You, my precious siblings

di Marauder Juggernaut
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fortezza ***
Capitolo 2: *** Tigre ***
Capitolo 3: *** Sangue ***
Capitolo 4: *** Silenzio ***
Capitolo 5: *** Parola ***
Capitolo 6: *** Morbido ***
Capitolo 7: *** Dolore ***
Capitolo 8: *** Abilità ***
Capitolo 9: *** Sondaggio ***
Capitolo 10: *** Caramelle ***



Capitolo 1
*** Fortezza ***


Note autrice:no, ma si capisce quanto io sia integata con questi personaggi? No? Allora ecco una nuova raccolta su di loro.
Allora, scusate l'assenza ma avevo una challenge da compiere e, dico con fierezza, sono giunta oggi al traguardo delle 50000 parole, perciò per festeggiare faccio tante pubblicazioni. Tranquilli, per domani posto anche il nuovo capitolo di "Estratti", ma intanto godetevi questi bei bimbi! Tanto tutte le flash sono già pronte. E, per chi sa, per regalo di Natale aspettatevi il seguito della Katakuri x Ichiji "Gym". Rossa, molto rossa. 
A presto.
M.J.
P.S. - Prendete questa raccolta come Missing Moments. Tutti i personaggi non hanno l'età che hanno adesso nel manga, tutte le storie sono ambientate prima, in momenti diversi. Qui i personaggi sono Cracker e Galette. Quest'ultima ha 10 anni, Cracker ne ha più o meno tra i 18 e i 20.



 
You, my precious siblings

Fortezza

Quando i fratelli vanno d’accordo, nessun fortezza è così solida come la loro vita in comune.
(Antistene)

 
Lungi da Cracker sentire quello scalpiccio di piedi scalzi. Il marmo non riusciva per nulla ad attutire il rumore di quei passi, ma il decimo figlio di Big Mom era davvero esausto quella notte per tenere alta la guardia. Per fortuna, la piccola – minuscola – figura che si era appoggiata di soppiatto alla porta della sua stanza aveva tutto fuorché cattive intenzioni. La manina di Galette, dieci anni, spinse un poco la porta, facendo cigolare sinistramente i cardini e facendo entrare uno spiraglio di luce nella stanza. Nemmeno quello svegliò il fratello, che dormiva della grossa, con i lunghi capelli viola sparsi sulla federa a disegnare strani intarsi.
Galette strinse più forte il peluche a forma di diavolo che teneva tra le braccia, facendo un passo in avanti.
« Fratello Cracker… ». Come unica risposta, la bambina ricevette solo un respiro più profondo e beato. Alzò un po’ di più la voce: « Fratello Cracker! ».
In una frazione di secondo, Galette si ritrovò con l’affilata lama di Pretzel vicino al suo collo: i riflessi da guerriero del fratello si erano svegliati insieme a lui. La bambina deglutì spaventata alla vista di quegli occhi rossi che brillavano nell’oscurità come iridi feline; uno sguardo che si ammorbidì non appena riconobbe i dolci tratti della sorellina.
« Galette, cosa ci fai qui? » domandò con la voce ancora roca per il sonno, ma abbassando immediatamente la spada, appoggiandola contro il muro della stanza.
La bambina improvvisamente mise da parte la paura e si ricordò del motivo per cui era giunta nella camera del fratello. Colma di vergogna, nascose il visetto rosso dietro il pupazzo mentre Cracker tornava a sedersi sul letto, massaggiandosi gli occhi, ma attento in realtà alla sorellina.
« Ho fatto un brutto sogno… » la voce di Galette era un pigolio, ma arrivò comunque alle orecchie di Cracker. Questi la guardò a occhi sgranati, prima di sbuffare divertito e rimettersi a letto … tenendo sollevata la coperta in un chiaro invito.
Galette sorrise mesta, rifugiandosi tra le braccia del fratello maggiore.

 

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Capitolo 2
*** Tigre ***


Note autrice: grazie a John Spangler e a xxib_emme che hanno commentato lo scorso capitolo! 
M.J



Tigre

La più mite, timida sorella è stata vista trasformarsi in una tigre se suo fratello era in difficoltà.
(Clara Ortega)

