Ahead of us [Prequel Best friend Boyfriend]

di MonicaX1974
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Tutto è una certezza ***
Capitolo 3: *** Io sono Brant, quello nuovo... ***
Capitolo 4: *** Puoi fidarti di me al cento per cento ***
Capitolo 5: *** Ti porto anche a cena ***
Capitolo 6: *** Ti sei divertita? ***
Capitolo 7: *** In realtà stavo pensando a te ***
Capitolo 8: *** Sei ancora poco credibile ***
Capitolo 9: *** Sono io a metterti a disagio? ***
Capitolo 10: *** Devo chiederti un piccolo favore ***
Capitolo 11: *** Dev'essere il post sbronza ***
Capitolo 12: *** Dove stai andando? ***
Capitolo 13: *** Sei un cretino! ***
Capitolo 14: *** In un certo senso... ***
Capitolo 15: *** Leen ***
Capitolo 16: *** ...a chi dovrei pensare? ***
Capitolo 17: *** Sono uno spirito libero ***
Capitolo 18: *** Lo so che mi ami ***
Capitolo 19: *** Posso aiutarti? ***
Capitolo 20: *** Non faccio che pensare a te ***
Capitolo 21: *** Io sono questo ***
Capitolo 22: *** Non è il mio Brant ***
Capitolo 23: *** Lei non è cosa per te ***
Capitolo 24: *** Anche tu volevi sentirmi ***
Capitolo 25: *** Io la voglio nella mia vita ***
Capitolo 26: *** Ma tu credi davvero alle stronzate che dici? ***
Capitolo 27: *** Castello di carte ***
Capitolo 28: *** Hai due minuti? ***
Capitolo 29: *** Stai andando da qualche parte? ***
Capitolo 30: *** Sono un disatro ***
Capitolo 31: *** Schiarisciti le idee ***
Capitolo 32: *** Forse dovrei dirglielo ***
Capitolo 33: *** Bene ***
Capitolo 34: *** La mia Kathleen ***
Capitolo 35: *** Buon compleanno ***
Capitolo 36: *** Non vai a casa? ***
Capitolo 37: *** Possiamo parlare? ***
Capitolo 38: *** Sei una pessima bugiarda ***
Capitolo 39: *** Quando? ***
Capitolo 40: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Kate

«Scusa il ritardo, hai già ordinato?» Mia sorella Lizzy arriva come un fulmine al tavolino del nostro bar preferito, dove io la sto già aspettando da qualche minuto. Sono stranamente in anticipo, di solito è lei la prima per il nostro appuntamento del sabato mattina.

Muffin al cioccolato e cappuccino, ogni sabato di ogni settimana. È il nostro modo di ritrovarci da quando sono andata a vivere da sola. In realtà l'idea è sua, e guai a volersene prendere il merito.

«No, ma il cameriere non ne ha avuto bisogno.» Le indico il ragazzo che si sta avvicinando al nostro tavolo, mentre tiene in mano il vassoio contenente la nostra solita colazione. Tutti i sabati ordiniamo sempre la stessa cosa, ormai ai ragazzi che lavorano qui basta guardarci per sapere cosa vogliamo.

«Grazie.» Diciamo entrambe al cameriere mentre posa la nostra colazione davanti a noi.

«Allora, come mai sono riuscita ad arrivare prima di te stamattina?» Le chiedo dopo aver messo i miei due cucchiaini abbondanti di zucchero nel cappuccino.

«Ieri sera io e Connor abbiamo fatto tardi.» Mi sorride e addenta poi il suo muffin.

«Sei uscita di nuovo con lui?» L'ha conosciuto un paio di settimane fa tramite degli amici e sembra che, da quel momento, siano diventati inseparabili.

«Sì.» Le brillano gli occhi mentre mi racconta della sua serata, di quanto si siano divertiti e di quanto stia bene insieme a lui. «Probabilmente potrei aver trovato la mia anima gemella.» È assolutamente convinta delle sue parole e sorrido con lei. «A proposito di anime gemelle, mamma mi detto di ricordarti della cena di stasera, tu e Jason ci sarete giusto?»

«Sì, Jason mi ha detto che è riuscito a liberarsi dal lavoro per stasera.» Il mio fidanzato ha ricevuto un incarico importante e sta dedicando molto tempo alla riuscita del nuovo progetto per riuscire ad ottenere la promozione a cui aspira. La promozione equivale ad uno stipendio più alto, e uno stipendio più alto equivale a matrimonio.

Credo di non poter desidera niente di più di quello che ho.

Ho una famiglia meravigliosa, che adora il mio fidanzato, soprattutto mia madre. Jason è dolce, premuroso, e mi mette sempre al primo posto, prima ancora delle sue esigenze. Sono davvero fortunata, la mia vita è praticamente perfetta. Ho un buon lavoro, un ottimo rapporto con mia sorella, una famiglia unita, un ragazzo che mi ama e con cui voglio condividere il resto della mia vita. Cosa volere di più?

Eppure, da qualche giorno, sento che qualcosa sta per succedere, ho come uno strano presentimento; il presentimento che ci sia una bomba ad orologeria che sta per esplodere, mandando all'aria ogni cosa perfetta della mia vita.

Brant

«Mi spiace averla fatta venire in ufficio di sabato mattina, ma volevamo avere tutte le carte in regola per poterla avere già questo lunedì in ufficio.» Il capo del personale, di cui non ho ben capito il nome, mi sta stringendo la mano.

«Nessun problema.» Ho appena firmato il mio nuovo contratto di assunzione, e non m'importa se ho dovuto alzarmi presto stamattina per poter essere in questi uffici, quello che conta è essere riuscito a cambiare lavoro. Finalmente ho uno stipendio che può essere chiamato tale.

«Il signor Freeman, che sarà il suo responsabile, mi ha lasciato questo da consegnarle.» Mi porge un foglio, al quale do un'occhiata veloce. «Si tratta del programma per la prossima settimana, orari, impegni, eccetera, così può organizzarsi.»

«La ringrazio, quindi... a lunedì?» L'uomo di fronte a me mi sorride e torna a sedersi alla sua scrivania.

«A lunedì signor Daugherty.» Lo saluto ed esco da quell'ufficio con un sorriso enorme e mentre mi dirigo verso l'ascensore, mando un messaggio a Zachary, il mio compagno di bevute del sabato sera.

Stasera si festeggia

Ripongo il telefono nella tasca interna della giacca. Sono sicuro che non risponderà a quest'ora del mattino.

Arrivato al piano terra, esco all'esterno dell'edificio, ripensando brevemente all'ultimo periodo.

Sta andando tutto alla grande.

I miei stanno bene, ho trovato un appartamento che mi permette di vivere da solo, anche se mia madre non perde occasione per farmi visita e rifornirmi di cibo, ho finalmente uno stipendio più che dignitoso facendo il lavoro che amo e nessun altro pensiero per la testa.

Nessuna fidanzata che mi opprime: ho visto amici rovinarsi l'esistenza per una donna, a me non succederà, perché mi divertirò e penserò solo a me stesso. Sono sicuro che questo nuovo lavoro è la mia occasione per migliorare ancora di più la mia vita, sento che succederà qualcosa. Qualcosa che mi cambierà la vita. 


 

 

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Capitolo 2
*** Tutto è una certezza ***


Kate

Passo le dita leggere sui bordi del bracciolo che sta iniziando a scucirsi. Forse dovremmo comprare una nuova poltrona, anche se ormai sono affezionata a questa. Ce l'ho da quando ero poco più che sedicenne, mi ha tenuto compagnia nelle notti insonni, soprattutto nel periodo del liceo, ed è stata una delle prime cose che abbiamo portato in questa casa.

Viviamo in quest'appartamento da circa sei mesi, l'abbiamo scelto insieme e mi emoziono sempre a ricordare l'entusiasmo di entrambi il giorno in cui abbiamo firmato il contratto di affitto. Ci siamo trasferiti qui la sera stessa con una valigia a testa come se fossimo in vacanza, passando una delle notti più incredibili della mia vita. Non so se le cose possano andare meglio di così, ma negli ultimi giorni sento che qualcosa non va.

Erano passate da poco le cinque, quando mi sono svegliata quasi di soprassalto con una strana sensazione che mi ha preso alla bocca dello stomaco. Ho provato ad addormentarmi di nuovo, ma senza riuscirci, continuando a girarmi e rigirarmi nel letto, quindi, per evitare di svegliarlo, ho deciso di alzarmi e adesso sono qui, seduta sulla mia poltrona a fiori, con le ginocchia strette al petto, che alterno il mio sguardo tra il cielo che sta iniziando a colorarsi delle prime luci del mattino, a lui che dorme beatamente da sei ore filate.

È quasi completamente scoperto, il lenzuolo gli arriva a stento alla vita, riesco a vedere il movimento del suo torace che si abbassa e si alza ad intervalli regolari mentre respira, i tratti del suo viso sono rilassati, le labbra formano quasi un sorriso, i capelli castani sono scompigliati e quel leggero strato di barba che si sta lasciando crescere, lo rende davvero affascinante.

L'ho conosciuto poco più di un anno fa, una sera in cui avrei dovuto uscire con mia sorella, ma ho sbagliato luogo dell'appuntamento e ho passato una buona mezz'ora ad aspettarla inutilmente al bancone del bar. Jason mi ha offerto da bere decidendo poi di farmi compagnia fino all'arrivo di mia sorella. Abbiamo chiacchierato per un po', fino all'arrivo della chiamata di Lizzy che mi chiedeva che fine avessi fatto. Quando ho capito di aver sbagliato locale e l'ho spiegato a Jason, abbiamo riso insieme e, poco prima di uscire dal locale per raggiungere mia sorella, lui ha voluto lasciarmi il suo numero di telefono.

L'ho richiamato il giorno dopo, e il giorno dopo ancora l'ha fatto lui. Il nostro rapporto è cresciuto lentamente, ma inesorabilmente, fino a giungere alla decisione comune, di vivere insieme. Da quando sto con lui, tutto è una certezza; il suo bacio del buongiorno la mattina appena svegli, la pianificazione precisa dei nostri impegni per riuscire ad organizzare la nostra vita, il suo sorriso sempre pronto ad illuminargli il viso quando mi vede, le promesse mantenute, tutto è certo con lui, la sua continua presenza lo è, il suo amore per me lo è.

Ma oggi non capisco cosa mi sia preso, ieri sera abbiamo cenato tranquillamente raccontandoci delle nostre rispettive giornate lavorative, abbiamo visto un film sdraiati sul divano dopo aver riordinato insieme la cucina. Abbiamo fatto l'amore nel nostro letto, e lui è stato davvero dolce con le sue carezze leggere, facendomi poi addormentare tra le sue braccia, eppure c'è qualcosa che mi sfugge e non mi lascia dormire.

È come se sapessi di dover stare attenta, ma non so a chi o a che cosa. Sento che succederà qualcosa, ma non so cosa e nemmeno quando, e se dovessi raccontarlo a qualcuno mi prenderebbe sicuramente per pazza.

Le prime luci dell'alba danno al cielo dei meravigliosi riflessi rosa e blu, mi incanto ogni volta a guardarli, è un momento della giornata che mi piace da morire, ma che vivo poche volte perché svegliarmi presto non è una cosa abituale per me, succede solo quando non riesco a tenere a bada i pensieri nella mia testa.

«Ehi...» La voce assonnata di Jason richiama la mia attenzione. «... che ci fai lì?» Si alza appoggiandosi su un gomito per guardarmi meglio.

«Non riuscivo più a dormire.» Lo guardo, e un po' della mia ansia inizia ad andarsene.

«Vieni qui.» Batte leggermente la mano sul materasso proprio accanto a sé, e non me lo faccio ripetere due volte. Mi alzo dalla mia poltrona e vado vicino a lui, mi sdraio e non perde tempo ad avvolgermi con le sue braccia facendo aderire perfettamente la mia schiena al suo corpo. «Che c'è che non va?» Mi sussurra all'orecchio.

«Niente.» Chiudo gli occhi concentrandomi sul contatto tra i nostri corpi, e la sua voce al mio orecchio.

«Hai avuto un incubo?» Mi bacia il collo ed io stringo un po' di più le mie mani intorno alle sue braccia.

«Nessun incubo.» Alza la sua gamba sinistra per incrociarla con la mia.

«Andiamo Kate, non è da te svegliarsi così presto. È successo qualcosa di cui non vuoi parlarmi?» La sua voce roca del mattino potrebbe convincermi a fare qualsiasi cosa, ma non voglio parlare di quello che mi sta passando per la testa. Magari ho fatto davvero un brutto sogno e non me lo ricordo, ma è rimasta in me una brutta sensazione.

Sì, dev'essere per forza così.

«Jason... davvero, non è successo niente. Probabilmente hai ragione tu, devo aver avuto un incubo, ma sto bene, non devi preoccuparti.» Si stringe ancora un po' a me ed io riesco a rilassarmi ancora. La sua sola presenza mi fa bene e mi aiuta ad allontanare i brutti pensieri. «Vado a prepararti la colazione?» Le mie parole vengono quasi interrotte dal suono della sveglia.

«Pare che sia proprio ora di alzarsi.» Mi lascia ancora un bacio sul collo, poi tento di scivolare via dalla sua presa. «E...Kate?» Mi volto appena a guardarlo. È davvero bello.

«Cosa?» Sono con le gambe a penzoloni dal letto, e la schiena sul materasso mentre lo guardo all'indietro.

«Non mi piace svegliarmi senza di te.» Gli sorrido, poi mi bacia la fronte e rotolo fuori dal letto altrimenti non mi alzo più.

Vado in cucina, per preparare il caffè, lui è in bagno e mi perdo un attimo a guardare le foto che abbiamo attaccato al frigo. La mia preferita è quella di noi due fatta in questa casa il Natale scorso. Era da poco che abitavamo insieme ed era il primo Natale nel nostro appartamento. La nostra felicità in questa immagine è contagiosa, tanto che l'ansia che ho provato stamattina, è sempre più lontana.

«Piace anche a me questa.» Si appoggia leggermente a me da dietro, mi dà un bacio sulla guancia, poi si sposta per accendere la macchina del caffè mentre io attacco nuovamente al frigo la foto che avevo in mano. «Adoro la bella stagione.» Mi guarda e si riferisce al fatto che indosso solo gli slip e la sua maglietta azzurra.

La primavera di quest'anno sembra più calda del solito. Odio l'inverno, l'autunno e soprattutto la pioggia. Non vedo l'ora di tornare al mare con Jason come l'estate scorsa. Credo di non aver mai passato una vacanza migliore di quella.

«Ti va di mangiare qualcosa?» Non rispondo al suo commento che ha fatto spuntare il sorriso sulle mie labbra.

«No Kate, prendo solo il caffè. Ti ricordi che ti avevo detto che questo lunedì dovevo andare prima in ufficio perché ho la presentazione del progetto?» Dovrei sbattere la testa contro il muro, ero così presa dalla mia piccola paranoia che me ne sono completamente dimenticata.

«Ah! È vero... scusami.» Non si è offeso per la mia dimenticanza, lo posso vedere dal suo sorriso, e dal suo sguardo comprensivo. Lo guardo intento a bere dalla sua tazza e non posso fare a meno di guardare anche il resto di lui perché, a parte i boxer neri che indossa, il suo corpo è interamente esposto per la gioia dei miei occhi.

«Non fa niente. Cercherò però di uscire presto così andiamo a festeggiare ti va?» Si avvicina a me che sono rimasta appoggiata al ripiano della cucina con la mia tazza ancora mezza piena, prende il mio viso tra le mani e mi guarda con i suoi dolcissimi occhi verdi.

«Sì...» gli rispondo, poi mi bacia, un bacio delicato, ma subito dischiude le labbra e diventa più appassionato. Ogni pensiero che era annidato ancora da qualche parte nella mia mente, è scomparso del tutto. Sto meglio, ora lui è qui con me e so che questa giornata andrà bene.

«Vado a farmi la doccia, altrimenti non esco più.» Mi bacia ancora, velocemente stavolta, e lo guardo allontanarsi mentre mi sorride, ed io mi porto le dita alle labbra come a voler accarezzare il bacio che mi ha appena dato.

Prendo il mio muffin al cioccolato dalla dispensa, non è come quello che mangio ogni sabato con mia sorella al bar, ma per oggi posso accontentarmi. Mi siedo al tavolo della cucina con il mio dolcetto e sento il rumore dell'acqua della doccia che scorre. Jason è con me, devo stare tranquilla. È stato solo un brutto scherzo della mia mente, non succederà niente.

***

Scendo dalla metro dopo poche fermate, la gente sembra essere ovunque stamattina, e mi faccio strada su per le scale decisamente troppo affollate. Non appena risalgo in superficie, noto subito davanti a me l'edificio in cui lavoro. Sono receptionist tutto fare e condivido la scrivania con una ragazza con cui mi trovo molto bene, ma assolutamente diversa da me in quanto a look. Lei è estremamente bella, alta, fisico da modella, capelli scuri e occhi verdi, indossa sempre dei bei vestiti e i tacchi ai suoi piedi non mancano mai.

Poi ci sono io, decisamente nella media, ma non mi lamento di questo, non è una cosa così importante per me.

Attraverso quasi di corsa la strada e mi avvicino all'ingresso dove incontro proprio lei.

«Buongiorno Megan» le dico non appena mi si avvicina. Oggi indossa un tubino grigio abbinato a dei sandali neri che credo siano nuovi.

«Ehi, ciao Kate, tutto bene?» Posiziona meglio la sua borsa, si guarda ancora una volta sulla superficie riflettente delle porte dell'ascensore, e poi finalmente mi guarda.

«Tutto bene, e tu?» Devo dire che ha un'autostima notevole.

«Benissimo, ti ricordi vero che oggi arriva quello nuovo?» La osservo accigliata e lei si affretta a spiegarmi. «Il nuovo assunto inizia oggi, te l'avevo detto venerdì.» Le porte dell'ascensore si aprono ed entriamo insieme, poi premo il numero del nostro piano.

«L'avevo dimenticato.» Megan mi sorride e si mette a raccontare del suo week end, ma riesco a sentire ben poco di quello che dice perché sembra che la salita di questo ascensore, faccia risalire anche il mio livello di ansia. La stessa ansia che avevo stamattina non appena mi sono svegliata, la stessa ansia che credevo se ne fosse andata, ed invece sta tornando incredibilmente più forte.

«... devo assolutamente trovare un altro metodo per convincerlo...» Megan continua a parlare, anche quando le porte dell'ascensore si sono richiuse alle nostre spalle e siamo arrivate alla nostra scrivania. La sua voce mi fa da sottofondo anche quando sto posando la mia borsa, mentre accendo il computer, e anche quando mi metto a controllare la posta da smistare, ma sono costretta a darci un taglio immediatamente.

«Megan ti va un caffè?» Riesco finalmente ad interromperla. Stamattina sembra più loquace del solito, ed io, al contrario, non ho alcuna voglia di parlare, almeno fino a quando questa strana sensazione non avrà smesso di tormentarmi.

«Sì.» Fa per prendere i soldi dal suo portafoglio, ma la blocco subito. «No Megan, hai offerto tu l'ultima volta, oggi tocca a me.»

«Ok, ma sbrigati. Non vorrai perderti l'ingresso del nuovo arrivato?» mi dice, ed io mi dirigo subito alle macchinette del caffè pensando che non m'importa del nuovo arrivato, e non importa se a quest'ora del lunedì mattina, la bevanda erogata da quei distributori automatici non è il massimo della bontà. Quello che mi interessa davvero è allontanarmi per qualche minuto, e tentare di distendere un po' i nervi.

Mi piace Megan, mi trovo bene con lei. Siamo così diverse eppure riusciamo ad andare perfettamente d'accordo, ma forse è proprio la nostra diversità ad averci fatto legare. Non la considero la mia migliore amica, ma so di avere una collega sulla quale posso contare. Lavoriamo decisamente bene insieme.

Il caffè al distributore automatico, il lunedì mattina, esattamente alle ore 8: 43, fa decisamente schifo. Mi siedo qualche minuto prima di tornare di là e scrivo a Jason, giusto per tranquillizzarmi un po'.

In bocca al lupo!

Non voglio essere esplicita e chiedergli se sia tutto a posto, non voglio farlo stare in pensiero senza motivo. Spero solo che questa sensazione che provo, non riguardi lui perché siamo arrivati ad un punto della nostra relazione, piuttosto stabile e spero davvero che non succeda qualcosa che mandi all'aria la mia tranquillità.

La risposta di Jason non arriva, sicuramente è impegnato con la presentazione del suo progetto che riguarda la ristrutturazione di una biblioteca. Ha passato giorni interi a lavorarci in ufficio, e anche alcune nottate a casa, vi ha dedicato un enorme dispendio di tempo ed energie e gli auguro che vada tutto per il meglio. E, ripensandoci, forse è questo il motivo della mia agitazione, forse è perché sono in ansia per il mio fidanzato, e riesco finalmente a sorridere. Tutto è chiaro adesso, tutto è spiegato, non c'è niente di cui io debba preoccuparmi. La presentazione di Jason andrà bene e stasera festeggeremo. Posso tornare alla mia scrivania dopo aver preso il caffè per la mia collega con il cuore più leggero.

«Lo sapevo!» La guardo con aria interrogativa mentre le porgo il caffè che ho appena preso per lei. «Te lo sei perso.» Mi siedo alla mia scrivania, e lei fa lo stesso.

«Quello nuovo?» Accendo il computer e mi volto a guardarla.

«Già, è arrivato poco fa.» Sta controllando la posta in arrivo per smistarla, mentre io aspetto che il mio computer sia pronto. «Non mi chiedi nemmeno com'è?» Si gira a guardarmi con aria meravigliata, come se fosse indispensabile che io glielo chieda.

«Tanto me lo dirai comunque.» Rido da sola alle mie parole, perché so che lo farà, non importa se io lo voglia sapere realmente.

«Sei noiosa Kate, ma hai ragione, te lo dirò lo stesso.» Mi sorride e mi si avvicina. «È alto, capelli scuri, occhi azzurri, spalle larghe, niente a che vedere con Alexander, ma non è male.» Alexander fa parte dell'ufficio marketing, Megan ha messo gli occhi su di lui già da un po', e pare che anche a lui non dispiaccia che lei gli faccia spudoratamente il filo.

Sono le nove, gli uffici sono ormai al completo, io e Megan ci mettiamo seriamente al lavoro. Le prime telefonate da smistare, clienti, fornitori e fattorini che si avvicendano alla nostra scrivania, fax, lettere, sembra che ad ogni minuto la mole di lavoro aumenti considerevolmente invece di diminuire, ma va bene perché mi aiuta a non pensare e passano così le prime due ore di questo lunedì mattina.

«Ho bisogno di una pausa, vado a prendermi una bottiglietta d'acqua, vuoi qualcosa Kate?» Megan è in piedi a fianco a me che mi guarda in attesa di una risposta.

«No grazie.» Si allontana ed io controllo per l'ennesima volta il cellulare che avevo lasciato silenzioso e finalmente trovo un messaggio.

Stasera, io e te. Ti amo Kate

Sorrido nel leggere quelle parole. La presentazione dev'essere andata bene, la tensione che sentivo fino a poco fa sembra essersene andata definitivamente e mi lascio andare all'indietro sulla sedia.

«Tu devi essere Kate.» Una voce maschile che non conosco mi fa alzare improvvisamente lo sguardo.

«Sono io, e tu sei?» I suoi occhi azzurri sono incredibilmente luminosi e i più belli che abbia mai visto. Sento qualcosa direttamente nello stomaco, qualcosa che non riesco a capire, ma mi fa sentire strana.

«Ciao io sono Brant, quello nuovo, come mi ha definito la tua collega.» Allunga una mano verso di me, mi alzo per stringerla e quando la mia mano entra in contatto con la sua, la strana sensazione che ho provato finora è tornata improvvisamente con una forza tale da farmi quasi mancare l'aria. «Stavo andando a prendere un caffè quando ti ho vista qui e dato che non c'eri stamattina quando sono entrato, ho pensato di presentarmi.» Non riuscirò a parlare se continua a tenere la mia mano stretta nella sua e a guardarmi con quegli occhi così azzurri. «Stai bene?» Credo sia passato troppo tempo da quando si è presentato a quest'ultima domanda, perché mi guarda con aria stranita, ma la mia mano è ancora lì nella sua ed io non riesco a parlare.

Ma che diavolo mi sta succedendo?

«Oh eccoti qui, vedo che hai conosciuto Kate.» La voce di Megan fa in modo che lui mi lasci la mano permettendomi di tornare a respirare. Brant ha smesso di guardarmi e sembra abbia occhi solo per la mia collega adesso, ma non è una novità. Megan è davvero bella.

«Sì, stavo andando a prendermi un caffè, vuoi venire con me?» Le chiede, ma lei quasi non lo degna di uno sguardo mentre ritorna alla sua scrivania.

«Sono appena stata alle macchinette, ma grazie.» Megan si siede accavallando le gambe e riprende a lavorare ignorandolo in maniera plateale.

«Kate?» Brant mi sta implicitamente chiedendo se voglio andare con lui a prendere il caffè, ma stare così vicino a lui mi ha fatto uno strano effetto e non ho alcuna intenzione di ripetere l'esperienza.

«No grazie.» Gli sorrido e mi rimetto al computer facendogli credere che sto lavorando, quando, in realtà, con un solo sguardo, è riuscito a mandare all'aria tutti i miei tentativi di tranquillizzarmi.

Lo guardo allontanarsi con la coda dell'occhio. Megan ha detto che non era male, in realtà è bello da morire, ed io non dovrei assolutamente fare alcun pensiero su di lui.

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Capitolo 3
*** Io sono Brant, quello nuovo... ***


Brant

Le possibili combinazioni per il completo di oggi sono già pronte sul letto. Devo scegliere tra tre camicie e due variazioni di grigio per giacca e pantalone. Sono decisamente su di giri per il mio primo giorno del nuovo lavoro, tanto che non ho avuto bisogno della sveglia nonostante ieri sera non sia andato a dormire molto presto dato che Cindy, ma so che sicuramente non è il suo nome, mi ha fatto dormire decisamente poco, e per fortuna se n'è andata presto.

Sono andato a correre, ho fatto la doccia e la colazione. L'ho preparata anche per Zach che si sveglierà tra poco. Sono pieno di energie oggi.

Inizio a vestirmi, prima la camicia. Ne ho scelta una di un azzurro talmente chiaro da sembrare bianca, e infilo i bottoni nelle asole molto lentamente. Sto cercando di calmarmi perché l'adrenalina per la novità del nuovo impiego sta tornando a farsi sentire. Indosso i pantaloni, nei quali sistemo la camicia. Annodo poi la cravatta, e per ultimo, la giacca.

Mi guardo allo specchio della mia camera e quello che vedo mi piace. Sono in forma e questo completo mi sta bene. Farò una gran bella figura stamattina. Recupero telefono, chiavi e portafoglio dal mobile vicino all'entrata della mia stanza e mi dirigo in cucina dove trovo Zach che si trascina dal frigo al tavolo.

«Buongiorno amico.» Gli dico, facendolo voltare nella mia direzione. Mi guarda stringendo gli occhi a due fessure.

«Chi sei tu, e che ne hai fatto del mio coinquilino?» La sua voce è ancora assonnata e i suoi movimenti nel sedersi, sono piuttosto rallentati.

«Fottiti Zach.» Vivo con lui da qualche mese. Ci siamo conosciuti tramite amici in comune. Lui aveva bisogno di qualcuno con cui condividere le spese dell'affitto, ed io avevo bisogno di un appartamento che mi potessi permettere. Ci siamo incontrati al momento giusto e per fortuna siamo andati subito d'accordo.

«Sono troppo stanco per risponderti.» Si mette in bocca il pan cake che ho preparato prima. «E gaffie pev va covaffione.» Parla con la bocca piena, mentre si alza di nuovo per prendersi del caffè.

«Grazie a te per ieri sera.» Ci guardiamo e ridiamo sapendo bene a cosa mi riferisco.

Mi ha portato in un locale dove l'alcool scorreva a fiumi e le donne non mancavano, credo ci torneremo molto presto.

Adoro la mia vita da single, e non ho intenzione di farmi mettere qualche catena al collo da nessuna. Uscire quando mi va, dormire quando ho sonno, mangiare quando ho fame e avere tutte le donne che voglio senza alcun tipo di regola.

È proprio per questo che sono andato via di casa. Voglio bene ai miei genitori, ma mia madre stava diventando un po' troppo presente nelle mie scelte di vita e a 25 anni sentivo di avere bisogno del mio spazio vitale.

«Io vado, ti ho lasciato la mia quota per l'affitto nel cassetto. Fammi gli auguri.» Bevo un sorso d'acqua. Mi sento agitato, oggi non devo sbagliare niente.

«Non hai bisogno degli auguri, coglione.» Alzo gli occhi al cielo, poi ripongo tutta la mia roba nella valigetta e mi dirigo all'esterno, dritto alla mia auto, una banalissima e ormai datata Peugeot 205, ma spero di poterla cambiare presto, ormai ha i suoi anni e non faccio una gran figura con questa. Non sono ossessionato dalle auto, ma di certo l'auto sulla quale sto salendo, non fa molta impressione sulla gente. Il mio lavoro mi porta a contatto con le persone e il primo impatto è decisivo per la maggior parte delle volte.

Sono in anticipo, lo so, ma il traffico del lunedì mattina è imprevedibile, preferisco arrivare presto. Sono contento di non aver esagerato con la vodka ieri sera, altrimenti non mi sarei goduto la serata, e stamattina sarei stato poco efficiente, e invece ho bisogno di tutta la lucidità possibile perché devo essere impeccabile.

Nei giorni in cui mi sono presentato per i colloqui, gli uffici erano chiusi, quindi non ho conosciuto nessuno. So solamente che mi dovrò occupare di una parte del settore vendite e che devo presentarmi stamattina alle nove in punto per stabilire nel dettaglio, con il mio nuovo responsabile, le mie mansioni. Lavorerò inizialmente, affiancando uno che lavora lì già da un po', spero solo non sia uno scassa palle.

Arrivo in poco meno di mezz'ora, scendo nel parcheggio sotterraneo e vado nella zona dedicata alla nostra società. Posto auto numero 127, trovato. Sono le 8:47, in perfetto orario. Mi dirigo agli ascensori e arrivo al piano in un attimo. Quando mi avvicino alla reception resto davvero senza parole per quanto è bella la ragazza che sta seduta a quella scrivania.

«Buongiorno.» Mi dice lei con un enorme sorriso. Ha dei bellissimi occhi verdi che risaltano sui lunghi capelli neri. «Lei è?» Mi chiede restando seduta sulla sua sedia.

«Sono Brant Daugherty, devo vedere il signor Wilson.» Lei controlla qualcosa sul monitor del computer, poi mi rivolge di nuovo il suo sorriso, si alza in piedi, fa il giro della scrivania e allunga una mano verso di me.

«Ciao sei quello nuovo. Benvenuto, io sono Megan.» È fasciata in un tubino grigio e quelle scarpe... beh che scarpe! Sono completamente affascinato da lei e dal suo corpo. Certo che questa giornata lavorativa inizia davvero alla grande.

«Grazie Megan.» Le stringo la mano senza smettere di ammirare ogni parte di lei.

«Qui all'ingresso trovi sempre me, e la mia collega, Kate, ora è andata a prendersi un caffè, ma avrai occasione di conoscerla. L'ufficio di Wilson è la penultima porta a sinistra. Lo avviso che stai arrivando.» Torna dietro la sua scrivania, mentre io resto con gli occhi incollati al suo notevole lato b.

«Grazie Megan.» Sembro un idiota. Brant riprenditi!

Le sorrido un'ultima volta per poi camminare lungo il corridoio fino alla porta dove trovo affisso il suo nome. Busso, e dopo aver sentito 'avanti' provenire dall'interno, faccio forza sulla maniglia entrando in un ufficio piuttosto grande.

«Buongiorno signor Wilson.» Entro con il mio migliore sorriso. Voglio che sappia che sono felice di essere qui.

La superficie della scrivania angolare è quasi del tutto coperta da fogli, credo fosse alquanto impegnato. Una lampada accesa punta in direzione della tastiera del computer posizionato esattamente di fronte a lui. Alla sua sinistra ci sono un paio di armadi contenenti diversi libri e dossier, mentre alle sue spalle c'è un'enorme finestra dalla quale si può vedere una vista spettacolare. È la prima volta che entro in questo ufficio, le altre volte che sono stato qui, sono entrato solo nella sala riunioni che mi pare sia poco più in là rispetto a questa stanza.

«Ben arrivato, e puoi chiamarmi Patrick.» Wilson si alza dalla sua sedia facendo il giro della scrivania per venire a stringermi la mano. Ha una stretta davvero energica.

«Grazie.» Mi fa cenno di sedermi mentre lui torna al suo posto.

«Allora pronto per iniziare?» Appoggia la schiena alla poltrona sulla quale si è seduto poggiando le mani sui braccioli.

«Certamente.» Nelle poche volte che ho avuto occasione di parlare con lui, mi è sembrato un tipo in gamba, e anche adesso continua a darmi la stessa impressione.

«Il nostro ruolo è quello di vendere, dobbiamo sapere cosa vogliono i clienti, ma non che cosa vogliono oggi, dobbiamo sapere cosa vogliono domani prima ancora che lo sappiano loro stessi, per poterli accontentare. I nostri prodotti sono assolutamente all'avanguardia, ma c'è sempre la concorrenza pronta a soffiarti il cliente. Durante i colloqui mi sei sembrato disponibile e collaborativo. Adesso aspetto le tue proposte. Il tuo ufficio è proprio di fronte al mio. Sulla tua scrivania ho fatto lasciare da Megan, alcune pratiche a cui vorrei che dessi un'occhiata e, quando sei pronto, torna da me che ne discutiamo.» Idee chiare, non c'è che dire. Mi sento elettrizzato.

«D'accordo.» Wilson mi saluta con un cenno della testa ed io mi alzo per dirigermi nel mio nuovo ufficio.

Il mio nuovo ufficio. È di dimensioni ridotte rispetto a quello in cui sono appena stato, ma non importa perché è solo mio. Dove lavoravo prima, la mia scrivania era un cubicolo insieme a quella di tanti altri, ora invece posso lavorare con più serenità.

Gli arredi sono quasi tutti neri, mentre i muri di un bianco splendente, forse anche a causa della luce che entra dalla grande finestra alla mia sinistra. Anche da qui la vista è fantastica, ma ora devo smettere di ammirare ed iniziare a lavorare seriamente. Mi siedo quindi alla scrivania, cercando di organizzarmi il lavoro e sono talmente concentrato che quasi non salto sulla sedia quando sento arrivare un messaggio sul mio cellulare.

Com'è andata?

Alzo gli occhi al cielo quando leggo il mittente. Forse crede che sono ancora un bambino.

Tutto bene mamma, 
ti chiamo stasera, ora sono in ufficio.

Probabilmente la faranno santa. Ha troppa pazienza, non so come fa ancora a sopportarmi. Non risponde più, credo abbia capito che adesso non è il momento giusto per chiacchierare, ma guardando il display del telefono, mi accorgo che sono passate da poco le undici. Forse potrei prendermi una piccola pausa, magari potrei andare a prendere un caffè e, con la scusa, potrei parlare ancora con Megan. Prendo un paio di pratiche che ho già concluso e le porto nell'ufficio di Wilson, gli chiedo poi dove posso trovare le macchinette del caffè, e lui mi risponde che sono in uno stanzino accanto alla reception. Lo ringrazio e vado verso l'ingresso.

Stavolta, alla scrivania non trovo Megan, ma un'altra ragazza. Ha i capelli lunghi e scuri, ed è totalmente concentrata sullo schermo del suo cellulare. Dev'essere la collega di Megan.

«Tu devi essere Kate.» Spero di non aver sbagliato nome come mio solito.

«Sono io, e tu sei?» Sembra essere su un altro pianeta.

«Ciao io sono Brant, quello nuovo, come mi ha definito la tua collega.» Allungo una mano verso di lei che afferra subito. Forse non sta bene, sembra davvero confusa e pare non abbia intenzione di parlare. «Stavo andando a prendere un caffè quando ti ho vista qui e dato che non c'eri stamattina quando sono entrato, ho pensato di presentarmi.» Il suo viso cambia colore, è quasi sbiancata. Sto iniziando a preoccuparmi. «Stai bene?» Tengo ancora la sua mano nella mia, caso mai svenisse sono già pronto a prenderla.

«Oh eccoti qui, vedo che hai conosciuto Kate.» La voce di Megan mi fa voltare subito verso di lei, e mi dimentico quasi della sua collega che pare non stia troppo bene.

«Sì, stavo andando a prendermi un caffè, vuoi venire con me?» Quasi non mi guarda mentre torna a sedersi alla sua scrivania con una bottiglietta d'acqua in mano, eppure, solitamente, non sono così indifferente al sesso femminile.

«Sono appena stata alle macchinette, ma grazie.» Megan torna al suo lavoro ignorandomi completamente. A questo punto, però, non posso evitare di chiederlo anche alla sua collega.

«Kate?» La ragazza mora dagli occhi scuri, non ha ancora smesso di guardarmi. È bella, non quanto Megan, ma è decisamente bella anche lei.

«No grazie.» Mi ignora anche lei mettendosi davanti al suo computer. Forse con giacca e cravatta non faccio lo stesso effetto di quando metto il giubbotto di pelle, ma non credo di essere così male anche con un completo.

Mi dirigo verso lo stanzino delle macchinette cercando di capire perché sono stato così palesemente ignorato da entrambe. Sono stato educato e gentile, ma non mi hanno calcolato, mentre ieri sera sono stato costretto a scegliere tra due che non avevano la minima intenzione di rinunciare a passare la serata con me.

Infilo le monete e aspetto che il mio caffè sia pronto. A quel punto mi viene un pensiero. Forse sono entrambe impegnate con qualcuno, e sicuramente sono meno facili delle ragazze che frequento di solito. Spero che non siano gay, non mi hanno dato quest'impressione, ma non si sa mai. Mi auguro che almeno Megan non lo sia perché ho già fatto qualche pensiero su di lei e non vorrei rimanere deluso.

So che dovrei concentrarmi sul lavoro, ma parcheggiare per un attimo le mie responsabilità in un angolino del mio cervello mentre bevo il mio caffè, non mi farà sicuramente perdere il posto.

«Ehi ciao, io sono Joseph.» Un ragazzo alto, con capelli scuri e occhi castani, mi saluta allungando la sua mano nella mia direzione, ed io mi affretto a stringerla.

«Piacere, Brant.» Perché il suo sguardo mi infastidisce?

«Sono rientrato poco fa, ero da un cliente, mi ha detto Wilson che lavoreremo insieme.» Ho l'impressione che sia uno di quelli che si vantano un po' troppo per i miei gusti. Probabilmente si crede uno di quelli che sanno tutto e sono capaci a fare tutto.

«Sì, l'ha detto anche a me. Poco fa stavo visionando dei contratti...» Ma non mi lascia nemmeno finire la frase che inizia a straparlare di quanto lui sia in gamba a concludere affari con i clienti. Dio, lo odio già!

E, mentre lui continua a parlare a vanvera, io torno con i miei pensieri a Megan. Mi ha colpito subito, appena l'ho vista. È bella e non passa decisamente inosservata. Già immagino l'invidia dei miei amici se dovessi riuscire a portarla a ballare.

«...magari potremmo andare a controllare quello che hai appena fatto...» torno a sentirlo non appena pronuncia l'ultima frase. Il caffè è finito e, sinceramente, non ho più voglia di stare qui con lui. Forse se lavoriamo, riuscirò a sopportarlo con più facilità.

Lo seguo lungo il corridoio e, quando passiamo davanti alla reception, noto che Kate non è al suo posto, ma Megan sì, e guardarla mentre sta parlando con un altro facendogli evidentemente capire cosa voglia da lui, fa salire in me il mio spirito di competizione. La voglio io e dovrò trovare un modo per farmi notare.

«Sono questi i contratti di cui mi hai parlato poco fa?» mi chiede Jeff sedendosi a quella che è la mia sedia alla mia scrivania, mentre prende in mano i fascicoli che vi sono appoggiati sopra, iniziando a guardarli senza nemmeno aspettare una mia risposta.

«Sì, sono quelli» rispondo comunque, usando un tono del tutto infastidito, ma lui sembra non farci caso e continua imperterrito la sua supervisione non richiesta.

Questo tizio che crede di sapere tutto meglio di me, non mi piace per niente, e spero che non mi faccia perdere la pazienza o potrei commettere qualche gesto di cui potrei pentirmi. Merda! È il mio primo giorno di lavoro e l'intelligentone qua davanti sta per farmi perdere le staffe a causa del modo con cui sta sfogliando quei contratti.

«Non sono male» dice poi, dopo un tempo che mi è sembrato interminabile. «Wilson li ha già visti?» mi chiede alzandosi in piedi e tenendoli stretti nella sua mano destra.

«Non ancora.» Jeff torna ad osservare quei fogli, poi si muove, facendo qualche passo nella mia direzione.

«Beh, allora glieli porto io, tanto sto andando da lui.» Mi alzo di scatto nel sentire quelle parole e mi avvicino subito a lui.

«Grazie, ma preferisco farlo io.» Li tolgo dalle sue mani senza troppa delicatezza. Non m'importa di quello che penserà di me dato che lui ha appena cercato di scavalcarmi il mio primo giorno di lavoro.

«Ok... come vuoi» risponde seccato, poi esce dal mio ufficio senza degnarmi più di uno sguardo ed io penso che mi darà del filo da torcere quello stronzo.

E, all'improvviso, mi trovo a sperare che non tutti i colleghi siano come Jeff, no, credo sia Joseph, saccente e pieno di sé da risultare fastidioso e irritante. Non ho ancora parlato con tutti, anzi quasi con nessuno a dire la verità. Stamattina mi sono immerso totalmente nel lavoro tanto da perdere la cognizione del tempo, e mi rendo conto solo ora che è arrivata ora di pranzo.

Spengo il computer e prendo il telefono per controllare se c'è qualche messaggio, ma sul display appare solo l'orario 1:12 p.m. Decido di portare prima i fascicoli a Wilson e poi scendo a prendermi qualcosa da mangiare. Lui non è in ufficio, ma non voglio lasciarli in giro, decido quindi di portarli con me.

Arrivato davanti alla reception trovo Megan da sola, di Kate non c'è traccia. È in piedi che sta digitando qualcosa sul cellulare. Mi avvicino e fatico notevolmente ad attirare la sua attenzione.

«Ciao Megan» mi rivolge a malapena lo sguardo solo quando le rivolgo la parola.

«Oh ciao Brant, se hai bisogno di qualche fotocopia o cose del genere io sto andando a pranzo.»  Dà un'occhiata veloce ai fogli che ho in mano e torna a guardare il suo telefono.

«No, veramente stavo andando anch'io a pranzo, scendiamo insieme?» Non ho un buon presentimento, ma io devo provarci lo stesso.

«Ho già un altro impegno, ma grazie. Quei fascicoli puoi lasciarli qui se vuoi, li puoi riprendere più tardi.» Accetto il suo suggerimento, così da avere un'altra occasione per poter parlare con lei.

«Grazie.» Prende le cartelline dalle mie mani e le posa sulla parte di scrivania di Kate.

«Li lascio a lei, perché torna sempre prima di me.» Mi sorride, poi rivolge tutte le sue attenzioni ad un ragazzo che è appena arrivato alle sue spalle e subito me lo presenta. «Brant lui è Alexander, è il responsabile dell'ufficio esteri. Alexander, lui è Brant, quello nuovo.» Io e il ragazzo dai capelli scuri ci stringiamo la mano mentre lui mi saluta cordialmente. Io un po' meno, ma non riesco ad evitarlo. La sua presenza mi infastidisce.

Li guardo allontanarsi e non posso evitare di notare come lei gli corra dietro, poi aspetto che entrino in ascensore, non ho intenzione di rimanere chiuso dentro quell'affare con loro due.

Una volta sotto, mi guardo un po' intorno. Non so dove siano andati Megan e l'elegantone che era insieme a lei, e spero proprio che non siano in quel bar che ho appena adocchiato.

Spingo la porta per entrare e mi guardo intorno sperando di non vedere le loro figure, ma ne noto una di familiare. È vero che l'ho conosciuta solo qualche ora fa, ma mi è sembrata subito simpatica, un po' strana forse, ma ho avuto come l'impressione che sia una persona di cui potersi fidare, non so spiegarlo, è stata una sensazione, e non credo di sbagliarmi.

Mi avvicino al suo tavolo, ma lei è talmente concentrata nei suoi pensieri che non si è assolutamente accorta della mia presenza e, d'improvviso, ho voglia di conoscerla.

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Capitolo 4
*** Puoi fidarti di me al cento per cento ***


Kate

Tutta la posta del mattino è stata smistata: fax, pacchi, lettere, tutto consegnato ai destinatari. Il mio lavoro di archiviazione al computer può essere terminato più tardi. Il telefono fisso della reception è impostato sulla registrazione del disco che dice di non rompere le scatole per almeno un'ora. In realtà c'è la mia voce registrata che dice che gli uffici sono chiusi, ma era quello che pensavo quando mi hanno chiamata per registrarlo. Perché mai la gente dovrebbe chiamare nell'ora di pranzo, non hanno una vita, giusto?

«Ci vediamo più tardi Megan.» Ora che sulla mia scrivania è tutto sistemato, posso allontanarmi per la mia tanto attesa pausa.

«Sì, io scendo tra un po' con Alexander.» Il suo sorriso malizioso fa sorridere anche me, e la guardo dirigersi verso l'ufficio del ragazzo che sta praticamente perseguitando.

Alexander è un gran bel tipo, capelli scuri, occhi verdi, costantemente abbronzato, molto elegante nei modi e anche nel vestire. Gentile e ben educato, sempre con il sorriso sulle labbra e una gran disponibilità di soldi. Tutto questo è stata la combinazione vincente per attirare su di sé le attenzioni di Megan, che non fa altro che parlare di lui da troppo tempo a questa parte.

Prendo la borsa nella quale ho appena messo il cellulare, e vado verso gli ascensori. Di solito sono tra le prime persone a scendere dato che il mio posto di lavoro è proprio qui davanti, e anche oggi infatti, non incontro nessuno dei miei colleghi.

Una volta fuori prendo una grande boccata d'aria. L'agitazione oggi non vuole proprio lasciarmi, mi sento ancora troppo nervosa e troppo ansiosa, e...

Devo decisamente smetterla o questa giornata finirà male. La suoneria del mio telefono mi fa tornare immediatamente in me.

«Ehi... tutto bene?» Leggere il suo nome sul display mi fa spuntare subito un gran sorriso.

«Alla grande Kate, è andata benissimo. Il mio capo mi ha fatto i complimenti. Fra pochi giorni il progetto prenderà vita.» L'entusiasmo nella sua voce è contagioso e mentre parlo con lui sorrido ancora incamminandomi verso il bar dove di solito vado per pranzo.

«È fantastico Jason, sono così fiera di te.» Lo ascolto mentre parla ancora della sua presentazione, mi racconta i dettagli, tutto quello che è successo durante la mattinata, e la sua voce mi fa tranquillizzare.

«Credo di riuscire ad essere da te per le sei.» La telefonata è quasi al termine, ed io mi sto sedendo al solito posto, pronta per ordinare il solito pranzo che ormai il solito cameriere conosce a memoria.

«Ok, ci vediamo più tardi.» Dopo esserci salutati, ripongo il telefono in borsa e ringrazio il ragazzo che serve ai tavoli che ha già provveduto a portarmi il piatto.

Porto la forchetta alla bocca pensando a quante volte il mio umore oggi abbia fatto su e giù, a quante volte la mia ansia sia schizzata alle stelle per poi tornare a livelli accettabili per il mio sistema nervoso. Non so cosa mi stia succedendo, non riesco a tenere a freno i miei pensieri che in questo momento sono piuttosto confusi.

Ero così serena fino a qualche giorno fa e oggi, d'improvviso, quest'agitazione mi ha fatto sentire davvero strana, come se il mio corpo sapesse che sta per succedere qualcosa, ma la mia mente non riesce a realizzare di cosa si tratti, ed è quest'incertezza che mi turba, anche se, ogni volta che sento la voce di Jason, riesco ad accantonare tutto il resto per concentrarmi su di lui.

«Sento i tuoi pensieri.» Di nuovo quella voce. Brant è in piedi accanto a me. Alzo la testa per guardarlo con la forchetta ancora a mezz'aria.

«Come?» I suoi occhi azzurri sono luminosi e vivi. Ha una luce speciale nello sguardo, qualcosa che non ho mai visto negli occhi di nessuno, una luce che mi lascia a guardarlo come una stupida, incapace di rispondere in maniera normale.

«Posso sedermi qui, giusto?» In realtà non aspetta una risposta da parte mia, si sta già sedendo di fronte a me. «Dicevo che stavi pensando così intensamente che sentivo gli ingranaggi del tuo cervello girare con forza.» Poi sorride ed è come se il suo sorriso riuscisse ad arrivare fino alla mia pancia, colpendomi in pieno, facendomi mancare il fiato.

Che cosa mi succede? È davvero lui che mi provoca tutto questo?

«Stai bene Kate?» La sua espressione è preoccupata, ed io mi sento una completa idiota. Non parlo e nemmeno respiro quasi, come se fossi un'adolescente. Kate sei una donna adulta, agisci come tale!

«Sì, ho... ho solo avuto una brutta nottata.» Lui mi osserva con attenzione, come se mi stesse studiando.

«Problemi in paradiso?» Il ragazzo dagli occhi azzurri sta parlando, ma io lo guardo completamente imbambolata. Riprenditi Kate!

«Come?» Devo smetterla di guardarlo così, mi manca solo di iniziare a sbavare e il quadro dell'idiota totale è completo.

«Intendevo dire, problemi con il tuo fidanzato?» Lo guardo con aria interrogativa e lui indica l'anello che ho al mio anulare sinistro.

«No, ho solo dormito male, a te non capita mai?» Lui mi guarda con un sorriso sfacciato.

«Beh, a volte mi capita di non dormire affatto.» La sua espressione in questo momento mi fa chiaramente capire che non sta parlando del fatto che soffra d'insonnia, e non sono certa che sia un argomento nel quale voglio addentrarmi.

La sua battuta a doppio senso, però, non mi dà affatto fastidio quanto dovrebbe, perché sento che non l'ha fatto con malizia, o per fare il cretino con me. Sono assolutamente sicura che stia scherzando, e decido di stare allo scherzo, forse quest'ansia riuscirà ad alleggerirsi un po'.

«A volte anche a me, i vicini sono molto più rumorosi di noi.» Brant ride. Lo sento ridere per la prima volta e la sua risata arriva dritta al mio cervello scavandosi una strada preferenziale. Lasciando una traccia indelebile. Ricavandosi un posto tutto suo. Imprimendosi nella mia mente come un tatuaggio. È come se la sentissi ripetersi anche quando lui ha smesso, ed è un suono che mi piace troppo. Davvero troppo.

Poi ferma un cameriere che stava passando di lì e ordina da mangiare sotto il mio sguardo attento. Osservo il movimento delle sue dita, delle sue mani e anche delle sue labbra. Kate smettila di guardarlo come se volessi mangiarlo!

«Raccontami qualcosa.» Brant ha appena finito di parlare con il cameriere e mi sta rivolgendo la parola, e qualsiasi cosa mi abbia chiesto, sono sicura di non avere la risposta.

«Cosa?» Sta pensando di sicuro che io sia leggermente ritardata.

«Non lo so... dei colleghi dell'ufficio per esempio? Oggi ho conosciuto Jeff e...»

«Jeff?» Lo interrompo perché sono assolutamente sicura che non ci sia nessun Jeff in ufficio.

«Sì, un tipo con capelli e occhi scuri, lavora con Wilson e dovrò lavorare con lui...»

«Intendi Joseph?» Non posso evitare di sorridere al pensiero che ha sbagliato il suo nome e che se il sapientone lo sapesse, ne sarebbe del tutto infastidito.

«Ah sì, lui... si è presentato mentre ero a prendere il caffè e...»

«E l'hai trovato insopportabile.» Finisco per lui la frase perché sono assolutamente certa della mia affermazione.

«Già...» sembra sollevato dalle mie parole «...temevo di essere solo io a pensarla così.»

«No. È l'opinione generale, ma a lui non importa. Credo si senta decisamente superiore.» Nel frattempo arriva la sua ordinazione e lo guardo mangiare con gusto mentre mi perdo ad osservare il suo modo di portare la forchetta alla bocca... Merda Kate! Finiscila!

Devo concentrarmi sul piatto che ho davanti, devo finire il mio pollo con le verdure. Sono in grado di affrontare una normale conversazione con un collega nuovo. Ecco Kate, un collega, Brant è solo questo. Piuttosto carino, bisogna ammetterlo, ma non posso far passare in secondo piano tutto il resto per un uomo che ho conosciuto da appena qualche ora.

È vero che le sensazioni che mi ha trasmesso con una semplice stretta di mano e il suo sguardo non le ho mai provate prima, ma tutto questo può essere stato amplificato dalla sensazione di malessere che sto provando da qualche giorno.

«C'è qualche altro collega come lui?» mi chiede, poi si porta la bottiglietta d'acqua alla bocca catturando nuovamente tutta la mia attenzione. L'acqua che scende giù per la sua gola, e il pomo d'Adamo che si muove in giù, poi in su...merda!

«Per fortuna no. Ci sono alcuni con cui puoi parlare di più, mentre altri da cui è meglio stare alla larga o comunque fidarsi poco, ma imparerai a conoscerli.» Il mio piatto è quasi vuoto, mentre lui ha appena cominciato.

«E tu? Sei una di quelli di cui mi posso fidare?» Mi guarda di nuovo dritto negli occhi e sento caldo. Molto.

«Non sta a me dirlo, la fiducia si guadagna...» lui sorride, beve un altro sorso di acqua e le parole escono da sole dalla mia bocca «... e tu? Ci si può fidare di te?»

«Puoi fidarti di me al cento per cento Kate, senza ombra di dubbio.» Di nuovo le sue parole aprono in me una piccola fessura e si insinuano fin sotto la pelle, percorrendo tutto il corpo per arrivare fino alla mia testa dove si creano un altro angolino in cui si fermano e rimbombano facendo scuotere ogni parte di me.

Non so cosa mi sta facendo quest'uomo dagli occhi incredibilmente azzurri, che mi incantano. Non so se lui riesca ad avere questo tipo di potere su di me, o se sono io che sto attraversando un periodo in cui sono particolarmente impressionabile. Di certo c'è, che la sua presenza ha portato scompiglio in questa giornata, ma forse è normale che sia così, dopotutto è un collega nuovo e di certo ci saranno dei cambiamenti rilevanti negli equilibri che ci sono in ufficio.

Il resto del pranzo prende una piega più leggera quando iniziamo a parlare degli altri colleghi. Gli racconto a grandi linee di tutte le persone che lavorano al nostro piano, di quanto è sbadato Roger, di quanto sia presuntuoso Joseph, che lui si ostina a chiamare Jeff, di quanto sia pignola Mary, e di quanto sia meglio stare alla larga da Peter.

È stato incredibilmente facile parlare con lui, nonostante l'azzurro dei suoi occhi fosse sempre più intenso ad ogni minuto che passava, sono riuscita a ridere senza pensieri, come se ci conoscessimo da tempo.

«E di Alexander, che mi dici?» Brant ha ormai terminato il suo pranzo, stiamo tornando verso l'ufficio dopo che si è offerto di pagare anche per me. Cosa che ho rifiutato categoricamente.

«È un bravo ragazzo, molto professionale e preciso nel suo lavoro. Ha sempre un sorriso per tutti, molto collaborativo, ma a livello personale non saprei dirti. È un tipo piuttosto riservato.» Entriamo nell'atrio del palazzo dove si trovano i nostri uffici e andiamo dritti davanti agli ascensori.

«Lui e Megan stanno insieme?» Premo il pulsante rosso, ed entrambi ci voltiamo l'uno verso l'altra. È bello, non riesco a pensare ad altro in questo momento, e so perfettamente che non è opportuno che abbia questi pensieri, ma poi mi dico che non c'è niente di male nel trovare bella un'altra persona che non sia il tuo fidanzato no? Probabilmente anche Jason penserà le stesse cose quando vede altre ragazze, ma non per questo mi ama di meno. E, con questo pensiero, allontano il senso di colpa che provo nei confronti del mio fidanzato quando guardo Brant.

«No, almeno, non che io sappia, ma so per certo che lei sta tentando in tutti i modi di uscire con lui.» Noto subito la sua espressione cambiare poco prima di entra in ascensore. «Hai messo gli occhi su Megan?» gli chiedo quando siamo dentro e le porte si chiudono.

«Sì... tu dici che ho qualche speranza?» Premo il pulsante del nostro piano con un leggero fastidio che mi prende alla bocca dello stomaco. Ingiustificato, me ne rendo conto, ma non credo sia una cosa che posso controllare.

«Non puoi saperlo se non provi...» gli sorrido, lui fa lo stesso, e in uno strano silenzio, l'ascensore continua a salire.

La mia collega dagli occhi verdi, non è mai passata inosservata, e anche Brant non ha fatto eccezione al suo fascino. E poi, a me non dovrebbe importare, sono fidanzata con un uomo meraviglioso, che amo e con cui ho intenzione di passare il resto della mia vita.

L'arrivo dell'ascensore al piano, interrompe bruscamente i miei pensieri e mi dirigo subito alla mia scrivania lasciando Brant alle mie spalle.

«Quelli sono miei.» Brant indica dei fogli posati sulla mia scrivania. Li prendo e glieli porgo, ma quando li afferra, tocca la mia mano e provo la stessa sensazione di quando si è presentato e mi affretto a toglierla. «Tutto ok?» Brant ha notato il mio disagio, ma devo deviare la sua attenzione da me subito.

«Sì, stavo solo pensando ai miei impegni per il pomeriggio.» Lui mi sorride, senza chiedere ulteriori spiegazioni e, con il plico dei suoi fogli in mano, si dirige verso il suo ufficio.

La presenza di un nuovo dipendente in questi uffici, ha rotto gli schemi della mia routine, e dei miei equilibri, aggiunto al fatto che da qualche giorno provo questo strano senso di ansia che si è amplificato stamattina, mi rende particolarmente agitata e sensibile ai cambiamenti.

E se fosse proprio lui quello che doveva succedere che ti avrebbe cambiato la vita? Ignoro con decisione la domanda che mi ha appena posto la mia coscienza, perché è un argomento che non posso assolutamente mettere in discussione. Io ho Jason e non c'è altro di più importante per me.

Il resto del pomeriggio prosegue nella più totale normalità. Telefonate, inserimento dati, ricevimento fattorini e visitatori, con Brant che non si è più mosso dal suo ufficio, e questo ha fatto sì che riuscissi a concentrarmi di più su quello che dovevo fare, tanto che non mi sono nemmeno accorta dell'orario.

«Non sei ancora pronta?» Una voce che conosco molto bene, mi fa alzare lo sguardo che stavo tenendo fisso sugli ultimi fax che stavo archiviando.

«Ehi... sei già qui?» Un enorme sorriso spunta sulle mie labbra quando lo vedo di fronte a me che mi osserva con aria decisamente divertita.

«Sono quasi le sei e mezza, sono in ritardo in realtà.» Il nodo della cravatta è allentato, molto allentato, ma la cosa non lo rende meno affascinante nel suo completo elegante.

«Sono più in ritardo di te allora... un minuto e arrivo.» Mi sorride comprensivo, mentre si appoggia al bancone osservando ogni mio movimento.

In tutta fretta, riordino la mia scrivania, lascio un messaggio per Megan che si è allontanata, poi prendo la mia borsa per raggiungere Jason che allunga una mano per stringere la mia con un meraviglioso sorriso sulle labbra. Labbra che poi finiscono sulle mie, per un dolcissimo bacio.

«Mi sei mancato oggi» gli dico appena entriamo in ascensore. La sua mano stringe la mia ed io mi sento al sicuro.

Lui non risponde, ma mette un braccio sulle mie spalle per stringermi di più a lui, ed io chiudo gli occhi, godendo di questo contatto e della sua vicinanza. Mi è mancato davvero tanto.

Una volta in macchina inizia a parlare della sua giornata perché muore dalla voglia di raccontarmi ogni cosa, ed io lo ascolto dedicandogli tutta la mia attenzione, concentrandomi su di lui e sulla sua voce. Sento che le cose stanno tornando a posto. Jason riesce ad allontanare da me, l'ansia che provo da qualche giorno.

Anche al ristorante, lui continua il suo racconto, e partecipare alla sua felicità mi rende più tranquilla mentre lo ascolto per quasi tutta la cena.

«E tu? Com'è andata la tua giornata?» Siamo ormai alla fine della nostra serata, la mia mano è di nuovo nella sua mentre ci stiamo recando alla macchina.

«Bene... niente che possa essere paragonabile alla tua.» L'aria è più fresca adesso, e mentre camminiamo penso solo al contatto delle nostre mani unite.

«Cosa c'è che non va Kate?» Mi ferma poco prima di arrivare all'auto e riesco a vedere nei suoi occhi verdi quanto il mio atteggiamento l'abbia impensierito.

«Niente... non c'è niente che non va...» Sono consapevole di non essere la solita Kate, perché c'è qualcosa dentro di me che mi fa stare in questo stato di ansia permanente, ma non so se sono in grado di spiegarlo a lui.

«Sappiamo entrambi che non è così... perché non vuoi dirmelo?» Resto a guardalo, indecisa su cosa dire perché non ho una vera risposta per questa domanda.

«Non è che io non voglia dirtelo, è che non so spiegarlo.» Prende anche l'altra mia mano nella sua e mi sorride dolcemente.

«Provaci Kate, sono qui per te.» Gli sorrido anch'io mentre cerco di trovare il modo per spiegarmi.

«È da qualche giorno che provo uno strano senso di ansia, come se stesse per succedere qualcosa, ma non saprei dirti se si tratta di qualcosa di bello o brutto, e nemmeno se sia realmente ansia quella che provo. So solo che mi sento agitata e sto meglio solo quando sei con me.» Il sorriso di Jason torna sulle labbra e un altro po' di quella stupida ansia si allontana.

«Sono qui Kate, e non me ne vado. Non ne ho alcuna intenzione.» Stavolta sono io a baciarlo perché ho bisogno di lui, ho bisogno di sapere che è qui, di sentirlo, di toccarlo e mi lascio stringere tra le sue braccia senza pensare al fatto che siamo ancora sul marciapiede in mezzo a persone sconosciute che ci passano accanto. «Adesso ti va di raccontarmi la tua giornata?» Le sue mani sono ancora sul mio viso dopo questo bacio intenso, e il verde dei suoi occhi così vicino, mi fa dimenticare qualsiasi preoccupazione.

«Ok.» Riprendiamo a camminare verso la macchina e nel frattempo gli racconto del nuovo assunto, del fatto che abbia già messo gli occhi su Megan e la cosa lo fa ridere, perché succede ogni volta che un uomo entra lì dentro.

Mi sento meglio adesso, decisamente meglio. Quel bacio appassionato che ci siamo scambiati in mezzo alla strada, mi ha fatto ricordare di quanto ci amiamo e, nonostante questa ansia latente che ancora non mi ha lasciato del tutto, sono certa che l'uomo seduto in macchina al mio fianco, sia quello giusto.

Oggi ero troppo suggestionabile e mi sono lasciata condizionare da troppe cose, ma ora che sto rientrando a casa, con il mio fidanzato, nella tranquillità della mia vita, inizio a credere di aver immaginato tutto.

Domani sarà diverso, domani tutto andrà come deve andare.

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Capitolo 5
*** Ti porto anche a cena ***


Brant

Frugo nella tasca interna della giacca, ma niente. Nella tasca dei pantaloni, e ancora niente. Non c'era nemmeno sulla scrivania e neanche nella valigetta. Riprovo nella tasca interna della giacca, come se potesse materializzarsi da un momento all'altro, ma del portafoglio nessuna traccia. Spero solo di averlo lasciato in macchina.

«Qualche problema?» Mi giro nel sentire quella voce.

È Kate.

Oggi indossa un paio di pantaloni aderenti grigi ed una camicetta bianca. Non posso fare a meno di guardarla e non capisco perché non si valorizzi un po' di più. Sono sicuro che sotto tutti quei centimetri di stoffa, nasconda un corpo magnifico.

«Non trovo il portafoglio.» Sono davanti alle macchinette del caffè da più di cinque minuti mentre cerco qualche moneta per prendermi un caffè, e mi sento dannatamente più nervoso di quando sono arrivato qui stamattina.

«Posso offriti io il caffè?» Sorride, e come ogni volta che lo fa, quel sorriso mi tranquillizza.

«Grazie.» È successo anche qualche giorno fa. Stavo lavorando con Jeff, merda si chiama Joseph, Jooseeephhh, ma tanto non me lo ricorderò mai. Ad ogni modo, ero letteralmente incazzato per il modo con cui stava cercando di impormi il suo modo di lavorare, e quando sono passato davanti alla sua scrivania per recarmi alle macchinette, lei mi ha sorriso. Non so cosa cazzo è successo in quel momento, ma il suo sorriso mi ha fatto subito dimenticare di quel cretino seduto alla scrivania del mio ufficio che continua solamente a dare ordini.

Lavoro qui da una settimana ormai, e Kate è l'unica con la quale sono riuscito ad instaurare un rapporto. Forse sono io che sono sbagliato, ma qui sembrano quasi tutti stronzi.

Averla vicino in pausa caffè o in pausa pranzo, è semplicemente rilassante, come se in lei trovassi un modo per stare meglio. Credo che potremmo diventare amici nel vero senso del termine.

Ieri mi ha raccontato del suo ragazzo, del suo lavoro, e che stanno aspettando solo il momento giusto per mettere su famiglia. E, sarà stata una mia impressione, ma mi sembrava eccessivamente entusiasta del suo racconto per essere veramente credibile, ma forse mi sbaglio, dopotutto non la conosco ancora molto bene.

«Prova a ricordare quando l'hai usato l'ultima volta», mi dice mentre mi porge la bevanda che ha appena preso per me.

«Stamattina, prima di venire in ufficio, sono passato al bancomat e poi mi sono fermato a fare benzina. Ricordo di aver posato il portafoglio nel porta oggetti, ma non so se prima o dopo aver fatto benzina.» Mi sforzo di ricordare, ma sono quelle cose che faccio abitualmente e ogni tanto mi perdo in qualche passaggio.

«Forse è ancora lì», mi sorride, poi si avvicina al cestino per buttare il suo bicchiere ormai vuoto. Quella camicetta è trasparente da dietro. Riesco a vedere le bretelline del reggiseno nero, e... «Tutto ok?», mi chiede dopo essersi girata e avermi beccato a fissarla.

«Sì, stavo pensando ancora a quel maledetto portafoglio... non è che verresti giù con me in macchina a cercarlo?» Che cazzo di idea mi è appena uscita dalla bocca?

«Adesso?» È ovviamente sorpresa della mia richiesta, ma lo sono anch'io. Non so da dove diavolo mi sia uscita un'idea del genere.

«Sì, almeno se dovessi averlo perso, faccio subito la denuncia.» Sono certo che mi dirà di sì comunque, in questi giorni mi è capitato più volte di chiederle un favore e non mi ha mai negato il suo aiuto.

«Ok, avviso Megan e scendo con te.» Già Megan...

Ho tentato varie volte in questa settimana di farmi notare da lei, ma non vede altri che quell'Alexander. Dedica le sue attenzioni solo a lui che sembra sempre troppo sulle sue per degnarla di un qualche tipo di considerazione. Non ho ancora ben capito che tipo di rapporto ci sia tra loro, ma riuscirò a capirne qualcosa prima o poi.

Vado a prendere le chiavi della mia auto in ufficio e quando torno vedo Kate appoggiata al bancone della reception per parlare con la sua collega, e il mio sguardo cade nuovamente sul suo corpo e su quello che nascondono quei pantaloni aderenti, ma subito mi do dell'idiota perché lei è una ragazza seria ed è anche fidanzata, anche se poi penso che questo non mi vieta di dare un'occhiatina no?

«Andiamo?» Evviva! Beccato di nuovo...

«Sì.» La seguo fino all'ascensore che per fortuna è già al nostro piano.

Restiamo in silenzio, in un imbarazzante silenzio. Mi piacerebbe sapere un po' di più su questa ragazza in piedi al mio fianco sempre sorridente. E, se non fosse fidanzata, forse un pensierino ce l'avrei fatto.

«I tuoi pensieri fanno sempre troppo rumore», le dico per attirare la sua attenzione, cosa che mi riesce bene, perché immediatamente si volta a guardarmi.

È carina, è anche arrossita, ed io mi trovo a pensare che mi trovo sempre meglio con lei ad ogni giorno che passa, perché è una ragazza speciale, diversa da tutte quelle che ho conosciuto finora.

Sorride appena, come se non avessi dovuto dire quelle parole, ma non riesco a trattenermi, sono certo che sia il suo ragazzo che le dà dei problemi. «Il tuo fidanzato non dovrebbe farti avere tutti questi pensieri», i suoi occhi si allargano appena, guardandomi come se avessi centrato il punto.

«Oh no... Jason non mi dà alcun pensiero, credimi.» Anche l'altra volta quando mi ha parlato di lui, ha avuto solo belle parole. Sembra essere perfetto quest'uomo, ma sono certo che non sia così.

Le porte dell'ascensore si aprono, interrompendo questo breve scambio di vedute, e lei mi segue fino alla mia auto senza dire più una parola. Non mi piace questo silenzio perché voglio che torni a sorridere come prima.

«Ho un paio di biglietti per il cinema stasera, dici che se invito Megan dirà di sì?» Eccolo il suo sorriso, anche se sta scuotendo la testa come per dire che sono un caso perso.

Non so quante volte le ho già chiesto cosa posso fare per poter invitare fuori la sua collega, qualcosa che le piaccia tanto da non potermi dire di no, ma sembra che non riesca trovare niente di convincente.

«Che film?» Arriviamo alla macchina, apro ed entrambi saliamo a bordo per cercare quel maledetto portafoglio.

«Twilight?» Ho pensato a qualcosa di romantico, a tutte le donne piace no?

«Non è decisamente il suo genere», allunga una mano verso il porta oggetti scontrandosi con la mia, e subito la ritrae, come se si fosse bruciata, o come se le desse fastidio, non so bene come interpretare la sua reazione.

«Che palle! E ora che ci faccio con questi biglietti?» Zach mi ha convinto a comprarli dicendo che sarebbe stato un sì sicuro e ora mi ritrovo ad aver fatto una spesa completamente inutile.

«Ecco qua», Kate mi porge il mio portafoglio che ha appena trovato nel cassettino di fronte a lei sfoggiando un'altra volta quel bellissimo sorriso.

«Che idiota che sono! L'avevo messo lì perché mi dava fastidio in tasca e l'avevo completamente dimenticato, grazie Kate.» Non dice altro mentre scende dalla macchina dalla quale scendo subito anch'io.

Chiudiamo gli sportelli e torniamo verso l'ascensore. Spero solamente che, una volta che le porte si saranno chiuse, non torneremo in quell'imbarazzante silenzio.

«Kate?» Si volta a guardarmi, sembra pensierosa. Subito dopo arriva l'ascensore ed entriamo uno accanto all'altra.

«Dimmi.» Ha le mani in tasca ed io cerco di tenere lo sguardo nei suoi occhi. Perché oggi faccio così fatica a tenere il mio sguardo all'altezza del suo viso? Mi affretto a guardare il pulsante del piano che devo premere per smettere di guardarla.

«Dato che questi biglietti andranno sprecati, perché non li usi tu per andarci con il tuo fidanzato?» Non ho intenzione di andare da solo a vedere questo stupido film, ma mi scoccia sprecare così i soldi.

«Solo se te li posso pagare.» Mi sorride ed io mi sento decisamente meglio in questa strana giornata.

«Prendili e basta Kate, il tuo Jason ti ringrazierà.» Arriviamo al piano degli uffici senza ulteriori imbarazzi e la saluto ringraziandola ancora, prima di tornare a rinchiudermi con Jeff nel mio ufficio tornando a concentrarmi seriamente per evitare un'inutile discussione con questo sapientone che tanto sapientone non è.

Speravo davvero in un collega migliore, ma dopotutto non posso lamentarmi più di tanto. Jeff è l'unica nota stonata di questo nuovo lavoro. Wilson, il mio capo, è decisamente più cordiale e disponibile. Un paio di giorni fa siamo stati a pranzo insieme e ho potuto vedere quanto sia davvero una persona con cui si può parlare senza problemi. Abbiamo anche firmato un contratto importante insieme, quando Jeff non c'era, e lavoro decisamente meglio con lui.

Una volta arrivato nel mio ufficio, sorrido nel constatare che Jeff non c'è. Finalmente posso lavorare in pace, ed è esattamente quello che faccio, dedicando ogni energia e pensiero ai contratti che ho sulla scrivania, accantonando in un angolo della mia testa, la camicetta semi trasparente di Kate, Megan che continua a flirtare con l'elegantone, e Jeff che si crede l'impiegato dell'anno.

Quando alzo la testa per controllare che ore siano, mi accorgo che ho passato più di due ore qui dentro e ho lavorato senza sosta, senza nemmeno rendermene conto. Mi appoggio allo schienale della sedia e allungo le braccia verso l'alto per stirarmi un po' e proprio in quel momento, lei entra nel mio ufficio, bussando timidamente sulla porta lasciata semi aperta.

«Si può?», mi chiede con un sorriso strano sulle labbra.

«Certo... entra pure.» Le faccio cenno di avvicinarsi e posso vedere la delusione nei suoi occhi quando è di fronte a me.

«Ascolta Brant... grazie per avermi offerto i biglietti, ma non... non possiamo andarci quindi, se vuoi darli a qualcun altro...» Sta torturando quel povero anello che ha all'anulare sinistro ed è in evidente difficoltà.

«E perché non potete andare?» Spero solo che lui non le stia dando buca un'altra volta.

L'ha già fatto ieri sera. Stavo per andare a casa quando sono passato con la macchina davanti all'ingresso principale dei nostri uffici e lei era lì, da sola, che lo aspettava. Le ho fatto compagnia per un po', mi dispiaceva saperla da sola, poi, lui le ha detto che non sapeva a che ora sarebbe riuscito a liberarsi con uno stupido messaggio. Non ha nemmeno trovato venti secondi per chiamarla e scusarsi. A quel punto le ho offerto un passaggio per accompagnarla a casa dato che la sua serata era saltata, ma non ha voluto in nessun modo accettare.

«Jason ha problemi al lavoro e non sa a che ora torna.» La delusione è evidente nella sua voce.

«Vuol dire che andremo noi due.» Le parole mi escono veloci, lei smette di far ruotare l'anello intorno al dito e mi guarda con aria interrogativa.

«Noi due chi?», mi chiede tenendo lo sguardo fisso su di me.

«Io e te.»

«Ma Brant io non...»

«Non sprecherò i soldi di quei biglietti, Zach non verrà mai con me, e non ho intenzione di andarci da solo.» Appoggio i gomiti alla scrivania e la osservo con attenzione.

Mi piace quando mi guarda in quel modo, come se non potesse farne a meno.

«Perché non chiedi a Megan di accompagnarti? Hai detto che volevi portare lei, magari mi sbaglio e accetta, no?» Non ho intenzione di usare Kate come un ripiego. Lei è sempre troppo gentile con me, non sarebbe giusto trattarla in questo modo.

«Perché ho detto che andremo io e te, fine della storia.» Alza leggermente gli occhi al cielo, ma il piccolo sorriso che vedo nascere sulle labbra, mi dice che il fatto che io le abbia quasi imposto questa uscita, non le dispiaccia affatto.

«Ok.» Si gira dandomi le spalle diretta verso la porta, e penso che ho voglia di vederla sorridere un'altra volta.

«Kate?»

«Sì?» Adesso mi guarda in attesa di sapere cosa sto per chiederle restando con una mano sulla maniglia e l'altra appoggiata alla porta.

«Ti porto anche a cena e come hai potuto notare, la mia non è una richiesta.» Sorride ancora, stavolta un po' di più, senza ribattere alla mia affermazione, il che mi porta a compiacermi del fatto di essere riuscito nel mio intento. Vederla sorridere.

La guardo ancora mentre esce dal mio ufficio e penso a quanto abbiamo legato in fretta in questi giorni. Kate è così gentile con me, non mi ha mai fatto sentire quello nuovo, è sempre stata disponibile ad aiutarmi ogni volta che ne ho avuto bisogno. Il suo ragazzo deve considerarsi fortunato ad averla accanto, eppure, nonostante lei continui a negarlo, sono certo che qualcosa non vada tra loro.

Il resto della giornata prosegue veloce. Jeff è uscito con un cliente ed io mi sono ritrovato a lavorare felicemente da solo. Ora mi resta solo più da portare questi fascicoli a Wilson e posso considerare finita la mia giornata lavorativa.

«Si può?», chiedo dopo aver bussato alla sua porta.

Lui è attento ad osservare qualcosa sul monitor del computer, ma si gira subito verso di me non appena entro nel suo ufficio.

«Le bozze sono tutte terminate?», mi chiede mentre poso sulla sua scrivania il mio lavoro di oggi pomeriggio.

«Tutte quante, ho modificato leggermente il contratto Whittmore. È un cliente importante e ho pensato che una piccola agevolazione non potesse far altro che rafforzare la sua fedeltà, ma se non dovesse andare bene, c'è sempre la copia della bozza originale senza alcuna modifica.» Osserva con attenzione i contratti che gli ho appena consegnato, soprattutto quello che ho citato, poi, mi guarda con aria decisamente soddisfatta.

«Hai fatto un gran bel lavoro, mi piace come hai modificato il contratto Whittmore, ne terrò conto.»

Ci salutiamo, augurandoci una buona serata, poi recupero la mia giacca e il resto delle mie cose dal mio ufficio, ed infine vado verso la scrivania di Kate.

«Sei pronta?» Noto l'assenza di Megan, ma non le chiederò niente della sua collega, non mi sembra carino in questo momento.

«Sì, devo soltanto spegnere il computer.» Prendo il cellulare dalla tasca per controllare se ci sono messaggi, in attesa che Kate abbia finito e ne trovo uno di Zach.

Com'è andata?

Gli rispondo mentre la guardo infilarsi il cappotto.

La tua idea del cazzo 
non è stata del tutto inutile

Non ho potuto uscire con Megan, ma sto rendendo migliore la serata di Kate e sapere di poterla ripagare almeno un po' di tutto quello che ha fatto per me in questa mia prima settimana di lavoro, alleggerisce la mia coscienza.

Che cazzo vuol dire?

Te lo spiego un'altra volta
Ora devo andare

Il telefono vibra di nuovo, ma lo rimetto in tasca senza leggere la sua risposta. Kate è pronta, ed insieme usciamo da qui sotto lo sguardo curioso di un paio di colleghi che ci stanno osservando da diversi minuti.

Qualcuno ha iniziato a chiacchierare su me e lei, un paio di mal pensanti hanno iniziato a mettere in giro delle voci che dicono che io e Kate scopiamo. Li ho sentiti alcuni giorni fa mentre andavo a prendere un caffè. Non ricordo i loro nomi, ma erano due donne sulla cinquantina e, mentre facevano la loro pausa, hanno pensato bene di spettegolare non appena io sono uscito da quella stanza, ma non hanno aspettato che fossi abbastanza lontano. Ero ancora dietro la porta quando ho sentito chiaramente le loro parole.

"Hai visto come lo guarda Kate?"

"Sì che l'ho visto, sembra che se lo stia mangiando con gli occhi."

"Se è per questo lo fai anche tu."

"Perché tu no? È un gran figo dopotutto."

"Già hai ragione, ma a quanto pare lui preferisce Kate, è sempre lì alla sua scrivania, e sono già andati a pranzo insieme tre volte. Ed è solo la sua prima settimana di lavoro."

"Tu credi che vadano a letto insieme?"

"Può darsi, e se non l'hanno fatto lo faranno presto."

"Ma lei non è fidanzata?"

"Non credo che questo sia così determinante."

E, dopo aver ascoltato quell'ultima affermazione, ho deciso che ne avevo abbastanza di quegli stupidi pettegolezzi, quindi mi sono allontanato per tornare nel mio ufficio. Spero solo che non arrivino alle orecchie di Kate.

«La mia macchina è parcheggiata ad un paio di isolati da qui, non ho trovato parcheggio stamattina», mi dice lei mentre premo il pulsante dell'ascensore che ci farà arrivare direttamente al piano del garage interrato.

