Crocifissa Musacchia e la Dama del Lignaggio

di JeremyGender
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. Dove tre ragazzi entrano in una stanza chiusa ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. Dove basta lo sguardo di un Ovinnik per farti rabbrividire ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. Dove è difficile anche far colazione senza essere disturbati ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. Dove nei bagni scorrono fiumi di sangue ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. Dove le mattinate sono movimentate ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. Dove le tragedie si trasformano in dolci opportunità ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. Dove si temono i fantasmi ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. Dove nelle cucine fai incontri che non ti aspetti ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. Dove anche i posti più tranquilli nascondono delle insidie ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. Dove ti lasciano messaggi inaspettati ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. Dove il succo di mirtillo fa la differenza tra euforia e follia ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. Dove basta un incantesimo per farti viaggiare ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. Dove le visite ai parenti noiosi si possono rivelare molto utili ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. Dove hai accesso alla Palermo segreta ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. Dove ritorni a Roccadia anche se ti sembra diversa. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. Dove tre ragazzi entrano in una stanza chiusa ***


Capitolo 1. Dove tre ragazzi entrano in una stanza chiusa

Lo scatto della serratura fu quasi impercettibile. 
Una figura sinuosa aprì silenziosamente la finestra ed entrò con eleganza nella stanza senza fare alcun rumore.
Nonostante la luna brillasse fuori dalle mura del castello, le spesse tende le impedivano di far penetrare i suoi candidi raggi nella stanza, così, una volta chiusa la finestra l’intruso si assicurò di far piombare la stanza nuovamente del buio prima di andare a tentoni alla ricerca della porta.
Tastò la sua testa fino a quando sfilò una forcina. Una ciocca di capelli neri e lisci le scivolò sul volto accarezzandole il naso.
 Armeggiò la porta fino a quando, con un sonoro click, tutte le serrature scattarono all’unisono.
Una volta aperta la porta altre due figure entrarono nella stanza prima di richiuderla in fretta, stando attenti ad evitare anche il minimo cigolio. Una di loro, con la bacchetta spianata, recitò un incantesimo non verbale. Un drappo nero comparì per magia davanti a tutti i ritratti che sonnecchiavano tranquilli e, solo dopo essersi assicurata che tutti fossero coperti, ne recitò un altro che fece spuntare, dalla punta della sua bacchetta, una luce, prima lieve e poi sempre più potente, che illumino la stanza.
Si trattava di un ufficio. La scrivania, di fronte l’entrata, traboccava di pergamene e antichi libri, un orologio a pendolo segnava l’ora, le 3:23 e varie librerie e bancali erano stipati dei più strani oggetti.
‘Jubula tu cerca nella scrivania, Lophostrix tu dentro quelle casse.’ a parlare, a bassa voce, era l’unico ragazzo.
Le tre figure si divisero e iniziarono a cercare fino a quando, il primo intruso, che corrispondeva al nome di Lophostrix, alzò una pergamena facendo subito bloccare gli altri due.
Si avvicinarono alla ragazza ancora china su una cassapanca che passò la pergamena al ragazzo che aveva dato l’ordine, Asio.
Lui la srotolò in fretta e lesse attentamente quello che conteneva, memorizzandone ogni parola.
‘Perfetto. Possiamo andare!’ 
Riposero la pergamena nella cassa e sistemarono tutto esattamente come l’avevano trovato.
 Il ragazzo e la ragazza uscirono dalla porta che venne nuovamente chiusa dall’interno. Poi Lophostrix si mise dietro la tenda facendo uscire solo la bacchetta. 
‘Rotolo’
Quando sentì il respiro regolare dei ritratti liberati dal velo apri la finestra e usci. Silenziosa e invisibile come quando era entrata.


Un tacchettio nervoso rimbombò per tutto il corridoio.
A passi piccoli ma veloci una ragazza sfrecciava decisa verso la torre sud della scuola di Kairawan, l'Arcaica Scuola Siciliana di Magia e Stregoneria, attirando l’attenzione dei ritratti che la seguivano con lo sguardo.
Teneva gli occhi bassi in modo che, nel caso avesse incontrato qualcuno (cosa improvabile vista l’ora), avesse avuto la scusa per non salutare.
Arrivata alla rampa di scale, stando ben attenta che la gonna non gli si alzasse col movimento, salì con cura i gradini.
Accelerò il passo in prossimità della Moschea e tirò un sospiro di sollievo una volta entrata nella cappella della scuola, che era deserta, come piaceva a lei.
Fece il segno della croce e si avviò a passi decisi nella seconda panchina della parte sinistra dell’altare; vicina, ma non troppo, alla statua della Madonna.
Si sistemò la coda nera dietro la schiena, giunse le mani e strizzò gli occhi prima di rivolgersi alla Vergine.
‘Maria Santissima e senza peccato aiutami a superare questa giornata, quest’anno e questa strana vita che mi è stata affidata. Intercedi per me con tuo figlio Gesù Salvatore affinché protegga me, mia madre, le mie zie e perdoni e aiuti i peccatori che popolano questa scuola. Amen.’
Soddisfatta della sua preghiera mattutina, che cercava ogni mattina di cambiare affinché Maria non la ritenesse noiosa, la ragazza si alzò e, dopo aver fatto un meccanico segno della croce uscì dalla cappella.
Una volta scese le scale vide una cosa che la fece bloccare all’istante.
Sotto un arco, di fronte l’entrata della Torre dello Spirito, una coppietta di ragazzini era intenta a scambiarsi tenere effusioni.
Strinse i pugni. 
Pensò al braccialetto di cuoio che aveva comprato con sua madre l’estate prima del ritorno a Kairawan a Palermo per Il Festino di Santa Rosalia che aveva inciso: Cosa farebbe Santa Rosalia? e decise di agire di conseguenza.
Impugnò la sua borsetta e si avviò verso i due peccatori.
‘Ma vi sembra normale fare queste oscenità qui davanti? Andate subito in aula magna!’ disse prendendoli a borsettate.
I due ragazzi, presi alla sprovvista, scapparono senza dire una parola.
La ragazza, fiera, si sistemò la divisa e si avviò anche lei in aula magna. Quella sarebbe stata una lunga giornata, se lo sentiva.

Crocifissa Musacchia era la figlia di Nunziatina Cannavò, l’orgogliosa vedova di Orazio Musacchia, pescatore morto in mare quando Crocifissa era ancora una lattante.
Crocifissa era cresciuta con la madre, le zie, la nonna ma soprattutto con la presenza fissa di Dio e Satana in un’eterna battaglia tra il bene e il male combattuta tra le vie dell’isola che gli aveva dato i natali.
La domenica c’era il sole: era Dio che voleva andassero in chiesa; pioveva per la processione di Santa Rosalia: era il Diavolo che voleva rovinare la festa.
Ma quello che Crocifissa ancora non sapeva è che nelle case più vecchie del paese, lontano dagli occhi del Signore, le donne che pubblicamente erano così timorate di Dio, si riunivano per consultare i tarocchi, pregare i santi per chiedere di levare malocchi, fare riti con olio e sale.
Forse fu per questo che, quando il suo riflesso allo specchio, poco prima che compisse 11 anni, l’avvertì che aveva i requisiti magici per entrare nella scuola di magia di Kairawan, sua madre non sembrava sconvolta quanto lo era lei ma anzi le disse che se Dio le aveva dato questo dono lei non poteva ignorarlo.
Kairawan era un luogo quanto più lontano dal paese. 
Maghi e streghe di tutte le razze e colori vivevano insieme in un’armonia che a Crocifissa pareva assurda; neanche i 6 anni passati tra quelle mura l’avevano convinta ad accettare del tutto queste diversità.
Varcò la soglia dell’aula magna e li vide; gli animali.
Disordinati, rumorosi e volgari nei loro atteggiamenti. Crocifissa face un profondo respiro mentre guardava i compagni di scuola. ‘Santa Rosalia, aiutami tu.’ disse prima di entrare nella sala.
Prese posto nel terzo e ultimo dei tavolo centrali della sala, quello riservato agli alunni del quinto e sesto anno, incastrato tra quello degli alunni del settimo anno, detto tavolo dei guardiani e all’Alto Desco, quello degli insegnanti.
Scelse la parte della tavolata meno affollata, non voleva certo rovinarsi la colazione dalle stupide chiacchere dei suoi compagni di anno.
 Aspettò ancora qualche minuto prima che tutti i posti nell’alto desco si riempissero e subito le tavolate si imbandirono di ogni genere di leccornia: frutta, cereali, cornetti ripieni, crostate, torte, caraffe di latte, thè, caffè e succo d’arancia, pane, e marmellata di tutti i tipi.
Crocifissa rese grazie a Dio per quel cibo e allungò la mano per prendere un cornetto ai frutti rossi quando una voce che non conosceva, alle sue spalle, disse: ‘Crocifissa disturdo?’
Crocifissa alzò gli occhi al cielo; chiaramente la stava disturbando.
Si girò lentamente con un sorriso finto già stampato in faccia ma appena vide la persona che l’aveva disturbata il sorriso le si cancellò dal volto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. Dove basta lo sguardo di un Ovinnik per farti rabbrividire ***


Capitolo 2. Dove basta lo sguardo di un Ovinnik per farti rabbrividire
 
Occhi azzurri, capelli biondi, sorriso perfetto; ecco come si presentava Geronimo Esperandio davanti gli occhi di un’ammutolita Crocifissa.
Qualcuno avrebbe definito quel viso angelico, ma Crocifissa sapeva, sapeva che quel ragazzo non aveva proprio nulla di angelico. In una lista che aveva compilato durante una lezione particolarmente noiosa di astrologia, Geronimo era stato posizionato al settimo posto dei peccatori peggiori della scuola. Perché lui era un deviato e non faceva proprio nulla né per guarire, né per nascondersi. E così a Crocifissa capitava spesso di vederlo camminare nei corridoi con quel belloccio idiota del suo fidanzato o di starnazzare come un asina giuliva con le sue amiche.
Crocifissa si morse il labro superiore. Stava giudicando una persona. Stava peccando!
Diede una fugace occhiata verso l’alto. Magari i Superiori non l’avevano vista. Doveva rimediare.
‘Che vuoi Esperandio?’ chiese in un tono che a lei sembrava gentile.
Lui allungò una gamba verso la panca e si mise a cavalcioni vicino a lei. Nel farlo la sua stupida testa bionda urtò impercettibilmente la sua spalla. Crocifissa si impegnò a non sembrare infastidita mentre arretrava.
‘Sono venuto per avvisarti che domani pomeriggio, alle 18 in aula riunioni, ci sarà l’incontro dei presidenti dei club insieme alla coordinatrice scolastica. Ti avevo scritto un bigliettino, ma forse non ti è arrivato.’
‘No. Non mi è arrivato niente.’ mentì Crocifissa che ricordava esattamente quando aveva strappato, senza neanche aprirla, la piccola lettera verde pastello che le era arrivata in camera qualche sera prima.
‘Bene, ora lo sai. Vieni in rappresentanza di Casti per il Signore. Magari quest’anno è la volta buona e raggiungete il numero di sei iscritti.’ disse Geronimo in tono beffardo.
Crocifissa trattenne l’impulso di colpire il suo stupido muso con la borsetta.
Casti per il Signore era un rispettabilissimo club che era stato fondato da lei l’anno prima. Trovare i membri non era stato difficile.
La prima ad entrare fù Anita Malachi, una ragazza con lunghi capelli rossi sempre raccolti in ordinate trecce e occhi color ghiaccio, compagna di stanza di Crocifissa che fu costretta, suo malgrado, ad unirsi al neo nato gruppo. Poi si unì Priscilla Aldeno, pallida studentessa che faceva parte di quasi, se non addirittura tutti, i club della scuola; dall’Unione Studenti Neri (anche se lei era bianca più che mai) a quello di calcio, passando per la tassidermia a quello per diventare costruttore di bacchette.
Trovare gli altri due per far accettare il club al consiglio scolastico non fù poi così difficile; erano bastati degli sguardi intimidatori e qualche velata minaccia per convincere un ragazzino del terzo anno e una ragazza del quinto a unirsi, controvoglia, al gruppo.
‘Magari potresti entrare tu. Non garantisco niente ma possiamo provare a recuperare quello squarcio di anima che ti è rimasta.’ rispose lei indispettita.
‘La mia anima è  come il cashmere, morbida e ben curata, ma grazie dell’invito. Ora devo andare. Buona colazione e a domani.’
Così dicendo si girò di scatto e svolazzò da i suoi amici.
‘Idiota.’ pensò Crocifissa addentando il cornetto.
 
Le prime ore, quelle di Trasfigurazione con la severa professoressa Brunilde Envie, passarono in fretta. Anche se non era tra le sue preferite, questa materia non le dispiaceva, al contrario invece di quella della terza ora, cura delle creature magiche.
Quando aveva deciso di frequentare questa materia, il professore di allora, Orazio Codavole, era sempre assente, impegnato alla ricerca di nuovi animali fantastici e Crocifissa usava le ore buche per studiare le altre materie; ma, quando l’imbecille aveva deciso di diventare lo spuntino di un vipertooth peruviano, il professore che lo sostituì cambio i piani.
E Crocifissa odiava chi cambiava i suoi piani.
E così, nella grande aula del primo piano dove si tenevano le lezioni di cura delle creature magiche, Crocifissa osservava il giovane professore Jeremiah Pule che gesticolava davanti la gabbia dove un Ovinnik, un grosso felino nero dagli occhi brillanti e con le orecchie a punta, era intento a leccarsi pigramente il pelo delle zampe.
‘Secondo un’antica tradizione, se si vuole sapere l’andamento del nuovo anno, alla vigilia di Capodanno si deve accarezzare un Ovinnik. Se l’animale è caldo quando lo si accarezza significava che sarà un anno fortunato, se invece è freddo significava, per chi l’ha toccato, che sarà un anno infelice.
Ma come vi dico sempre, diffidate da queste dicerie. Non esistono animali che portano sfortuna. Ogni essere può essere amato. Persino il vostro compagno Egidio Terranova che non ha fatto altro che dormire da quado ho iniziato a parlare.’
Tutti si girarono in direzione di Crocifissa, che si stava iniziando ad innervosire per via di questo strano comportamento, fino a quando non capì che gli sguardi non erano rivolti a lei, ma al suo vicino di posto.
Spalmato sul banco, con la bava che gli colava dalla bocca, un colosso dormiva beato.
Crocifissa, che non si era neanche accorta della sua presenza, conosceva la fama di Egidio, sesto posto dei peccatori peggiori della scuola. Capitano della squadra di quidditch Le Manticore Ruggenti, latin lover incallito e sogno romantico, o erotico, della maggior parte delle ragazze della scuola.
A Crocifissa sembrava solo uno scimmione muscoloso.
Visto che il rimprovero ad effetto del professor Pule non aveva avuto nessuno effetto e la situazione stava diventando imbarazzante Crocifissa decise di agire.
Afferrò borsetta e assesto un colpo preciso sul collo del malcapitato ragazzo.
Egidio sobbalzò di colpo dando una ginocchiata nel banco e generando un boato che riecheggiò per alcuni secondi nella stanza.
Si alzò in piedi ancora stordito e, con una mano poggiata sul collo, si rivolse a Crocifissa: ‘Ma cosa sei, un boia?’
‘Perché mi parli? Non ci provare con me, Terranova. Non sono come le altre galline della scuola. Non mi piaci.’ disse impettita lei guardando dalla direzione opposta rispetto al ragazzo ancora confuso.
Il mormorio delle altre ragazze presenti in sala fu zittito dal professor Pule.
‘E adesso che siamo tutti svegli, segnatevi che per la prossima lezione voglio una pergamena che spieghi, nel dettaglio, il ruolo che hanno avuto gli Ovinnik nella storia dei paesi slavi con particolare attenzione all’invasione dell’isola di Usedom. Per oggi è tutto. Potete andare.’
Crocifissa raccolse le sue cose e segui i compagni verso l’uscita dell’aula. Quando si trovò accanto la porta sentì un brivido risalirgli lungo la schiena. Si girò di scatto e notò che l’Ovinnik adesso era seduto immobile come una statua con i suoi brillanti occhi fissi su di lei.
Crocifissa rabbrividì.
‘Oh Gesù!’ disse facendosi il segno della croce e uscendo, il più velocemente possibile, dall’aula. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. Dove è difficile anche far colazione senza essere disturbati ***


