Mermaid Tales

di CHAOSevangeline
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo ottavo ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


Mermaid Tales




I.
 


Il suono del mare aveva sempre avuto qualcosa di ipnotico, per Viktor; quando era calmo sapeva essere ancor più di conforto di una costante come il silenzio.
Il suono del mare era presente, continuo, ma non turbava la quiete abbastanza da farsi riconoscere, al contrario della talvolta prepotente assenza di suoni. Era un calmo compagno che Viktor poteva immaginare intento a camminare al suo fianco, sul ponte tirato a lucido del maestoso vascello in legno massiccio.
Erano per mare da quasi un mese, lui e la sua ciurma. Le correnti erano state tanto favorevoli da far mormorare a gran parte dell’equipaggio qualche previsione sul glorioso futuro da navigatore del rampollo della casata Nikiforov.
Erano giunti al largo delle ultime coste insulari dell’Asia da una settimana ormai, e da quel momento le giornate di Viktor e del suo quartiermastro si erano composte di carte geografiche, compassi e bussole per tracciare e seguire una rotta dettata unicamente dall’istinto.
Non era difficile raggiungere la propria meta, il largo dell’oceano. Ciò che metteva in difficoltà era attendere, avere la fortuna necessaria per trovare ciò che cercavano.
Forse la ciurma era stata troppo ottimista e avventata nel convincersi che avrebbero raccolto il loro bottino quasi strada facendo, senza nemmeno fermarsi e compiere il minimo sforzo; neanche il loro trofeo di caccia fosse tanto stolto da gettarsi dritto tra le loro braccia.
Viktor aveva vissuto a corte tutta la propria vita e questo tempo era stato più che sufficiente a vedere uomini su uomini fare ritorno a mani vuote, venire additati perché incapaci di catturare il requisito necessario per il rito di passaggio che dava lustro alla sua gente.
Come era giunta l’ora per tutti quegli uomini, adesso era arrivata anche per Viktor.
La sola differenza era la gravosità delle aspettative adagiate sulle sue spalle, più elevate rispetto a quelle nutrite per gli altri: Viktor era un principe, un giovane uomo che ben presto sarebbe divenuto re.
Ma se per una guardia ciò che stava cercando lui era solo un superfluo bottino per guadagnare del prestigio in più, per Viktor era una questione di vita o di morte. Per lui, così come per tutti i suoi sudditi: un insuccesso avrebbe voluto dire che il loro futuro re ancora non era in possesso dei requisiti per governare.
Non si trattava solo di qualche battuta su un fallimento, su una presa in giro da locanda di cui tutti si sarebbero scordati quando qualcun altro non si fosse dimostrato all’altezza; c’era in gioco il futuro del regno che gli spettava di diritto.
Il suo popolo non poteva rimanere senza un sovrano.
Le dita di Viktor scorsero sul parapetto intarsiato. L’indice stuzzicò uno smeraldo incastonato nel legno senza nemmeno guardarlo. Era il punto della nave da cui preferiva osservare il mare, quello: a metà esatta del ponte, dove poteva scrutare le cose senza la posizione privilegiata di chi guardava l’orizzonte da prua e senza sentirsi il meno favorito, a poppa.
Avrebbe avuto un orizzonte diverso per ogni punto della nave da cui sceglieva di guardarlo, quello era solo il suo preferito. Gli piaceva pensare che non cambiasse.
Viktor conosceva a memoria ogni pietra, ogni intaglio del legno della sua nave.
Il palmo scivolò sulla coda di un tritone, che brillava di scaglie di zaffiro.
Il suo popolo credeva che il numero di pietre ad impreziosire un vascello fosse il requisito decisivo per far pendere l’ago della bilancia verso la vittoria del capitano dell’impresa. Più erano le pietre, maggiore era la fortuna.
Suo nonno Yakov aveva fatto del proprio meglio per assicurare a Viktor la riuscita di quel viaggio.
Un sospiro uscì dalle labbra schiuse dell’uomo.
Le spalle erano appena coperte da una giacca di velluto rosso, che Viktor aveva sistemato su di esse giusto per proteggersi dalla quieta brezza marina che gli sferzava il volto. Le ombre degli zigomi sporgenti e della mascella decisa erano accentuate per contrasto dalla cascata argentea che erano i suoi capelli. Nessun impedimento tratteneva la fluente chioma dell’uomo, lasciata libera sulle spalle e sulla schiena.
Il mare aveva inghiottito da ore il sole, così come aveva inghiottito la rete di corda spessa che lui stesso aveva contribuito ad intrecciare.
Viktor adorava occuparsi della prima ora del turno di guardia: era l’unico momento della giornata in cui poteva davvero stare in pace a pensare.
Avrebbe dovuto scegliere con cura, poi, i marinai da inimicarsi perché costretti al turno notturno di guardia, quando lui sarebbe rientrato.
Il buio era uno svantaggio per loro, che si muovevano sulla superficie del mare, ma lo era anche per qualunque cosa vivesse e nuotasse sotto di loro; dovevano essere pronti ad ogni evenienza e il ponte non poteva rimanere sguarnito.
Viktor sfiorò le fibre scure della corda, umide e pregne di salsedine.
L’avrebbe tanto voluta tagliare.
Solo un disertore, qualcuno che voleva compromettere la sua impresa, avrebbe potuto compiere un gesto del genere. Ma nessuno avrebbe potuto giustiziare l’intera ciurma senza una prova certa di chi fosse stato.
« Ancora niente? »
Christophe lo credeva frustrato per la caccia infruttuosa.
Lo credeva così tanto frustrato che ormai le sue continue domande erano diventate insopportabili.
« Nessuno ha iniziato ad urlare agli uomini di uscire, perciò direi che la situazione è piuttosto tranquilla. »
Christophe era un suo vecchio amico e suo padre il chiaro esempio di un uomo che aveva guadagnato prestigio solcando i mari; altrimenti una famiglia nomade come la sua non sarebbe mai stata accettata.
Christophe era il suo quartiermastro, selezionato appositamente da Yakov per le, a detta sua, abilità intrinseche del suo sangue.
Viktor era convinto che Christophe sarebbe salito su quella nave anche a costo di nascondersi nei barili di scorte per il viaggio.
« Quindi sei nervoso. »
Gli occhi azzurri di Viktor si alzarono e guardarono il cielo stellato.
Nel muoverli gli era parso di vedere la corda tendersi, ma era stata semplicemente un’impressione. Dettata dal timore che fosse accaduto davvero, dal desiderio che non fosse così.
« Sei tu che mi rendi nervoso. Sei ansioso di tornare a casa? »
« Tu non lo sei? »
« No », rispose Viktor. « Se stare qui significa potermi scordare che al mio rientro dovrò tornare a cercare qualcuno con cui governare quando sarà il momento, allora che mi diano pure per disperso. »
Un colpo sulla fiancata della nave.
Viktor abbassò gli occhi, ma sia lui che Christophe non batterono ciglio. Il mare trasportava continuamente loro contro detriti; un uomo aveva addirittura pescato un messaggio in bottiglia scritto in un’altra lingua.
Era la lettera, la cosa più interessante: chissà cosa volevano dire i simboli impressi sulla carta. Viktor non avrebbe di certo speso il viaggio cercando di tradurla, magari non lo avrebbe nemmeno mai fatto, ma il marinaio in questione aveva gettato a mare il messaggio preferendo l’uso pratico della bottiglia, con cui aveva reso portatile la propria razione di vodka.
Il capitano lo avrebbe almeno conservato.
« Essere il principe inizia a starti stretto, Viktor? »
« Chi lo sa », rispose l’uomo dai capelli argentei. « Magari smetterà quando potrò mandare allo scatafascio il paese emanando leggi discutibili. »
Era sempre serio, quando scherzava. Era il suo modo di fare battute.
Prima che Christophe potesse ribattere con una risata comprensiva, però, la corda accanto alla mano di Viktor si tese ancora, questa volta così tanto da far credere all’uomo di averne udito il suono forzato.
Un rapido scambio di sguardi e subito Christophe corse a chiamare il resto della ciurma.
« Ne abbiamo preso uno! »
Tra le onde spumeggianti sotto di loro, Viktor avvertì un’agitazione tale da rendere il suono del mare decisamente meno invitante.
Bracciate. Codate.
Qualsiasi movimento necessario a liberarsi.
Nel nero del mare, solo la schiuma bianca dava luminosità.
Viktor aveva sempre saputo mantenere il sangue freddo, ma finché la rete si sollevava in autonomia grazie al meccanismo di pesi e leve di cui ogni nave del suo paese era munita, si rese conto di non esserne in grado.
Solo i passi concitati degli uomini lo riscossero e le mani di Viktor si aggrapparono ad una delle estremità della cima per attirare la trappola a bordo, quasi ad affrettare il processo.
C’era una strana eccitazione nello scoprire se finalmente fosse giunto all’obiettivo per cui era lì, ma aveva anche paura. Paura perché non voleva davvero catturare qualcosa, pur essendo consapevole che fosse necessario per sé, per il proprio popolo.
Per una volta nella vita Viktor non riusciva ad essere egoista.
Le mani bruciavano intorno alla fune, i palmi arrossati. Ogni movimento delle braccia corrispondeva ad un urlo degli uomini e gli incitamenti di Christophe, per quanto gridati, giungevano ovattati alle orecchie di Viktor.
Era lì.
C’era davvero qualcosa, in quella rete.
Si dimenava, incastrato tra le corde. Le braccia si dibattevano così come avevano in acqua.
Gridava.
Chiedeva aiuto, di lasciarlo andare.
Era straziante.
Con un ultimo sforzo, la rete ormai pesante fu sulla balaustra e subito dopo sul ponte, per il continuo muoversi del nuovo arrivato a bordo. Cadde dalla balaustra con un tonfo.
Viktor lo osservò.
Le dita della creatura erano strette intorno alla corda, nel vano tentativo di allargare la fitta rete in modo da liberarsi.
Le scaglie cangianti rilucevano sotto le fiamme delle lanterne.
Un tritone.
Tutta la pelle del suo corpo, umana o animale che fosse, era coperta d’acqua. Viktor giurò che le gocce sotto i suoi occhi fossero però lacrime.
Si sentiva un mostro.
« Viktor… »
Era la voce di Christophe.
Viktor conosceva la prassi e con un altro capitano quella creatura avrebbe incontrato la morte in pochi istanti: la sua voce poteva essere letale per tutta la ciurma.
La mano di Viktor si avvicinò alla cintura, le dita sfiorarono la fondina contente la pistola.
Gli occhi del tritone si sgranarono, ma continuò a non dire nulla, scuotendo la testa.
La mano di Viktor raggiunse poi un altro gancio, da cui pendeva una lunga striscia di stoffa.
Si avvicinò e dopo essersi chinato sul tritone che ancora si dimenava, Viktor si fece largo con le mani tra le corde. La presa più lenta della rete gli costò un colpo di pinne alle caviglie, ma fu abbastanza rapido da stringere il bavaglio intorno alle labbra della creatura prima di ricevere altri colpi.
Voleva solo mantenere calma la ciurma, perché non aveva sentito nulla che non fosse una richiesta d’aiuto o una supplica provenire dalle labbra del nuovo arrivato a bordo: non vedeva perché ucciderlo.
Solo un braccio del tritone scappò alla presa delle corde e con una mano riuscì a colpire involontariamente la guancia di Viktor. Dal graffio che risultò per quel colpo, che non era altro se non un disperato tentativo di aggrapparsi a qualcuno nonostante fosse il suo stesso aguzzino, non fuoriuscì che una goccia di sangue.
Viktor non aveva fatto una piega, ma lo stesso non si poteva dire di Christophe. Il calcio della sua arma colpì la nuca della creatura, che rovinò a terra.
Viktor alzò lo sguardo.
Non era mai stato tanto indignato come in quel momento del viaggio.
« Ho forse detto che era necessario? » sibilò.
Christophe, dal canto suo, parve avvertire il pericolo.
Viktor si chinò sulla sua preda, in silenzio.
« Facciamo rotta verso casa », disse solamente Viktor, mentre le braccia si avvolgevano intorno al corpo del tritone per sollevarlo. « Partiamo subito. »
In quel momento voleva solo sfuggire dal mare il più possibile.


 


Calore.
Era una sensazione strana, per Yuri: l’oceano era accogliente, tiepido.
Ma mai così caldo.
Gli sembrava quasi che un fuoco stesse divampando accanto a lui. Sapeva di cosa stava parlando: aveva visto una nave affondare, una volta, distrutta dallo stesso olio che doveva fruttare a chiunque vi fosse a bordo una fortuna.
Aprì gli occhi su un soffitto scuro, di legno. Sembrava lo stesso di quella nave che aveva visto affondare, ma sapeva così poco, di elementi della terra ferma, da non esserne certo.
Mosse le braccia e le scoprì libere dall’impaccio delle corde.
Se solo non avesse avvertito quel calore e visto quel soffitto, Yuri si sarebbe convinto che quello che aveva appena interrotto era in tutto e per tutto un incubo.
« Sei sveglio. »
Si tirò a sedere in fretta e furia.
A qualche metro da lui, dietro una scrivania che era tutt’uno con il pavimento, c’era l’uomo dai capelli argentati che aveva graffiato.
L’istinto di Yuri fu quello di premersi contro la testiera del letto, agitato.
« Stai calmo, io… » L’uomo si era alzato, dirigendosi verso di lui. « È troppo tardi ormai, ma non avevo intenzione di farti del male. »
Aveva ancora il bavaglio.
L’uomo avvolto nella blusa color avorio lo raggiunse e si chinò.
« Ti tolgo questo, d’accordo? »
Yuri rimase immobile. Tremava come una foglia, terrorizzato.
Le dita altrui raggiunsero il nodo dietro la sua nuca, sfiorarono appena i suoi capelli e ad ogni tocco il tritone trasalì, terrorizzato.
Voleva solo andarsene, scappare, tornare a casa. Ma non poteva.
Quando il laccio di stoffa fu lontano dalle sue labbra, si strinse nelle spalle.
« Sai, tutti i miei uomini pensano che sia fondamentale uccidere subito un tritone o una sirena appena sale a bordo. Usano la loro voce per giocare con la mente delle persone, a detta loro. » Viktor si chinò. « Ma tu non l’hai fatto. Ti sarebbe stato più utile che gridare. »
Così vicino, Viktor riusciva a vedere gli occhi castani della creatura. Aveva davvero pianto, arrossati e gonfi com’erano. Credeva di averlo udito singhiozzare anche nel sonno.
Ancora nessuna risposta.
Viktor non era spazientito.
« Non puoi parlare? »
Nemmeno un cenno.
« Magari nemmeno mi capisci. »
Un piccolo sospiro da parte del russo prima che si sollevasse, solo a quel punto il tritone raccolse il coraggio necessario per dire qualcosa.
« Ti capisco e… posso parlare », mormorò.
Nell’espressione di Viktor parve accendersi qualcosa che l’altro non riuscì a definire. Curiosità? Una leggera gioia nell’aver ricevuto risposta?
Si chiese perché si stesse anche solo interessando all’emozione provata dal suo carnefice.
« Come ti chiami? »
Viktor era tornato con il volto all’altezza di quello del tritone, cosa a cui quest’ultimo non era davvero abituato: anche sotto strati e strati d’acqua le gerarchie esistevano come esistevano in qualsiasi villaggio costiero o d’entroterra. Nessuno gli si avvicinava mai troppo: era sempre stato abituato ad essere guardato dall’alto.
I suoi simili erano l’unico esempio che avesse mai avuto, ma si sarebbe aspettato che anche gli umani si comportassero allo stesso modo, soprattutto con qualcuno di diverso come lui. Dopotutto questo raccontavano le leggende.
« Yuri. »
« Io sono Viktor. »
Il rumore delle onde tornò ad essere l’unico protagonista della conversazione.
Viktor sapeva di dover dire qualcosa, magari per giustificare le azioni che agli occhi di quella creatura, no, di Yuri dovevano apparire tanto immotivate. Odiava le domande, odiava dovere delle risposte agli altri, ma quella volta sarebbe stato ben felice che Yuri lo interrogasse anche tutta la notte. Chissà, magari così anche Viktor sarebbe stato in grado di fare chiarezza sulle proprie intenzioni, di elaborare un buon piano per quando sarebbero arrivati a casa.
Ma se queste erano le speranze di Viktor, Yuri era di tutt’altro avviso: non credeva nemmeno di essere nella posizione di fare domande, non credeva di averne il diritto.
Questa sua convinzione si vedeva dal modo in cui, seduto sul letto, si era rannicchiato in un angolo, contro la parete di legno, quasi aver osato occupare più spazio del necessario mentre dormiva fosse oltre ciò che poteva permettersi.
Le lanterne che illuminavano la stanza e la calma di cui Viktor non disponeva la prima volta che lo aveva visto gli permisero di notare delle piccole fessure ai lati del collo di Yuri. Dovevano essere ciò che usava per respirare, ma i segni sulla pelle erano tanto sottili che Viktor non riusciva davvero a trovarli brutti.
I tratti del volto erano orientaleggianti, un paio di grandi occhi castani a mandorla, il volto tondo e le labbra carnose, insieme al naso leggermente schiacciato.
I capelli corvini, che Yuri aveva azzardato portare indietro una mano perché non gli coprissero il viso, parevano brillare di una luce bluastra, quasi alcuni dei sottili fili della sua chioma fossero del colore del mare.
Ciò che davvero affascinava Viktor, però, era la coda di Yuri: non era troppo robusta e forse proprio in questo stava la sua bellezza.
Le due pinne all’estremità inferiore, così come quella che spuntava da sotto il corpo di Yuri, parevano quasi fatte di un prezioso tessuto velato, impreziosito dalle nervature che davano loro forma.
Le scaglie cangianti, le pinne, erano un continuo gioco di azzurri e di blu, di turchesi e argento che incantava Viktor.
Aveva visto diverse sirene nella propria vita, portate come pegno delle caccie alla corte di suo nonno. Eppure non una di esse respirava o aveva negli occhi lo stesso bagliore vitale che poteva ancora vantare Yuri.
Erano delle creature maestose, eleganti anche al di fuori della propria casa, il mare.
Si chiedeva se fosse l’unico umano a pensarlo.
Vide la coda di Yuri muoversi e a quel punto capì che forse fissarlo in quel modo lo aveva messo a disagio.
C’era una domanda che ronzava prepotentemente nella testa di Yuri, che martellava forse più forte della paura.
Come negli occhi di Viktor c’era la luce della curiosità, anche nella sua testa ce n’era.
Voleva sapere perché lo avesse risparmiato, perché invece del bavaglio non avesse usato un proiettile. Perché stesse compiendo quello che era un atto di fiducia del tutto immotivato, senza avere la garanzia che fosse innocuo.
Anche se avesse potuto, Yuri non avrebbe ordinato a Viktor di uccidersi, a differenza della maggior parte dei suoi fratelli e sorelle.
Yuri non avrebbe nemmeno lasciato uno di loro da solo nella trappola in cui lui stesso era caduto, complici le tenebre del mare; anche a costo di essere catturato a propria volta avrebbe fatto il possibile per aiutare.
Aveva passato gli ultimi attimi a fissare Viktor solamente con la coda dell’occhio, non volendo osare di più. Poi aveva visto le sue dita muoversi e il suo corpo si era irrigidito.
La mano dell’uomo era terribilmente vicina alla sua coda, eppure il piccolo sussulto di Yuri lo aveva frenato.
Gli occhi celesti di Viktor avevano subito interrogato Yuri, quasi a chiedergli mutamente il permesso e in tutta risposta, anche se con confusione, la pinna caudale di Yuri si era mossa, lentamente, ondeggiando.
Il cuore martellava ancora nel petto, ma Yuri stava cominciando a sentirsi più rilassato.
Le dita calde di Viktor sfiorarono le scaglie della sua coda e il tritone rimase in silenzio.
Qualcosa, nella mente di Yuri, scattò.
Quel tocco in cambio di qualcos’altro, pensò.
« Perché mi hai risparmiato? »
Un filo di voce, ecco cos’era uscito dalle sue labbra. Yuri non aveva la forza necessaria per qualcosa che richiedesse più energie. La lieve scossa che aveva percorso il suo corpo dopo le dita di Viktor lo aveva convinto che forse tentare un dialogo con quella domanda non avrebbe avuto delle tremende conseguenze, che Viktor non si era scordato di ucciderlo in virtù della curiosità, ma che non aveva mai avuto intenzione di farlo.
« Perché non sono salpato con l’idea di uccidere qualcuno », rispose Viktor.
Le labbra si erano mosse quasi da sole, come se la risposta fosse già pronta nella sua mente. Non aveva staccato gli occhi dalla coda di Yuri, soltanto i polpastrelli, prima di puntare il proprio sguardo in quello della creatura.
Le scaglie erano strane al tatto, sembravano ruvide, ma anche scivolose, quasi vi fosse una trama segreta che le sue dita riuscivano a malapena a sentire prima di scivolare altrove.
Avrebbe voluto sfiorare anche le pinne, ma aveva temuto potesse essere troppo.
« Per quello che vale, mi spiace averti fatto una cosa simile », aggiunse. « Ma non posso lasciarti andare. »
Le spalle di Yuri si afflosciarono a quella scoperta. Non disse nulla, annuì soltanto, un sorriso amaro ad incurvargli le labbra.
« Questo lo immaginavo. »
La paura, che mai si era spenta, tornò a rimontare con rapidità all’interno del corpo di Yuri. Sentì le stesse lacrime tempestose di poco prima minacciare di scorrere nuovamente lungo i suoi zigomi, ma si trattenne, si aggrappò al lenzuolo per riuscire a trattenersi.
Forse a qualcun altro sarebbe parso codardo, eppure Yuri non vide alcuna ragione nel singhiozzare, nel dibattersi: Viktor era stato molto chiaro.
E Viktor era una persona decisa. Yuri non poteva saperlo, ma lo sentiva.
Decisa, ma con un cuore.
Il russo fu costretto ad alzarsi, il volto coperto da una maschera di indifferenza che i suoi occhi tradivano completamente.
« Dormirai su una branda. Devo asciugare il materasso. »
Yuri sussultò e annuì. Avrebbe voluto approfondire dove Viktor avrebbe trascorso la notte, ma quando lo vide chinarsi per sollevarlo si limitò a reggersi a lui.
Doveva averlo già spostato così: le sue scaglie erano intatte, nessun segno di escoriazione sulle braccia, esclusi i lividi dovuti a dove le corde avevano stretto troppo.
Quando Viktor lo adagiò sul suo nuovo giaciglio parve accorgersene, come Yuri si accorse della sua espressione costernata.
L’uomo si voltò per occuparsi di ciò che doveva.
Grazie al cielo aveva un impiego che lo obbligava a dare le spalle a Yuri: la vista del tritone lo logorava un poco ogni volta. L’idea di aver privato della libertà qualcuno lo feriva, ma non c’era molto che potesse fare, al momento, per essere perdonabile.
Viktor non era una persona poco loquace, ma non sentiva sempre il bisogno di riempire il silenzio.
Non come allora, almeno.
« Puoi stare nella mia cabina, di giorno », cominciò. « Il viaggio per tornare indietro non sarà troppo lungo. Dovrei portarti io sul ponte, ma se vuoi prendere una boccata d’aria penso sia meglio che tu lo faccia di notte: credo che la ciurma si agiterebbe e vorrei evitare un attacco di panico come quello di Christophe. »
Che dovesse scusarsi anche per quello?
Se ne scordò del tutto per l’immagine che si stagliò davanti ai suoi occhi. Dopo essersi voltato, le lenzuola del proprio letto in mano, gli occhi di Viktor si scontrarono con qualcosa che non avrebbe mai creduto di poter vedere.
La coda di Yuri, che lo avvolgeva da quella che per un normale umano sarebbe stata la sommità dei fianchi, iniziò a svanire. Lentamente, in un modo che Viktor non avrebbe saputo descrivere.
Sembrava quasi che qualcuno stesse lentamente tirando le sue pinne, facendo scivolare le scaglie come fossero stoffa lungo quelle che, Viktor se ne rese conto quando ormai fin troppa pelle era in vista, erano proprio delle gambe.
Lunghe, snelle e affusolate.
Yuri aveva iniziato a guardarsi intorno, facendo scorrere gli occhi lungo le costine dei libri: non sentiva il bisogno di controllare a vista Viktor, non più. Non avrebbe cambiato nulla.
Quando iniziò a sentirsi osservato e si voltò, dando fondamento alla propria sensazione e accorgendosi poi del cambiamento del proprio corpo, Yuri sussultò.
Non ci aveva pensato.
Senza nemmeno tentare di coprirsi guardò Viktor.
« Succede quando le nostre code si asciugano, perciò… »
Le scaglie intanto parevano essersi ritirate fino agli alluci di Yuri, allora della sua coda era sparita ogni traccia, come se non ci fosse nemmeno mai stata.
L’azione più brusca che Viktor avesse compiuto fino ad allora fu gettargli contro il lenzuolo umido, prima di raggiungere l’armadio.
I suoi occhi avevano indugiato troppo sul corpo di Yuri e troppo a lungo, con troppa attenzione.
Il tritone non aveva apertobocca.
« Ti avrei coperto prima, se me lo avessi detto! »
Un cipiglio confuso fu la nuova espressione di Yuri.
« Noi non ci copriamo mai. »
Viktor gli porse una blusa e dei pantaloni.
« Ma noi sì! »
Forse più che di quell’insolita abitudine delle sirene, Viktor avrebbe dovuto preoccuparsi del fatto che il suo prigioniero avesse un paio di gambe con cui muoversi liberamente per la nave.





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È da un po' che non mi faccio vedere nel fandom di Yuri on Ice e mi dispiace un sacco.
Mi sono ritrovata con diverse idee in cantiere, ma non riuscivo ad arrivare con nessuna storia ad un punto che mi permettesse di postarla senza timore di lasciare tutto a metà: oramai mi sono abituata ad avere almeno un buon 50% di fanfiction completa prima di pubblicarla, ma non riuscivo a raggiungere questo traguardo.
Grazie al cielo pochi giorni fa l'ispirazione mi ha colta e sono riuscita ad arrivare quasi alla conclusione di questo racconto, una minilong che avrà bisogno di diverse rifiniture, ma che almeno mi sono lasciata convincere a pubblicare.
Convincere perché tutt'ora mi rende incerta, come mio solito quando scrivo qualcosa.
Questa idea è partita come una fiaba raccontata sottoforma di one-shot, una di quelle lunghissime, ma comunque autoconclusive. Poi non so cos'è successo e si è trasformata in una storia a capitoli che di fiabesco ha solo le sirene, dato che non mi pare di essere stata troppo clemente con nessun personaggio.
Evitando di rendere queste note più lunghe del capitolo stesso, mi auguro davvero che questo primo capitolo vi sia piaciuto o che quantomeno vi abbia incuriosito abbastanza da voler proseguire la lettura della storia. Spero anche vi vada di dirmi cosa ne pensate: mi fareste infinitamente contenta!
Se riesco a seguire la tabella di marcia che mi sono imposta dovrei riuscire a pubblicare un capitolo nuovo a settimana, giusto per non lasciar intercorrere troppo tempo tra una pubblicazione e l'altra.
Grazie a chiunque abbia letto fino a qui e alla prossima!

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


II.



 
 
Tre giorni.
Tre giorni di viaggio in cui le vele della casata Nikiforov erano state gonfiate da venti favorevoli per riportare in patria Viktor e la sua ciurma.
Una settimana in cui durante i momenti di ritrovo i marinai avevano iniziato ad intessere storie sulla fortuna di Viktor. L’uomo era abbastanza sicuro che a distanza di dieci anni si sarebbe detto che di tritoni ne avesse catturati cinque in un sol colpo, non che l’unico esemplare con cui avesse mai avuto a che fare era stato Yuri.
Avrebbe voluto che smettessero di parlare, di rimpiangerlo come re perché un talento come lui avrebbe certamente lasciato la patria per solcare i mari.
La vera fortuna di Viktor era stata che nessun uomo avesse messo in discussione la presenza di un tritone vivo nella sua cabina. Un tritone vivo del tutto in grado di camminare e di confondersi tra le persone.
« Se veniamo uccisi mentre abbiamo ancora la coda il nostro corpo rimane così », aveva detto Yuri.
E nessuna sirena aveva messo piede alla corte di suo nonno viva.
Nessuna sirena o tritone che fosse aveva vissuto a lungo come Yuri poteva vantare di aver fatto.
Viktor non era certo di quanto a lungo avrebbe potuto continuare a pensarlo.
In quei tre giorni, aveva fatto il possibile per non stare nella propria cabina e quando si era dimostrato strettamente necessario e non era solo si era ritrovato costretto a coprire Yuri per nascondere a Christophe, l’unico che fosse entrato lì dentro per verificare le rotte, l’inaspettata presenza delle gambe del tritone.
Le piccole fessure delle branchie erano scomparse, ormai del tutto inutili, e le pinne velate erano solo un mero ricordo.
Non per la mente di Viktor.
Non riusciva a smettere di pensare che la loro assenza fosse colpa sua e con il passare dei giorni, che anche il colorito biancastro di Yuri fosse una sua responsabilità.
Il suo incarnato era particolare già quando era appena uscito dall’acqua, più pallido di qualunque carnagione Viktor avesse mai visto. Invero non gli pareva un colorito troppo sano, ma erano di due razze diverse e non credeva di poter fare confronti.
La bellezza dei tritoni, ad esempio, si misurava in base alla grandezza delle pinne; Yuri glielo aveva detto la seconda sera di viaggio, quando Viktor aveva instaurato un pigro dialogo. Non aveva faticato a credergli: se lui che era umano era rimasto tanto affascinato da quelle pinne, capiva perché i simili di Yuri cercassero le più maestose di cui innamorarsi.
Eppure a detta sua Yuri non rientrava nei canoni più piacenti delle sirene; aveva detto che se Viktor ne avesse incontrate delle altre avrebbe preferito loro.
Con somma contrarietà Viktor aveva detto di non esserne affatto certo, ma poi non aveva concluso il discorso.
Lui e Yuri riempivano il silenzio come due uomini semplicemente costretti a viaggiare insieme, non come se uno dei due fosse il carnefice e l’altro la vittima.
Giorno dopo giorno, ora dopo ora, il colorito di Yuri si era sbiadito. Viktor giurava di averlo sentito ansimare, talvolta, quasi prendere aria fosse un’azione fin troppo complessa e macchinosa per la quantità esigua di energie rimastagli in corpo.
Aveva accordato a Yuri il permesso di girovagare per la sua cabina, di sbirciare tra gli scaffali nel caso trovasse qualcosa che gli interessava. Non sapeva se fosse in grado di leggere, né se conoscesse la sua lingua e lo dubitava, ma gli era parso ugualmente interessato.
L’unica restrizione posta da Viktor era non muoversi quando bussava tre volte, indice che stava per entrare con qualcuno.
Unica restrizione, sì, oltre alla porta perennemente chiusa a chiave.
C’era il rischio che Yuri scappasse anche con coda e pinne ad impacciarlo, se era determinato a farlo. Ma sarebbe accaduto in modo lento e maldestro, cosa che gli avrebbe permesso di fermarlo.
Viktor voleva evitare che gli uomini sapessero di quella sua nuova condizione fisica o dover dare inizio ad una nuova caccia.
Yuri si era mostrato piuttosto condiscendente, quasi comprendesse alla perfezione i timori di Viktor. Eppure non sembrava voler scappare o volerlo aggredire.
C’era un pugnale in bella vista, sulla parete dietro la scrivania di Viktor.
L’arma di suo padre.
Quando Viktor era tornato nella propria cabina, il primo giorno, aveva trovato Yuri intento a giocare con penna e calamaio, esattamente sotto il pugnale che, dopo un’accorta indagine di Viktor, Yuri aveva detto di trovare poco interessante.
La prima sera il tritone era stato vivace, gli aveva rivolto qualche timido sorriso, mangiucchiando qualcuno dei cibi che gli aveva detto di digerire.
Poi aveva iniziato a rifiutare ogni pasto. L’unica cosa che si concedeva era l’acqua.
Tanta acqua.
Proprio con la sua borraccia serale era tornato Viktor la sera del terzo giorno, pronto a condurre Yuri sul ponte per permettergli di guardarsi intorno e prendere una sana boccata d’aria salmastra.
« Yuri, possiamo andare se ti va », annunciò ancora prima di vederlo. « Fuori non c’è nessuno. »
Grazie al cielo era sua abitudine usare la prima ora successiva alla cena per stare da solo sul ponte: almeno quel comportamento non avrebbe destato sospetti.
Il giovane era sdraiato sulla sua branda e solo udendo Viktor osò muoversi, rivolgendogli un sorriso tirato.
Mise i piedi fuori dal letto e si alzò, con calma. Più che con calma, a fatica.
« Grazie », rispose.
Mosse qualche passo verso Viktor, sotto il suo sguardo critico e attento.
Aveva detto a Yuri di avanzare ogni richiesta, di domandargli qualsiasi cosa fosse necessaria per sopravvivere e non: voleva esaudire i suoi desideri nel limite del possibile per redimersi almeno in parte.
Era un atteggiamento ipocrita, soprattutto conoscendo già cosa avrebbe davvero fatto sentire meglio Yuri.
Viktor, però, confidava che se si fosse sentito male, se fosse servito, Yuri lo avrebbe interpellato.
« La tua acqua », gli disse, porgendogli la borraccia.
« Ti ringrazio. »
Guardò Yuri trangugiarla, tenendo poi in mano la fiaschetta mentre usciva sul ponte.
Respirò a pieni polmoni e rimase fermo qualche attimo sull’uscio.
Viktor era sempre stato a qualche passo di distanza, fuori dalla cabina. Solo la prima notte, quando lo aveva visto correre verso il parapetto, aveva accelerato il passo per poterlo trattenere in caso di necessità.
Eppure quando gli aveva afferrato il polso, Yuri si era già fermato.
Non sembrava volersi gettare dalla nave come sarebbe parso invece molto più logico.
Non voleva davvero tentare di scappare e aver preso tante misure di sicurezza aveva fatto sentire Viktor sempre più in colpa.
Seguì lentamente il ragazzo. Gli pareva incerto sulle gambe e quando raggiunse il parapetto, i palmi aperti delle mani si appoggiarono su di esso, le dita si artigliarono al legno.
« Yuri », lo chiamò Viktor. « Cosa ti succede? »
Il giovane si voltò e sul punto di rispondere rovinò a terra. Le ginocchia batterono dolorosamente sul legno massiccio del ponte. Un gemito e Viktor fu subito su di lui.
Panico, preoccupazione, paura.
Non aveva ucciso Yuri quando era salito a bordo, ma forse lo stava conducendo verso la stessa sorte, solo con più lentezza ed infliggendogli più dolore.
Lo prese tra le braccia in modo da sorreggerlo, timoroso che potesse finire disteso senza riuscire ad opporsi alla gravità.
« Perché non mi hai detto cosa ti serviva?! Maledizione… »
« Acqua… » sussurrò il ragazzo, piano. « Viktor, devo entrare in acqua. »
Forse tutta la tranquillità di Yuri era un piano per giungere a quel momento.
« Non posso lasciarti andare, lo sai », mormorò.
Gli occhi castani del tritone si puntarono in quelli di Viktor, poi un piccolo sorriso.
« Hai capito perché non te l’ho detto? » domandò. « Anche se ti dicessi che non voglio scappare… »
Yuri suonava tanto rassegnato e amareggiato che la mente di Viktor si mise a scalpitare.
Gli venne un’idea. Un’idea forse più sciocca del non forzare più Yuri ad indossare il bavaglio che doveva permettergli di non dire nulla, quando era a bordo solo da qualche ora e non era certo delle sue intenzioni. Viktor aveva trascorso la prima notte insonne per questo, timoroso di cosa Yuri avrebbe potuto sussurrargli all’orecchio. Ma si era ostinato, volendosi affidare all’istinto. Ed era stato ripagato: pur potendo raggiungere il suo giaciglio, Yuri non aveva fatto questo né nient’altro per ferirlo.
Viktor coprì la distanza che lo divideva dall’albero maestro con una velocità che mai aveva vantato e tornò con una corda robusta, dapprima abbandonata ai piedi del tronco di legno massiccio.
Non era meno macellaio dei suoi antenati, nel trattarlo come una bestia in cattività, ma era l’unica scelta che aveva, o forse l’unica che credeva di avere.
Quando fu di nuovo chino su Yuri, Viktor iniziò a legare la corda intorno ai suoi fianchi.
« Ti legherò alla scialuppa e ti calerò in acqua con quella », spiegò, per poi afferrare la borraccia.
Versò rapidamente l’acqua sulle gambe di Yuri, incurante del suono di strappi con cui la stoffa dei calzoni si dilaniò.
« Promettimi che non scapperai. »
Quello che obbligava Yuri a non fuggire era solo un nodo. Un nodo che con qualche strattone e un po’ di pazienza avrebbe potuto sciogliere prima che Viktor riuscisse a riportarlo a bordo, dovendolo fare tutto da solo.
Lo sguardo di Yuri era spalancato. Già il semplice aver assunto di nuovo la propria forma lo aveva fatto sentire incredibilmente meglio.
« Te lo prometto. »
Mentre avvolgeva le braccia intorno al collo di Viktor per lasciarsi trasportare, Yuri sentì gli occhi pizzicare.
« Grazie, Viktor… grazie davvero. »
Viktor pensò di non meritarlo. Neanche dopo aver assicurato Yuri alla scialuppa, neanche mentre lo calava sulla superficie marina e lo vedeva tuffarsi in acqua.
Yuri scomparve, immergendosi nella distesa scura di onde per poi spuntare con un guizzo. Venne inghiottito dal mare subito dopo.
Solo allora Viktor riuscì a sentirsi meglio e sul suo volto comparve addirittura un sorriso.
Era come se Yuri avesse improvvisamente smesso di essere spento come lo aveva visto fino a poco prima, per causa sua.
Non stava rimediando del tutto, ma stava facendo del proprio meglio per mantenere fede alla propria volontà di non ferirlo. Gli avrebbe permesso di nuotare ogni notte, sarebbe bastato essere prudenti ed elaborare una pronta scusa nel caso fossero stati scoperti.
Mentre questi pensieri ottimistici si facevano strada nella sua mente un po’ più sollevata, una decina di minuti era trascorsa.
Viktor notò che la corda non era più tesa.
Non avrebbe dovuto distrarsi.
Sentì il battito delle pinne di Yuri, ma smise di vederlo.
Quando identificò la schiuma nell’oscurità del mare, Viktor capì che era molto più lontano di quanto la corda avrebbe dovuto permetterli.
« Maledizione! » imprecò a denti stretti.
Avrebbe dovuto ideare una giustificazione anche per quello, per la fuga del tritone che aveva catturato.
« Che cosa succede? »
Se fosse stato poco fedele a se stesso e mortalmente orgoglioso avrebbe dovuto freddare la creatura che si era presa gioco di lui. La vide invece affacciata alla scialuppa, le pinne che ondeggiavano lentamente sopra l’acqua.
Viktor non sapeva come rispondere.
Rimproverarlo? Gridargli contro?
Non poteva permettersi di svegliare la ciurma, ma nemmeno di lasciare la questione irrisolta.
Non sentiva il bisogno di rimarcare chi era a comandare o la gerarchia. Odiava quel genere di cose.
Quando Yuri notò lo sguardo incollerito di Viktor verso di lui e poi verso la corda, Yuri capì.
« Oh », fece soltanto, prima di issarsi con le braccia sulla scialuppa.
Vi salì a bordo, un po’ maldestramente.
« Mi aiuti a tirarmi su? » domandò, afferrando la corda che lo avrebbe aiutato ad agevolare il lavoro di Viktor per sollevare la barca.
Il russo si ritrovò ad eseguire sconcertato la richiesta di Yuri, quasi i ruoli si fossero invertiti.
Quando la scialuppa fu all’altezza del parapetto, Yuri si spostò lentamente su di esso e guardò Viktor.
« Ti avevo detto che non sarei scappato. »
Yuri non era semplicemente ingenuo: era terribilmente innocente e spontaneo. La sua arma migliore.
E nemmeno sapeva di possederla.
Viktor sarebbe potuto cadere ai suoi piedi con poche parole e non perché stava usando un potere in particolare.
« Ho pensato comunque che lo avessi fatto », rispose franco Viktor. « Sei mio prigioniero, se volessi scappare… »
« Ma non voglio », lo interruppe Yuri, fermandosi subito.
Aveva udito alcuni discorsi della ciurma dalla cabina e quando un uomo aveva osato interrompere Viktor, questi si era adirato. Non voleva che accadesse lo stesso con lui, non se sapeva di doverlo evitare.
« Perché no? »
Non gli importava nemmeno di trovarsi sul ponte, dove chiunque avrebbe potuto vederli parlare, i volti più vicini di quanto fosse conveniente.
« Perché mia madre mi ha raccontato una nostra leggenda, una volta », spiegò Yuri. « Dice che verrà un periodo di pace, prima o poi, tra umani e sirene. Che una di noi farà la differenza. Sai, quando mi hai catturato i miei simili mi hanno lasciato lì. Non ero solo. Non ho nulla da perdere, posso almeno tentare di fare la differenza. »
Viktor non sapeva davvero per cosa sorprendersi di più: se per il comportamento deplorevole dei simili di Yuri o per il modo ottimistico con cui i suoi genitori vedevano il futuro dello scontro tra umani e sirene.
L’uomo non poté fare a meno di pensare che fossero simili. Yuri era davvero solo e lui, anche se circondato da persone, si sentiva allo stesso modo.
Nessuno lo avrebbe lasciato imprigionato in una rete nemica, ma perché era il re; Viktor non sapeva quanti amici avesse davvero, quante persone sarebbero state disposte ad aiutarlo solo perché era Viktor Nikiforov e non il loro sovrano.
« Yuri… » sussurrò infine, quasi sul punto di dire delle parole che però non uscirono dalle sue labbra, quasi il suo cervello non fosse in grado di elaborarle.
Era rimasto a guardare il volto del tritone imbambolato, stupito e soprattutto senza neanche rendersene conto. Almeno fino a quando Yuri non gli rivolse un sorriso così dolce e abbagliante da rapirlo.
Era bellissimo.
Viktor capì che non avrebbe dovuto parlare di cose spiacevoli o proseguire il discorso, che poteva anche ignorare l’accenno alle sirene che lo avevano tradito. Che, anzi, doveva farlo per il bene di Yuri.
Per quanto Viktor avesse esperienza, guardarsi negli occhi divenne imbarazzante in pochi attimi. Yuri fu il primo a distogliere lo sguardo.
« Devo dire, comunque », cominciò il russo riprendendosi rapidamente giusto per poter riempire il silenzio e distrarre Yuri, dopo essersi schiarito la voce. « Che siete piuttosto ottimisti, con le leggende. »
Yuri aggrottò le sopracciglia in un miscuglio di confusione e curiosità, le pinne che ondeggiavano mentre, ancora seduto sul parapetto del ponte, tornava a guardare Viktor.
« Perché? »
« Oh, non saprei », scherzò l’uomo. « Secondo i miei antenati portare una sirena sulla terra provocherebbe… com’era? » si chiese, alzando gli occhi al cielo qualche istante e massaggiandosi il mento con due dita per riflettere meglio. « Ah, sì. Provocherebbe venti gelidi e ghiaccio dovunque ella si trovi, e solo l’amore potrebbe scioglierli. »
Viktor e Yuri rimasero a fissarsi in silenzio per diversi istanti, questa volta senza sentirsi in difficoltà. Poi Viktor scoppiò a ridere, perché Yuri sembrava averlo preso troppo sul serio.
« È una storia, Yuri », lo rassicurò, vedendolo sciogliersi in un sorriso. « Di quelle per far spaventare i bambini ed educarli all’idea che di una sirena non ci si può innamorare. »
Magari si trattava solo di un dovere, più che di una possibilità.
Yuri si sentì più tranquillo. La maggior parte delle leggende del suo popolo avevano un fondo di verità, o forse ci credeva così tanto da averla vista anche dove essa non era presente. E poi forse gli uomini avevano una componente meno magica di loro e non potevano fare profezie tanto accurate.
« Dici così perché la pensi in modo diverso? » domandò, innocente. « Credi che ci si possa innamorare di una sirena, Viktor? »
Non intendeva davvero imbarazzare l’uomo, si trattava solamente di un quesito che gli era sorto spontaneo per il modo indignato con cui aveva pronunciato le parole dei suoi antenati.
Non capì perché Viktor si fosse voltato borbottando subito dopo aver sgranato gli occhi. Era stato per causa di un lieve rossore, ma Yuri non lo aveva visto.
« Forse », sussurrò Viktor.
Yuri sarebbe rimasto seduto sul parapetto fino a quando le sue gambe non fossero sopraggiunte se non avesse fermato Viktor, avviatosi di gran carriera verso la propria cabina.
Temeva la risposta che avrebbe potuto dargli.
La cosa peggiore era l’assenza di un incantesimo ad annebbiargli la mente: avrebbe potuto dirgli di sì, sapendo in cuor proprio di averlo fatto con la mente lucida più che mai.






