno doveva fare la propria parte in quel grande gioco per far avanzare la propria pedina, era proprio come una partita di scacchi.

< Sembra di parlare con nostra madre. > disse la lady senza rendersi conto che aveva usato un tono distaccato col proprio fratello gemello, cominciò a giocherellare con le proprie dita cercando di nascondere la propria agitazione.

< Non dico che sia sbagliato quello che provi, ma nostra madre forse non ha tutti i torti su questo matrimonio: è l'occasione che stiamo aspettando da anni, fare pace con i Dunnstone; i nostri avi hanno ucciso moltissimi di loro, sono stati costruiti interi castelli sul sangue versato e lo stesso possono dire loro di noi. Credo sia giunto il momento di una vera pace... > disse Synder cercando di spiegare il proprio punto di vista, la sorella però non voleva accettare quelle parole dette dal proprio sangue. < Perciò so bene che Volmar non è il più simpatico dei cavalieri e il migliore dei lord, ma cerca di essere migliore di lui, sei pur sempre una Caelum, tu puoi sopravvivere a tutto questo! >

La situazione tra i due fratelli si era fatta inspiegabilmente tesa e Kari non era sicura di volerne parlare ancora, cercò di farsene una ragione ma non si aspettava quel discorso proprio da Synder. < Non voglio sopravvivere. Voglio vivere quello che mi merito, la felicità. > disse lei piena di amarezza, i due gemelli dovettero poi interrompere il loro discorso quando nella radura arrivarono i Dunnstone seguiti da Valdis che aveva con sé un grosso cervo che aveva una freccia piantata in piena fronte.

< Pare che ho sottovalutato la bravura di Valdis di Casa Caelum con l'arco, i miei complimenti. > disse Volmar scendendo a sua volta dal proprio cavallo e dovendo ammettere la sua sconfitta.

Kari cercò lo sguardo del proprio fratello maggiore che restava serio e non si vantava del successo, quando quello incrociò il suo sguardo le fece l'occhiolino e lei tornò a sorridere.

Il pomeriggio seguente Kari aveva già dimenticato la discussione avuta con Synder e su quanto la pensassero diversamente; era un pomeriggio piovoso e nonostante Volmar fosse uscito con Myrella (probabilmente per andare a caccia) Kari aveva avuto il pomeriggio libero così da poterlo trascorrere nella lettura di alcuni testi che aveva trovato interessanti nella biblioteca, parlavano della costruzione di Artiglio del Drago.

Erano per lo più delle leggende riguardo i draghi e il fatto che il fuoco di un drago aveva modellato l'ossidiana di cui l'intero castello era composto, un pomeriggio piacevole in totale solitudine, aveva chiesto ad Aedan di aspettarla fuori e il cavaliere aveva accettato volentieri l'ordine della propria lady. Erano circa le cinque del pomeriggio quando il cavaliere si avvicinò nuovamente alla propria protetta seguito da Brutus; il cavaliere dei suoi genitori aveva un aspetto molto anziano e saggio ma non meno forte, aveva di fatti numerose cicatrici a riempirgli il volto, quella all'occhio era la più profonda, una vecchia ferita che aveva quasi rischiato di tagliargli in due l'occhio sinistro, Brutus era sopravvissuto e cose ben peggiori e questo aveva invecchiato il suo aspetto.

La mascella quadrata era contornata dai capelli lunghi e grigi che richiamavano il castano spento degli occhi, quando Kari lo guardava però non provava tristezza, anzi, vedeva in lui tantissima forza e si sentiva al sicuro. < Vostro padre vorrebbe vederti, Lady Kari. > disse Brutus, aveva un tono di voce distaccato e cupo.

La lady annuì interrompendo la lettura e alzandosi seguendo poi il cavaliere in giro per i corridoi della roccaforte di ossidiana.

Rimase in silenzio finché non arrivo davanti la porta di uno studio e Brutus si fermò davanti ad essa aprendo la via a Kari che entrò nella stanza trovando le cose del padre messe in giro; Lord Sten era solito portare qualcosa di suo durante i viaggi e dovunque andasse c'era sempre qualcosa che gli ricordava un posto in particolare, c'era per esempio una riproduzione della Cattedrale marmorea che aveva visitato tempo prima fermandosi poi a Fossa Profonda, non poteva mancare ovviamente una riproduzione di scacchi chiamata “Guerra per il castello” dove gli schieramenti erano gli elfi e i Grimalder per ricordargli della sua prima volta nella capitale per omaggiare l'Imperatore Eretico.

Kari avanzò nello studio notando che il padre si era anche portato dietro uno dei quadri preferiti che era solito conservare nello studio, una bellissima raffigurazione del bosco delle piogge eterne nell'ovest, nel territorio di Bastione Rugiada e non poteva neanche mancare la preziosa daga delle Valli Nebbiose, un dono che aveva ricevuto dai lord di Casa Arni di Covo del Corvo e detti anche i “lord dai capelli di platino”, coloro che durante la difesa della capitale vennero quasi sterminati dagli elfi.

< Kari, sono lieto che tu sia venuta in fretta. > disse Lord Caelum rivolgendosi alla propria figlia appena entrata, l'uomo si trovava oltre la scrivania e stava esaminando alcuni documenti, si alzò avvicinandosi alla giovane donna e l'abbracciò.

< Mi hai fatta chiamare, non posso certo farti aspettare, padre. > disse Kari abbracciando l'uomo in risposta e poi spostandosi verso la sedia che si trovava di fronte la scrivania. Il suo sguardo cadde su uno dei tanti documenti del padre vedendo una scritta che le fece agghiacciare il sangue nelle vene.

Lista dei congiurati” lesse nella propria mente cercando subito di spiare i nomi e di quale congiura si trattasse, l'unico nome che aveva letto prima che Lord Caelum togliesse il foglio era proprio quello del padre. < Sembri impegnato... > sussurrò lei.

Sten Caelum era un uomo sempre indaffarato, nonostante la pace fosse finalmente tornata, c'erano sempre dei disordini, specialmente tra le terre del nord e i territori centrali, tra le varie minacce il continente doveva anche vedere quelle dei propri territori e finalmente che un nuovo Re umano era seduto nel castello di Altura Silente le cose dovevano essere risolte.

< Solo una comunicazione da parte di tuo zio, Donchad Grimalder; ma non ti ho fatta venire per annoiarti con i miei documenti. > disse l'uomo in risposta facendo pulizia nella propria scrivania. La ragazza allora annuì aspettando in silenzio. < So bene che gli eventi di questi giorni li stai vivendo in maniera molto negativa. So che sei preoccupata e so che tua madre ti stressa al riguardo; domani sarà il nostro ultimo giorno qui ad Artiglio del Drago e tua madre mi ha chiesto di organizzare un incontro tranquillo tra te e Volmar, vuole che passiate del tempo in totale solitudine, magari facendo una passeggiata nel giardino. >

Kari fece molta fatica a non mostrare il proprio disappunto, fu costretta a mordersi la lingua per non rispondere negativamente. < In solitudine significa senza Aedan a proteggermi; ricordi l'ultima volta che cosa è successo? > chiese lei facendo appello al momento in cui aveva rischiato la vita.

Nonostante quello, suo padre non mostrò alcuna emozione e Kari per un breve istante ricordò le accuse di Volmar, le scacciò via dicendosi che suo padre non mostrava emozioni quando era arrabbiato, appariva sempre freddo e distaccato.

< Lo ricordo bene, ma nonostante sia in grande disaccordo con tua madre, mi vedo costretto ad essere d'accordo con lei stavolta. Sarete solo tu e Volmar, se dovesse accaderti qualcosa lui ne sarà ritenuto direttamente responsabile, sia lui che Lord Garrel lo sanno quindi non faranno nulla di stupido. > fu la semplice risposta che venne dalla bocca del Lord di Bosco Ombroso.

Kari annuì una seconda volta con grande dolore. < Va bene padre, lo farò anche se non credo che starò tranquilla per un solo momento avendo solo Volmar Dunnstone al mio fianco. > disse lei con tono rispettoso, capì solo in quel momento quanto suo padre non amasse quella situazione a tal punto da farsi una domanda. “Mio padre è davvero favorevole a questo matrimonio?”

< Lo so, ed hai ragione. Ma vagare insieme ad una scorta o una guardia tra le mura del loro castello è offensivo, se tu passassi del tempo da sola con Volmar dimostreresti che abbiamo fiducia in loro. Con questo non dico che sono tranquillo e neanche Lord Garrel lo è, ma è un inizio di qualcosa con solide basi. > disse Lord Caelum ancora una volta, Kari non replicò visto che il discorso del padre, in un diverso ambiente e presupposti, era più che giusto. “Ho la mia risposta, lui non è favorevole all'alleanza.”

< Va bene, incontrerò Volmar da sola. > disse lei con un sorriso.

Il lord annuì con sguardo grave posato sulla figlia, abbassò la mano cercando qualcosa in uno dei cassetti della scrivania e tirandone fuori un coltello della punta affilata e con un ricamo sul manico, lo stemma dei Caelum. < Questo è tuo. > disse passandolo alla ragazza che guardò senza parole il padre. < Non permetterei mai che mia figlia vada in giro con quel maniaco senza difese. Usalo con saggezza, non è un giocattolo, può determinare la vita e la morte, la fine di un'alleanza e l'inizio di una guerra. >

La giovane lady osservò il coltello con fare piuttosto sicuro, non aveva idea di come combattere e tanto meno come avrebbe potuto utilizzarlo per difendersi ma qualcosa si sarebbe inventata, prese l'arma nascondendola tra le pieghe del vestito.

< Non sono una stupida, la userò solo se necessario, e taglierò un dito a Volmar se solo proverà a toccarmi dove non deve. > disse lei a denti stretti impugnando l'arma, si sentiva più al sicuro come se le avessero donato una spada.

Lord Sten le fece un largo sorriso che mostrava tutto il bene che le voleva e l'affetto smisurato di un padre verso la sua unica figlia femmina. < Questa è la mia bambina! Ora puoi andare. > disse infine congedandola, lei si alzò dalla sedia e si spostò nel corridoio insieme ad Aedan. Non disse a nessuno che era armata con un coltello, lo tenne nascosto anche alla propria guardia, quello era un simbolo di complicità tra Kari e il padre.

L'indomani nelle prime ore del pomeriggio, Kari si era già data appuntamento con Volmar al giardino d'inverno del castello, ne avevano parlato a pranzo scambiandosi poche parole, ovviamente lui ne era al corrente e sapeva già che la piacevole passeggiata sarebbe dovuta essere tranquilla, con lo scopo di farli conoscere.

Kari si spostò per i corridoi del castello che conosceva ormai quasi come quelli di casa sua arrivando quindi all'arco del cortile e vedendo che nel giardino d'inverno c'erano già due figure che stavano parlando: osservò attentamente la scena notando che Volmar stava parlando con Myrella.

< Ma cosa...? > domandò a se stessa, non riusciva a sentire le loro parole visto che erano chiusi dentro ma era evidente che stavano urlando da come gesticolavano l'uno versa l'altra.

La ragazza poi uscì dalla porta principale come una furia, i suoi occhi scuri erano pieni d'odio e rabbia, Volmar corse all'esterno verso la sorella fermandola a metà strada e stringendola il polso in modo da farla girare verso di lui.

I due si scambiarono un'occhiataccia. < Non è una mia scelta, lo capisci? Sono costretto in questa situazione quanto Kari, non c'è possibilità che uno dei due possa sciogliere questa promessa se non dichiarandoci guerra ed è l'ultima cosa che vogliamo. E sai bene quanto nostro padre sia in difficoltà... > disse lui, era ovviamente che parlavano di qualcosa di molto importante, Kari non capì però perché l'astio della sorella.

< Nostro padre non vuole prendere posizione. La nostra alleanza con la capitale è fittizia finché non riusciamo a combinare il matrimonio con i Caelum! Sai bene che i Lucarhis vogliono quest'alleanza più di chiunque altro e sai questo a cosa ci porterà... > disse Myrella ad alta voce per l'evidente agitazione, il fratello le fece segno di restare in silenzio e di abbassare la voce.

< Vuoi smetterla di urlare come una stupida? Non voglio passare il resto della mia vita con Kari Caelum, tanto meno vederla governare su Artiglio del Drago insieme a me. Ma non posso fare a meno di dover accettare quello che sta succedendo. > disse in risposta Volmar, Kari osservò attentamente i movimenti dei due e il modo in cui Myrella tremava con agitazione.

Poi si tranquillizzò improvvisamente quando Volmar le sussurrò qualcosa che Kari non poté sentire vista la distanza e ciò che seguì la colpì come un pugno allo stomaco.

Volmar abbracciò la sorella portandole le mani in vita, lei si lasciò trasportare da quel gesto accarezzando la giacca che copriva il petto del fratello in maniera sensuale, con un rapido movimento due si unirono in un bacio sulle labbra.

Non può essere vero...” disse a se stessa Kari mentre Volmar e Myrella proseguivano quel bacio appassionato senza intenzione di staccarsi l'uno dall'altra. Solo dopo qualche minuto lei si strappò dalle braccia del fratello mantenendo un sorriso.

< Ho voglia di te, stanotte vieni in camera mia! > disse Myrella lasciando le proprie braccia attorno al collo del fratello, poi si separò definitivamente e con un sorrisetto malizioso Volmar annuì.

< Sarà meglio che tu vada adesso, a momenti verrà Kari a cercarmi, devo stare con lei o potrebbero insospettirsi. > disse lui cacciandola via dal giardino, la mente di Kari però era annebbiata da quello che aveva visto e che non avrebbe mai dimenticato.

Myrella con un ultimo gesto mandò un bacio a Volmar che la salutò continuando a guardarla mentre si allontanava verso l'arco dietro il quale si trovava Kari.

La giovane lady si appiattì contro il muro e trattenne il respiro pregando gli Dei Titani di non farla scoprire, Myrella era però troppo distratta e ancora troppo presa dal bacio che si era scambiata con Volmar per potersi accorgere della presenza di qualcun altro. Passò senza vedere la giovane Caelum che aspettò qualche altro minuto prima di uscire allo scoperto.

Kari trovò la forza di uscire allo scoperto ricordandosi che non provava nulla per Volmar, ma il pensiero che in un futuro prossimo avrebbe dovuto fare sesso con lui la disgustava, il solo pensiero le faceva rivoltare lo stomaco facendola sentire sporca.

Avrebbe preferito che le voci sui maiali e i Dunnstone fossero vere, piuttosto che all'idea di incesto tra Volmar e Myrella. Si fece quindi coraggio uscendo nel giardino e avanzando con passo deciso verso il giovane lord che la stava aspettando in maniera elegante: indossava una giacca di cuoio che ne risaltava il fisico alto e tonico, inoltre era curato come sempre, ma non riusciva non notare che era macchiato intorno alle labbra.

< Mia futura sposa, è un piacere vederti in un giorno come questo. Ti trovo splendente, la tua pelle d'alabastro brilla con le giornate nuvolose. > disse lui facendole un complimento. Lei si sforzò di sorridere senza poter nascondere il suo disprezzo.

< Mio amato sposo, devi esserti abbuffato di frutti di bosco, visto che hai le labbra sporche di rosso. > disse lei, era ovvio che Myrella gli aveva stampato il proprio rossetto sulle labbra e lui non se ne era accorto prima di quel momento.

In un primo momento Volmar cercò di capire di cosa stesse parlando, poi capì e si pulì con un tovagliolo di stoffa che teneva conservato nel taschino della giacca. < Scusami, sono piuttosto sbadato. Non me n'ero accorto. Spero che questo non possa condizionare la nostra deliziosa passeggiata. >

< Non ti preoccupare, quando governerò al tuo fianco avremo tempo per passeggiare ogni giorno fino al resto dei nostri giorni! > disse Kari cercando di nascondere la sua reale amarezza, si riferiva ovviamente a quello che aveva detto lui a Myrella.

Volmar però non capì quello a cui Kari alludeva e la guardo confuso annuendo senza capire. Le si mise al fianco dandole quindi il braccetto e lei si ci aggrappò così da seguirlo mentre passeggiavano in tondo nel giardino.

< Domani partirai per Bosco Ombroso, inutile imbrogliarci, non credo ti mancherò un solo istante, vero Kari? > le chiese Volmar dopo un intero pomeriggio passato a parlare, si erano per lo più scambiati degli aneddoti, avevano parlato delle passioni e Kari non aveva potuto notare che non c'era nulla che li accomunava.

Non che fosse sua intenzione sposarlo, se ci fosse stata anche la minima possibilità l'avrebbe colta al volo, ma i suoi erano sogni e speranza senza fondamenta. < La mia visita ad Artiglio del Drago non è stata delle migliori. Ci rifaremo, credo. Anche tu e la tua famiglia verrete presto nel nostro castello. Non vedo l'ora di rivedere Myrella! > rispose Kari cercando di nascondere il fatto che non volesse averci a che fare, contro ogni aspettativa, Volmar si mise a ridere e notò che la sua era una risata sincera.

< Tu e mia sorella non andrete d'accordo, però mi fa piacere che tu abbia questo forte spirito. Ti servirà in questo pericoloso gioco delle casate, mia signora. > disse lui guardandola nei suoi occhi di ghiaccio, questo fece rabbrividire la ragazza che però non si dimostrò neanche un istante impaurita.

< So benissimo riguardarmi da sola, ma grazie per l'interesse. Non perderò mai il mio spirito, se sarò costretta a sposarti allora farò in modo di impegnarmi per rendere la cosa il più difficile possibile! > disse lei con tono di sfida. Lui la guardò ancora negli occhi allontanandosi, per tutto il pomeriggio erano rimasti uniti tant'è che Kari aveva cominciato ad abituarsi all'odore del lord.

< Sono un degno avversario, non starai mai tranquilla quando vivrai qui, farò in modo che il nostro matrimonio sia il tuo incubo ad occhi aperti, mia cara moglie. > disse lui assumendo un'espressione angelica e diabolica allo stesso tempo.

Quelle furono le ultime parole che si scambiarono in quel pomeriggio, Kari non si sarebbe piegata ai Dunnstone, mai.

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Capitolo 12
*** 12. Astrid - Fuoco che non brucia ***


{Astrid}

12.

Fuoco che non brucia

 

Nulla importava, tutto sembrava essere effimero per Astrid, se i suoi fondamenti erano esatti, i Piromani stavano cercando i flagelli sparsi nel villaggio e li avrebbero uccisi; questo significava che anche Caius era in pericolo, non c'erano probabilità che lo avrebbero lasciato in vita, specie visti i recenti scontri tra gli Osservatori dell'Abisso e i Piromani della luce.

Ongor lo fissava negli occhi aspettando una sua risposta, una reazione di qualunque tipo, ma il ragazzo era in uno stato di stasi dal quale non riusciva a liberarsi finché Neferi non fece due passi avanti poggiando una mano sulla spalla dell'altro.

« Dobbiamo fare qualcosa per salvare Caius e Agis! » disse il giovane dalla pelle scura, non fece caso a quanto detto prima da Astrid sul perché di quelle quattro vittime. Per lui sarebbe stato facile collegare le cose e Astrid era certo che avrebbe collegato quegli eventi alla relazione che aveva con Caius.

I suoi amici avrebbero potuto scoprire della loro relazione segreta ma sembrava importare poco visto quello che avrebbero potuto perdere. Astrid tornò in sé riempiendosi la bocca d'aria. « Ongor portami dove vi siete scontrati, magari hanno lasciato qualche traccia di dove sono scappati. » disse speranzoso Astrid, si fece forza come gli era stato insegnato nonostante la sua mente fosse interamente annebbiata dalla preoccupazione per Caius.

Prima di allontanarsi il giovane Osservatore si voltò verso Alamond, la spia stava in piedi guardando il gruppo riunirsi. « Non posso aiutarti in altro modo, non conosco dove i Piromani si riuniscano, ma certamente sarà un posto qui intorno. Fai attenzione, mio giovane amico. » disse quello con tono solenne.

Astrid annuì per ringraziarlo, in qualche modo era convinto che la spia fosse più preoccupata per la perdita di Astrid a causa del favore che avrebbe dovuto ricambiare. Tuttavia non espose le proprie idee al riguardo e mise da parte quella storia fino a che non si fosse ripresentata l'occasione.

« Dimmi esattamente quello che è successo! » disse Astrid parlando con Ongor quando poco dopo arrivarono sul luogo in cui era avvenuto lo scontro; era scesa la sera ormai e le fiamme dello scontro erano ancora vive visto che era avvenuto da poco.

Astrid si guardò intorno nella speranza di cogliere un indizio, c'era sangue e dei corpi a terra, Ongor aveva detto che ne avevano uccisi la metà di coloro che li avevano attaccati, c'erano solo cinque corpi e il giovane Osservatore si chiese se un gruppo così piccolo non fosse in realtà composto da molti altri.

« Te l'ho già detto, stavamo facendo le nostre ricerche quando ci hanno attaccato, non sono esattamente tipi disposti al dialogo e quando ho ammazzato il primo di loro spaccandogli il cranio... hanno cominciato ad usare il fuoco e ci hanno sottomessi! » disse Ongor pieno di rabbia stringendo la propria ascia con entrambe le mani, Astrid camminò ancora arrivando ad un corpo, il mago era sicuramente quello descritto da Ongor visto lo stato della nuca.

« Hanno detto qualcosa forse? Vaneggiato riguardo i flagelli o amore profano? » chiese ancora Astrid, si scambiò uno sguardo con Neferi che capì esattamente quello al quale si stava riferendo. Il ragazzo dalla pelle scura stava cominciando a capire qualcosa di troppo e Astrid si morse le labbra per quello.

Ongor rifletté qualche secondo alzando gli occhi in alto, poi parve ricordarsi di qualcosa di importante. « Hanno detto qualcosa riguardo un fuoco purificatore sì, avevano visto due lettere tra le fiamme, una C e una A. Credi che si trattasse di Caius e Agis? » chiese lui con evidente stupore, Astrid però non ebbe il coraggio di rispondere perché sapeva bene di cosa si trattava.

Non Agis, ma il mio nome. Astrid e Caius. Hanno visto queste due lettere e le immagini di due Osservatori flagelli. Se Agis fosse in pericolo per colpa mia...” non solo il ragazzo era preoccupato per il suo migliore amico, ma anche per il membro della squadra al quale era affezionato di più, nonostante le diversità, Astrid sentiva che Agis fosse molto più simile a lui di chiunque altro.

« Potrebbe esserci un errore, i Piromani cercano flagelli e prostitute. Forse si sono sbagliati con Caius e Agis... loro non possono essere... » disse Neferi con evidente imbarazzo, Astrid cominciò a sentirsi il petto schiacciato, non poteva dare conferma di quello che pensavano e non poteva neanche negare visto che era così che stavano le cose. Cominciò a sentire le mani sudare nei guanti, si mise quindi a braccia conserte.

« Intendi dire che Caius e Agis sono flagelli? » disse Ongor visibilmente stupito dalla cosa, a quel punto Astrid non riuscì più a trattenersi e sbottò per la rabbia.

« Smettiamola con questi discorsi inutili, dobbiamo preoccuparci di trovare i nostri amici, non incolparli di qualcosa che non sappiamo se sia vero o meno. » sia Ongor che Neferi lo guardarono quasi sentendosi in colpa, il primo abbassò lo sguardo mentre il secondo sostenne lo sguardo irato dell'Osservatore che sentiva il cuore battergli nell'orecchio.

« Hai ragione, ma come possiamo trovarli? Il villaggio è piccolo ma non sappiamo dove possano essersi nascosti. E come vedi non ci sono tracce. Sono letteralmente spariti... » disse Neferi alzando le braccia e indicando intorno a sé, Astrid non poté contrastare le parole del ragazzo.

« La chiamano “Sparizione di cenere”: ho letto qualcosa al riguardo nella biblioteca, pare che alcuni Piromani siano in grado di utilizzare il fuoco per... scomparire e apparire in un punto differente. Se quanto scritto è vero, l'area di ricerca può non può essere così vasta come pensiamo. Sicuramente il loro rifugio è fuori città... » disse Astrid in risposta, era convinto della cosa ma sapeva bene che poteva non essere così semplice. Non aveva mai assistito alla “Sparizione di cenere” e non aveva modo di provare che fosse vero, era l'unica cosa che avrebbe spiegato la loro scomparsa nel nulla senza lasciare tracce.

« Cosa facciamo quindi? Ci saranno una decina di fattorie o buoni rifugi all'esterno del villaggio, non abbiamo il tempo di guardarle tutte, potrebbero fare loro del male anche adesso... » chiese Neferi, ancora una volta Astrid si trovò a pensare ad una risposta da dare senza averne una buona.

« Se li hanno presi vivi forse stanno aspettando un'occasione. Questo ci dà del tempo, poco ma sufficiente. Troviamo una sistemazione nel frattempo, io chiederò in giro riguardo i movimenti all'esterno del villaggio, magari qualcuno ha visto qualcosa di interessante. » disse l'altro.

Ongor e Neferi si allontanarono dalla scena del combattimento lasciando Astrid da solo, il ragazzo non aveva idea di cosa fare ma sapeva che chiedendo in giro dei Piromani avrebbe attirato l'attenzione su di se ed era proprio quello che voleva.

Il bordello era il luogo peggiore dove fermarsi per la notte, nel villaggio non c'erano altre sistemazioni comode e Astrid aveva intenzione di lasciare i propri compagni tranquilli mentre lui avrebbe continuato la ricerca da solo.

Chiese a chiunque trovasse in giro ma le risposte che ottenne non gli furono utili proprio come immaginava, d'altronde il suo piano era un altro e magari chiedendo in giro sarebbe riuscito ad attirare l'ira di uno dei Piromani ancora in giro.

Astrid restò tutta la notte fuori dal bordello e in giro per la strade cercando qualcuno a cui chiedere, bussò alle porte che gli vennero sbattute in faccia quando videro che era un Osservatore dell'Abisso, chiese a tanti altri che ovviamente lo guardarono impauriti: perché nonostante tutto quello che gli Osservatori facevano per Endymion assicurandosi che i Cavalieri Neri restassero confinati nell'Abisso, c'erano persone che credevano che in qualche modo gli Osservatori fossero a loro volta delle ombre oscure e così impedivano il laceramento del Varco.

« Sembri non aver riscosso molto successo nella tua ricerca. » disse improvvisamente una voce non lontana da Astrid, il ragazzo si voltò verso il vicolo dal quale era arrivata la voce pronto per combattere e trovò una figura vestita di nero con cappuccio.

« Chi sei tu? » chiese il giovane tenendo la propria mano sull'elsa della spada, aveva già ucciso in precedenza anche se li poteva ben contare sulle dita delle mani.

« Solo qualcuno che ti ha seguito, qualcuno che ha sentito i tuoi sussurri e le tue parole, qualcuno che come te è interessato ai Piromani della luce e alle loro mosse qui. » disse ancora la figura, avvicinandosi di pochi passi al giovane Osservatore.

« Da quanto mi stai seguendo? » chiese ancora Astrid, avvertì un brivido lungo la schiena, non osava sperare che il suo piano avesse avuto successo e fosse stato trovato da un Piromane.

« Dal vostro arrivo in città. La notizia dell'arrivo imminente di alcuni Osservatori dell'Abisso è circolata in fretta, come te anch'io voglio giustizia per qualcosa che mi è stato portato via. » disse la figura, Astrid abbassò la guardia continuando ad avere la mano stretta intorno all'impugnatura della spada. « So dove sono nascosti i Piromani, ti ci posso portare, ma dovrai aiutarmi a fare giustizia. Ho perso troppo per causa loro. »

« Come fai a sapere dove si trova il loro nascondiglio? Non credo che i maghi abbiano appeso delle mappe in giro per il villaggio. » chiese ancora una volta l'altro, se davvero la figura era uno dei Piromani, doveva fare finta di essere diffidente.

« Non sono un guerriero, sono solo un uomo che non sa difendersi. Ho studiato a lungo i loro movimenti e sono riuscito a trovarli. Se vuoi salvare i tuoi amici allora dovrai fidarti di me. » disse infine l'uomo.

Astrid si morse la lingua con forza per evitare di rispondere, allentò la prese sulla spada e si mise in posizione composta nonostante i suoi muscoli gli dicessero di non farlo vista la tensione nell'aria. « Va bene, ti seguo. Andiamo ora. »

La figura scosse il viso negativamente. « Hai bisogno di riposare o non potrai sconfiggere i Piromani. Soprattutto non potrai sconfiggerli da solo, ci sono altri Osservatori che possono aiutarti? » chiese sapendo benissimo della presenza di Ongor e Neferi in città. Astrid scosse il viso mentendogli.

« No, gli altri due stanno setacciando l'esterno del villaggio. Io valgo almeno tre Osservatori, se ci introdurremo di soppiatto, allora non avrò problemi. » rispose Astrid, la figura lo guardò stranito senza rivelare il proprio volto, poi sembrò soddisfatto e annuì. « Quando ci incontreremo? »

« Domani al tramonto vediamoci all'ingresso del villaggio. Ti porterò al loro nascondiglio. » disse la figura indietreggiando nelle ombre alle sue spalle, Astrid fece un mezzo sorriso tra sé e sé, non aveva alcuna intenzione di andare da solo e forse era davvero riuscito nel suo semplice piano di fingersi un'esca.

Era una missione suicida, affidarsi a quella figura era pericoloso, ma Astrid aveva già ben in mente un piano che non gli avrebbe fatto correre rischi, tornò di corsa da Ongor e Neferi e gli raccontò dell'incontro, tutti e due concordarono con il fatto che la figura fosse sicuramente uno dei Piromani.

« Potrebbe essere uno di loro. Forse ha cercato di tenderti una trappola per eliminarti. Non la vedo però una cosa saggia andare da solo a meno che non ti ecciti fare l'esca. » disse Neferi che per tutto il tempo era rimasto in silenzio ascoltando Astrid raccontare l'incontro. « Io e Ongor dobbiamo mantenerci ad una distanza troppo grande per non farci scoprire... »

« Non capisci, è proprio questo che voglio: non devono pensare che ci siano altri con me. So bene che è rischioso, per questo voi interverrete solo se proverà a farmi del male. Se tutto va come previsto, avremo la strada spianata verso i nostri amici. » disse Astrid sicuro di sé, sarebbe stato al gioco dei Piromani e una volta arrivato al loro covo avrebbe ricevuto il supporto di Ongor e Neferi che vegliavano su di lui a distanza.

« Io ci sto, gli faremo il culo a quei bastardi e ci riprenderemo i nostri amici! » disse Ongor sbattendo un pugno sul tavolo della stanza, Astrid osservò fuori dalla finestra cercando con lo sguardo la fattoria in questione ma senza poterla vedere viste le fitte ombre delle notte che erano calate sul villaggio.

Caius non temere, sto venendo a prenderti.” pensò tra sé e sé carico di grinta, andò a dormire nonostante non avesse sonno.

L'indomani Astrid si fece trovare ad una decina di metri di distanza dall'entrata del villaggio poco distante dal bordello; aspettò a lungo che la figura si rivelasse, passò almeno un'ora e la sera aveva quasi del tutto inghiottito il villaggio finché Astrid non stancò di aspettare e decise di tornare indietro nel villaggio.

« Che possa aver capito qualcosa? » chiese a se stesso parlando con dei sussurri, si strinse nel mantello di pelle d'orso e guardò lo steccato intorno al villaggio e le prime case cominciare ad accendersi con le candele mentre il cielo si trapuntava di stelle.

Improvvisamente Astrid si trovò accerchiato dalle fiamme, il fuoco comparve come per magia alzandosi dal terreno e chiudendolo in un perfetto cerchio di fiamme, estrasse la spada senza rifletterci due volte e guardandosi intorno nel tentativo di localizzare i Piromani ma non vide nessuno.

« Pensavi che fossi davvero così stupido? Pensavi di avermi imbrogliato? I tuoi occhi recano scritti la tua vera volontà, Osservatore. » disse una voce oltre il fuoco, Astrid si voltò nuovamente cercando di capire da dove arrivasse, di una cosa era sicuro: aveva riconosciuto la voce della figura in nero che lo aveva interrogato la sera precedente.

« Esci fuori allo scoperto e combatti, piuttosto che parlare attraverso le fiamme! » urlò Astrid pieno di rabbia, si voltò ancora una volta osservando le fiamme avvicinarsi, non aveva scampo se non quello di saltare oltre il cerchio di fuoco.

La risposta fu una risata che udì da più punti oltre le fiamme, probabilmente non c'era un solo mago, erano almeno tre. Astrid agì per istinto: non aspettò che fossero le fiamme a bruciarlo quindi senza pensarci due volte si tolse il mantello d'orso lasciandolo a terra e correndo contro le fiamme che gli si paravano davanti spiccando poi un salto dentro di esse. Si coprì il viso con la spada e le braccia sperando di uscirne illeso; fece una capriola ritrovandosi poi in piedi oltre il cerchio di fuoco e come aveva previsto c'erano ben tre figure con lunghe tuniche nere.

Astrid fece per combattere alzando la spada davanti a sé per combattere i tre maghi quando nuovamente venne accerchiato dalla magia, questa però non era fuoco, una polvere nera lo ricoprì interamente bloccandone i movimenti mentre sentiva le preghiere magiche dei tre Piromani, l'ultima cosa che vide fu il riflesso della luna e poi l'oscurità creata dalla polvere nera e la sensazione di svanire nel nulla diventando cenere a sua volta.

Quando l'Osservatore riaprì gli occhi vide che non era più all'esterno del villaggio, era in una stanza debolmente illuminata e molto piccola priva di qualunque mobile, c'era solo un letto completamente distrutto e un candelabro con alcune candele accese in un angolo; una piccola finestra dal quale entrava la debole luce lunare e una porta di ferro.

« Mi sa che il mio piano mi si è ritorto contro... » disse Astrid sentendosi i polsi bloccati dalle catene di freddo ferro.

All'esterno della cella non c'erano altri suoni, eppure il ragazzo era convinto che i suoi amici fossero là insieme a lui, cercò di alzarsi scoprendo che i suoi piedi erano liberi, si mise in piedi e si avvicinò alla porta di ferro dal quale non poteva vedere nulla. Non aveva senso chiamare i suoi amici urlando, avrebbe solo rischiato di far venire qualcuno dei maghi e questo non gli sarebbe stato d'aiuto, non aveva armi con sé visto che era prigioniero.

« Devo pensare a qualcosa... » disse cercando di trovare una soluzione, l'unica arma che avevano era il candelabro, avrebbe potuto usarlo come una sorta di lancia ma con le mani legate sarebbe stato difficile. Astrid si rese conto di essere inerme.

Rimase senza far nulla per oltre un'ora semplicemente guardando la finestra che mostrava il cielo scuro finché non sentì altre porte aprirsi e il mugugno confuso di qualcuno, dentro di sé il ragazzo temeva che stessero facendo del male ai suoi amici.

Scattò in piedi cominciando a battere con le catene sulla porta di ferro urlando insulti a chiunque ci fosse dall'altro lato, sentì poi dei forti rumori e il tonfo di un corpo che cadeva a terra seguito dal silenzio. Astrid rimase senza fiato pensando che avessero ucciso i suoi amici, sentì la toppa della porta girare e subito dopo si aprì rivelando due ragazzi con l'armatura degli Osservatori.

« Astrid? Che ci fai qui? » chiese Agis tenendo la chiave sospesa a mezz'aria, il ragazzo si scambiò uno sguardo confuso con l'amico prima dell'ingresso di Caius in cella.

Il ragazzo dai capelli castani corse contro il proprio amante allargando le braccia a stringendolo a sé. « Temevo che fossi morto, dovevo salvarti... » disse Astrid con un sussurro, in quel momento non importava che Agis li stesse guardando, voleva solo abbracciare la cosa al quale teneva più al mondo.

« Ci abbiamo pensato da soli. Hai troppa poca fiducia nei tuoi amici, Astrid. » disse Caius con sarcasmo prima di tornare nuovamente serio. « Mi hanno fatto male ma ho subito di peggio... » continuò sciogliendo l'abbraccio e alzando la manica di pelle nera della propria armatura rivelando una scritta impressa con un tizzone: “Flagello”. Astrid rimase senza parole mentre Agis lo liberò dalle catene permettendogli di muovere nuovamente i polsi.

« Io... sarei dovuto restare con te. » disse Astrid senza sapere esattamente cosa dire al riguardo, il cuore gli si strinse diventando minuscolo alla vista di quell'incisione che sarebbe rimasta per sempre sulla pelle di Caius, e lui non avrebbe mai dimenticato la vista della pelle rossa e bruciata e la puzza che emanava.

« Non sarebbe cambiato nulla, cercavano me e te. Sapevano cosa siamo... lo hanno visto in un fuoco hanno detto. » disse Caius accompagnando il ragazzo all'esterno della cella, proprio davanti a loro era steso uno dei maghi col collo spezzato, probabilmente a causa della forza di Caius quando era riuscito a liberarsi. « Non sono molto forti, credo sia un gruppo nuovo senza capo. Quando eravamo al villaggio ci hanno presi grazie alla magia, in uno scontro ravvicinato e in uno spazio così stretto non aveva possibilità... » disse spiegando quello che era successo al mago ai loro piedi, Astrid ne approfittò per guardarsi intorno.

Il corridoio delle celle era davvero molto stretto, a fatica ci passava una persona di stazza grossa, Ongor avrebbe dovuto mettersi di lato visto quanto era grosso. Gli altri del gruppo invece poterono passare tranquillamente pestando il fieno a terra.

« Hanno adibito questo posto come una specie di carcere quindi? » sussurrò Astrid mentre avanzavano alla ricerca delle loro armi, Caius annuì di sfuggita tenendo gli occhi fissi sull'angolo, era l'unica parte del corridoio illuminato.

« Questa parte è stata ricavata dalle camere per il bestiame, ma questa fattoria è molto vecchia e qualunque cosa tenessero qui non era molto grande visti gli spazi delle celle. L'area sopra di noi è divisa da tende per creare lo spazio delle camere, poi c'è un largo spiazzo davanti la porta principale che funge da ritrovo. Come se fosse una sorta di comunità o rifugio... » disse Agis rispondendo alla domanda dell'Osservatore con maggiori informazioni.

Svoltarono l'angolo arrivando alla scalinata che portava di sopra, Astrid riusciva già a sentire le voci degli altri Piromani, dovevano essere rimasti in quattro se il conto di Ongor non era sbagliato, ma il ragazzo non aveva mai avuto modo di saper contare quindi aveva timore che ce ne fossero di più.

« Quanti sono loro? Dove potrebbero tenere le nostre armi? » chiese ancora una volta Astrid, alla fine non era riuscito a nulla, aveva solo rischiato la sua vita cercando di trovare Caius, ma sperava di essere ancora utile nel far liberare i due amici.

« Non ho idea di dove siano le armi. Le hanno prese e portate via, ne ho contati altri sette ma uno l'abbiamo già fatto fuori, gli altri non possiamo affrontarli a mani nude. » rispose Caius e lì Astrid ebbe la risposta che voleva, Ongor si era sbagliato di poco in fine dei conti e questo pensiero lo fece sorridere.

Salendo i gradini cominciarono a vedere meglio grazie al fuoco che infuriava nelle torce e nei grandi bracieri in alto nel tetto a circa una decina di metri da terra; Astrid sentì qualcosa pizzicare il proprio olfatto, un odore acre che collegava al fastidioso puzzo di incenso e birra delle taverne dei villaggi.

Una risata echeggiò dall'altro lato della stanza, ma l'Osservatore rimase concentrato sulla ricerca delle armi e osservò ogni dettaglio intorno a sé come se avesse potuto dirgli dov'erano nascoste: grandi tendoni di tela bianca sporca erano sistemati in modo da dividere la grande stanza in camere più piccole proprio come aveva detto Caius. Al loro interno c'erano dei sacchi a pelo che fungevano da letti e piccole casse vuote utilizzate come comodini con candele o altri effetti personali; Astrid spiò all'interno di una stanza trovando un catino vicino al letto e una ciotola con del mangiare dentro e una forchetta e un coltello.

« Sono ben organizzati... » constatò Astrid ma Agis non era della stessa opinione e lo fece presente quando anche lui entrò nella stanza chiusa dalle tende.

« Vivono come accampati, non credo ci sia dell'organizzazione dietro tutto questo. Sono disperati. » disse con evidente serietà, era visibilmente arrabbiato per quello che gli avevano fatto, alla luce del fuoco Astrid vide che aveva parecchi lividi sul viso.

« Ti hanno menato di brutto eh? » chiese quello, Agis rispose con freddezza evidentemente offeso per com'erano andate la cose. Stavano per uscire nuovamente dalla stanza quando sentirono i passi di qualcuno avvicinarsi, non c'era nascondiglio che li avrebbe potuti proteggere però visto il gioco di ombre.

« Che facciamo adesso? » chiese Caius, Astrid non aveva una risposta alla domanda, l'unica cosa che poteva fare era però armarsi, prese quindi il coltello, si avvicinò all'ombra in costante avvicinamento e quando il mago girò l'angolo lo colpì alla spalla.

Il mago reagì con un urlo di dolore senza potersi liberare o muovere il braccio, Caius gli corse contro prendendolo alle spalle e mettendogli una mano sulla testa per poi spezzargli il collo con un rapido movimento.

Lasciò ricadere il corpo con delicatezza a terra ma ormai era troppo tardi: « I flagelli si sono liberati uccidiamoli e offriamoli in sacrificio al Fuoco divino! » urlò un mago poco distante da loro, aveva chiamato i rinforzi e ormai era troppo tardi per scappare, avrebbero dovuto combattere a mani nude.

Caius si lanciò addosso al mago che aveva già alzato le mani in aria per lanciare la propria magia di fuoco, l'incantesimo si materializzò circondando gli arti dell'uomo che vestiva una tunica nera, stava per lanciare l'incantesimo che però venne bloccato da Caius che stese il mago a terra e cominciò a dargli pugni in pieno viso fino a distruggergli completamente il volto.

« Cerca le armi, se non le trovi allora torna dagli altri al villaggio! » urlò Astrid all'altro Osservatore, quello annuì senza pensarci due volte e i due furono costretti a dividersi. Astrid riprese il coltello dalla spalla del mago col collo spezzato.

« Ne restano altri quattro, pensi che ce le possiamo fare? » chiese Caius tornando in piedi, Astrid gli si mise al fianco, non poté non notare che l'amico era ricoperto di sangue sulle mani e aveva i pugni violacei per la botte date.

« Penso che possiamo farcela, insieme. » gli rispose l'amico, Caius fece quindi un largo sorriso sentendo gli altri maghi arrivare, non si fecero trovare impreparati e corsero attraverso le tende arrivando a scontrarsi con altri due uomini con la tunica nera.

Entrambi gli Osservatori si lanciarono contro i due maghi scattando in avanti, tuttavia i due nemici avevano già cominciato a recitare il loro incantesimo per evocare le fiamme, le loro mani arsero sovrastate da un globo di fuoco che lanciarono contro i due Osservatori che furono costretti a scansarli entrando nelle tende che fungevano da camere da letto.

Astrid perse di vista Caius spostandosi attraverso le tende e sentendo uno dei maghi corrergli contro, sentiva decine di altri passi e capì che stava per essere circondato ma nonostante tutto si fece largo tra le tende arrivando a sbattere contro la parete di legno arrivando già alla fine del grande fienile.

Fu allora che il mago lo raggiunse, il globo di fuoco ancora nella mano, quello sorrise pensando di avere già la vittoria in pugno, lanciò il proprio incantesimo che Astrid fu agile ad evitare e nuovamente tornò alla carica infilzando il coltello nello stomaco del mago perforandogli la veste; il sangue cominciò a fuoriuscire mentre l'uomo cercava di liberarsi dell'Osservatore ma in vano, il giovane ragazzo colpì nuovamente il proprio nemico tagliandogli la gola e lasciandolo dissanguare mentre cadeva a terra.

Ritornò a correre tra le tende sentendo le urla di uno dei maghi che diceva di aver quasi raggiunto Caius, questo spinse Astrid a farsi strada col coltello per tagliare le tende arrivando nel grande spiazzò che gli era stato descritto come punto di ritrovo.

C'erano altre tende tutte intorno, camere da letto per i maghi di quel gruppo, vide che alla propria sinistra c'era una grande porta dal quale avrebbe potuto fuggire con i suoi amici. Astrid sentì aggiungersi alla fatica il senso di oppressione visto il fumo creato dalla magia dei maghi che stava riempiendo la struttura.

Avanzò di pochi passi verso il centro quando qualcosa lo colpì alle spalle, non ebbe la prontezza di girarsi ma sentì un dolore acuto alla propria nuca, talmente tanto forte da annebbiargli la vista e di farlo cadere in ginocchio.

« Se dobbiamo morire, allora ti porterò all'Inferno di fiamme che meriti, flagello. » gli venne urlato, il mago spinse Astrid a terra facendolo poi voltare verso l'alto e sedendosi sopra l'Osservatore in modo da bloccargli ogni movimento.

« Eravamo liberatori, purificatori che agivano con i fatti più che con le parole come la vostra religione, avete ucciso i miei amici. Subirai la punizione che meriti bruciando tra le fiamme della nostra magia purificatoria. » gli venne urlato contro dall'uomo con la toga nera, certo che fosse l'uomo che lo aveva adescato nel vicolo e che lo aveva catturato.

Astrid era in preda al dolore e nonostante cercasse di isolarlo si ritrovò privo della possibilità di difendersi dall'aggressore; il mago infatti evocò la propria magia di fuoco facendosi incendiare le mani e stringendole poi attorno al collo di Astrid per bruciarlo.

Il ragazzo in un primo momento urlò di dolore, come se la sua mente gli avesse mandato quell'impulso annullando il colpo che aveva ricevuto alle spalle, poi si rese conto che non sentiva nulla se non il piacevole calore delle fiamme come una carezza intorno a sé subito seguite dalle mani sporche del mago.

« Non è possibile... » disse il mago incredulo constatando quello di cui anche Astrid si stava accorgendo: le fiamme non lo stavano bruciando e non sentiva alcun dolore. « Tu sei il Prescelto di luce. » continuò il mago, ormai paralizzato dall'aver realizzato che il suo fuoco e la sua magia erano inutili.

« Astrid! » l'urlo di Caius risvegliò qualcosa nel giovane Osservatore che in preda alla furia riuscì a fare forza sulle proprie gambe così da ribaltare la situazione, prese nuovamente tra le mani il coltello che era finito poco distante da loro e lo conficcò in piena fronte del mago uccidendolo sul colpo.

Le fiamme si spensero non appena colui che le aveva evocate ricevette il colpo letale, facendo allentare la presa sulla stretta e infine morendo, lasciando ad Astrid la possibilità di rialzarsi e di accarezzarsi il collo per tastare la propria pelle.

« Per i nove Titani! Astrid... stai bene? » chiese Caius correndo contro il proprio amico e cercando di trovare i segni del fuoco, arrivò persino a spostare con prepotenza le mani di Astrid che era ancora sconvolto da quanto successo.

« Io... sto bene, credo. » disse il ragazzo senza riuscire a capire cosa fosse successo, il fuoco non lo aveva ferito, chiunque altro sarebbe morto o avrebbe avuto le pelle interamente bruciata.

« Non riesco a crederci, quel mago ha usato il fuoco e non hai neanche un piccolissimo segno di questo! » commentò Caius con meraviglia, Astrid eppure sentiva dentro di sé che non poteva essere una cosa positiva. I suoi occhi balzarono comunque alle loro spalle dove Agis correva con le loro spade tra le mani.

« Le ho finalmente trovate, scusate per l'attesa! » disse Agis col fiatone, prima che Astrid potesse rispondere lo fece Caius al suo posto, l'amico notò ovviamente che era completamente macchiato di sangue, molto più di prima e in più punti del viso era bruciato.

« Non sono necessarie, li abbiamo uccisi tutti. » rispose quello, per un breve istante Astrid si sentì sollevato, l'unica cosa che voleva fare era tornare alla Cattedrale marmorea con Caius anche se aveva un sacco di domande per la testa.

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Capitolo 13
*** 13. Dantos - La fitta rete ***


{Dantos}

13.

La fitta rete

 

Gli occhi di Dantos erano incollati alla schiena del Re, Drustan stava seduto tranquillamente nella propria camera; una stanza di tutto rispetto che era grande quanto l'intera casa che Dantos che aveva nei bassifondi di Altura Silente; c'era ogni genere di lusso immaginabile al suo interno: coperte pulite ogni giorno e una vista mozzafiato dell'intera città. In una giornata come quella il Re era solito mettersi nel giardino del castello e assaporare il sole, mancavano ancora due mesi all'inverno e il Re era indaffarato con alcuni contratti che avrebbero autorizzato l'investimento del denaro della corona nella ricerca e produzione del Respiro del drago.

Drustan era quindi obbligato a passare il pomeriggio nella propria stanza assicurandosi di firmare ogni postilla dei contratti, un lavoro che lo annoiava ma che grazie alla presenza di Dantos riusciva a passare senza problemi.

Tuttavia in quei due giorni il cavaliere era piuttosto silenzioso con il proprio protetto ed era a causa di quello che era successo nel corridoio della torre del consiglio: Dantos non smetteva di pensare alle insinuazioni della Regina riguardo loro due, inoltre il pensiero di avere una data di scadenza per portare a termine il contratto gli aveva in qualche modo dato fastidio.

Era una cosa normale, pensava il cavaliere. Sapeva bene che sarebbe giunto il momento, gli era stato detto che gli sarebbe stato indicato il momento più opportuno e questo era prima dell'inverno. Ma Dantos sapeva che non si era ancora l'occasione giusta per poter procedere con l'assassinio del Re e si chiedeva quale sarebbe stata, dentro di sé ne aveva paura.

< Sei molto silenzioso, Maxwell. Se non avessi avuto modo di conoscerti in questi giorni non potrei dire che c'è qualcosa che ti turba. > disse Re Drustan senza distogliere lo sguardo dai documenti che aveva sotto la propria penna di corvo.

Il cavaliere si sentì chiaramente sotto scacco. < Mi conoscete solamente da dieci giorni, mio Re. Eppure vi vantare di conoscermi, vi affidate ai miei consigli... riflettevo su questo. > disse in totale sincerità, Dantos non era mai stato un tipo da tenersi quello che pensava dentro di sé, se ne rimase al proprio posto osservando il movimento lento del Re.

Drustan si girò con la schiena ignorando i documenti. I suoi occhi verdi paludosi sembravano essersi incupiti ancora di più se possibile. < Non ho motivo di dubitare della fiducia che ho riposto in te, Sir Maxwell. Non capisco bene le persone, però sento in qualche modo di capire te... > rispose il Re sostenendo lo sguardo del cavaliere, c'era qualcosa di strano in quelle parole e visto che Dantos si era spinto a quel punto tanto valeva continuare.

< Vi fidate più del mio consiglio che di quello della Regina vostra moglie. C'è chi potrebbe non vedere di buon occhio questa cosa. Dovresti dimostrarvi più impetuoso nei vostri giudizi e nelle vostre decisioni, > disse Dantos facendo una breve pausa. < mi fa molto piacere sapere che il mio parere conta per voi, ma qualcuno la prenderebbe come una debolezza o peggio. >

Drustan ascoltò in silenzio le parole del proprio cavaliere, quando quello ebbe terminato si alzò dalla propria sedia e Dantos credette che gli avrebbe urlato contro. Ma il Re si dimostrò contenuto e ben lieto di spiegare la situazione: < Mi fido molto di te e del tuo giudizio, è vero. Più di quello di mia moglie, questo perché non ho ancora capito qual è l'obbiettivo della Reggente Madre e suo marito; Lady Saisyll e Lord Maedoc hanno le idee chiare sul ruolo che vogliono avere in questa corte e la loro figlia è la Regina di Endymion, questo dà influenza... e l'influenza è potere. > disse lentamente il Re spiegando le proprie intenzioni a Dantos, il cavaliere annuì avendo capito.

< Ti stupisci del fatto che il tuo parere conti più di quello di mia moglie, per me è una cosa normale: tu mi hai giurato fedeltà, hai promesso di proteggermi. Tu sei il mio scudo, la mia vita è nelle tue mani, dimmi Sir Maxwell: stando a questi presupposti, di chi pensi mi debba fidare in questo momento? Di una ragazza i cui genitori tramano per il potere o di colui che mi protegge? > chiese Drustan alla fine del ragionamento. Dantos ascoltò le sue parole rimanendo affascinato dal tono convincente che aveva.

< Credo che abbiate ragione... > disse Dantos in risposta al sovrano, gli bastò un secondo per pensarci, poi però si ricordò che prima della fine di quei due mesi avrebbe dovuto uccidere il suo sovrano, Drustan sarebbe stato ucciso dalla persona del quale si fidava più di tutti.

Il cavaliere sentì una morsa allo stomaco subito seguita dai sensi di colpa: come avrebbe fatto ad uccidere una persona che si fidava ciecamente di lui? E soprattutto, come avrebbe fatto ad uccidere Drustan che agli occhi di tutti era il sovrano buono?

< So bene come gira il mondo, sono nato fuori da Altura Silente mentre la guerra infuriava contro gli elfi. Mia madre è morta per proteggermi perché i Dunnstone si erano schierati contro tutti noi e avevano invaso il nostro campo; sarei morto anch'io quella notte se il cavaliere di mio padre non mi avesse protetto. > il tono che Drustan assunse era più grave e nonostante Dantos fosse di sette anni più grande di lui si sentiva rimproverato.

< Non avevo idea che vostra madre fosse morta in questo modo, mi dispiace, mio Re. > disse il cavaliere, il Re annuì abbassando lo sguardo, i suoi occhi verdi erano lucidi ma per questo non piangeva. < Mia madre è morta dandomi alla luce, non ho mai potuto vederla, non la ricordo neanche... ma mio padre mi diceva che era bellissima. > continuò Dantos.

Il Re gli si avvicinò velocemente ritrovandosi quasi faccia a faccia col proprio cavaliere, Drustan però era molto più basso di Dantos e gli arrivava al petto. < Voglio che tu mi dica quello che pensi, quando credi che io stia agendo in maniera sbagliata o quanto pensi che stia commendo un errore. Non ho bisogno di servitori, ne ho fin troppi: ho bisogno di qualcuno che sia sincero con me, ho bisogno di un amico a corte! >

Dantos reagì in maniera confusa alla richiesta del Re, non aveva mai pensato di vedere il sovrano di Endymion come un amico, e non avrebbe mai potuto visto che il pensiero di doverlo uccidere lo tormentava come una piaga. < Va bene, mio Re. > disse in risposta al sovrano, quello gli si allontanò di alcuni metri tornando quindi al proprio leggio e riprendendo i propri dovere.

< La Regina mi ha detto che avete problemi a letto... > buttò fuori Dantos, ancora una volta il sovrano smise di scrivere; il cavaliere non aveva nulla da perdere, era il protettore di Drustan non della Regina quindi poco gli importava di tradire la parola di lei, gli interessava conquistare e meritare la fiducia del Re.

< Cosa ti ha detto? >

< Mi ha fatto ben intendere che avete problemi. Non è entrata nel dettaglio ma la Regina è preoccupata che possa... non essere di vostro gradimento. > disse ancora Dantos, Drustan si voltò quindi di scatto senza riuscire a capire davvero quello che il cavaliere voleva realmente dire.

< Che intendi? Nynniew è bellissima, certo non ha il fascino tipico delle donne del sud ma ciò non toglie che sia la più bella ragazza che io abbia mai visto. > rispose innocentemente il Re.

< La Regina crede che possiate non gradire la sua compagnia, e credeva che forse gradivate di più... la mia. > disse il cavaliere con grande difficoltà, non conosceva così tanto bene Drustan e non lo aveva mai sentito parlare di relazioni tra persone dello stesso sesso. Certi uni lo avrebbero preso come un insulto, altri avrebbero creduto che fosse una cosa priva di importanza.

Drustan scoppiò a ridere, il cavaliere non capì il perché di quella reazione del Re ma era davvero sincero e divertito dalla piega che la discussione aveva preso. < Non mi piacciono gli uomini, Sir Maxwell. Quindi non preoccuparti neanche per un solo istante che voglia minare la tua virilità solo perché sei il mio cavaliere! > disse continuando a ridere, Dantos aspettò qualche secondo trovando davvero rilassante il modo in cui il sovrano aveva reagito a quell'accusa.

Quando il ragazzo tornò serio il suo sguardo si perse nel vuoto, alzò gli occhi verso il proprio cavaliere guardandolo con un sorriso laterale. < Pare che a causa di una menomazione io abbia problemi ad eccitarmi. Questo potrebbe anche influire sulla mia capacità di generare un figlio. Potrei non riuscire mai a dare un erede ad Altura Silente e la Casa Grimalder rischia la sua fine con me. >

Dantos ascoltò la confessione del sovrano restando senza parole e non sapendo cosa dire. < Non ne avevo idea, mio Re. Perdonatemi se vi ho costretto a questa rivelazione. >

Ma il sovrano scosse il viso continuando a guardare il cavaliere con tranquillità. < Non preoccuparti, non mi offendo mica. Purtroppo è la realtà dei fatti, per questo ho grandi difficoltà a “farmi venire l'uccello duro”, come direbbero nei bassifondi! > disse volgarmente il sovrano, in quel momento Dantos vide la parte più umana e giovane di Drustan che scoprì piacergli.

< Suppongo che i Lucarhis non sappiano di questo? Altrimenti non avrebbero mai combinato il matrimonio. > realizzò infine Dantos e per l'ennesima volta, il Re annuì solennemente.

< Non avremmo potuto dirglielo. Gli unici a saperlo siamo io, mio padre, il medico del castello e adesso tu. E ti prego di non rivelare a nessuno questo segreto, anche se sono convinto di poter contare ciecamente sulla tua discrezione. > disse Drustan parlando serenamente, Dantos annuì più volte e con convinzione.

< Porterò questo segreto nella tomba, mio Re. > disse infine il cavaliere lasciando spazio a delle certezze e dissolvendo ogni dubbio che lo affliggeva prima di quella discussione.

Qualche giorno dopo, Dantos si trovò nuovamente insieme al proprio Re ad uscire dalla torre del consiglio dopo l'ennesima riunione; stavolta evitò come la peste di restare indietro con la Regina che in quei giorni era più strana che mai, quasi come se sperasse di cogliere in flagrante Dantos e Drustan in un angolo del castello ad amoreggiare. Il cavaliere tuttavia aveva cominciato a dubitare che tanta cattiveria e ossessione venissero dal profondo del suo cuore e aveva più volte vagliato la possibilità che dietro Nynniew e le sue convinzioni ci fosse qualcun altro.

Lady Saisyll...” penso tra sé e sé quando stava per tornare nella sala da pranzo passando ancora una volta attraverso i corridoi che conducevano alla torre di guardia.

Non si rese conto che Karpos Painer gli stava venendo contro, l'Alto-comandante era distratto da un documento che stava leggendo quindi i due non poterono fare altro che scontrarsi, la guardia osservò con disprezzo Dantos mostrandogli i denti aguzzi come un cane che ringhia contro un estraneo.

< Fai attenzione quando cammini, feccia. > disse quello con un sibilo, non era la prima volta che si incrociavano e ogni volta Dantos si chiedeva come fosse possibile che Karpos o la Reggente madre non lo avessero ancora denunciato.

< Andiamo amico, siamo colleghi di lavoro adesso, abbassa la cresta o non farai bella figura con i nostri amici a corte. > disse sarcasticamente Dantos girando intorno all'Alto-comandante e pestando volontariamente il mantello che cadeva dalle spalle dell'uomo, quello lo scostò infastidito.

< Attento a te, inutile poveraccio! Non so ancora perché Lady Saisyll non ti abbia fatto giustiziare, sa benissimo che non sei un cavaliere e che sei solo un povero morto di fame. > gli urlò contro l'Alto-comandante. Dantos quindi fece un versetto come se lo avesse appena scottato col ferro bollente.

< Accidenti, questa brucia parecchio. Mi chiedo perché a guardia del Re non abbiano messo un bestione con la merda di cane nel cervello come sei tu piuttosto che un poveraccio proveniente dal vicolo. > disse l'altro in risposta, era intenzione di Dantos sfidare l'Alto-comandante e obbligarlo quasi a farsi picchiare, lo trovava divertente proprio come quando era in giro per la città, era il suo unico passatempo a corte.

Tuttavia Karpos non era uno stupido e non avrebbe mai sottovalutato un avversario, per quanto fosse vero che non brillasse in arguzia, l'Alto-comandante era un combattente molto saggio e sceglieva con attenzione il momento per iniziare un conflitto. Non avrebbe MAI attaccato Dantos all'interno delle mura.

< Ritornerai nella fogna dal quale vieni, presto la tua inutile vita tornerà quella di sempre. Sempre che io non ti abbia già spaccato il cranio con le mie mani! > disse l'Alto-comandante guardando con disprezzo il proprio avversario, distolse lo sguardo e continuò a parlare. < Stamattina abbia sedato un'altra rivolta. Le puttane della città hanno cominciato persino a combattere dichiarando i loro diritti e aizzano il popolo che muore di fame. L'autunno è vicino e quanto tra due mesi sarà inverno allora resterà ben poco per cui combattere. Moriranno di fame o freddo e le rivolte verranno sedate. > disse con tono crudele Karpos Painer. Dantos immaginò che la situazione in città era peggio di quella che credeva.

< Perché mi stai dicendo questo? > chiese infine.

< Per ricordarti che voi topi di fogna, fate sempre la fine che meritate e che l'inverno rigido vi ammazza tutti! Così come loro torneranno a mendicare nei vicoli sudici, anche tu farai la stessa fine. > disse l'Alto-comandante, Dantos si sentì piuttosto confuso come se gli fosse venuta improvvisamente la febbre.

Non gli piaceva il modo in cui l'Alto-comandante si era congedato lasciandolo senza parole, era infuriato quindi avanzò a passo svelto lungo il corridoio finestrato che si affacciava sulla baia fino ad arrivare alla porta della sala del trono.

Al suo interno non doveva esserci nessuno vista l'ora di pranzo, ma quando Dantos entrò vide tre figure in piedi al centro della sala; la prima era la Regina Nynniew che stava al fianco della madre senza dire una parola, Lady Saisyll si era appena ammutolita osservando Dantos entrare. L'altra figura invece era il Maestro di spie, Ollyson Gatling si voltò verso il nuovo arrivato nella sala del trono e fece un mezzo inchino.

< Credo che io abbia finito, mia signora. Avete un altro ospite da ricevere. > disse Ollyson parlando con la Reggente madre, la donna dai capelli di platino fece un leggero inchino e fece allontanare anche la figlia che si spostò insieme al Maestro di spie.

L'intera scena destò a Dantos tanti sospetti, era insolito trovare quei tre da soli e solitamente Lady Saisyll non si intratteneva nella sala del trono quando questa era vuota. < Pare che resterò qui qualche altro giorno, mio marito invece tornerà a Cresta dei Titani da nostro figlio, abbiamo lasciato la città sotto la sua giurisdizione. Cingory Lucarhis guiderà Casa Lucarhis quando io e mio marito andremo nell'eden dei Titani. > disse Lady Saisyll come per iniziare un dialogo con il cavaliere, quello la guardò stranita restando immobile nel punto in cui si era fermato.

< Vostro figlio maggiore, il fratello di Nynniew. Ho notato la sua assenza in questi giorni. Sono lieto del fatto che voi resterete qui al castello; vi piace Altura Silente? > chiese Dantos cercando di reggere il gioco della donna, lei tuttavia sbuffò.

< Questa fogna? Ogni abitante di questa città meriterebbe una morte che metta fine alle sue sofferenze, ma il castello è di mio gradimento, sì. > disse Lady Saisyll avvicinandosi sempre di più al cavaliere che non staccò gli occhi di dosso alla bella donna.

Dantos rimase di sasso alle parole della Reggente madre tuttavia non si aspettava qualcosa di diverso dalla donna quindi rimase concentrato su quanto successo prima. < Strano, credevo che durante il pranzo la Regina dovesse rimanere al fianco del proprio marito. > disse quindi il cavaliere.

Lady Saisyll non si dimostrò titubante, fece un leggero sorriso che lasciò ammaliato Dantos che si sentì rapito dalla sua bellezza. < E io pensavo che solo i veri cavalieri potessero fare da guardia al Re, tu invece sei qui, con la tua aria da sempliciotto, col tuo fare da barbaro... > la donna cominciò a girare intorno al cavaliere che rimase immobile nel punto in cui era, la donna gli finì alle spalle e il cavaliere rimase teso come se lo avesse potuto colpire da un momento all'altro con una coltellata.

< Siete così sicura di voi, mi chiedo perché non abbiate esposto i vostri dubbi a qualcun altro. Sono passati giorni dalla mia presentazione al Re. Eppure sembrate essere consapevole di tutto. > notò Dantos analizzando la sicurezza della donna e prendendone confidenza, la lady si limitò a ridere.

< Sì, è vero. Sono molto sicura di me ed ho il pieno controllo di quello che sta succedendo. Il castello di Altura Silente è come un grande labirinto di porte chiuse, io ho l'intero mazzo di chiavi. > disse Saisyll in risposta, la cosa stranì Dantos a tal punto da chiedersi cosa ci fosse dietro quel sorriso.

Allora capì che le parole di Drustan riguardo i Lucarhis erano più che fondate, non c'era da fidarsi. < Siete stata voi a mettere in testa alla Regina strane idee sul Re, non è vero? > disse Dantos accusando la donna, quella reagì con evidente sorpresa, una razione che il cavaliere era certo che fosse falsa.

< Non so di cosa stai parlando, ma ti consiglio di frenare la lingua, stai parlando con la Reggente madre, e discutere sulla volontà di mia figlia che stando alle tue parole è debole, non mi sembra una grande mossa astuta. > disse la lady, senza accorgersene Dantos aveva notato che la donna si era avvicinata a lui sempre di più e adesso stavano a pochi centimetri di distanza.

< Potete fingere quanto volete, ma come dite voi avete l'intero mazzo di chiavi del labirinto. Ne avete il pieno controllo... questo include anche vostra figlia! > disse ancora una volta Dantos accusando la donna, non si era neanche reso conto di parlare a bassa voce, non c'era bisogno di urlare.

Lady Saisyll era ancora più bella vista da vicino, l'argento dei suoi capelli le ricadeva sulla veste che indossava scivolando proprio nell'insenatura del suo vestito verde smeraldo, i suoi occhi azzurri riuscivano a rapire il cavaliere come nessun'altra. Neanche Rosa aveva mai avuto un effetto così afrodisiaco su di lui.

< Questo significa anche che ho il controllo su di te, e tutto ciò che il Re decide, in qualche modo è stato deciso da altri. > disse Lady Saisyll esponendosi solo in parte, Dantos non poté non riconoscere la vera influenza della Reggente madre, come aveva detto anche Drustan, l'influenza è potere.

< Vi sbagliate, io eseguo solo gli ordini del mio Re. > disse Dantos senza indietreggiare davanti alla superbia della donna, quella continuò a ridere mostrando una brillante dentatura; poi si avvicinò lentamente all'orecchio del cavaliere.

< Tu credi di eseguire i suoi ordini, ma ti sbagli... > il tono che era stato usato era sensuale, provocatorio e sentire le labbra della donna a così pochi millimetri dalla sua pelle gli fece venire i brividi lungo la schiena e persino tra le gambe.

< Che intendete dire? > chiese Dantos in preda a quella confusione derivata dagli ormoni, spostò il viso verso la donna ritrovandosi quasi attaccato alle sue labbra. Fortunatamente per il cavaliere, l'armatura era rigida e nessuno si sarebbe potuto accorgere della sempre più incalzante eccitazione.

< Nulla di importante... > disse infine la donna separandosi dal cavaliere che rimase con la gola secca all'improvvisa mancanza del fiato della donna. < Mio marito partirà nel pomeriggio. Avrei il piacere di riceverti nella mia stanza, stanotte. >

Lady Saisyll se ne andò via dalla sala del trono lasciando Dantos senza parole e senza la possibilità di pensare ad altro che non fosse il corpo della donna che aveva scatenato quell'irresistibile follia animale in lui. Tuttavia si dovette mordere le labbra al pensiero, realizzando che in qualche modo sarebbe stato una trappola, non sarebbe caduto nel gioco della Reggente.

Poco dopo fu raggiunto da Drustan stesso che aveva cominciato a cercarlo, Dantos era appena uscito dalla sala del trono e si era incamminato verso la sala da pranzo ritrovandosi il proprio protetto davanti. Fu allora che realizzò cosa stesse facendo la Reggente madre e il pericolo al quale era esposto.

Se Drustan fosse arrivato prima o avessi tardato ancora di più con quella donna probabilmente mi avrebbe scoperto. Che avrebbe potuto pensare allora?” pensò tra sé e sé mentre camminava al fianco del proprio Re.

< Ti vedo silenzioso, è successo qualcosa? > chiese il Re con tono gentile e innocente, allora Dantos fu costretto a mentirgli, non gli avrebbe potuto riferire quello che la donna gli aveva detto o avrebbe pensato che stessero tramando qualcosa insieme.

D'altronde io perché sono qui? Devo uccidere Drustan in fin dei conti. Quindi perché dovrei preoccuparmi se qualcuno gli trama alle spalle?” disse ancora nella propria mente, il suo compito era quello e non avrebbe potuto sottrarsi, dall'altro lato però il pensiero che qualcuno potesse fare qualcosa contro il suo Re gli faceva rivoltare lo stomaco per la rabbia.

< Più tardi dovrò incontrare un emissario dell'Inquisizione. Non sono per niente tranquillo, quei tipi mi hanno sempre fatto paura da piccolo. Nonostante ci fosse la pace, lo ricordo come se fosse ieri. > disse Drustan quando ebbe terminato di studiare, erano quasi le cinque del pomeriggio e si erano attardati di più nella biblioteca, al nome però di quella società Dantos non sapeva come rispondere non conoscendola.

< Davvero? Non credevo che aveste delle paure, mio Re. > disse Dantos mantenendosi su una risposta neutrale mentre il giovane sovrano stava raccogliendo le proprie pergamene.

Drustan fece un mezzo sorriso. < L'Inquisizione fa paura a tutti. Circolavano nella capitale a gruppi come dei vigilanti, si tratta dell'esercito della chiesa. Sapevi che al nord esiste un grande monastero nel quale creano e allenano il loro esercito? >

Dantos scosse il viso negativamente. < Non ne avevo idea. Ora che mi ci fate pensare ricordo che anche a Porto del Sole ne ho visto un gruppo... > disse, in realtà lui non era mai stato in quel villaggio, ma nel posto in cui era nato, Brezza Meridione, aveva avuto la possibilità di vederli più volte.

I cavalieri dell'Inquisizione indossavano delle corazze argentate o bianche nel più dei casi e camminavano in gruppi pari, almeno da quello che aveva potuto vedere Dantos; i cavalieri giravano sempre in squadre composte da due uomini a piedi e due sul cavallo, uno dei due poi portava lo stendardo con il simbolo degli Dei Titani: il “leone ruggente”, la costellazione dell'eden.

< Sono loro che hanno dominato negli anni subito successivi alla sconfitta dell'Imperatore Eremita, all'epoca avevo tre anni ma mio padre mi disse che per tre anni hanno tenuto Altura Silente sotto la loro morsa. Il Supremo Sacerdote aveva persino avanzato la richiesta di dominare con la Corona Splendente. >

< Ma immagino che le cose siano andate diversamente, vostro padre riuscì a stabilire nuovamente il controllo dei Grimalder su Altura Silente combinando il matrimonio con i Lucarhis. > disse il cavaliere e a quelle parole il Re annuì.

< Era la cosa migliore da fare anche se non sono sicuro sia stata la scelta più giusta. I Lucarhis hanno una forte economia ed anche grazie a loro che abbiamo sedato le più grandi rivolte, per esempio Casa Dunnstone che si era schierata con gli elfi, le sono stati sottratti un'infinità di territori e il loro regno è stato quasi del tutto inglobato da quello di Casa Sigmurd. Inoltre è grazie ai Lucarhis che abbia stretto una forte alleanza con Casa Arni delle Valli Nebbiose, Lady Saisyll appartiene alla loro casata. > spiegò velocemente il sovrano mentre si dirigevano nuovamente verso la sala del trono, l'udienza sarebbe iniziata non prima delle sei ma era meglio che il sovrano fosse già lì prima del tempo.

< Quindi Lady Saisyll Arni? Non so perché ma davo per scontato che si trattasse anche lei di una Lucarhis... > disse Dantos con tono serio pensando alla donna, ne aveva raramente sentito parlare: Casa Arni, la casa dei capelli di platino, ma non aveva davvero pensato che la donna vi potesse appartenere.

Fu così che Drustan scoppiò a ridere. < L'incesto ormai è condannato dalla chiesa e dal credo degli Dei Titani così come l'essere un “flagello”. Anche per questo motivo la religione e Casa Grimalder non sono mai andate d'accordo, e credo sia anche per questo che non ho potuto sposare mia cugina del nord. > disse il ragazzo tornando serio, Dantos ovviamente notò il cambiamento dell'espressione quando parlò di quei due tabù e in qualche modo il cavaliere si convince del fatto che Drustan avrebbe cambiato e migliorato il continente.

< Non sapevi che quando una lady sposa un lord ne prende anche il cognome? > chiese ancora il Re ponendola come una domanda retorica, il suo sguardo e i suoi occhi si voltarono sul cavaliere che imbarazzato annuì.

< Sì, solo che... non credevo lei fosse nata Arni, tutto qui. > tagliò corto, seguì un'imbarazzante silenzio nel quale poté riflettere su quanto aveva rischiato, ogni cavaliere vero lo avrebbe saputo, ma lui era solo un mercenario venuto dai bassifondi. Quel mondo non sarebbe mai stato di sua appartenenza, nonostante lo volesse.

Quando l'udienza ebbe iniziò, Dantos e il Re erano già posizionati ai loro posti, Drustan indossava la Corona Splendente e se ne stava seduto composto sul trono più grande con le mani poggiate sui braccioli, Nynniew e sua madre arrivarono solo dopo che gli altri membri della nobiltà del castello entrarono nella sala del trono e una volta che tutto fu pronto venne fatto entrare anche l'emissario dell'Inquisizione.

< Fa il suo ingresso nella sala del trono, > cominciò il ciambellano leggendo ad alta voce un rotolo di pergamena davanti ai propri occhi che strizzò a fatica nel tentativo di leggere il nome. < Horge...? > si interrogò l'uomo addetto alla lettura.

