Luci Della Città

di MattySan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Mattino ***
Capitolo 3: *** Un Favore ***
Capitolo 4: *** Il Piano ***
Capitolo 5: *** Il Club ***
Capitolo 6: *** La Passione Del Momento ***
Capitolo 7: *** Un Incidente ***
Capitolo 8: *** Sospetti ***
Capitolo 9: *** La Notizia ***
Capitolo 10: *** Il Passato Di Bogo ***
Capitolo 11: *** Il Dubbio ***
Capitolo 12: *** Reazione A Catena ***
Capitolo 13: *** Predatore E Preda ***
Capitolo 14: *** L'Altra Faccia Della Medaglia ***
Capitolo 15: *** Proiettili ***
Capitolo 16: *** La Notte Di Leo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Zootropolis.
Una città dove tutto può realizzarsi.
Un posto dove i propri desideri possono trovare una via.
Un paradiso terrestre dove non esiste distinzione e pregiudizi.
Ma ogni cosa ha il suo prezzo.
Non sempre troverai quello che desideri, non sempre i tuoi sogni si avvereranno.
Non avrai quel calore e quel successo che speravi di avere, la notte della città ti ingoierà insieme ai suoi guai, ai suoi lati oscuri e ai suoi giri loschi.
Zootropolis non è quel che sembra.
Al calar delle tenebre ogni desiderio più folle sarà esaudito.
Ogni pazzia più concreta sarà personificata.
Ogni mania sarà accontentata.
In un ogni giorno mascherato da notte tutto questo potrà succedere.
Ma d’altronde non è mai stato un crimine avere la forza di sognare a Zootropolis.

 
“Perché nonostante i nostri sogni e le nostre speranze, nonostante i nostri progressi e la nostra intelligenza, nonostante i nostri vizi e le nostre virtù, nonostante la nostra evoluzione e modernizzazione, rimaniamo pur sempre animali”.
 
(Mr. Big)

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Capitolo 2
*** Mattino ***


Leo aprì gli occhi.
Mattina.
Una mattina come tante a Zootropolis.
Le auto che sfrecciano come Ferrari in tutte le strade, il sole che alto nel cielo spacca le pietre e tutta quella gente ammassata in tutte le vie e tutti i marciapiedi come fossero una abnorme massa di formiche, gente che va e che torna, locali pieni, tacchi alti, facce vecchie e nuove, sensazione di caldo e afa per le strade.
Vetri appannati e sporchi, subito puliti dagli addetti che facendo il loro lavoro rischiano più volte la vita innalzandosi in cima ad alti palazzi quasi infiniti che toccano il cielo, un simbolo di una evoluzione e modernizzazione mai viste prima che formano il cavallo di battaglia di quella immensa metropoli.
Il leone si stiracchiò pensando a tutto quello che avrebbe potuto fare in quella giornata libera, si era preso finalmente delle meritate ferie ed erano ormai passati mesi da quella brutta avventura che aveva vissuto coinvolto con la mafia per riottenere il suo meritato posto di sindaco.
Prima di alzarsi però diede uno sguardo alla sua graziosa gazzella che giaceva nel letto accanto a lui.
Gazelle faceva finta di dormire e lui lo sapeva bene, era uno dei modi della ragazza per stuzzicarlo meglio ma ormai Leo non ci cascava più.
Gli passò una zampa sotto la scollatura accarezzando i suoi bei seni sodi e lei gli diede una botta sulla testa ridendo.
“Sempre il solito” rise lei alzandosi dal letto.
“Ma ti piace e non puoi non ammetterlo” ribatté lui alzandosi.
Leo andò verso la vetrata della sua camera osservando l’intera città dal suo attico.
Gazelle trattenne una risata.
“Mettiti qualcosa addosso! Sei completamente nudo e stai davanti a una vetrata! E se qualcuno ti vede dalla strada?”.
“In casa mia mi sento davvero libero di stare come voglio e anche dormire nudo mi ha sempre dato un senso di libertà e anche tu lo apprezzi a quanto pare” disse Leo sorridendo alla gazzella che per tutta risposta andò in cucina a fare colazione.
Anche Leo la raggiunse e dopo un’abbondante colazione, il leone si mise a leggere il giornale saltando la cronaca nera e guardando solo le pagine dedicate allo sport, alla politica, economia e ovviamente le buone notizie.
Gazelle sbuffò.
“Dovresti interessarti anche delle cronache nere, sei il sindaco dopotutto e dovrai sapere cosa succede nella tua città!”.
“Non me ne parlare”.
Come biasimarlo.
Nella cronaca nera si parlava quasi sempre e solo di mafia, d’altronde lui non voleva sentire parlare di certi argomenti soprattutto da quando aveva mandato a quel paese Mr. Big e aveva Manchas come autista ufficiale.
Leo era molto speciale per Manchas, lo trattava come un vero amico e non si fermava solo al classico rapporto che c’era tra passeggero e il suo autista, Manchas era sempre stato molto riconoscente a Leo per questo fatto e aveva sviluppato anche un sentimento più intimo per il leone anche se quest’ultimo non ci aveva fatto molto caso.
L’altro era Gerard.
A proposito di lui.
Leo lesse che la prossima serata ci sarebbe stata una nuova riapertura di un locale dove le tigri si sarebbero esibite e tra i nomi figurava anche quello di Gerard.
“Hai letto qui?” chiese Leo rivolgendosi a Gazelle, la quale si stava infilando le scarpe in quel momento.
“Lo so bene, infatti anche se non mi esibirò personalmente aprirò comunque la serata con una breve introduzione e vorrei che anche tu sia presente”.
Leo annuì ma storse il naso quando lesse che il locale avrebbe aperto in un quartiere abbastanza malfamato che lui conosceva bene, tuttavia non ebbe niente in più da aggiungere.
Gazelle finì di vestirsi e diede un bacio a Leo prima di uscire.
Il leone posò il giornale e dopo che ebbe finito il suo caffè, aprì la porta e uscì per recarsi in centro.

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Capitolo 3
*** Un Favore ***


Leo uscì di casa quasi di corsa, non aveva visto Manchas che lo stava aspettando come ogni mattina davanti al portone.
Il leone cadde addosso al giaguaro provocando l’arrossimento in volto di quest’ultimo.
Manchas si rialzò subito con un solare ma nervoso sorriso.
“Buongiorno Leo!”.
“Ciao Manch!”.
“Dove ti porto?”.
“In centro”.
Manchas salì sulla limousine e guidò in mezzo al traffico caotico di prima mattina di Zootropolis.
Le macchine parevano infinite e la gente sui marciapiedi sembrava uscire dai muri dei palazzi circostanti, non c’era mai un freno a tutta quella caotica e frenetica ressa che c’era in quella metropoli ogni giorno.
Manchas guidava con maestria e calma, ogni veicolo pareva scansarsi al suo passaggio e ogni macchina non sembrava alla sua altezza, il giaguaro stava cercando di fare anche colpo sul leone da un lato.
Leo stava per i fatti suoi, guardava fuori dal finestrino con l’aria annoiata ma già sapeva dove era diretto e cosa doveva fare.
Manchas frenò davanti alla stazione di polizia vicino al parcheggio.
“Siamo in centro”.
“Fermati davanti all’entrata”.
Manchas portò la limousine di fronte all’ingresso della stazione di polizia.
Il leone fece per aprire la portiera ma venne interrotto dal giaguaro.
“Posso fare qualcos’altro per te?”.
Prima che Leo potesse rispondere, notò che Manchas aveva uno sguardo diverso dal normale, quasi malizioso ma il leone non gli diede troppo peso e allungò venti dollari al giaguaro.
“Compraci la colazione, il resto dello stipendio te lo darò in settimana” disse il leone scendendo dalla macchina.
Venne ricambiato dallo sguardo malizioso e felice di Manchas.
“Non ti ringrazierò mai abbastanza della tua gentilezza” disse il giaguaro per poi sparire dietro l’angolo con la limousine.
Leo entrò nella stazione di polizia, c’erano ufficiali ed altri agenti che non facevano altro che andare avanti e indietro per tutto il corridoio.
Leo entrò nel corridoio al piano superiore e bussò alla porta di Bogo fino a quando non ricevette un permesso di entrare.
Bogo era come al solito dietro alla sua scrivania, mille scartoffie e un disordine che in quell’ufficio la faceva da padrone.
Il bufalo aveva come al solito la sua espressione scazzata e priva di ogni sentimento, un vero muro di fronte al suo interlocutore, difetto sul quale Leo aveva sempre cercato di rimediare senza successo, non è per niente facile cambiare il carattere di una persona così in fretta.
“Buongiorno Leo, cosa ci fai qui? Sono molto occupato al momento”.
“Questa è la prassi, tu sei sempre molto occupato”.
Bogo sbuffò ma con un leggero sorriso.
“Avanti dimmi”.
Leo passò sotto lo sguardo del bufalo quel pezzo di giornale che aveva letto quella mattina.
Bogo capì subito ma fece una faccia scocciata.
“Sei preoccupato per Gazelle, eh? Devi amare molto quella ragazza ma non posso mettere delle pattuglie a controllare quella zona dove aprirà il locale, so bene che è un luogo abbastanza losco ma non ho i permessi sufficienti per farlo”.
“IO SONO IL SINDACO! Te li posso dare io i permessi!” gridò Leo sbattendo un pugno sul tavolo.
“Non ti scaldare, quello è un luogo alla periferia di Zootropolis e non è proprio dentro la città e per questo non hai nemmeno te i poteri necessari” concluse Bogo.
Leo si irrigidì.
Il leone mise una banconota da 100 dollari sulla scrivania.
Bogo rise di gusto.
“Stai per caso cercando di corrompermi?”.
“Ti prego Bogo, io sono molto ricco e non avrai problemi”.
Bogo si alzò in piedi.
“Sei sempre stato un ottimo amico per me ma questo non posso davvero farlo, mi dispiace Leo, non voglio mettere in pericolo i miei agenti in un posto così losco”.
Leo si alzò dalla sedia e se ne andò sbattendo la porta.
Bogo lo osservò per poi sospirare e alzarsi dalla sedia, si diresse verso la finestra e osservò il caotico traffico cittadino.
“Cosa posso fare con quel leone? Lo conosco sin da quando arrivò in città la prima volta e non posso dimenticarlo, mi piaceva un sacco come tipo ed era molto sveglio e un po’ pazzerello ma sempre simpatico” pensò il bufalo scrutando la vita movimentata da dietro quella finestra.
La porta si spalancò ed entrò Clawhauser con una bella colazione ben servita su un vassoio.
“Paste calde e caffè bollente!” sorrise il giaguaro.
“Grazie Ben! Non so cosa fare senza di te” pensò Bogo prendendo il vassoio.
Il giaguaro sorrise e tornò al lavoro.
Era da molto tempo che Benjamin prestava servizio nel corpo di polizia, all’inizio non era così grassottello, anzi aveva un bel fisico snello ma cambiò radicalmente col passare del tempo (e a forza di ciambelle), non c’era niente da fare a Bogo piaceva proprio quel giaguaro e ci era molto affezionato nonostante i suoi modi scazzati di fare.
Benjamin tornò nel corridoio per dirigersi nel salone centrale e incontrò Leo che camminava avanti e indietro con aria nervosa.
“Tutto a posto?”.
Ben aveva un sorriso così leggero e solare, era la personalizzazione stessa della felicità, come si faceva a dirgli di no?
“Va tutto a posto”
Ben continuò a camminare per il corridoio dirigendosi verso la sala, lo stesso fece anche Leo e ormai era deciso a presentarsi la sera prestabilita a quel locale, posto losco o meno, lui doveva assolutamente stare accanto alla sua Gazelle.
Non appena si diresse verso l’uscita, la porta si spalancò.
Non ci poteva credere, era davanti a lui.
Gerard.
La tigre era molto felice di vedere il leone, lo salutò e gli strinse la mano.
Era come al solito con una maglietta a maniche corte e stretta che rimetteva in risalto il suo fisico scolpito, Leo dal canto suo aveva pure lui un fisico niente male ma era perennemente coperto dai suoi abiti eleganti.
La tigre indossava anche i suoi tipici pantaloncini e le scarpe ginniche alla moda.
Gerard stava per aprire bocca ma poi vide il pezzo di giornale che il leone aveva in mano.
“Dunque non avevo dubbi, verrai anche te alla grande apertura, eh?”.
“Lo faccio per Gazelle”.
Il sorriso di Gerard divenne nervoso.
Gli allungò un biglietto.
“Prendi questo e mostralo al buttafuori sul retro della discoteca, non ti faranno mai entrare senza un pass, nemmeno se tu fossi il compagno di Gazelle, con questo ti assicurerai un posto in prima fila davanti al palco”.
“Perché proprio lì davanti?”.
Gerard se ne andò tirando uno schiaffetto sul sedere del leone.
“Lo vedrai”.
Leo rimase impalato in quella sala con quel biglietto in mano.
Cosa intendeva Gerard?
Non importa.
Lui ci sarebbe andato comunque.

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Capitolo 4
*** Il Piano ***


Un sottile filo di vento le accarezzava il viso.
Un sospiro, un debole sospiro che si udì nell’aria.
Chiuse la finestra e si sciacquò la faccia con acqua fresca.
E mentre prendeva l’asciugamano sentì qualcuno stringerla da dietro con amore strappandogli un sorriso.
Si voltò e gli diede un bacio grande e profondo che nonostante durò per poco, aveva un’intensità enorme.
“Hai dormito bene carotina?”.
Odiava quando la chiamava in quel modo ma da un lato la divertiva.
La coniglietta diede l’asciugamano in faccia alla volpe e si diresse verso la cucina da dove si poteva già sentire nell’aria un dolce profumo di caffè caldo, Nick non se lo fece ripetere due volte che si era già fiondato da lei.
“Hai impegni oggi?”.
“Abbiamo i turni separati, io faccio la mattina e te la sera”.
Nick scosse la testa ridendo e afferrò il calendario.
“Come al solito sei una smemorata”.
Judy osservò il calendario e si diede una pacca sulla testa, dopo tutto quel tempo non aveva ancora imparato i loro orari di lavoro che Nick scriveva comodamente sul calendario in anticipo.
Avevano il turno insieme anche quel giorno.
“La cosa ti dà fastidio?” rise Nick dando un bel sorso al caffè bollente e pochi attimi dopo imprecando per essersi scottato la lingua.
“Ben ti sta!” rise Judy finendo con calma il suo caffè.
Entrambi si vestirono e uscirono di casa dirigendosi verso la centrale e immergendosi nel traffico mattutino.
Judy aveva uno sguardo ancora assonnato al contrario di Nick che non vedeva l’ora di avere un po’ d’azione.
Una volta arrivati non fecero in tempo ad entrare che Nick si beccò quasi la porta in faccia che si aprì di scatto, quando la volpe alzò gli occhi vide una figura grande e imponente di fronte a lui che stava uscendo dalla centrale.
Judy corse ad abbracciarlo.
“Leo! Cosa combini di bello?”.
Il leone stava uscendo dalla centrale dopo aver avuto quella discussione con Bogo e non era dell’umore migliore, ma anche stavolta il raggiante sorriso della coniglietta gli aveva scaldato il cuore.
Nick lo osservò con sguardo cagnesco, sapeva bene che ormai lui e Gazelle stavano insieme già da tre mesi ma ancora era convinto che dentro di lui provasse qualcosa per Judy e questo lo mandava in bestia, d’altro canto anche Nick non era mai andato a genio a Leo, non ci aveva mai visto niente di speciale in quella volpe.
I due si strinsero ugualmente la mano.
“Devo andare adesso, ho molto da fare” disse Leo frettolosamente senza aggiungere parola, sia Nick che Judy avevano compreso che il leone non fosse particolarmente allegro quella mattina ma a Nick andava bene, non voleva vederlo troppo tempo accanto a Judy.
La coniglietta guardò comunque Nick con un’espressione contrariata.
“Siamo solo amici io e Leo”.
“Sarà! Comunque io ancora di quello non mi fido”.
Judy sbuffò e afferrò Nick per la mano, i due entrarono subito nella centrale e corsero da Clawhauser per chiedere quali sarebbero stati i loro incarichi per la giornata, come al solito il ghepardo non perdeva occasione di tirare almeno due o tre morsi alla sua ciambella prima di rispondere e facendo ovviamente attenzione a non macchiare i documenti.
Ben afferrò un’ordinanza e la passò a Judy.
“Cosa significa?” chiese la coniglietta.
“Che quella è un’ordinanza rivolta solo a voi due!”.
Judy diede una veloce lettura e sgranò gli occhi.
“Dobbiamo andare come agenti in borghese a sorvegliare l’entrata del nuovo locale che domani sera aprirà?” chiese Judy sbigottita.
“Si, prima credo che Leo abbia avuto una discussione con Bogo e siccome lui non può mandarci ufficialmente più agenti visto che si tratta di un luogo losco di periferia, ha deciso di affidare solo a voi due questa missione top secret anche se non penso che Leo la sappia”.
“Ma l’apertura è domani sera!”.
“Appunto, oggi dovrete andarci senza l’uniforme ovviamente giusto per esplorare il posto e scegliere il luogo adatto per appostarvi, cosa che farete domani sera”.
Judy era senza parole.
Dovevano fare la guardia in pratica a uno strip club e Nick se la rise di gusto.
La coniglietta fece un cenno e si allontanò.

