The last of real ones

di Blue Flash
(/viewuser.php?uid=1047990)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First meeting ***
Capitolo 2: *** Red and black ***
Capitolo 3: *** Jail of heaven ***
Capitolo 4: *** Dark stories ***
Capitolo 5: *** Bad news ***
Capitolo 6: *** Beginning ***
Capitolo 7: *** Poetry ***
Capitolo 8: *** Security ***
Capitolo 9: *** Poison ***
Capitolo 10: *** Strangers like me ***
Capitolo 11: *** Flowes and sweets ***
Capitolo 12: *** Fog's strategy ***
Capitolo 13: *** First step ***
Capitolo 14: *** Tobi ***
Capitolo 15: *** Perfect illusion ***
Capitolo 16: *** Confession ***
Capitolo 17: *** Orange Boy ***
Capitolo 18: *** Family issues ***
Capitolo 19: *** Not a monster ***
Capitolo 20: *** Problems ***
Capitolo 21: *** Kazekage ***
Capitolo 22: *** Deep loss ***
Capitolo 23: *** Please ***
Capitolo 24: *** Art is death ***
Capitolo 25: *** Women ***
Capitolo 26: *** I'll miss you ***
Capitolo 27: *** Friends ***
Capitolo 28: *** Last breath ***
Capitolo 29: *** Into the wood ***
Capitolo 30: *** Heremit ***
Capitolo 31: *** Fall in love - the crow and the wolf ***
Capitolo 32: *** Truth ***
Capitolo 33: *** Little brother ***



Capitolo 1
*** First meeting ***


First Meeting.


Lentamente la mano s’adagiò sul crine del lupo, i cui grandi occhi smeraldini si chiusero, godendosi le carezze e la giocosità di quel momento. Sen sapeva bene come comportarsi quando lui e la sua padrona dovevano andare da qualche parte, aveva imparato a controllarsi ed a capire ogni singolo gesto della ragazza perché erano cresciuti insieme. Reyko, dal canto suo, sapeva benissimo come gestire Sen quando si trovavano in prossimità di altra gente, anche se in quel caso la locanda sembrava essere praticamente deserta. Era una fortuna per lei che non vi fosse gente in giro e questo per svariati motivi: primo fra tutti non voleva attirare su di sé o su Sen occhi indiscreti; secondo non voleva ritrovarsi in situazioni spiacevoli; terzo non voleva ritrovarsi con le mani sporche di sangue innocente.
Purtroppo poteva capitare che qualcuno la riconoscesse, o meglio riconoscesse il simbolo ormai cancellato del proprio paese d’origine, cosa che caratterizzava un nunkenin. Ed in quelle rare occasioni era stata costretta a combattere contro la propria stessa volontà. Non avrebbe mai mostrato alcun segno di cedimento, questa era una caratteristica di Reyko, che si mostrava sempre stoicamente indifferente dinnanzi a chi le stava parlando. Aveva quell’espressione annoiata da svariati anni a questa parte, ma un tempo lei non era così. Sapeva sorridere, aveva un sorriso smagliate ed il suo animo spensierato era quanto più gli altri le invidiassero. Ma poi c’erano stati fin troppi eventi che l’avevano costretta a cambiare atteggiamento nei confronti del mondo. Era come se si fosse ritrovata da sola e con le spalle al muro e combattere con aggressività era rimasta l’unica opzione possibile.
I capelli castano chiaro che le ricadevano pari all’altezza delle spalle vennero smossi da una lieve folata di vento, che accarezzò la sua pelle, inducendola a sospirare profondamente. Era certa di essersi allontanata abbastanza, nell’arco degli ultimi tre giorni, dal paese della Foglia. Purtroppo degli uomini, dei ninja, sono stati così arditi da osare riconoscerla, riconoscere il proprio simbolo da nunkenin, e per questo motivo Reyko fu costretta a scappare, ma non prima di aver combattuto. Per lei fu quasi un gioco da ragazzi metterli al tappeto accompagnata da Sen, ma questo aveva fatto saltare la propria tranquillità nel paese del Fuoco. Aveva imparato a camminare per quelle strade quasi come se fosse una persona normale, come se nulla fosse accaduto in passato. Questo l’aveva sollevata parecchio, però anche quei piccoli sprazzi di felicità erano destinati a svanire. Si era condannata da sola ad una vita di solitudine e rabbia. Una profonda rabbia che veniva costantemente alimentata, nei confronti di chi aveva osato portarle via tutto cercando addirittura di raggirarla.
Il grande lupo grigio scodinzolò contento, forse perché aveva anche percepito l’odore di cibo proveniente dall’interno, che sicuramente Reyko gli avrebbe portato perché preferiva che a mangiare fosse lui. Sen era l’unico rimastole di una famiglia ormai in rovina. L’ultimo su cui avrebbe sempre potuto fare affidamento. Poteva anche esser un cane lupo dal fulvo pelo grigio chiazzato di bianco, ma Sen era abile a combattere tanto quanto lei. Si erano allenati insieme, avevano sofferto insieme, ed adesso erano insieme nonostante tutto.
«Non preoccuparti, adesso ti porterò qualcosa.»
Quelle parole uscirono con dolcezza dalle labbra screpolate di Reyko, che dovette inumidirle con la lingua per non sentir dolore. La ragazza fece leva sulle proprie gambe e si rialzò mettendosi in piedi nella sua normale postura. Non era altissima ma neanche poteva esser definita come “bassa”, rientrava nella media, e forse possedeva qualche centimetro in più rispetto ad altre ragazze del suo vecchio villaggio. Gli occhi castani scrutarono con attenzione quel luogo, come a volersi assicurare che non vi fosse nessuno intorno a lei, e solo quando fu soddisfatta rivolse lo sguardo verso Sen, che ormai pareva essersi accucciato ai propri piedi.
Un sorriso quasi accennato fece capolino sulle sue labbra, incapace di resistere quando vedeva il proprio amico comportarsi in quella maniera. Sen era una delle sue poche eccezioni, e lei lo sapeva bene.
Inspirò profondamente, lasciando che l’aria calda di quel posto s’insinuasse fin dentro i propri polmoni, permettendole allora di riprender forze. Lei traeva costantemente energia dalla natura, era una di quelle cose che aveva imparato a fare fin da piccola, una di quelle cose che le veniva totalmente naturale, proprio come al resto della propria famiglia. Il paese del Te non era un posto così brutto come qualcuno, durante uno dei propri viaggi, lo aveva descritto, anzi, rientrava esattamente in quello che Reyko avrebbe definito: un paradiso. Il paesaggio circostante era pieno di verde e di fiori, aveva addirittura raccolto qualche fiore e posizionato fra le orecchie di Sen prima di continuare a camminare. Le persone non facevano molto caso a chi si trovavano davanti ed a lei andava bene così. I curiosi non facevano per lei e più stava lontana da occhi indiscreti più sarebbe stata tranquilla.
Tranquillità. Ecco cosa voleva.
Ecco cosa un’eremita cercava.

Mosse, allora, qualche passo in direzione della porta, non prima di aver lanciato uno sguardo di sbieco al proprio compagno, ed allora poggiò la mano sulla lignea superficie della porte. Una rapida occhiata al suo interno le fece capire che non vi era praticamente nessuno, per fortuna, eccezione fatta per una docile vecchietta dai capelli bianchi che stava diligentemente mescolando il contenuto di una grande pentola sul fuoco.
Reyko sfarfallò le lunghe ciglia, cacciando un leggero colpo di tosse in modo da richiamare l’attenzione della vecchietta che si voltò verso di lei rivolgendole un cordiale sorriso. Probabilmente non doveva vedere molta gente da quelle parti, in fondo quella locanda era su una delle strade secondarie per riuscire a raggiungere uno dei villaggi in quel paese. Lei aveva scelto quella strada proprio per esser sicura di non dover avere problemi ed a quanto pareva la sua si era rivelata una scelta assai saggia. Essere tanto saggi alla sola età di sedici anni aveva comportato un enorme sforzo da parte sua, forse dovuto anche agli intensi addestramenti avvenuti fra le montagne.
«Piccola mia, benvenuta nella mia Locanda. Scommetto che hai sbagliato strada, vero? Di solito chi passa da queste parti è perché ha perso la via principale, ma non preoccuparti, anche proseguendo da qui riuscirai ad arrivare al grande villaggio.» il tono della voce gentile colpì particolarmente Reyko, che in tutta risposta schiuse le labbra cercando di dire qualcosa di sensato e non minaccioso.
«A—… avete ragione. Io ed il mio cane ci siamo persi e—…»
«Possiedi un cane? E perché non lo hai fatto entrare? Gli animali sono i benvenuti in questa locanda.» asserì la donna con insistenza prima di lasciare il mestolo sulla pentola e dirigersi a piccoli passi verso la porta.
Era decisamente più bassa di Reyko, tanto che quando le passò al fianco la ragazza dovette abbassare lo sguardo, accennando un sorriso imbarazzato.
«Non ne avevo idea.» tagliò corto ella limitandosi ad incrociare le braccia al petto, mentre studiava con attenzione i movimenti della donna.
La cappa scura che portava sulle spalle nascondeva perfettamente il vestiario della giovane, le uniche cose facilmente visibili erano le fasciature alle mani ed alle gambe, perché ne aveva decisamente bisogno. Sembrava così una semplice viandante in nero, mentre sulle spalle si potava dietro un piccolo tesoro, qualcosa che solamente la propria famiglia possedeva. Si trattava di una delle poche cose che aveva avuto il tempo di portarsi dietro, ovvero il contratto di evocazione con i Lupi, una razza di animali assai difficile da tener a bada.
Quando la vecchietta aprì la porta Sen sollevò il viso ed ad un cenno di Reyko entrò scodinzolando e mostrando tutta la propria felicità per un pasto caldo. Sen era più grande di un normale cane, tanto che spesso Reyko era in grado di salire sul suo dorso e lasciarsi portare. Ma era una cosa che faceva raramente e solo quando lei era priva di forze.
«E’ un cane gigante, piccola mia, come si chiama?» chiese sorridendo la nonnina mentre tornava su propri passi all’interno della locanda.
Reyko, nel mentre, s’era andata ad accomodare ad uno dei tanti tavoli liberi, senza fare alcuna particolare scelta, e così si voltò verso di essa.
«Sen. Il suo nome è Sen
«Sen! Ma che nome meraviglioso e che cane meraviglioso. Preparerò qualcosa anche per lui, stanne certa, tu invece hai qualche preferenza?»
«No, signora. Nessuna preferenza vorrei solo—…»
«Allora è deciso, ti farò assaggiare la mia zuppa conosciuta in tutto il paese del Te.»
Ed allora Reyko, nonostante lo sguardo altamente scettico volto verso la grande pentola messa sul fuoco, non riuscì proprio a dirle di no, un po’ perché lei stessa aveva fame visto che non mangiava da giorni, ed un po’ perché non le andava di stroncare l’entusiasmo mostrato da quella vecchietta. Dovevano essere entrambe sole da parecchio tempo e forse un po’ di compagni ad entrambe avrebbe di certo giovato.


Svariati giorni prima
Le lunghe e sottili dita della ragazza tamburellarono quasi con insistenza sul bracciolo della poltrona in cui si era accomodata. Era un ticchettio regolare, dovuto principalmente all’ansia di quell’incontro. Sarebbe stata in ansia come non mai se al suo fianco non fosse seduta la statuaria figura di Pain. I capelli arancioni, i piercing, la voce di Nagato. Lui era ormai il proprio compagno in quella lunga avventura, ma a preoccuparla era Chi avrebbero dovuto incontrare quel giorno.
La nascita dell’Akatsuki era il sogno di Yahiko che lei e Nagato stavano portando egregiamente avanti, aiutati però dal più impensabile dei personaggi mai esistiti. Il solo sentire quel nome provocava  in Konan un brivido lungo la schiena e lei difficilmente si scomponeva.
Aveva accettato di presenziare a quegli incontri solamente in compagnia di Pain, un po’ perché voleva conferma in caso di qualsiasi decisione ed un po’ perché non voleva rimanere da sola in compagnia di Madara Uchiha. Lui e quella fastidiosa maschera che gli copriva il viso era quanto di più pericoloso si potesse celare agli occhi degli uomini. Ricordava bene le storie che da piccola le erano state raccontate anche dallo stesso Jiraya, ma saperlo vivo dopo tutti quegli anni era qualcosa di davvero inquietante.
Le iridi ambrate si rivolsero sulla figura di Pain, che ricambiò il suo sguardo, fissandola con i suoi grandi occhi viola. Il potere del Rinnegan era anche quello.
Avvenne tutto nel giro di qualche istante perché laddove non vi era ancora nessuno seduto sulla terza poltrona all’improvviso, usando quel suo strano potere, apparve la figura di Madara, vestito in nero ma con quella maschera arancione che tanto spiccava.
«Konan, Pain. Allora, aggiornatemi, ci sono stati miglioramenti riguardo il trovare nuovi candidati per l’Akatsuki?»
Il tono deciso di Madara non scompose neanche per un istante lo sguardo gelido di Konan, puntato adesso su di lui. Lei parlava solo se strettamente necessario mentre a tenere le redini del gioco era Pain.
«Nessuno, purtroppo. Non c’è stato nessuno capace di catturare la nostra attenzione al punto da volerlo nell’organizzazione.» commentò con pragmatismo Pain, prima di incrociare le braccia all’altezza del petto, poggiando così lo sguardo indagatore sulla figura di Madara.
«Come sospettavo però forse ho trovato quello che cercavamo, l’ultimo membro dell’organizzazione Akatsuki.»
A quelle parole sia Konan che Pain si lanciarono un rapido sguardo d’assenso. In fondo gli altri membri che Madara aveva personalmente scelto si erano sempre rivelati particolarmente utili, e non vedevano perché dubitare anche di questa sua nuova scelta.
«Di chi si tratta?» chiese con aria apatica Konan accavallando le gambe, e piegando leggermente di lato il viso, senza che la sua rosa bianca di origami cadesse.
«Si tratta di un nunkenin della Nuvola. Lo è diventato da relativamente poco ma è un soggetto parecchio interessante perché si dice sia uno dei pochi Eremiti ancora in vita.»
Eremiti. Aveva tanto sentito parlare delle arti eremitiche, una rarità nel mondo degli shinobi, quindi questo spiegava il perché di tanto interesse da parte di Madara. L’unico che aveva avuto modo d’incontrare era stato il maestro Jiraiya, ma era stato tanto, troppo, tempo addietro.
«D’accordo. Dove possiamo trovarlo?» questa volta a parlare era stato Pain, che doveva aver avuto lo stesso pensiero di Konan, perché non aveva esitato neanche per un istante.
«Paese del Te, secondo le mie fonti. E si tratta di una ragazza che si porta sempre dietro un lupo. Non sottovalutatela è pur sempre un’Eremita.»
«Non lo faremo, manderemo Kisame, Itachi e Deidara a prenderla.»
Quello era decisamente un ottimo schieramento e Konan sapeva anche perché Pain aveva scelto Deidara come terzo elemento per quella missione di recupero: voleva che facesse sempre più esperienza essendo lui il membro più giovane dell’organizzazione.
«Ottimo. Ci aggiorneremo a quando l’Akatsuki sarà di nuovo al completo. Purtroppo l’espediente di Orochimaru ci ha fatto perdere parecchio tempo.»
Così Madara Uchiha s’alzò in piedi ed un vortice lo avvolse, facendolo sparire nel nulla.
Non era la prima volta che lo vedevano scomparire in quel modo e di certo non sarebbe stata l’ultima, purtroppo per loro.

 


Reyko ancora stentava a credere a tutta la carne che la vecchia signora era stata in grado di dare a Sen, e di come il lupo avesse apprezzato tutto ciò che le era stato messo davanti nella ciotola. Lei, a differenza sua, aveva si e no mangiato tre cucchiai di minestra, incapace di andar oltre per il gusto eccessivamente di bruciato che aveva assunto la pietanza. Era ottima per scaldarsi d’inverno, ma quel giorno non sarebbe riuscita a mandar giù un altro cucchiaio.
Aveva addirittura parlato, se quella si poteva definire una conversazione, con la vecchia nonnina che si era avvicinata a lei e le aveva iniziato a raccontare della storia di quella locanda, di come l’avesse ereditata dai suoi genitori e di come di generazione in generazione si doveva tramandare. Le aveva detto del figlio che si era allontanato per trasferirsi nella grande città e di come adesso fosse lei l’unica a gestirla. Le fece quasi pena, quindi si limitò a rispondere con semplici ed irreprensibili “sì, capisco, mi dispiace”, che sembravano quasi far parte di un copione ben prestabilito.
Solo una volta che Sen mangiò anche l’ultimo pezzo di carne, leccandosi con soddisfazione il muso,  la ragazza andò per prendere un sacchetto con le monete che possedeva, pronta a pagare, ma la nonnina le bloccò la mano.
«Non mi devi niente, la tua compagnia oggi è stata più che sufficiente. E’ così raro vedere altra gente lungo questa strada.»
«Ma—…- fece per protestare lei, incapace di deludere quello sguardo ammirato che la vecchia donna le stava rivolgendo. «Grazie.»
«Figurati, piccola mia e torna a trovarmi quando vorrai. Tu e Sen siete stati una boccata d’aria per una vecchietta come me.»
Stranamente le labbra di Reyko s’andarono ad inarcare in  un sorriso appena accennato, e forse anche imbarazzato, prima di abbassare il capo in un semplice gesto di gratitudine. Era raro, in quel mondo, riuscir a vedere ancora persone capaci di sorprendere in quel modo.
Era così difficile.
Raccolse, allora, tutte le proprie cose ed una volta fuori dalla porta fece un cenno a Sen di seguirla, cosa che il lupo non esitò a fare. Ci sarebbe voluto ancora un po’ prima di raggiungere il villaggio centrale, non che lei avesse fretta.
Lentamente iniziò a camminare lungo la strada da cui era arrivata quando la porta della locanda si spalancò rapidamente, producendo un forte tonfo. Istintivamente sia Reyko che Sen si voltarono per controllare cosa fosse successo e con loro immensa sorpresa videro la vecchia donna agitare qualcosa fra le mani.
«Reyko, piccola mia, ti sei dimenticata questa cosa!» esclamò ella continuando ad agitare quella fascia blu.
Fu allora che gli occhi della ragazza si spalancarono, sorpresi come non mai da ciò che la vecchietta stava reggendo fra le mani, ed allora Sen emise un flebile verso preoccupato. Non perse tempo a correre verso di lei, in modo tale da poterle strappare la propria fascia da shinobi prima ancora che mettesse a fuoco il segno tagliato sullo stemma della Nuvola.
Era quella maledetta fascia che si ostinava a portare con sé, oltre quella degli eremiti, ma non aveva di certo riflettuto che potesse esserle caduta durante il pranzo. Sperò con tutta sé stessa che la vecchietta non avesse notato niente di strano ed allora una volta dinanzi a lei tese la mano fasciata, pronta a strappargliela.
«Grazie.» sussurrò essa cercando di rimanere impassibile.
«Non preoccuparti, è stata una vera fortuna che me ne sia accorta subito, a proposito non pensavo che tu fossi un ninja, perché questa è decisamente il coprifronte di un ninja.» e piuttosto che ridarglielo cercò di mettere a fuoco il simbolo inciso su di esso.
Ma Reyko fu più veloce ed allora lo afferrò, forse anche con un po’ di forza bruta, prima di strapparglielo dalle mani. Non voleva che un’innocente ci andasse di mezzo, men che mai quella vecchietta che aveva fin troppi problemi per la mente. L’idea di aver avuto un nunkenin nella propria locanda era quanto Reyko volesse evitare, anche perché poi avrebbe dovuto… No.
Era solamente una vecchia, non poteva davvero aver pensato a questo.
O forse sì.
Adesso perfino degli innocenti diventavano nemici da abbattere, era questa la vita dei ricercati.
«Non è importante.» tagliò corto lei mettendo in tasca la propria fascia, meditando successivamente su dove conservarla.
«Invece sì, da che villaggio vieni? Non è la prima volta che vedo dei ninja passare da queste parti.»
«Nuvola—… ma adesso devo andare. Grazie di tutto.»
Non le diede neanche il tempo di aggiungere altro che Reyko era già filata via, correndo insieme a Sen. Non potevano rischiare di esser trovati anche in quel posto, dovevano resistere e soprattutto dovevano continuare ad allontanarsi da quelle strade principali.
Anche li qualcuno avrebbe potuto riconoscerla, perfino senza la fascia, e lei non voleva esattamente questo. Quasi all’unisono lei ed il lupo svoltarono verso la foresta ai lati della strada, in modo tale da poter avere una maggiore sicurezza durante quel viaggio. Il cuore della ragazza aveva preso a battere più veloce del previsto, terrorizzata all’idea di ciò che avrebbe potuto far alla vecchia se solo avesse messo a fuoco il segno di nunkenin. Era stata una vera fortuna non esser riconosciuti in quel frangente di eventi.
Purtroppo anche solo fermarsi in una locanda sperduta era rischioso e lei non poteva più permettersi rischi. Né per lei né, tanto meno, per Sen.
Non ricordò con certezza per quanto tempo si allontarono, proseguendo lungo la foresta, quando ad un certo punto Sen ululò in maniera anche piuttosto preoccupata.
Ormai Reyko sapeva cogliere perfettamente ciò che il proprio lupo le suggeriva e quello era il chiaro verso che non erano da soli. L’idea che la vecchietta potesse essere affiliata con qualche altro ninja era decisamente da escludere, e poteva anche eliminare l’idea che altri viandanti passassero da quelle parti. Si erano spinti nel cuore del bosco e questo voleva dire che chiunque passasse li non desiderava esser visto.
Si fermò di scatto, poggiando una mano sul tronco di un albero, cercando di metter in pratica il proprio senso migliorato: l’udito. Non era una kunoichi sensoriale, ma l’udito era fondamentale per i lupi e stranamente quasi tutti i membri del suo clan possedevano anche quella peculiarità.
C’erano decisamente dei passi di persone, più persone, che si muovevano parecchio rapidamente. Non aveva idea di che cosa stesse per succedere ma come sempre iniziò ad accumulare dentro di sé l’energia naturale pronta ad entrare in azione se solo ve ne fosse stato bisogno.
Sen digrignò i denti, indicando una precisa direzione da cui a momenti sarebbero dovuti saltar fuori quelle persone, ed allora Reyko poggiò lentamente la mano sull’elsa della propria spada che teneva stretta al fianco. Non aveva mostrato l’armamentario che si portava dietro alla vecchia perché l’avrebbe cacciata, ma in quel caso mettere in mostra la mercanzia era l’unica cosa che poteva fare per tenere alla larga possibili ladri.
Ci furono un paio di secondi di silenzio, e l’unico suono udibile fu il respiro pesante di Sen, che aveva appena digrignato i denti, ma poi, quasi all’improvviso, dinnanzi a sé apparvero tre figure vestite in maniera identica.
Portavano tutti una cappa nera con disegnate sopra delle nuvole rosse, ma quei tre erano decisamente diversi e strani. Il primo a catturare l’attenzione di Reyko fu il più alto di quello strano gruppo, che possedeva un viso tagliente vagamente simile ad uno squalo e sembrava portarsi dietro qualcosa di pesante e grosso. Il secondo, invece, aveva lunghi capelli biondi, da far invidia ad una ragazzina adolescenziale, occhi azzurri contornati di nero ed un sorrisetto beffardo dipinto sul viso. Lo avrebbe volentieri preso a calci se solo ve ne fosse stata l’occasione. E del terzo, invece, la prima cosa che catturò la sua attenzione furono gli occhi rossi. Aveva sentito parlare tanto di quegli occhi e stentava a credere che adesso, in quel preciso istante, dinnanzi a lei vi fosse proprio un portatore dello sharingan. Eppure eccolo li, con quell’aria impassibile ed il viso in parte coperto da quella cappa.
«Una ragazza con un lupo. Deve essere lei. »sentenziò con decisione il biondo mentre aveva appena iniziato ad armeggiare con qualcosa che teneva vicino agli occhi. «Bell’esemplare ma non sembra molto amichevole.»
«E non lo sembra neanche lei.» continuò il tizio con la faccia da squalo, rivelando dei canini affilati proprio come quelli di tali esseri.
Era inquietante.
Però ciò che colpì maggiormente l’attenzione di Reyko furono i loro coprifronte segnati, proprio come il suo, segno che anche essi dovevano essere decisamente dei nunkenin.
«Sei Reyko, l’Eremita dei Lupi
A porle quella domanda, con assoluta tranquillità, era stato il portatore dello sharingan, che in qualche maniera non l’aveva persa di vista neanche per un attimo.
In una scala di pericolosità Reyko decise che lui meritava il primo posto, faccia da squalo il secondo ed il biondino il terzo. Ma non era detto che le cose variassero nel corso della discussione.
La conoscevano, sapevano benissimo chi era, e questo ovviamente fece sorgere parecchi dubbi bella mente dell’eremita: che cosa volevano da lei?
«E voi invece chi siete?»
Rispondere ad una domanda con un’altra domanda era la cosa più intelligente da fare in quei casi, infatti tutti e tre i suoi interlocutori si scambiarono un rapido sguardo d’assenso.
«Hai mai sentito parlare dell’Akatsuki
Arricciò le labbra in una sorta di smorfia non molto convinta. No, decisamente non aveva sentito parlare di quell’organizzazione e neanche le importava più di tanto.
«No. Voi siete dell’Akatsuki?»
«Direi proprio di sì, ragazzina, quindi adesso seguici senza fare storie ed unisciti a noi.» la rimbeccò il biondo assumendo un’aria di assoluta superiorità.
«Seguirvi? E dove di preciso? Io non ho idea di chi voi siate, so solamente che mi state intralciando e non voglio avere a che fare con quest’organizzazione.»
«Sappiamo quello che hai fatto nel tuo villaggio prima di ottenere il titolo di nunkenin e scappare. Per questo motivo siamo sicuri che la tua presenza, nell’Akatsuki è più che necessaria.» questa volta era stato lo Sharingan a parlare e questo la costrinse a spostare lo sguardo su di lui.
Era già sotto effetto di un’illusione? Reyko sperò vivamente di no.
«Necessaria—… dite piuttosto che le mie arti eremitiche sono necessarie ad un’associazione di criminali. Ho visto i vostri coprifronte e noto con stupore che anche voi siete nella mia stessa situazione. Vi chiederei che cos’avete fatto di così terribile per meritarvi questo titolo, ma non ne ho voglia.» non riuscì a trattenere un tono prettamente provocatorio, cosa che le risultò abbastanza naturale, il tutto accompagnato da un sommesso ringhio da parte si Sen.
Portò le dita fasciate a carezzare il pelo, come intimandogli di star attento, in un gesto prettamente protettivo.
«Facciamo così, visto che non vuoi starci a sentire, combattiamo e se uno di noi dovesse vincere tu ti unirai alla nostra associazione, ci stai?»  le domandò con curiosità colui che aveva la faccia da squalo.
A quelle parole un lampo intenso attraversò gli occhi della ragazza, che non si sarebbe di certo tirata indietro da uno scontro ed infatti, senza pensarci oltre, tirò fuori la propria spada e la puntò in direzione di colui che aveva appena parlato.
«D’accordo. Ma se dovessi perdere mi lascerete in pace. Voglio che sia tu il primo a sfidarmi, sembri essere uno spadaccino, o sbaglio?» chiese quasi con un discreto interesse alludendo a quella che doveva essere la spada posta alle sue spalle.
«Onorato di essere la tua scelta, Eremita, ed hai ragione sono uno degli ex spadaccini della Nebbia. Mi chiamo Kisame Hoshigaki.»
Quel nome era abbastanza famoso e conosciuto, un degno membro degli Spadaccini, una delle organizzazioni più pericolose mai esistite alla Nebbia. Quindi non doveva minimamente sottovalutarlo.
«Un ex membro degli spadaccini della Nebbia, un Uchiha, perché quegli occhi possono appartenere solamente ad un di loro ed un—…» si fermò indicando con scetticismo il biondo.
«Dinamitardo. Io sono il famoso Deidara!» urlò lui agitando i pugni in aria.
«D’accordo. Se mi batterete mi unirò a voi ed all’Akatsuki. In caso contrario sarò libera di andarmene per la mia strada.»
«Allora abbiamo un accordo.» sentenziò l’Uchiha socchiudendo appena gli occhi rossi.
Reyko annuì lentamente lanciando uno sguardo a Sen, ed allora inspirò profondamente prima di puntare gli occhi in direzione di colui che era stato l’ultimo a parlare.
«Bene ma prima d’iniziare ti chiederei di liberarmi dall’illusione in cui sono. Non è con te che devo combattere.»
Quest’affermazione sembrò colpire particolarmente il giovane Uchiha che sgranò gli occhi, sorpreso. Sentì Kisame ridere, cosa ancora più inquietante.
«Avevano ragione, è più sveglia di quel che sembri. Itachi, non preoccuparti l’affronterò io.»
Itachi Uchiha. Ecco chi era. Ne aveva sentito parlare ma non era sicura si trattasse davvero di lui. Quindi quel ragazzo dai capelli scuri e lunghi era colui che aveva sterminato l’intero clan degli Uchiha e poi aveva abbandonato il proprio villaggio.
«Bene…»
«Grazie…»
Mormorarono all’unisono Itachi e Reyko, senza perdersi di vista per un secondo. Era da sempre un’attenta osservatrice, questo le avevano insegnato i lupi durante gli anni di addestramento, e le era bastato poco per capire che una volta fissati quegli occhi rossi era praticamente certo cadere in un’illusione, ancor prima che qualcuno dicesse una sola parola.
Allora volse lo sguardo verso il proprio avversario, Kisame, e sollevò la spada pronta a scontrarsi.
Quello scontro avrebbe segnato immancabilmente il proprio futuro e Reyko ancora non ne era a conoscenza.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Red and black ***


Red and black 

I capelli ancora parzialmente umidi erano attaccati al collo, ma di tanto in tanto la ragazza, con le dita, cercò di ravvivarli  in un gesto che compiva automaticamente. Si sarebbero asciugati nel giro di poco tempo, ma quella era l’ultima delle sue preoccupazioni. Ciò che al momento preoccupava l’animo della kunoichi era la compagnia con la quale si trovava. 
Le avevano detto che il rifugio, uno dei tanti che l’Akatsuki possedeva, si trovava non molto lontano da dov’erano in quell’istante, al confine fra il Paese della Cascata e quello del Fuoco. Probabilmente non ci avrebbero impegnato molto a raggiungerlo, anche perché si erano mossi piuttosto rapidamente una volta finito lo scontro e da allora non si erano più fermati. I grandi occhi nocciola di Reyko si poggiarono sulla figura di Sen che correva al suo fianco. Il suo pelo grigio si era asciugato decisamente prima dei propri capelli, e questo la sollevò parecchio perché non voleva che il lupo si ammalasse. Per Reyko il suo compagno di avventure era tutto ciò che le rimaneva di un antico lignaggio, ma soprattutto era il migliore amico che avesse mai potuto desiderare. I ricordi chiari del loro primo incontro erano scolpiti nella mente, di come lei fosse una bambina e lui un cucciolo ed entrambi si fissavano minacciosamente. L’aveva addirittura morsa, ma questo non aveva impedito a Reyko di proteggerlo anche nonostante la loro iniziale rivalità. Suo padre le aveva detto che se un lupo ed un uomo riuscivano a creare un legame questo diveniva indissolubile. Il lupo avrebbe sempre protetto il proprio padrone e lui avrebbe fatto altrettanto. 
Ecco perché si era unita all’Akatsuki. 