Il cavaliere dell'Inquisizione in questione fece il suo ingresso avanzando con passò svelto e sicuro di sé. < Si lette con la I: il mio nome è Jorge, detto il Santo; ex Sommo Sacerdote di Covo del Corvo, cugino dei sovrani di Casa Arni. Detto anche il “Sanatore dei popoli”, membro della Prima Guardia dell'Inquisizione. >

Dantos analizzò i dettagli del cavaliere in questione, impossibile non provare che fosse nato dalla Casa Arni visto il brillante argento dei suoi capelli lunghi e fluenti, il suo viso era glabro e chiaro come fosse porcellana mentre i suoi occhi erano grigi ma vispi, pieni dell'energia di un giovane uomo, di fatti Sir Jorge aveva la stessa età di Dantos.

Re Drustan rimase incuriosito dalla presentazione così sfacciata del cavaliere dell'Inquisizione che proprio come le parole che aveva usato, teneva un portamento fiero a dispetto della maschera che gli copriva metà del viso, sotto di essa Dantos poté vedere uno strano rossore e capì che in qualche modo era stato mutilato.

< Ecco, sì. Sir Jorge il Santo ti trovi al cospetto di Sua Maestà Re Drustan di Casa Grimalder, sovrano di Endymion, difensore dei popoli della terra e del mare, chiamato “il Giudice” e al cospetto di sua moglie, la Regina Nynniew Leona di Casa Lucarhis. > proseguì il ciambellano annunciando gli appellativi del Re e della Regina, mentre Drustan si dimostrò interessato, la Regina guardava con notevole distacco e freddezza il cavaliere entrato.

Tutta la sala si trovò nel silenzio e il Santo non aspettò che gli fosse chiesto di intervenire parlando prima del Re. < Vogliate scusarmi, mio signore, se non vi chiamo Re. Ma io e l'Inquisizione non abbiamo re o regine, i nostri unici sovrani sono gli Dei Titani che lasciarono questo continente quando gli umani li distrussero spedendoli nella costellazione dell'eden. >

Drustan ci rifletté pochi istanti. < Scuse accettate, prego esponi il motivo della tua visita. Cosa desidera il Supremo Sacerdote dalla capitale? > chiese il sovrano in maniera attenta e cauta.

< Forse lo sapete già e le mie parole vi turberanno, ma in più villaggi c'è malcontento generale: il popolo ha fame ed è molto preoccupato per l'inverno che verrà, non solo per la crisi che stiamo vivendo ma anche per l'avvenire sotto il vostro regno; hanno passato già quindici inverni nella sofferenza e adesso sono arrivati allo stremo. > disse Sir Jorge, il Re a quel punto si voltò verso i quattro uomini della Giunta Capitale cercando lo sguardo del Maestro di spia e del Maestro di guerra.

< La situazione è davvero così critica come dice? > chiese Drustan, i due uomini guardandosi negli occhi non poterono non annuire di fronte alla verità.

< Più volte nel corso di questi quindici lunghi anni abbiamo sedato rivolte in tutto il continente. > disse Sir Jorge conttinuando da dove si era interrotto, fece una pausa nel quale analizzò l'ambiente intorno al Re notando che Dantos era proprio al suo fianco. < Il nostro esercito, di cui io faccio anche parte, è molto grande e forte. Spesso abbiamo dovuto usare la forza, ma il più delle volte è bastato loro ricordare che il Titano Stella, il dio della speranza ci è sempre vicino. >

Drustan ascoltò con attenzione sapendo già dove voleva andare a parare, era chiaro a chiunque che l'Inquisizione in qualche modo stesse cercando di affondare nuovamente i suoi artigli nella capitale. < Quindi? Ancora non capisco il motivo della vostra venuta qui. Non mi sembra che siate venuto per un applauso. Direi che le intenzioni del Supremo Sacerdote sono quelle di patteggiare una specie di compromesso? > chiese il sovrano in maniera fredda una reazione che stranì Dantos che guardò il proprio Re.

< Anche la capitale è in rivolta e lo sapete bene. Il Supremo Sacerdote vuole offrirvi supporto, non vi chiede nulla in cambio; egli crede che il Titano Eremita possa guidare entrambi verso la saggezza e l'illuminazione. Vuole aiutarvi con le rivolte. > disse infine Sir Jorge, a quel punto i Re rivolse uno sguardo a Dantos che per istinto abbassò gli occhi, non prima però di aver visto annuire soddisfatta Saisyll.

< Dunque cosa ne pensate? > chiese insistendo Sir Jorge.

Drustan era chiaramente confuso, in qualche modo cercava consiglio in Dantos il quale aveva visto annuire la Reggente madre come se volesse che tutto quello accadesse. Senza sapere perché, Dantos annuì a sua volta al proprio Re i cui occhi erano fissi e gli chiedevano consiglio su come agire. < Vorrei valutare realmente la vostra richiesta di aiutarci e la generosità del Supremo Sacerdote, forse la risposta a queste rivolte sta nella religione, più che nella brutalità della mia guarda cittadina. > disse infine il Re abbassando lo sguardo sull'emissario dell'Inquisizione. < Vorrei avere però la possibilità di discuterne con i miei consiglieri prima di una decisione finale, sarei lieto di ospitarvi al castello per questa notte così da pensarci una notte intera. >

A quella richiesta Sir Jorge sorrise, convinto come tutti gli altri che alla fine Drustan avrebbe accettato con estrema riluttanza l'aiuto che gli era stato offerto. < Sarebbe un onore, grazie. > 

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Capitolo 14
*** 14. Kari - Ritorno a casa ***


{Kari} 

14.

Ritorno a casa

  

« Non credo che dovrei accettare questo regalo, so perfettamente che è scortese da parte mia ma non lo voglio! » disse Kari parlando con la propria curatrice, la Vecchia Amber si prese cura della giovane lady anche per prepararla alla partenza che sarebbe avvenuta nella tarda mattinata.

Mancava ancora qualche ora ma una lady cominciava a prepararsi in anticipo così da essere pronta prima di tutti gli altri, questo era quello che le era stato insegnato da sua madre e una delle poche sul quale fosse d'accordo: ma Kari voleva essere pronta in anticipo per un altro motivo in quel giorno, stavano finalmente lasciando Artiglio del Drago.

« Mia signora, vi prego. Lord Volmar la considererebbe una grave offesa. Da quando siete rientrata ieri sera dall'incontro con lui non siete stata altro che cattiva, il futuro lord di Artiglio del Drago avrà tanti difetti, ma sarà vostro marito. » disse la donna insistendo, Kari guardò nuovamente la spilla che la curatrice stava stringendo tra le mani con una morsa di dolore.

In realtà non disdegnava per niente quello che le era stato regalato: una spilla per i capelli a forma di spada interamente realizzata in oro nero e decorata con diamanti viola. Un segno di unione tra le due casate viste che richiamava i colori dell'una e dell'altra e la forma sullo stendardo dei Caelum.

Kari si morse le labbra, adorava quella spilla nonostante l'avesse da pochi minuti, aveva creduto che fosse un dono del padre o di suo fratello Valdis, ma sapere che veniva da Volmar era ben diverso, specie dopo quanto visto il pomeriggio precedente.

« Amber, se sapessi qualcosa riguardo il mio futuro marito che potrebbe compromettere la sua persona, cosa dovrei fare? Dirlo a qualcuno? » chiese Kari rivolgendosi alla donna e prendendo la spilla tra le mani, la strinse e per qualche istante desiderò non aver mai visto quella scena nel giardino tra Volmar e Myrella.

Forse avrebbe persino rivalutato il giovane...

La vecchia curatrice guardò Kari nei suoi occhi di ghiaccio con un'espressione grave, poi fece un leggero sorriso affettuoso, era quello il rapporto che Kari avrebbe tanto desiderato avere con la madre Lady Helga, ma forse la sua discendenza reale l'aveva in qualche modo temprata e creato una donna diversa.

« Siate sincera, mia signora: voi non volete sposarvi perché il vostro futuro marito è Volmar di Casa Dunnstone o perché non vi piace il giovane? » era una domanda che non riguardava l'argomento in questione, Kari scrollò le spalle tornando a guardarsi nello specchio e infilando la spilla tra i capelli.

« Volmar è un bel ragazzo, ma non provo nulla per lui. Non potrò mai amarlo visto che la sua famiglia sta cercando in qualche modo di distruggerci! » rispose lei.

« Perché dite questo? »

Ancora una volta Kari scrollò le spalle senza sapere davvero quello che voleva dire, da quando era ad Artiglio del Drago era diventata una ragazza confusa incapace di esprimere la propria volontà: proprio come lo specchio che aveva di fronte, Kari stava riflettendo le sue emozioni in mal modo.

« Potrei aver visto qualcosa che coinvolga Volmar e la sua famiglia. » disse con un ultimo pensiero, si riferiva ovviamente al bacio tra i due fratelli e alla lista dei congiurati nel quale si trovava il nome di Sten Caelum, c'era dell'altro in tutto questo.

La vecchia Amber a quel punto rimase a lungo in silenzio mentre legava i capelli della giovane in una treccia complessa che girò per creare uno chignon. « Se si parla di tradimento, dovreste proprio parlarne con vostro padre o vostro fratello Valdis. Se non è così grave, allora credo dovreste tenerlo per voi. » rispose l'anziana donna terminando la propria creazione, Kari si alzò spostandosi e facendo oscillare la gonna del suo lungo abito di velluto argentato che le lasciava le spalle scoperte.

« Grazie per il tuo consiglio, puoi andare. » disse congedando la vecchia donna, quella uscì dalla stanza e dopo diversi minuti che era rimasta sola, anche lei se ne andò via.

La verità è che Kari non faceva altro che pensare al bacio tra Volmar e Myrella sapendo che tra loro c'era molto più di un semplice bacio, una parte di lei provava disprezzo, un'altra ne aveva paura. D'altronde per la gelosia dimostrata dalla ragazza, era possibile che avesse potuto fare del male a Kari.

Fu allora che la ragazza si immobilizzò nel bel mezzo del corridoio ovest che conduceva dagli alloggi alla sala grande; e se Myrella avesse commissionato l'assassinio attentando alla vita di Kari? Era la gelosia tanto bruciante da spingerla a tanto e rischiare la guerra tra le due grandi casate? Forse sì.

La giovane lady camminò sempre più a passo spedito attraversando le arcate che l'avrebbero condotta dove i suoi servitori stavano preparando le valige e i cavalli, passò quindi dalle stalle sentendosi al sicuro vedendo dei volti amici.

Il suo obiettivo però era cercare una persona in particolare che sapeva perfettamente dove si trovasse; Kari cercò Aedan fino ad arrivare nell'ala che era stata riservata ai cavalieri dei Caelum, camminò lungo la parete finestrata che si affacciava sul bastione che circondava il castello illuminata grandi bracieri a terra trovando poi la stanza del cavaliere con la porta semiaperta.

La ragazza si fermò riflettendo prima di bussare, tenne la mano sospesa nel vuoto ascoltando se dentro ci  fosse o meno Aedan, sentiva un leggero suono di qualcosa spostarsi e si avvicinò alla fessura della porta per vedere chi ci fosse al suo interno.

Aedan era in piedi  al centro della stanza che dava le spalle alla porta senza avere modo di vedere chi lo stava osservando: il giovane era seminudo, indossava solo il pantalone di pelle e gli stivali stringendo tra le mani la propria spada che spostò lasciandola riposare sul letto; nel farlo Aedan si voltò quasi completamente lasciando a Kari la possibilità di vederne i pettorali scolpiti dal duro allenamento, finissimi peli biondi segnavano i solchi degli addominali arrivando in profondità.

Kari non aveva mai visto uomini nudi nella sua vita, la prima volta era stato qualche giorno prima quando era andata a parlare col proprio fratello maggiore, ma a differenza di quell'occasione la ragazza non riusciva a distogliere lo sguardo.

Fu guardando con maggiore attenzione che vide un tatuaggio sull'avambraccio del giovane, scrutò meglio riuscendo a realizzare che era un sole con una rosa dei venti al suo interno.

Era talmente tanto distratta da non rendersi conto che alle sue spalle una figura si stava avvicinando velocemente, fu solo all'ultimo momento che Kari girò lo sguardo trovando al proprio fianco Ingrid; il cavaliere dai capelli rossi la guardò confusa, per l'occasione della partenza teneva i capelli legati in una coda ed era già vestita con la propria armatura.

« Mia signora. » disse lei salutandola sottovoce, Kari divenne rosso in volto ma le fu detto altro e la lady non ebbe comunque il coraggio di rispondere o scusarsi.

Con un semplice movimento il cavaliere donna aprì la porta ma non prima di aver scostato la principessa dal posto in cui era lasciandola alle proprie spalle, il risultato fu che Ingrid aveva spalancato la porta e che Kari si trovava lì per caso.

La reazione di Aedan non fu istantanea, come se fosse abituato all'irruzione di Ingrid all'interno mentre lui era seminudo. Kari rimase sulla soglia imbambolata, senza riuscire a muoversi di un millimetro, non provava imbarazzo, anzi, era curiosa.

« Sei ancora nudo, ma non dovresti proteggere Kari? Te la prendi troppo con comodo secondo me! » disse Ingrid rivolgendosi al cavaliere come se la lady non fosse davanti la porta, lui prese la camicia di lino dal proprio letto indossandola e subito tenendo tra le mani la giacca di cuoio borchiato.

« Ho avuto modo di farmi un bagno solo adesso, Kari dovrebbe essere ancora nella sua stanza e al sicuro insieme alla “vecchia”. » rispose Aedan velocizzando i tempi di preparazione, Ingrid si gettò sul suo letto sdraiandosi come se fosse il proprio e lanciando un'occhiata alla lady sulla soglia.

« In realtà sono qui. » disse Kari annunciandosi, come se avesse ricevuto il segnale per fare la sua entrata in scena.  Aedan a quel punto fece un salto su se stesso girandosi verso la propria protetta e facendo un profondo inchino nonostante non avesse ancora finito di allacciare le giunture della giacca.

« Perdonatemi mia signora, non mi aspettavo una vostra visita, mi sarei vestito prima. Spero di non avervi turbato. » disse Aedan con tono di scuse senza riuscire a guardare la propria lady negli occhi nonostante la sua reazione non fosse imbarazzata.

« Aedan credo che la colpa sia mia, ho seguito Ingrid fin qui. Non c'è stato modo di avvertirti. » disse la lady in risposta avvicinandosi al proprio cavaliere, quello tornò dritto con la schiena e la giacca gli si aprì del tutto scivolando a terra.

Il ragazzo restò solo con la camicia di lino che metteva in evidenza il fisico allenato e lasciava trasparire il tatuaggio del sole, Kari però non volle commentare il tatuaggio, si chinò a terra per prendere la giacca e allargarla in modo che il cavaliere potesse indossarla, Aedan si fece quindi aiutare dalla lady.

« Sbrigati a vestirti, tra un'ora partiremo. Ordini di Lord Caelum. » disse Ingrid rivolgendosi ad Aedan, così com'era entrata ne se andò lasciando i due ragazzi soli nella stanza.

« Ingrid fa sempre così, mia signora. Vogliate perdonarla, avrebbe dovuto bussare prima di entrare. Non dovevate essere costretta a vedermi nudo. » disse Aedan continuando a scusarsi, la lady gli diede una mano ad allacciare le varie giunture della giacca assaporando il profumo del cuoio.

« Sai a cosa pensavo? Io e te ci conosciamo da molto, no? Qualche anno mi sembra, tu considero un amico. Quindi di prego di smetterla di chiamarmi “mia signora”, mi fa sentire vecchia. » disse la ragazza con un sorrisino. Il cavaliere capì lo scherzo.

« Vostra madre mi ucciderebbe se lo sapesse. » disse il cavaliere che aveva deciso di seguire l’ordine datogli e lasciando che la ragazza gli si parasse davanti per aiutarlo.

« Insisto, e per favore di non scusarti più. Non credo che vedere un ragazzo nudo mi farà del male. » disse lei continuando ad insistere a sua volta, Aedan fece una mezza risata e Kari sentì che il cavaliere si era rilassato lasciando cadere le spalle.

Le mani di lei scesero dal collo fino alla vita legando gli ultimi lacci della giacca. « Avrei potuto anche farlo da solo, mia sign... Kari! » disse Aedan correggendosi all'ultimo momento, Kari si voltò ignorandolo prendendo la spada nel fodero.

« Credo che con questo sia tutto. » disse lei. Prima di consegnare la spada al proprio cavaliere la estrasse dal fodero facendo scattare in avanti il cavaliere che per primo istinto cercò di strapparla alla lady che avrebbe potuto farsi male.

« Vi prego, Kari. Non è un giocattolo, è una spada di titanio ed è uno dei più pericolosi metalli al mondo se forgiato per una spada. > disse il cavaliere mettendola in guardia, Kari tuttavia era divertita dalla preoccupazione del cavaliere come se avesse cominciato a giocare con lui.

Non si era sentita così tranquilla da quando era a casa a Bosco Ombroso. Osservò stupita la brillantezza della lama grigia e cupa, era molto pesante e molto grande, inoltre l'elsa era così alta che la ragazza avrebbe potuto impugnare la spada con due mani.

« È una bellissima spada. Scommetto che non le hai dato un nome! Mio padre mi dice che tutte le armi più belle devono avere un nome, come se avessero una personalità. » disse lei riponendola nel fodero e passandola al cavaliere, quello abbassò lo sguardo e infilò l'arma in un'apposita giuntura della cintura.

« In realtà ce l'ha: si chiama Arianne, è il nome di mia madre. Fino ad ora è stata la donna più importante della mia vita, mi ha cresciuto da sola facendomi arrivare dove sono oggi con i suoi sacrifici. » Aedan fece una pausa lasciando Kari con una certa malinconia nel cuore. « Altura Silente offre possibilità diverse a chi ha il potere, ma noi poveri dobbiamo conquistarcelo con la forza il nostro posto. E mia madre ha sempre lavorato sodo cucendo vestiti e abiti in ogni materiale, per darmi un futuro migliore. » continuò il giovane cavaliere.

Kari poté vedere quando il ragazzo era affezionato alla madre e non fece a meno di chiedersi se la donna fosse viva o morta, ma aveva paura di domandarlo quindi rimase in silenzio. « Andiamo, Kari? La carrozza che vi porta a casa vi sta aspettando! » disse Aedan facendo segno alla giovane di uscire dalla stanza, lei lo seguì senza esitazione mettendosi alle spalle quella conversazione.

I due ragazzi raggiunsero in fretta il cortile esterno che si trovava proprio davanti il grande portone del castello, le due carrozze erano già pronte insieme ai servitori che li avevano seguito; Kari trovò la Vecchia Amber insieme a Synder e Ingrid, poco dopo arrivò Valdis e Haydun insieme alle rispettive guardie Danar e Gustav, solo infine venne Lady Helga accompagnata da Brutus e il proprio marito. L'intera famiglia Caelum si riunì quindi davanti al castello proprio come quando erano arrivati e i Dunnstone si fecero vedere uniti per salutarli camminando uno dietro l’altro.

« È stato un grande onore ricevervi, Lord Sten. Spero proprio che i nostri due ragazzi possano ritrovarsi presto, mi piacerebbe molto vedere come Bosco Ombroso si trasforma alla fine dell'estate, dicono che cominci a nevicare a partire dall'autunno. » disse Garrel Dunnstone osservando l'altro lord con i suoi occhi scuri. Sten Caelum allungò la mano stringendo quella di lord ospitante.

« Non credo che gli Dei Titani vorrebbero che i nostri ragazzi stiano lontani così tanto a lungo. Vi aspetteremo calorosamente nella nostra dimora alla fine del prossimo mese, e mi raccomando di portare le vostre più pesanti pellicce. » disse il lord in risposta, Kari si sentì più serena solo nel momento in cui poterono finalmente lasciare Artiglio del Drago.

Lei e Volmar si scambiarono un bacio sulla guancia prima di lasciarsi, la pelle di lui era fredda ma non come quella della giovane, inoltre non mancò di certo di notare che la ragazza alla fine aveva accettato la spilla in dono ricevuta.

Quando finalmente Kari si sedette nella propria carrozza insieme a Synder e al fratello minore riprese a respirare come non faceva da tanto tempo. « Sembri sollevata, sorella. » disse il piccolo Haydun con voce bianca e limpida. Aveva solo tredici anni e stava cominciando a crescere. « Non ti mancherà lo zio Volmar? » chiese innocentemente il ragazzino. Quando Haydun lo chiamò con l’appellativo “zio” Kari sentì il proprio stomaco dolere.

Lei e Synder si scambiarono un'occhiata. « No, non mi mancherà per niente. » disse distaccata spostando i suoi occhi verso il castello di ossidiana che si allontanava sempre di più da lei.

Kari e la sua famiglia ritornarono a Bosco Ombroso nel primo giorno del mese dell’Eremita, l’ultimo mese dell’estate che avrebbe poi lasciato spazio all’autunno del mese della Ruota e successivamente ancora ai mesi invernali. C’era ancora molto tempo prima che il suo matrimonio fosse davvero in vista e alla fine di quel mese Volmar e i Dunnstone sarebbero venuti al loro castello proprio come era stato stabilito quando lasciarono Artiglio del Drago. La lady non era particolarmente emozionata all’idea ma ogni brutto pensiero svanì quando poggiò i primi passi sul terreno freddo e scuro della tundra dei Bosco Ombroso.

Quando si trovò davanti la grande piazza di fronte il portone del castello poté assaporare nuovamente l’aria fredda e libera della propria città e del vero nord, anche se i Dunnstone e i Sigmurd erano casate settentrionali, nulla era più freddo di Bosco Ombroso.

« Sembri stare meglio adesso, scommetto che ti mancherà il tuo amoroso lord dei maiali. » disse Synder prendendo in giro la sorella, lei gli fece un mezzo sorriso, in cuor suo il gemello voleva sollevarle lo spirito ma la lady era già felice così.

« Prendo io il vostro bagaglio, Kari. Vi raggiungo dopo. » disse Aedan quando la ragazza rimase immobile, il cavaliere dai capelli dorati le si avvicinò strappandole dalla mano il grosso bagaglio che aveva usato per viaggiare e lo prese con una mano.

« Voglio andare in camera mia, voglio ricordarmi quanto bello possa essere il mio castello prima di fare qualunque altra cosa. » disse la lady chiudendo gli occhi e aspirando la fredda aria, poi seguì il proprio cavaliere lungo la navata principale della grande sala d’ingresso e salendo le scale arrivarono a percorrere il corridoio che portò Kari nella sua stanza.

Era proprio come l’aveva lasciata: il letto con baldacchino al centro della stanza, la tenda tirata in modo da mostrarle il panorama oltre le mura della città e la neve, la stanza del bagno dall’altro lato completamente separata dalla stanza vera e propria.

« È tutto come lo ricordavate, Kari? » chiese Aedan poggiando la grossa valigia sul pavimento di pietra, la ragazza si voltò verso di lui annuendo. « Sono felice che siate tornata a casa, sembrate essere più tranquilla quando siete qui. Anch’io mi sento più tranquillo, qui nessuno vi farà del male. »

« Lo so, ora se non ti dispiace avrei bisogno di farmi un bel bagno. Puoi andare a disfare le tue cose, ci vedremo più tardi. » disse la giovane lady salutando il proprio cavaliere, una volta che quello chiuse la porta alle proprie spalle lei poté spogliarsi e lavarsi.

Era una mattina molto fredda, constatò Kari quindi si fece riscaldare l’acqua in modo da bruciarle la pelle, la cosa le diede notevole sollievo e quasi sentì la mancanza delle calde mura di Artiglio del Drago fatte in ossidiana.

Più tardi la lady era già pronta per riprendere la propria routine e questo significava ovviamente riprendere i corsi di cucito, di lettura e di musica, tutte cose che una donna dovrebbe sapere fare. Passò l’intera mattina fino ad ora di pranzo chiusa nella grande sala degli hobby sotto la supervisione severa della madre.

« Gli Dei Titani mi hanno fatto il dono di una splendida figlia che però non vuole sapere di imparare l’arte del cucito. » disse Lady Helga rimproverando la figlia con un tono non troppo severo, Kari avrebbe tanto voluto dirle che non le importava di cucire, ma sapeva bene che Lady Helga aveva una particolare tradizione.

Ogni donna Grimalder aveva tramandato alla propria figlia un grandissimo arazzo al quale ogni donna trapuntava un pezzo della propria storia, Kari aveva visto solo una volta la parte tessuta dalla madre e rappresentava la sua famiglia intera quando era bambina e una città che sembrava appartenere al sud.

Kari immaginò che fosse il luogo in cui era nata quando i Grimalder abitavano a Porto del Sole, era lì che i pochi sopravvissuti della casata erano stati costretti a rifugiarsi.

Alla giovane lady non importava di saper cucire un pezzo della sua storia in un arazzo lungo decine di metri: stava per sposare il figlio di una delle casate più detestate nell’intero continente, non le serviva a nulla sapere suonare la viola. Kari era tornata a Bosco Ombroso con una concezione diversa di quello che le sarebbe successo, forse era anche merito del padre.

Fu così che una volta riunita ad Aedan per l’ora di pranzo e una volta che i Caelum si separarono di nuovo per sbrigare le altre mansioni e lo studio insieme al maestro del castello, Kari cercò di condurre il cavaliere in disparte così da potergli parlare in privato senza che nessuno potesse sentirli.

« Non credete che dovremmo andare in biblioteca? La lezione comincerà a breve e il maestro potrebbe riferire a vostra madre del ritardo. » disse Aedan quando spuntarono all’interno del giardino oltre le mura del castello. Alcuni cumuli di neve si stavano sciogliendo essendoci ancora bel tempo e le piante sembravano essere più verdi che mai in quel periodo.

« La lezione può aspettare. Ho una richiesta da farti, Aedan. E spero seriamente che tu la prenda in considerazione perché ne ho davvero bisogno. » disse Kari parlando sottovoce mentre avanzavano fianco a fianco, la ragazza accarezzò un fiore bianco come la sua pelle e altrettanto morbido.

« Ditemi pure, Kari. Sapete che potete chiedermi tutto quello che volete. » disse il cavaliere incuriosito dalla segretezza della ragazza, si avvicinò quindi a lei quando si fermò accostando l’orecchio in modo da poter sentire quello che lei aveva da dire.

« Voglio che mi insegni ad usare la spada! » disse lei senza ulteriore indugio e preoccupazione, il cavaliere si scostò guardandola con i suoi occhi verdi; Kari temette che il cavaliere le avrebbe riso in faccia o che le avrebbe detto di no, o peggio che l’avrebbe riferito al padre.

« Perché volete che sia io ad insegnarvi? Al castello abbiamo un maestro della guerra che insegna a vostro fratello minore e a Synder. Inoltre Valdis è un valoroso guerriero, non per niente gli è stato dato l’appellativo di “Signore della Guerra” durante l’ultima rivolta dei Dunnstone pochi anni fa. » chiese il cavaliere, la lady si aspettava tutto eccetto quella semplice domanda.

« Credo che chiunque altro mi direbbe di no. Anche Valdis, lui mi vuole bene e mi protegge, ma non mi inizierebbe mai al mondo della guerra e io voglio imparare a difendermi. » disse la lady, cercò qualcosa all’interno del suo vestito stringendo nella mano il manico della daga che le era stata regalata dal padre.

Lo estrasse mostrandolo al proprio cavaliere, diversi giorni fa aveva deciso di non rivelargli nulla, ma se voleva che Aedan la aiutasse doveva dargli un pretesto per farlo.

« Dove l’avete preso? » chiese il cavaliere stupito.

« Me lo ha regalato mio padre, credo che in qualche modo mi abbia voluto dire qualcosa: io non so come potrei essere pericolosa con questo coltello, ma è pur sempre un’arma. Voglio imparare a maneggiare una spada e a sapermi difendere nel caso in cui ne avrò bisogno. » disse la lady spiegando le proprie motivazioni, Aedan la guardava seriamente cercando di cogliere una minima debolezza nello sguardo di lei ma senza trovarla.

« Ad Artiglio del Drago ci sarò io a difendervi. Non avete bisogno di imparare o che qualcuno vi insegni. » disse lui negandole quell’opportunità, fu allora che Kari rimase senza parole di fronte alla risposta del cavaliere. Non riusciva neanche a parlare per la reazione avuta e fu un bene visto che Aedan continuò. « D’altra parte non credo che ci sia nulla di male nell’insegnarvi qualche tecnica base di combattimento. I vostri fratelli sanno combattere, non vedo perché voi dovete essere l’unica non pratica. »

Con quelle semplici parole, a Kari si sprigionò un sorriso largo in volto che fece sorridere a sua volta anche il cavaliere, ebbe l’impulso di esaltare senza preoccuparsi delle urla ma si ricordò che sua madre l’avrebbe sentita in qualche modo.

« Te ne sono molto grata! Quando cominciamo? Stasera potrebbe essere perfetto secondo me. » disse lei con un tono pacato ma evidentemente emozionato, il cavaliere fu costretto a smorzarle l’entusiasmo alzando le mani in segno di pausa.

« Non è così facile, Kari. Se dobbiamo fare questa cosa, la faremo in segreto. Non deve saperlo nessun altro o vostra madre chiederà la mia testa su una picca d’argento! » disse lui con sarcasmo, la ragazza fece quindi una risatina nonostante non avrebbe escluso la possibilità del fatto che Lady Helga se la sarebbe presa con lui.

« Va bene, allora dimmi tu quando ci dovremo allenare. » disse lei ancora una volta restando seria.

« Due ore al giorno ogni due giorni, prima dell’alba e dopo il tramonto. Se c’è ne sarà la possibilità faremo una terza ora dopo la mezzanotte; per voi è importante saper combattere ma prima di tutto dobbiamo iniziare dalle basi e dal saper individuare un nemico anche con la luce più debole. » disse Aedan stabilendo un programma ben preciso e la ragazza annuì seguendo la prossima domanda che rivolse al cavaliere.

« Dove ci incontreremo? » chiese la ragazza.

« A questo provvederò io. Ora credo sia tempo di andare in biblioteca, o il maestro si indispettirà per il vostro ritardo. » disse Aedan ricordando alla lady dei suoi abitudinali impegni; dentro di sé Kari non smetteva di pensare a quello che l’avrebbe aspettata.

Durante la lezione Kari si sforzò di restare concentrata sullo studio dimenticandosi che Aedan era dietro di lei e che aveva accettato di aiutarla, al suo fianco c’erano Ingrid e Gustav che stavano parlottando. Ci fu un attimo in cui Gustav guardò la giovane lady ma lei non capì il perché lo fece; Gustav era più grande di suo Valdis di almeno tre anni ma ed aveva combattuto insieme al Lord di Bosco Ombroso durante la recente rivolta dei Dunnstone, arrabbiati per l’aver perso notevole terreno in seguito alla vittoria di suo zio Donchad Grimalder e di Casa Lucarhis; in quell’occasione morì il nonno di Volmar.

La guardia di Haydun aveva perso un occhio a causa di una freccia, il medico del castello disse che era un miracolo che fosse sopravvissuto, questo perché la freccia non era andata in profondità. Da allora non passava giorno in cui Kari vedeva Gustav e Haydun andare alla cappella nel castello con frequenza.

Quando la lezione giunse al termine, Kari e Synder si spostarono insieme lungo il corridoio che li avrebbe portati nell’ala est del grande castello di pietra. « Gustav mi guardava in maniera strana, mi ha fatto venire i brividi. » disse lei parlando col fratello che si voltò per darle retta.

« Maniera strana? È perché è un tipo silenzioso. Sai che spesso ho creduto che lui e Danar fossero fratelli? Si comportano nello stesso modo, sono quasi ossessionati dai loro protetti. » disse Synder in risposta, tuttavia la lady ne sapeva di più quindi scosse il viso.

« Gustav ha sempre lavorato per noi, non ha mai avuto una famiglia. La madre morì per il freddo mentre il padre morì in guerra durante una la Battaglia dell’Impiccato. » disse Kari rispondendo al fratello, lo scontro in questione era stato uno dei più violenti e i protagonisti in questione erano i Caelum e gli elfi che avevano il dominio di Caer Londir. Fu una grande vittoria.

« Danar è di Caer Londir, come me. Anche se mia madre in realtà è nata a Bastione Rugiada, ad ovest. » disse Ingrid intromettendosi nel discorso, in quei giorni era solita portare i capelli raccolti in uno chignon dietro la testa, Kari aveva anche notato che era più corti, forse li aveva tagliati ad Artiglio del Drago, pensò.

Qualcosa costrinse il gruppo dei quattro a fermarsi, avevano appena svoltato l’angolo trovandosi in un lungo corridoio, Valdis e Lord Sten erano fianco a fianco, appena usciti dalla porta dello studio del padre la cui porta era stata chiusa a chiave.

I due se ne andarono discutendo a bassa voce di qualcosa mentre la luce che entrava dalle finestre colpiva gli arazzi poggiati sulla parete con la spada argentea dei Caelum.

« Tutto bene, Kari? » chiese Aedan alla propria lady che era rimasta immobile davanti a quella scena, Synder si voltò verso la sorella gemella stranito per il fatto che il cavaliere l’avesse chiamata col proprio nome, era una cosa che anche Ingrid faceva col proprio protetto ma Aedan non l’aveva mai fatto.

« Nostro padre non chiude mai lo studio a chiave. Lascia sempre la porta aperta, sappiamo bene che non vuole che entriamo quando lui non è al suo interno e non ha mai avuto bisogno di una chiave. Perché adesso sì? » chiese la giovane lady, entrambi i cavalieri non avevano mai notato quel particolare, solo Synder sembrò capire quello di cui la sorella stava parlando.

« Forse l’ha fatto senza volerlo? » chiese il ragazzo.

Lei lo ignorò avvicinandosi quindi alla porta in questione nonostante gli avvertimenti degli altri, poggiò la mano sulla maniglia ed emise un leggero respiro prima di provare ad aprirla, tuttavia come previsto la trovò chiusa a chiave.

« Non credo sia il caso di curiosare tra le cose di vostro padre, Kari. Se dovesse tornare indietro e vi scoprirebbe vi rimproverebbe. Andiamocene. » disse insistendo Aedan, ma la ragazza rimase immobile come se potesse guardare attraverso lo spesso strato di legno della porta massiccia.

Era convinta che in qualche modo c’entrasse la lettera dei congiurati che aveva visto sulla scrivania del padre ad Artiglio del Drago, ma non aveva alcuna prova al riguardo. Aedan fu costretto a strapparla dalla propria posizione spingendola lungo il corridoio che era stato intrapreso da Valdis e il loro padre.

Solo dopo aver percorso alcuni metri Synder decise di aggiungere alla situazione il suo sarcasmo nella speranza di far destare la sorella dai propri pensieri: « Vedo che tu e Aedan avete preso confidenza, è la prima volta che ti chiama per nome. C’è qualcosa che mi stai nascondendo sorella? » chiese lui.

Tuttavia la reazione di Kari fu diversa da quella che avrebbe avuto: non si dimostrò imbarazzata,  era troppo presa dallo studio chiuso a chiave. « Aedan è mio amico oltre che la mia guardia, nulla di più. » disse senza aggiungere altro, Synder rimase interdetto alla risposta della sorella ma non gli prestò molta attenzione ed entrambi si diressero verso le loro stanze separandosi alla scalinata.

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Capitolo 15
*** 15. Astrid - Verità ***


{Astrid}

15.

Verità

  

La strada verso casa sembrava essere distante, Astrid aveva come il presentimento che tutto quello che fosse accaduto nel fienile della fattoria fosse in qualche modo collegato a qualcosa di più grande, una sorta di Grande Caccia nel quale lui aveva rischiato di essere il protagonista, tuttavia finché lui e Caius erano alla Cattedrale marmorea non aveva nulla di preoccuparsi.

Eccetto per il fatto che chiunque avrebbe letto il rapporto sulla missione avrebbe potuto trovare strano la successione di eventi che avevano portato alla cattura di Agis e Caius, sarebbe stato compito del primo scrivere il rapporto e consegnarlo poi all’Alto-comandante Bradan che era già a conoscenza di certe cose che accadevano all’interno della grande chiesa.

Ma gli altri probabilmente no.

Astrid non fece altro che pensare a tutto questo quando la sera del primo giorno di viaggio si accamparono, prepararono le tende per poi accendere il falò, Agis e Ongor andarono a caccia di qualche animale nei dintorni così da avere una cena più sostanziosa, Caius invece andò da solo verso il fiume per prendere un po’ di acqua fresca mentre Astrid e Neferi restarono a montare e sorvegliare l’accampamento preparando un bel fuoco attorno al quale sedersi.

Fu una cena molto silenziosa, nessuno dei cinque ragazzi sembrava particolarmente interessato a parlare e Astrid lo percepì subito come una cosa nei suoi confronti: non perché sentisse di aver fatto qualcosa di sbagliato, ma c’era notevole imbarazzo e il giovane era determinato a far chiarezza sulla situazione.

« Sembra che nessuno di noi voglia parlare eh? Non credo di avervi mai sentiti così silenziosi neanche quella volta che eravamo in missione e mi è salita la febbre. » disse il giovane Osservatore al resto del gruppo, tutti alzarono lo sguardo.

Caius sembrò notevolmente a disagio, nonostante Astrid lo avesse conosciuto col suo carattere forte e menefreghista di quello che gli altri pensavano, era visibilmente abbattuto. Gli altri tre invece cercarono i propri sguardi e Agis fu il primo a parlare.

« È successo tutto molto in fretta. È una situazione strana, sono ancora arrabbiato per quello che i Piromani hanno cercato di farci. Ho avuto paura, tu non c’eri e non puoi sapere com’è stato. » disse guardando Astrid con i suoi occhi verdi e profondi.

Il ragazzo annuì mantenendo il contatto visivo. « Erano sulle mie tracce, non sulle tue. Non ti avrebbero fatto del male, so che non è comunque una bella cosa ma sai bene che avevi più chance di me o Caius di sopravvivere. » rispose Astrid mantenendo un tono di voce pacato e tranquillo.

« Il marchio, » cominciò a parlare a bassa voce Ongor, si riferiva alla terribile pena che aveva dovuto sopportare Caius sul braccio. « perché proprio a Caius? Perché cercavano proprio voi? Se quello che hai detto tu sul loro movente fosse vero… » il ragazzone non riuscì a finire la frase e le parole gli si strozzarono nella gola.

Astrid e Caius si scambiarono uno sguardo reciproco come per decidere cosa poter dire e quanto loro potevano rivelare senza metterli in cattiva luce. « Ecco, non è facile da spiegare ma credo che pensandoci bene… » Caius aveva già cominciato a parlare girando intorno alla cosa per alleggerirla e per renderla digeribile dai suoi amici quando Astrid lo interruppe.

« Io e Caius scopiamo insieme. » fece una breve pausa affrettandosi ad aggiungere: « E non intendo che facciamo le cose in tre o quattro, intendo dire l’uno con l’altro. Tra maschi. » il suo tono di voce era basso ma contenuto, non voleva di certo urlarlo e voleva aspettare la reazione dei suoi amici.

Ognuno di loro ne ebbe una visibilmente differente nel momento in cui realizzarono il significato delle parole del ragazzo: Agis sembrò assorbire la cosa, annuì più volte alzando gli occhi al cielo in quanto stava davvero immaginando la cosa, ebbe dei brividi e fece un’espressione stranita ma sul suo volto comparve un’espressione tranquillizzata. « Sono intelligente, Astrid. Certe cose si capiscono al volo, e l’intesa tra voi due era paragonabile solo a quella di due amanti segreti! » disse con finto tono poetico.

Ongor rifletté più a lungo sulle parole che erano state dette e ascoltò anche la versione del pensiero di Agis, rimase stranito per tutto il tempo finché la sua espressione non si trasformò in curiosità. « Non capisco… come funziona? Voglio dire, chi fa la femmina tra voi due? » rifletté ancora una volta. « Anzi, non voglio saperlo. Credo che saperlo potrebbe provocarmi incubi senza fine nella testa! » aggiunse poi con tono sarcastico, Agis gli tirò un pugno sulla spalla richiamandolo al restare serio sull’argomento.

Neferi ebbe la reazione più negativa di tutti: i suoi occhi scuri come la sua pelle scrutavano immobili Caius come se analizzasse un animale che non aveva mai visto, Astrid sentì una sensazione di fastidio attraversarlo per come lo stava guardando. « Non so, è strano. Vengo da Anatema Fiammeggiante nel deserto a sud, questo cose non si sentono mai. Per noi è importante la sopravvivenza e questo significa lavorare in comunità e la comunità può essere portata avanti solo facendo molti figli. »

Il ragazzo nero spostò gli occhi su Astrid e i due si guardarono in cagnesco. « La vita è un po’ diversa da come l’hai descritta tu, noi Osservatori passiamo la nostra esistenza a guardia del Varco, questo non va esattamente contro la procreazione? » disse Astrid in risposta, cercò di mantenere la calma il più a lungo possibile nonostante ogni fibra del suo corpo volesse dare un pugno all’amico.

In aggiunta alla sua tesi, anche Ongor si intromise nel discorso: « Non ci sono leggi che vietano di avere moglie e figli ma entrare negli Osservatori dell’Abisso e accettarne il Credo è un po’ la stessa cosa anche se non ufficiale. Quando hai tempo di scopare con una puttana non pensi di certo al fartela moglie. »

« Io ci sono abituato a certe cose, vengo da Bastione Rugiada di Casa Pyres e lì la gente ha una mente un po’ più aperta riguardo “i flagelli”, ti basti pensare che persino il lord ereditario ha avuto molti amanti uomini. Almeno questo è quello che ho sentito dire. » disse Agis parlando della città nel quale era nato, per un breve attimo Astrid fu sicuro di quello che stava facendo con Caius, guardò quindi l’amico che aveva gli occhi lucidi.

Non perché fosse triste, anzi, il contrario: Caius viveva la relazione con Astrid in segreto fingendo che tutto andasse bene e che non gli importava di quello che gli altri pensavano al riguardo, ma si era anche accorto che il mondo era diverso.

« Casa Pyres e Casa Lucarhis hanno due modi di pensare differenti, così come lo sono Anatema Fiammeggiante che è un piccolo villaggio nel deserto e Bastione Rugiada, una grande e forte città. Non farmi una colpa per quello che ho detto. » disse Neferi parlando con Agis che non lo aveva accusato di nulla, prima che il ragazzo dai capelli rossi potesse parlare rispose Astrid.

« E tu non fare una colpa a me o Caius di chi ci scopiamo e quante volte le facciamo! » disse in maniera distaccata dicendo addio alla pazienza che aveva mostrato fino a quel punto.

Ancora una volta i due si guardarono in cagnesco per poi smettere di parlare quando sentire dei passi avvicinarsi a loro. Subito Ongor e Caius scattarono in piedi mettendo mano alle proprie armi per non essere colti di sorpresa come successo nel villaggio.

La luce del fuoco avanzava lenta nell’oscurità venendo contro le figure che erano in avvicinamento, avevano lineamenti umani ma nell’oscurità della notte Astrid non ne era tanto sicuro; prese quindi un grosso legno dal falò alzandosi e avanzando contro le figure.

L’oscurità venne spazzata via rivelando quindi due uomini in avvicinamento insieme a un cavallo: i due vestivano con delle pellicce intorno al collo e dei giacconi pesanti per resistere alla bassa temperatura della zona, a giudicare dai sacchi pieni di oggetti che avevano con loro, o erano ladri o erano mercanti.

Astrid però escluse la prima ipotesi visto che i due uomini non avevano armi con loro. « Buonasera gentili cavalieri, sareste così gentili da darci un po’ di fuoco per scaldarci? » chiese uno dei due avvicinandosi ad Astrid ma parlando col gruppo.

Vista la piega che gli argomenti del gruppo avevano preso, i cinque Osservatori preferirono non continuare e accettare la compagnia dei due mercanti in giro per la landa desolata mantenendo comunque la propria attenzione alta. Tutti e sette si trovarono quindi seduti attorno al fuoco, ora che la situazione era stata chiarita, Astrid si sedette più vicino a Caius così da sfiorargli la gamba con la propria senza che gli importasse del resto.

« Sei contento? » disse Caius parlando con un sussurro al proprio amante mentre gli altri tre intrattenevano i mercanti chiedendo loro del viaggio e delle mete visitate.

Il ragazzo ci pensò su rispondendo pochi secondi dopo. « Direi che sono tranquillo, più che felice. Nulla può rendermi più felice del sapere che adesso sei vicino a me e che stiamo bene entrambi. » rispose senza distogliere lo sguardo dal fuoco che continuava a bruciare, Caius fece una mezza risata.

« Questo tuo lato romantico mi piace. » disse il ragazzo spostando la propria mano sul ginocchio del compagno con l’intenzione di salire in mezzo alle gambe.

Il ragazzo però non sembrò apprezzare quello che l’amico stava facendo, spostò velocemente la mano prendendolo per le dita e quasi girandogliele al contrario, nel farlo sfregò il braccio contro quello di Caius che ebbe una fitta di dolore quando venne colpito il punto in cui c’era la bruciatura. Entrambi ritrassero le mani.

« Ti fa ancora male? Non volevo. » disse Astrid a  mo’ di scuse, Caius si morse le labbra cercando di non esternare il dolore finché non gli passò. « Hai passato l’unguento di gelsomino? » chiese premuroso, quello annuì guardandolo negli occhi.

« Sì, ma la ferita è ancora fresca. Si sta già cicatrizzando ma credo che non si toglierà mai dalla pelle, non molto carino, non trovi? » chiese Caius con sarcasmo e una mezza risata, Astrid scosse il viso negativamente ma senza riuscire a sorridere visto che era piuttosto infuriato per quello che avevano fatto all’amico.

Astrid a Caius si guardarono negli occhi per un breve attimo prima di tornare alla realtà ascoltando le parole dei due mercanti che avevano iniziato a parlare di qualcosa che aveva colto l’interesse dei due Osservatori. « Ti dico di sì, era proprio lui; grande e grosso, rosso come l’Inferno dal quale viene e con le corna dei demoni più malvagi. Solcava il cielo e la sua coda lasciava una striscia di fuoco e fumo nell’aria. » disse il primo dei due mercanti, era quello più magro e smilzo mentre l’altro era robusto in pancia.

« Di che cosa state parlando? » chiese Caius incuriosito.

« Draghi. » rispose quello più grasso. « Abbiamo visto il Demone Rosso qualche settimana fa, eravamo poco più a nord della Tundra innevata, al di là di Bosco Ombroso. » Agis e Neferi sembravano piuttosto scettici e risero del racconto del mercante.

Astrid però ne fu incuriosito. « Il Demone Rosso? » chiese. « Parlate del drago di Lucian il Conquistatore? Credevo che fosse morto ormai da secoli. » disse, ma i due mercanti scossero il viso negando quello che Astrid sapeva al riguardo.

« Non può essere lo stesso drago, » disse Agis che sembravano non riuscire proprio a credere alle loro parole. « Valefar il Demone Rosso abbandonò il suo padrone pochi anni dopo la vittoria dell’Imperatore su noi umani. Tutti sanno che un drago compie un ciclo vitale di circa trecento anni, solo i draghi primordiali riescono a vivere per millenni. » terminò, anche Astrid era a conoscenza di quello che era appena stato detto, probabilmente lui e Agis avevano letto lo stesso libro nella biblioteca della Cattedrale.

« Vero, e come sapete bene, quando un drago ha un padrone è capace di vivere tanto quanto può vivere lui. I draghi sono creature meravigliose e piene di risorse, è come se assorbissero il ciclo vitale dei loro padroni, è così che un drago diventa “primordiale”. » disse in risposta il mercante più magro venendo subito seguito dalle parole dell’amico al suo fianco.

« Ormai i draghi sono estinti; da quanto ne sappiamo esiste solo un drago primordiale ormai ancora in vita e riposa proprio nel continente di Endymion. Ad eccezione di Valefar ci sono solamente due draghi comuni e nessuno sa qualcosa al riguardo. »

« Credevo che ci fossero anche Sibiogan e Abysal, gli altri due draghi degli elfi. Avevo saputo che fossero ancora rimasti in vita nonostante i loro padroni morirono nella conquista della capitale. » ma alle parole di Caius fu Astrid stesso a rispondere in quanto aveva sicuramente letto e studiato più di lui.

« Ti sbagli, Abysal e Sibiogan vennero uccisi durante la Battaglia del Ponte dei Sogni. Se non sbaglio nella battaglia furono coinvolti i Caelum e i Sullivan contro i Dunnstone, all’epoca alleati degli elfi. » anche Agis aveva studiato e annuì alle parole dell’Osservatore.

« Sta di fatto che parliamo di cose passate, il Demone Rosso è morto ormai da tempo, senza un padrone non avrebbe abbastanza anni da vivere fino ai giorni nostri. » disse Ongor convinto e facendo un rapido calcolo di quello che poteva restare da vivere al drago.

Anno più anno meno, anche Astrid fece un conto e a meno che il drago non fosse davvero morto, gli restava comunque poco tempo da vivere visto quant’era vecchio.

I mercanti si soffermarono ancora un paio di ore finché non decisero di mettersi nuovamente in viaggio, a quel punto Astrid stesso gli chiese se magari non si volessero fermare per la notte, ma i due uomini gentilmente rifiutarono ringraziando per la compagnia e l’ospitalità ricevuta, presero il proprio cavallo e se ne andarono continuando verso nord e una meta lontana.

Quella sera Astrid non riuscì a dormire, continuava a pensare a cosa era successo nella fattoria e a quanto aveva rischiato di perdere, fu così che si alzò uscendo dalla propria tenda e infilandosi senza fare troppo rumore all’interno di quella di Caius. Il ragazzo evitò di pestare l’amico e gli si mise accanto svegliandolo lentamente.

« Non riesci a dormire? » chiese Caius aprendo gli occhi in modo lento, Astrid scosse il viso e gli si mise vicino al viso, poteva sentire il fiato dell’altro mentre gli parlava. « Neanche io. Neanche ieri ho dormito molto bene, magari possiamo dormire insieme? » chiese in tono innocente, a quel punto Astrid non aspettò che il ragazzo parlasse ancora, si spostò passando sopra di lui e sedendosi sul bacino dell’Osservatore poggiandogli le mani sul petto.

« Stasera ho semplicemente poggiato la mano sul tuo ginocchio e mi hai linciato e adesso ti metti sopra il mio uccello? Sei strano! » disse Caius alzandosi con la schiena spostando le mani dell’altro e cominciando a sfilargli la camicia da notte. « E questo mi piace! » disse continuando e con un sussurro.

« Perché dormire quando possiamo divertirci in altro modo? » chiese Astrid con malizia nella voce lasciando che il ragazzo gli tirasse via la maglia e cominciasse a dargli dei baci sul petto.

« Accidenti, non posso neanche provare a resistere, mi ecciti. E questo mi fa impazzire! » disse Caius con leggerezza nella voce, le sue labbra cercarono poi il collo dell’altro che si lasciò cullare da quelle attenzione che l’Osservatore gli dava.

« Credo di amarti… » disse Astrid infine, questo fece fermare Caius che fu costretto ad alzare il viso trovandosi faccia a faccia col proprio amante, i due si scambiarono uno sguardo eterno senza dirsi una parola ma restando abbracciati l’uno all’altro.

« Non me lo hai mai detto… » rispose Caius ancora scioccato per la rivelazione di Astrid, un sorriso comparve sul suo viso.

Il ragazzo fece un’espressione diversa e in parte sarcastica. « Non ti ci abituare. » poi rifletté correggendosi come faceva sempre quando parlava con Caius. « Ho davvero avuto paura di perderti ieri. E ho pensato a cosa avrei fatto senza di te, ho rischiato di perdere il mio migliore amico e il mio… quello con cui faccio sesso. » disse senza spingersi troppo in avanti nel definire quello che erano loro due. Non era solo amici ed erano molto più che amanti.

« Fidanzato. Credo sia la parola migliore che potresti dire in questo momento. » disse Caius continuando a togliersi i vestiti spogliandosi della camicia che indossava per la notte, entrambi i ragazzi rimasero a petto nudo mentre le loro mani viaggiavano già verso la parte più intime tra le loro gambe.

« Sta’ zitto e pensa a togliermi questi pantaloni. Ho voglia di te. » disse Astrid ignorando le parole dell’altro e avvicinando il viso all’orecchio per poi dargli un leggero morso.

Quello fece come gli era stato chiesto senza esitare un istante e in breve i due furono entrambi nudi consumando una notte di sesso.

L’indomani Astrid si svegliò per primo trovandosi ancora tra le braccia di Caius, era piacevole il calore che emanava al mattino ma preferiva che gli altri non si sentissero a disagio sapendo che avevano fatto sesso quindi si affrettò a rivestirsi così da uscire dalla tenda per sgranchirsi le gambe prima di partire.

Quando aprì la tenda subì il colpo del freddo sulla propria pelle rabbrividendo, il proprio mentore l’aveva definito un vero e proprio uomo del nord ma Astrid era convinto di non abituarsi mai  a quel freddo nonostante ci vivesse ormai da una vita.

Il gruppo si rimise in viaggio poco dopo che il sole era sorto arrivando alla Cattedrale marmorea con qualche ora di ritardo visto che avevano camminato lentamente, le stelle e la luna avevano già fatto la loro comparsa nel cielo quando l’imponente cattedrale si stagliò contro l’oscurità della notte. Astrid osservò le alte torri e udì le campane echeggiare fino alla loro posizione sentendosi finalmente a casa grazie al suono che emettevano.

Quella sera non ebbero modo di fare rapporto all’Alto-comandante, sarebbe toccato ad Astrid l’indomani quando avrebbe poi ripreso la sua ronda al Varco nel turno che andava dalle sei del pomeriggio fino a mezzanotte.

Avendo tutta la giornata libera si permise qualche ora in più di sonno, poi con molta calma e dopo aver presenziato gli allenamenti poté attraversare il cortile principale passando per la navata della chiesa e osservando in lontananza un gruppo di quattro uomini e ragazzi che vestivano abiti comuni, chiaramente infreddoliti e a giudicare dalle loro espressioni confuse sembravano essere delle reclute per l’ordine.

Al ragazzo però non interessava il fatto che ci fossero nuovi reclutati, l’uomo che li capeggiava era Adalvin, il suo mentore. Ed era proprio con lui che avrebbe voluto parlare di quello che gli era stato detto dal Piromane e di quello che era successo.

« Buongiorno Astrid, oggi ti sei svegliato tardi? Vedo ancora i segni del cuscino sulla tua faccia e hai gli occhi rossi. » disse Adalvin rivolgendosi con rispetto a quello che aveva definito l’allievo migliore che avesse avuto. Astrid fece un mezzo inchino a mo’ di saluto rivolgendo un’occhiata alle reclute.

« Nuova carne da macello? Non hanno un bell’aspetto. Mi chiedo se riusciranno a superare il nostro autunno, figuriamo se sopravvivranno al rigido inverno che ci aspetta. » disse con distacco, i due ragazzi lo guardarono terrorizzati, uno aveva la sua stessa età mentre l’altro aveva appena dodici anni a giudicare dai lineamenti.

Adalvin fece una risata socchiudendo i suoi occhi chiari e gettando il volto indietro insieme ai suoi lunghi capelli scuri. «Non essere cattivo con loro. Ricordo che eri spaventato quanto loro quando sei venuto qui per la prima volta. »

« Io però avevo sette anni, mentore. » disse il ragazzo in risposta. « Avrei bisogno di parlarti, in privato. Riguardo qualcosa che non sono sicuro di poter dire agli altri. » continuò Astrid, quella segretezza destò i sospetti di Adalvin che però annuì con un sincero sorriso salutando il ragazzo e liberando l’ingresso dei nuovi arrivati.

Astrid andò quindi verso l’ufficio dell’Alto-comandante salendo le scale dell’ala est della cattedrale e camminando lungo la parete con le finestre che davano sul cortile arrivando poi alla porta e bussando tre volte per annunciarsi.

Gli fu detto di entrare e l’Osservatore eseguì aprendo la porta e chiudendola alle spalle. Rimase sulla soglia prima di localizzare Bradan Lucarhis che stava camminando intorno al tavolo col rilievo della mappa dell’intera Endymion. « Astrid, non mi aspettavo una tua visita prima del pomeriggio. Ho saputo che siete tornati tardi ieri sera, mi sbagliavo »

« Noi gente del nord diamo più spazio al dovere quando dobbiamo fare qualcosa. » disse, l’Alto-comandante in effetti era nato molto a sud a Cresta del Titano.

« “Giustizia sempre fatta.” » disse Bradan recitando il motto della propria casata, non era solito farlo visto il suo ruolo di Alto-comandante degli Osservatori. « Ho ricevuto un rapporto scritto da Agis, quindi Caius è stato ferito? » chiese.

Astrid fu titubante nel dare la risposta, Agis non avrebbe dovuto specificare quella parte anche se era importante saperlo. Da quanto detto da Neferi, Casa Lucarhis non apprezzava i rapporti tra persone dello stesso sesso, almeno questo valeva per il suo villaggio nel quale le cose erano ben diverse dalla grande città di Cresta del Titano. Tuttavia Astrid non sapeva cosa ne pensava il proprio Alto-comandante che essendo un Osservatore dell’Abisso avrebbe potuto non apprezzare la cosa come gli altri.

« Sì, è stato marchiato. Abbiamo curato la ferita comunque, può tornare già da oggi operativo in missione, se vi serve la sua spada. » disse infine Astrid, ma l’Alto-comandante scosse il viso e quasi fu sollevato per quello.

« L’importante è che alla fine tutto sia andato bene. Siete tutti e cinque vivi, i Piromani sono stati sconfitti e gli omicidi termineranno. Almeno per ora. Agis ha parlato di una certa teoria negli omicidi: amore profano; potresti illuminarmi? » chiese l’Alto-comandante, Astrid si affrettò a rispondere alla domanda parlandogli di quei Piromani che erano sulle tracce delle prostitute e dei flagelli. Bradan ascoltò con attenzione.

« Non sono tipo che dice di fare attenzione, sono certo che tu e Caius sappiate benissimo salvaguardare la vostra vita. Ma in questo caso mi sento in dovere di raccomandarti cautela, non abbassare mai la guardia e quindi: fai attenzione! » aggiunse con mezza risata.

« Apprezzo la vostra preoccupazione, Alto-comandante. Cercherò di non farvi preoccupare la prossima volta. » solo mentre parlava Astrid rifletté sul vero significato delle parole di Bradan: la sua ricerca di Caius lo aveva portato a fungersi da esca, aveva rischiato di morire se i due Osservatori non fossero riusciti a liberarsi dalla prigione.

L’Alto-comandante però non si sentì in dovere di ricordarglielo. « Molto bene, puoi andare. Non ci sono altri movimenti dei Piromani, l’ultima decade del mese comincia bene, spero che si prospetti così per il resto dell’estate. » disse Bradan congedando il giovane Osservatore, quello fece un mezzo inchino abbassando il capo e spostandosi a ritroso verso la sala da pranzo.

Aspettò i suoi amici godendosi quelle poche ore di calma finché non cominciarono ad arrivare, il primo fra tutti fu Neferi che non gli rivolse la parola finché gli altri non riempirono il tavolo e a portare con loro divertimento e tranquillità che rese l’ambiente più leggero e sopportabile.

Dopo pranzo fu Adalvin stesso ad avvicinarsi ad Astrid, il ragazzo sentì la pesante mano del mentore sulla spalla e sobbalzò, poi guardando verso l’alto vide il volto amico. « Ho un momento libero, se ti va di parlarmi di quella cosa. » disse l’uomo senza lasciar trasparire alcuna emozione o alcun indizio su cosa Astrid avesse dovuto dirgli. Salutò i suoi amici e si alzò.

« Non so esattamente come prenderla, voglio dire: è strano, non credo di aver letto casi documentati di quello che è successo con i Piromani, essendo più grande di me confido che tu abbia più informazioni e mi possa esattamente rispondere. » disse Astrid allontanandosi insieme al proprio mentore, camminavano lungo uno dei corridoi che li avrebbe portati alla grande navata principale finché non arrivarono all’interno della chiesa.

Il gigantesco rosone contornava una finestra piena di ricami e interamente fatta da vetro, il simbolo del leone era poi realizzato con la tecnica del mosaico usando vetro giallo e argenteo, tuttavia essendo gli Osservatori distaccati dalla religione, l’enorme disegno era poi stato decorato con altre pietre che facevano sembrare una specie di demone bianco il leone già presente.

« Di che si tratta? » chiese Adalvin senza mostrare particolare curiosità o preoccupazione nell’argomento.

Fu allora che Astrid sputò via quello che era accaduto: « Durante lo scontro con i Piromani abbiamo avuto non pochi problemi, uno di loro mi ha messo le mani al collo nel tentativo di strozzarmi ed ha anche usato il fuoco per bruciarmi. » Adalvin si voltò per cercare eventuali segni ma non trovò nulla sulla pelle candida del giovane. « Non mi ha bruciato, non ho sofferto dolore. E quando il mago lo ha notato mi ha chiamato con uno strano appellativo. »

« Quale? » chiese il mentore, entrambi gli Osservatori si fermarono al centro della navata, proprio dove la luce del sole faceva riflettere l’ombra del grande rosone.

« Mi ha chiamato “Prescelto di luce”. Non lo sa nessun altro, Caius ha visto soltanto che non andavo a fuoco ma non ha sentito le parole del mago. Prima di dirlo a qualcun altro ho pensato fosse meglio parlarne a te. » disse Astrid.

Adalvin non realizzò subito quello che gli era stato detto, era un uomo che difficilmente mostrava emozioni, ma il suo sguardo si allargò facendo comparire un volto pieno di stupore e incredulità. « Prescelto di luce, hai detto!? » chiese per conferma, Astrid annuì senza problemi non capendo cosa ci fosse di tanto grave.

« Che significa? » chiese il giovane.

Adalvin cercò di contenere le proprie emozioni, prese il braccio di Astrid con forza spingendolo lontano dal centro della navata e avvicinandosi ad una delle colonne portanti ai lati della sala. « Non devi dirlo a nessuno, capito? È importantissimo che tu non ne parli neanche a Caius, con una cosa del genere non puoi fidarti di nessuno. Io stesso potrei rappresentare un pericolo per te. » disse il mentore parlando con tono contenuto e spaventato, Astrid scostò la mano dell’uomo che stava stringendo fin troppo forte.

« Che diavolo è il Prescelto di luce? » chiese il ragazzo.

A quel punto Adalvin non poté non parlare visto che il giovane avrebbe continuato ad insistere per saperlo. « Suppongo tu non ne sappia nulla, non è una cosa che si trova sui libri di storia. » fece una pausa e deglutì. « Molto tempo fa, dopo l’Era dell’Oscurità nella quale le ombre dell’Abisso infestarono il continente, sembravamo aver ottenuto finalmente la pace. Endymion viveva una crisi senza precedenti e il credo religioso dei nove Titani parlava della fine nel mondo nell’Inferno di fiamme. »

L’uomo fece un’altra pausa e continuò. « Le casate stavano vedendo il loro sorgere e ma l’umanità aveva subito un grave colpo dall’oscurità portata dai Cavalieri Neri. In mezzo a questo trambusto, Shira Helioson, figlio ed erede della più importante famiglia di Sol Levante, sbarcò qui nelle nostre terre per conoscere il nostro mondo. A sua insaputa, Shira usò i propri poteri del fuoco e distrusse senza volerlo un villaggio intero. Macchiato del sangue di innocenti, fece ritorno alla propria casa dove fu cacciato per la sua fuga di casa. » Adalvin fece un’ulteriore pausa. « Possiamo dire che fu il primo dei Piromani della Luce, Shira era un mago in grado di controllare il fuoco. Tuttavia, pare che una notte ebbe una visione di un nuovo mondo e per crearlo avrebbe dovuto generare altri maghi. Fu così che cominciò a creare i Piromani della Luce, utilizzando “fuoco vivo” per infondere la magia nelle persone. Seguaci che lo portarono ad avere un piccolo esercito. Secondo la sua visione, il mondo sarebbe stato inghiottito dal fuoco e lui sarebbe stato l’araldo della sua fine, avrebbe ridotto in cenere il mondo e proprio come lo stemma della sua casata, la fenice, lo avrebbe fatto risorgere dalle sue cenere in un’era di pace e prosperità. »

Astrid scosse il viso senza capire. « Non capisco cosa c’entri con me un pazzo che voleva bruciare l’intero mondo! »

« Shira si trovò a combattere contro gli avi dei Grimalder, Re Dimeon inviò l’intero esercito alla sua base utilizzando la Corona Splendente e il potere del sole per bruciarli tutti. Ma Shira aveva una caratteristica che gli altri maghi non avevano, il fuoco non lo bruciava. Re Dimeon credeva di averlo sconfitto, ma così non fu. Alzandosi dalle rovine del suo castello, Shira promise che avrebbe adempito alla sua visione distruggendo tutti coloro che avevano sangue impuro, giurò di bruciare villaggi interi e città riducendo il mondo in cenere, per ultima avrebbe distrutto Altura Silente. »

« Re Dimeon venne a sapere del suo fallimento e per evitare la vendetta del Piromane fece costruire il castello interamente in roccia lavica, di fatti l’intero castello di Altura Silente è costruito in ossidiana e rivestito di legno e pietra per mascherare l’orrenda costruzione nera come l’Abisso. » continuò Adalvin. « Shira Helioson rinunciò al nome della propria casata rinnegandola. Ma nonostante avesse giurato vendetta, nessuno più sentì parlare di lui. Scomparì nel nulla e il Re pensò che fosse finalmente finita. »

« Ancora non capisco cosa c’entri tutto questo con me. Perché non mi sono bruciato? Ho persino saltato un cerchio di fuoco senza farmi nulla! » disse Astrid non capendo ancora il collegamento che l’erede di Casa Helioson ormai distrutta aveva con lui. Adalvin abbassò lo sguardo grave su di lui.

« Shira aveva fatto una promessa, tramite l’incantesimo del fuoco e la sua maestria fece in modo di imprigionare la sua anima e la sua essenza, vincolandosi per sempre alla cenere. Il Prescelto della luce diede vita al Fuoco Divino venerato dai Piromani, dopo essersi assicurato la vita eterna, spense le fiamme dicendo ai suoi seguaci di cercarlo nei secoli a venire facendogli giurare di farlo tornare quando sarebbe stato il momento più opportuno. »

Adalvin prese un respiro guardando il ragazzo nei suoi occhi color nocciola. «  È possibile che tu abbia ereditato il vincolo e l’anima del primo Piromane. Questo significa che sei mago e come Shira non bruci o provi dolore col fuoco. »

« Ancora non capisco. Perché tanta segretezza? Nessuno mi crederebbe mai se anche dicessi una cosa del genere. » disse Astrid non capendo la pericolosità di quanto gli era appena stato rivelato, fu compito di Adalvin essere più chiaro al riguardo.

« I Grimalder vennero a scoprire che Shira aveva fatto questo rituale in modo da far viaggiare la sua anima nel tempo, temevano il suo ritorno. Dopo la divulgazione della sua scomparsa,  hanno continuato a cercare il suo erede in tutti gli uomini e le donne provenienti da Sol Levante in segreto. I Grimalder tutt’oggi hanno il compito di eliminare chiunque ereti i poteri del fuoco così da evitare che il Prescelto di luce purifica il mondo dai suoi peccati ardendo chiunque nell’Inferno di fiamme. »

« Mi stai dicendo che sono una specie di demone della morte e che con me verrà la fine del mondo? » chiese Astrid sarcasticamente, lo sguardo di conferma di Adalvin però lo fece titubare. « Mentore, non crederai davvero che io possa fare del male a degli innocenti? »

Adalvin non rispose subito. « Io non lo credo, ma persino tra queste mura ci sono persone al comando che pur di eliminare l’incarnazione di Shira sarebbero disposti a tutto. » disse, Astrid capì subito che si riferiva all’Alto-comandante. « Promettimi che non ne farai mai parola con nessuno, neanche con i tuoi amici! »

Astrid indugiò qualche secondo. Poi annuì. « Va bene, te lo prometto. » disse infine sentendosi schiacciato dalla preoccupazione.

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Capitolo 16
*** 16. Dantos - Giustizia del Re ***


{Dantos}

16.

Giustizia del Re

 

Le strade di Altura Silente erano davvero silenziose. Dantos camminava lungo la via principale, era da molto tempo che non metteva piede in quelle strade e si sentiva di essere tornato a casa, avrebbe tanto voluto non provare quella sensazione ma lui come gli altri ai piedi dei portoni era solo un poveraccio.

La via davanti ai suoi occhi lo avrebbe condotto direttamente al grande mercato, aveva dovuto deviare dalla strada principale che conduceva al castello così da arrivare nel quartiere più povero. Non gli piaceva stare là, ma non poteva negare quella sensazione di benessere che lo faceva sentire al suo posto.

Indossava il suo elmo così da coprirgli il viso, si mimetizzava perfettamente con qualunque altra guardia cittadina ma chiunque sapeva bene chi era visto che era vicino al Re; Drustan non era mai stato in mezzo ai vicoli della città, le persone sembravano quindi risollevate nel vederlo camminare a piedi e non su una carrozza.

In molti avevano persino creduto che in realtà il Re fosse soltanto una finzione per tenere a bada il popolo, ma da quando il credo religioso dei Titani aveva stretto il patto con la corona avevano davvero calmato le sempre più grandi rivolte.

Era passato più di un mese, finalmente Dantos aveva modo di vedere i risultati della decisione del Re, un vento leggero spirò velocemente scostando il suo lungo mantello, rivolse un’occhiata al proprio protetto che indossava abiti di seta leggeri.

« Ti prenderai un malanno, mio Re. Indossa il mio mantello, per favore. » disse Dantos parlando col giovane ragazzo. Quello scosse il viso continuando a puntare i suoi occhi in avanti.

« Non farò come la mia sposa, non mi nasconderò dietro pellicce e abiti suntuosi. Il popolo ha bisogno di vedere che anch’io posso soffrire come loro, grazie Sir Maxwell. » disse Drustan in risposta rifiutando la gentilezza del proprio cavaliere, si scambiarono un’occhiata fugace e un sorriso con essa.

Al loro fianco non mancava di certo la carismatica presenza di Sir Jorge, il Santo infatti aveva stabilito la sua dimora al castello per tutto il periodo della restante estate, un mese nel quale aveva dato modo di farsi conoscere a apprezzare: in quanto membro di Casa Arni, Dantos aveva scoperto che era un lontano cugino di Saisyll e che ovviamente i due si conoscevano ma non si guardavano neanche.

« Credo sia la cosa più giusta, mio signore. Questi uomini e queste donne vivono di stenti, l’inverno in arrivò li farà soffrire, forza e speranza è quello che gli serve per andare avanti. » disse Sir Jorge, ma Dantos non era d’accordo.

« No, la speranza è l’unica cosa che li tiene a bada, non quello di cui hanno bisogno. » disse il cavaliere in risposta. Si rivolse nuovamente al proprio Re. « Vostro padre ha una brutta influenza, non voglio che anche voi stiate male, mio Re. Per favore, prendete il mio mantello e mettetevelo addosso! » ripeté Dantos insistendo, Drustan lo guardò con i suoi grandi occhi impietositi mentre osservava la mano del cavaliere che gli passava il mantello.

Alla fine cedette annuendo, questo perché Dantos aveva toccato un tasto molto dolente che in quel periodo così scuro lo faceva rattristire. « Mi dispiace per vostro padre, sono sicuro che sarebbe voluto venire con voi. Ma restando al castello si riprenderà in fretta, il Titano Sacerdotessa se ne prenderà cura. » disse Sir Jorge osservando il gesto scambiato tra i due.

Dietro i tre che stavano guidando il gruppo c’era il resto della famiglia reale: Nynniew insieme alla sua guardia del corpo che per le visite in città era Karpos Painer, era suo compito proteggere anche la Reggente madre, Lady Saisyll si trovava dietro di loro insieme ad altri dieci cavalieri a chiudere il corteo.

Dantos non aveva intenzione di guardarsi le spalle, era convinto che fosse già troppo rischioso per lui trovarsi in giro per la città, ma Drustan aveva insistito e lui riteneva che fosse la cosa migliore per il suo Re. « Pare che le cose siano davvero più calme… » disse con un sussurro il giovane sovrano osservando la piazza davanti una chiesa, completamente deserta se non per pochi che uscivano dalla porta dopo aver pregato.

Entrambi i cavalieri accanto al Re annuirono, una folata di vento fece alzare le foglie di un albero facendole volare dappertutto, Dantos guardò quindi il cielo vedendo che le nuvole si stavano spostando sopra la città con velocità, avrebbe piovuto a breve.

« Dovremmo rientrare al castello, oggi non è una bella giornata per stare per le strade. » disse Dantos parlando col Re.

« Solo qualche altro minuto, per favore. » disse quasi implorando, Sir Jorge lanciò un’occhiata all’altro cavaliere, chiaramente stranito dal tono usato, Dantos  fu costretto a distogliere le sguardo.

Si fermarono pochi metri dopo quando le stesse persone che erano uscite dalla chiesa si prostrarono a terra inchinandosi al loro Re. Dantos osservò il modo e l’eleganza col quale il giovane sovrano si approcciò a loro. Faceva un semplice sorriso che scaldava il cuore di quelle persone, aveva lo stesso effetto su Dantos.

« Hey cagnolino, la tua preoccupazione per il Re è davvero notevole. E il modo in cui lui sembra essere accondiscendente nei tuoi confronti è davvero tenero. » disse Sir Jorge, Dantos sentì un senso di rabbia salirgli fino alla gola e riempirlo.

« Chiamami cagnolino ancora un’altra volta e giuro sui tuoi sporchi e inutili dei che ti ficco la mia spada nel culo! » disse il cavaliere senza preoccuparsi di mostrare la propria rabbia, Sir Jorge fece una risata, non era minimamente preoccupato.

« Calma, cavaliere. Ho notato che il Re tiene molto alla tua parola. Vi conoscete da molto tempo immagino, per avere tanta stima. » chiese Jorge usando un linguaggio e un tono più pacato, non si scandalizzava minimamente quando Dantos usava un certi vocaboli coloriti, rispetto agli altri Sommi Sacerdoti venuti al castello lui sembrava essere il più giovane e comprensivo.

