The Bloody and Dark Prince

di Arsax
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20- Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


The Bloody and Dark Prince




Prologo


Non potevo credere di averlo fatto. Non ci riuscivo. Non volevo. Sapevo di essere un mostro e le mie mani erano sporche del sangue di diverse persone già a venticinque anni, ma mai avrei pensato che la mia prossima vittima sarebbe stata lei.
Mi guardava con quegli occhi azzurri, sbarrati dalla sorpresa tanto quanto i miei. Volevo poter tornare indietro nel tempo e non compiere quel gesto, per impedire che si arrivasse a quel punto.
Avevo già perso la donna più importante della mia vita a soli sei anni e non volevo perdere anche lei.


Capitolo 1


-Una splendida rappresentazione, peccato che non ci fossero vampiri influenti stasera.- disse mio padre mentre sedeva placidamente sul sedile posteriore di una delle nostre “Audi A8” nere.
-Già, un vero peccato.- risposi annoiato.
Avevo visto la rappresentazione teatrale di “Amleto” almeno una decina di volte ed era stata una serata noiosa per me; l'unica consolazione erano state le bellissime ragazze che mi avevano circondato a fine spettacolo.
Ogni volta succedeva sempre così. Sapevo di avere fascino e di essere di bell'aspetto, oltre che a possedere un notevole conto in banca e a essere il prossimo sovrano del clan Lovinescu. Sono alto quasi due metri, occhi azzurri come il ghiaccio, capelli neri come la pece e fisico da far invidia al “David” di Michelangelo. Quasi sicuramente tutte quelle donne avevano riposto la loro attenzione su di me per cercare di diventare la mia regina, ma ero già promesso. A essere precisi, io ero stato promesso ancora prima della mia nascita.
Ero stato promesso a una completa sconosciuta, ma ciò mi importava ben poco. Quella sconosciuta era la figlia di Astrid Von Ziegler e Marius Vidrean: Serena. Non sapevo come fosse quella ragazza, dato che ventidue anni prima i suoi genitori, poco prima di essere uccisi, la affidarono a due servi mezzosangue e da allora non si seppe più niente di lei. Erano stati uccisi da Catalin Lovinescu, un mio lontano cugino con le rotelle fuori posto e che odiava a morte i Vidrean. Ovviamente, dopo l'assassinio dei sovrani Astrid e Marius, fu immediatamente distrutto.
Quella ragazzetta, la mia promessa sposa, era l'erede legittima di ben due clan di vampiri molto potenti e influenti ed essendo cresciuta lontano dal nostro mondo oscuro e affascinante, quasi sicuramente dopo il matrimonio tutto il potere sarebbe stato incentrato nelle mie mani e lei sarebbe stata succube di me. Poco male, avrei avuto il controllo di ben tre clan nelle mie mani, cosa che non mi dispiaceva affatto.
Tornati al nostro meraviglioso e lugubre castello gotico, l'assistente di mio padre, Adrian, ci raggiunse di corsa. Doveva essere una notizia molto importante, perché Adrian non correva mai.
Era un tipo alto, allampanato, capelli castani tirati perfettamente indietro dal gel e completo di sartoria impeccabile. In quel momento aveva le guance rosse come melagrana.
-Maestà. Principe.- iniziò inchinandosi velocemente.- Siamo stati informati che Wilhelm Von Ziegler è andato a recuperare la principessa Serena. Le guardie hanno scoperto che ha sempre vissuto in Italia, a Torino, e non sa assolutamente nulla di noi e del nostro mondo.
Mio padre e io sollevammo le sopracciglia in modo sorpreso e in contemporanea. Possibile che non sapesse di essere un vampiro? Era molto improbabile, le ragazze sviluppano i canini tipici dei vampiri tra i sedici e i diciotto anni. Forse Adrian aveva capito male o le guardie erano state male informate.
-Mi stai dicendo che quella ragazza non ha mai saputo nulla sui suoi genitori e sui suoi clan?- chiese mio padre, anticipando la mia domanda.
-Così mi hanno riferito le vostre guardie, sire.- rispose Adrian col fiatone.
-Bene! Non potevo chiedere di meglio. Stefan, avrai il completo controllo di tre clan di vampiri, non sei felice?
-Certo che lo sono, padre. Come potrei non esserlo?- risposi accennando un sorriso.
-Dobbiamo informare immediatamente Lucian e gli altri. Ci penserò io, ora va' a riposare. Domani hai lezione col generale Petrescu e dovrai essere in forze.
-Vi auguro buona notte, padre.- risposi inchinandomi e andando in camera mia.
Mentre ero nel letto, continuai a ripensare alla fortuna sfacciata che avevo avuto. Ero promesso a una ragazza ignara di tutto e incapace di essere una principessa. Non poteva andarmi meglio! Sarebbe stata obbligata ad appoggiarsi completamente a me per non essere sopraffatta dal nostro mondo sanguinario.
Non vedevo l'ora di conoscerla e di godermi le sue future figuracce, anche perché in quel periodo c'era ben poco che potesse divertirmi o entusiasmarmi e avevo voglia di ridere. Magari era una rozza ragazzetta che a malapena sapeva comportarsi da donna e ciò mi disgustò parecchio. Tutte le donne che avevo avuto il piacere di frequentare sapevano comportarsi a modo, erano posate e sapevano come rivolgersi a un principe. Quella ragazzetta come sarebbe stata?


Il mattino seguente stavo sorseggiando il tè e controllando la quotazione delle varie borse sul mio smartphone, quando un servitore entrò con una lettera su un vassoio d'argento e la porse a mio padre. Lui la aprì con calma, lesse velocemente e sorrise.
-Stefan, fra un mese saremo alla tenuta dei Von Ziegler per la serata di debutto della principessa Serena. Ti consiglio di sfoderare ogni trucco che conosci per farla cadere ai tuoi piedi il più velocemente possibile.
-Dubitate delle mie capacità, padre?
Mio padre ridacchiò divertito e fece cenno alla domestica di versargli del sangue nel bicchiere.
-Certo che no. Ieri ho parlato con Lucian e gli altri e, da quanto hanno sentito, si dice che Wilhelm abbia iniziato a insegnarle ogni cosa. Come può pretendere di trasformare una ragazza qualunque in una principessa in un solo mese?- raccontò divertito.
La cosa fece sorridere anche me. Sarebbe stato divertente.
Terminata la colazione, andai dal generale Petrescu per la mia giornaliera lezione di combattimento. Era un uomo molto alto e ben piazzato, naso dritto, mandibola squadrata, capelli scuri e occhi grigi. Mio padre aveva insistito che imparassi non solo a usare il paletto, ma anche il corpo a corpo e l'uso di ogni arma bianca esistente al mondo. La mia specialità erano i pugnali e le spade corte.
Quando combattevo col generale Petrescu (Dimitri quanto mio padre non era nei dintorni) ripensavo molto spesso alla mia infanzia passata a praticare lezioni di combattimento, equitazione, storia, politica, letteratura, lingua e molto altro. All'età di otto anni, mio padre e mio zio Lucian mi avevano obbligato a leggere tutte le opere di Shakespeare e anche “Il Principe” di Machiavelli, libro che amavo molto.
La mia era stata un'infanzia tutt'altro che normale, anche perché non ero un vampiro comune, ma un principe. Dati i miei numerosi impegni, non avevo fatto amicizia con i miei coetanei e i contatti con loro si limitavano agli ordini che impartivo loro o alle fanciulle che seducevo. Non avevo bisogno di amici. Un principe non ha bisogno di amicizie, bensì di alleanze e quelle non mi mancavano affatto.
Dimitri mi colpì a un braccio, provocandomi un taglio superficiale che mi risvegliò dal groviglio dei miei pensieri.
-Vi vedo pensieroso, principe Stefan.
-Oh, nulla di che. Sto pensando alla principessa Serena.- risposi facendo spallucce.
-Sì, ho sentito che Wilhelm Von Ziegler è andato da lei. I clan Von Ziegler e Vidrean sono in fermento per il ritorno della loro principessa.
-Immagino. Chissà se sarà all'altezza, dopotutto due clan sono molto impegnativi da governare.
-Non ne avrà il tempo, perché vi sposerete quasi immediatamente con lei.
Dopo il ritorno della principessa Serena, il nostro fidanzamento sarebbe diventato ufficiale e ciò mi dava molto da pensare. Il potere di ben tre clan mi stuzzicava parecchio e sarei passato alla storia come il sovrano più potente di tutti i tempi, ma passare l'eternità accanto a una sconosciuta, e per di più probabilmente rozza, mi provocava disappunto.
Avevo solo ventiquattro anni, venticinque a breve, e le relazioni che avevo avuto col gentil sesso erano state solo da poche notti. Essere legato per tutta l'eternità a una singola persona non faceva per me. Avrei potuto fare come mio padre, ovvero avere delle amanti, ma lei sarebbe stata comunque lì, accanto a me. Ogni giorno e ogni notte, per tutta l'eternità.
Durante il pranzo, mio padre e mio zio Lucian, che si era unito a noi, parlarono della serata di gala che avrebbe presentato la principessa come se fossero stati due debuttanti invece che due vampiri più che affermati nella nostra società. A me interessava ben poco, anche perché avevo già una strategia per far cadere ai miei piedi la principessa già dalla sua serata di debutto: lusinghe, cavalleria, lodi e il mio aspetto.
Sapevo di essere oggettivamente bello e ciò affascinava le donne e le ragazze. La mia educazione e la mia galanteria facevano il resto. Non dovevo nemmeno sforzarmi per far cadere le donne ai miei piedi. Bastava uno schiocco di dita e subito mi si avvinghiavano al braccio, desiderose e passionali. Stavano addirittura diventando una noia. Non c'era più gusto a conquistarle.
-Potremmo mandare qualcuno a effettuare qualche piccola indagine sulla principessa.- propose zio Lucian, attirando la mia attenzione. -Almeno per sapere che tipo di persona è e chi sono questi due servi che l'hanno allevata.
-Sarà una ragazzina qualunque, cresciuta in mezzo agli umani e con interessi a dir poco futili. Comunque, le guardie hanno scoperto che è stata cresciuta da due mezzosangue di nome Paola e Andrea Serafini, quindi non sarà un granché.- rispose mio padre annoiato.
-Magari ti sbagli. Dobbiamo essere pronti a ogni evenienza e dobbiamo sapere di più.- ribatté mio zio.
-Forse hai ragione.- convenne alla fine mio padre, dopo qualche istante di riflessione. -Manderò una delle mie guardie a investigare su di lei.
Come sono all'antica! Ma cosa posso aspettarmi da due uomini che hanno quasi trecento anni in due? Si possono fare ricerche su internet.” pensai sbuffando.
Più tardi avrei cercato qualcosa sulla principessa Serena per conto mio, giusto per sapere quali carte giocare per conquistarla, ma l'idea avuta da zio Lucian non era così malvagia come avevo pensato all'inizio. Avrei avuto numerose informazioni utili.
Tornai in camera mia dopo pranzo e su internet cercai “Serena Serafini” e subito mi apparve il suo profilo “Facebook”. Entrai nel mio account, che era provvisto di nome falso e che usavo ben poco, dato che i vampiri più giovani con i quali avevo contatti erano sessantenni che pensavano che Internet fosse una magia nera e oscura, e iniziai a curiosare nel suo profilo. Non appena vidi la sua foto profilo, restai a bocca aperta. Era identica ad Astrid Von Ziegler. C'erano pochissime differenze, ma per il resto erano due gocce d'acqua.
Frequentava l'università di biologia a Torino e aveva molti amici vampiri e alcuni mezzosangue. Rabbrividii quando vidi che abbracciava un mezzosangue con un sorriso allegro stampato sul volto. Era inconcepibile che un vampiro purosangue come lei frequentasse degli scherzi della natura come i mezzosangue. A quanto pareva, anche lei reputava importanti i mezzosangue, proprio come i suoi genitori, ma non c'era da stupirsi. Era stata cresciuta da due mezzosangue ed era più che logico che li considerasse suoi pari.
Scoprii che amava la lettura, in particolare il genere fantasy, i film horror e dei cartoni animati sanguinolenti giapponesi chiamati “anime”. Basta. Non c'era altro sul suo profilo. Almeno era abbastanza saggia da non condividere ogni cosa di se stessa. Sicuramente era come tutte le altre donne: bei regali, qualche complimento e sarebbe caduta fra le mie braccia. Sarebbe stato semplice conquistarla e incentrare il potere di tre clan nelle mie mani, ne ero certo.


Erano quasi due settimane che la guardia era andata a indagare sulla principessa Serena e ancora non aveva dato notizie. Affrontavo ogni giornata con impazienza, nella speranza che arrivasse qualche notizia, e diventavo cupo se la sera non ce n'erano.
Volevo sapere chi fosse la principessa Serena perché preferisco organizzare le mie strategie in anticipo. So essere paziente, ma solo se si gioca a carte scoperte. Volevo scoprire che tipo di donna (pardon, ragazzetta) fosse la nostra principessa per riuscire a conquistarla in fretta e a sposarla altrettanto in fretta.
-Stefan, ti vedo ansioso. Qualcosa ti turba?- domandò mio padre a cena, attirando l'attenzione di zio Lucian.
-Sono impaziente, tutto qui.- risposi seccato.
-Di avere il potere fra le tue mani?
-Non solo. Voglio avere notizie dalla nostra guardia. Sono passate due settimane e ancora non si sa nulla sulla principessa Serena. Voglio avere ogni informazione per conquistarla in una settimana e sposarla entro agosto.
-Così mi piaci.- affermò mio padre orgoglioso. -Vedo che la sete di potere è caratteristica dei Lovinescu e in te non è andata perduta.
Zio Lucian ridacchiò e alzò il suo calice di sangue. -Alla sete di potere.
Brindammo e mentre sorseggiavo quel dolce sangue pregiato, non riuscivo a togliermi dalla testa l'immagine della principessa. Non ero mai stato così interessato a una donna come con la principessa. Qualcosa nel suo sguardo mi aveva colpito e incuriosito e non vedevo l'ora di averci a che fare, ma forse stavo viaggiando troppo con la fantasia e ne sarei rimasto deluso perché identica alle altre donne. Una piccola parte di me sperò che fosse diversa e che avrebbe riacceso in me lo spirito del predatore.
-Padre, se andassi a conoscere la principessa di persona?- azzardai.
A mio zio andò di traverso il sangue mentre mio padre sbarrò gli occhi indignato.
-Tu e la principessa da soli? È una cosa inaccettabile! Il vostro primo incontro dovrà svolgersi davanti agli occhi di tutti, durante il suo debutto, e non in un bar qualsiasi.- mi riprese mio padre disgustato.
-Scusatemi. Non so cosa mi sia passato per la testa.
-Sei troppo impaziente. Secondo te, Wilhelm non cercherà di allontanarla da te se vi vedesse insieme senza la supervisione di qualcuno? Devi conquistare la fiducia della principessa e non allontanarla, quindi il vostro primo incontro avverrà alla serata di gala organizzata in suo onore.- esordì irritato.
Vedere mio padre irritato non era mai un buon segno, quindi cercai di mettere una pezza al mio errore, dato che non ci tenevo ad avere un incontro ravvicinato con la sua cintura.
-Vi chiedo scusa, padre. Sono ancora troppo giovane e non ho acquisito la pazienza e la saggezza che avete voi.- dissi spingendo via il piatto da me con dolcezza.
Sembrò rabbonirsi alle mie scuse e lodi.
-Hai ancora molto da imparare, ma sei già sulla buona strada.
-Dato che mi avete categoricamente vietato di andare dalla principessa, chiedo il vostro permesso per andare al mio cottage ad Aosta.- azzardai con più audacia di quanta ne avessi mai usata con mio padre, ma avevo un piano ben preciso in mente.
-Cosa c'è ad Aosta che non c'è qui?- domandò mio padre sospettoso.
-Le donne italiane. Vorrei ancora allietarmi della compagnia delle passionali donne italiane, prima di sancire ufficialmente il mio fidanzamento con la principessa Serena. Non so se mi spiego...
A quella risposta mio padre e mio zio scoppiarono a ridere.
-Ma certo. Una settimana di tempo credo che possa bastarti. Vai e allietati della compagnia delle donne italiane.- rispose ancora ridendo.
Aveva abboccato. Conoscevo abbastanza bene mio padre da sapere che se gli avessi detto che cercavo la compagnia delle belle donne, mi avrebbe lasciato andare da solo ovunque volessi, ma non erano le donne italiane che mi interessavano. Mi interessava una certa principessa e l'avrei incontrata a loro insaputa.


Il giorno dopo ero sul volo diretto a Caselle, in provincia di Torino, e avevo prenotato una “Presidential suite” all'hotel “Principi di Piemonte”. Era uno degli hotel più lussuosi di Torino e si trovava in una viuzza attigua a via Roma, una delle più importanti vie del centro della città. Avevo anche affittato una macchina con autista, anche perché mi sarei rifiutato categoricamente di salire su uno di quei taxi bianchi utilizzati da chiunque.
Mio padre e mio zio non sarebbero venuti a sapere niente del mio soggiorno a Torino, perché avrei utilizzato la mia carta di credito personale, cosa che facevo raramente dato che avevo accesso ai conti del clan.
Scesi dall'auto, mi guardai intorno con occhio critico e mi avviai alla reception per farmi registrare, senza aspettare che il facchino mi seguisse con le valige. Terminata la registrazione, mi accompagnarono nella mia suite e constatai che poteva andare bene. Data la mancia al facchino, mi sedetti sul divano e cercai in rubrica il numero della guardia che si stava occupando di ottenere informazioni sulla principessa Serena. Le mandai un messaggio e neanche cinque minuti dopo, ricevetti la risposta e un sorriso furbo spuntò sulle mie labbra.


La sera andai dove la guardia mi aveva indicato. Le avevo chiesto che cosa avrebbe fatto quella sera la principessa Serena e mi aveva risposto che sarebbe andata in un quartiere non molto distante dal mio albergo. Era un quartiere di nome “San Salvario”, nella quale si trovavano locali di ogni tipo che offrivano cocktail a pochi euro, negozietti di alimentari gestiti perlopiù da stranieri, locali che vendevano un cibo da strada arabo chiamato “kebab” o “kebap” (non capii la differenza, ma poco mi importò) e anche un negozio che vendeva brioches ripiene con ogni tipo di dolciume.
Ero circondato da ragazzi e ragazze, a partire dai quattordici anni in su, che si erano ridotti in uno stato pietoso e non solo per i fumi dell'alcol, il tutto già alle dieci di sera. Erano chiassosi, sporcavano la strada lasciando bottiglie e bicchieri per strada e un paio di volte dovetti evitare qualche ragazzo che rischiò di rigettarmi sulle scarpe. Quello non era un posto dove passare una serata tranquilla, ma un vespasiano a cielo aperto! I popolani sono rozzi.
-Principe Stefan, come mai siete qui?- chiese la guardia sorpresa quando la raggiunsi.
Era un uomo corpulento, con capelli e occhi scuri e la pelle scura. Sembrava un gitano e tutti gli stavano alla larga.
-Volevo sapere come procedono le indagini.- risposi pacatamente.
-Vostro zio e vostro padre sanno che siete venuto qui?- domandò guardingo.
-No, e se fossi saggio faresti bene a non far arrivare loro quest'informazione. Io sarei semplicemente bastonato, mentre tu andresti verso la distruzione certa, quindi per il bene di entrambi non ci siamo mai visti, chiaro?- suggerii con decisione alla guardia e questa annuì con un po' troppo vigore.
-Davvero la principessa Serena viene qui?- domandai storcendo il naso.
Tutto ciò non si addiceva per niente ad una principessa. Era uno scempio!
-Sì, è seduta lì.- rispose la guardia, indicando dei tavolini posti fuori da un locale chiamato “Gattabuia”.
Quando la vidi restai senza parole. Era davvero identica ad Astrid Von Ziegler, ma solo nell'aspetto. Nel comportamento rimasi totalmente scioccato. Stava seduta storta, con indosso una maglietta nera di due taglie più grande con su scritto “System Of a Down” (come prego?), delle Converse nere piuttosto consunte e malridotte e dei pantaloncini in jeans scuri e tutti strappati, che mostravano le sue bellissime e candide gambe. Aveva i capelli raccolti in uno chignon (se così si può definire) disordinato e malfatto.
Era così sciatta e maschile! Avrei detto che quella fosse la figlia di un poveraccio che spacciava sostanze illegali e non della più potente ed elegante regina della storia dei vampiri!
-Oddio...- mi lasciai scappare e la guardia annuì.
-Neanche io volevo crederci la prima volta che l'ho vista, sapete?
-Quella è tutto fuorché una principessa.
Rimasti stregato e scioccato al tempo stesso dalla scena che mi si parava di fronte. Lei, una principessa, che beveva, fumava e rideva sguaiatamente per una battuta che non ero riuscito a sentire da quella distanza. Io e lei eravamo gli opposti, come il giorno e la notte.
Io, elegante nella mia camicia inamidata e pantaloni scuri, postura dritta e sguardo serio e regale, e lei, sciatta e scomposta, ma felice.
Era circondata da persone che ridevano con lei con spensieratezza e due in particolare, due vampiri, la guardavano con occhi pieni d'affetto sincero e disinteressato. Quello significava avere degli amici?
Scossi lentamente la testa. A me non servivano amici, non mi serviva la spensieratezza che aveva lei in quel momento. A me servivano alleanze, potere e rispetto e quelli non mi mancavano affatto.
-Be', almeno è una bella ragazza.- provò a dire la guardia.
Almeno quello!”.
-Oltre ad andare in posti squallidi e vestirsi in modo sciatto, che cosa fa la principessa Serena?- domandai.
-Ora che c'è la bella stagione, si mette a leggere sul balcone e ci sta anche delle ore, ma rigorosamente all'ombra; intuisco che la principessa odi abbronzarsi. Questo, ovviamente, quando non va a casa di suo zio Wilhelm per le lezioni.
-Domani portami da lei.


Il giorno seguente mi incontrai con la guardia in un quartiere situato a Torino nord, davanti ad una palazzina che dava su un piccolo parco giochi e la prima cosa che feci, fu ricordarle quanto mio padre e mio zio potessero essere spietati, giusto per sicurezza.
Era una bella mattinata di sole e la guardia mi accompagnò al punto dal quale si poteva godere della vista del balcone della principessa senza essere visti, situato vicino ad una panchina. La vidi immediatamente. Era seduta su una scadentissima sedia di plastica a gambe incrociate e i suoi capelli dorati brillavano alla luce del sole estivo. Sulle gambe nude teneva un libro aperto dall'aria piuttosto spessa e la sua espressione concentrata mi rapii.
-Principe Stefan, io devo tornare a condurre le mie indagini...
-Certo, va' pure.
-E voi?
-Sopravvivrò. Fa' il tuo dovere.- risposi col mio tono autoritario.
-Sì, principe Stefan.- disse inchinandosi e andandosene.
Mi sedetti sulla panchina e la osservai per un po'. La vidi ridere di gusto, spalancare gli occhi dalla sorpresa e borbottare fra sé e sé. Quella rozza ragazzetta mi affascinava. Non era come tutte le altre donne che avevo conosciuto, vuote e piatte come una pozzanghera, ma era piena di sfaccettature e intrigante come può esserlo un mare in tempesta.
Avrei scoperto ogni lato di quella ragazzetta, ogni suo segreto l'avrei rivelato.

Angolo autrice.
Buonasera a tutti! Ve l'avevo promesso che sarei tornata con un possibile sequel ed eccoci qua xD 
Le vicende di questa storia sono esattamente uguali a quelle di "The Bloody and Dark Princess", ma saranno completamente raccontate dal punto di vista del nostro carissimo Stefan. Scoprirete non solo alcuni "perché" che sono sorti durante la storia precedente, ma verrete anche a conoscenza di nuovi personaggi e nuovi lati di alcuni personaggi vecchi.
Detto questo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi mando un bacione enorme!
Al prossimo capitolo! <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


Tutti i giorni andai su quella panchina a osservarla leggere e una volta quasi mi feci sorprendere da lei, ma fortunatamente le foglie rigogliose degli alberi mi nascosero alla sua vista.
Terminata quella settimana, tornai a casa e dovetti attenderne altre due prima di rivedere quella ragazzetta rozza. Mi dovetti accontentare di osservare le sue foto su “Facebook” fino alla serata del suo debutto.
Quel giorno eravamo atterrati all'aeroporto di Vienna verso le quattro del pomeriggio e, come ci aveva detto, il nostro informatore ci attese alla macchina. Ci salutò con un veloce inchino, salimmo in auto e ci avviammo al castello Von Ziegler.
-Cos'hai scoperto?- chiese mio padre.
-La ragazza frequenta l'università di biologia, ha quasi ventitré anni e per tutto il mese è andata ogni giorno a casa di Wilhelm Von Ziegler, presumibilmente per seguire delle lezioni. La sua conoscenza sul mondo dei vampiri è pari a zero, infatti ha scoperto da poco le sue nobili origini. Non parla né rumeno né tedesco.
Mio padre e mio zio ghignarono soddisfatti.
-Era come pensavamo. La ragazza non sapeva niente fino a poco tempo fa e Wilhelm le ha dato qualche lezione su come diventare una principessa?- domandò mio padre divertito.
-Non è in grado di regnare su un solo clan, figurarsi su due o tre!- esclamò zio Lucian altrettanto divertito.
-Tutto il potere di quei clan sarà incentrato nelle nostre mani. Sarà molto facile raggiungere il nostro obiettivo.- disse mio padre.
Accennai un sorriso e mi concentrai nuovamente sul paesaggio che scorreva fuori dal finestrino. Era una bella notizia, la strada era tutta in discesa eppure non mi esaltai come mio padre e mio zio. Tutta la vita, ogni avvenimento mi lasciava pressoché indifferente. Tutta la mia vita era di una noia e di una monotonia disarmante. Nulla mi faceva provare qualcosa, ma questo prima di aver visto la principessa Serena con i miei occhi. Avevo riposto qualche speranza nella principessa e sul divertimento che mi avrebbe arrecato.
Arrivammo al castello Von Ziegler e una domestica ci mostrò le stanze che ci erano state assegnate. Gli ospiti che arrivavano da lontano, non potevano di certo alloggiare in un ostello! Così era consuetudine che alloggiassero per una notte presso il castello nel quale si era tenuta la serata.
Arrivato in camera, mi feci un lungo bagno rilassante, indossai con calma il mio tight e mi avviai nella sala dei ricevimenti del castello. Era già gremita di vampiri, ma non ci misi molto a trovare mio padre e mio zio Lucian.
Raggiunti i miei parenti, vidi scendere dall'enorme scalinata Wilhelm Von Ziegler e supposi che la principessa Serena sarebbe arrivata a breve, infatti un paio di minuti dopo la vidi in cima alla scalinata e tutti, me compreso, ci zittimmo.
Avevo quasi dimenticato il suo aspetto e a stento la riconobbi. Vederla trasandata con abiti sciatti era un conto, ma vederla con quell'abito così femminile che accentuava ogni sua curva e l'espressione regale mi lasciò di stucco, senza fiato. Guardava negli occhi ogni vampiro presente nella sala, quasi come se volesse sfidarci tutti, e io ne rimasi incantato. Era la creatura più bella che avessi mai visto.
Arrivata a fine scalinata, iniziarono tutti ad applaudire e ad accogliere la propria principessa.
-Come se avesse fatto chissà cosa.- commentò mio zio Lucian, facendo sorridere mio padre.
La principessa fu raggiunta da Wilhelm e iniziarono a girare per salutare gli ospiti. Quella non poteva essere la ragazzetta che mi aveva descritto l'informatore e che avevo visto con i miei occhi. Non si diventa principesse in un giorno. Probabilmente Wilhelm le aveva dato le basi per sopravvivere a quella serata, difatti notai che ogni tanto si ingobbiva, com'era solita a stare, e abbassava la testa di tanto in tanto, cosa che un principe non avrebbe mai fatto.
Nonostante tutto se la cavò piuttosto bene, anche quando scoprì che due dei suoi amici più cari, quelli che avevo visto al locale a Torino, erano dei vampiri. Possibile che non l'avesse scoperto già da tempo? Si era circondata di vampiri e nemmeno ne era a conoscenza. Insomma, quando si è vampiri sviluppati si riconoscono a vista gli altri vampiri o i mezzosangue. Qualcosa non mi quadrava.
-Quella ragazza è un bell'impiccio.- affermò mio padre pensieroso.
-Di cosa ti preoccupi?- domandò mio zio. -Quella...
Sentimmo Wilhelm e la principessa avvicinarsi a noi e ci girammo nella loro direzione per salutarli a dovere. Vidi la principessa regalarmi uno sguardo esterrefatto, come se avesse appena visto un fantasma. Mi osservò da capo a piedi e poi mi riservò uno sguardo pieno di sfida e superiorità. Uno sguardo da regina.
-Principessa, questo è Stefan Lovinescu, principe del clan Lovinescu.- mi presentò Wilhelm.
-Il vostro futuro sposo aggiungerei.- affermai riservandole uno sguardo divertito e malizioso.
Quella ragazza sarebbe caduta ai miei piedi in men che non si dica. Le presi la mano e gliela baciai, inchinandomi profondamente dinnanzi a lei.
-Sono lieto e onorato di conoscervi, principessa Serena. I clan e io abbiamo atteso il vostro ritorno per molto tempo e temevamo che questo giorno non sarebbe mai giunto.- aggiunsi.
-Mi spiace avervi fatto attendere, ma ora sono qui.- rispose con decisione, guardandomi negli occhi con curiosità.
Mi stava studiando, come se stesse cercando di leggermi nella mente, di capire che intenzioni avessi, ma non ce l'avrebbe fatta. Il mio sguardo era imperscrutabile, come sempre. Una cosa che avevo imparato fin da bambino era nascondere le mie emozioni a tutti. A mio padre, ai miei zii, ai miei servi, a tutti.
-Se le persone riescono a leggerti in faccia ciò che pensi, per te sarà la fine,- mi aveva detto mio padre dopo la morte di mia madre.
Da allora avevo eretto una barriera per evitare che la gente riuscisse a leggere le mie emozioni, eccetto in rare occasioni nelle quali lo permettevo.
Prima che potessi iniziare a cantare le sue lodi, la voce di un vampiro attirò la nostra attenzione e stupì la principessa Serena.
-Bene, bene, bene. Guarda un po' chi abbiamo qui.- affermò arrogante un vampiro insulso e stupido.
-Anche tu sei un vampiro?- domandò la principessa stupida.
Dal suo guardo supposi che si conoscessero da parecchio tempo e in modo intimo.
-Certo, e sapevo da sempre che anche tu lo eri. Sapevo perfettamente chi fossi, quando mi sono messo con te.- rispose con un sorriso maligno.
Cosa?! Quell'essere insulso aveva avuto una relazione con la principessa Serena, nonostante sapesse che era la mia promessa sposa? Non potevo accettarlo.
-Tu e lei cosa?!- tuonai, già pronto a saltargli addosso.
Ero deciso a distruggerlo seduta stante e l'avrei fatto se la principessa non mi avesse trattenuto per un braccio. Il suo sguardo deciso e glaciale, tipico di una sovrana, avrebbe zittito chiunque, ma non quella sottospecie di microcefalo.
-Io e lei siamo stati insieme per quasi quattro anni. Volevo sapere com'era stare con una reale, una di sangue blu, ed è stato molto istruttivo e divertente. Sarebbe stato il colmo se ti avessi morsa, rendendoti mia per l'eternità, ma sarebbe stato inutile e rischioso.
Quell'idiota doveva essere distrutto seduta stante, anche solo per aver pensato di mordere la principessa, ma dallo sguardo di questa, capii che aveva qualcosa in mente. Non gliel'avrebbe fatta passare liscia e se l'avesse fatto, sarei intervenuto io, almeno avrei guadagnato qualche punto in più con lei per aver difeso il suo onore.
I vampiri che conoscevano l'italiano, stavano traducendo tutta la situazione. Vidi la principessa Serena stringere i pugni, continuando ad avere quella maschera glaciale, cosa che me la fece piacere di più.
-E perché mai? Sono curiosa di sapere dove tu voglia andare a parare.- affermò con voce dura e tagliente.
Quel viscido essere puntò il dito contro la sua principessa e si rivolse a tutti i vampiri presenti nella sala.
-Perché non sei all'altezza del compito che ti è stato assegnato. Questa ragazzina non sarà mai in grado di diventare una principessa. È una stupida, arrogante, infantile e sciocca ragazzina, che gioca a fare la principessa, ma...
Prima che potesse aggiungere altro, la principessa lo colpì con un violento e inaspettato schiaffo, che lo fece cadere a terra. Prese la lancia dalla lunga armatura che c'era lì accanto, la fece ruotare con una maestria spiazzante e gliela puntò al petto, guardandolo con occhi colmi di ira cieca. Io e mio padre ci scambiammo una fugace occhiata, prima di posare nuovamente il nostro sguardo sulla scena che ci si parava di fronte.
-Come osi rivolgerti a me in questo modo?! In casa mia per giunta! Che ti piaccia o no, io sono la tua principessa e sono pronta a punirti per avermi mancato di rispetto. Non permetterò a nessuno di fare ciò che tu hai osato fare questa sera. E adesso fuori da casa mia!- tuonò la principessa con tono che non ammetteva repliche.
Mi trattenni dal ridere per la faccia che quell'essere le stava rivolgendo. A essere sinceri, se mi fossi ritrovato al suo posto, anche io sarei stato visibilmente sorpreso. Ero d'accordo con tutto ciò che aveva urlato in faccia alla principessa Serena, ma me lo sarei tenuto per me. Non potevo mandare all'aria quell'occasione di incentrare il potere nelle mie mani, anche se non sarebbe stato così facile come avevamo creduto fino a quel momento.
Quell'essere viscido, che appresi in seguito chiamarsi Mirko Almazi, si alzò velocemente e si allontanò un poco, mentre un paio di guardie si erano avvicinate ed erano pronte a intervenire a un segnale della principessa Serena.
-Non finisce qui!- urlò con spavalderia, nonostante stesse tremando come una foglia.
-E' una minaccia? Dalla risposta che mi darai potrebbe dipendere la tua vita. Soppesa con giudizio le parole che sceglierai e ringrazia che non ti sbatto in cella seduta stante, perché sono tentata di farlo.- rispose la principessa con un sopracciglio alzato.
Senza nemmeno rispondere, quell'essere si dileguò. Probabilmente il suo istinto di autoconservazione gli aveva suggerito di non rischiare. I vampiri che stavano osservando la scena, la guardarono con una nota di rispetto in più, compreso il mio.
La principessa rilassò i muscoli, passò la lancia a una delle guardie e scambiò un veloce sguardo con Wilhelm, che traboccava d'orgoglio.
-Chiedo scusa per la brusca interruzione, ma non potevo permettere a quella sottospecie di parassita di comportarsi in quel modo.- si scusò con noi la principessa Serena.
-Siete stata fin troppo clemente, io l'avrei distrutto seduta stante.- rispose mio padre ridacchiando e condivisi in pieno la sua affermazione.
-Lui è Ionut Lovinescu, padre di Stefan e sovrano del clan Lovinescu. Lui invece è Lucian Lovinescu.- presentò Wilhelm ed entrambi si inchinarono davanti alla principessa.
-Dove avete imparato ad usare la lancia in quel modo?- domandò incuriosito mio padre.
Era una domanda che anche a me premeva ricevere risposta, perché prima mi era sembrata un'esperta nel combattimento e volevo sapere se era così.
-Come poc'anzi vi ha detto quell'essere, abbiamo trascorso molto tempo insieme ed è stato lui ad insegnarmi qualcosa. Non sono molto pratica del combattimento, lui ne era a conoscenza, ma probabilmente ha avuto paura che lo trafiggessi davvero.- rispose la principessa facendoci ridere di gusto, assieme a qualche altro vampiro che era intorno a noi.
-Be', una principessa non ha bisogno di conoscere l'arte del combattimento. Ci sono le sue guardie fidate a proteggerla.- affermai.
-Concordo perfettamente.- rispose divertita.
Quindi non era esperta come avevamo creduto, ma quel viscido microcefalo le aveva semplicemente insegnato qualcosa per difendersi dai malviventi. Non sarebbe stato necessario contro un vampiro addestrato. Chissà fin dove si era spinto quel verme con la principessa. Non volevo nemmeno immaginarlo o avrei perso il senno e compiuto azioni sconsiderate. Meglio restare ignoranti e pensare a conquistarla.
Dal suo sguardo trasparivano tantissime emozioni. Divertimento, soddisfazione e anche qualcos'altro che non riuscii a cogliere. Quella ragazza era davvero interessante e sarebbe stato divertente conoscerla. Per la prima volta dopo tanto tempo, avevo trovato qualcosa, o meglio qualcuno, che stimolasse il mio interesse.
-Vogliate scusarmi, ma devo intrattenere gli altri ospiti. Avremo occasione di parlare molto presto.- disse la principessa con estrema cortesia.
-Ma certo, i vostri doveri vi chiamano.- risposi con altrettanta cortesia.
Con un lieve inchino si allontanò con lo zio e quando furono lontani dalle loro orecchie, mio zio Lucian osò parlare.
-Caspita, quella ragazza sa come farsi rispettare.- affermò mio zio con tono acido.
-Già, ma non avete notato nulla di strano?- domandò mio padre, con un sorriso furbesco stampato sulle labbra.
Io avevo capito dove mio padre volesse andare a parare e sorrisi a mia volta.
-Era infuriata, ma i canini non sono usciti dalle gengive.- risposi cercando di non scoppiare a ridere.
L'idea di un vampiro senza canini era divertente, ma inquietante. Era grottesco. Mio zio ci guardò a occhi sbarrati e poi sorrise anche lui, ma in modo maligno.
-Ma che splendida notizia! Una principessa vampiro senza canini. Grottesco. Sarebbe meglio spargere la voce, non credere?
-Mi sembra più che logico.- rispose mio padre e poi si rivolse a me. -Tu cerca di scoprire se è vero o meno. Entra in confidenza con lei, chiaro?
-Certo, padre. Non vi deluderò.
Sarei entrato in confidenza con la principessa anche se mio padre non me l'avesse ordinato, perché volevo conoscere ogni sfaccettatura di quella ragazza. Sarebbe stato davvero tanto spassoso.

Continuai a chiacchierare con i vari presenti fino a quando non ci sedemmo a tavola per consumare il banchetto. Mi sedetti a capotavola, di fronte alla principessa Serena, e mi misi ad osservarla pensieroso, quasi trepidante. La vidi rivolgersi ai suoi genitori adottivi, Paola e Andrea Serafini, due mezzosangue che erano stati molto vicino ad Astrid.
La principessa mi guardò con occhi pieni di sfida e curiosità, per poi dire qualcosa ai suoi genitori. Decisi che era giunto il momento di iniziare a sedurla come si deve. Mi alzai in piedi e portai in alto il calice colmo di sangue, attirando l'attenzione di tutti i presenti.
-Vorrei proporre un brindisi. Alla principessa Serena, ritornata fra noi per regnare sui suoi clan con giustizia e coraggio, e per onorare la memoria dei suoi genitori, Astrid Von Ziegler e Marius Vidrean. Alla principessa.
Tutti alzarono il calice e bevvero un sorso mentre mi risedevo.
-Vi ringrazio per le belle parole, principe Stefan. Siete un ottimo adulatore e potrei abituarmici.- rispose sorridendo e strappando qualche risata agli ospiti.
Dovetti trattenermi per non ridere, ma avevo già la risposta pronta.
-Non potrei mai smettere di farvi complimenti, soprattutto per la vostra inestimabile bellezza.- ribattei sorridendo con malizia.
-Siete davvero un uomo galante come mi avevano detto.
Dopo quello scambio di complimenti, la serata continuò tranquilla tra chiacchiere, buon cibo, vino e sangue pregiati. Terminato il banchetto, iniziarono le danze, ma prima che potessi avvicinarmi alla principessa fui circondato da meravigliose donne. Una in particolare mi colpii, con i capelli rossi e lisci, occhi verde intenso e il fisico morbido fasciato da un elegante abito vedere.
Si chiamava Valerie Lacroix, una vedova sempre alla caccia di un uomo influente e ricco. All'età di diciotto anni si era sposata con Emil Lacroix, un vampiro di cinquantasei anni che era stato distrutto dalla folla un paio d'anni prima. Ad appena ventitré anni, era diventata molto influente nel clan francese, ma essendo una donna non era entrata nel Consiglio. A eccezione delle principesse e delle regine, nessuna donna poteva prendere posto nel Consiglio.
Dopo la morte di suo marito, si sposò con Dorin Lovinescu, un mio lontano cugino membro del consiglio Vidrean-Lovinescu, che però era stato distrutto dopo appena sei mesi di matrimonio per aver contraddetto e minacciato mio padre. Da quel momento in poi aveva sempre mirato a me, nonostante fosse a conoscenza del patto e di tutto il resto.
Era una donna spietata, subdola, ma non avrebbe rischiato la distruzione e istigato l'ira di tre clan di vampiri per il potere. Sicuramente era attratta da me come le altre donne e forse mirava a diventare la mia amante fissa, cosa che le avrebbe portato già una bella fetta di potere.
-Sono lieta di rivedervi, principe Stefan.- disse inchinandosi a me.
-Anche io, Valerie. Come procede la vostra vita alla tenuta Lacroix?
-Molto noiosa a dire il vero. Non c'è mai nulla da fare e io sono sempre sola...
“Sì, certo. Ci voglio credere.” pensai.
-E' strano per una donna bella come voi. Ero fermamente convinto che aveste uno stuolo di pretendenti.- risposi al flirt.
Dopotutto non era male e non mi sarebbe dispiaciuto avere compagnia quella notte, ovviamente all'insaputa della principessa.
-Sì, è vero, ma non sono di certo garbati e interessanti come voi.- ammise guardandomi maliziosamente.
La sua sfacciataggine mi fece sorridere. A quella donna importavano soltanto della sua pelle e del potere. Era una donna spietata, come Catherine di “Cime tempestose” e a me non dispiaceva affatto.
Distolsi lo sguardo da Valerie e mi accorsi che la principessa mi stava osservando con insistenza. Non appena vide che me n'ero accorto, si affrettò a distogliere lo sguardo. Sorrisi divertito perché sapevo che cercava di non mostrare quanto fosse affascinata da me.
-Vogliate scusarmi, ma devo andare.- dissi a Valerie.
-Spero ci rivedremo presto.- rispose lei, mantenendo la malizia nei suoi occhi.
Sorrisi e andai verso la principessa Serena, alla quale mi inchinai profondamente.
-Posso proporvi un ballo?- domandai porgendole la mano.
-Volentieri.- rispose con un sorriso finto e teso.
Prese la mia mano, la condussi fino alla pista da ballo e iniziammo a danzare. Era piuttosto tesa, lo si poteva vedere lontano chilometri. Sembrava sulla difensiva come se fosse spaventata da me, ma non potevo pretendere altro dal nostro primo incontro. Sicuramente Wilhelm le aveva raccontato le gesta sanguinarie della mia nobile famiglia e le mie, ma mentre danzavamo non accennò a distogliere lo sguardo dal mio.
-Posso farvi una domanda che vi sembrerà bizzarra?- domandò all'improvviso.
-Qualsiasi cosa desideriate, principessa.
-E' possibile che vi abbia già visto prima di stasera?
“Che mi abbia visto quando la osservavo dalla panchina e quella sera al locale?”.
Cercai di restare impassibile e di rispondere con naturalezza.
-Sì, quando io avevo due anni e voi appena qualche giorno. Mi ricordo quel giorno perfettamente, eravate una bambina molto agitata e vivace.- risposi prontamente, sfoggiando uno dei miei più bei sorrisi, quelli che facevano cadere ai miei piedi ogni donna.
-A parte quel giorno? Siete sicuro che non ci siamo mai incontrati prima?- insistette.
-Mi ricorderei di aver visto una creatura meravigliosa come voi. Come mai questa domanda?- chiesi incuriosito, inclinando la testa leggermente di lato.
Era una cosa che non riuscivo a correggere, nonostante tutti gli schiaffi di mio padre e mio zio, ed era una cosa che odiavo.
-Perché avete l'aria familiare, come se vi avessi già visto.
-Forse avrete visto qualche foto sui giornali locali.- risposi dopo un istante di riflessione.
-E' probabile.- convenne con me.
Quella serie di domande mi incuriosii parecchio. Dall'espressione che aveva avuto mentre mi porgeva quelle domande e quando mi aveva visto per la prima volta, sembrava che fosse sicura di avermi già visto. Possibile che mi avesse notato quella sera in quel locale in centro e anche quando l'avevo osservata leggere? Finché non si ricordava dove e quando, ero al sicuro dal ricevere il possibile appellativo di “stalker”. Dovevo fare una buona impressione sulla principessa Serena e non inquietarla ulteriormente, quanto la fama della mia famiglia non avesse già fatto.
Quella ragazzetta sarebbe stata un bel divertimento e una scoperta dietro l'altra.

La serata di gala continuò quieta e gioiosa e fu un vero successo; una serata che i vampiri presenti avrebbero ricordato per decadi. Tutti gli ospiti venuti da lontano si stavano dirigendo verso le camere loro assegnate, compresa la bellissima Valerie. Questa non mi aveva staccato gli occhi di dosso per tutto il tempo che avevo trascorso in compagnia della principessa e ciò mi divertii parecchio. Se pensava di poter reclamare qualche diritto su di me soltanto per qualche semplice flirt, si sbagliava di grosso.
-Sono lieto di aver fatto la vostra conoscenza, principessa Serena. Spero che ci rivedremo presto e che possiate un giorno venirci a trovare al nostro castello, in Romania.- dissi inchinandomi e baciandole la mano.
-Sarebbe un onore per me. Vi auguro la buonanotte, principe Stefan.
-Altrettanto, e sogni d'oro.
A quella risposta la vidi irrigidirsi e un lampo di paura le oscurò lo sguardo. Durò solo per un istante e se non fossi stato un abile osservatore, non l'avrei di certo notato. Il timore che aveva di me mi fece quasi sorridere.
La principessa sorrise in modo tirato e mi ringraziò. Mi recai alla mia stanza e quando vi entrai, trovai una piacevole sorpresa ad attendermi. Valerie era seduta sul mio letto e non appena mi vide, mi sorrise in modo sensuale.
-Siete arrivato. Vi ho aspettato parecchio.- disse alzandosi e avvicinandosi lentamente a me con gli occhi brucianti di passione.
-Non dovreste essere qui. È la mia stanza, non la vostra.- risposi sorridendo.
-Lo so benissimo, ma volevo godere ancora della vostra compagnia.- disse continuando a mangiarmi con gli occhi.
-Se mio padre ci scoprisse, subiremmo entrambi una delle sue furiose punizioni. Ne siete consapevole?- domandai avvicinandomi a mia volta.
-E' questo che rende tutto più eccitante.- sussurrò per poi posare le sue labbra sulle mie.
La strinsi a me ricambiando e approfondendo il bacio, con bramosia e desiderio puramente carnale, ma nulla di più.
L'amore non faceva per me. L'amore era per deboli e poi amare una creatura calcolatrice e subdola come Valerie sarebbe stato impossibile. Mentre la baciavo, provai una sensazione strana, come se stessi mancando di rispetto a qualcuno. Quella sensazione di disagio, non mi impedì di fare ciò che desideravo.
-Ormai sono ufficialmente fidanzato.- dissi staccandomi un po' da lei.
Ero curioso di vedere la sua reazione e questa, come previsto, fu spassosa. I suoi occhi diventarono cupi e bui e fiamme di rabbia lampeggiavano in essi.
-Tecnicamente ancora non lo siete e si vede lontano chilometri che la “principessa” non provoca in voi il men che minimo interesse. Per voi non è altro che l'occasione per ampliare il vostro regno e il vostro potere, e per questo vi ammiro e vi invidio.
Sorrisi divertito e ripresi a baciarla con maggiore passione. Quella fu una delle tante notti che passai in compagnia di una donna, non molto diversa dalle altre, a eccezione per la continua sensazione di disagio che mi accompagnò.

Il mattino seguente, Valerie era sparita, come promesso, e decisi di prepararmi per la partenza. Non appena fui pronto, raggiunsi mio zio e mio padre al portone principale.
-Buongiorno padr...
Un violento manrovescio di mio padre mi interruppe. Sapevo già il perché, ma non riuscivo a credere che fosse stata così stupida da farsi scoprire.
-Sali in macchina. Muoviti.- ordinò duramente.
Mi affrettai a salire in macchina, prima che scatenassi completamente la sua ira. Uno schiaffo poteva ancora salvarmi dalla punizione, ma avrei dovuto soppesare con giudizio le mie parole o non mi avrebbe risparmiato il bastone. Quando anche loro furono saliti e la macchina lontana dal castello, riprese a parlare.
-Hai passato la notte con Valerie Lacroix! Come diavolo ti è venuto in mente?!
-Padre, io...- provai a giustificarmi, ma mio zio mi riservò un secondo schiaffo.
-Stai zitto quando tuo padre ti parla!- ringhiò rabbioso.
Lo guardai con rabbia, ma mi affrettai ad abbassare lo sguardo. Se mi avessero colto a guardarli con furia, la punizione sarebbe stata garantita.
-Passi che tu faccia queste cose al nostro castello, passi che tu vada a farti un viaggetto in Italia per godere del calore delle donne italiane, ma non può passare che tu vada a letto con altre donne nel castello della principessa! Il tuo scopo è farla innamorare di te, lo capisci o no?! Lei deve credere che sia l'unica donna che occupa i tuoi pensieri, chiaro?!- tuonò mio padre e più volte vidi il nostro autista sussultare.
Quando mio padre ci si metteva, sapeva essere davvero terrorizzante. Faceva parte dei miei incubi quasi costantemente e non potevo permettere che mi punisse un'altra volta per uno stupido errore compiuto da quella cretina.
Le donne sono tutte cretine e innamorate dell'idea dell'amore, mentre noi uomini pensiamo solo al potere e a godere del calore delle donne senza impegno. Così mi avevano insegnato mio zio e mio padre e così si comportavano, difatti il matrimonio con mia madre fu solo per convenienza, esattamente come quello tra me e la principessa Serena.
-Avete ragione. Sono stato uno sciocco a compiere questo errore imperdonabile e vi giuro che non accadrà più. Non posso permettere che per un mio errore tutto ciò che abbiamo pianificato vada in fumo.- risposi continuando a guardare con insistenza il tappetino della macchina.
-La prossima volta che oserai fare un'incoscienza simile, assaggerai il bastone. Non sarò clemente due volte ed è un onore che ti faccio, perché sai benissimo che io non sono mai clemente.- affermò mio padre duramente e io annuii.
Ero stato un idiota a pensare che Valerie non si sarebbe fatta scoprire mentre usciva dalla mia camera. Non potevo credere di esserci cascato con tutte le scarpe, ma non avrei fatto lo stesso errore due volte. Avevo trascorso una bella serata e sarebbe stata anche l'ultima che avrei trascorso in sua compagnia.

Passò un mese senza novità e la mia vita sfociò nuovamente nella noia e nella monotonia più totale. La voce riguardo alla principessa messa in giro da mio zio, era stata sostituita da un pettegolezzo più nuovo e tutti se n'erano già dimenticati. La nostra guardia continuava a condurre indagini sulla principessa Serena, ma non scoprì nulla di nuovo, eccetto che era fuoricorso di un anno all'università.
Le numerose donne con le quali trascorrevo le mie giornate e le mie notti, erano noiose. Erano tutte uguali nel loro portamento posato e finto, nei loro interessi futili e addirittura nelle lusinghe. “Principe, siete meraviglioso”, “Principe, è piacevole trascorrere del tempo con voi” e “Principe, sono innamorata di voi”.
Solo una donna era completamente diversa da loro, anche se definirla donna era un eufemismo. La ragazzetta in questione era riuscita a smuovere qualcosa in me e in ogni momento non la smetteva di offuscare i miei pensieri. Mentre facevo la doccia, mentre mi allenavo, mentre mangiavo e addirittura mentre trascorrevo la notte in dolce compagnia. Non riuscivo a smetterla di paragonarla con le donne che avevo di fronte. “La principessa avrebbe inclinato leggermente la testa”, “La principessa Serena aveva i fianchi più morbidi” e “La principessa aveva le labbra più rosse e carnose di questa donna” e considerazioni simili invadevano la mia mente.
Ne stavo diventando ossessionato, ma pensai che fosse soltanto perché non vedevo l'ora di mettere le mani sul potere che deteneva. Mi resi conto che non era così quando decisi di creare un profilo falso e di spacciarmi per un ragazzo che era andato al liceo con lei e la sua amica Erika Berti.
“Possibile che sia interessato a una ragazzetta rozza, senza il minimo gusto nel vestire e che gioca a fare la principessa?” pensai poco prima che accettasse la mia richiesta d'amicizia.
Quel giorno passai ore a guardare le sue foto e a osservare i post che condivideva, molti dei quali spassosi e stupidi. Condivideva ben poco della sua vita privata, ma mi venne da sorridere quando condivise una citazione di “Cime tempestose”, altro libro che avevo adorato.

“Talvolta ci facciamo prendere dalla compassione per creature incapaci di provare sentimenti sia per se stessi che per altri.”

Poteva forse trattarsi del suo ex fidanzato, quel verme viscido che aveva provato a umiliarla in pubblico, oppure stava parlando di me e provava compassione? Sperai che non stesse parlando di me, perché non avevo bisogno della sua compassione, ma del suo potere.
Scuotendo la testa allontanai il PC da me e mi sdraiai supino sul letto, continuando a pensare a quella meravigliosa creatura conosciuta un mese prima. L'aspetto che la principessa Serena aveva avuto durante la sua serata di debutto, si sovrappose a quella che rideva sguaiatamente e che vestiva in modo sciatto, ma non riuscii a non pensare che fossero entrambe creature meravigliose.
-Che cosa diavolo ti sta succedendo, Stefan Lovinescu?

Mi trovavo nel cimitero di famiglia, più precisamente dentro al mausoleo riservato a re e regine. Era la versione in miniatura del nostro castello: nero, cupo e con guglie che sembravano volessero toccare il cielo. Mi trovavo davanti alla nicchia nella quale si trovava mia madre, seduto a terra per avere la sua foto all'altezza del viso. Era meravigliosa come l'ultima volta che l'avevo vista, ma senza lividi e senza un buco all'altezza del petto.
Mia madre era stata uccisa da un'orda inferocita quando avevo sei anni. Aveva lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri, che in quella foto erano tristi. Mia madre non era mai stata felice di stare accanto a mio padre, anzi lo aveva odiato a morte ed era diventata cupa e rabbiosa dopo il matrimonio. Tornò a essere felice e spensierata quando nacqui io, infatti non mi riservò mai uno sguardo infuriato, eccetto quando le macchiai uno dei suoi abiti preferiti con dell'inchiostro all'età di quattro anni, ma non mi picchiò com'era solito fare mio padre. Mia madre, Diana Lovinescu, non mi aveva mai toccato, eccetto per coccolarmi e farmi il solletico e odiava quando mio padre o mio zio mi mettevano le mani addosso.
Fu uccisa da un'orda inferocita dopo l'ennesima lite tra Lovinescu e Vidrean, ma riuscì a salvarmi ordinandomi di nascondermi su un albero. Mi sorrise poco prima di ricevere il colpo letale, ma leggendole le labbra capii che mi stava dicendo “Ti voglio bene, Stefan”. Quando la folla se ne fu andata, osai scendere dall'albero e la chiamai a gran voce, ma ormai era morta. Non volevo accettarlo, così continuai a scuoterla e a chiamarla con la voce rotta dai singhiozzi. Calò la sera e con essa arrivarono anche i lupi, predatori come noi. L'odore del sangue e di una preda facile e indifesa com'ero io li aveva attirati. Avevo afferrato un lungo bastone e avevo tenuto lontano i lupi urlando rabbioso e agitandolo come un ossesso. Ero riuscito a tenerli a bada fino a quando mio padre, mio zio e tutti i membri della nostra famiglia appartenenti al Consiglio ci avevano trovati a notte fonda. Mio padre non lasciò trasparire alcuna emozione quando vide che sua moglie era morta e ordinò che fosse preparato il corpo per la sepoltura, come se si trattasse di uno sconosciuto qualsiasi.
-Hai protetto il corpo di tua madre e sei stato coraggioso, ma dovevi difenderla anche dalla folla.- mi aveva detto.
Da allora mi ero sempre ritenuto responsabile della morte di mia madre. Era colpa mia se mia madre era morta. Era stata mia l'idea di andare a fare una passeggiata nei boschi quel pomeriggio, quindi era come se l'avessi uccisa io stesso. Non ero stato in grado di proteggere mia madre, l'unica donna che avevo amato.
-Mamma, mi sento confuso.- esordii incidendomi il palmo e versando del sangue nella coppa accanto al loculo per omaggiarla. -Stanno succedendo cose strane e la mia mente reagisce in modo inaspettato. Credo di essere interessato a una donna. Non come lo sono stato fino adesso, dal puro punto di vista carnale, ma interessato al suo modo di essere.
Le parlai della principessa Serena e di ciò che mi stava passando per la testa in quel mese, la smania di rivederla al più presto e il fatto che paragonassi quella ragazzetta alle altre donne che avevo conosciuto.
-Mi sento così stupido. L'amore non esiste e tu e mio padre me l'avete sempre dimostrato. L'unico amore che è esistito è stato quello fra me e te. Non pensare che abbia il complesso di Edipo, anche perché sarebbe da malati psichiatrici, ma intendo l'amore che ci può essere solo tra madre e figlio, un amore naturale. Possibile che esista anche per... una donna?
Non potevo credere di averlo detto ad alta voce. Mi stavo istupidendo per la troppa monotonia, non c'era altra spiegazione. Avevo bisogno di svagarmi, magari andando a feste e incontrando gente che contava, ma non ne avevo voglia. L'unica persona che volevo vedere, abitava in un minuscolo appartamento situato a Torino nord assieme a due mezzosangue.

Angolo autrice.
Buongiorno a tutti! Chiedo scusa per l'enorme ritardo e vi prometto che non succederà più c.c
Stiamo iniziando a conoscere molti lati di Stefan che in "The Bloody and Dark Princess" non siamo riusciti a esaminare e sono certa che vedrete Stefan e molti altri personaggi sotto una luce del tutto diversa.
Vi ringrazio per i commenti, per aver messo la storia tra le seguite/preferite. Fatemi sapere cosa ne pensate con un commento, sarò ben lieta di rispondervi a breve :3
Vi mando un bacione enorme e al prossimo capitolo!
Arsax <3

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3


Mio padre e mio zio non fecero che incontrarsi con i nostri parenti membri del Consiglio per tutta la settimana. Avevano incontri segreti ai quali non potevo partecipare, anche se immaginavo quale fosse la discussione principale. Conoscevo abbastanza bene mio padre e mio zio da supporre che, non appena avessi fatto innamorare di me la principessa Serena e avessi acquisito la sua fiducia, avrei dovuto ucciderla, per far cadere nel caos il suo enorme regno e indebolirlo per poi conquistarlo con la forza. Se non era questo il loro piano, sicuramente l'omicidio sarebbe stato rimandato a dopo le nozze per risparmiare le nostre milizie oppure avrebbero davvero rispettato il patto. Quest'ultima possibilità mi sembrava molto remota, ma non potevo mai dire con certezza che cosa avesse in mente mio padre.
Ancora non mi avevano reso partecipe dei loro piani e non riuscivo a capirne il motivo, ma cercai di continuare con la mia solita vita. Un colpo al petto mi mozzò il fiato e vidi Dimitri caricare un altro colpo e mandarmi a gambe all'aria.
-Principe, che diavolo vi sta succedendo? È più di un mese che siete un pappamolle che se le prende. Di solito mi avreste preso il braccio e me l'avreste rotto, se avessi provato a colpirvi come ho fatto poc'anzi.- mi riprese Dimitri.
-Ho vari pensieri per la testa.- risposi vago.
Dimitri mi aiutò ad alzarmi e mi passò una bottiglia d'acqua.
-C'entra una donna.- affermò di punto in bianco e dovetti usare tutto il mio autocontrollo per non farmi andare l'acqua di traverso e restare impassibile.
-Ma cosa dici?- domandai indignato, anche se ci aveva azzeccato.
-Quella è la faccia di un uomo che pensa a una donna. Forza, confidatevi con me, così tornerete in forma e potremo allenarci di nuovo in modo serio, senza che ve le prendiate.- mi punzecchiò.
Era l'unico a cui permettevo di punzecchiarmi. Il nostro rapporto era la cosa più vicina all'amicizia che mi ero concesso. Dimitri era un buon confidente e non era né intimorito né un leccapiedi di mio padre, quindi con lui potevo sfogarmi come e quando volevo, anche se non lo facevo quasi mai.
-Non so come diavolo tu abbia fatto, ma hai indovinato.- ammisi passandogli la bottiglietta.
-Non ho indovinato, ma ho visto molti uomini con la vostra espressione. Allora, di chi si tratta?
-Della principessa Serena.
-Se le voci sono vere, è uguale alla regina Astrid Von Ziegler ed è meravigliosa.- disse pulendo il suo pugnale.
-Lo è.- ammisi. -Ma è rozza, veste da maschio, è scomposta e frequenta i mezzosangue.
Dimitri rabbrividì con me, ma sorrise in modo furbesco.
-Come fate a sapere tutte queste cose?
-Non sono affari che ti riguardano.- risposi duramente.
-So che siete andato a Torino e so che l'avete vista. Non siete andato ad Aosta, quella settimana, ma siete andato a vedere come fosse di persona.- disse ignorando il mio tono autoritario.
-E come diavolo fai a saperlo?- domandai un poco spaventato, ma solo un pochino.
Se mio padre l'avesse saputo, avrei subito la sua punizione e quella di mio zio.
-La guardia che si occupa di tenere d'occhio la principessa me ne ha parlato. Era preoccupato che venisse distrutto, se vostro padre l'avesse scoperto. Gli ho detto che se voleva restare vivo, doveva continuare a stare zitto.- spiegò Dimitri ridacchiando. -Se è così rozza, come mai ha invaso i vostri pensieri?
Restai in silenzio per qualche minuto riflettendo e alla fine risposi alla sua domanda.
-E' diversa dalle altre donne. Dovevi vedere quando ha mandato a gambe all'aria il suo ex ragazzo con un semplice schiaffo. Nessuna donna che ho conosciuto l'avrebbe mai fatto, anzi si sarebbero messe a strillare e a piangere istericamente, ma lei no.
-Benvenuto nel mondo dell'amore, mio dolce principe.- disse Dimitri dandomi una vigorosa pacca sulla spalla e ridacchiando sotto i baffi.
-Cosa? L'amore?
-Già. Sono convinto che presto capirete anche voi.
-Capire cosa?- domandai, ma tutto ciò che ricevetti fu solo una semplice risata.

-Ho una domanda da farvi, padre.- dissi di punto in bianco, giocando col gulasch che avevo nel piatto.
-Dimmi.
Era passata un'altra settimana e ancora ripensavo alla discussione avuta con Dimitri e da questa si era formata una domanda che continuava ad offuscare i miei pensieri.
-Non dovrei corteggiare la principessa Serena? Non la vedo dalla serata di gala e vorrei farla cadere fra le mie braccia il prima possibile.
Non era proprio tutta la verità. Il motivo per il quale volevo avere un contatto con la principessa, era scoprire ogni sfaccettatura di quella creatura tanto meravigliosa quanto disgustosa nei modi di fare.
-Dobbiamo aspettare. Alla serata di gala sei stato perfetto e sicuramente avrai fatto breccia nel cuore della principessa. Bisogna far crescere in lei l'impazienza di rivederti, quindi dobbiamo aspettare la prossima riunione Vidrean-Lovinescu.- spiegò mio padre con fermezza.
-Ci stiamo mettendo troppo tempo.- borbottò mio zio, l'unico che potesse contraddire mio padre.
-Sei esattamente come tuo nipote, Lucian: impaziente. Posso capire Stefan, che ha appena compiuto venticinque anni, ma tu che hai superato i duecento!- lo canzonò mio padre e mio zio sbuffò, impaziente tanto quanto me.
Avrei dovuto aspettare la riunione prima di rivederla ancora ed era troppo tempo. Volevo schiarirmi le idee e capire di più su quella ragazzetta. Quei pensieri non facevano altro che togliermi il sonno e privarmi di godere in tutta tranquillità della compagnia delle mie amanti.