Svariate ore prima
«Sei veloce, questo devo proprio concedertelo, Eremita, ma niente può fermare Samehada.» 
Kisame sembrava deciso a non concederle alcuna tregua durante il combattimento e questo era abbastanza prevedibile. Una cosa che però Reyko non mise totalmente in conto era la forza di quella katana. Ne aveva sentito parlare ma non aveva idea che Pelle di Squalo potesse essere tanto difficile da contrastare. Il tutto perché quella spada assorbiva il chakra del proprio avversario. 
I primi colpi furono i peggiori, ma una volta capito il trucco era diventato più semplice sfuggire alla spada, cercando di andare con attacchi a distanza, la sua specialità. 
In alcuni istanti ci fu un notevole contrasto fra l’acqua di Kisame ed il vento di Reyko, cosa che li lasciò entrambi senza fiato poiché in maniera quasi involontaria avevano creato un tifone che aveva distrutto il loro campo da combattimento. 
Solo quando Reyko abbassò lentamente il braccio, che aveva sollevato per ripararsi dalla polvere, vide ciò che l’aveva spinta ad esitare. 
Kisame era riuscito ad avvicinarsi incredibilmente a Sen, rinchiudendolo in una Prigione Acquatica, una tecnica tanto interessante quanto fastidiosa da contrastare. Il solo vedere Sen in quelle condizioni, incapace a nuotare e respirare, le fece fermare il cuore, tanto da spingerla sull'orlo della confusione mentale.
Fu proprio quell’esitazione che segnò il colpo di grazia per Reyko. Infatti il vero Kisame, perché quello doveva esse un semplice clone, apparve alle sue spalle ed intrappolò anche lei in quella prigione d’acqua. Le mancò il fiato, ma soprattutto le mancarono le forze per via del combattimento contro Samehada. Non aveva neanche avuto il tempo di passare alla modalità eremitica, cosa che avrebbe volentieri fatto se solo le avessero concesso il giusto momento, ed allora rischiò di annegare la dentro. 
Passarono troppi secondi circondata dall’acqua e quando finalmente lo spadaccino dissolse la tecnica Reyko cadde a terra, quasi senza forze, ma soprattutto incapace di continuare a combattere. 
«Hai perso.» sentenziò, allora, l’ex membro dei Sette, puntandole nuovamente la Samehada contro. 
Una smorfia di dolore e di rabbia si fece largo sul viso di Reyko, che avrebbe tanto voluto continuare a combattere, ma il suo corpo la pensava diversamente. 
«Hai barato. Il tuo bersaglio era fin dall’inizio Sen, perché sapevi che in questo modo avrei esitato vedendolo prigioniero della tua tecnica.
» ammise la ragazza con i vestiti bagnati che si ritrovò circondata anche dagli altri due ragazzi dell’Akatsuki. 
«Nessuno ha mai detto di giocare lealmente però mi dispiace non aver visto la tecnica eremitica.» l’apostrofò Kisame quasi con dispiacere prima di tenderle una mano per aiutarla a rialzarsi. 
Reyko, titubante per parecchi istanti, solo dopo un latrato preoccupato di Sen, si convinse di non aver scelta. Aveva perso ed adesso lei sarebbe entrata in quell’organizzazione di cui non sapeva niente. 
Gli strinse la mano e Kisame, dopo averle rivolto uno dei suoi sorrisi da squalo la tirò su senza neanche usare troppa forza.
«Dunque benvenuta ufficialmente nell’Akatsuki, Reyko.» urlò il biondissimo Deidara, prima di avvicinarsi a lei e darle una sonora pacca sulla spalla.
In tutta risposta la ragazza lo fulminò con lo sguardo, con espressione di chi voleva dire “Non farlo mai più”, ma Deidara non sembrò cogliere quel concetto. Sembrava solamente contento della vittoria di quel loro compagno. L’unico che rimase in disparte fu Itachi Uchiha, che si limitò a lanciarle un lungo sguardo con i suoi inquietanti occhi rossi. 
«Adesso dovrai venire con noi a conoscere il nostro leader, d’accordo?»
In realtà anche se non fosse stata d’accordo Reyko non avrebbe potuto farci niente, perché aveva dato la propria parola, sottovalutando decisamente il proprio avversario, scelta che non avrebbe fatto in futuro. 


Kisame era in cima al gruppo e stranamente rallentò, segno che forse dovevano essere quasi arrivati. Ormai il sole era calato già da un pezzo e loro si erano mossi senza sosta per raggiungere uno dei rifugi di cui avevano parlato. In quegli istanti una serie di interrogativi iniziarono a farsi strada nella nunkenin, che non aveva ben chiaro quale sarebbe stato il proprio ruolo o il suo compito all’interno dell’organizzazione. Ma soprattutto non sapeva ancora che genere di organizzazione fosse l’Akatsuki.  Sicuramente non si trattava di niente di legale, visto e considerato che erano stati assoldati nunkenin provenienti dai vari grandi villaggi, quindi doveva essere qualcosa che aveva a che fare con l’illegalità. La cosa non le fece né caldo né freddo perché in fondo, se proprio doveva essere sincera con sé stessa, lei non aveva più uno scopo nella vita. L’unica cosa che avrebbe tanto voluto fare le era scivolata dalle mani a pochi passi dal suo compimento, e questo l’aveva resa quella che era adesso. 
Forse, nell’Akatsuki, avrebbe in qualche modo trovato il proprio posto nel mondo, lontana dalla solitudine di allora, nonostante il suo animo eremitico le suggerisse, spesso e volentieri, di allontanarsi dalla gente. Da piccola non lo faceva apposta, il suo essere riservata era un aspetto caratteriale che l’aveva da sempre distinta, che era cresciuto durante l’addestramento eremitico e che era divenuto la norma una volta essersi allontanata per sempre dal proprio paese. Magari in quel caso avrebbe incontrato delle persone con i suoi stessi problemi, con la sua stessa dicotomia fra cuore e ragione. Oppure, a giudicare dall’entusiasmo di Deidara, si trattava di esaltati che avrebbero voluto mettere in atto qualche strano piano. 
Era così persa nei propri pensieri che perfino lo Sharingan, Itachi, se ne rese conto, così da richiamare la sua attenzione.
«Va tutto bene?»
Stranamente, quel tono di voce quasi pacato, sembrò sincero, ma Reyko dubitava fortemente che uno solo di loro potesse davvero interessarsi alla sua salute. 
«Sì, stavo solo pensando—… che cosa fa l’Akatsuki? Voi non mi avete spiegato molto, ma come ho già detto deduco si tratti di opere criminali.» sentenziò a sua volta, con tranquillità prima di rabbrividire a causa di una folata più fredda delle altre. 
«Deduci bene, ma sarà il nostro Leader a spiegarti tutto.»
«Vostro Leader? E perché non è venuto lui a chiedermi di unirmi all’organizzazione?»
Questa volta Itachi si voltò verso di lei, lasciando che gli occhi scuri si scontrassero contro quelli cremisi del ragazzo, ma sul suo viso non sembrò esserci traccia di qual si voglia emozione.
«Il nostro Leader si muove molto raramente, ma questo lo scoprirai una volta conosciuto.»
In pratica non le aveva detto un bel niente, anzi, si era limitato a lanciarle uno sguardo particolarmente minaccioso e poi le aveva fatto segno di seguirli nelle profondità di quell’ennesimo bosco. 
L’unica cosa udibile, in quegli istanti, fu il rumore di acqua, segno che si stavano avvicinando a qualche fonte ed infatti, prima che la kunoichi potesse fermarlo, Sen partì a correre verso quello che sembrava una grande fonte ai piedi di una montagna. La prima cosa che colpì particolarmente la ragazza non fu tanto la luna piena alta in cielo quanto la grande cascata che cadeva a picco su quella sorta di lago. Raramente le era capitato di ammirare qualcosa di tanto bello, ma dovette ammettere a sé stessa che quella vista era particolarmente affascinante. Era come se la natura incontrastata regnasse sovrana da quelle parti, cosa che da eremita apprezzava particolarmente. Nessuno ci credeva ma da quando aveva appreso le arti da eremitiche era come se fra lei e la natura vi fosse uno stretto rapporto, qualcosa di inspiegabile. In quegli istanti si sentì subito meglio ed infatti anche i suoi compagni notarono quella reazione. 
«Ti piace, Eremita?» le chiese quasi retorico Kisame, iniziando a camminare sull’acqua.
«Siamo arrivati al rifugio.»
«E’ questo il rifugio?»
Forse il tono di voce risultò vagamente incredulo, perché non aveva di certo idea che quel posto tanto bello fosse perfetto per nascondere dei criminali come loro. 
Eppure, lasciando che lo sguardo attento vagasse intorno a loro, non vide minimamente traccia di un qualsiasi rifugio, o qualcosa che somigliasse ad esso. C’era solamente… la cascata. Le fu tutto chiaro in quell’istante, infatti a passo spedito Deidara, Kisame ed Itachi si diressero verso l’acqua che pioveva dal cielo. E Reyko non esitò nell’andare insieme a loro, in fondo, adesso, le era addirittura sorta una certa curiosità su ciò che l’avrebbe attesa superata quella parete d’acqua. 
Con estrema tranquillità sia lei che Sen camminarono sulla superficie del lago e raggiunsero gli altri prima di attraversare la cascata che non sembrò bagnarla neanche un poco. Era strano, ma fortunatamente non avrebbe avuto i vestiti umidi per la seconda volta in meno di ventiquattro ore. Oltre l’acqua, infatti, vi era un lungo corridoio illuminato da un paio di lanterne poste ambo i lati. Decisamente tetro, ma visto e considerato che quel posto doveva decisamente esser segreto quell’ambiente era compatibile perfettamente con l’idea che si stava facendo dell’Akatsuki.
Sen annusò il posto, perché era così che faceva con i luoghi che non conosceva, e quando Reyko incontrò i suoi occhi percepì una sorta di preoccupazione in essi. S’abbassò sulle ginocchia, carezzando ancora una volta il pelo del lupo ed allora gli parlò come aveva sempre fatto. 
«Non preoccuparti, andrà tutto bene. Adesso siamo con loro e vedremo che cosa ci dirà il Leader. Tu stai al mio fianco e se qualcuno ti da fastidio reagisci liberamente.»
Perché Reyko non avrebbe mai e poi mai osato ostacolare l’istinto animale di Sen, anzi, spesso e volentieri lo lasciava libero di muoversi e di cacciare da solo se ne sentiva il bisogno, questo perché senza alcun problema Sen sarebbe sempre tornato da lei. Era una cosa che andava avanti da sempre e questo non sarebbe mai cambiato. Il lupo le leccò con vivacità la guancia, cosa che la costrinse a storcere il naso in un’espressione divertita, prima di puntellarsi sulle gambe per rialzarsi. 
Entrambi, dopo quella sorta di iniezione di coraggio, ripresero a seguire il trio che camminava dinnanzi a loro, anche se di tanto in tanto aveva notato sia Kisame che Itachi voltarsi a controllare che andasse tutto bene. L’unico che invece marciava spedito era Deidara, come se non vedesse l’ora di arrivare. 
Il cuore mantenne un battito regolare per tutta la durata del percorso lungo il corridoio e finalmente si fermarono dinnanzi ad una porta in legno, con incisi degli strani disegni. Provò a studiarli ed a capire che cosa effettivamente rappresentassero, ma non le diedero il tempo perché quella porta immensa si spalancò, rivelando un ampio salone oscuro. 
L’unica fonte di luce, all’interno di quella grotta, perché quella era decisamente una grotta, proveniva da un’apertura sul tetto, una sorta di lucernario artificiale. L’ambiente, oltre ad essere parecchio oscuro era anche abbastanza spettrale ed infatti quello che per un attimo pietrificò la kunoichi fu l’immensa statua che si trovava alle spalle di un gruppo di persone. 
Anche le altre persone li dentro sembravano possedere quella cappa scura con disegnata la nuvola cremisi, e la strana sensazione che anche lei avrebbe dovuto indossarla si fece strada in Reyko. Non che le dispiacesse il nero, però quello rendeva tutto altamente  inquietante. 
Sia lei che Sen esitarono un attimo sulla soglia prima di oltrepassarla, richiamando su di loro una serie di occhiate scettiche e curiose, che la ragazza ricambiò. Non si sarebbe spaventata di altri criminali, anche se alcuni avevano un’aria decisamente spaventosa, che inquietava, ma decise di farsi coraggio ed avanzare con la sicurezza di chi aveva un passato sanguinoso alle proprie spalle. 
In tutto, all’interno di quella grotta, vi erano parecchie persone e se era riuscita a contare correttamente, aveva individuato nove elementi, compresi i tre che l’avevano portata fin li. 
«Allora ci siete riusciti.»
Una voce profonda e gutturale costrinse Reyko a mettersi sulla difensiva, e la ragazza dovette farsi forza per non sfoderare la spada. Sen, dal canto suo, digrignò immediatamente i denti in direzione di colui che aveva parlato. 
Un tipo con il viso praticamente del tutto coperto, un paio di grandi occhi verdi ed inquietanti ed il simbolo del Paese della Cascata tagliato, proprio come tutti loro.
«Ovviamente. Non è stata un problema, siamo riusciti a metterla fuori gioco subito, senza neanche darle il tempo di mostrare le tecniche eremitiche, maledizione.» 
Fra tutti loro Deidara si dimostrò essere il più loquace, e con grande sorpresa di Reyko si fermò a fianco ad un tipo dai capelli rossi e gli occhi annoiati, quasi quanto si annoiava lei. 
«Non avete visto le sue arti eremitiche? Che peccato, ho sempre desiderato vedere un’eremita all’opera. Anzi—…» ed quel tipetto, che sembrava essere solamente un ragazzino, mosse un paio di passi nella sua direzione, studiandola attentamente.
«Mi sarebbe sempre piaciuto possedere una marionetta come te. Rientreresti sicuramente fra le mie preferite.» 
Quelle parole risuonarono nella mente di Reyko come una minaccia, perché se non aveva intuito male quel tipo avrebbe dato qualsiasi cosa per ridurla in marionetta. Era un marionettista?
Sicuro. 
«Ohi, Sasori, non esagerare. Lei è una di noi adesso, ha accettato di unirsi all’Akatuski quindi piantala di blaterare cose senza senso sulla tua stupida arte
Ad apostrofarlo fu lo stesso biondo di prima che lo raggiunse, mettendosi fra loro due, come a voler catturare la completa attenzione del ragazzo. 
Sasori. Un marionettista. Possibile che fosse il famoso Sasori della Sabbia rossa? Era uno di quegli elementi pericolosi di cui lo stesso Raikage aveva parlato più e più volte, un individuo capace di terrorizzare la Nazione del Vento. Sì, decisamente doveva trattarsi di lui perché in quell’organizzazione non c’erano persone da sottovalutare da quel che aveva capito. 
Reyko provò a schiudere le labbra per parlare, cercando di rispondere quasi a tono a quella sorta di mera intimidazione appena rivoltale, ma in quell’istante un braccio le circondò le spalle, costringendola a pietrificarsi. Sen iniziò a ringhiare, mostrando minacciosamente ai denti alla figura che le si era posta accanto con aria di assoluta sufficienza. Capelli bianchi tirati indietro, faccia da schiaffi, addominali in bella vista ed una stranissima arma rossa tenuta sulle spalle. 
Il primo istinto della ragazza fu quello di mollare una gomitata ben assestata a quel tipo, ma le parole che le pronunciò all’orecchio la fecero desistere. 
«Sono tutti un po’ strani qui dentro, non farci caso. Io sono quello più normale di tutti, come puoi ben vedere, e tutto per merito di Jashin.» 
«Già…» commentò laconica Reyko prima di divincolarsi da quella presa in modo da mettere una considerevole distanza fra di loro. 
«Andiamo, non mordo mica, e dì al tuo cane di stare buono, non voglio farti niente. Volevo solo darti il benvenuto nell’organizzazione. Le hai prese da uno di loro tre? Oh Jashin, dimmi che non è stato il dinamitardo fastidioso a metterti KO perché sarebbe davvero assurdo.»
La ragazza sfarfallò le lunghe ciglia per qualche secondo prima di capire che cosa volesse davvero sapere, ed allora allungò una delle mani fasciate in direzione di Kisame, e quel tipo la seguì con uno sguardo prima di emettere un lungo fischio.
«Capisco, quindi ti sei battuta con Kisame. D’accordo lui è accettabile, è un osso duro e—…»
Ma la parlantina dello strano ragazzo venne interrotta bruscamente dall’intromissione di colui che era stato il primo a parlare. L’unico con il viso praticamente del tutto mascherato. 
«Hidan, adesso stai un po’ zitto. Sei fastidioso.»
Hidan, perché a quanto pareva era questo il suo nome, fece una smorfia infastidita, piegando le braccia all’altezza del petto.
«Tu non mi dai ordini, Kakuzu, ci siamo capiti? Né ora né mai.»
«Io ti uccido, Hidan. Ti ucciderò proprio qui davanti a tutti.»
Quella sorta di battibecco fra i due sembrava la prassi perché nessuno, eccezione fatto per un curioso Deidara, stava loro prestando attenzione. Anzi, sembrava essere una cosa che non faceva più effetto nonostante le svariate minacce di morte, anche abbastanza serie. Di certo quei due non erano amici ed in parte la sollevò, perché Reyko non aveva davvero voglia di stringer amicizia con loro, altri criminali. Era come se cercasse di mettersi su un piano totalmente differente dal loro, come se le proprie motivazioni fosse “più giuste” rispetto le loro, qualsiasi cosa avessero fatto.
La realtà, purtroppo, era che nessuno di tutti coloro erano in quella sala avevano il diritto di definirsi dei santi. 
A catturare però l’attenzione della nunkenin furono due figure, quasi in disparte rispetto agli altri, ma con sguardo particolarmente serio. Il primo fra loro due aveva capelli arancio e piercing un po’ ovunque ed al suo fianco, che sembrava quasi esser la sua stessa ombra, vi era il viso bellissimo di una ragazza dai capelli violacei. Questo in parte la sollevò moralmente perché l’idea di essere l’unica di sesso femminile era un’idea davvero molto poco allettante. Ma c’era un’unica particolarità che catturò la vera attenzione della kunoichi: gli occhi del ragazzo. Erano grandi e viola, con dei cerchi concentrici. Un motivo decisamente strano e difficile da ricordare. Possibile che si trattasse di una qualche abilità oculare che lei sconosceva? Sicuramente, e per questo motivò si ricordò mentalmente di indagare in seguito. Quello era stato uno dei dettagli attualmente più interessanti e dallo sguardo serio e la rigida postura probabilmente era lui quello che veniva definito il Leader. 
Mosse, così, un paio di passi verso di lui ignorando ciò che gli altri urlavano (ovvero le minacce di reciproche uccisioni da parte di Hidann e Kakuzu) e poi si avvicinò a quei due. Entrambi la scrutarono con la stessa attenzione con cui lei stessa li stava analizzando, era una cosa reciproca in quei casi. 
«Reyko. Finalmente ti sei unita a noi.»
Quella divisa uguale a tutte le altre, gli copriva le labbra, quindi sembrò rimanere immobile nonostante le parole appena dette. 
«Non che abbia avuto molta scelta, o sbaglio?» domandò lei con un lieve tono saccente, che fece forse accigliare la ragazza al fianco del Leader. 
«Non sbagli, effettivamente, ma la tua presenza nell’Akatsuki era fondamentale per completare definitivamente la nostra formazione.»
La kunoichi assottigliò lo sguardo, inarcando appena le sopracciglia, mentre le braccia andarono ad intrecciarsi all’altezza del petto. 
«Ancora non ho capito che cosa vuole l’Akatsuki, se devo essere sincera.»
«La Pace
La risposta scioccante e secca giunse quasi come il colpo di un Kunai in pieno petto. Perché dei criminali stavano cercando la pace? Probabilmente il suo viso subì una mutazione, perché il Leader se ne accorse.
«Non fare quella faccia, Reyko. E’ la verità. In un mondo martoriato dalle guerre e dall’odio noi dell’organizzazione Akatsuki riusciremo a creare la pace. La controlleremo a modo nostro e per farlo dobbiamo seguire delle delicate fasi di un piano.»
«E quale sarebbe questo piano?»
«Ogni dettaglio rilevante verrà svelato a tempo debito, Reyko, adesso devi semplicemente sapere che l’Akatsuki ha bisogno di continuare a costruirsi il proprio nome. Dobbiamo essere noi quelli affidabili e non gli shinobi dei grandi paesi. »
La mente elastica di Reyko non ebbe problemi a cogliere ciò che in realtà voleva dire il Leader: l’Akatsuki si sarebbe fatta pagare per portare a termine le missioni che normalmente spettavano agli shinobi. Era come metter su una sorta di business per privatizzare i servizi e chi poteva farlo se non degli shinobi allontanati dai loro rispettivi villaggi? Beh, il suo piano poteva avere una logica inoppugnabile, il che non era neanche troppo brutta come cosa, quindi forse il Leader era davvero riuscita a convincere l’eremita. 
«D’accordo, quindi noi dell’Akatsuki portiamo a termine delle missioni che ci vengono assegnate, ho capito bene?»
La ragazza dai capelli viola e con il fiore bianco incastrato fra essi, annuì in maniera impercettibile, lasciando i grandi occhi ambrati la studiassero. 
«Questa è solo la prima fase del piano, poi ti spiegheremo anche la seconda. Per il momento ti basti sapere che sarai in coppia con Zetsu e che voi vi occuperete dello spionaggio.» e con un gesto della mano le indicò la più strana fra le creature in quella stanza.
Sembrava una pianta carnivora, per metà bianca e per metà nera, che però sollevò una mano in segno di saluto, agitandola anche piuttosto vistosamente. Reyko lo fissò per qualche istante chiedendosi che cos’avesse fatto di male per esser finita in coppia con quel tipo strano, a cui ovviamente avrebbe fatto il terzo grado. Sperò che rimanesse a debita distanza ma quella pianta, Zetsu, le andò incontro porgendole qualcosa che teneva stretto fra le braccia. 
«Queste sono per te. Il mantello dell’Akatsuki e l’anello. Si tratta dell’Etere e dovrai metterlo al mignolo sinistro.»
La ragazza sbatté più volte le ciglia, non molto convinta, mentre Sen si avvicinò titubante alla figura di Zetsu, che guardò impressionato il lupo, ed allora allungò le mani per prendere ciò che le venne affidato. Indossò l’anello nel mignolo sinistro, studiando con attenzione il simbolo dell’Etere di color verde chiaro, e poi con un rapido e quasi impercettibile gesto spiegò il mantello che le venne posto. Era identico esattamente a quello di tutti gli altri, con le nuvole rosse. 
Un tempo anche lei aveva indossato un mantello, ben più pregiato, che adesso teneva nascosto per paura che esso mostrasse più di quanto dovesse. Era la cappa eremitica, che veniva consegnata solamente dopo aver raggiunto quello status. 
Quasi con gli stessi abili movimenti Reyko allargò quella cappa scura come la notte e la indossò, lasciando che le lunghe maniche coprissero le mani fasciate e l’anello. Le stava grande, forse un po’ troppo grande, ma non le importava. Tutti quanti indossavano quel tipo di abiti e lei non sarebbe di certo andata contro corrente. 
Non ne aveva la forza.
Non ne aveva voglia. 