« Ho moltissimo rispetto nei suoi confronti e lui ne ha nei miei. Drustan è un Re migliore di chiunque altro. Merita il trono e la corona che tiene sulla sua testolina. » disse indicando la Corona Splendente, Dantos non distoglieva lo sguardo dal proprio Re neanche per un istante osservando una donna dalle vesti logore baciare uno dei tanti anelli alla mano del Re.

« È ammirevole, davvero. Sono molto contento che il nostro Re abbia un cavaliere affezionato a lui, gli dei Titani sanno bene quanto la corte del castello possa essere pericolosa per il nostro giovane uomo. » disse Sir Jorge, Dantos lo guardò con la coda dell’occhio stringendo le labbra con dolore.

« È solo un ragazzo, il castello è un covo di serpenti. Non credevo che l’avessi notato anche tu. » disse il cavaliere all’altro, quello fece un mezzo sorriso abbassando il viso di scatto a terra, i suoi lunghi capelli argentei si mossero insieme a lui.

« Che la benedizione dei nove sia sempre con lui. » disse Sir Jorge mettendo fine al discorso, avanzò fino ad arrivare al Re che aveva appena lasciato andare i fedeli, tutti e cinque sorridevano felici della venuta del Re tra di loro.

Dantos smise di osservare il sovrano quando sentì delle gocce d’acqua colpirgli l’elmo, alzò lo sguardo al cielo notando che la pioggia stava passando dalle fessure per gli occhi, altre gocce lo colpirono cadendo sempre più velocemente intorno a loro.

« Mio Re, dovremmo proprio tornare al castello. Sta cominciando a piovere. » disse ancora Dantos, quando Drustan annuì il cavaliere sentì la reazione di Nynniew che ringraziò il cielo del ritorno a casa, ormai Dantos aveva capito quanto misera e stupida fosse la Regina, un burattino!

« Sono contento di come è andata oggi. L’Inquisizione ha davvero fatto un ottimo lavoro, alla fine la fede ha prevalso sulla forza, non lo dimenticherò Sir Jorge. » disse il Re, a Dantos venne un dolore allo stomaco alle parole del sovrano, Sir Jorge fece un finto sorriso stando al suo gioco.

« Ne ero certo, mio signore. »

Ma Dantos sapeva bene che non era così, l’Inquisizione aveva uomini cavalieri ad ogni angolo della città, solo una o due rivolte erano state sedate con la calma e le parole, per tutte le altre si era dovuta usare la spada e la forza. Più volte Dantos si era chiesto se Rosa fosse tra quelle vittime, sperava che non fosse così.

Quando ritornarono al castello ormai la pioggia aveva cominciato a cadere, era la prima pioggia dopo molto tempo e come sempre nella capitale arrivava dopo la prima decade del mese della Ruota. Dantos sapeva che questo non era un bene di certo, il suo tempo a corte era quasi scaduto visto che avrebbe dovuto uccidere il proprio sovrano prima dell’arrivo della fine del mese.

Ma in quei giorni i suoi pensieri erano completamente empatici vista la brutta influenza che aveva colpito il padre di Drustan; Donchad Grimalder si era ammalato già da cinque giorni e nonostante le cure del medico di corte sembrava non avere pace un istante, tossiva pesantemente e perdeva sangue, era deperito e aveva perso quasi tutti i suoi capelli. Nessuno aveva idea di cosa gli fosse preso, di quale strana influenza si fosse ammalato, mal il contatto col Re era assolutamente vietato.

Era stato proprio Dantos a convincere Drustan che fosse meglio tenersi a distanza dal proprio padre; sarebbe stato più facile se il Re si fosse ammalato, Dantos non si sarebbe dovuto sporcare le mani del suo sangue, ma questo lo avrebbe reso un codardo oltre che un regicida. « Il concilio con la Giunta Capitale inizierà a breve, mio Re. Sarà meglio spostarsi nella torre alta. » disse più tardi.

Drustan annuì e i due dalla camera si spostarono verso l’alta torre del consiglio: in assenza di Donchad Grimalder, il posto come Maestro diplomatico era stato assegnato a Saisyll Lucarhis, in quanto madre della Regina aveva tutto il diritto di esercitare quel potere e la cosa preoccupava molto Dantos.

In quella stanza circolare, attorno a quel tavolo illuminato dalla finestra nel soffitto, quanti nemici aveva il Re?

Dantos si era ormai convinto e mobilitato nella ricerca dello Spettro Folle, aveva intenzione di capire chi fosse e chi gli aveva assegnato quella missione; poteva essere chiunque ma Dantos non poteva fare a meno di sospettare della Reggente madre.

La donna gli aveva più volte fatto capire che aveva potere nella corte del castello, questo significava molto e nulla. Ma c’erano anche altre figure all’interno del castello che volevano male il Re anche se Dantos non capiva il loro movente. Di una cosa però era certo anche se non aveva messo al corrente il Re dei suoi dubbi: Donchad Grimalder non si era semplicemente ammalato.

« Ho finalmente ricevuto un rapporto dettagliato riguardo la produzione del Respiro del drago, sarete lieto di sapere mio Re che stiamo cominciando ad avere dei frutti. » disse Ollyson Gatling dall’altro lato della tavola risvegliando Dantos dai suoi pensieri.

« Esponi pure, Maestro del conio. » disse il Re in risposta ricevendo e dando una rapida occhiata al rapporto del Maestro di spie; Dantos guardò attentamente l’uomo nei suoi occhi scuri, quello gli fece un leggero sorriso incrinando i baffi attorno alla bocca. Anche lui era tra i sospettati di Dantos.

« La produzione a grandi quantità è iniziata dall’inizio del mese e in dieci giorni abbiamo venduto barili interi; Casa Sigmurd e Casa Dunnstone hanno acquistato ben volentieri il Respiro del Drago, inoltre anche da Sol Levante stiamo ricevendo offerte interessanti, per non parlare del risparmio del castello in quanto ad olio, non siamo più costretto a comprarlo, lo produciamo noi. »

« Non ci interessano le storielle intorno alle nostre conquiste, caro Maestro del conio, » disse Saisyll interrompendo il resoconto del giovane consigliere. « vogliamo i fatti: quanto ha guadagnato la corona? La crisi non è ancora scongiurata e con l’inverno sempre più vicino il popolo chiederà la nostra carne sui loro piatti. »

« Abbiamo recuperato quanto investito. Ancora non si parla di alcun profitto, ma abbiamo aperto questi affari da soli undici giorni, è un miracolo che le cose stiano andando in questo modo. » disse in risposta il giovane Maestro del conio, sia Lady Saisyll che la Regina furono visibilmente soddisfatte.

« Pare che il tuo piano sia riuscito, lord Gatling. E in quanto alla produzione di armi? È già cominciata la produzione dell’esplosivo? » chiese il Re parlando quasi sottovoce, naturalmente era un segreto che l’olio potesse essere un potente esplosivo, nessuno degli acquirenti era stato messo al corrente.

Con grandi rischi e pericoli, ovviamente. « Non ancora. » rispose il Maestro della guerra scuotendo il viso. « Ma presto inizierà, i miei uomini sono già in viaggio per prelevare altro olio, lo imbottiglieremo creando degli ordigni esplosivi, rivestiremo le spade e le infiammeremo in battaglia. Chiunque sarà spaventato dalla nostra ferocia. » concluse soddisfatto.

Dantos rimase stranito dall’affermazione riguardo le armi in battaglia. « Vogliate perdonarmi, Maestro di guerra, ma le nostre spade possono resistere al calore di una fiamma tanto potente? »

A quella domanda rispose Ollyson Gatling nonostante non fosse sue competenza. « In verità no, meno di cinque minuti e la spada si trasformerà in acciaio fuso, è per questo che la produzione di armi va lenta: dobbiamo fabbricare armi migliori e solo il diamante o l’ossidiana sembrano abbastanza resistenti. »

« Spade di diamanti!? » chiese il Re stizzito. Batté entrambi i pugni sul tavolo facendo cadere il proprio calice d’acqua. « Ho investito il denaro della corona per produrre armi migliori, ma non ha senso se per poter usare queste armi devo dare fondo a tutta Altura Silente per raccogliere diamanti e ossidiana! » urlò il giovane sovrano, nella sala scese un silenzio tombale che mise a disagio Dantos che raramente vedeva Drustan in quel modo.

« Ha ragione mio marito, abbiamo già provato a testare sul titanio? Noi Lucarhis produciamo armi e armature in grandi quantità. Dovrebbe essere uno dei metalli più forti al mondo. » chiese la Regina, il Maestro della guerra fece spallucce senza avere una risposta alla domanda. « Allora dovremmo fare delle prove, dopo che saranno stati visti i risultati ci incontreremo di nuovo sulla questione, fino a nuovo ordine. » disse continuando la giovane.

Persino Dantos fu d’accordo con lei, ma in qualche modo sentiva che c’era lo zampino della madre che comandava la figlia tramite una complessa rete di fili. La donna però parve inespressiva.

« Bene, allora ci incontreremo tra sette giorni di nuovo per il prossimo consiglio. Se non c’è altro, la riunione è conclusa. » disse Drustan scuro in volto e molto arrabbiato, nessuno ebbe da ridire e la riunione giunse a conclusione, era stata abbastanza lunga ed era giunto il momento di pensare ai giudizi in attesa.

L’intera Giunta Capitale, il Re e la Regina e Dantos si spostarono quindi verso la sala del trono scendendo la torre alta ed entrando nella stanza dalla porta alla destra dei due troni.

Dantos rimase immerso nei suoi pensieri per tutto il tempo in cui vennero ascoltate le udienze, raramente cercava lo sguardo del proprio Re che però stava imperscrutabile seduto sul trono con indosso la Corona Splendente. La sua sfuriata di prima nella torre era qualcosa di assolutamente inaspettato, cercava di darsi una spiegazione e immaginò che il sovrano fosse molto in ansia per suo padre vista la malattia che lo aveva colpito.

Però riusciva a farsene una spiegazione solo se separava il Drustan della riunione da quello che aveva camminato lungo la strada in quella mattinata stessa. Erano due persone diverse manifestate nell’arco di poche ore l’una dall’altra.

Anche durante i giudizi Drustan si dimostrò piuttosto tranquillo, alcuni chiedevano udienza per riscuotere denaro per l’ottima produzione di grano e vino che avevano fornito alla capitale, senz’altro vennero accontentati. Due uomini attesero che il Re desse loro giustizia, qualcuno aveva rubato nelle loro casa lasciandoli privi di ogni bene materiale, Drustan quindi autorizzò le guardie cittadine alla ricerca di criminale e di punirli.

Si presentò anche un nobile per porgere i suoi omaggi e rispetti al nuovo sovrano che regnava Altura Silente da ormai due mesi.

L’ultimo uomo della giornata entrò nella stanza facendo parlare di sé: i vociferi lo accolsero e tutti i presenti cominciarono ad indicarlo mentre avanzava lungo il tappeto verde e blu fino al trono.

Si inginocchiò facendo scricchiolare la propria armatura fatta di titanio, l’uomo che si era presentato al cospetto di Drustan era una delle guardie del castello che Dantos aveva visto molte volte girare per la ronda. Non capiva cosa ci facesse lì.

« Perché una delle guardie cittadine si trova al mio cospetto? Che cosa sta succedendo in nome dei Titani!? » chiese Drustan molto stizzito dall’accaduto, la moglie al suo fianco sembrò essere sconvolta tanto quanto lui della cosa.

« Sir Wellen, guardia del castello di Altura Silente, è accusato dell’omicidio di tre uomini nella piazza principale. Stando ai testimoni li ha attaccati improvvisamente senza motivo; ha estratto la propria spada e li ha massacrati giurando di cercare le loro famiglie per farli a pezzi; l’uomo è stato immobilizzato dalle altre guardie venute sul posto per il trambusto. » recitò Lady Saisyll leggendo la cartella con le pergamene e i mandati. In quanto sostituta di Donchad, aveva ogni diritto di essere là.

« Devo forse credere che una delle mie guardie sia impazzita? Cosa ti ha spinto a massacrare tre innocenti» chiese Drustan rivolgendosi alla guardia; Sir Wellen alzò lo sguardo verso il proprio sovrano, si morse le labbra come per trattanersi.

« Io non ricordo cosa è successo. » si limitò a dire.

Quella risposta creò scompiglio nei nobili all’interno della sala del trono che stavano ascoltando la causa. « Cosa significa che non ricordi cosa è successo? Hai ucciso tre persone senza motivo, stando a quanto letto dalla Maestra diplomatica, giustificati davanti al tuo Re o subirai la tua giusta condanna! » ripeté Drustan parlando con tono di voce più alto, ma l’uomo sembrava non sapere cosa dirgli o come giustificarsi ed evitava il suo sguardo.

« Mio signore, non ricordo davvero cosa sia successo. Ricordo solo di aver fatto colazione stamattina presto perché dovevo compiere il mio giro in città, poi non ricordo più nulla prima di essere catturato e portato qui al castello. »  questo creò nuovo sgomento nella sala del trono dove certi uni inneggiavano alla falsità dell’uomo e proponevano quindi la sua esecuzione.

« Quest’uomo sta mentendo, mio caro marito. Vuole farci credere che qualcuno lo abbia drogato e costretto a fare quello che ha fatto ma spero che non saremo così indulgenti da lasciarlo impunito. » disse la Regina parlando sottovoce al compagno alla sua destra, Drustan annuì lentamente con lo sguardo perso nel vuoto, Dantos faticò a credere a quanto stava succedendo.

« Maestro della guerra, tu conosci tutte le guardie della città. Credi che quest’uomo possa essere uno spietato assassino come dipingo dal rapporto della causa? » chiese il Re al proprio consigliere, Dantos mosse il suo sguardo velocemente ai quattro della Giunta Capitale notando una certa soddisfazione negli occhi di Saisyll, qualcosa cominciò a puzzargli.

« Credo che tutti i nostri soldati possano essere bravi uomini o assassini privi di scrupoli. Hanno giurato fedeltà e sono pronti ad uccidere nel vostro nome, forse è vero che lo hanno drogato. Ma nessuno ha accesso agli alloggi della torre di guardia eccetto i soldati stessi. » nuovamente l’attenzione di tutti tornò al Re.

Lady Saisyll si fece avanti davanti il breve silenzio e incertezza mostrata dal sovrano. « La giustizia del Re dovrebbe essere uguale per tutti. È quello che ci ha insegnato l’Inquisizione, la vostra volontà corrisponde al bene che gli dei Titani ci offrono. » disse la donna avanzando di pochi passi e parlando al proprio sovrano. « Dovremmo giustiziarlo come faremmo con un qualunque criminale o assassino. » propose lei infine.

« Mio Re, potrei dirvi una parola in merito? » chiese Dantos avanzando, tutti gli altri lo guardarono straniti, non era un mistero che il cavaliere desse i propri consigli al sovrano, ma per lui era la prima volta che si intrometteva così spudoratamente davanti a tutta la corte del castello.

Ciononostante, Drustan annuì sporgendosi oltre il braccio del trono così da avvicinarsi al cavaliere, Dantos si chinò in avanti così da essere all’altezza dell’orecchio del Re. « Diamogli il beneficio del dubbio, voglio indagare personalmente sulla questione. Le nostre prigioni sono vuote, possiamo sbatterlo lì e indagherò per vostro conto. Ma giustiziarlo in questo modo… credo che non sia la scelta migliore da fare. » propose il cavaliere.

Col suo sguardo cercò di indicare verso destra facendo un leggero cenno col volto, Drustan seguì il cenno che era rivolto ovviamente a Lady Saisyll, in qualche modo riuscì a capire. “Lo vuole morto, ma c’è qualcosa che non mi torna in questa storia, è vero che nessuno potrebbe averlo drogato, ma quest’uomo non può essere impazzito senza una ragione.” Pensò Dantos.

Forse per la prima volta in due mesi avrebbe agito unicamente nell’interesse della corona dimenticandosi qual era il suo compito in quella corte. « Molto bene, dopo un’attenta riflessione da parte della mia guardia, ho scelto la cosa più giusta: Sir Wellen verrete condotto nelle nostre prigioni così che avremo modo di indagare sulla questione, le prove che verranno trovate o meno ci diranno se vi giudicherò colpevole o innocente. Con queste mie parole… » ma Drustan non poté terminare visto che Ollyson Gatling cercò di interromperlo intromettendosi a sua volta.

« Vostra Maestà cercate di essere ragionevole, le probabilità che quest’uomo stia mentendo per salvarsi la vita sono molte. Siete sicuro che sia la scelta giusta chiederlo in prigione? »

Ma Drustan non si piegò davanti le parole del Maestro di spie. « Questo è il mio giudizio, le mie parole sono legge adesso. Sbattete quest’uomo nella prigione. Così ho deciso e così sarà. » disse il Re ribadendo la propria volontà, Gatling non replicò una seconda volta ma parve visibilmente turbato dalle parole del sovrano.

Quando la guardia venne trascinata via, i giudizi per quel giorno erano finalmente giunti al termine quindi Drustan poté alzarsi dal proprio trono, la moglie scappò piuttosto in fretta allontanandosi dal marito chiaramente contrariata per quello che era successo. Dantos era sicuro che in qualche modo ne avrebbe fatto un dramma e se ne sarebbe lamentata con la madre.

« Ho fatto la scelta giusta, vero? » chiese il Re quando sia lui che Dantos camminarono lontani alla sala del trono, il cavaliere vide il giovane sovrano stringersi le mani e girare gli anelli che aveva tra le dita più e più volte in preda alla preoccupazione.

« Sì, mio Re. Sporcarvi le mani del sangue di una delle vostre guardie può essere una mossa pericolosa. Potrebbe essere visto come un brutto gesto, inoltre non mi è piaciuto come quelli della Giunta Capitale lo hanno accusato senza pensarci due volte. »

« Si tratta dell’evidenza. Quell’uomo ha ucciso tre persone nella piazza principale davanti a moltissime persone. C’è chi potrebbe pensare che ho preferito negare la giustizia a quell’uomo; le loro famiglie chiederanno la sua testa, e questa gli è stata negata. Significa che questa mia clemenza di oggi mi provocherà dei problemi domani. » disse Drustan con voce chiaramente giù di tono, da qualche parte all’esterno del castello un rombo nel cielo riempì l’aria e il suono della pioggia infuriò.

« Posso andare ad interrogare quell’uomo subito. E se lo reputerò colpevole allora ho il tuo permesso di giustiziarlo nel tuo nome? » chiese Dantos in maniera piuttosto mal volenterosa, non era contento di pensare all’assassinio di un uomo. Non che si fosse affezionato a qualcuno in quei mesi lì al castello; l’unico per il quale provava affetto era proprio colui che avrebbe dovuto uccidere.

« Vai, torna da me più tardi. » disse Drustan una volta che furono arrivati davanti la camera del giovane Re, il cavaliere quindi fece un mezzo inchino dirigendosi verso le segrete del castello.

Lo preoccupava lasciare il Re da solo, ma in qualche modo si sentì più sicuro sapendo che la persona più pericolosa per lui lo aveva appena lasciato nella sua stanza. Dantos si spostò quindi in fretta con l’unico pensiero di andare alle segrete, c’era stato un paio di volte nell’arco di quel mese e sapendo ormai come orientarsi nel castello arrivò in una ventina di minuti.

La guardia lo fece passare senza problemi permettendogli di avanzare all’interno del corridoio freddo e bagnato; trovandosi le prigioni sotto il castello era naturale che l’acqua piovana scavasse dei passaggi arrivando fin lì, ogni cella che Dantos superò era con larghe pozze di acqua al suo interno.

Arrivò ben presto all’angolo più freddo e lontano stringendo una semplice torcia infiammata che brillava di blu, colore del prezioso Respiro di Drago che modificava il colore della fiamma nel bruciare. Dantos emise un respiro mozzata dal freddo, anche con l’armatura indossata si sentiva piuttosto a disagio, l’autunno era davvero arrivato nella capitale e presto l’inverno nevoso.

« Sei venuto qui per giustiziarmi? Hanno fatto in fretta, non credevo che sarebbe finito tutto così velocemente. Ma almeno so che è  davvero finita… » disse Sir Wellen sollevato quando Dantos arrivò alla porta della cella, prese le chiavi che gli erano state consegnate dal secondino all’ingresso e aprì la porta facendosi spazio all’interno nel quale c’era solo un catino e un letto.

« Sono venuto qui per indagare. Né io né il Re concordiamo sul fatto che tu abbia agito in totale coscienza. » disse Dantos sedendosi sul letto e poggiando i gomiti sulle proprie ginocchia. « Cosa diavolo è successo? È ovvio che stavi mentendo! »

Sir Wellen si morse le labbra, gesto che non sfuggì a Dantos e che significava che aveva davvero mentito. « Mi hanno minacciato, hanno detto che era il modo migliore per andarmene, che così non avrebbero fatto del male alla mia famiglia per quello che avevo scoperto. Non c’era altro modo per proteggerli, così ho mentito. » disse il cavaliere, Dantos poté capire a cosa stava pensando.

Ma ancora non riusciva a capire cosa fosse successo. « Chi sono loro? Chi avrebbe fatto del male alla tua famiglia? » chiese il cavaliere all’altro, quello evitò di guardarlo negli occhi voltandosi con il viso contro la parete e poggiandosi col braccio.

« È successo due giorni fa: stavo compiendo la mia ronda al castello quando ho sentito Lady Saisyll parlare ad un altro uomo: mi sono nascosto dietro l’angolo e ho cercato di spiarli riuscendo a vedere solo la Reggente madre. » la guardia strinse i propri pugni con forza per trattenere la rabbia che lo divorava. « Hanno avvelenato Donchad Grimalder, non ho capito ma dicevano che stava facendo effetto e presto sarebbe morto. Non so con cosa, non lo hanno detto. Lì ho cominciato ad avere paura. »

« Stai dicendo che Saisyll ha ordinato di avvelenare il padre del Re!? » chiese ricevendo un cenno affermativo dalla guardia.

« E non è tutto; Lady Saisyll diceva anche che qualcuno nella corte doveva uccidere il Re prima della fine del mese. Credo siano coinvolti anche i membri della Giunta Capitale, non ho scoperto altro perché ho fatto cadere un vaso a terra e mi hanno scoperto. L’indomani Karpos Painer mi ha ordinato di uccidere delle persone durante uno dei miei giri in piazza e mi ha anche ordinato di inventarmi la perdita di memoria, così non avrebbero fatto del male a mia moglie e alle mie figlie. Sono sicuro che è stata quell’orrenda donna ad ordinarglielo, anche l’Alto-comandante è immischiato. »

Dantos ascoltò le parole del cavaliere senza emettere fiato, aveva sempre sospettato delle cattive intenzioni di Lady Saisyll e adesso aveva conferma di quello che sospettava, poteva essere solo lei che aveva commissionato l’assassinio del Re, ma anche sapendolo sarebbe stato difficile fermare quanto messo in moto.

E Dantos pensò di sapere anche chi fosse il misterioso Spettro Folle. « Sono convinto che anche Ollyson Gatling sia immischiato, se come dici tu i membri della Giunta sono corrotti e vogliono il Re morto. Ma non capisco cosa ci guadagna la Giunta dalla sola sovranità di Nynniew; verranno chiamati gli altri eredi in causa e lei perderà ogni diritto. » rifletté Dantos, c’erano i cugini di Bosco Ombroso che avrebbero potuto ereditare la corona.

« Non ne so molto al riguardo, ma l’uomo che parlava con Lady Saisyll ha fatto un nome, » disse la guardia voltandosi verso il cavaliere che aveva alzato lo sguardo. « Dantos. Credo sia una specie di nome in codice, nessuno al castello ha questo nome. »

Il giovane uomo alzò lo sguardo incredulo, cercò di mantenere la tranquillità, cominciando a temere di essere scoperto, l’unico però che poteva dargli problemi era quell’uomo davanti ai suoi occhi. « Hanno detto altro? » chiese, ma Sir Wellen scosse il viso.

A quel punto Dantos vagliò alcuni istanti la possibilità di eliminare l’unico uomo che lo avrebbe potuto tradire. « Sarà difficile, ma cercherò di aiutare la tua famiglia. E prima o poi ti farò evadere da qui. Ma non oggi, non adesso. »

« Perché no? Se tu gli dicessi la verità magari ti crederebbe! » disse l’uomo avvicinandosi supplicando a Dantos, il cavaliere però scattò liberandosi dell’uomo e uscendo dalla prigione.

« Ti aiuterò, ma non oggi. » disse ancora una volta, lasciando l’uomo in vita prima che ci ripensasse. Si affrettò a lasciare le prigioni, aveva bisogno di rinfrescarsi il viso, quindi cominciò a correre fino al portone del castello uscendo, aveva bisogno di parlarne con qualcuno, e l’unica era la sua Rosa.

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Capitolo 17
*** 17. Kari - Un gioco pericoloso ***


{Kari} 

17.

Un gioco pericoloso

  

I venti del nord spiravano più violentemente di qualunque altro vento, nessuna città sembrava soffrire quanto Bosco Ombroso alle prese con l’autunno e le forti raffiche di vento che scuotevano la città, di fatti non era ancora tempo di preoccuparsi della neve e a Bosco Ombroso in pochi avevano visto la pioggia.

Al nord l’acqua si cristallizzava in inverno sotto le rigide temperature, ogni uomo e donna lo sapeva e per i Caelum era ormai un’abitudine vivere quel vento e quel freddo. Come chiunque altro, anche la famiglia dei lord era ben preparata alle basse temperature, e mentre c’era chi come Lady Helga che preferiva di gran lunga il camino per riscaldarsi, c’era anche una giovane Kari Caelum che aveva intrapreso un viaggio ben diverso.

« Tenete la spada alta o vi farò male. Stavolta non mi limiterò a stendervi, Kari. Quindi state in guardia! » disse Aedan rivolgendosi alla propria signora. La ragazza alzò la spada di legno davanti ai suoi occhi guardando attraverso lo strato sottile della lama.

Era passato più di un mese ma la giovane lady di Bosco Ombroso era ancora agli inizi dell’arte della spada, eppure in quel mese aveva imparato tanto dal proprio cavaliere, non avrebbe saputo affrontare un soldato addestrato ma avrebbe potuto prevalere su un inesperto. O almeno la lady era solita vantarsi della cosa con la propria guardia quando finivano di allenarsi a fine giornata.

« Ci sono, non ti trattenere. » disse lei annuendo; indossava abiti molto più comodi per l’allenamento, una tunica leggera costituita da pantalone scuro, cintura per bloccare la casacca superiore e le maniche erano tirate verso sopra lasciandole le braccia scoperte.

L’abbigliamento di Aedan era molto simile, aveva rinunciato alla propria armatura nelle ore di allenamento e vestiva con pantalone di lana e camicia di lino. Il cavaliere dai capelli dorati inclinò la spada leggermente tenendo una mano dietro la schiena e l’altra impugnando la propria arma.

Aedan scattò in avanti senza pensarci due volte attaccando Kari con frequenza e con tutta la forza che aveva, la giovane lady cercò di difendersi dalla forza dell’uomo parando i primi cinque colpi finché la mano non resse più lo sforzo e fece scivolare la spada, il risultato fu che Kari ricevette un colpo di legno in pieno petto.

« Accidenti… » sputò via la giovane lady sentendo il fiato mancarle, il suo corpo venne scosso dall’improvvisa mancanza d’aria e la costrinse e chinarsi su se stessa.

Aedan le si avvicinò smettendo di attaccarla, chinò le ginocchia così da mettersi seduto davanti alla lady tenendo le gambe incrociate e la spada messa di lato. « Solitamente l’espressione più liberatoria in questi casi è “cazzo!” o “figlio di puttana!”. »

Tuttavia Kari non poté immediatamente parlare, si limitò ad alzare lo sguardo sentendo il sudore che le scendeva lungo il viso e la fronte, si trovando davanti il viso di Aedan, anche lui madido di sudore. « Dicendo queste parole proverei meno dolore!? Dimmi che stai scherzando! » disse lei, ma il cavaliere scosse il viso.

« Mai stato così serio; capisco la vostra buona educazione, ma come vi ho insegnato non c’è educazione nel combattimento contro un bersaglio che ti vuole uccidere. Non c’è onore in un combattimento non ufficiale, ed è per questo che riesco a battervi sempre. Ma avrete tempo per imparare, siamo ancora in autunno. » rispose il ragazzo, Kari fu davvero tentata di urlargli insulti, ma si trattenne mordendosi le labbra con forza, si fece forza alzandosi con fatica grazie alla propria spada di legno.

« Probabilmente Synder mi urlerà contro per questo… » disse lei tornando con la propria mente lucida dopo aver superato l’assenza di aria e il dolore ricevuto con il colpo.

« Capirà perfettamente. Anche voi avete subito molti dolori quando era lui ad allenarsi, se non sbaglio. » disse Aedan riprendendo la propria spada, diede le spalle a Kari, senza chiedere permesso il cavaliere si tolse la maglia completamente attaccata al suo corpo mostrando il fisico allenato senza problemi.

Kari c’era ormai abituata, Aedan era solito farlo durante le ultime volte che si vedevano, a poco a poco il ragazzo aveva cominciato a venire alla lezione sempre più leggero. La lady sentiva di aver preso una sorta di confidenza col corpo dell’altro che però la obbligava sempre a tenersi addosso vestiti pesanti e ben legati.

« Un giorno di questi sarò obbligata a dirgli che mi sto facendo massacrare dalla mia guardia e che non è semplicemente impazzito. » disse lei usando del sarcasmo, il cavaliere si lasciò andare in una risata mettendosi nuovamente in guardia.

« La cosa buona in tutto questo è che avete una buona sopportazione del dolore, o meglio: all’attimo fa veramente schifo, davvero… non ho mai visto nessuno lamentarsi più di voi, però vi passa in fretta, questo merita dei complimenti. » disse Aedan sfidando la lady, la ragazza cadde in pieno nelle intenzioni di lui: strinse in pugno la spada con tutta la forza e corse contro il cavaliere, Kari andò all’attacco mirando prima al viso e quando il cavaliere cominciò ad intuire i suoi futuri attacchi decise di mirare al petto.

Aedan però non era uno stupido e non per niente era la sua guardia del corpo; ogni singolo colpo di Kari venne parato o deviato con forza tale che la ragazza quasi perdeva l’equilibrio. In un attimo di distrazione Kari venne quasi colpita in pieno volto dalla spada di legno dell’altro. Fece dei passi indietro.

« Giochi sporco! » disse lei.

« Lo so, è così che si diventa dei guerrieri! È successo a vostro padre, è successo a Valdis ed è successo anche a me; non c’è onore nella morte per via della spada di un altro. Perciò reagite con rabbia! » disse Aedan ad alta voce, la sala dell’allenamento era posizionata sotto terra e le guardie non era solite effettuare delle ronde là dove si conservavano i grandi otri di vino.

La ragazza rimase colpita dal fatto che il cavaliere le stesse parlando in quel modo, da quando avevano cominciato ad allenarsi insieme la tensione tra i due si era completamente sciolta. Adesso Kari aveva lo stesso rapporto che aveva con suo fratello e vedeva Aedan in maniera diversa, lui era un po’ come una Ingrid al maschile, non si faceva problemi a dire cosa pensava.

Il ragazzo attaccò nuovamente la giovane lady costringendola ancora una volta alla difesa, quella utilizzò tutte le forze che aveva arrivando ad incrociare la spada con quella del cavaliere, fu costretta a tenere la propria spada con entrambe le mani: ancora una volta Aedan giocò sporco, aveva una mano libera e questo gli servì per colpire la giovane lady al fianco ma senza troppa forza.

Questo la fece sbilanciare e nuovamente si prese un colpo di spada in piena nuca cadendo a terra e sentendo le vertigini per il forte mal di testa provocatole dal cavaliere. « Figlio di… » ma Kari non riuscì a terminare la frase per via del blocco che le era stato insegnato, cosa che Aedan era intenzionato ad abbattere.

« Sì, sono un figlio di puttana. Avanti Kari, dillo e ti sentirai persino meglio. Il dolore non è così forte quando ti sfoghi sull’avversario e gli riversi addosso tutto quello che pensi; fa che il dolore sia la tua forza! »  ribatté il cavaliere ma la lady non era ancora pronta per quello, si sentì quasi svenire e fu costretta ad accosciarsi a terra stendendosi sul fianco.

« Non ci riesco… non ce la faccio più. » disse la ragazza infine stremata dall’allenamento pesante. « Synder penserà che mi hanno rapita e che mi stanno uccidendo di botte! » continuò tra un fiato all’altro; Aedan fece lo stesso che aveva fatto lei.

Si poggiò a terra dipingendo la propria sagoma col sudore della schiena e portando le braccia in alto mettendo le mani dietro la testa, Kari era abbastanza distante da lui. « Voglio ancora che mi insultiate, ma immagino che prima o poi ci riuscirete. In fondo me lo merito, mi sto comportando da stronzo. Se lo sapesse vostra madre o vostro padre finirei con la testa su una picca. Quindi avete tutto il diritto di insultarmi. » disse lui, spostando il proprio sguardo verso la giovane lady, quello si limitò a guardare gli splendenti occhi del cavaliere osservando poi di profilo il tatuaggio del sole con la rosa dei venti impresso sull’avambraccio.

« Mi dirai mai cosa significa? » chiese la lady.

Aedan guardò la propria lady negli occhi, le fece un sorriso e socchiuse gli occhi scuotendo poi il viso. « Non oggi, mia signora. Non oggi. » le rispose lui, dal tono usato Kari capì che non avrebbe dovuto chiedere ma più al suo cavaliere riguardo il tatuaggio.

Più tardi Kari ebbe la conferma che quello che temeva di più si era infine realizzato: era stato inviato un corvo con un messaggio che diceva che sarebbero arrivati prima del tramonto, ovviamente Casa Dunnstone, lord e lady, Volmar e la sua orrenda sorella Myrella. Sarebbero arrivati nella sua casa, l’avrebbero profanata e Kari era sicura che una volta arrivati tra le mura del castello, non sarebbe più stata tranquilla. Era stato un mese calmo, senza brutti pensieri.

Nonostante qualcosa le puzzava terribilmente, come ad esempio la porta dell’ufficio del padre che regolarmente veniva chiusa, Kari aveva più volte cercato di entrarci ma senza mai poterne vedere l’interno; era capitato più volte che il padre convocasse i suoi figli nello studio ma ciò non succedeva dal loro ritorno.

Inoltre c’era ancora la lista dei congiurati, quella sul quale Kari aveva letto il nome d Sten Caelum e non sapeva cosa riguardasse. Una congiura contro cosa? La giovane lady avrebbe tanto voluto parlarne con Valdis ma era certa che il ragazzo avrebbe negato dicendole di non preoccuparsi di nulla.

Il Signore della Guerra suo fratello era sempre il figlio maggiore che doveva preoccuparsi dei minori, e lei era la principessina da tenere in una teca di cristallo come un uccellino in gabbia.

« Sono quasi arrivati, Kari. La carrozza è già entrata in città. Dobbiamo andare a riceverli. » disse Aedan alle spalle della ragazza, solitamente non lo avrebbe fatto entrare prima che lei fosse pronta, ma c’era un rapporto ben più profondo tra i due.

Kari mise la spilla regalatale da Volmar ad Artiglio del Drago e si affrettò ad uscire dalla stanza così da ricevere i Dunnstone in arrivo nella piazza davanti al portone del castello.

I Caelum erano al completo per ricevere i loro ospiti, Lord Sten e Lady Helga erano in prima fila posizionati a destra in modo da essere i più vicini alla carrozzo in arrivo. Entrambi i suoi genitori indossavano abiti scuri con pellicce ed entrambi avevano una cappa che scendeva dalla spalla fino al ginocchio rappresentando lo stemma dei Caelum. Valdis era subito dopo di loro con un completo regale in pelle di cervo e sul petto vigilava lo stemma della famiglia, teneva le mani strette dietro la schiena e il petto in fuori.

Per l’occasione ogni membro maschio della famiglia era stato completamente pulito in viso, Synder non aveva peli in faccia ma il fratello maggiore aveva dovuto rinunciare alla barba che contornava la mascella lasciandolo con una peluria appena accennata che lo faceva sembrare più piccolo di quello che era.

Seguivano poi i gemelli Caelum, Synder e Kari, entrambi vestiti con abiti violacei e chiaramente abbinati; per l’occasione Synder si era fatto pettinare i capelli indietro e indossava un anello e una spilla con i colori dei Dunnstone, nero e blu. Anche Kari aveva qualcosa di loro, la spilla di Volmar. Infine c’era il piccolo Haydun che se ne stava in disparte a distanza di un metro dagli altri.

I Lord di Artiglio del Drago scesero dalla loro carrozza seguiti da una guarnigione di venti guardie completamente armate e indossanti armature pesanti, tutti muniti di cavalli e stendardi. Garrel Dunnstone era molto elegante, indossava un completo neutro scuro molto simile a quello del figlio, il quale sembrava uno dei Cavalieri Neri che molti secoli prima avevano quasi inghiottito il mondo.

Lady Dunnstone aveva rinunciato ai propri colori limitandosi ad indossarli in un delizioso diadema, il suo vestito era di velluto viola con numerosi ricami argentei che richiamavano il loro simbolo, un toro adornava poi la gonna della donna. Infine c’era Myrella che vestiva di pantalone scuro di pelle e un corsetto scollato, sopra le sue spalle c’era poi un mantello di pelliccia.

« Benvenuto Lord Garrel, » disse il lord di Bosco Ombroso salutando con discreto calore il proprio ospite. Allungò la mano verso di lui, gesto che ovviamente venne ricambiato dall’altro. « sono lieto di potervi avere finalmente qui nelle mie terre. Spero che il viaggio non sia stato un problema per le vostre signore. » disse garbatamente riferendosi alla moglie e alla figlia maggiore.

Garrel Dunnstone si guardò intorno con certo interesse, annuendo compiaciuto della grandezza e della possanza di Bosco Ombroso e della sua fortezza. « Una città molto pittoresca, non ci sono parole sufficienti e quadri abbastanza esplicativi per descrivere quanto sia bella. Un po’ ventosa certo, ma magnifica. » disse l’uomo elogiando la bellezza fredda della città. I quattro genitori camminarono quindi insieme spostandosi verso il castello restando vicini l’uno all’altro.

Anche Valdis e Myrella furono costretti a stare vicini, ma nonostante la galanteria di lui nel volerle prestare il proprio braccio, lei fece la schizzinosa restandogli semplicemente vicino. Volmar fece lo stesso galante gesto che aveva fatto il fratello di Kari, da buona signora che era fu costretta a prenderlo e a chiudere il corteo ci furono Synder e Haydun, dopo l’intera guarnigione di Lord Dunnstone e delle guardie reali dei Caelum.

« Mio padre sembra apprezzare la bellezza di Bosco Ombroso, io me la immaginavo diversamente. » disse Volmar parlando con tono tranquillo e pacato, Kari sentì dei brividi lungo la schiena quando gli si strinse addosso.

« Non ti piace la mia casa? Mi dispiace, solo i veri uomini del nord possono sentirne la vera bellezza e apprezzarla. D’altronde si dice che in ogni uomo e donna del nord ci sia neve nelle vene, anziché sangue. » disse Kari sentendosi in qualche modo minacciata, ma con sua sorpresa Volmar scosse il viso restando pacato.

« Intendevo dire che neanche nelle mie più forbite fantasie avrei mai immaginato un posto così bello: la fortezza è una meraviglia ingegneristica, così come le mura della città, potrebbero sopportare un assedio che duri per mesi anche con le più moderne armi da guerra. Inoltre sono davvero curioso di vedere la neve. »

La giovane lady si sentì quasi in colpa per aver accusato in quel modo Volmar, non si erano lasciati nel migliore dei modi però, anzi, era chiaro come il sole che ognuno detestava a morte l’altro, ma Volmar in quello strano gioco malato era più bravo. E questo inquietava Kari visto che non sapeva cosa aspettarsi dal futuro sposo, era certa che qualunque cosa avesse in mente non fosse buono.

« Immagino che ti sentirai più a tuo agio, incontrandoci a Bosco Ombroso. Spero che potremo passare più tempo insieme, a capire quanto dovremmo mettere da parte per sopportarci l’uno con l’altro. » disse Volmar quando la famiglia ospite venne fatta avanzare tra le grandi arcate della sala grande.

« Se credi davvero che potremo mai mettere da parte le nostre divergenze sei più stupido di quanto non sembri. Non mi fiderò mai di te. » disse Kari facendo un leggero sorriso per non indispettire i loro genitori, Volmar strinse il pugno con rabbia.

« Sei tanto spavalda, ma sei solo una principessa troppo viziata. Non hai idea di come funziona il mondo all’esterno di questo castello. Ma presto lo capirai. » disse Volmar parlando sottovoce, Kari ebbe un brivido lungo la schiena sapendo che in qualche modo il giovane lord aveva ragione al riguardo.

Più tardi la lady di Bosco Ombroso si ritrovò insieme ad Aedan per i corridoi della propria casa sentendosi meno a disagio mentre i Dunnstone stavano sistemando le loro cose, in cuor suo sapeva che probabilmente Volmar e Myrella avrebbero approfittato di ogni momento opportuno per stare insieme.

L’idea le fece storcere il naso, saperli fratello e sorella era qualcosa che non riusciva ad accettare, l’intera Casa Grimalder aveva per secoli resistito facendo accoppiare fratelli e sorelle o cugini, nella speranza di mantenere il sangue puro. Solo dopo l’avvento degli elfi e della conquista di Lucian il primo imperatore Casa Grimalder si trovò costretta ad abbandonare la via finora seguita per garantirsi la continuità della casata.

In qualche modo, anche Kari era il frutto di quegli atti, ma era storia vecchia e la religione aveva vietato espressamente unioni tra consanguinei: punivano l’incesto. Kari ricordava bene quando il Sommo Sacerdote di Bosco Ombroso gliene aveva parlato, non aveva capito subito di cosa stesse parlando, non riusciva a pensare di poter andare a letto con uno de suoi fratelli.

« Solitamente mi chiedi perché sono così silenziosa. » disse la ragazza parlando con la propria guardia al suo fianco, Aedan la guardò come se stesse cadendo dalle nuvole. Neanche si era accorto che entrambi erano terribilmente silenziosi.

« Scusate, avevo altri pensieri per la testa. » disse lui in tono dispiaciuto. « Inoltre non volevo disturbarvi, credo. L’arrivo di Volmar non vi ha fatto stare bene, l’ho visto. Non dovete essere troppo preoccupata però, state diventando brava, anche se dubito che potremo continuare gli allenamenti con la stessa continuità di prima per tutto il periodo in cui loro staranno qui. » continuò Aedan ma Kari sapeva già che lo avrebbe detto.

« Lo so…» disse lei con tono di voce triste, Aedan però continuava a guardarla e le fece un sorriso spostando lo sguardo in avanti. « Cosa c’è da ridere? »

« Non credevo che vi sareste arresa così facilmente, forse non volete continuare ad allenarvi. Lo posso capire bene. » disse il cavaliere continuando a ridacchiare, un sorriso si allargò sul viso di Kari che sapeva bene che avrebbe continuato l’allenamento.

Poco più tardi però Kari era costretta ad incontrare nuovamente Volmar; di fatti era stato organizzato un grande banchetto per dare il benvenuto agli ospiti e nobili delle casate vicine erano stati avvicinati; Kari riconobbe alcune tra le case più vicino come i Londir imparentati lontanamente con i Caelum.

La giovane lady si spostava per la sala insieme al fratello gemello lasciando che Aedan la sorvegliasse a distanza visto che la sala grande era già abbastanza affollata. Kari notò che Aedan non le staccava gli occhi di dosso, in parte per via del suo compito, in parte perché le aveva già detto che con quell’abito argenteo era bellissima.

Fu strano, ma Kari non si negò il piacere di gongolarsi.

« Si può sapere cosa state combinando tu e Aedan? So bene che state facendo qualcosa, stamattina mi hai praticamente stordito dal dolore. » disse Synder parlando con la propria sorella, quella si morse le labbra cercando una scusa da accampare al momento.

« È meglio che tu non ne sia complice. Se nostra madre e nostro padre lo scoprono potresti essere colpevolizzato se sai qualcosa. » si limitò a rispondere, non perché non si fidasse del fratello ma perché era davvero meglio che non ne sapesse nulla.

Quello sbuffò piuttosto infastidito da come l’aveva zittito e continuarono a proseguire fino al grande tavolo dove si sedettero, da un lato sarebbe stata affiancata da Volmar, dall’altro proprio dal suo gemello e ovviamente il lord non mancò all’appello.

« L’argento ti dona più del viola, Kari. I Caelum sono davvero fortunati ad avere una bellezza come te nella loro famiglia, spero che anch’io sia di tuo gradimento stasera. » disse Volmar avvicinandosi, usò un tono mellifluo che diede non poco fastidio alla giovane lady che però sorrise.

« Grazie, Volmar. Gentile come sempre, anche tu non stai male. Ammetto che anche a te non sta male il viola, ti rende elegante e la cappa argentea è davvero preziosa. Non pensavo ti avrei mai visto con i colori della mia casata. » disse la giovane lady commentando gli abiti eleganti di velluto del lord di Artiglio del Drago.

Volmar le rivolse un sorriso quasi sincero. « Dopo la cena avrei desiderio di vederti in privato. Per favore. » disse lui quasi supplicante, Kari rivolse uno sguardo alle spalle del giovane cercando l’aiuto di qualcuno, ma non c’era nessuno ad eccezione della grande massa di nobili in movimento.

In lontananza vide Valdis ma non c’era possibilità che la salvasse da quell’incontro. Con finta gioia la ragazza dovette annuire. « Certo, Volmar. Ne sarei lieta. » disse lei.

Kari si obbligò a mangiare le pietanze che venivano servite per non mancare di rispetto ai cuochi del castello che lavoravano carne e verdure da tutto il pomeriggio riempiendo la fortezza di un delizioso odore misto e piccante. Se fosse stata un po’ meno empatica con la servitù probabilmente avrebbe rifiutato il mangiare anche a costo di lasciarsi morire di fame.

Dopo cena Volmar le si avvicinò all’orecchio nonostante per tutto il tempo erano stati in silenzio. Kari aveva potuto respirare e inculcare il mangiare con più facilità: il giovane lord era un tipo molto attento ed educato ma davanti un buon piatto di arrosto diventava non meno di un bambino davanti un dolce.

« Possiamo allontanarci dalla sala? » chiese Volmar, i suoi occhi neri incrociarono quelli di Kari ma non le trasmisero nulla. Lei annuì semplicemente voltandosi verso Synder che annuì a sua volta, mentre i due promessi sposi si allontanavano il gemello sarebbe andato alla ricerca di Valdis e Aedan per avvertirli.

I due giovani entrarono nel corridoio che li portò alla scalinata del piano superiore dove si trovavano gli appartamenti degli ospiti, un’intera ala molto grande costituita da una grande anticamera nel quale c’era una colonna portante al centro e un mobile con un vaso.

Kari e Volmar non entrarono in nessuna stanza, si limitarono a camminare per i corridoi sentendo in lontananza il debole suono dei menestrelli e dei bardi. « Ci siamo allontanati per un motivo in particolare? O possiamo smettere di stare in silenzio, almeno. » disse la giovane senza sapere cosa sarebbe successo e perché il ragazzo le aveva voluto parlare in privato.

Volmar fece un mezzo sorriso laterale. « Sai che prima o poi dovremo avere dei figli, vero? E per farlo sai anche che dovremo giacere insieme. » disse lui iniziando il discorso, quello fece scattare una sorta di allarme nella testa di Kari.

« Lo so bene; penso che sia più consono usare l’espressione “fare sesso insieme”. Vuoi davvero farlo con un fantasma? » disse Kari in tono di sfida ricordando la nomea che era stata affibbiata ai Caelum in quanto avevano la pelle chiara come i morti.

Volmar sorrise di gusto scuotendo il viso. « No, la sola idea mi inquieta molto, però ci sono cose che vanno fatte. » disse lui, a quel punto Kari si stancò della sua finta bontà inoltre era un mese che sentiva di non poter più tenere dentro quello che aveva visto.

« È quello che hai detto a Myrella ad Artiglio del Drago, » disse lei, Volmar si voltò verso di lei senza capire di cosa stesse parlando. « c’ero quel giorno nel giardino. Quando avete litigato, quando dovevamo incontrarci io e te. Vi ho sentiti ed ho visto il bacio. » continuò lei sentendosi strana: non provò gioia nel vedere Volmar in crisi, anzi, si sentì male e sì pentì di averne parlato.

Il giovane lord non era solito mostrare debolezze, ma era ovvio che l’incesto con la sorella fosse il suo punto debole, questo lo costrinse a fermarsi in mezzo al corridoio e Kari fece lo stesso. « Lo sai da tutto questo tempo? A chi l’hai detto? Quanti sanno di questa storia!? DIMMELO! » disse in tono sempre crescente fino ad urlare, l’eco della voce di Volmar rimbalzò tra le pareti illuminate da candele, le ombre sembravano inghiottire tutta la luce e Kari si sentì più al sicuro nel buio del corridoio.

« Non l’ho detto a nessuno e non lo farò. Ma sappi che non permetterò a Myrella di distruggermi e quanto prima mi sarà possibile farò in modo che lei lasci il castello una volta che sarò diventata la Lady di Artiglio del Drago. » disse Kari in risposta fronteggiando Volmar, il viso della ragazza era vicinissimo a quello del giovane che nell’impeto di rabbia cominciò a tremare.

« Non avrai l’opportunità di dirlo a qualcuno… » disse lui in tono minaccioso, Kari poté vedere la furia del toro negli occhi neri di Volmar che le prese il viso tra le mani stringendo con forza.

« Lasciami andare! » disse lei con tono soffocato per via della forte stretta di Volmar, le fece del male ma dentro di sé sapeva che sarebbe stato un segnale per Synder che avrebbe avvertito qualcuno.

A quel punto Volmar la fece girare su se stessa, Kari diede quindi le spalle all’uomo trovandosi faccia a faccia con una finestra e osservando il loro riflesso nel vetro. « Adesso vedrai cosa significa svegliare la rabbia dei Dunnstone, “dominare e distruggere”! » disse lui recitando il motto della propria casata mentre spostò le mani ai seni di Kari stringendoli con forza.

La ragazza emise un debole urlo di dolore cercando di liberarsi dalla presa di Volmar che la spinse contro il muro, si poggiò a lei in modo da bloccarle i movimenti e con una mano scese dal seno fino all’ombelico, i due cominciarono quindi una lotta nel quale la ragazza sembrava non avere possibilità di liberarsi dalla stretta, Volmar scese con la mano sollevando la gonna dell’abito di Kari e infilando con prepotenza una mano sotto di essa.

« Lasciami andare, figlio di puttana! » gli urlò lei cercando di scansare le sue mani, ma Volmar essendo un uomo era più forte e la immobilizzò del tutto bloccandole le braccia contro la finestra e schiacciandole il viso sul vetro freddo, in preda al panico Kari sentì qualcosa premere contro la schiena e rabbrividendo al pensiero dell’intimità di Volmar e di quello che voleva fare.

« Sì, insultami pure. Mi eccito ancora di più! » disse lui facendosi largo con la mano di lei sotto la sua gonna, Kari sentì le sue lunghe dita infilarsi sotto gli indumenti intimi alla ricerca della tenera carne, infilandone le dita al suo interno e cominciando a spingere con le unghie con forza come se stesse scavando la terra.

Kari non riuscì ad urlare, una sensazione di paura e terrore si impossessarono di lei, ma l’idea che Volmar l’avrebbe stuprata in mezzo al corridoio e che ne sarebbe uscito pulito la fece tornare con la mente alla realtà, divenne lucida e in preda alla rabbia fece forza sul vetro della finestra per liberarsi una mano, scivolò lungo le pieghe dell’abito prendendo il pugnaletto regalatole dal padre.

In un attimo di foga Kari sentì le dita di Volmar dentro di sé e questo le diede ancora più forza: impugnando il coltello trovò il modo di arrivare al giovane lord che la bloccava da dietro divertito da quanto stava per fare, muovendo la mano a caso Kari riuscì a colpire Volmar di striscio che si staccò di botto.

Il giovane lord indietreggiò e Kari vide il sangue colare dalla ferita che gli aveva provocato allo zigomo. Ma nonostante se ne fosse liberata la ragazza mostrò il pugnale al futuro sposo minacciandolo. « Toccami ancora una volta e il prossimo colpo non sarà rivolto al viso! » disse lei in preda al panico ma mantenendo la concentrazione sul proprio bersaglio e ricordando tutto quello che Aedan le aveva insegnato.

Ma Volmar non era uno stupido, alzò le mani in segno di resa rendendosi conto di quello che aveva fatto e di come le cose sarebbero potute finire. Kari non aspettò ancora che lui potesse parlare o avvicinarsi nuovamente, cominciò a correre più che poteva trattenendo il fiato per tutto il corridoio avanzando con il pugnale in mano alla ricerca di qualcuno che la potesse aiutare.

E come aveva sperato vide Aedan e Valdis all’inizio della scalinata che la stavano cercando. « Kari, cos’è successo!? » chiese Aedan con la voce controllata, a differenza di Valdis il cavaliere era chiaramente contenuto, il fratello maggiore invece sembrava carico di rabbia e pronto a combattere per come respirava pesantemente.

« Ha cercato di… » Kari cercò di parlare ma non ci riuscì, abbassò il suo sguardo e con il suo anche i due ragazzi lo abbassarono cercando di capire notando la macchia di sangue che si era formata proprio dove Volmar l’aveva toccata.

Quello che era successo fu ovvio per tutti. Valdis alzò lo sguardo verso la sorella vedendola in preda al panico, in lacrime e sconvolta da quanto successo, inoltre notò il pugnale leggermente insanguinato che lei stringeva nella mano senza lasciarlo. « Io lo ammazzo quel bastardo! » urlò Valdis cercando di prendere la spada di Aedan dal fodero che teneva al fianco.

Tuttavia il cavaliere fu più veloce del Signore della Guerra che non ragionava con lucidità e dopo una breve colluttazione il cavaliere riuscì a mettere Valdis con le spalle al muro usando il proprio corpo come unico blocco e schiacciandogli il collo col braccio. « Mio signore, vi prego siate lucido! Se uccidere Volmar Dunnstone in casa vostra rischiate di scatenare una guerra senza eguali, vi scongiuro di calmarvi! » urlò Aedan impedendo al futuro lord Caelum di muoversi, ma quello si agitò lo stesso.

« Ha stuprato mia sorella! Lo impalerò con una lancia su per il culo e gli strapperò il cuore dal petto mentre batte ancora! » continuò ad urlare Valdis senza preoccuparsi che qualcun altro potesse sentirli, ma il corridoio era vuoto e Volmar si era nascosto probabilmente in qualche angolo del castello o era tornato nella sala grande.

« Lo so, mio signore ma ucciderlo non farà altro che causare una guerra qui in casa vostra e sapete bene quanto questo diffamerebbe il vostro buon nome, nessuno fa del male ad un ospite dopo averlo accolto in casa propria! » continuò ad urlare Aedan cercando di calmare Valdis, entrambi i ragazzi stavano quasi lottando per tenersi immobili, poco distante da loro Kari era immobile.

« Valdis ti prego fermati! » urlò la ragazza a sua volta, si avvicinò quindi al fratello mettendoglisi davanti al viso per calmarlo, negli occhi di ghiaccio di lui c’era una furia omicida che mai Kari aveva visto nella grande bontà del fratello. « Aedan ha ragione! » disse infine la ragazza calmando definitivamente il proprio fratello; Valdis perse le forze lentamente nonostante nei suoi occhi ci fosse ancora odio e rabbia. « Dobbiamo tenerci questa storia, non dobbiamo raccontarla a nessuno, né ai nostri genitori né a nessun altro. » disse lei accarezzandogli il viso con una mano.

« Perché!? Non puoi lasciare che quel bastardo la passi liscia! » disse ancora una volta Valdis cercando di far ragionare la sorella, Kari era e a causa di tutto questo aveva capito cosa Volmar intendesse parlando di come il mondo girava.

Lei aveva capito e imparato, ma non si sarebbe piegata a quel modo di agire, non avrebbe mai potuto accettarlo.

« Nostra madre direbbe che ho sbagliato nell’oppormi, nostro padre ascolterebbe nostra madre pur di far sì che questo matrimonio avvenga e la pace tra le casate sia raggiunta! » disse Kari in tono solenne, era ovvio, non serviva essere maghi o essere dotati di qualche strana capacità sensoriale.

« Vostra sorella ha ragione, è più saggia di voi, mio signore. » disse Aedan appoggiando a sua volta Kari, i due si scambiarono uno sguardo di intesa, nonostante Valdis si calmò però la situazione era ancora tesa e Kari non poteva smettere di pensare alle dita di Volmar che scavavano dentro di lei.

« Cosa dovremmo fare allora!? Fargliela passare liscia!? » chiese infine il fratello maggiore, con sua sorpresa Kari annuì.

« Ha imparato la lezione, la prossima volta ci penserà due volte prima di toccarmi… » disse infine lei mostrando ai due ragazzi il coltello insanguinato, capirono al volo ma questo non era sufficiente per Valdis che avrebbe ancora voluto uccidere Volmar.

Anche Kari lo avrebbe tanto voluto, promise agli Dei Titani che un giorno lo avrebbe fatto, ma fino ad allora doveva giocare bene e imparare a difendersi se voleva arrivare viva alla resa dei conti.

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Capitolo 18
*** 18. Astrid - La crepa nel muro ***


{Astrid}

18.

La crepa nel muro

 

Quella mattina Astrid sapeva già che qualcosa non sarebbe andato per il verso giusto, forse perché era iniziata con una forte tempesta e il giovane Osservatore non era un amante della pioggia e del cattivo tempo; da quando il mese della Ruota era cominciato (vale a dire tredici giorni prima) l’intera area intorno alla Cattedrale marmorea e a Fossa Profonda aveva vissuto intensi giorni di pioggia. Astrid sapeva che l’autunno al nord era così, anche da piccolo ricordava che a Rocca Ferrea pioveva spesso ma nonostante questo gli mancava già la primavera e il tempo estivo.

« Già ti alzi? Resta ancora un po’ con me. » disse Caius al suo fianco, ma Astrid ignorò il proprio amato e cominciò a rivestirsi indossando i pantaloni di cuoio e il giaco di maglia subito dopo.

« Oggi devo fare le ronda al Varco dopo pranzo e voglio quindi avere il tempo di fare tutto quello che devo. » disse in risposta l’altro. Astrid si voltò appena verso il ragazzo ancora nudo e disteso tra le coperte del proprio letto. « Tu piuttosto dovresti alzarti, tra mezz’ora devi presenziare l’allenamento delle reclute. »

« Adalvin non sentirà la mia mancanza, tu invece sì. Dai ritorna a letto e facciamo un altro po’ di lotta. » disse Caius mettendosi seduto con le gambe incrociate sul morbido materasso. Ma Astrid non si lasciò convincere dallo sguardo dell’altro e si allontanò indossando la pesante giacca di cuoio nero e prendendo i guanti.

« Ho detto no. Muoviti e andiamo a fare colazione, ho fame. » disse Astrid tagliando corto, Caius sbuffò parecchio deluso dal rifiuto ricevuto con sorpresa dell’altro Osservatore.

Era stata una nottata molto intensa visto che ad Astrid erano stati assegnate solo ronde notturne, era da più di sette giorni che non passava la notte con Caius e anche lui aveva cominciato a sentire l’instabilità della cosa. Quando finalmente avevano avuto l’occasione di rifarsi, entrambi avevano dato il meglio di sé.

Poco più tardi entrambi gli Osservatori si stavano dirigendo verso la mensa pronti per fare colazione con latte, pane e formaggio. Si sedettero insieme e Caius osservò le reclute al quale avrebbe dovuto badare passargli davanti alla faccia per andare ad incontrare il loro mentore. « Mi sa che stai per essere ufficialmente in ritardo. » disse Astrid con un misto di sarcasmo e ironia.

Caius si voltò verso di lui dandogli un pugnetto al fianco e quello scattò ridacchiando. « Adalvin mi sgriderà stavolta, ma me lo merito. Fare da balia alle reclute è un onore visto che tra qualche anno potrei diventare io stesso uno dei mentori. »

Ad Astrid piaceva questo aspetto di Caius, nonostante fosse sempre pronto a scherzare e a prendersi in giro, sapeva bene quale doveva essere la cosa giusta da fare anche se spesso capitava che non la faceva nonostante lo sapesse.

« Ormai è da un mese che seguito Adalvin con le reclute, credo che tu sappia bene qual è il tuo posto qui. Io per esempio morirò facendo da guardia al Varco, come direbbe Ongor. » disse il ragazzo cercando di fare dello spirito, ma era piuttosto risaputo che Astrid non era bravo a scherzare e il risultato fu una mezza risatina di Caius. « Sembri pensieroso, come mai? » chiese infine.

Caius scosse però il viso. « Nulla, è da un po’ che non andiamo in missione. Mi manca un po’ di azione con i Piromani, tutto qui. » disse lui pensieroso, Astrid annuì pensando all’ultima volta che avevano avuto uno scontro con i suddetti maghi.

« Comunque grazie, per non aver detto a nessuno di quello che hai visto nel fienile. So che sei tanto curioso, ma mi è stato detto da Adalvin che non devo parlarne con nessuno, potrei metterti in pericolo ed è l’ultima cosa che voglio. »

Il giovane Osservatore si voltò con un leggero sorriso, abbassò la mano con un movimento veloce lasciandola passare sulla gamba di Astrid sotto il tavolo e accarezzandone l’interno coscia. « Devi ancora farti perdonare. » disse lui, Astrid però lo lasciò fare: era un movimento affettuoso e non aveva intenzione di risalire, per quanto freddo potesse essere, all’Osservatore piaceva quella carezza.

« Un giorno te lo dirò, promesso. » disse Astrid.

Da quando Adalvin gli aveva detto di non dire a nessuno che lui era una sorta di incarnazione di un folle che voleva dare fuoco a mezza Endymion le cose sembravano quasi essersi normalizzate. Ovviamente aveva dovuto dire a Caius che c’era una spiegazione per quello che era successo e che non avrebbe potuto mai dirgliela. Astrid dal canto suo sperava che il giovane preso dalla curiosità si sarebbe andato a documentare e se mai lo avesse scoperto allora non avrebbe di certo negato.

Ma pretendere che Caius leggesse dei libri per acculturarsi era come sperare che ci fosse più sole che pioggia al nord.

« Vado a pisciare, vuoi farmi compagnia? » chiese Caius alzandosi dalla propria panca, Astrid scosse il viso negando l’invito, mentre l’altro sorrideva lui gli dava una pacca sul braccio per salutarlo tornando poi a guardare davanti a sé.

A pochi tavoli da lui c’era Neferi, seduto silenziosamente ad osservare l’intero colloquio tra Astrid e Caius; quando se ne accorse, Astrid non perse di certo l’occasione per alzarsi così da andare a parlare col ragazzo dalla pelle scura che li guardava quasi in cagnesco con una smorfia in viso.

« Immagino tu non ci abbia visto, quando siamo entrati ci siamo assicurati che non fossi già seduto. Ergo sei venuto dopo e ti sei seduto in disparte. Non che te ne faccia una colpa, ma questa tua reazione non fa bene alla nostra amicizia. » disse Astrid non riuscendo a tenersi la cosa dentro, era sempre stato un buon amico con Neferi, adesso che sapeva della relazione con Caius le cose erano piuttosto diverse, almeno quando Agis e Ongor non c’erano.

« Mi stai facendo la predica perché mi sono voluto sedere in disparte? Avevo altro per la testa, non mi va di parlarne e non volevo compagnia a colazione! Ti basta!? » disse Neferi piuttosto irato dal modo in cui Astrid gli si era posto, a quel punto il ragazzo si sentì infastidito per come l’altro gli si era voltato male.

« Ascolta: passi che te la prendi con me, passi che non ti piace quello che io e Caius facciamo, anche se non dovrebbe importarti un accidenti della cosa. Io sono forte, riesco a farmene una ragione del fatto che ci consideri niente di più che flagelli. Ma Caius è diverso: ci tiene alla tua amicizia, puoi fare del male a me, ma se ne fai a lui giuro che ti ammazzo con le mie mani! » disse infine.

Nella sua testa, Astrid avrebbe voluto fare un discorso più diplomatico, il risultato delle parole dette però era una chiara minaccia e non c’era modo di tornare indietro.

« Faccio finta già quando ci sono Agis e Ongor, loro due sono in missione e non torneranno prima di cinque giorni. Vorrei quindi un po’ di pace e pensare da solo alle mie cose. » disse Neferi limitandosi a non rispondere, per Astrid fu abbastanza chiaro che intendesse dire che quando gli altri due non c’erano avrebbe voluto tanto lasciare da parte la propria maschera da amico.

« Capisco, allora non farti vedere, così non dovrò spiegare al mio compagno che non parli con noi perché sei uno stronzo! » disse Astrid calmando la propria rabbia e rispondendo con tono calmo, si alzò dalla postazione nel quale si era messo e si allontanò a sua volta dalla sala mensa così da iniziare la giornata.

Si allenò in uno dei corridoi più alti della cattedrale, quello che portava ai campanili alti, là praticamente non c’era nessuno che potesse disturbarlo, si mise quindi al centro di corridoio lottando con un bersaglio immaginario nella propria mente, tra un attimo di pausa e l’altro raccoglieva le proprie forze finché non sentì lo sguardo di qualcuno su di lui e si costrinse a fermarsi.

Il leggero miagolio ai suoi piedi lo riportò alla realtà. Il piccolo gatto bianco e grigio del quale si prendeva cura era seduto proprio ai suoi piedi miagolando per un po’ di cibo. « Palla di pelo, è da un po’ che non ti fai vedere. Dovrei avere qualcosa per te… » disse Astrid tirando fuori alcuni tocchetti di pane che si era infilato nella tasca della cintura come spuntino per dopo. Li mise a terra e prima di mangiarli il gatto gli si strusciò sulla mano richiedendo le sue attenzioni, cosa che gli venne bellamente concessa.

« Non potresti arrivare fin qui, mi ha seguito vero? » disse Astrid continuando a guardare il gatto mentre mangiare i tocchetti di pane, quello gli rispose con un miagolio che dentro la testa di Astrid era un’affermazione. Il ragazzo si concesse una risata per poi mettersi in piedi, doveva essere quasi mezzogiorno visto che non vedeva il campanaro della torre da parecchio,.

« Devo andare a fare il mio turno di guardia. Stasera fatti trovare in camera mia, magari ti porto qualcosa di buono. » disse Astrid salutando il gatto che continuò per la sua strada alla ricerca di qualche topo da poter cacciare nella torre.

Astrid però non fece molti passi in avanti fermandosi al fianco di un braciere la cui fiamma stava ardendo intensamente, non ci aveva mai provato e il solo pensarlo lo faceva sudare freddo per la paura. Adalvin gli aveva detto che era il Prescelto di luce e che era normale che il fuoco non lo bruciasse. Ma nonostante le sue parole e quanto vissuto faticava ancora a crederci.

Si filò un guanto dalla mano assicurandosi che non ci fosse nessuno intorno a sé, allungo il braccio avvicinandosi alla fiamma che emanava un piacevole calore tutto intorno.

Non fare lo stupido, Astrid. Ti brucerai e dovrai trovare il modo di spiegare il perché di quella stupidaggine!” pensò tra sé e sé. Ma la curiosità era tanta che non riuscì più a trattenersi, allungò nuovamente la mano avendola prima ritratta.

L’appoggiò alla parte di metallo del braciere sapendo che sarebbe dovuta essere incandescente, si sarebbe dovuto bruciare e al solo pensiero Astrid sentì la fronte e la schiena bagnati di sudore per la paura di quello che si era spinto a fare. Ma non ci fu nessun dolore, nessun urlo e nessuna bruciatura.

Il fuoco accoglieva la mano di Astrid che stringeva il metallo rovente, era come toccare qualcosa di pulsante, Astrid poteva sentire e capire che il metallo era davvero molto caldo attraverso il leggero tremolio della superficie. A quel punto il ragazzo spostò la mano sempre più all’interno dove l’olio stava bruciando, toccò anche il liquido che lo avrebbe dovuto far urlare per il terribile calore dell'alta temperatura, ma ancora una volta Astrid non provò dolore, anzi, il contatto con l’olio bollente gli procurò soddisfazione.

Sentì dei passi in fondo al corridoio, ritrasse le mani in fretta accorgendosi che era ancora umida per via dell’olio che continuava a bruciare sulla sua superficie. In preda al panico Astrid cominciò a sfregare le proprie mani nella speranza di asciugare l’olio che ardeva ma senza risultato, come se la fiamma si facesse più viva.

I passi erano sempre più vicini e Astrid provò disperatamente ad asciugarsi sui vestiti che aveva addosso battendosi dei colpi sul petto per spegnare la fiamma che lentamente stava morendo. L’olio era quasi del tutto bruciato quando una figura svoltò l’angolo entrando nel corridoio nel quale era Astrid.

« Giovane Osservatore, ancora qui ad allenarti eh? Mi vuoi rubare il posto, forse? » disse il campanaro della cattedrale, Astrid gli dava le spalle e togliendo i rimasugli dell’olio dalle proprie mani appena in tempo, si voltò trovando il campanaro davanti a sé.

« Volevo allenarmi un po’ in solitudine, c’è troppa confusione oggi e qui è molto tranquillo. » disse arrancando, il campanaro annuì con un leggero sorriso superandolo e andando verso la torre per suonare manualmente le campane visto che ormai era mezzogiorno.

Tirò un sospiro di sollievo sapendo bene che era solo l’inizio di una giornata che finora era andata male. Guardò fuori dalla balconata osservando la tempesta infuriare a pochi metri da lui, si disse che era un idiota e che la pioggia avrebbe spento le fiamme nelle sue mani. Era stato parecchio incauto.

Astrid scese quindi la scalinata e i vari piani dalla cattedrale fino ad arrivare al piano inferiore dove si trovava la Sala dell’Abisso; il giovane Osservatore si avvicinò velocemente sapendo di essere in ritardo finché non trovò il compagno al quale avrebbe dovuto dare il cambio. « Scusami ero ad allenarmi. Non mi sono accorto dell’ora. » disse a mo’ di scuse, le campane avevano già suonato da venti minuti e l’altro Osservatore era visibilmente annoiato.

«Fottiti, la prossima volta ti lascio qui un’ora. » disse salutando Astrid in tono poco amichevole, avendo compiuto la sua ronda non aveva più motivo per restare. « Nulla da riferire a parte la sega che mi sono fatto! » disse ancora, ma ormai era troppo distante per poter sentire la risposta poco interessata di Astrid.

La Sala del Varco al solito era un posto in cui il ragazzo si sentiva bene, c’era silenzio escluso il leggero ronzio che la gigantesca deformazione sospesa emetteva, la sua luce era di un giallo piuttosto intenso con delle sfumature di verde essendo ormai in fase pomeridiana, Astrid si mosse di pochi metri facendo avanti e indietro, rivolgendo un saluto all’Osservatore dall’altro lato e tornando poi a guardare il Varco, pensando a cosa sarebbe successo se i Cavalieri Neri fossero usciti.

« Credo che si sia mosso di nuovo… » disse l’altro Osservatore, era già la terza volta che Astrid sentiva queste parole dallo stesso ragazzo nonostante il Varco fosse perfettamente immobile.

« Credo che stare qui ti faccia male, Rheys. Ho gli occhi fissi sul Varco e ti posso dire che… » Astrid non poté mai finire la frase visto che il fiato gli mancò dal corpo mentre i suoi occhi tornavano con attenzione sulla grande fenditura.

Le varie braccia del Varco erano in fibrillazione, dei movimenti leggeri e tremolii appena accennati che però erano reali e non frutto dell'immaginazione. Astrid rimase meravigliato davanti alla bellezza del Varco mentre pulsava di vita, qualcosa stava accadendo ma era rapito da quello spettacolo. L’altro Osservatore di nome Rheys corse dall’altro lato della balconata raggiungendo Astrid e svegliandolo dalla propria stasi.

« Che cosa facciamo? Corro ad avvertire qualcuno? Lo dico all’Alto-comandante? » chiese il giovane Osservatore completamente terrorizzato all’idea di quello che quei tremolii potevano significare, ancora una volta Astrid non ebbe modo di rispondere visto quello che accadde subito dopo.

Una forte luce venne emessa dal Varco che si mosse girandosi su se stesso di circa un metro, tutte le sue braccia rimasero immobili seguendo il giro compiuto dalla parte centrale del Varco, poi ci fu un’altra emissione di luce seguita da un forte boato e da un’onda d’urto che spinse entrambi gli Osservatori contro la parete alle loro spalle per la violenza. Poi tutta la stanza cominciò a tremare mentre Astrid cercava di mettersi nuovamente in piedi, si mise quindi appoggiato alla propria spada aggrappandosi alla balaustra per sostenersi mentre l’altro Osservatore era ancora a terra. Ci fu un ulteriore boato ma stavolta nessuna onda d’urto, una gigantesca spaccatura si aprì nel nulla, una formazione che dalla parte più grossa spuntò come una spada trafigge un corpo, un tentacolo rivolgo verso l’alto che si cristallizzò solo quando raggiunse il tetto della stanza senza riuscire però a toccarlo.

Entrambi i ragazzi erano impauriti, senza parole per quello che avevano visto. Ma Astrid prese in mano la situazione. « Chiama subito l’Alto-comandante, fai venire qui tutti gli Osservatori che incontri nel tragitto, siano reclute o anziani. Falli venire immediatamente qui e in fretta! » gli ordinò il ragazzo carico di adrenalina e paura per quello che avevano appena osservato.

Rheys si alzò tremante per la paura e cominciò a correre verso le scale lasciando Astrid nella solitudine della Sala del Varco che aveva ripreso a muoversi con un leggero tremolio.

« Per i dannati Titani! » imprecò Astrid tenendo la spada levata in aria e pronta per combattere qualunque entità fosse uscita dal Varco e lo avrebbe attaccato.

Gli sembrava di essere lì da delle ore, ma a conti fatti erano passati solo cinque minuti e chiunque si fosse trovato sul cammino di Rheys ormai doveva essere nelle scale per scendere. Un solo Osservatore non avrebbe potuto nulla e il Varco continuava a tremare, pulsante come un cuore che batte.

