Oltre le convenzioni e le logiche

di paige95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quel lieto evento che cambiò molte cose ***
Capitolo 2: *** Anime stravolte ***
Capitolo 3: *** Uno sgradevole tentativo di persuasione ***
Capitolo 4: *** Una silenziosa approvazione ***
Capitolo 5: *** Una gelosia incontrollabile ***
Capitolo 6: *** Un "enigma" da svelare...ma tu non ci sarai ***
Capitolo 7: *** Piano di coinvolgimento ***
Capitolo 8: *** Un gesto gradito...ma dalla persona sbagliata ***
Capitolo 9: *** Perchè tu sei mia e di nessun altro ***
Capitolo 10: *** La tua partenza e la mia rabbia ***
Capitolo 11: *** E ritorni da me ***
Capitolo 12: *** Nuove paure e vecchi sentimenti ***
Capitolo 13: *** Vicinanza curativa ***
Capitolo 14: *** Incontro dal futuro ***
Capitolo 15: *** Una luce nel buio ***
Capitolo 16: *** Un passato incancellabile ***
Capitolo 17: *** Perdonami il male che non ho fatto ***
Capitolo 18: *** Sfida per amore ***



Capitolo 1
*** Quel lieto evento che cambiò molte cose ***


Quel lieto evento che cambiò molte cose
 
Sento ancora sulla pelle quella dolce, ma amara, fragranza. Quell’orgoglio del principe e quella dolcezza dell’uomo.
 
Sento sulla mia pelle piccoli e dolci morsi, che incidono segni di un amore travagliato, di un’inconscia ma bisognosa paura di amare. Posso ancora sentire il tremore delle mie gambe e delle sue al contatto dei nostri corpi.
 
Ad oggi sono sicura che non ammetterebbe mai, nemmeno sotto tortura, quelle forti emozioni. Ma a me non può mentire, perché quello che ho provato quella notte e quello che lui ha provato era palpabile nell’aria e ancora queste pareti ne sono impregnate.
 
Quando siamo insieme cade tutta la fierezza e paradossalmente il grande principe si sottomette a me. I ruoli si ribaltano e mi è difficile riconoscere l’altezzosità che impiega in ogni cosa.
 
Non capisco però: è questa stanza che lo trasforma? Sono io che lo cambio? Non so rispondere a queste domande, l’unica questione chiara è che lo rinchiuderei qui dentro a vita pur di vivere ogni volta quell’emozione, pur di vederlo trasformarsi in quell’essere così docile.
 
Ora però non so come comunicargli la notizia, la più importante per me, ma non ho la più pallida idea di come lui la possa interpretare.
 
Resto sola su questo letto, unico testimone di quella notte così incandescente, immagino la sua reazione e maledico me stessa per essermi cacciata in questo guaio.
 
Potrei seriamente pensare di rinchiuderlo in questa stanza, indebolirlo con l’unica arma che conosco e quando è sufficientemente indifeso, sussurrargli con flebili e impercettibili parole sono incinta. Lui non potrà accusarmi di non averlo informato, avrei la coscienza più che pulita e mi sarei evitata un sofferto disconoscimento.  
 
Per come stanno le cose, potrebbe benissimo pensare che non sia suo. Potrebbe seriamente credere che sia di Yamcha. Abbiamo corso, ne sono consapevole. Non so nemmeno definire il tempo che è trascorso dal momento in cui è entrato nella mia casa e poi nella mia camera; immensi corridoi separano l’ingresso della Capsule Corporation dalla mia stanza, ma niente e nessuno è riuscito a contrastare lo spazio, un’attrazione a me inspiegabile ci ha uniti.
 
Non c’è pentimento, solo paura, una grande paura che la famiglia non sia nemmeno nei suoi più lontani progetti. E poi c’è Yamcha che, come un fastidiosissimo grillo parlante, mi implora ogni volta che mi vede di lasciar perdere un soggetto così arrogante e di tornare con lui, che mi perdonerebbe, che è stata solo una triste parentesi della nostra storia e che non c’è nulla di irrimediabile.
 
Ora però tutto è irreparabile. C’è qualcosa che mi lega per sempre a quel principe e mi separa dal mio storico e primo amore. Crescerà ogni giorno di più dentro di me, rendendo inevitabilmente visibile quella discrepanza.
 
Forse infondo l’amore, quello vero, quello con A maiuscola, non lo avevo ancora conosciuto realmente. È piombato dal cielo, mi è precipitato nel cuore. Non posso definirlo amore a prima vista, non puoi amare subito la sua arroganza e strafottenza, ma con il tempo ho imparato a vedere quella sua personalità sotto una luce diversa. Quella inspiegabile attrazione, che ancora oggi faccio fatica a definire, mi spinge spesso e volentieri fra le sue braccia e oserei dire inconsciamente, perché non tengo minimamente conto delle conseguenze.
 
Ma stavolta le conseguenze ci sono state e non so proprio come gestire questa nuova situazione. Temo che da un giorno all’altro possa lasciarmi. Ma questa notizia potrebbe essere sufficiente a farlo restare accanto a me? Se non tento la sorte, non lo saprò mai e rimarrò per sempre con questi atroci dubbi.
 
Mi alzo lentamente dal mio - più nostro ultimamente - letto. Mi avvicino all’armadio con l’intenzione di vestirmi. Cerco di sovrastare l’emozione, un’emozione che non ho ben chiaro da dove nasca, se dalla gravidanza o dalla conversazione che dovrò affrontare. Scelgo accuratamente gli abiti da indossare: non troppo stretti, anche se è decisamente presto per qualsiasi pensiero creativo, e non troppo larghi, per non mostrare un repentino  e sospetto cambiamento nel mio guardaroba.
 
Mi avvio lentamente per i corridoi della Capsule Corporation. Mille volte mi blocco pervasa da ogni sorta di ripensamenti. Anche io sono cambiata da quando sono iniziati i nostri assidui incontri: non pensavo di essere così debole, così poco temeraria, così fragile davanti a lui. Ci indeboliamo? Siamo diventati criptonite l’uno per l’altra? Ma è un bene questa storia o ci sta arrecando solo male? Ultimamente sono poche le domande a cui riesco a rispondere.
 
Lo trovo nella Gravity Room, la stanza che ho costruito per lui, visto che mi aveva riempito la testa con i suoi tanto amati allenamenti. Sorrido dalla porta, non oso nemmeno mettere un piede qui dentro.
 
“Vegeta”
 
Pronuncio il suo nome con tremore. Paure e dubbi vengono accentuati ora che lui è davanti a me. Lo amo? Domanda inutile ora che un piccolo noi cresce dentro di me.
 
Non alza lo sguardo, continua a tirare pugni al vento, contro un invisibile avversario.
 
Dopo secondi, che io percepisco essere interminabili, mi risponde.
 
“Che vuoi?”
 
Poche storie, devo dirglielo, devo togliermi questo peso dal cuore.
 
Glielo scandisco, ma nello stesso tempo lo comunico tutto d’un fiato per paura di cambiare idea proprio nel momento culmine.
 
“Sono incinta”
 
Non sferra più calci e pugni, si è bloccato, ma non si volta verso di me.
 
Mi ha capito? Provo a ripeterlo? Non riesco più a pronunciare quelle parole, ho avuto troppa difficoltà una volta.
 
Lacrime cominciano a bussare alle mie palpebre, il cuore minaccia di uscire dal mio petto.
 
Chiudo gli occhi e lo prego silenziosamente: ti prego non ricominciare gli allenamenti, parlami, reagisci, per favore!
 
Passi leggeri si avvicinano a me, una presenza si ferma ad un centimentro dalla mia persona, il calore del suo corpo riempie la distanza tra noi, il suo respiro pesante sul mio viso. Apro gli occhi e lui è immobile davanti ai miei occhi, mi fissa con espressione neutra, non mi dice nulla e al cospetto di questa incertezza io comincio davvero a tremare.
 
Continua…
 
Spazio dell’autrice
 
Salve a tutti!
Eccomi qui a scrivere la mia prima FF su Bulma e Vegeta. Sono un pochino emozionata *.*
Adoro soffermarmi sui sentimenti delle protagoniste e ammetto di essermi divertita a interpretare il travaglio interiore di Bulma XD
Chissà Vegeta come reagirà alla notizia…vi lascio con questo interrogativo.
A presto 😊
Baci :3

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Capitolo 2
*** Anime stravolte ***


Anime stravolte
 
Non fiata e continua a fissarmi con quegli occhi al limite tra l’incredulo e l’insicuro. Non credo di averlo mai visto in questo stato, almeno non fuori dal contesto della camera da letto. Ci manca solo che sviene e poi credo di aver assistito ad ogni possibile avvenimento.
 
“Vegeta?”
 
Esce solo un sussurro dalla mia bocca. Mi sta spaventando la sua reazione. Non ha un atteggiamento di chiusura, non ha le braccia conserte, come è solito mostrarsi a chiunque. Forse uno spiraglio di speranza? C’è la possibilità che possa gradire la notizia?
 
Trovo il suo atteggiamento totalmente imprevedibile. Inizio quasi ad irritarmi, odio dover aspettare, odio quando gli altri mi fanno attendere in questo modo, tenendomi sulle spine.
 
Assumo inaspettatamente quell’atteggiamento di chiusura, che tanto critico in lui. Discosto lo sguardo, mi mostro chiaramente offesa.
 
Nulla, anche ora nessuna reazione. Basta! Sono stufa. Lo fulmino e riprendo il mio cammino. Delusa? Forse nemmeno, avrei dovuto aspettarmelo, nessuna novità. È solo uno scimmione senza cuore.
 
Non escono nemmeno lacrime dai miei occhi, sono solo arrabbiata e quel fuoco che ho dentro contribuisce ad asciugare le mie pupille ancor prima di riversare quel dolore nel pianto.
 
Mi sto allontanando, ma il mio passo non è celere, qualcosa dentro me trattiene quell’intenzione. Che diamine succede?
 
Le forze mi vengono a mancare. Quell’impulso di rabbia si sta placando lentamente, a dispetto di ogni mia previsione, dato che io non l’ho perdonato per l’indifferenza che mi ha mostrato.
 
Appoggio una mano al muro, per tentare di sostenermi, il fiato è corto. Come sospettavo quell’uomo mi sta lentamente prosciugando della grinta e della forza che mi contraddistinguono. Ha un’influenza negativa su di me e probabilmente anche suo figlio, perché inizio a sentire dolori lancinanti al ventre.
 
Una presenza dietro me, la mia testa è bassa, quindi posso intravedere un’ombra riflessa sul lucido pavimento. È lui, riconoscerei la sua figura tra mille. Ed ora che vuole? Non ho nemmeno l’energia necessaria per replicare e respingerlo.
 
Una fitta particolarmente forte fa cedere le mie ormai instabili gambe. Aspetto l’impatto con il marmo, ma non arriva. Forti mani mi tengono per i fianchi e non consentono quella rovinosa caduta.
 
“Devi riposare”
 
Solo due parole riesce a rivolgermi dopo tutto il tormento interiore che sto vivendo.
 
Cerco di divincolarmi, ma a che serve? Io non ho forza e lui comunque, anche se fossi in piena forma, ne avrebbe più di me.
 
È al mio fianco, mi volto a guardarlo. Sento un forte bruciore agli occhi, forse per il dolore e il tentativo di non concedere il permesso alle lacrime di scorrere, per lo meno non davanti a lui. Non ho perso dignità, quella non me la ruberà alcun uomo, figuriamoci un sayan arrogante come lui. Se mai il cuore, quello sì, lo ha già rubato da tempo.
 
Allontano quei pensieri, ma non discosto gli occhi da lui, continuo a fissarlo e Vegeta fa lo stesso.
 
“Sto bene”
 
Gli mento, sono provata sia fisicamente che moralmente. Non voglio più mostrarmi debole al suo cospetto, ma allo stesso tempo vorrei chiedergli, implorarlo, di non lasciarmi, di non rompere questo contatto prima con il corpo e poi tra i nostri occhi.
 
Ignora le mie parole e mi prende in braccio ad una velocità tale da lasciarmi senza fiato. D’istinto circondo il suo collo con le braccia. Sento un debole formicolio sulle gambe e sulla schiena, dove lui saldamente mi sorregge.
 
Continuo a guardarlo, ma stavolta sul mio viso si dipinge un’espressione di stupore. Giurerei di aver visto un velo di imbarazzo sul suo volto, ma forse mi sbaglio, non sono molto lucida al momento, i miei sensi sono inspiegabilmente compromessi.
 
In questo momento passa tutto, il dolore, la delusione, la sofferenza.
 
Continuo a maledire me stessa per cedere così facilmente a quel dolce contatto. Una dolcezza e una tenerezza a tutti oscure tranne che a me. È il suo modo di dimostrare che mi ama? Forse, perché dalla sua bocca quelle due paroline non sono mai uscite o almeno io non le ho mai udite.
 
Ed ora che succede? Rimaniamo così? Io non chiedo davvero di meglio, ma non possiamo restare l’uno tra le braccia dell’altra tutto il giorno e per di più in mezzo al corridoio.
 
Mi scruta. Il suo sguardo vaga su ogni singolo dettaglio della mia persona.
 
“Sei pallida”
 
Il tono torna ad essere grave e la profondità della sua voce contribuisce a rompere la magia di quel momento.
 
Premo una mano sul suo petto, intimandolo di farmi scendere e lui acconsente.
 
“Mi sembra di averti già detto che sono incinta”
 
Ma forse non è la frase giusta per ribattere alla sua preoccupazione. Perché quello era solo il suo modo per dirmi che è in pensiero per la nostra salute, vero? O solo per la mia? O forse nemmeno, perché mi illudo?!
 
Fa scendere lo sguardo dal viso fino al mio ventre ancora piatto.
 
Sono stufa di questo tira e molla. Azzardo, tanto non ho più nulla da perdere.
 
“Sei felice?”
 
Forse impiegare quella parola per riferirsi a lui è davvero un’esagerazione, non credo di averlo mai visto sorridere di gioia.
 
Non risponde e aggiungo un pizzico di irritazione nella voce.
 
“Hai paura?”
 
Ho appena messo in discussione l’orgoglio del Principe dei Sayan! Che diamine mi è saltato in mente??
 
E infatti a quella domanda i miei occhi tornano ad essere il suo obiettivo.
 
“Devi riposare, Bulma”
 
Me lo ha già detto. Schiva le uniche domande, le cui riposte interessano a me e forse a lui spaventano. Ha paura che un bambino possa indebolirlo? Se è quello il suo timore, lo possiamo condividere, perché molto probabilmente in questa fase della vita stiamo vivendo le stesse emozioni.
 
Si sta allontanando dopo un ultimo fugace sguardo, ma lo trattengo per un braccio. È una presa talmente flebile che, se volesse, potrebbe benissimo ignorare, quindi si ferma di sua spontanea volontà, su questo sono certa.
 
“Io sono felice, Vegeta”
 
Forse se inizio ad esprimere un mio giudizio su quell’evento che ci sta travolgendo, lo aiuto ad aprirsi e lo invoglio a parlarmi. Sforzo persino un sorriso per mostrarmi più convincente. Non voglio che capisca che la mia felicità in questo momento sia tutta nelle sue mani. Sono orgogliosa? Probabile. Ma mai quanto lui.
 
Continua…
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao a tutti!
Eccomi tornata con un nuovo capitolo 😊
Vegeta non si vuole sbilanciare, anche lui insieme a Bulma sta vivendo un conflitto interiore.
A presto 😊
Baci :3
-Vale

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Capitolo 3
*** Uno sgradevole tentativo di persuasione ***


Uno sgradevole tentativo di persuasione
 
Lui ha bisogno di tempo per accettare questa notizia, ma io non ne ho più. Forse non gli è ben chiaro che per me il conto alla rovescia sia già cominciato, tra meno di 9 mesi nascerà e a quel punto che faccio? Sarò sola o ci sarà lui accanto a me?
 
Questa incertezza mi lascia senza fiato e mi causa una certa irritazione: io non ho potuto scegliere se accettarlo oppure no. C’è, è reale ed io non posso rinnegarlo, mentre lui si arroga questo stupido diritto di scelta. No, Vegeta, scordatelo, non ti consento nemmeno di pensare di lasciarmi sola con tuo figlio!
 
Ma tanto non mi sente. Perché non gli ho gridato in faccia le mie ragioni, invece di restare qui immobile come una stupida ad elemosinare un po’ di amore e vicinanza?
 
Non capisco nemmeno se la nausea è dovuta alla gravidanza o se alla reazione vomitevole di Vegeta.
 
Eppure, nonostante tutta la rabbia che mi sta esplodendo nel cuore, riesco ancora ad immaginare un futuro con lui, con il nostro bambino. Già, bambino. Continuo a vedere nella mia mente un maschietto, non so perché, ma l’idea che sia una femmina non mi sfiora nemmeno. Perfetto! Se è come lui, posso ritenermi in guai molto grossi.
 
Sono ancora immobile, nell’esatto punto in cui lui mi ha dolcemente -sentivo la dolcezza del suo tatto - posata, facendomi scendere dalle sue braccia.
 
Ma poi sono così sicura di volere che mio figlio non gli assomigli? Mi sfugge un inaspettato sorriso a quel pensiero. Dannazione! Perché sono così innamorata?! Odio non avere la situazione sotto controllo e purtroppo tutto ciò che riguarda l’amore sfugge inesorabilmente alla mia giurisdizione. Ma mi arrendo così? Mi lascio trascinare dagli eventi? Credo che per quello sia tardi e il mio stato lo dimostra.
 
In fondo sono una scienziata e la spiegazione più logica all’amore è la chimica. Quindi ci attraiamo? La risposta è tristemente positiva, io e Vegeta ci attraiamo come calamite. E doveva arrivare sulla terra un alieno per farmi provare l’amore?! Diamine, sulla terra ci saranno 7 miliardi di umani, tra cui Yamcha, ed io dovevo proprio provare quella chimica con un sayan, che al posto del cuore ha una pietra?
 
È veramente il caso che la finisca di pormi domande che non trovano risposta, rischio solo di impazzire. Piuttosto, come lo convinco? Potrei minacciare di abortire. Non credo che, orgoglioso com’è, gradirebbe che un sayan - per la verità più un mezzo sayan – venisse ucciso e poi per giunta sangue del suo sangue, il figlio del Principe, l’erede. Ma poi erede di cosa, se non c’è nemmeno più quel pianeta?!
 
E se pensasse che non è suo figlio? Come potrei convincerlo che, da quando è arrivato, non conosco altro uomo? Non parliamo quasi mai, siamo decisamente sempre occupati in altre attività, quindi non so se ha sviluppato una certa fiducia nei miei confronti. E poi lui non è proprio il tipo ad essere propenso al dialogo. Yamcha lo è decisamente di più. Mi stranisco a questi pensieri: sono arrivata al punto di paragonarli e di pensare che il mio ex fidanzato sia meglio di Vegeta?
 
Per la verità io e Vegeta non siamo fidanzati. Ma allora cosa siamo? Amanti? Compagni di letto? Non mi piacciono tanto queste definizioni. Chissà i suoi occhi come mi vedono.
 
“Bulma”
 
Sento qualcuno invocarmi alle spalle. Purtroppo non è la persona che desidero.
 
Mi volto e cerco di mostrarmi serena, non voglio che capisca che la mia relazione con Vegeta stia - forse - precipitando per via di una gravidanza.
 
“Yamcha, che vuoi?”
 
L’irritazione non manca, ormai è sempre tra i piedi. Chissà cosa si è inventato stavolta per convincermi a tornare con lui.
 
“Nulla, volevo solo sapere come stavi”
 
E poi si offende pure. Ridicolo.
 
“Esiste il telefono per quello”
 
Mi scruta attentamente. Mi sta mettendo in soggezione e di solito si verifica il contrario.
 
“Yamcha, io sono ancora qui. La pianti di guardarmi in quel modo?!”
 
