Hold me tight

di tenacious_deep_soul 99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1~

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Accomodata su una delle tante sedie di quell’ampia aula di musica, Lee Miyon non riusciva a smettere di pensare quanto potesse essere a dir poco rilevante lì dentro. Lo spartito posto davanti ai suoi occhi era il più difficile che le fosse mai stato assegnato, forse era proprio per questo che non azzeccava nemmeno una nota.
Mentre cercava di nascondere le evidenti stonature concentrandosi sul pezzo, non le mancò di lanciare qualche rapida occhiata furtiva intorno a sé, notando di avere mille sguardi giudicanti puntati addosso.
In mezzo alla marea di note che vagheggiava leggiadra nell’area della stanza facente le veci di una grande cassa, Miyon riuscì comunque ad intercettare un sonoro sbuffo proveniente dalla sua insegnante che, impegnata a guardarla con occhi storti, esibiva  un perfetto movimento rotatorio del polso.
Cercò di concentrarsi nuovamente su ciò che stava facendo, anche se in maniera penosa.
Il potente trillo della campanella segnò la fine della sua agonia, che cominciò a decrescere quando la restante ventina di studenti si riversò in massa fuori dall’aula.
Nemmeno si curarono di augurare una buona giornata a chi, come Miyon, una giornata l’aveva sottosopra.
Era già all’inizio del secondo quadrimestre e non aveva ancora concluso nulla. Molte volte si domandava come fosse riuscita a superare brillantemente la prova del mese scorso dato che, paragonandosi a ora, sembrava una vera e propria schiappa. Immersa ancora nelle sue più profonde riflessioni sentì come se lo sguardo della donna, rimasta sola lì con lei, le sfiorasse il capo e le mani.

-Signorina Lee- esordì quella con tono autoritario, avendo finito di cancellare le note scarabocchiate alla lavagna. Una nube di gesso indusse la donna a tossire, portandola a dimenarsi a destra e a manca per scacciare l’ammasso di pulviscolo sottile che le circondava la faccia.

-Sì, Choi sosaengnim?-.

Miyon alzò la testa di scatto, lasciando le sue domande cadere per terra insieme agli spartiti.

-Il tuo rendimento mi preoccupa fortemente, è da una settimana che non segui i ritmi del corso- sollevò il mento in alto, mostrando due paia di occhi ingigantiti dalle lenti poste a metà del ponte nasale.
Aveva ragione: in quel periodo Miyon non seguiva i ritmi in tutti i sensi.

-Mi dispiace, davvero. Sto facendo di tutto pur di recuperare, deve credermi- disse raccogliendo i fogli dal parquet.

-Sai che non me ne faccio nulla delle tue scuse, Lee. Cerca di darti una mossa, o potrai sognarti di superare il prossimo esame-

Tutto questo era pressoché demoralizzante. Le venne in mente la frase che le diceva sempre sua madre: “Fai buon viso a cattivo gioco”, e così fece. Solo fin quando lei non morì. Miyon si sforzava di rispettare il desiderio della donna ma ormai per lei era quasi impossibile soddisfarlo.
Caricatasi la tracolla di cuoio sulla spalla, si avviò verso la porta accompagnata dalla custodia nera recante all’interno il suo amato violino. Un piede si fermò al limite dell’uscita e, a seguire, il suo corpo.

-Il “Seoul Artspool Conservatory” non porta avanti gli incapaci, sarebbe meglio che lo tenessi a mente-

Rimase ferma sull’uscio a far sì che le parole le si infilassero in testa poi, indispettita, tolse la mano dallo stipite per trascinarla con sé lontano da quell’essere infame che si ritrovava come tutore. Pensandoci bene non si stupiva del fatto che la Choi avesse cambiato atteggiamento nei suoi confronti, dopo che il nuovo arrivato era entrato nelle sue grazie Miyon non contò più nulla. Tutto il sostegno che aveva ricevuto fu solo colmo di ipocrisia: chissà se ciò che diceva di lei lo pensasse sul serio, si domandava.

Giunta al corridoio sentì una scarica elettrica attraversarle la schiena.
Di certo quello non era un buon segno. In effetti, il primo individuo che si trovò davanti fu proprio colui che avrebbe voluto evitare a tutti i costi, quell’acido galletto cinico entrato a far parte del suo corso di musica classica: Min Yoongi.
Strano come questi potesse essere così apprezzato e benvoluto da tutti nonostante il suo caratteraccio. Ed era ancora più strano il fatto che avesse recuperato ogni lezione del quadrimestre precedente, essendo appena arrivato. C’erano solo due risposte alla sua domanda: poteva benissimo trattarsi di un alieno, venuto a godersi il bagliore dei riflettori terrestri, o di qualcuno abbastanza scaltro che, per poter passare con successo, avesse dato una bella mazzetta di won a chi di dovere.
Appoggiato con le braccia conserte ad una fila di armadietti, esibiva con superbia il suo sorrisetto schernevole. Miyon lo guardò con fare interrogativo, poi girò i tacchi attraversando il lungo corridoio dell’ala est dell’edificio con la tracolla stretta in mano.

-Giornata no, eh Lee?- la fermò quello prima che Miyon potesse compiere un altro passo.

-Non sono affari che ti riguardano, Min- rispose freddamente dandogli le spalle.

-Suvvia Miyon, non essere così scontrosa. Ho solo preso il tuo posto nella tribuna della Choi-

Diciamoci la verità: Min Yoongi era un perfetto stronzo. E proprio per questo Miyon non rispose alla sua provocazione. Si voltò improvvisamente verso il ragazzo, permettendo ai lunghi capelli lisci di compiere un cerchio concentrico intorno a lei.

-Voglio farti notare che non siamo in confidenza come credi tu, quindi ti pregherei di non mandare a fanculo gli onorifici- la mora posò per terra la pesante custodia nera e lo fissò in silenzio. Una sottile risatina di arguzia la colpì in piena faccia.

-Cos’hai da ridacchiare in quel modo?-

-Da quando ho messo piede al corso mi sono sempre chiesto cos’è che ti rendesse diversa dagli altri... adesso ho capito che sei abile nel cambiare argomento-  alzò un angolo della bocca, accentuando la rotondità della sua gota.

-La verità fa male, non è vero?- terminò con detestabile convinzione.

Dalle braccia tese e le spalle alte si comprendeva benissimo quanto quelle parole avessero stizzito Miyon. Senza proferire parola, che indubbiamente contro di lui sarebbe stata persino inutile, si limitò ad andarsene. Non lo salutò neppure... beh, in fondo era quello che si meritava.

-Hai scordato il violino... letteralmente!- le urlò dietro indicandole il case.

Trovava odiosamente divertente il modo in cui Yoongi aveva di prendersi gioco di lei col suo tipico fare sprezzante, rinfacciandole le molteplici figure di merda fatte al corso nell’ultimo periodo.
Tornò indietro a passi pesanti, ritrovandolo ad aspettarla con in mano la custodia lucida. Sotto l’impetuosa luce solare che attraversava le finestre del corridoio, il suo sguardo color nocciola rivelava palesemente il suo essere: pensandoci bene, chiunque non avrebbe saputo resistere a quegli occhi quasi ammalianti e, probabilmente, era proprio per questo che era diventato beniamino indiscusso della professoressa.
Di sicuro Miyon, infastidita com’era, in quel momento gliene avrebbe suonate di santa ragione. Ovviamente nel vero senso del termine. Avrebbe avuto un violino in mano quindi... perché non usarlo? Sicuramente sarebbero uscite fuori alte note di dolore, le migliori che avrebbe mai potuto sentire. Naturalmente sarebbero state apprezzate più delle sue stonature frequenti.
Lasciando quello sfogo violento alla sua fervida immaginazione, si limitò a scippare dalle luride mani di Yoongi il suo adorato strumento.
Le avrebbe mai potuto chiedere scusa dopo un’umiliazione del genere?
Figurarsi, Yoongi non era di certo quel tipo...







►Angolo autrice:
Annyeonghaseyo mie care lettrici! Siccome sono una persona molto impaziente di natura, ho deciso di pubblicare il primo capitolo della mia nuovissima fanfiction - nonostante non sia ancora terminata. Mi auguro vivamente che la trama riesca ad incuriosirvi tanto quanto il capitolo stesso!---
Sarà meglio che evapori adesso, prima che qualcuno mi picchi malamente per non averlo avvertito dell’aggiornamento (_MartyK_  ... yeodongsaengie perdonamiiii  *si prostra*)
Ovviamente, fatemi sapere che ne pensate! Bacii <3 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2~

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Fintanto che una mandria di matricole si riversava a fiumi fuori dall’edificio, Miyon rimase sola col suo cappuccio peloso a contemplare la bellezza della pioggia, in attesa che suo padre si facesse finalmente vivo.
Le sembrò strano come questi non fosse già arrivato, visto che era sempre stata una persona abbastanza puntuale.
Sarà sicuramente per via della tremenda burrasca che si era riversata su Seoul, a far imbottigliare l’uomo nel traffico.

Era già un quarto d’ora che Miyon aspettava sotto il porticato a sbarre del conservatorio, con quell’anziano custode a romperle le scatole perché doveva chiudere immediatamente il cancello. Era troppo stanco, diceva a ripetizione. Quasi come se lei non l’avesse ancora capito.
Stufa di avere il vocione roco dell’uomo attaccato con la colla ai suoi poveri neuroni già mezzi fusi di per sé, cacciò la mano nella borsa e uscì fuori dal perimetro universitario.
Pesanti goccioloni di pioggia cadevano obliqui sull’asfalto e su Miyon la quale, nonostante la presenza dell’ombrello e del cappuccio sulla testa, finì per inzupparsi tutta. Uno dei vantaggi propri dell’inverno erano le rigeneranti docce ghiacciate improvvisate.
Era come stare in un parco acquatico, ma senza il parco.
Miyon guardò l’ora mentre si dedicava alla sua dose giornaliera di imprecazioni: erano già le 18:30.
Suo padre sarebbe già dovuto passarla a prendere al ritorno da lavoro.
Ecco che brevi colpi di clacson consecutivi ridiedero speranza alla ragazza sul fatto che, anche quel giorno, avrebbe fatto ritorno a casa.

-Miyon, sono qui! Sali, forza!- urlò il padre calando il finestrino, cercando di farsi sentire il mezzo al fruscio generato dalla pioggia.

Neanche fosse un’atleta, la ragazza prese la rincorsa e superò abilmente un’enorme pozza d’acqua, giungendo alla macchina. In quel lasso di tempo a cavallo fra il salto all’interno dell’abitacolo e la chiusura dell’ombrello, Miyon riuscì a terminare in bellezza la sua adorata doccia, bagnandosi ancora di più quei pochi capelli che le uscivano da sotto al copricapo dal bordo di pelliccia.

-Felice di vederti papà- si appostò sul sedile sospirando sollevata. Tirò a sé la cintura di sicurezza e la fece passare sul petto.

-Allora, è andata bene oggi al corso?- le sue mani erano salde sul volante.

-Se con “bene” intendi “venire richiamata perché stanca e deconcentrata”, beh... sì-. Miyon parlò con nonchalance, specchiandosi sulla visiera per sistemarsi, invano, la frangetta bagnata.

L’uomo le riservò un’occhiata compassionevole. Dopo la morte della moglie il legame con entrambi i figli si era accentuato in maniera notevole. Entrambi erano l’unica cosa che gli rimanevano di lei, voleva solo il meglio per loro e vederli star male lo affliggeva.

-Tesoro... stai tranquilla, vedrai che andrà meglio. E’ solo un periodo passeggero-. Il suo forzato sorriso a mezza luna le fece quasi intendere l’opposto.

-Me lo auguro... ho bisogno di passare quell’esame- pensò ad alta voce. Il suo sguardo rivolto alla strada vagava nel nulla assoluto: le gocce di pioggia si scagliavano violente contro il vetro del finestrino, scendendo poi stanche lungo tutta la sua superficie. Chissà se Miyon in mezzo a quella tempesta avrebbe potuto finalmente vedere la luce...


***


Rientrare in quella modesta casa era per Miyon un vero e proprio piacere. Adorava essere accolta nel suo nido dal calore della stufa a gas e dal profumo di cibo proveniente dalla cucina. Inebriata da quell’odore invitante si fece trasportare dalla scia dritta alla pentola contenente il suo adorato teokpokki*.

-Su, siediti in tavola. Ti porto la cena- disse Doyun posando il cappotto sull’appendiabiti all’ingresso.

Eccitata all’idea di poter gustare dopo tanto tempo il suo amato pasticcio compatto si strofinò animatamente le mani. Quello era il piatto che le preparava sempre sua madre, era stata proprio lei a farglielo piacere talmente tanto da farlo diventare la pietanza numero uno nella sua classifica alimentare.
Il gusto rimaneva sempre lo stesso. Si chiedeva con quale strano incantesimo suo padre riuscisse a ricreare i vecchi sapori rendendoli, a volte, persino migliori.
In quell’istante la forza di gravità stava esercitando troppo potere nelle palpebre della ragazza, istigate a chiudersi da un momento all’altro.

-Va’ a riposare Miyon, ci pensiamo io e Hyonsu a sistemare stavolta-

Ebbene sì, quella fu l’unica volta che non toccò a lei sparecchiare e lavare i piatti bensì a suo fratello, che di rado faceva a mala pena qualcosa. Era il solito ragazzo dal carattere paradossale, difatti lo si poteva perfettamente definire come sveglio e mezzo addormentato allo stesso tempo.
La sua intelligenza era immane, e sprecata purtroppo: fa davvero male pensare come un ragazzo laureato col massimo dei voti in ingegneria informatica possa passare tutto il tempo a girare i pollici senza far nulla di produttivo.
L’unica cosa in cui era bravo ad usare quelle due dita opponibili era davanti ad una fottuta console.
Ma a tal proposito... che fine aveva fatto? Di solito lo trovava sempre sdraiato sul divano una volta ritornata dal conservatorio, eppure non era lì.

Abbassata la maniglia della sua stanza notò un piccolo barlume bianco opaco proveniente dall’angolo più interno. C’era da aspettarselo... beh, forse in minima parte. Hyonsu era occupato al pc della sorella, intento a giocare ad un nuovo gioco consigliatogli da alcuni amici.
Correggendoci: suo fratello usava i pollici per tutto ciò che era elettronico, non solamente per una stupida xbox.

-Hyonsu? Che ci fai in camera mia, per giunta col mio laptop?- chiese perplessa Miyon, lasciando che la tracolla per terra emettesse un tonfo mezzo sordo.

-Miyon! Ehm... mi si è rotto il fisso quindi... sto usando il tuo portatile. Mi spiace- le rispose sorridendo innocentemente, fintanto che il rumore emesso dai tasti sembrava continuare il suo discorso.

-Bene, fantastico!- sbuffò indispettita:-Adesso ti appropri anche delle mie cose-

-Avanti yeodongsaeng, non farne un dramma... si tratta solo di pochi minuti-

-Non è il fattore “tempo” a darmi fastidio, dovevi chiedermi il permesso. Anche se sono più piccola di te non significa che possa prenderti la libertà di usare la mia roba-

In quest’ultimo periodo le giornate di Miyon erano davvero variopinte, se non terminavano con un litigio si doveva subito rimediare.

-Va bene, d’accordo. Me ne sto andando, calmati adesso-

L’unica cosa insensata che non voleva sentirsi dire: come si faceva a stare calmi in situazioni del genere? Non era mai riuscita a capire il perché nessuno guardasse la situazione dalla sua prospettiva: nessuno sapeva che fosse stanca degli studi, delle umiliazioni da parte di certi individui a dir poco carini, e degli sforzi immani che era costretta a fare per recuperare le lezioni della settimana.
Ma alla fine, si sa, son cose da niente. In fondo, chi diamine pensava a lei?
Lo scricchiolio della sedia, poi i passi lenti di Hyonsu.

-Contenta adesso?- si voltò non appena quello fu col sedere fuori dalla stanza.

-Mai stata più di così-

Il movimento violento con cui chiuse la porta permise alla chiave all’interno della serratura di tuffarsi per terra, emettendo un suono metallico non appena fu atterrata. Appoggiatasi alla superficie liscia del legno si lasciò scappare uno sbuffo e il suo sguardo cadde dritto sul violino, posto sul letto.

-Meglio mettersi all’opera- annunciò avvilita. Sebbene fosse visibilmente spossata era più che decisa nel migliorarsi: voleva a tutti i costi mettere a tacere quella brutta saputella volubile della Choi.

La grande custodia nera sprigionò, alla sua apertura, un inebriante odore di legno laccato. Quello stesso profumo che Miyon continuò a sentire quando ebbe il violino posto sotto il mento. Sistematasi lo spartito sul leggio, impugnò l’archetto e lo poggiò sulle corde: stupido a dirsi, ma aveva il costante timore di dover rompere qualcuno di quei fili sottilissimi.
Lo strofinio dell’arco sulla spessa fila di funicelle generò ciò che la ragazza si aspettava: la nota era completamente sbagliata. Provò di nuovo, pensando avesse messo male le dita sul capotasto, ma niente da fare. Stonava ancora come una campana.

“Hai scordato il violino... letteralmente!” fu la frase che le riecheggiò in testa all’improvviso.

-E se...- pensò ad alta voce.

Miyon osservò attentamente i quattro piroli dello strumento. Solo in quell’istante notò che erano tutti messi alla rinfusa. Da lì capì il motivo del tremendo sguardo che le riservava con grazia la sua dolce curatrice di musica e, di conseguenza, la frase a doppio senso enunciata da Yoongi. Mise a suonare il pezzo che, alla fine, si rivelò essere più semplice di quanto sembrasse. Finalmente ebbe la prova che il terzo tentativo è sempre una riuscita.

-Hai capito il nostro Min Yoongi...-



NB*: Il teokpokki è un tipico piatto invernale preparato con tortini di riso, pesce e verdure condito con salsa piccante al peperoncino. 




►Angolo autrice:
Eeee finalmente sono di nuovo qua, un altro capitolo è stato appena rilasciato dopo aver trovato una mezz’oretta libera in un mare di impegni xD spero sia stato di vostro gradimento, ho letto e riletto più volte e penso che non debbano esserci errori. Fatemi sapere che ne pensate con una recensione, sarei felice di conoscere la vostra opinione al riguardo così da potermi migliorare!
Prima di lasciarvi premetto che non saprò quando potrò aggiornare di nuovo, essendo un po’ occupata al momento...
Detto questo, tolgo il disturbo e vi lascio alle vostre conclusioni <3
Tanti bacioni!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3~

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Quella mattina le strade erano smisuratamente sdrucciolose tanto che, se non vi si prestava la dovuta attenzione, si rischiava di finire con le chiappe per terra. E di queste esperienze Miyon ne aveva fatte fin troppe in passato, rischiando anche di incorrere a brutte conseguenze.
Come qualunque giorno era appostata contro l’inferriata della recinzione dell’università, aspettando che il solito vecchio custode schiudesse quei benedetti cancelli. Di sicuro non sarebbe stato certo un male se li avesse aperti un po’ in anticipo, dato il freddo polare che la stava consumando.
C’erano solo quattro gatti collocati in quel cortiletto, compreso il suo tanto adorato compagno di corso dalla testa nera coi riflessi blu. Uno dei tanti motivi della lista per cui Miyon avrebbe preferito starsene a casa.

Con la coda dell’occhio notava come la fissasse appoggiato al muro, cosa che giustamente le dava non poco fastidio. Varie volte le era venuto da pensare come mai proprio a lei fosse dovuta capitare una persona del genere, ne aveva avute già fin troppe attorno e liberarsene, naturalmente, non era stata una passeggiata.
Tre schiocchi metallici, poi un cigolio nei cardini.
Fu questo il segnale che le diede il via libera per entrare nell’edificio e allontanarsi, anche se solo per pochi istanti, dall’occhiata guardinga di Yoongi.

La hall era disseminata di fogli da stampante e post-it, volati sicuramente col colpo di vento fattosi presente all’apertura della barricata scolastica. Stava per mettersi a raccoglierli quando alcuni inservienti intervennero, permettendole di non fare deviazioni nel suo solito percorso mattutino.
La grande aula musicale era completamente al buio, nemmeno fosse una catacomba. Alzate a metà le serrande per far filtrare quella poca luce che passava dai fitti banchi di nuvole, si accomodò su una sedia ad ascoltare il nulla.
Sentiva solo il suo stesso respiro fino a quando non sopraggiunse anche quel rompipalle.

-Buongiorno signorina Lee, come andiamo stamane?- annunciò mentre si appostava sullo sgabello del pianoforte, vicino a Miyon.

-A piedi- rispose a testa alta, guardando i suoi piedi. Il sarcasmo era una delle sue doti migliori.

-L’abbiamo spiritosa questa mattina- ridacchiò, strisciando in avanti il panchettino per avvicinarsi a lei.

Fu l’universo che ascoltò le sue suppliche: la presenza degli altri allievi facenti il loro ingresso nella sala troncò quella conversazione che, se fosse andata avanti, non avrebbe portato a nulla di buono. Per Yoongi, s’intende.

Era ammirevole la funzionalità di quell’università, il luogo in cui ognuno faceva il cavolo che gli pareva. Bisognava riportare come esempio la cara tutor Choi, in ritardo di ben venti minuti buoni.
I mormorii e gli urletti di alcune cornacchie che vivificavano l’aula erano motivo di disturbo per le orecchie di Miyon: una delle sue domande frequenti era il perché di quelle urla vigorose, per giunta lanciate di mattina presto. Potevano farsi una bella pennichella, pensava, invece di scassare le scatole.
Ma ormai era troppo tardi, di nome e di fatto.
Il tailleur nero e i tacchi a spillo della Choi avevano fatto il loro ingresso trionfale all’interno della vasta classe: chiunque maschio lì dentro se la stava già mangiando con gli occhi.
Naturalmente, chiunque tranne Yoongi.
Quello era classificabile come vecchio bradipo con la parrucca privo di testosterone.

-Buongiorno a tutti, ragazzi- salutò gli adepti avvalendosi di una voce calma e pressappoco sensuale.

Certo che stava facendo di tutto pur di ottenere le attenzioni di qualcuno. E Miyon aveva una vaga idea di chi potesse essere quel misterioso individuo.

-Cominciate a riscaldarvi, nel frattempo raccolgo le presenze-.

Miyon aveva appena preso il violino quando adocchiò la sua insegnante, intenta ad osservare maliziosamente ogni singolo elemento di sesso maschile presente lì dentro. Quella penna che tamburellava costantemente sulle sue labbra aveva un non so che di perverso. E ciò a Miyon la lasciava dubbiosa e basita.
Alzato il suo rispettabile sedere da sopra la scrivania, iniziò a mettere in mostra le gambe camminando in linea retta davanti al pubblico maschile.

-Mi è arrivata voce dai miei colleghi che quest’anno la prova finale sarà totalmente diversa da come ci si poteva aspettare...-

Un’ondata di silenzio sovrumano si abbatté sul numeroso gruppo di alunni, immersi nelle loro più profonde preoccupazioni.

-L’esibizione prevederà la presenza di due strumenti musicali: entrambi devono adattarsi allo stesso pezzo, assegnato ovviamente dalla sottoscritta-

Era una prova impossibile, pensava. Come avrebbero fatto due strumenti di diverso tipo a combinarsi perfettamente in uno spartito di una certa complessità? Stavolta era proprio la fine. Miyon poteva dire addio alla sua agognata laurea in musica classica.

-Si mette male per la nostra Lee- bisbigliò Yoongi avvicinandosi a lei con fare losco.

-Chi ti ha dato il permesso di rivolgermi la parola?- assottigliò gli occhi, lasciando trapelare da essi un accenno di severo inasprimento.

-Beh, io naturalmente. Chissà se potrai mai essere capace di fare quell’esame...- le rispose altezzoso, con la voce della Choi in sottofondo.

-Argh. Vedi di star zitto, o ti riempio la faccia di lividi. Lì si che ti scambieranno per il pianoforte- Miyon non si era nemmeno accorta che, per il troppo nervosismo, aveva iniziato ad agitare la gamba.

-Uuh, sto morendo di paura- imitò una tartaruga che si ritirava dentro al suo guscio, arcuando la schiena verso l’alto e coprendosi il viso con ambedue le mani.

Solo allora entrambi i litiganti si accorsero dell’improvviso silenzio che si era posto attorno a loro. Miyon si voltò roboticamente alla sua destra notando, davanti a lei, lo sguardo della Choi e dei compagni di corso farle colpe che non aveva.

-Lee Miyon... hai sentito ciò che ho detto?- chiese furiosa con le mani sui fianchi.
Ecco, ci mancava anche questa.

Complimenti vivissimi, Yoongi.

-Choi sosaengnim, Yoongi-sshi continuava a distrarmi...-

-Ah, davvero molto interessante...- si passò due dita sul mento, sintomo che avesse in serbo qualcosa di tremendamente malvagio.
La frase successiva alla sua interruzione non lasciò alcun dubbio.

-Voi due sarete insieme all’esame. La decisione è stata già presa, quindi niente discussioni-.

Cazzo. Era stata assegnata davvero in coppia con Yoongi? Quella sì che era una punizione bell’e buona, una punizione illegittima, non c’è che dire. La vera domanda era: perché rimproverare solo lei e non Yoongi? Quali diritti aveva quel ragazzo in più di lei? Curioso come quello potesse rendere puntualmente le sue giornate una vera e propria merda.
Miyon si voltò basita verso la causa delle sue disgrazie: alla fine non era l’unica ad essere rimasta di sasso in seguito all’ordine della tutor.


***


Le ore in conservatorio erano più sfiancanti di una scalata in montagna. Fortuna che la pausa pranzo non tardò ad arrivare. Chiuso appena il suo armadietto per prelevarvi gli spartiti per le ore a venire, lasciò che la sua fronte si appoggiasse al freddo sportello di lamiera. Miyon sospirava, stanca.
Tutt’a un tratto qualcuno le picchettò la spalla con le punte delle quattro dita.

-Tutto bene?-

Come poteva quella domanda uscire dalla bocca di Yoongi con così tanta naturalezza?

-Che fai? Mi prendi per il culo? Potevi risparmiarti la domanda stupida, sai benissimo che non va tutto bene- mosse gli occhi verso di lui, rimanendo ferma per com’era fino a prima che apparisse quello stolto.

-Lo so, sono un idiota. Tu non c’entravi nulla-

-Sei davvero molto intelligente Yoongi, complimenti. Adesso ti faccio un applauso-
Detto, fatto.

-Smettila di sfottermi, Miyon-

-Tieni fermo in mente che sono una persona equa, credente fermamente nel karma: tutto ciò che fai ti viene restituito caro signor Min-

Yoongi sospirò portando gli occhi al cielo. Inutile comportarsi in quel modo, nelle parole di Miyon c’era un fondo molto grande di verità. E lui non era affatto scemo, lo sapeva benissimo.

-Se non ti dispiace dovrei pranzare. Ho fame- staccò la fronte dalla superficie, mostrando tanti piccoli segnetti rossi formanti un cerchio un po’ storto. Sembrava fosse stata marchiata.  

-Ti accompagno se vuoi, anch’io dovrei mettere qualcosa sotto ai denti- la frenò con la mano sulla spalla, pentendosi subito dopo del gesto troppo confidenziale. L’occhiata di Miyon non era certo di approvazione.

-Mangia da solo come hai sempre fatto, o farò indigestione- rispose freddamente, sentendosi poi un tantino in colpa. La crudeltà di quella frase non era affatto tipica di lei.

-Avanti Miyon... pensavo di farmi perdonare. Non posso nemmeno offrirti il pranzo?-

Miyon non credette alle sue orecchie: sbagliava o Yoongi le aveva appena chiesto di pagarle il pranzo per chiederle scusa? Le erano capitate fin troppe cose strane nella sua vita, ma mai quanto quella. Volle avere buona fede però, visto che sarebbero dovuti stare insieme fino al giorno dell’esame.

-Umpf, e va bene. Ma ricorda che sono ancora adirata con te-






►Angolo autrice:
Buonasera popolo! E’ qui la vostra Giulietta che parla, lieta di annunciarvi l’arrivo del nuovissimo capitolo! Immagino quanti di voi vogliano prendermi a bastonate per questi improvvisi aggiornamenti, me ne rendo conto---- spero che possiate dimenticarvi questi colpi al cuore, mi auguro di riuscire a crearmi un calendario per le pubblicazioni. Ora come ora non so dire con certezza quando aggiornerò di nuovo, stavolta sono riuscita a cogliere il primo momento libero per farlo quiiiindi... non odiatemi plizu TwT farò del mio meglio (spero)! Ma bando alle ciance... chi di voi ha già visto i teaser breathtaking (si, questo aggettivo inglese rende meglio di quello italiano) dei nostri amati sette pargoli? Penso che questo nuovo comeback sarà una vera sorpresa per tutti, credo avrà un forte impatto in tutte noi ARMYs che per adesso, come me, stanno sclerando come non esistesse un domani ahaha xD
Ringrazio sempre di vero cuore chi legge, recensisce e segue la storia anche nascosto in un angolino, mi fa piacere vedere così tanto interesse per la mia fanfiction!
Detto questo mi polverizzizzo (ogni riferimento a “Racconti incantati” è puramente casuale ahah).
Fighting!


 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4~


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-Perché l’hai fatto, Yoongi?- chiese dal nulla Miyon sorseggiando il cappuccino davanti ai suoi waffle ai lamponi.

-A che ti riferisci?-si abbandonò alla sua perplessità, sfoggiando un’espressione interrogativa.

-All’altro giorno. Quando mi hai detto del violino... non era solo per sfottermi-, si bloccò per mangiare un altro boccone, -Beh? Perché l’hai fatto insomma?-

Yoongi distolse improvvisamente lo sguardo dal suo, concentrandosi sulla pietanza. Miyon non sarebbe stata convinta di averlo smascherato se non si fosse accorta del suo armeggiare nervoso con la forchettina da dessert.
Il suo piatto sembrava la riproduzione dei quadri astratti del grande astrattista Kim Whanki*.

-Ah, quello...- tirò su col naso, grattandosi la fronte col pollice, -Sia chiaro: non l’ho fatto per te, ma per quella racchia della Choi. Odio sentirla rimproverarti solo perché non ti accorgi di avere il violino scordato- continuò impassibile, come se quello che avesse detto non potesse essere motivo di offesa.

Miyon tirò un’impercettibile risatina di scherno, portandosi all’indietro sullo schienale della sedia:-Naturalmente. D’altronde me lo sarei aspettato da una persona come te. Agisci sempre per ciò che ti conviene-

Il ragazzo si sentì colpire all’interno: non si poteva certo dire che non vi fosse rimasto male, indubbiamente, ma ciò che gli pesava di più era l’essere stato denudato.
Nessuno era mai riuscito a comprendere la sua vera natura, cosa che Miyon riuscì a fare fin dal suo arrivo. Per essere laconici, oseremmo dire in tempi record.
Yoongi passò i successivi cinque minuti in uno stato di trance totale: a differenza dei comuni mortali, lui era l’unica persona che riusciva a mangiare come se niente fosse. Rifocillarsi per lui era divenuta un’azione del tutto meccanica.
Diede una rapida occhiata all’orologio, poi osservò Miyon. L’avrebbe esortata a sbrigarsi nel finire la pietanza se solo la sua dose giornaliera di acidità e freddezza non avesse già oltrepassato il limite da un bel pezzo.
Senza proferire parola si limitò ad agire.

-Dove stai andando?- chiese Miyon vedendogli afferrare la tracolla. Yoongi mosse un altro passo, poi si fermò sospirando.

-Torno in aula- rispose secco mentre si allontanava dal tavolino. Miyon gli parlò dietro.

-Grazie per avermi offerto il...- la porta si chiuse alle spalle del giovane.