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Giuro che non voglio scrivere delle note infinite come alla fine del primo capitolo.
Voglio solamente ringraziare tutte le persone che hanno inserito la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite. E ovviamente anche chi ha recensito, anche se ringrazierò fino allo sfinimento nelle risposte!
Sono davvero contenta che la storia vi abbia interessati e spero vi vada di continuare a leggerla e di lasciarmi qualche commento, così come spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto.
Alla prossima!

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


III.

 
 
Quando Yuri era molto piccolo, le scaglie della coda che ancora non avevano assunto una tonalità particolare, parendo più che altro un arcobaleno di colori, e la sua pinna dorsale inesistente, i suoi genitori gli avevano raccontato molte storie.
Anche le sirene avevano delle fiabe, ciascuna delle quali con una morale: sii gentile con il prossimo, non essere troppo avido. Solo alcuni degli esempi.
Tutti insegnamenti molto simili a quelli che gli umani impartivano ai loro figli; Yuri lo sapeva perché una volta, poco lontano dal punto in cui un mese prima era rimasto intrappolato nella rete di Viktor, aveva conosciuto un bambino.
Yuri non era più così giovane, allora: ormai la sua coda era giunta a stazionare sulle tonalità dell’azzurro e la sua pinna dorsale era decisamente troppo grande perché qualcuno gli raccontasse ancora delle fiabe.
Lo stesso non si poteva dire per quel bambino: umani e sirene avevano dei tratti fisici molto diversi gli uni dalle altre, ma la loro parte antropomorfa invecchiava alla stessa maniera.
Yuri non aveva dato più di dieci anni a quella creaturina saldamente attaccata all’asse di legno che non avrebbe continuato a galleggiare ancora a lungo, talmente era zuppo d’acqua.
Grazie al cielo a Yuri piaceva mettere la testa fuori dalla superficie molto più spesso dei suoi simili, o non avrebbe di certo potuto aiutare quel caschetto di arruffati capelli biondi che se ne andava alla deriva a mare aperto.
Yuri lo aveva sentito singhiozzare, giurava di averlo fatto, ma quando si era avvicinato e aveva richiamato l’attenzione del bambino, questo si era immobilizzato, aveva puntato gli occhi verdi nei suoi e a costo di lasciarsi inghiottire dalle onde quando sarebbe stato troppo esausto per mantenersi a galla, aveva brandito l’asse di legno come se fosse un’arma.
Le lacrime sulle sue guance parevano essersi seccate all’istante e tutto ciò che era comparso sul suo viso, a rimpiazzare lo sconforto e la paura, era rabbia.
« Non voglio farti del male », aveva detto Yuri, tentando di abbozzare il sorriso più cortese che gli riusciva.
Aveva sentito che gli umani trovavano il loro pallore inquietante e le piccole branchie sul loro collo disgustose. Quel bambino era già terrorizzato: non voleva peggiorare tutto anche se con qualcosa che non dipendeva da lui come il proprio aspetto.
Ancora silenzio.
« Mettilo giù. Ci sono degli scogli qui vicino: posso portartici. »
In quel periodo dell’anno le acque erano tiepide e il sole non picchiava abbastanza forte da ustionare chiunque incontrasse i suoi raggi.
Yuri si era avvicinato ancora, sotto lo sguardo vigile del ragazzino. Sembrava che non aspettasse altro che quelle parole, persino da uno come lui, tanto era esausto.
Il tritone aveva sentito di una nave naufragata appena un paio di giorni prima, ma emergendo non era riuscito a trovarla. Incontrare quel bambino era stata pura fortuna e dubitava che ci fossero altri umani, vivi almeno, troppo vicini a loro.
La tavola di legno scura tanto gonfia d’acqua si scontrò con la superficie del mare e il bambino vi si aggrappò di nuovo.
Mentre Yuri teneva con una mano il pezzo di legno e nuotava verso uno scoglio, si era chiesto cosa avrebbero detto i suoi simili. Che era uno sciocco, probabilmente. Un traditore.
Ma ormai ci aveva fatto l’abitudine.
La prima roccia che sbucava dall’acqua fu per Yuri il punto d’arrivo.
Aveva preso il bimbo per sotto le braccia e lo aveva issato sullo scoglio, facendo in modo che si sedesse. Poi, non senza essere ancora scrutato con fare attento, Yuri si era allontanato per cercare da mangiare.
Per quanto potesse nuotare rapidamente c’era acqua a perdita d’occhio e nulla di commestibile che non fosse pesce. Cercare la nave su cui era imbarcato il bambino era stato inutile: a quell’ora ogni provvista si trovava già sul fondo del mare.
Un pesce, anche se crudo, era stata la scelta migliore e il bambino non si era fatto poi chissà quanti scrupoli a mangiarlo.
Dopo essersi rifocillato, Yuri aveva scoperto che quel ragazzino si chiamava come lui, che stava viaggiando con una flotta che vantava altre due navi e che sicuramente, a detta sua, sarebbero tornati indietro a prenderlo.
La loro bizzarra convivenza era durata una settimana. Settimana in cui aveva cercato cibo per il piccolo Yuri e aveva trascorso più tempo in superficie che nelle profondità del mare.
Uno dei periodi migliori della sua vita.
Quel bambino era brusco, spesso preferiva rispondere a grugniti e a monosillabi che instaurare un dialogo; per qualcuno che come Yuri non sapeva nulla di umani era capitato sicuramente un esemplare complicato.
Ma Yuri era paziente, riusciva a giustificarlo e già dal primo giorno aveva capito che lo ascoltava sempre, anche quando fingeva che non gli interessasse.
Stava sempre presso il suo scoglio. Già, lo scoglio di Yuri, così lo aveva scherzosamente chiamato per far sorridere il bimbo. Scompariva qualche momento poco prima che Yuri si svegliasse in modo da trovargli la colazione, a mezza giornata e poi alla sera. Trovava del cibo anche per sé e mangiava con lui, rimanendo solo con le braccia appoggiate alla roccia; temeva che sedersi accanto a lui lo avrebbe turbato inutilmente.
Le cose erano cambiate solo quando, una notte, il piccolino, convinto che Yuri stesse già dormendo, aveva iniziato a singhiozzare.
Aveva scoperto il primo giorno che di anni ne aveva nove, che era stato troppo generoso con l’età e che stava tentando di sopportare tutto quanto senza farsi vedere minimamente scalfito.
Yuri gli aveva cantato una ninna nanna. Era stato un azzardo, perché quando il biondino l’aveva sentito si era voltato verso di lui con fare confuso. Eppure poi si era rilassato, aveva sistemato un braccio sotto la testa e si era lasciato carezzare i capelli fino a quando non era riuscito ad addormentarsi.
La sera successiva gli aveva chiesto una fiaba, così come quella dopo e quella dopo ancora.
Quasi fosse un bambino, Yuri gli aveva domandato di ricambiare: le storie erano tutte simili, così come i personaggi. Cambiavano i nomi, ma molte delle gesta erano uguali.
Almeno se si lasciavano da parte le leggende sulle storie di cacciatori di sirene o su valorosi guerrieri con un tridente che affondavano vascelli nemici.
Il bimbo gli aveva detto che quando la sua nave era affondata aveva subito incolpato quelli come Yuri, per questo non si era voluto fidare immediatamente di lui.
Aveva anche detto di essersi ricreduto, però, e questo non poteva che rendere Yuri lusingato.
Più i giorni passavano, più la speranza che i soccorsi arrivassero diminuiva, nonostante la probabilità che fossero vicini, in realtà, aumentasse.
Yuri stava iniziando a chiedersi cosa avrebbe fatto se quel bambino fosse rimasto lì. Avrebbero dovuto cercare un modo per portarlo sulla terra ferma: si stava prendendo cura di lui in ogni modo, ma l’unica borraccia d’acqua dolce che era riuscito a recuperare era quasi del tutto vuota.
La stessa mattina in cui Yuri aveva iniziato a pensare che fosse il caso di trovare una nuova sistemazione per il bambino, un vascello era apparso in lontananza.
Vele rosse con ricami d’oro sopra di esse. Yuri non poteva riconoscere troppo chiaramente la figura sulla stoffa rossa, ma si trattava di un falco.
Il piccolo si era alzato in piedi, agitando le braccia per farsi vedere e Yuri, dal canto suo, non era riuscito ad essere abbastanza coraggioso da rimanere ad assistere al salvataggio.
Aveva salutato il bambino frettolosamente: gli sarebbe mancato, ma sapeva che lui, invece, lo avrebbe dimenticato in fretta. Era stato per puro masochismo, o forse per speranza se gli aveva chiesto di non farlo.
Poi si era immerso, dopo un flebile sì da parte del suo omonimo che doveva essersi appena accorto di quanto essere salvato volesse dire abbandonare il proprio nuovo amico.
Yuri aveva trovato il coraggio di tornare in superficie solo quando la pancia del vascello ebbe superato lo scoglio che era stato per giorni la casa del più piccolo.
Lasciando che solo la testa sbucasse dalla scia di schiuma lasciata dal passaggio della nave, Yuri era riuscito a vedere il caschetto arruffato del bambino, affacciato a fatica alla balaustra della nave.
Se viste da dietro, quelle vele facevano molta meno paura.
Peccato che in quel momento il terrore lo stesse sentendo tutto mentre sfilava nel corridoio della sala del trono, verso la stessa seduta dove si trovava il sovrano.
Erano sbarcati a tarda sera, il sole che ormai calava sull’orizzonte da cui loro stessi erano giunti. Poco prima che attraccassero Viktor aveva fatto in modo di bagnare la sua coda affinché il segreto delle sue gambe rimanesse tale e nessuno degli uomini della ciurma potesse raccontare di aver visto una sirena capace di assumere in tutto e per tutto una forma umana: il suo regno non era mai stato vessato da caccie alle streghe o a qualsivoglia altro tipo di creatura; erano piuttosto tolleranti e anche se per lo più gli abitanti del regno erano umani, la magia non era qualcosa che spaventava.
Viktor voleva evitare che, nel panico generato dalla notizia di quanto le sirene potessero diventare simili a loro, la casa regnante cominciasse a buttare a mare la popolazione per accertarsi che al posto delle loro gambe non spuntassero delle pinne; così come voleva evitare che gli stessi sudditi cominciassero ad accusarsi a vicenda per un qualche tipo di tornaconto.
A Yuri, dal canto suo, non importava: quelle due forme erano parte della sua natura, anche se quella umana solo a metà era anche la stessa a cui sentiva la necessità di ritornare, tanto era abituato a vivere sott’acqua.
Da dopo il suo malore dovuto all’arida cabina del capitano in cui aveva trascorso i primi giorni di viaggio, Yuri aveva ottenuto il permesso da parte di Viktor di fare il bagno ogni notte. A bordo era consuetudine che l’ora successiva alla cena fosse concessa ai marinai per riposarsi, per dormicchiare un po’ prima della ronda di guardia notturna. In quell’ora il ponte era di Viktor e se le cose stavano così, non c’era pericolo che Yuri venisse scoperto. Solo una volta aveva dovuto sacrificare la propria nuotata perché Christophe era rimasto a discutere sul ponte con un Viktor che in nessun modo era stato in grado di scollarselo di dosso.
Piuttosto che nuotare legato come la prima sera, Yuri aveva preferito rimandare alla notte successiva. Era abbastanza sicuro che Viktor si fidasse di lui: aveva smesso di assicurarlo alla scialuppa con cui lo calava in mare e lo riportava a bordo all’inizio e poi al termine di ogni sua uscita.
Yuri non aveva mai pensato di scappare: il motivo che aveva fornito a Viktor per giustificare il proprio essere tornato a bordo pur essendosi liberato, la prima volta, non era una semplice scusante, un’invenzione per convincere se stesso che rimanere sulla nave fosse la cosa giusta: Yuri era profondamente convinto di quanto aveva detto, così come era certo – anche se con qualche riserva – che la promessa di Viktor di portarlo al sicuro, una volta sulla terra ferma, gli garantisse un futuro più roseo di qualsiasi ritorno alla sua gente.
“Non ti faranno del male, Yuri. Non lascerò che lo facciano.”
Era buffo come quelle parole, mentre tremava all’interno della vasca spartana in cui Viktor lo aveva sistemato, suonassero più convincenti di qualsiasi ordine una sirena avrebbe mai potuto impartire ad un umano.
Yuri aveva paura, questo era vero: temeva che Viktor non potesse avere la quantità di voce in capitolo necessaria a tenerlo al sicuro, ma lo aveva promesso con la stessa sicurezza che il bambino che aveva portato in salvo aveva sfoggiato nell’affermare che il suo popolo sarebbe tornato a prenderlo.
E così era stato.
Affinché la sua coda non si asciugasse, Viktor si era procurato una vasca di legno, al porto. L’aveva fatta riempire di acqua salata e ancora sul ponte della nave vi aveva sistemato Yuri. Coperto da un telo, perché la folla potesse solamente vociferare sul contenuto della vasca. Il tragitto dal molo al castello non sarebbe durato troppo a lungo, anche se ad un certo punto Yuri era stato caricato da una carovana, ma era sufficiente a lasciare che occhi indiscreti giudicassero le sue scelte.
I marinai si erano mostrati vagamente contrariati, chiedendosi quale fosse lo scopo di Viktor. Mentre camminavano, la testa di Yuri fuori dall’acqua solo per aguzzare l’udito e ascoltare qualsiasi parola, aveva sentito definire Viktor un arrogante: nessuno portava una sirena a corte viva, nessuno rischiava di far cadere il sovrano sotto il controllo di una di quelle malevole creature.
Se solo avessero saputo la verità, se solo avessero conosciuto Yuri, non se ne sarebbero preoccupati così tanto.
Il telo spesso era caduto solo una volta nell’androne del castello. Yuri sentiva lo scoppiettare di un focolare e intravedeva, di scorcio, la pietra a vista delle pareti. Giurò di aver notato la coda di una sirena appesa al muro e a quel punto distogliere lo sguardo in favore delle assi di legno verticali che chiudevano quella sottospecie di gabbia fu la scelta migliore.
Solo nella sala osò alzare lo sguardo.
Non c’era un grande vociare. Forse si trattava di una cerimonia privata? Nessuna musica, niente festeggiamenti ad animare il castello, a differenza del modo in cui Yuri aveva sempre immaginato i ricevimenti degli umani. Forse, se lui era vivo, non c’era molto da festeggiare.
Ed eccoli gli spaventosi stendardi rossi con su ricamato lo stesso falco che aveva terrorizzato Yuri quel lontano giorno in mare, quando il bambino che aveva protetto era stato tratto in salvo dalla sua gente.
Yuri distolse lo sguardo e lo puntò verso Viktor. Camminava poco più avanti rispetto a dove si trovava lui. La giacca dello stesso colore del suo stendardo, la chioma argentata, raccolta in uno chignon, il solito portamento fiero e composto che non gli aveva visto abbandonare né dentro la cabina del capitano né fuori, quando lo osservava di nascosto attraverso le piccole finestre che davano sul ponte.
Era un guerriero e chissà, magari Yuri gli avrebbe chiesto di raccontargli qualche sua impresa, se mai ne avesse avuto l’occasione.
La sua testa affacciata al bordo della vasca insieme alle mani era nascosta dalla schiena di Viktor a chiunque gli si trovasse di fronte. Al fianco del russo, però, camminava Christophe. Gli scoccò un’occhiataccia e Yuri tornò ad immergersi nella vasca.
Le orecchie vennero pervase dall’acqua ed ogni suono divenne ovattato.
« Mi chiedevo quando saresti tornato. »
Anche se fosse rientrato negli usi e costumi della sua gente, Viktor non si sarebbe aspettato una festa di benvenuto. Non organizzata da Yakov, almeno.
Re o meno era sempre stato il suo tutore e in quanto tale ogni suo comportamento si era impostato sul non dargli alcuna soddisfazione o gratifica. Un re doveva essere apprezzato dai suoi sudditi una volta seduto sul trono, non dal suo predecessore mentre imparava l’arte del regnare.
Viktor aveva ascoltato quella frase fino alla nausea, tanto da renderla il proprio cavallo di battaglia quando faceva il verso a Yakov di fronte al suo cuginetto.
Per quanto il loro tutore fosse serioso e severo, sfogava tutta la rabbia urlando e per le punizioni non c’era mai abbastanza spazio. O forse faceva in modo che non ce ne fosse.
Questo tranne quando Viktor gli faceva notare con non molto rispetto che se solo gli avesse dato qualche soddisfazione in più forse non avrebbe fatto di testa propria nella maggior parte dei casi. Perché Yakov odiava l’insubordinazione: una presa in giro era qualcosa che implicitamente si sa di non dover fare, ma agire in modo contrario a quanto ordinato o suggerito era l’esempio più puro di disobbedienza.
Proprio questo Viktor stava facendo: si stava macchiando di insubordinazione per l’ennesima volta.
Avrebbe voluto gestire meglio quel comportamento nel corso degli anni per poter almeno sperare di avere un margine di vittoria lì, nella sala del trono, di fronte al sovrano.
Non l’avrebbe mai ammesso a voce, ma si stava pentendo amaramente di non aver giocato meglio le proprie carte in passato.
« Sai che ho impiegato molto meno tempo della maggior parte di chi si è imbarcato nella mia stessa impresa, vero? »
Gli avrebbe anche fatto notare che era partito controvoglia, anche se con la certezza che Yakov lo sapesse già.
Quell’uomo non gli aveva mai trasmesso i propri sentimenti, oltre la rabbia: quando suo padre era morto in mare gli aveva messo una mano sulla spalla dicendogli che si era trattato di una dipartita onorevole e ancor prima di lui suo padre stesso, quando gli aveva raccontato che sua madre era mancata a causa del parto, aveva detto che semplicemente “poteva succedere”. Era un miracolo che l’emotività di Viktor non fosse pari a quella della roccia di cui era fatto il suo castello. E proprio per questo, proprio perché se sua madre gli aveva dato qualcosa, quella era la calda umanità che mancava invece a degli spietati guerrieri, Viktor sapeva che in fondo Yakov era fiero di lui.
Non voleva deluderlo, per questo era partito senza davvero volerlo, perché non seguire le tradizioni era la pugnalata peggiore che potesse dargli, una pugnalata che non poteva permettersi di infliggergli, con tutto ciò che aveva fatto per lui.
Che Viktor si imponesse qualcosa che tratteneva la sua libertà cozzando irrimediabilmente con i suoi ideali, con ciò che lui voleva, era forse il più grande gesto d’affetto che potesse compiere.
Perché Viktor Nikiforov era uno spirito libero, faceva ciò che voleva.
La volta in cui era stato sorpreso con un ragazzo aveva detto a Yakov che una volta sul trono avrebbe potuto sposare chi voleva e si era rifiutato di cercare una donna, o un uomo, solo perché costretto a farlo.
La voce si era sparsa tanto rapidamente che Viktor aveva dovuto fronteggiare occhiate di biasimo, ma aveva portato avanti il proprio punto di vista con così tanta fierezza che nessuno aveva più osato dire nulla. Nemmeno Yakov si era infuriato, non aveva gridato e aveva semplicemente detto a Viktor che quella era la cosa meno stupida su cui aveva deciso di essere cocciuto dalla propria nascita.
Viktor se ne era sorpreso, ma aveva preferito accogliere la sua reazione per ciò che era: positiva. Non poteva rischiare di fargli cambiare idea con qualche domanda si troppo.
Ma che Viktor avesse portato con sé una sirena ancora in vita, che gliela stesse per presentare chiedendo il permesso di non ucciderla, quello era più di quanto chiunque avrebbe potuto chiedere a Yakov.
Era troppo persino per il suo pupillo.
Viktor venne distratto dallo sbuffo di risata di Christophe, giunto insieme al mezzo sorriso di Yakov. Perché lui e Viktor si punzecchiavano sempre, si sminuivano a vicenda.
« Ci hai messo così poco che potrei anche credere che tu non abbia catturato nulla. »
« E io potrei anche credere che tu sia troppo vecchio per vedere cosa c’è alle mie spalle, allora. »
Il sorrisetto sbruffone sulle labbra di Viktor era falso. Era falso come la calma che ostentava, perché sapeva essere arrogante, sapeva credersi più saggio di quanto non fosse per la giovane età, ma era abbastanza intelligente da riconoscere che quella situazione non si sarebbe mai risolta pacificamente o ancor meno come lui sperava.
Era buffo come lo stesse realizzando quando ormai era troppo tardi.
Yakov si alzò dalla propria seduta.
Viktor non credeva di averlo mai visto tanto tronfio d’orgoglio. Per un attimo pensò che l’uomo avrebbe davvero potuto dirgli quanto fosse fiero di lui portando una mano sulla sua spalla.
Il più grande sogno del Viktor di qualche anno prima.
« Vediamola. »
Sarebbe stato meglio che vedesse Yuri ancora in vita, o che Viktor lo avvertisse in anticipo?
Un passo di Yakov e ancora non aveva deciso. Due, tre.
Forse in quel momento parlare sarebbe equivalso ad un’ammissione di colpa.
Non poteva nemmeno guardare Christophe perché sapeva che non era dalla sua parte, non quella volta: ne avevano parlato e gli aveva detto che secondo il suo modesto parere quello era il più grosso sbaglio che avesse mai compiuto.
Viktor fece un passo indietro e batté due dita contro il legno del contenitore. Aveva visto Yuri immergersi con la coda dell’occhio e non aveva osato disturbarlo prima: magari Yakov gli avrebbe detto di portare via la vasca e chiunque fosse con lui avrebbe rivelato la verità sulle condizioni del suo bottino solo quando sarebbe stato ormai libero da qualche parte.
La reazione peggiore di Yakov sarebbe stata che lo costringesse ad uscire in mare aperto per concludere ciò che aveva iniziato, a quel punto Viktor dubitava davvero che avrebbero trovato un accordo. Forse sarebbe scappato.
Viktor aveva ereditato l’umanità di sua madre e anche se non escludeva che avrebbe potuto uccidere un uomo o una sirena che lo minacciavano, sapeva che non sarebbe mai stato in grado di toccare un innocente. Ne aveva già avuto la prova, dopotutto.
L’acqua si increspò e Yuri fece capolino dalla vasca con la testa. Sentì il disgusto di tutti i presenti scivolargli addosso, ancora incapaci di abituarsi alla sua presenza.
L’unico che non lo guardava in quel modo, ma con una lieve apprensione, era Viktor. E poi c’era Yakov, troppo sconvolto per poter riservare a Yuri tutto lo sprezzo che gli umani credevano meritasse.
« L’hai portato qui vivo?! »
Prevedibile.
Il sospiro che sfuggì dalle labbra di Viktor parve troppo scocciato e saccente per non irritare ancor di più Yakov.
« Non ha mai controllato nessuno da quando è a bordo », rispose Viktor. « Quando gli ho permesso di tornare in mare non mi ha obbligato a slegarlo, si è liberato da solo e ha fatto ritorno ogni maledetta sera del mese che abbiamo impiegato per tornare indietro. »
Odiava parlare di qualcuno come se non ci fosse, ma sapeva che se Yuri avesse aperto bocca sarebbe scoppiato il finimondo. Per questo gli aveva fatto cenno di stare calmo, senza parlare, con un semplice movimento della mano. Era sorprendente che si capissero con così poco. Non che Yuri avesse l’intenzione di fare altrimenti, almeno per il momento; una dimostrazione non sarebbe servita a nulla.
Non se Christophe e Yakov stavano guardando Viktor come se fosse un folle.
Yuri immaginava che quelle occhiate lo stessero ferendo.
« Era questo che facevi sul ponte ogni notte…? » domandò con un filo di voce Christophe.
« Sarebbe morto se non avessi fatto così. »
« Che era quello che doveva succedere! » sbottò Yakov.
Il sangue nelle vene di Viktor si raggelò.
Rabbia, disgusto. Delusione.
Forse Yakov stava provando questo nei suoi confronti e il giovane capiva, capiva quanto fosse terribile perché Yakov lo aveva deluso allo stesso modo.
Che Viktor pensasse di avere ragione era ovvio, la ragione spesso è soggettiva, ma in quel momento gli sembrava che dovesse essere così universalmente riconosciuto che non ci fosse alcun motivo dietro l’uccisione di Yuri, da non rendere nemmeno necessaria quella conversazione.
Che nemmeno Christophe lo capisse era per Viktor incredibilmente deludente.
« Credo che Viktor volesse provare a cambiare le cose, sire. »
Quasi lo avesse interpellato, Christophe aveva aperto bocca.
Le sue parole furono però una coltellata: era abbastanza sicuro non le avesse pronunciate solo per sgravarsi le spalle da qualsiasi responsabilità, in fin dei conti Yakov sapeva quanto Viktor fosse capace di fare di testa propria; se non ascoltava lui che era l’autorità, di certo non avrebbe dato retta al suo quartiermastro.
Ciò che aveva ferito Viktor era stato il tono. Non stava spiegando le sue ragioni per difenderlo, lo stava solamente trascinando più a fondo.
« Non azzardarti a parlare per me », sibilò Viktor.
Dal canto suo Christophe non si sentì molto meglio, nel vedere come il suo più caro amico stesse impazzendo in quel modo.
« Viktor, devi ragionare… »
« Siete voi che dovete ragionare », rispose seccamente.
Yakov alzò lo sguardo verso i marinai rimasti nella stanza accanto alla vasca in cui si trovava Yuri.
« Lasciateci soli. Anche tu, Christophe. »
Un battibecco tra due amici che si sentivano traditi a vicenda era l’ultima cosa che serviva ad aggravare ulteriormente la situazione.
Il biondo rimase fermo, immobile, l’espressione innervosita ancora rivolta a Viktor.
« Christophe. »
Viktor non aveva distolto lo sguardo neanche per un secondo. Sembrava quasi che si stessero studiando a vicenda prima di attaccarsi, ma Christophe sapeva di non poter disubbidire a Yakov. Per questo mise da parte l’orgoglio e si voltò. Quando vide Yuri lo sguardò e nel passare accanto a luì sibilò.
« È tutta colpa tua. »
Un brivido fece credere a Yuri che l’acqua si fosse gelata intorno a lui. Era vero, era tutta colpa sua.
Era colpa sua perché sarebbe dovuto intervenire in qualche modo per difendere Viktor, era colpa sua perché era la sua presenza che a conti fatti stava creando problemi, ma non sapeva cosa fosse meglio fare, come comportarsi.
Viktor non si accorse del modo smarrito in cui lo stava guardando Yuri, così come non si era accorto di ciò che aveva detto Christophe, a causa del rumore delle porte che si aprivano.
Era contento che se ne fosse andato: non c’era nemmeno una presenza che Viktor avrebbe reputato fondamentale in quel momento, tanto disgusto provava per chiunque avesse intorno.
Yuri era l’unico che per la sua innocenza non lo innervosiva e anzi gli dava un certo senso di pace.
« Yakov, tu ti rendi conto che non è imbavagliato e non ha ordinato a nessuno di difenderlo o ferire gli altri, sì? »
Doveva essere più calmo, forse così avrebbero raggiunto un punto d’incontro.
Se prima Yakov aveva sbraitato con tutto il fiato che aveva in corpo, ora era pacato, proprio come se la tempesta che lo aveva sferzato fosse passata.
« Sai qual è l’unico modo per sciogliere l’incantesimo di una sirena, Viktor? »
Non gli piaceva affatto dove la discussione stava giungendo, non gli piaceva affatto che Yakov stesse mettendo mano alla propria fondina e gli stesse porgendo la propria pistola.
C’era una cosa di cui Viktor era certo: non gli avrebbe mai messo in mano un’arma se avesse avuto anche solo un barlume di sospetto che la sua mente fosse controllata da qualcuno. Ma non disse nulla, perché non voleva rischiare che compisse il lavoro tutto da solo.
Quando ebbe tra le dita l’arma, si voltò e vide le spalle di Yuri sussultare.
« Aspettate », la voce del ragazzo riempì il silenzio per la prima volta, da quando era lì. « Non… avrei mai controllato la mente di Viktor! È sempre stato gentile con me e… »
Non poteva, semplicemente questo.
Yakov premette rapidamente la propria mano sulle sue labbra prima di trovare qualcosa che potesse impedire a Yuri di parlare. Viktor non lo aveva legato, non l’aveva imbavagliato consapevole che sarebbe stata una sorta di ammissione di colpa.
Aveva puntato tutto su Yuri e ora, secondo Yakov, doveva finire così.
« Lascialo andare, lo faccio io », sibilò Viktor.
Yuri tremava, poteva vederlo nonostante la distanza. Aveva portato con sé un lembo di stoffa che aveva piegato e riposto in tasca. Si avvicinò a Yuri dopo essersi chinato lo avvolse intorno alla sua testa.
Nonostante la rabbia, Viktor lo aveva toccato come sempre con delicatezza, però.
Il tritone si tranquillizzò e cercò di nutrirsi della vicinanza di Viktor per stare più calmo anche se sapeva di non poterci riuscire, non sotto lo sguardo di quel crudele sovrano.
Proprio in quel momento, Yakov si stava chiedendo se non ci fosse di più. Se Viktor non avesse risparmiato Yuri per qualche altro motivo, ma chiederglielo allora non avrebbe davvero risolto nulla.
« Non ti ho cresciuto perché fossi così morbido, Viktor », sentenziò seccamente Yakov. « Sai cosa devi fare. Prenditi anche tutta la notte se serve, ma non ho intenzione di vedere quella sirena ancora qui, domattina. »
Fu Yakov ad andarsene per primo dalla sala, anche se non accadeva mai: il sovrano lasciava sempre quella stanza per ultimo, a meno che non fosse scortato. Dopo la sua uscita implicitamente furibonda giunsero delle guardie e sotto lo sguardo vigile di Viktor portarono la vasca nel cortile esterno.
Yuri lo guardò smarrito, ma che continuasse a camminare accanto alla vasca, anche se dopo aver esitato nel guardare l’uscio oltre cui era sparito Yakov, lo tranquillizava.
Il cortiletto su quel lato del castello era forse il luogo più appartato dell’intero giardino: circondato da delle mura che portavano ad un sentiero dismesso per il cuore del bosco, nessuna finestra vi si affacciava. Solo la porta che le guardie avevano chiuso dietro di sé.
Almeno Yakov doveva avergli concesso pace nel farlo.
Viktor fissò la pistola nella propria mano, poi il volto di Yuri. Sembrava tranquillo, nonostante il bavaglio e il susseguirsi concitato degli avvenimenti.
Non aveva nemmeno raggiunto il bordo della vasca più lontano da Viktor per la paura. Sembrava non ne provasse più, adesso che erano soli.
Lo guardò e giurò che i suoi occhi gli stessero sorridendo.
Anche se la canna della pistola era rivolta verso il basso, il dito di Viktor era sul grilletto.
Lentamente il braccio si tese in avanti.
Yuri sgranò gli occhi.
Non ci voleva credere, non poteva credere che stesse finendo così. Non dopo tutto ciò che Viktor gli aveva promesso e che lui aveva detto: era sempre stato bravo, non aveva tentato di scappare, allora perché?
Era stato uno sciocco.
« Mi dispiace tanto... »
Uno sparo.