 
La prima volta che avevano visto Amande coperta di sangue, l’intera famiglia aveva spalancato gli occhi, colma di preoccupazione; tale apprensione si era trasformata in sconcerto e paura quando si erano resi conto, mentre si ripuliva, che il sangue non era suo. Ciò che davvero aveva fatto rabbrividire tutti i fratelli presenti era la sua espressione: gelida, distante, malinconica; come se non fosse davvero toccata da quella linfa vitale ancora calda che scorreva sul suo corpo efebico.
La lama di pesce bianco era sporca allo stesso modo.
Oven si avvicinò alla sorella minore, chinandosi su di lei. Nemmeno in quel momento fece una piega, limitandosi a sbattere le lunghe ciglia eleganti, come se non capisse perché il fratello maggiore la guardasse in quel modo.
Incerto; Oven era incerto.
Perché dopotutto Oven l’aveva sempre vista in disparte, fiera e altera, che cercava sempre di tenersi lontana da qualsiasi rissa, sdegnandola ogni volta con aria impettita e quasi saccente; era sempre una delle prime ad andarsene quando c’era da combattere. Allora il quarto figlio maschio voleva sapere perché, perché quella sorellina tredicenne che non sembrava per nulla adatta alla guerra, tanto era lei fine e delicata, fosse coperta di sangue di qualcuno che doveva aver sofferto davvero tanto prima di morire.
Oven tentennò: « Cosa è successo, Amande? ».
« Un uomo aveva osato prendere in giro Mascarpone per il suo collo ». Non ci fu bisogno di aggiungere altro, il resto era intuibile e agghiacciante.
Il fratello annuì, serio. Chi insultava la famiglia Charlotte, ne pagava le conseguenze.
Con un gesto del pollice, le levò il sangue da sotto lo zigomo. « Sii più discreta la prossima volta ».

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Capitolo 3
*** Sangue ***


Sangue

Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro. Ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.
(Lev Tolstoj)


« Cazzo! Cazzo! CAZZO!!! » le urla di Cracker si potevano sentire per tutto il castello di Totland, facendo rabbrividire tutti coloro che udivano quelle grida degne di un animale straziato. L’intera pelle candida del viso del decimo figlio era macchiato del carminio del suo sangue, che sgorgava caldo da quell’enorme ferita sul suo volto. Non riusciva a vedere nulla, teneva strette le palpebre nel tentativo di resistere a quell’agonia lancinante che gli stava mangiando la faccia come un acido corrosivo. Non capiva nulla di quello che stava accadendo attorno a lui, percepì unicamente delle braccia forti che lo sollevarono come se non pesasse nulla e la voce calma del fratello che lo rassicurava col suo tono profondo: « Resisti, Cracker… ».
Con assoluta freddezza, Katakuri riuscì ad elaborare al meglio cosa fare in quella situazione che tutti i componenti presenti della famiglia Charlotte ritenevano disperata.
Mama era appena stata calmata dopo uno dei suoi attacchi di fame insaziabile.
Cracker ci era finito in mezzo, procurandosi una ferita che avrebbe potuto portargli via del tutto l’occhio destro e addirittura dissanguarlo.
Katakuri non l’avrebbe permesso.
Medicazioni, subito.
« Compote! Perospero! » cercare i fratelli che più di tutti lo avrebbero aiutato e sostenuto fu un passo naturale. Appoggiò Cracker su una branda dell’infermeria del castello, mentre immediatamente lo raggiungevano il primo fratello e la prima sorella.
Questa controllò le sue condizione: « È gravissimo … non so se… ».
« Ce la farà… » disse piano, stoico e testardo il secondogenito, mentre insieme a Perospero, attendendo i medici, teneva disteso il decimo fratello sulla branda mentre Compote cominciava le medicazioni.
Le sue urla non cessavano nemmeno per un istante, il sangue colava sulle mani dei tre fratelli che mai avrebbero voluto vedere Cracker in quelle condizioni.
Una piccola bambina fece il suo ingresso nell’infermeria, gridando disperata e in lacrime.
« Cracker! Cracker! Resisti, Cracker! » le grida di Smoothie fecero voltare di scatto tutti e tre.
Il viso teso di Katakuri si fece ancora più irritato: « Vai via, Smoothie, non restare qui! ». Le grida della bambina non si fermarono, unendosi a quelle del ragazzo sulla branda: « Mama stava attaccando me, Cracker si è messo in mezzo per proteggermi! Voglio stare con Cra-! ». Le sue parole e le sue lacrime si arrestarono e i suoi grandi occhi celesti si spalancarono per la paura alla vista di tutto quel sangue che usciva dal viso del fratello.
« Vattene, Smoothie! » ripeté Katakuri, ma nuovamente non venne ascoltato; solo Brulee, sbucando da uno specchio, prese tra le braccia la bambina per riportarla in camera.
Il secondogenito poté tirare un sospiro e concentrarsi nuovamente sul fratello urlante sul lettino.
 