-...pranzo. Molto educato Yoongi, complimenti-


***


Nell’ora successiva la mente di Miyon era impegnata a fare un bel giro turistico per i suoi oscuri meandri, occupata a decifrare lo strano comportamento del ragazzo.
Quale fiammella avrà mai fatto esplodere la miccia? Perché aveva reagito in quel modo senza alcuna spiegazione logica? E se lei stessa avesse sbagliato nei suoi confronti, avrebbe dovuto chiedergli scusa?
Certamente no. Non le risultava che Yoongi si fosse mai scusato con lei in senso serio, quindi non ci sarebbe stato motivo per cui anche Miyon avrebbe dovuto farlo, per giunta in maniera sentita.
Odiava il modo in cui la Choi lo riempiva di attenzioni: era un bravo pianista, senz’ombra di dubbio, ma i suoi complimenti erano fin troppo esagerati. Nessuno si azzarderebbe mai a dire “Sei una creatura divina” o “Brilli di meraviglia ogni volta che premi un solo tasto”, suvvia.

-Beh direi che per oggi abbiamo finito. Prima che andiate, però, devo affidarvi questi brani...- esordì la trentasettenne fintanto che indicava due pile da cinque blocchi di scartoffie poste sopra la scrivania.

-Questi sono tutti i brani che vi ho assegnato ai quali dovete prepararvi. Domani voglio già sentirvi sul primo di ogni vostra lista-

Bisognava star pur certi che quella lì era proprio una folle. Richiedere eccellente preparazione su un pezzo per il giorno seguente era una vera pazzia. Quel pomeriggio allenarsi sarebbe stata una vera impresa per Miyon.

Ma fermi tutti.

-Questo significa che... dobbiamo studiare insieme oggi- Miyon si rivolse a Yoongi con aria seccata. Le tremava un occhio per la stizza.

-Temo. Ma sapevi da stamattina che saremmo dovuti sorbirci l’un l’altra fino alla fine- scrollò le spalle, sospirando al cielo.

-Aish... non sono psicologicamente pronta per sopportarti- si tenne gli angoli interni degli occhi con pollice e indice.

-Hai avuto tutto l’arco della mattinata per prepararti, direi che ti dovrebbe essere bastato-

Miyon cacciò una mano dentro la tasca del lungo giubbotto verde ed estrasse il cellulare. Con l’aggeggio appiccicato all’orecchio, la ragazza continuava a zittire Yoongi il quale non aveva ancora capito che intenzioni avesse.
Perché non spiegargli i suoi propositi invece di farlo struggere? Gli era ancora ignoto il motivo in cui Miyon agisse sempre nell’ombra.


***


Mentre stavano appostati contro la grata di ferro il cielo si fece cupo e grigio, presagio di un nuovo acquazzone. Un venticello freddo e umido si abbatté contro le gote di Yoongi, inducendolo a portarsi il fasciacollo fin sopra la punta del naso.
Miyon armeggiava col cellulare tutto il tempo, senza degnarlo di una minima occhiata: era fin troppo impegnata a vedere ciò che Instagram aveva da offrirle che non si curò nemmeno di scambiare qualche parola col suo coetaneo. D’altronde, perché avrebbe dovuto visto il suo atteggiamento?
L’unica cosa che la distrasse fu il rumore degli pneumatici contro l’asfalto.
La SsangYong nera non tardò a presentarsi al suo quotidiano appuntamento delle sei davanti i cancelli del conservatorio. I suoi faretti dirigevano due scie di luce giallognola contro la targa di un’altra auto, evidenziandone le lettere nere scandite con estrema perfezione.
Alla sola vista dell’auto di Doyun, gettò il telefono nel taschino e si incamminò verso il veicolo ringhiante. Yoongi incrociò le braccia camminandole a fianco, mantenendo debita distanza da chi pensava che questi fosse una statua.

-Ciao papà! Ti ho chiamato poco fa... come mai non hai risposto?- si piegò in avanti verso l’abitacolo, caldo per via dell’aria condizionata.

-Scusami tesoro, avevo il cellulare nel marsupio- portò il capo di lato, dispiaciuto.

-Fa niente. Ascolta, c’è un piccolo problemino...- annunciò la ragazza tenendo le mani sopra al vetro aperto del finestrino.

-Di che si tratta, jagiya?- alzò un sopracciglio l’uomo, tirandosi teso alla sua destra per sentire meglio cosa la figlia avesse da dirgli.

-Io e il mio compagno di corso dobbiamo prepararci per una verifica di domani, siamo stati messi in coppia...- sbatté gli indici, distogliendo lo sguardo da Doyun.

-E lo chiami un problema? Tranquilla tesoro, chiunque è benvenuto da noi- disse volgendosi verso Yoongi. Con un cenno del capo e un adorabile sorriso sulle labbra, l’uomo esortò i due giovani a salire.

-Come ti chiami figliolo?- domandò mentre metteva in moto la macchina.

-Oh Yoongi, signore. Min Yoongi- chinò piano la testa, gesto che Doyun riuscì a notare perfettamente dallo specchietto retrovisore. Questo rifletté al ragazzo un sorriso smagliante.

-Felice di averti con noi, giovanotto-

Yoongi non comprendeva il vero motivo per cui stesse cominciando a sentirsi strano... nel suo stomaco mille sensazioni presero a fare a pugni ma solo una riuscì a prevaricare sulle altre. Ed era a dir poco stupenda. Per la prima volta si sentiva davvero in famiglia.





N/B* Kim Whanki fu un pittore astrattista sud-coreano, vissuto fino al 1974.


►Angolo autrice:
Ma annyeong a tutti! Finalmente, dopo aver studiato per tre giorni di fila, sono riuscita ad aggiornare... sono stremata perché ho dovuto controllare il capitolo più volte prima di pubblicarlo, ma certamente ne è valsa la pena ;) Dalle ultime recensioni ricevute ho potuto notare quanto la mia storia stia suscitando non poca curiosità e beh, cos’altro dire se non che sono davvero contenta? Mi da un piacere immenso sapere che i miei sforzi nel cercare di trasmettere le mie sensazioni siano ripagati in questo modo quindi... grazie davvero a tutti, chi segue silenziosamente, e chi recensisce spronandomi a fare del mio meglio! Con questo ho concluso, vado a sbrigarmi ahah sono di fretta! Fatemi sapere che ne pensate del capitolo! Bacioniii---

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5~


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Era piuttosto risaputo come Yoongi non comprendesse varie cose: fra quelle vi era il come Miyon riuscisse a vivere in un simile ambiente, a senso suo così tanto striminzito. Perché, ammettiamolo, casa sua non godeva di chissà quali ampi spazi se non un modesto terrazzino ricco di fiori e piante domestiche.
Eppure bisognava diffidare non poco dal significato di “tanto piccolo” del giovane pianista, dato che questi non ha mai goduto di un buon senso di spazio e misura.

-Se volete potete iniziare a studiare nel frattempo che preparo la cena- parlò con estrema calma Doyun, già posizionatosi davanti ai fornelli.
Due inchini di approvazione seguirono il suo invito.

La camera di Miyon era situata al piano di sopra: era la prima stanza a destra di un corridoio sufficientemente illuminato dalla presenza di faretti gialli.

-Benvenuto nel mio umile nascondiglio, caro compagnetto- lo schernì Miyon senza pentirsene.

Quella stanzetta era di medie dimensioni e possedeva il minimo indispensabile di cui dovesse godere una camera coi fiocchi: un semplice armadio a tre ante, quasi sufficiente per una sola persona, fronteggiava il letto e il divanetto posto al suo fianco, fintanto che la scrivania si trovava proprio all’ingresso, con annessa libreria a carico.
Miyon gettò il borsone in cuoio sul letto ed estrasse i fogli da una carpetta.

-E tu che fai? Aspetti la sentenza dell’imperatore Sunjong per prendere gli spartiti?- lo scosse dalla sua condizione di spaesamento, molto simile ad uno stato di estasi che ad altro.

Yoongi sobbalzò e, più celere di quanto non lo fosse mai stato, si affrettò a riporre sulla scrivania il pezzo per poterlo studiare. Miyon si ritrovò a passeggiare davanti lo specchio, sorreggente i fogli A4 davanti la sua pancia.
Come fosse ipnotizzata, prese ad ammirare il suo riflesso snello.

-Notevole come sia diventata quanto la larghezza di un foglio- si guardò compiaciuta.
Almeno era riuscita a perdere quei chiletti in più che aveva ottenuto durante quei dannati traditori di pasti natalizi.

-Spero vivamente che tu non voglia diventare quanto il suo spessore- ridacchiò beffardo, beccandosi una mala occhiata da parte della ragazza.

-Invece di prendere in giro, perché non ti rendi utile? Limitati a guardare lo spartito- si allontanò dalla sua postazione e si accovacciò sul divanetto, intenta a studiare.

Yoongi fece un leggerissimo movimento con la testa e, sbatacchiando le spalle, volse attenzione alla sua adorata musica, l’unica che aveva sempre saputo comprenderlo. Il silenzio dell’ambiente venne sovrastato dal suono del violino della ragazza, il quale attirò l’interesse del giovane.
Considerevole come in poco tempo Miyon fosse riuscita ad eseguire l’intera prima pagina della composizione.

-Diamine- esclamò sottovoce all’udire una stonatura.

-No, andavi bene. Continua- la sollecitò a riprendere. Miyon era a dir poco basita dal suo modo di concentrarsi su di lei e sulla sua musica.
Le faceva strano vedere quella versione mai vista di Yoongi, intento ad assistere alla sua esibizione con la testa sorretta dal palmo.

-Adesso va molto meglio. Solo, cerca di usare l’archetto per accarezzare le corde e non per prenderle a frustate- 

Come faceva quell’individuo seduto alla sua sedia a saperne anche di violini? Miyon ci rifletté un po’ fino a quando non capì che anche uno stupido sarebbe stato in grado di darle quel consiglio, avendo notato anche lei il modo erratamente convinto che aveva di suonare.
Miyon sbuffò, sedendosi a peso morto sul letto.

-A che punto sei, pianista?- socchiuse di poco gli occhi, per via dell’evidente stanchezza.

-Oh beh, io ho già finito- affermò soddisfatto, sorridendo come un bambino davanti alla sua torta di compleanno.

-Che vuoi dire con “ho già finito”? Scusa, non devi suonare?-

-Non ne ho bisogno-, disse in mezzo all’espressione perplessa dell’interlocutrice, -Si tratta di un pezzo che avevo fatto anni fa, al vecchio conservatorio... non ho bisogno di suonarlo, lo ricordo ancora benissimo-

Beato lui e la sua fortuna sfacciata.

Certo che quella furbetta della dea bendata aveva preso bene la mira prima di indossare la fascia agli occhi.
Un gradevole profumo di kimchi raggiunse i ragazzi passando da sotto la porta. Muovendosi a onda nel seguire la scia, Miyon dava l’impressione di essere un segugio alla disperata ricerca della sua preda.

-Credo proprio che la cena sia già in tavola- suppose lei rivolgendosi a Yoongi, un tantino confuso per il suo strano atteggiamento da cane da caccia. Il ragazzo afferrò la tracolla e la seguì fra i vani della casa.

Nella luce soffusa della cucina Miyon intravide l’ombra di suo padre muoversi avanti e indietro sul pavimento. Doyun sentì lo scricchiolio del parquet, dovuto ai passi dei ragazzi mentre attraversavano il soggiorno.

-Ragazzi!- il cinquantenne posò la ciotola dell’insalata sul tavolo e gli rivolse un sorriso smagliante.

-Stavo apparecchiando la tavola. E’ già tutto pronto-

Miyon gli dedicò uno sguardo di dolcezza, pensando a quanto fosse adorabile con indosso il grembiule e i guantoni a quadretti rosa della mamma. Si notava quanto le mancasse, mancava a tutti. Fu quel drastico incidente chirurgico a strapparla via dalle loro braccia, il vuoto in quella casa si avvertiva dovunque.
Per Miyon non è stato facile vedere sua madre combattere contro quel maledetto tumore allo stomaco: avrebbe preferito averlo lei piuttosto che vedere soffrire colei che le aveva dato la vita. E sì, l’aveva fatto per davvero.
Il suo stato di trance venne interrotto dai repentini movimenti di Yoongi.

-La aiuto io signor Lee, sta già facendo fin troppo- esclamò, dirigendosi verso l’uomo.

Prelevò con estrema delicatezza la pentola di kimchi dalle mani di Doyun, beccandosi i suoi più sinceri ringraziamenti. Bizzarro vedere Yoongi comportarsi in quel modo. Miyon era come se guardasse un’altra persona: per quell’istante non era più il vecchio e solito Min Yoongi antipatico, rozzo e cinicamente egocentrico.
No. Era cambiato, seppur per poco.
Ma le bastò eccome. Le bastò osservare la sua espressione mentre allineava le bacchette, il suo sorriso ricambiante lo sguardo del padre, la sua dedizione nell’aiutare il prossimo. Chi avrebbe mai potuto capire quel ragazzo e il suo bipolarismo?

-Avanti Miyon, vieni- Doyun mosse il capo verso le pietanze.


***


Seduti comodamente in cerchio, misero a pregustare quelle squisitezze dal gusto sublime. Suo padre era il migliore in cucina, soprattutto se si trattava di paragonarlo a Hyonsu: molte volte è capitato che lui preparasse la cena, in particolar modo quando Doyun era costretto a trattenersi qualche ora in più in ufficio; ebbene Miyon era puntualmente la povera vittima, costretta ad ingerire strani ammassi melmosi preparati dal fratello.

-Allora Yoongi, come mai all’Artspool Conservatory?- domandò curioso Doyun. Aveva cercato in tutti i modi di afferrare un pezzo di pesce che, a quanto pare, non gradiva l’idea di dover essere mangiato.

-Oh... beh, il mio sogno è diventare un pianista di grande rilevanza. Adoro esibirmi e mostrare ciò che amo fare con tutto me stesso- risucchiò un mucchietto di verdure dalla punta delle bacchette, sporcandosi i contorni delle labbra col brodetto al peperoncino.

-Pianista... mia moglie lo era. Si esibiva nei teatri insieme al suo complesso di musicisti... fu ad un suo concerto che la conobbi- un pizzico di malinconia venne emanato dalla soave voce di Doyun, che finalmente era riuscito a mangiare quel friabile pezzettino di merluzzo.
All’insorgere del silenzio, l’atmosfera assunse un’aria lugubre, intrisa nei ricordi. Miyon si schiarì la gola.

-Ah, papà! Non ci crederai, ma sono riuscita ad eseguire il primo spartito del pezzo che io e Yoongi dobbiamo suonare domani!- balzò non appena ebbe trovato un argomento di conversazione che fece spuntare nuovamente un raggiante sorriso sul volto di Doyun.

-Ci credo eccome, ottimo ragazza mia! La tua tutor dovrà rimangiarsi tutto quello che ha detto, domani noterà di certo la tua bravura- esultò, accarezzando con estrema delicatezza la morbida guancia della figlia.

Lo sguardo di Yoongi si trovava in mezzo a due sorrisi splendenti e alla gioia che entrambi emanavano; in cuor suo sapeva che non avrebbe mai ricevuto questo stesso sorriso da sua madre. Men che meno da suo padre, con cui aveva passato solo i primi anni di vita per poi sparire nel nulla.
Doyun ritornò al suo posto. Poi fissò Yoongi, col capo chino sulla sua ciotola di kimchi.
Questo trasalì non appena un lieve colpo secco gli si palesò sulla spalla.

-Domani anche tu avrai successo, figliolo. Andrà tutto bene ad ambedue, ne sono sicuro!-

Bisognava dire che Doyun non è mai stata una persona così aperta con gli estranei, è sempre stato un uomo molto selettivo e difficilmente riusciva ad aprirsi in presenza di gente nuova. Con Yoongi però è stato diverso: era come se già lo conoscesse da tempo, o almeno, era come se nel ragazzo ci fosse qualcosa che Doyun conoscesse già.
Di sicuro il suo comportamento non passò inosservato agli occhi stupiti del giovane, che intanto stava cercando in tutti i modi di sbloccarsi dal suo stato ipnotico al quale era sottoposto.

-Nonostante si tratti solo di una normale interrogazione quadrimestrale terremo le dita incrociate, signor Lee- gli si stampò in faccia un sorriso passante da guancia a guancia dopo aver sorseggiato il brodo del fondo ciotola.
Yoongi guardò con noncuranza l’orologio.

-Mi dispiace dover interrompere la conversazione ma dovrei proprio andare adesso, non vorrei mia madre si preoccupasse- li avvisò dell’ora che si era fatta.

-Ma certo Yoongi, vai. Grazie per averci tenuto compagnia, è stato davvero un piacere per me- si alzò dal tavolo Doyun, chinando il capo in segno di gratitudine.

-Dovrei essere io a ringraziarvi per avermi ospitato. Spero di poter godere di nuovo del sapore del suo kimchi- disse dirigendosi all’ingresso con Miyon al suo seguito.
Quando giunsero davanti l’appendiabiti, la ragazza alzò il capo e lo contemplò infilarsi il cappotto. Chinatosi ai suoi piedi e messosi la borsa a tracolla, Yoongi ricambiò l’occhiata.

-Grazie per la cena- deviò lo sguardo mentre scrollava le spalle, ritornando ad essere quello di sempre. Miyon era ancora appoggiata al muro, con le braccia conserte.

-Figurati, tutto merito di papà- si spinse in avanti staccandosi dalla parete.
Lo scatto della chiave all’interno della serratura presagì l’apertura della porta, che cominciò a cigolare non appena Miyon la tirò verso di sé.

-Ci vediamo domani allora. Notte- le diede le spalle, mostrandole la sua passerella spavalda verso l’ascensore. La sua figura svanì quando la cabina lo trascinò ai piani inferiori, lasciando di lui solo l’odore della sua acqua di colonia.


***


La pioggia scendeva impetuosa contro le strade. Interi banchi di nuvole dal colore dell’acciaio si distaccavano perfettamente dal plumbeo cielo notturno.
Dopo aver chiuso la porta della sua stanza, Miyon si dedicò al suo ritiro serale con la solita tazza di tè nero a farle compagnia. Era seduta sulla panca al bordo finestra, rannicchiata sulle sue ginocchia.
Mentre osservava le gocce di pioggia attaccare brutalmente il vetro, si allisciava pensierosa una ciocca di capelli.
Si arrestò non appena vide un ombrello ottagonale bordeaux serpeggiare per il marciapiede, evitando ogni pozzanghera. Era l’unico a spiccare in quel quadro raffigurante la tristezza del paesaggio urbano.
La sagoma scura di Yoongi scattò rapidamente sotto i suoi occhi, fino a scomparire in mezzo alle fioche luci dei lampioni che rivelavano i goccioloni di pioggia.
Guardandolo andarsene avvertì una certa incomprensione, che svanì repentina non appena questi fu lontano dal suo campo visivo. Non riusciva a capire cos’era che lo turbasse, perché era ovvio vi fosse qualcosa che non andava in lui. E il suo modo di comportarsi di poche ore fa, ne aveva dato la conferma.
Nonostante tutto  però c’era qualcosa in Miyon ad indurla a pensare che, in fin dei conti, quel ragazzo non fosse poi così stronzo come aveva sempre pensato.
Non sapeva cosa glielo facesse credere, sta di fatto che ne era quasi sicura.


►Angolo autrice:
Salve popolo di EFP! Sono tornata finalmente con un nuovissimo capitolo! Mi dispiace comunicarvi che per problemi personali non potrò essere molto attiva sul sito per un po’, quindi mi è impossibile farvi sapere quando sarà il prossimo aggiornamento :c chiedo venia anche ai lettori di “Stay with me”, in attesa del tanto agognato finale TwT
Intanto ringrazio di vero cuore chi segue e recensisce la storia, mi tirate davvero su di morale! Spero di poter tornare presto fra voi con i seguiti delle fanfiction!~
A (si spera) presto! Fighting!~

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6~

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Era già passata l’una quando Yoongi schiuse la porta di casa: il ragazzo si vide costretto ad addentrarsi in un ambiente inabissato nel buio più totale, da far concorrenza persino alle antiche catacombe.
Per lui era impossibile trovare l’interruttore, il che lo irritò parecchio visto che sapeva benissimo dove si trovasse. Solamente una flebile luce soffusa alla fine del corridoio fu in grado di aiutarlo a procedere verso il cuore della casa.
Giunto all’interno del soggiorno vide sua madre riposare beatamente sul divano: una coperta di lana intrecciata la copriva fino al mento e i cuscini attorno le facevano da barriera protettiva.
Ogni sera si addormentava così, col suo stesso calore e con le molteplici voci della televisione a far in modo che non si sentisse sola.
Yoongi le mandò una rapida occhiata e si avviò verso le scale, sulle quali poco prima aveva adagiato la pesante tracolla. Fu semplicemente il leggero stridio della ringhiera a destare la donna dal suo sonno.

-Chi c’è là?- trasalì non appena aprì gli occhi. Alla sua destra vi era la scura figura del figlio rivolta di spalle, col capo curvo al gradino quasi volesse dire ‘accidenti’. L’ultima cosa che voleva era svegliare sua madre.

-Yoongi...- disse emanando leggeri sospiri -...dove sei stato per fare così tardi?- portò la mano al petto, levandosi a sedere.
La trapunta cedette, lasciando coperte solo le sue gambe.

-Ero fuori- si limitò a dire freddo, rimanendo nella sua posizione.

-“Fuori” dove, Yoongi!? Ti ho aspettato col cuore in gola, con la speranza che tu stessi bene- alzò gradualmente la voce, non curandosi dell’ora tarda.
I suoi occhi accennavano lacrime in arrivo.

-Non è da te fare questi orari... si può sapere che cosa hai fatto?-

-Mamma non sono affari tuoi, lasciami in pace ora- ruotò di poco la testa, quanto bastasse per guardare il volto sconsolato di sua madre.

-Devo essere trattata così, quindi? Io mi preoccupo per te, e tu invece mi scacci via come fossi una mosca- le lacrime che bagnarono il suo volto furono solo di rabbia, non avevano niente a che fare con apprensione né quantomeno con sconforto.

-Come vedi, sto benissimo. Trovati un altro partner piuttosto, preoccuparti per me non è una delle tue doti migliori- salì le scale dando la discussione per troncata.
I suoi passi echeggiavano nella stanza insieme ai singhiozzi della madre e alle continue imprecazioni contro il figlio, da lei definito più volte come “piccolo ingrato”.

Non poteva sapere come egli si sentisse, anzi, non l’aveva mai saputo a quanto pareva. Impossibile negare che lei si sia preoccupata per lui, ma c’era da dire che lo fece solo nell’ultimo periodo, guarda caso quando non ebbe più contatti col suo ultimo spasimante.
Uno dei tanti ad essersi rivelato un completo bastardo. E come sempre, a Yoongi le reazioni di sua madre non facevano né caldo né freddo: puntualmente quella avrebbe trovato un rimpiazzo per il “vuoto d’amore” che si era venuto a creare, scatenando un circolo vizioso in cui lui non era mai compreso.
Sì, in sostanza se le andava a cercare. E che dire delle conseguenze? Beh ovvio, se le meritava, pensava lui.

Yoongi si avvalse della punta della scarpa infangata per aprire la porta della stanza, lasciata socchiusa da quella mattina. La camera era rimasta per come lui stesso l’aveva lasciata, in perfetto disordine. Il suo habitat ideale, per intenderci.
Gettò malamente il borsone vicino l’armadio traboccante di abiti sgualciti e si lasciò andare sul letto ancora disfatto.
Con le mani a tenersi la nuca pensava a quanto la sua vita fosse caotica, proprio come la sua stanza. D’altronde è proprio vero che il luogo in cui si vive rispecchia l’umore di una persona.
Una compatta massa d’aria fredda permise al suo petto di alzarsi, per poi riabbassarsi dopo aver emesso un sonoro sospiro.
Solo Yoongi poteva sapere dove fosse stato quella notte. Non era di certo un segreto di stato, per carità avrebbe potuto benissimo dire tutto a sua madre ma è più che risaputo quanto egli non ami parlare di ciò che fa: aveva passato il suo tempo a vagare per le strade nel tentativo di posticipare il ritorno a casa.
Il motivo? Semplice, riflettere. Cosa che di solito non riusciva a fare se c’era intorno la sua cara genitrice.
Per molto si era soffermato sulla serata passata insieme alla famiglia di Miyon, resa ormai un pensiero fisso. Non poteva fare a meno di pensare a quanto quella ragazza potesse essere fortunata, a differenza sua che un padre non lo vedeva nemmeno col cannocchiale.
Era persino giunto a provare invidia per lei, e odio nei confronti di se stesso: perché proprio lui era stato scelto per vivere un’esistenza infelice, basata solo sul finto affetto?
Era sempre stato solo, nonostante fosse in compagnia. E questo lo uccideva dentro.
Sbuffando si tolse le scarpe e, rannicchiatosi su un lato, tirò su di sé il piumino. L’ultima cosa che vide prima di cadere nel suo sonno di sette ore fu il suo pianoforte: questo e la musica che emanava erano sempre stati lì per lui, a sentirlo piangere, urlare, e persino ridere.
Non poteva mai ringraziare abbastanza quello strumento, perché senza di esso non sarebbe stato niente.


***


Soltanto quando le nuvole di pioggia lasciavano spazio al sole, a Seoul ci si poteva dedicare a fare rifornimenti al supermercato. E Doyun lo sapeva molto bene, dato che era da poco più di tre giorni che le provviste cominciavano a scarseggiare in quella semplice dispensa.
Quella tarda mattinata faceva piuttosto freddo e indubbiamente il reparto frigo, come tutto il resto del grande locale, non aiutava affatto. L’aria condizionata era rotta, dicevano. Da quando in qua bisognava stare col cappotto e i copri orecchie anche fra gli scaffali laminati di un ipermercato?
Il carrello si muoveva a tratti contro il pavimento, freddo e sdruccioloso per via della troppa umidità. Girovagando, Doyun osservava più volte e in modo attento le varie mensole, arrecanti su prodotti di qualsiasi genere. Non sia mai potesse perdersi qualche offerta conveniente.
L’uomo afferrò cinque pacchi di kimchi già pronto e li posò accuratamente nel carrello: avrebbe dovuto affrontare ore extra in ufficio i giorni a venire, e non voleva assolutamente che Miyon si beccasse un altro bel mal di pancia per colpa delle pasticciate di Hyonsu.
Si allontanò dalla sezione frigo e diresse lo strisciare cigolante delle rotelline nel reparto ortofrutticolo.
Le mele cotogne che aveva appena messo all’interno del sacchetto di carta si rovesciarono in terra non appena una donna si scontrò con Doyun. Quella mise ad inchinarsi senza sosta.

-M-mi dispiace signore, sono desolata. Aspetti, la aiuto a recuperarle...-  disse offrendogli il suo aiuto.

-Andavo talmente di corsa che non l’ho neppure vista...-. La donna gli porse l’ultima mela e si limitò a chinare il capo.

-Stia tranquilla signorina, non è accaduto nulla di grave- le si rivolse col suo solito tono gentile e, forse, anche troppo intimidito.

Depose il sacchetto malconcio nel telaio di metallo e le dedicò uno sguardo rincuorante.
Rassicurata dalle sue parole, la signora alzò con calma il mento. Bastò un’occhiata dritta negli occhi a riempire di ricordi la mente di Doyun, che in quel momento stava realizzando se chi avesse davanti fosse un semplice miraggio o la triste realtà.

-Chongeun-ah? Sei tu?- domandò atterrito l’uomo, stupefatto nell’incontrare una sua vecchia conoscenza.

-Doyun-ah? Non ci posso credere...- parlò di rimando lei, sbigottita. I suoi occhi a mandorla erano diventati delle noci.

-Dopo tutto questo tempo... t-ti rivedo. Come va?- quello sguardo impietrito faceva intendere il suo stato di paralisi mentale.
Non capita certo tutti i giorni di rincontrare una persona con la quale si ha vissuto buona parte della propria vita.

-Va tutto bene, ti ringrazio. Tu che mi dici?- si grattò la tempia col guanto, sorridendo nervosamente.

-Non posso lamentarmi- raschiò la gola in preda alla tensione.

-Guardati, sei... sei tale e quale a quando...-

-...a quando ci siamo lasciati, sì- lo interruppe, massaggiandosi il braccio. Doyun abbozzò un sorriso.

-Il tempo passa ma tu rimani sempre meravigliosa- arrossì alla sua stessa frase. Chongeun deglutì a vuoto e sollevò le sopracciglia, palesemente colta di sorpresa da una frase piena di dolcezza come quella.

-Avevo dimenticato quanto fosse bello ricevere le tue lusinghe, è passato troppo tempo dall’ultima volta- rivolse lo sguardo al carrello e al suo contenuto, come se stesse parlando con lui.
Era troppo imbarazzata per avere un ulteriore contatto visivo con chi le aveva fatto ribattere il cuore dopo secoli di inattività.

Doyun annuì accennando un sorriso, contemplandola guardare altrove. Malgrado avesse la mezz’età Chongeun aveva sempre indosso lo splendore dei vecchi tempi, lo portava alla perfezione.
Come le lievi zampe di gallina attorno agli occhi che, eccezionalmente, ne evidenziavano la bellezza. Stretta nel suo cappotto notò quanto fosse ancora affascinante, sebbene quei pochi chiletti in più che non furono in grado di alterare di molto le sue fattezze.
La sveglietta del suo orologio analogico da polso destò la mente impegnata di Doyun, portandolo a dedicare le sue attenzioni al display su cui l’orario scompariva ad intermittenza.

-Oh, caspita! Mi dispiace ma devo lasciarti, ho molte cose da preparare in casa. Stasera mia figlia porta con sé un suo compagno di studi-

-Capisco... Beh, a quanto vedo non sei cambiato. Ci tieni ancora a fare bella figura- ridacchiò nascondendosi dietro l’esile manina inguantata.

-Questo è un lato di me che non cambierà mai-

-E mi sta bene così- sospirò, avendo il coraggio di guardarlo negli occhi.
Solo in quell’istante l’uomo poté notare chiaramente i tratti del suo viso, immerso in una particolare morbidezza in bilico fra giovinezza e senilità.

-Ti lascio ai tuoi doveri, Doyun. Chissà, magari ci incontriamo di nuovo- concluse con un inchino, girando poi i tacchi scortata dal suo carrello.

-Lo spero tanto...-





►Angolo autrice:
Ebbene sì, sono risorta ahah i miei capitoli compaiono quando meno la gente se li aspetta xD
Sono felice di essere finalmente tornata, ho passato davvero un bruttissimo periodo ma adesso mi sto via via riprendendo: abbandonare la scrittura per un lungo lasso di tempo non giova affatto alla mia povera mente sempre attiva e piena di idee, per ciò solo qualche giorno fa ho deciso di riprenderla :3
E niente, ho partorito questo bel capitoletto qui che - mi auguro -  vi sia piaciuto J
Beeeene, avviso le mie care lettrici che a partire da adesso le cose si faranno molto interessanti – la figura di Doyun e di Chongeun saranno di rilevante importanza per il corso della storia, quindi occhi aperti!
Premetto che non saprò quando potrò aggiornare nuovamente la storia, per adesso sono davvero stracolma di compiti e interrogazioni e beh, non ho il minimo tempo libero u_u”
Voglio concludere con i miei soliti e sinceri ringraziamenti a chi segue (anche in silenzio) la storia, chi mi dedica un po’ del suo tempo lasciandomi una recensione e chi la aggiunge alle sue liste ;)
 Vi lascio alle vostre opinioni-----
Baci ;*

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7~

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-Perfetto. Jung, Eunchoo, potete accomodarvi-

La solita penna mangiucchiata della signorina Choi era vincolata al registro, impegnata a segnare su di esso i voti dei giovani che aveva appena mandato a posto.
Sollevato il viso dal foglio scrutò attentamente la classe che, quella mattina, era più vuota del solito.Certo che i compagni di corso di Miyon erano dei veri cuor di leone, chissà che scuse si erano inventati pur di rimanere in casa a poltrire e saltare la tanto temuta verifica.
La signorina Choi fece scivolare gli occhiali sulla punta del naso e, con una voce che di severo non aveva nulla, richiamò le sue prossime vittime. Le ultime, per quella giornata fin troppo sfiancante.

-Miyon e Yoongi, tocca a voi- sventolò la mano davanti la sua faccia.