Capitolo 3. Dove è difficile anche far colazione senza essere disturbati
 
Il sole appena nato stava iniziando a illuminare, timidamente, il castello di Kairawan.
Mentre studenti e professori ancora dormivano e mancavano ancora quasi due ore alla colazione, una figura si aggirava sinuosa e silenziosa per uno dei corridoi meno frequentati del castello.
Con passo elegante La Bugiarda imboccò uno stretto corridoio ed entrò in una delle tante stanze abbandonate di Kairawan, quella dove si tenevano le lezioni di Malocchi e Fatture, prima che la materia fosse sospesa per un malocchio che costò la vita a un’insegnate della scuola.
Li vi trovò, seduti in un tavolo rettangolare, un ragazzo e due ragazze, con gli occhi ancora gonfi di sonno, impegnati a discutere tra loro. Quando la videro di colpo si zittirono.
‘Buon giorno Strigidi.’ disse la donna sedendosi capotavola ‘Grazie di essere venuti così presto. Avete fatto quello che vi ho chiesto?’
Una ragazza dalla carnagione scura le passò una pergamena arrotolata.
‘Grazie Jubula.’ disse la donna afferrando la pergamena.
‘Molto bene.’ continuò dopo averla letta fino in fondo. ‘Asio caro, sono sicura che la tua memoria non ti abbia tradito neanche stavolta.’
Il ragazzo seduto alla sua destra abbozzò un sorriso.
‘Chiaramente siete bravissime anche voi, ragazze. Sono fortunata ad avermi nella mia squadra.
Domani mattina comparirò nei camini dei dormitori e poi inizieremo la distribuzione. I vostri compagni avranno un bel risveglio.
Ma preparatevi, questo è solo l’inizio; quest’anno ci aspettano imprese molto più grosse.’
 
‘No! Non puoi stare qui. Questo posto è occupato.’ protesto Crocifissa.
‘Buongiorno anche a te Crocifissa.
E da chi di preciso? Da Nuccia Musolungo, la professoressa Endora, Cracchio il Ghiottone o qualche altro fantasma che si aggira nei sotterranei?’ disse Egidio Terranova accomodandomi accanto a un’irritata Crocifissa. ‘A no, Cracchio è li vicino all’Alto Desco.’ disse indicando con un grissino un fantasma obeso che provava a mangiare la porzione di cereali del divertito professore di babbanologia.
‘Dalla mia borsetta.’ disse Crocifissa minacciosa brandendo la sua borsa come una sciabola.
‘A proposito della tua borsetta, non mi dovresti delle scuse?’ chiese Egidio alzando un sopracciglio.
‘Cosa? Delle scuse?’ rispose Crocifissa sorpresa. ‘Questa sì che è bella.’
‘Dopo che ieri hai tentato di decapitarmi mi sembra il minimo.’
‘Dovresti stare sveglio durante le lezioni di cura delle creature magiche. L’anno scorso abbiamo studiato che alcuni animali, scarafaggi e probabilmente anche tu, riescono a sopravvivere diversi giorni senza testa. In ogni caso quindi non ti avrei recato un gran danno.’ disse Crocifissa imburrandosi una fetta di pane.
‘Certo che sei proprio un bel tipo. Mi passi la marmellata alla fragola? E’ proprio vicino a te.’
Crocifissa fece finta di non sentire e, con molta disinvoltura, allontanò il vasetto di marmellata, il più lontano possibile da Egidio.
‘Ricordo male o Dar da mangiare agli affamati è la prima delle Opere di misericordia?’ disse Egidio guardando la marmellata sempre più lontano.
‘Ma come…’
‘Nato babbano con madre catechista e padre fanatico religioso. Scappare da quella casa di matti è stata una liberazione. Ora posso avere la mia marmellata?’
Di malavoglia Crocifissa si allungò e gli passò il vasetto.
‘Tu pure sei nata da babbani?’
‘Non ti interessa proprio niente di come sono nata io.’ disse Crocifissa infastidita. ‘E adesso per favore stai zitto e fammi fare colazione in pace.’.
Dopo essersi fatta il segno della croce e ringraziato per il cibo che aveva davanti, Crocifissa prese una cucchiaiata di cereali e stava per portarseli alla bocca quando, per la seconda voce in pochi giorni, una vocina fastidiosa la interruppe.
‘Buongiorno Crocifissa.’ disse Geronio Esperandio prendendo posto davanti a lei ‘Buongiorno Egidio.’ disse poi con la voce da gatta morta rivolta al ragazzo.
‘Basta! Questo è troppo.’ disse Crocifissa scattando in piedi e facendo girare alcuni dei suoi compagni di scuola verso la sua direzione. ‘Mangio in cappella.’
Così dicendo afferrò con cornetto integrale che era sulla tavola e fece per andarsene. Poi ci ripensò, tornò indietro e ne prese un altro. Prima di andare guardò Egidio che aveva appena dato il primo morso al terzo e ultimo cornetto. ‘Mi avete fatto venire la fame isterica.’ gli disse strappandoglielo dalle mani.
 
Tra le materie che Crocifissa preferiva a Kairawan sicuramente aritmanzia occupava uno dei primi posti.
Trovava conforto nei numeri. Amava le magie che potevano scaturire semplicemente segnando una serie numerica su una pergamena.  L’unica cosa che non amava di questa materia era la professoressa che la insegnava; Lilla Caldeo: pelle bianca come la ceramica, capelli rossi accesi che le inquadravano il volto rugoso ma gentile, occhio azzurro.
Occhio. Perché ad occupare il posto riservato solitamente all’occhio sinistro c’era una piccola sfera che conteneva al suo interno una nebbiolina sempre in movimento.
Quando era arrivata a Kairawan tre anni prima, la professoressa Caldeo aveva spiegato che aveva perso l’occhio in gioventù durante un duello ma a Crocifissa non importava niente. Quella stupida sfera era impossibile da non guardava e, per quanto Crocifissa si sforzasse, finiva per fissarla per tutto il tempo senza capire una sola parola della lezione.
‘Chissà se Santa Lucia aveva pure delle stupide sfere come questa.’ pensò distrattamente.
‘Oh Signore!’ esclamò ad alta voce alzandosi di botto e facendo sobbalzare la professoressa Caldeo che stava passeggiando vicino a lei.
Aveva criticato Santa Lucia?
E ora?
‘Mi scusi professoressa. Devo andare.’ disse prendendo la sua borsetta e facendosi spazio tra i suoi compagni ancora seduti. ‘Bel vestito comunque. L’azzurro le sta molto bene, si abbina a quello stupido occhio.’ disse chiudendosi la porta alle spalle e lasciando così la povera professoressa Caldeo in piedi e con la bocca spalancata.
Tacchettò nei corridoi decisa ad andare, per la terza volta quella giornata, nella cappella a chiedere perdono per il potenziale insulto a Santa Lucia prima che si spargesse la voce in paradiso, ma a metà del suo percorso un urlo la fece arrestare.
Crocifissa si girò di scatto e vide che alla sua destra una ragazzina del primo o del secondo anno era bloccata davanti la porta del bagno femminile del terzo piano, il meno frequentato.
Crocifissa decise che una stupida ragazzina non era importante come la salvezza della sua anima ma la faccia sconvolta della ragazza la incuriosì e la convinse ad andarle incontro.
‘Cosa hai da urlare?’ disse avvicinandosi all’ingresso del bagno.
Appena si affacciò la prima cosa che vide fu una ragazza dai lunghi capelli neri, raccolti in treccine, stesa a terra e avvolta da una pozza di sangue.
Inginocchiata davanti a lei, con i vestiti e i capelli biondi imbrattati di rosso, una giovane donna che Crocifissa conosceva, guardava il cadavere della ragazza senza dire una parola.
Crocifissa alzò gli occhi al cielo.
‘Sparisci!’ disse in tono minaccioso alla bambina ancora imbambolata di fianco a lei. ‘E guai se dici qualcosa a qualcuno.’
Una volta che la bambina sparì, Crocifissa si guardò intorno per assicurarsi che nessun altro fosse nei paraggi e, dopo aver impugnato la bacchetta, entro nel bagno e chiuse la porta.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. Dove nei bagni scorrono fiumi di sangue ***


Capitolo 4. Dove nei bagni scorrono fiumi di sangue.
 
‘Signorina Estravago sono indiscreta se le chiedo perché ha ucciso…’ tenendo salda la bacchetta Crocifissa avanzò di qualche passo verso la ragazza stesa a terra. ‘Oh, è Ranavalona!’ disse riconoscendola. ‘Perché ha ucciso Ranavalona?’
Imelda Estravago, insieme al gemello Ismaele, da qualche anno aveva preso il posto di custode del castello e clavigero ufficiale di Kairawan anche se, per quanto erano babbei, Crocifissa non gli avrebbe affidato neanche le chiavi della sua stanza.
‘Penso di averla trovata così, aveva quel libro in mano.’ disse la ragazza indicando un grande tomo inzuppato di sangue. ‘Devo avvisare l’Emiro?’ chiese poi in tono confuso tornando a guardare Crocifissa.
‘Direi di si, penso sia felice di sapere che una sua studentessa sia morta nei bagni durante le ore di lezione.’
L’Emiro Dahlia Von Grable, Preside della scuola e ex insegnate di Difesa contro le Arti Oscure, oltre per la sua bellezza e il suo fascino, era amata da tutti per la sua gentilezza, il modo pratico di affrontare i problemi e l’aura di mistero che emanava. Anche se Crocifissa dubitava del fatto che davanti a un avvenimento del genere la sensuale, a dir di Crocifissa fin troppo visto il ruolo che occupava, Preside della scuola avesse mantenuto la calma.
Guardò Ranavalona stesa a terra.
La pelle scura sembrava aver perso la sua lucentezza e le treccine, solitamente fastidiosamente svolazzanti, erano appicciate a terra dalla sostanza rossa amaranto che ricopriva quasi tutto il pavimento dell’antibagno.
Crocifissa fece una smorfia pensando che Ranavalona non era cattolica e che sicuramente il suo non sarebbe stato un funerale religioso.
Peccato. Lei amava i funerali.
Poi la sua attenzione si spostò sul libro. Aveva un aspetto molto antico.
La pelle allumata era rovinata sui bordi ma la scritta dorata del titolo aveva conservato la sua lucentezza: ‘Dama del Lignaggio. Incantesimi per una vera Gentilstrega.’.
La curiosità vinse sulla cautela e così Crocifissa scavalcò la ragazza stesa a terra, raccolse il libro e lo aprì.
Nella prima pagina, scritta con una grafia elegante e raffinata, un avviso informava che il libro era protetto da un incantesimo che Crocifissa non aveva mai sentito prima: La maledizione del tomo sanguinante.
‘Ah…’ disse con tono deluso ‘Forse non è morta. Forse è solo svenuta.’
‘Estravago!’ disse rivolta alla porta dove la custode era appena uscita ‘Torni indietro, forse è viva.’
Si avvicinò nuovamente alla ragazza stesa a terra e la punzecchiò con la borsetta.
Ranavalora si mosse impercettibilmente.
Ci pensò a lungo poi con un sospiro infastidito aprì la sua borsetta e ne estrasse una piccola pralina di cioccolato, quella che teneva per riserva in caso di attacchi di fame.
La infilò in bocca a quello che un secondo prima pensava fosse il cadavere della sua compagna e con un incantesimo gliela sciolse in bocca.
Il cioccolato fa miracoli.
Quando vide che il suo intervento non aveva avuto nessun risultato decise di accelerare il processo assestando un colpo di borsetta nello stomaco della ragazza che, all’istante, si alzò boccheggiando.
‘Era ora. Ho consumato un’intera scatola di Pralimizie per te!’ mentì Crocifissa.
‘Cosa… Cosa è successo?’ disse Ranavalona confusa guardandosi intorno.
‘Eri morta poi ti ho dato la cioccolata e un colpo di borsetta. Ti ho salvata, non c’è bisogno che mi ringrazi, ma rivoglio la cioccolata.’ precisò.
‘Ora dovrebbe pulire però’ disse rivolta a Imelda Estravago che si era guardata tutta la scena seduta sul bordo della fontana raffigurante Aradia, la strega di Volterra, ‘questo posto è disgustoso.’.
‘Perché? Sembra ricoperto di marmellata di ciliegie. Io lo trovo adorabile.’
 
