Live forever

di Anya_tara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** .7 ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


In this world you tried,
Not leaving me alone behind.
There's no other way,
I pray to the gods let him stay.
The memories ease the pain inside,
And now I know why.

All of my memories keep you near.
In silent moments,
Imagine you being here.
All of my memories keep you near,
In silent whispers,
Silent tears


Within Temptation – Memories


Il lungo velo bianco, lo strascico che spazza il pavimento di fredda pietra scabra.
Una lapide.
Ma no. Non pensare a queste sciocchezze.
Stai facendo la cosa giusta.
I morti non tornano. Non torneranno mai … di nuovo.
                                                           
Lyfia intreccia le dita pallide. Anche loro sono fredde. Glaciali, addirittura. Ma non è colpa delle rigide temperature di Asgard.
Lei vi è abituata fin dalla nascita.
E’ ad altro, che non riesce ad abituarsi. Ad un’assenza che le grava sul cuore come un macigno di ghiaccio, un intero iceberg, nonostante la sua presenza sia stata così breve da non poter giustificare un  rimpianto così intenso e profondo.
Oppure sì? Non è forse in un giorno che la Terra può scavare faglie che giungono fino alle sue viscere, se ciò che la scuote è abbastanza forte?
Distruggere ciò che è immutato e apparentemente immutabile nei secoli, in solo attimo?
O … creare … nel giro di una notte … un nuovo frammento di sé, farlo emergere alla luce, all’aria, dalle proprie viscere. Apparso dal nulla, figlio di un impulso.
E d’impulso, Lyfia si posa una di quelle mani sul ventre.
Fuoco e ghiaccio posso convivere, in un solo luogo? In un solo essere? 
Sì. Istland, la Terra di Thule, ne è la dimostrazione. Incontrando l’acqua gelida, il fuoco è divenuto roccia, terra, fertile e stabile. Si è rappreso e solidificato in un grumo nell’oceano, una nuova vita.
<< Sei bellissima >>. Freya, la sorella di Lady Hilda, la fissa con evidente approvazione. E … ammirazione? << Sei la più bella sposa che abbia mai visto, Lyfia >>.
Per un attimo, pensa che sia talmente ingenua, da non comprendere la necessità di quel passo, per lei. Che davvero abbia scelto di accettare quella proposta di propria volontà, e non perché obbligata.
Rammenta, Lyfia. Quegli occhi inquieti e dolci che sfuggire i suoi, per fissarsi su quello stesso pavimento, poche settimane prima.
Non … sei … stata bene, cara. Sei … stata ritrovata svenuta nella foresta. E’ un miracolo che non ti abbia attaccata qualche belva feroce, o non ti sia assiderata. Cos’eri andata a fare, Lyfia?
Nessuna risposta. E subito Freya si era pentita di averle posto quel lieve rimprovero. Le aveva accarezzato i capelli, con premura.
Non fa niente. L’importante è che non sia accaduto nulla di grave.
Immobilizzata a letto, Freya l’ha curata come fosse sua sorella. In realtà le era venuto il sospetto che più che da infermiera dovesse farle da sentinella, per scongiurare il pericolo di nuove fughe, o di gesti ancora più inconsulti. Credevano fosse troppo scossa, ancora fragile, e  non molto in sé.
Ma non glien’era importato, perché non vi sarebbero stati più di simili atti. L’ha lasciata fare, inerme, quasi lieta di quella menzogna.
Lei non può sapere. Non può immaginare, no.
Nessuno può.
Lyfia torna al presente. Freya è ancora lì, e il timore di averle suscitato dei sospetti, di aver attirato la sua attenzione con quell’estraniamento improvviso la mette in apprensione.
Poi guarda i suoi occhi. Il riflesso in quel verde cristallino non è di allarme, ma di rimpianto, e comprensione.
E già. Anche lei sa cosa si prova ad amare qualcuno che non si può avere. Qualcuno ch’è totalmente consacrato alla sua missione, da non potersi concedere nemmeno … il peccato più antico, imperdonabile del mondo.
Venire a patti con il proprio essere umani.
Un istante. E poi, forse troppo presa da quella comprensione, e da compassione, le porge la mano. Anche la sua è fredda. E trema, di pianto inespresso.
Povera Freya, pensa. Nonostante quella da compatire sia lei, e lei soltanto.
Hyoga … potrebbe anche tornare, un giorno.
Ma lui … non tornerà più. << Andiamo, su >>.
 
Ai piedi della statua di Odino, coperta di neve candida, Lady Hilda la attende. E con lei c’è il suo promesso. Quello che la invade adesso è rimorso. Per ciò che sta per compiere. Un giuramento nel nome dei suoi dei … di amare e onorare il suo sposo, per tutti i giorni della sua vita, anche se è perfettamente consapevole che non potrà mai farlo per davvero.
Potrà avere il suo corpo. Ma non la sua anima. Non il suo cuore.
Quelli, lo straniero li ha portati via con sé.
E la cosa peggiore è che Frodi sa. Lui … ha capito. E non gliene fa una colpa: lui stesso ne è rimasto … colpito. Affascinato, quasi, in un modo che Lyfia non comprende, e che a tratti le incute timore, e qualcosa di simile a un vago ribrezzo. Lei non ha mai fatto il nome di Aiolia, in quelle settimane; è stato sempre Frodi, a farlo. Nutre il sospetto che la sua ammirazione sfiori la venerazione, sfiorando la blasfemia. Il fatto che Odino stesso abbia scelto uno straniero, per vestire la sua Armatura, lo ha posto talmente in alto nella considerazione del Guerriero che non riesce a portarle rancore per quella sua evidente preferenza, per quell’aver scelto di stare dalla sua parte, piuttosto che da quella dell’amico d’infanzia, innamorato da sempre di lei.
Ma certo non immagina tanto.
Lyfia ora intuisce confusamente che la fantasia di Frodi, sempre piuttosto vivace, abbia innalzato il Cavaliere di Athena al livello di un vero Santo, di quelli che stanno nelle nicchie, sugli altari della religione cristiana. Non è arrivato a supporre che invece è anche lui carne, e sangue, e fiamma, calore vitale …
Lo stomaco le si contrae in una morsa. Forse, è ancora in tempo per fuggire … per strapparsi dai capelli quel velo, e rimettere quel nastro, il suo nastro … quello che con un balzo prodigioso, Aiolia ha recuperato contendendolo al vento furioso e restituendoglielo, animato del suo tocco. E correre, a raggiungerlo, abbandonare la lunga notte polare e approdare nel sole, nella luce, nel fuoco della terra di Grecia, la stessa che ha scurito la sua pelle, rendendola dorata, e quella che ha coronato i suoi occhi di quello scintillio inimitabile, simile agli smeraldi.
Quella che l’ha reso ciò che è. Perché lui è …
Era. Lui era, Lyfia. 
Rammenta, Lyfia. Serra forte le palpebre. Il suolo le viene un attimo meno sotto i piedi, l’aria nei polmoni. Alla gola le sale un fiotto aspro, vorrebbe sedersi, respirare, ma non può fare nessuna delle due cose.
Un tocco gentile le comprime il braccio. I grandi, lucidi occhi di Frodi si materializzano davanti ai suoi. Sono come zaffiri … brillano di seria compostezza, e muta gioia per aver finalmente condotto fin lì la donna che ama da lungo tempo.
<< Stai bene, Lyfia? >>.
Lei annuisce, provando a reprimere il malessere che tenta di schiacciarla. E così vuole azzittire le voci nella sua testa, refoli di vento rovente, qualcosa che lei ha solo potuto sognare, immaginare, mai conoscere direttamente.
Fino a poco tempo prima.
Sei in errore, Lyfia.  
Taci.
Lady Hilda sorride benevola. Forse lei crede davvero all’emozione della giovane sposa … Lyfia non cede all’impulso di voltarsi a cercare Freya: sarebbe un’ulteriore pietra d’inciampo, sul cammino che si è imposta di seguire.
Una corona di fiori,  piccoli e striminziti, mezzo bruciati dal ghiaccio. Un anello, che si serra al suo dito, gelato più di esso.
E il bacio di rito. Un contatto lieve, simile a quello di un fiocco di neve sulle labbra.
E’ finita. Da oggi, Lyfia Isblomst non esiste più. E’ la legittima moglie del valoroso Frodi di Gullinbursti, Guerriero di Odino.
 
Più tardi. Dopo i festeggiamenti. Le congratulazioni. L’idromele che ha saggiamente rifiutato, e il lauto convito cui lei ha piluccato solo per non sembrare di cattivo umore. Quando tutti sono andati via, lasciandoli soli per la loro prima notte insieme. E si sono ritirati nella camera che Frodi abita al castello, quella che gentilmente Lady Hilda si è offerta di sostituire con una più grande, in previsione … di eventi futuri, e che Frodi ha declinato, non per scortesia ma perché desidera ancora abitarla, sempre in attesa … di quelli stessi eventi.
Forse ha fatto male, però, Lyfia, a rifiutare quell’idromele. Le sarebbe servito a prendere coraggio.
<< Lyfia … >>. Frodi è accanto a lei, le stringe la mano ora ornata dell’anello. E non può non pensare con amarezza all’altro monile che ha sfilato dal collo, nascondendolo.
Sa di non poterli portare entrambi. O l’uno o l’altro. E lei … ha fatto la sua scelta.
<< Sono pronta >>, mormora, e porta piano le dita al capo, per liberarsi del velo. Frodi la ferma, vuole essere lui a spogliarla.
Può. E’ sua moglie. L’ha deciso lei. Conosceva bene le conseguenze del suo gesto.
Allora perché, quella domanda? << Potresti … chiudere la finestra? Ho … un po’ di freddo >>.
Frodi la guarda stranito. E’ una notte serena, quasi dolce e calda, per il clima di Asgard.
<< Sicura di star bene, Lyfia? Non è da te … avere freddo in piena estate >>.
Il silenzio plana glaciale su di lei. In realtà ciò che voleva tenere fuori era la luce, il sole che d’estate non scende mai sotto l’orizzonte.
Amara, ingoia con stoica rassegnazione quella verità.
Aiolia … è il suo sole. Non sarebbe mai sceso sotto l’orizzonte, per lei.
Ma è tardi per rimpiangere ciò che ha fatto. Lascia che Frodi le slacci la lunga tunica immacolata, e scopra il suo corpo fino alla vita. Che le posi le mani delicate sulle spalle, le faccia scorrere sulle braccia, risalire fino allo sterno.
E lì rimangono. Appena sopra i seni ancora coperti dall’impalpabile seta della sottoveste. << Lyfia … non ti ho chiesto se … >>.
<< Se? >>. E in quell’esitazione Lyfia legge una vaga accusa, e una minaccia.
<< Se non volessi … aspettare ancora. Capisco che … per te … non dev’essere facile … >>.
Il sangue le defluisce dalle vene, ronzando potente, fastidioso alle orecchie.
Che abbia capito tutto? E … che sia disposto ad accettare anche questo, in nome della riconosciuta superiorità di Aiolia, lo straniero venuto da lontano?
E porlo dove, di preciso? Tra le leggende di fanciulle visitate dagli Dei?
<< … dover andare incontro al … dolore >>.
<< Dolore? >>.
<< Non sei … stata istruita, tesoro mio? Potrebbe essere … doloroso >>.
E lo è. Un pugno dritto in pancia, che le sferza le viscere.
Adesso sa che avrebbe quasi preferito  l’altra eventualità.
Ora dovrà affrontare tutt’altro.
Può ancora salvarsi. Confessare. Forse Frodi … potrebbe … comprendere. Impietosirsi. Perché no, perdonare. << Frodi … >>.
<< Dimmi, amore mio >>.
<< Io … >>. Gli cerca istintivamente le mani, non per sé, lei non ha bisogno di stringerle per avere coraggio.
Per lui. << Io … >>.
<< Sono qui, Lyfia. Non avere paura. Cosa c’è? >>.
Gli occhi pacati come zaffiri la fissano con tenerezza. E lei si sente colpevole. Più che colpevole: crudele. Non può infierire. Non su quest’uomo che le sta dinanzi, devoto e innamorato.
<< Mi fido di te >>.
Le sue labbra si aprono in un sorriso. Con dolcezza, si china a baciarla, trattenendole la bocca contro la sua, cercandole la lingua con la propria, accarezzandole la schiena, le braccia, serrandola a sé con attenzione.
<< Farò tutto il possibile … perché tu non soffra >>. Scivola a lambirla nell’incavo della gola, mentre le dita le sciolgono i capelli, prima di volteggiare rapide a slacciare il resto dell’abito nuziale. La sdraia sul giaciglio e le allarga le cosce con il proprio bacino, passando ai propri indumenti, senza smettere un istante di adorarla.  
<< Ti amo >>, le sussurra, e inizia a premere contro di lei il proprio corpo, caldo e morbido eppure del tutto indifferente, per Lyfia. Stringe i denti e gli artiglia le spalle, ma lui non può sapere ch’è tutt’altro, il dolore che la costringe a farlo. Accoglie la sua virilità come una lama, una spada che le scava l’anima, trafiggendola senza pietà, gli affondi premurosi e misurati colpi che la lacerano infinite volte, lasciandola a dissanguarsi fino alla fine, quando con un sussulto estenuato le crolla addosso, abbracciandola.
<< Lyfia … ti amo >>, le ripete. E’ l’ultimo fendente, il più spietato di tutti.
Deve rispondere. Non può fingere di non aver sentito … di nuovo.
E un sussurro, appena distinguibile dagli ansiti che le sono sfuggiti finora, le abbandona le labbra riarse. Di sete. Di amarezza. Del veleno fatale del tradimento, della menzogna. << A … anch’io, Frodi >>.
Le si distende al fianco, continuando a tenerla tra le braccia. E’ troppo stremata per potersi alzare, rifugiarsi almeno nel piccolo bagno adiacente, scappare da lui, dal mondo, da ciò a cui si è appena prestata. L’unica consolazione … è che ha sofferto davvero, non soltanto nello spirito. Un fastidio che si è fatto opprimente, e l’ha fatta pregare che finisse in fretta, un male che da morale si è attaccato alla carne ed è diventato angustia fisica e le ha precluso completamente la possibilità di sentire almeno piacere, se non un qualche genere di trasporto.
E’ stato differente da quello che ha provato nel donare la sua verginità all’uomo che ama, quell’ardente splendido tormento del corpo di lui che si faceva strada nel suo, per trovarvi rifugio, e compimento.
Non è stata colpa di Frodi, lui … ha fatto il possibile perché ciò non avvenisse.
Ma non aveva idea che stesse facendo l’amore con una statua. Un pezzo di ghiaccio, a cui si spezzava il fiato in gola solo per il peso che le gravava addosso.
Pian piano, cullata da Frodi, e infinitamente stanca, nel corpo e nell’anima, si addormenta. Precipita nel limbo del sonno, sperando, con l’ultimo barlume di lucidità, di non fare il suo nome. 
 
* Angolino di Saga : bene, direi che con gli esperimenti di questi tempi ci sto andando giù un pò pesante ... però, a mia discolpa, vorrei anche puntualizzare che una storia het ci mancava - tralasciando qualcuna che sbuca qui e là ma complice la mia poca dimestichezza con le categorie del sito ( a proposito, se sbaglio qualche rating avvisatemi voi, io sono una frana! ) non è stata segnalata dall'inizio. Ho scelto Lyfia perché tra le tante  "pulzelle" che gironzolano intorno al "bietolone della Quinta Casa" - l'ho letto da qualche parte, e l'ho subito adottato: lo amo, lo adoro, ma non perdo occasione per maltrattarlo XD - sinceramente è quella che riscuote di più la mia simpatia: ma sappiamo bene che ciò non implica che con lei sarò gentile ... muahahahahah! 
buona lettura, e grazie come sempre a chi legge, segue e recensisce: mi auguro di non deludervi, sono casinista, logorroica e spesso mi perdo da sola, prendere o lasciare! 
Bacioni, 
Saga   

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Capitolo 2
*** 2. ***


Say my name
So I will know you're back you're here again
For a while
Oh let us share
The memories that only we can share
Together

You touch my hand
These colors come alive
In your heart and in your mind
I cross the borders of time
Leaving today behind to be with you again