Si portò contro lo schienale della sedia per godere, a braccia incrociate, dello spettacolo che Miyon avrebbe sicuramente rovinato. Almeno, questo fu ciò che pensava. La tutor guardò la ragazza con aria di sfida, la sua occhiata era quasi intimidatoria.
Miyon sistemò gli spartiti nel leggio fintanto che Yoongi si appostava al piano. Toccava a lei dare il via per far sì che il compagno potesse suonare di conseguenza. La presa del violino sul suo mento era più che salda. Data con l’archetto una prima carezza alle corde, si dilettò nell’esecuzione del brano: andava come un fulmine, non sbagliava neppure una nota.
Alla seconda battuta Yoongi si unì a lei, e fu proprio in quell’istante che divenne praticamente impossibile seguire il ritmo della melodia. I suoi movimenti erano troppo veloci, le sue mani somigliavano tanto a due ragnetti che saltellavano. Yoongi era del tutto fuori tempo.
Fortuna volle che Miyon riprendesse in mano il timone, guidandolo senza problemi verso la fine.
La testa riflessa di blu staccò le dita dai tasti. Gli tremavano le mani, cosa che non gli era mai successa prima d’ora.
Fu un sentimento di stupore a permeare il volto della Choi: era sbalordita per i rapidi progressi di Miyon ma al contempo sconvolta per l’esibizione mediocre di Yoongi. Da lui ci si poteva aspettare di tutto, fuorché questo fiasco.

-Molto bene... avete finito- emise un’impercettibile sospiro che i due aspiranti musicisti riuscirono comunque ad intercettare.
Anche a loro il risultato non venne annunciato, ma entrambi sapevano chi avesse sgarrato o meno.

La medesima campanella che non poteva permettersi di essere stonata, annunciò la fine delle lezioni. Quei pochi presenti erano già saltati fuori dall’aula. Miyon stava per seguirli quando si voltò verso Yoongi.
Il suo strano temperamento fece intendere che di sicuro la giornata non gli fosse incominciata col piede giusto.
Fiondatasi con prepotenza la tracolla sulla spalla, il ragazzo procedette a grandi falcate verso l’uscio. Nulla sarebbe stato in grado di fermarlo, ad eccezione della voce della professoressa chiamarlo solennemente per nome.
Miyon trovò saggio aspettarlo fuori in corridoio dove sarebbe stata poi raggiunta, si sperava, in tempi brevi. Con la schiena contro il muro sbuffava briosamente, fissando con bizzarro interesse la parete gemella di fronte.
Più il tempo scorreva, più Miyon era assalita da mille domande nel conoscere il motivo di quel banale sgarro: cos’era successo al talentuoso Min Yoongi, colui che non si concedeva mai di sbagliare? Che stesse magari attraversando un brutto periodo?
Non era certa su nulla, e proprio per questo era più che convinta a domandarglielo.  

-E sia più preparato la prossima volta, signor Min- udì all’apertura della porta.

Yoongi annuì con fare seccato, passando a testa bassa davanti la ragazza come se non esistesse. Ritornata nel mondo dei comuni mortali dal suo interminabile viaggio nella mente, Miyon gli corse incontro e lo tirò per la manica della felpa.

-Ehi! Aspetta tu- richiamò la sua attenzione.
Yoongi ruotò il bacino verso di lei, liberandosi malamente dalla salda stretta della compagna di corso.

-Che diamine vuoi?- la chewing-gum che aveva in bocca stava per volare al suo sbuffo.
Miyon reclinò di lato il capo, osservandolo confusa.

-Voglio restituire un favore- sollevò il mento, mostrando un’espressione altera.

-Quale favore? Non penso di avertene mai fatti per venire ricambiato- scrollò la testa, volgendosi dal lato opposto a quello di Miyon.

-Mi hai offerto il pranzo l’altra volta, adesso voglio ricambiare- incrociò le braccia al petto.
Yoongi ridacchiò spavaldo continuando a ruminare la gomma. La esaminò un attimo, avvicinandosi pericolosamente al suo naso.

-Beh, fai come vuoi... piccoletta- alzò un angolo della bocca mentre dalle sue narici usciva un improvviso getto di aria calda.
Aveva innegabilmente qualche rotella fuori posto, pensava, chissà se da piccolo aveva battuto la testa da qualche parte.


***


Alle tre del pomeriggio pranzarono insieme ai giardini vicino l’università. Ultimamente Miyon si appartava lì per pranzare il suo pasto a sacco, soprattutto durante giornate parzialmente soleggiate come quella.
Aperto il sacchetto del pranzo, Miyon porse al coetaneo uno dei suoi morbidi panini dolciastri conditi con wurstel e mostarda.

-Non dovevi offrirmi il pranzo?- domandò fintanto che il suo sguardo saltava qua e là dal panino al volto della ragazza.

-E’ proprio quello che sto facendo. Su, mangia- fece un abbondante boccone.

Chiuse gli occhi al primo morso, in estasi per colpa di quel sapore semplice ma sublime al tempo stesso. Guardandola, Yoongi aggrottò le sopracciglia, poi studiò il suo panino nel tentativo di comprendere se all’interno vi fosse stata messa qualche strana sostanza eccitante.
Scrollò le spalle e addentò la pagnottina, più soffice di un marshmallow.
Non aveva granché fame quel pomeriggio ma si sforzò comunque di mangiare, e di ringraziare anche, nonostante si fosse aspettato un pasto più decente per il suo palato fin troppo raffinato.

-Mi sembrava giusto pareggiare i conti così...- parlò dopo aver deglutito l’ennesimo morso.
L’altro sghignazzò.

-Ti fai troppi problemi, lo sai?- guardava dritto gli alberi di fronte a sé, senza concederle uno sguardo.

-Sono solo equa, ti ricordo. E anche se fosse, per me non sarebbe stato affatto un problema-
Era tale e quale a suo padre. Miyon addentò di nuovo il panino, da cui lati cominciava già a colare della mostarda.

-Da questa mattina sei un po’ strano... beh, non che non lo sia mai stato, ma oggi lo sei particolarmente. C’è per caso qualcosa che ti turba?-

Aveva esitato un po’ prima di porgli questa domanda, ma alla fine pensò che non aveva nulla da perdere.
Effettivamente, per caso, erano proprio molte cose a turbarlo: dal rapporto con la madre ai suoi conflitti interiori, dalla mancanza di affetto al rendimento universitario. Ma in fondo, pensò, Miyon era solo una sciocca ficcanaso che non avrebbe sicuramente compreso i suoi malesseri.

-Va tutto benissimo. E poi, se fosse il contrario, non parlerei di certo dei miei dilemmi esistenziali- si schiarì la voce portando un pugnetto davanti le labbra.

-Aaah! Quindi sono dilemmi esistenziali...- si voltò verso di lui ridacchiando.

-No, il punto è che... cioè, non... argh, lasciamo perdere- gesticolò concitatamente rischiando di far volare via il panino. Miyon sorrise e, sospirando, lasciò che la sua schiena si poggiasse sulla spalliera della panchina.

-Ti fai troppi problemi, lo sai?- appallottolò la carta stagnola e gliela tirò scherzosamente addosso.

Yoongi sobbalzò nel ritrovarsi lanciato contro la pallina argentata, non sapeva che occhiata rivolgerle. Fatto stava che comunque un sorriso non glielo strappò nessuno, e fu talmente spontaneo che Miyon se ne rese subito conto.

-E quel sorrisetto cos’era?- lo indicò con indice denunciante.
Quasi fosse intimidita, la bocca di Yoongi ritornò alla normalità, cancellando qualsiasi traccia della mezzaluna a trentadue denti che aveva formato sul suo viso.

-Di che parli? Non capisco- tirò su col naso, come era solito fare nei momenti di impaccio.

-Oh nulla-

Miyon ritornò a sedersi composta, sorridendo come non faceva da tempo. E ciò non passò inosservato agli occhi di Yoongi: a dirla tutta risultò abbastanza stupito da lei poiché, nonostante le insoddisfazioni dell’ultimo periodo, riusciva sempre a trovare il tempo e il modo per mostrare la brillantezza del suo sorriso.
Era la prima volta che Yoongi rimaneva affascinato dal carisma di una persona, soprattutto se quella stessa persona era simile a lui. Alla fin fine, pensava, Miyon non era poi una ragazza così male...




►Angolo autrice:
Buonasera a tutto il popolo di efp! Come potete vedere, anche questo sabato sono riuscita a pubblicare un altro pezzo di fanfiction ^^ Sebbene Miyon abbia avuto la possibilità di lasciare la Choi con un palmo di naso, ahimè, per Yoongi non è stato lo stesso con quell’esibizione - Yoongi-yah, devi andare a letto presto la sera o col cappio che rendi bene! -
Giustamente Miyon riesce sempre a prendere due piccioni con una fava: non solo restituisce un favore a Yoongi offrendogli il pranzo ma riesce anche a strappargli uno di quei sorrisi che non stanno mai sul volto del nostro pianista *w*
Stasera sono nel mood per spoilerare giusto qualcosina sul seguito, quiiiindi... vi aspetteranno un nuovo personaggio abbastanza simpatico (che ci farà ridere non poco con la sua follia - e no, per chi lo sperava, non è Taehyung -) e delle scene molto interessanti, da ship insomma (ooops *si tappa la bocca*)
BASTA. STO ZITTA ADESSO.
Ringrazio sempre di vero cuore chi segue (anche in silenzio)/recensisce/mette la storia fra le varie sezioni che offre il sito, sono davvero contenta che la ff piaccia! Ammetto che mi piacerebbe conoscere l’opinione di più persone riguardo allo sviluppo delle vicende, anche per sapere un po’ cosa ne pensate <3
Vi lascio con un dolce abbraccio coccoloso! Alla prossima~~


 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8~


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Il signor Lee era seduto in salotto a leggere il giornale sulla sua vecchia poltrona e ascoltava la figlia che suonava il violino nella sua stanza. Ripeteva la stessa melodia da una buona mezz’ora.
Le pareti di quella casa erano abbastanza sottili, per cui qualsiasi rumore poteva essere captato facilmente senza alcuno sforzo uditivo.
Da più di dieci minuti rimase con lo sguardo immerso in un punto preciso della pagina, a rileggere varie volte la stessa frase senza mai riuscire a recepirla. Fra pollice e indice teneva stretto l’angolo esterno del foglio continuando a muoverlo distrattamente a destra e a sinistra, ancora incredulo per via dell’incontro di quella metà mattina.
Fu inaspettato, come un fulmine a ciel sereno.
Conobbe Chongeun a ventisei anni in uno dei tanti bar della città, durante una giornata piovosa. Ricordava perfettamente l’espressione che lei fece alla vista del temporale, preoccupata perché sprovvista di ombrello. E ricordò bene la sua, al solo vedere una bellezza del genere rivelarsi ai suoi occhi.
Come poteva dimenticare i sorrisi e gli sguardi che condivisero? E i successivi baci che si scambiarono?
Certe cose non potevano essere cestinate sebbene Doyun avesse poi iniziato una nuova vita senza di lei.
Il suono del campanello destò l’uomo dai ricordi di una vita, portandolo chiaramente a sussultare e lanciare il giornale vicino ai piedi della poltrona.
Esercitata una lieve forza sulle ginocchia, si levò in piedi spingendosi con le mani contro i braccioli.

-Yoongi! Che piacere vederti di nuovo qui, accomodati!- lo accolse non appena aprì la porta. Il ragazzo era zuppo fradicio, il che stava a significare che la pioggia torrenziale non si era ancora arrestata.
Doyun gli offrì il suo aiuto, sfilandogli il lungo giubbotto di dosso e prendendo con sé il suo ombrello.

-La ringrazio. Dov’è Miyon?- domandò di fronte a un sorriso paterno.
Yoongi si rese conto della stupidità di quella domanda quando udì il violino provenire dalle stanze superiori. Il ragazzo si scosse i capelli, imbarazzato dalla sua stessa pateticità.

-Ah beh, la ringrazio per avermelo detto signor Lee- ridacchiò parlando con sarcasmo.
Doyun gli diede un colpetto sulla spalla, Yoongi c’era quasi abituato.

-Sali, forza. Ti sta aspettando da un po’...-

Si limitò a mandargli una risatina, ritornando poi alla postazione iniziale a godersi quel giornale ancora in fase di deciframento.
Yoongi galoppò con impeto su per le scale, causando degli strani cigolii che lo costrinsero a regolarizzare, anche se di poco, l’intensità dei passi. Fu solo quando arrivò in cima che venne deliziato da un incontro inaspettato: un ragazzo di almeno ventiquattro anni, scontrò il suo petto verso la spalla di Yoongi.
Decisamente più alto di lui poteva risultare la copia perfetta di T.O.P, se solo non avesse indossato quel paio di enormi lenti quadrate che alteravano le vere forme del viso.

-Hey amico... lo sai che non si corre nelle strettoie, vero? E’ contro il codice stradale, potresti beccarti una multa bella salata per l’infrazione che hai fatto- gli mostrò con l’indice la frase del libro che stava leggendo, inerente all’argomento.
Prima o poi Hyonsu avrebbe dovuto prendere la patente, no?

-Ehm... beh, non penso capiterà di nuovo. Anche perché non ho tutti questi soldi da buttare per pagarmi una multa- ridacchiò, concentrando il suo sguardo sui capelli a spazzola color ghiaccio di quello.
Di certo, quel ciuffo fluorescente era la prima cosa che dava all’occhio. Oltre la mastodontica montatura nera, ovvio.

-Ecco, tienilo a mente d’ora in poi. Ma... chi sei piuttosto, strano individuo che non ho mai visto?- chiuse il libro con uno scatto della mano, facendogli emettere un botto alquanto sonoro che fece scattare impercettibilmente il collo di Yoongi.

-Sono un compagno di corso di Miyon, devo aiutarla con le note di uno spartito... e, a proposito, mi starà aspettando quindi è meglio che tolga il disturbo- fece per oltrepassare Hyonsu, quando venne fermato da una mano sul petto.

-Ehi, ehi, ehi. Non vorrai mica entrare in camera sua, giusto? Che intenzioni hai?- parlò sottovoce esibendo uno sguardo da perfetto pervertito.
Yoongi era confuso: da quanta malizia poteva essere composta una scimmia decerebrata come lui?

-Hyonsu-yah, che caspita stai facendo? Lascialo stare e levati dalle palle, forza!-

Il crepitio inquietante della porta che si apriva introdusse la figura snella di Miyon, contrastata da un paio di enormi pantofole da eschimese.
Aveva smesso di suonare il violino non appena udì la voce del compagno, bloccato da quell’idiota del fratello.
Il ragazzo si fece da parte lasciando passare Yoongi, le cui guance erano leggermente arrossate.
Ci fu addirittura un momento in cui, scontrando lo sguardo con quello di Miyon, riuscì a sentire il sangue concentrarsi di getto sulle sue gote. Avrebbe potuto perfettamente far concorrenza ai termosifoni.

-Scusami se ti ha messo in imbarazzo, quel cretino non conosce il significato di ‘pudore’- chiuse la porta dietro di sé, invitando Yoongi a sedersi alla scrivania.

-Figurati, non è nulla... come mai stavi eseguendo di nuovo la melodia di stamattina?-

-Beh, meglio tenersi allenati non credi? Ora aiutami con queste note...-

Il foglio gli si presentò sotto gli occhi strisciando sonoramente sulla liscia superficie di legno: esso mostrava segni di cancellature dappertutto, con abbozzi di note scritti qua e là nei lati liberi dello spartito.
Impugnata la matita, Yoongi si dilettò a correggere i molteplici errori commessi da Miyon. 

-Questo è un fa diesis, e questo invece è un si bemolle signorina Lee... non mi aspettavo tutti questi errori da una che fa già conservatorio da tre anni- imitò la voce da cornacchia aggraziata della Choi, provocando delle sonanti risa nella ragazza.

-Che cosa c’è? Come mai ridi così tanto?- si voltò verso lei, corrugando la fronte confuso.

-Per la vocina, mi uccide- cercò di dire in mezzo alle tutte quelle risate, che la costringevano a fermarsi per riprendere quel minimo di aria sufficiente per parlare.

-Hai la risata facile tu, ridi con molto poco- la frangetta scura cadde di nuovo verso il basso, coprendo i suoi stretti occhi a mandorla immersi nello spartito.
Dietro di lui le risa di Miyon andavano affievolendosi. Si era concentrata sulla pelliccia della pantofola, accarezzandola contropelo per non rimanere con le mani in mano.

-Tu invece non ridi mai- balbettò sottovoce sperando che non la sentisse.
Ciò che ottenne fu l’effetto contrario. Era risaputo come Yoongi fosse noto al suo corso, non solo per le sue doti musicali al piano ma anche per l’udito supersonico che si ritrovava fin dalla nascita.

-Ridere non serve a niente, è... è stupido-
Miyon emise uno sbuffo dal naso.

-Sai, pensavo anch’io la stessa cosa quando è morta mia madre. Pensavo: “A cosa serve ridere quando non hai più accanto chi amavi di più? E’ inutile”... ma mi sbagliavo. Fu proprio una risata a farmi ritrovare la voglia di vivere, a non farmi desiderare di buttarmi giù da una finestra, a farmi rendere conto che la vita va avanti nonostante tutto. E’ grazie a quella risata che io sono qui adesso- si lasciò scappare un sospiro.

Miyon non si era mai aperta con nessuno su questo argomento, Yoongi era stato l’unico suo confidente, doveva sentirsi onorato. In fondo, non è mica da tutti rivelare i propri tormenti interiori, soprattutto se questi si ricollegavano a vecchi e assillanti pensieri suicidi.
La sua risposta fu in grado di spiazzarlo sul serio: si era reso conto della veridicità delle sue parole e, inoltre, del fatto che non la conoscesse affatto. Chi poteva sapere che quella ragazza con la testa per aria, secchiona, apatica e asociale, avesse avuto l’inferno fuori e dentro se stessa?
Quanto sbagliava Yoongi a etichettare le persone senza conoscerle a fondo, è sempre stato uno dei suoi più brutti vizi.
Il ragazzo la guardò, atterrito e senza nulla da dire.

-...perché mi stai dicendo queste cose? Insomma, sono particolari della tua vita che io non dovrei sapere-

-Perché provo fiducia nei tuoi confronti. Inspiegabile detto da me, ma è così-prese a mangiucchiarsi un’unghia spizzicata.

Yoongi era ancora più sbigottito: come faceva a provare fiducia in lui quando questi non l’aveva nemmeno in se stesso? La loro conversazione venne interrotta da tre rapidi colpetti contro la porta.

-E’ permesso? Fa freddino oggi, così ho pensato di prepararvi questa... buona merenda!-

Dalla lieve apertura fra la porta e lo stipite fuoriuscì un vassoio in ferro battuto recante due tazze fumanti di abbondante cioccolata calda. Doyun lo reggeva saldamente su una mano, mentre con l’altra agitava il pacchetto di marshmallows.
Poggiò attentamente il carico sulla scrivania e andò fuori dalla stanza. Mentre richiudeva la porta alle sue spalle si sentì chiaramente Hyonsu richiedere al padre la sua terza tazza di cioccolata.

-Serviti pure, Yoongi- afferrò per il manico la tazza bollente.

Sicuramente temeva che la cioccolata rovente potesse attaccarlo, e forse fu proprio per questo il motivo per cui si limitò a tirare il vassoio verso di sé col solo uso degli indici. Yoongi ora la guardava con circospetta ammirazione gustarsi la bevanda, mentre vi intingeva dentro quei bianchi cubetti gommosi.
Fece per imitarla a sua volta, avvicinandosi rischiosamente alla tazza. Giusto nell’esatto momento in cui il bordo toccò la sua bocca per lasciarvi scivolare la mistura densa, si scottò malamente il labbro avendo dimenticato di soffiare.
Yoongi sussultò, allontanando di scatto la tazza dalla sua faccia.

-Aish, lo sapevo! Dannazione!- raddrizzò la schiena, emettendo delle urla sorde per via delle mani davanti il mento.

-Oh cielo! Yoongi, va tutto bene?-

Posò la tazza mezza vuota sulla scrivania, poi si catapultò verso il ragazzo scombinandogli la barriera che aveva creato con le dita. Esaminò accuratamente il labbro, rosso e certamente pulsante per l’eccessivo calore. Allungò un dito esile verso di esso, tastandolo delicatamente: era così morbido e liscio, proprio come un marshmallow.
Solo l’attimo in cui le labbra di Yoongi si schiusero, Miyon realizzò cosa stesse realmente facendo. Di certo gli sguardi di entrambi non erano dei migliori, dato l’imbarazzo che li invadeva.
Si ritirò di scatto a testa china, portandosi a sedere sulla sedia. Le sue mani sfregavano avanti e indietro su per le cosce, cercando di liberarsi dal sudore.

-V-vado a prendere un po’ d’acqua fresca- disse, alzandosi rapidamente per divincolarsi dalle sue occhiate.

Un attimo dopo Yoongi la guardò avviarsi verso l’uscio, poi si voltò a fissare il vuoto. Come era potuto succedere? Per un po’ ebbe una curiosa sensazione di disequilibrio all’addome, solo non ci fece molto caso fino a quell’istante, il momento in cui avvenne il contatto fra il dito di Miyon e il suo labbro scottato.
Poteva essere possibile una cosa del genere? Pensò. Non immaginava che potesse sentirsi disorientato al solo scontrare lo sguardo di Miyon. E non immaginava nemmeno che la pressione sanguigna potesse aumentargli tutt’assieme diventando una considerevole minaccia per le sue coronarie.
Si sentiva stordito, era come se qualcosa l’avesse colpito dritto sulla nuca.
Ignorava il perché di quelle strane sensazioni, fatto stava che non era più lo stesso di prima.





►Angolo autrice:
Annyeong popolo! La zombie è vivaaaa (ogni riferimento a Frankenstein è puramente casuale ahaha)
Io vi avevo avvertito che ci sarebbero state scene da vera e propria ship ahah non so quanti di voi abbiano sclerato al solo leggerla e quanto abbiano sperato anche in un innocente bacino a stampo, solo chiedo profondamente mianhae uwu meeeh era giusto così, insomma, si stanno appena conoscendo *le spunta l’aureola sopra la testa* Abbiate solo un po’ di pazienza, arriveranno scene migliori (e intrecci/situazioni da pazzi – consideratelo come altro spoiler ahha)
Non mi dilungherò oltre con il messaggio, anche perché ho molti compiti da svolgere e il tempo purtroppo scorre e scarseggia TwT
Fatemi sapere che ne pensate (ovviamente gli scleri sono ben accetti xD)
Al prossimo aggiornamento! Fighting!



 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9~


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Superata la soglia della sua camera diede una rapida occhiata intorno, scuotendo la testa.
Miyon scese le scale con sguardo perso nel vuoto, sinonimo del fatto che stesse ancora sovrappensiero.
Giunta in cucina si imbatté nella figura del padre, che canticchiava indaffarato davanti ai fornelli melodie inventate sul momento. Le venne da ridere al solo accorgersi di un cappello da chef bianco innalzarsi sulla sua testa scura: non gliel’aveva mai visto usare prima d’ora, il che le fece domandare da dove potesse essere sbucato quel bizzarro copricapo.
Si diresse verso il frigorifero fintanto che le suole delle ciabatte strisciavano vivacemente sul pavimento. Afferrò la maniglia d’acciaio e si bloccò per un istante: non riusciva ancora a credere a quello che aveva appena fatto, cosa diamine le era saltato in testa? Era stata una sciocca, pensò.
Impugnata la bottiglia di vetro, lasciò che l’acqua ghiacciata scorresse rapida verso il bicchiere.
Adesso sarebbe riuscita a guardare di nuovo Yoongi negli occhi e far finta che nulla sia accaduto?

-Yoongi... ti ho portato l’acqua-sbucò dalla porta socchiusa della sua stanza. Ritrovò il ragazzo ad annuire, mugugnando qualcosa di incomprensibile.

-Non ce n’è bisogno... mi è quasi passato ormai- disse con fare distante, muovendo la matita a destra e a manca sullo spartito di poco fa.

-Quasi, infatti. Non fare storie e prendi, è solo acqua- gli mise il bicchiere di plastica davanti agli occhi per fare in modo che lo notasse.

Yoongi non parlò, bensì si limitò ad allungare la mano di fronte a sé per afferrare l’oggetto.
Il silenzio mise Miyon in una situazione di forte disagio, così iniziò a gettar fuori a raffica ossigeno e parole.

-Papà sta già preparando la cena... stasera bibimbap*!- esclamò con finta euforia, agitando le mani all’altezza dello stomaco.

-Non rimarrò stavolta- affermò con tono scostante, fintanto che le sue labbra si staccavano dal bordo del bicchiere. Effettivamente... come poteva dopo essersi sentito in quel modo? Miyon cominciò a balbettare.

-E tu me lo dici così, all’improvviso?- sgranò gli occhi, alzando il tono della voce.
Era più che palese il fatto che Miyon volesse che restasse, sebbene avesse fatto una colossale figura di merda.

-Perché? C’è qualche problema?- la prese in contropiede.

-Beh...- si torturò le dita delle mani.

-In verità sì! Mio padre ha preparato anche per te... ti sembra corretto andartene quindi?-

Yoongi si guardò i piedi. Curioso come le macchie essiccate di fango sul tessuto spugnoso delle sue scarpe risultassero inspiegabilmente interessanti di punto in bianco. Alzò lo sguardo all’altezza della scrivania senza muovere il collo di un millimetro.

-Ok, d’accordo. Hai vinto- si arrese, scrollando le spalle mentre emetteva uno sbuffo. Sì beh, per tutte quelle soffiate ormai Yoongi era stato classificato come una locomotiva a vapore.

Odiava ammettere che Miyon avesse ragione e che, in fondo, il suo comportamento avrebbe potuto nuocere moralmente sia a lei che a suo padre. Miyon mosse il braccio come stesse azionando la marcia di un auto, accompagnando il gesto con un ‘si’ euforico urlato sottovoce. Dovette arrestare il suo entusiasmo non appena le occhiate confuse di Yoongi la colpirono in pieno.

-Scusa ma... sai, amo avere ragione- esibì un sorriso a trentadue denti. La sua pelle era talmente tesa che sembrava avesse fatto un lifting.

-Non ti biasimo, sono così anch’io in fondo quindi... ti capisco-

Quel suo modo atono di risponderle le diede un certo fastidio che faticò ad abbandonare il suo corpo.


***


Dopo che la cena fu pronta e la famiglia riunita, Miyon si ritrovò circondata dalle prelibatezze preparate da Doyun, che riempivano almeno due terzi della superficie del tavolo. Era già alla seconda porzione di bibimbap, e ancora nessuno aveva proferito parola se non un usuale “buon appetito”.
Lei e Yoongi, posti l’uno di fronte all’altra, si limitavano a scambiarsi occhiate furtive, quando al contempo Hyonsu ruminava a più non posso in sottofondo.
Ci fece caso solo dopo, ma ebbe come la sensazione che si sentisse vulnerabile ogni qual volta veniva fissata, anche se per poche manciate di secondi.
Quella sera, mentre mangiava, la sua mente passava saltellando dalla realtà alle più svariate dimensioni extracorporee, non riusciva a frenare in alcun modo i suoi pensieri e le sue emozioni.
Notò subito il modo che ebbe di rapportarsi con Yoongi, quel pomeriggio, e si accorse benissimo dei cambi d’umore di questi quanto di lei stessa dopo l’incidente con la cioccolata.

-Senti papà, mi passeresti la pentola? Vorrei altro bibimbap- domandò Hyonsu che, atteggiandosi a perfetto cucciolone qual era, prese a muovere alternativamente i polpacci avanti e indietro strisciando le ciabatte sotto al tavolo.
Il suo sorriso retto e il delicato tono di voce alludevano più alla figura di un bambino di tre anni, che di un ragazzo di ventiquattro.

-Ma figliolo, ne hai già mangiate tre porzioni... di questo passo finirai per diventare come tuo zio Jiho-

Fratello più grande di Doyun, Jiho era noto per la sua straordinaria robustezza, tanto che molte volte venne scambiato dalla gente per un lottatore di sumo professionista. Non somigliava affatto al minore, difatti varie volte si chiese se fosse stato adottato o meno.
Hyonsu si alzò da tavola e si diresse in camera sua, dove almeno avrebbe sprecato quelle eccessive calorie appena acquisite stando in tensione davanti alla xbox. Di certo, i suoi pollici erano sempre in perfetta forma.

-Allora Yoongi... è buono?- Doyun mosse in avanti il capo, indicando al giovane la pietanza sotto al suo naso.

-Assolutamente. Nemmeno mia madre cucina così bene, a dir la verità-

-Suvvia figliolo, non si sminuisce mai la cucina di una signora- afferrò un tocchetto di pollo con le bacchette, immergendolo nella mistura di pasta di peperoncino e soia.

-Mi piacerebbe conoscere tua madre, sono ansiosa di sapere se il suo modo di cucinare sia così cattivo come affermi- si intromise Miyon.
Guardava la sua ciotola mentre parlava, intenta a portarne da un lato all’altro alcuni pezzi di verdure a cubetti.

-Non si è mai dedicata a fare piatti decenti, delegava i pasti da preparare sempre e solo a mia nonna-

-Magari non aveva tempo per via del lavoro- ribatté la ragazza, prendendo le difese di una donna che nemmeno conosceva.
Le piaceva punzecchiarlo così, dopo i modi freddi e irrispettosi che aveva usato con lei. Insomma, non l’aveva nemmeno ringraziata.

-Sì, molto probabile- fece un mezzo sorriso tirato, visibilmente irritato dalla sfacciataggine di Miyon.
Era a dir poco soddisfatta del suo atteggiamento, lo stava ripagando con la sua stessa arroganza.

Nel bel mezzo di quella conversazione divertente per Miyon e sgradevole per Yoongi, una suoneria familiare si palesò all’improvviso. Proveniva dal cellulare del ragazzo, posto sul tavolo fra lui e Doyun. Lo schermo illuminato mise in risalto il nome del mittente telefonico con annessa immagine di riconoscimento. Benché non fosse nella sua natura spiare la privacy altrui, Doyun lanciò senza farci caso una rapida occhiata allo smartphone di Yoongi, quanto gli bastasse per confondersi le idee.
Sbiancò non appena  vide il nome “Chongeun” apparirvi su insieme alla fotografia che la ritraeva, sicuramente, in uno di quei bar di lusso dove era solita andare sin dai tempi d’oro. Non aveva perso l’abitudine a quanto pareva.
Un pezzo di uovo gli andò di traverso, portandolo a spingersi in avanti.

-D’accordo, sto arrivando- furono le uniche parole che Doyun riuscì a sentire prima che Yoongi chiudesse la telefonata. Era troppo occupato a peregrinare in mezzo ai suoi stessi pensieri per assistere all’intera conversazione.

-Sono dispiaciuto, ma devo lasciarvi. Mia madre ha bisogno del mio aiuto, non sta tanto bene...- si alzò in piedi, inchinandosi verso il piatto quasi vuoto. Doyun aveva le lacrime agli occhi, si era soffocato di brutto.

-N-non ti preoccupare Yoongi, vai pure...- dovette fermarsi per non far risaltare la sua balbuzie inaspettata. Il ragazzo fece per spostare la sedia all’indietro quando l’uomo lo bloccò.

-Aspetta, aspetta... portale del bibimbap, ne è avanzato un po’- esclamò fiondandosi verso la pentola posta sopra i fornelli.

-La ringrazio del pensiero ma... ecco, finirebbe per farla star male di più- espose il problema con la massima discrezione.

-Capisco benissimo figliolo, non fa niente. Mi auguro tua madre possa riprendersi presto- si sedette sospirando, agitando una mano di fronte a lui per far cenno alla figlia di accompagnarlo.

Miyon annuì semplicemente, sebbene avesse avvertito delle strane vibrazioni da parte di suo padre. Sembrava avesse visto un fantasma, era visibilmente impallidito. E la cosa a Miyon puzzava non poco.




N/B*: il bibimbap è la tipica pietanza coreana fatta con bap e verdure, a volte anche con uova e carne di manzo o pollo con l’aggiunta di pasta di peperoncino, olio di semi di sesamo, salsa o pasta di soia.