 
“Bogo fa sempre il duro ma alla fine ha un buon cuore e cede ogni volta alle richieste di Leo, penso che d’altro canto quel leone ami molto Gazelle se è preoccupato fino a questo punto per lei, come lo invidio vorrei esserci io con Gazelle al suo posto”.
 
Tutti questi pensieri passarono in testa a Ben come un treno in corsa, lui non poteva farci niente da anni era cotto di Gazelle e fu proprio lei la causa della sua obesità, anche se in pochissimi sapevano che prima Benjamin aveva un corpo snello e atletico e fu proprio la delusione amorosa con Gazelle avvenuta anni fa che lo spinse a mangiare eccessivamente.
Una lacrima scese lungo la guancia del ghepardo ma d’altronde era sempre andato avanti grazie alla sua allegria e ai suoi amici che lo hanno sempre supportato, non si sarebbe mai buttato giù.
Dietro la felicità, la spensieratezza, il sorriso e la bontà d’animo di Benjamin si nascondeva un rancore enorme che lui stesso ha sempre nascosto con tutte le sue forze e che nessuno si sarebbe mai immaginato.
Ma lui era fatto così.
Mangiò un’altra ciambella e tornò al lavoro.

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Capitolo 5
*** Il Club ***


La città era in fiamme, specialmente di sera.
Nessuno si era perso l’occasione, la sera del grande evento era finalmente arrivata e migliaia di cittadini facevano a spallate pur di entrare alla nuova inaugurazione.
Limousine e mille altre macchine sfrecciavano per le autostrade creando delle scie infuocate che risplendevano nella notte come fuochi artificiali, pareva un delirio collettivo ma i cittadini di Zootropolis c’erano perfettamente abituati.
Nessuno si sarebbe perso lo spettacolo di quelle tigri fantastiche e nemmeno della stupenda Gazelle, soprattutto lei che era entrata prepotentemente nei sogni più segreti e lussuriosi dei cittadini di quella immensa metropoli.
Leo lo sapeva e non gli andava a genio che la sua ragazza fossi l’idolo e il desiderio sessuale di migliaia di persone, tuttavia si era abituato, d’altronde la danza e la musica erano tutta la vita di Gazelle oltre che la sua passione.
Lo stesso Leo si era riservato un posto in prima fila quella sera, fu uno dei primi ad arrivare in limousine accompagnato da Manchas, il quale fece non poca fatica ad introdursi in tutto quel caos collettivo ma riuscì ugualmente a trovare un parcheggio adatto.
“Buona serata Leo!” gli disse non appena vide il leone aprire la portiera.
Leo gli fece un cenno e uscì dalla vettura venendo subito investito da una serie di applausi e di occhiate dolci da tutte le ragazze presenti dietro al cordone rosso che lo separava dalla folla, lui si limitò a sorridere e a salutare il pubblico.
Non gli erano mai piaciute le persone così tanto insistenti e appiccicose ma quella sera il suo unico pensiero era Gazelle, ma ancora una volta questi suoi pensieri vennero oscurati quando vide all’entrata un volto molto familiare.
“Buonasera Leo!” rispose Gerard stringendo la zampa al leone.
“Buonasera a te”.
“Ti vedo nervoso, tutto a posto?”.
Leo non poteva negarlo.
Ogni volta che era accanto a quella tigre veniva letteralmente assalito da un nervosismo che nemmeno lui sapeva spiegare, tutto sommato cercò di restare calmo e di sorridere ma Gerard aveva già capito.
“La situazione com’è?” chiese Leo.
“Normale per adesso, a breve dovrebbe arrivare anche Gazelle e sarà proprio lei ad aprire lo spettacolo e dirigerà tutto da dietro le quinte”.
“Me lo aveva detto, d’altronde molti si aspettano di vederla ballare stasera”.
“Già ma non lo farà, si limiterà solo a dirigere lo spettacolo, mi aveva detto di volersi prendere un periodo di pausa”.
Leo fece un cenno a Gerard ed entrambi entrarono nel club.
Appartati in un vicolo non molto distante dall’entrata vi erano Nick e Judy, erano passati il giorno prima per un sopralluogo ma non c’erano posti particolarmente nascosti così hanno optato per un sudicio vicolo ma che col favore del buio serale era perfetto, nonostante una certa puzza di fogna che si respirava nell’aria erano entrambi a loro agio dentro la volante della polizia.
“C’è molta gente stasera” commentò la volpe mentre sorseggiava del caffè caldo.
Judy dal canto suo non aveva staccato gli occhi di dosso ad ogni singola persona che vedeva arrivare, aveva un occhio molto scrupoloso la coniglietta così tanto che per un po’ di tempo aveva anche ignorato le parole di Nick.
La volpe sospirò.
“Prendi troppo sul serio il tuo lavoro”.
“Non penso proprio, Bogo ci ha affidato questa missione super segreta e io non voglio deluderlo assolutamente, anzi mi sento orgogliosa di prendere parte a questa operazione” ribatté lei.
“Siamo qui soli da molto tempo potresti almeno dirmi qualcosa di carino” rise lui ma notò che anche stavolta lo sguardo di lei era rivolto da tutt’altra parte.
“E va bene ho capito” sospirò Nick bevendo tutto il caffè restante in un solo colpo.
Poi finalmente arrivò lei.
Era bellissima.
Tutti la stavano aspettando, appena scese dalla macchina ricevette urla, applausi e complimenti a raffica, fu come una folata di vento fresco per lei che era abituata a ricevere tutto quello ogni giorno della sua vita.
Sorrise, firmò autografia e si fece accompagnare dalle sue guardie del corpo fino all’entrata del club.
Tutto l’ambiente era coloratissimo e pieno di luci sgargianti, c’era un gran brusio della gente presente e tutti aspettavano l’attesissimo momento che non tardò ad arrivare, infatti non appena tutti i presenti presero posto e le porte si chiusero, tutti i riflettori vennero puntati verso il palco che aveva ancora il sipario chiuso ma che stava per aprirsi.
Leo si mise comodo e spense il cellulare, non voleva essere assolutamente disturbato.
Si era guardato intorno tutto il tempo per assicurarsi di non vedere gente losca in giro ma la maggior parte del pubblico presente era composto solo da star, vip, celebrità e personaggi politici, insomma tutte persone molto influenti.
“Forse mi sto preoccupando troppo” pensò il leone e con gli occhi puntati verso il sipario che stava per aprirsi, si stiracchiò pronto per godersi la serata.

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Capitolo 6
*** La Passione Del Momento ***


Il sipario si aprì e una musica quasi assordante investì tutta la sala gremita di gente.
I rumori vibrarono e poi pian piano la musica si affievolì, lasciando spazio a una miriade di luci tutte puntate su Gazelle che stava lentamente avanzando verso il microfono al centro del palco.
“Buonasera a tutti! Grazie per essere venuti, voglio inaugurare con gioia questo nuovo locale che spero sia di vostro gradimento, ho selezionato personalmente insieme alla mia squadra tecnica questo insolito luogo di periferia per portare un po’ di divertimento anche lontano dal centro, spero di non essermi sbagliata nella mia scelta!” rise lei mentre finiva il discorso che andò un po’ per le lunghe, prese dei documenti che aveva sottobraccio e lesse i nomi di tutti i principali membri dello staff che avevano partecipato alla costruzione dell’edificio.
Non appena ebbe finito di leggere, posò i documenti e dopo aver augurato una buona serata, sparì nuovamente dietro il sipario che si riaprì subito dopo un lungo applauso da parte del pubblico.
Adesso le luci si erano fatte più soft e l’atmosfera era cambiata di colpo.
Nell’aria si sentiva una musica pop molto ritmica che andava gradualmente crescendo, Leo adorava in particolare quello stile e non rimase affatto sorpreso dei gusti di Gazelle, ma quello che vide subito dopo lo lasciò a bocca aperta.
Il classico gruppo delle quattro tigri era entrato in scena ma stavolta c’era qualcosa di diverso, era come se tutto fosse diventato molto più sensuale del normale e Leo poté subito riconoscere Gerard che ballava in testa al gruppo, aveva già puntato gli occhi fissi su Leo e non si staccava per nessuna ragione.

Ma come avrà fatto a riconoscermi subito in mezzo a così tanta gente?

Leo osservava lo spettacolo senza fiatare, tanta era l’emozione ma si sentiva molto strano.
Lo sguardo di quella tigre era ipnotico e lui non poteva sottrarsi neanche volendo.
Ma stranamente non voleva sottrarsi.
Gerard smise di ballare e afferrò un microfono mentre alle sue spalle i suoi fratelli continuavano sensualmente a ballare senza smettere un attimo, la musica si fece più forte e Gerard continuò a camminare fino a raggiungere il bordo del palco.
Tutti gli occhi erano puntati su di lui, si sentivano chiaramente le grida isteriche di tutte le sue fan che lo acclamavano e lo chiamavano insistentemente.
La musica cambiò ritmo e Gerard iniziò a cantare.
 
 
What a wonderful day
Everything is ok
Not a problem in my mind
Leaving worries behind
 
Gerard fece ancora un passo in avanti e infine con un balzo scese dal palco e piombò in mezzo al pubblico in delirio, i suoi fratelli continuarono a ballare sempre più scatenati ma perfettamente coordinati scatenando il pubblico come se non lo fosse già abbastanza.
Ma la tigre aveva altri progetti.
Passò in mezzo a tutte quelle ragazze che si gettarono ai suoi piedi, lui sorrideva ma i suoi occhi erano puntati da tutt’altra parte.
 
Except for that little doubt you have
Concerning your dress tonight
So you take a bottle of french wine
And then you say you don't live twice
 
Gerard si diresse verso Leo lentamente e sempre con quello sguardo ipnotico, non si staccava più e adesso al leone batteva il cuore all’impazzata.
Era di fronte a lui.
Leo non si mosse, non sapeva assolutamente cosa fare.
La tigre porse lentamente la mano al leone ma quando vide che quest’ultimo non si muoveva, Gerard si avvicinò ancora fino a quando i loro musi erano vicinissimi.
 
You cast the dice
 
Lo disse con una voce così bassa e sensuale che provocò in Leo una strana e istintiva voglia, lo fissò dritto negli occhi e sentì un desiderio crescere, qualcosa di caldo crescere tra le sue gambe e non era il solo.
 
Masterpiece you should have seen it
 That rainbow in the moonglow
 Masterpiece you've got to live it
 That new dawn tomorrow
 Masterpiece you never act it
 But life is a movie
 Masterpiece you got to try it
 We're sure you'd be moving
 
Lo cantò con così tanto entusiasmo che scatenò definitivamente un’isteria collettiva da parte del pubblico.
Tutti si alzarono e iniziarono a ballare freneticamente, anche le altre tigri erano scese dal palco e ballarono in mezzo al pubblico, tutta la sala era in preda a un euforia totale e ognuno ballava senza fermarsi.
Gerard lanciò via il microfono e afferrò Leo portandolo in mezzo alla sala che era diventata ormai una pista da ballo, nessuno si fermava e in sottofondo si poteva udire il ritornello della canzone che si ripeteva continuamente.
Gerard teneva Leo tra le braccia in mezzo a tutta quella confusione ma era come se per un attimo si fossero isolati entrambi da tutto e da tutti.
Una passione indescrivibile si era impadronita di Leo ma stava cercando di resistere e nemmeno lui sapeva perché.
“Gerard…” riuscì solo a dire Leo con una voce flebile.
“Non cercare di resistermi Leo, sarebbe inutile” disse Gerard.
La sua voce era sensuale ma allo stesso tempo molto forte e decisa.
“Rilassati e lasciati andare” continuò Gerard sempre più deciso.
Prese la mano di Leo e lentamente la posò sulla sua erezione che i pantaloncini violacei brillantati non erano quasi più in grado di nascondere, e fece lo stesso poggiando delicatamente la sua sull’erezione che i pantaloni del leone faticavano ormai a reggere.
“Gerard!” pronunciò ancora Leo con gli occhi lucidi.
“Lascia che accada, so bene che anche tu lo vuoi e non lo puoi negare!” rispose Gerard.
Ancora quello sguardo.
Ancora quel tono forte e deciso.
Entrambi arrossirono violentemente.
Ma poi Leo sentì qualcosa che lo distrasse e lo liberò da quella ipnosi.
Era la voce di Gazelle che lo stava cercando in mezzo a tutto quel putiferio incontrollabile, lui si voltò e la vide.
Si allontanò per un attimo da Gerard che stranamente lo lasciò andare senza esitare.
Leo si voltò verso la tigre che aveva perso per un attimo quello sguardo ipnotico ma che gli sorrise ugualmente, si voltò ancora verso Gazelle e si affrettò a raggiungerla.
“Leo! Finalmente! Pensavo di non trovarti più! Ma cos’hai? Sei tutto sudato, sei sicuro di stare bene?” chiese lei preoccupata vedendo il volto ancora rosso del leone che trovando una scusa estrasse dalla tasca un fazzoletto per asciugarsi.
“Sto bene, voglio solo prendere una boccata d’aria!” e si diresse verso l’uscita di servizio.