«Prendiamo la mia, poi ti riporto indietro.» Alza appena gli occhi al cielo, ma sorride, segno che non le dà veramente fastidio che io le imponga le mie idee.

Usciamo dall'ascensore e mi segue fino alla mia sgangherata macchina che non vedo l'ora di cambiare e, quando stiamo per salire, nel parcheggio di fronte al mio, vedo qualcuno seduto dentro l'auto. Sembra intento a guardare qualcosa sul suo telefono, ma non appena nota la nostra presenza alza lo sguardo.

È Roger, credo si chiami così, mi sembra sia dell'ufficio marketing, o forse no, ma almeno sono sicuro che lavori con noi, e adesso che mi ha visto salire in macchina con Kate, i pettegolezzi non faranno che aumentare. Non m'importa in realtà, facciano un po' come vogliono, l'importante è che Kate non abbia dei problemi seri per questo, ma me ne preoccuperò se ce ne sarà bisogno. Ora voglio godermi questa serata.

«Dove andiamo?» mi chiede non appena accendo la macchina pronto per partire.

«Lo vedrai....» Voglio portarla in un posto tranquillo dove possiamo parlare. Mi piace parlare con lei. «...hai avuto problemi con Jason?» Metto la retromarcia, esco dal parcheggio e mi dirigo all'esterno.

«Problemi?» Con la coda dell'occhio riesco a vedere che mi sta guardando.

«Sì, intendo... ti ha fatto storie perché sei uscita con me?» Non m'importa di lui, ma mi dispiacerebbe se lei dovesse avere delle discussioni a causa mia.

«No, credo si sentisse troppo in colpa per il tempo che sta passando in ufficio per opporsi alla mia uscita extra.»

Non so perché, ma qualcosa mi dice che la donna seduta accanto a me in questo momento, sia davvero speciale, e ho veramente voglia di stare con lei, di scoprire di più, perché sento che potrebbe nascere una meravigliosa amicizia.

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Capitolo 6
*** Ti sei divertita? ***


Kate

Nessun silenzio imbarazzante con Brant.

Non abbiamo smesso di parlare nemmeno un momento durante il tragitto in macchina. Mi ha raccontato di come si stanno evolvendo le dinamiche tra lui e Joseph, e mi fa ridere il fatto che lui continui a chiamarlo Jeff. Non sono sicura che sia perché si dimentichi realmente il nome o se lo faccia di proposito a sbagliarlo, ma alla fine, questa cosa mi diverte.

Abbiamo continuato a parlare anche durante questa cena inaspettata.

Stamattina non avrei mai immaginato di trovarmi in questo locale con Brant a mangiare pollo fritto, e devo ammettere che non mi sentivo così rilassata da diverso tempo. Sono completamente a mio agio anche se siamo seduti troppo vicini, anche se lui si prende delle libertà che non sono proprio normali per due neo colleghi di lavoro, come prendere le patatine direttamente dal mio piatto e mangiarle mentre passa il suo braccio sinistro dietro la mia schiena appoggiandosi al divanetto alle nostre spalle.

Eppure non riesco ad interpretarli come gesti con un secondo fine. Lo guardo negli occhi e riesco a vedere quanto sia anche lui rilassato, quell'azzurro che gli illumina il viso, è incredibilmente brillante e non fa che trasmettermi tranquillità.

«Scusi, può portarci il conto?» Brant ferma un cameriere subito dopo aver ingurgitato l'ultima aletta di pollo piccante che era rimasta nel suo piatto.

Il ragazzo annuisce e si allontana mentre io mi incanto ad osservare il percorso che fanno le sue dita dopo aver posato l'ossicino dell'aletta nel contenitore di carta, fino alla sua bocca. Mi sembra di vedere queste immagini al rallentatore, infila l'indice tra le labbra e lo succhia e mi ritrovo, per un breve attimo, a desiderare di essere al posto del suo dito. Mi sembra di essere diventata incapace di deglutire, e non riesco neanche a distogliere lo sguardo seguendo di nuovo la traiettoria che compie la sua mano fino al tavolo prendendo il tovagliolo e, solo a quel punto, riprendo possesso delle mie facoltà mentali tornando in me stessa.

«Forse non avrei dovuto mangiare anche le tue patatine», mi dice poi mentre riporta il suo braccio sul tavolino appoggiandolo proprio accanto al mio.

Ti avrei fatto mangiare qualsiasi cosa... Da quando conosco Brant, il mio cervello non fa che elaborare pensieri indipendenti dalla mia volontà.

«Perché? Hai mangiato troppo?» Cerco di tenere una parvenza di normalità, anche se il suo banale gesto, ha mandato in confusione il mio corpo.

«Perché te le ho rubate quasi tutte.» Il sorriso che ha in questo momento è assolutamente da baciare... Oddio che mi sta succedendo? «Non è stato molto carino da parte mia.» Appoggia per un brevissimo istante, la sua mano sulla mia, e quando la toglie è come se si portasse via un po' di me. «Andiamo che tra poco inizia il film.» Lo guardo alzarsi e indossare di nuovo la giacca che si era tolto prima di sedersi a tavola, e lo ringrazio mentalmente per questo, perché guardarlo con addosso solo una camicia, ha un effetto non consono ad un rapporto tra colleghi.

«Sì.» Prende il fogliettino che gli ha appena dato il cameriere, e se lo mette in tasca. «Brant, dovremmo fare a metà», gli dico mentre lo seguo fino alla cassa passando tra i tavoli affollati di questo piccolo locale.

«Non se ne parla neanche.» E, non appena finisce di pronunciare quelle parole, tira fuori il portafoglio e paga il conto che comprende anche la mia cena.

«Brant...» Lo richiamo per attirare la sua attenzione. Lui si gira appena mentre aspetta il resto.

«Kate, ti ho invitato io a cena e ho anche mangiato quasi tutte le tue patatine. L'argomento è chiuso.» Parla a bassa voce, ma le sue parole arrivano comunque tutte alla mia pancia, e provo una strana sensazione, che non ho mai provato prima, poi si volta, prende il resto ed insieme usciamo per tornare nella sua auto.

«Allora, grazie», gli dico mentre mi siedo sul sedile passeggero e metto la cintura di sicurezza.

Lui non dice altro, si limita a sorridermi, poi mette in moto dirigendosi verso il cinema.

Durante i dieci minuti di tragitto che ci dividono dalla nostra destinazione, abbiamo continuato a parlare, come se non potessimo farne a meno. Mi ha raccontato un po' del suo amico Zach con il quale divide l'appartamento, e con cui si trova bene. Mi racconta delle loro avventure del venerdì sera, e del fatto che è sempre lui a preparare da mangiare tra i due.

«Tu sai cucinare?», gli chiedo con un tono di voce evidentemente sorpreso.

«Sì... tu no?» Mi lancia un'occhiata veloce ed è chiaro il divertimento nella sua espressione, e ritorna subito a guardare la strada.

«Per cucinare si intende anche preparare un panino grigliato?» Lo guardo anche se lui non può voltarsi dalla mia parte perché sta guidando.

«Direi che il panino grigliato non vale...» Sorride. È bello anche di profilo, illuminato dai fari delle altre auto.

«Allora sì... ma solo se vuoi avvelenare qualcuno. A casa cucina sempre Jason. Di solito cucina un po' più del necessario così, quando fa tardi dal lavoro, ho qualche avanzo da scaldarmi e non muoio di fame.» Se non ci fosse lui a casa, il mio frigo conterrebbe solamente piatti pronti e cibi surgelati di ogni tipo.

«Me lo ricorderò se avrò bisogno di far fuori qualcuno.» Ridiamo ancora insieme mentre sta parcheggiando in una stradina secondaria non molto lontano dal cinema che dovremo raggiungere a piedi in pochi minuti.

Una volta dentro abbiamo dovuto discutere anche su chi avrebbe comprato le caramelle di cui mi era venuta voglia, e alla fine ha vinto lui, come sempre.

È la seconda volta che vengo in questo cinema, la prima volta ci sono stata con Jason e adoro le morbide poltrone di pelle rossa che sono comodissime, ma la mia attenzione, in questo momento, è completamente catturata da Brant che si sta togliendo la giacca per posarla sullo schienale della poltrona, e non posso evitare di guardare come quella camicia gli fasci il torace.

«Secondo te ci saranno molte coppiette?» , mi chiede non appena si siede accanto a me.

Mette il gomito sul bracciolo posizionato in mezzo alle nostre due poltrone, poi appoggia il mento sulla mano e mi guarda da vicino, troppo vicino per non restare incantata dall'azzurro dei suoi occhi.

«Kate? Mi hai sentito?» Mi riprendo dal mio stato di trance e cerco di tornare quasi normale. Quasi.

«Scusa ero sovrappensiero... dicevi?» Non ho assolutamente capito cosa mi abbia appena detto, e sto facendo la figura della completa idiota.

«Non fa niente... sei preoccupata per Jason? Vuoi... vuoi tornare a casa?» Il tono incerto della sua voce, mi fa credere che non voglia che io me ne vada veramente, o forse è solo la mia immaginazione a lasciarmelo credere.

«No, niente di tutto questo...» Prendo il telefono dalla borsa per controllare, ma del mio fidanzato non c'è traccia. «Non mi ha ancora scritto, quindi è ancora in ufficio.» Con una punta di delusione rimetto a posto il cellulare. Delusione che sparisce immediatamente quando Brant, prende a guardarmi con un'espressione del tutto diversa da come mi ha guardata stasera. Riesco a percepirne nettamente la differenza.

«Non sa quello che si perde...» In un attimo tutto scompare.

Non c'è più il cinema che si sta popolando di persone, anch'esse sparite d'un tratto, e non c'è più nemmeno il film che stanno per proiettare. Vedo solo il suo viso, i suoi occhi, che fanno andare in tilt il mio cervello. Non so cosa dire, non so nemmeno più come si fa a respirare e, se non la smette di guardarmi in quel modo, credo che potrei svenire da un momento all'altro.

Per fortuna, mi vengono in soccorso le luci che si abbassano, segno che il film sta per cominciare, e lui si decide finalmente a rivolgere lo sguardo allo schermo dove stanno già scorrendo le prime immagini di quella che credo sia pubblicità, ma non ne sono del tutto sicura perché i miei neuroni hanno preso fuoco, come ogni altra parte di me.

Riesco a voltarmi anch'io verso il maxi schermo, con il cuore che non vuole saperne di rallentare, con le mani leggermente sudate, e il respiro che fatica a tornare regolare. Tutto questo provocato dalle sue poche parole e dall'intensità del suo sguardo. Non mi è mai successo di provare niente del genere e la cosa non mi piace affatto perché non è giusto che io sia così attratta da Brant.

Non è giusto nei confronti di Jason prima di tutto, perché non merita affatto questo comportamento da parte mia. Non è giusto nei miei confronti, perché non sono quel tipo di persona che non ci pensa due volte a mancare di rispetto al proprio compagno. Non è giusto nei confronti di Brant, perché siamo semplicemente colleghi ed io devo mettermelo bene in testa.

Eppure, cenare con lui è stato così normale, così giusto, che ogni parola, ogni gesto è stato del tutto naturale e spontaneo. Sono sicura che anche da parte sua, non ci sia stato assolutamente niente di calcolato o premeditato, e che non abbia mai agito con un secondo fine.

Soprattutto, non devo dimenticarmi che lui è interessato a Megan, ed io sono felicemente fidanzata.

«Tu li hai visti gli altri film prima di questo?» Mi giro e il suo viso è decisamente vicino, la sua voce poco più di un sussurro, ma devo darmi necessariamente una regolata.

«Tu no?» Gli chiedo decisamente sorpresa.

«Mmmmhhh no... mi fai un breve riassunto?» Alzo appena gli occhi al cielo, ma la sua richiesta mi dà la possibilità di allontanare tutti quegli ingarbugliati pensieri di poco fa. Mi concentro sulla trama dei film precedenti e provo a riassumere meglio che riesco, il resto della saga.

Le sue espressioni mi fanno ridere, e guardiamo ben poco le immagini del film che continuano a scorrere sul grande schermo mentre le persone vicino a noi, ci intimano, spesso e volentieri, di fare silenzio e rido quando lui si volta a guardarli con aria minacciosa.

Rido anche quando fa delle smorfie vomitevoli, fingendo in infilarsi le dita in gola, mentre guarda la coppia davanti a noi che non ha fatto altro che baciarsi per tutta la durata del film.

Rido quando mi ruba le caramelle non appena tento di infilarle in bocca prendendole direttamente dalle mie mani.

Rido a film finito, perché lui continua a fare smorfie dietro le persone che camminano verso l'uscita della sala, e un paio di volte è stato sul punto di essere scoperto, ed io ridevo solamente di più.

Rido perché lui è capace di farmi ridere come poche persone ci riescono.

Il film l'abbiamo visto poco e niente, ma ho riso tanto, come non facevo da tempo, e continuo a farlo anche nella sua macchina perché non smette di prendere in giro Edward e la sua "allegria" o Bella che a detta sua è "mono espressiva".

«Ti sei divertita?» Si gira a guardarmi nel momento in cui si ferma ad un semaforo.

«Molto.» Non ho pensato a niente stasera, né a Jason troppo impegnato con il suo lavoro, né a quell'ansia che ancora non mi ha abbandonato da quasi due settimane a questa parte e adesso non mi pesa nemmeno più il fatto di essermi sentita in colpa nei confronti del mio fidanzato. Alla fine, non ho fatto niente di male, sono uscita con un collega di lavoro solo perché lui non c'era, e solo in veste di amici.

«Bene.» Sorride e riprende a guidare per portarmi alla mia auto rimasta nei pressi dell'ufficio.

Devo essermi sentita attratta da Brant perché è innegabilmente bello, ho visto come lo guardano le donne, e forse anche perché mi sento un po' triste senza saperne il vero motivo. Non c'è nient'altro tra me e lui.

Una volta arrivati alla mia macchina, mi dispiace quasi dover scendere e terminare qui la nostra serata, ma Jason mi ha scritto pochi minuti fa, e mi sta già aspettando a casa.

«Grazie per tutto, Brant» , gli dico quando si accosta vicino alla mia auto.

«Non dirlo neanche, era una vita che non mi divertivo così.» Tolgo la cintura di sicurezza, poi appoggio la mano sulla maniglia per aprire la portiera e mi volto un'ultima volta a guardarlo.

«Buonanotte Brant.»

«Buonanotte Kate.»

***

Salgo più silenziosamente possibile le scale del condominio per non disturbare nessuno, arrivo davanti alla mia porta e infilo chiavi per aprire. L'appartamento è buio e silenzioso, forse Jason era stanco ed è già andato a dormire senza aspettarmi. Richiudo la porta alle mie spalle, sfilo le scarpe, ma le lascio vicino alla porta per non dover accendere la luce per portarle a posto, lo farò domani, ed infine tolgo la giacca appoggiandola all'appendiabiti.

«Ciao Kate...» Quasi non salto per aria non appena sento la sua voce. Accende la lampadina vicino al divano e posso vederlo adesso.

È seduto con una gamba appoggiata al tavolino, indossa la sua tuta grigia e la maglietta bianca. Ha il viso stanco, ma il suo sorriso è sempre lì per me.

«Jason... mi hai spaventata, pensavo fossi già a dormire.» Mi avvicino per sedermi accanto a lui che subito mi prende tra le sue braccia.

«Non sarei mai andato a dormire senza sapere se fossi tornata...» Appoggio la testa sul suo petto e lui prende ad accarezzarmi un braccio. «Ti sei divertita?» Il suo tono di voce non è arrabbiato, ma è comunque strano.

«Sarei stata meglio se ci fossi stato tu con me.» Non sto mentendo, penso davvero quello che gli ho appena detto, perché se ci fosse stato lui al posto di Brant, il mio sistema nervoso non sarebbe stato messo così a dura prova e tutte le mie certezze sarebbero ancora lì al loro posto.

«Mi dispiace Kate...» Alzo il viso per guardarlo, e leggo nei suo occhi quello che mi ha appena detto.

«Non fa niente...» Provo a tranquillizzarlo perché non mi piace vederlo così.

«Non è vero che non fa niente. Avrei dovuto essere con te ieri sera, e anche stasera, e invece sono sempre là.» Il suo braccio è ancora intorno alla mia schiena e la sua mano rafforza un po' di più la presa sul mio braccio.

«Jason... davvero non fa niente... so che stai lavorando tanto, e lo stai facendo per noi quindi non pensarci nemmeno capito?» I sensi di colpa nei suoi confronti, mi stanno assalendo tutti insieme. "Non sarei dovuta uscire..."

Ho riso tutta la sera, divertendomi tanto... davvero tanto, mentre lui si trovava in ufficio per finire il progetto che probabilmente gli porterà una promozione, e lo sta facendo per il futuro che abbiamo voluto insieme. Ho pensato a Brant in modi che non sono affatto consoni ad un normale rapporto tra colleghi, ignorando il fatto che fossi fidanzata, e questo non è da me.

«No, Kate, non voglio che tu rinunci a tutto a causa mia.» Si sente in colpa per questi due giorni in cui ha dovuto passare troppe ore al lavoro, eppure non deve. «È solo che... non vedo l'ora di finire quel progetto.» Stava per dire qualcosa, ma si è trattenuto. Non voglio insistere su questo argomento, voglio solo che si senta più sereno.

«Che ne dici se appena hai un week end libero ce ne andiamo da qualche parte?» Gli propongo sperando di vedere il suo sorriso meno tirato. «Non lo so... potremmo andare ad Edimburgo...» È una vita che glielo propongo perché non ci sono mai stata e non vedo l'ora di visitare quella città, ma non siamo riusciti mai ad andarci.

«L'idea non è male...»,  si muove appena facendomi appoggiare la schiena al divano e chinandosi leggermente su di me, «ma... nell'immediato presente, potrei fare qualcos'altro per te?» La sua mano si infila tra i miei capelli mentre i suoi occhi verdi sembrano brillare.

Riesco a tenere lo sguardo fisso nel suo e, finalmente, mi dimentico di aver passato questa serata senza di lui. Il suo pollice accarezza dolcemente la mia guancia mentre porta l'altra mano sulla mia coscia.

«Mi sei mancato Jason...» La mia voce esce quasi in un sussurro.

Mi è mancato davvero.

Mi è mancato fisicamente e mentalmente perché da qualche tempo a questa parte, mi sono concentrata solo sulla sensazione di ansia che provavo, invece che su di lui e, il fatto che abbia lavorato così tanto, non ha fatto che peggiorare il tutto.

«Mi sei mancata anche tu Kate... e non posso prometterti che d'ora in poi lavorerò meno perché mentirei se lo facessi, sai anche tu quanto è importante questo progetto per noi, ma... ti amo Kate... ti amo così tanto che non riesco nemmeno a spiegartelo a parole.»

Leggo amore nei suoi occhi, ma anche passione, dolcezza, e tutti i sensi di colpa per essere stato poco presente in questi giorni.

Mi dico che sono stata una stupida stasera, che non avrei dovuto avere certi pensieri su Brant quando ho davanti ai miei occhi un uomo meraviglioso che farebbe qualsiasi cosa per me, e che ha sempre pensato prima a me che a sé stesso. In questo momento avrebbe benissimo potuto arrabbiarsi per come mi sono comportata, per essere uscita con un perfetto sconosciuto piuttosto che aspettarlo sul divano di casa nostra, e invece lui è pronto a dichiararmi amore eterno un'altra volta.

«Ti amo anch'io Jason...» Non aggiungo altro, non me ne dà comunque il tempo perché mi bacia come non faceva da qualche giorno a questa parte, come se ne andasse della nostra sopravvivenza, ed io mi lascio andare alle sue labbra, alla sua mano che tiene fermamente sulla mia nuca, e all'altra che scorre lentamente sulla mia coscia.

Avevo bisogno di questo bacio, di sentire quanto lui mi desiderasse, di sentire ancora in questo modo le sue labbra sulle mie, in un bisogno disperato l'uno dell'altra. Avevo bisogno di lui per tornare in me stessa e capire cosa è giusto fare.

«Andiamo di là...» Le parole che Jason mi ha appena sussurrato all'orecchio, mandano brividi in ogni parte del mio corpo, e una volta di più, mi rendo conto di quanto mi sia mancato.

«Sì... sistemo le scarpe e ti raggiungo.» Mi lascia un bacio veloce sulle labbra e mi sorride.

Non aggiunge altro, poi si alza e mi prendo un attimo per osservarlo mentre si dirige nella nostra camera da letto. Io lo amo e dovrei mettere un freno ad ogni cosa che non riguardi lui.

Mi alzo anch'io dal divano, raccolgo le scarpe che ho lasciato all'entrata per sistemarle nella scarpiera, poi prendo il telefono che ho lasciato in borsa per spegnerlo e metterlo a caricare, ma resto sorpresa di trovare un messaggio a quest'ora. Incuriosita sblocco il display per sapere chi sia e mi stupisco di leggere il suo nome.

Sei arrivata sana e salva?

Leggere il messaggio di Brant mi ha fatto provare una sensazione che non dovrei affatto provare, eppure non posso evitare al mio cuore di battere più velocemente dopo aver letto quelle parole.

Improvvisamente mi dico che devo dare un taglio netto a tutto questo, perché la confusione che Brant mi fa provare, non mi fa bene e non fa bene al mio rapporto con Jason, quindi spengo il cellulare senza rispondergli perché in questo momento ho bisogno di Jason e di tutte le certezze che solo lui è in grado di darmi.

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Capitolo 7
*** In realtà stavo pensando a te ***


Dire che ci sono rimasto male per la freddezza di Kate stamattina, è dire poco.

Dopo il messaggio che le ho scritto per sapere se era arrivata a casa, ho aspettato che mi rispondesse, ma visto il suo silenzio sono andato a dormire convinto che la mattina dopo avrei trovato la sua risposta, ma niente, il mio telefono è rimasto muto, a parte un paio di telefonate di mia madre e, nemmeno durante il week end l'ho più sentita. Ho creduto avesse avuto qualche problema con Jason e non ho voluto interferire, ma dopo il suo comportamento di stamattina, non posso più restare a guardare, devo assolutamente sapere se ho fatto qualcosa di sbagliato, qualcosa che in qualche modo l'ha offesa perché vederla così fredda nei miei confronti, non mi piace per niente.

Oggi Jeff è fuori sede per un incontro con un cliente, così io sono libero di lavorare in tranquillità riprendendo il totale possesso del mio ufficio. Avevo pensato di parlare con lei in pausa pranzo, per non avere occhi e orecchie indiscreti puntati contro, ma dato che il mio ufficio è privo della presenza del sapientone, non voglio più aspettare. Le parlerò adesso.

Recupero i soldi dal portafoglio, poi mi dirigo verso la sua postazione. Megan è seduta al suo fianco, oggi indossa un vestito bianco che le arriva appena sopra al ginocchio e non posso evitare di guardarla ogni volta che le passo davanti, ma in questo momento mi devo concentrare su Kate. Passo dritto davanti a loro, nessuna delle due mi degna di uno sguardo, vado fino alle macchinette e prendo due caffè, poi torno davanti al bancone della reception e mi fermo proprio davanti a Kate.

"Il tuo caffè..." Lei alza appena lo sguardo con l'aria confusa e quando sta per ribattere, la blocco subito "...puoi venire un attimo nel mio ufficio?" A quel punto anche Megan alza la testa dal suo monitor e ci osserva con attenzione, ma il mio sguardo continua a rimanere in quello di Kate che non sembra intenzionata a dirmi di sì. "...per favore...", le dico ancora, poi le sorrido e finalmente vedo un sorriso anche da parte sua.

"Ok... dammi due minuti." Ho aspettato per quasi tutta la mattina, posso aspettare ancora altri due minuti.

"Ti aspetto di là." Cammino verso il mio ufficio con ancora i due caffè in mano, e sono certo di avere ancora addosso lo sguardo incuriosito di Megan. Magari potrebbe ingelosirsi e iniziare a guardare anche me oltre che l'elegantone.

È così frustrante il fatto che lei non mi guardi per niente, non sono abituato a tanta indifferenza, non che io sia chissà quale bellezza, eppure ho sempre avuto un discreto successo con le donne, ma con Megan sembra un'impresa impossibile.

Poso i caffè sulla scrivania e mi metto a rileggere il contratto che stavo controllando poco fa, ma leggo a malapena dieci righe, che subito qualcuno bussa alla mia porta che subito si apre per mostrarmi il suo volto fin troppo serio oggi.

"Eccomi...", mi dice sedendosi poi sulla sedia di fronte alla mia scrivania.

"Tieni", le porgo subito il suo caffè che afferra subito dalla mia mano per tornare a sedersi più comoda. "Allora... cosa c'è che non va?" Lei mi guarda con la stessa espressione confusa di poco fa. "Ho fatto qualcosa di sbagliato?" Le chiedo e lei sembra irrigidirsi alla mia domanda, come se avessi centrato in pieno il punto.

"No Brant, non hai fatto niente di sbagliato... perché mi fai questa domanda?" Il suo tono di voce è troppo incerto, se prima pensavo di avere ragione, adesso ne sono assolutamente certo. C'è qualcosa che non va.

"Kate... la settimana scorsa abbiamo riso e scherzato ogni giorno... ogni giorno capisci? Non è successo una volta sola, ma tutti i giorni. Abbiamo pranzato insieme, abbiamo fatto a gara a chi offriva più caffè all'altro, siamo stati al cinema, e da quel momento tu hai preso ad ignorarmi, quindi la mia domanda è più che ovvia a questo punto e, te la ripeto... Ho fatto qualcosa di sbagliato?" Stringe un po' di più il bicchierino di plastica tra le mani e la sua espressione si addolcisce un po'.

"No Brant, davvero... mi dispiace di essermi comportata così, non lo meritavi affatto, e scusami anche per non averti risposto quella sera quando mi hai chiesto se ero arrivata a casa, è solo che non l'ho visto subito, e il giorno dopo, quando l'ho letto, ero impegnata, poi mi sono dimenticata di risponderti, scusami..." Sta inventando un sacco di balle, probabilmente le ho creato davvero dei problemi con il suo fidanzato.

"Sei sicura che sia tutto a posto quindi?" Mi sono trovato troppo bene con lei e mi dispiacerebbe se il nostro rapporto di amicizia si rovinasse ancora prima di consolidarsi.

"Sicura." Adesso sorride ed io mi sento un pochino meglio.

"Quindi se ti chiedessi di pranzare con me accetteresti?" Finisco di bere il mio caffè per poi concentrarmi su di lei, sulla sua espressione che sembra combattuta, quindi decido di forzarla un po' come ho fatto poco fa alla sua scrivania. "Per favore?" Il suo sorriso si apre improvvisamente e sorrido con lei mentre la guardo finire il suo caffè e posarlo sulla mia scrivania.

"Ok, ma ad una condizione..." Mi osserva ed io le faccio un cenno con la testa per dirle di continuare "...stavolta pago io." Si alza in piedi con fare autoritario, e credo di poterle concedere quello che mi ha appena chiesto.

"Ci sto, ma sappi che oggi ho una gran fame, e non dire poi che non ti avevo avvisata..." Vedere il suo sorriso rilassato è ciò di cui avevo davvero bisogno oggi.

"Ci vediamo dopo", mi dice, poi si avvia verso la porta continuando a sorridere e finalmente mi metto a lavorare più sereno. Adesso sono certo che il problema non sono io, ma quel Jason, non la rende felice, è evidente, ma non sono cose che mi riguardano.

Almeno per il momento.

"Si può?" Alzo improvvisamente la testa dai fogli che stavo leggendo al suono di quella voce.

"Certo, entra pure." Poso davanti a me, il plico che avevo in mano e la guardo camminare. È estremamente sicura di sé, lo vedo da come si muove, da come si rapporta con gli altri, da come attira gli sguardi di tutti senza dedicare il suo a nessuno.

"È arrivato questo per te, c'è scritto urgente." Mi consegna una busta gialla, con scritto il mio nome, che prendo subito per controllare se sia la rettifica del contratto Darren che dovevano spedirmi.

"Grazie Megan, lo stavo aspettando." Poso i fogli e noto con sorpresa che lei è ancora qui, sto per chiederle se abbia bisogno di qualcosa, ma lei mi precede.

"Tu e Kate uscite insieme?" Domanda secca, diretta e senza possibilità di risposte ambigue.

"Dipende da cosa intendi tu per uscire insieme?" Forse sono riuscito finalmente ad attirare la sua attenzione, forse si è davvero ingelosita del fatto che continuo a ronzare intorno a Kate e, anche se non l'ho mai fatto per quel motivo, sono contento che abbia comunque funzionato.

"Sai benissimo cosa intendo. Sei andato a letto con lei?" Beh... la schiettezza dev'essere una delle sue caratteristiche.

"E perché vorresti saperlo?" Mi ha tenuto sulla corda per tutti questi giorni senza degnarmi quasi mai di un minimo di considerazione, credo che le renderò la stessa moneta. Dopotutto inizia a farsi interessante la cosa.

"Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda." Sembra infastidita dal fatto di non aver ottenuto le risposte che voleva, ma mi piace farla stare un po' sulle spine, e non voglio parlare di Kate con lei.

"E chi ti dice che io abbia mai voluto rispondere." Sembra rimasta senza parole perché non risponde, ed allora continuo io. "Le stesse domande che hai fatto a me, le hai fatte anche a Kate?"

"Certo che sì, altrimenti perché credi che sarei qui da te?" Rido per il fatto che sta morendo dalla curiosità.

"E non ti ha dato le risposte che ti aspettavi?" È evidentemente irritata per non aver ottenuto quello che voleva.

"Dice che siete solo colleghi, ma è da un po' di tempo che è strana, ci dev'essere qualcosa che non va con Jason e, da quando sei arrivato, non fate altro che passare del tempo insieme." Incrocia le braccia e riesco a vedere come spicca lo smalto rosso sulle sue unghie in contrasto al bianco candido del suo vestito.

"Vedo che ti ha già detto tutto lei... se non c'è altro vorrei finire quello che stavo facendo." Dev'essere arrivato il mio turno per divertirmi, quindi credo che non l'accontenterò né in un senso né nell'altro. Da me non avrà alcun tipo di risposta e la lascerò nel dubbio.

Esce sbuffando e alzando gli occhi al cielo ed il mio ego ne trae assoluto giovamento.

Posso tornare al lavoro con l'umore decisamente migliorato. Kate non è arrabbiata con me, Megan è rimasta insoddisfatta e con la curiosità, Jeff non si farà vedere per tutto il giorno, e Zach ha già organizzato la serata. Me l'ha comunicato stamattina, ho ricevuto il suo messaggio proprio quando stavo per entrare in ufficio, quindi non c'è assolutamente niente che possa andare storto oggi.

Poco prima dell'ora di pranzo scrivo un messaggio a Kate, non si mai che avesse cambiato idea.

10 minuti

Non muoverti finché non arrivo

Blocco lo schermo del cellulare, e concentro la mia attenzione sul monitor per correggere l'ultimo paragrafo e stilare la copia definitiva di questo contratto.

Smettila di essere prepotente

Sorrido alla sua risposta, con questo messaggio ha voluto confermare che non è arrabbiata con me.

Dì la verità...

Ti piaccio prepotente

So che posso permettermi certe battute con lei, me l'ha dimostrato nei giorni scorsi. Spesso mi sono sentito così a mio agio con lei che ho esagerato sia nelle parole sia nei gesti, ma lei non mi è mai sembrata infastidita quindi mi sono detto, perché mai dovrei mettermi dei paletti quando con lei posso essere me stesso?

Vuoi la verità?

Ho fame!

Rido mettendo in tasca il telefono e sbrigandomi a finire, poi spengo il computer, infilo la giacca e la raggiungo fino alla sua scrivania dove Megan osserva tutta la scena con una certa curiosità. Avrei potuto essere più discreto, avrei potuto scendere prima o dopo di lei per non dare nell'occhio, ma se l'avessi fatto, mi sarei perso lo sguardo di Megan che guarda Kate mentre si prepara per scendere e poi guarda me stringendo gli occhi a due fessure. E, quando Kate va verso l'ascensore, io mi avvicino di più a lei per poi parlare sottovoce.

"Se vuoi, la prossima volta porto te a pranzo", le dico e lei alza di nuovo gli occhi al cielo per il mio divertimento.

Raggiungo Kate che mi sta aspettando, con un gran sorriso sulle labbra mentre lei mi guarda incuriosita.

"Che le hai detto?" Mi chiede non appena le porte dell'ascensore si chiudono.

"L'ho invitata a pranzo." Premo il pulsante del piano terra e mi godo lo sguardo stupito di Kate.

"Davvero?" Mi guarda sorridendo. Mi piace vederla sorridere.

"Già... magari prima o poi accetterà." Ride con me mentre continuiamo a parlare di lei fino a raggiungere il locale dove andiamo di solito a pranzo.

È molto più tranquilla rispetto a stamattina quando faticava anche solo a guardarmi di sfuggita, e proprio non lo sopportavo, soprattutto dopo la bella serata che abbiamo passato qualche giorno fa. I lineamenti del suo viso sono più rilassati, anche se nei suoi occhi c'è sempre quel velo di preoccupazione, o ansia, non saprei dirlo con esattezza. Anche le parole di Megan mi hanno confermato che c'è, senza ombra di dubbio, qualcosa che fa preoccupare Kate e vorrei davvero sapere cosa sia.

Non mi è mia successo di instaurare un rapporto di questo tipo con una donna, ma con Kate, tutto sembra avvenire naturalmente, senza alcun tipo di forzatura da parte di entrambi. Mi sento libero con lei. Libero di esprimermi, libero di comportarmi come meglio credo, e libero di dire qualsiasi cazzata mi passi per la testa.

Il suo sorriso dolce, è rassicurante, non mi sento mai sotto osservazione quando siamo insieme, ed è l'unica persona con la quale ho voglia di parlare, intendo parlare sul serio, tipo confidarmi o cose del genere.

"Stavolta sono io a sentire il rumore dei tuoi pensieri", mi dice Kate mentre prende posto al piccolo tavolo del bar osservandomi con sguardo attento.

"In realtà stavo pensando a te." Per un attimo cambia espressione, come se quello che le ho appena detto le provocasse del disagio, ma poi torna subito a sorridere.

"Spero per te che tu abbia pensato solo cose belle." Arriva il cameriere per portarci i piatti ordinati e che abbiamo chiesto di scaldare appena entrati, poi Kate ringrazia con estrema gentilezza.

"Veramente non erano cose belle quelle che stavo pensando di te." Aggrotta le sopracciglia con aria confusa. È divertente vederle quell'espressione seria sul viso mentre cerca di capire cosa io intendessi dire.

"Ah no?" Infila in bocca il primo boccone, ma il viso è ancora serio.

"No, perché riesco a pensare di te solo cose bellissime." Sorrido nel constatare che le sue guance si colorano di una leggera sfumatura di rosso e sorride, abbassando lo sguardo sul suo piatto, restando a guardare il cibo in esso contenuto, per troppo tempo.

L'ho messa in imbarazzo, ma non so se sia perché le abbia dato fastidio, o semplicemente non è abituata a sentirsi dire qualcosa di carino. Una cosa è certa comunque. Quel rossore sulle guance mi piace troppo per smettere di comportarmi così.

"Sei un ruffiano Brant." Sembra riprendersi poco dopo e non voglio smettere questo scambio di battute con lei.

"Solo un po', e solo con chi merita le mie attenzioni." Scuote leggermente la testa sorridendo. Forse pensa che io sia un cretino e, anche se in realtà lo sono, mi piace fare il cretino con lei.

"Allora... quando la inviterai a pranzo?" Cambia poi discorso, cosa che fa spesso, ma ormai ho capito che lo fa per togliersi da una situazione che le crea del disagio.

"Non saprei, c'è sempre quell'elegantone con cui devo fare i conti... tu cosa mi consigli?" L'atmosfera è più leggera tra di noi, sento che adesso è il momento giusto per chiederle qualcosa su Megan.

Sono colleghe da tempo, lavorano a stretto contatto, sono sicuro che Kate conosca più di un metodo per poter fare colpo sulla stangona dagli occhi verdi.

"Con elegantone ti riferisci ad Alexander giusto?" Si diverte quando do soprannomi alle persone, e comunque non potrei fare altrimenti. Alla fine uso il nome giusto solo con le persone che mi interessano, delle altre mi importa poco e niente.

"Si chiama Alexander? Beh hai capito di chi sto parlando, sembra che Megan non abbia occhi che per lui." Mi infastidisce da morire questa cosa, eppure non posso controllarla. Ma forse, posso farmi dare una mano da Kate.

"Megan ha messo gli occhi su di lui già da tempo, lui, però, sembra farsi desiderare. A volte escono insieme, a volte la lascia in attesa di una chiamata che non arriva mai. Non saprei dirti con esattezza che tipo di rapporto ci sia tra loro, ma sembra che lei lo consideri un Dio in persona." Ascolto con attenzione le sue parole, mentre mastico a fatica l'orribile bistecca che ho nel piatto.

"Ricapitolando... niente film romantici, e tenerla sulla corda..." Kate sorride annuendo mentre posa sul tavolo la sua bottiglietta dalla quale ha appena bevuto "...cos'altro dovrei sapere?" La osservo alzare leggermente gli occhi per fissare un punto indefinito del locale con l'espressione concentrata di chi sta tentando di recuperare informazioni nella propria mente.

"Le piacciono le cose costose, tipo ristoranti di lusso, macchinoni, abiti firmati, cose così..." Sospiro pesantemente alle sue parole.

"Cose che non posso permettermi, almeno per il momento." Wilson mi ha detto che per ora lo stipendio è quello base, ma se riuscirò ad accaparrare nuovi clienti, aumenterà la percentuale delle mie provvigioni e più in là si potrà parlare di una promozione.

"Ah... e le piace essere al centro dell'attenzione, ma forse l'avevi già capito."

"Questo posso farlo... dici che se le ronzo troppo intorno, l'elegantone se la prenderà?" Voglio uscire con Megan, ma non voglio creare problemi in ufficio che potrebbero compromettere il mio lavoro.

"Direi di no, non sei il primo che ci prova con Megan e non sarai l'ultimo... dopotutto loro due non stanno ufficialmente insieme, quindi niente te lo impedisce." Non sembra darle fastidio l'argomento Megan, ma credo che a nessuna donna piaccia parlare così tanto di un'altra, quindi decido di cambiare argomento. Per oggi ho già appreso abbastanza informazioni per sapere come iniziare a comportarmi con lei.

"Cambiando discorso... adesso me lo dice se hai avuto problemi con il tuo fidanzato l'altra sera?" La sua espressione, torna di nuovo seria, e sono sempre più sicuro che le cose non vadano così bene come vuole farmi credere.

"Non... nessun problema. Jason è un uomo comprensivo, anzi è stato lui a scusarsi quando sono tornata a casa." Che razza di uomo si scusa con la sua donna, quando questa è uscita con un altro? Forse è lui ad avere la coscienza sporca? E come può essere sempre così indulgente e disponibile nei suoi confronti?

"Meno male..." Non voglio chiederle altro sul suo rapporto con il suo perfetto fidanzato. Lui non mi convince, ma non voglio metterle la pulce nell'orecchio, non ho ancora elementi sufficienti per formulare un'ipotesi che possa reggere, quindi mi limiterò ad ascoltarla per il momento.

Certo che, se fossi stato io al posto di Jason, non l'avrei presa così bene. Anche se fossi totalmente sicuro della mia donna, non mi piacerebbe affatto che uscisse con un altro, ma non sono il tipo da relazione fissa, forse sono io che non capisco il loro punto di vista proprio perché non capisco cosa ci sia dietro ad una coppia che sta insieme da tanto tempo.

Non so se sono io ad essere sbagliato o se non ho mai incontrato una ragazza per cui valga la pena sacrificare la propria libertà di maschio libero, ma ora come ora, sto bene così. Senza orari, senza impegni, senza dover rendere conto a nessuno di quello che faccio e di quando lo faccio. Perché mai dovrei trovarmi qualcuna che magari ha voglia di mettermi un guinzaglio?

"Lo sai che Joseph non ci sarà per tutta la settimana?" La sua voce interrompe i miei pensieri mentre la guardo con aria interrogativa. "Forse dovevo chiamarlo Jeff..." Scoppio a ridere con lei allontanando pensieri pensanti su relazioni stabili e durature, godendo solamente della sua compagnia e della sua risata.

Credo che, al di là di tutto, quest'amicizia con Kate mi piace, e potrebbe diventare l'unica relazione fissa di cui mi importerebbe qualcosa.

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SPAZIO ME

Brant ha decisamente le idee confuse. Dice di volere Megan, ma sta sempre intorno a Kate,
dice di volerle essere amico, ma gli dà fastidio come la tratta Jason, dice di volere restare libero, ma non vuole rinunciare a Kate.

Brant dice tante cose, ma pensa sempre a lei.

Il prossimo capitolo sarà il punto di vista di Kate e vedremo come si evolverà ancora il loro rapporto.

Eeeee niente, buona lettura.

 

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Capitolo 8
*** Sei ancora poco credibile ***


Kate

Apro gli occhi lentamente e un sorriso si apre lento, ma spontaneo sulle mie labbra quando sento una leggerissima e dolce carezza sul mio viso che mi spinge a voltarmi a pancia in su. La sua mano continua con quel piacevole movimento per arrivare tra i miei capelli, tornare indietro e ricominciare da capo. Spingo appena la testa all'indietro e la sua mano arriva sul mio collo, poi si china verso di me per lasciarmi un bacio leggero sulle labbra.

"Ciao..." mi dice con un bellissimo sorriso. Sembra essersi svegliato di buonumore oggi.

"Ciao...", gli dico con una voce che sembra non appartenermi.

"Stai meglio stamattina?" La sua mano di nuovo tra i miei capelli, il suo sorriso dolce, e il suo sguardo pieno d'amore. Il risveglio perfetto con il fidanzato perfetto, il cui primo pensiero la mattina sono sempre io.

"Sì..." Ieri sera l'ho passata con la faccia sul gabinetto a buttare anche l'anima. Credo sia stato qualcosa che ho mangiato, ma non saprei dirlo con esattezza. Di sicuro non sono incinta dato che prendo regolarmente la pillola.

"Bene... ti ho preparato qualcosa da mangiare e un tè caldo..." Mi aiuta a mettermi seduta, poi allunga il braccio verso il comodino per prendere un vassoio sul quale ha messo la colazione che mi ha preparato.

È incredibile come si prende cura di me. È dolce, premuroso e stamattina mi sembra più bello del solito con quel leggero strato di barba a coprirgli il viso, e i capelli che stanno diventando sempre più lunghi, ma che non ha ancora nessuna intenzione di tagliare.

"Che ore sono?" Gli chiedo mentre addento svogliatamente una fetta di pane tostato.

"Sono passate da poco le dieci, ha chiamato tua madre chiedendo se andavamo a pranzo da lei, ma le ho detto di no." Sono grata del fatto che abbia pensato lui a tutto, stamattina non me la sento proprio di muovermi da questo letto.

"Grazie Jason..." Bevo il mio tè caldo lentamente con ancora il suo sguardo su di me.

"Le avrei detto di no comunque... oggi voglio stare solo con te... Questa settimana sono stato decisamente assente e voglio recuperare il tempo perso..." Mi sfila la tazza ormai vuota dalle mani per posarla sul vassoio che poi sposta, mettendolo sul comodino e infine viene a sedersi vicino a me. Indossa la sua tuta blu e la maglietta che usa spesso per dormire, quella che gli ho regalato l'anno scorso per il suo compleanno.

"Che vuoi fare oggi?" Incrocio le gambe sotto le coperte e resto a guardarlo. Oggi ha una luce nuova negli occhi.

"Voglio passare ogni minuto di questa domenica a viziarti." Poi improvvisamente mi bacia infilando una mano tra i miei capelli, dietro la nuca, per portarmi ancora più vicino a lui. Lo fa con una passione che sembra essere stata accantonata per troppo tempo, come se fossero passati secoli dall'ultima volta che l'ha fatto, ed io mi sento bene, incredibilmente bene. "Quanto mi sei mancata Kate..." Lo sussurra dolcemente all'orecchio, mentre la sua mano non ha ancora lasciato la presa sul mio collo lasciandomi incapace di reagire, in stato di completo abbandono nelle sue mani.

"Mi sei mancato anche tu..." Mi è mancato davvero, perché senza la certezza della sua presenza, gli ultimi giorni sono stati decisamente confusi per me, ma ora ho capito che era solo di questo che avevo bisogno.

Avevo bisogno di sentire Jason di nuovo vicino a me, avevo bisogno del suo continuo sostegno, di trovarlo in giro per casa quando rientro dal lavoro, di discutere con lui si chi sarebbe andato in bagno per primo, e mi è mancato averlo con me nel letto la sera prima di addormentarmi.

Per troppe sere di seguito mi sono coricata nel letto senza di lui, per poi addormentarmi senza sentirlo arrivare e il mio sonno è così pesante che non lo sentivo nemmeno quando si infilava nel letto agli orari più improbabili. Oggi invece è qui con me e non solo fisicamente.

Jason è il tipo di uomo che ho sempre desiderato avere accanto fin da quando ero bambina. Lui è gentile, è dolce, è l'uomo che ogni donna vorrebbe sposare, l'uomo che vorresti avere accanto per tutta la vita perché sai che di lui ti puoi fidare ciecamente, che non tradirà mai la tua fiducia in alcun modo, che metterà sempre e comunque te al primo posto, l'uomo perfetto che ogni donna spera di trovare, quello che ti dà certezze continue.

Da lui, so sempre cosa aspettarmi, non ci sono mai scossoni improvvisi che stravolgono le nostre abitudini, siamo perfettamente organizzati e non sono praticamente mai in ansia da quanto sto con lui.

Potrebbe persino risultare noioso tutto questo, in realtà abbiamo un rapporto tranquillo e sereno sul quale entrambi possiamo contare essendo certi l'uno dell'altra.

"Vado a prepararti un bagno caldo", mi dice dandomi un ultimo bacio prima di allontanarsi da me lasciandomi a guardarlo che si dirige in bagno mentre il sorriso che si è formato sulle mie labbra non dà segno di voler sparire tanto presto.

Mi distendo per un attimo, allungando le braccia e restando a fissare il soffitto, pensando che oggi sarà finalmente una giornata tranquilla e, mentre sento il rumore dell'acqua che scorre provenire dall'altra stanza, prendo il mio telefono per controllare se ci sono messaggi, quindi lo accendo e lo metto accanto a me sul letto e, in attesa che si accenda mi appoggio con la schiena alla testiera del letto per poi sentire subito dopo, la vibrazione del cellulare.

Lo prendo, poi sblocco il display e noto la presenza di due messaggi. Il primo è di Yuri, il mio migliore amico, diventato negli anni quasi un fratello ormai. Compagno di liceo di mia sorella Lizzy, ha passato tanti di quei pomeriggi a casa nostra a studiare, che è diventato un familiare acquisito.

Buongiorno tesoro, 
hai impegni oggi a pranzo?

Sorrido nel leggere il suo messaggio. In effetti sono parecchi giorni che non lo sento, non sarebbe una cattiva idea pranzare insieme se Jason fosse d'accordo.

Ne parlo con Jason 
e ti faccio sapere

Ovviamente Jason non è stato mai geloso di Yuri e il motivo è chiaramente comprensibile dalla sua risposta istantanea.

Ti prego convincilo... 
James è in città per qualche giorno...

James arriva da Sidney, è qui a Londra per studiare. Yuri l'ha conosciuto un paio di mesi fa e se n'è praticamente innamorato al primo sguardo. Ora sta cercando di capire senza ombra di dubbio se anche James sia gay oppure no, ma si rifiuta di parlargli apertamente così ha deciso di coinvolgermi nel suo piano.

Ora devo andare,
il mio fidanzato mi ha appena preparato un bagno caldo.

A dopo... ti voglio bene

Scuoto leggermente la testa sorridendo sapendo che non mollerà la presa fino a che non gli darò la risposta che si aspetta come dimostra il suo successivo messaggio al quale però decido di non rispondere per il momento e decido di leggere l'altro.

E poi resto ferma a fissare il display, sento immediatamente la temperatura del mio viso alzarsi ed andare a fuoco, mentre il cuore prendere a battere più forte. Come diamine può un solo messaggio provocare tutto questo?

Ciao Kate...

Nient'altro, un solo e semplice ciao unito al mio nome, eppure mi sento come se stessi facendo un torto a Jason che non fa altro che pensare a me, quando io perdo letteralmente la testa per un ciao.

Dovrei rispondergli, almeno per educazione, ma quei puntini di sospensione che ha usato, proprio per la funzione che hanno, lasciano me in sospeso, come fa sempre lui. Ad ogni parola, ad ogni frase, ad ogni gesto, sono sempre sospesa tra il cedere e il resistere e la cosa sta diventando difficile da gestire.

E poi, come sempre succede quando si tratta di lui, il mio corpo decide indipendentemente dal mio cervello, e le dita si muovono in modo autonomo sulla tastiera del display del mio telefono, per comporre la risposta al suo enigmatico messaggio.

Ciao Brant

Con lui è sempre così. È imprevedibile, e sconvolge continuamente la mia giornata anche senza rendersene conto, ma sono certa che a volte lo faccia di proposito perché la sua espressione divertita quando mi "costringe" ad andare a pranzo con lui, mi fa chiaramente capire che lui sta bene con me e la cosa non mi aiuta affatto.

Stai bene?

La settimana scorsa ha insistito spesso col dire che la mia espressione non era serena, che secondo lui avevo qualcosa che non andava e, nonostante avesse ragione, non potevo di certo ammetterlo altrimenti avrei dovuto dirgli del mio precario stato mentale in gran parte, se non del tutto, dovuto a lui e a tutti i cambiamenti che la sua presenza ha portato nella mia vita.

Sto bene, benissimo

Sei ancora poco credibile...
Sei sola oggi?

A questa domanda sento ogni cosa inerente al mio corpo, aumentare. Aumenta la temperatura, aumenta il battito cardiaco, aumenta la sudorazione, il rossore sulle guance, l'agitazione, e la sensazione di sentirmi in difetto nei confronti del mio ragazzo impegnato a rendere la mia domenica meravigliosa. Eppure non riesco a controllare nemmeno una delle sensazioni che Brant riesce a provocare in me.

Non so perché me l'abbia chiesto, ma non voglio saperlo. In realtà voglio saperlo, ma devo fare prevalere la ragione sul mio istinto che mi spingerebbe a dirgli di sì anche se non è vero, solo per il gusto di poter passare del tempo con lui.

No, Jason è con me

Non avrei nemmeno voluto nominare Jason in un messaggio diretto a lui, mi rendo conto che è del tutto ridicolo questo pensiero, ma è così che mi sento e, se posso continuare a fare finta di niente davanti a tutti, non riesco a negarlo a me stessa. Brant mi sta facendo perdere la testa, e non posso permetterlo, quindi, se pur con un certo fastidio, devo allontanarlo dalla mia testa in qualche modo. O almeno devo provarci.

Ci vediamo domani allora...

Ti auguro una splendida domenica Kate

Ancora quel calore che mi prende quando si tratta di lui, che mi invade il corpo al solo pensiero della sua voce che pronuncia le parole che ho appena letto nel suo messaggio. Devo decisamente darmi una calmata.

Anche a te
Ciao Brant

"Tutto bene Kate?" La voce di Jason mi prende alla sprovvista e mi sento in colpa come se lo stessi tradendo.

Lo stavi facendo Kate... nella tua testa lo stavi facendo...

La mia coscienza è sempre troppo zelante, e per quanto non possa negarlo, al momento voglio solo accantonare ogni pensiero che non riguardi il meraviglioso ragazzo in piedi di fronte a me in questo istante.

"Ha scritto Yuri, dice se andiamo a pranzo con lui..." Gli sto mentendo, non del tutto in realtà, ma è sempre mentire e non l'avevo mai fatto. Non c'è assolutamente niente di male nei pochi messaggi che ho appena scambiato con Brant, ma la mia coscienza sa che in realtà c'è molto di più di quelle poche parole scritte.

"Solo se vuoi tu..." Quello che gli leggo negli occhi, non corrisponde affatto a quello che ha appena detto.

Si è svegliato dicendomi di voler pensare solo a me oggi, mi ha baciata come non faceva da tempo, sono certa che non voglia passare la giornata con nessun altro che non sia io, ed è anche ciò di cui io ho bisogno per tornare nello stato d'animo con cui mi sono svegliata, per tornare a convincermi che Jason è la mia vita e non ho bisogno di nient'altro.

"Allora gli dico di no." Il sorriso sul suo volto diventa evidente. Avevo ragione, e voglio passare anch'io questa giornata solo con lui. Ho bisogno di ritrovare la strada giusta, quella che stiamo percorrendo insieme.

"Il bagno è pronto..." Poso il cellulare sul comodino bloccando il display, poi mi alzo dal letto e mi avvicino a lui mettendo le braccia intorno al suo collo.

"Lo fai con me vero?" Gli chiedo adesso che è diminuito il battito cardiaco, la temperatura del mio corpo, e tutto quanto del mio corpo fosse uscito dai normali parametri. Ogni cosa sta tornando alla normalità mentre le labbra di Jason si posano sulle mie ed io mi stringo a lui facendogli capire quanto abbia bisogno di sentirlo più vicino... ancora più vicino.

***

"Io sono pronto." La voce di Jason mi fa voltare a guardarlo e sorrido nel vedere quanto sia bello e quanto gli stia bene qualunque cosa decida di indossare.

In settimana ha sempre i suoi completi eleganti, con relativa cravatta abbinata, ed è elegante e sexy al tempo stesso con quelle camicie che adoro sbottonare, bottone dopo bottone, le sere in cui torna a casa in orari normali. Ma oggi, con quei jeans strappati, e la t-shirt nera a maniche lunghe che non fa altro che mettere in risalto ogni magnifico muscolo del suo corpo, mi sembra di essere tornata indietro nel tempo, a quando l'ho conosciuto, e la cosa fa decisamente bene al mio umore.

"Sono quasi pronta anche io." Si avvicina a me per aiutarmi ad abbottonare la mia camicetta, cosa che lascio fare poi solo a lui mentre osservo il movimento delle sue dita sulla stoffa e la sua espressione divertita mentre fa entrare ogni bottone nella propria asola. "Mi piace..." gli accarezzo lentamente la guancia per dirgli quanto mi piaccia il suo viso coperto da quel leggero strato di barba. "...la lascerai crescere?" La mia mano si ferma poi sulla sua nuca e sorrido quando i suoi brillanti occhi verdi si posano nei miei.

"Credo di sì." Le sue mani si spostano dai bottoni ai miei fianchi portando il mio corpo a contatto con il suo e, nonostante abbiamo passato l'intera mattinata tra le lenzuola, oggi sembra non averne mai abbastanza perché il modo in cui mi guarda è inequivocabile.

"Sicuro di voler uscire?" Oggi pomeriggio abbiamo sistemato un po' casa, poi mi ha proposto di uscire a cena e andare al cinema. Cosa che ho accettato subito, e finora abbiamo passato una bellissima giornata. Sono anche riuscita a tenere lontana ogni pensiero che non riguardasse il ragazzo che mi sta guardando in questo momento con così tanta passione negli occhi che sembra non vogliano perdere nemmeno un tratto del mio viso.

"No... ma voglio davvero portarti a cena, quindi è meglio che ti lascio finire in pace." Mi lascia un ultimo bacio a fior di labbra poi esce dalla stanza lasciandomi a guardarlo con quel sorriso che sembra non se ne voglia andare.

Non passavamo una giornata così da troppo tempo e sembra che il mio malessere di ieri sera, alla fine sia servito a qualcosa. Probabilmente se non fossi stata male, saremmo andati a pranzo dai miei come facciamo spesso, e avremmo passato la solita domenica invece di divertirci come abbiamo fatto oggi.

Domenica nella quale più nessun altro pensiero negativo si è affacciato nella mia mente. Sono riuscita a concentrarmi solo sul mio fidanzato e sulla nostra vita insieme, sulle priorità a cui ho sempre dato importanza, come il nostro futuro, e sono contenta di esserci riuscita.

"Eccomi..." È seduto sul divano che sta guardando qualcosa sul cellulare e alza subito la testa quando sente la mia voce, per poi sorridermi ed alzarsi per venirmi incontro.

"Io ti amo da morire Kate, voglio che tu sia felice..." Sto per rispondergli, ma lui mi precede, parlando ancora. "Sei felice Kate?" Rispondo istintivamente, pensando a questo preciso momento che sto vivendo, perché non posso dargli altre risposte, che non meriterebbe affatto.

"Sì Jason, certo che sono felice... e tu lo sei?" Mi abbraccia ancora portando il suo viso più vicino al mio ed io appoggio le mie mani al suo petto.

"Sono felice con te Kathleen Cooper." Sorrido ancora nel sentire il mio nome al completo e mi fa sentire ancora un po' più vicino a lui.

"Ti amo Jason, ti amo..." Sono sincera.

Lo amo a prescindere da tutto quello che sta succedendo intorno a me, da tutto quello che sta succedendo nella mia testa, e sto cercando di impegnarmi con tutte le mie forze a renderlo felice come merita. È un uomo meraviglioso, e questo mi è sempre ben presente, non lo dimentico mai.

"Adesso possiamo andare." Mi prende per mano ed usciamo dall'appartamento per recarci nel ristorante dove ha prenotato telefonando un paio d'ore fa.

***

Veniamo spesso qui, ci piace molto e poi conosciamo bene il proprietario che ci riserva sempre un tavolo piuttosto appartato per non stare in mezzo alla confusione. Ci sediamo ed ordiniamo. Jason non lascia quasi mai la mia mano, e a me non dà fastidio, stasera ne ho davvero bisogno.

Ho bisogno di restare aggrappata a lui, di restare aggrappata alle mie convinzioni e alla mia routine.

Mentre stiamo leggendo il menù per decidere cosa ordinare, sento la necessità di alzare la testa e guardare chi sia appena entrato nel locale e quasi non mi sento soffocare quando lo vedo.

È incredibilmente bello. Il suo sorriso è incredibilmente affascinante, e lui è assolutamente, incredibilmente... assurdamente in dolce compagnia. Esiste assurdamente? Non lo so, ma nella mia testa in questo momento esiste eccome.

L'ho lasciato fuori dalla mia testa tutto il giorno, ci ero riuscita, ero totalmente concentrata sul mio fidanzato e adesso lui spunta qui, nel ristorante dove veniamo sempre io e Jason per di più in compagnia di un'altra? Non riesco a credere che stia succedendo veramente.

Per fortuna lui non mi ha vista mentre si sta sedendo con quell'oca che sembra uscita dalla copertina di un giornale e non so bene quale emozione stia prevalendo in me in questo momento, se rabbia, fastidio, gelosia o invidia.

Faccio appello a tutta la mia forza di volontà per non far notare a Jason il mio disagio durante tutta la cena, ed è ancora più faticoso riuscirci quando riesco a guardarli e si sorridono, lui le sorride mentre lei fa indefinibili smorfie con un unico evidente unico scopo. Probabilmente è anche lo stesso scopo di Brant, ma non posso affermare niente con certezza. L'unica cosa certa che so è che vorrei non essere qui.

"Vuoi che torniamo a casa?" Jason deve aver notato che qualcosa non va, ma non voglio uscire adesso dal ristorante, significherebbe passargli davanti e non voglio che mi veda.

"No... sono ancora un po' fuori fase, ma mi andrebbe davvero qualcosa di dolce." La cena è praticamente finita, ho mangiato più lentamente che potevo per far durare tutto di più, e dopo il dolce non so più cosa inventarmi per non andare via da qui.

"D'accordo." Mi sorride dolcemente tornando a stringermi la mano ed io cerco di concentrarmi su quel contatto.

Quando il cameriere mi porta la fetta di torta al cioccolato, non alzo più lo sguardo, per non dover vedere ancora la stessa fastidiosa scena di Brant e quella che flirtano, ma quando ho poi finito, dopo averne condiviso anche un pezzo con Jason, è davvero arrivata l'ora di andare.

"Vado a pagare il conto poi andiamo ok?" Non posso più rimandare e annuisco senza aggiungere niente.

Sposto leggermente in avanti il piattino con le briciole della torta e seguo Jason con lo sguardo andare verso la cassa per pagare e mi accorgo che Brant e l'oca se ne sono andati.

Tiro un gran respiro di sollievo, tornando a rilassarmi un po'. Poi mi alzo prendendo la mia borsa per raggiungere il mio fidanzato e il mio sguardo va verso l'ingresso del locale, verso la porta a vetri ed è lì che li vedo.

Si stanno baciando.

Lui la sta baciando.

E adesso so esattamente quale sia la sensazione che prevale in me stasera.

L'invidia.


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SPAZIO ME

E rieccoci...
Kate è davvero combattuta tra il fare la cosa giusta e il suo cuore che sembra impazzito tutto d'un tratto.

La sua testa va in una direzione e il suo istinto sembra non voler ascoltare.

Il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Brant e vedremo...

Eeeee niente, buona lettura.

 

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Capitolo 9
*** Sono io a metterti a disagio? ***


È passato già da mezz'ora l'orario d'uscita della maggior parte dei dipendenti, ma a me tocca restare più del solito stasera. Gli ultimi dettagli del contratto Thompson sono ancora da definire e sto preparando la bozza finale da presentare a Wilson.

In queste ultime due settimane ho lavorato così tanto che il mio amico Zach continua a dire che gli toccherà trovarsi un nuovo coinquilino perché sta per darmi per disperso. Il fatto è che tengo davvero a questo lavoro e mi piace farlo, quindi ogni occasione è buona per dedicarmi alle mie scartoffie. Soprattutto stasera.

Ho avuto l'idea di affibbiare un compito a Megan, talmente complesso che non riuscirà ad andare a casa al solito orario. Le ho detto che era urgente, che mi serviva assolutamente stasera, così sarà costretta a restare in ufficio senza l'elegantone nei paraggi. So per certo che lui aveva una cena con i dirigenti quindi non dovrò preoccuparmene mentre cercherò di fare colpo su Megan.

Non esco dal mio ufficio da almeno tre ore e, con la scusa di sgranchirmi un po' le gambe, mi faccio un giro per i corridoi per controllare la situazione. L'ufficio acquisti è vuoto e al buio, segno che tutti se ne sono andati, in contabilità è rimasta la signora Jones, ma credo non rimarrà ancora a lungo, mi sembra stia sistemando la sua scrivania e abbia già spento il computer. Incrocio un paio di colleghi che stanno uscendo proprio ora con un ciao generico perché non ricordo i loro nomi, per il resto non mi sembra di vedere nessun altro nei paraggi quindi, mi dirigo verso l'ingresso.

La scrivania alla reception è deserta, ma facendo il giro del bancone, noto i due computer accesi, e il materiale su cui ho scritto le indicazioni, sistemato per bene di fianco alla tastiera. Probabilmente Megan dev'essere in bagno o alle macchinette del caffè. Butto un occhio al lavoro già svolto, e mi rendo conto che non è nemmeno a metà. Tanto meglio, vuol dire che sarà costretta a passare più tempo con me, da soli. Decido quindi di aspettarla sedendomi sulla sua sedia e la mia attenzione viene attirata da una foto incorniciata, posizionata accanto al computer di Kate.

È la prima volta che la vedo, anche se ormai è da un po' che lavoro qui, ma non ero mai stato da questa parte della scrivania. La prendo in mano per osservarla meglio. Sono raffigurati un uomo e una donna, abbracciati, di spalle in riva al mare. Hanno entrambi i pantaloni arrotolati fino quasi al ginocchio. Dal loro abbigliamento, e dal colore grigio del cielo, credo sia stata scattata durante il periodo autunnale, o almeno di sicuro non d'estate. Riconosco lei come Kate. Stessi capelli, stessa postura, stesse forme. Lui dev'essere il perfetto e infallibile fidanzato. Non ho mai sentito una donna parlare tanto bene del suo uomo come fa lei. Le cose sono tre, o lui non è umano, o lei stravede per lui, o semplicemente vuole farmi credere qualcosa che non esiste, magari è lei stessa ad autoconvincersi.

Mi auguro solo che lui si renda conto di quanto è fortunato ad avere accanto una donna come Kate e che si decida ad apprezzarla come merita. Kate è buona, altruista. È simpatica a tutti qui dentro, lo vedo da come la trattano e da come si rapportano con lei. Insomma non puoi non volerle bene. È precisa e attenta, senza un briciolo di malafede negli altri. Qualche volta l'ho quasi rimproverata perché Edward, ma come al solito sono quasi certo non si chiami così, per tre giorni di seguito le ha dato del lavoro da fare che avrebbe dovuto svolgere lui stesso, mentre invece lui usciva prima del suo orario lasciando a lei il compito di finirlo.

L'ho fatto anche ieri a pranzo quando mi ha raccontato che Megan le ha rifilato tutte le fotocopie che avrebbe dovuto fare lei per Wilson, perché doveva uscire prima per un appuntamento con l'elegantone. Mi ha risposto che non c'era problema per lei, perché Jason era fuori città per qualche giorno, quindi poteva restare di più in ufficio. Ho cercato di spiegarle che non era quello il punto, ma non ha voluto sentire ragioni dicendo che andava bene così, che a volte anche lei chiede favori agli altri colleghi. Il problema è che a me non risulta affatto, ma non ho voluto insistere per non rovinare il nostro momento del pranzo.

Io e Kate leghiamo sempre di più, e il pranzo con lei è un momento irrinunciabile della giornata perché dopo ore passate a concentrarmi per dare il meglio e sorridere falsamente a quell'idiota di Jeff, posso finalmente essere me stesso. Posso parlare e comportarmi liberamente senza il timore di venire giudicato e posso sfogare ogni malumore perché lei mi ascolta, mi ascolta davvero.

A volte mi chiedo come faccia ancora a sopportarmi. Sono un rompipalle pazzesco eppure lei non fa che sorridermi e accontentarmi come quando le ho chiesto di saltare la pausa pranzo per accompagnarmi al bancomat, l'ho praticamente costretta a mangiare un panino per strada perché non volevo andare da solo, o come quando le faccio perdere un sacco di tempo alle macchinette del caffè per riempirla di domande su Megan.

Sorrido per l'episodio di un paio di giorni fa che mi è appena tornato in mente. L'elegantone non è venuto al lavoro e volevo approfittarne, ma non sapevo cosa fare. Volevo parlare con Kate, ma non volevo farlo all'ingresso dove chiunque avrebbe potuto ascoltare, Megan compresa perché, anche se era impegnata in una telefonata che sembrava si stesse protraendo più del normale, era la prima che avrebbe potuto sentirmi parlare di lei. Ho guardato Kate che però non mi ha degnato di uno sguardo mentre era intenta a digitare qualcosa sulla tastiera del computer e, guardando il suo cellulare posato poco più in là, mi è venuta un'idea.

Allungo una mano, afferro il suo telefono e lo faccio sfilare davanti al suo viso che alza immediatamente nella mia direzione osservandomi con aria confusa e le dico a bassa voce "se lo rivuoi indietro vieni nel mio ufficio tra cinque minuti." Lei aggrotta ancora di più le sopracciglia, ed io non posso evitare di ridere da solo come un cretino mentre mi dirigo nel mio ufficio. Sto facendo una cosa davvero stupida, ridicola, eppure mi diverte.

Mi siedo alla mia scrivania, posando il cellulare di Kate vicino alla tastiera del computer per poi mettermi a lavorare con la presenza costante di quel sorriso che si è formato sulle mie labbra poco fa.

"È richiesto un riscatto per il rapimento del mio cellulare?" La voce di Kate, che è appena entrata nel mio ufficio, distoglie la mia attenzione dal monitor e vederla così confusa mi diverte ancora di più.

"Più o meno..." Il suo sguardo è ancora decisamente confuso, quindi le chiedo di sedersi e le spiego il motivo per cui mi sto comportando come un idiota mentre lei non perde tempo a fare come le dico.

Le chiedo consiglio su cosa fare e come farlo per poter attirare l'attenzione di Megan e lei mi consiglia di invitarla a pranzo dato che oggi quello non c'è e lei pranza solo con lui. Chiacchieriamo ancora un po', le chiedo altri consigli, come ormai faccio continuamente su qualsiasi cosa mi venga in mente, e lei si presta a tutto, come se non potesse dirmi di no e, so che me ne sto approfittando, ma mi piace stare con Kate quindi non ho intenzione di rinunciarci.

"Ehi... sei già qui?" Una voce femminile decisamente familiare, interrompe i miei pensieri e alzo il viso dalla foto che ero rimasto a fissare mentre pensavo. Sono diventato un sentimentale?

"Ciao Kate... non pensavo fossi ancora qui... scusa per questa, la stavo solo guardando..." Indico la sua foto che ho ancora in mano e poi la metto di nuovo nel posto in cui l'ho presa.

"Certo che sono ancora qui, devo ancora finire... mi dispiace, sono in ritardo, ma adesso non c'è più nessuno in ufficio e potrò lavorarci senza interruzioni..." Mi parla mentre viene a sedersi accanto a me, al suo posto ed io la guardo con aria confusa, non capendo a cosa si stia riferendo, ma non mi sfugge il fatto che stia prendendo in mano il plico di fogli che avevo lasciato a Megan. "...già che sei qui, puoi dirmi cosa hai scritto qui?" Indica un punto sul foglio, ma io resto a guardarla mentre inizio a capire cosa sta succedendo.

"Megan dov'è?", le chiedo senza rispondere alla sua domanda.

Kate alza lo sguardo per guardarmi. È appoggiata con i gomiti alla scrivania con la penna in mano e la testa girata appena verso di me che sono ad un passo da lei. Da questa distanza i suoi occhi sembrano più profondi del solito ed io ho quasi le vertigini. Non riesco nemmeno più a fissare la sua camicetta come ho fatto per tutto il resto del giorno, la stessa camicetta semi trasparente che aveva indossato un po' di tempo fa, e che ora sparisce in confronto alla profondità del suo sguardo.

"È... è andata via... mi ha chiesto di sostituirla per... per un impegno improvviso..." Improvvisamente sembra a disagio, forse lo sono anch'io...

Anche stavolta la mia occasione con Megan è sfumata, ma Kate è qui con me, lei c'è sempre.

"Ok... allora... fai vedere la mia calligrafia da somaro..." Lei ride, e quell'imbarazzo che c'era prima è scomparso per fortuna. Mi porge il foglio dove ho scritto l'appunto e glielo leggo, lei lo trascrive e inizio a rendermi conto che sarà con lei che passerò la mia serata, e anche se i miei piani iniziali erano del tutto diversi, non mi dispiace passare altro tempo con Kate.

"Cerco di recuperare il tempo perso, ma sono decisamente indietro... scusa..." Prende tutti i fogli che ha appena riordinato e si mette davanti al computer per portare a termine il lavoro.

"Smettila di scusarti Kate, non è affatto colpa tua... piuttosto dovrei rimproverarti lo sai vero?" Osservo il suo profilo e la vedo alzare gli occhi al cielo senza però guardarmi direttamente. "Sei un caso perso...", commento facendola ridere. Non smetterà mai di aiutare gli altri. "Jason non è ancora tornato?", le chiedo osservando come riesce a digitare velocemente lettere e numeri.

"No, torna domani... per questo ho detto di sì a Megan, tanto non avevo altro da fare stasera." Mi appoggio allo schienale della poltrona da ufficio di Megan e incrocio le braccia al petto concentrandomi su di lei e sulla sua figura. Gli occhi sono fatti per guardare no?

"Quanto tempo pensi che ci metteremo?", le chiedo.

"Non meno di altre due ore." Continua a lavorare senza guardarmi. Dev'essere seriamente intenzionata a recuperare il tempo.

"Senti... io ho fame..." In realtà avrei un altro tipo di appetito, ma con lei non posso soddisfarlo e fanculo anche a Megan che se n'è andata! "...non è che possiamo ordinare qualcosa e farcelo portare qui?" Mi osserva seria, ma poi le spunta un gran sorriso che contagia anche me.

"Si può fare, tanto a quest'ora non c'è più nessuno, anzi... non è che potremmo andare nel tuo ufficio? Avremmo più spazio ... questa scrivania è troppo piccola." Mi guarda in attesa di un sì che non ho intenzione di negarle, ma subito dopo parla ancora. "Ti va se ci dividiamo una pizza?" Mi chiede mentre inizia a raccogliere tutto l'occorrente per continuare a lavorare nel mio ufficio.

"No Kate." Smette di fare quello che stava facendo e torna a guardarmi seria. "La pizza la mangio intera... come puoi mangiarne solo metà?" Mi guarda come se avessi appena detto un'eresia, quando è proprio lei ad averla detta. La pizza è indivisibile e la mia espressione seria la fa ridere.

"Ok, messaggio ricevuto... nel primo cassetto c'è il numero del take away, non è che potresti chiamare tu mentre io porto da te queste cose?" Ha le mani occupate e accetto di fare la chiamata ordinando la pizza per entrambi.

La osservo dirigersi nel mio ufficio, ha un fantastico lato b, ma Brant! È meglio se ordini la pizza. Scuoto appena la testa, poi apro il cassetto e prendo il volantino che trovo subito per ordinare le pizze. Dopo aver effettuato l'ordine, mentre ripongo il foglietto del take away, noto un biglietto scritto a mano e, so che non dovrei leggerlo, ma lo sguardo mi finisce direttamente sulla firma. C'è scritto Jason, e la mia curiosità prende il sopravvento. Afferro il biglietto e, volto la testa a sinistra per accertarmi che il corridoio sia vuoto, poi riporto gli occhi su quelle parole ben scritte.

Mi dispiace essere così assente

Mi farò perdonare

Ti amo Kate

Jason

Lo rimetto dove l'ho preso, con un leggere fastidio che mi provoca prurito alle mani. Richiudo il cassetto e la raggiungo nel mio ufficio in attesa del ragazzo della pizza. Come può farle questo? Non sono in grado di poter giudicare nessuno, il mio stile di vita è decisamente sopra le righe, ma lei merita molto di più di un ragazzo che si dedica troppo al lavoro. So che devo stare zitto perché non posso dirle di aver letto quel biglietto e, soprattutto, perché non so quali siano le motivazioni che spingono Jason a lavorare così tanto, ma cazzo! Kate ne risente parecchio. Per quanto si ostini a negarlo, sta soffrendo per questa situazione e voglio fare qualcosa per farla stare meglio.

Quando entro nel mio ufficio, la trovo già intenta a lavorare seduta al mio posto al di là della scrivania e sorrido nel vedere il suo sguardo attento muoversi velocemente dallo schermo del pc ai fogli che ha davanti a sé.

"Dovrebbero arrivare tra una ventina di minuti", le dico riferendomi alle pizze che ho ordinato poco fa, poi mi avvicino e mi siedo senza smettere di guardarla.

"Ok", mi risponde senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro.

Le sopracciglia corrugate, il labbro inferiore intrappolato tra i denti, le spalle tese, le dita che picchiettano veloci sui tasti, questa è Kate quando si concentra, e a me piace parecchio guardarla. Credo che non si renda neanche conto di essere osservata, perché continua imperterrita a digitare quanto le è richiesto da quei fogli.

"Kate?" Cerco di attirare la sua attenzione perché non mi piace vedere quanto si stai impegnando a causa mia. Mi sento come se la stessi sfruttando. "Kate?" La chiamo una seconda volta, ma sembra non sentirmi. "Kate?" Nemmeno la terza funziona, lei resta concentrata, allora mi alzo, faccio il giro della scrivania e, una volta che le sono di fianco, mi abbasso fino a mettere il mio viso tra il suo e il monitor.

"Che stai facendo Brant?" Si allontana un po' togliendo le mani dalla tastiera e facendo scivolare la sedia all'indietro.

"Ho bisogno di una pausa." Mi appoggio alla scrivania, incrociando le braccia e sedendomi sui fogli che lei stava guardando.

"Come sarebbe a dire che hai bisogno di una pausa? Non finiremo mai così... dai spostati." Mi fa cenno con una mano, ma resto fermo dove sono perché non ho nessuna intenzione di darle retta.

"Ho sete, accompagnami a prendere una bottiglietta d'acqua." Allungo una mano verso di lei o osservo attentamente i suoi occhi andare, alternativamente dai miei alla mia mano, per poi rassegnarsi scuotendo la testa mentre alza gli occhi al cielo, ma, alla fine, vinco io perché afferra la mia mano e si lascia portare fino alle macchinette.

Durante tutto il breve percorso non lascio mai la sua mano, non vorrei che cambiasse idea e mi mollasse lì come l'idiota che sono, ed è divertente la sua espressione quando inserisco le monete.

"Grazie per quello che fai sempre per me", le dico prima di bere un sorso dalla mia bottiglietta. Si prodiga continuamente per aiutarmi ed io non l'ho ancora ringraziata.

"Faccio solo il mio lavoro", non si apprezza mai veramente per come meriterebbe.

"Non fai solo il tuo lavoro, lo sai bene. Meriteresti molto di più per quello che fai qui dentro." Le punto contro la bottiglietta chiusa. Lei ride perché sa che ho ragione, e noto un evidente imbarazzo nei suoi occhi. Kate fa sempre più del necessario.

"Ora che hai preso l'acqua possiamo tornare al lavoro?" Adesso è chiaramente a disagio, e non posso evitare di chiederglielo.

"Non apprezzi i complimenti?" Non è la prima volta che le faccio un complimento. A volte le dico quanto sia brava nel suo lavoro, a volte le dico quanto sta bene con un certo capo di abbigliamento, a volte semplicemente che è una persona speciale, ma ogni volta sembra non gradire e voglio capirci di più.

"Jason mi fa continuamente dei complimenti." Dal tono di voce con il quale ha appena pronunciato queste parole, è in evidente difficoltà.

"Non è quello che ti ho chiesto." Lei mi osserva con aria confusa. "Sei a disagio quando ti dico qualcosa di carino..." e la mia non è affatto una domanda, ma solo una constatazione. "...sono io a metterti a disagio o è quello che ti dico?" Le sue guance si colorano di una leggera sfumatura di rosso ed io non posso fare a meno di sorridere. Kate è così dolce.

"Non sono affatto a disagio, solo... possiamo andare adesso?" Sta tentando di deviare la mia attenzione dal discorso, ma sono abituato ai suoi cambi di argomento. Ho capito che lo fa quando non vuole rivelare altro di sé.

"D'accordo, ma devo dirti un'altra cosa prima..." Mi guarda sollevando le sopracciglia, come a voler dire che vuole sapere. "Mi piace come ti sta questa camicetta." Alza gli occhi al cielo per l'ennesima volta, con quel sorriso che le illumina il volto e senza più aggiungere altro, ci incamminiamo verso il mio ufficio.

Arrivano poi le pizze che vado a ritirare personalmente, solita discussione per chi doveva pagarle, ma come al solito l'ho spuntata io. Non le avrei mai permesso di pagare, dopotutto è qui a causa mia.

È stata la prima volta che abbiamo lavorato insieme da soli per così tanto tempo, e la cosa mi è piaciuta in modo particolare, tanto che sono contento che alla fine Megan abbia lasciato a Kate il lavoro e, nonostante l'interruzione per la chiamata di Jason che sembrava avesse guastato l'atmosfera che eravamo riusciti a creare, sono riuscito a farla tornare a sorridere.

È evidente che ci sia qualcosa che non va con il suo perfetto fidanzato, ma si ostina a negarlo e non posso di certo continuare ad insistere. Quello che posso fare, però, è tentare di farla sorridere, proprio come sta facendo ora mentre faccio l'idiota solo e soltanto per lei. 

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SPAZIO ME

Momento carino e di ulteriore avvicinamento per i nostri protagonisti che, una volta di più, si trovano a stretto contatto.

Brant continua con la sua idea di attirare l'attenzione di Megan, mentre Kate è sempre combattuta per quello che prova.

Il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Kate.

Eeeee niente, buona lettura.

(-103❤❤❤)

 

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Capitolo 10
*** Devo chiederti un piccolo favore ***


Kate

"Sì... aspetto mia sorella come al solito." Sorrido al cameriere che si allontana tornando verso il bancone. Mia sorella non è ancora arrivata e stavolta voglio aspettarla per ordinare la colazione.

Prendo il cellulare, per l'arrivo di un messaggio. È Jason.

Buongiorno Kate, sei con Lizzy?

Non ho fatto niente di male, eppure mi sento costantemente in colpa nei suoi confronti a causa dei pensieri che faccio continuamente su Brant.

Sono al bar, ma lei è in ritardo.
Mi manchi Jason.