►Angolo autrice:
Ave a tutto il popolo di EFP ahha dopo una settimana ho pubblicato il tanto atteso seguito ^^ no, non me la prendo comoda, tutta colpa della scuola TwT *indica con dito accusatore*
Come avrete visto le cose si stanno facendo piuttosto interessanti... penso che qualcuno abbia già capito la situazione contorta che si è venuta a creare (e beh, vi dico non sarà semplice risolverla purtroppo---).
Yoongi e Miyon sembra stiano cambiando opinione l’uno dell’altra e ogni volta vengono pervasi da strane sensazioni, a quanto pare mai provate prima d’ora da nessuno dei due. In aggiunta, anche Doyun inizia con l’ansia e i problemi mentali non sono lontani da raggiungere >.> (ops, ho spoilerato--- ma va beh, era quasi ovvio, no?).
Ammetto che il capitolo sarebbe dovuto risultare un po’ più lunghetto del solito ma per mancanza di tempo non sono proprio riuscita, chiedo venia TwT mi auguro sia stato di vostro gradimento! Ovviamente, se trovate qualche erroraccio - anche solo di battitura - non esitate a farmelo notare xD
Detto ciò passo e chiudo, e ne approfitto per mandare un grande grazie a tutti coloro che seguono/recensiscono/eccetera *w*
Nel prossimo capitolo accadrà qualcosa che vi sconvolgerà non poco, so stay tuned! \^o^/ 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10~


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Nonostante la sera prima Yoongi avesse chiuso del tutto la persiana dell’abbaino, la mattina seguente venne svegliato comunque da quel poco bagliore che filtrava attraverso di essa. Gli parve strano come fosse diventato così sensibile al minimo fascio di luce ma, pensandoci, poteva essere sono una conseguenza del suo stato di dormiveglia adottato durante tutto l’arco della nottata.
D’accordo, lo ammetteva, aveva pensato incessantemente a Miyon.
Rivisse mille volte quell’attimo tutta la notte, la sua mente aveva riprodotto la stessa scena come fosse una gif. Finiva e iniziava di nuovo. E Yoongi non ne era mai stanco.
Ultimamente, e più precisamente da quando conobbe Miyon, sapeva di star provando emozioni strane, assai nuove per lui, e di star cambiando interiormente. Ma non ci diede peso fino a quel momento accaduto il pomeriggio precedente.

Era ancora sdraiato supino sul letto, ad osservare il tetto a spiovente sopra di sé. Gli era stata affidata quella stanzina da quando si trasferì in quella casa, due anni addietro. Sua madre si impossessò della stanza migliore, con un tetto normale per il quale non bisognava stare attenti nel non sbatterci la testa contro,  mentre lui dovette godere del comfort di quella lurida topaia striminzita.
Precisiamo: che fosse una topaia era certo, ma era ancora più certo il fatto che non fosse così lurida e striminzita prima che arrivasse Yoongi col suo disordine cronico.

Stropicciò gli occhi un paio di volte, mettendo bene a fuoco, e si stirò languidamente, come un gatto.
Si sniffò un po’ dappertutto e, con una spinta della schiena si ritrovò in posizione eretta, causando di botto un repentino capogiro.
Dopo una doccia sotto un potente fiotto d’acqua adeguatamente calda, Yoongi si infilò jeans e felpa e si diresse verso la specchiera posta sopra il lavandino. Stette a contemplare il suo stesso riflesso per qualche secondo, cercando di capire cosa dovesse cambiare del suo aspetto quella mattina.
A parte un lieve morso di zanzara sotto l’orecchio, non trovò nulla di particolarmente disastroso se non i suoi capelli, cui ciocche scombinate dipartivano verso l’alto.
Scosse animatamente la matassa con la mano, lasciando solo qualche ciuffetto rialzato qua e là.
Beh sì, per lui quello significava avere i capelli perfettamente a posto, come le persone comuni.
Ma si sa, lui non era una persona classificabile come “comune”.

Indossati gli scarponi si precipitò giù per le scale e, con solo mezza tazza di latte freddo nello stomaco, si fiondò in strada. Di solito non saltava mai la colazione ma quell’inizio di giornata aveva fatto un tantino tardi, per cui la sua nutrizione mattutina dovette passare in secondo piano.
Doveva solo resistere fino alle sei del pomeriggio, pensava in preda a costanti attacchi di fame. In fondo, dieci ore di digiuno non erano chissà quanto, rifletté.
Camminando per le strade si rese conto della madornale cavolata che aveva commesso nel non prendere la metro. Voleva risparmiare, si diceva spesso. Fatto stava che il freddo gli stava distruggendo le articolazioni.
Col fiatone in corpo raggiunse finalmente l’edificio universitario.
Tutto ciò che lo circondava, come lui stesso d’altronde, si era completamente fermato quando apparve la figura di Miyon. Stava raggiungendo i cancelli, il che significava che era appena arrivata.

-Miyon!- le venne incontro agitando il braccio.
Mentre correva, la pesante borsa a tracolla sbatteva incessantemente contro la sua coscia.

-Salve Usain Bolt! Oggi di corsa?- domandò, riservandogli un’occhiata gelida.
Rimase a guardare la mano di Yoongi ancora posata sulla sua spalla fin quando questi non la ritirò del tutto, portandola sulla coscia per massaggiarla.

-Ho fatto tardi stamattina- si passò la mano sulla nuca, coperta dal solito cappellino di lana in grado di mimetizzarsi con la chioma scura.

-Tardi? Non ricordavi oggi si entrasse un’ora dopo? Facevano disinfestazione...- alzò un sopracciglio, guardandolo dall’alto in basso.
Già, disinfestazione dopo due mesi dal famoso assalto ai bagni da parte di un esercito di scarafaggi.

-Caspita, è vero... che idiota-

Miyon voleva applaudirgli davanti, solo per essersi dato dell’idiota da solo. Non era mica spettacolo di tutti i giorni vedere Yoongi offendersi con nonchalance.
Il suo stomaco emise dei forti brontolii, i quali fecero sì che il ragazzo vi portasse una mano su. Pensava che l’avrebbe fatto zittire, ma a quanto pare il suo gesto accentuò di molto la sua voglia matta di mettere qualcosa sotto i denti.

-Immagino non abbia fatto colazione- si limitò a dire Miyon, lanciando un’occhiata alla sua pancia.

-No... cioè, sì. Ho bevuto mezzo bicchiere di latte. Freddo-

-E questa me la chiami “colazione”?-

Certo che ridursi in quelle condizioni d’inverno non giovava affatto. Chi con un po’ di sale in zucca berrebbe del latte appena uscito dal frigo in giornate fredde come quella?
Miyon diede un occhiata all’orario, poi afferrò il ragazzo per il polso.

-Vieni con me tu- lo trascinò malamente dietro di sé.

Yoongi non comprendeva il perché di quel gesto così inaspettato, il contatto della mano col polso lo fece inebriare. Tanto che non capì più nulla per i successivi cinque minuti. La sua mente intorpidita si svegliò solamente dopo che il ragazzo ebbe avvertito vari odori dolciastri farsi spazio sotto al suo naso.
Miyon entrò con impeto nel coffee shop, scaraventando Yoongi con la faccia davanti al bancone.

-Ok, scegli cosa ti va- lo fece passare davanti a lei, rimanendo poi a braccia conserte.

-Sei strana oggi, che ha messo tuo padre in quel bibimbap ieri?-

-Poche storie, muoviti- agitò la mano davanti al suo viso.

Rimase piuttosto perplesso nell’accorgersi del singolare atteggiamento di Miyon, che in quel momento stava scrutando la vetrina con le specialità dolciarie appena sfornate.
Una volta scelto il pasto da consumare, si diressero entrambi al primo tavolo che gli capitò di fronte.

-Buona colazione allora!-

Non ci pensò due volte che Miyon si fiondò sul muffin, lasciandogli un morso più grande di quello di un piranha. Yoongi prese a sorseggiare il suo cappuccino mentre riservava occhiate intimidite alla ragazza, ritrovatasi a guardare fuori dalla grande finestra in vetro.

-Non ti capisco, Miyon. Perché ti comporti in questo modo?- chiese improvvisamente il ragazzo dietro alla sua amata bevanda.
Fu proprio in quel momento che la giovane si chiese come le fosse venuto in mente di portarsi dietro Yoongi. Solo in seguito però si ricordò il motivo di quel gesto.

-Semplicemente perché oggi la Choi vuole fare delle mini verifiche e voglio che tu sia preparato. Ho fatto già tante figuracce ad inizio quadrimestre, e non ho intenzione di continuare a farne- sembrava che Miyon ci provasse piacere a non degnarlo di uno sguardo. Mise l’accento sull’ultima frase, quasi fosse un’intimidazione.

-Capisco... cavolo, come sei raggelante- corrugò la fronte in un’espressione sconvolta.

-Da quale pulpito viene la predica. Dai sbrigati, o faremo davvero tardi-


***


-Devo ammetterlo ragazzi: credevo che la prova sarebbe stata un fiasco colossale, ma a quanto pare mi sbagliavo- parlò la signorina Choi con fare sorpreso:-Penso che avrò molte cose positive da dire alla riunione-

La donna, dai capelli tirati su con una vecchia bacchettina in legno, si riferiva a una riunione straordinaria coi genitori dei frequentatori del suo corso. Sebbene questo genere di cose dovessero rimanere solo ed esclusivamente all’interno di ambienti scolastici di grado inferiore a quelli universitari, venne stranamente fatta eccezione.
Magari perché quell’università era un’eccezione di per sé. O magari ancora, perché la nostra cara professoressa voleva semplicemente provarci con qualcuno più grande dei suoi studenti... e di lei stessa.  

-Fantastico...- biascicò Yoongi sottovoce, portandosi una mano alla fronte.

-Potremmo sapere quando si terrà la riunione, professoressa?- una voce si alzò dal fondo dell’aula.

Strano come coloro che pensavi non esistessero, in realtà esistevano eccome. Quella ragazza, Eunchoo, era la più timida della loro classe, non parlava quasi mai. Miyon frenò i suoi complessi mentali nel capire come avesse potuto proferire parola quando vide questa dedicare un’occhiata carina a un altro giovane. Era più che chiaro che quello fosse stato un ottimo modo per mettersi in risalto.

-Dopodomani, signorina Kim-

Miyon si rasserenò d’un tratto, espirando una grande massa d’aria. Ciò significava che avrebbe avuto un po’ di tempo da dedicare a sé stessa. Avrebbe solo dovuto allenarsi ogni tanto, giusto quel poco che serviva per non dimenticare i progressi raggiunti.
La solita campanella stridente, la solita fine delle lezioni.

-Miyon, aspetta un secondo!- Yoongi afferrò la tracolla e raggiunse la ragazza, che aveva già messo piede fuori dalla grande aula.

-Che cosa c’è adesso? Vuoi che ti dica che sei stato bravo? Va bene, lo sei stato. Ora evapora-

-Non era questo il motivo per cui ti ho fermata, non elemosino complimenti tirandoli con le tenaglie...- si fermò d’un tratto sotto lo sguardo indagatore di Miyon.

-E allora di che si tratta? Sbrigati, o farò tardi a casa- batté ritmicamente un piede contro il pavimento lucido.

-Pensavo... dato che, tecnicamente, siamo più liberi in questi giorni... beh, mi chiedevo...- calò la testa per strofinarsi la nuca.
Miyon lo guardò, con uno sguardo in bilico fra la perplessità e il panico.

-Insomma, vuoi uscire con me?-








►Angolo autrice:
Ave popolo! Perdonate la mia lunga assenza ma si sa, la scuola rompe fin troppo – così tanto da farti dimenticare di avere una vita all’infuori dei libri p.p Btw, sono contenta di essere finalmente riuscita ad aggiornare la storia, da qui in poi ne vedremo delle belle da tutti i punti di vista *si strofina le mani con fare malvagio* Spero che questo frammento – non molto lungo, me ne rendo conto – vi sia piaciuto! Ringrazio sempre tantissimo chi mi ha seguita fino ad ora, spronandomi ad andare avanti e fare ogni giorno (beh, si fa per dire ahah dannato studio) del mio meglio; grazie anche a chi recensisce e mette la storia fra le varie sezioni del sito, significa molto per me!
Detto questo vado, il mio tempo libero è scaduto purtroppo – matematica mi sta uccidendo TwT
Vi aspetto in tanti a leggere e recensire, mi farebbe piacere sentire pareri sempre più diversi!
As always... fighting!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11~


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Yoongi osservò gli ultimi passeggeri salire sul mezzo prima che questi ripartisse. Ebbene, finalmente si era deciso a prendere quella dannata metro. Al diavolo il risparmio, pensò quando fece il biglietto.
Il suo sguardo scorreva insieme alle pareti della galleria fuori dal finestrino.
Chiunque gli riservasse un’occhiata dentro l’abitacolo, era pervaso da pensieri come “questo qui ha qualche rotella fuori posto” oppure “è normale che guardi un muro passargli davanti a velocità?”.
Non stava guardando proprio niente Yoongi, era solo immerso nei meandri più tenebrosi della sua mente. Forse aveva capito male quando Miyon accettò il suo invito.
Ma comunque era inutile rimuginarci su, visto che stava raggiungendola al centro città.
Messo piede fuori dal treno, fece qualche giro di perlustrazione, poi si diresse verso l’uscita. Era lì allora che l’avrebbe aspettato Miyon.

-Era ora! Come mai sei arrivato così tardi?- gli domandò sospirando.
Il suo respiro si condensava davanti la sua faccia in tante piccole nuvolette di vapore bianche.

-Il treno ha ritardato un po’. Allora, andiamo?- le offrì galantemente il suo braccio.

Sgranò gli occhi di punto in bianco non appena si accorse del gesto. Di certo Miyon era sorpresa quanto lui, e la sua faccia parlava più della sua bocca. Benché fuori dominasse il caos più sovrumano, fra i due prevaleva solo silenzio. Inutile dire che non fosse imbarazzante.

-Come va?- chiese Yoongi per rompere il ghiaccio.

-Bene, credo. Tu puoi dirmi la stessa cosa?- si voltò verso il ragazzo. Fissava ancora per terra.

-Certo, sì, anch’io sto bene. Benissimo-

Bugia, col cavolo che stava bene. Il nervosismo lo stava divorando vivo, ma lui non voleva ammetterlo. Non poteva ammetterlo.

-Sono contenta. Dove si va?-

-Beh, non so. Sai, non mi piace organizzare le uscite prima... sono dell’idea che è meglio provare il brivido della scoperta-

Altra bugia. A dire il vero, Yoongi non era mai uscito prima d’ora con una ragazza. Il minimo che poté fare fu pararsi il culo con un’emerita menzogna che non si addiceva affatto a lui.

-Interessante. Allora perché non entriamo qui?-

Miyon alzò un braccio e con un dito puntò la libreria alla sua destra. L’avevano aperta da poco ed era curiosa di entrarci, essendo nei paraggi come poteva non approfittarne? Un cenno di approvazione seguì la sua domanda e quattro piedi si mossero in concomitanza verso il negozio.
Varcata la soglia si rimaneva inebriati dal profumo di carta fresca di stampa e del legno laccato degli scaffali e del parquet. Nulla esisteva di meglio al mondo che ammirare con dedizione ogni singolo ripiano, tappezzato di libri di vario genere talmente perfetti esteticamente che toccarli diventava persino un sacrilegio.
Quel luogo si rivelò essere il paradiso perfetto di entrambi, visto che la sezione musicale era appena a pochi passi dall’ingresso: spartiti e strumenti inondavano l’ampio locale secondario, emanante odore di lavanda e gelsomino proveniente da alcune candele profumate vicino alla cassa.

-Un giorno riuscirò ad averlo anch’io- Miyon accarezzò delicatamente un violino in esposizione, catturando l’attenzione del ragazzo.

-Sarebbe meraviglioso avere uno strumento che possegga solo le mie impronte e le mie emozioni-

Per chi non lo sapesse, si riferiva al fatto che il suo attuale violino le era stato, come dire, ereditato. Il suo vecchio proprietario era una cugina di terzo grado della buon’anima di sua madre. Quando venne a sapere che Miyon avrebbe frequentato il conservatorio per diventare violinista non ci pensò due volte e cederle quel pezzo dei suoi ricordi. Quella donna non l’avrebbe fatto se non avesse avuto a cuore la cugina e sua figlia.
Yoongi la guardò, mostrando un lieve sorriso involontario.
La ragazza lo notò eccome, e si accorse anche del suo sguardo vitreo e immobile, che la stava un pochino mettendo in soggezione. Il corvino riflessato blu scosse la testa, rimettendosi a guardare gli spartiti che aveva in mano.

-Ehm, beh... già, sarebbe bello. Sai che soddisfazione!- quasi balbettò non appena venne scoperto.

-E tu cosa vorresti avere?- chinò il capo da un lato, accompagnata dai suoi capelli castani.

Yoongi si bloccò improvvisamente davanti ai fogli. Quella frase l’ha sempre odiata: fin da piccolo gliela ripeteva spesso sua madre, per sapere cosa desiderasse davvero. L’unica cosa che voleva era un padre che lo amasse, e questo sua madre gliel’aveva promesso.
Purtroppo quello fu un giuramento vano, dato che fino a quel momento erano ancora in due in quella stupida casa. Se l’era augurato mille volte, ma col tempo questa sua speranza prese a decrescere vertiginosamente. Si era reso conto che era sempre stato illuso.

-Nulla. Non voglio nulla- si limitò a risponderle, ritornando ad adoperare i suoi modi scostanti.

-Non ci credo. Secondo me vorresti quegli spartiti, ci armeggi da dieci minuti buoni- Yoongi scosse la testa, guardandola incredulo.
In effetti, voleva risparmiare proprio per riuscire a comprare nuove melodie da eseguire, dato che quelle che aveva in casa gli stavano già dando noia a forza di ripeterle millemila volte.

-Credimi, non mi interessano in realtà- scrollò le spalle alla fine, cercando di non far trapelare alcuna emozione dal suo corpo.

Perché si, a volte, se non si conteneva a dovere, poteva diventare uno scolapasta e filtrare le sue emozioni all’esterno. Anche se in fondo bisognava ammettere che non gli sarebbe dispiaciuto affatto, se solo avesse avuto qualcuno che l’avesse aiutato a riversarle fuori. Impensabile come qualcuno possa avere ancora la capacità di tenersi dentro i tormenti di una vita intera.
D’improvviso poggiò gli spartiti su uno sgabello e uscì di fretta e furia, giustificando la sua corsa con un “devo uscire un attimo”.

Fuori faceva un freddo bestiale, ma nessun luogo era più freddo del cuore di Yoongi, anestetizzato del tutto da tempo ormai immemore. Una mano toccò la sua spalla, facendolo voltare.
Era Miyon.
Miyon.
Quella dolce visione in grado di risanare una vecchia ferita con un solo sguardo.

-Va tutto bene? Ti ho... ti ho preso questo, spero ti piaccia- agitò una busta davanti il volto del giovane, felice come una pasqua. Yoongi la prese in mano, poi guardò Miyon.

-Suvvia, che aspetti? Aprila- lo esortò esultante.

Sebbene conoscesse già il contenuto della busta, la accontentò ugualmente, solo per il piacere di prolungare la durata del suo sorriso. Fuori dalla confezione di cartoncino uscirono quattro spartiti, gli stessi che aveva abbandonato poc’anzi.

-Grazie Miyon, davvero-

Come fu gratificante per Miyon vedere il viso di Yoongi illuminarsi d’un tratto. Non le mancò di esporre un ulteriore sorriso, stavolta più brillante dei precedenti, cosa che il ragazzo fu contento di poter ammirare.

-Andiamo- le porse di nuovo il braccio.
Le strade erano perennemente sdrucciolose, e l’unica cosa che voleva evitare erano le botte di sedere contro l’asfalto del marciapiede.

-Dove mi stai portando?- sollevò le sopracciglia.

-Lo vedrai, sono sicuro che ti piacerà-







***







I giardini erano il luogo migliore in cui passare le serate di fine inverno. Ammirare il cielo stellato immersi nei rumori di quel pezzo di natura urbana era il toccasana adatto per un animo in pezzi.
I frinii delle cicale erano l’unica melodia percettibile in sottofondo, insieme al frusciare delle poche foglie rimaste sui rami degli alberi rinsecchiti dal gelo.

-Avevi ragione, Yoongi. Qui mi piace da matti- disse Miyon, ammirando le stelle e assaporando quel poco di aria salubre presente in città.

-Immaginavo, sai?-

-Come facevi ad esserne certo?-

-Non so... sensazioni, penso. Fatto sta che non ho avuto dubbi sul fatto che avresti gradito qui- espose un lieve sorriso rapido. Entrambi erano distesi sull’erba umidiccia del posto. Miyon sorrise fintanto che rivolgeva lo sguardo al cielo notturno.

-Strano come un cielo stellato possa farmi passare ogni preoccupazione- parlò non dopo aver inalato un bel soffio di fredda aria compatta.

-Strano come tu possa farmi passare ogni preoccupazione-

Miyon sgranò improvvisamente gli occhi. Quella frase l’aveva davvero detta Yoongi? O era solo qualcuno che si era impossessato di lui in maniera momentanea? Non connetté più subito dopo essersi ritrovata il viso del ragazzo sopra al suo. La ragazza ridacchiò, palesemente nervosa.

-Yoongi, ma che stai dicendo?- gli angoli della sua bocca erano fin troppo tesi che misero a tremare.

-Quello che sento. Miyon io...-


Non stava per dirlo sul serio, giusto?


-...penso di essere innamorato di te- a dire quelle parole Yoongi perse un battito, e Miyon lo seguì a ruota.


Sì, l’ha detto sul serio.


La guardò fissa negli occhi, perdendovisi dentro nemmeno fossero un labirinto. O forse lo erano per davvero.
Poggiato sul braccio destro, lasciò che il suo gemello si avvicinasse a Miyon. La sua mano le sfiorò la guancia, morbida e fredda come neve appena caduta.
Al suo viso non mancò di accorciare le distanze dal naso di lei, aumentando quel contatto visivo che sparì immediatamente dopo. Fu solo un attimo quando le loro labbra si incontrarono per la prima volta, in un lento e dolce bacio a dir poco sensazionale.
Miyon si domandò più volte come facesse Yoongi a baciare così bene, domandandosi in preda al panico se lei avesse fatto altrettanto. Beh, dallo sguardo del ragazzo si direbbe di sì.
Un lieve schiocco di labbra precedette la fine del bacio. Yoongi accorciò le distanze e guardò bene Miyon, con ancora la mano sulla sua guancia.

-Yoongi...- incespicò coi battiti a mille. Il ragazzo ebbe un impercettibile sussulto.

-Sì, Miyon?-

-Anch’io penso di essere innamorata di te-






►Angolo autrice:
Ma buonasera popolo! Finalmente ho avuto un po’ di tempo da dedicare alla mia adorata storia - che sta prendendo molto anche me ma ok -. Io vi avevo avvisato eh, e giuro che questo è soltanto l’inizio di una lunga serie di situazioni “da sclero” che si presenteranno in seguito LOL (yes, I’m a bad girl so Jungkook… come here ahah ogni riferimento a War of Hormone è puramente casuale). Cos’altro dire? Per ogni angolino autrice mi riservo sempre i miei più sinceri ringraziamenti, che vanno a tutti coloro che spendono un po’ del proprio tempo per leggere la mia storia - anche silenziosamente, ovvio - e che la seguono/la inseriscono nelle varie sezioni! Ora, riguardo al prossimo capitolo non so quando potrei aggiornare con certezza… si spera la prossima settimana (se tutto va bene) so stay tuned! Detto questo, tolgo il disturbo e scappo prima che la mia yeodongsaengie mi uccida AHAHAHA
Come sempre, tanti baci e... fighting!

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12~


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Nei giorni successivi a quell’inaspettata dichiarazione, Miyon, oppressa dall’euforia, pensava ininterrottamente al colloquio.
La sua mente era tormentata da domande del tipo: “Cosa accadrà alla riunione?” o “Papà sarà fiero dei miei progressi?”, oppure ancora “E Yoongi? Yoongi sarà lì?”.
Quello stesso giorno era un misto di eccitazione e lecito nervosismo, non era per niente da lei fare avanti e indietro dalla sua stanza a quella di suo padre per chiedergli se fosse finalmente pronto per andare.
Chissà cosa avrebbe mai avuto di bello da dire sul suo conto quella strega bandieruola della Choi.

La sua professoressa universitaria non poteva scegliere giorno migliore per un’eccezionale riunione collegiale. Fuori il tempo non era certo dei migliori, e quella tremenda burrasca ne dava pressoché la conferma.
Tuoni che esplodevano in punti imprecisati del cielo si alternavano alla bianca luce ad intermittenza dei lampi: Miyon ebbe l’impressione di essere una giovane vip con tremila flash scagliati addosso.
Sebbene il pericolo del temporale, trovava sempre il modo di comportarsi da emerita scema qual era, mettendosi in posa e sganciando sorrisi smaglianti a idranti e pali della luce.

Giunti con notevole puntualità all’interno dell’università, Doyun e sua figlia si diressero verso l’aula riunioni, davanti alla quale stava già ad aspettare una caterva di gente con i rispettivi figli al proprio seguito. Miyon sollevò la mano in aria agitandola animatamente. Yoongi era dall’altra parte della massa ad aspettarla.

-Ehilà, chi si rivede! Nervoso?- chiese al ragazzo, riservandogli un occhiolino e delle leggere gomitate sul braccio.

-Affatto, non ho nulla per cui essere ansioso- le dedicò un sorrisetto dolce.

Smisero di scambiarsi sguardi accigliati solo quando una figura alquanto familiare non fece il suo ingresso trionfale nel trio. Doyun ebbe un tuffo al cuore quando la vide, era sorpreso. Ovviamente la diretta interessata non era da meno, ma si ricompose immediatamente dopo con considerevole celerità.

-Yoongi, caro! Non pensi che abbia bisogno di alcune presentazioni?- disse la donna, poggiando le mani sulle braccia del ragazzo.

-Ah sì, certo. Lei è la mia amica, Miyon, e lui è suo padre, il signor Lee Doyun. Signori... mia madre, Kim Chongeun-

-Tanto piacere, signora Kim- si inchinò la ragazza con fare cordiale, venendo ricambiata.

-Lieto di poterla conoscere-

Doyun fece finta di nulla, odiava destare sospetti a chi, del suo passato, non doveva saperne nulla. Ormai aveva voltato pagina da quella volta che lei lo lasciò, ventiquattro anni addietro, sposando un altro uomo per assecondare il volere di suo padre.

-Il piacere è tutto mio...- Chongeun lo fissò con occhi vitrei, lasciandosi scappare una frase atona.

Il cigolio della porta in legno e il forte brusio dei molteplici genitori accalcati davanti ad essa, destarono l’attenzione del quartetto, portandoli a pensare che fosse già iniziato il turno per entrare. Miyon afferrò il ragazzo per il polso, portandolo con sé verso i distributori automatici posti nella hall e abbandonando i restanti due con un semplice “torniamo subito”.

-E quindi ci rincontriamo, chi l’avrebbe mai detto- solo quando i due giovani furono andati, ChongEun si voltò verso l’uomo.

-Già... quale sorpresa vederti qui- parlò con fare cauto.

-E’ un ragazzo davvero talentuoso il tuo Yoongi, chissà da chi avrà ereditato tutta questa bravura-

-Sai, anch’io mi pongo spesso la tua stessa domanda- balbettò visibilmente ChongEun.

La donna stava sudando freddo, era più che palese. Aveva iniziato a torturarsi le mani inguantate, gesto che Doyun conosceva fin troppo bene: lo faceva sempre quando era nervosa o addirittura veniva presa in contropiede.
Raschiò leggermente la gola e portò le due dita a pressare sul fasciacollo di lanina. Chiunque avrebbe potuto pensare che lei stesse solo alle prese con un brutto mal di gola.
Chiunque tranne Doyun, ovviamente.
Prese a guardarsi intorno con aria preoccupata mentre il cuore le batteva violento contro il petto.

-Sul serio? Ah bene, allora non ero l’unico a prendermi certi pensieri...- alzò il mento e la osservò con aria indagatrice.

ChongEun si ricompose e lo guardò fisso nelle palle degli occhi. Per la prima volta aveva permesso al suo sguardo di attraversarla per scrutare ogni angolo della sua misteriosa anima. E di questo ne era assai intimorita.

-Non amo i giri di parole, Doyun, e lo sai benissimo. Per questo vorrei che mi spiegassi cosa intendi con ciò che hai appena detto-

-Suvvia ChongEun... sei una donna tutt’altro che stupida, dovresti capire cosa voglio dirti- calò la testa di un lato, abbozzando un sorrisetto malizioso.

-Mio caro signor Lee, non ho idea di quali siano i pensieri che la tua mente sta macchinando quindi sii conciso. E arriva dritto al punto-

Resistette più che poté alla forza penetrante del suo sguardo e alla pesantezza di quelle frasi appena espirate.

-Come vuoi, andrò al sodo: Yoongi è per caso mio f-?- si interruppe non appena sopraggiunsero Miyon e il ragazzo, recanti in mano due merendine ciascuno.

Era chiaro come le espressioni sui volti dei rispettivi genitori fossero strane, emanavano quasi delle strane vibrazioni e Miyon se ne accorse in un lampo. Magari fu solo una sua impressione, pensò, fatto stava che c’era qualcosa di losco dietro. E di certo, era più che intenzionata a scoprire di cosa si trattasse.







***







Sulla sinistra del suo piccolo ufficio casalingo, Doyun stava fisso da mezz’ora davanti l’immensa libreria. Esitava in mezzo ai molteplici titoli color oro, domandandosi se gli convenisse leggere qualcosa di impegnativo o un solito articolo di giornale.
Agli occhi di chi lo guardava, la sua poteva sembrare solo indecisione, ma in realtà lui sapeva non fosse così.
I suoi pensieri e i suoi dubbi riconducevano ad un’unica persona. Chongeun, quella sola persona ad avergli spezzato tremendamente il cuore.
Scosse la testa e agitò una mano davanti al volto, lasciando perdere ogni rilassante fonte di lettura.
Pile di carpette e scartoffie nascondevano del tutto la minuscola scrivania che, ormai, somigliava tanto a un vecchio tavolino ammaccato.
C’era bisogno di un nuovo mobilio, diceva spesso fra sé e sé. Naturalmente non poteva permettersi un nuovo ufficio, visto che a stento si arrivava a mettere appena qualcosa nello stomaco.
Era da un po’ che stava all’impiedi al centro della stanza, ad osservarne il caos immane che vi dominava, con quella sigaretta mezza consumata a penzolare fuori dalla bocca. La cenere era disseminata ai suoi piedi.
Tre lievi colpi contro la porta catturarono l’attenzione dell’uomo.

-Papà, hai visto il mio spartito?- il tono di Miyon era così strano che quella non sembrò affatto risultare una domanda.

Quando aprì la porta venne immediatamente colpita da una compatta massa di nicotina e tabacco, quell’odore che non sentiva più sin dai tempi del liceo. Le parse pressoché strano ritrovarsi davanti suo padre nelle vesti di fumatore novizio, visto che aveva abbandonato la tanta odiata cattiva abitudine dei pacchetti anni addietro.

-No, tesoro... non l’ho visto, mi dispiace. Hai provato a cercare in salotto?- mise la sigaretta fra le due dita per poter parlare liberamente.

-Sì, ho già dato un’occhiata lì ma nulla-

Un accenno di tosse si fece spazio in mezzo al silenzio: Doyun stava cercando in tutti i modi di soffocare quel colpo, ma il fumo all’interno della trachea non glielo permise, il fastidio che gli provocava era insopportabile. Si voltò verso la figlia con gli occhi rossi e lucidi.

-Papà, perché hai ripreso a fumare? Va tutto bene?-

-Sì cara, non preoccuparti- distolse lo sguardo dalla sagoma snella della figlia, dirigendolo verso il suo cellulare posto in cima ad una pila di carta. Era pensieroso adesso.

-Non posso non preoccuparmi dato che te ne spunti con una sigaretta dopo otto anni di astinenza. Che ti succede? E’ tutto a posto?- terminò accogliendo il silenzio.
Doyun balbettò tentennante.