Chiuse la cappa, quasi fino all’altezza massima ed allora scostò appena delle ciocche di capelli che le ricaddero ai lati del viso. 
«Adesso che finalmente anche l’ultimo membro è stato trovato possiamo effettivamente cominciare con le missioni più importanti. Ad ogni coppia domani verrà assegnata una missione e domani partirete. Intesi?»
Ed a quelle parole tanto autoritarie Reyko volse lo sguardo verso gli altri membri dell’organizzazione, che stranamente avevano smesso di discutere o anche solo di parlare, interessanti ed assorti dal discorso del leader. Qualcuno annuì, qualche altro fece finta di lamentarsi per poi far cenno di aver capito. Ad esempio il suo compagno, quella sorta di pianta carnivora protetta da quelle—… non sapeva neanche lei come definirle… le sollevò un pollice in segno d’assenso, cosa che lasciò parecchio stupita. 
«Allora vi faremo sapere il prima possibile.
»
Il leader, colui che aveva dettato legge fino a quel momento, si voltò, facendo svolazzare la cappa scura, seguito a ruota dalla ragazza e fu come se si fosse disperso nelle tenebre in corrispondenza di una seconda uscita dalla grotta. Reyko rimase qualche istante ai piedi della statua con le mani spalancate. Era un caso se Zetsu le aveva detto di indossare quell’anello al mignolo sinistro? No, e questo poteva aver a che fare con quelle mani giganti della statua? Non era certa neanche di questo ed una parte di lei, neanche troppo distante, le suggerì che questa avrebbe forse fatto parte della fase successiva del piano. Ancora non aveva ben idea di come sarebbero potute andare le cose in futuro, ma di una cosa era certa: ci sarebbero stati dei guai.
Sen, fermo al suo fianco, la guardò con i grandi occhi verdi sgranati, alternando lo sguardo fra lei e le ombre in cui erano spariti quei due, e solo quando la voce di Deidara giunse alle sue orecchie entrambi si voltarono a guardare il biondo. 
«Allora, ragazzina, vuoi venire con noi alla base oppure rimarrai qui in eterno?»
«Arrivo.» mormorò in risposta, beccandosi qualche occhiata scettica.
Stranamente, in quei momenti, desiderò poter avere al proprio fianco anche il suo nuovo compagno, la piantina, ma Zetsu sembrava essere in testa a tutti quanti, pronto a fare strada verso il luogo che il biondo dinamitardo aveva chiamato come base. 
Reyko ed il lupo si scambiarono l’ennesima occhiata poco convinta ma alla fine si decisero a muoversi, pronti a seguire il resto del gruppo, ripercorrendo la strada nel tunnel da cui erano giunti.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Jail of heaven ***


Jail of heaven

Si lasciarono il rifugio alle spalle, non prima di aver diligentemente piazzato una serie di tranelli ed esplosivi, cosa di cui si occuparono Sasori e Deidara, nonostante le loro continue lamentele. In verità l’unico che si lamentava era il biondo, ma il marionettista non sembrava deciso a dargliela vinta su niente. Quei due avevano decisamente una tensione, non indifferente, ma anche altri non sembravano scherzarci. Hidan camminava dalla parte opposta rispetto a Kakuzu, blaterando qualcosa riguardo il suo sommo Jashin ad uno stanco, o forse solo annoiato, Kisame. Itachi, invece, camminava in silenzio a qualche metro di distanza da Zetsu, l’unico che stava facendo strada. Se qualcuno li avesse visti in quel momento avrebbe davvero pensato a qualcosa di strano, quindi fu una fortunata, anche secondo Reyko che chiudeva la fila con Sen, muoversi fra le ombre. 
Non aveva ben chiaro dove stessero andando, e forse non voleva saperlo sul serio, anche perché era stata convinta che quello fosse il luogo punto di raccolta, ma forse doveva trattarsi di uno dei tanti posti dove era possibile riunirsi. In fondo non potevano essere così sprovveduti da possedere un solo luogo del genere, ed ovviamente, man mano che avanzavano in quella zona di bosco, costeggiando il fiume che scendeva, e la vegetazione iniziò a farsi sempre più fitta. Probabilmente avevano già percorso parecchia strada quando Sen iniziò a correre, inseguendo Zetsu, verso una costruzione che si erigeva quasi sull’acqua. 
La ragazza assottigliò lo sguardo, mettendo a fuoco ciò che le apparve davanti agli occhi, e con sua grande sorpresa capì di trovarsi davanti ad una casa che sembrava in parte sospesa su quel tratto di fiume. Un’ampia veranda si affacciava sull’acqua, mentre quella costruzione su più piani, dai colori simili a quelli della natura che la circondava, sembrava in perfette condizioni. Nessuno di quel gruppo sembrò esitare nel dirigersi verso tale costruzione, segno che effettivamente quella doveva essere la base di cui aveva sentito parlare. 
«Bel posto, vero? » e la cantilena di Hidan giunse chiara alle orecchie di Reyko, che si voltò a fissarlo.
«Abbastanza non credevo che—…» lasciò la frase in sospeso, forse perché non voleva ammettere ad alta voce di immaginarseli a vivere dentro le grotte. 
«Che vivessimo in quel posto? Nah! Quello è il punto di raccolta per quando dobbiamo vederci per gli affari loschi, questo invece è uno dei luoghi sicuri dove possiamo stare quando non siamo impegnati in qualche missione.» continuò a spiegarle il ragazzo dai capelli bianchi andandole vicino.
«Non puoi neanche immaginare quanto abbiamo litigato con Kakuzu per cercare di convincerlo a non vedere questo posto, sai, lui è particolarmente attaccato ai soldi e non capisce l’importanza della religione di Jashin e per questo motivo prima o poi la pagherà cara.»
Stranamente aveva alzato parecchio il tono per farsi sentire da Kakuzu, che ovviamente si voltò per fulminare con lo sguardo Hidan, prima di continuare a camminare. 
«Capisco…» e Reyko desiderò davvero defilarsi da quella discussione prima che le cose degenerassero. 
«Ma poi, fortunatamente, Pain e Konan hanno capito che avevamo bisogno anche noi di un posto simile.» 
Pain e Konan? Dovevano essere i nomi del Leader e della ragazza con i capelli violacei, questa era una certezza, perché fra tutti loro non c’era nessuno che si fosse presentato in quel modo. 
«E’ un bel posto. Mi piace.»
Una figura silente le si avvicinò e notò con la coda dell’occhio che si trattava dell’Ex membro degli spadaccini della nebbia.
«Purtroppo, però, ci stiamo veramente poco e questa è una delle rare occasioni. Per lo più siamo sempre impegnati in qualche missione quindi goditi questa notte, Eremita.»
«Reyko…» puntualizzò lei, lanciandogli una rapida occhiata. 
«Come preferisci, Reyko.» e lui ricambiò quello sguardo aggiungendo un inquietante sorriso con i denti da squalo.
Forse aveva sentito dire che una caratteristica degli spadaccini della nebbia fosse esattamente quella, ma non ne era del tutto sicura. Spesso e volentieri, in classe durante l’accademia, non ascoltava molto ciò che gli insegnanti le dicevano, aveva invece appreso l’arte dell’ascolto e dell’osservazione insieme ai lupi. Era in quel frangente di eventi che Reyko era maturata non solo a livello di arti ma anche a livello personale, crescendo. 
Un paio di passi ancora e finalmente giunse ai piedi di quel grande ingresso. Il lungo porticato, che circondava l’intera costruzione, era in legno scuro mentre una strana pianta rampicante s’intrecciava fra le colonne, giungendo fino al tetto. Spuntavano addirittura alcuni fiori ed infatti, mentre tutti gli altri, compreso Sen, oltrepassarono la porta per entrare, lei rimase affascinata da un particolare fiore attaccato ad una delle colonne in legno. Possedeva un colore tendente al rosa, con ampi petali ed una forma particolare. Deviò per avvicinarsi, in modo da osservarlo meglio, e quando avvicinò la mano per sfiorarlo si fermò immediatamente, avvertendo una presenza non molto lontana da lei. 
«Non dovresti toccarlo.» sentenziò con assoluta tranquillità Itachi Uchiha, ancora fermo all’ingresso del porticato. 
Reyko, sorpresa da tale affermazione, si voltò lentamente verso di lui, abbassando il braccio con cui si era protesa per sfiorare il fiore. 
«E’ velenoso?» la domanda sorse spontanea sulle labbra della giovane ragazza. 
«Il Maestro Sasori dice di sì. E’ Ademium, conosciuto anche come la Rosa del Deserto. L’ha portata lui stesso dal Paese del Vento.»
Adenium. Rosa del Deserto. Era incredibilmente bello quel fiore, quanto letale, cosa che stranamente Reyko apprezzò parecchio. Le piaceva poter pensare che anche una cosa tanto bella, ed in apparenza delicata, fosse in grado di fare del male. 
Era un po’ come lei. 
«Adenium—… ha un colore bellissimo
«Tutte le cose pericolose risultano attraenti agli occhi di chi le osserva. E’ questo ciò che le rende davvero pericolose.»  Stranamente Itachi, mentre pronunciava quelle parole pacate, aveva distolto lo sguardo muovendo qualche passo verso la porta da cui tutti erano passati. «Ti conviene entrare, anche perché il tuo lupo sta per attaccare Deidara.» 
Ed a quelle parole gli occhi della ragazza si sgranarono, sorpresa come non mai, infatti accelerò i passi, superando la figura di Itachi prima di oltrepassare la soglia.
Effettivamente Deidara sembrava intento a discutere, o meglio ad urlare, contro Sen, che in risposta aveva appena snudato i canini in modo da mettere bene in chiaro le cose. Non poteva rischiare che Sen attaccasse il dinamitardo dopo neanche la prima sera, quindi non ci pensò due volte a correre verso di lui, pronta a calmarlo. 
Con gesti quasi automatici Reyko accarezzò il crine di Sen, lasciando che la propria tranquillità riuscisse ad infondersi anche in lui. Era per via del loro legame, era così che le cose funzionavano fra di loro. Quando uno dei due era in preda a forti emozioni l’altro interveniva per placare l’animo, frutto di un legame duraturo che andava avanti da anni. 
«Che sta succedendo?
»chiese senza guardare nessuno in viso, mentre continuava con quelle carezze. 
«A quanto pare Deidara non va molto a genio al tuo lupo—… mi chiedo come mai.»  sentenziò con disinvoltura Sasori, che fissava la scena appoggiato ad uno dei grandi cuscini sul divano nel salone centrale.
Solo in quell’istante Reyko ebbe la possibilità di focalizzare l’attenzione sulle fattezze interne della dimora. Non c’era niente di eccessivo, se non semplici mobili antichi, ma la cosa che maggiormente la colpì fu la grande apertura che conferiva luminosità al posto. S’affacciava sul fiume e bastava oltrepassarla per ritrovarsi sulla parte posteriore di quel porticato in legno.
Al centro della stanza luminosa, che doveva fungere da punto di raccolta, era posizionato un ampio tavolo in legno, basso, circondato da cuscini. Qualche statua ed armatura inquietante era posta agli angoli della stanza, forse solo come abbellimento. Di certo quel posto doveva esser stato un piccolo gioiello per chiunque l’avesse fatto costruire. 
«Ohi, Sasori, vecchio mio, vedi di non esagerare!» sentì rispondere il biondo sollevando entrambe le  strane mani  in aria. Difficilmente passava inosservato il fatto che quel ragazzo avesse altre due bocche a livello delle mani, ma a quanto pareva tutto ciò serviva per la sua Arte. 
«Io non esagero mai, ho semplicemente detto la verità.»
«Certo, come no, infatti continui sempre a ripetere che le tue marionette sono arte quando tutti lo sanno che la vera arte è un’esplosione.»
«Ti faccio esplodere io la faccia se non la smetti di parlare.»
«Ma sentitelo il grande Maestro delle marionette che non vuole ammettere di avere torto.»
«Questo perché io non ho torto, Deidara!»
Ed anche loro due, che dovevano essere gli artisti dell’Akatsuki, iniziarono a battibeccare proprio come avevano fatto prima Hidan e Kakuzu. Reyko sperò davvero che non riprendessero anche loro a litigare perché non avrebbe retto. 
Il biondo, allora, le si avvicinò e le pose una mano sulla spalla, mentre con l’altra additò Sasori.
«Visto che tu sei nuova, Reyko, dicci una cosa: secondo te l’arte deve essere una noiosa cosa eterna oppure l’arte deve essere un meraviglioso lampo di luce che dura solamente un attimo?»
Gli occhi nocciola della ragazza lo fissarono attonita, incapace di riuscire ad elaborare una logica risposta in conseguenza alla domanda sull’arte che le era appena stata posta. 
Boccheggiò, esitando parecchio.
«In realtà non—…»
«Sentiti libera di non rispondere, Eremita, loro due fanno così praticamente sempre.»
Fu quasi un miracolo che Kisame intervenne in contropiede per evitarle una risposta. Perché qualsiasi cosa avesse detto avrebbe, in qualche maniera, fatto arrabbiare o Sasori o Deidara, o addirittura entrambi. Era difficile riuscire a coniugare tutte quelle menti insieme. Era un’impresa particolarmente ardua ma se effettivamente il leader Pain ci fosse riuscito allora avrebbe davvero avuto una squadra imbattibile. 
«Ohi, Kisame non intrometterti!» 
«Deidara, lasciala in pace.» ribatté secco lo spadaccino, muovendosi nel grande salone centrale. «Sarà stanca.»
Ed effettivamente era un po’ stanca, anche per via del combattimento avuto in precedenza contro di lui. 
«Itachi, digli di non intromettersi.» 
Questa volta Deidara rivolse lo sguardo cristallino in direzione dell’Uchiha, come sempre parecchio silenzioso, che solo interpellato rivolse lo sguardo verso di loro. 
«Kisame ha ragione. Lasciala in pace.» sentenziò diretto, concludendo allora quella discussione per poi distogliere lo sguardo, stranamente tornato normale. 
Aveva gli occhi scuri, neri come la notte, cosa che Reyko notò solamente senza il cremisi dello Sharingan. 
Erano dei begli occhi.
La nunkein non prestò molta attenzione alle successive lamentele del biondo, che aveva iniziato una sorta di sproloquio su quanto non fosse assolutamente giusto screditare la sua meravigliosa arte. Che le esplosioni meritavano più riguardo. E che prima o poi avrebbe fatto saltare in aria tutti quanti in quella casa. 
Doveva essere praticamente la norma perché nessuno, infatti, sembrò curarsi delle sue minacce. Stava imparando a capire che l’animo del biondo era abbastanza esaltato ed infantile, ma stranamente, se solo ne avesse avuto le forze, avrebbe fatto storcere le labbra di Reyko in un sorriso divertito. 
Una volta deviata la discussione sull’arte si preoccupò anche di evitare la discussione a carattere religioso di Hidan, intento a discutere ampiamente con Kakuzu riguardo i problemi che creava l’attaccamento ad denaro. Anche loro due sembravano possedere idee praticamente differenti, il che li portava a svariati contrasti.
«A proposito, volevo domandarti una cosa, Eremita.» 
Improvvisamente Kakuzu aveva rivolto tutta la propria attenzione nei confronti della ragazza, ignorando le voci di Hidan e degli latri, lasciando che quell’inquietante sguardo verde la studiasse a fondo.
«Come hai fatto a fuggire dalla Prigione del Cielo
Sentendo quella domanda il cuore di Reyko, improvvisamente, s’arrestò. Questo perché il solo nominare quel posto non faceva altro che riportarle alla mente tutti i terribili istanti passati dietro le sbarre. Era un argomento che evitava il più possibile ma al contempo era anche abbastanza sicura che gli altri non sapessero quella parte della storia. La più oscura e dolorosa. Era come se Reyko cercasse di dimenticare ciò che aveva passato in quel posto, quindi tendeva ad evitare il discorso ma per averla cercata l’Akatsuki voleva dire che loro sapevano. O almeno qualcuno sapeva.
Infatti l’unico veramente curioso riguardo quell’argomento sembrava Kakuzu, mentre gli altri si scambiarono uno sguardo confusi.
Ma Reyko non avrebbe mai mostrato alcun segno di intimidazione o di paura davanti a loro, anzi, specialmente davanti a loro. Così piuttosto che mostrarsi preoccupata un sorrisetto sghembo si fece largo sulle rosee labbra della nunkenin. 
«Cosa sai, tu, di quella storia?»
Come sempre la sua caparbietà nel rispondere a domande con altre domande si fece sentire, anche per cercare di capire quanto effettivamente Kakuzu sapesse sul proprio passato o sulle storie che circolavano a riguardo. 
«Kakuzu, aspetta un attimo, si può sapere di che cosa diamine stai parlando? »
Ovviamente Hidan non sembrava molto contento di esser messo in secondo piano, quindi urlò quelle parole all’orecchio del compagno. 
«Voi quanto ne sapete su di lei?» chiese con assoluta tranquillità lo il più spaventoso dell’Akatsuki muovendo un paio di passi in direzione della ragazza.
Si fermò esattamente ad un paio di metri davanti a lei, senza distogliere lo sguardo da essa, che continuò a mantenere quel fastidioso sorriso intatto. 
«Sappiamo che il nostro Leader la voleva nel gruppo e siamo andati a prenderla. Si tratta di una persona capace di usare le arti eremitiche, quindi è sicuramente molto più forte della media, però Kisame l’ha messa al tappeto.»
Deidara, con la sua solita parlantina, riuscì a fare una sintesi anche abbastanza accurata di quella che era la situazione “Reyko”, e gli altri ascoltarono con interesse, annuendo o bisbigliando qualcosa come un flebile “già”. 
Ma Kakuzu sapeva. 
«Esatto. Ma c’è una cosa, sicuramente quello che ha davvero colpito Pain, di cui non vi ha parlato: ovvero è fuggita da una una delle più famose prigioni delle Cinque Nazioni.» 
Questa volta a fissarla con più attenzione fu lo stesso Itachi, che assottigliò lo sguardo, senza però alcun cambiamento d’espressione. Kisame, invece, si lasciò andare ad una risata divertita mentre Sasori s’alzò in piedi, dalla sua comoda posizione sul divano, andandole incontro.
«La Prigione del Cielo? Adesso capisco perché ci tenevano a farti entrare.» Lo sguardo smeraldino del Marionettista si puntò su Reyko. 
«Ma si può sapere perché continuate a parlare di questo posto? Vorreste spiegare anche a noi?» Deidara, con molta poca delicatezza, spintonò Sasori perché al momento lui ed Hidan sembravano gli unici confusi. Perfino lo stesso Zetsu, che era rimasto in silenzio fino ad allora, parve comprendere a che cosa gli altri si stessero riferendo. 
«Si vede che sei un ragazzino per non conoscere quel posto.» ribatté Kisame volgendo lo sguardo verso il compagno biondo. 
«Quindi, di grazia, vorreste farci il favore di spiegare anche a noi di che cosa state parlando?»
Reyko fissò tutti i presenti nella stanza, senza che però quel sorriso beffardo abbandonasse le sue labbra, ed allora sollevò un braccio indicando tranquillamente Kakuzu, che fra tutti era stato colui che aveva tirato fuori quel discorso.
«Prego, è tutto tuo l’onore della spiegazione. A me non va di farlo, sono troppo stanca.»
Con assoluta tranquillità, infatti, la ragazza mosse qualche passo in direzione del divano su cui poco prima era seduto il Maestro, ed allora lo imitò, andandosi a sedere, ed accavallando le gambe in maniera non esattamente composta. Sen la seguì, mentre si accucciò ai suoi piedi, ed allora la kunoichi poggiò un braccio sul bracciolo del divano, in modo tale da sorreggere il viso. 
«Come vuoi.» rispose con estrema schiettezza l’uomo. «La Prigione del Cielo è una delle prigioni più famose nel mondo degli Shinobi. E’ situata in un luogo sconosciuto fra le montagne della Nazione del Fulmine, solo il Raikage e tre fra i suoi collaboratori più stretti sanno la vera ubicazione di quel posto, il che lo rende pressocchè introvabile.»
Era vero. Era tutto maledettamente vero e purtroppo Reyko lo sapeva benissimo. Perfino lei, quando era anche più giovane, credeva che la Prigione del Cielo fosse solamente una leggenda raccontata per spaventare gli shinobi in accademia. 
Deidara, stupito da quella prima spiegazione volse gli occhi cristallini in direzione di Reyko, che ricambiò quello sguardo senza dir nulla, limitandosi a sorridere.
«Forse ho sentito parlare di un luogo simile, ma non me ne ricordo bene, il vecchiaccio blaterava sempre su questo genere di cose. Forse c’è qualcosa di simile nella nazione della Nebbia.» 
«Nebbia, Nuvola e Sabbia. Sono queste le tre grandi prigioni. Però questo non è tutto—…» aggiunse Itachi, fermo accanto a Kisame, mentre si appoggiò con un movimento semplice contro una delle pareti della stanza. 
Reyko sentì lo sguardo indagatore dello Sharingan studiarla con attenzione, proprio come se quella fosse la prima volta che la guardasse davvero. 
«Già. Non è tanto questo il particolare interessante quanto ciò che si dica succeda dentro quelle prigioni. Non esiste tortura che non venga applicata, non esiste la pietà, non esiste la clemenza. I prigionieri si dice spravvivano al suo interno al massimo per un mese, implorando la morte o arrivando addirittura a suicidarsi. Per uno shinobi essere mandato in una di quelle prigioni equivale a morte certa, ma non per te. O sbaglio?»
Ovviamente Reyko intuì che la domanda posta da Kakuzu fosse diretta unicamente a lei, e quindi fu quasi costretta a parlare ed a rispondere.
«Non sbagli. Però ti devo correggere su una cosa, Kakuzu, nessuno si suicida li dentro. Non te lo permettono.» proferì come se la cosa non la spaventasse neanche un poco, perché in fondo aveva imparato a nascondere bene le proprie espressioni quando si trattava di quel posto. «Prima di portarti di sotto ti imprimono un sigillo che t’impedisce di suicidarti, perché devi essere torturato fino a quando loro non decidono che tu sia pronto per la morte.»
Il silenzio calò fra di loro ed anche i più attivi fra tutti quanti sembrarono aver perso la voglia di parlare.
«Portarti di sotto? E’ una prigione sotterranea?»
A distruggere quell’aria silente fu Zetsu, ma non quello bianco, il Nero, che parve molto interessato alla discussione. Reyko rivolse uno sguardo al suo compagno, prima di annuire con estrema lentezza. 
«Non proprio. Si tratta di una vera e propria montagna adibita a prigione e l’ingresso si trova in cima alla montagna. Scendendo ci si addentra nel suo cuore e più si va in basso più si scende di livello. Ad ogni livello corrisponde un differente grado di pericolosità. Si va dal livello Uno al livello Cinque.»  Stranamente la ragazza trovò la voglia di continuare a parlare, forse per evitare ulteriori domande, che però non tardarono ad arrivare.
«A che livello sei stata posta tu?»
A chiederlo era stato Sasori della sabbia, nonostante lo sguardo annoiato aveva seguito perfettamente il discorso. 
Ma in risposta Reyko gli rivolse un sorrisetto ironico. 
«Questo è un segreto.»
Nessuno ebbe da obiettare a quella risposta ma tutti si fecero alquanto pensierosi ed anche desiderosi quasi di conoscere qualcosa in più riguardo quella prigione. 
«D’accordo non vuoi dircelo, però perché non se n’è saputo niente in giro? Insomma evadere da un posto del genere a quanto pare è una gran cosa—…» Deidara, stranamente, sembrava di certo quello più interessato e soprattutto deciso a comprendere le dinamiche di quella fuga. 
«Esattamente per questo motivo, baka.» lo apostrofò Sasori rivolgendogli uno sguardo colmo di scetticismo. «Secondo te è più conveniente che si sappia in giro che qualcuno sia riuscito a fuggire da una delle peggiori prigioni delle Cinque Nazioni oppure conviene minimizzare la cosa mantenendo più possibile il segreto?»
Ed ecco che in quel preciso istante Sasori della Sabbia Rossa si piazzò in testa a tutti quanti in quanto ad arguzia, cosa che al suo compagno artista sembrava mancare. Aveva pienamente colto nel segno, e per questo motivo Reyko gli sorrise quasi orgogliosa. 
Sapeva bene che il Raikage stesso aveva cercato di minimizzare la questione, dopo la sua fuga, in modo tale da non far trapelare la notizia. Ma non gli era andata troppo bene, perché qualcuno ne era venuto a conoscenza ed aveva sparso, seppur in maniera minima, la notizia. 
«Quindi tu—… puoi morire, giusto? Ma non per mano tua, cosa piuttosto interessante ed a proposito, dolcezza, se volessi una mano per ammazzarti chiamami pure. Sarà un vero piacere, per me, aiutarti.» 
Le parole di Hidan, risultarono parecchio inquietanti alle orecchie di  Reyko, che in tutta risposta finse un sorriso e roteò gli occhi, con espressione parecchio annoiata. Ancora non aveva idea di che cosa quel tipo fosse in grado di fare e forse non era poi tanto sicura di volerlo sapere sul serio. 
Un timido guaito proveniente da Sen, che sembrava essersi agitato al solo sentir parlare di quel posto, la fece smuovere dalla posizione statuaria assunta fino ad allora. Sporse così il busto in avanti, limitandosi ad accarezzargli con delicatezza il pelo, cosa che il lupo gradì parecchio. 
«Ma ancora non hai risposto alla domanda di Kakuzu, come sei riuscita a fuggire da li?» Kisame, che era rimasto in silenzio fino ad allora, le rivolse un sorriso da squalo.
«Beh—… questo è il mio segreto. Non posso dirlo a nessuno altrimenti chiunque riuscirebbe a fuggire da quel posto.»
E quello era davvero il suo segreto. L’unico che non avrebbe mai rivelato neanche sotto tortura perché ne andava della vita di più persone. Il fardello che avrebbe portato con sé per l’intera vita. Non aveva mai osato rivelarlo neanche a Sen, forse perché non voleva lasciare che l’innocente lupo potesse portar un peso tanto grande, non che lui parlasse. 
Un sorriso sornione fece capolino sulle sue labbra, perché quella risposta aveva lasciato a bocca aperta tutti quanti. Probabilmente a molti di loro neanche interessava questa cosa, ma ad alcuni, forse come Kisame, Itachi o lo stesso Kakuzu, sembravano quasi pendere dalle sue labbra. Sbatté più volte le lunghe ciglia ed allora fece forza sulle proprie gambe per rimettersi in piedi, stirando i muscoli delle braccia quasi come se niente fosse accaduto. 
I lembi delle maniche della nuova toga le ricaddero scoprendo le braccia, in parte fasciate, e solo allora la ragazza si rivolse verso tutti quanti. 
«Dunque, dop
o tutta questa discussione, c’è un posto dove potrei dormire oppure dobbiamo rimanere qua tutta la notte a parlare come delle quindicenni durante un pigiama party?» 
Kisame sogghignò per quella battuta appena fatta, Deidara, invece, sembrò quasi infastidirsi della cosa, e l’unico a risponderle fu Zetsu, questa volta il bianco. 
«Un pigiama party sembra divertente ma—… non siamo qui per questo. Vieni, al piano di sopra ti mostro la tua stanza.»
«Grazie—… compagno.» replicò lei avvicinandosi alla pianta. 
Zetsu, infatti, non perse tempo e dopo essersi assicurato di aver sott’occhio la ragazza si diresse verso la porta del grande e luminoso salone, facendole cenno di seguirlo.  Probabilmente le stanze per dormire, semmai avesse davvero voluto dormire, si dovevano trovare al piano superiore, infatti, dopo aver rivolto un cenno di saluto in direzione degli altri membri dell’Akatsuki, lo seguì su per delle scale in legno. Il lupo digrignò i denti verso il biondo prima di  seguire nuovamente la propria padrona in quella casa. 
Poteva anche essere parecchio semplice ed in linea con lo stile elegante, ma di tutto ciò importava ben poco a Reyko. Lei voleva davvero sdraiarsi per dormire, nonostante avrebbe, quasi sicuramente, tenuto gli occhi aperti per tutta la notte. Non voleva rischiare di finire ammazzata per la follia di qualcuno di loro, doveva essere cauta visto che ancora non li conosceva neanche un poco. Era una fortuna avere Sen al proprio fianco, non voleva essere sola in quel frangente di eventi. 
Le scale li portarono in un lungo corridoio, la cui unica fonte di luce sembrava essere una finestra, ed allora percorse la strada indicatale da Zetzu. Giunse fino in fondo e così la pianta le indicò l’ultima porta scorrevole in fondo a destra.
«Quella è la tua stanza, c’è quello che ti serve se ne avrai bisogno.» le bisbigliò il Nero. 
«D’accordo—…» mormorò con apatia la ragazza prima di avvicinarsi alla porta e farla scorrere in modo da poter entrare. 
«Sarò qui all’alba. Vedi di dormire il nostro viaggio sarà lungo e per niente semplice, capito?» proseguì con quella voce che poteva anche incutere timore.
«Nessuno di loro oserà farti del male, se questo dovesse preoccuparti. In ogni caso, se qualcosa non dovesse andare, sono sicuro che saprai come proteggerti.»
Il che era anche abbastanza vero, infatti Reyko annuì con tranquillità, perché quel problema non era poi così grave come avevano cercato di farle capire. 
Rivolse un ultimo sguardo alla pianta, che si allontanò lungo il corridoio, con quella sua inquietante andatura, ed allora lei finalmente entrò nell’unico luogo dove sarebbe potuta stare sola. Inspirò profondamente, lasciando che l’aria fluisse nei polmoni, e poi si lasciò cadere a terra, distrutta. 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Dark stories ***