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Capitolo 4
*** Capitolo quarto ***


IV.

 
 
« Dobbiamo sbrigarci, non abbiamo molto tempo. »
Il tempo di quella frase era stato più che sufficiente a Viktor per raggiungere la porta e sistemarvi contro un vaso di terracotta. Lo avrebbe spostato una volta di ritorno, ma non voleva rischiare che qualcuno, nel sentire lo sparo, andasse da lui; che fosse per consolarlo o per ripulire, per fargli i complimenti o per preoccupazione: non voleva nessuno in quel momento.
Si avvicinò a Yuri in tutta fretta e si chinò su di lui.
Quando lo aveva visto puntare la pistola verso un bersaglio immaginario lo sguardo del tritone si era mostrato molto più sollevato, sgravato del peso del terrore. Nonostante ciò era ancora visibilmente scosso.
« Mi dispiace, Yuri » sussurrò Viktor, chinandosi sul bordo della vasca.
Yuri lo guardava, gli enormi occhi marroni spalancati e ancora pieni di lacrime.
Portò le dita sulla sua nuca e slacciò il bavaglio in modo che potesse parlargli, che potesse rimproverarlo, a patto che mantenesse un tono di voce basso per non farli scoprire.
« Mi dispiace che ti abbiano trattato così. »
Aveva fatto cenno a Yuri che avrebbe sparato altrove e poi di stare in silenzio quando si era scusato la prima volta, ma non riusciva a smettere di chiedergli di perdonarlo per quello spavento e per ciò che gli avevano fatto altre persone. Se si era trovato in quella condizione era colpa sua, dopotutto.
Viktor rimase a guardarlo, timoroso. Avrebbe capito la rabbia di Yuri, avrebbe capito qualsiasi reazione.
Quello che non si aspettava era lo slancio improvviso con cui Yuri gettò le braccia intorno al suo collo. Si strinse forte a lui e Viktor per un istante proiettò la propria immagine nell’acqua fresca della vasca di legno in cui si trovava Yuri, attirato dal peso del tritone.
« Ehi… »
Portò una mano sulla sua schiena, gli occhi sgranati per la sorpresa.
Un singhiozzo, poi un altro.
Yuri nascose il viso contro la sua spalla mordendosi il labbro per trattenere i picchi più acuti della voce.
« Sapevo che non lo avresti fatto… »
Viktor non era mai stato bravo a consolare, non era mai stato bravo a fare qualcosa che non fosse limitarsi a dare una pacca sulla spalla. Aveva sensibilità per molte cose, pur celandola, ma forse non l’aveva imparata per qualsiasi ambito in cui poteva essere necessaria.
Mosse lentamente le dita sulla schiena nuda di Yuri. La pelle era gelida, magari per l’acqua o magari per la paura. L’altra mano corse tra le sue ciocche corvine.
Dovevano sbrigarsi, ma non voleva allontanare Yuri troppo bruscamente; si meritava quelle attenzioni, se erano ciò di cui aveva bisogno.
« Allora perché piangi, Yuri? » domandò, tentando di muoversi quel tanto che bastava per vederlo in volto.
Tentò di fargli alzare il viso, di costringerlo a farsi guardare e fu difficile: Yuri continuava ad evitare i suoi occhi.
« Perché io non posso convincerti, non ne ho il potere e non vorrei nemmeno usarlo, ma temevo che loro invece ci fossero riusciti. »
Viktor era abbastanza sicuro che durante il loro viaggio Yuri avesse avuto modo di riflettere sui rischi che avrebbe corso non tentando di scappare e per questo Viktor si era fidato di lui, perché in cuor suo sapeva come si sarebbero sviluppati gli avvenimenti una volta giunti a corte e che Yuri non avrebbe potuto seguirlo con un secondo fine, con delle cattive intenzioni.
Sarebbe stato troppo rischioso, ma a danno fatto poteva dirlo: era stato davvero rischioso.
Si allontanò di poco e prese il suo volto tra le mani.
« Ascoltami, Yuri », cominciò, gli occhi di ghiaccio risoluti. « Non sono come loro. Non lo sono mai stato e continuerò a non esserlo. Non ti voglio fare del male, te lo giuro. »
Sentire quella creatura tremare tra le proprie braccia, vedere il suo labbro vibrare mentre tentava invano di trattenere le lacrime e i singhiozzi era doloroso.
Yuri annuì, ma continuò a piangere.
« Avanti, vieni qui. »
Viktor lo sollevò, portandolo sul tavolo di legno massiccio del cortile. Lo adagiò sopra di esso e recuperò un telo che adagiò sul suo corpo.
« Asciugati: sarà più facile se puoi camminare da solo. »
Yuri annuì rapidamente e si avvolse nella coperta. Rabbrividì per il calore trasmessogli dal tessuto e iniziò poi a sfregarlo, principalmente sulla coda, in modo da asciugare le scaglie il più in fretta possibile.
I suoi occhi saltavano in continuazione dall’unico accesso al giardino a Viktor, da Viktor alla porta.
Vide l’uomo afferrare il proprio pugnale e farsi un taglio sulla mano.
« Che cosa fai? » chiese Yuri, allarmato nel vedere il sangue scendere copiosamente lungo il palmo e poi sul polso di Viktor.
Non un gemito sfuggì alle labbra dell’uomo.
Yuri si sorprendeva continuamente di quanto Viktor fosse forte.
« Dovrebbe esserci del sangue, no? »
Immerse la mano nell’acqua della vasca e dopo aver stretto il pugno passò la mano sul bordo, il volto troppo concentrato per mostrare dolore.
Quando tolse il tappo che impediva la fuoriuscita dell’acqua, il liquido arrossato si sparse sull’erba del giardino.
Viktor raggiunse Yuri.
« Aspetta », disse il tritone.
Strappò un lembo della coperta e dopo aver preso il polso di Viktor tamponò la ferita, avvolgendovi poi intorno la fasciatura, abbastanza stretta da non lasciar fuoriuscire altro sangue.
Viktor si godette quegli attimi per guardare Yuri, sorpreso dalla sua presa di iniziativa. Poi lo ringraziò.
« Da quanto pianificavi questo momento? » continuò il tritone.
« Da quando ti ho trovato, in realtà. Ero quasi del tutto certo che non sarebbe finita bene. »
Viktor doveva aver immaginato anche che gli ponesse quella domanda, per aver risposto tanto prontamente.
« E hai voluto tentare ugualmente? »
« La vita al castello era la migliore che avevo immaginato per te. »
Yuri quasi arrossì e per evitare che Viktor se ne accorgesse abbassò il capo verso la propria coda.
Viktor rimase in attesa che Yuri si asciugasse e quando vide finalmente le gambe del ragazzo sbucare da sotto il tessuto lo prese tra le braccia.
« Non posso rischiare che ti bagni i piedi. »
Era vero, come forse era vero che Viktor aveva preso un po’ troppo gusto nel trasportarlo in quel modo.
Non che a Yuri dispiacesse: nonostante il susseguirsi concitato degli avvenimenti e la paura che ancora faceva vibrare ogni suo nervo, il contatto con Viktor lo tranquillizzava ed era ciò che gli serviva.
Viktor aprì la porticina blindata e incastonata nelle mura; dava direttamente sul sentiero alle spalle del castello, illuminato dalla luce limpida della luna e delle stelle.
Sistemò Yuri con i piedi per terra; i fili d’erba li solleticarono e il ragazzo dai capelli corvini li calpestò, tastandoli confuso.
Aveva potuto vedere diverse coste sabbiose, aveva visto l’erba, gli alberi.
Visivamente non era nulla per cui emozionarsi, ma al tatto era una sensazione completamente diversa.
Yuri iniziò a camminare, accanto a Viktor, affondando i piedi talvolta di più, talvolta di meno. Il passo accelerava, poi rallentava.
Camminò sul sentiero di ghiaia e si morse il labbro. Non riuscì a trattenersi, però.
« Ahi! »
« Attento. »
Il dolore fu solo momentaneo e subito il cuore di Yuri tornò ad essere riempito dall’emozione. Una sciocchezza come quella era riuscita a fargli scordare l’accaduto della serata, così come le lacrime che erano scese sulle sue guance.
Vederlo tanto concentrato su ogni nuova sensazione stava aiutando anche Viktor a dimenticare, beandosi di quella tenera scena.
« È la prima volta che vieni sulla terra ferma? »
Yuri annuì.
« Non ho avuto il giusto tempo per pensarci ed emozionarmi, però… Non ho nemmeno avuto il tempo di dirtelo » sussurrò. « Al massimo sono stato su qualche spiaggia. È tutto così… »
« Strano? »
Yuri scosse la testa.
« Bello. »
Lo disse guardando Viktor con forse un po’ troppa insistenza ed enfasi, forse pensando troppo a lui, piuttosto che a ciò che aveva davvero intorno; poco gli importava dell’erba, della ghiaia, degli alberi, dei suoni di animali notturni la cui esistenza gli era rimasta celata fino a qualche attimo prima.
Viktor notò quello sguardo, ma nemmeno per un istante pensò fosse dedicato a lui. Era consapevole della propria bellezza così come era consapevole di non meritare apprezzamenti proprio da Yuri.
Smise di camminare solo una volta giunto in una radura, apertasi di fronte a loro dopo una trincea di sottobosco.
Davanti a loro, illuminato dalla luce degli astri, un lago.
« So che rispetto a dove vivevi è nulla », cominciò Viktor. « Ma per il momento credo potresti stare qui. Non è molto lontano dal castello e posso venire a farti visita ogni giorno. »
Il tempo trascorso per mare dopo aver trovato Yuri era stato utile a Viktor per riflettere al da farsi una volta sulla terra ferma. Si rendeva conto che quel lago era sicuramente la fonte d’acqua più spaziosa a disposizione di Yuri nell’arco di diverse miglia. Eccezion fatta per il mare, certo.
Yuri gli era parso tanto restio ad andarsene, quando ancora erano in viaggio, che dubitava avrebbe accettato di farvi ritorno dopo essere giunto tanto lontano.
A Viktor non sarebbe dispiaciuto che Yuri rimanesse lì: il lago non si vedeva da nessuna delle finestre del castello ed era tanto incastrato nel fitto del bosco che probabilmente nemmeno chi andava a caccia – e comunque tali persone erano poche, visto che lo specchio d’acqua rientrava tra i demani della famiglia reale – doveva conoscerlo.
Viktor aveva scoperto quel laghetto per caso, durante una delle passeggiate con il proprio cane. Lo aveva lasciato libero di correre e prima di poter rintracciare con lo sguardo l’animale aveva sentito il tonfo sonoro di un corpo che si gettava in acqua.
Accorrendo per verificare cosa fosse accaduto l’aveva scoperto.
Era un luogo tanto tranquillo che Viktor lo frequentava spesso, per mettere in ordine le idee o anche solo per rilassarsi, ma ne era tanto geloso da aver sempre evitato che qualcuno potesse scoprirlo.
Non lo conosceva Christophe, non lo conosceva Yakov e non lo conosceva nemmeno il cuginetto a cui era tanto legato.
Quel luogo doveva rimanere suo. E di Yuri, ora che glielo aveva rivelato.
Forse per questo motivo era tanto ansioso di scoprire la reazione del tritone; temeva che un posto per lui tanto bello avrebbe potuto deludere le aspettative dell’altro. Non che potesse biasimarlo: c’era una netta differenza fra il godersi il fresco delle fronde degli alberi in riva ad un lago dove ci si poteva fare il bagno e il doverci vivere.
Era ampio forse quanto la larghezza, affiancata due volte, del vascello da cui erano scesi quella stessa sera. Decisamente una vasca per i pesci in confronto all’oceano da cui il tritone proveniva.
Eppure quando Viktor guardò il volto di Yuri, senza sapere come rompere il silenzio calato su di loro, vide che i suoi occhi brillavano.
Yuri gli era parso una creatura, no, una persona alquanto emotiva.
Volendo escludere la sua reazione terrorizzata alle diverse situazioni traumatiche che aveva dovuto fronteggiare, Viktor aveva visto i suoi occhi bagnarsi di lacrime anche tutte le occasioni in cui lo aveva ringraziato. Pareva provasse in modo più intenso ogni emozione, quasi fosse amplificata. Era così anche quando guardava il mare: sembrava sempre sul punto di scoppiare in lacrime, ma non lo faceva mai.
Lui stesso aveva detto di non voler scappare, di voler rinunciare alla propria casa. Era egoista nel pensarlo, Viktor lo sapeva, ma era grato che Yuri nutrisse quel desiderio: non era disposto a lasciarlo andare e lo sapeva. Non perché lo possedesse, mai avrebbe osato dire qualcosa di simile, ma perché voleva continuare a conoscerlo.
Quando sulla nave si era stabilita una certa quotidianità, Viktor aveva iniziato a lasciarsi andare, a parlare con Yuri del più e del meno.
Lo trovava affascinante, dolce.
Non voleva che Yuri fosse una sorta di animale da compagnia; voleva che gli tenesse compagnia, sì, ma perché lo voleva anche lui.
Ciò che era prezioso per Viktor non era mai il motivo principale del suo vanto, non lo avrebbe mai degradato ad un cimelio esotico da ostentare di fronte agli occhi di tutti. Ne era geloso, invece, quasi dovesse custodirlo.
« Andrà benissimo », rispose Yuri, voltandosi rapidamente verso Viktor.
Gli sorrise e senza troppi complimenti si alzò sulle punte.
Uno schiocco.
Yuri aveva baciato la guancia dell’uomo prima di lasciar cadere a terra la coperta e gettarsi rapidamente in acqua. Qualche schizzo bagnò il corpo di Viktor, ma ne fu soltanto felice: Yuri era entusiasta e soprattutto l’acqua fresca lo avrebbe aiutato a riprendersi da quel gesto del tutto inaspettato.
Viktor non aveva troppi freni inibitori né tantomeno era una persona timida. Questo se era lui ad avere le redini del gioco in mano, a decidere che cosa sarebbe accaduto poi.
Yuri era una persona di certo più timida di lui, eppure c’era un’innocenza tale a muoverlo da fargliela spesso scordare, portandolo ad agire in modo completamente fuori dalle sue corde con estrema spontaneità.
Era imprevedibile. Magari addirittura Yuri stesso non sarebbe stato in grado di prevedere le proprie stesse mosse e questo a Viktor intrigava.
Il russo si accucciò, osservando l’ombra dei capelli corvini di Yuri che si faceva sempre più nitida e vicina. Quando il volto del tritone emerse dall’acqua, Viktor gli rivolse un sorriso e si sedette a terra.
Quel gesto sorprese Yuri.
Viktor era un principe. Un principe che per stare vicino a lui aveva appena sporcato i propri abiti sedendosi a terra.
Yuri lo osservò mentre si toglieva gli stivali, arrotolava i calzoni e immergeva i piedi e i polpacci nell’acqua.
Adorava che fosse tanto genuino nonostante il suo rango.
Yuri sistemò i gomiti sull’erba, rabbrividendo per il solletico che gli steli verdi ed esili provocavano alla sua pelle.
« Mi piace qui », ruppe il silenzio Yuri, sistemando la guancia sulle proprie braccia.
Si era accorto di quanto l’espressione di Viktor fosse crucciata al pensiero di quanto gli sarebbe potuto piacere o non piacere il luogo che gli aveva proposto come casa.
« Il lago è piuttosto profondo, magari potrei trovare qualche tesoro », spiegò, un bagliore di entusiasmo negli occhi. « Almeno qui non ci sarà nessuno a rubare tutto quello che trovo io. »
Improvvisamente una passata frase di Yuri fece capolino fra i ricordi di Viktor.
“Sono più a casa su questa nave che non in fondo al mare, dove dovrei voler tornare.”
Yuri gliel’aveva detta con una tale amarezza nella voce da segnare profondamente i ricordi di Viktor, da fargli provare una rabbia del tutto immotivata e sciocca, non conoscendo né l’identità della persona verso cui sarebbe stato il caso di indirizzarla, né il motivo per cu Yuri si sentiva tanto teso al pensiero di definire casa il suo luogo natio: l’oceano.
« Non sei riuscito a raccontarmi quella storia, a suo tempo », gli fece notare Viktor.
Attese. Insistere subito chiedendogli se ne volesse parlare avrebbe fatto sembrare quella frase più come un ordine che come un invito ad aprirsi con lui. Viktor non poteva permetterlo, se la sua intenzione era solo rendersi disponibile ad ascoltare e confortare come poteva il tritone.
Così lasciò a Yuri la possibilità di rispondergli senza alcuna fretta.
Questi sussultò, sistemando le mani a palmo aperto sull’erba. Ci giocava con le dita e con i palmi, la torturava senza però essere tanto brusco da strapparla, del tutto rapito da quel nuovo elemento a sua disposizione.
« È triste. Sei sicuro di volerla sentire? »
« Se tu me la vuoi raccontare posso sopportare un po’ di malinconia. »
Yuri rimase in silenzio.
Non voleva mai pensarci troppo, non voleva mai parlarne. Solo perché non ho mai avuto nessuno con cui farlo – pensò, per poi rendersi conto che semplicemente aveva aspettato la persona giusta. Si sentiva lusingato per tutto l’interesse dell’uomo nei confronti suoi, del suo passato e delle sue tristezze.
Viktor non gli sembrava troppo interessato agli affari altrui, ai pensieri che attraversavano la testa dei suoi uomini o dei suoi amici poco intimi. Non era egoista o altezzoso; solo, spendeva energie in ciò che riteneva davvero importante.
Erano tutte sue congetture, ma la naturale conseguenza fu convincersi che Viktor lo credesse davvero importante. Questo scaldò il cuore di Yuri più di qualsiasi giorno trascorso in mare prima di conoscere l’uomo dai capelli argentati che tanto lo aveva stregato.
Si issò con le mani sul ciglio del lago, sedendosi accanto a Viktor e tenendo parte della propria coda immersa nell’acqua dolce.
« Il mio popolo è pieno di convinzioni stupide », cominciò Yuri, fissando un punto lontano, forse anche nascosto dietro gli alberi e che per questo stava solo immaginando. « Ricordi quando ti ho detto che il più delle sirene valuta la bellezza reciproca in base alle pinne e alla coda? »
Yuri si voltò verso Viktor. Approfittò di quel momento per potersi godere i tratti decisi del suo volto pallido e se ne nutrì fino a quando il principe gli rispose con un cenno del capo. A quel punto, dopo aver fatto tesoro dei suoi occhi cerulei, Yuri tornò a guardare la superficie dell’acqua.
« In realtà ci sono anche delle superstizioni. Pensano che si possa comprendere il destino di una sirena dal numero delle sue pinne. È l’unica caratteristica non congenita, a differenza di forma e colore. »
Era certo che Viktor ricordasse bene la sua pinna. Portò le mani ai lati dei propri fianchi e si sollevò.
« Io ne ho solo una, vedi? Pensano che porti sfortuna, a quella persona e poi a tutto il gruppo. »
Viktor proruppe in uno sbuffo sarcastico.
« Che idiozia. »
Quella pinna che a Yuri faceva da elegante strascico mentre nuotava e lo copriva quasi come un mantello mentre stava sdraiato a pancia in giù era un pregio, non un difetto.
« Giusto! » si infervorò Yuri. « È quello che hanno sempre detto i miei genitori! Cioè, non solo perché anche io ho una pinna del genere ed ero figlio loro », abbassò gradualmente la voce, calmandosi. « Il massimo che ti può accadere è essere un po’ escluso. So che una volta le donne con i capelli rossi venivano bruciate, sulla terraferma. Da noi non osano essere tanto drastici, anche se sperano sempre di liberarsi di te. »
Yuri si prese un momento prima di proseguire. Le pinne all’estremità della sua coda, leggermente piegate, emersero raccogliendo un po’ d’acqua, che scivolò poi di nuovo verso la superficie del lago.
« La mia famiglia è sempre stata… particolare, per gli altri. Siamo divisi in clan e ognuno ha le sue caratteristiche. Noi… beh, non avevamo alcun legame con gli altri membri. I miei genitori vivevano soli e sono stati trovati durante uno dei loro spostamenti. Io ancora non ero nato, o certamente non ci avrebbero voluti tanto facilmente. » Si sforzò di ridacchiare, ma Viktor si accorse di quanto la voce di Yuri fosse segnata dall’amarezza. « Oltre al problema che costituivo io » Viktor avrebbe voluto dirgli che non lo era. « I miei genitori avevano delle convinzioni un po’ scomode, credo di poter dire così. Non erano superstiziosi e non pensavano che dovessimo necessariamente lottare contro gli umani. Preferivano mantenersi pacifici, non attaccare qualsiasi nave per l’ennesima ripicca. Dicevano che alla lunga avremmo finito gli eventi per cui vendicarci e la nostra vendetta sarebbe diventata solamente un primo attacco dopo aver pareggiato i conti senza nemmeno saperlo. »
Un piccolo sospiro, triste.
« I miei genitori sono morti durante un naufragio. Stavano aiutando, ma uno dei barili che la nave trasportava è esploso. » Yuri si voltò verso Viktor, accennando un sorriso. « Però mi hanno dato il buon esempio! Anche io ho aiutato un bambino, una volta. »
Ne parlava con gli occhi colmi di orgoglio, più per le gesta dei propri genitori che per le proprie.
Viktor era rimasto in religioso silenzio. Ogni nuova frase di Yuri sembrava un tentativo di farlo parlare, commentare, ma il russo si ostinava a non aprire bocca.
« Ero già abbastanza grande, perciò il clan non ha preso provvedimenti in particolare, riguardo  a me. Solo, credo sperassero che mi togliessi dai piedi e alla fine è successo. » Yuri alzò lo sguardo. « Non ero solo quando mi hai trovato. Solo che nessuno mi ha aiutato a liberarmi dalla rete. »
Viktor non avrebbe voluto liquidare la questione riguardante i genitori di Yuri con un secco “può accadere”, proprio come suo padre aveva fatto con lui. Ciò che più sembrava amareggiare Yuri era il comportamento del suo clan: non aveva fatto nulla per colmare la sua solitudine, lo aveva anzi fatto sentire più solo forse con la speranza di distruggerlo, di allontanarlo.
« Yuri… » lo chiamò Viktor, senza trovare davvero qualcosa da dire.
« Capisci perché me ne volevo andare? Sei la prima persona che dopo tanto tempo mi tratta di nuovo come se non fossi uno scarto. » Inclinò il viso, portando una mano su quella di Viktor. « Certo, se… se posso fare la differenza come raccontano le leggende di mia madre, allora sono pronto! Ma se posso permettermi di essere un po’ egoista… sono più felice qui, che in mare. »
Silenzio.
Silenzio e poi le braccia di Viktor avvinte a Yuri. Lo strinse forte, lo attirò a sé come se fosse quanto di più prezioso avesse al mondo.
Non stringeva qualcuno così da quando aveva teso la mano a Yura, suo cugino, deperito e in attesa di aiuto su uno scoglio.
« Viktor…? » lo chiamò Yuri, arrossendo nella presa ferrea del russo.
« Puoi stare qui quanto vuoi, Yuri », mormorò. « Puoi stare qui per sempre. Non ho intenzione di mandarti via. »
Yuri non poté fare altro che affondare il viso sulla spalla di Viktor. Un contatto simile era l’unica cosa di cui aveva bisogno in un momento come quello, dopo un racconto tanto doloroso.
Nonostante stesse soffrendo nel ricordarlo, però, sembrava che avesse fatto di quella sofferenza la propria forza.
« Ti stancherai di venire a controllare come sto, prima o poi », rise Yuri, tentando di allontanarsi.
« No, non è vero. »
La voce di Viktor suonò gelida, troppo decisa. Era come se viaggiassero su due frequenze diverse: Yuri voleva evitare un discorso troppo serio, vacillante, Viktor invece no.
Le parole di uno stridevano in risposta a quelle dell’altro e non era mai accaduto prima.
« Verrò qui ogni giorno, Yuri. Non sei solo adesso. Non sarai più solo. »
Nell’ascoltarlo gli era parso quasi di sentire per un momento la propria voce di quando era bambino. Una voce interiore che aveva spesso sentito.
Quella voce diceva di sentirsi sola.
Poteva essere circondato da altri bambini, da adulti che riponevano in lui grandi aspettative.
Ma Viktor era solo.
Nessuno su cui contare, che non pensasse a lui solo come il principe.
La solitudine era la sua unica compagna e scavava dentro di lui avidamente per portargli via qualsiasi sollievo iniziasse a germogliare nel suo cuore.
Capiva Yuri, capiva come doveva essersi sentito. Sapeva come si sentiva, perché dopo quella sera era certo anche lui, più che mai, che se avesse intrapreso una battaglia per difendere il tritone sarebbe stato solo.
Yuri tirò su con il naso, mordendosi il labbro.
« Grazie, Viktor. »
« Non lo dire. »
Forse se due persone sole come loro si erano trovate, avrebbero finalmente smesso di esserlo.



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Buonasera a tutti ~
Questa volta ricompaio con le note innanzi tutto per scusarmi del ritardo delle risposte alle recensioni: spero di riuscire ad occuparmene il prima possibile, magari anche dopo aver pubblicato il capitolo, ma nel frattempo ringrazio tutte le persone che hanno commentato e ovviamente anche quelle che hanno solo letto il capitolo ;;
In secondo luogo volevo ritagliarmi uno spazietto in queste note per farmi un po' di pubblicità! Ho recentemente aperto su Facebook una pagina per tenere in ordine i miei lavori e da aggiornare quando pubblico nuove storie, capitoli e perché no per raccogliere le storie ormai vecchie.
Se può interessarvi seguirmi lì, il link è questo <3
Detto questo vi ringrazio per aver letto fino a qui e ci sentiamo con il prossimo capitolo ~

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto ***


V.
 