Non lo dico tanto per dire, o tanto per scrollarmi di dosso i sensi di colpa. Mi manca davvero, mi manca non avere più con lui lo stesso rapporto che avevamo fino a poco tempo fa. Mi manca addormentarmi tra le sue braccia, o fare una passeggiata insieme, o ancora fare la spesa il sabato mattina, ma lui ultimamente è troppo impegnato o troppo stanco per dedicarmi un po' di tempo.

Mi manchi anche tu.
Ho un'intera giornata di ferie lunedì,
riesci a liberarti?

Sorrido nel leggere le sue parole perché ho finalmente l'occasione dopo tanto tempo, di averlo per me per quarantotto ore di seguito e, presa dall'entusiasmo chiamo subito Megan per chiederle se lunedì ha problemi a lavorare da sola. Fortunatamente risponde subito, dandomi totale disponibilità a coprire i miei compiti per quel giorno, così informo subito Jason della bella notizia.

Intera giornata di ferie 
anche per me.
Non vedo l'ora che sia domani.

Sorrido come una ragazzina davanti allo schermo del cellulare in attesa della sua risposta che non tarda ad arrivare.

Anche io non vedo l'ora.
Devo andare adesso.
Ti amo

Ti amo

Resto per un attimo ancora a guardare il display dove c'è ancora il suo ti amo e mi sento un po' più ottimista. So che ho solo bisogno di lui per tornare alla mia vita di sempre. Il suo lavoro lo sta impegnando davvero tanto e, quando questo periodo finirà, tutto tornerà alla normalità e tutti quei pensieri che ho per Brant spariranno, perché amo Jason.

"Ciao Kate." L'energia con la quale mi saluta mia sorella è sempre incredibile. Si avvicina, mi lascia un bacio sulla guancia, poi si siede di fronte a me con un gran sorriso sulle labbra.

"Ciao Lizzy." Mia sorella mi osserva seria per poi appoggiare i gomiti sul tavolino come per avvicinarsi e potermi osservare meglio.

"Hai un aspetto orribile Kate, hai dormito?" Alzo gli occhi al cielo per un attimo.

"Beh grazie per il complimento Lizzy. Sì ho dormito, sono solo un po'..."

"Stanca? Non ci credo Kate..." Alza la mano per chiamare il cameriere poi torna a guardarmi. "Cosa c'è che non va?" Il suo sguardo si addolcisce e mi dico che forse potrei parlarne con lei.

Il ragazzo arriva al nostro tavolo per prendere le nostre ordinazioni, poi si allontana sorridendo ed io cerco di trovare le parole giuste per iniziare questa sorta di confessione di cui, probabilmente ho bisogno.

"Sai quel ragazzo di cui ti ho parlato? Quello che hanno assunto da poco in ufficio da noi?" Lei mi osserva attenta, annuendo in silenzio. "Ecco... abbiamo legato parecchio in queste settimane e..."

"Non dirmi che ci sei andata a letto?" Sgrano gli occhi alla sua affermazione.

"No Lizzy, no! Ma come ti viene in mente?" Mi sento quasi offesa dalle sue parole. Quasi, perché c'è stato un giorno in cui lui è stato particolarmente attento nei miei confronti, un giorno in cui la camicia che aveva addosso sembrava fatta apposta per lui e le maniche arrotolate sui suoi avambracci sembravano fatte per essere strappate via, come anche i bottoni, un giorno in cui quel pensiero l'ho davvero avuto.

"Beh, la tua premessa era decisamente ambigua... Grazie." Il cameriere ha appena messo sul tavolino i nostri cappuccini e i nostri muffin al cioccolato per poi allontanarsi per l'ennesima volta in pochi minuti.

"Amo Jason e tu lo sai, non gli farei mai una cosa del genere." Questo lo penso davvero, non farei mai niente alle sue spalle, e non farei mai niente che possa farlo soffrire. Il rapporto che abbiamo è decisamente speciale per essere buttato all'aria così su due piedi.

"Ok, ho capito, non ti scaldare così però, altrimenti penso che ci sia un fondo di verità in quello che ho detto." Non rispondo subito alle sue parole mentre sono intenta a mettere lo zucchero nella mia tazza. "Kate, non c'è un fondo di verità in quello che ho detto giusto?" Stavolta alzo lo sguardo su di lei e la guardo alzando le sopracciglia come per volermi giustificare. "Oh Kate!" Mi sta ovviamente rimproverando, ma io mi affretto a spiegarle.

"Non è proprio così Lizzy, il fatto è che... insomma Jason è parecchio assente in questo periodo, e Brant..."

"Brant?" Mi chiede interrompendomi.

"Sì... si chiama Brant... lui è così... ci capiamo al volo, mi fa ridere, sta riempiendo i vuoti che lascia Jason e..."

"E...?" mia sorella mi incita a continuare con un gesto della mano.

"È bello da morire e so che non dovrei affatto pensare a lui in questo modo, ma a volte non me la rende per niente facile." Le racconto di quando me lo ritrovo allo stesso tavolo nella pausa pranzo, di quando mi pedina alle macchinette del caffè o di quando siamo stati insieme al cinema mentre lei ascolta ogni mia parola con estrema attenzione.

"Sai che non va bene tutto questo vero?" Posa la sua tazza ormai vuota sul piattino guardandomi con aria pensierosa.

"Certo che lo so, ma proprio non riesco a dirgli di no, e sai qual è la cosa buffa?" Mi guarda aspettando che io continui. "Non è nemmeno interessato a me... sbava per Megan."

"Non ho ancora capito come riesci a sopportarla quella..." La sua espressione disgustata esprime chiaramente quello che pensa sulla mia collega.

"Non è cattiva, è solo fatta a modo suo." Mia sorella scuote la testa come a dirmi che non è d'accordo con me, ma non è Megan il centro del nostro discorso in questo momento, quindi evito di parlare di lei, concentrandomi su Brant. "Comunque, lui corre dietro a lei, e sono certa di essermi fissata con lui solo perché in questo periodo Jason è più assente. Sono sicura che sia solo un capriccio." Deve per forza essere così.

"Può darsi, ma dovresti comunque stare alla larga da questo Brant." Razionalmente sono d'accordo con lei, ma poi, nella pratica, quando si tratta di lui, tutto viene rimesso continuamente in discussione.

"Ad ogni modo, domani Jason sarà a casa, e ci siamo presi lunedì come giorno libero, avremo un paio di giorni da passare insieme, spegnerò il cellulare e mi concentrerò solo su noi due, vedrai che ci rideremo su tutto questo." Le sorrido rassicurandola, sperando che quello che io stessa ho appena detto sia la verità.

Finiamo poi la colazione mentre lei mi racconta di questo ragazzo che ha conosciuto, con cui si trova molto bene, e sorrido nel vedere le sue parole intervallate da risatine e occhi e forma di cuore. Credo che abbia preso una bella sbandata per lui. Poi, ci salutiamo. Io devo tornare a casa per le solite pulizie settimanali che non ho voglia di fare la sera quando torno a casa dal lavoro, mentre lei deve accompagnare mamma a fare la spesa.

Torno a casa a piedi, ho voglia di camminare e godermi questa giornata di sole senza alcuna fretta, ma dopo aver passato il primo isolato, la mia passeggiata viene interrotta dal suono del mio telefono che indica l'arrivo di un messaggio. Sblocco il display e resto immobile per un attimo nel leggere quelle poche parole.

Sei impegnata?

Il messaggio è di Brant e, in sole due parole, è riuscito a rimettere in discussione tutti i miei buoni propositi.

Sto andando a casa

Ieri sera gli ho raccontato dell'abitudine mia e di mia sorella, di fare colazione insieme il sabato mattina e lui ha, come al solito, iniziato a prendermi scherzosamente in giro per il fatto che io rimanga sempre dentro a degli schemi. Gli ho spiegato che non è uno schema, ma è modo per passare un po' di tempo con mia sorella che non riesco a vedere quasi mai, lui mi ha detto che non si riferiva solo a questo, ma non ha voluto poi approfondire il discorso che io ho lasciato volentieri cadere, forse per timore che avesse ragione.

Posso chiamarti?

È già destabilizzante leggere i suoi messaggi, sentire la sua voce sarebbe ancora peggio, eppure, anche se il mio cervello ha appena ordinato alle mie dita di scrivere no quello che vedo comparire sullo schermo, è l'esatto opposto.

Immediatamente, il cellulare prende a suonare, e subito lo porto all'orecchio dopo aver passato il dito sull'icona verde di risposta.

"Pronto..." Sono rimasta ferma sul marciapiede mentre le persone continuano a passarmi accanto incuranti di quello che sta avvenendo dentro di me.

"Ehi, ciao... sei sola giusto?" Oltre alla sua voce, sento altri rumori in sottofondo, come se fosse all'aperto.

"Sì." So bene che avrei dovuto dargli un altro tipo di risposta. Lo so io, ma non la mia bocca che agisce indipendente dalla mia volontà, come tutto il resto del corpo quando si tratta di Brant.

"Devo chiederti un piccolo favore...", resta un attimo in silenzio aspettando che io risponda, ma non faccio in tempo a dire nulla, che subito riprede a parlare. "...stamattina dovevo andare con Zack, sai il mio coinquilino... beh dovevo andare con lui da Selfridges per comprarmi un abito di quelli degni di essere chiamati abiti, per la cena della settimana prossima con tutti i pezzi grossi, ma non ha ancora smaltito la sbronza di ieri sera e... mi chiedevo se potessi accompagnarmi tu... ho proprio bisogno di un consiglio..." Ogni sua parole è entrata nella mia testa e il mio cervello sta urlando a gran voce un'unica risposta che consiste in un grosso ed enorme no, ma quando apro la bocca per rispondere, il risultato è un'altra volta diverso.

"Ok..."

"Grazie Kate, mi hai salvato. Ci vediamo lì? Io sono già fuori." Addio alle mie pulizie, a tutti i miei programmi e a tutti i buoni propositi di stare lontana da lui.

"Va bene, credo di riuscire ad essere lì tra quindici, venti minuti." Intanto i miei piedi hanno iniziato da soli a camminare verso l'ingresso della metro che mi porterà in Oxford Street.

"A dopo Kate." La sua voce è come un incantesimo per le mie orecchie.

"A dopo." Chiudo la comunicazione, e mentre scendo sulle scale mobili per recarmi alla metro, continuo a ripensare a quello che sto facendo, a quanto io sia sciocca nel continuare a pendere dalle sue labbra in questo modo, ma non riesco comunque a fermarmi.

Poche fermate e sono arrivata a destinazione, un breve tratto a piedi e sarò di nuovo con Brant a distanza di poche ore, quando mi ero ripromessa che non l'avrei rivisto fino a martedì. E invece sono qui a pochi passi da lui, con il cuore che batte forte per l'ansia di ritrovarmelo davanti.

Quando lo vedo non posso non rimanere colpita dal suo abbigliamento decisamente diverso da quello a cui sono abituata. Niente giacca elegante con cravatta e camicia, che ha sostituito con un giubbotto di pelle nera e una t-shirt grigia, e i pantaloni di solito abbinati alla giacca, hanno lasciato posto ad un paio di jeans di un verde militare che sembrano fatti apposta per le sue gambe.

"Ciao Kate." Il suo saluto e il suo sorriso mi fanno provare cose che non dovrei provare affatto con lui.

"Ciao Brant." Mi avvicino di più a lui e inspiro a pieni polmoni il suo profumo. Quello non cambia mai.

"Grazie per essere qui." Gli sorrido, poi lui posa la sua mano sulla mia schiena accompagnandomi all'entrata del centro commerciale e dovrebbe davvero smetterla di fare così.

Andiamo verso l'abbigliamento uomo e rido quando vedo la sua espressione mentre legge le etichette dei prezzi.

"Merda! Mi partirà più di uno stipendio per un vestito come questo." E rido ancora di più alla sua imprecazione. "Voglio dire... secondo te è normale spendere trecento sessantadue sterline per una camicia?" Mi guarda come se davvero non potesse credere a quello che ha appena letto sul cartellino del prezzo, poi lo seguo in mezzo ai vari stand fino a quando una ragazza bionda si avvicina per chiedere se abbiamo bisogno di aiuto.

"Mi serve un abito...", dice Brant, dandole taglia e indicazioni su modello e colore. Sono certa che la biondina ben truccata, stia per sbavare mentre parla con lui. Se n'è accorto anche Brant, perché le sorride a sua volta in modo esagerato, poi, lei gli fa cenno di seguirla e lui si volta facendomi l'occhiolino. Li seguo fino ai camerini, la commessa gli ha dato da provare un completo giacca e pantalone, con camicia abbinata, poi si allontana mentre io mi siedo sulle poltroncine in attesa che lui si cambi.

"Sto comprando un abito che non potrei permettermi in realtà." La voce divertita di Brant arriva da dietro la tenda del camerino e penso che ha ragione. Ho pensato anch'io la stessa cosa mentre mi aggiravo tra i reparti di questo centro commerciale.

"E allora perché lo fai?", gli chiedo mentre controllo il cellulare senza un vero motivo per farlo.

La tendina del camerino si apre appena e il suo volto spunta sorridente. "Perché voglio fare il culo a Jeff." Alza appena le sopracciglia con aria divertita, poi sparisce di nuovo dietro la tenda che però rimane un po' aperta lasciandomi intravedere una piccolissima porzione della sua schiena nuda.

"Si chiama Joseph", gli dico ridendo mentre osservo i suoi movimenti per infilare la camicia. Dovrei davvero distogliere lo sguardo, ma non ci riesco, è come se fossi ipnotizzata.

"Chi se ne importa di come si chiama, gli farò il culo comunque." Ride anche lui adesso. Adoro sentirlo ridere, è uno dei suoni più belli che abbia mai sentito.

Devo smetterla di pensare a Brant in questo modo, ho un ragazzo meraviglioso che mi ama e che io amo, con il quale ho deciso di voler costruire un futuro, una famiglia. Come può Brant portarmi così tanto fuori strada?

E, quando esce dal camerino, vestito con un abito di Louis Vuitton, che sembra essergli stato cucito addosso, non riesco a smettere di guardarlo per quanto è bello.

"Che ne dici? Li vale duemila e trecento sterline?" Si guarda allo specchio, esaminando attentamente la sua figura riflessa, ed io farei meglio a chiudere la bocca prima di ritrovarmi nella mia stessa pozzanghera di bava.

"Direi proprio di sì." Si volta a guardarmi, con i suoi meravigliosi occhi azzurri per farmi un'altra volta l'occhiolino.

"Allora lo prendo..." Chiude la tendina del camerino dopo esservi rientrato. "...e fanculo a Jeff." Proprio non riesce ad andare d'accordo con Joseph e la sua battuta, mi strappa un altro sorriso, l'ennesimo da quando lo conosco.

Farmi sorridere è una delle cose che fa più spesso, a volte mi rendo conto che lo fa di proposito perché si accorge che non sono di buon umore. Riesce a capirmi anche senza conoscermi a fondo, non so come ci riesca, e forse è perché abbiamo davvero un legame, anche se solo di amicizia... sì, è solo amicizia la nostra... magari una profonda amicizia, che è appena all'inizio ed io sono attratta da lui fisicamente perché è innegabile che lui sia davvero bello.

"Kate?" Brant interrompe le mie paranoie richiamandomi mentre ancora si sta cambiando e stavolta il mio sguardo si sofferma su quel camerino con maggiore intensità, perché lui ha lasciato quella dannata tendina ancora più aperta.

"Dimmi", gli rispondo tentando di guardare da un'altra parte, ma i miei occhi sembrano essersi inchiodati sulla sua figura.

"Non hai impegni per pranzo vero?" Vorrei concentrarmi sul mio libero arbitrio, ma riesco solo a vedere i suoi movimenti dalla tenda semi aperta, e il rumore degli indumenti mentre li toglie e li infila, e riesco solo a pensare che devo dirgli di no, ed è esattamente la parola che esce dalle mie labbra.

"No." Rendendomi subito conto che questa era l'unica volta in cui la negazione era l'ultima cosa che avrei dovuto fare.

"Perfetto..." Esce dal camerino con l'abito da duemila e fischia sterline in mano sorridendomi compiaciuto. "...ti porto in posto." Fa un passo verso di me che mi alzo di fronte a lui. Quanto è bello! "Ma prima andiamo a pagare questo mutuo." Lo seguo fino alla cassa, dove la signorina bionda non fa altro che sorridergli e complimentarsi per l'acquisto.

Una volta fuori non fa altro che lamentarsi scherzosamente di quanto abbia appena speso, mentre io non faccio altro che prenderlo in giro, in un continuo scambio di battute e risate che ci portano fino al locale dove io e Brant consumeremo il nostro pranzo.

Dovrei andare a casa, fare le pulizie e preparare la cena per Jason che arriverà stasera tardi, ma sono ancora qui con lui, incapace di allontanarmi da colui che mi sta facendo stare troppo bene per rinunciarci. Non ho bisogno di dirgli come sto, sento che lui se ne accorge senza aver bisogno di parlarne e riesce sempre a farmi pensare positivamente. Che stia davvero diventando il mio migliore amico?

Tra una battuta e una risata, anche il pranzo arriva al termine. Brant non ha voluto che pagassi in alcun modo dicendo che era il minimo che potesse fare per il fatto che io gli dedichi sempre il mio tempo. Non ho protestato più tanto, in fondo il pensiero che ha avuto nei miei confronti è decisamente carino.

"Vuoi che ti accompagni a casa?", mi chiede una volta fuori dal piccolo locale nel quale abbiamo appena pranzato?

"Ce la posso fare ad arrivare sana e salva." Sono contenta che non mi chieda più nient'altro o rischierei di dirgli sì ancora... e ancora.

"Come vuoi Kate... ci vediamo lunedì."

"No... lunedì non ci sarò, passerò la giornata con Jason...", non so perché, ma mi sento quasi a disagio nel confessarglielo.

"Oh... ok... ci vediamo martedì allora." Si avvicina velocemente, e altrettanto velocemente mi dà un bacio sulla guancia che mi lascia immobile, per poi allontanarsi senza aspettare una risposta da parte mia.

Per un attimo lo guardo allontanarsi, poi riesco a riprendere il controllo delle mie capacità motorie, e mi volto in direzione della metropolitana. Forse non saremo mai migliori amici, o forse sì. Quello che so di sicuro è che lo voglio nella mia vita.

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SPAZIO ME

Kate sta perdendo la testa anche se sta facendo di tutto per restare fedele ai suoi principi, alla sua storia.
Lei ama Jason, lo ama davvero, ma Brant sta portando scompiglio nella sua vita.

Il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Brant.

Eeeee niente, buona lettura.

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Capitolo 11
*** Dev'essere il post sbronza ***


Brant

Mi sveglio con un forte mal di testa. I miei movimenti sembrano rallentati e fatico ad aprire gli occhi, come se le palpebre si fossero appiccicate l'una all'altra durante la notte. Mi rendo subito conto che, oltre all'emicrania, mi fanno male i muscoli delle braccia, ho la nausea, le labbra secche e sto morendo di sete.

Striscio sul materasso fino a mettermi seduto, con le gambe a penzoloni alla ricerca di qualcosa da mettermi addosso. Adocchio i miei boxer poco distanti, ancora sul pavimento da ieri sera e subito mi ricordo di Irina, credo si chiami così la ragazza russa che ho conosciuto ieri sera in quel nuovo locale in cui mi ha portato Zach. Mi volto, sempre molto lentamente per il dolore alla testa, e noto l'altra parte del letto vuota, non ci sono neanche i suoi vestiti in giro. A quel punto mi ricordo di averle chiamato un taxi stanotte quando se n'è andata. Meglio così, non sopporterei nessuno stamattina, anzi, mentre mi infilo i boxer e una tuta per andare in cucina, mi auguro di non trovare nemmeno il mio coinquilino in giro per casa.

Appena mi alzo in piedi, la nausea aumenta, e il dolore alla testa anche. Mi ero ripromesso di non bere così tanto ieri sera perché volevo andare a correre stamattina, ma la bionda con addosso quel micro vestito, ha iniziato a sfidarmi infilandosi quegli shottini di vodka liscia nella scollatura dell'abito che lasciava ben poco all'immaginazione, e il mio cervello ha iniziato ad emigrare nelle parti basse del mio corpo, fino a che ho perso il conto di quanto alcool mi è sceso in gola e il risultato è un Brant rincoglionito e dolorante, ma ben mi sta.

Quando arrivo in cucina, trovo ancora i cartoni della pizza che abbiamo mangiato ieri sera prima di uscire, le lattine di birra vuote dentro al lavandino al quale mi sono avvicinato per prendere un bicchiere che riempio di acqua e la butto giù lentamente per via della nausea. Devo prendere un antidolorifico o non arriverò vivo all'ora di pranzo, o forse è già ora di pranzo, non lo so, ma non m'importa così tanto adesso che mi sto sedendo sulla sedia tenendomi strette le tempie con le mani come se questo potesse alleviare il dolore.

"Coglione...", mi dico da solo strizzando di più gli occhi.

Devo assolutamente alzarmi e andare in bagno a prendere qualche compressa che mi aiuti a sopravvivere. Una volta trovata, torno in cucina, e finisco il resto dell'acqua contenuta nel mio bicchiere, ingoiando anche la pastiglia che spero faccia effetto il più in fretta possibile.

Decido poi di tornare in bagno per farmi una doccia e darmi una sistemata, ho un aspetto orribile e un pessimo gusto in bocca che non vedo l'ora di mandare via. Apro l'acqua calda e mi appoggio con i palmi delle mani al muro, lasciando che il calore mi riporti alla vita. Sembro uno zombie, ma il getto che picchia sulla nuca, mi sta facendo riprendere, anche se lentamente. Ricordo a tratti la serata, non che sia così importante ricordarla, è solo che spero di non essere stato esageratamente minchione.

Ma poi perché ho questa stupida speranza? Che mi importa di quello che pensano quei quattro deficienti di ieri sera? E poi, improvvisamente, ne ricordo il motivo mentre l'acqua continua a scivolare da sopra la testa lungo tutto il mio corpo, facendomi chiudere gli occhi per tentare di rilassarmi. Al quinto o sesto shottino, non ricordo bene, ho pensato a Kate, a cosa avrebbe detto vedendo come mi stavo comportando, quello che stavo facendo, e mi rendo conto che l'opinione di Kate conta, e tanto anche.

Voglio che lei mi apprezzi tanto quanto l'apprezzo io, vorrei che pensasse di me le stesse cose meravigliose che pensa del suo ragazzo. Dio! Quanto lo invidio quando lei parla di lui in quel modo, come se fosse un dio sceso in terra, sono certo che nessuna l'abbia mai fatto con me e la cosa mi brucia parecchio.

Afferro il bagnoschiuma e ne metto un po' sulle mani strofinando la mia pelle con forza come a volermi togliere di dosso tutti i residui della serata. Credo che il mio cattivo umore, sia l'effetto del post sbronza, devo darmi una regolata, finire questa doccia, fare una colazione decente e rimettere a posto quel cesso di cucina. Non credo che Zach si sveglierà tanto presto, era in condizioni peggiori delle mie, e toccherà a me oggi sistemare tutto il casino che abbiamo lasciato prima di uscire.

Vado in camera mia per indossare degli abiti puliti, poi mi siedo sul letto per controllare il telefono. Lo stacco dal carica batterie e noto solo un paio di chiamate di mia madre che non ho sentito perché era silenzioso. La chiamerò più tardi, la testa non ha ancora smesso di pulsare e non ho voglia di sentire le sue ramanzine in questo momento e, senza rendermene conto, apro la chat con Kate per poi sorridere davanti al display come un idiota.

Ho voglia di sentirla, e non m'importa se lei sta facendo il suo weekend romantico con il suo perfetto fidanzato, le mie dita partono da sole per scriverle un messaggio con la scusa di chiederle qualcosa sul lavoro che abbiamo fatto insieme l'altra sera.

Ciao Kate, scusa il disturbo
Non ricordo il nome del file
Sul quale abbiamo 
salvato le bozze dei contratti

Invio e blocco lo schermo posando poi il telefono sul comodino per vestirmi. Che scusa del cazzo, mi sento un idiota in questo momento, ma ormai l'ho inviato e posso solo compatirmi da solo mentre infilo la maglia che ho appena preso dal cassettone.

Vado in cucina, portando con me il cellulare nel caso rispondesse, lo poso sulla mensola accanto al frigo, ed inizio a ripulire il tavolo dai resti della cena, poi tutto il resto, continuando a buttare ogni tanto, uno sguardo al telefono aspettando quella risposta che però non arriva nemmeno nell'ora successiva in cui ho praticamente ripulito ogni angolo della stanza.

"Cazzo Brant, puoi fare meno rumore?" La voce roca di Zach che arriva in cucina trascinandosi come se non fosse in grado di camminare normalmente mentre si tiene una mano sulla fronte per riparare gli occhi dalla luce che entra prepotente dalla finestra.

"Vaffanculo Zach." Prendo la seconda bottiglietta d'acqua da quanto mi sono svegliato, dal frigo, poi sposto con forza la sedia sul pavimento, giusto per infastidirlo di più.

"Sei uno stronzo." Si stringe di più la mano intorno alle tempie, mentre io rido della sua reazione.

"E tu sei un paraculo." Allungo verso di lui la bottiglietta d'acqua e l'aspirina che avevo preso anche per lui poco fa, e lo guardo mentre tenta di aprire gli occhi per vedere cosa ho messo vicino a lui sopra al tavolo.

"Grazie." Afferra la compressa, poi l'acqua, e manda giù tutto d'un fiato.

"Hai impegni oggi?", gli chiedo divertendomi a notare le sue espressioni di fastidio miste a quelle di dolore di quando, probabilmente, gli viene qualche fitta alla testa.

"Che cazzo ne so... non è perché sono qui seduto che parlo con te vuol dire che sono sveglio." La sua voce è ancora impastata dai residui dell'alcool e dal sonno, e sorrido compiaciuto del fatto che stia così male, perché se l'è voluta lui.

"Ascoltami bene perché non te lo ripeterò un'altra volta." Alza a malapena lo sguardo, ha gli occhi arrossati e delle evidenti occhiaie. "Ho riordinato la cucina, ti ho lasciato del caffè, e c'è del pollo di ieri a pranzo da scaldarti. Io sto per uscire, tocca a te sistemare il bagno stavolta." Mi alzo da tavola tra le sue lamentele, ma fingo di non sentirlo, recupero il telefono da sopra la mensola e mi infilo nella mia stanza per vestirmi.

Di Kate non c'è traccia, non ha nemmeno ricevuto il messaggio. Forse ha il telefono spento, o forse lui l'ha portata in qualche posto sperduto dove il cellulare non prende, e provo un certo fastidio nel pensare che lei abbia potuto spegnere il telefono di proposito tagliandomi fuori.

"Sei un cretino, perché mai dovrebbe pensare a te se sta con lui?", la mia figura allo specchio è come se mi avesse appena parlato. Scuoto la testa per andare a recuperare un maglioncino e un paio di jeans. Ho bisogno di uscire. Prendo per l'ennesima volta il telefono e faccio partire la chiamata.

"Finalmente! Stavo iniziando a preoccuparmi..." Sorrido appena nel sentire le sue parole.

"Ciao anche a te mamma, sono vivo tranquilla, anzi stavo pensando... non è che vi avanza un posto a tavola?" L'orologio segna le dodici passate da poco, spero che non abbiano ancora pranzato.

"Certo che sì, testone. Ti aspettiamo." La ringrazio per poi salutarla e riagganciare. Non ho voglia di stare a casa oggi, e la testa mi fa ancora male per andare a correre. Mi sento uno straccio e non solo a livello fisico.

Saluto Zach che biascica qualcosa di incomprensibile, poi esco in strada per prendere la mia auto per recarmi a casa dei miei. Non li vedo da un po', mi farà bene un lavaggio di testa da parte di mia madre, ogni tanto ho bisogno di essere rimesso in riga.

Chiudo lo sportello, metto la cintura poi cerco gli occhiali da sole dentro al portaoggetti, oggi proprio non sopporto la luce, ma resto sorpreso quando trovo i biglietti del cinema, gli stessi biglietti che mi hanno portato a passare quella bellissima serata con Kate.

Ancora Kate nella mia testa.

Accendo l'auto, parto, e lei è ancora ben presente tra i miei pensieri. Ho un legame particolare con lei, non saprei esattamente come descriverlo, ma non perché non ne sia capace, è perché non ci sono le parole giuste per farlo. Credevo di aver instaurato un normale rapporto di amicizia con Kate, ma quando torno a casa, la sera, mi ritrovo a pensare a quanto sia stato bene durante la pausa pranzo passata con lei, o alle macchinette del caffè. Kate mi fa stare bene, molto più di quanto mi piaccia ammettere, ed una cosa nuova per me, non mi era mai successo.

Non so quale tipo di sentimento mi leghi a lei, ma so che è prezioso e unico, ed io non voglio sciuparlo. Forse è una sorta di amore, anche se non nel senso che tutti intendono, forse è solo qualcosa di così bello che a volte mi spaventa perché credo sia troppo per me, altre volte ho solo paura che questo legame si spezzi, ed è per questo che le ho inviato quel messaggio prima, un po' come faccio sempre la domenica quando non la vedo da troppe ore e mi sembra che quel filo invisibile che ci tiene uniti, si allenti un po', allora le scrivo, giusto per poter tirare di nuovo a me il filo.

Sto davvero pensando tutte queste cose di una donna?

Il tragitto fino a casa dei miei, sembra essere durato meno del solito, complici, forse, tutti i pensieri che mi stanno passando per la testa, e mi ritrovo a parcheggiare nel vialetto di casa per poi scendere e non fare nemmeno in tempo a suonare, che la porta d'ingresso si apre per mostrarmi il viso sorridente di mia madre che mi chiude subito in un abbraccio.

"Dai entra", mi dice poi spostandosi per lasciarmi entrare.

"Sembra che non mi vedi da anni", le dico togliendomi le scarpe per lanciarle in un angolo del salotto. Sono un pessimo figlio, e mia madre non perde occasione per farmelo notare.

"Non puoi semplicemente lasciarle all'ingresso?", dice lei raccogliendole per portarle vicino alla scarpiera.

"Se mi comportassi per bene penseresti che ho qualcosa che non va." Alzo le sopracciglia sorridendole mentre lei scuote la testa rassegnata, per poi andare in cucina dove sono certo di trovare mio padre.

"Ciao papà", gli dico avvicinandomi. Lui posa velocemente il cucchiaio che stava per portarsi alla bocca, per salutarmi con mezzo abbraccio e pacca sulla spalla.

"Ciao Brant, ti trovo bene", mi dice tranquillo. Lui ha questo modo di fare per cui sembra che niente lo smuova, ma con la sua calma è sempre arrivato dove ha voluto nella vita.

"Grazie... che c'è di buono?" Mi allungo oltre la sua figura per sbirciare nelle pentole ancora calde, ma sopra ai fornelli spenti e, prendendo esempio da lui, prendo un cucchiaio con il quale mi approprio di una generosa porzione di sugo per portarla alla bocca e assaporarla come non mi capita da tempo. Il sugo di mamma sembra più buono del solito, o forse sono io che sono troppo affamato.

"Ehi, voi due, smettetela subito e andate a tavola." Mamma ci riprende, così, andiamo a sederci al nostro posto in sala da pranzo mentre aspettiamo che, con tutto l'amore di cui è capace, ci porti il nostro piatto pieno. Checché ne dica, ama prendersi cura dei suoi uomini.

Non mi manca stare a casa con loro, amo troppo la mia libertà, ma quando torno a casa, apprezzo molto di più ogni gesto che loro fanno per me, come quello di servirmi a tavola, o quello di farmi trovare qualcosa di pronto da portare via cosicché io debba solo scaldare il cibo preparato da lei una volta che sono a casa. Sono comodità che non disdegno, e a mamma piace troppo fare la mamma.

Parliamo per lo più del mio nuovo lavoro, e papà sembra davvero entusiasta di ogni dettaglio di cui viene a conoscenza mentre mamma mi guarda come fossi la cosa più bella che abbia mai visto, ed è proprio questo il momento in cui mi rendo conto che devo andare via, o altrimenti inizierà a dire che devo farmi vedere più spesso, che devo chiamare almeno tre volte a settimana, e tutte le altre cose che si aspetta da me.

Il pranzo è finito da un po' e devo andare prima che inizi la sua predica, ma non prima di aver recuperato dalla cucina un paio di contenitori che ha preparato per me da portarmi a casa. L'ho già detto che sono un pessimo figlio? Ah sì...

"Vedi di non sparire di nuovo ok?", mi dice mia madre dopo che ho salutato mio padre quando sono già con un piede fuori dalla porta.

"Mamma io non sparisco, sono solo impegnato." Mi avvicino per lasciarle un bacio sulla guancia poi la saluto e salgo in macchina posando il sacchetto nel sedile passeggero per poi tornare a casa.

Ho bisogno di andare a correre, devo smaltire l'abbondante pranzo di mamma, scaricare la tensione che accumulo quando il mio cervello inizia ad andare ad un ritmo accelerato e ho voglia di stare all'aperto. La giornata è troppo bella per chiudermi in casa con quello scansafatiche di Zach.

Appena entro nell'appartamento, vedo il mio coinquilino spaparanzato sul divano con un pacco di patatine appoggiato direttamente sulla pancia mentre guarda non so quale partita di calcio alla tv.

"Sei stato dai tuoi?", mi chiede quando mi vede entrare con il sacchetto in mano.

"Da cosa lo deduci?", chiedo ironico, perché tutte le volte che passo da casa dei miei, non sono mai tornato a mani vuote e lui apprezza parecchio.

"Credo di essere una specie di sensitivo." Ride mettendosi in bocca una manciata di patatine.

"Tu sei un coglione Zach", sistemo i contenitori nel frigo e vado verso la mia camera per cambiarmi pensando che il mio amico diventerà uno di quei vecchi pelati con la pancia enorme che passerà le giornate sul divano a lamentarsi di quanto faccia schifo la sua vita.

"Dove cazzo vai adesso?" Mi urla dall'altra stanza, ma non gli rispondo perché sono certo che conosca benissimo la risposta. Recupero i calzoncini da corsa, la maglia, infilo le scarpe da running e vado verso la porta d'ingresso dopo aver sistemato il cellulare nell'apposita fascia legata al braccio.

"Perché non smetti di mangiare quelle schifezze e vieni con me?" Prendo gli auricolari mentre aspetto una sua risposta.

"Aspetta che ci penso... No!" Alzo gli occhi al cielo per la sua pigrizia.

"Madre natura non ti sosterrà all'infinito", gli dico quando sto per uscire di casa. Zachary ha un gran fisico che però lui sta seriamente maltrattando.

"Ciao Brant!", mi risponde continuando a masticare con gusto le patatine.

Alla fine esco solo, come sempre, ma c'è un pensiero che è tornato a bussare alla mia mente e mi sta tenendo compagnia mentre attraverso la strada, o mentre percorro il viale alberato del parco vicino casa, soprattutto quando vedo una ragazza che le somiglia in maniera incredibile.

Rallento la mia corsa, fino quasi a fermarmi. Lei è di spalle, indossa un maglioncino leggero bianco e un paio di jeans. È seduta su una panchina, ma sono assolutamente certo che sia lei, riconosco il colore e il taglio dei suoi capelli, la sua postura e persino la sua risata. Kate è qui e qualcosa mi spinge a voler andare da lei, ma quando sto per farlo, mi accorgo che non è da sola, c'è qualcuno seduto accanto a lei, ed è lo stesso che ho visto in quella foto che ho visto sulla sua scrivania.

Lui le mette un braccio sulle spalle, la tira a sé. Lei appoggia la testa sulla spalla di lui ed io dovrei andarmene e smettere di guardare qualcosa che non mi riguarda affatto, ma quando lei alza la testa e gira appena lo sguardo verso di lui, è come se mi bloccassi sul posto costringendo me stesso a guardare la scena che si sta svolgendo sotto ai miei occhi. Anche lui si volta a guardarla, riesco a scorgere appena il suo profilo, poi fa congiungere le sue labbra con quelle di lei ed io sento un piccolo crampo allo stomaco.

Dev'essere il post sbronza.

O il troppo cibo del pranzo.

O il fatto che lei sia felice senza di me.


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SPAZIO ME

Il ragazzo è decisamente confuso.
Ha capito che c'è qualcosa che lo lega a Kate, ma sta vivendo ancora in un'illusione.
È convinto che tra lui e Kate possano essere amici,
che lei non abbia occhi che per il suo fidanzato e che la sua vita sia perfetta così.

Come al solito, il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Kate.

Eeeee niente, buona lettura.

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Capitolo 12
*** Dove stai andando? ***


Kate

Mi sveglio riposata, piena di energia e di ottimismo con un gran sorriso, anche se continuo a tenere gli occhi chiusi per restare concentrata sul contatto del suo braccio sul mio fianco nudo, del suo petto sulla mia schiena, della sua pelle sulla mia, del suo calore, del suo respiro, di lui che ancora sta dormendo nonostante la sveglia stia suonando.

Sono costretta ad allontanarmi per spegnere quel dannato aggeggio, ma lui rafforza la presa portandomi di nuovo contro il suo torace e sorrido di più quando sento le sue labbra sfiorare appena la mia nuca.

"Lasciala suonare", bisbiglia a contatto con la pelle della mia schiena provocandomi milioni di brividi.

"Jason... dobbiamo andare a lavorare", non vorrei alzarmi da questo letto stamattina, ma abbiamo entrambi degli impegni che non possiamo più prorogare.

"Perché l'hai detto?" Mi stringe ancora un po' di più, mentre il suono della sveglia è sempre più alto.

"Anche se non lo dico, dobbiamo alzarci comunque." Quel suono mi sta entrando nel cervello, ma quando sto per allontanarmi di nuovo, lui mi ferma.

"Non ti muovere di un solo millimetro." Fa scivolare il suo braccio da sotto al mio collo, per poi allungarsi sopra di me fino al mio comodino e spegnere la sveglia mentre io resto a godermi lo spettacolo del suo corpo totalmente privo di indumenti, che mi passa davanti agli occhi per poi tornare a stendersi al mio fianco restando in silenzio, abbracciandomi di nuovo stretta.

Fra le sue braccia... non ho fatto altro in questi due giorni che stare in questo comodo abbraccio che mi ha fatto stare decisamente bene, al sicuro, come non mi succedeva da troppo tempo. Nelle ultime quarantotto ore non ho avuto altro che conferme. Stare da sola con lui, senza distrazioni di alcun tipo, era ciò di cui avevo bisogno per tornare ad essere serena, per rinsaldare le mie convinzioni e il nostro rapporto. Avevamo solo bisogno di ritrovarci e sono incredibilmente felice che abbia avuto l'idea di passare insieme questi due giorni isolandoci dal mondo.

"Non voglio andare a lavorare...", mi dice a bassa voce interrompendo il flusso positivo dei miei pensieri.

"E cosa vuoi fare?", gli chiedo stringendo la presa delle mie mani intorno al suo braccio aderente al mio corpo.

"Voglio stare qui, così, perché quando ti alzerai da questo letto questi due giorni saranno solo un ricordo, come se non fossero mai esistiti..." Le sue parole sono una stretta al cuore e mi volto verso di lui lasciando che il suo braccio resti attorno al mio corpo.

Appoggio il viso al suo petto, esattamente sul suo cuore che sento battere calmo e regolare, ma la sua voce ha assunto una strana tonalità che non mi fa pensare a niente di buono, soprattutto per le parole che sono appena uscite dalla sua bocca.

Un'altra volta silenzio, io non so cosa dire, perché so che in parte ha ragione. Abbiamo passato due giorni meravigliosi, ma adesso dobbiamo necessariamente tornare alla normalità, alla nostra vita quotidiana fatta di impegni lavorativi di cui non possiamo fare a meno, e inevitabilmente non potremo isolarci dal mondo per restare nella bolla che ci ha protetto nelle ultime ore.

"Potremmo rifarlo... potremmo prenderci un paio di giorni ogni tanto solo per noi e spegnere i telefoni..." Jason mi stringe ancora posando il mento sopra la mia testa e incrociando le sue gambe con le mie prendendo un gran respiro.

"Sì... hai ragione." Mi bacia sulla testa, poi ci allontaniamo giusto per poterci guardare negli occhi. Il suo sorriso è triste, spento, e so che vorrebbe dire molto di più, ma non lo fa. Mi bacia sulla fronte e, lentamente, scivola via da me, fuori dal letto, per andare in bagno mentre io resto con lo sguardo rivolto alla porta dove l'ho visto sparire.

È come se tutto mi stesse sfuggendo dalle mani, ho paura, il suo silenzio mi fa paura, il suo finto sorriso mi fa paura.

Ho paura di me stessa, di non riuscire a tenere in piedi la mia vita, la nostra vita insieme e mi rendo conto che Jason ha ragione. Dal momento in cui mi alzerò da questo letto, le nostre vite rischiano di tornare a due giorni fa, quando riuscivamo a vederci a malapena e a parlarci ancora meno. Cosa dovrei fare se avesse davvero ragione lui?

Non voglio pensarci adesso, voglio dimostrargli che si sbaglia, che possiamo farcela, quindi mi alzo dal letto per poi indossare la sua camicia per andare in cucina a preparargli la colazione. Accendo la macchina del caffè, poi, prendo un paio di uova dal frigo, ma non appena chiudo lo sportello, lo vedo comparire sulla soglia vestito solo dei suoi boxer, una maglietta e del suo sorriso che sembra molto più sincero rispetto a qualche minuto fa.

Si avvicina e mi toglie le uova dalle mani. "Meglio se faccio io eh?" Mi prende in giro, lo fa sempre per le mie scarse attitudini culinarie, ma mi piace quando lo fa, amo quando lo fa.

"Non sai apprezzare la cucina originale..." Mi giro verso la macchina del caffè cercando di risultare presuntuosa e offesa, ma lo sento ridere e la cosa mi piace.

Con la coda dell'occhio vedo che posa uova e padellino sui fornelli e viene verso di me fermandosi alle mie spalle. Sento le sue mani sui miei fianchi che scivolano lente in avanti fino a fare una leggera pressione sulla pancia per portarmi all'indietro contro il suo corpo e le sue labbra sfiorano il mio collo fino all'orecchio al quale poi sussurra: "la tua cucina non è originale... sei un disastro in cucina, ma sei un disastro meraviglioso." Mi bacia il collo, la spalla coperta dalla sua camicia, poi si allontana lasciandomi senza fiato per tutte le sensazioni che mi ha appena fatto provare.

Perché non può essere sempre così? Perché ultimamente succede sempre qualcosa per cui ci allontaniamo?

"Kate... il caffè!" La voce di Jason mi riscuote dalle domande che stanno tornando a devastarmi la mente e mi affretto a preparare le nostre tazze sorridendogli per cercare di non fargli capire a cosa sto pensando.

Facciamo colazione ascoltando ognuno i programmi dell'altro per la giornata, poi lui va a fare la doccia ed io, dopo aver sistemato tutte le stoviglie nel lavandino, vado in camera per prendere gli abiti da indossare oggi in ufficio e l'occhio mi cade sul mio telefono lasciato sul cassettone spento da due giorni.

Lo prendo in mano, sto per accenderlo, ma cambio subito idea, tornando a posarlo sulla superficie di legno sulla quale è stato nelle ultime ore. Non voglio pensare al cellulare per i prossimi minuti, almeno fino a quando sarò con Jason perché ho paura di sapere quello che potrei trovarci.

Una volta che entrambi siamo pronti per uscire, scendiamo e lui si offre di accompagnarmi al lavoro con la speranza di poter passare a prendermi stasera così da poter rincasare insieme.

"A stasera." Mi saluta con un bacio prima di scendere dalla sua auto non appena accosta davanti all'edificio dell'azienda per cui lavoro.

"A stasera." Lo saluto allo stesso modo, poi scendo, restando a guardarlo fino a che non lo vedo più.

Entro nell'atrio e, nell'attesa dell'ascensore, prendo il cellulare che avevo confinato in un angolo della mia borsa, per accenderlo. In contemporanea al ding dell'ascensore, il mio telefono emette dei suoni che mi avvisano di alcune notifiche. Entro nella scatola di metallo premendo il pulsante del mio piano, poi porto la mia attenzione al display che mi indica l'arrivo di quattro messaggi e di una chiamata.

Controllo prima la chiamata, è di Yuri, poi apro i messaggi, tre sono del mio amico in cui mi diceva di essere preoccupato perché non rispondevo al telefono, ed ecco spiegata la telefonata, poi leggo il mittente dell'ultimo ed è come se il mio cervello andasse in black out, come se si resettasse e tornasse poi online con un unico pensiero.

Lui.

Ciao Kate, scusa il disturbo
Non ricordo il nome del file
sul quale abbiamo salvato le bozze dei contratti

Non dice niente di che, parla solo di lavoro, ma subito ho iniziato ad immaginare la sua voce, a ricordare di quando qualche sera fa lavoravamo seduti uno accanto all'altra e il suo profumo era ovunque perché non riuscissi a sentirlo.

Che cosa mi succede? Perché quando si tratta di lui, ogni cosa scompare, compresa io stessa e non c'è niente che possa fare o dire per riuscire a cambiare le cose, perché, per quanto tenti di allontanarmi, per quanto cerchi di non pensarci, mi basta leggere un suo messaggio per tornare a riempirmi ancora una volta, la testa di lui, dei suoi occhi, del suo sorriso e vorrei davvero che non fosse così, ma non riesco ad impedirlo.

Le porte scorrevoli si aprono, sono arrivata al piano ed esco, avviandomi verso la mia scrivania e la scena che mi si presenta mi fa accartocciare lo stomaco per il fastidio ingiustificato che sto provando.

Appoggiato con i gomiti al bancone della reception, riesco a riconoscere la sua figura di spalle, in piedi, vestito con il suo abito elegante da duemila e trecento sterline mentre parla con Megan, seduta dalla parte opposta e, quando sono ad un passo da loro, riesco a sentire le loro chiacchiere. Lui la sta invitando a pranzo e, per quanto non dovrei esserne sorpresa, non posso fare a meno di provare un enorme fastidio mentre gli passo accanto e noto la sua espressione da idiota.

"Ehi, ciao Kate!" Mi saluta allegra Megan

"Ciao." Cerco di risponderle usando il suo stesso tono.

"Ciao Kate." Poi, la sua voce, mi porta a volerlo guardare negli occhi, quegli occhi così azzurri che hanno sempre troppo potere su di me.

"Ciao Brant, scusa se non ho risposto al tuo messaggio, ma ho acceso solo adesso il cellulare." Gli sorrido cercando di non fargli capire cosa scatena in me la sua presenza, soprattutto se è in compagnia di un'altra.

"Non fa niente, non era urgente, ma se hai tempo, avrei bisogno di te più tardi." Non l'ha detto davvero... qualcuno mi dica che non l'ha detto davvero, che quello che ho appena sentito è solo frutto della mia immaginazione, che sto ancora sognando, che sono impazzita e sto avendo le allucinazioni, qualsiasi cosa, ma non questo!

"Ok..." Cerco di sembrare indifferente mentre poso la mia borsa sullo schienale della sedia, poi poso il cellulare accanto alla tastiera del computer che accendo, per poi mettermi a controllare eventuali messaggi lasciati da qualche dipendente nella posta interna.

"Allora ci vediamo a pranzo?" Chiede ancora lui, sto per rispondere, ma mi fermo quando sento la voce della mia collega.

"D'accordo." Alzo lo sguardo nella loro direzione, e mi accorgo che lui non lo stava chiedendo a me, lo stava chiedendo a lei, si stanno guardando, si stanno sorridendo, o meglio, lui le sta sorridendo, per poi allontanarsi senza degnarmi di uno sguardo.

E, so che i miei pensieri sono del tutto irrazionali, che sto mandando all'aria tutti i buoni propositi che vivevano nella mia testa fino a pochissimi minuti fa, ma in questo momento vorrei solo buttare all'aria la scrivania e urlare con tutto il fiato che ho in corpo per poter sfogare questa stupida e assurda frustrazione che so perfettamente, non ha motivo di esistere, eppure c'è, è qui, da qualche parte dentro di me e la cosa sta diventando insopportabile.

"Dove vai?", mi chiede con sorpresa la mia collega quando si accorge che mi sono alzata di scatto dalla mia sedia.

"Torno subito." Non voglio darle spiegazioni, non sarei in grado di farlo, e mi allontano sotto il suo sguardo curioso per andare a chiudermi cinque minuti in bagno per tentare di riprendermi e darmi una regolata.

Mi piazzo davanti allo specchio e osservo la mia immagine così uguale a quella che ho visto a casa poco fa, eppure così diversa nei pensieri che mi stanno attraversando la mente. Jason aveva ragione e io torto. Lontana dal mio letto, dal mio piccolo mondo fatto di me e di Jason, tutto cambia e, mentre le carte si rimescolano ad una velocità insostenibile per me, mi perdo nel vortice di tutto quello che provo, combattuta tra l'amore che provo per il mio fidanzato, e quello che sento per la sola presenza di Brant.

"Devi darci un taglio, smettila di pensare, soprattutto smetti di pensare a lui. È Jason che ami, è lui che vuoi al tuo fianco per il resto della tua vita, è Jason che ti dà la sicurezza di cui hai bisogno..." è come se la Kate allo specchio iniziasse a parlarmi per dirmi cosa devo fare "...Brant non fa per te, è solo un capriccio, lascialo andare, non potrebbe renderti felice. È Jason il tuo futuro..." Armata di tutte queste belle parole, dopo essermi data una sciacquata al viso con l'acqua fredda, torno al mio posto di lavoro senza riuscire a passare inosservata a Megan.

"Ci sono problemi Kate?", mi chiede avvicinandosi con la sua sedia alla mia.

"No... ho solo dormito poco..." Lei sorride maliziosa e mi fa uno stupidissimo occhiolino.

"Oh beh... allora il tuo week end è andato più che bene..." dice allusiva mentre torna davanti al suo computer per rimettersi al lavoro.

È così, il mio week end è andato alla grande, peccato poi, che io riesca sempre a rovinare tutto con le mie stupide manie e fissazioni.

Mi metto anch'io al lavoro, concentrandomi più del solito per evitare di pensare a ciò che rischia di farmi perdere di vista le cose davvero importanti, e ci riesco bene fino all'ora di pranzo, poi, quando vedo Brant avvicinarsi e mi rendo conto di cosa sta per succedere, accelero i miei movimenti per recuperare la mia borsa e il mio telefono per scendere prima di loro due. Credo che mi metterei davvero ad urlare oggi se restassi chiusa con loro in ascensore.

Faccio il giro del bancone salutando Megan, ma non riesco ad allontanarmi di molto che qualcuno mi afferra per un braccio e non ho bisogno di voltarmi a guardarlo per sapere chi sia.

"Dove stai andando?", mi giro e vedo che mi sta guardando con le sopracciglia aggrottate come se fosse davvero confuso di vedermi andare via.

"Sto andando a pranzo!", rispondo ovvia.

"Da sola?", mi chiede ancora come se fosse una cosa impossibile da concepire.

"E con chi dovrei andare scusa?" Non vorrei rispondere così acidamente, ma non riesco ad evitarlo.

"Con me?" risponde ancora più ovvio di quanto non abbia fatto io.

La situazione è assurda. Perché mai dovrei andare con lui a pranzo quando ha chiesto a Megan di andare con lui?

"Ma se ti ho sentito chiedere a Megan di..."

"E hai pensato che ti avrei lasciato da sola per andare con lei?" Lo guardo senza rispondere, perché non credo che la sua domanda abbia bisogno di risposta. "Ho semplicemente chiesto a Megan di unirsi a noi, era ovvio e scontato che tu ci saresti stata." Improvvisamente mi sento meglio, come se con queste semplici parole avesse aggiustato tutto, e in realtà è proprio così.

Gli sono bastati una frase e un sorriso, ed io sono letteralmente ai suoi piedi, come succede sempre e mi odio per questo, ma sono costretta a mentire a me stessa per far tacere la mia coscienza.

"Oh..." esce stupidamente dalla mia bocca.

"Oh, è tutto quello che sai dire?", è decisamente divertito dalla mia risposta e dalla mia espressione. "Vado un attimo in bagno, vedi di non sparire" Lascia la presa sul mio braccio e si allontana mentre io mi sento una vera stupida.

Stupida, per aver provato la sensazione di fastidio nel vederlo parlare con Megan, nel sapere che avrebbero pranzato insieme loro due senza di me, e so che non dovrebbe importarmi di quello cha fanno, ma invece m'importa.

Stupida per aver pensato che Brant mi avrebbe lasciato pranzare da sola, e stupida perché non dovrei affatto pensare a niente di tutto questo quando ho un ragazzo meraviglioso che non fa altro che pensare a me.

Stupida e basta.

"Dov'è andato Brant?" La voce di Megan arriva fastidiosamente al mio orecchio mentre sono in piedi vicina agli ascensori.

"È andato in bagno, arriva subito", le dico mentre la guardo sistemare qualcosa all'interno della sua borsa.

"Ok, diglielo tu allora. Mi ha chiamata Alexander, è appena arrivato e mi sta aspettando sotto nei garage, dovrete fare a meno di me." Non appena finisce di pronunciare l'ultima frase sparisce all'interno dell'ascensore senza darmi nemmeno il tempo di rispondere.

E adesso mi ritrovo dal voler per forza essere l'unica a pranzare con lui, a volere con forza la presenza di Megan per paura di me stessa e delle mie reazioni.

"Eccomi..." Mi volto a guardarlo mentre si strofina ancora le mani umide. Dev'essersi sciacquato anche il viso perché noto una gocciolina sul sopracciglio destro e ho la forte tentazione di asciugarlo. "...dov'è Megan?" mi chiede senza guardarmi, ma cercando con lo sguardo la ragazza mora che se n'è appena andata.

"A dire la verità..."

"Non dirmelo..." Mi interrompe, poi mi guarda abbassando le spalle quasi rassegnato.

"Mi dispiace", gli dico sorridendo, anche se non mi dispiace affatto... no, invece mi dispiace... anzi no, non... Dio! Perché mi mette così in confusione quest'uomo!

"Ok" Sospira pesantemente, poi, posa una mano al fondo della mia schiena guidandomi verso gli ascensori, e sono io, stavolta, a sospira per quel contatto. "Allora... è andato bene il week end?", mi chiede quando si chiudono le porte e preme il pulsante per scendere all'atrio.

"Sì... bene", mi sento sempre a disagio a parlare di Jason con lui, e viceversa, come se loro fossero in grado di leggere i miei pensieri.

"Bene... Hai fame?" Si volta a guardarmi negli occhi ed io mi perdo per troppo tempo perché poi è di nuovo lui a parlare. "Kate?" Sorride, e a me viene la pelle d'oca quando mi sorride in quel modo.

"Sì scusa... dicevi?" Gli sorrido anch'io, ma sono certa che il mio sorriso non sia bello quanto il suo.

"Ti ho chiesto se hai fame." Mi sto affondando da sola, perché l'unica cosa che vorrei rispondergli quando mi guarda in quel modo è che sì, ho fame, ma non di cibo.

"Sì." Dalle mie labbra esce una mezza verità che, sono certa, mi porterà al disastro totale.

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SPAZIO ME

Prima di tutto vorrei fare tantissimi auguri di buon Natale a tutti, spero che abbiate passato una bella giornata.

Per quanto riguarda il capitolo, Kate è confusa.
Fino a che è al sicuro nel suo piccolo guscio sta bene perché non c'è niente che la confonde,
ma non appena rivede Brant, non appena ha un qualunque tipo di contatto con lui, Kate va completamente nel pallone

Il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Brant, e...

Eeeee niente, buona lettura.

(-82❤)

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Capitolo 13
*** Sei un cretino! ***


Brant

Kate ha uno strano comportamento oggi, sembra pensierosa e la cosa non è affatto logica, soprattutto dopo aver passato un paio di giorni in completo isolamento con quello che dovrebbe essere un fidanzato perfetto e impeccabile.

Avrebbe dovuto avere un aspetto radioso stamattina, sorridente, e un'espressione felice che avrebbe dovuto parlare da sola, spiegando chiaramente quanto stesse bene dopo essere stata con quel Jason, ma una volta di più, i miei sospetti sono confermati. Kate non sta bene con lui, o forse non sta bene e basta.

Per tutta la mattina è stata scostante, fin troppo fredda nei confronti delle persone, non solo nei miei, e non è assolutamente normale da parte sua questo comportamento. Lei è sempre così allegra, basta guardarla per avere più fiducia nella giornata e negli altri. Oggi, invece, quando la guardo, vedo solo inquietudine.

Non voglio chiederle niente di questi due giorni, non voglio dirle che l'ho vista in quel parco, ma posso riuscire a farla stare meglio, so che posso farlo. Sorride sempre quando è con me, ci sono riuscito tutte le volte, e oggi non sarà diverso. Voglio vederla sorridere, e voglio che sia prima di subito.

"Sono stato da mia madre l'altro giorno." Alza lo sguardo guardandomi con aria interrogativa. Adesso ho tutta la sua attenzione, ma non continuo perché aspetto che sia lei a chiedermi qualcosa, voglio coinvolgerla, voglio renderla partecipe della mia vita.

Le porte dell'ascensore si aprono, ed io mi incammino verso l'atrio senza guardare se lei sia dietro, ma sento il rumore dei tacchi delle sue scarpe, esattamente alle mie spalle, farsi più veloce fino a che la vedo spuntare al mio fianco.

"Hai intenzione di dirmi altro o era una frase così a caso?" Sta per sorridere, lo vedo, e non chiedo altro.

"Dipende." Apro le porte poi le faccio cenno di uscire, lei mi precede, e il mio sguardo cade ancora sul suo lato b, che non dovrei guardare, ma non posso farne a meno in questo momento dato che la sua giacca è troppo corta e lei è perfettamente fasciata dentro a quei pantaloni neri.

"Da cosa?" Si ferma appena fuori e si volta a guardarmi incrociando le braccia al petto.

"Sto per rivelarti una cosa che potrebbe compromettere la mia reputazione." Le metto un braccio intorno alla vita, avvicinandola al mio fianco, e la invito a camminare per raggiungere il bar dove pranziamo di solito.

"Quale reputazione Brant?" Il suo tono di voce è divertito mentre si lascia accompagnare fino al locale dove, di nuovo, le apro le porte per lasciarla entrare prima di me.

Il cameriere ci riconosce e ci invita a seguirlo mostrandoci un tavolo al quale ci sediamo e ordiniamo più o meno le solite cose, ma in questo momento non è il menu che mi interessa. L'espressione incuriosita di Kate è molto più affascinante.

"Allora Brant... quale reputazione?" Kate incrocia le braccia, poggiandosi all'indietro con la schiena alla sedia, ponendomi di nuovo la domanda a cui non ho risposto poco fa.

"Sono stato da mia madre che mi ha preparato il pranzo in vari contenitori da portare via, e così, come un bambino ubbidiente, sono stato da loro e mi sono fatto coccolare come un cocco di mamma." Kate sorride, veramente, e sinceramente. Sorride.

"Sei un cretino", mi dice sorridendo ancora di più.

"Un cretino totale, ma so farti ridere, e questo è quello che conta." Non mi è mai importato così tanto far ridere una persona, ma con lei è diverso.

Sapere che Kate ride a causa mia, mi riempie di una soddisfazione immensa e la cosa mi sta piacendo fin troppo. Sono ormai legato a lei, non ho ancora capito in che modo, ma di Kate m'importa davvero.

"È questo che piace di te alle ragazze?" Mi chiede poggiando i gomiti al tavolo.

"Ma mi hai visto bene?" Lei sorride ancora, fino a vederle spuntare un paio di piccole fossette che si vedono solo quando il suo sorriso è davvero ampio e sincero. "È palese che piaccio alle ragazze... a tal proposito, non capisco perché Megan continui ad ignorarmi." Kate alza platealmente gli occhi al cielo, per poi appoggiare i gomiti al bordo del tavolo e guardarmi dritto negli occhi.

"Megan è una ragazza intelligente, deve aver capito che sei un cretino." Arriva il cameriere, interrompendoci per qualche secondo posando i nostri piatti davanti a noi, ma io non riesco a toglierle gli occhi di dosso. Non ho nemmeno ringraziato il cameriere prima che si allontanasse. Il fatto è che mi piace davvero troppo vederla sorridere, e l'espressione che ha in questo momento, è una di quelle che voglio memorizzare.

L'atmosfera, adesso, è decisamente meno tesa, più rilassata, ed era esattamente questo che volevo ottenere. Parlare con lei, passare del tempo con lei mi è mancato ieri quando non è venuta al lavoro e ho dovuto pranzare da solo, e non si tratta solamente del fatto di non aver mangiato in compagnia perché è proprio della sua compagnia che ho sentito la mancanza.

Stavolta, non ha voluto sentire ragioni, e non sono riuscito ad offrirle il pranzo, ma non importa, quello che conta è essere stato allo stesso tavolo con lei, aver riso e parlato senza condizionamenti o pregiudizi di alcun tipo, solo con la voglia di confrontarsi e conoscersi. È questo quello che succede con Kate.

"Come va con Joseph?", mi chiede mentre usciamo dal bar con tutta calma.

"Chi?", le chiedo non sapendo a chi si riferisca e la vedo sorridere di nuovo. Kate è bella.

"Se ti dico Jeff va meglio?" Il suo tono di voce è più che divertito. Anche la sua espressione lo è, lo posso vedere anche se la sto guardando solamente di profilo camminando al suo fianco verso l'ingresso dell'edificio nel quale lavoriamo.

"Ah... lui... Non va affatto meglio, anzi ogni giorno sembra peggiorare, ma forse lo spostano ad un'altra zona o magari lo promuovono, o forse Wilson si renderà presto conto che non alcun bisogno di lui e me lo toglierà dalle palle." Entra prima di me, attraversiamo insieme l'atrio fino agli ascensori, poi veniamo interrotti dal suo telefono che suona e il cambio repentino della sua espressione, mi fa chiaramente capire chi ci sia dall'altra parte. "Io vado." Non voglio ascoltare la sua telefonata e decido di lasciarla da sola, ma non faccio in tempo ad allontanarmi che lei mi fa cenno di no con la testa mentre si porta il cellulare all'orecchio.

"Pronto..." Mi ha indirettamente chiesto di restare e, anche se non vorrei affatto essere qui per guardarla parlare al telefono con mister perfezione, non posso negarle la mia presenza. "Ehi, ciao..." Anche la sua postura è cambiata, ora è più rigida, e i suoi occhi sono impenetrabili. "...non fa niente..." Il tono di delusione nella sua voce è innegabile. Deve averle dato di nuovo buca. "...prendo la metro, non preoccuparti..." Non posso, e non voglio conoscere i motivi per i quali lui continua a trascurarla, ma vedere il suo sorriso sparire da un momento all'altro, non mi piace affatto. "...ci vediamo a casa... sì, ciao." Riaggancia mostrandomi un sorriso troppo tirato e troppo finto perché non faccia qualcosa per risolvere la situazione.

Arriva l'ascensore, le porte si aprono ed entriamo restando in silenzio. Non è il momento questo per farle domande stupide su quella stupida telefonata del suo stupido fidanzato, ma non mi piace vederla così. Le lascerò qualche momento per raccogliere le idee, non voglio metterla a disagio in mezzo a questi due sconosciuti che hanno preso l'ascensore con noi, ma devo escogitare qualcosa per far tornare il suo viso disteso come qualche minuto fa.

Una volta arrivati al nostro piano, la saluto notando che la vanitosa Megan non è ancora rientrata dalla sua pausa, poi, mi dirigo a passo spedito nel mio ufficio per pianificare la mia piccola missione. Devo finire di redigere questi due contratti che ho lasciato in sospeso poco prima di scendere a pranzo, poi posso dedicarmi al mio piano.

Un'ora più tardi, dopo aver consegnato a Wilson le bozze da controllare, passo davanti alla scrivania della reception dove trovo entrambe le ragazze intente in alcune telefonate. Passo quasi inosservato ai loro occhi mentre mi reco alle macchinette del caffè per prendermi una bottiglietta d'acqua, ma quando ripasso davanti a loro, mi avvicino al bancone e aguzzo la vista alla ricerca del cellulare di Kate. Di solito lo lascia vicino alla tastiera del computer, ed è esattamente lì anche stavolta. Approfitto della distrazione delle due ragazze che stanno controllando qualcosa sul monitor di Megan, quindi allungo la mano, afferro il telefono e lo infilo nella tasca della giacca, poi, con grande indifferenza, mi allontano tornando nel mio ufficio.

Mi siedo alla mia scrivania e mi metto a controllare il lavoro che ho svolto poco fa in attesa che Kate si accorga del piccolo furto che ha appena subito da parte mia, e sorrido quando sento suonare il telefono dell'ufficio con il tono che si riferisce a quello di una chiamata interna.

"Sì?" Chiedo con noncuranza.

"Per caso hai notizie del mio cellulare?" Se n'è accorta e ha capito che sono stato io. Mi piace questa cosa che ci capiamo al volo.

"Forse... ma lo saprai solo se verrai qui." Sono certo che stia alzando gli occhi al cielo. Non ho alcun dubbio su questo.

Non mi risponde, sento solo riagganciare e mi sistemo meglio con la schiena sulla sedia aspettando di vederla entrare da un momento all'altro.

Un paio di brevi colpi alla porta. "Avanti!", dico ad alta voce per poi vederla entrare con aria contrariata, ma divertita.

"Questa cosa del rapimento del telefono andrà avanti ancora per molto?", mi domanda avvicinandosi alla mia scrivania.

"Fammi pensare...", le dico mettendo due dita sul mento facendo poi finta di pensare. "...sì." Rispondo con sicurezza alla sua domanda.

Ed eccola lì, che alza gli occhi al cielo mentre scuote leggermente la testa. "Quindi... qual è il riscatto da pagare stavolta?" Incrocia le braccia al petto osservandomi con attenzione.

"Quello." Le indico il piccolo tiro a segno che ho montato stamattina poco dopo essere arrivato.

"Vuoi dire che metterai la tua faccia da cretino lì davanti e devo colpirti con soddisfazione?", mi chiede prendendomi in giro.

"Voglio dire che ti sfido. Se perdi, dovrai accompagnarmi a fare la spesa." Mi fermo, restando in attesa di una sua reazione che sono sicuro non tarderà ad arrivare.

"E se vinco?", mi chiede con aria sospettosa.

"Avrai l'onore di passare del tempo con me." Le sorrido come un fottuto idiota, perché è quello che sono, ma mi sta bene essere un idiota quando la vedo sorridere in quel modo.

"Che razza di scommessa è?", mi domanda con aria interessata.

"Quella che mi permette di vederti di nuovo di buonumore." Le parole mi sono uscite da sole e non so se l'ho messa a disagio o in imbarazzo perché abbassa lo sguardo, mentre il suo sorriso si spegne un po'. Che diavolo ho sbagliato stavolta?

"Brant..." Torna poi a guardarmi, pronunciando solamente il mio nome che sembra avere un suono migliore quando esce dalle sue labbra.

"Forza voglio stracciarti." Non le do modo di ribattere. Mi avvicino al piccolo bersaglio appeso al muro alle mie spalle, stacco le freccette e vado verso di lei.

"Brant..." Mi richiama con scarsa convinzione.

"Verdi o rosse?" Le porgo le freccette da scegliere, tentando di convincerla ad accettare.

A quel punto sospira rassegnata, e un piccolo sorriso lotta per spuntare sulle sue labbra.

"Rosse", risponde remissiva prendendo i piccoli oggetti appuntiti dalle mie mani.

"Ok... prima le signore." La invito a tirare per prima restando leggermente dietro di lei.

Osservo Kate apprestarsi al tiro. Prende una freccetta rosse nella mano destra, lasciando le altre due in quella sinistra. Alza il braccio mentre mira al bersaglio di fronte a noi, poi lancia e la sua freccetta cade miseramente a terra.

"Kate Cooper sei davvero scarsa!" La prendo in giro affiancandomi a lei per poi prendere la mira mentre la sento ridere e sono certo di non aver mai sentito suono più bello.

"Vediamo cosa sai fare tu...", mi sfida restandomi accanto.

A quel punto mi concentro, chiudo un occhio e tiro. La mia freccetta verde finisce ad un paio di centimetri dal centro e non posso evitare di guardarla con aria di superiorità. "Direi che non si mettono bene le cose per te", le dico facendo un passo indietro, lasciandole più spazio per completare il suo turno che finisce quasi nello stesso modo di prima. La sua freccetta resta in bilico sul bordo del bersaglio. "Io stasera finisco alle sei, tieniti pronta", le dico ridendo mentre mi preparo al mio secondo tiro e, non appena lancio la mia freccetta, sentiamo bussare alla porta. Ci voltiamo subito entrambi e vediamo entrare il mio capo che ci guarda con aria confusa.

"Signor Wilson...", la voce di Kate tradisce un velo di preoccupazione, e non è da meno il suo sguardo mentre mi osserva in cerca d'aiuto tenendo ancora stretta tra le mani l'ultima freccetta.

"Che succede qui?" Chiede lui avvicinandosi alla mia scrivania con un plico di fogli in mano.

"Niente... solo una piccola scommessa..." Mi allontano da Kate che è rimasta ferma, in totale imbarazzo ed io non posso non sorridere per la sua espressione.

"Brant questi sono tutti in ordine, fanne una copia definitiva così poi li posso firmare." Il mio capo mi porge i fogli che ha in mano.

"Ok, credo di riuscire a finire entro un paio d'ore." Lui annuisce per poi apprestarsi ad uscire, ma si ferma sulla soglia per poi voltarsi un'altra volta verso di noi.

"Kathleen avrei una busta da spedire, ho ancora tempo prima che passi il ragazzo delle consegne?" Si rivolge direttamente alla ragazza rimasta immobile sul posto alle mie spalle, ed io mi volto a guardarla aggrottando le sopracciglia.

"Sì, certamente..." Kate, mi si avvicina mettendomi in mano l'ultima freccetta che le restava da tirare e sta per allontanarsi quando la blocco, trattenendola per il polso per poi bisbigliare, tentando di non farmi sentire da Wilson.

"Ci vediamo alle sei, Kathleen." Rimarco il suo nome per intero, che sento oggi per la prima volta, con forza. Lei mi mostra un sorriso tirato, poi si incammina verso Wilson che è rimasto ad aspettarla, ed io credo di avere sulla faccia un enorme sorriso da idiota.

Alla fine sono riuscito nel mio intento. Lei è di nuovo di buonumore, e comunque avrò altro tempo da passare con lei per riuscire a fare in modo di rafforzare la sua allegria appena conquistata. Mi rimetto quindi al lavoro per essere sicuro di finire in tempo per le sei, ma dopo qualche minuto, il telefono sulla mia scrivania si mette a suonare segnalandomi l'arrivo di una chiamata interna.

"Dimmi Kathleen", sorrido nel pronunciare il suo nome.

"Non mi hai restituito il telefono", mi dice con voce non realmente contrariata anche se sta tentando di farmi credere il contrario.

"Alle sei lo riavrai, Kathleen" Non posso vederla, ma sono certo stia ruotando gli occhi all'indietro.

"Piantala di chiamarmi così" Il suo tono di voce è divertito, ma qualcosa mi dice che quello che ha appena detto abbia un fondo di verità. Forse non le piace il suo nome per intero, o forse preferisce Kate. Devo ricordarmi di approfondire questo punto.

"Forse... a dopo" Riaggancio senza darle modo di rispondere per poi rimettermi al lavoro.

Riesco a finire una decina di minuti prima del previsto, mando in stampa i documenti e avviso il mio capo che tutto è pronto. Infilo la giacca, mi assicuro di avere ancora il telefono di Kate in tasca, spengo il computer, sistemo tutto per poter uscire dal mio ufficio ed andare a recuperare la mia collega che, sono certo, mi stia aspettando.

Quando mi avvicino, la trovo impegnata in una telefonata mentre Megan si è appena alzata dalla sua sedia andando in direzione dell'ufficio dell'elegantone, ed io non posso evitare di sbuffare infastidito nel vedere quanto lei gli corra dietro come un cagnolino.

Mi appoggio al bancone e, non appena vedo che ripone la cornetta del telefono, alza lo sguardo su di me. "Sei pronta?", le domando con un gran sorriso.

"Dammi un minuto" Sorride anche lei, poi osservo ogni suo movimento mentre sistema la sua scrivania. Infila la sua giacca e mi raggiunge per poi camminare al mio fianco fino all'ascensore. "Comunque non hai vinto." Mi dice dopo aver premuto il pulsante rosso di chiamata.

"Sei seria Kate? Pensi davvero che avresti avuto qualche possibilità?" Mi giro a guardarla con aria falsamente sconcertata.

"L'unico fatto certo è che tu non hai vinto." Non risponde realmente alla mia domanda, poi le porte si aprono e la seguo all'interno dell'ascensore.

"Ti attacchi davvero a questi stupidi dettagli? È palese che avrei vinto, e la dimostrazione è che sei qui", affermo con certezza, sicuro di quello che dico.

"Sono qui perché hai ancora in ostaggio il mio telefono", mi dice senza guardarmi, ma sorridendo ampiamente.

È in quel momento che afferro il suo telefono dall'interno della mia tasca e lo metto davanti a lei per permetterle di prenderlo. Kate si volta a guardarmi e resta così per qualche secondo, come se si fosse incantata. C'è qualcosa nei suoi occhi, qualcosa che non riesco ad interpretare, ma è qualcosa che mi piace vedere.

"Grazie", mi dice poi prendendo il cellulare dalla mia mano per poi tenerlo stretto nella sua fino a quando le porte si riaprono permettendoci di uscire ed avviarci, attraverso il garage, fino alla mia auto.

"Hai un supermercato preferito?", le chiedo mentre si sta mettendo la cintura.

"A dire la verità no." Con la coda dell'occhio la vedo digitare qualcosa sullo schermo del suo telefono, ma non le chiedo niente. Probabilmente sta avvisando mister perfezione dei suoi spostamenti.

Metto in moto e faccio manovra per uscire all'esterno. "Prepara Google Maps, ne avremo bisogno", le dico mentre mi immetto in strada, diretto ad un supermercato qualunque con l'unico intento di farla, e vederla sorridere con me e per me. 



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SPAZIO ME

Ma io non so che dire. Il loro è un rapporto strano, ma sono indiscutibilmente legati.
Lui trova ogni scusa per trascinarla con sé anche solo per fare la spesa.
Lei, nonostante tutti i suoi buoni propositi, quando se lo ritrova davanti, non è capace di dirgli di no.

Il prossimo capitolo, che spero di non pubblicare più così in ritardo, sarà dal punto di vista di Kate.

Eeeee niente, buona lettura.

(-67❤)

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Capitolo 14
*** In un certo senso... ***


Kate

Sabato, la giornata è splendida, decisamente primaverile. Mia sorella mi ha buttato giù dal letto quando si è attaccata al citofono ed ora sto cercando di riprendermi sotto il getto dell'acqua per potermi preparare alla solita uscita settimanale con lei.

Jason non c'è, lavora anche oggi per alcune difficoltà sorte al progetto di cui si sta occupando con tutte le sue energie. Ieri sera è tornato tardi, molto più tardi di me. Quando sono rientrata dal mio giro al supermercato con Brant, pensavo che l'avrei trovato a casa ad aspettarmi, ma mi sbagliavo. Ho fatto in tempo a sistemare le cose che ho comprato, a mangiare un toast, a leggere tre capitoli del libro che ho sul comodino e mi sono anche addormentata, ma non l'ho sentito infilarsi nel letto.

Stamattina, quando mi sono svegliata, mi sono voltata subito dalla sua parte. Le coperte erano in disordine e c'era un biglietto sul cuscino che mi sono affrettata a leggere.

Mi dispiace Kate, devo lavorare anche oggi.
Ti ho lasciato un po' di caffè.
Ci vediamo stasera.
Ti amo

Jason

Ho emesso un grosso sbuffo di disapprovazione e sono andata ad aprire la porta a mia sorella che non smetteva di suonare. Lizzy mi ha chiesto subito se avessi qualcosa che non andava a causa della mia espressione, ed io le ho risposto che ero solo stanca. Ho omesso diverse cose per non dover parlare di quello che mi sta succedendo. Non mi piace avere dei segreti con lei, ma ho bisogno di elaborare ciò che sento e che provo prima di poterlo condividere con mia sorella.

Siamo uscite come quasi ogni sabato a fare la nostra colazione mentre io ho tenuto in ogni modo lontano ogni pensiero per non farle capire che non sto affatto bene e, stranamente, ci sono riuscita, forse perché mi sono concentrata su di lei, sulla sua vita e su ogni particolare che mi ha raccontato riguardante quel ragazzo che sta iniziando a frequentare. Sono la sorella maggiore, ed è giusto che io pensi a lei.

Dopo esserci salutate, ho deciso che non sarei tornata a casa per non dovermi ritrovare da sola con i miei pensieri. So che in questo momento ho bisogno unicamente di una persona e, anche se per lui è ancora decisamente presto per essere svegliato il sabato mattina, credo di essere disposta a sorbirmi un paio di lamentele per poter passare del tempo in sua compagnia.

Niente macchina, niente mezzi pubblici, il sole è stupendo oggi ed io ho assolutamente bisogno di camminare all'aria aperta, di perdermi con lo sguardo tra le persone che affollano le strade e alleggerire la testa distraendomi immaginando la vita di questi estranei che mi passano accanto senza degnarmi di uno sguardo.

Sta diventando tutto complicato. Fino a poche settimane fa, la mia vita era così tranquilla e semplice, che ero convinta di aver raggiunto il mio punto di equilibrio, il mio punto di partenza per la mia nuova vita da adulta. Poi è arrivato lui che senza fare niente di particolare, si è appropriato dei miei pensieri come se ne avesse ogni diritto, come se la sua sola presenza stesse cercando di dirmi che sto sbagliando tutto.

Arrivo sotto casa sua e suono, ma come mi aspettavo non arriva nessuna risposta. Suono di nuovo e ancora silenzio. Sono certa che sia in casa quindi riprovo con più energia, un po' come quando mi ha citofonato mia sorella stamattina, e mi interrompo, solo quando sento una voce alterata che tenta di articolare le parole.

"Ma chi diavolo è?" Dopo qualche parola incomprensibile arriva la sua voce un po' più chiara.

"Sono Kate", dico con voce dolce per tentare di arruffianarmi un po'.

"È per caso scoppiata la terza guerra mondiale?", risponde lui con tono infastidito, ma la cosa mi fa ridere.

"No, ma potresti perdere la tua migliore amica se non apri subito." Non risponde più, sento solo silenzio, e allora tento la carta della dolcezza. "E anche le due brioches alla crema appena sfornate che ho comprato solo e soltanto per te." Immediatamente sento il suono che avvisa che il portone è stato aperto.

Sapevo di far bene quando sono passata a comprargli la colazione e non avrebbe preso bene la mia visita di sabato, soprattutto perché è prima di mezzogiorno, e per lui è un momento sacro. Solitamente non lo disturbo mai, ma oggi ho davvero bisogno del mio migliore amico.

"Non sarebbe stato così grave perdere la mia migliore amica dato che mi sveglia all'alba di sabato." La sua accoglienza è indisponente come prevedevo, ma sono certa che non sia realmente arrabbiato.

"Ti voglio bene anch'io Yuri." Entro senza aggiungere altro mentre lui, vestito del suo pigiama, mi segue fino in cucina dove poso sul tavolo il sacchetto di brioches.

"Puoi fare il caffè finché mi lavo la faccia? Altrimenti non riuscirò a spiccicare più di due parole senza addormentarmi sul tavolo", gli sorrido per poi guardarlo allontanarsi.

Preparo la macchina del caffè mentre cerco nella mia mente le parole migliori per spiegargli il motivo della mia visita. Il suo interrogatorio si svolgerà tipo quelli che vedi alla tv, quando ti puntano una lampada in faccia e ti chiedono "Signorina Cooper, lei dov'era il quatto maggio del mille novecento novantasei alle sei e quarantaquattro?" Alla fine rido da sola dei miei stessi pensieri.

"Che c'è da ridere?", mi domanda lui serio entrando in cucina e sedendosi al suo posto.

"Niente, il caffè è pronto." Prendo le due tazze piene e le poso sul tavolo davanti a noi e noto il suo sguardo indagatore che non mi lascia nemmeno per un attimo.

"Se non è scoppiata la terza guerra mondiale, e tu non hai niente da ridere, mi spieghi che ci fai qui?" Avvicina la tazza alle labbra e sorseggia chiudendo gli occhi godendosi la sua dose di caffeina.

"Sono passata a trovare il mio migliore amico che ultimamente ho un po' trascurato." So che non servirà a niente fare la finta tonta, ma tentare non nuoce.