Lo riporto alla realtà. Odio quando mi guarda con quegli occhi lussuriosi. Non riesce ad accettare che la nostra storia sia finita, ma prima se ne fa una ragione e meglio sta.
 
“Scusa. Notavo solo che sei pallida”
 
Possibile che oggi non vedano altro di me?? Comincio ad odiare persino il mio nuovo stato.
 
“Sicura di stare bene?”
 
“Sono incinta” idiota
 
Sta sbiancando. Qui si permettono tutti di minacciare mancamenti, quando l’unica autorizzata a questo genere di eventualità sono io.
 
“È-è mio??”
 
Lo dicevo che era un idiota. Alzo gli occhi al cielo, non ho proprio la forza di combattere anche con lui in questo momento.
 
“Ma figuriamoci! È di Vegeta”
 
Gli rispondo scontata.
 
È deluso. Avrebbe voluto un figlio da me? O forse sarebbe stato solo un altro disperato tentativo di starmi accanto? Fatto sta che almeno ha avuto una reazione, a differenza del padre del bambino.
 
Ci stiamo fissando negli occhi. Erano mesi che non succedeva. Inaspettatamente lui è il primo a rompere questo contatto.
 
“Bulma, se hai bisogno di qualcosa, io ci sono”
 
Queste parole dovrebbero farmi piacere, invece mi irritano e tanto.
 
“Perché mai dovrei aver bisogno di te?? Lui ha un padre che si occuperà di noi”
 
Convinco lui o me? Ma chi voglio prendere in giro? Io non ho la certezza che Vegeta sarà al mio fianco. Credo che si noti la mia insicurezza e poi lacrime inondano il viso contro la mia volontà. Piango in silenzio, non mi invade alcun singhiozzo.
 
“Bulma”
 
Mi consola con un sussurro. Non mi abbraccia, sa che non gradirei, ma sono sicura che non negherebbe quel contatto se lo chiedessi esplicitamente.
 
Maledizione! È un vigliacco, approfitta della mia debolezza per insinuarsi nella mente. Chiudo gli occhi e cerco di allontanare quel pensiero. C’è una tormenta nella mia testa, ma non nel cuore.
 
“Ho bisogno di riposo, Yamcha”
 
Riapro gli occhi, lo supplico silenziosamente e mi avvio verso la mia camera, sfiorandolo lievemente passandogli accanto. Lo pianto da solo davanti alla Gravity Room.
 
Ho recuperato un po’ di forza da quando Vegeta ha posato le mani su di me poco fa. Rapidamente apro la porta della mia camera, la richiudo lentamente e poso la schiena contro ad essa. Mi lascio scivolare, finalmente le mie gambe trovano un po’ di conforto.
 
Resto qui finché Vegeta non ha preso una decisione? Non la trovo un’idea così pessima.
 
Continua…

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Capitolo 4
*** Una silenziosa approvazione ***


Una silenziosa approvazione
 
È ora di pranzo, ma io non ho per nulla appetito. Troppe preoccupazioni e pensieri inondano la mia mente.
 
Percorro i corridoi della Capsule Corporation lentamente, sperando che una passeggiata possa farmi venire un po’ di appetenza.
 
Svolto l’angolo e lo trovo davanti a me. Vegeta si blocca, probabilmente per non urtarmi, ma non mi rivolge alcuna parola.
 
Siamo ancora a questo punto? Forse no, perché inaspettatamente le sue labbra si avvicinano alle mie. Mi sfugge un sorriso di compiacimento, ma ritorno subito lucida e gli poso una mano sulla bocca. Lo prendo alla provvista, alza occhi all’altezza dei miei. Non avevo mai interrotto un nostro bacio, ma la situazione lo richiede.
 
“Ho bisogno di risposte, Vegeta”
 
Non si allontana da me, ma io faccio scivolare la mia mano dal suo viso.
 
Ha una strana aria colpevole, come se avesse combinato un guaio. Nostro figlio è il guaio?
 
Abbassa gli occhi e fa un passo indietro, forse per allontanare la tentazione di baciarmi.
 
Da quando è insicuro?
 
Dobbiamo iniziare un dialogo io e lui, dovremo cominciare a conversare di più se vogliamo essere dei buoni genitori. Perché sono queste le sue intenzioni, vero? Vuole condividere questa esperienza con me?
 
“Bulma”
 
Il suo tono è severo, triste, ma magnificamente profondo, mi penetra l’anima, mi trafigge inaspettatamente il cuore. Forse inconsciamente so cosa vuole dirmi.
 
No, non voglio sentirmi dire che se ne andrà, che mi lascerà. Gli do quel bacio tanto negato da me pochi attimi fa.
 
Mi ricambia e a quella flebile certezza, piccoli cristalli iniziano a scendere dai miei occhi, rendendo quel bacio particolarmente umido e struggente. Un ultimo bacio d’addio?
 
Sento le sue dita accarezzarmi la schiena, stringermi a sé. Percepisco la ruvidezza della sua pelle contrastare con la seta della mia camicetta.
 
Perché ogni volta che ci baciamo deve sempre finire così? Stavolta però il pensiero del bambino mi consente di non abbandonarmi del tutto a lui.
 
Stacco all’improvviso le mie labbra dalle sue, ma le sue mani continuano a cingermi.
 
“No, Vegeta. Prima dovrai dirmi se resti”
 
Abbiamo entrambi il fiato corto dalla foga con cui ci siamo baciati. Sento il suo respiro sul viso e non faccio alcuna fatica a paragonarlo ad una dolce brezza.
 
Adoro quando ha un'espressione così distesa e rilassata, lo invade una tenerezza strana quando diventiamo intimi, faccio fatica persino a riconoscere il sayan arrogante e orgoglioso. Ma non ammetterò mai con lui questo suo cambiamento, non voglio che se ne accorga e mi precluda questo piacere.
 
Gli regalo un lieve sorriso, anche se non c’è davvero nulla per essere felici.
 
“Resti, vero?”
 
Lo supplico con la voce e non è un atteggiamento che mi è solito.
 
“Ti prego, resta con me” mi accorgo dopo di aver commesso un errore “Con noi”
 
Non conosco persona, di questo o di un altro pianeta, più silenziosa di lui.
 
Ritorna a guardare il mio ventre, un’azione che ha già compiuto poche ore fa, e credo che i suoi occhi siano attraversati da un velo di malinconia. Lacrime? No, non può essere. Non sono nemmeno così sicura che a lui sia permesso piangere.
 
“Due mesi”
 
Due mesi? Ma che significa?
 
La mia espressione è perplessa e lui se ne accorge.
 
“No, Vegeta, sono altri otto”
 
È quello che intendeva, vero?
 
“Ma io posso restare solo altri due”
 
E che ha da fare? Non mi risulta abbia parenti a cui rendere conto. Vuole ricominciare a fare il delinquente? Ora quel Freezer non c’è più. Ho capito, vuole cercare Goku, vuole ucciderlo e non gli importa un accidente della sua famiglia, o comunque quella che saremmo potuti diventare.
 
Mi stacco con forza da lui, non mi trattiene. Sono delusa, ora sì che sono veramente furiosa. L’incertezza di pochi istanti fa non era nulla in confronto ai sentimenti che sto provando ora.
 
“Ma che ti aspettavi da me?!”
 
Ora lo riconosco. È tornato ad essere il solito idiota. Non mi guarda nemmeno più. Ha la testa alta. E chi scalfisce la sua autostima? Prima che venga abbattuto lui, riesce a far fuori tutti quelli che gli stanno intorno solo con uno sguardo. Peccato che ora sulla sua traiettoria ci sia io, la madre di suo figlio e la donna che silenziosamente gli ha tenuto compagnia in tutti questi mesi.
 
Non sa nemmeno cosa voglia dire diventare padre ed io non ho alcuna voglia di spiegarglielo. Dovrebbe almeno avere un minimo di istinto paterno e invece nulla, ha solo l’istinto dell’assassino.
 
Mesi che non sono serviti assolutamente a nulla. Credevo stupidamente che fosse cambiato, che fosse stato contagiato almeno un po’ dalla mia umanità e invece mi accorgo che il mio affetto - sincero, almeno da parte mia - sia servito a molto poco.
 
Nonostante tutte le mie consapevolezze, mi sembra di avere un estraneo davanti agli occhi. Non è con un cafone come lui che ho concepito mio figlio. Sì, perché alla resa questo bambino è solo mio e non sono nemmeno così sicura che si meriti il privilegio di essere chiamato padre.
 
Me ne voglio andare, voglio togliermi quella faccia tosta dalla vista.
 
“Dove vai?”
 
Ed ora che ti importa??
 
Mi volto di nuovo verso di lui.
 
“Via da te. Perché ritardare l’inevitabile per due mesi?”
 
Non riesco nemmeno ad urlare, tanto è il dolore che mi soffoca in gola.
 
“Vegeta, se rinunci a lui, rinunci anche a me”
 
Come se a lui importi qualcosa di me.
 
“Non posso provare affetto per qualcuno che non conosco”
 
Non ha decisamente l’istinto paterno e sono stata stupida io a cadere in questo pasticcio.
 
Non replico nemmeno a questa eresia, stavolta mi volto con decisione, con l’intenzione di non tornare sui miei passi.
 
Ma un’affermazione inaspettata mi blocca e mi fa mancare il fiato.
 
“Ma io conosco te e so che ti amo”
 
Devo aver sentito male. Devo aver sognato. Sbatto le palpebre con l’intento nel caso di svegliarmi. Ma niente sono ancora in mezzo al corridoio.
 
Era la sua voce?
 
Mi giro dopo infiniti attimi, ma lui non c’è più. Faccio vagare lo sguardo per cercarlo in ogni centimetro quadrato dello spazio difronte a me. Vorrei tanto che ci fosse per ribadire alla sua affermazione, per informarlo che lo amo anche io immensamente.
 
Lacrime di gioia inaspettate solcano il mio viso. Sento che sono di felicità, perché non sono amare, ma dolci come lo zucchero. Quelle parole sono state una dolce carezza, senza che lui mi abbia sfiorata con un dito.
 
Mi ha dato una certezza che tanto mi mancava. Forse non me lo dirà mai più, eppure ha proferito quelle parole proprio nel momento giusto, ricolmandole di un enorme valore per me.
 
Ma allora se mi ama, perché se ne va? Preferisce la vendetta all’amore?
 
Forse il mio compito è proprio questo, riempire il suo cuore di amore e strapparlo da quella illogica rivalsa. Voglio che ami questo bambino, il nostro bambino, almeno tanto quanto lo amo io.
 
Continua…

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Capitolo 5
*** Una gelosia incontrollabile ***


Una gelosia incontrollabile
 
È un classico pomeriggio di mezza estate: il sole splende in cielo, l’aria è gradevolmente tiepida e passerotti volano…credo di essermi sbagliata, questo pomeriggio non ha proprio nulla di abituale, grida e rumori assordanti mi distraggono da questo piacevole panorama.
 
Mi dirigo velocemente alla fonte di quel fracasso e una scena alquanto bizzarra - ma non insolita – si palesa davanti ai miei occhi. Vegeta e Yamcha hanno iniziato una lite da coltelli - e non esagero visto che un coltello è stato veramente tirato in causa - e non ho la più pallida idea della miccia, che, in questo preciso istante, abbia fatto scattare questo putiferio.
 
Rimango talmente sconcertata - forse la gravidanza mi ha resa più sensibile - che non riesco a reagire subito, ma quando lo faccio, d’istinto levo la lama dalle mani di Vegeta.
 
“Ma sei impazzito?!”
 
Lui mi guarda come se quella pazza fossi io.
 
“E secondo te, per farlo fuori, mi limito ad accoltellarlo?!”
 
Sposto lo sguardo su Yamcha in cerca di una spiegazione, ma anche lui è alquanto irritato e ignora la mia aria interrogativa.
 
Ora sono io a spazientirmi. Poso con enfasi il coltello sul tavolo e fulmino entrambi.
 
“Adesso mi spiegate immediatamente cosa è successo!” mi rivolgo a Yamcha “E prima ancora, mi dici cosa fai in casa mia”
 
È davvero assurdo che io non possa lasciarli soli nella stessa stanza senza che si uccidano, o meglio che il mio ex fidanzato muoia.
 
“Bulma, ero venuto perché tua madre mi ha informato dell’ecografia”
 
Cosa ha fatto mia madre??
 
Ma c’è qualcuno ancora più sorpreso di me in questa stanza: Vegeta mi fissa interdetto e lo capisco, non gli ho nemmeno accennato dell’appuntamento. Mi volto verso di lui, ammetto di sentirmi un po’ in colpa, ma dopotutto lui non ha mostrato molto interesse per questo bambino.
 
Il mio caro principe ha un atteggiamento inaspettato, mi gira le spalle ed esce dalla cucina. A quella reazione resto immobile per interminabili secondi, alzo persino lo sguardo su Yamcha in cerca di risposte. Quando mi riprendo, mi affretto a seguirlo.
 
“Vegeta!”
 
Mi sente, ne sono sicura, ma non accenna a fermarsi, evita un confronto con me.
 
Insomma! Io mi sto umiliando a sufficienza con lui, esigo almeno che non mi volti le spalle quando cerco di parlare e chiarire.
 
Siamo in prossimità della sua stanza, ma mi paro davanti a lui impedendogli di abbassare la maniglia.
 
“Vegeta, ascoltami”
 
Mi fissa offeso, ma non fiata. Sembra che dovrò concedergli questa caduta d’orgoglio, altrimenti non ne usciamo.
 
“Non ti ho detto dell’ecografia perché pensavo non ti importasse. Non mi sembri propri il tipo di padre che si emoziona a questo genere di eventi, o mi sbaglio?” attendo una reazione che non arriva “E poi, se devo dirla tutta, non hai mai speso una sola parola verso questo bambino, quindi ho dedotto che”
 
“Tu hai dedotto?”
 
Difficile non dover dedurre con uno scimmione apatico come lui.
 
“Sì. Perché? Non mi dirai che ho sbagliato e che in realtà ti importa di lui?!”
 
Mi stupisco persino io di questa considerazione.
 
“E se fosse?”
 
Ora sono davvero sorpresa. Evito la sua domanda, ma la mia espressione risponde da sé.
 
“Comunque non ho invitato io Yamcha”
 
Al nome del suo rivale si gira dall’altra parte disgustato.
 
Dopo poco riporta lo sguardo su di me, mi fissa intensamente ed io ricambio.
 
“Non è che per caso sei geloso?”
 
Lo provoco consapevolmente, ma con dolcezza. So che non mi confesserà mai più il suo amore, ma non mi importa un accidente, lo posso leggere nei suoi occhi.
 
Attrae velocemente le mie labbra alle sue, non mi prende alla sprovvista, anzi forse sono la prima a desiderare questo contatto. Non mi tiro indietro e lo avvicino sempre più a me.  
 
Si stacca all’improvviso e mi sussurra ad un centimetro dal viso.
 
“Non posso essere geloso di qualcuno, sei solo mia e quel terrestre se ne deve fare una ragione”
 
La fa sembrare una promessa. Ha cambiato idea? Non parte più?
 
Riprendo quel bacio interrotto. Stacco una mano dal suo collo per appoggiarla sulla maniglia, ma lui mi anticipa, è impaziente di entrare.
 
Indietreggio, ma vado alla cieca, quando sono tra le sue braccia perdo la cognizione dello spazio. Mi blocco, quando le mie gambe sfiorano le lenzuola.
 
Stavolta sono io a sussurrare contro le sue labbra.
 
“Arriveremo in ritardo all’ecografia”
 
Dispiace anche a me interrompere questo momento, ma non abbiamo molto tempo. Purtroppo per me è solo la testa a rilevare questo impedimento, il mio corpo comunica tutt’altro. Non mi allontano da lui e continuo a scrutarlo.
 
“Vuoi che venga con te?”
 
Ho usato il plurale con la mia precedente affermazione e me ne accorgo solo ora.
 
Lo voglio?
 
Gli sorrido e gli porgo un nuovo bacio sulle labbra, più sobrio stavolta.
 
“Certo che lo voglio”
 
Forse ho sbagliato a sottovalutarlo, gli avrei dovuto semplicemente chiedere di accompagnarmi. Temevo un rifiuto? Sicuramente. Ma ora che lui ha espresso questa volontà, mi sento la donna più felice del mondo.
 
A malincuore mi stacco definitivamente da lui e Vegeta non tenta di trattenermi.
 
“Vado a prepararmi”
 
Esco dalla sua stanza. Un sorriso mi rimane stampato sulle labbra. Oggi non avrei davvero potuto chiedere di meglio.
 
 
 
Continua…

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Capitolo 6
*** Un "enigma" da svelare...ma tu non ci sarai ***


Un “enigma” da svelare…ma tu non ci sarai
 
Stiamo tornando a casa dall’ecografia. Ho deciso di raggiungere l’ospedale in auto - anche se con molte resistenze da parte di Vegeta - e ovviamente sono io a guidare, lui non ha la patente e nemmeno è di suo interesse. Cosa se ne farebbe un alieno che è solo di passaggio sulla Terra?
 
È addirittura più silenzioso del solito e particolarmente pensieroso.
 
“Vegeta?”
 
Non mi risponde e non riesco a capire cosa lo turbi.
 
Gli lancio un’occhiata veloce, ma lui continua a non considerarmi. Guarda fuori dal finestrino, ma sono sicura che la sua testa sia tra le nuvole.
 
Sul cruscotto davanti a noi i referti medici.
 
“Vegeta, mi dici che hai?”
 
Non credo nemmeno che mi abbia sentito.
 
Per la verità è da quando siamo usciti dal reparto che è sovrappensiero. Provo a riflettere su cosa possa avergli causato questo stato, ma il dottore non ci ha dato alcuna cattiva notizia, anzi, tutto il contrario, ha detto che la gravidanza prosegue bene e che…un flash nella mia mente. Ma non può essere per quello! O sì?
 
“Vegeta, hai per caso paura che non sia un maschio?”
 
Noto con la coda dell’occhio che si volta di scatto verso di me con aria sorpresa. Ho un’espressione quasi compiaciuta per averlo scoperto, per aver svelato i suoi più intimi timori.
 
“E a me cosa importa?”
 
Ignoro la sua risposta strafottente e menefreghista.

“Se ti conosco almeno un po’, so che il non sapere se sarà un bambino o una bambina ti fa stare in ansia” non ribatte alle mie parole, ma io divento malinconica “Lo sapremo tra un paio di mesi. Ma tu non ci sarai, giusto?”

Lo provoco con una certa nota di dolore nel cuore. Non posso fare a meno di soffrire, pensando alla sua partenza e alla nostra separazione.
 
Eppure, nonostante la notizia che mi ha dato, non riesco ad odiarlo, è davvero più forte di me. So che dovrei, ma quell’astio contrasterebbe troppo con l’amore che provo per lui.
 
Non mi sarei mai immaginata che quell’attrazione sarebbe tramutata un giorno in un sentimento così profondo e sincero, e tanto meno che avrebbe dato vita ad un nuovo noi. Vegeta non capisce che per quanto lui si allontanerà dalla terra, ci sarà sempre una parte di lui che resterà qui accanto a me e questo non potrà cambiarlo.
 
Non riesco più a mordermi la lingua, non è davvero nel mio stile, devo esplicitare i pensieri che da giorni affollano la mia mente.
 
“Davvero è più importante la vendetta a tuo figlio?! Lascia perdere Goku, che tra parentesi non ti avrà nemmeno per l’anticamera del cervello”
 
A sentire nominare il suo rivale, si incupisce ulteriormente.
 
“Siamo arrivati?”
 
Mi domanda con impazienza. Evidentemente desidera solo chiudere quella conversazione il più velocemente possibile.
 
Ma questo suo comportamento mi fa capire molto più di quello che vorrebbe dare a vedere: è indeciso se rimanere o ripartire. Il mio principe è insicuro? L’amore lo ha reso tale? Oppure semplicemente non ha mai avuto modo di provare simile emozioni per qualcuno. Potrei sbagliarmi, ma percepisco timore nell’aria.
 