Un mese e mezzo dopo, mio padre chiese che il consiglio Vidrean-Lovinescu si riunisse. Era una semplice copertura per far incontrare nuovamente me e la principessa in tutta tranquillità e lì avrei dovuto fare il possibile per conquistarla.
Solitamente con le altre donne bastavano due incontri per farle innamorare di me, sempre che non lo fossero già, quindi quello sarebbe stato il nostro incontro decisivo. Mio padre conosceva le mie capacità di seduttore, perciò confidava in me esattamente come mio zio.
-Stefan, cerca di non deludermi.- si raccomandò mio padre, prima che io e mio zio entrassimo nella sala delle udienze.
-Non lo farò, padre. Vi renderò orgoglioso.
Io e mio zio entrammo e ci mettemmo a chiacchierare con i membri del Consiglio, in attesa che la principessa Serena ci raggiungesse. Avevo una strana sensazione alla bocca dello stomaco, ma pensai fosse impazienza. Sì, era sicuramente impazienza. Volevo chiudere lì quella faccenda e rivedere la principessa Serena all'altare, alla cerimonia che ci avrebbe uniti fino alla morte.
La principessa finalmente entrò nella sala accompagnata da Wilhelm e le riservai un enigmatico sorriso.
-Sono lieto di rivedervi, principessa Serena.- la salutai facendole il baciamano. -Il viaggio è stato gradevole?
-Molto, vi ringrazio per l'interessamento.
-So che è la vostra prima volta, ma non sarà una riunione molto lunga e anche se non parlate rumeno, sono tutti d'accordo a parlare italiano.- spiegai brevemente.
-Siete stato davvero premuroso. Apprezzo molto il vostro gesto.- rispose con una nota di diffidenza nella voce.
-Direi che è venuto il momento di accomodarci.- dissi mettendole una mano sulla schiena e accompagnandola a capotavola.
L'aiutai a sedersi e presi posto anche io all'altro capo della tavola. Non smisi di guardarla fino a quando tutti i vampiri non furono seduti ai posti loro assegnati. Vederla mi aveva messo una strana sensazione addosso, ma la ricacciai indietro per concentrarmi sulla riunione del Consiglio.
Parlammo perlopiù di questioni burocratiche, tasse, resoconti dei vari castelli e la partecipazione della principessa Serena fu richiesta ben poco. La riunione era presieduta da me, come mio padre prima di me aveva sempre fatto, e presi appunti per non perdere il filo dei pensieri e per pensare a possibili soluzioni ad alcuni problemi.
-Bene. Se non ci sono altri argomenti da affrontare, direi che possiamo concludere qui.- annunciai, ma la mano di mio zio Lucian si alzò.
Voleva portare in tavola un ultimo argomento e, conoscendolo molto bene e conoscendo il suo astio per la famiglia Vidrean, immaginavo già quale fosse.
-Avrei ancora qualche domanda, principe Stefan.
-Prego, procedi pure.- concessi.
-Principessa Serena- iniziò mio zio. -gira voce che voi non abbiate ancora sviluppato i canini. È la verità?
Immantinente un brusio in rumeno si levò nella sala. Erano frasi scioccate e che affermavano che fosse oltraggioso fare una domanda del genere alla principessa, ma tutti fremevano dalla voglia di sapere se quella voce fosse fondata o meno.
La principessa Serena estrasse un ventaglio blu notte con disegno damascato dalla tasca del vestito e iniziò a farsi aria placidamente, come se quella domanda fosse stata sciocca, ma nel suo sguardo notai una punta di preoccupazione.
-Non ho bisogno di dimostrare di essere un vampiro. Devo dimostrare ai miei sudditi di essere una sovrana degna di guidarli. Questa diceria è già arrivata alle mie orecchie molto tempo fa, quindi non mi sorprende che sia arrivata anche alle tue.- rispose guardandolo negli occhi con un misto di divertimento e sfida.
La principessa aveva avuto coraggio a rispondere in quel modo a mio zio. Nessuno, nemmeno io l'avevo mai fatto e quella semplice frase mi fece apprezzare ancora di più la principessa.
-E invece cosa dite riguardo all'esercito che state riorganizzando?- continuò e un altro brusio si levò alto.
Anche io rimasi sorpreso, ma in modo positivo. Non riuscivo a credere che quella ragazzetta che giocava a fare la principessa stesse riorganizzando il proprio esercito. Volevo vedere fino a che punto quei due si sarebbero spinti e restai a guardare senza intervenire.
“Vediamo come risponderai, principessa”.
-Davvero, principessa? State organizzando un esercito?- domandò Damian Vidrean.
-Un sovrano senza esercito o è un sovrano sprovveduto o uno stupido, o entrambi.- rispose pacatamente la principessa.
Aveva fatto notevoli passi da gigante seguendo le lezioni di Wilhelm, ma non ero sicuro che quattro mesi di lezioni avrebbero trasformato una rozza popolana in una leggiadra principessa. Ero curioso di vedere come si sarebbe svolta l'intera faccenda.
-Come potrei difendere i miei sudditi senza un esercito?- chiese come se fosse la cosa più scontata del mondo.
-Difenderli da chi? Dai Lovinescu?- continuò mio zio, suscitando risatine maligne fra i presenti e facce scioccate.
-Perché mai dovreste attaccarmi?- domandò la principessa giocherellando distrattamente col ventaglio, anche se in quel momento era piuttosto spaventata.
Decisi che era giunto il momento di intervenire in difesa della principessa. Mi avrebbe portato qualche punto in più.
-Ora stai esagerando, Lucian.- mi intromisi guardandolo con occhi pieni di veleno.
-Principe Stefan, vi prego di lasciarlo continuare. Voglio sapere quale sarà la risposta.- disse lei decisa.
Volsi la mia attenzione verso Lucian, che si stava guardando attorno in cerca di un suggerimento persino da parte mia, ma non l'avrei aiutato. Aveva più di duecento anni, quindi era in grado di tenere testa a un vampiro di ventidue.
La risposta non arrivò, quindi la principessa Serena calcò la mano.
-Principe Stefan, avete intenzione di iniziare una guerra contro di me?
Per poco non scoppiai a ridere. Voleva umiliare mio zio e fargli capire che lei era davvero una principessa e che doveva portarle rispetto, volente o nolente.
-Assolutamente no, principessa. Perché mai dovrei farlo?- chiesi indignato.
-Se devi parlare per dare aria alla bocca- iniziò la principessa, guardandolo con freddezza e schifo, come se avesse davanti la creatura più rivoltante del mondo, e in effetti lo era. -ti consiglio di tacere la prossima volta.
-Come osi?! Tu...
-Basta, Lucian!- tuonai alzandomi in piedi. -Ricorda che hai davanti una principessa, non una donna qualsiasi e non tollero che si parli in questo modo alla mia promessa sposa. È chiaro a tutti?
Non avevo mai risposto a mio zio in quel modo e mai avrei creduto di farlo. Mi era venuto spontaneo, anche perché, sebbene quella ragazzetta fosse rozza e grezza, restava comunque una principessa e la mia promessa sposa.
Li guardai uno a uno negli occhi, in attesa che qualcuno osasse emettere un fiato, ma non successe, così mi risedetti al mio posto. Damian Vidrean alzò lentamente la mano e mi osservò con lo sguardo spaventato che vedevo sempre rivolto a mio padre.
-Spero che sia una domanda intelligente.- dissi gelido, dandogli la parola.
-Vorrei sapere cosa volete fare riguardo al patto e quando si terrà il vostro matrimonio.- pigolò con fare reverenziale.
Mi fece molto piacere vedere che le persone mi trattavano allo stesso modo con cui trattavano mio padre. Dovevo aver fatto capire a tutti che non ero un uomo che donava la clemenza e il perdono, perché quello non spettava a me, ma al Creatore.
-Preferirei conoscerla e corteggiarla a dovere.- risposi con tranquillità. -Con questo non sto dicendo che il patto non verrà portato a compimento, ma che ci vorrà un po' di tempo. È già un passo avanti che la principessa Serena sia qui tra noi oggi e che possa partecipare alle riunioni del Consiglio. Dovete solo pazientare ancora un po', ma cos'è qualche mese in confronto all'eternità che abbiamo davanti?
Quel breve discorso avrebbe portato la principessa a guardarmi con occhi nuovi, perché le avrei dato l'impressione di volerla conoscere prima di sposarla e in effetti era vero. Quella ragazzetta mi intrigava e volevo saperne di più prima di sposarla e, probabilmente, prima di ucciderla.
-Ci sono altre questioni sulle quali discutere?- chiesi osservando ogni vampiro, ma nessuno fiatò. -Bene, possiamo terminare qui la riunione del Consiglio.
Io e la principessa ci alzammo, tutti seguirono il nostro esempio e si diressero fuori dalla sala. Mio zio era furente di rabbia e mi riservò un'occhiata di fuoco, ma pensai che mio padre avrebbe apprezzato il mio impegno avuto nel difendere l'onore della principessa e farle avere così un po' più di fiducia in me.
Wilhelm aprì la bocca per dire qualcosa alla principessa Serena, ma vedendo che mi avvicinavo richiuse immediatamente la bocca.
-Vi chiedo umilmente perdono per il comportamento inaccettabile di mio zio Lucian. Vi assicuro che non resterà impunito.- dissi inchinandomi.
-Non ce n'è alcun bisogno, credo che abbia già recepito il messaggio.- rispose ancora sorpresa, probabilmente dal modo in cui l'avevo difesa.
Avevo fatto centro.
-E invece sì. Non posso permettere un comportamento tanto irrispettoso nei vostri confronti. Vorrei discutere in privato con voi di alcune questioni, se permettete.
La principessa fece un cenno col capo a Wilhelm e questo si inchinò per poi congedarsi. Afferrai il mio calice per versarci del sangue e feci altrettanto con uno pulito. Lo porsi alla principessa e bevvi qualche sorso, continuando a studiarla attentamente. Era giunto il momento di sfoderare ogni mia tattica di seduzione per farla innamorare perdutamente di me.
-Ditemi principessa, come intendete procedere riguardo alle nostre imminenti nozze? Non ho chiesto il vostro parere e me ne scuso, ma sarebbe per me un onore corteggiarvi e conoscervi prima di convolare a nozze. Siete d'accordo?
-Mi farebbe piacere conoscervi, ma non pensiate che bastino il vostro charme e il vostro bell'aspetto per farmi cadere ai vostri piedi.- rispose guardandomi con occhi colmi di sfida.
Sorrisi divertito continuando a guardarla intensamente. Era piuttosto agitata, glielo si leggeva nello sguardo, ma cercava di mostrarsi spavalda e impavida. Quindi non sarebbe bastato il mio aspetto per farla innamorare. Pazienza, avevo altre carte a disposizione nel mio mazzo.
-E cosa riuscirebbe a farvi cadere ai miei piedi? Regali? Gioielli?- chiesi sollevando un sopracciglio.
Quale donna sarebbe riuscita a resistere ai diamanti? I diamanti sono i migliori amici delle donne.
-Mi credete così superficiale, principe Stefan?- domandò.
Quella domanda mi spiazzò. Quindi era davvero diversa dalle altre e non sarebbe stato così facile conquistarla. Un po' il gusto della sfida mi attirava, ma dall'altra parte mi seccava perché avrei dovuto impiegare più tempo per farla innamorare di me e conquistarmi la sua fiducia.
Il sorriso così com'era sparito, ritornò sul mio viso.
-Certo che no. Mi chiedevo solo che cosa potrei fare per conquistarvi.- risposi.
-Questo dovete scoprirlo da solo.
Vederla flirtare con me mi fece sorridere. Eravamo già passati alla fase successiva e non pensavo che ci sarebbe voluto così poco tempo, quindi non era così stoica come voleva lasciar credere.
-Siete un mistero per me. E siete anche una sfida. Tutte le altre donne sarebbero già cadute ai miei piedi.- affermai, ed era vero.
-Che sbruffone.- la sentii sussurrare.
“Come prego?!” pensai quasi scioccato.
-Cosa?- chiesi inclinando leggermente la testa di lato e per poco non mi tirai uno schiaffo da solo per evitare di farlo.
-Niente, pensavo ad alta voce.- rispose come se non mi avesse appena dato dello sbruffone.
Ma come diavolo si permetteva quella rozza ragazzetta?! Era una stupida ragazzina che giocava a fare la principessa e che si divertiva a prendersi gioco di me!
Iniziai a girarle attorno, squadrandola dalla testa ai piedi. Quando le passai alle spalle, si irrigidì timorosa, ma nel complesso non mosse un muscolo. Possibile che quella ragazzetta grezza che tanto mi disgustava, fosse presente nella principessa regale e posata che avevo di fronte?
-C'è qualcosa in voi che non riesco a capire. Sembra che voi stiate indossando una maschera e che questa non sia la vostra vera immagine.- dissi pensieroso.
-E voi non state facendo lo stesso?- domandò guardandomi intensamente.
Avevo bisogno di capire, ma anche di scoprire un suo segreto che mi premeva conoscere dalla serata di gala. Avrei calcato la mano, per capire se non mi fossi fatto un'idea sbagliata su di lei e conoscere il suo segreto, che mi sarebbe tornato utile più avanti.
-Affatto. Io sono come mi vedete, ma voi siete un mistero, ve l'ho già detto. Ho come l'impressione che però stiate recitando da quando vi ho conosciuta. Forse aveva ragione quel Mirko, forse non siete affatto pronta per regnare.- la provocai liberamente.
Solo in quel modo sarei venuto a conoscenza del suo vero “io” e del suo segreto, ma dovevo calcare di più la mano e sperare nella reazione che mi ero prefissato. La sua espressione era colma di irritazione e supposi che volesse prendermi a schiaffi.
-Cosa?
-Avete sentito bene. Forse non avete la stoffa per regnare, ma che si può pretendere da una ragazzina cresciuta circondata da fiori e cose frivole come l'università.- risposi e la vidi sorpresa al sapere che conoscevo quell'informazione su di lei.
-L'università non è una cosa frivola.- obiettò ancora sorpresa.
-Ah no? Allora ditemi che cosa farete con la vostra laurea in biologia. Insegnerete ai vampiri com'è fatto il mondo che li circonda? Annienterete di noia i vostri nemici con la descrizione dettagliata di una cellula animale? Non avete speranze in questo mondo. Ve la cavate piuttosto bene, ma in meno di qualche decennio questo mondo vi distruggerà e la vostra unica ancora di salvezza è il matrimonio con me. Sarei il solo in grado di non far affondare il vostro regno ancora prima di cominciare a regnare.
-Quindi è questo il vostro obiettivo: sposarmi per assumere il controllo di ben tre clan di vampiri.
Era una cosa scontata, anzi più che scontata. Probabilmente lo sapeva già da tempo, ma voleva averne le prove.
-Non nascondo la mia sete di potere e un matrimonio con voi sarebbe perfetto, dato che i nostri avi hanno già firmato il patto. Non potete fare nient'altro se non accettare questo destino.- risposi pacatamente.
La sua reazione mi sorprese non poco, anzi mi lasciò di stucco, ma ero deciso ad andare avanti per la mia strada.
-Brutto sbruffone pompato che non sei altro! Io non ti sposerò mai. Non puoi obbligarmi a farlo!- mi urlò in faccia, traboccante di rabbia.
La presi per le spalle e la tenni stretta, col viso a pochi centimetri dal suo. Il suo profumo era inebriante e fece uscire i canini dalle gengive. Cercai di non farmi sopraffare da quelle emozioni e anche di difendere il mio onore. Dopotutto mi aveva insultato, due volte.
-Io forse non posso obbligarvi, ma il patto sì. Che voi lo vogliate o no diventerete mia moglie.- ringhiai minaccioso.
La paura sparì dal suo volto e la vidi caricare il braccio, per poi assestarmi un ceffone in pieno viso che mi fece girare la testa di lato. Mi spinse il più lontano possibile da sé, con una forza che non credevo possedesse.
-Tu prova a mettermi di nuovo le tue manacce addosso e non mi fermerò ad una semplice sberla, pezzo di idiota che non sei altro. Sarai anche stato addestrato ad essere un principe guerriero e sanguinario sin dalla nascita, ma non ti devi mai più permettere di trattarmi così.- ruggì la principessa in preda all'ira più cieca, digrignando i denti com'eravamo soliti a fare noi vampiri, ma questi erano sprovvisti di canini.
Tombola! Ma ero ancora troppo sorpreso per rendermene conto e le uniche cosa che riuscivo a fare, erano massaggiarmi la guancia e guardarla in modo sorpreso. Nessuna donna, anzi nessuno in generale, a eccezione di mio padre e mio zio, avevano mai osato tanto e per di più persino loro due a stento riuscivano a farmi girare la testa di lato con un semplice schiaffo.
Fu in quel momento che capii che ero perdutamente innamorato di lei dalla serata di gala. La sua forza e il suo coraggio mi avevano colpito nel profondo. In quel momento non era né una ragazzetta rozza né una principessa, ma una regina vera e propria. Anzi, a essere precisi i due lati di se stessa la rendevano tale ed era stata l'unione di entrambi a farmi capire di essere innamorato di lei.
Non riuscii a fare altro che guardarla e la osservai avviarsi verso la porta a passo deciso, con la testa alta e senza voltarsi mai indietro. Probabilmente me ne innamorai una seconda volta.

“Serena.” riuscivo solo a pensare durante il tragitto verso camera mia.
Avevo lo sguardo più ebete che avessi mai avuto. Non mi ero mai sentito così leggero e ansioso di rivedere una donna. Sì, perché Serena era una donna, anzi era più donna di tutte quelle femmine con le quali avevo condiviso il letto. Mi sentivo anche in colpa per averla terrorizzata e offesa in quella maniera, ma mi sarei fatto perdonare.
Arrivato in camera, allentai un po' la cravatta e mi avvicinai allo specchio per osservare il segno rosso della sua mano dalle lunghe dita affusolate. Quello era stato il nostro primo vero contatto, non dettato dalle circostanze, e mi sarebbe rimasto impresso nella pelle per giorni.
Sentii mio padre e mio zio avvicinarsi alla porta della mia camera e cercai di ricompormi, anche se sarebbe stato difficile nascondere il segno dello schiaffo di Serena.
-Allora Stefan, tuo zio mi ha detto che hai difeso la principessa da lui. Ottima mossa, anche se tuo zio non è d'acc...
Mio padre si interruppe quando notò il segno sulla guancia. Vidi il suo viso scurirsi di collera e a breve sarebbe esploso. Dovevo salvarmi in qualche modo. Caricò la mano chiusa, pronto a colpirmi per punirmi, ma lo fermai con una semplice frase.
-Vi fidate di me, padre? Questo fa tutto parte del mio piano.- dissi nel disperato tentativo di non subire la sua furia, ma continuando comunque a restare tranquillo.
Mio padre si fermò, ma non abbassò il pugno. Se non gli fosse piaciuta la mia risposta, mi avrebbe colpito come un tamburo e lo schiaffo di Serena sarebbe stato una semplice carezza.
-Che piano?- ringhiò con i canini completamente fuori dalle gengive.
-Dovevo farla alterare per scoprire un suo segreto e quando saprà che ne sono a conoscenza, guadagnerò la sua fiducia.- spiegai brevemente e quando vidi il suo pugno abbassarsi lentamente, tirai un sospiro di sollievo interiore.
-Che tipo di segreto?- domandò mio zio emozionato come una vecchia comare.
-Lo dirò solo a mio padre. Tu lo andresti a sbandierare ai quattro venti e il mio piano fallirebbe.- risposi deciso e lui sbarrò gli occhi sorpreso dalla mia audacia, mentre mio padre ridacchiò divertito.
-Ha ragione, Lucian. Tu e i segreti dei tuoi nemici non andate d'accordo. Lasciaci soli.
Mio zio borbottò qualcosa in protesta, ma lasciò comunque la mia camera. Mio padre giunse le mani dietro la schiena, com'era solito fare quando era pensieroso, e mi guardò in attesa.
-Avevamo ragione: la principessa è sprovvista di canini, non è ancora un vampiro maturo.
Mio padre sbarrò un poco gli occhi e scoppiò a ridere di gusto.
-Ora ho capito tutto. Hai dovuto farla infuriare per scoprirlo e questo è il risultato. Devo ammettere che il segno che ti ha lasciato è notevole, non c'è che dire.- constatò afferrandomi per il mento e girandomi il viso per osservare meglio il segno.
-Mi ha anche fatto girare la testa di lato.- ammisi e lui sollevò le sopracciglia notevolmente colpito.
Era raro che qualcosa lo colpisse e fui quasi orgoglioso della mia principessa.
-Ora che hai intenzione di fare? Oggi il corteggiamento non è andato a buon fine.
Mi sistemai meglio la cravatta e i polsini della camicia. -Andrò a scusarmi e le spiegherò perché l'ho fatta infuriare. Sono convinto che se nessuna voce nuova riguardante i suoi canini mancanti verrà sparsa, la principessa Serena acquisirà più fiducia in me.
-Sei un temerario come me, ma non devi giocare con la principessa. È importante che si fidi completamente di te.- disse mio padre dopo qualche istante di riflessione.
L'avevo scampata. Ero riuscito a evitare l'ennesima punizione, ma ormai dopo venticinque anni avevo imparato ogni metodo per salvarmi, anche se ormai mi ero quasi abituato ai suoi colpi.
-Mi raccomando: non commettere più errori. I Lovinescu sono impazienti e vogliono vedere te e la principessa Serena sposati entro breve.
-Certo, padre. Non vi deluderò.- risposi inchinandomi leggermente a lui.
Mio padre uscì e mi lasciò solo con i miei pensieri. Avrei dovuto usare tutte le mie risorse e inventarmene di nuove per riuscire a conquistare Serena e immaginai che non sarebbe stato così facile come con le mie precedenti amanti.

Angolo autrice.
Buonasera a tutti! Eccoci col terzo capitolo della nostra storia.
Abbiamo scoperto che Stefan è stato il primo a innamorarsi di lei, praticamente fin dal loro primo incontro. Abbiamo in parte scoperto in che modo è stato cresciuto Stefan e, lo ammetto, sono stata parecchio sadica, ma il bello deve ancora venire xD
Vi ringrazio per aver messo la storia tra le seguite/preferite, per i commenti e per tutto il resto. Fatemi sapere cosa ne pensate di questo :D
Vi mando un bacione enorme e al prossimo capitolo!
Arsax <3

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


Riservai una cura maniacale al mio aspetto. Volevo essere perfetto per lei, per il nostro terzo incontro.
L'autista mi accompagnò fino al castello Vidrean che, da quel che mi avevano detto alcuni dei miei parenti, sapevo essere in bancarotta, ma rimasi sorpreso quando vidi che Serena era riuscita a rimettere quasi a posto le finanze dei Vidrean.
Quando mi presentai al portone d'ingresso, due servitori mi aprirono la porta e mi invitarono ad entrare.
-Principe Stefan, non aspettavamo una vostra visita.- disse uno dei domestici visibilmente sorpreso di vedermi lì, mentre cercava di non farsi scoprire a osservare il segno rosso sulla mia guancia.
-Sono venuto per vedere la principessa Serena. Vai a chiamarla, aspetterò qui.- ordinai senza scompormi.
I due servitori si guardarono interrogativi, ma entrambi si congedarono e mi lasciarono in attesa. Mi persi a guardare i quadri degli antenati di Serena, fino a quando non la sentii avvicinarsi a passo di carica. Quando girò l'angolo dovetti trattenere a stento una smorfia. Indossava i pantaloni di una tuta, un top, aveva i capelli spettinati ed era completamente sudata. Il suo sguardo trasudava irritazione e rabbia.
Si fermò a un paio di metri da me, incrociò le braccia e si poggiò con una spalla al muro, tra due quadri dei suoi antenati. Provavo emozioni contrastanti a vederla in quello stato. Meraviglia e disgusto.
-Ma siete sudata?- chiesi guardandola schifato.
“Sei un genio. Non è proprio l'inizio adatto per delle scuse.” mi rimproverai mentalmente.
-No, mi piace fare la doccia vestita. Dovresti provare qualche volta.- rispose sarcastica.
La guardai confuso. Mi stava prendendo in giro?
-Allora, che sei venuto a fare?- aggiunse.
-Sono venuto a scusarmi per il mio comportamento...
-Da stronzo?- mi interruppe e dovetti raccogliere tutto il mio autocontrollo per non offendermi, anche perché me l'ero meritato.
-Inadeguato.- la corressi con gentilezza. -Non dovevo comportarmi così e vi chiedo scusa.
-Tanto ti sei rivelato per quello che sei veramente. Vuoi solo il potere, ma cosa dovevo aspettarmi da te? Non sei di certo il classico principe azzurro con la calzamaglia aderente.
Mi venne da sorridere a quella pungente, ma divertente battuta. Decisi di stare al gioco, ma senza andare fuori tema.
-Questo matrimonio è una cosa che si deve fare per portare la pace tra i nostri clan e poi la calzamaglia mi starebbe male.- dissi provando a scherzare.
Anche se non mi dette la soddisfazione di sorridere, la vidi trattenere un sorriso.
-E' un dovere.- convenne con me. -Ma non lo farò.
La guardai scioccato. Possibile che volesse scatenare una guerra tra i nostri clan? Oppure non era a conoscenza della clausola che ci legava e ci obbligava a sposarci? Se non ci fossimo sposati, saremmo rimasti dei semplici principi e i principi hanno potere molto limitato rispetto ai re. Era da incoscienti restare tali a vita. Che cosa diavolo aveva intenzione di fare Wilhelm?
Feci un respiro profondo, per non urlarle in faccia la realtà, e piantai i miei occhi nei suoi.
-Quindi volete la guerra.- constatai.
-No, non voglio sposarti. C'è una bella differenza tra il volere una guerra e non voler sposare uno sconosciuto ipocrita e stronzo.
-Lo sapete che se non ci sposiamo, non potremo mai diventare re e regina?- domandai, sorvolando sugli ennesimi insulti che mi aveva rivolto.
Aveva la lingua velenosa e tagliente, ma la cosa mi divertì. La vidi aprire la bocca per rispondere e la richiuse subito dopo. La vidi riflettere qualche istante e decisi di incalzarla.
-Non ve l'aspettavate, vero?- domandai.
-Non ti credo.- rispose con decisione
-Sei cocciuta come un mulo!- sbottai e volli mordermi la lingua per essermi dimenticato di darle del voi. -Cioè, voi...
-Lascia perdere l'etichetta almeno quando siamo soli.- mi interruppe. -Comunque hai ragione, sono testarda e scusami tanto se sono diffidente. Vuoi che fin da subito diventi la tua amichetta del cuore e che ci mettiamo lo smalto a vicenda durante i pigiama party?
“Ma di cosa diavolo sta blaterando?” mi domandai guardandola a occhi sbarrati. Quei paragoni non avevano minimamente senso per me.
-Cosa?
-Il punto è che non puoi incolparmi se sono diffidente, soprattutto dopo oggi, e anche perché...- si bloccò, ma io sapevo già cosa volesse dire.
La mia famiglia non era conosciuta per la sua benevolenza e clemenza, ma per la spietatezza. Anche lei si era fatta sopraffare dai pregiudizi ed era partita prevenuta con me. Questo mi ferii un pochino.
-E anche perché sono un Lovinescu, vero?- terminai al suo posto, con una punta di amarezza nella voce.
Mi era parsa più intelligente delle altre, eppure anche lei lasciava che il suo giudizio fosse influenzato dagli altri. Non mi sorpresi quando notai un paletto sporgere dalla tasca dei pantaloni della sua tuta. Forse quella mattina avevo esagerato.
-No, io sono diffidente di natura, non solo con i Lovinescu.
-Ah sì? E allora perché hai un paletto nella tasca dei pantaloni?- ribattei.
Mi avvicinai per prenderle il paletto, ma indietreggiò inciampando nei suoi stessi piedi. La afferrai e la strinsi prima che potesse cadere e farsi male, poggiando una mano sulla sua schiena e una sulla sua spalla. Non avevamo mai avuto un contatto così intimo e dovetti sforzarmi di nascondere la mia attrazione che provavo per lei.
Ci guardammo per momenti che parvero interminabili. Quegli occhi erano come un libro aperto, facile da leggere e interpretare. Si leggevano il fascino che suscitavo in lei, la diffidenza e una punta di irritazione per tutta quella discussione. Era troppo impegnata a ricambiare il mio sguardo per accorgersi che avevo afferrato il suo paletto fra il pollice e l'indice e l'avevo alzato accanto ai nostri visi.
-Allora spiegami questo, Serena.- sussurrai continuando a guardarla negli occhi, ma sembrava che si fosse dimenticata come si parlasse.
In quel momento la trovai adorabile e indifesa.
-Sto aspettando la tua risposta.- la incalzai in un sussurro, avvicinandomi sempre di più al suo viso.
Avevo voglia di baciarla, lì, in quel preciso istante. Non riuscivo a credere che avrei scoperto l'amore in quel modo, ma si poteva parlare di amore? Il mio poteva essere un semplice interesse, una sfida da affrontare, ma amore vero e proprio?
-Mi alleno.- rispose in un soffio.
In quel momento mi resi conto che eravamo troppo vicini e non c'era nessuno che ci sorvegliasse. I vampiri erano ancora all'antica e Serena necessitava di uno chaperon quando indossava i panni della principessa. Prima che qualcuno potesse vederci, mi staccai leggermente da lei e la osservai con un sopracciglio alzato e lo sguardo divertito per la risposta che mi aveva dato.
-Le donne non hanno bisogno di imparare ad usare il paletto, ma immagino di averti spinto a farlo, dato che ti ho spaventata.- constatai.
-Mi hai inquietata.
Sorrisi divertito. E quando mai la mia famiglia non inquietava qualcuno? Ora dovevo passare al punto successivo del mio piano.
-Bello, mi piace inquietare le persone. Comunque ho fatto quello che ho fatto per un motivo ben preciso.- affermai mettendomi più dritto, senza smettere di guardarla divertito. -La mia intenzione era farti adirare per una curiosità personale.
-Ovvero?- chiese diffidente.
-Vedere se sei veramente sprovvista di canini.
La mia risposta la lasciò letteralmente a bocca aperta e nei suoi occhi lessi incredulità. Vidi gli ingranaggi del suo cervello girare veloci alla ricerca di una scusa credibile, ma io alzai una mano zittendola.
-Prima che inizi ad affannarti a trovare una scusa, l'ho visto perché prima eri veramente alterata. Hai persino digrignato i denti, come se volessi ringhiare come fanno i vampiri, ma non c'erano canini fuori dalle gengive. Per cui l'unica ipotesi è che le voci di corridoio fossero vere: tu non hai ancora sviluppato i canini.
Abbassò le spalle sospirando rassegnata. Già immaginava che sarei andato a sbandierare il suo segreto ai quattro venti, ma si sbagliava di grosso.
-Immagino che lo andrai a dire a tutti e minerai la mia credibilità.
-No.- risposi spiazzandola nuovamente.
Mi avvicinai al suo orecchio, le scostai una ciocca di capelli e non riuscii a non trattenermi da inspirare il suo dolce profumo. Era un profumo che mi faceva diventare matto, diverso da quello delle altre donne. Un profumo che mi faceva venir voglia di morderla e di bere il suo sangue. La sentii rabbrividire.
-Sarà il nostro piccolo segreto.- sussurrai.
Serena indietreggiò un po' e mi guardò scettica. Non ci credeva per niente, anzi pensava che tutta quella faccenda facesse parte di un piano, e in effetti era così.
-Ad ogni modo, non devi preoccuparti. Sei solo la vampira più in ritardo della storia.- la tranquillizzai divertito, giocherellando un po' col suo paletto.
-Può anche essere dovuto al fatto che è da poco che bevo sangue?- domandò, ma si pentì all'istante di quella confidenza.
-Anche, ma quando inizi ad avvertire la sete, significa che i tuoi canini sono vicini allo sviluppo. È solo questione di tempo, però devi ammettere che un vampiro senza canini sarebbe piuttosto comico.- dissi ridacchiando e restituendole il paletto.
-Io lo trovo umiliante, ma in effetti è abbastanza comico.- ammise riservandomi il suo primo sorriso sincero.
-Sono perdonato?- chiesi guardandola maliziosamente.
-Ma neanche per sogno!
-Non ti è bastato lo schiaffo che mi hai dato in pieno viso? Devi sapere che non sono in molti a colpirmi e ancora meno quelli che mi fanno girare la testa con uno schiaffo.
-Pazienza, vorrà dire che sono entrata a far parte di questa élite. Ora, se non ti dispiace, dovrei tornare ad allenarmi. Ciao.
Si girò pronta ad andarsene, ma la trattenni per la mano e gliela baciai, guardandola intensamente negli occhi.
-Spero di rivederti presto, Serena.
Detto questo, mi girai e me ne andai, anche se sentivo il suo sguardo puntato sulla mia schiena per tutto il tempo che impiegai a uscire.
Alla fine era andato tutto come avevo previsto. Un po' della sua fiducia me l'ero guadagnata, ma non bastava. Io volevo lei. Volevo averla accanto a me. Volevo baciarla, stringerla tra le mie braccia e continuare a sentire le sue battute pungenti, che mi divertivano da impazzire.
Non potevo crederci. Non volevo crederci. Avevo sempre pensato che sarebbe stata lei a innamorarsi perdutamente di me, invece era successo esattamente il contrario.


Passai una settimana immerso nelle mie fantasie. Ero diventato più taciturno, partecipavo pochissimo alle discussioni con mio padre e mio zio e alle serate di gala o a teatro evitavo ogni donna, ma con la massima gentilezza. Anche se ero innamorato, non potevo di certo dimenticare la cavalleria.
Mio zio non si accorse di niente. Tutto ciò che non riguardava lui in prima persona, non lo vedeva nemmeno, mentre mio padre se ne accorse eccome. Era abile nel leggere le persone, soprattutto quelle che conosceva da una vita.
-Stefan, che ne dici di un allenamento? Solo tu e io.- propose una mattina.
Dovetti sforzarmi di restare impassibile. Quando mio padre mi proponeva un allenamento a quattr'occhi, era perché doveva dirmi qualcosa di importante o impartirmi una delle sue solite lezioni. Era stato in quel modo che mi aveva colpevolizzato ulteriormente per la morte di mia madre.
Durante uno dei nostri allenamenti, mi diceva “Se avessi fatto così, avresti potuto difendere tua madre” o “Dovevo insegnarti prima queste cose, almeno non saresti stato una palla al piede per tua madre e non sarebbe morta per difenderti”. Odiavo allenarmi con lui, ma non avevo altra scelta.
-Sì, sarebbe meraviglioso, padre.
Mio padre annuì compiaciuto e terminata la colazione, ci dirigemmo nella sala adibita al mio addestramento. Ci togliemmo la giacca e la cravatta, arrotolammo le maniche della camicia fino ai gomiti e ci mettemmo in posizione di attacco. Un corpo a corpo, doveva essere una cosa estremamente importante.
Mio padre iniziò ad attaccare fin da subito. Dopo quell'allenamento avrei dovuto farmi medicare dal medico di corte, perché da quegli allenamenti ne uscivo sempre pesto. Io non attaccavo mai con tutta la mia forza, non mi sarei mai permesso, mentre mio padre non si risparmiava mai.
-Ti vedo pensieroso, Stefan. Qualcosa ti turba?- domandò tirandomi un pugno sullo zigomo e costringendomi a indietreggiare per non perdere l'equilibrio.
-Assolutamente no, padre. Perché mi fate questa domanda?- chiesi cercando di afferrarlo, ma si liberò dalla mia presa con uno scrollone.
-Perché sei mio figlio e ti conosco bene. So per certo che c'è qualcosa che offusca i tuoi pensieri e credo di sapere anche cosa sia. Quell'espressione l'ho vista su moltissimi uomini.- rispose tirandomi un calcio in pancia, che riuscii a evitare indietreggiando.
Non riuscii a controllarmi e lo guardai con sorpresa e leggero timore. Possibile che avesse capito che ero perdutamente innamorato di Serena? Cosa mi avrebbe fatto? Non potevo ammetterlo, dovevo negare fino alla morte. Non sapevo cosa avesse in serbo per me, ma sicuramente niente di buono.
-Cosa pensate che abbia?- risposi con un'altra domanda.
Era un po' azzardata la mia mossa, ma non l'avrei mai ammesso.
-Una brutta malattia chiamata “amore”. Sei stato infettato, vero?- domandò afferrandomi per la collottola della camicia e avvicinandomi a lui. -Oh sì. Te lo leggo negli occhi. Ti sei innamorato della principessa Serena.
Lo guardai senza sapere che fare. Non potevo ammettere che ne ero innamorato, anche se ormai l'aveva capito, ma non potevo nemmeno restare in silenzio a guardarlo come un babbeo.
-Rispondimi!- urlò strattonandomi per la camicia e facendo saltare qualche bottone.
-Sì.- ammisi rassegnato.
Non vidi il colpo arrivare e mi prese l'occhio sinistro, sbattendomi a terra. Nella caduta mi morsi la lingua e il sangue iniziò a uscire copioso, mentre l'occhio mi si gonfiava e si chiudeva pian piano.
-Guardati. Non riesci nemmeno a sostenere uno scontro col tuo vecchio padre, e sai perché? Perché l'amore ti ha reso un debole, uno smidollato! Non permetterò che mio figlio sia uno smidollato, quindi cerca di curarti da questa malattia il più in fretta possibile. Devi pensare alla nostra missione e conquistare la principessa, non deve accadere il contrario!- urlò iniziando poi a tirarmi qualche calcio.
Cercai di coprirmi come potevo, ma i suoi colpi erano decisi, mentre continuava a insultarmi e a dirmi svariate motivazioni per le quali l'amore facesse male. “L'amore ti rende irrazionale”, “L'unico rapporto che può esistere tra uomo e donna è il sesso, non l'amore shakespeariano di cui si legge” e “L'amore è per le persone deboli, non per un principe Lovinescu sanguinario! Stai diventando smidollato!” furono le cose più gentili che mi disse.
Terminata quella “lezione di vita”, mi lasciò sul pavimento della sala sanguinante e dolorante. Rimasto solo, iniziai a pensare a ciò che mi aveva appena detto. Perché si era così arrabbiato? Sembrava che gli avessi detto che non volevo più sposare la principessa, non che ne ero innamorato. Cosa c'era di sbagliato?
Rimuginai a lungo su quell'ora appena trascorsa. Se l'amore era per deboli e mi stava facendo diventare smidollato, non volevo averci nulla a che fare. L'amore non è fatto per i principi, ma per gli sciocchi popolani senza ambizione. Col matrimonio con la principessa Serena sarebbe arrivato il potere, e ciò doveva bastarmi. Basta comportarmi da idiota! Basta avere le farfalle allo stomaco soltanto per una stupidissima ragazzetta rozza e villana.
Provai a convincermi di tutte quelle cose, ma la voce di Dimitri interruppe il filo dei miei pensieri.
-Chi vi ha ridotto così? Siete uno straccio!- esclamò venendo subito in mio soccorso. -Riuscite a sedervi?
Annuii e a fatica riuscii a mettermi seduto. Avevo male ovunque, a ogni osso e muscolo e avrei passato una nottataccia.
-E' stato vostro padre, vero?- domandò iniziando a ripulirmi il sangue dal viso con una pezza bagnata.
Aveva le mani da combattente, quindi non fu molto delicato, anche se ci provò. Non risposi alla sua domanda anche perché la risposta era scontatissima.
-Dannazione! Gliel'ho detto tantissime di non ridurvi in questo stato, altrimenti sareste fuori combattimento per giorni e io non potrei svolgere adeguatamente le mie lezioni.- borbottò tastandomi il costato e a stento trattenni un gemito.
Anche se quello non era esattamente ciò che avrebbe voluto dire. Dimitri si era sempre preoccupato di me e vedermi ridotto in quello stato, lo faceva infervorare parecchio.
-E' inutile e lo sai. Aveva una lezione da impartirmi, e l'ha fatto.- risposi senza emozione nella voce.
-E sentiamo, che lezione di vita vi avrebbe impartito?
-Che l'amore è per i deboli e fa diventare smidollati.- risposi allontanandolo da me e cercando di alzarmi.
Dimitri mi sorresse passandomi un braccio sotto l'ascella e restammo in quel modo fino a quando non fu sicuro che riuscissi a reggermi sulle gambe.
-Per quanto rispetti tuo padre, devo dire che ha detto una colossale stronzata.
Sbarrai un poco gli occhi sorpreso. Era raro sentirlo parlare in modo scurrile ed era ancora più raro che contraddicesse mio padre così apertamente. Lui lo rispettava molto ed eseguiva ogni suo ordine in modo impeccabile, ma con me non aveva problemi a parlare dei suoi eventuali errori, in particolare riguardanti la mia educazione.
Dimitri era come se fosse uno zio per me, uno zio vero, di quelli che nei libri sono famosi per essere complici dei nipoti e che prendono in giro il loro fratello o sorella davanti al nipote, per cercare di far evitare loro una punizione.
-Perché dici così? Che ne sai tu?- risposi con voce gracchiante.
-Perché io sono stato innamorato e credimi se ti dico che avrei spaccato una montagna con un solo pugno per la mia donna. Ora però vi devo portare dal medico, perché siete davvero uno straccio.
Dandomi una leggera pacca sulla schiena, mi accompagnò in infermeria senza fiatare. Sapeva che stavo ripensando a ciò che mi aveva detto e alla discussione avuta con mio padre, quindi non mi disturbò.
Era come diceva mio padre o come affermava Dimitri? L'amore era per deboli o ti faceva sentire potente, appunto come se avessi la forza di poter spaccare una montagna a mani nude? Non lo sapevo. Non ero mai stato innamorato e l'unica forma di amore che conoscevo era quella che mi aveva dato mia madre. L'amore letto nei libri non contava, anche perché erano libri e non vita reale, ma era possibile che tutti gli scrittori si sbagliassero?
L'amore era davvero per deboli?

Il medico constatò che ero ridotto peggio di quanto avessi creduto. Tre coste incrinate e due rotte, oltre a numerosissimi ematomi sparsi in tutto il corpo. Mi fasciò il busto in modo molto stretto, mostrandomi come ripetere l'operazione anche da solo, e mi intimò di non fare sforzi per un mese. Mi dette anche un intruglio di erbe da mescolare al sangue tre volte al giorno.
Mi guardò con compassione. Quel medico curava le mie ferite da quando ero nato, ma non disse mai nulla riguardo al comportamento di mio padre. L'unico che aveva il coraggio di farlo era Dimitri.
-Mettete anche questo impacco sull'occhio finché non sarete in grado di aprirlo. Siamo fortunati a guarire più velocemente degli umani.
Era uno dei lati positivi dell'essere vampiro; oltre a questo c'erano anche velocità e forza superiore, fascino e vita eterna. Nessuno sapeva perché fossimo così diversi dagli umani. Non esisteva un atlante sull'anatomia dei vampiri, ma a noi bastava conoscere queste caratteristiche per essere soddisfatti.
Dimitri mi accompagnò in camera mia, ma prima che potesse emettere un fiato entrarono mio padre e mio zio. Mio padre mi guardò come se fossi l'essere più schifoso dell'intero pianeta. Ancora mi credeva uno smidollato. Ci inchinammo al suo cospetto e attendemmo che iniziasse a parlare.
-Che ci fai qui, generale Petrescu?- chiese freddamente.
-Ho trovato vostro figlio nella sala d'addestramento e l'ho portato dal medico per ricevere le adeguate cure.- rispose con decisione.
-Chi ti ha detto che potevi farlo? Gli smidollati non possono ricevere le cure mediche senza il mio consenso.- lo riprese duramente mio padre. -Allora? Qual è la prognosi?
-Tre coste incrinate e due rotte. Deve stare a riposo per un mese; ordini del medico.
Mi parve di vedere i muscoli del collo di Dimitri contrarsi e la vena sulla tempia pulsare a ritmo del suo cuore, segno che era veramente infuriato, ma mio padre non se ne accorse. Scacciò le parole di Dimitri con un gesto della mano.
-Sciocchezze. Domani voglio che tenga la sua lezione come ha sempre fatto, a meno che Stefan non ammetta di essere un debole.- affermò mio padre guardandomi con occhi calcolatori.
Non ero un debole. Non ero uno smidollato. Non potevo deludere nuovamente mio padre in quel modo, non due volte nello stesso giorno. Drizzai la schiena e lo guardai con decisione.
-Affatto. Io non sono un debole, padre. Domani terrò la mia lezione e non saranno un paio di coste rotte a fermarmi.
Mio padre scosse lentamente la testa, mentre mio zio ridacchiava malignamente alle sue spalle.
-Sei una gran delusione, Stefan. Avrei voluto un guerriero come figlio, invece mi ritrovo un patetico verme che sospira innamorato come una verginella.- affermò facendo ridacchiare più forte mio zio.
Avevo fatto come voleva lui, non poteva insultarmi! Gli avevo dimostrato di essere forte, di avere tenacia e grinta e lui mi definiva “una verginella innamorata”!
Lo guardai a occhi sbarrati, colmi di dolore. Ero spiazzato dalle sue affermazioni, ma tutto ciò che riuscii a fare fu abbassare il capo.
-Spero che tu abbia ancora un briciolo di razionalità per soppesare le mie parole e fare la scelta giusta. Andiamocene Lucian, non voglio istupidirmi come mio figlio.
Lucian sghignazzò ancora e io e Dimitri ci inchinammo. Non osai alzare il busto e sperai che Dimitri se ne andasse al più presto.
-Stefan...
-Dimitri vattene.- lo interruppi bruscamente, stringendo i pugni fino a conficcarmi le unghie nella carne.
-Ma...
-Ho detto vattene. Ti prego.- aggiunsi poi implorante.
Dimitri fece come gli dissi e quando il suono dei suoi passi fu abbastanza lontano, chiusi la porta a chiave e mi lasciai andare. Dopo il primo singhiozzo, che mi provocò una fitta lancinante al costato, ne susseguirono altri sempre più frequenti e dolorosi. Le ginocchia mi cedettero e mi accasciai lentamente sul tappeto persiano fatto a mano.
Un uomo grande e grosso che piangeva come un bambino. Avevo subito la punizione peggiore da parte di mio padre, escludendo quella riguardante la morte di mia madre. La mia unica colpa? Essermi innamorato della principessa che avrei dovuto sposare.

Mi concessi il lusso di piangere fino a quando i miei dotti lacrimali non furono del tutto prosciugati. Erano anni che non piangevo, più o meno otto. Nonostante l'opinione di mio padre sul piangere, ovvero che fosse per deboli, mi fece un gran bene e mi sentii svuotato. Non avrei mai più pianto, era una promessa.
Mi spogliai e mi diressi in bagno per una lunga doccia calda. Non potevo presentarmi da mio padre con gli occhi gonfi di pianto o l'avrei deluso tre volte in una giornata.
Lavai via tutto il sangue e la sporcizia e osservai il mio corpo costellato dai lividi e dalle poche cicatrici lasciatemi da mio padre, segni che stavano a indicare che mi aveva punito troppo duramente. Lui non mi rompeva mai le ossa al punto da farle fuoriuscire dalla carne, ma più di una volta aveva calcato troppo la mano.
L'unica cosa che desideravo ardentemente in quel momento, era ricevere un segno di approvazione da mio padre. Non me ne aveva mai dati, a eccezione di qualche complimento durante un nostro combattimento. Volevo renderlo fiero, ma nulla di me sembrava renderlo tale. Affermava che avessi passato troppo tempo con mia madre e che mi avesse rovinato in quei brevi sei anni.
Se mio padre mi aveva solo insultato e demoralizzato per tutta la vita, gli anni trascorsi con mia madre erano stati un continuo susseguirsi di gesti d'affetto, carezze e baci. Mi ricordavo ancora il sapore dei suoi papanasi che mi preparava dopo l'ennesima punizione di mio padre. Era il sapore più buono che avessi mai provato.
Anche se ero un uomo, mia madre mi mancava terribilmente, soprattutto in quei momenti di sconforto.

Angolo autrice.
Buonasera a tutti!
Abbiamo capito com'è stato cresciuto il nostro povero e innamorato Stefan. Non sono scesa nei dettagli, non mi sembrava il caso, ma vi lascio immaginare cosa non ha subito questo principe. Fortunatamente per lui, accanto a sé ha Dimitri e a breve approfondiremo la conoscenza anche di questo personaggio xD
Grazie per aver inserito la storia tra le seguite/preferite, per le recensioni e tutto il resto. Vi mando un bacione enorme e al prossimo capitolo!
Arsax <3

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


Passai una settimana chiuso in camera mia, eccetto per consumare i pasti e andare agli allenamenti con Dimitri, svolti sotto l'occhio vigile di mio padre per accertarsi che non mi fermassi per le coste rotte. Mi ero chiuso in un ostinato silenzio che nemmeno le battute di Dimitri riuscivano a rompere.
Avevo riflettuto parecchio in quei giorni ed ero arrivato alla mia conclusione: l'amore non mi aveva portato nient'altro che sofferenza.
In quei giorni silenziosi e bui, avevo ripudiato quel sentimento con tutte le mie forze. Avevo smesso di guardare le foto della principessa e mi obbligavo a non pensarla mai. Tutt'al più pensavo al potere che il nostro matrimonio avrebbe concentrato nelle mie mani. Sarei entrato nella storia dei vampiri e tutti si sarebbero ricordati di me.
Quella sera stavamo cenando come al solito e mio padre era intento a ignorarmi, come aveva fatto per tutta la settimana, quando a un certo punto rivolse la sua attenzione su di me, come se mi vedesse per la prima volta.
-Allora, Stefan, sei guarito?- domandò facendo ridacchiare mio zio.
Quando avrei voluto trapassare l'essere viscido quale era mio zio col paletto. L'avevo sempre odiato perché faceva lo spavaldo soltanto perché era sotto la protezione di mio padre. Sicuramente non ero l'unico a volerlo vedere morto e sepolto, ma mi avevano insegnato a portare rispetto ai membri più anziani della nostra famiglia. Era solo per quel motivo se non gli piantavo il coltello da burro nel petto.
-Non sono mai stato malato del tutto, padre. Sono stato così stupido e non so cosa mi sia preso. Vi chiedo scusa.- risposi con decisione.
Mio padre mi osservò a lungo e poi accennò un sorriso divertito.
-Quindi la mia lezione ti ha aiutato.
-Certo, padre. Vi ringrazio per avermi fatto ritornare in me e mi scuso di nuovo per il comportamento irrazionale tenuto.
Mi sarei voluto picchiare da solo. Lo ringraziavo anche per avermi fatto sentire un verme e per avermi malmenato?! Ma che diavolo avevo al posto del cervello? Spaghetti scotti?!
-Ecco di nuovo mio figlio!- esclamò divertito mio padre. -Lucian, non sei contento che tuo nipote sia rinsavito?
-Su questo non ci giurerei molto, ma mi fido del tuo giudizio.- borbottò scettico.
“Il coltello da burro è piuttosto vicino. Se fossi abbastanza veloce, forse...”.
-Fidati, è tornato sano di mente.- rispose mio padre ridacchiando. -Ho un compito per te, ora che sei guarito. Tuo zio Lucian ha detto una cosa saggia per una volta: la principessa è immune al tuo fascino, quindi non basteranno poche sere a farla innamorare di te. Il tuo compito sarà di raggiungerla a Torino e di frequentare l'università con lei. Si sono già occupati di prendere in affitto l'appartamento di fronte al suo e di iscriverti all'università. Andrai a Torino fra due settimane.
Dovetti sforzarmi per non urlare di gioia. Finalmente sarei stato lontano da mio padre e mio zio e avrei potuto, o meglio dovuto, passare molto tempo con Serena. Mi sembrava un sogno stare lontano da quel luogo per tanto tempo.
-Certo, ho capito.- risposi impassibile.
-Hai avuto una splendida idea, Lucian.- si congratulò con lui mio padre e questo mi guardò gongolante.
-Le migliori idee arrivano quando meno te lo aspetti.

Il mattino seguente mi presentai a lezione con Dimitri. Mio padre non ci avrebbe supervisionati perché ero “guarito” e quindi sapeva perfettamente che avrei svolto la mia lezione. Dimitri mi osservava con un sorriso smagliante, come se avesse compiuto una marachella.
-Allora?
-Allora cosa?- domandai confuso.
-Non mi ringraziate?
Quando Dimitri si comportava in quel modo, significava che ne aveva combinata una delle sue. Una volta era riuscito a far sentire in colpa mio padre perché mi aveva punito con un po' troppa foga. Dimitri aveva premuto sul fatto che se mi avesse reso infermo in modo permanente, lui non avrebbe più potuto utilizzarmi in alcun modo. Il giorno seguente, mio padre mi aveva fatto ricevere una katana realizzata dai migliori artigiani del Giappone. Era stato un modo tutto suo per scusarsi, ma mi aveva fatto immensamente piacere.
-Che cos'hai fatto?
-Mi dicono che siete perspicace, ma a quanto sembra si sbagliano di grosso.- mi canzonò. -E' successo qualcosa in particolare ieri sera?
A quel punto sbarrai gli occhi sorpreso e mi ritrovai a sorridergli immensamente grato.
-Hai suggerito a Lucian di mandarmi a Torino, non è così?
-Diciamo che gli ho fatto credere che l'idea fosse stata sua. Per un bel po' di tempo starete lontano dalle grinfie di vostro padre e vostro zio.
Era in momenti come quello che rimpiangevo che non fosse lui mio padre. Si comportava esattamente come tale alcune volte, ma il nostro rapporto era più d'amicizia che familiare.
-Non so come ringraziarti.
-Sta' lontano da tuo padre e mi avrai ringraziato abbastanza.
Di tanto in tanto Dimitri dimenticava di darmi del voi e lo correggevo canzonandolo, ma in quel momento non me la sentii.
-D'accordo.- risposi sorridendo.
-Oggi non me la sento di combattere. La spalla mi dà di nuovo problemi, perciò oggi ci concentreremo sulla teoria.
Lui non aveva mai avuto male alla spalla, ma dato che non c'era mio padre a controllarci, mi aveva fatto intuire che avrebbe svolto una lezione di teoria per farmi guarire a dovere.
Gli sorrisi nuovamente in segno di ringraziamento e iniziammo la nostra lezione.

Due settimane dopo stavo preparando gli ultimi bagagli per prendere il volo del primo pomeriggio. Non riuscivo ancora a credere che Dimitri fosse riuscito a farmi allontanare da lì e non avrei mai avuto abbastanza parole per ringraziarlo, nonostante il mio vocabolario fosse molto nutrito, se non addirittura obeso patologico.
Bussarono alla porta e mi si presentò un Dimitri gioioso e sorridente, anche se nei suoi occhi lessi una punta di nostalgia.
-Siete pronto?
-Mai stato più pronto. Sei venuto per salutarmi e piangere?- domandai ridacchiando.
-Senza voi fra i piedi, avrò una montagna di tempo libero. Per me la vostra partenza è una liberazione!- rispose scherzosamente, per poi passarmi un biglietto. -Questo è il mio indirizzo e-mail. Suppongo che avrete bisogno di parlare con qualcuno senza peli sulla lingua.
-Non credevo che avessi una e-mail, anzi ero fermamente convinto che neanche sapessi cosa fosse.- lo canzonai ridacchiando.
-Ho sessant'anni e non sono così vecchio da non sapere cos'è e come si usa. Fate buon viaggio, principe Stefan.- rispose dandomi una pacca sulla spalla amichevole.
-Dimitri?
-Sì?
-Dammi del tu e chiamami semplicemente Stefan quando siamo soli.
A quella mia richiesta, vidi Dimitri sorridere gioiosamente, come se gli avessi detto che dal giorno seguente il re sarebbe stato lui.
-Hai aspettato tanto per chiedermelo, Stefan. Fa' buon viaggio.
-Ti scrivo appena arrivo, promesso.- risposi sorridendo.
-Anche perché voglio sapere com'è questa principessa quando non si comporta da principessa.
Dimitri aveva intravisto Serena quando c'era stata la riunione del Consiglio, ma non aveva avuto modo di parlarci. Da quando gli avevo detto come mi si era presentata quando ero andato di nascosto a Torino e dopo aver visto il segno del suo schiaffo, era diventato curioso come un cebo cappuccino.
Lo salutai nuovamente e mi diressi verso la macchina che mi avrebbe accompagnato all'aeroporto di Sighisoara.

Al mio arrivo, verso sera, trovai una macchina con autista ad attendermi, come mio padre mi aveva detto. I nostri saluti erano stati brevi e freddi, molto diversi da quelli fra me e Dimitri.
-Mi raccomando, non deludermi.- si era raccomandato.
-Farò tutto il possibile e anche l'impossibile per far cedere la principessa. Arrivederci, padre.- avevo risposto inchinandomi, prima di salire in auto.
Quando l'autista partì per portarmi nel mio nuovo appartamento, tirai un profondo sospiro di sollievo. Finalmente ero da solo, lontano da quell'inferno di monotonia e umiliazione. Finalmente ero libero. Nonostante dovessi assolvere il compito che mio padre e mio zio mi avevano assegnato, per me quella era la libertà. Non avevo tutti in comfort che avevo al castello, come ad esempio i domestici e i cuochi, ma almeno potevo fare tutto ciò che volevo, provare ogni emozione senza dover subire le punizioni e le umiliazioni di mio padre.
Arrivammo alla palazzina che conoscevo bene e l'autista portò i miei bagagli nell'appartamento che mi avevano affittato. Non era male. Era stato arredato con divano e poltrone di pelle, televisione ultimo modello, pianoforte a coda nero, camera con letto matrimoniale già fatto e cucina in acciaio inossidabile, che avrei usato ben poco.
Detti la mancia all'autista e prima di poter chiudere la porta, vidi la porta dell'appartamento di fronte al mio aprirsi e sbucare Andrea e Paola Serafini, che mi osservarono piuttosto sorpresi.
-Buonasera, signori Serafini.- risposi facendo un cenno col capo. -Sono il vostro nuovo vicino.
I due mezzosangue si guardarono confusi, ma mi regalarono un paio di sorrisi amichevoli.
-Principe Stefan, non pensavamo di vedervi qui.- esordì Paola.
-Vi prego di chiamarmi semplicemente Stefan e di darmi del tu, quando non siamo a incontri ufficiali.- risposi con un sorriso appena accennato.
Un detto affermava qualcosa sul farsi amici i genitori per arrivare alla figlia, o qualcosa del genere che non ricordavo, e così avrei fatto. Avrei fatto passare i genitori di Serena dalla mia parte prima di passare a corteggiarla nuovamente.
-Come mai sei qui, Stefan?- domandò Andrea.
-Diciamo che mio padre e mio zio mi hanno consigliato di venire qui e conoscere meglio la principessa.- risposi vago.
-Ti va un bicchiere di vino? C'è anche qualche bottiglia di sangue, ma non è prelibato come quello che avete nelle cantine del castello.- disse Andrea amichevole.
-Un bicchiere di vino lo prendo volentieri.
Andammo nel loro appartamento e dovetti trattenermi dal fare una smorfia. I mobili della cucina dovevano avere circa vent'anni, il tristissimo divanetto era cosparso di macchie che non sarebbero più venute via, ma rimasi incantato a guardare le foto appese alle pareti. Raffiguravano Serena in ogni posa, ogni età o travestimento. C'era la foto di Serena di appena cinque anni vestita da pirata; la foto delle elementari col grembiulino azzurro, due codini alti e qualche dente mancante; la foto del primo giorno del liceo e anche la foto dell'ultimo. In quella foto c'erano Erika Berti, Lorenzo Galvani e Mirko Almazi, che stringeva a sé Serena. Il viso di Mirko era stato scarabocchiato con un pennarello nero e un fumetto riportava la frase “Sono un lurido verme”. Mi ritrovai a sorridere per quella semplice frase, che usavo molto spesso anche io.
-Siediti pure, non vergognarti.- mi chiamò Paola e io rimasi un po' spiazzato.
Io vergognarmi? Perché avrei dovuto?
Feci come mi disse e sorseggiai il bicchiere di vino rosso, sicuramente proveniente dal supermercato sotto casa.
-Immagino che la tua presenza qui faccia parte del corteggiamento, giusto?- iniziò Andrea e io annuii placidamente. -Allora penso di poterti parlare da uomo a uomo. Vedi di non far soffrire mia figlia, perché anche se sei un principe Lovinescu, non mi farò scrupoli a spaccarti la faccia. Se non l'ho fatto con Mirko è perché Serena e Paola me l'hanno impedito, ma non starò a vedere una seconda volta mia figlia piangere disperata.
Fu quasi minaccioso. Quasi. Quell'uomo voleva proteggere sua figlia anche da un cuore spezzato, nonostante non fosse veramente sua figlia. Fui invidioso di Serena per un solo istante. Mio padre non avrebbe mai fatto così.
-Non devi preoccuparti. Rispetterò vostra figlia e non le farò mai un torto.- risposi con decisione e vidi Andrea soddisfatto. -Immagino che al momento non sia qui, visto che mi hai parlato in questo modo.
-No, è uscita con i suoi amici per festeggiare il rientro all'università.- spiegò Paola.
-Oh, immagino che domani dovrò presentarmi anche io a lezione.
-Cosa?- chiesero entrambi sorpresi.
-Mi sono iscritto all'università di biologia.- risposi facendo spallucce.
Marito e moglie si guardarono di sottecchi e in quello sguardo mi parve di vedere un intero discorso fra loro. Con un semplicissimo sguardo, avevano avuto un'intera discussione. Fu una cosa che mi affascinò. La complicità fra marito e moglie era una cosa a me del tutto sconosciuta.
-Non credo che ci saranno problemi se Serena ti accompagnerà e ti mostrerà il campus. Deve seguire nuovamente qualche corso del primo anno e probabilmente starete insieme tutto il giorno, così non ti sentirai spaesato.- spiegò Paola, sorridendomi teneramente.
Era un sorriso che non vedevo da diciannove anni: il sorriso di una madre amorevole. Provai subito simpatia per quei due, nonostante fossero dei mezzosangue, e pensai a quanto fosse fortunata Serena. Non c'era da stupirsi che fosse diventata la meravigliosa persona quale era. Astrid e Marius sarebbero stati fieri di lei.
-Ciò mi conforta non poco.
Sentimmo la porta di casa aprirsi e pensai che potesse fermarmisi il respiro. Mi ero dimenticato di quanto fosse bella, anche con una maglietta nera più grande di due taglie con un disegno e la frase “Bullet for my Valentine”, jeans a sigaretta scuri e le immancabili Converse martoriate.
Quando mi vide seduto al tavolo della sua cucina con i suoi genitori, vidi tutto lo stupore che stava provando in quel momento. Mi alzai in piedi, come voleva la galanteria, e le sorrisi.
-Buonasera, Serena.
-E tu cosa ci fai qui?- chiese con voce acuta.
La trovai adorabile e dovetti trattenermi dal ridere. La sua agitazione era talmente alta da riversarsi persino nel tono della voce.
-Come ho detto un mese fa alla riunione del Consiglio, voglio conoscerti meglio e corteggiarti a dovere. Non posso di certo farlo a chilometri di distanza, così ho affittato l'appartamento di fronte e, da buoni vicini quali sono, i tuoi genitori mi hanno invitato a prendere un bicchiere di vino.- risposi in tutta tranquillità e la vidi sbiancare.
-Mamma!
-Tesoro, era giusto invitarlo. Dopotutto è da solo, in un ambiente completamente sconosciuto per lui e senza conoscere nessuno.- mi difese Paola spiazzandomi.
Non riuscivo a credere che Paola, poco più che una sconosciuta per me, mi stesse difendendo da sua figlia. Nessuno mi aveva mai difeso. Solo io mi difendevo e mi ritrovai a guardare Paola con un misto di gratitudine e meraviglia, ma solo per un istante. Non volevo farmi scoprire a mostrare gratitudine, men che meno a due mezzosangue.
-Nessuno gli ha chiesto di venire qui.- protestò Serena, guardando i suoi genitori come se l'avessero tradita.
Quante storie per un semplice trasloco! Non le stavo puntando un paletto al cuore e minacciandola di sposarmi. Tutta quella storia mi stava divertendo da impazzire e sinceramente volevo vedere la faccia che avrebbe fatto all'apprendere la seconda novità.
-Be', dovrai anche aiutarmi ad ambientarmi all'università.- dissi soavemente.
Serena mi osservò a occhi sbarrati, come se fossi una creatura strana proveniente da un mondo parallelo al nostro. La confusione e lo sconcerto passavano velocissimi nei suoi occhi.
-Me se sei stato proprio tu a dire che l'università è una cosa frivola e inutile.- affermò decisa, ma io le sorrisi in modo accondiscendente.
-Mi hai fatto venire la curiosità. Potrebbe rivelarsi un'esperienza interessante.
-Ma qui non staresti per niente bene.- iniziò nel vano tentativo di dissuadermi a restare lì e dovetti mordermi le labbra per non ridere a crepapelle. -Non hai la servitù che ti lava le mutande o che ti prepara da mangiare. Non è un posto adatto a te, diglielo anche tu, mamma.- disse con una velocità che mai avevo sentito prima e, ovviamente, con la voce acuta.
Era sorpresa dalla mia decisione di iscrivermi all'università, ma non potevo biasimarla anche perché un mese prima l'avevo definita una cosa frivola.
-Serena, stai dicendo un sacco di sciocchezze e non fare la voce acuta.- la riprese la madre sorridendo.
-Io non sto facendo nessuna voce acuta.- ribatté, con voce acuta.
Non ce la feci più e scoppiai a ridere di gusto. Tutta quella scena era la più spassosa della mia vita. La vera Serena mi faceva ridere e impazzire.
Serena strinse i denti e mi guardò più irritata che mai. -Io vado a dormire. Buonanotte.
-A domani principessa, o meglio collega universitaria.- la punzecchiai salutandola, ma lei andò in camera sua a passo di carica.
-Perdonala. Ci vorrà un po' di tempo prima che si abitui alla novità.- si scusò Andrea.
-Non c'è problema, la capisco. Questa è una novità per tutti e due.- la difesi.
Non mi sentivo così rilassato da... be', da una vita! Niente doveri, niente più stare sempre sull'attenti a ogni cosa che dovevo dire. Era una sensazione meravigliosa la libertà.
-Credete che dovrei andare a calmarla un po'?- domandai ai suoi genitori.
-A tuo rischio e pericolo.- rispose sua madre trattenendo una risata.
Bussai in camera sua, ma non mi rispose. Accostai l'orecchio alla porta e sentii che era sul balcone a parlare al telefono con qualcuno, probabilmente con suo zio. Entrai senza farmi scrupoli e la vidi darmi le spalle, in una mano reggeva il telefono e nell'altra una sigaretta.
La sua camera era completamente diversa dalla mia. Se la mia aveva lo stretto necessario per dormire e vestirsi, la sua era provvista di ogni cosa possibile e immaginabile. C'erano libri sparsi un po' ovunque, quadri e puzzle incorniciati appesi alle pareti azzurro pastello, CD e DVD messi in ordine e anche un frigobar, probabilmente contenente qualche bottiglia di sangue. Sul comodino si trovavano anche i dizionari di rumeno e tedesco e non riuscii a non trattenere un sorriso. Si stava davvero impegnando.
-E' esattamente come ti ho scritto per messaggio.- disse troppo impegnata a parlare al telefono per accorgersi che mi stavo avvicinando.
Silenzioso come un gatto uscii in balcone, le presi il telefono dalle mani e lo accostai all'orecchio.
-Pronto Wilhelm, sono Stefan. Stai tranquillo, non permetterò a nessuno di fare del male a Serena, puoi dormire sereno. Buonanotte.
Riattaccai la chiamata e restituii il telefono alla proprietaria, che non riusciva a fare altro se non guardarmi sbigottita.
-E' un brutto vizio. Dovresti smettere.- dissi indicando la sua sigaretta.
Sul suo viso riapparve di nuovo l'irritazione e adorai il modo in cui aggrottava le sopracciglia quando era irritata.
-Ma come diavolo ti...
-Senti- la interruppi prima che iniziassimo a litigare. -so che è stata una sorpresa per te, ma non stavo scherzando quando dicevo di volerti conoscere.
Ero sincero come non lo ero mai stato. Quella donna mi aveva scombussolato tutto. Ogni convinzione, ogni sentimento. Aveva scombussolato la mia intera vita e anche se mio padre e mio zio mi avevano ordinato di sedurla, io volevo conoscerla e sedurla.
Serena mi guardò intensamente, nel vano tentativo di capire che cosa avessi in mente.
-E poi non avevo scelta. Mio padre e i miei zii mi hanno "caldamente consigliato" di venire qui. Ho l'occasione di conoscerti e di eseguire gli ordini, quindi prendo due piccioni con una fava.- aggiunsi con nonchalance.
-Non pensavo che Stefan Lovinescu prendesse ordini da qualcuno, e poi in che senso ti hanno "caldamente consigliato"?- domandò sinceramente incuriosita.
Nel suo tono di voce notai una nota canzonatoria, ma non mi dispiacque. Era giocosa e sarcastica, esattamente come lo ero io.
-Diciamo che sono vampiri ai quali non si disobbedirebbe, se si ha cara la pelle.
Mi guardò nuovamente, ma prima che sfociassimo in un silenzio imbarazzante, la informai di un piccolo particolare.
-Domani dovrai accompagnarmi in facoltà. La mia macchina non è ancora arrivata e non so la strada per arrivarci.
-Domani mattina vado a fare colazione al bar dove lavora una mia amica, Erica.- ribatté, ma non avrei mai preso un taxi per andare all'università, o peggio un autobus!
-Non è un problema. Sarà la mia prima volta in un bar.- risposi.
Ero curioso di vedere come fossero i bar italiani. Nel mondo la parola “bar” era sinonimo di “beoni”, ma lì era sinonimo di “colazione”, “pranzi” e “beoni”.
-Non sei mai stato in un bar?- chiese enormemente sorpresa, come se le avessi appena detto che non sapevo leggere.
-Certo che no. Ho sempre consumato i pasti negli hotel o nei ristoranti.
Era ovvio che non avessi mai messo piede in un bar.
-Forse è meglio che ti lasci riposare.- aggiunsi. -Domani sarà una giornata piuttosto impegnativa. Buonanotte, Serena.
Le baciai la mano e tornai nel mio appartamento, non prima di aver salutato Paola e Andrea. Chiusi la porta del mio appartamento e mi scappò un sorriso a fior di labbra.
Non riuscivo a credere che una semplice donna potesse cambiare completamente il mio modo di pensare e di vivere. Se cinque mesi prima mi avessero detto che mi sarei innamorato di una donna, probabilmente l'avrei fatto rinchiudere in una cella con la camicia di forza e visitare dallo psichiatra più vicino, ma non in quel momento.
L'amore mi aveva cambiato, ma reso un debole. Ero un debole? L'amore era per deboli? Mi ero comportato da idiota con la principessa Serena e l'avevo guardata con uno sguardo da idiota. In quei minuti trascorsi con la principessa non avevo pensato minimamente al potere che deteneva nelle sue meravigliose mani.
Le parole di mio padre e di Dimitri continuavano a scontrarsi nella mia mente e mi provocarono l'insonnia, così decisi di mandare una mail al mio unico alleato e amico.