 
Within Temptation, Say my name
                                                                                                                                             
 
“Cinque settimane prima
 
Ho bisogno di te.
Quella voce … uno strale dritto al petto. Il ciondolo che porta allacciato alla gola ne è la punta, la prova evidente di quel che è stato, e che non si può cancellare.
Aiolia? Aiolia, dove sei?  E i piedi che balzano dal letto, nel mezzo di una notte luminosa di giugno che sembra pieno gennaio. Dopo la breve parentesi di gioia fittizia, è tornato il freddo eterno, ad Asgard.
Ma le piante nude non percepiscono il gelo, solo le fiamme dell’impazienza. Dove sei, Aiolia?
Vieni. Sono qui, Lyfia. Ho bisogno di te.
Fa appena in tempo a raccogliere la mantella, a gettarsela sulla testa in fretta e furia. Corre fuori dalla sua camera, stando ben attenta a richiudere la porta e ad uscire senza far rumore.
Già la guardano strana. Pensano che … sia impazzita, che il dolore per la perdita di Aiolia l’abbia fatta uscire di senno. Se la vedessero scappar fuori in piena notte - anche se è luce, solo due giorni prima hanno celebrato i riti per il solstizio, il ritorno del Sole di Mezzanotte - davvero non avrebbero più dubbi.
Ma a lei non importa nulla. Sapeva di aver ragione per Andreas, e infatti così è stato.
Così ha ragione adesso. Lui è qui. Lo sente. Tutte le sue vene, i suoi muscoli, i suoi tendini vibrano, esaltati dalla sua presenza. Le sue ossa tremano liquefacendosi, le viscere pulsano dolorosamente assieme a cuore e stomaco riversandosi come lava nel resto del corpo, mentre i piedi affondano nello spesso strato di neve granulosa, diretti verso la foresta.
Stavolta non è una fioritura falsa e nociva. Non è una primavera inattesa e a doppio taglio.
E’ estate. Un’estate greca, calda e profumata di Mediterraneo, di sole, salsedine e tutti i meravigliosi frutti che l’Antica Ellade può elargire, non ultimi i suoi figli, i suoi eroi. Un’estate dal cielo trapunto di stelle, in cui contarne quante ne vengono giù, scie di desideri avverati, di preghiere accolte dagli dei.
Potrebbe pensare ad un miraggio, un’illusione, un trabocchetto di qualche altra divinità intenzionata a portare male nella terra del Nord.
Ma appena gli si ferma davanti, ogni possibile ragionevole dubbio si volatilizza. 
<< Aiolia … >>. Gli getta le braccia al collo, stringendolo forte. L’ha sognato ogni notte, tutte le notti, da quando è andato via.
Ma questo non è un sogno. E’ vivo, reale. Sente i suoi muscoli guizzare sotto i palmi, il suo odore inebriante stordirle i sensi. << Aiolia … >>.
<< Lyfia >>. Le sue mani che le raccolgono le guance roventi, i suoi grandi occhi scintillanti che la fissano come prima del loro addio. Con struggente, devastante dolcezza. << Psyké mou >>.
Lyfia non parla il greco, lo conosce molto poco, ma sente con l’anima. E appunto essa ha compreso di essere stata chiamata a sostituire quella che è rimasta a vegliare su di lei, per conto del Custode di Leo.
<< Sei tu … mia Freyr, sei proprio tu … >>.
<< Lyfia … non sono tornato. Non … come vorremmo entrambi >>. Sospira, afflitto. << Grazie ad un intervento divino … mi è stato concesso … un breve lasso di tempo, per venire in Terra >>.
<< Intervento … divino? >>.
<< E’ il ventitré giugno, Lyfia >>.
Ma certo. Questa data, secondo molte credenze che però non appartengono ai miti di Asgard, è la notte in cui il confine tra questo mondo e l’altro si fa labile. In cui accadono cose inspiegabili. Una notte magica, in cui il Bene vince sul Male, la Luce sulle Tenebre. << E sei venuto qui … per me?>>.
<< Ne dubitavi forse? Ti … veglio ogni giorno, da dove mi trovo adesso. Ogni mio pensiero … è per te. Non immagini che gioia immensa è per me … stringerti di nuovo >>. Le posa una mano sulla nuca, come allora. << Sono tornato … perché … c’è una cosa, che avrei voluto dirti. Dovevi saperlo. Dovevi … sentirlo … dalla mia bocca >>. La stacca piano da se, guardandola negli occhi. << Ti amo, Lyfia >>.
<< Aiolia … >>. L’emozione è così forte, così improvvisa che le ginocchia le cedono. Lo sapeva ma sentirglielo dire, è tutta un’altra cosa.
Soprattutto cinta dalle sue braccia forti che la sostengono contro il proprio petto. Ascoltando il suo cuore che batte, potente, inarrestabile. << Aiolia >>.
Poche ore. Forse nemmeno.
E le piccole dita pallide si muovono sulla pelle dorata dell’impavido, fiero Leone, quasi animate di volontà propria. Slacciano, disserrano, svelano, vittime di un’urgenza che non si può esprimere a parole, dacché Lyfia stessa non ne conosce l’origine.
Sa soltanto che prova terrore, potrebbe svanire di nuovo, tra le sue braccia. Lasciandola soltanto con quelle parole che anche se profonde e sincere, non saranno sufficienti a colmare il vuoto che le si aprirà dentro, quando il tempo sarà scaduto.
E allora, il pensiero si fa azione, anch’essa potente e inarrestabile. << Lyfia, no … >>.
<< Perché? >>.
<< Per lo stesso motivo … per cui non ti ho detto allora che ti amo. Per … non doverti poi abbandonare … Ah, Lyfia >>. La sua mano pallida, chiusa ad artiglio. Per graffiare, non ferire, ma sfidare.
Una sfida che a differenza di tutte le altre, il Cavaliere di Athena non coglie. Prende invece quella piccola mano pallida, dissimile dalle sue, grandi e forti, e la tiene stretta. << Non posso farti questo >>.
<< Temi forse …che in me … vi sia ancora … lo spirito del dio? >>. Le parole sono assolutamente ragionevoli, ma il tono, velato di una malizia che non le è affatto usuale, fanno trasalire Leo che sembra farsi ancora più incerto, quasi smarrito.
E gli fanno arrossare gli zigomi.
Lyfia trae un sospiro. No, la malizia non fa parte di lei. Come tante altre cose: l’ironia, la sensualità, e quell’improvviso desiderio di posarsi il bel capo dai ricci bronzei in grembo, come quello di un bimbo nel vederlo così indifeso. Un senso materno confuso e squisitamente femminile, ancestrale.
Si accontenta di accarezzargli una guancia, così calda, lievemente ruvida. Un uomo bellissimo, inimitabile, davvero simile agli Dei; e lei non è mai stata tanto donna.
Anche di questo ha merito lui. Nei pochi giorni trascorsi assieme  le ha fatto provare cose altrimenti sconosciute. Distanti da lei, ragazzina cresciuta nell’impenetrabile fortezza di Asgard, protetta dalle mura di pietra ma ancor più dalla coltre di ghiaccio perenne.
E adesso, ha la maledetta sensazione che stia sprecando tempo. Intuisce le sue resistenze, le giustifica, ma non può accettarle.
Non può più accettare che siano gli altri a disporre di lei. Sia pure per il giusto, per il bene.
Allora deve osare. Muoversi, più rapida dell’alba. Prima che il sole ricominci a salire, e faccia impallidire la luce di colui che è tornato ancora, per lei sola.
Lo afferra per le spalle e si tende verso le sue labbra. E’ un bacio ingenuo, inesperto ma non innocente; è disperato, e affamato, e …
Lo è anche lui. Che ricambia con pari forza, serrandola in una morsa quasi dolorosa.
<< Allora … tu vuoi >>, ansima, appena si stacca dalla bocca di Aiolia.  
<< Lyfia. Cosa ti fa pensare … che sia il contrario? Non sono forse … umano anch’io? >>. Segue il profilo armonioso, delicato della sua mascella, fino al mento. Lo preme tra pollice e indice. << Sono un uomo, amore mio. E … me l’hai fatto ricordare … proprio tu >>.
Un timido sorriso vittorioso spunta sul volto di Lyfia. Che prende il legaccio del corsetto e tira, mostrando il biancore della pelle d’alabastro, lo sterno che s’alza e s’abbassa fremente. Il morbido solco tra i seni, in cui si è annidato il medaglione che le ha donato.
Senza timore, né vergogna, inutili vestigia di un passato ormai estinto gli cerca le mani, le guida sopra di sé; sussulta, quando trovano le piccole gemme sensibili e vi indugiano con lenta maestria.
Forse per Aiolia … non è come per lei. E questo pensiero le dà una breve puntura d’afflizione nel cuore: avrà conosciuto, amato altre donne, prima di lei? In quello stesso modo?
E loro saranno state meno sciocche, più consapevoli di ciò che necessita al corpo di un uomo, per … provare piacere.
Lei ha soltanto l’istinto, dalla sua. Il desiderio che attinge a piene mani nella fonte del primordiale, coadiuvato da rari accenni colti per caso tra le mura di palazzo, celati negli angoli bui, segreti alle orecchie della Sacerdotessa di Odino e della sua casta sorella. Bisbigli e pettegolezzi uditi di sfuggita tra la servitù.
Quello, e il bruciore inconfessabile della sua stessa carne, sorto improvviso, inatteso come un temporale estivo. Momenti che si era sforzata di ignorare, impressioni che aveva fatto in modo di disperdere immediatamente davanti a lui;  il tempo che avevano trascorso vicini, loro due da soli, anche contando il grave pericolo che correva Asgard, era bastato a destare una parte di lei rimasta ad ibernare, nel gelo e nel buio. 
Si è invaghita di lui un istante dopo averlo incontrato. Si è accorta di amarlo appena era accorso in suo aiuto, quando Frodi e i suoi soldati l’avevano accerchiata.
E dall’istante in cui, sfinito, le era crollato addosso, schiacciandola con il suo peso, e quello della Cloth sulle sue spalle, aveva sentito il resto. Quella pulsione incomprensibile. Che si era affrettata a scacciare … lui era ferito, privo di sensi, esausto. Il marchio degli Einherjar appariva ad intermittenza sul suo bel viso, sul suo corpo e lei … si sentiva così inutile, fragile e …
Incapace. Come adesso. 
<< Lyfia >>. Le sue dita si fermano, abbandonano i seni per scivolare piano sui fianchi, e ricadere nell’aria fredda, come petali di fiori abbattuti dal vento. << Non voglio mentirti. Io … ho paura di farti del male. Non credere che sia una scusa per non stare con te. Ma non potrei mai perdonarmi … se ti causassi sofferenza >>.
Lyfia deglutisce aspro. Aveva udito anche questo, che la prima volta … l’amore fisico può essere doloroso, perfino traumatico, per una fanciulla intatta. Non le è ben chiaro il motivo e non ha pensato di erudirsi al riguardo, certa che per lei non sarebbe mai giunto un momento simile. Nemmeno dopo Aiolia.
Soprattutto, dopo Aiolia. 
Ma finora non è accaduto. Il tocco delle sue mani già le manca, quei piccoli deliziosi brividi simili a scosse, che si ripercuotono ovunque, in particolare in determinati punti.
Per questo spasima, appena una di esse torna a carezzarle l’arco della spalla, fino al collo, nell’incavo sotto l’orecchio. Un lampo le attraversa la mente: vuole che le conficchi le sue zanne, le affondi il suo morso, mentre le unghie le incidono la pelle della schiena.
Non teme la fiera. Ne è perdutamente innamorata … è già preda, brama soltanto che la bracchi, e la faccia sua.
Ma Aiolia esita ancora. Continua a sfiorarla con attenzione, uno sguardo tormentato nelle iridi di smeraldo.  
<< Aiolia … >>. Cerca ancora la sua mano, la stringe tra le dita. << Me ne stai già causando anche così >>, dice soltanto.
Non le pare di aver detto nulla di speciale, solo la verità. Ma evidentemente basta perché riprende a baciarla, con meno cautela; la fa indietreggiare fino ad un tronco, non senza premurarsi di porle un braccio dietro la schiena perché la corteccia scabra e gelata non le arrechi fastidio. Con un solo gesto rapace le slaccia del tutto il corsetto, denudandole i seni: immediata, l’attenzione si sposta su uno di essi, risucchiandone in bocca uno dei fragili boccioli che lo coronano.
Eccola. La fame del Leone. Lyfia impara a conoscerla senza mezze misure: serra le labbra chinando il volto sul suo capo, per non gridare. Ha come il presentimento che la sentirebbero da palazzo ma ansima comunque ai piccoli morsi che le assesta scendendo sullo stomaco, sui fianchi, inginocchiandosi dinanzi a lei, infilandole le mani sotto la gonna, risalendole i polpacci, percorrendole le gambe dalle caviglie all’attaccatura delle cosce.
Quando la lambisce tra di esse le ginocchia le tremano. E appena il bacio si fa più profondo cedono del tutto: quasi lo sapesse Aiolia tende le braccia a sostenerla, mentre scivola giù. Un tocco di fuoco … fiamme alte, furiose le sferzano le vene, le danno le vertigini, scatenano dentro di lei reazioni che non può tenere a bada né tanto meno controllare.  
Reclina la testa, e il cielo sfumato di grigio, azzurro e arancio sopra di loro non le è mai apparso così vicino. I confini sono così indistinti … lo sguardo le si appanna, ad ogni umida carezza che la bocca di Leo elargisce al suo sesso in boccio. Ad ogni delicata intrusione delle sue dita.  
Lyfia si perde. Chiude gli occhi e si lascia andare, la mente si stacca dal contatto con la realtà, mantiene solo quello più importante, con Aiolia.
E la travolge. Un’onda traditrice, violenta e inattesa le monta dal ventre sbattendole contro, annientandola.
Si aggrappa a lui come all’ultima salvezza. Spalanca le palpebre e lo ritrova, bagnato di pallida, evanescente luce polare che filtra tra le cime maestose e innevate degli abeti.
Non ricorda più niente. Né come si chiami, chi sia, perché o dove. Non sa se è morta, o se vive ancora, se il suo cuore si è fermato o batte così rapido e leggero da non poterlo percepire.
<< Lyfia … >>. I suoi occhi limpidi come smeraldi, splendenti di luce propria. Il modo in cui la fissano … perché la guarda come fosse un prodigio? E’ lui il miracolo, la dimostrazione dell’esistenza degli Dei, della loro benevolenza sia pure così fuggevole.
Si raggomitola contro il suo petto, affinché la stringa. Perché quell’improvviso desiderio? Di farsi abbracciare, consolare … come se fosse stata ferita gravemente. Eppure non le ha fatto del male.
Posa la fronte contro la sua, deglutendo con forza, abbassando le palpebre dalle lunghe ciglia nere, malgrado l’oro, il bronzo del resto del suo corpo. << Lyfia, io … perdonami >>, mormora, il respiro spezzato. 
Il dolore arriva intenso, improvviso. Il fiato le viene meno, le unghie divengono lame e si conficcano nella sua pelle ambrata, a fondo. Un grido le sfugge suo malgrado e s’irrigidisce, cedendo a quell’invasione con l’istinto più ovvio, naturale di ogni essere umano: quello di ritrarsi, difendersi quasi.
Pensava di essere preparata, ma si rende conto che non è così. E si infuria con se stessa: cosa pensava, che avesse fatto di tutto per dissuaderla giusto per posa? E’ un uomo, anzi, un guerriero. Per quanto potesse essere nelle sue intenzioni non provocarle sofferenza, non può cambiare la realtà delle cose.
Aiolia è immobile su di lei, solo il respiro affrettato lo tradisce. Sa di averla ferita e di certo è per questo che non osa alcun movimento. Sembra quasi voglia fermarsi, tornare indietro.
Lyfia inspira, e il suo profumo le riempie ancora una volta le narici, come lui ha fatto col suo corpo. Quell’aroma inconfondibile, adorato la acquieta un istante. 
Assieme alla sua voce. Teneramente inquieta … pervasa dal senso di colpa. Alle sue mani, che le cingono il volto schiudendole le labbra. << Lyfia … >>.
<< Shhh >>.
<< Perdonami … >>.
<< Shhh … va tutto bene, Aiolia. Va tutto bene >>. Per rassicurarlo, sfrega la punta del naso contro quello di lui. Gli accarezza i serici ricci, sorridendogli piano. << Ti amo >>.
In risposta si china a posarle un breve, delicato bacio a fior di labbra, mentre si ritrae leggermente, tremando;  Lyfia riprende fiato, il peggio … ammesso che possa definirlo tale … dev’essere passato.
Ma il dolore invece di scemare aumenta. Aiolia scivola con lentezza sul suo torso sottile, e Lyfia avverte lo sforzo che sta esercitando su se stesso per controllarsi. I tendini fanno più che mai fede al loro nome, sono funi sottopelle; una vena in rilievo gli pulsa sulla gola, potrebbe contare i battiti del cuore da lì.
Quella fitta lancinante era soltanto l’inizio. Più si spinge in avanti, più la pressione si fa insostenibile. E’ una dura prova, da cui sa che per uscirne vittoriosa deve resistere.  
E resiste. Resiste finché lui non si ferma nuovamente, esitando. La sofferenza adesso si è condensata in lacrime cocenti, Aiolia ne raccoglie una con lo zigomo, passandolo contro il suo. << Amore mio … >>.
Lyfia non riesce a trovare parole per rassicurarlo, adesso. Teme perfino di aprir bocca: le sembra che il suo ventre sia stato racchiuso in una pressa rovente, dai denti affilati, e se solo batte le palpebre finirà dilaniata.
Ma non smette di volerlo. Non può impedirsi di amarlo, di desiderarlo, di bramare quelle braccia serrate al suo corpo ora così fragile, di abbandonarsi al bacio appassionato con cui adesso la cattura, un bacio che le fa dimenticare per un attimo il supplizio che aveva cercato di evitarle.
Senza staccarsi da lei, compie l’ultimo passo. La sensazione di qualcosa che le si lacera dentro è nitida; non è stato come un colpo netto di forbice, di lama ma lo strappo difficoltoso di un drappo riccamente intessuto.
Tutte le forze, fin lì tese all’inverosimile evaporano d’un tratto. Le pare che scivolino via assieme al calore fluido tra le sue cosce.  
E’ finita. Stavolta è finita sul serio.
Lyfia reclina la testa, stremata. Ha la vaga, nebulosa percezione che stia morendo … che possa portarla con sé, adesso.
Che sia appunto per questo che è tornato? Per permetterle di valicare quel confine mano nella mano con lui, e far sì che rimangano insieme per sempre?  
Un folle pensiero che dura solo un attimo. Il tempo che Aiolia, dopo averle concesso un secondo di tregua, riprenda a muoversi sopra di lei.
Impercettibilmente, dei lievi spasmi prendono ad avvolgerle il ventre, la sommità delle cosce. Si allargano come i cerchi nell’acqua, goccia, dopo goccia.
E si fa chiaro nella sua mente. E’ lui. Dentro di sé. Come un amuleto … per scacciare le ombre, i demoni, come la prova evidente ch’è vivo e vero, tra le sue braccia.
Le fitte si fanno meno brucianti, a questa riflessione. No, non è lì per ucciderla dolcemente ma per farla tornare in vita.
La sua pelle rovente, imperlata di lieve sudore odoroso di sandalo nonostante il freddo. E quella sensazione di gioiosa, esaltante sopraffazione solo apparente, per necessità di cose.
Viva. Come mai prima di quel momento.
Dimentica del dolore Lyfia gli si avvinghia addosso, allacciandogli le gambe alle reni, per farlo scivolare più a fondo, fin dove è possibile. Non sente il gelo morderle le carni, non il duro suolo sotto la schiena a malapena riparata dalla mantella.
Sente solo lui. La sofferenza che il suo essere uomo, possente, glorioso le stava infliggendo si dipana, lasciandole intravedere, presentire il piacere, il fuoco, l’ebbrezza lucente dell’amplesso condiviso, totale. Gli afferra la nuca, la spalla, la schiena, come capita, per sentirlo ancora, di più, oltre ogni possibile immaginazione.  Per bruciare assieme a lui, nella luce del sole di mezzanotte. << Aiolia >>, esala, un fiotto di voce che si perde in un gemito non più trattenuto.  
<< Sono qui, Lyfia >>. Le morde piano la gola, il cordoncino della collana le sfrega dietro il collo. Le raccoglie i capelli, respirandovi dentro, prima di ricadere sulle sue labbra, catturandole ancora, rubandole il respiro, strappandole altri gemiti che echeggiano nella silenziosa barriera della foresta.
L’attira a sé, drizzandosi in ginocchio, serrandola ai suoi fianchi. La mano che le preme sull’osso sacro, l’altra dietro la nuca, il calore del suo respiro sul volto, sulla gola palpitante, i loro ansiti furiosi che si confondono e si placano soltanto quando uniscono le loro bocche. I suoi lunghi capelli slegati, pieni di aghi, di terriccio si raccolgono su una spalla di lui, danzando nel vento leggero ad ogni spinta.
Oddei … è questo, allora, che significa amare? Fondersi con la persona amata tanto da non percepire più dove termina l’uno e cominci l’altra? Intrecciare le dita, sprofondare con lo sguardo negli occhi dell’amato, e annegarvi, e cercare l’aria dalla sua bocca?
Questo è amare? Non sopportare, ma aprirsi senza paura a quel dolore che l’altro vorrebbe invece risparmiarci? Scoprire che è come un cristallo sfaccettato oltre il quale si cela la luce pura?
Le freme dentro, e Lyfia lo avverte con estrema chiarezza. Non è più nemmeno piacere, non soltanto; è vita, l’unica possibile, è cielo e terra e mare … è l’infinita antica saggezza dell’Universo, che le si riversa in grembo nella sua forma più elementare, la fiamma creatrice della passione.
Alza una mano e Aiolia le cinge il polso con la propria, la riporta giù, la schiaccia quasi, con prepotente disperazione. E’ l’ultimo istante, l’atto finale del loro tempo insieme pronto a scadere.
Lyfia si morde un labbro, per non lasciarsi sfuggire nemmeno un lamento, una lacrima. Nella sua mente inizia a formarsi un vago pensiero, di negazione e rabbia, che cerca di esorcizzare ripetendosi all’infinito di non andare oltre, di non sfidare la bontà divina, e sciupare tutto.
Sii … Felice e grata di aver ricevuto questo miracolo … felice e grata … felice e grata …
Ma quel pensiero prende il sopravvento. << All’inferno! >>, sbotta di colpo, la voce un graffio imbevuto di pianto e furia che ferisce il silenzio calato d’un tratto; e invece di ritrarsi esterrefatto, Aiolia la abbraccia più stretta. Un singhiozzo le percuote la gola; non viene da dentro, ma da fuori. Da lui.
Con una forza che non sa da dove provenga si tira su a sedere, allarga le gambe per allacciargliele ancora ai fianchi, le braccia alle spalle, le dita nella nuca e lo serra a sé. << Portami con te … ovunque tu debba andare, Aiolia … portami con te >>.
La guancia calda si muove contro la sua. << Non posso … tu devi vivere, Lyfia >>. Si stacca finalmente, e in quegli occhi ardenti Lyfia ritrova tutto il suo stesso supplizio, l’identica sconfinata impotenza, la rabbia per quell’ingiustizia.
Poi Aiolia abbassa le palpebre per un attimo; i gesti tornano quieti, la voce pacata. E’ uno sforzo disumano, Lyfia ne percepisce l’estenuante lavorio nel battito del cuore che aumenta contro il suo. << Vivi per me, Lyfia. Promettimi … giurami che vivrai anche per me >>. Le lambisce piano la guancia con il pollice. << Perché io … non sapevo di esser vivo … finché non ho incontrato te >>. Un bacio ancora, per suggellare quel patto di cui testimoni silenti sono il pallido, gli alberi e le stelle lassù nell’alto, invisibili custodi di una notte ora lontana.
Non può fare altro che dire di sì. << Sì, Aiolia >>.
<< Dillo ancora. Per favore … >>.
<< Sì, Aiolia … sì >>. E’ a tutt’altra domanda che avrebbe voluto poter dare quella risposta, Lyfia; sa che  anche per lui è lo stesso.
E sa che vuole che ripeta il suo nome. Come un incantesimo, per non farlo svanire all’alba, come un sogno che si dissolve nelle pallide, rosee luci del cielo. << Sì, Aiolia … >>. Si lascia sdraiare nuovamente, ritrovando la terra ghiacciata come una vecchia amica. Il calore del suo corpo, che spera di poter trattenere  anche dopo che sarà andato via, le aderisce addosso. Le sue labbra, le sue mani. << Aiolia … >>. Un nuovo ansito. Stavolta non fa male, è tutto più semplice; e più terribile. Perché il male che non sente più nella carne l’anima lo sovraccarica su di sé; e trabocca, rendendo ancora più amaro l’addio che sarà.
Per tutto il tempo non ha smesso di ripeterlo. E Aiolia non ha smesso di ripetere quello di lei, finché Lyfia non ha chiuso gli occhi, cedendo alla stanchezza, maledicendosi perché sta gettando via quegli ultimi, irripetibili istanti al suo fianco, tra le sue braccia. Mentre gli tiene l’orecchio sul petto, attenta ad ogni pulsazione vitale all’interno. E quella dolce melodia, unita al lieve canticchiare sommesso, a labbra chiuse, del suo amato che le accarezza i capelli, l’ha spinta nel buio pieno di luce”.
 
Quando si era svegliata, aveva trovato Freya accanto a sé.
E adesso è un nuovo risveglio. Da sola, senza neppure il conforto di una presenza amica accanto a sé. Leggera e vuota … ecco come si sente. Una lieve pulsazione tra le cosce, effetto dell’atto condiviso con Frodi durante la notte.
Un umidore viscoso, però, attira la sua attenzione ancora allentata. Si drizza a sedere, e una sfumatura d’irritazione le percorre lo stomaco; questa fredda realtà la infastidisce, venire a patti con queste cose altrimenti naturali le mette una vergogna, un disagio che, con Aiolia, sa non avrebbe provato.
Non sarebbe stato così fuori luogo, destarsi con addosso i segni dell’amore notturno. I rivoli del suo piacere sulla pelle ancora calda del tepore del letto, cercare la leggera traccia lasciata dal suo sonno sul guanciale accanto al proprio. E i giochi sotto le lenzuola, al buio … ridere e scherzare su cose anche stupide, leggere. Fare progetti. E una mano che cala lenta su una curva in fiore. E fare l’amore, anche in pieno giorno  un’urgenza improvvisa che chiude il mondo in fermento fuori dalla camera, dimenticarsi ch’è l’ora di mangiare, di studiare, di mettere in ordine. Scordarsi tutto, per rammentare solo la cosa più importante.
Lo immagina con tanta soave crudeltà che si sente spinta fuori dal giaciglio nuziale. Può perdonare a Frodi quella profanazione; ma a se stessa, può? Ha promesso ad Aiolia di vivere; ma lui non le ha chiesto questo. Di permettere ad un altro di far proprio ciò che era suo di diritto.
Anche se non c’è più.
E’ vero. Probabilmente sapendo di doverla abbandonare, immaginando … ciò che avrebbe potuto lasciarsi dietro forse sarebbe stato d’accordo.
Entra nel piccolo bagno adiacente alla camera, passandosi le mani sulla faccia. Non osa affrontare lo specchio: rivolge lo sguardo alla vasca già colma d’acqua calda. Frodi deve aver dato disposizioni affinché la sua novella sposa abbia tutti i riguardi possibili.
Prima di Aiolia, avrebbe stimato un sommo onore, divenire la compagna di quel giovane bello e coraggioso. Fin da piccola ha provato sempre un forte affetto, per lui. Lo prova anche adesso, nonostante tutto.
Ma quel sentimento non è che un pallido riflesso sfocato, in confronto a ciò che sente per Leo. Cogliendo lo scintillio dell’anello nuziale si sforza di non immergere la mano nell’acqua quasi volesse annegarlo, il rimorso per averlo tradito a quel modo.
In realtà li ha traditi entrambi.
Sfila la sottoveste che ha ancora addosso, con un pizzico di gratitudine nei confronti di Frodi perché non l’ha spogliata anche di quella. Forse anche lui era a disagio, imbarazzato e inesperto; Lyfia non si è domandata se abbia avuto altre amanti prima di lei.
Non le importava saperlo. E’ la cruda verità.
Quando si raccoglie ai suoi piedi Lyfia si avvede di alcune piccole chiazze rosse. Guardandosi si accorge che dei sottili rivoli dello stesso colore le percorrono le cosce.
E raggela.
Per un istante pensa che sia semplicemente venuto il suo tempo, e questo da un lato renderebbe vane tutte le sue inesplicate sensazioni dell’ultimo mese. Ma subito si accerta che non è così.
Inebetita, si accascia contro la porta chiusa. Mette il polso tra i denti, soffocando il grido angosciato che le sale dal fondo dell’anima.
Si sta sbagliando. E’ solo un orribile equivoco. E’ assolutamente certa che quello con Aiolia non sia stato soltanto un sogno.
Eppure quando ha ripreso i sensi di quella trafittura lacerante non era rimasto alcun segno. L’indolenzimento che avrebbe dovuto provare per essere rimasta sdraiata sul duro suolo ghiacciato, stretta sotto quel corpo ardente non c’era, come i segni dei morsi, della stretta appassionata delle dita salde e ambrate sulla sua pelle delicatissima.
Nulla.
Scivola piano verso il basso, stavolta non ha le braccia calde e forti di Aiolia a rallentare la discesa. Stende una mano e afferra la sottoveste, la appallottola tra le mani fino a ridurla ad un piccolo grumo bianco grondante sofferenza e tristezza.
Per niente. Ha sacrificato il suo amore, la sua verginità, per niente.
Forse, quella notte non è stato il Bene, la Luce a trionfare. Forse il Sole di Mezzanotte non è stato sufficiente a tenere lontani gli spettri, gli spiriti pronti ad ingannare, a tessere le loro reti per avvilupparvi gli sfortunati malcapitati.
Come lei.
Un dolore acuto come una pugnalata le straccia il cuore. Lunghi singhiozzi silenziosi fanno da amara nenia a quel piccolo muscolo agonizzante.
Ora Lyfia ne ha la certezza. I sogni, al pari delle menzogne, possono uccidere.