Dark stories 

Una flebile striscia di luce illuminava la stanza in penombra. Un Sen ancora parzialmente addormentato si rigirò su sé stesso prima di iniziar a schiudere gli occhi smeraldini, puntandoli in direzione della propria padrona, che se ne stava seduta e ferma accanto alla finestra. Le sclere nocciola sembravano intente ad osservare, anche con parecchio interesse, ciò che si riusciva ad ammirare dal primo piano, ovvero il fiume. Forse era stato un caso che la camera con quella vista fosse stata assegnata a lei, o forse solo un muto gesto di  gentilezza nei confronti del gentil sesso, non che la cosa le dispiacesse. Quel nuovo mantello scuro, con disegnate sopra le nuvole rosse, le stava abbastanza grande, infatti fu costretta a tener la cerniera abbassata in modo tale da avere il collo libero. Anche le maniche le stavano più lunghe del previsto, questo invece, non le dispiacque affatto. Spesso e volentieri Reyko teneva vestiti più grandi per nascondere le cicatrici ed i segni che le martoriavano le braccia, quasi fino alle mani. Ecco il perché delle proprie fasciature. Solo le dita erano salve, tanto da riuscire ancora ad indossare degli anelli. Aveva guardato con poca attenzione quello che Zetsu le aveva dato, ordinandole, quasi, di indossarlo al mignolo sinistro. Era il simbolo dell’Etere, di color verde chiaro. Non sembrava essere particolarmente pregiato ma considerato che ogni membro dell’Akatsuki ne possedeva uno dovevano pur servire a qualche cosa. Lo avrebbe scoperto in corso d’opera. 
«Allora sei già sveglia.»
Una voce spettrale, alla quale difficilmente si sarebbe abituata, la costrinse a voltarsi di scatto verso la soglia della porta, dove era appena apparso uno Zetsu selvatico. A parlare era stata la sua parte Bianca, che forse sembrava essere più propensa nel fare amicizia, infatti sollevò una mano per salutarla. 
Con qualche attimo di esitazione Reyko, a sua volta, sollevò la mano in segno di saluto, sistemandosi allora la toga dell’Akatsuki. Il lupo, solamente sentendo quella voce, s’alzò di scatto ed andò incontro alla pianta, che lo guardò vagamente incuriosito. Entrambi si fissarono per qualche istante ed allora Zetsu lo indicò. 
«Digli di starmi lontano.»
Questa volta, invece, il Nero espresse con decisione la sua opinione, ed in tutta risposta la ragazza schioccò le dita, dando l’imminente ordine a Sen di allontanarsi. Quello, ancora incuriosito dal nuovo compagno di viaggio, si diresse scodinzolando in direzione della propria padrona. 
«Dunque, cosa dobbiamo fare adesso?»
Non aveva ricevuto alcuna notizia riguardo la missione e come sempre Zetsu era stato parecchio evasivo con le risposte, infatti si limitò a voltarsi facendole segno di seguirlo. Reyko roteò gli occhi, scrollando le spalle, e poi seguita dal lupo lo seguì fuori dalla stanza. 
«Dobbiamo recuperare dei rotoli contenenti le informazioni per il nostro nuovo acquirente.»

«Che genere d’informazioni?»
«T’interessa davvero?»
«In realtà no, se devo essere sincera, ma volevo capire il grado di difficoltà di questa cosa in cui siamo immischiati.»
«Secondo me non avrai problemi—…» aggiunse Zetsu bianco rivolgendole un sorriso vagamente inquietante, mentre puntò su di lei quei suoi strani occhi. 
«Grazie—…»
«Piantala di fare lo stupido e continuiamo con le spiegazioni.» li interruppe immediatamente la parte nera.
Una volta giunti al piano terra, quasi per istinto, Reyko si guardò intorno e stranamente non sembrava essevi l’ombra di nessuno. Era come se tutti fossero spariti e mai stati li. Forse un po’ le dispiacque non poter ascoltare ancora ad uno dei divertenti battibecchi in quello strano gruppo, ed a notare il suo cambiamento d’espressione fu il proprio compagno di missione.
«Sono già partiti tutti. Non preoccuparti, li vedrai di nuovo una volta terminate le missioni.»
«Certo, come se stessi smaniando per sentire i discorsi sull’arte di Deidara.» e Reyko sogghignò, facendo dire anche lo Zetsu bianco.
«Il Maestro Sasori prima o poi lo ucciderà. Anche prima di quando Kakuzu proverà ad uccidere Hidan, ne sono sicuro.»
Stranamente, con sua immensa sorpresa, discutere con la parte bianca della pianta fu meno male del previsto. Così avrebbe anche potuto affrontare le missioni in maniera più tranquilla. La parte nera, invece, era del tutto opposta. Era come se rappresentassero due opposte sfumature del carattere di un unica persona, che si sdoppiavano per commentare separatamente.
«Rimanete entrambi concentrati. Per. Favore.» sibilò il Nero assottigliando il proprio occhio in direzione della Kunoichi, che in risposta provò a tornare immediatamente seria. 
Abbandonarono la grande costruzione sul fiume, anche se l’avrebbe rivista in futuro, ma questo non sembrò dispiacere a Sen, che una volta all’aperto iniziò a scorrazzare liberamente, girando intorno al compagno. Per una qualche strana ragione il lupo sembrava approvare la presenza della pianta, forse perché effettivamente si trattava di una pianta e non di una persona vera e propria. Questo le riportò alla mente il grande quesito che prima o poi, durante quella missione, gli avrebbe posto. Perché era vero che adesso lei faceva parte di quell’organizzazione ma ancora sapeva ben poco sui propri membri, mentre loro, a quanto pareva, conoscevano fin troppo di lei. Non poteva essere un passo indietro rispetto tutti quanti. 
«Quindi spiegami meglio di che cosa si tratta.»
«Dobbiamo recuperare dei rotoli e portarli dai nostri acquirenti, te l’ho già detto.»
«Sì, ma chi sono i nostri acquirenti? Dove sono custodite queste pergamene? Ci pagano bene? »
«Inizi a fare troppe domande, Eremita, una cosa per volta.»
L’apostrofò il suo nuovo compagno, mentre insieme iniziarono ad allontanarsi lungo la foresta. Una lieve brezza mattutina, accompagnata dal sorgere del sole, scombinò i capelli lasciando che alcune ciocche le ricadessero dinnanzi agli occhi. 
«I rotoli che ci servono sono nella capitale del Paese dell’Erba, non molto lontano da qui. Si tratta di infiltrarsi in un tempio sotto custodia da un’antica famiglia di monaci. Dopo di che li porteremo al nostro acquirente.»
Reyko annuì in maniera praticamente impercettibile, capendo solo allora di esser caduta davvero in basso per andare a rubare in un tempio. Non era mai stata quel genere di persona, ma adesso poteva davvero dire di no alla sua prima missione? Insomma in verità non c’era alcun legame vincolante fra lei e l’Akatsuki, era entrata fra loro semplicemente perché—… non voleva davvero passare il resto della propria vita da sola. Forse era solo per tale motivo. E Perché non aveva avuto alcuna scelta scelta.
«Non fare quella faccia. Noi facciamo ciò per cui veniamo pagati e se portiamo a termine quest’incarico riceveremo una somma notevole, forse anche più alta di alcune delle taglie da riscuotere.» commentò con tranquillità immensa Ztsu bianco, tanto da voltarsi verso di lei snudando i denti gialli, in una sorta di sorriso incoraggiante.
In verità ebbe esattamente l’effetto contrario su Reyko, che però cercò di darsi da fare e non scoraggiarsi. Però aveva detto una cosa interessante, perché aveva appena parlato di taglie. Quindi facevano anche questo? I cacciatori di taglie?
«Non mi sto lamentando, rubare dei rotoli è sempre meglio che fare i cacciatori di taglie.»
«Sei l’unica donna insieme a Konan-sama, non volevamo spaventarti più del previsto facendoti fare qualcosa di simile.»
La nunkenin scrollò le spalle, come se effettivamente tutto quello non la disturbasse più di tanto e poi si sistemò quella cappa sulle proprie spalle. 
«Che gentili
«Per le fanciulle questo ed altro.»
E con quella frase strana, fin troppo strana per Reyko, i due piombarono in un dignitoso silenzio. Un po’ perché le era passata la voglia di continuare a discutere di quelle cose, un po’ perché aveva ancora sonno.

Un po' prima dell'alba
Il sole non era ancora sorto, creando intorno alla costruzione sul fiume, un’aura particolarmente pacata, cosa che raramente si vedeva quando erano tutti insieme. Ormai Itachi Uchiha pensava di essersi abituato alle voci dei propri compagni, ai modi di fare eclatanti di Deidara, o all’eccessivo essere saccente di Sasori, ai discorsi di carattere prettamente religioso di Hidann, o ancora ai rimproveri di Kakuzu sul capitale investito quella volta. Fra tutti quanti Kisame, per sua immensa fortuna, rappresentava quasi un punto di salvezza con la sua discrezione, sicuramente il migliore compagno che potesse essergli mai stato assegnato. Fin da subito, con l’Ex membro degli spadaccini, si era ritrovato a viaggiare ed ad eseguire le missioni, trovando una certa sintonia. Lui non faceva mai troppe domande ed Itachi non parlava mai troppo. 
Quella sera, però, era stato quasi interessante, per lui, sentire la storia della nuova ragazza dell’Akatsuki, quella che aveva intuito immediatamente dell’illusione. La cosa l’aveva lasciato parecchio sorpreso sul momento, ma non provò neanche a ribattere, limitandosi a liberarla. Pain e Konan erano stati parecchio decisi nel decretare che lei, a qualsiasi costo, si sarebbe dovuta unire all’Akatuski, così per evenienza aveva deciso di giocare d’anticipo non conoscendo le potenzialità di un’Eremita come lei.
Ma poi, una volta saputa quella storia della Prigione del Cielo, stranamente Itachi rimase colpito proprio come gli altri. Non aveva mai sentito di qualcuno evaso da tale luogo e ritrovarsi faccia a faccia dinanzi a quella sfrontatezza fatta persona lasciò interdetto perfino lui, che di cose durante la sua vita ne aveva viste parecchie. 
Gli occhi scuri, ancora senza Sharingan, erano fissi non tanto sul fiume quanto sul fiore che il giorno prima l’eremita stava per toccare. Provò quasi a mettersi nei suoi panni. Una ragazza che ancora si sorprendeva per un fiore tanto bello ma che era fuggita da un luogo talmente oscuro le cui storie terrorizzavano chiunque. Chi era davvero quella Reyko, accompagnata dal magnifico esemplare di lupo, rimaneva ancora un mistero per Itachi, che forse, finalmente, aveva trovato qualcosa di differente su cui concentrarsi piuttosto che rimuginare sulla propria stessa vita. 
Una presenza pressoché impercettibile, a pochi metri da lui, lo costrinse a distogliere lo sguardo dal fiore concentrandosi sul proprio interlocutore. 
«Adenium. Da quando ti interessi di fiori, Itachi?» gli domandò con assoluta compostezza Zetsu, che se ne stava fermo sul porticato a pochi metri da lui. Era così che quella pianta appariva: senza destare alcuna traccia. Il ragazzo sapeva bene quanto pericoloso potesse essere, perché in quel gruppo nessuno era da sottovalutare. 
«Non mi interesso di fiori. Stavo semplicemente attendendo Kisame.»
La risposta pacata del ragazzo non tardò ad arrivare e non tardò neanche lo sharingan, forse per tenere a debita distanza Zetsu. 
«Pensavo di essermi perso questa tua passione per le piante. Sarebbe stato un risvolto interessante.» cantilenò la parte bianca, limitandosi ad avanzare lentamente verso di lui.
«Non così interessante come pensi, Zetsu.» tagliò corto Itachi, che di parlare con lui ne aveva già abbastanza. «Dunque, che cosa dovremmo fare questa volta?»
La parte nera di Zetsu allungò una mano, porgendogli un piccolo foglio su cui dovevano esser scritti i nomi di coloro che avrebbero dovuto uccidere. Ormai la storia era sempre quella. L’Akatsuki aveva bisogno di denaro per iniziare ad avere il monopolio della criminalità organizzata e questo andava guadagnato con le taglie sugli uomini oppure con missioni al limite dell’illegalità che solamente loro avrebbero accettato. Lavoravano così da parecchio, ma Pain, ultimamente, aveva iniziato a parlare dello step successivo una volta trovato il decimo membro. Si trattava di qualcosa di grosso, come aveva sempre sospettato, ed infatti il solo sentirlo nominare i Biju non aveva fatto altro che incrementare i pensieri di Itachi. 
«Sono taglie semplici, Itachi, non avrete problemi—… » sibilò la pianta rivolto verso di lui, prima di oltrepassarlo, senza soffermarsi a guardarlo.
«Non lo metto in dubbio.»
«A proposito, Itachi, hai notato qualcosa di strano nella nuova arrivata?» 
Nell’udire quella domanda, gli occhi scarlatti del ragazzo scattarono nella sua direzione, osservando con sguardo indagatore il compagno. Non riusciva proprio a capire il “perché” di una domanda simile e sapeva anche bene che con Zetsu bisognava soppesare attentamente le parole. 
«Che intendi dire?»
«In realtà niente di particolare, ma visto che tu sei un acuto osservatore volevo capire se per caso mi dovessi preoccupare di essere in coppia con lei.»
Zetsu, quello bianco, scandì con tranquillità quelle parole, scrollando le spalle come se nulla fosse successo. 
In verità quella a doversi preoccupare, fra loro due, era la ragazza. 
Ma questo pensiero decisamente irrilevante ai fini di quella discussione lo tenne per sé.
«Per rispondere alla tua domanda direi di no, non ha nulla di strano. Forse al suo lupo non va molto a genio Deidara, ma per il resto sembra ordinaria, per quanto ordinario possa essere qualcuno come lei.»
Il discorso di Itachi fu semplice ed anche abbastanza sbrigativo, perché non aveva intenzione di esternare le proprie impressioni a qualcuno come lui. Era abbastanza certo che Zetsu  facesse il doppio gioco anche per Madara Uchiha, ma anche questa considerazione venne immediatamente accantonata.
Fu quasi una vera fortuna l’intervento tempestivo di Kisame. All’ex spadaccino bastava una semplice occhiata per riuscire ad inquadrare la situazione, e poi, dopo tutto quel tempo, aveva imparato a conoscere la faccia di Itachi. Sapeva quando voleva essere lasciato in pace e non aveva intenzione di parlare, un po’ come in quel preciso istante.
«Mi sono perso qualcosa?»
«Kisame. Giusto in tempo—… ho appena consegnato ad Itachi i nomi per la prossima missione. Buona fortuna e divertitevi.»
Chiaramente entrambi i due riuscirono a notare il tono vagamente sarcastico di Zetsu. O forse era davvero convinto che si sarebbero divertiti. In ogni caso entrambi lo osservarono allontanarsi, rimanendo in religioso silenzio, quasi per paura che tornasse indietro da loro a continuare quella discussione. 
Passarono una manciata di secondi prima che Kisame si voltasse lentamente verso il compagno, abbassando i grandi occhi da squalo sulla sua figura.
«Che cosa voleva Zetsu? Aveva la faccia più interessata del solito.»
Ed allora Itachi sollevò lo sguardo cremisi, puntandolo in direzione dello spadaccino.
«Niente.»
Ribatté con sicurezza l’Uchiha, limitandosi ad assumere nuovamente un’espressione seria. Probabilmente ne avrebbe parlato con Kisame una volta allontanati abbastanza da esser certi di non  avere alcuna pianta fra i piedi, ma fino ad allora sarebbe rimasto muto.


Camminarono abbastanza, addentrandosi fra sentieri sconosciuti, lasciandosi quel posto pacifico alle spalle. 
Era la prima volta che Reyko si sarebbe addentrata fin nel Paese dell’Erba. Aveva sentito dire che era un paese per lo più dedito al commercio, ma in quel caso i loro scopi erano ben diversi dal commerciare. Nonostante non vi fosse pressoché nessuno in giro Zetsu fu abbastanza deciso nello scegliere i percorsi da intraprendere. Non volevano che qualche occhio indiscreto si posasse sulle loro cappe e non voleva neanche mettere a rischio quella missione semplice. Sen, camminando davanti a loro, perlustrava le strade dando il segnale per andare avanti o per fermarsi. Non ebbero alcun tipo di problema, il che fu quasi miracoloso per Reyko. DI solito, anche quando lei se ne andava in giro da sola, aveva la sfortuna di trovare strade con gente, ma questo Zetsu fu facilmente in grado di evitarlo. 
Così, avanzando lungo l’ennesima strada deserta decise che era giunto il momento per poter finalmente chiedere ciò che l’aveva attanagliata tutta la notte. Voleva sapere di più riguardo i propri compagni. Necessitava di sapere di più perché da quel momento in avanti sarebbero stati gli unici su cui avrebbe potuto fare affidamento. O almeno, così lei pensava, non che fossero la più raccomandabile delle compagnie.
«Parlami di loro Zetsu.»
L'essere, o meglio, la pianta si voltò celermente verso la ragazza, incuriosito da quella sorta di domanda.
«Di loro?» domandò sibilino lo Zetsu Nero continuando a camminare al suo fianco.
«Vuoi che te ne parli io?» chiese, invece, il bianco speranzoso.
«No, Zetsu nero.» e Reyko lanciò uno sguardo indagatore al suo compagno.
«Sei più furba di quel che sembri a differenza di qualcuno li in mezzo. Dunque, di chi vuoi che ti parli mentre andiamo?»
«Di tutti loro. Voglio sapere con chi sto avendo a che fare.»
Quell'affermazione fece scaturire una sorta di risata sommessa da parte di entrambi gli Zetsu, quasi entusiasti di poter parlare.
«Allora ti dirò quello che vuoi sapere dei membri dell'Akatsuki ad una sola condizione che dovrai rispettare.»
Nel sentire quella sorta di patto Reyko assottigliò lo sguardo, incrociando le braccia all’altezza del petto. 
«Che condizione?»
«Dovrai raccontarmi della tua fuga dalla Prigione del Cielo, va bene?»
Non era esattamente un patto vantaggioso, ma al massimo avrebbe cercato di mentire riguardo quella storia, provando ad inventarsene una abbastanza verosimile. Il problema era che nonostante Zetsu potesse sembrare disposto a parlare aveva qualcosa nel suo sguardo che fece esitare la nunkenin. Non avrebbe di certo rivelato la totale verità ad una pianta quando neanche Sen conosceva ogni singolo dettaglio.
Ma senza pensarci troppo gli tese la mano, quasi come a voler onorare un patto appena prestabilito. Il compagno la fisso da dietro quegli strani rami, con i grandi occhi gialli spalancati ed allora allungò a sua volta la mano, che strinse con eccessivo vigore per essere una semplice stretta. 
«D’accordo, allora inizia tu, Eremita, hai la mia parola che ti racconterò tutto ciò che vorrai sapere.»
Ed allora la mente di Reyko iniziò ad elaborare le informazioni,  assottigliando lo sguardo scuro in direzione della pianta.
«Bene—… sono stata rinchiusa quasi sei mesi e mezzo fa nella Prigione del Cielo e questo perché ho provato ad uccidere il Raikage, senza però riuscirci.»
Iniziò così il proprio racconto, che effettivamente corrispondeva al vero, per rendere il tutto più interessante agli occhi di Zetsu. 
«Avevo sentito dire anche questo ma perché volevi uccidere il Raikage? Che ti ha fatto di così grave per costringere qualcuno a volere la sua morte?»
Il Bianco parlò con semplicità, cosa che gli riusciva parecchio bene ed in quel caso Reyko non poteva di certo nascondere la base di partenza della sua storia, nonostante fosse parecchio triste da raccontare. Inspirò profondamente, facendosi forza, e roteò gli occhi per simulare uno sguardo annoiato.
«Il mio Clan, gli Harada, sono da sempre stati un famoso clan nel Paese della Nuvola. Sono coloro che vivevano con i Lupi e discendevano dal primo Eremita dei Lupi, il vecchio Isao Harada. Credo che lui abbia lottato addirittura con Hashirama Senju della Foglia, se non ricordo male—… comunque il problema è stato che quando avevo ancora tre anni il mio clan per intero, non che fossimo rimasti in molti, venne eliminato. Rimasi solamente io.»
Zetsu continuò a guardarla mentre il racconto di Reyko procedeva con tranquillità, come se quella cosa ormai non la toccasse più di tanto. In verità la toccava, solo che aveva imparato a gestire bene le proprie emozioni, specialmente in pubblico. 
«Storia molto toccante, vai avanti, Eremita. Che cosa spinge una ragazza ad attentare alla vita del proprio Kage?»
«Semplice, la vendetta.»
Ed a quelle parole la pianta al suo fianco assottigliò lo sguardo, mentre sul viso di Reyko si dipinse un sorrisetto sghembo di chi aveva appena rivelato qualcosa di scioccante.
«Perché? Ora voglio sapere anche i retroscena.»
«No, adesso tocca a te parlare.» e puntò un dito inanellato contro il suo petto, dandogli una leggera spinta. 
La pianta la guardò confusa, ma a parlare fu lo Zetsu nero.
«Come ho già detto sei più furba di quel sembri. D’accordo, adesso ti ridò qualcosa io—… iniziamo da Hidan, uno dei più particolari, come avrai notato.»
La ritenne una fortuna che Zetsu nero potesse essere sulla sua stessa lunghezza d’onda per quanto riguardava il condividere informazioni tanto riservate, quindi gli fece cenno di continuare a parlare. 
«Venera un certo Jashin, il suo amato Dio, ed è un immortale. Fa uno strano rito di sangue con cui mantiene la propria immortalità sacrificando altra gente al suo Dio. E’ un esaltato , come avrai ben notato, ma sa combattere bene. » proferì in maniera sintetica ma allo stesso tempo precisa, prima di puntare un dito in direzione della ragazza.
«Tocca di nuovo a te.» 
Reyko annuì, annotando mentalmente le prime informazioni ricevute riguardo Hidan, quindi era riuscita ad inquadrarlo piuttosto bene la sera prima, ma dovette concentrarsi su di sé.
«D’accordo, dunque, ho deciso di vendicarmi sul mio stesso Kage perché scoprii, per caso durante una missione, che fu lui a mandare a morire la mia intera famiglia per cercare di sedare il Biju a due code, il Gatto Fantasma. Era da poco stato liberato e serviva qualcuno che provasse a contenerlo. Venne scelto il Clan degli Harada, ma nessuno riuscì a sopravvivere alla furia del demone caudato. Morirono tutti ed il mio caro Kage non mi disse mai niente di niente, omettendo tutte queste informazioni anche durante il mio addestramento. Così decisi di vendicarmi ma—…» lasciò la frase in sospeso, per fargli capire che se voleva che continuasse adesso toccava a lui raccontarle qualche altra storia interessante
Zetsu sembrò pensarci qualche istante, picchiettando un dito contro il mento, ma poi parve avere l’illuminazione divina.
«Il Maestro Sasori è uno dei primi membri dell’Akatsuki ed anche uno dei più pericolosi. Forse hai mai sentito parlare dell’arte delle marionette, lui ne è il maestro assoluto. Viene chiamato Sasori della Sabbia Rossa per via delle sue tecniche ed ha distrutto interi villaggi. La cosa più interessante sono le sue marionette umane. Ha ucciso anche il Kazekage per creare le sue armi e fra l’altro è un vero esperto di veleni. Con la tecnica delle cento Marionette ha conquistato un’intera nazione.»
Ancora una volta fu abbastanza conciso ma allo stesso tempo esauriente, creandole un quadro generale di Sasori davvero interessante. Lui aveva davvero fatto tutte quelle volte? E creava davvero marionette umane? Il solo pensiero la fece rabbrividire, ma cercò di non darlo a vedere perché le debolezze era una cosa che in quelle condizioni non si poteva permettere.
«Ma—… esitai. Insomma riuscii ad infiltrarmi eliminando le sue guardie nella dimora del Raikage, combattemmo, ma al momento di fare ciò che dovevo esitai e mi fermarono Killer Bee e Darui della tempesta, due dei miei vecchi maestri. Allora venni arrestata e portata immediatamente nella Prigione del Cielo.»
«Esiti sempre così tanto, dovresti stare più attenta. D’accordo, questo ne merita due—…» ammise Zetsu nero volgendo lo sguardo in direzione della Kunoichi. «Deidara della roccia era un dinamitardo, che ha abbandonato il suo paese per vendere esplosivi ai concorrenti, il tutto perché la sua arte è sempre stata ritenuta abbastanza pericolosa. Non lasciarti ingannare, altrimenti non sarebbe nell’Akatsuki. L’altro immortale del gruppo, invece, è Kakuzu, nonché il tesoriere. Se avrai bisogno di denaro dovrai parlarne con lui. Vive da tempi immemori e non sappiamo molto sul suo conto, solo che ha quattro cuori e che gli venne affiadata la missione di uccidere Hashiaram Senju.»
Nel sentire quelle parole Reyko sgranò gli occhi, sorpresa come non mai. Aveva capito bene?
«Hashirama Senju? Ma quindi questo vuol dire che lui ha—… ha—…»
Non ebbe neanche il coraggio di continuare a parlare, questo perché la sola idea dell’età di Kakuzu l’aveva decisamente spiazzata.
«Esattamente—… ora continua, sei arrivata ad un punto interessante.»
«Giusto, tocca a me. Dunque venni portata alla Prigione del Cielo e come prima cosa m’impressero il sigillo per impedirmi di suicidarmi e poi mi portarono al mio livello. Il terzo. Si pensa che la prigione sia piena di gente urlante, ma non è così, li regnava un tetro silenzio, oltre che l’oscurità. Ognuno stava nella propria cella, fino a quando non ti venivano a prendere per—… per infliggerti delle punizioni corporali. Tu pregavi di rimanere nella tua cella il più a lungo possibile perché quando arrivavano a prenderti desideravi solamente morire.» 
Stranamente, parlando di quel periodo, gli occhi di Reyko fu come se si spegnessero, come se la sua naturale luce fosse stata portata via. Questo perché il ricordare quel posto era solamente un profondo dolore. Le sue braccia ne erano la prova, infatti, impercettibilmente si sfiorò le bende che coprivano in parte i palmi. 
«La crudeltà di quei posti è conosciuta in lungo ed in largo nonostante la massima segretezza su tutto il resto. Adesso tocca a Kisame, l’ex membro degli spadaccini della Nebbia. Lui ha tradito non solo il proprio Kage ma anche il proprio capo degli Spadaccini, rubandogli addirittura la spada, la famigerata Samehada. E’ della generazione della Nebbia Insanguinata di Yagura, quindi questo ti fa già capire quanto il suo passato sia oscuro—…»
E dire che per quel poco che aveva avuto modo di parlare con Kisame non le era parso poi tanto malvagio. Magari l’aria da squalo poteva anche trasmettere un po’ di paura, ma per il resto era stato addirittura gentile nei suoi confronti. 
«Capisco—… quella katana fa davvero male. Dunque sono riuscita a rimanere in vita li dentro per circa un mese, giorno più giorno meno. Il giorno e la notte si confondevano, ci idratavano e ci nutrivano a forza, per non farci morire, e poi ogni volta arrivava qualcuno a farci sempre le stesse domande “Chi eravamo” “Perché eravamo li dentro” “Che cosa avevamo sbagliato” “Se eravamo pazzi”. Era un uomo vecchio e crudele. Potevi anche aver detto la verità ma a loro non importava. Continuavano a farti male e poi ti lasciavano nuovamente in cella. Fu li, durante i momenti di pace, che riacquistavo le mie forze anche per via delle tecniche eremitiche, perché queste prendono energia dalla natura che ci circonda. E così iniziai ad accumulare le forze.»
Il discorso sembrò interessare sempre di più il suo compagno, che allora non le tolse gli occhi di dosso, desideroso come non mai di conoscere il passo successivo, quello su cui Reyko avrebbe decisamente dovuto nascondere un fondamentale dettaglio. «Ne mancano pochi, ora ti parlerò di Itachi Uchiha, lo sterminatore del Clan Uchiha.» 
Il solo sentir nominare quel ragazzo dagli occhi rossi la costrinse a schiudere le labbra, sorpresa come non mai. Ricordava qualcosa riguardo tale famoso Clan della Foglia, ma di solito Reyko tendeva ad archiviare ciò che le veniva detto, ma in quel momento un flash sembrò illuminarla. Zetsu aveva parlato di Sterminatore, quindi forse si stava effettivamente riferendo a quella strage conosciuta praticamente ovunque.
«Itachi è colui che ha sterminato l’intero clan degli Uchiha?»
«Esatto—… non siete poi così diversi voi due. Entrambi non avete più un clan ed entrambi avete esitato. Comunque Itachi è un ex Anbu della Foglia, ha ucciso la propria famiglia solo per incrementare il suo potere dello Sharingan ipnotico ed ha lasciato in vita unicamente suo fratello minore. E’ un maestro nell’arte delle illusioni e del fuoco infernale. Non lasciarti ingannare.»
Tutte quelle informazioni su Itachi la costrinsero a sbattere più volte le ciglia, sorpresa come non mai. Aveva davvero creduto che quell’atrocità alla Foglia fosse stata commessa da qualche altro, perché non riusciva a credere che quel viso in apparenza tanto gentile, potesse davvero esser arrivato a tanto. Si fece coraggio, serrando i pugni intorno alla propria veste scura, e decise di non pensarci.
«Bene—… adesso forse siamo giunti al momento che tanto aspettavi. Dunque, avevo accumulato abbastanza forze, se così si poteva dire, negli ultimi giorni ed attesi in momento giusto per attuare la mia fuga. Quando vennero a prendermi li colpii con una tecnica eremitica e poi rubai loro le armi ed iniziai a correre. Non ricordo molto di quegli eventi, solo che senza l’arte degli eremiti non sarei riuscita ad eliminare chiunque mi si parasse davanti. Riuscii a risalire i tre piani e poi una volta all’uscita vidi che era piena notte. C’erano le stelle alte nel cielo ed allora sparii, lasciandomi quel posto alle spalle.»
Zetsu sembrò così sorpreso da quella risposta che rimase interdetto per qualche istante, continuando a fissare con interesse la ragazza. 
«Hai ucciso tutte le guardie?»
No.
«Sì, chiunque mi si fosse parato davanti.»
«Allora sei davvero spietata come pensavano gli altri—… pensavo avessi usato qualche trucco o qualcosa di più interessante, senza nulla togliere alle arti eremitiche, mia cara.» cantilenò Zetsu bianco.
«Mi dispiace, accontentati di questo. Adesso tocca a te, mi devi dire del Leader e dell’altra ragazza, Konan.»
La pianta scosse leggermente il viso, tornando a guardare dinnanzi a sé, perdendosi decisamente fra i propri pensieri, e solo dopo qualche istante si voltò nuovamnte in direzione dell’eremita.
«Pain e Konan sono i primi fondatori dell’Akatsuki,hanno il controllo del Paese della Pioggia e lui è un Dio. Ti basti sapere questo.»
«I suoi occhi. Che cosa sono i suoi occhi invece? Dimmi solo questo e poi la smetterò con le domande.» domandò immediatamente Reyko, che di Pain voleva conoscere soltanto questo segreto.
«Rinnegan. Una potente forza oculare al pari dello Sharingan, se non più forte. Ecco perché lui è il capo.»
Quella parola non suonò particolarmente nuova alle orecchie di Reyko, che in tutta risposta si limitò ad annuire mesta, come se quella scoperta non fosse granché importante. In fondo il Leader era dalla sua stessa parte quindi doveva occuparsi di ben poco del Rinnegan, nonostante avrebbe di certo fatto altre ricerche.
Fu allora che, nuovamente, fra loro due calò un imbarazzante silenzio, forse perché nessuno aveva altro da dire. Si erano confessati a vicenda qualcosa, in un rapido gioco che aveva portato all’acquisizione di nuove informazioni. In futuro le avrebbe analizzate con tranquillità, cercando di fare una classifica del grado di pericolosità di ognuno di loro. Voleva essere preparata per i loro futuri incontri.
Così continuarono a camminare verso la meta della loro prima missione, decisa a non fallire.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Bad news ***