Nuovamente si fermò e ancora una volta un bagliore di luce riempì la stanza insieme al suono violento di una spada che colpisce qualcosa; stavolta Astrid fu preparato all’onda d’urto che venne scatenata dalla forza del Varco trovandosi però lo stesso a sbattere contro la parete alle sue spalle; la balconata cominciò a tremare violentemente e ancora una volta il Varco si girò su se stesso allungando le proprie braccia di pochi centimetri ma abbastanza visibili all’occhio di Astrid; ancora una volta il bagliore di luce e il boato seguirono il leggero silenzio, poi dal centro del Varco un’altra protuberanza si scagliò ma stavolta verso il punto in cui si trovava Astrid che fu costretto a gettarsi di lato per evitare di venirne investito dalla violenza letale.

Il braccio si schiantò contro la parete distruggendola e creando numerose crepe in tutto il muro, la balconata tremò con forza sotto lo sforzo distruttivo appena subito e quella gigantesca protuberanza adesso era immobile e sospesa nell’aria a pochi centimetri dall’Osservatore che ancora una volta si alzò con la spada pronta per essere usata in battaglia ma senza nessun avversario davanti a lui, non ancora.

Astrid rimase immobile per quella che gli sembrò l’eternità, i muscoli contratti non gli facevano neanche male vista la tensione che aveva nel corpo, non che importasse molto visto che se qualcosa sarebbe uscito dal Varco sarebbe stato l’ultimo dei suoi problemi il dolore muscolare. I passi di qualcuno che correva comparvero alle spalle del giovane Osservatore che sospirò di sollievo quando vide arrivare i primi compagni ma soprattutto quando l’Alto-comandante arrivò all’interno della sala armato della sua grande lancia.

« Astrid, ci sono stati altri spostamenti? » chiese con un tono di voce agitato ma che riusciva a controllare bene.

Il ragazzo annuì. « È comparso un altro braccio. Ha fatto una breccia nella parete e da allora sembra essere immobile. Credo si sia stabilizzato… ma non ne sono sicuro. » disse infine lasciando spazio al dubbio di insediarsi all’interno della sua mente.

Aveva tenuto gli occhi fissi per molto, poteva anche essergli sfuggito un movimento anche se la comparsa di due nuove braccia non era nulla di buono, specialmente vista l’intensità e la violenza col quale l’avevano fatto, tre anni prima era comparsa una protuberanza quasi insignificante al confronto.

« Dobbiamo controllare tutta la sala, state in allerta. Non sappiamo ancora cosa potrebbe accadere e venire colpiti con tale forza da abbattere una parete vi spezzerebbe in due. » disse l’Alto-comandante autoritario riferendosi a tutti gli Osservatori nella stanza, lui si interessò di analizzare il braccio del Varco.

« Ho fatto più veloce che ho potuto, Astrid. Scusami se ti ho fatto aspettare… » disse Rheys affiancando il proprio compagno di ronda, quello però scosse il viso senza mollare la presa sull’elsa della spada.

« No, tranquillo. Ho avuto paura ma non è successo nulla. Credo che sia merito tuo se ce ne siamo accorti. Probabilmente non ci avrei fatto caso finché non sarebbe esploso. » disse Astrid rispondendo all’Osservatore, insieme scandagliarono il perimetro della balconata controllando che non ci fossero altri danni strutturali, il più significativo era quello creato dal secondo braccio che aveva sfondato la parete e aveva danneggiato la struttura della balconata che rischiava di crollare.

« La zona è sicura. Credo che il Varco sia stabile per adesso. Ottimo lavoro ragazzi, anche se penso dovremo aumentare la guardia attorno al Varco in questi giorni. » disse l’Alto-comandante qualche ora dopo quando tutti gli Osservatori avevano setacciato ogni angolo della stanza e controllato il Varco a lungo.

« Certo, Alto-comandante. » risposero gli Osservatori con grado più alto, Astrid era tra questi. Era una prassi che conosceva bene in quanto aveva potuto viverla sulla sua stessa pelle tre anni prima.

Per qualche settimana almeno le ronde sarebbero aumentate attorno al Varco e ci sarebbero state almeno quattro guardie a tenerlo sotto-controllo. Il turno di ronda di Astrid era ormai giunto al termine per quella giornata e la sera era calata, il Varco che prima brillava di giallo adesso splendeva di un blu zaffiro trapuntato di luci come le stelle del cielo.

« Era da molto che non accadeva. Non credevo che sarei mai riuscito a vedere ben due eventi nell’arco della mia vita. » disse l’Alto-comandante Bradan mentre si allontanava dalla Sala dell’Abisso insieme ad Astrid, neanche il ragazzo credeva che sarebbe mai stato possibile nonostante lui fosse molto più piccolo e avesse più possibilità di osservarlo.

Il Varco esisteva da ormai più di tremila anni. Prima le sue variazioni erano quasi una volta ogni cento anni, intere generazioni non avevano assistito ai suoi mutamenti. La cosa sembrava essere davvero molto diversa e la violenza con il quale accadeva era sempre più distruttiva, la prossima volta sarebbe potuto morire uno degli Osservatori impegnato nella sua ronda.

« Cosa dovremmo fare? Non c’è un esperto? Voglio dire, insieme agli elfi e alla loro magia siamo riusciti a creare il Varco tre millenni fa. Dev’esserci qualcuno che sappia ancora usare la magia e che possa aiutarci nel controllarlo, no? » chiese Astrid non essendo un esperto in materia, c’erano alcune cose che solo l’Alto-comandante aveva la possibilità di conoscere.

Bradan assunse un’espressione piuttosto buia mentre col giovane Osservatore attraversavano la navata principale della cattedrale, il gigantesco rosone brillava di luci spente a causa del forte temporale che si era scatenato e che infuriava dalla mattina. Un rombo di fulmini echeggiò in tutta la valle rivelando una debole luce.

« Avrei voluto comunicartelo appena avresti finito la tua ronda ma credo di essere in largo ritardo. Ho una missione per te e per Caius. Preferirei vedervi partire però tra qualche giorno. Necessito di tutti gli Osservatori di ronda possibili finché non tornano gli altri. » disse Bradan cambiando argomento, si fermarono al centro della navata e Astrid chiese di cosa si trattasse.

« Che succede? »

« Abbiamo ricevuto un corvo da Rocca Ferrea, pare che i soldati di Lord Sigmurd abbiano sventato un complotto da parte dei Piromani, non sappiamo esattamente cosa cercassero di fare ma il duo è stato fermato e condotto nelle prigioni. Ci hanno chiesto di occuparci della cosa, quindi li porteremo qui. » rispose l’Alto-comandante osservando negli occhi il giovane, Astrid però si mantenne inespressivo davanti la richiesta di andare nella sua vecchia città di nascita.

« Rocca Ferrea? Sono un paio di giorni di viaggio da qui. Non credete che sarebbe meglio partire domani stesso? » chiese Astrid mantenendosi tranquillo, in realtà l’idea di andare nella sua città d’origine gli procurava una certa eccitazione.

Solo una volta da quando era membro degli Osservatori dell’Abisso aveva cercato di fuggire per andare in città e vedere la sua famiglia, ma quando era arrivato davanti la sua vecchia casa e l’aveva trovata vuota non aveva avuto modo di chiedere a nessuno dove fossero finiti i suoi genitori. Aveva pensato al peggio ovviamente, ma quando aveva visto il padre e la madre rientrare in città mentre lui usciva aveva ringraziato qualunque cosa esistesse oltre il cielo e la terra del fatto che stessero bene.

Non aveva avuto però il coraggio di fermarli. Quello scherzetto gli era quasi costato il suo posto negli Osservatori, si ripromise quindi che non lo avrebbe mai più rifatto.

« Lo so bene, ma abbiamo rischiato molto. La violenza col quale il Varco si è allargato… mi chiedo se la prossima volta rimarrà contenuto all’interno della Sala dell’Abisso. »

« C’è la possibilità che ne fuoriesca!? » chiese Astrid col volto marchiato dall’orrore dell’idea, a diverse decine di metri da terra il Varco si trovava proprio sotto la navata principale.

Nella sua mente comparve l’immagine del Varco esplodere ed invadere la grande navata, un’esplosione che avrebbe ridotto in polvere chiunque ci fosse all’interno, e nei suoi peggiori incubi era Caius e starci proprio sopra e a finire in cenere.

« Tutto è possibile, Astrid. » nuovamente l’Alto-comandante fece una pausa socchiudendo gli occhi ed emettendo un debole sospiro. « Penso tu abbia ragione, dovreste partire domani stesso. Prima lo fate e meglio è. Dovete prendere i due Piromani in custodia e portarli qui, esamineremo le loro colpe e vedremo se giustiziarli o mandarli al Circolo della Stregoneria. » disse Bradan nominando qualcosa di cui il giovane Osservatore non era a conoscenza, tuttavia non fece ulteriori domande visto che non era particolarmente interessato al momento.

« Come desideri, col tuo permesso andrei a cercare Caius per informarlo della cosa. » disse l’Osservatore, gli fu accordato di congedarsi e cominciò a correre verso la mensa dove era certo di trovare il proprio compagno di avventure.

La sala era in fermento per quello che era successo e c’era molta confusione, spesso Astrid aveva visto la sala completamente piena di ogni Osservatore all’interno della Cattedrale marmorea ma mai così tanto agitati, o forse non lo ricordava lui.

In quella confusione però Astrid non riuscì a trovare Caius.

Uscì quindi dalla stanza con la mente abbastanza confusa cercando il proprio compagno di squadra negli alloggi arrivando alla stanza del ragazzo e bussando alla porta, senza aspettare che gli venisse aperta decise di entrare trovando Caius davanti la finestra ad osservare l’esterno della cattedrale.

Quando il giovane si voltò verso la porta i due si scambiarono uno sguardo e corsero l’uno contro l’altro, Caius per primo allargò le braccia stringendo Astrid in un abbraccio dal quale non volle liberarsi. « Credevo che ti fosse successo qualcosa. Quando ho saputo che eri rimasto da solo in quel posto ho passato l’inferno nella mia testa! » disse Caius stringendo sempre più forte.

« Sto bene, sono qui. » disse Astrid con voce calma, si sentiva meglio tra le braccia di Caius ma cercò comunque di liberarsi della stretta visto che l’altro stava usando davvero troppa forza. « Se lo sapevi potevi scendere, ho chiesto a Rheys di informare chiunque incontrasse nel suo cammino! »

Caius però non ebbe la reazione che Astrid immaginò: « Stavo per arrivare, ho corso lungo tutta la navata finché non ho incontrato Adalvin. Mi ha detto di non avvicinarmi e di lasciare fare a chi ne sapeva più di me. Ho insistito, ho cercato di sgattaiolare nei corridoi ma si è messo a mo’ di cane da guardia e poi è arrivato Bradan, non ho potuto fare più nulla. » continuò il ragazzo giustificando la propria assenza, Astrid non riuscì a credere a quanto gli era stato detto, Adalvin aveva fermato Caius.

Non c’erano motivi per il quale potesse farlo, Caius era un eccellente guerriero anche se ogni tanto (come chiunque altro) faceva degli errori. In una situazione come quella ogni Osservatore era richiesto, dal più esperto alla recluta.

« Non capisco, perché fermarti? » chiese Astrid in maniera retorica, era ovvio che Caius non ne sapeva nulla fece quindi spallucce. Poi tornò ad abbracciare Astrid senza che quello lo fermasse. « Non ha senso… » sussurrò ancora.

« Non ci pensare. L’importante è che stai bene e che siamo insieme. Avevo lo stomaco chiuso, sono ore che sono chiuso qua dentro. » continuò Caius, restarono abbracciati per qualche altro minuto restando in totale silenzio finché non ne ebbero abbastanza e decisero di separarsi da quella morsa.

« Comunque, domani dobbiamo partire alla volta di Rocca Ferrea. Dobbiamo portare due Piromani qui. Pare che le guardie di Casa Sigmurd li abbiano pescati nel mezzo di qualche strano rito e li abbiano fermati. Bradan li vuole interrogare. » disse Astrid mentre lui e Caius si incamminarono verso la mensa, era da prima di mezzogiorno che non toccavano cibo e la fame si fece sentire.

« Fantastico, non vedo l’ora. Prepariamo le sacche dopo cena insieme? Magari potremmo anche passare un paio di ore in intimità. » disse Caius con un sorriso malizioso, Astrid fece una mezza risata e annuì con piacere.

« Vorrei vedere i miei genitori. » disse mentre attraversavano la navata principale, a quell’ora non c’era nessuno visto che tutti erano stipati nella mensa. « Voglio vedere come stanno e voglio vedere mio fratello. » continuò pensando a come sarebbe potuto essere, sua madre era incinta quando lui aveva lasciato la propria casa, erano passati già quindici anni.

« Sono sicuro che è il tuo ritratto. Peccato sia troppo piccolo, potremmo divertirci tutti insieme, gli farebbe bene passare del tempo col suo fratellone. » disse Caius cercando di fare dello spirito, tuttavia Astrid non era in vene di stare al suo gioco e l’altro se ne accorse. « Scherzavo, ovviamente. Tu mi rendi già felice, non mi serve altro quando sto con te.. »

Astrid si fece strappare un sorriso dalle parole dell’altro. « Anche tu mi rendi felice. Adesso basta smancerie e potrei vomitare. » disse in risposta, i due si scambiarono un’occhiata piena d'affetto limitandosi a camminare per il corridoio con le mani serrate l’una in quella dell’altro.

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Capitolo 19
*** 19. Dantos - Sole scuro ***


{Dantos}

19.

 Sole scuro

 

Dantos aveva molti pensieri in quei giorni, era davvero confuso su quella che era la sua missione e per questo motivo aveva bisogno di chiedere consiglio alla persona che lo voleva più bene al mondo. Tuttavia non trovare Rosa nel bordello dove lavorava aveva abbattuto le sue certezze e adesso si trovava confuso peggio di prima.

Inoltre il giovane uomo aveva avuto modo di imparare che quell’autunno portava con sé molto più che pioggia e lampi; le campane della grande chiesa di Altura Silente suonavano solennemente intonando una canzone lugubre che risuonava per ogni angolo della capitale senza altri echi.

L’intera città faceva voto di silenzio per accompagnare il padre del loro sovrano nel percorso di transizione tra la vita e la morte. Dantos rifletté su quanto fosse pericoloso il mondo in cui era entrato a far parte e più di ogni altro momento desiderò uscirne. Abbandonare tutto quanto, Drustan e i suoi obblighi, Lady Saisyll e il suo sporco gioco di corte, voleva mollare tutto e andare via.

Ma adesso più di ogni altra cosa Dantos era implicato in quella storia. A seguito della melodia suonata dalle campane seguì il silenzio nella grande chiesa e il Sommo Sacerdote si fece avanti scendendo dal proprio trono e avvicinandosi alla salma di Donchad Grimalder, ormai privo di dolori e sofferenze.

« Siamo oggi riuniti dinnanzi all’emblema del Titano Folle, Egli rappresenta il caos e la fine di tutte le cose e nel più dei casi questo termina con la morte. » disse il Sommo Sacerdote parlando con solennità mentre camminava verso il corpo privo di vita del Reggente padre. Dantos non lasciò spazio ai suoi pensieri, concentrò tutte le sue forze su Drustan che stava al suo fianco.

Il giovane sovrano indossava abiti neri di seta e una semplice cappa con lo stemma dei Grimalder, il libro bianco su sfondo blu. Era l’unico colore che brillava in tutta la sala del tempio visto che ogni altro uomo o donna o cavaliere vestiva in nero.

« Preghiamo insieme affinché la Sacerdotessa dea della fede possa salvare quest’anima dall’Impiccato, l’ingannatore oscuro e che grazie al Titano Giustizia possa trovare il suo posto nell’eden degli Dei. Preghiamo affinché gli Amanti e il Carro possano guidare le sofferenze dei suoi cari via, lasciando spazio all’amore e alla forza dello spirito, che l’Eremita ci lasci la saggezza che quest’uomo ci ha portato in vita. Ed infine preghiamo affinché il Titano Folle ci conceda da questa morte la nuova vita e che i Titani Ruota e Stella ci facciano la grazia dalla fortuna e della speranza. » continuò il Sommo Sacerdote recitando il salmo del libro sacro, ovviamente lui lo conosceva molto bene essendo un uomo di chiesa, ma chi come Dantos non aveva ricevuto una buona istruzione non aveva idea di cosa si stesse parlando. « Ripetete con me, fedeli… »

Drustan ripeté lentamente e sottovoce il salmo appena recitato, solo Dantos era abbastanza vicino da potergli sentire nominare nuovamente i nove Dei Titani e le loro volontà. Il cavaliere guardava il proprio sovrano dall’alto osservando i suoi occhi spenti fissare immobili il corpo del proprio padre.

Era venuto a mancare la sera prima senza che ci fosse preavviso, il medico del castello aveva notato un peggioramento nelle condizioni dell’uomo ma senza poter stabilire a causa di cosa. Qualunque cosa fosse, Dantos era quasi certo che Lady Saisyll aveva fatto in modo che il veleno usato fosse irriconoscibile anche agli occhi di un esperto medico. L’altra teoria, e quella più accreditata per Dantos, era che persino il dottore era d’accordo.

Nonostante il cavaliere avesse sperato nella guarigione dell’uomo, nulla era stato possibile e le preghiere di Drustan erano infine sfumate come parole nel vento, probabilmente nessuno lo ascoltava sopra lo strato di nuvole.

Nessuno che non fosse Dantos che stava nella stanza del Re ascoltando le sue parole e le sue preghiere rivolte al Titano Stella riguardo la guarigione e la speranza di vita del padre. Tutto era stato vano e Dantos aveva ben pensato che i suoi problemi non fossero nulla in confronto a quello che il Re stava passando.

Donchad Grimalder era morto da neanche un giorno e il cavaliere non aveva ancora assistito ad una reazione da parte di Drustan; quando gli era stato comunicato il decesso, il Re stava studiando e Dantos era insieme a lui: era stupito, chiaramente, colpito e probabilmente sofferente ma aveva esordito con « Merita un degno funerale, almeno è potuto morire nella casa dei suoi avi! »

« La terribile malattia che lo ha portato via è un segno dell’Impiccato, il dio degli inganni ci ha puniti per i nostri peccati, per i costanti tradimenti e le offese che il popolo rivolge alla corona. Abbiamo faticato tanto in questo mese per mantenere la pace, ma ancora c’è chi crede che il male sia nel castello. Ebbene signori, vi sbagliate, dopo oggi sappiamo bene che il male è dentro di noi! Che siamo noi ad operare per conto del Titano traditore. Noi che portiamo il caos di cui il Folle ci riempie! »

Le parole del Sommo Sacerdote erano vane, perse nell’aria ma Drustan sembrava davvero intenzionato ad ascoltarle, probabilmente anche quello era un segno di rispetto nei confronti del padre. E vedere il Re così freddo diede a Dantos motivo di preoccupazione: quando avrebbe pianto la morte del padre?

Agli occhi del cavaliere e del resto del popolo, Drustan appariva come una figura in nero che portava con fierezza la cappa della propria famiglia, un singolo anello scuro nell’indice e la Corona Splendente che quel giorno brillava intensamente nella sua opacità stando sul capo del sovrano di Endymion.

Dantos si concesse un rapido sguardo alle proprie spalle, essendo la guardia del corpo del Re era in prima fila, a pochi metri dal grande tavolo nel quale si trovava il corpo senza vita; con un’occhiata individuò Saisyll che sembrava addolorata, teneva gli occhi bassi ed aveva un’espressione contratta sul proprio viso, dolore che sembrava esistere anche sul volto della figlia.

A differenza della Regina Nynniew però, la lady teneva le mani giunte in vita; quando alzò lo sguardo e incrociò gli occhi di Dantos però fece un sorriso, visibilmente soddisfatta e appagata per quello che era riuscita a fare, al cavaliere si rivoltò lo stomaco.

Tornò a guardare il proprio protetto avendo desiderio di dirgli tutto, di dirgli che era un traditore e che era stato incaricato di ucciderlo, che era Saisyll Lucarhis la mandante e che altre persone in giro nel castello lo volevano morto, che suo padre era stato avvelenato e che avrebbe voluto aiutarlo a ripulire il castello di tutti i serpenti velenosi e viscidi che lo abitavano.

Ma non ne aveva il coraggio, in ventitré anni di vita non gli era mai mancato il coraggio di dire le cose alle altre persone, forse visto com’era stato cresciuto. Ma dire una cosa del genere a Drustan era troppo doloroso, come avrebbe reagito il sovrano all’idea che Dantos, il suo più fidato amico e confidente, aveva ricevuto il compito di ucciderlo. Ma soprattutto c’era un altro dubbio che assillava la mente del mercenario notte e giorno.

“Perché mi sto facendo problemi nell’ucciderlo? Perché mi sono affezionato a lui? No, non lo conosco neanche.” Pensava tra sé e sé negandosi la verità, in qualche modo Dantos si era legato a Drustan come se fosse un fratello minore. E questo lo rendeva pericoloso non solo per la vita del Re ma anche per la sua stessa.

« Facciamo un ultimo minuto di silenzio per onorare la memoria di quest’uomo straordinario, padre memorabile e buono, amico giusto e fidato. Chiunque avesse avuto l’opportunità di conoscerlo in vita farà tesoro dei suoi ricordi. » disse infine il Sommo Sacerdote arrivando quasi ad ultimare la messa, al suo fianco si mosse Sir Jorge il Santo, il cavaliere-prete di Casa Arni, per l’occasione aveva lasciato la sua armatura indossando una tonaca scura come quella del sacerdote e teneva i capelli lunghi e argentei legati in una coda.

Dantos si chiede se anche lui, in qualche modo, fosse complice della cugina Saisyll e stesse cercando di far inabissare il trono di Drustan. Ma dallo sguardo che aveva, sembrava fin troppo addolorato per la perdita del sovrano. Sembrava sincero.

« Vostra Maestà se vorreste dire qualche parola per vostro padre, adesso potete farlo. Potete omaggiare con i vostri ricordi la sua memoria affinché anche noi li potremmo sentire come nostri. » disse il Sommo Sacerdote quasi al termine della messa, Dantos non aveva mai assistito ad un funerale tanto da vicino, l’unica volta che si era avvicinato alla grande chiesa della capitale era per spiare una delle regolari funzioni che si tenevano ogni cinque giorni.

Dantos abbassò gli occhi sul proprio Re che si alzò dal proprio trono mantenendo uno sguardo freddo e distaccato, espressione che aveva indossato per tutto il giorno. « Non ho nulla di dire in merito. » disse infine con sorpresa di tutti gli invitati all’interno del tempio. « I ricordi che ho con mio padre sono miei, non intendo condividerli con nessuno che non sia io. »

A quelle parole il Sommo Sacerdote si voltò con disappunto e un’espressione di offesa, incrociando le mani pregando agli dei il perdono di tanta freddezza del sovrano. Intervenne quindi Dantos mettendo la mano sull’elsa della spada. « Il vostro Re ha espresso la propria opinione, se siete contrariato allora state sfidando la sua Autorità. Questa è un’offesa che non sarà lasciata impunita. »

Ci fu un breve momento di trambusto dove i cavalieri dell’Inquisizione non seppero da che parte schierarsi, ma ovviamente loro erano membri della chiesa e il loro compito era comporre l’esercito dei fedeli. Non ci fu necessità di un bagno di sangue, lo scontro venne evitato e la messa giunse in conclusione.

« Voglio restare solo con mio padre per qualche minuto. » disse Drustan quando la moglie gli si avvicinò, tutti gli invitati al funerale stavano già uscendo dal grande tempio e persino Lady Saisyll era scomparsa a messa conclusa. Nynniew sembrava molto interessata al dolore dello sposo quasi fino a condividerlo, ma vedendo il rifiuto di lui capì che doveva tornare al castello da sola.

Ci volle quasi un’ora affinché tutti i presenti lasciassero il grande tempio chiudendo le porte alle loro spalle e lasciando la sala nel profumo di incenso e nell’ombra dei mosaici scuriti dai teli neri che vi erano stati applicati sopra. La sala sarebbe comunque rimasta nell’oscurità vista la giornata di pioggia che c’era.

« Volete che me ne vada anch’io, mio Re? » chiese Dantos gentilmente, ma Drustan scosse il viso e il cavaliere restò al fianco del proprio protetto che si era ormai avvicinato al tavolo del braciere, su quel tavolo Donchad sarebbe stato cremato e le sue ceneri sarebbero state riposte nella cripta sotto la chiesa.

Dantos non sapeva che reazione aspettarsi da quel momento tra figlio e padre morto, restava distaccato di alcuni passi, abbastanza vicino da poter sentire il respiro pesante del sovrano.

Drustan si avvicinò fino a poggiare le mani al freddo tavolo, poi si lasciò andare cadendo sulle proprie ginocchia e scoppiando a piangere, gemendo di dolore e con voce straziata, invocando il padre che non poteva più sentirlo. « Non è giusto! Padre ti prego torna da me! » continuava a ripetere in preda al dolore, Dantos rimase immobile mentre il sovrano sfogava tutto quello che si era trattenuto. Non c’era nulla che poteva fare per aiutarlo.

« Perché? Lo avete fatto? Perché me lo avete strappato via così presto!? Infami Dei! Non meritate le mie preghiere, non meritate questo tempio, non meritate nulla di mio! » continuò Drustan scoppiando ad urlare di dolore sempre con più forza e foga, fu l’ora più lunga della vita di Dantos che rimase in silenzio ascoltando il proprio Re disperarsi per la perdita subita.

Nell’attimo in cui sembrava finalmente aver smesso, Dantos avanzò poggiando una mano sulla spalla del sovrano. « Mio Re, dovete farvi forza, ci sono cose importanti di cui discutere… » disse Dantos quasi sul punto di rivelare tutto quello che gli era passato per la testa in quei giorni.

Tuttavia non poté, Drustan si alzò di scatto ergendosi in piedi, il volto distrutto dal dolore e rigato dalle lacrime, rosso come il fuoco per lo sforzo del pianto; i suoi occhi verde palude si riempirono di uno strano chiarore grigio mentre la Corona Splendente cominciò a brillare di una luce talmente tanto intensa da dissipare l’oscurità nella grande sala della chiesa.

« Questo tempio è stato costruito dai miei avi per onorare gli Dei Titani, fu la prima costruzione della città antica di eoni! Ma i Titani non hanno mai aiutato la mia famiglia costringendoci a soffrire la malattia dell’incesto e riducendoci infine alla distruzione dell’intera casata per punirmi adesso con la morte di mio padre! » cominciò ad urlare Drustan in breve alla rabbia, i suoi occhi brillarono sempre di più e con essi anche la Corona che sembrava essere in fermento.

« Mio Re, che diavolo...? » Dantos fu costretto ad allontanarsi vista l’accecante luce che sembrava fuoriuscire dalla Corona Splendente, non aveva mai visto una luce simile, se avesse potuto fare un paragone, era come guardare il sole.

« Distruggerò questo tempio, ridurrò in cenere ogni altra chiesa nella città e punirò gli dei per avermi strappato via mio padre! Nessuno prete, nessun uomo di chiesa, nessun cavaliere dell’Inquisizione verrà risparmiato dinnanzi al potere distruttivo della Corona Splendente! » continuò ad urlare Drustan, l’eco della sua voce però si perdeva nell’immensa sala, ogni candela perse la sua fiamma e la luce che emanava venne come risucchiata all’interno della Corona, i vetri tremarono così come il pavimento e Dantos quasi faticò a resistere.

La luce non solo era accecante, ma era come se in qualche modo avesse consistenza e non gli permettesse di avanzare. « Drustan basta così! Finirai per distruggere tutto! » gli urlò Dantos senza preoccuparsi delle buone maniere e di chiamarlo sovrano. « Moriranno un sacco di innocenti, non sono i Sommi Sacerdoti ad aver ucciso tuo padre, né distruggere le chiese potrà riportarlo indietro da te quindi smettila con questa cazzata! »

La luce sembrò non smettere di brillare per alcuni istanti, poi così com’era venuta cominciò a spegnersi lentamente, le ombre tornarono a riempire gli angoli lontani della chiesa ora che le candele erano state spente, la luce lasciò spazio all’oscurità rientrando all’interno della Corona che era ancora in fermento.

Dantos osservò i tratti opaci del diamante di cui era composta diventare quasi immobili nonostante prima infuriassero. Infine si spense del tutto lasciando Drustan con l’espressione confusa su quanto fosse successo. Dantos davanti a lui aveva ancora le braccia davanti al viso a ripararsi dalla forte luce, ma quando tutto terminò si avvicinò correndo al proprio Re che cadde nuovamente.

Stavolta però Dantos riuscì a prendere il sovrano prima che cadesse sulle ginocchia stringendolo al petto. « Che cosa è successo? » chiese Drustan non ricordando nulla di quei precedenti due minuti in cui aveva quasi rischiato di distruggere la chiesa.

« Non è successo nulla, è stato solo un incubo! Non ti preoccupare, ci sono io adesso. » gli disse il cavaliere parlandogli all’orecchio senza sciogliere l’abbraccio sul sovrano. « Andrà tutto bene, stai tranquillo. » ripeté Dantos, nonostante la mente gli dicesse che nulla sarebbe andare meglio, anzi, sarebbe peggiorato.

Il cavaliere condusse il Re nuovamente al castello, si chiusero entrambi nella cabina della carrozza e viaggiarono alla volta del castello, senza ulteriore indugio Dantos portò Drustan nella sua camera facendogli evitare i corridoi principali e passando per i secondari arrivando quindi nella torre e infine nella stanza.

Il Re però sembrava ancora essere scioccato per quanto successo, probabilmente era riuscito a ricordare cosa aveva fatto nella chiesa, Dantos glielo leggeva nello sguardo ma non gli importava, non ne avrebbero parlato e tutto sarebbe stato dimenticato. La sua unica preoccupazione era far riposare il sovrano adesso.

«Non guardarmi male ma sono costretto a farlo… » disse Dantos sfilando l’anello nero dal dito di Drustan e poggiando le proprie mani sulla Corona Splendente per metterla via, la poggiò in un tavolino poco distante da loro e sbottonò la cappa dalla veste.

« Che stai facendo? » chiese Drustan con poca convinzione, erano le prime parole che emetteva da quando avevano lasciato la grande chiesa. Dantos parve non essere interessato al volergli rispondere ma si costrinse a farlo.

« Hai bisogno di riposare quindi devo toglierti i vestiti a meno che non voglia risparmiarmi l’idea di dover spogliare un uomo. » gli rispose Dantos con leggero sarcasmo fermando le proprie mani, erano poche le cose che mettevano a disagio Dantos e dover spogliare un uomo dei suoi vestiti era tra queste, aveva appena notato. Fortunatamente per lui, Drustan si svegliò dalla catarsi.

« Mi dispiace per quello che ho detto nella chiesa. » disse il giovane Re togliendosi la pesante giacca e restando con una camicia di lino leggera che aderiva al corpo magro.

« Non so di cosa stai parlando, mio Re. » disse Dantos facendosi indietro e cercando di osservare altro, i suoi occhi vennero catturati dalla vista della Corona Splendente, ne aveva una fottuta paura!

« Sai benissimo quello di cui parlo! Ho quasi rischiato di usare la Corona e i suoi poteri, ho i ricordi poco lucidi ma so bene quello che è successo e ricordo ancora le tue parole. » stavolta Dantos non ebbe la possibilità di ribattere dovendo quindi annuire alle parole del sovrano. « Ti ho mentito, mesi fa. » disse ancora.

« Riguardo cosa, mio Re? » chiese Dantos.

« Lo spirito della Corona esiste. Mi parla sempre, mi dice cosa dovrei fare. Mi dice delle cose e spesso non riesco a controllarlo. È come una forza mistica e intensa, è sempre con me quando indosso la Corona e non se ne va mai! » disse Drustan rispondendo alla domanda appena fattagli, Dantos distolse lo sguardo dalla corona osservando il giovane che sembrava imbarazzato.

« Cosa ti dice? » chiese piuttosto preoccupato, la sua reale domanda in realtà era un'altra e venne intesa dal sovrano che ricambiò lo sguardo grave della propria guardia.

« Mi ha detto di distruggere i miei nemici. Mi ha detto che sono circondato da persone che vogliono morta la mia famiglia. So che è vero e so che mio padre non è morto per la febbre ma che qualcuno qui al castello lo ha avvelenato. » disse Drustan chinando lo sguardo. « Sono ancora giovane ma non sono stupido. » disse infine.

A Dantos sembrò di cadere dalle nuvole, non solo per la rivelazione di uno spettro omicida e distruttivo all’interno della Corona Splendente, oggetto che ogni Re e ogni Grimalder aveva dovuto indossare e accogliere. Drustan sapeva bene che qualcuno, anzi, molti cospiravano alle sue spalle, sapeva anche del suo compito? Non credeva agli Dei Titani, ma li pregò affinché così non fosse perché ne aveva paura.

« Ti ha detto chi sono questi tipi? »

Ma Drustan scosse il viso negativamente. « No, lo spirito è stato vago, non conosce le cose. Però riesce a sentirle. E io ho cercato di ignorarlo, ma il più delle volte non ci riesco e prende il sopravvento sulla mia testa e mi fa fare le cose come vuole… » disse ancora, non c’era nulla però che Dantos potesse fare, nulla che non contemplasse la distruzione di uno degli oggetti divini, e chiunque fosse abbastanza intelligente sapeva che non potevano essere distrutti in alcuni modo se non dagli strumenti stessi usati per forgiarli.

Oggetti che ovviamente erano stati perduti eoni orsono.

« Non posso proteggerti da uno spirito nella tua testa. Posso uccidere chiunque cercherà di farti del male, posso bere il tuo vino e assaggiare il tuo cibo prima che lo faccia tu, ma non posso aiutarti contro uno spirito, lo sai questo? » gli chiese Dantos.

Drustan ovviamente annuì capendo quello che gli era appena stato detto. « Hai sospetti su chi possa cercare di farti del male? Posso indagare senza farmi scoprire. » disse il giovane uomo rivelandosi a metà, un semplice cavaliere non avrebbe mai avanzato una richiesta del genere, ma Drustan non ci fece caso.

« Gli unici che mi vengono in mente sono i Lucarhis al momento. » rispose quindi il ragazzo, il cavaliere capì che probabilmente anche il Re aveva capito chela famiglia della propria moglie aveva ambiziosi molto grandi. In effetti ne avevano già scusso quando parlavano di chi Drustan si fidava di più tra Nynniew e lui.

« Indagherò senza farmi scoprire. Non ti lascerò mai solo così non correrai rischi. » disse ancora il cavaliere, gettò un rapido sguardo alla Corona Splendente che aveva posato nel tavolino là vicino. « Immagino tu che non possa evitare di indossarla, vero mio Re? » chiese Dantos tornando a parlare al giovane con totale distacco professionale, anche Drustan lo notò e non parve essere contento della cosa ma rimase in silenzio al riguardo.

« No, non posso farlo. Cercherò di concentrarmi per ignorare la voce dello spirito. » disse, ma Dantos sapeva bene quando valeva un giuramento o una promessa di questi tempi. E non era sicuro che il ragazzo potesse fermare una forza tanto potente, di una cosa però era più che sicuro: finché lui stava col Re quello non correva altri pericoli visto che sarebbe stato lui la causa della sua morte.

Poco più tardi il sole tramontò del tutto sopra Altura Silente dissipando lo strato di nuvole autunnali, il cielo tornò sereno ma le strade erano impregnate di fango e riempite di pioggia visto che per tutto il giorno non c’era stato un freno. Dantos non avrebbe potuto lasciare il proprio Re se non in brevi momenti, durante la cena il cavaliere ebbe modo di andare alla torre di guardia per mangiare.

Tuttavia aveva lo stomaco chiuso e quel breve pezzo di pane che si mise tra le mani non osò neanche intingerlo nella brodaglia. Lo mangiò al volo uscendo nuovamente dalla torre di guardia camminando per il corridoio che si affacciava sulla baia muovendosi verso le prigioni con un obiettivo in mente.

Ancora una volta Dantos aveva il desiderio di parlare con Sir Wellen che stava ancora rinchiuso nella prigione, ovviamente aveva dovuto fare rapporto al Re quando gli era stato chiesto; aveva mentito in parte: aveva rivelato che qualcuno gli aveva detto che strani e loschi tipi si muovevano nel castello per fare del male ai Grimalder, non si era espresso di più.

Da allora Drustan aveva cominciato a sospettare fortemente della presenza dei nemici nella corte e i Lucarhis erano i bersagliati. Dantos aveva pensato che il Re aveva un intuito brillante e che capiva bene quello che succedeva intorno a lui, ma la giovane età e la mancanza di contatti col mondo reale gli impedivano di arrivare alla risoluzione e ovviamente, mancavano le prove delle accuse.

Dantos aveva le prove, il suo contratto era stato firmato da Garseo e dallo Spettro Folle, ma ci sarebbe voluto poco per risalire alla vera identità della figura misteriosa che a quanto sembrava era qualcuno di molto vicino a Lady Saisyll.

“Non può essere che Ollyson Gatling!” pensò Dantos mentre stringeva la torcia con la fiamma blu che ardeva. Arrivò davanti la prigione del cavaliere che era stato privato di tutto eccetto una logora veste sporca e puzzolente. Il fatto che il catino fosse vicino a lui non rendeva l’aria migliore da respirare.

« Sei venuto per la mia esecuzione? Ti ho già detto tutto quello che so, ho confessato ma nessuno mi ha ancora liberato. Avevi promesso! » disse il cavaliere accusando l’altro attraverso le sbarre, Dantos non volle entrare, non per la puzza visto che c’era abituato, ma perché non sapeva esattamente come comportarsi.

« Ho bisogno del tuo aiuto. In caso le cose si mettano male e io non riesca più ad assecondare il mio dovere verso il Re. » cominciò Dantos sviando il discorso, Wellen inclinò il viso poggiandolo sulle sbarre di metallo della porta insieme alle sue mani. « C’è un modo per fuggire dal castello? Intendo dire, una fuga rapida e veloce. Restando nascosti ed evitando di morire! »

Ovviamente il cavaliere non seppe esattamente cosa rispondere. « Una fuga per il Re intendi? E lasciare il castello in mano a quella lurida puttana di Saisyll e alla sua stupida figlia? » chiese Wellen piuttosto contrariato e con l’orrore segnato sul volto, Dantos annuì solennemente. « Il Re non può scappare! »

« Ho motivo di credere che ci siano cavalieri corrotti all’interno della guardia cittadina. Il castello è pieno di traditori, sono bravo, sono letale e veloce ma se mi attacca tutta la guarnigione del castello non ho speranza di vivere e il mio principale interesse è quello di far sopravvivere il Re, anche facendolo fuggire. » fece una pausa nel quale il cavaliere dall’altro lato delle sbarre rifletté sulla questione. « Lasciare il castello nelle mani dei Lucarhis facendo fuggire il Re o facendolo morire. Se le cose si mettessero male è così che finiranno le cose. Da parte mia posso dire che lo proteggerò e cercherò di smascherare Lady Saisyll. »

« Sai bene che quello che ti ho detto è vero. Il Re si fida di te ciecamente, lo sanno tutti. Non hai bisogno di prove perché le hai tutte davanti gli occhi, devi solo presentarle al Re e riusciremo a scacciare quella puttana! » disse ancora Sir Wellen visibilmente arrabbiato e scosso dalla titubanza di Dantos.

« Fidati della mia parola, so quello che faccio. Ma se non dovessi farcela ho bisogno di sapere che Drustan potrà fuggire attraverso una via pronta per lui. » insisté ancora, a quel punto Wellen si lasciò piegare davanti alla sicurezza nella voce di Dantos sospirando pesantemente e annuendo appena.

« Ci sono poche vie che conducono all’esterno: il portone principale che percorre la Via degli Alberi, il cortile principale. La Porta del Serpente dove si trova il cortile della guardia cittadina; il grande molo che conduce alla Baia del Naufragio ma ti servirebbe una barca sempre a disposizione. » gli occhi del cavaliere erano pieni di dubbio e non restava altro che indicare l’ultimo passaggio segreto del castello. « C’è solo un altro passaggio di cui quasi nessuno conosce l’esistenza, è un condotto molto antico creato da Lucian il Conquistatore; si trova dietro la sala del trono, sotto la vetrata. È una porta segreta nel muro e per aprirla bisogna girare le tue torce ai lati. Ti condurrà all’esterno delle mura, da lì potrai raggiungere un posto nascosto in città per qualche ora. » disse il cavaliere rivelando quanto sapeva, a Dantos bastava sapere di quel passaggio nella sala del trono. Era perfetto, un modo per fuggire in caso le cose si fossero messe male, avrebbe potuto noleggiare un cavallo all’ingresso della città e andarsene con il Re.

« Ti ringrazio, vedrò come posso farti scappare. Non lascerò che ti tengano qui rinchiuso, sei uno dei buoni. » disse Dantos congedandosi infine dal cavaliere imprigionato, fece pochi passi alla volta della porta d’ingresso delle prigioni quando un rumore non molto distante colpì la sua attenzione.

Si voltò verso destra in un angolo buio di una prigione dalla porta chiusa nonostante dentro di non ci fosse nessun prigioniero. Si avvicinò alle sbarre incuriosito vedendo poi una figura minuta sbucare dall’angolo e avvicinarsi in maniera circospetta.

« Chi sei? » chiese Dantos.

Il ragazzino si avvicinò sempre di più alla porta della prigione rivelandosi solo a metà, restando nascosto nelle ombre. Ma Dantos aveva già il sentore di conoscerlo, di averlo visto in giro per il castello almeno uno volta. « Io non ho nome. Il mio padrone lo Spettro Folle mi ha riferito che i suoi agenti hanno sentito che la neve attecchirà non prima della metà del prossimo mese. Entro trenta giorni esatti il tuo bersaglio dovrà essere processato. Non un giorno dopo. » disse il ragazzino voltandosi e tornando nell’angolo, Dantos scattò in avanti venendo però fermato dalle sbarre e aggrappandosi ad esse.

Cercò di illuminare la stanza facendo passare la torcia tra le sbarre me senza riuscirci, cercò di forzare la porta per entrare ma non ci riuscì. « Aspetta piccolo bastardo! Chi è il tuo padrone? » disse Dantos ad alta voce scuotendo la porta. Quella però non si mosse di un centimetro e la stanza parve essere nuovamente desolata.

Dovette sostenere il proprio peso con la porta per quanto si sentì pesante, c’era ancora molto tempo, ma stando agli ordini ricevuti dal ragazzino-ombra poteva agire anche subito. Dantos fu certo che era una prova e che non avrebbe mai potuto aspettare l’ultimo giorno, Lady Saisyll lo stava tenendo in pugno.

« Non so cosa fare… » disse nuovamente e ancora una volta credette che Rosa avrebbe avuto la risposta adatta a lui, aveva bisogno di parlarne con qualcuno e lei avrebbe saputo cosa consigliargli, non c’era nessuno che potesse aiutarlo però.

Dantos era nuovamente solo.

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Capitolo 20
*** 20. Kari - Debolezza ***


{Kari

20.

Debolezza

  

Quella serata sembrava la più lunga della vita di Kari che ovviamente aveva preferito non tornare nella sala grande, probabilmente sua madre si sarebbe arrabbiata non vedendola tornare ma poco importava dopo quanto era successo; era accaduto tutto talmente in fretta che la giovane lady di Bosco Ombroso non aveva ancora realizzato l’idea, tra tutte le cose però la più impressa nella sua mente era la reazione del Signore della Guerra suo fratello.

« Credete davvero che non dovremmo dire nulla ai vostri genitori, Kari? Vostro fratello non ha torto. Se non avesse avuto quella reazione probabilmente io l’avrei fatto al suo posto. » le aveva detto Aedan quella sera stessa quando Valdis era stato accompagnato nella propria stanza a seguito della sorella.

Lei era rimasta chiusa finché Aedan non era tornato. « So quello che so, Aedan. Conosco non posso parlarne con i miei genitori… » disse Kari in risposta, cercando di dimenticare quanto accaduto: se pensava alle dita di Volmar all’interno del suo corpo cominciava ad avere le vertigini e le girava la testa.

« Vostro padre non permetterebbe di certo che Volmar la passi liscia, sarete sposati ma non permetterebbe mai che sua figlia venga stuprata da un lurido pezzo di… » disse Aedan cercando di convincere la propria lady dal desistere dal voto di silenzio, ma la ragazza scosse il viso interrompendolo.

« Ciò non cambia il fatto che non posso parlarne con loro. E mia madre la prenderebbe come un mio rifiuto, una scusa per il fatto che non voglio sposare Volmar. » disse Kari cercando di farsi forza, Aedan aveva guardato la sua signora per almeno cinque minuti in silenzio con espressione vaga aspettando che lei gli desse il motivo per il quale non poteva realmente parlare.

Ben presto Kari chiuse gli occhi addormentandosi tra le proprie coperte indossando la sua pesante giacca di lana sotto la protezione del suo cavaliere. Poche ore dopo la ragazza si svegliò trovando Aedan davanti alla porta, qualcuno aveva bussato e la lady aveva sentito un ragazzo avanzare la richiesta d’entrare.

« Entra pure, Valdis… » gli rispose la ragazza sentendo la voce di suo fratello, era ancora assonnata e dalla debole luce che entrava dalla finestra capì che dovevano essere non doveva mancare molto all’alba. « Che succede? » chiese quando vide il fratello maggiore avvicinarsi a lei e sedersi tra le coperte del proprio letto, la ragazza si mise seduta con la schiena poggiata ai cuscini che lo adornavano.

« Non volevo svegliarti, ma non riuscivo a dormire. Non smettevo di pensare a quello che aveva cercato di fare quel figlio di puttana. Speravo volessi dirmi cosa è successo e perché pensi abbia fatto una cosa del genere! » chiese il ragazzo, Kari cominciò a mettere a fuoco il mondo intorno a sé notando che suo fratello indossava una lunga giacca da notte di pelliccia sopra abiti di lino che aderivano al corpo.

« Valdis ti prego, non voglio continuare a pensare a quello che è successo. » cercò di insistere la ragazza, nonostante lei non avesse colpa di quello che era successo si sentiva quasi responsabile. Forse senza volerlo aveva indispettito il toro.

« Anche io non riesco a smettere di pensare a quanto è successo, Kari. Volmar è un folle bastardo, ma fare una cosa del genere è inaspettato persino da un tipo come lui, essendo un ospite. » disse il cavaliere della lady cercando di schierarsi dalla parte del giovane Signore della Guerra, la ragazza si morse le labbra, non era sua intenzione parlarne perché avrebbe così dovuto dire quando aveva visto tra Volmar e Myrella, parlare del loro incesto la creava disagio oltre che un senso di nausea che non si spiegava.

« Mi sono ripromessa di non dirlo, Volmar non è sano di mente e non voglio creare più problemi di quanti ce ne siano. » disse, dentro di sé sapeva bene che non gli importava nulla, ma parlare con l’Anziana Amber le aveva fatto sviluppare quella sorta di pietà nei confronti del futuro lord. Si sentiva ridicola.

« Per il suo bene!? Ti rendi conto che lui non gli importa di nessun altro che sia se stesso, sorellina? Non capisco come puoi anche solo pensare di proteggerlo dopo quello che ti ha fatto! Non essere buona con chi non lo merita, non permettere ad altri di pensare che tu sia una debole.» disse Valdis accusando la propria sorella con tono deciso, non era la prima volta che la ragazza si sentiva in questo modo e sapere che la sua debolezza era visibile anche all’esterno la distrusse.

Kari strinse la coperta tra i pugni per trattenere le lacrime, non voleva essere debole, era per questo motivo che aveva cominciato le lezioni di guerra con Aedan, ma chiaramente non era ancora pronta a sentirsi forte, le sue lacrime ne erano la prova.

« Ad Artiglio del Drago ho visto Volmar e sua sorella Myrella baciarsi. Li ho sentiti parlare… sono amanti. Ed ho ragione di pensare che per gelosia abbia cercato di farmi uccidere. » disse Kari sputandolo via come se fosse latte rancido. Aedan e Valdis ascoltarono attentamente quello che era stato detto.

« Non so perché l’ho detto a Volmar, gli ho detto che non intendevo rivelarlo. Gli ho chiaramente detto che non volevo dirlo a nessuno, ma credo che lui abbia pensato che fosse una provocazione. » continuò Kari mentre guardava gli occhi azzurri del fratello, quello ascoltò con la mente chiaramente confusa.

« Se fosse vero questo spiegherebbe perché Lord Dunnstone sembrava tanto convinto della sua innocenza. Myrella potrebbe aver agito alle spalle di tutti. Persino Volmar potrebbe esserne allo scuro anche se ne dubito fortemente. Riguardo il loro incesto… » Aedan parlava lentamente assorbendo le notizie che gli erano appena state date, si avvicinò al letto poggiando una mano sulla spalla della lady. « Sei assolutamente sicura di quello che hai visto e sentito? Al giorno d’oggi è una grave accusa. »

Kari guardò Aedan senza ascoltare le sue parole, i suoi occhi andarono alla ricerca di Valdis che sembrava perso nei suoi pensieri. Si alzò dal letto portandosi le mani ai riccioluti capelli neri, si passò una mano dal viso alla ricerca della barba che gli era stata tolta quel pomeriggio e continuava a pensare.

« Cerchiamo di concentrarci sulla parte più importante di tutto questo: Volmar e Myrella potrebbero aver organizzato l’assassinio proprio per evitare il matrimonio. Dobbiamo indagare a fondo sulla questione e se questo fosse vero dobbiamo intervenire e fermarli. Ma non dovremmo interessarci di quello che fanno nell’intimo, » di avvicinò quindi alla sorella minore nuovamente cercando di parlarle con chiarezza. « pensi di riuscire a distinguere quello che pensi riguardo loro due da quello che riguarda il gioco delle casate? » disse Valdis infine; Kari non poté non notare come il fratello sembrava quasi giustificare il loro rapporto amoroso e discapito della vita di lei, non riusciva a credere alle sue orecchie. « Non li giustifico e ti prometto che la pagheranno ma devi riuscire a distinguere la giustizia dall’orgoglio. »

Aedan rivolse uno sguardo confuso quanto quello della sorella stessa, entrambi increduli della reazione pacata di Valdis.

Il Signore della Guerra che tanto si era arrabbiato davanti quello che era successo alla sorella minore, stava quasi giustificando l’aggressione di Volmar come sua difesa contro l’essere stato scoperto da Kari; il suo tono sembrava quasi nascondesse qualcosa di personale che però la ragazza poté vedere.

Si alzò dal letto indossando la propria veste da notte intenzionata ad uscire dalla stanza. « Ho bisogno di aria fresca! »

Era furibonda con Valdis e voleva davvero respirare aria pulita. Aedan continuava a guardare il futuro Lord Caelum con occhi indagatori per capirne di più, ma dovette smettere visto che Kari aprì la porta della stanza correndo via.

Si spostò verso i bastioni del castello nel tentativo di raggiungere l’alta torre desolata, la ragazza non si guardò indietro per un istante sapendo che il cavaliere era alle sue spalle. Fermò la sua corsa solo quando si trovò nella grande terrazza che dominava l’orizzonte sulla Tundra Innevata totalmente immersa nel buio.

« Non posso credere alle parole di mio fratello. Perché mai dovrei usare questa storia per vendetta? Odio Volmar, ma non ho nulla di personale nei suoi confronti e non ho interesse nel distruggere la sua vita! » disse lei in preda alla rabbia. Aedan la raggiunse affiancandola, la lady si chinò con la schiena sulla balaustra.

« Io credo che Valdis abbia preso la cosa sul personale. È solo una mia sensazione, ma credo che per un attimo abbia pensato che vi stavate affezionando a Volmar che la vostra reazione fosse per lo più di gelosia nei confronti della sorella. » le rispose il cavaliere cercando di far ragione la propria lady, la ragazza si voltò verso di lui ascoltando le sue giustificazioni. « Non badate alla loro relazione, certo la cosa potrebbe sciogliervi dal voto nunziale a patto però di distruggere qualunque rapporto con i Dunnstone. »

« Conosco le conseguenze di una simile azione e nonostante io detesti i Dunnstone non è mia intenzione sciogliermi dal matrimonio in questo modo! » rispose la ragazza a sua volta.

« Vostro fratello forse la vede diversamente: è un Signore della Guerra e sa bene che questa mossa potrebbe far azionare meccanismi che metterebbero i due regni in crisi. » disse Aedan in tono vago alludendo alle tensioni. « Per questo motivo ha insistito sull’esattezza di quello che avete sentito. » continuò il cavaliere parlando con tono contenuto, Kari seguì il ragionamento intuendo che le parlava da amico e non da cavaliere.

« Proprio per questo motivo non ho intenzione di parlarne con i miei genitori. Non posso dire loro la dinamica completa degli eventi perché rischierei di scatenare una guerra che non voglio. Se la soluzione per evitare la guerra è aspettare e indagare allora è così che faremo. Non faresti lo stessi anche tu? »

Aedan chinò il capo osservando l’orizzonte e distogliendo lo sguardo dalla propria signora che continuava invece a fissarlo. « Non posso dirti cosa fare, mia signora. » disse lui lavandosene le mani, a quelle parole Kari fece una mezza risata, ovviamente se lo aspettava, prese una boccata d’aria fredda.

« Ho già deciso diversi minuti fa. Credo comunque che Valdis abbia ragione a pensare che io sia debole. Non sopravvivrò un giorno ad Artiglio del Drago se continuo così. Prima o poi crescerò… spero. » disse la giovane lady con voce tremante, Aedan alzò lo sguardo, Kari era sul punto di piangere e per questo stringeva gli occhi come per trattenere le lacrime.

« Penso però che tu sia sulla buona strada, mia signora. Tutti siamo deboli finché non capiamo per cosa vogliamo lottare. Io per esempio ho scelto di combattere per mia madre, per far sì che fosse fiera di me, ho scelto di combattere per proteggere gli altri. » Aedan fece una pausa e la lady riaprì gli occhi osservando alla propria destra un raggio di sole spuntare oltre il lontano Mare dei Titani.

« Tu per cosa hai scelto di lottare? » chiese infine il cavaliere.

Kari non aveva nulla per cui combattere quindi non poté rispondere ancora alla domanda fattagli dal cavaliere.

Diverse ore più tardi il cielo era molto più scuro e la giovane lady stava seguendo una lezione insieme al proprio fratello gemello che ovviamente non aveva mancato di farle domande: aveva sentito lo stesso dolore e la stessa sofferenza della sorella di fatti aveva gli occhi infossati e sembrava stare piuttosto male.

« Non è così male come sembra, davvero. È solo che… mi ha lasciato un po’ spiazzato. Non credevo che avrei mai potuto provare una sensazione del genere, sembro più sconvolto io che tu. » disse Synder a fine lezione quando entrambi i Caelum poterono allontanarsi dalla biblioteca, quel giorno le guardie personali e il resto della guarnigione dovevano incontrare il loro lord, in girò per il castello però c’erano ancora gli uomini dei Dunnstone che vestivano armature con stemmi neri e blu e che quando vedevano i Caelum passare sembravano quasi scoccare delle occhiate gelide che trasmettevano sensazioni tutt’altro che positive.

« Non ho dormito bene stanotte, ma ho capito una cosa importante: la vita è come una giostra, continua a girare anche se scendi dal cavallo. » disse Kari con lo sguardo perso nel vuoto mentre svoltavano l’angolo, ad ogni corridoio aveva timore di incontrare Volmar, di certo quella paura non le faceva bene e per questo sperava anche di poterlo incontrare così da fronteggiarlo.

Ma la giovane lady non era sicura di quello che avrebbe provato. « Lo dirai ai nostri genitori? Voglio dire non credo che nostro padre sarà felice della cosa, anche se tecnicamente siete promessi sposi quindi prima o poi accadrà qualcosa di simile… » Synder si fermò pensando a qualcosa di terribile. « Significa che quando farete sesso sentirò il suo uccello dentro di me!? »

Kari non poté fare a meno di scoppiare a ridere visto lo stupore e la preoccupazione di Synder. « Non credo sia così che stanno le cose. Ma grazie per la preoccupazione verso la tua unica sorella. » disse lei continuando sarcasticamente e avanzando lungo il corridoio, era lieta che avesse avuto modo di ridere di qualcosa.

Synder continuò con una mezza risata e in quel momento Kari si sentì in dovere di dirgli degli allenamenti che seguiva con Aedan. « Sto prendendo lezioni da Aedan riguardo l’arte della guerra: mi sta insegnando come combattere e come usare la spada, gliel’ho chiesto io. Per questo prendi spesso delle botte, non sono ancora molto brava mi pare di credere. » disse Kari, ma Synder non ebbe la reazione che lei si aspettava, in qualche modo aveva capito quello che stava succedendo e annuì.

« Sì, lo sapevo. Era facile da intuire, ma mi fa piacere che tu lo me lo abbia detto, significa che ti fidi ancora del tuo gemello. » disse in risposta, svoltarono un altro angolo trovandosi nella sala grande, i larghi arazzi viola con la spada argentea dei Caelum si trovavano sospesi in aria nella grande stanza di pietra, svolazzavano appena visti gli spifferi che entravano dalle alte finestre.

« Non trovi curioso il fatto che i nostri genitori abbiano convocato l’intera guardia? Secondo te cosa sta succedendo? » chiese Kari pensando alla riunione, i suoi pensieri vagavano ancora sulla lista dei congiurati e sui segreti del padre. Non che la riguardassero ma c’era qualcosa che la spingeva ad indagare.

« Ancora preoccupata per quello che nostro padre nasconde nello studio? Lo sai che essere ossessionati dalle cose non è mai un bene? » le disse Synder quasi rimproverandola, Kari abbassò lo sguardo ma non prima che lui facesse un ghigno. « Potrei avere un’idea per fare irruzione nello studio. Lo stalliere mi ha insegnato come forzare una serratura, ma non possiamo farlo alla luce del giorno. » disse lui, Kari scattò in aria guardando il fratello con stupore.

« Lo faresti davvero? E se ci beccassero? E poi ci sono Aedan ed Ingrid, come facciamo a non fargli capire quello che vogliamo fare? È ovvio che ci fermeranno! » disse lei preoccupata.

Synder però aveva la risposta a quelle domande. « Basta che ti togli questa idea dalla testa, sì lo farei. Riguardo Aedan e Ingrid dobbiamo cercare di liquidarceli, non possiamo portarceli dietro e se ci beccano… dirò che mi hai obbligato tu a farlo! » disse Synder con un leggero sorriso, improvvisamente l’umore di Kari era nuovamente alto e pronto per quell’avventura col fratello gemello.

Nonostante però avessero stabilito un piano aspettarono due sere prima di poterlo mettere in azione, per un motivo o per un altro non c’era l’occasione adatta e finalmente si presentò quando quella sera non ci fu nessuna cena particolare e nessun altro impegno con i Dunnstone, Kari aveva avuto modo di rivedere Volmar nel corso di quei due giorni ma il ragazzo non si era nemmeno disturbato di parlarle e i genitori di entrambi si erano accorti di quella freddezza.

L’intero tavolo rimase in silenzio quando a cena fu proposto ai due ragazzi promessi sposi di andare in giro a cavallo insieme l’indomani, Kari non aveva voglia di uscire insieme a Volmar e anche Valdis e Synder erano della stessa opinione.

Quella sera Kari organizzò insieme a Synder la loro irruzione all’interno dello studio, i due gemelli si dovevano incontrare  nell’ala ovest davanti la statua del Titano Folle che faceva da guardia alle scalinate verso i bastioni, non molto distante dalla porta dello studio del padre; Kari affrontò quindi il primo ostacolo quando sentì le campane scoccare la mezzanotte.

« Devo uscire dalla mia stanza, ma ho bisogno che tu stia qui, per favore. » disse Kari parlando alla propria guardia, indossava abiti comodi e molto caldi visto il freddo che penetrava le mura.

Aedan ovviamente guardò stranito la propria protetta che non era solita uscire in piena notte. « Il mio compito è fare da guardia a voi, non alla stanza vuota in cui dovreste riposare. » disse lui in risposta, ovviamente Kari immaginava che il cavaliere avrebbe insistito per seguirla quindi fu costretta ad insistere.

« Stasera non ho bisogno di qualcuno che mi segua. Devo fare una cosa con Synder e abbiamo bisogno di non dare nell’occhio, ci sono anche le guardie dei Dunnstone di pattuglia. » rispose la ragazza, ma ancora una volta Aedan insistette scuotendo il viso.

« Non ho idea di cosa vogliate fare ma a maggior ragione essendoci le guardie dei Dunnstone non dovreste girare da soli. Voi più di vostro fratello siete in pericolo, non posso lasciarvi da sola un’altra volta. » disse il cavaliere e Kari capì che non aveva la minima intenzione di lasciarla andare da sola in giro per il castello.

« Non sono sola, c’è mio fratello con me. Ma se ti fa sentire meglio il fatto di essermi vicina allora va bene, ma non devi fiatare o provare a fermarci! » disse lei riducendo il tono di voce, il cavaliere annuì facendo gesto di stare in silenzio quindi si spostarono nelle ombre dei corridoi desolati.

Le candele alle pareti si muovevano debolmente a causa degli spifferi nel castello, a differenza di Artiglio del Drago il quale castello era costruito in pietra lavica, i bastioni di Bosco Ombroso erano costruiti per affrontare il rigido inverno in maniera differente, la pietra delle pareti non lasciava spazio al colore e la struttura diventava un vero e proprio ghiacciaio.

Muovendosi lentamente tra le parete freddi, Kari e il cavaliere arrivarono ai piedi della scalinata notando che Synder non era da solo, insieme a lui c’era Ingrid che a quanto sembrava aveva insistito per accompagnarlo. « E voi che volevate lasciarmi di guardia in camera. » disse Aedan quasi canzonando la propria protetta, quella sbuffò e si avvicinò al gemello che si accorse del loro arrivo.

« Credevo che avremmo dovuto lasciare le nostre guardie in camera. » disse Synder e Kari alzò un sopracciglio rivolgendogli un’occhiata sarcastica e incredula.

« E lo dici a me? Ti sei portato dietro Ingrid! » disse lei in risposta ma sia il fratello che la donna cavaliere scossero il viso.

« In realtà l’ho seguito fin qui, volevo vedere in che guai si voleva cacciare, Lord Caelum non sarebbe felice del fatto che i suoi figli vagano per il castello, specialmente visto che le guardie di Lord Garrel sono di pattuglia. » disse la ragazza dai capelli rossi quasi giustificandosi, Synder alzò gli occhi al cielo.

« Gli avevo chiesto di restare in camera, ma ha insistito quindi gli ho detto che poteva venire con me a patto che non ci fermasse. » disse Kari giustificando la presenza del proprio cavaliere, omesse la parte in cui pensava di sentirsi al sicuro con due dei loro cavalieri.

« Lasciamo perdere, meglio sbrigarci: non intendo stare tutta la notte qui fuori a morire di freddo! » disse Synder lamentandosi, Kari annuì e tutti e quattro si spostarono quindi verso lo studio del lord del castello cercando di evitare i corridoi grandi.

I Dunnstone non avevano molto guardie con loro ma a sufficienza da controllare i corridoi principali, fortunatamente lo studio era nell’ala del castello che non interessava le ronde quindi fu facile arrivarci superando i cavalieri. « Sapete che se vostro padre dovesse scoprirci farebbe a pezzi me ed Aedan e voi restereste in castigo per il resto dei vostri giorni? » chiese Ingrid sarcasticamente quando il gruppo arrivò davanti la porta dello studio, Synder uscì dalla tasta due asticine che infilò all’interno del chiavistello cominciando a giocherellarci.

Kari guardò Aedan prima di rispondere come se aspettasse che anche il cavaliere li sgridasse per quello che stavano facendo. « I nostri genitori ci stanno nascondendo qualcosa, so che per loro siamo ancora due bambini ma abbiamo diritto di sapere. » disse lei consapevole dei loro limiti, continuò ad osservare Aedan che però non rispose restando in silenzio a guardarli.

« Kari avrei bisogno di un po’ di luce, o vi spostate dalla finestra o mi procuri una candela! » ordinò Synder interrompendosi dal tentativo di scassinare la serratura, Kari annuì seguendo l’ordine e spostandosi verso uno dei candelabri piazzati su uno dei mobili che fiancheggiavano la parete murata del corridoio.

Aedan le fu subito dietro e quando lei si voltò con in mano il candeliere lui ne approfittò. « Kari capisco che vi ritenete adulti e volete  essere messi al corrente di quello che accade ma con questo non dimostrate di certo la maturità per conoscere le cose! » disse il cavaliere cercando di convincere la lady. Kari non diede peso alle parole che le erano state dette e tornò da Synder.

Indirizzò la luce verso la serratura e in pochi istanti Synder riuscì a sbloccarla: ci fu un leggero suono mozzato e i quattro rimasero immobili per un lungo istante, poi dei passi di armatura echeggiarono lungo il corridoio richiamando le attenzioni dei quattro che si voltarono all’unisono.

« Dobbiamo nasconderci dentro! » disse Kari, il fratello gemello aprì la porta lasciando entrare la sorella e i due cavalieri all’interno poi si chiuse la porta alle spalle non riuscendo a vedere chi stava avanzando lungo il corridoio.

I quattro rimasero in silenzio, Kari sentiva il proprio cuore battere all’impazzata nella gola, cercò di isolare il suo pulsare come se avesse timore che potesse sentirsi e chiuse gli occhi; i passi che camminavano erano pesanti, appartenenti a due uomini probabilmente, stavano parlando a bassa voce quando si fermarono davanti lo studio per battere un colpo sulla porta.

Sia la lady che il fratello si scambiarono uno sguardo pensando di essere stati scoperti, lui ed Aedan però tenevano la porta bloccata spingendo con forza, essendo stata sbloccata la serratura chiunque avrebbe potuto girare la maniglia e aprire la porta per scoprirli. La giovane lady lanciò uno sguardo impaurito al proprio cavaliere che però annuì e mosse le labbra in modo da dirle di stare calma.

« Questo è lo studio di Lord Caelum. Ovviamente il nostro lord sospetta qualcosa visto che da un mese a questa parte chiude sempre a chiave. Solo lui ne possiede la copia. » disse una prima voce battendo sul legno massiccio della porta. Era voce familiare ma che Kari non riusciva proprio a collegare ad un volto, era qualcuno che conosceva bene il castello.

« Possiamo farla saltare in aria in qualunque momento, non sarà una chiave a fermarci. » disse la seconda voce in risposta al primo uomo, questa voce era totalmente estranea alle orecchie della giovane lady. « O forse ti preoccupi di fare baldoria? » chiese la voce quasi deridendo il primo uomo che aveva parlato. Quello rispose con un tono aggressivo.

« Il castello è solido ed è praticamente impossibile assediarlo dall’esterno. Preservarlo è un vostro dovere e sono sicuro che anche il tuo signore ne sia convinto! » disse ancora la prima voce, la successiva risposta fu impossibile da udire visto che era troppo distante e sussurrata.

Quando i quattro furono sicuri di essere rimasti soli poterono finalmente tirare un sospiro di sollievo. L’unica a non farlo fu Kari. « Chi erano? Di cosa stavano parlando? » magari aveva capito male, ma il tono usato dai due tipi sembrava quasi alludere ad un qualche genere di assedio, Kari sperava tanto di sbagliarsi.

« Ho riconosciuto la voce del primo tipo, era Gustav. La guardia del giovane Haydun. L’altro non ho idea di chi fosse, non era una voce familiare. » disse Aedan rispondendo alla domanda della propria signora, entrambi i cavalieri si guardarono quindi in viso visibilmente preoccupati per quello che significava.

« Dovremmo fare rapporto al riguardo o…? » chiese Ingrid non sapendo come gestire la cosa, non si era parlato di un vero e proprio assedio ma c’era qualcosa di molto più grande in ballo.

« Non possiamo riferirlo a Lord Caelum o sarebbe come dirgli che i suoi figli si sono intrufolati nello studio! » disse Aedan rispondendo al cavaliere, a tal proposito Kari notò che Synder le faceva segno verso la scrivania per rovistarci.

La ragazza lasciò la discussione tra i due cavalieri e cominciò a cercare qualcosa che la potesse aiutare a far chiarezza sulla situazione. La grande scrivania era stata ricavata da una quercia massiccia e lavorata diversi secoli prima, pare che uno dei Lord di Bosco Ombroso l’aveva fatta progettare in modo che avesse degli incavi m nessuno aveva prova di questo.

« C’è una lettera qui. Viene da Altura Silente… pare che lo zio Donchad sia malato. Sembra stare molto male a giudicare dalle sue condizioni. » disse Synder leggendo il contenuto della lettera trovata, Kari gli gettò una rapida occhiata non trovando nulla di interessante, rimase colpita certo ma non vi diede peso.

« Mi dispiace che il fratello di nostra madre stia male ma non è per questo che siamo venuti qui! » disse lei riprendendo il fratello che poggiò la lettera dove si trovava un foglio bianco, probabilmente Lord Caelum stava scrivendo la risposta ma alla fine aveva dovuto interrompere.

« Perché tenercelo nascosto? » chiese Synder. Kari non vi prestò attenzione e continuò a cercare senza sapere esattamente quello che voleva, spostando casualmente i cassetti e aprendoli senza un particolare ordine aprendo un incavo nel lato della scrivania.

« Per i nove Titani! Che roba è? » chiese Synder analizzando il pannello appena aperto dalla sorella, la ragazza prese la maniglia tirandola lentamente e tirando fuori diversi documenti.

Si trattava di un rapporto di guerra, o almeno di qualcosa vagamente simile; Kari lesse velocemente cercando di non tralasciare dettagli importanti mentre Synder cercava nei restanti documenti e i due cavalieri si avvicinarono ai due protetti osservandoli dall’alto senza unirsi alla ricerca.

« Parla di una recente battaglia. Circa tre mesi fa ci sono stati degli scontri nelle Terre Centrali. Pare che il nostro esercito abbia impedito a quello dei Dunnstone di attaccare un villaggio. » disse Kari senza riuscire a capire, i Dunnstone non avevano molte terre visto che gli erano state sequestrate quando gli elfi vennero sconfitti, ma non per questo avrebbero scatenato una guerra nelle Terre Centrali attaccando Casa Sullivan e i loro villaggi.

« Nostro padre e nostro fratello si sono assentati in estate. I due avvenimenti sembrano coincidere… » disse Synder in risposta alla sorella, la ragazza alzò lo sguardo incrociando quello di Aedan che sembrava sapere di cosa si stava parlando.

« Perché i Dunnstone hanno attaccato i Sullivan? E perché nostro padre ha reagito mandando l’esercito in guerra? » chiese la ragazza rivolgendosi alla propria guardia del corpo, Aedan per la prima volta parve trovarsi in difficoltà non sapendo cosa rispondere.

« Non ne ho idea, Kari. Vostro padre è solito omettere certi dettagli, lo conoscete più di noi. » rispose il cavaliere, tuttavia Synder sembrò avere una risposta migliore a quella domanda.

« Per via di questa lista. Avevi ragione tu sorella! » disse Synder tirando fuori uno dei documenti che stava leggendo, la ragazza allungò la mano per prendere il foglio di carta così da poterlo visionare vedendo che era lo stesso che aveva visto nello studio ad Artiglio del Drago circa quattro decadi prima.

La lista che Kari aveva visto citava alcuni nomi di importanti lord che lei aveva spesso sentito nominare: naturalmente c’era il nome di suo padre e quello di Valdis Caelum. Seguivano i nomi dei Londir lontani cugini della sua famiglia, alcuni membri di Casa Sullivan e di altri lord delle Terre Centrali e altrettanti erano i nomi di Casa Pyres di Bastione Rugiada nelle terre umide dell’ovest.

Delle note a pié di pagina dicevano che la seguente era una lista di congiurati della corona, i Dunnstone si ripromettevano (in quanto servi fedeli della famiglia reale) di epurare Endymion da queste malvage persone e chiedevano l’assistenza di Casa Arni nelle Valli Nebbiose e l’assistenza di armi e armature in titanio prodotte da Casa Lucarhis nel profondo sud.

« Nostro padre vuole spodestare… i Grimalder? Ma non avrebbe senso, sono nostri parenti più stretti. Inoltre non abbiamo interessi verso la corona! » disse Synder piuttosto stranito e confuso, Kari rilesse quella lista con quelle accuse più volte cercando di capire.

« Vostro padre ci ha fatto promettere di non dirvelo, ma noi sapevamo di quella lista e del suo contenuto. » disse Ingrid parlando prima che potesse farlo Aedan, il ragazzo rimase con il fiato sospeso senza poter continuare quanto detto.

« Che significa tutto questo? Siamo in guerra contro i Dunnstone e sto per sposare uno di loro? Siamo nemici dei Grimalder nonostante siano membri della nostra famiglia? » chiese Kari con tono preso di ansia e paura, quelle accuse non potevano essere vere. E in che modo tutto ciò si collegava a Gustav?

« Il nostro esercito ha affrontato alcuni scontri nei passati mesi contro i Dunnstone. Lord Sten si è schierato a favore dei Sullivan in base ai vecchi accordi di pace. Lo stesso vale per Casa Pyres; quella lista è una sorta di propaganda contro le nostre tre famiglie nel tentativo di metterci in cattiva luce! » rispose Aedan ma Kari non riusciva ancora a capire cosa stesse succedendo.

« Perché mai i Dunnstone dovrebbero farlo? Non sono mai stati in buoni rapporti con noi Caelum, posso capirlo. Ma a che pro attaccare le terre degli altri? » chiese ancora Kari.  La cosa non la meravigliava più di tanto, durante la guerra contro gli elfi e la loro precedente conquista la casata si era schiera in loro favore.

Ingrid e Aedan si guardarono senza avere una risposta da dare alla giovane lady, l’unico a parlare fu Synder. « Forse vogliono conquistare la fiducia della corona. O forse vogliono essere loro a governare la capitale. Durante il dominio degli elfi avevano molto potere e molte terre. Forse sperano di tornare a quei tempi. »

Nessuno seppe rispondere a Synder, Kari però immaginò Volmar e Myrella a capo dell’esercito che voleva conquistare Altura Silente e dominare l’intero continente; provò dei brividi lungo la schiena e capì che tempi bui sarebbero presto arrivati.