‘Crocifissa, Crocifissa’
Ranavalona Abel correva nel prato che circondava il laghetto dell’isola dove sorgeva Kairawan inseguendo una, più rapida del solito, Crocifissa Musacchia.
L’Emiro della scuola, Dahlia Von Grable, aveva invitato, un invito che a Crocifissa sembrava più un obbligo visto che le lezioni erano sospese e la biblioteca era chiusa, tutti gli studenti della scuola a partecipare alla prima partita di buzkashido della stagione.
La storia di Kairawan aveva creato tradizioni e materie di studio uniche, e la pratica del buzkashido era conseguenza di questa unione di culture.
Con la dominazione islamica in Sicilia nel 827, il potente mago siciliano Bertrando il Grande insieme a uno Jinn, una potente entità magica arrivato in Sicilia con gli invasori, creò un’isola che serviva da rifugio per maghi e streghe scappati dalla crudele invasione in atto. Una volta appurato che ‘gli invasori’ non erano una minaccia ma anzi una risorsa per il mondo magico, i potenti del tempo costruirono una scuola sull’isola creata da Bertrando dandogli il nome di Arcaica Scuola Siciliana di Magia e Stregoneria Kairawan.
Il primo preside della scuola, chiamato Emiro, fu Bertrando il Grande al quale si successero vari nomi noti della storia magica siciliana e non.
Fù il mullā Amānullāh Rabbani, Emiro afgano che aveva guidato la scuola dal 1880 al 1891 a importato lo buzkashido.
Su cavalli alati, a Kairawan si gareggiava con gli Arioni Siciliani (veloci nel volo e in nuoto, capaci anche nell’apnea), 5 giocatori per squadra si contendevano un sacco pieno di sabbia a forma di stella, il boz, con lo scopo di lanciarlo nel Cerchio della Giustizia, un cerchio posto agli estremi del campo, dell’avversario. Dopo due tempi da 45 minuti uno, la squadra che aveva segnato più punti, vinceva la partita.
Per ragioni di sicurezza, soprattutto inizialmente il gioco era molto violento ed era alto il numero degli alunni feriti dopo ogni partita, le partite venivano giocate in un campo in mezzo al mare in modo che i piloti che venivano strattonati e cadevano da cavallo arrivassero in acqua ma, visti i numerosi furti di boz da parte si sirene e tritoni, venne costruita una naumachia vicino al campo da quidditch. Ai giocatori era richiesta quindi, oltre a grande forza e padronanza con i cavalli, abilità nel nuoto e capacità di apnea per recuperare il boz quando cadeva in piscina.
‘Cosa vuoi? Mi hai portato la mia cioccolata?’ rispose Crocifissa quando non poteva più ignorare Ranavalona.
‘Ehm… No. Ma ti prometto che oggi vado allo spaccio. Invece volevo chiederti una cosa, c’era per caso un libro quella mattina in bagno?’
‘C’eri solo tu, quella pazza della Estravago e tanto sangue. Non ho visto nient’altro.’ rispose Crocifissa facendo spallucce.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. Dove le mattinate sono movimentate ***


Capitolo 5. Dove le mattinate sono movimentate
 
In realtà il libro c’era ed era ben conservato in fondo al baule della stanza di Crocifissa.
Le sere in cui Anita sgattaiolava fuori dalla stanza per vedersi con quel babbeo del suo fidanzato Herman Spiro, detto Mano D’Oro per via di un incidente successo i primi anni durante una lezione di alchimia e che era costato quasi il posto al Professor Ermete Pamopoli, Crocifissa si immergeva nella lettura di quello che aveva scoperto essere un diario dove, la misteriosa Dama del Lignaggio, vissuta durante Belle Époque, raccontava la sua vita e dispensava consigli su come gestire la magione e il rispetto dei suoi sottoposti.
I racconti della Dama la appassionavano così tanto che, di tanto in tanto, quando Crocifissa si sentiva in colpa, chiudeva il pesante tomo per aprire la Bibbia.
Ma neanche il racconto di Giacobbe e Rachele, che era il suo preferito in assoluto, riusciva a toglierle dalla testa la vita sfarzosa della Dama che aveva una schiera di Elfi domestici (persino le sue due scimmie volanti Merlino e Morgana ne avevano uno personale a testa) che ogni sera organizzavano per lei spettacoli teatrali o circensi.
Inoltre in alcune notazioni nei bordi delle pagine erano segnati incantesimi che Crocifissa non aveva mai sentito nominare.
Era così affascinata da quella donna…
 
La mattina dopo Crocifissa si era alzata di buon ora per recarsi verso la cappella per recitare la sua preghiera mattutina. 
Passata la Moschea si affaccio nella cappella e, con suo disappunto, vide che seduta nella seconda fila qualcuno era assorto in preghiera. E dall’abbigliamento Crocifissa capì che si trattava dell’insegnate di Storia della Magia.
Suor Clotilde Martha Tuccida Osiris, col suo carattere solare e il suo modo di fare materno, era amata e rispettata da, quasi, tutti gli alunni di Kairawan.
Una parte di Crocifissa era felice che in mezzo a quella bolgia ci fosse una figura religiosa di riferimento come una suora ma un’altra parte sentiva il peso della competizione.
Annunciò la sua presenza schiarendosi la voce poi, una volta che la suora si girò, Crocifissa abbassò gli occhi, fece il segno della croce e si diresse spedita verso il suo solito posto.
Si inginocchiò, giunse le mani e strizzò gli occhi prima di rivolgersi alla Vergine.
‘Maria Madre di Grazia proteggimi e guidami in questa nuova giornata, aiuta i miei compagni a non essere così insopportabili e tienimi lontana dagli scocciatori. Amen.’
Dopo aver fatto il segno della croce Crocifissa scattò in pieni e lanciò uno sguardo furente alla Professoressa Osiris che ricambio con un sorriso perplesso.
 
Andando verso l’Aula Magna Crocifissa notò che c’era uno strano movimento.
Ragazzi e ragazze si muovevano inquieti per i corridoi.
Staranno ancora festeggiando per quella stupida partita di ieri? O magari, il ragazzo che ieri si era ferito oggi è morto. Pensò Crocifissa.
Chissà se era cattolico…
Con la borsetta bloccò il passaggio di un ragazzino biondo con dei grandi e pesanti occhiali da vista. ‘Che succede nanetto?’ chiese con tono lievemente minaccioso.
‘Il fantasma, il fantasma sta distruggendo la biblioteca.’
Ritenendo di aver ricevuto abbastanza informazioni, Crocifissa spostò la borsetta e il bambino continuò la sua corsa.
Più si avvicinava all’entrata della biblioteca, che occupava per intero il piano 0 di tutto il castello, più la massa si faceva densa. Facendosi spazio a gomitate e borsettate Crocifissa riuscì a conquistare la prima fila.
Protetta da una barriera invisibile che separava gli studenti dall’ingresso della biblioteca, Crocifissa notò che la situazione era abbastanza critica.
L’Emiro Dahlia Von Grable, fasciata in un tubino nero luccicante, e il Professor Espettro, di Difesa Contro le Arti Oscure, tenevano le bacchette spianate contro una figura incorporea di colore azzurrino. Intorno a loro libri e fogli vorticavano per tutta la stanza.
‘Buongiorno studenti di Kairawan e un benvenuti ad un edizione speciale de Lo Stridio Pomeridiano la vostra radio amica. Siamo davanti l’entrata della biblioteca dove, a quanto pare, il misterioso Fantasma degli Archivi, che per anni ha pacificamente convissuto nella parte nord della biblioteca, ha deciso di ribellarsi e sta distruggendo tutto. Non vi affrettate per arrivare puntuali a lezione; a giudicare dall’impegno che ci stanno mettendo l’Emiro e il Professor Espettro ne avranno ancora per un bel po.’
Crocifissa alzò gli occhi al cielo quando capì che quella voce così fastidiosa apparteneva proprio a Geronimo Esperandio che gestiva la stupida radio scolastica che trasmetteva tutti i giorni dalle 16 alle 18.
Ovviamente lei non l’ascoltava; non aveva tempo per queste stupidaggini, ma era capitato a volte, quando era di buon umore, che aveva permesso ad Anita di ascoltarla in camera a volume molto basso.
Geronimo gracchiava di cose superficiali, gli studenti mandavano messaggi dove si lamentavano dei professori o dei problemi di cuore, si facevano i riassunti di tutti gli eventi e i programmi del giorno e il giovedì si votava per il menù.
Stupidaggini.
‘Oh guarda chi c’è. Ti ha chiamato l’Emiro per spaventare il fantasma?’ chiese Geronimo notando Crocifissa.
‘Esperandio stai attento a te. La furia di quell’ammasso di ectoplasma non è niente in confronto alla mia.
Quindi oggi il fantasma si è svegliato e ha deciso di riordinare i libri?’
Crocifissa abbozzò un sorriso. Aveva fatto una battuta. Quella era la sua terza battuta dall’inizio dell’anno.
‘Amedeo mi ha detto che gli hanno rubato il suo libro. Erano secoli, penso, che lo leggeva. Dopo aver letto le ultime parole, tornava alla prima pagina e iniziava da capo. Pensavo che la notizia più interessante di oggi fosse che La Bugiarda era riuscita a rubare il compito di Trasfigurazione.’
Non aveva capito la battuta. Idiota.
L’Amedeo di cui parlava Geronimo era Amedeo Ornice, direttore del giornalino scolastico L’Eco dei Giovani Maliardi che frequentava Mineralogia insieme a Crocifissa. Lei lo trovava abbastanza piacevole; parlava poco e, nei progetti di coppia che avevano fatto insieme, avevano sempre preso voti alti. Era sicuramente meglio di quel Geronimo, che non aveva portato niente di utile nella vita di Crocifissa.
‘Hey ragazzi che…’
‘Non sei nelle condizioni di fare domande. Esci la cioccolata prima.’
 ‘…succede?’
La frase di Ranavalona Abel le morì in bocca. Dovette accantonare la curiosità e frugare nella sua borsa.
Incartata in una confezione rosa con un grosso fiocco celeste pastello, una confezione di Pralimizie passò dalle mani di Ranavalona a quella avide di Crocifissa.
‘Il fantasma è impazzito perché qualcuno ha rubato il suo libro e l’Emiro e il Professor SignorinaMusacchianonpuòevocareSantaRosaliaperscacciareunMolliccio‘ lo canzonò Crocifissa, ‘stanno giocando a fare i ghostbuster.’
Hey! Già due battute brillanti in poche ore, oggi era proprio la sua giornata.
I compagni però non sembrarono apprezzare allora Crocifissa si girò di scatto e se ne andò offesa verso l’Aula Magna, non prima di avergli assestato un colpo di borsetta in testa a entrambi.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. Dove le tragedie si trasformano in dolci opportunità ***


Capitolo 6. Dove le tragedie si trasformano in dolci opportunità
 
‘Non se ne parla Professore. Questo non lo posso accettare!’
Da come era iniziata la lezione di erbologia, Crocifissa se lo doveva aspettare che non poteva che peggiorare.
Già parlare per due ore di una pianta inutile come la Mimbulus Mimbletonia metteva a dura prova i nervi di Crocifissa e poi, come se non bastasse, a intervalli regolari di 15 minuti, quel babbeo di Egidio Terranova bucava con la bacchetta la pianta che il professor Tindaro Aciano aveva preparato per ogni studente rilasciando nell’aria l’acre odore della puzzolinfa.
All’ennesimo rilascio della, terribilmente maleodorante, sostanza nell’aria, seguita dalle risatine idiote sue e del suo compagno di quidditch Alastair Dunn, Crocifissa, esasperata, scattò in piedi.
‘Terranova smettila subito se no quella pianta te la infilo…’
‘Signorina Musacchia,’ la interruppe il Professor Aciano  ‘cerchiamo di mantenere la calma. E lei, Signor Terranova, che comportamento è mai questo? Bisogna rispettare le piante, è la prima cosa che vi ho insegnato.’ disse poi rivolto accigliato verso Egidio.
‘Per suggellare la pace e, visto che comunque vi aspetta un bel progetto con le Mimbulus Mimbletonia, Musacchia, Terravova e… Vediamo un po’… Esperandio che non ha smesso un secondo di parlare e la Signorina Abel, che credo sappia ben gestire questo gruppetto, formeranno il primo gruppo; mentre tutti gli altri formate gruppi di quattro…’
Crocifissa smise di ascoltare. Odiava i lavori di gruppo (gli unici che tollerava erano quelli in coppia con Amedeo Ornice che faceva tutto il lavoro senza fiatare) e in più odiava i membri di questo particolare gruppetto.
‘Non se ne parla Professore. Questo non lo posso accettare!’
‘Mi dispiace ma sono qui per farvi scoprire le mille risorse della Mimbulus Mimbletonia, non per contrattare con te. Così ho deciso e così sarà!’ sentenziò il professore.
Nonostante lo sguardo furente che Crocifissa gli lanciò il professore rimase fermo sulla sua idea.
Nella testa di Crocifissa il Professor Aciano scalò rapidamente la classifica dei peggiori peccatori della scuola arrivando dritto al primo posto anche se ancora non aveva deciso quale fosse il suo peccato.
 
‘Hey compagna di progetto!’
Crocifissa non ebbe neanche bisogno di girarsi per capire chi si stava sedendo accanto a lei.
‘Esperandio non ti azzardare a prendere confidenza. Farò il meno possibile per vedere la tua mucosa faccia.’ rispose lei rimanendo con lo sguardo fisso sulla sua pasta.
‘Mucosa faccia? Ma come ti è venuto in mente?’ disse lui preso alla sprovvista.
Non lo sapeva neanche lei, era la prima cosa che le era venuta in mente; poteva fare di meglio ma mucosa faccia non era poi così male.
‘In ogni caso mia cara,’ disse mettendo il braccio intorno alla spalla di Crocifissa.
‘Te lo spezzo senza usare la magia’ ringhiò Crocifissa.
‘ti devo ringraziare per quello che hai fatto.’ continuò Geronimo ritirando subito il braccio. ‘Non ero mai riuscito a capitare in un progetto con Egidio, forse questa è la volta buona che si accorge di me.’
‘Sicuramente si accorgerà di quanto è fastidiosa la tua voce. E ora lasciami in pace.’
‘Ciao ragazzi, stavo cercando giusto voi.’ disse una sorridente Ranavalona sedendosi davanti Crocifissa.
‘Ci hai trovato grazie all’insopportabile voce di Geronimo?’ chiesa Crocifissa ormai spazientita e nostalgica del periodo in cui i suoi compagni la temevano e nessuno osava avvicinarsi a lei.
‘Che ne pensate di vederci oggi pomeriggio a La Spezieria? Prendiamo qualcosa e ci organizziamo per il progetto.’ 
La Spezieria era lo spaccio della scuola, specializzato nella vendita di piante e ingredienti per le pozioni ma anche di piume, pergamene e tutto quello di cui gli studenti avevano bisogno. Un ala del locale ospitava un bar dove gli studenti andavano quando volevano staccare la spina da Kairawan. Crocifissa non c’era mai andata e di certo non aveva voglia di farlo proprio adesso insieme a quella sfortunata compagnia.
‘Non vengo da nessuna parte. Sono impegnata.’ mentì allora.
‘Ti prego Crocifissa!’ disse la ragazza giungendo le mani. ‘Fanno un lattematto buonissimo e una bibita al cioccolato che sicuramente ti farà impazzire.’
La parola cioccolato attirò l’attenzione di Crocifissa.
‘E ne puoi prendere quanto ne vuoi; offrirà Geronimo.’ concluse Ranavalona sorridendo.
‘Ma cos…’
‘Accetto!’
 
Per andare a La Spezieria era necessario costeggiare la Foresta Tetra, la foresta che si estendeva per buona parte dell’area ovest dell’isola, fino a raggiungere un’area, chiamata La Conchiglia, dove, oltre che allo spaccio, vi erano le abitazioni del personale scolastico che non viveva al castello.
Crocifissa camminava a piccoli passi lanciando di tanto in tanto occhiate furtive alla foresta, che si faceva incredibilmente più fitta già a pochi metri dal percorso che stava percorrendo.
Sapeva per certo che vi abitavano nebulaquini, cavalli cornuti con la capacità di produrre nebbia muovendo il loro folto manto, perché li aveva studiati col Professor Pule, ma non era affatto curiosa di sapere cosa altro si nascondeva in questa foresta che, per via della nebbia, era impenetrabile.
Pentita di aver accettato l’invito accelerò il passo.
Mai più! si ripromise.
Quando arrivò alla fine del percorso si meravigliò; La Conchiglia era davvero un bel posto.
Le poche abitazioni, con le pareti colorate, facevano da cornice a La Spezieria, che occupava la parte centrale della piazzetta. Accanto al locale, vicino ai tavolini dove alcuni studenti coraggiosi sfidavano il freddo sorseggiando bibite calde e parlando privatamente, altri ragazzi erano intenti a sfidarsi in un campo di gobbiglie.
‘Crescete idioti!’ li salutò Crocifissa prima di varcare la soglia del locale.
 