"Sul fatto che mi ha trascurato siamo assolutamente d'accordo, ma non credo che tu sia qui solo per vedermi. Sarebbe chiaro anche ad un cieco che qualcosa non va. Dovevi aspettare di arrivare a questo punto per venire da me?" Tengo stretta la tazza tra le mie mani senza guardarlo negli occhi perché ha ragione, ed io sono stata una pessima amica in questo periodo.

"Hai ragione Yuri, avrei dovuto farmi sentire più spesso." Sono stata così presa dalle mie paranoie, che ho messo ogni altra cosa in secondo piano e questo non è affatto giusto.

"Non è solo questo che intendo, anche se devo ammettere che dovrei tirarti le orecchie per questo, ma è ovvio che hai un estremo bisogno d'aiuto e non capisco perché ci hai messo tanto a venire da me." Alzo lo sguardo su di lui, ma non sono sorpresa che abbia capito perfettamente il mio stato d'animo con una semplice occhiata.

Mi capisce meglio di chiunque altro, non so come ci riesca, ma io e lui abbiamo sempre avuto un legame speciale, e so per certo, che non sbaglio quando vengo in questa casa per parlare con il mio migliore amico, perché non posso fare altro che sentirmi meglio.

"Si tratta di Jason?", mi chiede quando vede che io resto in silenzio per troppo tempo.

"In un certo senso..." Non completo la risposta, e cerco di trovare il modo migliore per spiegarmi.

"C'è un altro?" Allunga una mano afferrando il sacchetto delle brioches per afferrarne una e addentarla con gusto.

"In un certo senso..." Lui mi guardo corrugando le sopracciglia con aria confusa.

"Il tuo cervellino riesce ad elaborare altre parole o in certo senso la tua materia grigia è morta?" Rido delle sue parole, decidendomi, poi, a dire davvero qualcosa.

"C'è... c'è un ragazzo nuovo in ufficio da noi..." Lui inizia a scuotere lentamente la testa. "...abbiamo legato molto e..." Mi fissa immobile, in attesa delle mie parole. "...e io non riesco a togliermelo dalla testa." Yuri sbuffa pesantemente alzando il viso verso l'alto in chiara disapprovazione.

So che la sua reazione non è esagerata, e probabilmente avrei reagito come lui se i nostri ruoli fossero invertiti, eppure non mi piace comunque vederlo contrariato per quello che ho appena detto perché anche il mio migliore amico si è accorto di qualcosa che è cambiato in me e la cosa è decisamente destabilizzante.

Ammettere che qualcosa non va, vuol dire ammettere che sto sbagliando qualcosa nel gestire i miei rapporti e non so se sono pronta né ad ammetterlo, né ad accettarlo, perché la mia vita ne verrebbe sconvolta, tutte le mie certezze spazzate via e il rapporto con Jason sarebbe messo in discussione. Non è quello che voglio, non è quello che deve succedere.

"Raccontami quello che succede. Voglio sapere ogni più piccolo dettaglio, ogni parola, ogni sguardo, ogni cosa e non voglio che ti fermi fino a che non avrai vuotato il sacco." Gli sorrido grata per la sua pazienza, ma lo guardo confusa quando afferra anche l'altra brioches. "Non guardarmi così Katy. Ho tutti i diritti di mangiarmi entrambe le brioches. Mi hai svegliato all'alba per raccontarmi quanto Kathleen Cooper non sia così perfetta come mi ha fatto credere in tutti questi anni. Ho bisogno di energie per riprendermi dallo shock." Scuoto leggermente la testa alle sue parole mentre sorrido.

"Ok... allora comincio, sei pronto?" Lui annuisce vigorosamente ed io inizio a raccontargli tutto dall'inizio. Dalla sensazione di angoscia e ansia che mi ha accompagnato per giorni, a quella che mi ha preso alla bocca dello stomaco quando Brant si è presentato a me per la prima volta, ai pranzi insieme, alle uscite, al telefono preso in ostaggio, insomma ogni cosa che riguardi il mio avvicinamento costante al ragazzo nuovo dagli occhi azzurri che mi bucano l'anima.

Ovviamente non è mai stato per troppo tempo in silenzio. Yuri mi ha interrotto spesso, con domande, esclamazioni colorite e momenti di disapprovazione, ma è stato attentissimo a non perdere nemmeno una parola del mio racconto che ha portato via tutta la mattina.

"Katy, questa cosa finirà malissimo se non ci metti un freno." Alla fine delle nostre chiacchiere, siamo finiti sul divano, dove mi lascio abbracciare per cercare il conforto di cui sento fortemente il bisogno.

"Questa cosa non deve nemmeno iniziare. Io amo Jason, lo amo davvero, e lui ha occhi solo per Megan. Non potrebbe mai funzionare tra noi e non voglio mettere a rischio il mio rapporto con Jason per una stupida attrazione, perché è solo di questo che si tratta." Lo affermo con convinzione, anche se dentro di me non ne sono così convinta.

"E allora non avrai difficoltà a tenerlo lontano no?", mi chiede mentre mi accarezza dolcemente la schiena.

Veniamo interrotti dalla vibrazione del mio telefono che mi avvisa dell'arrivo di un messaggio. Lo prendo dal tavolino dove l'avevo appoggiato poco fa e non riesco a trattenere un sorriso nel leggere il nome del mittente. So bene che non avrei dovuto sorridere, ma le mie labbra si sono piegate all'insù senza che io riuscissi a controllarle.

"Chi è?", mi domanda il mio migliore amico scrutandomi con attenzione.

"È... è un messaggio di Brant", ammetto con imbarazzo.

"Katy, Katy, sei un caso perso... cosa dice?"

"Mi ha chiesto se sono sola" So che quando me lo chiede è perché vuole chiamarmi, ma in questo momento, nello stato d'animo in cui mi trovo e per la presenza del mio migliore amico, non credo sia opportuno dirgli di sì.

"Digli di no", mi intima Yuri incrociando le gambe sul tavolino di fronte a noi.

Acconsento alla sua richiesta dicendomi che è la cosa migliore da fare. Yuri ha ragione, devo mettere un freno a lui e a tutto quello che succede dentro di me quando mi è vicino. Digito no e invio, poi blocco lo schermo e lo poso di nuovo sul tavolino, ma non faccio in tempo ad appoggiarmi al petto del mio amico che il cellulare vibra di nuovo.

Nonostante le proteste di Yuri, leggo il messaggio in risposta.

Posso chiamarti comunque, 
si tratta di lavoro...

"Devo chiamarlo, è per lavoro", mi giustifico stupidamente con il mio amico che non la prende molto bene.

"Kate sei una receptionist, non la sua segretaria, che diavolo può volere da te?" Le sue rimostranze sono più che legittime, ma come al solito, quando si tratta di Brant la mia obiettività va dritta, dritta nello sciacquone.

"Ricordi quando ti ho detto che c'è stata quella sera in cui l'ho aiutato a finire quel lavoro che lui aveva dato a Megan?"

"Sì", mi risponde quasi sbuffando.

"Sono sicura che si tratti di quello. Qualche giorno fa ha avuto dei problemi con il nome della cartella in cui avevamo salvato i file", gli spiego prima di avviare la chiamata.

"Ma ti rendi conto di che scusa del cazzo che ha usato?" Lo guardo non capendo a cosa si riferisca. "È ovvio che Mister occhi azzurri stia cercando qualcos'altro da te, e ovviamente non sto parlando di lavoro." Scuoto energicamente la testa contrariata per ciò che ha appena detto.

"Ma che stai dicendo? Lui vuole Megan, te l'ho spiegato prima. Sta cercando un modo per uscire con lei, non con me", gli rispondo stizzita senza dargli modo di dire altro, e faccio partire la chiamata avvicinandomi alla finestra.

"Ehi ciao, scusami davvero Kate, non volevo disturbarti." La sua voce è sempre una carezza che arriva in ogni punto del mio cervello.

"Tranquillo, nessun problema. Di cosa avevi bisogno?" So che Yuri ha ragione, e devo assolutamente mettere in pratica quello che ha detto, quindi vado dritta al sodo senza dargli nessuna confidenza.

"Ho cancellato il file, sai quello che avevo salvato sulla pennetta usb quando abbiamo lavorato insieme? Volevo lavorarci oggi e invece l'ho cancellato, non è che tu in qualche modo hai la possibilità di entrare negli uffici anche di sabato?" Mi porto la mano libera sulle tempie per stringerle con forza mentre chiudo gli occhi trattenendo il respiro. Come diavolo faccio a tenerlo lontano?

Quando sono ad un passo nel riuscirci, lui trova sempre il modo di riprendermi, come se avesse un filo invisibile che tira a suo piacimento non appena si accorge che sta diventando troppo teso per il mio allontanamento. Dovrei dirgli di no, che non ho le chiavi degli uffici, che sono impegnata con Jason, che può chiedere a Megan perché anche lei ha le mie stesse chiavi, eppure quel no che dovrei pronunciare, resta sempre lì sulla punta della lingua.

"Sì certo." Le due parole escono incontrollate dalle mie labbra prima che abbia la possibilità di riuscire a fermarle e ormai non posso più rimangiarle.

"Davvero? Kate mi salvi la vita!" L'entusiasmo con il quale pronuncia quelle parole mi porta a sorridere a dismisura sotto lo sguardo minaccioso del mio amico. "Potremmo andarci? Voglio dire ora?" La sua richiesta mi mette agitazione. Nonostante me l'aspettassi, mi mette comunque agitazione perché so che lo rivedrò a breve e la sua vicinanza è sempre difficile da gestire per me.

Con le labbra, mimo al mio migliore amico, che Brant mi ha chiesto di vederci ora e lui, nello stesso silenzio, mi ordina chiaramente di dirgli di no.

"Ascolta... io adesso non posso..." Yuri continua a fare grandi cenni con le mani, con le dita, tutto per dirmi di non acconsentire a questo incontro fuori programma. "...è che non sono a casa..." Yuri non smette di gesticolare, ma la speranza che ho sentito nel tono di voce di Brant, mi porta a dire quello che non avrei dovuto dire. "...va bene se facciamo dopo pranzo?"

"Sì... sì va benissimo. Ci vediamo direttamente lì?" Dal suo tono di voce, è ovvio quanto avesse bisogno del mio aiuto. Come avrei potuto negarglielo?

"Va benissimo... allora, ciao..." Lo saluto, cosa che fa anche lui e, quando riaggancio, la faccia contrariata di Yuri mi sta guardando con delusione.

"Kate!" Mi rimprovera e so che ha ragione, ma non ce l'ho fatta a dire di no.

"Lo so, lo so, ma aveva bisogno di quel file, l'ha cancellato per sbaglio e..." So benissimo che sto accampando scuse. Non era affatto una questione di vita o di morte, ma sapere che avrebbe potuto ricevere un richiamo o qualcosa del genere quando io avrei potuto fare qualcosa per evitarlo, mi ha impedito di dire di no.

"Ok, ok, ho capito." Piega una gamba sotto al ginocchio per voltarsi nella mia direzione e mette le mani sulle mie spalle. "Allora... abbiamo tempo ancora un paio d'ore. Adesso mi ascolti bene e ti metti bene in testa quello che ti dico e vedrai che andrà tutto bene ok?"

E così faccio. Lo ascolto per tutto il tempo, senza quasi mai fiatare, lasciandomi guidare dai suoi consigli perché so che è la cosa migliore da fare dal momento che la mia lucidità scompare quando si tratta di prendere decisioni riguardanti Brant.

Yuri ha ragione quando dice che è sicuramente attrazione fisica, probabilmente c'è dell'altro, ma è qualcosa che deve rimanere sepolto per il bene di tutti, soprattutto del mio. Ed è quello che farò. Tratterò Brant come un amico soffocando le sensazioni che mi regalano i suoi occhi quando si posano su di me, o quelle che provo quando le sue mani si appoggiano sulla mia schiena quando mi accompagna alla porta, o ancora quelle che esplodono nel mio cuore quando lui sorride.

Il mio migliore amico ha ragione anche quando dice che evitarlo potrebbe essere controproducente, che potrei solo che peggiorare la situazione, quindi mi ha consigliato di continuare a comportarmi normalmente con lui, ma sempre tenendo ben presente che lui è, e deve rimanere un amico, niente di più.

Non posso permettere che la mia relazione con Jason venga distrutta. Amo Jason. Brant mi piace, ma devo ricordarmi che non possiamo essere nient'altro che amici.

Ed è con questa convinzione che esco da casa del mio migliore amico dirigendomi verso l'ufficio dove Brant mi aspetta, ma non prima di aver inviato un messaggio al mio fidanzato, dicendogli quanto lo amo e quanto mi manca.

È Jason la mia vita.


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SPAZIO ME

Eccoci qui con un nuovo capitolo. Kate ha deciso di mettere un punto a Brant, ma ci riuscirà?

Prossimo capitolo dal punto di vista di Brant, vedremo cosa succederà in ufficio.

Eeeee niente, buona lettura.

(-61❤)

 

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Capitolo 15
*** Leen ***


Brant

La temperatura esterna oggi sembra piacevole, ma non voglio rinunciare alla giacca di pelle.

"Dove vai?" La voce di Zac attira la mia attenzione mentre sto passando dalla mia camera alla cucina.

Non mi ero nemmeno accorto che si fosse alzato. Ieri sera abbiamo fatto tardi ed ero convinto che non si sarebbe svegliato fino al primo pomeriggio, e invece è già all'opera con la sua parte di pulizie.

"In ufficio... Come mai già in piedi?", gli domando mentre raccoglie i cuscini del divano dal pavimento.

"Devo andare dai miei, e tu perché vai in ufficio di sabato?" Mi guarda sospettoso, come se gli nascondessi qualcosa.

"Ho cancellato un file per sbaglio e... ma da quando ti devo spiegazioni?" Mi interrompo subito, evitando di raccontargli ogni particolare che mi ha portato a chiamare Kate.

"Era solo per sapere..." Il suo sguardo è palesemente ironico. "...non ti ho mai visto andare in ufficio di sabato, vestito così..." Si avvicina e indica la mia giacca. "Per caso c'entra quella Megan di cui mi parli sempre?" Le sue parole e il suo stesso tono di voce contengono più di un'allusione.

"Sei un deficiente Zac..." Lo ignoro andando verso la cucina per prendermi un po' d'acqua. La corsa di stamattina mi ha messo particolarmente sete.

"Dai, non dirmi che non ci hai mai pensato a farlo in ufficio... magari sulla tua scrivania..." Mi dà una leggera pacca sulla spalla e me lo ritrovo poi davanti in attesa di una risposta che in realtà non arriverà.

"Piantala di fare il coglione Zac e finisci la tua parte prima di uscire." In realtà, quello che mi ha appena detto, mi è passato più volte per la testa, e la frustrazione per non aver concluso ancora niente con Megan è sempre più alta.

"Sei noioso Brant", mi dice quando sto uscendo dalla stanza, mentre vado dritto verso la porta, ma lui non molla la presa e mi segue. "E allora chi è?", mi fermo poco prima di mettere la mano sulla maniglia e mi volto a guardarlo.

"Che cazzo vuol dire chi è?" Il mio amico incrocia le braccia al petto e mi risponde con tono ovvio.

"Chi è la ragazza che devi vedere stamattina?"

"Perché pensi che si tratti di una ragazza?", gli domando restando sulla difensiva. Ci ha preso in pieno, ma non ho intenzione di rivelarglielo.

"Di sabato mattina in ufficio, senza giacca e cravatta, perfettamente rasato e con la giacca di pelle. Lo conosco il copione Brant..." Lascia la frase in sospeso. Non ha bisogno di terminarla, so bene quello che intende dire, ma stavolta si sbaglia.

"Zac è solo e soltanto lavoro, ma anche se fosse che t'importa?" Non voglio parlare di Kate con il mio coinquilino. Non voglio parlare di lei con nessuno in realtà.

"Era solo curiosità." Si volta e si allontana mentre parla ancora. "E comunque ti sei scaldato un po' troppo, e hai evitato la mia domanda... divertiti amico." Sparisce definitivamente dalla mia vista entrando in camera sua e non posso fare a meno di sbuffare infastidito dal suo atteggiamento e dal fatto che abbia ragione.

Esco di casa, dirigendomi verso gli uffici con uno strano senso di nervosismo per quanto avvenuto poco fa con Zac. Non ho alcuna intenzione di confidare a lui o a chiunque altro ciò che succede tra me e Kate, o il perché io voglia vederla. È una cosa solo mia e tale deve rimanere.

Mi fermo a mangiare un boccone al bar che frequentiamo di solito io e lei a pranzo. Non avevo voglia di cucinare oggi e avevo l'illusione di poter pranzare con lei anche di sabato, ma mi ha liquidato parecchio in fretta al telefono. Non so se sia stato a causa della presenza di Jason, o se la mia telefonata le abbia creato dei problemi, ma ha chiuso in fretta la chiamata, e aveva anche un tono di voce decisamente più freddo del solito.

Sono un egoista, lo so, me ne rendo perfettamente conto, ma stare con Kate mi piace troppo per rinunciarci, e se per farlo sarò costretto a passare sopra al suo rapporto traballante con quel mister perfezione, lo farò senza pensarci due volte. Lei non è così felice come vuole far credere, e i miei sensi di colpa sono praticamente inesistenti, quindi non c'è motivo perché io smetta di chiamarla o di vederla.

È comunque strano essere in questo bar senza di lei. Di solito ci sediamo allo stesso tavolo a cui sono seduto ora, e resto a fissare la sedia di fronte a me, ora vuota, ma di norma occupata da Kate.

È una ragazza semplice, per niente appariscente e con un perenne sorriso sulle labbra. Sempre pronta ad aiutare gli altri, anche quando non lo meritano. Crede nei rapporti, nelle persone, molte volte troppo ingenua, ma è solo a causa del suo altruismo che la porta a fidarsi sempre troppo.

E, nonostante le abbia dimostrato un paio di volte che alcuni colleghi abbiano cercato di approfittarsi della sua disponibilità in ambito professionale, sono certo che continuerà a non negare il suo aiuto a chiunque glielo chieda. Come quando sono io a chiederglielo, ma voglio pensare che quando lo fa per me, sia per un motivo diverso. Mi piace pensare che siamo amici, e che sono su un gradino nettamente superiore rispetto a tutti gli altri.

"Ti porto altro?" La voce del ragazzo che serve ai tavoli, mi riporta alla realtà.

"No grazie." Lui si allontana ed io controllo l'orario sul cellulare.

Probabilmente tra poco sarà qui ed io farò meglio a sbrigarmi. Mi alzo, e vado verso la cassa per pagare il conto. Saluto Kevin, mi sembra si chiami così il ragazzo dietro al bancone, ma con molta probabilità potrei sbagliarmi, ed esco, recandomi all'ingresso degli uffici che però risulta ancora deserto.

Prendo il cellulare, indeciso se chiamarla o no, ma poi decido che è meglio se aspetto.

Mi ritrovo ad aspettarla impaziente, come se potessi far valere qualche tipo di diritto su di lei. Kate è l'unica che io abbia mai aspettato. Non sono un tipo tollerante, e quando voglio qualcosa non vado molto per il sottile. Voglio la compagnia di Kate, perché mi fa stare bene come nessuno riesce a fare, e ho intenzione di approfittare di ogni singolo minuto che riuscirò a passare con lei.

Mi volto e la vedo in lontananza mentre si avvicina con il suo solito sorriso. Indossa un paio di jeans e una camicetta nera, stesso colore per la giacca e, quando alza gli occhiali da sole scuri, riesco a vedere quel sorriso riflettersi anche nei suoi occhi.

"È tanto che aspetti?" Abbassa poi lo sguardo verso la borsa che ha a tracolla infilandoci una mano dentro alla ricerca di qualcosa.

"No... spero di non averti creato qualche problema con Jason..." Mi importa meno di zero di quello, ma alla fine, mi dispiacerebbe averle creato dei problemi.

"Ecco qua." Mi mostra un mazzo di chiavi, senza rispondermi, ma continuando a sorridere. "Hai mangiato?", mi chiede mentre si incammina verso l'ingresso dell'edificio.

"Sì, e tu?" La seguo, e anche stavolta non risponde alla domanda. "Kate?" Si volta a guardarmi con aria confusa, non appena la richiamo, fermandosi poco prima di premere il pulsante dell'ascensore. "Ti ho fatto una domanda..."

"Oh...scusa... ero sovrappensiero... Cosa mi hai chiesto?" Sorride, ma è ovvio che si sta sforzando adesso.

"Va tutto bene?" Si sistema meglio la tracolla sulla spalla con evidente disagio.

"Sì... sì certo..." Le porte dell'ascensore si aprono, ma mi paro davanti a lei prima che possa entrarvi.

"Mi spieghi che diavolo è successo in questi pochi metri?" Mi guarda corrugando le sopracciglia, come se non avesse capito a cosa mi sto riferendo. "Eri sorridente poco fa, e ora hai quell'espressione..." Spero solo di non aver peccato di presunzione nel credere che le facesse piacere vedermi. Magari lei odia stare qui con me, ma cancello immediatamente questo pensiero.

"Quell'espressione?", mi domanda con un tono di voce che mi piace decisamente di più. Annuisco sorridente perché sento che l'atmosfera tesa che si stava creando, sta sfumando in una bolla di sapone. "E quale espressione sarebbe?"

"Quell'espressione... sai, quella che hai quando qualcosa non va, proprio come un paio di secondi fa." Resta in silenzio come se stesse cercando di elaborare le mie parole. "Ne vuoi parlare?" Lei sorride un po' di più.

"Da quando conosci le mie espressioni?" Le sue spalle si rilassano e il suo sorriso diventa più sincero e meno forzato.

"Siamo amici Kate, e se hai voglia di parlare di qualcosa, qualsiasi cosa, io ci sono." Arrossisce, non molto, quel tanto che basta a far comparire una tenue sfumatura rosa sulle sue guance che si gonfiano quando quel sorriso diventa incredibilmente ampio.

"Hai ragione... siamo amici." Adesso è più tranquilla rispetto a poco fa, ma sono assolutamente certo di aver notato un velo di malinconia nei suoi occhi. "E puoi stare tranquillo se ti dico che è tutto ok. Adesso possiamo andare?" Mi guarda abbassando lo sguardo, dal basso verso l'alto, con un'espressione totalmente diversa adesso. Un'espressione che mi piace.

"Ok..." Mi sposto per lasciarla passare. Preme un'altra volta il pulsante e le porte si aprono permettendoci di entrare. "...ma devi imparare a dire meglio le bugie." Lei sorride scuotendo la testa. Non so ciò che la preoccupa, e non le ho risolto alcun problema, ma so farla ridere ed è quello che continuerò a fare.

"Allora..." preme il pulsante del nostro piano e si appoggia con la schiena alla parete di acciaio. "...si può sapere come hai fatto a cancellare il file?" Mi osserva con aria divertita.

"Vuoi davvero saperlo?" Annuisce e sorride. "Non lo so." Mi guarda poco convinta. "Te lo giuro, stamattina lo stavo cercando, ma non l'ho trovato, non so cosa ho combinato." Dovrei dirle che l'ho cancellato di proposito?

"Non è che tu sia molto più bravo di me a raccontare le bugie sai?" L'arrivo dell'ascensore al piano mi salva dal rispondere.

Kate si avvicina alla porta che dà sul corridoio dei nostri uffici, armeggia prima con il pannello dell'antifurto, poi infila le chiavi nella serratura ed entro dopo di lei.

"Questo è uno strano silenzio", le dico mentre osservo con aria stranita gli uffici vuoti e bui ai lati del corridoio.

"Non è la prima volta che vieni qui quando non c'è nessuno no?", mi dice camminando al mio fianco.

"Sì, ma era diverso, ancora non conoscevo nessuno qui." Arriviamo al mio ufficio. Entro per primo, accendo la luce e mi reco subito dietro la scrivania per accendere il computer, mentre lei prende posto sulla sedia di fronte a me.

Nell'attesa dell'avvio del pc, mi volto a guardarla. Mi sentivo osservato, e quando i miei occhi incrociano i suoi, lei sembra di nuovo a disagio, come se la mettessi in imbarazzo. Lei sorride, poi velocemente si volta ad osservare l'inesistente arredamento che regna in questo ufficio.

A volte credo che lei sia interessata a me. Ci sono alcuni sguardi, alcuni atteggiamenti che mi hanno fatto credere che Kate nutrisse qualche interesse per me, ma poi mi sono detto che non era possibile. Lei è fidanzata, difende a spada tratta il suo ragazzo come se fosse un Dio sceso in terra, e non potrebbe mai provare alcun interesse nei miei confronti che non sia di semplice amicizia.

Che cosa potrei darle io? Non voglio una relazione stabile, non sono nemmeno in grado di prendermi cura di me stesso quasi, come potrei pensare di farlo con un'altra persona? Voglio solo divertirmi, e lei comunque ha Jason, che è sicuramente meglio di me da quel punto di vista.

Sta osservando il bersaglio adesso, quello a cui l'ho sfidata per convincerla ad uscire con me. Non era proprio un'uscita. L'ho praticamente costretta a venire con me al supermercato, ma era una scusa come un'altra per passare altro tempo con lei, per vederla sorridere, per sapere di essere stato io a farla sorridere.

"Vuoi per caso la rivincita?", le chiedo attirando la sua attenzione.

"Non ho tecnicamente perso", mi dice con un enorme sorriso sulle labbra.

"Kate, hai fatto praticamente schifo. Cosa ti fa pensare che avresti potuto vincere?", le chiedo togliendomi la giacca per posarla sullo schienale della sedia.

"Se il tuo capo non ci avesse interrotto, sarei riuscita a fare un centro." Rido di gusto alle sue parole, mentre lei assume un'aria fintamente infastidita, ma poi mi viene in mente una cosa.

"A proposito di Wilson...", lei mi osserva attenta, in attesa delle mie parole. "...ti ha chiamata Kathleen."

"Sì, Kathleen è il mio nome per intero." Posa la sua borsa sulla mia scrivania togliendola dalle sue gambe accavallate.

"Avevo dato per scontato che Kate fosse il diminutivo di Katherine, ma trovavo che non ti si addicesse... sai Katherine lo trovo più da zia, tipo una vecchia zia." Sorride mentre mi ascolta in silenzio con evidente interesse.

"Per fortuna non sembro una vecchia zia." Appoggia le mani sui braccioli della sedia e provo una strana sensazione quando vedo le sue dita stringersi lentamente intorno alla superficie morbida della sedia.

"Niente affatto." La mia voce esce leggermente alterata e sono costretto a schiarirmi la voce.

Mi sento strano, come se il movimento delle sue dita, delle sue mani, avesse provocato qualcosa al mio corpo, qualcosa che non riesco a distinguere, e nemmeno a controllare. Come le parole che stanno per uscirmi dalla bocca. "Leen..." Sono semplicemente quattro lettere in fila, ma sembrano colpire entrambi in modo particolare.

Non so come la sto guardando io, ma sono certo non sia molto diverso dallo sguardo che ha ora lei. Mi guarda come se fosse rimasta incantata e sono sicuro di non essere da meno nei suoi confronti, perché non riesco a smettere di guardare i suoi occhi scuri, almeno fino a che non è proprio lei ad interrompere questo momento.

"Mi piace... molto..." Sorrido con lei, non posso fare altrimenti dal momento che vedo la sua espressione dolce.

"Nessuno ti ha mai chiamata così?", le chiedo incuriosito.

"No."

"Nessuno nessuno?" Mi sto riferendo a Jason.

"Nessuno. Tutti mi hanno chiamata sempre e solo Kate." Possibile che il suo meraviglioso fidanzato non le abbia dato un soprannome che sia solo loro?

"Anche Jason?" Non ho resistito, e anche se so perfettamente che non sono affari miei, non ho potuto non chiederglielo.

"Anche Jason." Conferma la mia teoria ed io mi mordo la lingua per non dirle quello che penso del suo superfluo fidanzato.

"Beh, io lo farò... Leen." Sorride scuotendo la testa e il mio ego ne trae beneficio, perché so che apprezza.

"Forza signor Daugherty, il computer sarà pronto a quest'ora. Si sbrighi a recuperare quel file." Mi prende scherzosamente in giro, e interrompe questo strano momento fatto di sguardi e sottintesi che non sono riuscito a cogliere, ma so che hanno avuto un notevole impatto su entrambi.

"Agli ordini Miss Cooper." Prendo la pennetta usb dalla tasca dei jeans, e inizio le procedure per copiare il file che mi interessa.

Non so cosa mi succede quando sono con lei, e non so nemmeno spiegarlo. Forse è perché è diversa da ogni donna che abbia mai conosciuto, ed io sento il bisogno di proteggerla, di farla stare bene e di farle sapere che può contare su di me ogni volta che ne avrà bisogno. Non ho mai fatto queste cose per una donna, non mi è mai importato del loro umore o della loro serenità, ma con Kate, tutte le mie abitudini svaniscono, tutte le mie convinzioni anche, e ho solo voglia di stare con lei.

Il movimento che noto davanti a me, interrompe i miei pensieri. Si sta alzando dalla sedia e si sta dirigendo verso il bersaglio appeso al muro alle mie spalle. Afferra le freccette tra le sue dita e sento di nuovo quella sensazione alla bocca dello stomaco, che però respingo all'istante, per voltarmi del tutto verso di lei e osservarla in ogni dettaglio.

È bella, lo è tanto, anche se non lo mette mai in evidenza, anzi tende a nasconderlo, ed è una cosa che apprezzo molto. Perché diavolo sto avendo tutti questi pensieri su di lei? È fidanzata, e non starebbe con te nemmeno tra un milione di anni.

Mi do mentalmente dello stupido, accantono in un angolo della mia mente tutto quello che mi è passato per la testa negli ultimi minuti, e mi alzo andandole vicino. "Hai davvero intenzione di finire quella partita?", le chiedo quando si sta posizionando per tirare la freccetta che tiene stretta nelle dita della sua mano destra.

"Non stavi facendo qualcosa al computer?" Si volta a guardarmi, tornando a sorridere.

"E perdermi la tua terribile figuraccia? Non ci penso nemmeno..." Torna a guardare avanti a sé, in direzione del bersaglio che, sono certo, non colpirà mai, con un'espressione concentrata che mi fa ridere.

"Che hai da ridere?", mi chiede contrariata.

"Rido per il tiro che stai per fare."

"Se sbaglio è colpa tua perché mi stai fissando e mi deconcentri."

"Se sbagli è solo colpa tua, perché sei una schiappa Cooper!" Si gira verso di me, e la sua espressione diventa minacciosa.

"Che ne diresti se colpissi te al posto del bersaglio?" Alza entrambe le sopracciglia con fare ostile, ma non farebbe paura a nessuno.

"Con la tua mira sarei sicuramente salvo." Lei alza gli occhi al cielo e sembra rassegnarsi, ma poi si volta di scatto verso di me e fa per lanciare la freccetta, costringendomi a proteggermi mettendomi le braccia in avanti a farmi da scudo, ma non succede niente e alla fine la sento ridere di gusto.

Apro le braccia lentamente e noto il suo viso con una bellissima espressione di gioia, quella che aspettavo di vedere da quando ci siamo incontrati poco fa. "Tu meriti una punizione per questo!" Mi avvicino con aria intimidatoria e lei indietreggia tenendo ancora quel magnifico sorriso sulle labbra.

"Che vuoi fare Brant?" Indietreggia ancora, lentamente, ed io avanzo verso di lei.

"Voglio quelle freccette", le dico quando è ormai quasi arrivata alla mia scrivania. Le stringe nelle sue mani che tiene nascoste dietro la schiena.

"Scordatelo." D'improvviso si ferma, colpendo leggermente la superficie della scrivania, ed io non faccio in tempo a farlo. Finisco contro di lei e non so cosa succeda, ma devo fare appello ad ogni briciolo di autocontrollo per non farle tutte le cose che mi sono venute in mente con lei su questa scrivania.

Cretino! Si tratta di Kate! Non puoi pensare a lei in questo modo. Devi togliertela dalla testa, adesso!

Ringrazio la mia coscienza per avermi fatto tornare in me prima che fosse troppo tardi. Riesco a trattenermi dal rubarle un bacio che non sarebbe rimasto un solo bacio. Non voglio rovinare quello che c'è tra noi, ci tengo troppo per ridurlo ad una banale scopata sulla scrivania del mio ufficio. Prendo le freccette dalle sue mani, lei le lascia andare senza opporre resistenza ed evito di guardarla negli occhi per non farle capire quello che la distanza ravvicinata con il suo corpo mi ha provocato.

"Ora guarda come si fa." Mi volto verso il bersaglio e, una dietro l'altra, colpisco quasi il centro con una mira eccellente, concentrandomi più del necessario per far "rimpicciolire" il piccolo inconveniente nelle parti basse.

"Ok... sei bravo, ma ciò non toglie che potrei riuscirci anche io." Mi giro e lei è rimasta lì, appoggiata al bordo della scrivania, ed io devo immediatamente togliermi questa immagine dalla mente. Devo ricordarmi di dire a Zac che stasera dobbiamo uscire, e che deve portarmi in quel locale dell'altra volta.

Assolutamente!

"Sì, come no." Mi avvicino al computer, lei si allontana - per fortuna - ed io recupero la pennetta usb con il file copiato. Spengo il pc e mi infilo la giacca. "Ho fatto..." Non esattamente quello che avrei voluto fare, ma ho fatto quello che era giusto.

"Andiamo." Mi dice lei recuperando la sua borsa.

Usciamo dal mio ufficio e, lungo il corridoio, in ascensore, fino a raggiungere l'esterno, non faccio altro che fare l'idiota, con stupide battute per evitare di pensare a lei sulla mia scrivania.

"Ci vediamo lunedì?", mi domanda non appena siamo fuori.

"Sì... buona domenica e grazie Leen." Di nuovo non posso trattenere quel soprannome, ma lei sorride rilassata e questo mi fa pensare che non sono stato coglione del tutto. Sono riuscito a mantenere intatto il nostro rapporto.

La guardo allontanarsi, fino a che non la vedo più. Kate è off limits per me. Devo mettermelo bene in testa. Prendo il cellulare e cerco il nome del mio coinquilino tra i contatti.

Stasera usciamo

Digito e invio.

Non aspetto la sua risposta, e mi avvio velocemente verso casa, consapevole di aver bisogno di una corsa.

Di una lunga corsa.



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SPAZIO ME

Brant e i suoi bollenti spiriti 😂😂😂

Insomma proprio non riescono a trovare il giusto punto d'incontro questi due.

Hanno gli stessi pensieri l'uno per l'altra, ma non ci credono abbastanza e lasciano le cose come stanno.

Come al solito, il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Kate.

Eeeee niente, buona lettura.

(-54)

 

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Capitolo 16
*** ...a chi dovrei pensare? ***


Kate

Nell'ultima settimana le cose sembrano essere andate meglio.

Da quando mi sono concentrata su me stessa e sul mio rapporto con Jason, il mio equilibrio mentale ne ha tratto giovamento. Sono più tranquilla la sera quando torno da lavoro e, anche se spesso il mio fidanzato tarda per i problemi che ancora ci sono a quel progetto a cui lavora con tanto impegno, non manco mai di farmi trovare sveglia con la cena precotta solo da riscaldare.

Sto cercando di ritrovare la mia serenità, quella che ho perso da quando Brant è entrato a far parte della mia vita, e spero di riuscirci al più presto, perché non voglio perdere di vista gli obiettivi che mi sono posta, non posso permettermi questa rivoluzione che molto probabilmente, non porterebbe a niente, se non a fare soffrire Jason.

L'ho visto più sereno negli ultimi giorni, il suo sorriso non era tirato, i suoi occhi erano più brillanti e i tratti del suo viso molto più rilassati nonostante la stanchezza che gli causa il lavoro, e mi sono resa conto, come se già non l'avessi capito, che l'unico motivo di preoccupazione per lui ero io.

Non ne ha mai parlato, ma so che si rendeva conto di quanto fossi assente, di quanto fossi con la testa da un'altra parte, eppure tentava continuamente di comportarsi come se niente fosse per non rompere i nostri equilibri, ed io gli sono grata per questo, perché non avrei nemmeno saputo cosa rispondergli se avesse voluto sapere quello che mi passava per la testa.

Che mi passa ancora, in realtà, per la testa, ma sto riuscendo a tenerlo confinato in un angolino, fino a che non mi passerà del tutto. 
Perché mi passera del tutto giusto?

"Kate, hai per caso visto la pratica Brennan?" La voce squillante di Megan mi distoglie dai miei pensieri.

"Sì, l'ho lasciata su quel plico che devi fotocopiare." Sospendo per un momento il mio inserimento dati al pc, per indicarle una piccola montagnola di fogli sulla sua scrivania. "Brant mi ha chiesto di fotocopiarlo, ma dato che tu dovevi fare altre fotocopie, ho pensato di lasciarlo a te." In realtà non è proprio così.

Brant mi ha chiesto espressamente di far fotocopiare a lei quei documenti, così da avere una scusa per farla andare nel suo ufficio.

"Appunto, mi ha appena chiamata per chiedermi se potevo portargli quei fogli, ma non sapevo nemmeno di averli, potevi almeno dirmelo." Si alza spazientita mentre io tento di trattenere un sorriso. So che non ce l'ha con me, il fatto è che odia fare fotocopie, ed è proprio per questo che quella piccola montagnola di fogli non fa altro che aumentare fino a quando non può più rimandare ed è costretta a farle.

"Hai ragione, me ne sono dimenticata." Mi volto a guardarla e conosco bene lo sguardo che ha in questo momento. "No! Non se ne parla nemmeno!", le dico tornando a guardare il mio monitor.

"Dai Kate, che ti costa..." Mi sta chiedendo di fare quelle fotocopie al suo posto, ma ho promesso a Brant che sarei riuscita a mandarla da lui nel suo ufficio, ed è quello che farò.

"Sto facendo un lavoro urgente per Wilson, non posso proprio interrompere." La sua avversione per fare fotocopie è smisurata, ma stavolta non cederò. "Vai, fotocopi, consegni e torni, non ci metterai più di tre minuti." Si allontana sbuffando dopo aver preso con molta poca grazia quei fogli dalla cima del plico ed io non trattengo più quel sorriso per la sua espressione buffa e contrariata.

Anche se, si fa strada in me, un piccolo, minuscolo fastidio, per il fatto che tra poco Megan sarà con Brant, da sola nel suo ufficio, e sapere quanto lui voglia uscire con lei, mi fa sparire quasi subito la voglia di sorridere. So che è giusto così, ma al fastidio che è lì, da qualche parte dentro di me, non importa niente di cosa sia giusto. A quel fastidio importa solo di se stesso, e di quello che vuole, di me non gli importa, ed è proprio per questo che devo ignorarlo. E devo farlo anche nel momento in cui vedo Megan uscire dalla stanza delle fotocopiatrici per poi camminare lungo il corridoio, fasciata nel suo vestito nero, che ondeggia sui suoi tacchi alti, diretta nell'ufficio di Brant.

Ovvio che lui non abbia occhi che per lei, è talmente bella. È affascinante, sempre impeccabile, elegante e raffinata, mentre io sono nella norma, poco truccata e... e fidanzata. 
Sono molto fidanzata.

Prendo il cellulare per inviare un messaggio a Jason. Solo una stupida faccina, ma è un metodo che ho testato ultimamente per tenermi ancorata al mio fidanzato, ed ho constatato che funziona,

Almeno fino a che mi risponde.

Continuo ad osservare il display del mio telefono, che però resta nero, spento, ed io cerco di restare concentrata su me stessa, ma diventa quasi impossibile quando Megan torna al suo posto e non fa altro che lamentarsi.

"Giuro che questa è l'ultima volta che faccio una fotocopia a comando!" Si lascia andare quasi di peso sulla sua sedia girevole mentre io penso che se le avesse chieste a me quelle fotocopie, sarei corsa a farle solo per il piacere di poter stare con lui, nel suo ufficio, sotto il suo penetrante sguardo azzurro.

Scuoto la testa con forza per scacciare i pensieri che mi sono appena venuti. "Vado a prendermi un caffè", dico a Megan e, senza nemmeno aspettare una risposta da parte sua, mi alzo diretta verso le macchinette dopo aver preso il borsellino con le monete.

Mi concentro sui miei movimenti, sulle mie dita che infilano le monetine nella fessura, sul tasto accanto al nome della bevanda che ho scelto, sul rumore del bicchiere che scende, e su quello del caffè che lo riempie, fino a non sentire più niente, se non i passi di qualcuno che sta entrando qui dentro.

Mi abbasso e recupero il mio caffè per lasciare il posto alla persona che è appena entrata, ma quando mi volto, quasi non mi cade per terra il bicchierino per la sorpresa. Lui è qui. Ha uno splendido sorriso soddisfatto, e quell'azzurro è incredibilmente brillante. "Mica te ne starai già andando?" Mi sorpassa, ed infila le monetine nella macchinetta, e a quel punto i miei passi si fermano. "Stavo passando a chiamarti, ma tu mi hai preceduto." Mi volto a guardarlo ed è bellissimo nei suoi pantaloni eleganti, e nella sua camicia bianca. Ha il nodo della cravatta leggermente allentato e devo combattere contro la voglia di sistemarglielo.

"Avevo bisogno di una pausa..." da te, ma questo non posso certo dirglielo. Ed invece lui è sempre presente, ma non posso e non voglio che prenda di nuovo il sopravvento nella mia testa.

"A chi lo dici, oggi sembra che il lavoro si sia triplicato... credo che non riuscirò a venire a pranzo." Quel fastidio torna a farsi sentire prepotente, risale su per la gola, e spinge così forte, che non c'è modo che io riesca a fermare le parole che stanno per uscire dalla mia bocca.

"Allora prenderò qualcosa e lo mangeremo nel tuo ufficio." Lui sorride felice, mentre manda giù il lungo sorso d'acqua che ha appena preso dalla sua bottiglietta.

"Tu sei la mia salvezza Kate!" Si avvicina e mi lascia un veloce bacio sulla guancia. "A dopo!" Mi urla quasi mentre esce da quello stanzino lasciandomi da sola ed io non vorrei far altro che sbattere la testa contro il muro, ripetutamente, fino a riuscire a rompermi la fronte in mille minuscoli pezzettini.

"Non cambia niente... non succede niente..." Lo dico sottovoce, a me stessa, ripetendolo come un mantra per far sì che queste parole siano ben chiare nella mia mente, poi butto il bicchierino del mio caffè con ancora parte del suo contenuto all'interno, e torno dalla mia collega per concentrarmi sul lavoro.

"Ti cercava Brant", mi dice Megan non appena mi siedo accanto a lei.

"Mi ha trovata", rispondo più seccamente di quanto non avrei voluto fare, ma non ce l'ho con lei.

Ce l'ho con me stessa e con il fatto che non riesco a tenere sotto controllo quello che provo in presenza di Brant, o anche quando non è nemmeno presente. Ci provo, mi impegno davvero tanto, ma poi lui arriva con quegli occhioni azzurri, e fa saltare il tappo con il quale tento di tenere rinchiuso tutto quanto.

"È tutto ok?", mi chiede, e sono costretta a voltarmi verso di lei perché sento i suoi occhi bruciarmi addosso.

"Sì, è tutto ok." Sorrido. 
Sorrido per finta, non so nemmeno se mi riesce bene o no, ma lo faccio comunque.

"Posso chiederti una cosa?" Megan si avvicina un po' con la sedia, facendo scorrere le rotelle sulla moquette.

"Certo." Mi volto del tutto verso di lei dedicandole la mia attenzione.

"Io non ho capito niente di quello nuovo..." Si riferisce a Brant. Continuerà a chiamarlo così fino a che non arriverà un altro più nuovo.

La guardo aggrottando le sopracciglia. "Cosa non hai capito esattamente?"

"Ti corre dietro come un cagnolino, ti cerca continuamente, mangiate insieme... voglio dire..." Devo interromperla subito.

"Io e Brant non abbiamo una storia se è questo quello che intendi!" Non voglio che possa mettere in giro strane voci, quindi voglio essere chiara con lei.

"Oh no Kate, non l'ho mai pensato, ma non capisco perché cerchi costantemente di uscire con me quando è evidente che non m'importi affatto di lui, mentre è alla continua ricerca della tua presenza, del tuo supporto..."

"La risposta è molto semplice Megan, siamo amici, e gli amici si sostengono." Lei non conosce il significato della parola amicizia. Credo di non averla mai sentita parlare di qualche amica o amico.

"Non ti guarda come se fossi un'amica Kate, è per questo che lo trovo strano..." Io non ho notato quello che lei mi sta dicendo, forse, anzi sicuramente, è lei che vede cose che non esistono.

"Non c'è altro tra me e lui, te lo posso assicurare." Perlomeno, non quello che credi tu, ma anche stavolta riesco a tenere a freno la mia lingua.

"Ti credo, ma so anche cosa ho visto." Smetto di risponderle, se non le do retta, forse la smetterà con questa storia e magari se ne dimenticherà anche.

Torno al mio lavoro e, con la cosa dell'occhio, le vedo fare la stessa cosa posizionandosi davanti al suo pc, per riprendere esattamente da dove aveva lasciato per parlare con me, e quando sono sicura che abbia ripreso ad ignorarmi, mi rilasso un po', ma subito mi cade lo sguardo nell'angolo in basso a destra del monitor. Mi accorgo che manca poco meno di mezz'ora al momento del pranzo e quindi al momento in cui sarò di nuovo con lui, da sola, a stretto contatto.

È arrivata l'occasione per mettere in pratica tutti i miei propositi per far funzionare le cose, sia il mio rapporto con lui, sia quello con Jason. Posso riuscirci e lo dimostrerò per prima, a me stessa comportandomi con naturalezza e disinvoltura, perché siamo amici. L'ho detto poco fa a Megan, e me l'ha ricordato lui poco tempo fa.

Siamo amici.

Presa come sono dai miei pensieri, quasi non mi accorgo che Megan si alza e mi saluta recandosi verso gli ascensori insieme ad Alexander. Spengo il computer, recupero le mie cose, e scendo poi, anch'io, andando al bar per prendere un paio di toast e qualcosa da bere per poi tornare in ufficio.

Cammino lentamente lungo il corridoio che porta al suo ufficio, tenendo ben saldo nelle mie mani il sacchetto contenente il pranzo per entrambi, ripetendomi continuamente siamo amici, sperando di convincermi, e sperando di riuscire a mantenere il controllo di me stessa. Ce la posso fare.

Arrivata davanti alla sua porta chiusa, busso un paio di volte, ed entro solo dopo aver sentito un avanti, che però non mi sembra arrivi dalla sua voce. Mi affaccio cautamente dopo aver aperto la porta e vedo lui e il suo capo, chini sulla sua scrivania intenti a controllare qualcosa, guardarmi e sorridermi nello stesso momento.

"È già ora di pranzo?" Wilson si raddrizza subito dopo, distendendo la schiena.

"Sì, se avessi saputo che era qui, avrei preso qualcosa anche per lei", gli dico avvicinandomi lentamente alla scrivania.

"Tranquilla Kathleen, non ho intenzione di rimanere qui dentro anche in pausa pranzo e non dovreste farlo nemmeno voi." Prende la sua giacca dallo schienale della sedia e la indossa con grande eleganza.

"È che volevo finire queste pratiche e..." Brant tenta di giustificarsi, ma Wilson lo interrompe subito.

"Pratiche... certamente... si chiamano così adesso. Buon pranzo ragazzi." E con questa battuta esce dall'ufficio di Brant, lasciandoci a guardarci per metà confusi e per metà divertiti dalle sue parole.

"L'ha detto davvero?", domando retorica a Brant prima di prendere posto di fronte a lui.

"Pare di sì." Esce una mezza risata dalle sue labbra ripiegate all'insù ed io non posso fare a meno di guardarlo.

Anche mentre sbottona i polsini della camicia.

Anche mentre arrotola quei polsini, mostrando porzioni di pelle da cui non riesco a togliere lo sguardo. Almeno fino a quando il mio telefono si mette a suonare, segnalandomi l'arrivo di un messaggio.

Jason.

Stasera ti porto a cena fuori

Rispondo velocemente, poi metto a posto il telefono e torno con lo sguardo sugli avambracci di Brant che è ancora intento a prendere i toast dal sacchetto che ho posato sulla sua scrivania poco fa.

"Tutto ok?", mi chiede guardandomi dritta negli occhi.

"Sì, tutto ok." Non lo so, ma voglio che sia così quindi cerco di pronunciare quelle parole con il tono di voce più convincente di cui sono capace.

"Ok, allora ascolta..." Addenta il suo panino e mastica con voracità prima di riprendere a parlare. "...ho cercato di convincere Megan ad uscire. Zac mi ha dato un paio di biglietti per una partita di calcio di beneficienza, le ho chiesto di accompagnarmi perché quello stronzo mi ha dato buca, ma mi ha praticamente detto che non ha intenzione di vedere uno spettacolo così stupido..." rido perché sta tentando di imitare la sua voce leggermente schifata. Poi morde di nuovo il suo panino, un grande morso. Pare avesse parecchia fame, e solo quando ha masticato riprende a parlare. "Se li do a te i biglietti e ci vai con Jason?" Stavolta è il mio turno di finire di masticare, poi riesco a rispondere.

"Non devi per forza pensare a me ogni volta che..."

"Certo che devo pensare a te, a chi dovrei pensare?" Interrompe le mie parole senza lasciarmi terminare, e prende poi quei due biglietti dal primo cassetto della sua scrivania e li allunga verso di me. "Prendi questi biglietti senza farti pregare per una volta, e passa una bella serata alla faccia di quello stronzo di Zac." Rido alle sue parole scuotendo leggermente la testa.

"Prima o poi mi piacerebbe conoscerlo", dico senza nemmeno pensarci, e lui mi guarda con curiosità.

"Chi? Zac?", mi domanda con le sopracciglia aggrottate restando con il panino a mezz'aria.

"Sì, parli sempre così male di lui che non credo ad una parola, anzi sono quasi certa sia tutto il contrario di quello che dici." Ovviamente non è vero, è solo che ho voglia di punzecchiarlo un po'.

"Mi dispiace, ma non lo conoscerai mai." Il suo panino è finito e adesso si sta attaccando alla bottiglietta d'acqua.

"E perché?", gli chiedo curiosa. Il mio panino è ancora a metà, ma è sempre così quando mangiamo insieme. Non ho ancora capito se è lui ad essere troppo veloce o io ad essere troppo lenta.

"Diciamo che le donne gli piacciono un po' troppo." Sembra... imbarazzato?

"Hai paura che mi piaccia più di te?" Ma che diavolo ho detto?

Mi guarda assottigliando lo sguardo fissandomi con attenzione forse per capire più a fondo le mie parole, o per coglierne il significato nascosto, o forse solo perché ho detto qualcosa che può essere facilmente mal interpretato e sta tentando di capire cosa intendessi.

"Nessuno ti piacerà mai più di me." Sbruffone e prepotente, eppure ha ragione, so che è così.

Nessuno mi piacerà mai più di quanto mi piaccia lui con i suoi splendidi occhi azzurri, con le sue maniere da piccolo despota, e le sue camicie che sembrano essergli cucite addosso, o ancora la sua giacca di pelle. Dio! Quanto gli sta bene quella giacca di pelle!

"Sei incredibilmente presuntuoso lo sai?" Metto in bocca l'ultimo pezzo del mio panino per evitare di continuare a dire cose che potrebbero mettermi nei guai.

"No Leen, sono semplicemente realista." Finisce anche la sua bottiglietta per rimettersi a sfogliare la cartella che ha davanti alla tastiera del computer.

"E allora non dovresti avere nessun problema a presentarmi Zac." Brant alza gli occhi al cielo spazientito, chiude di scatto la cartellina e punta i suoi occhi dritti nei miei.

"Ti ho detto che Zac è uno stronzo, e tu sei decisamente troppo..." si ferma un attimo, come per trovare la parola più adatta. "...notevole per lui, quindi la mia risposta è sempre no, anche se me lo chiederai tra un milione di anni. Ora, se hai voglia di darmi una mano con questi sarebbe molto gradito." Indica la gran quantità di contratti da visionare che ha sulla scrivania con un sorriso ironico che porta anche me a sorridere.

Non vuole parlare più del suo coinquilino, ma non so se per quello che ha detto o se ne sia geloso, ed io credo molto più probabile la seconda ipotesi.

Passiamo il resto del nostro pranzo con più leggerezza, ridendo, ma lavorando, senza pensare a Zac, Jason o Megan, solo io e lui, nella più totale serenità. Ed è questo che mi piace di lui, mi piace forse anche troppo.

Il pomeriggio scorre più in fretta di quanto non sia successo con la mattinata, arriva il momento di tornare a casa e, per evitare qualsiasi pensiero, non passo a salutare Brant prima di uscire, ma gli mando solo un messaggio.

Grazie per i biglietti
Ti farò sapere chi ha vinto
Ci vediamo lunedì


Prendo l'ascensore dopo aver salutato Megan e corro dritta a casa per cambiarmi. Jason tornerà a breve ed io voglio farmi trovare pronta.
Sto per infilarmi le scarpe dopo aver fatto la doccia e aver indossato un abito carino, ma mi blocco sul posto quando sento il suono di un messaggio appena arrivato sul mio cellulare.

Perdonami Kate
Non faccio in tempo per la cena
Non so a che ora arrivo
Ti amo da morire

Se la delusione fosse un colore e se quel colore fosse il nero, io sarei completamente nera in questo momento. 
Perché c'è sempre qualcosa che deve andare storto?

Torno in camera mia, tolgo il vestito e lo rimetto al suo posto nell'armadio. Sto per rivestirmi, ma l'occhio mi cade sulla mia borsa appoggiata al cassettone, dalla quale spuntano per un paio di centimetri, i due biglietti che mi ha dato oggi Brant.

All'improvviso, decido che ci voglio andare lo stesso, così infilo un paio di jeans, una maglietta e la giacca leggera. Andrò comunque a quella partita, e mi divertirò un sacco senza Jason che è troppo preso dal lavoro e senza Brant che si prende troppo di me senza averne diritto.

Forse sto sbagliando, non lo so, ma mentre chiudo la porta di casa alle mie spalle, mi dico che non è così grave se per una sera, una sola, penso solo a me stessa.


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SPAZIO ME

Kate sta faticando a trovare un suo equilibrio, cercando di capire cosa sia più giusto fare e cosa sia meglio
NON fare, ma quei due non gliela rendono facile.

Il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Brant e...

Eeeee niente, buona lettura.

(-40)

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Capitolo 17
*** Sono uno spirito libero ***


Brant

"Merda!" Impreco a voce alta quando mi cade per terra anche la forchetta.

Stasera va tutto storto, ed io sono incredibilmente nervoso.

L'acqua calda della doccia si alternava a quella gelata, ho dimenticato di prendere il telo e ho quindi dovuto camminare per casa fino alla mia stanza bagnando ovunque, Zac non ha fatto la lavatrice ieri quindi la mia tuta grigia è ancora da lavare e continua a cadermi tutto dalle mani.

In questo momento avrei dovuto essere con Megan a quella stupida partita, e invece mi ritrovo da solo nel mio appartamento a mangiare questo stupido pollo che non sa di niente mentre continuo a pensare che Kate se n'è andata stasera senza salutarmi, mandandomi uno stupido messaggio. Perché riesco a pensare solo alla parola stupido? 
Ah, già... perché sono uno stupido!

Kate mi ha detto che mi avrebbe scritto, facendomi sapere il risultato della partita, ma il cellulare è perfettamente muto da troppo tempo. Ma cosa posso aspettarmi? Dopotutto lei è con il suo perfetto fidanzato, perché mai dovrebbe pensare a me? E poi a me non importa niente di quella stupida partita! 
Devo smetterla di continuare a pensare a quella parola.

Ripulisco il tavolo e sistemo quei due piatti che ho sporcato, nel lavandino, li laverò dopo essermi lavato i denti. Prendo il cellulare che avevo lasciato sul tavolo e sto per andare in bagno, ma quando quello stupido – basta con questa parola – aggeggio finisce nelle mie mani, la mia impazienza prende il sopravvento. Sblocco il display, apro la conversazione con Kate e le parole iniziano a comporsi quasi da sole.

Allora, chi vince?

Resto immobile a fissare quel cursore lampeggiante per troppo tempo, ma non arriva nessuna risposta. Blocco di nuovo e infilo in tasca quello stup..., il telefono. Entro in bagno, metto il dentifricio sullo spazzolino e fisso la mia immagine allo specchio mentre spazzolo con forza i miei poveri denti.

Sto per sputare tutto nel lavandino, quando sento l'arrivo di un messaggio. Smetto di fare qualsiasi cosa e sorrido con la bocca piena di schiuma a causa di quello che leggo sul display.

Io non ne capisco niente
Ma sembra che tutti si stiano divertendo.

Mi sciacquo velocemente la bocca, poi riprendo il telefono per risponderle.

E tu? Ti stai divertendo?

La sua risposta non è immediata e mi lascia sorpreso nel leggerla.

Se per divertimento intendi
Guardare una massa di idioti
Urlare ogni volta che i giocatori
Vanno da una parte all'altra del campo
Allora sì, mi sto divertendo

E non posso evitare di chiederglielo. Quel tarlo è lì, nella mia mente, ed io devo farlo smettere.

E Jason si sta divertendo?

In primo luogo trovo strano che mi abbia risposto, e poi, anche solo leggendo le sue parole, riesco a sentire il suo tono stizzito arrivare fino a qui.

Comunque hanno segnato

Messaggio ricevuto Kate, forte e chiaro. Ha evitato di rispondermi cambiando totalmente argomento. Sono certo che mister perfezione le abbia dato di nuovo buca.

Sai dirmi quale squadra ha segnato?

Digito, invio e poso sul letto mentre mi infilo un paio di jeans puliti restando con lo sguardo sul display.

Quelli a sinistra nella porta a destra

Rido di gusto nel leggere la sua risposta. Proprio non le piace il calcio, nemmeno a me a dire la verità, ma lei è particolarmente negata sull'argomento. Riprendo il telefono in mano, digito, invio e ancora una volta lo poso sul mio letto.

Devo dire che fai progressi

Prendo una maglietta dal cassettone, la prima che mi capita senza nemmeno guardarla perché continuo a tenere gli occhi fissi sul display, poi la indosso sentendo il suono della sua risposta.

Non è così

Controllo l'orario sul display e, se mi sbrigo, riesco a farcela per il secondo tempo. Non le rispondo più, infilo la mia giacca di pelle, le scarpe, prendo cellulare, chiavi di casa, e scendo velocemente in strada per recarmi alla fermata della metro. Con i mezzi pubblici farò sicuramente più in fretta, soprattutto rischio di non trovare parcheggio una volta arrivato lì.

Il mio umore è decisamente migliorato, la mia serata anche, spero solo che non se la sia presa per il fatto che ho smesso di scriverle, ma mi diventa difficile farlo e non rivelarle ciò che ho intenzione di fare, e voglio farle una sorpresa presentandomi lì senza che sospetti nulla. Non voglio che stia da sola, Kate merita molto di più di qualsiasi cosa io o mister perfezione possiamo offrirle.

La tentazione di scriverle è stata forte per tutti i venticinque minuti di percorso, ora devo solo percorrere questo breve tratto a piedi ed è arrivato il momento di farmi sentire di nuovo.

Scusa se sono sparito

Invio e torno a camminare in attesa di una sua risposta che non tarda ad arrivare.

Non so se voglio scusarti

Sorrido come un cretino davanti al display, ma ho imparato che, quando si tratta di Kate, il mio corpo e la mia testa reagiscono indipendenti dal mio volere e alla fine, mi sta bene così perché quando si tratta di lei, ogni cosa è al posto giusto.

Potrei aver trovato un modo 
per farmi perdonare

Attraverso l'immenso parco che circonda la struttura, dirigendomi verso lo stadio dal quale sento provenire le urla degli spettatori.

Sono proprio curiosa...

Sto per raggiungere l'ingresso, manca poco, digito e invio.

Entrata principale tra cinque minuti

Non posso entrare e sorprenderla come vorrei, perché ha lei i biglietti, quindi mi devo accontentare. Vedo che sta scrivendo, ma la sua risposta in realtà non arriva perché subito dopo, il mio telefono inizia a squillare.

"Ciao Kate", le dico mentre non posso trattenere un sorriso al pensiero della sua espressione stupita.

"Sei qui?" Un urlo del pubblico esplode nell'auricolare.

"Beh, quasi." Fatico a sentire quello che dice perché le urla del pubblico sovrastano la sua voce.

"Tu sei matto", dice mentre sorride, lo so anche se non la posso vedere.

"Questo è sicuro..." Nel frattempo sono arrivato a destinazione. "...ti aspetto Kate."

"Arrivo." La comunicazione si interrompe ed io metto nuovamente il cellulare in tasca. Di quello stupido oggetto non m'importa più nulla in questo momento.

La sto aspettando al di fuori delle grandi cancellate mentre guardo con attenzione ogni persona che entra ed esce dallo stadio, con le mani dentro le tasche della giacca ed i pensieri che vagano senza un criterio. Salto da uno all'altro senza capirci niente, come se fossero palline che rimbalzano in un flipper, e sento che impazzirò se non si sbriga ad arrivare.

Qualcosa sta succedendo nella mia testa, però non so cosa, non riesco a capirlo, l'unica cosa che so è che avrei bisogno di fare chiarezza, ma nel momento in cui la vedo da lontano nella sua camminata sicura, e quel sorriso divertito sulle labbra niente ha più importanza. Quello che conta davvero è che lei sorride, anche se scuote la testa contrariata, e la sua espressione dice, però, tutto il contrario. È felice che io sia qui, ed io lo sono anche di più.

"Perché sei qui?", mi chiede non appena è di fronte a me mentre incrocia le braccia e mi guarda con aria curiosa.

"Non potevo permettere che passassi la serata da sola", le dico facendo un passo verso di lei che resta ferma a guardarmi dritto negli occhi.

"Chi ti dice che fossi sola?", mi sfida apertamente.

"Non saresti qui se ci fosse lui." Non voglio pronunciare il suo nome, lei sa benissimo a chi mi riferisco, ma non voglio sentire il suo nome, perché non voglio che sia qui in alcun modo. Ha scelto lui di non esserci, non sarò io a portarlo qui.

"E se fossi con qualcun altro?" Continua con il suo atteggiamento di sfida, ma so perfettamente che era qui da sola.

"Sei qui con me adesso." Lei sorride ancora ed è quello che volevo. "E, visto il tuo grande interessamento per questa partita, che ne dici se ce ne andiamo?" La guardo fiducioso, ma sono quasi certo che non mi dirà di no.

"E perderci questa meravigliosa partita di cui non capisco un emerito cavolo, e le urla di tutti quei tizi che mi hanno perforato i timpani, o l'uomo che era seduto vicino a me che non faceva altro che spintonare? Sei davvero in grado di fare di meglio?" Mi avvicino ancora, l'affianco e le metto un braccio sulle spalle, tirandola più vicino a me.

"Credo di poterci riuscire." Si lascia andare, si lascia abbracciare restando in silenzio mentre iniziamo a camminare in direzione del parco.

Mi sento meglio e succede sempre quando sono con lei. Riusciamo a trovare un modo di comunicare che non usa le parole e abbiamo la capacità di trovarci sulla stessa linea d'onda senza doverci mai sforzare. Io riesco a capirla più di quanto sia mai riuscito a fare con qualsiasi altra persona. Per esempio, adesso, so che è completamente a disagio con il mio braccio sulle sue spalle, ma non voglio che sia così, perché io mi sento del tutto spontaneo quando lei è con me.

"Allora... come mai sei qui?", mi domanda non appena imbocchiamo il vialetto che costeggia il parco.

"Perché non potevo lasciarti da sola..." Si volta a guardarmi aggrottando le sopracciglia.

"Come facevi a sapere che ero qui da sola?" I suoi occhi sono trasparenti, posso leggerci ogni cosa che le sta passando per la testa.

"Leen so quando sei triste e quando non lo sei... e so quando menti, perché sei terribile come bugiarda." La sento ridacchiare e so di aver colpito nel segno.

"Il fatto è che Jason..."

"Non mi devi alcuna spiegazione..." La interrompo prima che possa dirmi il motivo per cui mister perfezione l'ha lasciata sola per l'ennesima volta. "...adesso ho voglia di un gelato." Di nuovo mi volto a guardarla e il suo sorriso è lì, sulle sue labbra, segno che sta bene ed io non chiedo altro.

Le temperature iniziano ad alzarsi e, anche se non fa proprio caldo, un gelato è la scusa migliore che ho trovato per passare la serata con lei. Non mi va che resti da sola, soprattutto quando so che è stato lui a lasciarla sola per lavorare. Lei vive per quell'idiota, mentre lui non fa altro che lavorare. So che non sono nessuno per giudicare, e che non conosco i reali motivi che portano entrambi a comportarsi in un certo modo, ma quando vengo a sapere che lui la trascura e che lei ne soffre, io non posso proprio restare a guardare.

È buio e siamo illuminati solo dai lampioni che costeggiano il vialetto che stiamo percorrendo. Continuiamo a camminare, l'uno accanto all'altra, senza smettere di parlare mentre mi riempio di soddisfazione ogni volta che sento la sua risata liberarsi nell'aria. Probabilmente ad un occhio estraneo potremmo anche sembrare una coppia di fidanzati, in realtà non lo siamo anche se a volte mi capita di immaginare come potrebbe essere la mia vita con lei, poi, però, cancello immediatamente ogni fantasia su di lei. Rovino sempre tutto nella mia vita, e non farò lo stesso errore con Kate.

"Che ne dici di questa?", mi chiede quando passiamo davanti alla terza gelateria che abbiamo incontrato da quando abbiamo iniziato a passeggiare.

"Sì, questa mi piace." Ho scartato le prime due perché erano troppo vicine e non avevo voglia di staccarmi da lei. Ora mi tocca farlo o potrebbe pensare male... o bene, dipende dai punti di vista.

Entriamo nella gelateria e non posso evitare di notare i suoi occhi che scorrono veloci lungo tutte le vaschette colorate posizionate nel bancone. È evidentemente alla ricerca di un gusto in particolare. "Cosa prendi?", le chiedo attirando la sua attenzione.

"Il mio gusto preferito, panna e fragola", risponde senza incertezze con un gran sorriso sulle labbra, ed io mi ritrovo a sorridere con lei.

Mi volto verso la ragazza che aspetta le nostre ordinazioni, la quale mi consegna i gelati non appena sono pronti. Pago, con tutte le sue proteste a fare da contorno, ma alla fine riesco a spuntarla, e torniamo alla nostra passeggiata fino a che troviamo una panchina dove ci sediamo per terminare con calma i nostri coni.

"Puoi rimandare tutto a domani?", le chiedo improvvisamente cogliendola di sorpresa.

"Cosa?", mi domanda con aria confusa.

"Tutto quello che ti sta passando per la testa, e con tutto, intendo proprio tutto." Il mio gelato è quasi finito, il suo ancora no.

Lei abbassa per un attimo lo sguardo sulle sue scarpe, poi torna con gli occhi nei miei, ed io sento una piccola fitta proprio al centro del petto e non saprei dire cosa sia. Non ho mai provato niente del genere in tutta la mia vita.

"Grazie!", dice semplicemente, con il sorriso più sincero che le abbia mai visto fare.

"Non hai niente per cui ringraziarmi, anzi, sono io a ringraziare te. Stasera mi stavo annoiando a morte a casa." Non è del tutto vero, ma non è nemmeno una palla ciò che le ho appena detto. "Adesso smettila di pensare e finisci quel gelato che si sta sciogliendo."

"E Zac?", mi chiede voltandosi verso di me.

"Zac aveva un impegno." Il mio coinquilino voleva che uscissi con lui, ma non avevo alcuna voglia stasera di annebbiare la mente perché continuavo a pensare a Kate e al fatto che se ne fosse andata senza salutarmi.

"Una ragazza?", mi domanda ancora, stavolta più curiosa.

"Una è l'articolo più adatto...", mi guarda ancora più curiosa di prima ed io cerco di spiegarmi meglio. "Zac non è tipo da relazione stabile... Lui è uno spirito libero, non ha la minima intenzione di impegnarsi seriamente, quindi per lui, una vale l'altra..." Mi rendo conto che detto così suona male, ma in fondo è la verità.

"Spirito libero... Si chiama così adesso eh?" Il suo tono di voce è palesemente ironico, e fa spuntare un gran sorriso sulle mie labbra. "Anche tu lo sei?", mi domanda per poi buttare il tovagliolino del suo gelato nel cestino.

"Se vogliamo chiamarlo così... Sì, sono uno spirito libero. Non cerco e non voglio una relazione fissa. Sto bene così... Non ho bisogno di altro..." La sua espressione sembra diversa, come se leggessi un velo di delusione nei suoi occhi.

Non mi piace come mi sta guardando. Ho sempre visto nei suoi occhi, una sorta di ammirazione nei miei confronti, mentre adesso la luce nel suo sguardo, sembra essersi spenta. Devo trovare un modo per far tornare tra di noi, l'atmosfera di poco fa.

"E, se davvero dobbiamo dirla tutta, chi vorrebbe stare con me? Io no di certo... Sono inaffidabile e anche un po' stronzo..." Si apre finalmente un piccolo sorriso sulle sue labbra. Credo si stia rendendo conto delle mie intenzioni e di quanto io abbia bisogno del suo sorriso. "...ma so essere un ottimo amico." Qualsiasi cosa pur di starle vicino.

So bene di non poterle offrire molto, non sarei mai in grado di renderla felice come merita, ma il mio egoismo mi porta a volerla vicino in qualunque modo riesca a tenerla accanto a me.

Sto troppo bene con lei, riesco ad essere me stesso molto più di quando sono con Zac o chiunque altro, ed è per questo motivo che non ho alcuna intenzione di rinunciare a Kate.

"Quindi non hai mai avuto una ragazza fissa?" Si volta del tutto verso di me incrociando le gambe sulla panchina.

"Mai", le confermo sorridendo.

"Nessuna storia seria?" Sembra particolarmente incredula. Decido di sistemarmi sulla panchina di fronte a lei nella sua stessa posizione.

"Nessuna", le dico ancora guardandola dritta negli occhi.

"Nemmeno al liceo?" Insiste con le sue domande e con la sua incredulità.

"Nemmeno al liceo Kate. Le storie serie non fanno per me. Sono troppo egoista per pensare a qualcun altro che non sia me stesso." A parte te Kate, ma non posso dirtelo.

"A me non sembri così egoista come dici tu..." Forse avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma si trattiene dal farlo restando a guardarmi in silenzio.

"Ti assicuro che lo sono, ma non quando si tratta di amicizia, quella vera intendo, come quella che c'è tra te e me." Stavolta il suo sorriso dolce mi fa credere che anche lei la pensa come me a questo proposito.

"Credi che la nostra sia vera amicizia?" Sento dell'incertezza nella sua voce, ma io devo rassicurarla.

"Non ho alcun dubbio a questo proposito." Le mostro il mio più rassicurante sorriso e lei sembra tranquillizzarsi.

Sapere che lei sta bene, che è felice, che sorride, ha la priorità per me. Vorrei poter fare molto di più, fare in modo tale che non debba più soffrire, o che Jason non la faccia più soffrire. Vorrei poterla proteggere da ogni cosa che può crearle delle difficoltà, ma al momento posso solo provare a colmare le mancanze di mister perfezione.

"Ti dispiace non essere qui con Megan?" Non so quale risposta si aspetti da me, ma ho la netta sensazione che la sua sia una domanda a trabocchetto.

"Dipende dai punti di vista. Se la vedo come amico sono felice che tu sia qui, se la vedo come stronzo vorrei che fosse qui lei." Voglio essere sincero con Kate, perché lo merita.

"E adesso ti senti più amico o..."

Non le do il tempo di terminare la frase "Non vorrei essere in nessun altro posto se non qui. Con te."

I suoi occhi si illuminano e di conseguenza anche i miei. È tutto un riflesso condizionato: lei è felice, io lo sono e tutto torna al fattore egoismo, il mio egoismo voglio vederla felice e non c'è niente che possa trattenermi dal farlo. E non m'importa nemmeno di mister perfezione, non m'importa di nessuno quando si tratta di lei.

Kate riprende a parlare, stavolta sembra più serena, ed io cerco di godermi ogni singolo istante di questa serata, cercando di farla sorridere ancora, e ancora, fino a che mi sarà possibile.


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SPAZIO ME

Brant torna a farsi avanti e Kate continua a pendere dalle sue labbra.

Hanno passato una bella serata, ma lei è venuta a conoscenza del fatto che
a lui non importano le relazioni serie, motivo in più per lei per decidere di restare solamente sua amica,
proprio come le ha detto Brant.

Il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Kate...

Eeeee niente, buona lettura.

(-26)

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Capitolo 18
*** Lo so che mi ami ***


Kate

C'è uno strano silenzio stamattina.

Lo stesso strano silenzio che aleggia in questa casa da alcuni giorni. Io e Jason sembriamo due estranei che condividono la quotidianità, e questo mi fa paura perché non è così che voglio che vadano le cose. Jason merita molto di più ed io non faccio altro che dargli delusioni.

Sto provando ad essere la solita Kate, ma la maggior parte delle volte ho la testa altrove, e so anche benissimo dove, ma devo trovare un modo per riportarla qui, da lui, perché è questo il mio posto, accanto al ragazzo che mi ama senza riserve e continua a sacrificare la sua vita e i suoi spazi solo per me.

È per questo che mi sono svegliata presto, proprio per potergli preparare la colazione e coccolarlo come lui ha spesso fatto con me, ma il risultato non è stato quello che mi aspettavo. Lo vedo che i suoi sorrisi sono forzati e la sua espressione continua ad essere persa nel vuoto, preso dai suoi pensieri.

«Ti ho preparato i documenti sul ripiano all'ingresso» gli dico, quando lo vedo alzarsi da tavola dopo aver finito di fare colazione.

«Grazie» risponde con il solito mezzo sorriso tirato, quasi senza guardarmi per poi voltarsi e camminare verso la camera da letto dove c'è già la valigia pronta da un paio di giorni.

Mi alzo anch'io e lo seguo. Mi fermo ad osservarlo mentre controlla di aver preso tutto, per poi chiudere la cerniera con una straziante calma. So che non vorrebbe partire, ma non può evitarlo perché il progetto che devono presentare a Dublino è il suo e non può certo mancare.

«Jason?» Lo richiamo per attirare la sua attenzione su di me e fargli smettere di guardare quella valigia.

È ancora chino sul trolley, posato ai piedi del letto, alza lo sguardo su di me e resta in silenzio. Mi sta guardando, mi sta osservando, come se volesse imprimersi nella testa la mia immagine, come se volesse fermare questo momento.

E sembra davvero così. Sembra che il tempo si sia fermato. Nessuno dei due parla, pur sapendo che ci sono cose da dire. Il tempo è fermo, si è annullato e non voglio essere io a farlo ripartire, perché almeno siamo insieme, ma poi arriva un messaggio sul mio cellulare ed è come se fosse la carica giusta per far ripartire tutto. Jason si raddrizza, ed io mi avvicino a lui, ignorando il telefono abbandonato sul cassettone della camera da letto.

Lo abbraccio infilando le braccia sotto le sue, stringendomi al suo corpo immobile, appoggiando il viso sulla sua spalla ed inspirando a pieni polmoni il suo profumo, fresco di doccia, e di caffè che arriva direttamente dalle sue labbra. Ci mette un po', ma poi lo sento muoversi, le sue braccia mi chiudono in un abbraccio dolcissimo ed io torno a sentirmi meglio.

«Ti amo Kate... non puoi immaginare quanto...» Le sue parole sono come lame che mi trafiggono il cuore già provato da troppi sentimenti contrastanti che l'hanno messo a dura prova, ed i miei sensi di colpa tornano prepotenti a stringermi la gola.

«Ti amo anche io Jason.» Non sto mentendo, io lo amo, anche se c'è qualcos'altro nel mio cuore che non mi rende le cose così chiare come lo erano fino a poco tempo fa, ma sono certa di amarlo.

Restiamo così, stretti l'uno all'altra senza dire altro, per un tempo indefinito, con la consapevolezza nel cuore che qualcosa si è spezzato e, per quando proveremo a tenerlo insieme, resterà rotto.

È poi la suoneria del suo cellulare a farci allontanare. Jason si volta per andare a recuperare il suo telefono rimasto vicino al mio e risponde. «Sì... sì sono pronto... d'accordo, ci vediamo lì. Ciao» Riaggancia, poi infila il cellulare nella tasca interna della sua giacca elegante appoggiata alla sedia, senza più degnarmi di uno sguardo.

«Dobbiamo sempre fare quel weekend» gli ricordo, mentre lo osservo indossare la giacca del suo completo.

«Magari un giorno lo faremo» mi dice mentre fa quei pochi passi che lo dividono da me.

Prende il mio viso tra le mani e mi guarda con quei meravigliosi occhi verdi, così brillanti e così intensi da togliermi quasi il fiato. Non so più cosa dire perché riesco solo a concentrarmi su tutte le sensazioni che provo quando mi guarda così, come se al mondo non esistesse nessun altro oltre noi.

«Ora devo andare, il mio capo è già quasi all'aeroporto.»

«Posso andare più tardi al lavoro, potrei accompagnarti...» gli dico, tentando di tenere rinchiusi in un angolo i miei sensi di colpa.

«Stai tranquilla, lo so che mi ami» mi dice, come a volermi rassicurare, come se sapesse esattamente cosa sta succedendo dentro di me. «Ti chiamo quando arrivo, ok?» Annuisco in silenzio senza smettere di guardarlo, stringendomi di più a lui che sembra sentire il mio stesso bisogno, e finalmente mi bacia. È un bacio dolcissimo, che mi trasmette molto più di quanto non avrebbero potuto fare le parole.

Sento ancora il gusto del caffè sulle sue labbra, sulla sua lingua, e il profumo del suo dopobarba che mi entra nelle narici mentre, con le braccia infilate sotto la sua giacca, stringo la sua camicia tra le dita. Poi si allontana, poi mi bacia ancora, e poi ripete il tutto come se non potesse andarsene, ed io non ho alcuna fretta, lascio che mi baci, lascio che si prenda quello che vuole perché voglio che parta con la certezza che lo amo.

«Devo proprio andare Kate» mi dice con un filo di voce, dopo l'ennesimo bacio.

«Sì...» Lascio andare lentamente la presa sulla stoffa della sua camicia ed inizio a sentire la sua mancanza mentre è ancora con me in questa stanza, ma il suo corpo un po' più lontano per poter prendere la valigia.

Lo accompagno alla porta, lo bacio ancora sulla soglia e lo guardo poi allontanarsi dal pianerottolo, poi si ferma, lascia la valigia sul gradino della scala e torna indietro per baciarmi con più foga, con più trasporto ed io mi lascio andare alle sensazioni che tutto questo mi sta provocando. Lo amo, lo so.

«Ci vediamo tra due giorni Kate» mi dice con il fiato corto, per poi voltarsi, riprendere la valigia in mano e scendere in fretta le scale, senza darmi la possibilità di dire niente.

Torno in casa, chiudo la porta poggiandomi contro con la schiena e scivolando contro la superficie fino a sedermi sul pavimento, stringendo le ginocchia al petto, per lasciare andare le lacrime che ormai non posso più trattenere. Sono una persona orribile e sto facendo soffrire l'unica persona che per me farebbe qualunque cosa.

Passo le dita sotto agli occhi per tentare di asciugare le lacrime, tentando di smetterla di compatirmi e riprendermi da questa crisi che non mi porterà a niente. Mi sono sfogata, ora devo far capire a me stessa che Brant è un amico, che sono in grado di tenere la situazione sotto controllo, che sono in grado di vivere con distacco la sua presenza nella mia vita e ho 48 ore per provarlo a me stessa.

Mi metto in piedi e vado dritta in camera per recuperare il mio cellulare. Credo di sapere di chi fosse quel messaggio. Sblocco il display e, con la vista ancora leggermente appannata, leggo le sue parole.

Grigio o azzurro?

È Brant che mi chiede quale colore di camicia dovrebbe indossare stamattina. Non è la prima volta che lo fa e non sarà nemmeno l'ultima. Se gli dicessi di smetterla di scrivermi, probabilmente lui lo farebbe, ma voglio provare a me stessa che sono capace di controllarmi. Quindi, digito la risposta e invio.

Grigio

Poso il telefono di nuovo sul cassettone e prendo una camicetta da indossare oggi al lavoro. Finisco di cambiarmi concentrandomi sul mio abbigliamento, sulle scarpe e su tante altre cose pratiche che devo fare prima di uscire di casa - come chiudere il gas in cucina – ed esco diretta in ufficio, facendo grandi respiri e facendo auto convincimento su me stessa che ce la posso fare.