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Capitolo 21
*** 21. Astrid - Famiglia ***


{Astrid}

21.

Famiglia

  

C’erano voluti sette giorni per spostarsi fino alla grande città di Rocca Ferrea, Astrid conosceva bene la distanza che riempiva la valle e che saliva fino ad arrivare alla città-fortezza di Casa Sigmurd; lui e Caius avevano cominciato la salita solo quella mattina, il percorso era ripido e la strada era tortuosa e movimentata nel mezzo del valico frastagliato della montagna ma alla fine erano riusciti a raggiungere la meta senza incidenti.

Quando si trovarono a pochi metri dai giganteschi bastioni, Astrid quasi tirò un sospiro di sollievo, c’era qualcosa che lo aveva turbato durante tutto il viaggio, probabilmente semplice preoccupazione nel ritornare nella città d’origine.

« Non sembri in gran forma. Possiamo sostare un giorno se ti va. Non credo dovremmo fare tutto di corsa, abbiamo passato l’ora di pranzo e potremmo anche fermarci in città. » propose Caius vedendo che effettivamente Astrid non era al meglio di sé e da quando avevano cominciato a salire era anche rimasto in silenzio senza riuscire a rispondere al compagno d’armi.

Rifletté molto attentamente sulle parole dell’amico quasi concorde con lui. « Potrebbe essere una buona idea. » si limitò a rispondere anche se con grande fatica.

I due Osservatori avanzarono quindi verso il grande cancello, all’ingresso della gigantesca Rocca Ferrea c’era una struttura adibita per far riposare i cavalli dei viaggiatori e far sostare le carrozze. Si avvicinarono speditamente parlando con la guardia che le presenziava così da attenere il lasciapassare per poter entrare.

Astrid e Caius entrarono quindi in città venendo subito accolti dalla sua “freddezza”: Rocca Ferrea non brillava certo per la sua accoglienza calorosa, era fredda in tutti i sensi, le guardie compivano ronde in ogni angolo della strada con armature pesanti e ogni genere di arma bianca al loro fianco.

Il clima non favoriva di certo quell’ambiente, essendo sospesa a diversi chilometri da terra la città era immersa nel freddo dell’inverno in arrivo. Dalla cima delle Montagne del Gelo scendevano i venti artici provenienti dal nord e quando non faceva abbastanza freddo la città veniva invasa da una patina di nebbia piuttosto fitta che però durante le ore solari diventava meno densa.

Era ormai pomeriggio quando i due Osservatori arrivarono in città quindi la nebbia era ridotta ad uno strato quasi inesistente di aria grigia. « Non sono mai stato qui. È strano essere nella città dove sei nato tu. A te non fa nessun effetto? » chiese Caius mentre i due avanzavano lungo la via principale della città, un gruppo di soldati era appostato davanti ad un angolo e stavano parlando con un venditore al fianco della città.

Astrid non mancò di notare che le vecchie abitudini non erano cambiate: il mercante stava passando un gruzzolo di monete in un sacchetto ai soldati fermi davanti la sua attività. Era sempre stato così, anche suo padre era costretto a dare buona parte del suo ricavato in mano agli uomini dei Sigmurd.

« “La violenza è la nostra tempesta”. » recitarono i soldati come ringraziamento all’uomo che aveva appena pagato il dazio. Quando furono abbastanza lontani da non poterlo sentire l’uomo sputò a terra disgustato borbottando alcune parole.

« Sarà la vostra forse, luridi cani bastardi! » sussurrò abbastanza arrabbiato, Caius e Astrid però non si soffermarono più di tanto e proseguirono lungo la via interamente costruita in pietra, grandi mattoni erano stati scolpiti uno dopo l’altro centinaia di secoli prima dando origine a quello che era un castello infinito.

« I Sigmurd hanno sempre vissuto qui? » chiese Caius chiedendo informazioni al ragazzo al suo fianco, Astrid sapeva bene che l’altro amava fare domande come se gli importasse davvero qualcosa.

« Più o meno. Rocca Ferrea era stata costruita come principale avamposto contro gli orchi che arrivarono dal deserto. Parliamo di circa duemila anni fa quando i Grilmader furono ufficialmente incoronati come sovrani. » a quelle parole però Caius sembrò controbattere con tono incuriosito.

« Credevo che i Grimalder fossero sovrani già da prima della guerra contro gli orchi. Pensavo che avessero guidato loro le casate contro le truppe dei Cavalieri Neri. » Astrid però scosse il viso facendo un mezzo sorriso, era piacevole parlare con Caius di storia antica e lo aiutava a distrarsi dai suoi pensieri.

« Non è esatto, oggi possiamo affermare che i Grimalder da sempre sono stati sovrani ma è un errore: ne parlavo alcuni giorni prima della partenza con Adalvin, molti uomini e donne considerano i Grimalder come i sovrani assoluti. È vero che la loro casata e le loro forze erano di entità colossali ma poterono sedere ad Altura Silente come sovrani solo dopo la guerra contro gli orchi e quindi molto tempo dopo l’edificazione del castello. »

« Con la nascita delle altre casate hanno ufficializzato la cosa. » affermò Caius. Ancora una volta Astrid dovette annuire; i due ragazzi svoltarono l’angolo della strada trovandosi a camminare in una gigantesca piazza il quale centro era segnato da una fontana.

In senso opposto al loro, la piazza giungeva al termine affacciandosi sullo strapiombo dei bastioni, una larga fila di baliste separava però il vuoto dalla piazza con delle inferriate. « Grazie, comunque. » disse Astrid.

« Per cosa? » chiese Caius facendo finta di nulla, ma il ragazzo sapeva perfettamente a cosa l’altro si riferiva.

« Solo… grazie! » ripeté Astrid, si sentiva molto più sicuro e tranquillo ora che Caius lo aveva distratto, farlo parlare era uno dei modi che lo tranquillizzava e Caius non poteva non saperlo visto che erano migliori amici prima di ogni altra cosa, prima dell’essere amanti. I due ragazzi avanzarono al centro della piazza fermandosi ad ammirare la fontana che raffigurava la statua di un cavaliere.

« “In onore dei guerrieri caduti contro gli orchi. La famiglia Sigmurd non dimenticherà che è nata dal sangue versato per proteggere gli innocenti.” » disse Caius leggendo la targa commemorativa che era incisa sul bordo di pietra, sopra la scritta c’era il simbolo che indicava la direzione sud.

« Allora: da dove cominciamo? Credo di avere un buco allo stomaco, dovremmo trovare una locanda magari e fermarci a pranzare, oltre che a riposare un po’. » disse Astrid e non appena si parlò di mangiare Caius sembrò dare tutte le sue attenzioni all’Osservatore che lo accompagnava.

I due si spostarono nelle strade della città-fortezza addentrandosi sempre di più al suo interno, erano quasi le quattro del pomeriggio quando trovarono finalmente un luogo che potesse ospitarli. Non che ci fossero molte locande in giro per la città ma almeno avrebbero potuto mangiare e riposarsi alcune ore.

« Una stanza per due. E vorremmo mangiare qualcosa, abbiamo una fame da morire! » disse Caius parlando con l’uomo al bancone, l’oste annuì spostandosi dall’altro lato del banco facendo cenno ai due Osservatori di seguirlo e trovandosi a segnare qualcosa su un registro. « Ecco a te il denaro. » continuò il ragazzo dando venti corone di rame all’uomo che fece un sorriso.

« Potete accomodarvi al tavolo all’angolo. Siamo fuori dall’orario del pranzo ma credo che ci sia rimasto dell’ottimo manzo alle erbe. » disse gentilmente l’oste facendo segno ai due ragazzi di sedersi vicino le finestre laterali.

I due ragazzi fecero come gli era stato detto spostandosi verso il tavolo indicato, c’era molta confusione per essere un semplice pomeriggio ma Astrid immaginò che fosse così la vita delle città: locande piene di viaggiatori o uomini e donne che volevano svagarsi anche solo per alcune ore. A poca distanza da loro però c’era un gruppo di soldati piuttosto chiassoso che non appena i due Osservatori si sedettero li guardarono seriamente.

« Non vedo l’ora di mangiare! Avremmo dovuto fermarci all’inizio del sentiero per mettere qualcosa sotto i denti anziché aspettare di arrivare in città. Non senti anche tu questo buon profumo? » chiese Caius su di giri impugnando forchetta e coltello che erano appena stati portati da una avvenente ragazza.

Caius rimase con gli occhi fissi su di lei e questo costrinse Astrid a tirargli un calcio al ginocchio, il giovane emise un rantolo di dolore ma senza proferire altre parole. « Oh scusami. Comunque no, sento puzza di bruciato… » disse Astrid osservando uno dei soldati che si era alzato dalla propria sedia per avvicinarsi in maniera spavalda ai due Osservatori, era chiaro che volesse infastidire.

« Non si vedono molti Osservatori dell’Abisso in giro per Rocca Ferrea. Anzi, non se ne vedono quasi mai. Non vi siete chiesti mai il perché? No, perché dovreste. Voi non sapete nulla di quello che accade al di fuori della vostra chiesetta. » disse il soldato facendo ridere gli altri compagni al tavolo, Caius rispose prima che lo potesse fare Astrid che preferì non rispondere.

« Piantala amico, non vogliamo guai. Siamo stati convocati qui dal lord tuo signore. Quindi va a farti fottere! » disse l’Osservatore allungando il braccio e alzando il dito medio contro l’uomo facendogli un gesto d’offesa.

« Questo non cambia nulla; sono molto curioso di sapere una cosa però: dicono che voi Osservatori vi riscaldiate l’uno con l’altro nelle notti più fredde, immagino che ci sia dell’onore nel prendere l’uccello di un altro uomo nel culo! » ancora una vola cercò di intimidire i due ragazzi, là dove Caius stava per perdere la pazienza Astrid invece era piuttosto tranquillo sorseggiando il vino che gli era appena stato portato dalla stessa ragazza di prima.

« Queste sono delle cazzate, e tu ci credi perché sei uno stronzo. Forse è così che impegnate le notti di ronda in giro per le strade. Sono quasi certo che qui faccia più freddo che da noi » rispose Caius restando neutrale controbattendo senza troppa rabbia o intensità, Astrid sapeva bene che non gli ci sarebbe voluto molto per perdere il controllo. Non aveva mai amato chi offendeva; inoltre il passato di Caius era talmente tanto oscuro che era impossibile non chiedersi quale fosse il vero limite della sua rabbia.

« Forse tu sei uno di quelli che lo prende dietro allora! Accidenti non riesco proprio ad immaginare come si possa andare a letto con un uomo. L’assenza di una bella fregna vi fa andare di matto, o forse preferite fare tutto in solitario? » chiese ancora provocando stringendo il pugno attorno ad un oggetto non reale e facendo su e giù col polso per imitare il gesto.

Astrid poggiò la propria coppa sul tavolo schierandosi la gola e alzando lo sguardo verso l’uomo. « Quando l’offesa viene da un uomo che non vale nulla e che non ha cervello allora fa ridere se stesso e i suoi porci maiali. » disse il ragazzo voltandosi verso le restanti guardie sedute distanti. « Sì, mi riferisco proprio a voi. » tornò con lo sguardo sul soldato e senza esitare un istante scattò in piedi estraendo la spada per puntarla alla gola.

« Che diavolo… per i Titani! » imprecò il soldato che si trovò ad indietreggiare sbattendo con le spalle alla colonna di legno.

« Già, chiama i tuoi stupidi dei. Se solo lo volessi potrei farti inginocchiare a terra e dimostrare quanto valorosi sono gli uomini dei Sigmurd. Ma non ho manie di potenza come il vostro Alto-comandante. » disse Astrid ricordando che quell’uomo li aveva derisi in passato, gli altri soldati non fecero nulla se non mettere mano all’elsa della spada ma senza estrarla.

Astrid mosse quindi la spada puntandola e premendola contro il pube dell’uomo coperto solamente dal cuoio dei pantaloni. « Quando avrò finito voglio proprio vedere come ti divertirai senza il cazzo! » il ragazzo premette ancora di più finché il soldato non lo fermò supplicandolo di non farlo.

« In nome dei Titani fermarti ti prego! » disse il soldato in crisi visto il pericolo che correva la sua virilità, i suoi soldati a quel punto scoppiarono a ridere ma non con lui, ma contro.

« Persino i tuoi uomini sanno di che pasta sei fatto; ossia di fango e merda! » continuò Astrid riponendo la spada nel proprio fodero. Tutta la locanda aveva gli occhi puntati contro di loro, chiaramente interessati a quello che era successo. « Ora sparisci. Il mio pranzo sta arrivando a non voglio mangiare vedendo la tua brutta faccia! » disse infastidito, l’uomo non perse altro tempo insieme ai due Osservatori scappando via dalla locanda mentre le guardie stesse continuavano a deridere il loro compagno.

« Mai visto qualcuno fronteggiare una guardia di Rocca Ferrea senza preoccuparsi e con quel coraggio! » disse l’oste che si era spostato verso il tavolo dei due Osservatori per essere lui personalmente a servire i due ragazzi.

« Sono nato qui a Rocca Ferrea, a cinque anni i miei genitori mi hanno venduto agli Osservatori. La violenza è anche la mia tempesta! » disse Astrid rispondendo all’uomo che aveva poggiato i due piatti con il manzo, quello ne rimase sorpreso.

Sia Caius che Astrid poterono mangiare in pace senza che qualcun altro li disturbasse ancora, bevendo del vino tra un boccone e l’altro finché il sole cominciò a tramontare sulla città, il cielo limpido si era scurito di un blu ceruleo e le prime stelle della sera cominciavano a vedersi all’orizzonte.

« Credo proprio che andrò a riposarmi un po’. Sali con me o preferisci cercare la tua famiglia? » chiese Caius, era chiaro che sperasse che l’altro si riposasse con lui aspettando quindi di compiere la sua ricerca ma Astrid era molto carico.

« Tu va’ pure. Mi faccio un giro per la città molto veloce. Ci vediamo più tardi… » disse Astrid in risposta, nel corso di quell’ora la locanda si era svuotata e riempita con nuovi volti, Caius si alzò dalla propria postazione.

« Mi raccomando: non cacciarti nei guai! » disse con tono preoccupato, Astrid però gli fece un sorriso facendo gesto di cacciarlo via, rimase quindi solo finendo di sorseggiare il proprio vino; non era sua intenzione cercare i suoi genitori.

Avrebbe aspettato Caius l’indomani per quello, però aveva davvero bisogno di visitare la città. Ora che poteva farlo in tranquillità senza il pensiero di essere scappato dalla Cattedrale marmorea. Si alzò dirigendosi verso l’uscita della locanda quando qualcosa catturò la sua attenzione al bancone.

« Ha lo stesso talento del padre nonostante la sua giovane età. È un fabbro eccezionale, è una fortuna che abbia ereditato il dono del padre, peccato che quell’uomo sia stati rovinato da quell’incidente col mago; gli ha bruciato entrambe le mani. » diceva un altro soldato che stava bevendo della birra al bancone, Astrid si sentì improvvisamente incuriosito da quello di cui la guardia parlava.

« Scusami, ho sentito che parlavi di giovane ragazzo che ha ereditato la bravura del padre. » chiese l’Osservatore parlando al soldato, quello annuì alla sua affermazione.

« Ha soli quindici anni ed è il migliore fabbro che si trovi qui in città. In effetti sono solo due fabbri ma lui è davvero il migliore! » confermò il soldato, stando all’età e alla storia del padre, Astrid non poté non collegarlo alla sua famiglia.

« Potresti dirmi dove si trova? Avrei bisogno di farmi riparare la mia vecchia spada ed ha un valore affettivo molto alto, ci resterei male se qualcuno la rovinasse. » disse il ragazzo cercando di non mostrare emozioni e gli venne indicato dove trovare il fabbro.

Astrid si mosse senza esitazione lungo le vie della città come se ci avesse sempre abitato, in quindici anni non era cambiato nulla e lui era felice di questo. Una cosa l’aveva notata ovviamente: la pietra di cui era composta la strada o le abitazioni era più usurata ma sarebbe resistita ancora per molti altri secoli.

Svoltò l’angolo della strada che arrivava al fine della città e nuovamente sullo strapiombo avvicinandosi quindi all’angolo della curva trovando esattamente ciò che voleva: un piccolo spazio dietro di sé conteneva armi e armature, strumenti di ogni genere. Delle grate con sbarre rinforzate si trovavano poi ai lati per chiudere tutto ciò che c’era all’interno della fucina compreso l’enorme forno nel quale le fiamme stavano ardendo e numerosi condotti di pietra nel quale Astrid sapeva bene veniva fatto passare il metallo ormai fuso.

Il ragazzo che stava lavorando con la schiena arcuata sull’incudine batteva un martello ripetutamente; il giovane aveva sicuramente quindici anni visti i lineamenti del viso molto giovani e ancora non ben marcati. Aveva capelli ricci gli ricadevano sul viso mentre restava piegato in avanti e un corpo tonico completamente sudato ed esposto alla bassa temperatura esterna.

« Ti prenderai un malanno se resti a petto nudo in mezzo a questo freddo! » disse Astrid senza ulteriore indugio cercando di prendere confidenza col ragazzo, quello si interruppe alzando il viso.

I suoi occhi erano color nocciola proprio come quelli di Astrid e come i capelli stessi, all’Osservatore venne un colpo al cuore vedendo l’immagine che aveva davanti a sé, come se fosse un riflesso del passato. Non che avesse avuto molto tempo di guardarsi allo specchio, ma Astrid era sicuro che quello fosse il fratello.

« Ma sentiti! Parli proprio come i miei genitori, noi gente del nord non soffriamo il freddo come gli altri! » disse il ragazzo in tono spavaldo e sicuro di sé sorridendo, abbassò nuovamente gli occhi continuando a battere il martello sul metallo bollente.

Astrid restò immobile davanti al giovane fratello, si sentì tremare, era come se avesse trovato qualcosa che aveva perduto da tempo. « I tuoi genitori hanno ragione, dovresti dare loro retta. Essere un uomo del nord non ti rende immune alla febbre e al freddo stesso! » disse il giovane Osservatore parlando con molta calma, il fabbro però sbuffò interrompendosi di nuovo visto che era stato infastidito dall’ospite che non aveva voglia di andarsene.

« Ti posso aiutare in qualche modo o sei venuto da me solo per rompere? Tra l’altro non sembri neanche di questa città o uno degli stronzi dei Sigmurd! » disse il fabbro venendo direttamente al sodo, Astrid capì che si era posto piuttosto male e che come primo incontro faceva davvero pena.

« Ho sentito dire che sei il migliore fabbro della città e che il tuo talento è pari solo a quello di tuo padre. Ho sentito la verità? » chiese Astrid estraendo la propria spada e tenendola con entrambe le mani sulla lama, il giovane guardò attentamente Astrid senza emettere una parola, come se stesse semplicemente osservando.

« Ho come l’impressione di averti già visto però. Come conosci mio padre? » chiese il ragazzo, Astrid però non si preoccupò di mentirgli o di dare troppe spiegazioni quindi cercò di essere il più lapidario possibile nella risposta.

« Sono stato a Rocca Ferrea molto tempo fa. So per certo che tuo padre era uno dei migliori fabbri della zona. Se il tuo talento è stato davvero ereditato da te allora non posso non constatare: temo che la mia spada sia un po’ rovinata nella lama, puoi fare qualcosa per sistemarla? È molto importante. » disse Astrid allungando la spada e porgendola al giovane fabbro, il ragazzo osservò ancora l’altro come se si sforzasse di ricordare ma non avrebbe trovato nessun ricordo collegato al fratello maggiore.

« Va bene. » disse allungando le mani a sua volta ed impugnando l’elsa dell’arma, la poggiò accuratamente sull’incudine analizzandola attentamente da vicino con una pietra luminosa che estrasse dalla tasca dei propri pantaloni.

Astrid ricordava bene che il padre usava la stessa pietra luminosa per analizzare le armi proprio come stava facendo il ragazzo, più volte l’aveva chiama roccia-libellula; quando Astrid aveva chiesto cosa fosse e da dove provenisse lui aveva risposto che veniva dalle Terre Centrali i cui stagni erano piene di libellula che alla morte si ingrossavano e indurivano fino a diventare pietre luminose.

« Un oggetto molto particolare. Nessun altro fabbro in tutta Endymion probabilmente usa la roccia-libellula. » disse Astrid cercando di fare conversazione col fratello minore, il ragazzo fece un verso non ben distinto come affermazione. « Puoi fare qualcosa per sistemare la spada? » chiese ancora.

Il giovane alzò lo sguardo annuendo. « Comunque mi chiamo Gredor, è un piacere fare la tua conoscenza. » disse ancora una volta Astrid mentendo sul suo nome, non era ancora intenzionato a farsi riconoscere dal proprio fratello, voleva aspettare per dirglielo, se mai avesse trovato il coraggio di farlo.

« Balder. » rispose il giovane fabbro, per Astrid fu una sensazione senza eguali quella di conoscere il nome del fratello, era tutto per lui e quella conversazione non poteva di certo finire lì. « È una buona arma, buon ferro temprato. Indossi pelliccia d’orso e abiti scuri di cuoio e giaco di maglia; sei un Osservatore dell’Abisso? » chiese il giovane Balder parlando con l’altro. Astrid rispose con un sorriso in un primo momento.

« Le guardie della città non sanno proprio farsi gli affari loro? Credevo che qualcosa fosse cambiato in questi anni. Ma immagino che le vecchie abitudini restano. » rispose Astrid dando quindi conferma di quello che era accaduto il pomeriggio, con sua sorpresa però il giovane fratello scosse il viso.

« No, solo perché sono un fabbro non significa che sono ignorante. So riconoscere un Osservatore dell’Abisso, in città ne ho visto solo uno qualche anno fa. Ricordo che aveva i capelli rossi fiammeggianti. Scortava un Piromane. » disse Balder, Astrid era pronto a giurare che si trattasse di Agis che effettivamente era stato a Rocca Ferrea già qualche anno prima.

« Non volevo di certo offenderti, Balder. » Astrid fece una breve pausa cercando di mordersi le labbra per non parlare ma alla fine non resistette. « Tuo padre sta bene? E tua madre? » aveva intenzione di conoscere tutto quello che avevano passato, ma purtroppo non poteva chiederglielo o fare troppe domande.

Balder riscaldò la lama della spada dandogli aria calda, aveva poggiato l’arma su una grata e grazie ad un pedale che premeva stava ammorbidendo il metallo dell’arma. « Stanno bene, saprai che mio padre ha avuto un incidente alle mani molti anni fa prima che nascessi io. Non mi ha mai detto cosa accadde, finché non ho smesso di chiedere, anche mia madre non me lo ha mai detto e ogni volta che ho chiesto a lei scoppiava a piangere. »

Astrid poteva ben capire il perché: quella volta che suo padre lo aveva difeso dalla magia del Piromane aveva distrutto la sua vita e carriera per proteggere il suo unico figlio; col senno di poi Astrid pensò che non era mai stato veramente in pericolo, se era davvero il cosiddetto “Prescelto di luce” il fuoco non lo avrebbe mai bruciato, improvvisamente più che mai Astrid si sentì in colpa.

« Mi dispiace tanto, ho conosciuto tua madre. È una donna dolcissima. » disse l’Osservatore in risposta, era ovvio che Balder avesse sofferto molto il fatto che i suoi genitori gli avessero tenuto segreta quella cosa, seguì quindi la domanda più importante. « Hai fratelli o sorella, Balder? »

Il ragazzo spostò la spada sull’incudine nuovamente, prese il martello cominciando a colpire il metallo in ogni punto in modo da modellarlo senza troppa difficoltà, aveva tanta forza nelle braccia. « No, sono figlio unico. Avevo un fratello ma è morto prima della mia nascita, in cuor mio penso che sia collegato all’incidente di papà ma non ho potuto chiedere di più in giro. »

Astrid ebbe un altro colpo al cuore sapendo che i suoi genitori avevano dovuto mentire, era la cosa più facile da dire: lui era scappato dalla Cattedrale per poter vedere la sua famiglia e suo fratello, cosa impediva a un ragazzino come Balder di fare lo stesso per cercare il membro mancante della sua famiglia? I suoi genitori avevano deciso di dire che Astrid era morto, il giovane Osservatore ringraziò qualunque entità oltre le nuvole per aver detto un nome falso. « Non dev’essere stato bello, non poterlo conoscere. »

Il giovane Balder si interruppe dal battere sulla spada, alzò ancora lo sguardo e fece un mezzo sorriso sarcastico. « Dici di conoscere mio padre ma sembri non sapere nulla di me o della mia famiglia. Mi viene il dubbio che tu mi stia mentendo. »

Astrid sorrise visto l’arguzia del giovane fratello. « Non avrei motivo di farlo. E non sarebbe una buona cosa sapendo che stai maneggiando la mia spada preferita e ci tengo a riaverla indietro. »

Balder non risposte a quell’affermazione con le parole ma fece anche lui un sorriso rivolto all’Osservatore lanciandogli uno sguardo di complicità che ripagò Astrid di tutto il tempo che i due erano stati lontani. « Eccola a te come nuova. Non era molto danneggiata ma ha subito alcuni brutti colpi. Spero farai tesoro del mio lavoro. » disse Balder dopo una ventina di minuti circa, Astrid aveva deciso di restare in silenzio in maniera impassibile davanti al fratello che stava facendo il suo lavoro.

Avrebbe voluto osservarlo come per imprimere il suo ricordo e il suo volto nella propria memoria. Astrid prese la spada facendola girare sulla propria mano e constatandone una stabilità decisamente migliorata; la ripose nel fodero mettendo mano al proprio borsello e tirando fuori una moneta d’argento. Allungò la mano per consegnarla al giovane, era più di quanto gli dovesse.

« Non è necessario. Tienitela pure. » rispose Balder dando le spalle al ragazzo e riprendendo la spada al quale stava lavorando prima della venuta del giovane Osservatore.

Ma Astrid non aveva intenzione di desistere. « Ti prego, prendila. Non voglio avere debiti con te o con la tua famiglia, hai fatto uno splendido lavoro e non pagarti sarebbe come sminuirlo. » Balder guardò la moneta con esitazione poi alzò gli occhi incrociando quelli di Astrid e si arrese prendendo la moneta d’argento. « Hai una firma o un marchio? Mi piacerebbe che lo imprimessi sulla mia spada così quando trapasserò qualcuno sapranno chi l’ha sistemata. »

Balder fece un mezzo sorriso riprendendo la spada nella propria forgia, passarono altri venti minuti affinché il metallo fosse abbastanza riscaldato, il giovane prese quindi un tizzone con un disegno e lo impresse a forza nel metallo aspettando poi che tornasse alla sua temperatura normale. Astrid non vide subito il marchio che era stato lasciato, saluto il fratello promettendo a se stesso che un giorno sarebbe tornato per dirgli chi era realmente.

Solo quando fu nella stanza della locanda insieme a Caius prese la spada dal fodero vedendo il segno che era stato lasciato: una rosa intrecciava la lettera B, l’iniziale del fabbro.

« Che novità è questa? » chiese Caius osservando la spada e il marchio che era stato impresso, nessuna delle loro armi aveva firme o particolarità nella lama. Quella di Astrid sì.

« Una lunga storia… te la racconterò domani magari. Sono molto stanco ed è stato un pomeriggio davvero troppo esaltante per me. » disse giustificandosi senza parlare di quello che aveva fatto, Caius si fece bastare quella frase ma era certo che Astrid gli avrebbe raccontato tutto durante il viaggio di ritorno.

L’indomani come da programma Astrid e Caius lasciarono la locanda spostandosi verso le prigioni della città che si trovavano nel lato opposto a dove si trovavano loro, dovettero avvicinarsi al pendio della montagna trovando la grande e grezza struttura con le sbarre ad ogni finestra e porta. I soldati dei Sigmurd di guardia erano già stati avvertiti dell’arrivo di due Osservatori dell’Abisso quindi non fecero particolari domande quando venne mostrata loro la lettera firmata dal loro signore col sigillo della casata: la tigre.

In poche ore dal loro risveglio Astrid e Caius si trovarono nuovamente alle porte della città dopo neanche un giorno dal loro arrivo; il sole era alto in cielo ma tra le nuvole e la nebbia non si riusciva bene a vederlo. « Così hai trovato tuo fratello? Mi sarebbe tanto piaciuto conoscerlo, se è così simile a te come dici. » disse Caius trottando insieme al proprio cavallo al fianco di Astrid, entrambi tenevano le redini e la catena dei due maghi che stavano distanti da loro di pochi metri.

« Ti sarebbe piaciuto, sì. »

« Ma nonostante tutto non gli hai detto che sei suo fratello. Perché? Sarebbe stato felicissimo di sapere che sei ancora vivo e che… be’ che sei tu! » disse Caius insistendo sulla questione come se la sentisse personale, Astrid fece un mezzo sorriso.

« È meglio così, non ha bisogno di me. » rispose lui, alle sue spalle sentì uno dei due maghi agitarsi e inveire perché aveva la bocca completamente bloccata da uno straccio affinché non potesse parlare durante tutto il viaggio. « Sta’ zitto prima che venga lì dietro e ti rompa la mandibola con un pugno! » disse Astrid tornando alla solita serietà di sempre, Caius fece un sorriso e insieme continuarono alla volta della loro casa.

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Capitolo 22
*** 22. Dantos - False accuse ***


{Dantos}

22.

False accuse

  

Erano passati ormai diversi giorni dalla morte di Donchad e dagli eventi che avevano seguito quella triste giornata di metà mese. Dantos camminava lungo il corridoio che dalla torre di guardia lo avrebbe condotto alla sala del trono dove il Re aveva chiesto di incontrarlo quella mattina dopo colazione e lui senza ulteriore indugio aveva corso per raggiungere il suo protetto.

Quando il cavaliere mise piede fuori dalla torre di guardia aveva provato il piacere della pesante armatura: in estate quell’involucro di titanio era una vera e propria sofferenza ma adesso che l’inverno di stava avvicinando era piacevole sentire il conforto degli abiti e della corazza della guarnigione di Altura Silente.

Aprì la porta entrando nella sala del trono, quella mattina era particolarmente vuota e dopo dieci giorni dal lutto, Drustan aveva finalmente deciso di togliere gli arazzi dipinti di nero dai grandi finestroni a dalle pareti facendo appendere quelli che solitamente adornavano la sala di blu e bianco e rosso e verde.

« Mio Re, mi hai convocato. » disse Dantos salutando il proprio protetto, quel mattino Drustan era notevolmente curato: ogni giorno il Re veniva pettinato e vestito dai suoi servitori più stretti, ma quella mattina finalmente era tornato al suo splendore indossando abiti blu scuri con  ghirigori bianchi.

La Corona Splendente poggiata sempre sulla sua testa come ogni altro giorno e indossava una cappa neutra color panna acida. « Avevo bisogno di un po’ d’aria fresca. Vorrei quindi uscire dal castello e camminare un po’ per le strade; il popolo deve sapere che la corona è forte. » disse il giovane sovrano, Dantos come sempre era preoccupato di uscire dal castello ma gli sarebbe bastato indossare l’elmo per nascondersi alla vista dei popolani.

« Se credi che sia la cosa giusta allora ti seguirò. La Regina viene con noi in questa escursione in città? » chiese Dantos, come se l’avesse chiamata poi Nynniew entrò dal lato opposto della sala indossando un abito che le risaltava il corpo illuminandola con i colori brillanti della sua casata.

« Credo che sia una risposta sufficiente. » disse Drustan senza preoccuparsi di velare il proprio sarcasmo; la Regina indossava uno scialle molto grande che le contornava le spalle e ovviamente c’era la scorta delle sue guardie, quella mattina Karpos Painer era insieme a loro anziché compiere il giro delle strade.

Dantos capì che probabilmente quella mattina sarebbe andato qualcosa storto a discapito della piacevole passeggiata del Re. « Credo siamo tutti. Possiamo andare. » disse il Re spostandosi insieme alla propria guardia verso il portone d’ingresso ignorando quasi del tutto la propria moglie, Dantos era certo che si fossero già visti a colazione e per questo non l’aveva salutata.

Ma era visibile che i rapporti tra i due ragazzi erano più freddi, Drustan sempre meno spesso giaceva con lei e la ragazza sempre più di rado osava avvicinarsi alla stanza da letto del Re.

« Sono preoccupato, mio Re. Riguardo voi e vostra moglie. Non credete che i Lucarhis potrebbero infastidirsi la vostra situazione sentimentale con la loro figlia? » chiese Dantos quando la carovana fu ormai in giro per le strade della città. Drustan aveva intenzione di visitare il grande mercato, luogo che ispirava tanti ricordi al cavaliere e che era quasi ansioso di visitare.

Drustan e Dantos erano i primi della fila, distanti dagli altri di alcuni metri quindi poterono permettersi il lusso di parlare con tono di voce normale. « Io e Nynniew siamo spostati da quasi tre mesi. Non è mai troppo presto per parlare di futuri eredi ma abbiamo ancora molto tempo. Inoltre sembra che in questo periodo le cose siano cambiate talmente tanto in fretta… »

Un uomo era steso per terra, indossava abiti sporchi e logori ed aveva lo sguardo di chi aveva deciso di terminare la sua vita, lo sguardo di chi ormai era troppo stanco per andare avanti, nonostante il vento che spirava con forza non sembrava preoccuparsi del freddo che lo circondava. « La mia città sta ancora soffrendo, Maxwell. Comincio a dubitare delle mie azioni come sovrano. » confessò Drustan quando superò il pover’uomo disteso sul ciglio della strada.

Dantos rivolse uno sguardo confuso al proprio protetto che però non poté vederlo visto che continuava a guardare in avanti. « Gli investimenti fatti sul Respiro del drago sono un’ottima mossa, mio Re. Ma come hai detto tu stesso, è ancora troppo presto. Una crisi non si risolve in poco tempo, ma è già tanto che le rivolte siano state sedate. » disse il cavaliere in risposta anche se la cosa da un lato non lo fece stare per niente tranquillo.

Lady Saisyll aveva chiaramente voluto quell’alleanza con l’Inquisizione: a che pro? Il Supremo Sacerdote già in passato aveva avanzato richiesta di guidare la capitale, avrebbe potuto farlo nuovamente. In tutto questo Dantos non ci capì nulla visto che le mosse dei Lucarhis sembravano volte all’autodistruzione.

« Maxwell, se ci fosse qualcosa che non va o qualcosa che ti turba me lo diresti, giusto? » chiese Drustan dopo diversi minuti di silenzio, avevano avuto il tempo di camminare fino alla cancellata spalancata del mercato dove la vita si faceva sentire tramite le urla dei mercanti e le risate di bambini che si rincorrevano.

« Certo, mio Re. » disse Dantos pronto a mentire, alle sue spalle Karpos Painer lo raggiunse velocemente scontrandosi contro di lui e facendolo passare per una svista.

« Certo, come no. Codardo… » disse l’Alto-comandante con un sussurro nel preciso istante in cui andò a sbattere contro Dantos, in un primo momento il cavaliere non capì quello che aveva detto, ma fu facile per lui intuire che Painer l’aveva in qualche modo insultato. Drustan aveva osservato la scena per tutto il tempo, l’Alto-comandante sembrava avanzare velocemente e questo perché Nynniew era finalmente arrivata dietro i due uomini.

« Stiamo forse partecipando ad una maratona, marito caro? Dal castello al mercato ci abbiamo messo trenta minuti. Non mi aspettavo di certo di dover correre o mi sarei messa un paio di scarpe più adatte al fango di questa città! » disse la Regina in maniera stizzita, Dantos sorrise tra sé e sé vedendo quanto la ragazza fosse somigliante nei modi di fare alla madre.

Era ovvio che non avesse però la sua astuzia e ingegno. Probabilmente era ancora convinta che tra il Re e la sua guardia ci fosse ancora qualcosa a livello intimo. « Moglie adorata, se indossi un paio di scarpe si pensa che tu sia in grado di camminarci senza fare troppe storie, forse dovresti camminare scalza! » rispose Drustan con tono piuttosto seccato ma senza mancare di fare un sorriso falso alla propria moglie.

Dantos rimase colpito da come si era rivolto nei confronti della moglie, Nynniew stessa rimase piuttosto sconvolta e faticò a riprendersi dalla risposta datale. « Io pensavo che avremmo camminato più piano, mi aspettavo una visita di piacere. Non di certo una corsa nel posto più sporco del mondo! »

« Vi assicuro, Vostra Altezza, che il mercato di Altura Silente non è il peggiore. Ad ogni modo è colpa mia se il Re ha corso, credo che avessi voglia di fare una bella corsa in giro per le strade. » disse Dantos evitando che il conflitto tra i due sovrani si marcasse più di quanto non fosse già, Drustan non rispose e Nynniew accettò di buon grado le scuse del cavaliere avanzando poi all’interno del mercato per prima con un sorriso.

« Non farlo mai più! » disse Drustan lapidario rivolgendosi al cavaliere, i due si guardarono e Dantos vide lo sguardo del Re alla ricerca del suo. « Non voglio che i Lucarhis mettano in discussione la tua posizione al mio fianco, sei l’unico di cui mi fidi, adesso. » senza ulteriore indugio poi avanzò all’interno del mercato dove si creò un cordoglio di persone che salutavano il Re, molti erano felici di quella sorpresa, ma Dantos vide anche che alcuni sputavano di lato al passaggio del sovrano.

Drustan era un sovrano amato da molti, ma c’era ancora chi credeva che non fosse altro che un sovrano privo di interessi verso il popolo. Probabilmente anche Dantos avrebbe creduto la stessa cose se non avesse avuto il piacere di conoscerlo. I suoi pensieri vennero infine distratti dal trambusto che si era creato poco più avanti; sia il Re che la sua guardia e molte altre persone intorno accorsero così da vedere quello che stava succedendo.

Dantos avanzò prima del suo sovrano riuscendo a superare il cerchio delle guardie e spalancando gli occhi alla vista della scena che si parava davanti: Karpos Painer si trovava in piedi con la spada sguainata e la puntava alla gola di un giovane uomo dell’età di Dantos che si trovava in ginocchio e privato della sua camicia che si trovava strappata ai suoi piedi per via della violenza delle guardie.

« Brutto figlio di puttana, giuro che ti ammazzerò! » disse urlando Karpos Painer, mise da parte la spada per sferrare un pugno in pieno viso all’uomo che era in ginocchio avanti a lui, solo in quel momento Dantos ne riconobbe i tratti.

La lunga cicatrice al petto che non voleva mai mostrare, i capelli corti e marroni come le foglie degli alberi che cadevano, occhi verdi dal taglio orientale delle terre di Sol Levante: Dantos riconobbe Velasco, il suo migliore amico e compagno di squadra delle Lame dell’oscurità, il gruppo di mercenari al quale apparteneva.

« Succhiami l’uccello! » urlò Velasco a suo volta, il suo accento chiaramente orientale non poteva non essere la conferma di quello che Dantos stava assistendo. Nuovamente Karpos Painer sferrò un pugno al malcapitato facendogli uscire fiotti di sangue dal naso.

Un allarme scattò quindi nella testa di Dantos che senza controllarsi cominciò a correre contro l’Alto-comandante per fermarlo, in un primo momento lo spintonò così da allontanarlo dal suo amico. « Sta’ lontano da lui, figlio di puttana! » urlò.

L’intero mercato aveva gli occhi puntati contro di loro, mettendosi in mezzo Dantos si era esposto a tutti, ma l’elmo che indossava non fu una protezione sufficiente: Karpos Painer non mostrò riserva nell’estrarre la spada per sferrare un colpo a Dantos senza utilizzare la parte affilata, fu talmente tanto forte che il mercenario venne spintonato a terra, fece un giro su se stesso e senza rendersene conto l’elmo gli era scivolato via.

« Ora ti spacco il cranio come avrei dovuto fare molto tempo fa! » urlò l’Alto-comandante alzando la propria spada e tenendola con entrambe le mani, digrignò i denti mostrando la sua famosa risata aguzza di cui però Dantos non aveva paura.

Il cavaliere in risposta estrasse la spada pronto a combattere contro Karpos Painer senza distogliere lo sguardo dagli occhi scuri e riempiti dalla furia omicida dell’uomo. « Fatti sotto se ne hai il coraggio! » disse Dantos a sua volta, sicuro che Velasco lo aveva riconosciuto e insieme a lui molti altri probabilmente.

« Per i nove Titani che sta succedendo qui!? » urlò Drustan giungendo per capire la situazione che si era creata. I suoi occhi paludosi vacillarono da Dantos e Karpos all’uomo che era stato picchiato e maltrattato.

Nel momento in cui il Re aveva fatto la sua comparsa in scena Karpos Painer si voltò come se nulla fosse poggiando la punta della spada a terra e inginocchiandosi. « Quest’uomo è un criminale, mio Re. Abbiamo scoperto che è implicato in qualcosa di più grande: pare sia stato assoldato per uccidervi! »

Drustan ebbe la stessa reazione di stupore di Dantos che però dentro di sé sapeva bene che non era la verità, Velasco non era il responsabile per quanto accaduto. « Questo non è vero! » intervenne Dantos, proprio non capiva il perché di quelle accuse.

Era la prima volta che Drustan aveva modo di vederlo infuriato, i loro occhi si incrociarono e il Re si accigliò appena cercando di formulare una tesi. « Un mercenario? Ci sono delle prove delle accuse mosse contro di lui? » disse Drustan rimanendo neutrale; Dantos non avrebbe potuto dire nulla in merito visto che non si trattava di Velasco ma di se stesso. Era lui il mercenario in questione.

Karpos Painer non aveva delle prove contro Velasco, era impossibile che ne avesse, pensò Dantos. Ma nonostante questo l’Alto-comandante alzò lo sguardo con sfida verso il proprio Re e digrignò soddisfatto. « Sì, mio signore. Abbiamo le prove che dimostrano la sua colpevolezza e l’implicazione di un gruppo di mercenari noto come “Lame dell’oscurità”. Vorrei avere il piacere e l’onore di mostrarvi le suddette prove al castello. »

Dantos si sentì cadere delle nuvole: in qualche modo qualcuno stava cercando di incastrare Velasco al suo posto, probabilmente lo Spettro Folle o Lady Saisyll stessa. Ma perché farlo?

Il Re rivolse uno sguardo a Velasco che era stato picchiato e il sangue gli riempiva metà della faccia, guardò poi Dantos che non riuscì a parlare, si limitò a guardarlo con occhi invocanti pietà. « Portatelo al castello, sbattetelo in prigione. Prenderò una decisione al processo di domani quando verranno presentate le prove contro quest’uomo. » disse infine Drustan.

Il girò in città si concluse in quel momento quando il corteo decise di tornare al castello, Drustan era nuovamente di pessimo umore e durante il viaggio di ritorno non aveva detto nulla in merito, Dantos era rimasto col capo scoperto tenendo il proprio elmo al fianco e senza riuscire a parlare col sovrano, cosa che sarebbe comunque successa una volta tornati negli alloggi reali.

Dopo pranzo Dantos si trovò con Drustan nella sua per metà incredulo e per metà amareggiato. « Conosci quel tipo, vero? Nessuno sarebbe tanto folle da sfidare l’autorità dell’Alto-comandante davanti a chiunque. Sai bene anche che in una situazione diversa avrei dovuto punirti per questo; l’Alto-comandante rappresenta l’autorità del sovrano nelle strade della capitale e tu l’hai quasi sminuito. » disse Drustan parlando con molta calma e ponderando bene le parole da usare.

« Forse è proprio perché c’è Karpos Painer a sorvegliare le strade che la gente non si fida della tua autorità. Quello è un pazzo assassino assetato di sangue! » disse Dantos al sovrano piuttosto seccato, Drustan strabuzzò gli occhi incredulo di come Dantos aveva risposto. « Scusami, mio Re. Sì, conosco quell’uomo. Velasco è un mio carissimo amico, la questione mi tocca personalmente. » disse Dantos abbassando il capo sentendosi in colpa per quanto aveva detto, si era quasi esposto.

Drustan annuì più volte. « L’avevo capito. Per quanto tu ne sappia pensi che in qualche modo sia coinvolto ai Lucarhis? » chiese senza curarsi del resto, i suoi dubbi erano più che comprensibili e totalmente fondati sulla realtà. Drustan sembrava ad un passo dal capire quello che stava succedendo al castello.

« Forse, mio Re. » rispose Dantos, quella risposta bastò a Drustan che sembrò voler cambiare argomento, si spostò verso la scrivania dove si trovavano libri e documenti importanti. « Non so che prove porterà Karpos, ma Velasco… » non poté parlare ancora, si sarebbe esposto troppo se avesse nominato gli altri mercenari. Ma a Drustan non sembrò importare ancora della cosa.

« Questo è per te. » disse il Re. Dantos non capì esattamente cosa gli stava venendo donato dal sovrano finché non prese l’oggetto tra le mani e poté osservarlo meglio.

Era un ciondolo interamente fatto in oro, una catenina dello stesso materiale era stata poi applicata affinché potesse essere indossata al collo da chiunque. Dantos osservò meglio il disegno che si trovava sull’oggetto realizzando che erano delle forme astrette. Alzò lo sguardo verso il Re con aria interrogativa.

« Che significa? Perché mi hai regalato un ciondolo? » chiese il cavaliere senza capirne il motivo, Drustan fece un mezzo sorriso chiudendo gli occhi e sospirando prima di rispondere.

« Dai documenti presentati per potermi servire pare che ventisei anni fa tu sia venuto al mondo. Per ogni compleanno ho ricevuto numerosi doni, questo volevo che fosse il tuo regalo. » rispose quindi il giovane sovrano, Dantos annuì sentendosi riempire da una sensazione di calore mai provato prima.

Sapeva bene che era nato poco prima dell’inverno e verso la fine del mese della Ruota ma non sapeva il giorno esatto, questo perché per chi come lui era povero non contava nulla festeggiare un altro anno di vita che si era passati da povero. Non conosceva il giorno esatto della sua nascita e probabilmente chi lo aveva fatto entrare al castello con quei documenti falsi doveva aver scritto un giorno a caso tra quelli vicini la fine del mese.

« Io non so cosa dire, mio Re. È fantastico! Non ho mai ricevuto un regalo in vita mia… » rispose Dantos meravigliato, alzò lo sguardo trovando gli occhi di Drustan che lo stavano squadrando con evidente dubbio. « Voglio dire mai qualcosa di simile. » continuò Dantos nel tentativo di correggersi ma il giovane sovrano sembrò non essere intenzionato a replicare.

« Il suo significato è un po’ lugubre in verità, però penso sia un bel ciondolo e tu puoi farne ciò che vuoi. » disse Drustan cominciando a spiegare di cosa si trattasse. « Durante il dominio degli elfi, i Cavalieri d’élite indossavano questi pendenti nel quale veniva inserito un potentissimo veleno, in caso fosse accaduto il peggio avrebbero avuto la possibilità di suicidarsi piuttosto che fornire informazioni al nemico. » continuò il Re spostandosi dall’altro lato della stanza, solo adesso Dantos aveva notato che una piccola parte del ciondolo era rimovibile ed era quindi possibile inserire qualcosa al suo interno.

Il cavaliere aprì il fermo della collana passando la catenina attorno al proprio collo e chiudendola una volta che l’aveva indossata. « Grazie mille. Non avrei mai pensato di ricevere un regalo così importante. Lo apprezzo molto. » disse Dantos, era davvero sincero sui suoi sentimenti, non avendo mai ricevuto alcun regalo non conosceva quella bella sensazione.

Drustan ridacchiò quasi imbarazzato. « Non è nulla davvero, è l’ultimo pezzo che è rimasto in circolazione: tutti gli altri quarantanove dei Cavalieri d’élite sono stati fusi insieme per realizzare questa daga. » disse prendendo tra le mani l’oggetto che si trovava sul camino e togliendone il fodero.

Dantos osservò meravigliato la daga in oro tempestata di zaffiri e diamanti bianchi, non aveva mai visto Drustan con quell’oggetto in mano e probabilmente era una semplice daga ornamentale ma che grazie alla sua punta affilata sarebbe potuta essere utile.

« È una bellissima arma. » commentò quindi il cavaliere.

Poco più tardi Dantos fu costretto a lasciare la stanza visto che il Re gradiva riposare alcune ore prima della cena di quella sera, il cavaliere era quindi rimasto da guardia alla porta dovendo cacciare via il bibliotecario che aveva tanto insistito affinché il sovrano non perdesse neanche una lezione.

Dantos però l’aveva avuta vinta quindi l’uomo era andato via procedendo per la sua strada. Più tardi ancora una figura era comparsa dalle ombre in costante salita, il pomeriggio era passato in fretta e il sole stava cominciando a tramontare scendendo oltre le lontane Terre Centrali di Endymion che non erano visibili dalla torre in quando il corridoio si affacciava sulla baia.

« Eccoti qui, la “guardia vigilante” di Sua Maestà. Speravo di poter parlare col Re nel caso fosse in camera sua. » disse il Maestro di spie avvicinandosi con dei movimenti quasi incerti alla porta del sovrano, Dantos aveva visto Ollyson Gatling non appena aveva svoltato l’angolo del corridoio.

L’uomo aveva stampato un ghigno in faccia che deformava i suoi baffi e il pizzetto che copriva il mento. « Il Re è in camera sua ma sta riposando ed ha espressamente chiesto a nessuno di avvicinarsi o di disturbarlo! » rispose Dantos mantenendosi composto e rispondendo con serietà al ghigno.

« Capisco perfettamente; allora potrei avere il piacere di parlare con te? In amicizia, o da servitori di Re Drustan, scegli tu. » chiese educatamente Ollyson senza mostrare emozioni. Dantos annuì senza proferire parola e senza lasciare la postazione.

« Ho saputo quanto è successo oggi al mercato, non posso non mostrare quindi il mio dispiacere per quello che è capitato al tuo amico. Perché era un tuo amico quello, giusto? » chiese il Maestro di spie, il tono che aveva usato lasciava intendere che stava seguendo il proprio filo del discorso per arrivare ad un altro punto.

« Ho conosciuto quell’uomo. Questo non fa di me un suo amico. » disse Dantos in risposta assicurandosi di mantenere lo sguardo fisso negli occhi scuri dell’uomo davanti a lui.

« Hai assolutamente ragione, anche se le mie fonti mi hanno riferito molto diversamente. Tu credi che questa corte non ti conosca, sei convinto che i topi di fogna come te siano invisibili agli occhi della corona ma ti sbagli, Dantos. » disse Ollyson Gatling usando un tono freddo, il suo ghigno si allargò quando il cavaliere mostrò stupore davanti al fatto che conosceva il suo vero nome.

« Di cosa stai parlando? » chiese Dantos nel tentativo di deviare le attenzioni, ma non era un così bravo attore e le sue emozioni lo avevano appena tradito agli occhi di un acuto osservatore come il Maestro di spie che la sapeva lunga.

« Sì, so qual è il tuo ruolo. Qual è il tuo vero nome. Chi sei davvero ed è un piacere poter finalmente parlare con te in totale sincerità, visto che il tempo a tua disposizione passa ogni giorno sempre di più… » disse ancora il Maestro di spie, era ovvio che si stava riferendo alla missione che gli era stata assegnata, non poteva esserci altra spiegazione al riguardo.

« Tu sei lo Spettro Folle! » disse Dantos realizzando la cosa come se gliel’avessero spiegata per filo e per segno, doveva essere così: tutti gli elementi del cerchio si chiudevano con quello.

Ollyson Gatling però non fece altro che sorridere. « Io sono cosa? Spettro Folle? Questo appellativo mi è sconosciuto. Non sono altro che un uomo in una buia taverna che parla con un mercenario per un regicidio. Sono solo un vecchio uomo che in una lontana città del nord parla con un Osservatore dell’Abisso. Sono solo una vecchia balia che veste due gemelli nelle terre più fredde di Endymion. Una guardia al Cancello del Serpente quando ti sei presentato il primo giorno in piena estate, tutto confuso e sospettoso. »

« Non capisco. Che intendi dire? » chiese ancora una volta Dantos, era certo che quello che aveva di fronte fosse lo Spettro Folle ma Ollyson era un tipo talmente tanto evasivo che gli venne quasi il dubbio che fosse così.

« Sto cercando di dirti che sono molte cose, i miei occhi e le mie orecchie arrivano in ogni angolo del continente e che quello di “Spettro Folle” è un appellativo che i miei contatti mi hanno assegnato, d’altronde nessuno di loro mi ha mai visto in faccia, per loro sono proprio come un fantasma. » disse il Maestro di spie spiegando quello che intendeva, era ovvio che un uomo come lui che avesse spie in ogni angolo potesse essere lo Spettro Folle.

« Cosa vuoi da me? Perché sei venuto qui? » chiese Dantos cercando di scoprire il perché della sua confessione, era forse un modo per minacciarlo ma al cavaliere non piaceva.

« Io? Non voglio proprio nulla da te, non hai nulla che potresti darmi. In questi mesi ti sei più spesso tormentato e prodigato per scoprire chi io sono che ho provato quasi pena nel vederti fallire. Mi sembrava giusto presentarmi ufficialmente, inoltre non abbiamo mai avuto modo di parlare da soli. È stata un’insolita e produttiva chiacchierata, non trovi? » chiese Ollyson senza abbandonare quel fastidioso ghigno dalla propria faccia, l’uomo fece quindi per andarsene proprio da dove era venuto.

« Credo che tu stia mentendo. Se tu fossi davvero chi dici di essere non saresti mai venuto a dirmelo. » disse Dantos spostandosi di pochi passi dalla porta del sovrano, non abbastanza per avvicinarsi ad Ollyson Gatling che si era fermato poco più avanti al centro del corridoio e si era voltato.

« Credi che sia davvero così scontato!? Anzi, ho una cosa per te, visto che pare che oggi sia il tuo compleanno. » disse il Maestro di spie avvicinandosi ancora una volta alla guardia, prese qualcosa dalla propria tunica e la tenne sospesa a mezz’aria davanti gli occhi di Dantos che non poté non osservarla.

« Non può essere… » disse Dantos restando senza parole, davanti a sé c’era un lungo nastro di raso bianco su cui era ricamato il nome di una donna, Dantos era certo che fosse quello originale visto che una volta mentre stava giacendo con lei aveva per sbaglio versato del vino sul nastro e da allora l’alone non era mai scomparso.

« Abbiamo la tua stupida puttana, Rosa. La uccideremo se non adempirai al tuo compito. E poi faremo in modo di uccidere anche te prima che possa parla a chiunque di questo. » disse Ollyson mantenendo quello sguardo sicuro di sé e quel ghigno visibilmente soddisfatto del potere che stava esercitando. « Ora capisci perché non ha così importanza che tu sappia chi sono io davvero? Perché quando sarà tutto compiuto, il castello non sarà più in mano ai Grimalder e tu… tornerai nel fango dal quale vieni. » continuò l’uomo quasi sibilando come un serpente, questo fece prendere una piega alle strane rughe simili a scaglie che aveva sul collo.

« Ho capito! Lo farò, non preoccuparti! » disse Dantos in risposta e pieno di rabbia, qualunque suo tentativo di trovare Rosa era inutile visto che non avrebbe mai potuto indagare per cercarla. Era chissà dove bloccata in una stanza ma non poteva trovarla.

Quella sera Dantos non riuscì a parlare con nessuno che non fosse la propria mente, ogni parola che cercava di dire o pensare restava bloccata ad echeggiare costantemente nella sua propria testa, Drustan si era accorto del fatto che il cavaliere fosse di umore nero ma non sembrava intenzionato a violare il suo silenzio.

A metà della cena aveva ricevuto il cambio da un’altra guardia del castello e lui era potuto andare a cenare nella torre di guardia, aveva un buco allo stomaco e mangiò tutto lo stufato e purè di patate che aveva nel piatto dando un morso ad un tocco di pane che però non riuscì a finire. Quando ebbe finito tornò verso gli appartamenti reali e nella strada di ritorno incontrò Jorge il Santo.

Il cavaliere dell’Inquisizione era fermo in uno dei corridoi principali degli alloggi e indossava la sua splendente armatura bianca e dorata, sembrava pronto per andare via. « Oh Sir Maxwell, temevo di non riuscire a salutarti prima della mia partenza. » disse il giovane sacerdote guerriero avvicinandosi di gran carriera.

« Dove stai andando? Credevo che il tuo posto fosse ormai qui a corte. I cavalieri dell’Inquisizione sono ancora qui a pattugliare le strade. » chiese Dantos, Sir Jorge si avvicinò a lui prendendogli la mano e abbracciandolo, quel saluto lasciò il cavaliere piuttosto spiazzato. « Perché lo hai fatto? »

« Nelle Valli Nebbiose salutiamo così i nostri amici. So che mia cugina Saisyll non è espansiva quanto me, probabilmente sono stato adottato! » disse Sir Jorge con un leggero sorriso, Dantos aveva avuto poco tempo per conoscerlo e tra i vari impegni che entrambi avevano non c’era stato modo di poter stringere il rapporto.

Ma il cavaliere era sicuro che sarebbe stato in piacevole compagnia davanti ad una birra e il Santo al suo fianco.

« Ad ogni modo, l’Inquisizione ha richiesto la mia attenzione altrove, dal Tempio di Hael sono arrivate notizie di alcune rappresaglie nelle Terre Centrali e il Supremo Sacerdote ha richiesto la mia presenza a risolvere la cosa. » rispose Jorge senza rivelare troppi dettagli in merito, Dantos annuì non sapendo esattamente cosa fosse il tempio da lui nominato ma immaginò che fosse la base dei cavalieri dell’Inquisizione.

« Questo è un addio allora! » disse Dantos.

Ma Jorge il Santo sorrise scuotendo il viso. « Per i nove Titani, spero di no! Questo è un arrivederci, mio caro cavaliere cagnolino! » disse chiamandolo con un nomignolo che Dantos non piaceva sentirsi dire, nonostante tutto però non disse nulla. « A presto, Sir Maxwell. Che le nostre strade e spade possano incrociarsi ancora da amici. » disse il giovane uomo dai capelli argentei, oltrepassò Dantos camminando verso i corridoi che lo avrebbero condotto ai cancelli.

Dantos si voltò quindi dall’altro lato avanzando per la sua strada e sperando davvero che le loro strade si sarebbero incrociate ancora in situazioni diverse e più serene.

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Capitolo 23
*** 23. Kari - Inganno ***


{Kari}

23.

Inganno

  

La biblioteca era il luogo più silenzio del castello, almeno in quella mattina in cui i forti venti del nord spiravano come se volessero raccontare di una tempesta di neve in arrivo. Kari riposava su una piccola poltroncina ad ascoltarli, ammaliata dal dolce suono col quale l’inverno faceva presagire il suo arrivo. Erano passati molti giorni da quando Kari e il fratello gemello avevano scoperto i documenti all’interno dell’ufficio del padre e da allora erano successe cose che avevano stabilizzato l’equilibrio della famiglia.

La prima tra tutte fu la morte dello zio Donchad. Kari non aveva mai avuto la possibilità di vederlo, o almeno per quanto ricordasse: quell’evento però aveva segnato l’inizio del periodo di lutto che la sua famiglia stava ancora vivendo e che sarebbe finito tra due giorni esatti con la fine del mese corrente.

La ragazza cercò di leggere una pagina del libro soffermandosi più e più volte e rileggere la stessa frase finché non l’aveva imparata a memoria. Sospirò pesantemente alzando gli occhi e trovando a pochi metri di distanza Aedan che osservava la finestra e i corvi volare lontani miglia dal castello.

« È tutto così… strano.  Casa mia non sembra più neanche tale, anche adesso che i Dunnstone se ne sono finalmente andati. » disse Kari parlando con la propria guardia, il giovane uomo dai capelli biondi si voltò verso la sua protetta.

« Casa Dunnstone ha lasciato il castello ormai otto giorni fa, Kari. La loro visita si è prolungata più del previsto proprio perché sembrava loro “gentile” restare e unirsi al lutto di vostra madre. » rispose a sua volta Aedan, la ragazza si trovò ad annuire, chiuse il libro rinunciando alla lettura poggiando il gomito sul braccio della poltrona e tenendosi il viso con la mano.

Nella sua mente ancora echeggiavano i pianti della madre quando il corvo aveva portato la lettera col sigillo reale; la donna non sarebbe potuta essere presente al funerale visto che la capitale distava un mese di viaggio. Avrebbe però voluto tanto portare le condoglianze al suo unico nipote.

« Non preoccupatevi, madre. Andrò io ad Altura Silente e incontrerò mio cugino. I Dunnstone mi accompagneranno nella prima parte del loro viaggio e poi proseguirò lungo la Gran Via Imperiale. » aveva detto Valdis sostenendo il dolore della propria madre, la donna voleva a tutti i costi lasciare Bosco Ombroso ma Lord Caelum le aveva chiesto di non farlo.

Era stato quindi il figlio maggiore a prendersi la responsabilità di compiere il viaggio fino alla capitale per portare il dolore della famiglia. Alla fine Lady Helga aveva accettato dando un bacio sulla fronte del proprio figlio maggiore e ringraziandolo.

Kari aveva assistito alla scena in silenzio, non provava dolore al riguardo: non aveva mai conosciuto lo zio o il cugino e quindi non sapeva cosa provare esattamente. Certo però che era dispiaciuta nel vedere la madre così fragile, una donna del suo calibro si era piegata alla disperazione e questo l’aveva fatta chiudere in sé.

« Devi proprio andare? Non sono tranquilla sapendo che viaggerai insieme a Volmar e Myrella. Non hanno buone intenzioni, lo so per certo. » disse Kari il giorno della partenza di Valdis e degli ospiti al castello, non sarebbe mai potuta essere tranquilla sapendo che il fratello era insieme ai nemici della sua famiglia.

« Sono lieto che ti preoccupi per me, sono giorni che non mi parlavi. Credevo che mi avresti portato rancore per sempre. » aveva detto Valdis ridacchiando, il suo sorriso era spavaldo e sincero mentre Kari era rimasta seria essendo a conoscenza di molte cose.

Alla fine non aveva potuto resistere. « Ho visto i rapporti nell’ufficio di nostro padre: il nostro esercito è entrato in battaglia per difendere le città dei Pyres e dei Sullivan dalla forza dei Dunnstone. Ho trovato la lista dei congiurati con i nomi della nostra famiglia; che cosa sta succedendo, Valdis? » aveva chiesto la giovane lady, forse era ancora giovane e non aveva appreso davvero quello che era “il gioco delle casate” ma stava imparando.

Valdis l’aveva guardata con notevole stupore, aveva subito intuito che lei si era introdotta all’interno dello studio del padre di nascosto e diede la colpa anche a Synder. « I Dunnstone sono pericolosi, sorella amata. Loro come gli alleati che li circondano, per questo motivo dobbiamo essere pronti; nostro padre sa benissimo che questo equilibrio è precario. »

« Questo matrimonio è un’unione di scopo, quindi. Ma che garanzie offre tutto questo? Cosa ottiene nostro padre dal vendere la sua unica figlia a Volmar Dunnstone? » era quella la domanda alla quale Kari non riusciva proprio a trovare una risposta.

Valdis le si era avvicinato prendendole il viso tra le mani con delicatezza e guardandola con i suoi occhi di ghiaccio penetranti. « È una prova di fiducia. I popoli di entrambe le nazioni ti vedranno in sposa ai Dunnstone, quando loro faranno il passo più lungo della gamba, allora gli si rivolteranno contro. »

Kari aveva quindi compreso quale fosse il suo ruolo: era un oggetto in pegno, la sua presenza ad Artiglio del Drago assicurava che i Caelum non avrebbero fatto nulla per nuocere ai Dunnstone, se fosse accaduto qualcosa la colpa sarebbe stata loro.

Non era più riuscita a resistere ed era dovuta scivolare via dalle morbide mani del fratello scappando nelle grandi torri del castello in modo da non farsi trovare da nessuno; l’ultima volta che aveva visto Valdis era proprio in quell’occasione e non aveva avuto modo di augurargli buon viaggio o di salutarlo con un abbraccio.

Era sfuggita anche al dover salutare quel viscido di Volmar e la sua orrenda famiglia. Da otto giorni non aveva notizie del fratello che era rimasto con Danar (la sua guardia del corpo) insieme ai cavalieri dei Dunnstone. Ormai doveva essere arrivato alle alte mura della Gran Via Imperiale, la gigantesca muraglia di collegamento tra i vari regni del continente. Ma nessun corvo aveva bussato alle voliere, nessun messaggio era stato recapitato.

« Attendo con ansia che  questo periodo di lutto giunga al suo termine così che l’aria torni ad essere non opprimente come prima. » disse Kari tornando alla realtà, Aedan la guardò incuriosito dal fatto che non apprezzasse la tradizione del lutto e la sua durata.

« I vostri genitori tengono molto alle tradizioni: la famiglia Caelum da secoli onora i morti e i caduti della propria famiglia con un lutto che dura quindici giorni. Anche voi, quando sarete un’importante Lady dovrete rispettare questa tradizione. » le disse Aedan quasi riprendendola, il tono con cui aveva parlato però era leggero e senza obblighi.

La ragazza scottò in piedi. « I miei genitori mi vogliono far sposare Volmar per farsi ragione nel momento in cui dovesse scoppiare una guerra. » ribatte Kari parlando col cavaliere, il suo tono era aggressivo ma non appena se ne rese conto si calmò spegnendo le fiamme della rabbia. « Scusami, Aedan. Sono solo preoccupata, è un periodo molto strano. Valdis non c’è, mia madre sembra un’altra persona e mio padre è sempre più strano. Prova a dirmi il contrario. » disse ancora la lady, Aedan alzò gli occhi al cielo in maniera pensierosa ma senza avere una risposta da dare alla propria lady; la ragazza tornò a sedersi e prese il libro che le era caduto a terra per poggiarlo sul tavolino accanto.

« Kari, » cominciò Aedan usando un tono grave, la ragazza venne subito chiamata all’attenzione. « se ti dicessi un segreto che solo il lord tuo padre e noi cavalieri conosciamo, saresti in grado di mantenerlo tale? » continuò il giovane fissando gli occhi della lady.

« Di che si tratta? » chiese lei.

Aedan però scosse il viso avvicinandosi in fretta e mettendosi in ginocchio davanti alla sua poltrona, mosse le mani alla ricerca di quelle della ragazza stringendole entrambe. « Devi promettermi che non ne farai parola con nessuno, neanche con Synder. Neanche con Lady Helga, promettilo. » insistette lui, Kari guardò la propria guardia perplessa ma annuì.

« Non ne parlerò con nessuno, lo prometto. » disse lei.

Aedan abbassò il viso pesantemente e prese una grande boccata d’aria e sputando via quello che aveva da dire: « Il Signore della Guerra non è andato ad Altura Silente, il lord tuo padre gli ha assegnato un compito più importante: pare che sia vicino al ritrovamento della Runa della Guerra. » disse infine Aedan. « Valdis è sulle tracce dell’oggetto per riportarlo qui a Bosco Ombroso così da avere una potentissima arma contro i Dunnstone. »

Kari scosse il viso incerta sulla veridicità della cosa. « La Runa della Guerra? Parli di uno dei quattro Oggetti Divini forgiati dagli elfi durante la guerra contro gli orchi? » disse la ragazza cercando di capire se parlavano dello stesso argomento, Aedan annuì più volte e la lady cercò di trattenere una risata. « Aedan per favore: tutti sanno che la Runa della Guerra è ormai perduta insieme alla Spada della Tempesta, sempre che siano realmente esistiti. »

« Non so dirti se sia realtà o leggenda. Credi che se tuo padre non ne avesse avuto la certezza avrebbe inviato Valdis alla ricerca di un oggetto di simile importanza? » chiese Aedan annientando lo scetticismo della ragazza che rimase sempre più stupita.

« Non può essere vero, se mio padre fosse alla ricerca degli Oggetti Divini significherebbe che vuole prepararsi alla guerra. » disse Kari, ma la vera domanda la pose subito dopo quando realizzò un collegamento con la lista dei congiurati. « Una guerra contro chi? Contro la corona? Contro il Re? » ma Aedan scosse il viso più volte come se la lady avesse frainteso le intenzioni del padre.

« No, vostro padre non è così pazzo da rischiare una guerra contro la corona, ma è anche vero che vostro cugino possiede la Corona Splendente e l’Anello Ancestrale e che il castello non è attualmente in sicurezza, serpenti più pericolosi dei Dunnstone si muovono al suo interno, parrebbe. » disse Aedan restando vago, Kari scattò in avanti poggiando le mani sul volto del giovane che stava per ritrarsi, qualcuno era appena entrato nella biblioteca.

« Che significa, Aedan? Mio padre sta cercando gli Oggetti Divini per quale motivo? Contro chi vuole combattere!? » chiese lei con dei sussurri rapidi, Aedan gettò un’occhiata verso la porta che però era nascosta dalle grandi librerie.

« Non te lo so dire, Kari. Più di questo non ci ha concesso di sapere. Ma Valdis saprà sicuramente tutto ciò che c’è dietro questa storia. Con la Runa della Guerra si otterrebbe il potere di un intero arsenale di armi. Diventeremmo una delle casate più forti e pericolose del continente. »

« Quindi siamo dei traditori!? » chiese ancora una volta Kari tenendo gli occhi fissi in quelli del giovane, erano talmente vicini da poter sentire l’uno il respiro dell’altra, Aedan non le poté rispondere visto che dall’angolo della libreria spuntò l’Anziana Amber che stringeva un vassoio tra le mani.

Sia Kari che Aedan stavano guardando la donna che aveva portato qualcosa di caldo per la giovane lady, era immobile fissando il modo in cui i due sembravano legati tra loro. La lady si accorse di quella cosa e si separò da Aedan, il cavaliere di tutta risposta si mise in piedi allontanandosi dalla sua protetta.

« Ecco… io posso tornare dopo, mia signora. Non ho pensato di disturbare la tua lettura. » disse l’Anziana Amber, alludendo alla possibilità di aver interrotto qualcosa tra Kari ed Aedan, erano talmente vicini che visti dal corridoio dal quale era arrivata lei sembravano quasi uniti in un bacio.

« Non hai disturbato nulla, cara Amber. Non ho voglia di nulla però adesso. Grazie mille, puoi andare. » disse Kari dando le spalle alla donna e avvicinandosi alla finestra dove prima la sua guardia era affacciata, sentiva uno strano calore dentro di sé.

L’Anziana Amber rivolse un ulteriore sguardo al cavaliere che non si nascose né lasciò che la vecchia donna lo intimidisse, sorresse lo sguardo finché non dovette andarsene via lasciando il cavaliere e la sua protetta nuovamente da soli e indossando un’espressione visibilmente preoccupata.

« Spero che non le siano venute strane idee in testa, se mia madre pensasse che ho una relazione con te andrebbe su tutte le furie. » disse la ragazza senza concentrarsi bene sulle parole da dire, il cavaliere però non rispose e a quel silenzio la ragazza fu costretta a girarsi per assicurarsi che Aedan fosse ancora là.

« Puoi rispondere ad un'altra domanda? E ti chiedo di essere il più sincero possibile. » chiese Kari rivolgendosi alla sua guardia, il ragazzo annuì e attesa che la lady parlasse ancora. « Se i Dunnstone rappresentano una tale minaccia, è possibile che mio fratello Valdis sia in pericolo? » il cavaliere rimase immobile senza fiatare per qualche minuto senza distogliere lo sguardo dalla giovane lady.

«  Credo che tuo fratello sia l’uomo più forte e abile che si possa incontrare. Danar è la spadaccina più letale di Caer Londir e non per niente è la fedele guardia del Signore della Guerra, » fece una pausa avanzando di alcuni passi in avanti verso la propria signora. « I Dunnstone lo sanno e non sono così stupidi da attaccarlo, hanno una guarnigione di venti cavalieri che non sono neanche paragonabili a Valdis. Quindi no, non credo che sia in pericolo. »

Kari sospirò pesantemente ascoltando la risposta del proprio cavaliere ringraziando gli Dei Titani per le sue belle parole. « Tutta questa storia… cosa accadrebbe se Valdis trovasse la Runa della Guerra? Potremmo essere noi a far scoppiare una guerra per primi? » chiese ancora e nuovamente il cavaliere aspetto qualche minuto prima di risponderle scuotendo il viso.

« No, mia signora. Ma questa parte dei piani, tuo padre è stato cauto nel non rivelarla, forse ha capito che c’è qualcosa che non quadra qui al castello. » aggiunse Aedan parlando in tono vado, ma Kari sapeva benissimo che stava parlando di Gustav, la guardia di suo fratello minore Haydun. Non era un mistero che sia il biondo che Ingrid evitassero il cavaliere in questione.

« Se mio padre ha dei sospetti su Gustav perché non intervenire? Tutto questo non ha senso! » disse ancora la giovane lady insistendo, ma trovò da sola una risposta anche a quella domanda. « Perché crede che non sia il solo ad agire contro di noi. » realizzò infine, il cavaliere annuì ancora una volta.

« Non so dirti chi sia la pecora nera. Ma una cosa è certa: ogni cosa che Sten Caelum fa ha un motivo ben preciso in quello che sono sicuro sia un piano molto più grande. »

E anche Kari era certa di quello: c’erano molti segreti che contornavano il Lord di Bosco Ombroso, la giovane lady era lontana dallo scoprire quale macchinazioni avesse in mente.

Il giorno seguente il cielo era coperto da un fitto strato di nuvole fin dall’alba quando la giovane lady si era svegliata per seguire il suo allenamento dell’arte della spada con Aedan. Ne aveva fatti di progressi in quei giorni, avrebbe saputo intrattenere un nemico ma il suo obiettivo non era divertire colui che avrebbe incrociato la sua spada ma eliminarlo o fermarlo.

Kari tornò in camera sua ad allenamento finito osservando dalla finestra la magia che si era creata fuori: il cielo buio spiccava, messo in risalto dal bianco manto di neve che ricopriva l’intera piana intorno a Bosco Ombroso, le mura alte completamente innevate come i tetti delle case e le strade della città. A Kari comparve un largo sorriso mentre osservava quella meraviglia, c’era abituata ma ogni volta non poteva che sorridere come una bambina.

Corse quindi verso la sala da pranzo dove Synder ed Ingrid stavano parlando con molto tranquillità mentre il gemello di Kari faceva colazione. « Sta nevicando! Che bello, aspettavo questo momento da tutta l’estate. » disse Kari quando arrivò nella stanza, i due già presenti la salutarono e lei si sedette scortata dalla sua guardia al fianco del fratello.