“Dimitri,
ti scrivo questa missiva per informarti che sono arrivato a Torino senza intoppi e che il mio appartamento è vivibile. I nostri arredatori hanno fatto un buon lavoro, ma questo piccolo appartamento da scapolo non potrà mai raggiungere la bellezza del castello in stile gotico dei Lovinescu. L'unica cosa positiva, anzi le due cose positive qui sono la libertà e la principessa Serena.
Dimitri, non ho mai assaporato veramente la libertà come oggi. Da quando ho conosciuto la principessa e da quando non ho fatto altro che pensare al potere che avrei conquistato col nostro matrimonio, ovvero da tutta la mia vita, non ho mai conosciuto la libertà.
La principessa Serena. Dovresti vederla. È spassosa, meravigliosa e con la battuta tagliente e sarcastica sempre a portata di mano. Ipotizzo che anche lei sia una persona abituata a leggere le persone, perché la vedo osservare attentamente i miei occhi gelidi e privi di emozione nel vano tentativo di capire a cosa penso. Dovresti conoscerla per quello che è, andreste d'accordo.
Se sono noioso, dimmelo e mi fermo. Non voglio assillarti con le mie paranoie da “verginella innamorata”, ma è anche per questo che ti ho scritto.
Dimitri, tu mi hai detto che l'amore non è per i deboli, ma che riesce a darti la forza di spaccare una montagna a mani nude (tue testuali parole), mentre mio padre afferma il contrario. Non ho mai avuto rapporti con l'amore, non l'ho mai visto, ma solo letto e ho sempre pensato che fosse una cosa inadatta a me. Sono in guerra con me stesso, amico mio, e chiedo consiglio a te, che hai vissuto molte più esperienze sulla tua pelle, per cercare di trovare un po' di pace.
Questa notte la passerò a crogiolarmi nel dubbio e credo che continuerò a farlo fino alla tua risposta, ma ora passiamo a cose serie. Potresti tenermi al corrente di qualche informazione che potrebbe essere sfuggita dalle riunioni che tengono i membri più anziani della mia famiglia? Te ne sarei estremamente riconoscente, anche perché negli ultimi mesi non hanno mai richiesto molto la mia presenza e ciò suscita in me non pochi sospetti.
Il tuo dubbioso amico,
Stefan.”

Angolo autrice.
Buonasera a tutti! Eccoci al quinto capitolo di questa storia. Inizia l'avventura del nostro Stefan e a breve verrete a conoscenza di un segreto che, probbilmente, vi ha lasciato un po' interdetti; un piccolo particolare che avrete notato xD
Vi ringrazio per aver messo la storia tra le seguite/preferite e per i commenti. Grazie davvero, vi mando un bacione enorme e al prossimo capitolo!
Arsax <3

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


Il mattino dopo mi presentai a casa di Serena piuttosto presto. Erano le sette e mezza del mattino e la prima lezione si sarebbe tenuta alle nove, ma Serena non era ancora sveglia.
Io non avevo dormito, tormentato dai dubbi per tutta la notte, ma era inaccettabile che Serena non fosse ancora sveglia alle sette e mezza del mattino!
-Scusami, fa sempre così.- si scusò Paola con dolcezza, per poi cacciare un urlo che avrebbe fatto invidia a Dimitri e che mi fece trasalire. -Serena! Vuoi muoverti o devo venire lì con dell'acqua gelata?!
Dopodiché Paola mi riservò lo sguardo più dolce del suo repertorio, assieme a un sorriso smagliante. -Vuoi un po' di caffè, caro?
-Ehm... grazie.- risposi per paura di vederla nuovamente urlare. -Devo ammettere che saresti perfetta come generale del mio esercito. Sei interessata?
Paola scoppiò a ridere divertita, una risata cristallina e sincera, molto simile a quella della figlia.
-Ti ringrazio per l'offerta, ma preferisco studiare la storia invece che farla.
Mi ricordai solo in quel momento che Paola e Andrea, in particolare quest'ultimo, erano stati gli storici di corte di Astrid Von Ziegler e in seguito anche di Marius Vidrean. Non riuscivo a capire il motivo, ma mi dimenticavo che loro due erano dei mezzosangue. Era una cosa parecchio strana per me, che trovavo ripugnanti gli esseri come loro.
Finalmente la nostra principessa si fece viva e dovetti sforzarmi di non osservarla con gli occhi fuori dalle orbite. Indossava una maglietta mezza logora e dei pantaloni di una tuta. Quel “pigiama” mi lasciò sconcertato, anche se non mi ero di certo aspettato di vederla indossare il pigiama di flanella color rosa polvere.
-Buongiorno, Serena.- la salutai riprendendomi da quel momento di osservazione, ma lei mi rispose con un grugnito degno di uno degli orsi che abitavano le foreste dei Carpazi.
-Non ti conviene parlarle prima del caffè, rischi di farti mordere.- mi avvertì sua madre ridacchiando e dandole un tenero bacio sulla testa.
Mi ritrovai a invidiarla di nuovo per mezzo secondo, ma l'invidia fu sostituita dal divertimento. Alzai un sopracciglio e la osservai divertito. -Interessante. Lo terrò a mente.
Lei grugnì nuovamente e la osservai mentre beveva lentamente il suo caffè. Terminato, andò a cambiarsi e si presentò in cucina con un abbigliamento un po' più elegante: una maglia a mezze maniche viola scuro con scollo a V, dei jeans a sigaretta e degli stivaletti neri. Quello era l'abbigliamento più elegante che le avessi mai visto indosso, a eccezione della sua serata di debutto e della riunione del Consiglio.
Era notevolmente stizzita già di prima mattina. Nonostante fosse intenta a mettersi un po' di eyeliner, sapeva perfettamente che la stavo guardando, ma non disse nulla.
-Ora posso parlarti?- le chiesi quando terminò l'opera di “restauro”, anche se si era truccata decisamente poco.
-Preferirei che mi lasciassi in pace, ma immagino che non sia possibile, vero?- rispose acida.
Quella risposta mi divertii parecchio.
-Ti sei alzata col piede sbagliato?
-Io mi alzo sempre col piede sbagliato. Sei pronto?
Annuii alzandomi e prendendo la mia valigetta. Salutai i genitori di Serena e uscimmo. Mi condusse a una Panda che dire che era antiquata era un eufemismo. Era già tanto se non andava a carbone! Non riuscivo a credere che una principessa andasse in giro con una Panda antidiluviana. Forse mi ero sbagliato e volli accertarmene.
-Quella è la tua macchina?- chiesi sorpreso.
-Sì, non ti piace?
-Sembra molto... antiquata. Non sarebbe meglio comprarne una nuova?- suggerii.
-Certo, e con quali soldi?
-Quelli del castello.
-Non voglio spendere i soldi del castello, soprattutto viste le condizioni nelle quali è il castello Vidrean.- rispose con nonchalance.
Aveva controllato ogni singolo resoconto di tutto il suo regno per riuscire a riportare il castello Vidrean al suo splendore originario e non aveva intenzione di sperperare il suo patrimonio. Non me lo sarei mai aspettato, soprattutto da una donna, che erano conosciute per scialacquare soldi in oggetti futili. A quella scoperta sorrisi compiaciuto.
-Sei una persona piuttosto parsimoniosa, mi piace.
-Non mi va di spendere soldi quando la mia piccola Panda cammina ancora. Ho giurato a me stessa di cambiarla solo quando mi mollerà per strada e così farò.- spiegò guardando quel rottame come se avesse davanti una Porsche. -Allora, vuoi salire o no?
Salii senza aggiungere altro e fui sorpreso di vedere che c'erano le cinture di sicurezza, così me l'allacciai.
-Almeno queste ci sono. Pensavo che avrei trovato uno spago.- affermai sarcastico.
-Se non ti piace vai a piedi. Camminare potrebbe farti bene.- rispose velenosa.
-Soprattutto per le polveri sottili e lo smog.
-Non penso che i vampiri siano soggetti al cancro.- disse pungente.
-No, però fa comunque schifo respirare quelle cose.- ribattei.
La vidi alzare gli occhi al cielo, accese l'autoradio e la guardai a occhi sbarrati. Ascoltava una musica aggressiva e in moltissime canzoni il cantante urlava. Durante il viaggio notai che ascoltava anche alcune melodie dalle note tristi e mi ritrovai a chiedermi se non stese ancora soffrendo per quel Mirko.
Non feci commenti anche perché sospettavo che per lei sarebbe stato un vero piacere buttarmi fuori dalla macchina in corsa.
Arrivammo al bar, una piccola stanza con dei tavolini e un bancone, e quando l'amica di Serena, Erica Berti, ci vide insieme, si bloccò e mi osservò senza più sapere cosa fare.
-Lascialo perdere, è completamente innocuo.- le disse Serena e io dovetti trattenermi dal riderle in faccia.
Definire un Lovinescu “innocuo” era come definire “amorevole” un leone affamato.
-Su questo non ci giurerei, tesoro.- rispose Erica al mio posto, continuando a osservarmi anche quando ci accomodammo al tavolo.
-Per me un cappuccino e un cornetto al cioccolato. Tu cosa vuoi?- mi chiese Serena.
-Lo stesso anche per me.- risposi scrollando le spalle.
Non mi aspettavo di certo che servissero l'ottima colazione salata che mi preparava il mio cuoco ogni mattina con ingredienti freschi.
L'amica guardò Serena con sguardo interrogativo e lei le fece cenno che avrebbero parlato dopo. Era molto preoccupata per la mia vicinanza a Serena e voleva conoscere ogni dettaglio della mia permanenza lì. Ci consegnò i cappuccini e si allontanò per servire altri clienti.
-La tua amica mi è parsa visibilmente sconvolta.- dissi sorseggiando il cappuccino.
-Sai com'è, trovarsi davanti un principe Lovinescu non è cosa da tutti i giorni e poi la tua fama ti precede.
-La fama della mia famiglia, vorrai dire.- la corressi.
Insomma, non ero l'unico Lovinescu che aveva ucciso, anzi ero l'unico Lovinescu che aveva solo ucciso. Mio padre mi aveva obbligato a uccidere un traditore all'età di dodici anni e da allora non avevo mai più compiuto distruzioni, a eccezione di quelle ufficiali.
-Stai dicendo che non hai ucciso nessuno solo perché si era rivolto a te in modo troppo confidenziale?
-Certo che ho ucciso.- risposi indignato, era ovvio che l'avessi fatto perché entrava a far parte dei doveri di un principe. -E lo sguardo intimorito della tua amica mi è del tutto dovuto, solo non vorrei che destasse troppi sospetti.
Ero un principe e non poteva guardarmi di certo come un tenero cucciolo di foca, ma portarmi il dovuto rispetto e anche temermi un po'.
Dato che gli altri due clienti del bar erano stati serviti, Serena fece cenno all'amica di avvicinarsi a noi.
-Lei è Erica Berti, la mia migliore amica. Lei e la sua famiglia sono amici dei Von Ziegler e in più di un'occasione ci hanno aiutato, quindi non devi osare torcerle un capello, chiaro?- la presentò e mi minacciò con sguardo gelido.
Conoscevo benissimo Erica Berti, anche se non avevo avuto occasione di parlarci. Proveniva da una delle famiglie più facoltose e rispettate del regno dei Von Ziegler e trovai molto strano che lavorasse come barista, anche perché i soldi non mancavano loro.
Mi fece sorridere vedere Serena così protettiva per una semplice amica, che a essere sinceri non aveva assolutamente bisogno di protezione, ma mi divertii parecchio.
-Trasparente.- risposi sorridendo divertito.
-Erica, per lui vale la stessa cosa che ho detto a te e agli altri: trattatelo come un ragazzo normale quando non siamo in veste ufficiale.- spiegò velocemente Serena.
-La vedo dura, ma in questo caso- Erica allungò una mano verso di me e mi guardò decisa. -piacere, Erica.
Quella ragazza aveva coraggio. Non mi sarei aspettato di vederla tralasciare il mio titolo in così poco tempo. Mi alzai come la galanteria voleva e le strinsi la mano a mia volta.
-Molto lieto. Immagino che ci vedremo molto spesso.
Erica volse lo sguardo verso l'amica e questa scrollò le spalle. Entrarono altri clienti nel locale ed Erica fu obbligata a lasciarci. Non era male quella ragazza, sarebbe stato interessarla conoscerla. Mi ricordava molto Dimitri. Pragmatica e decisa.
-Ti è molto affezionata.- affermai trattenendo un sorriso e addentando poi il cornetto, che dovetti ammettere essere buono.
-Ci conosciamo da quando ci siamo addentrate nel maligno mondo del liceo e quando ha scoperto che ero la principessa Vidrean Von Ziegler, è rimasta sorpresa, così come gli altri miei amici.- raccontò brevemente.
-Gli altri amici?- chiesi incuriosito.
-Sono tutti vampiri o mezzosangue.
Storsi il naso. Pensavo che la sua passione per i mezzosangue si fermasse ai suoi genitori, ma da quel che sembrava era incline a fare amicizia con degli esseri abietti.
-I mezzosangue sono un abominio. Sono frutto delle pulsioni sessuali di qualche vampiro depravato.- affermai schifato.
-Sono una risorsa da non sottovalutare. Mia madre e mio padre sono mezzosangue e quest'ultimo era storico di corte al castello Von Ziegler.
Mi ritrovai a storcere nuovamente il naso. Certo, Andrea e Paola Serafini erano persone a modo e molto amichevoli, ma dare loro l'onore di essere gli storici di corte mi era sembrato eccessivo.
-Un mezzosangue storico di corte. Che assurdità.
-Sono praticamente come noi. Essere mezzosangue non significa essere più stupidi o più ignoranti di un vampiro.
Provai a riflettere sulle parole di Serena, ma proprio non riuscivo a vedere i mezzosangue come esseri uguali a noi. Le sorrisi malizioso, ripensando a sua madre e alle sue gesta.
-Sei uguale ad Astrid, anche lei era una sognatrice.
-Non sono una sognatrice, sono solo obiettiva. Ci sono molti mezzosangue che sono emarginati e adirati con i vampiri, proprio perché non hanno diritti. Possono essere un potenziale nemico.
A quella risposta non riuscii a trattenere le risa. Ridevo in modo talmente sguaiato che se mio padre mi avesse visto, mi avrebbe punito severamente e mi avrebbe anche convinto a ringraziarlo.
-Stai dicendo che i mezzosangue possono essere una minaccia?- domandai scettico, ma ancora ridendo.
-Be', folle inferocite di umani hanno ucciso un sacco di vampiri, quindi perché una folla di mezzosangue non potrebbe farlo?- domandò guardandomi con decisione e la mia risata fu spenta.
Non aveva tutti i torti. I mezzosangue erano quasi forti e veloci come noi vampiri, ma erano sprovvisti di canini e non potevano vivere in eterno.
Dato che non rispondevo, Serena mi incalzò ancora per convincermi a dare ai mezzosangue dei diritti.
-Nel 1873 non c'è stata un'orda inferocita di mezzosangue che ha distrutto un bel po' di vampiri? Oggi i mezzosangue sono molti di più di allora, quindi non mi sorprenderebbe se un giorno i mezzosangue che vivono in Romania possano riunirsi e marciare verso i nostri castelli.
Se dei semplici umani erano riusciti a uccidere mia madre, una regina vampiro, non era da escludere che i mezzosangue potessero fare la stessa cosa.
La donna che mi sedeva di fronte era molto previdente e cercava di vagliare ogni singola possibilità prima di prendere una decisione. Era più sveglia e intelligente di quanto non avessi creduto.
-Non avevo mai pensato ai mezzosangue come una possibile minaccia. Devo ammettere che sei molto previdente.- affermai guardandola con occhi del tutto nuovi.
Più la conoscevo e più mi sorprendeva. Più mi sorprendeva e più quel sentimento che avevo relegato in una parte del mio cuore, aumentava e premeva per uscire in tutta la sua potenza.
-Cerco di valutare ogni possibilità per essere pronta.
-Ed è per questo hai voluto riorganizzare l'esercito. Ora inizio a comprendere meglio le tue scelte.- dissi sorridendole.
-Forza, dobbiamo andare a lezione. Ti è andata bene che devo seguire di nuovo qualche lezione del primo anno, altrimenti te la dovresti cavare da solo, matricola.- mi canzonò.
Fui sorpreso di dover discutere con Serena su chi dovesse pagare tra me e lei. Solitamente ero sempre io a pagare quando uscivo con una donna e fu una novità vedere Serena che mi obbligava a stare seduto mentre lei andava alla cassa.
Rimasi a guardare quella strana e indipendente donna, che in una mattinata non aveva fatto altro che sorprendermi. La vidi discutere velocemente con Erica e questa sbarrò gli occhi un po' preoccupata. Probabilmente Serena le aveva spiegato tutta la situazione. Serena annuì e indicò il cellulare che aveva in mano e si avvicinò nuovamente a me.
-Ciao tesoro, buona giornata.- le disse Erica con un sorriso tirato.
-Grazie, anche a te.
-Arrivederci Erica, lieto di averti conosciuta.- la salutai cordialmente, per poi uscire dal bar.
Ci avviammo alla facoltà di biologia e mi fece fare un breve giro del campus. Era piuttosto squallido, ma che potevo aspettarmi da un'università pubblica?
Notai che in giro c'erano moltissimi vampiri e mezzosangue e la cosa mi sorprese un po'. Era strano vedere dei vampiri, alcuni nobili, frequentare l'università pubblica di biologia. Forse le cose erano cambiate ed essendo mio padre un vampiro di oltre cinquant'anni anni, si era perso molti di questi cambiamenti. Dovevo chiedere a Dimitri, che era più pratico di lui dei cambiamenti nel nostro mondo.
-Stefan, perché ti stanno guardando? Capisco che sei un bel ragazzo, ma mi pare esagerato.- sussurrò Serena di punto in bianco e mi ritrovai a ridere senza cattiveria della sua ingenuità.
Mi fece tanta tenerezza. Per alcune cose era in grado di cavarsela e di mostrarsi autoritaria e decisa, ma in altre era così ingenua da scatenare in me l'istinto di protezione nei suoi confronti.
-Serena, sei così ingenua. Questa facoltà pullula di vampiri e mezzosangue, quindi non stanno guardando me, ma te.
Mi riservò uno sguardo confuso. Non riusciva a capire. Probabilmente prima di quel giorno, non doveva aver riscosso tanto successo tra i suoi colleghi universitari.
-Questi sono quasi tutti i tuoi sudditi. Dopo il gala in tuo onore, tutti i vampiri sanno che sei la loro principessa. Quelli che non lo sapevano, vedendoti assieme a me in questo momento, hanno fatto due più due.- spiegai paziente, con un sorriso appena accennato.
-Spero non facciano nulla di avventato o che desti sospetti.- borbottò.
-In quel caso potresti distruggerli, visto che ti stai allenando nell'uso del paletto.- la canzonai amichevolmente.
Entrammo nell'aula e prendemmo posto. Serena salutò qualche suo vecchio compagno di corso umano e attendemmo l'inizio della lezione.

Quelle lezioni erano noiose. Nonostante facessi di tutto per distrarmi, le nozioni dei professori mi entravano in testa. Quei boriosi professori universitari non facevano altro che leggere le slides che avevano preparato mesi prima, se non anni prima, e vantarsi delle loro imprese sminuendoci. Dovetti trattenermi dall'alzarmi per andare a minacciare qualche professore, anche perché non potevo rischiare di farmi espellere o peggio rivelare l'esistenza di un mondo loro sconosciuto.
Fortunatamente non tutti i professori avevano quell'atteggiamento e sapevano di cosa stessero parlando e quei pochi riuscirono anche ad andarmi a genio.
Serena prendeva appunti a una velocità impressionante, scarabocchiando e costellando la pagina di appunti, note e asterischi, mentre il mio foglio era immacolato. La mia memoria, allenata giorno dopo giorno da mio padre e mio zio col pugno di ferro, non avrebbe dimenticato quelle lezioni tanto facilmente. Ahimé, ora anche io sapevo descrivere perfettamente la cellula animale e avrei potuto far morire di noia i miei nemici con quelle nozioni.
Serena cercò di liberarsi di me in ogni modo, ma non ce l'avrebbe fatta. Non avrei rinunciato al piacere della sua compagnia tanto facilmente, che lo volesse o meno. Era troppo gentile per dirmi chiaramente che non mi voleva tra i piedi e fino a quando non l'avesse detto, sarei rimasto con lei.
Quando andammo nell'aula studio, riuscii a memorizzare ogni singolo dettaglio del suo visto, le smorfie che faceva quando non capiva un determinato argomento, quando era concentrata e la piega che assumevano le sue labbra quando si accorgeva che la fissavo.
Era meravigliosa. Avrei tanto voluto sapere quanto fossero morbide le sue labbra, ma avrei fatto un passo alla volta. L'avrei conquistata e sarei finalmente riuscito a sentire il sapore di quelle labbra color melagrana.
“Ma che pensieri da verginella innamorata fai?! Sei un Lovinescu, diamine! Abbi un po' di rispetto per te stesso e smettila di pensare all'amore!” mi rimproverai più volte mentalmente, ma non ce la facevo. Tutte le volte che provavo a non pensarci, il pensiero di averla, di possederla e di essere amato a mia volta da lei, faceva diventare il mio cervello degli spaghetti scotti.
-Devo andare da mio zio, quindi ti riporto a casa e ci vediamo domani.- affermò mettendo a posto le sue cose.
-Mi piacerebbe venire a vederti. Sono curioso di sapere quali lezioni ti sta impartendo Wilhelm.
Vidi un lampo di grandissima sorpresa passare nei suoi occhi, ma durò poco. Ero veramente curioso, anche perché volevo capire appieno le sue capacità. Non potevo di certo dimenticarmi che i nostri due clan erano stati nemici fino a poco tempo prima.
-M-ma non dovresti andare a studiare?- domandò balbettante.
-Ho una buona memoria e poi queste cose le ho già studiate col mio insegnante privato.- mentii.
Non avevo minimamente intenzione di studiare quelle cose. Non mi sarebbero mai servite per guidare un regno e non mi interessavano affatto. Fossero state nozioni sull'anatomia o la cellula dei vampiri, avrei ancora potuto farci un pensierino.
Mentre ci dirigevamo alla sua “macchina”, Serena mandò un velocissimo messaggio e non riuscii a scorgerne il destinatario. Supposi fosse Erica, con la quale si stava lamentando di me e del mio atteggiamento.
Arrivammo a casa di Wilhelm, che era situata nel centro della città, e quando ci aprì la porta, riservò alla nipote uno sguardo abbastanza ansioso.
-Buon pomeriggio, Wilhelm.- lo salutai cordialmente.
-Buon pomeriggio, Stefan. Serena, oggi lezione di pianoforte e canto.
-Mi rifiuto di cantare.- rispose imperativa, incrociando le braccia al petto.
Era così pessima nel canto da rifiutarsi di allenarsi davanti a me oppure si vergognava terribilmente? Dal suo sguardo supposi la seconda ipotesi.
-Perché? Mi piacerebbe vederti mentre ti cimenti col canto.- dissi sghignazzando intenerito.
-Perché no.- rispose duramente.
Wilhelm sospirò e condusse Serena al pianoforte a coda situato nell'enorme salotto.
-Stefan, potete accomodarvi sul divano. In frigo ci sono scorte di sangue e vino a volontà, fate come se foste a casa vostra. Serena, cominciamo.
Presi un bicchiere e una bottiglia di sangue e tornai in salotto, pronto a godermi una delle lezioni giornaliere di Serena. La vidi cimentarsi con le scale come riscaldamento e appurai che non era così malvagia come avevo creduto. Era ancora un po' incerta sui tasti da premere, ma era sulla buona strada per migliorare.
Terminate le scale, suonò un pezzo molto semplificato di “Sonata al chiaro di luna” di Beethoven, melodia che adoravo e che avevo notato essere sulla playlist della mia fidanzata. Le sopracciglia erano aggrottate, segno che era concentratissima a non sbagliare neanche una nota, ma ne sbagliò qualcuna quando Wilhelm iniziò a porgerle domande molto semplici sulla storia e sulla politica.
Le domande e le note si stavano susseguendo monotone e noiose, fino a quando non dette una risposta che per poco non mi fece risputare il sangue nel bicchiere dall'ilarità. Il “Conte Dracula” era stato uno dei vampiri più importanti, che si era trasferito in Inghilterra dopo aver svolto tutte le pratiche con Johnatan Harker? Ma siamo matti?! Anche io avevo letto “Dracula” di Bram Stoker, ma il conte restava un personaggio di pura fantasia e poi noi non ci trasformavamo in roditori con le ali, anche se roditori non erano.
Dopo quello strafalcione, ne susseguirono altri e non riuscii a trattenermi dal guardarla con le sopracciglia alzate più e più volte. Ma che diamine le aveva insegnato Wilhelm? In quei mesi avrebbe dovuto apprendere qualcosa e invece stava dicendo una marea di assurdità. Forse con me si vergognava ancora e per paura di commettere degli errori, ne commetteva moltissimi. La trovai... dolce e indifesa.
-Non ce la faccio, zio. Sto andando nel pallone e mi scoppia la testa.- sospirò massaggiandosi le tempie.
-Sono forse io che ti metto a disagio?- chiesi ridacchiando.
-No! Affatto.
“Non ci credo neanche morto.” pensai.
-Se la lezione è finita, mi piacerebbe che mi portassi in un posto.
Mentre Serena aveva continuato a commettere errori su errori, avevo cercato sullo smartphone se in quella città ci fosse un maneggio e ne avevo trovato qualcuno. Mi sarebbe piaciuto cavalcare con lei, anche se non avrei montato uno dei nostri potenti stalloni presenti nelle scuderie del castello.
Quello era uno dei miei hobby ed era una delle pochissime cose che avevo apprezzato apprendere da mio padre. Essendo un futuro re, non avrei potuto sempre godere delle lussuose auto presenti nel nostro garage, soprattutto in tempi di guerra, così era utile sapere andare a cavallo.
-Oggi non ti entra niente in testa, vero? Non importa, riproveremo domani. Sarebbe inutile continuare oggi, ma domani ti voglio concentrata.- disse Wilhelm alla nipote.
-Sicuramente, a domani.- lo salutò abbracciandolo e io rimasi sorpreso.
Serena abbracciava liberamente suo zio, che poteva essere benissimo uno dei successori al trono, senza problemi. Wilhelm avrebbe potuto convincerla a firmare un documento nel quale affermava di abdicare in favore di Wilhelm e poi ucciderla, per avere così il controllo su due clan influenti. Possibile che Serena non pensasse minimamente a quella possibilità? Zio Lucian l'avrebbe fatto, se mi fossi trovato io al posto di Serena.
Stavamo andando alla macchina e Serena non fece altro che mandarmi occhiate fugaci.
-Stai pensando talmente tanto che mi sembra di vedere il fumo che ti esce dalle orecchie.- disse ironica.
-Stavo pensando a te che abbracci tuo zio. Io non lo farei mai.- risposi sorpreso.
Piuttosto che abbracciare mio zio come aveva fatto lei poco prima, preferivo combattere contro un orso a mani nude.
-Che c'è di male? È un mio parente e andiamo d'accordo. Abbracciarlo non mi pare un gesto di debolezza.
-Invece sì, hai dimostrato che provi affetto per un tuo sottoposto.- ribattei.
“L'hai mostrato a me, quindi l'avrai sicuramente mostrato ad altri. Se si mostrano le proprie emozioni agli altri, si diventa vulnerabili.” pensai, ma lei aveva già la risposta pronta.
-Io invece penso di avergli dimostrato gratitudine e poi so che con lui posso permettermelo.- ribatté a sua volta.
-Puoi permettermelo? Ma non dire sciocchezze.- risposi salendo in macchina.
-Non vuole il potere, vuole solo rispettare la promessa che ha fatto a sua sorella. Non si monterà la testa perché sa che gli voglio bene e sicuramente non vuole rubarmi il potere, anche perché non potrebbe. È un erede dei Von Ziegler, ma con i Vidrean non ha alcun legame e questi non lo accetterebbero come loro sovrano. Ancora meno voi Lovinescu, non lo accettereste mai come erede di quei due clan, a meno che non sia io stessa ad abdicare in suo favore.
Dalle sue parole, non era minimamente intenzionata ad abdicare e quel discorso mi mostrò un altro lato del suo essere. Non credevo che avesse calcolato tutto anche con suo zio Wilhelm, che sapevo essere, nonostante non ci avessi parlato granché, una brava persona e molto affezionato alla defunta sorella. A pensarci bene, se Wilhelm avesse voluto incentrare il potere nelle sue mani, avrebbe potuto scrivere un documento nel quale Serena affermava di voler abdicare e farglielo firmare con l'inganno, magari spaventandola con le storie sulla nostra famiglia e non cercare di farla ragionare e farle tenere fede al patto.
-In una giornata con te ho capito molto di più che in due serate.- affermai sorridendo.
-Io di te non ho capito un cazzo.
-Che termini scurrili per una principessa.- le feci notare storcendo il naso.
Mi ero quasi dimenticato di quanto potesse essere grezza e volgare.
-Ehi, non sono in veste di principessa, ma di ragazza comune. Lontano dagli impegni regali, lontano dal cuore. Allora spara, che tipo sei?- disse mettendo in moto la macchina.
“Spara? Ma che diavolo...”.
Quei termini gergali proprio non li capivo, ma non feci commenti. Non volevo iniziare un'altra discussione sterile riguardo al suo comportamento rozzo.
-Sono come mi vedi.
-Un arrogante e carismatico vampiro?
-Esattamente.- risposi divertito dalla sua battuta.
-Dai, ci dev'essere qualcos'altro. Che hobby hai?
Mi sembrava un po' troppo interessata a conoscermi. Sapevo di irritarla da morire, perciò mi sembrava scontato che non volesse nemmeno conoscermi. Le possibilità erano due: stava cercando di scoprire se avessi in mente un piano in particolare oppure si era rassegnata a dover passare tanto tempo con me e voleva conoscermi per davvero. Sperai vivamente che fosse la seconda possibilità.
-Mi piace andare a cavallo, collezionare armi di ogni genere, che ovviamente so utilizzare, e leggere, in particolare Shakespeare e Machiavelli. Trovo che "Il Principe" sia un'opera molto interessante e aspiro a diventare un sovrano come il principe ideale descritto da Machiavelli.
Non volevo essere un sovrano buono, ma un sovrano giusto. Può succedere che se si è un sovrano buono, si rischia solo di far soffrire a lungo qualche suddito. Un sovrano giusto vaglia ogni possibilità per il bene del suo popolo, senza far soffrire nessuno se non se stessi, se la decisione che è giusta da prendere va contro i propri ideali.
Quel libro era stato per me un'opera che mi aveva ispirato e sarei diventato esattamente così. Sarei stato il primo sovrano Lovinescu a non essere spietato, ma giusto.
-Anche a me è piaciuto molto. Durante le lezioni di italiano alle superiori, la nostra professoressa ci fece un riassunto molto ampio, ma è un peccato non averlo mai letto.- spiegò e io rimasi sconcertato.
-Davvero? Se ti va ti presto il libro, vale la pena di leggerlo. E tu che cosa leggi?
Fu divertente quel viaggio, soprattutto quando mi rivelò che aveva numerosi libri riguardo ai vampiri. Non era stata immune al fascino della nostra specie nemmeno nei gusti letterali.
-Dimmi che non hai mai creduto a certe stupidate scritte in molti di quei libri, ti prego.- chiesi ridacchiando.
-Be', di certo non sembriamo tanto morti come alcuni libri ci descrivono e ringrazio ogni dio esistente e non che possiamo cibarci anche di cibo umano. Non penso che sarei riuscita a sopravvivere ad un'eternità senza pizza e lasagne.
Scoppiai a ridere e mi ritrovai d'accordo con lei. Non credevo che sarei riuscito a sopravvivere senza gulasch o, perché no, un'ottima pizza per l'eternità. Sarebbe stato triste e noioso.
La mia risata la contagiò e pensai che il mio cuore si sarebbe potuto fermare da un momento all'altro. La sua risata era bellissima, nonostante fosse incontrollata e poco regale, ma poco mi importava. Se mi avessero chiesto come sarebbe potuta essere la risata di un angelo, io avrei risposto che sarebbe stata come quella di Serena.
Ci ritrovammo nel maneggio poco fuori città. Serena rimase ad accarezzare i cavalli e io discussi col proprietario riguardo ai cavalli. Aveva un paio di stalloni e qualche giumenta docile e robusta, perfetta per coloro che non sapevano cavalcare. In effetti non avevo chiesto a Serena se fosse in grado di cavalcare, quindi decisi di prendere la giumenta, lasciando gli stalloni trepidanti nei loro box.
Il proprietario mi passò due caschi, i finimenti e mi disse che potevo pagare il tutto alla fine.
-Sei mai andata a cavallo?- domandai a Serena conducendola verso le stalle.
-Mmh... vale il cavallo di plastica scadente delle giostre?- chiese e io la guardai in modo eloquente con un sopracciglio alzato. -Immagino di no.- aggiunse.
-Davvero non sei mai salita su un cavallo? Nemmeno con Wilhelm?
-Da piccola, con l'istruttore che portava le briglie e basta, però non mi sembra un dramma che io non sappia cavalcare. C'è un sacco di gente che non sa farlo e vive benissimo così.
Ridacchiai divertito e pensai a Wilhelm. Aveva commesso un errore non da poco, ma non potevo biasimarlo. Si stava occupando di insegnare tutto alla nipote, quindi era plausibile che qualcosa gli fosse sfuggito di mente. Avrei riparato io al suo errore.
Condussi Serena verso la giumenta color cioccolato e criniera nera. Era piuttosto bella e robusta, perfetta per essere cavalcata da due persone. Iniziai a mettere i finimenti e spiegai a Serena come metterli e dove. Terminato, condussi la giumenta verso la pista e la guardai.
-Sali.
-Cosa?- domandò ad occhi sbarrati.
-Sali sul cavallo. Ti insegnerò a cavalcare.
-Grazie, ma no grazie. Posso sopravvivere senza saper cavalcare.
Mi ritrovai a sorridere: era spaventata a morte da una docilissima giumenta! Se avessi preso uno di quei stalloni muscolosi e vivaci l'avrei anche capita, ma in quel caso era un cavallo docile alto uno e settanta al garrese.
-Cavalcare è una cosa molto importante, soprattutto per una principessa. In certe occasioni non potrai utilizzare le macchine lussuose del tuo garage, quindi è meglio se impari a cavalcare, e in fretta anche.- spiegai pazientemente, accarezzando il muso del cavallo.
Era ancora piuttosto scettica, ma era una cosa che doveva imparare, come l'etichetta, la storia e la politica.
-Quando sarai in sella, salirò dietro di te, così non avrai paura di cadere. Ho scelto appositamente un cavallo piuttosto robusto.- cercai di tranquillizzarla e mi fissò intensamente negli occhi, combattuta se darmi fiducia o meno, e alla fine cedette.
-D'accordo, ma se mi faccio male me la paghi molto cara.- mi minacciò e io mi ritrovai a sorriderle malizioso.
-E che punizione avresti intenzione di infliggermi?- domandai, già pensando alle numerose punizioni che mio padre e mio zio mi avevano inflitto.
Chissà se me ne avrebbe mostrata una nuova o una di quelle che avevo già subito.
-Non è che hai tendenze sadomaso? Se così fosse, devi starmi lontano almeno dieci metri.
Scoppiai a ridere per la prontezza che aveva avuto. Non ero uno di quei pervertiti che per eccitarsi hanno bisogno di certe cose!
-Puoi stare tranquilla, ero solo curioso. Forza, metti il piede sinistro sulla staffa e tirati su.- spiegai, ma non fui per nulla preparato alla scena che mi si presentò circa dieci secondi dopo.
Serena fece esattamente come le dissi, peccato che non si dette lo slancio necessario per sistemare anche l'altra gamba e rimase col sedere per aria, nel vano tentativo di non cadere e di issarsi correttamente. Meno male che avevo scelto quel cavallo, altrimenti un altro l'avrebbe portata in giro per tutta la pista in quel modo.
Scoppiai nuovamente a ridere, fin quasi a piangere. Non era per niente cavalleresco, ma la scena era troppo spassosa e del tutto inaspettata.
-Non ridere! Aiutami, scemo che non sei altro!- mi riprese.
Ancora ridendo, la presi per i fianchi e la riportai a terra.
-Scusami... è che... non pensavo...- dissi tra una risata e l'altra.
Vidi il suo viso diventare rosso come una melagrana e la trovai immensamente adorabile. Si guardava la punta delle scarpe piena di vergogna, non aveva il coraggio di guardarmi in faccia dopo quella gaffe.
-Perdonami, è che non me l'aspettavo.- mi scusai, nonostante riuscissi a stento a fermare le risa.
-Te l'ho detto che non so cavalcare.- borbottò continuando a guardarsi le scarpe.
-Riproviamo. Questa volta ti do una mano.- la incoraggiai.
Non era del tutto convinta, ma mise nuovamente il piede sulla staffa e mentre cercava di tirarsi su, le misi le mani sui fianchi l'aiutai a salire. Quando fu correttamente sistemata, saltai con un balzo dietro di lei e afferrai le briglie.
-Devi mettere le mani qui.- spiegai stringendole le mani e sistemandogliele a dovere sulle briglie. -E dai un leggero colpetto con i talloni sui fianchi del cavallo per farlo andare al passo.
Fece come le dissi e la giumenta si mosse con passo tranquillo. Era piuttosto preoccupata ed era incollata al mio petto. Cercai di darle più sicurezza stringendola a me con fare protettivo e di tanto in tanto mi ritrovai a inspirare il suo dolce profumo.
Avrei voluto rimare con lei in quella posizione per sempre. La sua schiena contro il mio petto, i suoi capelli a solleticarmi il mento e la guancia e il suo respiro a mandarmi in estasi, ma dovevo insegnarle a cavalcare e non potevo permettermi quel lusso, soprattutto sapendo che lei a stento mi sopportava. Pian piano la sentii sempre più rilassata tra le mie braccia.
-Visto? Non c'è nulla da temere. Te la senti di andare al trotto?- domandai.
-Eh? Oh, sì. Va bene.- rispose intontita.
Era molto veloce nell'apprendimento, nonostante un paio di volte rischiò di innervosire la giumenta. Era nata per andare a cavallo e mi sarebbe tanto piaciuto sfidarla in una competizione amichevole, ma ne avremmo riparlato più avanti. In un solo pomeriggio imparò ad andare a cavallo da sola, senza il mio aiuto, ma per il galoppo ci voleva ancora del tempo.
Fu un pomeriggio molto piacevole e le sue battute, auto-ironiche o meno, provocavano in me un riso quasi irrefrenabile.
-Te la sei cavata piuttosto bene, ma non credo che riuscirò a togliermi dalla testa l'immagine di te con le gambe all'aria sul cavallo per un bel po' di tempo.- la canzonai ridacchiando, mentre tornavamo alla macchina.
-Certo che sei antipatico.- borbottò imbarazzata, camminando con passo tremante.
Era dura per chi non era abituato a cavalcare, ma presto si sarebbe abituata.
-Dai, stavo solo scherzando. Sei una ragazza che apprende in fretta ed entro qualche settimana, saprai cavalcare perfettamente.- mi complimentai con sincerità.
Era una donna splendida, che in una giornata mi aveva stupito moltissimo. Era interessante, sveglia, intelligente e... no! Non dovevo permettere all'amore di avere il sopravvento, ma potevo farci ben poco. Quell'emozione sembrava esplodere in me senza che me ne accorgessi. Come aveva detto mio padre, ero diventato un debole, ma non mi dispiaceva così tanto come avevo creduto.

Angolo autrice.
Buonasera a tutti! E' un capitolo privo di sorprese, ma spero che vi piaccia lo stesso xD
Grazie a tutti per i vostri commenti, per aver messo la storia tra le seguite/preferite e vi aspetto al prossimo capitolo!
Un bacione enorme
Arsax <3

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7


Eravamo sulla via del ritorno e non riuscivo a non complimentarmi con lei, sinceramente colpito dalla sua velocità di apprendimento. Ciò mi fece formare una domanda: se era da più di quattro mesi che teneva delle lezioni con Wilhelm, come mai aveva imparato poco o nulla? Non era portata per la storia, politica e lingue? Probabile.
-A proposito di apprendere- iniziò Serena mentre cercava parcheggio. -ti pregherei di non venire più alle lezioni di mio zio.
-Perché?- chiesi inclinando la testa di lato e mi odiai un'altra volta per quello stupido vizio.
-Perché mi metti ansia. Ormai sono abituata a fare figuracce davanti a mio zio e abbiamo raggiunto un equilibrio, ma davanti ad altri vado nel pallone.
Ci avevo visto giusto quel pomeriggio, ma non era una cosa che una persona del suo rango poteva permettersi.
-Una principessa non può permettersi di farsi venire l'ansia, men che meno un sovrano. Dovrai ricordartelo quando diventeremo sovrani e uniremo le nostre famiglie rispettando il patto.
Serena sbuffò e alzò gli occhi al cielo esasperata.
-A proposito di questo, sulla copia del patto mio zio non ha visto alcuna clausola.
-Di che parli?- domandai confuso.
-Della clausola della quale mi hai parlato un mese fa. Quella che dice che per diventare sovrani dobbiamo sposarci. È una balla bella e buona e te la sei inventata di sana pianta.
Aggrottai le sopracciglia ancora più confuso. Ma di che diavolo stava parlando? Solo in quel momento capii. Wilhelm le aveva nascosto quella clausola importantissima? A quale scopo?
-Invece c'è.- ribattei.
-No, non c'è.
-Ti dico che c'è.
-Stai mentendo, non c'è.
-Ti ripeto che c'è.
-Ti si allunga il naso se dici bugie, Pinocchio.- rispose canzonandomi, mentre parcheggiava sotto casa.
“Mi sta dando del bugiardo? Non potrei mai mentire su una questione simile, anche perché ci sono tantissime copie del patto.” pensai stizzito.
La guardai con occhi pieni di sfida e lei fece altrettanto. Uscii dalla macchina sbattendo la portiera un po' più forte del necessario e l'attesi davanti al portone di casa. Le avrei fatto vedere io chi era il bugiardo.
Arrivati al pianerottolo, la presi per un braccio e la feci entrare a forza nel mio appartamento. La condussi verso l'enorme libreria, nonostante le sue proteste.
-Che diavolo stai facendo? Lasciami.- disse decisa, con tono degno di una regina, ma la ignorai completamente.
Mi dava del bugiardo? Bene, le avrei dato le prove del contrario. Era ora che si svegliasse.
Presi la pergamena, la vera copia del patto, la srotolai sul tavolino basso, mi sedetti e iniziai a leggere velocissimamente in rumeno fino a trovare il punto interessato.
-Per salire al trono che spetta loro di diritto- iniziai a tradurre. -i due eredi dovranno unirsi in matrimonio, unendo entrambi i clan e...
Non mi dette tempo di finire che prese la pergamena con una mano e con l'altra la mia manica. Serena mi riportò sul pianerottolo, suonò il campanello col gomito e quando i suoi genitori vennero ad aprirci la porta, trascinò me e la pergamena in cucina.
-Cosa c'è scritto qui?- chiese ai suoi genitori in tono duro.
Era veramente infuriata, quel tipo di furia gelida che può esplodere da un momento all'altro. L'avevo vista moltissime volte negli occhi di mio padre e ormai sapevo riconoscerla alla perfezione.
-C'è scritto che per salire al trono che spetta loro di diritto, i due eredi dovranno unirsi in matrimonio...- tradusse Andrea.
Serena lo spostò e guardò la pergamena sbigottita, studiandola in ogni minimo dettaglio. Dal suo sguardo capii che non voleva crederci e capii anche che da quando era diventata principessa, non aveva fatto altro che cercare una scappatoia al nostro matrimonio, invano.
-Te l'avevo detto.- le dissi guardandola con occhi pieni di sfida. -Io e te dobbiamo sposarci, che ti piaccia o no.
-Non mi sposerò mai con te.- rispose venendomi vicina, con lo sguardo al vetriolo.
-Andrea, chiama Wilhelm. Sbrigati.- disse Paola, spaventata dalla situazione tesa che si era creata.
-E invece dovrai farlo, se non vuoi che scoppi una guerra di proporzioni bibliche.- ribattei stringendo i pugni.
Quella donna si stava comportando come una ragazzetta. Era nostro dovere sposarci e portare la pace fra i nostri clan. Non c'erano altre scelte.
-E' una minaccia? Stai dicendo che se non ti sposo attaccherai il mio regno?- domandò testarda.
-Sto dicendo che se non terrai fede al patto, entrambi i nostri clan continueranno a combattere come hanno fatto fino ad oggi.
-Non finché ci sono io a regnare.- ringhiò furibonda e quasi mi venne da riderle in faccia con cattiveria.
-A regnare? Sei a malapena una principessa. Anzi, per essere precisi sei solo un abbozzo di principessa. Non sai fare le cose più basilari, non sai nemmeno parlare le lingue dei tuoi genitori e hai la sfacciataggine di ritenerti una principessa? L'unica cosa che ti rende tale è che Astrid Von Ziegler e Marius Vidrean erano sovrani e senza di loro tu non saresti niente.
Non ero stato gentile, anzi ero stato perfido, ma dovevo metterla di fronte alla realtà. Lei era una principessa soltanto per via delle sue nobili origini e la sua unica possibilità di sopravvivenza nel nostro mondo, l'unico che sarebbe stato in grado di proteggerla dai nostri nemici, ero io. Io ero in grado di regnare, lei era già tanto se riusciva a tenere la sua camera in ordine.
Eravamo molto vicini e riuscivo a leggere nei suoi occhi tutta la furia che provava nei miei confronti, ma anche il dolore che le mie parole le avevano causato. Avevo cercato di dirle la verità in modo gentile e garbato, ma lei non aveva voluto sentirla e mi ero spazientito. Non ero stato per niente educato, lo ammetto, ma doveva svegliarsi e capire la gravità della situazione.
Serena aprì la bocca per rispondermi, ma la porta dell'appartamento si aprì ed entrò Wilhelm. Sapevo che nei dintorni c'era una cantina di sangue e, dato che avevo quasi dato fondo alle sue scorte, era stato costretto a venire in quella zona per procurarsene dell'altro.
-Che diavolo sta succedendo qui?- chiese guardandoci a occhi sbarrati, dato che eravamo quasi naso contro naso e non avevamo intenzioni amichevoli.
Serena rivolse la sua furia verso lo zio. Lo prese per il polso e lo trascinò davanti alla pergamena che le avevo mostrato poc'anzi.
-Allora? Spiegami tu che diavolo sta succedendo.- disse, anzi ordinò a suo zio in tono autoritario.
Questo osservò la pergamena con gli occhi fuori dalle orbite e lo vidi sbiancare. La cosa suscitò in me qualche sospetto ed ero curioso di vedere che cosa sarebbe venuto fuori dall'intera faccenda.
“Che diavolo hai in mente, Wilhelm Von Ziegler?” mi chiesi osservando la scena.
-Voglio che tu mi dica se questa è la vera copia della pergamena del patto o è quella che mi hai mostrato tu. Voglio la verità.- insistette Serena.
Wilhelm sospirò e si massaggiò le tempie, sedendosi su una delle sedie libere. Sembrava preoccupato, come se stesse per annunciare una terribile notizia.
-Non dovevi avere la certezza riguardo alla clausola fino a quando non avresti accettato il matrimonio.- spiegò Wilhelm. -È vero, questa è la pergamena giusta, quella che ho io è identica, ma non riporta la clausola.
-E perché avresti omesso una cosa così importante?- chiese Serena duramente.
-Perché sapevamo che non avresti accettato tutto questo.- intervenne Paola.
Vidi Serena sbarrare gli occhi e li posò in quelli della madre. Anche loro erano partecipi di quel folle piano? La risposta era nota a tutti.
-E' stata un'idea nostra e di Astrid e Marius.- iniziò a raccontare Paola. -Sapevamo che se fossi cresciuta con noi, probabilmente non avresti mai accettato l'idea di un matrimonio combinato e così...
-Avreste aspettato che accettassi la cosa o che mi innamorassi di lui e poi mi avreste detto che per diventare sovrana avrei dovuto sposarlo, è vero?- la interruppe Serena in un sussurro.
Era sconcertata, senza parole, esattamente come lo ero io. Avevano cercato di facilitarmi le cose in ogni modo possibile, ma senza successo. Serena era testarda come un mulo e quel giorno avevo capito che la sua indipendenza e la sua libertà erano le cose che le stavano più a cuore.
Serena osservò i genitori adottivi e lo zio come se avesse appena scoperto un tradimento. Vidi un'immensa delusione nei suoi occhi, ma questa durò poco, perché la furia divampò più di prima e la indirizzò verso di me.
-Tu lo sapevi? Sapevi di tutta questa faccenda?- mi chiese.
Ero pronto a risponderle a dovere. Non potevo permettere che mi mancasse di rispetto e mi trattasse come un traditore qualunque, ma prima che potessi anche solo pensare di aprire bocca, Paola si frappose fra me e Serena.
-Lui non c'entra niente.- intervenne Paola difendendomi e sorprendendomi. -In tutto questo c'entriamo solo noi.
-Mi avete esclusa e illusa. Mi avete tenuto all'oscuro di tutto!
-Non avevamo scelta. Avresti accettato di sposarlo se te l'avessimo detto?- chiese Wilhelm alla nipote.
Nell'aria aleggiava una risposta luminosa come il sole estivo dell'Italia, che mi bruciò e mi fece sentire malissimo: no. Non mi avrebbe mai sposato, nemmeno se mi fossi posto a lei come l'uomo più galante, rispettoso e devoto.
Senza emettere un singolo fiato, Serena prese la propria borsa e uscì di casa sbattendo la porta. Un simile comportamento mi lasciò sbigottito, perché se avessi anche solo pensato di farlo con mio padre, avrei ricevuto una delle sue punizioni più dure.
Paola sospirò e si accasciò su una delle sedie libere, massaggiandosi la radice del naso stancamente. Andrea prese una bottiglia di vino rosso e quattro bicchieri, per poi porgercene uno a testa. Bevvi il mio in modo automatico, ma quella strana sensazione di malessere non accennava a passare, anzi rischiava di farmi rigettare il vino appena bevuto.
-Ci dispiace, Stefan. Non doveva accadere davanti a te.- si scusò Wilhelm stancamente, mandando giù l'intero bicchiere in un solo sorso.
-Non è colpa vostra. Avete cercato di far rispettare il patto, non c'è nulla di cui rimproverarvi.- cercai di rincuorarli, ma ci riuscii ben poco.
Erano tutti terribilmente in pensiero per Serena e si sentivano tutti in colpa. Un po' potevo capire perché lei fosse così infuriata, ma comportarsi in modo irrispettoso davanti ai propri genitori e al proprio zio mi parve eccessivo. Se non l'avessero punita, almeno mi aspettavo che avrebbe ricevuto una bella lavata di capo con i fiocchi.
-Serena...- iniziò Andrea con voce pensierosa. -...è fatta così. Non prendertela, Wilhelm. Presto tornerà a casa, dopo aver riflettuto a lungo sulla questione, e ci darà una risposta matura e obiettiva.
-Temo possa abdicare.- rispose Wilhelm lasciandomi di stucco. -Sa che se abdicasse in mio favore, tutti i clan, Lovinescu compresi, sarebbero costretti ad accettarmi come legittimo sovrano, ma ci sarebbe il malcontento per non essere riusciti neanche stavolta a rispettare il patto. Temo che se deciderà di intraprendere questa strada, non ci vorrà molto prima che scoppi una guerra civile.
Fui totalmente d'accordo con Wilhelm. Io non avrei fatto tante storie se Serena avesse abdicato in favore dello zio, ma sicuramente mio padre, mio zio e gli altri miei parenti sì. Non ce la facevano più ad aspettare e volevano vedere me e la principessa sposati il prima possibile.
Se nella mia famiglia era così, sicuramente la situazione era la medesima anche nella famiglia Vidrean. Se Serena avesse scelto di seguire quella strada, non ne sarebbe uscito niente di buono. Il destino dei nostri clan e delle nostre famiglie era nelle mani di una donna che non ne voleva sapere niente di assolvere i suoi doveri.
-E' tutta colpa mia.- asserì Wilhelm. -Avrei dovuto dirglielo fin dall'inizio.
-Non stare a ripensare ai “se” e ai “ma”.- dissi duramente, un po' troppo. -In una giornata ho capito molto Serena e sono sicuro al cento per cento che se gliel'avessi detto fin dall'inizio, avrebbe abdicato immediatamente. La situazione non sarebbe diversa, ma forse essendosi avvicinata alle proprie origini, ci penserà due volte prima di compiere questa scelta.
Wilhelm mi guardò grato, ma non era mia intenzione consolarlo. Quella era la cruda e nuda realtà e doveva saperlo meglio di me, dato che aveva passato molto più tempo in compagnia di Serena.
-E ora che facciamo?- domandai a Paola e Andrea.
-Adesso aspettiamo.- rispose Andrea, prendendo una pentola e iniziando a preparare la cena.

Paola si stava crogiolando nella preoccupazione. Non la smetteva di guardare il cellulare con una frequenza maniacale e Wilhelm era più o meno allo stesso livello. Andrea stava riversando le sue preoccupazioni nella preparazione della cena e io, dato che non c'era nient'altro da fare che aspettare, decisi di controllare la posta elettronica per vedere se Dimitri mi avesse risposto.

“Mio buon Stefan,
sul serio hai appena scritto “missiva”? È una parola ormai caduta in disuso e nelle e-mail non le usa più nessuno. Quanto sei formale!
Sono contento che ti trovi a tuo agio nel tuo appartamento da scapolo e che ti godi la libertà che non hai mai assaporato. Bella, non è vero? Speravo che avresti provato l'ebrezza della libertà prima che i tuoi doveri di sovrano ti chiamassero, e alla fine ci sono riuscito. Non ringraziarmi, anche se mi sei già abbastanza debitore :D
Ora mi incuriosisci davvero. Se mi dici che la principessa è così diversa da tutte le altre donne, non potrà farti altro che bene passare del tempo in sua compagnia. Hai bisogno di qualcuno che ti tenga testa, mio caro Stefan, altrimenti sarai troppo sicuro di te stesso e sai cosa succede ai vampiri che lo sono? Ti do un paio di suggerimenti: paletto e cuore. Sei abbastanza perspicace da trovare la risposta da solo :)
Riguardo al tuo dilemma sull'amore, posso solo ripeterti ciò che ti dissi tempo fa: l'amore è una cosa potente, una sorta di magia che ti cambia. Cambia le tue convinzioni e il tuo modo di agire. Per la donna che ho amato, mi sono completamente trasformato e quando l'ho perduta, sono nuovamente mutato. L'amore è un'emozione che cambia, ma in meglio. Il potere invece può farlo in peggio, se non si è abbastanza saggi e se non si è capaci a maneggiarlo.
Riguardo alle riunioni, ho scoperto che tuo zio Lucian in realtà non è tuo zio. Ti sei mai chiesto perché abbia superato i duecento anni, ma non sia stato lui a salire sul trono? Ora ti spiego: sua madre, Adelina Lovinescu, ebbe una scappatella con una delle guardie (indovina un po'? Discendente alla lontana dei Vidrean) e diede alla luce Lucian, questo prima del matrimonio con Florian. Da questo matrimonio nacque la tua trisnonna Reveka e la discendenza continuò fino ad arrivare a tuo padre. Ionut ha sempre avuto a cuore Lucian non perché abbia mai provato affetto nei suoi confronti, ma perché è abbastanza vecchio da avere una certa esperienza sul mondo dei vampiri. Così dovrebbe essere, ma sappiamo entrambi che non sarebbe neanche capace di fare una “O” con un bicchiere, quindi l'ipotesi che mi rimane è solo una: a Ionut serve qualcuno abbastanza rancoroso nei confronti dei Vidrean da fare tutto il possibile per rendere i Lovinescu ancora più grandi. È colpa della goccia di sangue Vidrean che lo macchia ad avergli impedito di salire al trono, dato che non è un Lovinescu purosangue, eppure lui stesso è l'unificazione vivente dei due clan! Ironica la vita, vero? x'D
Non sono in molti a sapere questa succulenta notizia, al momento siamo in quattro se consideriamo tuo padre e tuo zio stesso, quindi quest'informazione potrebbe tornarti molto utile più avanti ;)
Altre voci non mi sono ancora giunte, per ora, ma porterò avanti la missione che mi hai affidato e ti informerò costantemente tutti i giorni.
Spero che mi risponderai al più presto, anche perché sono curioso di sapere quali modi fantasiosi userà la principessa per rifiutarti (perché sono convinto che lo farà).
Il tuo fedele amico e personale spia,
Dimitri.”


Dovetti rileggere quella mail almeno un paio di volte per riuscire a metabolizzare le informazioni che Dimitri aveva scoperto in appena un giorno. Io avevo vissuto come l'ombra di mio padre e non ero mai venuto a conoscenza di quell'informazione! Se la memoria non m'ingannava, e non lo faceva mai, Lucian era il cugino di quarto grado di mio padre. Ecco perché si assomigliavano ben poco ed ecco perché nessuno poteva smentire il fatto che loro due fossero fratelli: erano tutti adagiati sotto tre metri di terra.
Mio zio Lucian, o meglio mio cugino, era uno dei vampiri più longevi esistenti e ciò gli conferiva non poche informazioni e vantaggi rispetto a vampiri appena ottantenni. Mio padre l'aveva voluto accanto a sé, quando era diventato re, soltanto perché era sicuro che avrebbe fatto di tutto per vendicarsi con la famiglia Vidrean, per averlo macchiato in quel modo col loro sangue.
Mi ritrovai a sorridere per quella miriade di informazioni appena ricevuta e mi affrettai a scrivere una risposta.

“Buon Dimitri,
voglio informarti che la parola “missiva” è ancora presente nel vocabolario e, anche se fosse caduta in disuso, qualcuno potrebbe anche definirla
vintage.
Non riesco a credere che in nemmeno ventiquattro ore tu sia riuscito a scoprire un'informazione così succosa. Mi hai nascosto le tue capacità di detective di proposito o non ne eri a conoscenza nemmeno tu?
Se hai scoperto ciò, non oso immaginare cosa potresti scoprire in mesi. Tireresti fuori tutti gli scheletri negli armadi della famiglia Lovinescu al completo, compresi i miei. Per favore non indagare su di me, tutto ciò che ti è necessario sapere sul mio conto lo sai già, perciò ti suggerisco (non te lo ordino, perché sono sicuro che seguirai il suggerimento) di non indagare oltre.
Poc'anzi è successa una cosa che mi ha lasciato interdetto e stupido. Serena ha scoperto che per diventare regina, è obbligata a convolare a nozze con me. Dopodiché è diventata furiosa con tutti, compresi i suoi genitori e suo zio, e, dopo la scenata d'isteria, se n'è andata lasciandoci tutti a bocca aperta. I genitori e lo zio? Non hanno mosso un dito, anzi erano preoccupati e
sono tutt'ora preoccupati! Se ci avessi provato io, mio padre mi avrebbe fustigato con la sua cinghia per ore e mi sarei risvegliato in infermeria dolorante e sanguinante.
Ho un'altra richiesta da porgerti, mio carissimo alleato e amico: potresti parlarmi un po' più di te stesso? Tu mi conosci come le tue tasche ormai, ma io so ben poco della tua vita e mi piacerebbe avere più informazioni a riguardo. Raccontami della tua famiglia, del rapporto con tuo padre e (perché no?) della donna che hai amato.
Ho molto su cui riflettere questa notte e penso che aspetterò un'altra delle tue sarcastiche risposte.
Il tuo confuso e insonne,
Stefan.
PS: che cosa rappresenta quella punteggiatura messa a caso a fine di molte frasi? Non hanno il minimo senso!
PPS: dovevi vederla, Dimitri. Avevo davanti ai miei occhi una regina furiosa e isterica.”


Consumato il gustosissimo pasto che ci aveva preparato Andrea, ancora non avevamo ricevuto notizie dalla nostra principessa. Andrea, Paola e Wilhelm erano in preda all'ansia e non sapevano che altro fare se non guardare maniacalmente i propri cellulari.
Non ce la facevo più a sopportare tutta quella situazione. Possibile che fosse così stupida da non vedere con chiarezza, esattamente come lo vedevo io, quanto l'amassero quelle persone che mi sedevano di fronte?! Possibile che per lei fosse così scontato?
Più ci pensavo e più la rabbia aumentava e mi rendeva nervoso, talmente nervoso che sarei andato a prenderla io stesso per la collottola e l'avrei riportata davanti ai suoi genitori, infischiandomene altamente dell'etichetta, della galanteria e di tutto il resto. Se solo avessi saputo dove si trovava in quel momento.
-Oh, basta!- sbottai alzandomi in piedi e attirando l'attenzione di tutti. -Chiamatela e levatevi il pensiero.
Presi il cellulare di Wilhelm e lo porsi malamente ad Andrea.
-Stefan, noi vogliamo lasciare che pensi e...
-Andrea.- lo interruppi duramente. -Un messaggio per dire “Sto bene, sono da Vattelapesca.” è pretendere troppo? Se la montagna non va da Maometto, allora è Maometto ad andare alla montagna. Forza, chiamala.
Andrea era combattuto tra l'eseguire l'ordine di un principe e rispettare lo spazio della propria figlia. La preoccupazione ebbe la meglio e provò a chiamarla, ma non rispose. L'ansia crebbe nei suoi occhi, ma sapevo perfettamente cosa stesse facendo Serena: evitava di rispondere.
Voleva far pena? Voleva suscitare sentimenti di pentimento e dispiacere? Oh, povera piccola principessa da quattro soldi. Poteva suscitare tutti quei sentimenti nei propri genitori e nello zio, ma non in me.
-La chiamo io. Non ha il mio numero, quindi potrebbe anche rispondere.- dissi lapidario.
Qualche squillo dopo, una voce squillante e a me ben nota rispose al posto di Serena.
-Pronto?
-Erica? Sono Stefan.- dissi duramente.
-Oh... ciao Stefan.
Sentii qualche borbottio senza senso e supposi fosse Serena. Mi ritrovai ad alzare gli occhi al cielo e a sbuffare sonoramente.
“Ma che bambina!”
-Dato che hai risposto al suo telefono, immagino che Serena sia lì con te. Passamela.- dissi in tono autoritario.
-Serena? Senti, per la mia e per la tua incolumità, ti consiglio di lasciarla in pace per stasera.- rispose con calma.
Non stava disubbidendo agli ordini, ma forse credeva che se avessi provato a parlarci avrei solo peggiorato le cose. Erica mi sembrava una donna ragionevole e avrebbe fatto ritornare a Serena un po' di sale in zucca.
-Perché? Cosa potrebbe fare?- domandai incuriosito.
-Credimi, si sta abbuffando di mashmallow e sta inventando insulti molto coloriti solo per te. Farebbe impallidire un camionista.
“A questo posso crederci senz'altro!” pensai maligno e disgustato.
-Non è colpa mia se dei vampiri, che oggi sono polvere, hanno firmato questo patto e io e lei siamo nati di sesso opposto. Comunque dille che sono lusingato e apprezzo lo sforzo per inveire contro di me.
-Le dirò che sei lusingato e che apprezzi il suo sforzo per inveire contro di te.- ripeté e poco dopo la sentii scoppiare a ridere.
-Grazie per aver risposto, Erica. Cerca di far rinsavire Serena, anche perché suo zio e i suoi genitori sono terribilmente preoccupati. Prenditi cura di lei e augurale una dolce notte e sogni d'oro da parte mia. Buonanotte, Erica.
-Buonanotte anche a te.- rispose prima di riattaccare.
Bevvi un altro bicchiere di vino e spiegai brevemente che Serena si trovava da Erica e che era illesa. Ciò sembrò allentare di molto la pressione, infatti li vidi tirare un sospiro di sollievo in contemporanea.
-Grazie mille, Stefan. Senza di te non so...- iniziò Paola, ma la interruppi con un cenno della mano.
-Sono io a doverti ringraziare. Tu e tuo marito mi avete dimostrato ospitalità, gentilezza e mi avete difeso dalla furia di vostra figlia, quindi non dovete ringraziarmi.- risposi scrollando le spalle.
Tutti e tre mi guardavano con espressioni stranissime. Forse non si aspettavano che un Lovinescu sanguinario potesse ringraziare per l'ospitalità. Wilhelm mi osservò attentamente, anche quando Paola mi abbracciò dolcemente e mi sistemò un ciuffo dei miei capelli corvini dietro l'orecchio, come farebbe una madre.
-Se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, la nostra porta è sempre aperta.- affermò sorridendomi.
-Oh... ehm... grazie.- risposi spiazzato e anche un po' imbarazzato. -Credo che sia giunto il momento che vi lasci riposare. Buonanotte.
Tornai nel mio appartamento e mi sentivo ancora strano per quei semplici gesti d'affetto che mi aveva riservato Paola. Era una sensazione strana, della quale credevo di aver perduto memoria, ma che mi scaldò un po' il cuore.
Riguardo a Serena, invece, ero irritato come non lo ero mai stato in vita mia. Ero stato infuriato, ferito, umiliato, dispiaciuto, ma mai così irritato come lo ero in quel momento. Avrei voluto farle io stesso una colossale lavata di capo e l'avrei fatto. Il giorno seguente sarei andato all'università e le avrei fatto una di quelle ramanzine che avrebbe ricordato per il resto della sua vita.