Dal decimo piano del castello si vedeva tutta l’isola di Whole Cake.
Guardando il mare, Katakuri sospirò, senza voltarsi: « Scusami, Smoothie. Non volevo urlare contro di te in quel modo… ».
In braccio a Perospero, la bambina scosse la testa, stropicciandosi gli occhi ancora rossi per le lacrime: « Non importa… ».
Cracker, dopo diverse ore di operazione di medici e chirurghi, era fuori pericolo. Poteva persino ritornare a vedere dall’occhio destro.
« Dovevo fare più attenzione… » si biasimò Katakuri, girandosi.
« Non puoi incolparti per la malattia di Mama… » disse Perospero, avvicinandosi e tendendo Smoothie. Katakuri la prese in braccio:« Devo badare a questa famiglia… ».
« Sì, ma non da solo ».
Katakuri si sorprese prima di annuire, grato di tutto.
La famiglia Charlotte era in buone mani.








Angolo autrice:
grazie ancora a John Spangler e a Zomi per aver commentato lo scorso capitolo.
M.J.

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Capitolo 4
*** Silenzio ***


Note autrice: grazie a John Spangler, _Dreamer97, Zomi e xxib_emme per aver commentato lo scorso capitolo! Ecco il penultimo della raccolta
M.J.


Silenzio

Non c’è niente che ti rende più folle del vivere in una famiglia. O più felice. O più esasperato. O più… sicuro.
(Jim Butcher)

 
« Si può sapere chi è il genio che si è introdotto in camera mia?! Giuro che se lo trovo, lo rendo più secco di una cialda… ».
« Sarà stata Brulee, Smoothie, sai lei può arrivare dovunque! ».
« Non incolparmi, Opera, non c’entro nulla! ».
« Chi è che urla così di prima mattina?! ».
« Non è prima mattina, Moscato, sono almeno le dieci. Alzati all’alba come fa la sottoscritta ogni giorno e poi potrai lamentarti. Ora però voglio sapere chi è entrato in camera mia… ».
« Smoothie, va tutto bene? ».
« Va tutto a meraviglia, Praline, non si vede? ».
« Perché urli così tanto, Smoothie? È cominciato quel periodo del mese? ».
« Non. Dire. Una. Parola. Di. Più. Mont d’Or! ».
« Quindi è un “sì”? ».
« Non cominciare anche tu, Cracker! ».
« Smoothie, basta urlare… ».
« Anche tu contro di me, Katakuri? ».
« Per un quieto vivere, sì ».
« Non ne posso più, tutti contro di me … me ne vado per un po’ su Chocolate Island… ».
« Finalmente… ».
« Mont d’Or! ».
« Che c’è, Pudding? Se vuole andare, lasciala fare! ».
 
Compote chiuse la porta. Le voci continuarono ad arrivare attutite alle sue orecchie, ma era contenta comunque. Le faceva sempre piacere sapere che i suoi fratelli minori erano tanto attivi sin dalla mattina. Si sedette al tavolo di fonte a Prospero, mentre questi le versava del tè nella tazzina di porcellana. La calma più totale regnava in quella stanza. I due fratelli maggiori si gustarono in tutta tranquillità quella tisana.
Volevano davvero bene ai loro fratelli, ma il silenzio era un fattore davvero troppo sottovalutato. 

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Capitolo 5
*** Parola ***


Note autrice: purtroppo domani non posso pubblicare, quindi lo faccio stasera. OOC a catinelle, quindi preparate gli ombrelli. Un grazie a _Dreamer97, John Spangler e a xxib_emme che hanno commentato lo scorso capitolo. La canzone in fondo "We are (family)" appartiene a Keke Palmer e non detengo alcun diritto.
M.J.


Parola

I nostri fratelli e sorelle sono lì con noi dall’alba delle nostre storie personali fino all’inevitabile crepuscolo.
(Susan Scarf Merrell)