*****

Arrivo in anticipo, Megan non è ancora arrivata, mi sistemo alla mia scrivania, accendo il computer e, mentre aspetto che il sistema diventi operativo, vado a prendermi il primo caffè della giornata sperando che questa dose di caffeina contribuisca ad attivare i miei neuroni che sembrano in coma.

«Sei qui?» Una voce maschile attira la mia attenzione e mi volto in quella direzione.

«Ciao» gli dico, per poi prendermi un paio di secondi per guardarlo. Non posso farne a meno. Indossa un completo scuro e la camicia grigia.

Grigia.

«Va tutto bene?» mi domanda aggrottando le sopracciglia. Poi noto che ha un piccolo pacchetto in mano. Sembra qualcosa di pasticceria.

«Sì, avevo solo bisogno di un caffè.» Brant mi sorride, ed io vorrei non amare così tanto quel sorriso.

«Ok, senti, oggi è il compleanno di Zach voleva invitarti alla sua festa, ma gli ho detto di no...» Devo interromperlo.

«Zach voleva invitarmi alla sua festa?» gli domando inarcando le sopracciglia. Sono decisamente sorpresa mentre Brant annuisce continuando a sorridere. «Gli hai parlato di me?»

«Certo che l'ho fatto.» Lo dice come se fosse una cosa ovvia, di cui non poteva fare a meno.

«E perché gli hai detto che non sarei andata alla sua festa?» gli chiedo, cercando di capire dove voglia arrivare.

«Ti ho già spiegato che tipo è Zach, non mi va che ti conosca, ma ha voluto comunque mandarti questi per la pazienza che hai sempre con me.» Mi porge il pacchetto e lo afferro con mano incerta. «Sono pasticcini.» Brant sorride ancora, ed io con lui.

«Grazie, adoro i pasticcini» gli dico pensandolo davvero.

«Davvero? Potrei chiamarti pasticcino?» mi dice, facendomi ridere.

«No Brant, non puoi» gli dico con un gran sorriso. Lui riesce sempre a farmi tornare il buonumore.

«E invece posso, ci vediamo dopo.» Non mi lascia il tempo di ribattere che scompare dalla mia vista, lasciandomi sola nella sala delle macchinette con un piccolo pacchetto di pasticcini tra le mani.

Torno alla mia scrivania scuotendo leggermente la testa, ma con il sorriso sulle labbra, per quanto appena avvenuto con Brant e poso il pacchettino accanto al mio computer, giusto in tempo per vedere arrivare Megan fasciata nel suo vestito nero.

«Buongiorno Kate, so che sono in ritardo, ma non ho dormito a casa ieri sera...» Lo dice quasi sussurrando, con un'espressione felice, e poi ne capisco il motivo vedendo arrivare subito dietro di lei Alexander più sorridente del solito. Si siede poi alla sua scrivania e allunga il suo polso sinistro verso di me. «Guarda qui!» mi dice con evidente entusiasmo.

Al suo polso c'è un bracciale nuovo, molto luccicante. Non so se siano pietre vere e no, ma non voglio assolutamente saperlo. Le sorrido, cercando di farle credere che la cosa mi importi, ma ho la testa altrove per poter pensare al suo braccialetto nuovo. «Me l'ha regalato ieri sera. Non è meraviglioso?» mi dice ancora, senza riuscire a smettere di sorridere.

«Ma quindi ora state insieme?» le domando.

«No...» La delusione della sua risposta è evidente tanto nella sua voce, quanto sulle sue spalle che si abbassano mentre sospira. «Il suo matrimonio è ancora in piedi.» La guardo con gli occhi sgranati per la sorpresa.

«Matrimonio? È sposato?» le chiedo incredula. Nessuno qui in ufficio è a conoscenza del fatto che sia sposato.

«Sì, ma è uno di quei matrimoni combinati. Lui vuole lasciarla, ma la famiglia di Alex gli sta creando dei problemi...» Poi si avvicina a me per parlarmi a voce ancora più bassa. «Nessuno sa che lui è sposato perché lui non vuole che si sappia...» Annuisco incerta, perché, anche se non conosco a fondo tutti i dettagli di questa storia, non condivido né la sua condotta, né quella di Alexander, ma sono adulti e vaccinati e non sarò di certo io a dire loro come debbano condurre la loro vita. «Ad ogni modo... questo vorrà pur dire qualcosa no?» mi chiede, mostrandomi il suo nuovo bracciale.

«Non lo so Megan, ma tu lo conosci meglio di me» le dico, non sapendo bene cosa rispondere alla sua affermazione.

Lei non dice altro continuando ad ammirare il suo nuovo gioiello con un gran sorriso sognante sulle labbra ed io preferisco non mettermi in mezzo a questa strana situazione che, in realtà, non mi piace un granché.

Mi metto al lavoro, concentrandomi sulla posta, le telefonate, i fornitori e tutto il resto, pur di non restare sola con i miei pensieri perché davvero non voglio pensare, e riesco a farlo almeno fino a quando non sento la vibrazione del mio telefono che mi distrae. È un messaggio di Jason.

Sono arrivato
Ricorda che ti amo
Sempre

Le sue parole mi provocano di nuovo lo stato d'animo di stamattina, quello in cui sono precipitata prima di avere quella crisi di pianto, e non posso certo permettermi una scena del genere qui in ufficio, quindi decido di bloccare subito lo schermo del cellulare, prendo una gran quantità d'aria tentando di reprimere le lacrime che tentano di nuovo di uscire e mi rivolgo a Megan. «Torno subito» le dico tutto d'un fiato, senza darle modo di rispondere, per poi andare a rifugiarmi in bagno dove mi chiudo dentro e mi riempio poi le mani con l'acqua fredda da buttarmi sul viso per fermare questo pianto isterico che sembra non volerne sapere di fermarsi.

«Kate!» Mi salta il cuore in gola quando sento la sua voce al di là della porta intervallata dal suo bussare con forza. «Va tutto bene Kate?» Brant insiste, ed è l'ondata che fa sgretolare gli argini.

Le lacrime tornano a scorrere libere. Ho davvero bisogno di sfogarmi, di lasciare andare questo stato di ansia che mi attanaglia lo stomaco e la gola. «Kate!» La sua voce è più alta e se continua così lo sentiranno tutti. Devo provare a fermarlo.

«È tutto a posto Brant...» Ma la mia voce mi tradisce miseramente.

«È tutto a posto un cazzo, apri la porta Kate!» Il suo tono di voce non ammette repliche e sono costretta ad aprire prima che tutto l'ufficio si accorga di quello che sta succedendo.

Mi avvicino lentamente alla porta sulla quale lui sta continuando a bussare, afferro la chiave tra le dita e la giro lentamente fino a sentirne lo scatto che ne indica l'apertura. La maniglia si abbassa, la porta si apre mentre mi sposto leggermente all'indietro e lui entra lentamente mettendo subito gli occhi su di me. «Stai piangendo Kate.» La sua non è una domanda, e il modo in cui mi prende tra le sue braccia, sentire il suo corpo così vicino, il suo profumo così intenso, mi fa perdere del tutto il controllo e mi stringo a lui con forza, aggrappandomi alle sue braccia, lasciando andare del tutto i miei sentimenti.

Lui non dice niente, sento solo che muove un braccio poi sento la porta chiudersi e la serratura scattare di nuovo, poi il suo braccio torna su di me, intorno alla mia schiena. Sento le mani grandi accarezzarmi la schiena, la sua voce che sussurra qualcosa che non riesco a capire mentre non smette di tenermi stretta e sono grata che lo stia facendo perché non sono quasi più in grado di reggermi sulle mie gambe.

Qualcuno bussa alla porta, ma lui lo caccia in malo modo, stringendomi un po' di più come a volermi proteggere anche se nessuno può vedermi perché siamo solo io e lui qui dentro. Appoggio meglio la testa sulla sua spalla e mi concentro sul suo torace, e la meravigliosa sensazione di sicurezza che mi dà averlo stretto a me, fino a che riesco a calmarmi e stacco una mano dalla sua schiena per asciugarmi gli occhi.

«Scusami» gli dico, anche se non ho un vero motivo per scusarmi.

«Non dirlo nemmeno Kate.» Mi allontana quel po' che gli basta per guardarmi negli occhi. «È successo qualcosa con Jason?» mi domanda, mentre sono ancora tra le sue braccia ed io non ho la forza di rispondere quando mi guarda con quell'intensità, riesco solo a scuotere la testa per dirgli di no. «E allora che succede?» mi domanda, sinceramente interessato a quello che mi sta succedendo.

«Non voglio parlarne» gli dico sperando che la smetta di insistere. «Dovresti tornare di là adesso.»

«Credi davvero che io ti lasci in questo stato e me ne freghi?» mi dice, tornando a stringermi.

Ed io resto ferma, immobile, con le braccia strette intorno al suo corpo, godendomi la sensazione di questo abbraccio e del suo profumo che, sono certa, resterà anche sulla mia camicia.  

Dovrei allontanarmi, dovrei allontanarlo, ma la sensazione di quiete e sicurezza che mi dà il suo abbraccio è praticamente irrinunciabile, ed io in questo momento non ho la forza per farlo. Ho però promesso che riuscirò a vivere Brant in maniera più distaccata, solo come amico ed è quello che devo fare.

«Perché non dici a Megan che non ti sei sentita bene e vai a casa? Magari chiami il tuo ragazzo e... che ne so, magari lui può farti stare meglio...» mi dice poi, interrompendo i miei pensieri, senza sapere che in realtà ha azzeccato in pieno il problema non appena mi ha posto la domanda qualche minuto fa.

«Jason non c'è... è via per lavoro» gli dico, poi allento un po' la presa allontanandomi da lui, perché il suo profumo inizia a darmi alla testa.

«Ancora?» mi chiede con tono quasi infastidito.

«Sì, era una cosa importante e...»

«Fino a quando sta via?» mi chiede mettendo le sue mani sulle spalle e guardandomi dritto negli occhi.

«Un paio di giorni, torna domani sera...»

«Allora dico a Zach che stasera non ci sarò alla sua festa. Stasera tu vieni da me...»

«Ma Brant...» Provo a protestare.

«Niente Brant, è già deciso. Stasera vieni da me e festeggeremo io e te il compleanno di Zach, capito?»

«Io non credo che...» Ma di nuovo non mi lascia finire la frase.

«Datti una sciacquata al viso, torna di là, e stasera vieni da me, non farmelo ripetere un'altra volta...» Tento ancora di aprire bocca, ma lui mi zittisce ancora. «Kate, non cambierò idea... A dopo pasticcino...» Mi fa l'occhiolino, mi lascia un bacio sulla fronte e poi esce dal bagno senza darmi più la possibilità di ribattere, mentre sulle mie labbra spunta un piccolissimo sorriso per lo stupido nomignolo che ha appena usato.

Alla fine vince sempre lui, o meglio, vince sempre quello che provo per lui, ma stasera ho la possibilità di provare a me stessa che sono in grado di controllarmi, ed è quello che farò.


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SPAZIO ME

Kate è arrivata al punto di non ritorno, divisa a metà tra quello che prova e quello che secondo lei sarebbe giusto fare,
ma ha ancora difficoltà a gestire il tutto.

Brant non ha nessuna intenzione di lasciarla sola e la convince a passare la serata insieme a casa sua.

Il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Brant e vedremo cosa succederà durante la serata.

Eeeee niente, buona lettura.

(-15❤ che ansia)

 

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Capitolo 19
*** Posso aiutarti? ***


Brant

«Non fare finta che ti dispiaccia» dico al mio coinquilino sistemandomi meglio con la schiena sulla sedia girevole.

L'ho chiamato poco dopo essere rientrato nel mio ufficio per avvisarlo che non avrei partecipato alla sua festa di compleanno e per chiedergli a che ora avrebbe lasciato libero l'appartamento.

«Beh dai... un po' mi dispiace... dovrò consolarmi in qualche modo...» Il suo tono allusivo mi fa capire subito a cosa si stia riferendo, ma ora non ho tempo per le sue battute.

«Sono sicuro che lo farai, piuttosto... a che ora esci?» Non voglio che incontri Kate.

«Non me la farai conoscere mai?» mi domanda con la chiara intenzione di punzecchiarmi. Ho perso il conto di quante volte ne abbiamo parlato, e ogni volta il risultato è lo stesso: lui che chiede di conoscerla ed io che glielo nego nella maniera più assoluta.

«Esatto, quindi... a che ora ti togli dalle palle?» gli chiedo impaziente di avere una risposta.

«Avrai la casa libera già dal primo pomeriggio. Ho da fare delle cose, poi devo passare dai miei per cena prima di andare al locale, e comunque inizio a credere che questa Kate non esista...» Ridiamo insieme per la sua stupida battuta, ma smetto subito quando sento bussare alla mia porta ed è proprio lei che sta entrando.

«Ti assicuro che esiste.» La guardo camminare verso la mia scrivania, con quel velo di malinconia negli occhi, ma la forza di chi non vuole farsi abbattere. «Ora devo andare, ci sentiamo» gli dico, per poi salutarlo e chiudere la comunicazione.

Kate mi sorride. Ha in mano il pacchetto dei pasticcini che le ho portato stamattina. Non mi piace il suo sorriso triste, vorrei che non dovesse soffrire mai, vorrei che fosse sempre serena e allegra, ed è una cosa a cui tengo così tanto che non importa chi sia a renderla felice, quello che conta davvero è che lei lo sia.

«Scusa se ti ho disturbato» mi dice con voce incerta, come se non si sentisse a suo agio.

«Lo sai che tu non mi disturbi mai» le dico per rassicurarla ulteriormente. Mi alzerei in questo preciso momento per poterla abbracciare ancora, ma potrebbe entrare chiunque da un momento all'altro e le chiacchiere sul nostro conto non hanno certo bisogno di essere alimentate.

Sorride ancora, poi si avvicina fino a sedersi sulla sedia di fronte a me per posare il piccolo vassoio che ha in mano, sulla mia scrivania. «Non li mangerò da sola» mi dice, riferendosi ai dolcetti che le ha mandato Zach.

Stamattina, quando mi ha dato quel pacchettino da portarle, l'ho guardato strano, non mi aspettavo di certo che il mio amico facesse un gesto del genere per lei. È vero che parlo di Kate con lui ad ogni occasione, e non si è mai lasciato sfuggire l'occasione per fare battute allusive su di noi, ma ormai anche il mio coinquilino ha capito quanto tengo a Kate e ha voluto fare un piccolo gesto per lei.

«E io non ho intenzione di negarti il mio aiuto» le sorrido, per poi allungare una mano su quei piccoli dolcetti, afferrando quello al cioccolato.

«Dovevi per forza prendere quello al ciccolato?» mi dice, ed io alzo subito lo sguardo quando le sento pronunciare quella parola.

«Ciccolato?» le chiedo con aria interrogativa.

«Sì, vabbè... ho sbagliato...» Allunga anche lei la mano per prendersi un dolcetto, ma io non posso non approfittare di questa occasione per riprendere a farla ridere.

«Ciccolato...» ripeto di nuovo, e quando le vedo alzare gli occhi al cielo, mentre sulle sue labbra ritorna un sorriso sincero, non posso che pensare di aver fatto la cosa giusta.

«Pensi di continuare a ripeterlo tutto il giorno?» mi domanda, per poi infilarsi in bocca un bignè alla crema.

«Fammici pensare...» le dico portandomi le dita sul mento e guardare un punto indefinito verso l'alto come se davvero stessi realmente pensando a questa eventualità, poi torno a guardarla sorridendo. «...credo proprio di sì!» affermo, per poi prendermi un altro pasticcino e mettermelo in bocca tutto intero.

«Sei un cretino» mi dice, ma so che in realtà mi sta dicendo grazie.

«Può darsi, ma d'ora in poi credo che mangerò sempre dolci al ciccolato» le dico ancora, rincarando la dose.

Kate ruota di nuovo gli occhi, ma non smette di sorridere ed è questa la cosa che mi interessa, poi si alza e posa entrambe le mani sulla mia scrivania guardandomi dritto negli occhi.

«Bene, visto che continui a fare il cretino, voglio proprio darti una brutta notizia» mi dice con quella che dovrebbe essere un'aria di sfida,

«Sono tutt'orecchi» le dico, dedicandole ogni attenzione.

«La tua bella...» e so che si sta riferendo a Megan «...ha bisogno di un portafoglio piuttosto capiente» mi dice restando a guardarmi mentre io aggrotto le sopracciglia non capendo cosa abbia appena detto. «È arrivata stamattina con un bracciale fin troppo brillante...»

«Gliel'ha regalato l'elegantone?» le domando, interrompendo quello che stava per dire.

«Sì, e... non dovrei dirtelo, ma so che posso fidarmi di te» mi dice abbassando la voce.

«Certo che puoi, lo sai...» È vero, può fidarsi di me, non la tradirei mai.

«Alexander è sposato» mi rivela, abbassando ancora di più il tono di voce.

Nel sentire quelle parole, spalanco quasi gli occhi e alzo entrambe le sopracciglia per la sorpresa. Di certo non mi sarei mai aspettato una cosa del genere, poi penso che è vero che non brillo per questioni economiche, e soddisfare qualche sua aspettativa potrebbe diventare più che dispendioso, ma quantomeno ho ancora qualche speranza sul fatto che tra loro possa finire al più presto dato che lui non è solo.

«E questa non è del tutto una brutta notizia» le dico dopo le mie veloci riflessioni, ottenendo l'effetto di farle alzare di nuovo gli occhi al cielo.

«Che ci parlo a fare con te...» mi dice per poi rimettersi dritta togliendo le mani dalla mia scrivania. «...torno al lavoro» afferma e si volta, camminando diretta verso la porta.

So che sta cercando di farmi capire quanto Megan sia superficiale, ma il mio interesse per la sua collega non va oltre l'aspetto fisico, forse questo lei non l'ha ancora capito, e non ho intenzione di sprecare il mio tempo con lei spiegandole questi aspetti così poco importanti, perché quando sono in compagnia di Kate, ho decisamente altre priorità.

«Ci vediamo a pranzo?» le domando fermandola quando ormai sta per uscire dal mio ufficio.

Si ferma, si volta e mi sorride. «Ovviamente» risponde, per poi uscire definitivamente e lasciarmi da solo con il sorriso che mi è appena spuntato sulle labbra, sicuramente contagiato dal suo.

Durante il resto della mattinata, non ho perso occasione per ricordarle la sua parola storpiata con conseguenti alzate di occhi al cielo, ma anche di sorrisi sinceri, che era poi l'obiettivo che mi ero prefissato di ottenere. Ne ho approfittato anche a pranzo, quando ho preso il "budino al ciccolato", e lei ha continuato a far finta di irritarsi per la mia costante presa in giro, ma so che non le dà alcun fastidio, glielo leggo negli occhi, quindi non ho intenzione di finirla in fretta.

Non ho smesso nemmeno durante il pomeriggio, quando sono passato davanti alla sua scrivania per andare a prendermi una bottiglietta d'acqua e le ho offerto una ciccolata calda che ha rifiutato con tanto di rotazione degli occhi e risata da parte mia. È così che voglio vederla sempre, ed è così che continuerò a fare per vederla allegra.

Il resto della giornata l'ho passato chiuso nel mio ufficio per terminare di stilare un contratto che ho dovuto rifare due volte perché Jeff continuava a cambiare idea, ed io non potevo ribattere più di tanto, ma so per certo che l'ha fatto solo per infastidirmi. Lancio uno sguardo all'orario e mi rendo conto che sono quasi le sei ed è ormai ora di andare a casa. Prendo il cellulare e digito un messaggio.

Spero tu sia ancora alla tua scrivania

Invio e poso accanto alla tastiera del computer, e sorrido quando sento vibrare il telefono perché la sua risposta è stata praticamente immediata.

In realtà sono andata via con Joseph

Aggrotto le sopracciglia e le rispondo.

Chi cazzo è Joseph?

Continuo a guardare il display con l'espressione corrucciata in attesa di una spiegazione.

Se dico Jeff è meglio?

Alzo gli occhi al cielo per quello che mi ha appena scritto. Sa quanto io non sopporti quello stronzo di collega che mi ritrovo, e lei che fa? Mi punzecchia non appena ne ha l'occasione.

Mi dispiace per te allora
Ti perderai una meravigliosa serata

Poso il telefono con lo schermo sbloccato, e rivolto verso l'alto, sulla scrivania, per poi spegnere il computer e infilarmi la giacca, senza perdere di vista l'arrivo della sua risposta.

Non mi perderò un bel niente

Mi conosce bene, ed io conosco bene lei, tanto da sapere che è ancora seduta alla sua scrivania, probabilmente intenta a finire qualche lavoro dell'ultimo momento, ma mi piace troppo lo scambio di battute con lei per rinunciarci.

Spengo la luce, chiudo la porta e vado verso la sua postazione di lavoro e, proprio come immaginavo, sta ancora digitando qualcosa al computer, ma alza subito la testa quando mi sente arrivare.

«Ciao Megan» saluto la sua collega che alza appena gli occhi per guardarmi.

«Ciao Brant» contraccambia, poi torna con lo sguardo al suo monitor. Pazienza Brant, prima o poi ci riuscirai, mi dico voltandomi verso Kate che si sta alzando e indossando la sua giacca.

Inizia a far caldo di giorno, ma la sera la temperatura è ancora piuttosto fresca, è per questo che non ho ancora smesso di indossare il maglioncino sopra la camicia.

I movimenti di Kate hanno attirato l'attenzione di Megan che ora ha smesso di lavorare e la guarda curiosa. «Vai via?» le chiede aggrottando leggermente le sopracciglia.

«Sì, ci vediamo domani» le risponde lei, per poi fare il giro della scrivania e raggiungermi.

«Ciao Megan» la saluto di nuovo anche io, e smetto di degnarla della mia attenzione non appena Kate mi affianca e insieme ci dirigiamo verso l'ascensore.

Sono sicuro che ci stia guardando, ma noi non possiamo evitare di continuare a scambiarci sguardi complici per il fatto che, senza alcuna ombra di dubbio, anche lei si starà facendo l'idea sbagliata su di noi, ma non ci importa, perché sappiamo di avere la coscienza pulita e del parere degli altri non ci interessa, non a me almeno, ma mi sembra di capire che sia lo stesso per lei. Quindi, a costo di far aumentare i pettegolezzi, continueremo a comportarci come meglio crediamo perché io non ho alcuna intenzione di rinunciare a lei.

Arriviamo fino alla mia auto, e non smetto di ricordarle ogni tanto la sua meravigliosa parola storpiata di oggi, rimediando qualche piccolo e insignificante pugno sulla spalla, con lei che ride ed io che rido con lei. Ed è così per tutto il tragitto verso casa mia, io faccio il cretino, lei ride, io rido, lei è serena, che altro? Ah sì... lei è con me e non con l'idiota.

Parcheggio praticamente sotto casa, fortunatamente ho trovato posto vicino, scendiamo e lei mi segue in silenzio fino alla porta di casa e, mentre faccio girare le chiavi nella serratura, prego disperatamente che Zach non abbia lasciato troppo schifo in giro e che, soprattutto, se ne sia davvero andato.

Apro la porta e mi guardo velocemente in giro alla ricerca della sua presenza, ma sembra non esserci, quindi mi sposto per farla entrare, mi sorride, forse un po' imbarazzata, poi mi supera ed entra restando vicino all'ingresso del soggiorno.

«Lascia pure la giacca dove vuoi» le dico per poi avvicinarmi a lei che sembra essersi persa nei suoi pensieri. «Ehi... tutto ok?» le chiedo posandole una mano sulla schiena. Non so perché l'ho fatto, ma ho avuto la necessità di sentirla più vicino.

«Sì, scusami» Si volta a guardarmi e adesso sono più che certo che abbia qualcosa che non va.

«Non sembra proprio» le dico portandomi di fronte a lei per poterla guardare meglio. «Lo sai che con me puoi parlare... puoi dirmi quello che vuoi...» Le mie mani finiscono sulle sue braccia, proprio al di sotto delle sue spalle e il suo sguardo sembra illuminarsi di nuovo.

«Sai che ti dico? Ho fame?» Sembra riprendersi ed io non voglio più approfondire perché non sopporto quando ha quello sguardo perso.

«Ok, ordino due pizze, se hai bisogno del bagno è lì.» Le indico la stanza alle sue spalle, lei sorride e la lascio andare dirigendomi in cucina per recuperare il cellulare dalla tasca e chiamare il take away.

E, mentre sono al telefono, apro lo sportello del congelatore per controllare se c'è del gelato, ma non lo vedo. «...senta... non è che potrei ordinare anche una vaschetta di gelato?» chiedo cauto. «...davvero? Allora potrei ordinare una vaschetta?... panna e fragola... perfetto, grazie!» Chiudo la conversazione e poso il telefono sul ripiano della cucina.

Tolgo la giacca, posandola su una sedia, sbottono i polsini della camicia e li arrotolo lungo il braccio, nel frattempo lei torna dal bagno.

«Posso aiutarti?» mi chiede avvicinandosi.

«No Leen, non devi fare assolutamente nulla, ora siediti, io vado a lavarmi le mani. Torno subito.» Non le do il tempo di ribattere ed esco dalla stanza.

Fortunatamente il mio coinquilino ha lasciato tutto in ordine, quindi mi lavo velocemente le mani, poi, ancora più velocemente, mi infilo in camera mia per cambiarmi. Non vorrei sporcare il completo, e credo che una tuta per casa sia perfetta.

Quando sto per tornare in cucina, la sento che parla al telefono e non posso evitare di restare ad origliare.

«Sì, certo che sto bene, stai tranquillo... Mi manchi anche tu, ma oggi è già passato, c'è solo più domani no? Com'è andata la presentazione? ... Sono fiera di te Jason...» E quando lei pronuncia il suo nome, il mio stomaco si contorce per il fastidio. Non voglio sentire altro e torno in camera mia. Perché mai continua a stare con quello quando è evidente che insieme non sono felici? Lo so che non sono affari miei, ma tengo a Kate e vorrei vederla solamente sorridere. Detesto quando non lo è.

Aspetto qualche minuto, poi mi sembra di sentire silenzio e torno in cucina. Faccio finta di non aver sentito niente della sua telefonata, ed inizio a parlare di cose senza senso solo per non sentirmi dire che ha appena parlato con lui al telefono. Passano diversi minuti, durante i quali non faccio altro che continuare a farla ridere, fino a che il citofono suona, segno che è arrivata la pizza.

Ovviamente dobbiamo poi discutere su chi debba pagare, ma alla fine si arrende, lasciandomi offrire la cena, dopo tutto è solo una pizza. Fortunatamente non si è accorta della vaschetta di gelato, che sono riuscito subito a nascondere nel congelatore - non voglio fare la figura di quello che vuole fare colpo - e, dopo aver consumato la nostra cena in cucina, ci siamo spostati in salotto, seduti sul divano a vedere un film che nessuno dei due sta realmente guardando.

Sembra più tranquilla adesso. Ogni tanto la osservo senza farmi notare, e sono certo che i suoi lineamenti siano più distesi. Ho quasi raggiunto completamente il mio obiettivo, ma manca ancora una cosa.

«Ti va un po' di gelato?» le domando attirando la sua attenzione.

Lei si volta verso di me e non saprei dire quanto sia bella in questo momento.

Non è perfettamente pettinata, non è impeccabilmente truccata, non indossa niente di particolarmente appariscente, eppure non riesco a toglierle gli occhi di dosso.

«Solo se non è al cioccolato...» mi dice con un tono di voce che è in grado di provocare qualcosa di incomprensibile al mio corpo e sono costretto ad alzarmi velocemente dal divano per allontanarmi da lei senza nemmeno più pensare alla battuta sul ciccolato che avrei potuto farle se fossi stato più lucido.

Infilo entrambe le mani dentro al congelatore e le lascio lì per qualche secondo, giusto il tempo per farmi abbassare la temperatura corporea, poi recupero la vaschetta e due cucchiai.

Quando torno in salotto, lei è seduta a gambe incrociate e mi sorride ancora. Forse non è stata una così buona idea averla qui con me stasera... Mi siedo accanto a lei posando sul divano, tra noi due, la vaschetta e le porgo un cucchiaio. Lei lo afferra e lo affonda nel gelato per poi portarselo alla bocca ed io resto incantato come un idiota ad osservare tutti i suoi movimenti, poi riesco a riprendermi e prendo anch'io la mia cucchiaiata da infilare in bocca.

«Ti ricordi sempre i miei gusti, sei davvero un amico speciale Brant» mi dice, per poi immergere nuovamente il cucchiaio all'interno della vaschetta.

Già Brant, amico, è questo quello che sei per lei, e devi continuare ad esserlo!

«Te l'ho già detto Leen, tengo alla nostra amicizia e tengo a te.» Baciala! «Vedrai che le cose con Jason si sistemeranno...» Baciala! «.... e per qualunque cosa puoi contare su di me...» Baciala cazzo!

«Grazie Brant, sei davvero un amico» mi dice lei per poi tornare a mangiare con tutta tranquillità il gelato.

Perché diavolo ho iniziato a formulare certi pensieri? Devo darmi una calmata, e mi infilo in bocca una enorme quantità di gelato, così da rinfrescarmi un po' e avere la bocca piena.

Ma il calore generato dal mio corpo scioglie troppo velocemente il gelato, ed ora che ho la bocca vuota, le parole se ne escono da sole. «Leen, sei felice?» Lei si volta a guardarmi con aria confusa. «Non intendo ora, intendo felice della tua vita, di quello che hai...» Si ferma con il cucchiaio ancora in bocca, lo sfila senza fretta per poi leccarsi lentamente le labbra, ed io sono costretto a stringere con forza il mio cucchiaio per non morderle io stesso la sua bocca.

«Sì Brant, sono felice...» mi dice dopo averci pensato per un tempo che mi è sembrato interminabile. «... ho la vita che voglio, niente potrebbe andare meglio.» Non sono sicuro che stia dicendo la verità, ma se fosse davvero così, devo smetterla di farmi venire certi pensieri su di lei.

Sono un amico per lei, niente di più, e non posso rovinare il rapporto più bello che abbia mai avuto in vita mia.


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SPAZIO ME

Ma quanto sono confusi questi due?
Entrambi sono convinti di dover restare amici. Lei perché è ancora legata a Jason,
lui perché crede di poter rovinare il rapporto che ha con Kate.

Il risultato di tutto questo è che continuano ad essere infelici quando basterebbe davvero poco per avvicinarsi...

Eeeee niente, buona lettura.

(-3😱😱😱😱)

 

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Capitolo 20
*** Non faccio che pensare a te ***


Kate

È arrivato il momento di smetterla: non posso più andare avanti in questo modo. I sensi di colpa che provo nei confronti di Jason sono diventati così opprimenti che inizio a soffocare.

Stamattina, mentre le sue dita scorrevano leggere sulla mia schiena nuda, facevo finta di dormire per non doverlo guardare negli occhi, perché ieri sera, mentre Jason era perso dentro di me, io ho pensato a Brant, e l'ho fatto anche quando le sue carezze mi hanno svegliata.

Ho pensato alle mani di Brant sulla mia pelle, ho immaginato di baciare lui e non il mio fidanzato che non fa altro che correre da me. Non ho motivo per tradire così la sua fiducia, Jason è un ragazzo meraviglioso che si fa in quattro per rendermi felice e darmi tutto ciò che desidero.

E allora perché non riesco a smettere di pensare a Brant?

Jason non merita di certo il mio comportamento ed io farei meglio a darci un taglio netto prima che sia troppo tardi. Questa stupida infatuazione che ho per Brant non può più impedirmi di vivere felicemente il mio rapporto con il mio fidanzato nello stesso modo in cui lo vivevo prima che lui entrasse nella mia vita.

Io e Brant siamo colleghi e non possiamo essere altro che amici. Non posso far soffrire Jason a causa di un capriccio - perché di questo si tratta no? - e poi Brant non fa altro che parlare di Megan. Anche se provassi un sentimento reale per lui, non sarei ricambiata, quindi non avrebbe davvero senso distruggere la mia relazione per una stupidaggine. Jason merita tutto il mio rispetto.

Ed è con questo spirito che sono entrata in ufficio stamattina.

La serata che ho passato a casa di Brant è stata talmente coinvolgente che mi sono detta che non poteva più succedere, non doveva più succedere. Ho pensato a Brant per giorni, in modi decisamente poco appropriati se riferiti ad un collega, e ho finito per relegare in un angolo della mia mente il ragazzo che dorme tutte le sere nel mio stesso letto. Non posso più permettermelo.

Voglio rendere felice Jason nel modo più giusto, ed è per questo motivo che, dopo aver scoperto l'ennesimo rapimento del mio cellulare dalla mia scrivania, mi sto recando nell'ufficio di Brant, ripetendomi che posso tenere a bada quello che lui scatena dentro di me non appena mi è di fronte.

Posso farcela, devo farcela!

Busso un paio di volte alla sua porta chiusa, aspetto qualche secondo, poi la porta si apre per lasciare comparire il suo meraviglioso sorriso.

«Entra» mi dice, per poi chiudere il resto degli uffici fuori da qui.

«Che succede?» gli chiedo prendendo posto di fronte alla sua scrivania.

Brant prende posto sulla sua sedia girevole e mi sorride. «Qual è il suo piatto preferito?» mi domanda lasciandosi andare contro lo schienale.

Megan. Si tratta sempre di Megan, solo di Megan. Devo seppellire tutto quello che provo per Brant sotto a cumuli di amicizia, quell'amicizia che devo invece provare per il mio collega e non quell'insistente sfarfallio alla bocca dello stomaco che avviene dentro di me quando mi sorride, o quell'annullamento di pensieri che mi capita solo quando mi tiene stretta a sé. Niente di tutto questo deve più interferire con la mia vita.

«A lei piacciono tutti quei piatti strani della cucina vegana.» Lui vuole Megan. Io ho la possibilità di spingerlo tra le sue braccia ed è quello che farò. Sono sicura che questo mi aiuterà a superare questo periodo in cui mi sembra che esista solo lui.

«Megan è vegana?» chiede con un espressione disgustata.

«Sì, lo è diventata da quando esce con Alexander, credo per compiacerlo, ma quello che lei ama di più non è il cibo...» La sua silhouette ne è la dimostrazione. «... a lei basta essere a cena in qualche ristorante raffinato, dopo essere scesa da una macchina di lusso, per poi sfoggiare il suo abito elegante. Insomma, te la cavi con qualche centinaio di sterline.» I suoi occhi ruotano verso l'alto, provocando in me un sorriso.

«Ok... Hai un posto da consigliarmi?» mi domanda avvicinandosi alla scrivania per poggiare i gomiti sul bordo del tavolo.

Le maniche della camicia azzurra che indossa oggi sono arrotolate fino al gomito, il nodo della cravatta è leggermente allentato e mi trattengo, con tutte le mie forze, dal lasciare lo sguardo libero di vagare sul suo torace per non soffermarmi su quanto gli stia bene questo indumento che gli fascia perfettamente il busto.

«Adora andare al "The Ledbury". Tra le altre fanno anche cucina francese e vegana. L'ultima volta che è stata lì non ha fatto che raccontarmi di quanto fosse sofisticato quel posto e di come il personale la trattasse da signora.» Brant sospira rassegnato ed io cerco di scacciare il pensiero di quanto vorrei catturare quel sospiro con le mie labbra.

«Immagino che una cena in quel posto mi prosciugherebbe il portafoglio» dice mentre un'espressione infastidita si fa spazio sul suo volto.

«Forse... Devi valutare se il gioco vale la candela...» Mi rendo conto che mi sto sforzando di incoraggiarlo con scarso entusiasmo. Devo fare di più. «... Ma potrebbe anche rivelarsi la mossa giusta. Provaci, magari ti dice di sì.» Sembra ancora incerto, quindi mi gioco l'ultima carta. «Alexander è fuori città per un paio di giorni la settimana prossima...» Lascio volutamente in sospeso la frase. Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.

Nel suo sguardo si accende una piccola scintilla, e anche se quel lampo che gli ho visto negli occhi mi provoca una leggera fitta allo stomaco, mi costringo ad ignorare quella sensazione perché so che è giusto così: io devo ritrovare il mio equilibrio, Jason è il mio fidanzato mentre Brant un ottimo amico. Devo continuare a tenere le cose al loro posto senza stravolgere la vita delle persone a cui tengo, soprattutto quella di Jason.

«Signorina Cooper è sempre un piacere parlare con lei.» Mi sorride compiaciuto, ovviamente ha capito il mio sottinteso e nonostante l'idea di spingere Brant tra le braccia di Megan non mi piaccia affatto, so che devo farlo.

«Lo so.» Sorrido a mia volta, poi mi alzo in piedi intenzionata a tornare al mio lavoro e allungo una mano verso di lui, con il palmo rivolto verso l'alto. «Credi di potermi restituire il telefono adesso?»

Afferra il mio cellulare per metterlo direttamente sulla mia mano e la sensazione che provo al minimo contatto che ho con lui è sempre la stessa: è come se una piccola scarica elettrica mi attraversasse il corpo e fatico a trattenere la reazione che questo contatto mi provoca.

«Hai da fare stasera?» mi chiede quando torno in possesso del mio telefono.

«Esco a cena con Jason» affermo con un tono di voce più fermo possibile per risultare credibile. So che lui si rende sempre conto se qualcosa non va in me, ma stavolta devo riuscire a raggirare il suo radar.

«Va tutto bene con lui?»

Sono io che non vado bene, ma non posso certamente rispondere in questo modo.

«Sì.» Inclino leggermente la testa, gli sorrido sperando di riuscire nel mio intento.

«Mi fa piacere.» Non aggiunge altro ed io sento la necessità di allontanarmi da lui, perché stargli vicino mi provoca sempre una certa carenza d'aria.

«Adesso vado. Ciao Brant.» Faccio un passo indietro guardandolo ancora negli occhi.

«Ciao Leen.» Mi volto in fretta nel sentire quel soprannome, ed esco dal suo ufficio ancora più in fretta.

Non sarà facile mantenere questa linea di comportamento, quello che provo quando sono con Brant non è per niente facile da gestire, ma non ho alternative. Devo restare al mio posto e devo farlo più in fretta possibile.

Il resto del pomeriggio è stato più tranquillo. Brant è rimasto nel suo ufficio ed io mi sono concentrata sul mio lavoro. Non devo uscire con Jason stasera, probabilmente tarderà anche oggi perché il nuovo progetto di ristrutturazione al quale sta lavorando ha subito una battuta d'arresto, ma preferisco tornare a casa mia da sola piuttosto che passare altro tempo con Brant e perdermi nei suoi occhi.

Ci vediamo domani

Gli invio un messaggio poco prima di uscire: a Brant non piace l'idea di tornare a casa senza salutarmi e, se non ci salutiamo di persona, si aspetta almeno un messaggio da parte mia. Se non gli scrivo io, lo fa lui. Posso mantenere questa piccola abitudine, posso controllarla.

A domani
Buonanotte Leen

Prima di andare a casa passo al supermercato a comprare qualcosa di pronto da mangiare così, una volta rientrata, avrò tutto il tempo per cenare e farmi una doccia prima che Jason arrivi dal lavoro. Magari potrei fargli una sorpresa: la vasca pronta per un bagno sarebbe una buona idea.

Sorrido mentre salgo le scale che portano al mio appartamento, soddisfatta per essere riuscita a concentrarmi sul mio fidanzato e su quello che è meglio per il mio rapporto con lui.

Ci siamo fatti delle promesse importanti, abbiamo dei progetti per il futuro, non posso rovinare tutto.

Con questa consapevolezza passo il piccolo sacchetto del supermercato nella mano sinistra, recupero le chiavi dalla borsa per infilarle nella serratura, ma quando apro la porta mi rendo subito conto di non essere da sola.

Un delizioso profumo arriva alle mie narici, stimolando lo stomaco e l'appetito. C'è un sottofondo musicale, molto soft, di musica jazz e l'illuminazione è soffusa. Varco la soglia lentamente, cercando la sua figura, poi lo vedo e non posso evitare di sorridere.

«Ciao» mi dice quando mi vede entrare.

Jason mi stava aspettando, mi viene incontro mentre io resto ferma a guardarlo, ancora un po' confusa per la sorpresa.

«Va tutto bene?» mi domanda mentre mi sfila il sacchetto e la borsa dalle mani per posarle sul pavimento.

«Sì, è solo...» Jason mi supera per chiudere la porta alle mie spalle ed io non faccio altro che guardarmi intorno e restare incantata dalle attenzioni che il mio fidanzato ha avuto per me, ma alla fine non riesco a terminare la frase perché i miei sensi di colpa nei suoi confronti tornano a farsi sentire, ricordandomi di quanto io sia orribile.

Il suo volto torna nel mio campo visivo: ha un dolcissimo sorriso, decisamente innamorato, i suoi occhi sono pieni di speranza e le sue mani, poggiate delicatamente sul mio viso, mi riportano qui, con lui, e finalmente riesco ad allontanare ogni pensiero.

«Sono tornato presto e ho pensato che questo sarebbe stato un buon modo per farmi perdonare» dice a bassa voce guardandomi dritto negli occhi.

Mi è mancato tanto tutto questo, e vedere che è tornato a compiere quei piccoli, grandi gesti che aveva nei miei riguardi fino a qualche tempo fa, mi riporta indietro nel tempo, ricordandomi quanto io sia legata a lui e quanto abbiamo entrambi investito in questa storia.

«Jason non hai niente da farti perdonare...» Dovrei dirgli che sono io quella che ha delle cose da farsi perdonare, ma non lo faccio e resto immobile a guardare i suoi meravigliosi e intensi occhi chiari, che cercano i miei come se non li vedessero da troppo tempo.

E, in un certo senso, è così che è andata: nell'ultimo periodo siamo stati presi dalle nostre cose per prestare attenzione all'altro. Lui con il suo lavoro, io con i miei pensieri confusi, abbiamo contribuito a quel clima di incertezza che sento allontanarsi da noi in questo momento.

«Ti ho decisamente trascurata e probabilmente succederà ancora perché sembra che anche questo nuovo progetto mi prenderà parecchio tempo, ma io ti amo Kate, e voglio che tu lo sappia, che te lo ricordi anche quando non sarò a casa ad aspettarti la sera, o quando ti lascerò sola perché sarò impegnato al lavoro.» Le sue parole mi fanno male perché so che sono stata io quella ad averlo trascurato, ad aver avuto pensieri inappropriati su un altro uomo, ma allo stesso tempo mi fanno stare bene perché so che il suo amore per me è intatto, forse ancora più forte di prima, ed io so che possiamo farcela se solo io mi concentro su di noi.

«Jason tu sei meraviglioso e non potrei desiderare niente di meglio per me.» Adesso c'è solo lui nella mia testa. Mi avvicino e poso le mani sui suoi fianchi per poterlo stringere a me. «Ti amo tantissimo e non vedo l'ora di scoprire cos'hai cucinato.»

«È quasi pronto, vai a cambiarti. Io ti aspetto di là.» Mi osserva ancora per qualche istante, poi sta per allontanarsi, ma lo fermo trattenendolo per un braccio.

«Aspetta.» Si volta di nuovo verso di me e mi guarda curioso.

Voglio che sappia che sono qui con lui e non solo fisicamente, per questo motivo mi avvicino e mi prendo quel bacio che avrebbe voluto darmi non appena sono entrata in casa, ma che è rimasto sulle sue labbra perché ha notato quanto fossi sorpresa di trovarlo qui.

Mi stringo a lui come non facevo da giorni e, dopo un breve attimo di incertezza, anche lui mi chiude nel suo abbraccio, quello che mi è mancato così tanto, quello che mi fa sentire a casa, al sicuro. Le mie mani scorrono lente per infilarsi tra i suoi capelli, le sue sembrano volersi plasmare sulla mia schiena. Le sue labbra cercano le mie in maniera quasi disperata mentre nelle mie narici arriva intenso il suo profumo, quello che ha dopo la doccia.

Sono al sicuro, sono con lui.

«Adesso vai a cambiarti altrimenti passerò direttamente al dopocena.» La sua voce bassa, quasi sussurrata, mi riporta alla realtà dopo un bacio che sembrava non voler finire mai.

«D'accordo, faccio in un attimo.» Un ultimo bacio, poi mi allontano per andare in camera da letto mentre lui va verso la cucina.

Lo sapevo che avevo solo bisogno di ritrovare la mia intimità con Jason, che la mia attrazione per Brant era momentanea e non significa nulla. Adesso che sono con il mio fidanzato, all'interno della mia casa, sento che ogni cosa è tornata al giusto posto.

In pochi minuti mi cambio infilando un paio di leggins e una maglietta, vado in bagno per darmi una rinfrescata, poi torno da lui che sta sistemando qualcosa dentro ai piatti.

«Cosa farei senza di te» gli dico mentre mi siedo al mio posto.

«Cosa farei io senza di te...» Mi dà un bacio sulla fronte, poi si volta per posare la pentola sul ripiano della cucina, ed io mi sento un vero schifo dopo quello che ha appena detto.

«Jason io non ho fatto niente...»

«Adesso smettila di parlare e mangia prima che si raffreddi.» Mi interrompe prima che riesca a dirgli quanto lui sia migliore di me e non mi dà modo di farlo nemmeno quando sto per aprire bocca per parlare, perché è di nuovo lui a prendere la parola. «Voglio passare una serata tranquilla. Non voglio vedere altro che il tuo sorriso, quindi adesso mangia e dimmi che cuoco meraviglioso sono.» Sorrido per le sue parole, lo fa anche lui e decido di fare come mi dice, evitando di aggiungere altro.

Forse si è accorto anche lui che qualcosa non va in me, forse non vuole sentire uscire dalla mia bocca qualcosa che potrebbe ferirlo, ma non si rende conto che non potrei mai dire qualcosa che possa fargli del male, Jason non lo merita.

Per tutto il resto della cena mi concentro per tornare la Kate di qualche tempo fa, quella di cui Jason si è innamorato perché voglio fargli trascorrere la serata che sperava di passare con me, e perché voglio che sia felice. Il sorriso torna sulle sue labbra anche mentre mi racconta del suo lavoro, della sua giornata, condividendo con me la sua vita.

«Lascia stare adesso...» Mi fermo a guardarlo mentre sono in piedi di fronte a lui con i piatti in mano.

«Tu hai cucinato, il lavoro sporco tocca a me» gli dico intenzionata a sparecchiare e lavare i piatti.

«Non ora Kate...» Si alza anche lui, mi si avvicina, poi mi toglie i piatti dalle mani per posarli nuovamente sul tavolo. «... adesso voglio che pensi solo a noi...» Le sue mani arrivano sui miei fianchi, mi attira a sé. «... perché io non faccio che pensare a te...» Resto in silenzio, con gli occhi fissi nei suoi, incapace di proferire parola a causa dell'intensità del suo sguardo. «... sempre.» Mi bacia di nuovo, con dolcezza e immenso amore.

Devo riuscire a spegnere il cervello per abbandonarmi alle sensazioni che sto provando, devo allontanare quei pensieri che mi torturano.

«Andiamo di là Kate» bisbiglia al mio orecchio quando il suo bacio si è spostato dalle mie labbra al resto del mio viso.

«Ok» rispondo ad occhi chiusi, con un filo di voce. «Ti raggiungo subito» aggiungo quando sento allentarsi la sua presa.

Sento i suoi passi farsi più lontani, apro gli occhi e lo vedo entrare in camera da letto. Non c'è niente nella mia testa in questo momento, niente che possa rovinare questo momento. Mi sento lontana da ogni cosa, finalmente serena e non voglio interferenze di alcun tipo.

Per questo motivo mi avvicino al ripiano del mobile della cucina e spengo il cellulare di Jason, poi vado verso il divano dove ho lasciato la mia borsa perché voglio spegnere anche il mio. Infilo la mano alla ricerca del telefono, quando lo recupero lo sblocco e sto per spegnerlo, ma mi fermo quando mi accorgo di un messaggio non letto.

È di Brant.

So bene che non devo leggerlo, che devo lasciare lui, e tutto ciò che lo riguarda, fuori dalla mia vita, ma non sono né lucida, né razionale quando si tratta di Brant.

La mia mano si muove da sola cliccando sull'icona del messaggio per poi aprirlo.

Ho dimenticato di ringraziarti
Non so cosa farei senza di te

Leggo e rileggo quelle poche parole, le stesse che ha pronunciato Jason poco fa, ma ho come l'impressione che abbiano un suono totalmente diverso, o più probabilmente sono io a dargli un altro significato, ma non posso permettere che questo rovini la serata di Jason, quindi spengo il cellulare senza rispondergli, poi lo ripongo di nuovo in borsa.

Brant è un amico.
È Jason ad essere il mio fidanzato. Eppure, nonostante nella mia testa le idee siano ben chiare, il mio cuore continua a fare confusione ed io mi sento fin troppo disorientata.



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SPAZIO ME

E rieccoci! I'm back!

Dopo mesi sono tornata a scrivere di Kate e Brant, e questo lo devo ad un paio di ragazze che non smettono di seguirmi. Ammetto di aver trascurato questa storia a causa dello scarso interesse che aveva riscontrato, ma ora che ci siete voi prometto di dedicare più tempo alla stesura di questi capitoli e di arrivare fino alla fine insieme a voiquindi GRAZIE ❤

Per quanto riguarda il capitolo abbiamo una Kate più confusa che mai, convinta che fare la cosa giusta sia soffocare i propri sentimenti in favore di Jason, ma mi sembra che abbia scarsi risultati. Voi che dite?

Il prossimo, che prometto di terminare in fretta, sarà dal punto di vista di Brant.

Grazie per la pazienza 😊

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 21
*** Io sono questo ***


Brant

So che c'è qualcosa che non va, riesco a percepirlo, quasi come se potessi annusarlo nell'aria che respiro, eppure non riesco ad identificare di cosa si tratti.

Il lavoro va bene, i miei stanno bene - li ho sentiti stamattina perché mamma si lamenta del fatto che non passo mai a trovarli - e Kate è ancora mia amica. Che diavolo c'è allora che non va?

«Brant io sono pronto.» La voce di Zach mi riporta alla realtà. Mi allontano dalla finestra alla quale ero appoggiato e mi volto verso di lui. «Va tutto bene?» mi chiede osservandomi con attenzione.

«Sì, perché me lo chiedi?» Cammino verso di lui, poi lo sorpasso per andare verso il frigo dal quale prendo una bottiglietta d'acqua.

«È tutta la sera che sei strano, sicuro che ti va di uscire?» Il mio coinquilino mi si avvicina, e continua a guardarmi come se potesse leggermi nella mente.

«Certo che mi va, sono solo un po' stanco, ma non voglio restare a casa.» Ho bisogno di uscire, di distrarmi per non restare vittima di questi pensieri di cui non capisco nemmeno la natura. Questo non sono io e non voglio ridurmi a chiudermi in casa per delle stupide paranoie.

«Ok, allora andiamo.» Zach si allontana, ed io lo seguo fino alla porta. «Ci aspettano al Club 49, ho rimorchiato una biondina e se la sua amica è figa anche solo la metà di quanto lo è lei, sono sicuro che quella faccia da depresso del cazzo che ti ritrovi, sparirà in un attimo.»

«Fottiti Zach.»

Lui ride, mi prende per il culo e ride, ma non protesto più di tanto perché ha ragione. Questa faccia da depresso deve sparire. Non mi sono mai tirato indietro davanti ad una serata di puro divertimento e zero pensieri come sembra essere questa, e non succederà nemmeno oggi.

Quello stupido pensiero che mi sta facendo impazzire - di cui tra l'altro non ho capito l'origine e neanche di cosa si tratti con precisione - ha i minuti contati. Niente e nessuno mi rovinerà questa serata.

Una volta saliti in macchina Zach mi racconta di questa ragazza che ha conosciuto ed inizia a parlare a ruota libera, ma sono molte di più le parti del discorso che mi perdo, rispetto a quelle a cui sono attento. Quella sensazione che qualcosa non vada per il verso giusto è tornata a farsi sentire, ma fortunatamente siamo arrivati ed io spero che l'alternativa alla mia serata triste sia all'altezza delle mie aspettative.

Ci facciamo spazio tra la folla, lo seguo fino ad arrivare ad un tavolo al quale troviamo già sedute due ragazze, tutt'e due bionde, quindi affianco il mio amico e aspetto le presentazioni.

Per questa sera la mia compagnia sarà 
Angie - sempre se è il suo vero nome, ma ho imparato a non fare domande - una ragazza alta, biondissima e dagli occhi azzurro ghiaccio.

Poi il mio cervello - per una assurda associazione di idee - si mette ad elaborare degli strani paragoni, ma non perché siano strani di per sè, il fatto è che non mi è mai capitato di paragonare o associare il volto della ragazza che mi terrà compagnia per una sola sera, a qualcuno.

Stasera, invece, ho pensato agli occhi scuri di Kate quando ho guardato quelli azzurri di Angie, ho pensato ai suoi capelli castani quando ho notato il biondo chiaro della ragazza seduta di fronte a me. Devo essermi rincoglionito, non ho altre fottutissime spiegazioni.

«Tutto ok?» La voce della bionda attira la mia attenzione, devo essermi distratto.

«Sì, scusami, ero sovrappensiero. Stavi dicendo?» Devo smetterla immediatamente e concentrarmi su questo bel sorriso che sembra essere promettente.

«Non è che stavi pensando ad una ragazza?» mi chiede provocandomi

«Non ho una ragazza...» Lancio uno sguardo al mio amico che sembra già impegnato in una fitta conversazione con l'altra bionda, poi torno a guardare Angie. «Andiamo, ti offro da bere» le dico invitandola ad alzarsi per seguirmi fino al bancone del bar dove ci sediamo.

Un paio di drink e mi sento già meglio, più rilassato e la mente più sgombra. Adesso posso tornare ad essere essere il Brant che se la spassa con una gran bella ragazza, senza pensieri, perché io sono questo.

La bionda non sembra farsi problemi quando ci sediamo in un luogo un po' più appartato ed io inizio ad allungare le mani sul suo ginocchio lasciato scoperto dal vestito, anzi è lei la prima ad avvicinarsi per baciarmi.

Non ci metto molto ad alzarmi da lì con lei per andarcene via. Salutiamo i nostri due amici e lei mi porta a casa sua dove mantiene le promesse che mi ha fatto con i suoi gesti ed il suo comportamento. Niente preamboli, nessuna perdita di tempo, il suo vestito finisce in fretta sul pavimento, i miei lo seguono a ruota e in un attimo mi trovo a perdermi in lei, liberandomi di ogni pensiero che mi aveva occupato la mente. Mi sento di nuovo libero di essere me stesso senza dovermi sentire sbagliato. Dopotutto sono giovane, non ho impegni con nessuno, perché mai non dovrei divertirmi come sto facendo ora?

«Wow!» dice lei quando mi stendo al suo fianco con ancora il fiato corto.

«Ti ho fatto male?» le domando sentendo il cuore pompare fin troppo velocemente. So di essere stato quasi incontenibile, come se dovessi dimostrare qualcosa a me stesso, e forse sono stato un tantino scatenato.

«Male? Sei stato il miglior sesso di sempre!» Il mio ego ringrazia nel sentire pronunciare da una donna soddisfatta quelle parole, eppure sento una piccola punta di insoddisfazione che non mi permette di compiacermi del tutto.

«Ti dispiace se vado a farmi una doccia?» le chiedo alzandomi dal letto mentre tento di ignorare il suo sguardo divorarmi centimetro dopo centimetro.

«Ti dispiace se la faccio con te?» Si alza anche lei, entriamo insieme in bagno e i pensieri spariscono di nuovo.

Io sono questo, non so essere perfetto.

*****

Manca più di un ora al suono della sveglia e, nonostante la stanchezza, non ho dormito un granché stanotte.

Dopo la doccia a casa di Angie sono tornato nel mio appartamento. Zach non c'era e mi sono infilato subito a letto, ma non riuscivo a prendere sonno, così mi sono rigirato più e più volte. Non ricordo quando mi sono addormentato, ma ricordo bene di aver aperto gli occhi che era ancora buio. Il sole sta per sorgere ed io non ho più voglia di restare qui a non fare niente.

Mi metto in tenuta da corsa ed esco per provare ad allentare la tensione e corro fino a farmi bruciare i polmoni. La carenza di ossigeno mi permette di svuotare la mente e corro ancora, fino a che le gambe non mi reggono più, poi torno a casa, doccia, colazione mentre scambio un paio di battute con il mio coinquilino sulla serata di ieri, poi mi vesto ed esco per andare al lavoro.

La prima persona che incontro quando esco dall'ascensore è Megan, fasciata nel suo abito nero, che ondeggia sui suoi tacchi ed io vorrei davvero provare cosa si prova a perdersi in lei.

«Ciao Brant, tutto bene?» mi chiede guardandomi con l'aria divertita.

«Sì, e tu?» Mi riprendo e cerco di non darle a vedere quanto stia sbavando per lei.

«Benissimo. Wilson ti stava cercando» dice, per poi andare a sedersi dietro la sua scrivania.

«Grazie, vado subito da lui.» Lancio un'occhiata alla postazione di Kate che però è vuota.

Per il resto della mattina penso solo al lavoro, senza divagazioni inutili e dannose per la mia salute mentale fino all'ora di pranzo, quando sento un certo borbottio nel mio stomaco. Controllo l'orario per vedere se è già ora di pausa, e mi accorgo di avere un messaggio non letto. È da parte di Angie.

Quando vuoi

Il mio ego sorride compiaciuto, io anche, poi leggo l'orario sul display notando che manca meno di un quarto d'ora alla pausa pranzo, clicco sull'icona di messaggistica ed invio un messaggio.

Che fine hai fatto?

Non l'ho vista per tutta la mattina, non ha nemmeno portato la posta e questo è strano.

Seduta alla mia scrivania

Risponde praticamente subito, ed io non posso evitare di sentirmi meglio.

Aspettami

Ovviamente

Spengo il computer, infilo la giacca, recupero portafoglio e cellulare ed esco dall'ufficio per dirigermi alla sua scrivania dove la trovo già pronta per scendere.

Il suo sorriso illumina l'intero open space, sembra davvero felice oggi. Scambia qualche parola con Megan, ma non presto attenzione più di tanto a quello che si dicono perché riesco solo a guardare quel sorriso che non le vedevo da tempo. Kate è felice ed io lo sono per lei.

«Sono pronta.» Le sue parole richiamano la mia attenzione, le sorrido e ci incamminiamo verso gli ascensori.

«Il tuo fidanzato è tornato in sé?» le chiedo premendo il pulsante del piano terra.

«Perché questa domanda?» Mi osserva con aria curiosa e un mezzo sorriso.

«Perché dai l'impressione di aver trascorso una bella serata. Dimmi che mi sbaglio.» L'ascensore arriva al piano, le porte si aprono ed usciamo all'esterno camminando fianco a fianco e mi sforzo a non metterle un braccio sulle spalle per attirarla a me.

Che idea del cazzo Brant!

«In effetti è così, ho trascorso una bella serata. Ho trovato Jason ad aspettarmi ieri sera, voleva farmi una sorpresa. Mi ha preparato la cena e...»

«Posso immaginare il resto Kate!» La interrompo per non dover ascoltare dettagli di cui non m'importa nulla.

Sicuro che non t'importi nulla?

«Sei un cretino Brant!» dice ridendo. «Stavo per dire che mi ha promesso un intero weekend appena finirà il progetto che ha in corso.»

Rido con lei, ed è una delle sensazioni più belle che abbia mai provato. Non credo che lui sarà in grado di mantenere quella promessa, anzi credo che le spezzerà il cuore, di nuovo, ma io sarò presente per lei, sempre.

«E tu? Sei uscito ieri sera?» mi chiede mentre entriamo nel bar dove pranziamo di solito.

«Ti do l'impressione di essere uscito?» Non voglio dirle delle mie paranoie e nemmeno della ragazza con cui ho condiviso la serata. Kate è così felice ed io non voglio rovinare il suo umore.

Sì, certo, è proprio quello il motivo per cui eviti di dirle che ti sei portato a letto una qualunque.

«Mi dai l'impressione di uno che ha dormito poco.» Kate prende posto al tavolo, e normalmente mi siedo di fronte a lei, oggi invece voglio starle più vicino così mi sistemo al suo fianco.

Sei uno stronzo egoista Brant! Lasciala in pace!

La mia coscienza continua a parlarmi, ed io continuo ad ignorarla. Voglio Kate, voglio starle vicino, voglio farla ridere, voglio essere la spalla su cui lei può contare, voglio essere qualcosa per lei, e non c'è coscienza che possa fermarmi dal prendermi tutto quello che voglio.

«Mi sono alzato presto per andare a correre. Adoro vedere sorgere il sole mentre sono al parco.» Lei mi sorride, ma sembra imbarazzata. Forse è a causa della mia presenza fin troppo ravvicinata, ma la mia coscienza mi ha appena ricordato che sono uno stronzo egoista e non ho alcuna intenzione di allontanarmi da lei.

«Anche a me piacerebbe veder sorgere il sole, ma sono troppo dormigliona per svegliarmi presto.»

La suoneria di un cellulare interrompe la nostra conversazione. È il suo.

«Ehi, ciao!» dice con un enorme sorriso sulle labbra. Il ragazzo che prende le ordinazioni si avvicina al nostro tavolo, ordino il pranzo per entrambi, ma tengo un orecchio teso nella sua direzione, troppo curioso di sapere con chi sta parlando. «Non di certo per colpa mia!» Il suo tono di voce è scherzoso. Non è il solito modo che ha di parlare con il suo perfetto fidanzato. «Stasera no, domani?» Sono infastidito perché vorrei sapere chi c'è dall'altra parte del telefono, ma non lo so e la cosa mi irrita. «D'accordo, a domani. Baci.»

Kate chiude la telefonata, rimette in borsa il suo cellulare, poi mi guarda con ancora quell'enorme sorriso stampato in volto. «Hai già ordinato tu?» mi domanda voltandosi a guardarmi negli occhi.

«Sì, oggi ti dovrai adattare» le dico portando un braccio dietro la sua schiena per posarlo sulla sua sedia.

«Come se fosse una novità.» Continua ad essere di ottimo umore, e la battuta che mi ha appena fatto ne è la prova.

Vorrei chiederle con chi ha parlato, con chi sorrideva in quel modo, ma so di non averne diritto. Il fatto che lei non me lo stia dicendo mi rende fin troppo curioso e devo mordermi la lingua per non chiederglielo.

«È mai successo che non ti piacesse quello che ho ordinato?» Faccio lo sbruffone perché è quello che so fare meglio.

«Perché devo darti sempre ragione?» Sorride ancora. Credo di non aver mai visto sorriso più bello del suo.

«Perché io ho sempre ragione...» Il mio sguardo si perde nel suo, il suo si perde nel mio. Sta succedendo qualcosa, qualcosa che mi fa sentire strano, diverso. Finalmente lei si volta ed io posso tirare un sospiro di sollievo.

Non voglio più provare quello che ho appena provato. Questo non sono io. Il Brant che conosco sarebbe molto più rilassato, forse non ho scopato abbastanza. Stasera o domani chiamerò Angie. La chiamerò, nonostante nella mia testa riecheggi ancora quella domanda.

Con chi hai parlato Kate?



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SPAZIO ME

Dunque...

Come al solito il ragazzo ha poche idee, ma confuse. Ne ha ancora di strada da fare per crescere. Crede di essere libero per via del fatto che può fare quello che vuole quando gli pare, in realtà è prigioniero di sé stesso perché ha paura, ma non se ne rende conto.

Kate, come al solito, è molto combattuta, vuole fare la cosa giusta, ma in questo caso qual è davvero la cosa giusta da fare? E per chi è giusta?

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 22
*** Non è il mio Brant ***


Kate

Mi sento come una bambina durante i giorni che precedono il Natale, ma non riguardo all'attesa dei regali, piuttosto come quelli che hanno scritto una letterina con una richiesta ben specifica e tentano in ogni modo di comportarsi al meglio per non entrare a far parte della lista dei bambini cattivi e riuscire a ricevere quello che desiderano di più.

Quello che io desidero di più è mantenere solido il mio rapporto con Jason, ed è per questo che sto evitando di essere inserita nella lista nera di Babbo Natale, comportandomi come una brava bambina.

La sera sto uscendo in perfetto orario dal lavoro, mi dirigo subito a casa ed evito ogni cosa che può diventare una distrazione. Ci sono riuscita perfettamente negli ultimi giorni, e sono anche riuscita a non mandare all'aria i miei rapporti di amicizia - uno in particolare, quello che mi crea maggiori difficoltà.

Ho pranzato con Brant tutti i giorni, ma non mi sono mai dimenticata di tenere ben presente che siamo amici e nient'altro. Io lo aiuto, o almeno ci provo, ad avvicinarsi a Megan - perché è lei che gli interessa davvero - niente di più, niente di meno, e credo di essere riuscita a raggiungere un certo equilibrio.

Non nego di stare bene con lui, a volte fin troppo, ma tengo per me questi pensieri, ben chiusi in un cassetto della mia mente, fino a quando non resto sola, o sono con Yuri, come stasera, o come è successo qualche giorno fa, quando gli ho confessato ciò che mi sta succedendo.

Con lui posso manifestare ogni sentimento e lasciare andare tutte le mie preoccupazioni, posso liberarmi del peso della mia coscienza ed evitare di sentirmi continuamente in colpa per qualcosa che non ho fatto, o per qualcosa che non volevo nemmeno provare. Per qualche ora mi sento libera, più leggera, e questo mi aiuta a tornare a chiudere in un angolo quello che mi succede, fino al successivo incontro con il mio migliore amico, durante il quale potrò sfogarmi per tornare ad essere una persona migliore.

Jason merita ogni sacrificio, ogni sforzo, ogni attenzione che sono in grado di dargli. So che si è accorto del mio stato d'animo instabile - lo conosco bene e so che lo sa - ma questo non gli ha impedito di essere il solito meraviglioso Jason che prepara una cena squisita alla prima occasione, o di portarmi una rosa senza un vero motivo, ma solo per il gusto di farlo. Non fa domande, lui mi ama e basta, riempiendomi di piccole attenzioni per farmi capire quanto tiene a me, o lasciandomi il mio spazio quando vede che ne ho bisogno, proprio come per questa cena.

«La mia pancia sta per esplodere!» esclama Yuri non appena posa la forchetta sul suo piatto vuoto.

«Lo dici ogni volta che veniamo in questo posto.» Siamo al nostro ristorante preferito, quello con "i camerieri carini", le parole che il mio migliore amico usa per descrivere questo luogo, "quello in cui la cucina è migliore della nostra" è invece il mio modo di chiamarlo.

«Se tu avessi imparato a cucinare almeno la decima parte di come cucina il tuo fidanzato, lo direi anche quando vengo a mangiare surgelati a casa tua.» Il suo sorriso divertito mi contagia e quando sto con lui sono più serena.

«Sai bene che sono un disastro in cucina e che è meglio lasciare ad altri quel compito.» Credo di non essere affatto portata per la cucina.

«Tipo... a Brant?» domanda lui osservandomi con curiosità mentre un piccolo sorriso è pronto a spuntare sulle sue labbra.

«Magari ho un debole per gli uomini che sanno cucinare...» Yuri alza gli occhi al cielo, poi torna a guardarmi con la stessa aria divertita di poco fa.

«Mi pare che il tuo Brant sappia fare altro oltre che cucinare...»

«Non è il mio Brant!» Rispondo con un po' troppa enfasi, e me ne rendo conto solo dopo aver finito di parlare.

«Ma lo vorresti...» Stavolta non rispondo per non dover avere di nuovo la stessa reazione di prima. «... Kate ci sono solo io qui, sai che puoi dirmi qualsiasi cosa...» Mi sento in colpa a confessarlo, perché se lo dico ad alta voce diventa più reale. «Kate..»

«Ok! ... Ok...» Sospiro pesantemente prima della mia confessione. «Brant mi piace da morire, sei contento?» Il mio tono di voce esce più acido di quanto avrei voluto.

«No Kate, non sono contento, ma tu non puoi continuare a tenerti tutto dentro.» La mano di Yuri arriva sulla mia che è ancora posata sul tavolo accanto al mio piatto. «Parlami ancora di lui.»

La sua richiesta fa spuntare un sorriso sulle mie labbra, perché mi è inevitabile sorridere quando penso a Brant. «Quando penso a lui la prima cosa che mi viene in mente è il colore azzurro, come l'azzurro intenso dei suoi occhi. Ogni volta che mi guarda ho la sensazione che lui mi veda davvero, che riesca a capire quello che provo e quello che penso. Succede spesso che capisce come mi sento in un dato momento, e la maggior parte delle volte sono costretta a negare l'evidenza per non dover ammettere la verità.» Fa male parlare di lui, e allo stesso tempo mi fa sentire così bene.

«Sono sempre dell'idea che dovresti lasciare Jason.» Ogni volta che me lo dice mi sento come la peggiore delle traditrici.

«Non posso lasciare Jason, lui non lo merita.» Il pensiero che soffra, e che succeda a causa mia, è per me inconcepibile.

«Non merita neanche di stare con una donna che sta con lui solo a metà. non fraintendermi, io mi sono affezionato a Jason, è un ragazzo meraviglioso, ma dovresti lasciarlo andare. Dovresti dargli il cento per cento, invece tu non gli dai che un terzo di quello che sarebbe suo diritto avere.» Guardo il mio amico negli occhi e so che ha ragione. «Fate ancora sesso tu e Jason?»

«Yuri!» La sua domanda fa colorare le mie guance di un bel rosa intenso mentre le sento riscaldarsi.

«Non puoi scandalizzarti ancora per questa domanda!» Sa che mi imbarazzo e si diverte sempre quando ci riesce.

«La risposta alla tua domanda è sì!» rispondo non realmente infastidita, ma con un tono in grado di fargli credere che io lo sia.

«Questo è un buon segno... Per la tua relazione intendo... Voglio dire se tu e Jason fate ancora sesso c'è una speranza per voi.»

«Te l'ho già spiegato, io amo ancora Jason, ed è questo che rende tutto più complicato. Voglio che lui sia felice, voglio realizzare i nostri progetti... Quando...» abbasso lo sguardo sul mio anulare e resto a guardare l'anello che mi ha regalato. «Quando mi ha messo questo anello al dito ero la donna più felice del mondo, il mio sogno si stava realizzando e niente avrebbe potuto rovinarlo...» ricordo bene la sensazione che ho provato quel giorno, ma ricordo bene anche un'altra sensazione. «... ma poi ho conosciuto Brant e, dal primo istante in cui l'ho guardato in quegli occhi così incredibilmente azzurri, ho capito cosa vuol dire avere un milione di farfalle nello stomaco.»

«Tu sei proprio andata Kate!» Yuri sorride divertito. «Adesso paghiamo e ce ne andiamo da qui, hai bisogno di un po' d'aria.» Gli sorrido anch'io, felice di poter sempre contare su di lui.

********

È tardi, probabilmente Jason sta già dormendo, quindi mi avvicino alla porta di casa silenziosamente, recupero le chiavi dalla borsa, poi mi tolgo le scarpe e le tengo in mano.

La passeggiata che io e il mio migliore amico abbiamo fatto per tornare a casa è stata un toccasana. Avevo davvero bisogno di una boccata d'aria e il pensiero di tornare a casa dal mio fidanzato mi ha, per così dire, riportato sulla retta via.

Amo Jason, su questo non ho alcun dubbio, quindi è su questo punto che devo lavorare e concentrarmi. Brant è una parentesi, un colpo di testa, una stupida infatuazione che non porterà a nulla di buono. Jason ha occhi solo per me ed io non voglio rischiare di buttare via tutto quello che abbiamo costruito insieme per un... un...

Chiudo la porta d'ingresso alle mie spalle senza fare rumore. Le luci sono spente, come si è spento anche il mio cervello quando ho visto una piccola luce accendersi in cucina, per poi spegnersi subito dopo. Era la luce del frigo, né sono sicura.

«Jason?» Pronuncio il suo nome a bassa voce senza un vero motivo, e nel frattempo accendo la luce usando l'interruttore accanto alla porta.

Immediatamente la sua figura compare sulla soglia. La testa leggermente inclinata, un dolcissimo sorriso sulle labbra, un bicchiere d'acqua tra le mani e il busto scoperto perché non indossa niente sulla parte superiore del corpo.

«Ciao, avevo sete» dice mostrandomi il bicchiere ancora pieno. «Tutto bene?» Cammina lento verso di me che sono rimasta sulla porta a fissarlo come se non l'avessi mai visto prima.

«Sì, solo... non mi aspettavo di trovarti sveglio.» Ho detto la verità. Speravo che fosse già a dormire per non dover affrontare il suo sguardo indagatore.

«In realtà stavo andando adesso a dormire. Sono arrivato tardissimo, ho mangiato un boccone, poi ho fatto una doccia e adesso stavo per andare a letto.» Butta giù d'un fiato la sua acqua, posa il bicchiere sul tavolino di fronte al divano, poi mi si avvicina, mi sfila la borsa dalla mano destra senza mai perdere il contatto visivo ed io lascio cadere le scarpe, che tenevo nella mano sinistra, sul pavimento. Le sue mani si posano ai lati del mio viso ed io sento le sinapsi del mio cervello collassare su loro stesse. «Mi sei mancata oggi.» Le sue labbra si posano dolcemente sulle mie, ma io fatico a lasciarmi andare. È come se avessi un freno che non riesco a sbloccare, anche se in realtà credo siano i miei pensieri a non permettermi di godere di questo bacio così pieno d'amore come dovrei. «Sei stanca?» mi domanda restando con la fronte appoggiata alla mia, continuando a guardarmi negli occhi.

«Ho mangiato troppo, come sempre quando esco con Yuri.» Tento un sorriso per rassicurarlo, ma non credo di aver ottenuto l'effetto sperato.

«Ti preparo un tè caldo finché ti cambi, ti va?» dice ancora, per poi allontanarsi da me e camminando verso la cucina.

«Grazie, sarebbe magnifico.» Tiro un sospiro di sollievo quando scompare nell'altra stanza e mi dico che devo necessariamente darmi una regolata. Brant non può coesistere nella mia testa insieme a Jason e deve necessariamente restare fuori da questa porta alla quale sono rimasta appoggiata con la schiena. Mi mordo il labbro inferiore, poi mi dirigo verso la camera da letto per cambiarmi mentre i denti continuano a torturare il labbro, e i rumori provenienti dalla cucina sembrano sempre più lontani. 

Mi tolgo i vestiti che indosso lasciandoli sul letto ancora intatto, infilo un paio di leggins e una maglietta, vado in bagno a darmi una rinfrescata, poi raggiungo il mio fidanzato in cucina che sta già versando l'acqua bollente nella mia tazza preferita. «Grazie» gli dico avvicinandomi a lui che torna a sorridere mentre mi guarda.

«Ho fatto quello alla cannella» dice appoggiandosi al ripiano della cucina, mentre io gli sorrido grata per aver preparato il mio tè preferito.

Conosce perfettamente ogni mia abitudine e fa di tutto per compiacermi, per accontentarmi e per rendermi felice, mentre io sono fuori casa a tormentarmi per un altro.

Sono una persona davvero orribile!

«Che ne dici se porto la tazza di là, la lascio intiepidire sul comodino e la bevo più tardi?» gli domando avvicinandomi fino ad appoggiarmi al suo corpo. Poso le mani sui suoi fianchi ben definiti e mi concentro sul contatto delle mie dita con la sua pelle nuda.

«Dico che mi sembra un'ottima idea.» Poi lo bacio tentando di allontanare i sensi di colpa, ma so che sono quelli a guidarmi in questo momento, perché ho bisogno di fargli sapere che io lo amo, che voglio impegnarmi ancora in questa storia a cui tengo per davvero.

«Io ti amo Jason» gli dico mentre le sue labbra sono sul mio collo. Sento la necessità di ricordarglielo, ma forse lo sto facendo più per me stessa che per lui.

«Io ti amo da morire Kathleen... da morire... e non c'è niente che non farei per te...» Torna a guardarmi negli occhi con un'intensità tale da farmi mancare il fiato. «Andiamo di là...» La sua voce appena sussurrata mi fa credere che posso farcela, che posso pensare solo a lui, ed è con questo pensiero che lo seguo in camera, e che faccio l'amore con l'uomo a cui ho promesso di restare accanto.

Perché io amo Jason, amo il modo delicato con cui mi toglie la maglietta, amo la dolcezza con cui si appropria di ogni parte di me, amo il suo modo di accarezzarmi e amo i suoi occhi azzurri... verdi... amo i suoi occhi verdi...

********

Credevo fosse più facile, che sarei riuscita a smettere di pensare a Brant, ma non ho ancora trovato nei meandri del mio cervello, l'interruttore che me lo consente. Intanto Jason ha già fatto la doccia ed è pronto per andare al lavoro. Mi ha detto che stamattina vuole accompagnarmi lui in ufficio, e anche passare a prendermi stasera perché "voglio portarti a cena fuori" mi ha detto prima di bere il caffè. Ho acconsentito entusiasta alla sua proposta, forse dobbiamo passare più tempo insieme, magari è la sua assenza non voluta ad averci fatto allontanare. Sì, ho solo bisogno di passare più tempo con lui.

Sì, certo, continua a raccontarti questa storia! Per quanto tempo vuoi continuare a mentire a tutti? A te stessa per prima!

Chiudo gli occhi e sbuffo sonoramente al pensiero che la mia coscienza mi ha appena fatto notare, poi ripongo le tazze nella lavastoviglie e vado a prendere il mio telefono che ho lasciato ieri notte in carica.

«Sono pronto Kate!» mi urla Jason dal soggiorno.

«Arrivo!» rispondo a mia volta, ma mi fermo quando mi accorgo di un messaggio non letto.

Brant.

È suo, ma non voglio leggerlo, non adesso, quindi blocco lo schermo del cellulare e lo metto in borsa, poi raggiungo il mio fidanzato che mi sta aspettando sulla porta di casa. Scendiamo, saliamo sulla sua auto ed arriviamo davanti all'ingresso principale dell'edificio in cui lavoro. Lui spegne il motore e scende per salutarmi, posizionandosi esattamente di fronte a me prendendomi il viso tra le mani, mentre io resto ferma a guardarlo, stringendo la tracolla della mia borsa tra le dita.

«Fatti trovare pronta alle sei e mezza. Prometto di essere puntuale.» Mi sorride, poi mi bacia dolcemente, ed io chiudo gli occhi concentrandomi sul contatto delle sue labbra morbide sulle mie, sul suo profumo che inspiro avidamente per poterlo tenere con me durante il resto del giorno e sulle sue mani che ora sono arrivate sul mio collo mentre si allontana lentamente per guardarmi negli occhi. «Ti amo Kate.» Sorrido solamente, incapace di rispondere.

Scivolo senza fretta dalla sua presa, lui resta a guardarmi fino all'ingresso della porta trasparente che conduce all'atrio, ma quando sto per posare la mano sulla maniglia per spingere verso l'interno, la porta si apre e la prima cosa che vedo è l'azzurro brillante dei suoi occhi che mi scrutano con attenzione.

«Ciao Leen.» La sua voce, il suo sorriso, il suo sguardo, ogni cosa di Brant mi manda in confusione. Sento i sensi di colpa tornare a galla tutti insieme e mi volto all'indietro per vedere se Jason abbia assistito alla scena e non mi stupisco quando lo trovo ancora lì, ma senza più il sorriso sulle labbra, e adesso il suo sguardo non è più per me, come non è più per me lo sguardo di Brant che punta dritto verso il mio fidanzato rimasto in piedi vicino alla sua auto.



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SPAZIO ME

Ciao belle persone!

Kate continua con la sua confusione mentale e il capitolo finisce con uno strano incontro.

Eeeeee niente, buona lettura 😍

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Capitolo 23
*** Lei non è cosa per te ***


Brant

Ho già visto Kate in imbarazzo, ma mai come oggi. Le guance arrossate le donano particolarmente, ma adesso sembra una bambina in difficoltà ed io non riesco a fare altro che sorridere mentre la osservo senza pormi il problema di farmi notare, intanto che l'ascensore ci porta al nostro piano.

Mi trovavo all'ingresso per caso, quando la mia attenzione è stata attirata inspiegabilmente da un'auto - che non avevo mai visto prima - che stava rallentando fino a fermarsi nei pressi dell'ingresso. Ho continuato a guardare fino a quando ho visto scendere i passeggeri e ho riconosciuto Kate, per poi soffermarmi a guardare il ragazzo che le si è avvicinato subito dopo.

Non poteva essere altri che Jason. Ho avuto l'impressione che lei fosse quasi a disagio per il suo gesto di volerla baciare davanti a tutti. Non mi è sfuggito il fatto che le mani di lui erano addosso a lei, mentre quelle di Kate erano salde sulla tracolla della sua borsa.