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Capitolo 7
*** Un Incidente ***


Leo uscì dal locale correndo come un pazzo, non si voltò mai indietro fino a quando si decise a fermarsi e a riprendere fiato sul bordo del marciapiede dall’altra parte del locale.
“Cosa mi sta succedendo?” non faceva altro che ripetersi il leone insistentemente mentre fissava le sue mani.
Avrebbe voluto usarle per spingersi molto oltre ma ancora una volta qualcosa lo aveva bloccato, era diviso internamente da questo sentimento al quale non sapeva dare nessuna spiegazione e si limitò solo a riprendere fiato per la pazza corsa appena fatta.
Intanto nel vicolo Nick e Judy erano ancora dentro la volante della polizia ad attendere che succedesse qualsiasi cosa di sospetto, niente da fare per loro e Nick si era lasciato andare a un sacco di chiacchiere per intrattenere la coniglietta.
La volpe accese la radio normale.
“Che fai!? Dobbiamo usare la radio della polizia per comunicare con la centrale!”.
“Un po’ di musica non guasta mai, adesso stai esagerando lo sai?”.
“Faccio solo il mio lavoro!”.
“Un po’ troppo per i miei gusti”.
“STAMMI A SENTIR…” ma mentre allungò la mano per spengere la radio, la sua si incrociò con quella di Nick che la prese e la accarezzò dolcemente.
Negli occhi smeraldo della volpe, la coniglietta non poté che dargli ragione, si stava allargando decisamente troppo quella sera e aveva perso di vista le attenzioni di Nick anche se per il suo orgoglio non voleva ammetterlo.
Ma di fronte a quello sguardo gli si scaldò il cuore e cedette.
“Scusami, forse hai ragione tu è meglio che mi distragga”.
“Quale distrazione migliore se non perdersi nei tuoi occhi profondi?” ribatté lui con un tono serio e deciso che non gli si addiceva affatto.
Solo allora lei si accorse di quanto anche nelle situazioni più noiose come quella sera, la presenza di Nick riuscisse così semplicemente a scaldarla e a farle desiderare di volerlo sempre di più accanto a lei.
Lo abbracciò ma a lui non bastava e la fissò dritta negli occhi.
La radio iniziò a trasmettere il notiziario ma lui la spense immediatamente senza nemmeno voltare lo sguardo.
E con delicatezza le loro labbra si sfiorarono per poi incontrarsi più a fondo, un bacio intenso ma delicato, leggero e dolce.
“Nick… ma siamo in servizio”.
“Tu parli troppo carotina”.
E la baciò ancora, più forte e con passione, anche lei lo voleva con tutta sé stessa e non gli importava realmente niente di tutto il resto in quel momento, aveva già dimenticato il loro incarico e di essere ancora in divisa da lavoro, se stava con si sentiva davvero viva.
Da lontano Leo mentre faceva due passi vicino al vicolo, li vide e rimase affascinato da quella scena, pensò subito a Gazelle e di quanto fu meravigliosa la prima notte insieme dopo il loro fidanzamento, era esattamente come quel momento.
Tornò anche in mente il doloroso momento che il leone visse quando all’inizio Judy lo rifiutò per Nick, ormai ci aveva messo una pietra sopra da tempo anche se al solo pensiero gli scendeva quasi sempre una lacrima.
“Leo! Perché sei scappato via in quel modo?” gridò Gazelle uscendo dal locale per raggiungerlo.
Lui non disse niente e l’abbracciò stringendola forte.
“Leo! Cosa succede? Ti senti bene?”.
“Si, volevo solo sentirti vicino a me amore mio”.
I due si scambiarono un grande bacio e Gazelle tornò verso l’entrata.
“Devo chiudere la serata, puoi anche andare a casa se vuoi” disse lei mentre entrava.
“Adesso arrivo!” disse lui iniziando a incamminarsi verso il club.
Stava attraversando la strada quando tutto a un tratto...
 
AAAAAAAAAH!
 
Il leone si voltò di scatto dopo aver sentito un tonfo, venne colpito da degli schizzi di sangue e una testa mozzata rotolò accanto ai suoi piedi.
Di fronte a lui vi era un corpo decapitato sfracellato al suolo dentro una grande chiazza di sangue, quasi completamente smembrato con vari pezzi sparsi in giro per l’asfalto che diventava sempre più rosso.

Leo gridò talmente forte per lo spavento che attirò subito l’attenzione di Nick e Judy che si precipitarono verso di lui, anche molta gente stava correndo verso quella macabra scena e in pochi ebbero il coraggio di avvicinarsi.
Ci furono grida, conati di vomito, gente che si copriva il volto per quell’orrore e che si faceva il segno della croce, in molti circondarono la zona mentre Nick chiamava d’urgenza la centrale e Judy cercava di far sgomberare l’area per quanto fosse inorridita da quello spettacolo.
Leo rimase immobile con lo sguardo fisso sui suoi abiti e le sue mani macchiati di sangue, non riusciva a staccare lo sguardo e tremava nervosamente, poi il suo sguardo si spostò sulla testa mozzata che giaceva accanto ai suoi piedi.
Quello sguardo privo di vita lo spaventò a morte, improvvisamente venne preso per mano da Judy e condotto via da quella scena  mentre in sottofondo si udivano le sirene della polizia che si stavano velocemente avvicinando.

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Capitolo 8
*** Sospetti ***


La sala dell’interrogatorio non era mai stata così cupa e gelida.
Pareva che il freddo della notte entrasse da delle finestre inesistenti e che attraversasse le spesse pareti impenetrabili, il caffè che Leo aveva di fronte a sé sul tavolo non sarebbe bastato a riscaldarlo.
Tralasciamo il fatto che il caffè delle macchinette della centrale di polizia fa abbastanza cagare, ma soprattutto in quei fottuti anni Bogo non si era degnato nemmeno di farlo cambiare.
Leo fissò il soffitto e poi ancora il suo caffè sul tavolo.
La porta si spalancò di colpo e il bufalo si mise a sedere di fronte al leone con in mano un fascicolo stracolmo di fogli, si tolse gli occhiali e prese un bel respiro profondo prima di aprir bocca e iniziare a parlare, sapeva quanto era dura per Leo rivivere certi momenti che credeva ormai assopiti.
“Prenditi tutta la calma che vuoi ma sappi che ho assolutamente bisogno della tua testimonianza Leo, non posso farne a meno” Bogo disse in modo professionale e con la voce bassa.
Il leone scosse la testa in un primo momento ma poi continuò a fissare il tavolo senza dire una parola.
Solo quando Bogo iniziò a sfogliare le pagine del fascicolo il rumore dei fogli che scorrevano parve risvegliare Leo da quella specie di “trance”.
“Non ho molto da dire, lo sai perché ero lì in quella dannata struttura, quel tizio mi è piovuto dal cielo all’improvviso dopo che ho sentito il suo urlo, non ho nient’altro da dire” Leo disse con tono scocciato.
Bogo aprì il fascicolo della scientifica con il risultato delle analisi.
“Dagli accertamenti della scientifica risulta che questo tizio era niente meno che Philip Joyce, noto proprietario di una catena di ristoranti e di altri locali trai quali anche degli strip club, ne ha un bel po’ sparsi per i distretti della città”.
“E quindi?”.
Bogo afferrò un modulo e lo porse al leone che sgranò gli occhi.
“E quindi questo Joyce non era altro che uno dei manager di Gazelle e aveva fatto decollare la sua carriera qualche anno fa quando lei cantava ancora in quei locali semplici di periferia di proprietà di Joyce, i due avevano troncato i rapporti quando Gazelle acquisì molta fama ma qui viene il bello. Abbiamo messo a soqquadro la villa di Joyce e i suoi tabulati telefonici, ci risulta che Gazelle si sia sentita di nuovo con lui recentemente per entrare in affari con la costruzione e  l’amministrazione del nuovo locale dove sei stato stasera ed era lui a capo di tutto”.
Leo fissò Bogo con uno sguardo acido e sospetto.
“Non penserai mica…”.
“Rilassati, so bene cosa stai per dire ma non ho nessun sospetto su Gazelle ed è anche assurdo solo al pensiero che lei possa entrarci qualcosa, anche se era in affari con Joyce questo non prova proprio niente. Tu piuttosto hai da dirmi altro?”.
Leo scosse la testa e consegnò nuovamente il modulo a Bogo, dopo di ciò il leone fu fatto uscire dalla stanza e si mise d’accordo col bufalo per rimanere a stretto contatto e dare massima disponibilità per approfondire la faccenda.
Leo si recò nella reception verso l’uscita dove c’era ancora molta gente in attesa di essere interrogata, di fronte all’ingresso vi erano Nick e Judy che stavano ancora prendendo le generalità degli ultimi arrivati e scrivendo il rapporto.
Judy corse a prendere Leo per mano.
“Stai bene?”.
“Non lo so ma grazie a te ora non sento più freddo come prima”.
La coniglietta sorrise felice, ancora una volta era riuscita a scaldare il cuore del leone e dopo averlo salutato tornò da Nick, il quale nel frattempo aveva preso un caffè e lo sorseggiava nervosamente avendo assistito alla scena.
Judy se ne accorse e fece un’espressione spazientita.
“Adesso non mi pare affatto il caso di fare il geloso! Sei veramente impossibile quando fai così, mi fai incazzare!”.
Nick sbuffò sorseggiando il caffè.
“Meglio non abbassare mai la guardia” replicò seccamente la volpe.
“In che senso scusa? Non puoi nemmeno capire cosa sta passando Leo adesso! Dubito che stanotte riuscirà a chiudere occhio, io voglio aiutarlo è un amico prezioso per me!”.
“Ed è proprio per questo che non abbasso la guardia”.
Judy tirò un colpo al caffè di Nick rovesciandolo a terra e si allontanò sbattendo i piedi sul pavimento.
“Ma che ho detto? Carotina dai non fare la difficile! Vieni qui!”.
“Stronzo!” gridò lei allontanandosi.
Nick stava per inseguirla ma fu fermato da Bogo.
“WILDE! Cos’è tutto questo casino? Ripulisci subito il pavimento e torna al lavoro!” gridò Bogo correndo con dei moduli in mano a chiamare il prossimo testimone in attesa.
Nick sbuffò e andò a prendere uno straccio per pulire.
“Valle a capire le donne” pensò mentre strofinava lo straccio sul pavimento.
Leo uscendo incrociò Gazelle che lo stava attendendo di fronte alla macchina.
La abbracciò subito stringendola forte.
“Stai bene?” le chiese.
“Io si ma tu ora devi pensare a star bene, per un po’ sarò impegnata con Bogo per le indagini ho dato la mia massima collaborazione e farò il possibile per risolvere il caso, in questo modo avremo pace entrambi” lei disse dolcemente.
Leo annuì e la baciò, dopodiché lei spiegò che non sarebbe tornata a casa rimanendo a disposizione di Bogo per l’intera nottata, dopo avergli augurato la buonanotte, entrò nella centrale di polizia lasciando Leo di fronte alla porta d’ingresso che lentamente si chiudeva alla sue spalle.
Leo si diresse verso la limousine che lo aspettava in fondo alla strada ma venne richiamato da una voce alle sue spalle.
Era Gerard appena uscito dalla centrale di polizia, si diresse correndo verso di lui.
“Non devi preoccuparti per quello che è successo, so bene del tuo brusco passato c’ero anche io ma sappi che se vuoi un aiuto o qualsiasi altra cosa io ci sono, io ci sono per tutto e non esitare a chiedermi” disse la tigre abbracciandolo.
In quelle parole, Leo notò una scintilla negli occhi della tigre ma si voltò aggiungendo solo un “grazie” e si allontanò verso la limousine, dove Manchas lo attendeva e aveva assistito alla scenda da lontano.
Per la prima volta Manchas e Gerard incrociarono i loro sguardi ma fu un attimo e il giaguaro partì subito, lasciando la tigre sul marciapiede che si allontanava sempre di più nel riflesso dello specchietto.
Manchas sapeva tutto e voleva fare qualcosa, provò ad aprir bocca ma appena iniziò a parlare venne zittito da Leo, il quale gli disse semplicemente di stare zitto e di guidare fino a casa.
Manchas non se la prese, capì perfettamente essendoci passato anche lui e si limitò solo a guidare per quella strada buia alle quattro e mezzo del mattino, senza proferire parola.

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Capitolo 9
*** La Notizia ***


Leo tornò a casa e mise su un disco di Chopin per rilassarsi un po’.
Manchas era fermo sulla porta in attesa che il leone facesse anche solo un semplice movimento, voleva rendersi utile nonostante conoscesse bene il caratteraccio che poteva avere Leo quando stava di pessimo umore.
“Sei ancora qui? Vattene” Leo rispose seccamente ma Manchas rimase tutto sommato tranquillo, aggiungendo che se avesse avuto bisogno di qualcosa lui sarebbe stato il primo ad arrivare, detto questo si congedò e chiuse la porta.
Leo non si voltò nemmeno, ancora non si rendeva conto delle enormi attenzioni che sia Gerard sia Manchas gli riservavano, aveva la testa da tutt’altra parte e la cosa non gli interessava francamente per il momento.
Si alzò dalla poltrona e prese un bicchiere di whisky.
Osservò il cielo stellato dalla finestra, non aveva nemmeno un briciolo di sonnolenza e tra non molto sarebbe sorto il sole erano più delle sei di mattina e non gli importava nemmeno di quello, ma stavolta non avrebbe mostrato la sua fragilità interna, stavolta avrebbe reagito e per bene. Si era stufato di essere forte fuori e fragile dentro, dopotutto lui era il sindaco di quella fottuta città.
Aprì il suo portatile e fece una veloce ricerca sulla zona alla periferia della città dove avevano costruito il nuovo club, le lettere e i risultati scorrevano veloci di fronte ai suoi occhi come dei treni in corsa, fino a quando non si fermò su un risultato particolare e iniziò a leggere un documento che spiegava bene la storia di quel lato di Zootropolis.
Nel frattempo alla villa di Mr. Big gli animi non erano per niente tranquilli.
Koslov irruppe nella camera da letto del Don con un foglio in mano.
“Questa è davvero grossa!” gridò l’orso agitando quel foglio come fosse una bandiera.
“Koslov! Potresti avere più rispetto e bussare alla porta! Sono le sei del mattino!” gridò Big mentre accendeva la luce sul comodino per vedere meglio, si infilò un paio di occhiali e si mise comodo.
Koslov agitò ancora quel foglio provocando irritazione da parte di Big.
“Sventola ancora quel cazzo di foglio e te lo faccio ingoiare! Allora? Parla e dimmi cos’è tutta questa agitazione!”.
“Lo hanno ammazzato! Hanno ammazzato Joyce!”.
Lo sguardo di Big cambiò drasticamente.
“Che… che cosa hai detto? Ma sei sicuro?”.
“Si che lo sono! Lo hanno scaraventato giù da un palazzo e adesso forse di lui è rimasto giusto qualche brandello e niente più” replicò l’orso facendo leggere il foglio a Big, il quale lo lesse tutto d’un fiato, era un pezzo della pagina di giornale uscito da poche ore come caso speciale.
“Questa non ci voleva, Joyce era un alleato troppo prezioso per noi, le nostre auto di lusso sono fin troppo truccate e illegali da vendere all’estero così facilmente, con lui almeno che le faceva tranquillamente circolare nei suoi ristoranti e alberghi a cinque stelle, era tutto molto più facile e ci garantiva una buona pubblicità” disse Big con un certo nervosismo, Koslov prese quel foglio e lo stracciò in mille pezzi.
“E adesso capo?”.
“Non lo so ma non perdiamo la calma, saremo leggermente più vulnerabili ma non c’è da preoccuparsi, abbiamo molti amici nel comune di questa città e anche in politica” disse Big voltandosi per tornare a dormire, stava per spegnere la luce ma Koslov prese un documento.
“Cos’è?”.
“Il referto medico emanato dalla polizia con alcune testimonianze, un nostro collega me lo ha portato poco fa recuperandolo dagli archivi di Bogo”.
Il documento parlava chiaro, Joyce era stato accoltellato diverse volte, sgozzato e infine gettato dal palazzo, l’autopsia lo avrebbe sicuramente confermato in seguito ma a Big cadde l’occhio su chi aveva portato la testimonianza: Leo.
“Leo era presente? Certo che gli capitano tutte a quello lì, d’altronde è sempre stato nel posto sbagliato al momento sbagliato” commentò Big.
Koslov appena sentì nominare Leo pensò subito a Manchas e i suoi nervi si irrigidirono, una vena pulsante era ben visibile sulla sua testa.
Big era divertito.
“Ce l’hai così tanto con Manchas da volerlo vedere morto ma io non mi dimentico mica sai? Me lo ricordo bene che il primo periodo che lo assunsi qui da noi ti piaceva particolarmente la sua compagnia”.
“Sciocchezze”.
“E invece me lo ricordo bene, non negare l’evidenza è inutile con me”.
“Ha tradito la famiglia, lo ucciderò personalmente”.
"Non è solo il tradimento che ti spinge a tanto odio" ribattè Big.
"Stia zitto!" gridò Koslov incurante del suo tono di voce che era totalmente cambiato.
"Visto? Questo conferma che ho ragione ma non mi interessa adesso, ti dirò io quando sarà il momento di agire ma adesso cortesemente esci da questa stanza! Voglio dormire!".
Koslov percorse tutto il corridoio con il suo sguardo magnetico e glaciale senza aggiungere parola, dalle finestre si poteva scorgere il sole che stava sorgendo.
L’alba era arrivata e quella notte movimentata stava lentamente dando lo spazio a un nuovo giorno.