 
La piccola Pudding si agitò ancora di più sul seggiolone, minacciando di cadere. Per fortuna, la mano ferma di Daifuku aveva bloccato la seduta in plastica per evitare che quella creaturina di due anni facesse un brutto volo. Lei mise il broncio, ma non pianse. Era quasi adorabile. Forse un po’ troppo strana con quel suo terzo occhio, ma comunque quasi adorabile.
A Mama non piaceva Pudding.
Cracker invece che se ne stava a divertirsi lì tenendole un dolcetto sollevato, troppo in alto perché le sue braccine potessero prenderlo.
Pudding si sporse ancora, non raggiungendo nemmeno quella volta il delizioso pasticcino che il maggiore teneva tra le mani.
Mama non sopportava vedere quel terzo occhio sulla fronte di Pudding.
« Sai essere davvero perfido a volte, eh, Cracker? ».
« Ma certo, Chiffon, altrimenti non sarei io… » disse, senza nemmeno guardare la sorella, più interessato a quei vani tentativi di Pudding di sollevarsi sulle gambine.
« Povera Pudding! Se non la smetti lo dico a Mama! ».
« Non oseresti, Joscarpone! » Cracker guardò la ventinovesima sorella, provando ad allontanarla con un movimento della gamba.
« Attento, Cracker! » l’urlo di Opera non sarebbe riuscito però a tenere in piedi il seggiolone che il decimo fratello aveva inavvertitamente urtato con forza.
La piccola Pudding urlò, ma l’impatto non avvenne: due forti braccia avevano preso al volo la bambina e la seduta prima che fracassasse a terra con un rumore fastidioso.
Katakuri rimise in piedi la seduta e vi posò dentro Pudding, dandole un buffetto sulla testa con la mano. Passata la paura, la bambina batté le mani sorridendo.
Il secondogenito la guardò e impercettibilmente i suoi occhi si addolcirono.
Katakuri l’adorava; diversa quanto lui.
Si voltò poi verso Cracker, guardandolo con rimprovero e prendendo il bignè dalla sua mano prima di dargli uno scappellotto sulla nuca. Si lamentò, ma non aveva davvero il coraggio di ribattere le perentorie decisioni del maggiore, che stava porgendo il dolcetto a Pudding. La bambina ridacchiò, Katakuri sbuffò quasi divertito e fece per andarsene.
« Papà ».
Tutti i presenti si congelarono a quella parola e si voltarono verso la bambina con la bocca sporca di cioccolato. La prima parola di Charlotte Pudding; e non era esattamente una che si sentiva spesso nella famiglia Charlotte. Katakuri sbatté le palpebre, sorpreso, avvicinandosi a quella bambina che tendeva le manine.
Il secondogenito sentì una fitta allo stomaco.
In fondo era lui, insieme a Prospero, che teneva in piedi la famiglia; che impediva di crollare sotto il peso di una Madre che non era mai davvero cresciuta e maturata per mantenere dei figli; che non li riconosceva se aveva uno dei suoi attacchi di fame o che li rinnegava se non le piacevano o non la compiacevano.
La sua facciata di perfezione non mostrò agli altri fratelli presenti come a lui si fosse mozzato il respiro di fronte a quella responsabilità. Lui che doveva dimostrarsi inarrivabile in qualsiasi occasione, nonostante in parte volesse essere ancora infantile e spensierato. Non poteva più da tempo, ormai.
Katakuri, inginocchiandosi di fronte alla sorellina per essere quasi alla sua altezza, posò la fronte contro i suoi capelli soffici come piume.
« No, Pudding, non è così. Ti spiego tutto quando sei più grande ».
Pudding non aveva capito; lo avrebbe fatto poi, col tempo. Katakuri non aveva mai avuto voglia di spiegare.



 
Searching for ones to care
Somehow we found it here...

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Capitolo 6
*** Morbido ***


Note autrice: perché io ho tantissime fanfic da portare avanti, ma l'ispirazione giustamente arriva solo per darmi idee per fanfiction che ho già chiuso da tempo. E io che faccio, non le riapro? Auguro Buona Pasqua a tutti!
M.J.
Ps. Le parole di Perospero sono un riferimento al fatto che Oda ha detto che Katakuri non è nato con quel difetto che ha.



Morbido

Forse famiglia erano quelle persone che sono venute in cerca di te quando ti eri perduto.
(Vikki Wakefield)
 

La tazza per poco non cadde dalla mano di Perospero quando sentì quell’urlo.
«Fratello Peros!».
Il coltello quasi scivolò dalla presa di Compote quando qualcuno la chiamò gridando.
«Sorella Compote!».
Entrambi i ragazzini si voltarono sconcertati verso la porta, dove un bambino di dieci anni si era appoggiato alla porta cercando di riprendere fiato dopo l’urlo, i capelli biondi tutti spettinati per la corsa.
Compote sbatté le palpebre stupita. «Daifuku, ti pare il caso di gridare in quel modo?» domandò la ragazzina, abbandonando sul ripiano della cucina la macedonia di frutta che stava preparando per tutta la famiglia.
Il fratellino alzò la testa per guardarla in viso, con il respiro ancora pesante per lo sforzo da poco fatto. Gli occhi del bambino erano colmi di lacrime e paura. Un moto di preoccupazione riempì il cuore della sorella più grande.
«Daifuku, che succede?» chiese apprensiva, scoccando un occhiata a Perospero che aveva lasciato il tè sul tavolo per avvicinarsi anche lui al fratellino.
Il più piccolo deglutì. «L’ha fatto di nuovo…» la voce quasi gli tremava «Katakuri l’ha fatto di nuovo».
 