Non ho visto un grande coinvolgimento da parte di lei, e nonostante decanti continuamente tutte le meravigliose doti del suo fidanzato, mi è sembrata fin troppo distaccata per il rapporto che dice di avere con lui.

«È tutto ok?» le chiedo poco prima che si aprano le porte e lei mi preceda lungo il corridoio.

«Sì...» La sua risposta é fin troppo decisa per risultare credibile. «... stasera verrà a prendermi per portarmi a cena.» Lo dice come se tentasse di giustificarsi, o se stesse tentando di giustificare il comportamento del suo ragazzo.

«Ok, ma non era quello che ti ho chiesto.» Il suo sorriso è ancora più imbarazzato di poco fa e sembra ancora più nervosa, così mi fermo prima di arrivare alla sua scrivania, le poso le mani sulle spalle in modo da fermare anche lei e finalmente mi guarda negli occhi. Sembra persa, ed è ormai evidente che ci sia qualcosa che non va. «Ehi, lo sai che puoi parlare con me.»

Mi guarda come se avesse qualcosa di importante da dire, ma poi abbassa lo sguardo e sfugge alla mia presa proprio quando sento dei passi provenire dal fondo del corridoio. «È ora di andare» dice iniziando a camminare verso la sua scrivania.

Ero assolutamente sicuro che stesse per dire qualcosa, ma Roger doveva per forza arrivare in quel momento e rovinare tutto.

«Ehilà Brant!» mi saluta lui passandomi accanto.

Lo guardo senza emettere fiato, poi torno con gli occhi su Kate che si sta sistemando alla sua scrivania. Dire che il suo sorriso è tirato è dire poco, e anche mentre parla con Megan la sua espressione resta tesa.

Non ho intenzione di mollare Kate.

***********

«Ti va un caffè?» Una voce maschile mi fa alzare lo sguardo dai fogli sui quali ero concentrato. Probabilmente ha anche bussato, ma ero troppo concentrato per accorgermene.

«Volentieri» rispondo, poi mi alzo in piedi per raggiungere il mio capo che è rimasto sulla porta.

Da quando mi sono seduto sulla mia sedia stamattina non ho più alzato il culo da lì, sgranchirmi le gambe era proprio quello che mi serviva. Ho passato le prime ore di questa giornata a risistemare un contratto che il cliente ha voluto cambiare da cima a fondo e una pausa è quello che ci vuole.

«Allora, come vanno le cose?» mi chiede lui camminando lungo il corridoio.

«Piuttosto bene. Il lavoro mi piace e i clienti sembrano soddisfatti.» Ho avuto grandi soddisfazioni a livello lavorativo da quando sono qui e,a a parte Jeff, il resto dei miei colleghi è passabile - eccezion fatta per Kate, lei è semplicemente Kate.

«I clienti sono molto soddisfatti, tanto che vorrei parlarti di una cosa.» La sua affermazione arriva nel momento in cui passiamo davanti alla scrivania di Kate e Megan. Mi ero messo in testa di controllare l'espressione della mia amica per vedere se stesse meglio, ma le parole di Wilson hanno catturato completamente la mia attenzione.

«Sono tutt'orecchi!» affermo con entusiasmo quando arriviamo di fronte alla macchinetta del caffè.

«Ho deciso che sei pronto. Non ti farò più affiancare fa Joseph e la settimana prossima andrai da solo dai clienti che ti ho affidato in queste ultime due settimane.» Vorrei saltellare come un bambino per la gioia e la soddisfazione che provo in questo momento, ma devo darmi un contegno.

«Grazie» dico senza aggiungere altro per non fare la figura dell'idiota.

«Non ringraziare, te lo sei meritato. Tutti i clienti con i quali hai trattato sono rimasti soddisfatti e l'azienda ne ha tratto parecchi introiti, siamo contenti tutti.» Il mio capo prende il suo bicchierino di caffè ormai pronto.

«Il più contento sono io» dico di getto senza pensarci, e fanculo a Jeff che diceva che non ne capivo un cazzo di questo lavoro.

Prendo anch'io la mia bevanda calda con la quale io e il mio capo brindiamo, e nella mia mente appaiono scenari del tipo che sto schiacciando Jeff sotto le mie scarpe, ma le mie fantasie vengono interrotte dal telefono di Wilson che si mette a suonare.

«Scusa» mi dice, per poi prendere il cellulare dalla tasca interna della giacca e rispondere alla chiamata. «Sì... Sì, d'accordo. Arrivo.» Chiude la comunicazione e butta il bicchierino dopo aver bevuto l'ultimo sorso. «Devo andare. Ti faccio sapere i dettagli appena ho le conferme delle commesse.»

«Ok» riesco a dire un attimo prima che scompaia dietro la porta e mi lasci solo con il mio caffè a fissare il punto in cui è sparito.

Non posso tenere per me questa notizia, devo assolutamente condividerla con lei, perciò butto giù tutto in una volta il caffè rimasto, butto il bicchierino nel cestino e mi dirigo a passo svelto verso la sua scrivania, ma resto fermo davanti al bancone quando mi accorgo che lei non è al suo posto. Megan è al telefono, così decido di aspettare fino a che conclude la chiamata.

«Sai dove sia Kate?» le domando quando aggancia il ricevitore.

«È andata in bagno, hai bisogno di qualcosa?» Sorride tranquilla, ma lei non sa quante volte ho immaginato di farle sparire quel sorrisetto dalle labbra.

«No, niente.»

«Ok» risponde, poi il telefono di fronte a lei squilla di nuovo, e il mio sguardo cade sull'oggetto abbandonato accanto alla tastiera del computer di Kate, poi lancio un'occhiata in direzione di Megan e la vedo segnare qualcosa su un foglio.

È distratta e sono certo che non si accorgerà di quello che sto per fare. Allungo la mano e il telefono di Kate finisce dritto nella tasca dei miei pantaloni. Mi volto verso Megan che sta ancora prendendo appunti e sorrido soddisfatto perché non si è accorta di nulla, poi torno nel mio ufficio come se niente fosse. Kate non può sfuggirmi.

Mi siedo alla mia scrivania, sbottono i polsini della camicia e faccio su le maniche. Inizia a fare caldo, ma non posso certo presentarmi in ufficio con le maniche corte. Sto per rimettermi al lavoro quando qualcuno bussa alla porta.

«Avanti» dico sapendo già chi c'è dietro. Riconosco il suo modo di bussare, non potrei mai sbagliarmi.

La sua espressione dovrebbe essere minacciosa, ma non riesco a trattenere un sorriso quando la osservo avvicinarsi alla mia scrivania.

«L'hai fatto di nuovo.» Si ferma di fronte a me posando le mani sui fianchi. È tornata un po' di grinta nel suo sguardo e so di aver fatto bene a sequestrare il suo telefono.

«Non so di cosa stai parlando.» Alzo le braccia, poi le piego e le incrocio dietro la testa. Le sorrido nel modo più ingenuo possibile e di nuovo spunta quel lieve rossore sulle sue guance.

«Allora?» Le sue mani sui suoi fianchi sono ancora lì, e per un attimo ho avuto voglia di sostituire le mie mani alle sue.

Piantala Brant! Lei non è cosa per te!

«Usciamo a pranzo.» Lei mi guarda aggrottando le sopracciglia.

«E qual è la novità?» Porto le braccia in avanti, poggio i gomiti sul bordo della scrivania e vedo le sue labbra ripiegarsi lentamente all'insù.

«La novità è che Wilson mi ha tolto la baby-sitter. Ora Jeff dovrà baciarmi il culo.» Alza gli occhi al cielo e ride.

«Si chiama Joseph!» Torna a guardarmi ed io mi sento decisamente compiaciuto di me stesso. Il suo umore è notevolmente migliorato nel giro di un attimo, e questo è solo grazie a me.

«Io ti dico che ho fatto un passo avanti, che il mio capo mi ha dato fiducia, e tu pensi solo a correggere il suo nome?» Non sono infastidito e lei lo sa, perché si avvicina ancora un po', poggia le mani sul bordo della superficie di legno e mi osserva divertita.

«Ero certa che saresti andato bene, Jeff non poteva reggere il confronto.» Mi sta palesemente prendendo in giro, e mi sta bene perché il suo umore è nettamente migliorato.

«Sento una punta di sarcasmo nelle tue parole.» Sorride, scuote appena la testa e alza gli occhi al cielo.

«Adesso posso riavere il mio telefono?» Allunga una nella mia direzione, ma non voglio lasciarla andare via così.

Mi alzo, faccio il giro della scrivania e mi posiziono di fronte a lei che adesso sembra aver perso tutta la serenità che le avevo visto negli occhi fino a pochi secondi fa.

«Lo sai che puoi parlare con me di qualsiasi cosa, no?» Poso le mani ai lati delle sue spalle e non è più rilassata come prima. Probabilmente sta pensando a quello che la rende così ansiosa. Non era mia intenzione tornare a renderla nervosa, ma ci tengo che sappia che può contare su di me.

«Sì, lo so, ma non...» Vorrebbe dire qualcosa, lo so, ma poi cambia idea ed io non posso fare altro che accettare la sua decisione. «Sono solo un po' stanca, non c'è niente di cui tu debba preoccuparti.»

«Vieni qui.» Non le do modo di ribattere o fare qualsiasi altra cosa che già la sto stringendo tra le mie braccia. Inizialmente resta rigida, ma poi la sento sciogliersi, e ricambia il mio abbraccio con forza.

Non so dire cosa succede quando l'abbraccio, non c'è un modo per poterlo spiegare, ma so che succede qualcosa per cui io mi sento decisamente meglio, in pace con il mondo intero e per un attimo vorrei davvero cancellare tutto quello che c'è intorno a noi.

Kate merita di essere felice, e non lo è con il suo perfetto fidanzato, ma posso riuscire a farla sorridere di nuovo.

Mi allontano leggermente, resto con le mani sulle sue spalle e la guardo dritto negli occhi. «Ti voglio pronta tra un'ora. Oggi offro io e non voglio sentire nemmeno una parola!» Finalmente sorride alla mia affermazione. È sempre una discussione per chi deve pagare il pranzo e siamo arrivati all'accordo per cui ognuno paga il suo, a meno che non ci sia qualche occasione speciale, e oggi lo è. «Tieni.» Le porgo il suo telefono che lei afferra con una leggera esitazione nei movimenti. «Ci vediamo dopo.» Poi compio uno stupido, stupidissimo gesto. Le lascio un lungo bacio sulla fronte, poi torno a guardarla.

C'è qualcosa nel suo sguardo, qualcosa che non ho mai visto prima nello sguardo di nessuno, ma non faccio in tempo a ragionarci su che lei scivola via dalla mia presa e mi volta le spalle.

«Devo andare» dice, per poi uscire in fretta dal mio ufficio e sparire dalla mia vista.

Non so cosa sia appena successo, ma di certo era qualcosa.

*******

Un'ora è passata in un lampo, tanto che non me ne sono nemmeno reso conto. È stata la suoneria del mio cellulare a distogliere la mia attenzione da questi fogli. Il messaggio è di Kate, e mi avvisa che è pronta per andare. Mi sbrigo a riordinare velocemente le cartelline che ho sulla scrivania, spengo il PC, poi indosso la giacca e recupero il cellulare, che infilo nella tasca interna. Probabilmente tarderemo un po' oggi nel rientrare in ufficio, ma non ho intenzione di dirglielo altrimenti protesterebbe. Voglio portarla in un posto.

Chiudo la porta dell'ufficio alle mie spalle e mi avvio lungo il corridoio per arrivare dritto alla sua scrivania, ma non la trovo. «È già all'ascensore» mi avvisa Megan prima che possa porle la domanda.

«Grazie» rispondo sorridendo, poi lei si alza e va verso l'ufficio dell'elegantone, provocando in me una sorta di fastidio.

Volto le spalle alla scena stomachevole a cui potrei assistere a breve, e vado verso l'ascensore dove trovo Kate impegnata in una telefonata.

«Ma sì... certo... d'accordo...» Mi avvicino per farle notare la mia presenza.

E anche per origliare.

«Ci vediamo stasera... Anche io, ciao.» Chiude la chiamata e finalmente mi guarda, ma è nuovamente a disagio.

«Ho una fame che non immagini» le dico, evitandole qualsiasi tipo di imbarazzo, poi premo il pulsante dell'ascensore che è già al piano.

«A dire la verità anche io» dice entrando con me in ascensore per poi riporre il suo telefono in borsa.

È ovvio con chi stesse parlando, e non ho alcuna intenzione di tirare fuori l'argomento. Lui deve restare lontano da noi adesso perché voglio vedere tornare il sorriso che aveva quando era nel mio ufficio un'ora fa.

«Perfetto, preparati perché oggi mangerai il pollo fritto più buono che tu abbia mai mangiato in tutta la tua vita.» Lei si volta a guardarmi, ma non fa in tempo a chiedere nulla perché l'ascensore è arrivato al piano terra ed io mi affretto ad uscire.

Sento i suoi passi farsi più veloci e più vicini alle mie spalle, fino a che non mi affianca. «Non stiamo andando al solito bar?» mi domanda con curiosità.

«Ho detto che dobbiamo festeggiare e non lo farò di certo con un'insalatina.» Esco dall'atrio per dirigermi verso la metro con lei sempre al mio fianco.

La sua espressione si fa via, via più allegra ad ogni passo che ci allontaniamo dagli uffici. Sto ottenendo ciò che mi sono prefissato, vederla sorridere, non m'importa di altro.

«Non hai nemmeno preso in considerazione l'idea di chiedere il mio parere giusto?» So che non le dà fastidio il mio atteggiamento da prepotente, e in qualche modo le piace che sia io a scegliere per entrambi. Posso essere me stesso, e a lei piace che io lo sia.

«Ovviamente no.» Mi segue senza aggiungere altro, mentre io mi sorrido nel vedere la sua espressione diventare sempre più serena.

Nel tragitto con la metro non ha fatto che stare sempre meglio, ha riso alle mie battute di merda ed io so che sto facendo al meglio il mio dovere da migliore amico.

Perché è questo che sto diventando per lei giusto?

Arriviamo a destinazione, lei sempre accanto a me, ma ho voglia di abbracciarla, così mentre camminiamo dopo essere usciti in superficie, le metto un braccio sulle spalle ed insieme raggiungiamo la stradina dove si trova la mia meta.

«Manca ancora molto?» Mi chiede mentre ci avviciniamo alla piccola bancarella nera.

«Hai così tanta fame Leen?» le domando stringendo un po' di più la presa sulla sua spalla.

«Sono curiosa. Non hai fatto altro che parlare di questo posto per tutto il tempo...»

«Siamo arrivati» dico, interrompendo ciò che stava dicendo.  

Ci mettiamo in coda, poi ordino per entrambi e pago mentre lei tiene in mano le nostre porzioni di pollo fritto a patatine.

«Cibo da strada?» mi chiede mentre ci allontaniamo al piccolo chiosco.

«Sono troppo su di giri per stare seduto al chiuso e tu, anche se non lo vuoi ammettere, hai bisogno di una distrazione. Non c'è niente di meglio di questo, fidati» le dico, indicando il pollo che sto per addentare.

Kate imita i miei gesti e dà un bel morso al suo pollo fritto. Chiude gli occhi ed emette un piccolo suono di approvazione. «È il pollo più buono che io abbia mai mangiato!» afferma con entusiasmo per poi addentarne un altro pezzo.

«Te l'avevo detto!» Il suo sorriso resta sulle labbra anche quando continua a mangiare il resto della sua porzione, ed io mi sento più che soddisfatto di essere riuscito nella mia piccola impresa.

Voglio che Kate sia felice, e ho intenzione di usare ogni mezzo per riuscirci.



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SPAZIO ME

Il rapporto tra Kate e Brant diventa sempre più stretto, e per quanto lei ci provi, per quanto voglia mettere in pratica tutti i suoi buoni propositi, proprio non ce la fa a stargli lontano e pende dalle sue labbra ogni volta che lui parla.

 Brant dal canto suo, crede di poter tenere questo rapporto su un piano amichevole, ma sa bene che a volte ha qualche pensiero non troppo amichevole su di lei. Si è fissato con Megan ed è convinto che Kate non abbia nessuna mira su di lui perché è sempre presa dal suo perfetto fidanzato.

Quindi, come pensando di continuare?

Eeeee niente, lo sapremo presto, buona lettura 😍

 

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Capitolo 24
*** Anche tu volevi sentirmi ***


Kate

Odio comportarmi in questo modo, eppure non riesco a trovare un'alternativa. Mi sento sempre come se stessi recitando un copione quando sono con Jason, non riesco più ad essere spontanea. Mi preoccupo continuamente della mia espressione, dei miei gesti e di quello che dico, cercando di essere la Kate che lui ha conosciuto, quella di qualche mese fa, ma l'unica cosa che sono riuscita a fare finora è stata quella di dargli una brutta copia di me, e una bruttissima copia del nostro rapporto.

Ogni volta in cui mi riprometto di smetterla di pensare a... Brant – mi sento in colpa anche solo a pensare il suo nome – succede che lui fa qualcosa per cui io non posso proprio togliermelo dalla testa. Passeggiare con lui per mezza città, mangiare pollo fritto con le mani per festeggiare la sua piccola conquista in ambito lavorativo e guardarlo sorridere... Merda! Quando sorride io non capisco più niente. Quando mi sorride succede qualcosa al mio stomaco, al mio cuore, al mio cervello e a tutto il resto del mio corpo.

Non va bene, non va affatto bene! Sono fidanzata, Jason è perfetto, non mi fa mancare niente, sta cercando in ogni modo di guadagnarsi una promozione così da poter comprare la casa dei nostri sogni... tutta la sua vita gira intorno a noi due ed io non faccio che pensare - oltre che sbavare - per un altro.

«Non mangi più?» La voce di Jason mi distoglie dai miei continui pensieri che ormai non mi lasciano più in pace nemmeno in questo ristorante, durante la cena che sembra aver preso la solita piega: lui parla, io annuisco e sorrido, ma la maggior parte delle volte non sto ascoltando quello che dice.

«No, ho un po' di nausea» dico, continuando a giocherellare con la forchetta con i pezzetti di carne che sono rimasti nel mio piatto. Credo di aver esagerato con le patatine oggi a pranzo, ma giocare con Brant a chi ne rubava di più all'altro era troppo divertente per non farlo. Non ridevo così tanto da tempo.

Jason porta la sua mano sulla mia, la stringe, poi mi sorride. Sorrido anch'io nonostante veda che i suoi occhi verdi sono più preoccupati del solito, ed io mi sento così orribile perché i suoi sospetti – perché so che ne ha – sono più che fondati, ma non merita affatto tutto questo.

A volte penso che avrei meritato uno di quei fidanzati menefreghisti, che pensano prima alle loro uscite con gli amici che all'anniversario, che si concentrano sullo sport in tivù invece che trascorrere una tranquilla domenica con la propria ragazza, e invece io non faccio che disprezzare quello che ogni ragazza vorrebbe avere, e cioè l'amore totale e incondizionato di un uomo meraviglioso.

«Vuoi andare a casa?» mi domanda premuroso come sempre.

«No, perché non facciamo una passeggiata? Magari una boccata d'aria mi farà bene.» Non voglio rovinargli la serata, e voglio provare a smaltire la sbornia di oggi. Non che mi sia ubriacata sul serio, ma quando passo il tempo con Brant come oggi, quando lui mi fa dimenticare tutto quello che mi circonda, mi ubriaco sempre un po' di lui, e adesso ho bisogno di disintossicarmi.

«D'accordo, pago e andiamo.» Gli sorrido, poi lo seguo con lo sguardo ed emetto un gran sospiro quando lui è abbastanza lontano da non sentirmi.

Ho voglia di piangere, ho voglia di urlare e sbattere i piedi a terra. Ho voglia di scappare, di nascondermi sotto ad un cumulo di sabbia, tipo struzzo, ma non posso fare niente di tutto questo. Jason non lo merita...

«Ho fatto...» La sua voce mi fa quasi sobbalzare. «Possiamo andare.» Ero talmente presa dalle mie stupidaggini che non l'ho sentito tornare al tavolo.

Gli sorrido, o almeno spero di averlo fatto. Non sono sicura che la smorfia sulle mie labbra fosse un vero sorriso perché lui è rimasto serio, ha aspettato che mi alzassi, poi ha posato una mano alla base della mia schiena per accompagnarmi fino all'uscita del locale.

Ed è stupido che mi metta a paragonare questo contatto con lui, a quando, lo stesso gesto, lo compie Brant, perché quando è lui a farlo provo sensazioni che dovrei provare solo per il mio fidanzato, ma il mio cervello continua a ripropormi immagini in cui non è Jason a tenere la mano alla base della mia schiena.

Quando usciamo da lì passeggiamo, prendiamo poi un gelato, chiacchieriamo e provo in ogni modo a concentrarmi sulle parole di Jason, ma non mi è sempre facile, perché quando lui è entrato in gelateria, io ho ripensato a quando tutto questo è successo con Brant e, come una stupida, ho preso in mano il telefono – chissà cosa mi ero messa intesta di fare – e quando ho visto che c'era un suo messaggio ho avuto serie difficoltà a mantenere la concentrazione sulla mia serata. 

Anche quando siamo tornati a casa non ho fatto che assentarmi mentalmente, e mi sono trovata costretta a mantenere la scusa della nausea, così, mentre io mi cambiavo, Jason mi ha preparato una camomilla.

Sono davvero orribile!

«Grazie» gli dico prendendo la tazza direttamente dalla sua mano protesa verso di me.

«E di che... è solo una camomilla, sai che farei qualunque cosa per te...» Il suo sguardo mi sta implorando di tornare da lui, perché lui sa quanto io sia assente.

Resto ferma immobile, con la mia tazza nella mano destra, e lo guardo implorando me stessa di tornare da lui. Cavoli! Io lo amo, Jason ha il mio cuore, perché mi comporto così?

Lui mi si avvicina e, come se mi avesse letto nel pensiero, mi dice quello che io non riesco a dirgli. «Ti amo Kate, ti amo da morire...» Poi mi bacia, mi prende il viso tra le mani e la sua bocca prende pieno possesso della mia, labbra e lingua che si muovono insieme alla perfezione, come non facevano da tempo. È questa la cosa giusta, io e Jason siamo giusti insieme, non dovrebbe esserci nient'altro che occupa la mia mente.

Eppure, non appena le mie labbra perdono il contatto con le sue, la mia mente torna a vagare nella stessa sbagliata direzione.

«Vado a dormire, ti aspetto di là» mi dice lui con uno sguardo carico di speranza.

«D'accordo, finisco la camomilla e arrivo.» Lo guardo uscire dalla cucina e sospiro di nuovo, il suo sapore è ancora nella mia bocca, e invece io sto pensando a quel messaggio che ho ricevuto e non ho ancora letto.

Non dovrei farlo, non ora dopo questo bacio così appassionato che Jason mi ha appena dato per farmi capire quanto tiene a me, eppure non riesco a fermarmi dal prendere il cellulare dalla borsa e portarlo con me mentre mi siedo sul bordo della finestra della cucina.

Tu hai cenato?

Leggo le sue parole mentre sorseggio la camomilla che mi ha fatto Jason. Sorrido e mi sento in colpa, sono felice e sono triste, sono Kate e sono Leen, poi smetto di pensare nel momento in cui le mie dita prendono a digitare la risposta al suo messaggio.

Sì, tu no?

È tardi, magari non risponderà nemmeno - penso - così blocco di nuovo il display, lo poso sulle gambe e torno a sorseggiare la camomilla calda mentre la città inizia ad addormentarsi.

Mi sento divisa a metà: da una parte c'è Kate che ha vissuto per Jason da quando l'ha conosciuto. Ci sono giorni e notti condivisi, ci sono baci, carezze e passione. Ci sono sacrifici condivisi e progetti per il futuro.  Ci sono risate, momenti spensierati, le vacanze al mare, i pomeriggi sotto le coperte per guardare un film e le cene in famiglia. C'è il suo sorriso quando mi guarda e nei suoi occhi leggo solo amore incondizionato per me. C'è il desiderio di viversi ogni giorno per condividere ogni momento, e poi... e poi c'è Leen.

Leen è nuova, è appena arrivata, l'ha fatta nascere Brant con i suoi modi di fare, con il suo sorriso, con i suoi occhi azzurri, con il suo senso di protezione. Quando sono con Brant mi sento leggera, mi sento libera. Sento l'energia vibrare nel mio corpo quando lui mi sorride, quando mi prende per mano o quando mi lascia qualche innocente bacio. Ma per me, quel breve ed innocuo contatto con le sue labbra, è qualcosa di sconvolgente, che mi rimescola lo stomaco e il cervello. Succede anche quando mi abbraccia, ma quando sono racchiusa in quel piccolo cerchio che fanno le sue braccia, io azzero tutto il mondo e penso solo a lui che mi stringe, al calore del suo corpo, per poi dimenticare qualsiasi cosa, o persona, ci sia nella mia vita.

Solo Brant è riuscito a farlo, a farmi dimenticare il mondo tranne lui, ma questo posso ammetterlo solo con me stessa.

La vibrazione del mio telefono, mi riporta con i piedi per terra.

Sei ancora sveglia?

Un sorriso spontaneo nasce sulle mie labbra nel leggere ancora di lui.

Anche tu vedo

Posso chiamarti?

La tentazione di sentire la sua voce è forte, ma non posso farlo, non qui e non adesso.

Jason sta dormendo
Meglio di no, non vorrei disturbarlo

Non è per non disturbare Jason che gli ho detto di no. Se lo sentissi adesso, nello stato emotivo in cui mi trovo, potrei compiere quel piccolo passo che mi manca per ammettere che c'è molto più che una banale attrazione fisica nei suoi confronti, e la cosa mi terrorizza.

Nemmeno cinque minuti?

Sorrido della sua insistenza. Non si dà per vinto, e quando si mette in testa una cosa, non c'è modo che  desista, soprattutto se si tratta di fare il "prepotente" con me.

Nemmeno un minuto Brant
Cosa c'è di così urgente?

Niente, volevo solo romperti le scatole
È andata bene la tua serata?

Chiudo gli occhi e stringo tra le dita il telefono a causa del profondo senso di colpa che sto provando in questo momento, e che aumenta un po' di più ogni volta che ho qualsiasi tipo di pensiero su Brant, ma il fatto di non ammettere ciò che provo veramente, rende tutto più sopportabile.

Benissimo
Tu che hai fatto?

Un altro sorso di camomilla, che ormai è arrivata quasi alla fine, come se bevendo lentamente potessi rimandare il momento di chiudere questa conversazione, ma la scusa della bevanda calda sta per terminare e io devo necessariamente chiudere tra poco.

Zach è uscito con una
E io ho mangiato gelato per cena

Il pensiero di mangiare gelato con lui sul suo divano mi provoca un caldo che riscalda le mie guance – oltre che tutto il resto – e forse il momento di salutarlo è arrivato adesso.

Ottimo
Adesso devo andare
Buonanotte Brant

Lui è ancora online, e resto a fissare lo schermo in attesa della sua risposta che però non arriva, in compenso lo schermo si illumina con il suo nome. È una chiamata in arrivo e vorrei davvero non rispondere, ma non posso evitare di premere l'icona verde del tasto virtuale di risposta.

«Brant!» Lo rimprovero a bassa voce invece di rispondere semplicemente.

«Sono io, ti aspettavi qualcun altro?» Alzo gli occhi al cielo per la sua stupida battuta, mentre il mio cuore prende lentamente il volo.

«Ti avevo detto di non chiamarmi!» Continuo a sgridarlo anche se so perfettamente che la cosa non servirà a nulla.

«Se davvero non volevi parlarmi non avresti dovuto rispondere, ergo anche tu volevi sentirmi.» Sono costretta ad arrendermi all'evidenza, ma non gli darò la soddisfazione di sentirmi dire "hai ragione", perché non ho nessuna intenzione di ammetterlo, né con lui, né con nessun altro. Brant è il mio segreto, la mia debolezza ed è in un piccolo angolo del mio cuore che deve rimanere.

«Che cosa c'è Brant?» gli domando immaginando il suo viso sul riflesso del vetro al posto del mio.

«Non mi hai salutato quando sei uscita dall'ufficio oggi.» Mi stupisco di non averlo fatto, di solito è la prima cosa che faccio prima di prendere l'ascensore, ma mi sono ricordata che c'era Jason con me, ed è ovviamente per quello che non ho inviato il mio solito messaggio prima di uscire. Poi mi stupisco che lui mi abbia chiamato per dirmelo. È davvero così importante questo saluto per lui?

«Brant ci vediamo domani» dico, e sento una piccola stretta alla bocca dello stomaco al pensiero di rivedere i suoi occhi azzurri, il suo sorriso che mi incanta e il suono della sua risata che mi scalda il cuore.

«Lo so, volevo solo darti la buonanotte Leen È sempre troppo sentirgli pronunciare quel nomignolo che usa solo lui.

«D'accordo, buonanotte Brant, adesso devo proprio andare.» Devo salutarlo prima di cadere nello sconforto più totale.

«A domani.» Il suo saluto pone fine alla chiamata, blocco lo schermo, poi ci ripenso e lo spengo direttamente.

Brant sta diventando la mia piccola dipendenza, ma non credo di volermi disintossicare.


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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Qui la confusione regna sovrana. Kate si sta impegnando nel cercare di fare la cosa giusta, ma non fa altro che peggiorare la situazione.

Brant è ormai ovunque nella sua testa e per quanto lei provi a mantenere stabile il suo rapporto con Jason, i risultati che ottiene sono piuttosto scarsi.

Ci leggiamo al prossimo aggiornamento con Brant.

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 25
*** Io la voglio nella mia vita ***


Brant

Devo smetterla di pensare a lei. Devo fottutamente smetterla! Devo concentrarmi sul mio obiettivo, che al momento è Megan.

Cosa cazzo mi è saltato in mente di chiamarla a quest'ora? Specialmente dopo che lei mi aveva espressamente detto di non farlo. Che egoista del cazzo sono! E se lui fosse stato lì? No, non mi avrebbe nemmeno risposto se fosse stato vicino a lei, ma avrebbe potuto arrivare dato che mi ha detto che era andato a dormire... Dormire... Perché non va a dormire insieme a lei? Perché alla fine lei è sempre sola?

«Basta!» dico ad alta voce alzandomi dal divano sul quale sono arenato da ormai più di due ore. Ho il culo piatto e il cervello fritto. Devo uscire da qui. È tardi, domani devo andare a lavorare anche se è sabato perché ho dei contratti urgenti da portare a termine, ma ho bisogno di aria.

Indosso una maglietta, un pantaloncino, le scarpe da corsa, prendo chiavi, telefono e auricolare, poi esco in cerca di un po' di tranquillità. Kate deve stare fuori dalla mia testa almeno fino a domani. Non posso pensare di risolvere tutti i suoi problemi - anche se è proprio quello che vorrei fare - ma so bene che non è mio compito. Dovrebbe essere mister perfezione a prendersi cura di lei, e invece lui va a dormire!

Ok, potrà avere anche lui qualche impegno domani mattina presto, ma non capisce che lei sta soffrendo? Non si rende conto che non sta bene? Dovrebbe spaccarsi in quattro per renderla felice, ma non mi sembra affatto che lo stia facendo.

Non voglio situazioni complicate, voglio essere libero di vedere chi voglio, e quando voglio, ma da quando Kate è entrata nella mia vita non posso fare a meno di preoccuparmi per lei. Mi viene spontaneo e naturale prendermi cura di lei e, tentare di farla felice è una delle mie priorità.

So che non dovrei, so che siamo solo amici, ma la sua presenza riesce a migliorare così tanto il mio umore che per me è impossibile non ricambiare in qualche modo tutte le piccole attenzioni che ha per me. Sento di doverglielo perché lei è sempre così disponibile e gentile nei miei confronti, che farla sorridere mi sembra il minimo che possa fare. Specialmente dal momento in cui il suo sorriso scompare - e succede quasi sempre quando parla del suo perfetto fidanzato - io sento di avere il compito di farlo tornare sulle sue labbra, sento di dover essere io a farlo, e la cosa buffa è che mi piace farlo.

Arrivo all'inizio del sentiero del parco e comincio a correre, ma non riesco a smettere di pensare al suo tono di voce. Era strana, aveva forse litigato con lui? O non era affatto contenta di sentirmi? Certo che era contenta di sentirmi oppure non avrebbe risposto né al messaggio, né alla chiamata.

Spingo un po' più forte sulle gambe, poi ripenso a quello che mi ha detto, e tra quelle parole c'era anche un 'ci vediamo domani'. Lì per lì non ci ho fatto caso, è sembrata la solita frase che si dice così tanto per dire, ma ora sto pensando che domani è sabato, lei non dovrebbe esserci... ma poi ripenso al fatto che Wilson ha richiesto qualcuno alla reception perché aspettava dei documenti importanti e aveva bisogno di una segretaria, così ha chiesto a chi delle due - tra lei e Megan - fosse disponibile a fare dello straordinario, e Kate si è offerta.

Il mio umore è migliorato in un attimo non appena mi sono ricordato che lei domani sarà in ufficio, così potrò accertarmi di persona del suo stato d'animo. A questo punto la mia corsa riparte più spedita, con un'energia rinnovata. Corro più forte fino a sentire i muscoli delle gambe diventare di marmo, fino a sentire i polmoni che bruciano, fino a che sono costretto a fermarmi, piegarmi, e poggiare le mani sulle ginocchia perché sono costretto a riprendere fiato se non voglio collassare lungo questo sentiero semi buio.

Riprendo a respirare quasi regolarmente e mi rendo conto che questa corsa ha avuto l'effetto sperato: il mio cervello si è svuotato, niente più paranoie o cose che mi portano a complicarmi la vita più del necessario. Io basto a me stesso, non mi serve altro.

*****

La nottata è stata una ininterrotta sequenza di ore di sonno. Dopo la doccia mi sono infilato nel letto e ho dormito come un sasso. Adesso, dopo una colazione veloce, sto andando in ufficio con uno spirito molto più sereno.

Una volta arrivato a destinazione salgo in ascensore, e quando le porte si riaprono dopo essere arrivato al piano, la prima cosa che vedo è il suo viso chino sul monitor del computer, e non posso evitare di sorridere.

«Buongiorno signorina Cooper!» Alza subito lo sguardo nella mia direzione, poi sorride.

«Buongiorno a lei!» risponde con tono divertito. «Il dottor Wilson la sta aspettando in sala riunioni» dice ancora, sorridendo un po' di più.

«Grazie. Ci porterebbe due caffè per favore?» Ho voglia di esagerare un pochino, perché sono curioso di scoprire fino a che punto può arrivare.

«Due caffè? Ma certo, nessun problema. Gradisce anche qualcosa da mangiare?» mi domanda con evidente ironia.

«Sarebbe molto gentile da parte sua, grazie» le dico sorridendo un po' di più.

Mi piace vedere la sua espressione così serena, mi piace quando sono io a provocare il sorriso che le illumina il volto, e la sensazione che provo nel vederla così è qualcosa a cui non voglio rinunciare perciò sarà meglio che mister fidanzato perfetto se ne faccia una ragione.

Lei alza gli occhi al cielo e ridacchia. «Quanto puoi essere cretino?» mi dice rivolgendo il suo sguardo allo schermo del computer.

«È sabato mattina, e sono chiuso qui dentro invece di andare a correre, concedimi di fare il cretino o non arriverò all'ora di pranzo.» Continua a sorridere, ma non mi guarda più. Non importa, ho già visto il suo sorriso, e lo rivedrò ancora più tardi. «Ci vediamo per la pausa caffè tra...» controllo l'orario sul mio orologio da polso - in realtà non lo sto facendo realmente - «... dieci minuti» dico in tono trionfale.

«Smettila Brant!» Il suo dovrebbe essere un rimprovero, ma risulta solo un modo in più per farla sorridere. «Sarà meglio che ti sbrighi, Wilson ti sta aspettando.» Le sorrido ancora, lei arrossisce leggermente, ma mi priva immediatamente della vista del suo viso perché lo abbassa sui fogli che ha davanti facendo finta di leggerli, ma so che si sta solo nascondendo da me.

«Vado, ma torno tra dieci minuti.» Scuote la testa e mi fa cenno con una mano di allontanarmi. L'accontento, almeno per ora, e mi avvio lungo il corridoio per andare nel mio ufficio.

******

La mattinata è stata intensa, alla fine il caffè l'abbiamo bevuto, ma è andata proprio come avevo detto a lei in maniera scherzosa. Avevamo talmente tanto lavoro da fare che Wilson ha chiesto a Kate di portarci i caffè in sala riunioni, ma lei ha fatto di più: ci ha fatto avere anche un paio di brioches alla crema, le mie preferite. Come posso non fare quello che sto per fare?

L'orario di lavoro si è concluso, il mio capo è uscito, e io sto camminando verso la postazione della reception con un'idea ben precisa in mente. Lei è in piedi, sta sistemando qualcosa sulla sua scrivania e sembra non aver notato la mia presenza, poi, però, alza lo sguardo non appena arrivo davanti a lei.

«Hai impegni per pranzo?» le domando senza darle il tempo di dire niente.

«Brant...»

«Un pranzo veloce, giuro che ti porto via poco tempo, magari possiamo andare da qualche parte vicino a casa tua, così puoi tornare presto.» Sta sorridendo adesso e le speranze che la sua risposta sia positiva si fa più concreta.

«Va bene» dice, e senza aggiungere altro mi raggiunge dietro al bancone.

«Davvero? Solo va bene?» le domando stranito del fatto che oggi sia sabato e che quasi sicuramente lui sia a casa ad aspettarla. Ho provato comunque a chiederle di pranzare insieme anche se non mi aspettavo una risposta positiva.

«Sì, oggi non ho nessun impegno...» La sua voce assume un tono di leggera delusione. «... a dire la verità nemmeno domani...» La seconda parte della frase sembrava più una constatazione a voce alta verso sé stessa che delle parole rivolte a me.

«Allora possiamo tornare a quel chiosco?» le domando senza nemmeno riflettere.

«Perché no?» dice mentre un piccolo sorriso si fa spazio sulle sue labbra.

È di nuovo sola, ma non permetterò che si deprima e magari si rinchiuda in casa a piangersi addosso. Ci sono io con lei e l'unica cosa che vedrò sulle sue labbra durante le prossime ore sarà un enorme sorriso che avrà grazie unicamente a me.

«Perfetto, allora andiamo» le dico facendole cenno di precedermi verso l'ascensore. Istintivamente porto la mano alla base della sua schiena.

Succede sempre, non posso trattenermi, non voglio farlo, e nonostante mi sia accorto che lei non è propriamente a suo agio quando lo faccio, non mi ha mai chiesto di non farlo, e non ho mai notato da parte sua il minimo cenno di spostarsi, quindi non credo che le dia davvero fastidio. È per questo che continuo a farlo, perché mi piace provocare in lei ogni tipo di sensazione.

Non mi sono mai soffermato ad osservare espressioni, reazioni - o qualsiasi altra cosa - in una donna, ma con lei mi viene spontaneo, anzi lo trovo indispensabile perché ho il continuo bisogno di sapere che sta bene.

«Sei arrivata in macchina stamattina?» le chiedo mentre scendiamo verso il seminterrato.

«No, ho preso la metro» risponde tenendo lo sguardo avanti a sé.

«Leen?» La richiamo giusto quando l'ascensore arriva al piano e le porte si aprono sul garage.

Lei si volta a guardarmi, resta ferma, e io mi avvicino a lei. «Stai bene?» le domando avvicinandomi un po' di più.

«Sì...sì...» risponde con un sorriso forzato e un tono di voce decisamente incerto. Non voglio insistere nel sapere cosa le stia passando per la testa, a volte so essere più che invadente, lo so, ma con lei non riesco a fare altrimenti, ma c'è una cosa che posso fare per lei.

«Vieni qui» le dico, ma non le do modo né di rispondere, né di allontanarsi che l'ho già rinchiusa tra le mie braccia. «Adesso andiamo a pranzo, poi facciamo un giro fino a che non torni a sorridere.» La tengo ancora un po' stretta a me, poi le porte dell'ascensore si chiudono e la sento ridere.

«Megan non si rende conto di quello che si sta perdendo» dice poi, poco prima di allontanarsi per premere il pulsante che permette di aprire nuovamente le porte dell'ascensore.

«Beh, ma tu potresti farglielo notare, no?» le dico mentre mi precede verso il parcheggio numerato della mia auto.

«Sarà la prima cosa che farò lunedì mattina! Adesso andiamo che ho fame» mi dice avvicinandosi alla portiera dell'auto.

«Ecco perché ti voglio bene!» Non so come mi sia uscita una frase del genere, ma sembra non darle fastidio, quindi apro la chiusura centralizzata e prendiamo posto sui sedili.

Non posso negare che l'occhio cada spesso nella sua direzione, per essere più precisi sulle sue gambe semi scoperte, quella gonna sembra accorciarsi di più ad ogni incrocio, e io sono in astinenza da almeno tre giorni.

Brant dacci un taglio! Lei è off limits!

La mia ragione tenta di prevalere sul mio istinto, e devo riuscire a farlo, non sono un animale e lei é la migliore amica che abbia mai avuto, non posso certo rovinare ogni cosa.

Fortunatamente ci pensa il suo telefono a interrompere il flusso sbagliato dei miei pensieri.È ovviamente lui.

«Sì... Ciao... Sto andando a pranzo con dei colleghi... Sto bene, tranquillo... Ok, ci sentiamo stasera... Anche io.» Chiude la chiamata con un evidente imbarazzo.

Ho notato che abbia omesso il fatto che fosse da sola con me, ma non le faccio una colpa di questo, mi rendo conto di quanto potrebbe sembrare equivoca questa situazione, ma lei è sempre stata molto chiara e non mi ha mai dato modo di dubitare della sua buona fede. Kate ha solo bisogno di qualcuno che la capisca e io sono pronto a farlo. Nessuno si aspetta niente di più dall'altro. Giusto?

«Devo comprare un regalo per mia madre. La settimana prossima compie gli anni...» Tiro fuori la prima cosa che mi è venuta in mente perché non voglio vedere quell'espressione sul suo viso e perché so che è a disagio, quindi il mio ruolo da amico deve pur servire a qualcosa. «... non è che mi accompagneresti a scegliere qualcosa per lei più tardi?» Le lancio un'occhiata veloce prima di svoltare a sinistra e sono sicuro di averla vista sorridere di nuovo.

«D'accordo, almeno tua madre riceverà un regalo decente» mi dice con la chiara intenzione di prendermi un giro.

«Stai dicendo che ho un gusto pessimo?» Ovviamente sto al gioco. Qualsiasi cosa pur di farla ridere.

«Non devo rispondere davvero?» mi chiede voltandosi verso di me.

Mi fermo al semaforo e ho la possibilità di voltarmi e guardare il suo viso. Sta sorridendo di nuovo, un sorriso dolcissimo, un sorriso sincero.

E fanculo tutto, io la voglio nella mia vita.
 

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Brant non ha capito proprio un bel niente, come sempre del resto, ma una cosa gli è chiara: non può fare a meno di Kate, solo che non si è ancora reso conto che non è amicizia quella che c'è tra di loro.

Il nostro tontolone si sveglierà?

Noi sappiamo già la risposta.

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 26
*** Ma tu credi davvero alle stronzate che dici? ***


In queste ultime settimane sono stata bravissima, una bravissima attrice, persino io ho creduto a me stessa. Ho recitato il copione in maniera esemplare, lo stesso copione che scrivo io, giorno dopo giorno. Mi sono calata nella parte e ora sono una fidanzata impeccabile, un'amica eccellente, e una persona vuota. Brava Kate, ottimo lavoro!

Non ho trovato alternative, e questa sembra essere l'unica per non far soffrire nessuno, specialmente Jason che non merita assolutamente i miei pensieri, pensieri che riguardano sempre Brant.

Ho provato a non pensare a lui, ma Brant è il mio momento libero, il mio angolo felice che però non mi appartiene, ed è così difficile cacciarlo dalla mia mente dove sembra abbia una dimora fissa. A lui basta uno sguardo per farmi sentire meravigliosa, per farmi sentire speciale. Gli basta un sorriso per mettermi di buon umore, un semplice tocco in un minuscolo punto per sentirlo in tutto il resto del corpo. È come se stesse giocando a nascondino tra le mie sinapsi, solo che vorrei perdere a questo gioco, vorrei che restasse nascosto bene in qualche meandro di materia grigia e io non lo trovassi mai più, invece basta davvero poco perché l'immagine del suo volto spunti all'improvviso, distruggendo tutti i miei tentativi di tenerlo lontano.

Tuttavia sono riuscita a tenere a bada tutto quanto, sia quando sono con Jason, sia quando mi trovo con Brant. A dire il vero c'è stato un momento in cui stavo per rivelare tutto il mio malessere a Jason, stavo per dirgli che avevo bisogno di tempo per pensare a noi, e l'avrei fatto se quella sera in cui avevo deciso che fosse arrivato il momento, non avessi trovato l'appartamento disseminato di candele e il tavolo apparecchiato per noi due: il mio fidanzato mi aveva preparato l'ennesima cena romantica per festeggiare la sua promozione e io ho interpretato tutto quello come un segno. Così ho accantonato un'altra volta me stessa per mettere prima di tutto lui che aveva lavorato duramente per entrambi.
Come potevo dargli quella delusione?

«Kate puoi portare tu questi a Brant?» La voce di Megan mi distoglie dalle mie paranoie e mi volto a guardarla.

È impeccabile anche oggi, come sempre, e più la guardo, più capisco perché Brant – e non solo lui – sia così attratto da lei: bella è dire poco. Megan è anche affascinante, carismatica, elegante, e forse potrei andare avanti a descriverla, ma poi dovrei andare a nascondermi sotto la scrivania.

«Perché stai chiedendo a me di farlo?» Credo che abbia in mano la sua corrispondenza – che io le ho lasciato di proposito perché andasse lei nel suo ufficio.

«Perché sei la mia collega preferita?» Me lo sta domandando con un'espressione strana, e poi non dovrebbe nemmeno essere una domanda...

«Qual è invece il vero motivo?» le domando a mia volta voltandomi del tutto dalla sua parte e incrociando le braccia al petto.

«Brant mi ha chiesto di uscire stasera e io gli avevo detto di sì, ma Alexander mi ha chiamato dicendomi che anticipava il rientro da quel viaggio di lavoro solo per vedermi...» Lascia in sospeso il resto, ma non credo ci sia davvero bisogno di aggiungere altro.

«Puoi dirgli che hai cambiato idea, non credo che ti ucciderà per questo...» Sto cercando di restare sola con lui il meno possibile – non che ci sia riuscita un granché finora, ma almeno ci provo.

«Ti prego...» Me lo dice con un gran sorriso da ruffiana e io, come al solito, non sono in grado di dirle di no, così prendo dalle sue mani la corrispondenza per Brant e mi alzo in piedi guardandola con l'aria di finto rimprovero.

«Non sai quello che ti perdi a snobbarlo in questo modo» le dico allontanandomi, per poi mordermi la lingua subito dopo perché immagino già il commento che ne verrà.

«Perché? Tu lo sai?» Scuoto la testa senza darle più retta. Ho colto perfettamente la malizia nelle sue parole e mi rendo conto che con la mia affermazione su di lui non faccio altro che alimentare le chiacchiere su me e Brant, ma alla fine non importa, niente importa perché continuo ad essere infelice, a provocare infelicità, e non riesco ad uscire da questo circolo vizioso.

Arrivo davanti alla sua porta che trovo aperta. Lui è sempre bellissimo, di più quando è concentrato davanti allo schermo del suo computer. Adoro quella piccola ruga in mezzo alla fronte è, il suo modo di inclinare leggermente la testa verso destra, per non parlare delle maniche della camicia arrotolate sugli avambracci e il nodo della cravatta leggermente allentato... Sospiro, poi busso un paio di volte allo stipite per fargli notare la mia presenza. Lui alza lo sguardo, la piccola ruga si distende e subito fa capolino sulle sue labbra un gran sorriso.

«Dimmi che mi hai portato qualcosa di dolce, qualsiasi cosa...» Si lascia andare all'indietro con la schiena contro la sedia e mi fissa con quei meravigliosi occhi azzurri.

«Credo non ci sia niente di dolce nella corrispondenza» gli dico avanzando verso la sua scrivania. 

«Hai detto che me l'avrebbe portata Megan...» mi guarda con aria interrogativa perché gli avevo detto che ero riuscita a convincere la mia collega a portargli la posta, ma come spesso succede, si è rimangiata tutto.

«Già... l'avevo detto...» Poso buste, giornali, e tutto il resto sulla scrivania, mentre non smette di guardarmi.

«Non dirmelo...» dice poi, dopo aver capito il motivo della mia presenza nel suo ufficio al posto di quella della mia collega.

«Se vuoi non te lo dico, ma il risultato non cambia.» Ero contenta che loro due uscissero – in realtà no – ma se fossero usciti, forse, avrei avuto la possibilità di farmene una ragione, di rendermi davvero conto che è ora di mettere una pietra sopra a questa stupida infatuazione.

«Cazzo!» Si lamenta lui sbuffando. «Farò la solita figura di merda...»

«Perché?» gli domando senza riflettere.

«Perché sono sempre l'unico non accompagnato, stavolta avevo garantito che non sarei stato da solo, e invece...» Sbuffa ancora, poi allunga le mani per recuperare la posta e la sfoglia distrattamente.

La tentazione di dirgli che andrei io con lui se potesse servire a qualcosa è davvero forte. Proprio per questo motivo sto continuando a mordermi il labbro inferiore, nella speranza di riuscire a non dire nulla. Stasera Jason non c'è, è a Manchester per discutere di un progetto di riqualificazione di un edificio abbandonato. Ne avranno per qualche giorno e io sono sola, ma non devo cedere. Sono stata bravissima finora, ce la posso fare.

Devo andarmene da qui, gli ho consegnato la sua posta, ora mi volto ed esco dal suo ufficio mentre lui è concentrato a leggere qualcosa che ha appena tolto da una busta gialla. In silenzio, mi volto e faccio un passo, ma la mia fuga viene immediatamente interrotta.

«Leen?» Quando mi chiama in quel modo mi ha in pugno, e so che lo sa. È chiaro che ne sia consapevole, altrimenti non avrebbe quel sorriso compiaciuto sul volto.

«Dimmi...» gli dico pur sapendo cosa mi sta per chiedere.

«Non è che potresti venire tu con me?» Me lo sta chiedendo guardandomi dritto negli occhi, con i suoi meravigliosi occhi azzurri, gli stessi occhi che mi hanno stregata. Pensa davvero che potrei dirgli di no? «Non saresti un ripiego, lo sai, è che il pensiero di dover affrontare di nuovo quegli stronzi che diranno... Anzi, lascia stare. Non dovevo chiedertelo...»

«Per me va bene Brant.» Ci ho provato a tenere stretto il labbro tra i denti, ho provato a non parlare, ma quando mi guarda in quel modo il mio corpo gli ubbidisce senza che io possa fare niente per impedirlo.

Ma tu credi davvero alle stronzate che dici?

Ignoro la voce della mia coscienza perché sulle labbra di Brant si apre un meraviglioso sorriso, ed è questo che m'importa di più. 

Poi si alza in piedi e lo guardo venire verso di me. «Mi salvi la serata Leen.» Posa le sue mani appena al di sotto delle mie spalle e mi bacia, sulla fronte, ma è come se lo sentissi ovunque. Merda! «Giuro che ti riporto a casa presto.»

«Tranquillo, non ho problemi di orario.» Infatti! I problemi li hai al cervello!

Tento di sorridere cercando di non dare retta ai pensieri che stanno arrivando a torturarmi.

«Grazie! Vuoi che passo a prenderti?» mi domanda senza togliere le mani dalle mie braccia.

«No... ci vediamo direttamente lì. Mandami l'indirizzo con un messaggio.» Non credo di farcela ad affrontare un tragitto in macchina con lui, che sia di qualunque lunghezza, ma ogni volta che siamo così vicini, io non faccio che respirare il suo profumo, poi mi resta addosso e fatico anche a ragionare.

«D'accodo, ti lascio tornare al lavoro adesso.» Mi sorride un'ultima volta, poi torna a sedersi alla sua scrivania mentre io esco dal suo ufficio con meno capacità intellettive del solito.

Vorrei dirmi che sono una stupida, che me ne pentirò, che sarà la scelta peggiore di sempre, ma non riesco a farlo, perché l'unica cosa a cui penso è che passerò altro tempo con lui, le conseguenze arriveranno domani e saranno a dir poco spiacevoli, ma ne sarà valsa la pensa.

*****

Mi guardo allo specchio e non sono minimamente paragonabile a Megan, ma tutto sommato non sono male. Prendo il cellulare dal mobile del bagno e mando un messaggio a Jason per avvisarlo che sono a cena fuori con dei colleghi. Quella vocina nella mia testa sta parlando, ma credo abbia cambiato lingua, tipo l'arabo, e io non riesco a capire quello che dice, così la ignoro, ignoro me stessa e tutto quello che mi sta intorno solamente per lui. Sono pronta, esco di casa e prendo l'auto, ma quando sto per mettere in moto il mio telefono squilla.

«Ehi...» rispondo sentendomi stringere lo stomaco.

«Ciao Kate.» Sento in ogni sua parola quanto soffre per questa distanza e nemmeno i sensi di colpa stasera riescono a farmi ragionare.

«Stai bene? Hai una voce strana» gli dico sinceramente preoccupata. Non so cosa farei se gli succedesse qualcosa, è una persona troppo importante nella mia vita.

«Sì, sono solo stanco. Allora... stai uscendo?» Mi domanda con una certa malinconia nella voce.

«Sì, ma non ho fretta. Ti va di raccontarmi cosa hai fatto oggi?» Mi accomodo meglio sul sedile e mi dedico completamente al mio fidanzato che d'un tratto sembra di umore migliore mentre mi spiega il suo ultimo lavoro, di come il suo capo sia entusiasta delle sue idee e di come i committenti abbiano accolto favorevolmente il suo progetto. «È meraviglioso Jason!» Sono realmente felice per lui perché è bravo nel suo lavoro e sapere che sta ottenendo i riconoscimenti che merita mi rende orgogliosa di lui.

«Se tutto procede come spero dovrei tornare entro fine settimana.» Mi appoggio contro il poggia testa e guardo un punto indefinito fuori dal tergicristallo.

«Perché non facciamo qualcosa questo week end?» gli chiedo speranzosa. Sono sicura che se andassimo via da qualche parte potremmo ritrovare il nostro rapporto, quello che io sto perdendo per strada.

«Kate...» Sospira dopo aver pronunciato il mio nome. «Lo vorrei tanto, non immagini quanto, ma... non posso...» Sospiro anch'io, più silenziosamente di quanto non abbia fatto lui perché non voglio farmi sentire, chiudo gli occhi e sento che tutto mi sta scivolando via senza che io riesca a trattenerlo. «Ma possiamo andare a vedere quel film che ti piaceva tanto se ti va...»

Si accende una piccola speranza in me, forse posso trovare quell'intimità che non abbiamo da qualche tempo a questa parte, e magari posso riavvicinarmi a lui.

«Sarebbe meraviglioso» dico sincera, poi mi sembra di sentire la voce di qualcuno che lo sta chiamando.

«Devo andare Kate. Scrivimi quando torni a casa.»

«Certo.» C'è qualcosa che non va in me, sento il respiro farsi più pesante e il cuore battere più veloce.

«Ti amo Kate»

«Ti amo anch'io Jason.»

Riaggancio dopo averlo salutato e mi rendo conto che il mio malessere è dovuto al fatto che sto piangendo.

È tutto così difficile e allo stesso modo così facile. Forse ho trattenuto troppo a lungo quello che provo, ho soffocato così tanto i miei sentimenti che ora stanno venendo fuori senza che io riesca in alcun modo a controllarli. Dovrei semplicemente lasciar uscire tutto e prendere le cose come vengono... sì, forse dovrei fare così. Jason merita una fidanzata felice, merita qualcuno che renda lui felice e se non lo sono io per prima, certo non posso sperare di fare qualcosa per lui.

Mi risistemo sul sedile, asciugo gli occhi con un fazzolettino guardandomi allo specchio e notando che sono riuscita a non rendermi un disastro prendo una grande quantità d'aria, poi la butto fuori e mi concentro sulla serata. Voglio divertirmi, voglio rilassarmi e non pensare a niente. Voglio godermi quest'amicizia e voglio portare questo buon umore nel mio rapporto con Jason.

È questo che devo fare. 

*****

Il locale è carino, affollato, ma carino. Mi allungo verso l'alto alla ricerca del suo viso. Dopo aver parcheggiato gli ho mandato un messaggio avvisandolo che ero arrivata e lui mi ha detto che era già dentro. Dopo qualche secondo vedo il suo braccio alzarsi e sorrido mentre gli vado incontro.

Il tavolo è già al completo e lui mi presenta ai suoi amici, poi mi siedo e sto per prendere in mano il menù, ma Brant posa una mano sulla mia facendo in modo che mi volti a guardarlo.

Dio! Quanto è bello!

«Cosa c'è che non va?» mi domanda a bassa voce in modo che solo io possa sentirlo.

«Niente» rispondo come se non capissi a cosa si stia riferendo. Immaginavo che si sarebbe accorto del mio stato d'animo, ma speravo che la compagnia intorno a noi lo distraesse a tal punto che non ci avrebbe dato peso.

«Andiamo Kate... cosa c'è che non va?» Lo guardo, lo ascolto e lo respiro, ecco cosa c'è che non va, ma non posso dirglielo.

«Niente, davvero.» Provo a risultare convincente, ma non funziona mai, soprattutto con lui.

«Allora dovremmo fare qualcosa per quel niente...» dice mettendo un braccio sullo schienale della mia sedia, poi si avvicina ancora un po', le sue labbra sono vicino al mio orecchio. «Perché quel niente ha fatto sparire il tuo bel sorriso.»

E adesso come diavolo dovrei fare a sorridere mentre il mio corpo è disseminato da brividi e il mio cervello fa pensieri impropri?

«Brant piantala! Tanto non ci sta!» Un ragazzo seduto di fronte a noi attira la nostra attenzione – e di tutto il resto del tavolo – parlando a voce decisamente alta. «Questa ragazza sembra troppo intelligente per te...» Ridono tutti i componenti della tavolata, anche Brant, e anche io.

«Sei un coglione Mitch... Questa ragazza è talmente intelligente che è amica mia e non tua...» Il suo braccio si sposta dallo schienale della mia sedia alle mie spalle, mi tira a sé e io lo respiro di nuovo, torno a respirare, a sorridere.

Lo faccio con lui, con i suoi amici, per tutta la serata e finalmente mi sento più leggera. Ho perso il conto delle volte in cui lui mi ha abbracciata, ma quel contatto mi ha scaldato il cuore e non dovrei pensarlo, lo so, ma sono felice di essere qui. 

Con lui. 

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Che dire? Kate è sempre più incasinata, sta complicando la vita a sé stessa, a Jason e anche a Brant, che però è un tontolone e continua a pensare che il malumore di Kate sia dovuto a problemi con Jason. Alla fine non è tanto lontano dalla verità, ma quello che non sa è che è proprio lui la causa dei problemi - se così vogliamo chiamarli - di Kate.

Il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Brant.

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 27
*** Castello di carte ***


Kate

Confusa? Beh, è una bugia. Non sono affatto confusa.

Ho parlato con Lizzy di quello che succede, le ho raccontato di tutte le mie uscite con Brant, del suo atteggiamento nei miei confronti, e dell'enorme sbandata che ho preso per lui. Le ho detto di sentirmi confusa, ma non è così. Il mio cuore sa bene cosa vuole, ma è la mia mente che lo sta contrastando in ogni modo.

Il problema è che non funziona, lui è sempre lì, che spunta in qualche angolo della mia mente dove riesce a rifugiarsi quando io tento di allontanarlo, e torna a galla spesso quando Jason mi è vicino, come in questo momento. Sono stretta nel suo abbraccio, ma sono le braccia di Brant a cui ho appena pensato.

Quando mi abbraccia Jason è come se mi sentissi al sicuro - o almeno lo è sempre stato fino a quando la mia routine non è stata stravolta -, ma quando è Brant a stringermi tra le sue braccia il mio cuore esplode in un tripudio di sensazioni, di emozioni, che fanno vibrare ogni parte di me.

I colori diventano più accesi, la luce più luminosa, il sorriso più ampio e la gioia incontenibile. Tutto si amplifica come se Brant fosse la mia cassa di risonanza, come se quello che provo partisse da me e lui me lo restituisse migliorato. Niente di tutto questo è mai successo con Jason e me ne faccio una colpa.

Mi capita spesso di chiedermi se sono io che non sono stata capace di amarlo come merita, o se semplicemente non è Jason l'uomo della mia vita. Eppure ne ero così certa fino a pochi mesi fa, tanto che abbiamo iniziato a progettare un futuro insieme.

I miei genitori lo adorano, in special modo mia madre che ogni volta che mi chiama la prima cosa che fa è chiedermi di lui. Ma non mi sorprende, tutti lo adorano, anche Yuri. Ricordo che all'inizio della mia relazione con Jason, il mio migliore amico mi chiedeva se ci fosse la minima possibilità che fosse almeno bisex. Lo adora anche lui. Sembra che l'unica a non metterlo al centro del mondo sia io, e la cosa mi fa sentire davvero orribile.

«Ti va se oggi andiamo a Southend?» La voce di Jason arriva bassa, direttamente al mio orecchio.

Siamo ancora a letto in questa domenica di primavera inoltrata. Mi sono svegliata che ero girata un fianco e gli davo le spalle. Quando anche lui si è svegliato mi si è avvicinato e si è stretto a me, facendo aderire la mia schiena al suo torace, poi mi ha racchiusa tra le sue braccia ed io mi sono lasciata stringere cercando di allontanare quei pensieri che mi stanno facendo impazzire.

«Mia madre ci aveva invitati a pranzo» gli ricordo pensando che può averlo scordato dopo essere stato così impegnato al suo progetto lontano da casa in questi giorni.

«Dille che non mi sento bene, o quello che vuoi. Ho voglia di stare solo con te oggi. Sono troppi giorni che non trascorriamo una giornata noi due. Quest'ultimo progetto mi ha portato via un sacco di tempo, lasciami godere della mia fidanzata... almeno finché posso...» Le sue ultime tre parole mi colpiscono in pieno petto provocandomi un dolore indicibile.

So che si riferiva al lavoro – ne sono quasi sicura – ma sentirlo parlare in quel modo, unito a tutto quello che mi gira per la testa, è stato un duro colpo, e di certo la mia risposta non può essere sicuramente negativa.

«D'accordo, magari andiamo su qualche stupida giostra, o a prendere un caffè in quel bar che ti piaceva tanto...» Ci siamo stati l'estate scorsa in vacanza, ci siamo innamorati di quel posto, magari potrebbe farmi bene tornare lì, potrei dimenticarmi di Brant, o di qualsiasi altra cosa, e concentrarmi unicamente sul mio fidanzato.

Magari potrei innamorarmi di nuovo di Jason.

Magari.

O magari no, ma devo provarci.

«Dio, quel caffè era assolutamente incredibile!» dice portandomi un po' più vicino al suo corpo.

«Ok...» dico lasciando andare una piccola risata per la sua reazione. «Chiamo mia madre e le dico che non andiamo.»

Faccio per alzarmi dal letto, ma le sue braccia mi trattengono.

«Aspetta...» Facendo leva sulle sue braccia si appoggia su un gomito e mi invita a voltarmi verso di lui che ora quasi mi sovrasta.

Con la mano libera mi accarezza il viso e sento il suo sguardo arrivarmi dritto fino all'anima. Sta cercando qualcosa nei miei occhi, e io non sono capace di nascondergli nulla. Probabilmente è a conoscenza del mio stato d'animo incasinato e combattuto, ma le sue dita che scorrono lente sulla mia pelle, per arrivare a fermarsi sul collo, mi riportano da lui, esattamente dove dovrei essere.

«Mi sei mancata Kate...» Lo dice con un filo di voce, e non so se si riferisca ai giorni che ha da poco trascorso lontano da casa, o se si stia riferendo al fatto che si è reso conto che in questo preciso istante sono davvero con lui, ma non importa, voglio approfittare di questo momento in cui sono presente a me stessa, e ogni parte di Kathleen Cooper è qui, con il suo fidanzato Jason Blender.

«Mi sei mancato anche tu Jason.» Scandisco bene il suo nome, voglio che sappia che sto pensando solo a lui.

Le sue dita si infilano lente tra i miei capelli, le mie mani si appoggiano al suo torace completamente nudo. Sento il battito del suo cuore sotto ai miei polpastrelli, è accelerato, ed è per me.

«Mi ami Kate? Perché io ti amo da impazzire...» Soffia quelle parole sulle mie labbra, mentre mi tiene inchiodata con gli occhi.

«Ti amo Jason... certo che ti amo...» Non sto mentendo, lo amo, l'ho sempre amato, e in questo preciso istante sta riuscendo a farmi sentire unicamente la sua presenza. Non c'è nessuno tra noi, assolutamente nessuno, per questo posso affermare senza ombra di dubbio che lo amo, perché c'è solo lui, io, noi.

«E allora resta con me...» Non mi dà modo di replicare perché mi bacia come non faceva da settimane, come se ne andasse della sua stessa vita.  

Mi lascio andare a questo bacio, al calore della sua bocca, a quello delle sue mani sulla mia pelle, alla sensazione che mi provoca mentre lui si appoggia con delicatezza su di me, al suo ginocchio che si insinua tra le mie gambe... mi lascio andare a lui e mi lascio amare come non facevo da tempo.

********

Sono spensierata.

La mente completamente libera da ogni preoccupazione mentre passeggiamo tra le attrazioni del luna park con un gran sorriso stampato sul volto di entrambi. La mia mano è ben stretta nella sua e non abbiamo smesso di guardarci da stamattina.

Ho fatto l'amore con lui guardandolo per quasi tutto il tempo. Jason ha fatto lo stesso con me, anzi è stato proprio lui a volerlo ed è stata la cosa migliore che io abbia fatto da giorni.

Ho avvisato mia madre che oggi non potevamo più andare, e dopo un primo momento in cui si è lamentata, le ho spiegato che è tanto che non stiamo un po' soli e ha smesso subito di protestare.

Sembriamo tornati indietro nel tempo: durante l'ora e mezza che ci abbiamo impiegato ad arrivare qui abbiamo parlato di noi, delle vacanze che abbiamo trascorso lì l'anno scorso e mi sono sentita di nuovo quella Kate, quella innamorata persa, quella che non aveva occhi che per lui. Ho iniziato a ricostruire il nostro castello, quello in cui ci siamo solamente noi due, quello in cui ho sempre immaginato che avremmo condiviso per il resto della nostra vita. Rivedo la nostra stanza, o almeno il progetto che abbiamo fatto insieme, il nostro salotto e tutta la nostra casa, nella quale magari un giorno saremo in tre.

Forse.

«Ti va un gelato?» mi domanda lui all'improvviso.

«Sì, decisamente sì!» rispondo convinta.

Ci allontaniamo dalla pista dei go-kart per cercare una gelateria che troviamo in fretta. Sa bene quali gusti comprarmi senza bisogno di chiedermelo, ma quando posa il cono destinato a me nelle mie mani, qualcosa vacilla nel mio cuore. Jason si volta verso il bancone per ordinare il suo gelato, e ci impiego qualche secondo a riunire quella piccola crepa che la vista del cono panna e fragola ha creato in me. Ci riesco giusto in tempo per quando il mio fidanzato si gira verso di me. Il mio sorriso è tornato al suo posto dopo una breve scomparsa, i miei pensieri sono tornati sul ragazzo sorridente in piedi di fronte a me.

«Qualcosa non va?» mi domanda mentre il sorriso sparisce dalle sue labbra.

«No... non c'è niente che non va...» gli sorrido cercando di rendere convincente la mia espressione, e sembro riuscirci perché anche lui torna a sorridere.

Mentre torniamo a passeggiare evito di paragonare questo momento in cui Jason mi ha offerto il gelato, ad un altro momento in cui lo stesso gelato mi è stato offerto da qualcun altro, da qualcuno che oggi non ha il permesso di entrare nella mia mente.

E ci riesco.

Per tutto il resto del giorno non c'è più nulla che sia venuto ad interferire con la mia tranquillità. Non vedevo Jason così felice da... da tanto che nemmeno me lo ricordo più, e vedere quell'espressione rilassata sul suo viso è qualcosa che non ha prezzo per me. Non voglio altro che renderlo felice perché lui conta su di me, su di noi, ed è così meraviglioso che merita di essere il fidanzato più felice sulla faccia della terra.

Ceniamo per strada, con un panino comprato ad un chiosco, e non c'è nessun altro luogo in cui vorrei essere se non qui, con lui. E so che questa non è la vita di tutti i giorni, che tornati a casa dovremmo tornare ad affrontare la realtà, ma stare lontano da tutto, con lui, mi fa sentire di potercela fare. Forse avevo bisogno di riavvicinarmi a lui, e una volta che ci sarò riuscita le distrazioni che mi stanno tenendo lontana, non avranno più così tanto peso sul mio comportamento.

«Jason?» Lo richiamo mentre stiamo tornando alla macchina con l'intenzione di tornare a casa.

«Dimmi.» Si volta a guardarmi mentre la mia mano è stretta nella sua.

«Perché non restiamo qui stanotte?» L'idea mi è venuta all'improvviso, mentre stavamo costeggiando un albergo poco prima di attraversare la strada.

«Kate non abbiamo niente con noi...» So di prenderlo alla sprovvista. Jason è un uomo perfettamente organizzato, i colpi di testa non sono per lui. Quello dell'uscita di oggi mi ha notevolmente sorpreso, infatti.

«Non avremo bisogno di niente» gli dico fermandomi per posizionarmi di fronte a lui.

Lascio la sua mano, poi poso le mie alla base del suo viso. Sento le sue posarsi con delicatezza sui miei fianchi per poi tirarmi a sé. «Non voglio tornare... non ancora...» Le mie mani scivolano sulla sua pelle, si intrecciano dietro la sua nuca, e i miei occhi non lasciano i suoi che adesso sembra guardarmi con aria preoccupata.

«Dovremo comunque farlo prima o poi...» Mi sta dicendo qualcosa, c'è un messaggio nascosto nelle sue parole, come anche nelle mie, ma stasera voglio ignorarlo, lo voglio con tutte le mie forze.

«Ti prego... Possiamo partire domani mattina presto e riuscire ad arrivare al lavoro in tempo...» Voglio tenermi stretta quest'armonia che si è creata tra di noi fino a quando riesco, e ho paura che, appena tornati a Londra, tutto questo svanirà. Voglio viverlo il più possibile, così potrei tornare ad essere quella di un tempo.

«Kate...»

«Jason chissà quando ci capiterà un'altra giornata come oggi. Questo è il nostro posto, non voglio ancora lasciarlo...» C'è un altro messaggio nascosto nelle mie parole, e lo sguardo che ha in questo momento mi fa chiaramente intendere che lui l'abbia capito.

«D'accordo Kate, restiamo.» Gli sorrido grata, poi lo bacio e non m'importa se siamo ancora in mezzo al marciapiede con la gente che ci cammina accanto, perché ora c'è solo Jason.

«Grazie» gli dico quando mi guarda come se fossi la cosa più preziosa del mondo.

Torniamo indietro, entriamo nell'hotel che abbiamo superato poco fa e prendiamo una stanza per la notte. La mia mente è occupata solo dal ragazzo che sta varcando con me la soglia della camera che ci è stata assegnata.

Il suo sorriso è la mia forza, la sua gioia è la mia.

«Lascio un avviso in segreteria in ufficio che potrei tardare domani mattina» dice prendendo il suo cellulare. E io penso che dovrei spegnere il mio.

L'ho lasciato acceso, ma senza suoneria, né vibrazione. Non l'ho degnato di uno sguardo per tutto il tempo, e non voglio che ora possa rovinare il momento, così, mentre Jason compone il numero e porta il suo telefono all'orecchio, io prendo il mio e premo il pulsante che spegne l'apparecchio, ma intravedo un messaggio sul display, un messaggio le cui poche parole sono in grado di far crollare tutto il castello di carte che ero riuscita a costruirmi durante la giornata.

A domani Leen 

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Che dire?
Lei ci prova davvero a rendere felice il suo fidanzato, a fare le cose per bene, ma le basta uno banale messaggio per crollare su se stessa

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 28
*** Hai due minuti? ***


Brant

La ragazza bionda - di cui non ricordo il nome - si alza dal suo letto senza indossare nulla. Ammetto che sia un gran bel vedere, ma le manca qualcosa. Non so dire cosa con precisione, però c'è qualcosa nel suo sguardo che non mi ha preso del tutto. Ed è per questo che non la rivedrò.

«Vuoi farti una doccia?» mi urla lei dall'altra stanza.

«Sì, vado subito!» le urlo a mia volta.

In effetti l'idea della doccia è perfetta. Sono appiccicoso, quella ragazza mi ha fatto sudare, e sono stanco. Una bella doccia calda sarebbe meravigliosa.

È stata una lunga giornata: pranzo dai miei, pomeriggio in giro con Zach perché doveva comprare un letto nuovo. Siamo stati a cena con dei suoi amici, poi abbiamo finito la serata in un locale e ora sono qui, ma non vedo l'ora di tornare a casa, infilarmi nel mio letto e farmi una lunga dormita.

Anche la settimana è stata lunga, nel senso che sembrava che non passasse mai. I primi tre giorni sono andati alla grande, poi sembrava che il tempo si fosse fermato. Forse perchè non ho legato un granché con i miei colleghi - a parte Kate, ovviamente - e quando lei non è venuta al lavoro, ammetto di essermi sentito un po' perso.

Mi ha detto di non essersi sentita bene, un'indigestione o qualcosa del genere, e ha preferito restare a casa.

L'ufficio senza di lei non è la stessa cosa. Non c'è nessuno con cui ridere, nessuno con cui fare qualche battuta stupida.
Nessuno con cui essere semplicemente me stesso.

Finisco velocemente la doccia, mi avvolgo in un grosso asciugamano ed esco dal bagno alla ricerca dei miei vestiti sparsi per la stanza.

«Ne vuoi?» la bionda mi compare davanti all'improvviso. È ancora completamente nuda e ha in mano una ciotola contenente dei nachos - almeno è quello che mi sono sembrati quei triangolini gialli all'interno di quel piccolo contenitore rosso che stringe tra le dita.

«No, grazie». La supero, restando del tutto indifferente alle sue curve e alle sue movenze. Ho ottenuto ciò che volevo e adesso non nutro più alcun interesse per lei.

Succede sempre, ogni ragazza finisce nel dimenticatoio nell'istante immediatamente dopo essermi svuotato, ma non importa. Non voglio finire come Noah, l'amico di Zach che ho conosciuto stasera; sembrava uno zerbino e la cosa assurda è che sembrava felice di esserlo. Non mi ridurrò mai a sottostare al volere di qualcun'altro, specialmente di una donna. L'idea della monogamia è inconcepibile per me.

Cosa c'è di piacevole nel dover rendere sempre conto a qualcuno di qualsiasi pensiero ti passi per la testa? Niente, perché non puoi farlo. Come potresti dire alla tua compagna che trovi la sua migliore amica una strafiga senza farla incazzare? Come puoi condividere certi pensieri senza subire delle conseguenze? E come puoi sopravvivere ai parenti, alle cene in famiglia e altre stronzate simili?

Come fai a sapere se ne vale la pena, se hai scelto davvero la donna giusta?

«Allora te ne vai?» La voce della ragazza arriva dalla mia destra. Mi volto a guardarla senza vederla davvero.

«Sì» non aggiungo altro mentre mi metto in piedi per sistemare boxer e jeans.

«Ci rivedremo?» mi domanda stendendosi sotto le lenzuola.

«Non credo» rispondo sincero, lo sono sempre. Non voglio niente e non do niente. È uno scambio reciproco e consenziente di qualche momento, niente di più.

«Peccato...»

Infilo la maglietta, le scarpe, indosso la giacca di pelle - che tengo stretta tra le dita per qualche secondo di troppo - controllo di avere nella tasca chiavi, portafoglio e cellulare, alla fine la saluto ed esco per raggiungere la mia auto, sulla quale salgo per poi dirigermi verso casa.

Casa...

In realtà non è casa, è un luogo dove abito, del quale m'importa relativamente...

Com'è che sono diventato arido?

Scaccio tutti questi pensieri perché non credo di essere in grado di gestirli. Mentre salgo le scale che mi portano fino all'appartamento che condivido con Zach, c'è un solo e unico pensiero che mi riempie la testa: domani è lunedì.

Infilo le chiavi nella serratura ed entro velocemente in casa, chiudendomi la porta alle spalle. Prendo il cellulare dalla tasca interna della giacca e lo sblocco mentre cammino verso la mia stanza dove mi chiudo dentro. Calcio le scarpe in un angolo e mi siedo sul bordo del letto per poi aprire la conversazione con lei.

L'ultimo accesso risulta essere ieri sera. Perché non apre la chat da ieri? Sta ancora male? Spero proprio di no perché non voglio trascorrere un'altra settimana in ufficio senza di lei. Mi tolgo la giacca lasciandola cadere all'indietro sul materasso restando con gli occhi sul display, poi mi dico che posso comunque mandarle un messaggio, non ignorerà proprio me.
 

A domani Leen
 

Resto in attesa di una risposta - come un fottuto adolescente in preda alle più stupide fantasie -, ma quella risposta non arriva, così blocco lo schermo, lo lancio da qualche parte sul letto e mi lascio andare all'indietro, con la schiena contro il materasso, le braccia allargate e gli occhi al soffitto.

Resto così per qualche minuto, poi mi rassegno al fatto che oggi mi ha ignorato e mi alzo dal letto per togliermi questi vestiti di dosso. Infilo un pantaloncino e una maglietta, mi lavo i denti con più energia del dovuto, poi torno a letto dopo aver controllato il telefono, che però è rimasto muto.

Alla fine mi metto a dormire con un fastidioso senso di frustrazione, a causa del quale fatico a prendere sonno, ma quando ci riesco mi perdo in un paio di occhi scuri e il sorriso più dolce che abbia mai visto.

*****

Riesco a fare un nodo degno di tale nome solo al terzo tentativo; la cravatta, stamattina, mi ha dato del filo da torcere, o forse sono io ad essere poco concentrato.

Il sonno è stato discontinuo, disturbato, e non sono molto lucido, cosa che non va affatto bene dato che ho una riunione con i grandi capi e non voglio fare la figura dell'idiota davanti a Jeff-so-tutto-io.

«Non finisci di fare colazione?» Mi volto di scatto nel sentire la voce di Zach.

«No, non mi va» rispondo abbottonando la giacca per poi raggiungerlo in cucina.

Finisco il caffè nella tazza, ma gli lascio volentieri il mio pane tostato. Non ho molto appetito stamattina, ho lo stomaco chiuso e non solo a causa della dannata riunione.

Saluto il mio amico, recupero le mie cose e mi reco al lavoro, sentendo una strana morsa alla bocca dello stomaco. Lascio l'auto nel parcheggio sotterraneo, poi prendo l'ascensore per arrivare al piano degli uffici; controllo l'orologio che ho al polso e vedo che sono quasi le nove, lei dovrebbe essere già al suo posto.

Le porte scorrono lente mentre si aprono, esco velocemente e accelero il passo. Sulle mie labbra compare un gran sorriso, che però scompare in fretta quando mi accorgo che dietro al bancone della reception c'è soltanto Megan, la quale alza lo sguardo e mi sorride quando si accorge della mia presenza.

«Ciao Brant» si alza, fa il giro del bancone e mi viene incontro. «Già che sei qui ti lascio la corrispondenza» dice, piazzandomi in mano un paio di buste gialle.

«Ciao anche a te Megan» dico con torno sarcastico per il suo ridicolo buongiorno.

«Non fare l'antipatico...» dice con uno strano sorriso sulle labbra rosse «non c'è bisogno di essere di cattivo umore, la tua amica è di là...» dice ancora, indicando la porta che conduce alle macchinette del caffè.

D'un tratto mi sento meglio e il sarcasmo di Megan mi sembra più sopportabile. Anche la riunione sembra essere più tollerabile e, senza che possa controllarlo, mi spunta un piccolo sorriso sulle labbra.

Lei alza gli occhi al cielo alla mia reazione e scuote leggermente la testa tornando al suo posto. «Non vi capirò mai...» borbotta mentre prende posto sulla sua sedia girevole.