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Capitolo 10
*** Il Passato Di Bogo ***


La mattina era arrivata senza preavviso, Leo era ancora con la testa sul portatile e si era letto un sacco di articoli di giornale tutti diversi, aveva occhiaie ben visibili e si decise di andare a dormire solo verso le otto e mezza.
Manchas che in realtà era segretamente rimasto fuori dalla sua stanza per almeno due ore per sorvegliare la situazione, non appena vide che il leone si era coricato sul letto, entrò nella stanza di soppiatto per evitare di svegliarlo, prese la sua giacca e la sistemò sulla sedia, coprì successivamente Leo con una coperta e chiuse le tende.
Rimase immobile a fissarlo mentre dormiva senza proferire una sola parola.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui.
Se solo Leo se ne fosse reso conto… era forse troppo presto per comprendere i sentimenti del giaguaro nero, o magari quel leone era così tanto distratto da non rendersene conto?
A Manchas non importava per il momento, si sarebbe dichiarato a Leo prima o poi e comunque a lui bastava solo stargli accanto per sentirsi felice.
Manchas uscì dalla stanza e si diresse in salotto, dopo essersi svestito si addormentò sul divano con la musica di Eric Clapton nelle orecchie proveniente dalle cuffie collegate al suo iPod.
Dall’altra parte della città una tigre stava sorseggiando un caffè caldo seduto a uno dei bar più lussuosi del centro, era Gerard che con tranquillità se ne stava seduto a un tavolino con la tazza in una mano e il cellulare nell’altra.
Stava scorrendo le notizie ma non fece in tempo a finire di leggerle, trangugiò il caffè e lasciò la mancia sul tavolino, afferrò la giacca e uscì dal locale.
Si appoggiò a un muro e si accese una sigaretta mentre contemplava la città frenetica che si era appena svegliata, traffico e caos cittadino al quale era abituato.
Scrisse un messaggio e spense il cellulare mentre continuava a fissare le macchine che sfrecciavano di fronte a lui.
Non molto lontano dal centro, una coniglietta si stava svegliando lentamente e quando si voltò, delle labbra dolci e morbidi toccarono le sue con amore e anche lei ricambiò abbozzando un sorriso.
“Svegliati carotina” Nick disse a bassa voce.
“Tu non cambi mai” rispose Judy afferrandolo per il collo e approfondendo quel bacio col quale si era già fatta perdonare per la sua scenata di ieri.
Judy si alzò e si vestì con calma mentre Nick le portava la colazione, la radio stava trasmettendo un pezzo blues che fece salire la coniglietta alle stelle.
“Questa canzone…” disse lei abbracciando Nick e improvvisando un dolce ballo in mezzo alla stanza, lui non resistette alla tentazione e la baciò anche sul suo morbido collo aumentando solo la voglia di lei che improvvisamente lo tirò a sé sul letto.
I due si rotolarono sul letto e lei lo fissò negli occhi.
“Mi sono fatta perdonare?” rise scherzosamente lei.
“Abbastanza ma resta il fatto che mi è toccato strofinare quel pavimento per una ventina di minuti perché quella fottuta macchia di caffè non se ne andava” rispose lui abbozzando un ghigno.
“Bene…” rispose lei con aria di sfida.
La coniglietta allungò la mano verso la zip dei jeans della volpe abbassandola e sbottonando successivamente il bottone principale.
“Vediamo se riesco a farmi perdonare completamente adesso” ribatté lei.
Nick raccolse la sfida e la baciò ancora ma vennero interrotti da uno squillo.
Entrambi sbuffarono e Judy afferrò la cornetta del telefono riconoscendo subito la voce roca e scorbutica di Bogo, il quale invitava i due a venire immediatamente alla centrale nonostante avessero dormito poche ore dopo il servizio massacrante della sera prima.
“Bogo ci riesce sempre è nella sua natura rovinare i bei momenti” rise Nick mentre si vestiva in fretta e furia, lui e Judy riuscirono ad arrivare in poco tempo alla centrale e vennero subito ricevuti da Clawhauser.
I due vennero subito indirizzati nell’ufficio di Bogo, il quale gli gettò direttamente sulla scrivania di fronte a loro dei documenti con sopra degli indirizzi, numeri di telefono e una mappa di alcuni quartieri della città.
“C’è stata una svolta e io non ci ho dormito per niente stanotte ma ne è valsa la pena credetemi, qui c’è sotto qualcosa di molto serio non ne sono ancora sicuro ma è roba grossa” disse Bogo con voce molto bassa e concentrata.
Il bufalo indicò con precisione ai due agenti i luoghi che avrebbero dovuto perlustrare con cura, ogni minimo indizio sarebbe bastato ad arrivare a qualcosa di più grande e di certo non potevano lascarsi scappare un’occasione simile.
Nick e Judy uscirono dall’ufficio e si diressero verso la macchina, Bogo li fissò per qualche secondo con un occhio vigile mentre si allontanavano, si alzò e chiuse la porta per poi tornare alla sua scrivania e afferrò una foto da dentro il cassetto.
La spolverò e la osservò con malinconia.
“Stephanie… se solo ci fossi ancora tu” mormorò Bogo con un tono mogio, per poi alzare lo sguardo di scatto verso la porta che si era letteralmente spalancata di colpo e l’agente McHorn si parò di fronte a lui.
“QUI SI BUSSA PRIMA DI ENTRARE!” gridò inferocito.
“Capo mi scusi ma è arrivata adesso questa lettera dalla scientifica” disse l’agente passandola nella mani di Bogo, il quale ringraziò e lo fece subito uscire.
Quelli erano i risultati della scientifica e come già anticipato non c’erano dubbi a riguardo, quella era una morte atroce che Joyce aveva pagato a caro prezzo per una questione di regolamento di conti presumibilmente, non era la prima volta che Bogo vedeva una cosa del genere e sicuramente c’era lo zampino della mafia.
McHorn prese un caffè alla macchinetta e si diresse verso l’ingresso per uscire a fare una piccola pausa.
“Deve essere di cattivo umore oggi” osservò Clawhauser.
“Eccome! Già lo è di suo, poi quando inizia a osservare quella vecchia foto della sua ex moglie diventa ancora peggio” disse McHorn con un tono sarcastico.
“Intendi Stephanie vero? Ormai è passato molto tempo da quando si sono lasciati e non capisco perché insiste ancora nel voler tenere quella foto nel cassetto della scrivania, a fare cosa poi? A prendere solo la polvere” rise Clawhauser.
McHorn assunse un tono serio ma ancora al contempo sarcastico.
“Vorrai dire quando lo lasciò lei! Ma non lo sai come sono andate veramente le cose?”.
“No”.
McHorn bevve tutto il caffè e prese un grande respiro.
“La vicenda fu ancora più rocambolesca di quanto sembra, successe tutto sette anni fa me lo ricordo bene era il maggio del 2009 e Bogo era stato da poco promosso come capitano della centrale dopo aver prestato anni di fedele servizio come poliziotto ed era felicissimo, aveva coronato il suo sogno e si era pure recentemente sposato con Stephanie… quella sì che era una bella puledrona” disse McHorn con gli occhi sognanti, ma la voce insistente di Clawhauser lo riportò alla realtà.
“Gazelle stava acquisendo fama pian piano, era ancora sconosciuta al grande pubblico e Bogo ne divenne subito uno dei fan più ossessivi, nonostante lui fosse sposato la frequentava spesso fino a quando in poche parole, loro si incontrarono di nascosto nel suo ufficio e lei gli fece una sveltina, io ero di servizio quella notte e me lo ricordo molto bene era palese la cosa e le loro moine si udivano attraverso i muri per tutto il corridoio, lui aveva 30 anni e lei 18 quando successe il fatto e Bogo fece anche un video e delle foto riguardanti la scena, evidentemente era ubriaco ricordo che quando entrò dall’ingresso mi pareva già alticcio, parlava a fatica e puzzava di birra da far schifo. Fatto sta che Bogo non doveva essere molto attento a quello che faceva, le sue uscite notturne con Gazelle iniziarono ad essere frequenti e Stephanie se ne accorse e diventò troppo sospettosa, così un giorno fece una bella perquisizione e finì per scoprire inevitabilmente i video e le foto incriminanti che Bogo aveva nascosto in casa, gli aveva conservati al posto di sbarazzarsene è stato molto incauto e questo gli è costato caro” concluse McHorn mentre estrasse una sigaretta dal pacchetto e si diresse verso la porta con l’intenzione di uscire e di accendersela.
Clawhauser si alzò subito dalla sedia e corse verso di lui.
“E come la prese lei? Come finì il tutto?” chiese insistente.
“Per niente bene, una mattina Stephanie venne qui alla centrale e sembrava il diavolo in persona, senza dire una parola si diresse verso Bogo che in quel momento stava parlando proprio con me su un’indagine importante, eravamo al centro della sala, lei si avvicinò e sempre senza aggiungere una parola mollò uno schiaffo violento a Bogo e lo smacco fu così forte che fece eco in tutta la sala e tutti ci voltammo a fissare la scena rimanendo impietriti per lo spavento. Stephanie estrasse dalla borsa tutte le foto intime di Bogo e Gazelle insieme alla telecamera con dentro i filmati segreti, dopo aver dato ancora uno sguardo a Bogo si voltò e si diresse verso l’uscita lasciando davanti alla porta delle valigie con dentro gli indumenti di Bogo, salì in macchina e sparì per sempre dalla vista di Bogo e di tutti noi. Bogo rimase impietrito anche lui e non provò nemmeno a inseguirla, e come se non bastasse Gazelle lo lasciò perché aveva conquistato nel frattempo il successo che da lì a poco sarebbe solo aumentato, così in un colpo lui aveva perso tutto e gli rimaneva solo il suo lavoro, ed è da quel giorno che Bogo è sempre incazzato con il mondo intero e ha quell’espressione severa stampata sul volto” concluse McHorn accendendosi la sigaretta e fissando la faccia stupita di Clawhauser.
Benjamin non sapeva cosa dire, era rimasto completamente spiazzato.
Sapeva come tutti che in fondo a quel caratteraccio severo, scorbutico e arrogante, Bogo aveva un cuore nobile e generoso, che in realtà voleva un gran bene a tutti i suoi dipendenti che considerava come la sua famiglia specialmente a Judy e Nick, e anche a Leo che per lui è sempre stato un amico molto speciale sempre presente nel momento del bisogno.
Ma non avrebbe mai immaginato cosa potesse nascondersi nel cuore del bufalo e di certo anche Gazelle non era di certo una santarellina, ora era la ragazza di Leo e lo amava sinceramente ma Benjamin si ricorda con molto rancore che un tempo aveva illuso pure lui quando aveva ancora un corpo fresco e atletico, fu proprio a causa di quella depressione amorosa che Ben ingrassò e diventò quello che è adesso.
Non riusciva proprio a smettere di pensarci ma i suoi pensieri furono interrotti da una voce molto familiare.
“Benjamin! Torna dietro la scrivania e rispondi a tutte le telefonate! Non ne perdere nemmeno una o saranno guai!” gridò Bogo mentre portava i risultati della scientifica nella sala degli archivi.
Ben ci era abituato ormai, quelle sgridate lo facevano quasi sorridere.
Tornò dietro la scrivania mentre McHorn spense la sigaretta e tornò al lavoro anche lui.

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Capitolo 11
*** Il Dubbio ***


Leo si svegliò, era pomeriggio inoltrato e aveva dormito decisamente troppo, uscì dalla sua stanza dirigendosi in salotto, dove vide Manchas ancora dormiente con sempre l’iPod collegato con le cuffie alle sue orecchie.
Il leone sorrise, sapeva quanto il giaguaro nero facesse per lui ma era ancora con i pensieri fissi sul caso, comunque c’era già passato e stavolta avrebbe reagito fin da subito e con determinazione, non come la volta precedente.
Era un leone e soprattutto era il sindaco di una immensa metropoli, non sarebbe stato fermo a guardare. Si inchinò vicino a Manchas, gli accarezzò dolcemente la fronte, spense il suo iPod e lo ripose sul tavolo.
“Grazie” gli sussurrò.
Improvvisamente, la mano di Manchas afferrò quella di Leo e la strinse forte ma gli occhi del giaguaro erano ancora chiusi, forse era una reazione del sonno e Leo che era leggermente arrossito in volto, prese una coperta e coprì Manchas, lasciandolo dormire beatamente mentre sfoggiava un tenero sorriso.
Chiamò Gazelle che le disse di essere ancora al servizio di Bogo alla centrale, ma che si sarebbe recata alla sua villa tra un’ora per prendere alcune cose, così il leone pensò di fargli una sorpresa e dopo essersi vestito, scese le scale e uscì in strada per recarsi alla più vicina pasticceria.
Comprati i dolci preferiti della sua amata, Leo si diresse con la macchina alla sua villa che da quando Gazelle era andata a vivere con lui, ora era abitata unicamente da Bruce, Jacob e Kiefer ad eccezione di Gerard che aveva comprato un appartamento per conto proprio in centro. Dopo che Leo svoltò l’angolo ed entrò nella periferia di Zootropolis, si sentì subito meglio, ora si era gettato tutto il caso alle spalle e aveva i pensieri fissi solo sulla sua Gazelle.
Arrivato al cancello, entrò e parcheggiò la macchina nel cortile, scese e salì gli scalini della struttura e fu Kiefer a riceverlo.
“Ciao Leo! Gazelle non è ancora arrivata ma non dovrebbe tardare, nel frattempo la puoi aspettare nel grande salone” disse la tigre mentre tornava al piano di sopra.
Leo si sedette e nascose la scatola dei dolci dietro un mobile, si guardò intorno e si rilassò comodamente sul divano, prendendo un bicchiere di whiskey dal bancone della sala e sorseggiandolo mentre se ne stava in dolce attesa di Gazelle.
Vista l’attesa, decise di posare un attimo il bicchiere sul tavolo e di mettere su un disco per ascoltare un po’ di musica adatta all’atmosfera, andando a cercare nel grande archivio posto nella sala accanto, dove vi era un’infinità di CD di intere generazioni musicali ed era una scelta non proprio facile.
Mentre scorreva tra i CD, un particolare attirò la sua attenzione.
Vi era incastrato qualcosa in mezzo alla fitta fila dei dischi, sembrava spesso e aveva l’aria di essere una specie di fascicolo o documento, lo afferrò con due zampe perché era veramente incastrato tra tutti i dischi e si riusciva ad afferrarlo a fatica ma pian piano venne fuori.
Era una specie di fascicolo bianco sul quale erano incise parole e lettere ad occhio incomprensibili, ad eccezione di una frase.
“Project… Pro… X…” si sforzava Leo di leggere ma sembrava non capirci granché.
In fondo al corridoio si udì il rumore della porta che si apriva.
Dei passi iniziarono a venire verso la sala grande.
Leo rimise subito il fascicolo al suo posto e afferrò al volo il primo CD che gli era capitato, richiuse lo sportello e inserì il CD nell’apposito dispositivo musicale, andò dietro il mobile e afferrò la scatola di dolci.
Gazelle fece appena in tempo a entrare nel salone e subito fu raggiunta dalla voce di Bryan Ferry che cantava ‘’Avalon’’ ed era udibile per tutta la sala, il CD scelto a casaccio da Leo era un album dei Roxy Music del 1982 e Gazelle ne fu subito estasiata, correndo incontro a Leo e dandogli un grande bacio.
“Grazie mille amore mio per la sorpresa, avevo proprio bisogno di svagarmi!” disse lei felicemente mentre apriva la scatola dei dolci e si sistemava sul divano insieme al leone, il tutto accompagnato da qualche bicchiere di whisky e dalla musica che riscaldava l’atmosfera.
Leo non volle fare domande sul caso, adesso gli importava solo di loro due ma inevitabilmente la sua mente portò subito alla luce quanto aveva visto poco fa.
Cosa significava quel fascicolo bianco?
Probabilmente niente, lui non avrebbe mai dubitato della sua Gazelle, ma ancora una volta le sue sensazioni non lo tradivano, lui sentiva che c’era qualcosa.
“Sei stato un amore come sempre con me, ho tanto bisogno di te proprio adesso che siamo nuovamente coinvolti in qualcosa che non ci appartiene” disse Gazelle mentre abbracciava forte Leo.
Lui ricambiò fortemente quell’abbraccio, per qualche istante dimenticò di nuovo tutto e si lasciò andare, i due si stesero sul divano in preda ad un attacco di passione e Gazelle sorrise interrompendo il leone facendogli segno di silenzio col dito, dicendo che sarebbe stata pronta ad una brava notte appena sarebbe arrivata a casa.
Leo annuì e si alzò dal divano, la musica si interruppe e Leo si avviò verso l’uscita.
“Io devo prendere alcune cose, arrivo subito ma te intanto vai a casa”.
“Ma dai ti accompagno io! Ho la macchina qui fuori!”.
“Anche io! Vai pure non voglio farti aspettare!”.
Leo uscì dalla villa e si diresse in macchina ma non se ne andò via subito, fece il giro e si piazzò da una parte in attesa che lei uscisse.
 