‘Finalmente, è una vita che vi aspetto.’ disse Crocifissa scocciata a Ranavalona e Geronimo.
‘Veramente siamo noi che ti aspettiamo da mezz’ora, tu sei appena arrivata.’ precisò Geronimo guardando l’orologio.
‘Esperandio attento a te!’ lo minacciò Crocifissa.
Il locale era molto caldo e accogliente. Un misto di profumi e incensi accolse Crocifissa.
Di fronte a lei, dietro un bancone in legno, Mercuzio Ipacca, il gestore belloccio del locale, le rivolse un sorriso che la infastidì. ‘Benvenuti ragazzi. Accomodatevi pure.’
Troppo gentile.
‘Prendiamo da bere e poi ci sediamo. Egidio sta arrivando’
Dietro il bancone Popoola Okoye, una ragazza che seguiva Arte con Crocifissa, li accolse sorridente.
‘Oh che sorpresa; Crocifissa Musacchia, non ti avevo mai vista qui dentro.’ disse sorridente.
‘E non mi vedrai più se continui a parlarmi invece che servirmi.’ rispose brusca Crocifissa che già aveva adocchiato dei muffin.
‘E’ difficile da prendere, ma non impossibile!’ bisbigliò Ranavalona speranzosa rivolta a Geronimo.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. Dove si temono i fantasmi ***


Capitolo 7. Dove si temono i fantasmi
 
‘Come avete potuto?’
La Bugiarda batté furiosa il pugno sulla cattedra.
‘Tra tutte le missioni che vi ho affidato questa era l’unica che non dovevate fallire. Come averte potuto?’
 Passeggiava irrequieta davanti a degli ammutoliti Strigidi che non osavano parlare e tenevano gli occhi bassi.
‘Quel libro è fondamentale. Sapete quanto è importante per il nostro cliente e quanto ci ha pagato.’
Quando La Bugiarda non parlava l’unico suono che si riusciva ad udire era il fruscio della sua veste; i ragazzi cercavano di trattenere il respiro.
‘Rivoltate il castello, cercate in ogni angolo, chiedete ai quadri e ai fantasmi ma portatemi quel libro! E ora andate, forza!’
I tre ragazzi si alzarono velocemente e sparirono dalla stanza.
La Bugiarda si avvicinò alla finestra. Poteva vedere e sentire il mare che si infrangeva violento negli scogli dell’isola.
Anche lui quella sera era molto agitato.
 
Le stelle splendevano nel cielo terso della Sicilia e questo, complice anche la temperatura non troppo rigida, aveva convinto la Professoressa Ara Monoceros a spostare la lezione di Astronia e Astrologia dalla torre di Astronomia al giardino principale di Kairawan, chiamato Giardino della Luna.
Rigida nel suoi abiti tradizionali, con tanto di cappello a punta, la Professoressa Monoceros era intenta a spiegare alla classe la costellazione del Pittore quando, senza farsi beccare, Egidio Terranova si avvicinò a una, più o meno attenta, Crocifissa Musacchia.
‘Dovrebbe essere illegale.’
‘Farti stare in mezzo a noi persone normali? Hai proprio ragione!’
‘Intendevo fare lezioni a mezzanotte.’ rispose Egidio facendo una smorfia. ‘O anche vederti mangiare in realtà; ieri è stato impressionante. Oggi quando ho visto Popoola a lezione di Meccanica ho tirato un sospiro di sollievo, pensavo ti fossi mangiata anche lei, fortuna che Geronimo ha potuto pagare tutto.’
‘Terranova quando vorrò un consiglio sulla mia alimentazione ti verrò a chiamare, ma siccome questo non succederà mai, puoi dormire sonni tranquilli.’ rispose Crocifissa rafforzando le sue parole con un pugno sul braccio di Egidio.
‘Hey voi!’ li richiamò la Professoressa Monoceros ‘Basta parlare, fate attenzione. Tutti con gli occhi sul telescopio, sbrigatevi. Guardate la Stella di Kapteyn. Ecco, adesso!’
Crocifissa dal suo telescopio vide un puntino arancione che di colpo pulsò emanando una luce sempre più intensa prima di ritornare al suo normale colore.
‘Avete assistito a un evento unico, la Stella di Kapteyn ha completato il proprio moto. Per circa un mese potremo sfruttare la carica magica che ne scaturisce e questo vuol dire che, come il Professor Lamarra vi avrà già spiegato, tutti i filtri d’amore verranno potenziati. Stessa cosa per incantesimi di protezione per le donne in gravidanza che avranno un successo garantito. E ovviamente per molti altri motivi che scoprirete studiando il capitolo sulla costellazione del Pittore sul vostro libro di testo.
Per oggi abbiamo finito ragazzi, raccogliete le attrezzature e torniamo al castello.’
‘Hai sentito? Conviene che stai attenta, qualcuno potrebbe rifilarti un filtro d’amore e allora si che saresti spacciata.’ disse Egidio mentre entrambi erano intenti a smontare i cavalletti dei telescopi.
‘Visto il livello dei ragazzi che ci sono in questa scuola neanche una Maledizione Imperius riuscirebbe a farmi innamorare.’
A sentire nominare una delle tre Maledizioni senza Perdono una compagna di Crocifissa si girò di scatto a guardarla turbata.
‘Allora? Cosa hai da guardare brutta oca? Vuoi provare la Maledizione Borsetta? Ha mietuto più vittime questa che le altre tre.’
La ragazza abbassò nuovamente lo sguardo e smontò velocemente il suo cavalletto per allontanarsi il più possibile da Crocifissa.
‘Adesso capisco perché sei piena di amiche.’ disse Egidio guardando la ragazza che scappava verso il castello seguita dallo sguardo severo di Crocifissa.
 
‘Buongiorno Crocifissa.’ disse Ranavalona sedendosi accanto a lei.
Crocifissa stava per intimarle di andare via quando anche Geronimo e Egidio le raggiunsero.
‘Ragazzi faccio veramente fatica a ricordare quand’è che siamo diventati amici o il momento in cui vi ho invitato a mangiare con me ogni benedetta mattina.’
‘Io vengo solo per lui. Preferirei stare dentro la bocca di un drago piuttosto che passare del tempo con te.’ bisbigliò Geronimo continuando a sorridere a Egidio che, seduto di fronte a lui, si stava imburrando una fetta di pane.
‘Peccato che è più interessato persino alle lezioni di Storia della Magia che alla tua brutta faccia da bambola.’ rispose, altrettanto a bassa voce Crocifissa, mentre si versava del caffè che, casualmente, traboccò dalla tazza finendo sui pantaloni di Geronimo.
‘Ops…’
‘Come osi Megera? Sono Hermès! Hai idea di quanto costano?’
‘Cosa vuoi fare Esperandio? Annegarmi con le tue lacrime da poppante?’
‘Bambini la smettete di litigare e ci prestate un po’ di attenzione?’ intervenne Ranavalona.
‘Che vuoi tu?’ dissero all’unisono.
‘Almeno sono d’accordo in qualcosa.’ notò Egidio.
‘Intanto sedetevi e tu Crocifissa poggia la borsetta. Brava, così.’ disse una volta che erano nuovamente tutti seduti e la borsetta era al centro del tavolo. ‘Oggi pomeriggio, visto che siamo liberi, iniziamo quel lavoro?’
‘Oggi la radio non trasmette quindi io posso.’ disse Geronimo.
‘No no no, non se ne parla! Oggi è il mundus patet, se non ci sono lezioni, se le attività extrascolastiche sono sospese, la biblioteca è chiusa e se persino l’accesso alla torre dello spirito è vietato ci sarà un motivo. Io oggi non faccio proprio niente!’ rispose Crocifissa facendosi il segno della croce.
Il mundus patet era uno dei tre giorni (24 agosto, il 5 ottobre e l'8 novembre) in cui il mondo dei vivi incontrava quello dei morti. Una miriade di fantasmi si riversava nella scuola di Kairawan e, tra questi, si celavano anche le Larve, spiriti dei defunti che furono malvagi durante la vita e i Lari, che erano invece spiriti benigni.
Crocifissa non faceva distinzioni e temeva sia gli uni che gli altri quindi ne evitava qualsiasi contatto stando chiusa nella sua stanza a pregare.
‘E non guardatevi allo specchio!’ li avvertì Crocifissa con tono perentorio. ‘Sette anni fa Tiberia Saturno si è guardata allo specchio per il mundus patet e sapete tutti che fine ha fatto.’
‘Ma quella era già pazza prima del mundus patet!’ intervenne Egidio.
‘E invece ha ragione Crocifissa. Dicono che una Larva sia riuscita scambiarsi con il suo riflesso allo specchio intrappolandola. Ho parlato di lei qualche anno fa alla radio e per farlo ho studiato la sua storia dagli archivi del L’Eco dei Giovani Maliardi; è dovuta intervenire persino l’Emiro ed è stata ricoverata alla Clinica Hobo Esculapio per non fare più ritorno a Kairawan. Da quel giorno infatti per il mundus patet spariscono tutti gli specchi del castello e per questo i miei capelli oggi sono un disastro.’ concluse Geronimo strigandosi il ciuffo biondo con le dita.
‘Non vi preoccupate. Andremo in un posto senza specchi e senza fantasmi.’ Li rassicurò Egidio.
‘Ci sarà pure tanta cioccolata,’ Incalzò notando che Crocifissa era ancora dubitante.
‘Andata!’

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. Dove nelle cucine fai incontri che non ti aspetti ***


Capitolo 8. Dove nelle cucine fai incontri che non ti aspetti
 
Crocefissa aveva passato tutta la mattinata a pregare chiusa nella sua stanza, quando però il suo stomaco aveva iniziato a brontolare e la sua riserva di cioccolata era finita, si era convinta ad uscire per recarsi verso la cucina, alla ricerca di qualcosa da mangiare.
‘Che Santa Rosalia mi aiuti!’ aveva pregato rivolta al cielo prima di uscire nel corridoio.
In pochi metri Crocifissa aveva già visto quasi tutti i fantasmi che abitavano nel castello, intenti a festeggiare (ex)parenti ed (ex)amici che erano tornati dal mondo dei morti a trovarli. Crocifissa accelerò il passo terrorizzata.
Camminava così veloce e con la testa bassa, per non vedere tutti quei fantasmi, che, svoltato l’angolo, si scontrò inevitabilmente con una ragazza intenta a parlare con un amico.
Crocifissa, che aveva un ottimo equilibrio, restò in piedi, mentre la ragazza ruzzolò rovinosamente a terra trascinandosi quasi il ragazzo che l’accompagnava. Solo quando la montagna di riccioli neri si spostarono Crocifissa riconobbe Popoola Okoye, la ragazza che lavorava a La Spezieria. Il ragazzo che era con lei, che Crocifissa riconobbe come Herman Spiro, con la sua mano d’oro, l’aiutò a rialzarsi.
‘Hey Crocefissa. Tutto bene tu?’ domandò Herman una volta accertato che la sua amica stesse bene.
‘Stai lontano dalla mia stanza!’ disse puntandogli un dito contro ‘Lo so che qualche volta riesci a intrufolarti per fare sconcezze con quella li,’ disse intendendo Anita, la sua fidanzata, ‘ma ricordati che Santa Rosalia vi guarda e soprattutto Lui’ disse indicando il cielo ‘vi guarda! E tu stai più attenta.’ disse infine rivolta a Popoola prima di continuare la sua corsa nel corridoio lasciando la coppia di amici senza parole.
 
Crocifissa scese rapidamente le scale per andare al primo piano. Attraversò un lungo corridoio, si fermò vicino l’aula di Arte davanti un’imponente quadro intitolato ‘Ientaculum’ dove alcuni patrizi romani erano intenti a consumare un’infinita colazione.
‘Cosa vuoi tu?’ chiese uno di loro.
‘Vorrei un lauto pasto.’ rispose Crocifissa contenendosi dal rispondere male.
A queste parole, con disappunto dei commensali, il quadro si spostò e Crocifissa lo attraverso.
‘Donna Gina, siete qui?’ chiese Crocifissa avvicinandosi al frigo.
‘Cassata? Ragù?’
In realtà era vietato l’accesso alle cucine, la posizione stessa della cucina era segreta alla maggior parte degli studenti, ma Crocifissa aveva scoperto come arrivarci al primo anno, origliando, per caso chiaramente, una discussione tra L’Emiro Von Grable e Donna Gina, la donna dall’aspetto corpulento e il volto sorridente, che insieme ai suoi due elfi domestici, si occupava di preparare i pasti per Kairawan.
I furti, anzi prestiti, di Crocifissa, riguardavano soprattutto la cioccolata, che veniva continuamente spostata. Ma dopo 5 anni di saccheggi Crocifissa conosceva ormai tutti i possibili posti quindi, pochi minuti dopo, con la sua cioccolata in mano, era pronta ad abbandonare le cucine, quando…
‘Vorrei un lauto pasto.’
‘Oh Gesù!’ penso Crocifissa.
Doveva nascondersi.
Corse, cercando di evitare di far rumore con i tacchi, fino a dietro una pila di sacchi di patate. Non era il massimo ma non le era venuto in mente nascondiglio migliore.
‘Lophostrix te lo dico. Per me è una cattiva idea. Donna Gina sarà qui a momenti, potrebbe vederci.’ disse una voce maschile.
‘Tranquillo Asio. Faremo in fretta; Accio libro!’ disse la voce di una donna seguito da un suono flebile nell'aria.
‘Accio libro… Che ideona!’ disse sarcastica un’altra voce di donna. ‘Quello è un libro antico, non verrà saltellando da noi. Hai visto come ci è sfuggito l’ultima volta… Proporrei di tornare stanotte. Ci aspetterà una lunga notte in ogni caso.’
‘Non siete dell’umore vedo, colpa di quella. Adiamo allora, sarà meglio riposare.’ e detto questo uscirono dalle cucine.
‘Per tutti i Santi!’ disse Crocifissa quando fu sicura di essere sola.
Quelli erano gli scagnozzi de La Bugiarda. E stavano cercando un libro. Possibile che il libro fosse Dama del Lignaggio. Incantesimi per una vera Gentilstrega? Doveva correre in camera sua.
I corridoi adesso pullulavano di fantasmi ma a nessuno sembrava infastidire la cosa.
Crocifissa, che già era molto veloce, accelerò ulteriormente il passo vedendo il fantasma di Zefania Endora che fu, insieme alla gemella Marnita Endora, insegnante di Kairawan.
Insegnante di Negromanzia e Psicomanzia l’una, e di Malocchi e Fatture, l’altra, le gemelle Endora erano ottime insegnanti ed avevano un rapporto di totale simbiosi ma, l’arrivo di un nuovo professore di Trasfigurazione, che rubò il cuore a entrambe, ruppe questa simbiosi e le mise contro. Fu una maledizione lanciata da Marnita a uccidere Zeferia che per vendicarsi tornò come fantasma per tormentarla.
Molti la ritenevano una storia avvincente, a Crocifissa metteva solo molta paura.
Quando arrivò in camera sua ed entrò nella stanza vide una cosa che di certo non si aspettava: Anita Malachi. Inginocchiata davanti il suo letto. Con la testa infilata dentro il suo baule.
‘Che. Cosa. Stai. Facendo?’ disse Crocifissa furiosa scandendo ogni parola e impugnando la borsetta.
Anita sussultò.
‘Oh ciao Crocifissa. Scusa se mi sono permessa…’
‘Allontanati subito dalla mia parte di stanza.’ la interruppe Crocifissa tenendola sotto tiro di borsetta.
Quando Anita, cauta, si allontanò, Crocifissa sentì un rumore che proveniva da dentro il baule.
‘Ecco vedi. Penso che Pallina sia entrata nel tuo baule.’ si giustificò Anita.
‘Spero per quello stupido gatto che ti sbagli.’ disse Crocifissa avvicinandosi al baule.
Spostò i vestiti e vide che a muoversi non era lo smunto micio di Anita ma il diario della Dama.
‘Non c’è niente qui. Ma nei corridoi ho incontrato Herman, voleva vederti. Mi ha chiesto di chiamarti.’ mentì Crocifissa.
‘Ma come? Ci siamo visti prim…’
‘Non discutere, vai da quel babbeo prima che ti lascia per mettersi con quell’altra.’
‘Ma chi?’
‘Vai vai.’ disse Crocifissa spingendola, letteralmente, fuori dalla stanza.
Una volta assicurata di essere sola Crocifissa prese il libro che si aprì di botto e si iniziò a sfogliarsi solo.
Si blocco in una pagina che a Crocifissa pareva non aver letto, o che forse prima non era proprio scritta, allora la iniziò a leggere:
 