Allora è vero, lo indebolisco. È bizzarro, un’umana che riesce a stendere un sayan solo amandolo?

“Quasi, Vegeta. Che fretta hai?”
 
“Devo allenarmi”
 
Alzo gli occhi al cielo e maledico me stessa per avergli costruito quella stramaledetta stanza gravitazionale. È una fissa per lui. È giusto che ognuno abbia le sue passioni e i suoi svaghi, ma lui li prende davvero troppo seriamente, pare che debba sterminare il mondo. Eppure se penso che quelle erano veramente le sue intenzioni, mi vengono i brividi.
 
“Se vuoi oggi ti faccio compagnia”
 
Sul mio viso si dipinge un leggero sorriso malizioso. Provo a provocare l’umano che è in lui, ma non sono così sicura che i miei tentativi vadano a buon fine.
 
“Non sopravvivresti un secondo nella Gravity Room”
 
Già, quel posto mi è tristemente precluso e quindi anche lui, visto che ci passa quasi tutto il santo giorno.
 
Mi ha risposto quasi soddisfatto di quell’impedimento. Ha deciso di preparare il terreno per il nostro addio? Oppure lo compiace persino mostrarsi più forte davanti ad una donna.
 
Cerco nuove argomentazioni.
 
“E non puoi per una volta evitare di aumentare la gravità? Così non avrò problemi a stare lì dentro con te”
 
Si vede che non trova giustificazioni, perché passa un minuto abbondante prima che ribatta.
 
“Bulma, che intenzioni hai?”
 
“Le stesse che avevi tu prima di andare all’ecografia”
 
Gli rispondo ovvia e lievemente offesa per la sua poca perspicacia.
 
“No che non posso diminuire la gravità. Karoth sarà chissà dove ad allenarsi ed io non mi farò trovare impreparato”
 
Giuro che Goku inizia ad andarmi di traverso, non che sia colpa sua, ma Vegeta ha un chiodo fisso, anzi due: Karoth e gli allenamenti. Il suo cervello è un disco rotto.
 
Alzo gli occhi al cielo.
 
“Quando torna lo faccio fuori io, così finalmente scenderà un po’ di pace nella mia vita!”
 
Mi guarda stranito per quella mia affermazione esasperata. Ammetto che la gravidanza non stia facendo molto bene al mio sistema nervoso, ma anche Vegeta non si sta impegnando proprio per niente per evitare di tirarmi lisa.
 
“Arrivati, Vegeta. Ora corri dai tuoi tanto amati allenamenti”
 
Blocco l’auto all’inizio del vialetto. Non lo guardo, incrocio le braccia al petto palesemente offesa e impaziente di levarmelo dalla vista.
 
Indugia a scendere. Se pensa che lo perdonerò facilmente, si sbaglia di grosso. L’incertezza non mi è mai piaciuta: che scelga, o me o Karoth e gli allenamenti.
 
Sento la portiera aprirsi, ma continuo a non voltarmi verso di lui. Perché devo cedere sempre io? Che mi venga incontro un po’ anche lui.
 
Dopo infiniti secondi di silenzio, sento sbattere la portiera e quel forte rumore e vibrato mi fa d’istinto chiudere gli occhi. Non li riapro, non voglio tornare alla realtà subito. Cristalli di sale scendono lungo le mie guance.
 
Continuo a ripetermi che non sono io ad essere fragile, è il mio stato a rendermi tale. Non posso essere diventata così debole.
 
Non per lui.
 
 
 
Continua…

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Capitolo 7
*** Piano di coinvolgimento ***


Piano di coinvolgimento
 
Non ho ancora la più pallida idea se il nostro bambino sarà un maschio o una femmina, ma non posso proprio evitare di pensare ai suoi vestiti, alla sua stanza e cose simili.
 
Sono seduta al tavolo e immersa in alcune riviste che trattano dell’argomento, quando una presenza mi sfila davanti, distraendomi.
 
“Vegeta”
 
Lo chiamo, ma non si blocca.
 
Chissà perché, ma vederlo in questo momento mi ha fatto venire in mente un’idea, che io definisco geniale, mentre lui griderà sicuramente ai quattro venti che sono pazza.
 
Mi avvicino a lui lentamente e cerco di sembrare il più comprensiva possibile.
 
“Senti, Vegeta, pensavo, ti andrebbe di pensare alla cameretta per il bambino?”
 
Per poco non affoga con l’acqua. Forse avrei dovuto aspettare che finisse di bere.
 
“Ma sei”
 
“Impazzita. So già cosa pensi, ma mi farebbe tanto piacere se scegliessimo insieme la culla”
 
Mi guarda con diffidenza. Non gli ho chiesto la luna, al massimo solo di montare la culla di un neonato.
 
“So che non sappiano se sarà maschio o femmina”
 
“Sarà un maschio, non dubitarne”
 
Non so perché, ma quella considerazione mi fa piacere. Non c’è cattiveria nella sua voce, ma fierezza. È già orgoglioso di suo figlio?
 
“Allora mi aiuti?” gli sorrido “E dai, Vegeta, prometto che non ti ruberò troppo tempo per gli allenamenti”
 
Forse devo imparare a dividerlo con la Gravity Room.
 
“Cosa devo fare?”
 
È rassegnato, mentre io sono radiosa. Credo che con un po’ d’impegno lo trasformerò in un padre modello, o meglio nel mio cuore sono certa che lo sia già, ma devo sono risvegliare la parte più sentimentale di lui.
 
Prendo i giornali che stavo leggendo poco fa e glieli metto sotto gli occhi.
 
“Scegliamo la culla, andiamo a prenderla e poi la montiamo. Che ne dici?”
 
Non mi risponde, ma inizia a svogliare silenziosamente le pagine. Si blocca all’improvviso. Guardo la pagina su cui si è soffermato e vedo raffigurata una bellissima culla in legno con all’interno un cuscino bianco.
 
“Ti piace questa, Vegeta?” non mi risponde e continua a guardarla “A me piace molto. Andiamo a prenderla?”
 
“È presto. Possiamo pensarci più avanti”
 
Le sue parole mi lasciano perplessa.
 
“Quando?” non mi risponde, ma il mio cuore si sta già riempiendo di speranza “Più avanti per te che significa? Due mesi? Tre?”
 
“Questo bambino sarà un sayan”
 
Ma che genio! A questa conclusione ero arrivata anche da sola.
 
“Quindi?”
 
“Quindi dovrà essere allenato”
 
E se io non posso farlo, immagino che ci potrà essere solo un’altra persona a poterlo fare.
 
Azzardo.
 
“Resti?”
 
“Ho intenzione di aspettare Karoth”
 
Allora spero che Goku torni il più tardi possibile.
 
“E poi?”
 
“Poi dovrò batterlo”
 
Alzo gli occhi al cielo per quella considerazione.
 
“Intendo per il bambino”
 
“Ci penserò quando nascerà”
 
Non lo ammetterà mai che resta per me o per suo figlio, ma mi sta lanciando piccoli dettagli che mi fanno ben sperare.
 
“Io però quella culla la prenderei, Vegeta, così hai tutto il tempo per montarla”
 
“E quanto tempo vuoi che ci metta per montare quattro bastoni di legno??”
 
Lo sto provocando, ma forse è l’unico modo per convincerlo.
 
“Bò, non lo so, potresti trovare difficoltà”
 
Afferra la mia mano offeso e mi tira fuori casa.
 
“Ed ora?”
 
Mi prende in braccio e spicca il volo.
 
“Andiamo a prenderla e ti dimostrerò che una culla non mi mette in difficoltà”
 
Non mi oppongo di certo.
 
 
 
 
In meno di mezz’ora torniamo a casa con il nostro acquisto e Vegeta non ha perso tempo e si è messo subito all’opera.
 
Non si disturba nemmeno a leggere le istruzioni ed inizia ad analizzare i pezzi.
 
“Vegeta, mi raccomando non usare troppa forza, altrimenti rischi di romperla”
 
Ignora le mie raccomandazioni ed inizia ad incastrare i primi pezzi.
 
Lo lascio lavorare tranquillamente e decido di tornare più tardi, per vedere come prosegue. Lo vedo concentrato, quindi credo che non incontrerà grosse difficoltà.
 
Decido di tornare solo dopo un po’ per vedere a che punto sia.
 
“Vegeta, hai finito?”
 
Lo trovo mentre sistema il candido cuscino all’interno della culla. Non mi risponde e si avvia verso la porta.
 
“Ed ora dove vai? Ad allenarti?”
 
“Ma stai scherzando, vero?
 
Non capisco la sua reazione e anzi inizio anche a sorprendermi.
 
“Vegeta, è pronta la cena”
 
“Io vado a dormire, Bulma”
 
In effetti mi pare un po’ provato. Guardo la culla e, mentre si avvia verso la sua stanza, lo richiamo indietro.
 
“Sei sicuro che la culla sia montata bene? Non vorrei che nostro figlio si facesse male”
 
“Qui l’unico a stare male sono io”
 
Non si volta per rispondermi e prosegue il suo cammino.
 
Sorrido finalmente di gioia. Lui ancora non lo sa, e credo che non possa nemmeno immaginarlo, ma oggi mi ha dimostrato che resterà e sarà un ottimo padre.
 
 
Continua…

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Capitolo 8
*** Un gesto gradito...ma dalla persona sbagliata ***


Un gesto gradito…ma dalla persona sbagliata
 
Regna davvero troppa pace in questa casa oggi. Cosa staranno combinato tutti? Il silenzio mi è gradito solo se razionale e qui di logico vi è ben poco.
 
Vago per la casa sospettosa e mi porto d’istinto la mano al ventre ancora piatto. Probabilmente avverto pericolo, ma non saprei ancora classificare la gravità e l’entità.
 
Ho girato ovunque, ma non ho constatato alcuna irregolarità. Ritorno davanti alla mia camera e la apro lentamente, sono ancora sovrappensiero, ho una sensazione strana.
 
Mi bloccò alla vista del mio letto, o meglio, di quello che è stato posato sulle lenzuola.
 
Fiori? Rose per la precisione. Rose rosse. E vi è un biglietto turchese tra un petalo e l’altro.
 
Solo due uomini entrerebbero nella mia stanza con questa naturalezza. Due uomini molto diversi tra loro. Li definirei l’acqua e il fuoco e forse non esagererei se mi spingessi a paragonarli al bene e al male. Il male può essere solo che una persona, un male infuocato che mi invade ogni volta che penso anche solo a lui, che mi avvolge e, spesso e volentieri, fa cedere i miei sensi al peccato. Un nome. Vegeta. E la mia mente vaga in meandri proibiti a qualunque donna, motivo in più se la donna in questione è una terrestre.
 
Al suo pensiero perdo il controllo di me stessa. Cedo al controllo del cuore e la razionalità va a farsi benedire. Questo mi fa paura. Cosa sarei in grado di fare per lui? Forse nulla di più di quello che già ho fatto, ma ho bisogno che lui mi dia la certezza che mi sarà sempre accanto.
 
Non sono nemmeno più così certa di tutto questo male che lo avvolge come un’ombra. Ma quale male poi se lui mi ha regalato solo del bene, avvolgendomi con le sue forti braccia. Paradossalmente quel fuoco mi ha permesso di entrare in Paradiso e mai scendere agli Inferi.
 
Amore, percepisco solo quel sentimento. Così a lungo precluso a lui. Un sentimento così profondamente, soffocato da guerra e violenza. Sono davvero riuscita a scavare nel cuore del principe dei sayan? Sono davvero stata in grado di riscoprire quel muscolo per troppo tempo atrofizzato? Io, una semplice umana, con poteri così immensi?
 
Eppure è così bello scavare in quel cuore, riscoprire tutto l’amore che sa donare, far emergere quella debolezza e sentirla sulla pelle come dolci fremiti.
 
Mi immergo nel pensiero di lui, mi capita spesso ultimamente, anche quando lavoro. Sono diventata molto emotiva con la gravidanza, che, insieme all’idea di lui, provoca un effetto estatico sui miei sensi.
 
Mi avvicino al giaciglio e osservo quei dannati fiori. Ho paura a conoscere il mittente, anche se andrei a colpo sicuro se escludessi Vegeta. In quel caso rimarrebbe solo una persona.
 
Trovo il coraggio e infilo le dita tra le rose per recuperare quel pezzo di carta. Apro la busta e lo leggo lentamente e silenziosamente, quasi con disinteresse.
 
Che novità, Yamcha mi dichiara tutto il suo amore e la sua vicinanza. Mi sono soffermata solo sulla prima riga e la firma, del resto non mi interessa.
 
Guardo questi fiori e penso quanto mi sarebbe piaciuto che me li avesse regalati l’unico uomo per cui abbia provato l’amore più profondo. Ma nella sua mente ci sono ancora troppo istinti vendicativi per simili gesti d’amore. Se solo vedesse quello che vedo io, se solo potessi mostrargli quello che percepisco provenire dal suo cuore quando siamo intimamente uniti.
 
Prendo il mazzo tra le mani e sospiro. Il pericolo che percepivo poco fare era reale, Yamcha non si arrende e prevedo che Vegeta non darà la sua benedizione a simili atteggiamenti. Ha un atteggiamento di possesso, insomma ciò che è suo non deve essere nemmeno pensato, figuriamoci sfiorato o qualcosa di più.
 
Esco prudentemente dalla mia stanza e dannazione! Non faccio in tempo a richiudere la porta che è davanti a me. Ed ora che faccio? Panico nella mia mente. Punto sulle sue debolezze? Sono così vigliacca che sederei i suoi istinti omicidi facendolo cadere in tentazione?
 
“V-Vegeta”
 
Fa scivolare lo sguardo da me ai fiori e li fissa disgustato. Pensa. Sono certa che stia riflettendo e so già quali pensieri stiano passando per la sua mente.
 
Oh no! Avrò sulla coscienza la morte di Yamcha.
 
“Un ammiratore segreto”
 
Gli rivolgo un debole e poco convincente sorriso per allontanare i sospetti.
 
Ma cosa mi aspetto di risolvere. Sarà anche un assassino, ma non è stupido.
 
Con uno scatto strappa dalle mie mani i fiori, facendomi sussultare per lo spavento. Estrae il biglietto e lo legge. Non sapevo neppure sapesse leggere.
 
Ormai i miei tentativi di proteggere Yamcha sono andati in frantumi, ma ho ancora la speranza che un appassionato bacio possa placare Vegeta.
 
Mi butto tra le sue braccia senza pensare, allontanando la paura di qualche suo gesto inconsulto.
 
Non faccio nemmeno ad approfondire quel contatto, che lui si stacca da me, lasciandomi perplessa.
 
“Prima vado ad uccidere quel terrestre”
 
Getta con violenza le rose sul pavimento, sparpagliandole ovunque. Osservo quel gesto incantandomi per un istante.
 
Mi riprendo e mi affretto a bloccare il suo cammino. Gli poso entrambe le mani sul petto nel tentativo di contrastare la sua forza. Ma inaspettatamente si blocco per evitarmi quello sforzo.
 
“Ti prego, Vegeta, resta qui con me”
 
Sono certa che nei miei occhi legga desiderio di lui e non un disperato tentativo di salvare il mio ex.
 
“Hai ragione, a quell’inutile terrestre penserò più tardi”
 
Una minaccia velata da una flebile promessa. Sottolinea che sono sua e di nessun altro e in più mi dà ragione.
 
Stavolta è lui a baciarmi con passione e subito un calore familiare mi invade.
 
La casa è deserta e non mi importa un accidente di provare queste sensazioni nel bel mezzo del corridoio.
 
Per stavolta sono riuscita a contenere i suoi istinti, ma per quanto ne sarò in grado?
 
 
Continua…

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Capitolo 9
*** Perchè tu sei mia e di nessun altro ***


Perché tu sei mia e di nessun altro
 
A nulla sono serviti i miei vani tentativi di fermarlo, di non prendere il mio ex per un orecchio e buttarlo fuori casa.
 
Sono stanca di dover difendere Yamcha da Vegeta, insomma, potrebbe anche iniziare un po’ a farsi gli affaracci suoi. Capisco che possa essere preoccupato che io rimanga sola con un bambino da crescere, sono la prima ad esserlo, ma così di certo non migliora la situazione, che è decisamente già sufficientemente precaria.
 
Ed ora che succede? Lo colpisce con una delle sue dannate onde? Non voglio assistere impotente ad un omicidio.
 
“Vegeta, calmati, è solo un amico che si preoccupa del mio stato”
 
Provo a pararmi davanti a lui per evitare che gli vengano strane idee in testa. Quindi, se non vuole uccidere me e suo figlio, dovrà iniziare a placare la sua ira.
 
Yamcha non fiata, è immobilizzato persino per scappare. O forse non vuole lasciarmi in balia della furia assassina di Vegeta.
 
“Bulma, non te lo ripeto più. Togliti!”
 
“No!”
 
Incrocio le braccia in segno di fastidio. E chi mi scolla da qui?
 
“Va bene, te la sei voluta”
 
Mi prende in braccio con un gesto fulmineo e si dirige verso la porta di casa.
 
“Vegeta! Mettimi giù!”
 
Gli tiro pugni contro il petto, mi divincolo disperata, ma ovviamente non sortisco alcun effetto contro il temuto e sanguinario Principe dei Sayan.
 
Mi porta nella mia camera, mi fa scendere delicatamente dalle sue braccia, esce e chiude la porta a chiave.
 
Chiude la porta a chiave?? Oddio, ma che gli dice il cervello??
 
Comincio a sbattere pugni contro quell’ostacolo.
 
“Vegeta! Aprimi!”
 
Non mi risponde. Oh no! Ho perso il controllo della situazione. Ora sì che sono disperata.
 
Ed ora come faccio ad aiutare Yamcha. Devo forzare la serratura e penso ad un modo.
 
Ma ecco che presto i miei pensieri vengono interrotti da un grido di paura.  
 
Cerco di ragionare, insomma, lui non ucciderebbe mai un mio amico in casa mia. Impossibile, lui non farebbe mai una cosa simile, sa che non lo perdonerei mai.
 
Ma cosa mi racconto?? Vegeta è imprevedibile e a quella considerazione la mia ansia aumenta. Ricomincio a battere pugni contro quella maledetta porta, ma anche stavolta è uno sforzo totalmente inutile.
 
Ma giuro che, appena riesco a mettere piedi fuori di qui, me la paga. Uno schiaffo può non sortire alcun apparente effetto, ma ho le mie buone argomentazioni da mettere in campo. Mai sfidare Bulma Brief e tanto meno quando è incinta.
 
La finestra della mia camera dà sul giardino, in effetti potrei dare un’occhiata, ma ho paura di quello che mi si possa palesare davanti. La apro con timore e riluttanza e vedo che stanno parlando. No, un momento, stanno solo parlando? Impossibile. Immagino comunque non sia una conversazione amichevole, sicuramente staranno volando pacati insulti e minacce.
 
“Vegeta!”
 
Voglio che mi liberi, ma ovviamente lui continua ad ignorarmi. Pare proprio che io debba salvarmi da sola stavolta.
 
Conosco la mia casa da una vita, quindi non dovrei avere grosse difficoltà a forzare una serratura. Cerco disperatamente una forcina o qualcosa di simile nella mia trousse. Tento in quell’impresa, ma non faccio in tempo ad iniziare il mio lavoro, che la serratura scatta magicamente da sola.
 
Mi ritrovo faccia a faccia con Vegeta e la sua solita espressione imbronciata. Quindi adesso quello arrabbiato sarebbe lui?
 
“Ti sei sfogato?”
 
“Se lo vedo ad un metro da questa casa, lo uccido sul serio. Fossi in lui non tenterei la sorte”
 
Lo guardo con rassegnazione.
 
“Sei sempre il solito, Vegeta” lo fisso furiosa “Sai, non mi piace proprio quando fai il prepotente e l’arrogante”
 
“Problemi tuoi, donna”
 
Eppure quei suoi lati lo rendono così affascinante, così dannatamente attraente. È il suo personalissimo modo di essere geloso, ammetto sia un po’ violento, ma dopotutto a quale donna non piace sentirsi importante e unica per l’uomo che ama?
 