Sono un idiota! Che sto facendo?
 
Leo rimase in silenzio ad attendere, finalmente vide uscire Gazelle, lei salì in macchina e se ne andò, il leone scese dalla sua vettura ed entrò nuovamente nella villa, andando nuovamente ad aprire i mobili dei dischi nella sala principale.
“Che sto facendo? Che sto facendo?” si chiedeva all’infinito nella testa ma intanto non la smetteva di cercare quel fascicolo di prima, si ricordò che era nella stessa sezione del precedente disco dei Roxy Music che aveva riposto poco fa.
Trovò la sezione ma non c’era il fascicolo, anzi, lo spazio dove era incastrato prima adesso era più ampio e la fila di dischi era più ordinata.
Lo aveva preso Gazelle?
Era l’unica spiegazione.
Il leone richiuse tutto e tornò in macchina.
Si guardò nello specchietto e si accasciò sul volante, non sapeva davvero cosa pensare.
“Sono impazzito, sono impazzito…” si ripeteva continuamente, per poi alzare la testa improvvisamente dal volante, sistemare lo specchietto e accendere la macchina.
“Probabilmente sarà un suo disco inedito, lo avrà preso per tenerlo al sicuro in cassaforte in casa nostra” si disse e ci fece una risata sopra.
Ma perché non aveva preso allora anche altri dischi?
Ce ne sono molti inediti ed edizioni speciali limitate in quella collezione.
Leo scacciò tutte queste domande e partì, dirigendosi verso casa sua per concentrarsi unicamente sulla bella notte che avrebbe passato con la sua amata, era una vera iena a letto e lui già era eccitato all’idea.
Ma il dubbio rimaneva comunque.
Leo lo avrebbe scoperto.

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Capitolo 12
*** Reazione A Catena ***


Il telefono squillò alle 5:30 del mattino nel buio della stanza, Gerard uscì dalla doccia coprendosi con un asciugamano e dirigendosi in camera da letto per rispondere, chiedendosi chi potesse mai essere a quest’ora.
Alzò la cornetta prontamente.
“Pronto? Si, sono io. Come sarebbe a dire?”.
L’asciugamano cadde a terra.
“Come? Non è possibile!” gridò la tigre infuriata.
 
Dall’altra parte della città, Gazelle si stava preparando per uscire dopo bella notte passata col suo leone, d’altro canto, Leo se ne stava sdraiato in quel letto con un’aria felice e pienamente soddisfatta, ancora una volta i suoi dubbi erano stati scacciati e non c’era niente di meglio che passare una notte intensa con la sua amata, il suo sorriso stampato ne era la prova ed era bello che rilassato.
Gazelle si avvicinò a lui e gli diede un dolce bacio.
“Che ore sono?”.
“Le 5:50”.
“Dove vai?”.
“Ho quell’appuntamento tra un’oretta con l’amministratore delegato della casa discografica, devo andare nel distretto più lontano della città e mi ci vorrà un po’ di tempo, ma se prendo la metropolitana tra poco dovrei farcela” disse lei dirigendosi verso la porta e dopo aver salutato ancora il leone, uscì i suoi passi che scendevano le scale del condominio furono sempre più lontani.
Leo si rigirò nel letto e decise di dormire un altro po’, tuttavia il suo cellulare iniziò a vibrare e il leone allungò la zampa sul comodino per afferrarlo.
“Si, pronto? Ciao Gerard, cosa c’è? Lo sai che ore sono?”.
Il leone balzò di scatto in piedi sul letto.
“CHE COSA HAI DETTO!?” gridò incredulo, per poi voltarsi verso la porta ma si era appena scordato che Gazelle era già uscita.
Riattaccò la telefonata e provò a chiamare subito Gazelle ma era irraggiungibile.
Scese dal letto, andò velocemente a darsi una sciacquata e a vestirsi, afferrò le chiavi dell’auto e scese subito dirigendosi al garage, salì in macchina e sfrecciò subito verso casa di Gerard.
“Ma che diamine sta succedendo qui!?” si chiedeva continuamente mentre guidava in mezzo al traffico di prima mattina.
 
Poche ore dopo, alla centrale di polizia Bogo lesse il giornale e rimase sconcertato come il resto della città.
Era tutto in prima pagina.
“Gazelle, la regina del pop e della musica di Zootropolis ha subito un vertiginoso crollo delle vendite del tutto insensato e improvviso, ora cosa dovremmo aspettarci dalla sua carriera? L’etichetta Savannah Records non ha rilasciato per ora nessuna dichiarazione in merito, la tensione resta comunque alta” lesse il bufalo con gli occhi sgranati, anche Benjamin che nel frattempo era arrivato per iniziare il suo turno al bancone aveva ricevuto il giornale e rimase senza parole.
Una grande folla di curiosi si stava riunendo davanti alla sede della casa discografica dalla quale non si affacciava nessuno, tutte le finestre erano chiuse e anche le porte erano serrate, tuttavia i dipendenti erano all’interno dell’edificio ma non davano nessun segno di vita e nessuna intenzione di ricevere la folla.
Il traffico cittadino era in tilt, molti si stavano dirigendo verso Savannah Central e avevano creato code infinite, Leo e Gerard rimasero intrappolati nel traffico.
“E quindi ti hanno chiamato dicendoti che le vendite erano improvvisamente crollate, non è così?” chiese Leo.
“Già, anche se ho pensato inizialmente a un pessimo scherzo, ma vedendo cosa sta succedendo, la situazione è realmente seria” rispose la tigre.
“E ora cosa ne sarà di te e i tuoi fratelli?”.
“Abbiamo ancora il lavoro, ci hanno solo trasferito da un’altra parte e comunque sia io ho sempre il mio secondo lavoro da poliziotto, a proposito hai provato a chiamare Gazelle?”.
Il leone afferrò il cellulare e provò ancora a ricomporre il numero ma era sempre irraggiungibile, ci stava provando dall’inizio della mattina e Gazelle gli era sembrata stranamente tranquilla, probabilmente non sapeva ancora niente di tutto questo quando è uscita di casa poche ore prima.
“Cosa sta succedendo Leo?”.
“Non lo so Gerard, non lo so…”.
Il leone decise di cambiare strada, svoltò e imboccò un’altra via dirigendosi verso la centrale di polizia, dove Nick e Judy stavano per entrare e prendere servizio.
Leo parcheggiò velocemente e scese dall’auto, correndo verso la coniglietta.
“Ciao Judy! Hai saputo?”.
“Si! Se stai cercando Bogo è nel suo ufficio, stavamo andando da lui anche io e Nick per cercare di rintracciare Gazelle!”.
“Anche io sto cercando di chiamarla da stamattina! Andiamo!”.
Il leone, la tigre, la volpe e la coniglietta attraversarono il salone e si diressero verso l’ufficio di Bogo, dove il bufalo stava cercando dei fascicoli dentro l’archivio.
“Qui si bussa prima di entrare!” gridò Bogo.
“Risparmiati le tue regole per stavolta, abbiamo bisogno di rintracciare Gazelle!”.
“Leo, questo è quello che sto cercando di fare! Sto cercando nell’archivio tutti i contatti  più vicini a lei, per ora il suo numero è irrintracciabile!”.
Il bufalo iniziò spulciare e a chiamare una serie di numeri presenti in molti fascicoli che aveva tirato fuori dall’archivio, Judy e Nick andarono a controllare la folla che era ancora difronte alla casa discografica e Leo si sedette ad attendere fuori dall’ufficio di Bogo insieme a Gerard.
Contemporaneamente dall’altra parte della città, la notizia era appena giunta anche alla villa di Mr. Big, con Koslov che come al solito entrò nell’ufficio del Don con in mano il giornale e in modo abbastanza agitato.
“Prima l’assassinio di Joyce e adesso questo! Sta succedendo una reazione a catena di eventi che ci sta sfuggendo di mano, non capisco cosa diavolo sia preso a questa città!” commentò il Don.
“Sembra a quanto pare che Gazelle sia irrintracciabile da questa mattina, la polizia e tutti i suoi fan la stanno cercando per tutta la città, l’ultimo a vederla è stato Leodore qualche ora fa” disse Koslov mentre finiva di leggere il giornale.
“Dobbiamo far luce sulla vicenda, manda i nostri informatori alle sedi delle testate giornalistiche di tutta la città! Voglio sapere ogni notizia che passa, anche la più piccola, non perché mi interessi tanto di Gazelle ma sono sicuro che lei ha un filo conduttore con questi eventi e c’entra anche qualcosa con la morte di Joyce! Lui era un alleato troppo prezioso per noi! E adesso vai!” sentenziò il Don.
Koslov annuì e uscì dall’ufficio, dirigendosi a fare le dovute telefonate.

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Capitolo 13
*** Predatore E Preda ***


Alla centrale ancora nessuna novità, Leo se ne stava ancora a sedere nel corridoio ed era assorto nei suoi pensieri, fino a quando una zampa tigrata si posò sulla sua spalla.
“Non hai fatto nemmeno colazione, ti va di uscire insieme al bar qui dietro l’angolo? Offro io dai!” disse Gerard sfoggiando sorriso solare.
Il leone alzò gli occhi verso la tigre.
“Si, perché no? Andiamo!” disse Leo alzandosi dalla sedia e uscendo.
I due felini si sedettero al tavolo del bar e si presero caffè caldo e brioches per rilassarsi e alleviare la tensione che si era andata a creare, tutti intorno a loro parlavano degli eventi di quella mattina e c’era un grande brusio.
“Grazie di esserci, ne ho veramente bisogno in questo momento” disse Leo mentre sorseggiava il suo caffè.
“Per me è veramente un piacere” rispose Gerard mentre addentava la brioches.
Lo sguardo del leone si perse nel vuoto per poi riconcentrarsi sugli occhi della tigre e non a caso, Leo doveva avere delle risposte e sentiva che questa era l’occasione.
“Gerard dimmi una cosa, avete provato a chiamare l’amministratore della casa discografica di Gazelle? Stamattina aveva un appuntamento con lui quando è uscita di casa”.
La tigre aveva un’aria sorpresa.
“Non sapevo niente di tutto questo, solitamente lei mi comunica sempre tutti i suoi appuntamenti che riguardano il nostro lavoro. Comunque lo abbiamo cercato ma anche lui irraggiungibile, è tutto così irreale”.
Leo sospirò e mandò giù il suo caffè in un colpo solo.
Ma voleva andare ancora in fondo.
“Visto che lavori con Gazelle sin dagli albori della sua carriera, sai per caso dirmi se ha mai fatto un album chiamato Project X o una cosa del genere?”.
“Project X? No, non mi viene in mente niente, solitamente lei non dà nomi simili ai suoi album e non ricordo di averne mai sentito uno con questo nome fatto da lei”.
Lo sguardo di entrambi si fece improvvisamente serio.
“Leo, non vorrai dirmi che stai insinuando…”.
“Non lo so Gerard, non so più nemmeno cosa pensare…”.
I due finirono di fare colazione e uscirono dal bar, Gerard si diresse a casa per cambiarsi dato che tra poco sarebbe iniziato il suo turno alla centrale, Leo tornò a sedersi nel corridoio in attesa di notizie da parte di Bogo.
 
Passò qualche ora, era ormai pomeriggio e Leo non si era mosso dalla centrale per tutto quel tempo, se non per andare fuori a pranzare e poi tornare a sedere in quel maledetto corridoio.
Judy stava compilando dei moduli sul resoconto di quella mattina, Nick vide il leone ancora seduto e decise di avvicinarsi.
“Ma è da stamattina che tu sei qui?” la volpe gli chiese.
Il leone alzò lo sguardo ma poi lo riabbassò subito.
“Proprio tu mi vieni a rivolgere la parola! Stai tranquillo non ho messo gli occhi addosso a Judy un’altra volta, non sono qui per quello e non ho nemmeno voglia di perdere tempo ad ascoltare i tuoi soliti discorsi di gelosia e astio ogni volta che mi vedi, quindi gira a largo!” rispose seccamente il leone.
Nick diede un calcio alla sedia e Leo si alzò di scatto.
“Stammi a sentire, io per il momento non cambio idea su di te e sappi che sarò sempre vigile ogni volta che ti vedrò, ma so che sei un amico prezioso per Judy e questo non lo posso ignorare perché lei ci tiene molto, non voglio farla arrabbiare un’altra volta, ero solo venuto a dirti che secondo me dovresti andare a casa riposare invece di ammuffire tutto il giorno su questa sedia!” ribatté la volpe e si allontanò.
Il leone rimase lì fermo come un fesso.
Agitò le braccia per richiamare la volpe.
“Nick! Aspetta!”.
“Si?”.
“Com’era la situazione davanti alla sede della casa discografica?”.
“Diciamo che quando ce ne siamo andati un quarto d’ora fa era abbastanza messa bene rispetto a stamattina, verso le 14:20 hanno aperto le porte per ricevere la stampa e i giornalisti, hanno assicurato che hanno raggiunto un accordo e trovato una soluzione per andare avanti”.
La mente di Leo venne trapassata da un dubbio alla velocità di un proiettile sparato a bruciapelo.
“E Gazelle? Era nell’edifico?”.
“No purtroppo, non l’abbiamo ancora trovata”.
Il leone ne aveva abbastanza.
Ringraziò Nick e si voltò dirigendosi verso l’uscita, corse alla macchina e partì subito verso casa, aveva bisogno di risposte e subito.
Del resto non gli importava niente.
Arrivò a destinazione, salì in casa e iniziò a frugare dovunque mettendo a soqquadro l’intera abitazione, stava cercando freneticamente il fascicolo del famoso Project X ma non riuscì a trovare niente.
“Dov’è? Dove lo avrà nascosto?” si ripeteva Leo nervosamente.
Mise le zampe in tutti i cassetti e in tutte le stanze ma senza successo.
Improvvisamente ebbe un’illuminazione: si diresse in camera da letto e osservò con estrema attenzione ogni angolo della stanza, rivolgendo lo sguardo in particolare al letto e all’armadio.
Dentro quest’ultimo notò che vi erano dei capi d’abbigliamento ammassati in un angolo e intenti a coprire una valigia che nella sua ricerca frenetica di prima non aveva notato, prese la valigia e la aprì ma dentro vi erano solo altri vestiti, ma in una delle tasche interne vi era una forma particolarmente familiare.
“Eccolo!” gridò Leo non appena ebbe in mano il fascicolo.
In quel momento la porta di casa si aprì e si richiuse.
Leo ebbe il cuore a mille e si voltò verso il corridoio d’ingresso.
Uscì dalla stanza e…
 
“GAZELLE!”.
 