 
Il fetore di sangue era insopportabile. L’intero vicolo della cittadella era ricoperto di corpi grondanti e massacrati, il liquido carminio colava lungo le pareti delle case come uno spettrale monito. In piedi, di fronte a una montagna di cadaveri, un bambino tremava, stringendo i pugni.
Compote si coprì la bocca, terrorizzata; Perospero fece un passo in avanti dopo aver impedito a Oven e Daifuku di avvicinarsi.
«Katakuri…» lo chiamò il primogenito, dandosi un’occhiata attorno, allibito dalla mole di devastazione che aveva causato un singolo bambino di dieci anni. Katakuri era forte – fortissimo – Perospero lo sapeva bene.
«Hanno riso ancora». Le parole erano tremule e fievoli, eppure riempivano tutto il silenzio del vicolo.
«Katakuri, sei ferito?» domandò il primogenito, facendo un ennesimo, titubante passo verso il minore.
«Hanno riso ancora di me!». Questa volta fu un grido diretto a Perospero; questi trattenne il fiato nel vedere il fratellino coperto di sangue non suo, con il volto stravolto dalle lacrime e quella bocca deforme e larga come quella di un demone.
Così mostruoso eppure così debole in quel momento.
Katakuri pianse disperato quando Perospero lo abbracciò; i gemiti e i singhiozzi scuotevano quel corpo gracile che però nascondeva una potenza straordinaria e pericolosa. Molto pericolosa.
«I bam-bini hanno … hann-o comincia-to a ri-ridere … ho detto d-di smetterla … ma hanno … ma hanno conti-tinuato … poi sono … sono arrivati gli adulti … e allora...». Katakuri non riuscì a concludere la frase, ma non ce n’era bisogno: cosa era accaduto dopo era evidente anche agli occhi di Perospero, che ancora non si capacitava di come un bambino così piccolo fosse stato in grado di abbattere uomini grandi il triplo di lui.
«Va tutto bene, fratellino…».
«NO CHE NON VA BENE!». L’urlo di Katakuri spaventò Perospero, che guardò il minore come se temesse un attacco da lui. «Perché doveva accadere a me una cosa simile, Perospero, perché?!» domandò disperato il minore, indicandosi con orrore e ribrezzo la propria faccia.
Il più grande lo guardò insicuro su cosa rispondere. Si morse il labbro inferiore. «Ci sono cose che … non immaginavamo potessero accadere…» disse solamente, accarezzando dolcemente col pollice le cicatrici sulle guance del fratellino.
Qualcosa di morbido cadde attorno al collo di Katakuri, coprendolo fino al naso. Compote aveva preso di sorpresa entrambi. Il più piccolo affondò il viso nella sciarpa pelosa, che celava la vista del suo volto al mondo intero. Era qualcosa di codardo e squallido.
Poteva funzionare.
La voce della sorella tremava, i suoi occhi erano lucidi.
«Katakuri … ci dispiace così tanto di non poter fare più di così…».

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Capitolo 7
*** Dolore ***


Note autrice: questo capitolo sarebbe l'immediato seguito di "Sangue", terzo capitolo di questa raccolta. Se volete rileggervi quest'ultimo prima di questo, probabilmente avrete una migliore continuity. Ringrazio i tre gentili signori Zomi, John Spangler e _Dreamer97 per aver recensito lo scorso capitolo. A proposito, la frase di questo è la medesima dello scorso capitolo, ma mi sono resa conto che per questa flashfic era più adatta e quindi le ho cambiate entrambe.
M.J.