-Sono solo... solo problemi al lavoro. Sai, non è facile il mestiere di un avvocato- indicò il cumulo di documenti appostati sulla scrivania.

Erano tutte balle, quelle. Miyon aveva avvertito palesemente quel velo di mistero che si celava nelle sue affermazioni apparentemente pacate. Sebbene la cosa non quadrasse, preferì comunque lasciar perdere.  Almeno per il momento. Magari col tempo la situazione di suo padre si sarebbe sistemata, ingannava spesso la sua mente con questo pensiero.

-Beh, non ti biasimo... ti lascio al tuo relax allora-  

Non c’era da stupirsi se la ragazza provasse delle bizzarre sensazioni allo stomaco, somigliavano molto a un forte bruciore. Era agitata, non c’era alcun dubbio.
Era proprio in questi momenti che iniziava a mancarle sua madre: quell’angelo terrestre si trovava sempre nel posto giusto al momento giusto, pronta ad aiutare chiunque avesse bisogno. Non è mai mancato il suo supporto per il marito, ogni qual volta questi avesse un problema, lei magicamente riusciva a trovarvi una soluzione su due piedi, senza molte riflessioni.
Miyon ricordava ancora gli abbracci che riservava all’uomo e l’immenso affetto che gli donava: molte volte si era chiesta se mai sarebbe stata in grado di essere come sua madre, dato che aveva sempre pensato di avere qualcosa in meno di lei.
Sentiva di non essere in grado di far nulla per suo padre, poteva solo stare a guardare anche se non era quello che voleva...











►Angolo autrice:
Ave popolo, finalmente sono tornata! Spero abbiate passato un buon Natale/ stiate passando buone vacanze! Lo so, non ho dato del mio meglio in questo capitolo purtroppo TT diciamo sempre per mancanza di tempo in quanto quei cavolo di compiti mi tormentano anche in questo periodo---- maledetti prof.
Vedrò di rifarmi nel prossimo aggiornamento, sperando sia davvero meglio di questo (perché si, lo ammetto, non sono molto soddisfatta del risultato TwT).
Posso dirvi che i prossimi capitoli saranno un po’ più intriganti, diciamo che avremo a che fare con qualche intreccio – e anche qualche rottura di scatole u.u –.
In the meantime io scappo e mi nascondo da qualche parte-----
A presto! Fighting~~

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13~


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Era la nona sigaretta consumata quella sera. Il posacenere era colmo di resti neri e bruciacchiati, ancora odorosi di tabacco. Doyun rimase lì, a squadrare ancora quel suo dannato cellulare sperando che potesse fornirgli, per chissà quale virtù del cielo, una benedetta soluzione.
La sua mente era immersa in un loop, intenta a ripetere senza sosta il dialogo avvenuto fra lui e Yoongi quel pomeriggio alla fine del colloquio universitario.
Non sapeva che egli stesso fosse particolarmente dotato di forte ingegno e astuzia: con la scusa della “riunione con la vecchia compagna di liceo” fu capace di ottenere il contatto telefonico di Chongeun con estrema facilità. Era stato fin troppo convincente, e si vantava con se stesso per questo.
Fissò l’apparecchio elettronico ancora una volta, poi lo afferrò con presa salda e compose il numero sulla tastiera.
Aveva bisogno di risposte alle sue domande.





***





Strano come alle sei del pomeriggio potesse già fare così buio fuori, sembrava notte fonda.
Miyon rimase seduta su quella poltrona fiorata per almeno una decina di minuti, giusto il tempo di assistere alla perfetta esibizione di Yoongi al pianoforte. Quel ragazzo era assolutamente perfetto nella sua postura da pianista eccelso: quelle spalle non molto larghe erano sinonimo di tentazione per Miyon, la quale se l’era pensata di sorprenderlo con un abbraccio più di una volta.
Peccato che non poté, essendovi Chongeun in agguato per casa.

-Perfetta, come al solito... mi trasmetti molto quando le tue dita si muovono sulla tastiera- sospirò col mento poggiato sul pugno chiuso.

Sventolare le ciglia era diventata talmente un’abitudine che Miyon non si accorse nemmeno di averlo fatto.
Yoongi si alzò dal seggiolino e le venne incontro, facendola alzare.

-Perfetta, come al solito- le sfiorò una guancia, in procinto di baciarla.
Qualcuno si raschiò la gola, facendo sussultare i due.

-Yoongi! Figliolo!- il ragazzo si allontanò da Miyon portandola davanti al pianoforte quando la donna irruppe nel salone.

-Oh, beh... v-vai tu con violino, tocca a te adesso- cercò di pararsi le chiappe.

-Tesoro, mi dispiace dovervi lasciare soli ma ho avuto un impegno improvviso e sono costretta ad allontanarmi per un po’... non fatemi preoccupare mentre sono via,
d’accordo?- afferrò borsa e chiavi e aprì la porta d’ingresso.

-Stai tranquilla... mamma. Parli con due adulti, non con dei bambini di cinque anni- ogni volta che doveva pronunciare il nome “mamma” gli veniva un blocco alla gola e un nodo allo stomaco.

Il tonfo della porta che si chiuse risollevò il morale di Yoongi che, finalmente, non doveva più stare in compagnia di quell’adorabile persona che si ritrovava come genitrice.
Mentre era lì in piedi a godersi il calore della stufetta, l’unica cosa su cui si concentrò fu la ragazza che aveva di fronte che, nel frattempo, stava trafficando con i piroli del violino.
Con lentezza diresse i suoi passi verso di lei. Le mani le toccarono la vita fino a circondarla: adorava sentire il mento di Yoongi poggiato nell’incavo fra il collo e la sua spalla, combaciandovi in modo straordinario. Il suo respiro era caldo, come il suo corpo.
D’un tratto, i palmi del giovane cominciarono a muoversi sui jeans di Miyon che intanto prese a voltarsi verso di lui. Poggiò le labbra sulle sue, per poi ritirarle subito dopo.
Yoongi però non fu poi così soddisfatto.
Un altro bacio. Più bello del primo, ma più intenso e ricco di emozioni.

-Mamma ha detto che sarà fuori per un bel po’...- parlò prendendo fiato.

Miyon lo fissò fino a quando non riprese a baciarlo, stavolta in modo più approfondito.
Le mani del ragazzo scivolarono verso le sue cosce, portandosele poi sopra le ossa del bacino.
Bastò un attimo che Miyon si ritrovò al piano superiore, distesa sul suo letto con lui sopra. Entrambi erano pervasi da una tremenda eccitazione, dalla voglia matta di desiderarsi a vicenda, di completarsi e diventare un tutt’uno.
Il calore del suo corpo la faceva sentire al sicuro, e il tocco delle sue labbra la inebriava come mai prima d’ora. Le mani di Miyon passarono su tutta la lunghezza della schiena del ragazzo e, arrivate alla base della maglietta, ne afferrarono il bordo tirandolo lentamente su.  Anche Yoongi fece lo stesso con lei, e ne era addirittura più che eccitato.
Miyon si rese conto che entrambi stavano per mettersi a nudo l’uno davanti all’altro, non solo in senso fisico ma anche metaforico, dato che quel gesto era sinonimo di forte amore e fiducia, che entrambi si riservavano a vicenda.
Il vuoto della casa era sovrastato da schiocchi di labbra e gemiti ansimati.
La mora realizzò subito dopo ciò che stesse accadendo, e di certo non le dispiacque affatto. Anzi. Sicuramente non avrebbe mai dimenticato quel pomeriggio così facilmente.










***










“Ho un bisogno impellente di incontrarti, Chongeun... vediamoci domani al nostro bar. Voglio chiarire alcune cose” fu così che si concluse quella telefonata con Doyun la sera precedente.
Quella frase che aveva tanto l’aria di essere una supplica, riecheggiava senza sosta nella testa della donna mentre i suoi passi si muovevano svelti lungo la superficie di quel marciapiede pieno di dislivelli.
Chongeun aveva camminato per almeno due chilometri, e non era affatto stanca. Per avere cinquant’anni era davvero instancabile, bisognava ammetterlo.

Passarono poco più di cinque minuti prima che arrivasse a destinazione. Doyun aveva prefissato l’incontro in quel bar dove tutto era iniziato, ventisette anni addietro. Ricordava ancora tutto di quella sera: la pioggia torrenziale, il caos non appena varcò la soglia del locale, la gentilezza di Doyun nell’offrirle il suo ombrello per ripararsi e il suo guardo dolce e amorevole mentre le parlava.
I bei tempi le mancavano, o almeno, le sono sempre mancati. In maniera maggiore quando si sposò con quell’altezzoso di Min Seojun, ragazzo alla quale era stata promessa da suo padre. Conosceva benissimo quel giovane, era figlio di un grande benestante sempre a stretto contatto con l’uomo.
Non l’aveva mai amato, e lui giustamente ricambiava.
Difatti, il divorzio con annessa appropriazione illecita di metà del suo patrimonio ereditatole parlò molto chiaramente.
Chongeun ha sempre maledetto suo padre e la sua voglia di proteggere il capitale e il nome di famiglia: per il suo fottuto orgoglio fu costretta ad allontanarsi dall’uomo che amava davvero e vivere una vita infelice con uno che la considerava meno di niente.

La vetrata del bar era proprio davanti ai suoi occhi, i suoi ricordi si erano appena concretizzati. Da fuori intravide la figura di Doyun, seduto pensante in uno dei tanti tavoli al suo interno.
Chongeun spinse la sottile porta in vetro e si fece spazio in mezzo all’odore di cioccolata calda che profumava l’ambiente. Aveva sempre adorato quell’aroma.

-Doyun-ah- quasi sussurrò vedendolo. Le si era appostata davanti come una colonna, nella speranza che si accorgesse di lei, e fortunatamente lo fece.

-Chongeun-ah... pensavo non venissi visto l’orario- un barlume di speranza illuminò gli occhi dell’uomo, visibilmente sorpreso nel vederla.

-Sai bene che non lascio in asso la gente- disse accomodandosi, poggiando la borsa fra i suoi piedi.

-Qualcosa mi fa dubitare su questo punto, a dirti il vero-si portò un pugno sotto il mento.

-Che cosa esattamente?- domandò lei con falsa ingenuità, intrecciando le dita delle mani sotto il mento.

-Il termine della nostra relazione, cara la mia Chongeun. Mi sorprende come mai non ti prenda le colpe di tutto ciò... beh, forse dovrei farmi una ragione del fatto che tu
non mi abbia mai amato davvero-

-L’ho fatto invece! Ti ho amato con tutta me stessa...- bastò un’occhiata da parte del cameriere a farle accorgere di aver aumentato il volume della voce.
Osservò intorno con cautela e, non appena si accorse di avere mille occhi puntati addosso intenti a guardarla dall’alto in basso, si sentì più che imbarazzata.
Alzò le spalle nel tentativo di farsi piccina e pronunciò un leggero mianhaeyo, con voce piena di sensi di colpa. Magari chiedere scusa avrebbe distolto gli sguardi, pensò.

-Sai, non è l’impressione che mi hai dato quando te ne sei andata con Seojun. Sono stato abbandonato da chi avevo più a cuore, la donna della mia vita e il mio migliore amico- la guardò da dietro due occhi assottigliati.

-Pensi che a me non sia pesata la cosa? Che non abbia pensato a te in tutti questi anni? Se vuoi proprio saperlo, è stato mio padre a combinare quel dannato matrimonio. Se avessi avuto qualche via d’uscita mi sarei ribellata e ti sarei corsa incontro...- si sporse in avanti, rispondendogli sussurrando.
Dovette ringraziare il cielo se riuscì a non dare di matto peggio di prima.

Doyun rimase davanti a lei con le labbra schiuse e un dito puntato a mezz’aria, bloccato dal dire la qualunque. Non si aspettava una risposta del genere.
O meglio, non si aspettava che suo padre avesse mai potuto fare una cosa del genere, conoscendo il rapporto che lui aveva con sua figlia.
A quanto pare il caro signor Kim mentiva spudoratamente quando gli diceva che “fosse un bravo ragazzo, con la testa a posto” e che “se avesse dovuto scegliere al mondo una persona che potesse prendersi cura di Chongeun, avrebbe scelto proprio lui”.
Di certo adesso Doyun avrebbe cambiato opinione su colui che reputava come una sorta di padre acquisito.

-Comunque ti avevo chiesto di incontrarci perché ho bisogno di risposte, e tu sei l’unica che può fornirmele- cambiò discorso lui, scrollando le spalle con indifferenza.

-Come posso darti delle risposte se non mi poni delle domande?-
No, non l’aveva preso per scemo. Stava solo punzecchiandolo un tantino... ecco allora da chi aveva preso il suo adorato pianista.

-Bene, se è per questo allora dimmi... Yoongi è per caso mio figlio?- il suo essere schietto fu in grado di provocare in Chongeun una paralisi facciale.

-I-io...-, balbettò in preda all’ansia, -perché vuoi saperlo?-

-Perché è mio diritto, ed è giusto che ne sia al corrente. Il ragazzo ha ventitré anni: curioso come la sua età coincidi perfettamente con i tempi in cui stavamo insieme- asserì con tono indagatore. In effetti il suo ragionamento non faceva mica una grinza.

-Non sono tenuta a risponderti, Doyun. Se volevi dirmi solo questo beh, hai fatto fatica a vuoto. E io devo andare, ho ancora molte faccende da sbrigare- Chongeun afferrò la borsa e se la fiondò sulla spalla, sputandogli in faccia una bugia bella e buona.

-No, non puoi lasciarmi appeso così. Dimmelo Chongeun, ti prego, o finirò per impazzire a forza di struggermi- la fermò prendendola per il polso non prima di essersi alzato in piedi.                                              

Solo un lieve scatto di questo le permise di liberarsi dalla sua morsa, che non era nemmeno troppo forte come ci si poteva immaginare.
Lei lo guardò, notando i suoi occhi scintillare per via delle lacrime prossime a sgorgare. Con cuore freddo e senza proferire parola uscì a grandi falcate dal bar, facendo risuonare in modo forte e chiaro il rumore dei suoi tacchi.
E fu così che avvenne di nuovo. Doyun venne maledettamente troncato in asso una seconda volta dalla stessa persona. 









►Angolo autrice:
Buonasera a tutti! So di aver aggiornato un pochino in ritardo rispetto a come mi ero prefissata--- chiedo venia, sono proprio una brutta persona (no wait, i compiti per le vacanze mi hanno fatto diventare una brutta personcina TwT).
Innanzitutto voglio aprire il mio angolino autrice con degli immensi auguri di sereno anno nuovo a tutti (anche se in ritardissimo), nella speranza che tutti i vostri sogni nel cassetto si realizzino.
Beeene. Tornando a noi... NON UCCIDETEMI, LO SO DI ESSERE FIN TROPPO DISONESTA (இ﹏இ`。)
So anche che i capitoli sono molto ricchi di colpi di scena/parti da sclero e terminati con suspense, ciò che basta a voi tutti per spronarvi a prendere in mano un bastone e sbattermelo addosso ripetutamente ç_ç
Bando alle ciance, spero che nonostante tutto il nuovo capitoletto vi sia piaciuto. Ci ho messo un bel po’ per fare in modo che non risultasse troppo pesante, e devo dire di esserci riuscita. Mi auguro solo di riuscire a rendere il prossimo un pochino più lungo, avendo sempre poco tempo a disposizione purtroppo mi vedo costretta a limitarmi e a striminzire un po’ le cose (che, fosse per me, tratterei in tremila pagine ma ok---).
Sarei felice se mi lasciaste una recensione, vorrei sapere cosa ne pensate (sì insomma, per sapere se magari debba migliorare qualcosa o meno >_>).
Beh, io concluderei qui per oggi, anche perché l’angolo autrice si sta espandendo fin troppo haha
Vi aspetto in tanti a leggere e recensire, alla prossima! (ᗒᗨᗕ)

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14~


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Miyon era ancora supina su quel materasso, coperta alla meno peggio dal doppio piumino blu odoroso di acqua di colonia. E Yoongi era lì al suo fianco: dovette solo ruotare il collo verso sinistra per accorgersi dell’ammasso di capelli messi alla rinfusa sulla faccia del ragazzo.
La giovane si tirò leggermente su, poggiandosi sull’avambraccio. Adorava contemplare la figura dormiente di Yoongi e sentire il suo respiro uscirgli silenziosamente dalle narici.
Portò la mano vicino la sua gota, scansandovi ad una ad una le ciocche che la coprivano. Ecco dove risiedeva la sua bellezza: il colorito chiaro della pelle, gli occhi a mandorla e le labbra parlavano da soli.
Un mugugno accompagnò il movimento  delle braccia di Yoongi, portate verso l’alto nell’intento di stiracchiarsi.

-Ciao ghiretto- gli sussurrò lei fintanto che il ragazzo si stropicciava gli occhi.

-Ehi, quale visione...-, le accarezzò la guancia col dorso dell’indice, -Che giorno è oggi?-
Beh, quella è la tipica domanda di ogni individuo risvegliatosi da un pisolino pomeridiano in grado di far rincoglionire.

-Lo stesso di stamattina. E’ tardo pomeriggio, Yoongi- ridacchiò al solo udire la domanda.

-Oh, giusto. L’allenamento è andato a farsi fottere-

-Veramente è andato a farsi fottere qualcos’altro... anzi qualcun altro- Miyon era sempre un asso nel fare battute squallide. Le parve addirittura strano sentire la risata del ragazzo.

-Sei un genio, fattelo dire- si levò a sedere, stampandole sulle labbra un sonoro bacio inaspettato.

Al solo tocco della sua pelle Yoongi notò quanto questa fosse fredda, accorgendosi solo in seguito del lieve tremore della ragazza. Di certo rimanere in slip e reggiseno in pieno inverno non era certo una situazione ordinaria, men che meno graziosa.
Yoongi prese il maglione e il jeans da terra e glieli porse, rifiondandosi poi sotto il piumino. Per la ragazza era impossibile capire come lui non sentisse freddo, essendo solo in boxer.
Il ragazzo portò le mani dietro la nuca e la guardò vestirsi.

-Come fai ad essere sempre così meravigliosa? E’ una domanda che mi pongo da tanto- fece un dolce sorriso diagonale.

-I-io... cioè... ehm, non sono...- un dito affusolato si poggiò sulle sue labbra, impedendole di andare avanti.

-Lo sei invece, e non transigo- sospirò, guardandola dritta negli occhi.
Di solito evitava il contatto visivo, ma con lei la timidezza cessava di esistere. Yoongi le prese il mento con le due dita, portandola ad avvicinarsi a lui.

-Non so quante volte te l’abbia detto poco fa, ma voglio ribadirlo... ti amo, Miyon. Con tutta l’anima-






 
***






 
Quella sera l’atmosfera familiare era a dir poco strana, fin troppo silenziosa per i gusti di Miyon.
Non le parve solo una sensazione che suo padre fosse preoccupato. Varie volte gli chiese cosa avesse ma ciò che riceveva in cambio era un semplice “niente” secco, che rendeva tutto più che palese.
Studiò i movimenti del cinquantenne con molta attenzione notando che in essi vi era più che un pizzico di nervosismo.

Che stesse magari attraversando un brutto periodo al lavoro? O magari avesse litigato con qualche collega? Le spiegazioni al suo comportamento potevano essere molteplici: chissà come si potesse azzeccare quella giusta in un colpo solo.
Doyun si fece scappare dalle mani le bacchette unte, le quali caddero a capofitto dentro la ciotola. Questi prese poi un lungo respiro e, strisciando malamente la sedia contro il pavimento, si alzò da tavola per rinchiudersi nel suo ufficio. Ultimamente era diventato il suo habitat, usato come rifugio dalle preoccupazioni.

-Te lo chiederò di nuovo papà, sicuro vada tutto bene?- domandò Miyon, la quale seguiva i suoi passi con lo sguardo.

-S-si tesoro, tranquilla. Non c’è nulla che non va. Per favore, fai tu i piatti stasera, non mi sento in vena- si limitò a rispondere prima di varcare la soglia della cucina.

Ed ecco che anche le contraddizioni accentuavano i sospetti di Miyon.
C’era qualcosa che puzzava, e di certo non erano le sigarette. Lo scrosciare lento dell’acqua contro le pareti del lavello accompagnava i passi di Hyonsu, finalmente fattosi vivo dopo una maratona di dodici ore davanti ai videogiochi. Era il suo passatempo preferito organizzare gare virtuali con gli amici in video chat.

-Benvenuto nel mondo dei comuni mortali, Hyonsu. Guarda che la cena si è raffreddata- si voltò verso il ragazzo, visibilmente stanco e con due occhiaie più nere della pece.

-Sì, lo so bene... ma tranquilla, sai che non mi faccio problemi quando si tratta di cibo- si sedette al suo posto, ritrovandosi davanti la scodella coperta da un piatto piano.

-Ma esattamente, cos’ha papà? Mentre scendevo le scale l’ho visto passare... aveva un’aria strana. Tu ne sai qualcosa?- chiese alla sorella mentre pregustava voracemente quel pollo al curry diventato un vero e proprio balsamo speziato.

-A dir la verità non ne ho idea, pensavo tu sapessi qualcosa-

-No purtroppo...-, afferrò un tocchetto di pollo, lanciandoselo in bocca, -Beh, potrei provare a chiedere cos’abbia-

-Già fatto mille volte Hyonsu-ah, e la risposta è la stessa ogni fottuta volta- ripose l’ultimo piatto in ceramica sullo scolapiatti.
In sottofondo si poteva udire benissimo il ruminare imperterrito di Hyonsu: dire che sembrava la copia sputata di un maiale che grugniva era addirittura poco.

-Tentar non nuoce, no?-, parlò a bocca piena, alzandosi poi con la ciotola vuota fra le mani.
Miyon guardò il fratello, visibilmente scocciata al pensiero di dover rimettere di nuovo in acqua le mani appena asciugate.

-Tranquilla, ci penso io a lavare questo- terminò dandole una botta sul fianco col sedere.






 
***






 
Come da consuetudine, c’era da aspettarsi la figura snella di Miyon rannicchiata sul divano della sua stanza: era quasi tradizione per lei ritirarsi in camera ad assaporare del tè ai frutti in compagnia di un bel libro.
Erano già le dieci e venti quando fece il suo ingresso nella stanza, lasciandosi alle spalle suo fratello mentre lavava le ultime stoviglie.
Varcando la soglia della sua stanza, ebbe l’impressione di trovarsi in una cella frigorifera. Questo per via della finestra che qualcuno aveva lasciato aperta: impossibile prendere il conto di tutte quelle volte in cui Miyon maledisse le caldane improvvise di quel fratello affetto da certa menopausa.
Puntualmente, Hyonsu spalancava tutte le aperture esistenti della casa, dicendo di dover fare “arieggiare necessariamente l’ambiente o non sarebbe uscito vivo dal caldo”, quel caldo eccessivo che, con meno cinque gradi, ovviamente avvertiva solo lui.

Miyon stette più di venti minuti davanti la stufetta nel tentativo di accenderla, ritrovandosi immersa nel gelo del polo nord. Perché sì, la sua stanza aveva assunto le sembianze del circolo polare artico.
Tutto sommato però, alla fine, la stufetta a gas e il plaid avvolto addosso erano risultati degli ottimi mezzi per contrastare il freddo pungente di quella sera che, fortunatamente, andò scemando pian piano.
Miyon era immersa nella totale quiete dell’ambiente quando perse improvvisamente un battito: delle urla provenienti dal piano inferiore accompagnarono il rumore di una porta, che sbatté a furia nel tentativo di essere chiusa.
Senza curarsi di segnare la pagina alla quale era arrivata, scaraventò il libro sull’altro capo del divanetto e si precipitò alla porta. Dei passi pesanti provenienti dalle scale riecheggiavano fino al corridoio, facendosi sempre più vicini: Hyonsu sembrava un toro infuriato.

-Hyonsu-ah, che succede?- lo fermò parandovisi davanti come una colonna.

-Evitiamo di parlarne, va bene?- cercò di levarsela di torno, invano.
Aveva i fumi alle orecchie, non c’era dubbio.

-Ti ha detto qualcosa papà? Dimmelo Hyonsu!- lo fermò, scuotendolo leggermente nel tentativo di prenderlo dalle spalle.

-Si è incazzato con me solo perché ho insistito sul farmi dire cos’avesse. La chiami logica questa? Ti pare un comportamento adeguato ad una persona normale, Miyon!?-

-Respira, calmati. Ci penso io adesso, tu non farci caso. Starà attraversando un brutto periodo e non sa come scaricare lo stress-

-Ah beh, quindi è giusto debba scaricarlo su di me-

-Non ho detto questo, pabo. Ora rilassati e fai come se nulla fosse accaduto, vado a parlargli io-

-Buona fortuna allora, attenta a non farti sbranare-







 
***






 
Abbandonato il fratello alla sua rabbia più che lecita, scese precipitosamente le scale. Per poco non rischiava di ruzzolare in malo modo, più di una volta ha corso il pericolo di inciampare su quel plaid facente le veci di un mantello.
Raggiunse la cucina in un battibaleno, dove ad attenderla vi era una ponderosa nube compatta di nicotina e tabacco. Diresse i suoi passi verso l’ufficio del padre, dove la pesantezza dell’odore aumentava a dismisura.

Stava per bussare quando udì la voce di Doyun provenire dall’altro capo della porta. Da quel poco che riusciva ad ascoltare, sentiva quanto il suo tono fosse anormalmente nervoso.
Pensò che se gli avesse chiesto il motivo del suo stato d’animo una volta che questi fosse uscito dalla stanza, non le avrebbe degnato di una risposta e, nel fortuito caso in cui l’avesse fatto, se la sarebbe presa anche con lei.
Abbandonò immediatamente l’idea quando nella sua mente ne sopraggiunse un’altra, disonesta ma considerabile come unica alternativa possibile: origliare.
Esitò non poche volte prima di poggiare l’orecchio contro la fredda superficie di legno della porta.

-Chongeun-ah... ti prego, devi darmi una risposta-

Miyon aggrottò la fronte non appena captò la richiesta disperata del padre. Pensava, perché rivolgersi in questo modo ad una persona, soprattutto se quella stessa persona era proprio la madre di Yoongi?

-Sono stato sgarbato con te questo pomeriggio, lo ammetto. Mi dispiace, e tanto...-
Quindi per “impegno improvviso” Chongeun intendeva l’appuntamento con lui quel pomeriggio, pensò.

-Sai quanto io sia una persona piuttosto testarda di natura, e so quanto questo mio difetto possa darti fastidio. Ma ti prego, Chongeun, ti supplico. Dimmi la verità...-
Inutile nascondere il panico che sopraggiunse in Miyon quando suo padre pronunciò quella domanda.

-...Yoongi è davvero mio figlio?-

Miyon staccò l’orecchio dalla porta, incredula.
Tutto questo era pressoché impossibile. 











►Angolo autrice:
Buonsalve, popolo di efp! Avendo avuto finalmente un po’ di tempo per dedicarmi alla scrittura, ho deciso di pubblicare il tanto atteso seguito - lo so che lo stavate aspettando -
Eh ragazzi… COSE GROSSE E GUAI IN VISTA. La nostra Miyon se l’è ben pensata di origliare, e mi pare giusto visto lo stato strano e misterioso del padre. Ebbene, la sua scelta ha portato a delle conseguenze (e a dei traumi con annesse pippe mentali----). So di aver scritto molto poco, e mi dispiace un casino perché questo capitolo meritava di più T_T beh, ringraziamo la scuola e il carico di compiti sempre presente - quest’anno più che mai, visto che sarà l’ultimo (e poi sarò completamente libera yaayy) -
Penso di essermi dilungata un po’ troppo in ciance, senza nemmeno avervi accennato a cosa potreste imbattervi nel prossimo capitolo - sì, vi spoilero qualcosina per farmi perdonare -
Ebbene, assisteremo a un cambiamento repentino del carattere di Miyon e conosceremo il lato oscuro di un personaggio molto intricato e particolare.
Well, per adesso è tutto miei adepti(?), mi auguro di potermi fare viva più spesso sul sito, mi è mancato da morire TwT
Al prossimo aggiornamento (sperando sia prima che diventi vecchia ahah)
Fighting!~

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15~


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La sua mente era bloccata nel nulla eterno dalla sera precedente, le era impossibile credere come tutto ciò potesse essere reale. Molte volte si domandò se quello fosse stato o meno un sogno e, puntualmente, la risposta era sempre negativa.
Quella mattina chiunque le passasse accanto non riusciva a fare a meno di guardarla, riservandole occhiate perplesse e ricche di scherno per via del suo, a detta di alcuni, “atteggiamento da zombie”.

In effetti, per quanto ciò potesse sembrare altamente offensivo nei suoi confronti, Miyon si rendeva conto di essere davvero la personificazione di un morto vivente.
E non c’era da biasimarla visto che per tutta la notte aveva fatto a pugni con l’insonnia. Nemmeno le miracolose tisane che presentavano spesso alla tv hanno avuto l’effetto che Miyon desiderava, finendo per addormentarsi alle sei del mattino.
Con solo un’ora di sonno alle spalle fu difficile per lei reggere quella folle giornata universitaria, e Yoongi si accorse benissimo delle sue strane condizioni a dir poco pietose.

-Va tutto bene, Miyon? Sembri stanca...- le sussurrò Yoongi all’orecchio, avvicinandosi a lei con cautela.

-Si, benissimo. Ora lasciami suonare- lo troncò con una risposta secca che lo lasciò visibilmente spiazzato.

Non era da Miyon comportarsi in quel modo, pensò Yoongi molte volte, ma forse la sua reazione poteva benissimo ricollegarsi alla mancanza di sonno.
Nonostante tutto il ragazzo accoglieva sempre uno strano sentore dentro di lui, come se, in fondo, la spiegazione plausibile che si diede per il suo atteggiamento fosse in realtà un modo per illudersi del fatto che ciò non fosse legato ad altre misteriose circostanze.
Ogni volta che Yoongi trovava un ottimo modo per avvicinarsi a lei durante le lezioni, questa riusciva puntualmente ad evitarlo, che fosse per un’improvvisa capatina in bagno o per prendere la giacca sull’appendiabiti in fondo all’aula.

Fu il suono della solita campanella spastica a far drizzare in piedi Miyon che, con nonchalance e con una rapidità da far invidia a Flash, si diresse a grandi falcate verso l’uscio.
Nell’aula di musica prevaleva un caos immane, chiunque lì dentro sarebbe stato incapace di intendere e di volere.
Proprio quando Yoongi mise avanti per raggiungerla, ecco che il fato gli andò decisamente contro: non dava la colpa solo alla mandria di alunni ammassati davanti la porta per averlo ostacolato, bensì anche alla sua adorata professoressa di musica, che scelse il momento più opportuno per dedicare qualche parola al suo dolce beniamino...









 
***









 
Erano appena giunti in aula professori quando la Choi chiuse la porta dietro le sue spalle.
Quella saletta di medie dimensioni, fornita di tre librerie occupanti altrettante pareti intere, sembrava essere molto l’ufficio interrogatori che Yoongi vide apparire varie volte nei suoi adorati film polizieschi.
Vi era fuorché impossibile respirare in quell’ambiente ristretto, forse per via del tremendo odore di chiuso e di polvere che lo permeava. Molteplici volte il ragazzo si chiese da quanto tempo non aprissero quella stanza. O meglio, da quanto tempo i docenti non facevano un consiglio come si deve, visto che agli occhi del giovane pianista non sembravano avere il massimo dell’efficienza.
La donna si appostò comodamente dall’altra parte della lunga scrivania scura, utilizzata esclusivamente per i rari colloqui fra i vari docenti, quando invitò il ragazzo a sedersi di fronte a lei.

-Di cosa desiderava parlarmi, Choi sosaengnim?- domandò Yoongi per rompere il silenzio.
Si sentiva stranamente di troppo lì dentro. Quella situazione, come lo stesso sguardo strano dell’insegnante, non lo metteva di certo a suo agio.

-Volevo davvero congratularmi con te, hai fatto molti passi da gigante nell’ultimo periodo nonostante gli alti e bassi. Preferirei che d’ora in poi mantenessi questa costanza...- si lasciò scappare un sospiro, poggiandosi sul morbido schienale.