‘Era da poco iniziato il raccolto e nella Magione c’era un gran fermento.
Tutti erano riuniti nel campo quando una macchina si avvicinò alla villa. Era ancora una novità a Palermo, solo Giovanni e pochi altri ne possedevano una.
‘Mia Signora, una dama chiede la Sua udienza.’ mi venne ad avvisare Horacio, il mio fedele servitore mentre io mi dilettavo con l’aritmanzia, mia grande passione.
Mi sembrò strano il fatto che una donna viaggiasse sola con l’autista e senza neanche un’accompagnatrice.
Era una donna molto bella, con neri capelli neri intrecciati e incastrati in un’elegante cappello e occhi neri come rondini.
‘Tutta Palermo parla di Lei. Io sono Donna Rosa.’ disse porgendomi la mano guantata.
Io le dissi il mio nome.
Mi spiegò che si era appena trasferita da Messina e che avrebbe abitato nel terreno accanto al mio.
‘Diventeremo sicuramente amiche’ pensai.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. Dove anche i posti più tranquilli nascondono delle insidie ***


Capitolo 9. Dove anche i posti più tranquilli nascondono delle insidie
 
Crocifissa era turbata.
Non capiva come mai il libro aveva deciso di farle leggere proprio quel pezzo della vita della Dama.
‘Oh Gesù!’ disse una volta finito richiudendolo di colpo.
Se era questo il libro che La Bugiarda cercava non poteva di certo lasciarlo in stanza e, tra questo e i fantasmi che avevano invaso la scuola, era quasi felice di avere l’appuntamento con i suoi compagni.
Prese il Diario della Dama, qualche rotolo di pergamena, il libro e gli appunti di erbologia e scese in Aula Magna.
‘Come sarebbe a dire che vuoi scendere nei sotterranei?’ chiese Crocifissa ad Egidio portandosi le mani sui fianchi.
‘Li c’è una stanza dove possiamo lavorare in tranquillità; qui c’è troppa confusione.’ rispose Egidio.
Effettivamente tra il chiacchiericcio degli studenti e il fruscio dei fantasmi che danzavano sopra le loro teste, quello non era l’ambiente adatto per studiare.
A convincere definitivamente Crocifissa ci pensò Ismaele Estravago che, facendo un gran rumore, attraversò la sala tenendo in mano un tubo metallico puntato verso il soffitto.
‘Cosa fa Estravago? Cos’è quel coso?’ domandò Geronimo guardando la scena.
‘Idiota, quello è un’aspirapolvere.’ rispose Crocifissa. ‘Credo che voglia aspirare i fantasmi. Quando ho fatto la battuta sui ghostbusters quella volta in biblioteca intendevo proprio questo.’ disse Crocifissa ancora amareggiata.
‘Amavo i ghostbusters! A carnevale volevo sempre vestirmi da loro. E invece come mi è andata a finire; a frequentare una scuola di magia ed avere un fantasma come insegnante di Arte.’ intervenne Egidio.
‘Oh!’ si stupì Crocifissa, qualcuno che finalmente la capiva.
‘Allora è deciso.’ intervenì Ranavalona ‘usciamo da qui!’
Quando i quattro lasciarono l’Aula Magna per scendere verso i sotterranei incrociarono il Professor Marmo, docente di Babbanologia, che inveiva contro Ismaele: ‘Estravago ridammi subito dell’aspirapolvere, finirai per fare del male a qualcuno.’
I sotterranei, come si aspettavano, erano deserti.
Superarono l’aula di Antiche Rune e proseguirono per un lungo corridoio.
‘Per Merlino quante stanze!’ costatò Geronimo mentre avanzavano illuminati dalle luci delle bacchette.
‘Prima gli studenti e i professori erano molti di più, alcune di queste stanze erano dormitori, altre aule; ci sono pure tunnel e stanze sotterranee che servirono durante la seconda guerra mondiale a salvare e proteggere la vita di molti ebrei.’ spiegò Ranavalona.
‘Wow! Quante cose sai!’ disse Egidio esprimendo il pensiero del gruppo.
‘Bhè, dovreste saperle anche voi; sono tutte cose che abbiamo studiato.’
‘Ecco. Per un secondo mi ero dimenticata quanto mi fosse antipatica!’ disse Crocifissa.
‘Eccoci arrivati.’
Egidio si era fermato davanti un’elaborata porta dall’aspetto molto antico.
‘Come hai fatto a scoprire questa stanza?’ chiese Ranavalona studiando le decorazioni della porta.
‘Non mi sembra il caso di risponderti davanti alla presidentessa di Casti per il Signore.’ rispose Egidio abbozzando un sorriso.
‘Porco!’ disse Crocifissa abbassando la maniglia per aprire la porta.
Ma la porta restò chiusa.
‘Alohomora.’ disse allora scocciata dopo aver estratto la sua bacchetta dalla borsetta.
Ancora niente.
‘Allora?’ chiese Crocifissa guardando spazientita Egidio. ‘Come si apre questa stupida porta?’
‘Per aprirla devi chiederglielo gentilmente.’ le spiegò Egidio.
‘Qui facciamo notte allora. Ci penso io.’ si propose Geronimo.
‘Stai lontano rattoso essere!’ lo bloccò Crocifissa coniando un nuovo aggettivo.
‘Io so essere gentile, guarda.’ poi tornando alla porta: ‘Apriti!’
Niente.
‘Dovresti sforzarti un po’ di più.’ la incalzò Ranavalona.
‘Porta apriti; adesso!’ disse tradendo un po’ di nervosismo.
Ancora niente.
Egidio, prevedendo che, già al secondo rifiuto Crocifissa stava perdendo le staffe ed era pronta a sfondare la porta a borsettate, la anticipò mettendosi davanti e dicendo: ‘Porta, potresti aprirti e farci passare per favore?’
La porta scattò all’istante e quando entrarono tutti si chiuse di botto urtando il gomito di Crocifissa.
‘Hey! Ma avete visto? L’ha fatto apposta!’ si lamentò massaggiandosi teatralmente il gomito.
Ma gli altri non le prestarono attenzione intenti com’erano a guardare la stanza.
Sembrava una sezione della biblioteca.
Un’ampia stanza circolare in più piani era illuminata da torce appese alle pareti che riflettevano la luce sul marmo delle statue che la decoravano; scaffali ricolmi di libri circondavano una piccola fontana con un laghetto alla base dove nuotavano placidamente dei grossi pesci rossi e davanti ad essa c’era un grande tavolo con un esemplare di Mimbulus Mimbletonia sopra.
‘Wow!’ Questa stanza è bellissima. Vieni spesso qui a studiare?’ chiese stupita Ranavalona che era amante dei libri e dello studio.
‘Ho capito solo adesso che è una stanza delle necessità… Per anni ho pensato fosse una camera da letto sempre pulita e appartata…’
Una volta seduti intorno al tavolo i quattro iniziarono a lavorare.
‘Sbrighiamoci a trovare qualcosa perché questa pianta è disgustosa.’ si lamentò Geronimo.
La Mimbulus Mimbletonia era una pianta globosa di colore grigio-verdastro, ricoperta di tubercoli che rilasciavano una sostanza vischiosa, verde scura e decisamente poco profumata.
‘E’ sulla puzzolinfa che dobbiamo puntare.’ gli rispose Ranavalona ‘In biblioteca ho trovato questo libro di Melissa Deti dove spiega che…’
‘Lo sapevate che è la zia del Professor Pule?’ la interruppe Geronimo che aveva passato troppe ore senza pettegolare.
‘Interessantissimo. Comunque io proporrei questo: estratto di puzzolinfa, tre petali di gelsomino, 4 gocce di sangue di assolotto, e scorza di limone quanto basta a togliere il nauseante odore, da usare dopo una ferita. La puzzolinfa e il gelsomino producono le encefaline che inibiscono il dolore, l’assolotto ricostruisce i tessuti; dosate bene possono curare anche grandi ferite.’ disse Crocifissa fiera mentre gli altri l’ascoltavano attenti.
‘Effettivamente ha senso.’ disse Ranavalona che aveva annotato i quattro ingredienti nella sua pergamena. ‘E’ geniale! Come ti è venuta in mente?’
‘Ho usato questa.’ disse Crocifissa indicandosi la testa.
In realtà non aveva fatto altro che riportare un appunto che la Dama aveva scritto in una delle pagine del diario.
‘Ma siamo sicuri funzioni? Non è che mi fidi tantissimo di ‘questa’.’ disse Geronimo dubbioso.
‘Non ci vuole niente a romperti un braccio Terranova. Potremmo provare la sua efficacia su di te.’ abbaiò Crocifissa di risposta.
‘Ragazzi calmatev…’
Ravanalona venne interrotta da un rumore proveniente da uno dei corridoi della libreria.
‘L’avete sentito anche voi?’ chiese alzando gli occhi.
‘Certo che l’abbiamo sentito, siamo proprio qui accanto a te.’ le rispose acida Crocifissa.
Stavolta Crocifissa era pronta. Se erano nuovamente gli scagnozzi de La Bugiarda, questa volta, li avrebbe affrontati.
Strinse il diario della Dama, con l’altra mano la borsetta, e si alzò.
‘Hey ma quello…’ iniziò a dire Ranavalona riconoscendo il libro.
‘Andiamo a vedere!’ la interruppe Crocifissa.
Guidando il gruppo salì gli scalini che si trovavano vicino la fontana e proseguì verso il corridoio.
Man mano che si inoltravano (la stanza si rivelò molto più grande di quello che sembrava) le torce diventavano sempre meno e presto si ritrovarono al buio.
‘Magari non era niente. Toniamo indietro.’ propose Geronimo.
Ma Crocifissa sentì nuovamente il rumore.
Proveniva da una piccola porta nascosta nell’ombra.
Fece segno ai suoi compagni di fermarsi e avanzò silenziosa tenendo salda la borsetta.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. Dove ti lasciano messaggi inaspettati ***


Capitolo 10. Dove ti lasciano messaggi inaspettati
 
‘Pensavate di fare i furbi, vero?’ urlò Crocifissa mentre aprì la porta.
Non sapeva precisamente cosa aspettarsi, ma sicuramente non si aspettava un uomo. Quell’uomo.
Scattò indietro.
Un uomo dalla corporatura robusta e i marcati tratti asiatici si affacciò, lentamente, dalla porta.
L’uomo cinese, vestito con un completino da marinaio, sorrideva gentilmente. Teneva in mano qualcosa.
‘Possibile sia un pezzo di sushi?’ si chiese Egidio mentre assisteva in silenzio a quell’assurda scena.
Crocifissa, davanti all’uomo, sembrava sotto effetto di Petrificus Totalus.
Il volto era pallido, gli occhi spalancati e piccole gocce di sudore le imperlarono al fronte. Perse persino la presa della borsetta che cadde a terra.
‘Può essere mai?’ si chiese a quel punto.
D’impulso estrasse la bacchetta e con decisone recitò: ‘Riddikulus!’
Un paio di pattini si materializzarono ai piedi dell’uomo che subito si barcamenò per cercare di non perdere l’equilibrio, ma non ci riuscì e con un tonfo violento cadde a terra di faccia.
Il naso evidentemente si ruppe perché una piccola pozza di sangue comparve vicino il volto, contratto in una smorfia di dolore, dell’uomo.
‘Che razza di idiota che sono!’ pensò Egidio mettendosi le mani nei capelli. Come aveva potuto avere un’idea tanto stupida!
Si stava avvicinando mortificato all’uomo per aiutarlo a rimettersi in piedi quando due rumori lo bloccarono.
Il primo fu il tonfo di un corpo che si accasciava per terra; quello di Ranavalona, l’altro fu una risata.
Una risata fredda e tagliente che riempì la stanza.
Quella risata, che ad Egidio mise i brividi, fece dissolvere il corpo dell’uomo che, con un frullo, sparì.
‘Ma si può sapere che diamine è successo?’ chiese Geronimo confuso mentre Crocifissa continuava a ridere.
‘Era un molliccio!’ rispose Egidio incredulo. ‘Cioè la tua più grande paura…’ disse rivolto a Crocifissa. ‘E poi hai visto come ha riso quando quel poverino si è fatto male?’ chiese a Geronimo. ‘E lei che ci fa a terra?’ domandò guardando Ranavalona stesa sul pavimento.
‘Senti tu!’ disse Crocifissa quando si riprese. ‘Non ti permetto di giudicarmi. I cinesi sono un popolo inquietante: mangiano schifezze crude e sembrano tutti uguali; se sono grassi poi…’ disse Crocifissa rabbrividendo. ‘E le persone che cadono fanno ridere tutti.’ aggiunse facendo spallucce.
‘Per lei non vi preoccupate, quella scema non tollera la vista del sangue. Ora ci penso io a rianimarla.’ disse raccogliendo la borsetta da terra.
Egidio notò uno stano luccichio negli occhi di Crocifissa mentre si avvicinava al corpo di Ranavalona.
 
Ranavalona si svegliò con un forte dolore addominale.
Accovacciata accanto a lei Crocifissa toglieva un pelo lungo e riccio dalla borsetta mentre, in piedi al centro della stanza si trovavano Egidio e Geronimo intenti a guardare in un punto della stanza.
‘Hey… Guardate li!’ disse Geronimo in un fiato.
Stava guardando un piccolo rettangolo di legno con dentro una figura femminile.
L’immagine della donna era sfocata e distorta e dai suoi movimenti sembrava irrequieta.
‘E’ uno specchio. State attenti. Sapete cosa succede durante il mundus patet.’ li avvertì Crocifissa.
Eppure allo stesso tempo non riusciva a distogliere lo sguardo da quella donna che, elegante e sofferente allo stesso tempo, sembrava attrarla verso di lei.
Aveva la carnagione pallida, neri capelli racconti in uno chignon alto e una tiara che gli incorniciava un viso delicato.
Solo dopo alcuni secondi la donna sembrò in grado di vedere i ragazzi e allora iniziò ad agitarsi. Batteva i pugni sullo specchio e muoveva la bocca con l’intensione di dire qualcosa ma ai ragazzi sembrava di guardare un grosso pesce in una boccia
‘Non riesco a capire cosa dice, l’immagine è troppo sfocata. Ma sembra stia chiedendo aiuto.’ disse Egidio che non riusciva a staccare gli occhi di dosso dal riflesso della donna.
Quando il riflesso capì che così era impossibile comunicare si fermo scoraggiata ma, dopo alcuni secondi, illuminata da una nuova speranza, iniziò a comporre dei numeri con le dita.
Tre, ventisei, sessantasette.
Ranavalona si affrettò a segnare i numeri in una pergamena.
‘Sette, quarantacinque, ottantuno.’ dettò Geronimo.
Diciassette, ventitré.
Poggiò il palmo della mano nello specchio, un gesto che a Crocifissa sembrò carico di speranza e, come era comparsa, sparì.
‘Questo è in assoluto il pomeriggio più strano della mia vita.’ disse Geronimo mettendosi a sedere.
 