* Angolino di Saga: Bene, visto che siete stati così bravi e vi siete dato da fare in tanti, ho deciso di farvi un piccolo regalo e pubblicarvi il secondo capitolo! Avvisatemi se devo chiamare il mio avvocato, mi raccomando!
Un grazie speciale a Francine e mrosaria che non hanno perso tempo a recensire. Vi aspetto anche nei prossimi capitoli! :D
Buona lettura, 
Saga
 

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Capitolo 3
*** 3. ***


Waking in the dead of night
Hold on to this life
Running to what's wrong or right
Seems to be a thin line
Fighting for a wasted love
Fighting to survive
Oh, won't you please forget?

Oh, won't you please forget?
                                      
Within Temptation, Dog Days
 
 
“Una luce improvvisa. Una lama, che fende il silenzio altrimenti assoluto della pace nella notte artica ora luminosa.
Una presenza inequivocabile. Le alte cime degli alberi gravate del loro candido peso gelato celano un segreto. La ricomparsa di un uomo.
Che non dovrà attendere a lungo. Un’ombra scura e furtiva si lascia dietro piccole impronte sulla neve.
Non vede gli occhi che la scrutano dall’alto delle mura. Occhi di rapace che tutto scrutano, e che l’hanno vista correre via dal palazzo, a piedi scalzi e coperta dalla mantella, verso la foresta.
Occhi chiari ma offuscati da un velo di nebbia, occhi che si serrano addolorati. Forse … non dovrebbe dirglielo. Sarebbe la cosa migliore … per tutti.
Alza lo sguardo al cielo brumoso. L’Orsa Maggiore non può essere vista, ma sa che veglia su di loro. Che lui veglia su di loro. Suo fratello, amato e perduto.
E un istante dopo … quegli occhi si posano poco più giù, poco più a est. Solo una flebile costellazione, la Lince, divide il Grande Carro da quella. Raccontano che solo chi possieda appunto la vista acuta di una lince possa vederla; e lui ne è stato dotato. 
Purtroppo. 
Rabbrividisce, ma non è il freddo. E’ una sensazione sconosciuta, quasi … una sorta di assenza, mescolata con amarezza, con un senso di vuoto allo stomaco, di vergogna, rancore per qualcosa di rubato, invidia malinconica per qualcosa che non accetta di nominare.
Stira un angolo delle labbra, avvertendo la pelle tirare sullo zigomo. Non si è mai curato di quella cicatrice, anzi, costituiva quasi un motivo d’onore ai suoi occhi, nonostante non fosse una ferita di battaglia; tuttavia dopo aver visto tanta bellezza e perfezione, ora brucia e pizzica spesso.
Solo dopo ha scoperto, parlando con Freya, che anche quell’uomo ne ha una. All’altezza dello stomaco. Il bacio di una lama penetrata in profondità, per espiare una colpa imperdonabile. Per … trovare pace.
Pace. Tutto per la pace. La pace dello spirito, della tomba, la pace del mondo.
Pace. Forse l’avranno riportata per gli altri, la pace, quegli uomini splendenti.
Ma di certo a lui, a quella piccola ombra nella neve e a colui che la segue da una vita … l’hanno tolta per sempre”.
 
Sigmund di Gram si volta verso il compagno che gli va incontro. Guarda con intenzione la sua mano, su cui ora splende un cerchio d’oro.
Frodi accenna un sorriso. La sera prima …Sigmund è stato piuttosto taciturno. E’ rimasto in disparte, un bicchiere in mano che non ha toccato quasi per nulla, mentre tutti gli altri bevevano, danzavano e lanciavano ai giovani sposi battutine a doppio senso alquanto sgradevoli. Non era d’accordo e gliel’ha detto senza tanti complimenti. Stai facendo un grosso errore, Frodi. Lo sai.
Anche allora aveva sorriso, Frodi. Non preoccuparti. So quello che faccio. Io amo Lyfia, Sigmund. Non puoi capire … cosa sono disposto a fare per lei.
<< Anche dividerla con un ricordo? >>
<< Sì. Ma … non è come pensi. Voglio solo … aiutarla >>.
<< A dimenticare?>>.
<< A guarire. Lei non dimenticherà mai. Ma … spero poco a poco … di riuscire … a farle sentire meno il dolore >>.
<< Ma se … hai pensato, a cosa potrebbe accadere, se per caso avesse … >>.
<< Taci. Non ho più intenzione di starti a sentire >>. << Buongiorno, Sigmund >>. Ora il tono è diverso. Cordiale. Magari, preso dalla dolcezza della luna di miele, spera che il compagno abbia visto coi propri occhi la bontà delle sue intenzioni. E vuole tentare una riconciliazione.
Tempo sprecato.
<< Frodi >>. I suoi occhi d’argento tornano a fissare l’orizzonte. Il sole ricomincia la sua salita, senza essere sceso mai sotto la linea immaginaria tra cielo e terra.
Immaginaria. Come quella tra passato e presente, che non sono mai realmente divisi, ma si sovrappongono, e si scompongono all’infinito, nella mente di ciascuno di noi. << Allora, come sta … la tua bella sposa? >>.
<< Dorme tranquilla >>.
Sigmund storce appena le labbra. << E’ folle, Frodi. Peggio: è crudele >>. Di nuovo, gli occhi d’argento si posano su di lui, facendosi duri come acciaio, inchiodandolo. << Perché non le hai semplicemente detto … ch’eri pronto a sposarla …comunque? >>.
<< Come al solito non capisci, Sigmund >>. Lo sguardo di zaffiro di Gullinbursti trafigge quello dell’amico, più gelido del suo. Quasi metallico. << In questo modo, per lei sarà più facile rassegnarsi >>.
<< Dì piuttosto che è più facile per te, rassegnarti … all’eventualità di essere costantemente paragonato all’assente >>.
Frodi alza le spalle con sufficienza. << Pensala pure come ti pare. Ma non ho da giustificarmi con te delle mie azioni >>. Si allontana di qualche passo, prima di fermarsi, parlandogli da sopra la spalla. << Anzi, da oggi in poi … gradirei se … dedicassi meno attenzione alle mie faccende personali. Siamo compagni d’arme, e amici, ma non tollero eccessive ingerenze nei miei affari privati. D’altronde, sono un uomo sposato, adesso. E ti pregherei … di stare molto accorto a come parli di mia moglie  >>. Prosegue e se ne va, senza aspettare una sua eventuale replica.
Sigmund lo guarda andare via, amareggiato non dal contegno che ha tenuto nei suoi confronti ma per quello che è diventato, per ciò che si è prestato a fare. Per amore di quella ragazza – ma poi è davvero amore, o non si tratta piuttosto di una sorta di rivalsa verso colui che non c’è più? Qualcosa di possessivo e contorto tanto da sconfinare nell’ossessione, sfociare nell’inganno?  
Davvero è divenuto così subdolo e bugiardo, il suo amico? Ha iniziato a far fede al lato oscuro del suo nome, che vuol dire “l’astuto”?
Si rimette a sedere, nella luce intensa ma gelida dell’ultimo giorno di luglio. Ha l’impressione di aver dimenticato qualcosa d’importante.
Ma non ricorda cosa.
Ha trascorso troppo tempo a pensare a cose strane, anche lui. Alle parole di quel guerriero impavido, potente come un dio contro cui ha lottato e che l’ha battuto, rendendogli però salva la vita.
Inspira con forza, Sigmund. Non ne ha parlato con nessuno, non è affare di nessuno. L’unico a conoscere quel suo segreto è la fredda pietra grigia bordata di neve della tomba del fratello.
Segui la tua anima e vivi per l’eternità. Le ultime parole del nobile Saga gli si sono conficcate nel petto, più affilate della sua Perle de Bryer.  
Quell’uomo che si portava dentro tanto dolore, e tanta fierezza. Un uomo che aveva conosciuto il Bene e il Male, aveva giocato con entrambi finché anch’essi non si erano scontrati e fusi in un unico abisso che aveva il colore vivido delle acque di Grecia.
A lui è stato concesso l’onore di combattere con un simile guerriero. E quel suo risparmiarlo non era stato sintomo di debolezza; al contrario, aveva rappresentato un gesto di squisita magnanimità.
Gli sarebbe piaciuto molto … poterci avere a che fare, da amico. 
Ma Saga non c’è più. Come Siegfrid.
E lui ha perduto quell’occasione.
Serra le dita, prima di sollevarle a sfiorare la cicatrice che gli deturpa il volto. E subito si dà dell’idiota, distogliendole in fretta come colto in flagrante e sentendo gli zigomi arrossarsi.
Non è bene, no. Come non è bene il gioco di Frodi. L’amore di una persona è qualcosa di sacro, e lo è ancora di più se colui che ne è oggetto è ormai lontano da questa Terra. Il cuore si fa altare, l’anima santuario, ed è peccato e vergogna approfittarsene, anche se può sembrare la scelta più sensata.
L’amore non è sensato. L’amore è folle e non guarda in faccia a nessuno. Esplode in un istante e si lascia dietro le scottature per tutta un’esistenza.
Per questo non può giustificare il suo compagno. Anche lui è stato toccato da quel fuoco e sa quanto dolore può causare premere su quelle piaghe mai sanate. Pus e sangue sono sempre in agguato, pronti a sgorgare e colare in piccole pozze che si rapprendono sul fondo dell’essere, infettandolo sempre più irrimediabilmente.
Ma l’orgoglio di Frodi, la sua determinazione impulsiva e caparbia, il suo desiderio di averla vinta ad ogni costo anche a prezzo di ferire, di passare sopra ad ogni altra volontà pur di imporre la propria non sono in grado di scendere a patti con questo.  
Ora ricorda cos’ha dimenticato di tanto importante.
Di fare gli auguri a Frodi. Per il suo compleanno.
 
*Angolino di Saga: confesso di aver peccato in pensieri, parole e omissioni. Ma ... ormai mi conoscete: amo la legge degli equilibri e mi è venuto spontaneo attribuire a Frodi lo stesso segno di Aiolia, tanto più che girando in rete non ho trovato nulla al riguardo e quindi via alla libera interpretazione. per quanto riguarda Sigmund forse questo suo ... trasporto è un pò gratuito, tuttavia si è insinuato da sé e mi è difficile mettere a tacere il demonietto sulla mia spalla, quando mi sussurra queste cose. La costellazione della Lince, alquanto debole - si dice che occorra avere la vista appunto di una lince- dovrebbe trovarsi tra l'Orsa Maggiore e i Gemelli, chiaro che dipende da come si osserva il cielo e da dove, purtroppo non sono ferrata nei calcoli astronomici per cui mi sono concessa una piccola licenza poetica.
Come sempre, grazie per le visite e mi raccomando, stay tuned! 
Bacioni, 
Saga

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Capitolo 4
*** 4. ***


Take away,
these hands of darkness.
Reaching for my soul.
Now, the cold wind
blows out my candles.
Feeling,
only fear,
without any hope.

A thousand dark moons.
A thousand winters long.
A million fallen stars,
the candle burns in the womb

We try not to forget,
they live through us.

Slowly they die away at every candle's end
Within Tempation, Candles
 
Frodi attraversa il lungo corridoio con passo marziale. Ma appena realizza di essere solo, al riparo da sguardi indiscreti, si ferma, e appoggiatosi al muro inspira profondamente e cingendosi l’avambraccio con la destra.
Brucia. Esattamente come cinque settimane prima; solo che adesso quel dolore si è spostato dall’anima alla carne. E paradossalmente, a far male non è tanto la ferita quanto la ragione che l’ha obbligato ad infliggersela.
 