D’un tratto Yoongi si fece due conti: era stato convocato in un ripostiglio mezzo sudicio per sentirsi dire di aver fatto progressi? C’era qualcosa sotto che non gli quadrava di certo, una persona normale avrebbe esordito ciò anche in mezzo a un corridoio, pensava.

-Certo, lo farò sicuramente. Adesso potrei anda...?- alzò un dito, quando la sua parola venne troncata di botto.

-No, non ho ancora finito. Vedi, sei ancora alla sufficienza, il che non gioverebbe affatto alla tua pagella men che meno alla tua persona...- portò il busto in avanti e spinse la sedia all’indietro, alzandosi poi dalla postazione.

Con movimenti morbidi e sensuali si diresse all’altro capo della scrivania sfiorando la superficie del tavolo con le falangi delle quattro dita. Si parò poi davanti al ragazzo, il quale aveva già capito quali fossero le sue intenzioni.

-...che ne diresti se alzassimo questo voto, mh? Ti va?-
Prese a sbottonarsi la camicetta quando Yoongi si alzò di scatto, afferrandola per il polso per bloccare ogni suo perverso proposito.

-No, non mi va per niente- il volto della signorina Choi sembrava come pietrificato.

-Le sembra che io sia così sciocco da farmi abbindolare da qualche complimento? Crede davvero che sia così scostumato e privo di pudore da scendere a questi livelli solamente per degli inutili voti?- la sua voce era roca e seria, e i suoi occhi erano in fiamme.

-Ma... Yoongi-ah...- rimase quella con sguardo stralunato.
Il ragazzo ridacchiò beffardo.

-La prego di non usare questi termini con me, non siamo in confidenza come pensa lei. Se pensava di rendermi il suo beniamino solo per farsi una bella avventura, beh, si è sbagliata di grosso-

-Tu non capisci... i-io sono innamorata di te- levò la mano davanti a sé, come volesse afferrare il ragazzo.
Intercettando il suo movimento, Yoongi riuscì a scapolare la sua più che probabile presa, prendendo in seguito le dovute distanze.

-So riconoscere benissimo i bugiardi e lei, professoressa, è una di loro- disse afferrando la tracolla, lasciando l’istruttrice musicale con un palmo di naso.

-Tu non capisci!- ripeté lei, urlando dietro le spalle del ragazzo. Egli fermò immediatamente i suoi passi ed emise un leggero ghigno di derisione.

-Sono persa senza di te, Yoongi! E vederti stare con quella ragazza, Miyon, mi da sui nervi. So che hai una relazione con lei, lo vedo dal modo in cui ti ci comporti... e questo non mi va giù. Maledetto il giorno in cui vi ho messo in coppia!- scosse più volte la testa dalla rabbia, portando i capelli davanti la sua faccia.
Chiunque l’avesse vista, l’avrebbe sicuramente scambiata per la celebre quanto terrificante Sadako Yamamura.*

-Pensava davvero che con questa sua stupida tattica sarebbe stata in grado di farmi dimenticare Miyon? Si vede molto bene che non mi conosce, e sarebbe meglio che non lo facesse: ho un lato oscuro anch’io, sa?- le fece un occhiolino sadico. Riprese di nuovo a camminare verso la porta, afferrando la maniglia in modo più che deciso.

- Senza che lei mi permetta, me ne vado adesso. Le auguro una buona giornata-

Il forte rumore della porta riecheggiò splendidamente all’interno della stanzetta semibuia, in cui la donna rimase sola col suo semplice ego, intento a crogiolarsi da solo per il primo fallimento della sua vita.










 
***









 
Miyon era seduta comodamente nella solita panchina dei giardini pubblici, a consumare da sola il suo adorato pranzo. Fortunatamente quella mattina era riuscita ad evitare un qualsiasi contatto con Yoongi, il che le provocò un lieve senso di colpa.
Ma in fondo sapeva che era per il suo bene. Era per il bene di entrambi, si giustificava spesso.
Addentò il panino un paio di volte, non riuscendo a deglutire: i bocconi le erano rimasti bloccati fra i denti, non avevano la benché minima intenzione di essere ingoiati.
Ad un tratto le labbra presero a tremare.
Fu solo in quell’attimo che la giovane venne pervasa da un senso di confusione tale da portarla a gettare fuori le sue emozioni. Solamente un pianto dirotto fu in grado di aiutarla, almeno momentaneamente.
Si decise a mandar giù gli ultimi pezzi di panino, buttando in malo modo quello restante all’interno del contenitore sottovuoto.
Possibile che il destino dovesse essere così crudele? Proprio adesso che Miyon aveva trovato qualcuno con cui si sentiva davvero se stessa, qualcuno che amava, qualcuno che la amava?
Fu giusto questa la causa scatenante del suo struggersi in maniera così eccessiva.
Stava ancora singhiozzando quando sentì il cellulare vibrare nella tasca del jeans. Tempismo perfetto, Yoongi.

Miyon, ma dove ti sei cacciata? Dovevo accompagnarti a casa oggi, ricordi?
Dimmi dove sei, così vengo a prenderti.
(16:15)


Ora che le lezioni terminavano prima, pensava, lei e Yoongi avrebbero avuto più tempo per stare insieme... ma lei non voleva. Non più, per via di ciò che aveva sentito quella sera.
Non aveva la benché minima intenzione di rispondergli, preferiva rimanere sola a piangersi addosso piuttosto che trattenere le sue emozioni davanti a lui e comportarsi come se nulla fosse.
Era straziante per Miyon vedere i bei momenti passati insieme a Yoongi spezzati da quella semplice domanda di Doyun, facilmente scambiabile per una supplica.
Dopo aver lanciato varie occhiate allo schermo adagiò sulla coscia il cellulare, che da un po’ aveva iniziato a vibrare per le continue telefonate. Queste lasciarono spazio ai soliti messaggi, unica alternativa rimasta a Yoongi oltre agli interminabili squilli ed altrettanti messaggi in segreteria.

Vuoi rispondermi, dannazione!? E’ possibile che non riesca a rintracciarti?
(16:37)


Dove diamine sei, Miyon!? Non farmi preoccupare, avanti.
Richiamami, per favore.
(16:39)


Le lacrime scendevano ancora, stavolta in maniera più potente. Per lei era arrivato il momento di indagare su quella dannata faccenda che stava facendo a brandelli la sua povera anima.
Accompagnata dal suono dei suoi stessi singhiozzi, Miyon afferrò l’aggeggio elettronico e lo spense, così che lei potesse dimenticarlo anche se per poco.

-Mi dispiace tanto, Yoongi... perdonami-
 
 







 
***


 






 
Immersa nel silenzio della sera e nel panorama cittadino che la finestra le permetteva di ammirare, Chongeun stava davanti al suo vecchio tavolino di ferro posto nella verandina di casa.
Da almeno una buona mezz’ora era rimasta a fissare assente il vuoto davanti a sé, con solo una mano portata in avanti a sorreggere un calice di vetro.
Solamente ogni tanto la donna sembrava dare segni di vita, ruotando il polso per mescolare il poco vino rosso rimasto nella coppa e portandosela ogni tanto alla bocca per bere un sorso.
Il vento che ululava non era più forte dei pensieri che pullulavano nella sua testa, in quel momento come negli ultimi tempi.
Con la mente ripercorse l’intero corso della sua vita, dagli amati “tempi d’oro” ai recenti avvenimenti. Pensava a come la sua vita fosse sempre stata diversa da come la desiderasse, essendo stata sottoposta costantemente al volere degli altri, in particolar modo da quello del suo adorato padre.
Buffo pensare solamente ventisette anni più tardi alle possibili soluzioni che avrebbe potuto trovare, in primo luogo quella di discutere col signor Kim per giungere a un compromesso e in secondo luogo, nonché nel caso più estremo, disconoscerlo e scappare con Doyun.
Quest’ultima sarebbe stata naturalmente un’ottima idea. Certo, Chongeun avrebbe anche potuto agire così, ma il pensiero di potersi ritrovare sola e senza un centesimo, buttata per strada chissà dove, allora le diede i brividi.
Sì, diciamo che in parte la sua scelta fu sia per paura che per codardia.

Ma ora sapeva di volersi riscattare, di voler prendere in mano una volta per tutte le redini di quella vita che, fino a molti anni fa, è stata di chiunque fuorché sua.
Calare la testa e dire sì senza replicare ormai diveniva soltanto un ricordo, un errato modo di agire dell’errata e vecchia Chongeun.
In ogni modo e con qualunque mezzo adesso aveva intenzione di conquistare ciò che in passato non è riuscita ad ottenere, sebbene magari ciò potesse comportare notevoli e drastiche conseguenze a chi le stava intorno.
Il suo egoismo però la portava a fregarsene di tutti. Doveva maneggiare le situazioni rimanendo cauta e ferma, proprio come quando si ha fra le mani un pezzo di terracotta da rendere vaso.
Il momento della rivincita era appena giunto e Doyun era il premio che doveva ottenere a tutti i costi alla fine della sua partita.





*N.B. Sadako Yamamura è una ragazza demone, personaggio del romanzo giapponese "Ring".




►Angolo autrice:
Annyeonghaseyoooo! Grazie al cielo sono tornata sul sito *w* eh già, sono sopravvissuta alle torture della scuola e son tornata a scrivere (per la mia e la vostra felicità). Oggi vi presento un capitolo abbastanza particolare e ricco di colpi di scena - eeeh vi avevo avvisato!
Miyon sta facendo di tutto per evitare Yoongi che, poveretto, non sa che pesci pigliare - in fondo non lo biasimo, insomma, allontanato in modo così brusco dal nulla... *piange nonostante sia l'autrice della storia e conosce ogni minimo particolare*
Per altri versi il nostro pianista però sa perfettamente come comportarsi, diciamo che quella poco di buono della docente si è beccata una bella lezione xD
Riguardo all'ultimo frammento... avete capito di chi si tratta, no? Non dico oltre, vi lascio solo con un "assisteremo a situazioni molto complesse, tutte intrecciate fra loro".
Spero di poter ritornare presto a scrivere e pubblicare così il seguito (non ho tempistiche per ora, lo sapete TwT)
Alla prossima! Fighting~

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16~

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L’unico suono prevalente all’interno della sua stanza fu quello del violino. Era da più di un’ora che Miyon provava lo stesso pezzo, senza ottenere risultati soddisfacenti.
La sua bilancia emotiva era del tutto andata, la confusione e l’amarezza primeggiavano in mezzo a quel macigno di sentimenti che la sconquassava.
In seguito all’ennesima nota errata perse completamente le speranze, lasciando cadere lo strumento sul letto e il suo corpo a peso morto sul divano. Avrebbe riprovato domani, pensava, c’era ancora tempo per allenarsi in vista dell’interrogazione.

Miyon era ridotta a una schifezza, si sentiva in colpa per il suo modo di agire nei confronti di Yoongi: naturalmente, ignorarlo per due giorni di fila non era di certo un giro al luna park. O forse sì, visto che le sue emozioni avevano alti e bassi, come fossero nei binari intricati delle montagne russe.
Fu solo nel momento in cui si decise a mettere un po’ di ordine nella sua stanza che suonarono al campanello. Sarà sicuramente Hyonsu ritornato dalla sua uscita pomeridiana in comitiva, pensò.
I passi che si spostavano in mezzo al corridoio sembravano acuire la sua tesi quando si fermarono giusto davanti la sua camera. Solamente una nocca colpì più volte alla sua porta, per giunta con calma trattenuta.

-Avanti- sbuffò mentre sistemava i libri sulla mensola.

Il solito cigolio della porta lasciò spazio a una ventata d’aria fredda accompagnata dall’odore paradisiaco di Paco Rabanne Invictus. Quella stessa acqua di colonia che Miyon ebbe sul suo corpo per un intero pomeriggio.
La voce che le colpì la schiena le fece perdere un battito.

-Yoongi!?- sgranò gli occhi, voltandosi di colpo.

Lui era lì, fermo sulla soglia della porta con ancora il palmo sulla maniglia, a scrutarla da capo a piedi. Il suo sguardo era impassibile sebbene vi fosse poggiato sopra un velo di malinconia e perplessità.
Spense la luce del corridoio e si fece avanti nella stanza, chiudendo la porta dietro di sé.

-Che... che cosa ci fai tu qui? Avevo detto a mio padre che non volevo vedere nessuno- domandò sconvolta, seguendo con lo sguardo ogni suo movimento.

-Ebbene, stava uscendo e mi ha fatto entrare comunque. Era visibilmente sorpreso nel vedermi, chissà per quale ragione- constatò, allisciandosi il mento col dorso dell’indice.
Un infinito attimo di silenzio precedette la risposta del ragazzo.

-E di certo, anche tu mi sembri molto sorpresa nel vedermi. Ma comunque, per rispondere alla tua domanda... sono venuto per chiederti spiegazioni, Miyon- disse robotico. Poggiò la schiena sull’armadio e incrociò le braccia, in attesa di ciò di cui aveva bisogno.

-Non devo dirti un bel niente, se è per questo. O-ora se non ti dispiace...- balbettò, voltandosi verso la libreria per sistemarvi l’ultima pila di libri da lettura.
Fu a quel punto che Yoongi si scompose, raggiungendo la ragazza e parandovisi davanti. Il suo sguardo era ricco di collera.

-Mi dispiace eccome. Ora dimmi che cosa ti prende, Miyon- il suo tono non sarebbe risultato così tanto angosciante e inquietante se solo non avesse sempre messo il suo nome a fine frase.

-Nulla. Perché? Qualcosa non va?- incespicò le prime parole che le vennero in mente, deglutendo a vuoto.

-Mi stai chiedendo se c’è qualcosa che non va, quando mi ignori da tre giorni senza alcun motivo!?- l’aria calda usciva a furia dalle sue narici, sfiorandole con singolare delicatezza il viso.
Yoongi era pressoché la personificazione di un toro alla corrida, con quelle vene marcate sul collo e gli occhi rossi di rabbia.

-Ai corsi mi eviti come se avessi la lebbra, non rispondi alle mie chiamate e men che meno ai messaggi, adesso fai finta di nulla... insomma Miyon, che diamine ti succede!?- cominciò ad alzare i decibel, tenendo in conto l’elenco con le dita.

-I-io non... non voglio parlarne. Posso solo dirti che c’è un buon motivo per cui mi sia comportata in questo modo-

-Non mi accontento di quest’asserzione. Devi spiegarmi perché sei così fredda con me, spiegami una volta per tutte che cosa cazzo ti ho fatto!-

-Tu niente, Yoongi! Niente!- urlò mentre si allontanava dalla sua figura alta e snella.

-E allora parla, maledizione! Sono stanco di girare intorno a qualcosa che sto cercando di sapere e che ancora rimane nascosta!- sbraitò lui di conseguenza, acchiappandola dalle spalle.
La guardò fissa negli occhi, quegli scuri occhi a mandorla già impregnati di lacrime. Rimase stupito nel vederla ridotta in quel modo.

-Diamine, Yoongi, sei mio fratello!-

Solo quando si rese conto di aver vuotato il sacco, sgranò gli occhi e portò le mani alla bocca. Non poteva averlo detto davvero, non poteva essere successo davvero, pensava.
Ma ormai era troppo tardi. Tardi per fermare anche le lacrime di Yoongi.

-Che stai blaterando, Miyon? Non è vero!- staccò le mani dalle spalle di lei e indietreggiò di qualche passo.
Tremava, era più che evidente.

-Sì Yoongi, lo è purtroppo...- si morse a sangue il labbro inferiore, voltandosi per non vedere la disperazione prendere possesso del volto del ragazzo.

-Menti! Chi te l’ha detto, eh!?- parlò fra i molteplici singhiozzi che cercava di reprimere a tutti i costi.

-Non è stato nessuno a dirmelo...-, asserì sotto l’occhiata confusa di Yoongi,-...l’ho sentito dire da mio padre-

-Cosa...? Miyon, che scherzo è questo?- cercò di ricomporsi, invano.

-Yoongi, non è uno scherzo. Tre sere fa ho origliato la conversazione che mio padre stava intrattenendo con tua madre-, pianse mentre Yoongi boccheggiava nel tentativo di replicare,-Le ha chiesto se tu fossi realmente suo figlio... non ho sentito altro perché sono fuggita, ma penso sia così. Ho visto mio padre più sollevato l’altro giorno, dopo intere giornate di depressione- Yoongi portò una mano al petto e si lasciò cadere di peso sul divano, stremato e con lo sguardo fisso nel vuoto.

-Non posso crederci... sono innamorato di mia sorella, maledizione!- si scompigliò i capelli dall’ira.

Con la testa fra le mani, Yoongi lasciò sfociare le sue emozioni in un pianto potente e dirotto, la seconda cosa nella sua vita ad avergli tolto il fiato.
Già, la prima fu proprio Miyon.
Quella semplice ragazza che gli ha stravolto la vita, scosso cuore e anima e dato un significato all’amore vero. Adesso, quella stessa ragazza che gli aveva fatto perdere la testa, era costretto a guardarla con occhi diversi, da fratello.

-Fa male Yoongi, lo so... fa male anche a me- gli sussurrò con voce spezzata, passandogli una mano sulla parte superiore della schiena.

-Non sarà più lo stesso ormai, vero?- chiese in balìa delle lacrime, pur essendo al corrente di quale sarebbe stata la risposta.

-No Yoongi...- tirò su col naso prima che si asciugasse le lacrime dal viso.

In quel momento tutto stava andando in pezzi, comprese le loro anime, convinte di essersi trovate e illuse per tutto il tempo da un destino alquanto infame.
Miyon prese fiato, poi si voltò verso di lui. Era ancora chino in avanti a singhiozzare, coperto da una cascata di lisci capelli neri dai lucidi riflessi blu. Si avvicinò con cautela al ragazzo, prendendogli delicatamente il polso e facendolo scomporre dalla sua posizione.

-Permettimi di farlo un’ultima volta- parlò sottovoce lei.

Al tatto, le rosse guance di Yoongi erano calde e morbide. Adesso erano faccia a faccia: i loro occhi, pervasi da un infinito sconforto, si studiavano a vicenda per l’ultima volta, come se da quel giorno in poi i tratti di ambedue sarebbero improvvisamente cambiati.
Miyon si avvicinò così tanto a lui che i nasi si sfiorarono fino a toccarsi; quei due centimetri che separavano le loro labbra si azzerarono in un battibaleno, introducendo il nascere di un bacio lento e delicato, unico e passionale: le loro lingue si assaggiarono ancora una volta, il sapore era rimasto quello di sempre.
Proprio come le emozioni, di quando si accarezzavano a vicenda. Erano le stesse, ma ogni volta aumentavano d’intensità.

-Non volevo che lo fosse. Ho ancora bisogno di te... ho ancora bisogno dei tuoi baci, delle tue carezze, delle parole dolci sussurrate all’orecchio, Miyon- le strinse le mani così forte che sembrava non volesse lasciarle.

-Anch’io Yoongi, ma non voglio vederti soffrire. Quindi, ti prego, vai avanti... non potrò vivere col pensiero che starai male pensandomi. Devi promettermi che non lo farai, che sorriderai nonostante tutto- poggiò la fronte sulla sua, portandolo a chiudere gli occhi.

-Non posso prometterti una cosa del genere Miyon. Non perché non voglia, ma perché pensarti è più forte di me-









 
***









 
Una notte insonne precedette la tanto agognata uscita insieme all’amore di una vita, colui che non aveva mai osato dimenticare.
Il rumore dei suoi tacchi contro l’asfalto entrava in contrasto con le parole di Doyun, che uscivano come una cascata fuori dalle sue labbra carnose color ciliegia.
Per Chongeun era sempre stato un piacere ascoltarlo, probabilmente per l’innata capacità dell’uomo di riuscire a mantenere l’attenzione su di sé con la sua spiccata dialettica, adeguatamente accentuata da un tono di voce caldo e sensuale.

-Sai, sono sollevato nell’essere venuto a conoscenza della verità. Ma c’è comunque qualcosa a turbarmi... come potrebbe reagire Yoongi alla notizia? Insomma, non penso tu gli abbia mai parlato di noi- la guardò di sfuggita mentre attraversavano la strada.
Sebbene l’agitazione del momento, Doyun non aveva comunque perso il suo timbro attraente.

-Non ho mai detto una parola del rapporto che abbiamo avuto in passato, sa solo che suo padre è morto per una malattia polmonare- tossì di colpo dopo aver inalato le polveri sottili provenienti dai tubi di scappamento.

-Vivere senza un padre per una vita intera non gli è stato facile, di certo sarebbe un duro colpo per lui venire a conoscenza di questa situazione... e penso sarebbe destabilizzante anche per Miyon. Ritrovarsi un altro fratello dopo ventitré anni non è mica cosa da tutti i giorni- si aggrappò saldamente al suo braccio nel tentativo di salire sul marciapiede scivoloso.

-Già, questo è vero- sospirò, mordendosi l’interno del labbro.
Chongeun squadrò il suo viso per un istante, poi si fermò davanti a lui.

-Ascoltami Doyun, per adesso sarebbe meglio non dire nulla a nessuno. E’ meglio che questa cosa rimanga segreta per il momento e che, magari, venga annunciata più avanti in un momento più consono...- gli accarezzò le braccia riservandogli occhiate di conforto.

-Sì, sarebbe la cosa migliore da fare. Non so proprio come potrebbe reagire mia figlia... ha già molto stress per via dell’università, non vorrei sovraccaricarla con altri pensieri-

-Allora rimaniamo in questo modo, caro- parlò con voce sensuale.

Erano già giunti alla porta di casa sua, Doyun era stato talmente gentile da accompagnarla al ritorno. Del resto, le sue abitudini di una vita non erano certo svanite nel nulla.
Posizionatasi davanti al cancello, si voltò verso l’uomo riservandogli un’occhiata penetrante e pressoché ammaliante.

-Grazie per avermi fatto compagnia, Doyun-ah. E grazie anche per la bella serata- il rumore dei tacchi si avvicinava lentamente verso di lui.

-Non ringraziarmi, è stato un mio dovere. D’altronde è tarda sera e di certo non posso permettere a una bella signora di camminare da sola per le strade. Non dubito della sicurezza della città ma sai, meglio essere previdenti- sollevò un angolo della bocca, mostrando uno squarcio di dentatura.

-Non sei cambiato dall’ultima volta- sorrise, accorciando ancora di più le distanze, - E mi piace-

Lo guardò dritto negli occhi per una manciata di secondi fino a quando permise alle sue labbra di poggiarsi su quelle di Doyun. Aveva sempre sperato di poter rivivere questo momento e beh, quella sera, il suo sogno si stava appena materializzando.
Un sonoro schiocco annunciò la fine di quel casto bacio inaspettato. Doyun aveva dimenticato quali sensazioni potessero pervadere una persona impegnata a baciare.

-Beh, che dire? M-mi hai colto di sorpresa, Chongeun-, lasciò il suo sguardo fisso su di lei, -Con quel bacio mi hai fatto tornare indietro nel tempo... e a dirti la verità non mi è dispiaciuto affatto-

Stavolta fu lui a prendere l’iniziativa: le sue mani si fiondarono sulle guance di lei, portandola ad avvicinarsi in modo repentino alla punta del suo naso. Fu un gesto così rapido e inaspettato che Chongeun fece addirittura fatica a realizzare di trovarsi di nuovo labbra a labbra con Doyun.
Era una bella sensazione per la donna sentire, per la prima volta dopo tanto tempo, la barbetta di lui solleticarle il mento.  
Presero a baciarsi in modo passionale, le lingue cominciavano ad assaggiarsi e i loro respiri diventavano un’unica condensa biancastra nella fredda aria notturna di Seoul.
Quando le loro labbra si furono allontanate le une dalle altre, i due presero ad ansimare. Quel bacio era stato talmente lungo che entrambi non riuscirono a prendere minimamente fiato.

-Adesso siamo pari quindi- ridacchiò Chongeun, accarezzandogli il volto.
Doyun toccò la mano poggiata sulla sua guancia e sorrise.

-Forza, entra adesso, fa abbastanza freddo stasera-, Doyun lasciò che un semplice baciamano precedesse i suoi passi verso l’androne del palazzo, -Buonanotte, Chongeun-

-Buonanotte a te, Doyun-

Lasciatosi il cancello dietro le spalle, Chongeun tirò un lieve sorrisetto sotto i baffi, soddisfatta di se stessa e del piano che la sua mente perversa aveva partorito.
Doyun era già caduto ai suoi piedi, proprio come si aspettava. Adesso non rimaneva altro che trovare il momento più adatto per annunciare di aver fatto coppia fissa.
Sarebbe arrivata a metà dell’opera molto presto, tutta la fatica era già stata fatta. L’altra metà, invece? Beh, quella sarebbe stata un gioco da ragazzi, nonché divertimento maggiore.
Aveva molte cose in serbo per chiunque le stesse intorno, cose che solo lei poteva macchinare.







►Angolo autrice:
Allora, comincio le mie note con un sincero "mianhaeyo", so di  essera stata causa di distruzione per i vostri feels (qualcosa mi fa pensare che già dalla gif siano partiti degli enormi film mentali con annessi scleri di una certa potenza----)... PERDONATE ME E LA MIA MALVAGITA' DA AUTRICE *si inchina*
Ehm si, beh dopo questa supplica ritorniamo a noi.
Grazie al cielo oggi sono tornata ad aggiornare (è stato solo un caso fortuito eh, non penso riuscirò a pubblicare ogni sabato per adesso TwT), proponendovi un capitolo abbastanza heartbreaking. Miyon ha vuotato il sacco e il povero Yoongi è finalmente (ma anche no) venuto a conoscenza dell'amara verità, e adesso si troverà a lottare con le sue emozioni. Cosa accadrà fra i due ragazzi? Lo scopriremo nella prossima puntata più avanti. Non spoilero. Promesso.
Il secondo paragrafo, quello forse un po' più enigmatico ricopre un ruolo di una certa importanza, quindi mi raccomando... fate attenzione al nostra femme fatale Chongeun!
Non penso di dover aggiungere altro, il capitolo parla da solo ahha
Mi auguro di potermi fare di nuovo viva sul sito molto presto! Intanto, fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e se ci dovesse essere qualcosa che va aggiustato!
A presto! Fighting~~

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17~


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Nell’aria fresca del mattino, l’odore limpido e delicato delle azalee in fiore annunciava l’inizio della primavera. Seoul rinasceva in quel periodo dell’anno e, come volesse sorprendere ogni volta, indossava sempre una bellezza diversa: un sottile manto di petali permeava le grigie strade cittadine, immergendo la monotonia  urbana in un bagno di toni chiari e calmi.
Sembrava di essere a Carnevale vista la molteplicità di colori, ma di certo quella tradizionale bellezza non era neanche lontanamente paragonabile all’incanto della primavera.
Nonostante tutto Miyon ha sempre odiato quella stagione. Le ricordava sua madre, quella stessa persona alla quale ha pensato negli ultimi tempi e che, proprio quella mattina, stava andando a far visita.

Varcare la soglia del cimitero non era affatto facile per Miyon; tutto le riportava alla mente ricordi troppo dolorosi, cosa che la maggior parte delle volte non era in grado di gestire.
Quel luogo perennemente intriso di mistero era silenzioso quanto rumoroso, le statue in marmo sormontanti ogni lapide raccontavano in silenzio la storia del proprio defunto e il frinio delle cicale sembrava dar voce alle loro parole mute. 
Ad ogni passo incerto, Miyon si addentrava via via nel grande labirinto di pietre sepolcrali, dove ogni tanto si faceva la conoscenza di qualche piccolo mausoleo abbandonato ricoperto da rampicanti.
Non sarebbe mancato molto prima che fosse arrivata alla tomba di sua madre.

“In memoria di Kang Hyejin, donna, moglie e madre unica. Che la sua anima possa riposare in pace”, quella era la frase riportata sulla faccia della lapide marmorea che Miyon non riusciva a fare a meno di non leggere. I suoi occhi scorrevano lenti fra le lettere che componevano la frase, andavano avanti e indietro, così che la scritta potesse rimanere parte della sua memoria.

-Sei sempre stata unica nel tuo genere, mamma...- Miyon piegò le ginocchia, stanziando il suo viso davanti la foto della donna.

-...nessuno è mai riuscito a notare quanto tu fossi grandiosa, quanto fossi forte... e bella, nonostante la malattia- portò una mano in avanti per sostituire i fiori appassiti con quelli freschi di stagione.

Miyon sentì le sue emozioni farsi sempre più intense, proprio come la sua pressione sanguigna, in quel momento concentrata tutta sulle gote. I suoi piccoli occhi a mandorla divennero lucidi in un millisecondo e le labbra, ormai di un rosso acceso, presero a tremare impercettibilmente.

-Ho bisogno di te, mamma, ho bisogno del tuo aiuto. Non posso più sostenere una situazione del genere- esplose d’un tratto; le gambe cedettero, e Miyon cadde in avanti sulle ginocchia.
L’unica cosa che fece fu aggrapparsi saldamente alla lapide, quasi come stesse abbracciando sua madre.

-Mi sento persa e sola adesso. L’unica persona che era riuscita a comprendermi dopo tanti anni mi è stata portata via, mamma. Dopo di te, Yoongi è stato l’unico ad avermi capita a fondo- prese palesemente a singhiozzare.
Le lacrime scendevano a flussi rapidi sul suo viso, rinfrescandone lievemente le guance bollenti.

-Tutta colpa di quel destino infame, che gode nel vedermi soffrire. Prima strappa te dalle mie braccia e ora Yoongi dal mio cuore...- si fermò per riprendere fiato, coprendosi gli occhi col dorso della mano inguantata.
Emise un lungo sospiro e, solamente dopo aver aperto gli occhi, prese a guardarsi intorno.

-So che sei qui, mamma. So che puoi sentirmi e puoi fare qualcosa...-, fece aderire fra loro i palmi delle mani, -Ti prego, aiutami a trovare una soluzione... fa’ che questo sia solo un brutto incubo dal quale possa risvegliarmi presto. Sento il bisogno di dover riavere quella felicità che tanto ho perso, o finirò per crollare- fece per dire quando un delicato soffio di vento le scompigliò i capelli.

Tirò su col naso un paio di volte e si asciugò il viso, in preda al bruciore per colpa delle lacrime salmastre.
Prese ad alzarsi in piedi, ritrovandosi a spolverare i jeans sporchi di terriccio secco.
Una volta portata la borsa sulla spalla si fermò nella sua posizione, osservando con sguardo pietrificato il sorriso che la donna mostrava fiera nella foto.
Espirò dalle narici fintanto che anche lei ricambiava con un rapido accenno di sorriso.

-Ti voglio bene, mamma-
 








 
***







 
 
Guardandosi intorno si riusciva a notare come la primavera fosse già alle porte, portando un po’ di luce in quel paese perennemente grigio. I fiori sbocciavano in ogni dove ma, al contrario, Yoongi appassiva di giorno in giorno, struggendosi con i suoi stessi pensieri.

Nelle settimane che seguirono quel crudele scherzo del destino, lui e Miyon si erano visti molto di rado e, se lo facevano, era solo per prepararsi a un’ennesima interrogazione. Purtroppo ciò che adesso li teneva uniti qualche volta erano i doveri universitari, e non i loro sentimenti.
E proprio per questo motivo Yoongi non faceva altro che affliggersi.
Ogni qual volta stava con lei il tanto adorato nodo allo stomaco si stringeva sempre di più.
Ormai guardare Miyon, per lui, era diventato un mezzo di autodistruzione. Proprio come il fatto stesso di pensarla.

Yoongi aveva le braccia sul davanzale del balcone quando sua madre lo richiamò, allontanandolo non solo dai tormenti interiori ma anche dai fiori appena sbocciati che stava denudando, strappandogli petalo per petalo.

-Yoongi-ah, non stare lì a ciondolare e vieni ad aiutarmi con le pulizie, forza!- gracchiò non appena con la testa superò la soglia della porta-finestra del salotto.