La gazzella e il leone erano uno di fronte all’altro.
Entrambi impietriti ma lui lo era di più.
“Ciao amore, scusa se non ho risposto alle tue chiamate ma l’appuntamento si è allungato e avevo la batteria scarica” rispose lei con assoluta tranquillità.
Leo era ancora immobile e sconcertato.
“Ma questo casino? Sei stato tu a farlo?” chiese lei riferendosi alle varie cose sparse in giro per la casa dopo la perquisizione di Leo.
Il leone prese fiato e cercò di rispondere a quella scena irreale.
“Ma stai scherzando… TI HO CERCATA INSIEME A MEZZA ZOOTROPOLIS DA STAMATTINA! ANCHE LA POLIZIA ERA SULLE TUE TRACCE! E ORA MI VIENI A DIRE CHE AVEVI LA BATTERIA DEL CELLULARE SCARICA!? Ma che storia è mai questa!!” gridò il leone.
“Datti una calmata ti ho già detto che mi dispiace! Avevo la batteria scarica e me ne sono accorta mentre ero in metropolitana, e anche se ce l’avessi avuta carica non avrebbe funzionato poiché ero nella casa dell’amministratore che abita in periferia dove la linea non prende, quindi purtroppo risultavo irraggiungibile e mi spiace di averti fatto preoccupare ma che si sia messa a cercarmi anche la polizia lo trovo decisamente assurdo!” ribatté lei.
Leo era sempre più scioccato.
“Ma come assurdo? Ma lo sai cosa è successo alla tua etichetta discografica stamattina?”.
“Certamente! Ed è proprio per questo che ero andata dall’amministratore per discutere su cosa fare, abbiamo poi trovato una soluzione e…” ma lei si fermò non appena vide il fascicolo in mano a Leo, lui se ne accorse e la fissò dritta negli con uno sguardo pungente.
“Dimmi di questo! Cosa significa Project X?”.
“Intanto tu non dovresti averlo e non avresti dovuto frugare tra le mie cose personali! Si tratta comunque di un mio album”.
“Non è vero! Ho parlato con Gerard mi ha detto che non hai mai realizzato un album con un nome simile!” disse mentre frugava dentro il fascicolo ma era vuoto.
Gazelle estrasse dalla borsa un CD con sopra inciso il medesimo nome.
“Eccolo qua! Lo avevo tolto dal fascicolo per portarlo all’appuntamento!”.
“E allora come mai lo tenevi così nascosto? Cosa c’è veramente in quel CD? Amore ti prego, dimmi che non sei stata tu, dimmi che non c’entri niente in tutto questo! Confidati con me, non devi avere nessuna paura!” gridò Leo che ormai stava trattenendo le lacrime, i suoi pensieri erano totalmente sballati e non esisteva nessun’altra realtà per lui.
“Leo… ti prego, mi sto preoccupando seriamente adesso! Cosa stai insinuando? Io non ho fatto proprio niente! Questo è un mio album…” tentò di ribattere lei ma aveva la voce fioca e scioccata di fronte a quelle accuse, non sapeva più che cosa dire.
“BUGIARDA!” ruggì il leone puntando il dito contro di lei.
Il ruggito rimbombò per tutta la casa e successivamente cadde il silenzio assoluto.
I loro sguardi divennero vuoti.
Le lacrime iniziarono a sgorgare dagli occhi di Gazelle e a rigarle il volto.
Leo rimase turbato da come aveva reagito, il suo lato selvaggio era stato rivelato per la prima volta a Gazelle, non gli aveva risposto così brutalmente e non sapeva cosa dire per giustificarsi, una lacrima iniziò a rigare anche il suo volto.
Si calmò ma dentro era ancora molto scosso.
Proprio come il leone e la gazzella che loro erano.
Predatore e preda.
“Leodore Lionheart, non mi sarei mai aspettata una cosa del genere da te” disse lei a bassa voce tra i singhiozzi.
Leo si sentì sprofondare in un abisso dal quale non sapeva se ne sarebbe più uscito.
Lo squillo del telefono interruppe l’alta tensione di quel momento.
Leo si avvicinò e lentamente alzò la cornetta.

“Pronto?”.
“Leo, sono Bogo”.
“Non è un buon momento”.
“Lo so, ma Gazelle è da te? Si è rifatta viva per caso?”.
“Si, lei è qui”.
“Portala subito alla centrale”.
“Bogo! Ti ripeto che non è un buon momento!”.
“E lo credo bene! Portala subito qua, la situazione è molto seria”.
“Perché?”.
“Abbiamo ritrovato poco fa l’amministratore delegato della sua casa discografica ucciso in casa da una fucilata, i miei agenti stanno ancora raccogliendo quel che rimane della sua faccia sparsa per tutto il soggiorno”.

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Capitolo 14
*** L'Altra Faccia Della Medaglia ***


All’interno della centrale di polizia regnava il silenzio più totale, interrotto solo dal lieve rumore di sottofondo di gente che camminava per i corridoi e delle chiamate che arrivavano al telefono della segreteria, nessuno parlava a voce alta ma c’era solo un brusio generale.
In uno di questi corridoi vi era una delle sale degli interrogatori, dove Gazelle, Leo e Bogo si trovavano in quel momento, il bufalo aveva deciso di non attirare troppo l’attenzione e li aveva fatti accomodare nell’apposita sala che era insonorizzata, al posto di farli venire nel suo ufficio come fa di solito.
La situazione era veramente seria a questo punto, Bogo stesso era incredulo ma gli avvenimenti successi tutti insieme aveva lasciato dei dubbi cruenti nella sua testa e non poté far a meno di svolgere le regolari procedure, prese la cartellina con i dati del caso e la posò sul tavolo di fronte a Gazelle e Leo.
“Thomas Algren, l’amministratore della Savannah Records è stato ritrovato morto circa un’ora fa nella sua residenza in campagna, ucciso da una fucilata che gli ha letteralmente spappolato la faccia, non è un bello spettacolo e potete anche non guardare le foto” disse il bufalo mentre distribuiva i documenti dell’indagine a Leo e Gazelle, evitando di tirar fuori le foto della scena del crimine.
Rivolse poi la sua attenzione alla gazzella.
“Dunque Gazelle, ma… tu hai pianto?” osservò notando i suoi occhi.
Lei voltò la faccia dall’altra parte.
“Non è niente Bogo, sono solo scioccata e stanca di tutta questa situazione, vai pure avanti, cosa mi stavi dicendo?” chiese lei con un’aria quasi distratta.
“Stavo dicendo, adesso ho bisogno della tua assoluta testimonianza e versione di come sono andati i fatti, purtroppo qui ci sono molti dubbi che portano tutti a te e io vorrei vederci chiaro, sono costretto a farlo mi dispiace ma devi parlare o la tua posizione peggiorerà” disse chiaramente Bogo, aveva una voce bassa e roca, quasi come se le sue labbra si stessero rifiutando di far uscire quelle parole.
La gazzella sospirò e dopo aver chiuso gli occhi, alzò nuovamente lo sguardo verso il bufalo, mentre anche Leo era tutto orecchie.
“L’ho già detto anche a Leo, stamani sono andata da Algren, avevo il cellulare scarico e me ne sono accorta solo quando ero in metropolitana e poi nella casa di Algren non c’è nessuna linea, essa si trova in aperta campagna e…” ma venne interrotta da Bogo.
“Scusami tanto l’interruzione, questo Algren aveva un telefono fisso e un cellulare che abbiamo ripetutamente chiamato ma senza successo, per il cellulare posso capire ma per il fisso? In teoria dovrebbe andare quello” osservò Bogo.
“Si, tuttavia c’era un guasto alla linea da una settimana e lo stesso Algren non se n’era mai curato personalmente visto che non era quasi mai in casa, me lo ha detto lui personalmente la volta scorsa e questa è la spiegazione del telefono fisso, per concludere ho lasciato la casa verso le 14:00 e sono tornata in città, questo è tutto e non ho nient’altro da dire” concluse lei.
“E come vi siete accordati? Cosa vi siete detti alla fine?”.
“Che avrei rilanciato alcune mie canzoni passate, soprattutto quelle inedite che fino ad ora non avevo mai pubblicato, come ad esempio…” ma venne interrotta ancora.
“Come ad esempio il Project X, vero?” disse improvvisamente Bogo.
Leo drizzò le orecchie.
“C’è Leo che insiste dicendo che tu nascondi qualcosa in questo CD, se lo hai con te possiamo ascoltarlo? Così chiariamo questo punto, potrebbe essere la chiave di tutto” disse Bogo osservandola dritta negli occhi.
Gazelle fece un grande sospiro ed estrasse dalla borsa il CD, Bogo prese un PC portatile e vi inserì all’interno il disco, Leo osservò tutto mentre stava sudando freddo e non sapeva più da che parte stare, era certo dei suoi sospetti ma al tempo stesso era tremendamente insicuro.
Il CD partì quasi subito e con grande stupore di Leo e Bogo, una soave voce che era quella di Gazelle impegnata a cantare un pezzo jazz, si udì per tutta la sala dell’interrogatorio, scorrendo altri file vi erano alcune tracce in cui sempre Gazelle provava a cantare alcuni pezzi classici.
In sostanza, il CD conteneva solo brani musicali.
“Questo è un CD inedito di prove musicali jazz e classiche che ho realizzato agli albori della mia carriera quando avevo ancora diciannove anni, lo registrai in un vecchio studio che si trova nel distretto di Sahara Square, non lo pubblicai mai e questo lo feci come prova prima di passare a fare musica pop” spiegò lei.
Leo in quel momento avrebbe voluto sprofondare sotto al pavimento.
Si sentì viscido e infame per come l’aveva tratta e accusata, lui stesso non riuscì a trovare altri aggettivi per descriversi, ancora una volta i suoi sospetti e il suo carattere lo avevano portato a ferire chi amava.
Il leone abbassò la testa senza dire una parola, Gazelle non lo guardò nemmeno e Bogo stesso era esterrefatto, non disse niente e nella stanza si udiva solo la musica che proveniva dalle casse del PC.
In quel momento l’agente McHorn aprì la porta, Bogo spense la musica e Horn gli consegnò una cartella con dentro alcuni documenti.
“Bogo, questi sono i risultati della scientifica, arrivati freschi proprio ora dal laboratorio sul caso Algren”.
“Grazie Horn, vediamo un po’…”.
Bogo esaminò attentamente i documenti, per poi rivolgere il suo sguardo a Gazelle e la sua espressione parve sollevata.
“Thomas Algren è stato ucciso quando tu non eri più in casa, l’ora del decesso è verso le 14:30, ben mezz’ora dopo che tu eri andata via e sulla scena del crimine i miei agenti hanno ritrovato l’orologio di Algren che conferma la cosa, le lancette infatti erano ferme e segnavano proprio quell’ora” disse Bogo mentre rimetteva a posto i documenti.
“Inoltre, ci hanno informato adesso che il crollo vertiginoso delle vendite di oggi era in verità un attacco informatico ai database della Savannah Records, ma alla fine i dirigenti dell’etichetta discografica sono riusciti a ripristinare il tutto, non c’è mai stato nessun vero crollo di vendite dei CD di Gazelle, tutt’ora si stanno cercando i responsabili dell’attacco” concluse McHorn.
Gazelle fece un espressione sollevata e ringraziò infinitamente Bogo e McHorn.
Leo però alzò lo sguardo verso Bogo.
“Ma allora come mai fare tutto questo casino chiudendo la sede per tutta la mattina e non facendo avvicinare nessuno? E poi come…” ma venne interrotto da Bogo che sbatté un pugno sul tavolo e fulminò il leone con lo sguardo.
“Stai zitto Leo, non hai nessun diritto di parlare in questo momento, tantomeno di lanciare altre accuse e formulare altri dubbi!” sentenziò Bogo con una voce secca e diretta che fece ammutolire il leone.
Tutti uscirono dalla sala dell’interrogatorio, Gazelle si diresse nell’ufficio di Horn per firmare la sua testimonianza e versione dei fatti, mentre Leo venne chiamato da Bogo che lo invitò a seguirlo un attimo nel suo ufficio, e una volta dentro chiuse la porta a chiave per non avere nessun disturbo.
“SEI UN IDIOTA! Ti dovresti solo vergognare! Accusarla ingiustamente di fatti gravi tra l’altro, ma cosa ti è saltato in mente? So bene cosa hai passato, ma questa non è assolutamente una giustificazione per accusare chiunque solo perché tu hai i tuoi maledetti sospetti che ti offuscano il cervello!” gridò Bogo, la sua voce e il suo sguardo erano furiosi, Leo raramente lo aveva visto così incazzato.
Il leone non sapeva più nemmeno cosa dire, apriva la bocca ma le parole non volevano uscire, tuttavia non gli piaceva affatto essere trattato in quel modo e voleva replicare ugualmente.
“Mi vergogno di quello che ho fatto, tuttavia ammetterai tu stesso che ci sono ancora molti interrogativi da risolvere, io ancora non ho finito la mia indagine personale su questa faccenda!” rispose a tono il leone.
“Ti permetti anche di rispondermi? Non dovresti dire più niente dopo la figura di merda colossale che hai fatti poco fa, vergognati! So bene che l’hai fatta anche piangere con le tue accuse e le avrai anche gridato in faccia, l’ho vista bene prima aveva gli occhi gonfi per le lacrime, ti sto trattando in questo momento allo stesso modo di come tu hai fatto con lei! Schifoso!” gridò ancora il bufalo sbattendo i pugni sul tavolo.
Ma Leo ancora non ci stava e lo fissò dritto negli occhi con aria di sfida.
“Stai sbraitando in questo modo solo perché inconsciamente provi ancora qualcosa per lei? IPOCRITA! Lei di te se ne sbatte, hai forse dimenticato cosa è successo a causa sua o meglio a causa tua sette anni fa?” gridò Leo.
Gli occhi di Bogo si infiammarono.
“CHE COSA HAI DETTO? BASTARDO!” gridò Bogo afferrando Leo per la giacca e sbattendolo contro il muro, i due si fissarono dritti negli occhi che erano divenute palle di fuoco.
“La tua indagine personale finisce qui Leo! E non voglio sentire storie! Le hai viste le prove, no? Gazelle non c’entra niente, non nominare più nemmeno il mio passato, lo sai bene che ne soffro ancora nonostante tutto questo tempo! Ci occuperemo delle indagini noi! E non credo che Gazelle ti vorrà ancora guardare in faccia dopo quello che è successo…” ribatté Bogo fissando Leo intensamente.
“Probabilmente sarà così, tuttavia ho ancora i miei interrogativi a cui dare risposte e ti ripeto la stessa cosa, se pensi di provare ancora inconsciamente un pensiero anche solo di protezione e affetto verso di lei, sei un fottuto ipocrita! Lei di te ne se ne fotte, come ad esempio se ne fotte di Clawhauser, adesso e come ha fatto in passato! E sappiamo tutti quello che è successo! Quindi io continuerò a cercare a cercare le mie risposte, con o senza di te!” ribatté Leo.
Bogo era inferocito, avvicinò il suo muso a quello di Leo ancor di più con fare minaccioso, ora c’erano solo pochi centimetri di distanza tra di loro.
“Ti voglio fuori dalle nostre indagini, non costringermi a fare quello che ho fatto mesi fa, altrimenti…” ma venne interrotto da Leo che gli lanciò un’altra occhiata di sfida.
“Fare cosa? Arrestarmi? Non ne avresti il coraggio! Sono sicuro che non hai preso affatto bene la cosa quando successe, tant’è che fu Judy ad ammanettarmi, non certo tu!” rispose il leone con decisione.
Era vero, Bogo non riuscì a credere alle sue orecchie quando mesi fa Leo venne accusato ingiustamente e arrestato, quando la vera colpevole era Bellwether e rimase profondamente scioccato e dispiaciuto della cosa.
Quando seppe dell’arresto di Leo, si mise a piangere ma questo nessuno lo sa, eccetto Clawhauser e McHorn che lo hanno visto di nascosto piangere nel suo ufficio con la testa chinata sulla scrivania ma non ne avevano mai fatto parola con nessuno, nemmeno lui lo sa che loro lo avevano visto.
Questa amara verità fece perdere il controllo al bufalo, il quale alzò un braccio per caricare un pugno da sferrare al leone.
“IO NON VOGLIO CHE…” gridò Bogo pieno di rabbia.
Leo chiuse gli occhi e si preparò a ricevere il pugno.
Ma il pugno non venne.
Bogo lasciò andare Leo e abbassò il braccio.
“…io non voglio che succeda un’altra volta, non voglio che ti succeda niente, non lo sopporterei di nuovo” disse a bassa voce Bogo, chinando la testa e non guardando in faccia il leone.
Leo rimase senza parole, era la prima volta che litigavano così ferocemente, c’erano state molte altre occasioni in passato ma mai come questa.
Bogo girò la chiave e aprì la porta.
“Vai a casa Leo” disse Bogo rimanendo in piedi sulla soglia della porta.
Leo fece un cenno e uscì dall’ufficio, Bogo richiuse la porta alle sue spalle molto lentamente e andò a sedersi sulla poltrona, chinando la testa e sbattendo i pugni sulla scrivania.
“Leo, mi dispiace… sei il mio migliore amico, l’unico che mi è rimasto… ti voglio bene più di tutti, non lasciarmi anche tu, non fare cazzate… ti prego…” disse con voce bassa e strozzata.
Leo camminò per il corridoio, avviandosi verso l’uscita e mentre passava nel salone centrale, udì dei passi veloci che si dirigevano verso di lui, si voltò in fretta ma l’unica cosa che riuscì a vedere fu un sonoro schiaffo che lo colpì in pieno volto.
L’eco si udì rimbombare per tutto il salone, in molti si voltarono a guardare.
Leo riaprì gli occhi e mise lentamente a fuoco chi aveva davanti.
“Gazelle…” riuscì solo a dire mentre si toccava la guancia dolorante.
“Sei un bastardo, sei come tutti gli altri, non mi sarei mai aspettata una cosa del genere da te e mi sono pure illusa che tu fossi diverso, io ti amavo davvero ma dopo tutto questo non so veramente cosa pensare…” disse lei con voce bassa ma velatamente furiosa.
Leo chinò il capo e ascoltò tutte quelle parole che parevano essere una condanna.
“Io in questo momento non ho nessuna voglia di stare vicino a te, ora vado a casa tua e faccio le valigie, me ne torno alla mia villa e non tentare di seguirmi o di dire altro per cercare di convincermi, non dobbiamo dirci niente e poi non avrò una reazione tanto piacevole” concluse lei, voltando lo sguardo verso la porta d’uscita e passando accanto al leone senza fissarlo, quasi come fosse invisibile.
Leo stava esplodendo, le lacrime stavano per sgorgare dai suoi occhi e una rabbia interiore lo stava divorando, si voltò verso Gazelle allungando un braccio verso di lei in un gesto disperato come per fermarla.
“GAZELLE!” gridò.
Lei si voltò di scatto quasi subito, come se avesse già percepito la mossa del leone.
“NON VOGLIO SENTIRTI DIRE CHE TI DISPIACE! Mi fai schifo!” gridò lei facendo pietrificare il leone con quelle parole.
Leo rimase di sasso, non si mosse più mentre osservava lei che dopo essersi di nuovo voltata verso l’uscita, spalancò la porta e un vento gelido entrò da fuori investendo il leone che sembrò essersi congelato, avvertendo un forte brivido freddo lungo tutta la schiena.
E come si era aperta, la porta si richiuse con un gran tonfo, facendo sparire la gazzella dalla vista del leone.
La sua Gazelle non c’era più.
Tutti osservarono il leone rimasto fermo in piedi di fronte a quella porta, mentre da fuori si vide un flash e si udì un forte tuono che rimbombò nella sala.
Judy e Nick avevano assistito a tutta la scena, anche Clawhauser era scioccato e non proferì parola, a differenza degli altri che iniziarono a parlottare sottovoce di tutto quello che era appena successo, creando un grande brusio di sottofondo che fece saltare i nervi a Leo.
Il leone emise un rabbioso e forte ruggito che creò un ennesimo rimbombo nel salone, tutti si ammutolirono per lo spavento, Leo non si voltò nemmeno e a un certo punto si sbloccò e si incamminò furiosamente verso la porta, la aprì e la richiuse sbattendola con rabbia.
Fuori il cielo era molto scuro e pareva fosse già calata la notte, i fulmini si stavano facendo sentire e presto sarebbe venuto a piovere.
Leo cercò di trovare la calma e iniziò a incamminarsi lentamente verso casa.