Bad news 

Circa tre mesi dopo
Un flebile sospiro fuoriuscì dalle labbra screpolate della ragazza, che stranamente quel giorno sembrava godersi la piena luce del sole, capace di riscaldarla. I capelli castano chiaro, illuminati, risplendevano grazie a dei riflessi più biondi, cosa che di tanto in tanto qualcuno le aveva fatto notare. Un tempo era solita portarli lunghi, molto lunghi e ribelli, poi durante l’addestramento eremitico si era ritrovata a doverli tener più corti sia perché in questa maniera era più semplice combattere, evitando intoppi, sia perché era stata una sorta di auto imposizione per imparare la disciplina. I capelli per una ragazza fungevano da primaria fonte di bellezza e lei non voleva aver niente a che fare con tutto quello. Lei era una guerriera ed in quanto tale doveva focalizzare la propria attenzione su altro.
Le erano cresciuti leggermente, arrivandole all’altezza delle spalle, o leggermente più in basso, e magari se solo avesse avuto del tempo per sé stessa li avrebbe sistemati. Adorava particolarmente i capelli di Konan-san, tenuti indietro con quel fiore bianco fatto di origami. Anche lei una volta aveva provato a mettere un fiore fra i capelli, ma si era beccata un complimento da parte di Zetsu, cosa decisamente molto poco interessante. In realtà, a conti fatti, Zetsu non era poi così male, bisognava solamente abituarsi a lui, alle sue domande sciocche, poste dalla parte bianca, o anche a quei momenti in cui non ammetteva alcuna replica.
Zetsu poteva esser davvero bravo nello spionaggio, cosa che sorprese parecchio Reyko, ma agli acquirenti non dispiaceva trovarsi a parlare con la ragazza. Era quasi un punto a favore dell’Akatsuki. Qualcuno aveva addirittura sborsato qualcosa in più vedendola, cosa di cui Kakuzu fu entusiasta. Le avevano detto che fare buon viso a cattivo gioco sarebbe servito, ed a quanto pareva era vero. 
Ormai la loro società veniva richiesta sempre di più, tanto da non permettergli di avere un attimo di pausa. 
Di tanto in tanto riuscivano a tornare alla base, anche se non tutti quanti, ed allora la storia era uguale per tutti: non potevano fermarsi perché Pain desiderava sempre di più. Le voci si spargevano piuttosto velocemente e se prima a richiedere dell’Akatsuki erano poche persone adesso la questione si faceva più complicata. Tutto questo si traduceva in nuovi fondi, che non guastavano neanche un poco, perché gli artisti, o lo stesso Hidan, spesso sperperavano più di quanto fosse totalmente necessario. Da quando Reyko si era unita al gruppo dell’Akatsuki aveva pian piano imparato a conoscerli, per quanto potesse averli visti, e stranamente aveva anche iniziato ad apprezzare la loro compagnia. In fondo si trovavano tutti sulla stessa barca, senza un posto dove andare, una nazione da proteggere, un kage da servire. 
Quel giorno, probabilmente, non vedeva l’ora di portare e mostrare a Kakuzu l’ennesimo aumento che era riuscita a strappare durante la missione, in modo tale da potersi prendere i complimenti da quest’ultimo, che difficilmente li elargiva. Avrebbero avuto un paio di giorni di riposo, prima della successiva missione, o almeno così Pain aveva detto durante una delle loro riunioni orografiche quando ancora si trovavano tutti lontani.
Stavano attraversando il Paese del fuoco, utilizzando le solite scorciatoie intraprese da Zetsu bianco,  lasciandosi alle spalle l’ennesimo piccolo villaggio da cui erano passati senza destare alcun sospetto. Le dita della ragazza stringevano quel cappello di paglia, che dovevano indossare, mentre l’altra era lasciata morbida a sfiorare la pesante cappa scura dell’Akatsuki. Sen, come sempre, si muoveva qualche passo in avanti a loro, cercando qualcosa di interessante lungo quella strada. Di tanto in tanto si fermava ad annusare la foresta che cresceva ai margini del sentiero, ma poi tornava sui suoi passi. 
«Kakuzu sarà fiero di sapere che hai quasi raddoppiato la commissione solamente rivolgendo un sorrisetto al vecchio che ci doveva pagare. Il potere persuasivo di una donna è davvero sbalorditivo certe volte.»
Le iridi scure die Reyko virarono rapidamente in direzione del proprio compagno che aveva appena parlato con spensieratezza, ma che lei non gradì più di tanto.
«Le donne possono sorprenderti più di quanto immagini.»
«Non lo metto in dubbio, Reyko-sama, mi stai spiegando molte cose riguardo agli esseri umani, anche se ancora non mi hai detto come fanno ad—…»
«No, Zetsu, non ti spiegherò di nuovo come si fanno i bambini.»
E la ragazza, esasperata, si portò una mano a coprire la fronte e le gote, rosse per l’imbarazzo.
«Sai, ho capito bene che la storia dei lupi, che portano i neonati dai genitori, è una bugia bella e buona. Tu però sei femmina e sicuramente puoi spiegarmelo meglio degli altri.»
No, non poteva affrontare nuovamente una discussione simile.

Svariate settimane prima
«Reyko, perché non ti unisci anche tu alla nostra allettante discussione?»
Le aveva urlato Deidara, perché ormai urlare per il biondo era la prassi quando la vedeva passare, agitando una mano dalla stanza accanto. Si erano ritrovati alla base, in uno di quei rari momenti di calma e tranquillità,  ma in verità Reyko voleva semplicemente meditare sulla veranda per poter acquisire più energia naturale. 
Eppure non ebbe il coraggio, o forse la forza di dire di no al ragazzo, che cercava in tutti i modi di nascondere un ghigno divertito. Pensò, ingenuamente, che stessero parlando di arte, perché il più delle volte le discussioni vertevano su quello o sulle minacce di morte o su altre missioni. Ma una volta giunta nella stanza, i presenti si voltarono a guardarla con molta poca discrezione. 
Zetsu era seduto al tavolo, circondato da un lato da Deidara, mentre dall’altro vi era Hidan. Già il solo vedere quell’accoppiata non sembrava premettere nulla di buono. Sasori, invece se ne stava seduto sul divano insieme a Kisame, mentre Itachi era sul porticato a sfogliare un libro. 
«Che—… succede? Perché voi due avete la faccia di chi ha appena fatto qualcosa di terribile?» domandò la ragazza additando prima uno e poi l’altro, ed infine Zetsu seduto al centro. 
«Non abbiamo fatto niente di terribile, stavamo solo spiegando a Zetsu qualcosa di nuovo, non è vero Zetsu?» ribatté con estrema convinzione Deidara, dando una manata alla pianta.
Quasi le dispiacque per il suo compagno, esser tartassato in quella maniera da quei due non doveva essere bello. 
«E’ vero, Reyko-sama, mi stavano spiegando come dovrebbero nascere i cuccioli d’uomo.»
Cucciolo d’uomo? Aveva davvero sentito bene?
La sua espressione, dall’annoiato, virò decisamente allo sconvolto perché non potevano davvero fare un discorso del genere con chi possedeva conoscenze umane pari a zero, e voleva sempre sapere qualcosa in più.
«Ti—… stanno insegnando come nascono i bambini?» balbettò lei non sapendo come sparire alla svelta. 
«Esatto, è sempre stata una cosa che mi sono domandato e così ho chiesto a loro.»
«Così abbiamo pensato di chiedere all’unica donna presente al momento, perché si sa, le donne sono sempre più informate al riguardo, vero dolcezza?» 
Hidan le rivolse un inquietante occhiolino, perché nonostante possedesse un bel viso ed un fisico niente male, qualsiasi cosa facesse risultava inquietante, perfino quando provava a fare il carino con lei, non che in quel momento lo stesse facendo sul serio.
In tutta risposta gli rivolse una smorfia di pieno disgusto, accompagnata da un incrementarsi continuo del rossore al livello delle proprie gote. 
Inaccettabile. 
Fece schioccare immediatamente le dita, in un gesto pressoché automatico, ed immediatamente Sen, che era rimasto fuori accanto ad Itachi, corse dentro e saltò addosso ad Hidan, azzannandolo al braccio. Di solito qualcuno normale avrebbe urlato di dolore, ma lui sembrò invece gradire la cosa, tanto da scoppiare a ridere, lasciandosi mordere dal lupo. 
«Andiamo, stavamo scherzando, Reyko, non c’è bisogno di sguinzagliare il pulcioso contro di noi.» asserì immediatamente Deidara, alzandosi per allontanarsi da Hidan ed il lupo.
«Secondo me per averlo chiamato in quel modo non ti perdonerà facilmente, Deidara.»  Bisbigliò Kisame indicando Reyko con un dito. 
«Io dico di non perdere tempo e di passare alla parte in cui il lupo attacca il dinamitardo.» Aggiunse Sasori, con quella sua solita aria pacata, mentre le sclere verdi si alternarono sui presenti.
«Ohi, vecchio mio, ma tu da che parte stai?»
«Sicuramente non dalla tua.»
«Sasori io ti—…» ma non fece in tempo a completare la frase che Sen s’avventò anche su di lui, facendolo cadere a terra.
Fra i mille lamenti di Deidara, che alla fine non era stato morso, e fra le risate quasi incontrollate di Hidan, la kunoichi cercò di mantenere la calma, nella speranza di riuscire a deviare quel discorso. 
«Reyko-sama, ma non mi hai ancora spiegato come nascono i bambini—…»
La voce cantilenante di Zetsu, giunse alle orecchie della ragazza, che in quel momento si voltò lanciandogli un’occhiataccia fulminante.
«I lupi portano i cuccioli di uomo ai genitori. Così nascono i bambini, adesso fine della storia.»
Replicò imbarazzata ed allo stesso tempo anche un po’ infastidita, mentre la pianta la fissò con i grandi occhi gialli spalancati. Gli altri, dal canto loro, cercarono di soffocare delle risatine divertite. L’unico a ridere sempre molto sguaiatamente fu Hidann, ormai disteso per terra con un braccio sanguinante, che continuava a dar pacche sulla schiena a Zetsu.
Decisamente un’esperienza da dimenticare. 

Tempo presente
Cercò di deviare, per quanto fosse possibile, l’argomento bambini e nascite, nonostante Zetsu avesse insistito ancora un poco prima di abbandonare l’idea di tartassarla di domande. 
Era una così bella giornata, perché rovinare tutto cercando di alterare la sua quiete con quel genere di discussioni? Almeno, dopo il terzo consecutivo No, Zetsu smise di domandare, e forse Reyko, si pentì di esser stata tanto dura con lui, in fondo voleva solamente appagare la propria curiosità. Anche se era decisamente inquietante.
Il viso si spostò in direzione della foresta prima che improvvisamente la pianta si girò verso di lei, fissandola con i suoi enormi occhi gialli.
«Io ho appena ricordato di avere da fare, Reyko, ti dispiace tornare da sola alla base?»
Quella domanda tanto inaspettata spinse la ragazza a sbattere più volte le lunghe ciglia, ma non era la prima volta che Zetsu spariva lasciandola da sola. Usava i suoi poteri da—… pianta… per allontanarsi rapidamente. Le aveva spiegato che lui si muoveva molto più velocemente degli altri semplicemente grazie alla foresta, ma non le aveva voluto dire da dove derivasse quel potere. Ma a lei andava bene così. Magari un giorno o l’altro si sarebbero finalmente confessati cose indicibili a vicenda, ma non era quello il giorno.
Annuì lentamente, dandogli il permesso di allontanarsi, ed allora volse lo sguardo verso Sen, a svariati metri davanti a lui. Anche il lupo aveva visto la scena da lontano, infatti le andò incontro preoccupato. In tutta risposta la ragazza si piegò sulle ginocchia e carezzò con delicatezza il suo muso, lasciando che le dita affondassero nel pelo, ed allora rivolse un ultimo sguardo a Zetsu, che lentamente s’incamminò verso la foresta, nel quale sparì un attimo dopo.
«Siamo rimasti solamente noi due, Sen—…» 
Ma il lupo abbaiò, quasi in segno di protesta, ed allora la ragazza si ritrovò ad inarcare un sopracciglio, sorpresa come non mai da tutto ciò.
«Vuoi dire che non siamo soli? Che c’è qualcuno nei dintorni?»
L’olfatto del lupo grigio funzionava così bene che poteva percepire qualsiasi tipo di odore anche a distanze impressionanti, quindi quel “dintorni” poteva equivale addirittura a chilometri di distanza, ma tutto ciò non la preoccupò neanche un poco. Infatti, senza che Reyko dicesse niente, il lupo iniziò a correre nella direzione da cui doveva aver percepito quella traccia, e fu costretta anche ad indossare il cappello di paglia per comodità.
Se c’era qualcuno di conosciuto che si stava avvicinando lei gli sarebbe andata incontro, ma con cautela, perché rischiare di dare troppo nell’occhio, in un momento come quello, non era una cosa da fare.
Passarono fin troppi minuti all’inseguimento di Sen, deciso come non mai a raggiungere la fonte dell’odore, mentre la vegetazione al fianco alla strada iniziava a farsi sempre più fitta, ma ciò non sembrò distrarre la kunoichi, che proseguì spedita fino a quando due figure con lo stesso mantello, iniziarono a vedersi all’orizzonte. 
Sen doveva aver fiutato qualcuno dei propri compagni dell’Akatsuki, e visto come corse loro incontro non doveva trattarsi né di Deidara né, tanto meno, di Hidan. Loro due erano gli unici con cui il lupo sembrava non andare molto d’accordo, tanto da spingerlo a snudare i canini ogni qual volta uno di loro due osava avvicinarsi più del dovuto alla padrona, anche solo per parlare. Era un riflesso incondizionato del lupo, deciso a proteggere con la propria stessa vita l’eremita. In quel caso fu abbastanza semplice intuire di chi si trattasse, anche perché riuscì addirittura a percepire l’enorme quantità di chakra di Kisame e della sua Samehada. Era qualcosa che non passava di certo inosservato, e poi, fra tutte le coppie, non le dispiaceva affatto incontrare loro due. Erano i più discreti e tranquilli, che preferivano farsi gli affari loro, ma che comunque avevano un oscuro passato. Insomma non c’era male a parlare con loro due, di certo quello che chiacchierava di più era Kisame, mentre Itachi si limitava ad annuire o a darle consigli su cosa ignorare o su cosa fare.
Il lupo, corse loro incontro, ed iniziò a scodinzolare lieto di vederli e con sua immensa sorpresa Itachi si sporse leggermente in avanti per carezzargli il capo. Aveva davvero visto bene? Il ragazzo aveva avuto l’ardire di carezzarlo? E lui non aveva ululato? Insomma quella sì che era una scoperta. Lo avrebbe preso quasi come un tradimento, ma in realtà Reyko sapeva quanto quel suo migliore amico potesse lui stesso aver bisogno di affetto, cosa che cercava di dargli il più possibile, ma vedere un’altra persona arrivare a carezzarlo, beh questo era decisamente inaspettato.
Sbatté più volte le lunghe ciglia, e fu quasi una grazia l’aver indosso il cappello di paglia, con nastrini e campanelli, che le schermava il volto, forse perché non era decisa a mostrare troppa sorpresa.
Arrestò il proprio incedere a pochi metri da loro, andando ad intrecciare le braccia all’altezza del petto prima di sogghignare.
«Ha sentito il vostro odore a chilometri di distanza e vi è venuto incontro correndo, incredibile.»
Itachi, ancora intento a carezzare il capo del lupo, sollevò gli occhi rossi nella sua direzione, prima di raddrizzare la schiena, assumendo una normale posizione eretta.
«Come mai sei sola?» le domandò, allora, il ragazzo dai capelli scuri mentre si guardava intorno scandagliando la zona, forse alla ricerca di Zetsu. 
«Zetsu aveva degli affari da sbrigare e così mi ha detto di tornare da sola alla base.»
Kisame la studiò da capo a piedi. Anche lui aveva quel cappello di paglia calato dinnanzi agli occhi, ma lo tolse qualche attimo dopo, facendo risuonare alcuni de suoi campanelli. 
«Allora ritorna con noi.»
Quella sua affermazione le fece quasi piacere, perché in fondo tornare in compagnia di qualcuno che non fosse Zetsu, o Sen, avrebbe magari allietato le proprie giornate. 
«Beh penso che—…»
«Dov’è andato Zetsu? Te lo ha detto per caso?» le domandò a bruciapelo Itachi, che la guardò negli occhi. Era come se non si potesse dire anche solo una bugia allo sharingan, ma in quel caso non aveva niente da nascondere.
«No, non me lo ha detto. Qualcosa non va?»
Ed Itachi fece un chiaro segno di no, prima di distogliere lo sguardo, assumendo un’aria decisamente pensierosa ed allo stesso tempo seria come non mai. 
«Io vi raggiungo fra poco, d’accordo?»
Quella domanda da parte del ragazzo la fece esitare per un attimo, tanto da spingerla a mordersi appena il labbro inferiore. Poteva solo intuire che stesse andando a cercare Zetsu per qualche ragione, ma non ebbe voglia d’indagare.
«D’accordo. Ci vediamo fra un po’ Itachi.» sentenziò con tranquillità Kisame, prima di voltarsi verso Reyko.
«Non preoccuparti, lo rivedremo fra poco.»
Itachi, senza attendere alcun cenno d’approvazione, si allontanò anche lui nella foresta, lasciando soli Kisame con l’eremita. La ragazza, si voltò verso lo spadaccino, ancora vagamente confusa e si passò una mano fra i capelli, scombinandoseli. 
«Sbaglio o mi sono persa qualche passaggio?» 
«In realtà sì, ma non preoccuparti, al massimo adesso ti aggiorno io, eremita. Se non hai ancora mangiato lascia che ti offra qualcosa.»
Le parole di Kisame la spinsero immediatamente a tastarsi il ventre vuoto, perché ormai mangiare era una questione di secondaria importanza. Quasi inconsapevolmente gli rivolse un sorrisetto divertito, annuendo.
«Ci sto, io adoro i dolci.»
«Anche tu?»
«Anche io? Chi altri li adora?»
«Nessuno, lascia perdere. Andiamo a mangiare dolci in qualche locanda lungo la strada, mi pare di averne vi sa una non molto lontano da qui.»
Le parole di Kisame vennero accolte con un leggero sorriso da parte della ragazza, che però si voltò per guardare con la coda dell’occhio la figura di Itachi che si allontanava.
Doveva aver molti pensieri per la testa, questo era certo, ma tanto da spingerlo ad allontanarsi dai propri compagni era una cosa alquanto strana. 

Si doveva aspettare un comportamento del genere da parte di Zetsu. Prima doveva passargli delle informazioni e poi si allontanava dalla sua compagna. Non era stato semplice rintracciarli nel Paese del Fuoco, ed una volta trovati aveva appreso dell’allontanamento. Di solito, quando la pianta era propensa a dar nuove notizie, non si trattava mai di qualcosa di piacevole. L’ultima volta aveva riferito loro di Orochimaru e del suo attacco al Villaggio della Foglia. Fu quasi difficile cercare di nascondere la propria preoccupazione, specialmente una volta appresa anche la scomparsa del Terzo Hokage. Era con lui che aveva firmato un tacito accordo riguardo il fratello minore, che sarebbe dovuto rimanere per sempre fuori da quella storia, e per questo motivo aveva convinto Kisame a spingersi fin li per controllare che le cose andassero bene. Aveva usato come scusa il voler rintracciare il possessore del Kyuubi, in modo tale da assecondare i piani di Pain, ma una volta al proprio vecchio villaggio le cose non erano andate come previsto. Si erano ritrovati a scontrarsi con Kakashi, il suo vecchio compagno anbu, ed anche con Gai, per concludere con l’Eremita dei Rospi che era insieme al
Jinchūriki . Dovevano aver avuto informazioni riguardo l’Akastuki perché non poteva essere una casualità il fatto che uno dei tre Ninja Leggendari fosse in compagnia di quel ragazzo.
Probabilmente se non fosse intervenuto il vecchio Jiraiya lo avrebbero addirittura catturato, guadagnando un maggiore riguardo da parte di Pain, ma in quel caso Sasuke era intervenuto a rovinare tutto. Era cresciuto nell’odio, proprio come lui un tempo gli aveva detto. Era diventato forte ma non abbastanza da poter anche solo pensare di sfidarlo. Anche se aveva appreso la tecnica del Chidori, insegnatagli sicuramente da Kakashi, ancora ne aveva di strada da fare prima di riuscire a risvegliare il suo Sharingan Ipnotico. Ma era certo che in un modo o nell’altro Sasuke ci sarebbe riuscito per il bene dell’intero clan degli Uchiha. 
Un flebile rumore alle proprie spalle, mentre si muoveva con tranquillità in quella foresta, lo costrinse a fermarsi immediatamente, segno che qualcuno era appena giunto. Ormai Itachi, pur non essendo uno shinobi sensoriale, era perfettamente in grado di riconoscere la presenza dei propri compagni, infatti si voltò verso la figura ammantata di Zetsu, il cui busto sembrava sporgere da un tronco. Chiunque conosceva quella tecnica, ormai tutti quanti sapevano come si muovesse quel loro compagni, ma le origini di quella pianta erano ciò che realmente incuriosiva Itachi. C’era solamente una persona al mondo capace di controllare il legno, ma quella persona era morta da molto tempo.
Fece virare gli occhi con lo sharingan in direzione di Zetsu, che invece sorrideva ampiamente ed addirittura lo salutò con una mano.
«Itachi, finalmente ci vediamo.»
«Pensavo che fossi con Reyko.»
Ammise con semplicità mentre studiava attentamente il compagno.
«Avevo delle cose da fare.»
Ed Itachi esitò nel rispondergli con la giusta domanda: chi dovevi spiare? Ma volle evitare di sembrare troppo scontroso, anche perché sembrava dovergli dire qualcosa di parecchio importante.
«D’accordo, quindi che cosa dovevi dirmi di così importante da farmi venire qui da solo?»
Cercò di scorgere negli occhi gialli della pianta la minima ombra di dubbio, o di paura, ma non sembrava preoccupato. Anzi, la sua parte bianca pareva quasi entusiasta di poter parlare con qualcuno, un po’ come sempre.
«Ho saputo una cosa riguardo tuo fratello Sasuke.»
Zetsu sembrò sibilare quel nome con fin troppa malizia, ed allora Itachi intuì che qualsiasi cosa stesse per dirgli non era niente di buono. Ma per tutti quanti Itachi non doveva sopportare suo fratello, l’unica debolezza che aveva. Lui era solo un ricambio per il proprio sharingan Ipnotico.
Niente di più.
Niente di meno.