Dolore

Un fratello può essere il custode della tua identità, l’unica persona con le chiavi della tua illimitata e segreta conoscenza di te.
(Marian Sandmaier)

 
 
Katakuri fissò il fratello sdraiato sulla branda. Il respiro irregolare tradiva il suo tentativo di fingersi addormentato. Non si poteva nascondere nulla a Charlotte Katakuri.
«Dovresti dormire sul serio, Cracker, non fare finta» gli consigliò, avvicinandosi mentre il fratello minore apriva l’occhio sinistro. La fasciatura sull’occhio destro era intrisa di sangue, ma stando ai pareri dei dottori il più giovane sarebbe riuscito di nuovo a vedere da quell’occhio.
«Mi fa troppo male, deve essere finito l’effetto degli antidolorifici…» si giustificò il decimo figlio, voltandosi parzialmente verso il maggiore, abbastanza perché fosse nel raggio visivo dell’unico occhio rimasto. Squadrò l’altro come poté, tentando di alzarsi, ma la mano di Katakuri lo spinse sdraiato con delicatezza. Cracker non obbiettò ulteriormente e rimase sdraiato.
«Come sta Smoothie?» chiese a bassa voce, sostenendo lo sguardo impenetrabile, ma preoccupato del maggiore.
Questi sospirò. «Sta bene, è in camera sua ed è preoccupata per te. Voleva restare con te finita l’operazione, ma non volevo che ti vedesse in quelle condizioni disastrose…» spiegò, appoggiandosi con la coscia alla branda di Cracker.
Il minore lo fissò. «Che fratello maggiore esemplare, sempre pronto a proteggere i tuoi fratelli» commentò sardonico.
Un tono che non era passato inosservato a Katakuri. Irrigidì lo sguardo.
«Perché quel tono, Cracker?» domandò guardingo. Avvertiva vagamente che l’altro avrebbe detto qualcosa che non gli sarebbe piaciuto.
«Dov’eri quando io avevo bisogno d’aiuto?!». Quell’urlo fece montare la rabbia dentro lo stomaco di Katakuri.
«Cracker, sono stato il primo a venire in tuo aiuto quando sei crollato a terra sanguinante». Serrò poi la mandibola per la rabbia, sentendo le lunghe zanne cozzare tra di loro dietro la sciarpa.
«Ma prima, quando Mama mi stava attaccando, quando dovevo salvare Smoothie! Prima non ti sei nemmeno mosso! Sei rimasto a guardare, spaventato…» gli sputò in faccia Cracker, sollevandosi a sedere con uno scatto, ignorando i tentativi del fratello di tenerlo disteso.
Era vero: Katakuri aveva avuto paura di sua madre in quel momento. Chi non lo sarebbe stato? Se anche si fosse messo in mezzo, Big Mom non sarebbe stata in grado di riconoscere il proprio secondogenito maschio, come era accaduto con Cracker. E Katakuri non era ancora abbastanza forte da fermarla del tutto.
Rimase in silenzio e il minore lo guardò torvo.
«Ha fatto male, Katakuri … un male più grande di quanto tu, fratello perfetto, ne abbia mai provato».
Quella frase fu una ferita profonda nell’orgoglio di Katakuri. Un primordiale impulso lo portò a serrare i pugni, combattendo contro la tentazione  di strapparsi la sciarpa dal volto per mostrargli quanto dolore aveva provato quando Cracker doveva ancora avere davvero coscienza del mondo.
Ma non disse nulla, né ebbe il coraggio di tirare un pugno al fratello come davvero meritava.
«Non voglio più provare un dolore simile…».
«E come vorresti fare, sentiamo? Siamo pirati, Cracker, in un modo o nell’altro dovremo sempre ritrovarci in qualche scontro. Non puoi pretendere di non venire mai più ferito…» gli ricordò Katakuri, meno severamente di quanto avrebbe davvero voluto.
Cracker lo guardò. Una ciocca di lunghi capelli viola scivolò dalla sua spalla, per ondeggiare un istante e posarsi sul petto. Fece un profondo respiro.
«Non voglio più provare dolore, fratello…» ripeté soltanto, battendo le mani mentre dei biscotti cominciarono ad assemblarsi per creare un’armatura intorno a Cracker.
Il più grande non lo fermò. Lo giudicò in silenzio.
Due dei più potenti guerrieri della ciurma di un Imperatore erano una gran coppia di codardi.

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Capitolo 8
*** Abilità ***


Note autrice: potrei reclamare un OOC a catinelle, ma la verità è che avevo bisogno di fluff dopo gli ultimi due capitoli. Ringrazio Zomi e John Spangler per aver recensito lo scorso capitolo e vi lascio con la promessa che nei prossimi giorni aggiornerò con una nuova storia (Che all'inizio doveva essere una one shot, poi si è digievoluta) con protagonista il nostro tanto amato comandante di 5 metri
M.J.