Angolo autrice.
Buonasera a tutti! Eccoci a un altro capitolo di questa storia e ora avete scoperto il passato dello "zio" Lucian, ma questo è solo uno dei numerosi segreti di cui verrete a conoscenza u.u
Vi ringrazio per essere arrivati fin qui, per aver inserito la storia tra le recensite/preferite e per tutti i commenti che mi lasciate. Grazie mille davvero :3
Vi mando un bacione enorme e vi aspetto al prossimo capitolo!
Arsax <3

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8


Mi alzai di buon'ora, mi feci la barba e andai a far visita ai genitori di Serena. Volevo essere sicuro che non fosse tornata durante la notte, anche se avevo ben poche speranze, e Paola mi invitò a fare colazione con loro.
Paola preparò la mia colazione con cura e premura, chiedendomi miliardi di volte cosa mi piacesse e cosa no e rimasi nuovamente sorpreso da quelle attenzioni così materne.
Mangiammo in silenzio. Paola e Andrea non avevano molto da dire perché erano ancora preoccupati per la figlia. Vederli in quello stato mi provocò una fitta d'invidia nei confronti di Serena e un'altra valanga di irritazione.
Mio padre non mi aveva ancora chiesto se fossi arrivato a Torino e se tutto fosse andato bene. Non si era preoccupato minimamente per me e mai l'avrebbe fatto. L'unica cosa che avrebbe potuto portare un po' di turbamento, era il pensiero che fallissi nella missione che mi aveva assegnato.
Terminata la colazione, ringraziai Paola e Andrea e fui costretto a prendere un taxi per recarmi in facoltà. Chissà chi diamine avevano ospitato quei sedili rivoltanti e il tassista non la smetteva di guardarmi di sottecchi più volte dopo aver sentito che il mio accento era rumeno. Guardava i miei abiti, il mio modo di fare e la mia pelle candida. Non mi sarei sorpreso se mi avesse scambiato per rom invece che per rumeno. I rom sono originari dell'India e dell'Egitto, i rumeni della Romania!
Arrivati all'università, lanciai qualche banconota sul sedile anteriore, lasciandogli una lauta mancia, e mi avviai verso l'aula. Aprii la porta e mi guardai intorno alla ricerca di Serena, ma non c'era nemmeno l'ombra di lei. Pazienza, l'avrei aspettata.
Mi sedetti verso metà aula e la lezione iniziò. Continuai a guardarmi intorno alla ricerca di Serena e quando sentii la porta aprirsi a metà della lezione, capii immediatamente che era lei. Ormai conoscevo bene l'incedere dei suoi passi e il suo profumo invitante aveva solleticato il mio olfatto sviluppato, facendomi uscire i canini fuori dalle gengive. Fui obbligato a coprirmi la bocca con una mano, perché non volevo spaventare i miei compagni di corso umani e mi sforzai di farli rientrare nelle gengive, prima di alzarmi e raggiungerla.
Serena era intenta a scrivere qualcosa su un quaderno, ma non sembravano affatto appunti. Non si accorse nemmeno che mi ero seduto accanto a lei.
-Hai fatto preoccupare i tuoi genitori.- dissi duramente.
La vidi trasalire leggermente dalla sorpresa. Mi guardò di sottecchi, ma non rispose, continuando a scrivere su quel quaderno come se fosse in ballo la sua vita.
Sbirciai per vedere cosa le premeva scrivere con così tanta urgenza e vidi che sopra a ogni paragrafo, era segnata una data.

Il vento gelido mi sferza la faccia e nonostante abbia un caldo mantello, il freddo penetra in ogni fessura, in ogni intreccio dei fili che compongono quel mantello pesante. La tempesta di neve non cede e io arranco con la neve alta fino alle ginocchia.
Vedo la figura di un ragazzo, un giovane uomo che mi dà le spalle, alto circa due metri. Mi avvicino di più e lui, sentendomi arrivare, si gira verso di me. E' un bellissimo giovane uomo di vent'anni circa, anno più anno meno. Ha capelli...”

Non riuscii a leggere altro perché Serena chiuse di scatto il quaderno e riprese a ignorarmi.
-Non dovevi scappare, non è degno di una principessa.- aggiunsi.
-La pianti? Una principessa non deve fare questo, non deve fare quello. Mi stai abbastanza rompendo le scatole.- rispose stizzita.
-Allora da figlia hai fatto male ad andartene così. Sono stati in pensiero fino a quando Erica non ha risposto al tuo cellulare.
Raccolse velocemente le sue cose e mi fece cenno di seguirla. Mi condusse verso una panchina piuttosto isolata del campus e mi ci sedetti sopra. Ero curioso di sapere che cosa aveva di così urgente da dirmi. Voleva litigare e spiegarmi le ragioni per essersi comportata così da immatura? Bene, ero tutto orecchi.
-Va bene, ho sbagliato. Ho sbagliato a comportarmi così, ma avevo bisogno di riflettere e di stare tranquilla.- affermò, iniziando a passeggiare avanti e indietro nervosa. -Cinque mesi fa ero una ragazza normale, con una relazione con un ragazzo normale e poi boom! Tutto è cambiato in un paio di giorni. Sto imparando ad essere una sovrana degna dei miei sudditi, sto imparando l'etichetta, la politica e tutte quelle cose lì. Sto cercando di abituarmi all'idea di questo peso sulle spalle che mi hanno messo da un giorno all'altro, e che ho accettato di sostenere, e sto cercando di fare le scelte giuste per governare il mio regno.
Dovetti trattenermi dal riderle in faccia. Non si era affatto comportata da principessa, ma qualcosa nel suo sguardo mi bloccò. Sembrava spaventata, ma non da me. Sembrava spaventata da tutta quella faccenda e tutte le mie buone intenzioni sul farle una ramanzina epica, svanirono all'improvviso.
-Tu sei stato cresciuto per regnare, guidare un esercito e a fare i tuoi doveri, per quanto possano essere discordanti con le tue idee.- continuò. -Io sono cresciuta con l'idea di non dover dipendere da nessuno, in tutti i sensi, e di vivere una vita tranquilla in un mondo molto meno pericoloso e sanguinario rispetto a quello dei vampiri. Per quanto ti possa sembrare strano, io ci sto provando. Ci sto provando con tutte le mie forze.
Si sedette sulla panchina accanto a me e si prese la testa fra le mani, nel tentativo di tranquillizzarsi.
-La cosa che mi ha fatto infuriare- proseguì. -è stato sapere che i miei genitori e mio zio mi abbiano esclusa perché pensavano che non fossi pronta ad accettare questo peso. Hanno ragione, non sto dicendo che non ce l'abbiano, però mi hanno volutamente esclusa.
Era terribilmente spaventata, anche se non l'avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura. Tutta quella faccenda la terrorizzava e sicuramente la fama che la mia famiglia si era guadagnata non l'aiutava di certo. Tutte le voci che aveva sentito sul nostro conto, non l'aiutavano a fidarsi di me. Ciò che la terrorizzava di più però, era non riuscire a comportarsi come un sovrano. In quel caso avevamo entrambi la medesima paura.
Anche io volevo essere un sovrano giusto e sapevo meglio di lei quanto fosse difficile.
-Essere un principe non è facile, te lo dico per esperienza personale- iniziai a spiegare con calma. -ma essere sovrani lo è ancora di più. Rispettare il patto è una scelta da sovrani. La domanda che però mi sorge spontanea è solo una.- mi avvicinai a lei e la guardai intensamente nei suoi meravigliosi occhi; volevo che avesse fiducia in me. -Sarebbe così terribile se diventassi mia moglie?
In quella frase avevo messo tutto il rispetto e l'affetto che provavo nei suoi confronti. Volevo che capisse che avrei fatto di tutto per proteggerla, anche se continuavo a ritenere l'amore un'emozione per deboli.
Serena sospirò e distolse lo sguardo, per posarlo in un punto di fronte a sé.
-Io sono cresciuta con un'idea romantica del matrimonio. È da quando ci siamo conosciute che io ed Erica progettiamo il giorno del nostro matrimonio con un uomo che ci ami alla follia.- spiegò.
-L'amore è per i deboli.- risposi in modo automatico, quasi risentendo la voce di mio padre che me lo ripeteva.
-Perché?- chiese sorpresa.
-Perché rende le persone irrazionali e soggette a scelte sbagliate. Le rende anche molto manipolabili, il che non è un bene per un sovrano.- spiegai e mi ritrovai a pensare a me stesso.
In quel momento stavo annientando le mie convinzioni più ferree per lei. Come aveva detto Dimitri, stavo cambiando, ma non ero sicuro se in meglio e la cosa non mi piaceva affatto.
-L'amore è affidarsi completamente ad una persona, riporre in lei la fiducia più totale, solo che alcune volte lo si fa con la persona sbagliata. È un rischio, ma ne vale la pena. Non è forse questo il significato del morso fra i vampiri? Riporre la propria vita nelle mani del partner perché ci si fida?- rispose con decisione.
-E Mirko? Non ti ha insegnato niente?- chiesi provando una fitta di gelosia per tutto il tempo e le esperienze che quell'essere aveva condiviso con lei.
-Il mondo è pieno di tanti Mirko, bisogna cercare di imparare dai propri sbagli. Io penso che una persona che ha paura di affidarsi ad un'altra sia debole. Fidarsi di nessuno è facile, affidarsi ad una persona che ritieni importante è difficile, ci vuole molto coraggio e poi non è vero che l'amore rende le persone manipolabili, semmai molto imprevedibili. Se un giorno la persona che amo si trovasse in pericolo, farei di tutto per salvarla, anche l'impossibile.
Quel discorso mi fece rivalutare completamente la mia visione su quel sentimento complicato e meraviglioso. Un conto era sentire le opinioni di Dimitri e di mio padre, un altro era sentire l'opinione di Serena, che in quel campo ne sapeva più di me e che, nonostante ne fosse uscita scottata, era nuovamente pronta a lasciarsi avvolgere da quell'emozione.
L'amore era per i forti, per i coraggiosi e mi sentii più leggero e quieto.
-Ci sposeremo.- annunciò Serena e ciò mi spiazzò.
-Cosa?- chiesi sorpreso.
-Ci sposeremo, ma prima che tu dia la notizia a tutti, lo faremo solo ad una condizione.
-Che sarebbe?- domandai pensando al peggio.
-Ci sposeremo solo quando mi spunteranno i canini, altrimenti non avrebbe alcun senso.
-D'accordo.- risposi.
Aveva annunciato il nostro matrimonio con rassegnazione e una lieve fitta di dolore mi percorse da capo a piedi. Sembrava che stesse andando al patibolo invece che a un evento gioioso come un matrimonio.
Feci una promessa a me stesso: avrei provato a farla innamorare di me e a conquistarmi la sua fiducia finché i suoi canini non si fossero sviluppati. Avrei fatto di tutto per convincerla che non le avrei fatto alcun male e che ero seriamente innamorato di lei.
Restammo seduti su quella panchina tutta la mattinata e mi concessi di osservare attentamente Serena, che era troppo occupata a mettere in ordine i propri pensieri per accorgersi di me. Sarei rimasto a contemplarla per ore e così feci, fino a quando all'una non si alzò dalla panchina e si diresse alla macchina con automatismo.
Arrivammo a casa e sul pianerottolo borbottò un “ciao” piatto e senza emozione e richiuse la porta dell'appartamento prima che potessi dirle qualsiasi cosa. Guardai la porta del suo appartamento e sospirai stancamente, pensando all'ardua impresa che mi si presentava davanti. Non sarebbe stato facile guadagnarmi la sua fiducia.

“Stefan,
se mi chiedi di aprirmi con te, non credi che dovresti fare altrettanto con me? Purtroppo prima di leggere la tua risposta, ho avuto modo di indagare e sono venuto a conoscenza di molti tuoi lati che non credevo esistessero, ma prima di portarli in discussione, aspetterò che sia tu ad elencarmeli.
La donna che amavo era meravigliosa. La creatura più bella che abbia mai calcato quest'arida terra. Delia era il suo nome e morì per una delle numerose orde inferocite di umani. Non sei l'unico ad aver perso una donna importante per la faida tra Vidrean e Lovinescu e comprendo perfettamente il tuo dolore.
Avevamo intenzione di sposarci, vent'anni fa, ma si trovò nel posto sbagliato al momento sbagliato e di lei non restò altro che cenere. Non sono furioso con gli umani, ma non sarà facile per me perdonare i Vidrean e i Lovinescu per queste continue lotte, eccetto te e la principessa ovviamente.
La mia infanzia invece è stata normalissima. Madre amorevole, padre severo che ha cercato di far divampare in me l'amore per l'arte della guerra e del comando. Mio padre non era severo come il tuo, anzi cercava di spronarmi a fare sempre di più ed è solo grazie a lui se io sono qui, a scriverti questa
missiva x'D
Per dirigerci verso il discorso “principessa” invece, ti dico solo che non tutti i parenti sono come tuo padre. I genitori adottivi di Serena le hanno lasciato il tempo di pensare, perché si fidano del suo giudizio e sanno che prenderà la scelta più giusta e, soprattutto, le hanno lasciato la
libertà di scegliere, cosa che non si dovrebbe mai negare a nessuno, nemmeno a un principe.
Goditi la tua libertà, Stefan, e sappi che sono a tua disposizione non perché sono un tuo sottoposto, ma perché ti considero mio amico.
Il tuo amico,
Dimitri.
PS: quella “punteggiatura messa a caso”, come la definisci tu, si chiama “emoticon” e serve per indicare uno stato emotivo. Gira la testa di lato e vedrai che sembreranno faccine. E io che pensavo di essere vecchio!”


Mi ritrovai a sorridere per quelle innocue battute, ma rimasi ghiacciato allo scoprire che Dimitri era venuto a conoscenza di molte cose sul mio conto. Provai a consolarmi pensando che in una sola giornata non poteva aver scoperto più di tanto. Voleva che mi aprissi con lui come fanno gli amici, ma sarebbe stata un'ardua impresa. Non mi aprivo mai con nessuno, ma forse era giunta l'ora di farlo.
Mi affrettai a rispondere a Dimitri, in particolare per chiedergli informazioni riguardo a mio padre.

“Caro Dimitri,
sarà molto difficile per me aprirmi con te. Non sono una persona alla quale piace mostrare le proprie emozioni agli altri, ma credo che dopo tutto questo tempo, io possa fare un'eccezione. Dimmi tutto ciò che hai scoperto e vedrò se posso risponderti in modo sincero o meno, ma starà a te cercare di capire se sto mentendo.
Ora comprendo meglio l'amore. Ho avuto un'altra opinione da un'altra persona, per la precisione della principessa Serena. Ormai sanno tutti che ha avuto una relazione con un certo Mirko Almazi e ho visto che è pronta a farsi avvolgere completamente dall'amore, nonostante ne sia uscita ferita. Mi ha fatto capire che ci vuole coraggio per amare qualcuno e, ripetendo quasi le parole che mi dicesti tu, che l'amore dona una forza infinita.
Riguardo al patto, farò di tutto per portarlo a compimento. Non voglio che altre tragedie come quelle che hanno colpito la tua Delia e mia madre si ripetano. Non posso permettere che altre persone soffrano a causa della faida che c'è tra le nostre famiglie. Questa missione che mi sono prefissato, verrà compiuta in tempo da definirsi, perché Serena mi ha detto che ci sposeremo quando le si svilupperanno i canini, dei quali è ancora sprovvista.
Ora capisco meglio il pensiero dei genitori e dello zio di Serena. Come sempre, il tuo bagaglio di esperienza è superiore al mio e vorrei chiederti un paio di favori: il primo è se puoi dispensarmi qualche consiglio per sedurre Serena, il secondo è che mi dia notizie di mio padre. Ancora non si è chiesto di me? Gli importa così poco di ciò che mi succede?
Ti ringrazio per la disponibilità, nonostante tu sia in vacanza. Aspetto con ansia la tua risposta.
Tuo Stefan.
PS: “emoticon”? Ma stiamo scherzando?”



Passarono un paio di settimane e Serena cambiò completamente registro. Si impegnò più che mai nelle lezioni con suo zio e con i suoi genitori, infatti tornava a casa sempre molto tardi.
Seguii il consiglio che mi aveva dato Dimitri in risposta alla mia e-mail, ovvero che dovevo iniziare per gradi. Il primo passo era diventare suo amico, il secondo sedurla. Non ero mai stato bravo a farmi degli amici, anche perché non ne avevo, ma Serena sembrava apprezzare positivamente i miei sforzi per provarci.
Una sera mi presentò a tutti i suoi amici e, strano ma vero, mi accolsero a braccia aperte come se fossi un amico di vecchia data, ignorando completamente le mie nobili origini, anche se nei loro occhi lessi un po' di timore per tutta la serata. Quando vidi che uno dei suoi amici, Lorenzo Galvani, un altro vampiro proveniente da una famiglia molto vicina a quella dei Von Ziegler, che stava con una mezzosangue, per poco non rigettai tutta la gustosa cena che mi avevano preparato Paola e Andrea.
Li osservai schifato per tutta la sera mentre si scambiavano teneri baci e dolci carezze, ma dovetti abituarmi a quella vista molto presto, dato che Serena mi obbligò a uscire con lei e i suoi amici molto spesso.
L'unica che mi andava veramente a genio di quel gruppo di amici, era Erica Berti. Non aveva paura di prendermi in giro, di stuzzicarmi e di provare in ogni modo a far interessare Serena a me.
Una sera eravamo in un pub arredato in stile irlandese e avevo finalmente convinto Serena a farsi offrire almeno una birra. Ero andato alla cassa per pagare ed Erica mi aveva seguito con nonchalance.
-Sono qui per portare il vassoio con le bevande. Non credo che un principe sia in grado di farlo senza rovesciare tutto a terra.- mi punzecchiò amichevolmente.
-Be', immagino che per una barista sia tutto normale.- risposi ridacchiando.
-Anche se sei un principe, mi permetto di darti un consiglio.- esordì sicura e io la guardai con un sopracciglio alzato.
-Sentiamo. Sono curioso.
-Se vuoi stabilire un rapporto con Serena, devi evitare di litigarci.
-Grazie, non ci sarei mai arrivato.- risposi sarcastico ed Erica sbuffò.
-Intendo dire che devi scendere a compromessi, se vuoi avere un rapporto più intimo con lei. In amore certe volte si scende a compromessi e, se sei veramente convinto di ciò che affermi, devi portare delle prove inattaccabili o Serena te le smonterà in ogni modo possibile.- spiegò.
Che cosa voleva significare quella frase? Aveva capito che...
-Non guardarmi così, Stefan. Vedo come guardi la mia migliore amica e, prima che ti agiti, a parte me non lo sa nessuno. Nonostante sia la mia migliore amica, io sono anche un suddito e voglio che ci sia la pace, infatti io e le altre stiamo cercando di convincerla su quanto tu sia fantastico.
Sbattei un paio di volte le palpebre confuso, mentre quella ragazza mi guardava con occhi colmi di furbizia. Nessuno si accorto dei sentimenti che provavo per Serena, a parte mio padre e Dimitri, come diavolo aveva fatto a capirlo anche lei?
-Cosa?- domandai confuso.
-E' impossibile non innamorarsi di Serena, non è vero? Ti fa diventare pazzo e fa uscire lati di te stesso che non credevi avere.- rispose guardando la sua amica seduta al tavolo e io feci lo stesso.
Da quando ero arrivato in città, avevo notato che aveva preso la briga di vestirsi un po' meglio, indossando abiti che accentuavano la sua femminilità, ma che ricordavano molto il suo stile.
-E' vero. Non credevo che mi sarei mai comportato così.- affermai girandomi verso la cassa e pagando.
-Altre dritte per te: odia il colore rosa e se riesci a sorprenderla, sei già a metà strada. Ah, adora il tuo culo anche se non lo ammetterà mai.
Sbarrai nuovamente gli occhi a quell'informazione. Ero abituato a sorprendere le donne a osservarmi e avevano sempre fatto lodi al mio corpo, ma mai... al mio deretano.
-In effetti hai un gran bel culo.- continuò Erica come se stesse parlando del tempo.
-Dovrei sedurre Serena sfoggiando le mie terga?- domandai a sopracciglia alzate e lei scoppiò a ridere di gusto.
-No, non sto dicendo questo e non fare finta di non sapere che le donne ti guardano. So tutto su di te e delle tue avventure, anche se non lo dirò mai a Serena. Il punto è che Serena ti guarda attentamente, e non solo il tuo didietro. Dice che hai degli occhi fantastici e so che l'accostamento occhi chiari e capelli scuri è sempre stato il suo sogno proibito. Hai buone possibilità di conquistarla, ma sta a te lavorarci. Sappi che hai un'alleata qui.- spiegò facendomi l'occhiolino.
Mi ritrovai a sorridere per il suo modo di fare schietto e deciso, come se fosse sicura di ogni scelta e decisione. Mi piaceva, era una brava donna, ma non mi sarei mai dimenticato che prima di tutto veniva la sua migliore amica e la sua sovrana, in particolare per il lavoro che lei e la sua famiglia svolgevano.
-Non hai paura che la tua amica finisca tra le braccia di un Lovinescu assetato di sangue?- la punzecchiai.
-Sei diverso dal resto della tua famiglia e penso che sia dovuto a tua madre. Nonostante sia rimasta poco tempo con te, penso che abbia fatto un ottimo lavoro. So che difenderai la mia principessa da tutto e da tutti.- rispose posandomi amichevolmente una mano sulla spalla e rimasi stupido da quella risposta.
Era molto più abile di me a leggere le persone e non riuscivo a capire come diavolo avesse fatto a scoprire su di me tutte quelle informazioni, anche se un'idea me l'ero fatta. Lei e Dimitri sarebbero andati d'accordo, ne ero certo.
-Sai, scommetto che staresti bene con una persona di mia conoscenza. Stai per caso cercando marito?- chiesi.
-Se ti riferisci a te stesso, rifiuto l'offerta e vado avanti.- rispose ridacchiando, anche se io non capii.
-Caspita, due rifiuti in pochi mesi. Non lo credevo possibile.
-Come non credevi possibile nemmeno che venissi a conoscenza di tutte queste cose su di te? Sono una barista, il mio lavoro è anche capire le persone. In passato, prima che esistessero gli psicologi, le persone andavano dal prete o dal barista, perciò non sorprenderti se ti ho psicanalizzato un pochino.- rispose dandomi una gomitata scherzosamente e ricambiai il sorriso.
-Sì, penso che tu e Dimitri andrete sicuramente d'accordo.- affermai seguendo Erica, che portava abilmente il vassoio con una mano.
-Chi è Dimitri?
Ridacchiai e ritornammo dagli altri. Guardai Serena più fiducioso. Non avrei mai creduto che avere l'approvazione della migliore amica della donna che amavo fosse così importante per me, ma mi sentii rincuorato e avrei fatto di tutto per far capire a Serena che avrei fatto di tutto per difenderla.

In quelle due settimane successe di tutto. Tra la confidenza che mi aveva fatto Erica, le lezioni e il mio tentativo di instaurare con Serena un rapporto di amicizia, la conobbi più di quanto non avrei mai creduto. Aveva ragione Erica quando diceva che Serena riusciva a far uscire lati di te stesso che mai avresti creduto di avere, infatti ero amichevole, scherzoso e ridevo tantissimo, tranne quando si toccavano gli argomenti “matrimonio”, “diventare sovrani” o “mezzosangue”.
Le nostre idee su quegli argomenti erano molto discordanti, in particolare sui mezzosangue. “Matrimonio” e “diventare sovrani” invece, erano ancora tasti dolenti per lei e sviava il discorso ogni volta che lo portavo in tavola, ma non me ne faceva passare neanche una sui mezzosangue.
Una sera eravamo a cena a casa dei genitori di Serena e stavano discutendo sui mezzosangue. Ancora una volta mi dimenticai di avere di fronte due mezzosangue, ma loro furono così gentili (o così timorosi) da non dire niente. Serena affermava che i mezzosangue fossero una minaccia e che bisognava dar loro dei diritti o altre numerose ingiustizie si sarebbero compiute sotto i nostri occhi.
-Sono solo il frutto di vampiri malati e perversi.- conclusi dopo una lunghissima sequela sui motivi per i quali i mezzosangue valessero meno di niente.
-Ti ho già spiegato che i mezzosangue sono tali e quali ai vampiri e che meritano il dovuto rispetto, così come meritano un regolamentare processo.- rispose irritata.
-Io non credo.- ribattei con un'alzata di spalle, decisamente più calmo di quanto non lo fosse Serena.
-Sei uno stupido, arrogante... tampax!
-Tampax?- domandai con le sopracciglia alzate.
Quella donna mi stava davvero paragonando a un utensile femminile monouso per il ciclo mestruale?
-Sì, perché sei alto, magro, bianco e succhi il sangue!
Dovetti trattenermi dallo scoppiare a ridere, ma non riuscii a non ghignare divertito a quella battuta stupida.
-Preferisco essere un tampax succhiasangue che un vampiro senza canini. È decisamente peggio.- ribattei con tranquillità.
-A me un giorno spunteranno e tu rimarrai un tampax.- affermò, anche se sapeva perfettamente che aveva poco senso quella risposta.
-Anche tu diventerai un tampax.
-Tu sei uno stupido vampiro sbruffone e snob.
-E tu una bambina viziata e sognatrice.- risposi con un sorriso stampato sulle labbra.
Mi divertiva litigare con lei in quel modo del tutto innocente, ma sapevo che ciò non mi avrebbe fatto fare un passo avanti con lei. Mi divertivo troppo per risparmiarmi nelle battute.
Era talmente infuriata che si guardò intorno alla ricerca di qualcosa. Afferrò un pacchetto di fazzoletti e me lo lanciò addosso, centrandomi la fronte. A quel punto Paola e Andrea si erano dovuti mettere in mezzo e supposi che se non l'avessero fatto, sarebbe potuta scoppiare una piccola guerra con tanto di lancio di oggetti.
La sua espressione era esilarante e non riuscii a trattenermi dallo scoppiare a ridere.
-Ti odio.- ringhiò tra i denti.
-Non è un mio problema.- esordii con tranquillità, anche perché sapevo che non diceva sul serio.
-Sei un cretino e verrai distrutto dai mezzosangue se continui così.
-Non dire sciocchezze, mia cara.- risposi, ma non ero così sicuro che i mezzosangue non avrebbero potuto distruggermi.
Forse dovevo dare ascolto a quella piccola donna furente che avevo di fronte, ma prima che potessi ribattere, i genitori di Serena mi invitarono a lasciare l'appartamento prima che la figlia potesse liberarsi dalla loro presa.
Ero tornato nel mio appartamento, sapendo che il giorno seguente si sarebbe presentata al mio appartamento per aiutarmi a piegare la biancheria e a rifare il letto, cosa che successe.
-Un sovrano non dovrebbe piegarsi a fare i lavori della servitù.- affermai quel giorno schifato, mentre Serena mi aiutava a rifare il letto.
-Non sei ancora un sovrano e non c'è qualcuno che faccia le faccende domestiche al posto tuo.- rispose prontamente, passandomi il cuscino.
-Però potrei chiamare qualcuno che le faccia al posto mio. Si può fare?- chiesi dopo qualche istante di riflessione.
Alzò gli occhi al cielo a quella domanda, ma annuì. Dopo quel giorno assunsi una domestica che venne nel mio appartamento ogni giorno. Era una donna rumena originaria di Sighisoara e quando vide me e Serena, per poco non si fece il segno della croce, ma la rassicurai dicendole che non le sarebbe stato fatto alcun male e che l'avrei pagata profumatamente per assolvere i suoi doveri. Da allora non ebbe più timore di noi.

Angolo autrice.
Buonasera a tutti! Scusate il ritardo, ma ho avuto problemi con internet, ma eccomi qua.
In questo capitolo iniziamo a conoscere un po' meglio la nostra cara Erica, ma questa è solo la punta dell'iceber. Andate avanti e scoprirete molti lati della nostra cara amica.
Grazie mille per essere arrivati fin qui, per aver inserito la storia tra le recensite/preferite, per averla recensita e per tutto.
Vi mando un bacione enorme e vi aspetto al prossimo capitolo!
Arsax <3

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9


Era una mattina come tante, più o meno. Mio padre mi aveva chiamato la sera prima per dirmi che aveva in mente un piano per farmi apprezzare di più da Serena: le informazioni sulla prima de “Il mercante di Venezia” al “Burgtheater” di Vienna non erano arrivate volutamente alle orecchie di Wilhelm. Quel mattino avrei dovuto dire che ci sarebbe stata la prima dello spettacolo e che, sapendolo anche io all'ultimo, mi ero servito delle mie conoscenze per comprare i biglietti anche per loro.
Non capivo il senso di quel piano, ma avrei fatto esattamente come mi aveva detto. Era la prima chiamata di mio padre che avevo ricevuto dopo settimane e mi venne la nausea solo a sentire la sua voce. La lontananza da lui e dal nostro castello, mi aveva fatto capire quanto lo odiassi e quanto non sopportassi che trattasse Serena come un semplice mezzo per acquisire potere. Poteva farlo con me, ormai ci ero abituato, ma non avrei permesso che lo facesse anche con Serena.
Stavo aspettando che Serena si svegliasse prima di darle la notizia, ma Wilhelm entrò nell'appartamento trafelato e agitato.
-Buongiorno a tutti. Serena devo parlarti.- disse urgentemente alla nipote.
Lo osservò con occhi vacui e confusi e, dopo uno sbadiglio che avrebbe fatto invidia a un ippopotamo, si decise a rispondere.
-Che cosa succede?- biascicò.
-Devi preparare i bagagli. Abbiamo il volo tra quattro ore e dobbiamo affrettarci.
Serena lo guardò nuovamente con uno sguardo smarrito.
-Perché?
-Perché stasera devi partecipare alla prima dello spettacolo de "Il mercante di Venezia" al Burgtheater, il Teatro nazionale di Vienna. È un evento molto importante e non puoi mancare.- spiegò brevemente Wilhelm.
La vidi sbarrare gli occhi e per poco non gli sputò in faccia il caffè bollente.
-E perché non me l'hai detto prima?- chiese iniziando ad agitarsi come un topo in trappola.
-Perché l'ho saputo poco fa da Stefan.
Tutti i presenti si girarono verso di me e io sorrisi alla mia principessa. Avevo deciso di cambiare leggermente il mio piano, anche perché volevo che almeno Wilhelm fosse preparato per tempo e l'avevo informato quella mattina presto.
-Perché non me l'hai detto subito?- sbraitò Serena.
Aveva un'ottima ripresa quando si trattava di situazioni urgenti.
-Perché volevo aspettare che bevessi il tuo caffè e ritornassi lucida, altrimenti avrei rischiato grosso.- risposi soavemente.
-Adesso stai rischiando grosso.- rispose scattando in piedi e correndo in camera propria a fare la valigia.
Ci mise dieci minuti scarsi a preparare la valigia e a vestirsi e corse nuovamente in cucina.
-A che ora è questo dannatissimo spettacolo?- mi chiese Serena, trangugiando la sua colazione con una velocità e voracità che mi fece quasi paura.
-Alle nove di questa sera.
-Dobbiamo prenotare il volo, prendere i biglietti e...
La interruppi con un cenno della mano. Bevvi con calma il mio caffè, con l'intento di farla innervosire ancora di più e ci riuscii. Nel suo sguardo si poteva leggere tutta la sua voglia di strangolarmi. Terminato il caffè, estrassi dalla tasca cinque biglietti aerei e li porsi a Serena.
-Mi sono preso la briga di prenotare i biglietti aerei e i biglietti per lo spettacolo di questa sera. Fortunatamente ho qualche conoscenza che mi è tornata utile e sono riuscito ad avere ottimi posti. Anche io ho saputo di questo evento all'ultimo minuto. Spero che per te non sia un problema se vengono anche i tuoi genitori.- spiegai vittorioso.
Il suo sguardo mutò in parte e vidi un senso di gratitudine mescolarsi alla voglia di strangolarmi e la cosa mi fece sorridere ancora di più. Adoravo stuzzicarla.
-Non so come ringraziarti.- disse mio Wilhelm.
-Il sarto ha qualche vestito già pronto?- chiese Serena allo zio.
-Prima pensiamo a raggiungere l'aeroporto, poi pensiamo al resto.
Arrivammo giusto in tempo per il check-in e vidi Serena tirare un sospiro di sollievo quando prendemmo posto sull'aereo. Si era seduta tra me e Wilhelm e iniziammo subito a darle le informazioni da sapere su quella serata.
-Di solito la presenza dei sovrani dei clan più influenti d'Europa è richiesta alla prima degli spettacoli, soprattutto se si tengono al Burgtheater, ma non riesco a capire perché questa volta sia andata in modo differente. Stasera sarà una serata molto importante, poiché conoscerai qualche altro sovrano degli altri clan. Ho saputo che ci sarebbero stati solo poche ore fa.- spiegò brevemente Wilhelm.
-E' importante che vi partecipiamo per questioni burocratiche. Io conosco buona parte dei sovrani degli altri clan europei e non, ma tu no. Queste serate sono fatte più che altro per stringere alleanze o risolvere dissapori vari che si sono creati nei secoli, il tutto allietato da musica e da buon sangue.- aggiunsi.
-E, di solito, dopo lo spettacolo ci si riunisce in una sala privata del teatro nella quale si beve, si chiacchiera e si può anche suonare e cantare. Una soirée.- continuò Wilhelm.
La vidi parecchio confusa e sperai che le lezioni di pianoforte e canto fossero state proficue, così come quelle sulla politica e l'etichetta, o non sarebbe mai sopravvissuta a quella serata. Avrebbe potuto commettere numerosi errori e sperai vivamente per lei che fosse migliorata e che non avrebbe lodato Dracula.
Per tutto il volo parve piuttosto agitata, ma quando arrivammo alla tenuta dei Von Ziegler, Serena iniziò a dare ordini a destra e a manca camminando a passo veloce verso il laboratorio del sarto.
Prima di correre via, Serena aveva ordinato a una domestica di preparami una camera e questa eseguì prontamente. Abbandonato a me stesso, decisi di concedermi un lungo bagno ristoratore per schiarirmi i pensieri.
A quella serata ci sarebbero stati anche mio padre e mio zio e non avevo alcuna voglia di vederli. Mi ero sentito così bene in quei giorni che non avevo pensato quasi più a mio padre, nonostante mi facesse ancora male saperlo così indifferente nei miei confronti.
Mi feci la barba con cura, ordinai il pranzo utilizzando il telefono della camera e mi preparai a dovere. Volevo apparire al meglio per la mia principessa e quella sera avrei fatto di tutto per avvicinarmi un po' di più a lei. Ogni passo verso di lei, era una possibilità in più di conquistarla e di farmi amare a mia volta.
Indossai il completo e andai alla camera di Serena, che era adiacente alla mia. Bussai piano e mi aggiustai i gemelli.
-Serena, sei pronta?- domandai fuori dalla camera.
-Sì, entra pure.
Non appena entrai nella stanza, rimasi a occhi sbarrati. Era meravigliosa con quell'abito nero e blu scuro, tempestato di Swarovsky. La rispecchiava molto quell'abito e mi sarei saziato di quella vista per tutta la sera.
-Faccio così schifo?- domandò buttandola sul ridere, anche se era un po' imbarazzata.
Mi risvegliai dal mio stato di intontimento e le sorrisi.
-Sei meravigliosa.
Ovviamente anche lei si prese qualche secondo per osservarmi a dovere. Partì dalle mie scarpe tirate a lucido, fino ad arrivare alle mie labbra e indugiare per qualche millesimo di secondo di troppo, per poi passare agli occhi.
Erica aveva ragione, Serena adorava l'accostamento occhi chiari e capelli scuri.
-Ci conviene andare. Sei mai stata al Burgtheater?- domandai, interrompendo quel gioco di sguardi.
-Veramente no.
-Allora conviene avviarci, perché scommetto che resterai sbalordita.- risposi offrendole il braccio e sorridendole.
Non ci mettemmo molto ad arrivare e già solo alla vista della facciata, Serena era rimasta incantata. Sembrava una bambina appena arrivata al paese dei Balocchi e mi ritrovai a ridacchiare con Wilhelm per l'espressione della mia principessa.
-E' bellissimo.- sussurrò a bocca aperta.
-Aspetta di vedere l'interno. C'è una cosa in particolare che voglio mostrarti.- risposi sorridendole teneramente.
La guidai all'interno del teatro fino al punto desiderato e la vidi guardare in alto gli affreschi, gli stucchi e i quadri che ornavano quella parte del teatro. La presi per mano e l'aiutai a salire i gradini, dato che non faceva attenzione a dove metteva i piedi. Il suo sguardo colmo di meraviglia mi gonfiò il cuore di tenerezza e amore.
-Dovremmo andare a prendere posto. A breve arriveranno gli altri spettatori e non conviene che ti vedano così imbambolata.- dissi ridacchiando.
Mi guardò e sbatté un paio di volte le palpebre per riprendersi, per poi sorridermi grata per quella piccola sorpresa.
-Va bene.- rispose dolcemente.
La guidai nella sala principale del teatro e notai che guardava ogni angolo con attenzione, ma con discrezione. La condussi ai nostri posti in platea, nella prima fila per la precisione, e la vidi sorridere felice.
-Hai letto "Il mercante di Venezia"?- le chiesi all'orecchio.
-Sì, perché?
-Perché così non dovrò stare per tutto lo spettacolo a tradurre per te, dato che è in tedesco.- spiegai ridacchiando e lei mi dette una leggera gomitata nel costato.
Il nostro rapporto si stava evolvendo per il meglio e mi sentivo così felice e leggero, ma quelle emozioni durarono poco.
-Principessa Serena, quale onore avervi qui stasera.
Ci voltammo e vedemmo mio padre e mio zio. Tutti e cinque ci alzammo e riservammo un inchino a mio padre. Il fatto di averlo anche solo a un metro e mezzo di distanza mi provocò la nausea, ma spolverai la mia maschera di freddezza e la indossai.
-Re Ionut, sono lieta di sapere che anche voi assisterete allo spettacolo di questa sera.- rispose Serena, mentre mio padre le faceva il baciamano.
-Non potevo mancare, ma purtroppo non mi fermerò a fine spettacolo. I doveri mi chiamano.
-Oh... è un vero peccato.- rispose Serena falsamente dispiaciuta.
Ormai avevo capito dal tono della sua voce quando non era felice di vedere qualcuno. Sapevo che mio padre non era in cima alla lista delle persone che Serena apprezzava di più.
-Noto con piacere che voi e mio figlio siete diventati piuttosto intimi. Spero per lui che si stia comportando a dovere.- disse rivolgendosi a me, in tono piuttosto duro.
Sapevo che era un monito per me. Dovevo conquistare la principessa Serena il più in fretta possibile. Ormai era impaziente e non voleva attendere oltre.
-Certo padre, come mi avete insegnato voi. Non oserei mai trattarla in modo irrispettoso.- risposi rispettosamente e vidi Serena piuttosto sorpresa.
Lei non era abituata a dare del voi ai suoi genitori e doveva essere una cosa del tutto nuova per lei.
Dopo un altro baciamano di mio padre a Serena, se ne andò seguito da mio zio. Prendemmo posto e poco dopo lo spettacolo iniziò.

La rappresentazione teatrale durò molto e mi annoiai un po', ma dovevo stare attento per tradurre a Serena ciò che stavano dicendo gli attori. Serena, dal canto suo, era entusiasta di partecipare a quello spettacolo e quando terminò, ci alzammo tutti per applaudire gli attori.
-Ti sei divertita?- chiese Wilhelm sorridente alla nipote.
-Sì, non ho mai avuto dei posti così belli. Per la prima volta sono riuscita a vedere la faccia degli attori.- rispose facendo scoppiare a ridere Wilhelm e ridacchiare me.
Andammo nella sala che era stata dedicata alla nostra serata e Serena si guardò intorno un po' a disagio. Wilhelm le sussurrò qualcosa all'orecchio e salutammo Paola e Andrea.
Serena e Wilhelm iniziarono a girare per la sala salutando tutti gli ospiti, mentre io fui immediatamente assalito dalle signorine presenti nella sala, compresa Valerie Lacroix.
-Stefan, che onore rivedervi.- mi salutò riservandomi uno sguardo melenso.
-E' un onore anche per me, ma sono un po' seccato da ciò che è successo al castello Von Ziegler.- risposi freddamente.
-E' stato un incidente. Vostro zio Lucian mi ha vista uscire da camera vostra e ha minacciato di distruggermi se non avessi detto la verità. Vi chiedo umilmente perdono.- spiegò chinando la testa. -Potete fare di me ciò che volete.- aggiunse con malizia.
-Non sono...
Non riuscii a terminare la frase, perché vidi Serena dirigersi verso il pianoforte a coda nero. Guardò i tasti per qualche secondo e poi iniziò a suonare “Sonata al chiaro di luna” con una maestria che mi lasciò spiazzato. Solo poco tempo prima era incerta e in quel momento suonava come se non avesse fatto altro per tutta la vita. Era meravigliosa, anche la melodia non era male. Suonò l'ultima nota e tutti scoppiarono in un caloroso applauso, me compreso. Ero notevolmente colpito.
Mi avvicinai a lei, ignorando completamente Valerie.
-Sei stata meravigliosa.- le dissi sedendomi accanto a lei.
Serena sorrise e iniziò a suonare “Per Elisa”. Sorrisi a mia volta e iniziai a suonare con lei. Subito il duetto si trasformò in una competizione nella quale ci rubavamo a vicenda i tasti da suonare, ma non perdemmo mai il ritmo o sbagliammo una nota. Quando anche quella canzone finì, tutti scoppiarono nuovamente in un applauso.
-Mi hai rubato gli accordi.- mi accusò ridendo.
-Eri tu che rubavi gli accordi a me, ladruncola.- risposi e ridacchiammo come ragazzini.
Non appena vedemmo che i presenti ci stavano osservando, ritornammo seri.
-Sei stata molto brava, principessa.- mi complimentai, cercando di restare serio.
-Anche tu non sei andato male, principe.
Serena si alzò e si diresse da suo zio. Non ebbi il tempo di muovere un solo muscolo che Valerie mi si avvicinò lodandomi e adularmi. La ringraziai per quei complimenti, anche se mi importavano ben poco. Gli unici complimenti che avevano importanza, erano quelli della mia principessa.
-Vedo che sapete usare le mani anche per suonare, principe Stefan.- disse lasciva e io scoppiai a ridere di gusto.
Non potevo credere che stesse ancora flirtando con me, nonostante avessi dimostrato il mio disinteresse più totale. Se avessi voluto passare la nottata con lei, glielo avrei fatto capire immantinente, ma non ero interessato.
-Anche io non sono male, sapete?- aggiunse sedendosi accanto a me e iniziando a suonare un pezzo de “Il lago dei cigni”.
La accompagnai soltanto perché mi piaceva suonare e perché volevo fare colpo su Serena. Non mi interessava altro. Guardai fugacemente Serena e la sorpresi a guardarmi con irritazione. Avevo forse fatto qualcosa di male?
Wilhelm si avvicinò al piano e gli lasciammo il posto. Non sapevo che intenzioni avesse e iniziò a suonare “I dreamed a dream” del musical “ Les misérables”. Non mi era piaciuto granché, men che meno il film che avevano fatto, ma dovetti ricredermi quando Serena iniziò a cantare e rimasi sbalordito.
Aveva una voce bellissima, soave e potente. Era la creatura più bella che avessi mai visto e in quel momento me ne innamorai una terza volta, ma non era facile quella canzone e sapevo che la strofa più difficile non era ancora arrivata. Cantò “ And they turn your dream to shame” e restai letteralmente a bocca aperta. Se ci fossero stati mio padre e mio zio, me l'avrebbero richiusa con un violento colpo alla mandibola, perché non era da sovrani restare impalati in quel modo, ma non potevo farci nulla. Non aveva stonato neanche una volta.
Terminata la canzone, tutti i presenti la applaudirono con foga e i sovrani del clan magrebino andarono a complimentarsi con lei.
-Non mi avevi detto di essere così brava, principessa.- dissi avvicinandomi ancora sbalordito.
Guardò me e poi Valerie, che sapevo essere a pochi passi da me, e poi mi sorrise compiaciuta. Non ne capii il motivo, ma non ci feci tanto caso.
-Non lo credevo nemmeno io.- mi rispose teneramente.

Fu una serata piuttosto divertente e non avrei mai creduto di potermi divertire così tanto a un ricevimento formale. Erano diventati noiosi, ma da quando avevo conosciuto Serena nulla era più noioso. Ogni cosa intorno a me aveva assunto un nuovo colore, un nuovo interesse. La mia principessa aveva portato felicità, spensieratezza e colore nel mio mondo bianco, nero e rosso sangue.
Risi come non mai con Serena e stavamo tornando al castello continuando a punzecchiarci. Wilhelm si offrì di accompagnare Serena in camera sua, ma avevo intenzione di restare ancora un po' di tempo con lei.
-Non preoccuparti, ci penso io a scortare la principessa fino alla sua camera. Abbiamo le camere adiacenti, perciò vai pure a riposarti.- dissi con gentilezza, ma ciò non impedì a Wilhelm di guardare la nipote leggermente preoccupato.
Augurò comunque la buonanotte a entrambi e si congedò, lasciandoci finalmente da soli.
-Sei stata veramente grandiosa. Quando ti hanno convinta a cantare, pensavo che avresti fatto venire un'otite a tutti e invece mi hai sorpreso. Chissà se anche ai vampiri può venire l'otite.- la canzonai facendola sorridere.
-E tu perché non hai cantato?- mi chiese con tono di sfida.
-Be', perché avrei fatto cadere ai miei piedi ogni donna presente e non volevo mancarti di rispetto.
-Ma piantala! E poi ho notato che la rossa non ti si staccava un solo istante. Ti guardava come io guarderei un bignè alla crema e cioccolato.- ribatté col medesimo sguardo che mi aveva lanciato quando avevo suonato con Valerie.
-Valerie? È solo una donna alla ricerca di un marito, ma sa perfettamente che non sono disponibile.- risposi divertito.
-Non mi sembrava che la cosa l'avesse scoraggiata dal buttarsi addosso a te più volte.- borbottò con veleno e in quel momento capii tutto.
Serena era gelosa di Valerie e ciò mi fece moltissimo piacere.
-Sei gelosa?- chiesi con un sopracciglio alzato.
-Io? E perché dovrei?- domandò col suo solito tono acuto da agitazione
-Il tuo tono acuto dice il contrario.
-Ti dico di no.
Scoppiai nuovamente a ridere e poco dopo la mia principessa mi seguì. Quella era stata la serata più bella della mia vita e non avrei mai creduto che mi sarei sentito così leggero come quel giorno.
Arrivammo davanti alla porta della camera di Serena e la vidi andare in confusione. Stava lì, a guardarsi intorno senza sapere cosa fare.
-Be'... buonanotte Stefan, e grazie per la bella serata.- disse imbarazzata, voltandosi poi per entrare in camera propria.
La trattenni per un braccio e la girai delicatamente verso di me.
-Non mi dai neanche il bacio della buonanotte?- chiesi fingendo di essere offeso.
-Piantala di fare l'idiota.- borbottò imbarazzata, con le gote che le si erano colorate di rosa scuro.
Mi avvicinai a lei lentamente. Il suo profumo mi mandò completamente in estasi e avrei voluto baciarla, conoscere il sapore delle sue labbra e sentire la morbidezza del suo corpo contro il mio, ma non volevo andare troppo in fretta. Sentii il suo respiro accelerare come il mio, ma lo ignorai. Le detti un delicato bacio sulla guancia e sentii il suo viso in fiamme sotto le mie labbra.
-Buonanotte, Serena.- sussurrai al suo orecchio, inspirando un poco il suo profumo inebriante.
-Buonanotte, Stefan.- borbottò in preda all'agitazione ed entrando velocemente in camera sua.
Un sorriso involontario mi si formò sul viso. Un sorriso di gioia e soddisfazione per quel passo avanti che avevo fatto. Il cuore batteva ancora a una velocità esorbitante e quella sensazione mi fece stare bene. Quel semplice bacio sulla guancia mi aveva mandato in fibrillazione.
Non avevo sonno. Mi sentivo come se... avessi potuto spaccare una montagna a mani nude e non mi dispiaceva per niente.

“Dimitri,
ho capito ciò che intendevi quando affermavi che l'amore può darti una forza disarmante. L'ho capito stasera e avevi ragione. Avevi ragione su tutti i fronti! Sono troppo entusiasta per prendere sonno e non avevo la pazienza di aspettare la tua risposta.
Mi sento così pieno di vita! Se vuoi provare nuovamente quest'emozione, ti posso presentare Erica, l'amica di Serena di cui ti ho scritto qualche giorno fa. Sono convinto che andreste d'accordo ;)
Ma tornando alle cose serie, hai scoperto qualcosa? Ho bisogno di risposte, mio caro amico, e temo che la mia principessa non sia al sicuro con mio padre nei dintorni. Entrambi lo conosciamo bene e Serena non è in grado di capire appieno quanto possa essere spregevole. Sono preoccupato per lei.
Fammi sapere al più presto qualcosa, ti prego. Conto su di te.
Tuo preoccupato
Stefan.”


Stavo guardando il mio profilo “Facebook” originale senza interesse. Serena ed Erica avevano insistito per crearmelo e alla fine avevo ceduto. Erano riuscite a scattarmi una foto senza che me ne rendessi conto e l'avevano caricata come mia foto profilo. Dopo poche ore, avevo ricevuto un sacco di richieste d'amicizia da numerose ragazze, ma a me non interessava nessuna di loro.
Stavo rispondendo a un post di Erica, quando sentii Serena urlare con terrore puro. Indossai una maglietta e mi precipitai immediatamente in camera da lei. Bussai alla porta, mandando via la guardia ed entrai preoccupato, guardandomi intorno.
-Tutto bene?- domandai ansioso.
Il terrore negli occhi di Serena si poteva leggere benissimo. Aveva gli occhi lucidi e se li strofinò con foga, cercando di rallentare il respiro accelerato.
-Sì, solo un brutto incubo.- rispose in un soffio.
-Sicura? Perché ti ho sentita urlare dalla mia camera e non sembrava...
-Sto bene, davvero. Anche se non penso che riuscirò a riaddormentarmi.- sussurrò esausta, come se avesse appena corso una maratona.
-Vuoi che resti qui a farti compagnia? Nemmeno io penso che riuscirò ad addormentarmi, soprattutto dopo aver sentito il tuo urlo disumano.- domandai con sincerità.
Era vero che non sarei riuscito ad addormentarmi dopo il suo urlo agghiacciante, ma volevo anche proteggerla. Mi guardò indecisa.
-Non ti mangio mica.- la incalzai sorridendo e risvegliandola dai suoi pensieri.
-Non vorrei disturbarti.
-Nessun disturbo. Posso?
Annuì e mi sedetti accanto a lei sul letto, cercando di chiacchierare per allontanare i brutti pensieri dalla sua mente. Era una piccola creatura indifesa, ma che poteva dimostrarsi forte quando meno lo si aspettava.
-Se vuoi posso cantarti una ninnananna, ma se lo facessi ti farei cadere ai miei piedi alla prima strofa.- affermai ridacchiando.
-Ma smettila di tirartela. Probabilmente sei più stonato di me.- rispose ridacchiando.
-Allora cosa vuoi che canti?
-Vuoi cantare davvero?- chiese sorpresa.
-Mi hai sfidato e non posso rifiutare.
-Io non ti ho sfidato.
-E invece sì. Allora, cosa devo cantare?
-Mmh... “Chop suey!” dei “System Of A Down”?- propose.
-Vuoi davvero farmi cantare una canzone metal?- chiesi alzando le sopracciglia.
-Allora se fai tanto lo schizzinoso, scegli tu.
A bassa voce le cantai “I dreamed a dream” e vidi il suo sguardo diventare meravigliato nota dopo nota. Mi guardava come se non avesse mai sentito cantare nessuno e mi interruppi ridacchiando della sua espressione.
-Te l'avevo detto che ti avrei fatta cadere ai miei piedi.- affermai soddisfatto.
-Affatto. Sono solo... rimasta sorpresa. Non mi aspettavo che nelle tue lezioni per diventare principe, ci fossero anche lezioni di canto e di pianoforte.
-Devo saper fare tutto per occasioni simili a quella di questa sera.- risposi sorridendo.
Parlammo tutta la notte, soprattutto di libri. Ogni tanto provò a farmi domande sulla mia infanzia, ma prontamente sviavo il discorso incentrandolo su di lei. Mi osservava con curiosità ogni volta che sviavo il discorso, ma non le avrei rivelato il mio oscuro passato. Almeno per il momento.
Era quasi l'alba e stavamo discutendo su “Cime tempestose” quando mi accorsi che si era addormentata. Rimasi a osservarla per qualche minuto, notando quanto la sua espressione si addolcisse nel sonno. Le detti un dolce e delicato bacio sulla fronte e tornai in camera mia.
Non avevo mai passato la notte a parlare con una donna, ma quella fu una delle notti più belle della mia vita.

“Carissimo Stefan,
sono contento che tu abbia finalmente provato sulla tua pelle ciò che intendevo. Devo dire che questa donna ti ha cambiato parecchio, hai addirittura messo una faccina! °O°
A ogni modo, ho scoperto qualche informazione che non potrebbe piacerti affatto. Ci hai visto giusto, la principessa è in pericolo. Tuo padre sta decidendo assieme ai membri della tua famiglia come farla sparire. Tutti sono sicuri che la stai conquistando e probabilmente lasceranno questo viscido compito a te. Stanno decidendo se farlo prima o dopo le nozze e io sto cercando di convincere tuo zio Lucian che è meglio farlo dopo le nozze. Non allarmarti, ho un piano.
Quando tu e la principessa avrete celebrato le nozze, sarete ufficialmente
sovrani e ciò sta a indicare che tuo padre passerà la corona a te. Non dovrai più sottostare ai suoi orripilanti ordini e potrai difendere la principessa a dovere, ma ti lascio con un quesito: saresti pronto a fare qualsiasi cosa, anche a uccidere il tuo stesso padre per difendere la tua principessa? Spero che la tua risposta sia affermativa, perché altrimenti non potrai fare molto per difenderla.
Mi dispiace scriverti questa notizia così delicata via e-mail, ma quando verrete in Romania, cercheremo di parlare a quattr'occhi e ti spiegherò meglio ogni dettaglio. Sii cauto, amico mio.
La tua spia
Dimitri.
PS: com'è questa Erica? Sarei interessato a vederla di persona.”

Angolo autrice.
Buonasera a tutti! 
Le cose fra i nostri due protagonisti vanno bene, come avrete intuito, ma un'ombra oscura i pensieri gioiosi e pieni d'amore del nostro amico Stefan. Le cose stanno prendendo una piega decisamente diversa a da quella che si era immaginato, ma vedrete come si evolverà l'intera faccenda.
Vi ringrazio di cuore per aver messo la storia tra le recensite/preferite e per le vostre recensioni.
Vi mando un bacione enorme e vi aspetto al prossimo capitolo!
Arsax <3

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10


Erano passate due settimane da quella e-mail e ancora Dimitri non aveva scoperto nulla di nuovo a riguardo. Non dovevo essere sorpreso dal comportamento di mio padre e della mia famiglia, ma sperai ogni giorno che il piano di Dimitri potesse funzionare. Non volevo perdere la mia principessa ora che l'avevo finalmente trovata. Non sarebbe stato né mio padre né la mia famiglia ad allontanarmi da lei, o peggio a costringermi a ucciderla. Piuttosto sarei morto.
Era arrivata la festa del nostro fidanzamento e ancora non avevo avuto occasione per parlare in privato con Dimitri. Prima c'era stata la prova col sarto per l'abito che avrei indossato quella sera, poi l'incontro con mio padre che mi aveva chiesto un resoconto dettagliato di ciò che era successo in quel mese. Aveva voluto sapere tantissime cose, ma gliene avevo nascoste altrettante. Avevo fatto finta che di Serena non mi importasse assolutamente nulla e rimase compiaciuto dalla mia impassibilità.
-Non farti ingannare. L'amore è molto insidioso, ma è uno strumento potente se usato nel modo giusto.- aveva detto mio padre prima di avviarci al castello Vidrean.
Quando entrai nella sala dei ricevimenti, rimasi stupito dell'egregio lavoro che Serena aveva compiuto con le finanze. Il castello Vidrean era ritornato al suo splendore originario e non ero l'unico a pensarla in quel modo.
Vidi Serena da lontano e la trovai nuovamente meravigliosa. Ogni volta che la vedevo non riuscivo a non pensare a quanto fosse bella e a come riuscisse a mozzarmi il fiato ogni volta.
La raggiunsi, le misi una mano sulla schiena e le baciai una guancia, per far capire a tutti i presenti che lei era la mia donna e che nessuno doveva osare avvicinarsi più del dovuto o l'avrei distrutto. Ciò valeva non solo per tutti gli uomini presenti nella sala, ma anche per la mia famiglia. Non avrei permesso a nessuno dei miei “parenti” di torcerle un singolo capello.
-Finalmente ti ho trovata. Sono tutti piacevolmente sorpresi per il lavoro che hai svolto.- dissi sorridendo.
-L'ho notato da come guardavano l'argenteria.- rispose facendomi ridere di gusto.
Serena si guardò intorno, rivolgendo uno sguardo colmo di sfida alle giovani dame nubili, come a sfidarle di avvicinarsi a me. Anche lei, nonostante non volesse ammetterlo a se stessa, rivendicava qualche diritto su di me e la cosa mi fece piacere.
-Non vedo mio padre.- dissi scrutando la folla. -Tu l'hai visto?
Mi aveva detto che Lucian aveva richiesto di parlargli urgentemente e si erano rinchiusi in una delle numerose camere del castello, ma mi sembrava molto strano che non si fosse ancora fatto vedere.
-No, ho salutato quasi tutti, ma lui non l'ho visto.
-Non importa, lo troveremo.- risposi sorridendole.
“Tanto meglio. Non ronzerà intorno a Serena più del necessario” pensai. Più mio padre stava lontano dalla mia principessa e meglio era, per lui.
-Ti va di ballare?- le chiesi, desiderando stringerla a me.
-Certo.
Andammo a ballare e notai, con certo stupore, che gli amici di Serena, che erano presenti a quella serata, le stavano facendo gesti molto strani che all'inizio non capii.
-I tuoi amici ti stanno facendo gesti che...- mi bloccai e capii.
Quei gesti erano tutto fuorché innocenti. Fortunatamente per noi, la maggior parte dei vampiri presenti era completamente all'oscuro del significato di quei gesti, dato che o erano centenari o non frequentavano molto il mondo degli umani.
Serena poggiò la fronte sulla mia spalla colma di rassegnazione e anche per non farmi vedere che era arrossita. I suoi amici risero a crepapelle e riservò loro uno sguardo di fuoco. Le presi il viso con due dita e la costrinsi a guardarmi.
-Per usare uno dei vostri strani termini, i tuoi amici ci... shippano?- domandai alzando un sopracciglio.
-Potrei farli arrestare e mandare nelle segrete. In questo momento non mi sembra una cattiva idea.- disse ironica e io scoppiai a ridere.
-Ho mandato vampiri nelle segrete per molto meno. A quindici anni, ho fatto arrestare un servitore perché l'avevo sentito darmi del viziato.- le raccontai.
-E aveva ragione!
Risi nuovamente a quella pungente, ma amichevole battuta. Stavo per aprire bocca per risponderle a dovere, come facevamo molto spesso ultimamente, quando nella sala una domestica entrò urlando a squarciagola. Aveva il lembo della gonna sporco di sangue.
Serena si avvicinò assieme allo zio e io li seguii a ruota. Serena le chiese cosa fosse successo, ma ancora prima che la domestica terminasse la frase, sia io che Serena corremmo immediatamente fuori dalla sala. I principi non correvano mai se non per questioni di massima urgenza e quella lo era.
Aprii la porta e rimasi di ghiaccio. Serena si avvicinò e anche lei restò pietrificata. Sul pavimento della camera, c'era il corpo di mio padre con un buco in mezzo al petto e gli occhi sbarrati che fissavano il soffitto. Accanto a lui c'era Alin Vidrean, col paletto ancora gocciolante del sangue di mio padre.
Le guardie e qualche ospite curioso ci avevano raggiunti. Avrei dovuto ordinare a tutti i presenti di andarsene e di preparare il corpo di mio padre per il funerale, ma non riuscivo a muovermi.
Serena ordinò alle guardie di arrestare Alin Vidrean in rumeno perfetto, disse allo zio di far allontanare gli invitati e nella stanza restammo solo noi e il corpo ancora caldo di mio padre.
Mi inginocchiai accanto a lui e gli abbassai le palpebre con due dita. Mi sembrava la cosa più giusta da fare. Dovevo essere dispiaciuto, dovevo essere triste per aver perso mio padre, ma proprio non ce la facevo. Anzi mi sentivo sollevato. Ero libero, dopo venticinque anni ero completamente libero. Ero libero di poter fare le mie scelte, di provare qualunque emozione volessi sapendo che non avrei mai più ricevuto punizioni da lui. Perché non riuscivo a essere dispiaciuto per la sua morte?
Sentii una rabbia cieca crescermi addosso. Una furia che mai avevo provato prima, ma perché? Ce l'avevo con Alin Vidrean? Mi aveva liberato, eppure mi sentivo così infuriato con lui.
Mi alzai di scatto e mi diressi a passo di carica verso la porta.
-Che cosa vuoi fare?- chiese Serena afferrandomi per un braccio.
Mi liberai dalla sua presa con uno strattone e ignorai deliberatamente la sua domanda. Continuai ad avanzare verso la porta. Avevo un istinto omicida che mai avrei pensato di provare. Volevo uccidere Alin, in quel preciso istante.
Serena corse verso la porta e si buttò contro di essa per impedirmi di uscire.
-Fammi passare. Potrei non rispondere delle mie azioni.- dissi minaccioso, senza guardarla negli occhi.
-Vuoi andare da Alin e distruggerlo, è vero?
La guardai negli occhi e notai che era abbastanza spaventata. La stavo spaventando e non volevo, ma non riuscivo a placare la mia furia. Pensava che volessi vendicare mio padre, be'... non lo sapevo nemmeno io. Sapevo solo che era giusto che io reagissi in quel modo e non riuscivo a controllare quella strana e contraddittoria furia.
-Se ti azzardi a farlo, ti giuro che ti prendo a schiaffoni. Non puoi fare una cosa simile. Ti uccideranno. Stabiliremo un processo e verrà distrutto per aver compiuto un tale gesto.- mi minacciò.
Non credevo che avrebbe cercato di fermarmi, anzi ero convinto del contrario. Senza di me non sarebbe stata più costretta a sposarmi e sarebbe stata finalmente libera. Possibile che mi si fosse affezionata?
Quel che successe in seguito non me l'aspettai. Mi prese la testa e la posò sulla propria spalla, iniziando ad accarezzarmi i capelli. Quel semplice gesto d'affetto donato da lei mi sciolse il cuore e scacciò tutta la rabbia. La strinsi forte e la incastrai tra il mio petto e la porta, sperando che non si spaventasse e non lo fece. Continuò ad accarezzarmi i capelli senza smettere un attimo e riuscivo a sentire il suo cuore galoppare.
“Allora ci tiene un po' a me” pensai staccandomi da lei e guardandola più tranquillo.
Provai ad abbozzare un sorriso per farle capire che stavo meglio.
-Grazie.- sussurrai. -Ma non dirlo in giro, ne va della mia reputazione.- aggiunsi con tono altezzoso.
-Certo che no, principe Stefan.- rispose sorridendomi timidamente.
Mi sistemò il papillon e le pieghe che si erano formate sulla mia giacca. Per la prima volta mi parve davvero che fossimo due fidanzati.
-Io sono con te.- disse per rassicurarmi e io annuii.
Chiamai due servi per far preparare il corpo di mio padre e tornammo nella sala, invitando tutti i presenti ad andarsene, fatta eccezione per i membri del Consiglio, che si sarebbero riuniti in una riunione straordinaria.
Dovevamo decidere come procedere, quando fissare il processo di Alin Vidrean e quando il funerale di mio padre. Dovevamo dare il tempo che la notizia della morte di mio padre si spargesse in ogni angolo del globo, anche perché i vampiri non usavano molto Internet e non esistevano giornali. Solo le voci di corridoio avrebbero permesso alla notizia di arrivare ovunque.
Quando fummo riuniti nella sala della udienze del castello Vidrean, non mi persi in convenevoli inutili e dissi a tutti i presenti ciò che avevo stabilito.
-Il funerale si terrà tra una settimana esatta, per fare in modo che la notizia della morte di mio padre arrivi ovunque. Per il processo, io e la principessa Serena abbiamo deciso di compiere delle indagini approfondite per trovare delle prove attendibili.
Un mare di proteste si levò nella sala, ma me lo immaginavo. Io e Serena litigavamo e discutevamo molto spesso, ma su una cosa eravamo entrambi d'accordo: il metodo di indagine dei vampiri era antiquato e mancante di prove concrete. Una voce di corridoio, falsi testimoni e giuria corrotta erano le sole cose presenti nelle indagini. Ora che mio padre era morto, avrei deciso io cosa era meglio per il clan Lovinescu.
-Non è sufficiente aver trovato Alin Vidrean macchiato di sangue e col paletto ancora in mano?- chiese Lucian scioccato.
Faceva finta che la morte di Ionut lo addolorasse, ma ero convinto che in quel momento stesse solo pensando a se stesso. Chi l'avrebbe protetto ora che non c'era più mio padre?
Prima che potessi formulare mentalmente una risposta, Serena mi anticipò attirando l'attenzione di tutti i presenti.
-Vogliamo rinnovare i metodi di indagine e di processo, poiché sono molto medievali e infondati. Io e il principe Stefan ne abbiamo parlato a lungo ed entrambi siamo d'accordo.
-Voi volete soltanto difendere Alin Vidrean e trovare un modo per scagionarlo, visto che fa parte della vostra famiglia.- la accusò Lucian. -La morte di un Lovinescu non vi tocca per niente, anzi vi compiace sapere che il nostro re è morto per mano di un Vidrean!
Non potevo permettere che Serena venisse trattata in quel modo. Aprii la bocca per rispondere a dovere a Lucian, ma Serena mi anticipò nuovamente. Si alzò di scatto dalla sedia, rovesciandola, e puntò il suo sguardo di fuoco verso Lucian. Strinse con forza uno dei ventagli appartenuti alla madre, che non mancava mai di portare a ogni apparizione ufficiale, e lo puntò verso mio “zio” colma d'ira.
-Come osi? Pensi che la morte di Ionut Lovinescu, un grande e potente sovrano, non mi importi solo perché non fa parte della mia famiglia? Pensi che io voglia favorire la mia famiglia e il mio clan?! Io non sono come te. Gli omicidi mi disgustano, che siano di vampiri, di mezzosangue o di umani. Io e il principe Stefan vogliamo rinnovare il metodo giuridico perché pensiamo sia antiquato, senza prove concrete e corrotto! Con uno stupido e infondato pettegolezzo, si potrebbe spargere la voce che sia stato tu a programmare il suo omicidio, o peggio che sia stato proprio tu a distruggerlo!- rispose con rabbia.
Il labbro superiore tremava, segno che stava cercando di non ringhiargli contro per non far scoprire a tutti che era sprovvista di canini, ma Lucian mi parve lo stesso molto intimorito e rabbioso. Ero convinto che avrebbe fatto di tutto per fargliela pagare, anche perché Lucian poteva serbare rancore per decadi.
-Voi non volete essere accusati per un crimine che non avete commesso solo perché è stata messa in giro una voce, vero?- chiese pacatamente a tutto il Consiglio, guardandoli uno ad uno negli occhi, e questi scossero la testa. -Allora per tutelare tutti, bisogna cambiare metodologia. La testimonianza della mia domestica e il sangue sugli abiti e sul paletto di Alin sono prove molto importanti, da non tralasciare assolutamente, ma vogliamo essere completamente sicuri prima di prendere una decisione.
Fui orgoglioso della mia principessa. Si era dimostrata una sovrana degna e giusta ed ero convinto che avesse guadagnato più punti in suo favore, infatti tutti i vampiri presenti, fatta eccezione per Lucian, la guardavano con più rispetto e timore.
-Direi che la mia futura sposa ha spiegato perfettamente le nostre intenzioni. Ricordate che la principessa Serena entrerà a far parte della nostra famiglia, così come noi entreremo a far parte della sua, e nessuno vuole favorire nessuno. Lucian, la prossima volta che osi rivolgerti a lei come hai fatto poco fa, ti spedisco nelle segrete all'istante.- lo minacciai con uno sguardo freddo come il Polo Sud e lo vidi sbiancare e deglutire rumorosamente.
In tutti quegli anni mi aveva punito assieme a mio padre, ma ora che non c'era più non mi sarei fatto nessuno scrupolo a incolparlo di tradimento o a sbatterlo nelle segrete. Era finita la pacchia e doveva rassegnarsi. Il nuovo sovrano in carica ero io.
Alla fine della riunione, tutti i presenti furono d'accordo con noi e stavamo per concludere, quando una delle guardie entrò nella sala correndo.
-Principe Stefan, principessa Serena. Chiedo scusa per la brusca interruzione, ma Alin Vidrean intende confessare.
-Direi che il nuovo metodo di indagine non sarà testato oggi.- affermò Lucian a bassa voce, facendo ridacchiare qualche vampiro intorno a lui.
Lo fulminai con lo sguardo e si zittì all'istante. Serena si avvicinò a me e mi fece cenno di abbassarmi, per poter conferire senza farci sentire dagli altri membri del Consiglio.
-Dobbiamo parlarci io e te, per capire se la sua confessione è volontaria o meno. Purtroppo ho capito come funzionano le cose e non vorrei che qualche membro del Consiglio possa averlo influenzato in qualche modo.
-Temo che tu abbia ragione, Serena. C'è la possibilità che sia stato influenzato, ma con una confessione possiamo fare ben poco. Dovremo affidarci alla sua parola.- risposi rassegnato.
-Lo interrogheremo io e te, senza nessun altro. Se ci andassi da sola, qualcuno potrebbe pensare che stia cercando di coprirlo e di farlo scagionare, come ha detto poco fa tuo zio Lucian, ma se venissi con me nessuno avrà nulla da ridire.
Ci pensai qualche istante e annuii convinto.
-Andremo a interrogarlo immediatamente.- annunciai e tutti i presenti annuirono con approvazione, avviandosi verso la porta della sala. -Ma saremo solo io e la principessa Serena.
Un brusio di sorpresa si levò alto, ma almeno Lucian ebbe la decenza di non fiatare. La minaccia di spedirlo nelle segrete era più che fondata. Prese la parola Damian Vidrean.
-Se posso chiedere, perché volete interrogarlo senza di noi?
-Per essere sicuri che la sua confessione non sia influenzata da nessuno.- iniziai. -Io voglio trovare l'assassino di mio padre, così come lo vuole la principessa Serena. Lei però non vuole giustiziare un innocente, cosa che condivido in pieno, ed entrambi vogliamo avere la più totale sicurezza che a scontare la pena sia proprio il colpevole.
Senza dare ulteriori spiegazioni, misi una mano sulla schiena di Serena e la condussi verso la porta. Feci un cenno a un paio di guardie e queste iniziarono a condurci verso le segrete del castello Vidrean.