Se la casata dei Nikiforov e l’intero popolo che la seguiva odiava le sirene e guardava con diffidenza ogni creatura marina, un motivo c’era.
Viktor avrebbe tanto voluto che non fosse così; non aveva la certezza che un odio irrazionale potesse essere sradicato con tanta più facilità, ma poteva sempre sperare che così come era nato, si spegnesse con le giuste argomentazioni.
Quando le persone credevano di avere ragione, invece, ogni prova, per quanto a favore della tesi contraria, veniva rifiutata con ottusità.
Se solo la sua gente fosse stata disposta a capire Yuri avrebbe camminato per i corridoi del suo castello e non sarebbe stato confinato in quel misero lago. Per quanto a detta del tritone fosse fantastico, Viktor temeva solo di vederlo deperire con la stessa rapidità dei primi giorni trascorsi sulla sua nave. Forse quella volta, però, non avrebbe potuto intervenire come desiderava.
Tutto a causa di quei racconti, di quelle leggende sì antiche, stagionate di una decina di generazioni, ma ancora capaci di sfumare nella realtà più di quanto Viktor reputasse opportuno.
Quella storia veniva raccontata come una fiaba, all’inizio, tralasciando gli aspetti più crudi, ma con la volontà di inculcare nella mente dei bambini chi fosse il loro nemico giurato. Una volta cresciuti sarebbe stato un privilegio per loro eliminare il fantasma che aveva tormentato la loro infanzia e, per quanto contorto fosse quel ragionamento, Viktor doveva ammettere che per i suoi primi anni di vita aveva funzionato anche con lui.
Un suo antenato, un valoroso guerriero e marinaio, un giorno si era innamorato di una sirena. Una bellissima sirena, dai lunghi capelli scuri e gli occhi color dell’oceano. Aveva creduto che lo ricambiasse, vedendola seguire la propria nave per diversi giorni e diverse notti.
Le aveva chiesto il suo nome, perché li stesse seguendo, ma lei si era rifiutata di dargli una risposta. Almeno fino a quando il condottiero non avesse accettato di incontrarla sulla terra ferma.
Così, completamente rapito dalla bellezza di lei, l’uomo aveva stoltamente attraccato poco lontano da una spiaggia e l’aveva raggiunta sulla scogliera, in gran segreto dal proprio equipaggio.
L’aveva trovata con le pinne immerse nell’acqua salata, solo i lunghissimi capelli a coprire le sue forme e un raggiante sorriso sulle labbra.
Le gambe dell’uomo si erano mosse verso di lei quasi stesse seguendo una coreografia che non ricordava di aver mai imparato.
Erano stati a lungo seduti su quel bagnasciuga, a lungo avevano parlato e per altrettanto tempo l’uomo si era convinto di essere innamorato di lei.
Aveva deciso di portarla con sé, magari addirittura di sposarsi, ma ogni piano era scemato nel vedere delle luci provenire dalla nave.
Luci scoppiettanti e irregolari.
Quella danza seducente si trasformò in fiamme agli occhi del marinaio.
Udì il rumore secco del fuoco, le grida dei marinai.
Intorno alla nave, su cui si rifletteva il pulsare irregolare delle lingue di fuoco, l’uomo aveva visto delle figure. Figure del tutto simile a quella che della creatura che gli stava seduta accanto: sirene.
Solo a quel punto gli era parso che le sue gambe fossero tornate sotto il suo controllo, che stare seduto accanto alla sirena non fosse una necessità impellente come l’ossigeno.
Lei aveva sorriso, ma non con dolcezza come aveva fatto durante i loro fugaci incontri di sguardi.
« Questo è perché voi uomini avete sempre turbato l’equilibrio del mare. »
Come era arrivata, emergendo dall’oceano, si era lasciata portare via della corrente, tuffandosi poi per sparire nel turbinio di schiuma generato dai movimenti della sua pinna.
L’orgoglio ferito e la rabbia avevano spinto il capitano ad estrarre la propria pistola, mentre prendeva la mira in direzione della sirena.
Un colpo, poi l’acqua si tinse di rosso. Quando la vide emergere un urlo di dolore, o forse maggiormente di rabbia?
La vide tenersi la spalla; la pallottola doveva averla colpita solamente di striscio, eppure uno sfregio per una sirena era un’onta: una cicatrice l’avrebbe resa meno desiderabile.
L’uomo l’aveva lasciata andare, promettendo a se stesso e a tutte le generazioni a venire che non avrebbero più avuto rapporti, se non ostili, con quelle creature.
Li avevano attaccati e feriti, sedotti e poi traditi solo per rivendicare il diritto di proprietà sulle distese d’acqua che gli umani solcavano senza nuocere a nessuno.
Non volontariamente almeno; che avessero ferito sirene, tritoni e altre creature senza saperlo o fingendo di non saperlo, però, non li rendeva meno colpevoli.
Eppure non c’era stato un solo tentativo di dialogo da parte delle sirene.
Ecco l’episodio che aveva segnato l’inizio di quella guerra secolare: un attacco codardo da parte del popolo del mare, che armato di tridenti aveva attaccato una nave in rappresentanza di tutte le altre, lasciando rientrare un patria un equipaggio solo perché raccontasse. Solo perché potesse osservare la propria maestosa nave, distrutta, ricordando la ferita nel loro orgoglio.
« Perciò è per questo che la tua gente è così arrabbiata con noi. »
Yuri era stato pensieroso per tutto il tempo, anche se concentrato su ogni dettaglio della storia appena narratagli da Viktor.
« Sai, la nostra versione della storia è diversa », cominciò il tritone. « L’uomo ha sedotto la sirena per farsi portare dei tesori. Del tutto innamorata, lei ha tentato di accontentarlo, rubando qualche gioiello di proprietà del clan. Rendendosi conto di quanto stesse sbagliando, all’ennesima richiesta, ha chiesto al marinaio di amare lei e non ciò che poteva portargli. Mentre tentava di difendersi dalla collera dell’uomo, capendo solo allora quanto lui non l’avesse mai amata, questi l’ha uccisa. »
Viktor rimase in silenzio. Passato che sfuma nel presente, leggenda che sconfina nella realtà.
Forse esisteva una versione in cui entrambe le parti avevano torto. Chissà che magari non fosse Yuri a conoscere e ad avergli raccontato la verità, con la propria versione.
A ben pensarci, che il loro punto di vista fosse diverso non era così sorprendente.
Ma non importava, perché quei due popoli avrebbero seguitato a farsi la guerra, quasi smettere potesse lasciare entrambe le fazioni senza uno scopo.
« Ancora non riesco a credere che nonostante tutto tu non abbia paura di me, Yuri. »
Il ragazzo dai capelli corvini sussultò. Viktor era seduto sul bordo del lago come loro solito, Yuri immerso esattamente accanto a lui, le braccia tanto vicine alle sue gambe da sfiorare appena la stoffa dei calzoni.
« Nemmeno tu hai paura di me, nonostante tutto », gli fece notare, riprendendo appositamente alcune sue parole. « Nella tua storia le sirene sono malvage, nella mia sono buone. Io nella mia vita ne ho conosciute di entrambe le tipologie. Credo che per gli umani valga lo stesso principio, no? E tu sei uno di quelli buoni, Viktor. »
Il petto di Viktor si scaldò di una sensazione che avrebbe definito luminosa per il calore capace di fargli provare. Non avrebbe davvero saputo come altro definirla.
Aveva convissuto con il timore che Yuri lo potesse odiare nel profondo, senza magari nemmeno rendersene conto; tanto era buona quella creatura, Viktor non dubitava che avrebbe potuto iniziare a covare un sentimento così negativo senza accettarlo e reprimendolo, nascondendolo persino a se stesso. Proprio da lui Viktor aveva ricevuto la conferma del contrario, ma temeva di poter sbagliare ancora, di non espiare il peccato di averlo strappato alla propria casa per ridurlo in una tale condizione di prigionia. Temeva fosse troppo grave perché Yuri potesse davvero perdonarlo e che alla lunga lo avrebbe realizzato lui stesso.
Yuri lo fece sentire sicuro che questo non sarebbe accaduto.
Un sorriso increspò le labbra cesellate di Viktor, incorniciate dai capelli lunghi lasciati cadere sulle spalle per quell’occasione.
« Anche tu sei un tritone di quelli buoni, Yuri. »
La creatura sorrise.
Farfalle nello stomaco.
Viktor amava vedere quegli occhi castani illuminarsi per l’emozione, diventare caldi per la gioia di essersi sentiti rivolgere delle parole gentili meritate più da loro che da qualsiasi altra cosa al mondo.
« Ci siamo trovati, quindi. »
Yuri voleva che Viktor capisse quanto stava bene lì con lui, quanto il mare gli mancasse poco se la vicinanza a lui era tanta. Si conoscevano appena, magari Viktor era solo incuriosito da lui, dalla sua natura, dal suo bizzarro modo di pensare. Magari voleva approfittarsi della sua ingenuità per poi abbandonarlo.
Yuri era innocente, ma non era stupido e anzi: era sempre stato un buon osservatore. Dal proprio angolo silenzioso traeva conclusioni su persone con cui mai aveva parlato, che mai aveva visto prima e spesso le sue opinioni si rivelavano esatte, quasi fosse un indovino. Non si trattava di un potere, ma di un dono.
Dono che gli aveva permesso di capire in fretta quanto Viktor non si stesse approfittando di lui e che poteva fidarsi.
Oltre a questo, gli aveva dato modo di notare altri aspetti del principe, come ad esempio quanto volesse avere sempre l’ultima parola. Non era un atteggiamento fastidioso, era parte di lui in una maniera non soffocante.
La loro non era una gara a chi lasciava l’altro più spiazzato, anche se quando gli occhi celesti di Viktor scrutavano i suoi, le labbra schiuse per la sorpresa, Yuri si sentiva sempre un po’ bene, quasi gli avesse dato la conferma che era in grado di sorprenderlo.
Nel guardarlo parlare con gli altri marinai, Yuri l’aveva sempre visto annoiato, forse insoddisfatto del futuro che il suo lignaggio aveva prescelto per lui. La cosa peggiore era che non poteva tirarsi indietro, non poteva chiamarsi fuori da un destino stabilito dal suo stesso nome.
Yuri sapeva cosa voleva dire: cancellare le aspettative sul proprio conto era tanto duro quanto scrostarsi di dosso una cattiva fama attribuita ingiustamente.
Uscì dall’acqua spostandosi accanto a Viktor.
« Hai i capelli sciolti oggi! » notò, distraendosi dall’argomento principale.
«  Cosa…? » domandò Viktor, preso in contropiede, ancora troppo concentrato su quanto Yuri sapesse ammaliarlo per realizzare quanto aveva detto. « Ah, sì. »
Sapeva cosa significava.
Viktor scordava sempre tutto, ma la promessa fatta a Yuri gli era rimasta impressa: il giorno in cui si fosse scordato di legarsi i capelli, Yuri avrebbe potuto intrecciarli come meglio preferiva.
Una promessa sciocca, visto che sarebbe stato sufficiente sciogliere la chioma argentata dell’uomo per poterla rimodellare come meglio credevano.
Quella promessa risaliva al giorno prima, cosa che rendeva un po’ meno di valore il suo essersene ricordato e anche meno credibile il fatto che si trattasse di un evento fortuito.
Yuri sorrise dopo essersi sistemato alle spalle di Viktor.
« Allora, posso pensarci io? »
Viktor annuì e a quel punto le dita di Yuri sfiorarono delicatamente una ciocca dei suoi capelli. Stava trattando la chioma di Viktor con molta più parsimonia di quanto fosse necessario per timore di fargli male, di risultare indiscreto o fastidioso.
Dopo aver sfiorato i suoi capelli con fare impacciato, le dita di Yuri avevano preso a pettinarli fino alle punte, a smuoverli delicatamente con le mani.
« Sono morbidi… »
« Sono solo capelli, Yuri », rispose Viktor con uno sbuffo di risata.
Voltatosi appena per cercare il suo sguardo, scoprì che Yuri si stava sporgendo proprio per poterlo guardare.
« Non è vero, senti! » Prese la mano di Viktor con la propria e la guidò sui propri capelli, sistemati indietro sulla testa. « I miei sono… strani. »
« Non dovresti trovare più strani i miei capelli, rispetto ai tuoi? » domandò Viktor.
Le sue dita indugiarono per un istante, lasciate a vagare ad un soffio dalla chioma di Yuri. Poi si adagiarono sulla sua testa, sfiorando i suoi capelli e trasformando quei tocchi in carezze malcelate.
Non poteva definirli stopposi, ma avevano indubbiamente una consistenza particolare. Particolare come i riflessi bluastri che gli pareva sempre di scorgere tra una ciocca e l’altra.
« Non sono strani, sono diversi », proseguì Viktor. « E mi piacciono. »
Prova ne era il modo in cui li stava accarezzando, sporgendosi all’indietro per poter guardare Yuri. La sua nuca raggiunse la spalla del tritone finché le dita scendevano sugli zigomi morbidi.
Li vide arrossire sotto il suo passaggio e solo a quel punto Viktor tornò seduto compostamente, deciso a non esagerare: Yuri era fragile e non poteva permettersi di turbarlo.
Aspettò che riprendesse – e si riprendesse – ad occuparsi dei suoi capelli, solo a quel punto parlò.
« Avevamo pattuito che io avrei risposto ad una tua domanda e poi tu ad una mia. »
« Credevo di aver già risposto al perché non avessi paura di te. »
« Non te l’ho chiesto io, me l’hai spiegato tu. »
Grazie al cielo, avrebbe aggiunto, o avrebbe dovuto soddisfare quella curiosità sacrificandone una che reputava vitale.
Silenzio da parte di Yuri, che nel frattempo stava dividendo i suoi capelli in varie sezioni. Viktor non voleva nemmeno sapere cosa avrebbe fatto: i suoi tocchi erano tanto rilassanti che sarebbe rimasto quieto a farsi pettinare anche tutto il giorno.
« Cosa vuoi sapere? » chiese infine il tritone.
Non gli dispiaceva davvero di raccontare un po’ di sé e del proprio passato a Viktor.
« Perché non mi hai mai controllato da quando ci conosciamo? Non puoi farlo? »
Le dita di Yuri si arrestarono e a Viktor venne spontaneo chiedersi se non fosse stato sfacciato, toccando un tasto troppo intimo per Yuri.
« No, non posso farlo. Non ancora, ma non mi sarebbe ugualmente passato per la testa di tentare. Mi hai sempre ascoltato e ho vissuto senza mai usare quel dono, quindi non mi serviva », spiegò. « Credo si possa dire che diventi possibile sfruttarlo dopo una sorta di… rito di passaggio? Tu dovevi portare a corte una sirena per diventare degno di diventare Re, giusto? »
Viktor annuì.
« Noi dobbiamo innamorarci per poter usare la nostra voce in quel modo », aggiunse. « Le sirene sono creature abbastanza… facili a cedere a certi sentimenti. Un nostro simile, un umano. Credo di aver sentito di qualcuno che si è innamorato di un proprio riflesso ed è andato bene ugualmente. »
« Perciò tu non ti sei mai innamorato, Yuri? »
Viktor era una persona curiosa, su ciò che decideva essere interessante. In quel momento lo era, curioso.
Aveva ottenuto la conferma di non essere stato troppo indiscreto e questo, paradossalmente, invece che renderlo più cauto per lo spavento gli aveva dato il via libera a proseguire con quella linea di condotta.
Voleva una risposta a quella domanda. Doveva averla.
Il rossore sulle gote di Yuri lo sorprese forse più del necessario: era ovvio che qualcuno con il carattere del tritone si sarebbe sentito preso in contropiede per una simile domanda, seppure prevedibile dato l’argomento che stavano affrontando. Forse Viktor aveva generato in lui dello sconforto.
Dire che non se lo sarebbe mai perdonato sarebbe stato sciocco, dato che aveva deliberatamente scelto di torchiarlo ancora un poco.
« No, non mi è mai accaduto », confessò Yuri.
In un sospiro rassegnato, ecco come aveva esalato quella risposta.
Se una qualsiasi altra persona avesse detto a Viktor che sentiva la mancanza di un innamoramento nella propria vita senza sapergli dare poi una valida motivazione, allora il giovane non avrebbe potuto fare altro che reputarla alquanto stupida e senza nemmeno troppe cerimonie: lui per primo non si era mai innamorato, mai era arrivato tanto vicino al sentimento tanto agognato da tutti, l'amore.
Eppure sapeva perché sperava di trovarlo, perché la parte di lui che non si ostinava ad essere fredda ci credeva. Ci sperava perché sapeva che da quel momento avrebbe iniziato a vivere davvero, completamente.
Voleva qualcuno che lo conoscesse più di lui stesso, che lo comprendesse e lo amasse come lui aveva sempre dimostrato di fare senza però riuscirci completamente.
Per questo pretendeva delle motivazioni valide che Yuri ancora non gli aveva dato, ma che non si sentiva di chiedergli.
Immaginava che per lui fosse stata già abbastanza dura: dalla nascita di quel sentimento dipendeva anche il suo potere e dall'arrivo di quel potere la conseguente possibilità di riscattarsi con la propria razza.
Viktor non poteva fare ameno di pensare che la vita era stata capace di essere particolarmente crudele, con Yuri.
Era ingiusto.
« Non è tanto per il mio potere che mi pesa, sai? » prosegui Yuri senza che nemmeno ci fosse bisogno di un ulteriore intervento di Viktor.
Quelle parole lasciarono abbastanza spiazzato il russo; sembrava proprio che Yuri stesse per spiegargli le proprie ragioni e Viktor non poteva chiedere qualcosa di migliore.
« Non ho mai voluto dirlo per primo perché mi avrebbe escluso ancora di più credendomi presuntuoso, mi vietavo addirittura di pensarlo, ma credo di essere davvero diverso dalla maggior parte dei miei simili e non per i motivi che hanno scelto loro. » Era la prima volta che si apriva tanto con qualcuno, da quando simili pensieri erano maturati in lui. « Non ho mai voluto che l'amore fosse qualcosa di frivolo, nato nei confronti di un marinaio che non avrei mai più rivisto solo per… convenienza? Per ottenere qualcosa, per quanto fondamentale come quel potere. Credo che l’amore debba essere spontaneo, con tutti gli aspetti positivi e le scomodità che può provocare. »
Yuri ripensò alle storie d’amore che spesso si raccontavano nelle profondità del mare, di fanciulle perfette che incontravano uomini altrettanto perfetti, su cui lui stesso aveva sospirato senza poterne fare a meno. Non aveva mai provato l’amore, ma aveva provato una vita imperfetta e disillusa, sebbene nei suoi occhi non si fosse mai spenta la scintilla della speranza.
Ciò che lo attraeva dell’amore doveva essere anche la possibilità che non fosse come si aspettavano tutti, ma irregolare e affascinante proprio per le proprie imperfezioni.
Se era riuscito ad apprezzare la propria vita imperfetta, allora avrebbe apprezzato anche quel sentimento.
« La maggior parte dei miei simili sono incoerenti, sai? Dichiarano di odiare una razza e poi si invaghiscono del primo marinaio che si affaccia ad una nave, della prima persona con lineamenti un po’ più particolari rispetto al solito. Ho visto delle amicizie finire per litigi dovuti ad un uomo che piaceva a più persone e che poi, a distanza di qualche giorno, veniva dimenticato. »
Yuri tentava di rimettere in ordine le idee mentre parlava, di dare un senso logico a pensieri e domande che sempre avevano affollato la sua testa senza che però vi desse mai risposta. Ora che conosceva Viktor magari avrebbe potuto ascoltare il suo punto di vista, magari lo avrebbe aiutato a capire così come lo aveva aiutato a comprendere altri aspetti della vita, alcuni comportamenti degli umani che mai Yuri era riuscito a giustificare prima.
« Però l'amore non dovrebbe essere qualcosa per cui ti senti disposto a sacrificare la vita stessa? Allora perché le altre sirene si dichiarano innamorate di qualcuno che il giorno dopo scordano senza più pensarci? Versano qualche lacrima e ad una settimana di distanza sono promesse a qualcuno del clan. Forse tutto dipende dal valore che la persona stessa dà a quel sentimento. Minore è il valore, prima lo si sperimenta e nel nostro caso, prima il potere ha occasione di manifestarsi. »
Le dita di Yuri non avevano smesso di muoversi tra i capelli di Viktor, anche se il russo era tanto concentrato sulle sue parole da essersene completamente scordato.
Quella sensazione era diventata una sorta di sfondo ad ogni cosa, come il rumore delle onde lo era mentre viaggiava per mare.
Gli piaceva come Yuri si esprimeva, si muoveva; gli piaceva il suo modo di pensare. Gli piaceva lui.
Se Viktor era riuscito a ricordarsi della realtà e del modo in cui il tritone lo stava toccando era stato solo grazie alla sorpresa che le parole dell'altro avevano provocato in lui.
« Se può consolarti nemmeno io mi sono mai innamorato. Per lo stesso motivo e non lo dico per darti semplicemente ragione », prese la parola Viktor. « Forse nel mio caso possiamo parlare anche di una lieve tendenza all'essere troppo esigente, ma ho comunque sempre pensato che l'amore fosse qualcosa di troppo grande. Così grande da essere forse anche fuori dalla mia portata. Chi lo sa? »
Quelle parole spaventarono lievemente Yuri, ma Viktor questo non poteva saperlo.
« Non ho intenzione di dichiararmi innamorato di qualcuno fino a quando non mi sentirò pronto a sacrificare qualsiasi cosa per quella persona senza pensarci due volte. Credo che senza provare questo, non sentirei nemmeno il bisogno di parlare d’amore. »
Le ciocche di Viktor si tesero appena nella presa del laccio porto a Yuri in precedenza.
« Sono sicuro che la fila di donne pronte ad accettare il tuo amore sia infinita, comunque. »
Sempre che Viktor non fosse destinato ad innamorarsi dell’unica donna che mai avrebbe potuto avere.
« Non mi dispiacerebbe nemmeno una fila di uomini pronti ad accettare il mio amore, in realtà. »
Viktor si riservò di voltarsi.
Per un istante la treccia che Yuri stava tentando di chiudere, evidentemente in un momento non molto propizio del loro discorso, rischiò di sfuggire alla sua presa. Per poco Viktor non sorrise divertito.
Il russo voleva osservare la risposta di Yuri. Non contavano solo le parole, ma anche l’espressione, il colorito del viso, il movimento delle sue labbra.
« Anche tu hai parlato di marinai. Non mi sembravi troppo interessato a qualche fanciulla », insistette.
Viktor era a proprio agio con qualsiasi cosa lui avesse scelto o capito di sé. Le uniche cose che lo mettevano a disagio erano quelle imposte, che non voleva fare o che contrariavano in qualsiasi modo la sua morale, motivo per cui agiva sempre per essere coerente con sé stesso.
Yuri non aveva parlato senza pensare; era anzi stato piuttosto attento a ciò che diceva per non rischiare di spiegarsi male o di far travisare a Viktor la visione di un sentimento importante come lo era l’amore per lui. Ogni scelta di parole era stata calcolata, meno forse proprio quella a cui si era aggrappata Viktor.
Gli era venuto tanto spontaneo manifestare quella preferenza che forse era stato meglio così.
« Direi che mi sono fatto scoprire », si rassegnò con una risata.
Che Viktor fosse come lui, sotto quell’aspetto, lo aveva rassicurato. Forse gli aveva dato addirittura una speranza.
No, doveva scacciare certi pensieri: non avrebbero portato assolutamente a nulla di buono.
« Da una persona di larghe vedute, grazie al cielo. »
Non si sentiva più in imbarazzo, non c’era nulla per cui sentirsi in imbarazzo. Accompagnò i capelli di Viktor lungo la sua schiena, osservando il suo operato con soddisfazione.
Si spostò lentamente in modo da sistemarsi con la coda in una posizione che lasciava immaginare che le gambe fossero sistemate in ginocchio.
« Non so quanto il lago sia un buono specchio », disse Yuri. « Ma domani voglio che mi dici se ti piacciono i capelli in questo modo. »
Viktor era ancora troppo soddisfatto dalla risposta di Yuri per poter davvero pensare come conveniva a quella treccia a cui però il tritone teneva tanto. Infine annuì, tastando con delicatezza le ciocche ora raccolte; sentiva due trecce partire ai lati della testa, poco più indietro rispetto alle tempie e unirsi poi in una treccia più folta che fece in modo di sistemare sulla spalla, così da poterla osservare. Trattava i propri capelli con cura, ma mai così tanta come in quel momento, in cui erano stati acconciati da Yuri.
« Sono certo che mi piacerà. »
Avevano già cambiato argomento e per quanto spesso la pertinenza di Yuri fosse penosa si rendeva conto che ciò di cui stava per parlare era una questione ormai lasciata da parte.
« Non credo che sarei mai stato capace di meritarmi qualcuno a livello sentimentale, comunque. O che qualcuno mi avrebbe mai trovato interessante. »
Aveva bisogno di togliersi quel peso, ma dopo averlo fatto si sentì tanto fuori luogo, tanto vittimista, che abbassò lo sguardo verso le scaglie della propria coda.
« Ero certo che pensassi qualcosa del genere. »
Viktor era sempre in grado di sorprenderlo, di dire qualcosa di imprevedibile. Un po’ come per il russo valeva il contrario.
« Una sciocchezza del genere, aggiungerei », riprese.
Yuri schiuse le labbra. Non si aspettava nemmeno quell’asprezza.
Forse si stava dimostrando una di quelle persone troppo lamentose che Viktor gli aveva spesso detto di odiare?
Fu sul punto di scusarsi.
« Ti hanno fatto credere per anni che fossi da meno di… chiunque. Come persona, per l’aspetto, ma devi lasciar perdere questi pensieri, ora. »
Yuri si strinse nelle spalle.
« Yuri », lo chiamò.
Nessuna risposta.
« Yuri, guardami. »
Viktor si avvicinò appena, due dita sotto il mento di Yuri per sollevarlo e obbligarlo a guardarlo negli occhi.
Il giovane si rassegnò, puntando gli occhi castani ancora rammaricati in quelli azzurri di Viktor.
Il russo era spesso impulsivo. Non perché non fosse portato a pensare alle conseguenze: semplicemente non voleva farlo, non voleva porsi dei paletti.
Quello che stava per dire era sciocco, forse, era immaturo e scorretto nei confronti di Yuri, che sarebbe rimasto in quel lago costretto a farsi trovare da lui il giorno successivo e quello dopo ancora.
« Io mi innamorerei di te. »
Yuri sussultò, il volto rosso e il cuore in gola. Viktor giurò di aver visto le mani tremare, sul suo grembo. Ne strinse una con la propria per dargli forza e lo confortò con un sorriso.
« Davvero…? »
« Sì. »
Yuri lo pensava sempre, era una sorta di costante nella propria testa, ma Viktor era bellissimo. Sotto qualsiasi luce, che fosse quella aranciata del tramonto o rossa dell’alba. Che fosse quella fredda della sera, quando era ormai stanco e provato per la giornata appena trascorsa, o quella dei momenti in cui era fresco e riposato, proprio come allora.
Era sempre bellissimo. Era perfetto, ma non nella propria imperfezione come poteva esserlo l’amore. Yuri non vedeva nulla che non andasse in Viktor.
Avrebbe risposto, ma non ci riuscì.
« C’è una cosa che vorrei fare ora, Yuri » disse. « Ma non la farò se non mi darai il permesso. »
Il tritone schiuse le labbra e poi annuì, in attesa.
Viktor parlava e si rimproverava, al contempo, nella propria testa.
« Vorrei baciarti. Voglio baciarti da giorni. »
Era forse imbarazzo quello che iniziava a pervadere il cuore di Viktor Nikiforov? O magari timore di essere rifiutato?
Yuri non aveva mai detto di essere interessato a lui, anzi: Viktor era tanto ammaliato al ragazzo, per contro, da poter aver visto ciò che desiderava, ciò che sperava di vedere; qualche occhiata, qualche sfumatura nei suoi sorrisi…
Non vide alcuna reazione e desiderò di riempire il silenzio, ma non trovò nulla da dire. Nulla di sensato, almeno, e lui non apriva la bocca per non dire qualcosa che vantava tale caratteristica.
In quel momento avrebbe fatto un’eccezione, se solo nella sua testa non ci fosse stato il vuoto più totale.
Stava per dire di no, ecco cosa stava per fare Yuri secondo la mente di Viktor. Per questo quando le dita calde del tritone raggiunsero le sue guance e il suo busto scoperto si protese in avanti, verso di lui, Viktor non riuscì a capire.
Le labbra di Yuri erano morbide, più morbide di come aveva osato immaginarle, convincendosi che quando sarebbe riuscito a smentirsi o a scoprire di avere ragione si sarebbe trattato di un sogno.
Gli occhi di Viktor, sgranati per la sorpresa, si chiusero rapidamente. Yuri era così…
La sua mente non riuscì a scegliere il giusto aggettivo, tanto era persa in quel bacio lento e impacciato. Non aveva osato essere così insicuro nemmeno durante il proprio primo, di bacio, eppure sentiva tutto l’impegno di Yuri attraverso quei piccoli movimenti.
Viktor avvolse le braccia intorno al suo busto, attirandolo a sé e avventandosi sulle sue labbra. Stava pretendendo da lui forse più del giusto, ma fu così istintivo da non pensarci.
Yuri sentiva il cuore palpitare, il corpo fremere stretto tra le braccia di Viktor.
Aveva bramato e sognato quel contatto per tutta la vita e che fosse con Viktor era paradisiaco.
Si sentiva bene come mai prima e tutto gli sembrava spontaneo, naturale.
Le sue mani scivolarono lentamente sul petto del russo e solo dopo qualche attimo si allontanarono. Viktor lo guardò negli occhi, le ciglia chiare ancora calate sulle iridi azzurre.
Yuri andò nel panico.
Avrebbe voluto baciarlo ancora e ancora senza maismettere, così come Viktor voleva farlo per incitarlo a calmarsi.
« Io… » mormorò il tritone.
Gli occhi guizzarono a destra e a sinistra. Poi, verso l’acqua.
Sgusciò via dalle braccia di Viktor e si gettò nel lago.
Cosa avrebbe dovuto dire? O fare? Perché doveva sembrargli così complicato?
Non lo era stato fino a poco prima.
« Yuri! » lo chiamò Viktor, sporgendosi rapidamente verso il lago.
Avvicinò il volto all’acqua, così tanto che la punta dei capelli si bagnò. Avere il naso ad un palmo dalle increspature che segnavano la sparizione di Yuri non lo aiutava a vedere sul fondale, dove il tritone doveva essersi rifugiato, ma per lo meno gli dava questa illusione.
« Yuri, torna qui », continuò a tentare di richiamarlo indietro ad alta voce.
Si stava ancora riprendendo dall’idea che fosse stato il ragazzo a baciarlo per primo contro ogni sua aspettativa, ma aveva immaginato di riprendersi gradualmente, tra uno schiocco di labbra e l’altro, mentre stringeva il corpo di Yuri al suo così tanto a lungo da permettere alla sua coda di asciugarsi e lasciare che le gambe ricomparissero aiutate dal suo calore.
« Sono stato troppo invadente? » domandò. « E dire che non mi metto mai in discussione… » aggiunse a voce di gran lunga più bassa. « Non posso sapere cosa ti ha dato fastidio se non me lo dici, avanti! »
Passarono diversi momenti.
Viktor sospirò e tornò a sedersi, le mani leggermente arretrate rispetto alle sue spalle, sull’erba, per potersi sorreggere mentre guardava il cielo.
Non aveva alcuna intenzione di andarsene, non prima di aver risolto quella questione.
Sarebbe rimasto seduto sul ciglio di quel lago anche fino a notte fonda, anche se avrebbe significato sorprendere Yuri con la propria presenza quando si sarebbe affacciato con la convinzione che ormai fosse andato via.
Tornò a sporgersi dopo aver sentito un movimento: Yuri stava riemergendo. Lo vide dall’acqua che si increspava.
Si allontanò dalla superficie per lasciargli il suo spazio e vide poi il volto preoccupato e triste di Yuri materializzarsi di fronte a lui.
« Sei tornato », esalò soltanto Viktor, con enorme sorpresa di Yuri.
Non si era nemmeno arrabbiato.
« Scusami… credevo di averlo fatto male, poi mi sono imbarazzato e… »
« Shht, va bene così. »
Il tritone si mordicchiò le labbra. Viktor era ancora vicino a lui, nonostante fosse ancora immerso nel lago.
Azzardò ad allungare una mano verso il suo viso e Viktor la prese tra le proprie. Baciò la punta delle sue dita, una per una, prima di avvicinare il viso al suo, questa volta con più calma.
Diede a Yuri il tempo di abituarsi e di desiderare quel contatto senza fretta: avevano tutto il tempo del mondo.
Il bacio che ne seguì aggiustò ogni cosa.



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Ho corretto il capitolo a distanza di qualche tempo da quando l'ho scritto e non ricordavo tutta questa dose di zucchero.
Seconda cosa: spero non sia il caso, ma il prossimo capitolo ha bisogno di qualche aggiustamento in più rispetto agli altri! Dovrei riuscire ad essere puntuale ugualmente, ma ci tenevo comunque ad avvisare che potrebbe eventualmente esserci qualche giorno di ritardo ;_;
Intanto ringrazio le persone che hanno aggiunto di recente la storia tra le preferite, seguite e ricordate. Spero che stia continuando a piacervi <3

 

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Capitolo 6
*** Capitolo sesto ***


VI.
 