“Credo che diventeranno presto problemi anche tuoi” mi guarda incuriosito e sospettoso, pare proprio che ormai abbia imparato a conoscermi e a non sottovalutare questo genere di affermazioni
 
“Che vuoi dire?”
 
“Voglio dire che stasera resti senza cena”
 
Gli sfilo accanto profondamente offesa.
 
“Non oseresti”
 
“Non mettermi alla prova, sayan”
 
Ammetto di essere un po’ infame, ho trovato il suo punto debole e non perdo tempo a giocarlo a mio favore.
 
Mi rigiro un’ultima volta verso di lui e lo trovo nello stesso punto in cui l’ho lasciato. Figurarsi se si scomoda a corrermi dietro per supplicarmi a non mettere in atto le mie minacce, nemmeno sotto tortura lo farebbe. L’umiliazione non è proprio compresa nel suo codice d’onore.
 
“Vegeta, chiudimi ancora sotto chiave e giuro che te ne pentirai sul serio”
 
Non fiata per ribattere al mio rimprovero.
 
Stavolta ho davvero intenzione di andarmene via arrabbiata, togliendomi quell'arroganza fatta a persona da sotto gli occhi. E poi se proprio deve rinchiudermi in una stanza, che resti almeno lì con me, troverei sicuramente le giuste argomentazioni per distrarlo dai suoi diabolici piani contro il mio ex.
 
 
Continua…

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Capitolo 10
*** La tua partenza e la mia rabbia ***


La tua partenza e la mia rabbia
 
Due mesi. Lo avevi pronosticato e quel maledetto giorno è arrivato. Forse ripensandoci, niente chiaroveggenza, perché tu, amore mio dannato, lo sapevi già. Eri a conoscenza delle sorti tue e nostre. Ed io come una stupida ho sperato, ho pregato e ho sognato che potessimo essere una famiglia.
 
Ma le lacrime che mi stai facendo versare ora non le avevo versate in tutta la mia vita. Nemmeno quando ero una bambina ricordo di aver pianto così tanto.
 
​Ma ora non sono decisamente più una bambina e a perdere definitivamente quel candore hai contribuito anche tu, macchiando il mio cuore di odio e rabbia, che sfiorano la sete di sangue e sofferenza altrui. Mi hai fatto perdere la ragione nell'amore e nell'odio.

Sei solo uno sporco assassino! Ecco cosa sei. Ma non per aver ucciso centinaia di anime innocenti, ma per aver ucciso me, la madre tuo figlio e probabilmente l’unica donna che ti abbia mai amato.
 
Ed ora mi spieghi perché ti affannavi tanto a tenere Yamcha lontano da me? Manie di possesso? Ero il tuo giocattolo e di nessun altro?
 
Magari fosse il figlio di quello che tu definivi tanto lurido terrestre, almeno saprei di avere qualcuno accanto, una protezione - se pur flebile rispetto alla tua - ma pur sempre costante. Perché lui mi ama, Vegeta, lo so, ma tu no. Mi hai riferito solo poche vuote parole.
 
Ma tu, amore mio, non uscirai così presto da questo povero cuore e nemmeno dalla mia vita a quanto pare. Tuo figlio. Il nostro bambino. Trunks. Cresce ogni giorno di più dentro di me e questo non potrai mai potermelo via.
 
Ed ora dimmi - ma tanto non puoi sentirmi - cosa racconterò a tuo figlio quanto mi chiederà di suo padre? Gli dirò che l’ha abbondonato per una smaniosa e insensata brama di potere e di vendetta. Sì, Vegeta, dalla mia bocca non usciranno parole clementi o dolci nei tuoi confronti. Scordatelo! Il tuo ricordo sarà macchiato e non mi importa quanto ti amo, tuo figlio ti odierà, almeno tanto quanto di odio io. Perchè mai dovrei essere dolce e clemente nei confronti di una persona che non conosce nemmeno il significato della dolcezza e della clemenza?
 
Avevi detto che avresti desiderato allenarlo ed io come una stupida e ingenua terrestre ti ho creduto.
 
Mi strapperei il cuore dal petto e persino tutti i ricordi che ho in memoria per non rivederti più davanti ai miei occhi, per non provare quello stramaledetto amore che ancora sento per te.
 
Le tue mani. Sento ancora il tuo dolce e rude contatto su di me. E i tuoi baci. Quei dolci e crudeli morsi.
 
Mi hai imbrogliata e nessuno era riuscito a mentirmi così nel profondo, sciogliendo le mie difese e ingannandomi nell’intimo.
 
Non sei coraggioso, non ti illudere, perché sei solo un lurido vigliacco. Mi hai abbandonata di notte, mentre dormivo. Non una lettera, non una parola, non una promessa di ritorno. Niente.
 
Mi hai fatta sentire la donna più stupida al mondo. Io, Bulma Brief. Non ho nemmeno più il coraggio di guardare in faccia chi mi aveva avvertita di tenermi lontana da un mostro come te. E, per la verità, non ho nemmeno più il coraggio di guardare la mia immagina riflessa, tanta è la paura di vedere quanto sono cambiata e, di conseguenza, di provare ribrezzo per me stessa.
 
Che io sia maledetta, Vegeta, per aver cercato il bene e l’amore nel tuo cuore, per aver cercato di cambiare il Principe dei Sayan, per aver disperatamente, con tutte le mie forte, cercato di tenerti legato a me.
 
Sto male, ma ora nessuno mi reggerà più quando cadrò. Le tue forti braccia non mi sosterranno più.
 
Sai, Vegeta, infondo hai ragione, noi terrestri siano una razza stupida, crediamo ancora nell’amore più puro, cerchiamo ancora un compagno fedele con cui trascorrere il resto della nostra vita, con cui formare una famiglia e con cui avere dei figli.
 
Il candore di quella culla, che, stupidamente, credevo avessi costruito con amore per nostro figlio, è macchiato di sangue. Le tue sporche e luride mani da assassino l’hanno sporcata ed io non la userò per un essere innocente come il nostro bambino. Lui merita pace, amore e serenità e quel lettino costruito dalle tue mani gli trasmetterà solo odio e vendetta.
 
Affoga in quell’odio e in quella vendetta, Vegeta, muorici dentro, ma sappi che creperai da solo, nessuno sarà al tuo fianco, perché nessuno ti amerà.
 
Le mie povere gambe non reggono più il dolore del cuore, ma non mi arrenderò. Mi hai sentito? Ovunque tu sia, qualunque cosa tu stia facendo, anche sgozzando un povero innocente, sappi che io non mi arrenderò! Non lascerò che questo bambino muoia per colpa del dolore che tu mi hai arrecato, lui vivrà, perché non ha scelto di avere un padre come te, sono stata io e mi assumo la responsabilità per la sua vita.
 
Mi hai fatta cadere in un lurido peccato carnale, ma giuro su me stessa che non accadrà mai più.
 
Sei felice? Sei veramente contento di aver rinunciato all’amore? Tutte le tue velate promesse erano solo sporche menzogne. Perché tu menti, è il tuo passatempo preferito dopo gli allenamenti. Non c’è una briciola di onestà nel tuo cuore.
 
Ed ora cosa dovrei fare con la Gravity Room? Distruggerla? Prenderla a mazzate, immaginando di avere te davanti e non delle macchine senza cuore? Ma tanto che differenza c’è tra e te le macchine? Nessuna? Forse solo che esse sono domabile e sono facilmente assoggettabili alla propria volontà. Ma tu no, Vegeta, sei un orgoglioso dannato Sayan.
 
Ti odio, amore mio, per avermi concesso di vivere un sentimento così profondo e per avermelo strappato via con un alito di vento in una notte di gelo. Quel mio cuore è congelato la mattina seguente e non ti sei preso nemmeno il disturbo di sferrarmi il colpo di grazia. Anzi sferrarci.
 
Chissà cos’hai pensato quella notte, quando sei volato via per sempre. Chissà se ti sei voltato anche solo per un istante, per un ultimo silenzioso saluto. Ma permettimi di dubitare che tu possa aver solo pensato a simili attenzioni nei nostri confronti.
 
Ti odio, mio unico amore, mi hai indebolita e poi te ne sei andato. È così che giochi con i nemici, li indebolisci e li uccidi? Ma con me non hai avuto quella clemenza, mi hai solo prosciugata dell’anima e della vita e sei volato via, lasciandomi agonizzante sul ciglio della breve strada percorsa insieme.
 
Vai! Vattene, Vegeta! Non ti ho insegnato nulla. Niente. Mesi di certezze cadute in un istante.
 
Ma cosa diavolo ti è passato per la mente?! Qualsiasi cosa sia, spero che tu abbia almeno la cognizione di non rimettere mai più piede sulla Terra, perché stavolta sarò io a non esserci per te.
 
Ti auguro ogni male, o almeno la dosa di dolore che stai facendo patire a me.
 
Ora basta versare lacrime per un idiota come te.
 
Perché io sono Bulma Brief e nessuno mi sconfiggerà.
 
 
Continua…

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Capitolo 11
*** E ritorni da me ***


E ritorni da me
 
 
Sono qui inerme come una stupida, convinta che qualche mese - e quindi pochi giorni - potesse riportare tutto alla normalità. E invece mi sono illusa per l’ennesima volta. Purtroppo per me, accade un po’ troppo spesso nell’ultimo periodo.
 
Non so come, ma sono ancora in grado di nascondere questa peccaminosa gravidanza. Ne sono tutti all’oscuro, meno che Yamcha e mia madre. Sono le uniche persone che mi stanno accanto, conoscendo il mio stato ed io inizio a provare forti sensi di colpa, specie verso il mio ex. In questo momento quell’uomo mi sta dimostrando una fedeltà ammirevole, sa che non è suo figlio, ma continua ad essermi accanto senza recriminazioni, con l’amara consapevolezza che io non sono innamorata di lui. Mi fa sentire un essere malvagio per il modo in cui l’ho trattato. Mi ama davvero e su questo non ho davvero più alcun dubbio. Se solo fossi rimasta con lui, se solo quello scimmione senza cuore non fosse entrato nella mia vita…ma purtroppo non posso riavvolgere il tempo e forse nemmeno vorrei, visto che quel dannato sayan mi ha regalato emozioni uniche e mio figlio, che amo già più della mia stessa vita.
 
Mi ero ripromessa, anzi imposta, di non piangere più per lui, di provare ad essere forte, ma non ci riesco, ormai la mia vita è stata irreversibilmente sconvolta ed io mi sento una piccola e debole creatura nella morsa del Destino. Io, che al Destino nemmeno credevo, devo tristemente ricredermi. A nulla sono valsi i tentativi di essere forte e non cedere alle sue braccia. E a nulla sono valsi i miei disperati tentativi di dimostrargli quanto l’amore che provavamo in quegli intimi momenti fosse un bene prezioso da conservare come un raro tesoro. Ma forse erano solo i miei occhi e il mio cuore a considerarli tali.
 
Ho chiuso per sempre con lui e da quando è ripartito, non entro più nemmeno nella mia stanza - la nostra camera - ho preferito trasferirmi su un altro piano della casa, più in alto, lasciando affondare negli abissi quel triste ma intenso frangente della mia esistenza. Ma anche questo mio disperato gesto è stato totalmente inutile, perché le sensazioni che provavo lì dentro non sono rimaste sul materasso, ma impresse sulla mia pelle come profonde cicatrici.
 
Prego tutti i giorni che Trunks non gli somigli, spero che mi venga risparmiata almeno questa condanna, perché non credo di poterlo sopportare. Lo amerei comunque, ovvio che amerei comunque mio figlio, ma quel dannato destino non può infliggermi anche questo tiro. Sarà un sayan, anzi un mezzosayan, e il mio compito quale sarebbe? Nascondere a lui le sue origini e risvegliare il suo lato umano o assecondare la sua forza e potenza?
 
Posso nascondermi fin quando non nasce, ma poi dovrò pur dare delle spiegazioni a tutti. Ed io come faccio a dire a Goku che ho avuto una relazione con un suo spietato nemico? Forse mi comprenderà e forse da buon amico mi starà accanto o forse si arrabbierà per avergli nascosto un dettaglio così importante della mia vita, dandomi dell’incosciente. Ma posso biasimarlo, se sono io la prima a definirmi tale?
 
Il mio piccolo Trunks, lo sento già scalciare sotto i miei larghi vestiti e mi sembra di risentire il suo tocco: ruvidezza mista a dolcezza. Ecco, già un lato che ha ereditato da suo padre.
 
Non so come uscire da questa incresciosa situazione. Per la prima volta nella mia vita mi sento davvero in trappola, sono stata imbrogliata nel modo più squallido che si potesse. Vegeta ha approfittato della mia fiducia, del mio sincero amore ed io in questo reato sono stata complice del mio aguzzino. Del mio dolce e amaro assassino.
 
Ora tutte le conseguenze per quella stupida sbandata sono su di me. Il frutto del mio amore e del suo possesso cresce nel mio ventre e i segni indelebili nell’anima e nel cuore rimarranno per sempre.
 
Come si può, dopo aver conosciuto il vero amore, tornare ad amare di nuovo, magari una persona diversa, per quanto buona possa essere - e ci vuol veramente poco ad avere più cuore di Vegeta - non mi regalerà mai le stesse emozioni e sensazioni.
 
Vago per gli immensi corridoi della Capsule Corporation in cerca di un po’ di pace. Evito prudentemente i luoghi che riporterebbero alla memoria la sua immagine - come se essa non fosse già impressa costantemente nella mia mente -. Sopra a tutte la Gravity Room, che mi sono imposta di sigillare e di non aprire probabilmente mai più. Nella mia mente è diventata la stanza degli orrori e se non l’ho distrutta, è stato solo per quell’insensato e grande sentimento che provo per lui. Amore che si mischia facilmente all’odio come polvere da sparo, creando una bomba innescata, che minaccia di esplodermi nel cuore da un momento all’altro.
 
Mi avvio verso il giardino, mi manca il fiato a tutti questi pensieri, che imperlano la mia fronte con sudore freddo.
 
Oggi c’è il sole, ma io non lo noto. Al suo posto vedo una palla di fuoco, le stesse fiamme che lui ha contribuito ad accendere e poi a spegnere, accecandomi.
 
Il mio sguardo vaga per il cielo, si sposta dalla Stella Madre, lasciando la mia vista momentaneamente oscurata. Non è una sensazione nuova, è esattamente quello che è successo nel breve periodo in cui Vegeta era al mio fianco.
 
Quel puntino nero davanti i miei occhi si sta diradando, ma ora davanti alle mie azzurre pupille - in tinta con l’immensità della volta celeste - un’altra figura sta comparendo. Si avvicina velocemente a me e si fa sempre più chiara, fino ad atterrare sulla mia traiettoria, prima ancora che io riesca ad identificare l’identità del soggetto in questione.
 
Mi fissa con il fiato corto, fa scivolare lo sguardo sul mio ventre ed io involontariamente cerco di proteggere mio figlio con le mie esili braccia dal suo indiscreto e traditore sguardo.
 
Lo osservo con diffidenza e compassione. Compassione?? Perché, lui l’ha avuta nei miei confronti? Sì, lo compatisco per aver preferito l’odio ad un sincero e puro amore.
 
Dopo interminabili secondi, o minuti, o addirittura ore - non saprei definire da quanto tempo siamo immobili l’uno davanti all’altra - trovo il coraggio di voltargli le spalle - come mi ero fermamente ripromessa di fare nel caso questo momento fosse un giorno arrivato - e rientrare in casa.
 
Passi incerti muovono la mia persona. Mi appoggio a tutto quello che trovo lungo il cammino.
 
Dannato cuore che mi suggerisce di gioire! E dannata testa che mi suggerisce di prenderlo a calci!
 
Aumento leggermente il passo, con uno sforzo immane, quando sento che qualcuno mi sta seguendo.
 
Maledetto Destino che conduce la mia mano sulla maniglia della nostra stanza. Giuro, volevo solo reggermi per non stramazzare al suolo, non è stata la forza dirompente dell’amore a condurmi sin qui. Stavolta sono io l'artefice del mio stesso inganno?
 
Entro dopo qualche istante di esitazione e mi chiudo dentro a chiave. Questa volta lo faccio di mia spontanea volontà. Ma tanto a che serve? La può buttare giù con il pensiero se solo lo desidera. Qui l’unica umana fragile solo io. Ed accidenti a me! Piuttosto, se lo facesse sarebbe spinto dall’intenzione di farmi del bene o del male? Ma quale bene poi? Il suo amore: graffi sanguinanti che non sono ancora guariti. Semplicemente una condanna eterna.
 
Il nostro letto. Non lo vedo da quando mi ha lasciata. Ricordo l’ultimo momento felice che abbiamo vissuto insieme tra quelle lenzuola e poi il buio che ne è seguito.
 
Forti rumori contro la porta mi riportano alla realtà. Martelli pneumatici nella mia testa.
 
Mi avvicino, forse incoscientemente, all’uscio. La stessa incoscienza che mi ha spinta tra le sue braccia. Ma allora è un dannato vizio! Ma non posso proprio farci niente, ho perso inesorabilmente il controllo del mio corpo.
 
Appoggio le mie mani contro la porta tremante sotto i suoi violenti colpi.
 
“Bulma”
 
Mi chiama con un sussurro affannato. Mi mordo il labbro inferiore per resistere dal rispondergli ‘Sì, amore mio’. La sua voce, quel suono a me così dolce. Chiudo gli occhi per gustarlo. I timpani soffrono come se dal momento della sua partenza avessero udito solo silenzio, mentre adesso il sangue ricomincia a scorrere in essi, riprendendo così la loro abituale attività.
 
“Bulma, aprimi”
 
Non c’è rabbia in lui, non lo fa nemmeno suonare come un ordine, solo un forte affanno che aumenta sempre più. Perché non sfonda la porta, invece di chiedermi un confronto?
 
Tira un pugno un po’ più forte e il metallo cede, piegandosi sopra la mia testa. Quel gesto così violento spezza la magia che si era creata nel mio cuore, facendo emergere un forte odio nei suoi confronti, che parte dallo stomaco e arriva fino alle corde vocali.
 
“Vattene, Vegeta! Sei un disgraziato ed io non voglio più vederti”
 
Maledetto! È riuscito a farmi piangere di nuovo per colpa del suo dannato ego.
 
Incassa le mie pungenti parole. Silenzio. Poi una flebile voce torna ad insinuarsi attraverso l'anta della porta.
 
“Bulma, ti prego”
 
Tu mi preghi? Ora sono io a non muovere un solo grammo di clemenza nei tuoi confronti.
 
Percepisco che con un tonfo assordante fa aderire la mano al metallo, come se avesse bisogno di reggersi e gli mancassero le forze. Dubito che siano sensi di colpa.
 
“A-aiutami”
 
Aiuto?! Ho sentito bene?
 
Mi prendo qualche istante per assimilare e involontariamente mi precipito sulla chiave, facendola girare velocemente nella serratura.
 
Apro la porta all’improvviso, mettendo in una condizione di precarietà il suo equilibrio. Ritira la mano e mi fissa con occhi vitrei. Chiude quei pozzi di petrolio lentamente e precipita delicatamente sulla mia spalla.
 
Sono paralizzata e questo mio stato mi consente di reggere il suo peso. Le lacrime sono congelate sulle mie paffute guance.
 
Solo un sussurro esce dalla mia gola.
 
“Vegeta”
 
 
Continua…

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Capitolo 12
*** Nuove paure e vecchi sentimenti ***


Nuove paure e vecchi sentimenti
 
 
Non capisco. Non riesco davvero a comprendere cosa possa essergli accaduto. Mi sto spremendo le meningi, sto rispolverando tutte le mie conoscenze scientifiche, esami su esami. Ma lui non si sveglia. Lui è un sayan e di conseguenza tutto ciò che riguarda quell'uomo e la sua razza mi è precluso. E forse, ripensandoci, sarebbe dovuto essermi impedito qualunque contatto con lui fin dall'inizio di tutta questa storia. Non mi sarei nemmeno dovuta sognare di avvicinarmi a lui. 
 