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Capitolo 15
*** Proiettili ***


La notte era calata su Zootropolis, con essa erano arrivate le nuvole scure con fulmini continui che squarciavano il cielo ma finora nessuna goccia d’acqua aveva osato cadere sulla metropoli, i media erano tutti in tensione e le notizie corrono e si fanno sentire presto, anche alla villa di Mr. Big è sempre così.
Koslov arrivò puntualmente nell’ufficio del boss con in mano un ritaglio di giornale.
“Ho sentito dire alla radio che è successo qualcosa di grave giù in città, o meglio nelle campagne e dintorni, Koslov spiegami meglio”.
“Certo capo, oggi è stato ucciso brutalmente Thomas Algren, nientemeno che l’amministratore delegato della Savannah Records, finora non ci sono novità sul caso tranne che Gazelle è già stata rilasciata dalla polizia”.
Big alzò un sopracciglio.
“E lei che legame ha con tutto questo?”.
“Era stata questa mattina stessa a casa di Algren per delle discussioni lavorative ma risultava già andata via quando è stato commesso l’omicidio, per questo motivo lei è stata scagionata e per ora non ci sono altre notizie, le indagini sono in corso”.
Big fece un cenno per annunciare che bastava così, Koslov annuì e posò il giornale.
Il boss si diresse verso la finestra, osservò il cielo scuro illuminato ogni tanto da qualche fulmine che rendeva l’atmosfera ancora più cupa e tetra, il suo sguardo era perso nel vuoto e pareva molto distratto e assente.
“Quella gazzella non mi ha mai convinto fino a fondo, anche se pare che non c’entri niente con tutto il casino che sta succedendo, stranamente tutti i collegamenti portano sempre a lei, spero che sia solo un caso” disse Big a bassa voce.
Koslov lo fissò senza dir niente, fino a quando Big fece cenno di voler salire sulla spalla dell’orso come sempre, Koslov si avvicinò e fece salire il boss sulla piccola poltrona che era incollata alla sua spalla destra, dirigendosi in camera di Big.
“Si stanno già muovendo” disse Big improvvisamente durante il tragitto.
“Di chi parlate?”.
“Dei seguaci di Bellwether”.
Koslov guardò il suo boss con disappunto.
“Non dite assurdità, non erano stati sgominati mesi fa grazie ad una retata della polizia con l’aiuto di Leo? Bellwether rimase anche uccisa nello scontro a fuoco che ne seguì, non possono essersi riorganizzati in così breve tempo!” commentò l’orso.
Big ci rise sopra.
“Koslov, te lo avevo già detto quando Manchas venne nel mio ufficio a consegnare le chiavi della limousine: qualcuno sta già preparando un posto anche per me”.
Koslov aumentò il passo visibilmente innervosito.
“Non dite cazzate, nessuno oserà avvicinarsi a voi finché ci sarò io!”.
“Tu parli troppo ragazzone, adesso ho sonno e non voglio sentire altro”.
Koslov si zittì, arrivò in camera di Big e iniziò a preparare il piccolo letto che era posto al centro della stanza su un grande tavolo di lusso, Big nel frattempo era sceso dalla spalla dell’orso e si stava comodamente cambiando, Koslov aveva quasi finito, Big alzò improvvisamente un altro ciglio e diede una veloce occhiata davanti a lui.
“Koslov”.
“Si?”.
“Perché le tende non sono tirate?”.
L’orso guardò in direzione della finestra, effettivamente le tende della camera del suo boss dovevano essere sempre chiuse e raramente venivano aperte, Big era molto geloso della sua privacy ma quella mattina non era stato Koslov a mettere in ordine la stanza del boss, l’orso pensò ad una distrazione di un suo collega e si diresse sbuffando verso la finestra per tirare le tende.
Non appena fu abbastanza vicino, si fermò improvvisamente, un flash risplendette nei suoi occhi per una frazione di secondo.
Non era un fulmine.
 
“A TERRA!!”

Koslov si voltò di scatto si lanciò su Big per afferrarlo, alle sue spalle i vetri furono infranti e le tende bucate da una rumorosa raffica di proiettili che stava colpendo tutto ciò che trovava sul suo cammino, Koslov era a terra e strisciò dietro a un mobile per ripararsi da quella pioggia di piombo, un proiettile andò a colpire il lampadario che cadde e si frantumò a pochi centimetri dall’orso.
Dopo alcuni secondi che parevano eterni, la raffica cessò.
La stanza era avvolta da un’aria pesante ed era in gran parte devastata, a terra vi erano pezzi di vetro, cocci, legno e molto altro, l’unica fonte di luce rimasta illesa era una piccola lampada su un tavolino nell’angolo della stanza.
Koslov alzò la testa e iniziò a guardarsi intorno cercando il suo capo, aveva paura di averlo schiacciato quando lo aveva afferrato per buttarsi a terra, fortunatamente il piccolo toporagno era ancora vivo e si trovava dentro una tasca della grande giacca dell’orso.
“Boss! Tutto a posto?”.
“Zitto e alzati! Corriamo a chiamare gli altri! VAI!” gridò Big.
Koslov non perse tempo, si alzò di scatto e si diresse subito fuori dalla stanza con Big sulla sua spalla, nel frattempo anche tutti gli altri orsi si erano mossi e dopo pochi secondi tutto l’immenso giardino della villa fu riempito di guardie armate fino ai denti, le entrate e le uscite vennero bloccate e tutte le luci del giardino furono accese.
Koslov e Big erano sulla soglia della porta quando vennero fermati da un altro orso che corse verso di loro, aveva un’aria affannata ed era armato di un mitragliatore.
“Non avranno avuto sicuramente il tempo di scappare, il cancello principale e tutte le altre uscite ed entrate sono state sbarrate, i ragazzi stanno già uscendo con altre macchine per formare posti di blocco sulla stradina principale davanti alla villa, altri stanno setacciando ogni angolo del giardino!” riferì l’orso.
“Setacciate anche il bosco qui intorno se necessario!” ordinò Koslov.
“Certamente! Koslov però tu non stare qua! Vai dentro col boss e portalo al sicuro!”.
Koslov annuì e stava per rientrare, Big si voltò di scattò verso l’altro orso.
“Ricordate! Chiunque sia stato, portatemeli vivi! Mi raccomando!”.
“Certo boss, non si preoccupi…”.
“VIVI! LI VOGLIO VIVI! CAPITO?!” tuonò Big.
L’altro orso annuì e corse velocemente dall’altra parte del giardino insieme ai suoi compagni, Koslov tornò dentro con Big e si diressero verso il salotto privato del Don che si trovava al centro della grande villa, Koslov fece scendere Big sul bancone del bar e andò a sedersi sul divano.
“Serviti pure, fatti un brandy, ci vuole in questo momento” disse Big.
“No capo, la ringrazio ma adesso…”.
“Muoviti, prendi quello che preferisci”.
Koslov annuì, si alzò e si versò un bicchiere di brandy mentre Big aveva un proprio bancone persone adatto alla sue dimensioni che si trovava dietro un muro ed era azionato da una piccola leva, anche lui si bevve qualcosa di forte.
Il silenzio assoluto regnava dentro la stanza, fuori intanto le ricerche continuavano e ora la villa era completamente blindata, il nervosismo però non si era calmato e il silenzio venne rotto da un rumore di vetri in frantumi, Big aveva appena spezzato il bicchiere che teneva tra le zampe a causa della sua forte e rabbiosa presa.
“Vigliacchi! Io vi fotto tutti! Sparare nella mia stanza! IN CASA MIA! FOTTUTI VIGLIACCHI!” gridò il piccolo toporagno furentemente, afferrò un altro bicchiere e si versò ancora del brandy.
Calò ancora di nuovo il silenzio, stavolta fu Koslov ad interromperlo.
“Pensate che…”.
“Sono già morti”.
L’orso non aveva avuto nemmeno il tempo di finire la frase, il toporagno gli aveva già risposto e lo lasciò esterrefatto.
“Sono già morti, non li prenderanno vivi, non sono mica scemi e piuttosto che farsi prendere e confessare preferiscono uccidersi, sono rigidamente preparati per queste cose” concluse Big mentre mandava giù un altro sorso.
In effetti pochi minuti dopo, tre orsi entrarono nella stanza per fare rapporto e dissero di aver trovato i due responsabili senza vita vicino ad un laghetto che si trovava ai limiti del giardino, accanto al piccolo boschetto che circonda la villa ed entrambi si erano sparati alla testa.
Si trattava di un caprone e un coniglio, erano da poco entrati in servizio tra le guardie di Big ed erano evidentemente due infiltrati che avevano atteso il momento giusto per compiere l’attentato.
“Non avreste dovuto assumerli! Soltanto predatori tra le nostre guardie! Non mi sono mai piaciuti quei due!” gridò Big inferocito, mandò giù un altro sorso e andò a sedersi su una poltroncina.
Tutti erano in attesa di ordini anche se c’era ben poco da fare.
“Mi occuperò io personalmente della selezione del personale di sicurezza d’ora in avanti, è tutto, potete andare”.
Gli orsi chinarono la testa e uscirono dalla stanza.
Koslov rimase in silenzio, aveva già mandato giù quattro bicchieri di brandy ed era visibilmente alticcio, fece per alzarsi dalla sedia ma si fermò quando udì Big sbattere il suo bicchiere sul bancone.
“So che sei stato tu ad assumerli, sei sempre stato te ad occuparti della selezione del personale ed è un incarico che ti affidai molto tempo fa, una cosa del genere finora non mi era mai capitata” disse Big con una voce cupa.
Koslov iniziò a sudare freddo, si versò dell’altro brandy ma non riusciva nemmeno a berlo, aveva la mano tremolante e gli toccò posare il bicchiere sul bancone.
“Capo! Non penserete mica…”.
“Cosa c’è ragazzone? Tremi come una foglia, sei grande e grosso, hai uno sguardo glaciale e un atteggiamento duro e sprezzante, ma sono io a spaventarti così?”.
Koslov fece un passo indietro e deglutì.
“No, non penso che tu lo abbia fatto di proposito ad assumerli, come potevi sapere che erano due infiltrati? E comunque prima mi hai protetto come sempre in modo efficiente e salvato dai proiettili, di questo ti ringrazio e non dubito di te, puoi starne certo” disse Big con un tono che ora era più pacato e sereno, quel nervosismo pareva essere sparito lentamente.
Koslov tirò un sospiro di sollievo, aveva già fissa in mente l’immagine di lui venire giustiziato freddamente dagli altri orsi suoi colleghi.
Si sedette e afferrò il bicchiere di prima, bevendo il brandy tutto d’un sorso.
“Sai perché prima ho detto agli altri di prenderli vivi quando già sapevo che non sarebbe successo? Perché vanno motivati, Koslov devi capire che questi altri orsi non sono qui a proteggermi perché tengono a me, sono qui perché tengono ai miei soldi e basta, mi volterebbero le spalle alla prima occasione, lo so bene ma tu sei diverso e io ti conosco fino in fondo, tu non mi tradiresti mai perché sei come uno di famiglia” disse Big a voce bassa, Koslov ascoltò tutto e non rispose, si limitò ad annuire con la testa.
Big si voltò verso di lui.
“Quindi ora ti chiedo di tenere ancora di più gli occhi aperti, non possiamo più rilassarci e abbassare troppo la guardia, intesi?”.
“Si! Grazie Capo!” rispose Koslov.
La stanza venne illuminata da un fulmine che fece un forte eco, Koslov si affacciò alla finestra e notò che le prime gocce di pioggia stavano iniziando a cadere, aumentando di secondo in secondo e divenendo un forte temporale che si stava abbattendo sulla villa e su Zootropolis.
Mentre aveva lo sguardo perso fuori dalla finestra, gli orsi di prima tornarono e annunciarono di aver fatto una scoperta scioccante ma al tempo stesso temuta: i due infiltrati avevano sul corpo un tatuaggio a forma di corno rovesciato.