“ Da tempo ha perduto l’abitudine di dormire una notte intera. In qualità di Guerriero di Odino non gli spetta l’onere della ronda, ma è certo di poter reggere una notte o più senza sonno, se l’occasione lo richiede.
E l’occasione si chiama Lyfia.
La vede deperire, incupirsi ogni girono di più. Durante i riti per il solstizio è parsa assente, agiva meccanicamente, la pelle diafana, più simile ad un fantasma che alla fanciulla di grande bellezza ch’era sempre stata in passato.
Ha invocato su di lei la protezione della dea Eir, la magica guaritrice degli Æsir pur sapendo che dinanzi a questo male persino Ella può fare ben poco. E’ una malattia senza cura, un’epidemia straniera, che la consuma da dentro e non le lascia scampo.
Per lui. Per lui si sta spegnendo poco a poco.
Frodi attende per quelli che sembrano anni, celato nel buio dei corridoi del palazzo. Le candele bruciano lente, laddove la luce del sole di Mezzanotte non può giungere.
L’impulso di seguirla, di accertarsi che stia bene è forte; eppure non riesce a muoversi, paralizzato da un’energia più potente della sua.
Rimorso. Desiderio di protezione. E … sì, gelosia devono chinarsi di fronte al cospetto del sentimento più grande del resto.
L’amore. Perché in realtà la ama tanto da scendere a patti con se stesso. E se davvero quell’uomo è lì, ad attenderla, lui non può toglierle anche questa speranza.
Ma il tempo passa. Le ore scorrono e il sole cala rapido sulla linea color perla dell’orizzonte estivo e Lyfia non è ancora ritornata.
E’ già stata vittima … cioè, meglio dire, onorata di contatti divini, in passato. Tuttavia non tutte le divinità sono benevole; e anche se Loki è stato sconfitto, molte altre creature sono in grado di lanciare sortilegi ai danni dei mortali, camuffandoli da sogni, assumendo le forme vagheggiate da essi per meglio approfittarsene.  
Prende coraggio ed esce nella notte luminosa, diretto alla foresta. Prima di abbandonare le mura del Palazzo servendosi del passaggio noto solo a chi lo abita lancia un’occhiata indietro e si accorge dell’ombra che osserva dalla finestra: la figura ingannevolmente esile di Sigmund si staglia nitida al di là del vetro.
Anche il compagno deve aver sentito l’apparire di quel cosmo. Eppure è ancora lì, di vedetta probabilmente … osserva ma non interviene; ha già capito che non è necessario, che anzi non è affare di cui impicciarsi. E di cui non dovrebbe farlo neppure lui, Frodi. Avverte chiaro questo pensiero nemmeno gliel’avesse detto dritto in faccia, senza mezze misure, come fa sempre. 
Ma Frodi non si ferma. Qualunque cosa sia ha il dovere di assicurarsi che Lyfia sia al sicuro. Vi si addentra senza timore, certo di fare la cosa giusta quando d’un tratto si ferma, scioccato.
Immaginava. Il suo cuore addestrato alle verità più difficili e dolorose aveva già intuito che la fanciulla non correva alcun pericolo: che il suo cosmo non si era sbagliato e nessun nume infido aveva gettato le sue reti per intrappolarla e perderla. Ma non si aspettava di trovarsi di fronte a questa realtà.
Commozione. Un’immensa compassione prende a sgorgargli dal petto minacciando di risalire fino agli occhi. Quell’uomo tornato ancora una volta dal sonno della morte, ai piedi di un maestoso abete secolare il cui tronco scavato sembra volerlo accogliere, fungere da riparo la tiene tra le braccia, stretta a sé, canticchiandole in un filo di voce parole arcane, dai suoni meno cozzanti tra loro della lingua madre sua e di Lyfia.
Lei dorme serena, accoccolata contro il suo petto. I lunghi capelli sono liberi, ricadono sulle sue spalle come un manto di seta azzurra, ricamati dagli aghi degli alberi e dai granuli di terriccio con il racconto di ciò ch’è avvenuto.
Si sente di troppo, Frodi. Ora si rende conto che ha spingerlo a venire è stato qualcosa di negativo, d’ingiusto. Ha interrotto qualcosa di prezioso per entrambi quei giovani il cui Fato è stato stabilito dalle Norne molto tempo prima.  
Imbarazzato, amareggiato fa per tornare sui suoi passi. Ma non può mettere un piede in terra che la voce di Leo lo richiama. << Frodi >>.
<< Perdonami. Ero in pensiero … per lei >>, confessa senza voltarsi. << Ho … sentito il tuo cosmo materializzarsi. Ma … non ero certo che non si trattasse di qualche … maleficio. Conosco anch’io le leggende riguardo questa particolare notte >>. Nervoso, si tormenta le dita delle mani. Non sta dicendo tutta la verità. E non ha alcuna intenzione di essere sarcastico quando aggiunge: << Però adesso sono tranquillo che non le sia accaduto niente di male >>. Tuttavia quando finalmente si gira legge nello sguardo basso, nel capo chino di Aiolia l’ammissione di una colpa che non gli è stata rimproverata. 
Gli è vicino. Molto vicino. Frodi ritrova sul suo nobile volto dai tratti simili a quelli di una scultura ellenica
un pentimento che non riesce a intaccare la luce, il fervore dell’atto d’amore consumato. Dovrebbe odiarlo almeno in questo momento ma non ce la fa. Neppure il pensiero che abbia goduto del corpo di Lyfia smuove altro nella sua anima che un profondo dolore, inspiegabile e confuso. << Ne è stata … felice? >>, abbozza timidamente.  
Aiolia non risponde. Ma il suo sguardo … non ha bisogno di parole. << Non avrei dovuto >>, dice infine, tornando a guardare Lyfia addormentata con una tenerezza che spezza il cuore.
<< Sigmund l’ha vista uscire dal Palazzo. Anche lui … ha sentito la tua presenza >>, gli sfugge. Una sorta di giustificazione.
Ma per cosa?
Una lunga occhiata silenziosa. Aiolia ha compreso prima di lui stesso cosa davvero volesse dire Frodi.  << Manterrà il silenzio, se … >>.
<< Se? >>.
<< Diventasse la … compagna del suo migliore amico >>.
Frodi aggrotta le sopracciglia, indignato, sconvolto da quelle parole. Gli sono sembrate quasi offensive, nella loro brutale, sensata onestà.
Come poteva buttargli Lyfia in braccio, adesso? Come, mentre aveva ancora le mani, le labbra calde del contatto con quelle di lei? << Stai scherzando, spero >>.
<< Non credo mi sia rimasto molto tempo per scherzare, ormai >>. E con un tono lieve, né d’accusa né di livore, aggiunge: << Sei innamorato di lei >>.
<< Non sono affari che ti riguardino >>, replica svelto Gullinbrusti, avvampando selvaggiamente mentre si sforza di tenere a bada l’irritazione per quell’ulteriore sconfinamento.
Non chiede scusa, Aiolia. Non gli domanda perdono per quel suo disporre a proprio piacimento delle vite altrui, quasi che basti il fatto che sia morto a rendere la sua volontà legge.
Non gli chiede scusa per aver invaso la sua vita, la sua terra. Per aver portato la luce violenta della sua Grecia nel pallore di Asgard, facendo conoscere a Lyfia una fiamma che altrimenti non potrà più ritrovare.
E in certo qual senso … glielo fa apprezzare. Anche se è di lui e Lyfia che sta parlando.
<< Frodi. Sto per andarmene. Ma … tornerò ancora, se non mi prometti che lo farai. E non sarà una visita di cortesia >>.
<< Scordatelo >>. Guarda Lyfia, e ingoiando aspro scuote la testa. << Lei non lo farà. E in ogni caso … non dopo stanotte >>.
<< Falle credere che è stato solo un sogno. Che … è uscita nella foresta … ma il freddo le ha fatto perdere i sensi >>.
Ora Frodi è davvero esterrefatto. Forse il freddo l’ha fatto smarrire a lui un senso soltanto, il buon senso. Crede forse che vi siano imbecilli, lì ad Asgard? Le cose della vita sono uguali per tutti a questo mondo, ai Poli come all’Equatore. Anche se lui non ne è granché pratico sa che vi sono segnali inequivocabili, per una donna, del passaggio del corpo di un uomo nel suo. << Sei pazzo. Come credi che possa dar retta ad una simile fandonia? Si ritroverà addosso i segni di ciò ch’è avvenuto con te >>.
Aiolia prende un profondo respiro. Per la prima volta Frodi si accorge che non tiene le braccia incrociate o le mani sui fianchi: i palmi si sfregano l’un l’altro e le dita si contraggono, proprio come le sue qualche momento prima. La sua incertezza ora è palpabile, un rumore metallico simile al clangore di due lame che s’incrociano. Una porta inciso il dovere, l’altra rappresenta il cuore.
Un attimo. Ma non sarà mica in lui che sta avvenendo quello scontro, e non in Leo? Lui si sta riparando dietro gli scudi delle sue scuse per non accogliere quella supplica?
<< Ho usato su di lei il mio potere curativo. Non c’è nulla che possa tradire … ciò che è successo. O quasi >>.
Quasi.
Cosa implichi quel “quasi” Frodi non vuole sentirlo. Qualcosa d’infranto come la lastra d’uno specchio i cui cocci sono taglienti.
Aiolia si allontana, tornando da Lyfia che riposa ancora. La solleva in braccio con estrema delicatezza, ponendo attenzione a non svegliarla. La stringe a sé come farebbe con un cucciolo ferito. E quando riapre bocca ora a tremare è anche la voce. << Ma … non è solo per questo, Frodi. Anche se non … fosse accaduto io … te l’avrei chiesto comunque. Non … la affiderei a nessun altro, in questo mondo >>. Si avvicina e gliela tende, attendendo che lui allunghi le braccia e la prenda al suo posto.
Frodi deglutisce, appena il calore di Lyfia colma il vuoto delle sue mani. Sente il suo respiro quieto sullo sterno coperto solo dalla maglia leggera, la seta dei suoi capelli sfiorargli il braccio nudo.
Forse è un gioco sporco, quello di Leo. Porgendogliela perché l’avesse contro il suo petto, affidandogliela come ha fatto lui sa di non andare incontro ad un rifiuto.
Però non può credere che quel tono incrinato, quegli occhi di smeraldo addolorati siano una posa. Leo non sa mentire, può anche credere in qualcosa di sbagliato, errare anch’egli ma lo fa in tutta buona fede.
In un’altra circostanza, Frodi avrebbe sorriso. Aiolia gli somiglia, troppo. E sa che se fosse stato al posto avrebbe fatto la stessa cosa.
Non è facile, per quelli come loro, lasciare andare chi si ama. Solo in virtù di qualcosa di più grande, potevano decidere di … farlo, ma non senza aver almeno provato a disporre tutto per il meglio.
Gli costa, affidarla a lui. Non lo fa per lavarsene le mani, per scaricare su qualcun altro le proprie responsabilità: sta cercando di assicurare a Lyfia un avvenire. Vuole davvero che lei viva, e non esista soltanto. Che abbia al suo fianco un uomo che le sia devoto, e che possa provvedere a lei nel migliore dei modi non solo per le necessità materiali ma anche quelle spirituali, per quanto possibile.
Se Aiolia non fosse stato assolutamente sicuro del sentimento di Frodi per lei, non l’avrebbe mai fatto. Non vuole darle un marito purchessia, è chiaro che nutre anch’egli la speranza … d’impallidire, di dissolversi, restare in lieve trasparenza come un riflesso lontano che non fa più male, nell’anima di Lyfia.
Ricorda il suo grido disperato nella camera del Guerriero. Quando lei gli era svanita tra le braccia. Il dispetto provato nel vederla accanto a lui, la crudele trafittura della gelosia quando gli aveva allungato la bianca manina affusolata sulla guancia, prima di evaporare.
Quello che in Frodi fin lì si è solo allentato ora cede del tutto. Accettare l’offerta; no, accogliere la preghiera speranzosa di Aiolia vuol dire dimostrarsi suo pari, al livello del suo valore. Leo non si sarebbe mai separato da Lyfia per qualcuno che non avesse ritenuto degno di lei … e di se stesso.
Gli pare di conoscerlo così bene, da non poterlo biasimare per il suo gesto. Nei suoi panni anche lui avrebbe ceduto. La passione dei sensi non gli era del tutto sconosciuta: ma non avrebbe mai osato sfiorare Lyfia con un solo dito, a meno che non gliel’avesse chiesto lei, e solo dopo averla condotta all’altare.
Ma la morte cambia molte delle prospettive ch’uno si fa del suo destino. Delle sue convinzioni. Stira un lieve sorriso dolceamaro: Lyfia sa essere testarda, quando vuole. Deve averlo piegato a tal punto che persino Leo, con tutto il suo codice d’onore cavalleresco, si è ritrovato in ginocchio.
Non sarà mai come sperava potesse essere un tempo, quando ancora erano bambini e già provava per lei quell’affetto tutto speciale. Mai, come l’istante in cui lei, felice ed emozionata, gli aveva annunciato che avrebbe lasciato la sua casa per servire la loro Sacerdotessa. E lui aveva sentito quello stesso pungolo ardente conficcarglisi dentro, ma non aveva potuto dire di no. opporsi, come avrebbe voluto fare: allora per amore, adesso per rispetto. Per non far pensare che stesse prendendo agio da quella situazione assurda.
E’ consapevole che nel cuore di Lyfia quel solco non si riempirà mai: quella fossa scavata dal dolore, dall’assenza non troverà mai chi potrà colmarla di terra in attesa che vi cresca l’erba verde e folta, che vi spuntino nuovi fiori.
<< Non lo farei, se non fossi tu a chiedermelo. Lo sai >>.
<< Lo so. Per questo te l’ho chiesto >>.
Frodi guarda ancora il suo viso. I suoi lineamenti fini, le lunghe ciglia argentee che ombreggiano di solito quelle iridi così particolari, celeste dai riflessi d’ametista. Vorrebbe stringerla ma teme di destarla; e preferisce risparmiarle un addio.
Ha deciso. E non tornerà indietro. << Aiolia, io … mi prenderò cura … di lei >>. Loro non hanno bisogno di giuramenti: sanno che ogni singola parola vale come legge nei loro spiriti. Solo averlo detto equivale ad averlo firmato coi vincoli più sacri esistenti.
Leo gli punta addosso una nuova occhiata silenziosa, eloquente. Ha compreso che in quel “lei” … c’è una rassicurazione che si estende oltre Lyfia, il suo animo, il suo corpo.
Su … qualunque essere … possa … custodire. << E se per caso avvenisse … lo … crescerò … come fosse mio >>, mormora abbassando la voce.
Malgrado sembrasse immaginarlo Aiolia trasale comunque, spalancando gli occhi che si fanno più vividi, scintillanti per un attimo. Gli posa una mano sulla spalla. << Grazie … amico mio. Grazie >>.
<< Vuoi … rimanere ancora qualche minuto con lei? >>, gli domanda d’impulso. Subito mordendosi un labbro: la magnanimità del vincitore è sempre troppo rapida a manifestarsi.
Leo le accarezza con tenerezza i capelli, scostandoglieli dal viso pallido. Sospira e lo fissa negli occhi. Non ha difficoltà a comprendere come Lyfia abbia potuto invaghirsi di lui tanto in fretta; persino Frodi ch’è un uomo nel senso più ristretto del termine vede quella bellezza stupefacente, imbevuta del caldo sole dorato di Grecia. Aiolia è come un raggio di luce che fende potente l’oscurità. Non conosce il freddo, non teme il buio;
eppure adesso è proprio lì che sta per dirigersi. Nella gelida, desolata oscurità della tomba.
<< No. Sarebbe ancora più complicato. Riportala a palazzo. E … per il resto … fa’ qualsiasi cosa per convincerla >>.
<< Non ci cascherà >>, sentenzia Frodi lasciando finalmente andare quel sorriso troppo trattenuto. Aiolia espira con forza e stira un angolo della bocca.
<< No. Non lo farà. Ma … tu provaci. Potrebbe anche crederti … lei si fida di te, Frodi >>.
<< E io dovrò tradire la sua fiducia >>.
<< E’ per il suo bene. Non desideriamo altro, io e te >>. Rialza lo sguardo e lo fissa in quello di lui. Serio, determinato.
Anche Aiolia si fida di lui. E non può deludere un uomo con cui ha incrociato la spada, per così dire.
E’ stato un degno rivale. Ma adesso la lotta è finita, e non rimane che stringersi la mano, soltanto metaforicamente, per non svegliare la Bella Addormentata che sogna ancora il suo principe, di sicuro.
<< Addio … Frodi di Gullinbursti >>. Aiolia pone un braccio di traverso al petto, accennando un inchino.
Frodi annuisce. << Arrivederci … Aiolia di Leo >>.
Aiolia si volta, addentrandosi nel fitto degli alberi. Frodi avverte il suo cosmo sbiadire fino ad annientarsi del tutto.
Persino nel sonno Lyfia lo sente. Emette un lieve gemito, un singhiozzo spezzato. Serra la manina ad artiglio contro il suo sterno; Frodi rimane immobile ad accogliere quelle piccole unghie affondare nella propria pelle.
Dovrà mentirle. Ingannarla. Farle credere che essere stata con l’uomo che ama era solo un sogno. Uno splendido, fragile sogno che all’alba … le ha detto addio.
Sospirando, si avvia verso il Palazzo. Ha già pronta la scusa, è stato lo stesso Leo a fornirgliela. E sì, anche se detesta dargli ragione su questo punto, Sigmund serberà il silenzio al riguardo.
Tuttavia, c’è ancora quel “quasi” a cui trovare soluzione. Fissando il volto pallido ma radioso di Lyfia si chiede se davvero sarà in grado d’ingannarla anche in questo modo. “
 
Alla fine l’ha fatto davvero. Ha atteso che Lyfia si addormentasse, sfinita, per infliggersi quel taglio e donarle il proprio sangue, quasi un sacrificio teso a ricambiare quello di lei.
Le ha lasciato la possibilità di rifiutarlo, e forse Frodi sarebbe stato sollevato se gli avesse detto di no. Avrebbe preso più tempo, riflettuto meglio.
Ma non avrebbe potuto comunque permettersi il lusso di farne scorrere troppo. Se davvero Lyfia … portava in grembo un figlio, sarebbe stato sempre più complicato giustificarne la nascita in anticipo. Erano già trascorse cinque settimane: il tempo necessario a non destare troppi sospetti, e per preparare il necessario alla cerimonia. Freya aveva dato una mano a Lyfia con il corredo, con l’abito; e qualcosa nello sguardo verde della ragazza gli aveva instillato l’impressione che anche lei avesse intuito qualcosa, qualche strano collegamento con la fuga di Lyfia quella notte.
Forse aveva sbagliato a giustificarsi con lei, spiegandole che era preoccupato, e che voleva occuparsi di Lyfia nel migliore dei modi, ma non avrebbe potuto farlo senza suggerire idee maligne. Già in molti mormoravano del brusco cambiamento della ragazza; temevano che la sua salute mentale fosse compromessa, e che presto o tardi si sarebbe dovuta ricoverare in qualche struttura più adeguata.
Semmai avesse davvero atteso un bambino, e avesse raccontato cos’era accaduto avrebbero tutti trovato conferma alle loro supposizioni. Avrebbero pensato che qualcuno aveva approfittato di lei durante una delle sue crisi. L’avrebbero giudicata non in grado di badare a se stessa e sia pure con grande dolore di Lady Hilda e di Freya, oltre che suo proprio, sarebbe passata in altre mani.
Perché purtroppo sono così, i suoi conterranei. Duri come la terra sepolta sotto la coltre di neve e ghiaccio perenni. Hanno visto coi loro occhi, ma una volta finita la festa, passato il Santo. Se ne sono andati, hanno compiuto la loro missione, non torneranno.
Quasi si pente, di non aver accettato di partire per la tipica “luna di miele”. Allontanarsi per qualche tempo sarebbe stato l’ideale. Ma Sigmund sarebbe rimasto da solo, e vi sono soltanto i soldati a fare da guardia al Palazzo; inoltre ci sono tante cose da sbrigare. Lady Hilda ripone in lui molta fiducia.
Già. In troppi ripongono in me fiducia.
Nonostante tutto.
Ripensa ancora al gesto che ha compiuto quella notte, subito dopo aver amato Lyfia. Se non fosse stato per tutte quelle ragioni non avrebbe giaciuto con lei e lo sapeva. Solo per questo, si era lasciato andare a tanto.
Per meglio … trattenerla in quell’inganno.
E’ una mostruosità, mentire ad una donna su questo. Su ciò che avviene nel suo stesso corpo.
Una delle candele sul tragitto tace di colpo. Frodi avverte il fiato divino sul collo, sente il morso dell’errore nel petto: e se invece Lyfia non avesse concepito da Aiolia, ma da lui? E se qualcosa al momento del parto fosse andato storto e l’avesse uccisa?
E se avesse sbagliato a compiere quel gesto? Se guidato da qualcosa cui non vuole dar nome – egoismo, desiderio di rivincita, avidità- rischia di bruciare l’esistenza di Lyfia, solo in memoria di colui che si è spento, come la fiamma di quelle candele?
Trema a questo pensiero. Per un attimo vede tutto nero, e non solo metaforicamente. La vista gli si annebbia e per un attimo si domanda se la ferita non sia stata troppo profonda. Solleva la manica della maglia scura: la fasciatura reca solo una stria, non molto estesa.
Poco importa. Darebbe volentieri tutto se stesso, perché Lyfia sia salva, al sicuro.
Però lui non ha potere su questo. Può solo pregare, affidarla ancora a Eir, della cui montagna sacra Lyfia porta il nome; attendere e sperare - nonostante sia difficile-  che vada tutto bene, e non debba portarsi addosso il peso di quella bugia detta a fin di bene.  
E sia. Come gli dei vorranno. 

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Capitolo 5
*** 5. ***


<< Coraggio, Lyfia >>.
                                     
Il mondo è un buco nero doloroso. Per un istante, Lyfia si sente perduta … forse, finalmente, potrà andarlo a raggiungere … potrà … rimanere … accanto a lui … per l’eternità.
Poi, un lieve vagito si leva nella camera. E d’un tratto nel suo cuore si desta il ricordo di quella parola, anche se data solo in sogno.
Giurami che vivrai.  
Non era reale, no. Ma i defunti spesso si servono dei sogni per chiedere cose ai vivi, mettere ordine nelle cose lasciate sospese. Forse proprio per questo aveva sognato.
E in quella visione lei ha promesso. Tacendo, ha acconsentito a quella richiesta disperata, l’ultima preghiera di un uomo che l’ama, e ch’è certa vegli su di lei istante dopo istante, da ovunque si trovi.
Mentre l’anima si riappropria del corpo dilaniato dalla sofferenza, e due ancelle si danno da fare intorno al letto per ripulirla, cambiare le lenzuola, farle indossare una camicia pulita comincia a realizzare. Ascolta quel pianto insistente, modulato dalle esclamazioni consolatorie della donna: << Dai, su, ho finito! Santa pazienza! Questo passerottino non ne ha neppure un briciolo! >>, e sente di volerlo subito. Di volerlo vedere, abbracciare, sapere che è qui e che ha bisogno di lei.
Tu devi vivere. Per … quel minuscolo frammento di esistenza che la levatrice le posa adesso tra le braccia.
Lyfia lo stringe al cuore. In quel piccolo batuffolo rosso e lanoso ritrova il desiderio di proteggere, di prendersi cura di qualcuno e il neonato appena sente la pelle della madre si acquieta, cerca il seno e affonda le piccole gengive sdentate ma già così forti. Quel dolore atroce si allenta, lasciando il posto ad un calore immenso, indescrivibile.
<< E’ … una bimba bellissima, Lyfia >>. L’anziana donna che l’ha assistita la guarda sorridendo benevola.
<< Sì >>.
<< Come la chiamerai? >>.
Lyfia sorride al tono colloquiale che mantiene la vecchia , quando tutti gli altri ormai le si rivolgono con più formalità da quando ha sposato il Cavaliere di Gullinbursti.
In realtà lei ci ha pensato a lungo mentre aspettava, la pancia che cresceva giorno per giorno, arrotondandosi dolcemente per far posto a quel piccolo miracolo.
Sa che non è … figlia sua. Non potrebbe comunque darle il suo nome, visto ch’è una femmina; gli Dei sembra siano stati misericordiosi nel risparmiarle anche quel cruccio.
Chiaro che non l’avrebbe fatto comunque, per rispetto nei confronti di Frodi. Non avrebbe mai potuto ferirlo a quel modo, ha fatto tanto per lei. Da quando gli ha annunciato di aspettare un figlio non l’ha più sfiorata. Ha messo da parte i suoi diritti, standole accanto durante i giorni più duri, accudendola, aiutandola nelle faccende domestiche quando il ventre era troppo gonfio per permetterle i più semplici movimenti.
Improvviso, scopre un fuggevole bagliore di gratitudine per l’antico amico d’infanzia. Il ghiaccio che le ha racchiuso l’anima in un bozzolo crudele pian piano comincia a sciogliersi, aiutato anche dal tepore del fagottino che succhia impaziente, affamato.
<< Avrei … qualche idea. Ma … preferisco … aspettare mio marito, per la scelta >>.
<< Naturalmente >>.
Due colpi alla porta annunciano l’arrivo del Cavaliere di Gullinbursti. E’ affannato, rosso in viso e ha i capelli ancora bagnati. Devono averlo interrotto durante un’esercitazione; il suo compito, oltre a vigilare su Asgard e il Palazzo, ora è formare le nuove leve di cui un giorno i più meritevoli erediteranno le Toghe Divine che un tempo non lontano sono appartenute ai Cavalieri traviati dalla follia di Andreas-Loki. In effetti è arrivata un po’ presto. Il travaglio è stato brevissimo, e di tutto quel dolore che le ha squassato le viscere fino ad un attimo prima non sente più che un’eco nella pancia.
Anche il passato appare quasi come un’eco. Adesso che la bambina è fuori, pare abbia portato via con sé gran parte delle angosce, dei timori, delle sofferenze anche morali. E’ viva, piccola e perfetta ed esige tutte le cure materiali, e le attenzioni che le si possano fornire. Come una piccola regina, che pretende dai suoi sudditi obbedienza cieca e immediata.
Un sorriso si tende lento a quel pensiero. E’ giunta con l’inizio della primavera, appena il giorno prima si sono celebrati i riti per l’Equinozio da cui lei è stata dispensata per via del suo stato. La gravidanza era troppo avanzata, perché danzasse assieme agli altri. Ed è stata ben felice di cedere ad una giovanissima ancella, Saskia, quello che di solito il suo posto, quello d’onore accanto a Lady Hilda e Freya.  
<< Perdonami … >>. Subito si appressa al giaciglio, inginocchiandosi a fianco della sua sposa. Le prende una mano, con delicatezza la porta alle labbra. << Come stai? >>.
Lyfia non riesce a non provare riconoscenza, per le sue discrete dimostrazioni di tenerezza. Lo guarda … e  le sembra veramente bello, quei grandi occhi di zaffiro che la fissano dolci e inquieti. << Hai sofferto molto? >>.
<< E’ passato. E’ una femmina, Frodi >>. Sorride piano, ricambiando la stretta con le forze estenuate. Notando lo sguardo chino del giovane che sembra non accorgersi della neonata infagottata, le viene spontanea una domanda: << Non vuoi … vederla? >>.
<< Io … vorrei, sì >>. La voce è esitante, e a Lyfia pare d’intuirne la ragione. Probabilmente si aspettava un maschietto, l’erede della sua gloriosa Casata, e sicuramente anche dell’armatura di Gullinbrusti.
E anche lo sguardo tarda a posarsi su di lei mentre allontana con delicatezza lo scialle che copre il visetto della bimba. << E’ sana, anche se è nata in anticipo. Aspetta >>. Le viene spontaneo tendersi, anche spiritualmente verso di lui. << Prendila in braccio >>.
Frodi invece per reazione si tira indietro. << No, io … ho paura di farle male >>.
<< Non gliene farai. Avanti. Tieni. Ci si fa subito l’abitudine >>.
Suo marito deve convincersi ch’è vero, o quanto meno ci prova perché inspira come dovesse spostare un macigno e porge le braccia, accogliendo il fagottino che gli passa.
Rimane in silenzio per qualche istante. << E’ bellissima >>. Non dice altro. Il suo volto assume la fermezza rigida di una statua.
<< Come la chiameremo, Frodi? >>, insiste Lyfia, fingendo di non notarlo. << Aspettavo te, per scegliere il nome. Sai, io avevo pensato … a Brunnhild. Come tua madre >>.  
<< E’ … carino che tu lo abbia pensato >>, dice. Però quell’espressione vacua, vagamente distante non abbandona il suo volto.  
Forse è davvero deluso. E lei si sente punta: è comunque una creatura perfetta e bellissima, anche se non è un maschio.
E’ comunque … figlia sua. E se ha intenzione di legarsela al dito, be’, può stare sicuro che lei non farà da meno. Iniziando da subito. << Non mi sembri felice >>, lo apostrofa in tono un po’ duro.
Lui trasale, uscendo da quella sorta di trance. Sul suo viso i tratti si fanno sorpresi, non colpevoli.
<< Oh no, no. Perdonami, sono solo … un po’ trasognato. Scusa se ti ho dato da pensare >>.  E tanto basta. Frodi non è capace di fingere, lei lo sa. << E’ così strano, tenerla tra le braccia.  E’ così … piccola >>. Le sfiora la manina in punta d’indice. << Fragile e delicata >>.
A Lyfia non sfugge quella nota inquieta. Sembra che d’un tratto abbia perso tutto il suo coraggio, che abbia timore di non essere all’altezza di quel compito arduo ch’è essere padre.
Per un attimo sente un afflusso d’affetto, misto a colpevolezza. Lei ha avuto otto mesi per comprendere cosa vuol dire divenire madre, l’ha sentita muoversi dentro di lei, gonfiare i pugnetti e i piedini nel suo grembo; lui è stato catapultato d’tratto nella realtà. Prima c’era solo una collina non verde ma pallida, come coperta di neve fresca, solcata dai fiumi azzurri delle vene: ora c’è un essere che respira, si muove e miagola come un gattino.
L’anziana levatrice rientra per portare dell’altra biancheria, ancora odorosa di ferro da stiro. Deve aver sentito le ultime parole di Frodi perché con la familiarità che il ruolo le concede sbotta: << Crescerà in fretta, ser Frodi. Dovete vedere con che voracità mangia al seno di sua madre! Se non state attenti la prosciugherà, quella povera figlia! >>.
Lyfia ride, tornando a guardare suo marito che regge la neonata con l’attenzione riservata di solito agli oggetti di cristallo. Il sorriso che gli incurva le labbra la rassicura del tutto. E’ contento, anche se non è il maschio che di certo desiderava.
E poi c’è sempre tempo. Sono ancora così giovani, avranno altri figli.
Batte di colpo le palpebre, stranita da quel pensiero. E’ la prima volta che medita qualcosa di così risolutivo riguardo al loro futuro, al loro matrimonio.
La prima volta che non si lascia prendere dalla malinconia.
Fissa ancora Frodi, che non riesce a staccarsi dalla bimba. Non fatica a comprenderlo: è davvero bella. E’ ancora troppo presto per capire a chi somigli, ma ha una sua bellezza tutta particolare, quella di un frammento di luce venuto al mondo con la sua innocenza e l’innata sapienza degli Dei.
La bellezza di un isolotto apparso dal nulla tra le onde dell’Oceano.
E quel pensiero la coglie alla sprovvista. Non è forse questa, l’origine del suo nome? Un nome che sapeva sì di vento, ma in realtà parlava di terra e fuoco. che di aereo aveva solo l’eco, portato dalle onde da cui emerge.
No, non deve pensare a lui, adesso. Subito lo scaccia, quasi impaurita. << Scusami? >>. Si è resa conto solo adesso che Frodi ha detto qualcosa.
<< Il nome per lei. Sunneva >>. Le accarezza piano la testolina, quasi calva tranne che per un batuffolo chiarissimo sulla fronte.
<< Sunneva? >>. Lyfia inarca le sopracciglia. Non è un nome mitologico, non proviene dalle saghe dei Nibelunghi com’è tradizione nella famiglia di Frodi.
<< Non ti piace? >>.
<< Veramente … è molto bello. Solo … posso chiederti come mai? Non è un nome di famiglia >>.
<< Lo sarà. Noi … siamo una famiglia, no? >>.
Lyfia sorride, sistemandosi nel guanciale. << Sì >>.
<< E tu, piccola, cosa ne dici? Ti piace? >>. Frodi la solleva raddrizzandola con cautela in direzione della finestra; e la bimba sazia si lascia andare ad un piccolo verso soddisfatto.
Scoppiano a ridere entrambi. << Sì, direi ch’è d’accordo. E allora sia. Benvenuta, Sunneva >>. La restituisce alla madre, indugiando nel contatto con tutt’e due. E’ un nuovo inizio, un raggio di luce che torna dopo lunghi mesi di buio polare nel cuore di Lyfia. Sulla roccia coperta di neve della sua anima, dopo le prime, tenere chiazze di muschio ora cominciano a spuntare nuovi germogli.
E sì. Frodi ha scelto bene, ha preso la decisione giusta aspettando lui per darle un nome. Lei non avrebbe saputo trovarne uno più adatto.
Sunneva. Dono del Sole. 