Sono troppo coinvolta emotivamente e questo non mi consente di rimanere lucida. Per di più, anche la gravidanza in questi momenti non aiuta di certo.
 
È in questo stato comatoso da almeno una settimana e non ha dato alcun segno di miglioramento. L’unica certezza che ho è il suo regolare battito, le macchine lo annunciano e questo lieve rumore mi dona una flebile speranza di poter rivedere i suoi occhi.
 
Riposo veramente poco in questi ultimi giorni, ancor meno rispetto ai mesi in cui era assente. Trascorro il mio tempo al suo fianco, sperando in un miracolo.
 
Mi sento persino in colpa, temo che le mie maledizioni abbiano attraversato lo spazio e l’abbiano colpito in pieno. Un altro proposito andato in fumo, mi ero ripromessa di respingerlo, di non esserci più stata per lui, se avesse rimesso piede sulla Terra e invece eccomi qui, in questa stanza, a scongiurare la sua definitiva dipartita.
 
Non ho una soluzione per salvarlo, non conosco la causa del suo malessere, posso solo vegliarlo giorno e notte.
 
Le uniche medicine di cui mi avvalgo sono le parole. Provo a raccontargli di Trunks, di quanto sia cresciuto dalla sua partenza. Lo aggiorno, dando per scontato che a lui possa importare qualcosa. Ma anche quello resta un mio dubbio, visto che il nostro è solo un dialogo unilaterale. Non gli ho mai proferito così tante parole in tutta la mia vita, parole che colpiscono il vuoto, parole che tentano di sortire un effetto, una qualsiasi reazione, che provano a stimolare il suo cervello, i suoi nervi, ma lui continua ad essere assente.
 
Ora mi assale solo una grande paura. Quell’odio che mi avrebbe portata a sputargli in faccia tutto il ribrezzo che sento per lui, purtroppo per me, si è inesorabilmente affievolito, risvegliando l’amore che provo per il padre di mio figlio.
 
Spero davvero che non sia uno sporco trucco per farsi perdonare, perché, in tal caso, lo ucciderei con le mie mani senza alcun ripensamento o rimorso. Una mia nuova illusione o forse un desiderio? Perché, se fosse vero, avrebbe compreso i suoi sbagli e questo è tristemente impossibile, se non si sa di aver commesso alcun errore.
 
Lo guardo dormire e mi chiedo come possa trasformarsi in un essere così spietato, se quando riposa emana una strana sensazione di innocenza.
 
Mi siedo sul bordo del letto, stando attenta a non infliggergli ulteriori sofferenze. Scosto i tubi a cui l’ho collegato per consentirgli di continuare a respirare e di sopravvivere. Si sento uno straccio, ma non riesco ad allontanarmi dal suo capezzale per più di qualche ora.
 
Tento davvero l’impossibile per provare a riportarlo mentalmente e fisicamente da me. È tornato sulla Terra perché sapeva che io lo avrei potuto aiutare e – nonostante lui lo abbia fatto - non posso deluderlo.
 
Indugio, ma alla fine afferro delicatamente la sua mano. Il solo contatto con la sua pelle mi provoca un brivido. La guido fino al mio ventre con la speranza che il nostro bambino possa infondergli un po’ di forza. In questo istante, se mi vedesse, additerebbe senz’altro questo atteggiamento come insulso e me come una stupida terrestre, ma non so cos’altro fare e l’attesa mi sta uccidendo lentamente, privandomi di ogni grammo di forza.
 
Al tocco di suo padre Trunks scalcia, ignaro di quello che stia succedendo qua fuori. Nonostante i forti colpi di suo figlio, lui non reagisce. Ho resistito una settimana, ma ora proprio, a questo ennesimo tentativo di svegliarlo, non riesco a reprimere il dolore che mi porto nel cuore. Accosto le mani al volto nel vano sforzo di contenere almeno i singhiozzi. Sento la sua mano inerme scivolare sulle mie gambe, lasciandomi una dolce e involontaria carezza, la più tenera che lui mi abbia mai donato.
 
Torna da me, Vegeta, te ne prego, non lasciarmi, non così, non senza una minuscola speranza in un lieto fine.
 
Scruto il suo viso con ogni velati, bagno le sue lenzuola di lacrime. Ho una voglia incredibile di baciarlo, di sentirlo di nuovo mio. Ammesso che lo sia mai stato.
 
Lui, l’amore più grande della mia vita.
 
Io, una semplice e piccola terrestre nella morsa di quel dirompente amore.
 
Chissà se infondo i sayan sono immuni all’amore. Magari anche Goku finge di amare Chichi, si adegua a noi umani, ma in realtà quel sentimento non fa parte della sua natura. No, ora sbaglio, il mio migliore amico prova quel sentimento e Vegeta mi ha provocato sulla pelle i brividi dell'amore più puro e sincero. Le sue mani mi hanno sempre sfiorata con l’intento di amarmi. Forse non sarà stato un amore razionale, l’amore che si percepisce nei piccoli gesti quotidiani. Sicuramente un amore passionale, dettato dall'istinto e dal fuoco che ardeva in noi. Ma che importa? È stato pur sempre amore.
 
Mi ha lasciata, ma poi ha pensato a me come un’ancora di salvezza ed anche questo infondo è amore. Sapere di poter contare sull’altro in ogni momento. Però, quando avevo bisogno io, lui non c’era. Forse dovrei semplicemente perdonarlo, pensare che la sua fuga fosse semplicemente dettata dalla paura e non dal menefreghismo. Ma infondo che differenza fa?
 
Sono troppo confusa, troppe emozioni e sensazioni vagano per la mente e per il cuore.
 
Se solo si svegliasse, potrei porgere a lui tutti i miei dubbi, ammesso che lui mi degni di una risposta.
 
La percezione di suo figlio non gli ha sortito alcun effetto, non percepisce la sua aura. Il cardiometro segnala un battito regolare e tranquillo, la frequenza non è cambiata. Ciò significa che i suoi riflessi non sono vigili.
 
L’unico battito ad essere accelerato è il mio.
 
Che faccio? Tento un bacio? Esatto, tento, come se questi stupidi tentativi potessero davvero funzionare. Quella è una voglia mia, risentire il suo sapore sulle labbra, riprovare quelle sensazioni sbagliate o giuste che fossero. Ma ora che lo sto perdendo, mi sento in dovere verso me stessa e i miei più intimi e sinceri sentimenti di porre in un angolo l’orgoglio.
 
Mi alzo solo per avvicinarmi al suo volto. Tengo le mani sul ventre per trovare la giusta forza. Scosto la mascherina dell’ossigeno e gli sussurro sulle labbra.
 
“Ti amo, Vegeta. Ti prego, svegliati. Non ci lasciare. T-ti perdono, ma non farmi anche questo. Devi resistere. Tu sei il Principe dei Sayan. Mi dispiace, mi hai chiesto aiuto, ma io non so come aiutarti”
 
La mia voce è rotta dal pianto e soffoco quei sussulti, porgendogli un leggero bacio, che le mie lacrime rendono particolarmente umido.
 
Interrompo il contatto e il dolore mi impedisce di continuare quella vicinanza. Sistemo nuovamente la sua fonte di ossigeno sul volto, accompagnando quel gesto con una carezza. Gli rivolgo solo un ultimo sguardo, prima di correre fuori dalla stanza.
 
Mi accosto allo stipite della porta, disattendendo il mio proposito di superare la soglia. Ho il fiato corto, simile a quello che aveva lui quando è comparso davanti a me. È una malattia contagiosa? Mi spavento. Le mie mani tremano. Ma che diavolo mi sta succedendo?
 
Impossibile. Devo stare calma. Nel suo sangue non c’era nulla di contagioso. Eppure mi sento strana, le forze mi stanno abbandonando. Deve essere solo spossatezza, nulla di più.
 
Avanzo, appoggiandomi alla parete ad ogni passo che muovo. Sono sempre più debole. La mia fronte è imperlata di sudore.

Non capisco. Ultimamente troppi misteri, troppi eventi mi sono inspiegabili.
 
Non riesco più a proseguire. Accosto la schiena al muro con la speranza di contenere quel male.
 
“Bulma”

Qualcuno mi chiama, ma non riesco a comprendere la fonte di quel rumore, la voce è ovattata. Le palpebre minacciano di abbassarsi in piena autonomia.
 
No, un momento. Non posso ammalarmi anch’io. Gli unici pensieri sono per il mio Trunks.
 
Sento delle mani avvolgermi. Tento di vedere il volto del mio salvatore e riesco a malapena a riconoscerne i tratti.
 
“Y-Yamcha, non devi”
 
Non riesco a comunicargli quanto stia rischiando standomi accanto.
 
“Bulma, non ti sforzare”
 
Trovo un po’ di forza e lo afferro debolmente per la maglietta. Non lo guardo in faccia, non ho la più pallida idea di come si trasmetta questa malattia.
 
“N-non devi entrare in contatto con me o Vegeta”
 
Riesco appena a terminare la frase, che i miei occhi diventano macigni, chiudendosi pesantemente. Tutto il mio mondo diventa nero.
 
Solo una voce rimbomba nella mia testa.
 
Non preoccuparti. Ci sono io”
 
Mi sembra molto simile a quella di Vegeta. Ma non può essere, è solo un mio disperato desiderio, che risale prepotentemente dall’inconscio nel momento meno opportuno possibile.
 
 
Continua…

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Capitolo 13
*** Vicinanza curativa ***


Vicinanza curativa
 

 
Ho una stranissima sensazione di pace. I miei muscoli sono rilassati e dalle spalle fino ai piedi mi sento dolcemente avvolta in una morbida e calda coperta.
 
Ho appena appurato di essere coricata su un letto.
 
I ricordi affiorano lentamente nella mia testa. Rammento di essere svenuta e qualcuno mi ha soccorso…dannazione, se sforzo la mente un martello comincia a premere sulle mie tempie. Non riesco nemmeno ad alzare le palpebre, perchè una luce è puntata dritta sui miei stanchi occhi.
 
Vegeta! Non so come stia, non ho la più pallida idea se si sia svegliato o se…no quell’eventualità - nonostante tutto il male che mi ha arrecato, anzi ci ha arrecato - non voglio nemmeno prenderla in considerazione.
 
Un contatto improvviso sulla fronte. Qualcuno sta delicatamente sfiorando la mia pelle. Quel contatto mi provoca ustioni e solo una persona in tutto l’universo è in grado di provocarmi queste sensazioni solo con un semplice tocco.
 
Raccolgo tutte le poche forze che mi restano, con uno scatto afferro quell’indiscreta mano, apro gli occhi quasi involontariamente e faticosamente e lo allontano da me, continuando comunque a tenerlo tra le mie dita.
 
Sì, se ve lo state chiedendo, sono confusa. Non riesco a sentirlo così vicino, ma nemmeno resistere un minuto di più sapendolo lontano.
 
I nostri occhi. Ma come ve li descrivo? Si stanno sfiorando, accarezzando e…parlano. Ci stiamo parlando, restando in silenzio. Lui è un tipo di poche parole ed io, stando al suo fianco, ho imparato a mia volta a riscoprire la profondità di quel silenzio così carico di emozione.
 
Ma come faccio ad amarlo dopo quello che mi ha fatto?? Dicono che l’amore sia cieco, ma io lo vedo benissimo, noto tutti i suoi riprovevoli difetti e nonostante ciò lo amo infinitamente.
 
Mollo a malincuore quella dolce presa sulla sua mano. Da quel breve - ma per me infinito - contatto, ho percepito un battito regolare e credo proprio stia meglio. È solo un po’ pallido e in volto si vede che ha superato momenti migliori. Lentamente la sua mano scivola dalla mia e, come se quel gesto avesse azionato un interruttore, anche i nostri sguardi si discostano - per nulla imbarazzati - e torniamo ad essere semplicemente noi.
 
<< Vegeta, mi spieghi che ti ha detto il cervello?? Tornare sapendo di avere addosso una malattia simile! E non ti sei nemmeno soffermato qualche secondo a pensare che avresti potuto attaccarmela e contagiare tuo figlio?! >>
 
Sono infuriata, ma non sono io a parlare, non è la mia volontà a esternare queste parole cariche di odio. Il cuore mi suggerisce addirittura di abbracciarlo per festeggiare lo scampato pericolo. È il rancore che parla al posto mio, la rabbia repressa che si è accumulata in tutti questi mesi. Deve solo ringraziare il cielo sopra la nostra testa se non gli sono saltata al collo per baciar...volevo dire, per picchiarlo. Ovvio che gli sarei saltata al collo per picchiarlo! O no? Dannato principe, mi stai facendo perdere il lume della ragione, io che di razionalità ne avevo così tanta, mai, nemmeno nei miei sogni - o incubi - più bizzarri, mi sarei immaginata di ritrovarmi in una situazione simile. Io e un alieno, e oltretutto il più stupido che fosse sul mercato.
 
<< Non sapevo da chi altro andare >>
 
In poche parole è riuscito a sparare almeno una decina di cretinate. Non mi viene proprio difficile da credere che non sapesse "da chi altro andare" se si comporta con tutti come un idiota. Chissà cosa gli è passato in mente, quando ha pensato che qui avrebbe trovato soccorso. Davvero non ha immaginato quanto io potessi essere arrabbiata, con il rischio che lo avrei rispedito a calci da dove era venuto, senza nemmeno preoccuparmi che fosse uno straccio? Avrà sicuramente pensato, che a differenza sua, io non sono un mostro e sa benissimo che sono innamorata di lui alla follia. Così ancora una volta ha puntato vigliaccamente sulla mia unica debolezza. 
 
Lo fulmino con lo sguardo e delicatamente sposto le coperte. Mi alzo leggermente, temo di provare un forte capogiro con questo gesto, quindi cerco di essere prudente. Sempre lentamente mi metto seduta e, dandomi una spinta con le braccia, tento di mettermi in piedi.
 
Le gambe cedono all’improvviso e ricado sul morbido materasso, molleggiando per qualche istante. Vegeta si era già lanciato in mio aiuto per sorreggermi. Stava posando le mani sul mio fianco, ma quando ha notato che la mia caduta era stata tempestivamente fermata da altro, ha bloccato le braccia a mezz'aria.
 
Le nostre bocche ad un centimetro l’una dall’altra. Posso sentire il suo fiato sul mio viso. Schiudo leggermente le labbra…ma che diamine sto facendo?!
 
<< Vegeta, scostati, non ho bisogno di te e nemmeno del tuo improvviso istinto paterno. Sono stata chiara? >> gli tiro un mal rovescio sulla spalla per intimarlo a farsi da parte << Dimmi piuttosto come sta mio figlio. Sappi che se gli è successo qualcosa, qualsiasi cosa, per colpa tua, ti consiglio seriamente di partire per il pianeta più lontano possibile dalla Terra e di rimuovere dalla mente l’esistenza del pavimento su cui cammini >>
 
Non credo di aver usato un tono grave, ma semplicemente perché non ne ho la forza, non perché lo amo! È stato un cafone ed è anche riduttivo definirlo così.
 
<< Trunks sta bene, Bulma >>
 
Non gli uscirebbe dalla bocca la frase ‘scusa, mi dispiace, ho sbagliato’ nemmeno se fosse in punto di morte e nemmeno la sua voce mostra un minimo segnale di pentimento e…no, un momento, ha detto Trunks?
 
<< E tu come fai a conoscere il suo nome? Non l’ho detto a nessuno >>
 
La mia voce si trasforma in un sussurro e il mio sguardo è diffidente, come se questa informazione nelle sue mani potesse ritorcersi contro di noi.
 
<< Ti ho sentita mentre mi parlavi e tentavi di svegliarmi >> fa una breve pausa << Non sapevo di aver contratto una malattia contagiosa, ma stavo male e tu sei una scienziata >>
 
Proferisce queste parole con estrema apatia. Non prova nemmeno emozioni per quello che ha vissuto, per il dolore che ha dovuto provare su di sé.
 
<< Non è una giustificazione, Vegeta >> mi alzo e i miei goffi tentativi di rimanere saldamente in equilibrio consentono ad una lacrima di scorrere sulla mia guancia, bollente dalla febbre e dalla rabbia << E non osare trovare scuse per il tuo irresponsabile e, consentimi, decisamente bastardo gesto >>
 
Metto le mani avanti come se avessi interrotto quella tanto attesa e desiderata frase. Mi illudo sempre come una cretina.
 
Gli lancio un’ultima eloquente occhiata e mi avvio traballante verso la porta.
 
Mi blocco un centinaio di volte lungo quel breve tragitto. Spero di sentire i suoi passi dietro di me che mi richiamano o semplicemente mi suggeriscono amorevolmente di riposarmi, che è troppo presto per alzarsi. Quale uomo innamorato non lo farebbe? Quale buon padre non proverebbe anche solo lontanamente un simile istinto protettivo? Credo di essermi già risposta da sola, visto che i presupposti non sussistono.
 
Mi volto io giusto per un’ultima battuta. Un altro colpo al cuore, quando realizzo che non si è mosso nemmeno di un millimetro, che non è corso a baciarmi e dirmi quanto gli sia mancata. Ma sì, infondo quello sarebbe successo come minimo in un film e questa è la triste e cruda realtà. Date le mie considerazioni, le mie parole non possono che essere pungenti e intimidatorie.
 
<< Vegeta, ora stai meglio, quindi esci da questa casa, non ti voglio più trovare qui o in qualunque altro angolo della Capsule Corporation >>
 
Tento di contrastare il mio cuore e di riprendere quel dannato cammino, ma ecco che mi sale una grande voglia di fermarlo, di impedirgli di seguire la mia palese minaccia.
 
Sono diventata inspiegabilmente l’artefice e la cura dei miei mali, e lui è diventato il male e il bene per me.
 
Se mi amasse, se non fosse il Principe Vegeta, riuscirebbe sicuramente a comprendere la mia titubanza, la mia immensa voglia di sentirmi stringere tra le sue braccia e sentire sussurrato nell’orecchio ‘non me ne vado, perché, anche se mi cacci, io ritorno altre mille volte da voi’. Sto sognando ad occhi aperti e stavolta è un sogno bellissimo che vorrei davvero si realizzasse.
 
Ho una terribile fitta al cuore e, essendo in prossimità della porta, mi appoggio allo stipite.
 
<< Bulma >>
 
Mi chiama con una flebile voce ed io trattengo il fiato – percependo maggiormente il battito del mio cuore colpire il mio torace -, attendendo il suo verdetto.
 
<< Sono tornato per restare >>
 
Credo di aver capito male. Resta??
 
Non so descrivere la pace che provo in questo momento, la rabbia si è sciolta, ma, nonostante ciò, non riesco a voltarmi e gioire insieme a lui per questa notizia.
 
Ma ovvio, che stupida che sono, sono una scienziata e ho una spiegazione per tutto e quindi anche a quello che il mio fisico sta percependo e provando: le gambe sotto il controllo della testa si rifiutano razionalmente di andare incontro a lui e perdonarlo, mentre il cuore, il mio povero e ingenuo cuore, non conosce il significato dell’odio e del rancore in questo momento e tutto ciò che vuole è amare come non ha mai fatto in tutta la sua vita.
 
 
Continua…
 
 
 
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao a tutti!
 
Devo dirvi necessariamente alcune cose 😊

Io devo ringraziare immensamente tutti coloro che mi seguono, che hanno inserito la mia storia tra le ricordate e preferite, perché siete davvero tantissimi *.* non credevo davvero che questa storia potesse piacere così tanto, anche perché ho decisamente imboccato un’altra via rispetto all’originale inizio della loro storia. Vi ringrazio davvero immensamente per aver apprezzato questa mia piccola trasgressione <3
 
Non posso non fare un ringraziamento più che speciale a colei che mi segue in ogni storia con tanta costanza e mi incoraggia a continuare a scrivere!
Longriffiths sto parlando proprio di te <3 e credo sia doveroso, oltre che un piacere, consigliarvi di fare un giro sulla sua pagina, perché le sue storie e idee meritano davvero un riconoscimento e un’attenzione speciale!!
 