Scendemmo numerose scale per un tempo che parve interminabile. L'aria si fece più umida, fredda e asfittica. I lunghi corridoi stretti e asfittici erano perfetti per incutere timore ai prigionieri.
Serena rabbrividì e notai che aveva le spalle scoperte, così mi tolsi la giacca del completo e gliela posai sulle spalle.
Più tardi avrei parlato con Dimitri per informarlo di ogni cosa. Avevo chiesto che ci raggiungesse al castello e avevo bisogno di conferire con lui. Volevo che ricoprisse anche la carica di mio consigliere. Lui sarebbe stato in grado di aiutarmi a guidare il mio regno con giustizia. Avrebbe fatto le scelte più giuste per il nostro clan e non l'ameba come aveva fatto Lucian per tutta la sua vita.
Sapevo che aveva delle informazioni per me, riguardo ai piani che aveva architettato mio padre e volevo sapere chi della mia famiglia fosse coinvolto. Lucian? Tutti?
Arrivammo alla cella dov'era rinchiuso Alin Vidrean, un piccolo quadrato con un po' di paglia in un angolo e una branda di legno marcio. Aveva i vestiti laceri e sporchi di sangue e fu visibilmente sorpreso di vedere che c'eravamo solo io e la principessa. Si avvicinò alle sbarre e guardò Serena confuso.
-Prima che tu ce lo chieda, siamo venuti solo noi per essere sicuri che nessuno influenzi la versione della tua confessione.- dissi autoritario. -Ora parla.
Alin guardò intensamente Serena e lessi nel suo sguardo che era spaventato, ma pronto a subire la punizione che gli avremmo inflitto.
-Ho dovuto farlo, principessa. Per il vostro bene e per quello di tutti noi.- rispose deciso.
-Perché?- domandai duramente.
-Perché l'unica cosa che Ionut Lovinescu voleva era il potere e affermava che la principessa Serena non fosse adatta per regnare. Stava anche progettando di ucciderla! Principessa, l'ho fatto solo per proteggervi, credetemi!
Allungò le mani verso Serena, ma non potevo permettere che quel verme viscido la toccasse e mi frapposi fra loro due. Gli torsi malamente le braccia, facendo echeggiare il suono delle ossa delle sue braccia rotte in tutte le segrete.
-Non osare toccarla, verme!
-Era un gran bastardo e sono contento di averlo fatto fuori!- urlò scoppiando a ridere come un pazzo. -Ho difeso la mia principessa e ora sono pronto a morire, perché ho fatto ciò che ogni suddito dovrebbe fare: proteggere il proprio sovrano.
Serena guardò Alin a occhi sbarrati. Io non ero sorpreso più di tanto all'apprendere quella notizia. Erano due settimane che ero a conoscenza delle intenzioni di mio padre, ovvero uccidere Serena, e sentirlo uscire dalla bocca di qualcun altro non mi sorprese più di tanto.
-Hai le prove di ciò che dici?- chiese Serena con voce bassa, ma ferma.
-L'ho sentito discutere con qualcuno questa sera, ma non sono riuscito a riconoscerlo. Ionut progettava di uccidervi prima del matrimonio col principe Stefan, così il vostro regno sarebbe caduto in disgrazia. Ci sarebbero state guerre per il potere tra Vidrean e Von Ziegler e quando i due clan sarebbero stati troppo provati da queste continue lotte, allora Ionut avrebbe attaccato per conquistare tutto. Non voleva rispettare il patto!
-Hai le prove?- ripetei duramente, ma Alin scosse lentamente la testa.
-L'udienza si terrà tra un paio di giorni e sai già quale sarà la pena per questo reato.
Condussi Serena lontano dalle segrete. Non era abituata a tutta quella violenza e doveva essere piuttosto stanca e spaventata, così decisi di condurla in camera sua. Aveva bisogno di riordinare i pensieri e farsi un bagno caldo, ma quando ci trovammo nel corridoio principale del castello, mise una mano sul mio braccio.
-Ho bisogno di parlarti.- disse.
Mi trascinò in camera propria e ordinò alla guardia di allontanarsi per lasciarci da soli, in perfetto rumeno. Si sedette sul letto e mi restituì la giacca. Era davvero esausta.
-Noto con piacere che sei migliorata molto in rumeno.- dissi accennando un sorriso.
-Mi sono sforzata di imparare almeno le frasi necessarie per dare gli ordini alle guardie e alla servitù. Parolacce a parte, so solo poche frasi.- rispose con un'alzata di spalle.
-Ad esempio?
Mi disse qualcosa che aveva a che fare con la mamma e mi ritrovai a ridere; almeno aveva una buona pronuncia. Mi sedetti accanto a lei e sciolsi il papillon, immaginando già di cosa volesse parlarmi.
-I vampiri possono soffrire di disturbi mentali?- chiese tormentandosi le pellicine delle dita, vizio che aveva quando era nervosa.
-E' possibile, se passano tanto tempo senza bere sangue. Stai pensando a quello che ha detto Alin Vidrean, vero?
-Insomma... non ho avuto occasione di conoscere a fondo tuo padre, ma non penso che potesse arrivare a questo punto.
Mi ritrovai a ridere senza allegria. Non conosceva affatto mio padre ed ero contento che non l'avesse conosciuto.
-Ha ragione Alin: mio padre era un bastardo. E non mi sorprenderebbe sapere che avesse intenzione di ucciderti, ma non ce l'avrebbe fatta.- risposi, nascondendole in parte la verità.
-P-perché?- domandò sorpresa.
-Perché gliel'avrei impedito.
Ero totalmente sincero in quel momento, ma anche molto amareggiato. Potevo solo immaginare fino a che punto avrebbe potuto spingersi mio padre per accentrare il potere nel clan Lovinescu.
-E come? Uccidendolo? Ma era tuo padre.- protestò sorpresa.
-Sì, è vero, ma era molto, troppo assetato di potere. Non mi sorprenderebbe nemmeno sapere che dopo essersi sbarazzato di te, sarebbe toccato a me essere distrutto.
-Uccidere il proprio figlio? Come si può?- domandò basita.
-Sono solo il frutto di un matrimonio combinato. Mi ha addestrato come un guerriero, non mi ha cresciuto come un figlio. Io per lui ero solo uno strumento di guerra pari a un paletto, ma era mio padre e continuerò a rispettarlo, nonostante tutto.
Poteva anche essere quello il suo piano. Ero solo uno strumento per guadagnare il controllo su tre clan di vampiri molto potenti. Probabilmente dopo aver ucciso Serena, sarebbe toccato a me.
L'avevo sempre deluso e avevo cercato di renderlo orgoglioso di me per tutta la vita, eseguendo i suoi ordini in maniera impeccabile. Forse era quello il suo scopo: fare in modo che io diventassi una sua pedina nel vano tentativo di guadagnarmi il suo affetto, per poi essere eliminato quando non gli sarei più servito. Dovevo parlare assolutamente con Dimitri.
-A ogni modo- iniziò Serena. -ciò che ha fatto Alin non può restare impunito. Abbiamo la sua confessione e non mi pare che non beva sangue da tempo, quindi direi che l'indagine può finire qui.
-Sono d'accordo. Ora però mi conviene tornare al mio castello, domani sarà una giornata impegnativa tra la riunione del Consiglio e l'organizzazione del funerale.
-Perché non resti qui stanotte? Ti faccio preparare una camera.- propose.
Era così premurosa che quasi mi fece innervosire. Non avevo bisogno della sua pena. Quella serata era strana, perché la sua premura mi innervosiva?
-Non provare pena per me. È una cosa che non mi si addice e che non sopporto.
-Io non provo pena per te.- ribatté con sincerità. -E' solo che ti vedo molto provato e non ho intenzione di farti fare tutta quella strada adesso. Domani tornerai a casa e ti aiuterò, anche perché senza di me non riusciresti a fare molto.- aggiunse ironicamente facendomi ridacchiare.
-Come desiderate, principessa Serena.- risposi prendendole la mano e baciandogliela. -Buonanotte, mia principessa.
-'notte.
Una domestica mi condusse alla camera assegnatami e all'interno ci trovai Dimitri. Era una gioia rivederlo e andai ad abbracciarlo calorosamente.
-Stefan, ho appena saputo di tuo padre e sono corso subito qui. Stai bene?- domandò preoccupato.
-Sto bene.- borbottai sedendomi sul divano. -E' solo che... mi sento sollevato e non dovrei.
Dimitri mi guardò confuso e poi comprese. Si sedette accanto a me e mi mise una mano sulla spalla.
-Stefan, non hai niente da incolparti. Tuo padre non è stato uno stinco di santo, in particolar modo con te. Ti ha torturato nella mente e nel corpo per tutta la vita e...
-Non dirmi che è normale sentirsi così perché non lo è.- lo interruppi duramente. -Era mio padre. Nonostante tutto lui era mio padre. Dovrei essere dispiaciuto e invece...
Non riuscii a terminare la frase e mi presi la testa fra le mani. Dimitri mi dette un paio di pacche sulla schiena nel tentativo di consolarmi, ma fu inutile.
-Non pensarci. È normale. Chiunque si sentirebbe sollevato sapendo morto il proprio aguzzino. È vero, era tuo padre, ma non si è mai comportato come tale. So che penserai alle mie parole, ma non devi colpevolizzarti, chiaro?- affermò e io annuii, anche se non ero del tutto convinto.
Dimitri si alzò e mi guardò deciso.
-Ora passiamo alle cose serie. Ho scoperto che tuo padre voleva uccidere la principessa prima del vostro matrimonio. Voleva che si innamorasse di te ed è per questo che era così impaziente. Tolta di mezzo la principessa, i suoi regni sarebbero caduti nel caos e poi avreste potuto conquistare tutto facilmente. Il piano di riserva era ucciderla dopo il vostro matrimonio.- spiegò Dimitri e mi ritrovai a tirare un sospiro di sollievo.
Non avrebbe più potuto fare del male a nessuno, ma sapevo che le informazioni non erano finite lì.
-Quasi tutti i membri della tua famiglia che sono presenti nel Consiglio sanno di questo piano e faranno di tutto per portarlo a termine.- aggiunse.
-Ora sono io in carica e non permetterò che ciò accada. Vorrei anche che diventassi mio consigliere.
-E Lucian?- domandò sorpreso, ma onorato di quella proposta.
-Andrà a fare l'ameba da qualche altra parte.- risposi senza dargli troppa importanza.
-Il mio primo consiglio da consigliere, è quello di non sottovalutare Lucian. Ha l'appoggio di tutta la tua famiglia e anche se è stupido, sono certo che ha qualche carta coperta da giocare. Fa' attenzione.
-Grazie. Per tutto.- dissi accennando un sorriso.
-Puoi ringraziarmi presentandomi quella Erica di cui scrivevi tanto.- rispose ridacchiando.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11


Il giorno dopo fui sommerso dagli impegni. Gli impegni miei e di Serena si erano fusi insieme, dato che agli occhi di tutti eravamo ufficialmente fidanzati, anche se la facevo partecipare ben poco all'organizzazione del funerale. Era una cosa che dovevo affrontare da solo e non volevo nessuno che mi ronzasse intorno, nemmeno la mia principessa.
Da quando era morto mio padre, mi sentivo strano e cupo. Mi sentivo sbagliato. Ero libero e sollevato di sapere mio padre morto, ma era sbagliato. Non era un'emozione che si doveva provare alla morte del proprio padre.
Senza l'assistente di mio padre, Adrian, e a Wilhelm, Serena non sarebbe riuscita a raccapezzarsi tra i numerosi impegni che quel tragico (e liberatorio) evento aveva portato con sé.
Le prove contro Alin Vidrean erano schiaccianti e, com'era tradizione, sarebbe stato distrutto immantinente dai vampiri con la carica più alta, quindi me o Serena. Dato che Serena era inesperta e, soprattutto, molto sensibile a queste cose, mi ero offerto io di distruggere Alin. Quando le avevo riferito le mie intenzioni, Serena mi aveva guardato con uno sguardo colmo di gratitudine.
Il giorno del processo arrivò velocissimo e stavo aspettando che le porte della sala del castello Vidrean si aprissero e notai che Serena era piuttosto spaventata. Volevo dirle qualcosa per confortarla, ma a breve avrebbero aperto le porte e doveva mostrarsi coraggiosa davanti a tutti i presenti. Ne valeva della sua autorità e del rispetto che si era faticosamente guadagnata.
Le porte si aprirono e facemmo ingresso nella sala delle udienze. Come sempre, era gremita di vampiri che fremevano di impazienza. Non vedevano l'ora di vedere il sangue di Alin Vidrean macchiare il pavimento della sala delle udienze e per la prima volta in vita mia provai disgusto. Come diavolo potevano essere eccitati per una distruzione? Mesi prima mi sarebbe parso normale, ma dopo aver passato più di un mese lontano da quel mondo sanguinario, tutto quel fermento mi pareva insensato e stupido.
Ci sedemmo al lungo tavolo rialzato della sala, Serena alla mia destra. Mi alzai in piedi.
-Fate entrare l'accusato.

Alin Vidrean entrò nella sala delle udienze incatenato e accompagnato dalle guardie. Quell'essere viscido aveva ucciso mio padre, ma non riuscivo a non provare un minimo di gratitudine nei suoi confronti. Mi aveva reso strano, sbagliato e per questo gli riservai uno sguardo truce.
-Alin Vidrean, sei accusato della distruzione di Ionut Lovinescu, sovrano del clan Lovinescu. Ascolteremo la testimone oculare e solo dopo potrai parlare.- affermai.
Ascoltammo la testimonianza della domestica che aveva colto Alin in flagrante e io presi appunti per non dimenticare nessun dettaglio. I membri della giuria, in particolare quelli della mia famiglia, le porsero numerosissime domande e quasi tutte furono inutili o superflue. C'era chi aveva chiesto quanto sangue ci fosse nella stanza, che traiettoria avessero seguito le gocce di sangue e così via.
Terminata la testimonianza della domestica, fu il turno di Alin Vidrean parlare e ripeté parola per parola ciò che aveva confessato a me e Serena un paio di giorni prima. Quando accusò mio padre del piano che aveva in mente, tutti i presenti rimasero scioccati.
-Hai le prove di ciò che stai affermando?- chiesi pacatamente.
-Ve l'ho detto l'altra sera che non ho prove concrete, ma so cos'ho sentito. Ionut Lovinescu progettava di uccidere la principessa Serena ed era mio dovere di suddito devoto proteggerla.
-Se avevi il timore che Ionut Lovinescu stesse progettando di distruggermi, dovevi venire a riferirmelo immediatamente. Hai agito di testa tua e ciò che hai fatto è gravissimo.- disse Serena in italiano e Wilhelm si affrettò a tradurre in rumeno per i presenti.
-Vi avrebbe uccisa! Io... a meno che...- Alin guardò la giuria che aveva davanti a sé con occhi nuovi, ma in particolare posò il suo sguardo su di me. -A meno che il principe Stefan non fosse partecipe del piano. Lui sta complottando contro di voi, è come suo padre! Ciò che gli importa è il potere, non fatevi ingannare da lui!
Alin credeva veramente in ciò che stava dicendo, anche se aveva decisamente preso un abbaglio. Io non avevo intenzione di uccidere la donna che amavo e non sapevo nulla dei piani di mio padre, a eccezione di ciò che mi aveva riferito Dimitri.
Tutti i presenti iniziarono ad agitarsi a quelle accuse e un vociare alto invase la sala. C'era chi si insultava, chi ringhiava e chi urlava improperi contro Alin.
-Non fidatevi dei Lovinescu, è gente spietata e senza scrupoli! Vi prego principessa, fate attenzione!- urlò Alin spaventato come non mai.
-Silenzio!- tuonai alzandomi in piedi e tutti i presenti ammutolirono. -Non stiamo parlando di me o della mia famiglia. Ci siamo riuniti qui per punire la distruzione di Ionut Lovinescu, mio padre. Se questi erano i tuoi sospetti, dovevi andare a parlarne immediatamente con la principessa Serena, come ti ha detto lei stessa. Tutti noi siamo soggetti alla legge e questo reato non può restare impunito. Membri della giuria, siete a favore della distruzione immediata di Alin Vidrean? Alzate la mano destra se siete a favore.
Era ora di chiudere quella faccenda. Mi ero stufato e alzai all'istante la mano destra, rivolgendogli uno sguardo di fuoco. Pian piano tutti i membri della giuria alzarono la mano, a eccezione di Serena.
“Che diavolo ha intenzione di fare?” pensai preoccupato.
-Per quanto le tue intenzioni potessero essere nobili, hai sbagliato. È stato un enorme sbaglio e non può restare impunito.- disse decisa e alla fine alzò la mano anche lei.
Tirai internamente un sospiro di sollievo. Per un attimo avevo pensato che volesse concedergli la clemenza e non sarebbe stata una bella mossa. I Lovinescu e i Vidrean si odiavano abbastanza e non dovevano essere creati altri pretesti per aumentare l'astio che c'era fra noi.
Tutta la giuria era d'accordo. Alin Vidrean sarebbe stato distrutto immantinente. Mi alzai e chiamai i tre servi che avrebbero portato il paletto per le esecuzioni ufficiali, una ciotola d'acqua tiepida e un asciugamano rosso. Iniziai ad avvicinarmi, ma Lucian alzò una mano attirando l'attenzione di tutti.
-Che succede, Lucian?- domandai sospettoso.
-Forse dovrebbe distruggerlo la principessa Serena, dato che è un suo parente. Non vorrei mai che si creassero faide o fraintendimenti, viste le accuse che Alin Vidrean ha riportato verso Ionut e verso di noi.
Sbarrai gli occhi e riservai la mia attenzione a Serena. Era pietrificata. In apparenza sembrava avere una calma glaciale, ma la conoscevo abbastanza bene da sapere che era terrorizzata. Lucian l'aveva fatto apposta. Pensava che si sarebbe tirata indietro e sapeva bene che, se non voleva creare discussioni e perdere rispetto, doveva farlo.
Ricambiò il mio sguardo e la vidi alzarsi lentamente, dirigersi verso i servi e guardò il paletto per qualche secondo prima di prenderlo in mano. Serena posò il suo sguardo su Alin Vidrean, che la osservava orgoglioso.
-Sono onorato di morire per mano vostra, principessa.- sussurrò Alin in italiano. -Sono convinto che sarete una regina degna di vostro padre e vostra madre, vi prego soltanto di non abbassare mai la guardia.
-Mi dispiace.- la sentii sussurrare.
Afferrò il paletto e con un colpo secco lo piantò nel cuore di Alin. Questo spalancò gli occhi per il dolore e poi sorrise alla sua principessa. Cadde a terra con un tonfo, iniziando a macchiare il pavimento della sala di sangue.
Serena restituì il paletto al servitore, si lavò le mani con cura e il servo la aiutò ad asciugarsele. Nella sala non si udiva un solo fiato, tutti erano troppo sorpresi di averla vista compiere quel gesto. Tutti si aspettavano, anzi speravano che si sarebbe opposta, ma li aveva sorpresi tutti, compreso me.
Nello sguardo che Serena riservò allo zio, vidi una voglia matta di scappare il più lontano possibile da lì. Mi affrettai ad annunciare la conclusione del processo. Tutti si alzarono in piedi per uscire da lì e provai ad avvicinarmi a Serena, ma questa uscì dalla sala delle udienze a passo di carica.
Io e suo zio ci guardammo e mi affrettai a raggiungerla in camera sua. La trovai in bagno, intenta a lavarsi le mani con una foga tale da farsele arrossare. Guardava le mani con occhi vacui e privi di espressione. Era sconvolta.
-Serena...- la chiamai, ma lei non mi dette retta, continuando a lavarsi le mani come un ossesso.
-Serena, basta. Non hai più niente sulle mani, fermati.- dissi prendendole le mani e bloccandola.
Mi guardò confusa e solo dopo un po' sembrò ritornare in sé.
-Serena stai...
Prima che potessi finire la frase, Serena crollò sulle ginocchia continuando a guardarsi le mani, mentre le lacrime le rigavano il viso. Le scappò un basso singhiozzo e la strinsi a me nel tentativo di consolarla, ma il mio conforto ebbe l'effetto contrario. Si strinse a me come se fossi un'ancora di salvezza, piangendo e singhiozzando.
Vederla in quello stato mi fece malissimo. Mi ero imposto di proteggerla da tutto e da tutti, ma non ce l'avevo fatta. Lucian me l'avrebbe pagata cara per averla fatta soffrire.
-Mi dispiace davvero tanto. Dovevo essere io a distruggerlo, ma Lucian ha... voluto metterti alla prova.- sussurrai accarezzandole dolcemente la schiena.
Posai la testa sulla sua, cercando di farle da scudo con le mie braccia e lei mi strinse più forte. All'inizio sembrò calmarsi, ma la sentii tremare violentemente tra le mie braccia. Possibile che stesse avendo una crisi epilettica? Sembrava non avere più possesso del proprio corpo e mi preoccupai.
-Serena che ti succede? Serena guardami!
Non mi rispose. Riuscii a portarla in camera sua e a farla sdraiare sul letto. Corsi alla porta e vidi Wilhelm in fondo al corridoio, che parlava con un suo lontano parente.
-Wilhelm! Corri, presto!
Wilhelm corse in camera a perdifiato e osservò Serena per un paio di secondi, per poi riservarmi uno sguardo sospettoso.
-Che cosa sta succedendo?
-Non lo so. Stava piangendo e... ha iniziato a fare così.- spiegai in preda all'ansia.
I tremori cessarono e Serena si mise lentamente seduta. Restai di sasso. Aveva gli occhi completamente bianchi, come se fossero girati all'indietro e la cosa mi spaventò ulteriormente.
Serena guardò verso lo specchio e poi rivolse la sua attenzione a me e a suo zio, riservandoci un sorriso pieno di cattiveria pura che mi spaventò. Nulla riusciva a spaventarmi, nemmeno la furia di mio padre, ma quel ghigno ci riuscì.
-Tradimento!- disse con voce gracchiante e colma di cattiveria.
Non era la sua voce soave che aveva cantato “I dreamed a dream” e che diventava acuta quando era agitata. Quella era una voce proveniente direttamente dall'inferno.
-L'amore ci porterà alla distruzione. Tradimento!- disse.
Provai ad avvicinarmi, ma Wilhelm mi trattenne per un braccio. Quel movimento improvviso la fece scattare e Serena saltò con una forza e una velocità mai vista prima verso la parete opposta. Continuava a sorridere minacciosa e, non seppi come, sapevo che stava guardando me. Si leccò lentamente le labbra, come se fosse assetata.
-Spero che tu riesca a interpretare questo messaggio, Stefan Lovinescu. Da questo dipenderà la tua vita e il tuo futuro.
Scoppiò a ridere con cattiveria. Era una risata malata e malefica, molto inquietante. Alla fine cadde a terra esanime e io e Wilhelm ci affrettammo ad avvicinarci.
-Serena. Serena, rispondi!- la chiamai iniziando a scuoterla.
-Ci vorrà del tempo.- disse Wilhelm con una calma che mi fece innervosire. -Al momento non possiamo fare niente. Vai a chiamare i genitori di Serena e portali qui. Ci conviene metterci comodi, perché potrebbe non riprendersi per parecchie ore.
Non ci vidi più dalla rabbia e lo presi per le spalle ringhiandogli contro. La sua calma mi stava dando alla testa.
-Che cosa diavolo è successo a Serena?- ringhiai stringendo la presa.
Wilhelm fece una smorfia di dolore, ma non cercò di liberarsi.
-Lo spiegherò quando Serena si sarà svegliata. Non è niente di grave, credimi.
-Niente di grave? E quello lo chiami “niente di grave”?!
-Stefan.- disse con autorità e calma. -Ho già visto queste cose e fidati del mio giudizio. Credi che metterei la vita di mia nipote in pericolo?
No. Wilhelm non avrebbe mai permesso che capitasse qualcosa a Serena. Le era troppo affezionato per metterla in pericolo.
Allentai la presa fino a liberarlo e andai a chiamare i genitori di Serena come mi aveva detto. Anche loro chiesero informazioni a Wilhelm, ma rispose loro esattamente come aveva risposto a me.

Aspettammo tutta la mattinata e tutto il pomeriggio, ma Serena non accennava a riprendersi. Avevo toccato pochissimo cibo e avevo continuato a passeggiare per la stanza senza darmi pace per tutto il tempo.
Avevamo adagiato Serena sul letto e in quel momento mi ricordò “La bella addormentata nel bosco”. Il suo respiro lento e regolare era l'unico segno vitale che aveva dato per tutto quel tempo. Non aveva mai cambiato posizione o mosso gli occhi sotto le palpebre. Era come se fosse ibernata.
La sentimmo mugugnare e tutti e quattro ci affrettammo a raggiungerla.
-Finalmente. Stavo iniziando a pensare che non si sarebbe più risvegliata.- borbottai tirando un sospiro di sollievo.
Serena aprì gli occhi e ci mise un po' a mettere a fuoco i nostri volti.
-Come ti senti? Stai bene?- chiese Paola preoccupata.
-Cos'è successo?- domandò con la bocca impastata.
-Sei caduta a terra e...- iniziai a spiegare, ma Serena mi bloccò con un gesto della mano e dal suo sguardo intuii che si era ricordata ogni dettaglio.
-I vampiri possono essere posseduti?- ci chiese spaventata e suo zio sospirò.
-Non pensavo che potesse succedere anche a te.- affermò Wilhelm.
“Finalmente è arrivata l'ora delle spiegazioni. Se non sono convincenti, io...”
-Succedermi cosa? Non mi avrai nascosto altro sul mio conto, vero?- chiese Serena guardinga.
-No, assolutamente. Solo che non pensavo che tu potessi ereditare una... dote così straordinaria da tua madre.- spiegò Wilhelm, alzando le mani con fare difensivo e tutti lo guardammo confusi.
-Scusa se mi intrometto, ma di che dote stai parlando?- domandai.
-Immagino che tuo padre e i tuoi zii ti abbiano fatto studiare tutti i sovrani vampiri vissuti, compresi i tuoi genitori e i genitori di Serena.- rispose Wilhelm.
Mio padre aveva stabilito che Lucian mi avrebbe parlato di tutti i sovrani vissuti. Solo in quel momento capii perché mio padre l'avesse imposto: lui li aveva conosciuti quindi era decisamente più informato dei libri di storia. Sapevo vita, morte e miracoli di tutti i sovrani vissuti, in particolare dei Lovinescu e dei Vidrean.
-Sì, ma non capisco cosa c'entri questo con ciò che è accaduto a Serena qualche ora fa.- risposi stizzito.
Tutti quei giri di parole mi davano sui nervi.
-Astrid Von Ziegler ti dice qualcosa?- insistette lui.
-Ma cosa... oh.
In quel momento compresi cosa stesse cercando di dirci. Serena aveva ereditato un enorme potere da sua madre, un potere così raro che mi era sembrato quasi scontato che non ce l'avesse.
-La “Regina Veggente”.- aggiunsi.
-La regina cosa?- chiese Serena, guardando sia me che Wilhelm.
-Non ci credo.- sussurrò Andrea sbigottito. -Pensavo che..
Wilhelm annuì lentamente e osservò la nipote con occhi del tutto nuovi.
-Ho passato molto tempo con mia sorella, dopo che è diventata regina, e la prima crisi che ha avuto è stata identica alla tua, Serena. Disse che si sarebbe sposata con un sovrano rumeno, ovviamente non l'ha detto con la... cattiveria che hai avuto tu, perché era un avvenimento molto lieto. Quando nascesti tu, tua madre disse che lei e Marius stavano per essere distrutti da un vampiro e che dovevano metterti al sicuro il prima possibile, così ti affidarono a Paola e Andrea. Le predizioni non sono sempre esatte, un avvenimento può accadere il giorno stesso o dopo anni e solitamente sono confuse e senza un apparente senso logico. Solo chi ha tale potere può capire veramente il significato delle predizioni, mentre agli altri appaiono frasi prive di senso.- spiegò Wilhelm.
-E succederà sempre così? Mi si gireranno gli occhi, sembrerò posseduta e sverrò?- domandò la mia principessa preoccupata.
Se fosse stato così, quel potere l'avrebbe resa molto vulnerabile. Sperai vivamente che non fosse come diceva Serena.
-No, inizierai a controllarle col tempo. Capiteranno in ogni momento, ma almeno sarai cosciente e avrai il pieno controllo del tuo corpo. Ci vuole solo tempo.- rispose Wilhelm e Serena tirò un sospiro di sollievo.
-Prima di oggi- continuò Wilhelm. -non pensavo che questo potere potesse essere tramandato. È una cosa rara, molto, e fino a oggi solo una decina di casi sono segnati nella storia dei vampiri e ora tu sei l'undicesimo.
Ripensai alle parole della predizione e cercai di trovare un significato. Possibile che con la morte di mio padre la sua vita fosse ancora in pericolo? E l'amore cosa diavolo c'entrava? Era forse il mio amore a essere distruttivo?
-E i sogni? Posso avere dei sogni premonitori?- chiese a suo zio, ma nel suo sguardo vidi che stava nascondendo qualcosa.
-E' possibile, ma non si può sapere con certezza quali sogni siano premonitori e quali no e sono molto meno chiari delle visioni.- rispose Wilhelm.
-Serena, sai cosa possa significare ciò che hai detto?- le domandai e lei alzò le spalle.
-Non ne ho la minima idea, ma perché mi è venuto proprio in questo preciso momento?
-Può essere dato da un'emozione forte?- chiesi allo zio, ripensando al processo.
-Certo, succede sempre così, però prima deve capitare qualcosa che indebolisca la mente, come a esempio lo stress. Non ne sono sicuro, ma anche ad Astrid era successo esattamente come è capitato a Serena.- spiegò lui.
La fissammo contemporaneamente. Non riuscivo ancora a credere che avesse ereditato quel potere da Astrid. Ciò le avrebbe portato un gran vantaggio, ma sapevo che ci voleva tempo prima che imparasse a controllarlo.
-Ho bisogno di stare da sola e di rilassarmi e... smettetela di fissarmi, siete inquietanti.- disse Serena sciogliendosi i capelli.
-Qualcuno dovrà restare con te per questa notte, per evitare che tu sia sola nel caso tu abbia un'altra predizione. Dopo la prima bisogna stare attenti per un paio di giorni.- spiegò Wilhelm.
-Resterò io.- mi offrii prontamente. -Sempre che tu sia d'accordo.- aggiunsi guardando la mia principessa.
Volevo risollevarle il morale. Sapevo che stava ancora pensando al processo e avrei fatto di tutto per farle tornare il sorriso che tanto mi mozzava il fiato.
-D'accordo.- rispose lei.
-Per qualsiasi cosa vieni a chiamarci, okay?- disse Paola.
-Mi raccomando.- affermò lo zio.
-Tranquillo, la terrò d'occhio io.- risposi, mettendole una mano sulla spalla con fare protettivo.
Ci lasciarono soli, ma nessuno dei due sapeva cosa dire, così mi venne un'idea.
-Chiamo la cucina per farci preparare qualcosa da mangiare.- annunciai, prendendo il telefono che si trovava lì accanto.
-Veramente non ho tanta fame.
-Devi mangiare qualcosa, non puoi stare a digiuno. Vai a farti un bagno caldo e ti chiamerò quando arriverà la cena.- affermai con decisione.
Senza ulteriori proteste, si diresse in bagno e ci restò a lungo. Quel suo comportamento così docile mi preoccupò ulteriormente. Di solito avrebbe protestato, affermando che decideva lei che cosa fare, ma non in quel momento. L'esecuzione di Alin Vidrean doveva averla sconvolta più di quanto non avessi creduto e ciò fece crescere la rabbia nei confronti di Lucian.
Per evitare di girarmi i pollici per tutto il tempo, recuperai uno dei libri che c'erano sul comodino di Serena. Non perdeva mai occasione di leggere e quella cosa mi fece sorridere. Ero arrivato a pagina cinquantasei de “L'isola del tesoro” quando Serena si buttò sul letto a pancia in giù.
Posai il libro e mi avvicinai cautamente.
-Mi dispiace veramente tanto per oggi. Lucian me la pagherà cara.- affermai con voce dura.
-Non fa niente. Lascia perdere.- bofonchiò con la faccia ancora immersa nel cuscino.
-No, non lascio perdere.
-E perché?- domandò poggiandosi sui gomiti per guardarmi. -Ormai è fatta, quindi ti prego di lasciar correre. Ho dimostrato a tutti di potercela fare. Ho sbagliato a sfogarmi con te e ti prometto che non succederà più.
“Ma che diavolo sta dicendo?”.
La mia principessa non voleva essere protetta o difesa. Non era come le classiche principesse delle quali si leggeva nelle fiabe, che aspettavano un principe che venisse a salvarle. Lei voleva salvarsi da sola e non voleva chiedere aiuto a nessuno, anche se ne aveva bisogno.
Mi intenerii vedendo quanto continuasse ostinatamente a impedirmi di difenderla, ma quella volta non ce l'avrebbe fatta.
-Ma che cosa stai dicendo? Tu non hai visto la tua faccia. Eri sconvolta e continuavi a lavarti le mani come una forsennata.- protestai.
-Perché questo improvviso senso di protezione nei miei confronti?- domandò esasperata.
-Perché sei la mia fidanzata. Presto diventerai mia moglie ed è mio dovere proteggerti.- risposi con decisione.
Non era solo un mio dovere proteggerla, ma anche un mio desiderio.
-Non devi, so difendermi da sola.- ribatté sdraiandosi supina e fissando il soffitto.
-Sempre così testarda e indipendente, eh? Anche tu mi hai difeso.- dissi sorridendo.
-E da cosa?
-Da me stesso. Mi hai impedito di uccidere Alin e di condannarmi alla distruzione con le mie stesse mani. Se non ci fossi stata tu, oggi ci sarebbero state due distruzioni.
Era la verità. Se non fosse stato per lei, anche io sarei stato distrutto e il mio regno sarebbe caduto in disgrazia, con continue lotte per il potere e ulteriori uccisioni.
Un servitore bussò alla porta e portò due vassoi colmi di cibo, oltre che a una bottiglia di sangue.
-Ora niente storie e mangia.- ordinai ridacchiando.
-Va bene, papà.
-Mi considero di più un fratello maggiore.
-Che schifo, siamo incestuosi.- rispose fingendosi schifata e scoppiai a ridere di gusto.
La mia risata riuscì a contagiare anche lei e mi sentii meglio. Volevo vederla felice e avrei fatto di tutto per raggiungere il mio scopo. Volevo vedere il suo sorriso e sentire la sua risata ogni giorno della mia vita, perché ormai non riuscivo più a farne a meno.

Stavo dormendo placidamente sul divano della camera da letto di Serena, quando fui svegliato da un suo urlo disumano. Scattai immediatamente in piedi e corsi verso di lei preoccupato.
-Cos'è successo? Stai bene?- chiesi, ma lei ignorò del tutto la mia domanda.
Mi controllò come un ossesso, come se stesse cercando qualcosa e quando constatò che la sua ricerca non era andata a buon fine, posò le mani sulle mie guance e mi guardò con gli occhi lucidi.
-Stai bene.- sussurrò.
-Certo che sto bene, sei tu quella che...
Non terminai la frase perché Serena mi strinse a sé con fare protettivo. Era sollevata di vedermi stare bene, ma non ne conoscevo il motivo. Ricambiai l'abbraccio nel tentativo di tranquillizzarla.
-Mi spieghi cos'è successo?- le sussurrai all'orecchio.
-Ho sognato che ti uccidevo e che... ne ero contenta.- raccontò brevemente, arrossendo dalla vergogna.
Le vicissitudini di quella giornata erano ancora vivide nella sua mente e probabilmente aveva sognato che era stata obbligata a distruggermi. Cercai di risollevarle il morale.
-Da come ti sei svegliata, non mi sembrava che ti piacesse così tanto uccidermi.- constatai ridacchiando e facendola sorridere. -Stai meglio?
-Puoi dormire con me? Tanto il letto è grande abbastanza per quattro persone.
-In teoria dovremmo aspettare fino alla nostra notte di nozze.- risposi malizioso, ma la mia battuta mi fece guadagnare un piccolo schiaffo sul braccio.
Ridacchiai divertito e mi misi sotto le coperte accanto a lei, guardando intensamente i suoi occhi. Quel sogno l'aveva colpita nel profondo, ma ero riuscito a portare un po' di serenità nell'animo della mia principessa.
-Tirami un calcio e mi sveglio, d'accordo? Per qualunque cosa, svegliami.
Lei annuì e si coprì fin sotto il mento con le coperte. Era strano per me dormire con una ragazza, o meglio semplicemente dormire, ma a me bastava. In quel momento mi bastava essere vicino a Serena per stare bene e non avrei mai creduto che potesse succedere. Ogni volta che stavo con lei, mi sentivo leggero e potente.
Quello era l'amore e non pensavo che potesse essere così meraviglioso.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12


Nei quattro giorni successivi fui molto impegnato con l'organizzazione del funerale di mio padre. Serena mi era rimasta vicino e mi aveva aiutato in ogni modo possibile, come promesso, ma non volevo disturbarla più del dovuto. Volevo affrontare quella confusione emozionale da solo e lei dovette intuirlo, perché se le chiedevo di andarsene non ribatteva. Serena era petulante, ma sapeva rispettare gli spazi altrui ed era una cosa che apprezzavo molto.
Non avevo avuto tempo per riunire i membri più anziani della mia famiglia per affermare che Dimitri sarebbe diventato il mio consigliere, ma l'avrei fatto al più presto. In quei giorni, Dimitri mi rimase vicino moltissimo, aiutandomi proprio come avrebbe dovuto fare Lucian, che era il consigliere in carica. In quei giorni Lucian sparì quasi del tutto e i membri della mia famiglia mi riservavano sguardi scettici e guardinghi.
-Perché si comportano in modo così strano? E dove diavolo è finito Lucian?- chiesi un giorno a Dimitri.
Ci eravamo riuniti nello studio di mio padre e il mio primo ordine era stato di far sparire molte delle sue cose e di sostituirle con quelle di mia madre. Scrivania, poltrone, divano e tappeti erano stati sostituiti. Le armi e le librerie le avevo lasciate lì dov'erano sempre state. Sembrava quasi che avessi voluto eliminare mio padre dalla mia vita per avvicinarmi di più a mia madre.
-Si comportano in modo strano, soprattutto con me. Credo che pensino che io non eserciti una buona influenza su di te. Riguardo a Lucian sembra essersi vaporizzato.- rispose per poi grattarsi il mento pensieroso. -Stanno tramando qualcosa.
Sospirai massaggiandomi la radice del naso. Non era mai un buon segno quando i miei parenti si riunivano per pianificare qualcosa. Sperai che i loro piani, qualunque essi fossero, non avessero nulla a che fare con la mia principessa.
-Cerca di scoprire qualcosa. Ho bisogno di sapere che non hanno intenzione di fare del male a Serena.- dissi stancamente.
-Se posso permettermi, Stefan, ti consiglio di stare in guardia. Conosci la tua famiglia meglio di me e dovresti sapere di cosa sono capaci i tuoi parenti.
Era vero. Mio padre e Lucian non erano stati gli unici a divertirsi infliggendomi punizioni corporali. Quando mancavo di rispetto a qualcuno di loro, prima passavo per le mani di mio padre e mio zio e poi per le loro, anche se non raggiungevano mai la spietatezza e la forza delle punizioni di mio padre. La loro arma preferita, in particolare di Lucian, era un lungo bastone di una vecchia lancia. L'avevano usato così tante volte che non mi capacitavo di come non si fosse ancora spezzato, dopo tutti quegli anni di usura.
I miei parenti avrebbero avuto il coraggio di colpire il vampiro con la carica più alta? Ne dubitavo fortemente. Senza mio padre, non ci sarebbe stato nessuno che li avrebbe protetti e io non mi sarei fatto scrupoli a spedirli nelle segrete non appena avessero osato alzare un dito su di me.
-Non credo che possano essere una minaccia per me. Possono esserlo per Serena e non permetterò che le venga fatto alcun male.- risposi duramente, stringendo i braccioli della poltrona fino a far sbiancare le nocche.
-Fidati del mio giudizio. Sta' attento.- ribatté dandomi una pacca sulla spalla e uscendo dallo studio per assolvere al compito che gli avevo affidato.
Non gli detti retta e mi concentrai sui cambiamenti che avrei portato come principe e, in futuro, come re. Dimenticai una delle lezioni più importanti che mi aveva impartito Dimitri e che non perdeva occasione di ricordarmi: mai sottovalutare nessuno.

Arrivò il giorno del funerale e io non avevo chiuso occhio per tutta la notte. Continuavo a provare quel misto di sollievo, senso di colpa e rabbia che mi faceva stare male. Quelle emozioni mi avevano privato del sonno e mi sentivo particolarmente vulnerabile quel giorno.
Ero in camera mia che cercavo di annodarmi la cravatta, ma le mani sembravano non darmi retta. Avevo le dita rigide e la presa sulla cravatta era molto debole, come se le forze mi avessero abbandonato.
Non mi accorsi nemmeno della presenza di Serena, fino a quando non mi toccò la spalla. La guardai spaesato per qualche secondo, senza sapere perché fosse lì.
-Lascia, faccio io. Stai facendo un casino.- disse iniziando ad annodarmi la cravatta.
Era lì perché eravamo fidanzati e perché a breve ci sarebbe stato il funerale di mio padre. Quella battuta innocente mi fece sorridere.
-Potrei abituarmi a tutte queste attenzioni.
-Tu riprenditi il prima possibile, perché non voglio farti da balia per il resto dei miei giorni.- ribatté e ridacchiai divertito.
Il suo umorismo riusciva a mandare via la mia tempesta interiore per qualche minuto. Lei riusciva a mandare via tutte le mie preoccupazioni.
Le sistemai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e la guardai negli occhi intensamente. Mi dimenticavo sempre di quanto fosse bella e ogni volta che la vedevo mi sentivo strano, ma in senso positivo. Avevo voglia di baciarla, di dirle che ne ero innamorato e che volevo passare la mia vita sapendola al mio fianco.
-Serena... io...
Iniziai, ma qualcuno bussò alla porta e ci allontanammo di scatto contemporaneamente, come se avessimo appena compiuto qualcosa di sbagliato. La porta si aprì e Adrian entrò per riferirci che tutti gli ospiti erano arrivati.
Non ero lì con Serena per godere del tempo assieme a lei, ma per il funerale di mio padre. Perché non riuscivo a sentirmi dispiaciuto? Perché non facevo altro che pensare a Serena? Al funerale di mia madre non era stato così, anzi avevo pianto per giorni e avevo sfogato tutta la mia rabbia e il mio dolore in ogni modo possibile.
Ritornai ad avere la mia maschera glaciale di strafottenza e impassibilità. Era giunta l'ora di compiere il mio dovere.

Dopo che tutti ebbero dato l'ultimo saluto a mio padre, entrai nella sala e presi posto davanti a un pulpito. Dissi sì e no un paio di frasi di circostanza, anche se quello che avrei voluto dire era ben diverso.
“Sei stato un padre di merda, per usare il linguaggio della mia fidanzata. Ho sempre fatto di tutto per avere la tua approvazione, ma non hai fatto altro che umiliarmi e malmenarmi assieme a quell'idiota di Lucian, che tra l'altro non è nemmeno tuo fratello; lui è un bastardo nato da una scappatella. Sono sollevato di vederti davanti a me in questa bara lucida, con un foro nel petto. Spero che ci sia un posto per te all'inferno e che tu soffra per tutta l'eternità il doppio di quanto tu mi hai fatto soffrire per venticinque anni. Sono un figlio degenere, lo so, ma questo è ciò che penso anche se è sbagliato.” pensai dopo che ebbi richiesto il minuto di silenzio.
Sei servi chiusero la bara e se la caricarono sulle spalle, iniziando a dirigersi fuori dalla sala, verso il mausoleo di famiglia, accompagnati dalle campane che suonavano a morto. Iniziammo a seguire il feretro. La neve che era caduta quella notte imbiancava ogni cosa. Era presto per la neve, ma eravamo sulle montagne e le temperature erano diverse da quelle dell'Italia.
Giungemmo alla radura nella quale si trovava il mausoleo dedicato ai re e alle regine Lovinescu e i servi sistemarono la bara nel loculo, vicino a mia madre. Sapevo che non era contenta di giacere per l'eternità accanto a quel demonio di mio padre, ma i posti dei loro loculi erano stati stabiliti fin dal giorno delle nozze.
Quando tutto fu terminato, i presenti iniziarono a tornare al castello e restammo soltanto io e Serena. Uscimmo dal mausoleo e mi sedetti su una delle panchine sistemate nel cimitero e mi sentii uno schifo. Non ero un figlio normale.
Sentii Serena muovere un passo in direzione del cancello del cimitero, ma non me la sentivo di restare da solo.
-Serena, potresti restare?- chiesi a voce bassa, quasi impaurito di un suo eventuale rifiuto.
Si strinse nel pesante mantello nero e si sedette accanto a me, dopo aver spazzato via la neve dalla panchina. Restammo in silenzio per qualche minuto.
Prima di conoscere Serena, avevo snobbato e schifato sia i Vidrean che i Von Ziegler. Ero convinto che i Lovinescu fossero il clan di vampiri più potente del mondo e che quei due clan non fossero degni della mia attenzione, ma mi resi conto di quanto mi ero sbagliato. Avevo rispettato Astrid e Marius perché obiettivamente erano stati degli ottimi sovrani, ma non ero mai andato a rendere loro omaggio. Avrei dovuto farlo, quantomeno per ringraziarli di avermi dato Serena e per dire loro che dovevano essere fieri della loro figlia. Sarei andato al mausoleo dei Vidrean il prima possibile. Astrid aveva insistito per farsi seppellire nel mausoleo col marito e lei era l'unica persona estranea al clan Vidrean a essere sepolta con lui. Anche nella morte non volevano restare separati.
-Mi ricordo dei tuoi genitori, anche se avevo solo due anni. Erano splendidi, regali e fieri, ma quando mi videro mi sorrisero amorevolmente. Mia madre mi aveva spinto verso di loro, Astrid si era inginocchiata davanti a me e mi aveva fatto vedere cosa stringeva fra le braccia: tu. Mia madre aveva detto "Stefan, questa è la tua futura sposa". Marius mi aveva guardato serio e mi aveva detto "Mi raccomando, proteggila da tutto e da tutti, così come faremo io e sua madre per sempre. Lei è la mia principessa e non permetterò che le succeda nulla di male".- Feci una breve pausa e la guardai negli occhi. -Farò come mi disse quel giorno tuo padre, te lo prometto.
-Perché mi stai dicendo tutte queste cose?- chiese confusa.
-Non lo so.- risposi facendo spallucce.
Volevo che Serena avesse una bella immagine dei suoi genitori. L'avevano amata fin dal primo momento e non avevano mai smesso. Lei era stata circondata dall'amore per tutta la vita, mentre io solo per poco tempo. Pensavo di aver dimenticato le sensazioni che dava l'amore, ma con Serena lo stavo riscoprendo.
Volevo che Serena pensasse ai suoi genitori provando un misto di dolcezza e nostalgia, non di liberazione e ilarità come lo provavo io nei confronti di mio padre.
-Mia madre e tua madre iniziarono da subito a progettare le nostre nozze. Fecero comunella.- continuai sorridendo e ricordandomi quel giorno con chiarezza. -Invece io volevo solo disegnarti la faccia con i pennarelli.
Serena scoppiò a ridere di cuore e la sua risata cristallina riuscì a contagiarmi e risi anche io.
-Eri malefico già a due anni.- disse ridacchiando.
-Mi ricordo anche che mia madre, per farmi stare buono, si era messa a cucinare i papanasi, il mio dolce preferito. Era strano che una regina cucinasse, ma mia madre era fatta così.- aggiunsi e a ripensare a lei mi fece ritornare in mente l'ultimo ricordo che avevo.
-Eravamo andati a fare una passeggiata nei boschi, io e mia madre. Era primavera e volevo raccoglierle qualche fiore per farla felice. Mia madre si blocca e mi dice di andare a nascondermi su un albero e di non fare rumore.- raccontai, cambiando i tempi verbali.
Mi sembrava di essere tornato là nella foresta, all'età di sei anni.
-Arriva la folla, la circonda e inizia a colpirla con bastoni, pietre e a spararle contro con i fucili. Lei non emette un lamento. E' una regina dopotutto. C'è sangue ovunque e prima che le infliggano il colpo mortale, mi guarda con occhi pieni d'amore e mi sorride. Non appena la folla inferocita se ne va, scendo dall'albero e la chiamo, la scuoto, ma lei non si muove. Provo a pulirle la faccia dal sangue, provo a svegliarla, ma lei non apre gli occhi. Poggio la testa sul suo petto, cercando il battito del suo cuore, ma non c'è. Cala la notte, fa freddo, sono stanco e ho fame, ma non voglio lasciarla lì. Sento i lupi avvicinarsi, ma non scappo. Io...
Serena mi prese la mano e io sbattei le palpebre un paio di volte. Non avevo raccontato a nessuno quella storia, a eccezione di mio padre che mi aveva chiesto i dettagli della morte di mia madre. Sapevo che quella storia la conoscevano tutti, ma non ero di certo stato io a raccontarla in giro.
Posai il mio sguardo su di lei e sospirai stancamente.
-Ricordala come una regina forte e una madre amorevole, d'accordo?- disse la mia principessa nel tentativo di consolarmi.
-Non capiterà mai più una cosa del genere, te lo prometto.- affermai con decisione.
Non avrei mai permesso che Serena fosse uccisa da una folla inferocita. L'avrei protetta a ogni costo e sarei morto felice sapendola viva e al sicuro.
-Forza, torniamo al castello. Ho le chiappe che sono diventate due ghiaccioli.- disse cercando di sdrammatizzare e ci riuscì, perché mi fece sorridere.

Il giorno dopo ritornai a Torino con Serena e la sera mi obbligò a uscire con loro, anzi mi trascinò letteralmente. Non mi sentivo in vena di festeggiamenti, anzi avevo voglia di stare da solo con i miei pensieri. Sapevo che Serena l'aveva fatto per provare a distrarmi e a non farmi pensare a mio padre, ma avrei voluto che non l'avesse fatto.
-Cosa facciamo per Halloween?- chiese Erica col suo solito limoncello in mano.
-Non ne ho idea.- ammise la mia principessa.
“Che bello festeggiare la festa di Ognissanti vestendosi con costumi ridicoli. Spero che a nessuno venga l'idea di vestirsi da Dracula.” pensai annoiato.
-Possiamo andare in discoteca.- propose Marika.
“Sì, certo. Non vedo l'ora di agitare il mio corpo a ritmo di musica rumorosa in mezzo a persone con la mente annebbiata dai fumi dell'alcol e dalla droga. È il mio sogno!” pensai sarcastico, ma fortunatamente l'idea fu scartata da tutti.
-Andiamo a fare “dolcetto o scherzetto”.- affermò Renzo scherzoso, facendo ridacchiare tutti gli altri.
-Come minimo ci tirano dietro le ciabatte o ci rincorrono col battipanni.- rispose Francesco.
“Probabilmente appena arriverò a casa mi picchierò da solo.”.
-Potreste venire da me.- dissi.
-No, ci sarebbero i miei genitori a controllarci, visto che siamo sullo stesso pianerottolo.- rispose Serena.
-Ho un cottage in montagna, non molto lontano da Aosta.- ribattei.
Tutto il gruppetto mi guardò a occhi sbarrati, troppo sconvolti per credere che avessi messo a disposizione la mia casa per una stupida festa alla quale avrebbero partecipato anche dei mezzosangue.
-Che c'è? Avete bisogno di un posto dove festeggiare e mi sembrava una buona idea, non va bene?- domandai.
-No, no! È un'idea splendida!- rispose Erica, stampandomi poi un bacio sulla testa con tanto di schiocco.
Rimasi ghiacciato a quel gesto, perché non mi aspettavo che tra amici si facesse. Si poteva fare?
-Grazie, nostro salvatore. Te ne saremo sempre riconoscenti.- aggiunse fingendo di inginocchiarsi davanti a lui.
Scoppiammo tutti a ridere, me compreso, per la teatralità della scena. Serena estrasse un quaderno dalla borsa, pronta a scrivere piatti e bevande.
-Io porto il limoncello e la sangria.- affermò Erica immantinente.
-La sangria è il sangue, così non destiamo sospetti agli umani.- si affrettò a spiegarmi la mia principessa.
-Idea geniale.- risposi sorridendo senza allegria.
Era davvero un'idea geniale, ma avevo continuato a sentirmi strano dalla morte di mio padre. Non riuscivo a tornare alla normalità e ciò mi impediva di essere di buon umore.
Quando si furono spartiti piatti e bevande (a me non lasciarono portare niente, perché avevo già messo a disposizione la mia casa) tornarono a casa soddisfatti. Cercai di non far intuire a Serena che fossi ancora malinconico, se non di più rispetto all'inizio della serata perché non volevo farla preoccupare.

Il giorno dopo mi stavo allenando con delle daghe, come facevo sempre ogni sabato mattina, quando suonò il campanello. Aprii la porta e mi ritrovai davanti un Dimitri sorridente.
-Che ci fai qui?- chiesi sorpreso.
-E' così che si accoglie un amico? Che educazione.- affermò fingendosi offeso e io ridacchiai.
Ci scambiammo un vigoroso abbraccio e lo invitai a entrare.
-Però! Vedo che non scherzavi riguardo all'arredamento del tuo appartamento.- disse guardandosi intorno meravigliato.
-Preferisco il castello.- risposi prendendo due calici di vetro e versando un po' di sangue in ciascuno, sotto lo sguardo sbigottito di Dimitri.
-Mi stai veramente servendo del sangue?
-Vedi forse qualche domestica che può farlo al posto mio?- domandai allargando le braccia.
-Non dirmi anche che hai imparato a piegare le mutande?- mi canzonò e io sorrisi.
-No, per quello ho assunto una signora delle pulizie. Posso abbassarmi a servire un po' di sangue, ma non piegherò mai la biancheria.- risposi facendo ridere il mio amico.
-Allora, perché sei qui?- chiesi sorseggiando un po' di sangue.
-Non posso fare visita a un mio caro amico?
-La faccenda puzza di bruciato. Allora?
Dimitri sospirò e si passò una mano fra i corti capelli. Aveva l'aria esausta, come se non dormisse da parecchio tempo. Estrasse dalla tasca dei pantaloni un volantino e me lo porse.
-Lascio a te le conclusioni.- sussurrò adirato.
Aprii il foglio e vidi che era un volantino che riportata la scritta “ricercato, vivo o morto” e il suo ritratto. La ricompensa era di sessantottomila e cinquecento lei circa, più o meno quindicimila euro.
-Perché? Che cosa è successo? Solo ieri ero in Romania e oggi vedo spuntare fuori questo. Non capisco.
-Stefan, c'entra Lucian. Mi ha accusato di essere una spia della famiglia Vidrean e mi ha messo contro tutti i Lovinescu. Credo che una domestica abbia trovato tutte le informazioni che mi avevi richiesto in camera mia e che sia andato a consegnarle subito a Lucian. Ha preso la palla al balzo, soprattutto dopo aver scoperto che vuoi farmi diventare tuo consigliere.
-Non ci credo.- sussurrai sgomento.
“Perché diavolo mi sorprendo ancora di ciò che può fare Lucian? Sono anni che lo conosco e dovrei sapere fino a che punto si può spingere per il potere.” pensai.
-Credici. Quando ha ordinato di arrestarmi, io ero nella foresta. Fortunatamente sto simpatico ad Adrian e mi ha contattato non appena è venuto a conoscenza del mio mandato d'arresto. Sono scappato subito, senza passare a recuperare niente. Devo sparire per un po'.- spiegò velocemente Dimitri.
Lucian avrebbe pagato anche per quel gesto. Non poteva ordinare di arrestare qualcuno senza il mio consenso. Ero io a regnare sul clan, ero io che avevo il potere di incarcerare qualcuno o meno.
-Stefan, conosco quella faccia.- esordì interrompendo il filo dei pensieri. -Non ti daranno retta. Ora che tuo padre è morto, tutti considerano Lucian come loro sovrano.
-Se è così, allora penserò prima a nasconderti e poi ad andare lì e a far arrestare Lucian per alto tradimento.- affermai deciso.
Avevo già in mente dove mandarlo e sapevo anche a chi affidarlo. Cercai in rubrica il numero e attesi che rispondesse.
-Pronto?
-Erica, sono Stefan. Ho bisogno di un grosso favore, ma mi devi giurare che Serena non verrà mai a saperlo.
-Dipende da che favore si tratta. Sarò da te fra dieci minuti e vediamo che posso fare.- rispose per poi attaccare.
Puntuale come un orologio svizzero, Erica si presentò alla mia porta e mi affrettai a farla entrare.
-Serena sa che sei qui?- chiesi un poco agitato.
-No, ma sono curiosa di sapere perché ti serve il mio aiuto.- rispose guardinga.
-Non c'entra nulla con Serena o con i suoi clan, ma con il mio. So che la famiglia Berti è molto abile a scovare le persone tanto quanto a nasconderle. Non per niente siete sempre stati i cacciatori di taglie del clan Von Ziegler, ma avrei un grosso favore da chiederti.- dissi utilizzando il mio tono autoritario e conducendola in salotto, dov'era seduto Dimitri. -Lui è il generale Dimitri Petrescu, nonché un mio caro amico. A breve sarebbe diventato il mio consigliere, ma...
Le spiegai tutta la storia per filo e per segno, senza tralasciare nulla. Sapevo che di Erica ci si poteva fidare e, se la questione non avesse toccato Serena, mi avrebbe dato più che volentieri una mano. Le dissi che ovviamente l'avrei pagata per il disturbo, ma lei scacciò le mie parole con un gesto della mano.
-Lucian non mi piace per niente. Lo nasconderò a dovere fino a quando non risolverai la questione. Il mio pagamento sono le informazioni.- disse Erica con una serietà che non le avevo mai visto addosso.
-Informazioni?- domandò Dimitri confuso.
-Sì, esatto. Sono al servizio della principessa e lei è la mia priorità, non soltanto perché è il mio sovrano.- rispose con uno sguardo eloquente.
Dimitri mi guardò e in quello sguardo lessi un secco e mastodontico “NO”, ma non avevo scelta. Io non avevo nulla da nascondere e presto io e Serena avremo unito le nostre famiglie. Erica voleva essere pagata con le informazioni? Bene.
-Siamo d'accordo allora. Dimitri ti dirà tutto ciò che vuoi sapere.
-Ma sei pazzo?- chiese il mio amico.
-Dimitri, non ho niente da nascondere, quindi puoi benissimo rispondere alle sue domande. Preferisco saperti al sicuro piuttosto che braccato come una volpe dalla mia famiglia.
Dimitri mi rivolse uno sguardo commosso. Non si aspettava che avrei fatto di tutto per lui, ma lo consideravo parte della famiglia, una vera famiglia, e non l'avrei lasciato a se stesso.
-Quando potete partire?
-Stanotte. Lo porterò in un bellissimo posto provvisto di tutti i comfort e mi assicurerò che stia bene, promesso.- spiegò Erica facendomi l'occhiolino.
Andai in camera mia e recuperai dalla cassaforte posta nell'armadio venticinquemila euro. Sperai che gli bastassero. Li misi in una borsa e gliela porsi senza troppe cerimonie. Dato che aveva lasciato tutto al castello, supposi che avesse con sé solo i documenti.
-Comprati un computer nuovo e fammi sapere quando sei arrivato.- gli ordinai.
Ci abbracciammo velocemente ed Erica lo spedì ad accendere la macchina.
-Non rischia di...
-Calmati, mio dolce principe.- rispose canzonandomi. -E' lui il Dimitri che dicevi?
Un sorriso mi spuntò sulle labbra senza che me ne rendessi conto e io annuii.
-Be', niente male per un vecchietto di sessant'anni. Lo controllerò molto da vicino.- aggiunse facendomi un secondo occhiolino e io ridacchiai.
-Grazie davvero, Erica. A sapere di questa cosa siamo solo noi tre.
-E così deve restare. Ci vediamo alla festa di Halloween.

Quello stesso giorno mi recai nuovamente in Romania. Non potevo accettare che venisse fatta una cosa del genere a Dimitri. Era il momento della resa dei conti con Lucian.
Non appena misi piede nel castello, ordinai di riunire tutti i membri più anziani della nostra famiglia e neanche mezz'ora dopo, eravamo seduti al tavolo della sala delle udienze. Tutti i miei parenti mi osservavano con un misto di curiosità e fastidio, come se avessero avuto qualcosa di meglio da fare che stare lì.
-Dov'è Lucian?- chiesi duramente, accorgendomi che non era ancora arrivato.
-Ha delle faccende da sbrigare.- rispose Octavian.
-Non mi interessa. Guardie, andatelo a prendere e portatelo qui.- ordinai.
Le guardie tentennarono, ma quando videro il mio sguardo di fuoco si affrettarono a eseguire. Pochi minuti dopo, Lucian varcava la porta della sala con un ghigno malefico stampato sul volto.
-Allora, cosa c'è di così importante da scomodarci tutti?- domandò con spavalderia.
Estrassi il volantino dalla tasca e lo lanciai in mezzo al tavolo, in modo che tutti quanti potessero vederlo.
-Voglio una spiegazione e dev'essere convincente.
Lucian mi guardò e il ghigno si allargò. -E' un traditore. Ha raccolto numerose informazioni su tutti noi e sono convinto che volesse consegnarle ai Vidrean.
-Sono stato io a ordinarglielo.- risposi e numerosi sussurri animarono i partecipanti di quella riunione.
-E perché? Diffidi di noi?- chiese Lucian con irritazione.
-Volevo sapere perché avevate da confabulare con mio padre.
-La faccenda non ti riguarda.
-Non mi riguarda? Lucian, stai dicendo che non riguarda me, che sono il principe e il vampiro con la carica più alta qui dentro?!- ringhiai adirato e Lucian si alzò dalla sedia.
-No! Non ti riguarda! Sei uno stupido e non sei tagliato per fare il principe, perciò il comando spetta a me fino a nuovo ordine. Ho più esperienza di te e non mi sono preso una cotta per la principessa.- rispose con cattiveria, provocando un vociare sorpreso tra i presenti.
-Hai più esperienza di me perché non sei il fratello di mio padre. Hai duecento anni, eppure non sei mai salito al trono e sai perché? Perché la trisnonna di mio padre ebbe una scappatella con un discendente dei Vidrean, quindi sei un bastardo che non potrà mai salire al trono.- risposi con cattiveria e Lucian divenne paonazzo di rabbia.
-Adesso basta con queste fandonie! Credo che l'aver passato tanto tempo lontano da casa e dalla tua famiglia, ti abbia fatto dimenticare il rispetto che mi devi! Il rispetto che devi a tutti noi, che siamo i parenti più anziani! Guardie, tenetelo fermo.
Le guardie si avvicinarono a me tentennati, ma alla fine obbedirono agli ordini di Lucian e io rimasi sbalordito.
-Lasciatemi immediatamente o vi faccio arrestare per tradimento.- minacciai, ma non mi ascoltarono.
Lucian prese una lancia da una delle armature che ornavano la sala e, usando il manico del bastone, iniziò a colpirmi su petto e gambe, evitando accuratamente la faccia. Era più debole di mio padre, ma riuscì comunque a farmi un gran male.
Non riuscivo a credere che le punizioni sarebbero continuate anche con la morte di mio padre. Pensavo di essere finalmente libero e di avere la mia vita nelle mie mani, ma mi ero sbagliato. Dovevo fare i conti con Lucian, che aveva un buon ascendente su tutti i membri della nostra famiglia.
-Che ti serva da lezione e ora torna dalla tua principessa. Deve innamorarsi di te per fare in modo che il nostro piano vada a buon fine.- ringhiò.
-Che piano?- domandai duramente.
-A tempo debito saprai ogni cosa, non avere fretta.- rispose sorridendo malignamente e i miei parenti fecero altrettanto.