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Capitolo 6
*** 6. ***


Altro tempo è trascorso. Un’altra estate, e un altro lungo inverno gelido. E ancora primavera, coi suoi boccioli tardivi e il lieve disgelo superficiale. E ancora, la breve estate polare.
Il secondo autunno sta per finire. E tra pochissimo il sole sarà un ricordo sbiadito e lontano. La notte artica planerà scura e fredda, portando con sé la scia delle stelle fisse nel cielo buio ventiquattr’ore al giorno.
Per la prima volta la piccola Sunneva prenderà parte ai riti del solstizio d’inverno. Lady Hilda, che l’adora come fosse sua, ha disposto che sia lei a portare la candela cerimoniale. Freya sta lavorando come una matta per confezionarle il più bel vestitino che mai sia uscito dalle sue candide mani fatate.
<< Per la più bella bimba di Asgard >>, ha detto. << Non merita nulla di meno. E se sarà men che splendido, getterò l’ago nel camino >>. Sunneva era scoppiata a ridere, battendo le manine e tirandole la manica. “ Zia Freya”, la chiama. E’ la sua vittima preferita e la tormenta in continuazione, facendola correre per i corridoi del Palazzo, su e giù per le scale e dandole un batticuore dopo l’altro, dall’attrazione pericolosa per le torce e i caminetti a quella per gli animali di ogni specie, soprattutto quelli non troppo amichevoli. Sigurd, uno dei suoi giovani allievi ha un rapporto speciale con i lupi: Sunneva passa ore e ore a guardarli, incantata, e sia Freya che Lyfia devono ogni volta riprenderla per un soffio prima che si getti nella mischia.
<< Non è bene che un agnellino stia in mezzo ai lupi! >>, la sgrida la bionda sorella di Lady Hilda, riferendosi al suo segno di nascita, l’Ariete. Continua imperterrita i suoi studi di astronomia e mitologia sia greca che orientale, e ad aspettare Hyoga; non l’hanno mai visto tornare ma lei aspetta ancora, e non demorde. La sorella maggiore ormai non perde più nemmeno tempo a cercarle pretendenti: anche lei aspetta che quell’amore impossibile passi da sé, come una febbre, una malattia, e Freya inizi a guardarsi intorno da sola.
In effetti è la cosa migliore. Nulla rafforza un amore contrastato quanto l’opposizione. Bisogna lasciarlo andare, e quand’è pronto cade sotto il suo stesso peso, come un frutto troppo maturo che ha perso profumo e sapore.
Ma Freya ha soltanto diciassette anni. C’è ancora tempo per lei.
Un rumore di qualcosa di rotto trae Lyfia dall’impasto che sta stendendo sulla tavola e dai suoi pensieri leggeri, domestici e quotidiani. Sospira e alza le spalle: ci ha fatto l’abitudine. Veramente se qualche volta per disgrazia quella piccola peste sfuggisse al controllo di Freya e si buttasse tra i lupi sarebbero loro, e il loro guardiano, a doversi preoccupare. Sunneva è tutto tranne che un agnellino; non è nemmeno lupo, perché questi è un animale schivo per natura, e trova più sicuro fuggire piuttosto che attaccare. Lei invece no, va avanti a muso duro e testa alta, non teme pericoli né rimproveri, salvo piangere calde lacrime quando si rende conto di aver ferito o spaventato qualcuno con la sua avventatezza. E sono le uniche occasioni in cui piange.
Solo suo padre, per cui ha un’adorazione particolare, riesce a farsi ascoltare anche senza dir nulla, con un semplice sguardo. Stravede per lui e Lyfia non riesce a non esserne un po’ gelosa; sa che ama tantissimo anche lei, come ogni bimbo ama la mamma; ma quella per Frodi è quasi una venerazione, e spesso scappa per andare a spiarlo mentre si allena, o dà lezione alle giovani reclute. Lo guarda per ore con occhi splendenti, straboccanti ammirazione. E incredibile a credersi non salta mai nel mezzo come uno si aspetterebbe: attende con pazienza sapiente, da adulta responsabile che abbia finito prima di correre a gettargli le braccia al collo, e non senza dirgli quant’è bravo, forte e coraggioso.
Basti dire che la prima parola che ha pronunciato è stata “papà”.
E’ speciale, Sunneva. Oltre che bellissima: forse davvero la più bella bambina di Asgard. Dicono somigli alla nonna di Frodi che passava per essere figlia della Dea Frigg in persona. Ha lunghi capelli ondulati, di un biondo dorato tendente al rosso; grandi occhi di un colore indefinibile, a metà tra verde e azzurro, e la carnagione di porcellana, rosata, non pallida. Non possiede l’aspetto etereo delle fanciulle asgardiane, la sua bellezza in mezzo ai toni evanescenti delle sue amichette del Palazzo ricorda l’energia impetuosa di un lampo. 
A volte guardandola un brivido scuote Lyfia. E’ solo un istante che passa in fretta, ma la domanda che fa affiorare in superficie rimane a lungo ad echeggiarle dentro.  
Può un’anima … prendere possesso di una persona, per continuare a restarci accanto?
Un altro rumore la distrae prima che se la porga nuovamente.
Eccola che torna. Ha l’aria stranamente colpevole, deve aver combinato qualche pasticcio. Basta che non abbia rotto quel prezioso vaso di cristallo di rocca che Frodi ha ereditato appunto da quella nonna.
Ora non abitano più a Palazzo Vahlalla, ma in una piccola residenza separata nel parco. E’ graziosa, e soprattutto più sicura. Troppe stanze, scalinate, finestre e seminterrati. Qui invece è più facile tenerla sotto controllo, o quanto meno dovrebbe esserlo. << Cosa c’è, Sunneva? >>, le domanda, quando la bambina si avvicina e le tira la manica, come fa con Freya.
<< Vieni >>.
<< Non posso, tesoro, sto preparando la cena. Dai, che papà torna tra poco … >>.
Ma la piccina si fa insistente. L’espressione colpevole ha ceduto il posto ad una determinata, ostinata quasi. Il piccolo Ariete che non cede.
Lyfia leva gli occhi al soffitto e si pulisce le mani in uno strofinaccio. << D’accordo, fammi vedere cosa c’è … ti prego, basta che non sia qualche strana bestiola pelosa. O tuo padre dovrà organizzare la caccia al topo stanotte … >>. Di colpo le parole le si spezzano in gola. Bruciano, salate e taglienti, come le lacrime negli occhi.
<< Ma … mamma? >>. La bambina la guarda, i suoi grandi occhi si spalancano. Verdi, immensi, come il mare che non ha mai visto e conosce solo nero, o grigio.
Non può respirare, l’aria le sfugge dai polmoni. Non vuole credere a quel che vede.
Il medaglione che aveva nascosto con tanta cura … come poteva una bambina di nemmeno tre anni averlo trovato?
La risposta la sa già, quello che segue è solo la conferma. Quando la bimba si avvicina al monile sul pavimento e quello brilla, da sé. Emette luce, come l’ha già visto fare in passato. Lo raccoglie e glielo porta, senza chiedere cosa sia, perché reagisca così alla sua presenza.
Ecco, il perché di tante piccole cose. Che non aveva voluto … vedere. Che non aveva voluto comprendere, avendo bandito quel pensiero dal suo cuore. Perché quegli occhi, quei capelli. Perché quella bellezza prepotente, sfrontata, quel suo sprezzo del pericolo. E quell’anima ardente, generosa, quella natura ingenua e insieme affamata.
Quella voce che si sforza d’ignorare. Di azzittire. Quel fremito che le scuote il cuore.
Quell’anima, può? << Lyfia? Sunneva? Non c’è nessuno, in casa? >>. La voce di Frodi le giunge sfocata, attraverso il ronzio nelle orecchie. Non riesce neppure a muoversi, dovrebbe alzarsi, andargli incontro, non mostrargli le guance bagnate di pianto.
La bambina corre, raggiunge l’uomo nell’altra stanza. Quando la porta si apre, Lyfia si volta, il medaglione ancora tra le mani. Non brilla più ma non occorre. Ha già capito anche lui.
 
La sua ultima ora.
Frodi la sente scoccare appena incrocia lo sguardo di Lyfia, infuocato di lacrime. E il monile di Leo stretto tra le dita.
Non l’hai mai cercato. Sapeva che doveva averlo nascosto da qualche parte, ma lui non ha mai provato a trovarlo.
Non sa di preciso cosa sia successo, ma i cocci per terra parlano abbastanza chiaramente. Sunneva. La bimba doveva aver sentito il richiamo del medaglione, e fatto di tutto per prenderlo.
E sicuro come la morte era avvenuto qualcosa che aveva aperto gli occhi a Lyfia riguardo sua figlia.
<< Lyfia … >>.
Lei rabbrividisce, sotto l’effetto di un’emozione che non può essere espressa a parole. Non lo guarda con rancore, come dovrebbe essere giusto: anzi, pare quasi … che si senta in difetto, e attenda un rimprovero, una parola dura.
<< Lyfia, cos’hai? >>. Le si avvicina con cautela, cercando di guardarla meglio in viso, capire cosa stia passando nella sua mente. << Cosa c’è? >>.
<< Io … perdonami, Frodi. Scusa >>. Si alza in piedi e fugge, abbandonando anche il medaglione che cade a terra con un tintinnio sordo. Vorrebbe correrle dietro ma il primo istinto è quello di pensare alla bambina; non vuole che resti traumatizzata. Qualunque cosa accada, lei va protetta, sempre.
Non avrebbe mai pensato di poterla amare come fosse sua. Quando ha dato la sua parola era sincero: si sarebbe occupato di lei, badato alle sue necessità, alla sua salute, alla sua educazione. Ma quel piccolo seme rimasto nell’ombra alla sua nascita era attecchito e fiorito, e si era ritrovato un affetto fortissimo nel cuore senza nemmeno rendersene conto.
Affetto completamente ricambiato. Nonostante fosse ancora così piccolo quel cuore aveva già così tanto spazio per farci entrare amore per tante persone: sua madre, Lady Hilda, Freya, persino Sigmund che all’inizio, quand’era ancora una lattante che gattonava, si era sempre sforzato di tenerla a distanza ma nulla aveva potuto contro la caparbietà di quella piccola fiera decisa a prendersi il posto che le spettava. E alla fine le aveva ceduto, permettendo alla tenerezza di entrare nella sua anima dove da troppo tempo latitava. Tutti la adorano, tutti sono pronti a fare della sua volontà legge, a inchinarsi ai suoi capricci, e lei lo sa e si aspetta di venire obbedita, quasi all’istante; ma con lui no. Sembra essere l’unico ad avere potere su di lei, persino laddove Lyfia restava inascoltata lui era certo di trovare obbedienza e rispetto. Senza mai alzare la voce. E ricevendone in sovrappiù tenerezza e quei sorrisi luminosi che rivolgeva a lui soltanto.
Se fosse stata davvero sangue del suo sangue non avrebbe potuto amarla di più.
E’ stato fortunato e lo sa. Caso vuole che sua nonna avesse i capelli rosso dorati e gli occhi verdi, e tutti hanno attribuito a lei l’aspetto della piccola. Lui è l’unico a sapere la verità; e spesso si è stupito del fatto che Lyfia non si rendesse conto di quella somiglianza inequivocabile. Di come … la sua anima non vibrasse sensibilmente dinanzi al miracolo ch’era Sunneva: così simile a suo padre anche nei gesti, negli sguardi, in quel suo essere orgogliosa, combattiva, leale, a volte prepotente. Lui non poteva giudicare con certezza ma chi avesse conosciuto Aiolia da bambino avrebbe rivisto nella piccola la sua copia sputata. Adesso che la guarda nella luce fioca della candela trema. Ha il suo stesso profilo, la stessa forma delle labbra. E più crescerà più sarà difficile proseguire in quell’inganno. Il pallido sole di Asgard non colorerà mai la sua pelle, scurendola; ma già adesso è completamente differente dal candore di cigno delle altre ragazze.
Deve affrontare la realtà. E la realtà è una bimba triste dalla boccuccia tesa in avanti e gli occhioni lucidi.
<< Ho fatto piangere la mamma … >>, mormora a capo chino.
<< Shhh … non è colpa tua, Sunneva. Non è colpa tua >>. La prende in braccio, e con lei raccoglie il medaglione. Appena viene a contatto con la sua manina luccica, come investito da un raggio di luce.
<< Fa così. Anche prima >>.
<< E la mamma l’ha visto? >>.
<< Sì >>.
Frodi lo stringe nel palmo. << Vieni. Ti porto da zia Freya >>.
Poche parole sono sufficienti come spiegazione. Lyfia non sta bene. Freya lo ha guardato con occhi compassionevoli, e subito ha preso Sunneva in braccio.
<< Non preoccuparti, ci penso io >>.
Frodi teme solo che Sunneva racconti alla ragazza cos’è accaduto. Freya capirebbe immediatamente … certo, sarebbe affidabile, come Sigmund; ma se non sapesse affatto sarebbe più semplice.
Immaginava di trovarla nella radura dov’era stata quella notte; invece no. E’ scesa alla scogliera dove Lady Hilda era stata attaccata da Poseidone, e quivi aveva ricevuto l’anello maledetto.
Non sa se è buon segno. Se l’ha fatto perché recarsi in quel luogo le fa ancora troppo male, oppure perché mediti qualcosa di spaventoso, come attentare alla propria vita ad esempio.
Fissa l’orizzonte, lo sguardo vacuo. Ha una mano sollevata, fa sfregare il pollice sulle dita unite come stringesse qualcosa.
Un cordoncino, ad esempio. << Credo … tu abbia … dimenticato questo >>, mormora piano, raggiungendola e porgendole il monile.
Lyfia si volta, ma non si sposta. Resta seduta, e a Frodi duole l’anima nel notare la pozza buia che sono divenute le sue iridi.
Scuote piano la testa. Lo scintillio torna ma è fioco. La lunga notte polare non è ancora così scura, quanto quegli occhi. << Perdonami, Frodi. Sunneva? >>.
<< L’ho lasciata con Freya. Sta bene, non preoccuparti. E’ solo dispiaciuta perché pensava di essere stata lei a farti piangere >>.
<< Piccola Sunneva >>. Lyfia si terge gli occhi con la mano, si rialza in piedi.
<< Lyfia, ascoltami … >>.
<< Scusa. So di … aver sbagliato. Io … sto cercando di essere una buona moglie, davvero. Voglio esserlo >>.
<< Lo so. E ti sono grato per questo, Lyfia. Ma … >>.
Lyfia gli arriva davanti, solleva una mano per fermarlo. << Aspetta. Non sto provando a giustificarmi, so che può sembrare una cosa assurda, però l’ho visto coi miei occhi. Non avrebbe mai potuto trovarlo, se non l’avesse chiamata lui, Frodi. Era nascosto dietro uno dei mattoni di pietra, in basso, dietro delle vecchie giare. Nessuno poteva saperlo >>.
Una pugnalata non potrebbe essere più dolorosa. Si sente in colpa, Lyfia … quando l’unico davvero colpevole è lui. << Lyfia … >>.
<< L’ha chiamata, Frodi, ne sono certa. Non … sono pazza. Quando l’ha toccato, ha brillato. Quasi l’avesse riconosciuta >>. Lyfia rialza lo sguardo, i suoi occhi sono fermi, limpidi. E la luce che li anima brilla in tutta la loro forza. << Ammetto di averlo pensato anche se senza volerlo, davvero. In alcuni momenti … il suo sguardo, il suo aspetto … mi hanno portato a riflettere. E ora ne ho la certezza >>.
Frodi serra i pugni. Trattiene il respiro, si fa aghi di ghiaccio nei polmoni. 
<< In lei c’è lo spirito di Aiolia. Lui … si è incarnato in nostra figlia, Frodi >>.
Oh, no … no.
No.
E’ tutto sbagliato. Può davvero essere stato così bravo a mentirle, da non poter mettere in dubbio ciò che lui le ha detto allora?
<< Ha promesso di proteggermi, sempre. E … forse alla fine … è stato tutto … un piano per … indurmi a sposarti perché … avvenisse. Altrimenti lei non sarebbe mai nata. E sarebbe stato un errore, Frodi. Nostra figlia è un miracolo >>. Gli posa una mano su quella di lui, avvolgendola con le dita fredde.
Deve riportarla a casa. Al riparo, al sicuro.
Ma è davvero un riparo, quella casa che regge sotto il peso di una menzogna? Quanto può esserlo? Se l’è chiesto spesso, nelle lunghe notte insonni al fianco di sua moglie.
Terrà duro, se giungerà l’onda della verità ad investirla? O la dura roccia si dimostrerà vulnerabile come la sabbia?
Mette l’altra mano su quella che stringe la sua, cercando le parole più adatte, per non ferirla, per proteggere lei e quella casa. La loro famiglia, la loro vita assieme … con Sunneva. << Lyfia, aspetta, ascoltami … non è così. Ti prego … ascoltami, davvero, non è così >>.
Lo sguardo di Lyfia si colora di un’ombra di spavento. << Frodi, non l’amerai di meno per questo, vero? >>. Sottrae la mano al contatto, congiungendola all’altra in gesto di preghiera. << Miei dei, forse non avrei dovuto dirti niente … >>. 
E Frodi non ce la fa più. E’ la sua coscienza ad esplodere in quel grido disperato, le parole gli bruciano le labbra come lava mentre le pronuncia, sentendo il cuore lacerarsi in sottili brandelli sanguinanti. Ogni lettera una pugnalata, che s’impiglia nel muscolo e tira, tira, tira, strappando carne e vita. Non cede, però. Anche se gli sembra di stare per esalare l’ultimo respiro davanti a Lyfia, e gli occhi ciechi per il pianto che li invade hanno impressa l’immagine di quella bimba fatta di sole che gli posa le manine sulle guance e lo chiama “papà” con struggente dolcezza. << Lyfia, Aiolia non si è incarnato in Sunneva! >>, urla. << Lei … è sua figlia >>.
Lo spavento di Lyfia lungi dallo scemare aumenta, e si somma all’incredulità. La situazione paradossalmente si è capovolta: forse teme che sia lui ad essere fuori di sé. << Cosa? Frodi, che stai dicendo … >>.
<< La verità. Sunneva … è sua figlia. Quella notte non hai … perso i sensi nella foresta. Era davvero lui, con te. E’ tornato. Solo per una notte >>. Abbassa lo sguardo, fissa la neve sotto di sé. Spera che lo ingoi, facendolo sparire. << E io ero preoccupato. Quando ho visto che non tornavi, sono venuto a cercarti. Mi ha parlato, Lyfia. Mi ha fatto promettere che ti avrei sposata, che mi sarei preso cura di te. E se da quella notte … avessi concepito un figlio, lo avrei fatto anche con lui >>. La lascia andare, e il braccio di Lyfia plana lentamente. E’ scioccata, il pallore sulle sue guance è livido.
<< No, non è possibile … io non … non … Frodi, non è possibile, lo sai anche tu … >>. Porta le mani alla bocca, trattenendo un verso di sconcerto. Si è arrotolato la manica fino a scoprire la cicatrice, ormai quasi invisibile.
Ma basta, per farle capire cosa è accaduto. Cosa l’ha tratta in inganno. << Ha … usato su di te il suo potere. Così mi ha detto. Perché il tuo corpo non serbasse segni. Per quanto possibile. E il resto … perdonami, Lyfia. Ti ho ingannato, anche se l’ho fatto … a fin di bene >>.
<< No. Non posso … io non posso credere che … tu … che .. lui! Come avete potuto? >>. Gli occhi emanano lampi duri, bagliori d’ametista pronti a colpirlo e trafiggerlo senza pietà. << Come?! >>.
<< Lyfia … tesoro mio … cerca di capire … >>. Prova a posarle una mano sul braccio, trattenerla. Ma lei è impossibile da domare: lo allontana di scatto, inorridita, si porta le mani alle tempie come se avesse paura che la testa possa scoppiarle, abbassa le palpebre per non vedere colui che l’ha tradita tanto crudelmente. << No, è terribile, terribile >>, mormora angosciata.
<< Lyfia >>. Frodi va in pezzi, davanti a quel dolore. Vorrebbe abbracciarla, proteggerla, ma sa che è proprio quel suo desiderio ad averli condotti lì. Ha sbagliato, e il prezzo da pagare lo sanno gli dei quale sarà. Al pensiero che possa andare via, che possa strappargli anche l’amore innocente di quella creatura la cui unica colpa è essere stata mezzo di un imbroglio si sente morire. << Lyfia, ti scongiuro >>. E’ sul punto di mettersi in ginocchio, di supplicarla di perdonargli, quando un grido ben più potente dei loro, terrorizzato li trae a quel momento per rituffarli in una realtà incomprensibile, paurosa.
<< E’ Freya >>, ansima Frodi. << Sunneva >>. 