Mi scuso per il ritardo del capitolo, ma sono davvero sommersa da mille impegni, comunque prometto che non la lascerò incompleta 😊
 
Questo angolino era davvero d’obbligo, perché anche solo sapere che mi seguite mi incoraggia tantissimo! 😊
 
Al prossimo capitolo (spero presto)!
 
Baci
-Vale

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Capitolo 14
*** Incontro dal futuro ***


Incontro dal futuro
 
Possibile che oggi abbia avuto una sensazione così strana?
 
Uno sconosciuto dal futuro ci ha portato la notizia di un’imminente minaccia. Secondo quel giovane tra tre anni esatti la Terra sarà di nuovo sotto attacco.
 
Questa notizia non può che aumentare la mia angoscia. Come potrebbe una madre mantenere una certa dose di serenità con la prospettiva di un simile futuro?
 
E in tutto questo, in tutta questa inquietudine, non ho nemmeno la possibilità di condividere i mie fondati timori con il padre di mio figlio. Desidererei veramente parlare con lui, cercare la forza nelle sue braccia o anche solo godere di questi - forse - ultimi momenti come se fossimo una normale famiglia.
 
Ma in noi non vi è davvero nulla di usuale. Faccio davvero fatica a perdonarlo per tutto il male che mi ha provocato, ma allo stesso tempo vorrei che mi stesse accanto, provando sinceri sentimenti nei nostri confronti. Sogno ancora come quando avevo quattro anni, ma forse è il caso che mi metta in testa che il principe azzurro non esiste e quello con cui ho avuto la brillante idea di inizare questa assurda relazione è lo spietato principe dei sayan, che, al posto del cavallo bianco, mi ha raggiunta con una navicella spaziale. Che poi la sua mente non era nemmeno io, farei meglio a definirmi incidente di percorso, io e il mio povero bambino, ancora ignaro del terribile mondo in cui sta per nascere. 
 
Con questo nuovo annuncio non ha nemmeno lontanamente pensato a noi, anzi ha intensificato gli allenamenti in quella dannata stanza gravitazionale.
 
Non mi sono mai sentita così sola. Lui c’è, lo vedo ogni giorno, ogni volta che entra nel mio raggio di azione mi batte forte il cuore come l’attimo in cui mi resi conto di amarlo, ma sono diventata invisibile per lui, ci sono solo gli allenamenti, e quella maledetta gravità che varia rapidamente come le mie emozioni nei suoi confronti, con l'unica differenza che in quella stanza le redini sono nelle sue mani, mentre sul mio cuore ha perso il controllo già da tempo. Si sfinisce lì dentro come se il tempo dovesse scadere domani, come se non fosse già sufficientemente spietato per spazzare via con un semplice soffio una qualsiasi minaccia.
 
È troppo infame questo Destino contro di me e contro questo bambino che non ha ancora nemmeno visto la luce del sole, forse addirittura più spietato dell'artefice delle nostre sofferenze. 
 
Eppure quel giovane arrivato all’improvviso dal futuro, lasciando i nostri cuori con un battito in sospeso, ha qualcosa di familiare, i suoi occhi severi, ma allo stesso tempo docili, mi ricordano tanto…ma non può essere. E se oltre ad avermi abbandonata tradendo la mia fiducia, avesse anche tradito la nostra unione? Non può essere stato vigliacco fino a questo punto.
 
Ho tentato di chiedere a Goku, lui gli ha parlato, ma il mio amico non si è voluto sbilanciare più di tanto. So che mi nasconde qualcosa e, pur di non mentirmi, preferisce evitare di proferire una qualsiasi parola. Però quella forza quando quel ragazzo ha combattuto contro di lui non la può nascondere, l’ho percepita persino io che non sono un sayan.
 
Facendo un breve calcolo, gli unici sayan attualmente in vita sono due, ma quel ragazzo a parte la forza e quell’insolito dorato colore di capelli non ha proprio nulla Goku, quindi non può che essere il figlio di…la mia mente non riesce nemmeno a focalizzare il suo nome in una circostanza simile.
 
Non ho molta scelta, l’unico che può rispondere e placare i miei dubbi è il respensabile della mia infelicità. So che da quando è tornato l’unico aspetto che condividiamo è il pensiero di nostro figlio, ammesso che a lui passi mai per la mente l’idea della creatura che cresce dentro di me. Ma a me ovviamente sì, perché, con o senza padre, lui crescerà e questo bambino avrà la certezza solo della mia presenza.
 
Lo cerco un po’ titubante, dalla discussione nel momento del mio risveglio non ci siamo più rivolti la parola e, se non ricordo male, nemmeno i nostri occhi si sono più sfiorati.
 
Mi avviò lentamente e sovrappensiero verso la Gravity Room, ma, quando provo ad entrare, mi accorgo che è inaspettatamente vuota. Ma come può essere? Passa le sue giornate dall’alba al tramonto qui dentro.
 
Il mio sguardo scivola lungo il corridoio e un curioso particolare attira la mia attenzione. L’ombra di Vegeta si delinea sulla parete grazie ad una calda luce del sole che penetra attraverso i vetri delle finestre. Mi viene spontaneo condividere i miei dubbi con l’unica presenza a farmi perennemente compagnia.
 
<< Che starà combinando tuo padre? >>
 
Lo seguo con circospezione, stando attenta a non essere vista, ma dubito che con i suoi poteri non riesca a percepire la nostra presenza dietro le spalle. Infatti, come avevo previsto, si ferma più volte perplesso e, nell’ultimo suo tentativo di prendermi in fallo, riesco a nascondermi dietro una parete prima di svoltare l’angolo, mettendomi una mano sulla bocca per non rivelare invano la mia presenza e stando in allerta per percepire nuovamente i suoi pesanti passi muoversi a contatto con il pavimento.
 
Non riesco ancora a capire quale possa essere la sua destinazione. Resto un momento a riflettere, senza comunque alcun successo, così svolto con svogliatezza l’angolo senza nemmeno essere pienamente consapevole che fosse il momento più sicuro per uscire allo scoperto e a momenti non mi scontro con lui.
 
<< Vegeta! Che spavento! Ti sembra il caso di farmi simili agguati?! >>
 
Mi porto una mano sul cuore. Mi ha spaventata sul serio la sua improvvisa comparsa.
 
<< Perché mi segui? >>
 
La sua voce è pacata, non è di certo il tono di colui che ha qualcosa da nascondere. È apatica. Ora però è davanti a me ed era quello che volevo, quindi potrei tranquillamente rivolgergli la mia domanda. Eppure mi viene ancora difficile solo pensare ad una simile eventualità.
 
<< Bulma, sto aspettando, non ho tutto il giorno >>
 
La sua voce si sta alzando e la mia mente la prende d’istinto come una provocazione.
 
<< Perché, cosa devi fare? Andare da quella? >>
 
Mi guarda perplesso, ma non capisco se la sua espressione sia dovuta al fatto che l’ho preso con le mani nel sacco oppure perché non ha la più pallida idea a cosa io mi stia riferendo.
 
Provo ad azzardare nuove considerazioni.
 
<< Ci hai abbandonato per il semplice fatto che non volevi avere tra i piedi una moglie e un figlio. È per questo che te ne sei andato? >>
 
Cerco una conferma quasi scontata. Mi sto davvero arrabbiando e con tutta la collera che ho preso in questo periodo, dubito che mio figlio abbia un carattere pacifico e tranquillo.
 
<< Non ti devo alcuna spiegazione >>
 
Sta scherzando, vero? E l'inferno che mi ha fatto vivere si è già dissolto nel vento? Davvero troppo facile! È fortunato che io non abbia armi con me in questo momento, ma lui non ha la percezione di quanto possa essere pericoloso mettersi contro una donna incinta, oppure la tipa con cui ha avuto quel ragazzo non lo era così tanto?
 
Cerco di mantenere la calma, dopotutto la sua mancanza di amore non dovrebbe più stupirmi, ma il male che mi provoca ogni volta è peggio di una coltellata in pieno petto.
 
<< Mi dispiace, Vegeta, di non essere stata degna del Principe dei Sayan. Credevo ingenuamente che l’amore avrebbe cancellato almeno le più evidenti differenze tra di noi e invece riesco sempre a sbagliarmi sul tuo conto >> sono triste, ma le lacrime si rifiutano di scendere nuovamente per lui << Dimmi solo una cosa: perché non sei andato da lei, invece che tonare da me? >>
 
<< Bulma, ma di chi diavolo stai parlando? >>
 
Se credevo che almeno stavolta sarebbe stato finalmente sincero con me, ho sbagliato di grosso.
 
<< Quel ragazzo è tuo figlio >> prova a ribattere quasi sorpreso, ma io proseguo, zittendolo << No, Vegeta, ne sono sicura, riconoscerei quello sguardo tra mille >> ma una nuova illuminazione si insinua nella mia mente, lasciando spazio ad un'ipotesi ancora più terribile della precedente, che getta ulteriore fango su di lui << Ora mi è chiaro persino come ti sei preso quella contagiosa malattia oppure semplicemente l’hai contratta altrove e non volevi contagiare la tua famiglia. Perché quella è la tua famiglia, vero? Tu avevi una moglie e non me lo hai detto?! >>
 
Non reagisce e la sua reazione può solo essere interpretata come un silenzioso assenso. Gli passo accanto senza nemmeno togliergli uno sguardo disgustato di dosso.
 
Mi volto un’ultima volta verso di lui per un’ultima battuta, forse il peggiore insulto che possa rivolgergli.
 
<< Sai, Vegeta, visto che disprezzi tanto Goku, ti interesserà sapere che lui non avrebbe mai fatto neanche un millesimo di tutto quello che hai combinato tu nella vita, figuriamo poi tradire Chichi >> non si difende neanche << Vai dalla tua famiglia e, ti do un consiglio, restaci e non comunicare loro di quanta vigliaccheria risiede nel tuo cuore >>

​Non mi dà il tempo di allontanarmi che la sua voce riempie nuovamente il vuoto tra noi. 

 
<< Non ho alcuna famiglia da nessuna parte, non ho altre donne e non ho altri figli. Ma non capisci che quel ragazzo può essere solo Trunks?! >>
 
Cosa? Quel giovane è nostro figlio?


Continua...



Spazio dell'autrice

Ciao ragazzi!

​Eccomi finalmente, scusate come sempre per il ritardo!

​Ho rindirizzato la storia sul filo logico della trama originale, più o meno ;)

​Vi ringrazio davvero per continuare a segurmi e pazientare :) <3

​Spero a presto con il prossimo capitolo :)
Baci
​-Vale

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Capitolo 15
*** Una luce nel buio ***


Una luce nel buio
 
 
Sto ancora cercando di realizzare ciò che le mie orecchie hanno appena udito.
 
Quel giovane è mio figlio?
 
È davvero paradossale riuscire ad accettare qualcosa di simile. Trunks non respira ancora ossigeno in autonomia, che già è passato davanti ai miei occhi in carne ed ossa.
 
No, un attimo.

E se fosse un suo ennesimo sporco trucco per confondermi, per non passare per l’uomo infedele quale è.
 
Non riesco a non guardarlo con diffidenza. È ancora davanti a me e mi guarda con occhi speranzosi. Non credo sia consapevole del luccichio che riconosco nelle sue pupille in questo momento.
 
Distolgo lo sguardo interrompendo quel contatto ipnotico, altamente dannoso alla salute fisica e mentale.
 
Mi porto d’istinto le mani sul ventre come a chiedere a quel bambino una conferma alle parole di suo padre.
 
<< Senti, se non mi credi, puoi benissimo chiederlo al tuo amichetto, visto che lui gli ha parlato >>

​Mi volto di scatto alla sua provocazione.
 
<< Oh puoi giurarci che gli chiederò una conferma >>
 
No, non lo farò, perché dagli occhi di Vegeta capisco che lo crede sul serio, pensa davvero che quel ragazzo sia nostro figlio.

​Abbasso i toni, di cui si era colorita la nostra conversazione.
 
<< Vegeta? >>
 
È scosso. È emozionato?
 
Tento di sfiorargli una mano, ma lui la ritira.
 
<< Che vuoi? >>
 
Provo ad ignorare il suo atteggiamento strafottente e mantengo un tono pacato, quasi di supplica.
 
<< Nostro figlio è venuto dal futuro per chiederci aiuto, perché è in pericolo. Ho davvero paura possa accadere qualcosa a Trunks. In ogni dimensione temporale possibile >>
 
Mi guarda spaesato e sicuramente le mie nuove lacrime non lo aiutano a ritrovare fermezza e lucidità.
 
Non riesco a reggere questo nuovo pensiero, questa preoccupazione inimmaginabile, e mi butto inconsapevolmente tra le sue braccia, perdendo il controllo di ogni singola parte del mio corpo, ogni muscolo mi attrae a lui.
 
Lo stringo a me dopo tanto tempo, sento il suo calore e mi stupisco nel sentire battere il suo cuore contro il mio petto. Sorriso all’idea che la mia vicinanza gli provochi ancora una simile emozione.
 
Gli sussurro contro il collo.
 
<< Ho paura, Vegeta. Ti prego, stringimi >>
 
È una richiesta così semplice, non richiede alcuno sforzo, ma solo l’istinto, un’attrazione dettata dall’amore.
 
Non sento ancora le sue braccia a contatto con me. Eppure io lo stringo più forte e piango anche per il suo tacito rifiuto. Le lacrime amare per la minaccia che incombe su mio figlio si mischiano drammaticamente a quelle che mi ha appena provocato lui, confondendosi. Non voglio più che l’Amore mi sfugga di mano. Lui non si rende ancora conto che per me è quell’Amore.
 
<< V-Vegeta >>
 
Un ultimo disperato tentativo di convincerlo.
 
Mi allontano all’improvviso, ma non faccio in tempo a scostarmi di un centimetro da lui, che sento premere una forte mano sulla mia schiena.
 
Mi lascia esterrefatta questo repentino gesto. Nonostante la stretta sia delicata, mi mozza il fiato.
 
Perché percepisco questo contatto come un’elemosina?
 
Scosto lentamente la sua mano dalla mia schiena e lo guardo negli occhi rassegnata.
 
<< Non ti sforzare, l’amore non lo puoi imporre. Se tu non senti il bisogno di abbracciarmi, non è colpa tua >>
 
Che triste verità. Devo aver sognato la luce nei suoi occhi, è stato il mio cuore a vederla, la mia speranza ha pensato di realizzare quel mio piccolo grande desiderio.
 
Mi guarda in cerca di una risposta, ma è davvero titubante, è chiaro che ha paura di impiegare le parole sbagliate.
 
<< Io non sono in grado di amare. Non so come si faccia >>
 
Gli rivolgo un sorriso dispiaciuto. La sua voce è apatica, nettamente in contrasto con ciò che ha appena proferito.
 
<< Invece lo sai, Vegeta, tutti siamo in grado di amare, se lo vogliamo. Il tuo cuore chiede di amare e non ha bisogno di insegnamenti, ne è semplicemente capace, devi solo ascoltarlo di più >> gli poso una mano sul petto all’altezza di quel muscolo che lui tanto rinnega << Sai, sono una scienziata, ma non sono esperta di alieni, eppure sono certa che non ci siano così tante differenze tra me e te. E sai qual è la prova di questo? Trunks >>
 
Lo guardo negli occhi, ma abbasso subito dopo lo sguardo da lui, senza però cessare quel contatto contro il suo cuore. Magari fosse un contatto più profondo, magari sapessi imprimermi dentro quel muscolo per sempre, lo potessi marchiare con il pensiero mio e di nostro figlio, così quando gli verrà la brillante idea di andarsene si fermerà e penserà a quello che sta lasciando alle sue spalle.
 
Mi prende il mento con due dita e lo alza, costringendomi a tornare con gli occhi su di lui.
 
<< Ti amo, Vegeta. Amo te e il nostro bambino e vorrei così tanto che fosse andata diversamente, che fossi rimasto, che mi fossi rimasto accanto quando avevo bisogno di te. Dovrei odiarti con tutta me stessa per il dolore che ho dovuto sopportare a causa tua, eppure l’amore è più forte. Tu sei più forte di me, mi costa ammetterlo, ma lo sei e non parlo solo di forza fisica, sei emotivamente più forte. Riesci a nascondere l’amore, a reprimerlo, a non mostrarlo >>
 
<< Sono un sayan >>

​Mi risponde scontato, logico e distaccato.

 
<< Già, dimenticavo che tu sei programmato per distruggere. Ma, da esperta, ti posso dire che anche i migliori programmi possono avere qualche fallo nel sistema. Cercalo, Vegeta, cerca quel difetto dell’odio e ama. Ti prego, amami. Amaci >>
 
Si allontana all’improvviso quasi spaventato dai miei discorsi. Ha paura di essere debole, eppure io non ho indugiato a mandare al diavolo la mia forza per lui.
 
<< Aiuteremo Trunks >>
 
Cambia argomento, dando per scontato che quelle due parole possa essere sufficienti per rasserenare il macigno che sento pendere sulla mia testa.

Sta per andarsene e la destinazione non può che essere la stessa di poco fa.
 
<< Dove vai? >>
 
<< Fuori, ho bisogno di un po’ d’aria >>
 
Sta scendendo l’imbrunire, quindi immagino che qualche stella possa già intravedersi lassù in cielo.
 
Gli prendo delicatamente una mano per paura di un suo rifiuto e blocco i suoi passi. Lui segue con attenzione quel mio gesto, ma non si ritrae.
 
Lo guido dalla parte opposta ed insieme a lui mi avvio verso l’ascensore. Vegeta non si ribella e mi segue perplesso. Non mi dice nulla. Si fida e basta, sa che non potrei mai fare qualcosa contro di lui.
 
Saliamo fino all’ultimo piano. La terrazza panoramica. Adoro questo posto. Ogni volta che da bambina qualcosa turbava il mio innocente animo, mi rintanavo quassù e non volevo vedere altro se non il cielo illuminato.
 
È un posto speciale per me, nessuno aveva mai messo piede qui oltre a me fino ad ora.
 
Crescendo sono riuscita a convincere mio padre a costruirmi un cannocchiale per essere in grado di vagliare l’arco celeste ancora più nel profondo.
 
Ho sempre avuto un’attrazione per tutto ciò che oltrepassava la fisica a me vicina, qualcosa che andava oltre ciò che materialmente mi circondava. L’infinito mi ha sempre affascinata. Immaginare i miliardi di corpi celesti che ci dominano dall’alto mi elettrizza, mi rincuora sapere che non tutto sia conoscibile, che tutto è ancora da scoprire, che la scienza non ha finito di stupirci.
 
Ed ecco che si spiega quell’intrigante passione per tutto ciò che trascende il terreno, per tutto ciò che non trovi banalmente sotto casa, per tutto ciò che è misterioso.
 
Ed ecco che si spiega il mio amore per Vegeta.
 
Lui racchiude tutto ciò che sfugge alla mia razionale spiegazione. Lui viene da quel cielo tanto amato, è un segno palpabile della mia passione per l’ignoto e l’infinito. È un segno della mia debolezza, della mia ignoranza in certe cose, ma anche del fascino che tutto questo suscita in me.  

​Da quando Vegeta mi ha abbadonata non sono riuscita a mettere un solo piede quassù. Tutto mi ricordava lui, ed anche se mi sarei potuta sentire più vicina a lui in questa posizione, mi sentivo troppo ferita per sostenere quella vicinanza e quel contatto.
 
Non c’è una sola nuvola in cielo. Le stelle brillano come non mai in quel cielo sereno.
 
Ogni volta la stessa sensazione: pura emozione quando i miei occhi entrano in contatto con l’oblio del manto celeste dopo il tramonto. È  la stessa profonda emozione che mi provoca l’uomo accanto a me, l’eccitazione dell’avventura, lo scoprire ogni volta un dettaglio e un aspetto nuovo, vagliare attentamente tutto ciò che ne comporta e che rende tale l’ignoto.
 