«Non c'è nulla da capire Megan». Non mi guarda più e si mette a guardare qualcosa sullo schermo del suo computer. «Vado in ufficio» le dico voltandomi per poi camminare velocemente lungo il corridoio fino ad arrivare alla mia scrivania, dove poso buste e valigetta per poter prendere il cellulare dalla mia tasca. Sblocco il display, digito e invio.
 

Hai due minuti?
 

So che non è alla scrivania quindi poso il telefono accanto alla tastiera del computer, che accendo in attesa della sua risposta. Ricontrollo i documenti da presentare alla riunione – nonostante l'abbia già fatto due volte, ma devo far passare il tempo – e finalmente, dopo una decina di minuti abbondanti, sento la vibrazione che mi avvisa dell'arrivo di un messaggio.

È lei.
 

Arrivo
 

Il sorriso sulle mie labbra sembra diventare sempre più grande, rimetto a posto il telefono e torno al lavoro – non voglio che si accorga che stavo impazzendo senza sapere che fine avesse fatto. L'attesa per fortuna dura poco. Sento bussare un paio di volte alla porta e alzo la voce per dirle di entrare, poi la vedo.

Ha i capelli leggermente mossi e un abito bianco che le arriva appena sopra al ginocchio, che le lascia braccia e spalle scoperte. È semplice, ma straordinaria allo stesso tempo, con un sorriso che illumina tutta la stanza.

E la mia giornata.

«Ciao» lo dice a bassa voce, quasi fosse un segreto.

«Ehi... ciao... stai meglio?» le domando sinceramente preoccupato. Di cosa poi, non lo so, ma il suo silenzio, durato un giorno intero, mi ha mandato in confusione.

«Sì, grazie. Tu come stai?» mi chiede dopo essersi avvicinata alla mia scrivania.

«Nervoso. Devo vedere Jeff alla riunione e tu sai come stanno le cose...» Le strappo una piccola risata che fa risalire ancora un po' il mio buonumore.

«È Joseph...» dice inclinando leggermente la testa, continuando a sorridere.

«È uguale dai... sempre stronzo rimane...» sorride ancora.

«Volevi qualcosa?» mi domanda ancora.

Volevo chiamarti, volevo sentire come stavi, volevo passare del tempo con te, volevo parlare del tempo, dei cambiamenti politici oppure del riscaldamento globale... mi bastava parlare con te...

«No, volevo solo sapere come stavi dato che non ci siamo sentiti» Ingoio le mie parole e ingoio anche l'eccessiva salivazione che mi sono accorto di avere in bocca. Ed è assurda la sensazione pressante che mi spinge a volermi alzare da questa sedia per raggiungerla; sto lottando contro la mia volontà e non è mai stato così difficile farlo.

«Tranquillo, sto bene. Io e Jason siamo stati al mare...» era con lui... era ovvio che fosse con lui...

«L'importante è che stai bene...» le dico interrompendo il suo discorso. Non m'interessa sapere cos'hanno fatto, m'importava sapere solo di lei.

«È tutto ok» mi conferma ancora. «Adesso vado... ti lascio lavorare». Un altro sorriso e io sento una strana sensazione allo stomaco. Avrei dovuto finire la colazione prima di uscire di casa.

Si volta e fa per andarsene, ma la fermo prima che faccia un solo passo. «Ci vediamo per pranzo» le dico senza domandarglielo. 

«E se ti dicessi che ho già un altro impegno?» La conosco bene, riesco a capire quando dice sul serio o quando sta tentando di prendermi in giro e questa è sicuramente una presa in giro, solo per giocare con me.

«E se non ti credessi?» le sorrido anch'io, non posso trattenermi.

«Pensi di essere l'unico qui dentro con cui vorrei avere un appuntamento per pranzo?» Porta le mani sui fianchi, mentre le mie prudono perché vorrebbero essere esattamente dove sono le sue.

«Per te sì» La mia voce esce sicura perché lo penso davvero.

Ma che diavolo mi sta prendendo?

«Sei un caso perso» dice scuotendo la testa, con un mezzo sorriso sulle labbra, per poi uscire dal mio ufficio senza darmi modo di vedere ancora il suo viso, ma sono sicuro di aver visto qualcosa di diverso nel suo sguardo.

Certo Brant, l'hai messa di nuovo a disagio!

La mia coscienza torna a farsi sentire e forse dovrei iniziare a darle ascolto perché non posso continuare a comportarmi così con lei. Non è giusto che abbia certi pensieri per Kate – per prima cosa devo smetterla di guardare parti del corpo a me proibite – perché le voglio bene davvero e non posso farmi guidare dai miei squallidi istinti. Le parole Kathleen sesso non devono mai più entrare nella stessa frase, perché mi conosco: dopo aver soddisfatto la carne perdo ogni tipo di interesse e non posso permettere che succeda con lei, perché ci tengo davvero.

Chiudo gli occhi, inspiro profondamente più volte fino a calmarmi. Riesco a pensare alla riunione adesso, a Jeff, e tutti i pensieri decisamente poco casti che ho fatto prima se ne vanno. Non posso e non voglio rovinare la cosa più bella della mia vita: la mia amicizia con Kate.

~~~~~~~~~~~~~~~

SPAZIO ME 

Buonsalve belle persone!

Kate e Brant sono tornati! Chiedo scusa per l'attesa, ma ho preferito dedicarmi ad un'altra storia per concluderla e ora mi dedicherò a questa che ammetto di aver trascurato.

Quindi... abbiamo Brant che è ancora confuso, io penso che ha qualcosa che non va nel cervello perché altrimenti non si spiega. Non che la nostra Kate sia da meno perché non condivido nemmeno le sue decisioni. Continuano a sfuggirsi quando è chiaro che si vogliono da morire, e in tutto questo c'è quel poveretto di Jason che aspetta.

Aggiornerò presto, promesso, anzi mi metto subito al lavoro dopo aver pubblicato questo. Grazie mille per la pazienza!

Eeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 29
*** Stai andando da qualche parte? ***


Kate

Ci provo.

Lo sto facendo con tutte le mie forze, ma ogni volta che mi guarda in quel modo riesce sempre a stravolgere tutte le mie buone intenzioni.

Non sono in grado di resistere ai suoi occhi azzurri, che mi scrutano con tanto interesse, e nemmeno al suo profumo, che mi guida come se ne fossi incantata, tipo i cartoni animati quando il pupazzo di turno viene attirato da un profumo irresistibile.

Così, mi arrendo e capitolo. Mi lascio andare all'illusione che ci siamo solo noi due, mi lascio cullare dalla sua voce. Penso a cosa potrei provare se mi baciasse; ho gli occhi fissi sulle labbra da un po' e sto provando ad immaginarne la consistenza, la morbidezza e il gusto. Dio, come vorrei farlo!

«Tu che ne pensi?» mi riscuoto dai miei pensieri e torno a guardarlo negli occhi, per poi sentire un gran caldo.

«Scusa ero distratta...» gli dico tentando un sorriso mentre poso la forchetta sul bordo del piatto.

«Me ne sono accorto» risponde ridacchiando.

Credevo che avrei superato senza problemi questo pranzo, che il weekend con Jason mi avesse riportato sulla giusta strada, ma non è stato così, non lo è mai con Brant. Dovrei riuscire ad accettare che ho schifosamente perso la testa per lui, che mi butterei tra le sue braccia senza alcun ritegno, ma non posso farlo.

«La mia bocca era più interessante di ciò che dicevo eh?» Lo osservo sentendomi avvampare perché mi ha colto sul fatto, ma non sono disposta ad ammetterlo.

«No... Che dici? Io... Io stavo pensando a...»

«Stavi pensando che volevi baciarmi Leen». Resto a bocca aperta - e quasi senza respirare - alla sua affermazione ed inizio a boccheggiare come un pesce fuor d'acqua alla ricerca di ossigeno.

«Ma no... Davvero... Io...» Il mio farneticare si interrompe bruscamente quando la sua mano si posa delicata sul mio viso.

Percepisco il calore delle sue dita, la morbidezza del palmo della sua mano che sfiora dolcemente la mia guancia. I suoi occhi azzurri sembrano più profondi e io non riesco a guardare altro che quelli. È seduto di fronte a me e ci divide un minuscolo tavolino da bar.

«Avrei dovuto capirlo prima» dice, sfiorando il mio labbro inferiore con il pollice e io sento il mio intero corpo ricoprirsi di brividi, la salivazione quasi del tutto scomparsa e il cuore che potrebbe cedere da un momento all'altro.

«Capire cosa Brant?» La mia voce è così bassa che non sono sicura che lui mi abbia sentita.

«Che la nostra non è solo amicizia Leen...» Anche la sua voce è più bassa e il suo sguardo si fa sempre più intenso; non so fino a quando posso reggere.

«Che stai dicendo Brant?»

«Che ho una gran voglia di baciarti, esattamente come te». Qualunque cosa volessi dire mi resta chiusa in gola perché lui si alza, si allunga da sopra il tavolino e azzera ogni distanza per posare con decisione le sue labbra sulle mie.

Mi dico che dovrei allontanarmi, che dovrei respingerlo, che non è giusto, eppure non posso evitare di ricambiare questo bacio che ho aspettato da così tanto, che ora non sono disposta a rinunciarci.

Le sue labbra sono perfette, i suoi movimenti lo sono, e la sua bocca ha il gusto più buono che abbia mai assaggiato.

«Kate?» Ma perché diavolo sto sentendo la voce di mia sorella mentre sto baciando Brant? «Kate!?» La voce di Lizzy si fa più alta, così sono costretta ad aprire gli occhi e... Merda! «Si può sapere a cosa stavi pensando?» Mi guardo intorno e il tavolino che ho davanti è quello del bar dove vengo a fare colazione con mia sorella e io stavo sognando ad occhi aperti. «Non dirmelo! Stavi di nuovo pensando a lui!?» Sono così tanto proiettata nel mio mondo di fantasia che non riesco a capire se mia sorella sia davvero infastidita oppure no. «Oh andiamo Kate!» Sospiro lasciandomi andare all'indietro contro lo schienale, rassegnata, e anche un po' delusa da me stessa.

«Mi dispiace, ma non riesco ad evitarlo». Anche sul viso di Lizzy compare la stessa espressione delusa che credo di avere io.

«Ma com'è possibile? Voglio dire Jason è ragazzo meraviglioso...»

«E tu credi che non lo sappia!?» La interrompo, alterandomi anche leggermente, ma più con me stessa che con lei. «Credi che non abbia provato in ogni modo a tenerlo fuori dalla mia testa? Eppure lui è sempre qui...» affermo decisa indicandomi la tempia «e non so come fare a farlo uscire!» Mi viene quasi da piangere per la frustrazione e per i sempre più pressanti sensi di colpa nei confronti del mio fidanzato.

Io e Brant siamo usciti a pranzo per tutta la settimana, un paio di volte ho provato a dirgli di no, ma alla fine, quando mi guarda con quei meravigliosi occhi azzurri, io cedo come la più debole dei deboli.

E mi odio per questo.

«Scusa Liz, non volevo alzare la voce. Il fatto è che...»

«Il fatto è che hai perso la testa Kate, fattene una ragione...» La guardo e so che dice il vero, ma ammetterlo sarebbe un fallimento, e non voglio pensare che la mia relazione con Jason finisca in un fallimento, lui non lo merita.

«Che devo fare Lizzy?» Lo sto chiedendo a lei, ma so che non è giusto.

«Lo sai quello che devi fare, non devo essere io a dirtelo». Mia sorella finisce il suo cappuccino e mi guarda dritto negli occhi. «Devi solo trovare il coraggio in te stessa».

Non so se ne sono capace, non so nemmeno se voglio farlo. Forse voglio inconsciamente continuare a punirmi perché credo di meritare di essere infelice. O forse devo decidermi a dare a Jason la felicità che merita.

«Adesso devo andare Kate, ma tu promettimi di pensarci» mi domanda con la solita espressione comprensiva.

«Va bene, grazie Liz». Ci salutiamo, poi decido di fare una passeggiata per distrarmi un po' e raccogliere le idee.

Cosa voglio davvero lo so, ma non posso averlo; Brant non vuole me e io non voglio deludere Jason. Così, camminando e guardando le vetrine, mi viene in mente qualcosa che potrei fare per lui. Entro in un negozio per comprare un vestito nuovo, magari qualcosa di sexy - che potrei indossare stasera quando rientra dal lavoro - per riaccendere la fiamma, e già mi sento più positiva.

Vago tra gli stand degli abiti da sera dopo essere sfuggita alla commessa insistente, ed inizio ad osservare i capi appesi e l'occhio mi cade su un abito lungo, nero, con le spalline strette, una generosa scollatura e un profondo spacco sulla gamba destra che lascia in mostra tutta la coscia.

Non è affatto nel mio stile, ma la tentazione di comprarlo è tanta.

«Smetti di guardarlo e provalo!» Sobbalzo nel sentire la sua voce alle mie spalle.

Mi volto a guardarlo e lo trovo più bello del solito mentre resto incantata dai suoi movimenti intanto che si infila la giacca di pelle.

«Brant! Che ci fai tu qui?» Guardo il suo sorriso e ripenso al mio sogno ad occhi aperti - cosa che mi manda ancora di più in confusione.

«Shopping...» dice mostrandomi un piccolo sacchetto che ha nella mano destra «anche tu immagino...» cammina verso di me, quel che basta per permettere al suo profumo di arrivare alle mie narici.

«In realtà non lo so...» Non voglio dirgli il vero motivo per cui mi trovo qui.

«Stavi guardando quel vestito...» dice avvicinandosi all'abito per prenderlo in mano «andiamo a provarlo». Non mi dà modo di rispondere, mi prende per mano ed inizia a camminare verso i camerini.

«Aspetta Brant!» riesco a richiamarlo solo dopo diversi passi.

«Che c'è?» mi domanda fermandosi. «Ah, già! Che stupido! Non ho controllato la taglia!» La sua voce, il suo sorriso e la mia mano nella sua riescono a compiere la solita magia, e io mi lascio coinvolgere ancora.

«Dammi qua» dico, prendendogli il vestito dalle mani per controllare la misura, che sembra essere la mia. «Dovrebbe andarmi bene» dico superandolo per puntare dritta al camerino e chiudermi dentro senza verificare se lui mi abbia seguita.

L'idea che lui sia fuori da questa sottile porta mi manda ancora più in confusione, ma che dovrei fare? Dirgli di andarsene?

«Appena hai fatto voglio vedere» Mi guardo allo specchio e giuro che non mi sono mai sentita più inadeguata di così.

Nemmeno un filo di trucco, i capelli raccolti e un abbigliamento che oscilla dal banale all'ordinario.

Ed ecco che si spiega perché corre dietro a Megan e non a te!

Dovrei ascoltare la mia coscienza che sta cercando di evitarmi una delusione e invece sto iniziando a spogliarmi per poter indossare l'abito con il quale - in realtà - non vedo l'ora che mi veda.

E la mia mente vola ancora oltre, immaginandolo mentre entra qui dentro per baciarmi di nuovo...

Ma come 'di nuovo'? Se non ti ha mai baciata!

Sbuffo e ripongo i miei indumenti sullo sgabello - mai felice come ora di essere stata da poco dall'estetista - e indosso l'abito elegante tirando su la cerniera posta sul fianco destro, poi raccolgo ogni briciola di coraggio e apro la porta.

Brant alza lo sguardo dal suo telefono non appena nota un movimento e lo sguardo che ha per me è del tutto nuovo. Non mi ha mai guardata così, ma posso affermare - senza ombra di dubbio - che sia lo sguardo che mi ha provato più caldo in assoluto.

«Wow!» esclama alzandosi in piedi per venire più vicino.

«Sì, beh... È più nello stile di Megan, ma non mi sta tanto male...»

Megan? Seriamente Kate!? Dovevi davvero nominare Megan?

«Megan chi?» pronuncia con un tono divertito e il mio cuore - stupidamente - perde un battito nel sentirgli dire quelle parole. «Probabilmente non si sentirebbe più tanto sicura di sé, se ti vedesse in questo momento». I suoi occhi vagano ovunque sul mio corpo mentre mi cammina intorno e io sento andare a fuoco ogni cellula del mio corpo, fino a che torna esattamente di fronte a me per inchiodarmi con quell'azzurro magnetico. «Se il tuo fidanzato ti ignora anche con questo addosso, beh... Allora è un vero cretino...»

Devo riuscire a spezzare in qualche modo l'atmosfera bollente che il suo sguardo continua ad alimentare, così sento sfuggirmi dalle labbra qualcosa di davvero stupido. «Stai dicendo che mi sta bene?» stupida Kate!

«Non è esattamente quello che intendevo, ma sì, ti sta davvero bene». Il suo sguardo si addolcisce, il suo tono di voce anche e resto a guardarlo per un tempo troppo lungo, rischiando di avere un'altra visione.

«Torno... Torno dentro a... cambiarmi». Non aspetto che risponda, rientro nel camerino e mi chiudo velocemente la porta alle spalle per poi riprendere a respirare.

Mi riprendo in fretta e continuo a darmi della stupida mentre tolgo quel vestito e indosso di nuovo i miei stupidi jeans, la mia stupida camicia rosa e le mie stupide scarpe sportive. «Merda!» impreco a bassa voce quando mi sfugge il mollettone dai capelli. Mi metto in piedi e mi osservo allo specchio per sistemarmi, ed è in quel momento che mi rendo conto che l'unica cosa stupida è il mio comportamento.

Non sono un'adolescente, ma una donna e devo essere perfettamente in grado di controllarmi e di gestire la situazione. Faccio un respiro profondo, mi sistemo i capelli e recupero il resto delle cose, per poi uscire con il mio più finto sorriso sulle labbra e tornare ad essere un'adulta.

«Quindi lo prendi?» mi domanda seguendomi.

«Sì, lo indosserò stasera». Lo dico di proposito, ma le mie parole sono rivolte più a me che a lui. Devo ricordare a me stessa il mio obiettivo, la mia priorità.

«Stai andando da qualche parte?» mi chiede affiancandomi alla cassa.

«Sto andando a casa» rispondo, tentando di essere credibile.

«Oh, ok... Pensavo che potessimo pranzare insieme più tardi...» C'è una punta di delusione nella sua voce. Non devo farmi trascinare di nuovo, ma è davvero difficile chiudere in un angolo quel "Sì ok"che sta premendo con forza per uscire.

«Abbiamo pranzato insieme tutta la settimana, non ti sei ancora stancato di vedere la mia faccia tra una forchettata e l'altra?» Pago il vestito, prendo il sacchetto e ci dirigiamo all'esterno del negozio.

«Non mi stancherei mai della tua faccia Leen». Evito di guardarlo negli occhi fingendo di controllare qualcosa sul cellulare, perché quello che ha appena detto non fa che amplificare il mio stato confusionale.

E vorrei dirgli di smetterla di chiamarmi con quel soprannome, di finirla di guardarmi come se contassi davvero qualcosa per lui, e dovrebbe piantarla di essere sempre così perfetto.

E, invece, riesco solo a sorridergli. «Adesso vado» gli dico senza, però, muovermi.

«D'accordo, passa una buona serata». Mi si avvicina e mi lascia un bacio sulla guancia. «Ci sentiamo più tardi» dice ancora, poi si allontana, lasciandomi da sola, con il suo profumo sulla mia pelle, in preda al caos più totale.

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Madò come sono rapida ad aggiornare!

Allora, Kate non è più in sé ormai. È arrivata ad avere le visioni ad occhi aperti, per giunta se lo ritrova mentre era concentrata sul voler fare qualcosa per il suo fidanzato, quindi potete capire il suo stato d'animo.

Per giunta Brant non è d'aiuto con le sue battute.

A presto con il prossimo aggiornamento.

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 30
*** Sono un disatro ***


Sto riuscendo a tenere in equilibrio ogni aspetto della mia vita: lavoro, amici, donne e sport. Tutto fila liscio come l'olio, senza intoppi, senza sbalzi e senza interruzioni. Tutto, tranne Kate.

È appena piombata qui a casa, in un caldo pomeriggio domenicale quasi estivo, dicendo di sentirsi sola, ma non sono stupido, è ovvio che abbia pianto, ed è anche ovvio che sia colpa del perfetto - evidentemente non molto perfetto - fidanzato, che continua a provocare danni. Fortunatamente Zach è via per l'intero weekend e io stavo vegetando sul divano con addosso solo un paio di pantaloncini quando è arrivato il suo messaggio.

Sei a casa?

Quando le ho risposto di sì lei mi ha detto di essere già qui sotto e se poteva salire, prendendomi completamente alla sprovvista.

Per due settimane tutto è andato alla grande; io e lei a pranzo tutti i giorni, le mie scorribande al bancone della reception per attirare l'attenzione di Megan, i suoi consigli che non riesco mai a mettere in pratica e le nostre risate alle macchinette del caffè. Quando è con me ride sempre, quando è con lui no. Non voglio dirle che dovrebbe lasciarlo, ma è davvero ciò che dovrebbe fare.

Non è felice eppure continua a difenderlo, a restare con lui, e mi viene il sospetto che ci sia qualcosa che non mi dice, ma cosa?

Sistemo in fretta il divano, nascondendo le bottiglie che Zach lascia sempre in giro, fino a che lei è in bagno: si è rifugiata in fretta lì dentro dopo essere entrata in fretta e furia, forse per evitare che io vedessi il suo viso, ma non è mi sfuggito il dettaglio dei suoi occhi bassi e che abbia tirato su con il naso diverse volte prima di chiudersi lì dentro.

Controllo il freezer nella speranza che ci sia ancora un po' di gelato e sorrido soddisfatto quando ne trovo una vaschetta ancora intatta; i gusti non sono panna e fragola, ma credo che possa andar bene lo stesso. Recupero un paio di cucchiai e mi siedo sul divano. Aspetto qualche minuto, ma di Kate nessun segno di vita.

Decido di alzarmi, lasciando il gelato sul tavolino, e mi avvicino alla porta del bagno; sento il rumore dell'acqua del lavandino che scorre, ma nient'altro.

«Kate?» la chiamo, poi busso, ma non ricevo nessuna risposta. «Kate?» richiamo, busso ancora, ma la risposta è sempre il silenzio. «Leen...» provo ancora, ma il risultato è sempre lo stesso. «Se non rispondi mi costringi ad entrare perché sto iniziando a preoccuparmi». Appoggio l'orecchio alla porta e sento soltanto lo scrosciare dell'acqua. «Leen!» Alzo la voce, ma lei continua a tacere e io non posso più restare da questo lato della porta.

Abbasso lentamente la maniglia mentre l'avviso che sto per entrare. «Sto aprendo la porta Leen...» La maniglia è giù, poi spingo piano verso l'interno. Noto subito il lavandino che ha ancora il rubinetto aperto, spingo ancora un po' la porta, poi la vedo rannicchiata per terra, con le ginocchia strette al petto e il viso nascosto tra le braccia.

«Kate...» Ancora silenzio, così entro del tutto, chiudo il rubinetto, poi mi piego sulle ginocchia di fronte a lei. «Ehi, sono qui» le dico posando una mano sulle sue che toglie velocemente, quasi l'avessi scottata.

«Non sarei dovuta venire» Lo dice senza guardarmi negli occhi, forse più a sé stessa che a me.

«Certo che sì Kate, è proprio qui che dovresti stare». Mi sposto, sedendomi accanto a lei, metto un braccio sulle sue spalle per tirarla verso di me.

Inizialmente oppone resistenza, ma poi si lascia andare, appoggia la testa sul mio petto e restiamo così, seduti sul pavimento del mio bagno per diversi minuti, fino a quando non è lei a parlare.

«Sono una persona orribile Brant».

«Non sei una persona orribile Leen» le dico stringendo un po' di più «anzi, credo che tu sia una delle persone migliori che io abbia mai conosciuto». Lo penso davvero e chiunque può vederlo.

«Lo sono Brant» parla a bassa voce, però la sento rilassarsi sotto al mio abbraccio.

«Sentiamo... Cos'è che avresti fatto per essere così orribile?» Lei resta in silenzio e io non insisto, voglio lasciarle del tempo perché lei è sempre così speciale con me che stare ad ascoltarla è il minimo che possa fare. «Lo sai che puoi parlare con me Leen» provo un'ultima volta, ma al suo silenzio non posso che rispondere con un'unica soluzione. «C'è una vaschetta di gelato che ci sta aspettando di là. Che ne dici se affoghiamo i nostri dispiaceri nella vaniglia?» Il suo corpo vibra appena sotto al mio braccio e capisco di averle rubato un sorriso, così sorrido anch'io e mi sposto per permetterle di alzarsi in piedi. Lo faccio anche io, poi aiuto lei. Quando è esattamente di fronte a me c'è quella solita, piccola cosa nei suoi occhi, l'unica che non riesco a decifrare. D'istinto porto le mani sul suo viso e le asciugo le ultime lacrime. Kate mi guarda come se potessi salvarla, ma lei è l'unica che può salvarsi da sola. «Non sei una persona orribile Leen, mettitelo in testa. Adesso voglio che pensi soltanto al gelato che si sta sciogliendo se non andiamo di là». Le sorrido cercando di far sorridere anche lei, ma continua a guardarmi dritto negli occhi restando seria, quasi come se fosse ipnotizzata. «Sei una donna eccezionale, Leen, e chiunque avrà la possibilità di stare al tuo fianco sarà un uomo fortunato». Sono quasi certo che non sia Jason l'uomo della sua vita, ma non sono nessuno per potermi permettere di dirle una cosa del genere. «Vieni qui» le dico, per poi abbracciarla, evitando così il suo sguardo che sta diventando troppo intenso.

Ho sempre visto Kate sorridente e positiva; saperla in questo stato, vedere con i miei occhi il suo malessere, essere io stesso ad asciugarle le lacrime, mi ha fatto stare decisamente male, ed è qualcosa che non voglio più provare.

«Davvero... Non avrei dovuto venire qui...» dice ancora sfuggendo al mio abbraccio.

«Hai detto troppe cazzate tutte insieme. Che ne dici se per oggi la smetti?» La prendo un po' in giro, con il tono più sarcastico che riesco a fare, e finalmente ottengo un minuscolo sorriso, ma è meglio di niente. «Quel gelato non aspetterà ancora per molto». Le poso le mani sulle spalle e la faccio voltare verso il divano, poi la spingo leggermente, facendola camminare in quella direzione, fino a che riesco a farla sedere accanto a me.

Riesco anche a convincerla a mangiarne qualche cucchiaiata, mentre guardiamo uno stupido programma trash alla TV e finalmente torna a sorridere; fare l'idiota è quello che mi viene meglio e, fino ad oggi, credevo fosse un mio limite, adesso mi piace questo lato di me perché posso farla ridere e sapere che con me sta bene mi fa sentire realizzato.

Il pomeriggio passa tranquillo, non ho idea di dove sia, o cosa stia facendo mister perfezione, ma non m'interessa finché lei è qui, e ho intenzione di tenerla per me ancora per un po'.

«Torno subito» le dico alzandomi dal divano per andare in cucina e prendere il mio telefono.

Lei mi guarda e resta in silenzio. Prendo il cellulare dal tavolo e faccio partire la chiamata, per fortuna lui risponde subito.

«Ehi amico! Sto tornando» Il tono di voce di Zach è allegro, forse non vede l'ora di tornare a casa.

«Ecco... A questo proposito...»

«Cazzo no!» Deve aver già capito che voglio restare solo a casa. «Giuro che resto chiuso in camera mia, ma...»

«Zach per favore, sai che non te lo chiederei se non fosse importante» mi sto sforzando di parlare a bassa voce per non farmi sentire da lei.

«Ho capito! Si tratta di quella Kate!» Non rispondo e resto in silenzio con in piccolo sorriso sulle labbra. «Ho indovinato, giusto?» Ma lui insiste.

«Sì, hai indovinato. Ora... puoi restare fuori casa fino a tardi?» Incrocio le dita sperando che non mi neghi ciò che gli ho chiesto.

«Sei uno stronzo Brant e mi devi un favore!»  Esulto mentalmente, poi lo saluto.

«Grazie Zach». Chiudo la chiamata e torno in salotto senza rendermi conto di avere ancora il cellulare il mano e mi siedo di nuovo accanto a lei, ma quando sto per parlare, il mio telefono vibra segnalando l'arrivo di un messaggio.

Fottiti!

Sorrido scuotendo leggermente la testa nel leggere quello che mi ha scritto il mio coinquilino, poi lo poso sul tavolino dopo aver bloccato lo schermo.

«Tutto ok?» mi domanda Kate.

«Sì, era solo Zach... Sembra che la sua uscita si sia prolungata...» Lei annuisce, poi controlla l'orario sul suo telefono e so che è arrivato il momento di chiederglielo. «È quasi ora di cena, Zach non torna, perché non resti qui? Non mi va di cucinare per me soltanto...» Vedo l'indecisione nei suoi occhi e so che le basta una piccola insistenza da parte mia per farmi dire di sì, ed è esattamente quello che farò. «Per favore» le dico guardandola negli occhi, sperando che i miei azzurri abbiano una buona influenza su di lei.

In un paio di secondi si apre un grande sorriso sulle sue labbra, come anche sulle mie. «D'accordo chef, fammi vedere che sai fare». Ci vuole così poco a renderla di buon umore che ancora mi chiedo perché quello non ci riesca.

Ci alziamo dal divano lasciando la televisione accesa, ci laviamo a turno le mani, poi andiamo in cucina ed inizio a cercare qualcosa da preparare, sotto la sua stretta sorveglianza; sta osservando con attenzione ogni mio movimento e la cosa mi piace da morire.

«Posso fare qualcosa?» mi domanda affiancandomi.

«Date le tue scarse doti in cucina direi che puoi guardare» rispondo, prendendola ancora un po' in giro, ma so che non le dà fastidio che io lo faccia.

«Beh, ma sono in grado di mescolare, se la cosa può servire» insiste e il suo sorriso si fa più ampio, perché non continuare?

«Da quello che mi hai detto potresti far danno anche mescolando» sbuffa, ma non è infastidita, lo so. «Ma guardare ti riesce bene, quindi continua pure» le sorrido, lei sembra imbarazzarsi, così smetto di guardarla e proseguo con la mia preparazione.

Non è niente di che, solo un po' di pollo alla griglia con un contorno di verdure saltate, ma il fatto di averla accanto mentre mi racconta qualche episodio successo in passato al lavoro, rende tutto un po' più speciale.  

«Certo che Jeff è un vero stronzo!» commento ad alta voce una delle mille cazzate che riguardano il mio collega.

«Si chiama Joseph, non puoi non averlo imparato!» anche lei alza la voce, ma nel frattempo ride. 

«Per me ha la faccia da Jeff» dico con un tono da sbruffone mentre metto le fette di carne sulla griglia e le verdure in padella.

«Mi pare che il tuo telefono stia suonando» dice poi, facendomi alzare gli occhi al cielo, perché sono quasi certo che si tratti di Zach.

«Lo puoi prendere tu?» le domando non volendo allontanarmi dai fornelli.

«Certo» esce dalla cucina per poi tornare con il mio cellulare che mi porge mentre ancora sta suonando. Non mi sbagliavo: il nome che compare sul display è quello del mio coinquilino.

Rispondo con un tono evidentemente seccato. «Che c'è adesso?»

«Ho rimediato la serata, ma devo passare da casa a prendere una cosa» No! Lui qui non lo voglio!

«È indispensabile?» gli chiedo uscendo dalla stanza.

«Direi di sì, a meno che tu non voglia diventare zio!» sbuffo e mi arrendo.

«Ok, dimmi dove sono che te li prendo io».

«Primo cassetto del mobile a sinistra del letto. Questo significa che non mi farai entrare?» Lo dice ridendo, ma io non sto ridendo affatto.

«Esatto! Ti prendo la dannata scatola di preservativi e tu resti fuori dalla porta!» Sto frugando nel suo cassetto alla ricerca di quella scatola, che trovo quasi subito.

«Fanculo Brant! Tanto non te la dà!» Poi lo sento ridere mentre riaggancio, metto la scatola sopra al mobile, chiudo la porta della sua stanza e torno in cucina dove trovo Kate in evidente difficoltà.

«Ci penso io» le dico togliendole la forchetta dalle mani e non riesco a trattenere una risata nel sentire le sue scuse. «Deve passare Zach a prendere una cosa, ma se ne va subito» le dico spiegandole il motivo della telefonata che ho appena ricevuto, poi proseguiamo nel nostro piccolo teatrino fatto delle mie battute stupide e delle sue meravigliose risate, fino a quando non sento il citofono. «Vado... Qui è quasi pronto, fai solo attenzione che non bruci. Pensi di riuscirci?» le domando provocando un'evidente alzata di occhi al cielo.

«Tranquillo, non manderò a fuoco la casa se è questo che ti preoccupa!» Sorrido mentre lascio la stanza e vado a recuperare la sua preziosa scatolina dopo aver premuto il pulsante del citofono, poi mi metto sul pianerottolo in attesa che salga.

Non ci mette molto e quando vedo il suo sorriso divertito vorrei non avergli aperto.

«Quindi davvero non mi fai entrare?» A quel punto capisco.

«Mi hai preso per il culo! Era una scusa per vederla!?»

«Cazzo Brant! E quando mi ricapita?» Gli sbarro comunque la strada per l'ingresso e gli appoggio bruscamente sul petto la sua dannatissima scatola di preservativi.

«Ciao Zach, ci vediamo più tardi!» Un ultimo finto sorriso, poi non gli do modo di ribattere che già gli ho chiuso la porta in faccia e quando torno da Kate potrei scoppiare a ridere se non fosse che questa casa rischia davvero di andare a fuoco.

«Cazzo Kate, un minuto ti ho lasciata da sola!» Non sono davvero arrabbiato e la mia risata mentre butto lo strofinaccio bruciacchiato nel lavandino ne è la dimostrazione. 

«Mi dispiace Brant, non me ne sono accorta... Dio, sono un disastro!» Il piccolo incendio è spento e il suo piccolo broncio mortificato è assolutamente adorabile.

«Vieni qui...» le dico chiudendola in un abbraccio «Non sei affatto un disastro, anzi sei la cosa migliore che mi potesse capitare nella vita». La tengo stretta, lei si aggrappa a me e per un attimo vorrei fermare quest'attimo, in cui mi sento davvero bene, perché con lei è così che mi sento. 

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Capitolo 31
*** Schiarisciti le idee ***


Kate

Continuo a fissare il piatto che ho davanti; credo ci sia del cibo lì dentro, ma non ne sono sicura.

Non sono sicura di niente in realtà: la litigata con Jason mi ha fatto piombare nel caos e la giornata passata con Brant ha peggiorato la situazione.

È la prima volta che io e Jason litighiamo in un modo così deciso, talmente deciso da farlo andare via di casa per un intero week-end. "Schiarisciti le idee" mi ha detto poco prima di sbattere la porta e uscire dal nostro appartamento e io, invece di seguire il suo consiglio, dopo più di ventiquattro ore rimasta rannicchiata sul divano a convincermi di fare la cosa giusta, sono corsa tra le braccia di Brant.

Mi sono raccontata un sacco di bugie per giustificare il mio gesto: mi sono detta che andavo da lui per dimostrare a me stessa che siamo solo amici, che la mia relazione con Jason non è a rischio e che sono perfettamente in grado di gestire la situazione. Invece, quando mi sono ritrovata sul suo pianerottolo e ho guardato dentro a quei meravigliosi occhi azzurri, ho capito quanto io mi stia comportando male nei confronti di tutti, ma quando Brant è entrato con me in bagno e mi ha abbracciata, tutto è crollato e io mi sono sciolta fra le sue braccia per l'ennesima volta.

Non riesco a resistergli, forse non sono in grado, o forse semplicemente non voglio, ma alla fine il risultato resta sempre lo stesso: quando c'è Brant non esiste nient'altro per me.

«Kate finisci di mangiare, dai...» La voce del mio migliore amico mi distoglie dai miei confusi pensieri, alzo lo sguardo e vedo nei suoi occhi una comprensione che non merito affatto.

«Non mi va Yuri». Metto una mano sul bordo del piatto per spingerlo verso il centro del tavolo.

Il mio migliore amico mi ha invitata a pranzo a casa sua; avrei dovuto andare a lavorare oggi, ma ieri sera Jason non è tornato a casa. Gli ho scritto chiedendogli di tornare dopo che sono rincasata dalla mia cena con Brant, ma lui mi ha risposto che sarebbe andato direttamente a lavorare. Io ho preferito restare a casa oggi, non avrei retto a quello sguardo così azzurro.

«Adesso ti va di raccontarmi cos'è successo con il tuo fidanzato?» Stamattina ho chiamato Yuri per parlare un po' e lui, sentendomi con il morale a terra, ha insistito perché venissi qui.

Mi appoggio con i gomiti al tavolo, mi strofino gli occhi con forza, poi premo sulle tempie come a voler tenere fermi i pensieri. «Sabato sera ho detto a Jason che tra un paio di settimane ci sarà una cena tra colleghi...»

*

Mi sento nervosa nel dovergli dire che parteciperò a questa cena tra colleghi, perché non è del tutto la verità. Megan ha accettato un invito di Brant – l'occasione è il compleanno di un amico di lui –, ma lei ha posto una condizione per accettare: che ci fossi anche io.

Brant mi ha pregato di accettare perché finalmente Megan ha detto sì – anche se con delle riserve – e io non ho saputo dire di no a lui. Non mi piace mentire a Jason, ma ultimamente sembra che io non sappia fare altro.

«Allora... cos'è che dovevi dirmi?» mi chiede lui cogliendomi di sorpresa non appena esce dalla doccia.

Indossa un paio di pantaloni della tuta e si strofina i capelli umidi con un asciugamano dello stesso colore dei suoi occhi. Il suo sguardo è serio, so che si è reso conto della mia agitazione e mi guarda fisso per cercare di scoprire qualcosa in più rispetto alle poche parole che dico di solito.

«Ma no... niente... è che... i colleghi hanno organizzato una cena fra un paio di settimane. Non è niente di che, ma so che tu sarai via per lavoro e...»

«A dire il vero quel viaggio è rimandato...» Mi spiazza con la sua affermazione, perché io ero ormai organizzata nella mia testa e sapere che lui sarà qui, a Londra, mentre io andrò a questo incontro in veste di cupido – cosa che detesto da morire – mi mette a disagio.

«Oh...» Dalla mia bocca esce una sola, stupida parola.

«Potremmo andarci insieme» dice facendo un paio di passi verso di me.

«Sono solo colleghi, ti annoieresti, in fondo è solo una cena...» Non voglio che lui venga con me perché non voglio sedermi allo stesso tavolo con Brant – che farà il cascamorto con Megan – e Jason; sarà già dura così, non voglio peggiorare le cose, anche perché sono certa che il mio fidanzato si accorgerebbe di ogni mio cambio di espressione.

Lui resta in silenzio e continua a guardarmi con attenzione. La sua espressione è cambiata a tal punto da indurmi a voler rimangiare tutte le parole che ho appena pronunciato.

«Non è solo una cena, Kate, e tu lo sai» Le sue parole hanno il potere di congelarmi, i suoi occhi stanno cercando di leggere quello che mi passa per la testa e io sono costretta ad abbassare lo sguardo. «Guardami Kate...» Vorrei farlo, ma non ci riesco «guardami e dimmi ancora che è solo una cena...»

Chiamo a raccolta ogni briciola di amore che provo per lui per tornare a guardarlo negli occhi, ma non è facile, perché quell'amore è seppellito sotto a quintali di sensi di colpa e ad un sentimento che non dovrei provare per un altro. 

«Se io non ho detto niente finora è perché ti amo da perderci la testa, Kate, ma non sono uno stupido e so che qualcosa non va». Se qualcuno mi accoltellasse in questo momento sentirei meno dolore. «Non lo so se c'entra quel tuo collega che è arrivato da poco, ma è da quando è arrivato lui che sei cambiata...» alzo lo sguardo su di lui nel sentirlo parlare in quel modo, perché vorrei solo che smettesse.

«No Jason, non...»

«Oh andiamo Kate! Lo sai che ho ragione! Stai sempre a parlare di lui, i suoi continui messaggi sul tuo cellulare, pranzate sempre insieme... spero almeno che tu non ci sia già andata a letto...»

Mi alzo in piedi di scatto nel sentirgli dire quelle parole. «No Jason, no! Non ti farei mai una cosa del genere! Devi credermi...» Vorrei riavvolgere il nastro di questi ultimi minuti e non aver detto nulla.

«Beh... almeno l'hai negato... il problema è che non hai negato tutto il resto...» Mi osserva per un attimo, poi si volta e cammina in direzione della camera da letto.

Per un momento resto a guardarlo mentre si allontana, poi mi riprendo e lo seguo fino alla nostra stanza, dove lo trovo intento a preparare una valigia.

«Che stai facendo!?» gli domando alzando leggermente la voce.

«Ho bisogno di cambiare aria un paio di giorni» risponde continuando a riempire quel trolley, senza guardarmi in faccia. 

«Perché? No! Resta, ti prego...» mi avvicino al letto, dove è appoggiata la sua valigia, ma persiste ad ignorarmi mentre infila indumenti a caso lì dentro.

«Kate non insistere, ho già deciso. Farà bene anche a te...» Si volta e prende da un cassetto una maglietta, infila un paio di calze, poi chiude il bagaglio ed esce dalla stanza con me al seguito.

«Aspetta Jason...» Indossa anche le scarpe restando in silenzio, poi recupera il resto delle sue cose e mi rivolge un ultimo sguardo prima di aprire la porta d'ingresso.

«Schiarisciti le idee Kate...» Non rispondo, lui esce di casa ed io resto a fissare quella porta per un tempo che non saprei quantificare, fino a quando sono costretta a portarmi le mani sugli occhi perché la vista è diventata appannata. 

*

«Beh... non vorrai mica dargli torto?» Yuri esprime così la sua opinione dopo che ho finito di raccontargli come si sono svolte le cose tra me e Jason.

«Assolutamente no, ma vorrei che non dovesse mai soffrire a causa mia, non lo merita».

«Quindi è per questo che, dopo la discussione con lui, sei finita a casa di Brant? Per non farlo soffrire?» Le parole del mio migliore amico sono taglienti, ma sono dannatamente vere.

«So bene di aver fatto una cazzata, perché non ho fatto altro che dimostrare quanto Jason abbia ragione...»

«Potevi venire qui, Kate, lo sai che puoi contare su di me per qualunque cosa». Ho un amico meraviglioso e ultimamente tendo a dimenticarlo, o forse è più giusto dire che tendo a dimenticare tutto quello che non riguarda Brant.

«Già, avrei potuto venire qui, ma non era quello che volevo...» Ammetterlo con me stessa è stato difficile, ma ammetterlo mentre Yuri mi sta guardando negli occhi, mi fa sentire una pessima persona. So che non mi giudica, ma sono io a farlo per lui.

«Questa cosa non può continuare Kate, lo sai che ho ragione...» Annuisco senza dire niente, ma so che è così.

Non voglio rompere con Jason e non voglio che Brant esca dalla mia vita, ma so che presto dovrò prendere una decisione.

Il mio telefono vibra e non ho bisogno di guardare il telefono per sapere chi sia.   

Stai bene Leen?
Hai avuto una ricaduta?

Certo che ho avuto una ricaduta, continuo a ricadere nello stesso errore, ma evidentemente sbagliare mi piace parecchio. 
 

~~~~~~~~~~~~
 

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Quindi, abbiamo capito per quale motivo Jason e Kate hanno discusso. A quanto pare il fidanzato tanto comprensivo ha iniziato ad essere un po' meno comprensivo e vuole mettere in chiaro le cose. Kate vuole troppo dalla vita, non può avere entrambi e sappiamo bene quale sia il detto: "Chi troppo vuole..."

Eeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 32
*** Forse dovrei dirglielo ***


Brant

La luce filtra appena dalle tende della finestra della mia stanza che devo aver chiuso male ieri sera. Mi metto su un fianco e mi abituo lentamente all'illuminazione della camera.

Mi sento strano, come se mi mancasse qualcosa; è da alcuni giorni che ho questa sensazione e la cosa mi dà tremendamente fastidio perché non mi manca proprio niente.

Mi metto seduto sul letto sbuffando, mi strofino il viso con forza, poi mi alzo in piedi per andare in bagno, sciacquarmi la faccia e andare a prepararmi un po' di caffè. È ancora presto per andare a lavorare, forse ho tempo per una breve corsa, così mi cambio ed esco, deciso a spingere sulle gambe quanto più possibile per fare in modo che la stanchezza spenga il cervello.

L'aria è fresca e corro a perdifiato per una mezz'ora scarsa, non è molto, ma è meglio di niente. Al ritorno mi infilo sotto la doccia e mi sento già un po' meglio. 

O almeno lo credevo. 

Quando l'ossigeno è tornato nei miei polmoni in quantità più generose rispetto a quando ho sottoposto il mio corpo ad un notevole sforzo, il cervello ha ripreso a funzionare e quella leggera pressione sul petto, quella che mi fa sentire la mancanza di qualcosa, è tornata tale e quale a prima.

«Buongiorno!» Zach mi saluta con entusiasmo mentre entro in cucina: dev'essersi alzato mentre ero sotto la doccia.

«Buongiorno a te. Come mai sei già così sveglio?» Di solito la sua faccia assomiglia a quella di uno zombie, non sorride, non parla e si trascina per casa totalmente privo di forze.

«Non posso essere di buonumore?» Sta evitando di rispondermi, quindi c'è qualcosa.

«E per quale motivo sei di buonumore?» gli domando versandomi la seconda tazza di caffè.

«Beh... diciamo che c'entra una ragazza...» Ha uno stupido sorriso sulle labbra.

«Cazzo! Ti sei fatto incastrare anche tu!?» Lo guardo con occhi sbarrati e l'aria di chi non si aspettava qualcosa del genere.

«Oh andiamo Brant, non penserai di tenere questo stile di vita per sempre!» Scuoto leggermente la testa in totale disaccordo con le sue parole; ho intenzione di restare single a vita, non credo sia ancora nata la donna che mi metterà il guinzaglio.

«Invece tu hai intenzione di mettere su casa e circondarti di marmocchi che urlano?» mi appoggio al ripiano della cucina e incrocio le braccia mentre lo guardo seduto al tavolo e la sua espressione da pesce lesso sul volto.

«Vedrai che un giorno mi darai ragione...» Si alza dalla sua sedia e continua a guardarmi con quello sguardo canzonatorio. «Adesso devo andare al lavoro. Buona giornata Brant!» esce dalla cucina ridacchiando, forse a causa della mia faccia da idiota, perché è così che mi sento dopo il suo discorso.

Ripeto, non mi manca niente, tantomeno una fidanzata alla quale dovrei rendere conto di ogni passo e ogni parola che mi esce dalla bocca. Non ho bisogno di una palla al piede e voglio essere libero di fare quello che mi va, quando mi va.

Ripongo la tazza nel lavandino, poi vado in camera mia a vestirmi per andare in ufficio, ma il mio umore sta continuando a peggiorare. Infilo i pantaloni, abbottono la camicia, annodo la cravatta e indosso la giacca, senza distogliere gli occhi dai miei riflessi allo specchio; provo rabbia per me stesso e non riesco nemmeno a capirne il motivo.

Una volta pronto saluto Zach ed esco per salire in macchina e recarmi al lavoro. Prima di arrivare mi fermo in una pasticceria dove sono andato una volta con Kate: lei adora le ciambelle che fanno in quel posto, magari se gliene portassi una mi sopporterebbe più volentieri oggi, perché ho davvero voglia di parlare con lei.

Lascio la macchina parcheggiata a caso – dato che trovare un posteggio nel centro di Londra è praticamente impossibile – entro in negozio, che per fortuna non è molto affollato e compro due ciambelle, poi risalgo in auto con l'umore leggermente migliorato. Arrivo a destinazione, lascio l'auto nel parcheggio sotterraneo e mentre l'ascensore sale, sento risalire anche la mia voglia di affrontare la giornata con il sorriso.

Kate è stata a dir poco sfuggente per tutta la settimana e le volte che abbiamo pranzato insieme era presente solo fisicamente. Credo che la crisi con il suo fidanzato sia più grave di quanto immaginassi e mi spiace vederla così giù, e spero che lei lo lasci perché non è felice con lui.

Forse dovrei dirglielo.

Esco dall'ascensore e cammino a passo deciso verso il bancone della reception. Kate è a testa bassa che guarda il monitor del suo computer, Megan non c'è, così mi avvicino fino a posare il sacchetto con le ciambelle sopra al bancone, attirando la sua attenzione.

«Ciao Kate». Improvvisamente mi sento meglio, come se il suo sguardo nel mio potesse colmare quella mancanza e alleviare la pressione sul mio petto.

«Ciao, quello cos'è?» dice indicando il sacchetto bianco stretto tra le mie mani.

«La colazione» le dico sentendo nascere un grande sorriso sulle mie labbra, senza che io possa fare niente per fermarlo.

«Non hai mangiato a casa?» mi chiede con un piccolo sorriso, niente a che vedere con quello che mi aspetto di vedere quando parla con me.

«Questa è la nostra colazione, quella che faremo quando hai dieci minuti di pausa». Sorride un po' di più e la cosa mi piace. «Ti aspetto nel mio ufficio più tardi» le dico senza darle modo di ribattere, perché poi mi allontano in fretta per andare in ufficio e iniziare finalmente a lavorare: ora mi sento molto più carico di energie. 

Ed è così che proseguono le due ore successive, concentrato e impegnato, tanto da sentire a malapena qualcuno che bussa alla porta.

«Avanti!» Alzo lo sguardo per vederla entrare, per vedere il suo sorriso che contagia anche me. «Ciao». Mi metto dritto contro lo schienale della sedia e resto a guardarla come se non l'avessi mai vista, ma so bene che quella gonna l'ha già indossata due volte questo mese e che quella camicia mi sembra sempre più trasparente ogni volta che gliela vedo.

«Sono curiosa di sapere cos'hai portato» dice sedendosi sulla sedia di fronte a me.

Apro il cassetto della mia scrivania, prendo il sacchetto che metto subito dopo sul ripiano e la guardo per vedere la sua espressione. «Ciambelle» sorride di più, «le tue preferite» dico ancora, rivelando il contenuto del sacchetto.

«Suppongo tu debba farti perdonare qualcosa» dice con tono divertito mentre prende il tovagliolo che le sto porgendo per afferrare una ciambella.

«Come sei malfidata» rispondo addentando la mia con gran gusto: sono davvero buone. «Non ho fatto niente».

«Allora vuol dire che hai intenzione di farlo» alzo gli occhi al cielo alle sue parole, ma sorrido. «Quale favore ti serve?» Mi osserva con attenzione, ma non è infastidita, e so che le piace giocare con me.

«Niente... volevo solo essere gentile...» mi fingo offeso, ma in realtà non ha del tutto torto, perché le ho portato la colazione per avere una scusa in più e tenerla con me senza la presenza dei colleghi.

«Lo sai che non sei credibile, vero?» Le sorrido senza smentirla e la cosa la diverte perché scuote leggermente la testa dato che ha capito che in realtà ho un piccolo secondo fine per averle portato le ciambelle.

«E va bene...» le dico confermando la sua teoria, «stamattina ho scoperto che Zach pare abbia trovato una ragazza...»

«E quale sarebbe il problema?» mi chiede inclinando leggermente la testa di lato.

«Non è un vero problema, ma anche lui finirà triste e depresso, proprio come...» Cazzo Brant! Il cervello lo devi collegare alla lingua prima di parlare!

«Come?» Mi sta invitando a terminare la frase che ho lasciato in sospeso e io cerco velocemente qualcosa per riparare alla cazzata che stavo per dire.

«Come tutte le coppie che stanno insieme da una vita...» Non credo di essermi salvato, ma almeno ci ho provato.

«Quindi io do l'impressione di essere triste e depressa?» Sì, Kate, e la mia non è di certo un'impressione.

«Beh, non è che ultimamente tu sia il ritratto della felicità...» Forse dovrei fregarmene e dirle ciò che penso veramente, e cioè che dovrebbe lasciare il suo ragazzo.

«Ma non è sempre stato così». È la prima volta che si lascia sfuggire che davvero qualcosa non va tra loro e non posso non approfittarne.

Mi piego leggermente in avanti, poggiando i gomiti al bordo della scrivania. «E non pensi che la tua storia possa essere arrivata al capolinea?» le domando tenendo gli occhi fissi nei suoi, che ora mi sembrano travolti da qualcosa che non riesco a capire.

«No Brant, non è così!» lo dice con una certa fermezza nella voce, come se volesse convincere più sé stessa che me. «Le cose andranno meglio, anzi a questo proposito, volevo dirti che ci sarà anche lui alla cena». Sento un piccolo fastidio alla bocca dello stomaco nel sentirle dire che alla cena con in miei amici, quella a cui sono riuscito a convincere Megan a partecipare ci sarà anche il suo perfetto fidanzato; il pensiero di vederlo, di condividere lo stesso tavolo e la stessa aria con lui, non mi va particolarmente a genio, ma suppongo di non avere scelta.

«Nessun problema, anzi mi fa piacere sapere che le cose andranno meglio». Andranno, quindi ancora non vanno, penso tra me. «Adesso finisci quella ciambella prima che io finisca la mia, perché ho una gran fame stamattina!» Metto in bocca l'ultimo boccone che tenevo tra le dita, poi le sorrido cercando di accantonare il discorso precedente.

«Scordatelo!» afferma per poi infilarsi in bocca la sua ciambella che si sta gustando con piacere.

La osservo tornare a sorridere e capisco, senza più alcuna ombra di dubbio, che la sua storia con Jason è finita, e lei dovrebbe davvero accettarlo. 
 

~~~~~~~~~~~~~~~~~~

 

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Allora, secondo voi quante fette di prosciutto ha Brant sugli occhi? E quante ne ha sul cuore?

Proprio sembra non voler accettare quello che gli succede e dà la colpa del suo malessere a qualsiasi cosa pur di non accettare di provare qualcosa per Kate.

Eeeee niente, buona lettura 😍

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Capitolo 33
*** Bene ***


Kate

Bene.

È la risposta che uso più di frequente nell'ultimo periodo.

Se mi chiedono come sto, o come vanno le cose, o ancora come sta il mio fidanzato, ma in realtà, quello che vorrei dire è "non lo so".

Da quando Jason è tornato a casa dopo l'ultima discussione che abbiamo avuto, sembra tutto rientrato nella normalità, almeno all'apparenza. La verità è che stiamo diventando due estranei che vivono sotto lo stesso tetto. La nostra quotidianità è fatta di gesti meccanici e ripetitivi, persino i nostri dialoghi sembrano seguire un copione scadente. Entrambi restiamo nel nostro piccolo angolo di tranquillità per non dover affrontare la realtà dei fatti, perché pare proprio che non siamo capaci di lasciar andare l'altro; sia io, che Jason, ci ostiniamo a voler portare avanti questo rapporto - ognuno con i suoi discutibili motivi -, incapaci di accettare che non abbiamo più un futuro insieme.

Sto tentando - inutilmente - di soffocare quello che provo per Brant, ma è un sentimento che sembra crescere ogni giorno di più, e so che sono io quella che rischia di restare soffocata. Ormai ho imparato a conoscerlo e so che possiamo essere soltanto amici. A lui piace Megan, per non parlare delle sue avventure di una notte: non me ne parla mai, ma io ho imparato a cogliere i dettagli, le piccole cose che mi fanno capire quando è stato con una donna, e la cosa fa incredibilmente male.

Tolgo l'asciugamano dai capelli e li spazzolo guardandomi allo specchio: non mi piace quello che vedo e non sto parlando del mio aspetto fisico. Vorrei avere il coraggio di dare questa delusione a Jason, di dirgli che non è giusto quello che gli sto facendo, e che dovrebbe lasciarmi andare per poter essere davvero felice, ma ogni volta che sto per farlo, è come se lui lo capisse: mi abbraccia, mi bacia, mi dice che mi ama, che senza di me la sua vita sarebbe vuota e io perdo quel briciolo di coraggio che avevo racimolato.

È l'unico momento in cui sembriamo una coppia, per il resto del tempo potremmo essere tranquillamente due coinquilini che non fanno altro che condividere lo stesso spazio vitale.

Mi asciugo i capelli, poi tolgo l'accappatoio per iniziare a vestirmi. Indosso la biancheria, poi la porta si apre e lo sguardo di Jason resta su di me per un paio di secondi.

«Scusa, credevo avessi già finito» dice, e fa per richiudere la porta, ma lo fermo.

«Aspetta... Ho finito, devo soltanto vestirmi. Ti lascio il bagno, così puoi prepararti anche tu». La famigerata cena - quella per cui abbiamo discusso - è stasera, e Jason ha accettato di venire con me. Ho insistito affinché mi dicesse di sì: volevo dimostrargli che non c'è niente tra me e Brant, e che può unirsi a noi senza problemi.

«Tranquilla, non fa niente, tanto non vengo...» Lo guardo aggrottando le sopracciglia e sentendomi molto confusa.

«Avevi detto che saresti venuto con me...» Che cosa è cambiato?

«C'è un problema con il nuovo progetto e devo necessariamente risolverlo entro stasera. Mi dispiace, Kate, sarà per un'altra volta». Fa di nuovo per andarsene, ma lo fermo ancora.

«Allora non vado nemmeno io» affermo convinta. Voglio dimostrargli qualcosa, ma lui non sembra essere d'accordo con me.

«No, Kate, tu vai. Passerò la serata su quel progetto, forse l'intera notte se non riesco a trovare una soluzione. Voglio che tu vada». È ancora fermo nella sua posizione, in piedi sulla soglia della porta, con una mano sulla maniglia mentre tiene gli occhi fissi nei miei.

«Non fa niente, anche se non vado non sentiranno di certo la mia mancanza...»

«Kate, davvero, non c'è nessun problema se vai, anzi devi andare. Non c'è motivo per cui resti ad annoiarti a casa». Non voglio andare, ma voglio andare. Non voglio deludere Jason, ma l'ho già fatto.

«Jason...» Smetto di parlare quando lui entra del tutto e mi si avvicina posando le mani sulle mie spalle.

«Non voglio che tu rinunci a qualcosa a causa mia, voglio che tu viva la tua vita fino in fondo, indipendentemente da me». C'è qualcosa che mi ostino a non vedere nelle sue parole, qualcosa che mi porta a continuare a comportarmi da egoista. «Se sapessi che hai rinunciato a qualcosa solo per farmi contento non ne sarei felice, quindi adesso ti vesti ed esci. Io sarò qui ad aspettarti». Mi sorride e alla fine mi lascio convincere.

Jason esce dalla stanza dopo avermi lasciato un bacio sulla fronte e io finisco di vestirmi ignorando il senso di colpa che mi sta dicendo di restare a casa con lui. Avevo deciso per un abito chiaro, ma ora ho cambiato idea, credo che un paio di jeans e una camicetta siano più che adatti. Una volta pronta vado nel piccolo studio nel quale lavora da casa e mi avvicino al suo tavolo da disegno.

«Allora... io vado...» Si allontana dall'enorme foglio sul quale teneva gli occhi e mi si piazza davanti, posa le mani sul mio viso e d'un tratto lo sento di nuovo vicino come non mi succedeva da giorni.

«Ricordati che sono qui ad aspettarti, Kate...» Aspettarmi? Che io ritorni dalla cena? O che ritorni da lui?

«Non farò tardi...» Mi guarda per un attimo, poi posa delicatamente le sue labbra sulle mie, in un bacio dolce e delicato che mi fa sciogliere il cuore.

«Ti aspetto qui» dice poi sorridendo e tornando al suo lavoro. Smette di guardarmi e io esco dal suo studio con il cuore ancora più in subbuglio.

Spengo la mente, il cervello completamente off, e arrivo fino alla macchina. I miei gesti sono meccanici, quasi come se fossi un automa: metto in moto e mi dirigo a destinazione pensando esclusivamente ad ingranare le marce e a stare attenta alla strada, come un robot, senza emozioni, ma solo azioni da compiere.

Arrivo in poco tempo al ristorante, parcheggio e prendo il telefono per avvisare Brant che sono arrivata, ma non faccio in tempo a sbloccare il display che sento bussare al finestrino e salto sul sedile per lo spavento. Mi volto con gli occhi sbarrati verso quel rumore, poi chiudo gli occhi e porto una mano sul cuore mentre riprendo fiato. Alla fine abbasso il finestrino e sento il battito cardiaco accelerato sotto la mia mano, ma riprendo a sorridere quando i miei occhi si posano nei suoi azzurri.

«Mi dispiace, Leen, non volevo spaventarti». Brant sorride e io dimentico ogni dannata cosa, succede sempre.

«Tranquillo, ero sovrappensiero» dico per giustificare la mia reazione. In realtà non stavo affatto pensando, ma non voglio dirglielo.

«Il tuo fidanzato non c'è?» mi domanda restando chinato verso il finestrino aperto.

«No... un problema di lavoro...» mi affretto a spiegargli, poi decido di scendere mentre lui resta in piedi accanto alla mia auto, ma prima mi concedo un paio di secondi per guardarlo senza che lui se ne accorga, poi apro lo sportello ed esco dalla macchina.

Brant non commenta il fatto che io sia da sola e continua a tenere sulle labbra quel meraviglioso sorriso che gli illumina il volto. Bello, è bellissimo, e io sono del tutto andata.

«I tuoi amici sono già arrivati?» gli chiedo dopo aver chiuso la mia auto.

«Non lo so, sono appena arrivato anch'io».

«E Megan?» Doveva venire con lui, non me lo sono dimenticato.

«Ha scelto un altro accompagnatore» dice senza la minima punta di delusione nella voce.

«Mi dispiace».

Bugiarda! Non ti dispiace affatto, anzi stai letteralmente gongolando!

«Fa niente, sarà per un'altra volta». Sembra che non gli importi nulla di lei e del fatto che abbia di nuovo preferito Alexander a lui, eppure io so che non è così. «Entriamo?» mi domanda rivolgendo lo sguardo all'ingresso del ristorante.  

«D'accordo». Lo affianco fino alla porta, che lui apre per lasciarmi entrare per prima, poi sento la sua mano posarsi alla base della mia schiena e io trattengo il fiato per quasi tutto il tempo che ci occorre per raggiungere il tavolo dove sono seduti alcuni ragazzi e ragazze, che suppongo essere i suoi amici.

Si salutano senza particolare affetto, poi mi presenta e cerco di essere gentile, ma le ragazze mi sembrano davvero delle oche che hanno solamente voglia di mettersi in mostra a dispetto della loro dignità.

Fortunatamente, Brant si siede accanto a me e ignoro i presenti per concentrarmi sulla sua voce e sul suo profumo, sempre lo stesso, sempre intenso, sempre potente al punto da farmi chiudere gli occhi e inspirarlo profondamente, per poi tornare alla realtà e sentire la sua mano posarsi sulla mia spalla.

«Sei stanca?» mi chiede avvicinando il suo viso al mio orecchio.

«No, è solo che la compagnia non è di mio gradimento» confesso senza paura di offenderlo. Infatti si mette a ridere e conferma le mie parole.

«Già, se vuoi andiamo via presto» continua a parlare, tenendo ancora le labbra troppo vicino al mio orecchio.

«Non voglio rovinarti la serata». Stringo tra le dita il tovagliolo per evitare di posarle sulla sua gamba che ora è fin troppo vicino alla mia.

«Stare qui senza di te vorrebbe dire rovinarmi la serata». Lo fa ancora, lo fa sempre, distrugge ogni mia difesa con qualche parola, con la sua voce bassa e i suoi occhi azzurri. «Quando hai voglia di andare via, ti basta dirmelo». La sua mano stringe appena la mia spalla, poi scivola via lentamente, come se fosse una piccola carezza e mi costringo a stringere ancora di più quel tovagliolo. 

È stata una pessima idea venire qui, ma è mia abitudine avere pessime idee quando si tratta di Brant. Potrei snocciolare una serie di proverbi che mi porterebbero a rappresentare questo momento, ma preferisco tornare a spegnere il cervello, così da continuare a fare finta di essere una brava persona.

Le voci intorno a me le sento attutite e lontane, fatico a reggere un'intera conversazione – specialmente se le oche discutono di unghie finte e borse firmate – e la presenza di Brant al mio fianco peggiora ogni cosa. Il tempo trascorre lento, ma abbastanza veloce da farmi capire che è arrivato per me il momento di andarmene perché il suo braccio non ne vuole sapere di togliersi dallo schienale della mia sedia e, per quanto io cerchi di mantenere la distanza, le sue dita sfiorano spesso il tessuto della mia camicetta. Quel semplice e veloce tocco è in grado di farmi fermare il fiato, anche se solo per una frazione di secondo, e non posso più permettere che avvenga, perché ho una dannatissima voglia di sentire qualcosa di più.

Per poter parlare a bassa voce con lui – che al momento è molto preso in una fitta conversazione riguardo viaggi e mete esotiche con un ragazzo seduto di fronte a noi – sono costretta ad andare indietro con la schiena: sento la sua mano aprirsi completamente a posarsi con tutto il palmo aperto, più o meno a metà schiena e stringere sempre di più, man mano che mi avvicino a lui.

«Io vorrei andare, tu resta pure» mi sforzo di dirgli tentando di tenere ferma la voce.

«Scherzi!? Non vedevo l'ora che lo dicessi». Poi mi sorride e io mi sciolgo. Si alza in piedi prendendo la sua giacca di pelle dallo schienale della sua sedia. «Ragazzi, noi andiamo...» dice, per poi prendere il portafoglio e mettere delle banconote sul tavolo, «questa è la nostra parte».

Non ribatto, ma non voglio che paghi sempre per me, solo che non mi va di fare scene qui, davanti a tutti. I ragazzi seduti al tavolo ci salutano, ci chiedono di unirci a loro un'altra volta ed entrambi rispondiamo che ci saremo – come se fossimo una coppia... ridicolo...

Finalmente usciamo dal locale e torno a respirare sentendomi più libera.

«Mi dispiace per la pessima serata» dice lui, poco prima di attraversare la strada per arrivare alla mia auto.

«Non è stata così pessima» e lo penso davvero, perché se c'è lui non c'è nulla di pessimo.

«Mi farò perdonare» dice ancora quando arriviamo vicino allo sportello della mia auto, che mi affretto ad aprire.

«Non hai niente da farti perdonare».

Sono io quella che dovrebbe farsi perdonare e non da Brant...

«Non ti ho nemmeno chiesto come stai?» Ci divide la portiera della macchina, dietro la quale mi sono nascosta, la sto usando un po' come uno scudo per tenerlo lontano, ma non sembra funzionare, perché Brant ha appena posato le mani sulla parte superiore, quasi a volersi avvicinare di più.

«Sto bene, mi spiace solo che Megan ti abbia dato di nuovo buca». Se stasera ci fosse stata lei forse sarebbe stato diverso, forse li avrei visti insieme e me ne sarei fatta una ragione, invece lui è rimasto con me per tutto il tempo, dedicandomi fin troppe attenzioni per la mia salute mentale. 

«Megan chi?» Sorrido della sua solita battuta, ma non credo che gli sia così indifferente il fatto che lei continui ad ignorarlo.

«Grazie per avermi fatto compagnia stasera... adesso devo proprio andare» gli dico con l'intenzione di andarmene senza il solito bacio sulla guancia, o abbraccio, perché sono stata messa a dura prova nelle ultime ore e voglio che resti al di là della portiera.

«Grazie a te per essere rimasta». Poi succede.

Succede che lui si sposta alla sua destra, oltrepassa la barriera che avevo tentato di mettere tra noi due, e avvicina il suo viso al mio. «Buonanotte Leen». Le sue labbra si posano delicate sulla mia guancia e io incasso il colpo tentando di mostrarmi impassibile al suo gesto.

«Buonanotte Brant» dico a bassa voce, quando lui si allontana continuando a sorridermi.

E come ogni volta che esco con lui, so bene che non sarà una buonanotte, perché niente sta andando bene come tento di far sembrare. 
 

~~~~~~~~~~~~~~~~~
 

 

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Ma che vi devo dire? Questi due proprio non ce la fanno e mi stanno facendo diventare matta.

Vi mando un enorme abbraccio.

Eeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 34
*** La mia Kathleen ***


Brant

Sbadiglio senza ritegno per la terza volta.

Il fatto è che mi annoio a morte: queste vacanze dovevano essere "le più elettrizzanti della mia vita" a sentire Zach – che mi ha ceduto il suo posto per la settimana che aveva prenotato con i suoi amici, ma ora è fidanzato e non è potuto partire – e invece non mi sto divertendo.

Sono seduto al bancone del bar con la mia seconda bottiglietta di birra mentre tento di trovare qualche ragazza interessante con cui passare il tempo perché un'altra serata con quei dementi non la voglio proprio fare.  

È come se mi mancasse qualcosa, come se ci fosse un vuoto che niente e nessuno riesce a colmare, e giuro che ci provo in ogni modo, che sia una ragazza, un amico, o una serata divertente, o ancora tornare a casa dai miei, ma da quando sono iniziate le mie ferie non c'è stato niente che mi abbia fatto sentire bene, intendo davvero bene.

Possibile che mi manchi l'ufficio? Che stronzata Brant, tu odi tutti lì! Beh... non proprio tutti in realtà. Jeff non mi manca, nemmeno Megan, a dire il vero, e neanche qualche altro collega, ma lei sì.

Ci siamo sentiti tutti i giorni da quando entrambi siamo andati in ferie, ma vederla è un'altra cosa: mi mancano le nostre chiacchierate a pranzo, le nostre uscite improvvise senza motivo, le nostre risate alle macchinette del caffè, e le nostre brioches nel mio ufficio. Qui, invece, è tutto piatto, ogni giorno uguale all'altro e non vedo l'ora di rientrare al lavoro, cosa che non mi è mai successa prima.

«Ciao...» Mi volto alla mia sinistra dopo aver sentito una voce femminile.

«Ciao». La saluto a mia volta e mi giro nella sua direzione.

È una bella ragazza, niente di speciale, ma fa piacere guardarla. Il vestito aderente mette in mostra ciò che c'è da vedere, il collo sottile è messo in risalto dai capelli raccolti, e il tacco dodici fa sempre il suo effetto.

«Ti stai annoiando?» mi domanda con un gran sorriso.

«Si nota così tanto?» le chiedo mostrando anch'io il mio miglior sorriso. Forse questa serata farà un po' meno schifo.

«Dopo il terzo sbadiglio ho pensato di venire a farti compagnia...» Questa ragazza deve avermi puntato da parecchio se sa esattamente quante volte ho sbadigliato da quando mi sono seduto al bancone.

«Hai fatto bene», le dico, poi allungo una mano nella sua direzione, senza farle notare che ho capito che sta letteralmente sbavando per me, «mi chiamo Brant».

La ragazza bionda stringe la mia mano, trattenendola per un po'. «Sonia», dice semplicemente, senza smettere di sorridere, «non ti ho mai visto da queste parti».

«Sono qui con degli amici», affermo, riuscendo a riavere la mia mano, «noiosissimi a dire il vero». Lei sorride con finta ingenuità, poi accavalla le gambe e si volta del tutto verso di me.

«Mi offri da bere?», mi domanda, indicando la bottiglietta piena solo per metà che tengo ancora nella mano sinistra.

Senza risponderle, mi volto verso il barista e gli faccio cenno di volerne un'altra. Il ragazzo mi porge subito un'altra birra, che poi allungo verso la bionda. «Tu sei di qui?» le chiedo osservandola posare le labbra sul bordo della bottiglietta e sorseggiare un po' di liquido ambrato.

«Sì, vuoi fare un giro?» La domanda implicita è ovvia e io non ho più voglia di stare qui dentro.

«Perché no?» Mi sorride ancora, io sorrido a lei, poi ci alziamo mentre tento di soffocare quella mancanza che mi tormenta.

*****

Mi muovo lentamente, allungo le gambe, poi le braccia, infine porto una mano a coprirmi gli occhi a causa della luce che entra dalla porta finestra che dà sull'esterno. Sbadiglio e mi guardo intorno, ricordandomi che non sono nel letto che avrei dovuto occupare nell'appartamento che abbiamo preso in affitto.

Volto solamente il viso alla mia destra e vedo il corpo nudo di SophiaSusan?, non me lo ricordo, ma non importa, la visuale è interessante, così mi giro sul fianco per posare una mano sulla sua schiena. Lei percepisce subito il mio tocco ed inizia lentamente a muoversi, poi si volta verso di me, e la visuale è ancora migliore di prima.

«Buongiorno», dice con voce impastata dal sonno.

«Buongiorno a te». La osservo con maggiore attenzione stamattina e sono certo di vedere qualcosa di familiare nel suo sguardo, ma non riesco a capire con precisione cosa sia.

Potrebbe essere il taglio degli occhi, o il colore dei capelli, o ancora le invisibili fossette sulle guance, che somigliano tanto a quelle di Kate.

«Hai idea di che ora siano?», mi chiede, per poi strofinarsi gli occhi e girarsi ancora, mettendosi con la schiena contro il materasso, coprendosi con il lenzuolo, e addio visuale.

«No», rispondo, poi mi metto nella stessa posizione e resto a fissare il soffitto.

Sono due settimane che non la vedo e sono passati più di tre mesi da quando la conosco, eppure mi sembra che faccia parte della mia vita da sempre, o forse voglio che faccia parte della mia vita per sempre, non l'ho ancora capito, ma Kate mi manca.

È Kate che mi manca, e realizzarlo così all'improvviso, mi fa sentire un idiota.

Mi tiro su a sedere, poi metto giù le gambe e cerco i miei indumenti.

«Che stai facendo?», mi chiede curiosa Stacey?

«Ho fame, vorrei andare a fare colazione». In realtà mi preme uscire da qui, prendere una boccata d'aria e tornare all'appartamento per recuperare le mie cose e cambiarmi: voglio andare a correre in spiaggia fino a non avere più fiato.

«Mi aspetti? Vengo con te...»

«A dire la verità vorrei andare anche a cambiarmi, magari facciamo un'altra volta, eh?» le dico tirandomi su i jeans, per poi abbottonarli senza quasi degnarla di uno sguardo.

«Che stronzo...» La sento borbottare a bassa voce, ma non posso darle torto: so di esserlo e non m'importa quello che pensa di me. Non mi importa del pensiero di nessuno – a parte quello di Kate.

Una volta finito di vestirmi saluto Stephany?, poi lascio il suo appartamento di fronte al mare e m'incammino lentamente verso la mia destinazione.

La prima cosa che farò quando tornerò a Londra sarà invitarla ad uscire, magari posso inventarmi qualche scusa. Non abbiamo più parlato di mister perfezione, ma lei sembra stare meglio; dopo la cena in cui avrebbe dovuto esserci anche lui, l'umore di Kate sembra essere tornato quello di qualche mese fa ed è stato stabile anche nelle ultime settimane.

Mi fa piacere vederla sorridere di nuovo, perché è una persona meravigliosa e merita solo di essere felice. Quando l'ho conosciuta aveva un costante sorriso sulle labbra e arrivare in ufficio era una gioia per l'anima, ma il suo buonumore è andato via via sparendo, ma sembra essere tornato il sereno e non potrei esserne più felice.

Le ultime settimane le abbiamo trascorse in totale tranquillità. Siamo stati a pranzo tutti i giorni e, nonostante le mie insistenze, pare che Megan non sia disposta a cedere, ma non mi arrendo, e il fatto di avere ancora quell'obiettivo da raggiungere, mi porta a rapportarmi sempre più spesso con Kate.

Sorrido mentre, senza nemmeno pensarci, prendo il cellulare dalla tasca e le invio il buongiorno. 

Buongiorno Leen

Blocco lo schermo e lo rimetto in tasca, poi attraverso la strada e arrivo in poco tempo all'appartamento in affitto, che dà sulla spiaggia, salgo al primo piano e trovo ancora tutti addormentati. Meglio. Vado in camera mia, mi cambio e poi esco per andare a correre. Mi fermo quando muovo i primi passi sulla sabbia perché la vibrazione del mio telefono attira la mia attenzione.

Buongiorno a te Brant <3

Sorrido come un idiota, poi blocco ancora lo schermo, lo ripongo nella custodia attaccata al braccio e inizio a correre senza smettere di sorridere 

 Adesso ho capito cos'è che mi manca: è la mia amicizia con Kate.

Ho condiviso con lei molto più di quanto non abbia mai fatto con qualsiasi altro amico abbia mai avuto in vita mia. Le ho raccontato della mia famiglia – cosa che non faccio con nessuno – le ho parlato di me, di come sono io davvero. Ho condiviso con lei i miei silenzi senza sentirmi mai a disagio o in imbarazzo, semplicemente mi sento bene quando sono con Kate. Lei mi conosce e non mi giudica, mi conosce davvero, perché sono sempre me stesso quando stiamo insieme, non mi svilisce e non mi fa sentire un idiota, anche se so di esserlo.

È questo che mi manca, il rapporto che ho con lei, perché non ho mai trovato nessun altro in grado di starmi accanto come fa Kate e io non vedo l'ora di rientrare in città, perché queste vacanze mi hanno già stancato.

Accelero il passo, spingo un po' più forte sulle gambe poco prima di infilare le cuffiette, e corro senza smettere di sorridere perché adesso so che mi manca la mia migliore amica. Conto i giorni che mi separano dal mio rientro in città e che mi separano dal poter rivedere la mia Kathleen.
 

_________________________________________________________

 

SPAZIO ME 

Buonsalve belle persone!

Io non ho parole per esprimere quanto questo ragazzo sia rimbambito!

Lo ritroviamo diverse settimane dopo la famosa cena, adesso è in ferie e non fa che pensare a Kate, ma continua ad affiancare al suo pensiero, soltanto un sentimento di amicizia.

Forse in un'altra vita era un salumiere...

Eeeee niente, buona lettura

 

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Capitolo 35
*** Buon compleanno ***


I giorni si susseguono lenti, uno uguale all'altro. Le settimane sembrano essere l'una la fotocopia dell'altra. I mesi hanno tutti lo stesso ritmo e io continuo a vedere la piatta storia della mia vita continuare a proiettarsi come se tutti i giorni trasmettessero la stessa puntata in una replica continua e io non riuscissi a cambiare canale.

Durante le settimane estive, quelle in cui ero in ferie, io e Jason siamo tornati a Southend per provare a rimettere in scena la nostra relazione, ma devo ammettere che siamo stati degli attori molto scadenti, che non sono riusciti ad interpretare il copione che è stato loro assegnato. Non siamo stati in grado di interpretare un ruolo convincente, e nessuno dei due ha avuto il coraggio di dirlo.

Abbiamo continuato a fingere che tutto fosse come prima e stiamo continuando a farlo. L'estate è finita, ma il nostro spettacolo di infima categoria ha continuato ad andare in scena per tutto l'autunno: sembro diventata realmente un'attrice e ho imparato ad indossare delle maschere, a sdoppiare me stessa e interpretare una Kate diversa a seconda di chi mi trovo davanti.

Il fatto è che continuare a sostenere questi ruoli mi sta distruggendo lentamente e non so quanto tempo ancora riuscirò a mantenere questo stile di vita.

Jason è sempre impeccabile, ho provato qualche volta a parlargli della nostra situazione, ma ogni volta sembrava che lui sapesse cosa volessi dirgli e trovava sempre il modo di troncare il discorso. A volte diceva di amarmi così tanto che non avrebbe potuto vivere senza di me, così i miei sensi di colpa nei suoi confronti mi portavano a rimandare. A volte si rinchiudeva nel suo studio con la scusa di dover finire un lavoro e lasciava che mi addormentassi mentre lo aspettavo. A volte, semplicemente, usciva dicendomi che avremmo parlato al suo ritorno, ma nel lasso di tempo che lui impiegava per la sua corsa, il mio coraggio andava via via scemando, così, quando rientrava, io restavo in silenzio, lasciando che tutto tornasse a scorrere allo stesso modo.

Abbiamo iniziato a vivere con ritmi ben precisi e abitudini consolidate, evitando novità o colpi di testa che potessero sconvolgere il precario equilibrio di cui ci siamo circondati.

Mia madre - come tutte le persone che mi circondano - ha notato la freddezza tra me e Jason, ma non le ho rivelato nulla. Continuo ad accampare scuse come quella di dire che lui è stanco perché sta lavorando tanto e l'ho fatto per così tanto tempo che la mia mente sta iniziando a credere a tutte quelle bugie.

Almeno finché sono fuori dall'ufficio, perché quando arrivo al lavoro entra in scena un'altra Kate, quella più allegra e sorridente, quella a cui piace passare la pausa pranzo sotto la pioggia perché Brant ha voglia di cambiare posto per mangiare, o quella che si illumina perché Brant le ha detto che "ti sta bene questa gonna".