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Capitolo 7
*** .7 ***


Ciuffi di pelo scuro. Degli artigli spietati, rapaci.
I ricordi sono lampi nell’oscurità ovattata.
Una corsa. Lyfia dietro di lui, che chiama il nome di Sunneva. La bimba che sfuggita alla sorveglianza della giovane Freya si era addentrata nel bosco, a giocare con i lupi, novella Cappuccetto Rosso.
L’orrore sul volto mortalmente pallido di Freya e Lyfia. E quelle belve ringhianti, i denti affilati che scintillavano malgrado il buio incipiente. Il sangue che diveniva ghiaccio e poi fuoco nelle vene di Frodi, impietrito dal timore nel vedere il suo prezioso tesoro in mezzo a quegli animali feroci.
<< Papà! >>. La sua vocina tenera, ora ansiosa.
<< Calma, Sunneva. Sono qui. Non muoverti, va bene? Vengo io da te. Non ti muovere, piccolina >>. Un passo. Un altro. Ringhi irritati si levavano dal branco. Erano solo in tre, ma sempre troppi per un solo uomo.
Non si fidava a richiamare la sua spada, la sua Toga Divina. Temeva di causare danni, di provocarli e spingerli ad attaccare.
<< Papà! >>.
<< Non ti muovere, Sunneva. Sto venendo a prenderti >>. Lentamente, si era avvicinato a sua figlia che tremava. Il suo gioco innocente si era trasformato in un pericolo mortale.
E loro si avvicinavano a Frodi invece, le zanne scoperte, il rombo cupo nelle loro gole una minaccia quanto mai reale. Non badavano più alla loro preda: ora fissavano lui, quasi avessero compreso che volesse strappargli via un succulento banchetto.
<< Ora, Sunneva! Corri! >>. La bambina non se lo fece ripetere: si slanciò, gettandosi tra le braccia di sua madre, al sicuro. Nel frattempo una di quelle bestie si era avventata su Frodi, rifilandogli una zampata in pieno petto. Profondi tagli trasversali si erano aperti nella sua carne, ardendo come fiamme vive.
<< Frodi! >>.
<< Papà! >>.
In quel momento la voce di Sigurd si era fatta largo. Aveva mandato via i lupi, facendo accorrere i propri, dal manto bianco come neve. E lo avevano raggiunto, mentre giaceva nella neve, lo sguardo rivolto al cielo, il dolore fisico nella carne che si mescolava con quello dell’anima, per ciò ch’era accaduto con Lyfia poco prima, e al sollievo per aver salvato Sunneva.
Gli occhi spaventati, pieni di lacrime di sua figlia avevano colmato tutto lo spazio che i propri riuscivano a percepire. Era annegato in quel mare verde, scintillante, sentendosi sopraffare dal sollievo.
Visto, Leo? Ce l’ho fatta.
Poi accanto a quelli si erano materializzati quelli di Lyfia, gonfi di sofferenza. E il rimorso si era accaparrato di nuovo tutto il posto lasciato libero dalle sensazioni laceranti della ferita.
O quasi.
Mi spiace, amico mio. 
Adesso torna lentamente alla coscienza, aiutato da un tocco leggero, delicato e da un odore asprigno, familiare. Uno dei medicamenti di Lyfia.
Schiude piano le palpebre. Lei è lì accanto, che si prende cura delle sue ferite. Ha gli occhi gonfi e due pensati cerchi violacei che l’incorniciano. Le labbra sono serrate in una linea sottile, e la fronte aggrottata. Ma subito si distendono entrambe, nel vederlo svegliarsi. << Ehi. Ciao >>, sussurra, guardandolo con apprensione. << Come ti senti? >>.
<< Bene >>.       
<< Bugiardo >>. Lyfia strizza il panno nella bacinella. Quando gliela posa addosso, sul petto, avverte un calore liquido imbeverla di nuovo.
Ma forse è solo la mano di Lyfia.
Vorrebbe prendergliela, stringerla nella propria. Ma non ci riesce. Troppo male le ha fatto. << Come sta Sunneva? >>.
Lyfia abbozza un lieve sorriso. << Sta bene. Freya no. E’ disperata. Si sente in colpa >>.
<< Posso ben capirla >>.
Silenzio. Lungo. Pesante. << Lyfia, mi dispiace. Io non volevo, te lo giuro sulla mia Armatura. Sai che è sacra, e non potrei mentirti anche su di lei >>.
<< Giureresti su Sunneva, se te lo chiedessi? >>.
<< Per provarti la bontà delle mie parole potrei farlo, ma non lo farò. Sunneva è … ancora più sacra. Lei è oltre questo >>.
Lyfia scuote piano la testa. << Tranquillo. Non lo farò nemmeno io. Volevo solo vedere … cosa mi avresti detto >>. Abbassa lo sguardo, sciacquando nuovamente la pezzuola. << Tu … le vuoi bene >>.
Frodi sospira a fondo, avvertendo il pulsare doloroso nel costato. Quelle ferite … sono una sorta di eco, di risonanza karmica del taglio che si era inflitto da solo. Per lei. Per loro. << Io l’amo, Lyfia. Come fosse carne della mia carne. Non l’avrei mai creduto possibile, ma è accaduto e non lo rimpiango. Non sarò il suo vero padre, ma per me è mia figlia >>.
<< Per questo hai esitato, quando è venuta al mondo. Sapevi che non era tua >>.
<< Sì, ma non per quello che pensi tu. Io … d’un tratto ho avuto paura. Di non essere all’altezza del compito che mi ero assunto. Ho avuto il terrore di trovare in me delle pecche, dei punti deboli, e dentro mi rimproveravo inconsciamente di essere stato tanto avventato. Sapevo di essere in grado di occuparmi di te, che sei donna, adulta, e che conosco da sempre. Ma … prendere per mano una creatura e condurla sul cammino dell’esistenza da zero, non è la stessa cosa. E così ho pensato che … se suo padre fosse stato qui … sarebbe stato diverso >>.
L’espressione di Lyfia si fa seria, quasi severa, per un attimo. << Aiolia non era perfetto, Frodi. Quello che ha fatto lo dimostra. Comprendo perfettamente le sue ragioni ma non posso giustificarle. Come hai detto tu, ero adulta e anche se addolorata, avrei preferito essere cosciente di ciò ch’era avvenuto, e non essere ingannata in questo modo. Sulla mia stessa carne, e quella della mia stessa figlia >>. Un sospiro dolente abbandona le sue labbra, e quasi avesse tirato fuori parte dell’amarezza, torna a guardarlo con dolcezza. << Però … sono sicura che non l’abbiate fatto con cattive intenzioni >>.
Frodi stende il braccio, cercandole finalmente la mano sospesa a mezz’aria che stringe il panno. << Dei, Lyfia, no, mai. Mai. Posso assicurartelo anche per lui. Era … devastato all’idea di lasciarti. Voleva solo … che tu vivessi, e non ti consumassi nel suo ricordo >>.
<< E ti ha chiesto di sposarmi >>.
<< Sì >>.
<< E l’hai fatto pur sapendo tutto questo >>.
<< Sì. Probabilmente l’avrei fatto comunque, se non avessi temuto … di ripugnarti … con le mie profferte >>.
<< Frodi. Tu non mi hai mai ripugnato. Anzi … >>. Lyfia solleva la mano libera, sfiorandogli dolcemente una guancia.  << Io ti ho sempre … ammirato, molto. Ti ho sempre voluto bene … nonostante tutto >>.
Il tempo passato non sfugge a Frodi, che lo interpreta come una linea di confine. Se così è stato fin lì, ora non potrà più esserlo, sembra dire Lyfia.
La voce gli trema, quando riprende. << Se non è … chiederti troppo, vorrei continuare ad occuparmi di Sunneva. Non per la parola data, per me. Lei è tutto ciò che ho >>, ammette, sentendo il sale tornare a pungergli le palpebre. Se non temesse di poter suscitare dubbi in Lyfia cedendo alle lacrime, non si vergognerebbe di piangere, adesso.
<< E io non conto niente? >>.
<< No! Cioè, io … non oso sperare che tu possa perdonarmi. Però se devi avercela con qualcuno preferisco sia con me. Non volerne ad Aiolia. Per favore >>.
Lyfia lava ancora la pezzuola nella bacinella, prima di rispondergli. I tratti del suo bel viso s’induriscono per un istante. << Sono arrabbiata, e molto. Tuttavia … >>. E qui si riaddolcisce, ma un’ombra scura le resta sul fondo delle iridi. << Non posso toglierle … suo padre. Non ti prometto niente, ma non temere, qualsiasi cosa decida per noi due non t’impedirò mai di prenderti cura di lei >>.
<< Grazie >>.
<< Non mi rivolgerebbe più la parola. Sai che ti adora. E sono certa che … nemmeno Aiolia stesso avrebbe potuto fare di più di quel che hai fatto fin qui tu per lei >>.
Frodi rialza su di lei lo sguardo di scatto. << Davvero lo pensi? >>.
<< Sì. Sì, lo penso >>. Lo fissa dritto negli occhi mentre lo dice. E il cuore di Frodi si piega come cera all’emozione che sente montare dentro.
Nonostante sembra gli abbiano scavato il petto con un punteruolo, trova la forza di attirarla a sé. Le cattura le labbra in un morbido bacio, tenero, casto, di pura gratitudine per quel pensiero espresso con tanta spontaneità.
Ma la paura che Lyfia possa fraintendere, o peggio, non gradire quel gesto lo fa retrocedere immediatamente. Si lascia cadere sul guanciale, svuotato da quel lieve sforzo. Oltre che dalla consapevolezza … di poter perdere sua moglie. << Io, scusa, io non … >>.
<< Lascia che finisca di medicarti >>, replica lei con calma. Lava di nuovo le unghiate della belva, le tampona con la soluzione disinfettante di erbe e vi applica delle pezzuole intrise di polvere cicatrizzante. Poi avvolge le bende intorno al petto. << Ecco fatto. Ho finito. Credo di dover andare da Sunneva, adesso >>.
<< Certo. Grazie, Lyfia. E … per quanto poco possa valere … mi dispiace >>.
Lei annuisce, si drizza in piedi. << Riposati, adesso. Ne riparleremo … quando starai meglio >>.
 
 