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Capitolo 16
*** La Notte Di Leo ***


La pioggia batteva incessante sul vetro della finestra di Leo.
Il leone se ne stava nel suo appartamento con la testa chinata e non diceva una parola, nell’altra stanza non c’era più niente di Gazelle, aveva già fatto tutte le valigie e non vi era più una traccia di lei in quella casa divenuta improvvisamente fredda.
Freddo e solitudine che stavano tormentando il leone, lui d’altro canto non poteva far altro che incolparsi ancora di più per il suo gesto, eppure non voleva ancora togliersi dalla testa quei dubbi ed era ormai in un completo stato confusionale.
Sperava solo che Gazelle lo chiamasse, lo cercasse, anche solo per un istante, sperava che avrebbero chiarito tutto e ci fosse stata una seconda chance per lui, lo sperava con tutto il cuore, stava a sedere sul divano con accanto il telefono fisso e aveva il cellulare in tasca col volume della suoneria al massimo, pronto a rispondere in qualsiasi momento.
Voleva fosse lei a fare la prima mossa, lui non ne era capace anche se avrebbe dovuto ma sicuramente lei non lo avrebbe nemmeno ascoltato.
Come dargli torto.
Un fulmine illuminò la stanza, le gocce di pioggia che scendevano lungo la finestra parevano delle lacrime, Leo non pianse più per il momento, si era già sfogato abbastanza qualche ora prima e quella notte pareva volerlo inghiottire con sé, non si riconosceva più e ora non poteva far altro che aspettare.
Quasi fece un salto per aria quando udì improvvisamente la suoneria del suo cellulare, lo afferrò freneticamente ed era proprio Gazelle.
Era più di mezzanotte ma Gazelle lo stava chiamando.
La paura stava salendo insieme all’emozione, il leone tremò ma poi decise che non poteva attendere oltre e rispose alla chiamata.
“Pronto? Gazelle?”.
“Ciao Leo”.
Dall’altra parte la voce di lei parve strana, aveva un tono cupo con una vena di tristezza, ma non sembrava che stesse piangendo o altro, Leo si sentì quasi intimidito da quel tono.
Ascoltò senza fiatare tutto quello che le stava dicendo, camminava per il salotto freneticamente, avanti e indietro, avanti e indietro…
Guardò ogni tanto fuori dalla finestra e camminò ancora per tutto il salotto senza fermarsi, ad ogni passo iniziò a sudare freddo, la sua espressione si fece via via più angosciata e sconvolta.
Cadde a terra in ginocchio sul tappeto e si appoggiò al divano.
“No, ti prego no… Gazelle ti prego… no!”.
Le lacrime stavano tornando a sgorgare, non fecero nemmeno in tempo a scendere lungo le guance del leone che la chiamata finì lì, Leo continuava a sibilare qualche frase sconnessa invocando Gazelle ma ora si udiva soltanto il bip-bip dall’altra parte, la voce di lei non c’era più e mai più ci sarebbe stata.
Leo spense il cellulare e rimase lì fermo a fissare il vuoto, i suoi occhi non esprimevano più nessuna emozione e nemmeno il suo volto, si sentì del tutto vuoto, non si mosse, era come se si fosse congelato.
Rimase lì fermo, le lacrime iniziarono a rigargli il volto e non si volevano fermare, strinse i pugni e si sbloccò improvvisamente da quella specie di trance con un feroce e forte ruggito di disperazione, ne lanciò un altro e poi afferrò un cuscino e lo strinse forte alla sua faccia piangendoci dentro.
Voleva sfogarsi, urlare, ruggire, voleva spaccare tutto ma non ci riuscì.
Gli erano rimaste solo altre lacrime da far sgorgare come una fontana.
Il suono del campanello lo destò da quella disperazione e gli fece alzare la testa dal cuscino, guardò verso la porta e dopo qualche secondo si alzò e si diresse all’ingresso, non guardò nemmeno chi c’era dall’altra parte, era improbabile che si trattasse di Gazelle, lui era solo un povero illuso.
Aprì la porta e non c’era ovviamente la gazzella, al suo posto una faccia familiare che tutto avrebbe pensato ma mai che si presentasse a casa sua a quell’ora tarda.
Non era nemmeno in divisa, indossava normali abiti civili ed era raro vederlo con quegli indumenti.
“Bogo!”.
“Ciao Leo! Scusa per l’orario!”.
Il bufalo aveva una faccia imbarazzata ed era molto impacciato, teneva in mano una bottiglia di un pregiato liquore e non riusciva a guardare il leone negli occhi, era rosso in viso e cercava di pronunciare qualche parola ma era una vera frana in questo, non era mai stato capace di fare discorsi seri e profondi senza balbettare e bloccarsi un paio di volte.
Duro e autoritario sul lavoro ma imbranato e timido ogni volta che usciva da quella divisa.
“Ecco io… volevo dirti…” cercava di dire mentre guardava altrove, Leo lo fissò senza proferire parola, sapeva che stava facendo un grande sforzo.
Poi il bufalo alzò finalmente gli occhi verso il leone.
“Accetti le scuse di un amico? Mi è dispiaciuto molto per come ti ho urlato contro oggi, non so che mi è preso”.
Leo rimase ancora a fissarlo senza parlare, il cuore iniziò a battergli forte.
“E se vuoi possiamo farci anche una insieme come ai bei vecchi tempi! Ti ho portato un liquore speciale!” gli disse mentre mostrava la bottiglia.
Bogo stava ancora per dire qualcosa ma si interruppe.
Il leone afferrò improvvisamente il bufalo e lo abbracciò, stringendolo forte a sé.
Per poco la bottiglia di liquore non gli cadde dalle mani, Bogo dapprima sorpreso e rosso in viso, abbracciò Leo a sua volta.
 
“Leo, che succede?”.
“Gazelle mi ha lasciato! In un colpo solo l’ho persa e non vuole rivedermi mai più! Mi sono ancora fottuto con le mie stesse mani, che mina vagante che sono, eh? Distruggo tutto ciò che tocco!”.
“Non dire cazzate! Vogliamo parlare di quello che feci io anni fa? Tu hai perso la tua ragazza, io in un colpo solo ho perso mia moglie, la stima dei miei amici, la mia casa e altri miei affetti, mi rimaneva solo il mio lavoro e i miei colleghi che sono sempre stati come una seconda famiglia per me. Altro che mina vagante, tu sei il mio migliore amico! Uno come te non lo ritrovo nemmeno tra cent’anni, non voglio perdere anche te e ti chiedo ancora scusa per come ti ho urlato contro oggi!”.
“Ma tu dicevi che…”.
“Lascia stare cosa dicevo, avevi ragione te, sono uno sciocco e un pazzo se penso di provare ancora qualcosa per quella gazzella, questa è solo una mia illusione che ora mi sono tolto dopo averti ascoltato. Tu hai sbagliato con lei è vero, ma adesso non puoi portarti dietro questa cosa per sempre! La vita va avanti! Ricordalo Leo! E poi non sei solo, tra tutti i tuoi amici ci sono anche io, ricordatelo!”.
 
Leo si staccò da Bogo e lo guardò dritto negli occhi, aveva un aspetto diverso e un’aria interrogativa ma felice allo stesso tempo.
“Sei proprio sicuro di essere il vero Chief Bogo?”.
“Non fare lo stronzo con me adesso!”.
“Ah ecco volevo esserne sicuro!”.
Bogo entrò in casa e appoggiò la bottiglia sul tavolo, Leo afferrò due bicchieri e li riempì, andando successivamente a sedersi sul divano insieme al bufalo.
I due si guardarono dritti negli occhi mentre stavano per fare il brindisi e il leone adesso mostrava finalmente un sorriso, anche il bufalo fece lo stesso ed era veramente raro vederlo sorridere.
“Comunque è tutto il giorno che ci penso e credo che alla fine questi tuoi sospetti e dubbi incessanti siano veritieri, non mi fido molto di quella ragazza dopo tutto quello che sta succedendo, ho pensato che fossero solo coincidenze e che qualcuno stesse cercando di incastrarla, ma forse lei c’entra davvero qualcosa” disse Bogo.
“Parli di Gazelle?” chiese Leo.
“Si, esatto! Non mi convince appieno devo essere sincero ma che questa cosa rimanga tra noi, mi raccomando!” disse il bufalo con aria severa.
Leo annuì e strinse la mano a Bogo.
Il leone guardò il suo bicchiere e poi rivolse nuovamente lo sguardo al bufalo.
“Volevo dirti che non c’era bisogno che ti scusassi ti avevo già perdonato quando sono uscito dal tuo ufficio, apprezzo molto comunque le tue parole e ti ringrazio per essere venuto qui da me, ne ho proprio bisogno in questo momento, hai ragione la vita deve andare avanti…”.
“Io te l’ho detto Leo, e comunque sono venuto da te a scusarmi perché avevo paura di perderti, non potrei mai perdonarmi una cosa simile, tu sei l’unico vero amico che mi è rimasto, voglio bene a tutti i miei colleghi perché sono come una mia seconda famiglia ma tu sei tutta un’altra cosa, l’ho capito da quando ti trasferisti a Zootropolis anni fa”.
“E a quanto pare già all’epoca non ero l’unica testa di cazzo!”.
I due scoppiarono in una fragorosa risata, poi si decisero ad alzare i bicchieri e a fare un brindisi.
“A noi!” dissero all’unisono e bevvero un sorso di quel pregiato liquore.
Andarono avanti a chiacchierare, i minuti diventarono ore, erano già le 2:00 di notte e la bottiglia di liquore era mezza svuotata e loro due erano già abbastanza alticci, ridevano e ricordavano il loro passato con i suoi drammi e felicità.
Avevano i volti rossi e il sorriso perenne stampato in faccia.
“Adesso è meglio che io vada, si è fatto tardi e sarai stanco, non voglio rubarti altro tempo ma sappi che mi sono divertito molto” disse Bogo, si alzò dal divano ma Leo afferrò da dietro e il bufalo si bloccò.
“Rimani”.
“Ma veramente…”.
“Rimani qui con me”.
Bogo lo guardò negli occhi e annuì, si rimise a sedere sul divano e i due si bevvero un altro sorso di liquore, non riuscivano a staccarsi gli occhi di dosso e rimasero fermi a fissarsi.
“Cosa c’è Leo?”.
“Non lo so Bogo”.
“Nemmeno io”.
Un “toc-toc” li riportò alla realtà, voltandosi si accorsero che per tutto quel tempo avevano lasciato la porta socchiusa e non se ne erano resi conto, due lunghe orecchie grigie spuntarono da dietro la porta.
Poco dopo, la faccia sorridente di Judy fece capolino insieme a quella di Nick, Gerard e Manchas, i quali spalancarono la porta e fissarono il leone e il bufalo con uno sguardo curioso e stranito, Judy scoppiò a ridere.
“Abbiamo interrotto qualcosa?” chiese la coniglietta.
Leo e Bogo scattarono in piedi.
“No no! Anzi, mi fa piacere vedervi! Ma che ci fate qui a quest’ora?” chiese Leo con un sorrisone.
“Io e Nick avevamo pensato di venire a farti visita, mi dispiace per come è andata con Gazelle e volevo assicurarmi che tu stessi bene! Scusa per l’orario ma ne è valsa la pena!” disse Judy mentre mostrava un pacco.
“Cos’è?” chiese Leo.
“Una torta fatta da me e Judy, l’abbiamo fatta sul tardi ecco perché siamo venuti a quest’ora ma già sapevo che ti avremmo trovato sicuramente sveglio” rispose Nick.
Judy posò la torta e corse ad abbracciare il leone, mentre Nick gli strinse la mano ma stavolta aveva uno sguardo normale e non pieno d’astio come al solito.
Quella volpe stava stupendo il leone sempre di più, che avesse forse messo da parte i dissapori iniziali?
Difficile da dire ma c’era sempre la possibilità.
Manchas e Gerard si guardarono con un’espressione di indifferenza, avevano avuto la stessa idea di andare da Leo e si erano incrociati mentre salivano le scale del condominio insieme a Nick e Judy, l’unica cosa che interessava a entrambi era che il leone stesse bene.
“Non mi hai chiamato per passarti a prendere, mi sono preoccupato” disse Manchas mentre abbracciava il leone.
“Si lo so e ti chiedo scusa, sono andato a casa a piedi”.
“Mi fa piacere rivederti e sapere che stai bene” disse Gerard stringendo la mano a Leo.
“Anche a me fa molto piacere! Sei sempre in forma!”.
Bogo si diresse verso tutti gli altri e cercò di richiamare la loro attenzione.
“Bene, visto che siamo tutti qui, io direi di cucinare qualcosa! Ci penso io! E come dessert avremo la torta di Judy e Nick!” esclamò il bufalo.
Gli altri acconsentirono con gioia, chiusero la porta e prepararono una bella tavolata, mangiando tutti assieme a notte fonda, Gerard e Manchas avevano portato anche delle bottiglie di champagne e fecero tutti un brindisi finale.
Quella giornata fu una delle peggiori e una delle migliori allo stesso tempo per Leo, quella notte in particolare non l’avrebbe mai dimenticata e adesso tutta la disperazione pareva sparita di colpo, il leone si sarebbe ripreso sicuramente più in fretta dal duro colpo di Gazelle perché aveva capito finalmente di non essere solo e questo gli bastava.
Si sentì vivo e più forte di prima, la notte andò avanti tra bevute, risate e mangiate, finendo con una sonora sbornia per tutti che non riuscirono a resistere e si addormentarono sparsi in giro per la casa.
Leo sistemò Judy e Nick nel suo letto, Gerard e Manchas sul divano letto sempre nella stessa camera e Bogo sul divano del salotto, lui invece non andò subito a dormire, si diresse sul terrazzo ad osservare il sole che lentamente sorgeva su Zootropolis, non pioveva più e il cielo era limpido.
Erano ormai le 5:30 del mattino, l’aria fresca riempì i polmoni del leone e gli diede un senso di libertà.
Leo fissò ancora l’immensa metropoli che si stava lentamente svegliando e disse a sé stesso: “Questo caso non è ancora chiuso”.

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