Senza aggiungere altro, Lucian aveva ordinato di sbattermi in camera mia e assicurarsi che ci sarei rimasto fino al giorno dopo. Sapevo perché l'aveva fatto e ancora non riuscivo a credere che stessi permettendo che mi facessero questo. Avevano intenzione che ripensassi alle mie azioni e che mi convincessi che loro avevano ragione.
Ero stato educato a portare rispetto ai parenti più anziani e ancora non riuscivo a farmi accettare nel mio ruolo di sovrano. Ero una pedina nelle loro mani esattamente come lo ero stato nelle mani di mio padre. Con la sua morte non era cambiato niente.
Perché ero così succube? Perché ancora permettevo loro di malmenarmi a loro piacimento? Perché non mi ribellavo per difendere la mia principessa, che sapevo essere in pericolo?
Mi sentii un verme strisciante senza spina dorsale e fegato. Non avevo nemmeno il coraggio di far revocare il mandato di arresto contro Dimitri, come avrei potuto difendere Serena dalle loro grinfie? Ero un debole e non era per colpa dell'amore. Ero un debole perché non avevo la grinta di andare contro gli insegnamenti sbagliati che mi avevano inculato a forza per venticinque anni.
Ripensavo a questo, seduto sul letto in preda al dolore che il costato e le gambe mi infliggevano. Come potevo difendere la mia principessa se non ero in grado nemmeno di difendere me stesso?
Quello era essere deboli. Io ero un debole.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13


Evitai accuratamente Serena in ogni modo, ma sembrava impossibile. Non faceva altro che ronzarmi intorno, invitarmi a uscire con i suoi amici scalmanati e non riuscivo a starle lontano. Non vederla era una sofferenza per me e ogni volta che mi sorrideva, pensavo che avrei dovuto cercare un modo per liberarmi dalla presa di Lucian e riprendere il potere che mi spettava di diritto. Solo in quel modo avrei potuto proteggere Serena.
Arrivò la tanto fatidica festa di Halloween e io non avevo assolutamente voglia di festeggiare, ma non potevo tirarmi indietro all'ultimo. Ci eravamo messi in viaggio verso il primo pomeriggio, nella Panda claustrofobica di Serena. Durante il viaggio scoprii che avevano anche intenzione di mascherarsi, ma non avrei permesso che lo facessero anche a me. Non mi sarei fatto impiastricciare la faccia per assomigliare a uno zombie o peggio a un lupo mannaro, nostri acerrimi nemici e fortunatamente quasi del tutto estinti.
Dopo un paio d'ore di viaggio, arrivammo al cottage a Aosta e tutti rimasero meravigliati. Si affacciava su una radura coperta di neve candida, nonostante fosse ancora presto. Due meravigliose vetrate mostravano il salone con divano, televisore, camino in pietra e un pianoforte a coda nero; un'altra vetrata mostrava una lussuosa cucina (mai utilizzata) con un lungo tavolo in mogano.
-Caspita! Che bella casetta.- esclamò Marika guardandosi attorno con la bocca un po' aperta.
Li portai al piano superiore e mostrai loro le quattro camere da letto e il piccolo studio con un divano-letto, che avevo appositamente ordinato per quella serata.
-Questa è la mia camera, nelle altre potete sistemarvi come più volete.- spiegai senza troppo entusiasmo.
Non sarei stato l'anima della festa quella serata e non avevo nemmeno intenzione di esserlo.
Ridiscendemmo al piano di sotto e subito si misero a preparare le ultime cose per la cena, mentre io mi sedetti al pianoforte a suonare qualche pezzo a caso e a controllare la mia casella di posta elettronica.
Non avevo ancora ricevuto notizie da Dimitri e speravo che Erica avesse portato a termine il lavoro che le avevo affidato. Tirai un sospiro di sollievo quando vidi che Dimitri mi aveva scritto.

“Caro Stefan,
la tua amica Erica è un'ottima risorsa. Mi ha portato in una casetta a Vienna, non molto distante dal palazzo dei Von Ziegler e qui ho tutto il necessario per il mio sostentamento. Internet, televisione, un frigorifero colmo di leccornie e anche un altro frigorifero adibito solo alla conservazione di sangue. È una brava donna, molto simpatica e dedita alla principessa, alla quale è molto affezionata.
Il pagamento per i suoi servigi è già stato saldato. Mi ha chiesto informazioni sul possibile assassinio della principessa Serena e le ho risposto ciò che sai già, a eccezione di molti particolari. Non mi ha fatto le domande giuste e io ho risposto solo a quelle che mi ha fatto. Erica sa che tuo padre progettava di uccidere la principessa e basta. I dettagli li sappiamo solo io e te, anche perché non vorrei metterti in cattiva luce dicendole che sei a conoscenza dei suoi piani fin nei minimi particolari. Non mi crederebbe se le dicessi che ne eri all'oscuro fino a poco tempo fa, perciò meglio tacere e sperare che non mi faccia le domande giuste. Odio mentire e non lo farei nemmeno con lei.
Ho saputo che hai cercato di revocare il mio mandato di cattura, ma che Lucian l'ha negato. Adrian mi ha informato di tutto e mi dispiace di essere venuto a sapere che per te la situazione non è cambiata dalla morte di tuo padre. In questo caso, però, sei
tu che devi decidere se continuare a sottostare ai loro ordini oppure ribellarti e prendere il comando che ti spetta di diritto. Non farti remore solo perché condividete qualche goccia di sangue e parte del patrimonio genetico. Non è quella la tua famiglia.
Non sto cercando di spronarti a ribellarti solo per salvarmi la pellaccia, ma anche perché saremmo in due a essere braccati per l'eternità. Prendi in mano la tua vita il prima possibile, soprattutto per la tua principessa. Fai affidamento su Adrian, lui afferma che il potere spetti a te e non a un bastardo come Lucian. Lui è dalla tua parte, anche se in modo decisamente più discreto del mio.
Spero che sarai finalmente libero, Stefan, perché quella che hai provato fino a ora è solo un piccolo assaggio della
vera libertà.
Grazie per tutto ciò che hai fatto e aspetto una tua risposta il prima possibile, anche perché da solo mi annoio un po'.
Il tuo amico fuggiasco,
Dimitri.
PS: ci avevi visto giusto con Erica. È davvero un tipo interessante e proverò ad approfondire la conoscenza ;)”


Sorrisi a quella mail, ma non mi portò il buonumore. Per colpa della mia debolezza eravamo in tre a essere in pericolo, quattro se si contava anche Erica. Dovevo raccogliere il mio coraggio e riprendermi ciò che era mio, ma era più facile a dirsi che a farsi. Una battaglia interiore si stava compiendo nella mia mente e ciò non fece che portare ulteriore malumore.
Le ragazze iniziarono a rimproverare i ragazzi, a riprenderli per il lavoro pessimo che stavano svolgendo e li spedirono sul divano accanto al pianoforte. Iniziarono a parlare di cose che dire essere demenziali era un'elevazione. Facevano battute stupide come “Cosa fa uno sputo su una scala? Saliva. E una patata? Pure.” e iniziavano a darmi sui nervi.
“Ma quando la smettono di dire cose stupide e futili? Ma perché non mi lasciate in pace?!” pensai fulminandoli con lo sguardo.
-Pausa sigaretta?- propose Serena.
Erica, Renzo, Amanda, Marika e Serena uscirono fuori per andare a fumare e mi lasciarono con Simone, Dario e Francesco. Quei tre ebbero il buonsenso di non coinvolgermi più nelle loro discussioni e battute demenziali e mi lasciarono suonare il piano in pace.
Non avevo voglia di socializzare. Dovevo starmene per i fatti miei e riuscire a raccogliere il coraggio per prendere una decisione giusta. Il potere non spettava a Lucian, ma a me e decidere di riprendermelo era una scelta da sovrani giusti.
Quando tornarono dentro, ripresero i preparativi per la cena, che terminarono a sera tarda, e iniziarono quelli del travestimento. Fortunatamente non mi chiesero di travestirmi o il rischio di ricevere un morso si sarebbe concretizzato. Neanche Serena si truccò, fortunatamente, ma non riuscii a non osservarla attentamente. Quel vestito nero che mostrava metà delle cosce fasciate da delle calze, le braccia candide e il collo magro dal quale riuscivo a sentire l'arteria pulsare. Dovetti impiegare tutto il mio autocontrollo per non far uscire i canini dalle gengive.
Consumammo l'ottima cena in tutta tranquillità e poi passammo ai cocktail e ai giochi demenziali per passare il tempo. Giocammo a un gioco strano che si chiamava “io non ho mai”, nel quale veniva posta una domanda del tipo “io non ho mai bevuto sangue” e se si aveva compiuto quell'azione, bisognava abbassare un dito della mano. Abbassate tutte e cinque le dita, si doveva bere.
Il gioco passò da domande innocenti a domande piccanti e sbarrai gli occhi parecchie volte vedendo le dita di Serena che si abbassavano.
“Hai davvero fatto tutte queste cose?” credetti di pensare, invece lo dissi a voce alta.
-Ho avuto un ragazzo e non giocavamo a “Monopoli” tutte le sere.- rispose Serena come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo, mentre gli altri ridacchiarono divertiti.
Quel Mirko Almazi aveva osato mettere le mani su Serena. Si era spinto troppo in là sapendo perfettamente che lei era la mia promessa sposa! Non potevo accettarlo. Un'azione simile non poteva restare impunita.
Mi alzai di scatto facendo cadere la sedia e uscii con l'intento di andare a cercare quell'infimo essere e ridurlo in cenere. Serena mi seguì, come avrei dovuto aspettarmi.
-Dove stai andando?- chiese rischiando di scivolare sulla neve.
Si aggrappò al mio braccio, ma con uno scrollone mi liberai dalla sua debole presa.
-Che diavolo vuoi fare? Stefan Lovinescu, fermati subito!- ordinò col suo tono da principessa, che mi indusse a fermarmi.
Mi girai e la fulminai con lo sguardo, ma la mia furia non era riservata a lei. Lei aveva scoperto da poco di essere la mia promessa sposa, quindi non c'entrava nulla. La mia furia era per quel Mirko Almazi.
-Vado ad ammazzare Mirko Almazi per ciò che ha fatto.- risposi stringendo i pugni.
-Ma ti si è spappolato il cervello? Stai parlando sul serio? Solo perché è stato il primo vuoi ucciderlo?
-Vedo che hai capito perfettamente.
L'idea di sapere che qualcun altro aveva toccato la mia principessa mi faceva uscire matto. Serena mi guardò a occhi sbarrati, sconvolta come non l'avevo mai vista.
-Voi maschi siete tutti uguali per queste cose. Credete che la prima volta sia di vitale importanza, ma non è così. Non sto dicendo che non sia importante, ma per noi donne il più importante è l'ultimo.
-L'ultimo?- domandai confuso.
“Di cosa diavolo sta parlando?”.
-Sì, perché è l'uomo che scegliamo per la vita e dopo di lui non ce ne saranno altri. Tu per questa storia non hai fatto una tragedia greca, ma hai costruito direttamente tutto il pantheon. Che ti importa? Non sei innamorato di me e non devi metterti a fare il geloso per queste stronzate. E poi non fare il puro e casto, anche tu avrai avuto delle amanti, ma non ne faccio una tragedia perché è naturale e giusto. Anzi, scommetto che con quella Valerie te la sei spassata alla grande, nonostante ci fossimo già conosciuti e reggessimo la parte di perfetti fidanzatini!- mi urlò in faccia con rabbia.
Come poteva non aver capito che ero follemente innamorato di lei? L'avevano capito Dimitri, mio padre, Lucian e persino Erica, ma non lei. Ero diventato così bravo a nascondere le mie emozioni da essere riuscito a nascondere a Serena anche questo?
Dopo qualche millesimo di secondo, mi resi conto che Serena era gelosa tanto quanto lo ero io. Nonostante Valerie fosse una storia passata, lei continuava a essere gelosa. Non le ero del tutto indifferente.
-Cosa c'entra Valerie?- chiesi fingendomi confuso.
-Ammettilo. Ho visto che tra voi c'è qualcosa e sono anche convinta che te la sia spassata con lei, non è vero?- rispose irritata.
Anche lei avrebbe voluto distruggere Valerie, ma non l'avrebbe fatto perché, quel che cercava di dirmi, era che era una storia passata. Non avrebbe fatto una scenata di gelosia come l'avevo fatta io soltanto perché era il passato. Come ne avevo uno io, ce l'aveva anche lei.
-Hai ragione.- ammisi.
-E poi è da tutto il giorno che sei scorbutico e ombroso. Se non volevi che venissimo qui, bastava dirlo prima e avremmo trovato un'altra soluzione. Se vuoi che ce ne andiamo, dillo subito e faccio sgomberare la casa.- aggiunse stizzita.
Non potevo permettermi di reclamare alcun diritto su di lei. Non era giusto. Finché lei non avesse ricambiato i miei sentimenti, non avrei potuto fare niente. Ero impotente.
Ero stato così stupido da averle rovinato la giornata e anche la festa di compleanno a sorpresa che gli altri le avevano organizzato con tanta cura. Distruggevo ogni cosa che toccavo.
La guardai nei suoi occhi meravigliosi e sperai di riuscire a farle capire che ne ero innamorato, ma non ci riuscii. Mi sedetti sui gradini sospirando, alzando poi gli occhi al cielo per guardare le stelle.
Ero sbagliato, completamente sbagliato. Provavo le emozioni sbagliate per la morte di mio padre, mi comportavo in modo strano da allora e non facevo altro che far preoccupare e arrabbiare la mia principessa, per la quale desideravo solo la felicità.
-Ti chiedo scusa per il mio comportamento, è che... non lo so.- sussurrai.
-Sei ancora malinconico per tuo padre, vero?- ipotizzò e centrò il punto, quasi.
-Lo rispettavo ed era mio padre, ma proprio non riesco a essere dispiaciuto per lui e questo è...- mi interruppi senza sapere come finire la frase.
“Bello? Meraviglioso? Terribilmente sbagliato? Disgustoso?”.
-Ma per quale motivo? Se non te la senti di parlare, non sentirti obbligato.- mi incalzò.
-Lasciamo perdere. Ho già rovinato abbastanza la giornata a tutti ed è meglio tornare dentro. Stai congelando.
Quel semplice vestitino non la copriva dal gelo e stava tremando violentemente, un po' per la rabbia e un po' per il freddo supposi.
-Non c'è altro? Se vuoi sfogarti con me, puoi farlo. Ci sposeremo e saremo gli unici ai quali appoggiarci nei momenti di difficoltà.- ritentò e ciò mi fece sorridere.
Spostai il mio sguardo su di lei, sulle sue gote arrossate e sui suoi occhi luminosi.
-Sei molto dolce e non dovresti esserlo.
-Perché?- domandò inclinando la testa di lato come facevo io.
Quando cercava di punzecchiarmi lo faceva molto spesso, ma in quel momento mi fece ridacchiare.
-Perché sono un principe sanguinario e violento e potrei approfittarne.
“E perché non me lo merito”.
-Hai dimenticato di aggiungere che sei uno sparaballe e un Casanova da quattro soldi.
Scoppiai a ridere sollevato. Avrei dovuto parlare con Serena perché riusciva a farmi ritrovare il buonumore e a farmi vedere le cose da un altro punto di vista, ma non me la sentivo ancora di parlarle di mio padre.
Le posai la giacca sulle spalle, sperando che riuscisse a trovare un po' di calore.
-Comunque hai ragione. Ho piuttosto esagerato con questa storia è solo che... credo di essere un po' geloso.- ammisi in un sussurro.
-Stefan Lovinescu geloso? Non l'avrei mai detto.- mi canzonò amichevolmente.
“Credi che ti lasci vincere questo round? Mai.”
-Anche tu sei gelosa, ammettilo. Non ti va che qualcuno tocchi il tuo fidanzato.- risposi sorridendo.
-Non è vero.- obiettò, ma con voce acuta.
-Invece sì. Sei gelosa, soprattutto di Valerie. Ho visto come l'hai guardata a Vienna e pensavo che avresti potuto incenerirla col tuo sguardo.
-Ecco... ti stava un po' troppo incollata per i miei gusti.- ammise e io sorrisi vittorioso.
Era molto in imbarazzo, ma mi fece provare tanta tenerezza. Quindi qualcosa in lei suscitavo.
-Non parliamo più di questa storia, sei d'accordo?
-D'accordissimo.- convenne con me.
Mi persi a guardarla mentre cercava di ricomporsi dall'imbarazzo. Il suo sguardo vagava velocissimo sul paesaggio che avevamo di fronte e il suo respiro si fece via via più calmo.
-Non dovremmo rientrare? I tuoi amici saranno preoccupati.- suggerii.
-Finché ci sono Erica e il limoncello, hanno altro a cui pensare.- rispose facendomi ridere, perché sapevo che era vero. -Se devi parlare con qualcuno, vieni da me, chiaro? Io e le ragazze abbiamo spedito i ragazzi a tirarti su di morale con le loro battute demenziali, oggi pomeriggio.- aggiunse guardandomi intensamente negli occhi.
-Quindi se ne sono accorti proprio tutti?- chiesi.
-Stefan, l'aria intorno a te diventava più scura, come se risucchiassi la luce.
-Mi piace quest'immagine.- affermai dopo qualche istante di riflessione.
-Anche se non sembra, tutti quei ragazzi scalmanati dentro casa tua ci tengono a te ed erano molto preoccupati.
Ci credevo ben poco, ma con me si erano mostrati soltanto amichevoli, un po' timorosi all'inizio, ma sempre amichevoli e mai servili.
-Quindi è meglio se torniamo dentro, così si tranquillizzano. E poi c'è una cosa che devo fare.- dissi aiutandola ad alzarsi.
Tornati dentro al cottage, vedemmo Erica ballare “I'm a single lady”, canzone che conoscevo sempre grazie a lei, sotto le risate e gli incitamenti di tutti i presenti. Era visibilmente in balia dei fumi dell'alcol, ma quella scena mi fece ridere.
-Siete tornati! Ballate con me!- esclamò avvicinandosi.
Non seppi né come né perché, ma riuscì a coinvolgermi in quel ballo scoordinato, anche se muovevo solo la testa a ritmo di musica. Avevo voglia di divertirmi, non volevo più essere ombroso e scontroso, men che meno con le persone che non lo meritavano.
Erica provò anche a farmi fare lo spogliarello sbottonando i primi due bottoni della mia camicia, ma riuscii a impedirglielo mentre gli altri non facevano altro che ridere.
-E' mezzanotte.- annunciò Marika e tutti urlammo in coro “buon compleanno Serena”.
Serena ci guardò confusa, per poi ricordarsi che compiva gli anni quel giorno. La sua faccia me la ricorderò per tutta l'eternità.
-Mi dimentico le cose. Sto proprio diventando vecchia.- disse facendoci ridere.
Ricevette una montagna di libri e la vidi felice come una bambina nel paese dei balocchi. Terminato di scartare i regali dei suoi amici, fu il turno del mio e la vidi sbarrare gli occhi e andare in iperventilazione quando vide la scatolina di velluto rosso.
-Volevo dartelo alla festa del nostro fidanzamento, ma siamo stati interrotti. È appartenuto a mia madre e voleva che lo avessi tu.- spiegai.
Aprì la scatolina con le mani tremanti e vide l'anello che era appartenuto a mia madre, l'oggetto più prezioso che avevo. Era in oro bianco, con un solitario e quattro diamanti più piccoli ai lati.
-Stefan, io... non posso accettarlo. È appartenuto a tua madre, è troppo prezioso.
-Lei desiderava che lo avessi tu, quindi ti prego di accettarlo.- insistetti.
Ero contento che quell'oggetto così prezioso andasse a lei, in parte perché era il volere di mia madre e anche perché sapevo che ne avrebbe avuto cura.
La vidi tentennare, perciò presi l'anello e lo infilai al suo anulare sinistro.
-Buon compleanno Serena.- dissi dandole un leggero bacio sulla guancia, che la fece avvampare all'istante.
-Ora piango.- affermò Erica con gli occhi lucidi facendoci scoppiare a ridere.


La serata andò per il meglio e non mi ero mai divertito così tanto in vita mia. Il pensiero di mio padre era lontano e non mi provocava più quelle sensazioni contrastanti. Ero più sereno e guardavo le cose con uno sguardo diverso.
Dopo numerosi cocktail e tantissimo cibo spazzatura, Erica mise in tavola il dolce di Serena: i papanasi. Era un dolce che conoscevo perfettamente e non li mangiavo da anni, perché affermavo che nessuno si avvicinasse a quelli che preparava mia madre.
Quando furono portati in tavola, li guardai con un sopracciglio alzato.
-Papanasi?
-Quelli di Serena sono i migliori in assoluto. Abbiamo girato un sacco di negozi rumeni quando ce li ha fatti assaggiare, ma i suoi sono il top del top.- spiegò Francesco, il pasticcere autodidatta del gruppo.
-Lo sai che è il mio dolce preferito e che sono molto severo su questi, vero?- domandai a Serena scettico.
Serena si batté una mano sulla fronte con un po' troppa violenza, azione che le causò un bel segno rosso che durò quindici minuti. Si ricordò che le avevo parlato di quel dolce e di mia madre e andò immantinente nel panico.
-Okay, li butto.- disse spaventata, allungando le mani verso il vassoio, ma i suoi amici furono più svelti.
-Mai!- urlarono in coro, facendo scudo al piatto con le braccia.
-Sui papanasi non si scherza. Sarebbe un sacrilegio. Sul cibo in generale non si scherza!- la minacciò Erica, con la faccia sporca di zucchero a velo.
-Li proverò con piacere.- risposi prendendone uno.
L'avrei fatta contenta e le avrei detto che mi sarebbero piaciuti, anche se fosse stato il contrario. Non volevo che ci rimanesse male, ma quando li assaggiai mi bloccai e ritornai indietro di diciannove anni. Erano identici a quelli che era solita preparare mia madre. Tutte le emozioni, gli odori e i sapori che avevo provato in quegli anni, mi tornarono alla memoria come uno schiaffo, scaldandomi il cuore.
-Sono come quelli di mia... della mia infanzia. Come... hai fatto?- chiesi dandone un altro morso.
-Ho giocato un po' con le dosi e mi è venuto così. Davvero ti piacciono?- domandò ancora agitata e io annuii con energia.
-Se non gli fossero piaciuti, doveva andarsene fuori da qui all'istante.- esordì Erica a bocca piena.
-Ma è casa mia.- ribattei con un sopracciglio alzato.
-Fuori lo stesso, non mi interessa.
Scoppiammo a ridere e Serena mi ripulì la faccia con un tovagliolo. Non mi ero accorto di avere la bocca sporca.
-Sei uno sbrodolone.- mi canzonò e io le grugnii in risposta, ancora troppo sconvolto da quel dolce sapore che credevo perduto.
La festa proseguì per il meglio tra numerosi giochi, cocktail, sangue foto e risate. Non mi ero mai sentito così leggero come quella sera. I festeggiamenti si interruppero verso le cinque del mattino, quando decidemmo di andare a dormire e Serena era ubriaca, come tutti del resto. L'unico sobrio ero io, ma se gli altri si erano un po' ripresi prima di andare a dormire, Serena era ancora andata.
Per tutta la sera non aveva fatto altro che abbracciare tutti i presenti e dire quanto volesse loro bene. Era molto amorevole da ubriaca.
Mi era salita sulla schiena e mi aveva ordinato di portarla in camera in quel modo. Non seppi come non scoppiai a ridere numerose volte durante il tragitto.
-Siamo arrivati, puoi scendere adesso.- annunciai, ma lei mi ignorò e iniziò ad accarezzarmi e scompigliarmi i capelli.
-Hai dei capelli così morbidi e neri. Sicuro che non ti fai la tinta?- domandò ridacchiando.
-Serena scendi, devi andare a dormire.- risposi divertito.
-Ma io non ho sonno!
-Io sì.
-Pappamolle! E ti definisci pure un vampiro. Non sei per niente notturno.- affermò scuotendo la testa con vigore.
Mi sedetti sul letto nella speranza che si accasciasse sul letto, ma non successe.
-Sei così... così... abbraccioso.- affermò stringendomi di più.
“Come prego?” mi domandai ridacchiando.
Finalmente riuscii a liberarmi dalla sua presa ferra. Era decisamente forte per essere una donna minuta!
-Devo farti ubriacare di più.- ammisi ridacchiando.
-Non sono ubriaca, sono solo... allegra!- rispose con un sorriso a trentadue denti che mi fece scoppiare a ridere.
Le lanciai il pigiama.
-Cambiati, io vado a lavarmi i denti.
-Perché non mi aiuti?- chiese maliziosa.
“Tu non sai nemmeno quanto lo vorrei, ma non posso. È da ignobili approfittarsi di una donna con la mente annebbiata dall'alcol.” pensai.
-Sei grande e puoi farcela da sola. Io credo in te.- risposi cercando di non scoppiarle a ridere in faccia.
Uscii e andai a cambiarmi. Mi lavai i denti e mi assicurai che il mio alito non avesse un cattivo odore, dato che dovevamo dormire insieme. Con tutti i posti letto che erano disponibili in quel cottage, casualmente era capitata in camera con me. Immaginai che ci fosse lo zampino di Erica, ma la ringraziai mentalmente.
Ritornai in camera e notai che si era messa il pigiama al contrario. Mi misi nel letto accanto a lei, si avvicinò a me e poggiò la testa sul mio petto. Non seppi più cosa fare. Non mi era mai successo di dover fare le coccole a una donna. Anzi, non mi era mai capitato di dover fare le coccole a qualcuno.
-Serena? Ehm...
-Zitto e fammi le coccole.- disse prendendomi la mano e mettendosela sulla testa.
-E' un ordine, principessa?- chiesi sorridendo malizioso.
-Sì.- mugugnò inspirando a fondo.
-Ai vostri ordini.
Le accarezzai i lunghi capelli setosi e si addormentò in pochissimi minuti. Quando dormiva era così vulnerabile e la sua espressione si addolciva molto. Riuscii a mettermi più comodo e non si svegliò nemmeno in quel caso.
Riuscii ad addormentarmi soltanto alle prime luci dell'alba e non mi ero mai sentito così in pace come in quel momento.

Sentii una leggera pressione sul braccio e qualcosa di diverso da come l'avevo lasciata, così mi svegliai all'istante. Mio padre mi aveva abituato ad avere il sonno leggero per essere pronto a ogni evenienza, in particolare ai sudditi iracondi e vendicativi nei miei confronti che avrebbero provato a uccidermi nel sonno.
Vidi Serena rossa in viso, che cercava di liberarsi dal mio abbraccio.
-Buongiorno.- dissi sorridendo.
In risposta, Serena nascose il viso nelle mani per non farmi vedere quanto era imbarazzata.
-Che vergogna! Non abbiamo fatto... cose, vero?- domandò controllando ciò che aveva indosso e facendomi ridere.
-No, volevi solo le coccole, anzi mi hai ordinato di farti le coccole.- spiegai divertito e lei arrossì ancora di più.
-Che vergogna!
-Come ti ho detto ieri, se da ubriaca sei così, devi bere più spesso. Sei meno acida.
-Io acida?- domandò indignata, per poi tirarmi il cuscino in faccia.
-E' così che la metti?- domandai sorpreso.
-Non oserai...
Non terminò la frase che la colpii in testa col mio cuscino. In quei periodo non aveva fatto altro che lanciarmi oggetti innocui addosso ed era giunto il momento della mia vendetta. Iniziò una battaglia all'ultimo cuscino, tra risate e strilli divertiti. Non eravamo per niente regali, ma la cosa mi importò ben poco. Come diceva la mia principessa, lontano dagli impegni regali, lontano dal cuore.
La battaglia si interruppe quando cademmo dal letto, aggrovigliati nelle lenzuola. Scoppiammo a ridere divertiti e solo in quel momento mi resi conto che ero sopra di lei. Ci guardammo per lunghi momenti. Volevo proteggerla, volevo che mi amasse e volevo che sapesse che io l'amavo più della mia stessa vita. Quell'emozione mi spaventava e mi faceva sentire bene allo stesso tempo.
Avrei voluto baciarla e l'avrei fatto, se la porta della camera non fosse stata aperta da Erica e dagli altri.
-Svegliatevi che il sole è già alto!- urlò Erica.
Tutti i presenti ci guardarono sorpresi e noi due facemmo altrettanto. Era una situazione imbarazzante e stavo già pensando a come spiegare tutta quella situazione, ma Renzo mi anticipò.
-Ehm... i principi sono già all'opera per darci un erede, quindi è meglio togliere il disturbo.- affermò prima di chiudere la porta di scatto.
Un secondo dopo li sentimmo scoppiare a ridere e vidi Serena arrossire nuovamente.
-Ci conviene andare a fare colazione con loro, prima che pensino male. E poi c'è il tuo onore da difendere.- affermai.
-Loro stanno già pensando male. Aspetta e vedrai.
Scendemmo in cucina e gli amici di Serena ci accolsero con esulti e applausi.
-Come lo chiamerete?- chiese Marika.
-Quanti ne volete?- domandò Amanda.
-Se sono gemelli?- chiese Erica.
-Non siete riusciti ad aspettare fino alle nozze, eh? Porcellini...- disse Renzo.
Ci avevano rivolto tutte quelle domande così velocemente che ero confuso e per la prima volta in vita mia, non seppi che dire.
-Piantatela.- rispose Serena con voce acuta e il viso in fiamme, facendo nuovamente scoppiare a ridere tutti i presenti.
Ci presero in giro per tutto il tempo, compreso durante il viaggio di ritorno, ma non mi sentii infastidito. Mi stavo abituando a tutte quelle nuove emozioni, relazioni e a tutta quella serenità e non volevo rovinare tutto. Quelle numerose novità, mi facevano stare bene e in quel momento capii perché Serena avesse così tanto a cuore la propria libertà.
Era molto più coraggiosa di me e l'ammirai moltissimo.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14


Per tutto il mese successivo non feci altro che cercare di riprendere ciò che mi spettava di diritto, ma i consensi che aveva raccolto Lucian me lo impedivano. Nessuno mi dava ascolto, nemmeno le guardie e il mio unico alleato in Romania era Adrian.
Adrian obbediva agli ordini di mio zio, ma lo faceva con un certo astio. Se erano ordini come chiamare per avere il pranzo o annunciare un ospite, lo faceva senza battere ciglio, ma se erano ordini riguardanti impegni regali, i miei impegni regali, cercava di mettere i bastoni tra le ruote in ogni modo possibile.
Un giorno, dopo aver tentato di riprendere il potere ed essermi preso numerose bastonate per l'ennesima volta, avevo chiesto ad Adrian perché non obbedisse e basta. La sua risposta mi aveva lasciato spiazzato.
-Dovete essere voi a sedere sul trono di vostro padre e non lui. Tutti i Lovinescu sanno della sua discendenza, anche se fanno finta di non saperlo, e alcuni pensano che sia disgustoso che un bastardo sieda sul trono, me compreso.- spiegò passandomi un batuffolo di cotone imbevuto di alcol su una delle numerose ferite.
-Quindi... potrei trovare appoggio da parte di qualche membro della mia famiglia.
-Sì, ma non pensate che sia così facile. I Lovinescu saranno anche spietati, ma sanno anche salvaguardare la propria vita. Prima che vi diano il loro appoggio, dovete fare qualcosa di grande.- spiegò Adrian. -A ogni modo, farò di tutto per aiutarvi e anche il generale Petrescu lo farà. Non siete solo, mio principe.
Nel suo sguardo lessi un infinito rispetto nei miei confronti. Non l'avevo mai visto guardarmi in quel modo e ciò mi dette speranza. Avevo qualche alleato e forse c'erano buone probabilità di riprendere il potere.

-Noto con piacere che hai finalmente imparato a cavalcare come si deve.- dissi affiancando Serena con lo stallone.
-Non credevo che sarei mai riuscita a imparare e invece ti ho persino battuto!
Da quando l'avevo portata al maneggio la prima volta, ci eravamo tornati molto spesso dopo le lezioni di di Wilhelm. Era diventata brava e da quando aveva imparato a cavalcare seriamente, non avevamo fatto altro che sfidarci in amichevoli competizioni. Quel giorno non l'avevo fatta vincere per galanteria.
-Domani ti batterò. Oggi hai avuto solo fortuna.- ribattei sorridendo.
-Domani sono a Vienna, il Consiglio Von Ziegler-Vidrean ha chiesto di riunirsi.- rispose dispiaciuta.
-Allora aspetterò il tuo ritorno.
Da quando le avevo dato l'anello di mia madre, le cose tra noi si erano molto appianate. Discutevamo decisamente di meno, i lanci di oggetti leggeri erano diminuiti e ci accorgemmo di ritrovarci d'accordo su innumerevoli argomenti.
Avevo deciso di non parlarle né di Lucian né di Dimitri. Aveva già abbastanza preoccupazioni senza che le aggiungessi le mie. Avrei risolto quella cosa da solo.
Il giorno dopo Serena partì e io decisi di andare a fare visita a Dimitri. Erica mi stava aspettando in una nera e lucente Audi A8. Sapevo che non era sua, dato che avevo visto la sua vecchia Ford Fiesta del '97 color blu scuro, ma supposi che l'avesse affittata soltanto per me.
-Buongiorno Stefan. Pronto per la gita?- domandò sorridente.
-Vuoi andare a Vienna in macchina?
-Ma ti pare? I biglietti per Vienna da Caselle sono stati tutti venduti e per questo devi ringraziare Serena e suo zio. Dobbiamo andare a Milano e prendere il volo da lì.- rispose aprendomi la portiera e facendomi un inchino che mi fece ridacchiare.
Partimmo e ogni tanto sobbalzai per la guida sportiva che aveva Erica. Sorpassava velocissimamente, andava piuttosto veloce e decisa, ma senza superare i limiti. Ogni tanto la vidi ridacchiare durante il viaggio per raggiungere l'aeroporto di Malpensa.
Fatto il check-in, attendemmo che chiamassero il nostro volo in una caffetteria.
-Non riesci a stare lontano dal caffè per più di dodici ore, eh?- la punzecchiai sorseggiando il mio cappuccino.
-Il caffè è sacro. Non si scherza col caffè, mai.
-Come con i papanasi.- risposi e lei ridacchiò divertita. -C'è una domanda che vorrei farti da parecchio tempo.
-Chiedere è lecito, rispondere è cortesia. Spara.- disse addentando una ciambella con la glassa rosa.
-Come mai lavori come barista quando tu e la tua famiglia siete ricchi e siete i cacciatori di taglie dei Von Ziegler?
Si pulì la bocca dalle briciole con estrema calma e poi mi guardò con uno sguardo serio.
-Diciamo che al momento non c'è tanto lavoro. Con la principessa scomparsa per vent'anni e nessun criminale in circolazione, lavoro non ce n'è e bisogna reinventarsi. E poi mi annoio a non fare niente tutto il giorno e facendo la barista si incontrano tante persone, inclusi eventuali criminali.- spiegò accennando un sorriso.
-Tu e la tua famiglia non riuscite a stare fermi un attimo. Quando io e Serena ci sposeremo, sarete sommersi dal lavoro.
-Immagino che il primo della lista sia tuo zio Lucian, soprattutto dopo che ti ha usurpato dal trono.
A quella risposta mi bloccai con la tazzina a mezz'aria. Come diavolo sapeva che stavo cercando di riprendermi il trono?
-Stefan, non guardami così, su! Sono un cacciatore di taglie, è il mio lavoro scoprire cose e poi il tuo amico Dimitri parla nel sonno.- rispose sorridendo, ma non mi contagiò.
-Non lo dirai a Serena, vero?
-Se non sarai tu a dirglielo, perché dovrei farlo io? È mia amica, ma queste cose non la toccano minimamente. Puoi stare tranquillo, il tuo onore è al sicuro.
-Non è il mio onore a preoccuparmi, ma che la mia princ... Serena possa fare qualcosa di avventato. Ha già abbastanza preoccupazioni per conto suo.
Erica mi guardò negli occhi a lungo, cercando qualcosa nel mio sguardo che trovò e la fece sorridere.
-Mi piaci, sai? Non credevo che l'avrei mai detto di un Lovinescu, ma sei una brava persona. Spero che Serena si schiarisca le idee.
-Schiarirsi le idee su cosa?
-Io non parlo. Segreti fra donne.- rispose con tale teatralità da farmi ridere. -Ecco il nostro volo. Andiamo.
-Ho ancora un'ultima domanda.- affermai dirigendoci verso l'hostess per mostrarle i biglietti. -Serena sa che sei un cacciatore di taglie?
-Al momento i miei servigi servono più a te che a lei, quindi non lo sa ancora e farai meglio a non dirglielo.- mi minacciò scherzosamente. -Al momento è un'informazione che non è necessaria, ma lo saprà a breve.
Non avrei mai creduto che mi sarei ritrovato in quella situazione, a chiedere aiuto al cacciatore di taglie di Serena per salvare la vita a un mio amico. La mia vita era stata completamente sconvolta, ma non mi dispiaceva come stavano volgendo le cose.


-Finalmente ti sei degnato di venirmi a trovare.- scherzò Dimitri riservandomi poi un caloroso abbraccio.
-Non far credere a Stefan che ti abbia lasciato completamente solo. Vengo a rifornire i frigoriferi una volta a settimana e ti ho anche preso un gatto.- borbottò Erica, dirigendosi poi verso il frigo per versarsi un po' di sangue nel bicchiere.
-Un gatto?- domandai con un sopracciglio alzato.
-Non sono male e in particolare questo mi ricorda te.- spiegò prendendo in braccio un gatto col pelo nero e gli occhi azzurri, una inusuale combinazione. -E' lunatico, in cinque minuti può graffiarmi come farmi le fusa ed è un ottimo cacciatore. Ha già portato un topo e un paio di lucertole che erano entrati in casa.
La casa nella quale era nascosto Dimitri, era una villetta con un giardino curato. L'abitazione più vicina distava a cinquanta metri di distanza. C'erano un paio di camere, una cucina immensa e un salotto altrettanto immenso.
-I Berti trattano bene le persone che devono proteggere.- constatai guardandomi intorno.
-Non per niente si chiama “protezione testimoni” e non “carcere duro”.- rispose Erica facendo ridere Dimitri.
-Sei sempre così pungente e acuta, mia dolce Erica.- affermò Dimitri.
-E tu rischi sempre di farmi venire il diabete con i tuoi svenevoli complimenti. Stefan, ora devo andare al castello per parlare con Serena di alcune questioni. Sarò di ritorno fra tre ore.
Detto questo, Erica prese la sua borsa e uscì lasciandoci soli. Guardai Dimitri come se avessi davanti un alieno.
-Non credevo che fossi così sdolcinato con le donne.- lo punzecchiai.
-Ehi, lei non è una donna, è la donna. Credo di essere cotto.
-Sei cotto come un tacchino durante il giorno del Ringraziamento.
Dimitri e io scoppiammo a ridere e ci sedemmo sul divano, pronti a farci una lunga chiacchierata. Mi raccontò che, grazie ad Adrian, stava cercando di mettersi in contatto con tutti i Lovinescu che non erano convinti di Lucian e cercare di farli passare dalla mia parte, ma avevano più cara la propria pelle che il proprio principe. Se Lucian non avesse fatto nessun passo falso, loro non avrebbero mosso un dito per aiutarmi.
-Questa si chiama codardia.- ringhiai a denti stretti.
-No, si chiama indifferenza. A loro interessa il bene del clan Lovinescu e in questo momento Lucian sta facendo un buon lavoro. Per quanto Lucian possa essere stupido, dopo aver visto le stesse cose per duecento anni gli sono entrate in testa. Sa come muoversi, ha esperienza e non è innamorato di una certa donna come qualcuno di mia conoscenza.- spiegò.
-Quindi non ci resta altro che aspettare un suo passo falso?
-O sperare che spuntino a breve i canini di Serena, in modo che possiate sposarvi al più presto. Col matrimonio, acquisterai un potere che Lucian non ha: tre clan potenti e una principessa con gli attributi di titanio, come direbbe Erica. A quel punto passeranno dalla tua parte, soprattutto perché sarai il “miglior offerente”.
Sospirai esasperato. Tutta quella faccenda non mi piaceva per niente, ma non avevo altra scelta se non aspettare. Avevo un brutto presentimento.

Tutto procedette tranquillo per il mese successivo. Avevo seguito il consiglio di Dimitri e non avevo più tentato di riprendere ciò che era mio. Lucian faceva la vita del re senza che lo fosse. Mio padre si stava sicuramente rivoltando nella tomba assieme agli altri Lovinescu.
In quel mese arrivò una festività che non era nella lista delle mie festività preferite: Natale. Odiavo il Natale. L'avevo festeggiato con mia madre fino alla sua morte e dopo era diventato un giorno come un altro, anzi ero arrivato a pensare che fosse una festività futile.
A casa di Serena, il Natale era festeggiato in gran stile. Un enorme albero addobbato di luci e palline con sotto i regali e addobbi ovunque, persino sulla porta di casa!
Era la Vigilia di Natale e i genitori di Serena avevano organizzato una piccola cena alla quale ero stato invitato. Quando ero entrato per l'ennesima volta in quella casa, mi ero guardato intorno sbigottito, ma non avevo avuto tempo di fare battute sarcastiche che Paola mi aveva abbracciato e sistemato le pieghe della camicia. Paola mi trattò come un figlio per tutta la serata e a me non dispiacque affatto.
C'era anche Wilhelm, che si guardava intorno con occhi colmi e brillanti di meraviglia. Non sapevo cosa ci trovasse di così meraviglioso nel vedere un albero di plastica con delle palline sopra e illuminato come un'insegna al neon.
Arrivò lo scambio dei regali, dopo quel cenone che avrebbe fatto invidia persino al mio cuoco, e mi obbligai a trattenere una smorfia quando Paola e Andrea mi porsero una sciarpa e un cappello bordeaux di lana. Non volevo di certo offenderli, ma rimasi sbalordito quando Paola mi disse che li aveva fatti a mano. Quei due oggetti insignificanti assunsero un valore del tutto nuovo. Paola aveva utilizzato il suo tempo per farli appositamente per me.
-Non dovevi perdere tempo a farmi queste cose.- dissi colpito.
-Non ti preoccupare, è stata una sciocchezza.- rispose Paola, sistemandomi i capelli scompigliati.
Anche Wilhelm ricevette qualcosa fatto a mano da Paola: un paio di guanti blu senza dita e lui li apprezzò molto più di me.
-Questi mi scalderanno le mani nelle giornate invernali austriache.- disse ridacchiando, per poi ringraziare Paola e Andrea.
A Serena regalarono un album colmo di fotografie raffiguranti lei da piccolissima, che si mise a sfogliare immediatamente meravigliata. Nell'ultima pagina c'era una foto che possedevo anche io. C'eravamo io, i miei genitori, i genitori di Serena e Serena stessa. La mia principessa emise un verso di tenerezza.
-Quanto eri carino!- esclamò prendendomi una guancia e strizzandola. -Eri bellissimo! Guarda che tenero.
-Mi stai spappolando la guancia.- risposi ridacchiando.
-Guarda che bel principino posato e regale.- continuò facendo ridacchiare i presenti.
-Quando ti ci metti, sei proprio petulante.
-Fino a ora mi hai dato dell'acida, della bambina, ma mai della petulante. Hai anche detto che sono rompiscatole, rozza e...
-Tieni, così taci.- dissi sorridendo e passandole una scatola.
Sapevo che le avrebbe fatto piacere ricevere qualcosa per Natale, così mi ero accordato con suo zio e avevamo cercato la vecchia stilografica d'argento e un quaderno nero, ancora inutilizzato, appartenuti a Marius Vidrean. Almeno avrebbe avuto vicino anche suo padre.
Serena li osservò senza emettere un fiato e pensai che non avesse capito, così mi affrettai a spiegare.
-Con l'aiuto di tuo zio, abbiamo pensato che potessero farti piacere e...
Non terminai la frase che mi abbracciò forte e mi rilassai. Avevo creduto che non le fossero piaciuti.
-Grazie mille. E'... non riesco a descriverlo. Grazie anche a te, zio.- disse Serena, abbracciando anche Wilhelm.
-Di nulla, Serena.
-Direi che tocca a me. Non sono regali tanto originali, però...
I genitori di Serena ricevettero un paio di libri di storia rari e provenienti dalla biblioteca reale. Wilhelm aveva ricevuto una foto incorniciata in bianco e nero che ritraeva lui e Astrid ottant'anni prima e per poco non scoppiò a piangere come un bambino.
-Ti ringrazio di cuore. Credevo che questa foto fosse andata perduta con gli anni.
-L'ho ritrovata tra gli effetti personali di mia madre, in una scatola nell'armadio. Invece questo è per te.- spiegò Serena per poi passarmi un pacchetto.
Dentro ci trovai una foto incorniciata della festa di Halloween e rimasi confuso. Non riuscivo a capirne il significato.
-Hai sempre detto che non hai avuto molti amici e pensavo che questo potesse farti ricredere, dato che ormai tutti si sono affezionati a te e...- iniziò con voce acuta e io le sorrisi.
Voleva farmi capire che qualcuno teneva a me e che non ero solo. Lo ero stato per venticinque anni e solo da poco mi sentivo parte di... di una famiglia.
-Grazie. Significa molto per me.
-Ah, c'è anche qualcosa che è un po' più... da te.- aggiunse.
Guardai meglio nella scatola e vi trovai un bellissimo khanjar, con una tigre lavorata nei minimi dettagli sull'elsa. Non seppi come ci fosse riuscita, ma apprezzai molto quel regalo.
-Oh... questa non me l'aspettavo proprio.- affermai allargando il mio sorriso e impugnando il khanjar.
-Ci è voluto un po', ma ce l'ho fatta.
-Ti sei veramente impegnata, eh?- chiesi divertito, alzando il sopracciglio.
-E allora?
-E allora ti ringrazio.- risposi baciandola sulla testa. -Non vedo l'ora di provarlo.

Era l'ultimo giorno dell'anno e mi stavo dirigendo nel mio cottage a Aosta da solo. Il giorno prima Lucian e gli altri mi avevano fatto sapere che avrei dovuto presentarmi al cottage alle otto del mattino, per discutere di alcuni affari urgenti. Avevo un brutto presentimento, ma ci ero andato comunque.
Parcheggiai ed entrai in casa, trovandoci tutti i membri più anziani della famiglia Lovinescu, Lucian compreso. Mi sorrise in modo agghiacciante.
-Benvenuto. Mi sarei aspettato una ribellione da parte tua, visti gli ultimi episodi di insubordinazione.- affermò sprezzante Lucian.
-Perché mi avete fatto venire qui?- domandai, ricacciando indietro le male parole che avrei voluto rivolgergli.
-I tempi sono maturi e dobbiamo renderti partecipe dei nostri piani e di quelli di tuo padre.
-Sono tutto orecchi.- dissi stringendo i pugni.
-La principessa è entrata abbastanza in confidenza con te, si fida, quindi è giunta l'ora di passare alla seconda fase.- inizi a spiegare Lucian.
Sapevo già dove volesse andare a parare. No, non l'avrei fatto. Mi sarei opposto con tutte le mie forze e sperai fino all'ultimo di essermi sbagliato, ma non fu così.
-Dovrai ucciderla prima delle vostre nozze. Il fatto che non ci sia ancora una data fissa ci dà molto tempo a disposizione, ma dovrai farlo il prima possibile. Sparita la principessa, si scatenerà una guerra tra i Vidrean e i Von Ziegler e quando saranno abbastanza deboli, li conquisteremo in un batter d'occhio.
-E' un bel piano- ammisi quasi ammirato. -ma non lo farò.
I miei parenti iniziarono a urlare infuriati, chiamandomi con ogni appellativo possibile e immaginabile, ma non mi scomposi. In quel momento speravo solo che se ne andassero prima dell'inizio della festa, che avevamo programmato per celebrare l'anno nuovo.
“Ma a che cosa diavolo sto pensando?! Qui non si tratta di una stupidissima festa, ma della vita della mia principessa!” mi rimproverai mentalmente.
I miei parenti stavano ancora urlando e non mi accorsi del manrovescio di Lucian. Lo guardai con odio, pronto a distruggerlo seduta stante, ma Octavian e Horatiu mi trattennero.
-Lasciatemi!- ringhiai rabbioso.
-Tu lo devi fare! Non possiamo permettere che una bastarda nata dall'unione di Vidrean e Von Ziegler diventi la nostra regina!- urlò Lucian, arrivandomi molto vicino.
-Proprio tu parli di origini impure? Tu che hai sangue Vidrean che ti impedisce di essere il legittimo sovrano? Be', chiariamo una questione: io non ucciderò mai Serena, né ora né mai. Levatevelo dalla testa.- risposi duramente.
-Allora dobbiamo essere più convincenti e spiegarti nuovamente cos'è il rispetto per i più anziani.- affermò Lucian con un ghigno malefico stampato sul volto.
Guardai i miei parenti e vidi che anche loro avevano il medesimo ghigno di Lucian.
“Si comincia”.

Non ero mai stato picchiato così a lungo e così duramente. Mi ero quasi ritrovato a rimpiangere le punizioni di mio padre. Ero ridotto molto male e non avevano risparmiato nemmeno il viso.
Dopo che avevamo cercato di convincermi a distruggere Serena, mi avevano lasciato dolorante e sanguinante nel salotto. In due mi avevano tenuto fermo, impedendomi di difendermi, e avevano fatto a turno per malmenarmi, facendo a cambio quando uno si stancava.
Era mezzogiorno e dovevo affrettarmi a tornare a Torino da Serena, ma prima dovevo mettere in ordine. Avevano messo a soqquadro il salotto, usando anche sedie e sgabelli per punirmi, e il mio sangue creava un'enorme pozza cremisi al centro della stanza.
Per la prima volta in vita mia, mi misi a pulire e a mettere in ordine. Ci impiegai parecchio tempo, sia perché ero inesperto e sia per il dolore al costato e alla testa. Impiegai un'ora e mezza e salii in macchina. Nello specchietto retrovisore notai che avevo il naso storto e mi ritrovai a sospirare esasperato.
“Ancora! Diavolo, ma perché proprio il naso?!” pensai.
Con tre dita strinsi il naso e con l'altra mano strinsi il volante. Mi feci coraggio e con un movimento secco rimisi a posto il naso, trattenendo a stento un gemito di dolore. Ormai ero esperto nel rimettermi a posto il naso da solo.
Accesi la macchina e tornai a Torino con la mia BMW X5, arrivata da pochi giorni dalla Romania. Con le mani tremanti, aprii la porta del mio appartamento e ci entrai velocemente. Avrei dovuto dire alla signora delle pulizie di portare quegli abiti in lavanderia.
Cambiati gli abiti, andai in cucina per prendere del sangue, ma ero rimasto senza.
-Dannazione!- sbottai tirando un pugno al muro.
Il campanello suonò, ma lo ignorai. Probabilmente era Serena, ma non volevo farmi vedere in quello stato da lei. Non ce l'avrei fatta a guardarla in faccia sapendo ciò che i miei parenti progettavano per lei. Suonò una seconda volta e dovetti impormi di non correre da lei. Come avrei fatto a guardarla negli occhi?!
Serena mi chiamò con voce preoccupata, iniziando a bussare come una forsennata e non resistetti più. Aprii la porta e vidi il viso di Serena perdere colorito. Il suo sguardo così apprensivo mi fece sentire ulteriormente in colpa. Riuscii a guardarla solo per un solo secondo.
-Che cosa ti è successo?- chiese in un soffio.
La guardai nuovamente, ma distolsi lo sguardo prima che potesse capire ogni cosa. Come avrei fatto a dirglielo?
Serena corse nel proprio appartamento, chiamando a gran voce Paola e Andrea, che mi portarono da loro per medicarti. Quando dissero che avevo tre coste incrinate, Serena andò completamente nel panico, ma lei non sapeva che non era la prima volta che succedeva. Il panico lasciò poi il posto alla furia più cieca che le avessi mai visto in volto.
-Che cosa ti hanno fatto?- chiese a denti stretti e sapevo che si stava riferendo ai miei parenti.
-Vai a chiamare gli altri e andate al mio cottage.- dissi lanciandole le chiavi e sperando che non pensasse più a ciò che mi era capitato.
-Dimmi che ti hanno fatto!
-Non lo vedi?- ringhiai alzandomi in piedi, ma me ne pentii all'istante e dovetti trattenere un gemito di dolore. -Sono stato punito, okay?
Non volevo rivolgermi in quel modo rabbioso alla mia principessa, ma ero sfinito sia fisicamente che mentalmente e non avevo pazienza.
-Punito? Punito a suon di percosse?- domandò scioccata e rabbiosa.
-E' ovvio, non possono mettermi in castigo come un bambino. Sono un uomo e un futuro re, e i re vengono puniti in questo modo.
Perché le sembrava così strano? Io ero cresciuto in quel modo e avevo dato per scontato che anche lei fosse stata picchiata da bambina, ma guardando Paola e Andrea, che mi medicavano con dolcezza nella loro cucina, capii che non era andata così.
-Te l'hanno fatto altre volte?- chiese prendendomi il viso per obbligarmi a guardarla negli occhi.
-Sì. Dovevano crescermi come un sovrano forte, te l'ho detto prima.
-E tu non hai reagito? Ti sei lasciato picchiare come se nulla fosse?- domandò scioccata.
-Stanne fuori Serena, non immischiarti. Sono cose che riguardano me e la mia famiglia.
Più c'erano chilometri tra Serena e la mia famiglia e più lei era al sicuro. Non doveva sfidarli o l'avrebbero uccisa.
-Presto sarà anche la mia famiglia e non posso tollerare che trattino il mio promesso sposo come un criminale qualunque.
Rimasi sorpreso dalla forza e dalla determinazione con la quale mi stava difendendo. Non riuscivo a credere che fosse preoccupata al punto da voler andare a prendere per le orecchie tutti i membri più anziani della mia famiglia. Allora teneva davvero a me. Non l'avrei mai creduto possibile.
Volevo dirle tutto. Volevo dirle che l'amavo e che la mia famiglia progettava di ucciderla. Volevo dirle di abdicare e salvarsi da quel mondo così crudele e sanguinario.
Paola si schiarì la voce e si frappose tra me e Serena, probabilmente credendo che avremmo iniziato a litigare com'eravamo soliti a fare.
-Propongo che Stefan rimanga qui fino a quando non guarisce completamente.- affermò.
-Paola, io sto bene e...- un violento attacco di tosse mi fece interrompere la frase a metà e sputare del sangue.
Serena andò nuovamente nel panico.
-Esiste un medico per vampiri?- chiese con voce acuta, mentre mi risedevo lentamente.
Non conoscevo nessun medico a Torino che avrebbe potuto aiutarmi, ma sapevo come fasciarmi il costato e sapevo anche che sarei dovuto restare a riposo per un po' di tempo.
-Sì, si chiama sangue.- risposi e Serena corse subito in camera sua, per poi tornare con tre bottiglie di sangue tra le braccia.
Ne stappò una e iniziò a versarmi un po' del liquido in un bicchiere pulito.
-Romania 1676. Vedo che ti tratti bene.- dissi leggendo l'etichetta, nel tentativo di sdrammatizzare, ma non ci riuscii.
-Forza, bevi.- rispose passandomi il bicchiere.
“Sta facendo tutto questo per me? Ancora non ci credo.” pensai stupito, guardando quel bicchiere di sangue.
Ne bevvi quasi due bottiglie, sotto l'ordine e l'occhio vigile della mia principessa. Nel frattempo chiamò i suoi amici, affermando che non saremmo potuti venire alla festa perché avevo preso la febbre. La ringraziai mentalmente per quella piccola bugia, anche se sapevo che Erica non se la sarebbe bevuta e avrebbe iniziato a fare ricerche il giorno seguente.
-Ho sistemato tutto. I ragazzi hanno trovato un altro posto per festeggiare.- spiegò.
-Potete andare da me, non è un problema.
“Soprattutto dopo che ho pulito a fondo tutto il sangue che c'era in salotto.” pensai sarcastico.
-Col cavolo che ti lascio da solo!- protestò facendomi sorridere.
-Non sto poi così male. Non devi farmi da infermiera.
-Devi sapere- iniziò Andrea. -che Serena ha un istinto materno molto forte e si preoccupa per tutte le persone alle quali tiene.
Alzai un sopracciglio divertito, posando lo sguardo in quello della mia principessa.
-Quindi questo è il tuo modo di dirmi che ci tieni a me? Quasi mi commuovo.- la punzecchiai.
-Possiamo lasciarvi da soli questa sera? Non finirete col picchiarvi, vero?- domandò Paola, guardandoci entrambi ansiosa.
-Paola, Andrea, vi ringrazio per il vostro interessamento, ma io sto bene. Dico davvero.- risposi, ma erano irremovibili.
-Se succede qualcosa, chiamateci all'istante, d'accordo?
Serena annuì e si sedette sulla sedia libera, guardandomi di sottecchi. Sapevo che stava osservando i miei lividi e il mio labbro spaccato cercando di intuire cosa mi avessero fatto, ma non gliel'avrei mai detto. Purtroppo mi porse la domanda che più temevo.
-Stefan, perché ti hanno punito?- domandò, quando Paola e Andrea ci ebbero lasciati da soli per andarsi a preparare per la serata.
La guardai negli occhi, cercando una scusa credibile a quella domanda, ma non me ne venne in mente nessuna. Le avrei potuto rispondere “Serena, mi hanno picchiato perché mi sono rifiutato di ucciderti perché sono follemente innamorato di te”, ma mi avrebbe creduto? Sapevo che era ancora molto diffidente per via della fama che la mia famiglia si era creata nei secoli, quindi non ero convinto che mi avrebbe creduto.
-Normali battibecchi, nulla che ti deve interessare.- risposi accennando un sorriso.
-Mi interessa se ti fanno del male.
-Perché?
-Perché ci tengo a te, va bene?- sbottò esasperata e un po' imbarazzata. -Solo l'idea di qualcuno che ti faccia del male, mi fa andare in bestia, soprattutto se sono una decina contro uno. Sono dei vigliacchi e non ti meriti un trattamento del genere.
La guardai divertito, passando placidamente il dito sul bordo del bicchiere. Me la immaginavo mentre brandiva un paletto e cercava di picchiare tutti e di difendermi. Quella scena mi fece sorridere, ma anche provare tantissima tenerezza.
-Quindi ti piaccio.- azzardai con più audacia, ma lei sbarrò gli occhi dalla sorpresa.
-M-ma che cosa stai dicendo?!- quasi urlò con la sua voce acuta.
-Che ti piaccio e che il tuo istinto materno si scatena a vedere il tuo promesso sposo ridotto in questo stato.- risposi ridacchiando.
-Non ho detto che mi piaci!- protestò arrossendo. -Smettila! Vedo che ora stai molto meglio, quindi ciao.
Si alzò dalla sedia, ma non mosse più di due passi che le strinsi la mano. Non volevo che se ne andasse. Volevo godere dell'ultima serata con lei, prima di dirle addio per sempre. Avevo un piano in mente e l'avrei attuato dal giorno seguente.
-Dai, stavo scherzando. Fammi compagnia, ti prego.- la implorai sorridente.
-D'accordo, però la smetti di fare l'idiota.- borbottò risedendosi.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15


Chiacchierammo per tutto il pomeriggio e mi rilassai a tal punto da arrivare a parlarle di mia madre. Le parlai del nostro rapporto e lei cercava di farmi domande, perché incuriosita, ma senza entrare troppo nel dettaglio.
-Le avevo promesso che l'avrei protetta sempre, ma le cose sono andate in modo decisamente diverso.- dissi rabbuiandomi.
Serena mi strinse la mano per darmi conforto e ricambiai la stretta, giocherellando con l'anello di fidanzamento appartenuto a mia madre. Da quando l'aveva ricevuto, non se l'era tolto nemmeno un giorno e la cosa mi faceva immensamente piacere.
-Non potevi fare molto. Non devi incolparti per questo.- rispose.
Le sorrisi dolcemente, grato per quella semplice frase di conforto che avrei voluto sentire da mio padre almeno una volta. Cambiammo completamente argomento, parlando anche di libri, di politica e di storia dei vampiri, notando che era migliorata molto.
Paola e Andrea uscirono e non sarebbero tornati prima del giorno successivo e Serena mi portò in camera sua obbligandomi a guardare l'intera saga di “Pirati dei Caraibi”. Non riuscii a non risparmiarmi nei commenti pungenti e sarcastici, ma che riuscirono a divertirla molto.
-Non possiamo fare altro?- domandai un po' annoiato.
-E cosa vorresti fare? Vuoi giocare a “Monopoly”?- chiese sarcastica, sistemandosi il cuscino.
Aveva già provato a farmi giocare a Monopoly, ma l'avevo trovato un gioco stupido e lungo. Non faceva per me.
-Neanche per sogno.- risposi schifato.
-Allora zitto, che ora arriva la parte bella.
-Ma non c'è nessuna parte bella!
-Mi vuoi dire che le scene nelle quali è presente Johnny Depp non sono scene belle?
Scossi la testa e provai a concentrarmi sulla trama dei film, che richiamava molte delle credenze piratesche, come a esempio Davy Jones e il suo fantomatico scrigno.
Arrivata la mezzanotte, andammo sul balcone di Serena con una bottiglia di champagne, una di sangue e un piatto di papanasi per osservare i fuochi d'artificio. Non ero sicuro che tutti quei fuochi d'artificio fossero legali, ma fu uno spettacolo molto bello e suggestivo.
-Perché mi guardi così?- domandai divertito, dopo averla colta a guardarmi imbambolata.
-Perché... insetto!- rispose scompigliandomi i capelli.
Non riuscii a vedere bene, ma mi sembrava che fosse arrossita.
-Insetti a gennaio. Non lo credevo possibile.- risposi ironico.
-E invece c'era!
Scoppiai a ridere di gusto, ma non ribattei. Quello sguardo mi fece molto piacere, ma mi fece anche sentire malissimo. Non doveva succedere adesso, non ora che avevo scoperto i piani dei miei parenti. Lei doveva odiarmi, ripugnarmi, schifarmi e non guardarmi con occhi sognanti. Sperai di essermi sbagliato e sperai che non avesse iniziato a provare più di un semplice affetto nei miei confronti.

-Tu puoi dormire in camera dei miei genitori e se hai bisogno, caccia un urlo e arrivo.- affermò Serena quando decidemmo di andare a dormire.
-Mi dà una sensazione strana l'idea di dormire nel letto dei tuoi genitori. Posso andare a dormire a casa mia.
-Non se ne parla nemmeno. Non sei ancora in forma e voglio che tu sia facilmente raggiungibile, nel caso tu stia ancora male.
-Okay, mamma.
-Non sto facendo la mamma.- protestò.
-Invece sì.
-Invece no. Piuttosto la sorella maggiore.- affermò, utilizzando la medesima risposta che le avevo dato io tempo prima e ciò mi fece scoppiare a ridere di gusto.
-Che schifo, siamo incestuosi.- risposi ripetendo le sue parole.
Ridacchiammo come due bambini e mi stiracchiai.
-Allora dove dormo?
-Dormi nel mio letto, io dormo in quello dei miei genitori.
-Mi lasci tutto solo soletto?- domandai ridacchiando.
-Sì.
-Sei perfida.- risposi sorridendo.
-E tu sei scemo.
-Almeno finiamo di vedere l'ultimo film di "Pirati dei Caraibi".
-Ma se hai criticato tutti i film precedenti!- affermò sorpresa.
-Mi piacciono, dico davvero.
No, non mi piacevano, ma volevo vederla dormire un'ultima volta.
Non era del tutto convinta, ma fece partire ugualmente il DVD e si addormentò in neanche mezz'ora. Spensi tutto e mi sdraiai accanto a lei, azzardandomi ad accarezzarle i setosi capelli color oro.
La vita era buffa. Per mesi non avevo fatto altro che cercare di sedurre quella donna, che in quel momento dormiva tranquilla e ignara accanto a me, e da quel momento in poi avrei cercato di fare esattamente l'opposto. Avrei cercato di allontanarla, ferirla se necessario, per salvarle la vita. I Lovinescu non avrebbero mai messo le mani sulla mia principessa.
Prima di arrivare a quella soluzione tragica, avevo pensato a ogni possibile scappatoia, addirittura rivelarle il piano dei miei parenti, abdicare e andarcene il più lontano possibile da quel mondo sanguinario. Avevo pensato a tutto, ma nulla sembrava funzionare, quindi avrei cercato di allontanarla da me in ogni modo, sperando anche che prendesse la decisione di abdicare in favore di Wilhelm. Avrei affrontato una guerra a testa alta e con la calma nel cuore se lei fosse stata al sicuro.
Lentamente mi avvicinai a lei e poggiai la fronte sulla sua, chiudendo gli occhi per godermi a pieno quel momento. Il suo profumo mi inebriava, facendomi perdere ogni razionalità, e il battito del suo cuore, che sentivo dalla vena sulla tempia sotto le mie dita, mi rassicurava.
-Perdonami, ma è necessario per il tuo bene.- sussurrai per poi darle un dolce bacio sulla fronte. -Addio, mia principessa.
Mi alzai e tornai nel mio appartamento senza che lei si accorgesse di nulla.