«Dimmi.» Lo spronò a parlare, anche per capire quanto in pericolo si fosse messo in quel momento. 
«A quanto pare si è allontanato di sua spontanea volontà con il Quartetto del Suono di Orochimaru. Qualcuno ha cercato di fermarlo e c’è stata una feroce battaglia, ma si unito al Sennin leggendario a quanto pare.»
Quella notizia, per quando potesse essere pessima, non sorprese più di tanto Itachi. In fondo era stato lui stesso a suggerirgli di diventare più forte, quando fu costretto a simulare la propria follia, quella degli Uchiha.  E lui doveva aver visto nel vecchio Orochimaru la giusta guida per poter diventare più forte. Niente trucchi o inganni, lo avrebbe fatto con un Leggendario. La cosa non andava per niente bene, perché doveva addirittura aver sbloccato il Sigillo Maledetto, ma ciò che realmente lo preoccupava era un’altra cosa: il suo corpo. 
«Capisco—…» commentò con tranquillità tenendo gli occhi puntati in direzione di Zetsu. 
«Orochimaru desiderava a lungo un corpo con lo sharingan ed adesso ne ha trovato uno.»
«Ma le nostre fonti dicono che dopo lo scontro con il Terzo Hokage Orochimaru ha perso l’uso delle mani e per questo motivo ha già dovuto rigenerare il corpo. Quindi dovranno passare altri tre anni prima che possa impossessarsi di quello di tuo fratello, Itachi.»
Forse fu quella la notizia più interessante che Zetsu avesse potuto dargli. Avevano ancora tre anni di tempo per cercare di riuscire a rintracciare suo fratello, anche se in verità Itachi era abbastanza certo che non si sarebbe lasciato piegare tanto facilmente dalla volontà di Orochimaru. Doveva occuparsi di lui e questo sarebbe bastato per dargli la forza necessaria a ribellarsi, un giorno o l’altro. 
«Va bene, quindi vuole provare ad attivare lo sharingan ipnotico in questa maniera. E’ piccolo e stupido.» sentenziò con tutto il sarcasmo di cui era dotato.
«Ma potrebbe diventare forte se venisse allenato dallo stesso Orochimaru.»
«Se sopravviverà.»
«Comunque non penso che c’interessi. Abbiamo altro a cui pensare adesso.»
«Hai ragione.»
Sussurrò Itachi muovendo qualche passo per allontanarsi da lui, dandogli le spalle.
«Itachi, la mia compagna è con voi, giusto? Riportatela sana e salva alla base. Mi servirà per la prossima missione.»
«Non preoccuparti.»
Lo liquidò con ovvietà perché in fondo non vi era dubbio alcuno che non avrebbero riportato a casa la ragazza. Doveva essere esasperate, certe volte, per lei passare intere giornate con Zetsu o essere anche solo circondata da tutti quegli uomini. Ma lei non pareva aver mai dato segno di voler mollare. Una volta Itachi ricordava chiaramente di averla vista osservare con interesse il libro che lui stava leggendo, uno di quei vecchi e polverosi libri appartenenti ai vecchi proprietari, ma Reyko si era semplicemente limitata a guardarlo per poi allontanarsi. Forse doveva risultare parecchio antipatico, a differenza degli altri che sembravano capaci di farla ridere, anche con battute stupide.
Scosse appena la testa, scacciando quei pensieri, perché a lui non doveva interessare una cosa simile.
Erano altri i problemi che affliggevano l’animo del maggiore dei fratelli Uchiha, primo fra tutti suoi fratello. Perché nonostante non potesse ammetterlo apertamente Sasuke sarebbe rimasto la principale preoccupazione di Itachi.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Beginning ***


Beginning

Un vecchio signore era fermo dietro il grande bancone in legno che esponeva una ridotta quantità di pietanze varie ed eventuali. Gli occhi scuri della ragazza alternarono avanti ed indietro, cercando di decidere alla svelta che cosa prendere, alla fine, quando non riuscì ad individuare niente di allettante optò per una semplice tazza di te, proprio come il suo attuale compagno di viaggio. L’ex spadaccino della nebbia aveva decisamente ragione, la locanda che aveva visto non era troppo distante dal punto in cui si erano ritrovati, ma non aveva una gran varietà di cose. 
Entrambi, con le tazze fumanti in mano, uscirono dalla piccola sala ed allora si accomodarono ad uno dei tavoli in legno all'esterno sui quali poter poggiare le tazze. A Sen venne servita una ciotola d’acqua fredda, che il lupo sembrò gradire molto tanto da finirla nel giro di qualche minuto, mentre Kisame e Reyko, come due signori d’altri tempi s’andarono a sedere l’uno di fronte all’altra. Poggiarono i cappelli sui lati opposti del tavolo, ed allora Reyko soffiò delicatamente sulla superficie della bevanda in modo tale da poterla fare rinfrescare prima di assaggiarla. Aveva scelto un aroma alla rosa ed alla cannella, che l’aveva ispirata parecchio ma che aveva suscitato una risata divertita da parte di Kisame che borbottò qualcosa del tipo “come una vera ragazzina”. In risposta gli lanciò uno sguardo colmo di scetticismo, accompagnato da una smorfia da persona molto poco matura, prima di sorridere al vecchio che li aveva appena serviti.
«Allora, finalmente possiamo parlare un poco.» sentenziò lei mentre teneva ancora lo sguardo basso puntato verso la propria tazza. 
La stringeva ancora con le dita, in modo tale da poter riscaldare le mani, e solo dopo qualche secondo sollevò le iridi scure puntandole verso quelle dello squalo seduto dinnanzi a lei. 
«Mi dispiace che non ci fossero dei dolci, ero sicuro di averne visto qualcuno esposto.»
«Non fa niente, li mangeremo un’altra volta, Kisame—… dunque, come vanno le cose?»
Alla domanda appena posta lo spadaccino si limitò a scrollare le spalle, prima di poggiare un gomito sul tavolo, limitandosi a guardarla ed a sogghignare.
«Non posso lamentarmi. Abbiamo girato un po’ ultimamente, come tutti quanti, tu piuttosto, come te la passi con Zetsu? Sai, non è il massimo della simpatia.»
«Non male.» commentò lei, stupendolo parecchio. «In verità Zetsu non è così male come sembra, almeno la sua parte bianca, quella simpatica. La nera, invece, passa tutto il tempo a complottare ed a tramare, questo invece fa abbastanza paura. Di solito cerco sempre di stare attenta, ma oggi mi è sembrato più strano del solito.»
Spiegò rivolta in direzione dello squalo, che sorseggiava tranquillamente la sua tazza con il te. 
«Lui è sempre strano, però forse hai ragione. Doveva parlare con Itachi, ma di persona, per questo il mio partner lo ha dovuto cercare.»
Adesso la scomparsa di Itachi aveva decisamente senso, anche se in verità l’eremita non riuscì proprio ad immaginare di che cosa potesse, o volesse, discutere con il caro Zetsu. 
«Oh—… è qualcosa di grave?»
«In verità non lo sappiamo, però sembrava urgente, quindi immagino che adesso quei due stiano discutendo, ma non devi preoccuparti, Itachi non farà del male al tuo compagno.» ed allora Kisame ghignò divertito, cosa che fece sorridere anche Reyko.
In verità trovava che quello che doveva fare davvero attenzione, fra i due, era il ragazzo perché da ciò che aveva avuto modo d’imparare Zetsu, specialmente il nero, sapeva essere fin troppo pericoloso. Ma evitò di dirlo a Kisame, forse perché non voleva farlo preoccupare. 
«Immagino di sì. Beh, allora speriamo che torni presto. Zetsu non penso che tornerà con lui, anche perché mi ha detto che ci saremmo rivisti alla base.»
«Quindi tu e Sen sarete i nostri ospiti.»
«Piantala.»
«Sono serissimo. Inizio a provare una strana simpatia nei confronti del tuo lupo, specialmente quando sta per attaccare Deidara. In quei momenti penso proprio che potrei fargli una statua.»
Ed allora Reyko gli lanciò un’occhiata divertita prima di abbassare lo sguardo verso il proprio amico, accucciato ai suoi piedi. 
«E dire che durante il nostro primo incontro hai anche cercato di farmi fuori il compagno.» 
Mormorò in un sussurro Reyko, che però Kisame colse al volo. 
«E’ acqua passata quella, non è vero? Insomma dovevamo farti entrare nell’organizzazione ad ogni costo, non potevo permettermi di lasciarti vincere.»
Esitò per qualche istante la ragazza, prima di annuire lentamente, scuotendo i capelli, che le ricaddero dinnanzi agli occhi. 
«E’ acqua passata, basta che prometti di non attaccarci più con quella tecnica.»
Kisame, in tutta risposta, sollevò la mano destra e la portò all’altezza del suo cuore, sul quale tracciò una semplice X. 
«Parola di spadaccino
Quanto valeva, però, la parola di colui che aveva tradito il proprio Leader?
In verità Reyko, nonostante le voci e la sua storia, era fortemente convinta che Kisame fosse un vero uomo d’onore e per questo motivo meritava tutto il rispetto possibile. 
«Grazie, questo mi solleva parecchio.»
«Tu, però, non hai ancora mostrato le tecniche da eremita.»
Un sorrisetto sghembo si fece largo sulle labbra della ragazza, che assaggio il proprio te, per poi tornare a guardarlo.
«In verità le ho usate durante le missioni, quando servivano per combattere. Zetsu le ha viste e mi ha anche fatto i complimenti.
»
«Davvero? Maledetto Zetsu. Le arti eremitiche sono sempre qualcosa di assolutamente affascinante perché si dice che voi eremiti entriate in contatto con la natura.»
«Esatto, è proprio così. Accumulo energia naturale per librare le mie tecniche e—… e tipo sul viso mi spuntano dei segni e poi, magari un giorno vorrei riuscire a controllare un immenso branco di lupi proprio come fece il primo eremita. Quello sarebbe il massimo.»
Parlò con aria sognante, tenendo il viso poggiato su una mano che lo sorreggeva, quasi come una bambina, prima di rivolgere un sorrisetto in direzione di Kisame.
«Prima o poi avrò il piacere di assistere alle tue tecniche in battaglia, ne sono sicuro, specialmente adesso che le cose si fanno più interessanti.»
Ed ovviamente Reyko sapeva bene a che cosa si stesse riferendo. Era stato abbastanza strano, per lei, scoprire che il passo successivo sarebbero i Biju da catturare, ma non aveva fatto molte domande, anzi, si era limitata a dare le uniche informazioni riguardo i Jinchūriki del proprio paese. Il gatto ed il polipo. Non si fece alcun problema nel parlare liberamente, specialmente del Gatto fantasma, forse per una questione prettamente personale. Non era ben chiaro che cosa dovessero fare con le forze portanti dei vari paesi, ma per riuscire a catturare ed ad estrarre uno di quegli esseri si sarebbero dovuti impegnare parecchio. 
E con Zetsu avevano iniziato anche a studiare alcuni di loro, cercando le giuste tracce che li avrebbero potuti condurre da uno dei Jinchūriki. Insomma il lavoro era salito di livello, anche se una cosa preoccupava l’animo della ragazza: l’estrazione. Sapeva bene che cosa voleva dire estrarre una forza portante dal suo possessore e non era del tutto certa di voler partecipare a quel genere di cose, forse perché quelle persone, eccezione fatta per una, non le avevano fatto niente. Ma non vedendo nessuno esitare o batter ciglio durante la riunione nel rifugio, si era limitata ad abbassare lo sguardo per poi annuire mesta. Si era tenuto tutto questo per sé, esprimendo magari i propri dubbi in un secondo momento.
«Zetsu mi ha detto che siete andati alla ricerca della volpe a nove code. Com’è andata?» 
Domandò con spontaneità riferendo ciò che effettivamente la pianta le aveva riferito. 
«In realtà abbiamo soltanto studiato il nostro bersaglio. E’ un tipo piuttosto vivace e poi per Itachi tornare nel suo vecchio villaggio non è stato facile. Ha anche avuto l’onore d’incontrare il suo fratellino che ha cercato di ucciderlo.»
Uno sguardo preoccupato venne lanciato dalla ragazza in direzione dello spadaccino, che in tutta tranquillità sollevò una mano, come a voler minimizzare la cosa.
«Non preoccuparti, Itachi non è per niente facile da sconfiggere e suo fratello è ancora un dilettante.
»
«Beh—… suo fratello è—…» azzardò lei, non sapendo se continuare o meno.
«L’unico che Itachi ha lasciato in vita? Ebbene sì. Scommetto che Zetsu ti ha raccontato la sua storia.»
Non riuscì a nascondere il proprio sguardo colpevole, ma Kisame non sembrò giudicarla, anzi, le rivolse uno dei suoi sorrisi. 
«Non preoccuparti. Lo capisco. Comunque sì, quel ragazzo è stato un pazzo a voler attaccare Itachi con una tecnica interessante.»
«Ed Itachi?» domandò quasi come se la domanda le fosse uscita dalle labbra in maniera incontrollata.
«Beh, Itachi lo ha letteralmente steso senza problemi ed anzi, ha usato su di lui lo sharingan ipnotico. Anche quella una tecnica niente male.»
In realtà la vera domanda di Reyko era: ed Itachi come si deve esser sentito a dover attaccare l’unico che ha lasciato in vita? Però probabilmente l’interpretazione di Kisame era più adatta, anche perché lui non le avrebbe potuto rispondere ad un quesito simile.
«Capisco—… non deve essere stato facile, immagino.»
«Come mai?» le domandò incuriosito lo spadaccino.
Reyko, in tutta risposta, scrollò le spalle, lasciando che i capelli le ricadessero dinnanzi le spalle ed allora gli lanciò un lungo sguardo.
«Sì, insomma, è pur sempre suo fratello, non deve essere stato per niente semplice rivederlo dopo tutto questo tempo. Non importa, nel bene o nel male il solo fatto di averlo rivisto non deve essere stato facile anche per lui.»
Provò anche solo per un attimo a mettersi nei suoi panni, immaginando la pressione e l’animo di Itachi in quel frangente di eventi, cosa che forse Kisame non aveva fatto. Ma in fondo non gliene faceva una colpa, lui era molto più pratico e meno introspettivo, quella invece era una sua caratteristica. 
Kisame, infatti, la fissò qualche istante prima di mostrarle i denti in un sorrisetto divertito.
«Hai ragione, sai, ma Itachi è molto stoico e qualsiasi cosa gli passasse per la testa non ha di certo voluto condividerla con me. Mi ha semplicemente detto che era uno stupido e da come ci ha attaccati non ho potuto fare a meno di concordare—… »
In risposta alle parole dello spadaccino un sorrisetto si fece largo sulle labbra della ragazza, che tamburellò con delicatezza le dita sul tavolo, per poi annuire lentamente, come se entrambi avessero appena detto qualcosa di indicibile. 

Passò circa mezz’ora da quando si erano seduti a prendere quel te, ed il sole continuava ad illuminare ed a riscaldare, tanto che la ragazza andò a sedersi proprio sotto la luce, con l’intenzione di provare anche solo ad abbronzarsi un poco, speranza del tutto vana. Ricordava quelle poche volte in cui aveva preso il sole ed una serie di efelidi le erano spuntate sul naso e sulle gote a causa della chiarezza della sua pelle. I lupi le avevano consigliato di evitarlo, ma lei adorava il torpore provato in quegli istanti, tanto da arrivare a socchiudere gli occhi, beandosi di quella sensazione. 
Fu un lieve rumore, seguito da un’ombra che le oscurò la vista, a costringerla a muoversi, rompendo quella posa serafica. Riaprì solamente un occhio, per accertarsi di chi fosse intervenuto a farle ombra, ed allora notò finalmente la figura di Itachi in contro luce. 
Era quasi una visione strana, con i raggi che oscuravano maggiormente il viso, e l’espressione più cupa del previsto. 
«Itachi, stai bene?»
Non poté mancare la domanda da parte della ragazza, che ovviamente raddrizzò il busto, mettendosi a sedere meglio. 
Il ragazzo si limitò ad abbassare lo sguardo cremisi verso di lei e poi annuì meso, inspirando profondamente. 
«Ne sei proprio sicuro? Insomma sembri sconvolto.» azzardò Reyko prima di mettersi in piedi in modo tale da poterlo osservare meglio. 
«Non preoccuparti va tutto bene.»
«Già, eremita, non preoccuparti, quella è la sua faccia normale.» la punzecchiò Kisame, raggiungendo i due. 
Ma per quanto poco potesse conoscerlo rispetto il suo normale partner Reyko era abbastanza certa che quella non era la faccia di chi stava bene. Ed il terribile pensiero che Zetsu, il suo Zetsu, potesse avergli fatto qualcosa attanagliò la propria mente
«Zetsu? Non ha fatto niente di strano, giusto?»
Per la prima volta dopo molto tempo Reyko sembrò quasi essere in pensiero per il ragazzo, forse perché aveva imparato a conoscere il proprio di partner. Sapeva quanto subdolo sapesse essere quella pianta doppiogiochista, per questo motivo Reyko non gli toglieva gli occhi di dosso. Itachi, invece, sembrò piuttosto stupito dalla domanda appena udita, tanto da sbattere un paio di volte le palpebre, come a voler essere sicuro di aver capito bene.
«No—… quindi te ne sei accorta anche tu della sua stranezza.»
Reyko, sorpresa da quell’affermazione, rischiò di rivolgergli una smorfia.
«Certo che me ne sono accorta. Già durante il primo discorso mi sono resa conto di quanto sappia essere pericolosa quella pianta. Non mi ha neanche voluto dire da dove proviene.»
Il che implicava una risposta che probabilmente non le sarebbe piaciuta neanche un poco, infatti viste le espressioni degli altri due abbassò lo sguardo.
«Non lo ha detto a nessuno. E’ stato molto riservato ma con te, forse perché lavorate insieme, si è riuscito ad aprire un poco.»
Aggiunse con tranquillità Kisame sistemandosi meglio sulle spalle la propria Samehada.
«In ogni caso lo terrò d’occhio. Sempre.»
Ed un sorrisetto divertito, a smorzare quella tensione che si era venuta a creare, fece capolino sulle labbra rosee della ragazza, che schioccò le dita, richiamando allora l’attenzione di Sen. Il lupo, ormai addormentato, s’alzò immediatamente e la raggiunse, trotterellando intorno ai tre come se fosse la cosa più normale di sempre.
«Ottimo, allora che ne dite di riprendere il nostro cammino verso la base?» sentenziò l’ex della Nebbia passando allo spazio fra i due ragazzi, seguito a ruota da un Sen scodinzolante. 
«Direi proprio di sì, anzi, senza ombra di dubbio. Ho decisamente bisogno di un letto che possa essere definito tale.»
E Reyko lo seguì a ruota alzando entrambe le braccia verso il cielo, come a volersi sgranchire. Afferrò il cappello di paglia ancora poggiato sul tavolo e se lo mise sul capo, in modo tale da poter coprire il proprio volto e poi finalmente iniziò a camminare insieme a quel gruppetto che ormai si era creato.
Decisamente sarebbe stato meglio tornare insieme a loro due piuttosto che con Zetsu. 

Un paio di settimane prima
Gli ologrammi sembravano tremolare per via del contatto forse troppo distante. Non era stato per niente difficile imparare quella tecnica, che unita a all’anello che le avevano dato una volta entrata, era diventato il miglior modo per comunicare con il proprio Leader. 
Si erano ritrovati nel bel mezzo di una contrattazione con Zetsu ed i loro vari acquirenti quando all’improvviso era giunto il segnale che imponeva loro di rispondere a quella sorta di chiamata. Si radunavano in uno dei rifuggi dell’Akatsuki, di solito quello dove si trovava la statua, nonostante nessuno di loro fosse nei paraggi. Era un modo comodo, anche se la prima volta le richiese molto sforzo, cosa che imparò a bilanciare con vari tentativi. 
Non sembrava mancare nessuno all’appello, ma ovviamente gli ultimi due ad arrivare furono Kakuzu ed Hidan. Una vera fortuna non essere arrivata per ultima, cosa che di tanto in tanto le era successa. 
L’unica cosa davvero colorata, che riusciva a  far capire con chi si stesse parlando, erano gli occhi, di colori stranamente più accesi. Quelli viola di Pain e quelli rossi di Itachi erano decisamente quelli che risaltavano maggiormente, ma anche l’ambrato di Konan non passava inosservato.
Si era ritrovata fra Zetsu e Sasori, che ormai camminava nella sua nuova ed inquietante marionetta. La prima volta che l’aveva vista si era ritrovata ad indietreggiare immediatamente, spaventata dalla coda intrisa di veleno. Eppure era un’idea geniale, la sua, quella di aggirare il problema del proprio corpo. Insomma si era rifugiato dentro la sua stessa arma e la manovrava dall’interno. Reyko aveva decretato che lo preferiva in versione normale, con i capelli rossi e gli occhi stanchi piuttosto che in quelle sembianze. 
Un lieve colpo di tosse, quando finalmente riuscirono a riunirsi li dentro, li costrinse al silenzio, nonostante le lamentele di Hidann. 
«Finalmente ci siamo tutti.» esordì Pain rivolgendo gli occhi viola in direzione dei presenti. Li analizzò con attenzione, senza lasciare trasparire alcuna emozione e poi riprese il filo del suo discorso. «Tempo fa vi dissi che il nostro piano per riuscire a conquistare la pace nel mondo degli Shinobi si componeva di due fasi: la prima consisteva nel cercare di acquistare ricchezza e notorietà, in modo tale da creare un giro grazie al quale l’Akatsuki può effettivamente prosperare. Tutti quanti, qui dentro, avete svolto un ottimo lavoro.»
Il silenziò calò nuovamente nella sala. Qualcuno sogghignò, cosa percepibile dal mutamento dell’ologramma, ma per lo più rimasero in silenzio. Reyko, stranamente, rimase silente fino a quel momento, senza perder di vista gli occhi violacei di Pain. 
«Ma adesso è giunto il momento di passare alla seconda fase: abbiamo bisogno di iniziare ad accumulare vera forza e questo lo possiamo fare indebolendo le cinque grandi nazioni. Sottrarremo loro ciò che di più prezioso hanno
Ed in quegli attimi la ragazza si pietrificò perché una parte di lei aveva iniziato a sospettare di che cosa potesse trattarsi. Ma non mostrò alcun segno di cedimento. 
«Le ricchezze?» domandò Kakuzu, che ovviamente non poté fare a meno di pensare alla sua grande debolezza. 
«Certo che no, stupido, la cosa più preziosa per le nazioni è la religione, ovvio.» rispose Hidann che aveva appena lanciato uno sguardo di fuoco al partner. 
«No.» li interruppe molto bruscamente Pain. «Sottrarremo loro i Biju
Il silenzio inesorabile calò nuovamente fra i presenti, rendendo l’aria ancora più pesante del solito. L’intuizione di Reyko si era rivelata giusta e proprio per questo motivo si sentì stranamente irrequieta. Che cosa voleva dire che si sarebbero impossessati dei Biju?
«Pain, che intendi dire con sottrarremo?»
La domanda intelligente venne posta da Sasori nella sua forma da marionetta di protezione.
«Cattureremo le loro forze portanti. Immagino che voi tutti, o quasi, sappiate che ogni nazione possiede delle Forze portanti, ovvero i demoni caudati che costituiscono la vera forza. Controllare il Biju non è semplice, ma il compito di un Jinchūriki è proprio questo. Noi toglieremo loro i Biju, li porteremo via e poi estrarremo il demone caudato.»
Demoni caudati. Erano in tutto nove. La nuvola ne possedeva due. Ed uno di essi aveva ucciso la propria famiglia. Il Gatto Fantasma, il demone con due code. Poi non ricordava dove fossero sparsi gli altri. Ma la cosa che forse le fece più paura fu proprio il fatto di doverli catturare.
«Ed una volta catturati che faremo?» chiese Deidara, che stranamente sembrava essersi interessato a quel discorso. 
«Dovremo estrarre i Biju con una tecnica rituale che dura quasi tre giorni, ed allora imprigioneremo il demone dentro questa statua.»
Pain, con un gesto olografico della mano indicò la statua demoniaca che c’era alle sue spalle. Quella che la prima volta aveva incuriosito Reyko, ma che adesso aveva un vero scopo. Quindi era questa l’arma per sottrarre le forze portanti alle nazioni. 
Ma c’era una cosa che nessuno aveva messo in conto: una volta estratto il demone il suo possessore sarebbe morto. Quindi questo voleva dire che avrebbero dovuto uccidere nove persone, compreso il suo vecchio maestro.
Nove persone la cui unica colpa era quella di portare un simile fardello per la propria missione.
Nove persone il cui destino era appena stato scritto. 