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Capitolo 8
*** 8. ***


Dopo quel gesto sconsiderato, lui e Lyfia non si sono quasi più rivolti la parola. Lei, compassionevole come sempre, si è presa cura delle sue ferite, l’ha medicato, gli ha preparato da mangiare, insomma ha fatto in modo che non necessitasse di nulla.
Il loro matrimonio però è entrato in crisi, ed è inutile mentirsi, provare a nascondersi. La verità momentaneamente messa da parte per causa di forza maggiore ora è tornata a stamparsi a lettere cubitali sul loro rapporto. E’ praticamente andato in frantumi, e ricostruirlo non si può.
La fiducia, come il cemento, è venuta meno.
Pur di non lasciarlo solo, ha dormito nella cameretta della bambina. Stringendo i denti e strisciando i piedi Frodi si è alzato, più di una notte, andando a spiarle mentre riposavano, per imprimersi i loro volti nella mente.
Adesso più che mai sa cos’ha provato Leo. Anzi di più, perché lui non ha mai conosciuto sua figlia. Ma quella sensazione di … inevitabile, di sofferenza struggente lo ha invaso nel profondo. Sarebbe stato bello che le sue ferite fossero più gravi, che lo costringessero a letto per settimane. Un pensiero egoista di cui si rimprovera e vergogna. Eppure non è riuscito a reprimerlo.
Ma ora sta bene. Si alza dal letto, sfila le fasce, controlla nello specchio lo stato delle ferite. Sono rimaste soltanto delle striature bruno-rossastre. Danno un po’ di fastidio, ma nulla più, presto guariranno.  
Il taglio al cuore invece è ancora lì, sanguinante come il primo istante, e non passerà mai. Ma quello nella lastra non si riflette.
Dopo giorni di spugnature – a cui ha potuto sottoporsi senza timore perché troppo stordito dalle pozioni calmanti, e dal dolore – adesso ha fitto in mente il desiderio di lavarsi da solo. Forse perché sentire le mani di Lyfia muoversi leggere sul suo corpo, sfregando, insaponando, risciacquando la sua pelle gli dona sensazioni che non può più permettersi di provare; e adesso che sta già molto meglio … è un rischio che non vuole correre.
Dovrebbe cominciare a mettere da parte le sue cose, forse. Lady Hilda non gli rifiuterà una stanza al Palazzo, ne è sicuro.
In realtà vorrebbe prendere e andare via. Ma il pensiero di Sunneva lo inchioda in questo posto, più del suo incarico, della sua posizione.
Però non è giusto. Quanto soffrirà, la piccola, nel vedere mamma e papà che non vivono più insieme? E domandandosene la ragione, quanto ci metterà Lyfia a non rivelarle la verità?
Sarebbe più … opportuno mentire, anche se gli ripugna. Almeno fino a quando sarà più grande. Dire che suo padre è partito per un lungo viaggio, una missione che Lady Hilda gli ha imposto, e che anche se gli si spezza il cuore non può venire meno al suo dovere. Che penserà sempre a lei, che la amerà sempre, e che … 
<< Ehi >>. Frodi trasale, d’impulso afferra la maglia sul tavolino e la infila. E’ più pretesto per asciugarsi le guance, su cui le lacrime avevano già iniziato a sfilare, al solo immaginare la sua partenza.  
Quando si volta, però si tranquillizza subito. E’ solo Sigmund. Da lui non ha da temere nulla. << Ehi. Buongiorno >>.
<< Come va? >>.
Frodi sospira. Nel fondo di quegli occhi argentei legge una compassione che sa di non meritare. Lui l’aveva avvertito, ma non gli ha dato ascolto. << Bene. Insomma, sono in piedi >>.
Sigmund posa una mano sul fianco, gli scocca un’occhiata indagatrice. << Sì, forse. Ma si vede lontano un miglio che sei a pezzi, Frodi >>, osserva senza alcun sarcasmo, quasi con dolcezza.
<< Avevi ragione. Non ho voluto darti retta >>. Si siede sul letto sfatto, prendendosi la testa tra le mani. << Avrei dovuto dirle la verità dal principio. Ma … nella mia mente … desideravo che … >>.
<< Che potesse amarti. Come ha amato lui >>.
Sentire quelle parole dalla bocca dell’amico lo rattrista. << Sono stato uno sciocco. Ora non mi perdonerà mai >>.
Sigmund tace, fissandolo a lungo. << Non dovresti colpevolizzarti così, Frodi. Qualsiasi cosa tu abbia fatto, anche se sbagliata è stato a fin di bene. Se le avessi detto la verità … forse non ti avrebbe mai sposato. Avrebbe cresciuto sua figlia da sola instillandole un sentimento di … sacralità, un’adorazione quasi divina nei confronti del padre scomparso >>, dice infine.
<< Ed è un male, questo? >>.
<< In un certo senso, sì. Perché nella vita di Sunneva sarebbe stato un vuoto che nessuno mai avrebbe potuto colmare. Le avrebbe ... negato l'affetto di un padre vero, presente, innamorato di lei, disposto a fare qualsiasi cosa pur di proteggerla. E per Sunne … >> - così la chiamava lui, e Frodi invece che rimproverarlo aveva apprezzato ancora di più l’amico, che non gli serbava più rancore grazie alla bimba- << … sarebbe stata una grave perdita >>.
<< L’avrei protetta comunque >>.
<< Ma si sarebbe sentita in colpa, perché il suo amore nei tuoi riguardi le sarebbe sembrata una mancanza nei confronti di Leo. Non sono un genio, ma credo sia alquanto evidente >>. Sigmund scuote la testa. Frodi guarda il suo volto giovane, segnato dalla cicatrice che lo attraversa. Ma non è per nulla ripugnante, anzi. Sa dai discorsi riferitigli dalla moglie che in molte sono … affascinate da lui, da quella sua aura di guerriero solitario, dalla sua innegabile bellezza.
<< Perché non ti sei mai sposato, Sigmund? >>., gli domanda d’un tratto. Ma se ne pente subito: non sono affari suoi, e la riservatezza del compagno d’arme potrebbe risentirsi di quell’indebita invasione della sua vita privata.
Sigmund invece sorride. << Perché … anch’io conosco questo stesso senso di colpa. E inoltre … non so se riuscirei a reggere … il pensiero di perdere un’altra persona a me cara >>.
Frodi si azzittisce di colpo. << Ma non è il tuo caso, Frodi. Lyfia non ti toglierà tua figlia. Sta’ tranquillo >>.  
Il giovane si rilassa un istante. Sigmund si avvicina alla porta. << Ti serve qualcosa, prima che vada? >>.
<< Se potessi … aiutarmi a preparare il bagno, te ne sarò grato in eterno >>.
<< Ma puoi farlo? Non è ancora … troppo presto? >>, chiede Sigmund, guardando gli squarci sul petto dell’amico. << Forse … dovresti aspettare un altro po’ >>.
<< Penso di aver aspettato troppo già per troppe cose >>.
 Il sorriso di Sigmund si fa comprensivo, ma subito si spegne quando una nuova presenza invade la casa.
<< Signore … posso entrare? >>. La voce giovane di Sigurd risuona tra le mura. Frodi sorride tra sé: deve molta gratitudine a quel ragazzino. Se non ci fosse stato lui … non sapeva come sarebbe andata a finire. E’ venuto ogni giorno a trovarlo, per informarsi sulle sue condizioni.
<< Vieni pure avanti, Sigurd >>. Entra, ma quasi trasale nel trovarsi davanti Sigmund, che ha ripreso la sua espressione scostante, dura.
<< Oh, nobile Sigmund … siete anche voi, qui >>. China il capo bruno, in segno di rispettoso saluto. << Ero passato … a vedere come sta il nobile Frodi >>.
<< Sto bene, Sigurd, grazie. Presto tornerò a farvi lezione >>.
<< Non vediamo l’ora >>. Si morde il labbro, come rendendosi conto che la sua uscita potrebbe arrecare dispiacere al sostituto. << Cioè, intendo … non vediamo l’ora di sapervi guarito, signore >>.
Non osa alzare la testa. Ma Sigmund gli posa una mano sulla spalla e il ragazzo sussulta evidentemente. << Tranquillo, Sigurd. Anch’io non vedo l’ora che questo pigrone si alzi dal letto e torni al lavoro. Non so se rendo l’idea, ma siete alquanto sfiancanti, tu e i tuoi compagni >>.
Sigurd avvampa. << Be’, allora … se state bene … io … andrei. A presto, nobile Frodi. Signore, a tra poco >>, saluta, scostandosi in fretta dal contatto con Sigmund.
<< Ma che stai combinando, a quei poveretti? >>, chiede Frodi.
<< Faccio in modo che ti rimpiangano, così, semmai dovessero passarti strane idee per la testa, sai che sarai responsabili dei loro mali >>, ghigna malevolo Sigmund.
<< Ma dai >>.
<< Dico sul serio. So come sei fatto. Ti sentirai in colpa per sempre, se dovessi lasciarli in mano mia. E siccome voglio davvero esserne certo, oggi li sottoporrò ad un allenamento speciale >>.
<< E pensi che ti detesteranno per questo? Io non credo >>. Frodi guarda la porta della camera.  << Non Sigurd, perlomeno. Lui è sempre ben contento, quando deve mettersi alla prova. E più è dura, più s’impegna a superarla >>.
<< Già. Chissà a chi assomiglia >>, sentenzia Sigmund, guardandolo con intenzione. << In fondo devo ammettere ch’è il migliore del corso. Solo che … invece di trascorrere tanto tempo coi lupi, dovrebbe stare di più in mezzo agli umani >>.
<< Da che pulpito viene la predica >>. Frodi sorride. << A mio parere gli piaci molto più di me … come istruttore, intendo >>.
Sigmund pare confuso per un momento. Poi riprende il suo piglio. << Cerca di rimetterti in fretta. Non è semplice tenerli tutti a bada >>, dice seccamente. << Vuoi ancora che ti aiuti con il bagno? >>.
<< Sì, grazie >>.
<< E allora tieni la bocca chiusa >>.
Frodi scoppia a ridere. Per Sigmund è sempre imbarazzante, venire elogiato. Il suo ego è talmente … timido, in realtà, che interpreta ogni lode come una frecciata sardonica.
Ma stavolta c’è qualcosa di più, che non gli è sfuggito. Il commento quasi casuale sul comportamento di Sigurd aveva una punta di preoccupazione malcelata. E’ raro che Sigmund ne faccia così, gratuitamente. Quindi ci tiene, a quel ragazzo. E l’atteggiamento di costui … è stato piuttosto rivelatore. C’era rispetto, anche un pizzico di vergogna per la dichiarazione di Sigmund, ma quegli occhi scuri luccicavano mentre fissavano il pavimento. Si vedeva ch’era … onorato, per quell’improvviso contatto da parte di un uomo che sicuramente apprezzava molto.
Anche Sigurd non aveva più nessuno al mondo. Aveva perduto i suoi genitori in tenerissima età, ed era stato accolto a Palazzo da Lady Hilda. Non era di sangue nobile ma siccome l’Armatura appartenuta un tempo a Luxor non aveva nessuno a reclamarla, avevano pensato bene che come pretendente quel giovane così determinato e coraggioso non avrebbe sfigurato. E a ragione.
Sarebbe bello, se nel cuore di Sigmund si riaffacciasse un sentimento d’affetto per qualcuno. Che volesse bene a qualcuno … come al fratello che aveva perduto.
Qualcuno oltre Sunneva, ovviamente. Perché lei è impossibile non amarla; come il sole, estende i raggi del suo amore in modo che sia impossibile sfuggirvi, e ricambiarlo.
Osserva l’amico andare e venire dalla cucina, portando calderoni di acqua bollente protestando di tanto in tanto per le scottature alle mani. Frodi non dice più nulla, ma nota la fretta con cui si dà da fare: e si limita a sorridere tra sé. In fondo si vede che malgrado i suoi sarcasmi ci tiene a quei ragazzi. Si congeda domandandogli se gli serva altro e si defila velocemente, per raggiungere i suoi allievi.
Frodi si sveste, s’immerge nell’acqua. Fissando il soffitto mille domande si affacciano di nuovo alla sua mente.
Forse … sarebbe davvero un bene per tutti, se il suo posto passasse a Sigmund. Le sue parole di conforto non sono bastate, a Frodi: sì, mai Lyfia gli avrebbe tolto Sunneva, lei stesso gliel’aveva garantito.
Ma … lei? Avrebbe tollerato di averlo ancora al suo fianco, ora che non necessitava più di assistenza?
Chissà. Magari se fosse stata assolutamente certa … che si sarebbe comportato come un fratello, allora sì, avrebbe potuto. Ma dopo quel gesto sconsiderato non c’era da sperare. Lui stesso non si sente in grado di dare una parola simile.
Resta poco in acqua, le fitte che salgono dal petto cominciano a farsi sentire dolorosamente. Forse avrebbe davvero dovuto aspettare un altro po’. Quando si avvede che le croste ammorbidite dal bagno iniziano a staccarsi, sanguinando di nuovo, si tira su di scatto: troppo in fretta, tanto che uscendo dalla vasca un capogiro quasi lo fa cadere.
E pensare che c’è stato un tempo in cui ha lottato anche se devastato. Ora quei quattro graffi lo hanno messo al tappeto.
<< Frodi? Frodi, dove sei? >>. La voce di Lyfia, sicuramente venuta a occuparsi di lui lo mette in uno stato di agitazione angosciosa. Il suo unico pensiero è di coprirsi, allunga la mano alla cieca verso il tavolino, afferra il telo, se lo adagia addosso. Vorrebbe tirarsi su ma si sente debolissimo; trema, al pensiero che Lyfia possa spaventarsi.
E infatti … << Frodi! Oh, santa Freya … >>. In un attimo è sopra di lui, lo aiuta a voltarsi, gli allontana i capelli bagnati dal viso. << Frodi … ma che ha fatto? >>.
<< Volevo solo … lavarmi >>. E in un’improvvisa recrudescenza di pudore, la prega: << Lascia. Faccio da solo >>.
<< Sì, ho visto cosa sei stato capace di fare da solo >>. Si rimbocca le maniche, pronta ad aiutarlo . << Dai, ti do una mano … >>.
<< Faccio da solo, ho detto! >>. E’ un ruggito di rabbia sofferente, che fa spalancare gli occhi a Lyfia, rimanere sospese le braccia sottili che stavano per cingerlo. Lei si rabbuia, prende un’espressione dura, che subito fa sentire Frodi ancora più colpevole. << Oppure … chiama Sigmund. Per favore >>. E’ quasi supplichevole, ma lei non si lascia intenerire. 
<< Sigmund non può interrompere la lezione per le tue idiozie >>, lo rimbrotta aspra. << E sono perfettamente capace di tirarti su da sola >>. Gl’infila le mani sotto la schiena, attirandoselo addosso. separati dalla sua pelle solo dal sottile corpetto di morbido velluto, Frodi riesce a sentire i suoi seni sodi premere sugli squarci, senza però far male se non in modo soave.
Che casino. E lui ch’era stato tanto precipitoso proprio per evitare questo. Il … riacutizzarsi del desiderio, ferita più profonda di ogni altra.
<< Sono una donna ormai, non una ragazzina bisognosa di cautele >>. Lyfia non si fa scrupolo di lanciargli questo sasso, e Frodi china il capo in silenzio, proprio come Sigurd davanti a Sigmund. Ora è lui il ragazzino incapace di aprir bocca, giustificarsi o anche solo ringraziarla.
Lo trascina fino al letto, arrossita per lo sforzo: in fondo pesa parecchio più di lei. Ottanta chilogrammi di puri muscoli scattanti, un po’ appannati al momento, ma in grado di fremere per l’emozione di quel contatto insperato. Proprio come Sigurd.
Ma a differenza del ragazzo lui ha un fardello sulla coscienza. << Scusa per prima >>, bisbiglia, mentre lo adagia sul giaciglio, espirando. << Non volevo … farti arrabbiare >>.
<< Per aver fatto il bagno, oppure per aver messo in dubbio la mia forza? >>. Il tono è ancora severo, mentre si avvicina al cassettone spostando boccette, stracciando un panno immacolato per farne bende con energia, quasi volesse rimarcare il concetto. E Frodi trema, nel vederglielo fare con tanta disinvoltura.
Non di timore, naturalmente. << Vorrei solo capire come diamine hai fatto a portarti l’acqua da una camera all’altra. A meno che non abbia riempito la vasca con un bicchiere … >>.
<< No, è stato Sigmund >>.
<< Ah, Sigmund è tuo complice, quindi. Aspetta che mi capiti >>.
<< Veramente lui ha cercato di dissuadermi. Sono stato io a non dargli retta. Come … la prima volta >>.
<< Non gli va bene che tu faccia il bagno? >>.
Frodi si sforza di sorridere alla battuta, ma l’amaro è più forte. Sta per riaffrontare il discorso lasciato in sospeso in virtù delle sue condizioni.
Ma non può esitare. Il dubbio non può far parte di lui: deve sapere, ora o più in là. << Lui … non voleva che ti sposassi. Secondo lui non era giusto … che ti mentissi >>.
<< Cioè, Sigmund lo sapeva e non ha detto nulla? >>. Una delle boccette sbatte con violenza sul legno. Frodi trasale: ha parlato troppo.
<< Sì, anche lui … ha sentito il cosmo di Leo, quella notte. E ti ha visto uscire dal Palazzo >>. Lyfia chiude gli occhi, posando una mano sul viso.
<< Quindi lo sapevano tutti, tranne me >>.
<< No. Sigmund soltanto. E ha taciuto … per me. Ma me l’ha ripetuto più volte, che stavo facendo un errore. Che avrei dovuto dirti la verità subito, e chiederti di sposarmi comunque >>.
<< Avresti dovuto dargli retta, quella volta come adesso >>. Si avvicina al letto, prende la candela sul comodino e la appressa al petto di Frodi. Ormai la luce dura poche ore al giorno, e già dal primissimo pomeriggio occorre accendere i lumi, dopo averli spenti solo alle dieci del mattino. << Guarda che hai combinato. Sai che corri il rischio che suppurino? Hai così poca considerazione di me, da fregartene di tutto ciò che ho fatto perché non s’infettassero? >>. Lo striglia come a volte, esasperata, fa con Sunneva, mentre cosparge le ferite con la solita polvere. << Si può sapere che hai in quella testa? >>.
<< Non volevo che mi toccassi >>, è la risposta fulminea di Frodi. << Io … so di … farti dispiacere. Mi sentivo meglio, così ho pensato … che potevo ormai badare a me da solo … e non darti più fastidio >>.
<< Sei un cretino, Frodi >>, lo rimbocca Lyfia, guardandolo in volto. << Perché dovrebbe darmi fastidio occuparmi di te? Tu l’hai sempre fatto, con me e Sunneva. Mi pare naturale, che ora sia il mio turno >>.
<< Non capisci, Lyfia >>.
<< Ah, io non capisco. Io capisco solo ch’è il tuo stramaledetto orgoglio, a non volerti far accettare il mio aiuto. Altrimenti per quale motivo avresti insistito per farmi chiamare Sigmund? Con un uomo è diverso, no? Un uomo è per principio forte, possente, farsi aiutare da una donna è disdicevole, per un guerriero … >>.
La filippica di Lyfia s’interrompe di colpo, spezzata da un ansito. La mano che stava medicando gli squarci ora preme sul ventre di Frodi, che le serra il polso. << Adesso capisci, perché non voglio che mi tocchi? Perché ormai sto abbastanza bene da … desiderarti. E hai ragione, è disdicevole, questo. Ma non posso impedirmelo, per quanto ci provi io non riesco a non … sentirlo, quando ho le tue mani addosso >>, le confessa, sentendo le guance infuocate come braci.
Sa che ha commesso un errore gravissimo. Ora lei fuggirà spaventata dal suo impeto, disgustata … da quella reazione.
Ma ormai ha deciso. La sua ora è scoccata quando Lyfia ha trovato il medaglione. Il resto è solo agonia. Tanto vale trovare il coraggio di strapparne l’ultimo filo e farla finita. Nemmeno il pensiero di perdere Sunneva può nulla in quell’istante: è puro istinto, il cervello si è azzerato, davanti alle reiterate accuse di Lyfia. E ai suoi seppur bruschi tocchi. << Se davvero ci tieni tanto, a occuparti di me, potresti darmi un altro po’ di calmanti, almeno finché sarò guarito. Poi potrai mandarmi al diavolo con la coscienza apposto. Così ti va bene? >>.
Lo scatto di Lyfia è rapido, allo stesso modo del ceffone che si abbatte sulla guancia di Frodi. Poco male, tanto era già arrossata e rovente. << La vuoi smettere di comportarti come se fossi tu la vittima? Come se sapessi cosa è meglio per me! O come se sapessi cosa posso affrontare o cosa no! La devi smettere con il complesso del Cavaliere dalla scintillante armatura, pronto a difendermi dal male che lui stesso mi ha causato! Ve lo danno in dotazione con l’armatura, di qualunque genere essa sia? Io non ho chiesto nulla ad Aiolia, volevo solo … che mi amasse, non certo che mi trovasse un marito! E neppure a te ho chiesto niente, eppure ti sei lasciato indurre a farmi da Santo protettore! Io sono stufa di essere trattata come una bambina! Se decido una cosa, è perché so che posso sopportarne le conseguenze! >>.
Frodi è allibito. Mai Lyfia è esplosa in tutta quella virulenza. << Se decido una cosa … è perché … la voglio. E non m’importa cosa possano … pensare gli altri >>. La mano che l’ha colpito con tanta energia, ora torna giù a stringerlo, strappandogli un lamento accorato.
<< Lyfia … >>.
<< Sei mio marito. Ho deciso di sposarti. Sapevo cosa volesse dire e non mi sono mai tirata indietro. Non comincerò adesso >>. La bocca di Lyfia sulla sua lo azzittisce prima che possa dire alcunché. Il bacio si fa  denso, intenso, la sua mano calda e umida si posa sul volto di Frodi, scivola sulla sua gola, l’anello s’impiglia tra i capelli.
Frodi rimane immobile, quasi intimorito. E’ la prima volta che lo cerca con tanta naturalezza e … trasporto?
Sì. Trasporto. Le dita di Lyfia si fanno più avide, sulla sua pelle. Si abbassano e tirano via tutto quello che può impedire il contatto con la pelle nuda.
E’ vero quello che gli ha detto. Non si è mai sottratta al suo dovere di moglie, nemmeno una volta. E per questa sua … sottomissione ha sempre cercato di “infastidirla” il meno possibile, sapendo cosa provava mentre la possedeva. E inoltre ha sempre prestato attenzione … a non rischiare di renderla di nuovo madre.
Perché era giusto così. Aveva fatto una promessa e intendeva rispettarla.
Ma adesso è lei a cercarlo. A toccarlo, con un’urgenza, una fame che Frodi non credeva avesse mai potuto conoscerle. Con lui, ovviamente.
Azzarda piano un tocco, una carezza innocente sui capelli. Sulla guancia, bruciante per l’eccitazione. Sulla mano che gli percorre la coscia.
E la serra a sé, d’impulso. Le dita affondano nei fianchi morbidi e snelli, si fanno meno gentili. Lyfia gli cerca ancora la bocca e Frodi l’accontenta, soggiogato dal fuoco che gli monta dentro aizzato da quello di lei, già ardente.
La issa sul giaciglio, fermandosi solo un istante a contemplarla, arrossata, ansimante, completamente presente a se stessa. Gli occhi lucidi e brillanti, le labbra umide, schiuse e un po’ gonfie. I seni che si alzano e abbassano con scatti bruschi, premendo contro il corpetto dell’abito.
Vorrebbe dirle tante cose, ma sceglie di tacere. Non vuole suscitarle ricordi dolorosi adesso che sembrano farle meno male. E’ consapevole che quell’atto è frutto di un momento di passione passeggera, simile a quelle nubi che esplodono in un temporale estivo, violento, inarrestabile e imprevedibile.
Dimentica, Frodi. Tutto ciò che si è sempre tenuto chiuso dentro, a doppia mandata. Dimentica il dolore della ferita al petto e quello nel cuore, tutte le sterili cautele che le ha usato ogni volta che si sono ritrovati in quel letto, per timore di farle del male. Incurante di ogni remora la denuda, rotolando per averla sotto di sé, cercandole le lunghe gambe tra le gonne, allacciandosele ai fianchi. Con un morso alla gola la fa sua e un ruggito di trionfo quasi gli sfugge quando avverte le piccole unghie di lei incidergli la schiena. Forse è stato troppo brusco, ma l’ansito emozionato di Lyfia lo rassicura. Le dita che s’intrecciano ai capelli, il modo in cui s’inarca morbidamente nell’accogliere le sue spinte lo rassicurano.
I suoi grandi occhi dai riflessi d’ametista, soprattutto. Aperti e fissi su di lui, non sul soffitto o su un punto lontano. Lo guarda con tenerezza e aspettativa, passa la mano tra i suoi capelli percorrendoli in tutta la loro lunghezza. Ci tiene a fargli capire che sa ch’è con lui, e non intende cambiare questa realtà, almeno per ora.
Nel momento culminante tuttavia Frodi non riesce a non sottomettersi alla lunga abitudine. Allontana il bacino pronto a staccarsi, appena i suoi sensi cederanno del tutto alla vittoria del piacere, ma Lyfia si stringe a lui, impedendogli di ritrarsi.
Quando lo libera è tardi. E’ la seconda volta, da quando sono sposati, che le dona il suo seme. Non sa se lei immaginasse, visto che non è più rimasta incinta, o se è stato solo un impulso legato alla circostanza.
Le sfiora il viso accaldato, scostandole le lunghe ciocche dalle guance, dagli occhi. << Lyfia … >>. Le crolla addosso, sfinito, trattenendo una mezza imprecazione appena gli squarci al petto si fanno risentire.
<< Stai … bene, Frodi? >>, domanda, la voce accorata ma ancora spezzata dall’atto che hanno appena condiviso.
Frodi le sorride, continuando ad accarezzarle i capelli. << Io dovrei chiederlo a te >>.
Lyfia si drizza a sedere, subito tornata in sé, controllando le ferite. E al Guerriero di Odino sale in gola l’aspro. E’ vero, è stata lei a cercarlo, tuttavia non vuol dire niente. Magari ha solo ceduto all’impulso del momento, mescolato alla gratitudine per aver salvato Sunneva.
E fa male. Il pensiero che questa sia la prima e l’ultima volta che ha davvero fatto l’amore con sua moglie, che gli abbia concesso quell’attimo di pace, di estasi per poi riprenderselo e andare via gli strazia lo stomaco. << Forse non avremmo dovuto >>, mormora, prima di mordersi le labbra e tacere.
Lyfia scuote la testa. << T’illudi ancora di poter controllare certe cose? Con me? >>.
Frodi distoglie lo sguardo, lo punta sulle mani. Ricorda bene le parole di Aiolia.
E ora sa di essersi trovato nella stessa, identica situazione. Lo giustifica ancora di più, se possibile. E’ impossibile tenere a bada la Terra. Se appicca il fuoco, se infuria il vento o biancheggia il mare puoi sempre fuggire, ma la terra che trema non la puoi fermare. A meno che tu non sia in grado di volare. Può restare placida e immobile, addormentata per anni ma se viene destata, è finita.
<< No, penso di no >>.
Lyfia si alza, infila la sottoveste e fa passare i capelli dal colletto. E’ uno dei gesti che Frodi ama di più vederle fare. E la prima volta che lo compie dopo un atto d’amore.
Vorrebbe tenerla stretta a sé. Nel letto, e per il resto della loro vita.
Ma tiene per sé questo pensiero, mentre infila i calzoni lei si risistema e torna accanto a lui, le bende strette in mano. << Ora pensiamo a queste >>, mormora, facendo per passargliele dietro la schiena. E risucchia l’aria tra i denti.  
<< Che c’è? >>.
<< Forse … dovrei disinfettarti anche qui. Ho combinato un bel pasticcio >>.
<< Allora siamo pari >>.
<< Frodi, io … >>.
<< Non dire niente. Grazie. Non c’è bisogno di aggiungere altro >>. Fa per rialzarsi ma Lyfia lo ferma, gli prende con cautela una spalla per condurlo giù. E una volta sdraiatasi tira il lenzuolo sulle loro teste.
<< Ma … che fai? >>.
<< Qualcosa che … voglio fare. Adesso. Con te >>. Lo guarda. I suoi occhi sono grandi, tersi. << O  magari preferisci … riposarti? >>.
<< No >>. Si sdraia e la fissa di rimando, voltandosi su un fianco. Lyfia si puntella su un gomito, e con la mano libera inizia a percorrere lentamente i tratti del suo volto. Quando arriva alle labbra Frodi posa un lieve bacio sul polpastrello. Incoraggiato dalla tenerezza della sua sposa, le prende la mano e la tiene nella sua.
Lyfia continua ad accarezzarlo, sempre animata da quell’affettuosa dolcezza. E che non sia fatua Frodi lo legge nel suo tacere con la bocca e parlare con i gesti. Non vuole sentirle pronunciare parole che potrebbero avere un significato differente per ognuno dei due. Accetta le sue carezze, si nutre avidamente del suo calore e va bene così.
<< Cosa hai detto? >>, si ritrova a chiedere dopo essersi smarrito nei suoi pensieri.
<< Sei importante per me, Frodi. Non solo perché ti sei preso cura di me e di Sunneva, ma lo sei stato sempre >>. Gli posa la guancia sulla spalla. << Forse avrai sbagliato, ma neanche io mi sono comportata bene, con te >>.
<< Lyfia, non parliamone più. Ti prego. Abbiamo entrambi le nostre colpe … ma laddove le tue sono piccole mancanze magari nei pensieri, le mie sono state enormi omissioni nei fatti. Solo … puoi, perdonarmi? >>.
<< Non lo so. Tu … provaci, a farti perdonare. Poi vedremo >>. Lyfia sorride ancora. Posa una mano su quella di lui.
<< Posso … chiederti una cosa, Lyfia? Ma promettimi che sarai sincera >>.
<< Va bene >>.
<< Ecco … quando tu … sì, insomma … cioè, voglio dire … >>. Quella domanda gli appare d’un tratto fuori posto. Non sa nemmeno cosa l’abbia spinto a pensarla, né tanto meno a provare a porla.
E adesso esita. Ma ormai ha stuzzicato l’attenzione di sua moglie. << Frodi? Ti decidi? O aspetti che Sunneva sia in età da matrimonio? >>.
<< Matrimonio? Perché, deve sposarsi? >>.
<< Mi pare ovvio. Non vorrai tenerla in casa come una vecchia zitella >>.
<< Tu scherzi. Non esiste nessuno che possa sposare … Sunneva >>.
<< Potrebbe sempre trovare qualcuno come te >>.
<< Be’, in tal caso … forse potrei rivedere le mie posizioni. Forse >>.
Lyfia si allunga a baciarlo ancora, sorridendo. << Ma cosa volevi chiedermi? >>.
<< Se hai mai … provato … qualcosa … con me >>.
<< Intendi dire … a letto? >>.
<< Mhm. Già >>.
D’un tratto Lyfia si fa silenziosa. Tutta la sua spontaneità, la sua tenerezza si azzittiscono, e la mano che lo accarezzava con tanta dolcezza si ferma.
<< Non è un rimprovero, Lyfia. Solo … vorrei sapere … non ti è pesato troppo … stare … con me? Questo, è ciò che vorrei … sapere. Sii onesta. Non ho paura della verità >>.
<< Non è stato facile. Io … volevo con tutto il cuore … lasciarmi andare. Ma … la mia mente … non poteva accettarlo. Mi sentivo in colpa per … lui. Mi pareva di tradirlo, di venir meno alla sua memoria >>.
<< Per cui … >>.
<< Sì, mi è pesato. Mi è pesato non aprirmi alle tue attenzioni, alla tua dolcezza. Mi è stato difficile non … poterti ricambiare. Ma se pensi che abbia provato ripugnanza a fare l’amore con te, non è così. Forse remora, all’inizio, rimpianto, anche senso di colpa, ma non repulsione. Io … tengo a te, tanto, te l’ho già detto. E sei coraggioso, forte, tenero, saldo. E inoltre … ma forse questo non te l’ho detto mai … sei bellissimo, Frodi >>. Fa scorrere una mano sul suo volto, il petto, giù fino al fianco. << Sei un uomo che qualunque donna sarebbe onorata di accogliere dentro di sé >>.  
Il Guerriero di Odino distoglie un attimo lo sguardo. Non riesce a reprimere il rossore più intenso che sente affiorare agli zigomi, a quell’ammissione così esplicita della giovane. << Lyfia, prima che … insomma, sai che … con quello che è avvenuto potresti … incorrere in un’altra gravidanza? >>.
<< Lo dici come se fosse una brutta cosa >>.
<< E non lo è? >>.
<< Forse quando avrò preso quei dodici tredici chili, avrò le gambe di marmo e i piedi come pagnotte me lo rimangerò ma … no, non è una brutta cosa, Frodi >>. Poi lo guarda di traverso. << Ora che ci penso, sentivi proprio il bisogno di dirmelo? Penso che ormai a questo punto qualcosa l’ho capita anch’io, non ti pare? >>.
Frodi avvampa, schiarendosi la voce. << Ehm … mi spiace >>.
Lyfia scoppia a ridere, scuotendo la testa. << Sunneva … ha bisogno di un fratello. O di una sorella. E’ troppo viziata, è alta quanto un soldo di cacio e già detta legge in tutto il Palazzo. Persino lady Hilda le dà sempre ragione >>.
<< E’ figlia di suo padre. Non puoi cambiare questa realtà >>. Si risistema più comodamente sul guanciale, per permetterle di accoccolarsi contro di lui senza premere sulle ferite.
Sente la sua cara testolina dai riflessi di cielo scaldargli la spalla. Quasi ha paura di respirare: non gli pare vero, che quella verità non faccia più male, che non sia più un segreto doloroso da custodire, una menzogna patente da nascondere in qualsiasi modo.
Sì. Sunneva è figlia di Aiolia. E tutte le sensazioni contrastanti che questa circostanza generava in lui fino a poche ore prima ora sono mutate in un unico sentimento.
Lui non è un sostituto, un ben misero palliativo di colui che sarebbe stato impossibile eguagliare agli occhi di Lyfia, ma un testimone che ha raccolto la sua eredità, e avrebbe permesso a quell’uomo di perpetuare la sua fiaccola nel mondo, attraverso sua figlia e i figli di sua figlia, nei secoli a venire.
No, non è giusto nasconderlo ancora. Anche Sunne deve conoscere la verità. Deve sapere … chi fosse il valoroso guerriero che l’aveva generata; e sarebbe toccato a lui, narrarglielo.
Gli sfugge un lieve sospiro. E torna a guardare sua moglie.
<< Frodi? >>.
<< Dimmi, Lyfia >>.
<< Io devo dirti una cosa >>. Le dita affusolate sfilano tra i suoi capelli, li avvolgono intorno ai polpastrelli. Mai sono stati così vicini, complici, quasi fossero due amanti nel cuore della notte, e non due sposi da ormai diverso tempo. Anche questa è una sensazione nuova, sconosciuta e infinitamente dolce. << Non … so quanto … ci vorrà. Per me non è facile dirlo, senza farlo sembrare … una sorta di consolazione. Però … io voglio stare con te. Al tuo fianco. Come tua moglie, non per dovere ma per scelta. Puoi accettarlo, questo? >>, chiede, fremendo timorosa nell’aspettare la risposta, ma senza esitare nel fissarlo in volto.
Frodi le rivolge uno sguardo di pura gratitudine. << Sì, Lyfia >>.
<< E inoltre … vorrei darti … un figlio >>. Si tende, gli lambisce le labbra con le sue montandogli addosso, scostando la sottoveste dalle lunghe gambe sinuose. << Un maschio. L’erede … della tua gloriosa armatura >>.
Malgrado abbiano concluso da poco, Frodi avverte potente il desiderio serpeggiargli nella schiena. La morbidezza determinata di Lyfia è una droga più forte dei suoi medicamenti, il suo bacio un calice di dolce veleno da cui non può smettere di attingere.
Prima l’ha posseduta. Ora vuole venerarla, saziarla, e non soltanto per il proprio orgoglio di uomo, ma per amore.
Tira via il lenzuolo, sdraiandola sul giaciglio, senza però toglierle la sottoveste. Non subito, almeno. Sono così tante le cose che vorrebbe farle, che ha immaginato mentre giaceva al suo fianco rivolgendole la schiena, e da cui è sempre sfuggito nel terrore di perdere il controllo e obbligarla a subirle come un supplizio, piuttosto che come un’espressione di devozione.
Adesso è lì con lui, si offre fiduciosa alle sue mani. Le ultime vestigia di amor proprio virile crollano, davanti allo spettacolo della sua pelle candida, delle sue gambe leggermente divaricate, il suo viso luminoso, trepidante.
Non si chiede più se … anche con lui … abbia fatto certe cose. Nessuna di quelle domande scomode, atte a respingere il desiderio, si affaccia alla sua mente mentre si allunga su di lei a leccarle la gola, seguendone la curva vellutata fino al mento che prende tra i denti, piano, per gioco, le dita che scivolano dal costato su per i seni, titillandone i capezzoli in boccio sotto la leggera seta.
Può farlo. Finalmente può … concedersi il lusso di deliziare sua moglie, dar fondo e sfogo alle sue fantasie, condividendole con lei.
Con piccoli morsi misurati le cattura la pelle della scapola, lo sterno fino a raggiungere la gemma dura che corona la soda rotondità e risucchiandola in bocca.
Lyfia sussulta, le sfugge un gemito acuto che gli riecheggia nei lombi. Ma s’impone la calma: aspetta da troppo di darle ciò che merita, per cedere tanto in fretta. La mano cala lungo il torso sottile, s’insinua con lentezza nell’incavo sotto il ginocchio, lo tira su per accarezzare il polpaccio, la caviglia, e risale di nuovo. Il cuore di Lyfia gli pulsa in bocca, rapido, violento.
<< Frodi … >>. S’inarca di scatto, quando raggiunge il nido stillante tra le sue cosce, solleticandolo con le nocche, insistendo dove la carne è più sensibile. Non è la prima volta che la tocca, chiaramente; ma mai ha goduto così a lungo di quel contatto con la mucosa di seta calda e bagnata. Le dita di Lyfia che artigliano il lenzuolo, i piedini inchiodati nel materasso lo riempiono di nuovo ardore.
Le deve anni di rinunce forzate, dolorose, da entrambe le parti.
E’ tempo di restituirglielo. Con gl’interessi.
Si stacca dal suo seno, le rimbocca la gonna fino ai fianchi scoprendo il nucleo pulsante, ardente della sua femminilità, e le allarga le gambe con reverenza. Non ha mai osato osservarla tanto da vicino … rimane in silente, rapita contemplazione del sesso di Lyfia, smarrendosi nella perfezione rosea, delicata e lucida che conosce solo con il tatto e che l’ha sempre accolto senza remore, nonostante tutto.
Il respiro gli si spezza in gola. E ancora di più, quando rialza gli occhi su di lei che ha inclinato la testa per guardarlo, per incoraggiarlo a coglierlo, quel nettare che scintilla sui bordi setosi, frastagliati.
Allora azzarda un primo contatto, impalpabile, quanto basta ad assaporarla. Davvero è dolce come nettare, squisito come la sua bocca.
Non basta. Ne vuole ancora. Si raddrizza tra le cosce di Lyfia e si avvicina di più, indugia per qualche istante sul cuscinetto carnoso che lo protegge, prima di addentrarsi in quel fiore umido di rugiada, svolgendone i petali con le labbra, la lingua, nutrendosene come se ne andasse della sua stessa esistenza.  
Lei gli avvolge le gambe alle spalle, gli ansiti si fanno più profondi, quasi struggenti. La sugge, la divora e quando il proprio nome in bocca a Lyfia si fa disperata preghiera, torna su di lei e la penetra, con un affondo fluido; rotola sulla schiena trascinandola con sé e le afferra i glutei, incitandola a cavalcarlo.
Un invito che Lyfia non si fa porre due volte.
Allora si abbandona alla sua mercé, facendo scorrere liberamente le dita sul corpo snello appena velato di sudore. Lascia che sia lei a decidere il ritmo, quanto oltre, quanto a fondo spingersi. Preda dell’eccitazione non fa caso alle ferite, la attira giù e le sfila la sottoveste, lasciando che le loro pelli si fondano in una soltanto, abbracciandola forte, intrecciando le loro gambe, i loro respiri ansimanti.
Le sfugge un gemito caldo, pieno, e Frodi la tiene stretta a sé, ignorando le fitte al petto che non siano quelle della passione, dell’emozione rovente nel sentirla toccare l’apice del piacere. Trattiene il fiato mentre lei  s’irrigidisce, scossa dagli spasmi.
<< Frodi … >>. Le sue dita si posano sul volto del giovane, si serrano, percorrendolo con le unghie, piano, senza far male, solo cedendo all’elettricità sottopelle. La beatitudine che prova nell’avvertire il pulsare ritmico della sua carne soffice e umida intorno al proprio sesso richiama sensazioni talmente profonde che lo travolgono, subissandolo fino ad affrettare la fine.
Ma non è la fine. Lyfia gli si abbandona addosso, e gli strappa un lieve mugolio al che si ritrae preoccupata. << Scusa … >>, gli sussurra, carezzandogli le fasciature.
<< Shhh … va tutto bene, tesoro mio >>. Le bacia la tempia, avvampando davvero di consolazione, di gioia nel sentire il suo calore premergli sul petto, sul cuore. << Va tutto bene >>.
 