Mantenni la mia promessa. Dal primo giorno dell'anno, non feci altro che evitare la mia principessa, anche se mi faceva soffrire da morire. Non sopportavo di starle lontano o di dirle scuse assurde per evitare di stare in sua compagnia, ma era necessario. Mi concedevo di stare in sua compagnia soltanto nelle serate ufficiali, nelle quali eravamo costretti a reggere la parte dei perfetti fidanzati.
Dimitri mi disse che avevo fatto la scelta giusta, ma mi aveva avvertito riguardo alla sofferenza che avrei provato.
Le visite dei miei parenti si erano fatte sempre più numerose e cercavano in continuazione di “convincermi” a uccidere la principessa, ma stoicamente mi opponevo. Potevano rompermi tutte le ossa, potevano anche darmi fuoco se lo desideravano, ma non l'avrei fatto.
Più evitavo Serena, più questa cercava di avvicinarsi. Era una cosa senza senso!
“Se l'avessi saputo prima, avrei cercato di respingerla all'inizio del corteggiamento” pensai un giorno, dopo essermi inventato l'ennesima scusa.
Pur di non vederla, mi ero ritirato dall'università e limitavo molto i contatti anche con Paola e Andrea, anche se questi vennero a trovarmi un giorno.
Mi stavo fasciando l'avambraccio attraversato da una lunga ferita inferta da un coltello. Lucian aveva minacciato di dissanguarmi se non avessi ucciso la principessa, ma sapevamo entrambi che non sarebbe bastato a uccidermi, quindi non avevo battuto ciglio quando mi aveva tagliato l'avambraccio per lungo. Ero intento in quell'operazione, quando suonò il campanello. Dallo spioncino vidi che erano Paola e Andrea e avevano l'aria di essere molto preoccupati.
Aprii la porta e mi guardai intorno, controllando che non ci fosse Serena nei paraggi.
-Serena non c'è, puoi stare tranquillo. Abbiamo bisogno di parlarti.- disse Paola e li feci accomodare in salotto.
Paola allungò una mano verso di me. -Dammi il braccio. Non riuscirai a fare una fasciatura decente con una mano sola.
Iniziò a fasciarmi accuratamente l'avambraccio, mentre Andrea cercava di studiarmi.
-Perché stai evitando Serena?- domandò Andrea, ma io non risposi. -Allora?
-Se siete venuti qui per farmi l'interrogatorio, vi prego di andarvene.- risposi atono.
-Andrea.- lo riprese la moglie, riservandogli un'occhiata di fuoco.
-Che c'è? Cerco di proteggere mia figlia.- si difese, ma a un'altra occhiata di Paola, si congedò con una scusa stupida.
Paola terminò la fasciatura e mi sorrise amorevolmente.
-Se hai bisogno di qualcosa, fammelo sapere, okay?
-Ti ringrazio, ma non ho bisogno di niente, solo di restare da solo.
-D'accordo.- rispose dandomi un affettuoso buffetto sulla testa.
-Aspetta.- la bloccai. -Io... vi chiedo scusa per aver definito i mezzosangue degli esseri immondi. Era una cosa che mi aveva detto mio padre e... voi non siete immondi, siete due genitori splendidi.- confessai un poco imbarazzato.
Paola mi si avvicinò e mi abbracciò dolcemente, come avrebbe fatto mia madre.
-Non sei solo in questa battaglia, ricordatelo.- sussurrò prima di lasciarmi nuovamente solo.
“Avrei tanto voluto che mio padre fosse più simile a voi.”



Neanche due ore dopo, qualcuno aveva stabilito che il mio campanello aveva un suono meraviglioso e che dovesse tenerlo premuto in continuazione. Mi avviai alla porta esasperato e dallo spioncino vidi che era Serena e non aveva intenzione di staccarsi dal campanello.
Mi preparai mentalmente a ferirla e a respingerla. Non avevo altra scelta o avrebbe continuato a cercare un contatto con me per i giorni a venire. Aprii la porta e la guardai irritato.
-Che cosa vuoi?- domandai gelido.
Mi spinse in casa e richiuse la porta dietro di sé.
-Che cosa diavolo ti sta succedendo? Mi stai evitando come la peste, non rispondi alle mie chiamate e all'improvviso sei diventato freddo.- disse con voce acuta che trovai adorabile, ma non potevo farmi intenerire.
-Non sono affari che ti riguardano e ora vorrei starmene da solo, se non ti dispiace.- risposi con disprezzo.
-Non capisco... perché ti stai comportando in questo modo?
-Vuoi lasciarmi in pace?! Non riesci a non impicciarti nella mia vita per cinque minuti?!- urlai rabbioso.
Vidi che l'avevo spaventata, ma soprattutto ferita. Quello sguardo mi fece molto male, ma non dovevo indietreggiare di un solo passo. Se avessi cercato di consolarla, non avrebbe fatto altro che cercare di avvicinarsi a me e sarebbe stata in pericolo.
-Sono preoccupata... ti vedo tornare con lividi e fasciature nuove e... ho paura. Ho paura per te.- disse con gli occhi lucidi.
Quelle lacrime mi fecero tentennare, ma ricordai a me stesso che dovevo salvarla e che ogni cosa che amavo riuscivo a distruggerla. L'esempio lampante era stato mia madre e non potevo permettere che accadesse lo stesso anche a lei.
-Ripeto: non sono affari che ti riguardano. Voglio che mi lasci in pace.- dissi duramente.
La caricai sulle spalle, pentendomene immantinente perché una scossa di dolore mi mozzò il fiato.
-Che cosa stai facendo? Lasciami!
Aprii la porta con la mano libera e la portai di peso fuori di casa. Non mi girai nemmeno per chiudere la porta, per non rischiare di vedere il suo sguardo deluso e ferito per colpa mia. Non ce l'avrei fatta a reggere un altro dei suoi sguardi.
Mi sedetti sul divano tremante di rabbia verso me stesso e verso i miei parenti. La sete di potere aveva solo allontanato da me la donna che amavo. Aveva ragione Dimitri: il potere, se nelle mani sbagliate, non faceva altro che portare terribili conseguenze.

Erano passate due settimane da quando Serena era entrata in casa mia con la forza e da allora non aveva più provato a entrare in contatto con me. Mi stavo preparando per la serata di gala che si sarebbe tenuta al castello Von Ziegler, che aveva lo scopo di riappacificare le nostre famiglie.
Alla riunione Von Ziegler-Vidrean, i Von Ziegler avevano mostrato a tutti il loro disappunto sul nostro matrimonio e tutte e tre le nostre famiglie si erano infervorate molto.
L'idea di rivedere la mia principessa mi metteva una strana agitazione addosso, ma dovevo cercare di dimostrarmi freddo e distaccato come avevo fatto per tutto quel tempo. Ovviamente, prima dell'inizio della serata, i miei parenti avevano nuovamente cercato di convincermi a distruggere la mia principessa ed ero molto in ritardo.
Mi sistemai la cravatta e mi affrettai ad andare nella sala dei ricevimenti, dove vidi Serena chiacchierare con i sovrani del clan magrebino. Tutti e tre si stavano guardando intorno, come se stessero cercando qualcuno, e mi affrettai a raggiungerli. Toccai delicatamente la schiena di Serena e brividi mi percorsero tutto il corpo.
-Eccoti qua. Scusate il ritardo, ma sono stato trattenuto dalla mia famiglia.
Serena si girò e cercò con tutte le sue forze di avere uno sguardo neutro, ma sapevo che era preoccupata per il livido sullo zigomo destro, il labbro spaccato e per le fasciature che si intravedevano da sotto il completo.
-Cosa vi è successo? State bene?- domandò Youssra preoccupata.
-Solo una caduta da cavallo, non preoccupatevi.- risposi sorridendo.
Terminato di salutare i sovrani del clan magrebino, condussi Serena a salutare svariate persone. Nel suo sguardo avevo intuito che voleva sapere cosa mi fosse successo, ma l'avrei impedito tenendola impegnata con gli ospiti.
Stavo per dirigermi verso i sovrani del clan spagnolo, ma Serena mi bloccò per un braccio.
-Avrei bisogno di parlarti.
-Non possiamo. Dobbiamo prenderci cura degli ospiti.- risposi senza guardarla in viso.
-Possono badare a se stessi per dieci minuti. Sono bicentenari e vaccinati e io ho bisogno di parlarti. Adesso.- disse con decisione.
Le riservai uno sguardo cupo, come a intimarla di non fare ciò che aveva in mente, ma era così decisa che mi convinse. Mi diressi sulla balconata e poggiai le braccia al parapetto di pietra, osservando il paesaggio che si stendeva di fronte a noi.
-Che cos'hai da dirmi di così urgente?- domandai seccamente.
La sentii avvicinarsi lentamente, continuando a osservarmi intensamente.
-I tuoi parenti ti hanno punito di nuovo. Non sei caduto da cavallo, vero?
-Ti ho detto di non immischiarti in questa faccenda.
-Non posso.
-Perché devi per forza intrometterti in cose che non ti riguardano?- sbottai girandomi verso di lei. -Perché devi essere così insistente e impicciona? Smettila di assillarmi e lasciami in pace.
Perché continuava a voler sapere cosa mi stava succedendo? Perché continuava così pericolosamente ad avvicinarsi a me? Stavo cercando di salvarla e lei non faceva altro che andare in contro al pericolo. Dovevo spaventarla, come avevo fatto alla sua prima riunione del Consiglio. Non c'era altra maniera.
-Sono preoccupata per te, lo capisci? Ho paura che ti possa succedere qualcosa e...
“Lei ha paura che possa succedermi qualcosa quanto è lei a essere in pericolo?” pensai e scoppiai a ridere amaramente.
-Non dire stupidaggini. Saresti solo contenta se mi succedesse qualcosa, perché così non saresti più obbligata a sposarmi.- mentii.
-Questo non è vero.- rispose scioccata e ferita.
-Ah, no? Sposeresti davvero un Lovinescu sanguinario e spietato? Sposeresti un mostro egoista e assetato di sangue come me? Sposeresti qualcuno che potrebbe ucciderti nel letto che condividerete?- le chiesi.
Le feci paura, molta, ma dovevo continuare.
-Rispondimi!- ordinai prendendola per le spalle.
-Stefan, mi stai facendo male.- pigolò terrorizzata.
-Lo faresti? Eh?
-Smettila.- disse cercando di liberarsi dalla mia presa.
-Potrei ucciderti seduta stante e farlo passare per un tragico incidente, se solo volessi. Sposeresti davvero un essere che pensa questo genere di cose?
-Lasciami!- urlò spingendomi via con tutte le sue forze.
In quel momento mi accorsi che stava piangendo e non avrei mai creduto che ci sarei mai riuscito. Vederla in quello stato mi fece sentire tremendamente in colpa. Non volevo arrivare a quel punto, non volevo vederla così terrorizzata.
Allungai una mano verso di lei, ma indietreggiò velocemente.
-Serena...
Si asciugò velocemente la lacrime e tornò nella sala dei ricevimenti, ignorando tutto e tutti. Uscì a passo di carica e io la seguii, dicendo a Wilhelm di dire agli ospiti che si era sentita male e che l'avrei raggiunta per vedere come stava.
Arrivato davanti alla porta di camera sua, esitai. Se l'avessi consolata, si sarebbe riavvicinata a me. Dovevo inventarmi qualcosa.
Bussai alla porta e Serena mi mandò al diavolo in modo molto scurrile, ma in quel momento non mi fece storcere il naso. Aprii comunque la porta ed entrai cautamente in camera sua.
-Vattene! Se non te ne vai, giuro che chiamo le guardie.- affermò stringendo il ventaglio di sua madre, probabilmente per trovare la forza.
-Lo faresti?- chiesi infilando le mani nelle tasche dei pantaloni. -Non ti biasimerei se lo facessi.
Chiusi delicatamente la porta e sciolsi la cravatta, avvicinandomi lentamente a lei.
-Ho detto agli ospiti che ti eri sentita mancare e che ti avrei raggiunta per assicurarmi che stessi bene.- aggiunsi.
-E chi se ne frega! Vattene!- ringhiò.
-Senti, mi dispiace. Mi sono comportato...
-Ti sei comportato da stronzo! Ma stai tranquillo, non mi intrometterò mai più nella tua vita. Non ti chiederò mai più niente e non mi preoccuperò mai più per uno stronzo come te!
Alla fine ero sempre stato solo quello: uno stronzo. Lo ero davvero. Prima non avevo pensato ad altro che al potere che il matrimonio con Serena avrebbe portato con sé, dopo ero stato così ingenuo da pensare che mio padre e i membri più anziani dei Lovinescu avrebbero rispettato il patto e in seguito l'avevo ferita per cercare di allontanarla da me. Quella parola così volgare mi calzava perfettamente a pennello. Ero uno stronzo.
-Mi dispiace. Ti prometto che un avvenimento come quello di questa sera non si ripeterà più. Per evitare che ciò avvenga, consiglio di non vederci per un po' di tempo.
La vidi sbarrare gli occhi dalla sorpresa.
-Cosa?- sussurrò.
-In questo momento ho bisogno di restare solo con i miei pensieri, mentre tu non hai bisogno di ulteriori preoccupazioni. Devi pensare al tuo regno e a diventare una regina degna dei tuoi genitori, quindi credo che questa sia la decisione più saggia per tutti e due.
Parte del mio piano era andato in fumo, ma avrei trovato ogni modo per impedire il nostro matrimonio, anche se avessi dovuto bruciare tutte le copie del patto esistenti sulla terra.
In quel momento la mia principessa non faceva altro che guardarmi smarrita e incredula.
-Ci rivedremo ai ricevimenti e agli incontri ufficiali. Per il momento è la soluzione migliore. Ti chiedo scusa per il comportamento avuto poc'anzi. Buonanotte, principessa.- aggiunsi.
Feci un breve inchino e mi congedai. Quello era il mio addio ufficiale, o almeno così credevo.

Quei due mesi si erano susseguiti monotoni. La lontananza da Serena mi uccideva e l'unica consolazione era Dimitri. Riusciva a farmi restare sano di mente, a incoraggiarmi con i miei parenti e a spronarmi ad andare avanti per la strada che mi ero prefissato.
-Ho chiesto informazioni a Erica.- iniziò Dimitri.
Erica era andata a fare la spesa e potevamo parlare in tutta tranquillità.
-Ieri Erica mi ha fatto qualche domanda sul tuo comportamento così anomalo con Serena. Ho detto che c'erano battibecchi con i tuoi parenti e lei ha affermato di sapere ciò che sta succedendo nella tua famiglia. A quel punto le ho chiesto qualcosa di Serena. “E' astuta e ha molte carte da giocare” ha risposto Erica, ma non è andata nei dettagli. Dallo sguardo che aveva, ho intuito che Serena ha molte qualità nascoste di cui nemmeno tu sei a conoscenza. Forse avrebbe la forza e la grinta di sopravvivere ai tuoi parenti.
Era la prima volta che Dimitri mi contraddiceva su quella faccenda, ma si stava sbagliando di grosso. Non riuscivo a immaginare la mia principessa con un paletto in mano che trapassava da parte a parte tutti i miei parenti. Non sarebbe sopravvissuta, nemmeno se ci fossi stato io a proteggerla.
-No, devo allontanarla.- risposi lapidario. -Ora devo tornare a Torino e prepararmi per l'incontro di domani.
-Lucian e gli altri vogliono di nuovo incontrarti?- domandò cupo.
-Non è una novità ormai. Andrò lì, mi diranno di uccidere Serena, mi opporrò e inizieranno a punirmi per tre o quattro ore. Il solito.- risposi facendo spallucce, come se tutta quella faccenda fosse normale.

Il giorno dopo ero a Aosta e li stavo aspettando, ma erano in ritardo di quattro ore. Mi stavo spazientendo e stavo decidendo se andarmene o meno, quando sentii un paio di macchine avvicinarsi al cottage.
Il primo a entrare in casa fu Lucian, seguito da tutti i miei parenti più anziani. Riservai loro uno sguardo colmo di sfida e strafottenza.
-L'ordine è sempre lo stesso, Stefan. A te la scelta.- disse Lucian, giocando col manico di una lancia rotta.
La conoscevo alla perfezione e fui sorpreso di vedere che Lucian l'aveva portata con sé quella volta.
-E la mia risposta rimane la stessa: non ucciderò la principessa.- risposti duramente.
-Molto bene.
Lucian fece un cenno col capo e Octavian e Horatiu mi tennero fermo. Iniziò a malmenarmi col bastone e continuò a prendermi a calci anche quando le ginocchia mi cedettero. Quando fu stanco, fu il turno di Florian di punirmi e dopo vennero tutti gli altri, ma non vidi l'ordine in cui susseguirono perché Florian mi aveva ferito alla testa e il sangue mi era entrato negli occhi, offuscandomi la vista.
Furono ore molto dure, ma non detti mai loro la soddisfazione di strapparmi un singolo lamento. Tenni stoicamente tutto il dolore per me. Mi lasciarono in mezzo al salotto messo a soqquadro, sanguinante e dolorante.
-Rifletti bene. Domani vogliamo ricevere una tua chiamata nella quale ci dai una risposta diversa dalle altre.- affermò Lucian.
Uscirono di casa e mi lasciarono solo. Mi rimisi in piedi e a tentoni raggiunsi il lavabo della cucina, per togliermi finalmente il sangue dagli occhi. Quando ebbi terminato, arrancai al piano di sopra e salii in mansarda, che mi ero premurato di aprire prima che arrivassero. Quel posto riusciva a calmarmi perché non sentivo niente, né il rumore della città né quelli della foresta.
Mi accasciai in un angolo, dietro a degli scatoloni e attesi che il dolore diminuisse prima di rimettermi in viaggio per Torino.
Sentii dei rumori al pian terreno, ma supposi che fosse uno dei miei parenti. Probabilmente aveva dimenticato il soprabito o gli era scivolato dalle tasche il portafoglio ed era venuto a riprenderselo. Feci dei respiri profondi, constatando che almeno quella volta non mi avessero incrinato alcuna costa e ne fui felice.
-Stefan!
Sbarrai gli occhi incredulo. Era davvero lei? Era lì per me?
Alzai lo sguardo e vidi Serena che in una mano teneva il telefono per illuminare l'ambiente e nell'altra il paletto. Li buttò entrambi a terra e si precipitò verso di me, cadendo sulle ginocchia e stringendomi il più delicatamente possibile. Iniziò a piangere come non l'avevo mai vista, ma era un pianto liberatorio, diverso da quello che avevo visto l'ultima volta.
-Credevo fossi morto! Ho visto tutto quel sangue e...
Un singhiozzo le fece interrompere la frase a metà e non riuscì più a parlare per un po'.
-Non devi piangere. Non devi.- dissi con voce roca.
Serena poggiò la guancia sulla mia testa, avvolgendomi tra le sue braccia dolcemente. Con la testa poggiata al suo petto, sentivo chiaramente il battito del suo cuore accelerato e pensai che fosse la musica più bella di questo mondo.
Mi era mancato tutto di lei. La morbidezza della sua pelle, il suo inebriante profumo che mi faceva perdere la ragione, il battito del suo cuore, la sua risata cristallina e la sua melodiosa voce, che diventava acuta quando era agitata. Mi mancava vedere le sue gote arrossate per un mio complimento o commento pungente, mi mancava vederla aggrottare le sopracciglia e arricciare il naso con disappunto. Mi mancava lei.
Non volevo più vederla piangere, così cercai di fare una battuta.
-Hai anche portato un paletto.
-Nel caso fossero stati ancora qui.- rispose baciandomi la fronte con dolcezza.
Nessuno poteva sapere quanto avessi desiderato ricevere un gesto simile e tutti miei propositi sull'allontanarla andarono in fumo. Ero egoista, ma volevo che lei fosse accanto a me e che non mi lasciasse mai. Quel semplice e casto bacio avevano mandato in fumo mesi di lavoro e sacrifici.
-Perché ti fanno questo?- chiese continuando a singhiozzare.
Le asciugai le lacrime e le accarezzai la guancia. Potevo dirle ogni cosa? Mi avrebbe creduto se le avessi rivelato i piani dei miei parenti?
-Tu non devi preoccuparti, okay?- le risposi con dolcezza.
-Come faccio? Giuro che se ti riducono di nuovo così, li ammazzo con le mie mani.- affermò con un tono talmente pieno di rabbia che mi fece quasi paura.
Non l'avevo mai sentita così furiosa come in quel momento e per un breve istante pensai che sarebbe potuta sopravvivere ai miei parenti, anzi che sarebbe stata proprio lei a ucciderli, ma durò poco. Lei era dolce, non spietata come me. Sarebbe stato come buttare un cucciolo di cane in una vasca di squali bianchi.
-Non metterti in mezzo, ti prego.- la supplicai.
-Neanche tu mi fermerai questa volta.
-Serena...
Ci guardammo a lungo con intensità e in quel momento capii che lei poteva sopravvivere. Avrebbe capito, sarebbe stata in grado di resistere alla furia dei miei parenti ed era in grado di regnare. Lei non era una ragazzetta, né una donna qualunque, ma una regina.
-Vieni di sotto. Dobbiamo medicarti.- disse asciugandosi le lacrime e regolarizzando il respiro.
Mi aiutò ad alzarmi e cercai di trattenere i gemiti di dolore. Quella volta si erano accaniti sulle gambe e sulle ginocchia, ma non erano rotte o sarei caduto a terra come un sacco di patate.
Mi fece sedere sul divano, preparò tutto l'occorrente e iniziò a medicarmi con delicatezza. Volevo dirle tutto in quel preciso istante, dal piano dei miei parenti al mio amore per lei. Non volevo più avere segreti con lei, ma avrei aspettato il giorno seguente per farla calmare. Era ancora troppo scossa per riuscire a sopportare anche quella scoperta.
-Hai davvero pianto per me.- constatai, senza l'intenzione di canzonarla.
-Ero preoccupata.- borbottò imbarazzata. -Non fissarmi in quel modo.
-Perché?
-Perché mi metti ansia.
-Sei bellissima.- risposi lasciandola senza parole.
Le accarezzai dolcemente una guancia e la sentii rabbrividire sotto il mio tocco. Mi avvicinai lentamente, sperando che non mi respingesse, ma nei suoi occhi mi sembrò di vedere desiderio.
-Togliti la camicia.- balbetto spiazzandomi.
Alzai le sopracciglia dalla sorpresa. Voleva davvero andare dritta al sodo?
-Devo controllare che tu non abbia ossa rotte e hai la camicia completamente imbrattata di sangue.- si affrettò ad aggiungere, col viso rosso per l'imbarazzo.
Feci come mi disse, sorridendole malizioso e divertito. Mi tastò il costato delicatamente, con mano incerta, e quando constatò che non avevo niente di rotto, spalmò la crema sui lividi e mi ripulì ben bene dal sangue.
-Ho finito. Vado a prenderti una camicia pulita e ti consiglio di bere un po' di sangue.- disse velocemente con voce acuta e allontanandosi altrettanto velocemente.
“Sei stupido. Le piaci!” pensai sorridendo. Ora capivo perché si ostinava a starmi vicino e perché era lì con me, nonostante le avessi detto di starmi alla larga.
Mi sedetti al piano, iniziando a suonare senza troppo interesse. Cercavo di trovare le parole per dirle del piano senza che si facesse un'idea sbagliata, ma non ne trovai. Ero a corto di parole.
Si avvicinò e mi passò la camicia pulita. Le sorrisi per ringraziarla e indossata, iniziai a suonare “Sonata al chiaro di luna”, che sapevo piacerle molto. Si sedette accanto a me e iniziammo a suonare insieme, sfiorandoci le dita a vicenda.
In quel momento c'eravamo solo noi due. Non c'era il patto, non c'erano le nostre famiglie in costante guerra e non c'erano nemmeno i doveri. Solo io e la mia principessa.
Le posai una mano sulla guancia e mi avvicinai a lei lentamente, senza smettere di guardarla negli occhi.
-Serena.- sussurrai sfiorandole le labbra con le mie e attendendo un suo segnale di consenso o dissenso.
-Stefan...- sussurrò a sua volta con gli occhi che ardevano di desiderio.
Posai le labbra sulle sue ed erano molto più morbide di quanto avessi immaginato. Approfondimmo il bacio e la strinsi forte a me. Avevo desiderato quel momento da quando avevo capito di amarla, da quando ne ero stato completamente rapito.
Ignorai completamente le ferite e la presi in braccio e, senza smettere di baciarla, la portai in camera da letto. Non riuscivo a fare a meno di baciarla, era come se ne valesse la mia stessa vita. Non riuscivo a saziarmi dei suoi baci, della sua pelle sotto le mie dita e di lei.
Ci baciammo e ci accarezzammo a lungo e la mia camicia finì sul pavimento. Forse stavamo correndo un po' troppo. Forse...
Mi staccai un poco da lei, notando che entrambi avevamo il fiato corto. I miei canini erano usciti completamente dalle gengive e non ne volevano sapere di rientrare. I suoi occhi erano desiderosi e febbricitanti. Le gote e le labbra arrossate.
-Dovremmo aspettare la prima notte di nozze, credo.- dissi titubante.
Non ce l'avrei fatta ad aspettare, ma se era quello che la mia principessa desiderava, l'avrei fatto.
-Non sono tipo da tradizioni.- rispose facendomi ridere.
-Non pensavo che avrei mai detto questa frase a qualcuno, ma... ti amo Serena. Ti ho amata da quando ti ho visto scendere la scalinata del castello Von Ziegler, alla sera della tua presentazione.- confessai col cuore che batteva veloce.
-Non pensavo di dirlo a te, ma ti amo anche io. L'ho capito solo adesso, quando ho creduto che ti fosse successo qualcosa. L'ho accettato solo adesso.- rispose e pensai che il cuore potesse scoppiarmi di felicità.
Per la prima volta in vita mia mi sentii leggero come una nuvola, senza pensieri e preoccupazioni. Pensavo soltanto a noi due.
La baciai con dolcezza e con piccoli baci, scesi sul collo, dove il sangue pulsava forte. Non avevo mai morso nessuno, anche perché era un atto che si faceva solo col proprio coniuge. Stavamo infrangendo le regole in quel momento, ma nessuno l'avrebbe saputo.
-Se vuoi che mi fermi adesso, dimmelo. Questo è per sempre.- la avvertii.
Non volevo che poi si pentisse di quel gesto e volevo metterla in guardia, ma la sua risposta mi fece nuovamente felice.
-Sono sicura.- disse accarezzandomi la testa.
Sorrisi e la sentii rabbrividire e quando affondai i denti nel suo collo, mi strinse più forte a sé. Il suo sangue inondò la mia bocca e giurai che, dopo il nostro matrimonio, non avrei mai più bevuto sangue altrui. Il suo sangue sembrava ambrosia e ne volevo ancora e ancora, ma dovetti staccarmi molto presto per non dissanguarla.
Ripresi a baciarla con passione e per la prima volta in vita mia, quella notte, che fu la seconda notte più bella della mia vita, feci l'amore con una donna. Con la mia principessa.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16


Mi svegliai al primo squillo del cellulare e lo misi in silenzioso, per non rischiare di svegliare Serena. La guardai ancora incredulo.
Avevo passato la notte con lei e in quel momento era accanto a me, che mugugnava nel sonno e aveva un'espressione corrucciata. Forse stava avendo un brutto sogno.
Il cellulare iniziò a vibrare e sbuffando mi avviai in bagno per rispondere.
-Pronto?
-Allora, hai pensato a lungo al nostro incontro di ieri?- domandò Lucian dall'altro capo del telefono.
Sbuffai e aprii l'acqua della doccia.
-Sì, ci ho pensato a lungo in effetti, ma la mia risposta non varia.
-Perché sei così testardo?! Io ti ordino di uccidere la principessa!- urlò rabbioso.
-Ti dico che non posso farlo! Sarebbe...
-Non mi interessa! Non voglio che una bastarda come lei salga al trono!
“Ancora ce l'ha con questa storia del sangue sporco?!” pensai furioso ed ero pronto a rispondergli a dovere.
-No, ma...
-Se non la uccidi tu, manderò qualcuno a compiere il lavoro che tu non hai il coraggio di portare a termine. In questo momento mio fratello si sta rivoltando nella tomba a causa della tua insubordinazione!- ringhiò rabbioso.
Non avrei permesso che qualcuno provasse a uccidere Serena. Sarebbe dovuto passare sul mio cadavere, ma se avessi risposto nuovamente in modo negativo, Lucian avrebbe assoldato qualcuno per farlo. Dovevo impedirlo, così mentii spudoratamente.
-D'accordo, ho capito. Farò come mi avete detto.- risposi rassegnato.
-Alla fine ti sei convinto. Finalmente hai messo da parte la cocciutaggine.- constatò più tranquillo Lucian.
-Sì, distruggerò la principessa dopo il matrimonio.
Il piano non era quello, ma se dovevo fingere di essere d'accordo, avrei stabilito io le condizioni e il modo. Avrei avuto più tempo per parlare con Serena e per smascherare l'imbroglio dei miei parenti. Tutto sarebbe andato per il verso giusto.
Lucian stava sbraitando perché il piano non era quello, ma gli chiusi la chiamata in faccia. Mi infilai sotto la doccia fischiettando tranquillo. Dopo aver svegliato la mia principessa e averle servito un'abbondante colazione, le avrei parlato di quell'orribile piano. Avremmo preso provvedimenti riguardo alla mia famiglia e lei sarebbe stata finalmente al sicuro, al mio fianco.
Uscito dalla doccia, mi vestii e andai in camera per svegliare Serena, ma trovai il letto vuoto. Era sparita esattamente come avevano fatto tutte le altre donne, ma lei era l'unica che volevo ritrovare nel letto al mio risveglio. Non c'era traccia di Serena, nemmeno un biglietto per avvisarmi.
Provai a chiamarla, ma non rispose. Forse era accaduto qualche imprevisto all'ultimo minuto ed era corsa da Wilhelm per rimediare, ma ero convinto che avrebbe cercato di avvisarmi in qualche modo. Qualcosa non tornava.
Chiamai Wilhelm, che rispose al secondo squillo.
-Pronto?
-Wilhelm, sono Stefan. È per caso successo qualcosa al castello?
-No, perché?- a quella risposta mi si gelò il sangue.
Possibile che Lucian avesse già mandato un sicario per ucciderla? L'istinto di cacciatore uscì prepotentemente. Iniziai a guardarmi intorno e ad annusare l'ambiente sospetto. Mi affacciai a una delle finestre e vidi che anche la sua vecchia Panda era sparita e le uniche impronte che si vedevano sulla neve, erano quelle di Serena. Se n'era andata di sua spontanea volontà, ma perché?
Wilhelm cercò di attirare la mia attenzione in ogni modo, iniziando ad andare in panico.
-Fammi sapere quando arriva in Romania, okay?- dissi serio.
-E' successo qualcosa?
-Non lo so, ma fammi sapere quando è con te, chiaro?
Riagganciai senza nemmeno aspettare una sua risposta e mi affrettai a chiamare Paola. Neanche lei sapeva dove fosse la figlia e anche lei iniziò ad andare in ansia.
-Provo a chiamarla e a farti sapere qualcosa più tardi.- disse prima di chiudere la chiamata.
Chiamai anche Erica, ma lei era all'oscuro di tutto esattamente come noi tre.
-Fammi fare qualche ricerca. Ti richiamo tra un'ora.- rispose.
-Grazie, grazie infinite.
Preparai i miei bagagli velocemente e guidai come un pazzo fino a Caselle. Il giorno seguente avremmo avuto il processo di Nicolae Lovinescu e forse... forse cosa? Perché era scappata in quel modo?
Il volo per la Romania era appena partito e avrei dovuto aspettare fino alla sera per prendere il successivo. Sbuffai spazientito, iniziando a chiedere alla hostess se ci fosse qualche altro volo disponibile in altre città, ma c'era solo quello. Dovetti raccogliere tutto il mio autocontrollo per non urlarle in faccia, ma in fondo non era colpa sua.
Ringraziai la hostess e andai in un bar per fare colazione, ma avevo lo stomaco chiuso e ci misi un'ora solo per mandar giù un cappuccino e un cornetto al cioccolato. Erica mi chiamò e portò notizie liete.
-Serena sta bene. Ha preso il volo per la Romania un'ora fa.- disse e io tirai un sospiro di sollievo.
-Come fai a sapere che sia veramente lei?
-Ho i miei metodi, ma ti assicuro che su quel volo c'è lei. Perché sei così preoccupato, principe?- domandò sospettosa.
-Perché... non lo so. Avevo una brutta sensazione.- mentii, ma lei non ci credette.
-Va bene, farò finta di non sapere che Serena ha passato la notte a Aosta con te.
Sbarrai gli occhi e aprii un poco la bocca dalla sorpresa.
-Come...
-Te l'ho detto, ho i miei metodi. A proposito, ho scoperto che Lucian ha incaricato il vostro cacciatore di taglie di mettersi sulle tracce di Dimitri. Partirà domani mattina, quindi ti consiglio di intercettarlo prima che inizi la caccia o dovrò girare mezza Europa col tuo amico e non posso permettermi di perdere di vista Serena.- spiegò velocemente.
-Ho capito, ti ringrazio per tutto.
-Ah, Stefan? Ti conviene mettere le cose in chiaro il più in fretta possibile o le voci che sono giunte alle mie orecchie, giungeranno anche alle orecchie di Serena. Al momento farò finta di non averle sentite e spero vivamente che siano false.- disse più duramente.
-Che cosa intendi?- domandai confuso.
-Gira voce che tu voglia uccidere Serena prima delle nozze. Se scopro che è vero, sappi che reclamerò la tua testa e ne farò un bel vaso per i miei gerani.
-Erica, ti giuro sulla tomba di mia madre che sono innamorato di Serena. Non voglio ucciderla, ma...
La chiamata fu interrotta. Provai a chiamarla nuovamente, ma il messaggio registrato mi diceva che il numero non era raggiungibile.
Sospirai stanco. Le avrei detto più tardi dei piani della mia famiglia e della mia idea per sabotarli.
Avvisai sia i genitori che lo zio di Serena per tranquillizzarli e dire loro che era in volo per la Romania. Attesi mezza giornata dentro all'aeroporto, fino a quando, verso sera tarda, il mio volo non fu chiamato.

Arrivai in Romania alle prime luci dell'alba. Avrei voluto raggiungere immantinente Serena per dirle ogni cosa, ma prima dovevo pensare al cacciatore di taglie. Entrai nel castello come una furia, chiedendo ai domestici dove fosse Aurelius Ciobanu, il nostro cacciatore di taglie. Mi dissero che era ancora nella sua stanza, ma che era in procinto di partire.
Corsi come un disperato ed entrai in camera sua senza neanche bussare. Aurelius era un uomo inquietante, dalla carnagione chiara come la mia, ma dai capelli talmente biondi da sembrare bianchi e dagli occhi grigi.
-Principe Stefan, a cosa devo la vostra visita?- domandò inchinandosi a me.
-Mi è stato riferito che stai per metterti sulle tracce di Dimitri Petrescu, è la verità?- dissi duramente, mettendomi dritto per mostrarmi in tutta la mia altezza, che intimoriva parecchie persone.
Con lui non fece un effetto diverso da quello che mi ero aspettato.
-Sì. Vostro zio mi ha incaricato di cercare quel criminale e di portarlo al suo cospetto, vivo o morto non fa alcuna differenza.- rispose un po' timoroso.
-Contrordine. Ti prenderai una vacanza per due settimane a Roma. L'Italia è bellissima in questo periodo, sai?
-Come?- chiese sbigottito.
-Hai sentito bene. Vai a Roma e restaci per due settimane e se so che è stato fatto qualcosa al generale Petrescu, sta' pur certo che non sarò più gentile di mio padre, anzi ti ritroverai a sentirne la mancanza.- lo minacciai duramente.
Dovetti fargli veramente paura perché annuì e, lasciate le proprie armi in camera, uscì dal castello di corsa.
Estrassi il cellulare dalla tasca e vidi che erano le sette e mezzo del mattino. A breve sarebbe iniziato il processo di Nicolae Lovinescu e rischiavo di tardare. Corsi in camera a cambiarmi e mandai velocemente un messaggio a Dimitri.

“Il cacciatore di taglie non è più un problema. Spero che non ti venga in mente di andare a visitare Roma in questo periodo, altrimenti gli salteresti direttamente fra le braccia. Mi ringrazierai quando sarai di nuovo un uomo libero ;)”

Corsi in corridoio mentre cercavo di annodarmi la cravatta e la vidi da lontano. Era bellissima, regale e spietata. Il suo incedere marziale incuteva timore a tutti. Mi avvicinai a passo di carica e l'afferrai dolcemente per un braccio.
-Serena.
Mi riservò uno sguardo gelido, ma all'inizio non ci feci caso. Era illesa, stava bene e camminava sulle proprie gambe. Ero felice e sollevato di vedere che stava bene.
-Ero così preoccupato. Te ne sei andata all'improvviso e nessuno sapeva dove fossi, nemmeno i tuoi genitori.
La strinsi in un tenero abbraccio, infischiandomene altamente di Wilhelm, che faceva finta di non guardarci. Era rigida fra le mie braccia e mi chiesi il perché. La liberai dall'abbraccio e la osservai incoraggiante.
L'ultima volta che Serena aveva partecipato a un processo, era stata costretta a distruggere l'imputato e dopo era scoppiata in lacrime disperata. Quel giorno avrei impedito a Lucian di farle una cattiveria del genere.
-Andrà tutto bene. A fine processo non dovrai ucciderlo tu, ma lo farò io. Non permetterò a Lucian...
-Non ti ho chiesto di proteggermi. Posso cavarmela da sola.- mi interruppe con un tono glaciale che mai le avevo sentito prima.
Mi allontanò da sé lentamente, ma con mano ferma. Con lo sguardo mi stava intimando di non toccarla, ma non capivo il perché.
-Serena, che cosa ti è successo? Sei strana.- dissi provando ad accarezzarle una guancia, ma con un movimento velocissimo mi afferrò il polso e rimasi stupido.
-Dobbiamo andare al processo.- rispose lapidaria, dirigendosi verso la sala delle udienze.

Il processo di Nicolae Lovinescu durò meno di un'ora. Le prove che erano state raccolte contro di lui erano numerose e tantissimi testimoni avevano assistito all'omicidio di Ruben Vidrean. Ovviamente fu condannato alla morte immediata.
-Principessa Serena, a voi l'onore e l'onere di punire questo assassino.- affermò Lucian, guardandola con uno sguardo maligno.
Stavo per oppormi, ma mi bloccai quando vidi l'espressione di Serena. Lo osservava con occhi colmi di sfida e gli sorrise altrettanto malignamente. Pensai che stesse per avere una delle sue solite visioni, ma i suoi occhi non erano girati all'indietro.
Senza battere ciglio e con passo deciso, si avviò verso il servo che reggeva il paletto sul cuscino di velluto rosso. Serena lo prese e guardò negli occhi l'accusato, che stava tremando come una foglia davanti alla mia principessa. Con un movimento da professionista, piantò il paletto nel petto di Nicolae addirittura più in profondità di quanto necessario. Ero sbigottito, senza parole.
Serena estrasse il paletto con un altro movimento deciso e si lavò le mani con estrema calma, come se si trovasse a suo agio a giustiziare un colpevole. La sua maschera fatta di gelida calma era terrificante.
-L'udienza è tolta.- disse gelida e in rumeno più che perfetto.
Fece un cenno col mento al corpo di Nicolae e i servi si affrettarono a portarlo via dalla sala. Lentamente si diresse verso l'uscita e Wilhelm la seguì, sbigottito tanto quanto me.
Senza dar tempo ai miei parenti di raggiungermi, corsi verso la camera che era stata assegnata a Serena per i preparativi del processo. Non sapevo cosa pensare. Tutta quella situazione era assurda.
“Quella non è la mia principessa. No. Ci dev'essere qualcosa sotto.” pensai preoccupato.
Entrai in camera di Serena senza nemmeno preoccuparmi di bussare, anche perché avevo già visto tutto ciò che c'era da vedere. La guardai a occhi sbarrati, ancora sconvolto dalla scena di pochi minuti prima.
-Serena, ma che ti è successo? Ti sei completamente trasformata quando Lucian ti ha chiesto di ucciderlo. Sembrava quasi che...
-Mi piacesse?- mi anticipò gelida. -E' vero, non mi è dispiaciuto affatto.
“Cosa ti è successo, Serena? Dov'è quella donna che odia la violenza, che veste in modo orribile, che ascolta musica classica e metal e che sa essere una principessa quando la situazione lo richiede? Dov'è la Serena della quale mi sono innamorato?” pensai.
-E' successo qualcosa? Prima scappi dal cottage, poi ti comporti come se fossi infuriata col mondo intero. Vorrei capire che cosa ti sta succedendo.- dissi guardandola negli occhi.
-Voglio che non ti intrometta nella mia vita e mi lasci in pace, chiaro?- affermò duramente.
-Ma cosa...
-Lasciami in pace. Non voglio più che mi ronzi intorno.- rispose duramente, spiazzandomi.
Dopo tutto ciò che avevamo passato e dopo tutto ciò che avevamo condiviso, lei mi diceva di starle lontano. Come poteva pretendere una cosa del genere?
-Come diavolo faccio? Dopo che ti ho morso, come faccio a non starti vicino?
-Vedi di mettere i canini e qualcos'altro nell'acqua fredda, così ti si calmano i bollenti spiriti. Lasciami in pace. Ti costa tanto non intrometterti nella mia vita per cinque minuti?
A quella risposta mi sentii malissimo. Mi aveva forse usato? Aveva finto? Per la prima volta in vita mia avevo aperto il mio cuore a qualcuno e adesso me lo ritrovavo spezzato e calpestato. Non riuscivo a credere che proprio lei potesse farlo, la mia dolce principessa. Non riuscivo ancora a capire il perché di quel cambiamento repentino.
Senza darmi tempo di rispondere, Serena mi passò accanto e uscì dalla camera senza degnarmi di uno sguardo. Wilhelm mi guardò negli occhi dispiaciuto, ma notai anche un'altra emozione. Senso di colpa? Sì, era quello. Lui sapeva cosa stava succedendo ed era dalla mia parte. Se avessi provato a mettermi in contatto con lui, forse sarei riuscito ad avere informazioni.


Rimasi in quella stanza per minuti, o forse ore. Non sapevo quanto tempo fosse passato fino a quando Adrian non mi trovò.
-Principe Stefan, vi sto cercando da ore. Lucian e i vostri parenti desiderano vedervi per una riunione.- spiegò.
-Che tipo di riunione?- domandai atono.
-Le solite che tengono loro. Vi consiglio di non farli attendere oltre o potrebbero irritarsi.
Sospirai stanco e amareggiato, ma seguii ugualmente Adrian nella sala delle udienze, che si era svuotata dopo il processo. Il sangue di Nicolae era stato ripulito a dovere e tutti gli anziani sedevano al lungo tavolo.
-Dobbiamo discutere di alcune faccende urgenti. Siediti.- ordinò Lucian e io feci come mi disse.
“Be', almeno non è una punizione” mi consolai.
-Non credo che la principessa non conosca l'arte del combattimento. Oggi ha usato il paletto come se non avesse fatto altro per tutta la vita.- constatò Octavian visibilmente preoccupato.
-Quella è una stupida ragazzina e la state sopravvalutando troppo. Sono sicuro che la principessa...
-Horatiu, non dobbiamo sottovalutare il nostro avversario.- lo interruppe Lucian. -Oggi era compiaciuta di aver distrutto un Lovinescu e l'ha fatto senza mostrare il minimo rimorso. Ha impugnato il paletto e l'ha usato come se avesse ricevuto un addestramento. Sospetto che Wilhelm c'entri qualcosa.
Anche a me era sembrato strano che Serena fosse in grado di maneggiare così bene un paletto. Anche il giorno prima, al cottage, avevo notato che l'aveva impugnato come un'arma e non come un giocattolo. In quel momento mi ricordai la frase che mi disse tempo addietro, alla nostra prima riunione del Consiglio.

“-No, io sono diffidente di natura, non solo con i Lovinescu.
-Ah sì? E allora perché hai un paletto nella tasca dei pantaloni? Allora spiegami questo, Serena. Sto aspettando una tua risposta.
-Mi alleno.”


Si era davvero allenata all'uso del paletto? Da come lo impugnava e da come aveva colpito in modo deciso sia Alin che Nicolae, capii che si era allenata da quel giorno. Ero sorpreso, ma mi ritrovai a sorridere.
“La mia principessa è una guerriera” pensai dolcemente.
-Cos'hai tanto da ridere, Stefan?- domandò Lucian sprezzante.
-Sono d'accordo. Non dobbiamo sottovalutare il nostro avversario, perciò direi di cambiare le carte in tavola.- affermai.
-Ucciderai la principessa dopo il matrimonio, ma dovrai fare in modo che si fidi completamente di te. Ucciderla subito dopo, desterebbe sospetti e lei sarebbe perennemente in guardia, quindi dovrà innamorarsi di te.- disse Lucian e tutti i miei parenti annuirono.
“Troppo tardi. Lei è già innamorata di me, ma non la ucciderò come vuoi tu. Le dirò tutto e poi sarai tu a essere ucciso.”

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17


Per i tre giorni successivi, cercai di mettermi in contatto con Serena in ogni modo possibile. La chiamai una miriade di volte e addirittura provai ad andare al suo castello, ma le guardie mi respinsero con delle scuse stupide. Mi incupii sempre di più in quei tre lunghi giorni.
Constatai che non voleva vedermi, ma non ne capivo il motivo. Stavo impazzendo per i dubbi e la mia ignoranza riguardo a quella faccenda, quando ricevetti un messaggio di Dimitri.

“Erica è in fermento da un paio di giorni. Torna la sera tardi, fa chiamate in continuazione e, non so perché, sento l'odore di un'imminente battaglia. Stai attento.”

Il messaggio non diceva altro, ma non potei chiedergli chiarimenti che Adrian entrò nello studio.
-C'è Wilhelm Von Ziegler che vorrebbe interloquire con voi.
-Fallo entrare.
Wilhelm entrò e si inchinò dinnanzi a me. Adrian ci lasciò soli e lo guardai interrogativo.
-Stefan, non mi sono mai fidato di te. Pensavo che fossi tale e quale a tuo padre e che avresti fatto di tutto per conquistare il potere e togliere di mezzo Serena, ma... mi sbagliavo, e si sbaglia anche Serena.- disse di getto.
-Cosa? Cosa c'entra Serena?
-Serena ti ha sentito parlare al telefono, quella mattina al cottage a Aosta, e ti ha sentito dire che l'avresti uccisa dopo le nozze.
Mi ghiacciai, ma tutti i pezzi del puzzle iniziarono ad andare al loro posto. Sentendo quella conversazione, Serena aveva pensato che volessi ucciderla per avere tutto il potere per me, ma si era sbagliata. A me non interessava il potere, ma salvarle la vita.
-Wilhelm...- sussurrai, ma fui obbligato a sedermi sulla poltrona.
Non era neanche venuta a chiedermi spiegazioni. Non mi aveva neanche fatto sapere che lei mi aveva sentito, anzi si era chiusa in quella calma glaciale e non mi aveva detto alcunché. Ero infuriato, ma dovevo pensare a farle capire che aveva preso un abbaglio.
-E' vero. Lucian e i miei parenti mi hanno ordinato di ucciderla da quando è morto mio padre, ma mi sono sempre opposto. Cercavano di convincermi punendomi e quella mattina ho detto che l'avrei uccisa solo per impedire che Lucian mandasse qualcuno a farlo al posto mio. Non potevo permettere che Serena rischiasse la vita e non sopporterei...
Wilhelm mi posò una mano sul braccio e mi guardò con decisione.
-Serena ha riorganizzato gli eserciti e sono al castello Vidrean. I clan Vidrean e Von Ziegler hanno dato il loro appoggio per iniziare una guerra contro il clan Lovinescu. Devi venire con me al castello e spiegarle tutta la faccenda. È innamorata di te e so che riuscirai a convincerla.- mi interruppe.
Chiesi ad Adrian di coprirmi con i miei parenti e con Lucian.
-Se non siete di ritorno entro un paio d'ore, avvertirò Lucian.- rispose con decisione.
-Perché mi dici questo?- chiesi confuso.
-Avete letto il messaggio di Dimitri, no?- rispose guardandomi con intesa.
C'era aria di guerra, ma io l'avrei impedito. Avrei fatto capire a Serena che si era sbagliata e le avrei spiegato tutta la situazione per filo e per segno, senza tralasciare nessun particolare.
Salimmo sulla macchina che aveva preso Wilhelm e ci dirigemmo al castello Vidrean. Quando entrammo, quattro guardie ci bloccarono, ci presero per le braccia e ci separarono. Mi condussero allo studio di Serena.
Quando la vidi rimasi meravigliato e tutta la rabbia svanì. Era austera, regale e meravigliosa. Quello era un altro lato di lei che non avevo ancora conosciuto, ma mi piacque meno degli altri.
-Vostro zio è tornato con lui.- disse la guardia, ma Serena non aveva occhi che per me.
-Fra tutti proprio tu?- chiese con un sopracciglio alzato, esattamente come facevo io.
-Serena, io...- iniziai, ma Serena mi interruppe, lasciandomi nuovamente sbigottito.
-Fate accomodare il principe Stefan.- disse alle guardie in rumeno perfetto, indicando una delle due poltrone.
Non smisi un secondo di guardarla e mi feci spingere dalle guardie a sedere, senza protestare.
-Hai imparato il rumeno?- domandai in italiano.
-Se vuoi possiamo discutere nella tua lingua madre.- disse in rumeno. -Oppure parlare tedesco, come più preferisci.- aggiunse in tedesco.
La pronuncia e la grammatica erano impeccabili. Ecco com'era riuscita a capire la mia telefonata, ma perché non me l'aveva detto? Cos'altro mi aveva tenuto nascosto?
-Credevi davvero che non avrei imparato le lingue dei miei genitori? Mi credi davvero così sciocca?- chiese in italiano.
Serena fece un cenno alle guardie e queste ci lasciarono soli. Serena si sedette comodamente alla scrivania e mi studiò a lungo.
-Perché tra tutti mio zio ha scelto te?
“Ma che diavolo di domanda è?”
-Ti aspettavi che sarebbe venuto con Lucian? O con qualche altro Lovinescu?- chiesi sarcastico, prima di riuscire a tapparmi la bocca.
Mi era venuto naturale rispondere in quel modo a una domanda così stupida.
-Gli ho lasciato il beneficio del dubbio. Immaginavo che sarebbe tornato con te, ma perché?- chiese, iniziando a passeggiare per lo studio, ma senza smetterla di guardarmi.
-Mi ha raccontato che hai sentito la telefonata che ho avuto con Lucian, quella mattina al cottage, e mi ha anche detto che vuoi dichiarare guerra al clan Lovinescu. Lui pensa che io sia l'unico in grado di fermarti e ci proverò. Non iniziare una guerra inutile.
-Inutile? Tu e i tuoi viscidi parenti avete progettato di distruggermi subito dopo le nozze!- disse con un tono molto duro e autoritario, alzando la voce. -Mi hai mentito per tutto questo tempo, hai finto ogni cosa e dici che questa guerra è inutile?
Con lei non avevo mai finto, ero sempre stato sincero. Non poteva accusarmi anche di questo! L'amavo veramente e avrei fatto di tutto per renderla felice. Il mio “ti amo” era stato sincero ed era stato il primo che avevo detto in tutta la mia vita. Provai comunque a mantenere la calma e a spiegarle tutta la situazione.
-Sì, è inutile.- iniziai. -La mia famiglia mi vuole obbligare a ucciderti, ma io non l'avrei fatto e mai lo farò. Quello che ti ho detto quella notte è vero. Ti amo, mi sono innamorato di te in un modo che non credevo possibile e piuttosto che ucciderti, mi farei ammazzare dalla mia famiglia.
Il suo sguardo scettico fu come una coltellata al cuore, ma le parole che disse dopo furono anche peggio.
-Non ti credo. L'unica cosa che ti interessa è il potere. Una volta mi hai detto che l'amore è per i deboli e ora con certezza ti posso dire che avevi ragione. Mi sono comportata come una stupida e mi sono innamorata soltanto delle tue belle parole, che erano un'enorme e colossale massa di frottole. Mi sono innamorata di un Stefan Lovinescu che non esiste. Tu sei un essere spregevole, che dev'essere eliminato dalla faccia della Terra come un pericoloso parassita. Ti odio. E farò di tutto per distruggerti con le mie stesse mani.
Tremava di rabbia e sapevo che stava dicendo la verità. Mi odiava e voleva vedermi con un paletto piantato nel cuore il prima possibile. L'unica donna che avevo amato in tutta la mia vita, desiderava la mia distruzione.
Mi sentii uno straccio senza spina dorsale. Mi sentivo debole, mi era venuta la nausea e volevo implorarla di... no! Non l'avrei implorata. Non se lo meritava. Le avevo dimostrato più volte di essere sincero, di tenere veramente a lei e di amarla, ma ora basta.
Le avevo dato il mio cuore e lei aveva creduto a ciò che aveva voluto. Non conosceva tutta la situazione, ma quelle informazioni che aveva raccolto le bastavano per farle perdere la fiducia che mi ero guadagnato. Mesi di sforzi andati in fumo per un semplice malinteso e per i folli piani di Lucian e dei miei parenti.
Serena non si fidava e mai l'avrebbe fatto. Non era diversa da tutti vampiri che avevo conosciuto, che si faceva suggestionare dalle voci di corridoio e dalla fama della mia famiglia.
Bussarono alla porta ed entrarono le due guardie che scortavano Wilhelm.
-Oh, zio Wilhelm. Che onore averti qui.- disse sarcastica.
-Serena, dovevo fermarti in qualche modo.- sussurrò Wilhelm preoccupato.
-Io mi fidavo di te e invece sei andato a spifferare tutto a questo cane bastardo.
-Tutto quello che stai facendo è una pazzia. Stefan è veramente innamorato di te, ma sei talmente accecata dall'odio da non riuscire più a vederlo.
-Dunque è riuscito a prendere in giro anche te.
“Adesso basta!”
-Io non ho preso in giro nessuno.- obiettai alzandomi in piedi.
Serena mi spinse a sedere con un braccio e puntò uno dei numerosi ventagli appartenuti alla madre alla gola, graffiandomi la pelle. Quelli erano ventagli, come diavolo...
-Stai seduto. Questi ventagli non li uso solo per bellezza.- mi ammonì con uno sguardo di fuoco.
Dunque anche la madre di Serena aveva avuto delle armi nel suo arsenale.
-Ora dovrò prendere seri provvedimenti e cambiare completamente i miei piani. Mettete Wilhelm Von Ziegler in isolamento per un paio di giorni.- disse poi in rumeno alle guardie.
Io e Wilhelm sbarrammo gli occhi dalla sorpresa. Ma era diventata matta? Come poteva imprigionare suo zio, sapendo che aveva fatto tutto ciò soltanto per proteggerla e per evitarle di scendere in guerra? Si era bevuta il cervello con una cannuccia?
-Devo farlo, e sai perché. Riuscirai a capire il motivo del mio gesto, ne sono sicura.- disse a suo zio, che la guardò smarrito per qualche secondo, per poi sorriderle.
-Certo, ho disobbedito, ma ti prego comunque di non iniziare una guerra.
Serena sapeva essere un sovrano giusto meglio di me e per questo la invidiai. Imprigionare un parente al quale voleva bene perché aveva messo a repentaglio la sicurezza del regno, era una mossa da sovrani giusti, ma riguardo alla guerra stava facendo una decisione completamente sbagliata.
-Sono obbligata a farlo. Ora abbiamo un prigioniero molto importante e immagino che il clan Lovinescu lo voglia di nuovo con sé.- rispose Serena, indicandomi con un cenno del mento. -Con la tua azione sconsiderata e incosciente, caro zio Wilhelm, siamo già in guerra. Avvisate il generale Sadoveanu di mandare il messaggero.- disse poi alle guardie.
“Quindi ora sono un ostaggio. Wow Serena! Da fidanzato a prigioniero in neanche una settimana. Be', c'è chi dice che il matrimonio sia una prigione, quindi ci siamo vicini.” pensai sarcastico, iniziando a provare rabbia nei confronti della mia principessa. Anzi, lei non era più la mia principessa, ma la principessa Serena Vidrean Von Ziegler.
-Vieni, voglio mostrarti una cosa.- ordinò lanciandomi un fazzoletto per ripulirmi il sangue.
Camminammo per i corridoi del castello affiancati da due delle guardie del corpo speciale di Marius Vidrean. Era un corpo di guardie ben addestrato ed erano tutte donne, in modo che potessero passare inosservate perché ritenute da tutti i vampiri esseri inferiori. In pochi sapevano dell'esistenza di quelle guardie, ma ero convinto che Serena non l'avesse riorganizzato.
-Hai ripristinato le guardie del corpo speciale di tuo padre.- dissi rompendo il silenzio.
Mi aveva tenuto nascoste parecchie cose, perciò quanto conoscevo veramente Serena? Aveva finto da quando ci eravamo conosciuti? Si era mostrata sincera? Avevo forti dubbi sull'ultimo quesito.
-Te l'ho detto prima: non sono sprovveduta come avete creduto. Vi ho fatto credere di essere ingenua soltanto per conoscervi a fondo e venire a conoscenza dei vostri piani.- rispose gelida.
-Quindi anche tu hai mentito.- constatai duramente e i miei dubbi divennero fondati.
-A parte questo, io non ho mai finto niente.
Arrivammo a una balconata che si affacciava sull'enorme giardino sul retro del castello e sbarrai nuovamente gli occhi. Quando aveva detto che aveva riorganizzato gli eserciti, avevo creduto che avesse raccolto sì e no qualche decina di vampiri, ma mi ero sbagliato. In quel giardino si trovavano migliaia di vampiri pronti alla guerra e probabilmente ben addestrati.
Quando le truppe la videro, esplosero in grida di giubilo.
-Da questa sera.- iniziò in rumeno. -saremo in guerra col clan Lovinescu, un clan molto temuto e rispettato, che aveva intenzione di eliminarmi dopo aver rispettato il patto sancito dai nostri antenati. Un clan che vi avrebbe sottomesso, volenti o nolenti. Un clan che vi avrebbe portato via la vostra legittima sovrana.
Le truppe urlarono di rabbia e io morivo dentro a ogni singola parola, pentendomi di non averle detto subito del piano che avevano i miei parenti. La colpa era in parte mia, ma lei non aveva perso tempo a dubitare di me e ciò non faceva che alimentare la mia furia.
-Ma le cose, miei cari amici, sono cambiate.- continuò. -Da qualche minuto siamo riusciti a mettere le mani su una leva molto importante per l'esito della battaglia. Oltre al vostro coraggio e alla forza delle vostre schiene, ora abbiamo lui.
Le guardie mi spinsero in avanti e quando le truppe mi videro, urlarono di gioia.
-Abbiamo il loro principe e sono convinta che faranno di tutto per riaverlo al più presto. Il messaggero sta per consegnare la dichiarazione di guerra al clan Lovinescu ed entro una settimana, vedremo di che cosa sono capaci quegli esseri viscidi. Dobbiamo spazzarli via dalla faccia della Terra, ma non abbassate mai la guardia perché potrebbero giocare sporco. Dopotutto sono Lovinescu.
Le truppe risero e poi iniziarono a urlare “Lunga vita alla principessa”. Quel discorso mi fece capire quanto mi ero sbagliato sul conto di Serena. Non mi aveva mai amato come aveva affermato quella notte. Aveva finto. Mi aveva ingannato come una verginella alla sua prima cotta. Mio padre aveva avuto ragione e mi pentii di non avergli dato ascolto.
Serena mi riservò un sorriso maligno.
-E con questo mi pare ovvio che il fidanzamento sia rotto.- disse togliendosi l'anello di mia madre e mettendomelo nella tasca dei pantaloni.
Quel gesto fu la prova di quanto fossi stato idiota e facilmente manipolabile da quella donna spietata.
-Portate il principe Stefan nella camera e non lasciate mai la sua porta. Non possiamo di certo sbattere un principe nelle segrete.- ordinò alle guardie in rumeno, riservandomi un sarcastico inchino che fece ridere le guardie.
Mi lasciai scortare dalle guardie senza opporre resistenza. Non aveva senso ribellarsi in quel momento. Mi sbatterono in una delle camere e chiusero la porta a chiave.
Restai al centro della stanza per un tempo indefinito, continuando a darmi dell'idiota.
“L'amore non mi ha portato altro che sofferenze” pensai duramente, stringendo i pugni dalla rabbia.
Serena aveva giocato con me, mi aveva deriso e probabilmente Erica aveva fatto altrettanto e forse Dimitri era già morto per colpa mia. Serena era la peggior donna che avessi mai incontrato in vita mia.
Mi ritrovai a prendere a pugni e a calci la mobilia della stanza, ma non bastò a placare la mia furia. Ero furioso, talmente tanto da avere i canini completamente scoperti e un ringhio rabbioso stampato sul volto. Odiavo Serena. La odiavo con tutte le mie forze per avermi fatto credere in un futuro meraviglioso, colmo di amore. Schifai quella parola come mai avevo fatto prima.
“Calmati, Stefan. Devi andartene prima che Serena ti uccida davanti a tutti” pensai rallentando il respiro.
Mi guardai intorno e notai un arazzo che avevo già visto in precedenza. Cercai nei meandri della mia memoria e quando lo trovai sorrisi vittorioso. Anni prima di conoscere Serena, avevo sedotto una delle domestiche di quel castello e questa, in preda all'amore che provava per me, mi aveva rivelato l'esistenza di un passaggio segreto situato in quella stanza.
Spostai l'arazzo e premetti il mattone più liscio. Parte del muro iniziò a scivolare da una parte ed entrai in quell'angusto corridoio. Quel passaggio segreto mi avrebbe condotto a una camera del castello e con un po' di fortuna sarei riuscito a scappare.
Mi feci luce col cellulare e quando mi trovai davanti alla parete, premetti il mattone che anche lì era più liscio degli altri. Mi ritrovai in una stanza, ma mi accorsi che ci dormiva qualcuno. Aveva un sonno agitato e capii chi fosse ancora prima di vederla in faccia.
“Serena. Sono capitato nella camera di Serena!” pensai sbuffando.
Sussultai quando si svegliò di soprassalto urlando il mio nome e mi nascosi nell'angolo più buio della camera. Era sudata e aveva il respiro irregolare. Si guardò il petto e sospirò prendendosi il viso tra le mani.
Si guardò intorno circospetta e si soffermò a lungo nell'angolo in cui mi ero nascosto io. Scese dal letto cauta e iniziò ad avvicinarsi, ma iniziò ad avere le convulsioni. Stava per avere una visione. Mosse un passo verso il letto, ma i tremori erano già finiti.
-Stefan, so che sei lì.- disse con la voce tipica delle visioni.
Uscii lentamente dall'ombra, entrando nel raggio di luna che illuminava un po' la stanza.
-L'amore e l'odio sono separate da un confine sottilissimo. L'amore può sembrare odio e l'odio può sembrare amore. La furia non è sempre odio, come l'affetto non è sempre amore. Non fatevi ingannare da queste emozioni, poiché possono indurre a compiere azioni sconsiderate.- disse e mi sembrò una grandissima sciocchezza.
La vidi cadere sulle ginocchia e pensai che se fosse svenuta, avrei potuto svignarmela in tutta tranquillità, ma restò vigile. La vidi un po' scossa e un po' mi fece pena, ma mi pentii di averlo pensato quando mi saltò addosso e ci fece cadere entrambi a terra. Mi ringhiò contro con cattiveria e con i canini fuori dalle gengive. La ritardataria li aveva finalmente sviluppati!
Stava sopra di me e mi bloccò con tutto il peso del suo corpo.
-Come hai fatto ad arrivare qui?!- ringhiò, puntandomi il paletto contro.
-Vedo che ti sono finalmente spuntati i canini. Ora sei un vero vampiro.- dissi sorridendo, ignorando volutamente la sua domanda.
-Come hai fatto ad arrivare qui?!
-Sai, avevo una relazione con una delle tue domestiche e mi ha svelato la presenza di passaggi segreti in questo castello. Caso vuole che l'unico che mi abbia mostrato, sia stato proprio quello che collega la tua camera alla mia.- risposi sorridendole maligno.
Riuscii a divincolarmi, anche perché non pesava molto, e il paletto le sfuggì di mano. Iniziammo a rotolare sul pavimento per prevalere sull'altro e ci ringhiavamo a vicenda con furia. Non avrei mai creduto che mi sarei ritrovato a lottare contro la mia principessa.
Rotolammo fino a quando non riuscimmo ad avvicinarci al paletto. Lo vedemmo nel medesimo momento e cercammo di raggiungerlo. Mi tirò un pugno in faccia, che mi lasciò intontito e sorpreso per un secondo, ma ciò bastò per farla arrivare all'arma. Si mise in posizione di difesa, guardandomi in cagnesco.
-Wilhelm ti ha anche insegnato a combattere.- affermai massaggiandomi la mandibola.
“Quindi ci avevo visto giusto”.
-Chi è questa domestica?- chiese ignorando la mia affermazione.
-Vuoi distruggerla perché mi ha svelato l'esistenza dei passaggi segreti o perché me la sono portata a letto?- domandai sarcastico e sorridendole maligno.
Mi guardò con odio e io feci altrettanto, ma l'odio mutò in me. Era una guerriera, una donna pronta a tutto per difendere il proprio regno e ciò che amava. Era bellissima e sensuale in posizione di difesa, col paletto pronto all'uso. Quelle mani che poco prima aveva usato per sopraffarmi e lottare con me, erano le stesse che mi avevano curato e accarezzato e che mi avevano sfiorato in quella notte di passione. Non riuscivo a credere che fossimo arrivati a quel punto, ma in quel momento non desiderai fare altro se non baciarla.
Anche lei sembrava provare le stesse emozioni, ma scosse la testa per scacciarle via e chiamò le guardie con voce potente.
-Portate questo bastardo nella sua camera e sorvegliatelo a vista. Assicuratevi che non esca più da lì!- ringhiò rabbiosa.
Mi stava sfidando. Era convinta che due guardie mi avrebbero trattenuto? Era proprio un'ingenua e quei sentimenti che avevo provato poco prima, furono sostituiti dalla furia più cieca.
-Sai che riuscirò a scappare di nuovo, vero?- dissi con arroganza, sorridendole.
-La prossima volta che lo farai, ti ammazzo con le mie mani.- ringhiò con rabbia.
Le guardie mi portarono via e quando mi riportarono nella stanza e rimasero a guardarmi per tutto il tempo, non riuscii a non scoppiare a ridere. Quella scena era spassosa.
Credevo che per quella notte le sorprese sarebbero finite e invece Serena venne addirittura a controllare che fossi ancora rinchiuso in quella camera!
-La principessa si scomoda per il proprio prigioniero. Quale onore.- affermai arrogante, facendo un inchino profondo. -Non volevo darvi tanto disturbo, principessa.
-Taci.
-Perché? Temete che possa offendervi? Non mi permetterei mai.- risposi sorridendo con arroganza. -Perché vi siete presa il disturbo di venire a controllarmi? O magari volete da me qualche informazione riguardante la domestica che mi ha rivelato il passaggio segreto?
Mi prese per la camicia e con una forza che non credevo avesse, mi sbatté al muro con violenza e mi puntò il paletto al cuore. Rimasi sgomento da quel gesto, ma mi ripresi immantinente.
-Ti ho detto di tacere. Non obbligarmi a ucciderti prima del tempo.- ringhiò.
-Prima del tempo? Avete davvero intenzione di uccidermi? Ne avete davvero il coraggio?- domandai con strafottenza.
Volevo sfidarla per vedere fino a che punto sarebbe arrivata.
-Sì. E sono pronta a uccidere tutta la tua famiglia. Ora vedi di chiudere quella dannata bocca.
Mi lasciò andare e uscì dalla camera. Ero confuso. Non riuscivo a capire se la odiassi o se l'amassi. Tutta quella storia mi stava facendo uscire pazzo o forse stavo avendo un crollo emotivo per il troppo stress. Al mio ritorno al castello, avrei dovuto informarmi per ricercare uno psichiatra per vampiri, sempre che ne esistesse uno.