Negli ultimi tempi era arrivato ad odiare ancora più profondamente sua madre, non solo per il suo impartire ordini a raffica quasi fosse una despota, ma anche per il semplice fatto che si frequentasse con Doyun. A quanto pareva la cosa andava a gonfie vele, visto che da un po’ di tempo a quella parte il suo atteggiamento da donna perennemente mestruata si era affievolito.

-Sì mamma, arrivo. Dammi un istante- si voltò verso di lei, rivolgendovisi con tono visibilmente seccato.
Tornò a guardare di fronte a sé per poi concentrarsi sul bocciolo rovinato che teneva in mano.

-Sei riuscito a salvarti almeno tu-, disse rivolgendosi all’ultimo petalo rimasto sullo stelo, -Chissà se potrò salvarmi anch’io da questo inferno-
 
 


Fare le pulizie di primavera era diventata una seria rottura di palle per Yoongi. Da quando sua madre ha reso questo modo di vivere tipico americano una tradizione familiare, il ragazzo ha sempre dovuto aiutarla nonostante non volesse.
Se si fosse rifiutato si sarebbe beccato, come al solito, una bella lavata di capo, l’ultima cosa che Yoongi volesse ricevere in quel momento.
Quel pomeriggio però, a differenza degli altri anni, quasi ringraziò sua madre per averlo costretto: almeno così non avrebbe continuato a deprimersi, staccando la spina da quel pensiero fisso.  

-Piantala di tenere quel muso lungo, Yoongi! Sembra sia reduce di un funerale!- lo riprese irritata Chongeun, vedendolo comportarsi come un automa.
Effettivamente sua madre non aveva tutti i torti, Yoongi era ormai morto dentro.

-Senti, vuoi essere aiutata o no? Se sì, accontentati di questa faccia. Ho i miei buoni motivi per mettere il broncio- ringhiò di rimando, parlando talmente rapidamente che nemmeno Rap God di Eminem avrebbe potuto competere.

-Fai come vuoi, io l’ho detto per te-

Come se a lei importasse qualcosa di suo figlio. Come se a Yoongi  importasse qualcosa di quello che lei credeva fosse bene per lui.
Stava andando in cucina a prendere un bicchiere di succo di mela quando quella gli chiese “cortesemente di farle un favore, visto che passava di lì”.
Fu proprio in quel momento che il ragazzo pensò se fosse stato meglio deprimersi o aiutare una strega di mezz’età a sistemare la propria baracca maledetta.
Qualunque cosa pensasse, ormai non poteva tirarsi indietro.
Beh, in realtà, sappiamo bene come non avrebbe potuto comunque tirarsi indietro.

-E non dimenticarti di portarmi i panni elettrostatici! Il pacchetto sta sopra delle scatole nel ripostiglio!- urlò alle sue spalle fintanto che Yoongi si incamminava.

Fece il suo ingresso trionfale in cucina, inciampando con grazia sugli indumenti sporchi gettati alla rinfusa davanti la lavatrice. Rialzatosi in mezzo alle sue stesse imprecazioni, bevve la sua agognata bevanda fresca e diresse i suoi passi verso il ripostiglio: una sottile porta scorrevole separava il soggiorno da uno stanzino striminzito di pochi metri quadrati, dotato di mensole e ripiani in tre pareti su quattro.

Cercò in ogni dove per dieci minuti buoni, realizzando poi che il famoso pacchetto si trovasse nella parte più alta di uno degli immensi scaffali… sotto uno scatolo decisamente più grande.
Sbuffò nel vedersi costretto a prendere una sedia per raggiungerlo.
Sembrava stesse giocando a Jenga, vista la cautela con cui tirava a sé l’oggetto: data la sua innata bravura riuscì a prendere il pacco con i panni, ma in regalo ricevette due scatole dritte sulla testa.
Piccola postilla: mai usare il termine “cautela” con Yoongi.

Stette un po’ a realizzare il casino che aveva combinato dentro quel buco già disordinato di per sé: fogli di vario tipo erano sparsi su tutta la superficie del pavimento in coccio, mostrando il loro contenuto alla luce del giorno.

Non ci mise molto a capire che si trattasse di documentazione ospedaliera, visto il timbro del centro sanitario locale. Lesse uno dei fogli e non capì più nulla, la sua mente si era ingrippata in mezzo a nuovi pensieri e il cuore aveva decisamente perso battiti.

Cognome: Min    Nome: Yoongi
Gruppo sanguigno: O
Peso: 3,400 grammi
Genitori: Kim Chongeun e Min Seojun


Colto da una destabilizzante emicrania, Yoongi corse a furia dalla madre, intenta ancora a pulire i vetri delle finestre.

-Ti avevo detto di portarmi i panni! Dove diamine li hai mes-?- si bloccò non appena vide il figlio reggere in mano dei fogli.

-Yoongi... cosa stai tenendo in mano?- domandò con voce tremante, fingendo di non sapere.

-Sai benissimo cosa ho in mano, mamma- la sua voce si fece scura e minacciosa, e il suo modo di incamminarsi verso la donna rendeva inquietante il suo atteggiamento.

-Di cosa sei a conoscenza, Yoongi?- chiese quasi balbettando.

-Di tutto quello che mi interessava sapere- si fermò a tre centimetri dal viso intimorito di Chongeun, poi alzò il foglio aumentando i decibel.

-Ora dimmi... chi cazzo è Min Seojun!?-

Chongeun scese dal treppiedi e si sedette su uno dei gradini di ferro, portandosi una mano a pressare contro il petto, proprio all’altezza del cuore.
Aveva preparato una scappatoia ad ogni eventuale situazione che si sarebbe potuta creare per intralciare i suoi piani, ma questa fu l’unica cosa che non riuscì a prevedere. Ed era stata colta impreparata.

-Chi ti ha detto che Doyun fosse tuo padre?- azzardò a chiedere, boccheggiando.

-Non te ne frega niente, sono affari miei questi. Ora rispondi subito alla mia domanda- scansò una sedia dal tavolo del salone, buttandovisi su violentemente.

-Va bene, Yoongi, va bene-, si arrese, sventolandosi una mano davanti al viso, -Min Seojun, insomma... lui è il tuo vero padre- strizzò gli occhi in preda al panico e, temendo in una reazione da parte del ragazzo, si coprì il volto con le braccia.

-Significa che per tutti questi anni mi hai solamente mentito!? Che Min Jungsu, considerato da me come unico e vero padre col quale ho convissuto un misero anno della mia fottuta vita, in realtà non lo era!?- sbraitò con fare delirante, alzandosi talmente di scatto che la sedia venne scagliata contro il muro.
Chongeun agitò le mani davanti a sé, come a implorarlo di fermare le sue urla. Attraversando tutta la superficie del viso con le mani, scansò dalle guance alcune ciocche di capelli scomposti, lasciandosi scappare un profondo sospiro di esasperazione.
Yoongi la guardò, fulminandola con gli occhi in attesa di una risposta esaustiva.

-Non posso più nascondere niente adesso, visto che sei al corrente di tutto... è giusto che ti racconti tutta la verità- disse, tirando su col naso nervosamente.

-Seojun era un ragazzo al quale tuo nonno mi aveva promessa per mantenere un’alta eredità e rendere onore al nome di famiglia. Due anni dopo la tua nascita ha chiesto il divorzio, lasciandomi con metà del patrimonio che tuo nonno mi diede...- dovette fermarsi d’un tratto, la sua voce stava iniziando a tremare.

-Ero disperata, mi sentivo sola e senza forze, con un bambino piccolo a cui badare… poi conobbi Jungsu, l’unico ad avermi fatta innamorare di nuovo, dopo Doyun. Ci sposammo solo dopo tre mesi di fidanzamento e, come ben sai, dopo un anno è venuto a mancare per l’infezione ai polmoni- le lacrime cominciarono a scendere come cascate, facendo spazio a lievi singhiozzi intermittenti.

-Perché allora hai mentito a Doyun, spacciando me per suo figlio?- rispose senza dal retta alla palese sofferenza della donna, portata a galla dopo molti anni di reclusione nella sua cassa toracica.

-Quando quel giorno che lo incontrai al supermercato venni sopraffatta dalla nostalgia, cominciò a mancarmi come quando l’abbandonai anni addietro, prima di sposarmi; e fu in quell’istante che decisi di smuovere cielo e terra per riconquistarlo e farlo di nuovo mio. Nel momento in cui venni a sapere che tu avevi una relazione con sua figlia ho pensato che l’avrei perso un’altra volta, che non sarei riuscita a rimanere al suo fianco... solo allora ho mentito, mi appigliai al fatto che io e lui avessimo avuto un rapporto prima che io mi sposassi con Seojun- portò le mani al viso, in preda alla vergogna.

Fu questo il motivo per cui quindi, quella volta che Doyun vide il suo nome sul cellulare del ragazzo, prese a dubitare del fatto che fosse o meno suo figlio. A quanto pareva, ricordava ancora ciò che era successo con la donna quella notte estiva.
Giusto in quell’istante, Chongeun sperimentò per la prima volta cosa significasse provare davvero dei sensi di colpa.

-Hai fatto tutto questo solo per il tuo egoismo... hai sacrificato la felicità e la sanità mentale di tuo figlio per il tuo benessere?-, pianse, un po’ per sollievo, un po’ per delusione, -Come posso reputarti ancora “ mia madre” dopo quello che hai fatto? Sei solo una donna senza scrupoli, ti meriteresti solo essere disconosciuta e abbandonata a te stessa- il suo viso divenne rosso fuoco, era palese come stesse trattenendo i singhiozzi.

-Yoongi ti prego, non dire così! Tu sei l’unica persona per la quale ho straveduto in tutti questi anni, e perderti sarebbe la ciliegina sulla torta!- si mise in ginocchio lei, strisciando verso i piedi scalzi del ragazzo.
Lo supplicò finché le corde vocali glielo permisero, stropicciando i lembi del suo pantalone.

-Volevo solo vederti felice, Yoongi. Vederti finalmente felice con quel padre che aspettavi da tempo- afferrò saldamente un polpaccio, lasciandovi su le lacrime che sgorgavano senza sosta.

Yoongi fu colpito da quelle parole, le uniche ad avergli fatto guardare sua madre con occhi diversi su questo punto di vista. Quindi tutte quelle volte che usciva con altri uomini non era solo per lei stessa, pensò. Cercava un uomo adatto a colmare il vuoto che c’era nel suo cuore e in quello del figlio.
Si sentì un po’ stupido in quel momento. Come aveva potuto non pensarci?
La sua freddezza d’animo lo aveva indurito, facendogli notare sempre le cose da una prospettiva negativa e pessimista.
Yoongi sbuffò dal naso guardandosi intorno, poi fissò i suoi piedi.

-Vuoi ancora vedermi felice?- azzardò a chiedere, sperando che quella domanda non fosse sinonimo di nuovi strattonamenti per la sua povera gamba martoriata.
Chongeun rispose con un cenno del capo, biascicando un sì, figliolo ansimato e stanco.

-Dì a Doyun la verità, digli tutto quello che hai detto a me adesso e chiarisci una volta per tutte. Solo quando lo avrai fatto, allora potrai dire di non aver perso tutto-

-Come puoi chiedermi una cosa del genere, Yoongi?- sbraitò con ancora le lacrime a rigarle il viso.

-Se non lo farai sappi che ci penserò io, e in quel caso sì che mi perderai. A te la scelta, mammina- tirò un sorriso diagonale, mettendo l’accento sull’ultima parola.

Diciamocelo, ormai Chongeun era nella merda totale. Non aveva tempo per riflettere, doveva solo agire. Sapeva che in qualunque caso avrebbe perso qualcosa, ma ogni situazione avrebbe comportato, nonostante tutto, a conseguenze fin troppo differenti.
Non poteva più fuggire e ignorare i problemi, non quella volta.
Era intrappolata in un vicolo cieco, oppressa dalle indecisioni. Solo il cielo poteva sapere che scelta avrebbe fatto...








►Angolo autrice:
Ebbene sì, oggi finalmente si aggiorna! Chiedo sempre venia per la mia assenza, per ora sto passando un periodo molto confusionario (eh si sa, la scuola causa sempre problemi).
Ma comunque, penso che questo sia il capitolo che molti di voi sicuramente stavano aspettando: la rivelazione di Chongeun è stata a dir poco scioccante per Yoongi, come si può non biasimare la sua confusione mentale e le sue emozioni perennemente contrastanti?
Lo so, sono una cattiva personcina con la mente contorta che partorisce trame fin troppo intrecciate ahha posso solo immaginare gli scleri, perciò vi do il consenso di prendermi a parole se volete xD
Ok allora, piccoli avvisi prima che evapori di nuovo:
1) non so quando potrò scrivere il seguito e di conseguenza quando potrò aggiornare di nuovo, quindi stay tuned!
2) mi duole dirlo, ma anche questa fanfiction sta giungendo al suo termine (purtroppo), questo è uno degli ultimi capitoli (se non il penultimo, devo vedere come mi gira ahah). Ma comunque, preparatevi psicologicamente ahha
Bene, detto questo adesso evaporo sul serio ahah devo andare a studiare u.u si, anche di domenica azz---
A presto – si spera!
Fighting<3

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18~


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Quel dannatissimo divano era diventato il posto preferito di Miyon, negli ultimi tempi lo aveva usato così tanto che l’enorme cuscino del sedile prese quasi la forma del suo fondoschiena.
Il sole splendeva alto nel cielo quella domenica pomeriggio, irradiando di calore meno di un quarto della sua stanza. Sarebbe stata una bella giornata se solo l’umore della ragazza non fosse stato del tutto sotto terra.
Aveva un’espressione morta e respirava silenziosamente, fintanto che si torturava il labbro inferiore fra pollice e indice.
La notte era passata troppo lentamente per i suoi gusti, essendo stata di nuovo insonne. Beh in effetti, le sue occhiaie parlavano molto chiaro. Non riusciva a spiegarsi come la sua mente potesse costringerla a rimanere in completa veglia, privandola di quel lecito sonno ristoratore che ormai vedeva solo col cannocchiale.
In quell’arco di tempo a cavallo fra mezzanotte e le nove del mattino la sua testa le proponeva i più svariati pensieri, passanti da semplici supposizioni a veri e propri film mentali.

I sensi intorpiditi di Miyon si risvegliarono d’un tratto, quando questa fece per scuotere rapidamente la testa emettendo un ringhio d’esasperazione. Era sull’orlo di una crisi, e il suo aspetto trasandato lo confermava in pieno.

-Devo assolutamente fare qualcosa, non posso starmene qui con le mani in mano... devo ottenere spiegazioni o finirò per impazzire- si portò le mani alla testa, scompigliandosi la chioma già disordinata di per sé.

Con una spinta della schiena ed ambedue le braccia in avanti si levò a sedere, per poi drizzare in piedi in un battibaleno. Dovette fermarsi un attimo, per qualche secondo la sua vista fu completamente inesistente a causa della forte pressione sanguigna.
Con passo deciso si diresse in corridoio. Della musica hard rock proveniente dalla camera di Hyonsu arrivava ovattata alle sue orecchie. Più di una volta si chiese se, uscendo da lì, suo fratello fosse rincoglionito o meno.

Strisciando le ciabatte sulla liscia superficie degli scalini, scese al piano inferiore fino ad arrivare in soggiorno. L’odore dell’acqua di colonia inondante l’intero ambiente le pizzicava le narici, quella fragranza era talmente forte che per poco non le lacrimarono gli occhi.
Per un istante le sembrò di sentire canticchiare qualcuno. Era suo padre.
Miyon sollevò un sopracciglio, perplessa. Da tempo immemore non sentiva Doyun  emettere note musicali dalle corde vocali. Si voltò di scatto, formando in aria un cerchio concentrico invisibile coi capelli, e seguì la lieve melodia che, ad ogni passo, diventava leggermente più alta.

La porta dello studio di suo padre era stata lasciata socchiusa; dalla stanza uscivano lievi fasci di luce gialla e compatte scie di profumo, così pesanti da dare la nausea.
Miyon rimase sulla soglia per qualche istante, ammirando suo padre nel suo stato di beatitudine. Stava davanti lo specchio ad aggiustarsi il colletto della camicia, riguardandosi più volte per constatare che in lui fosse tutto in ordine.

In effetti in lui tutto era davvero in ordine, non solo per quanto riguarda la figura ma anche per un aspetto prettamente psicologico. Miyon si era resa conto del cambiamento d’umore dell’uomo già da quando lei aveva interrotto i rapporti con Yoongi: era diventata una persona completamente diversa, e dai suoi atteggiamenti non ci volle molto per lei comprendere che fosse innamorato. E sapeva benissimo di chi.
Sapeva anche che ad ogni sua uscita la incontrava, non che ci volesse un detective per arrivare a queste conclusioni. Perché, alla fine, era di questo che si trattava.

-Papà- accompagnò il suo tono freddo al cigolio della porta.
Doyun rimase con gli occhi fissi verso la figlia, guardando ancora lo specchio.

-Tesoro... che cosa ci fai qui?- sorrise, tornando ad armeggiare con l’orologio da polso.
Quel Breil era stato un compagno di vita, lo aveva indossato ogni giorno a partire dal momento in cui gli era stato regalato, anni fa, dalla sua adorata Hyejin.

-Devo parlarti- disse atona avanzando all’interno della stanza. Lo sguardo del padre si fece leggermente serio.

-Di cosa esattamente?- diede le spalle allo specchio.
Miyon arrestò i suoi passi a due metri di distanza dall’alta figura di Doyun.

-Di te e la signora Kim, ecco di cosa- Doyun impallidì d’un tratto, sembrava avesse visto un fantasma. Nonostante ciò si ricompose quasi immediatamente, non voleva far intendere alla figlia di avere qualcosa da tenere nascosto.

-Ti ascolto, cara- il pomo d’Adamo si mosse dal basso verso l’alto.

-So che in quest’ultimo periodo stai uscendo insieme a lei, so anche che la ami... che l’hai amata in passato, e che ci hai fatto anche un figlio... E quel figlio, papà, io lo conosco bene- troncò temporaneamente la frase, notando lo stato di soggezione a cui aveva sottoposto l’uomo.

-Ma co-come fai a... io non... non ti ho detto nulla al riguardo. Chi è stato?- le parlò con tono pieno di preoccupazione, mostrandole lo sguardo più vitreo che avesse.

-Tu stesso-, Doyun piegò di lato la testa, confuso, -Vedi, quella famosa sera in cui ti sei rintanato qui dentro dopo essertela presa con Hyonsu, beh... ho origliato- diede uno sbuffo col naso.

-Miyon!- le urlò in faccia nel tentativo di fermare le sue parole, invano.

-Eri al telefono con Chongeun, papà, l’hai supplicata di dirti se Yoongi fosse o meno tuo figlio- represse i singhiozzi in mezzo le occhiate allibite dell’altro.
Una lastra di silenzio si parò fra i due, piombando rumorosa dentro il piccolo ufficio.
Doyun deglutì a vuoto.

-Da quel giorno sono stata in pena, sperando che tutto questo potesse essere solo una farsa, una stupida messa in scena... ma mi sbagliavo. E’ stato il tuo umore a farmi comprendere che ormai non c’era più speranza per me- Miyon sentì un nodo stringersi al centro della faringe.

-Di che stai parlando, Miyon? Che cosa vuoi dire con questo?- le afferrò le spalle, guardandole le pupille con gli occhi sgranati.

-Che mi hai rovinato la vita papà!-, buttò fuori le sue emozioni, -Io sono innamorata di Yoongi! Sono innamorata di mio fratello, dannazione!- cercò di divincolarsi dalla presa salda di Doyun, fintanto che le lacrime le scendevano rapide giù per le gote.

-Tesoro calmati, ti prego- abbassò il tono di voce, frenandola ancora per le braccia.

-Calmarmi!? Come puoi dirmi di calmarmi quando la mia vita è appena andata in pezzi!? Io soffrivo e nel frattempo tu ti tenevi tutto per te, non ti sei degnato di dirmi nulla! Pensavo che ti fidassi di me, che fra noi non ci sarebbe mai stato alcun fottutissimo segreto! Dov’è finita quella promessa?- urlò con tutto il fiato che aveva.

I suoi pugni si scagliarono a furia contro il petto di Doyun, che intanto incassava i colpi senza proferire parola. Fu solo un istante che la ragazza si ritrovò a piangergli addosso, trascinata dalla dolcezza di quell’abbraccio fin troppo soffocante. O forse era lei a sentirsi soffocata, visto che la trachea era bloccata dai nervi.

-Santo cielo, Miyon... n-non sapevo stessi portando dentro tutto questo peso. Mi dispiace non averti detto nulla, tesoro. Ho sbagliato di grosso, me ne rendo conto- sospirò, stringendo sua figlia ancora di più a sé.

-Mi sento tremendamente in colpa, e non in grado di prendermi cura di te come faceva tua madre- Miyon mosse la testa, poggiando l’orecchio sul petto. Il suo cuore galoppava dentro la cassa toracica.

-Non dire così papà, hai sempre fatto di tutto purché non mi mancassi...- affermò in mezzo a dei singhiozzi mezzi ovattati. Una lacrima rigò il volto di Doyun.

-Potrai perdonarmi, Miyon?-

-Come potrei non farlo? Nella mia misera vita sei la persona a cui tengo di più-
Fu solo allora che quell’abbraccio divenne indissolubile, asfissiante e piacevole al tempo stesso.

-Ti voglio bene, piccola mia. Ricordalo- quella frase scatenò un’altra forte ondata di lacrime e singhiozzi.

-Troverò una soluzione, te lo prometto-










***










Per Chongeun prendere una decisione non fu affatto facile quel giorno.
Sicuramente, non è gratificante per nessuno vedere andare in fumo i propri piani, soprattutto se di una certa importanza. Perché sì, per lei Doyun era sempre stato importante.
Proprio come l’amore incondizionato che aveva provato per lui. Quell’eccessiva passione e voglia di lui che portò solamente al senso implacabile di possessione.
Alla fine, pensò, sarebbe stato meglio riportare tutto com’era all’origine, quando lei era ancora senza la protezione e il calore di un uomo e suo figlio con una fiorente vita sentimentale.
Fu proprio dal suo verdetto che si rese conto di aver agito sempre nel modo sbagliato, perseverando nelle sue azioni pur sapendo che prima o poi non avrebbero portato a nulla di buono.
Avrebbe continuato a vivere nei ricordi, ma almeno avrebbe reso Yoongi felice per la prima volta.

“Doyun-ah, sono io. Anticipiamo la nostra uscita ad oggi pomeriggio, sento il bisogno impellente di parlarti e... spiegarti. Sì, spiegarti alcune cose. Molte cose. Spero riuscirai a comprendermi.”

Quel messaggio lasciato in segreteria segnava l’inizio di una tempesta, l’inizio di una fine.
Sapeva che quella notte avrebbe pianto cascate, ma le stette bene così. Preferì che fosse lei a soffrire piuttosto che suo figlio il quale, di sofferenze, ne aveva avute più che abbastanza nella sua vita solitaria.

Mentre si preparava realizzò quanto quella sarebbe stata l’ultima volta in cui lei si sarebbe fatta bella per un uomo. Nessuno avrebbe più guardato le sue labbra colorate di rosso, o i suoi occhi a mandorla allungati da un sottile filo di eyeliner nero, nessuno avrebbe sentito più il dolce profumo sul suo collo.
Nessuno l’avrebbe fatto più come Doyun.
Si è data lei stessa la zappa ai piedi, e ciò la fece sentire una stupida.



Come da programma, la SsangYong di Doyun fiancheggiò il bordo del marciapiede alle quattro e mezza del pomeriggio. Solo due colpi di clacson e uno squillo al cellulare destarono Chongeun dal suo stato di intorpidimento sensoriale.
Ebbe un tuffo al cuore quando realizzò quale fosse il vero motivo di quell’uscita. E di certo non era più per una semplice riunione con la sua vecchia fiamma.
Fatti dei rapidi passi uscì di corsa dal bagno, abbandonando quel riflesso sullo specchio che fino a qualche istante prima le aveva tenuto compagnia. Fu piuttosto strano però: le sembrò di aver osservato tutto il tempo il suo stesso ego, fatto da mille imperfezioni coperte alla meno peggio col fondotinta.
Per la prima volta in vita sua, Chongeun provava un senso di vergogna.

Afferrò il mazzo di chiavi sul muretto vicino la porta e uscì, fintanto che si stringeva alla vita il cintino del cappotto.
Doyun era già ad aspettarla fuori dal portone, in piedi vicino ai campanelli. Sembrava pensieroso.
Il vetro oscurato della grande porta in legno massello non oscurava molto i tratti del suo viso, per questo Chongeun riuscì ad accorgersi subito della sua strana espressione.
Bastò solo un rumore metallico e Doyun si scompose, portando le braccia dal petto ai lati del corpo.

-Ciao Chongeun-ah- tirò un sorriso forzato, mostrando la bianca dentatura.

-Felice di rivederti, Doyun- mentì.

Era a conoscenza del fatto che quel giorno l’ultima cosa che avrebbe voluto fare fosse quella di vederlo. Ma doveva confessargli tutto, e porre definitivamente fine ai suoi tormenti interiori.
Doyun le offrì il suo braccio, accompagnandola dritta sul marciapiede. Prima di proferire parola, espirò rumorosamente dalle narici.

-Hai detto che dovevi parlarmi, giusto?- Chongeun fece un cenno positivo con la testa, tenendo lo sguardo dritto di fronte a sé. Non aveva proprio il coraggio di guardarlo negli occhi.

-Bene, anch’io avrei qualcosa da dirti- si schiarì la gola alla fine della frase.
Un improvviso attacco di tachicardia prese in pieno Chongeun, la sua pressione era giunta di botto su per le gote.

-Ah...-, disse sospirando, -Dove stiamo andando?- cambiò discorso mentre si guardava intorno.

-Oggi voglio godere di un po’ di sana tranquillità, quindi eviterei qualsiasi luogo affollato. Andremo al parco, visto che il tempo ce lo permette-
Effettivamente quel giorno la temperatura era ideale, il freddo pungente stava lasciando spazio al tepore del sole primaverile.

I loro passi riecheggiavano dolci sulla superficie del grigio marciapiede, accompagnati dai rumori assordanti dei clacson e dai venditori ambulanti pronti ad urlare da dietro piccole bancarelle di metallo.
Gli odori dei vari cibi di strada si mescolavano soavemente in un’unica nube speziata, agrodolce.
La città era calma quanto caotica quel pomeriggio, il lieve cinguettio degli uccelli entrava in contrasto con il mormorio incessante della gente che incespicava parole a raffica, incomprensibili alle orecchie di chiunque cercasse di estrapolare discorsi di senso compiuto.

Uno scuro cancello di ferro battuto era la porta d’accesso a quell’ampio appezzamento di natura urbana. Doyun aveva ragione, la tranquillità lì dentro era pazzesca. Solo il fruscio delle foglie e lo scroscio dell’acqua di una fontanella animava quel luogo dalle fattezze paradisiache.
L’uomo accelerò il passo, accomodandosi su una bianca panchina di pietra. Portò la mano vicino alla sua sinistra e, battendo un paio di volte sulla liscia superficie fredda, invitò Chongeun a sedervisi accanto.
L’aria intorno era salubre e pulita, eccessivamente diversa rispetto all’aria che si respirava fra i due.

-Adesso va molto meglio- riempì a pieno i polmoni, guardando davanti a sé, -Allora... suppongo che abbia qualcosa di importante da dirmi-
Chongeun lo fissò, atterrita e presa in contropiede.

-C-come puoi dire si tratti di qualcosa di... importante?- vacillò nel porre la domanda, vista la sua stupidità.

-Beh, hai anticipato l’appuntamento. Non vedo perché avresti dovuto farlo altrimenti-, le sorrise, -Avanti cara, sono tutt’orecchi- poggiò un pugno sulla tempia, facendo cadere qualche ciocca nera sulle dita.

-P-prima tu. Sono curiosa di sapere cos’hai da dirmi- gli toccò la spalla con un dito. L’altro rise di gusto.

-Ah, la curiosità delle donne-
Fu in grado di strapparle un lieve sorriso prima di toglierglielo dalla faccia. La sua espressione si fece seria.
Gonfiò il petto d’aria e, raschiandosi a scatti la gola, intrecciò le mani sulle ginocchia accavallate.

-Vedi Chongeun, c’è un piccolo problema... poco prima che uscissi ho avuto una discussione particolare con mia figlia-

-Oh, mi dispiace… che è succes-?-

-Sa tutto- la mora sgranò gli occhi d’un tratto e prese a balbettare.

-C-com’è possibile!? Chi è stato a rivelarle...?-

-Nessuno, l’ha sentito da me quella volta che ti supplicai di dirmi la verità- sospirò, -Mi ha anche detto che è innamorata di Yoongi, e temo che sia un sentimento reciproco...-

A Chongeun le si bloccò il cuore, non fu più in grado di respirare sebbene fosse in completa aria aperta. Blaterò qualche sillaba quando si arrese. La sua mente fu colta da un blackout: cosa fare adesso? Beh, quello che avrebbe dovuto fare all’inizio.
Chiuse gli occhi e li strinse, stirandosi il collo teso con movimenti circolari.

-Non dire altro Doyun-ah- lo interruppe, guadagnandosi un’occhiata perplessa, -Ora tocca a me...-
Coi mignoli laccati si scostò la frangia dalla fronte, poi espirò celermente, dedicando le sue attenzioni alla bellezza travolgente che aveva accanto.

-Devo togliermi questo fardello di dosso, non posso trattenere tutto questo a lungo…-

-Chongeun? Cosa intendi con “fardello”?- sgranò gli occhi e le si avvicinò, come volesse guardarla meglio.

-Vedi, io... io t-ti ho mentito, Doyun. Su tutto- questi si tirò indietro con uno scatto, drizzandosi sulla sua postazione.

-Cosa…?-

-Yoongi, ecco... in realtà, lui non è tuo figlio- dovette guardare i suoi piedi per la vergogna.
Lo schiocco della mano sulla coscia e una risata aspirata prevalsero su qualsiasi altro suono. Agitò la testa, confuso e adirato al tempo stesso.

-Aah, questa è davvero bella- la fissò con occhi immobili, emettendo una sonora risata aspirata. Sbatté una mano sulla coscia e si sporse in avanti, agitando la testa a destra e a manca. Il suo sguardo toccò terra.

-Sei incredibile. Come hai potuto fare una cosa del genere, Chongeun-ah? Come hai potuto farmi una cosa del genere?-

-Mi dispiace Doyun, davvero! Dal giorno in cui ti vidi mi dissi che sarei riuscita di nuovo a renderti mio, che non ti avrei più lasciato... ma a quanto pare ho rovinato tutto-

-E’ vero, hai rovinato tutto. Hai rovinato la vita di tre persone, e tuo figlio è compreso fra queste. Sai come potrebbe reagire alla notizia!?-

-Lui lo sa già, Doyun-ah! L’ha scoperto da poco, ed è stato uno shock per lui!- scosse le mani davanti la faccia, agitandosi come una forsennata.

-Ed è proprio per lui che adesso sto confessando tutta la verità, per vederlo finalmente felice- le lacrime presero a rigare il suo volto, trascinando con sé il nero del mascara.

-Non riesco davvero a crederci... la tua crudeltà si è spinta fin troppo oltre questa volta. Sapevo che mi avresti portato solo sofferenza, come facesti in passato- abbassò il tono di voce, guardandola con sguardo truce.

-Ciò mi conferma come il tempo non cambi affatto la gente, come il lupo perda il pelo ma non il vizio- prese ad alzarsi quando la donna lo frenò per il polso. Era immersa in un lago di lacrime.

-Doyun-ah aspetta, ti prego. Fammi spiegare...-

-Lasciami. Ciò che hai detto è stato abbastanza per farmi provare, ancora una volta, solo sdegno nei tuoi confronti: vorresti per caso peggiorare la situazione?- parlò fra i singhiozzi di lei.

-No...- fu capace di dire, espirando esausta. Per colpa della sua avarizia d’amore il suo cuore le si era del tutto frantumato. E ormai non poteva più esserci rimedio.

-Bene- ritirò il polso con uno scatto, aggiustandosi con la mano la manica stropicciata.