Ma questo non piacque a Reyko. Poteva anche odiare con tutta sé stessa il demone che aveva fatto tutto ciò al suo clan, ma non per questo motivo voleva che morisse in quel modo indegno. 
Era questo che sembrava vacillare nell’eremita, possessore di un animo non ancora totalmente avvolto nelle tenebre né così luminoso da poterla definire una brava persona. Lei non era più una brava persona, anche se spesso se lo ricordava. Un tempo magari poteva esserlo stato ma da quando prese la decisione di vendicarsi tutto era collassato su sé stesso, riducendola a doversi nascondere sempre e comunque. 
Aveva davvero creduto che l’Akatuski, la più grande organizzazione criminale dell’ultimo periodo, potesse realmente desiderare la pace? Ebbene sì, lei ci aveva sperato davvero, ma adesso i suoi dubbi iniziarono ad essere sempre più prepotenti. 
«Quindi estrarremo i demoni caudati ed una volta recuperati tutti e nove?»
La domanda uscì dalle sue labbra quasi come un sussurro, mentre gli occhi scuri erano volti in direzione di Pain, che ricambiò lo sguardo.
«Una volta recuperati avremo in pugno le cinque grandi nazioni e potremo costruire il nostro ponte per la pace
Pace.
Pace. 
Lui continuava a parlare di pace ma quel ponte che avrebbe costruito era disseminato di morti. Ma ormai come poteva rifiutarsi giunta a questo punto? Semplice, non poteva, ma avrebbe portato il peso di ciò che avrebbero fatto per sempre con sé, come ennesima macchia sul cuore di chi un tempo era semplicemente una ragazza. 
Socchiuse gli occhi, smettendo di ascoltare le parole di Pain e gli altri dettagli sul piano, chiaramente Zetsu avrebbe saputo cosa fare, ed allora annegò nel mare dei propri ricordi, tornando indietro a quando ancora non doveva uccidere per sopravvivere.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Poetry ***


Poetry
Un mese dopo
 

Il rifugio, come sempre una di quelle tetre caverne oscure, non faceva altro che rabbuiare l’animo della ragazza. Poteva trovarsi li anche solo in versione di ologramma, perché in verità il proprio corpo era seduto su una scogliera nel paese della Cascata, ma la solita inquietudine difficilmente l’avrebbe abbandonata. Con Zetsu avevano passato giorni a cercare le informazioni riguardo il Biju a cinque code, ma non avevano ottenuto niente, segno che stavano decisamente seguendo la strada sbagliata. Ognuno di loro aveva il compito di catturarne uno e quel momento preoccupava come non mai la ragazza. Era abbastanza conscia delle proprie capacità ma non sapeva quanto potessero essere forti i loro avversari.
L’idea di esser stata semplicemente richiamata per un aggiornamento non era poi tanto sbagliata, visto e considerato che lo aveva fatto anche altre volte. Zetsu, stranamente, era rimasto insieme a lei fino a quel momento, ed allora erano apparsi insieme nel rifugio più vicino. 
Come sempre le immagini iniziarono a tremolare dopo pochi secondi, e qualche attimo dopo apparvero altre tre figure. Reyko riuscì a riconoscere immediatamente quelle persone grazie solo ai loro occhi: viola, rossi e neri. E questo fu invece il segnale che c’era qualcosa di diverso in quella sorta di riunione. 
Pain, come sempre, mosse un passo in avanti alternando lo sguardo violaceo su entrambe le coppie che aveva convocato.
«Grazie per essere venuti il prima possibile.» Sentenziò con il suo solito tono autoritario prima di volgere lo sguardo verso Zetsu. 
«Zetsu? Le vostre ricerche?»
La pianta, sorpresa come non mai di esser stata interpellata, sollevò entrambe le braccia.
«Male, non abbiamo trovato molto ma ho delle nuove informazioni interessanti riguardo il demone con Sei code.»
Reyko non disse niente, perché effettivamente quello che captava le informazioni era sempre lui.
«Ottimo, mentre voi, Kisame ed Itachi?» questa volta l’uomo si rivolse in direzione degli altri due, attendendo una risposta.
«Siamo sulle tracce del demone con quattro code.» rispose con relativa tranquillità il ragazzo dello sharingan, puntando lo sguardo cremisi in direzione del leader.
«Va bene, ma al momento abbiamo ricevuto, o meglio Zetsu ha ricevuto, un’informazione molto interessante riguardo il Biju a tre code.»
Kisame, semplicemente sentendo quelle parole lanciò un rapido sguardo a Pain.
«Si tratta di Isobu, il demone del Paese dell’Acqua.»
«Esattamente. A quanto pare dalla morte di Yagura non si sa se qualcuno sia riuscito ad incanalare il demone. Si dice che il nuovo Jinchūriki viva in un paese al limitare della capitale e voglio che andiate a controllare ed in caso a catturarlo.»
Reyko, sorpresa da quell’affermazione, sollevò immediatamente lo sguardo, confusa. Voleva che andassero tutti e quattro? Ma così erano troppo riconoscibili. 
«Ma c’è un problema. Andare così vicini alla capitale è pericoloso, specialmente per un ex membro della Nebbia Insanguinata.» e Pain indicò con un semplice gesto della mano Kisame, che in tutta risposta annuì.
«E’ vero. Mi riconoscerebbero molto facilmente da quelle parti.»
«Per questo motivo, durante questa missione, dovrete fare un cambio fra di voi.»
Gli occhi viola, qualche attimo dopo, s’andarono a posare sulle figure di Zetsu e Reyko, che avevano sentito ciò che era appena stato detto.
«Io vorrei andare con Kisame, se possibile. Sarei solamente d’intralcio ad Itachi se dovesse trovare il Biju, mentre Reyko potrebbe aiutarlo a combattere.» proferì con tranquillità la pianta prima di puntare i grandi occhi gialli in direzione della ragazza, che si trovò stranamente sotto l’attenzione di tutti.
«Ehm—… giusto. Io posso combattere, cosa che Zetsu non fa quasi mai.»
«Una volta ho combattuto.»
«Quello non era combattere, era semplicemente "spaccare un vaso in testa al nemico"
«Conta come combattimento.»
Reyko non ebbe la forza, o la voglia, di continuare a rispondere a tono alla pianta, anche perché lui era davvero convinto di ciò che andava dicendo. 
Roteò gli occhi e poi incrociò le braccia al petto, tornando a guardare Pain.
«D’accordo si può fare, ci dividiamo per questa missione, così io ed Itachi andremo a cercare il Tre code mentre Kisame e Zetsu—…» ma venne interrotta dalla pianta.
«Noi cercheremo il demone con quattro code visto che avevano già qualche informazione.»
Pain annuì lentamente, come se quella decisione fosse perfetta ed allora rivolse loro un rapido cenno di capo. Non tendeva a parlare molto, anzi, diceva solo il minimo indispensabile, però quando parlava alludeva sempre a quella sua tanto agognata pace. 
«Quindi così è deciso. Inizierete subito.»
E con un ultimo cenno del capo Pain sparì, lasciando solamente loro quattro in quella grande caverna ormai vuota. Reyko lanciò uno sguardo veloce in direzione della statua alle loro spalle e poi sospirò profondamente.
«Kisame, Itachi, vi raggiungo io così ti dirò dove trovare Reyko.»
Zetsu sparì a ruota, senza neanche attendere un cenno da parte degli altri due che si scambiarono un rapido sguardo e poi si dissolsero nell’oscurità. Rimase solamente lei, forse perché era stanca, e rilasciò a sua volta la tecnica, in modo tale da potersi allontanare e tornare nel suo reale corpo.
Quando riaprì gli occhi Zetsu, che un tempo era rimasto seduto accanto a lei, si era gia allontanato alla ricerca dei due con i quali si sarebbero dovuti scambiare. In cuor suo, Reyko, approvò quel nuovo piano, forse perché in quella maniera avrebbe avuto modo di parlare con qualcuno diverso dalle due personalità di Zetsu. Magari Itachi Uchiha non era esattamente un grande parlatore, ma era stranamente piacevole stare in sua compagnia. Era un ragazzo riservato, di un anno più grande di lei, e che parlava raramente per dire cose giuste. Ma c’erano delle volte, strane volte, in cui non riusciva ad intravedere nulla di sbagliato in lui. Insomma ognuno di loro dimostrava anche abbastanza palesemente il proprio lato malvagio, i sogni perversi, la follia, ma lui sembrava totalmente estraneo a questo genere di cose. E questo l’aveva capito semplicemente guardandolo negli occhi una volta.

Un paio di settimane prima
Equilibrio. Stare in equilibrio era la cosa più semplice di sempre per uno shinobi, specialmente quando esso utilizzava il chakra in modo tale da non aver momenti in cui la gravità potesse venir meno. Era una delle tecniche basilari quel tipo di controllo, infatti era praticamente la prassi, specialmente per un’eremita. Le prime volte durante gli allenamenti i lupi le imposero di rimaner in equilibrio in luoghi assolutamente assurdi, perché il restare fermo era quanto di più difficile un animale potesse fare. Non era stato semplice, ma alla fine Reyko aveva trovato il proprio equilibrio e quel pomeriggio, forse per la troppa noia, aveva deciso di mettere in atto una tecnica per svagarsi.
Aveva trovato un libro interessante nella libreria della casa. Pochi erano i libri privi di polvere, ma alla fine era riuscita a selezionare ciò che aveva davvero catturato la sua attenzione e poi era uscita, dirigendosi sul porticato laterale della casa, lontana da occhi indiscreti. Nel salone aveva lasciato Sasori intento a montare le sue marionette, mentre Deidara aveva deciso di provare a cucinare qualcosa, ovvero stava volontariamente provando a distruggere la cucina. Lei era decisa a non essere li dentro quando tutto sarebbe saltato in aria, forse per colpa dell’argilla, per questo motivo era andata fuori.
Con i piedi nudi in parte fasciati, libera dal mantello dell’akatsuki, se ne stava in perfetto equilibrio passeggiando sulla balaustra in legno che circondava la casa. Faceva un preciso percorso, andando avanti ed indietro, mentre con tranquillità leggeva e sfogliava le pagine del libro preso in precedenza. Si trattava di una semplice raccolta di poesie, niente di speciale, ma interessante al punto d’averla spinta a scegliere quella raccolta su tutte le altre proposte della casa.
Sen, come sempre, si era messo a dormire all’aperto sulla parte di porticato che dava sul fiume, in modo tale da potersi godere il fresco venticello a lambire il suo pelo. Di tanto in tanto la kunoichi gettava un occhio per assicurarsi che stesse bene, e poi ritornava a leggere.
Con un’aggraziata ed elegante piroetta si ritrovò nuovamente a fare il percorso inverso sulla balaustra, evitando anche i fiori rampicanti che scendevano dal tetto. E fu allora, giunta a quel passo, che non poté fare a meno di leggere in un mormorio ammirato quella poesia, che sembrava tanto romantica. 
«Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passion—…»
«Che stai leggendo?»
Ed allora, sentendo quella voce che interruppe la frase poetica che si era decisa a leggere, si bloccò di colpo. Posizionò il piede male e questo, sulla sottile balaustra in legno, le fece perdere letteralmente l’equilibrio. 
Ovviamente, essendo lei una kunoichi anche piuttosto esperta, nonostante quella svista sarebbe caduta perfettamente in piedi sul pavimento ligneo, ma colui che l’aveva distratta era intervenuto prima del previsto, prendendola al volo.
Si ritrovò, così, tra le braccia di Itachi, che la fissò per qualche attimo con aria decisamente confusa. Con un braccio le stringeva la schiena, mentre con l’altro le sorreggeva le gambe, in una posa del tutto naturale ed anche abbastanza equilibrata.
«Scusa, non volevo farti perdere la concentrazione, Reyko.»
Aveva mormorato il ragazzo, lasciando che i loro occhi s’incontrassero. Non vi era alcun segno dello sharingan ad incutere timore, ma solo due grandi occhi scuri, incuriositi. 
«Non—… non preoccuparti. Non ti avevo sentito arrivare e così ho semplicemente perso l’equilibrio.»
Ribatté la ragazza sollevando a sua volta gli occhi nella sua direzione. 
«Non volevo interromperti, lo giuro, ma ti ho sentita leggere ad alta voce. E’ un libro davvero bello.» ammise con estrema semplicità il ragazzo, impassibile come sempre in viso.
«Hai ragione, è molto bello l’ho trovato per caso nella libreria.»
«E tu leggevi le poesie molto bene.»
Aveva davvero detto che leggeva bene le poesie? 
Solamente sentendo quelle parole sentì che il sangue iniziò a fluire piuttosto rapidamente sulle sue gote, tingendole di un rosso appena accennato, segno che stava—… arrossendo. Raramente le era capitata una situazione simile, ma si trattava per lo più di un imbarazzo provocato da tutt’altro genere di gesti affettuosi. Non perché un ragazzo le aveva appena detto che leggeva parecchio bene delle poesie, o perché la stesse ancora tenendo in braccio.
Perché sì, Itachi non l’aveva ancora lasciata andare.
Reyko decise che era per tutte quelle cose che le sue guance erano diventate rosse, perché se avesse ripetuto le medesime parole in un contesto diverso non sarebbe arrossita. O almeno, questo era ciò che sperava.
«Grazie—… ti piacciono le poesie?»
A quella domanda il ragazzo sembrò tentennare, ma si limitò a scrollare le spalle con assoluta tranquillità.
«Non tanto, ma sentirle leggere da te era piacevole.»
«Oh—...»
Ed allora Reyko distolse lo sguardo, continuando a sentirsi vagamente in imbarazzo, anche per via di quella risposta tanto sincera, appena uscita dalle labbra del ragazzo. Solo allora si rese conto di quanto stesse accadendo in quell’attimo, perché si ritrovava ancora fra le braccia di Itachi e Sen, che di solito partiva all’attacco quando qualcuno osava avvicinarsi troppo a lei, si era limitato a sollevare il capo, per osservarli, e poi tornare a dormire. 
«Sai, puoi anche mettermi giù se vuoi. Non mi sono fatta male.»
Ci scherzò su lei, limitandosi a rivolgergli uno dei suoi sorrisetti sghembi, beccandosi solamente un’occhiata confusa da parte di Itachi, che non sembrava essersi reso conto della cosa. 
«Giusto, scusa—…» 
Con movimenti semplici la lasciò andare, abbassandosi per permetterle di rimettersi in piedi e fu quasi spiacevole doversi allontanare dal calore che emanava il ragazzo. Reyko strinse allora il libro al petto, mentre con una mano tirò dietro l’orecchio una ciocca di capelli, ritrovandosi adesso a guardare Itachi dal basso. Non si toglievano molto, in termini d’altezza, ma per guardarlo negli occhi dovette decisamente sollevare gli occhi. 
«Non preoccuparti, non è successo niente e poi è comodo andarsene in giro in quella manier—…» 
Ma ancora una volta le parole della ragazza vennero interrotte da qualcosa. In quel caso specifico il forte rumore di un’esplosione la costrinse a dover smettere di parlare, stupita come non mai della cosa. Anzi, se ci avesse riflettuto attentamente, l’esplosione era praticamente una certezza visto ciò che stava facendo Deidara, ma lei aveva deciso di dargli piena fiducia.
«SEI. UN. IDIOTA
La voce di Sasori, la sua vera voce, si fece sentire fin li, segno che effettivamente quella era opera del biondo dinamitardo. 
Reyko ed Itachi si lanciarono un rapido sguardo scettico, prima che finalmente qualcuno riprendesse a parlare.
«Credo che dovremmo andare a controllare cosa sia successo.» azzardò lei, come se quello fosse davvero l’ultimo desiderio in quel momento. 
«Penso—… che sia il caso di andare.»
Aggiunse Itachi voltandosi in direzione dell’apertura più vicina, da cui era iniziato ad uscire anche del fumo. 
«Pensi che questa volta il Maestro Sasori ucciderà Deidara?»
Itachi, con la coda dell’occhio, le lanciò un ultimo rapido sguardo ed accennò quello che a Reyko parve un sorriso, ma non ne era del tutto sicura. 
«Andiamo e lo scopriremo.»
Ed in quel sussurro quasi accennato Itachi le fece segno di seguirlo verso l’interno della casa. Ovviamente ci fu solamente una gran confusione, parolacce da parte dei due artisti, ed una serie di imprecazioni da parte degli altri riguardo il fumo. 
Purtroppo quella non fu la volta buona in cui Sasori riuscì ad eliminare Deidara, per la sfortuna di tutti quanti, però rimase un episodio impresso nella mente dell’eremita per via del ragazzo con lo sharingan, soprattutto per le sue parole. 


Una leggera pioggerella aveva iniziato a cadere. Non si trattava di un vero e proprio temporale, anche perché in quel caso tutto sarebbe risultato parecchio fastidioso. Ma in quel caso era quasi piacevole lasciare che delle semplici gocce rigassero le proprie guance e le bagnassero i capelli. 
Era rimasta fino ad allora intenta a meditare, ed a pensare, facendo un medio bilancio della propria vita, abbandonandosi di tanto in tanto ai ricordi. In più, quell’espediente, le era servito per accumulare come sempre energia naturale, da usare in caso di combattimento, e visto e considerato che dovevano andar a cercare un Biju la prudenza non era mai troppa. 
Scostò con la mano una ciocca di capelli umida, senza prestare molto caso al proprio attuale aspetto. Doveva sembrare quasi stanca, o forse spossata, cosa che in parte era, ma nascondere le proprie deboleze è sempre stato una prerogativa degli esseri femminili, decisi a primeggiare sugli uomini. Gli occhi nocciola osservarono con scarso interesse il panorama. Sotto di sé a circa venti metri di distanza, vi era il mare che stava iniziando ad agitarsi. Le onde, sempre più impetuose, si schiantavano contro la parete di roccia per poi tornare indietro e riprovarci. Era quasi ipnotico osservare quel modo di fare del mare, che nonostante non riuscisse a distruggere non si arrendeva mai.
Ecco, Reyko avrebbe tanto voluto possedere un quarto della forza di volontà che sembravano possedere le onde, che le sarebbe servita in quei momenti futuri. C’erano stati degli attimi in cui aveva quasi detto a Zetsu di non voler partecipare a quella caccia ed altri in cui sembrava che trovare quel Biju fosse quasi una questione personale. Si sarebbe volentieri ritrovata faccia a faccia con il Gatto a due Code semplicemente per poterlo sigillare, ma era davvero giusto togliere la vita a Yugito per un motivo tanto egoista? Lei c’entrava ben poco, perché era divenuta il Jinchūriki successivamente allo sterminio della sua famiglia.
C’era quel dubbio morale che l’assaliva e difficilmente l’avrebbe lasciata andare, quasi come se fosse una stretta morsa allo stomaco. 
Inspirò profondamente l’aria balsamica quando all’improvviso fu come se un’ombra fosse apparsa alle sue spalle, riducendo la quantità di luce, ma allo stesso tempo impedendo alla pioggia di cadere sul suo capo. Aprì immediatamente gli occhi, senza alcun segno di evidente preoccupazione e sorpresa notò che qualcuno la stava decisamente riparando dalla pioggia. Studiò rapidamente quel mantello e poi si voltò dal lato opposto, notando la figura di Itachi ferma accanto a lei, intento a fissare anche lui il panorama.
«Itachi—…»
Quasi con confusione pronunciò il suo nome, anche se in verità non si sarebbe dovuta sorprendere più di tanto. Ma faceva sempre un certo effetto vederlo in quelle circostanze.
«Scusa se ti ho fatto aspettare troppo, ma Kisame mi ha dato qualche consiglio per arrivare più rapidamente nel Paese dell’Acqua.» 
Si ritrovò a sbattere più volte le ciglia, e poi, senza difficoltà alcuna, si rimise in piedi, dando una lieve scrollata alla polvere ed alla terra che erano rimaste attaccate al proprio mantello.
«Nessun problema, io stavo semplicemente meditando, era piuttosto piacevole.»
Solo allora, quando entrambi erano l’uno accanto all’altra, Itachi voltò lo sguardo cremisi nella sua direzione, inarcando appena un sopracciglio.
«Vuoi rimanere ancora a meditare se ti serve per la modalità eremitica?»
Quella domanda, tanto garbata, le fece dubitare sempre di più della profonda brutalità dell’animo di Itachi. Come poteva, davvero, qualcuno come lui essere uno sterminatore ed allo stesso tempo preoccuparsi per loro in quella maniera? 
Era decisamente strano ed il suo sguardo rosso non faceva altro che far crollare le idee e le ipotesi che si facevano avanti nella mente di Reyko. La ragazza, allora, scosse il capo, scuotendo i capelli umidi.
«No, non preoccuparti. Non ne ho bisogno, era solo per rilassarmi mentre ti aspettavo.» 
Itachi non sembrò battere ciglio e distolse, allora, il loro contatto visivo limitandosi a voltare i propri occhi in direzione del mare davanti a loro. 
«D’accordo, che ne dici di andare? Così ti aggiorno riguardo quello che mi ha detto Kisame e su ciò che so sul Tre code.»
«Direi che è perfetto, anche se credo che la strada per il Paese dell’Acqua sia abbastanza lunga.» 
Nel sentire quelle parole il ragazzo le rivolse uno sguardo, facendo cenno di seguirlo lungo la scogliera.
«In realtà meno del previsto, anche per questo motivo non era molto saggio che andassi con Kisame, lui verrebbe riconosciuto subito con Samehada.»
Lo seguì, camminando attentamente e richiamando anche l’attenzione del lupo che scodinzolando trotterellò insieme ai due.
«Infatti l’ho trovata un’idea anche abbastanza saggia da parte di Pain, rischiare così inutilmente non aveva senso e poi—…» si fermò, incerta se parlare o meno.
«Poi finalmente qualcuno di diverso da Zetsu.»
Stranamente il ragazzo degli Uchiha si voltò verso di lei, rivolgendole quasi un sorriso divertito per via di quell’affermazione, cosa che spinse anche la stessa Reyko a ricambiare quel sorrisetto.
«Posso solo immaginare.»
Ed allora l’eremita mosse qualche passo più rapidamente, affiancandolo, mentre continuavano a camminare sotto la pioggia, e così sollevò entrambi i palmi lasciando che le goccioline lambissero i palmi in parte fasciati. 
«Purtroppo va a giorni ed a momenti, perché certe volte la sua parte bianca è anche divertente.»
«Mentre quella nera?» le domandò il ragazzo senza voltarsi a guardarla.
«Quella nera è—… quella nera
«Lui è la vera mente, il bianco è più ingenuo mentre il nero è decisamente più perspicace.»
Quindi anche lui se n’era accorto nonostante non ne  avessero mai parlato apertamente, ma in fondo anche Kisame lo aveva capito. Probabilmente solamente chi stava molto distratto non si sarebbe accorto della cosa, qualcuno come ad esempio il dinamitardo, ma questi erano problemi che non toccavano Deidara, fortunatamente. 
«Non solo, ma è anche un acuto osservatore. Registra tutto, pure le mie mosse e questo è stato—… strano.»
Nel sentire l’affermazione di Reyko il ragazzo si voltò verso di lei, mentre finalmente la sua espressione variò perché si passò dalla tranquillità alla curiosità.
«Che vuol dire che registra le tue mosse?»
Effettivamente non sapeva bene neanche lei come spiegarlo, perché era una cosa che aveva capito ma non era sicura di tale affermazione, però decise che quanto meno con lui ne avrebbe potuto parlare. 
«Zetsu nero è un attento osservatore, come sai, e più volte mi ha dato qualche consiglio su come abbattere dei nemici e questo perché lui li aveva studiati. Sapeva già che genere di mosse avrebbero fatto e non si è fatto scrupolo a dirmelo. Poi però un giorno, mentre stavamo tornando, mi chiese perché non avessi usato la Tecnica dei Petali cadenti per difendermi piuttosto che schivare semplicemente e da allora ho come avuto il sospetto che mi tenesse sotto controllo e studiasse le mie mosse.»
Spiegò quell’aneddoto con particolare tranquillità, come se effettivamente ormai la cosa fosse del tutto passata, ma a giudicare dallo sguardo indagatore del ragazzo capì di aver appena toccato un tasto interessante.
«Con lui tutto è possibile, non mi sorprenderebbe se tenesse d’occhio anche tutti noi.»
Stupita da quell’affermazione si ritrovò a sbattere più volte le ciglia, analizzando attentamente quanto appena detto.
«Ma se dici che ci studia la vera domanda è: perché?» 
«Ottima domanda—…» commentò Itachi voltandosi nuovamente verso di lei.
«Peccato che al momento non so darti una risposta corretta, dico solo di fare attenzione a lui. E poi sei tu quella in coppia con Zetsu, è tuo il compito di rispondere a quella domanda.»
Era stata una risposta semplice, fin troppo semplice, ma che aveva un fondo di verità incredibile. Se era davvero così, ovvero che Zetsu stesse studiando tutti quanti loro, Reyko sentì quasi il dovere morale di capire che cosa stesse facendo. Insomma, potevano anche esser parte di una delle più pericolose organizzazione criminali delle cinque nazioni, ma non per questo voleva dire che si sarebbero lasciati ingannare da una semplice pianta. 
Sulle labbra della ragazza il sorrisetto sghembo fece nuovamente capolino, nonostante il colletto del mantello, ed allora annuì.
«D’accordo, cercherò di capire qualcosa in più su di lui. Ma non sarà semplice, è furbo ad evitare le domande giuste.»
«Allora tu cerca di essere più furba di lui, cosa che sai fare.»
E quasi come a non volersi far vedere in viso Itachi aumentò l’andatura, svoltando poi verso il bosco più vicino. Reyko, dal canto suo, si sentì quasi orgogliosa di quanto appena detto, ma non avrebbe di certo fatto i salti di gioia davanti a lui, anche perché il loro viaggio era appena iniziato e dovevano dirigersi a sud, verso il Villaggio della Nebbia. Li le cose sarebbero state realmente interessanti.
O forse sarebbe stato l’ennesimo buco nell’acqua.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Security ***


Security

Fu solo grazie alle informazioni di Kisame se non persero tempo lungo il viaggio. Di norma ci sarebbero voluti circa tre giorni per raggiungere le coste del Paese del Fuoco, in modo da giungere, poi, su una delle isole. Ma effettivamente l’ex membro degli spadaccini della Nebbia sapeva muoversi piuttosto bene da quelle parti, e le informazioni, rielaborate dall’Uchiha, furono perfette per farli passare da strade nascoste da occhi indiscreti. Perfino Sen, che di solito attirava mediamente l’attenzione, veniva del tutto ignorato, cosa che fece piacere alla ragazza. In fondo avrebbe preferito che il proprio lupo rimanesse nell’ombra, specialmente in un posto che un tempo veniva chiamato la Nebbia Insanguinata, ma come sempre si costrinse a non mostrare alcun segno di cedimento o di paura. Voleva essere forte e coraggiosa, e forse anche un po’ più sfacciata del previsto proprio come lo erano gli altri membri dell’Akatsuki.
Camminarono spesso in silenzio, limitandosi a discorrere di tanto in tanto, senza però fare un vero discorso serio. Eppure, ogni qual volta rischiava di rallentare o si fermava a contemplare qualcosa che aveva catturato la sua attenzione, Itachi arrestava i propri passi, volgendo lo sguardo indietro per cercarla e controllare che stesse bene. Poteva anche non dire niente, ma i suoi occhi, perennemente rossi, sembravano parlare al posto suo. Riusciva a leggere la decisione ma allo stesso tempo le parve di scorgere qualcosa come la tristezza. Non aveva mai pensato di associare quel sentimento a lui, una sorta di malinconia ben celata agli occhi degli altri. Probabilmente nessuno se ne sarebbe accorto, forse perché sapeva ben nascondere le sue reali emozioni, ma in certi momenti perfino lui, Itachi Uchiha, sembrava abbassare le proprie difese che lo rendevano tanto umano. Aveva pensato di trovarsi davanti ad uno spietato assassino, ed invece mai le sue idee furono più sbagliate di così. 
Erano da poco giunti, attraversando un lungo ponte, sull’ultima isola da cui si sarebbero mossi verso il villaggio designato, quindi in teoria stavano giungendo a destinazione. Avevano deciso di provare a ricercare qualche informazione nei villaggi limitrofi, prima di giungere nel luogo dove si credeva abitasse il Jinchūriki
  del Tre code. Così, in quella maniera, avrebbero provato a sondare il terreno.
«Dicono che un tempo in questo posto gli esami per diventare Genin fossero davvero terribili.» 
Sussurrò, quasi inconsciamente, la ragazza mentre si guardava intorno, lasciando che lo sguardo si perdesse lungo la costa non molto distante dalla via intrapresa da essi. 
«Non a caso veniva chiamata La Nebbia Insanguinata.»
Ed il commento di Itachi, logico all’inverosimile, giunse come sempre dopo qualche attimo di silenzio, segno che la stava ascoltando e non era perso nei suoi pensieri. 
«Già—… e dire che diventare Genin dovrebbe essere un lavoro di squadra, qui invece hanno ridotto tutto ad un massacro.»
Eppure, nel momento stesso in cui disse quella parola Reyko si pentì immediatamente, memore di ciò che effettivamente il suo attuale compagno avesse fatto un tempo. Infatti, voltandosi di scatto verso di lui, che la stava già guardando con la coda dell’occhio.
«Scusa, non volevo dire quella parola—…»
«Non è mica un tabù.»
«Sì, lo so, ma—… mi dispiace lo stesso.»
Ci fu un attimo di silenzio, mentre camminavano a poca distanza l’un dall’altra, con entrambi indosso i cappelli di paglia pieni di nastrini e semplici campanelli. 
«Non scusarti per queste cose, non ne vale la pena.
» la risposta fu quasi gentile, nonostante l’argomento spinoso appena toccato, che però non sembrò turbare il ragazzo. «Sei mai stata da queste parti?»
La naturalezza di quella domanda, che l’aveva decisamente fatta tranquillizzare, la spinse a voltarsi verso di lui, facendo un chiaro segno di no.
«Per niente, è la prima volta che vengo in questa nazione, anche se ho sempre adorato il mare.» Un sorriso divertito si fece largo sulle labbra di Reyko, che ringraziò il colletto della cappa ed il cappello, che la schermavano dalla vista di Itachi, forse perché fu quasi un’ammissione altamente infantile. 
«Neanche di passaggio?»
«No—… purtroppo non ho mai affrontato troppe missioni in campo per un semplice motivo: una volta raggiunto il livello di chunin mi hanno mandata ad allenarmi nel Bosco dei Sussurri, il luogo dove sorge il Tempio dei Lupi, per diventare un’eremita.»
Spiegò con tranquillità, inspirando profondamente. Insomma non si trattava di qualcosa di esattamente segreto, ma si sentì libera di poter confessare quella cosa. In fondo era abbastanza risaputo che per apprendere quel genere di tecniche era necessario andare nel luogo di pertinenza degli animali interessati, in quel caso il Tempio dei Lupi, nel cuore di quella foresta. 
«Quanto tempo sei rimasta ad allenarti?» 
Beh quella era una bella domanda, ma Reyko conosceva perfettamente la risposta.
«Un anno, sette mesi e ventitré giorni. Sono rimasta con i lupi per tutto quel tempo.»
Nel sentire le parole della ragazza Itachi le lanciò l’ennesimo sguardo stranamente stupito, di chi aveva appena scoperto qualcosa di nuovo, in fondo non ne aveva mai parlato con nessuno e lui era il primo ad interessarsi su una cosa simile. Perfino Zetsu non le aveva posto una domanda simile e lui di domande gliene porgeva a bizzeffe. 