Abilità


Il più dolce degli amori è l’amore che unisce due fratelli.
(Ménandro)

 
Katakuri era diventato bravo, molto bravo, nell’utilizzo dell’haki della percezione. Una capacità che stava stupendo tutti i fratelli, gemelli compresi.
Tutti lo vedevano allenarsi per ore e ore al giorno per potenziare ulteriormente quell’abilità che lo stava rendendo sempre più temuto e conosciuto. Nessun attacco di Cracker o di Smoothie o di Snack riusciva ad andare a segno, li evitava con una semplicità da far impallidire.
Talmente capace da riuscire a prevedere un poco nel futuro; e se prima riusciva a evitare che un bicchiere cadesse dal tavolo prendendolo al volo, adesso lo spostava direttamente al centro del ripiano un paio di secondi prima che qualcuno lo urtasse.
Tutti i membri della famiglia esaltavano una simile bravura, decantandone le lodi e l’utilità in battaglia che lo avrebbero reso uno dei più terribili pirati del Nuovo Mondo.
Ma Katakuri – anzi, non solo lui, ma l’intera famiglia – si era reso conto che era utile anche per altri scopi.
Più … delicati.
 
«Fratello Katakuri, ma tu non dormi mai?» chiese perplesso Cracker, voltandosi verso il maggiore che se ne stava semplicemente seduto al tavolo della cucina e osservava con disinteresse ciò che faceva l’altro Dolce Comandante. In quel caso, prepararsi un bicchiere di latte tiepido da accompagnare ai biscotti alle due di notte.
«Al momento non sono ancora stanco».
Il decimo fratello azzannò un cookie che aveva preparato lui stesso qualche ora prima. Si sedette di fronte all’altro, ondeggiando un biscotto di fronte ai suoi occhi.
«Ne vuoi uno?» domandò, curioso di vedere il fratello abbassare la guardia, magari permettendogli di occhieggiare cosa celava dietro la sciarpa.
Ma Katakuri non si faceva abbindolare così facilmente.
«Non ho fa…».
Un grido proruppe nella testa di Katakuri.
Solo lì, nelle pareti della sua scatola cranica, ma fu abbastanza per metterlo in allarme.
Poi si rilassò, quando capì che sarebbe stato meno peggio di quanto avesse supposto all’inizio, ma a cui sarebbe stato gradito porre fine il prima possibile. O meglio, evitare che iniziasse del tutto.
Si alzò di scatto dalla sedia, sotto lo sguardo perplesso di Cracker. «Dove vai?».
«A evitare che si sveglino in troppi».
Cracker lo fissò ancora sconcertato, tendendo l’orecchio e sentendo unicamente una calma surreale in tutto il castello, spezzata solo dai rapidi passi di Katakuri.
 
Katakuri aprì la porta delicatamente, cercando di non far entrare la luce nella camera buia. Con passo felpato, si avvicinò alla culla, ringraziando di non indossare gli speroni in quel frangente.
Prese tra le braccia la creaturina di pochi mesi proprio quando questa cominciò a fare smorfie, minacciando di svegliarsi con un grido spacca timpani.
Cominciò a cullarla con movimenti lenti e subito la piccola si rimise quieta; anzi, sorrise e parve stringersi di più a quella montagna rassicurante che, silenziosamente, la addormentava di nuovo.
Katakuri sospirò, domandandosi come lui, temibile pirata conosciuto in tutto il Nuovo Mondo, si fosse ritrovato in una simile situazione.
Tutti si stavano un po’ approfittando di quella sua capacità di prevedere il futuro.
Quando la bambina si fu assopita di nuovo, la appoggiò nuovamente nella culla, soffiandogli un augurio nel minuscolo orecchio.
«Buonanotte, Flambé».

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Capitolo 9
*** Sondaggio ***


Sondaggio

Sorelle e fratelli male si dicono e bene si vogliono.
(Proverbio)

 