Mi volto verso Vegeta, cerco di captare la sua reazione e una domanda mi sorge spontanea quando noto il suo sguardo perso in quel vuoto.
 
<< Ti manca il tuo pianeta? >>
 
Mi guarda con malinconia ed afferro al volo la sua implicita risposta.
 
Ma quel cielo, preso per tutta la sua espansione, non è solo il luogo della sua infanzia, è anche più terribilmente il campo delle numerose battaglie che lui ha dovuto combattere, dove spesso e volentieri, anzi sempre, era dalla parte del torto.
 
<< Rientriamo >>
 
La sua profonda voce spezza prepotentemente i miei pensieri.
 
Noto con la coda dell’occhio che si sta voltando per tornare dentro.
 
<< Io resto ancora un po’ >>
 
Sento la porta chiudersi alle mie spalle senza alcuna esitazione.
 
Mi siedo prudentemente a terra, senza distogliere gli occhi dalle stelle. Resto qui in silenzio e da sola.
 
L’unico modo che ho per sentirlo accanto a me, senza il timore di un suo rifiuto.
 
 
 
Continua…
 
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao ragazzi!
 
Ci sono, perdonatemi :(
 
Grazie davvero infinitamente di cuore a tutti per continuare con pazienza a seguirmi, nonostante il mio costante ritardo <3
 
Alla prossima :)
Baci
-Vale

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Capitolo 16
*** Un passato incancellabile ***


Un passato incancellabile
 
 
Se qualcuno, in questo preciso istante, mi chiedesse perché sto facendo una cosa simile per Vegeta, gli risponderei semplicemente che lui non ha visto nei suoi occhi ciò che è stato concesso a me di vedere in poche impercettibili frazioni di secondo.
 
Accantoniamo per un istante il fatto che sia stato un bastardo traditore, che mi ha voltato le spalle, abbandonandomi sola con un bambino che non è nemmeno ancora venuto al mondo. Voi direte: ed oltre questo cosa resta? Potrei anche darvi ragione, se non fosse per quella flebile scintilla di nostalgia che ho letto qualche giorno fa nelle sue profonde iridi. Mi sono stupita persino io, non sapevo neppure che sapesse provare simili sentimenti, invece appena ho accennato al pianeta natale una miriade di ricordi si sono prepotentemente arrogati il diritto di tornare alla sua mente.
 
È completamente inutile che si sforzi a nascondermelo, in quel momento sono riuscita a leggere nel suo cuore come non ero mai stata in grado prima.
 
Dopo questa premessa, mi sono diligente fiondata alla ricerca di qualche informazione circa quel pianeta e la razza sayan. So che quando Vegeta era malato ed ero alla disperata ricerca di una cura, la mia determinazione non aveva sortito grandi effetti, ma forse non avevo messo in campo le giuste carte.
 
Ho riportato alla luce il vecchio telescopio che mio padre mi regalò da bambina. Non lo vedevo da parecchi anni, almeno da quando non diventò uno strumento troppo obsoleto per studiare l’arco celeste e lo sostituii con qualche mezzo più sofisticato e all’avanguardia.
 
Ora ho sufficienti conoscenze per modificarne la struttura e la funzione. Trasformo il mio laboratorio in una sala operatoria, sia per quello che sto per fare, sia per la cura che impiegherò in ogni mia azione.
 
Poso il telescopio a terra, con non poche fatiche date le dimensioni, ed inizio a studiarlo più da vicino, scoprendo e prestando attenzione a parti che, ora con un occhio più esperto, riesco a notare più nello specifico.
 
Non mi pare un’impresa così difficile, dopotutto devo semplicemente modificare la prospettiva focale dello specchio primario, inserendo accuratamente un filtro tra esso e lo specchio secondario. Nulla di complesso, dato che ho già l’idea e devo solo metterla in pratica.
 
Se Vegeta ha ragione e quel ragazzo è il nostro Trunks venuto dal futuro, significa che, essendo l’unica scienziata potenzialmente in grado di creare simili tecnologie, devo essere stata io a costruire una navicella spaziale che potesse consentirgli di viaggiare nel tempo. E così, dopo giorni che non faccio altro che studiare come possa realmente essere possibile un ritorno ad anni passati, sono riuscita a realizzare - non so ancora spiegare come - un sottilissimo filtro con poteri ed effetti ancora da scoprire.
 
Con mano tremante smonto il telescopio, che in tempi trascorsi mio padre costruì amorevolmente per me e, con una nota dolente al cuore, aggiungo quell'estraneo dettaglio, con la speranza di essere riuscita nel mio arduo intento.
 
Probabilmente ora quello che vedrò non sarà più la verità nuda e cruda, non saranno le stelle che ogni notte splendono sopra la mia testa, ma corpi celesti di un passato lontano da me, che forse non mi è nemmeno concesso scoprire. Ho violato le leggi del tempo solo per tentare di scorgere un sorriso - forse è un po’ esagerato - sul volto dell’uomo che amo.
 
Ora che è tutto pronto, non mi resta che recuperare e rinvenire Vegeta da quella tomba che ormai è diventata a Gravity Room. Sta mantenendo la parola per aiutare quel ragazzo, ma tanto che sforzo fa ad allenarsi, sono certa che butterebbe ugualmente anima e corpo in quegli esercizi, ignorandoci come al suo solito.
 
Mi avvio un po’ tremante verso quella stanza, dopo aver posizionato il telescopio, senza ancora appurare che il mio esperimento sia riuscito, voglio che sia il primo a vivere quell’emozione, perché tanto se ho fatto un buco nell’acqua non ho altre soluzioni per non ritenere fallito il mio piano.
 
Indugio ad entrare, benché la porta sia semplicemente socchiusa, temo che la gravità sia ad un livello inimmaginabile, invece mi stupisco a constatare che Vegeta si stia allenando senza alcun tipo di alterazione o pressione, semplicemente sta sferrando calci e pugni all’aria. Questa scena non mi è nuova, ricordo di averlo trovato esattamente impegnato in questo genere di esercizi quando gli comunicai della gravidanza. Uno strano déjà-vu si fa largo nella mia mente.
 
Stavolta però non lo chiamo, ogni parola sarebbe inutile, voglio che sia una sorpresa, piacevole possibilmente, anche se paradossalmente, a dispetto di quello che ho appena creato, non sono in grado di prevedere la sua reazione.
 
Mi avvicino lentamente a lui, ma continua ignorandomi - anche se so che percepisce la mia presenza -, fino a che non mi ritrovo esattamente davanti ai suoi occhi. Mi scruta con il fiato corto, ha deviato un pugno all’ultimo momento per non rischiare di colpire la mia pancia. Sorrido davanti a quell’inaspettata premura e afferro con tenerezza quel pugno immortalato nell’atto di ferire.
 
Lo guido silenziosamente, arretrando verso la porta. Mi segue sempre più perplesso, senza accennare a distendere quella mano ed io non accenno a scollare lo sguardo da lui.
 
Gli poso inaspettatamente una mano sugli occhi e Vegeta si irrigidisce ulteriormente a quel contatto. Nonostante la sua reazione, continua a restare al mio gioco, infatti, quando ritirò il palmo dal suo volto, dopo pochi istanti, mi accorgo che le sue palpebre sono serrate.
 
Sorrido nuovamente compiaciuta e lo attiro verso di me, continuando ad arretrare. Conosco questi corridoi meglio dei miei pensieri, quindi non è importante che lui in questo momento non possa vedere i passi che sta compiendo ed io gli ostacoli che incontriamo sulla nostra strada.
 
Interessante situazione, rispecchia per caso la nostra vita insieme? Spero di sì, perché, se lui non vede, significa che non si rende nemmeno conto del male che mi fa compiendo determinate scelte.
 
Impieghiamo qualche minuto ad arrivare nel grande giardino della Capsule Corporation. Lo posiziono esattamente difronte al telescopio e prima di mollare la presa su di lui, gli stringo delicatamente quel pugno, contrastando quella freddezza che non lo ha ancora abbandonato.
 
<< Ok, Vegeta, ora puoi aprire gli occhi e guardare dentro la lente che si trova davanti a te >>
 
Ascolta le mie parole e per prima cosa si guarda intorno spaesato, cercando di capire dove si trovi e per quale ragione l’abbia portato qui. Posa, dopo qualche secondo, lo sguardo sul telescopio, cerca il piano focale e vi posa l’occhio con qualche riluttanza.
 
Attendo un paio di minuti, ma quando noto che non reagisce, mi preoccupo e chiedo spiegazioni.
 
<< C-cosa vedi? >>
 
A quella domanda alza il volto al cielo, palesemente scosso e poco dopo mi rivolge un’espressione perplessa e…spaventata?
 
<< Vegeta, hai visto il tuo >>
 
<< Pianeta >>
 
Continua a fissarmi con quello sguardo perso, raro sul suo volto, ma completamente indecifrabile. Possibile che non abbia gradito? Sono riuscita a falsificare la prospettiva della volta celeste, riportandola indietro di anni, pur di consentirgli di rivedere il luogo dove è nato. Non posso essermi sbagliata, prova nostalgia per quel posto, è casa sua, ma forse ho solo peggiorato la situazione, dato che il poterlo rivedere così da lontano non può che aumentare quel senso di dolore che porta nel cuore.
 
<< Vegeta, ho sbagliato? >>
 
Sussurro quella domanda, con la convinzione di aver davvero commesso un grande errore, senza nemmeno badare alle reali conseguenze. Probabilmente avrei reagito allo stesso modo fossi stata in lui.
 
<< Non so come tu abbia fatto, Bulma >>
 
Non gli rispondo e mi avvicino, convinta di aver suscitato in lui emozioni, che, come al solito, preferisce tenere per sé, piuttosto che condividerle con me. Abbasso gli occhi all’altezza della lente, cercando quel pianeta e non mi è nemmeno difficile riconoscerlo: una grande sfera rosso fuoco, a me sconosciuta, colpisce e cattura la mia attenzione, ipnotizzandomi come un corpo celeste non aveva mai fatto.
 
Dopo poco l’immagine si fa sfocata, tento di rimetterla disperatamente a fuoco, ma mi accorgo tardi di aver velato lo schermo con una incontrollabile lacrima, che mi impedisce di continuare a vedere quell’antico spettacolo troppo presto scomparso da quell’immenso Universo.
 
Mi volto verso di lui e lo trovo immobile, a braccia conserte, intento ad osservare il cielo.
 
Asciugo quel mio illogico sfogo. È davvero paradossale che pianga per qualcosa che non fa nemmeno parte della mia storia e dei miei ricordi. Credo sia colpa del fatto che sono una scienziata e la scomparsa di un simile prezioso bene naturale mi tocca il cuore. Ma sto mentendo in parte a me stessa, se penso che il carattere di Vegeta possa essersi formato per colpa di quell’eclissi. Quell’evento è rimasto nel suo inconscio, un trauma che lo ha ferito interiormente senza che lui probabilmente potesse rielaborarlo nel modo corretto e quelle lacrime mancate mi danno la prova di questo.
 
<< Vegeta, scusa, non volevo ferirti. Mi sto rendendo conto solo ora di aver sbagliato a mostrarti qualcosa di così irraggiungibile, qualcosa che resterà per sempre un ricordo. E spesso ricordare fa ancora più male dell’evento stesso >>
 
Si volta inaspettatamente verso la porta e mi rivolge un’ultima battuta prima di scomparire alla mia vista.
 
<< Sto bene. Ciò che ero non esiste più. E questo non è necessariamente un male >>
 
Sì, ho decisamente sbagliato e devo rimediare. Se sono riuscita nel futuro a costruire quella navicella, credo di poter avere buone possibilità di riuscita anche nel presente.
 
 
Continua…

 
 
 
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao ragazzi!
 
Sono in ritardo come al mio solito, ma stavolta ho una scusa in più, mi sono dovuta brevemente documentare sui telescopi XD Non potevo descrivere una Bulma inesperta, giusto? Ho aggiunto proprio due cosine che non conoscevo ;) 
 
Forse sto riprendo la tangente con questo capitolo, ma mi piaceva fare un affondo su Vegeta e su ciò che lo ha trasformato in ciò che è, specie in questo punto della sua vita.
 
Grazie come sempre di cuore per seguire questa mia follia e spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento :)
 
Alla prossima :)
Baci
-Vale

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Capitolo 17
*** Perdonami il male che non ho fatto ***


Perdonami il male che non ho fatto
 
 
L’ho commosso, scosso. Ma che gli ho fatto? Non lo so, noto solo che il suo viso si sta trasformando, la bestia sta diventando il principe che sarebbe sempre dovuto essere. Ogni suo sguardo devia a fatica i miei occhi e tutto questo accade così naturalmente che mi stupisco ogni volta maggiormente. In quei pochi istanti queste familiari pareti si colorano di un’atmosfera magica. Romantica? Sì, lo è, un romanticismo strano tra di noi, perché non vi era mai stato spazio per questo genere di attenzioni, solo una travolgente passione ci ha sempre coinvolto nei nostri momenti più intimi, anche se col tempo sempre più rari. Ora invece è totalmente diverso, leggo tanto sentimento, che lui ovviamente cerca di reprimere, ma a me non può nasconderlo. Solo il mio sguardo può andare oltre quei formalismi, totalmente inappropriati, che sfoggia a chiunque indistintamente. Non so un accidente dei sayan, eppure ho imparato di loro solo con l'esperienza forse l’aspetto più importante: amano esattamente come noi umani, loro amano e odiano allo stesso modo in cui lo fa ogni essere umano sulla faccia della Terra. È vero, Vegeta spesso e volentieri sembra un essere spietato e senza cuore, ma dopotutto ne è pieno il mondo di gente con queste caratteristiche e non vi sono forse stati assassini che si sono pentiti del male che hanno fatto? Sayan o no, i geni del sentimento li abbiamo tutti ed è lo stesso DNA che ha ereditato nostro figlio, a noi sta il compito di potenziare gli uni piuttosto che gli altri, un impegno che incombe su ogni madre e su ogni padre. O forse sono sola in questo dovere, senza alcuna collaborazione al mio fianco?
 
So che ormai la spietata bestia che è in lui non esiste più, credo finalmente di aver incrinato e oltrepassato quella corazza. Il mio principe, l’unico che mi abbia sempre fatto visita nei sogni - e negli incubi dettati da un’instabile assenza - da quando è entrato nella mia vita, lo sento accanto, vicino al cuore. Non si prende il disturbo di alcun dolce gesto, ma chi se ne importa, io desidero essere amata nel profondo, non me ne faccio niente di smielate dimostrazioni d’amore, voglio solo essere l’unica per lui, bramo ardentemente diventare la sola persona da cui tornerà sempre indipendente dal destino che ci attende, anche fosse la morte, sento che qualcosa di invisibile, ma immensamente potente, ci unisce. O forse una creatura che è talmente reale, talmente viva, così parte di me, che faccio ancora una certa fatica a realizzare di aver dato origine ad una nuova vita insieme a lui.
 
A dispetto del mistero che lo avvolge e della sua morale confusione, io so perfettamente cosa lui mi ha provocato, mi ha sconvolta, mi ha ribaltato l’anima, mi ha concesso di scoprire l’Amore più sincero, perché io non riesco più a disgiungere quel sentimento dalla sua persona. È e sarà sempre parte integrante del mio cuore, proprio come nostro figlio lo è di me in questi mesi.
 
Il motivo di tanto sconvolgimento non è affatto attribuibile agli ormoni, il nostro piccolo Trunks è solo la prova tangibile di questo indissolubile legame.
 
Eppure il mio cuore continua a rivolgersi silenziosamente a lui, macchiato dal peccato più antico del mondo. Ho colpa di amarti? Sono davvero colpevole di aver donato a mio figlio un padre così instabile e poco affidabile? No, Vegeta, perdonami, ma io non ho alcuna colpa. Scusami mio piccolo angelo che cresci ogni giorno di più dentro di me, ti è stata donata la vita da un amore più grande di me, di Vegeta, di tutto l’Universo, non me ne pento tesoro mio, desidero solo che tu sia felice ed è la mia unica missione nella vita, consentirti di avere accanto due genitori che ti amino più di loro stessi.
 
Ma, nonostante questa scossa ricevuta dal mio cuore, resto sempre io, la solita temeraria Bulma Brief che non si arrenderebbe nemmeno davanti alla più chiara evidenza, figuriamoci al cospetto di una flebile fiammella di speranza. Non mi vuole parlare, ma credo che almeno dovrà ascoltarmi, e se non guardandomi negli occhi troverò il modo di far valere le mie ragioni.
 
Voglio davvero che Vegeta abbia la possibilità di rivedere suo padre, di dare il colpo di grazia - un attacco più che salutare e positivo - al suo vecchio Io, che gli impedisce di essere pienamente felice e soddisfatto della sua attuale vita e nuova famiglia, perché ora siamo noi la sua famiglia e voglio che lui lo sappia. Forse deve solo fare pace con il suo passato ed è esattamente ciò che voglio rendere possibile.
 
Faccio uno stacco, distogliendo per un momento l’attenzione dai miei progetti di realizzazione di una macchina del tempo per viaggiare nel passato e su un pianeta a noi lontano ed attualmente estinto. Prendo l’asta del microfono che mi collega direttamente alla Gravity Room - non sono così sicura che sappia leggere una lettera scritta di mio pugno - se svia i miei occhi, la mia voce non la ignorerà. Tengo il dispositivo elettronico un momento tra le mani leggermente tremanti e rifletto, ma stavolta dovrò mettere da parte la mia folle mania di controllo su ogni minima cosa, non mi preparerò alcun discorso, mi farò guidare dall’istinto e dal cuore.
 
Premo il pulsante di accensione e attendo un momento, giusto il tempo di deglutire e trovare la giusta dose di coraggio per spaccarmi il petto in due e trovare le parole dal profondo della mia anima. Spero che Trunks mi aiuti, mi guidi e suggerisca il modo migliore per tentare di non perdere quell’uomo così importante per entrambi.
 
 Vegeta. So che sei lì e mi stai ascoltando, quindi smetti ciò che stai facendo e prestami attenzione 
 
Prendo un respiro, non è davvero una buona idea riempire questo mio tentativo di cercare un dialogo di lacrime amare.
 
 Perdonami, non ci sono riuscita. Non sono stata in grado di resistere ad un amore così devastante, quando invece avrei semplicemente dovuto ignorarlo e proseguire la mia vita come se niente fosse, come se alcun alieno fosse passato tra queste mura a sconvolgermi l’esistenza 
 
I miei propositi di resistere a dar sfogo alle mie frustrazioni vengono presto disattesi. Fisso lo schermo spento davanti ai miei occhi, osservo il mio riflesso, vedo scorrere scie salmastre lungo le mie guance, chiudo gli occhi e abbasso leggermente lo sguardo, discostandomi di qualche centimetro dall’audiocomunicatore. Non è davanti a me, ma mi percepisco comunque vulnerabile, nonostante non abbia il suo sguardo giudicante e irriverente puntato addosso. Posso immaginare cosa stia pensando, anche se dalla sua bocca non scappa nemmeno un accenno né di assenso né di dissenso.
 
Rialzo il volto su quello schermo, riavvicinandomi al microfono.
 