-Se mi ami davvero, allora lasciami andare una volta per tutte. Non forzare un destino che non è indirizzato a compiersi-

Ogni passo compiuto da Doyun riecheggiava all’interno del suo cuore, tramutandosi in battiti persi. Allora è questo ciò che si prova quando qualcuno esce via dalla propria vita, pensò. Era come cadere nel buco nero di se stessi, in cui il dolore e lo sconforto permanevano all’infinito.
Il solo ricordo di lei in Doyun finiva nell’oblio ad ogni colpo di tacco, relegandola per sempre nei meandri più oscuri della sua mente.
Si fermò un attimo a pensare a tutto quello che avrebbe potuto fare di buono durante l’intero arco della sua vita, rimpiangendo di non aver scelto la strada giusta. Poi pianse.
Era l’unica cosa che le era rimasta da fare, dopo aver fatto a brandelli il suo cuore e quello di Doyun. Non sarebbe stata più la stessa, se lo era ripromesso.
Da quel giorno in poi avrebbe reso felice la persona più importante della sua vita: Yoongi.









►Angolo autrice:
Eeeee buonasera a todos! Finalmente ritorno nel mondo dei comuni mortali ahah che bello poter togliere il naso dai libri una volta ogni tanto :3
Ebbene questo capitolo è stato abbastanza particolare, quello in cui tutto è andato a scatafascio… due dei nostri personaggi hanno dovuto affrontare i loro stessi tormenti, esternandoli nel peggiore dei modi, Miyon per un lato e Chongeun per l’altro.
Come si sarà notato dal mio immancabile effetto suspense, non è affatto l’ultimo capitolo – yes, è il penultimo ­–
Giuro, creerò una bella bomba per il finale ahha intanto, fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo ;)
In the meantime, ringrazio davvero tutti coloro che seguono/recensiscono la storia e la inseriscono nelle varie sezioni; mi fa davvero piacere sapere come ci sia interesse verso la ff, sebbene la mia scarsa attività qui sul sito! Quindi beh, grazie di nuovo!! <3
Spero di potermi dedicare di nuovo alla stesura della storia, e pubblicarla presto! Alla prossima!
Fighting!!

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19~

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Doyun aveva il capo chino sui suoi piedi, mentre camminava.
La tremolante frangia nera ricopriva parte del suo volto, lasciando intravedere leggermente un po’ della sua barbetta, sottile e curata. Permise alle sue larghe spalle di alzarsi prima di infilare le mani dentro i taschini del cappotto.
Si sentiva distrutto dentro; un uragano di emozioni, ricordi e sensazioni lo aveva appena scosso.
Cercò di concentrare la sua attenzione sulle macchie di pece lasciate sul marciapiede, ma ogni tentativo di riuscirci fu del tutto inutile.
Fermò i suoi passi sul ciglio della strada, di fronte le strisce pedonali. Il semaforo era rosso.
Proprio come il suo viso, rosso di rabbia.
Si rese conto di aver spesso giocato col fuoco e di esserne rimasto scottato, si era ripromesso che non si sarebbe più avvicinato alla sua vecchia fiamma. Ma lo aveva fatto. E stavolta si era bruciato.
Fin da giovane Dohyun ha avuto questa innata capacità di dar più retta al cuore che alla mente; e ciò non fece altro che causargli rogne, per la maggior parte delle volte.
Sbuffava.
Era stato uno stupido, pensava, avrebbe dovuto capire subito a che gioco Chongeun stesse giocando.
Ma ci rifletté su: in fondo, non aveva colpe se non ne era stato in grado; sapeva quanto la donna fosse furba, intrigante e, c’è da ammetterlo, anche estremamente calcolatrice.
Dondolava avanti e indietro coi piedi. Il suo sangue era un miscuglio di globuli, piastrine e nervosismo.
Quelle stesse vibrazioni fastidiose che alcune delle persone ammassate in quell’angolo di marciapiede riuscirono perfettamente a percepire.
Illuminatosi di verde, il faretto del semaforo diede il via libera. La strada zebrata era più affollata di un centro commerciale.
Riprese a camminare a testa bassa, non aveva voglia di guardarsi intorno: gli sarebbe bastato seguire i passi dei pedoni di fronte per capire dove stesse andando.
Portatosi sulla destra, la sua Ssangyon nera lucida fu proprio di fronte a lui.
Con uno scatto della mano aprì celermente la portiera, infilandosi nell’abitacolo con la stessa scioltezza di un ballerino provetto.
Posò il capo sul poggiatesta, era stanco.
All’improvviso sentì la suoneria del cellulare provenire ovattata dalla tasca.

-Pronto?- proferì con tono indagatore, alla semplice vista del numero anonimo.

Una voce familiare fu in grado di rasserenarlo.

-Signore, ho bisogno di parlarle... è di estrema importanza-







 
***







 
Le pesanti ore del pomeriggio si trascinavano lentamente nello spazio, traducendosi in meccanici e ripetuti colpi di lancetta. Era come se Miyon stesse ascoltando una melodia, e l’orologio fosse il metronomo in grado di tenerne il ritmo: la sua vita ormai atona si perdeva in un pigro procedere, lo stesso che da un po’ di tempo a quella parte le aveva dato il consenso di deprimersi.
Persino andare a fare due passi o semplicemente prendere qualcosa al coffee shop sotto casa era diventato un optional. Era più che chiaro come Miyon prediligesse di gran lunga poltrire sul divano, autocommiserandosi e maledicendo la sua stessa esistenza, a una bella boccata d’aria fresca.
Le poche lacrime che si facevano spazio sulle gote calde scivolavano in modo involontario, e ogni volta bruciavano la pelle in maniera graduale, come un crescendo.
Aveva gli occhi chiusi, la testa poggiata sul morbido schienale del divano. Tutti i suoi sensi erano pressoché spenti. Il suo perenne stato vegetativo era paragonabile a una sorta di dormiveglia, e chiunque provasse a svegliarla veniva aggredito a suon di decibel.
Due colpi di nocche batterono sul legno della porta, echeggiando nel silenzio della stanza. Aveva appena cacciato suo fratello con un tentato urlo supersonico, chi altro poteva essere ancora?
Beh, forse l’unica persona presente in casa oltre lei e Hyonsu.

-Tutto bene, Miyon?- la porta si aprì pacatamente, emettendo un impercettibile cigolio. La figura di Doyun prese la sua normale forma quando l’uscio fu del tutto aperto.

-Ti ho portato la cena- quasi bisbigliò, ottenendo come risposta il suo stesso eco. Si raschiò la gola ed espirò.

-Tuo fratello mi ha detto che non eri in te... ti va di parlarne con papà?- chiese, poggiando la scodella di bibimbap sulla scrivania.
Era da tanto tempo che Doyun non utilizzava la terza persona per riferirsi a se stesso, precisamente da quando Miyon aveva all’incirca cinque anni.
Un po’ imbarazzante, a dir la verità, visto che ormai ne aveva diciotto in più.

La ragazza voltò di poco il viso verso suo padre, giusto quanto bastava per vederlo meglio in mezzo alle ciocche di capelli mezzi bagnati appiccicati alla fronte.

-Non sono dell’umore...- tagliò corto tirando su col naso, accovacciandosi di nuovo su se stessa. Chiuse gli occhi, bruciavano.

-Miyon... guarda come ti sei ridotta. Ogni volta che uno dei miei figli soffre, io ricevo una coltellata al petto. Non posso permettere che la situazione degeneri...- i suoi passi si diressero verso la snella figura messa in posizione fetale.

La ragazza sentì il bordo del divano affossarsi; solo quando una mano scansò via i capelli dal suo viso capì che suo padre le si era appena seduto accanto.

-Basta piangere, bambina mia. Andrà tutto bene, fidati di me-

I suoi occhi scuri e profondi incussero in Miyon un bizzarro senso di pace. Non sapeva spiegarsi perché, ma era certa che suo padre avrebbe avuto davvero ragione quella volta.
La ragazza annuì e, scombinando la sua posa storta, allargò le braccia e le portò attorno al collo di Doyun: quell’abbraccio sarebbe dovuto durare per sempre. Era da tempo che non abbracciava qualcuno così forte, specialmente suo padre.
Sebbene la stretta salda delle esili braccia della figlia, l’uomo fu comunque capace di fornire ai polmoni un minimo di aria per poter parlare.

-Tornerà tutto come volevi che fosse- sussurrò, stringendola più forte.
La giovane aggrottò lievemente la fronte, trovandosi in bilico fra il perplesso e il pensieroso.

-Papà? C’è per caso qualcosa che non so?- si azzardò a chiedere, pensando che la sua fosse stata una domanda scomoda. L’abbraccio si sciolse, poi Doyun la guardò dolcemente.

-Ti basta sapere che io e la signora Choi abbiamo smesso di frequentarci-
Era per caso affetta da allucinazioni, oppure suo padre le aveva appena fatto un occhiolino? Solitamente una separazione non porta alle lacrime e alla disperazione? Probabilmente era solo un modo per nasconderle la sua tristezza, pensò sicura.
Scosse impercettibilmente la testa.

-Oh... ma, perché? Insomma, è stato l’amore della tua vita-

-L’amore della mia vita è sempre stata vostra madre, e voi di conseguenza-

Miyon cominciava a non capire, qualcosa non andava. Molte volte aveva visto il volto di suo padre illuminarsi alla vista di Chongeun, e di certo non era semplice innamoramento tipico adolescenziale. Era molto di più, e lei non era stata così scema da non capirlo, visto che si sentiva allo stesso modo ogni volta che guardava Yoongi.

Yoongi.

Lui sì che le mancava.
Non era semplice nostalgia di qualcosa di passato e impossibile. Non era la nostalgia a farle piangere cascate tutte le volte che lo pensava, che ascoltava la sua voce nella mente come in un loop, che immaginava di sentire l’odore della sua pelle a stretto contatto col suo naso.
Era incompletezza, e non esiste cosa peggiore di questa. L’unico, terribile senso in grado di spaccare l’anima e ridurla in mille pezzi.

-Molte cose cambiano nella vita, Miyon. Non dimenticarlo mai- le lasciò un bacio sulla fronte.
Quel gesto significava molto per lei, perché sapeva di avere qualcuno accanto che la facesse sentire al sicuro.
Giusto ciò di cui aveva bisogno in quell’istante, sicurezza e protezione.

-Bene-, inspirò sonoramente, -Adesso vado. Meglio che mi sbrighi- batté le mani sulle ginocchia e si levò agilmente in piedi.

-Perché dovresti sbrigarti? Non ti rincorre mica nessuno- ridacchiò Miyon.

-Mmh, forse...- sorrise Doyun di rimando, lasciando nella figlia un alone di perplessità.

Uno schiocco metallico si propagò fra le pareti, la porta era appena stata chiusa. Miyon era di nuovo sola.
Sola nella sua stanza, con un bibimbap mezzo freddo sulla scrivania di fronte e rimasugli di lacrime mezze asciutte sul viso.
Odiava sentirsi così. Forse avrebbe preferito che suo padre rimanesse un altro po’ lì con lei anche se, pensò, non ci sarebbe stata molta differenza alla fine.
Prese un respiro profondo.
Poggiò la testa sullo schienale del divano, poi richiuse gli occhi, lasciandosi scivolare le ultime lacrime rimaste.

Lo scatto della maniglia catturò l’attenzione dei suoi sensi.
Sarà sicuramente Hyonsu venuto a romperle le palle, le passò per la mente.
Il lento rumore dei passi sulla soglia si arrestò dopo pochi secondi, e la porta venne richiusa con cautela. C’era uno strano profumo all’interno della camera, e non era di certo il bibimbap. No, era acqua di colonia. Conosceva quella fragranza.
Rifletté per un istante, giungendo a pensare che soffrisse davvero di allucinazioni visive e olfattive.
Si abbandonò alla morbidezza del divano, poi s’irrigidì d’un tratto.

-Miyon?- enunciò una voce. La ragazza aprì gli occhi, portandosi a sedere di scatto.

Lo vide, era lì. Nella sua camera, davanti a lei. Con il suo solito giubbotto di pelle nera indosso, e la semplice bellezza di sempre.
Furono molte le domande che sfrecciarono nella sua mente: avrebbe potuto chiedergli cosa fosse venuto a fare, perché stesse ancora impalato al centro della stanza, perché non stesse correndo verso di lei ad abbracciarla come faceva di solito...
Ma no. Solamente una parola le sfiorò le labbra.

-Yoongi-
Sussurrò il suo nome, tenendo gli occhi sgranati.
Quella parola le era estranea, ma familiare al contempo. E lo adorava.

Egli fece qualche passo verso di lei, facendo scricchiolare la gomma delle scarpe contro il liscio parquet della stanza.
Miyon non batté ciglio. Non si sarebbe mai immaginata di poterselo ritrovare davanti, specie per com’erano andate le cose fra di loro negli ultimi tempi. Tutto ciò fu talmente inaspettato e irreale che fece fatica a credere che stesse accadendo davvero.
Yoongi le si parò davanti e si abbassò al livello del suo viso, rannicchiandosi sulle ginocchia.
Tese una mano verso di lei e la guardò, impietosito.
Le stette così vicino che quella fu in grado di sentire l’aria uscire dalle sue narici.

-Miyon-ah...- sospirò, aggrottando la fronte in un’espressione preoccupata.

Odiava vederla conciata in quel modo, il viso rosso e le guance bagnate.
Un nodo si strinse improvvisamente nella sua gola, aveva voglia di piangere e urlare come un forsennato. Ma non avvenne nulla di tutto ciò. Disse solo una frase, breve ma intensa.

-...mi sei mancata-
Le accarezzò la guancia col dorso della mano.
Tremava.

Quel palmo era morbido e tiepido, proprio come lei ricordava.
Il suo sguardo era profondo, lo stesso di sempre. Non era cambiato di una virgola.
Miyon tirò su col naso e si morse il labbro inferiore, mantenendo gli occhi fissi nei suoi che, gradualmente cominciavano ad appannarsi.
Il mento si contrasse in una serie di spasmi, altre lacrime scesero libere lungo le gote.

-Anche tu mi sei mancato- disse emettendo dei forti singhiozzi.

Allargò le braccia e si aggrappò alle spalle di Yoongi, anch’egli sull’orlo di un pianto, che ricambiò immediatamente la stretta.
Ella affondò il viso nell’incavo fra il collo e la spalla, lì dove coincideva perfettamente. Lì, il posto in cui lei voleva sprofondare ogni volta, inebriandosi del dolce odore della sua acqua di colonia.
Le sembrò di vivere un sogno, per poco non ebbe paura che lo fosse davvero. Si diede addirittura un pizzicotto per provarlo.
La mano del ragazzo le si poggiò con estrema delicatezza sul capo, beando la giovane di quelle tanto agognate carezze.

-Sono venuto qui per parlarti-, le sussurrò all’orecchio senza scomporre l’abbraccio, -È importante per te... per noi-
Miyon tese il collo e aggrottò le sopracciglia.

-Per noi? Cosa intendi dire, Yoongi?- parlò in mezzo ai singhiozzi.

I corpi dei due aumentarono le distanze. Il giovane le tenne le spalle e la guardò intensamente.
Fece scivolare il pollice sulla pelle di lei e, asciugatele le gocce di pianto, la invitò a sedersi.
Si raschiò la gola: la ragazza era in fermento, il cuore batteva a più non posso. Per come scrutava Yoongi, sembrava che il suo sguardo gli stesse dicendo  “Avanti, ti prego parla”.

-Ti avverto, potresti rimanere leggermente esterrefatta. È successo anche a me…- balbettava in mezzo alle occhiate confuse di lei.
L’aria della stanza si caricava di tensione, la quale riuscì a concretizzarsi attraverso ripetuti scrocchi di nocche.

-Ok tirerò dritto al sodo, non voglio tenerti ancora sulle spine. Vedi, tutto ciò che abbiamo creduto finora… era una farsa. Una sciocca bugia, Miyon- mise un accenno di suspense.

Fu un quel momento che lei cominciò a tremare. Girò leggermente il viso da una parte fintanto che manteneva un intenso contatto visivo.
Yoongi le afferrò le mani, sussurrandole un lieve “è tutto okay” per calmarla. Cosa che avvenne, sapendo come lei adorasse la sua voce e si sciogliesse quando essa si abbassava drasticamente di tono.

-Giusto stamattina sono venuto a conoscenza di una verità sconvolgente, che mi ha lasciato paralizzato sotto vari punti di vista- rischiarò la voce con secchi colpetti di tosse, -Doyun in realtà non è mio padre. Il mio padre biologico era un suo amico… un gran pezzo di bastardo, visto che ha divorziato da mia madre per fottersi metà patrimonio- chinò il capo ridacchiando sarcasticamente.
Le mani sulle cosce erano strette in due pugni.
Un velo di rabbia modificò la sua intonazione.

-Mi sono reso conto di essere cresciuto senza quella figura a me cara, sebbene pensassi di averla avuta sempre accanto- Miyon socchiuse gli occhi, perplessa, -Il secondo marito di mia madre, colui che pensavo fosse il mio vero padre, è morto per una malattia polmonare quando ero piccolo- si asciugò qualche goccia di sudore dalla fronte.

-Oh. Yoongi, mi... mi dispiace tanto- contrasse il viso in una smorfia, addolorata per il terribile retroscena.

-Sto bene Miyon, davvero- annuì, prima di riprendere il filo del discorso.

-Come sai, i nostri genitori hanno avuto una relazione prima di prendere strade diverse. Mia madre ha cercato di far credere a tuo padre che io fossi suo figlio per far sì che potesse riavvicinarsi a lui, ricominciando una relazione destinata comunque a finire-

-Con questo quindi stai dicendo che...- balbettò Miyon, con un pugno stretto davanti le labbra.

-…che noi due non siamo fratelli, esatto-                                                                        

Le mancarono i battiti, Miyon si sentì improvvisamente impazzire. Non sapeva se credere o meno a ciò che Yoongi le stesse dicendo, se pensare di aver sentito male, se ridere o piangere, se tutto questo fosse un sogno o una meravigliosa realtà.
Quindi non fece nulla, assolutamente nulla. Semplicemente rimase impassibile, con occhi vitrei e cuore in eccessivo movimento: Miyon stava appena incarnando il paradosso.

-Sapevo avresti reagito così...- un sorrisetto diagonale apparse sul suo volto.
Egli in fondo non poteva biasimarla, aveva avuto anche lui quella stessa reazione… più o meno, visto che era esploso in stile pentola a pressione davanti a quella faccia da schiaffi di sua madre.
Insomma, venire a conoscenza del fatto che la tua realtà fosse stata basata su una menzogna costruita a regola d’arte si rivela essere certamente più che destabilizzante.
Sconquassante… sì, questo è l’aggettivo più appropriato.
È stato tutto come un terremoto di alto magnitudo, improvviso e distruttivo. E adesso, quelle ampie crepe formatesi nell’animo di Miyon stavano per essere rimarginate, con una potente scossa di assestamento.

Yoongi chinò la testa da un lato e guardò la ragazza, ancora in preda all’introspezione.
Dalla sua espressione pareva fosse stata appena colpita da un dardo dritto sul petto, che non le permetteva di respirare dovutamente.
Il palmo sinistro aderì con la sua guancia, il viso di lei si mosse e con esso anche lo sguardo. Quegli occhi marroni luccicavano di lacrime e felicità, quella stessa emozione per la quale Yoongi era andato disperatamente a caccia dal fatidico momento in cui tutto ha avuto un lieto inizio per Chongeun e una distruggente fine per lui.

-Guardami. Non ti voltare. Sono stato troppo tempo lontano dai tuoi occhi, non privarmi di questa vista- la supplicò, ottenendo come risposta dei sonori sospiri.

Gli occhi di Miyon si ridussero a due linee nere, una compatta massa d’aria venne sprigionata a furia dalle sue narici. Era ovvio come stesse cercando di trattenere nuove lacrime, pensò Yoongi.
Tutt’a un tratto la giovane prese il suo viso fra le mani, beandosi della sua morbidezza. Non ebbe nemmeno il tempo di parlare che il ragazzo si ritrovò le sue labbra a pressare contro quelle di lei.
Entrambi avevano aspettato quel momento troppo a lungo; fu impossibile stimare la durata di quel bacio sensuale, ricco di passione, ricordi, amore e dolori. Si erano assaporati di nuovo dopo un’interminabile attesa, si erano riscoperti l’un l’altra per l’ennesima volta, avevano rivisto nell’uno la metà dell’altro, rendendosi conto del fatto che il loro amore non fosse mai sparito del tutto. E che niente, nemmeno le bugie più crudeli e spietate, avrebbero potuto separarli veramente.
Stretti in un interminabile abbraccio, le loro labbra presero ad aumentare le distanze.  

-Non c’è stato un giorno in cui non ti abbia pensata, Miyon. Mi sei mancata così tanto che stavo per impazzire- la guardò dritta negli occhi.
Miyon arcuò le labbra in un lieve sorriso.

-Anche tu mi sei mancato. Mi era mancato tutto questo…- disse, guardandosi ancora abbracciata a lui e col suo odore sulla pelle, -Non avrei mai immaginato che si potesse risolvere ogni cosa. Diamine, chi l’avrebbe mai detto?- ridacchiò, portandosi i capelli dietro l’orecchio.

-Mai perdere la speranza, anche quando tutto sembra andare per il peggio-
Le ciocche della fronte furono sinonimo di distrazione per Miyon, ancora estasiata dalla figura di Yoongi di fronte a lei.
Scansò qualche gruppetto di capelli ai lati della fronte prima che il ragazzo ricominciasse a parlare.

-Ehi, ora via le mani dai capelli- le afferrò con delicatezza il polso, accarezzandole poi la guancia, -Mi risulta che sulla tua scrivania ci sia ancora del bibimbap, e che una certa ragazza di nome Miyon non abbia ancora toccato cibo… perché non ti affretti a mangiare, mh?-

-Vedo che sei attento, signor Min Sherlock-

-Abbastanza da sentire i leggeri brontolii del tuo stomaco. Forza, corri a mangiare adesso-










***










E così anche per loro il fatidico momento era arrivato, quello in cui tutto aveva raggiunto la sua fine, in cui un percorso di vita era stato terminato.
L’accademia era divenuta ormai un mondo tanto nuovo quanto vecchio quel giorno. Si era tramutata in ricordo, esperienza e realizzazione. La stessa che Yoongi e Miyon avevano finalmente raggiunto.
Stavano mano nella mano mentre attraversavano per l’ultima volta gli ambienti universitari, partendo dal corridoio coi distributori automatici, alla solita hall in cui avevano cominciato a scambiarsi i primi sguardi.
Fu tutto piuttosto bizzarro.
Si guardavano intorno in modo distaccato, ciò che era lì non gli sarebbe più appartenuto ma avrebbe pur sempre fatto parte di loro, in un modo o nell’altro. Come ogni insegnamento, lezione di vita che hanno appreso. Rimarrà impressa in loro, proprio come un codice a barre su un prodotto in vendita.

Ad ogni passo, la doppia custodia nera del violino ciondolava ritmicamente avanti e indietro. L’esame era terminato, e qualsiasi preoccupazione era cessata con esso.
Miyon si sentiva sollevata, leggera. Ogni cosa era andata per come avrebbe voluto che andasse, anzi, forse anche meglio. E non solo per lei.
Dal canto suo Yoongi aveva svolto un lavoro a dir poco eccellente in sala musica, beccandosi i migliori complimenti che un commissario d’esami potesse mai fare.
Miyon era orgogliosa di lui, e fiera di se stessa.
La sua mente non aveva mai ospitato il pensiero che lei avrebbe potuto farcela, che avrebbe stretto i denti e sarebbe arrivata fino alla fine. Entrambi avevano spaccato, non c’era ombra di dubbio.

Le dita di Yoongi si intrecciarono ancora più strette a quelle della ragazza, la quale sfoggiava un sorriso più ampio e più bello di quello dello Stregatto.
La coppia raggiunse i cancelli dell’istituto e si fermò: ambedue guardarono indietro, raccogliendo con lo sguardo anche il dettaglio più stupido. Era questo che avrebbero voluto; che potessero ricordare il posto in cui il loro amore è cresciuto, è germogliato ed è maturato, insieme agli stessi.
Preso un ampio respiro mossero i passi davanti a loro, varcando l’ampia arcata di metallo scuro. Un senso di libertà scorse rapido nelle loro vene, depurandovi i corpi da qualsiasi pesantezza.

-Allora, dottoressa Lee... dov’è che voleva portarmi esattamente?- girando il busto verso di lei, Yoongi le prese le mani. Cominciò a far dondolare le braccia di entrambi, quasi fossero bambini dell’asilo.

-In un posto abbastanza particolare. Una persona mi ha detto che vorrebbe vederti…-



 
Le sottili inferriate verde scuro permettevano agli occhi di scrutare, già in lontananza, il luogo quasi mistico che questi proteggeva, sebbene quel cancelletto arrecasse su di esso molteplici rampicanti afflosciati.
I raggi del sole sbattevano liberamente contro il sentiero di terriccio rivelandone un certo colorito rossastro, spezzato dal vivido colore smeraldo dell’erbetta che lo delimitava.
L’aria tiepida portava con sé dei delicati odori dolciastri, i quali spesso erano in grado di pizzicare anche le narici. C’era un grande senso di calma, a detta di Yoongi, per essere un posto che molti definirebbero quasi inquietante.
In ogni angolo, l’ambiente si tingeva di toni passanti dal verde al color mattone delle piccole costruzioni, fino al bianco candido di alcune statue in pietra.

-Avrei voluto portarti qui fin dall’inizio, ma in un senso abbastanza diverso da quello di adesso... eri un vero rompiscatole- Miyon si passò la mano sul braccio, rubando a Yoongi un grugnito divertito.
Si sentì un po’ sciocca nel pronunciare quelle parole, e ancor di più quando pensò alla sua vecchia sé, ricca di sentimenti ostili nei confronti del ragazzo.

-Sì beh, intuivo perfettamente le tue intenzioni quando ti facevo irritare. Ma d’altronde, quale altra tecnica di seduzione potevo utilizzare su di te?-

-Spiritoso- sbuffò scherzosamente, -Adesso capisco perché non hai mai avuto una ragazza prima d’ora- sollevò un sopracciglio, compiaciuta della sua stessa risposta.
Un sonoro soffio pieno di falsa irritazione esplose da dietro le sue spalle.

Miyon si voltò verso di lui, sorridendogli, poi guardò attentamente di fronte a sé: ancora pochi metri e sarebbero arrivati da colei che li attendeva con trepida attesa.
Stava proprio lì, accanto a una delle tante targhe commemorative che non si poteva fare a meno di non notare.

Accelerò il passo trascinandosi Yoongi dietro, il quale aveva sicuramente compreso cosa ci fossero venuti a fare in quel posto. Fece scivolare le dita su per il palmo del ragazzo, abbandonando il braccio al lato del suo corpo.
Bastò una semplice corsetta prima che Miyon si fermasse.
Eccola, adesso era giusto davanti a lei.

-Yoongi!- agitò il palmo in aria, mostrando i denti bianchissimi alla luce del sole.

Marciando, questi si appostò alle spalle di Miyon, il cui sguardo faceva avanti e indietro su per la dedica incisa sulla lapide di pietra.
Il vento soffiava leggero, facendosi carico di portare alle orecchie di Yoongi le parole sussurrate della ragazza.

-Questo è un posto importante per me, l’unico mio rifugio dai problemi e dalle preoccupazioni. L’unico posto in cui sono stata davvero in compagnia.-

-Qui giace la persona che mi ha sempre capita e sostenuta…- sollevò il braccio in avanti, indicando la lapide di fronte a sé.

-Mia madre-

Yoongi alzò le sopracciglia e, senza rimuginarci troppo su, si portò sulle ginocchia, eseguendo un perfetto inchino col busto. Rimase in quella posizione a contemplare la foto sorridente della donna.
Era bellissima, proprio come la figlia.
I suoi occhi cominciarono a luccicare non appena videro il viso di Miyon: sorrideva, nonostante tutto. Ha sempre sorriso, sebbene tutti i problemi, le complicazioni, i duri ganci destri giocati dal destino.
E la amava per questo. Era a conoscenza della grande forza che lei non sapeva nemmeno di avere, e forse era per questo che dovesse starle accanto... per far sì che questa sua forza fosse degna di nota agli occhi di lei stessa.
Tutto questo era ciò che lui chiamava “fato”.

La sua mano si tese verso la ragazza, afferrandole dolcemente la manica del giacchino di pelle. La tirò verso di sé, invitandola ad inchinarsi accanto a lui.
Fu un gesto che Miyon non si sarebbe mai aspettata di ricevere dal ragazzo, nonostante lo conoscesse meglio di se stessa. Sorrise, le lacrime iniziarono ad inumidire i bulbi oculari.
Si sedette sulle ginocchia, la sua mano toccava quella di Yoongi. Le loro dita erano appena state intrecciate, come il filo del loro destino.

Qualche attimo prima che la ragazza potesse fiatare, Yoongi allungò un braccio alla sua sinistra, staccando da un cespuglio un meraviglioso crisantemo bianco*. Appena sbocciato, incarnava la bellezza pura e l’eleganza di Miyon; era candido, come la sua anima, e come l’anima di sua madre.
Posò il giovane bocciolo davanti la lapide e accarezzò il viso della ragazza, nel cui sguardo vi era stampata quella stessa emozione che lui aveva sempre provato e che, molte volte, aveva cercato di nascondere: l’amore, quell’amore profondo e sincero, più raro di una mosca bianca.

Miyon schiarì la voce nel tentativo di allontanare, seppur per qualche istante, l’impetuosità delle lacrime, pronte a sgorgare ai lati del suo viso.

-Ho aspettato tanto questo momento, e penso anche tu- si rivolse alla fotografia davanti a sé. Ne sfiorò la cornice.

-Mamma... voglio presentarti una persona-
A quelle parole, le loro mani si strinsero ancora di più.
Quello stesso venticello stagionale portò con sé un soave profumo, delicato e dolciastro, che accarezzò con morbida potenza i capi di entrambi i giovani. Sfiorò i loro visi, proprio come il tocco protettivo di una mamma, fiera e orgogliosa di chi aveva cresciuto con tanta fatica.

Era questo ciò che Miyon sapeva avrebbe sentito, ciò che voleva sentirsi dire da lei.
Quella risposta era stata tanto silenziosa quanto perfettamente udibile.
Un soffio di vento tiepido era quel caldo abbraccio che le era mancato, la conferma che sua madre non l’aveva mai abbandonata. La stessa a dirle che non avrebbe dovuto più avere timore di rimanere sola.

Perché adesso, insieme a lei, Yoongi sarebbe stata la sua ancora.
E il suo ancora.
Per molto tempo.



*NB: secondo la tradizione occidentale, il crisantemo è considerato il fiore dei morti, ma in Oriente viene considerato simbolo di gioia, vitalità e pace.







 

►Angolo autrice:
Buonsalve a tutti! Si, sono tornata dal regno dei morti (dopo mesi, ma va beh). Finalmente mi sono liberata una volta per tutte di quel pesante fardello chiamato “scuola”, adesso sono libera e diplomata (ergo, disoccupata – già, questi sono i vantaggi di essere maggiorenni u.u”)
Ma tornando a noi, mi dispiace essere stata assente per così tanto tempo… so che molti di voi aspettavano con ansia il capitolo successivo (che tra l’altro è anche l’ultimo). Grazie al cielo, ultimamente ho ritrovato l’ispirazione e la voglia di scrivere, e spero che continui a perdurare ahah
Grazie mille a tutti per aver seguito/recensito la storia, mi rende davvero felice (e mi aumenta di molto gli scarsi livelli di autostima ahah)~
Spero che il finale vi sia piaciuto TT__TT
Prima che vada, voglio annunciarvi che sto lavorando sull’ultimo capitolo di “Stay with me”, sperando possa farlo uscire a breve e terminare anche questa ff.
Plus, ho molte altre idee per nuove storie, e due sto già cominciando a scriverle! Mi auguro con tutto il cuore che possa pubblicarle presto (e che, soprattutto vi piacciano).
Corro adesso, ho moltissime cose da sbrigare!
Vi abbraccio!! Fighting~~

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