Cosa volevano dire quei numeri?
Era questa la domanda che ossessionava Crocifissa nei giorni successivi all’incontro con la donna allo specchio.
Anche se il progetto di erbologia era finito, era andato così bene da far guadagnare a tutti 5 punti di scolastica, il gruppetto di amici neoformato continuava regolarmente a vedersi in biblioteca per cercare di risolvere il mistero dei numeri.
‘Terranova dovresti fare una pausa. Non vorrei che a furia di sfogliare tutti questi libri il tuo cervelletto si surriscaldi troppo ed esploda.’ disse Crocifissa chiuso un altro grosso volume.
‘Non ti preoccupare, sto controllando solo i libri illustrati. Nessuna fatica.’
‘Basta, ci rinuncio.’ disse Geronimo rassegnato.
Effettivamente i ragazzi cercavano senza sapere di preciso cosa cercare.
‘Ho trovato! Ho trovato!’ gridò Ranavalona entrando tutta eccitata in biblioteca e trottando verso i suoi amici.
‘Come ho fatto a non pensarci prima!’ aggiunse appoggiandosi al tavolo per riprendere fiato.
‘Ha trovato un modo per farsi mandare dritta dall’Emiro?’
I ragazzi alzarono lo sguardo. Era Sismonda Envie, la severa addetta alla biblioteca di Kairawan.
‘Non so cosa state complottando voi quattro, soprattutto tu signor Terranova che non eri mai entrato nella MIA biblioteca, ma se a stento tollero che mi disordiniate i libri, non tollererò certo che vi mettiate a urlare. Quindi adesso fuori da qui, prima che vi levi punti di scolastica!’
I tre raccolsero velocemente le loro cose e con Ranavalona e sotto il cipiglio severo di Madame Envie, uscirono di gran carriera dalla biblioteca.
‘Quindi cosa hai scoperto?’ chiese Egidio a metà corridoio.
‘All’inizio pensavo fossero date, ma non avevano alcun senso. Mi stavo arrovellando la mente quando davanti a me è passata la Caldeo.’
‘E hai capito che quell’occhio dovrebbe essere illegale?’ la interruppe Crocifissa.
‘Poverina. Invece ha perso l’occhio in modo molto eroico. Ho avuto modo di farle un intervista in radio a inizio anno e mi ha raccontato che…’ continuò Geronimo.
‘Scusate.’ si intromise Egidio. ‘Non potere scegliere un altro momento per diventare amici e far parlare Rana?’
‘Ranavalona, lo preferisco.’ disse timidamente la ragazza.
‘Comunque ho capito che quei numeri potrebbero essere una sequenza aritmatica. Un cerchio numerico che nasconde qualcosa!’ concluse entusiasta.
‘Un cosa?’ chiese Egidio che non colse l’entusiasmo.
‘Terranova sai cosa sono i numeri?’ rispose acida Crocifissa.
‘Quando possiamo provarci?’ disse Geronimo ignorando gli altri due.
‘Stanotte!'

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. Dove il succo di mirtillo fa la differenza tra euforia e follia ***


Capitolo 11. Dove il succo di mirtillo fa la differenza tra euforia e follia
 
‘Buonasera ragazzi!’
L’Aula Magna di Kairawan era gremita di alunni e fantasmi ma tutti, vivi e non, fecero silenzio quando l’Emiro Dahlia Von Grable, affascinante e bellissima come sempre, prese la parola.
‘E buona sera a gli ospiti che ci sono venuti a trovare in occasione del Mundus Patet, in particolare un caro saluto alla Professoressa Tina Modotti che per tanti anni è stata insegnante di fotografia qui a Kairawan.’
Le bastò appoggiare il palmo della mano sul dorso dell’altra per far partire uno scosciante applauso diretto al minuto fantasma di una donna che sbiancò sulle guance dalla vergogna.
‘Non vi intrattengo oltre, un delizioso banchetto ci attende prima che inizi la tradizionale Danza Macabra. Buona cena a tutti!’
A queste parole le tavole si imbandirono di mille e più pietanze e tutti, fantasmi esclusi, iniziarono a servirsi.
‘Avete visto come si è vestita Beatrice Pallatio? E’ una festa scolastica, mica un party a Faunalia.’ osservò Geronimo riempiendosi il piatto di insalata. ‘E’ odiosa quella ragazza. Mi passi il coniglio?’
‘Non ti passo proprio un bel niente Esperandio. Alzi il tuo culo secco e te la prendi.’ rispose tranquillamente Crocifissa tenendo lo sguardo fisso sul suo tacchino.
‘Vedi che Beatrice è una bravissima ragazza.’ intervenne Ranavalona passando l’insalata all’amico prima che nascesse un litigio.
‘Non ne sono sicura, una volta nel bagno delle ragazze l’ho sentita dire una parolaccia; la stava inseguendo quel fantasma, quello pieno di sangue e la faccia da pazzo.’ disse Crocifissa alzando finalmente gli occhi. ‘Come diavolo si chiama?’
‘Diavolo!’ disse Geronimo. ‘E comunque il mio culo è bello sodo, e anche molto apprezzato se lo vuoi sapere.’
‘Bè è davvero inquietante quel fantasma.’ disse Ranavalona intercettando lo sguardo schifato di Crocifissa. ‘Fortuna che non si fa vedere quasi mai in giro.’ disse addentando un pezzo di frittata.
‘Hey, che succede qui?’
Ad avvicinarsi, insieme a due dei suoi compagni di squadra di quidditch, il piccolo ma scattante cercatore Alastair Dunn e il mastodontico e, all’apparenza, minaccioso battitore Christo Botha, era Egidio Terranova, che si appoggiò sulla tavola della mensa con fare spavaldo.
‘Terranova, come mai cammini con i gorilla? Di cosa hai paura?’ chiese Crocifissa scrutando gli altri due.
‘E gorilla perché siete grossi, non perché siete neri.’ precisò Crocifissa. ‘Cioè siete anche neri ma non intendevo quello; non ho nulla contro i neri, prego sempre per San Benedetto il Moro.’ cercò di spiegare.
‘Ok… Basta così Crocifissa.’ salvò la situazione Ranavalona. ‘Ciao ragazzi, se volete potete sedervi con noi.’
Fortunatamente i ragazzi spostarono lo sguardo su Ranavalona in tempo per non vedere la faccia contrariata di Crocifissa.
‘Andiamo con gli altri ragazzi della squadra.’ rispose il più piccolo ‘Ma possiamo vederci dopo in pista.’
E così, dopo aver fatto l’occhiolino a Ranavalona, insieme al suo compagno si allontanarono.
‘Qui qualcuno ha una cotta!’ disse eccitato Geronimo al quale non era sfuggito il rossore nelle guance di Ranavalona.
‘Zitto e mangia!’
 
‘M’arricriai!’ disse Egidio toccandosi la pancia, o meglio gli addominali.
Le cena era finita, i tavoli svaniti e i professori Von Grable e Caldeo stavano decorando la sala con candele e teschi fluttuanti.
‘Prima che inizia il ballo io e alcuni dei ragazzi passiamo dal rettilario. Il professor Pule è tornato da un viaggio in Malesia e ha portato delle rane nasuta; dicono che è quasi impossibile scovarle nel terrario. Volete venire?’ propose Egidio.
‘Assulutamente no!’ rispose Crocifissa anticipando gli altri. ‘A meno che non si debbano sezionare o sminuzzare per usarli come ingredienti per le pozioni, trovo i rettili e gli anfibi estremamente noiosi.’
‘Passo anche io, un ragazzo mi ha invitato a ballare e mi vorrei dare una sistemata.’ disse in un soffio Ranavalona stringendo tra le mani un bigliettino che le era arrivato in volo durante la cena.
‘Io vengo.’ disse invece Geronimo.
‘Ma se hai paura dei serpenti.’ disse Crocifissa.
‘Oh… Sciocchezze!’ rispose lui irrigidendosi di colpo.
‘Mi ricordo benissimo che l’anno scorso quando studiavamo gli ashwinder e il Professor Pule l’ha liberato per l’aula, ti sei praticamente arrampicato sul tetto. Proprio come una femminuccia.’
‘Non ho paura!’ decretò lui stizzito. ‘E dare della femminuccia a qualcuno è un atteggiamento estremamente misogino ed offensivo.’
‘Aspettatemi all’ingresso, sistemo i capelli a Ranavalona e vi raggiungo.’ disse poi rivolto ad Egidio.
‘Lo sai che non è un appuntamento, vero?’ chiese Crocifissa quando Egidio si fu allontanato.
‘Siamo maghi, trasformiamo le cose, figurati se non possiamo trasformare le situazioni.’ le rispose Geronimo facendole l’occhiolino.
‘Schifo!’ commentò lei.
 
‘Ragazzi la festa è finita!’ disse il Professor Pule da sopra il palco quando la musica cessò di suonare.
‘Tornati tutti ai vostri dormitori che domani le lezioni vi aspettano. Signor Botha, sono abbastanza sicuro che il dormitorio maschile sia dall’altra parte.’
‘Siamo sicuri di volerlo fare stasera?’ chiese Ranavalona unendosi ai suoi compagni. ‘Ma dov’è Egidio?’
‘Ecco dov’è quel baccalà.’ lo indicò Crocifissa.
Egidio barcollò a fatica verso di loro, si fermò davanti al gruppo e fece un gran sorriso.
‘Hey principessa! Siete pronte a divertirvi?’
‘Ma… sei ubriaco?’ chiese Ranavalona stupita.
‘No. Ho bevuto solo due Tormento.’ disse lui alzando tre dita della mano destra.
‘Oh Gesù! E cosa sarebbe?’ chiese Crocifissa.
‘Infuso di giusquiamo miscelato alla datura, petali di ranuncolo essiccati e succo di mirtillo.’ rispose Ranavalona senza esitazioni.
‘E da quando sei esperta di alcolici?’ chiese Geronimo.
Lei si accorse che tutti la guardavano.
‘Ragazzi ma siete seri?’ Giusto la settimana scorsa a pozioni ci hanno spiegato che il Mago Baruffio ha scoperto il Tormento Nero perché ha dimenticato di aggiungere il mirtillo a questo che era il suo coctail preferito. Per più di una settimana ha vissuto con terribili allucinazioni. Seguite mai le lezioni?’
‘Hai proprio dei bei denti!’ rispose per tutti Egidio allungando la mano per accarezzarli.
‘Ragazzi mi avete sentito?’ Tornati ai dormitori!’ li richiamò il Professor Pule da sopra il palco.
I tre, trascinandosi Egidio, uscirono dall’Aula Magna ma, invece di andare verso i dormitori sgattaiolarono nei sotterranei.
Attraversarono tutto il secondo corridoio fino a raggiungere il museo della scuola.
Immensa e stipata di teche, scheletri e animali impagliati, l’ex aula di tassidermia offriva la perfetta intimità per costruire un cerchio aritmatico.
‘Di chi è stata la brillante idea di venire in questo cimitero?’ chiese intimorita Crocifissa facendo il segno della croce.
‘Di Egidio e comunque è l’unica aula che non chiudono di notte.’ rispose Ranavalona ‘Era scritto in Kairawan, la vostra nuova casa, il dépliant che ci hanno dato il primo anno… Ma non mi aspettavo grandi cose da voi.’
‘E’ diventata insopportabile ormai, peggio di…’
‘Madame Envie?’ concluse per Crocifissa Egidio.
‘Esatto, come hai fatto a capire che volevo nomi…’
‘Possiamo spiegarle tutto. Non mi guardi in questo modo!’ continuò Egidio.
Crocifissa, Geronimo e Ranavalona rabbrividirono.
Si girarono lentamente aspettandosi di trovarsi davanti il volto furente della bibliotecaria invece si trovarono davanti un altro volto.
Era una donna bellissima, con un volto disteso e delicato e capelli che le toccavano terra.
 ‘Io lo ammazzo!’ sentenziò Crocifissa una volta ripresa dallo spavento ed essersi accorta che Egidio stava parlando con una ciguapa, una creatura dall’aspetto di una donna dai piedi rovesciati, che tormenta gli uomini nei boschi.
‘Lascialo stare, ci serve per il cerchio.’ disse Geronimo che aveva già disegnato i simboli per terra.
‘Allora prima facciamo questa cosa, poi lo ammazzo!’


Scusate infinitamente per la mia assenza ma La Bugiarda stavolta non c’entra!
Ho avuto problemi di salute che mi hanno tenuto lontano dalla storia ma le preghiere di Crocifissa e qualche colpetto di borsetta mi hanno permesso oggi di pubblicare per voi un nuovo capitolo e per farvi i miei più sinceri auguri di buon anno.
Nel 2018 ci aspettano tante cose tra cui il completamento dell’avventura da parte dei nostri eroi!
Alla prossima!
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12. Dove basta un incantesimo per farti viaggiare ***