 Perdonami, Vegeta, pensavo di essere più forte, ma a quanto pare nessuno può vincere sull’Amore, nemmeno tu - per quanto ti sforzi di nasconderlo - sei riuscito a non peccare, a non creare uno squarcio nel tuo orgoglio, a non mostrare le tue più intime debolezze. Chiedo perdono a te, ma ancora di più al nostro piccolo Trunks, lui non ha chiesto di venire al mondo, sono stata io con il mio egoismo, con la mia folle debolezza, a consentire che gli concedessimo la vita. Sono davvero certa che sarebbe più sereno con altri genitori, in un'altra famiglia. Ma, Vegeta, se non fossi tu il padre, nostro figlio non sarebbe ciò che è, il mio, il nostro piccolo mezzosayan scalcia dentro di me con tanta energia e immagino che sia forte, o lo diventerà, almeno tanto quanto te. Mi infonde speranza in un futuro migliore. In un futuro con te.
Vi chiedo perdono, anche se so che amare non è una colpa, ma solo un’imprevista via che ti apre il Destino e non puoi per alcuna ragione rifiutarti di imboccarla. Ciò che mi avrebbe riservato quello stesso Fato non lo avrei mai immaginato, ma, Vegeta, se non fosse stato così, io non avrei mai provato nulla di simile in tutta la mia vita. Non ti rendi nemmeno conto del regalo che mi hai fatto con la tua presenza, di ciò che hai acceso in me 

 
Piango come una stupida, in solitudine, in questa stanza illuminata da una fioca lampada puntata sulle mie mani, dove reggo l’asta, l’unico appiglio alla mia anima, che sta cedendo, proprio come il cuore. Ho la strana impressione di un interrogatorio, non gli sto mentendo, ho davvero l’insolita sensazione di essere la carnefice che ha creato tutto questo. Cerco di camuffare i singhiozzi del pianto, ma credo che a lui non stiano sfuggendo.
 
Non ha ancora distrutto l’altoparlante e percepisco anche che non si stia allenando. Sta davvero seguendo il mio discorso? Sento solo un flebile respiro dall’altra parte, quindi significa che non se ne è nemmeno andato per non essere costretto ad udire le mie parole.
 
 V-vegeta 
 
Sussurro il suo nome quasi con poca convinzione, a fatica, con voce rotta dalla commozione e dalla fatica di proferire tutte le mie colpe e ammissioni. Lo richiamo. Invoco il suo aiuto, è l’unico che possa salvarmi dall’oblio in cui sono caduta, solo il suo sincero amore potrebbe farlo.
 
 Vegeta, io ti amo e lo farò per sempre. Volevo solo che tu lo sapessi 
 
Stacco la comunicazione, facendo scivolare lentamente il dito dall'interruttore, quando sento dei passi alle mie spalle. Un leggero scricchiolio sul lucido pavimento del mio laboratorio. Resto immobile. Lo vedo nel riflesso dello schermo, Vegeta si sta avvicinando a me. La sua nera ombra, creata dalla luce della lampada, si fa sempre più grande sulla parete bianca difronte a me, fino a bloccarsi all'improvviso. Posa le mani sulla mia sedia, sfiorandomi la schiena, già ricca di mille brividi, e la fa girare fino a che i nostri occhi non sono in piena connessione. Mi fissa come se mi vedesse per la prima volta, il suo viso è illuminato, rendendo quella molto simile ad una visione angelica. Si avvicina, appoggiando le mani sui braccioli e precludendomi così ogni via di fuga. Ma tanto chi se ne va?
 
In un attimo le sue labbra si posano sulle mie. D’impulso allungo una mano e la faccio scivolare sul suo collo, attirandolo maggiormente a me. Quella instancabile brama di tenerlo per sempre al mio fianco passa dalle parole ai fatti, cercando una sua disperata concretizzazione.
 
Ci scambiamo un sobrio bacio, maggiormente inumidito dalle mie lacrime, che ora una commossa gioia spinge fuori dai miei occhi. Un contatto carico di aspettative e desideri da entrambe le parti.
 
Sento che all’improvviso fa pressione sulla mia mano per sollevarsi e interrompere il nostro bacio. Si sta allontanando e ritirando dal quel raro e dolce contatto, lasciandomi una nuova e disperata fitta in pieno cuore. Oppongo qualche resistenza e…
 
 
…e mi sveglio.
 
No, un momento, non posso aver sognato, sento il suo dolce sapore sulle labbra ed è reale. Persino le mie guance sono immerse in una valle di lacrime.
 
Sollevo il capo e mi accorgo di essermi appisolata su quei progetti, che a differenza di poco fa, ora sono inumiditi da una sostanza naturalmente salmastra.
 
Tutto è come nel mio sogno: la luce, lo schermo, il microfono. Ma lui non c’è. Scruto ogni angolo del laboratorio, ma lui non c’è.
 
Un terribile panico che percepisci solo dopo aver fatto un incubo mi assale. Tremo per quella forte emozione causata dal quel fittizio romantico scenario. Prendo velocemente l’asta tra le mani, sperando che il contatto con il metallo possa placare quell’ansia, in memoria del sogno. Avvio l’altoparlante.
 
 Vegeta! 
 
Attendo la sua risposta, ma non arriva.
 
 Vegeta!! 
 
E solo nel mentre di quel disperato richiamo lo sguardo mi cade sull’orologio da muro, appeso appena sopra la mia scrivania. Sono le tre di notte, ecco perché non mi risponde dalla stanza gravitazionale.
 
Mi lascio cadere delusa contro lo schienale della mia sedia, in balia dei miei più intimi desideri, che in questa gelida notte sono stati proiettati vigliaccamente dalla mia mente. Sto diventando inesorabilmente la nemica di me stessa.
 
Un nuovo brivido mi fa sussultare quando la mia schiena riconosce sensorialmente il punto in cui Vegeta mi ha sfiorata per voltarmi con desiderio verso di lui. Chiudo gli occhi riassaporando quegli irreali momenti e con un sorriso penso che tutto ciò che gli ho comunicato nel sogno era solo la sacrosanta verità.
 
 
Continua…

 
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao ragazzi!
 
Un immenso ritardo, tutt’altro che illusorio come il sogno di Bulma XD
 
Sono riuscita a sorprendervi, quando vi ho annunciato che era un sogno? Spero di sì, ma mi auguro di non avervi deluso e di essere riuscita a comunicarvi le emozioni desiderate :)
 
Questo capitolo mi è stato ispirato da una delle mie tante lezioni universitarie di stampo umanistico, non riesco davvero a non farmi influenzare dai miei studi, che spesso e volentieri diventano lezioni di vita.
 
Come sempre un immenso GRAZIE di cuore a tutti coloro che mi seguono, siete sempre di più *.* <3
 
Alla prossima!
Baci
-Vale

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Capitolo 18
*** Sfida per amore ***


Sfida per amore
 
 
Non riesco a trovare pace da quel sogno, da quella meravigliosa sensazione di amore che da tempo ormai non provo sulla pelle. A volte chiudo le mie pesanti palpebre per ripescare nei meandri della mente quei momenti così evanescenti, ma anche quelli realmente vissuti, quelli che ci consentiranno tra qualche mese di diventare genitori, perché, che lui lo voglia o no, sarà padre. Infondo dovrei solo ringraziare quei suoi sporadici attimi di debolezza, perché grazie a quella sua vulnerabilità avrò sempre una parte di lui al mio fianco, indipendentemente da dove Vegeta si trovi.
 
Immersa nei miei pensieri, mi assicuro che ogni parametro della macchina del tempo sia programmato correttamente, che non ci siano difetti, ma, nonostante le mie ansie e preoccupazioni, riesco a mantenere il giusto e necessario livello di concentrazione in un momento tanto delicato.
 
Ho la vaga, no anzi, netta sensazione di stare per muovere un passo nel vuoto, un’incerta mossa che non so nemmeno lontanamente a cosa mi porterà. Ma voglio rischiare, desidero almeno tentare di sbloccare questa snervante situazione di stallo. Devo sfidare il destino perché avvenga un cambiamento, la passività non porta a nulla e nessuno meglio di me può conoscere il valore della sperimentazione e della ricerca per muovere passi avanti verso il progresso. È proprio testando qualche nuova invenzione che mi vengono a mancare importanti certezze, ma allo stesso tempo avrò risposte, avrò qualcosa di certo e nuovo, un risultato di cui spero andrò fiera. Il progresso a cui mi riferisco va ben oltre questo insieme di ingranaggi che maneggio con prudenza, è molto più profondo di qualsiasi bene materiale e ciò che metto in gioco è la mia anima.
 
Mi riconosco sempre meno, tutto ciò, questa inesorabile resa che mi ha accompagnata in questi mesi, non fa parte di me, lotterò e se il lieto fine non ci sarà, bè, non si potrà dare la colpa alla sottoscritta, non avrò alcun rimpianto, avrò combattuto mettendo in gioco le mie più intime fragilità.
 
Adoro le sfide e in questo specifico frangente qualcuno potrebbe addirittura additarmi come la peggiore delle masochiste, ma credo che questo mio lato avventuriero sia anche l’unico che unisca veramente me e Vegeta, che ci renda anche solo lontanamente simili. Ed è esattamente ciò che voglio fare, desidero provocare quel suo lato guerriero, bramo vedere da che parte intende stare, che direzione prenderà il suo cuore, a costo di perderlo per sempre. Basta incertezze, occhiate fugaci, parole desiderose e mai pronunciate, fughe da un sentimento più grande di noi, lo metterò spalle al muro e a quel punto la scelta sarà obbligata.
 
Non credo che lo odierò nemmeno se deciderà di lasciarci, forse perché un lato che amo di lui è la sicurezza, un aspetto che in questo momento fatico a ritrovare nel mio principe, ma sono certa di riuscire a riportare a galla quella sua fermezza.
 
Una piccola lacrima scorre sulla mia guancia. Nonostante le mie intenzioni e convinzioni non posso evitare di rattristarmi al solo pensiero di essere io stessa l’artefice della mia rovina, gli sto offrendo le chiavi della libertà su un piatto d’argento. Forse lo perderò per sempre, ma se questo non dovesse accadere, se lui dovesse scegliere me, sarebbe sicuramente la più grande dimostrazione d’amore che lui possa darmi.
 
La mia vista si sta inesorabilmente velando e con essa anche il piccolo monitor davanti a me sta diventando un insieme di figure indistinguibili. Chiudo per un istante gli occhi per permettere alle lacrime accumulate a livello delle iridi di sfogarsi e consentire di tornare a vedere limpidamente. Mi sfugge un sorriso a questo pensiero, davvero è sufficiente questo gesto per rendermi meno cieca davanti all’amore? Vegeta non merita nulla di tutto questo, eppure io sono qui sempre stupidamente devota a lui.
 
Mi reggo alla ringhiera per evitare di perdere l’equilibrio e cadere all’indietro dall’alta scaletta della navicella, l’ultima cosa che desidero è ferire il bambino. Controllo ogni singolo dettaglio sul computer di monitoraggio generale, affinché questo viaggio nel passato non si trasformi per Vegeta in una trappola, e per consentirgli, se vorrà​ - lo spero tanto -, di tornare.
 
Pesanti passi irrigidiscono i miei muscoli. Se penso al rischio che corro di non sentire mai più questo dolce e accogliente suono, sento già il mio cuore disintegrarsi in tante piccole e taglienti lame di cristallo. Desidero che il mio cuore torni forte e sicuro dei sentimenti che lui prova per me e questo è l’ultimo modo che conosco.
 
Ed ecco che un’insensata emozione, che non ci sarebbe mai dovuta essere e non sarebbe mai dovuta nasce dentro di me, mi gioca un tiro mancino.
 
Perdo l’equilibro.
 
Non so descrivere quanto tempo sia passato e, per la verità, non sono nemmeno così sicura che il mio cervello sappia calcolare misure di tempo extraterrestri, ma in una frazione di secondo mi sono ritrovata tra le sue braccia a mezz'aria. L’unica certezza che mi soggiunge è il mio fiato corto, ma non per lo spavento - la sensazione di impotenza è svanita quasi subito -, quanto piuttosto per questo dolce contatto, mi stringe a sé saldamente, ma allo stesso tempo con incertezza. Sento le sue grandi mani avvolgermi, percepisco un lieve tremolio all'altezza dei suoi polpastrelli, forse è l'energia che freme in lui e il pensiero di essere la causa di una simile reazione mi provoca compiacimento. Ma, nonostante il benessere che mi provoca, la percezione è ben distante dal mio sogno, non vi è alcuna ombra della sicurezza con cui ha risposto alle mie accorate parole, ma dopotutto quello era un semplice sogno, solo la proiezione dei miei più grandi desideri.
 
Lo ringrazio con gli occhi per avermi salvato e vorrei tanto chiedergli ‘e il mio cuore quando lo salvi?’, ma tengo questi pensieri per me. Non mi toglie gli occhi di dosso e rimaniamo così, sospesi, l’uno tra le braccia dell’altra in attesa di cosa? Un miracolo forse? Quello sarebbe gradito, almeno da parte mia. Ma infondo mi sento così bene in questo momento, non ho alcuna frenesia di tornare a terra, per cosa poi, ricominciare la solita triste routine che mi consente solo di viverlo per metà? Non voglio affatto tornare a vivere quel tomento, lo stringo più forte a me involontariamente, ma è un gesto volontario del cuore, non desidero rimettere i piedi a terra, voglio tornare a sognare, desidero rivivere il nostro bellissimo e personalissimo sogno. Insieme.
 
Mi scruta con apatia, non so a cosa stia pensando e neppure cosa possa provare, ma questo non mi basta più, desidero sia presente totalmente, con la testa, ma soprattutto con il cuore.
 
Spezzo quel contatto visivo, ma non prima di aver impresso quei profondi occhi nella memoria, forse per l’ultima volta. Gli premo una mano sul petto, intimandolo a riportarmi a terra, tanto tutto ciò è inevitabile. Asseconda la mia volontà - per modo di dire, non è certo ciò che desidero -, iniziando una lenta e delicata discesa, rendendo questo momento maggiormente straziante.
 
Finalmente atterriamo e scendo velocemente - per quanto la gravidanza me lo possa concedere - dalle sue braccia. Non alzo di nuovo lo sguardo su di lui per evitare di rimanere imprigionata nei sui occhi magnetici. Mi volto verso la navicella per orientare la conversazione che mi appresto ad iniziare con lui.
 
 Vegeta, la macchina del tempo è pronta. Ora se vorrai potrai rivedere il tuo pianeta e la tua famiglia 
 
Mi fissa imperterrito con apatia ed io continuo nemmeno lontanamente a cogliere i suoi pensieri. Cerco comunque di contenere la mia commozione e la paura di perderlo per sempre che sento esplodere nel petto.
 
Ma proprio nel momento in cui credevo che questa notizia non avesse minimamente sfiorato e scalfito la sua anima, vedo le sue labbra schiudersi leggermente in segno di stupore e il suo sguardo corrucciarsi per la malinconia. La sua attenzione si sposta sulla mia ultima invenzione e dopo attimi, che mi sono parsi infiniti, muove un passo verso la navicella, un movimento accompagnato ad un battito del mio cuore che se va per sempre, forse insieme a lui? Continua ad avanzare inesorabilmente oltre a me. Provo un dolore lancinante, chiudo gli occhi per contenerlo, ma tanto la sua attenzione non è riposta in me, perciò posso anche evitare di pormi certi problemi ad esternare le mie emozioni.
 
Spero almeno che mi abbia capita, gli ho detto che può rivedere la sua famiglia, non che può ritornare a seminare panico e terrore in giro per lo spazio. Ma l’una non implica forse l’altra? Cosa posso aspettarmi da un sayan di sangue puro dopotutto, cresciuto nella rabbia e nel rancore? 
Prendo coraggio e mi volto solo quando percepisco un flebile scricchiolio. Vegeta è salito sulla navicella senza fiatare, sena nemmeno riflettere, come se una calamita lo avesse attratto. Ed ecco che un altro frammento nel mio cuore è perso per sempre, forse ha già scelto e non vi è nemmeno ombra di noi in quella sua decisione.
 
Non ha ancora chiuso il portellone, indugia un momento, così colgo l’occasione e mi avvicino. Poso lentamente una mano sul metallo, esattamente dove si poserà il vetro che lo dividerà ormai a breve da me. Dovrei pentirmi amaramente di quello che sto per fare, eppure non è così, sento che è giusto, che è l’unica soluzione possibile per noi, che un giorno, forse non così tanto lontano, noi ci ritroveremo e sarà tutto diverso, migliore.
 
E poi, un gesto inaspettato, posa la sua mano sulla mia e mi fissa con gli stessi occhi con cui l’ho guardato poco fa per avermi salvato da quella rovinosa e incosciente caduta, ringraziandolo.
 
Non riesco a proferire nemmeno una singola parola, ma credo che sarebbe tutto inutile. Dopotutto a che servirebbe chiedergli di tornare, quando i miei occhi comunicano già tutto il mio amore.
 
Mantengo vivo quel contatto, ma nel frattempo inizio a chiudere lentamente il portellone. Solo quando il vetro si trova a pochi centimetri dalle nostre mani, faccio a malincuore scivolare la mia dalla sua, finchè nemmeno più un centimetro di pelle ci congiunge, e mi allontano, ma il mio sguardo continua a penetrare attraverso il vetro.
 
Lo percepisco come un addio, forse è la paura a farmi essere così pessimista, non lo so, ma nei suoi occhi leggo desideri dissonanti dai miei, io voglio vivere il nostro amore nel presente, mentre lui desidera rivivere la sua famiglia nel passato. È vero, non può esserci presente senza passato, ma ad un certo punto deve essere lasciato alle proprie spalle per poter vivere il futuro ed io spero davvero che Vegeta lo capisca con il mio sofferto aiuto.
 
Mi allontano per consentirgli la partenza, forse per rendergliela più semplice, sperando sempre che questo distacco non lo lasci totalmente indifferente e che nel suo cuore stia nascendo il desiderio di un ritorno. Continuo stupidamente a non pentirmi di avergli offerto questa opportunità, persisto in questa sfida che mi sono autoimposta. Spero di non perderla, di vincere finalmente su di lui, di fargli comprendere quanto l'amore, quello sincero, sia la forza più potente che esista nell'Universo, persino più forte di lui. Mi auguro che quella piccola parte di amore che sento essere presente in lui per noi non mi tradisca a tal punto da perderlo per sempre. Vegeta deve tornare per aiutarci a salvare il nostro Trunks.
 
Mi regala un ultimo sguardo, percepisco solo un lieve indugio nell’aria prima che la macchia del tempo scompaia  rapidamente davanti a me, non lasciando neppure un impercettibile ombra della sua presenza, come se lei e il suo passeggero non fossero mai esistiti. Invece era reale, perché una parte di lui cresce in me. Perché ho sperato che non funzionasse? Di non aver svolto correttamente qualche calcolo di progettazione per rendere vano il mio tentativo? Forse per il vuoto che, a pochi istante dalla sua partenza, ha già lasciato dentro di me, portando via con sé i pochi frammenti del mio cuore rimasti instabilmente attaccati al petto. 
 
E proprio ora che lui non è più qui con me sento il bisogno di parlargli. Buffo, adesso è tardi, Vegeta non mi sente. Niente lacrime dai miei occhi, perché bagnare il suo ricordo?
 
Alzo gli occhi al cielo e mi ripeto che mi resta il cannocchiale che ho modificato per anche solo cercare nell’immensa vastità celeste il punto in cui si trova. Ma non mi basta, io lo voglio qui in carne ed ossa, con la mente e con il cuore.
 
 Ti sfido sayan. Scegli: me o il passato. Ma torna ed amaci 
 
Nella mia voce non vi è alcuna aria di sfida, più di una supplica, una preghiera, affinché il mio sogno si avveri.
 
Non so quanto tempo ci vorrà, ma io lo aspetterò. Non so nemmeno se saremo una famiglia o meno, ma so per certo che lo amerò per sempre.
 
 
Fine.

 
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao ragazzi!
 
Dopo mesi termino questa storia. Il finale è volutamente aperto, tra alti e bassi e tra tangenti imboccate qua e là, ho voluto terminare restando più aderente alla trama originaria possibile…però si sa che alla fine Vegeta tonerà e stavolta per sempre 😉 Questo era un semplice missing moment su quel periodo della loro vita, ma non vi era l'esplicita volontà di modifica troppo la trama, solo di renderla più funzionale alla mia narrazione 😊
 
Vi ringrazio davvero di cuore per aver seguito questa mia FF nonostante tutto, per averla inserita tra le preferite e le ricordate, ma soprattutto per averla recensita, spero di non avervi deluso, ma nel caso mi scuso :3
 
Alla prossima 😊
 
Baci
-Vale

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