« Come fai ad avere ancora questa reazione dopo tutte le nevicate in città? » chiese Synder sarcasticamente, Kari gli tirò quindi un pugno al fianco senza troppa forza e lui scoppiò a ridere dovendo evitare il colpo che però si prese in pieno.

A Bosco Ombroso le nevicate erano presenti per tutto il periodo dell’inverno e della primavera dove le temperature restavano comunque molto gelide e le nevicate erano meno continue. Solo d’estate il clima della città raggiungeva temperature fresche che non facevano mai sentire caldo. L’ultima nevicata sembrava essere attecchita molti secoli prima di quel giorno.

Dopo pochi minuti nella sala da pranzo entrò il padre dei due gemelli, Lord Caelum avanzò tranquillamente al proprio posto a capotavola e aspettando le domestiche delle cucine servissero anche a lui la colazione; Kari non mancò di notare la presenza di Brutus, l’anziano e possente cavaliere dai capelli grigi che faceva da guardia del corpo ai loro genitori.

« Nostra madre sta ancora dormendo? » chiese Kari dopo aver salutato il padre, in rare occasioni Brutus era solito seguire Sten Caelum anziché Lady Helga. Il Lord divenne scuro in viso e annuì.

« Vostra madre non sta molto bene in questo periodo. Mi dispiace che dobbiamo vederla in questo stato ma era molto legata al fratello, così come voi lo siete l’uno all’altra. » disse il Lord in risposta portando l’esempio dei figli gemelli. Kari e Synder si scambiarono un’occhiata veloce ma senza parlarsi.

« Non ci avete ancora detto com’è morto lo zio. Ci avete detto che è morto a causa di una malattia ma senza specificare. » disse Synder chiedendo con educazione e garbo, non era sicuro di poter chiedere infatti era insicuro nella voce.

Lord Sten alzò i suoi brillanti occhi di ghiaccio dalla propria colazione guardando il figlio maschio e rivolgendo poi un’occhiata alla ragazza. Era ovvio che stesse valutando con attenzione cosa dire.

« E se non fosse morto per una malattia? » disse Kari precedendo il padre, la giovane lady cominciava a capire che la teca di vetro nel quale aveva vissuto per diciott’anni si stava sgretolando.

Adesso riusciva anche a capire perché il padre le avesse regalato una daga per proteggersi, le cose stavano cambiando e c’era aria di tempesta. « Non lo sappiamo ancora. Sta di fatto che Valdis verrà informato di tutto e al suo ritorno ne sapremo di più. Ma non abbiamo da dubitare nelle azioni di chi sta al potere. »

Kari capì che in quelle parole c’era qualcosa che non le quadrava, come una sorta di messaggio segreto che però non poteva decifrare. Era chiaro che il Lord non volesse informare i suoi figli di quello che stava accadendo, l’unico a conoscenza era il Signore della Guerra e i cavalieri a difesa di ogni membro della famiglia.

Più tardi Kari stava ancora riflettendo sul significato delle parole del lord suo padre senza riuscire a trovare una spiegazione; durante la lezione con il loro maestro fu solo Synder a parlare mentre la ragazza pensava ancora a quello che stava succedendo.

A fine lezione quando lasciarono la biblioteca, Synder non mancò di far notare il silenzio della sorella. « Che cosa ti prende? Sembra quasi che ti abbiano morso la lingua. Stai ancora pensando a nostra madre? » chiese il gemello.

La ragazza scosse il viso. « No, ero solo sovrappensiero. Ci sono così tante cose strane in questo periodo. Voglio dire, quello che abbiamo trovato nello studio deve avere un qualche significato. » disse lei cercando di far ragione il proprio fratello, Synder tuttavia non sembrava così tanto preoccupato come lo era lei di fatti sbuffò annoiato dal discorso che lei stava facendo.

« Tu pensi troppo, sorella cara. Anzi, a proposito di pensare: l’Anziana Amber mi ha riferito di un evento ieri sera; mi ha fatto capire che stavi amoreggiando con Aedan. Dice di avervi visti baciare nella biblioteca. Stava scherzando? »

Kari si batté un colpo sulla fronte scuotendo ancora una volta il viso. « No, l’Anziana Amber ha visto male! Io e Aedan stavamo solo parlando ed eravamo vicini sì ma non abbiamo fatto nulla. »

« Però lo vorresti! » disse freddamente Synder, Kari rimase di sasso all’affermazione del fratello che aveva insinuato ci fosse qualcosa di sentimentale tra lei e il cavaliere. « Che c’è? Vuoi forse dirmi che è una bugia? » chiese lui con tono di sfida.

Lei reagì ridacchiando per l’incredulità. « Sì, è assolutamente una bugia. Aedan è un fedele cavaliere e un amico. Non c’è nulla di “intimo” tra me e lui, te lo posso assicurare. » disse lei riprendendo a camminare lungo il corridoio mentre Synder la canzonava.

« Non c’è mica nulla di male. Voglio dire se pensiamo che devi sposare una persona mostruosa la cui famiglia ha la reputazione di fare sesso con i maiali del porcile allora va bene. Ma non preoccuparti sorellina, il vostro segreto morirà nella tomba con me. » disse ancora e ancora insistendo. La ragazza rinunciò al cercare di dissuadere Synder dal fatto che quella non fosse la verità.

Svoltarono ancora l’angolo quando i due gemelli furono costretti a fermarsi, verso di loro avanzavano Lord Sten e Gustav, fianco a fianco parlando sottovoce. Sarebbe sembrato tutto normale in circostanze differenti, ma Kari e Synder avevano chiaramente sentito Gustav parlare con qualcuno che non fosse del castello, diversi giorni prima. Vederlo parlare così in segreto con il Lord di Bosco Ombroso suonò come un allarme nella mente della ragazza.

Kari spinse se stessa e il fratello oltre la colonna nascondendosi alla vista dei due che si avvicinavano sempre di più, mise la mano sopra la bocca del ragazzo per zittirlo e rimase in silenzio anche lei cercando di ascoltare con attenzione.

« Ne siete proprio sicuro, mio signore? Potrebbe essere pericoloso. Potrebbe non capire e se ciò dovesse accadere… » Gustav non sembrava preoccupato dal tono che usava nonostante cercasse di dimostrare altro con le parole dette, Kari sapeva benissimo che il cavaliere aveva una voce piatta.

Fu il Lord ad interromperlo proprio quando i due passarono oltre la colonna nel quale i due gemelli erano nascosti, senza però poterli vedere. « Invece sì, Kari capirà tutto. È intelligente, saprà fare la cosa giusta quando verrà il momento, ma fino ad allora è così che le cose devono andare. Bisogna essere pronti al peggio. »

I due gemelli non poterono ascoltare il resto della conversazione visto che i due passarono velocemente e svoltarono l’angolo. Synder si liberò dalla presa della sorella sfuggendole e mettendosi in mezzo al corridoio che ormai era vuoto.

« Di cosa stavano parlando? » chiese lui confuso più della sorella. Ma Kari non aveva una risposta, era certa che suo padre la ritenesse in grado di fare qualcosa, ma non aveva dato altri indizi.

« Non riesco a capire e sono stanca di questa situazione. Sento di essere vicina allo scoprire la verità ma continua a mancarmi un pezzo! » disse la ragazza riflettendo anche sulle parole che Aedan le aveva detto il giorno prima. Lord Sten aveva grandi progetti che non erano ancora vicini nel realizzarsi, ma lo sarebbero stati presto e sapeva che Kari avrebbe avuto un ruolo importante.

« Magari parla del tuo matrimonio con Volmar. » provò ad indovinare Synder, Kari annuì non del tutto convinta. Il suo ruolo non era solo quello di sposare il giovane Dunnstone, c’era qualcos’altro al quale sarebbe dovuta essere pronta.

Rimasero in silenzio ascoltando il muto suono della neve che cadeva e del vento che batteva sui vetri con violenza, spifferi attraversavano le fessure nella pietra creando una patina di ghiaccio ai bordi delle grandi finestre nel corridoio.

Kari era rimasta immobile, nonostante tutto quello che sapesse riguardo i piani del padre ancora non riusciva a collegare gli eventi. “Mio padre sta nascondendo qualcosa, ciò che sappiamo fa parte di una piccola porzione di quello che è il suo piano. Come potrei quindi solo sperare di capire il suo progetto?” pensò tra sé e sé.

« Devo parlarne direttamente con lui! » disse Kari improvvisamente facendo spaventare persino Synder che si era distratto guardando fuori dalla finestra. « Sono stanca di non sapere nulla, voglio la verità! » disse lei insistendo carica di coraggio, Synder stava quasi per fermarla quando lei svoltò l’angolo andando a sbattere contro il petto di qualcuno.

« Accidenti, che male! » disse la giovane lady accarezzandosi la fronte che aveva sbattuto nella pettiera di un cavaliere, la ragazza alzò lo sguardo trovandosi di fronte gli occhi scuri di Gustav, molto più alto e possente di lei.

« Buongiorno, miei giovani lord. » disse il cavaliere guardando i due gemelli con aria interrogativa, sia Synder che Kari si scambiarono un’occhiata. « È strano, poco fa sono passato da questo corridoio con il lord vostro padre e sono sicuro che non ci foste. » disse lui con tono disinvolto, i suoi occhi scuri si appiattirono cominciando a nutrire dei sospetti.

« Allora eravamo dietro di voi. Abbiamo finito da poco la lezione e abbiamo il resto del pomeriggio libero. » disse Synder velocemente senza possibilità di pensare a quello che dovevano dire, ma sia Kari che Gustav colsero la bugia nelle sue parole.

« La biblioteca è da questa parte però. Non sareste dovuti essere dietro di noi, ma davanti. Invece non ci abbiamo incrociati. » disse Gustav smascherando la bugia del gemello, i suoi occhi cercarono poi quelli di Kari che lo guardava con sfida.

« Non eravamo in biblioteca. Abbiamo fatto lezione in un’altra sala. Una giornata così particolare non dovrebbe essere sprecata chiudendosi in una sala piena di vecchi libri e polvere. » disse Kari con tono freddo e distaccato, mantenne il contatto visivo con la guardia del corpo del fratello minore, Gustav allora azzardò un passo in avanti senza intenzioni.

Kari non si lasciò intimidire dalla guardia: tenne i propri libri in un solo braccio mentre la mano destra si spostò istintivamente al fianco dove teneva nascosta la daga del padre.

Gustav si ritrasse con gentilezza alzando le mani in aria come se fosse stato catturato e minacciato. « Immagino che abbiate ragione, la biblioteca è un posto cupo, a volte. Vorrei però darti un consiglio, mia signora: quando intendi minacciare qualcuno, non fargli capire che hai un’arma con te o che sei pronta ad usarla. Fa che sia un movimento veloce e immediato altrimenti potrebbero riuscire a sfruttare questa debolezza. » disse il cavaliere mantenendo la sua espressione di pietra, anche in una situazione come quella era contenuto e serio.

Abbassò le mani lasciandole ricadere ai fianchi. « Lo terrò bene a mente. » disse Kari senza preoccuparsi di dargli conferma per quello che diceva Gustav. Il cavaliere avanzò oltre i due gemelli continuando per il corridoio dal quale era passato poco prima.

« Sei forse impazzita!? Hai appena minacciato una delle nostre guardie con un coltello. Anche se non l’hai estratto è come se l’avessi fatto e sono sicuro che la colpa di questo ricadrà anche su di me! » disse Synder parlando alla sorella e agitando le mani in preda alla paura di quei pochi attimi di tensione.

« Non gli ho puntato il coltello alla gola! Gustav ha capito che lo abbiamo sentito parlare con nostro padre spiandoli, dal modo in cui ha reagito alla mia minaccia ha capito che sappiamo molto altro su di lui ma nonostante questo non ha detto nulla. » disse Kari difendendosi dalle accuse che il fratello le aveva mosso. Un altro pensiero sfiorò la mente della giovane.

« Questo significa che non lo preoccupa il fatto che noi possiamo essere a conoscenza di quello che vuole fare perché lo farà in ogni circostanza. » continuò la ragazza, Synder la guardò perplesso.

« Che intendi dire? Cosa vorrebbe fare? »

Kari guardò il fratello abbastanza preoccupata. « Credo che stia dalla parte dei Dunnstone e che stia tramando qualcosa di molto pericoloso contro la nostra famiglia. » disse la giovane lady.

Synder continuò a guardare la sorella aspettandosi che lei dicesse che era solo uno scherzo ma non lo fece. « Gustav non ci tradirebbe mai. Nessuno dei nostri cavalieri potrebbe mai farlo! » disse lui cercando una qualche giustificazione che potesse spiegare lo strano comportamento del cavaliere e dei recenti eventi.

Ma Kari non era mai stata più sicura di qualcosa come in quel momento. « Spero che tu abbia ragione, Synder. » disse infine procedendo per la sua strada lunga il corridoio con l’intenzione di poter parlare dei suoi dubbi e della verità col padre.

Kari avrebbe voluto chiarire la situazione ma per tutto il resto della serata le fu impossibile visto che l’uomo era troppo impegnato per poterla ricevere in quella serata. La giovane lady quindi non demorse, l’indomani mattina sarebbe andata a parlare col padre e avrebbe preteso di conoscere la verità come la conosceva Valdis.

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Capitolo 24
*** 24. Astrid - Fuoco e fiamme, ghiaccio e neve ***


{Astrid}

24.

Fuoco e fiamme, ghiaccio e neve

 

Caius era seduto sulla roccia con un’espressione delusa, tipica di un bambino al quale era stata spiegata qualcosa ma che non aveva comunque capito. Rifletté più attentamente su quello di cui si era discusso insieme ad Astrid quella sera. « Non ha davvero senso. Neferi non è così stronzo. Almeno credo; pensavo fossimo amici e invece guarda… » aveva chiesto il ragazzo mentre Astrid si assicurava che lo stufato di erbe fosse ormai pronto; c’era stato molto vento quel pomeriggio e qualunque preda che fosse sulla loro strada sembrava svanire trascinata via, i quattro dovettero quindi accontentarsi di alcune bacche ed erbe.

« So che una un’alta stima di lui; non volevo che lo sapessi ma credo di dover essere sincero se mi chiedi qualcosa. » disse il secondo Osservatore ritornando con le attenzioni sul proprio compagno, Astrid non avrebbe davvero voluto parlargliene, l’argomento però era saltato fuori da Caius che sembrava non essersi accorto di quello che succedeva. Aveva dovuto dirgli la verità.

Da un lato, Astrid era piuttosto confuso visto che non gli importava nulla del ragazzo, dall’altro però l’Osservatore aveva ferito Caius e non c’era nulla di più grave per lui. Non avrebbe voluto distruggere il loro rapporto, ma Astrid aveva reputato giusto che Caius non si facesse illusione con quel falso amico.  Nel mentre, i due Piromani stavano distanti pochi metri ascoltando però la loro conversazione, probabilmente capendo anche di cosa si parlava.

« Credevo fosse un amico, non è cambiato nulla di noi, siamo sempre le stesse persone. » disse Caius un rametto di legno nelle fiamme del falò, Astrid poté constatare la tristezza nei suoi occhi, per lui Neferi era un amico come Agis e Ongor. Non si sarebbe mai aspettato questo astio nei suoi confronti.

Astrid aveva persino pensato che ci fosse qualcosa che il ragazzo scuro non aveva voluto dire, ma alla fine poco gli importava: c’era solo una cosa che contava al mondo, ed erano lui e Caius.

Il giovane Osservatore si distrasse dallo stufato spostando lo sguardo verso i due maghi che stavano in disparte poco distante dal falò: entrambi avevano mani e piedi legati da delle corde rigide, ma in casi come questi i maghi erano più pericolosi di ogni altro prigioniero; ogni Osservatore di fatti portava con sé un particolare bracciale incantato con delle rune da altri maghi affinché potessero contenere la magia e il potere arcano.

In pochi sapevano che quei bracciali magici erano stati incantati dai maghi del Circolo della Stregoneria, luogo in cui tutti i maghi si riunivano per seguire un percorso di studi che li portasse a controllare i loro pericolosi poteri. Almeno questo era quanto Astrid aveva appreso poco prima della partenza e sembrava proprio che i due Piromani ne avessero paura, sembravano desiderare la morte piuttosto che vivere chiusi nel Circolo.

« Non sembra un posto così male, il Circolo intendo. » disse Astrid facendo delle porzioni dallo stufato. Le prime due erano per sé e per Caius, le successive furono per i due maghi al quale fu consegnato solo un cucchiaio per poter mangiare. « Letti caldi, librerie piene di antichissimi volumi sul quale studiare, vitto e alloggio senza pagare. Una casa nel quale sentirsi veramente se stessi. Ci sono persone in questo mondo che non sanno cosa sia nessuna di queste cose. » continuò il ragazzo sorseggiando dal proprio cucchiaio, il brodo era molto caldo e sentì il piacevole calore mentre scendeva in gola. Astrid non poté non chiedersi se le sue proprietà immuni al calore gestissero anche il colore di un semplice brodo. Sempre nei suoi pensieri, si rispose di no.

I due Piromani erano molto differenti tra loro fisicamente parlando; entrambi indossavano lunghe tonache nere che li rendevano ben distinguibili a chi sapesse cosa guardare, il più grande aveva probabilmente qualche anno più di Astrid e aveva capelli rossi e occhi verdi come quelli di Agis. Il secondo e probabilmente della stessa età dei due Osservatori aveva invece capelli biondi e occhi azzurri e sembrava essere il più serio e tormentato dei due per la loro cattura.

« Vorrei vedere te a stare chiuso in una torre per il resto della tua vita, senza poter mai uscire fuori da quelle mura, sperando che la morte sopraggiunga prima di ogni altro desiderio. Persino il cazzo non ti si alza più la mattina quando ti svegli in stanza con altri tre maghi che come te piangono nella speranza di poter uscire! » disse il mago più grande, Astrid alzò un sopracciglio dubitando delle parole appena dette mentre Caius quasi si strozzò.

« Dev’essere terribile non riuscire a farselo venire più duro! » disse l’Osservatore assaporando lo stufato dall’altro lato del fuoco, Astrid scosse il viso più volte.

« Siamo molto più simili di quanto credi. Il nostro compito è vegliare per tutta la vita il Varco. Nessuno di noi potrebbe lasciare il castello e anche se il nostro esercito è in costante crescita le cose non sono così rosee come potresti pensare. » disse Astrid difendendo la propria vita, il paragone era quasi immediato, tuttavia il ragazzo non sentiva quell’oppressione che altri come le reclute sentivano. “Un tempo però anch’io mi sentivo in prigione.” Pensò assaporando un altro sorso del brodo.

Stavolta fu il mago più giovane a parlare tra i due. « Forse a voi piace vivere in una prigione. Noi maghi siamo diversi, il nostro dono… poter esercitare la magia è sinonimo di libertà. Ma è chiaro che voi Osservatori siete ottusi come tutti gli altri, avete paura della magia nonostante noi umani ne abbiamo fatto un uso sproporzionato da quando gli elfi ce l’hanno insegnata! » Astrid rimase di sasso davanti alla determinazione e alla passione che il più giovane dei maghi aveva usato per descrivere la propria natura.

L’Osservatore mise da parte la brodaglia poggiandola a terra per pochi istanti. « Il problema non è la magia in sé, ma chi la usa. Per anni e anni la vostra setta ha fatto un uso sbagliato della piromanzia arrivando a fare del male anche agli innocenti. » disse Astrid cercando di celare il risentimento nella voce, non era un mistero per Caius che fosse proprio a causa di un Piromane che la sua vita era del tutto stata stravolta e si era dovuto allontanare dalla famiglia.

« Gli Osservatori sono un ordine di potenti guerrieri, chi più chi meno. Anche noi possiamo essere molto pericolosi e chissà, forse è giusto che ci teniamo rinchiusi in vecchia chiesa. Se uso la mia spada per uccidere dieci persone innocenti non sono migliore di un assassino e merito di stare in una prigione. » disse Caius cercando di fare un ragionamento serio e Astrid non poté non essere d’accordo con lui, ma ancora una volta il mago adulto rispose.

« Dite così solo perché quando il vostro ordine venne creato, eravate uno dei tanti rami dell’Inquisizione. Quando poi avete scelto di separarvi avete ottenuto più libertà, ma a differenza vostra la chiesa non vi assilla con i suoi cavalieri controllandoci in ogni corridoio e in ogni movimento, persino quando andavo a pisciare mi trovavo un cavaliere tra le palle! » disse alzando la voce e usando un tono più volgare, tuttavia la sua aggressività nella voce non ebbe effetto su quello che Astrid provava: indifferenza.

« Parli come se fossi stato chiuso nel Circolo. » disse lui.

Ancora una volta fu il mago più grande a rispondere. « Da quando ho compiuto dieci anni, per dieci anni della mia vita non ho fatto altro che vivere chiuso in quella prigione e posso assicurarti che i cavalieri dell’Inquisizione non sono così valorosi e casti come le canzoni dei bardi raccontano! » disse alludendo a qualcosa che fece storcere il naso ad Astrid, in fondo funzionava sempre così: chi aveva potere lo sfruttava contro chi non ne aveva.

Una cosa che riteneva sbagliata ma che non poteva essere cambiata semplicemente perché il famoso “gioco delle casate” aveva creato questo schema che si ripeteva.

« Noi Osservatori ci siamo dovuto staccare dall’Inquisizione ma sapevamo bene quali erano i veri pericoli: il Varco e i Cavalieri Neri rimasti ancora in giro a tormentare le persone e successivamente i maghi che avevamo il compito di riportare sotto la giusta custodia. Ma per decine di secoli anche noi siamo rimasti immobili chiusi nelle mura della Cattedrale marmorea aspettando la nostra fine. » disse Astrid difendendo ancora una volta il proprio ordine dalle accuse del mago. Quello sputò poi a terra con fare di sfida.

Fu quindi il turno del mago più giovane per replicare. « Operiamo non per fare del male ma perché le cose stanno cambiando, il Fuoco Divino vedrà presto il suo sorgere col ritorno del Prescelto della luce e allora il mondo vivrà in una nuova era di fuoco e fiamme che purificheranno ogni male. » dette quella parole Caius scoppiò a ridere in faccia ai due maghi strozzandosi nuovamente con la propria brodaglia.

« Sembra quasi di sentir parlare il Sommo Sacerdote di Porto del Sole, accidenti mi sembra di essere tornato bambino… » disse il giovane pensando ad un periodo particolare della sua vita, nello stesso attimo in cui i pensieri si concretizzarono però sul suo viso comparve un’ombra scura di cattivi ricordi.

Astrid non aveva mai chiesto, ma per la prima volta credette quasi di aver capito che l’orrore che aveva passato da piccolo centrasse in qualche modo col Sommo Sacerdote da lui appena nominato. Vedere il proprio compagno privato del sorriso scatenò la sua stessa reazione, specie pensando alle parole del mago.

« Non c’è nessuna apocalisse. Nessun mago delle ceneri. Nessun Fuoco Divino che brucerà ogni cosa; lo vedi quello? » disse Astrid alzandosi ed indicando le possenti nubi di tempesta e neve che lontane si avvicinavano come una furia dalle terre più a nord. « Ghiaccio e neve. Questa è l’unica cosa che arriverà a che ricoprirà queste lande del nord, quanto prima accetterete di essere nel torto e di rivelare i segreti della vostra setta, quanto prima proveremo a salvarvi da una fine molto dolorosa. »

Le parole di Astrid fecero zittire i due maghi che si guardarono con complicità posando all’unisono le ciotole ormai vuote dello stufato, nessun altro parlò per quella serata.

L’indomani in tarda mattinata il gruppo vide le alte torri campanarie della Cattedrale spuntare all’orizzonte insieme al resto della gigantesca struttura; rispetto a quei sei giorni di viaggio, quel mattino i due maghi sembravano essere più tranquilli del solito e in qualche modo Astrid era sicuro che questo valesse qualcosa di grave e che non tutto era merito del suo discorso.

Superarono le porte principali attraversando il cortile con i loro cavalli e lasciando i due maghi in custodia agli altri Osservatori, tra di loro Astrid vide Ongor che agitò la mano a mo’ di saluto e dicendo qualcosa che somigliò a “ci vediamo dopo”. I due compagni di squadra si tolsero le pesanti pellicce d’orso rientrando in fretta all’interno della Cattedrale e trovandosi nella grande navata principale dove Adalvin era insieme alle reclute.

L’uomo fece un cenno ai due con tranquillità, Astrid invece ricambiò con muto distacco aspettandosi che la cosa venisse notata dal suo mentore. « Lascialo perdere, avrà avuto i suoi buoni motivi per tenermi lontano dalla Sala dell’Abisso, quel giorno. » disse Caius cercando di portare la pace e la tranquillità nei pensieri burrascosi dell’altro Osservatore.

I due si trovarono a camminare lungo il corridoio che portava alle camerate pronti a dividersi per andare ognuno in camera loro. « Non lo so, il rientro è casa è stato molto strano. Vedere mio fratello, il discorso di ieri con i due maghi… credo di essere diventato paranoico. Visto come sembravano felici? »

Caius non mancò di averlo notato e annuì. « Sì, non ti piace come hanno guardato la Cattedrale? » chiese sarcasticamente il ragazzo ma senza saperlo aveva centrano il punto che preoccupava Astrid. « Dai sul serio? Sono due Piromani, sono sicuro che entrambi abbiano almeno bruciato una persona viva. Non sono persone sane di mente o da prendere come esempio dell’allegria! » disse Caius insistendo sulle false preoccupazioni di Astrid che però continuarono ad assillarlo anche quando si fermò davanti la porta della camera.

« Non hai mai la sensazione che i Piromani provino quasi piacere nel farsi catturare da noi? Non ti è mai passato per la mente che potessero essere un pericolo per noi o per il Varco? » chiese Astrid riflettendo sulle parole che qualche mese fa gli erano state dette dall’Alto-comandante. L’uomo non sembrava felice di avere ospiti i Piromani proprio perché preoccupato per il Varco.

Ma Caius non sembrava aver mai riflettuto sulla questione. Scivolò dietro le spalle di Astrid mentre il ragazzo apriva la porta, gli mise le mani sulle spalle cominciando dolcemente a massaggiarle, cosa che fece venire i brividi di piacere all’altro ragazzo che si immobilizzò sulla soglia.

« Non ci ho mai pensato, però in questo momento i miei pensieri sono troppo offuscati da qualcos’altro per capirci qualcosa. » disse il ragazzo spostando il suo corpo affinché aderisse a quello dell’altro, anche con l’armatura indosso Astrid poté sentire la pressione dell’altro all’altezza del cavallo e fece un sorriso.

« È giorno, Caius. Non dovremmo farlo e non si sa mai che Neferi o qualcun altro ci beccassero nudi. Pensa se lui lo avesse detto ad altri, un rischio troppo grande. » disse Astrid cercando di persuadere il giovane, era da molto che non restava in intimità con il proprio compagno e gli mancava quella sensazione.

Caius spinse dentro la stanza il ragazzo chiudendo poi la porta alle sue spalle e assicurandosi di girare la chiave nella toppa affinché nessun sarebbe potuto entrare per disturbarli. « A me piace il rischio, ma se non vuoi proprio allora ci possiamo fermare. Lo giuro. » disse Caius sospirando all’orecchio di Astrid, le sue mani scesero dalle spalle verso i fianchi e raggiungendo ben  presto l’intimità dell’altro che emise un gemito al solo tocco.

Astrid non poté negarsi di essere eccitato e di avere davvero voglia di assaporare il corpo di Caius. Si voltò prendendogli il viso tra le mani e spingendosi in avanti gli diede un bacio sulle labbra. « Va bene, rischiamo! » disse Astrid accettando la propria sconfitta con un ghigno, lo stesso ghigno comparve sul volto di Caius che lentamente tra un bacio e l’altro cominciò a spogliarsi della propria armatura seguendo poi quella di Astrid.

Avrebbero avuto tutta la giornata per fare rapporto, avevano prima però bisogno di un buon bagno caldo e di rilassarsi, ed entrambe le cose erano nei piani di entrambi i ragazzi.

« Direi che stavolta hai dato il meglio di te. » disse Caius una volta che ebbero finito e in totale comodità all’interno della vasca da bagno, immersi nell’acqua calda, Astrid fece un mezzo sorriso poggiando la schiena e allungando i piedi che arrivarono a toccare i fianchi di Caius mentre lui teneva le gambe chiuse.

« Credo sia giunto il momento di alzarsi. Probabilmente gli altri ci stanno aspettando nella sala da pranzo. » disse il giovane in risposta, Caius aggrottò la fronte, non gli piaceva l’idea di doversi già alzare e non era ancora pronto per farlo.

« Se sono intelligenti e ci conoscono come dicono allora dovrebbero capire che siamo impegnati. » cercò di convincerlo Caius, voleva stare ancora un po’ tranquillo insieme al ragazzo che amava ma Astrid voleva già mobilitare la sua giornata, si alzò lentamente facendo scivolare via tutta l’acqua che aveva addosso nuovamente nella vasca.

Mise entrambi i piedi fuori prendendo il telo di stoffa per asciugarsi così da indossare nuovamente i propri abiti da Osservatore, anche Caius fece lo stesso utilizzando il telo usato dall’altro e indossando la propria armatura. Una volta che entrambi ebbero messo gli stivali uscirono dalla stanza trovando alcuni Osservatori che camminavano nello stesso corridoio.

Astrid li aveva visti un paio di volte, ma forse il suo stato di paranoia non glieli aveva mai fatti notare prima: quasi sembrava che i ragazzi parlassero di loro visto che quando li incrociarono rimasero in silenzio. Il ragazzo però volle convincersi di essersi immaginato tutto e che Neferi non fosse davvero così stupido da dirlo ad altri.

Quando i due ragazzi arrivarono nella sala da pranzo la trovarono non del tutto vuota, c’erano ancora parecchi Osservatori e tra tutti spiccavano Agis per i suoi capelli fiammeggianti e Ongor per la sua stazza, si avvicinarono al tavolo notando che c’era anche Neferi. Ma quando il ragazzo scuro di pelle li vide avvicinarsi salutò i due già seduto dicendo di doversene andare. Rivolse un cenno imbarazzato ai due nuovi arrivati senza emettere fiato e se ne andò.

« Neferi ci stava dicendo che… » Agis aveva provato a parlare riguardo il ragazzo scuro ma Astrid scosse il viso fermandolo.

« Non mi interessa parlare di lui. Sono più curioso di sapere voi cosa avete fatto, siete partiti tanto in fretta che non abbiamo avuto neanche modo di salutarci. È bello rivedervi. » disse il ragazzo accomodandosi per primo, come era suo solito fare, Caius si spostò verso il bancone con due vassoi prendendo il mangiare sia per sé che per Astrid con molta gentilezza.

« Siamo dovuti andare al Tempio di Hael, pare che l’Inquisizione avesse mandato un corvo a Bradan con alcun notizie riguardo alcune grossi gruppi di Piromani. Non sappiamo cosa stia succedendo ma è come se si stessero organizzando. Abbiamo anche potuto vedere il tempio: incredibile! Avresti apprezzato tantissimo quel posto, Astrid. » disse Agis con occhi brillanti.

Agis sapeva bene quanto Astrid potesse amare l’arte e la letteratura a differenza di tutti gli altri. « Erano solo pezzi di pietra e marmo messi insieme. È stato noioso e quei cavalieri erano talmente inquietanti che sembravano fatti di pietra pure loro! » disse Ongor contrariato a scuotendo il viso, da come l’aveva detto sembrava quasi intimorito dall’Inquisizione.

« Davvero, Ongor? Non pensavo che grande e grosso come sei ti spaventassi di alcuni soldati. Sono certo che non erano neanche paragonabili alla tua stazza! » disse Caius che nel frattempo era tornato per provocare la reazione dell’altro, quello scattò in piedi per afferrare il braccio del ragazzo ma senza successo.

« Ongor smettila! Hai fatto quasi ribaltare il tavolo. » disse Agis riprendendo il compagno di squadra al suo fianco, l’Osservatore era tornato a sedersi cercando di trattenere una risata mentre Caius non si preoccupava di contenersi.

« Siete sempre i soliti, non vi smentite! » commentò Astrid chinando il viso sul proprio vassoio che gli era stato appena portato, assaggiò un po’ di riso ma scoprì di non avere molta fame.

« Un giorno di questi ti appendo ad una torcia, Caius! E ti ci appendo per il culo, così vediamo come sarai ancora nello spirito di fare battutine! » rispose Ongor addentando il tocco di pane che stava ancora stringendo nella mano col guanto.

Caius di tutta risposta mugugnò guardandosi intorno a assicurandosi che nessuno nelle vicinanze potesse sentirlo. « Non sembra essere così male come idea! » sputò fuori con un sussurro e con sarcasmo, ci fu un attimo di silenzio nel quale Astrid non seppe esattamente come sentirsi.

Rivolse un’occhiataccia a Caius e prima che potesse parlare gli altri due scoppiarono a ridere di gusto, subito seguiti da Caius che non riuscì più a tenere il braccio sospeso visto come rideva. Senza rendersene conto anche Astrid cominciò a sorridere, guardando gli altri tre divertirsi come mai prima d’ora, rifletté quindi sulla frecciatina tirata da Caius e la trovò divertente unendosi agli altri ridendo con piacere. “Vorrei che il tempo si fermasse a questo momento, vorrei essere qui per sempre.” Pensò tra sé e sé Astrid, purtroppo non aveva modo di bloccare il tempo, ma se avesse potuto la avrebbe fatto così da rivivere quelle risate per sempre.

Nelle prime ore del pomeriggio Astrid e Caius si trovarono nel corridoio che si affacciava sul gran cortile, dirigendosi verso l’ufficio di Bradan e bussando tre volte alla massiccia porta di legno. L’Alto-comandante diede loro il permesso di entrare nell’ufficio.

« È bello vedervi sani e salvi. Sono lieto che sia andato tutto bene. Abbiamo portato i due maghi all’interno delle segrete e stavo aspettando proprio voi per interrogarli. Spero vogliate farmi compagnia. » disse l’uomo dai capelli biondi, entrambi gli Osservatori annuirono seguendo l’uomo fuori dall’ufficio.

« Non è stato molto difficile. Era una semplice scorta. Abbiamo fatto un po’ i turisti e abbiamo girato la città. » disse Caius parlando con l’Alto-comandante, l’uomo sapeva bene che Astrid era nato a Rocca Ferrea e conosceva i precedenti che avevano spinto il giovane a lasciare la Cattedrale per cercare i suoi genitori.

« Li hai trovati? » chiese l’Alto-comandante rivolgendosi chiaramente ai genitori di Astrid, il ragazzo ritornò alla discussione interrompendo i propri pensieri. « I tuoi genitori, intendo. » specificò quando svoltando per l’ennesimo corridoio arrivarono alla scalinata nord che li avrebbe fatti scendere nei piani inferiori.

« No, non li ho cercati. » disse Astrid dicendo una mezza verità, era vero che non avesse cercato i genitori, ma aveva trovato suo fratello minore Balder che era parte della sua famiglia. Decise poi di cambiare argomento tornando a parlare dei due Piromani. « Abbiamo provato a fare loro qualche domanda ma non hanno risposto, non essendo competenza nostra non abbiamo insistito. Il più grande tra i due ha la lingua piuttosto biforcuta ed è parecchio più fastidioso, l’altro potrebbe cedere prima. » disse Astrid commentando quando avevano avuto modo di osservare in quei sette giorni di viaggio con quegli estranei.

« Capisco. » disse Bradan in maniera piuttosto fredda e distaccata, ad Astrid venne in mente di chiedere del Varco, se c’erano state altre vibrazioni o comparsa di altre braccia ma non pose nessuna domanda scendendo le scale in totale silenzio.

Quando i tre Osservatori arrivarono nella stanza delle segrete Astrid osservò intorno come se stesse memorizzando i dettagli: il pavimento era di pietra così come le pareti alte che contornavano il corridoio nel quale sarebbero passate tranquillamente cinque persone insieme. Lungo tutto il corridoio si estendeva poi una lunga fila di piccole celle con un giaciglio, un catino e un secchio con dell’acqua. Una torcia poi illuminava la stanza dall’esterno.

Astrid camminò fino alla fine del corridoio quando curvò nell’angolo mostrando un’altra fila di prigioni il cui corridoio era molto più corto del precedente. Arrivarono in fretta alle ultime due celle trovando quattro Osservatori a guardia delle due porte e Adalvin che stava in piedi aspettando l’Alto-comandante. L’uomo sgranò i suoi occhi azzurri alla vista di Astrid e Caius e rivolse loro un cenno interrogativo, non erano attesi.

« Bradan, non mi aspettavo saresti venuto con altri due Osservatori. » disse il mentore guardando i due ragazzi, l’Alto-comandante non si perse in troppe spiegazioni e diede l’ordine di entrare nella prima cella, quella del ragazzo più giovane.

Il mago era totalmente bloccato dalle catene che gli bloccavano mani e piedi, i suoi capelli biondi ricadevano sul viso e Astrid notò che stavano nascondendo un livido in piena guancia. Qualcuno doveva avergli dato un pugno mentre veniva portato in cella.

« Eccoci qui, nuovi Piromani, stesse celle. Devo ammettere che non nutro molte speranze ma essendo tu un giovane ragazzo spero che tu sia così intelligente da collaborare con noi e da accettare di vivere nel Circolo. » cominciò Bradan quando entrò nelle celle, incrociò le mani al petto e solo allora Astrid aveva notato che aveva portato con sé la sua spada per le esecuzioni.

« Non accetterò mai di vivere all’interno del Circolo, perciò va a farti fottere, stupido vecchio! » disse il giovane mago guardando con odio l’uomo che gli si trovava davanti; Bradan fece un mezzo risolino guardando l’altro mago nella cella accanto.

Si mosse come un lampo: l’Alto-comandante sferrò un pugno colpendo la fronte del giovane mago che urlò per il dolore; l’altro mago scattò in piedi nell’altra cella scontrandosi contro le sbarre di ferro e urlando ogni possibile bestemmia.

« Voi due, tenete bloccato quell’idiota e chiudetegli la bocca, se dovesse provarci ancora siete autorizzati a tagliargli entrambi i mignoli per poi proseguire con le restanti dita. » disse l’Alto-comandante dando l’ordine con fare distaccato ai due che sorvegliavano quella cella.

« Quando lo verranno a sapere gli altri Piromani la pagherete. » disse il giovane mago ancora una volta, Astrid vide che dalla sua fronte scivolava un rivolo di sangue, quasi si sentì in colpa per averlo trascinato nella Cattedrale, se fosse capitata a lui una cosa del genere? Probabilmente avrebbe reagito come quel mago.

« E dimmi, come potrebbero gli altri Piromani sapere che o morirete qui o vi chiuderemo nel Circolo? Le opzioni non sono molte e non avete molto possibilità: o parlate e ci dite dove sono gli altri Piromani e dove si riuniscono o marcirete qui in prigione per qualche altro giorno prima del vostro giudizio. » continuò Bradan senza mostrare esitazione, Astrid notò com’era pronto a colpire il giovane mago ancora una volta, osservò la scena a distanza di un metro ma gli sembrava di essere in prima fila.

« Non mi farai mai parlare, neanche sotto tortura. Noi Piromani ci sottoponiamo a cose ben peggiori di un pugno sulla fronte. » disse il giovane mago, un ricordo sovvenne nella mente di Astrid quando venne catturato insieme ad Agis e Caius.

« Probabilmente ha ragione. Ogni Piromane che abbiamo incontrato aveva dei segni di bruciature. È possibile che in qualche modo si “allenino” a non dire la verità. » intervenne Astrid parlando col suo superiore, persino Adalvin aveva sposato la sua teoria e già da tempo sospettava qualcosa del genere.

« Allora dovremmo provare col ferro bollente e vedere quando è alta la sua resistenza. » propose l’Alto-comandante senza mostrare inflessioni nelle sue emozioni, fece un cenno a Caius che cominciò a tremare all’idea, il ragazzo rivolse un’occhiata al proprio compagno chiedendo con gli occhi di trascinarlo via.

Di tutta risposta il mago più giovane cominciò a tremare e a sudare freddo al pensiero della tortura che avrebbe subito, nell’altra cella il mago più grande mugugnò qualcosa ma senza muoversi, probabilmente gli stava dicendo di non parlare e di stare zitto nonostante il dolore. Ma il giovane sembrava troppo impaurito.

« Bradan ti prego, è solo un ragazzo. Ha l’età di Astrid, non credi che dovremmo provare con l’altro? » disse Adalvin mostrando pietà nei confronti del giovane mago dai capelli biondi, l’Alto-comandante però non sembrava intenzionato a smettere di interrogare il mago più giovane.

« Non è giusto! Non sono io quello che dovrebbe subire questa tortura! Loro invece dovrebbero! » disse ancora una volta il giovane mago, i suoi occhi indicavano chiaramente Astrid e Caius e tutti gli Osservatori presenti si voltarono verso di loro. « Sono flagelli. Hanno una relazione, li abbiamo sentiti e li abbiamo visti con i nostri occhi. Dovrebbero bruciare loro, non noi! » continuò urlando senza mostrare esitazione, accusando i due Osservatori.

Nelle segrete cadde il silenzio, i quattro Osservatori di guardia guardarono i loro compagni come se stessero cercando di constatare la veridicità della situazione; Adalvin e Bradan evitarono di guardarli come per darne conferma là dove l’Alto-comandante era certo di sapere quale fosse la verità mentre il loro mentore non poteva, o forse lo sospettava solamente.

Astrid cercò in tutti i modi di frenare i propri muscoli richiedendosi grande sforzo mentale per non uccidere con le proprie mani il mago, così facendo avrebbe dato conferma di quello che aveva detto. Ma lui era riuscito a non agire a differenza di Caius che scattò in avanti e venendo fermato dalle braccia di Adalvin prima che potesse entrare anche lui nella cella.

« Fottuto bastardo ti ammazzo con le mie mani per aver detto una cosa simile, giuro sugli Dei che ti ammazzo! » urlò Caius completamente in balia della rabbia, era la prima volta che Astrid vedeva una reazione così furiosa del ragazzo.

« Flagelli, brucerete tutti quanti! » continuava a ripetere il giovane mago urlando e prendendo quindi coraggio vista la situazione scatenata nelle segrete.

Bradan in risposta estrasse la grande spada in titanio delle esecuzioni e con un colpo netto tranciò il giovane mago in due metà facendo partire il colpo dalle spalle e interrompendolo allo sterno quando venne bloccato dalle ossa della gabbia toracica.

Il giovane mago morì sul colpo riversando a terra tutti gli organi che fuoriuscirono dalla ferita. « Astrid e Caius, pulite questa cella. Riguardo l’altro mago, lasciatelo senza mangiare e tagliategli un orecchio. O si lascerà morire o parlerà! » disse infine Bradan lasciando nel silenzio l’intera cella.

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Capitolo 25
*** 25. Dantos - L'ultima spiaggia ***


{Dantos}

25.

L’ultima spiaggia

  

La sala del trono era vuota quando Dantos era arrivato all’interno di essa, era ancora molto presto e il sole non era neanche sorto, si era svegliato nelle mattinate dopo un leggero riposo, aveva voluto stare là in mezzo alla grande navata guardando gli arazzi e i dettagli delle colonne, non ne capiva molto di arte ma apprezzava la bellezza del posto come si trattasse delle curve di una bella donna.

Aveva bisogno di silenzio e pace, guardava i due troni dei sovrani, il più piccolo per la Regina mentre il più grande e ornato era per il sovrano maschile; Dantos si chiese che effetto facesse sedersi sul trono del Re e osservare l’intera stanza, la sua curiosità non arrivò però a spingere il suo interesse, essendo poco più che un mercenario non aveva alcuna ambizione al potere o interessi politici.

Ma in quei tre mesi al castello aveva rivoluzionato il suo modo di pensare e molte cose erano cambiate. Quando ne ebbe abbastanza del silenzio, decise di spostarsi verso la camera del Re per accompagnarlo nella sala da pranzo dove il sovrano avrebbe fatto colazione con la moglie per poi più tardi spostarsi ancora una volta nella sala del trono per il processo a Velasco.

Dantos era chiaramente sotto tensione, Drustan sembrava anche preoccupato, ma in qualche modo il suo giudizio avrebbe creato rancori, qualunque cosa avesse scelto per il condannato.

“Tutta sta nelle prove che Karpos dice di avere. Potrebbero essere dei collegamenti con le Lame. O potrebbe essere un modo per incastrare lui al mio posto.” Pensò Dantos mentre camminava insieme a Drustan verso la sala in cui si sarebbe tenuto il giudizio, tutti gli ospiti del castello erano già all’interno della sala e le voci echeggiavano fino ai corridoi degli alloggi privati.

« Se reputerò che le prove incastrino il tuo amico, non avrò altra scelta che condannarlo a morte. Lo sai questo, vero? » chiese Drustan con tono preoccupato, i suoi occhi non si mossero dalla porta, come se rifiutasse di guardarsi intorno.

« Lo so, ma spero che riuscirai a vedere la verità oltre le prove che ti porteranno. » disse Dantos in risposta mantenendosi vago come mai prima d’ora, fu ovviamente notato dal Re che preferì il silenzio al chiedere cosa gli passasse per la mente.

A distanza di poche ore, la sala del trono era piena ed altri ospiti rispetto ai soliti si erano aggiunti, c’erano molte facce nuove che il cavaliere pensò venissero dai distretti della città o dai villaggi intorno come rappresentanti.

Quanto il silenzio piombò in sala, il ciambellano dichiarò l’identità di Velasco facendolo entrare all’interno della sala. « Quest’uomo, mio Re, è accusato di tentato omicidio nei confronti della corona. Di fatti, l’Alto-comandante dichiara di avere le prove del fatto che sia stato assoldato per regicidio. » continuò Lady Saisyll che in qualità di Maestro diplomatico, aveva il compito di esporre la causa in tutta la sua pienezza.

« Voglio analizzare le prove prima di parlare con l’imputato. » disse Drustan osservando la donna, Dantos non staccò gli occhi dalla bella madre della Regina che si voltò lasciando spazio al Maestro delle spie, solo allora Dantos aveva notato che la Lady aveva i capelli raccolti, anziché sciolti come sempre.

« Le mie spie operano in tutto il regno, mio Re e mia Regina. Chiaramente ho anche delle spie all’interno della città e insieme al Maestro della guerra abbiamo fatto sì che i nostri soldati abbiano trovato le prove di questo tentato omicidio. » un forte vento sbatté contro le alte finestre ai lati della sala, il suo ululato fece rabbrividire Dantos che osservò la luce grigiastra provenire dall’esterno.

« Che prove avete trovato? » chiese il Re nuovamente, fu il Maestro della guerra stesso a portare il fascicolo di documenti che vennero direttamente consegnati nelle mani del Re. L’uomo in armatura tornò quindi al suo posto accanto ad Ollyson Gatling.

Dantos si spostò verso il Re allungando il proprio sguardo verso i documenti, le scritte erano molto piccole e lui non aveva mai avuto modo di imparare bene a leggere, gli sembrò quasi che fossero scritte in una qualche lingua sconosciuta all’uomo. Ma dall’espressione di Drustan non c’erano scritte belle cose.

« Questi documenti sono attendibili? » chiese Drustan parlando con Ollyson Gatling, quello annuì soddisfatto con un ghigno che fece increspare la pelle squamosa intorno al collo.

« Cosa dichiarano, mio amato marito? » chiese la Regina allungando una mano verso il braccio dell’altro e accarezzandolo appena. Si sporse anche lei verso i documenti ma Drustan li aveva già poggiati sulle sue gambe per metterli da parte.

« Questi documenti affermano che questo mercenario noto come Velasco sia stato reclutato tra le Lame dell’oscurità, un noto gruppo di mercenari proveniente da Sol Levante e che sia stato commissionato l’omicidio del Re per la somma di cento corone dorate. » dichiarò il giovane sovrano rivolgendosi prima alla Giunta Capitale e agli ospiti, il suo sguardo si spostò poi verso l’accusato in questione che era in ginocchio.

Velasco osservava silenziosamente la scena, cercando gli occhi di Dantos che fino a quel punto aveva guardato tutti gli altri, quando i due incrociarono il loro sguardo ci fu ancora silenzio, era chiaro che l’uomo avesse intuito che Dantos era sotto copertura.

« Come ti dichiari a queste accuse? Le prove sono schiaccianti, tutti i documenti ci riportano a te e al tuo gruppo di mercenari. Inoltre il Maestro di spie mi ha anche fornito la confessione “volontaria” del vostro capo, Garseo. Giusto? » chiese Drustan insicuro su quanto la confessione potesse essere volontaria. Dantos chiuse gli occhi, strinse i pugni e si morse le labbra pur di non bestemmiare contro gli Dei.

Solo quando sentì il sapore del sangue tra i denti riuscì a calmarsi: era probabile che Garseo avesse dato una mezza conferma, tutto dipendeva da quanto il Re avesse offerto per quella confessione. Era chiaro che Drustan avesse fatto indagare Ollyson Gatling e conoscendo il tipo d’uomo, non ci sarebbe voluto molto per capire che poteva essere comprato al giusto prezzo. Ma Garseo era anche un tipo intelligente e non avrebbe mai venduto il suo pupillo alla forca, non era un mistero che provasse attrazione per Dantos.

Quindi il capo espiatorio perfetto era Velasco, abbastanza vicino a Dantos e non così eccezionale come gli altri. Il cerchio si chiudeva perfettamente con le accuse, ma perché stimolare il sovrano a fare quella ricerca? Perché far sacrificare uno dei suoi?

Dantos capì. “Garseo non voleva rischiare il suo uomo migliore, nonostante tutto ha mandato me. Perché aveva già qualcuno da sacrificare in caso ci fossero stati problemi, sapeva che fosse un contratto pericoloso e che si sarebbe tenuto al castello e nonostante tutto mi ha detto che non sapeva nulla.” I pensieri nella mente di Dantos continuarono ad agitarsi mentre Drustan e gli altri della Giunta Capitale indagavano ed esaminavano le parole dell’imputato.

“Garseo sapeva cosa sarebbe successo, sapeva che in qualche modo saremmo arrivati a questo punto e c’è solo un modo perché lo sapesse: era d’accordo con lo Spettro Folle.”

« Non ho prove che mi possano difendere, vostra maestà. Ma vi giuro sulla mia vita che non sono io l’uomo che state cercando. » disse Velasco, la sua voce apparse nella mente di Dantos come un lontano ricordo, qualcosa che aveva dimenticato.

« Il mio giudizio si base sulle prove raccolte contro di te. Sono inconfutabili e c’è persino la tua firma sui documenti. » disse Drustan alzando il tono di voce e iniziando il suo giudizio finale, Dantos non aveva mai firmato il contratto d’assassinio che però era comunque nelle mani di Garseo, avrebbe potuto in qualunque momento farlo firmare a Velasco per ottenere le prove contro di lui in caso gli fossero servite. « Quindi: in assenza di testimoni o prove che ti scagionino. » fece un ulteriore respiro. « Io, Drustan di Casa Grimalder, Re dei Re, sovrano di Endymion, difensore dei popoli della terra e del mare, il Giudice; ti condanno a morte per mano dell’Alto-comandante Karpos Painer che avverrà all’alba del primo giorno del mese Stella. » disse con tono solenne, Drustan. Mancavano ancora quattro giorni al giorno dell’esecuzione, un tempo troppo lungo in qualunque altro caso.

E quel particolare fu notato da tutti e disapprovato anche dalla Giunta Capitale. Ma il processo era ormai giunto al termine e nessuno si permise di replicare l’ordine del Re che si era alzato per lasciare il suo posto, Dantos gli fu subito dietro come suo cavaliere.

« Mio Re, gli avete dato quattro giorni… » disse Dantos come per fare notare quello strano evento al proprio sovrano. Ma Drustan sapeva perfettamente cosa stava facendo.

« Quell’uomo non è colpevole, voglio analizzare questi documenti con attenzione ma non potevo riportarlo in prigione. Se non troverò nulla allora verrà condannato. Preferirei non essere disturbato oggi, se non ti dispiace. » disse Drustan chiedendo comprensione al proprio cavaliere, l’uomo annuì senza poter esprimere la sua felicità al riguardo.

Sapeva bene che se Drustan avesse scavato e trovato la verità, sarebbe arrivato a scoprire che il vero regicida era il suo cavaliere.

Per due giorni, Drustan non volle sapere nulla di altri casi da esaminare, fece sbattere in prigione due uomini nell’attesa del giudizio finale di Velasco lasciando la decisione alla Giunta Capitale. Si era chiuso in se stesso per indagare.

Dantos rifletté per trovare un modo di liberare Velasco e Sir Wellen, due persone che sarebbero morte per colpa sua se non avesse fatto qualcosa il più in fretta possibile. Ma non c’era nulla che non lo portasse all’autoconfessione.

Il penultimo giorno del mese era piovoso, il cielo rimase coperto delle nuvole per tutta la mattina e il pomeriggio finché alla fine non era scoppiato un freddo temporale che faceva presagire l’arrivo più prossimo della neve anche nella capitale. L’inverno era ormai alle porte e aveva portato con sé nuovi problemi.

« Sir Maxwell, speravo di incontrarti da solo così da parlarti in privato. Nessuno di noi vuole disturbare il Re dalla sua ricerca della verità e siamo tutti preoccupati. L’unico con cui ha legami sei proprio tu. » la voce di Lady Saisyll era fredda, compiaciuta per il modo in cui stava muovendo i fili dei suoi burattini.

Senza volerlo, Dantos era finito in quella trappola. « Mia signora non è per niente un buon momento. Sono molto impegnato e devo tornare dal mio Re! » disse il cavaliere senza preoccuparsi delle buone maniere, non aveva tempo da perdere con la folle donna che continuava a ghignare.

Dantos fece per andarsene continuando per la navata della grande sala del trono ma la Lady non demorse. « Mi vedo costretta ad insistere, » disse, il cavaliere fu obbligato a fermarsi e voltarsi verso la donna che da qualche giorno ormai aveva cambiato acconciatura tenendo i capelli legati in un complesso chignon. « tutto quello che sta accadendo, Dantos, è molto importante. La situazione potrebbe degenerare da un momento all’altro e voglio che tu capisca perché tuoi amici e persone innocenti soffriranno. »

« Che cosa volete da me? » disse il cavaliere senza preoccuparsi del fatto che la donna avesse usato il suo vero nome, la lady fece un leggero sorriso restando a debita distanza.

« Sir Wellen, il tuo amico Velasco, la tua stupida puttana sono solo alcune delle persone che soffriranno e moriranno se non farai quello per cui sei stato pagato e c’è un solo modo per impedire che questo accada, sei abbastanza sveglio da capire qual è. » disse la donna in risposta, Dantos pensava che se la “vittoria” avesse avuto un volto, sarebbe stato quello di Saisyll Lucarhis in quel preciso momento della sua vita.

« Volete che uccida il Re, ma mancano ancora sedici giorni alla scadenza dei termini dettati dallo Spettro Folle. » disse Dantos cercando di mantenere la calma, era certo che la donna non fosse da sola e che nei paraggi ci fossero delle guardie o Karpos Painer, aveva però l’occasione di ucciderla subito e farla finita!

« È vero, ma i tuoi giochetti e le tue false espressioni non ingannano più nessuno e stiamo cominciando a dubitare della tua riuscita nel compito. » disse lei in risposta, sempre composta e sempre perfetta nonostante Dantos l’avesse chiaramente sfidata. « Il primo a morire sarà Velasco, per mano del Re e del boia. Successivamente sarà Sir Wellen a morire, quando avrai fallito la ricerca delle prove che lo scagionano. L’ultima a morire sarà la tua Rosa. Così delicata e fragile da essere facile da spezzare. » la Lady fece ancora una pausa.

« Quindi? Cosa volete che faccia!? Dove volete arrivare? » scattò Dantos alzando la voce, non pensò di contenersi ma proprio in quel momento un fulmine aveva rombato nell’aria.

« Voglio che tu uccida il Re prima della fine di questa serata o i tuoi amici e le persone alle quali tieni moriranno. Questa è la tua ultima possibilità di farlo o di vederli cadere uno dopo l’altro. » rispose la donna, nei suoi occhi azzurri comparve il riflesso di una luce sinistra, la sua cattiveria e malvagità non avevano paragoni.

Dantos tremò mentre un altro fulmine colpiva il mare della baia e la pioggia cadeva in grandi quantità; presto il Re sarebbe andato a cena ed era chiaro quello che sarebbe successo se l’indomani si fosse nuovamente presentato nella sala del trono vivo e vegeto.

« Mia figlia sederà sul trono, sposando uno dei Lord a noi alleati. I Lucarhis prenderanno possesso del trono prima dell’alba di domani e quando ciò accadrà scagioneremo Velasco e libereremo la tua stupida puttana. E faremo anche fuggire Sir Wellen, se è questo che ti preoccupa, ma in breve stasera giunge tutto alla sua completezza. » disse la donna in maniera autoritaria spostandosi verso i due troni e salendo i pochi scalini che li sollevavano.

Era facile, Dantos poteva semplicemente sguainare la spada e trafiggerla da parte a parte, una volta morta lei avrebbe scatenato l’inferno nel castello. Ma qualcosa gli impedì di ucciderla lì.

« Non avrete mai il potere. Ci sono altri membri della famiglia ancora in vita e non avrete mai diritti sul trono, voi o la vostra famiglia! » disse Dantos amareggiato accettando di fare quello che doveva fare, persino Saisyll aveva capito che il cavaliere si stava piegando al suo volere ma non mostrò soddisfazione.

« Io vinco sempre, Dantos. Ricorda queste mie parole. » disse la Lady prima che Dantos la lasciasse nella sala del trono, non avrebbe avuto bisogno della spada per fare ciò che doveva fare bensì delle sue daghe riposte sotto il cuscino del suo letto nella torre di guardia.

Amdir e Maziof erano riposte con cura nel loro fodero sotto il morbido cuscino, sarebbe stata l’ultima volta in cui Dantos avrebbe messo piede all’interno della torre di guardia. In quei mesi ne aveva memorizzato ogni angolo così come aveva imparato a studiare il castello e a saper riconoscere i suoi corridoi. Tutto però diventava effimero e distante come un lontano ricordo; il cavaliere posò la propria spada sul letto, non gli sarebbe servita a nulla, prese quindi le due daghe agganciandole alla cintura e si mosse velocemente attraversando il cortile immerso nella pioggia e nel vento.

Passo dopo passo superò il corridoio che precedeva la sala del trono rivolgendo un’occhiata malinconica alla Baia del Naufragio, quante volte aveva passato quelle finestre? Ne aveva perso il conto, ma non aveva senso continuare a sostare quindi riprese la sua corsa assicurandosi che la sala del trono fosse vuota e quando ne ebbe la conferma si spostò attraverso la porta muovendosi nei corridoi secondari e prima di controlli.

Conosceva bene i turni delle guardie e sapeva quali corridoi attraversare per arrivare alla stanza del Re, nessuna guardia di Altura Silente aveva due daghe con sé quindi sarebbe stato abbastanza sospetto. Non aveva un piano in mente ma sarebbe stato l’ultimo dei suoi problemi, prima doveva andare nella stanza di Drustan e fare ciò che avrebbe dovuto fare fin dall’inizio.

« Ci siamo… è il momento! » disse sottovoce quando si trovò davanti la porta del giovane sovrano, l’intero corridoio era isolato e debolmente illuminate. La situazione perfetta.

Bussò alla porta senza aspettare che il sovrano gli desse il permesso come faceva di solito, si trovò all’interno della stanza vedendo che Drustan gli dava le spalle restando seduto nella scrivania dal lato opposto proprio sotto la finestra.

« Mio Re! » disse Dantos avvicinandosi di pochi passi in maniera lenta al giovane ragazzo, entrambe le mani poggiate sui manici delle daghe pronto ad usarle entrambe.

Drustan non rispose subito ma alzò la testa sul quale si trovava la Corona Splendente, non guardò il proprio cavaliere e sospirò pesantemente finché non si voltò guardando Dantos con occhi rassegnati e tristi. « Sei venuto per giustiziarmi? » disse con un tono di voce piatto che lasciò il cavaliere confuso.

Drustan non osò distogliere i suoi occhi verdi da quelli di Dantos e il mercenario fece altrettanto fermandosi a metà della stanza ai piedi del letto. « Di cosa stai parlando? » chiese Dantos cercando di far finta di nulla, ma nei suoi occhi leggeva chiaramente che aveva scoperto la sua reale identità.

« Non provare a mentirmi! Mi sono fidato di te più di chiunque altro. Ma è sempre stato ovvio: ho sempre avuto la risposta davanti ai miei occhi, eri tu fin dall’inizio, il regicida. » disse Drustan continuando a dare le spalle all’uomo, restava seduto aspettando che Dantos gli desse conferma. « Non esiste nessun cavaliere di nome Maxwell. La tua è una falsa identità. » disse infine.

Dantos si sentì il cuore in gola, Drustan era un ragazzo intelligente, aveva tutto quello che di cui aveva bisogno per scoprire la verità riguardo il proprio cavaliere e c’era riuscito: « Da quanto lo sai? » disse senza bisogno di nascondersi, la cosa non fu di sollievo a Drustan che emise un respiro ancor più pesante.

« L’ho sempre sospettato forse, eri troppo irreale per essere vero. Nessuno è amico del Re come lo sei tu, avrei dovuto capirlo prima di oggi. Pago le conseguenze della mia fiducia. » disse ancora Drustan, Dantos abbassò il capo stringendo le daghe che aveva al fianco, la cosa venne notata da Drustan ovviamente.

« Quando sono arrivato al castello ero un recluso. Tu mi hai insegnato molto più di quanto pensi, Drustan. Anche se il mio compito era fin dall’inizio quello di ucciderti quanto ne avessi avuto l’occasione. Più volte ho avuto modo di farlo, ma non l’ho mai fatto perché aspettavo e aspettavo. » disse Dantos cercando di spiegarsi, Drustan recepì la cosa come se stesse accampando delle scuse ma nonostante tutto lo lasciò parlare.

« Ho capito come funziona la politica e ben presto ho capito che tutti quelli che hai intorno sono serpenti pronti a morderti. Sei in una gabbia circondato da predatori che aspettano solamente che la porta si apra e cada a terra per entrare e ucciderti. » disse Dantos continuando il suo discorso, teneva gli occhi bassi come per scusarsi, come se fosse imbarazzato per quello che aveva fatto.

« Pare che fin dall’inizio abbia lasciato entrare uno dei serpenti nella mia gabbia e che mi abbia tenuto nella sua morsa per tutto questo tempo. » disse Drustan con voce pesante e rotta dalle lacrime che cercava di trattenere. Dantos avanzò ancora di alcuni passi compiendo il tragitto che li separava. « Ti credevo mio amico! Ma hai sempre voluto fare il tuo interesse, volevi soltanto uccidermi e questo te lo porterai per sempre sulla coscienza. » disse infine Drustan, non aveva intenzione di difendersi o di provare a scappare, non voleva lottare per la sua vita in alcun modo.

Dantos osservò la Corona, gli abiti scuri indossati dal Re, l’anello che era solito mettere nell’indice e i dettagli del suo viso. « Almeno posso sapere il tuo vero nome prima di morire!? Così saprò chi dannare all’Inferno per il resto della mia eternità. » disse Drustan quando Dantos gli fu ormai davanti, era più alto e possente davanti quel ragazzino spaventato e arrabbiato.

« Dantos. » rispose il mercenario, in quel preciso istante la sua vita era nuovamente cambiata, era di fronte alla scelta più difficile che avesse mai dovuto compiere ma sapeva bene qual era la cosa giusta da fare per se stesso e gli altri. La sua copertura era saltata, la vita di Sir Maxwell era ormai sfumata come cenere nel vento.

Il mercenario lasciò le impugnature delle proprie daghe prese il polso del giovane sovrano stringendolo con forza e facendolo alzare dalla propria sedia così da trascinarlo via con sé per farlo mettere in piedi. « Che stai facendo!? » chiese Drustan confuso e sempre più triste per il tradimento piuttosto che per la paura di morire. Ma Dantos sapeva bene cosa dover fare.

« Ti sto salvando la vita! Dobbiamo andarcene dal castello o i Lucarhis non avranno mai pace finché non sarai morto e se non ci sarò io a proteggerti accadrà molto presto! » disse il mercenario facendo risvegliare il sovrano da quello stato catatonico, i due uscirono quindi dalla stanza abbandonando ogni bene che era al suo interno, sarebbe stato facile passando dalla sala del trono.

« Non vuoi uccidermi!? » chiese Drustan incredulo sapendo che il mercenario avrebbe messo a repentaglio la vita di qualcuno; Dantos pensava alla vita di Sir Wellen, una guardia con dei sani principi familiari e degli affetti che stava proteggendo. Pensava a Rosa che probabilmente sarebbe morta, il suo migliore amico Velasco che magari avrebbero potuto usare contro di lui.

Aveva compiuto una scelta e aveva deciso di sacrificarsi affinché Drustan potesse vivere. Non sarebbe mai potuto tornare alla vita di prima, avrebbe dimenticato le Lame dell’oscurità e tutto ciò che c’era prima della sua venuta al castello.

« No, dobbiamo fuggire dal castello e so come fare. Ma ho bisogno che tu stia zitto o ci beccheranno! » disse Dantos rispondendo al sovrano, i due si mossero velocemente per i corridoi secondari che erano stati prima percorsi dal mercenario trovandoli deserti e sfruttando ogni occasione e le ombre per scappare.

Arrivando alla sala del trono però dovettero fermarsi, Dantos chiuse la porta dietro di sé bloccandola, e si voltò nuovamente verso la sala però Dantos scoprì che la loro corsa giungeva al termine.

Lady Saisyll si trovava in piedi al centro della sala osservando la Dantos e Drustan che cercavano di fuggire, Karpos Painer era subito dietro di lei, anche lui ridacchiando col suo ghigno sgangherato e affilato, trenta guardie si trovavano dietro di loro per bloccare l’ingresso principale dal quale non ci sarebbe stata possibilità di fuga; fu allora che una donna venne spinta a terra da una delle guardie gemendo per il dolore che le catene le procuravano alle caviglie e ai polsi.

« Sapevo che non avresti avuto il coraggio di farlo. Sapevo che sarebbe finita così. Ma nonostante questo speravo di non essere costretta a versare il sangue di una puttana nella sala del trono. » disse Lady Saisyll indicando la donna stesa per terra, era passato molto tempo ma Dantos riconobbe subito Rosa dai suoi lunghi capelli rossi e dai bellissimi occhi chiari.

« Cazzo! » sussurrò Dantos senza riuscire a controllarsi, estrasse le daghe spostandosi davanti Drustan per difenderlo, c’erano molte guardie e probabilmente ne avrebbe uccisi tanti prima di cadere a terra sconfitto. Per allora Drustan sarebbe già potuto essere fuggito dal castello. « Devi ruotare il candelabro. Si aprirà un passaggio che ti condurrà fuori dal castello. Da lì sai come andare ai portoni della città, no? » chiese Dantos tremando per la rabbia, non distolse i suoi occhi da Rosa che si fece forza sui gomiti per sollevarsi.

Quando gli occhi della donna incrociarono quelli del vecchio amante sentì le forze mancarle di nuovo. « Dantos? Perché lo stai facendo? Non ti è mai interessato di chi governasse Altura Silente o chi sarebbe stato seduto al trono. Vuoi sacrificare tutto per uno stupido ragazzino!? » urlò la donna in preda alla paura della decisione di Dantos, ma il mercenario era fermo.

« Non permetterò che un altro innocente della famiglia reale muoia per mano dei Lucarhis. È vero, non mi sono mai interessato alla politica, ma questo non è giusto! Non sarò un vero cavaliere… ma per la prima volta in vita mia voglio essere quello che difende la vittima e non quello che la uccide! » disse Dantos rispondendo alla ex amante, i tempi in cui dormivano insieme a facevano l’amore sembravano distanti di anni. Il mercenario si voltò verso il protetto che però restava ancora immobile.

« Devi andartene. Adesso! » urlò Dantos al Re che non sembrava essere capace di muoversi, prima che potesse agire nuovamente però fu Lady Saisyll a parlare ancora.

« Mi sono stancata, uccide il Re e portatemi la sua testa. Se il mercenario proverà a mettersi in mezzo uccidete anche lui! » ordinò Lady Saisyll osservando la scena con durezza, era soddisfatta ma nella sua cattiveria manteneva compostezza.

Karpos Painer annuì ai propri uomini e ben cinque di loro si staccarono dal grande gruppo a difesa della porta principale per attaccare Dantos e il Re che erano bloccati accanto al trono del sovrano. Il mercenario rispose lanciandosi contro i cinque che stavano attentando alla loro vita attaccando a sua volta.

La prima guardia si distaccò dagli altri quattro con la spada rivolta verso l’alto pronto a colpire con un fendente, Dantos però fu più veloce appiattendosi per terra a facendo una spazzata rotante per fare cadere il cavaliere, ergendosi sopra di lui infilzò entrambe le daghe nei punti deboli dell’armatura: una su per il collo e l’altra nelle giunture del fianco. Poi tornò in piedi per difendersi dal successivo attacco di coppia.

I due cavalieri provarono ad accerchiare il mercenario sfruttando le loro armi per attaccarlo, ma ancora una volta Dantos fu più veloce: parò il colpo della guardia a destra e diede un calcio per allontanarlo di pochi metri, si concentrò quindi sul secondo sfruttando la combinazione di entrambe le daghe per tagliare di netto la spada. A Dantos bastò un semplice movimento per recidere la gola dell’uomo tornando a concentrarsi sugli altri due in arrivo.

Anche loro provarono ad attaccarlo contemporaneamente ma il mercenario aveva anni di esperienza e di battaglie “sporche”: tirò su uno dei cadaveri che aveva appena mietuto spingendolo contro una delle due guardie che venne rallentata, Dantos si concentrò sull’altro muovendo in fretta le proprie armi e ferendo il cavaliere all’altezza del ginocchio che era scoperto e recidendo il guanto della mano che non impugnava la spada. L’uomo si distrasse a sufficienza affinché il mercenario potesse tagliare anche la sua gola.

Nel frattempo il cavaliere che aveva spinto via con un calcio tornò alla carica gettandosi con rabbia addosso al mercenario, usò la propria spada cercando di affondarla nella carne ma l’armatura di titanio gli fornì un’ottima protezione, Dantos sfruttò quindi la lentezza della guardia per togliergli l’elmo con una mano e velocemente affondare Amdir nella nuca.

Quando anche l’ultima guardia si liberò del proprio peso, Dantos aveva già fatto piazza pulita degli aggressori e in pochi istanti si trovò con Maziof nel cranio dell’ultima guardia. Immerso in un lago di sangue creato dagli uomini che aveva ucciso, Dantos si accorse che per tutto il tempo le restanti guardie non avevano mosso un passo, non finché Karpos Painer non diede loro cenno di avanzare.

Altri dieci soldati si staccarono dal gruppo avanzando velocemente con le loro spade impugnate in una mano. Dantos cercò un modo per uscirne vivo: l’armatura che indossava era un’ottima protezione e la maggior parte dei colpi li avrebbe deviati ma restava comunque il fatto che dieci uomini lo avrebbero attaccato nello stesso momento. Diede un’occhiata veloce alle sue spalle.

« Perché cazzo sei ancora qui!? » urlò rivolgendosi a Drustan che osservava la scena immobile, il suo sguardo non mostrava paura bensì consapevolezza, era come se volesse assistere alla scena e si rifiutasse di fuggire senza Dantos.

Il mercenario non prestò ancora attenzioni al Re in quanto i dieci uomini si erano fatti avanti attaccandolo in gruppi di tre: combatté contro tre persone contemporaneamente riuscendo ad infilzare la propria daga nel collo di uno e con l’altra riuscì a colpire il fianco. L’ultimo si trovò spintonato per terra mentre Dantos si occupò del gruppo di altre tre che lo attaccarono: usò le proprie daghe con maestria riuscendo a stordire due cavalieri mentre il terzo cadde a terra morto per via dei colpi che aveva subito.

Si trovò a guardare il gruppo di quattro titubanti. « Se ci tenete alla vita allora state lontani o giuro che vi ammazzo! » minacciò il mercenario rivolgendosi alle guardie, nonostante tutto però sembravano non abbastanza convinti, forse perché Karpos Painer non avrebbe riservato loro un trattamento migliore.

Le guardie che il mercenario aveva prima steso ne formarono uno ritornando all’attacco per fermare Dantos che fu ancora una volta svelto nell’eliminare il primo che lo aveva attaccato, si spostò verso il secondo cercando di sfilargli l’elmo e usando Maziof per trapassargli il cranio, quest’ultima mossa però gli costò caro: la terza guardia sfruttò il momento per colpire il fianco di Dantos con la propria spada ferendolo in maniera superficiale, il mercenario  trattenne l’urlo stringendo i denti con forza.

Dantos strisciò a terra indietreggiando di pochi passi e subito seguito dalla guardia che rideva soddisfatta, il mercenario non demorse: impugnò nuovamente le proprie daghe e si alzò parando il fendente dall’alto dell’uomo e lo disarmò recidendo la mano di netto con Amdir, spinse a terra l’uomo che agonizzante sarebbe morto dissanguato nel giro di pochi minuti.

Dantos si trovò ad ergersi sopra i cadaveri di tutte le guardie che aveva messo al tappeto sapendo bene che altri ne sarebbero sopraggiunti nel momento in cui  avrebbe ucciso i restanti, sempre se non lo avessero fermato prima visto che la ferita al fianco perdeva sangue e bruciava da morire.

Fu allora che le quattro guardie davanti a sé tirarono fuori una boccetta con del liquido blu del quale impregnarono le lame delle loro spade, presero una pietra da un’altra tasca della cintura e la sfregarono con forza per creare una scintilla: le fiamme sbocciarono improvvisamente tingendosi di blu e viola attorno alle lame.

“Il Respiro del drago!” pensò Dantos tra sé e sé. Sapeva bene di non riuscire a sconfiggerli, lui non aveva un’arma del genere e non sapeva quanto sarebbero resistite le sue daghe al calore.

Dantos fu costretto ad indietreggiare senza sapere come poteva fuggire da una situazione del genere, sarebbe morto, ne aveva la certezza. Ma una luce alle sue spalle cominciò a brillare di bianco immergendo l’intera sala nel bianco di cui splendeva.