Anche oggi piove, come tutti i giorni dell'ultima settimana. L'inverno è alle porte, il clima Natalizio si respira ovunque per le strade di Londra e, solitamente sono felice in questo periodo perché mi piace l'atmosfera che si respira durante le feste, ma quest'anno il mio umore varia a seconda della Kate che sto interpretando.

Stamattina mi sono svegliata e Jason era già alzato. L'ho trovato in cucina a preparare la colazione: mi sono avvicinata a lui per il solito bacio sulla guancia del buongiorno, poi ci siamo seduti a tavola a fare colazione nel solito silenzio, rotto soltanto dal rumore delle posate. Ognuno ha comunicato all'altro il programma del giornata, poi abbiamo occupato il bagno a turno per prepararci ad andare al lavoro. Quando sono uscita dal bagno ho trovato Jason seduto al tavolo della cucina e davanti a sé aveva un piccolo pacchetto. Mi sono avvicinata a lui e si è alzato, venendo verso di me: il suo sguardo era malinconico e io avrei tanto voluto essere una persona diversa, tornare ad essere la donna che l'ha reso felice in passato, ma per quanto mi sforzi, quella parte di me sembra essere scomparsa, così sono rimasta ferma a guardarlo e ho chiuso gli occhi quando mi ha lasciato un dolcissimo bacio sulle labbra per poi allontanarsi e dirmi "buon compleanno Kate".

Poi si è spostato per indossare la sua giacca: ho trattenuto il fiato e sono rimasta in silenzio fino a che non è uscito dall'appartamento. L'unica cosa che sono riuscita a dire è stato un debole grazie e l'ho lasciato andare via senza aprire quel pacchetto, perché so di non meritarlo. L'ho lasciato sul tavolo, senza nemmeno toccarlo e stasera, quando tornerò a casa, quel pacchetto sarà ancora lì, ad aspettarmi, e spero di avere la forza di aprirlo.

Al momento sono in ascensore per arrivare al piano degli uffici in cui lavoro, impegnata ad immedesimarmi nella Kate felice, quella sorridente, e riesco ad indossare la mia a maschera giusto in tempo per quando le porte si aprono.

Un respiro profondo e cammino lungo il corridoio, arrivata al bancone della reception trovo Megan in piedi, come se mi stesse aspettando, così mi fermo di fronte a lei.

«È successo qualcosa?» le domando quasi preoccupata.

«Ti vogliono nella sala riunioni, quella più piccola». Il suo tono di voce è serio, anche il suo sguardo lo è.

«Ho combinato qualche disastro?» le chiedo togliendomi il cappotto e posando la borsa sulla mia sedia.

«Non ne ho idea, mi hanno solo detto di riferirti il messaggio». Sbuffo e mi dirigo verso la sala riunioni.

Proseguendo lungo il corridoio percepisco uno strano silenzio, ma ignoro quella sensazione perché ora la mia priorità è scoprire il motivo della mia convocazione. Arrivata davanti alla porta inspiro profondamente, poi busso e apro.

Resto letteralmente a bocca aperta quando vengo accolta da un rumoroso "buon compleanno!" Mi guardo intorno e ci sono quasi tutti i miei colleghi intorno al tavolo, al centro del quale c'è una meravigliosa torta con tanto di candelina, e dietro la torta, l'immagine più bella di tutte: Brant con un enorme sorriso soddisfatto, un sorriso che mi riempie il cuore di felicità, perché la gioia che gli leggo negli occhi è per me.

«Dai! Vieni qui!» Brant mi chiama, invitandomi a raggiungerlo con un gesto della mano.

Dopo essermi ripresa dallo shock momentaneo, riesco a muovere la gambe per arrivare al suo fianco, e quando il suo profumo arriva prepotente fino alle mie narici, io mi dimentico di essere in una stanza piena di gente perché ora vedo solo lui, i suoi brillanti occhi azzurri e mi perdo nella stretta del suo abbraccio.

«Buon compleanno, Leen». Lo dice a bassa voce, direttamente al mio orecchio, e potrei restare così per sempre se non fosse per Megan che interrompe il momento - e che mentalmente ringrazio.

«Dai, Kate, mettiti in posa!» Mi allontano dall'abbraccio di Brant e mi sistemo dietro alla torta.

Sono confusa e frastornata - mai avevano organizzato una festa per il mio compleanno -, ma abbastanza lucida da sentire il braccio di Brant posarsi sul mio fianco e tirarmi a sé mentre sento il click della Polaroid che ha appena immortalato questo momento.

Brant si allontana di nuovo e, insieme a Megan, prendono piattini, posate e quant'altro, per distribuire le fette di torta, lasciandomi a guardare mentre tento di riacquistare la lucidità.

*****

«Allora? Ti è piaciuta la sorpresa?» La voce di Megan attira la mia attenzione.

I festeggiamenti, se così vogliamo chiamarli, sono finiti da un po', ed ognuno di noi è tornato al proprio posto. Smetto per un attimo di lavorare e mi volto verso di lei.

«Sei stata tu?» le domando.

Ero talmente presa dal momento che non facevo altro che sorridere ed annuire a chiunque mi parlasse, ma sto realizzando solo ora quello che è successo poco fa in sala riunioni.

«Brant...» confessa con un sorriso ammiccante.

So che pensa che tra me e lui ci sia qualcosa - tutti lo pensano - e ormai mi sono stancata di negare: che pensino ciò che vogliono, non m'importa.

«Dovevo immaginarlo...» Ogni volta che io e Brant abbiamo affrontato l'argomento dei nostri compleanni - che per uno strano caso del destino sono a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro -, lui mi ha sempre detto che avrebbe voluto farmi una sorpresa, ma non immaginavo che avrebbe coinvolto tutti i colleghi.

«So che è da solo nel suo ufficio, adesso...» Ammicca di nuovo, ma stavolta potrei ignorare la sua velata frecciatina e alzarmi per raggiungerlo. Voglio ringraziarlo.

«Torno subito», le dico, alzandomi poi dalla mia sedia e dirigendomi verso il suo ufficio, dopo aver preso la polaroid appoggiata al monitor del mio PC.

Non riesco a smettere di sorridere da quando sono arrivata stamattina e lo faccio ancora di più quando guardo l'immagine impressa su questa piccola foto: il suo sorriso sarà per sempre sotto ai miei occhi e io non so come farò a guardarla senza farmi del male.

Arrivo davanti alla sua porta, busso ed entro dopo aver sentito il suo "avanti". Lo trovo seduto alla sua scrivania, con ancora quel sorriso sulle labbra, la maniche della camicia arrotolate fino all'avambraccio e la cravatta abbandonata sulla scrivania.

«Disturbo?» gli domando, dato che mi sembra molto impegnato.

«Kathleen Cooper, come devo dirtelo che tu non disturbi mai!» Lo dice allontanando la sedia dalla scrivania e incrociando le braccia dietro la testa.

«Volevo solo ringraziarti», dico, allungando la foto verso di lui, facendola strisciare sulla superficie di legno, e lasciandola sotto il suo sguardo sorridente.

«Non hai niente di cui ringraziarmi, anzi, sono io che ringrazio te», dice, alzando gli occhi dalla foto e tornando a guardarmi.

Non voglio sapere il motivo per cui vuole ringraziarmi, voglio solo restare a guardarlo, ad ascoltare la sua voce e godere della sua compagnia. Separare la mia vita lavorativa da quella personale è l'unico modo che ho al momento di andare avanti, e finché sono tra queste mura posso dimenticare ogni problema, perché il sorriso di Brant, è questo che riesce a fare con me.

«L'hai scelta tu la torta?» gli chiedo appoggiando la schiena all'indietro.

«Non solo l'ho scelta, sono anche andato a prenderla sotto ad un diluvio universale». Non si sta realmente lamentando, credo, invece, che stia facendo il gradasso.

«Sei stato carino ad organizzare tutto questo per me». Carino? Davvero ho detto carino?

«Io sono sempre carino, a volte un po' rompipalle, spesso snervante, e sempre insopportabile, ma carino». Mi sta prendendo in giro e va bene così, vederlo sorridere è il regalo più bello.

«Va bene... Ora vado...» Mi alzo in piedi e mi allungo per recuperare la mia foto, ma lui mi ferma posando una mano sopra la mia.

«Non ti ho fatto nessun regalo, proprio come mi hai chiesto, ma non puoi negarmi una birra dopo il lavoro». Dio, Brant! Io non ti negherei proprio un bel niente!

«D'accordo», acconsento con un sorriso, lui lascia andare la mia mano e io torno a respirare regolarmente, «ci vediamo più tardi». Recupero la foto e faccio per allontanarmi.

«Nel senso che ci vediamo anche per pranzo!?» Sorrido ancora, scuotendo leggermente la testa, poi mi volto di nuovo.

«Sì, Brant, ci vediamo anche per pranzo». E anche ogni altra volta che ti va.

Gli sorrido e lascio il suo ufficio con la foto in mano, l'immagine del suo sorriso nei miei occhi e l'amore che provo per lui nascosto nel mio cuore.
 

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Il tempo è trascorso in fretta dopo l'ultimo capitolo, ed è trascorso trascinando sempre più a fondo i nostri protagonisti, ognuno di loro imprigionato nei propri schemi mentali, dei quali sembra non vogliano liberarsi.

Questa volta, però, Kate ammette a sé stessa, in maniera chiara e senza mezzi termini, che quello che prova per Brant è amore, usando proprio quella parola per definirlo.

I due maschietti, invece, non riescono ancora ad uscire dai binari.

Eeeeee niente, buona lettura 😍

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Capitolo 36
*** Non vai a casa? ***


 

Brant

Allungo la braccia sopra la testa e le gambe sotto la scrivania: sono stato troppo seduto, oggi, ho bisogno di una pausa. Decido di alzarmi e andare a prendere un caffè alle macchinette, magari riesco a convincere Kate a fare una pausa con me.

Esco dal mio ufficio e mi dirigo dritto al fondo del corridoio, raggiungo il bancone della reception e mi appoggio con i gomiti proprio a metà tra lei e Megan; è quest'ultima ad alzare per prima lo sguardo su di me, mentre Kate sembra parecchio impegnata in una telefonata.

«Ti serve qualcosa?», mi domanda la mora, con un gran sorriso.

«No, volevo solo compagnia per un caffè», rispondo, sorridendole a mia volta.

«Vengo io con te», afferma sicura, poi si alza, indicando a Kate che si sta allontanando, e mi raggiunge, per poi affiancarmi.

Non era così che avevo previsto andassero le cose, e non dovrebbe dispiacermi di averla qui con me, dopo tutto è quello che cerco da mesi, no? Eppure vorrei soltanto voltarmi indietro per vedere se Kate mi sta guardando, o solo per aspettare che si liberi di quella chiamata perché ci raggiunga alle macchinette.

«Kate ha apprezzato la tua sorpresa...», dice lei, interrompendo i miei pensieri, mentre inserisce le monete nella macchinetta, riferendosi alla piccola improvvisata che ho organizzato in ufficio per il suo compleanno un paio di giorni fa.

«Sì, beh... spero di non averla messa in imbarazzo...» So che non le piace stare al centro dell'attenzione, ma era il suo compleanno e volevo che ogni persona, qui dentro, la apprezzasse come merita, dato che le capita spesso di svolgere anche il lavoro degli altri.

«Se non fossi sicura che è davvero innamorata del suo fidanzato, potrei giurare che ha preso una sbandata per te...», dice ancora, portandosi il bicchierino di caffè alle labbra.

Credo anch'io che Kate sia innamorata del suo fidanzato, perché, da quando siamo rientrati dalle ferie, l'ho vista molto più sorridente. Devono essere riusciti a risolvere i loro problemi e ora è molto più serena: deve amarlo davvero molto.

«Siamo semplicemente amici, Megan, buoni amici, ma niente di più». Ribadisco il concetto, affinché lei sappia che io non ho mire su nessuno - nel caso si stufasse dell'elegantone.

«Tanto meglio», dice ancora, per poi avvicinarsi a me, tanto da investirmi in pieno con il suo profumo. «Hai da fare stasera?», mi chiede, con un tono inequivocabile nella voce.

Ho capito cosa vuole ed è quello che voglio anche io, l'ho voluto dal primo giorno in cui le ho messo gli occhi addosso. «Mi darai di nuovo buca?», le domando sorridendo, nel suo stesso modo.

Lei scuote leggermente la testa, passa lentamente la lingua sulle labbra rosso fuoco, poi pizzica tra i denti il labbro inferiore, senza smettere di guardarmi, con una lentezza tale da smuovere qualcosa là in basso. «Non so se crederti», le dico, continuando a tenere sospeso a mezz'aria il mio bicchiere di caffè, mentre lei butta giù ciò che resta del suo.

«Che hai da perdere?», mi chiede, allontanandosi un po'.

«Niente», ammetto, ed è la verità, ma non è piacevole continuare a restare ad aspettare che si decida a darmi una chance, mentre lei non vede che quell'altro: non mi piace essere la seconda scelta.

«E allora ci vediamo stasera...», dice ancora, per poi buttare il bicchierino vuoto nel cestino. «Andiamo via insieme?», domanda portandosi esattamente di fronte a me, tenendo gli occhi fissi nei miei, in una chiara voglia di provocarmi.

E vorrei davvero rispondere, lo vorrei fare, ma la sua mano si è appena posata su una piccola parte di me, una parte che si risveglia immediatamente a quel contatto, una parte che, ora, non è più tanto piccola.

«Ok», rispondo a fatica.

«Ottimo», dice ancora, dopo essersi resa conto della mia reazione, «ci vediamo dopo». Mi sorride ancora, un sorriso provocatorio, poi si allontana, lasciandomi lì come l'idiota che sono.

Dio, non è mica la prima donna che mi provoca in questo modo! E allora perché ho reagito come un fottuto ragazzino?

Inspiro profondamente, poi bevo il caffè tutto d'un fiato – tanto ormai si è raffreddato – poi butto il bicchiere e quasi non sobbalzo nel sentire la sua voce alle mie spalle.

«Ehi... avevi bisogno di qualcosa?», mi chiede lei, con il suo solito meraviglioso sorriso.

«No... no...», balbetto come uno stupido, sperando che lei non si renda conto del mio rigonfiamento ai piani bassi, «mi andava solo un caffè...» Kate mi osserva con aria confusa, ma non la biasimo per questo, mi sto comportando in maniera insolita e lei non è tanto stupida da non accorgersene. «Megan mi ha chiesto di uscire», le dico alla fine, per togliermi da questo imbarazzo.

«Davvero?», domanda lei, con un'espressione stupita sul volto, più o meno come quella che avevo io poco fa.

«Già, secondo te mi darà di nuovo buca?», le domando, inserendo altre monetine nella macchinetta per prendere un caffè per lei.

«Se ti dà buca è lei a perderci», afferma, con tono sicuro, cosa che mi fa ridere.

«Tu mi sopravvaluti, Kate». Afferro il bicchierino e lo allungo nella sua direzione. Lei lo prende mentre mi sorride, poi lo porta alle labbra per berne un sorso, senza smettere di guardarmi.

«Non credo...», continua lei, «anzi, credo che tu abbia la grande capacità di sottovalutarti». Sorride ancora, sorrido anch'io, mentre non posso fare altro che abbassare lo sguardo, perché il suo, è diventato troppo intenso.

«Sei di parte, Kate, il tuo parere non conta», tronco questo discorso, perché mi fa sentire a disagio, «torno in ufficio, adesso». Lei non aggiunge più niente, continua a bere il suo caffè e io la saluto, uscendo da questa piccola stanza, diventata, improvvisamente, troppo piccola. 

Passo davanti al bancone della reception dopo aver salutato Kate, lancio uno sguardo a Megan, che continua a guardarmi con quell'aria maliziosa, le sorrido, ma sento una strana sensazione allo stomaco, come un senso di colpa, che non capisco da dove venga fuori.

Non mi sono mai fatto problemi ad uscire con ragazze impegnate, non posso sentirmi in colpa nei confronti dell'elegantone, quindi non capisco perché mi sento così. Torno nel mio ufficio cercando di allontanare ogni pensiero, per rimettermi a lavorare a pieno ritmo, per potermi dimenticare di quella fastidiosa e irritante sensazione.

***

La giornata è giunta quasi al termine e sto spegnendo il computer per poter uscire da qui, stavolta – si spera – non da solo.

Non ci credo ancora del tutto, anche se, durante il pomeriggio, Megan non ha fatto altro che lanciarmi occhiate inequivocabili. Non ho visto in giro l'elegantone - forse è fuori per lavoro -, ma non importa, quello che conta è che davvero, stasera, lei mantenga la parola.

«Si può?» Alzo la testa di scatto quando sento la sua voce.

Quel vestito nero, aderente, le sta addosso come un guanto, e non fatico ad immaginare le sue forme al di sotto della stoffa, mentre cammina ancheggiando verso la mia scrivania. La guardo e già immagino quello che sta per dirmi, così abbasso le spalle e lascio andare l'aria rimasta nei miei polmoni.

«Ecco il due di picche in arrivo...», le dico, guardandola negli occhi.

«Sbagliato...», dice lei, avvicinandosi alla mia scrivania, appoggiando le mani al bordo, per poi guardarmi con l'aria di chi la sa lunga, «sono venuta a chiederti dove hai l'auto...»

«Nel parcheggio sotterraneo», rispondo, sentendo rinascere la speranza.

«Ottimo, ci vediamo sotto, allora...» Sorride ammiccante, poi si volta e cammina di nuovo verso la porta, mentre io non riesco a staccare gli occhi dal suo lato b, perfettamente fasciato e messo in risalto da quell'abito.

Smetto di guardarla solo quando esce definitivamente dal mio ufficio, a quel punto mi riprendo e finisco di sistemare l'ufficio per poterla raggiungere. Indosso la giacca, recupero il telefono e il resto delle mie cose, poi spengo le luci ed esco nel corridoio, fino a raggiungere il bancone della reception, al quale trovo Kate da sola, che sta ancora lavorando.

«Non vai a casa?», le domando, avvicinandomi a lei.

«Sì... certo... dovrebbe passare Jason a prendermi», il suo tono di voce è incerto, ma il suo sorriso è ampio, così le sorrido anche io.

«D'accordo...», rispondo, senza aggiungere altro, «allora vado... ci vediamo domani...» Kate sorride ancora, poi risponde al telefono che ha preso a squillare, e io mi decido ad uscire, raggiungendo l'ascensore.

Arrivo al piano interrato quasi senza respirare, con l'agitazione che sale man mano che mi avvicino alla mia auto: e se non ci fosse? Se mi avesse preso per il culo? È per questo che sono così nervoso?

Poi la vedo: Megan mi sta realmente aspettando e io fremo dall'impazienza, per questo accelero il passo e la raggiungo, mentre lei continua a tenere sulle labbra quel sorriso provocatorio.

«Ti dispiace se andiamo a casa tua?», mi domanda, quando sto per inserire le chiavi nella serratura.

«Nient'affatto», rispondo diretto.

Non m'importa dove, quello che mi interessa è che finalmente avrò quello che voglio.
 

§§§§§§§§§§§§ 

 

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Grazie per la pazienza e scusate la mia lunga assenza.

Ho ripreso in mano questa storia e ora la porterò a termine. Non manca comunque molto all'epilogo e, per chi ha già letto BestFriend, credo sarà un finale piuttosto ovvio.

Brant ragiona, come al solito, con la testa piccola, quindi non c'è da stupirsi del suo comportamento. Kate continua a fingere che vada tutto bene mentre continua ad impersonare una sé stessa felice durate i momenti in ufficio. 

Che due polli!

Ad ogni modo grazie ancora per essere sempre qui

Eeeee niente, buona lettura

 

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Capitolo 37
*** Possiamo parlare? ***


Kate

Frustrazione: è questa la sensazione che riempie ogni cellula, ogni fibra del mio corpo e della mia mente, non saprei come altro descrivere il mio stato attuale. Nessuno dei miei rapporti sta andando come vorrei: sto evitando mia sorella perché non voglio affrontare nessun argomento con lei, sto mentendo a mia madre perché non voglio rovinare le sue aspettative sul mio futuro. Mamma mi vede già sposata con Jason e, forse, con un paio di figli, ma io non riesco a vederlo, quel futuro, perché Jason è un altro dei motivi per cui sono fuori fase.

Ci ho provato, ci sto provando tutt'ora, ma non riesco a dargli quello che merita. Io e lui stiamo vivendo una relazione a metà, a senso unico: lui dà e io prendo. Non è giusto, lo so, me ne rendo perfettamente conto, ma sono bloccata tra me e lui, tra quello che voglio e quello che devo, tra la verità e la menzogna. Jason non merita di soffrire e, nonostante le mie intenzioni siano buone, so che sta soffrendo a causa mia, glielo leggo negli occhi ogni sera prima di dargli la buonanotte e mettermi a dormire. Succede spesso, ormai, che vado a letto prima di lui, solo per farmi trovare addormentata quando mi raggiunge. Mi sento così orribile, eppure non ho il coraggio di tagliare questo ultimo filo che ci tiene ancora insieme, perché vorrei davvero non dargli una delusione, ma forse è troppo tardi e l'ho già deluso. Lasciarlo vorrebbe dire ammettere le mie colpe in questo rapporto, dargli il colpo di grazia, distruggere definitivamente ogni sua aspettativa su noi due, ma restare insieme significa continuare a mentire, ed è la cosa peggiore, credo: è davvero una cosa che voglio fare per il resto della mia vita? Voglio davvero avere addosso questo senso di frustrazione senza potermene liberare?

Niente di tutto questo era minimamente prevedibile fino all'arrivo di Brant: è successo tutto la prima volta che ho guardato i suoi occhi azzurri, quando gli ho stretto la mano, ed è stata quasi magia. Succede ancora, ogni volta che mi guarda, perché in quel momento in cui i suoi occhi sono nei miei, il mio cuore impazza e non posso comandarlo in alcun modo, ma anche questo rapporto è a senso unico; stavolta sono io a dare e lui a prendere. Si prende i miei sorrisi, i miei pensieri, i miei gesti, ogni cosa, e io glielo lascio fare, anche quando lo vedo sbavare per Megan. Dio, che sofferenza è stata la prima volta che sono andati via insieme!

So che è quello che lui ha voluto da sempre, mi ha chiesto di lei dal primo giorno che ha messo piede in ufficio, ne sono consapevole, ma tra saperlo e vederlo succedere, beh... è tutta un'altra storia. Ha sempre gli occhi su qualche parte del suo corpo che lei mette in evidenza tramite qualche abito aderente, o con il suo modo di camminare, e fa sempre male vedere gli sguardi di lui per la mia collega, ma non posso lamentarmene, perché sono io a permettere che questa situazione continui a restare invariata.

Brant è un altro dei motivi della mia frustrazione dilagante, perché gli concedo troppo, quando so che non è me che vuole, ma la bellissima ragazza che lavora alla mia stessa scrivania, e come potrei competere? Lei è davvero perfetta, è ovvio che lui – e non solo – sbavi per lei.  

Questa orribile sensazione si è ormai insediata sotto la pelle, come un tatuaggio di cui non mi posso liberare, perché Brant e Megan continuano a vedersi, io continuo a fingere che mi stia tutto bene e Jason continua a mettermi al primo posto quando è palese che non lo merito. Parlare con Brant diventa sempre più difficile perché quando lo guardo negli occhi lo immagino mentre guarda lei, quando posa la sua mano sulla mia schiena, o sul mio braccio, penso che l'ha fatto anche con lei, ma in maniera molto più intima, e quando mi saluta con un bacio sulla guancia io vedo lui che la bacia in tutt'altro modo; il mio cuore si sgretola un po' di più ogni volta che mi dice di essere uscito con lei, ogni qualvolta li vedo uscire insieme dall'ufficio e non credo di poter reggere più di così.

Un paio di giorni fa sono andata a trovare Yuri – l'unico con cui posso parlare al momento, perché è l'unico con cui posso essere davvero sincera – abbiamo passato l'intera serata a parlare di questo strano triangolo, che non è un vero triangolo, ma discuterne con lui, parlare liberamente, esternando senza problemi tutto quello che mi passa per la testa ha alleggerito il carico che mi porto sulle spalle, permettendomi di arrivare davanti al bivio, dove è arrivato il momento di scegliere la direzione da prendere, senza più ripensamenti, portando avanti, fino in fondo, la mia scelta.

*

Mi stringo nel cappotto, tolgo una mano dalla tasca, e premo il pulsante del citofono di casa di Yuri; il piccolo portone d'acciaio si apre quasi subito, entro nell'atrio, lascio andare la porta dietro di me, e mi incammino su per le scale, con lo sguardo fisso sui miei piedi, le spalle strette, quasi trattenendo il fiato.

L'ho chiamato oggi pomeriggio, mentre ero rannicchiata sul divano con il mio plaid sulle gambe e la televisione accesa – senza che la guardassi realmente – mentre mi piangevo addosso a causa di tutta questa situazione. Jason è di nuovo fuori città per qualche giorno e io non riuscivo a stare sola, oggi, perché il mio cervello ha iniziato a lavorare senza sosta. Yuri mi ha invitata a cena e io ho accettato immediatamente, perché ho bisogno di lui più del solito.

Arrivo davanti alla sua porta, che trovo già aperta, entro, chiudo, mi tolgo il cappotto – che lascio appeso all'appendiabiti all'ingresso –, mentre sento dei rumori provenire dalla cucina. Lo raggiungo e trovo il mio migliore amico intento a riempire il bollitore del tè, "perché non c'è confessione con non passi attraverso un'ottima tazza di tè"-

«Ehi...» Lo richiamo non appena varco la soglia della cucina, lui si volta e mi sorride, abbassa la levetta del bollitore e mi raggiunge, per chiudermi in un abbraccio.

«Ciao», mi stringe, poi si allontana per guardarmi negli occhi, «hai decisamente bisogno di parlare», dice infine, per poi sorridermi ancora e tornare alla preparazione del tè. «Allora, comincia dall'inizio e non tralasciare niente». Yuri riempie un paio di tazze, con le quali andiamo sul divano, seduti l'uno di fronte all'altra, con le gambe incrociate, mentre sorseggiamo la nostra bevanda calda; gli racconto degli ultimi avvenimenti mentre il tè ci scalda il fisico e i suoi sguardi mi scaldano l'anima.

Quando mi confido con il mio migliore amico mi sento davvero libera, non ho segreti con lui, non ne ho bisogno, non mi giudica e mi permette di fare uscire la parte di me più profonda, quella che tengo continuamente a bada per cercare di non scontentare nessuno. Con Yuri posso sfogarmi, tirare fuori il peggio, tutto il mio malessere, per poi tornare alla realtà, nella quale torno ad essere la Kate che tutti si aspettano.

«È una zucca vuota, Kate! Ma cosa puoi aspettarti da uno che ragiona con la testa che ha laggiù, in mezzo alle gambe?» Yuri si scalda alla mia ennesima affermazione su Brant e Megan. «Davvero non capisco perché ti piace così tanto...»

«Non c'è un motivo logico che possa spiegare questi sentimenti, Yuri, succede e basta, e io vorrei davvero non provare quello che provo per Brant, ma non posso farlo», gli spiego, «Jason meriterebbe tutto e anche di più, e ti giuro che mi detesto per questo, ma non posso comandarlo... Dio, sarebbe tutto così facile se potessi decidere io...» Sospiro e trattengo le lacrime a fatica, perché l'emotività sta venendo fuori, e ho bisogno di sfogare tutto questo malessere in qualche modo. 

«Vieni qui», dice Yuri, per poi avvicinarsi, allargare le braccia, e stringermi forte, fino a che cedo, e piango, in silenzio, tentando di lasciare andare qualcosa, perché non posso più trattenere tutto. «Non puoi più rimandare, Kate», dice il mio migliore amico dopo un po'. Mi allontano da lui, mi passo con forza le mani sugli occhi, tiro su con il naso, poi lo guardo, per vedere nel suo sguardo quello che già sapevo. «Devi lasciare andare uno dei due e devi farlo oggi stesso». 

*

Alla fine ho rimandato ancora, perché Jason era fuori città e non potevo certo comunicargli la mia decisione per telefono. Nei due giorni successi alla mia lunga chiacchierata con Yuri ho passato molto ore a riflettere su ogni aspetto di questa situazione, su ogni pro e contro, ho ponderato con attenzione ogni possibile conseguenza sia se scegliessi di restare con Jason, sia se dovessi lasciarlo. Ho tentato di immaginare la sua reazione e ho cercato di capire come mi sarei sentita sotto il suo sguardo, e adesso so qual è la cosa giusta da fare, la migliore per tutti.

Prendo una grande quantità d'aria - per l'ennesima volta stasera -, ma il fiato resta lì dov'è, perché il rumore della porta d'ingresso, che si sta aprendo, ha bloccato ogni mia attività: Jason è tornato e io non posso più rimandare.

«Ciao», gli dico, cogliendolo forse di sorpresa, perché la sua espressione sembra stranita.

«Ciao», risponde a voce bassa, «è tutto ok?», mi domanda osservandomi con attenzione. Lui sa che ho qualcosa da dire, mi conosce troppo bene.

«Sì, ti stavo aspettando», gli dico, per poi raddrizzarmi la schiena, seduta sul divano.

«Ok, vado solo a sistemare questa roba, mi faccio una doccia...»

«Jason?», lo interrompo, perché ho bisogno di farlo adesso, prima che il coraggio se ne vada di nuovo. Lui si ferma, tenendo saldamente il trolley, mi guarda serio, e sono certa che sappia cosa sta per succedere. «Possiamo parlare?»

«Kate...»

«Jason... ti prego... ho davvero bisogno di parlare con te...» Sta tentando di rimandare, come fa sempre, ma stavolta non posso permetterlo.

«È per lui, non è vero?», dice poi, facendomi congelare il sangue nelle vene.

Credo sia sparito ogni colore dal mio viso, perché sono sicura di sapere a chi si riferisca con quel lui. È la prima volta che lo dice apertamente, in passato aveva già accennato a Brant, ma l'aveva fatto in maniera più velata, stavolta l'ha messo direttamente al centro del discorso, e io, tra tutte le reazioni che avevo ipotizzato, questa non era assolutamente prevista. Mi trovo spiazzata, forse con l'espressione colpevole, perché è come se mi avesse colto sul fatto, anche se, materialmente, non ho mai fatto nulla, ma il mio cuore sa di essere dalla parte del torto, e questo mi porta a chiudermi.

«Jason, si tratta di noi, di nessun altro», dico poi, alzandomi in piedi.

«Quel noi non c'è più da quando è arrivato lui», afferma con un tono di voce duro.

«Jason...», faccio un passo verso di lui, ma mi fermo quando sento il tonfo del trolley sul pavimento. L'ha lasciato cadere con forza, per poi fare un passo verso di me.

«Perché non lo ammetti e basta, Kate! Credi davvero che non mi sia accorto di niente!? Credi mi sia bevuto la storiella della vostra amicizia!? Quando parli di lui il tuo viso si trasforma, Kate, come quando una volta parlavi di me...» Le sue parole si infilano tra le mie costole, arrivano al cuore, e si conficcano al centro del petto, come coltelli affilati, perché ha dannatamente ragione. «Ho provato a renderti felice in ogni modo, ho pensato a te in ogni istante, e lo faccio ancora perché ti amo da morire, Kate, ma a te non basta, giusto?» Lo guardo e resto in silenzio, incapace di ribattere alla cruda verità che lui mi sta sbattendo in faccia. «Che cos'ho sbagliato?»

«Niente... tu non hai sbagliato niente...» Sento una lacrima scendere sul mio viso, ma non ho la forza di bloccarla.

«Niente...», ripete con voce piatta, «ed è per questo che mi stai lasciando?» Tento di parlare, ma il fiato e la voce sembrano essere scomparsi dopo la sua affermazione. «Perché sono stato un fidanzato modello!? Perché non ho fatto altro che darti tutto!? Perché diavolo merito di essere buttato via come una fottuta seconda scelta!?» La sua voce si alza ad ogni frase che pronuncia come se quelle parole gli stessero raschiando la gola e io non ho la forza di rispondere, perché ha di nuovo ragione, e io cosa potrei dirgli? «Dio, Kate! Ho dato la mia vita per te, ho faticato come un pazzo per ottenere quella promozione, e l'ho fatto per noi... io... perché, Kate? ... perché?» La sua voce si abbassa, il velo di tristezza nei suoi occhi si trasforma in disperazione, e io resto ancora in silenzio, incapace di comunicargli la mia decisione. «Ho bisogno di prendere un po' d'aria», dice poi, distogliendo lo sguardo dal mio, quando si capisce che io non parlerò. Si avvicina alla porta, la apre, ed esce, sbattendola con forza.

Mi stringo nelle spalle e chiudo gli occhi a causa del forte rumore, poi resto in quella posizione, per un tempo che non so quantificare, sentendo il cuore sgretolarsi e le lacrime scendere copiose, fino a quando mi lascio cadere sul divano alle mie spalle, sul quale mi rannicchio, stringendomi le ginocchia al petto, nella speranza di poter sparire dalla faccia della terra, ma non succede.

Non era così che avevo previsto andasse questa discussione, non volevo vedere la delusione nei suoi occhi, non volevo sentire questo dolore, e non volevo che lui soffrisse ancora, invece ho fatto un altro disastro, l'ennesimo. 

Il suono del mio telefono mi fa scattare come una molla e corro a rispondere senza nemmeno guardare chi sia, convinta che Jason abbia avuto un ripensamento e voglia di nuovo parlarmi.

«Ehi!», rispondo quasi con affanno.

«Ehi! Che velocità!» Il mio cuore perde un battito nel sentire la voce di Brant.

«Ciao», non ho idea di come sia uscita la mia voce, al momento sono parecchio instabile.

«Questo ciao ha bisogno di aiuto...», dice lui, rendendosi subito conto del mio stato d'animo, «sono atterrato un paio d'ore fa, ci vediamo per bere una cosa?» Brant è stato via una settimana per lavoro, una settimana durante la quale non ho fatto altro che frantumare il mio cervello in ogni occasione.

«Io... non...» Non è il momento, lo so bene, ma quando si tratta di lui, la mia irrazionalità prende il sopravvento, e vorrei tanto poter dire di no, sto costringendo la mia lingua a farlo, ma quelle due letterine faticano sempre ad uscire quando si tratta di Brant.

«Ti prego, non dirmi di no, mi sei mancata da morire in questa settimana e ho una gran voglia di vederti...» E quando dice queste cose, io non ho più alcun potere su me stessa, perché dipendo totalmente dalla mia voglia di lui. Non è giusto, lo so, ma sto cercando di vederla come l'occasione per dirgli addio, perché questa sarà l'ultima volta in cui ci vediamo in questo modo, con ogni probabilità, una delle ultime volte in cui ci vedremo.

«Va bene», rispondo alla fine, decisa a portare a termine la mia decisione.

Con Jason è stato difficile parlare, perciò ho deciso che non lo farò con Brant, lo saluterò e basta, e lui non saprà che è un addio.  
 

§§§§§§§§§§§§§

 

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Siamo agli sgoccioli ormai, anche questa storia sta per volgere al termine, Kate ha preso una decisione, ora non resta che comunicarla a Jason che, del tutto comprensibilmente, non ha avuto voglia di stare a sentire cos'avesse da dire, immaginando già cosa fosse, ma era davvero quello che lui si aspettava?

Kate ha deciso di dire addio a Brant, senza però dirglielo, ci riuscirà?

Vi aspetto al prossimo aggiornamento!

Eeeee niente, buona lettura 😍

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Capitolo 38
*** Sei una pessima bugiarda ***


Brant

Esco dalla doccia e indosso la biancheria pulita, poi un paio di jeans, camicia, maglioncino e giacca di pelle. Sono quasi pronto per uscire con Kate, che non vedo da una settimana, e non capisco perché mi sia mancata così tanto in questi giorni. Non ha importanza adesso, perché la vedrò tra poco.

Volevo passare a prenderla, ma ha preferito che ci vedessimo direttamente al pub. Nemmeno questo importa, perché tra meno di mezz'ora sarò con lei.

«Vai via di nuovo?», mi chiede Zach, mentre mi infilo le scarpe davanti all'ingresso.

«Esco con Kate», rispondo distrattamente, senza nemmeno rendermene conto.

«Quella Kate è davvero una santa!», esclama lui divertito, spaparanzato sul divano, a strafogarsi di patatine.

«E perché?», gli domano, infilando in tasca il cellulare e le chiavi.

«Perché esce ancora con te dopo che ti sei scopato la sua collega». Alzo gli occhi al cielo per le parole del mio coinquilino.

«Kate non è quel genere di donna, non le importa di chi mi scopo, e poi siamo amici, te l'ho già detto, perché non lo capisci?» rispondo frustrato.

«Kate è una donna, non può restare indifferente al fatto che ti fai la sua collega dopo esserle stato così appiccicato per tutto questo tempo, sei tu che non capisci». Scuoto la testa e ruoto gli occhi: Zach non conosce Kate, non può sapere cosa le passa per la testa. Lei è innamorata del suo fidanzato, cosa dovrebbe importarle di chi mi porto a letto?

«D'accordo, sapientone, adesso, però, me ne vado, resta pure con le tue patatine». Il mio amico dice qualcos'altro di incomprensibile con la bocca piena, poi esco, chiudendomi la porta alle spalle, per raggiungere la mia auto e andare al locale dove abbiamo appuntamento.

Le parole di Zach mi risuonano nella testa per tutto il tragitto, ma non può essere come dice lui, Kate non ha alcun interesse per me, lei è felice, e io ho quello che voglio, stiamo tutti bene, giusto?

Sento una vocina nella mia testa, probabilmente la mia coscienza, ma non riesco a sentirla, o forse non voglio, così continuo a guidare, scacciando quei pensieri, man mano che mi avvicino alla mia destinazione, fino ad avere la mente completamente vuota una volta che trovo parcheggio. Sono in anticipo, ma non voglio farla aspettare, così entro e prendo posto. Kate arriva dopo una decina di minuti: la vedo e mi sento subito meglio, senza più pensieri a disturbare questo momento.

Indossa un paio di jeans attillati e il suo cappotto chiaro, poi nota il mio braccio alzato e sulle sue labbra si apre un grande sorriso, ma quando si avvicina vedo una luce strana nei suoi occhi, qualcosa che non avevo mai visto prima. Mi alzo e faccio il giro del tavolo per raggiungerla non appena lei è di fronte a me, le metto una mano su un fianco e mi avvicino, per lasciarle il solito bacio sulla guancia.

«Ehi, è tutto ok?», le domando, quando la sento irrigidirsi.

«Sì, certo, e tu? Hai fatto buon viaggio?» Cambia discorso, ed è ovvio che non sia tutto ok.

«Terribile, se esiste una lista di tutte le cose peggiori che ti possono capitare in un viaggio aereo, l'ho compilata io, oggi». Sono riuscito a farla sorridere, anche se è un sorriso tirato, ma ho intenzione di vederla di nuovo serena entro la fine della serata.

«Bambini?», mi domanda, conoscendo bene la mia repulsione per quei piccoli esseri fastidiosi.

«Due», rispondo, lasciando che prenda posto, poi mi siedo anch'io, di fronte a lei, «fratello e sorella, che hanno litigato per tutto il tempo in cui sono rimasti svegli». Lei ride mentre si toglie il cappotto per appenderlo allo schienale della sedia, ma c'è ancora quel velo di tristezza nei suoi occhi e la cosa non mi piace per niente.

Quando sono partito era serena, felice, vorrei proprio sapere cos'è successo in questi giorni in cui sono stato via.

«Ma almeno sei stato tranquillo se hanno dormito un po'», afferma divertita.

«No, perché fino a che quei due indiavolati dormivano, il vecchietto accanto a me ha dato di stomaco un numero infinito di volte, credevo sarebbe morto da lì a poco». Ride, stavolta ride, e io mi sento un po' meglio.

«Almeno il lavoro è andato bene?» Poggia entrambi i gomiti al bordo del tavolo, poi posa il mento sulle mani che ora le incorniciano il viso, e mi guarda in maniera strana: non è triste, non è felice, è strana, come mai l'ho vista prima di stasera, e il suo sguardo mi provoca una strana sensazione, qualcosa che non so identificare, perché non l'ho mai provato in tutta la mia stupida vita.

«Sì, fortunatamente Jeff...»

«Joseph!», mi interrompe all'improvviso, alzando la voce, ma sta ridendo.

«Fa lo stesso, è sempre lo stesso stronzo...», dico, togliendomi anch'io la giacca. «Dicevo che fortunatamente Jeff è stato al suo posto e mi ha lasciato concludere i miei contratti senza intromettersi». Mi ascolta con attenzione, ma c'è sempre quella piccola luce nei suoi occhi, che non avevo notato prima, ma non sembra qualcosa di positivo.

«Non hai bisogno di metterti in competizione con lui», mi dice, restando con gli occhi fissi nei miei, e l'intensità del suo sguardo sembra essere totalizzante, tanto che non ricordo nemmeno più che ci sono altre persone qui dentro.

«A dire la verità è lui che si mette in competizione con me». Poi silenzio, lei mi guarda, io guardo lei, e so che stiamo parlando, senza emettere alcun suono, ma lei mi sta comunicando qualcosa, che però la parte razionale di me non riesce a capire. Il suo messaggio sta arrivando, solo che la mia stupidità non mi permette di tradurlo.

«Volete ordinare?» La voce della cameriera mi distoglie dal mio vuoto mentale e mi riprendo a fatica da questo momento.

Ordiniamo entrambi una birra, poi la ragazza si allontana, a quel punto torniamo a parlare più serenamente, nonostante nei suoi occhi persista quello sguardo indecifrabile, un misto tra tristezza e gioia, solo che non ho capito qual è il sentimento che prevale, e nemmeno se è a causa del suo fidanzato, che sta così.

Arriva la bottiglietta di birra e lei sembra aggrapparsi a quel pezzo di vetro con ogni energia, non smette di guardarmi negli occhi nemmeno per un secondo, forse ha persino smesso di sbattere le palpebre, però ride, più rilassata ad ogni minuto che trascorriamo insieme. Mi rendo conto che durante questa settimana mi è mancata molto più di quanto avessi immaginato e mi piace oltremodo restare con lei, a questo tavolo, senza nessun altro intorno - perché non vedo nessuno intorno a noi.

La sua voce e la sua risata mi riempiono il cuore e gli occhi, non importa se risulterò un idiota che continua a fare battute stupide, che racconta cazzate, e si prende per il culo da solo, perché lei ride, e non c'è altro che vorrei di più in questo momento. Non ho ancora capito cosa le stia passando per la testa, ma è ovvio che abbia bisogno di me, del suo migliore amico, che la tiri su di morale in ogni modo, in ogni istante, in ogni situazione, e io so farlo meglio di chiunque altro.

È con questo spirito che trascorriamo la serata e ho provato in ogni modo a far sparire quel velo di preoccupazione che è rimasto nei suoi occhi, ma è come se fosse un'ultima barriera inespugnabile, come se non potessi abbatterla in alcun modo, e giuro che ho dato fondo a tutte le mie risorse per farlo.

«Forse è il caso di andare», dice lei, sbloccando il suo cellulare, forse per controllare l'orario, forse per verificare se mister perfezione l'abbia cercata, non lo so, ma ora sembra di nuovo distante.

«Di già?», le domando, pur non avendo la minima idea di quanto tempo sia passato da quando ci siamo seduti a questo tavolo; a me sembra passata poco più di mezz'ora.

«Devo tornare a casa», dice, con un tono di voce decisamente più triste.

«Qualcosa non va?» le domando, portando una mano sulla sua, ancora posata sul suo telefono.

«Ho passato una serata meravigliosa e tu sei un perfetto angelo custode», dice ancora, scuotendo leggermente la testa, per poi sorridermi, ma è un sorriso triste, come lo è la sua voce e il suo sguardo.

«E tu sei una pessima bugiarda», tento di sorridere, ma ora è come se avessi assorbito la tristezza di Kate, perché la sento nel mio cuore.

«Ho detto la verità, Brant, sono stata benissimo stasera, tu riesci sempre a farmi stare bene». C'è qualcosa che mi sfugge, che non riesco ad interpretare, ed è frustrante da morire. Non voglio chiederglielo ancora, se avesse voluto parlarmene l'avrebbe già fatto e non voglio essere rompipalle, ma è chiaro che non sta bene, e forse per colpa del suo perfetto fidanzato.

«Non sei credibile, Kate, non stasera». Lei non aggiunge altro, poi si alza in piedi per indossare il suo cappotto.

Imito i suoi gesti, pago il conto – e stranamente non protesta – poi usciamo. L'accompagno alla macchina, la osservo salire, restando appoggiato alla portiera, aspettando che metta in moto, ma quando gira la chiave non succede niente.

«Credo ci sia qualcosa che non va», dice, per poi riprovare ad accende l'auto, ma ancora nulla, il motore resta silenzioso.

«Fai provare a me». Scende, mi metto al volante, ma non appena giro la chiave capisco subito che la batteria si è scaricata. «Credo che dovrai lasciarla qui, ti porto io a casa, poi verremo a recuperarla domani, quando usciamo dall'ufficio», le dico, spiegandole la situazione, per poi scendere dalla sua auto e consegnarle le chiavi.

«Merda!» Si passa con forza una mano sulla fronte, poi sospira pesantemente.

«Ti do un passaggio io, non è un problema, Kate», le dico, senza capire perché sia tanto turbata.

Lei mi guarda incerta, come se non volesse accettare, e poi penso che forse lui le ha fatto problemi per uscire con me e magari non vuole farsi vedere nella mia macchina, ma poi parla, interrompendo tutti i miei pensieri.

«Ok», dice rassegnata, «portami a casa».

Appoggio una mano sul fondo della sua schiena, per invitarla a seguirmi, arriviamo alla mia auto, e saliamo a bordo. Il tragitto è silenzioso e io ho una strana sensazione, qualcosa che non mi piace affatto.

Arrivati a destinazione, lei si sgancia lentamente la cintura, poi si volta verso di me ancora più lentamente, il suo sguardo è ancora più triste e io non so come sentirmi a riguardo.

«Grazie, Brant», dice a voce così bassa, che quasi fatico a sentirla.

«E di che, è solo un passaggio», rispondo.

Lei mi guarda ancora per un attimo, poi mi sorride. «Ciao», dice con lo stesso tono, poi apre la portiera e scende, camminando verso l'ingresso del suo condominio senza più voltarsi indietro, mentre io resto a guardarla, con la sensazione che questa sia stata l'ultima volta che ci siamo visti.

Ed è una sensazione che detesto da morire, perché questo mi è sembrato un fottutissimo addio.
 

§§§§§§§§§§§§ 

 

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone! Siamo proprio arrivati alla fine. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo e io voglio ringraziare davvero con tutto il cuore le mie tre lettrici fidate, che sono ancora qui con me, quindi grazie!

Eeeee niente, buona lettura 😍

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Capitolo 39
*** Quando? ***


Kate

«Grazie mille, è stato un piacere lavorare qui». Lo dico perché lo penso davvero e non solo per circostanza.

«È stato un piacere per noi averla a bordo e, se dovesse cambiare idea, saremo lieti di poterla avere ancora tra i nostri dipendenti». Sorrido al capo del personale mentre gli stringo la mano, dopo essermi alzata in piedi.

«Allora... Arrivederci...»

«Arrivederci, signorina Cooper». Afferro la copia delle dimissioni che ho appena firmato, esco da quell'ufficio che ho visto per l'ultima volta e resto appoggiata alla porta chiusa, stringendomi al petto quei fogli: tra pochi giorni non metterò più piede qui dentro e non vedrò più nessuno di loro.

Nessuno.

È stata l'unica decisione che potevo prendere, la più sensata, perché ora che ho ammesso a me stessa quello che provo per Brant, non posso più restargli accanto, né come amica, né come collega, né in qualunque altro modo. Mi sono innamorata di lui - che non mi vede nemmeno - e questo sentimento a senso unico sta facendo soffrire una persona davvero importante per me e non posso più permettere che avvenga. Jason merita un'altra opportunità e la merito anche io. Dicono "lontano dagli occhi, lontano dal cuore" e io spero che sia davvero così; per questo motivo ho dato le dimissioni, per allontanarmi da Brant, e dare a me e Jason la possibilità di essere felici.

È stata una decisione sofferta, ma necessaria, ponderata, e presa senza ombra di dubbio, mentre salivo le scale per arrivare al mio appartamento, dopo l'ultima serata trascorsa con Brant.

*

I piedi sembrano più pesanti mentre mi trascino su per le scale: casa mia è a pochi gradini da me, lì dentro c'è tutta la mia vita, mentre quella che ho lasciato in quella macchina, con quel ragazzo dagli occhi azzurri, è solo una farsa, che fa soffrire me e la persona che mi è stata accanto negli ultimi anni, colui che mi ha messa costantemente al primo posto, rendendomi il centro della sua vita. Non posso più deluderlo, non posso più fare del male a me stessa. I gradini sono terminati, sto per rientrare nella mia vita, dove non c'è posto per lui, ed è per questo che devo lasciarlo andare, stavolta per sempre.

Inserisco le chiavi di casa nella serratura, apro la porta nella speranza che Jason sia già tornato, ma l'appartamento è al buio: lui non c'è.

Richiudo la porta, mi spoglio per cambiarmi, mi do una rinfrescata, poi vado a sedermi sul divano per aspettarlo: non posso andare a dormire senza avergli parlato, senza avergli detto che sono tornata da lui.

Accendo la televisione, abbasso del tutto il volume, poi controllo l'orario sul cellulare: è quasi mezzanotte, di Jason non c'è traccia, non mi ha chiamata, ma potrei provare io a farlo. Sblocco il display e faccio partire la chiamata, ma riaggancio subito quando a rispondermi è la segreteria telefonica.

Ripongo il telefono accanto a me, mi stringo le ginocchia al petto e fisso lo sguardo sullo schermo del televisore, seguendo senza alcun interesse le immagini che si susseguono silenziose, senza vederle davvero, con l'unico intento di restare sveglia fino a che Jason non farà ritorno a casa.

Voglio soltanto vederlo tornare, vederlo entrare in casa, e non importa se sarà arrabbiato, o deluso, o furioso con me, quello che conta è che Jason torni qui, a casa sua, e che riprenda la vita che gli spetta. Glielo devo, è il minimo per quello che lui ha sempre fatto per me, per noi, per il nostro futuro, ed è ora che io smetta di rinnegare tutto il mio passato.

Mi preparo una tazza di tè, torno sul divano, vado a dare uno sguardo alla finestra, mi rannicchio di nuovo sotto al plaid, mi alzo ancora, per bere un po' d'acqua, poi mi siedo sul tappeto, mi tiro su in piedi, e vado avanti così per un paio d'ore, a vagare per casa, nel tentativo di far passare più in fretta il tempo, ma non funziona, perché ho sempre il cellulare in mano, per controllare l'orario, o se mi ha scritto, o faccio partire l'ennesima chiamata, senza successo, fino a che - intorno alle tre del mattino - sento girare le chiavi nella serratura.

Trattengo il fiato, mentre la porta si apre lentamente, poi lo vedo, e torno a respirare: Jason sta bene, è tutto intero, almeno esteriormente, per il resto so di avergli spezzato il cuore, ma ho intenzione di rimediare.

Resta appoggiato alla superficie di legno non appena si accorge di me, seduta ancora sul tappeto, che lo guardo senza fiatare, tiene le mani dietro la schiena e gli occhi su di me, ma non ho idea se mi stia vedendo realmente. Il suo sguardo è vuoto, le spalle basse, e io vorrei poter avere una spugna in grado di cancellare le ultime ore, o gli ultimi mesi.

«Sei qui», dice lui, senza muoversi dalla sua posizione.

«Questo è il mio posto», rispondo, senza distogliere lo sguardo.

Mi guarda ancora, gli lascio il suo tempo; si allontana dalla porta dopo un po', posa le chiavi sul mobiletto, toglie il cappotto, poi le scarpe, infine cammina verso di me, si piega sulle gambe, poi si siede anche lui sul tappeto. So che dovrei dire qualcosa, anche perché ho delle cose da dire, ma il suo sguardo mi ha tolto il fiato e la sua mano che si è appena posata sul mio viso, ha distrutto ogni mia capacità cognitiva. È una carezza leggera, delicata, tramite la quale i miei sensi di colpa sembrano diventare sempre più pressanti.

«Non c'è niente che non farei per te». La sua voce è bassa e le sue parole non fanno che peggiorare il mio stato d'animo già messo a dura prova.

«Non c'è bisogno che tu faccia niente, Jason», gli dico, portando una mano sulla sua, «è arrivato il momento che faccia io qualcosa per te...» Mi osserva attento a cogliere ogni parola, ogni espressione. «Domani darò le dimissioni, cercherò un altro lavoro e ricominceremo da capo».

«Kate...»

«No, Jason», lo interrompo, «lasciami finire. Avrei voluto dirtelo prima, ma... ma non ci sono riuscita. Adesso lasciami parlare». La sua mano è ancora sul mio viso, la mia a stringere la sua, e i miei occhi si fanno via via più lucidi, mentre cerco di richiamare a raccolta tutte le forze necessarie per portare a termine ciò che mi sono proposta. «Noi due meritiamo un'altra opportunità, abbiamo investito tanto nel nostro rapporto e non voglio buttare all'aria tutto quello che abbiamo costruito finora...», i suoi occhi sono più profondi e forse vorrebbe dire qualcosa, ma mi lascia parlare ancora, «quindi ho deciso di allontanarmi da qualsiasi cosa mi abbia tenuta lontano da te, perché voglio ritrovarti, voglio concentrarmi solo su di noi, su di te...» La voce si spegne all'improvviso quando le sue dita scorrono lente sulla mia guancia.

«Io ti amo Kate, ti amo da impazzire, e non c'è niente che vorrei più di questo...», la sua voce trema, le mie lacrime iniziano a scendere. «Giurami che non c'è stato niente con lui». Sento la speranza e la disperazione nella sua voce.

«Non c'è stato mai niente, Jason, niente... te lo giuro...» Rafforzo la presa della mia mano sulla sua, mentre le sue dita cercano di fermare le mie lacrime.

Lo guardo ancora e so che avrebbe voluto aggiungere altro, ma non lo fa, e non so se sia un bene oppure no, forse dovrebbe riuscire a togliersi ogni peso che ha sul cuore, invece resta in silenzio, senza quasi sbattere le palpebre, forse sperando che questo sia un brutto sogno.

«Questi saranno gli ultimi giorni che trascorrerò lì», continuo, «nel frattempo cercherò un altro lavoro, magari più vicino a casa, e farò in modo che tutto torni come prima».

«Uscirai ancora con lui?», mi domanda con voce bassa.

«No, Jason, andrò soltanto a lavorare. Sei tu l'unico con cui voglio stare». Non sto mentendo, se ragionassi solo con il cervello, ma se pensassi con il cuore starei dicendo la più grande menzogna di sempre, perché io sono innamorata, e non è di Jason il mio cuore.

So che, se voglio fare funzionare questo rapporto, devo chiudere Brant in un angolo e sperare che il tempo faccia sparire questo sentimento; devo provare a dimenticarmi di lui. Devo. «Sono stata una stupida, mi dispiace...» Mi guarda ancora, le lacrime riprendono a scendere, le sue dita sul mio viso cercano di contrastarne la caduta, poi ne vedo scendere una dai suoi occhi e non posso trattenermi.

Porto una mano sulla sua guancia, poi è un attimo: lui mi tira a sé e mi bacia. È un bacio salato, bagnato dalle mie lacrime, un bacio disperato, nel quale sta riversando tutto il suo dolore. Mi stringe di più, mi avvicino ancora, e finisco a cavalcioni su di lui, che tiene entrambe le sue mani sul mio viso, le mie tra i suoi capelli, mentre cerco di azzerare la mente e dedicarmi completamente a lui.

Non avrei mai voluto che succedesse tutto questo, devo tentare di riportare le cose a com'erano mesi fa, quando eravamo innamorati e felici. Mi concentro su quello, ripenso alle nostre prime volte quando sento le sue mani infilarsi sotto la mia maglia, cerco di ricordare le sensazioni che provavo quando c'era solo Jason ad occupare i miei pensieri, i miei sogni, quando mi sfilava lentamente la maglia, come sta facendo ora. Ripesco dalla mia mente ciò che sentivo mentre ero io a spogliare lui, a cosa succedeva al mio corpo quando le nostre mani esploravano il corpo dell'altro, come sta avvenendo ora, mentre lascio che lui trovi il conforto di cui ha bisogno, mentre anche io cerco lo stesso conforto in lui, tra baci disperati, urgenti, movimenti cauti, delicati, via via più frenetici, per ritrovarci nudi, sul tappeto del salotto, a cercare il calore di cui abbiamo bisogno, senza parlare, senza guardarci, solo toccandoci e perdendoci nel corpo dell'altro, mentre illudo me stessa, e lui, che tutto questo possa davvero funzionare.

*****

Brant

Spengo il computer dopo aver ricontrollato le ultime due bozze del contratto Nelson, abbasso le maniche della camicia, abbottono i polsini, poi mi alzo in piedi, e mentre sto per indossare la giacca qualcuno bussa alla porta.

«Avanti!», dico a voce alta.

Si apre lentamente, poi compare il viso di Kate, con un sorriso strano, lo stesso che aveva ieri sera.

Il suo atteggiamento mi confonde: credevo che stesse meglio, oggi l'ho vista sorridente, più serena, poi, però, non ha voluto venire a pranzo con me dicendo che doveva terminare del lavoro. Al ritorno dalla pausa - che alla fine ho trascorso con Megan - Kate era ancora di buon umore, tranquilla, e anche quando sono riuscito a convincerla a prendere un caffè mi sembrava stesse bene, quindi dev'essere successo qualcosa in queste ultime due ore in cui sono stato chiuso nel mio ufficio.

«Stai andando via?», mi domanda, raggiungendomi alla scrivania.

«Sì, ho appena finito. Ti accompagno a recuperare la macchina?», le domando, ripensando al fatto che ieri sera la batteria della sua auto si è scaricata e le avevo detto che stasera l'avrei aiutata a recuperarla.

«Non serve, ho chiamato un carroattrezzi...», sembra voglia dire altro, ma non lo fa e posa sulla mia scrivania il foglio che stava tenendo tra le mani.

«Che cos'è?», le chiedo, prendendo per leggerne il contenuto.

«Vado via, Brant». Alzo la testa di scatto su di lei, quando sento le sue parole, giusto nel momento in cui ho letto la parola "dimissioni".

«Cosa!?» Il mio tono di voce si alza e mi sento parecchio confuso. «Perché?» È come se stessi lentamente sprofondando nelle sabbie mobili e non potessi in alcun modo liberarmi.

«Ho bisogno di... di avvicinarmi a casa, lavorare qui mi sta portando via troppe energie...» Il sorriso che ha sulle labbra è il più finto che le abbia mai visto e non riesco a capacitarmi di questa sua decisione.

«Ci siamo visti ieri sera e non me l'hai detto...» Non può averlo deciso all'improvviso, una decisione come questa non può nascere da un giorno all'altro, a meno che non ci sia stato qualcuno che l'abbia spinta a farlo.

«Perché non ne ero ancora sicura, io e Jason ne abbiamo parlato e... e ho deciso...» Non riesco a reagire a questa doccia gelata.

«Non puoi andartene, Leen, io cosa faccio senza di te?» Le parole escono da sole, provocandole una piccola risata, ma io non riesco a trovarci niente da ridere.

«Non hai bisogno di me, Brant, te la cavi benissimo da solo, specialmente ora che sei riuscito a conquistarla». Non riesco ad interpretare il tono della sua voce, non riesco ad interpretare un bel niente in realtà. Mi sento già perso al pensiero di non vederla più girare tra questi corridoi.

«Certo che ho bisogno di te, sei l'unica vera amica che abbia mai avuto». È strano come, oggi, quella parola, abbia un gusto strano, non appena lascia le mie labbra.

«Andrai alla grande, hai in pugno Megan, Joseph, e tutto il resto, te la caverai perfettamente anche senza di me». Vorrei dirle che non mi interessa avere tutto questo, non senza di lei al mio fianco, eppure non riesco a farlo, perché l'unica cosa che riesco a chiederle è un'altra.

«Quando?»

«Il tempo di trovare qualcuno che mi sostituisca». Sento che sta scappando ed è una sensazione orribile.

«Non c'è modo che cambi idea?» Non voglio che se ne vada, non voglio perderla.

Lei scuote leggermente la testa, al di là della mia scrivania, mentre io sono ancora fermo in piedi, davanti alla mia sedia girevole, incapace di muovermi, osservandola con attenzione: la conosco bene e so che non è ciò vuole, dev'essere stato lui a convincerla a licenziarsi, perché l'espressione che ha in questo momento non è affatto felice, e quello che leggo nei suoi occhi mi dice che non è davvero quello che vorrebbe fare.

«No, Brant, ho già preso la mia decisione». Le sabbie mobili che mi stavano inghiottendo lentamente scompaiono, al loro posto si apre, improvvisa, una voragine, nella quale scivolo, senza possibilità di aggrapparmi da nessuna parte per poter restare in superficie.

«Kathleen...», riesco a dire solo il suo nome quando faccio il giro della scrivania, per stringerla tra le braccia, e vorrei che non potesse più liberarsi.

Non sta per andare sulla Luna, nemmeno dall'altra parte del mondo, e neppure mi ha detto che non ci vedremo mai più, eppure il mio cuore mi sta urlando che questo è un addio, uno straziante e doloroso addio: Kate mi sta lasciando e mi detesto perché l'unica cosa che riesco a fare è abbracciarla.

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Siamo arrivati alla fine di questa storia, ci sarà ancora l'epilogo, nel quale avremo dei brevi flash che ci porteranno fino al sequel.

Come si dice "non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire" e loro due non hanno solo il prosciutto nelle orecchie, ma anche negli occhi e, cosa peggiore, sul cuore. Stanno continuando a mentire a loro stessi, compreso Jason, che pur sapendo che lei ha smarrito la strada, finge di credere che tutto possa sistemarsi.

Stanno lottando contro qualcosa che non può essere combattuto, tantomeno vinto, perché l'amore, quello vero, non puoi contrastarlo, né con la ragione, né con nient'altro. L'amore è lì, nel loro cuore, devono solo trovare il coraggio di accettarlo.

Grazie ancora a chi mi ha accompagnato durante questo viaggio. Grazie ❤️

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 40
*** Epilogo ***


Una settimana dopo

Kate

Il telefono vibra un paio di volte, lo ignoro, come ho fatto per tutta la settimana. È un messaggio, so anche di chi è, ma sono diventata brava nel nascondermi dietro alle scuse. Jason è appena andato sotto la doccia e io non prenderò in mano quel cellulare per rispondergli.

Lui non è la mia priorità e mai avrebbe dovuto esserlo, così mi giro nel letto, dando le spalle al comodino, infilo un braccio sotto al cuscino di Jason e chiudo gli occhi, concentrandomi sul silenzio di questa stanza e sullo scrosciare dell'acqua che arriva dal bagno. Ci sono io, c'è il mio fidanzato, a casa nostra, il resto è lì fuori, e non mi riguarda più.

Brant

Il sole sta sorgendo adesso, sono uscito prima dell'alba stamattina, per correre prima ancora che spuntasse il sole: non riuscivo a dormire, non riesco a farlo decentemente da un paio di settimane. Sono nervoso e perennemente insoddisfatto.

Da quando Kate se n'è andata dall'ufficio tutto sembra diverso, come se le cose avessero meno gusto, meno significato, meno importanza. Non ha nemmeno voluto che le organizzassi qualcosa per il suo ultimo giorno di lavoro, dicendo che non c'era niente da festeggiare. Ho acconsentito alla sua richiesta perché mi sono trovato d'accordo con lei sul fatto che non ci fosse nulla da festeggiare, ma speravo di riuscire ad uscire soltanto noi due. Mi ha negato anche quello, credo abbia dei problemi con Jason, è sicuramente a causa sua se si è licenziata. Mi evita da giorni, inventa scuse per non parlarmi e io inizio a pensare che forse dovrei lasciarla in pace, solo che non ci riesco.

*******

Due settimane dopo

Kate

Chiudo gli occhi e respiro lentamente dopo aver chiuso lo sportello dell'auto. Jason sta per prendere posto sul sedile del guidatore e io sospiro prima che lui salga.

Siamo stati a pranzo dai miei, mamma era felice di vederci di nuovo insieme e io le ho mostrato il mio miglior sorriso, per dimostrarle che va tutto bene. L'ho aiutata a sistemare la cucina mentre Jason guardava la partita con papà, nel più normale dei pranzi domenicali in famiglia.

Tutti sono più tranquilli da quando ho cambiato lavoro, specialmente Jason, che sorride mentre si siede al volante.

«Ti va una passeggiata a Primrose Hill prima di tornare a casa?», mi domanda prima di mettere in moto.

«Certo», rispondo, sorridendo a mia volta, poi infilo una mano nella borsa, per prendere un fazzoletto, ma la tolgo subito, come se mi fossi appena bruciata, quando sento il mio telefono vibrare.

Brant

Mi giro a pancia in su; questo letto è dannatamente scomodo, apro gli occhi e li tengo fissi sul soffitto bianco, noiosamente bianco, illuminato solo dalla debole lampada sul comodino. La ragazza al mio fianco si muove appena - non so nemmeno come si chiama - e mi alzo, nonostante fuori sia buio pesto. Mi rivesto, poi esco dall'appartamento senza fare rumore, inspiro profondamente, e cerco di orientarmi per capire dove sono.

Resto di sasso quando mi rendo conto che dall'altra parte della strada c'è il locale dove io e Kate abbiamo passato la nostra ultima serata insieme. Quando sono arrivato qui, qualche ora fa, non me n'ero accorto.

Mi spunta un sorriso amaro sulle labbra e non posso evitare di farlo: prendo il telefono, sblocco il display e apro la conversazione con lei nell'app di messaggistica. Digito e invio. Non so se risponderà, sono le tre del mattino e sicuramente starà dormendo.

Buonanotte Leen

Blocco di nuovo il telefono e sto per rimetterlo in tasca, ma torno immediatamente a guardarlo quando lo sento vibrare tra le dita. Apro il messaggio e sorrido, stavolta davvero.

Buonanotte Brant

*****

Un mese dopo

Kate

Scendo dall'auto dopo aver parcheggiato: oggi è il mio primo giorno del nuovo lavoro e sono emozionata come una bambina alle prese con un giocattolo nuovo.

Prendo il cellulare dalla borsa e faccio per spegnerlo, quando vedo un messaggio, ancora, l'ennesimo. A volte rispondo, il più delle volte lo ignoro, e questa è una di quelle: tengo premuto il pulsante dello spegnimento, un'ultima vibrazione, poi lo schermo diventa nero, i miei pensieri restano i prigionieri di circuiti, schede di memoria, e pixel: deve stare fuori dalla mia testa, è per questo che sto rivoluzionando la mia vita... deve...

Mi avvio all'ingresso dell'agenzia viaggi, respiro a fondo, poi entro e sorrido alla ragazza che mi sta aspettando, forse la mia nuova collega, forse un nuovo inizio.

Brant

Ho firmato, è deciso: dal mese prossimo non sarò più tra queste mura che mi hanno visto spesso parlare con lei, non prenderò più il caffè a quelle stupide macchinette, alle quali, ultimamente, ero sempre da solo, e non vedrò più le facce di questi colleghi.

Cambio lavoro, cambio azienda, cambio casa, cambio vita, cambio...

C'è stato un brusco calo nel mio umore nell'ultimo mese, mi sento perennemente insoddisfatto, come se mi mancasse qualcosa, così ho pensato di rivoluzionare tutto, e forse troverò un nuovo equilibrio, o comunque ho la possibilità di cercare altrove, perché sto iniziando a detestare questo posto.

*****

Tre mesi dopo

Kate

Giro e rigiro l'anello al mio anulare, quello che mi ha regalato Jason per il nostro fidanzamento, e sembra diventare più pesante ogni giorno che passa, un peso sul cuore, che opprime il battito, la circolazione, arrivando a fermare l'ossigenazione di tutto il mio corpo, fino al mio cervello, dove i pensieri si accumulano, si ingarbugliano, diventando una matassa inestricabile, dalla quale non riesco quasi più a liberarmi.

Ho iniziato ad accantonarli in un angolo, illudendomi che sarei riuscita a nasconderli a me stessa, ma sta diventando difficile gestirli e frenarli. Devo assolutamente trovare un modo per farlo, o tutto ciò che ho fatto finora non sarà servito a nulla. 

Scaccio via quei pensieri, li spingo in fondo, più in fondo che riesco, poi mi alzo dal bordo della vasca, sul quale sono seduta da almeno dieci minuti, tolgo l'anello, mi lavo le mani, le asciugo, poi lo infilo nuovamente al mio anulare, infine esco dal bagno per tornare in cucina, dove il tavolo è già apparecchiato, la cena già pronta, devo solo sedermi accanto a lui e impegnarmi di più, ancora di più, per riuscire a renderlo felice.

Brant

L'ennesima serata, l'ennesima bevuta, l'ennesima scopata, con l'ennesima ragazza che, per uno strano scherzo del destino si chiama Kate, ma non Kathleen, solo Kate, una delle tante grandi differenze con la mia Kate.

Ho smesso di cercarla, lei ha smesso di rispondermi, forse è felice, forse no, forse dovrei tornare di là, in quel letto che non mi appartiene, con una ragazza anonima, tranne che per il nome, magari dovrei spegnere i pensieri con un secondo round, forse servirebbe, o forse no, ma la testa smetterebbe di essere incasinata, almeno per un  po'.

Tiro l'acqua del gabinetto, mi lavo le mani, esco da questo bagno, e torno da Kate, un'altra Kate, che non ha niente a che vedere con la mia, ma che può servire allo scopo.

*****

Un anno dopo

Kate

I tentativi sono stati innumerevoli, ho perso il conto di quante volte mi sono svegliata la mattina convinta che sarei riuscita ad aggiustare tutto, che avrei rimesso a posto tutti i pezzi - i miei e i suoi - che gli avrei rivisto quel sorriso sulle labbra, che i suoi occhi si sarebbero illuminati ancora, invece non ho fatto che deluderlo, giorno dopo giorno, mese dopo mese, e ora, a distanza di quasi un anno, non c'è niente per cui valga la pena lottare. Ho distrutto tutto, ho distrutto lui, che non lo meritava affatto.

Ho provato ad essere la Kate che ha conosciuto, ho tentato di dargli ciò che ha sempre meritato, ho cercato di essere quella che lui voleva, ma ho fallito, e ora il suo cuore è a pezzi, in milioni di pezzi, a causa mia, e fa male da morire, perché non merita di soffrire in questo modo, dovrei essere soltanto io a farlo.

Lo so che se n'è accorto, si accorge sempre di come sto: nell'ultimo periodo abbiamo smesso di parlare, di farlo davvero. Ci siamo limitati a convivere, come due estranei, e abbiamo finto che le cose potessero funzionare. Non ha detto niente, ha tenuto duro fino ad ora, ma non posso più fargli questo.

Mi volto a guardarlo, i suoi occhi sono persi nel vuoto, mentre fissa un punto definito di fronte a sé, le dita strette intorno al volante, la mascella serrata e le spalle tese. Non sono riuscita ad aspettare il rientro a casa e siamo fermi in auto, in una piazzola di emergenza, sulla strada del ritorno, dopo una cena dai miei. Stasera mi sono sentita soffocare, la gola stretta in una morsa, lo stomaco sottosopra, la mente risucchiata da un vortice inarrestabile...

Ho trattenuto tutto per troppo tempo, talmente a lungo, e con così tanta forza, che ora non sono più in grado di farlo, e le parole sono uscite da sole, come se un'alluvione avesse rotto gli argini. Mamma non ha fatto altro che parlare di matrimonio per tutto il tempo, papà l'ha assecondata, Jason mi guardava in cerca di una conferma, ma non sono riuscita a farlo, e quando siamo usciti, non appena lui ha messo in moto, ho capito, e l'ho detto.

«Non posso farlo».

Non ho avuto bisogno di specificare, lui aveva già capito tutto, forse anche prima di stasera. Ha ingranato la marcia come se non avessi parlato, come se niente fosse, e si è immesso in strada, nel silenzio più surreale di sempre. L'ho lasciato fare, sono rimasta immobile al mio posto, con la cintura di sicurezza allacciata, e così sono ancora adesso.

Ha accostato dopo qualche miglia, ha spento il motore, ed è rimasto fermo, in silenzio, e io non ho il coraggio di dire altro.

«Quindi è finita davvero?»

La sua voce è piatta, come mai l'ho sentita prima d'ora, e avrei preferito centomila volte che mi avesse dato uno schiaffo - che tra l'altro merito - invece di vederlo in questo stato per me.

«Mi dispiace». 

Jason si volta lentamente, nei suoi occhi c'è tutto il dolore che prova, come se fosse appena venuto a galla; il mio cuore si sgretola ancora e, istintivamente porto una mano sulla sua. Lui non si scosta, volta il palmo verso l'alto, stringe la mia, poi mi tira a sé mentre si avvicina, velocemente e mi bacia. Lo lascio fare ancora, ne abbiamo bisogno entrambi, perché sappiamo bene che questo è un addio.

Per questo motivo non protesto quando le sue mani si fanno strada al di sotto del mio cappotto, arrivando fino a diretto contatto con la mia pelle. Non lo faccio nemmeno quando sento che mi tira di nuovo a sé dopo avermi sganciato la cintura, invitandomi a salire sulle sue gambe, senza smettere di baciarmi, ma è un bacio disperato, violento, aggressivo, bisognoso di prendere tutto in una volta, perché non ce ne sarà un'altra.

Allungo una mano per girare la manopola che fa abbassare il suo sedile, i vestiti diventano presto di troppo, la sua bocca è alla continua e spasmodica ricerca della mia, le sue mani non lasciano mai il mio corpo, mentre ci perdiamo in un'unione disperata, carica di angoscia, fino a raggiungere il piacere estremo, che si trasforma in dolore, perché quando il suo respiro affannato si confonde con il mio, quando il battito del cuore sembra voglia esplodere nella cassa toracica, e il silenzio torna a regnare nell'abitacolo, entrambi sappiamo che è finita, finita per davvero, senza più alcuna possibilità di ritorni. Il mio addio per lui si è appena consumato e io non mi sono mai sentita così male come ora.

Brant

Un'altra città, un'altro contratto, nuovi clienti, nuove esperienze: è questa la vita che ho condotto negli ultimi mesi e mi piace, mi piace parecchio. Niente pensieri, nessun impegno, solo la libertà che ho sempre voluto. Il nuovo lavoro mi porta in giro per il mondo, vedo nuovi luoghi, conosco nuove persone, e ho trovato un ottimo amico, che è anche un collega

Abbiamo legato subito, siamo in sintonia, e mi sopporta più di quanto abbia mai fatto chiunque altro. Forse perché siamo simili, o forse perché abbiamo gli stessi obiettivi, sta di fatto che andiamo d'accordo su tutto, sul lavoro e fuori. 

Ed è per questo che funzioniamo bene insieme, soprattutto durante le trasferte: stasera, dopo tre giorni che abbiamo dedicato al lavoro - ormai concluso - siamo usciti a festeggiare la buona riuscita del nostro operato - lo facciamo sempre, è il nostro rituale - alla ricerca di ottimo whiskey - immancabile qui a Nashville - e belle donne.

«Che ne dici di quella?» Volto lo sguardo nella direzione del dito di Chris e osservo la ragazza che mi ha appena indicato.

«Troppo vestita», rispondo, facendolo ridere.

«Merda, hai ragione...», dice poi, continuando a far vagare lo sguardo per tutto il locale, «e quella?», chiede ancora.

«La rossa?», gli chiedo, assicurandomi di aver capito a chi si sta riferendo.

«No, cretino, quella l'ho vista prima io, sto parlando di quell'altra accanto, con il vestito blu», dice, per poi rivolgermi uno sguardo divertito.

«Troppo bionda, ma lo spacco del vestito è un invito a cui non posso rinunciare», affermo deciso, per poi finire tutto d'un fiato il poco liquido alcolico contenuto nel mio bicchiere, voltarmi, e posarlo sul bancone del bar. «Ci vediamo domani mattina», dico a Chris, rimasto seduto sul suo sgabello, che ora ride, scuotendo leggermente la testa, a causa della velocità con cui mi sono deciso a raggiungere la bionda.

Succede sempre, in ogni città in cui andiamo, e va bene così. Mi diverto, guadagno bene con un lavoro che mi piace, e non devo rendere conto a nessuno di ciò che faccio: niente potrebbe soddisfarmi di più.

«Posso sedermi?», domando alla bionda, quando sono abbastanza vicino da farmi sentire, indicando la sedia libera accanto a lei.

Non è da sola, è con due amiche, che ora la guardano divertite. «Prego», risponde lei, voltandosi nella mia direzione. Le offro da bere, lei flirta con me, rispetta il solito copione, cosa che faccio anch'io, e presto ci ritroviamo a casa sua, nel suo letto, ma come spesso succede quando mi ritrovo in queste situazione, non posso evitare di pensare a lei, a come avrebbe reagito ad un approccio così stupido, o a quanto siano espressivi i suoi occhi scuri, così diversi da quelli azzurri di questa bionda, o cosa mi direbbe se sapesse come mi comporto.

La verità è che mi manca.

*****

Due anni dopo

 Kate

Il bollitore si spegne, verso l'acqua bollente nella tazza, e la porto con me, posandola sul tavolino di fronte al divano, lasciando il tè in infusione. Rannicchio le gambe, mi copro con il plaid, poi accendo la TV, che lascio con il volume al minimo, e afferro il libro che ho quasi finito.

 

Un normale venerdì sera, per me, con i miei compagni di vita: libro, televisione, e tè. Lizzy è in qualche locale, Yuri con James, e io con il mio libro, che altro mi serve?

Brant

Corro, lo faccio tutte le mattine, spingo ogni giorno più forte, allungando sempre di più il percorso, fino a che perdo il fiato, fino a che il cervello smette di pensare quando va in carenza d'ossigeno. Sono arrivato a fare dodici miglia, ed esco sempre prima la mattina.

Dovrei finire di sistemare casa, ma non ci riesco, non riesco a sentirla come una vera casa, dopotutto non ci sono quasi mai e, alla fine, lascio che le cose continuino ad andare allo stesso modo, che facciano il loro corso, ma sento che manca qualcosa.

*****

Tre anni dopo

Kate

Un altro venerdì, tranquillo, al solito, io e il mio libro, e mi sta bene. Sono serena, sono tranquilla, ho raggiunto un buon equilibrio. Lizzy è fidanzata, Yuri e James non potrebbero essere più felici di così, il nuovo lavoro va alla grande e Lucy, la mia collega, è una ragazza con cui vado molto d'accordo.

La cosa più bella, però, è il nuovo rapporto che sto vivendo con Jason: non è stato facile, per niente, allontanarlo da me, allontanarmi da lui, è stato doloroso, non solo a livello psicologico, è stato come un dolore fisico, ma il tempo ha curato i nostri cuori, le nostre ferite non sanguinano più, e ora riusciamo di nuovo a parlare, a guardarci negli occhi, persino a ridere insieme.

Ho ripreso in mano la mia vita, adesso sto bene, non c'è più niente che opprime il mio cuore. 

Decido di aprire Facebook e aggrotto le sopracciglia quando mi accorgo di una notifica: è un invito ad una cena, un ritrovo di ex colleghi, inviato da Megan. 

Ci dovrei andare? Un breve suono mi avvisa di un messaggio in chat: è lei, che, chiacchiera dopo chiacchiera, mi porta ad accettare, e mi dico che, forse, un diversivo alla routine non può essere così stravolgente, giusto?

Brant

Sì!

Ha detto sì! Megan è riuscita a convincerla e finalmente la rivedrò. Non avrei accettato la proposta di Megan quando mi ha chiamato, le ho detto che ci sarei andato solo se ci fosse stata anche Kate, e quando mi ha richiamato dicendomi che aveva accettato, mi sono sentito come se fossi appena stato punto da una gigantesca iniezione di ottimismo.

Riavrò la mia migliore amica, l'ho persa una volta, non succederà di nuovo.

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Ci siamo, la storia è finita, e ancora non mi sembra vero.

Credevo sarebbe stato più facile scrivere questa parte, dopotutto sapevo bene come sarebbe andata a finire, invece mi sono ritrovata con il cuore spezzato ogni volta che l'ho letto per correggerlo.

Ho ripercorso velocemente il periodo durante il quale restano separati, fino ad arrivare al momento in cui si ritroveranno. Spero davvero vi sia piaciuto

Eeeee niente, buona lettura

 

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