« Temevo seriamente che stessi per darmi una testata. »
« Una testata? Avanti! »
Seduti sotto le fronde del solitario albero più vicino al lago, i due amanti stavano bonariamente prendendo in giro il loro primo bacio; Viktor con le spalle adagiate lungo il tronco e Yuri sulle sue gambe, le braccia avvolte intorno alle spalle del principe.
« Sì, sì! Ti dico che ti sei avvicinato con un’espressione serissima in volto e ho pensato di aver fatto una sciocchezza. »
Yuri scoppiò a ridere, affondando il volto sulla spalla dell’uomo. Non sapeva nemmeno perché lo trovasse tanto buffo.
Agitò appena le gambe, coperte solo in parte da una lunga camicia che Viktor aveva portato con sé per coprirlo quando voleva uscire dall’acqua.
« Non ti avrei mai dato una testata, Viktor! »
« Questo io non lo potevo sapere », gli fece notare l’altro, schioccandogli diversi baci su una tempia.
Da quando il loro interesse reciproco era diventato palese e la loro relazione solida e meno impacciata, sembrava che il loro rapporto fosse giunto ad un certo livello di completezza: non si limitavano più a parlare, a gettarsi occhiate frustrate per il desiderio di potersi abbracciare e baciare; parlavano, parlavano tantissimo e degli argomenti più disparati, ma si concedevano anche quelle dolci attenzioni capaci di renderli solo più felici.
Yuri guardò Viktor in viso e sorrise.
« Sono riuscito a farti tornare di buon’umore, visto? »
Quando il russo era giunto lì, quello stesso giorno, si era dimostrato alquanto negativo e di cattivo umore. Inghippi di corte, si era giustificato rapidamente.
Per la verità non era successo nulla di particolare, solo una cattiva sensazione con cui Viktor si era svegliato. L’impressione che sarebbe accaduto qualcosa, aveva detto.
Se i loro popoli credevano a magia e profezie, chi erano loro per non dare retta a qualcosa di più concreto come l’istinto?
Yuri aveva giurato di rimetterlo in sesto, al suo arrivo. Viktor si era mostrato abbastanza incerto del risultato, ma il tritone aveva mantenuto la parola.
« Oh », fece solamente Viktor, quasi se ne stesse rendendo conto soltanto allora. « Mi metti sempre di buon umore, dorogoy, non so davvero come ho fatto a dubitarne! »
Piccoli passi in mezzo all’erba, in lontananza, ma nessuno dei due ci fece caso, tanto erano presi dal dare vita a quel quadro perfetto che aveva loro come unici soggetti.
« Sai cosa vorrei come premio? » chiese Yuri.
« Che cosa? »
« Un bacio! »
Viktor sorrise, malizioso.
« Tutti quelli che desideri. »
Le labbra cesellate di Viktor incontrarono quelle di Yuri, non più timorose di un rifiuto come la prima volta.
Il tritone, dal canto, aveva preso confidenza da giorni con quei contatti e lentamente il suo corpo e le sue espressioni sotto i baci si erano fatti più rilassati. Chiedeva la vicinanza del corpo di Viktor senza imbarazzo, pur essendo ancora impacciato e insicuro, talvolta. Tuttavia sapeva quello che voleva, come chiederlo e che soprattutto di poterlo fare.
Parte del fascino di Yuri, per Viktor, stava anche nei suoi modi ancora da raffinare.
I capelli corvini del tritone si sparsero sull’erba e quelli argentei e sciolti di Viktor li raggiunsero ben presto, spandendosi sopra di essi mentre le ciocche di entrambi si mescolavano. Nero e argento, fili esili in mezzo a quelli meno sottili dell’erba.
Un bacio, poi un altro ancora.
Viktor sentì le dita di Yuri accarezzargli gli zigomi, la mandibola e poi il collo. Le sue labbra incontrarono gli angoli di quelle di Viktor, poi si schiusero appena per permettere a quel contatto di diventare più intimo.
« Che diavolo state facendo?! »
Silenzio.
Viktor alzò rapidamente il capo e Yuri, sotto il suo corpo, tentò di muoversi quel tanto che bastava per poter puntare gli occhi nella direzione da cui proveniva la voce.
Un ragazzetto, un caschetto di capelli biondi e un’espressione a metà tra l’imbarazzato e lo scocciato, li scrutava. Guardava più Viktor, che lui: di Yuri sembrava non gli importasse affatto.
« Santo cielo, Yura… » borbottò Viktor, buttandosi a sedere sull’erba mentre sistemava appena la blusa che lasciava quasi del tutto scoperto il petto.
Si stava già pregustando cosa sarebbe potuto accadere poi, ma la sua fantasia era stata obbligata ad una battuta d’arresto brusca e dolorosa.
Meglio lui che qualcun altro, ma Viktor doveva ancora digerire lo spavento.
« È per questo che sparisci sempre da palazzo? »
« Non dirmi che mi hai seguito di proposito per vedere cosa facevo! »
Il biondino rimase in silenzio.
« Beh… »
Era in difficoltà, indice che Viktor aveva colto nel segno.
« Devi essere proprio annoiato, allora. »
Yuri si tirò a sedere. La sua espressione era molto più colpevole di quanto sarebbe stato giusto, per essere solo stato colto di sorpresa mentre era intento a baciare Viktor, e le sue guance arrossate lo erano tanto quanto quelle del ragazzino. L’unica consolazione stava nel fatto che la sua coda non fosse visibile: il nuovo arrivato non avrebbe potuto sospettare assolutamente nulla, in tal modo.
Viktor sembrava completamente rilassato, invece; se il ragazzo avesse assistito al momento in cui Yuri aveva messo piede fuori dall’acqua, in cui la sua coda era lentamente svanita, sarebbe saltato fuori subito dal proprio nascondiglio, indice che questo non era accaduto. In ogni caso, non era una persona che poteva giudicare il tritone.
Un piccolo ringhio sfuggì alle labbra di quello che doveva essere il cugino di Viktor. Stando alle descrizioni inerenti il suo carattere, Yuri lo aveva riconosciuto subito: brusco e diretto.
Aveva dato per scontato che fosse lui, a maggior ragione dopo aver sentito quel soprannome.
Il tritone non era privo del senso del pericolo, sapeva che la presenza di un umano diverso da Viktor avrebbe potuto metterlo nei guai. Quel ragazzino gli dava però l’impressione di essere diverso dalla maggior parte delle persone.
« Tu sei Yuri, giusto? Viktor mi ha parlato tantissimo di te! » annunciò infine, entusiasta.
Tra Yuri e Viktor si era intessuto uno scambio di informazioni riguardanti il cugino del principe: Viktor gli aveva profusamente parlato di lui raccontando quanto, spesso, fosse insopportabile con il suo caratteraccio e quanto, altrettanto spesso, andassero d’accordo proprio per via di quello stesso carattere che lo spingeva a lamentarsi.
Anche Yuri aveva fatto qualche accenno al ragazzo, senza sapere però di star parlando proprio di lui; aveva sentito il suo nome e aveva accennato a Viktor di aver soccorso un bambino, una volta, che si chiamava allo stesso modo.
Un bambino salvato da una nave che riportava gli stessi stemmi dorati che aveva visto al suo arrivo nella sala del trono. Questo non lo aveva aggiunto, però.
A sua discolpa Yuri aveva avuto talmente tanti pensieri per la testa, tra questioni di vita o di morte e tuffi al cuore per le emozioni più piacevoli, da non aver davvero avuto il tempo materiale e la concentrazione necessaria per trarre delle conclusioni che in condizioni differenti gli sarebbero parse lapalissiane.
Non vederlo a corte al proprio arrivo gli aveva fatto credere che il cugino di Viktor non potesse essere quel bambino.
Viktor rimase sorpreso dalla reazione entusiasta di Yuri, che non parve preoccuparsi nemmeno per un istante di essere stato visto da un altro essere umano. Pensò si fosse comportamento in modo così tranquillo grazie alla propria reazione rilassata, che poteva averlo influenzato, ma il principe si ricredette in fretta: pur non avendo nemmeno la coda in quel momento, Yuri era insicuro a prescindere e si sarebbe spaventato solo perché lui sapeva la verità, ovvero che al minimo schizzo d’acqua sulle sue gambe esse si sarebbero trasformate in un involucro di scaglie rilucenti.
No, doveva esserci un altro motivo per cui era tanto a proprio agio.
Il giovane Yura, dal canto suo, rimase sorpreso proprio come Viktor, se non di più, rasentando il basito. Gli occhi verdi smeraldo si puntarono sul volto di Yuri; lo aveva visto di scorcio, stretto sotto il corpo di Viktor. L’unica persona che aveva guardato dal proprio arrivo era stato il ragazzo dai capelli argentati.
I suoi occhi si sgranarono.
« Tu…? » biascicò il ragazzo.
Le sopracciglia di Viktor si aggrottarono.
« Vi chiederei se vi conoscete, se solo non fosse impossibile. »
Yuri si alzò in piedi senza nemmeno ascoltare quanto Viktor aveva detto. Qualcosa che non faceva davvero mai e che colpì ancora una volta il russo.
Erano passati tre se non quattro anni da allora, anni in cui Yura era passato dall’essere un ragazzino pestifero ad un pestifero ragazzino un poco più adulto. Yuri lo aveva riconosciuto subito, lo aveva riconosciuto anche attraverso le semplici parole di Viktor, per la verità. Non lo avrebbe mai dimenticato, ma lui? Poteva anche avergli chiesto di non farlo, ma l’aspettativa di entrambi era non rivedersi mai più. La sua identità era un’informazione che con il tempo sarebbe diventata inutile.
« Posso vedere la mano? » domandò il tritone, attento.
Yuri sapeva che non ci sarebbe stata nessuna ferita: l’aveva guarita lui usando semplicemente l’acqua.
Forse le sue corde vocali non erano potenti come quelle delle altre sirene, ma quantomeno disponeva di ulteriori abilità come quella che aveva salvato il palmo della mano di Yura da una brutta infezione e conseguente cicatrice.
Confidava nella dimostrazione di conoscere qualcosa di lui e nel fatto che questo avrebbe spinto il biondo a fidarsi e ad accettarlo come aveva fatto un tempo.
Dimostrarsi pacato all’esterno gli stava richiedendo un’incredibile forza: dentro di sé Yuri tremava.
C’era un motivo particolare per cui aveva inconsciamente scacciato il pensiero – e la speranza – che lo Yuri di cui parlava Viktor fosse lo stesso che aveva conosciuto lui, accettandolo solo quando se lo era ritrovato davanti in quel momento: crescendo poteva essere diventato proprio come gli altri.
L’ambiente in cui viveva gli aveva fatto maturare una certa idea della sua razza già quando si erano incontrati la prima volta, o non si sarebbe dimostrato tanto ostile da volerlo attaccare con lo stesso appiglio di fortuna che lo avrebbe tenuto in vita.
Una delle ultime sere trascorse sullo scoglio, il ragazzino gli aveva detto di aver preso in considerazione l’idea che non tutte le sirene fossero malvage e questo aveva lusingato Yuri, perché sapeva che non tutte erano così pur avendone conosciute, lui per primo, principalmente di quella specie; ma era solo un bambino di dieci anni e pur essendo molto caparbio da quel che aveva avuto modo di conoscere, l’ambiente in cui viveva poteva averlo influenzato negli anni a venire. Il nonno, i cortigiani, qualche precettore… concordavano tutti sul fatto che le sirene fossero una razza pericolosa e nociva, da eliminare, secondo la leggenda narratagli da Viktor.
L’unica corrente di pensiero contrastante era alimentata dallo stesso uomo dai capelli argentati ora in piedi accanto a loro, pronto a fare da mediatore nel malaugurato caso in cui la situazione avesse preso una piega pericolosa. Nemmeno Viktor sapeva perché stesse ragionando in modo tanto pessimista, ma se c’era una cosa che aveva imparato nell’ultimo periodo era l’importanza di non prendere mai in considerazione la risoluzione migliore come anche la più probabile.
Yuri non voleva scoprire che il ragazzino che aveva conosciuto, il primo umano che lo avesse mai accettato, si era tramutato in un mostro.
Gli occhi verdi di Yura scrutarono con diffidenza il volto del tritone, guardando poi Viktor quasi a chiedergli conferma circa la sua affidabilità, ma desistendo prima di ottenere il minimo cenno di risposta per non sembrare incapace di valutare la situazione in totale autonomia.
Nel ragazzo cozzavano due insegnamenti differenti: quello di suo nonno Yakov, che gli suggeriva di sospettare sempre il prossimo a prescindere da chi fosse, fino a quando non avesse ottenuto conferma che fosse degno di fiducia, e quello di suo nonno Nikolaj, che pur essendo un uomo tutto d’un pezzo gli aveva insegnato che, talvolta, poteva seguire il cuore senza temere che ciò lo avrebbe portato solo alle scelte più sciocche ed impulsive.
Il semplice fatto che un tritone gli stesse parlando di una ferita invisibile alla mano lo aveva indotto a credere di aver incontrato di nuovo il suo salvatore.
Era una storia che non aveva raccontato nemmeno a Viktor.
Mentre tornava a casa dal proprio periodo di reclusione sullo scoglio, il giovane Yuri aveva pensato che se solo fosse stato re, se solo Viktor lo fosse già stato, avrebbe chiesto che quel tritone venisse portato a corte e ricoperto di gloria e doni per ciò che aveva fatto.
Non lo aveva mai detto a nessuno, voleva evitare di essere buttato giù dal ponte della nave per blasfemia, ma gli era grato. Così lo aveva detto soltanto a Viktor, che lo aveva ascoltato e capito.
Però una parte di lui, quella diffidente e scrupolosa, sentì il bisogno di una conferma. Ricordava il volto del tritone, ma se si stava sbagliando? Se non fosse stato davvero lui, ma solo qualcuno che gli assomigliava e che per qualche motivo conosceva quella storia? Yuri poteva anche averla raccontata ad altri, in fin dei conti. Poteva anche aver conosciuto qualcuno di meno nocivo delle sirene di cui gli aveva parlato un tempo.
Aveva bisogno di quella conferma. Scioccamente, inutilmente, ma gli serviva.
Porse a Yuri la mano. La destra.
« Non era quella che intendevo io, lo sai », fece notare Yuri.
Era la sinistra, la mano ferita di Yura. Ricordava distintamente la scheggia di legno che l’aveva rovinata.
Quella singola affermazione convinse finalmente il ragazzo.
Non era tipo da abbracci, da grandi dichiarazioni, ma era felice e un guizzo di entusiasmo scosse prima i suoi occhi, fece vibrare le sue iridi di emozioni. Poi fu il turno del suo corpo, apparentemente incapace di restarsene fermo.
Aveva saputo che Viktor aveva portato a corte una sirena viva, come non saperlo? Era il fatto che più aveva destato scalpore negli ultimi mesi e a sentir parlare i cortigiani, in paese se ne parlava ancora, talvolta con curiosità, talvolta con timore. Chissà come sono davvero le sirene, chissà se Viktor è davvero tagliato per essere il nostro re.
L’unica sfortuna di Yura era stata essersi già coricato per l’ora in cui Viktor aveva fatto ritorno. Era stato lo sparo a destarlo.
Si era rimproverato per giorni pensando un po’ egoisticamente che avrebbe voluto vedere per la seconda volta una sirena viva, così come aveva pensato che per la piega assunta dalla situazione forse Viktor avrebbe avuto bisogno del suo supporto, per quanto poco potesse fare.
I giorni successivi, Viktor aveva evitato l’argomento.
Se anche Yuri avesse presenziato, Yakov ne sarebbe stato felice: li aveva lasciati assistere fin da quando erano piccoli al rientro in patria dei marinai carichi di bottini spesso composti solo da prede della loro caccia e ormai dubitava che sarebbe rimasto impressionato. Quello era anzi il motivo per cui, nell’incontrare il tritone la prima volta, Yuri si era mostrato tanto ostile.
Aveva raccontato spesso la storia della sirena che l’aveva salvato. Del tritone, a voler essere preciso: Yuri aveva tenuto a sottolineare la differenza, che per loro sirena poteva andar bene in generale, parlando di un gruppo, ma che non usare le dovute distinzioni sarebbe stato come chiamare donna un uomo per gli umani. E Yura aveva imparato, per rispetto nei suoi confronti.
Non serviva nemmeno dirlo, Viktor era stato l’unico ad ascoltare con dedizione i suoi racconti, senza pensare che fosse pazzo e anzi avvalorando le proprie tesi rivoluzionarie sul comportamento da mantenere nei confronti di quella razza secolarmente nemica.
Viktor si era affacciato alla poppa della nave troppo tardi per poter vedere quel famigerato tritone, ma non aveva mai dubitato della sua esistenza, se Yuri diceva di averlo visto.
Per Yakov era stato più facile, o forse più conveniente, credere che quello che aveva portato il nipote a raccontare una storia simile fosse un colpo di calore.
« È lui, Viktor », disse infine il biondino, quasi Yuri non fosse nemmeno più lì.
Dopo aver affermato che era impossibile si conoscessero, Viktor aveva cominciato a tirare le fila da solo, a ricordare casualmente i racconti del cugino e poi i brevi accenni al bambino sullo scoglio di Yuri.
Tutto collimava in modo pericolosamente preciso e Viktor aveva solo una cosa in più per cui essere grato al tritone.
Senza di lui suo cugino non sarebbe nemmeno stato lì.
« Sei stato tu a salvarlo? » chiese con un filo di voce, quasi ad avere una conferma che, ancora una volta, non era davvero necessaria.
Pensare che Viktor era probabilmente sulla stessa nave che tanto gli aveva suscitato timore, anni prima, suonava buffo alle orecchie di Yuri; magari avrebbero anticipato la loro conoscenza anche se dubitava che in circostanze che non vedevano Viktor capitano della nave su cui lui era imbarcato gli avrebbe permesso di arrivare vivo fino alla terra ferma.
Yuri annuì con un piccolo sorriso. Non voleva ringraziamenti: il più grande era che fossero tutti e tre insieme.
Eppure Viktor si avvicinò e gli baciò i capelli.
« Grazie. »
Yura lo avrebbe fatto anche in condizioni diverse, avrebbe trovato un modo per dissimulare il proprio comportamento entusiasta di poco prima in modo che l’attenzione di tutti si distogliesse. Ciò che non sapeva era che un atteggiamento simile spingeva unicamente le persone a darvi più peso, proprio grazie al suo imbarazzo.
Si schiarì la voce, anche per ricordare la propria presenza a Viktor e Yuri, che temeva sarebbero tornati alle loro effusioni di lì a poco.
« Ci sarei anche io », fece presente, il tono scocciato.
Se Yuri dal canto suo arrossì appena e accennò un sorriso dolce, Viktor avvolse un braccio intorno ai suoi fianchi e osservò il cuginetto, divertito.
« Tranquillo, quando sarai grande anche tu troverai qualcuno con cui comportarti così. »
Affermazione che portò imbarazzo ad entrambi gli Yuri presenti vicini a Viktor: il più grande perché quella affermazione sembrava implicare dei risvolti del loro rapporto ancora non raggiunti, il più piccolo perché a quei risvolti, anche se più blandi, ci aveva inevitabilmente pensato e diamine, se non voleva farlo.
« Viktor! » fece uno.
« Che schifo! Ma perché non stai zitto?! » sbottò l’altro.
Viktor rise. Se Yuri aveva esternato il proprio desiderio di vedere Viktor alle prese con il cugino per verificare con i propri occhi come due caratteri forti e fieri come i loro avrebbero cozzato e soprattutto cosa avrebbero generato, ora Viktor trovava divertente che quei due si conoscessero e avessero ognuno un motivo per cui rimproverarlo.
Così come trovava divertente che due delle persone più importanti della sua vita, una da più tempo e l’altra da meno, condividessero lo stesso nome.
Fu un susseguirsi di battibecchi, il loro: Viktor che faceva battute, intromettendosi nei discorsi dei due Yuri intenti a colmare il vuoto temporale dal loro primo incontro fino ad allora, Yura che si lamentava delle sue interruzioni e Yuri che rideva per i loro scambi successivi di rimproveri.
Viktor teneva stretto il suo Yuri, quello che aveva parlato meno, più interessato ad ascoltare cosa il giovane aveva riferito a corte, cosa aveva fatto in seguito e quanto in fretta si era ripreso dal suo naufragio.
Era tornato su una nave, gli aveva raccontato, anche se per un viaggio ben più breve rispetto al precedente. Un viaggio in cui aveva potuto continuare a vedere la costa di giorno e le luci dei suoi porti di notte, senza dover temere il mare aperto dove in ogni direzione c’era solo e soltanto acqua salata.
« C’era Viktor con me, entrambe le volte », spiegò. « Quando salivamo sulla nave sembrava farsi sempre nuovamente interessato ai miei racconti su di te. Mi domando se non ti abbia riconosciuto, quando ti ha trovato. Sembrava quasi innamorato. »
Il tritone, ancora stretto tra le braccia di Viktor senza che questo avesse turbato troppo Yura, si voltò in direzione del principe. Non era paonazzo solo perché Viktor non conosceva la vergogna e l’imbarazzo. Non troppo, almeno, fiero quant’era. Eppure i suoi occhi cerulei sembrarono guizzare lontano da quelli di Yuri, dopo aver controllato se si stesse voltando.
« Davvero? »
Yuri lo aveva chiesto spontaneamente, ma il suo tono parve striato di una malizia sfoderata solo in occasioni particolari e capace di mettere in difficoltà Viktor.
Questi maledì il cugino con lo sguardo e lui di rimando gli sorrise, non in modo innocente solo perché non ne era in grado, a comando, e perché probabilmente nemmeno voleva: quella piccola serpe lo aveva fatto di proposito. Yura che parlava di sentimenti era un caso raro, nonché un colpo a tradimento.
« Non te lo dirò. »
Se solo lui e Yuri non si fossero già dichiarati avrebbe fatto una terribile figuraccia per cui avrebbe dovuto farla pagare al cugino. La presa di Viktor si allentò intorno ai fianchi del tritone.
« E ora penserete che mi sto nascondendo, ma si è fatto tardi: lo riaccompagno a casa. »
Le lingue rossastre che si affacciavano nel cielo, oltre la linea degli alberi, preannunciavano il vespro: di lì a poco sarebbe stata ora di cena.
Viktor era solito sparire per ore, per le sue passeggiate o per leggere in biblioteca. Talvolta visitava la città e anche se la sua presenza era palese grazie agli abiti regali che non si curava di cambiare, a corte non giungeva voce di dove fosse fino al suo ritorno.
Più difficile sarebbe stato giustificare l’assenza di Yura, che per quanto discolo e irrequieto che fosse non si allontanava mai abbastanza da non essere più avvistato.
« Lo penso comunque », gli fece notare il biondino. « Voglio stare ancora un po’ qui. »
« Quando sarai grande deciderai anche di testa tua », gli fece notare Viktor.
Yuri sorrise. Capiva perché volesse essere tanto prudente: non glielo rimproverava mai, sapeva che anche se stare lontani disturbava entrambi, era sempre per il suo bene che agiva.
« Puoi sempre tornare a farmi visita », sorrise Yuri, guardando Viktor come a supplicarlo di accordargli il permesso.
Dal canto suo il principe non voleva impedire che i due si incontrassero, perché ascoltare le loro conversazioni e vederli scherzare gli scaldava il cuore abbastanza da spingerlo a poter sacrificare parte del tempo che era solito trascorrere da solo con Yuri affinché coltivassero quell’amicizia. Viktor era certo che al tritone avrebbe fatto bene avere qualcuno di cui fidarsi oltre a lui, a corte, così come al suo cuginetto avrebbe fatto bene allargare la cerchia di persone di cui si fidava in generale.
Non che in quel periodo della propria vita Viktor fosse particolarmente entusiasta del comportamento delle persone e incline a professare la fiducia: aveva guadagnato fede in qualcuno che conosceva da poco più di un mese e perso quella che nutriva nei confronti di due uomini che invece erano con lui da una vita.
Viktor annuì per confermare a entrambi che non avrebbe messo i bastoni tra le ruote a nessuno.
« Domani », disse solamente il biondino, fissando Viktor.
« Detti già legge? » gli chiese, portando le mani sulle sue spalle per farlo voltare in direzione del castello. « Andiamo, avanti. »
Gli sarebbe bastato elencare cosa avrebbe potuto vedere Yura stando con loro senza lasciargli la giusta dose di momenti privati, per farlo desistere, ma Viktor voleva servirsi di quell’arma in seguito, quando sarebbe stata più necessaria.
« Guarda che non sono mica un bambino! »
Yuri ridacchiò mentre Viktor gli rivolgeva un sorriso sornione. Rubò un bacio alle sue labbra sotto le proteste animate di Yura, profondamente disgustato da quello scambio di effusioni di cui si era scordato, essendosi concluse poco dopo il suo arrivo.
Viktor lo aveva già spinto quasi fino alla linea di sottobosco quando il biondo si era voltato per guardare se Yuri lo stesse salutando, sorprendendolo mentre agitava la mano. Quella scena gli ricordava un po’ il modo in cui si erano allontanati la prima volta, ma il fatto che sarebbe stato lì ad aspettarlo, in quella radura, lo rincuorava abbastanza da non fargli provare nostalgia.
Superati i cespugli indomabili e le radici nodose degli alberi, che sembravano fare da muraglia tra il lago e il castello, Viktor lasciò cadere una mano, tenendo l’altra ancora sulla spalla di Yura, quasi dovesse mantenere la vicinanza per intraprendere un certo discorso.
C’era una questione che gli premeva affrontare da quando il volto del cugino si era palesato fra i cespugli, ma aveva preferito affrontare l’argomento una volta soli. Non sapeva se fosse motivo di cruccio anche per il tritone, se ci avesse pensato o se fosse troppo entusiasta all’idea di trovarsi a pochi metri non solo da Viktor, ma anche dal piccolo Yura per rifletterci.
« Tu sai che non puoi dirlo assolutamente a nessuno, vero? » cominciò, a bassa voce pur non essendoci nessuno ad ascoltarli.
Sapeva che Yura era forse più riservato di lui, che non avrebbe messo in pericolo il tritone perfettamente consapevole dei rischi che una sola parola di troppo avrebbe potuto dare il via ad una caccia il cui inizio Viktor voleva evitare in ogni modo.
« Non sono mica uno stupido », gli fece notare Yura, incrociando le braccia al petto. « Lo ammazzerebbero seduta stante. »
Viktor annuì, un sorriso vagamente sollevato prese forma sulle sue labbra solo per le parole altrui, perché solamente parlare di quell’eventualità gli dava i brividi.
« Se vuoi venire qui devi prima avvisarmi, d’accordo? Ci andremo insieme, in modo da non destare sospetti scomparendo in momenti diversi. »
I motivi per cui quella situazione era tanto complessa non erano un mistero, per Yura. Paradossale come una situazione complicata derivasse da una ragione semplice: suo nonno Yakov non capiva, troppo fondamentalista per poter davvero dare ascolto a Viktor o a lui.
A sua discolpa però era ancora piccolo e per quanto non ingenuo o sciocco, come aveva lui stesso affermato, alcuni comportamenti gli parevano tanto incomprensibili da nutrire la vaga speranza di poterli sradicare.
« Però pensavo… »
Viktor alzò un sopracciglio.
Sentì l’impulso di metterlo a tacere subito, ma sapeva com’era fatto Yura: non avrebbe agito per ripicca perché non lo aveva voluto ascoltare, ma voleva ugualmente estirpare alla radice la possibilità che non essendosi potuto esprimere con lui esplodesse in seguito.
« Che cosa? »
« Forse se il nonno sapesse che è stato Yuri a salvarmi le cose sarebbero diverse », borbottò, quasi stesse parlando tra sé e sé. « Non mi ha mai voluto credere o ha solo finto di non farlo, ma se la persona di cui parlo avesse un volto, allora… »
Yuri non aveva paura di niente. Se c’era una cosa che lui e Viktor condividevano in tutto e per tutto era la fierezza: diceva la propria opinione senza timore, cosa ammirevole per i suoi appena quindici anni. Eppure Viktor era una delle uniche due persone, insieme a suo nonno Nikolaj, a metterlo in soggezione; ammirava entrambi abbastanza da pensare di non essere all’altezza, avendo mille e più ragioni per sentirsi giudicato ogni qualvolta doveva esporre un proprio pensiero.
Forse fu proprio per questo che dopo i primi tentativi di divincolarsi alla presa di Viktor, sapendo che cosa avrebbe voluto dire, si era rassegnato alla sua vicinanza.
« No. Abbiamo già concordato di non dire dove si trova Yuri e se dovessimo accennare a qualcosa di simile anche solo per sondare il terrendo probabilmente si insospettirebbe. »
Le motivazioni che gli aveva fornito Viktor erano tanto facili da convenire che quasi Yura si sentì sciocco per non esserci arrivato da solo.
L’ingresso secondario al cortile del forte si fece più vicino. Quella porta rimaneva quasi sempre chiusa, seppur non a chiave; quasi nessuno la conosceva ed essere eccessivamente prudenti, per quanto nella logica di Yakov, non era strettamente necessario. E poi i sudditi non erano così contrari alla casata reale da volersi introdurre nel castello di nascosto.
Così all’arrivo di fronte alla porta, in silenzio dopo aver lasciato andare Yura, Viktor non dovette nemmeno estrarre un rumoroso mazzo di chiavi per poterla aprire.
Ciò che trovò una volta entrato però lo sorprese: seduto al tavolo del cortile c’era Christophe, intento a leggere un libro.
Lo stesso tavolo su cui aveva adagiato Yuri la notte in cui Yakov gli aveva intimato di freddarlo.
Viktor vide il cugino irrigidirsi con la coda dell’occhio; sapendo di avere qualcosa da nascondere doveva aver subito pensato che Christophe li stesse attendendo lì di proposito.
Viktor sapeva cosa provava, perché prima di diventare un ingestibile ragazzo che faceva quasi sempre di testa propria, era stato come suo cugino: un ingestibile ragazzo che voleva fare di testa propria, ma ancora non aveva iniziato.
Il loro carattere li sospingeva inevitabilmente verso quel destino: Yura era irascibile e scontroso, Viktor invece era più che altro difficile da comprendere. Nessuno dei due, comunque, si comportava in un certo modo solo perché voleva attenzioni. Viktor ci aveva provato per un po’, a rivendicare le libertà che tanto agognava ostentando i propri comportamenti palesemente in contrasto con le regole e la disciplina impartitegli da Yakov nel corso degli anni.
Rendendosi conto che certe dimostrazioni non sortivano alcun effetto, il principe si era rassegnato: voleva comportarsi come aveva sempre fatto, con libertà, ma anche con serenità? Allora doveva iniziare a fare in modo che nessuno sospettasse di lui.
Pian piano, tra una fuga notturna dalle proprie stanze e un libro proibito che aveva fatto in modo di procurarsi e di leggere, Viktor si era reso conto che anche se la gente poteva mettere in preventivo che un ribelle compisse prima o poi un gesto avventato o, ancora, inusitato, nessuno aveva davvero il tempo di rimanere in attesa di un simile evento ora dopo ora, giorno dopo giorno.
Avrebbe dovuto ringraziare che il suo tutore fosse proprio il re: impegnato com’era avrebbe avuto ancor meno tempo di dedicarsi a lui e a ciò che combinava in giro per il paese.
Viktor aveva sempre creduto all’esistenza di una sorta di tacito patto tra lui e Yakov, secondo cui poteva combinare ciò che voleva fino a quando non feriva il suo orgoglio di sovrano rinfacciandogli di aver infranto le sue regole e fino a che non si trattava di un atteggiamento moralmente scorretto.
Ipocrita che Viktor acconsentisse, se voleva essere libero di comportarsi in ogni momento come meglio credeva, ma non era sciocco: sapeva sarebbe dovuto scendere a compromessi prima o poi e in ogni caso raramente gli interessava vantarsi delle proprie gesta; le compiva per sé e con qualcuno come Yakov non avrebbe nemmeno ricevuto soddisfazione nel raccontarle.
Nella scarsa settimana trascorsa da quando aveva fatto ritorno dal proprio viaggio Viktor aveva usato più dell’abitudinaria cautela; pur sapendo che Yakov si fidava, che si era ormai convinto dell’assassinio del tritone che il nipote aveva portato vivo tra le mura della sua corte, Viktor non poteva concedersi il minimo briciolo di sospetto da parte sua, né di nessun’altro.
Ma, ancora, si trattava solo di un suo scrupolo.
Se Yura avesse conosciuto Christophe come Viktor avrebbe saputo che per lui era infilarsi in qualche luogo nascosto del castello per poter leggere in santa pace. Era una delle ragioni per cui andavano d’accordo, come lo era il fatto che il ragazzo fosse una delle persone che si vantava con Viktor delle proprie, di gesta.
Erano simili, in parte. Due facce della stessa medaglia, quasi.
Quel ragazzo parlava così tanto che il principe dubitava di aver mai avuto modo di dire troppo di sé, però. Forse pensava di dover colmare la sua indole taciturna? Peccato che invece ne alimentasse gli effetti, superando di gran lunga la giusta dose di chiacchiere per spingerlo a smuoversi.
Gli aveva posto un paio di domande per curiosità, ma Viktor non aveva comunque avuto modo di esporsi troppo.
La loro non era stata solo un’amicizia di convenienza; forse sarebbero stati costretti a navigare insieme anche se Christophe non fosse stato suo amico, perché trascorreva tanto tempo a corte grazie al lavoro del padre e non di sicuro per la buona parola messa da Viktor sul suo conto.
Che Yakov lo avesse assegnato alla sua nave come quartiermastro era stata secondo Viktor una gentile concessione, però, volta a rendergli il viaggio meno pesante e per dargli forse una spalla a cui appoggiarsi nel caso in cui avesse avuto bisogno di un confronto sincero.
Peccato che la vicinanza in un simile contesto avesse compromesso il loro rapporto.
Parlare a Christophe era l’ultima cosa che Viktor voleva, perché dopo aver recuperato un briciolo di felicità quel pomeriggio, i cui eventi gli avevano concesso di non pensare davvero a nulla, voleva evitare di rovinare la propria serata con una discussione che non voleva affrontare.
Voleva evitare di rendersi conto ancora una volta di come le persone di cui più si fidava si fossero rivelate a lui contrarie e ottusamente radicate in convinzioni sciocche o convenienti per l’uno o l’altro motivo. Christophe era l’ultima persona da cui Viktor si sarebbe aspettato un atteggiamento tanto estremista, a prescindere dal modo in cui il nome della sua famiglia si era fatto strada da una piccola bottega di pescatori sul porto alla corte della famiglia reale.
Poteva perdonargli di aver affrontato tritoni ostili, poteva capirlo, ma non che negasse persino di fronte all’evidenza che qualcuno da salvare c’era davvero.
Pur essendo da solo, Christophe sembrava il più rilassato dei tre; entrambi i giovani rampolli della casata reale erano poco inclini ad incontrarlo seppur per ragioni diverse, lui invece sperava di incrociare Viktor, di scambiarci due parole. E come previsto dal principe, per nessun motivo in particolare: non sospettava che avesse nascosto un tritone in un lago di cui nemmeno conosceva l’esistenza. Non credeva che sparisse dal castello tanto a lungo e così spesso per fare visita a qualcuno e non trovava sospetto che lui e Yura fossero di ritorno insieme.
Immaginava che ogni comportamento insolito di Viktor sarebbe stato probabilmente un atto di ribellione per dimostrare di non essere affatto d’accordo con ciò che Yakov lo aveva obbligato a fare, ma non aveva senso avesse assunto un simile atteggiamento se non aveva concluso il proprio compito.
Christophe non nutriva sospetti verso la misteriosa sparizione del corpo del tritone, proprio come il nonno di Viktor: pensavano entrambi, così come tutti, che se ne fosse liberato. Yakov non aveva nemmeno voluto vederlo, perché da quel rito di passaggio in ogni caso non troppo gioioso era stata strappata ogni gloria.
Viktor lo aveva superato, ma senza grandi festeggiamenti, perché per il modo in cui era stato costretto a portare a termine un simile onere c’era gran poco da celebrare.
« Buonasera, eravate a fare una passeggiata? » salutò Christophe, chiudendo il proprio libro.
Avrebbe comunque dovuto farlo, essendo quasi ora di cena.
« Già », rispose solamente Viktor, venendo supportato dal cenno con la testa che fece Yuri.
Silenzio.
Quella conversazione si sarebbe anche potuta chiudere lì: Yuri non era noto per i propri dialoghi – amichevoli – con Christophe e Viktor, dal canto proprio, lo ignorava da così tanti giorni che fermarsi a chiacchierare con lui era la cosa meno spontanea e più ipocrita che potesse fare.
« Se hai un momento, Viktor, vorrei parlarti. »
Tra i due complici il più teso sembrava ancora una volta Yuri. Viktor non avrebbe mai ringraziato abbastanza che salutare con grugniti e piccoli cenni del capo fosse il suo tipico modo di comportarsi, o avrebbe avuto troppe cose da giustificare.
Il ragazzo dai capelli argentati si arrese subito; era una questione tra lui e Christophe e piuttosto che umiliarlo di fronte al cugino avrebbe atteso tranquillamente di essere soli per fare qualsiasi commento.
« Tu va pure, io ti raggiungo dopo », disse rivolto al più piccolo.
Questi gli rivolse un piccolo sguardo, ma si rese conto che andarsene e lasciargli campo libero era la cosa migliore che potesse fare. La migliore per Viktor ed egoisticamente anche per sé.
Quando i due rimasero soli nel cortile, Viktor incrociò le braccia al petto.
« Allora? Non credo di essere esattamente dell’umore per parlare, perciò forse è meglio se ci sbrighiamo. »
Christophe sorrise appena, alzandosi dalla propria sedia e lasciando il libro adagiato sul tavolo.
« Sei proprio arrabbiato, eh? »
Viktor era una persona impulsiva, ma a modo proprio; agiva sempre se l’istinto glielo suggeriva, sì, ma era raro che si lasciasse andare alle emozioni come un fiume in piena: se era furioso, invece che con la forza demoliva le persone a parole, se era triste lo faceva presente, ma non piangeva.
Gli era sempre stato insognato che essere stoico era più conveniente che essere troppo emotivo. Era un insegnamento che condivideva e che per questo aveva appreso e applicato tutte le volte che gli era possibile.
In quel momento non ne fu in grado, perché la rabbia che proruppe dentro di lui lo portò a sbottare.
« Secondo te? » chiese irritato. « E soprattutto, secondo te è davvero così incredibile? »
« Nessuno ha detto questo. »
« Già, ma sembrava. »
Come Viktor non era persona da lasciarsi mettere i piedi in testa, non lo era nemmeno Christophe. Se stava lasciando a Viktor un margine di colpi da fargli incassare era solo perché sapeva di meritarli: avrebbe potuto imporsi in modo diverso, fargli capire prima perché pensava che fosse il caso seguisse le tradizioni o si liberasse di quel tritone il prima possibile.
« Ascoltami », cominciò Christophe. « Non mi crederai, probabilmente, e non posso nemmeno dirti che non mi sia risultato più facile consigliarti in un certo modo grazie alle tradizioni della mia famiglia. Sai come ci siamo guadagnati il prestigio, non me la sentirei nemmeno di tradire le mie radici se non per un caso eccezionale… »
Viktor lo interruppe, sorridendo solo per metà e amaramente, le labbra che ricalcavano parole quali “radici” e “caso eccezionale”.
« Caso che questa volta non ho visto », proseguì tentando di ignorare i commenti a mezza bocca di Viktor.
« Non lo conoscevi, non puoi sapere se sarebbe stato un caso o meno. »
Viktor dovette fare appello a tutta la calma ancora rimastagli in corpo per poter raffreddare i propri bollenti spiriti e riuscire così a utilizzare il giusto modo per riferirsi a Yuri. Il giusto modo in base a ciò che conosceva Christophe: parlare di lui al presente avrebbe potuto davvero destare dei sospetti.
« L’ho fatto per il tuo bene, Viktor! » sbottò infine Christophe. « Non ti avevo detto che tuo nonno non avrebbe capito? E guarda com’è andata », aggiunse tentando di calmarsi. « E poi lo sai quante profezie ci sono, vuoi davvero essere il re che… »
« Che re, Christophe? Il re che è stato debole e si è lasciato abbindolare perché troppo buono? » domandò. « Quantomeno mi sarei dimostrato umano. »
Christophe riuscì a sorvolare abbastanza tranquillamente sul fatto che in apparenza Viktor gli avesse appena dato dell’inumano; pensò che si stesse più che altro riferendo all’inquietante freddezza di Yakov.
« E pensi sia questo che serve alle persone? »
« Non ho chiesto io di essere l’erede! »
Buffo come fossero passati improvvisamente dal parlare di Yuri al discutere della linea di successione al trono. Viktor non aveva mai apertamente detto di non voler essere re, aveva sempre dimostrato quanto per lui fosse un onere che nonostante l’onore e forse il privilegio di cui era striato, non faceva per lui.
Viktor era l’uomo che poteva comandare sulla vita e sulla morte delle persone, che poteva imprigionarle per un capriccio. Peccato che fosse lui, quello che si sentiva più in catene.
Si vedeva già, seduto su quel trono che non aveva mai voluto con la propria corona in testa. Il viso infelice.
Anche se non ne avevano mai parlato, Christophe sapeva quanto Viktor odiasse la propria fortuna.
Che fosse sbottato in quel modo gli fece comprendere che quella sera, volenti o nolenti, non avrebbero concluso nulla.
Quasi come se fosse un giovane di fronte ad un genitore intento a rimproverarlo, Viktor lo fissò quasi a chiedere se avesse finito e poi se ne andò.
Odiava quei discorsi, sapeva che lo lasciavano turbato e sapeva che il turbamento lo avrebbe spinto a correre da Yuri quella stessa notte.
Si sentiva tradito dal proprio più caro amico, ma aveva la soluzione ad ogni dolore molto vicina a sé.
Così vicina che Viktor si rendeva conto di esserne ormai diventato dipendente.




Avevano inaugurato quella piccola abitudine per cui Viktor immergeva la mano in acqua e chiamava Yuri.
Per quanto il tritone potesse trovarsi in profondità riusciva sempre a sentire la voce di Viktor; lo raggiungeva, distorta dal riverbero dell’acqua, e lo riportava in superficie.
C’era stata una volta, in cui Yuri si trovava quasi con la pancia sul fondo del lago a riposarsi, in cui Viktor lo aveva richiamato. Era subito risalito in superficie e nel vedere le dita ancora lievemente sotto il livello dell’acqua aveva provato l’istinto di afferrarle senza nemmeno pensarci.
Lo aveva nel lago per fargli uno scherzo, per averlo con sé nel proprio elemento: l’acqua.
Viktor non se l’era presa, non gli aveva gridato contro perché i suoi abiti si erano inzuppati. Non aveva fatto nulla se non stringerlo, scoppiando poi in una risata cristallina che aveva riscaldato Yuri, contagiandolo.
Il modo in cui si erano sdraiati sull’erba, al sole, per asciugarsi, il modo in cui Viktor lo aveva osservato per tutto il tempo aveva convinto Yuri di voler ripetere quell’esperienza, ora che qualche giorno era passato e trascinare Viktor nel lago sarebbe stato nuovamente una sorpresa.
La temperatura di quel pomeriggio era calda e se parte di quel calore era rimasta sarebbe stata la sera perfetta per un bagno sotto le stelle.
Era strano che Viktor andasse lì a quell’ora tarda della sera; era successo solo in un paio di altre occasioni, in cui si era dimostrato alquanto turbato per avvenimenti accaduti a corte. Yuri era sempre felice di poterlo ascoltare, non avendo alcuna soluzione pratica e potendo fornire solo consigli che sperava potessero essere utili.
Scordò subito i motivi per cui il principe poteva essere lì per il modo in cui udì la sua presenza.
Non si sentì chiamare.
Sentì invece battere. Un pugno contro una superficie spessa.
Eppure non ce ne sarebbe dovuta essere nessuna.
Yuri nuotò rapidamente fino alla superficie. Le increspature dell’acqua non rendevano mai nitido ciò che c’era fuori.
Non riusciva a vedere le dita di Viktor.
Allungò le mani davanti a sé, scorgendo qualcosa.
Ghiaccio.
Una spessa lastra lo divideva da Viktor, accucciato su di essa con i palmi delle mani aperti.
« No, non può essere… »
Riuscì a sentire Yuri. La voce di Viktor era ovattata, confusa.
« Viktor! » lo chiamò, picchiando a propria volta contro la lastra, i movimenti rallentati dall’acqua che lo avvolgeva.
Non c’era verso che riuscissero a romperla a mani nude. Non sarebbero nemmeno stati in grado di scalfirla.
« Sono qui », disse l’uomo per rassicurarlo.
Non sentivano davvero ciò che si stavano dicendo, percepivano qualcosa parlando ad alta voce, ma si limitavano a questo.
Sapevano entrambi cos’era accaduto. Viktor gliene aveva parlato: l’ennesima profezia che raggiungeva il suo compimento, ostacolandoli più di quanto le persone stesse fossero in grado di fare.
Dal canto suo, Viktor non poté fare a meno di ricordare le conseguenze di cui Christophe gli aveva parlato quella sera, al tramonto.
Viktor gli fece cenno di aspettare, o almeno Yuri immaginò che questo fosse il suo intento. Si alzò in piedi, il ghiaccio così spesso che nemmeno scricchiolò sotto il peso dell’uomo.
Avrebbe impiegato mesi a sciogliersi se solo non fosse intervenuto di nuovo un pizzico di magia.
Yuri rimase in attesa senza scorgere alcuna ombra per diversi attimi. Non poteva sapere che Viktor era corso fino ad un tronco, marcito per il passare del tempo. Lo aveva privato di un ramo piuttosto spesso ed era tornato indietro, le suole delle scarpe che scivolavano sulla superficie specchiata.
L’idea di perdere Yuri era insopportabile, l’idea di rimanere lontano da lui per chissà quanto tempo lo era.
La figura sfocata del tritone rimase ferma e Viktor ne approfittò per colpire il ghiaccio con la parte più spessa e robusta del ramo.
Un colpo, un altro. La voce di Viktor che sfuggiva alle sue labbra come ad ammortizzare i colpi, a sfogare la frustrazione di non vedere il ghiaccio creparsi nemmeno un po’.
Quello non era sicuramente l’utensile più adatto, gli sarebbe servita una piccozza se voleva aprire un varco abbastanza grande da tirare fuori Yuri. Se voleva illudersi di poterlo fare: anche se con quel ramo avrebbe a malapena potuto aprire una fessura capace di permettergli di comunicare all’altro ciò che aveva in mente, non c’era verso che il ghiaccio si rompesse.
Era magia, non natura. Se anche fosse riuscito a tirare fuori Yuri, magari una qualche forza misteriosa lo avrebbe trascinato di nuovo sul fondale del lago, stavolta costringendolo a non muoversi.
Un botto, un’imprecazione disperata.
La voce di Viktor si era quasi spezzata, così come il cuore di Yuri nel vederlo tanto disperato. Prima che potesse dirgli di fermarsi lo vide gettare il ramo, il tonfo si propagò da qualche metro di distanza, facendo vibrare il ghiaccio.
Viktor tornò ad accucciarsi sopra di lui, avvicinando il volto al ghiaccio e spazzandolo con le mani. Era più nitido ora, quasi gli sforzi di Viktor avessero concesso ad entrambi la possibilità di potersi almeno guardare.
« Si dovrà sciogliere prima o poi », disse il tritone, muovendo lentamente le labbra nella speranza che Viktor lo capisse.
Lo vide annuire, gli occhi colmi di rabbia.
Era la prima volta che Yuri doveva essere forte per entrambi, con Viktor completamente fuori di sé.
Era spaventato, ma doveva nasconderlo.
Yuri avvicinò di nuovo le mani al ghiaccio, portando il palmo contro quello di Viktor e allineando le dita con le sue.
« Andrà bene, vedrai. »
Viktor non riusciva a crederci, ma non lo disse. Rimase accucciato sul ghiaccio; quando aveva bisogno di conforto era da Yuri che correva. Ora era diviso anche dalla sua unica fonte di rassicurazione.
Yuri puntò gli occhi oltre quella che immaginava fosse la spalla di Viktor, verso il cielo.
La splendida distesa nera trapuntata di stelle sembrava ormai un mare oscuro pronto ad inghiottire ogni cosa, tanto era sfocato e confuso. Un oceano tenebroso che sembrava sul punto di inghiottire anche Viktor.
Quella visione spaventò Yuri più di ogni cosa.
Si chiedeva perché tutto, lentamente, dovesse essergli strappato via senza alcuna pietà.