« Ne ho abbastanza: questa storia giunge al termine! » urlò Drustan, la Corona Splendente nella sua testa brillava intensamente e Dantos capì dai suoi occhi che l’avrebbe usata senza pensarci.

La forte luce prese consistenza inghiottendo la sala.

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Capitolo 26
*** 26. Kari - Frammenti ***


{Kari}

26.

Frammenti

 

I sogni di Kari furono agitati fin dall’inizio di quella stessa notte, continuava a sognare di essere inghiottita dall’oscurità e di trovarsi a cadere all’infinito in un baratro nel quale non vedeva altro che volti deformi che la ridicolizzavano, corpi nudi che bruciavano e i loro visi sciolti in ammassi di sangue informe.

Fu solo un caso che Kari aprì gli occhi scattando sul proprio letto e mettendosi seduta, diede una rapida occhiata alla finestra osservando l’esterno del castello e vedendo una debole luce arancione non molto lontana; doveva essere quasi l’alba. Tuttavia Kari non ebbe la visione del sole quando mosse i suoi passi verso la finestra per affacciarsi: scostò la tenda vedendo che c’era ancora la luna in cielo, dei fuochi lontani sparsi per le vie della città brillavano riempiendo l’aria di fumi che si alzavano come colonne verso il cielo disperdendosi poi nell’immensità della notte.

Quando Kari prese coscienza di quello che stava accadendo poté sentire suoni di battaglia e scontri in tutta la città: persone che urlavano e chiedevano aiuto, non c’erano dubbi che quella fosse la realtà ed era facile intuire che qualcuno li avesse attaccati.

« I Dunnstone! » disse ad alta voce Kari quando vide nelle mura i soldati con armature nere e blu, un gruppo si muoveva in fretta lungo i bastioni e uno di loro portava con sé lo stendardo raffigurante il toro della nobile casata.

Proprio in quell’istante qualcuno bussò ripetutamente alla porta della stanza e non attese il permesso della lady per entrare. Kari si voltò aspettandosi uno dei suoi domestici per informarla della situazione o uno dei suoi familiari ma non fu nessuno di coloro che le volevano bene: un uomo vestiva di abiti di stoffa pesante a scacchi bianchi e neri, due lunghe spade gli scivolavano via dai polsi come se fossero un prolungamento delle braccia e infine una maschera totalmente grigia copriva il volto dell’assassino.

« Stai lontano da me! » urlò Kari scattando verso il proprio comodino, non avrebbe avuto la possibilità di prendere il pugnale del padre e non conservava altre armi nella sua stanza. L’unica che poté afferrare per difendersi era il candelabro.

La figura mascherata non rispose e si limitò ad avvicinarsi velocemente, ma qualcun altro sbucò sull’uscio della porta correndo in contro all’assassino con la propria spada grigia sguainata: Aedan trafisse l’uomo infilzando la spada nella schiena, quando estrasse l’arma il sangue schizzò in ogni angolo della stanza.

« Hanno attaccato la città: sono riusciti ad entrare nel castello. Stanno venendo per voi, per uccidere ogni membro della famiglia Caelum. Dobbiamo andarcene subito! » ordinò Aedan parlando con voce decisa, la lady non ebbe modo di porre domande o di pensare, si limitò a spostarsi verso la scrivania vicina la porta per prendere il pugnale del padre e corse nel corridoio insieme al cavaliere.

Sembrava tutto normale, una notte qualunque se non fosse stato per le urla agitate che echeggiavano dalla tromba delle scale a pochi metri da loro: le luci di un fuoco brillavano dal piano inferiore facendo presagire che i cavalieri dei Caelum stessero combattendo contro quelli dei Dunnstone e quegli assassini mascherati.

« Dobbiamo controllare se Synder sta bene! » disse Kari proponendo una diversa strada, anche Aedan concordò sul fatto che fosse la migliore da seguire visto che sembrava disabitata.

I due si spostarono velocemente di pochi metri e Kari ebbe modo di riflettere su quando stava accadendo: erano infine giunti al culmine della loro storia, una nuova guerra contro i Dunnstone, ma era difficile definire se fossero stati colti di sorpresa o meno.

Quando svoltarono l’angolo del corridoio Kari e Aedan furono fermati dall’avanzare dei soldati dei Dunnstone, ben tre cavalieri si frapposero tra loro e la stanza di Synder che sembrava avere la porta completamente spalancata: non ci fu tempo per pensare.

« Per ordine di Lord Garrel Dunnstone noi vi… » una guardia stava blaterando qualcosa ma Aedan si mosse senza pensarci due volte per combattere contro i tre sgherri nemici, teneva la spada per posizionata davanti al petto proprio come aveva insegnato alla sua protetta dando dei rapidi movimento col polso e col braccio per direzionare i colpi, Aedan era forte e recise la gola al primo uomo, si difese dai successivi colpi dei due che cercarono di eliminarlo senza successo: il cavaliere spinse i due uomini l’uno contro l’altro parando un colpo con forza e li trafisse con la grossa lama.

Caddero a terra bagnando il tappeto di sangue, Kari vide la macchia farsi sempre più larga: aveva perso il conto di quante volte da bambina era caduta su quel tappeto perché ci inciampava, la Vecchia Amber l’aveva ripresa più e più volte, Kari odiava quel tappeto ma in quell’istante voleva tornare bambina e continuare a cadere sulle increspature del tessuto.

« Kari! » urlò Aedan risvegliando Kari dallo stato di meditazione nel quale era, la ragazza si voltò appena in tempo per gettarsi indietro così da evitare il colpo di uno degli assassini dotati di doppia spada alle braccia.

Il cavaliere si gettò nello scontro con l’assassino mentre la giovane lady fece dei passi indietro, non aveva armi e si sentiva impotente mentre il suo cavaliere la difendeva: non avrebbe fatto del male a nessuno con un pugnale.

Kari corse indietro prendendo una delle spade di ferro che erano cadute in mano ai soldati dei Dunnstone scoprendo quando fredda e pesante era l’arma semplicemente impugnandola: fu costretta a tenerla con entrambe le mani per sollevarla e si trovò davanti un altro di quegli assassini che le si gettò addosso.

La ragazza ebbe il tempo di muovere il braccio per pararsi dal primo colpo costringendosi ad indietreggiare per evitare i successivi dell’assassino che era molto più veloce di lei. Kari strinse i denti reagendo con rabbia e muovendo la spada come le era stato insegnato impugnandola con una sola mano e facendo indietreggiare l’assassino fino alla parete per darsi una spinta.

L’uomo con la maschera le fu nuovamente addosso e la ragazza reagì velocemente senza pensare ma lasciando che fosse la sua arma a muoversi come se desse una pennellata ad una tela: ignorò il dolore al polso per la pesantezza della spada e diede alcuni fendenti col quale poté interrompere l’attacco dell’assassino.

Aedan ritornò dalla propria lady dopo aver ucciso l’ennesimo assalitore nel corridoio e si gettò alla carica uccidendo anche l’ultimo tagliandogli la testa di netto. I suoi vestiti e il suo viso furono colpiti dal sangue dell’uomo il cui corpo cadde a terra con un tonfo; il cavaliere si voltò quindi verso Kari.

« Tutto bene? » chiese con respiro pesante, la lady trovò la forza di annuire con decisione nonostante l’idea di Aedan completamente macchiato di sangue la stesse terrorizzando. « Controlliamo la stanza e poi andiamo via. C’è un protocollo da seguire in casi come questi! » disse autoritario il cavaliere ripulendo la propria spada e muovendosi verso le porte spalancate.

« Un protocollo? Intendi dire che mio padre si aspettava un attacco da parte dei Dunnstone!? » chiese Kari confusa, il cavaliere rispose con un cenno titubante.

« Sapeva che prima o poi saremmo stati in pericolo. Non credeva che fosse così presto… ci hanno colto alla sprovvista e questo potrebbe costarci molto caro! » disse il cavaliere rispondendo con maggiori informazioni alla domanda della ragazza.

« Perché dobbiamo fuggire? Dovremmo combattere e respingerli. Abbiamo un esercito proprio per questo. » chiese Kari con sconforto, sapeva in qualche modo che la fuga era l’unica occasione che avevano ma voleva saperne di più.

« Sono ordini di Lord Caelum. Lui e Lady Helga resteranno qui con Brutus finché gli è possibile. Se tutto è andato secondo il protocollo allora avranno una scorta più che sufficiente. » rispose il cavaliere controllando per primo che la stanza del fratello gemello fosse priva di pericoli, aveva la spada poggiata contro la propria spalla e fu costretto a fermarsi sbarrando gli occhi.

« Cosa succede? » chiese Kari entrando a sua volta all’interno della stanza e trovandola completamente nel caos. Ogni cosa era fuori posto ed era stata distrutta, il letto e i suoi cuscini completamente disintegrati ma non c’erano tracce di Synder.

L’unica persona che si trovava all’interno della stanza era la Vecchia Amber, immersa nel lago di sangue che aveva perso a causa della gola recisa. I suoi occhi erano sbarrati per la paura e privi di luce, la sua pelle era bianca e aveva le dita insanguinate vicino a una scritta che probabilmente aveva fatto in punto di morte.

“Scappate via.” Lesse Kari nella propria mente osservando la scritta e la sua vecchia balia, la ragazza sentì la gola bruciarla come se avesse inghiottito del ferro ardente. Trattenne le lacrime con tutta la forza che aveva, non era il momento giusto, non ancora!

« Se c’era un protocollo forse Synder e Ingrid lo hanno rispettato e sono già scappati dal castello. » rifletté Kari ad alta voce. « Cosa dobbiamo fare? Dimmelo e ti seguirò. » disse la giovane lady pensando ancora al fratello minore e ai suoi genitori, avrebbe tanto voluto trovarli e assicurarsi che ognuno di loro fosse al sicuro insieme alla propria guardia.

Ma Haydun era davvero al sicuro insieme a Gustav? La ragazza sbarrò gli occhi per la paura di quello che poteva significare tutto questo e Aedan lo capì subito. « Non possiamo cercare il giovane Haydun. La mia priorità sei tu, dopo che ti avrò messa in salvo in un posto sicuro potremo cercare gli altri. » disse il cavaliere prima che la ragazza potesse parlare in merito. Lei annuì.

I due si spostarono lungo il corridoio che procedeva verso i bastioni a nord del castello senza incontrare alcuna traccia di alleati o nemici, come se nessuno fosse ancora passato da quella parte.

Arrivarono quindi alla scalinata secondaria che li avrebbe portati al piano inferiore dove si trovavano le sale per gli ospiti dovendo attraversarle così da avere la possibilità di arrivare al lato est del castello; Kari corse insieme ad Aedan senza chiedere, senza riflettere sui dettagli della sua vita che si trasformavano in pezzi uno dopo l’altro come uno specchio.

Non appena svoltarono l’angolo però il cavaliere fermò Kari mettendola con le spalle al muro trovandosi a schiacciarla col proprio corpo per bloccarla. « Maledizione! Non riusciremo a passare per di qua senza farci coinvolgere dalla battaglia. » disse Aedan rivolendo uno sguardo cauto oltre l’angolo.

Kari però non resistette per assicurarsi a sua volta delle condizioni del corridoio: un gruppo di cavalieri ornati con viola e argento stavano combattendo contro alcuni soldati dei Dunnstone di cui uno indossava una lunga tunica al posto dell’armatura e tra le mani stringeva un bastone anziché una spada.

« Proviamoci lo stesso, non possiamo tornare indietro. » disse Kari cercando di pensare a quali altri corridoi poter usare, ma Aedan fu concorde con lei e quindi fecero per correre nel mezzo del corridoio cercando di superare i combattenti.

Kari riuscì ad oltrepassare gli uomini semplicemente correndo mentre Aedan era stato costretto a fermarsi per uccidere uno degli assalitori mentre un secondo si era staccato dal gruppo proprio per inseguire la giovane Caelum, tuttavia il mago dei Dunnstone aveva già invocato la propria magia arcana: il corridoio si tinse di energia violacea che rese l’aria frenetica, poi l’incantesimo prese consistenza esplodendo in una grande voragine che colpì tutto quello che c’era all’interno del corridoio.

Kari venne spinta con forza contro la parete che svoltava poi nell’angolo sentendo il respiro mancarle quando aveva sbattuto la schiena, rimase stordita pochi secondi prima di realizzare che il mago aveva ucciso tutti quelli implicati nello scontro, gli unici ad essersi salvati erano lei stessa, Aedan e il soldato che li stava inseguendo con diversi esiti tra loro.

Kari era l’unica ad essere uscita completamente illesa dall’esplosione magica, Aedan si era schiantato nella parete laterale del corridoio ma l’armatura che indossava gli aveva fornito una media protezione contro l’urto, tuttavia era stato colpito al fianco da un pezzo di spada di uno dei nemici esplosa nell’attimo e adesso si trovava completamente conficcata all’interno del fianco. Il soldato dei Dunnstone era stato più fortunato ed era stato sbalzato a terra, forse perché si era abbassato in tempo.

« Figlio di puttana ora ti ammazzerò! » urlò il soldato rivolgendosi ad Aedan che aveva perso la sua spada nel volo che aveva compiuto, il soldato si mise quindi in piedi impugnando la propria arma e rivolgendosi al cavaliere a terra.

Kari non urlò, non avrebbe risolto nulla quindi aveva deciso di agire: senza rendersi conto di quello che prendeva tra le mani si armò di un oggetto affilato e coperto di polvere per via dell’esplosione, si alzò in piedi sentendo ogni muscolo contrarsi per il dolore a tal punto da tirarle ogni nervo della pelle, cominciò a muoversi velocemente impugnando l’elsa della spada con due mani e correndo contro l’assalitore che stava per giustiziare Aedan.

Non ebbe paura, non esitò e questo fece sì che la spada trapassasse il fianco del soldato da parte a parte immobilizzandolo mentre era ancora in piedi. « Bastarda… » disse il soldato a fatica digrignando i denti per il dolore terribile causato dalla ferita mortale; con un movimento secco, Kari squartò l’addome dell’uomo le cui budella si riversarono sul pavimento.

Il soldato cadde a terra in maniera delicata visto che metà dei suoi organi erano fuoriusciti dal corpo. Kari non poté credere di aver appena ucciso un uomo e cominciò a tremare abbandonando la spada nuovamente a terra. Era la prima volta che uccideva una persona, una sensazione di fastidio le percorse le mani culminando in una vampata che si impossessò del petto.

« Per gli Dei Titani! Che cosa ho fatto!? » chiese la ragazza guardando le proprie mani insanguinate mentre tremavano. Al suo fianco, Aedan si alzò facendosi forza grazie alla parete e strappando con forza il tendaggio di una finestra, estrasse la lama dal proprio fianco e si affrettò a coprire e stringere la ferita per evitare di morire dissanguato, era necessario se voleva far sopravvivere Kari.

« Lui o te, Kari. In un combattimento in cui si gioca la vita è questa l’unica risposta che si può avere: muore lui o muori tu! » disse il cavaliere strattonandola con forza, Kari annuì smettendo di tremare ma non di meno aveva paura di quello che aveva fatto. « Grazie per avermi aiutato. » disse infine Aedan con voce più morbida e sincerità negli occhi. I due continuarono lungo il corridoio dell’ala est così da arrivare alla successiva scalinata.

Altre esplosioni e altri suoni sinistri riempivano ogni angolo del castello e si potevano udire dovunque anche lungo i passaggi secondari. Kari e Aedan arrivarono finalmente al piano terra correndo velocemente nelle ombre trovandosi il passaggio ostruito da un velo di fumo che lasciava presagire la presenza di maghi nei dintorni. Fecero dietrofront seguendo un secondo corridoio sulla sinistra e arrivando ad incrociare il passaggio che li avrebbe potuti portare alla biblioteca, la loro meta a quanto sembrava.

« Aspetta un momento. » disse Kari quando superarono la via che l’avrebbe portata all’ufficio del padre. Era strano per lei attraversare quei corridoi quando poche ore prima li attraversava tranquillamente con Synder, sembra essere accaduto molti anni prima di tutto quello che stava accadendo.

« Nasconditi! » disse Aedan spostandosi attraverso le colonne al fianco della parete, delle ombre comparirono in lontananza correndo e fermandosi a metà del corridoio per parlare tra di loro.

« Siamo già passati per di qua e non siamo arrivati alla sala grande. Mi sembra che fosse l’altro corridoio… » chiese uno dei due, aveva una voce pesante, entrambi avevano l’aria di essersi persi, erano quindi uomini dei Dunnstone.

« Per gli Dei! Questo posto è un fottuto labirinto! » il secondo uomo imprecò al cielo continuando a parlare: « Non ha senso raggiungerli, ormai i nostri uomini e Lord Volmar avranno già sfondato le porte massicce della sala grande! »

« Dobbiamo andare lo stesso, seguiamo il piano, non vorrei rischiare di essere impiccato per esserci persi. » disse ancora una volta l’uomo che aveva parlato per primo, i due tornarono indietro seguendo l’altro corridoio, quello giusto.

Kari e Aedan uscirono dall’ombra della colonna mettendosi in mezzo al corridoio. « Procediamo… » disse silenziosamente il cavaliere senza aggiungere altre parole, anche la lady lo seguì senza esitare e si spostò velocemente per la strada che avevano già preso primo muovendo lungo tutta l’ala est.

« Dove andiamo? Non ricordo che ci siano uscite secondarie dal castello. » chiese Kari, svoltarono nuovamente il corridoio arrivando quindi davanti le doppie porte della biblioteca, Aedan si fermò non appena vide due assassini uscire dalla porta.

Ormai troppo tardi per nascondersi, il cavaliere prese nuovamente in mano la propria spada tenendo la lady dietro di sé, i due assassini corsero lungo il corridoio non appena videro i due fuggitivi mettendo mani alle loro spade, uno dei due tenne occupato Aedan che inutilmente cercava di attaccare entrambi con la stessa velocità e maestria mostrata finora, l’altro aveva messo gli occhi su Kari che era rimasta prima di difese.

La ragazza strinse l’impugnatura della spada che aveva usato per uccidere il soldato precedente tenendosi pronta per il combattimento: l’assassino le venne addosso cercando di colpirla con dei fendenti veloci limitandosi a costringere la ragazza sulla difensiva parando ogni colpo che le arrivava nonostante la forza che l’aggressore applicava finché non cercò di contrastarlo: diede un colpo deciso che fece perdere l’equilibrio all’assassino che fu costretto ad appoggiarsi al muro per non cadere.

Kari sfruttò quella debolezza a suo favore affondando la lama dell’arma all’interno del petto dell’assassino squarciando i suoi vestiti e colpendolo in un punto mortale visto che cadde a terra con un tonfo; in quel momento la sua furia si sostituì alla paura che l’aveva circondata prima, si chinò sul corpo senza vita dell’assassino colpendolo più volte così da assicurarsi che fosse davvero morto finché Aedan non la prese per il braccio.

« Non è necessario farlo a pezzi! È morto. Basta solo un colpo per ucciderlo, non devi infierire. » la corresse con tono autoritario, la lady era ancora in quello stato di follia che finì non appena fu fermata dal cavaliere.

« Scusami. Non so cosa mi sia preso. » disse lei ma Aedan sapeva bene che era una reazione istintiva nell’attimo di paura; fecero per avanzare verso la porta della biblioteca come stabilito.

« C’è un passaggio segreto che circonda il mausoleo. Da lì dovremmo seguire un passaggio che ci condurrà all’esterno della città. Non so cosa ci aspetterà a quel punto ma dobbiamo sperare che funzioni. Non esiterò un istante a combattere per proteggerti, ad ogni modo. » rispose Aedan, Kari gli lanciò un’occhiata piena di ringraziamento e stima ma il cavaliere non ci fece caso.

Stavano per entrare attraverso le doppie porte quando qualcun altro li fermò alle loro spalle. « Vuoi già lasciare la festa, Kari? Abbiamo organizzato tutto nei minimi dettagli e potrebbe essere scortese lasciarci prima che sia finita! » la voce femminile era grossa e poco delicata, apparteneva a Myrella Dunnstone.

Kari si voltò avendo modo di osservarla: Myrella aveva una scorta di altri dieci soldati attorno a sé, tutti appartenenti ai Dunnstone eccetto uno che aveva la corazza scura dei Caelum, riconoscere Gustav fu facile per via del suo aspetto possente e della stazza, i suoi capelli corti scuri e un nuovo particolare era comparso sul viso una benda sull’occhio destro.

« Traditore! » urlò la ragazza scattando in avanti con l’arma levata in aria, fu solo merito di Aedan che fermò la lady immobilizzandola per il braccio; tuttavia Kari non poté non notare il tremolio alla mano del proprio cavaliere che stava cercando di frenare la propria rabbia. « Dov’è mio fratello minore!? » chiese Kari, mai come prima era stata tanto arrabbiata.

Myrella scoppiò a ridere soddisfatta per la loro imminente vittoria, era impossibile da negare: ormai i Dunnstone avevano preso il castello. « Adesso è un nostro ostaggio, ma non preoccuparti: si trova nella sala grande insieme a mio fratello, il futuro Lord di Artiglio del Drago e conquistatore di Bosco Ombroso, visto che la tua casata è destinata all’estinzione. »

Kari immaginò la scena nella propria mente: il suo piccolo fratellino spaventato tra le grinfie di Volmar che sorrideva soddisfatto ghignando per il modo vile in cui avevano conquistato la vittoria. « Ci avete attaccato nel cuore della notte, siete codardi! » urlò ancora Kari, i nove cavalieri dei Dunnstone avanzarono lungo il corridoio intenzionati ad uccidere.

« Aspettate: non siate maleducati. Prima è giusto che la giovane Lady Caelum conosca la serie di sventure che hanno colpito i membri della sua famiglia uno alla volta. » disse Myrella fermando i cavalieri, Gustav le rivolse uno sguardo con l’unico occhio che gli era rimasto, il sangue continuava a scendere dalla ferita nonostante gli fosse stata bendata alla meno peggio, Kari pregò affinché chiunque gliel’avesse fatta fosse ancora vivo.

« Non è necessario infierire, Myrella. Uccidiamola e smettiamola con questa faccenda! » disse Gustav, il suo tono era rimasto invariato, distaccato come sempre. Il suo occhio nero incrociò quelli di Kari ma non disse neanche una parola.

“Devi essere soddisfatto per quello che hai fatto alla mia famiglia, lurido traditore!” pensò tra sé e sé Kari guardando con aria minacciosa il cavaliere che un tempo aveva servito la sua famiglia con lealtà e onore.

« Sta’ zitto e non farti prendere dai sentimentalismi. Ora che ci siamo, ora che stiamo per realizzare il nostro sogno non dovresti preoccuparti per lei. » lo accusò Myrella, Gustav abbassò il capo guardando a terra ma mantenendo sempre la sua compostezza.

« Vedi, mia cara sorella acquisita, la tua famiglia è perduta. Ormai distrutta e quando stanotte giungerà al termine rimarrà solo il tuo piccolo fratellino di cui tanto temi la morte. Ma è proprio grazie a lui che dimostreremo il nostro potere e la nostra gentilezza al tuo popolo di cani randagi. » disse Myrella cominciando ad usare un tono annoiato, come se leggesse il copione di una recita. « I tuoi genitori sono morti nella sala grande, il sacrificio di tuo padre per cercare di salvare quella cagna di tua madre è stato inutile e infine anche lei è morta e la sua guardia è adesso nostro prigioniero. Non vogliamo mica sprecare il talento dei vostri guerrieri ed è per questo che voglio offrire al tuo bel biondo cavaliere di arrendersi e avere la vita risparmiata così come abbiamo fatto con l’altro! »

Kari non disse nulla, non avrebbe potuto visto quello che aveva detto Myrella, il ricordo di sua madre e suo padre sfumò per primo subito seguito da quello del fratello minore che non avrebbe mai vissuto un giorno di tranquillità con i Dunnstone.

« Piuttosto preferisco morire che servire la vostra famiglia! » rispose Aedan alla proposta fatta da Myrella che ovviamente non si ritenne soddisfatta di quello che aveva ottenuto e continuò quella tortura mentale nei confronti di Kari.

« Gustav ha infilzato la spada nel cuore del tuo amato paparino, dovevi proprio vedere come cercava disperatamente di dire a tua madre che l’amava. E poi Volmar ha tagliato di netto la testa della tua dolce mamma, così devastata e addolorata dalla morte della sua famiglia che ha ringraziato gli Dei! » continuò Myrella cominciando a ridere, il suo viso era deformato da quell’espressione di gloria. « E sappi che anche il tuo gemello e la sua guardia saranno morti a quest’ora. Dovevi proprio vedere come cercavano di scappare col cavallo, credo proprio di dover dare una corona dorata ad ogni arciere che ha scoccato la freccia contro di loro. »

« Dobbiamo andare, Kari. Non abbiamo più tempo, ogni minuto che passa le nostre possibilità di fuga diminuiscono, penseremo dopo alla ricerca dei tuoi familiari. » Aedan parlava all’orecchio di Kari ma la lady non riusciva a sentirlo, era congelata nell’immagine di Myrella che si vantava del loro operato.

« Hey non è ancora finita: forse questa vi sembrerà familiare. » disse vagamente la giovane Dunnstone, solo adesso Kari aveva notato che tra gli abiti di pelle scura e l’armatura, Myrella aveva un grande sacco appeso alla cintura. Infilò la mano nell’apertura stringendo qualcosa che tirò su.

Kari non poté trattenere l’urlo di terrore per quello che stava guardando: la testa di Danar, la guardia del corpo di suo fratello, era stretta tra le mani di Myrella. « Ho affondato la mia preziosa spada nella testa di questa stupida che quel cane di tuo fratello aveva portato con sé. È un peccato che non gli sia stata molto utile visto che Volmar l’ha comunque ucciso. Probabilmente il suo corpo starà marcendo in qualche palude. » disse infine.

Aedan non resistette un secondo in più: afferro il braccio di Kari strattonandola ed esortandola ad andare via ora che ne avevano l’occasione, ma Kari rimase ancora immobile guardando negli occhi Myrella. « Giuro che ti ammazzerò, dovesse essere tra un anno o dieci ma giuro che lo farò, dovesse essere l’ultima cosa che faccio. » disse con il fiato rotto per la rabbia.

Myrella smise di ridere mantenendo comunque l’espressione di soddisfazione che aveva indossato finora. « Mi sono stancata, uccideteli tutti e due. » ordinò ai propri cavalieri, nuovamente i soldati dei Dunnstone partirono alla carica mentre Gustav si mantenne indietro senza muoversi.

Kari e Aedan indietreggiarono chiudendo le doppie porte della biblioteca alle loro spalle, il cavaliere fece cenno alla lady di tenere la porta bloccata mentre lui si spostò dietro mobile al fianco della porta usando la propria forza per spostarlo così da bloccare l’ingresso. Prese poi la spada raccolta da Kari posizionandola tra le due maniglie in modo da bloccare ulteriormente la porta.

« Seguimi! » disse unicamente.

Kari rimase alle spalle del cavaliere che attraversò l’intera biblioteca correndo, la ragazza gli fu dietro arrivando dall’altro lato della sala, nel frattempo i soldati stavano colpendo la porta nel tentativo di sfondarla ed entrare.

Aedan usò la propria spada per strappare una larga porzione del tappeto che copriva il pavimento rivelando una parte della pietra. Si avvicinò alla libreria che si trovava davanti e mosse alcuni libri quasi senza senso. Kari stava per chiedergli cosa stesse facendo ma ebbe la sua risposta quando il pavimento si mosse grazie alla combinazione di libri spostati.

« Presto, entra dentro! » ordinò il cavaliere, la giovane lady fece come gli era stato detto entrando nel corridoio buio scendendo la scalinata, Aedan tagliò la corda del meccanismo che li fiancheggiava che fece subito sigillare il pavimento. « Gustav conosce quell’uscita di sicurezza quindi probabilmente non abbiamo molto tempo prima che ci raggiungano. Così dovremmo averli rallentati. » le disse il cavaliere, sul suo viso comparve una smorfia di dolore mentre scendeva la scalinata insieme a Kari.

« Possiamo fermarci soltanto un minuto? » chiese la ragazza ma senza arrestare la loro discesa finché non fu Aedan stesso a voltarsi fermandosi a metà della scalinata: anche col buio e le ombre del passaggio non era molto difficile vedere che Kari stava piangendo.

« Kari, ti prego. Se ci fermiamo adesso ci prenderanno e il sacrificio dei vostri genitori e delle nostre guardie sarà stato vano. ! » disse Aedan insistendo, poggiò le mani sulle spalle di Kari, la ragazza si fece forza impedendo alle lacrime di uscire.

« Va bene, portarmi via da questo posto. » disse rassegnata all’idea di dover lasciare tutta la sua vita là, non restavano altro che frammenti di quello che era il suo passato e il suo futuro era peggio che incerto. « Non mi fermerò nuovamente. » aggiunse.

Continuarono a scendere lungo il passaggio che li avrebbe portati nelle segrete del castello, evitando di entrare all’interno del mausoleo visto che sentivano le voci dei soldati dei Dunnstone.

Kari non pregò gli Dei Titani affinché la risparmiassero o la aiutassero; chiese aiuto ai suoi avi che riposavano in quell’antica cripta affinché le dessero forza e coraggio e perché un giorno potesse riprendersi ciò che le era stato portato via.

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Capitolo 27
*** 27. Astrid - Oltre il limite ***


{Astrid} 

27.

Oltre il limite

  

Il vento sbatteva con forza contro le finestre della Cattedrale rispecchiando l’umore di Astrid, fuori pioveva con la stessa intensità del vento, l’Osservatore odiava la pioggia e il clima tempestoso di quella regione, ma nell’ultimo giorno del mese si sentiva quasi fortificato da quella prigionia che lo relegava dentro.

Caius aveva commesso un errore il giorno precedente, aveva ì confermato la loro relazione senza volerlo e Astrid era infuriato con lui. Non perché avesse fatto qualcosa che lo aveva offeso, ma era certo che la sua reazione fosse stata eccessiva. Il mago li aveva “accusati” e con quella sfuriata aveva confermato le sue parole e gli Osservatori presenti nelle segrete avevano rivolto uno sguardo piuttosto chiaro di quelli che erano i loro pensieri.

Per tutto il pomeriggio Astrid era rimasto in solitudine ad allenarsi nelle alte torri campanarie evitando persino la cena, solo a fine giornata Caius aveva bussato alla sua porta ma il ragazzo aveva preferito evitare di rispondergli facendogli credere di essere già andato a dormire o di non essere in stanza.

Ma prima o poi avrebbe dovuto affrontare quella discussione col suo compagno. “Compagni di squadra. Migliori amici. Amanti. Fidanzati. Io e Caius siamo stati tutto questo per molto tempo.” Pensò più e più volte Astrid durante i primi minuti dal suo risveglio. Indossò i suoi abiti notando che nell’angolo c’era ancora il gatto dal pelo bianco e grigio, appollaiato su alcuni dei vestiti sporchi che Astrid aveva lasciato lì il giorno precedente.

« Vedi di non farci l’abitudine, palla di pelo. » disse il ragazzo parlando con la creatura che si godeva tranquillamente il suo riposo, forse per il calore dei vestiti o forse per l’odore che emanavano, quel gatto aveva proprio l’impressione di essere nell’Eden.

Astrid fece un mezzo sorriso spostandosi nel corridoio e chiudendo la porta della stanza alle proprie spalle. Incrociò due Osservatori e attese immobile una loro reazione, i due ragazzi però passarono oltre non accorgendosi neanche della presenza del ragazzo, come accadeva ogni giorno.

Il ragazzo si spostò velocemente arrivando nella grande navata principale, un fulmine cadde da qualche parte non molto distante della Cattedrale e il suo eco fece sobbalzare un Osservatore che si trovava in fondo all’altare intento a guardare l’alta vetrata. Guardandolo meglio, Astrid si rese conto che quell’Osservatore era proprio Caius che se ne stava in disparte.

Per un breve istante Astrid pensò di passare oltre la navata andando nella mensa, ignorando il suo compagno e lasciandolo là. Poi qualcosa nella sua testa gli fece ricordare che non lo aveva mai fatto e mai lo avrebbe fatto in circostanze diverse.

Si fece forza stringendo i pugni e i denti avvicinandosi al vestibolo nel quale c’era solo Caius. Salì i primi gradini trovandosi nel grande spiazzo in cui era situato l’altare e affiancò l’altro. Caius spostò i suoi occhi verso il nuovo arrivato e non poté fare a meno di sospirare pesantemente.

« So che non avrei dovuto farlo. So che ho sbagliato ma mi sono fatto prendere dal panico e non ci ho più visto dalla rabbia: avrei voluto fargli male perché lui stava cercando di farne a noi. » cominciò Caius usando un tono basso e pacato, Astrid lo sentì a malapena nonostante gli fosse praticamente incollato al braccio.

« Esattamente quello che ho pensato anch’io. Ma io ho avuto modo di riflettere sulle conseguenze delle mie azioni e mi sono costretto a restare immobile perché l’indifferenza era la migliore risposta che potessimo dare. Ma tu ovviamente hai dovuto saltare questo semplice passaggio di riflessione. » disse Astrid pieno di risentimento, era arrabbiato con Caius proprio perché lo capiva, perché anche lui aveva sentito il bisogno di fare del male al mago.

« Smettila di parlare come se non potessi capire. Posso anche non riflettere sulle conseguenze delle mie azioni ma non puoi odiarmi per questo: non puoi aspettarti che non faccia qualcosa se qualcuno minaccia la nostra relazione. » rispose a tono anche Caius girandosi con tutto il corpo verso il compagno, Astrid non mosse un muscolo avendo gli occhi fissi sull’intricato disegno dell’alta vetrata.

« È quello che hai fatto: metterci in pericolo. Come pensi reagiranno gli altri se si dovesse sapere? Pensi che sarebbero comprensivi come Agis e Ongor!? Se lo avessi riflettuto su queste cose avresti fatto come me e saresti stato in silenzio. Ma immagino che non tutti possiamo elaborare un così complicato pensiero. » continuò Astrid, non voleva essere cattivo e non gli riusciva proprio a calmarsi, Caius rimase ferito dalle ultime parole.

« Pensi che io sia stupido!? Perché è proprio quello che mi stai dicendo con queste tue parole. » disse l’altro in risposta.

« Non penso che tu sia stupido! Ho detto che tu non rifletti prima di agire, sono due cose molto diverse. » a quell’accusa Astrid fu costretto a voltarsi così da guardare il proprio compagno negli occhi, la loro voce era più alta arrivando quindi all’inizio della navata dove alcuni Osservatori lontani si era fermati e li fissavano.

Nuovamente Caius rimase ferito, dispiaciuto e triste per quello che probabilmente era il più grande litigio in tutti quegli anni di amicizia. « Non capisco come fai ad essere così freddo. Certo volte penso che tu sia una statua di marmo: freddo e immobile; pensi che io non capisca certe cose ma ti sbagli. Credi che io non capisca quello che ti passa per la testa, pensi che io mi faccia bastare un “non posso dirtelo” ma non è così semplice. »

« Stai forse parlando di quando accaduto a Fossa Profonda? » chiese Astrid perplesso, non aveva messo in dubbio il fatto che Caius si fosse fatto delle domande riguardo il perché la pelle di Astrid non presentava bruciature o scottature a seguito dell’ultima missione ma non pensava che fosse rimasto offeso dalla scelta dall’altro di restare in silenzio al riguardo.

Caius rimase in silenzio, i suoi occhi si fecero piccoli come un bambino quando viene sgridato, col capo chino rispose all’Osservatore: « Anch’io ho i miei segreti e le mie cose, ma questo sembra importante e non credo dovresti tenertelo dentro. Poi aggiungi il fatto che mai prima d’ora ho desiderato sapere tutto di te, non voglio altro dalla mia vita che non sia tu. »

Astrid rimase col fiato sospeso come se avesse messo la testa nell’acqua fredda, il gelo immobilizza i pensieri e i muscoli e la capacità di liberarsi da quello stato di agonia silente: si sentiva affogare. « Seguimi. » disse con voce meno tesa, insicuro ma comunque ammorbidito dalle parole che gli erano state dette.

I due Osservatori corsero su per le scalinate ripide delle torri campanarie dove qualcuno stava suonando dieci rintocchi con le corde. Ci vollero un paio di minuti prima che Astrid e Caius salissero l’intera scalinata arrivando nel passaggio che collegava i due campanili, il luogo in cui il ragazzo si allenava ultimamente.

« Devi sapere che ne ho parlato con Adalvin e che credo sia proprio per questo motivo che ha cercato di tenerti lontano da me durante l’ultimo “evento” del Varco. » cominciò Astrid parlando lentamente affinché Caius potesse assorbire ogni parola, ma sarebbe stato più facile mostrarglielo piuttosto che dirglielo.

« Cosa ti ha detto? Si tratta di una malattia? » chiese subito il ragazzo preoccupato, Astrid rimase interdetto.

« Cosa? No, ti sembro forse malato? » chiese in risposta Astrid, Caius fece spallucce non sapendo quale confessione aspettarsi.

L’Osservatore si avvicinò alla lanterna sospesa proprio come aveva già fatto, si tolse il guanto riponendolo nella cintura e allungò la mano fino a toccare il metallo rovente: la sensazione del calore piacevole immerse Astrid in quello che poté definire stato di benessere. Continuò ad allungare la mano toccando l’olio che bruciava e sentendo sfrigolare il palmo della mano. Ne raccolse un po’ ritirando l’arto in modo da mostrarlo a Caius.

L’olio bollente continuava a bruciare nel palmo di Astrid che assaporò quella sensazione chiudendo gli occhi e sentendosi cullato: quando li riaprì vide Caius che si era spostato in avanti per soccorrerlo ma che si era immobilizzando quando si era reso conto che Astrid non era agonizzante.

I due guardarono la fiamma che continuava a bruciare anche dopo qualche minuto quando l’olio aveva ormai perso la sua consistenza: nonostante fosse stato bruciato del tutto, la fiamma continuava a persistere nella mano di Astrid; la prova che voleva mostrare al proprio compagno era proprio quella.

« Cazzo! Com’è possibile che… » tutte le domande che Caius aveva da fare trovarono risposta quando Astrid gli confessò quello che il loro mentore gli aveva detto.

« Due sere fa i Piromani parlavano di un potente mago, il “Prescelto della luce”, che avrebbe condotto il mondo in un’epoca di liberazione, dalle ceneri si sarebbe sviluppata una nuova società di pura luce. Una sorte di Apocalisse della loro religione. » Astrid fece quindi una pausa prendendo fiato e parlando ancora una volta.

« Io sono quel mago, il Cavaliere delle Ceneri delle loro profezie. Un essere esistito già molti secoli fa che ha giurato vendetta incarnandosi quindi in me. » seguì un’altra pausa nel quale i due mantennero un contatto visivo. « Non so esattamente cosa questo significhi, non so perché proprio io ma c’è ancora chi crede nella venuta di questo mago e che quando si rivelerà sarà l’inizio della fine di tutte le cose, quindi deve essere eliminato. Io sono un pericolo, credo. Nessun altro doveva conoscere questo segreto. »

« Non riesco a crederci. Sembra tutto così irreale, sembra uscito da uno di quei vecchi racconti che mi leggevi quando ti chiudevi in biblioteca. » disse Caius riferendosi a molte sere prima. I suoi occhi verdi si sollevarono nuovamente su quelli di Astrid. « Credevi che avrei avuto paura di te? Per questo non me lo hai detto? »

« Chiunque accompagni questo essere infernale è suo complice ed è quindi in pericolo. Non te l’ho detto proprio perché voglio proteggerti da altri problemi, è una croce che posso portare da solo sulle spalle. » disse Astrid in risposta, Caius si avvicinò a lui poggiando le sue mani sulle spalle dell’altro.

Il giovane Osservatore si distrasse lasciando che la fiamma si spegnesse del tutto e sentendosi più tranquillo ora che ne aveva parlato con Caius. « Non hai bisogno di portarla da solo, in due si fa meno fatica. » disse il ragazzo facendogli l’occhiolino, poi come se nulla fosse successo lo abbracciò avvolgendolo con le braccia dandogli più calore di quanto potessero fare le fiamme.

Astrid ricambiò il gesto appoggiando il mento sulla spalla dell’altro visto che era poco più alto di lui. I due si separarono poco dopo e Caius aveva un’espressione dispiaciuta. « Scusami se ho perso il controllo, hai proprio ragione: sono stupido. » disse ma Astrid scosse il viso negandolo.

« Non sei stupido e non l’ho mai pensato. »

Ma Caius sembrava voler insistere nonostante avessero messo da parte quel litigio. « Credo di non aver mantenuto il controllo per le intenzioni dell’Alto-comandante. Avrebbe torturato quel povero ragazzo con il ferro bollente se non fosse successo tutto il casino! » disse, Astrid lo guardò incuriosito, ovviamente c’entrava il passato di Caius ma non provò ad insistere.

« Lascia perdere, era un momento difficile lo posso capire. » disse Astrid ma ancora una volta l’altro continuò a parlare.

« Da bambino andavo nella chiesa di Porto del Sole. Tutti i bambini ci andavano perché dovevano imparare il credo degli Dei Titani e il Sommo Sacerdote voleva che chiunque in città potesse dire di credere con cognizione di causa, non ho idea di cosa significhi. » cominciò Caius, Astrid si voltò e guardò il compagno esortandolo ad andare avanti. « Quell’uomo però aveva ben altro in mente: era una persona strana e faceva degli esperimenti sui bambini che lo seguivano; erano strani unguenti dall’odore nauseabondo, non dimenticherò mai quella puzza. »

« Va’ avanti. Cosa è successo? » chiese Astrid.

« Riservava un trattamento diverso per ognuno di noi. Per quanto riguardo me e altre tre ragazzini studiava la nostra resistenza al dolore. Non voleva che urlassimo durante i suoi esperimenti perché ci avrebbero sentito. » disse Caius facendo un’ulteriore pausa. Il ricordo delle torture affiorò nella sua memoria, tante cicatrici sulla sua pelle erano già presenti da molto tempo prima della sua venuta tra gli Osservatori dell’Abisso. « Era solito usare degli strani strumenti per ferirci e per vedere con quanta velocità si chiudevano le ferite a seguito di quegli strani unguenti. L’ultimo esperimento su di me però non andò come aveva previsto. »

« Cosa è successo? » chiese Astrid avvicinandosi, Caius alzò quindi le mani mostrandogliele indicando i mignoli mancanti, non ci volle molto affinché il ragazzo capì cosa era successo.

« Avevo cercato di scappare, stavo urlando per far sì che qualcuno ci sentisse così ha voluto provare una fase più avanzata del suo esperimento: mi tagliò entrambi i mignoli e cercò di guarirmi con l’unguento ma gli fu impossibile riattaccarli. » rispose Caius, i suoi occhi divennero lucidi, evitava lo sguardo di Astrid col capo chino cercando di non ricordare il dolore che lo aveva colpito quella volta. « Disse che era colpa mia e delle mie urla se non aveva fatto effetto. Ma non era così: era pazzo, avrebbe continuato a fare del male ad altri ragazzini, così presi uno dei suoi strumenti e glielo piantai direttamente nella gola. »

Astrid rimase senza parole alla confessione di Caius sul suo passato: l’immagine di un piccolo bambino comparve nella sua mente in una buia cantina con un folle prete che lo tormentava. I suoi genitori gli raccontavano un evento molto simile che era accaduto molti anni prima a Rocca Ferrea, un uomo faceva esperimenti sui cadaveri cercando un modo per riportarli in vita. Venne però fermato e impiccato per negromanzia.

« Quando noi bambini scappammo ovviamente successe il finimondo in città per l’assassinio del Sommo Sacerdote. Dissi tutto ai miei genitori, all’epoca Adalvin era in città per reclutare nuovi Osservatori: fu solo un caso che mio padre ne avesse sentito parlare. Mi mandò quindi da lui così che non potessero condannarmi. »

« Se le guardie cittadine avessero saputo cosa quel pazzo faceva non lo avrebbero mai fatto. » disse Astrid sentendo la rabbia riempirgli il petto per la terribile esperienza vissuta dall’altro.

Caius scosse il viso. « Era in una stanza segreta. C’era un passaggio che passava sotto il cimitero. Solo il Sommo Sacerdote sapeva come arrivarci e non lo mostrava mai a noi bambini. Non lo avrebbero mai trovato e sarei stato dichiarato colpevole: chi crederebbe mai ad un bambino. » disse Caius alzando gli occhi e trovando la forza di guardare in faccia l’altro, era ovvio che provasse vergogna per quello che gli era successo, nessuna meraviglia da parte di Astrid se il ragazzo reagiva male all’idea delle torture. Ci era passato in prima persone e ne aveva sofferto.

« Avrei fatto lo stesso se fosse successo a me. » rispose Astrid con convinzione, Caius sembrò essersi liberato di un peso ora che aveva confessato quel segreto al compagno.

« Sapevo che mi avresti capito. » disse in risposta. Il litigio di poco prima sembrava non essere mai accaduto ora che si erano capiti. « Andiamo a fare colazione? Sto per morire di fame! » aggiunse con un tono vago cambiando argomento, l’altro annuì con un sorriso e insieme scesero dalla torre.

 Ma prima che potessero farlo, Astrid si fermò a guardare la balconata che si affacciava sulla valle come per cercare qualcosa nell’orizzonte, questo aveva fatto fermare anche Caius che si avvicinò di nuovo al compagno. « Ci sei? Sembri esserti congelato! » disse a mo’ di battuta.

Astrid annuì lasciandosi trasportare giù per le scale fino alla mensa dove molti degli Osservatori avevano già lasciato la stanza per sbrigare le loro mansioni giornaliere. Astrid e Caius si sedettero l’uno al fianco dell’altro, stavolta fu il primo ad andare a prendere il vassoio per entrambi come ulteriore forma di scuse.

Quando Astrid si avvicinò al banco prese un vassoio e delle ciotole che riempì con del latte caldo prendendo alcune bacche selvatiche e dei biscotti che erano stati fatti il giorno prima. Quando allungò la mano verso il pane ritrasse l’arto non essendosi accorto che qualcun altro aveva allungato la mano prima di lui. Alzò gli occhi incrociando lo sguardo dell’Osservatore in questione.

« Non ti avevo visto, prendilo prima tu. » disse Astrid gentilmente ma il ragazzo in questione si limitò a guardare ed indietreggiare guardandosi il guanto della mano che aveva sfiorato quella dell’Osservatore, come per assicurarsi che fosse pulito.

Astrid riconobbe il ragazzo come uno dei quattro che era nelle segrete il giorno prima, fu attraversato da molti sentimenti, il più forte tra tutti fu la rabbia ed ebbe l’impulso di tirare il vassoio addosso all’altro limitandosi al non farlo.

Non c’era alcun dubbio sul perché quell’Osservatore avesse reagito in quel modo al tocco con Astrid: come se avesse una malattia contagiosa al contatto. Il ragazzo tornò silenziosamente da Caius sforzandosi di ignorare l’accaduto e provando a sorridere.

I due parlarono tranquillamente nonostante fosse evidente che alcuni degli Osservatori presenti fossero con gli occhi puntati contro di loro. Poco più tardi Astrid venne convocato nell’ufficio di Bradan e il ragazzo sentì che qualcosa sarebbe andato nuovamente storto.

Bussò tre volte e quando gli venne detto di entrare vide che all’interno dell’ufficio c’era l’Alto-comandante e il proprio mentore Adalvin. « Buongiorno, mi avete convocato? » chiese Astrid piuttosto guardingo, Adalvin aveva gli occhi persi nel vuoto come se pensasse a qualcosa di molto grave. Bradan invece aveva le mani poggiate sul grande tavolo che mostrava la mappa di Endymion.

« Il Varco ha mostrato nuova instabilità stanotte: si è trattato di un semplice vibrare ma visto che l’ultimo “evento” si è verificato neanche due decadi fa non posso lasciar passare questo inosservato. » disse l’Alto-comandante, Astrid adesso capiva il perché dei loro visi cupi e preoccupati. « Come temevo dobbiamo riferirci ai maghi del Circolo. Significa che qualcuno di noi deve andare da loro. »

Astrid annuì capendo che era stato convocato per quel motivo. « I maghi possono davvero fare qualcosa? La magia che ha eretto il Varco è molto antica e proibita. Non si trovano molti studiosi al riguardo e tutti quelli che hanno scritto dei volumi sono morti. » disse il ragazzo che avendo letto i testi della biblioteca sapeva bene di quello che parlava. Bradan annuì ma al suo posto parlò il mentore.

« Pare che solo una volta sia stato necessario ricorrere all’aiuto dei maghi in quasi seimila anni. Questa è la seconda e abbiamo ragione di credere che possano stabilizzare il Varco. » disse l’uomo alzandosi dalla propria poltrona e avvicinandosi ad Astrid. « Credo che sia meglio che tu e Caius vi presentiate dai maghi. Non possiamo mandare un corvo, i nostri ultimi messaggi sono stati intercettati, sospettiamo si tratti dei Piromani. » rivelò Adalvin sollevando i sospetti di Astrid.

« Ma perché i Piromani dovrebbero mostrarsi interessati ai messaggi? Cosa sperano di scoprire? » chiese il giovane Osservatore ma la risposta era tanto ovvia da dirla lui stesso: « C’entra il Varco. » sia l’Alto-comandante che Adalvin.

« Ora capisci bene quando sia importante che qualcuno viaggi alla volta del Circolo. So bene che il viaggio è lungo, ma posso dire con certezza che è necessario. » disse l’Alto-comandante, Astrid annuì alle parole del capo degli Osservatori allontanandosi per uscire dalla stanza ma prima che lo facesse venne fermato.

« Quello che è successo ieri mattina, » cominciò Adalvin parlando, Astrid tenne la mano sospesa sulla maniglia. « è per questo che credo sia meglio che tu e Caius andiate insieme. Non dubitare che la notizia non scorra tra gli Osservatori e sai bene che molti non vedono i flagelli di buon occhio. È per il vostro bene. » disse infine il mentore.

Astrid prese una boccata d’aria prima di parlare ancora. « Non sono diventato Osservatore per scappare dai pericoli né sarà mia intenzione farlo in futuro. Se qualcuno ha dei problemi con me allora non esiterò ad affrontarlo. » disse il ragazzo stringendo quindi la maniglia della porta, era più facile a parole che con i reali fatti.

Dal tono che Adalvin aveva usato però Astrid poté evincere che fosse già a conoscenza della relazione dei due Osservatori, conoscendoli fin da piccoli aveva visto lungo le apparenze.

« Non è di te che mi preoccupo infatti, ma Caius è una persona più debole e instabile. Sarai in grado di vegliare su entrambi? » chiese Adalvin piuttosto scettico, Astrid strinse la maniglia con più forza ma fu Bradan a parlare subito dopo.

« Ricorda le mie parole, Astrid. Ora va alla Sala dell’Abisso, il tuo turno comincia a breve. » disse l’Alto-comandante, potendosi congedare il giovane Osservatore uscì dalla stanza in fretta assicurandosi di mettere più distanza possibile dall’ufficio.

“Sono le persone che amiamo a renderci deboli, forse hai ragione Bradan. Ma credo di avere una dipendenza dalla mia debolezza.” Pensò Astrid quando fu abbastanza lontano, cominciò a scendere le scale a nord che passavano dietro la navata principale per andare ai livelli inferiori.

Era in largo anticipo in verità e fu proprio per quello forse che quando vide il corridoio che portava alle segrete decise di incamminarsi all’interno per vedere in che condizioni era l’ultimo dei due maghi in custodia.

Quando Astrid svoltò l’angolo rimase immobile come una statua: là dove dovevano esserci due Osservatori di guardia alla cella chiusa del mago, c’erano invece tre cadaveri dei suoi compagni e le sbarre della cella spalancate. Il ragazzo corse per avvicinarsi e quando arrivò alla cella venne investito dalla puzza di bruciato.

Confuso ma ancora ragionevole Astrid esaminò l’intera zona cercando di capire quello che era successo: analizzò per prima cosa i cadaveri degli Osservatori i cui volti erano stati sfigurati dalle fiamme, i loro vestiti e le armature erano visibilmente bruciati dalla magia del mago che in qualche modo si era liberato.

Due dei cadaveri erano stati uccisi con la magia, a giudicare dal modo in cui Astrid li aveva ritrovati e l’armamento che vestivano erano le due guardie a difesa della cella. Qualcuno si era avvicinato con la scusa di parlare col mago forse, poi aveva colto quell’occasione per liberare il Piromane che aveva bruciato i due prima che potessero reagire.

Il ragazzo continuò a guardarsi intorno alla ricerca di altri indizi sentendo già il sudore scorrergli lungo la schiena, una morsa di gelo lo avvolse come se la morte avesse preso consistenza, trovò le catene del mago gettate di lato nel corridoio poco distante dal terzo cadavere: chiunque avesse liberato il mago lo aveva prima scortato avanti e una volta fuori dalla cella aveva ucciso i due di guardia.

Il terzo Osservatore era praticamente irriconoscibile visto che la sua testa era completamente spappolata con forza contro la parete, una lunga scia di sangue percorreva un punto mediamente alto fino al pavimento dove il corpo era stato lasciato privo di vita. Astrid si avvicinò cercando di capire cosa ci facesse lì chinandosi quindi fino a toccare il corpo con le proprie ginocchia.

“Chiunque fosse deve aver sofferto terribilmente. L’aggressore lo ha voluto uccidere senza contegno sbattendogli la testa contro il muro fino a farla esplodere. Mi chiedo il perché di tanta violenza e soprattutto perché era presente.” Pensò Astrid cercando di venirne a capo, scostò i vestiti dell’Osservatore, era magro e piuttosto alto, sarebbe potuto essere chiunque, probabilmente era finito lì per puro caso trovandosi coinvolto nello scontro.

Prima di alzarsi nuovamente per dare l’allarme, Astrid controllò più da vicino il punto la testa dell’Osservatore era stata spappolata notando qualcosa che lo avrebbe potuto aiutare: ciocche di capelli e brandelli di carne erano rimasti appiccicati alla parete velata di rosso come tutto il resto. Quello che più interesso il ragazzo, fu il rosso brillante delle ciocche di capelli che poteva indicare solamente che il sangue aveva risaltato il rosso naturale della cute.

E c’era solo un Osservatore in tutta la Cattedrale che corrispondeva alla descrizione del corpo e di quel particolare colore di capelli. Quando Astrid giunse a quella conclusione sentì sbattere contro una tavola di legno e cercò l’ultima prova.

« Ti prego dimmi che non sei tu, per favore dimmi che non è vero… » cominciò a sussurrare muovendo le mani tremanti alla ricerca di quello che avrebbe fatto chiarezza o dato conferma sull’identità del povero Osservatore martoriato.

Astrid tolse i vestiti e sciolse i nodi dell’armatura per spostare la pettiera tanto bastava per poter vedere sotto gli abiti del ragazzo rivelando un tatuaggio della prima lettera dell’alfabeto, l’iniziale del nome fu la conferma che sperava di non avere.

« AGIS! » urlò l’Osservatore cadendo a terra con le gambe tremanti, non riusciva più a stare in piedi, inoltre un senso di nausea lo riempì costringendolo a voltarsi dall’altro lato per vomitare quello che aveva mangiato poco prima.

« Per i fottuti Dei! » urlò ancora stringendo i denti e continuando a tremare per la rabbia, continuò a sudare freddo nel mentre veniva investito da un calore mai provato che gli fece sentire dolore alle mani, come se stringesse un tizzone ardente.

Astrid era una persona forte che difficilmente piangeva, anche adesso che Agis era morto non voleva farlo ma questo non fu sufficiente per impedire ai suoi occhi di riempirsi di lacrime e di bruciargli mentre le labbra tremarono continuando a sussurrare il nome dell’amico come per poterlo raggiungere.

Poi improvvisamente le pareti cominciarono a vibrare: ci fu un sussulto, poi ne seguì un altro e il terzo più leggero ma costante senza fine. Astrid credette di essere impazzito, poi realizzò che chiunque avesse liberato il mago lo aveva scortato nella Sala dell’Abisso dove stava facendo qualcosa al Varco.

Astrid si rimise in piedi correndo per i corridoi fino ad arrivare al passaggio di pietra che conduceva alle scale che gli avrebbero fatto raggiungere la sala. Tuttavia la sua corsa venne arrestata da un banco di fiamme alto fino al tetto per bloccare il passaggio ed impedire a chiunque di arrivare in tempo.

Il ragazzo non percepì il pericolo quindi si gettò senza pensarci due volte oltre le fiamme che lo sfiorarono come per accarezzarlo, vi passò oltre continuando a scendere i gradini in fretta fino a raggiungere la balconata della Sala dell’Abisso.

La stanza era in fermento così come il Varco i cui colori tremavano insieme ai movimenti ben visibili sulla sua superfice, le braccia fuoriuscite dall’apertura continuavano a muoversi come tentacoli di una possente piovra, sembravano fluide. Astrid estrasse la propria spada saltando oltre il cadavere di un Osservatore al quale avrebbe dovuto dare il cambio, sorpreso alle spalle.

Fece il giro della passerella con grande fatica visti i violenti movimenti del Varco: dall’altro lato della sala il mago che aveva scortato il giorno prima si trovava sospeso da terra di pochi metri, intorno a lui c’era un’aura magica che sembrava connessa al Varco.

Ai suoi piedi c’erano due Osservatori che solo quando si fu avvicinato abbastanza, Astrid poté ben vedere chi erano: il primo aveva un’armatura piuttosto semplice e non aveva armi con sé se non per il lungo bastone pieno di rune elfiche illuminate di viola, qualcuno che Astrid non aveva visto spesso visto che non frequentava i ricercatori del Varco ma il suo volto era ben definito nella memoria del ragazzo che ad ogni movimento del Varco quell’uomo era là per studiarne il comportamento.

Il secondo Osservatore aveva la pelle scura come i suoi occhi che adesso rivolgeva al compagno di squadra un tempo suo amico; Neferi aveva un arco alle proprie spalle e i tirapugni indossati nei guanti, anche da lontano Astrid vide che erano sporchi di sangue, il sangue di Agis. « Abbiamo dei problemi. » disse il ragazzo scuro al ricercatore degli Osservatori, quello si voltò mostrando un’espressione arcigna per via del naso aguzzo.

« Dici? Io credo che il bello stia per venire, Neferi. » disse l’Osservatore mostrando soddisfazione nel vedere che l’Osservatore era accorso e distante di pochi metri. « Vieni, giovane Astrid. Ti sei appena guadagnato un posto in prima fila per la fine del mondo, non vorrei che te lo perdessi. » 

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Capitolo 28
*** 28. Dantos - Colui che sopravvive... ***


 

{Dantos}

28.

Colui che sopravvive…

 

La luce aveva inghiottito ogni cosa intorno Dantos che riusciva a fatica a vedere quello che accadeva, poi così com’era venuto il bagliore anche le ombre ritornarono: il cavaliere era stato costretto a portarsi una mano davanti al viso per cercare di proteggere gli occhi da quella luce opprimente che si stava finalmente affievolendo, i suoi occhi rivolti contro Drustan che era al centro della sala.

I suoi occhi brillavano della stessa luce della Corona Splendente, di un tono di bianco ormai divenuto grigio intenso, aveva le mani aperte e le braccia larghe, l’espressione seria e lo sguardo puntato contro le restanti guardie di Lady Saisyll, anche lei e tutti gli altri erano stati colpiti e infastiditi dalla luce.

« Folli sciocchi! Come osate sfidare il potere della Corona Splendente? Sfidare le divinità: non temete l’ira del sole e la sua magnificenza!? » urlò Drustan, la sua voce era uscita distorta come già successo in passato, solo Dantos aveva avuto modo di assistere a quel cambiamento, la colpa apparentemente poteva essere della Corona e del fantasma che la abitava.

« Sfidare me equivale a sfidare e offendere i Titani stessi! Non c’è luogo abbastanza lontano per sfuggire alla mia furia! » continuò ad urlare il ragazzo, Lady Saisyll venne spinta indietro da Karpos Painer, il comandante delle guardie si fece avanti per proteggere la sua signora mentre Dantos restava immobile.

« Uccidete quel figlio di puttana prima che possa usare la Corona! » ordinò Karpos Painer ai suoi uomini, il gruppo di quattro soldati più avanti cambiò bersaglio: mirarono al Re piuttosto che a Dantos che era il pesce piccolo della situazione.

« Stupidi. Folli. Inetti. » sussurrò Drustan osservando i quattro uomini avvicinarsi a lui con le spade sguainate pronti per ucciderlo, Dantos ebbe appena il tempo di realizzare che il Re era in pericolo che già la ruota era stata messa in moto.

Drustan allungò la mano verso i quattro uomini con un movimento rapido facendo brillare anche la Corona: i quattro soldati che correvano contro il Re non sentirono neanche dolore quando il loro corpo improvvisamente divenne cenere, Dantos udì solo un leggero suono metallico provenire da loro mentre si sgretolavano insieme alle loro corazza spargendosi in aria.

Rimase di sasso dinnanzi alla potenza di cui era dotata la Corona Splendente, capace di polverizzare una persona con il semplice movimento della mano. « Andate avanti codardi! Forza! » ordinò nuovamente Karpos Painer ai suoi uomini, titubanti altri quattro uomini si staccarono dal gruppo più grande ormai ridotto.

Percorsero la distanza che li separavano dal Re che stavolta mosse le mani in avanti portando le braccia oltre il proprio corpo. « Illusi. Credono di poter contrastare il potere del sole, ma nulla di tutto ciò reste quando la mia sete di vendetta si sarà consumata. » disse ancora il Re, fece scattare le mani con un leggero movimento dei polsi e anche quei quattro uomini si tramutarono in cenere lasciando che il silenzio regnasse ancora nella sala del trono.

« Altura Silente è un covo di serpenti. Avrei dovuto già capirlo molto tempo fa. I Lucarhis sono veleno all’interno della nostra società; tutte le casate rappresentano un pericolo per il continente. Tutti loro pensano che Casa Grimalder abbia raggiunto il suo tramonto ma si sbagliano. » la luce della Corona tornò ad essere più intensa di prima costringendo ancora una volta i presenti a coprirsi gli occhi, tra le urla dell’Alto-comandante che ordinava ai suoi uomini di lanciarsi contro il Re, un suono cristallino cominciò ad echeggiare nella sala man mano che la luce si intensificava.

« Nessuno di voi traditori vivrà quando avrò finito: Altura Silente diventerà un cimitero grazie al potere della luce e in questo modo avrò epurato ogni male dalle mura e dalle case di questa città. Tutti verranno sottoposti al giudizio della Corona e si tramuteranno in cenere, né persone né cose si potranno salvare dal potere immenso del sole. » continuò Drustan minaccioso.

Lentamente, le mura del castello cominciarono a vibrare tutto intorno mentre Dantos cercava di reggersi in piedi nonostante il grande sforzo di sopportare il dolore della ferita al fianco, aveva realizzato già quello che sarebbe accaduto a breve: Drustan avrebbe distrutto parte della città per di eliminare i suoi nemici.

« Drustan fermati o ucciderai tutti quanti! Non sei tu a parlare ma lo spirito! Se non riuscirai a controllarlo raderai Altura Silente al suolo! Ti prego. » urlò Dantos cercando di chiamare l’attenzione del sovrano che sembrava però intenzionato ad evitare di ascoltarlo, il suo potere continuava a crescere e la luce diventò talmente intensa da far sembrare la sala interamente dipinta di bianco.

Il mercenario si spostò cercando di evitare bruschi movimenti per non farsi rilevare come una minaccia o avrebbe fatto la stessa fine dei soldati di prima: con grande fatica cercando di scorgere oltre la luce penetrante riuscì ad arrivare carponi ai piedi di Drustan, cercando di tirarlo per i vestiti come per richiamare le sue attenzione.

« Drustan per favore! Possiamo fermare i Lucarhis in altro modo. Possiamo evitare un massacro, non è necessario che un’intera città venga sacrificata per questo. Rifletti sulle conseguenze delle tue azioni! » urlò il mercenario, solo allora Drustan parve chinare lo sguardo per rivolgersi all’uomo.

« Fa’ silenzio, traditore. Anche tu verrai giudicato e come gli altri verrai sottoposto alla condanna della luce. Nessuno potrà sfuggire al mio potere. » rispose Drustan, tornò a guardare su mentre il suo corpo veniva sollevato da terra grazie alla carica di energia e potere che stava incanalando dentro di sé. « Il cielo si apre, la notte scompare. Il giorno persiste e il sole brucia ogni cosa. Se proprio vuoi provare a salvarti scappa e corri finché ti resta tempo, ma non arriverai mai abbastanza distante da sfuggire al potere della Corona. » disse Drustan, aveva ormai perso il totale controllo sull’Oggetto Divino senza possibilità di ritorno.

« Drustan, amico mio, ti prego… ascoltami! » continuò a supplicare Dantos, l’intera città sarebbe stata spazzata via, poteva solo immaginare quale inaudito potere avesse realmente la Corona se poteva spazzare la capitale intera.

Nonostante le costanti suppliche, non c’era nulla che potesse raggiungere Drustan ormai, nonostante lo strattonasse o lo chiamasse, Dantos era certo che il suo Re era lì da qualche parte imprigionato nel corpo controllato dalla Corona.

Come detto dal sovrano, il cielo si aprì in una gigantesca voragine nel cielo sopra la città, gli abitanti che non erano chiusi nelle case ammirarono terrorizzati quello strano evento che si era manifestato sul castello, un piccolo raggio di luce comparve dal centro della voragine colpendo una stanza del castello e forti raffiche di vento cominciarono a spirare per tutte le strade della città, il terremoto si diffuse in ogni strada e le urla delle persone potevano essere udite anche dalla sala del trono.

Con grande fatica, Dantos si alzò ancora cercando di resistere al potere della luce, si trovò faccia a faccia con Drustan, il suo sguardo era assente e provò ancora a chiamarlo ma il Re non diede risposta; solo una soluzione raggiunse la mente di Dantos che aveva intenzione di salvare l’intera capitale.

Sentendo gli occhi pesanti e brucianti, il mercenario si mosse alle spalle del sovrano che era concentrato nell’invocazione del potere distruttivo della luce. « Perdonami se puoi… » disse Dantos con voce roca, con un braccio tenne immobile Drustan quasi avvolgendolo, con l’altro impugnò la propria daga e con un rapido movimento di quest’ultima tagliò la gola del Re facendolo affogare nel proprio sangue che sgorgava senza fine.

L’espressione di Drustan si perse nel vuoto nel momento in cui Dantos gli tagliò la gola, la luce negli occhi del sovrano perse di intensità così come il brillare della Corona che era collegata alla sua vita: l’Oggetto Divino si spense del tutto mentre la luce restava immobile, l’aria era ferma e tutto restava in muto silenzio.

Avendo realizzato la propria fine, Drustan non riuscì più a tenersi in piedi, il suo corpo però non cadde a terra visto che Dantos lo stava sorreggendo, il mercenario con delicatezza si lasciò cadere insieme al corpo del sovrano facendolo stendere al pavimento; la Corona gli scivolò via dal capo rotolando in un punto non molto distante ma invisibile vista la forte luce presente.

Fu come se il mondo intero si fermasse, un attimo che durava per sempre immobile nel tempo nel quale i paludosi occhi di Drustan guardarono quelli di colui che era stato il suo cavaliere.

« Non potevo farlo, non volevo ucciderti. Sei stato tu a costringermi. » disse Dantos implorando il perdono del Re, ma Drustan scosse il viso mentre il sangue continuava a fuoriuscire in maniera gargantuesca dalla ferita al collo.

« Hai fatto la cosa giusta… » disse in risposta, nonostante le sue labbra fossero inondate dal sangue che cominciava a riversarsi fuori dalla bocca, Drustan cercava in tutti i modi di parlare. « Ti perdono, amico mio. » aggiunse il sovrano.

Dantos stava per parlare ancora ma non c’era molto tempo prima che il Re spirasse; Drustan non sprecò ulteriormente qui pochi attimi: allungò la mano cercando di afferrare qualcosa nell’aria, Dantos spostò quindi la sua per stringere quella del Re.

« Il mio anello. Portarlo ai miei cugini, i Caelum. Consegnalo solo ed esclusivamente a loro, se ciò che mia zia teme è vero, allora sono i soli che possono liberare la mia città dai tiranni. » aggiunse il Re indicando con gli occhi l’anello che indossava nell’indice, Dantos rivolse quindi uno sguardo al suddetto anello.

Lo fece scivolare lungo il dito del sovrano così da toglierlo e poterlo conservare all’interno della propria corazza dove sarebbe stato al sicuro finché non avrebbe trovato i Caelum. « Lo farò! » disse in risposta, non ci fu ulteriore tempo di aggiungere parole che gli occhi di Drustan persero definitivamente la vita.

La sala del trono ritornò visibile insieme al suo perimetro e alle persone che c’erano dentro. Erano rimaste solo poche guardie insieme all’Alto-comandante e a Lady Saisyll che distavano diversi metri dal corpo senza vita del Re ai piedi del suo trono. Tra di loro c’era ancora Rosa che si era spinta indietro per ripararsi dall’accecante luce dell’Oggetto Divino.

« Il Re è morto. Il trono è finalmente nostro. » disse Lady Saisyll incredula, la sua espressione non lasciava trapelare emozioni di paura o soddisfazione, era però chiaramente colpita dal fatto che Dantos avesse infine adempiuto al suo compito: un ghigno comparve sul viso guardando con sfida il mercenario.

Il giovane uomo guardò ancora una volta il Re che stringeva tra le braccia, alzò di nuovo gli occhi cercando la Corona e trovandola distante alcuni metri da loro, il suo primo istinto fu quello di correre così da prenderla per strapparla dalle mani di chiunque.

Tuttavia la sua priorità fu l’anello che gli era stato consegnato da Drustan e l’obbligo di doversi salvare la vita.

« Sir Painer, procedete con l’esecuzione. » ordinò Lady Saisyll, l’uomo si spostò lateralmente, Dantos pensò che sarebbe venuto per lui visto che la Lady sembrava intenzionata a volersi vendicare, tuttavia l’Alto-comandante si fermò davanti a Rosa che cercava di mettersi in piedi con grande fatica.

L’uomo estrasse la lunga spada che portava sempre con sé e con un movimento veloce fece calare la punta dritta nella schiena della prostituta che venne trapassata da parte a parte. Rosa morì sul colpo senza neanche troppa sofferenza, senza neanche poter guardare Dantos, l’uomo che aveva amato.

Per un breve attimo forse, il mercenario aveva creduto che tutto sarebbe andato bene, nonostante avesse tradito il contratto per il quale era stato pagato credeva che Lady Saisyll se La  sarebbe presa con lui e risparmiato Rosa e gli altri ostaggi.

Ma era stato un sciocco a pensare una cosa del genere: « Sbarazzatevi di Dantos, uccidetelo! » ordinò ancora Lady Saisyll, fu quello il campanello d’allarme che risvegliò Dantos dallo stato di catarsi nel quale si era rinchiuso: aveva sperato che l’aver ucciso Drustan, l’aver sacrificato una persona tanto importante avrebbe in qualche modo avuto un significato. Ma era stato vano.

Guardò ancora una volta il cadavere che stringeva tra le braccia osservando gli occhi spenti e il sangue che aveva finalmente smesso di circolare, Dantos si trovava immerso in un lago di sangue.

« Non ti lascerò qui con loro! » disse parlando al corpo senza vita del proprio Re. Si alzò di scatto provocandosi una fitta di dolore al fianco, si morse le labbra così da resistere fino a sentire il proprio sangue nella bocca.

Tenendo in braccio il corpo di Drustan, il mercenario corse dietro i due troni destreggiandosi con grande fatica per tirarsi fuori da quella situazione: riuscì ad azionare il passaggio segreto tramite la lanterna sospesa aprendo il passaggio nonostante avesse temuto il fallimento della sua impresa. Si trovò immerso nel corridoio buio correndo senza fermarsi e svoltando lungo l’intricato labirinto che gli era stato descritto da Sir Wellen seguendo le istruzioni.

Ben presto sentì le urla minacciose dei soldati traditori scomparire nel vuoto, intenzionato a non arrestare la propria corsa, Dantos seguì il passaggio finché non si scontrò contro una parete proprio dove doveva esserci la sua via di fuga. Si guardò intorno scorgendo la leva che avrebbe aperto il passaggio; la azionò vedendo che uno spiraglio di luce si era aperto alla sua destra.

Il mercenario fu costretto ad abbandonare momentaneamente il corpo di Drustan facendolo sedere a terra, gettò una rapida occhiata alle sue mani trovandole insanguinate. Si sentì sporco, una sensazione che non era mai stata un problema per lui ma che adesso lo faceva sentire male alla sola vista.

Ignorò quella sensazione sforzandosi di continuare a fuggire: infilò le dita nella cavità appena aperta facendo forza con tutto se stesso ed aprendo il passaggio trovandosi all’interno di un’abitazione in disuso ormai da molti anni dove avrebbe potuto riposarsi prima di riprendere la sua corsa.

Spinse il corpo di Drustan all’interno della stanza cercando un punto comodo dove adagiarlo, trovò un letto di paglia poco distante e tornò indietro per chiudere il passaggio che aveva scoperto essere occultato da una libreria di legno massiccio. Trattenne il fiato visto che ogni movimento gli provocava fitte di dolore alla ferita, aspettò qualche istante dando dei leggeri colpi col pugno alla libreria come per accertarsi della sua solidità e infine si spostò.

Osservando meglio la stanza e avvicinandosi alle finestre sbarrate da grosse tavole di legno, Dantos si era reso conto di essere ancora in città, probabilmente in una zona periferica lontana dalle porte della città visto che non aveva mai passato quella strada.

Aveva finalmente qualche minuto per riposarsi e per lasciarsi andare al dolore della perdita: poggiò la schiena contro la parete cadendo lentamente e socchiudendo gli occhi, si morse ancora le labbra per trattenere l’urlo: con poche azioni aveva ucciso il Re dei Re gettando la capitale e il trono nelle mani avide dei Lucarhis che avrebbero governato il continente.

Le sue azioni avevano poca rilevanza ormai visto che Rosa era comunque morta e probabilmente anche gli altri due ostaggi lo sarebbero stati. Quanto a Garseo e alle Lame dell’oscurità, non c’era più nulla che lo tenesse legato a quella vita, dentro di sé però era infuriato con il capo della banda che aveva in qualche modo preso parte a tutto questo per mero interesse.