Capitolo 12. Dove basta un incantesimo per farti viaggiare
 
Una volta disegnato il cerchio a terra con un grosso gesso bianco e averlo decorato con figure geometriche all’interno, Geronimo si alzò soddisfatto.
‘E’ perfetto. Non so se questo cerchio renderebbe più fiera la Caldeo o la Anguissola di arte. Ora ci dobbiamo posizionare nei cerchi che ho messo a gli estremi, pensate che Egidio riuscirà a non cadere come una pera durante il rito?’
‘Lo spero per lui.’ disse Crocifissa brandendo la sua borsetta.
‘Ecco l’incantesimo che dobbiamo recitare.’ disse Geronimo passando una pergamena ai suoi amici. ‘Ci ho messo un po’ per assemblarlo ma sembra abbastanza soddisfacente. Tieni il tuo Egidio.’
‘Dammi un bacio.’ disse Egidio tendendo le labbra.
‘Domandamelo in qualsiasi altro momento. Adesso che siamo chiusi in una stanza sotterranea con quella pazza non è il caso.’
‘Bravo Terranova. Fai il bravo.’ disse Crocifissa sentendosi chiamata in causa.
‘Vi ricordo che un cerchio aritmatico può nascondere di tutto; da un ricordo ad un oggetto, una volta è stato evocato un coboldo e io odio quei folletti. La priorità in caso di pericolo deve essere salvare Egidio. Siamo tutti pronti?’ disse emozionata Ranavalona all’interno del suo cerchio a terra.
‘Che presentazione di cacca che hai fatto. Che Dio ce la mandi buona.’ rispose Crocifissa facendosi il segno della croce dall’interno del suo cerchio.
‘Allora iniziamo.’
Geronimo con un colpo di bacchetta spense le luci del museo che piombò nella più completa oscurità.
‘Tre. Ventisei. Sessantasette.
Non tutte le parole sono state dette.’
Una prima fila di candele si accese.
‘Sette. Quarantacinque. Ottantuno.
E’ un segreto mai detto a nessuno.’
Si accese la seconda fila di candele e si unirono all’incantesimo anche le ragazze.
‘Diciassette. Ventitré.
Mostraci ciò che si cela dentro di te.’
A sorpresa di tutti, con voce stridula e un po’ troppo alta, si aggiunse anche Egidio.
I quattro ripetettero il rito per tre volte prima che qualcosa accadesse. Poi una nebbiolina azzurra si alzò dal centro del cerchio.
‘Preparate le bacchette.’
Prima che potessero sfoderarle dal loro portabacchetta il fumo li avvolse completamente.
Vari colpi di tosse accompagnarono lo sfumare del fumo.
‘Mi sa che non è successo niente!’ disse Ranavalona sconsolata. ‘Ma cosa?!’
‘Come accidenti ti sei combinata?’ disse Crocifissa sgranando gli occhi.
‘Oh-Mio-Dio!’ disse Geronimo facendo una piroetta su se stesso.
Crocifissa indossava un prezioso abito lungo, azzurro con decorazioni oro, Ranavalona, davanti a lei, ne indossava uno blu scuro con una camicia sul davanti. Geronimo e Egidio indossavano due eleganti abiti tre pezzi solo che mentre il look di Egidio si completava con un paletots, cappello, guanti e bastone da passeggio, Geronimo indossava solo un cappello da giorno in feltro.
‘Siete buffissimi.’ disse Egidio guardando i suoi amici.
‘Ma cosa è successo? Dove siamo?’
Crocifissa si guardò intorno.
Si trovavano in aperta campagna in una strada di fortuna che sembrava attraversare i campi. Accanto a loro una macchina d’epoca nera luccicante borbottava buttando fumo dalla marmitta.
‘Non ne ho idea ma qualcosa è sicuramente successo.’ disse Crocifissa aprendosi un ombrellino bianco per proteggersi dal sole. ‘Quel babbeo di Egidio avrà sbagliato a recitare l’incantesimo.’
‘E adesso?’ chiese Ranavalona presa dal panico.
‘E adesso qualcuno mi spieghi perché Egidio è più elegante di me.’ si lamentò Geronimo.
‘Certo che qui sotto il sole non possiamo restare. Chi sa guidare questa cosa?’ disse Crocifissa girando attorno all’auto.
‘E’ la prima volta che ne vedo una, i miei non sono tanto filobabbani.’ disse Ranavalona.
‘Io non ci ho mai provato ma se ci riescono i babbani…’ disse Geronimo accarezzando il volante.
Pochi minuti dopo una macchina scura sfrecciava per i campi.
Si fermò solo quando si trovò in prossimità di un’immensa villa che aprì i suoi cancelli al loro passaggio.
‘Entriamo?’ chiesa Ranavalona titubante.
‘Prima risolviamo questo problema.’ disse Crocifissa guardando Egidio che si sporgeva dalla macchina in preda a conati di vomito.
‘Mi sa che sono più bravo con la scopa.’ rispose Geronimo mentre gli reggeva la fronte.
‘Diamogli una sistemata ed entriamo. Ormai che abbiamo da perdere?’ disse Crocifissa.
 
La villa bianca, immersa nel verde, sembrava un moderno hotel.
Il giardino che anticipava le scalinate, decorato con fontane e statue, era abitato da corvi albini e pavoni bianchi che sfilavano elegantemente davanti gli occhi stupiti del gruppo di amici.
‘Guardate, quelli sono Diricawl!’ disse Ranavalona indicando degli uccelli grassocci con piume vaporose.
‘E quello chi è?’ disse Egidio in un barlume di lucidità.
Un uomo elegantemente vestito di bianco e con fare distinto si avvicinò a loro.
‘Benvenuti a Roccadia. Io sono Horacio, a vostro servizio, Donna Caterina vi sta aspettando, seguitemi pure.’
Crocifissa, Geronimo e Ranavalona si lanciarono uno sguardo preoccupato ma non osare fiatare e seguirono in silenzio il damerino che li aveva accolti.
All’interno della villa il lusso regnava sovrano. Statue animate e mobili antichi venivano spolverati da una schiera di elfi domestici e donne di servizio che indossavano tutti la stessa divisa.
Attraversato un corridoio dorato decorato con stucchi sul soffitto si ritrovarono in una stanza enorme dove una donna con un ampio vestito azzurro li accolse con un sorriso.
Carnagione pallida, grandi occhi scuri e capelli nerissimi; la Dama si presentava di una bellezza quasi eterea davanti a loro.
‘Donna Crocifissa che piacere vederla.’ disse la donna avvicinandosi verso Crocifissa. ‘Lui deve essere Vostro marito.’ disse avvicinando la mano ad Egidio che si esibì in un goffo baciamano. ‘E lei la Vostra dama di compagnia, la Signorina Ranavalona, ho sempre avuto un debole per il vostro colore della pelle.’ le bisbiglio avvicinandosi all’orecchio. ‘E lui immagino sia il vostro autista, con quegli occhi azzurri farete sicuramente strage di cuori.’
‘Immaginate bene mia Signora. Gernimo Esperandio, a vostra disposizione.’ disse Geronimo esibendosi in un elegante baciamano.
‘Vi starete chiedendo come vi conosco.
Un sogno mi ha annunciato il vostro arrivo adesso bisogna capire chi e cosa vi ha portato qui. Accomodatevi.’ 
Mentre si sistemavano in una serie di divani degli elfi domestici fecero il loro ingresso portando dei vassoi con thè, succo d’arancia e una vasta scelta di dolcini e biscotti; con loro entrarono anche due scimmie volanti che si sistemarono a fianco della loro padrona.
‘Merlino, Morgana salutate i vostri ospiti.’
Merlino e Morgana… Ma allora questa…
‘E’ la Dama del Lignaggio.’ sussurrò Crocifissa a Ranavalona.
‘Quella del Diario che ho trovato a inizio anno? Ma mi avevi detto che non avevi preso tu il libro!’ disse Ranavalona buttandosi quasi il thè addosso.
 ‘Ah ti avevo detto così? Non ricordo.’ mentì Crocifissa addentando un biscotto.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13. Dove le visite ai parenti noiosi si possono rivelare molto utili ***


Capitolo 13. Dove le visite ai parenti noiosi si possono rivelare molto utili
 
Mentre Donna Caterina mostrava a Geronimo delle stoffe francesi arrivatole in dono dall’amica Perenelle Flamel, delle esplosioni distrussero la quiete di Roccadia.
Dopo la sorpresa iniziale gli ospiti seguirono la padrona di casa e si affacciarono al grande balcone della sala da thè.
Una donna dall’abito scuro come i suoi capelli, con accanto due damerini di grigio vestiti, impugnava una bacchetta.
Lanciò uno sguardo torvo in direzione di Donna Caterina prima di iniziare un nuovo attacco.
I ragazzi cercarono nei vestiti le bacchette per proteggersi ma si accorsero, per la prima volta da quando si erano ritrovati in quest’assurda situazione, di esserne sprovvisti.
‘E’ Donna Rosa! Proteggetevi dentro la villa.’ disse la Dama sfoderando una sottile bacchetta di bagolaro.
Ma prima che potessero muoversi un’esplosione di luce li investi accecandoli.
Crocifissa indietreggiò brancolando nel buio e quasi perse l’equilibrio, sentì un tonfo, non doveva essere la sola accecata dalla luce.
Quando l’effetto della luce svanì e i suoi occhi si abituarono nuovamente alla luce si ritrovò davanti il muso di un grosso cinghiale alato.
‘Siamo tornati.’ disse cercando con lo sguardo i suoi amici.
‘Oh mio Dio! E’ stato pazzesco!’ desse Geronimo accanto a lei mentre riprendeva fiato.
‘Non nominare il nome di Dio invano.’ lo ammonì Crocifissa accompagnando le sue parole con un colpo di borsetta dritto alla nuca di Geronimo.
‘Mi sento tutta scombussolata.’ disse Ranavalona rialzandosi da terra e passandosi una mano sulla divisa per rimuovere la polvere.
 ‘La miglior sbronza della mia vita!’ disse Egidio ancora steso a terra.
 
Trascorsero ogni momento libero disponibile chiusi in biblioteca a cercare più notizie possibili che potessero fare chiarezza su quello che era accaduto.
 ‘Roccadia… Eppure l’avevo già sentito questo nome…’ disse Ranavalona chiudendo l’ennesimo libro.
‘Io non ci posso ancora credere.’ disse Crocifissa sfogliando Dama del Lignaggio. Incantesimi per una vera Gentilstrega. che, da quando avevano fatto il viaggio indietro nel tempo, non era altro che un ammasso di fogli ingialliti.  
‘Magari con l’anno nuovo avremmo più fortuna.’ disse Ranavalona accarezzando le spalle di Crocifissa a mo’ di consolazione.
‘Non mi toccare.’ disse lei stizzita.
Le vacanze di Natale non furono come gli altri anni. La partecipazione alla Via Crucis, le messe notturne in attesa della nascita di Gesù Bambino, neanche la grande messa la notte di Natale diedero a Crocifissa la gioia che solitamente le dava questo periodo dell’anno.
I biglietti d’auguri e i regali ricevuti dai suoi amici (un taccuino capace di ricordare i fatti e gli avvenimenti studiati da parte di Ranavalona, una scatola di Cioccorane e una confezione di Pralimizie accompagnate da un biglietto con scritto ‘Dolci per la ragazza meno dolce al mondo!’ da parte di Egidio e un pupazzetto con le sue sembianze, con tanto di borsetta, che urla ‘Idiota!’ ogni volta che le si preme la pancia da parte di Geronimo) non fecero altro che riportare i suoi pensieri in quella villa.
A Roccadia.
A Donna Caterina e alla sua assalitrice.
Questo groviglio di pensieri sembrò districarsi solo al ritorno a scuola quando, quasi investendo la professoressa Suor Clotilde Martha Tuccida Osiris, Geronimo si precipitò verso di lei e ansimando disse ‘Ho trovato qualcosa!’.
Dovette aspettare ancora due ore prima che tutti si riunirono in biblioteca. Quelle che furono le due ore più lunghe della sua vita.
Scelsero la selezione Letteratura Babbana della biblioteca, che era sempre estremamente tranquilla.
 ‘Questo Natale, come mi tocca fare ogni anno, sono stato costretto ad andare a trovare Zia Nicoletta, che in realtà è una prozia di mio padre, ed è una specie di mummia che abita isolata dal mondo. Pensate che ha come animale domestico una nutria di nome Gianfranco, e, non so se avete presente una nutria, è un orribile topo gigante e non potete immaginare l’odore che fa…’
‘Geronimo! Arrivi al dunque?’ sbraitò Crocifissa.
‘Ah si.’ disse Geronimo tornando al discorso iniziale. ‘Mentre ero dalla Zia Nicoletta mi sono ricordato che è una pazza ossessionata dal passato, allora le ho chiesto se sapeva qualcosa riguardante Roccadia e Donna Caterina e lei, con mia gran sorpresa, mi ha iniziato a dare informazioni a raffica. Fortunatamente la mia amica Ranavalona mi aveva regalato questo taccuino che ha scritto tutto.’ concluse Geronimo estraendo il taccuino.
‘Hai fatto lo stesso regalo a tutti?’ chiese Crocifissa con tono infastidito rivolto a Ranavalona.
‘A Egidio ho regalato una bottiglia di whisky incendiario.’
‘Che ho adorato!’ disse cingendole in un abbraccio.
‘Seriamente? E’ finito l’interesse per la Dama?’ disse Geronimo infastidito dal fatto di non essere più al centro dell’attenzione.
‘No scusa, continua.’ risposero in coro.
‘Donna Caterina era moglie di Giovanni Cavalieri, un ricco gentiluomo palermitano. Aveva amicizie importanti sia in abito magico che no, famosa fu la sua amicizia con grandi donne come Franca Florio, Marie Laveau e Perenelle Flamel, moglie di Nicolas Flamel.
Fece di Roccadia un importante polo culturale invitando i nomi più prestigiosi della Belle Époque.
 La cosa strana fu che sparì nel nulla nel 1919 e nessuno ebbe mai sue notizie.’
‘Wow!’ disse Egidio. ‘E della pazza maniaca?’
‘Ho chiesto pure di questa Donna Rosa ma non mi ha saputo dare nessuna informazione. Ma…’ disse Geronimo rovistando nella sua cartella di pelle, ‘mia zia mi ha prestato questo libro.’
Un pesante tomo cadde sul tavolo della sala.
‘Qui potrebbe esserci qualche informazione in più. Ranavalona a te il compito di scoprire se è così.’
 ‘Che fortuna essere scelta per leggere tutto quel malloppo…’ disse Egidio ironico guardando il libro.
‘Terranova quando finalmente imparerai anche tu a leggere la potrai aiutare.’ disse Crocifissa.
‘Notizie dal diario piuttosto?’ chiese curioso Geronimo.
‘Ancora niente,’ rispose sconfortata Crocifissa sfogliandone le pagine vuote ‘è ancora tutto bianco.’
 
Un ragazzo muscoloso, una ragazza con vaporosi capelli afro, un ragazzo con la fissa di toccarsi continuamente il ciuffo biondo e una ragazza dall’aspetto rigido che guardava con aria che sembrava sempre minacciosa i suoi interlocutori. Era sicuramente uno strano quartetto ma il particolare che attirò l’attenzione della persona che li stava osservando fu un altro.
Un libro con la copertina di pelle e il titolo scritto a caratteri dorati.
L’aveva trovato!
Lophostrix strinse i pugni dalla contentezza.
La Bugiarda avrebbe presto avuto il libro che tanto cercava!