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Ce l'ho fatta ad arrivare puntuale, alla fine.
Non senza difficoltà, lo confesso: ho guardato questo capitolo con fare indeciso per tutto il tempo. Sto continuando a farlo, per la verità, ma spero sia di vostro gradimento.
Un'altra prova per Viktor e Yuri. Mi sento sempre orrenda quando gli riservo loro tanto angst.
Nel capitolo due Viktor aveva già fatto accenno a quanto è accaduto alla fine del capitolo, ma non lo credeva possibile.
Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vi vada di dirmi cosa ne pensate ;;
Nel frattempo, ho visto che il contatore dei seguiti e dei preferiti e ricordati continua ad aumentare quindi ringrazio tantissimo tutte le persone che nell'ultimo periodo hanno iniziato a seguire la storia!
Alla prossima! ~ 

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Capitolo 7
*** Capitolo settimo ***


VII.
 


« Non sono sicuro che se qualcuno ci vedesse ora riuscirebbe a non pensare che siamo pazzi. »
Viktor era seduto sul ciglio del lago, le gambe stese sulla superficie di ghiaccio e Yuri, immerso accanto alla parete della pozza d’acqua, lo ascoltava.
Si trovava solo più in basso, diviso da Viktor senza alcuna possibilità di opporsi.
Erano passati diversi giorni da quando quel muro di ghiaccio si era frapposto tra loro, giorni in cui Viktor e Yuri erano riusciti a trovare un volume di voce che permetteva ad entrambi di capirsi senza gridare, tentativo dopo tentativo, di comunicare forse non proprio come avevano sempre fatto, ma quantomeno di illudersi che fosse così. Di ignorare la difficoltà, accontentandosi di essere ancora insieme.
A nessuno dei due era passato per la testa che, forse, se riuscivano a parlarsi più agevolmente nelle ultime ore era perché il ghiaccio si stava assottigliando; in fin dei conti non c’era nulla di razionale in quella situazione, nel fatto che la zona di gelo assoluto si estendesse solo per qualche metro di raggio intorno al lago.
Quando era tornato a fargli visita dopo la comparsa della lastra di ghiaccio, Viktor aveva portato con sé un cappotto e lo aveva appeso al ramo di un albero, al confine ultimo con il gran freddo. Uscire dal castello con una pelliccia, dopotutto, sarebbe stato sospetto: la primavera che ancora baciava le mura di corte stava facendo sbocciare dei bellissimi fiori.
Non era davvero tempo per i soprabiti.
Quantomeno quella particolare condizione di gelo limitrofo al lago impediva a chiunque di conoscere l’accaduto e sospettare di conseguenza qualcosa: nessuno si chiedeva perché fosse così freddo durante una stagione che volgeva all’estate, non frequentando nessuno il lago, ma soprattutto Yakov, il timore più grande di Viktor, non avrebbe potuto sospettare che Viktor avesse risparmiato la sua preda attirando così su di sé antiche profezie.
« Se noi lo troviamo divertente che male c’è? »
Viktor finì di allacciare i propri polacchini intorno alla caviglia, stringendo i lacci e annodandoli saldamente. Si mise in piedi sulle lame che sbucavano dalla suola.
Un colpo di tosse, ma nessuno dei due ci fece troppo caso.
Quelli erano i famigerati pattini da ghiaccio di cui Viktor gli aveva tanto parlato, quando ancora lì intorno non faceva tanto freddo. Gli aveva anche promesso di lasciarglieli usare, che ne avrebbe fatto confezionare un paio solamente per lui e che durante l’inverno, quando quello stesso lago si sarebbe ghiacciato di nuovo, ma naturalmente, gli avrebbe insegnato a pattinare con le sue gambe.
La stagione invernale distava ancora parecchi mesi e per allora Viktor credeva sarebbe riuscito a risolvere non solo la situazione che costringeva Yuri in un acquario il cui vetro era una lastra di ghiaccio, ma anche quella che lo vedeva confinato lì con solo lui e Yura a conoscenza di ciò.
Viktor aveva impedito al cugino di fare visita a Yuri negli ultimi giorni, gli aveva sommariamente spiegato la situazione e per lo sguardo serio di Viktor, il biondino non aveva osato ribattere. Non per il momento, almeno.
Il giovane lo capiva: Viktor e Yuri avevano bisogno dei loro spazi in un momento tanto difficile e il suo aiuto non era ciò che serviva, sebbene lui sperasse il contrario.
Se Viktor non aveva ancora agito in nessun modo per aprire gli occhi a suo nonno Yakov dopo aver messo al sicuro Yuri era per essersi concesso qualche tempo per godersi i caldi sentimenti che Yuri gli faceva provare, per risvegliarsi dal torpore che aveva avvolto la sua vita fino a quel momento. Per saggiare quell’amore insufficiente a far sciogliere quella lastra di ghiaccio.
Quando era ottimista Viktor si convinceva che doveva trattarsi di una prova e che la stavano affrontando egregiamente, che qualsiasi antenato avesse deciso di porre quell’ostacolo tra loro si sarebbe meravigliato della propria stoltezza nel credere che li avrebbe divisi con così poco.
Viktor non voleva peccare di presunzione, rischiando magari che quel mistico ed etereo qualcuno che temeva lo stesse testando potesse incollerirsi e porre loro di fronte un ostacolo più difficile da superare.
Il principe era disposto a tutto pur di dimostrare il proprio amore; Viktor pensava che avrebbe tirato fuori Yuri da quel lago non appena il ghiaccio si fosse sciolto, che l’avrebbe portato a corte e che l’avrebbe sposato, quasi fosse una garanzia di serenità.
Avrebbe voluto farlo ugualmente, anche senza tutte quelle prove a complicare la loro relazione: quello sarebbe stato solamente un pretesto.
Era una scelta avventata, forse, ma non gli importava.
Perché Viktor lo amava, se ne rendeva conto ogni volta che sfiorava le sue dita e sentiva il freddo del ghiaccio incontrare i propri polpastrelli: gli mancava. Se ne rendeva conto tutte le mattine quando metteva i piedi fuori dal letto e andava al lago, da Yuri, perché anche se le cose erano più difficili la sua presenza gli trasmetteva sempre la stessa gioia. Lo aveva realizzato prima che quella disgrazia accadesse, quando il calore del corpo di Yuri lo scaldava e allora, pur non potendolo toccare come voleva.
L’ultima cosa che Viktor voleva era spaventarlo con una confessione; non voleva rischiare che Yuri si rintanasse sul fondo del lago come quando si erano baciati, perché quella volta Viktor non avrebbe potuto tuffarsi e raggiungere il fondale buio a costo di annegare, per raggiungerlo e rincuorarlo: non poteva nemmeno sfiorare l’acqua.
« Se le lame sono tanto sottili non rischi di cadere? » domandò Yuri, perplesso e allarmato dalla fisionomia di quelle calzature.
Lo aveva già visto muoversi, conosceva la bravura di Viktor anche in quel frangente, ma gli era impossibile non preoccuparsi.
« Stai insinuando che da quello che hai visto mi ritieni scarso? Mi offendi », si lamentò Viktor fintamente risentito, nonostante avesse compreso la natura della preoccupazione di Yuri.
Anche se Yuri non provocava mai Viktor di proposito con qualche sadico intento, il tritone doveva ammettere che vederlo offendersi, così come vedere le sue labbra sporgersi ed incurvarsi leggermente verso il basso in quel broncio adorabile proprio solo di Viktor, era piuttosto piacevole: lo faceva sembrare un po’ meno perfetto del solito e Yuri non poteva fare altro che innamorarsene sempre di più.
« Te lo sei detto da solo! » gli fece notare per difendersi.
Viktor rise.
Un solo movimento in avanti, fluido, lo portò quasi dall’altro capo del lago.
La lastra di ghiaccio, anche se più trasparente, rimaneva comunque solida e non scricchiolava sotto il passaggio di Viktor.
Vedeva ancora i solchi del proprio passaggio del giorno prima e del giorno prima ancora.
Era diventata una piccola tradizione, deliziare Yuri con le proprie coreografie. Pattinare gli aveva sempre svuotato la mente così come la presenza di Yuri: due medicine in un sol colpo non potevano che fargli bene, pensava viktor.
Abbassò di poco lo sguardo e con la coda dell’occhio vide che Yuri lo seguiva, sott’acqua, a pancia in su per poterlo osservare. Lui, i suoi movimenti, il suo volto concentrato… tutto.
Yuri non perdeva un singolo dettaglio.
Non era stato facile abituarsi all’inizio, non era stato facile ricordare ogni mattina che non avrebbe potuto stringere Yuri dopo averlo visto uscire dall’acqua, che non avrebbe potuto baciarlo o accarezzargli i capelli fino ad addormentarsi, trovandolo poi a guardarlo, le guance arrossate, perché si era abituato al costume di doversi coprire ma non si era voluto spostare per svegliarlo, rimanendo così del tutto scoperto.
« Mi canteresti la canzone che mi hai fatto sentire l’altro giorno? »
Attraverso il ghiaccio, Viktor riuscì a scorgere gli occhi di Yuri che si illuminavano. Tale vista fu un dono, per lui.
Così come riusciva a vederlo, ora Viktor riusciva anche a sentirlo più nitidamente; la voce di Yuri gli giungeva alle orecchie distorta da un certo riverbero, ma era molto meglio della prima occasione in cui avevano parlato, ostacolati da quella barriera: allora aveva dovuto immaginare le parole di Yuri, ancor più ovattate, senza nemmeno l’ausilio del labiale, sfocato dallo spessore del ghiaccio.
Viktor non cercava una spiegazione razionale, non la cercava per quei fenomeni così come non la cercava per l’improvviso cambio di temperatura da calda, nelle fasce più lontane dal lago, a fredda, in quelle più vicine.
Dopotutto era abbastanza chiaro che la ragione per cui lui e Yuri erano divisi fosse quella maledetta leggenda di cui Viktor stesso gli aveva parlato, quando si erano appena conosciuti e viaggiavano ancora sul suo veliero. Una capricciosa leggenda che Viktor non sapeva spezzare.
Per meglio dire, lo sapeva. Lo sapeva lui così come lo sapeva Yuri.
Dovevano innamorarsi.
Pensarci ferì Viktor così come tutte le altre occasioni in cui si era soffermato a rifletterci. Se il ghiaccio non si scioglieva, doveva essere perché Yuri non lo amava e mai avrebbe potuto forzarlo a provare un simile sentimento.
Sarebbe stato sbagliato, sarebbe stato crudele.
Ancor più crudele del modo in cui lo aveva trascinato lì, strappandolo alla propria casa e al proprio amato oceano. Checché ne dicesse Yuri, Viktor era sicuro che gli mancasse: quella che gli aveva offerto come casa era poco più di un acquario, ma non c’era altro che potesse fare per aiutarlo, per porre rimedio al danno ormai compiuto.
Ma ogni volta che Viktor era incerto, che si colpevolizzava, Yuri gli sorrideva proprio come stava facendo in quel momento. Gli regalava quella curva luminosa che era il suo sorriso, gli occhi che subito prima si mostravano sorpresi quasi il tritone si sentisse di non meritare la gioia che lo spingeva a mostrare un’emozione tanto genuina.
C’era una canzone che Yuri gli aveva cantato qualche giorno prima, solo perché Viktor era agitato e non sapeva come mettere in pace il proprio cuore, tumultuoso come le onde del mare.
Lui non aveva chiesto nulla, si era solo seduto sul ciglio del lago. Non si sentiva di pretendere che Yuri gli desse una soluzione: sapeva di essere volubile in quelle circostanze.
Accorgendosi che le parole di conforto non sarebbero servite a nulla, Yuri aveva iniziato a cantare, perché era quanto di più spontaneo ci fosse, per lui.
La sua voce era più potente quando intonava una canzone, per quanto malinconica suonasse alle orecchie di Viktor. Più potente di quando parlava e sembrava quasi non riuscire a farsi sentire.
Viktor sarebbe stato in grado di piangere tutte le proprie lacrime con quella canzone, ma di sentirsi al contempo rilassato.
Non c’erano parole da ascoltare, o forse semplicemente lui non le riusciva a riconoscerle: i suoni che udiva lo portavano a pensare ad un’antica lingua di cui non conosceva nulla. Non gli interessasse: se non c’erano parole da ascoltare poteva pensare solo e soltanto alla voce di Yuri.
Quando le note della canzone accarezzarono le sue orecchie di nuovo, dopo tutti quei giorni passati senza ascoltare in realtà senza motivo, solo perché non aveva voluto chiederlo, Viktor prese un piccolo respiro e i brividi solleticarono la pelle sotto il suo cappotto.
Iniziò a pattinare su quella melodia che quasi pareva una ninna nanna.
Yuri si chiedeva come fosse possibile che Viktor ricordasse tanto chiaramente il ritmo di quella canzone da basarvi una coreografia. Sembrava avere ancora in mente suoi picchi, che venivano scanditi sia dalla sua voce che dal silenzio dei pattini di Viktor intenti ad alzarsi dal ghiaccio e dal rumore di quando lo incontravano di nuovo atterrando poco più avanti, al termine di un salto.
Ognuno di quegli slanci faceva male, ricordava a Yuri quanto spessa fosse la barriera che li teneva separati.
Non si spezzava, non si crepava nemmeno sotto il peso di Viktor.
L’acqua era piacevolmente tiepida: non avrebbe nemmeno dovuto temere per la sorte di Viktor, a patto che non si facesse male nella caduta.
Ma cantare per Viktor, nuotando sotto di lui nella speranza di potersi beare dell’espressione del suo viso, era abbastanza per calmarlo, lui e quei pensieri.
Yuri lo vedeva assorto e non come quando lo aveva visto pattinare i giorni precedenti. Viktor riusciva a sembrare sempre spensierato mentre pattinava, quasi fosse nato per dedicarsi a quella passione, quasi non percepisse la fatica dei movimenti eseguiti con grazia ed eleganza magistrali, tanto gli erano familiari. Quasi stesse solo respirando.
Era diverso quel giorno, pareva triste.
Triste e ferito, da cosa Yuri non poteva dirlo con precisione.
Forse dagli eventi che li avevano costretti a stare divisi, forse dagli antenati che con una sola parola avevano dato vita a leggende capaci di tenerli lontani, seppur vicini.
Viktor si fermò e diede un colpo di tosse.
« Viktor…? » lo chiamò Yuri dopo aver atteso qualche istante. « È freddo. Forse dovresti tornare a casa. »
Dirsi arrivederci era sempre stato il momento più difficile dell’intera giornata, benché fossero consapevoli entrambi che si sarebbero rivisti appena il giorno successivo. Perché nulla glielo avrebbe impedito.
Se aveva esternato quell’opinione tanto in fretta, senza nemmeno ottenere prima una risposta da Viktor, era stato perché Yuri sapeva che non avrebbe voluto salutarlo e che se si fosse soffermato troppo a pensare su cosa dire sarebbe stato egoista; non sarebbe riuscito a consigliare a Viktor di comportarsi nel modo migliore per sé.
« Non mi va di tornare a casa », si lamentò l’uomo in piedi sulla lastra di ghiaccio, senza però tornare a pattinare.
« Non ti va mai di tornare a casa e a me non va che ci torni », gli fece notare Yuri. « Ti ammalerai se resti qui, però. E poi rischi di far preoccupare Yura, se non ti vede rientrare. »
Il piccolo Yuri era l’unica persona che il tritone utilizzava per fare leva su Viktor, consapevole che parlargli della preoccupazione di Yakov o di Christophe non l’avrebbe scalfito, spingendolo anzi a voler andare contro qualsiasi suggerimento proprio con l’intenzione di ferirli.
Viktor non era cattivo e Yuri lo sapeva. Era soltanto molto arrabbiato e per giunta perché voleva difendere lui.
In qualche modo contorto questa consapevolezza lo faceva sentire lusingato.
« Non mi piace andare via », disse di punto in bianco Viktor.
« Nemmeno a me piace che tu te ne vada, ma ci rivedremo domani. »
Yuri tentò di essere convincente, il tono malinconico del russo che lentamente faceva chiarezza nella nebbia confusa dei pensieri di Yuri.
Capiva perché odiava tanto andarsene.
« Anche prima che comparisse questa lastra di ghiaccio me ne sono andato e guarda cos’è successo. »
Yuri desiderava sempre stringere Viktor. Per egoismo, perché il calore del suo abbraccio lo faceva sentire bene, perché il battito rimbombante del suo cuore lo faceva sentire al sicuro così come le sue parole dolci che vibravano prima attraverso il suo corpo e poi dentro le sue orecchie tese per carpire ogni sfumatura.
« Viktor… » lo chiamò, accorgendosi del suo sguardo puntato distrattamente verso l’orizzonte. « Viktor, ascoltami. » Yuri gli avrebbe preso il volto tra le mani con infinita dolcezza, se solo avesse potuto. « Non è dipeso da te. Doveva capitare e basta. »
« Sappiamo entrambi perché è capitato, Yuri. »
La frase di Viktor non gli diede quasi il tempo di concludere la propria. Suonò come un’accusa amara, dolorosa.
Non era più a Yuri che Viktor stava rivolgendo i propri dubbi, ma verso te stesso.
« Forse non ho dimostrato di amarti abbastanza. »
Il cuore di Yuri perse un battito, o forse fu una pulsazione così forte e assordante da risultare inudibile.
Yuri non aveva mai immaginato come avrebbe sentito quelle parole, tanto timoroso di non poterle mai sentire nella propria vita. Ci aveva fantasticato, sì, ma aveva obbligato la sua mente a distrarsi per evitare una troppo grande amarezza nel realizzare che forse quel momento, per lui, non sarebbe mai giunto.
Yuri era convinto che nessuno si sarebbe mai innamorato di lui, di non essere abbastanza perché qualcuno si innamorasse di lui.
Viktor gli aveva dato molte più certezze, ma era pur sempre il tritone insicuro che il principe aveva raccolto dal mare: non era cambiato. Ci stava provando, ma ancora non era successo.
Le parole di Viktor erano giunte così spontaneamente, quasi come se fossero una logica conseguenza del loro discorso. Espresse con così tanta naturalezza da far pensare a Yuri di essersi preoccupato troppo per nulla, perché Viktor non era “tutti quanti” e lui lo sapeva bene.
« Mi ami…? » mormorò.
Yuri si era reso conto che era così palese.
Che Viktor non avrebbe mai continuato ad occuparsi di lui solo per curiosità, ma che lo aveva fatto per amore. Che c’era sincerità in ogni singolo sorriso, sguardo o bacio che si scambiavano.
Lo aveva sempre saputo e per questo si era fidato. Aveva riassunto con i sentimenti appena dichiaratigli da Viktor tutti i motivi che prima non era riuscito ad identificare e che gli avevano però dato forza di non aver paura.
« Certo che ti amo! » ribatté Viktor.
Suonava disperato.
Non era così che doveva succedere. Non era così che Yuri voleva sentirsi dire e dire a qualcuno che lo amava. Voleva che Viktor fosse felice mentre lo diceva.
« Anche io ti amo, Viktor », sussurrò.
Se Viktor lo amava, forse Yuri poteva fare la differenza. Poteva influire sul suo umore, renderlo felice quando non lo era, cercando le parole giuste.
Non stava nemmeno pensando a quella maledizione ingiusta: contava solo Viktor. Per la sua felicità Yuri sarebbe anche rimasto sul fondo di quel lago per sempre.
Sarebbe stato difficile per lui sopravvivere, nell’arco di qualche settimana avrebbe già cominciato a diventarlo, ma non gli importava.
Lo sguardo di Viktor era sgranato, sorpreso, puntato negli occhi castani di Yuri quasi avesse appena ricevuto una rivelazione del tutto inaspettata.
Davvero Yuri era stato così illeggibile da impedirgli di capirlo?
Viktor gli avrebbe chiesto perché aveva avuto dei dubbi, come fosse possibile che non avesse realizzato quanto lui lo amasse, ma non avrebbe fatto in tempo: Yuri stava ancora pensando che ora poteva compiere un gesto più forte per risollevare Viktor.
Un gesto del tutto impulsivo, che non aveva programmato, ma che nel momento in cui aveva attraversato la sua mente gli era parso il più giusto.
Un po’ come la confessione del principe.
Fece cenno a Viktor di attenderlo e si immerse, scomparendo ben presto in un turbinio scuro.
Quel lago non era molto vasto, ma era profondo. Così profondo che per la verità Yuri aveva avuto bisogno di diverso tempo per esplorarne ogni parte: aveva trovato diversi oggetti di cui non conosceva nemmeno l’origine, addirittura un bottone di una vecchia divisa.
Sul fondale c’era anche un piccolo bauletto con, per la verità, nulla di utile dentro. Yuri lo aveva anche portato a Viktor perché pur essendo quel contenitore praticamente vuoto, trovava il colore rosso porpora delle sue pareti esterne piuttosto piacevole da guardare, nonostante fosse sbiadito dal tempo e dalla corrosione dell’acqua. Per non parlare della ruggine sugli inserti di… ottone, forse?
Yuri aveva sentito nominare quel materiale proprio da Viktor e per lui, da quel momento, ogni cosa visivamente simile e di metallo era divenuta in automatico ottone. Viktor lo correggeva sempre quando sbagliava e a Yuri non dispiaceva, perché voleva imparare più di quanto non avesse fatto sott’acqua per tutti quegli anni. Bramava la biblioteca del castello che tanto Viktor aveva decantato e sperava un giorno di poterci trascorrere intere giornate, magari quando l’altro sarebbe stato re e loro finalmente liberi.
Viktor aveva detto che quel bauletto poteva forse avere anche più di cinquant’anni. Al suo interno erano rimasti solo dei fogli di carta zuppi e ormai illeggibili, e qualche cianfrusaglia di poco conto.
Dopo aver mostrato quello che Yuri aveva trattato come un tesoro intenerendo Viktor, il tritone lo aveva gettato senza troppi complimenti sul fondo del lago. Aveva avuto una certa premura nel farlo, si era chinato accanto ad una delle sponde e lo aveva lasciato colare a picco dopo averlo sistemato con la base sulla superficie dell’acqua, quasi volesse sospingerlo per farlo invece galleggiare. Quel gesto aveva colpito Viktor: credeva Yuri si sarebbe oltremodo affezionato a quell’oggetto e avrebbe voluto tenerlo, nonostante le sue condizioni.
« Deve stare dove lo hanno lasciato, non lo devo tenere io », aveva detto il tritone.
Se solo lui e Viktor non avessero già chiarito, all’epoca, che Yuri era perfettamente a proprio agio e felice della propria nuova condizione, quelle sue parole avrebbero dato molto da riflettere al principe.
Yuri non immaginava neanche che forse quel baule non era stato lasciato lì, ma che magari nel peggiore dei casi accanto al lago una volta c’era una strada e la carrozza che trasportava la proprietaria di quel baule poteva essersi rovesciata facendolo cadere sul suo fondale insieme a chissà quali altri averi ora scomparsi per l’usura del tempo.
Viktor e Yuri avevano capito subito che quel portagioie privo però di alcun gioiello era di una donna: c’era al suo interno una spazzola d’avorio piuttosto bella, con legato intorno un nastrino sottile di colore argentato. Era chiuso in un fiocco, sul dorso del manico.
Yuri non lo aveva toccato, o meglio: lo aveva sfiorato con delicatezza e lo aveva studiato, prima di chiedere a Viktor di insegnargli come ricreare un nodo del tutto identico.
A tentoni aveva imparato, dopo fallimenti e baci di incoraggiamento da parte di Viktor. Era stata una grande soddisfazione per entrambi, alla fine.
Yuri sperava davvero che la donna, la ragazza o la bambina che aveva perso quello scrigno sul fondo del lago capisse, dovunque ella fosse, che stava rovinando l’equilibrio di quello scrigno per una ragione importante.
Quando Yuri tornò in superficie vide che l’ombra di Viktor si era spostata verso la sponda.
« Guarda », richiamò la sua attenzione Yuri, consapevole che non sarebbero servite pacche sul ghiaccio o altri segnali più rumorosi per farsi sentire.
Yuri mostrò il nastrino argentato e Viktor lo vide nitidamente.
« Cos’è? » chiese ugualmente.
« Oh, beh… ora è un nastro », rispose Yuri candidamente.
Viktor non capiva. Non se la sarebbe mai presa con Yuri per non essere stato chiaro, ma era stanco e lo stava davvero confondendo.
« Non capisco davvero, Yuri… »
Il tritone prese il nastro con la mano destra ed incominciò ad avvolgerlo intorno all’anulare sinistro. Era un nastro così sottile da sembrare quasi un filo, che Yuri chiuse con il fiocco che Viktor gli aveva insegnato a fare.
Il principe sgranò gli occhi e quasi si commosse.
Era stoffa, prima. Stoffa del tutto priva di valore che però ne aveva appena assunto uno.
Era un anello, quello che Yuri si era messo al dito, non più un semplice nastro avvolto più e più volte intorno alla sua pelle.
Viktor si portò una mano alle labbra.
« Yuri… » mormorò.
Le gote del tritone avevano preso colore, quasi si fosse reso conto solo in ritardo dell’importanza del gesto che aveva compiuto. In qualche modo non temeva che Viktor lo rifiutasse, non più.
« Non hai qualcosa con cui farne uno anche tu? » domandò Yuri coraggiosamente.
D’improvviso tutta la stanchezza e la spossatezza di Viktor parvero scomparire.
Il ragazzo osservò i propri abiti ed individuò un filo della giacca rossa che sbucava di poco da sotto il soprabito. Lo strappò con irruenza, a costo di farsi male, e ripeté la stessa azione di Yuri.
Uno, due giri di filo rosso intorno al proprio anulare.
Lo fissò, poi poggiò la mano sul ghiaccio. Yuri fece altrettanto.
« Un po’ scompagnati », sussurrò Viktor, ridacchiando.
« L’importante è che ci siano », rispose Yuri, ridendo a propria volta.
Finalmente Viktor sembrava un po’ sollevato, perché Yuri era riuscito a fare qualcosa per aiutarlo. Dalla serenità di Viktor, Yuri traeva tutto il proprio conforto ed era grato che stesse almeno un po’ meglio. Grazie a lui avrebbe osato aggiungere, ma non per vantarsi: era solo un motivo in più per essere felice e orgoglioso di sé.
L’espressione di Viktor tornò però subito seria e Yuri temette che un altro pensiero avesse ottenebrato la sua mente, sgretolando così l’equilibrio creatosi.
« Voglio sposarti quando tutto questo sarà finito, Yuri », mormorò Viktor.
Il tritone sgranò gli occhi. Non sapeva cosa dire, cosa pensare, come reagire. Una parte di lui voleva scoppiare in lacrime di gioia, l’altra sapeva che non avere Viktor a consolarlo sarebbe stato straziante per entrambi. Non poteva lasciarsi andare o nessuno dei due sarebbe riuscito a consolarsi, da solo. In quel caso non sarebbero bastate le parole.
Yuri vedeva anche gli occhi celesti del principe velati di lacrime e non voleva davvero che scendessero, cadendo sulla barriera che li divideva e scottando su di essa senza però poterla sciogliere.
« Tu lo vuoi? » aggiunse Viktor per riempire il silenzio, allarmato.
« Certo! » rispose Yuri, a voce molto più alta del necessario. « Certo che ti voglio sposare! »
Non gli importava nulla di cosa avrebbe detto il nonno di Viktor, di cosa la gente avrebbe vociferato su di lui. Lo spaventava cosa Viktor avrebbe sacrificato, questo sì, ma si fidava.
Yuri era disposto a condurre anche la vita più umile e modesta, addirittura povera, purché fosse con Viktor. Tutto ciò che sarebbe derivato dallo stare con Viktor sarebbe stata una conseguenza non necessaria, perché ciò che contava, ciò che era davvero importante, era solo e soltanto lui.
« Ce ne andremo se necessario, ce ne andremo lontano, ma Dio, se voglio sposarti… » sussurrò Viktor, chinandosi sul ghiaccio.
Il volto di Yuri era così nitido che per un istante si scordò di quella barriera e solo quando i suoi polpastrelli e i palmi delle mani gli ricordarono che provava davvero molto freddo, Viktor si incupì di nuovo.
Si erano dichiarati e con estrema sincerità.
Volevano sposarsi, lo avevano appena deciso insieme.
Allora…
« Perché…? » chiese Viktor con un filo di voce.
Yuri vide le mani dell’uomo stringersi a pugno e tutta l’euforia scomparve. Forse non era riuscito a dargli alcuna serenità; rendersi conto di essere impotente come al solito lo distrusse.
« Allora perché non basta?! Perché questa maledetta lastra di ghiaccio è ancora qui?! »
Yuri aveva visto Viktor perdere la calma una sola volta, quando aveva inutilmente tentato di spezzare la lastra che li divideva, invano.
Non c’era più nulla di felice, di bello, di emozionante in quella confessione, né nella decisione che avevano preso.
Yuri percepiva solo la preoccupazione e la rabbia di Viktor. C’era qualcosa in più, però: gli pareva quasi febbricitante, fuori di sé. Come se stesse delirando.
Subito Yuri si chiese se la sua stanchezza dei giorni precedenti, che aveva visto gravare sulle sue spalle e che Viktor gli aveva confermato a voce e con quei colpi di tosse, non lo stesse provando troppo.
« Non lo so Viktor », gli rispose il tritone, portando le mani sul ghiaccio e parlando con calma nella speranza di quietarlo. « Ma devi calmarti adesso… »
Tentò di mantenere la voce ferma, alquanto difficile nel sentire le grida di Viktor.
« Magari se sarò abbastanza arrabbiato servirà, non pensi? Magari è questo che vogliono... »
Se gli avessero detto cosa era necessario per liberare Yuri da quella prigionia in cui lo stesso lo aveva costretto, Viktor lo avrebbe fatto.
Se gli avessero detto che era necessario uccidesse per poter stringere nuovamente Yuri, lo avrebbe fatto.
Avrebbe fatto quello, così come sarebbe andato in capo al mondo se ciò fosse servito a tornare e vederlo fuori dall’acqua, i piedi scalzi solleticati dall’erba e l’enorme camicia che era solito indossare per coprirsi a fasciargli il corpo.
Viktor avrebbe dato tutto pur di non vedere i suoi capelli corvini ondeggiare costantemente grazie all’acqua, per non sentire la sua voce ostacolata e distorta da quello stesso elemento.
Non gli bastavano più i compromessi, non gli bastava più accontentarsi.
Viktor raggiunse la terra ferma, scalzò i pattini e raccolse una pietra, che scagliò sul ghiaccio. Una crepa, che tuttavia si rimarginò subito.
Yuri si chiese se fosse tornato a qualche giorno prima, quando Viktor aveva tentato invano di liberarlo anche se con un mezzo diverso. Il tempo passato parve risucchiarlo e il tritone provò un senso di stordimento tale da impiegare qualche attimo per riprendersi.
Viktor era così disperato, così confuso e incapace di trovare una via di fuga, un modo per liberarsi, da ricadere nei medesimi comportamenti nella speranza che quella volta, almeno, avrebbero portato ad un risultato apprezzabile.
« Viktor, smettila! Sai anche tu che non funziona! »
Un altro colpo, un’altra crepa che si rimarginava.
« Viktor! »
Viktor non lo ascoltava, completamente assordato dalla rabbia che lo spingeva a colpire il ghiaccio e ad inveire contro le ferite inflitte alla lastra e che si rimarginavano continuamente, lasciandone invece sempre una nuova dentro di lui.
Era debole, impotente, inferiore. Inferiore a qualsiasi forza stesse sfidando mentre non era nel pieno delle proprie facoltà fisica e forse anche mentali.
Yuri riuscì a incrociare i suoi occhi per un istante. Viktor sapeva che guardandolo si sarebbe lasciato convincere, ma quella volta non doveva andare così, non poteva lasciare che Yuri lo fermasse.
« Ti devo tirare fuori da lì! »
« Smettila adesso! » gridò Yuri.
Le sue parole erano rotte per la preoccupazione, per le lacrime desiderose di uscire e che l’acqua avrebbe inghiottito prima di farle vedere a Viktor.
La sua voce era diversa, però. Vibrò con una tonalità differente e gli occhi di Yuri furono attraversati da un bagliore che Viktor riuscì a cogliere, proprio come quello gioioso di quando aveva preso a cantare.
Se possibile, per i sentimenti che provava in quel momento, Viktor lo trovò bellissimo e si chiese perché non lo avesse notato prima, così come si chiese perché fosse giunto a notare la bellezza di Yuri, seppur non scontata, in un momento simile.
Lasciò cadere il sasso e anche se questo provocò un’altra crepa, Viktor non ci fece caso, non lo riprese per colpire ancora.
Rimase a fissare Yuri, le labbra schiuse.
Nemmeno il tritone sapeva cosa stesse accadendo, perché la sua voce fosse riuscita a fermare Viktor.
No, lui sapeva. Solo, gli sembrava così impossibile da non averlo ancora realizzato.
« Vai a casa ora, Viktor », aggiunse Yuri, la voce tremante per le lacrime che sentiva premere sempre di più. « Hai bisogno di riposare, amore mio. Ci vedremo domani. »
Viktor non rispose, si limitò ad annuire con le labbra ancora socchiuse e gli occhi azzurri straniti, quasi fosse ipnotizzato.
Si alzò in piedi dopo essere rimasto fermo sulle ginocchia a picchiare sul ghiaccio, traballante, e si diresse con estrema lentezza verso l’erba.
Quando Yuri capì che non sarebbe tornato, che lo aveva messo al sicuro, trasse un sospiro di sollievo.
Viktor si era calmato, lui avrebbe calmato se stesso con questa consapevolezza.
Ora Yuri sapeva cos’era successo, cos’era riuscito a fare.
Se amava Viktor poteva finalmente usare il potere di cui era rimasto privo per anni, di cui si era privato per anni, decidendo di innamorarsi solo quando sarebbe stato pronto, quando quel sentimento sarebbe stato vero.
Yuri si strinse nelle spalle.
L’acqua parve diventare fredda e pesante intorno a lui, quasi le avesse trasmesso il proprio sconforto. Yuri era troppo sconvolto per soffermarsi su ciò che di buono era riuscito a fare, per smettere di pensare alle condizioni di Viktor. Per accorgersi di ciò che accadeva intorno a lui, mentre singhiozzava sfogando la tensione.
Il ghiaccio in un angolo del lago iniziò a sciogliersi.



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Ogni volta che riesco ad essere puntuale mi sorprendo di me. Penso sempre che arriverò in ritardo e poi riesco a sorprendermi. Come ho già fatto qualche capitolo fa senza che poi fosse necessario, però, premetto che mi riservo il beneficio del dubbio per i prossimi due capitoli che... ehi, saranno gli ultimi.
Farò del mio meglio per essere puntuale <3
Che dire, poi? Un altro capitolo di fluff e angst che se ne vanno via più a braccetto che in parallelo. Spero non me ne abbiate a male Colgo l'occasione per ringraziare le nuove persone comparse nella lista di chi ha inserito la storia tra le preferite e le seguite.
Come sempre spero che vi vada di darmi qualche parere!
Ci vediamo con il prossimo capitolo ~

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Capitolo 8
*** Capitolo ottavo ***


VIII.
 