Un paio di giorni dopo, capii cosa intendesse Dimitri. L'odore della guerra era riconoscibile e molto vicino. I Lovinescu non avrebbero mai rispettato le condizioni di Serena e avrebbero attaccato prima del tempo, soprattutto se c'era la vita del proprio principe in ballo. Lucian non stava venendo a salvarmi perché provava affetto per me, ma perché era stato sfidato. A Lucian non piaceva perdere e mi avrebbe riportato a casa a tutti i costi.
Era sera e aveva iniziato a scendere una pioggerellina leggera, che presto sarebbe sfociata in un vero e proprio temporale. Sentii del trambusto fuori dalla camera e le guardie erano piuttosto distratte.
Guardai fuori dalla finestra e vidi numerose fiaccole avanzare verso il castello. Quello era l'esercito del clan Lovinescu e a breve si sarebbe scatenata la battaglia. Decisi di intervenire, dato che le guardie sarebbero state troppo impegnate per badare a me.
Saltai addosso a una delle due guardie, rubandole il pugnale e trafiggendolo al cuore. La seconda guardia era in posizione di difesa, col paletto in mano. Fulmineo lanciai il pugnale e la colpii in mezzo alla fronte. Il corpo non ebbe nemmeno il tempo di accasciarsi al suolo che io ero già fuori dalla camera e stavo correndo a perdifiato verso l'entrata principale.
Come avevo previsto, le guardie erano troppo impegnate per badare a me e tornare dai miei parenti sarebbe stato un gioco da ragazzi, ma avevo tralasciato un piccolo particolare. Vidi Serena a dieci metri di distanza da me nello stesso istante in cui lei vide me. Ci guardammo negli occhi per un solo istante e poi ripresi a correre a rotta di collo verso l'uscita. La sentii corrermi dietro, ma non riuscì a raggiungermi.
La battaglia già imperversava nel cortile principale del castello e nella foresta. Molti soldati di entrambe le fazioni erano già caduti, ma le truppe di Serena erano in netto vantaggio. Vidi Octavian non molto lontano da dov'ero io e mi fece cenno di avvicinarmi. Arrivato a pochi passi da lui, mi consegnò il paletto e qualche arma, compreso il khanjar che mi aveva regalato Serena per Natale. Avrei combattuto contro di lei con quell'arma da lei regalatami. Sarebbe stato il colmo se l'avessi uccisa con quella.
Vidi Serena estrarre dei kindjal e venire a passo di carica verso di me, facendosi strada fra i vampiri che cercavano di fermarla. Decapitava e mutilava ogni vampiro che le si parasse di fronte, ma senza staccare gli occhi da me.
Quando fu abbastanza vicina, rinfoderò uno dei kindjal ed estrasse il suo paletto. La pioggia ci inzuppava e i fulmini illuminavano i nostri sguardi carichi d'odio. Estrassi il khanjar e le sorrisi.
Ci scagliammo uno contro l'altro contemporaneamente, iniziando a combattere senza esclusione di colpi. Era davvero brava e mi teneva testa facilmente, uccidendo qualunque vampiro del mio esercito osasse avvicinarsi. Ci ferimmo lievemente a vicenda, ma in quel momento ci stavamo solo studiando e non mostravamo appieno le nostre capacità.
Durante la lotta, riuscii a darle un manrovescio che le spaccò il labbro e mi pentii subito. Il pentimento svanì quando mi sorrise maligna, sputò il sangue e riprese ad attaccare con più foga, utilizzando sia il paletto che il kindjal. Riuscii a ferirmi svariate volte, ma con un movimento veloce le presi il braccio sinistro, quello che impugnava quella spada corta, e la colpii col gomito disarticolandoglielo. Urlò di dolore e nuovamente mi sentii in colpa, ma la rabbia ebbe il sopravvento.
-Vuoi arrenderti? Posso interrompere tutto questo quando vuoi.- urlai per farmi sentire sopra al rumore della battaglia e del temporale.
-Non sarà un braccio a farmi arrendere. Voglio che tu e quella tua lurida famiglia moriate questa notte.- ringhiò.
Quella era la prova che uno di noi sarebbe morto quella notte.
Serena riuscì a farmi allontanare e ignorò completamente il dolore al braccio, riprendendo a combattere con foga e rabbia. Mi ferì svariate volte, esattamente come feci io, e un paio di volte fui obbligato a scansarmi per evitare il colpo fatale.
-Questa guerra porterà anche tante folle inferocite che potrebbero ucciderti. Non ti tocca per niente?- chiesi più serio.
-E perché dovrebbe? Quando sapranno che i Lovinescu non esisteranno più, saranno molto felici e mi ringrazieranno.
Piantò il paletto nel cuore di un vampiro che aveva provato ad attaccarla, ma il suo sguardo carico di odio era riservato solo a me. Quello sguardo fu la goccia che fece traboccare il vaso. Iniziai a vedere rosso per la rabbia e ripresi a menare fendenti con tutte le mie forze.
Combattemmo a lungo e la fatica iniziò a farsi sentire. Le numerose ferite sanguinavano copiose, rendendo scivolosa la presa sul paletto, ma ciò non mi impedii di continuare a combattere. Riuscì a colpirmi la spalla sinistra, ma mi allontanai prima che piantasse il paletto troppo in profondità.
Quel tentativo mi liberò la strada verso la vittoria. Le feci uno sgambetto e quando fu a terra, mi misi sopra di lei bloccandola. La mia mano tentennò, ma non riuscii a bloccarmi.
Le piantai il paletto in mezzo al petto.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18


“L'hai fatto. L'hai fatto davvero.” pensai inorridito.
Perché? Perché avevo cercato di distruggere la creatura più bella che mi si fosse mai avvicinata? Perché avevo cercato di uccidere la mia principessa, che amavo più della mia stessa vita?
La furia e il dolore avevano avuto il sopravvento e mi ero ritrovato a credere di odiare Serena. Aveva avuto ragione, quando aveva avuto la predizione: l'amore e l'odio sono separate da un confine sottilissimo e io ero stato così stupido da credere di odiarla.
Estrassi il paletto e premetti forte le mani sulla sua ferita. Un colpo di tosse le fece sputare molto sangue e io sbiancai. Non potevo credere a ciò che avevo fatto. La vidi chiudere gli occhi e mi alzai velocemente, andando verso gli anziani e ordinando la ritirata.
-Perché ci ritiriamo?- chiese Octavian.
-Perché siamo troppo deboli.- risposi atono.
-Ma...
-Non obiettare e muoviamoci! Ritirata!
Prima ancora che l'esercito recepisse l'ordine, avevo iniziato a correre a perdifiato nella foresta, in direzione del castello. Non riuscivo ancora a crederci. Le avevo piantato il paletto nel cuore, ma non era morta immediatamente come succedeva. Aveva ancora avuto il tempo di guardarmi prima di chiudere gli occhi, ma avevo visto che respirava. Era riuscita a sopravvivere?
Arrivato al castello, mi diressi a passo di carica verso camera mia, ma fui intercettato da Lucian. Ovviamente non aveva preso parte alla battaglia, ma quando vide che avevo le mani sporche di sangue, sorrise.
-L'hai uccisa, finalmente.
Lo guardai con odio puro, stringendo con forza i pugni insanguinati.
-Vedi di andartene al diavolo e lasciami in pace!- gli urlai contro, spingendolo da parte e riprendendo a camminare.
Lucian iniziò a sbraitare cose senza senso e io lo ignorai. Arrivato in camera mia, trovai Adrian, che tirò un lungo sospiro di sollievo al vedermi quasi del tutto illeso.
-Vi porto dal medico immediatamente.
-Posso andarci benissimo da solo. Adesso ho bisogno che tu vada a chiamare tutti gli anziani per una riunione.- risposi atono.
-Come desiderate.- disse, inchinandosi a me e congedandosi.
Mi guardai le mani e mi sentii un verme. Il sangue che mi macchiava le mani era quello della mia principessa ed era solo colpa mia se il suo sangue era stato versato. Quello era lo stesso sangue che avevo bevuto pochi giorni prima. Andai a lavarmi accuratamente le mani e mi diressi dal medico per ricevere le dovute cure.
Mi cambiai la camicia e mi avviai verso la sala delle udienze. Adrian mi stava aspettando fuori dalla porta, in attesa che gli dessi qualche ordine e ne avevo uno ben preciso da dargli.
-Adrian, ho bisogno di sapere se la principessa è ancora viva. Fammi sapere se ti giunge qualche notizia.
-Certo, principe Stefan.
-Ah, un'altra cosa. Hai sentito Dimitri ultimamente?- domandai, già preparandomi al peggio.
-Sì, l'ho sentito pochi minuti fa per riferirgli che siete tornato al castello sano e salvo. Quando ha saputo del vostro rapimento, voleva immediatamente tornare in Romania, ma sono riuscito a dissuaderlo dal farlo.- spiegò.
-Grazie. Va' pure.
Entrai nella sala e gli anziani mi riservarono uno sguardo completamente diverso dall'ultimo. Era più fiducioso, più rispettoso e anche un po' più timoroso. Fatta eccezione per Lucian, tutti mi guardavano come quello che ero: il loro sovrano.
-Perché ci avete fatti riunire qui?- domandò Octavian.
-Per mettere in chiaro le cose. Sono stufo di non ricevere il rispetto che merito. Trattate Lucian come se fosse il vostro sovrano, ma in realtà sono io. Voi parlate tanto di non volere un Vidrean come vostro re, ma in realtà state facendo l'esatto contrario. Lucian discende in parte dai Vidrean, quindi state già seguendo un Vidrean.- dissi in tono basso e minaccioso.
-Sei uno sporco bugiardo!- urlò Lucian, visibilmente preoccupato.
-Non vi sembra strano che Lucian, essendo più vecchio di mio padre, non sia salito al trono?
Tutti volsero i loro sguardi verso Lucian, osservandolo con disgusto. Probabilmente prima non mi avevano creduto o avevano cercato di ignorare la verità, ma vedendomi sul campo di battaglia a piantare un paletto nel petto di Serena e dicendo ad alta voce come stavano le cose, li avevo convinti a passare dalla mia parte.
-Quindi ora vi propongo una scelta: o state sotto ai miei ordini oppure vi sbatto in cella e vi accuso di alto tradimento.- ringhiai basso.
Presto o tardi li avrei uccisi tutti comunque, ma volevo che almeno per il tempo necessario fossero dalla mia parte.
-Dobbiamo mandare un messaggero per richiedere una riunione del Consiglio, come vuole la tradizione, e dobbiamo cercare di mettere in atto una buona strategia.- aggiunsi più calmo. -Dato che avete sottovalutato la principessa, siamo in netto svantaggio e dobbiamo limitare le perdite. Propongo anche di richiedere un fermo di ventiquattr'ore per recuperare i caduti.
-E se le proponessimo di terminare la guerra e di non prendere provvedimenti sulle azioni da lei compiute solo se rispetterà il patto?- suggerì Horatiu.
-Sempre che quella bastarda non sia già morta.- mormorò Lucian e io lo fulminai con lo sguardo, ma aveva ragione.
Non era una possibilità così remota che Serena potesse essere morta. Il colpo che le avevo dato era stato molto profondo e non ero sicuro di aver mancato il cuore. Se così fosse stato, mi sarei consegnato a Wilhelm per fare di me ciò che più voleva. Non potevo vivere in un mondo senza la mia principessa e il senso di colpa di averla pugnalata, ferita e odiata mi schiacciava come un macigno mozzandomi il fiato ogni secondo.
-Possiamo procedere in questo modo. Ora potete andare.- risposi con un gesto della mano.
Gli anziani mi guardarono confusi, ma lasciarono la sala prima di me. Era consuetudine che fossi io ad alzarmi per primo e a uscire, ma non mi sentivo di muovere nemmeno un passo. Da solo, in quella sala così grande e vuota, non mi accorsi che lacrime silenziose avevano iniziato a rigarmi le guance.
-Serena...- sussurrai.
Mi ritrovai a pregare il caso, gli dei, il destino e qualunque altra cosa affinché Serena sopravvivesse. Solo l'idea di pensare che lei non ci sarebbe più stata, faceva perdere al mondo tutti i suoi colori e profumi. Solo l'idea di pensarla dentro a una bara per colpa mia, mi faceva sentire morto dentro.
-Serena.

Adrian venne a chiamarmi il mattino seguente. Ero rimasto tutta la notte nella sala delle udienze e dalla sua espressione, capii che aveva delle novità.
-La principessa è viva.
Tirai un sospiro di sollievo e chiusi gli occhi più rilassato. Avevo sinceramente temuto di averla uccisa.
-Ma non è in buono stato. Ha accettato comunque di venire alla riunione di Consiglio quando la luna sarà stata alta. In tutto il regno non si parla d'altro che della “Principessa Guerriera”.- spiegò e io mi ritrovai a sorridere.
In una notte la voce sulle sue gesta avevano raggiunto i quattro angoli del mondo. Era una principessa che aveva scoperto di essere tale nemmeno un anno prima, ma era riuscita a riorganizzare entrambi gli eserciti, le finanze di un clan in rovina, a imparare ogni cosa che doveva conoscere una principessa e una regina e sapeva persino combattere. In tutta la storia dei vampiri, non c'era nessuna donna che avesse fatto ciò che lei aveva compiuto in nemmeno un anno.
“Ho sottovalutato Serena e ora guarda dove siamo finiti” pensai maledicendomi.
-Perfetto. Grazie, Adrian. Puoi dire a Dimitri di tornare a casa, se lo desidera.
-Veramente sono già qui.
Guardai in direzione della porta e vidi Dimitri, che mi sorrideva con ironia per la faccia sorpresa che avevo in quel momento.
-Adrian mi ha detto che hai finalmente ripreso in mano ciò che ti spetta, quindi sono tornato immediatamente qui, anche se il mandato per la mia cattura è ancora in atto.- spiegò Dimitri.
Ci abbracciammo vigorosamente e guardai Adrian grato. Questo mi sorrise e si congedò con un inchino.
-Allora, stavo venendo qui e mi sono fermato un attimo a Sighisoara e ho sentito dire che la tua dolce donzella in pericolo è diventata la “Principessa Guerriera”. Persino gli umani ne parlano intimoriti.
-Erano quelle le qualità che ignoravamo.- risposi con un sorriso amaro, mettendomi le mani in tasca.
Le mie mani toccarono un oggetto che avevo completamente dimenticato ed estrassi l'anello appartenuto a mia madre. Lo guardai come se fosse la prima volta che lo vedevo in tutta la mia vita e Dimitri mi posò una mano sulla spalla.
-Ti perdonerà, anche se l'hai quasi uccisa.- sussurrò.
-Sono stato così... così coglione.
Dimitri alzò le sopracciglia, sorpreso di sentire uscire parole scurrili dalla mia bocca, ma non c'era altro termine che potesse indicare il mio comportamento. Mi ero lasciato sopraffare dall'odio e dal dolore, senza più vedere razionalmente le cose come stavano ed eravamo arrivati a quel punto.
-Si sistemerà tutto. È innamorata di te esattamente come lo sei tu di lei e ora che hai di nuovo il comando del clan, sarà facile impedire che a Serena venga fatto del male.
-Appena avrò chiarito con Serena, farò arrestare tutti i membri della mia famiglia che hanno preso parte a questo ignobile piano e verranno giustiziati.- dissi con decisione e rabbia.
-E io ti aiuterò nelle indagini.
-E' bello riaverti qui, mio consigliere.
Dimitri si inchinò ridacchiando.
-Ora dobbiamo parlare di cose serie. So per certo che la tua principessa è testona, quindi dobbiamo difenderci dal suo prossimo attacco. Dobbiamo creare una strategia efficace.

La luna era alta ed eravamo tutti riuniti nella sala delle udienze, in attesa che arrivasse Serena. I miei parenti si stavano urlando contro e io non avevo voglia di stare a dividerli come una balia, perciò mi stavo facendo bellamente gli affari miei.
Il vociare fu interrotto quando entrò un gruppo di persone con lunghi mantelli neri e il cappuccio calato sul volto. La riconobbi ancora prima che scoprisse il viso e la trovai la creatura più bella di tutto l'universo. Era malconcia e i lividi e il labbro spaccato spiccavano sulla sua carnagione chiara, assieme a qualche fasciatura nascosta dalla camicia nera di taglio maschile. Era in tenuta da battaglia, riadattata per essere un po' più femminile, ma ci riusciva ben poco. La trovai comunque bellissima e mi sentii nuovamente in colpa per averla quasi uccisa.
Ci alzammo tutti in piedi per renderle omaggio, ma lei ci ignorò completamente. Quando fu seduta, si guardò intorno con occhi calcolatori e iniziò a posare le proprie armi sul tavolo.
Era consuetudine che durante una guerra, durante la riunione del Consiglio ogni membro posasse il proprio paletto sul tavolo e lei fece lo stesso. Posò i kindjal, qualche pugnale da lancio, un coltellaccio da caccia dalla lama di venti centimetri e infine il suo paletto, usato da poco come quello di tutti.
-Vedo che siete venuta armata fino ai denti, principessa, e che avete addirittura un paletto.- le fece notare Octavian, sorprendendo tutti i presenti.
-La prudenza non è mai troppa.- rispose annoiata in rumeno. -Possiamo tranquillamente tenere la riunione in rumeno, dato che sono mesi che lo conosco alla perfezione.
Tutti presenti furono nuovamente sorpresi da quella rivelazione, ma cercarono di nasconderlo agli occhi di Serena.
-Le vostre guardie devono lasciare la stanza.- disse Lucian.
-Le mie guardie stanno qui finché lo dico io.- ribatté guardandolo con occhi carichi d'odio.
Si guardarono in cagnesco per momenti lunghissimi e decisi di intervenire in sua difesa.
-Lucian, anche noi avremmo fatto lo stesso, se la riunione si fosse tenuta al castello del clan Vidrean. Iniziamo pure la riunione del Consiglio.
-Sono curiosa di sapere perché mi avete fatto venire qui.- disse incrociando le braccia al petto.
-Perché vogliamo chiedervi di concludere questa guerra.- iniziai. -Troviamo che sia un inutile spreco di tempo e di risorse, sia umane che vampire.
-Inutile dite?- chiese alzando un sopracciglio.
-Possiamo tralasciare che mi avete rapito e che avete scatenato una guerra, solo se terrete fede al patto.- risposi, ma la sua reazione mi lasciò confuso.
Mi guardò negli occhi per un paio di secondi e poi scoppiò a ridere di gusto, ma molto amaramente. I membri della famiglia Vidrean sghignazzarono divertiti, incoraggiati dall'avere come loro sovrana la “Principessa Guerriera”, mentre i miei parenti non facevano altro che guardarsi sgomenti.
-Inutile dite? Ora vi spiego brevemente perché non è inutile, usando parole semplici e frasi brevi per facilitarvi la comprensione, d'accordo?- disse con tono accondiscendente.
-State per caso cercando di insultare la nostra intelligenza?- ringhiò Lucian.
Vidi Serena rabbuiarsi e alzarsi lentamente in piedi, riservandogli uno sguardo carico di veleno e sfida.
-Allora, voi avete progettato di uccidermi dopo che il patto fosse stato rispettato e state dicendo che questa guerra è inutile? Signori, siete voi che state insultando la mia intelligenza e quella della mia famiglia.
-Non avete le prove e...- farfugliò Lucian, ma Serena lo interruppe con un brusco gesto della mano.
-Voi volete che faccia finire la guerra soltanto perché le mie truppe vi stavano massacrando. Siete stati troppo sicuri di voi fin dall'inizio ed è per questo che non avete preparato a dovere le vostre milizie. Siete stati talmente tanto sicuri di voi stessi da farmi venire a conoscenza del vostro piano direttamente dalla bocca del principe Stefan. Voi volete soltanto il potere e terminare la guerra è solo un modo per salvarvi la pellaccia!- ringhiò a voce talmente alta che un attacco di tosse la fece piegare in due.
Si coprì la bocca con un fazzoletto, ma avevo visto che stava sputando sangue. L'avevo ridotta peggio di quanto avessi creduto. Probabilmente le avevo forato un polmone e mi sentii uno straccio molliccio.
Bloccò le guardie che stavano per avvicinarsi con un gesto della mano e dopo essersi ripulita la bocca, si mise in posizione eretta, guardandoci uno a uno con occhi di fuoco.
-Desiderate talmente tanto il potere, che avete riorganizzato il Consiglio Vidrean-Lovinescu in un momento di debolezza della famiglia Vidrean, ovvero quando non c'era un vero e proprio sovrano a guidarli. Guardatevi attorno, ci sono solo cinque membri della famiglia Vidrean su quindici membri totali del Consiglio, esclusi me e il principe Stefan. Siete subdoli e il patto non verrà mai rispettato. Non mi farò uccidere come una sciocca.- concluse minacciosa, sedendosi nuovamente.
Lucian era paonazzo di rabbia e sapevo che da un momento all'altro sarebbe esploso, ma non mi sarei opposto se Serena l'avesse trapassato da parte a parte, anzi l'avrei ringraziata.
-Come osi?! Stupida ragazzina che non sei altro! Non hai neanche i canini, quindi non puoi nemmeno essere considerata un vampiro!
Non vidi neanche Serena muoversi talmente era stata veloce. Aveva lanciato un pugnale da lancio in direzione della testa di Lucian ed era andato a conficcarsi nello schienale della sedia, lasciando un lungo taglio sulla guancia di questo. Tutti i miei parenti erano sbiancati di paura, ma io ero solo compiaciuto.
-Non osare rivolgerti a me in modo così irrispettoso, cane rognoso! La prossima volta non ti mancherò, te lo prometto. Dietro a tutta questa storia ci sei tu, assieme a qualche altro Lovinescu, probabilmente tutti quelli presenti in questa stanza.- rispose aggressivamente, con i canini completamente fuori dalle gengive. -Siete stati voi ad architettare tutto questo e dovete incolpare solo voi stessi se siete nei guai fino al collo e rischiate di ritrovarvi un paletto conficcato nel petto.
Dopo che ebbe terminato, non si sentì volare nemmeno una mosca. Erano tutti sorpresi alla vista di quel nuovo lato di Serena e i Lovinescu ne erano terrorizzati.
-Abbiamo finito? Allora potete andare.
Tutti lasciarono la stanza, Wilhelm compreso, ma io e Serena restammo seduti al nostro posto. Lei non sembrò accorgersene, tanto era impegnata a farsi assistere dalle guardie del corpo speciale. Si passò una benda attorno al collo e ci poggiò il braccio sinistro, quello che le avevo disarticolato, e tirò un sospiro di sollievo. Controllò qualche fasciatura e bevve da un'ampolla di vetro. Sembrava non vedermi nemmeno.
Mi alzai e andai a sedermi accanto a lei, sulla sedia che fino a poco prima era occupata da Wilhelm.
-Mi dispiace.- dissi in un sussurro, ignorando completamente le guardie.
-Per cosa? Per la ferita o per avermi svelato il vostro piano?
-Per tutto.
Mi guardò a lungo senza emettere alcun fiato.
-Che cosa intendi?
-Per averti ferito ieri e per non averti detto prima del piano che avevano in mente i miei parenti. Anche se, dicendotelo prima, avrei solo accelerato le cose. Avevi ragione quando hai avuto la visione: amore e odio sono facilmente confondibili.- risposi guardandola negli occhi.
Le presi la mano e le guardie si irrigidirono, ma le ignorai completamente, andando avanti col mio discorso.
-Ti prego di terminare questa guerra. Con te sono sempre stato sincero. Agli inizi, forse ti avrei ucciso senza pensarci due volte, ma conoscendoti ho scoperto che persona meravigliosa sei. Mi hai cambiato, Serena, mi hai fatto vedere le cose sotto una luce diversa e ora non sono più quel vampiro sanguinario e spietato, come il mio cognome suggerisce. Non ti avrei mai distrutto, soprattutto dopo quella notte passata insieme, che è stata la più bella di tutta la mia vita. Mi hanno coinvolto in questo piano stupido solo dopo che mio padre è morto e mi volevano obbligare con la forza a ucciderti, ecco perché tornavo a casa pesto e sanguinante. Ti chiedo scusa per tutto ciò che ho fatto, anche se non ci sono parole che possano giustificare il mio gesto di ieri. Ero accecato dalla rabbia e dallo sconforto. Avevo iniziato a fidarmi di te al punto di aprirmi completamente a te e mi sono sentito morire quando mi hai detto quelle parole, quando mi hai fatto prigioniero. Ribadisco però che non c'è giustificazione alle mie azioni e non posso far altro che chiederti sinceramente scusa.
La vidi decisamente sorpresa dal mio discorso e notai che era in lotta con se stessa. Non sapeva se credermi e rischiare o continuare quella guerra. Liberò la mano dalla mia stretta e ordinò alle guardie di tornare al castello.
-Come pensi che possa fidarmi di te dopo ciò che è venuto a galla? Ucciderai metà della tua famiglia perché ha pianificato la mia distruzione?- chiese sarcastica, già pensando a una mia risposta negativa.
-Sì, per te lo farei.- risposi senza esitazione.
Serena distolse lo sguardo velocemente; stava cedendo. Si alzò troppo velocemente e un altro attacco di tosse le fece sputare altro sangue. Mi avvicinai preoccupato che potesse star male da un momento all'altro.
-Tutto bene?- le chiesi.
-Sì, sto bene.- rispose allontanandosi da me.
Iniziò a riprendere le proprie armi e la vidi pensare velocemente a una risposta da darmi.
-Ti concedo una settimana di tregua. Ho bisogno di pensare.- sussurrò sospirando.
-D'accordo.- risposi sorridendo.
Mi guardò per un istante prima di uscire dalla sala a passo di carica. Avrei dovuto accompagnarla, ma non volevo imporle la mia compagnia, soprattutto in quel momento.
“Forse avrei dovuto fare di più. No, ho già fatto tutto quello che potevo. Le ho detto che l'amo, che non c'entro nulla con quell'assurdo piano e ho implorato il suo perdono per ciò che le ho fatto ieri.”
-Sei stato bravo.- affermò Dimitri avvicinandosi.
Era rimasto fuori dalla sala per tutta la durata della riunione e immaginai che avesse sentito anche la conversazione tra me e la mia principessa.
-Non ne sono convinto.- confessai in un sussurro.
-Vedrai, fidati di me. In questa settimana di tregua avrà modo di pensare e quando avrà capito che eri sincero, ucciderete i tuoi parenti insieme.
Mi ritrovai a sorridere per la scena che mi si formò nella mente: io e Serena col paletto in pugno che facevamo strage di quei viscidi traditori. Serena era più forte di quanto avessi creduto e sopportava stoicamente il dolore. Non potevo biasimarla che avesse diffidato di me, ma mi aveva comunque ferito.
-Sarebbe un sogno, Dimitri.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19


Il giorno dopo fui svegliato all'alba da Dimitri, che mi tirò letteralmente giù dal letto. La sua espressione era tutt'altro che rassicurante.
-Wilhelm si è presentato al castello e ordina di restituirgli la principessa o attaccherà senza tregua.
Sbarrai gli occhi a quella notizia, ma lo guardai incredulo. Noi non avevamo preso in ostaggio Serena!
-Cosa?- domandai, iniziando a vestirmi in fretta e furia.
-Afferma che Serena non è tornata al castello ieri sera. Sono in procinto di attaccarci.- spiegò velocemente, lanciandomi gli abiti e le armi.
-Io ho visto Serena uscire con le proprie gambe dalla sala delle udienze.
-E dal castello? L'hai vista uscire dal castello, Stefan?
Entrambi capimmo. Qualcuno dei miei parenti l'aveva fatta sparire e un'idea su chi fosse il colpevole ce l'avevamo già.
-Corri a coordinare le truppe. Io ti raggiungo il prima possibile.- dissi velocemente, per poi uscire dalla camera.
Corsi come una furia per i corridoi del castello, fino a quando non trovai Lucian in uno dei salotti del castello, seduto comodamente sul divano con Octavian.
-Che cos'hai fatto a Serena?!- ringhiai furente, avanzando verso di lui a passo di carica.
Lucian indietreggiò ringhiando a sua volta. Se non ci fosse stato Octavian, gli avrei staccato la testa a morsi.
-Non le ho fatto niente!
-Sporco bugiardo! Perché Wilhelm ci sta attaccando e reclama a gran voce di riavere Serena?!- urlai prendendolo per la camicia e strattonandolo.
-Lasciami! Se Wilhelm si perde la principessa, non è colpa mia!
-Se scopro che le hai torto anche un solo capello, ti ammazzo con le mie mani. Per colpa tua molti dei nostri uomini periranno oggi.- ringhiai rabbioso.
-Cosa intendi dire?- domandò sprezzante.
-Serena ci aveva concesso una tregua di una settimana!
Octavian sbiancò, ma Lucian continuò a ringhiare rabbioso. Lo lasciai malamente e corsi immediatamente alle celle del castello, per constatare con i miei occhi che non fosse lì. Le celle erano vuote e addirittura non c'era nessuna guardia all'entrata.
Provai a cercare qualche indizio nella camera di Lucian. Se aveva fatto del male a Serena, avrei trovato qualche indizio lì, ma la sua camera era immacolata. Emisi un verso di rabbia e interrogai furente ogni domestico o guardia che mi si parasse davanti e questi, bianchi come cenci per la paura, rispondevano che non avevano visto Serena dalla sera prima, quando era entrata nel castello per unirsi alla riunione del Consiglio.
Qualcuno sapeva, ma non quei domestici o quelle guardie. Ero convinto che fosse difficile non aver visto Serena lasciare il castello. Che nessuno fosse passato di lì in quel periodo di tempo? Perché?
Rabbioso raggiunsi Dimitri fuori dal castello, che guardava la scena davanti a sé con impassibilità, ma vidi che nei suoi occhi c'era una punta di nervosismo.
-Wilhelm vorrebbe conferire con te in privato. Solo tu e lui, niente guardie.
Annuii deciso e avanzai in mezzo all'esercito, addentrandomi nella foresta. Vidi Wilhelm fare altrettanto e la sua espressione mi lasciò sorpreso. Non l'avevo mai visto così rabbioso e determinato. Me lo ricordavo come un vampiro amichevole e docile, ma in quel momento sembrava poter veramente uccidere qualcuno a mani nude.
-Ho bisogno di parlarti. Puoi portare una sola persona con te.- disse duramente.
Feci un cenno a Dimitri che mi raggiunse e pochi attimi dopo anche Erica si unì. Era in tenuta da battaglia esattamente come gli altri e aveva uno sguardo di fuoco. Dimitri la guardò con rimpianto, ma non disse o fece nulla.
Ci allontanammo dagli eserciti, immergendoci nel folto della foresta e quando fummo abbastanza distanti, Wilhelm si decise a parlare.
-Dov'è Serena?- sussurrò duramente.
-Non lo so. La stiamo cercando anche noi. Temo che Lucian l'abbia... presa in ostaggio.- risposi dopo un istante di esitazione.
Non potevo neanche solo pensare di dire che forse era morta, quindi non riuscivo nemmeno a dirlo ad alta voce.
-Basta menzogne. Dov'è Serena? Se ci consegnerete la principessa, non vi attaccheremo.
-Ti ho detto che non lo so. Ieri l'ho vista uscire dalla sala delle udienze con le proprie gambe e oggi sono andato a controllare di persona le celle, ma sono vuote.- risposi deciso.
-Piantala di mentire! Non hai fatto altro che mentire a Serena, a Erica, a me! Dimmi dov'è Serena e facciamola finita!- urlò prendendomi per la camicia e ringhiando come una furia.
Dimitri provò a intervenire, ma Erica l'aveva già bloccato, frapponendosi fra noi e lui.
-Io non ho mai mentito! Basta darmi del bugiardo! Non so dove diavolo sia finita Serena, ma per quanto ne so potrebbe essere...- la voce mi mancò e spinsi Wilhelm lontano da me.
-Morta? È questo che stavi per dire?
-Sì. Io non ho saputo...
-Basta. Preparatevi alla battaglia.- mi interruppe lapidario, ritornando dal suo esercito.
-Wilhelm!
Non si girò, continuando ad avanzare a passo di carica verso il fronte. Io e Dimitri facemmo altrettanto e quando entrambi gli eserciti furono pronti, iniziò una furiosa battaglia.

Al tramonto la battaglia cessò e subimmo numerose perdite. I feriti erano altrettanto numerosi e Dimitri e io davano ordini a destra a e manca. Se fossimo andati avanti in quel modo, ci avrebbero sconfitti in due settimane, tre se eravamo fortunati.
Eravamo riuniti nel mio studio, entrambi esausti per quella giornata così intensa. Adrian ci aveva portato un paio di vassoi colmi di cibo, ma nessuno dei due aveva fame.
-Non so più dove sbattere la testa. Siamo troppo pochi e male organizzati per riuscire a vincere. Serena ha fatto un ottimo lavoro col generale Sadoveanu, non c'è che dire.- disse Dimitri pensieroso.
-Adrian, hai notizie di Serena?- domandai.
-No. Ho chiesto in giro, ma nessuno sa dove si trovi.- rispose buttando un ciocco di legno nel camino.
Sospirai massaggiandomi le tempie. Ero esausto, ma non sarei riuscito a dormire fino a quando non avessi ritrovato Serena.
-Stefan, ho bisogno che tu mi dica esattamente cos'è successo ieri sera.- esordì Dimitri.
Gli raccontai tutto per filo e per segno, senza tralasciare alcun dettaglio. Quando terminai, Dimitri si alzò e ci condusse nella sala delle udienze per fare il percorso che avrebbe dovuto fare Serena. In un angolo di uno dei numerosi corridoi, scorse la piega di un tappeto e sotto ci trovò una piccola boccetta con del liquido verdognolo dentro. L'annusò e poi mi guardò pensieroso.
-E' un intruglio medicamentoso. Serena ce l'aveva ieri e non penso che sia così sbadata da perderlo, soprattutto in un momento simile.
-Qualcuno l'ha presa che era ancora viva, ma non ci aiuta. Non sappiamo ancora dove si trovi.- risposi leggermente stizzito.
-Adrian, te la senti di perdere qualche ora di sonno stanotte?- domandò Dimitri.
-Questo e altro per il principe.
-Andiamo a indagare un po'. Tu cerca di riposare in vista di domani e anche per non intralciarci. Se scopriamo qualcosa, te lo faccio sapere subito.- spiegò, prima di andarsene assieme ad Adrian.
Sbuffai stizzito e tornai in camera mia, osservando quella boccetta. Era un comunissimo intruglio che avevo bevuto numerose volte anche io e sapevo che Serena era sbadata, ma non fino a quel punto. Era stata presa con la forza e portata chissà dove a subire chissà cosa e la mia ansia non fece che crescere.

Passarono tre giorni, nei quali notai parecchie cose. I miei parenti erano un po' troppo in fermento e qualcuna delle guardie mi osservava colpevole. A quegli sguardi, avrei voluto urlare loro in faccia di dirmi cosa ne avevano fatto di Serena, ma Dimitri mi aveva ripetuto più e più volte di non muovere un dito. Se avessero pensato che avevo anche solo il minimo sospetto, non avrebbero parlato con Dimitri o Adrian e non avremmo scoperto dove si trovava Serena.
Si era appena conclusa l'ennesima battaglia ed eravamo riuniti nel mio studio per studiare una strategia per il giorno seguente, quando una giovane guardia di quindici o sedici anni entrò. Aveva lo sguardo basso e colpevole e aveva la faccia rossa dalla vergogna.
-Cosa c'è? Sono molto occupato al momento.- dissi bruscamente e quel ragazzo divenne ancora più rosso.
-C-chiedo scusa p-per l'interruzione, m-ma è im-importante.- balbettò a voce talmente bassa che faticai a capirlo.
-Di che cosa si tratta?
-D-della p-principessa.
A quelle parole lo guardammo a occhi sbarrati. Sapeva qualcosa? Certo che sì.
Mi alzai di scatto e vidi la giovane guardia trasalire, ma non m'importava nulla. Mi avvicinai velocemente, ma Dimitri mi trattenne per un braccio.
-Che vuoi, Dimitri?!- sbottai malamente.
-Lo stai spaventando. Se è qui da solo, vuol dire che vuole aiutarci. Come ti chiami, ragazzo?
-Flaviu.- rispose timidamente.
-Molto bene, Flaviu, raccontaci ciò che sai.
-E' nelle segrete. Lucian l'ha sbattuta lì quando è venuta al castello per la riunione del Consiglio e... sta male, principe Stefan. Ha bisogno di voi, non si muove da un paio di giorni nonostante l'abbia medicata e...
-Come?- domandai sbigottito.
Non riuscivo a credere alle mie orecchie. Quella confessione non mi lasciò stupido, ma non credevo che quella guardia sarebbe venuto a dircelo e che soprattutto l'avrebbe medicata. Era impossibile però che fosse in una delle celle, perché avevo controllato ogni centimetro di quelle piccole stanze.
-Non è vero, stai mentendo. Io e il generale Petrescu abbiamo controllato ogni cella palmo a palmo e non c'era traccia della principessa.- risposi iniziando a infuriarmi.
-Non le conoscete. Nessuno sapeva dell'esistenza di quelle celle, tranne Lucian. È stato lui a condurre lì la principessa.- spiegò più sicuro di quando era entrato. -Vi ci posso accompagnare.
-Dimitri, Adrian, riunite i membri più anziani nella sala delle udienze. Ci vediamo lì fra qualche minuto. Tu fammi strada e spero per te che non sia uno scherzo.
-Però dovete portare del sangue con voi.- disse Flaviu serio.
Presi la bottiglia di sangue che avevo sulla scrivania e seguii Flaviu fino alle celle. Andò verso la fine del corridoio e premendo un mattone, la parete scivolò di lato mostrando un altro gruppo di celle.
“Lucian ha più di duecento anni, quindi non mi sorprende che conosca ogni anfratto e passaggio di questo castello.” pensai.
Flaviu mi indicò la cella e sbiancai quando la vidi. Serena era sdraiata al centro della cella e se non fosse stato per i deboli movimenti del petto, l'avrei creduta morta. Flaviu mi aprì la porta e mi inginocchiai accanto a lei per vedere in che condizioni si trovava. Era piena di lividi e ferite lievi, segno che Lucian l'aveva malmenata a lungo, il suo viso era più bianco del solito e le labbra erano esangui.
-Serena.- provai a chiamarla mentre la stringevo fra le mie braccia. -Da quanto tempo si trova in questo stato?
-Tre giorni.
-Perché non sei venuto prima?- ringhiai stappando il tappo della bottiglia con i denti.
-Avevo paura... ero convinto che Lucian ve l'avesse detto e...
-Ne discutiamo dopo.- sbottai accostando la bottiglia alle labbra di Serena.
Vidi un movimento impercettibile e in un attimo si attaccò alla bottiglia con foga, bevendo in poche sorsate tutto il contenuto. Quel sangue non bastava.
Mi scoprii il polso e me lo morsi per far uscire un po' di sangue. Quando lo accostai alle labbra di Serena, mi morse senza indugiare oltre e man mano che beveva aprì gli occhi. Mi staccai da lei dopo qualche minuto, iniziando a fasciarmi il polso alla buona.
Mi osservò a lungo, confusa e spaesata, ma io ero sollevato dal sapere che stava meglio. Avevo temuto di non rivedere più i suoi meravigliosi occhi. Allungò lentamente una mano verso di me e mi accarezzò la guancia.
-Stefan? Sei davvero tu?- sussurrò.
-Sì, sono io. Stai meglio?- domandai sorridendole sollevato e la vidi annuire. -Se non ti avessi tolta in tempo, mi avresti prosciugato.- aggiunsi ridacchiando.
-Io ho... bevuto il tuo sangue?- domandò sorpresa.
-Era la maniera più veloce, dato che ti sei scolata tutta la bottiglia.
Avevo il fiato corto, come se avessi appena fatto una corsa, ma sapevo che era l'effetto di un morso troppo prolungato.
-Come hai fatto a trovarmi?
-Mi ha portato qui la guardia carceraria, dicendomi ciò che ti hanno fatto. Me la pagheranno cara.- risposi infuriato.
-Flaviu?- lo chiamò.
-Sono qui, principessa. Ho pensato a ciò che mi avete detto e avevate ragione su tutto e poi ero preoccupato. Avete passato tre giorni a dormire e a delirare.
Vidi la mia principessa sorridere a quel ragazzino e gli fece una breve carezza sulla testa.
-Sei un bravo ragazzo. Stefan, se non risparmi questo ragazzo, ti trapasso da parte a parte col mio paletto.- mi minacciò facendomi ridacchiare.
-Solo perché è venuto a dirmi tutto.- le risposi sorridendole. -Ma ora ho un conto in sospeso con mio zio Lucian.
Non mi sarei fatto scrupoli. Avrei ucciso lui e chiunque fosse coinvolto in quella congiura. Aveva osato toccare Serena, la mia principessa, e non poteva calcare questa Terra un giorno di più.
-Fermo lì.- ordino prima che riuscissi a muovere un solo passo fuori dalla cella.
Con gambe tremanti si alzò in piedi e mi guardò con fermezza.
-Non posso lasciarti andare da solo a uccidere quel bastardo.
-Non ti reggi in piedi a pretendi di scontrarti con lui?- chiesi sarcastico.
-Sto riprendendo le forze man mano che il tempo passa e grazie alle cure costanti di Flaviu, la ferita sul petto va molto meglio. Ho un conto in sospeso con lui.- rispose decisa.
-Be', anche io ho un conto in sospeso contro di lui.- ribattei.
-Io non ti lascio andare da solo.
Dal suo sguardo sembrava sinceramente preoccupata. Era intenzionata a non lasciarmi andare da solo e anche se avessi cercato di dissuaderla, mi avrebbe seguito comunque.
-Andiamo.- sbuffai.
Annuì decisa e mosse incerta i primi passi dopo giorni di prigionia e io e Flaviu fummo obbligati ad aiutarla.
-Flaviu, ho bisogno delle mie armi.- disse e questo corse a recuperarle.
Tutti e tre ci dirigemmo verso la sala delle udienze. Serena riacquistava forza e velocità man mano che il tempo passava e ciò mi fece tirare nuovamente un sospiro di sollievo.
Come avevo ordinato, i membri più anziani della mia famiglia erano presenti e quando videro me e Serena arrivare insieme, restarono a bocca aperta dalla sorpresa. Anche Lucian aveva la medesima espressione, ma fu presto sostituita dall'ira più cieca.
-Tu! Razza di traditore!- urlò contro Flaviu, avanzando a passo di carica verso di lui.
Io e Serena ci frapponemmo tra Flaviu e Lucian, riservando a quest'ultimo un'occhiata rabbiosa.
-Il traditore non è lui, ma tu. Hai fatto arrestare la principessa Serena senza informarmi, facendo di testa tua. Assieme agli altri vampiri qui presenti, volevate obbligarmi a distruggere la principessa dopo il nostro matrimonio. È una cosa che non posso perdonare.- risposi duramente.
Come se non avessimo fatto altro nella vita, io e Serena scattammo all'unisono in direzione di Lucian. Il gesto che aveva compiuto nei confronti di Serena, era uno dei reati più gravi. Non ci sarebbe stato un processo, ma solo la distruzione immediata.
Lucian era pronto ed estrasse il paletto dalla cintura iniziando a combattere come una furia. Serena non era ancora nel pieno delle proprie forze e faticò moltissimo. Con un calcio, Lucian la fece rotolare lontano da noi e quel gesto mi provocò ulteriore rabbia, ma ero in svantaggio. Il sangue che avevo donato a Serena e gli anni di esperienza che aveva lui giocavano a suo favore, ma non mi sarei fatto distruggere da quel bastardo.
Erano anni che desideravo trapassarlo col mio paletto. Erano anni che desideravo ribellarmi. Erano anni che desideravo vederlo in una bara. Quel momento era finalmente arrivato. Non mi sarei mai più fatto mettere i piedi in testa da nessuno e gli unici ordini che avrei ricevuto e ai quali avrei ubbidito, sarebbero stati quelli della mia principessa.
Lucian mi dette una gomitata in faccia che mi fece perdere l'equilibrio e approfittò di quella distrazione per farmi cadere in ginocchio con un colpo secco.
-Saluta mio fratello da parte mia.- disse Lucian con lo sguardo spiritato.
Vidi Serena alzarsi di scatto e correre come una disperata tenendo in pugno uno dei suoi kindjal. Il paletto di Lucian calava troppo veloce e io ero troppo lento per evitarlo, ma Serena fu più veloce. Con un movimento preciso, gli amputò il braccio e Lucian iniziò a gridare dallo sgomento e dal dolore. Nei suoi occhi non vidi più strafottenza, superiorità e cattiveria, ma solo terrore puro. La sua ora era giunta e lui ne era pienamente consapevole.
-E' tutto tuo.- disse Serena.
Serena si era voluta riprendere il braccio che l'aveva malmenata duramente e mi aveva lasciato il resto. Strinsi il paletto e lo piantai nel cuore di Lucian, che cadde a terra con un tonfo che rimbombò in tutta la sala.
Era finita. Era finalmente finita.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20- Epilogo ***


Capitolo 20


Subito dopo la distruzione di Lucian, avevo fatto imprigionare tutti i membri più anziani della mia famiglia e ordinai che le indagini iniziassero il giorno successivo.
Mi offrii di accompagnare Serena al castello Vidrean, sia perché non mi fidavo a lasciarla andare da sola nelle condizioni in cui si trovava e sia perché volevo impedire a Wilhelm di sferrare un altro attacco contro di noi.
Arrivati al castello, ci dirigemmo immantinente allo studio di Serena, sotto gli sguardi esterrefatti e confusi delle guardie e dei domestici. Ufficialmente eravamo ancora in guerra e non si fidavano, ma erano sollevati di vedere che la loro principessa era viva.
Quando entrammo nello studio, trovammo Wilhelm che discuteva col generale Sadoveanu per l'attacco che si sarebbe svolto il giorno successivo, ma rimasero senza parole quando ci videro insieme. Erano sollevati di vedere che Serena stava bene e Wilhelm corse ad abbracciare la nipote.
-Serena, piccola mia. Sono contento che tu stia bene.- disse con voce strozzata dalle lacrime, ma senza lasciarla.
-Anche io sono felice di rivederti.
-E lui che ci fa qui?- chiese riferendosi a me.
Non tralasciammo alcun particolare durante le spiegazioni, nemmeno del complotto organizzato da mio padre e poi portato avanti da tutti i membri più anziani della mia famiglia. Le espressioni di stupore, rabbia e sbigottimento si susseguivano sui volti di quei due uomini. Ordinammo al generale Sadoveanu e Wilhelm di informare gli eserciti della fine della guerra. Ci lasciarono soli, non prima che Wilhelm riservasse un altro abbraccio alla nipote.
Serena era esausta e si sedette alla scrivania sospirando.
-Come ti senti?- chiesi poggiandomi alla scrivania, non molto lontano da lei.
-Molto meglio, ma mi sento una sciocca.- rispose senza guardarmi in viso, con voce piena di vergogna.
-Non lo sei. Anche io mi sarei comportato esattamente allo stesso modo, se mi fossi trovato al tuo posto.
Era vero. Non potevo biasimarla di aver preso determinate decisioni. Avevo provato a immedesimarmi in lei e neanche io mi sarei fidato di me stesso, anche se la cosa mi aveva ferito parecchio.
Senza emettere un suono, Serena estrasse il quaderno appartenuto a suo padre, riportò velocemente qualcosa e non riuscii a non riservarle uno sguardo confuso. Quando ebbe terminato, mi passò il quaderno e, ancora più confuso, iniziai a leggere.

“Il vento gelido mi sferza la faccia e nonostante abbia un caldo mantello, il freddo penetra in ogni fessura, in ogni intreccio dei fili che compongono quel mantello pesante. La tempesta di neve non cede e io arranco con la neve alta fino alle ginocchia.
Vedo la figura di un ragazzo, un giovane uomo che mi dà le spalle, alto circa due metri. Mi avvicino di più e lui, sentendomi arrivare, si gira verso di me. E' un bellissimo giovane uomo di vent'anni circa, anno più anno meno. Ha capelli neri lunghi fino alle orecchie, una mandibola ben definita, il naso dritto e senza gobba, occhi magnetici e profondi color ghiaccio, che nascondono segreti oscuri e che intimidiscono chiunque osi incrociare lo sguardo con quel giovane. Le labbra carnose sono ricoperte di... sangue. Anche il mento e il collo lo sono. Mi guarda e mi sorride, mostrandomi dei canini molto appuntiti e affilati e io, che amo tanto i libri fantasy e sono cresciuta con genitori studiosi di storie folklore, capiscono che sono denti di...
vampiro. (Stefan)

Girovago per il castello, stranamente buio e illuminato solo dalla flebile e delicata luce della luna che entra dalle enormi finestre. Sento una strana sensazione addosso, come se qualcuno mi stesse osservando. Accelero il passo guardandomi intorno e sento il rumore di altri passi dietro di me. Inizio a correre a perdifiato, perdendomi in quell'intrico di corridoi.
Una nuvola passa davanti alla luna, oscurando tutto ciò che mi circonda e io mi sento vulnerabile. La luna ritorna a risplendere e io mi ritrovo davanti un giovane uomo, lo stesso che avevo visto nell'altro sogno. Ha un paletto in mano e mi guarda con fare minaccioso. Sorride, come se la cosa lo stesse divertendo.
Avanza di un passo e io inizio a indietreggiare. Corro senza sapere dove andare. Apro una porta e mi ritrovo in una stanza piena di specchi. Vedo il giovane uomo ovunque e io cerco di sfuggirgli in quel labirinto di specchi. Mi sento afferrare per le spalle e sbattere con violenza contro uno degli specchi. Inizio a sanguinare e l'uomo ride di gusto, alzando il paletto pronto a infliggermi il colpo letale.
(Stefan)

-Ora capisco perché al nostro primo incontro mi chiedesti se ci fossimo già visti.- dissi alzando un momento lo sguardo dal quaderno e riprendendo poi a leggere.

“Sono in uno studio molto buio e tetro assieme a Stefan. Lo guardo con le lacrime agli occhi e sorrido. Stefan mi asciuga le lacrime con i pollici e mi guarda con occhi pieni d'amore.
-Ti chiedo scusa. Non volevo che si arrivasse a questo punto, ma...- gli metto un indice sulle labbra e lui lo bacia con tenerezza.
-Ora è tutto finito.- rispondo altrettanto dolcemente.
Stefan mi stringe a sé e si avvicina. Chiudo gli occhi pronta a godermi ogni istante di quel bacio, ma tutto intorno a me sparisce, compreso Stefan.
Apro gli occhi e mi ritrovo in una stanza diversa, con pareti di pietra grigia e fredda. Al centro di questa, c'è una montagna di paletti insanguinati. Cerco la porta per andarmene da lì, ma non c'è. Faccio per gridare, ma dalla mia bocca esce solo un rivolo di sangue. Tossisco e sputo altro sangue.
Mi tocco il petto e tocco qualcosa di liscio. Un paletto mi trafigge il cuore. A occhi sbarrati cerco una via di fuga, un modo per salvarmi. Cado inginocchio e sento le forze venirmi meno. Sento una voce alle mie spalle, una voce agghiacciante che urla solo una parola.
-Tradimento!

Sono in un enorme salone buio. Dai pesanti tendaggi entrano pochi raggi di sole, ma non bastano a illuminare tutto l'ambiente. Sembra polveroso e abbandonato da anni. L'unico oggetto che c'è in quel salone è un bellissimo pianoforte a coda.
Mi avvicino con passo sicuro e mi siedo, iniziando a suonare "Per Elisa". Accanto a me si siede Stefan, che mi riserva un dolcissimo sorriso. Inizia a suonare con me e ci stiamo divertendo tantissimo.
Ridiamo e scherziamo fino a quando non sento un dolore lancinante al petto. Vedo un paletto spuntare e il sangue sgorgare copioso. Qualcuno mi ha trafitta alle spalle. Non riesco a vedere la sua faccia, ma so che è una persona che conosco piuttosto bene.
Stefan mi guarda a occhi sbarrati e il suo volto inizia a farsi sfocato, mentre il mio assalitore estrae il paletto e mi assesta un altro colpo.

Tradimento! L'amore ci porterà alla distruzione. Tradimento! Spero che tu riesca a interpretare questo messaggio, Stefan Lovinescu. Da questo dipenderà la tua vita e il tuo futuro.
(Visione)

Sono nella sala delle udienze e ho in mano un paletto insanguinato. Non sono disgustata, anzi sorrido compiaciuta guardando Stefan, seduto al tavolo della giuria.
Stefan mi restituisce uno sguardo carico di sorpresa e odio. Si alza e si dirige a passo di carica verso di me e in mano stringe un paletto.
Iniziamo a lottare ferendoci, ma senza riuscire a infliggere il colpo mortale. Il labbro mi sanguina e all'ennesima ferita che Stefan mi infligge, scoppio a ridere.
-Hai davvero il coraggio di uccidermi?- gli chiedo guardandolo divertita.
-Sì, sono pronto a farlo.- risponde guardandomi minaccioso.
-Non ti credo, mi ami troppo per riuscire a farlo.
-E tu? Non mi ami?
-Ho smesso di amarti quando ho scoperto ciò che volevi fare!
Mi getto su di lui e gli pianto il paletto nel cuore. Mi guarda a occhi sbarrati.
-Serena...- geme e un fiotto di sangue gli usce dalla bocca. -Perché?
Vedo la luce abbandonare i suoi occhi e il corpo diventare molle, senza vita. Il sangue mi inzuppa i vestiti, mi macchia le mani e a me tutto quello piace.

Lucian è una minaccia, va eliminato il prima possibile. Tanto sangue, tanta sofferenza e tanta disperazione. Paletti, paletti ovunque. Sangue caldo che scorre tra le mie dita.
(Visione)

Sono seduta nella sala delle udienze del castello Lovinescu e guardo ogni vampiro presente con disprezzo. Questi mi guardano intimoriti, stringendo il paletto fino a far sbiancare le nocche. Hanno paura di me.
Il vampiro più vicino a me cerca di colpirmi, ma io sono più veloce di lui e gli pianto il paletto nel cuore, fino al manico. Tutti iniziano a venirmi addosso e li faccio fuori senza problemi, a parte uno: Stefan.
Ci guardiamo con odio e rabbia, iniziando a combattere fino allo stremo delle nostre forze. Combattiamo a lungo e nessuno dei due vuole cedere. Cadiamo entrambi in ginocchio, esausti, uno appoggiato all'altro.
Ci guardiamo intensamente negli occhi e sento un forte dolore alla schiena. Mi giro e vedo lo zio di Stefan, Lucian, che sorride maligno e che tiene ancora la presa sul paletto che mi trafigge la schiena.
Guardo Stefan e vedo la sua immagine farsi sempre più sfocata, finché tutto non diventa buio.

Rosso. Rosso sangue mi circonda. Ho una sensazione di viscidume addosso, come se fossi immersa nel sangue.
L'immagine cambia e mi ritrovo davanti a Stefan. Entrambi stringiamo un paletto sporco di sangue fresco ed entrambi abbiamo numerose ferite sul corpo. Lui mi guarda con uno sguardo scioccato e lascia cadere il paletto per terra.
-Serena mi dispiace tanto. Io non volevo farti questo.- mi dice.
Mi guardo il petto e vedo che c'è un enorme foro in prossimità del cuore. Lo guardo sorpresa, gli sorrido, cado sulle ginocchia e tutto intorno a me si fa nero.

Stefan, so che sei lì. L'amore e l'odio sono separate da un confine sottilissimo. L'amore può sembrare odio e l'odio può sembrare amore. La furia non è sempre odio, come l'affetto non è sempre amore. Non fatevi ingannare da queste emozioni, poiché possono indurre a compiere azioni sconsiderate.
(Visione)

Sono nella sala delle udienze del castello Lovinescu, ma sono consapevole di non essere lì fisicamente. Sono semplicemente una spettatrice.
Vedo Stefan e Lucian entrare e parlare fittamente fra loro. Si fermano, ma parlano a voce troppo bassa perché io possa sentire che cosa si stiano dicendo.
Lucian tiene nascosto qualcosa dietro la schiena, ma non riesco a capire di cosa si tratta. Lucian e Stefan continuano a parlare tranquillamente e solo quando riprendono a camminare, capisco che cosa tiene in mano.
Provo a urlare, ma nessuno mi sente. Provo ad avvicinarmi, ma non mi muovo di un solo millimetro.
Lucian sogghigna maligno e pugnala Stefan alle spalle. Stefan spalanca gli occhi e la bocca dalla sorpresa e in un solo istante cade a terra. Una pozza di sangue si allarga sotto al corpo di Stefan.
Provo a urlare. Provo a chiamarlo. Urlo il suo nome con tutto il fiato che ho in corpo.”


Senza neanche saperlo, Serena aveva predetto il nostro incontro, il nostro innamoramento, la nostra battaglia e il tradimento da parte della mia famiglia, in particolare di Lucian. Quelle visioni e sogni non erano altro che predizioni avute in tutto quel tempo riguardo a tutta quella storia. Solo in quel momento capii perché fosse stata così diffidente nei miei confronti.
Chiusi il quaderno e le sorrisi amaramente.
-Bene, è arrivato il mio turno. Quando mio padre venne distrutto e lo seppellimmo, Lucian mi rivelò il piano che aveva in mente. Voleva ucciderti prima del matrimonio, aspettare che il tuo regno si sgretolasse e prenderne il comando, ma questa storia l'hai già sentita.
-Alin Vidrean.- mormorò.
-Come ti dissi quella sera, mio padre non avrebbe esitato a eliminarmi se avessi tentato di intralciarlo, cosa che avrei fatto comunque. Alla fine Lucian cambiò i piani, ordinandomi di ucciderti dopo il matrimonio e in seguito ritornò al piano originario; hanno iniziato a punirmi perché mi rifiutavo, come ti ho detto qualche sera fa. Quando hai sentito la telefonata, ho detto che ti avrei distrutto perché ero stanco di subire le loro punizioni, ma ti giuro sulla tomba di mia madre che non l'avrei mai fatto.- continuai. -E' colpa della mia famiglia se siamo giunti a questo punto e ora capisco perfettamente perché ci siamo guadagnati la nomea di "clan sanguinario e spietato", anche se le motivazioni le sospettavo già da tempo.- terminai sarcastico.
-Hai la possibilità di cambiare le cose ora. Sei il sovrano del clan Lovinescu.
-No, sia io che te siamo ancora vincolati dal patto e possiamo fare ben poco. Entrambi siamo solo dei principi.- affermai stanco.
Non ero più sicuro che Serena mi volesse al suo fianco e, con buona parte della mia famiglia dietro le sbarre e a breve sotto tre metri di terra, non ci sarebbero state molte persone da convincere ad annullare il patto. Forse sarei riuscito a convincere le nostre famiglie che era meglio così.
La guardai negli occhi e avevo solo una voglia matta di baciarla, stringerla, difenderla da tutti esattamente come aveva fatto lei poco prima contro Lucian. Le strinsi con delicatezza una mano e nei suoi occhi lessi tutto il senso di colpa che provava.
-Sai, non credevo che avrei mai detto una cosa del genere a te, ma... ti chiedo scusa.- disse piena di vergogna.
“Si sta scusando? Sono io che l'ho quasi uccisa!” pensai inclinando la testa di lato.
-Perché ti stai scusando?
-Come perché? Ti ho reso mio prigioniero, ti ho detto cose orribili e ho scatenato una guerra colossale. Bastano come motivazioni per le mie scuse?
-Ti ho detto che avrei fatto la stessa cosa anche io.- ripetei.
-No, non credo.
-Hai ragione. Io ti avrei distrutta all'istante, che sarebbe stato anche peggio, e ora smettila di fare la sciocca.
-Ma ti ho ferito.- borbottò piena di vergogna.
Era più preoccupata per me che per se stessa. Aveva già superato la mia pugnalata al cuore ed era preoccupata per come stessi io. Non riuscivo a crederci e ciò mi fece ben sperare. Forse per noi c'era qualche speranza.
-Anche io ti ho ferito, sia nel corpo che nell'anima.
-Ma...
-Smettila di fare la pappamolle.- la punzecchiai ridacchiando.
-Non sto facendo la pappamolle.- borbottò stizzita.
-Invece sì.
-Invece no.
-Invece sì.
-Va bene, hai ragione. Contento ora?- domandò stizzita.
-Veramente no.
-Che cosa vuoi ancora?- chiese trattenendo a stento un sorriso.
La feci alzare in piedi e mi inginocchiai dinnanzi a lei. Quella volta avrei fatto le cose per bene e non perché eravamo obbligati.
Serena mi guardava sgomenta, senza riuscire a dire una singola parola. Tirai fuori dalla tasca dei pantaloni l'anello di mia madre e la guardai negli occhi cercando di farle capire quanto l'amassi.
-Serena, mi hai mostrato un modo totalmente nuovo di guardare il mondo. Mi hai insegnato cosa vogliono dire affetto, amicizia e famiglia. Sei stata la mia prima vera e unica amica, la mia prima confidente e il mio primo amore e vorrei che fossi anche l'ultimo. Voglio che tu mi risponda con sincerità, senza tener conto del patto. Serena Vidrean Von Ziegler, vuoi sposarmi?
Mi guardò per attimi che mi parvero lunghissimi e che smorzarono la mia speranza, ma senza preavviso si buttò addosso a me facendoci cadere entrambi a terra. Ridemmo divertiti e mi baciò con dolcezza. Desideravo baciarla da giorni e solo in quel momento mi resi conto appieno quanto mi fosse mancata quella donna così grezza e regale.
-Lo considero un sì?- domandai.
-E' un nuovo modo per rifiutare una proposta di matrimonio. Funziona sempre!- rispose ironica e poi scoppiando a ridere assieme a me. -Certo che voglio sposarti, scemo.
-Non sono scemo.- obiettai.
-Invece sì.
-Invece no.
-Invece sì.
-D'accordo, questa volta hai vinto tu.- risposi accarezzandole dolcemente la guancia.
Mi strinse più forte e io le baciai la fronte. Per tutta la notte non facemmo altro che restare sul tappeto a ridere, scherzare e parlare, stretti uno all'altra.
Non potevo credere che le cose sarebbero migliorate e che mi sarei ritrovato di nuovo fra le braccia della mia principessa.


Epilogo


Stavo andando in camera di Serena e ripensavo a quanto sarebbe stata lunga quella giornata. Il trattato di pace era stato stipulato il giorno successivo alla distruzione di Lucian e avevamo fissato il più grande processo nella storia dei vampiri, che si sarebbe tenuto quello stesso giorno. Tutti coloro che avevano complottato contro Serena, sarebbero stati distrutti e al momento quattro dei dieci membri anziani della mia famiglia avevano prove schiaccianti contro di loro. Gli altri sei sarebbero stati rimandati a giudizio per effettuare ulteriori indagini, ma confidavo in Dimitri e Adrian affinché riuscissero a trovare qualcosa contro di loro.
Lucian era stato distrutto da una settimana e nessuno, men che meno io, ne sentiva la mancanza. Per colpa sua, io e Serena eravamo scesi in guerra, mi ero ritrovato a odiarla, cosa che le avevo rivelato con una certa vergogna.
In tutta quella storia, Serena ne era uscita più forte di prima e tutti avevano un maggior rispetto di lei. Il titolo di “Principessa Guerriera” l'avrebbe seguita per tutta la vita e tutti concordavamo sul fatto che, se non avessimo stipulato il trattato di pace, il clan Vidrean sarebbe riuscito a spazzare via il clan Lovinescu in pochissimo tempo. Nonostante tutto, Serena non continuava a darsi pace per ciò che aveva fatto, così come me. L'idea di averla quasi uccisa mi faceva venire voglia di trafiggermi da solo e mi biasimavo almeno venti volte al giorno.
Arrivato alla camera di Serena, bussai ed entrai sorridendo alla mia principessa. Ancora non riuscivo a credere che tra tutti avesse scelto me, la persona meno meritevole di questo mondo, ma avrei fatto di tutto per renderla felice.
-Sei pronta?- chiesi sorridendole e avvicinandosi a lei con estrema lentezza.
-Sì e no.- rispose iniziando a sistemarmi la cravatta, che era strategicamente fuori posto.
Mi piaceva farmi sistemare da Serena ed era un piacere a cui non avrei rinunciato tanto facilmente.
-E' la prima volta che mi presento a un evento pubblico dopo che ti ho dichiarato guerra e...
-Andrà tutto bene.- la interruppi. -Sei diventatala "Principessa Guerriera" e questo non farà che giovare alla tua reputazione.
-Non è questo che mi preoccupa. Sei pronto a fare il tuo dovere?- mi chiese guardandomi negli occhi.
Era convinta che avrei tentennato davanti ai miei parenti, quando sarebbe giunta l'ora di distruggerli, ma quelli non si erano mai comportati come tali. Come mi aveva detto Dimitri una volta, condividevamo il sangue e parte del patrimonio genetico, ma nulla di più. Avevano attentato alla vita della mia principessa e avrebbero pagato un caro prezzo.
-Sono pronto a tutto. Volevano obbligarmi a ucciderti e non mi hanno mai trattato come un loro parente, ma come uno strumento per acquisire potere, esattamente come fecero mio padre e mio zio. Voglio che tutti capiscano che sono pronto a tutto per difendere me stesso e la mia nuova famiglia.
-Nuova famiglia?
Da quando l'avevo conosciuta, avevo capito com'erano le vere famiglie. Erano amorevoli, affettuose, non volevano nulla in cambio e ti proteggevano sempre, guidandoti e correggendoti anche quando compievi scelte sbagliate.
-Tu, i tuoi genitori e tuo zio. In futuro ci saranno anche i nostri figli.- risposi dolcemente e accarezzandole una guancia.
Il suo respiro accelerò a quella risposta e ciò mi fece sorridere. Non aveva pensato che in futuro avremmo avuto dei figli? Io sì e non vedevo l'ora, soprattutto per la parte... pratica.
-Ti ci vedo nei panni del papà iperprotettivo.- rispose ridacchiando.
-Non assillerei mai mio figlio.- affermai unendomi alla sua risata.
-E se fosse una femmina?
-Allora scoprirà l'universo dei maschi solo quando compirà quattrocento anni.
Scoppiò a ridere di gusto e io la seguii. La baciai con tenerezza ed ebbi la riprova che lei sarebbe stata al mio fianco.
In un anno le mie convinzioni erano completamente mutate. Ero diventato un'altra persona, una persona migliore oserei aggiungere, e avrei continuato a migliorarmi sempre grazie a Serena. Lei era riuscita a farmi scoprire lati di me stesso di cui ignoravo completamente l'esistenza.
Avrei affrontato ogni cosa, ogni ostacolo e ogni traditore con lei accanto, la donna grezza e allo stesso tempo regale che amavo più della mia stessa vita.


 
Fine.
 
Angolo autrice.
Buonasera a tutti. Eccoci giunti alla fine di questa storia e, come avete saputo in "The Bloody and Dark Princess", ogni cosa è andata bene.
Vi ringrazio di aver seguito questa storia, commentato e anche letto silenziosamente. Vi rigrazio per tutto il sostegno e ci vediamo alla prossima storia!
Un bacione enorme
Arsax <3

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