Dantos era colpevole di tutto quello che sarebbe avvenuto nei mesi e negli anni futuri, ne era certo. Chiuse gli occhi qualche istante quasi fino ad addormentarsi ma quando la testa gli penzolò violentemente si risvegliò ringraziando il cielo di non essersi davvero addormentato. Si mise nuovamente in piedi continuando a sanguinare: come prima cosa cercò di medicarsi alla meno peggio con quello che c’era nella vecchia casa almeno per bloccare la fuoriuscita di sangue dalla ferita.

Trovò il coraggio di guardare il letto di paglia dove aveva lasciato Drustan, gli occhi ancora spalancati e l’espressione quasi spaventata, Dantos si avvicinò con grande fatica ai resti del sovrano poggiandogli una mano sul viso e chiudendo le palpebre del defunto, così facendo avrebbe riposato meglio.

« Meriteresti più di un funerale. Ma non posso concedertelo, non ho le risorse e mi hai detto tu stesso di andarmene. Quindi è giunto il momento di lasciarci Altura Silente alle spalle. » disse Dantos parlando col corpo senza vita, in realtà cercava di convincere se stesso, era abituato a lasciare la capitale per eseguire qualche contratto, ma erano diverse situazioni.

Cercò di occultare il corpo di Drustan con delle coperte pesanti avvolgendolo in modo che nessuno potesse vederlo. Uscì dalla porta principale muovendosi lentamente tra le strade della capitale fino ad arrivare nella propria abitazione nel borgo più distante dal castello: gente continuava a correre in giro, spaventati per lo strano cataclisma che aveva percosso la città. Ci impiegò un’ora visti i suoi limitati movimenti ed era sicuro che Lady Saisyll aveva già fatto diramare l’ordine di arrestarlo. Per questo motivo doveva sparire prima della fine della notte.

La sua casa era un posto piuttosto misero, neanche si ricordava di averla lasciata pulita (per quello che poteva essere definito come pulito) ma nonostante questo cercò di prendere tutto quello che poteva essergli utile. Come prima cosa prese le bende pulite, poi la boccia di soluzione medica che aveva per ogni necessità, prese un grande sacco pieno di monete infilandolo insieme al resto nella borsa, poche provviste che non erano ancora avariate e si mise alle spalle lo zaino riprendendo il corpo di Drustan tra le mani.

Conciato in quel modo, Dantos era piuttosto appariscente ma per sua fortuna non c’erano molte guardie in giro visto quello che era successo. Probabilmente la maggior parte stavano nelle aree con maggior popolazione per poter aiutare, inoltre era certo che tutto il castello stava già sulle sue tracce cercandolo in giro: avrebbero controllato la sua casa come primo posto, poi forse sarebbero ricordi alle Lame dell’oscurità. Non ci sarebbe voluto molto prima che Karpos Painer capisse che Dantos era già fuggito, per allora però il mercenario aveva intenzione di essere il più lontano possibile dalla città. “Se tutto va bene, domani all’alba sarò già distante dalla capitale e potrei rifugiarmi in qualche fattoria abbandonata nei dintorni. Almeno per riposare qualche ora.” Pensò Dantos mentre camminava solitario, le persone che lo guardavano gli lanciavano occhiate quasi invocanti il suo aiuto, molti neanche lo vedevano passare come se fosse un fantasma.

Il mercenario lanciò un’occhiata alle proprie spalle per vedere il castello l’ultima volta: sembrava così tranquillo, nessuno poteva davvero immaginare di aver quasi assistito alla distruzione della città. Tornò a guardare avanti quando finalmente Dantos arrivò alle porte della città, pregò affinché l’Alto-comandante non avesse già fatto sigillare le porte e diramare lo stato di allarme.

« Hey dove stai andando? » chiese una delle guardie a difesa del grande portone di ferro di Altura Silente. Dantos arrestò il cavallo che aveva appena avuto modo di noleggiare, non lo avrebbe mai più ritornato e proprio per questo si era sentito in colpa con lo stalliere lasciandogli alcune monete in più.

« Che ti frega!? Ordini dell’Alto-comandante. Non sono mica felice di buttare fuori la sua spazzatura, no!? » rispose Dantos recitando una piccola parte, la guardia si fece una risata e annuì osservando incuriosito l’involucro di tende.

« Accidenti, sembra un bel po’ di spazzatura. Almeno tu puoi stare dentro, io invece mi sto congelando pure le palle a stare qui fuori! » disse il soldato lamentandosi, Dantos si sforzò si ridacchiare. « Sai che diavolo è successo qualche ora fa? Sembra essere successo un casino. » chiese ancora la guardia.

Dantos si diede un’occhiata, non aveva pensato alla cosa più ovvia: darsi una vera pulita. Ma non aveva avuto tempo e modo di farlo, il sangue era schizzato ovunque e solo grazie al tendaggio della casa si era potuto fasciare la propria ferita.

« Qualcuno deve aver fatto scoppiare qualcosa e c’è stato una sommossa. Sedata ovviamente, tocca sempre a noi pulire questo schifo. » rispose ancora Dantos mantenendo tranquillità, la guardia parve infine convinta dopo l’ennesima risata. Fece passare il mercenario insieme al suo cavallo e il suo “pacco” speciale di immondizia senza ulteriori domande.

Dantos continuò a galoppare per tutta la notte senza più guardare indietro, quando fu abbastanza lontano dalle mura della città cominciò a far correre il cavallo affinché si allontanasse il più possibile, aveva i minuti contati prima che l’allarme suonasse e le porte venissero chiuse. Ma lui allora sarebbe stato già abbastanza avanti, ma il suo unico rimpianto era di averlo fatto con Drustan tra le braccia e morto, piuttosto che al suo fianco vivo.

L’indomani quando Dantos si svegliò da un leggero riposo, il sole aveva cancellato tutte le nubi della tempesta del giorno prima e l’odore di rugiada riempiva la campagna. Dopo aver corso col cavallo fino alle prime luci dell’alba, aveva finalmente trovato una piccola abitazione abbandonata in mezzo alla grande distesa di verde che circondava Altura Silente permettendosi quindi poche ore di sonno prima di ripartire nuovamente.

Anche immerso nella natura tra le bellissime e famose costruzioni naturali di pietra e i ruderi delle vecchie fortezze e dei vecchi accampamenti elfici, Dantos osservò il cielo sopra di lui con il cuore pieno di speranza: l’autunno ormai era finito lasciando spazio al gelido inverno e quello che sarebbe seguito.

« Chissà che cos’ha di speciale questo anello… » si disse Dantos dopo aver preso qualcosa da mangiare velocemente, osservò l’anello che gli era stato donato da Drustan e lo girò tra le dita.

Era piccolo  ma abbastanza largo da far entrare l’indice, la sua superficie era lucida e completamente nera, c’erano delle righe incise e una scritta al suo interno con alcuni simboli. Dantos non sapeva leggere ma qualcosa gli faceva credere che non fosse la lingua comune, apparteneva agli elfi probabilmente.

Girando ancora l’anello poté vedere una singola pietra incastonata sulla superfice bombata, sembrava essere pietra lavica visto quanto era calda ma non avendo mai visto davvero l’ossidiana non sapeva dirlo con certezza.

« Le sue ultime volontà erano di portare questo anello ai Caelum. » continuò Dantos mettendo da parte l’oggetto e nascondendolo tra i suoi vestiti, era meglio tenerlo al sicuro piuttosto che continuare a rigirarselo tra le dita. A qualche ora di distanza dal suo risveglio, Dantos era nuovamente pronto a partire ma non prima di aver fatto qualcosa che sentiva di dover fare.

Lasciò le proprie cose e il cavallo all’interno dell’abitazione andando in giro alla ricerca di legni e pietre che potessero servire per quello che aveva in mente, rimase solo con i suoi pensieri per tutto il pomeriggio e solo quando il sole cominciò a scendere nell’orizzonte si fermò: cominciò a montare una grande pira accatastando legni e arbusti che avrebbero facilmente preso fuoco, poi mise le pietre in modo da far tenere tutto in piedi e dopo aver finito spostò il corpo di Drustan togliendo il tendaggio usato e i vestiti che lo ricoprivano per poi adagiarlo sulla pira.

« So che ti aspettavi un funerale nel grande chiesa di Altura Silente e che pensavi che le tue ceneri sarebbero state messe in un bel vaso nella cripta insieme a quelle dei tuoi avi ma dovrai accontentarti. » disse Dantos, asciugandosi il sudore di dosso; per montare la pira funebre si era tolto tutta l’armatura dalla vita in su affinché potesse muoversi meglio. « Inoltre mi avevi promesso che non avrei dovuto spogliarti nuovamente quindi siamo pari. » aggiunse con sarcasmo, si rese conto però che non avrebbe ricevuto risposta e questo lo fece irrigidire.

Rimase immobile guardando il corpo senza vita di Drustan. « Mi dispiace, avrei dovuto dirtelo prima. Avrei dovuto cercare di salvarti. Invece ho aspettato l’ultimo momento perché sono un codardo. Ho avuto paura e sei stato tu a pagarne le conseguenze. » disse Dantos parlando ancora, sistemò la fascia che gli medicava il fianco, un leggero vento gelido si alzò facendolo rabbrividire visto che era ancora a petto nudo e bagnato di sudore.

« Spero di incontrarti nella prossima vita e se ne avrò l’opportunità, ti giuro che farò in modo di renderti orgoglioso di me. » disse infine accendendo la fiamma attraverso delle pietre focaie trovate non molto distante da lui.

Il fuoco cominciò ad inghiottire la pira, le fiamme si alzarono lente in un primo momento finché non divorarono tutto quello che incontrarono fino ad arrivare al corpo di Drustan che adesso sembrava dormire sereno mentre il fuoco trasformava le sue spoglie in cenere. Ci volle qualche ora e la notte scese quando finalmente il fuoco si spense, non c’era altro che cenere del corpo del Re.

Dantos si occupò di smontare i resti della pira funebre mettendoli da parte e cercando di raccogliere con le proprie mani un po’ delle ceneri di Drustan, ne prese un pugno e lo avvicinò all’incavo del pendente dei Cavalieri d’élite che gli era stato donato da Drustan stesso proprio qualche giorno fa.

« Mi hai detto che i cavalieri ci mettevano del veleno per porre fine alla loro vita nei casi estremi. Non intendo smettere di combattere per te, anzi, in questo modo mi ricorderò per cosa sto lottando e quello che ogni uomo d’onore fa: mantenere la promessa fatta. » disse Dantos chiudendo il piccolo incavo che si era tinto di grigio adesso che al suo interno aveva le ceneri. Il mercenario lo guardò pochi istanti prima di indossarlo nuovamente al collo.

Cercò di prendere ancora della cenere tirandola in aria proprio mentre il vento spirava con più forza scuotendo il cumulo creatosi e portandoselo via. « Ti auguro buon viaggio, amico mio. » disse infine Dantos mettendosi il cuore in pace, Drustan era morto e lui era convinto di avergli dato un umile ma degno funerale. Con quelle ultime parole andò nuovamente a dormire, sarebbe partito prima del sorgere del sole così da recuperare il terreno che aveva perso.

« Allora… i Caelum di Bosco Ombroso, la regione più a nord di Endymion dove l’inverno sembra non avere mai una fine. » disse Dantos parlando tra sé e sé quando a fine giornata si era trovato davanti un piccolo falò che lo avrebbe riscaldato. L’armatura da guardia cittadina lo teneva molto caldo, gli sarebbe servita nell’inverno che avrebbe passato alla volta della lontana città.

« Potrei accorciare passando per la Grande Via Imperiale. Ma è probabile che se Lady Saisyll mi farà dare la caccia, allora metterà altre guardie a difesa della muraglia quindi non posso passare per quella strada. » continuò riflettendo sulla sua prossima mossa, era molto tardi ed era fermo da poche ore, né lui né il suo cavallo sembravano essere intenzionati a dormire.

« Con tutta questa merda nella testa non riuscirò proprio a dormire! » disse il mercenario quasi sgridandosi per qualcosa che non poteva controllare. Si mise quindi in piedi, spense il fuoco pestandolo col piede e avvicinandosi al cavallo. « Mi sa che dobbiamo andare bello, io e te: due uomini solitari in cerca di un’avventura alla volta del posto più freddo del mondo! »

Il cavallo sembrò in qualche modo capire la preoccupazione e lo scherzo nella voce di Dantos quindi fece un verso che il giovane uomo interpretò come una risata da cavallo. « Ti servirebbe un nome, immagino. Che ne dici di “Drustan”, ti piace? » chiese il mercenario cercando di fare del sarcasmo, tuttavia dal verso che col quale risposte il cavallo intuì che non era apprezzato.

« Che ti piaccia o meno te lo farai andare bene. » disse Dantos insistendo. « Forse hai ragione, meglio di no. » continuò salendo in groppa al cavallo dopo aver legato ben stretta la propria borsa al fianco dell’animale, cominciò quindi a trottare verso la strada di pietra costruita che lo avrebbe condotto lontano dalla muraglia.

« Portare l’anello ai Caelum: quanto mai potrà essere difficile? » disse infine Dantos, diede uno strattone più forte al cavallo e cavalcò per tutta la notte, la sua missione era appena cominciata.

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Capitolo 29
*** 29. Kari - ...Colei che fugge... ***


{Kari} 

29.

…Colei che fugge… 

 

Kari aprì gli occhi con un sussulto, sperava davvero che fosse stato frutto della sua immaginazione, ma ritrovarsi in mezzo alla fitta boscaglia silvestre che fiancheggiava Bosco Ombroso fu un chiaro segno che tutto quello che aveva vissuto era reale.

Cercò di mettersi seduta ma avvertì una serie di dolori alla schiena visto che aveva dormito male, si strofinò gli occhi cercando poi di mettere a fuoco l’ambiente intorno a lei visto che di notte non aveva avuto modo di farlo: una piccola conca nascosta tra alcuni alberi caduti i cui tronchi fornivano un modesto riparo era stato il luogo scelto dal suo cavaliere per fermarsi la notte.

La ragazza alzò gli occhi osservando le chiome innevate sopra la propria testa e aspirò l’aria fresca delle prime ore del mattino. Non poteva essere più tardi dell’alba e questo significava che aveva dormito poche ore. Eppure si sentiva completamente in forze.

« Buongiorno, Kari. Spero di non essere stato io a svegliarti. » disse Aedan, era in piedi a pochi metri di distanza da lei, sembrava aver camminato visto che lungo i vestiti e la corazza aveva macchie di muschio che poteva aver trovato in giro.

« No, mi sono svegliata da sola. Dove sei stato? » chiese la ragazza poggiando la schiena contro il tronco di un albero, la superficie era talmente fredda che Kari si pentì di essersi appoggiata e le vennero i brividi lungo la schiena.

« Dietro l’albero. Inutile annoiarti con i dettagli. » disse Aedan tagliando corto, probabilmente però doveva semplicemente andare in bagno e si era accontentato di quello. « Ho trovato alcune bacche succose. Non è la stessa colazione che potresti trovare al castello ma hanno buone proprietà nutritive. » disse il ragazzo chinandosi in avanti per dare un pugno di quelle bacche rosse alla lady.

Nell’altro pugno stringeva altrettante bacche, si portò la mano in bocca mangiandone alcune, pochi pezzi gli scivolarono via cadendo sul terreno ghiacciato e riparato dalla nevicata notturna.

Kari osservò le bacche nella propria mano, scosse il viso conservandole in una sacca che avevano trovato durante la notte mentre si allontanavano dal castello attraverso il passaggio segreto: la ragazza non sapeva esattamente quando distassero da Bosco Ombroso, ma per tutta la notte erano stati al sicuro.

« Non ho fame adesso. » disse Kari, in parte era vero, ma per un altro motivo aveva preferito non consumare quelle bacche.

« Non fare la bambina. Devi metterti in forza altrimenti non resisterai al viaggio. Ci aspetta tanta strada davanti a noi. » disse Aedan ribattendo, l’aveva quasi sgridata e nei suoi occhi Kari lesse determinazione nel volerle fare mangiare qualcosa.

« Guarda che non le mangio perché voglio risparmiare queste provviste per quando avrò davvero fame! Non sappiamo il prossimo “colpo di fortuna” quando potrebbe capitarci. » disse la ragazza in risposta, Aedan rimase di sasso con quelle parole, aveva pensato fosse più un capriccio ma Kari sapeva bene cosa dover fare.

Il cavaliere fece quindi un mezzo sorriso gettando lo sguardo a terra mentre restava chino sulla propria lady. « Ottima idea, ma è ancora presto per poter applicare questa dieta. Suppongo che le mie parole non ti faranno cambiare idea, vero? » chiese Aedan, la ragazza non rispose, continuò a fissare un punto lontano dove due alberi si incrociavano come se danzassero insieme.

« Non sono mai stata qui nella Foresta Silvestre; da piccola mi ricordo che Valdis mi ci voleva portare ma nostra madre glielo aveva vietato. Anche mio padre era contento di farmi vedere la natura intorno alla nostra casa. » disse Kari riportando alla propria mente un ricordo che non sapeva di avere, come se qualcosa l’avesse fatto affiorare dal nulla. Fece un sorriso amaro e malinconico. « Ricordo di aver fatto i capricci tutta la giornata. Mia madre mi aveva poi sgridata e fatta chiudere nella stanza, » fece una breve pausa respirando un po’ di quell’aria pulita a perfetta. « quanto darei per poter tornare indietro e dirle che mi dispiace. Ma adesso lei è morta è immagino che non conti nulla. »

Aedan ascoltò Kari finché parlò, era chiaro che nella sua voce ci fosse molto dolore. Avrebbe voluto intervenire per consolarla ma non poteva fare molto al riguardo. « I tuoi genitori erano persone grandiose ed entrambi vi amavano tutti quanti. Sono sicuro che Lady Helga sapesse perfettamente che le volevi bene. »

« Sì, probabilmente lo sapeva. » disse freddamente.

« Se hai bisogno di una spalla su cui piangere… » cominciò Aedan con un tono piuttosto imbarazzato, la ragazza lo guardò pochi istanti, si morse le labbra cercando di non scoppiare.

« Ho passato tutta la notte piangendo. Credo di averlo fatto anche quando stavo dormendo. Non voglio riprendere a piangere proprio adesso. Non voglio farlo! » disse Kari costringendosi quindi a non mostrare ancora debolezze, respirò lentamente e ci fu un lungo attimo di silenzio tra i due nel quale Aedan la osservò.

« Lo so, sono stato tutta la notte a vegliare su di te senza allontanarmi neanche un secondo. » a quella rivelazione Kari si voltò stranita, tutta la notte senza dormire. Probabilmente ogni cavaliere era abituato a quel trattamento o al fatto di dover riposare poche ore e nulla più. Ma Kari si sentì ugualmente in colpa. « Tranquilla, non è così male come sembra. » aggiunse lui.

In effetti adesso la ragazza poteva notare il contorno nero attorno agli splendenti occhi verdi del cavaliere. « Mi sembra di aver vissuto un’altra vita fino ad ora. » disse lei continuando, prese un’altra boccata d’aria respirando lentamente e cercando di non pensare a tutto quello che aveva perso in una sola notte.

« Dovremmo rimetterci in marcia. Le forze armate dei Dunnstone potrebbero essere nei dintorni e non voglio rischiare che ci raggiungano, credo saranno piuttosto impegnati col castello e con la città ma meglio distanziare Bosco Ombroso quanto più possibile ora che ne abbiamo la possibilità. » disse Aedan rimettendosi in piedi, Kari annuì dicendo addio al proprio giaciglio e uscendo dalla conca naturale degli alberi che aveva utilizzando come riparo per la notte. « Dovremo trovare qualcosa per coprirti. » aggiunse.

Kari si diede una rapida occhiata al corpo, indossava una veste signorile piuttosto leggera per l’inverno rigido che la circondava, inoltre andare in giro col pigiama per tutta la tundra non era la migliore delle ipotesi.

« Non ho poi così tanto freddo. » disse lei controllando il battito dei denti, era certa che sarebbe morta congelata, almeno però non sarebbe morta per mano di quel villano di Volmar.

« Sì, certo. Vorrei però evitare di farti perdere i piedi durante il viaggio. Camminare sulla neve non è salutare e anche se sei una Caelum non significa che tu debba davvero sembrare un fantasma. » disse Aedan in risposta, purtroppo non avevano avuto modo di procurarsi un paio di scarpe comode durante la fuga del castello e Kari era infine fuggita con le ciabatte.

« Abbiamo preoccupazioni più gravi di cui occuparci. » disse lei, ma nonostante questo sperava davvero di trovare un rimedio più caloroso, non esternò quei sentimenti e lasciò credere ad Aedan di stare davvero bene nel freddo.

I due si misero quindi in marcia camminando lungo la foresta con passo piuttosto spedito, Aedan aveva la propria spada in titanio estratta, la utilizzava per farsi strada contro gli arbusti e per proteggersi da eventuali pericoli improvvisi della foresta, Kari gli stava subito dietro stringendosi nella veste e obbligandosi a non battere i denti, dopo qualche ora all’interno del bosco il freddo diventò quasi piacevole per lei.

“Credo di stare davvero perdendo la sensibilità ai piedi e alle mani!” pensò tra sé e sé, non era sua intenzione lamentarsi come una bambina. La vecchia Kari era morta come i suoi genitori all’interno della roccaforte di Bosco Ombroso; questo senso di assenza la fece sentire una ragazza vuota.

“Chi sono io davvero? Non ho un regno, non ho più una famiglia. Non ho uno scopo. Allora che senso ha avuto la mia fuga?” pensò la ragazza mentre continuavano ad andare avanti; i suoi occhi restavano fissi sulle spalle di Aedan che continuava a farsi strada; doveva pur essere qualcuno.

Kari ebbe modo di pensare alla sua famiglia durante il viaggio nella foresta; sua madre e suo padre avevano dato la vita per proteggere i figli e per cercare di respingere l’avanzare delle truppe dei Dunnstone che alla fine avevano fatto irruzione nella sala principale uccidendo chi fosse all’interno. Gli unici ad essersi salvati erano Haydun e Brutus; in qualche modo il vecchio cavaliere avrebbe vegliato sul fratello minore.

Kari rifletté anche sul quanto detto da Myrella riguardo i suoi fratelli: da quello che aveva detto, Valdis era stato ferito gravemente e Danar, nonostante fosse un’abile spadaccina, era morta nel tentativo di fermare quell’assalto. Probabilmente Valdis era davvero morto, distante dalla propria casa e agonizzante, da solo al freddo della notte invocando gli Dei Titani per la salvezza.

Infine c’era suo fratello gemello; Synder era insieme ad Ingrid a sentire le parole della Dunnstone, a differenza di quanto prefissato, i due avevano evitato il passaggio segreto della libreria e in qualche modo erano usciti dal castello finendo sotto una pioggia di frecce che potevano averli uccisi.

Tuttavia un dubbio assillava la mente e il corpo di Kari: non aveva sentito alcun dolore, nessun segno che potesse indicare realmente la morte di Synder. Erano collegati nel corpo e nello spirito e quando uno sentiva dolore, anche l’altra lo provava. In qualche modo, Synder doveva essersi salvato. Doveva per forza essere così altrimenti…

“Devo smetterla di pensare. Devo smetterla di pensare alla mia famiglia. Adesso ho bisogno solo di sopravvivere e di assicurarmi di non morire congelata in questo posto!” pensò ancora una volta Kari quando finalmente arrivarono al perimetro della foresta; c’erano voluti due giorni di marcia e non avevano neanche percorso l’intero bosco: avevano tagliato strada.

« Forse ho un’idea ma sono sicuro che non ti piacerà. » disse Aedan quando si fermò in mezzo alla strada nascondendosi dietro un muretto di pietra, Kari aveva visto che contornava una piccola abitazione immersa nella grande valle innevata.

« Sarebbe a dire? » chiese la ragazza.

Aedan non spiegò il suo “piano” e si limitò ad agire: corse velocemente fino alla casa di pietra lasciando indietro Kari che cercava di capire quello che il cavaliere volesse fare; il ragazzo prese poi alcuni abiti che erano stesi al vento e che probabilmente erano asciutti e una grande pelliccia che era poggiata su un cumulo di pietre. Tornò dalla lady correndo e spingendola nuovamente nella foresta per distanziarsi di diversi metri.

« Hai rubato a quelle povere persone! » chiese Kari sbigottita, Aedan annuì ridacchiando solo quando si fermarono. Nonostante la bassa temperatura, la corsa li aveva aiutati nel sentire meno freddo.

« Spero che i Titani mi perdoneranno sapendo che ti ho salvato la vita dall’ipotermia. » disse il cavaliere lanciando gli abiti alla ragazza, quella li prese al volo avendo i riflessi pronti. Kari continuò a guardare il ragazzo senza credere a quello che aveva davvero fatto.

« Come posso indossarli sapendo che sono stati rubati e che appartengono a qualcuno che probabilmente morirà di freddo al posto mio!? » chiese la ragazza, non era arrabbiata, era combattuta visto che il tessuto morbido della lana le faceva già sentire calore.

« Riportali indietro se non  ti sta bene. Te l’ho già detto: la mia priorità è la tua vita. Probabilmente finirò negli Inferi per quello che ho fatto ma ne vado fiero se può proteggerti. » disse Aedan a sua discolpa, la ragazza si morse le labbra guardandosi alle spalle.

« Prima o poi pagherò il mio debito. » disse sussurrandolo, si nascose quindi dietro un albero proprio per cambiarsi d’abito gettando via la propria veste da notte e lasciandola lì dove sperava che avrebbe aiutato in altro modo.

Indossò il paio di pantaloni che le stavano larghi, la camicia e la giacca di lana che poterono finalmente riscaldarla, prese gli stivali da montagna che erano stati presi durante la razzia di Aedan e li mise ai piedi. Tirò un sospirò di sollievo quando cominciò a sentire le dita dei piedi muoversi di nuovo.

« Tutto bene? » chiese il cavaliere.

La ragazza indossò il pesante mantello sulle proprie spalle sentendo il morbido pelo accarezzarle il viso, era molto differente dalla pelliccia d’orso e la teneva più calda. « Pelle di alce? » tirò ad indovinare, Aedan le rispose affermativamente e dopo essersi cambiata d’abiti poterono tornare a muoversi.

Passarono altri due giorni che finalmente i due viaggiatori erano vicini alla strada principale costruita con le pietre, Kari si sentì diversa osservando per la prima volta una carrozza che trasportava un carico di merci, probabilmente sarebbe arrivato a Bosco Ombroso dove i Dunnstone si sarebbero goduti quello che restava della loro città e dei loro beni.

Dopo quattro giorni di viaggio e di silenziose notti passate a piangere, Kari trovò finalmente il coraggio di voltarsi per guardare l’orizzonte che stava dietro di lei: in lontananza riusciva a vedere Bosco Ombroso come un piccolo agglomerato di case grigie immerse negli alti bastioni di pietra.

« Se vuoi possiamo fermarci qualche ora. Possiamo montare un accampamento in mezzo a quelle rocce così da non farci sorprendere nel caso qualche pattuglia dei Dunnstone sia in circolazione. » disse Aedan, Kari si voltò per guardare il cavaliere, anche se non lo diceva, la sua espressione diceva molto della stanchezza che lo affliggeva.

« Da quanto non dormi, Aedan? » chiese Kari.

Il cavaliere fece spallucce. « È davvero così importante? Se sei stanca possiamo fermarci altrimenti proseguiamo. Se continuiamo potremmo arrivare all’Albero degli Impiccati prima di domani. Da lì non ci vorrà molto per raggiungere la Grande Via Imperiale. » propose il cavaliere, ma la ragazza non era stanca visto che ogni notte poteva contare su almeno tre ore di sonno.

« Da quanto non dormi, Aedan? » ripeté una seconda volta.

« Credo da quando abbiamo lasciato Bosco Ombroso. » rispose lui arrendendosi alla volontà della ragazza, non servirono altre parole del cavaliere per convincere Kari di quale fosse la cosa giusta da fare in un momento come quello.

« Stanotte ci fermeremo e sarai tu a riposarti. Io farò la veglia, questo è un ordine, intesi? » disse lei senza possibilità di controbattere in alcun modo quindi il cavaliere fu costretto ad annuire non potendo aggiungere altro.

Distanziarono la strada principale di diversi metri così da non rischiare eventuali incontri con qualcuno di spiacevole e si nascosero in un punto ben riparato dal freddo vento tra alcune formazioni naturali di rocce ed arbusti. Quella sera Aedan cucinò una lepre che aveva catturato nel pomeriggio stesso e la fece arrosto, non avendo posate o altri utensili non c’era molto da fare se non mangiarlo con le mani stesse, Kari non era abituata ma non si fece problemi a seguire quella via “selvaggia”.

Se non fosse stato per il fatto che avesse perso casa, famiglia e tutto quello che la legava al passato, si sarebbe anche divertita.

« Andare ad Altura Silente è la migliore delle opzioni: Drustan Grimalder ci aiuterà a trovare una sistemazione. Una volta che gli avrai detto cosa hanno fatto i Dunnstone sono sicuro che reagirà di conseguenza. » disse Aedan addentando l’ultimo pezzo di carne che era rimasto alla coscia della lepre.

Kari aveva già finito da molto di mangiare visto che si era facilmente riempita. Aveva poi preso l’ultima sorsata di acqua vuotando la borraccia, tuttavia non dovevano essere molto lontani da uno dei corsi d’acqua cristallina delle loro terre.

« Altura Silente è molto lontana. A piedi non ci arriviamo facilmente quindi dobbiamo fare una deviazione e questo potrebbe portarci via molto tempo. » disse Kari osservando le fiamme del fuoco crepitare. Non distolse lo sguardo lasciandosi riscaldare piacevolmente nonostante avesse il mantello di pelliccia rubato. « Caer Londir non è molto distante dalla nostra posizione. Possiamo andare dai cugini di mio padre e chiedere loro delle provviste per qualche giorno e dei cavalli per il viaggio. » disse continuando.

Aedan annuì buttando l’osso appena spolpato nelle fiamme in modo che bruciasse insieme ai legni e al resto che avevano usato per creare il falò. « Casa Londir rientra nell’esercito di Lord Caelum. Sono vassalli e questo significa che ci aiuteranno sicuramente. Fanno parte dell’esercito della tua famiglia e come hanno giurato fedeltà a tuo padre lo faranno anche con te. » disse Aedan.

Kari però non era così emozionata all’idea di un viaggio verso la capitale. Un mese intero lungo le strade principali e la muraglia che separava i regni, quante cose sarebbero cambiate nel frattempo a Bosco Ombroso? Quanto altro potere avrebbero acquisito i Dunnstone? Ora che i Caelum erano stati debellati dalle loro terre, cose impediva loro di conquistare ogni città del nord?

« Sembri preoccupata. Non credi che Altura Silente sia un buon piano? » chiese Aedan direttamente, la ragazza alzò gli occhi incrociando quelli del cavaliere e rimase seria.

« Non sento di dover lasciare le mie terre per così tanto tempo. » a quell’affermazione Aedan alzò il sopracciglio come per invitare la giovane lady a spiegarsi meglio. « Non posso fuggire così lontano. Se sono davvero l’unica Caelum ancora in vita, ad eccezione di mio fratello minore, dovrei fare qualcosa contro il nemico. »

« Che intendi dire? Vorresti iniziare una guerra contro i Dunnstone? » chiese Aedan, il suo tono di voce era piatto quindi non avrebbe criticato qualunque risposta gli fosse stata data, Kari dal canto suo però si sentì incompresa.

« Sono i Dunnstone ad aver iniziato questa guerra. Ci hanno attaccato al cuore e ci hanno sconfitto! Quello che devo fare io è riconquistare quello che ci hanno portato via; lo devo alla mia famiglia e al mio buon nome. Ma soprattutto a mio padre! » disse Kari in risposta. Il cavaliere annuì invitando la ragazza a continuare ad esporre le sue tesi al riguardo.

« Questo è vero. Ma radunare un esercito non è facile, specialmente adesso che Sten Caelum è morto e i Dunnstone proclameranno ogni membro della vostra famiglia come tale. I vassalli del vostro esercito sono sperduti e richiamati per servire un unico vero e nuovo signore: Garrel Dunnstone. »

A quelle parole Kari strinse i pugni ingoiando un boccone amaro di saliva come se fosse veleno liquido. « Proprio per questo non posso fuggire. Devo radunare i vassalli sotto la nostra bandiera. Le casate fedeli a mio padre ci daranno una mano e per iniziare abbiamo bisogno dei Londir. Non conosco la dimensione del loro esercito ma è pur sempre l’inizio di qualcosa. »

Aedan annuì alle parole della propria lady. « Sono felice che tu la pensi così. Non posso essere io a dirti cosa devi fare e credo che tu abbia intenzioni nobili: riprendere ciò che ti è stato portato via. Ma sai bene che una guerra non si vince in pochi mesi. In questo mondo si contano guerre durante per intere generazioni; potresti anche non riuscire a vedere la fine di tutto questo… » disse il cavaliere con tono altrettanto serio, erano avvertimenti di cui Kari era già al corrente, se lo studio storico gli aveva insegnato qualcosa era proprio quello: vincere una battaglia è semplice, vincere la guerra è un’impresa colossale.

« Non voglio entrare in guerra o guidare un esercito per un capriccio. Non è come negli scacchi: se perdo una partita me ne faccio una ragione; qui si tratta di riprendere ciò che mi è stato portato via è infliggere ai Dunnstone la punizione che hanno sempre meritato e che la mia famiglia non ha mai dato. » la ragazza fece una pausa prendendo una boccata d’aria. « Non mi fermerò finché l’ultimo Dunnstone non sarà morto o in una cella talmente tanto lontana dalle sue terre da non riuscire neanche a ricordare le torri di ossidiana di Artiglio del Drago! »

Senza sapere come, Kari si era alzata in piedi presa dalla foga di quel momento in cui si sentiva forte e decisa. Mai prima d’ora si era sentita tanto forte, neanche quando aveva minacciato Volmar qualche mese prima, neanche quando le parole gli avevano fatto capire con chi lui avesse davvero a che fare.

Ancora una volta il cavaliere annuì soddisfatto concedendosi uno sbadiglio per l’eccessiva stanchezza che lo assaliva. « I Londir sono i migliori alleati che abbiamo. Con loro non riusciamo comunque ad eguagliare l’esercito dei Dunnstone ora che hanno inglobato la guarnigione di Bosco Ombroso, ma la voce si spargerà presto e manderemo dei corvi per comunicare la chiamata alle armi. » disse Aedan figurandosi già quello che avrebbero dovuto fare una volta arrivati a Caer Londir, inoltre non c’era da dimenticare il fatto il cugino di Kari fosse il Re di Endymion.

“Questa guerra potrebbe finire persino prima di iniziare se Drustan ci concedesse il suo giudizio contro i Dunnstone. Potrei riavere le mie terre molto prima di quello che mi aspetto.” Pensò Kari continuando a restare in piedi. Un pensiero poi le attraversò la mente ricordandosi la missione di Valdis.

« Valdis era alla ricerca di uno degli Oggetti Divini. La Runa della Guerra potrebbe essere nuovamente perduta se lui è davvero morto. » disse Kari abbassando lo sguardo nelle fiamme, ancora una volta Aedan la fissò provando le sue stesse emozioni.

« Il Signore della Guerra era un combattente eccezionale. Potrebbe essere sopravvissuto all’assalto dei Dunnstone. Sono certo che sia un combattente migliore di Volmar, un titolo del genere non si guadagna di certo con pochi duelli vinti. »

« Voglio diventare più forte di lui! » disse Kari spostando lo sguardo sul proprio cavaliere. « Basta giochi con le spade di legno. Basta scherzare. Feriscimi, tagliami e fammi a pezzi se questo serve a rendermi forte ma voglio essere più brava di Valdis! » continuò lei parlando metaforicamente, Aedan non distolse lo sguardo dalla propria protetta, nei suoi occhi comparve una luce di ammirazione.

« Non sarà facile. Dovremo allenarci ogni giorno, più volte al giorno. Colpire un nemico è facile. Ma batterlo è un’altra storia e se inizieremo una guerra, non puoi aspettarti di certo di restare nel retroscena. Dovrai essere tu a guidare gli eserciti e per farlo, dovrai migliorare tantissimo. »

« Lo voglio! » disse Kari stringendo i pugni, voleva diventare più forte di Valdis, voleva acquistare anche lei il titolo di Signore della Guerra anche se ci sarebbe voluto molto tempo e sacrificio, era determinata a farlo. « E quando mi troverò davanti Volmar mi assicurerò che paghi per tutto quello che ha fatto: lo ucciderò con le mie stesse mani! » disse ancora.

« Domani stesso cominceremo. Mi assicurerò di insegnarti tutto quello che so sul combattimento e sull’uso della spada e al più presto possibile dovremo trovarti un’arma cosa da far pratica seriamente; come dici tu: basta armi di legno. » disse confermando Aedan, i suoi occhi si spostarono poi lateralmente e Kari sapeva già che stava per chiedere qualcosa di indiscreto. « Se posso, credi davvero che Synder e Ingrid siano morti? » disse.

Kari percepì tante emozioni nello stesso istante, una parte di lei sentiva che quella domanda le era stata posta per Synder, il fratello gemello; un’altra parte però si chiese se ci fosse qualcosa più di una semplice amicizia tra Aedan e Ingrid. Non le avevano mai dato quell’impressione ma non era da escludere che potessero vivere una relazione fuori “dagli occhi altrui”.

Tuttavia la ragazza isolò i propri pensieri concentrandosi solo sulla parte che le interessava davvero. « Credo che Synder sia ancora vivo. Quando eravamo al castello non ho sentito nulla che potesse indicarmi che fosse morto. Sono convinta che ce l’abbia fatta e probabilmente anche Ingrid è viva. » rispose lei, il cavaliere annuì silenziosamente senza dimostrare alcuna emozione in merito, Kari quasi sperava che lui aggiungesse altro, ma non era in vena di chiedere specie visto che i suoi sentimenti riguardo i fratelli perduti le stavano riaffiorando nella mente.

« Sarà meglio che faccia un salto al fiume. Abbiamo finito l’acqua e sarà una lunga notte. Tu riposati nel frattempo. » disse Kari dando le spalle al cavaliere, non ebbe il tempo di ribadire che la ragazza si era già allontanata di qualche metro incamminandosi verso il corso d’acqua nelle loro vicinanze.

I suoi pensieri tornarono ancora una volta al fratello gemello: sentiva la sua mancanza come se le era stata strappata una parte di sé ma non la sentiva persa per sempre. Quando Kari arrivò al fiume si mosse con grande difficoltà tra gli arbusti possenti che contornavano il corso d’acqua come una barriera. Si fece strada lentamente aggrappandosi al legno e sentendo l’umido muschio sotto la propria mano, la notte silenziosa appariva in totale armonia calmando i suoi sentimenti di rabbia.

Avvicinò la borraccia di Aedan riempiendola fino all’orlò dell’acqua cristallina, il fiume era talmente tanto splendente da riflettere tutto il cielo stellato sopra di lei. Kari rivolse un’occhiata in alto come mai prima d’ora sentendosi davvero parti di quel mondo. Aveva deciso cosa voleva diventare: voleva essere più forte di Valdis e riprendersi Bosco Ombroso.

Sapeva bene che ci sarebbe voluto molto tempo per farlo, ma avendo solo diciott’anni si disse che aveva tutto quello serve per cominciare una guerra: tempo e pazienza. Le mancava solo la forza armata e avrebbe avuto tutto.

“Te lo giuro, padre: mi riprenderò Bosco Ombroso, sconfiggerò coloro che hanno distrutto e separato la nostra famiglia. Mi assicurerò che ognuno di loro abbia ciò che merita. Per primo Volmar Dunnstone; poi Myrella e quel maiale del loro padre. Tutti gli altri che si metteranno sulla mia strada saranno nostri nemici.” Disse a se stessa Kari, come una sorta di preghiera, la sua era una promessa silenziosa.

Si alzò allontanandosi dal corso d’acqua camminando verso il falò dove aveva lasciato Aedan quando un dolore acuto e bruciante le avvolse il braccio. Kari fu costretta ad arrestarsi arrancando per il dolore, si scoprì la manica pensando che qualche animale del fiume l’avesse morsa ma non c’era nulla, nessuna ferita.

Ancora il bruciore tornò a farsi sentire, come se le stessero tagliando la pelle, non trovò subito una spiegazione finché il dolore non terminò quando gli aloni rossi fecero la loro comparsa lungo l’avambraccio, segni perfetti che non era stati fatti sulla sua pelle.

“Vivo” disse Kari leggendo la parola che le era comparsa, i segni erano piuttosto chiari e solo allora la ragazza capì che era stato Synder a farlo, probabilmente incidendosi sulla pelle la scritta affinché potesse comunicare alla sorella che stava bene.

La ragazza sorrise senza volerlo stringendosi l’avambraccio come se fosse la cosa più preziosa di questo mondo, sentendosi fortificata da quella certezza: Synder stava bene. « Fratello te lo giuro: ti troverò! » disse come se potesse parlare con lui, di tutta risposta la ragazza fece la stessa cosa: estrasse il pugnale che le era stato donato dal padre e incise la stessa parola sull’altro avambraccio affinché potesse comparire la risposta.

Le fece male e la vista del sangue le fece rimbalzare la lepre nello stomaco, ma si fece forte stringendo i denti e soffrendo in muto silenzio. Piccole incisioni che sarebbero comparse anche a Synder.

Piena di sicurezza e speranza, Kari tornò di corsa da Aedan volendogli comunicare la buona notizia, dopo cinque giorni che aveva lasciato Bosco Ombroso aveva finalmente la certezza di non essere la sola sopravvissuta all’assalto.

Quando tornò al falò la ragazza trovò Aedan già addormentato, era rimasto seduto con le gambe e le braccia incrociate, indossando solo le proprie vesti da cavaliere. La ragazza non se la sentì di svegliarlo e interromperlo visto che sembrava davvero sereno ora che si stava finalmente riposando. Si avvicinò con il mantello stretto nella mano, si mise a sedere al fianco del cavaliere e mise sulle sue spalle la grande pelliccia coprendo il ragazzo che neanche sussultò.

« Non sono sicura che le cose andranno bene. Ma ho dei buoni presupposti al riguardo. » sussurrò Kari appoggiandosi poi alla sua spalla con la testa e ascoltando il ronzio che emetteva Aedan.

Aveva già toccato il fondo, c’era quindi solo una direzione che poteva seguire e puntava alle stelle.

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Capitolo 30
*** 30. Astrid - ...Colui che saluta la morte ***


{Astrid}

30.

…Colui che sorride alla morte.

 

Il giovane Osservatore rimase pietrificato dalla scena che stava vivendo: non solo Neferi era un traditore e un assassino visto che aveva ucciso Agis probabilmente senza sentire rimorso. C’erano altre persone negli Osservatori dell’Abisso che tramavano contro le alte gerarchie, lo Studioso era uno di quelli.

« Allontanatevi dal Varco prima che io sia costretto a farvi del male! » disse Astrid puntando la spada contro i due Osservatori nemici, il mago non sembrò neanche sentirlo visto il suo stato di trance dovuto alla connessione spirituale col Varco.

« Provaci pure. Renderesti tutto superfluo. Ormai il Varco è attivo e tra meno di un’ora la Cattedrale verrà rasa al suolo e ogni Osservatore verrà ucciso nell’esplosione oscura che questo evento genererà. » disse lo Studioso guardando con sfida gli occhi di Astrid, il ragazzo non resistette più, fece per correre in avanti quando lo stesso Studioso allungò una mano facendola brillare.

Un piccolo cerchio comparve attorno all’arto e cominciò a ruotare mostrando alcune rune, quando quella strana magia si fermò anche Astrid sentì il proprio corpo irrigidirsi. Sentiva un potente flusso di magia intorno a sé, penetrava fino alle ossa e stringeva talmente tanto forte da fargli provare dolore al minimo movimento. Il giovane ragazzo fu costretto a fermarsi mentre Neferi gli si avvicinava con fare minaccioso, non per ucciderlo però visto che non erano quelle le intenzioni dello Studioso.

« Come hai potuto tradirci, Neferi? Sei un viscido verme! » disse Astrid stringendo i denti per la rabbia, il ragazzo scuro gli fu ormai vicino, incrociò le braccia e ancora una volta Astrid si soffermò sul sangue del tirapugni indossato dal ragazzo. « Come hai potuto uccidere Agis dopo tutto questo tempo!? » chiese ancora.

Neferi parve immobilizzarsi a quell’accusa, i suoi occhi rivelavano la chiara verità e distolse lo sguardo. « Non sarebbe dovuto morire. Non doveva neanche trovarsi con me quando sono sceso alle segrete per liberare il mago. » non provò a cercare scuse e Astrid sentì quasi una sensazione di liberazione sapendo che Neferi era davvero l’omicida di Agis.

« Era un tuo amico! » urlò Astrid carico di rabbia.

« Non pensare che non lo sapessi! Agis non sarebbe dovuto essere con me. L’ho incontrato per un puro caso e quando ha insistito per scendere con me nelle segrete ho cercato fino all’ultimo di fargli cambiasse idea. Ma avevo un compito, » disse guardando alle proprie spalle e rivolgendo al mago libero. « ho scortato il mago fuori dalla prigione e quando abbiamo ucciso gli altri due gli ho dato la possibilità di arrendersi e di lasciarci passare ma ha insistito. Ha cercato di combattere e sapevo che se l’avessi lasciato vivere non saremmo potuti arrivare qui. »

Ancora una volta Astrid provò fitte di dolore in tutto il corpo, aveva cercato di muovere il braccio per dare un pugno in piena faccia dell’altro e questo gli aveva fatto subire l’effetto della magia costringendolo nuovamente al restare fermo. « Mi hai fatto tante storie perché a Fossa Profonda avevo cercato aiuto in una spia. Eri offeso a morte con me per la relazione che ho con Caius… fin quanto le tue azione sono da ritenersi migliori delle mie? » chiese Astrid parlando con rabbia nella voce, Neferi chinò il viso senza guardare lo Studioso che si godeva la scena in silenzio.

« Perché tu sei sempre stato parte del nostro grande piano. Fino all’ultimo speravo di riuscire a convincerti che il Varco è un limite ai domini degli uomini. Che il mondo degli spiriti oscuri e quello degli umani sono la stessa cosa e non serve questa barriera. » spiegò Neferi senza alzare il volto. « Ma le tue azioni e il tuo modo di vivere mi hanno fatto capire che non ci sarà mai la possibilità di farti aprire gli occhi. Inoltre sono sempre più convinto che saresti un anello debole nella nostra catena. »

« Così far catturare quel mago era tutto un piano; un modo per farlo entrare qui nella Cattedrale marmorea e distruggere il Varco. Ma perché proprio un Piromane? » chiese Astrid, Neferi stesso però non seppe rispondere a quella domanda e a tal proposito intervenne lo Studioso facendosi avanti.

La sua figura uscì dall’ombra che stava pervadendo la sala mostrandone quindi i tratti del volto: occhi e capelli grigiastri facevano pensare che fosse molto più vecchio della sua età, ma il viso era pulito e probabilmente aveva una decina d’anni in più; Astrid pensò che fosse il costo della sua magia e per questo si spiegò anche le mani completamente bruciate che scendevano lungo i fianchi mantenendo il costante controllo della magia.

« Intere ere orsono, gli elfi combatterono al fianco degli umani contro i Cavalieri Neri per liberare il continente dalla minaccia dell’eterna oscurità. Quando l’esercito oscuro venne finalmente sconfitto, venne confinato in una dimensione oscura creata unicamente grazie alla magia degli elfi. Tuttavia, ci si accorse che nonostante i numerosi e potenti incantesimi lanciati, i Cavalieri trovavano sempre il modo di oltrepassare il Varco, per questo la guerra si protrasse per alcuni anni ancora. » lo Studioso fece una pausa avvicinandosi alla balaustra di pietra e indicando il Varco i cui colori venivano mischiati e muovendosi come se fossero vivi.

« Il Varco era fatto di luce, ma l’oscurità dei Cavalieri Neri era più forte. Così si decise una nuova linea d’azione: anziché usare il fuoco e la luce per sigillare l’ingresso, venne utilizzata l’arcana via del gelo. In pratica: il Varco è il risultato del fuoco intrappolato in cristalli di ghiaccio formati da potenti incantesimi creati dal Circolo della Stregoneria. » concluse lo Studioso, Astrid tirò da solo le somme di quello che gli era appena stato detto come se fosse una grande rivelazione.

« Quindi un mago del fuoco può distruggere il Varco usando incantesimi che si sovrappongano a quelli antichi. » disse l’Osservatore e lo Studioso annuì soddisfatto di essere stato capito dal giovane ragazzo. “Ghiaccio e cristallo. E se fosse in qualche modo collegato a me?” pensò riflettendo su tutte le volte che non si era accorto dei movimenti del Varco e delle vibrazioni.

Neferi rimase al fianco di Astrid mentre il ragazzo rifletteva su tutto quello che era successo alla Cattedrale in quei mesi, stava cominciando a sentirsi in qualche modo responsabile. Se non aveva visto i segni allora era colpa sua se il Varco era talmente tanto instabile? I suoi sensi di colpa di rifletterono nella sua espressione.

« Non ti crucciare, Astrid. Non potevi fare nulla per fermarci, la ruota ormai è messa in circolo e presto il mondo rivedrà la comparsa dei Cavalieri Neri e del loro oscuro comandante. » disse lo Studioso, tuttavia il ragazzo non si poteva dare pace, strinse i pugni cercando di muoversi ancora ma il dolore era troppo forte.

Se solo fosse riuscito a liberarsi da quella magia avrebbe potuto fermare il mago che stava violando il Varco. « Perché? Questo è ben oltre qualunque credo religioso o fanatismo. Qual è lo scopo della riapertura del Varco? Il mondo verrà inghiottito dall’oscurità. » chiese Astrid cercando nuove rispondere, ancora una volta lo Studioso si preoccupò di fornire la spiegazione.

« Alcuni dei più antichi testi elfici che io stesso ho tradotto parlavano dell’incarnazione di una potente divinità che guidava l’esercito dei Cavalieri Neri. » cominciò parlando lentamente. « Gli elfi antichi veneravano solo tre divinità a differenza nostra; il primo era il Tempo, una possente entità capace di osservare le ere scorrere come secondi di una clessidra. Il secondo dio era chiamato Fato, egli era considerato come un solo individuo ma la maggior parte degli elfi erano soliti pregarlo come se fossero tre mezze-dee che erano in grado di creare ed orchestrare i fili intrecciati del destino. » fece una nuova pausa e prima di continuare si avvicinò di alcuni passi ad Astrid dando da essergli ormai vicino. « L’ultimo dio è la Morte, fiero cavaliere che vestiva di un’armatura di diamanti anneriti, un essere che dava e toglieva la vita, colui che avrebbe iniziato il mondo a quella che era la fine di tutte le cose. »

« Un Cavaliere Nero sarebbe la Morte? Questa è una completa idiozia! Non ci sono dei o divinità, non esiste nulla al di sopra di noi! » disse Astrid cercando di sventare quella follia, stando alle leggende degli elfi però sembrava una spiegazione a quello che era accaduto secoli fa durante l’Era Oscura.

Neferi si offese visto che quello in cui credeva era stato ridicolizzato da Astrid, il ragazzo scuro si mosse al fianco dell’Osservatore sferrandogli un pugno in pieno viso col tirapugni.

Astrid sentì la pelle strapparglisi dal viso con forza, il dolore che provò era tale da aver reso sordo, sentiva soltanto un fischio acuto e sentiva di perdere conoscenza. Il sangue gli colò dalla bocca che aveva spalancato perdendo sensibilità alla mandibola.

« Così impari figlio di puttana! » disse Neferi dopo qualche minuto, senza sapere come Astrid si trovò disteso a terra, non sentiva più la morsa della magia su di lui.

« Non c’è onore nel colpire chi è senza armi e impossibilitato ai movimenti. Mi chiedo cosa vi abbia insegnato il vostro mentore! » disse lo Studioso, dal tono che aveva usato sembrava piuttosto disgustato e arrabbiato con Neferi ma era chiaro anche che le sue attenzioni erano rivolte al Varco.

« Vi… fermerò… » disse Astrid ritornando a percepire il mondo intorno a sé, sentiva il sangue scorrergli nella parte destra del viso, rivoli che gli colavano dalle tempie e alla guancia facendogli il solletico, provò a farsi forza sulle braccia per tornare in piedi.

« Vedi Astrid, per quanto tu possa essere forte e avere buona volontà non potrai fermarci. Il nostro ordine crede nella liberazione dei Cavalieri Neri per impossessarsi del potere della vita e della morte. Pensa quale dono sarebbe ricevere la benedizione della Morte. Un potere superiore persino agli Oggetti Divini; potremmo davvero cambiare le cose e portare la vera pace ma per farlo dobbiamo fare dei sacrifici e lasciare certe cose alle spalle. » disse lo Studioso convinto della propria teoria. Astid ascoltò nuovamente capendo che c’era molto di più del fanatismo nelle parole dell’uomo e della dottrina di quell’ordine.

« Siete solo dei figli di puttana! » disse il ragazzo tornando finalmente in piedi e prendendo percezioni della sala, ancora una volta però Neferi sferrò un pugno che prese il ragazzo in pieno viso facendolo cadere indietro.

« Avanti flagello, fammi vedere di cosa sei capace! » disse il ragazzo scuro sfidando ufficialmente Astrid, il giovane Osservatore provava talmente tanto dolore alla testa da non rendersi neanche conto di essersi messo subito in piedi.

Il sangue gli colava persino sugli occhi facendogli vedere uno strato di nebbia rossa che lo rendeva furioso. « Giuro che ti apro in due! » urlò il ragazzo stringendo la propria spada e lanciandosi contro quello che era il vecchio compagno di squadra.

Astrid sferrò un colpo veloce con l’arma e Neferi lo parò col dorso della propria mano protetto ovviamente dalla sua arma, nuovamente cercò di colpirlo con un pugno ma stavolta il ragazzo fu più veloce ed evitò il colpo; nonostante la sua agilità Neferi era un osso duro da abbattere.

Il ragazzo scuro strinse la punta della spada in modo da limitare i movimenti di Astrid che però fu più furbo: sferrò un calcio con tutta la forza costringendo Neferi ad indietreggiare lasciando quindi la spada, fu il momento più opportuno per sferrare un altro colpo di spada che il nemico evitò con fortuna sbattendo nella balaustra e rischiando di cadere di sotto.

Astrid si guardò indietro osservando lo Studioso e il mago, il primo non sembrava minimamente interessato al combattimento, anzi, probabilmente era il modo migliore per perdere tempo.

Il ragazzo non si lasciò trattenere ancora a lungo, il suo bersaglio diventò proprio lo Studioso ma quella distrazione gli costò quasi la vita quando Neferi gli si lanciò addosso, Astrid si spostò di lato evitando i colpi del nemico e sferrando altri fendenti con la spada che ancora una volta vennero bloccati dal nemico che si trovò faccia a faccia con il ragazzo.

« Non pensare minimamente di aver finito con me. Smettiamola di giocare e facciamo sul serio. » disse Neferi, il suo viso era vicino a quello di Astrid che ne approfittò per giocare sporco: caricò una testata colpendo in pieno il naso del ragazzo scuro rompendogli l’osso e facendolo sanguinare.

Il ragazzo fu costretto a lasciare la presa sulla spada indietreggiando fino alla balaustra e ancora una volta Astrid cercò di ucciderlo con un affondo; nonostante le sue difficoltà, Neferi riuscì ed evitare il colpo per poi aggrapparsi alla corazza del ragazzo e spingendosi indietro così da cadere nel piano di sotto.

Astrid cercò invano di resistere ma fu trascinato insieme a Neferi sbattendo la schiena sul pavimento; preso dall’adrenalina però si rialzò subito cercando la propria spada, il sangue gli era finito negli occhi e bruciava da morire.

« Non riuscirai a battermi! » urlò Neferi, si era distanziato di qualche metro a giudicare dal tono della sua voce, Astrid cercò di mantenere la concentrazione e si stropicciò gli occhi nel tentativo di togliersi il sangue. Neferi aveva incoccato una freccia.

Senza pensare si spinse di lato non appena avvertì il fischio della freccia cadendo proprio sulla sua spada, la prese per il manico e corse mentre cercava di alzarsi sferrando un colpo quando fu alla giusta distanza da Neferi che fece in tempo ad incoccare una seconda freccia ma sparandola senza un bersaglio nel mirino.

« Ti ho sempre trovato un tipo che pensava solo a blaterare e credo proprio di avere avuto sempre ragione! » disse Astrid in balia della fatica, il suo fendente era stato bloccato dalla corazza di Neferi che non aveva fatto in tempo a pararsi.

Il colpo di spada aveva spezzato la cotta di maglia che proteggeva il fianco del ragazzo infilzandosi quindi tra le costole. Il sangue cominciò a riversarsi fuori dalla ferita tingendo la lama di rosso; Neferi lasciò andare l’arco facendolo cadere a terra e con entrambe le mani liberare afferrò la spada nel tentativo di impedirgli di avanzare prima che fosse segato in due.

« Bastardo! » urlò il ragazzo scuro di pelle, i suoi occhi balzarono velocemente verso lo Studioso con l’intento di chiedere aiuto ma il suo orgoglio non glielo permise.

Neferi mosse un braccio affinché potesse colpire nuovamente in faccia Astrid, il ragazzo però non volle ricevere il colpo costringendosi quindi a separarsi dall’Osservatore traditore sfilando via la spada con un movimento veloce e non letale come avrebbe voluto, Neferi stava ancora in piedi davanti a lui.

Astrid stava pensando di colpire nuovamente il vecchio amico quando il Varco riprese a tremare proprio come aveva fatto prima; il ragazzo spostò lo sguardo verso il mago notando che l’aura rossastra sembrava essersi addensata, questo spinse l’Osservatore a rivedere le sue priorità e nonostante avrebbe voluto eliminare Neferi dovette cercare un modo per sfuggire allo scontro.

Cominciò a correre verso la parete cercando di calcolare i tempi per il salto così da raggiungere la balaustra e subito Neferi capì ciò che voleva fare l’altro: fece la stessa cosa ma dal lato opposto della sala per arrivare prima del ragazzo.

Tuttavia nonostante Astrid fosse in condizioni fisiche migliori rispetto all’ultimo colpo inflitto, era rallentato nei suoi movimenti dai due colpi ricevuti prima alla testa. Fece un salto aggrappandosi alla parte inferiore della balaustra spingendosi con forza verso l’alto, con suo stupore vide qualcuno allungare la mano verso di lui e alzando gli occhi vide Ongor e Caius che gli tendevano le braccia così da sollevarlo.

Astrid non ebbe modo di parlare che i due lo caricarono di peso sopra la balconata tirandolo verso di loro. « Come avete fatto a passare? Il corridoio era inghiottito dalle fiamme! » chiese Astrid sconvolto dal ritrovare i propri amici nella sala.

Caius sapeva bene che Astrid non aveva aspettato i rinforzi e si era gettato oltre le fiamme senza pensarci; Ongor rispose invece per quello che avevano fatto loro due: « Probabilmente come hai fatto tu, usando le scale! » disse Ongor indicando il secondo passaggio, Astird non aveva pensato di utilizzare l’altra scalinata, ci avrebbe impiegato troppo tempo per fare il giro della Cattedrale e proprio grazie a questo motivo era arrivato per primo.

« Che cazzo sta succedendo!? » chiese Caius quando Astrid si trovò finalmente in piedi al suo fianco, il ragazzo ebbe l’impulso di abbracciare il suo salvatore ma si contenne visto che erano ancora in mezzo alla battaglia. L’Osservatore indicò i due traditori.

« Neferi e lo Studioso fanno parte di una specie di ordine. Sono in collaborazione con i Piromani; vogliono riaprire il Varco! Devo fermare il mago altrimenti non avremo speranze, voi due toglietemi di mezzo gli altri due! » disse in risposta, entrambi gli Osservatori annuirono sbigottiti dinnanzi alla rivelazione del tradimento del loro vecchio compagno di squadra.

I tre ragazzi si separarono camminando lungo la passerella e tenendo impegnati i rispettivi bersagli: Caius entrò nello scontro contro Neferi che cercò in tutti i modi di rallentare Astrid ma quello passò oltre insieme all’amico più robusto. Ongor corse velocemente per lottare con lo Studioso mago tenendo la propria ascia davanti al viso insieme ad uno scudo per cercare di difendersi da eventuali magie che gli sarebbero state lanciate contro.

Astrid si trovò quindi direttamente ai piedi del Piromane che abbassò gli occhi. « Te l’avevamo detto, Osservatore. La fine sta per avvicinarsi, una volta che il Varco sarà aperto, il Prescelto della luce sarà rivelato e verrà a noi per liberare il mondo dalle tenebre e portare le sue fiamme in tutta Endymion. » disse il mago spostandosi leggermente col corpo, restava ancora sollevato ad alcuni metri da terra sempre vicino alla balaustra così da mantenere il collegamento spirituale col il Varco alle sue spalle.

Astrid impugnò l’elsa della spada con entrambe le mani così da minacciare il mago. « È per questo che voi Piromani siete in combutta con questo nuovo ordine? Mi dispiace dirtelo ma nessun Prescelto a portare le sue fiamme al mondo. » disse l’Osservatore, era pronto per scattare ma decise di avvicinarsi lentamente al mago. Quello fece un mezzo sorriso.

« Poco importa quello che credi. Perché sarai il primo a morire tra le fiamme ardenti in sacrificio alla Fiamma Divina! » urlò in risposta il mago; mosse le sue mani con un movimento quasi danzante e spinse le braccia in avanti.

Lingue di fuoco comparvero intorno alle braccia del ragazzo inghiottendole completamente in una spirale fiammeggiante, non appena quello chiuse le mani stringendo i pugni, le fiamme si mossero da sole convergendosi in Astrid nel tentativo di bruciarlo vivo: chiunque sarebbe morto incenerito vista la forza distruttiva dell’incantesimo ma Astrid non ne fu scalpito.

Le fiamme lo abbracciarono senza ferirlo, facendogli provare una sensazione di potere mai sentita prima d’ora. Era la prima vera volta che veniva attorniato dal fuoco sentendo una strana sensazione di controllo: come se potesse decidere lui stesso come muovere le fiamme controllando quella magia.

Con un movimento veloce della spada, le fiamme si dissiparono sotto il controllo di Astrid che le spense del tutto uscendo dalla voragine di fuoco senza alcun danno, i suoi vestiti stavano ancora bruciando e tutta la parte di stoffa era praticamente cenere, persino i pezzi di armatura erano talmente incandescenti che Astrid ne sentiva lo sfrigolare sulla propria pelle come carne sulla brace.

« Ma questo non è possibile! Dovresti essere morto! » urlò il mago con disappunto mentre l’Osservatore si avvicinava a lui con la spada rovente, se le fiamme fossero state poco più forti probabilmente il metallo si sarebbe completamente liquefatto per il forte calore avvertito dal giovane.

« Hai ragione. Ma io non sono un semplice Osservatore dell’Abisso. Sono Astrid e sono un fottuto guerriero. » disse Astrid in risposta al mago, camminando arrivò davanti al mago la cui disattenzione lo aveva fatto scendere dalla sua elevazione, tanto bastava per essere colpito

« Tu sei il Prescelto della luce! » disse il mago capendo la verità, i suoi occhi sbarrati facevano già presagire l’imminente morte; Astrid non attese un secondo di più infilzando la spada dentro il petto del mago distruggendone le ossa e fondendo qualunque organo ci fosse sulla sua strada trapassandolo di netto.

« Credi quello che vuoi ma non importa, non ti servirà dove stai per andare. » rispose il ragazzo sussurrandolo all’orecchio del mago, tuttavia quello era ormai morto generando una puzza che fece storcere il naso all’Osservatore che si separò di netto.

La sua spada aveva subito delle deformazioni e la sua lama era ondulante visto che l’aveva infilzata mentre era ancora debole. Tuttavia la morte del mago interruppe il processo di apertura del Varco, non prima però che qualcosa ne fuoriuscisse.

La stanza venne immersa nella luce per un breve attimo, poi un rumore metallico echeggiò all’interno della Sala dell’Abisso e numerose increspature comparvero sulla superfice di cristallo del Varco che divenne nuovamente immobile tingendosi però di una luce nera trapuntata di punti bianchi e splendenti.

Una figura ricoperta da un alone nero era atterrata nel fondo della sala al piano inferiore, Astrid la osservò stranito cercando di vedere oltre il fumo che quella emetteva ma non ne ebbe ulteriore possibilità: sia lo Studioso che Neferi comparvero al fianco della figura e scomparvero grazie a una delle magie dell’Osservatore.

“Maledizione, sono fuggiti!” urlò Astrid dentro di sé, a quel punto le sue attenzioni vennero richiamate Caius che aveva subito leggeri colpi per via dei tirapugni, aveva un grande livido in fronte ma nulla di grave. « Stai bene! »

I due evitarono di abbracciarsi visto che l’armatura di Astrid stava ancora fondendo, si limitarono a guardarsi negli occhi e fu più di mille parole. Quando Astrid cercò con lo sguardo Ongor lo vide steso a terra, apparentemente morto. Caius si lanciò subito in aiuto dell’amico lasciando quindi il compagno, Astrid cercò di avanzare ma lo scontro era stato troppo stressante e non resistette oltre: sentì le gambe cedere e ben presto si trovò a terra svenuto.

Quando il ragazzo riaprì gli occhi, si trovava steso nel proprio letto, riconobbe la stanza ovviamente e i suoi abiti in una sedia con una grande palla di pelo bianca e grigia che riposava sopra. « Accidenti non dirmi che sei rimasto qui per me… »  disse Astrid appena sveglio rivolgendosi al gatto, qualcosa al suo fianco si mosse e il ragazzo si voltò trovando il proprio compagno di squadra.

« Certo, pensavi che me ne sarei andato? » chiese Caius spingendosi addosso al compagno, gli prese il viso tra le mani ricercando le sue labbra per dargli un bacio intenso. « Sono felice che ti sia risvegliato, cominciavo a temere il peggio. » disse il ragazzo quando si separò dal dolce bacio, Astrid quasi sentì il fiato mozzarglisi quando il compagno si era staccato da lui.

« Che cosa è successo? » chiese.

« Neferi ti aveva dato delle gran botte in testa! Hai perso molto sangue e quando la battaglia è finita sei crollato. Almeno questo è quello che ho capito. Un giorno di sano riposo dovrebbe averti messo in sesto, a sentire il guaritore. » rispose Caius, Astris in effetti si sentiva molto meglio, si mise a sedere sul letto rabbrividendo, nonostante avesse degli abiti per la notte sentiva comunque parecchio freddo entrargli fino alle ossa.

« Neferi e lo Studioso sono fuggiti con quella… cosa che è uscita dal Varco. » disse Astrid a mo’ di conferma. Caius annuì e il sorriso scomparve dal suo volto diventando serio.

« Dove aver portato Ongor e te in infermeria ho riferito all’Alto-comandante. Non possiamo far altro che fare ipotesi su quello che è uscito; voleva parlare con te non appena ti saresti ripreso. Ma credo di potermi permettere ancora un paio di ore con l’Osservatore che ha salvato la Cattedrale! » continuò Caius con sguardo fiero, la sua felicità riuscì a strappare un sorriso anche ad Astrid nonostante la gravità della situazione.

« Ongor? Che cosa gli è successo? » chiese il ragazzo interessandosi alle condizioni dell’amico, era convinto che fosse morto, lo aveva visto steso e privo di sensi e lo Studioso sembrava conoscere incantesimi molto potenti.

« Non lo sappiamo. Sembra essere stato colpito da una magia potente e adesso è come in stato di coma. Ne sapremo di più tra qualche giorno monitorando le sue condizioni. Ma sono convinto che ce la farà, è un tipo tosto! » continuò Caius mordendosi le labbra e guardando un punto vuoto nel pavimento, l’altro Osservatore chiuse gli occhi sperando.

« Sono contento che almeno tu stia bene. Non avrei potuto sopportare di perdere anche te. Agis… » balbettò Astrid, ma dalla tetra luce che comparve negli occhi di Caius era chiaro che avessero già scoperto il suo corpo nelle prigioni. « È stato Neferi. Me lo ha confermato lui stesso. » continuò Astrid, l’altro continuò ad annuire e sospirò pesantemente.

« Sì, lo immaginavamo. Mi chiedo che cosa abbia portato due Osservatori al tradire la loro confraternita ma davvero non riesco a trovare una risposta. L’importante comunque è che stiamo bene io e tu. Agis avrebbe voluto che non ci soffermassimo sul suo ricordo. » disse ancora Caius e Astrid fu pienamente d’accordo con lui.

Si spostò quindi dalla sua posizione in modo da mettersi seduto al fianco di Caius nel letto. « Non ci si annoia mai qui eh? » chiese Astrid cercando di fare del sarcasmo per spezzare la tensione tra i due, ma non era solito farlo quindi il suo tentativo risulto parecchio impacciato e fu notato ma comunque assecondato.

« No, decisamente. » si limitò a rispondere Caius con un largo sorriso cercando la mano del ragazzo amato e stringendola con affetto, la stretta fu ricambiata con lo stesso sorriso da Astrid.

Diverse ore più tardi prima del tramonto, Astrid era nuovamente all’interno della propria camera preparando la borsa da viaggio per la lunga avventura che lo aspettava insieme a Caius. Ora più che mai era importante chiedere aiuto al Circolo della Stregoneria; il ragazzo aveva avuto modo di andare nell’ufficio dell’Alto-comandante: Bradan aveva espresso il timore che Astrid non fosse pronto per partire viste che le sue lesione erano molto gravi, tuttavia il ragazzo insistette per non volersi separare da Caius.

« Siete stato voi e Adalvin a consigliare un momentaneo effettivamente allontanamento dalla Cattedrale; inoltre io era là proprio mentre lo Studioso e il Piromane stavano cercando di distruggere il Varco. »  non furono necessari altri preamboli prima che Bradan confermasse la missione dando il permesso ad Astrid di lasciare la Cattedrale quella sera stessa.

Successivamente Astrid era andato nella Sala dell’Abisso per vederne le condizioni: sembrava tutto normale, come se la battaglia del giorno precedente non ci fosse stata eccetto che il colore del Varco era rimasto immobile di quel profondo nero trapuntato da quei punti bianchi che, a seconda di come Astrid si spostava per la passerella, sembravano fissarlo come se fossero occhi.

« Di sicuro ci saranno conseguenze per quello che è successo. Non possiamo concentrarci sulla caccia ad Aster e Neferi in questo momento, il Varco ha la nostra massima priorità e nessun altro Osservatore deve assentarsi dalla Cattedrale. Dobbiamo scoprire se ci sono ancora spie all’interno. » disse Adalvin quando fu raggiunto dal proprio allievo, Astrid mostrò la stessa preoccupazione ed era pienamente convinto che avrebbe scoperto un’eventuale spia.

Aster era il nome che Astrid scoprì appartenere allo Studioso. Subito dopo aver controllato le condizioni del Varco, il giovane Osservatore era andato in infermeria per un ultimo controllo ma soprattutto per sapere delle condizioni di Ongor.

« Credo sia magia; sembra stabile. È come se fosse semplicemente… addormentato! » aveva detto il guaritore, era un Osservatore talmente tanto vecchio che spesso raccontava a chi lo veniva a trovare del precedente Alto-comandante. « In tutti i miei anni non ho mai visto una cosa del genere. Il tuo amico è forte però e non morirà, riusciremo ad aiutarlo. » anche il vecchio guaritore aveva detto le stesse parole di Caius.

Ma Astrid sapeva bene che Ongor era forte, non c’era bisogno che qualcuno glielo confermasse. Salutò quindi l’amico allontanandosi così da tornare nella propria stanza cercando di darsi pace per quello che era successo e il suo “fallimento”.

« Tutto bene? » chiese Caius quando i due si incontrarono alle scuderie, due cavalli erano stati già preparati per loro e il ragazzo aveva già posizionato la propria da viaggio sul cavallo. Si avvicinò ad Astrid prendendolo per i fianchi ed aiutandolo a salire sul destriero non curandosi del fatto che intorno a loro altri Osservatori li stavano fissando già da un po’.

« Sto bene, non c’è bisogno di aiutarmi. Non ho mica una menomazione alle mani! » disse Astrid infastidito, Caius sembrò non dargli ascoltò e osservò meglio le ferite del viso che però erano coperte dalle garze e dalle bende.

« Nulla che non si possa riparare, resti comunque un bel vedere anche così. » disse Caius sottovoce, mordicchiandosi le labbra con fare seducente e facendo lo spavaldo; questo fece ridacchiare Astrid che in rare occasioni dava corda al giovane in momenti come quello, dal solo sguardo poteva intuire un forte desiderio.

« Sali sul cavallo. Sull’animale. » disse tagliando corto prendendo le redini del suo cavallo, si spinse mettendosi poi comodo sopra la sella e tenendosi pronto per partire. Caius fece lo stesso movimento continuando a ridacchiare ed entrambi si spostarono verso il cancello principale in fase di apertura.

« Dunque ci siamo. Il grande viaggio, tra qualche mese torneremo con la soluzione per ripristinare il Varco, sempre se ci sarà ancora una Cattedrale nel quale fare ritorno. » disse Caius col volto scuro, potevano accadere molte cose in quei mesi di assenza. « Quindi da che parte si va? » chiese infine il ragazzo.

Astrid si voltò verso destra indicando la lontana linea dell’orizzonte dove il sole stava tramontando oltre le montagne e le estese valli di quelle terre gelate. « Ad ovest. » 





Angolo Autore:
Finalmente giunti al capitolo conclusivo^^ Lo so, magari un po' inaspettato magari era chiaro che finisse così ma tutte le cose belle devono finire ^^
Spero che vi sia piaciuto leggere questa piccola storiella, mi piacerebbe molto sentire i vostri pareri e le vostre opinioni così da valutare se pubblicare o meno (al momento giusto) i successivi capitolo del secondo volume (visto che siete stati molto silenziosi!! u.u); mi piacerebbe molto sapere anche se ci sono stati momenti che vi hanno tenuto col fiato sospeso e se ci sono stati eventi facili da prevedere o se c'erano cose che non vi sono piaciute.
A presto (spero)

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