L’acqua del lago sembrava inquieta quel giorno.
Yuri lo percepiva sin dal fondale, dove si era appollaiato la notte precedente dopo essere riuscito a convincere Viktor ad andarsene. A manipolarlo affinché ubbidisse, se doveva dirla tutta.
Yuri non avrebbe potuto guardarlo andare via a causa del ghiaccio, ma era rimasto in prossimità della superficie con le mani a sfiorare la lastra fredda, con gli occhi fissi verso le sponde dello specchio d’acqua per accertarsi che il suo potere non avesse vacillato e che Viktor non stesse facendo ritorno.
Il desiderio di Yuri era non usare mai una simile forza con qualcuno, di non fare presa sulla mente, soprattutto di Viktor, obbligandolo a compiere un’azione secondo un volere che però non era il suo. Ma il tritone sapeva di averlo fatto a fin di bene: lo aveva protetto, lo aveva allontanato per metterlo al sicuro e fare in modo che riposasse, cosa del tutto impossibile se fosse rimasto nei pressi del lago, al freddo.
Quando si era addormentato, esasperato da tutte le preoccupazioni riguardanti Viktor e la loro condizione, Yuri era riuscito a concedersi un sonno senza sogni: era troppo stremato dalle lacrime perché una sola immagine, persino serena, potesse attraversare la sua mente finché dormiva. Era grato per questo, che le sue paure non si fossero manifestate in forma di incubi durante in una notte in cui, Yuri ne era certo, non sarebbe stato in grado di affrontarle.
Rimase sdraiato per un po’ sui sedimenti del fondale, alzando lo sguardo verso l’alto.
L’ancora della preoccupazione, per nulla più leggera pur essendo trascorsa una notte, sembrava volerlo tenere intrappolato lì.
La luce del sole sembrava più diretta, più calda.
Yuri si chiese per un istante se l’acqua lo capisse; si muoveva, quasi fosse sferzata dal vento, ma se c’era una coperta di ghiaccio a dividerla dall’esterno, poteva essere questo solo perché percepiva il tormento del suo animo?
Chissà se Viktor sarebbe andato lì, chissà quando l’effetto del suo potere sarebbe scomparso.
Yuri non si sentiva apatico solo per il timore, il timore di aver usato un potere che non poteva davvero controllare, ma anche per la paura che se Viktor se ne fosse reso conto avrebbe anche potuto non fare ritorno.
Il tritone avrebbe voluto rimanere lì, nascosto nei meandri del lago, ma i turbinii dell’acqua lo rendevano troppo inquieto.
Yuri nuotò verso la superficie. La coda guizzò rapidamente e quando fu in prossimità della meta le sue dita si protesero verso l’alto.
Fresco, ma non per il ghiaccio.
Le prime falangi, i polpastrelli erano scappati fuori dalla presa dell’acqua, fuggiti alla piaga del gelo.
La bocca di Yuri si spalancò e dopo un solo istante di esitazione emerse completamente.
Mise la testa fuori dall’acqua.
Si guardò intorno: non una singola isola glaciale osava galleggiare sulla superficie.
Un enorme sorriso si aprì sul volto di Yuri, illuminandolo. Il sole scaldava la sua pelle, illuminando le sue ciglia e gli occhi castani di nuovo pieni di vita. Un giro a braccia spalancate per godersi lo spazio nuovamente libero e poi un colpo di coda che lo spinse a spiccare un salto sopra l’acqua e poi a immergersi.
Chissà che faccia avrebbe fatto Viktor.
Yuri avrebbe dovuto aspettarlo, fare in modo che non venissero separati ancora.
Nuotò verso la riva e si issò sull’erba con le braccia, godendo il lieve solletico che i fili verdi erano tornati a provocare ai suoi palmi.
Quanto gli era mancato.
Forse era ancora presto o Viktor era stato impegnato. Forse stava ancora riposando.
Quel cambiamento aveva donato al tritone un ottimismo insperato, un ottimismo che non credeva gli sarebbe stato proprio fino a quando Viktor non lo avesse raggiunto di nuovo; solo a quel punto avrebbero potuto farsi forza a vicenda.
Nemmeno le radici dell’albero erano più fredde, brinate.
Era tutto passato, quasi si fosse trattato di un semplice incubo.
Doloroso sì, ma momentaneo.
Yuri si avvicinò al tronco robusto, ancora sorridente. Avrebbe atteso che le sua coda si fosse asciugata per alzarsi e coprirsi, azzardando magari ad arrivare fino alla coltre di alberi per sbirciare il sentiero, facendo una sorpresa a Viktor.
Era già capitato che si spingesse fin lì.
La coda di Yuri si asciugò. Indossò la propria camicia.
Ma Viktor non arrivava.

 

Fiato corto, ghiaia spostata da una corsa veloce.
Il giovane Yuri non ricordava l’ultima volta in cui aveva corso con tanta forza, buttando fuori tutta l’aria nei propri polmoni finendola così in fretta da sentirli feriti ad ogni nuovo respiro.
Ma doveva andare avanti.
Avanti verso quel lago, verso Yuri.
L’unica persona che potesse fare qualcosa.
Sentì gli occhi lucidi a quel pensiero, le iridi verdi pizzicare sotto le lacrime salate che gli annebbiavano la vista.
Viktor era bloccato a letto dalla sera prima, quando era tornato. Sembrava confuso, stanco. Aveva risposto distrattamente ad ogni sua domanda, dicendo di voler solamente andare nella propria stanza.
Dopo aver sollevato una gamba per iniziare a percorrere la rampa di scale era rovinato a terra.
Yuri se lo rimproverava, si sentiva uno sciocco, ma se solo suo nonno Yakov non fosse stato lì non avrebbe proprio saputo che cosa fare.
Per questo correva, quasi a compensare la prontezza di cui era stato incapace la sera prima.
Aveva vegliato su Viktor per tutta la notte.
« Non stai bene », gli aveva detto quando le guardie lo avevano portato nella sua camera e messo sotto le coperte.
Yuri le aveva rimboccate con una premura per lui del tutto inusuale.
« Domani sarò già in piedi. »
La risposta di Viktor, tirata, esausta, non lo aveva convinto. Yura gli avrebbe urlato contro di non mentire se sapeva di farlo, perché Viktor non aveva nemmeno sorriso e lo faceva sempre quando mentiva. Almeno sarebbe parso credibile, se ne fosse stato in grado.
Almeno si sarebbe potuto fidare.
Yura si era rifiutato di uscire dalla stanza, d’un tratto opprimente e spaventosa, fino a quando il medico non aveva fatto il proprio ingresso.
Era notte fonda e i corridoi del castello sembravano pieni di spifferi. Gli correvano lungo le braccia, sotto la stoffa dei vestiti perfetti per la stagione. Si trattava solo di paura, di puro terrore che gli strisciava addosso in modo subdolo.
Christophe era accorso dove si trovavano lui e suo nonno, di fronte alla stanza di Viktor. Quel corridoio si era trasformato non solo in un luogo gelido, ma anche in una sorta di sala d’attesa dove secondo dopo secondo, minuto dopo minuto, la tensione cresceva.
Christophe si era rifiutato di stare seduto, camminava.
Yura aveva quasi rischiato di doversi tappare le orecchie quando il nonno era sbottato contro il biondo, ordinandogli di stare seduto.
Aveva puntato lo sguardo nel vuoto tutto il tempo, Yakov, ma era indubbio che fosse preoccupato per Viktor, teso come loro e forse più di loro, essendo l’unico ancora in grado di prendere delle scelte.
Non importava quali screzi ci fossero stati tra loro fino a quel momento, contava solo la sua condizione, il suo immotivato malore, la febbre alta e la confusione che aveva mostrato dopo essersi risvegliato.
Scottava la sua pelle, madida di sudore. I capelli argentei si erano incollati alle guance, gli occhi azzurri, due lance di ghiaccio vispe e sempre attente si erano fatte vacue, liquide.
Persino da malato Viktor riusciva a reagire, a conservare un barlume di forza e di fierezza. Il corpo sdraiato in quella stanza non sembrava nemmeno più essere il suo.
Quando il medico era uscito Yuri era corso all’interno della camera. Non voleva sapere la diagnosi, convinto – o forse solo speranzoso – fosse positiva. Si trattava di una febbre, di uno spavento che sarebbe passato quando l’indomani Viktor avrebbe dettato ordini di prima mattina, muovendo richieste su richieste quasi come un bambino viziato.
Poi ricordò che Viktor non aveva sorriso e che forse di stare sereni non c’era motivo.
Seduto sullo sgabello avvicinato al letto da lui stesso poco prima, Yura aveva visto che Viktor stava riposando. Voltandosi, guardando fuori dalla porta, aveva notato l’espressione di suo nonno, oltre la spalla del dottore: era cupa come mai l’aveva vista prima. Christophe aveva portato una mano alle labbra, poi gettato uno sguardo nella camera.
Avevano sottovalutato quei colpi di tosse, Viktor lo aveva fatto. Ogni volta che tossiva tutti diventavano un poco più seri, ma aveva detto che un dottore lo avrebbe visto poi, in seguito.
Si era trascurato.
Yuri era rimasto immobile accanto al letto, udendo delle parole che non avrebbe voluto sentire, immaginando un futuro che non avrebbe voluto immaginare, il tutto nell’arco di pochi, brevissimi istanti.
La stanza di Viktor quella notte era diventata la loro, ma Yuri era l’unico ad essere rimasto sveglio, ad ascoltare il respiro del cugino ogni istante, ad accertarsi che non si interrompesse.
Il mattino seguente, suo nonno era uscito. Per parlare con altri medici, aveva detto.
Poi Christophe era sceso a prendergli la colazione.
Yura non era esattamente un piccolo Viktor con cui Christophe sarebbe riuscito ad andare ugualmente d’accordo, ma forse occuparsi di lui, rimasto sveglio tutta la notte, gli sembrava un buon modo per tenersi impegnato.
Una volta soli, Yuri aveva portato la mano su quella di Viktor. L’aveva stretta nella propria e lo aveva chiamato.
Una, due volte.
Gli aveva chiesto di svegliarsi, ma non era accaduto.
« Non puoi abbandonare Yuri », aveva sussurrato, pensando che questo lo avrebbe richiamato subito. « Non puoi abbandonare noi », aveva proseguito poi. « Non puoi abbandonare me. »
Silenzio.
Yuri aveva capito.
Aveva capito che se c’era qualcosa che Viktor gli aveva insegnato era che il modo migliore per risolvere le situazioni era prenderle nelle proprie mani.
Così si era alzato, quasi facendo cadere lo sgabello.
C’era un ultimo, disperato tentativo che doveva fare.
Era corso fuori. Fuori dalla stanza, giù per le scale e poi oltre il portone.
Il lago, ecco dove doveva andare. In fretta.
Inciampò nel sottobosco una volta lì.
« Viktor? » sentì dire dall’altra parte.
Scavalcato il fitto dei cespugli e della vegetazione, Yura vide il tritone seduto ai piedi dell’albero, la solita camicia sgualcita che gli aveva visto indossare fuori dall’acqua.
Vedere il cugino di Viktor, vederlo lì, parve far risvegliare in Yuri le preoccupazioni che aveva spento.
« Yuri…? Cosa ci fai qui? »
Sarebbe dovuto essere con Viktor e, anche se quella fosse stata una bravata per disubbidire al cugino, perché avrebbe dovuto avere il volto pallido come un cencio e le guance rigate dalle lacrime?
« Che ti è successo…? »
« Viktor… » riuscì a dire il ragazzino, la voce spezzata per la mancanza d’aria e per il nodo alla gola. « Sta male… lui sta… »
Il tritone si era già alzato in piedi, per quanto quelle parole avessero rischiato di trascinarlo a terra come un macigno.
Lo raggiunse rapidamente e mise le mani sulle sue spalle.
« Come sta male? Cosa gli succede? »
Il più piccolo scosse la testa e Yuri si sentì in colpa per averlo chiesto. Il mondo gli era caduto addosso e non aveva saputo cosa fare, come reagire, riversando i propri timori sul biondino.
Si sentiva come se il suo cuore fosse stato vittima di una pugnalata, ma non era l’unico a trovarsi in quella condizione e lo sapeva: non era il momento di essere egoista, allora meno che mai.
Yura scosse lentamente la testa. Non sapeva quale male affliggesse Viktor, non voleva nemmeno saperlo perché più che la causa per lui contava l’effetto a cui stava conducendo.
« Lo devi aiutare, Yuri… » mormorò. « Tu lo puoi fare, vero? »
Il tritone sgranò gli occhi.
Poteva davvero farlo?
Aveva guarito una mano ferita, aveva guarito qualche livido ogni tanto, ma nulla di più.
Non conosceva nemmeno lui la risposta, per quanto avrebbe voluto e avrebbe voluto che fosse un semplice “sì”.
Il volto di Yuri, una maschera contratta dalla paura, si fece più determinato.
« Portami da lui. »
Lo precedette, conoscendo la strada almeno fino al castello. Non corse, ma il suo passo fu così rapido che attraversare i cespugli senza ferirsi le gambe, frustate dalle frasche e dalle foglie fu impossibile. La sua andatura accelerò quando Yura si mise in testa alla sua unica speranza: Yuri.
Doveva essere cauto: se Yuri non fosse stato in grado di raggiungere Viktor nulla avrebbe più avuto senso.
Fu Yura ad entrare per primo dal retro del castello, furtivo, verificando che il corridoio fosse libero. Yuri fu subito dietro di lui e sgattaiolarono lentamente verso le scale, i passi controllati e il respiro sommesso, nonostante la corsa.
C’era una sola scalinata per raggiungere il piano superiore, una scalinata che passava davanti alla cucina.
« Yura, che ci fai qui? Non ti ho più visto di sopra, così… »
Una voce familiare fece raggelare il sangue nelle vene del ragazzo.
Christophe.
La sua corsa alla volta del lago era avvenuta poco dopo che Christophe scendesse per trovargli qualcosa da mangiare che lui nemmeno aveva chiesto.
Incontrarlo nella camera di Viktor sarebbe stato il minimo, ma allora?
L’uomo, gli occhi cerchiati per la stanchezza, guardò Yuri. Riconobbe subito il suo volto.
« Tu…? » domandò, con l’espressione di chi stava cercando di capire se i suoi occhi lo stessero ingannando per la pazzia o per un motivo differente.
Yuri si fermò, guardando il ragazzo. Lo ricordava, eccome se lo ricordava. Schiuse le labbra per parlare, ma Yura lo precedette.
« Non provare a urlare », ordinò risoluto. « Può aiutarlo.  »
Sapeva che per convincere Christophe doveva essere rapido e coinciso, fugare ogni suo possibile dubbio prima ancora che potesse sfiorarlo.
L’uomo aggrottò le sopracciglia. Era di larghe vedute sotto certi aspetti e più bigotto sotto altri, forse per convenienza o forse no. Avrebbe voluto conoscere l’opinione di Viktor sul suo conto, fino alla sera prima, ma con la situazione che si era creata questa curiosità era diventata insignificante.
Christophe aveva davvero cercato di proteggere Viktor con il proprio comportamento e che l’amico non gli avesse creduto lo aveva ferito: sapeva di avergli detto cose che non voleva sentirsi dire, ma sapeva anche che questo era comune per lui, incapace di dare ragione a qualcuno, persino la persona più cara, solo per mostrargli supporto se non condivideva il suo pensiero.
Ne era incapace soprattutto con le persone più care.
La realtà era che vedere Viktor tanto convinto delle proprie azioni, tanto certo che proteggere Yuri fosse la cosa giusta, aveva spinto Christophe a chiedersi se non fosse lui a sbagliare, a vacillare.
Durante il loro ultimo colloquio, quella sera al tramonto nella corte più defilata del castello, Christophe lo aveva realizzato.
Ormai quel confronto era divenuto troppo aspro per poter tornare sui propri passi, per poter dire a Viktor che avrebbe voluto ascoltare il suo punto di vista ancora una volta a patto che si trattenesse dall’aggredirlo. Si sarebbe sforzato di comprendere, perché aveva iniziato ad immaginare di essere nel torto.
Sarebbe bastato anche solo che Viktor gli dicesse che da capire non c’era nulla, perché tutto divenisse immediatamente chiaro.
Le parole di Yura non sarebbero mai state delle valide sostitute di quelle del cugino più grande, ma i gesti di Yuri forse sì: vedere il tritone nel castello, incurante del pericolo che questo poteva costituire per lui, aveva spinto Christophe a realizzare improvvisamente il vero motivo per cui Viktor si era ostinato tanto a proteggerlo e che non si trattava di un sentimento a senso unico.
Anche lui, nei suoi panni, sarebbe stato furioso.
Per i sensi di colpa e le scuse avrebbero avuto tempo in seguito, se era vero che Yuri poteva fare qualcosa per Viktor.
« E come? »
Christophe non gli aveva mai visto compiere qualche atto miracoloso a bordo della nave, unico luogo che avessero mai condiviso seppur separati il più del tempo dalla parete di legno della cabina del capitano, dove Yuri era confinato. Fortunatamente durante il loro viaggio non c’era nemmeno stato bisogno di cure impreviste, ma se Christophe doveva essere proprio sincero, non aveva mai notare un livido comparire sulla fronte di Yuri a causa del colpo con cui lo aveva tramortito non appena era stato caricato a bordo.
« Posso guarire le ferite usando l’acqua », spiegò Yuri, coinciso, rubando le parole di bocca al suo omonimo che stava per dare qualche esauriente spiegazione sbraitando però un pochino troppo. « Non ho mai tentato con qualcosa di grave come… penso sia in questo caso, ma farò del mio meglio. »
Era impossibile che il suo potere non sortisse alcun effetto.
Yuri rimase in attesa, rigido, di fronte allo sguardo stoico di Christophe.
Non riusciva a capire né tantomeno ad immaginare cosa stesse pensando e questo lo logorava: lo odiava e non voleva dargli ascolto perché lo aveva allontanato da Viktor come il principe stesso gli aveva raccontato? Oppure lo reputava una minaccia e non voleva lasciarlo avvicinare per questo?
Con somma sorpresa di Yuri, Christophe lo superò senza dire una parola.
« Ti conviene fare in modo che accada qualcosa. »
Per quanto quelle parole aspre non fossero state di gradimento per Yuri, il tritone non se ne curò molto: voleva solo raggiungere la stanza di Viktor senza più essere fermato. Voleva arrivare a lui per verificare le sue condizioni ancora del tutto oscure e anche semplicemente per vederlo.
Giungere alla camera del piano superiore, contro ogni loro aspettativa, non fu difficile: non c’era motivo per cui le guardie stazionassero anche nel corridoio del primo piano e oltre a quelle disposte ai fianchi del portone principale, che grazie al cielo non avevano visto Yuri quando era stato portato a corte da Viktor, notando che era accompagnato da Yura e da Christophe non ebbero nulla da obiettare.
Il sontuoso corridoio del castello, le cui pareti erano adornate di arazzi e percorse da lunghi tappeti dello stesso colore rosso della casata Nikiforov parve del tutto insignificante a Yuri. L’unico apprezzamento che poteva fare su di esso riguardava l’infinita durata di quel percorso: sembrava che mattone dopo mattone la strada si allungasse, che stessero camminando da ore e ore quando in realtà avevano impiegato solo qualche secondo a svoltare l’angolo che dalla cucina conduceva alle scale e a raggiungere poi la porta della stanza di Viktor.
Yuri avrebbe tanto voluto vederla in circostanze diverse, quella camera, magari quando finalmente l’accesso al castello gli fosse stato elargito. Chissà, magari quando lui e Viktor avrebbero suggellato la promessa di stare insieme per l’eternità.
Non entrò in una luminosa stanza dove c’era Viktor ad attenderlo, ma in uno scuro antro dove l’aria si era fatta opprimente: le tende di broccato celavano ogni spiraglio di luce e Yuri percepì subito l’atmosfera soffocante che le persone rimaste lì fino a poco prima avevano respirato, quasi avessero rilasciato lì le loro tensioni.
Non c’era modo di sfogarle senza provarle più, così si creava un circolo vizioso secondo cui quella camera da letto poteva divenire solo più colma di negatività.
Yuri puntò gli occhi verso il letto.
Non credeva che la situazione fosse tanto grave da impedire addirittura a Viktor di essere conscio del loro arrivo.
Corse al suo fianco, turbato da quella vista come raramente gli era capitato prima.
Aveva provato emozioni di sconforto solo un’altra volta nella propria vita, ma non aveva imparato a sopportarlo troppo.
Si chinò sul suo letto, prendendo la sua mano. Yuri si era mosso rapidamente quasi la sua urgenza potesse servire a qualcosa, a far capire a Viktor che il suo ritorno era tanto desiderato da farlo destare.
« Viktor, tesoro… » gemette Yuri.
Trattenne un singhiozzo e lo fece solo per Yura, che vicino a lui doveva aspettare e sperare in buone notizie che lui non poteva non dargli. Non aveva cuore di non dargli.
Le dita del tritone si strinsero intorno al palmo freddo di Viktor. Il respiro del principe era corto, accelerato.
Yuri non si curò nemmeno di asciugare le lacrime, tentò solo di nasconderle voltando il viso dopo aver scostato le ciocche argentee dalla fronte di Viktor.
Vederlo in quelle condizioni lo spaventava, ma era la paura stessa a dargli forza, se c’era ancora un tentativo da fare. Era risoluto, nonostante tutto: avrebbe pianto poi.
« Dobbiamo andare al lago. »
Né Yura, né Christophe osarono questionare, dire che le condizioni di Viktor non gli avrebbero consentito di uscire: la situazione era abbastanza disperata da far credere che non potesse essere tale azione a nuocere ulteriormente alla salute del ragazzo.
Christophe non chiese nemmeno di che lago stesse parlando.
« Yakov non te lo lascerà mai fare », rispose Christophe, ragionando tra sé e sé.
« Grazie, questo lo sappiamo anche noi », lo liquidò Yura, velenoso. « Non deve per forza saperlo. »
Christophe evitò di rispondere in malo modo al ragazzino, che sembrava aver riguadagnato una certa dose del proprio solito spirito giusto per alterarlo maggiormente.
Non odiava il giovane Yuri, ma spesso Christophe non era davvero in grado di avere con lui la pazienza necessaria.
« Come pensi di superare le guardie senza che lui lo venga a sapere? Sentiamo. »
Yura sibilò. Sapeva che le cose erano complicate, era già tanto che fosse riuscito a ragionare abbastanza lucidamente da andare a chiamare il tritone.
« Sto facendo del mio meglio per aiutare, d’accordo?! » alzò la voce il biondo.
Yuri portò subito una mano sulla sua spalla, sperando che quel piccolo contatto potesse calmarlo. Capiva sia il punto di vista del ragazzo che quello di Christophe e se Yuri non stava mettendo fretta a nessuno era solo per cercare di trovare la soluzione migliore: non potevano trasportare Viktor alla meno peggio rischiando di fargli anche del male, così come non potevano permettersi di essere avventati se questo poteva portare a interrompere quella sconclusionata e disperata missione di salvataggio.
Se solo Viktor fosse stato in grado di camminare, se solo fosse stato cosciente per dire che era d’accordo con loro sarebbe stato tutto più semplice.
Yuri si voltò verso di lui e si morse il labbro.
« Dov’è il re, ora? » domandò Yuri.
« Non molto lontano, credo », rispose Christophe. « È uscito, ma sarà di ritorno a momenti. Potrebbe anche già essere qui fuori. »
Ogni nuova informazione giunta a Yuri e ogni momento in più passato da Christophe e Yura a ragionare su ciò che sapevano rendeva quella situazione ancor più impossibile.
Forse Yura avrebbe potuto trattenere il sovrano, ma se non sapevano dove si trovava al momento avrebbero rischiato che lo incontrasse quando già si era accorto della scomparsa di Viktor. Rimaneva però il problema delle guardie e qualsiasi soluzione non sembrava sicura a sufficienza. Né per loro, né per Viktor.
« Posso fare in modo che le guardie ignorino il nostro passaggio », propose Yuri. « Forse trasportarlo da soli non è la scelta migliore, ma è l’unica che abbiamo. »
Christophe fu subito d’accordo, perché di alternative non ce n’erano e sindacare su un’opzione che non poteva rimpiazzare con una migliore era l’ultima cosa da fare.
L’ultima cosa che serviva insieme al rumore della porta che si apriva.
Yakov non avrebbe trovato strana la presenza di Christophe e del nipote nella stanza di Viktor e anzi, immaginava di trovarli lì al proprio ritorno. Era insolito che fossero in piedi, però, vicini al letto, così come era insolita la presenza di quella terza persona.
Lo riconobbe subito, proprio come aveva fatto Christophe, pur non avendolo visto in altrettante occasioni.
Quello era il tritone che aveva quasi certamente deviato la mente di Viktor.
Vederlo mentre il nipote versava in quelle drammatiche condizioni lo fece infuriare ancor di più.
Yuri non si era mosso. Era spaventato, certo, ma sapeva di potersi difendere. Sperava di poterlo fare almeno, perché il proprio potere era ancora incerto. Ma cosa avrebbe ottenuto comportandosi così? Avrebbe convinto chi aveva intorno di essere il mostro manipolatore che tutti lo accusavano di essere. Certo, lo avrebbe fatto per garantire la riuscita del loro piano, ma che garanzia aveva che non ci fossero ripercussioni?
Contava di più Viktor o l’opinione che gli altri avevano di lui?
Viktor.
Dieci, cento, mille volte Viktor.
Yuri si sarebbe fatto condannare a morte se fosse servito, anche se si trattava di un prezzo per Viktor stesso. Non voleva essere presuntuoso, ma dopo la loro confessione Yuri aveva capito quanto fossero uguali: se Viktor se ne fosse andato, lui sarebbe stato perso. Se lui, Yuri, se ne fosse andato, sarebbe stato Viktor a perdersi.
Andarsene con la consapevolezza che Viktor stava bene sarebbe stato l’atto più egoista che poteva compiere, ma lo amava così tanto da non poter seguire una via diversa.
« Tu… »
Yuri prese fiato, anche se il suo corpo tremava.
« Sono qui per aiutarlo », disse fermamente, sperando che Yakov gli desse ascolto. « Me ne andrò subito dopo se vorrete, ma vi prego, lasciate che faccia qualcosa per Viktor. »
Le parole di Yuri parvero non sfiorare nemmeno Yakov.
« Hai già fatto abbastanza », sibilò. « Guardie! »
Lo incolpava per la condizione di Viktor o solo perché con la sua presenza glielo aveva messo contro in modo del tutto involontario?
Yura e il tritone si scambiarono uno sguardo allarmato.
« Sta lontano da mio nipote », sibilò Yakov. « Yuri, vieni via. »
A quel punto, dalle sue spalle, le guardie entrarono e si schierarono davanti a lui.
« No! » gli urlò Yura. « Perché? Perché non vuoi ascoltare?! Può aiutarlo, può almeno tentare! È sicuramente più di quello che possiamo fare noi! »
Il volume di voce del tutto fuori controllo mentre gesticolava, rabbioso.
Odiava quel castello, odiava quelle persone che non ascoltavano quando la soluzione poteva essere così semplice.
« Con me lo ha fatto! » insistette.
« Ora basta così », proseguì Yakov, infuriato. « Prendetelo. »
Indicò Yuri con un cenno del capo.
Yura si sarebbe gettato contro le guardie, non aveva alcun timore o freno ad impedirglielo. Non avrebbe permesso a Yuri di prendere Viktor e scappare, troppo minuto per dare sufficiente filo da torcere a chi si stava opponendo, ma almeno avrebbe sfogato anche se inutilmente la propria rabbia.
Yuri rimase fermo, immobile.
Il vecchio lui sarebbe scappato, si sarebbe nascosto. Avrebbe forse chiamato Viktor in preda al terrore non sapendo cosa fare.
Per timore che Yura si facesse del male fece un passo avanti e si portò davanti a lui, fissando le guardie.
I suoi occhi castani vennero attraversati da un riflesso ambrato.
« Fermi. »
Silenzio. Le guardie si arrestarono al centro della stanza.
« Maledetto… »
Yakov e Christophe stavano osservando la scena da lati diversi della stanza, uno dall’uscio e l’altro dai piedi del letto.
« Voltatevi. »
Yura cercò di dire qualcosa, ma il tritone lo ignorò. Però si fidava di Yuri, sapeva non avrebbe fatto nulla.
I due uomini in divisa si girarono verso Yakov, le spade ancora in mano. Erano del tutto in balia del tritone di cui tanto avevano diffidato.
« Gettatele a terra e uscite. »
Un tintinnio e le spade caddero a terra rumorosamente. Passi. Le guardie uscirono.
Yuri fissò negli occhi Yakov. I suoi occhi non avevano mostrato il minimo segno di timore davanti alle spade dei suoi stessi uomini.
Aveva paura della sua risposta, di cosa avrebbe potuto fare. Cosa comportava ferire un sovrano nell’orgoglio? Un sovrano già infuriato per la situazione del proprio nipote, del proprio erede.
« Vostra altezza », cominciò Yuri, la voce che non tremava solo per miracolo. « Penso di poter aiutare Viktor, ma non lo posso fare se voi non me lo permettete », proseguì, ripetendosi.
Yakov era un uomo che voleva sempre avere ragione, che pensava di averla sempre anche solo per principio.
Sapendo che quello era un tritone, avendolo riconosciuto, aveva già immaginato le lame di quelle spade intente a trapassargli il torace. Non era accaduto pur avendo Yuri tutte le ragioni per volersi vendicare.
Era tutto affidato al caso, alla speranza che Yakov capisse.
O che qualcuno intervenisse.
« Viktor ha tentato di farmi capire che lui poteva essere un caso. »
Christophe aveva preso la parola, contro ogni aspettativa.
Yura non era stato ascoltato, Yuri probabilmente sarebbe andato in contro alla stessa sorte. Viktor, ancora prima di loro, era stato messo all’angolo.
Christophe non si aspettava di fare la differenza, ma forse iniziava a capire. Iniziava a convincersi di aver sbagliato.
« Dovremmo provare almeno ad ascoltarlo », aggiunse, gli occhi rivolti verso il tritone.
Yuri era sorpreso, ma non tradiva la propria decisione con una sola espressione.
« Vorrei avere occasione di dire a Viktor che mi sono sbagliato e preferirei sapere di aver tentato tutto. »
Prima che Christophe tornasse a guardare Yakov, Yuri mosse le labbra in un grazie. Un grazie che il marinaio mai si sarebbe aspettato, non dopo il modo barbaro in cui lo aveva trattato anche se per difendere Viktor.
Si chiese per un istante perché non si fosse fidato subito del giudizio dell’amico.
Yakov li guardò in silenzio. Prima Yuri, con scherno, poi Christophe con serietà. Guardò anche Viktor e il suo sguardo tornò ad essere ferito fino a quando non guardò l’altro nipote, l’unico che si reggeva in piedi: lo supplicava con gli occhi di smuoversi, di dare loro ascolto.
« Allora aiutalo », esalò in un sospiro.
Non lo suggerivano le sue parole, non lo suggeriva il suo sguardo, ma Yuri sapeva che quella richiesta non era altro che una disperata preghiera.


Non avevano esultato solo perché c’era ancora troppo da fare, perché c’era poco tempo e ancora l’ultima parola non era detta.
Yuri aveva bisogno dell’acqua, era l’unico modo in cui poteva davvero sperare di aiutare Viktor.
Yakov aveva fatto preparare un carro dalle guardie, disposto sul non più ridente sentiero che conduceva alla dimora di Yuri. Aveva poi ordinato loro di allontanarsi: non poteva rischiare che qualcuno vedesse le gambe di Yuri trasformarsi in una coda perché nemmeno lui avrebbe saputo giustificare la disperazione che lo stava spingendo ad affidarsi ad un tritone.
Avrebbe preferito guidare lui stesso il cavallo che lo stava trainando e così stava facendo.
« Yuri… »
Tutti si riscossero. Yura si sporse, ma non parlò e Yakov e Christophe, dopo essersi assicurati di aver sentito bene, concessero a Yuri il privilegio di parlare con Viktor.
Il ragazzo dai capelli corvini si voltò immediatamente, quasi il suo corpo fosse rimasto in tensione, in attesa di non udire altro se non il proprio nome pronunciato dalle labbra di Viktor.
« Sono qui, amore mio », mormorò, chinandosi sul giaciglio nomade dove era sdraiato Viktor, tra paglia e coperte per tenerlo al caldo.
La temperatura ormai si era alzata, il ghiaccio sul lago e la brina sull’erba un mero ricordo, ma non per il corpo di Viktor, sferzato dalla febbre alta e dalla stanchezza.
La mano di Yuri andò incontro a quella di Viktor, che a tentoni la cercava.
Il volto cereo del principe era una maschera di sudore, le labbra secche, ma nonostante questo, schiuse in un sorriso che Yuri non poté fare a meno di trovare bellissimo.
« Yura ti è venuto a chiamare… » disse, quasi stesse parlando tra sé e sé.
« Certo che lo ha fatto », gli disse. « È un bravo ragazzo, ti dà sempre ascolto. »
Viktor sorrise ancora e annuì. La sua mano si spostò sul volto di Yuri, accarezzandolo con dolcezza.
Il tritone spinse il volto contro il palmo freddo di Viktor e aggiunse la propria mano su di essa, quasi nel tentativo di scaldarla.
Non riusciva nemmeno a pensare a quanto quella posizione fosse scomoda, al fatto che camminare chino sul corpo di Viktor gli facesse male alla schiena e alle gambe.
Il suo unico pensiero era vederlo respirare con tanta fatica e parlare con altrettanta. Gli spezzava il cuore.
Un colpo di tosse e gli occhi di Yuri si fecero lucidi per la paura, per l’urgenza che il carro venisse trainato più in fretta verso il lago.
« Non ti sforzare », mormorò, prendendo la mano di Viktor che lo stava accarezzando per accomodarla sul petto del principe. « Siamo quasi arrivati. Me ne occuperò io e andrà tutto bene, vedrai. »
« Se va tutto bene allora non devi piangere, Yuri. »
Viktor aveva paura. Non si era mai sentito tanto debole in vita propria, tanto incapace di muoversi. La sua mente comandava una cosa e il suo corpo era incapace di accontentarla, quasi senza nemmeno rendersene conto. Era febbricitante, era stordito, ma non era sciocco e capiva cosa stava succedendo, anche se non avrebbe voluto.
Yuri gli aveva dato speranza e lui aveva tentato di ricambiare, ma non era riuscito a fare a meno di aggrapparsi con tutto se stesso al suo innamorato, alle sue parole.
Il tritone annuì, sentendo la voce di Viktor spezzarsi.
Sapeva cosa stava tentando di fare: stava tentando di essere forte per lui in quel momento, anche quando non avrebbe dovuto.
Il sussulto del petto di Viktor agli occhi di Yuri fu un singhiozzo. Un singhiozzo che non aveva motivo di esistere, perché lui era lì.
Lui avrebbe sistemato tutto.
Prese il volto dell’amato tra le mani, guardandolo negli occhi celesti e spenti, luminosi solo per le lacrime che minacciavano di scendere.
« Nemmeno tu », gli disse. « Viktor, sistemerò tutto io. Guarda. »
Dette quelle parole Yuri sollevò appena la propria mano sinistra e gli mostrò l’anello di nastro intorno al proprio indice. Viktor avrebbe voluto avvicinare le dita alle sue per potersi accertare che fosse davvero lì.
« Non te lo sei tolto subito… » mormorò il principe.
« Certo che no! » ribatté Yuri. « E non ho intenzione di toglierlo, finché ce l’hai anche tu. »
C’erano delle parole che Yuri non aveva avuto il coraggio di dire, come il fatto che avrebbe perso di senso se Viktor non lo avrebbe più indossato.
Il principe parve capire e gli sorrise appena.
« Mi fido di te. »
Una volta giunti al lago, la carovana si fermò.
Lo sguardo diffidente di Yakov corse ancora su Yuri, poi su Viktor nuovamente privo di sensi.
Il tritone entrò nel lago, l’acqua tiepida lo avvolse e sotto la superficie le sue pinne iniziarono a muoversi. La camicia che indossava si gonfiò intorno al suo corpo e il tritone la tolse per essere privo di quell’impaccio.
Si sistemò accanto alla sponda. Aveva già dato istruzioni a Yakov e Christophe: gli serviva che Viktor entrasse in acqua con lui.
Il carro venne lentamente sganciato dall’animale che lo trainava e inclinato lentamente verso la superficie, di modo che il corpo di Viktor potesse scivolare lentamente verso Yuri.
Il ragazzo lo prese per le spalle e lo fece scivolare sulla superficie dell’acqua. Portò una mano sotto la sua schiena per sostenerlo e scivolò lentamente al centro del lago, sotto lo sguardo vigile di Yakov e di Christophe che non si allontanavano dall’acqua.
Nonostante tutti i dubbi che avevano nutrito e ancora nutrivano nei suoi confronti, non potevano più mettere in dubbio che Yuri non tenesse a Viktor.
Non dopo aver visto il modo in cui lo stringeva a sé, nuotando all’indietro e lasciando che la propria coda supportasse il peso del corpo di Viktor, mentre gli sussurrava parole di conforto all’orecchio.
Lentamente quei mormorii parvero diventare una melodia. Le ciglia argentate di Viktor si alzarono e l’acqua del lago sembrò quasi vibrare, illuminarsi di una luce celeste, particolarmente intensa.
Questa parve avvolgere il corpo di Viktor e l’acqua stessa risalì lungo il suo busto, lottando contro la gravità e le leggi che lo avrebbero reso impossibile.
Lo circondò completamente, ma senza trascinarlo a fondo, quasi non pesasse su di lui.
Yuri era completamente concentrato su Viktor, le dita che scorrevano lentamente sul suo volto mentre i capelli argentati di Viktor galleggiavano intorno a loro.
La melodia di Yuri era pregna di emozione, talvolta spezzata dalla sua voce tremante, ma non per questo meno d’effetto. Yura si avvicinò al bordo del lago fermandosi solo per evitare di cadervi all’interno e spezzando così la magia che stava avvenendo.
Perché qualcosa stava capitando. Qualcosa di mistico, che non potevano nemmeno comprendere, ma tutti e tre gli estranei ne avvertivano la forza. Yakov compreso; sentendo la canzone di Yuri e vivendo quella situazione pensò quasi che finalmente ci fosse una speranza.
Lentamente la voce di Yuri si fece più bassa, le note presero a dissolversi nell’aria, ma i suoi occhi non lasciarono andare un istante il volto di Viktor, a differenza dell’acqua che lo aveva avvolto quasi come una seconda pelle. Essa scivolò via.
« Svegliati, Viktor », mormorò soltanto, chinandosi per baciargli la fronte. « Svegliati… »
Yuri non credeva mai in se stesso, ma quella volta sentiva che avrebbe funzionato, che sarebbe andato tutto per il meglio.
Quando aprì gli occhi vide quelli azzurri di Viktor puntati nei propri.
Sembravano intontiti, sì, ma vispi. Così come il suo sorriso e il suo respiro, silenzioso ma forte.
« Ciao… » mormorò.
« Ciao », rispose Yuri, emozionato.
Viktor non aveva dimenticato, come avrebbe potuto?
Anche se il viaggio fino al lago era abbastanza sfocato dal rasentare l’incognito, ricordava lo scambio di parole con Yuri, il suo anello, la paura di ciò a cui stava andando incontro.
Yuri lo aveva salvato.
« Mi hai salvato », fu quello che disse.
Yuri gli sorrise con dolcezza.
« Anche tu lo hai fatto, Viktor », mormorò il tritone di rimando, sorridendo con estrema dolcezza.
Viktor si guardò intorno.
« Il ghiaccio è sparito… » constatò.
« Credo sia stato per quello che è successo ieri notte, ma non so se lo ricordi », mormorò Yuri. « Viktor, mi dispiace. Ti ho rimandato a casa con la forza e… »
Viktor poggiò un dito sulle sue labbra e scosse la testa.
« Mi sento più che altro lusingato per essere stato io a risvegliare quel potere, Yuri. »
Era calda, la sua voce.
« Sta bene? »
Si sentì gridare dalla sponda del lago.
Prendersi tutto il loro tempo, per quanto meritato, era un affronto verso le persone che stavano attenendo notizie di Viktor sul ciglio dell’acqua.
La voce era di Yura, sfuggita al suo controllo quasi in un urlo di tensione.
Yuri annuì e mentre lo faceva Viktor si sollevò, senza però liberarsi dalla sua presa.
Un sospiro di sollievo simultaneo da parte di Yakov e di Christophe.
Il giovane Yuri evitò per poco di tuffarsi nel lago per nuotare incontro a Viktor, ma solo per nascondere la propria emozione e perché lo aveva visto dirigersi verso di loro.
Una volta a riva, Viktor vide la mano di Christophe tendersi verso di lui e nonostante tutto, nonostante l’indecisione e i trascorsi, Viktor l’afferrò, uscendo dall’acqua.
Si ritrovò stretto in un abbraccio prima di potersene accorgere e riuscì a ricambiare con una piccola pacca sulla spalla.
Quando Christophe lo lasciò andare Viktor scarmigliò i capelli di Yura e gli rivolse un sorriso complice; non servivano grandi effusioni tra di loro, si erano già rassicurati solo con uno sguardo ed erano entrambi molto più rilassati.
Poi si voltò verso Yakov.
« Pensavo di averti perso », esalò l’uomo.
Prese Viktor così in contropiede che questi rimase immobile.
Da Christophe c’era da aspettarselo, ma un abbraccio da parte di Yakov era l’ultima cosa che mai Viktor avrebbe sognato di ricevere nella vita.
Si soffermò di più su quella stretta, sospirando e lasciando uscire con quel respiro tutte le preoccupazioni.
« Ma non è successo. Grazie a Yuri. »
Solo a quel punto Yakov si allontanò, lo sguardo non più segnato da paura o preoccupazione, tensione o ansia.
« Ho sbagliato », annunciò l’uomo, voltandosi verso il tritone che osservava la scena dall’acqua, commosso. « Penso si sia guadagnato un posto a corte, se lo desidera. »
Altre scuse da parte di Yakov sarebbero state impossibili da sentire, non senza un bicchiere di alcol di troppo, almeno.
Yuri sgranò gli occhi, chiedendosi se stesse realmente parlando con lui.
« Davvero? » domandò il tritone, sconvolto.
Anche Viktor era incredulo.
Il re si chinò, il lungo mantello che toccava terra.
« Hai salvato mio nipote. Quello che ordinato a Viktor di farti non può essere cancellato e anche se avessi tutti i tesori e le ricchezze di questo mondo non basterebbero a ripagarti per il modo in cui lo hai aiutato. Non credevo lo avrei mai detto, ma grazie al cielo non mi ha dato ascolto. »
Viktor, alle spalle di Yakov, sentì il proprio cuore scosso dall’emozione, sia nel sentir dire qualcosa di simile proprio dal sovrano da cui tanto aveva agognato approvazione, sia per il volto innegabilmente felice dell’amore della sua vita, che sorrideva persino di fronte al mandante dell’ordine di ucciderlo.
Yuri non serbava rancore e Viktor era felice che quello potesse essere, con un po’ di fortuna, il loro nuovo inizio.
Però Viktor non capì il sorriso furbo che Yuri gli aveva rivolto, in uno sguardo guizzato verso di lui.
« A dire il vero, sire, penso che una cosa ci sarebbe. »