Flambé sbuffò divertita e compiaciuta, prima di esplodere con una risata sguaiata che attirò l’attenzione di tutti i fratelli della famiglia Charlotte. La trentacinquesima sorella esultò con un urlo, sollevando le braccia al cielo mentre iniziava a galleggiare nell’aria senza smettere di gongolare ad alta voce.
Tutti si accalcarono a quel tabellone improvvisato per esaminare la classifica finale e i voti – per sommo dispiacere di molte – parlavano chiaro: per ben quaranta fratelli maschi su quarantuno, Charlotte Flambé era la sorella migliore.
Non sorprendeva il risultato maschile: Katakuri stravinceva su ogni fronte e stando ai settantasei voti, tutti i fratelli Charlotte lo avevano votato, a parte se stesso che – evidentemente – aveva dato il proprio voto maschile a suo fratello Perospero, non volendo scontentare nessuno dei suoi gemelli e omaggiare chi da più tempo di lui evitava che la nave affondasse, letteralmente.
Katakuri trovava quella storia del sondaggio di popolarità come una gran scemenza. Non aveva senso decidere in quel modo chi fosse il fratello più benvoluto. Senza contare che lui voleva bene a tutti ed era qualcosa di sleale chiedergli di scegliere uno solo.
Tutti i fratelli tornarono a esaminare i propri voti, discutendo e insultandosi a vicenda
(«Cracker, come hai potuto non votarmi? Ti ho pure dato metà del mio proffiterol tre mesi fa!», «Eh, Smoothie, come ci si sente ad aver ottenuto due miseri voti?», «Mont d’Or, è il sesto anno di fila che non ottieni voti, fatti un paio di domande…», «Alla fine è impossibile competere con fratello Katakuri…»).
Il secondogenito rimase ad ascoltarli distratto, prima di allontanarsi notando che erano quasi le tre del pomeriggio.
Non riuscì a fare tre passi che una bolla di gomma da masticare tutta da mordere svolazzò proprio accanto al suo volto. Flambé sorrise a trentadue denti.
«Grazie mille per il voto, fratello Katakuri!» affermò sicura, librandosi vicino alla tempia del fratello per lasciargli un bacio prima di planare per godersi la propria fama un po’ più in là.
Il fratello sbuffò: non aveva cuore né voglia per inseguirla e correggerla.
Fece per incamminarsi di nuovo quando fu bloccato da un nuovo sussurro che giungeva e sfiorava il suo orecchio.
«Grazie mille per il voto…».
Katauri voltò la testa, notando solo uno specchio vuoto che gli restituiva la sua immagine. Sorrise.
«Prego».
Aveva proprio voglia della sua merenda.




Angolo autrice:
Vorrei dire che sono tornata, ma non è assolutamente vero...
M.J.

 

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Capitolo 10
*** Caramelle ***


Note autrice: io sono M.J. e sono qui per completare quello che ho iniziato.


Caramelle


A volte essere un fratello è ancora meglio che essere un supereroe.  (Marc Brown)
 

Era stato proprio uno spettacolo guardare Perospero che con un solo movimento del braccio aveva creato una scala mobile fatta interamente in caramello. Tutte le alte autorità del mondo criminale avevano osservato estasiati quell’opera strutturale ed estetica nata dal nulla. Tutti, da Umit a Morgans a Stussi, avevano posato il piede su quegli scalini vetrosi per farsi trasportare fino all’ultimo piano dello Château dove si sarebbero tenute le nozze.
Ogni cosa si sarebbe svolta per il meglio. Tutto il piano era pronto per essere messo in azione. Anche in quel frangente, i fratelli Charlotte si sarebbero fatti riconoscere per lo spietato gruppo di pirati assassini che era.
Senza scrupoli.
Dal sangue freddo.
«No, via di lì!» vietò Perospero, guardando severo i fratellini più piccoli che si erano avvicinati per osservare meglio le scale mobili fatte di zucchero. «Vi potete fare male…» spiegò il maggiore, ponendosi tra i bambini e la propria creazione, facendoli indietreggiare con le braccia.
Poi, dal nulla, creò decine di zuccherosi lecca-lecca, distribuendoli in giro tra le urla festanti dei più piccoli.
«Portate pazienza: fra tre minuti potrete leccare anche le scale mobili…» rassicurò, chinandosi a distribuire le caramelle. Premuroso, come il fratello maggiore che era.
Si poteva dire che fosse arrivato al punto di farseli piacere per forza, ma sarebbe stata una falsità: lui aveva sempre adorato i bambini.
Alzò la testa dal gruppetto che lo aveva accerchiato e notò Smoothie, piegata sulle gambe lunghissime per arrivare all’altezza di Compote. Entrambe lo fissavano. Le due ridacchiarono, senza smettere di guardarlo.
Perospero sollevo il sopracciglio. «Allora?».
Smoothie si risollevò e, senza smettere di ridacchiare, si diresse verso le scale mobili. «Nulla, nulla» rassicurò sorridendo sorniona, salendo sul primo gradino. «Scusatemi, ho dei frullati da fare». Si lasciò trasportare dal movimento degli scalini, lasciando i due.
Perospero guardò Compote in cerca di spiegazioni, ma questa si limitò a scuotere la testa sorridendo e invitò il fratello a imboccare le scale.
Fratelli Charlotte.
Dal sangue freddo.
Senza scropoli.
Spietati.
Con gli altri.

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