 

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Capitolo 9
*** 9. ***


                                 
<< Papà! >>. Sunneva, raggiante, gli corre incontro balzandogli al collo. La piccola fiera, la leonessa, che a dispetto del segno di nascita ha in sé l’orgoglio, la vitalità dirompente dell’animale più nobile dello Zodiaco.
<< Sunneva! >>. Lyfia, bella come sempre, e stanca come sempre la raggiunge arrancando. Frodi alza una mano, concede il riposo ai giovani allievi. Sono uomini, ormai; uomini devoti ad Asgard, ai suoi dei, ma anche al loro maestro che li ha guidati fin lì.
Frodi abbraccia la figlia, sentendo quel corpicino forte aumentare di peso, di altezza ogni giorno di più. Sta crescendo, ormai ha quasi sei anni: e davvero le Terre del Nord non hanno mai conosciuto una simile bellezza.
Frodi rammenta il momento, doloroso, in cui le hanno detto la verità. Che non è davvero figlia sua, che il suo padre biologico è morto molti anni prima, da eroe, salvando l’umanità. Che veniva da una terra lontana, la Grecia, ed era il proprietario del medaglione che adesso porta lei al collo.
Che il suo nome … era Aiolia di Leo, cavaliere di Athena. Ed è stato uno dei più valorosi, intrepidi guerrieri che il mondo abbia conosciuto.
Un discorso che Frodi aveva insistito perché avvenisse il prima possibile. E non era stato facile, vedere gli occhi di Sunneva riempirsi di piccole, cristalline lacrime innocenti, verdi e luccicanti come le pietre del monile che le aveva posato in grembo.
<< E tu … lo sapevi? >>.
<< Io lo sapevo da prima che tu nascessi. E’ stato lui ad affidarmi te e la mamma >>, aveva replicato Frodi con semplicità.
<< Perciò … tu non sei davvero il mio papà >>.
<< No, Sunne. Non lo sono >>.
Lei aveva taciuto per un tempo lunghissimo, le manine che tormentavano il laccio del gioiello, il capo abbassato su di esse.
Frodi e Lyfia avevano scambiato uno sguardo di apprensione. Che avesse sbagliato, nel dirglielo? Forse avrebbe … dovuto aspettare che la bambina fosse più grande, più in grado di affrontare una verità simile?
Forse … che adesso … l’avrebbe considerato meno meritevole del suo amore, dacché le aveva mentito? Quando alla fine aveva rialzato lo sguardo, era serio. Ma non piangeva. Aveva coraggiosamente ingoiato le lacrime, tanto che le guance si erano fatte rosse, per lo sforzo. << Ma … posso ancora … chiamarti papà? >>.
Il cuore di Frodi si era sciolto in una pozza di tenerezza. Aveva abbracciato Sunneva stretta, meno bravo di lei a trattenere il pianto. << Certo, piccola mia. Puoi >>.
Da allora non era cambiato nulla, o quasi. Solo, in certi momenti la curiosità inevitabile della bimba prendeva il sopravvento e le sfuggiva una domanda. Com’era … mio padre? Gli somiglio? Perché era venuto fin qui dalla Grecia? E qui Frodi le narrava pazientemente ogni cosa, sereno, senza provare alcuna angoscia, o invidia, o livore, perché alla fine immancabilmente Sunneva concludeva: << Non voglio che pensi che ti voglio meno bene, sai. Per me sei sempre tu, il mio papà >>. Allora l’abbracciava forte, e lui le faceva il solletico, per sentirla ridere.
Come adesso. Ride, Sunne; e sua madre scuote la testa. << Ma insomma, quando ti deciderai a mettere un po’ di buon senso? Sei grande, ormai >>.
<< Lasciala stare >>, risponde Frodi.
<< Guarda che ce l’avevo con te >>. Lyfia chiude la mano a pugno sul fianco; e Frodi posa per terra la bambina per andarle incontro. << Ma davvero? >>.
<< Davvero >>. Lyfia gli allaccia le braccia al collo. Di solito è refrattaria alle dimostrazioni d’affetto in pubblico, ma dacché sembra così … bendisposta, Frodi non può far altro che assecondarla. La attira al petto nudo, scintillante di sudore e la bacia, non troppo intimamente ma con passione, premendo forte le labbra sulle sue.
La voce di Sigmund li fa trasalire entrambi. << Che avete voi da guardare? Forza, al lavoro! Duemila flessioni >>.
I cori di protesta si levano alti. << Ma nobile Sigmund … >>.
<< Tremila >>.
Tutti si azzittiscono di colpo. << E voi, vi ricordo che ci sono bambini presenti … >>, scherza Sigmund, appressandosi ai due.
<< Oh, è vero. Scusa, Sunne >>, fa Frodi, avvampando all’istante.
Sigmund scuote la testa, accennando col mento in direzione dei giovani allievi. << Io intendevo quelli, in realtà >>.
<< Oh, Sigmund … poveretti >>, intercede Lyfia. Sigmund distoglie lo sguardo argenteo: nonostante le rassicurazioni di Lyfia, che non gli serba rancore, lui si sente ancora in imbarazzo davanti a lei.
Porge la mano alla bambina. << Vieni, Sunne, andiamo a vedere cosa combina zia Freya … >>. La conduce con sé, ma non prima che la bambina abbia rivolto ai suoi genitori quel suo sorriso speciale, luminoso. Il sorriso che riempie ogni cosa d’amore.
Frodi si volta verso Lyfia, accarezzandole la guancia. << Come sta il nostro piccolo eroe? >>.
<< Sta bene. Dorme. C’è Saskia con lui >>. Lyfia sorride, prendendogli una mano nella propria. << Ma … non è di lui che sono venuta a parlare … >>.
<< No? >>.
Scuote piano la testa, poi si avvicina, gli sussurra nell’orecchio. E Frodi impallidisce. << Davvero? >>.
<< Ah ah >>.
<< Cioè … di nuovo? Ne sei sicura? >>.
<< E’ il secondo mese. Quindi, sì, dopo due figli direi che ne sono abbastanza sicura >>.
Frodi la fissa incredulo. Un altro figlio … e il secondogenito ha compiuto da poco due anni.
Un maschio, come aveva desiderato Lyfia. L’erede dell’armatura di Gullinbursti, il ritratto di Frodi eccezion fatta per gli occhi, dello stesso taglio e colore di quelli della madre. Un bimbo … meraviglioso almeno quanto la sorella, ma a differenza di questa calmo, pacifico; già dopo la nascita si era dimostrato un tranquillo neonato che mangia e dorme, non piange quasi mai, e che a dispetto di ciò che si sarebbe potuto pensare, è diventato immediatamente il beniamino della primogenita. Bisogna vederla affaccendarsi intorno alla culla, per farlo ridere, solleticarlo, far volare dei piccoli uccellini di carta colorata che costruisce con una dedizione assoluta. Ha imparato a lavorare d’ago da Freya per ricamargli un bavaglino col suo nome, dai caratteri un po’ tremolanti, vero, ma pieni d’affetto.
Tutto, per il suo cucciolo. Lei lo chiama così.
E adesso … ce n’è un altro in arrivo. E’ già il terzo … quasi teme un po’. Anche se Lyfia è giovane e forte, e le sue gravidanze di solito sono serene, i parti facili e rapidi, è pur sempre una grande prova quella che sua moglie si ritrova ad affrontare ogni volta. 
Se solo fosse stato un po’ più attento … ma non è riuscito a ritrarsi da lei abbastanza velocemente. Mentre erano avvinghiati, ansimanti, sudati, sul limite estremo del loro amplesso, Lyfia gli aveva preso il volto tra le mani, infilandogli le mani tra i capelli.
<< Ti amo … >>, gli aveva sussurrato, cercandogli la bocca. E Frodi non aveva trovato la forza di spezzare quell’incantesimo; nel raccolto segreto della loro camera da letto l’aveva stretta più forte a sé, avvolgendosi le sue gambe intorno alla schiena, la sua lunga chioma intorno a loro due, come una cortina di seta.
Lo ricorda come uno dei momenti più preziosi della sua esistenza. Ancora adesso, quando chiude gli occhi, rivede sua moglie sopra di sé, risente le sue dita delicate artigliargli la schiena, le loro gambe intrecciate. La dolcezza del suo respiro affannato. La mano che gli sfiora la guancia, tenera e vellutata.
Come adesso. << Lyfia … >>.
<< Chiunque abbia malignato su di noi si sta ben rimangiando le sue cattiverie >>, sentenzia lei ridendo. << Se non ti conoscessi direi che hai intenzione di metter su un’intera legione di guerrieri di Asgard … >>.
Un lieve schiarimento di voce interrompe quell’attimo d’intimità. Ma Frodi non ha il coraggio di rimproverare il ragazzo che si è avvicinato a loro. << Signore. Volevo solo porgerle le più sentite congratulazioni a nome di tutti, signore >>, dice serio, ma gli occhi scuri brillano.
Frodi si volta verso di lui. << Sigurd? >>.
<< Sì, signore >>.
<< Quattromila >>.
<< Sìssignore! >>.
<< No, Frodi! >>.
<< Comincio a capire Sigmund. Effettivamente sono sfiancanti >>.
<< Non parli sul serio >>.
Frodi le sorride. << Hai detto … due mesi? >>.
<< Sì >>.
Fa qualche rapido calcolo. E sorride tra sé, scuotendo la testa. << L’hai pensato anche tu, vero? >>.
Lyfia si morde il labbro. Poi annuisce. << Sì. Ma non è detto >>.
<< Dovrebbe, invece >>. Le cinge le spalle con un braccio, posandole un bacio sulla testa. << Sarebbe … perfetto >>.
Lyfia non dice nulla, solo trattiene le mani nelle sue, stringendole piano. << Un piccolo Leo … >>, sussurra, ma il suo viso esprime la tranquillità di chi sa che non ha nulla da temere, che non rischia di venire travisata. Ed è così. << O una piccola Lea. Così Sunne potrà insegnarle a cucire >>.
Lyfia ride, e Frodi le accarezza il ventre, con dolcezza. Fuori è buio, ma dentro il corpo della sua giovane, bellissima sposa si agita un fremito di luce divina. La guarda negli occhi, e lei gli sorride.
<< Ti amo >>, mormora, prima di tendersi a baciarlo di nuovo. E non può non pensare ch’è stato grazie … al morso appassionato del Leone, se le funi che trattenevano Lyfia dal riaprire il suo cuore alla vita sono cadute. Un sacrificio doloroso ma necessario, per curarle l’anima.
Frodi la stringe tra le braccia, levando lo sguardo al cielo. Ovunque egli sia, sa che veglia su di loro, come un angelo, uno spirito guerriero che mai domo tiene fissi su quella piccola famiglia di Asgard i suoi occhi scintillanti identici a quelli della figlia, gioendo nel vedere come l’uomo a cui ha affidato i beni più preziosi che un essere umano possa avere su questa Terra si prenda cura di loro, disposto a qualsiasi cosa pur di proteggerli.
E sì, sarebbe davvero perfetto … se il nuovo germoglio di vita nel grembo di Lyfia venisse alla luce sotto quel segno tanto valoroso, che condivide anche lui.
Chissà. Malgrado i loro credi siano differenti Frodi ci spera, che un giorno possano incontrarsi di nuovo. Se esiste un luogo dove le anime dei giusti che hanno combattuto per la pace, la verità e la giustizia possono ritrovarsi a prescindere dagli dei che venerano, be’, si augura che accada.
Molto più in là, ovviamente. Perché adesso ha ancora tanto da fare, da dare. Da vivere, assieme ai suoi cari.
<< Andiamo a casa >>. Lyfia si appoggia teneramente a lui, la mano posata sulla pancia appena arrotondata come a custodire un tesoro. Forse … quando il bambino sarebbe nato, e cresciuto abbastanza da poter affrontare un lungo viaggio, avrebbero potuto condurre Sunne … indietro sul cammino delle sue origini. A Sud, a conoscere il sole che le ha donato quei colori sfavillanti. A vedere la casa di suo padre, la sua terra, il suo mare.
Abbassando lo sguardo su Lyfia raggomitolata contro di sé, però, un leggero fremito lo scuote. Una folata di vento caldo, denso di profumi che non appartengono alle gelide lande sterminate di Asgard gli solletica la nuca. Sa … di fiori, di erbe selvatiche, di salsedine. Un respiro dal lontano Mediterraneo, verde e turchese, che sbatte contro le bianche scogliere di Grecia, laggiù, dove il mondo come lo conosciamo oggi ha avuto inizio. Dove millenni addietro una città ha eletto come divinità tutelare la Vergine Athena, divenendo culla di una civiltà che ancora oggi si fa scudo della devozione in Lei, per difendere l’umanità. 
Efcharistíes, risuona nelle sue orecchie. Una parola che non conosce, ma che si posa nella sua anima, a fondo, con dolcezza. 
<< Hai … sentito? >>, chiede a Lyfia.
Lei batte le palpebre, stranita. << Cosa? >>.
<< Nulla >>. Le sfrega la mano sul braccio, continuando a condurla fin sulla porta di casa. Le cede il passo, e una volta solo indugia per qualche istante sulla soglia. Ascolta le voci di sua moglie e della ragazza, il verso gioioso del bimbo sveglio che vede la mamma tornare.
Chiude gli occhi. E sorride.
Grazie a te, Aiolia.
Grazie … amico mio.

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