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Capitolo 14
*** Capitolo 14. Dove hai accesso alla Palermo segreta ***


Capitolo 14. Dove hai accesso alla Palermo segreta
 
Nonostante l’aria fredda le strade di Palermo erano animate da un fervente via vai di persone.
Dei quattro ragazzi che attraversavano le vie del mercato solo una non sembrava completamente spaesata.
‘Puoi smetterla di camminare vicino a me?’ disse Crocifissa rivolta a Egidio. ‘Chissà cosa pensa la gente a vedermi camminare con un... Perché ti sei vestito da tronista?’
Egidio Terranova, che da ragazzino sognava di diventare famoso come i tronisti della trasmissione babbana Uomini e Donne, indossava una tuta grigia, una maglietta scollata che mostrava parte dei pettorali e un bomber rosso.
‘Non posso mai indossare i miei abiti babbani e quando ne ho l’occasione mi piace essere sportivo.’ rispose lui continuando a lanciare occhiate di fuoco e a fare occhiolini alle ragazze che gli venivano incontro.
‘Sicuramente non sei elegante.’ intervenne Geronimo dietro di loro stranamente a suo agio in abiti babbani e stringendosi nel montgomery color cammello che aveva materializzato prima di uscire da Kairawan.
‘Ma se prima mi hai detto che oggi è bellissimo.’ disse Ranavalona che aveva sostituito alle tuniche della divisa scolastica che solitamente indossava una tunica dai colori sgargianti che le ricordava il suo Madagascar.
‘Grazie Rana, sei sempre così discreta…’ disse Geronimo fulminandola con lo sguardo.
‘Siamo arrivati.’ disse Crocifissa fermandosi davanti una chiesa barocca.
‘Sicura che è qui?’
‘L’unico modo per entrare nella zona magica, e quindi cercare Roccadia, è chiedere l’accesso ai Beati Paoli.’ disse Ranavalona sicura.
‘E questi Beati Paoli sono buoni?’ chiese Geronimo.
‘Sono una congrega di maghi che tutelano la società magica, l’arte, i segreti della Palermo occulta e si dice che abbiano il controllo del sonno dei morti. E si, dovrebbero essere buoni.’ rispose Ranavalona.
‘Il sonno dei morti?’ chiese Egidio.
‘Niente fantasmi né inferi. Un morto qui rimane morto.’
‘Che ansia…’ commentò Geronimo.
‘Che Dio ce la mandi buona!’
Così dicendo Crocifissa entrò nella chiesa facendo un inchino e il segno della croce rivolta all’altare prima di fulminare con lo sguardo gli altri affinché facessero lo stesso.
‘Quello sguardo è peggio dell’Imperius.’ bisbigliò Geronimo a Egidio facendo un goffo inchino controvoglia.
Attraversarono la navata sinistra fino a quando si imbatterono in un’anziana suora.
‘Buonasera Sorella.’ disse Ranavalona facendo un sorriso.
La suora la squadrò dalla testa ai piedi e con tono leggermente ostile, che ricordava molto quello che usava Crocifissa, disse ‘Pace e bene figliola. Come ti posso aiutare?’
‘Vorremmo visitare le cripte.’
‘Oh… Le cripte non sono accessibili, soprattutto a sbarbatelli come voi.’ disse in direzione di Egidio.
‘In realtà mi rado ogni mattina.’ disse lui passandosi la mano sul viso ‘E per le cripte credo potremmo trovare un accordo.’ disse estraendo la bacchetta dal bomber.
Mascherando una smorfia di fastidio spostò lo sguardo su Ranavalona e, dopo aver visto la sua bacchetta, sugli altri.
‘Bene, seguitemi.’ disse infine.
Si avvicinarono davanti un Monumento sepolcrale e la suora, dopo aver fatto il segno della croce, spostò la collocazione di sei candele poste in un grande candelabro d’argento fino a quando un click rivelò l’esistenza di una piccola porta.
‘Entrate e scendete le scale. Tu stai attento alla testa.’ disse rivolta a Egidio che era il più alto. ‘Spero che non diate nessun problema, noi Beati Paoli non abbiamo né molta pazienza né tempo da perdere con i ragazzini.’ così dicendo girò i tacchi e scomparve in direzione dell’altare.
‘Fino a qui è stato facile.’ disse Ranavalona facendo un sorriso carico di positività.
‘Chissà quali eventi funesti ci aspettano.’ disse Geronimo calandosi per primo.
Dopo una scesa di alcuni minuti i quattro si ritrovarono in una grande stanza molto antica illuminata da torce poste alle pareti.
‘Bacchette!’ disse una voce alle loro spalle che li fece sobbalzare.
Un omino grassottello che indossava una tunica nera con tanto di cappuccio li osservava da dietro un tavolo di legno massiccio.
Geronimo fu il primo a consegnare la sua.
‘E’ un controllo bacchette.’ disse Geronimo rispondendo all’espressione confusa dei suoi compagni. ‘Nelle feste che organizza la mia famiglia lo facciamo sempre, onde evitare che maghinò e ibridi rovinino la festa.’
‘Siete dei mostri.’ disse Ranavalona passando la sua bacchetta al controllo.
‘Facessi io una selezione simile nessuno di voi potrebbe entrare a una mia festa. Neanche lei.’ disse passando la bacchetta all’uomo in tunica.
‘E cosa vorresti fare? Un rosario party?’ disse Geronimo in tono di scherno. ‘E poi chi mai verrebbe a una tua festa, sai che noia!’
 ‘Giovanotto un po’ di rispetto. Siamo sotto una chiesa e io sono un frate.’ lo rimproverò l’uomo restituendo la bacchetta anche ad Egidio. Poi si girò e da un vecchio armadio prese quattro fagotti neri.
‘Dovete indossarle.’ disse spiegando una tunica uguale a quella che indossava lui ma con i bordi argentati sulle maniche.
‘Non ha una misura più aderente? Questa tunica mi muore addosso.’ si lamentò Geronimo una volta averla indossata.
‘Andate. Da quella parte.’ disse indicando un corridoio.
 Si ritrovarono ad affrontare una rete di cunicoli e tunnel poco illuminati, di tanto in tanto si scontravano con qualche uomo o qualche donna in tunica.
‘Scusi. Dovremmo accedere alla zona magica, sa indicarmi dove andare?’ chiese Ranavalona a quella che, come il velo suggeriva, sembrava essere una giovane suora dopo aver girato a vuoto per i corridoi.
‘Certo ragazzi.’ disse la donna nascondendo le mani dietro la schiena. ‘Seguite per intero questo corridoio. Quando giungete alla statua di Sant'Emerenziana prendete il corridoi alla sua destra. La stanza dei permessi si trova davanti la statua di San Sebastiano.’
‘San’Emerecosa?’ disse Egidio quando la suora era sparita già in uno dei passaggi.
‘Ho notato solo io che la suora aveva le mani ricoperte di sangue?’ Cosa fanno qui sotto?’ chiese Geronimo.
‘Meglio non sapere. Andiamo. Sant'Emerenziana è una ragazza con delle pietre sul grembo, non sarà difficile da trovare.’ disse Crocifissa preparata.
E infatti presto si trovarono davanti a una statua che corrispondeva alla descrizione fatta da Crocifissa.
‘Perfetto. Il corridoio è questo. Adesso dobbiamo cercare l’altro Santo. Come era questo Sebastiano?’ chiese Egidio.
‘Molto sexy e pieno di frecce. Andiamo.’
‘Hai capito Crocifissa… Non ti facevo tipa da twink.’ disse Geronimo una volta arrivati davanti alla statua di un ragazzo dal volto sofferente e il corpo trafitto da frecce.
‘E’ stato il mio primo amore; da quando l’ho visto per la prima volta a quattro anni in una processione a Catania.’ confidò lei.
‘Pronti?’ disse Ranavalona bussando alla porta.
‘Avanti.’ disse una voce femminile al suo interno.
Aprirono la porta e trovarono una donna dietro una scrivania intenta a compilare dei moduli.
Solo quando la donna alzò lo sguardo per accoglierli la riconobbero.
‘Professoressa?’ esclamarono all’unisono quattro voci sorprese.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15. Dove ritorni a Roccadia anche se ti sembra diversa. ***


Capitolo 15. Dove ritorni a Roccadia anche se ti sembra diversa.
 
Suor Clotilde Martha Tuccida Osiris fece uno dei suoi sorrisi contenuti che erano capaci o di scaldare i cuori o di terrorizzare, a seconda della situazione.
‘Oh!’ esclamò sorpresa. ‘Questa sì che non me l’aspettavo. Potrei sapere, di grazia, come mai siete qui invece di essere a scuola?’
‘Ehhh...’ incespicò Geronimo. ‘Siamo usciti a fare due passi.’ disse con nonchalance ‘Oggi è sabato, si può uscire da scuola.’
‘So benissimo che il sabato gli studenti dell’ultimo anno possono uscire da Kairawan; ma, se non mi sbaglio, voi fino alla lezione del giovedì mattina, eravate al sesto anno…’ disse scrutandoli uno per uno.
‘Si, effettivamente sembrerebbe proprio una strana situazione, se non fosse,’ disse Geronimo alzando il dito indice con fare teatrale ‘che noi siamo seriamente intenzionati a passare al settimo anno, l’anno prossimo…’
‘Quindi stiamo facendo una prova.’ venne in suo soccorso Egidio.
Crocifissa si batté una mano sulla fronte per la piega che stava prendendo la discussione.
‘Mmm capisco.’ disse la Professoressa Osiris spostando lo sguardo sulle ragazze.
‘E perché vorreste entrare nella zona magica?’
‘Bhè, perché siamo dei maghi.’ disse Geronimo alzando le spalle.
‘Fino a quando non vi confiscano la bacchetta.’ rispose l’insegnante in tono tagliente.
‘Ma vi è andata bene. Oggi sono di ottimo umore, c’è una bellissima giornata ed è un ottimo giorno per visitare Palermo Arcana.’ disse mentre scriveva su una pergamena.
‘Io non vi ho visto, voi non avete visto me e l’Emiro non saprà mai niente di questo incontro. Noi Beati Paoli non andiamo in giro a sbandierare la nostra identità quindi conto sulla vostra completa discrezione; soprattutto nella tua Terranova. Tutto chiaro?’
‘Trasparente!’ si affrettò a dire Crocifissa afferrando i permessi.
‘Bene. Allora seguitemi.’
Con andatura lenta l’insegnante uscì dalla stanza seguita dal gruppo di studenti.
Proseguirono per alcuni metri prima di ritrovarsi all’interno di una piccola cappella illuminata da candele e profumata d’incenso.
Suor Clotilde Martha Tuccida Osiris e Crocifissa, d’intinto, fecero il segno della croce mentre gli altri tre rimasero in attesa.
‘Non dirmi che adesso dobbiamo pregare.’ disse Geronimo ad Ranavalona alzando gli occhi al cielo.
‘Siamo arrivati.’ disse la suora fermandosi davanti un confessionale. ‘Chi vuole essere il primo?’
‘Ci dobbiamo confessare?’ chiese preoccupata Crocifissa.
‘Si vabbè, se entro io non esco più. Non possiamo saltare questa parte e andare al sodo?’ sbuffò Geronimo.
‘Chi vuole essere il primo?’ ripeté impassibile Suor Osiris.
‘Vado io allora. Che sono un anima pia.’ disse Egidio facendosi avanti.
Quando entrò nella cabina del confessionale di legno Suor Osiris chiuse la tendina di velluto viola per poi riaprirla all’istante.
La cabina era vuota.
‘Per fortuna; è un passaggio.’ si rilassò Geronimo. ‘Allora passo io. Tutta questa religiosità mi sta mettendo ansia.’
E anche lui alla riapertura della tenda era sparito.
‘Ranavalona, vuoi andare tu?’ la invitò l’insegnante.
Quando anche Ranavalona sparì, Crocifissa si sistemò nel confessionale.
‘Stai attenta ragazzina. Vi state mettendo in una cosa più grande di voi.’
E prima che Crocifissa potesse rispondere la tendina si chiuse e una forte luce l’abbagliò. 
Si ritrovò seduta su una panchina all’ombra di un grande olmo.
Davanti a lei una piazza gremita di gente.
Crocifissa fece un sospiro di sollievo. I cappelli a punta e i mantelli di pelliccia erano segno che era arrivata nel posto giusto.
‘Crocifissa siamo qui. Vieni!’ la incitò una voce alla sua destra.
Si trattava di Ranavalona.
Crocifissa si alzò e andò loro incontro.
‘Ragazzi è successa una cosa stranissima…’ disse Crocifissa ripensando alle parole dell‘insegnate di Storia della Magia.
‘Trovate!’ disse Geronimo venendo verso di loro con una scopa in mano.
‘Ho noleggiato quattro scope e in più ho preso questa mappa. Abbiamo un bel po’ da volare per arrivare a Roccadia.’
‘Molto gentile amico mio.’ disse Egidio dandogli una pacca sulla spalla.
‘Gentile un cavolo. Costano un tarì l’ora quindi diamoci una mossa.’
Salirono in arcione ognuno nella loro scopa e partirono seguendo una formazione a diamante guidata da Geronimo.
Attraversarono boschi e fiumi; nel loro viaggio incontrarono alcuni burbutti, dei gufi con orecchie da lepre, che volavano solitari, e uno stormo di ippociconie, elegante e aggraziato animale originato dall’incrocio del cavallo e la cicogna.
Volarono fino a quando Geronimo non rallentò indicando una grande macchia verde sotto di loro.
Crocifissa riconobbe la villa che aveva visitato durante il rito.
Scesero in picchiata e atterrarono su un morbido prato verde.
La strada era libera e la villa era immersa nel verde ma nonostante questo rispetto alla loro prima visita ora tutto l’ambiente sembrava più cupo.
Il grande portone di ingresso, come la prima volta, si spalancò con un cigolio e il gruppo entrò a Roccadia.
I pavoni erano scomparsi e le fontane e le statue che decoravano i giardini ora erano abbandonate e in parte ricoperte da rampicanti; l’unica statua che sembrava essere in condizioni migliori rispetto le altre ritraeva una donna bellissima con una scimmia sulla spalla che i ragazzi riconobbero come Donna Caterina.
‘Che posto lugubre che è diventato.’ commentò Ranavalona andando verso il portone d’ingresso.
In prossimità della porta vennero accolti da tre strani elfi domestici dalla pelle bitorzoluta e grigia scura.
‘Benvenuti a Roccadia Signori.’ disse uno di loro con voce rauca ma servile.
‘Accomodatevi pure, la Padrona sta per arrivare.’
Due di loro presero le scope per portarle in un capanno poco lontano dall’ingresso, mentre l’altro li guidò verso casa.
‘Ma cosa hanno questi elfi? Sono malati?’ chiese a bassa voce Geronimo quando entrarono nel grande salone che adesso sembrava molto meno luminoso.
‘Non sono elfi, credo proprio siano døkkálfar. Ed è strano trovarli qui, sono elfi oscuri che vivono perlopiù in Islanda. Sono molto potenti e manipolatori in grado di evocare la caccia selvaggia, solo un grande mago riuscirebbe a piegarli per farsi servire.’ rispose Ranavalona.
‘La odio quando fa la saputella.’ disse Crocifissa.
‘Chissà in che guaio ci stiamo cacciando.’ disse Egidio sprofondando su un’antica poltrona.
 
La padrona di casa si presentò con un abito blu scuro molto ingombrante e vaporoso, fuori moda anche per una strega.
La pelle era pallida, i capelli biondi acconciati con elaborati boccoli e incastrati in un ampio cappello del colore del vestito, gli occhi neri e severi.
‘Benvenuti nella mia umile magione.’ disse la donna con voce amabile ma vagamente forzata ‘Io sono Eleonora Campari ed è stato un piacere, ma vi confesso anche una sorpresa, aver ricevuto la vostra lettera prima e la vostra visita adesso. Un progetto scolastico mi avete scritto se non ricordo male.’
‘Esatto, per Storia della Magia. Stiamo studiando le più grandi personalità magiche siciliane e noi è toccata Caterina Cavalieri.’ spiegò Ranavalona.
‘Caterina Cavalieri…’ disse con tono quasi disgustato la padrona di casa. ‘Strega sopravvalutata in bellezza e bravura. Ne abbiamo avute di migliori; Rosa de Luna per citarne una, discendente della grande Aloisia de Luna. Abitava proprio qui vicino prima che gli zotici abitanti del villaggio la esiliassero per presunte attività illecite e uso della magia nera. Ma se volete comunque parlare di quella sedetevi pure, so delle cose che nessun libro di storia racconta.’
Più osservava quella donna più Geronimo si convinceva di averla già vista.
‘L’avrai vista in qualche quadro antico, neanche ne Il Segreto si vestono così.’ bisbigliò Egidio una volta che Geronimo gli aveva espresso la sua impressione.
‘Dove?’ chiese lui confuso.
‘Lascia stare. Cose da babbani.’

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