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... Non so con che coraggio compaio nelle note dopo un capitolo del genere, ma ehi! Buonasera a tutti.
Confesso che questo capitolo è stato un parto. Lo so, lo so, lo dico sempre e questa volta la stesura è stata abbastanza fluida tutto sommato. La sofferenza è legata strettamente a quello che è accaduto. Il mio parere è e sarà sempre distorto avendolo scritto io, ma confesso che mentre scrivevo determinati pezzi mi sono domandata perché avessi pensato ad una svolta simile.
Spero davvero tanto che questo capitolo possa avervi emozionati ;;
Forse si è capito o forse no, ma questo è l'ultimo capitolo. Più o meno, perché c'è ancora l'epilogo.
Magari se riesco lo posterò già nel weekend invece che la prossima settimana, ma questo dipende come sempre da quella capricciosa dell'ispirazione e dagli impegni.
Vi ringrazio tutti per avermi seguita fino a qui, al prossimo capitolo ~

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


IX – Epilogo


 
 
« Sei nervoso? »
Viktor non era mai stato una persona troppo devota: aveva sempre preferito affidarsi a se stesso, dando poco credito ad una eventuale forza superiore. Gli avvenimenti degli ultimi mesi però lo avevano cambiato, perché non sempre dipendevano da lui e dalla sua forza; Viktor aveva fatto del proprio meglio per influenzarne l’esito in modo positivo e talvolta c’era riuscito, ma non sempre e soprattutto non nella sua totalità: non possedeva ancora il dono della chiaroveggenza per prevedere le mosse altrui e calcolare i propri comportamenti, così come non possedeva una sufficiente abilità di retorica per portare le persone dalla propria parte capovolgendo i loro ideali e punti di vista.
Anzi, per meglio dire forse quel dono lo aveva, ma si era trovato ad avere a che fare con individui troppo sordi e convinti. Sordità che però era stata curata e non grazie a Viktor, ma grazie alle sue infinite preghiere.
Perché sì, Viktor non era mai stato una persona troppo credente, ma nell’arco degli ultimi mesi si era rivolto così tanto ad un’entità superiore sperando esistesse da compensare tutti gli anni di vita trascorsi ignorandola: aveva pregato che Yuri si riprendesse durante il proprio viaggio ed era accaduto; aveva pregato di poterlo tenere al sicuro e ci era riuscito, contro ogni aspettativa e infine era riuscito a convincere le poche persone di cui davvero gli importava a comprendere. La loro sordità era stata curata e anche se forse alcuni piccoli aspetti di alcune risoluzioni ai suoi vari problemi degli ultimi mesi provenivano davvero da lui o forse da una congiunzione astrale particolarmente favorevole, essere fiducioso in qualsiasi cosa, anche solo nella fortuna, era servito.
Almeno così facendo aveva sgravato di un poco le proprie frustrazioni.
Il ghiaccio si era sciolto da qualche mese, la sua malattia sopraggiunta con spaventosa rapidità era scomparsa grazie a Yuri, e da altrettanto tempo.
Il tritone non era con lui in preciso istante.
Insolito dato che avevano trascorso gli ultimi tempi incollati l’uno all’altro, quasi il corpo di Viktor fosse un’estensione di quello di Yuri e viceversa. A tavola le loro sedie erano vicine, passeggiavano per il castello tenendosi per mano e quando Yakov aveva ordinato alle ancelle di preparare una camera secondaria per Yuri, Viktor si era opposto sapendo di essersi semplicemente fatto portavoce della volontà dell’innamorato.
Yakov non aveva obiettato: non si lasciava di certo mettere i piedi in testa e Viktor sapeva di non dover approfittare della sua recente disponibilità, ma era come se il sovrano, dopo essersi reso conto del proprio atteggiamento sbagliato forse non nei confronti di tutte le sirene, alcune delle quali erano pericolose, ma sicuramente nei confronti di Yuri che più di tutte loro si era dimostrato invece degno di fiducia, sentisse il bisogno di dimostrare di essere sincero nel proprio pentimento.
Certo, con ogni probabilità non avrebbe emanato un trattato di pace con ogni razza del mare, magari nemmeno loro lo avrebbero voluto, ma Viktor riponeva una discreta fiducia nell’idea che Yakov avrebbe cambiato il proprio atteggiamento, che avrebbe fatto in modo di imporre ai marinai del proprio regno il giusto rispetto per le sirene proprio come secoli prima i sovrani a lui pregressi avevano imposto l’odio.
Forse gli uomini non avrebbero capito subito, ma con il tempo ci sarebbero riusciti.
Il periodo di convivenza con Yuri era stato piuttosto intenso: Viktor lo aveva portato in paese per fargli conoscere le usanze, i luoghi, le strade; per fargli respirare la sua, di casa, proprio come Yuri gli aveva chiesto di fare quando era uscito dal lago.
Il regno di Viktor era esteso e una vastità di territori indicibile rientrava sotto la sua giurisdizione. La città in cui sorgeva il castello era però di una grandezza circoscritta, capace ancora di fare in modo che quasi tutti si conoscessero gli uni con gli altri.
La casata di Viktor non si era mai elevata troppo rispetto ai sudditi, anche se era una novità recente: sua madre era una popolana, sposata dal padre solo per amore. Niente discendenze calcolate, niente necessità di mantenere il lignaggio puro. Ecco il vero motivo per cui i Nikiforov avevano abbattuto il preconcetto di superiorità dei sovrani installato dalle precedenti generazioni.
Nelle loro terre si respiravano una tale serenità e forza da non rendere necessari matrimoni combinati.
Certo le persone non abbandonavano mai il “voi” di cortesia e vedendo Yuri in compagnia di Viktor lo avevano subito rivolto anche a lui. Il principe ricordava ancora l’espressione stralunata del tritone: aveva boccheggiato confuso e fissato la donna che aveva compiuto una riverenza di fronte a lui. L’aveva imitata, con somma sorpresa di lei.
« È uno straniero », aveva spiegato Viktor per evitare che la donna si sentisse presa in giro.
Viktor lo aveva dovuto ripetere decine, forse centinaia di volte perché Yuri faticava davvero a lasciare che le persone fossero ossequiose nei suoi confronti.
Osservava tutto con i suoi occhi castani illuminati di curiosità, Yuri. Occhi spalancati per lo stupore e forse per la gioia che un mondo tanto diverso dal suo, che la sua nuova casa lo stesse accogliendo come nemmeno la sua patria originale aveva fatto.
Gli umani, no anzi, le persone erano fantastiche. Yuri odiava quando veniva usato un termine che sembrava renderle gli abitanti della cittadina tanto diversi da lui, come se una razza prevalesse o se la sostanza di fondo cambiasse.
Yuri era benvoluto dai cittadini. Lo aveva capito quando aveva iniziato a frequentare il paese anche senza Viktor, sgattaiolando fuori quando il principe era impegnato in qualche riunione con Yakov o nelle mansioni che contribuivano alla sua formazione come futuro sovrano.
Questo gli aveva creato non poche preoccupazioni, le prima volte in cui questo era accaduto: Viktor aveva cercato Yuri in lungo e in largo per tutto il castello senza trovarlo, per poi vederlo passeggiare nella piazza di marmo di fronte alla corte intento a chiacchierare con la panettiera che portava le vivande al castello ogni mattina, talvolta aiutando addirittura i garzoni del porto a trasportare la merce ordinata dal re.
Era la sua genuinità, la bontà che contraddistinguevano Yuri ad averlo reso tanto benvoluto. Ad averlo fatto accettare anche quando da straniero si era tramutato, secondo l’opinione pubblica, nell’amante di Viktor.
Le persone osservavano con curiosità i tratti di Yuri, li trovavano esotici e attraenti.
Essendo il divario tra famiglia reale e gente comune meno respirabile che in altri regni, quasi ci fosse tra le due parti un contratto di delega di potere nei confronti della famiglia Nikiforov, tutti sapevano quanto questa visione fosse plausibile in base ai racconti diffusi sul conto di Viktor. Quanto Viktor avrebbe davvero potuto conquistare il cuore di un giovane a suo parere tanto bello oltreoceano, portandolo nel proprio regno per sposarlo.
L’aura magica che Yuri emanava aveva presto reso considerabile anche l’idea che fosse stato Yuri a conquistarlo, magari con un sorriso o una parola più spontanei degli altri. Che fosse stato lui a rapirgli il cuore.
Così i baci nascosti che Viktor schioccava talvolta sulle guance, sulla sua fronte o sulle labbra di Yuri quando osava di più, da semplice ragione per sollevare tali ipotesi, erano diventati conferma e poi normalità.
Non si facevano scrupolo a scambiarsi simili gesti per strada e nessuno prestava loro davvero caso.
Molte persone si complimentavano anzi, facendo arrossire Yuri e sorridere Viktor più di quanto avesse mai fatto.
La nutrice del principe, una donna anziana che ormai lavorava principalmente nell’orfanotrofio della città, la persona non appartenente alla famiglia che forse più di tutte le altre aveva confidenza con Viktor gli aveva detto di non averlo mai visto sorridere in modo tanto allegro e sincero.
Che nemmeno l’incantesimo di una sirena sarebbe riuscito a renderlo tanto felice, seppur fintamente.
Quelle parole, dette forse per indagare o forse senza malizia, avevano fatto spegnere il sorriso sia sulle labbra di Yuri che su quelle di Viktor. Perché quella donna aveva ricordato loro, anche se senza allarmarli sembrando genuinamente felice, che la verità sul conto di Yuri non si era estesa a tutto il paese.
Yuri era uno straniero proveniente da un paese lontano, questo sapeva la gente.
Nessuno era a conoscenza del fatto che in realtà fosse un tritone, che ogni giorno tornava al proprio amato lago sguazzando in compagnia di Viktor come quando era arrivato.
Questa grave consapevolezza aveva tolto loro il sonno per qualche giorno, portando Yuri a singhiozzare per tutta la notte nascondendosi contro il corpo di Viktor.
Così il principe aveva preso una decisione, di comune accordo con Yuri nonostante a sua titubanza, per gestire la situazione.
Non lo avrebbe fatto vivere come un prigioniero di nuovo, anche se le sue catene sarebbero state quelle invisibili di un segreto: Yuri meritava più serenità e se Viktor lo amava era dovere di Viktor garantirgliela, lottare con le unghie e con i denti per riuscirci.
Viktor aveva pregato tanto in quel periodo e per i motivi più disparati. Tra tutti questi motivi c’era il non sentirsi porre la fatidica domanda che Christophe aveva tuttavia avanzato.
Forse era stato troppo fiducioso all’idea che ogni sua richiesta venisse accolta.
« Esiste un uomo non nervoso il giorno del proprio matrimonio? » domandò Viktor.
I lunghi capelli argentei del principe ricadevano sciolti lungo la sua spalla destra, racchiusa come tutto il torace all’interno di un’elegantissima giacca blu notte lunga fino alle ginocchia. Era trapuntata di ricami, di rilievi in stoffa e ghirigori che in una situazione noiosa si sarebbe divertito a percorrere con le dita, tanto erano fitti e arzigogolati in volute, foglie e onde talvolta argentee, talvolta blu.
La stessa giacca scelta per Yuri, anche se di una tonalità leggermente più scura e intensa.
« Credevo lo sarebbe stato un certo Viktor Nikiforov, ma a quanto pare… » lo prese in giro Christophe.
Da quando la loro amicizia si era ripresa Christophe era tornato ad essere l’amico supportante di una volta. Aveva quasi esultato all’idea del matrimonio, quando Yuri l’aveva proposta a Yakov, benché avesse appena cambiato idea sul conto del tritone.
Quella volta sì che Yuri lo aveva sorpreso. Viktor aveva rischiato uno svenimento che probabilmente lo avrebbe fatto crollare a picco nel lago.
Persino lui avrebbe faticato a chiedere a suo nonno un favore del genere, anche dopo la sua disposizione a concedere qualsiasi cosa.
Era stata quella la prima volta in cui aveva rubato un bacio appassionato a Yuri davanti a qualcuno, per somma gioia di Yura; per poco non lo aveva spinto dentro al lago, incurante che Viktor ne fosse appena riemerso in salute.
Viktor spinse appena Christophe con un braccio, rivolgendo tutti i propri pensieri a Yuri. Lo avevano lasciato con il cugino più piccolo di Viktor; chissà se il biondo stava riuscendo a gestire la situazione o se invece le emozioni prorompenti di Yuri lo stavano travolgendo. Ancora non avevano sentito delle grida e immaginava questo fosse un buon segno.
Avevano organizzato la cerimonia a palazzo, decidendo di tenerla sul piccolo balcone rialzato che suo nonno e in generale i re utilizzavano per le comunicazioni importanti.
E Viktor ne aveva una, di comunicazione importante. Una rivelazione che avrebbe reso forse fondamentali quei metri a dividere la folla da lui e Yuri.
Non gli andava troppo di celebrare il proprio giorno così, quasi si stesse elevando al di sopra della propria gente, quasi dovesse proteggersi dalla folla, ma il luogo più spazioso e alternativo sarebbe stata la spiaggia.
Evocativo, nostalgico. Scenario perfetto per il matrimonio suo e di Yuri, forse, ma anche rischioso tenendo in considerazione ciò che la gente non sapeva.
Viktor aveva fantasticato in qualche occasione sul proprio grande giorno e appariscente e sfarzoso com’era si era sempre convinto che ci sarebbe stato più di un arco adornato di fiori sistemato quasi casualmente sul marmo della terrazza, lui e Yuri sotto di esso con Yakov a celebrare la cerimonia. Gli unici valori aggiunti erano Yura e Christophe, tirati un po’ più a lucido del solito, ai lati dell’arco stesso. E le giacche, quelle giacche erano davvero l’unico lato positivo.
Persino gli anelli erano delle semplici fascette d’oro.
A conti fatti era una cerimonia in piccolo nel suo essere in grande, perché Viktor aveva avuto tanta fretta da essere disposto a sacrificare ogni singolo dettaglio di troppo. Aveva già avuto modo di rendersene conto di quanto ogni cosa, persino la più grande, perdesse valore se confrontata con Yuri.
Quasi lo avesse evocato pensandolo, Viktor sentì dei passi e si voltò. Yuri non era davvero diverso dal solito: indossava giusto una giacca più elegante che quasi sembrava farlo sentire a disagio e i capelli erano tirati indietro sulla testa con un ordine maggiore.
La presenza di Yura, quella di Christophe, persino quella di Yakov che stava sopraggiungendo scomparvero.
« Sei bellissimo », disse Viktor con un filo di voce, rivolto al tritone.
Yuri gli sorrise con dolcezza, le gote arrossate e lo sguardo sfuggente. Prese la sua mano e la strinse.
« Anche tu. »
Yuri era emozionato. Sentiva il cuore battere all’impazzata nel petto, così forte che Yura lo aveva sostenuto e controllato in diverse occasioni da dopo averglielo detto, mentre lo accompagnava lì. Forse era anche pallido?
No, sicuramente Viktor si sarebbe preoccupato.
Indubbiamente la sua mano tremava, stretta intorno a quella dell’amato, tanto che il principe vi sistemò sopra la propria. Viktor non disse nulla però, perché non c’era davvero nulla da dire.
Yuri, dal canto suo, non aveva paura: le scelte inerenti Viktor erano quelle che più lo avevano reso sicuro e non si sarebbe mai pentito di quel matrimonio. Non aveva esitato un solo secondo.
Christophe avvolse un braccio intorno alle spalle di Yura, che osservava la scena non esattamente allegro e anzi imbarazzato per quelle effusioni. Era felice per quel matrimonio come chiunque, era felice che Yuri si trovasse lì, ma tutto quell’affetto lo spiazzava.
« Lo porto via prima che rovini l’atmosfera », rise Christophe, trascinando Yura verso l’altare mentre il ragazzino si ribellava.
Yakov, dal canto suo, esitò qualche momento. Sistemò la mano sulla spalla di Viktor e si diresse poi verso il parapetto della terrazza.
La folla ghermiva la piazza di fronte al castello, rumorosa e trepidante. Bastò la sola presenza di Yakov davanti ad essa, non un cenno, per calmarla.
I matrimoni della gente di Viktor erano particolari: gli sposi si incontravano poco prima dell’inizio della cerimonia e restavano insieme, ma nascosti agli occhi degli invitati fino a quando non dovevano scambiarsi i voti.
Quel matrimonio era solo una prova in più a suggellare il loro amore, un vincolo che avrebbe reso tutti partecipi del loro legame.
Per Viktor tuttavia era come se già si fossero sposati quel giorno, al lago, quando ognuno aveva creato un anello di fortuna da mettere intorno al proprio anulare.
Anche se la voce di Yakov rimbombava solenne nel circolo di mura che cingeva il castello, Viktor non la sentiva, non la ascoltava e così Yuri.
Si guardavano, un po’ di sfuggita quasi fossero intimiditi e un po’ senza imbarazzarsi, sorridendosi l’un l’altro.
« Sei preoccupato per quello che accadrà dopo la cerimonia, Yuri? » domandò Viktor.
Ciò che riguardava la loro scelta.
Yuri si morse il labbro. Un chiaro sì.
Rispose con un piccolo cenno.
« Anche io », confessò Viktor. « Ma non mi importa, perché va fatto e perché deve andare bene. »
Tutte le volte in cui Viktor si dimostrava timoroso per le stesse motivazioni che affliggevano Yuri il tritone non riusciva davvero a sentirsi preoccupato; gli faceva comprendere meglio che era meno solo e che la loro unica scelta era affrontare insieme qualsiasi ostacolo si fosse presente.
« Abbiamo superato quella barriera di ghiaccio… » cominciò Yuri, sottovoce. « Dubito che questo ci metterà più in difficoltà. »
Ostentava sicurezza e Viktor aveva sorriso per questo, perché sapeva che in verità Yuri non era affatto tranquillo.
« Tutto ciò che voglio ora è sposarti », mormorò il principe. « E che tu non dica nulla come “Viktor, non voglio metterti nei guai, è tutta colpa mia”. So che lo stai pensando. »
Yuri schiuse le labbra. Avrebbe voluto ribattere, ma se c’era un giuramento che si erano scambiati era quello di essere sempre sinceri l’un l’altro e negando allora lui non lo sarebbe stato per nulla.
Yakov si era voltato verso di loro, facendo un cenno.
Si stavano perdendo la loro stessa cerimonia tanto erano presi dal loro discorso.
Camminarono verso l’arco fiorito e una volta davanti agli occhi della folla vennero accolti da battiti di mani e schiamazzi. Yuri sorrise timidamente e Viktor fece altrettanto, anche se con maggiore fierezza. Dopotutto era molto più abituato di lui a simili eventi.
Dopo aver salutato si voltarono l’uno verso l’altro e Yakov avanzò di un passo.
« Viktor, futuro erede del trono di questo regno, vuoi tu prendere come tuo sposo Yuri? »
Il battito del cuore in gola, tumultuoso.
« Lo voglio », confermò Viktor, completamente perso negli occhi di Yuri.
« Yuri, vuoi tu prendere Viktor come tuo sposo, accettando così l’onere di governare al suo fianco e di supportare lui e le sue scelte? »
Yuri sorrise appena.
« Lo voglio », la voce ferma, priva di esitazione.
« Allora vi dichiaro uniti qui, di fronte alla vostra gente. » Sul volto di Yakov comparve l’ombra di un sorriso. « Siete ufficialmente sposati, futuri re della casata Nikiforov. »
Yuri venne scosso da un brivido così forte che per un istante dovette aggrapparsi al corpo di Viktor già avanzato in avanti, le mani sul volto di Yuri, per poterlo baciare con passione. Dovette sostenersi per non crollare, colto dall’emozione.
Niente giudizi da parte di Yakov, che spesso li invitava a trattenere tutto il trasporto quando erano in sua presenza per darsi un contegno. Niente versi disgustati da parte di Yura.
In ogni caso qualsiasi loro parola sarebbe stata coperta dal tumulto della folla, esplosa in uno scrocio di applausi e di grida.
Espressioni della loro approvazione che resero Viktor un po’ più forte quando si allontanò dalle labbra di quello che ora poteva definire suo marito. Lo guardò intensamente negli occhi, il volto di Yuri ancora tra le mani, prima di lasciar scivolare le dita intorno alla sua mano. Le intrecciò con le sue prima che entrambi si dirigessero verso il parapetto.
Viktor alzò una mano, facendo cenno alle persone ai diversi lati della piazza di acquietarsi, annunciando il proprio imminente discorso.
Yakov si sentiva fiero per il modo in cui Viktor sapeva comportarsi. Da vero re.
« Quando ho portato qui Yuri non immaginavo davvero lo avreste accolto in modo tanto caloroso, facendolo sentire parte di questa città appena qualche giorno dopo il suo arrivo. » Viktor gettò un rapido sguardo al proprio fianco, guardando il tritone, rigido e pallido pur sforzandosi di sorridere. « Non immaginavo che alla notizia del nostro matrimonio le strade sarebbero state agghindate di fiori e di striscioni, nonostante il poco preavviso. Non immaginavo davvero aveste tutta questa volontà di spendere tempo per il vostro principe. »
A quelle ultime parole la folla rise.
« Siete un popolo in cui ho riposto fiducia e che ha riposto fiducia in me e nella mia casa per secoli », proseguì Viktor, il tono improvvisamente più grave. « Ed è perché mi fido di voi, perché ci fidiamo di voi, che io e Yuri abbiamo scelto di rivelarvi la verità. »
Viktor osservò gli sguardi della folla, piccoli per la lontananza, ma palesemente incuriositi. La cieca fiducia nei confronti dei loro regnanti li rendeva incapaci di provare paura.
Sul punto di proseguire, Viktor vide il busto di Yuri protendersi in avanti, la mano libera aggrapparsi al parapetto e l’altra stringere con più forza le sue dita.
Viktor non temeva che Yuri potesse essere incapace di gestire la situazione, si era saputo destreggiare in condizioni ben più complesse e con un coraggio che forse nemmeno lui possedeva.
Yuri non poteva tollerare di scaricare, già il primo giorno di matrimonio, tutti i pesi sulle spalle di Viktor. Che compagno sarebbe stato? Cosa avrebbe dimostrato, se avesse lasciato dichiarare a lui ogni cosa quasi se ne vergognasse?
« La verità sulla mia provenienza. » Aveva ascoltato il discorso di Viktor più e più volte nella loro stanza, mentre lo pensavano insieme con Yuri che già si rifiutava di non essere partecipe; non poteva sbagliare. « Sono giunto qui mesi fa, a bordo della nave di Viktor, sì. Ma come suo trofeo di caccia, non per ragioni sentimentali. »
Il timore che fino a quel momento era rimasto contenuto parve dilagare e il vociare delle persone aumentò, ma nessuno si rivolse a Yuri in malo modo, nessuno disse nulla.
Viktor carezzò il polso di Yuri con il pollice, grato che fosse intervenuto, ma deciso a proseguire da sé.
« So che siamo in guerra con le sirene da decadi, da secoli e che i nostri antenati non sarebbero orgogliosi di me e delle mie scelte, ma dovete credermi quando vi dico che non tutte le sirene sono malvage. Che non tutte utilizzano i loro poteri per fare del male », proseguì Viktor. « E voi lo sapete. Sapete che se Yuri si è fatto spazio nei vostri cuori e nelle vostre vite non è stato per un incantesimo che vi avrebbe lasciati storditi, che se fosse qui per ferirci io non vi starei nemmeno parlando di tutto questo e voi non stareste provando paura all’idea che io, futuro re, governi al fianco di un tritone. »
Il silenzio era assordante, la folla divisa e basita per la rivelazione di Viktor.
« Ciò che non sapete è che quando sono stato malato, quando le strade erano a lutto, non mi avete perso solo perché Yuri è stato in grado di curarmi con i suoi poteri. Ha convinto anche mio nonno, il re, rimasto diffidente a lungo, che non sarebbe stato pericoloso per me e per voi, la nostra priorità. » Viktor prese un respiro. « Non sapete nemmeno che il tritone di cui parlava mio cugino Yura, dopo il suo miracoloso ritrovamento a seguito del naufragio che avrebbe dovuto ucciderlo, era proprio Yuri, la persona che mi sta accanto », proseguì. « Yuri ha dimostrato che il nostro amore non è una menzogna, cosa che voi stessi mi avete detto più volte, gioendo per noi. Le sue intenzioni sono sincere e il suo cuore è buono. »
Non ricevere nessuna risposta era forse più frustrante che riceverne mille.
« Posso comprendere il vostro timore, la vostra diffidenza. Non vi chiedo di fidarvi di ogni sirena o tritone, Yuri meglio di me potrebbe spiegarvi perché diffidare da alcuni di loro. Ma pensate davvero ci sia da temere e da odiare qualcuno dopo averlo conosciuto veramente? Senza leggende e storie, ma con i vostri occhi, con le vostre orecchie. »
Dopo l’ennesimo silenzio anche le dita di Viktor si arpionarono intorno alla mano di Yuri. Qualche commento volava nell’aria, ma mai troppo forte, mai capace di far comprendere le reali intenzioni della folla.
Yuri guardò Viktor, preoccupato, ma il principe tentò di sorridergli.
Era inutile aggiungere altro; che magari Yuri avrebbe potuto usare i suoi poteri per aiutarli, in caso di necessità, perché quello che serviva alle persone sotto di loro era metabolizzare gli avvenimenti.
Il parlare divenne più concitato fino a che una voce non proruppe tra tutte.
La nutrice di Viktor, la donna che aveva preoccupato entrambi con le sue constatazioni.
« Lunga vita al principe Viktor, lunga vita al principe Yuri! » gridò. « Il primo tritone che abbia mai dimostrato di essere degno della nostra fiducia. »
Viktor sgranò gli occhi, così come Yuri. La sua espressione sarebbe rimasta tale, se solo lentamente quel motto non avesse iniziato a dilagare fra la folla che iniziò a ripeterlo una, due, tre volte.
Le conseguenze tragiche di un rifiuto divennero un mero ricordo, mentre la folla tornava ad acclamarli decidendo che la diversità di Yuri non era una minaccia.
Yuri si voltò verso Viktor, guardandolo intensamente negli occhi.
« Mi hai salvato », sussurrò.
Lo sprazzo di un ricordo, quando Viktor aveva riaperto gli occhi sul volto di Yuri, galleggiando nel lago dopo la propria miracolosa guarigione.
« Anche tu », sussurrò Viktor. « Mi salvi ogni giorno. »
E tra battiti di mani e cori, tra i sorrisi di Christophe, di Yura e di Yakov, Viktor e Yuri si scambiarono un nuovo bacio.
Niente più paure, niente più segreti.
La loro vita, quella vera, quella insieme senza più doversi nascondere, era appena iniziata.
Erano al sicuro.
Erano felici.
Sono felici.
Ancora.



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È tardi e avrei forse potuto occuparmi di pubblicare domani, ma non mi va di rimandare il drammatico momento in cui metterò la spunta accanto alla voce "completa".
Sì, so che la sto ingigantendo, ma nonostante scriva da anni arrivare in fondo a un progetto a capitoli è una cosa che mi è capitata tre volte. Due di queste proprio nel fandom di Yuri on Ice.
Che dire? Questo fandom mi sta dando grandissime soddisfazioni, sia per le idee che i personaggi dell'anime mi fanno venire in mente, sia per tutte le persone troppo carine che seguono le mie storie.
Voglio ringraziarvi tutti quanti, dal primo all'ultimo: che abbiate solamente letto, messo la storia tra seguite, preferite o ricordate, o che abbiate commentato sporadicamente qualche capitolo.
Un ringraziamento speciale va a chi è stato presentissimo in ogni singolo capitolo della storia: quando ho fatto mente locale dopo le prime pubblicazioni giuro che aspettavo ogni commentatore abituale perché tengo davvero al vostro parere e vi ringrazio per aver trovato un momento per condividerlo ogni volta che pubblicavo ;__ Sono sempre impedita nelle risposte alle recensioni, ma tengo davvero a far vedere che le leggo tutte e mi fanno sempre super piacere!
Ringrazio anche Rika, a cui spacciavo i capitoli prima di pubblicarli quando riuscivo a non essere lenta come un bradipo. Ha sopportato tutti gli scleri del caso, come per ogni santa fanfiction che scrivo, dandomi pareri nei punti che mi lasciavano più perplessa.

Questa storia è stata un viaggio più lungo del previsto come ho ripetuto fino allo sfinimento, ma sono contenta di come mi è riuscita! Ho avuto più idee man mano che la stendevo e giunti fino a questo punto credo ancora di non aver esaurito le cose da dire. Come per la mia scorsa storia mi piacerebbe tantissimo approfondire degli aspetti, magari sul passato di Yuri o perché no, sul futuro suo e di Viktor. Ci sono dei personaggi a cui qui non ho potuto dare una rilevanza per lo svolgersi degli eventi, ma per cui avrei degli spunti e spero di riuscire nell'intento di scrivere magari qualche one-shot di contorno, o qualche mini-long (questa volta mini sul serio) per completare i punti su cui potrei avere altro da dire.
Sicuramente tornerò nel fandom di Yuri on Ice, quindi, ma non solo con questi progetti appena accennati: ne ho altri più o meno definiti e soprattutto più o meno brevi in mente, tra cui un'altra AU a capitoli (più long di quelle che ho scritto fino ad ora AHAH) che spero di poter concludere presto e pubblicare altrettanto in fretta! È un progetto un po' più ambizioso sia a livello di trama che per il numero di personaggi coinvolti, perciò spero di riuscire nel mio intento ;;
Nel frattempo ne approfitto nuovamente per condividere la mia pagina di Face Book. L'ho aperta di recente, ma mi impegno a condividere ogni lavoro poco dopo averlo pubblicato. Perciò se volete tenervi aggiornati per quanto riguarda nuove pubblicazioni o lamentele varie riguardanti i nuovi progetti lascio qui il link.
Il treno dei feels da conclusione storia ancora non è passato, certo è che mi farà veramente strano ritrovarmi mercoledì a dire "ah, non ho più capitoli di Mermaid Tales da correggere". Spero davvero di compensare questa assenza scrivendo in ogni momento della settimana, visto che durante le pubblicazioni mi fossilizzo quasi completamente.
Finisco di sproloquiare, ho scritto davvero tantissimo in queste note. Vi ringrazio ancora tantissimo per avermi seguita fino a qui, se mi sento un po' più sicura del risultato raggiunto fin qui è anche grazie a tutti voi che avete letto.
Augurandomi che questo epilogo vi sia piaciuto e che la mia storia vi abbia lasciato qualcosa, ci vediamo alla prossima fanfiction!

CHAOSevangeline

 

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