Parecchi anni addietro
«Rialzati immediatamente, giovane lupo
Un ringhio soffocato, a pochi centimetri dal suo viso, la costrinse a tenere gli occhi serrati, quasi per paura di fare una sola mossa. 
La voce roca del vecchio Kenzo era un suono fin troppo conosciuto alle orecchie della ragazza, che aveva imparato a riconoscere i vari lupi anche solo da un semplice ringhio sommesso.
«Mi sto rialzando.»
Aveva risposto prima che le iridi nocciola si ritrovassero a fissare la figura di un grosso lupo nero che si allontanava da lei, dandole le spalle. I lividi, sparsi su tutto il corpo, non le facevano male. I vestiti erano in parte strappati, per via di graffi ricevuti durante l’addestramento. Del sangue sembrava uscirle da un taglio al braccio, più profondo degli altri, ma Reyko aveva imparato a non far caso al dolore. Il dolore era solamente una questione mentale e poi, quella sera, le avrebbero dato la medicina miracolosa che avrebbe lenito qualsiasi sua ferita. 
«Non ci siamo ancora, Reyko. Ti stavi trasformando in uno di noi.»
Il solo sentire quella frase costrinse la ragazza a sbattere un pugno contro il terreno, macchiandosi ancor di più le mani. Odiava sentirsi dire che stava diventando un lupo, perché non era questo lo scopo del suo allenamento.
«Magari non è poi così male essere un lupo. Sarei come voi. Sarei parte del branco.»
Urlò in risposta a Kenzo, che di scatto si voltò e l’assalì. Con una zampa sul suo collo ed gli occhi smeraldini puntati verso di lei snudò i canini, in un sibilo spaventoso, che la prima volta aveva addirittura fatto piangere Reyko. 
«Tu non devi diventare un lupo. Non devi diventare come noi, lo ricordi?» le ringhiò nuovamente vicino al viso.
«Tu devi diventare il nostro Alpha. Il nostro capobranco. Devi guidarci se sei davvero disposta a diventare il nostro Eremita.» 
E mai le parole di un lupo furono più veritiere come allora: era per quel motivo che si era allontanata dalla civiltà, dedicandosi unicamente alla propria natura intrinseca, perché doveva diventare il nuovo Eremita dei Lupi. Era da parecchio tempo che non se ne vedeva uno ma Kenzo, che aveva addestrato l’ultimo eremita, fin dal primo momento era stato disposto ad insegnarle quella strada difficile.
«Lo so, ma non ci riesco.» 
«Ed invece devi riuscirci. Se sei riuscita a sopravvivere fino ad ora tu hai la forza necessaria per continuare. Se riesci in questo passo ad incanalare l’energia naturale allora il gioco è fatto. Ma non devi perdere il controllo su te stessa—… devi rimanere Reyko e non diventare un lupo altrimenti che cosa direbbero—…»
Ma il ringhio di Kenzo cessò improvvisamente, come se si fosse appena ricordato di un dettaglio fondamentale, ovvero la famiglia di Reyko. 
In tutta risposta la ragazza si mise a sedere sul terreno, stringendo le gambe al petto, in modo tale da poter inspirare profondamente l’aria a pieni polmoni, e lanciò un lungo sguardo al lupo nero, come se quelle sue parole non facessero più male. 
«Cosa direbbero gli altri? Kenzo-sama, non c’è nessuno che mi aspetta a casa. Nessuno direbbe niente se non tornassi da questo addestramento. Nessuno. Non c'è nessuno ad aspettarmi. Al Raikage non importa. Al maestro Killer Bee non importa. Al maestro Darui importa meno che zero. Non importa a nessuno. I miei compagni di squadra? Avranno già il rimpiazzo pronto.» 
Forse, nel dire quelle cose, si ritrovò ad urlare più del previsto, mentre una lacrima le scese a rigarle una guancia, che cercò immediatamente di nascondere con i capelli. Li aveva addirittura tagliati, lei che per tantissimo tempo li aveva tenuti tanto lunghi e ribelli, adesso invece le ricadevano sulle spalle, perché con un semplice gesto della propria spada era riuscita a liberarsi di quella costrizione.

«Reyko—…» azzardò il lupo, senza staccarle gli occhi di dosso. 
«No, basta. Smettiamola di perdere tempo e cerchiamo di nuovo di provare ad accumulare l’energia naturale, questa volta sono sicura che ci riuscirò.»
Con il dorso della mano si asciugò le lacrime ed il sudore, sporcandosi le guance con la terra, ma tutto ciò non ebbe alcun effetto su di lei, che lentamente si rimise in piedi, facendo forza sulle ginocchia. Non voleva arrendersi, men che mai dopo quanto appena detto al lupo, forse per una questione d’onore o di principio.
«D’accordo, giovane lupo. Adesso inizia di nuovo ad accumulare l’energia naturale, lasciala fluire dentro di te e cerca d’impastarla con il tuo chakra. Sentirai il tuo corpo bruciare ed è allora che dovrai riuscire e tenere in equilibrio le forze, senza esagerare altrimenti ti ritroverai nuovamente a trasformarti in uno di noi, sono stato chiaro?»
Kenzo, che per un attimo a causa del discorso di Reyko, sembrò aver perso la sua autorità, riprese immediatamente a digrignare i denti in direzione della ragazza, spronandola a fare di più. Erano ormai ore che stavano li ad allenarsi e presto il sole sarebbe calato ed allora, entrambi, sarebbero andati a riposare, o almeno lei ci avrebbe provato. Sarebbe rimasta distesa nel grande salone del Tempio dei Lupi intenta a fissare il soffitto. C’erano circa settecentoquindici travi, le aveva contate tutte la prima notte che era giunta fin li, e le contava ogni notte solo per cercare di addormentarsi mentre gli effetti delle erbe mediche le facevano effetto. 
Non fu quello il giorno in cui Reyko riuscì a sbloccare la modalità eremitica perfetta. Non fu neanche quello seguente.
Però non si arrese ed andò avanti fino a quando non le mancarono le forze. Fino a quando non svenne incapace di alzarsi. Fino a quando il dolore non si tramutò in forza.

Allora, solamente allora, divenne il vero Eremita dei lupi. 


Un lieve ululato da parte di Sen richiamò immediatamente l’attenzione di entrambi i ragazzi, che si diressero nella sua direzione. Ai piedi della collina ove stavano camminando seguendo il sentiero, si erigeva un villaggio, neanche così tanto piccolo, proprio sulle rive del mare e per questo motivo, secondo il lupo, quella doveva essere la meta designata, almeno per l’inizio delle indagini.
Reyko si fermò accanto ad Itachi, sporgendosi leggermente in avanti come a voler controllare che tutto ansasse bene, e solo dopo qualche secondo tornò a guardare il ragazzo dello Sharingan. 
«Questo è il posto da cui dovremmo iniziare?»
La sua voce, forse più acuta del normale, la costrinse a celare la propria perplessità dinnanzi quella missione. Era come se stessero cercando un ago in un pagliaio e la cosa non sarebbe stata semplice. 
«A quanto pare. Ci sono svariati villaggi nei dintorni di Kiri, ma noi non ci avvicineremo a questo solamente quando saremo sicuri. »
«D’accordo, ma come facciamo a capire chi cercare? Insomma non credo che sia semplice trovare un Biju, quindi—…»
«Ho un nome
«Cosa?»
Ed a quell’affermazione del tutto inaspettata Reyko lanciò uno sguardo sorpreso in direzione di Itachi, che aveva parlato con fin troppa calma. 
«Perché non me l’avevi detto prima? Insomma siamo in viaggio da giorni e tu mi dici che hai un nome solamente adesso?»
D’accordo, forse alzò un po’ troppo il tono, rivolgendosi al ragazzo, ma non era riuscita a fare a meno di nascondere la propria sorpresa.
«Sicurezza.»
Replicò con assoluta tranquillità l’Uchiha, prima di tornare a guardare il villaggio in basso. 
«Sicurezza?» chiese lei, come se non avesse capito e stranamente si sentì quasi ferita da quella risposta. 
Possibile che non si fidasse di lei al punto da confidarle una cosa simile? 
«Non fare così, adesso lo sai. Pain me lo ha detto prima che venissi a cercarti. Non te l’ho riferito solamente per proteggerti, se ci dovessero catturare vivi probabilmente—…»
«Lo rivelerei? Davvero? »
Fu quasi stupita dalla spontaneità con cui aveva appena risposto al ragazzo, che infatti si voltò verso di lei con aria accigliata. Gli occhi di Itachi, per un singolo istante, tornarono ad essere scuri come la notte, abbandonando il velo ingannevole dello sharingan, ed allora non distolse lo sguardo dal suo. 
«Non ho detto questo.» 
Reyko inspirò profondamente, prima di interrompere quel contatto visivo, forse perché stranamente credeva alle parole di Itachi, ma una parte di sé, probabilmente quella orgogliosa, non voleva accettarlo. 
«E allora spiegati.»
«E’ più sicuro come dico io. Fine della discussione.»
E con quelle parole, decise ma allo stesso tempo non sgarbate, il ragazzo tornò a guardare dinnanzi a sé, mentre gli occhi si colorarono nuovamente. L’aveva zittita in meno di un minuto, cosa più unica che rara, ma la voglia di continuare a discutere con lui era davvero poca, anche perché era effettivamente un motivo strano e lei difficilmente si arrabbiava. 
Magari aveva trovato l’idea fastidiosa, ma da quel che aveva avuto modo di conoscere Itachi era certa che quel ragazzo avesse un piano. 
«Bene—…» sentenziò prima di superarlo a grandi passi, come se la discussione avuta fino ad un attimo prima non fosse più importante. 
Si ritrovò addirittura a volersi mettere di nuovo il cappello, quasi per mostrare un’aria di superiorità, ma probabilmente tutto ciò le sarebbe durato giusto il tempo di giungere fino al primo villaggio utile, ed allora si sarebbe già dimenticata tutto. 
«Non li interrogherò di persona, ma utilizzerò una tecnica illusoria, così potremo passare anche inosservati. Per questo non c’era bisogno che anche tu sapessi quel nome.»
La voce di Itachi non tardò a giungere fino alle orecchie di Reyko, che sentendo la spiegazione razionale si sentì davvero in colpa per quella sorta di scenata bambinesca fatta fino ad un attimo prima. Eppure sulle labbra spuntò un sorriso, perché in quel caso non la stava considerando debole o altro. 
Lentamente voltò il viso verso di lui, sollevando di poco il capello di paglia, mentre la manica scivolò fino all’altezza del gomito, ed allora accennò un sorriso.
«D’accordo non volevo essere insistente—…» mormorò mentre Sen la raggiunse scodinzolando e girando fra le sue gambe. 
«Avevi ragione, siamo compagni, fra di noi non dovrebbero esserci segreti. Dobbiamo collaborare.»
Stranamente il suono di quelle parole le piacque fin troppo. Era la prima volta, da tanto tempo, che non si ritrovava a collaborare con qualcuno. 
Insomma con Zetsu la loro era più che altro una sorta di affiliazione dove lui le dava le informazioni e lei agiva indisturbata. Solamente una volta si erano ritrovati a dover combattere fianco a fianco, anche se in verità si trattava di Reyko che proteggeva la pianta impedendo a dei criminali di vendicarsi per il furto subito. 
Ma collaborare era diverso. Non ci dovevano essere segreti fra di loro, proprio come aveva detto Itachi, e la ragazza si domandò se collaborasse anche in questa maniera con Kisame. 
«Va bene, collaboreremo—… ma promettimi solamente una cosa: se dovessero catturarci e volessero portarmi nuovamente nella Prigione del Cielo ti prego di uccidermi.»
Lo disse con tranquillità, forse troppa tranquillità, in fondo gli aveva appena fatto una richiesta semplice, perché non sarebbe mai più voluta tornare in quel posto, nel suo incubo peggiore. 
Itachi, dopo aver distolto lo sguardo dal panorama, iniziò a muoversi lentamente ed in silenzio, quasi come se la cosa non lo avesse toccato neanche lontanamente. Sen andò incontro al ragazzo, contento, e per l’ennesima volta lo vide godersi le carezze che Itachi decise di riservargli. S’abbassò sulle ginocchia, mentre una folata di vento scombinò i capelli corvini tenuti legati, e poi passò lentamente le dita sul muso dell’animale, dedicandosi totalmente a lui. 
Reyko, sorpresa da quel gesto, rimase interdetta a fissarlo per qualche secondo, ma poi sentì la sua voce. 
«Non permetterò che ti catturino. Non tornerai li dentro, stai tranquilla
Ci fu decisione, senza l’ombra di esitazione alcuna, e questo la fece rabbrividire, anzi, fu sicura di esser rimasta senza parole, tanto da aver schiuso le labbra per via della sorpresa. 
Possibile che quel ragazzo le avesse appena promesso che non sarebbe tornata dentro al suo peggiore incubo? E dire che lei gli aveva domandato una cosa più semplice. 
Quello era davvero il ragazzo che aveva sterminato la sua famiglia e che adesso le aveva promesso una cosa del genere? A quanto pareva sì. C’era qualcosa che non quadrava in Itachi Uchiha, qualcosa che ancora non riusciva a spiegarsi, ma soprattutto qualcosa di buono che lui sembrava voler tenere nascosto. 
Probabilmente rimase ferma a fissarlo per qualche attimo di troppo, ancora stordita dalle parole appena udite, al punto che di scansò solamente all’ultimo dalla traiettoria di uno spillo diretto contro di lei.
In verità erano ben tre spilli. Due riuscì ad evitarli perfettamente, mentre il terzo la colpì di striscio ad un braccio, strappandole la veste e ferendola superficialmente, per poi conficcarsi nel terreno. Non avevano sentito nessuno giungere fin li, dovevano essere stati particolarmente abili ad annullare ogni fonte di suono, ma cercando di colpire lei avevano fatto un errore: gli shinobi del paese della Nebbia si erano appena esposti e questo voleva dire che lei ed Itachi avevano compagnia. 
Sen ringhiò sommessamente, andando subito al fianco del proprio eremita, mentre dalla boscaglia a qualche metro di distanza uscirono tre figure mascherate.
Il loro viaggio non sembrava procedere nel migliore dei modi. 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Poison ***


Poison

Non c’era sole a riscaldare l’atmosfera, bensì delle nuvole uggiose che sembravano addensarsi sulla loro zona, forse anche per via di quei tre shinobi mascherati che si stavano finalmente mostrando. L’unico a dare segni di preoccupazione, al momento, era il lupo che non aveva tardato a mostrare il proprio istinto animale, specialmente dopo che Reyko era stata attaccata. Aveva snudato i canini, ringhiando sommessamente, ed allora si era posto in difesa dell’eremita, che intanto non aveva staccato gli occhi dalle tre figure. Portavano delle maschere, questo voleva dire che facevano parte delle forze speciali ANBU intervenute per cercare di fermarli. Era strano che non avessero mandato degli Oinin, anche se loro si occupavano di rintracciare i traditori. Ecco perché era sta una mossa abbastanza saggia scegliere di non mandare Kisame con Itachi. I guai, probabilmente, sarebbero stati il doppio. Ma così come non vi era alcuna traccia d’espressività da parte dei tre ninja della nebbia non ve ne era anche dai due ragazzi dell’Akatsuki, che osservarono con tranquillità i nemici farsi avanti. Uno di loro tre sembrava più alto e possedeva dei capelli biondi, mentre il viso era nascosto da una maschera. Doveva essere decisamente il capo. Al suo fianco, invece, gli altri due ragazzi sembravano esser più giovani e quello sulla destra stringeva fra le dita altri tre spiedi, pronto per un altro attacco. 
«Siete dell’Akatsuki?»
La voce sommessa ed anche alterata dalla maschera, proveniente dall’uomo centrale, costrinse Reyko a far posare lo sguardo su di lui. Inspirò lentamente decisa a non rispondere, cosa che anche Itachi fece. Nessuno dei due avrebbe mai pensato di rispondere ad una domanda tanto ovvia, infatti a seguito di qualche attimo di silenzio uno dei due ragazzi parlò.
«Nuvola rossa su fondo nero. Sono loro, senpai, quelli dell’Akatsuki. Ne sono sicuro.»
Almeno avevano avuto l’intelligenza di riconoscerli anche se quello era un punto a sfavore per i ragazzi. Infatti più la loro fama cresceva più gli shinobi degli altri villaggi iniziavano a preoccuparsi sempre di più.
La loro organizzazione era diventava una vera e propria fonte di sostentamento per la malavita, figure misteriose che agivano nell’ombra ma che portavano a termine le missioni. 
«D’accordo, allora cambiamo domanda: che cosa ci fate qui?»
Ancora silenzio da parte dei due ragazzi, che non ebbero neanche bisogno di scambiarsi un cenno d’intesa per mettersi d’accordo.
Lentamente Reyko si avvicinò alla figura d’Itachi, senza togliersi il cappello di paglia che ancora teneva nascosto il suo viso e Sen la seguì a ruota.
«Quello è un lupo mentre lui possiede lo sharingan. Andate.»
Dopo aver fatto una rapida analisi dei nemici gli shinobi della nebbia sollevarono le mani andando a comporre dei segni che già una volta aveva visto fare, infatti lentamente la nebbia iniziò a circondarli impedendogli di vedere correttamente. In quel caso il dubbio di Reko fu più che lecito: quanto era efficace lo sharingan con la nebbia? 
Non ne aveva idea e per questo motivo decise di intervenire prima che la nebbia diventasse troppo fitta, in fondo un modo per spazzarla via esisteva: il vento e lei sapeva manipolare alla perfezione sia il vento che il fulmine. Per questo motivo, senza dar loro tempo di disperdersi, le dita della ragazza andarono a comporre i giusti segni per mettere in pratica la Raffica dell’Uragano. Un forte vento iniziò a circondare la ragazza, immobile al centro di quella specie di ciclone, ed allora la nebbia intorno a loro, per via di quella forte ondata di vento, iniziò piano a dissolversi ridando una maggiore visibilità alla zona.  Le sferzate andarono a colpire in pieno anche i nemici, che però si limitarono ad indietreggiare ed a proteggersi da quel colpo.
Prima ancora che la propria tecnica terminasse altri spilli volarono nella loro direzione, puntando a Sen, cosa assolutamente sleale, ma la loro traiettoria venne intercettata immediatamente da alcuni Kunai lanciati da Itachi. 
Gli fu davvero grato di aver aiutato il proprio lupo, che in quel momento, senza neanche attendere l’ordine da parte della propria padrona, partì all’attacco correndo in direzione del ninja più marginale, quello che aveva osato anche solo pensare di attaccarlo. Lei si fidava ciecamente di ciò che avrebbe fatto il suo compagno, proprio perché avevano parlato di fiducia, infatti scelse a sua volta uno dei tre bersagli e questa volta partì con l’Ondata fulminante. Le dita sfiorarono il terreno ed allora una forte scarica elettrica viaggiò sotto terra, giungendo ed esplodendo nel punto esatto dove si trovava il proprio nemico, che però saltò ed evito. 
Ed allora sentì una sorta di stanchezza, che le fece quasi girare la testa, ma si riprese immediatamente. Di solito era molto più semplice rilasciare il chakra elettrico, ma quel colpo, forse perché aveva messo troppa forza, le aveva tolto abbastanza energia. E dire che erano solo all’inizio. 
Fu strano per Reyko sentirsi in quelle condizioni, lei che di solito sprizzava energia da tutti i pori. 
«Che c’è, non ti senti bene, criminale?»
Le aveva detto, quasi con tono divertito, il nemico che le era apparso alle spalle pronto a colpirla. Ma prima che la sua lama potesse anche solo pensare di affondare nella propria schiena, essa andò a cozzare contro il metallo del proprio Kunai, che maneggiò senza alcun problema. 
Si scontrarono con più colpi e ed ogni volta che il nemico cercava di usare tecniche d’acqua lei rispondeva con tecniche di vento, solo perché consumavano meno energia. 
Di tanto in tanto con la coda dell’occhio controllò Sen, che era riuscito ad atterrare ed azzannare con forza il collo del suo nemico, impedendogli di muoversi, e poi gettò uno sguardo anche in direzione di Itachi, che invece aveva intrapreso un combattimento con quello che doveva essere il capo. 
Ma ciò che vide fu abbastanza sconvolgente: lo shinobi della nebbia si ritrovava in ginocchio a qualche metro di distanza dal ragazzo, la maschera che copriva il suo viso era spaccata e gettata a terra, ed Itachi lo stava semplicemente fissando.
Quello doveva essere il potere illusorio dello sharingan, al quale nessuno era letteralmente in grado di resistere. 
Si distrasse qualche secondo di troppo, tempo sufficiente per il nemico di provare un nuovo affondo, ma questa volta, stanca di quel combattimento, Reyko lasciò che il chakra del fulmine fluisse nuovamente in lei, avvolgendo tutto il suo corpo. L’Armatura del fulmine era una di quelle tecniche che le veniva meglio usare in modalità eremitica, cosa che non era necessaria in quel momento, e che non aveva neanche bisogno di sigilli per attivarla, infatti si mosse con velocità ed una forza inaudita, tanto da afferrare il suo nemico per il collo e poi sbatterlo con forza contro il terreno in una delle mosse che un tempo le erano state insegnate. 
Probabilmente ci mise più forza del dovuto, ma non si pentì neanche un poco di aver messo KO il suo avversario. Lentamente l’aura azzurra provocata dal fulmine iniziò a scemare, lasciandola decisamente senza forze. Eppure quella tecnica era fatta per conservare il chakra, era assurdo che l’uso limitato per pochi secondi le avesse fatto quell’effetto.
Decise che ci avrebbe pensato successivamente, perché in quel momento si diresse in direzione di Sen, pronto ad attaccare il nemico atterrato, e così poggiò con molta poca delicatezza un piede sul suo petto, impedendogli di muoversi.
«Respira troppo velocemente e giuro che ti sbranerà vivo.»
E con il Kunai stretto fra le dita, che fece rigirare abilmente, indicò Sen, che con i canini snudati era esattamente al suo fianco, pronto ad attaccare se solo ve ne fosse stato bisogno. Solo dopo essersi assicurata che anche quel tipo ormai era innocuo, volse lo sguardo ad Itachi, ancora intento a fissare il capo di quel gruppo. 

«Tutto bene?»
Sussurrò rivolta in direzione di Itachi per poi scostarsi lentamente il cappello di paglia, che aveva appena iniziato a darle fastidio.
Fu come se l’aria le stesse venendo meno e questo risultò anche parecchio strano. Non si era mai sentita male dopo un combattimento.
«Sì, è bloccato ed ho anche scoperto una cosa interessante.» 
La risposta di Itachi non tardò ad arrivare ed a tranquillizzare la ragazza. Aveva sicuramente usato quella tecnica di prima per cercare di scoprire qualcosa in più e questo era un punto a loro favore.
Con la mano in parte fasciata di fece aria, nella speranza che effettivamente questa giungesse fino in fondo ai suoi polmoni, cosa che sembrava difficile. Doveva respirare. Inspirare ed espirare. Era una cosa semplice da fare ma che al momento le parve impossibile. Che diamine le stava accadendo?
Era stata attenta e poi, abbassando gli occhi nocciola in direzione del nemico che teneva bloccato a terra, notò un sorrisetto divertito sulle sue labbra ormai sporche di sangue.
«Che c’è? Non ti senti tanto bene, vero?»
Quelle parole la fecero rabbrividire, perché lui sapeva della sua condizione. Doveva averle fatto qualcosa. E poi il flash giunse immediatamente. Erano gli effetti, quasi sicuramente, di un veleno che la stava stendendo anche piuttosto rapidamente. Prima le forze erano calate drasticamente, poi il respiro si fece sempre più affannoso, ed alla fine il sorriso sprezzante di colui che era a terra. 
«Che cosa mi hai fatto?»
Sibilò in direzione del tipo, spingendo con maggiore forza la propria scarpa contro il suo petto. Dei colpetti di tosse colpirono l’uomo, che sputò sangue, ma poi continuò a ridere. 
«Ancora non l’hai capito?»
Effettivamente era chiaro come il sole ciò che le aveva appena fatto, infatti abbassando gli occhi verso il proprio braccio si rese conto che la pelle intorno al sottile taglio era diventata rossissima nel giro di poco. 
L’aveva avvelenata usando lo spiedo che le aveva lanciato all’inizio, e questo scatenò in Reyko una sorta di attacco di panico. E dire che il veleno non era esattamente un’arma tipica della nebbia, ma in quel caso quel ragazzo doveva decisamente essersi messo d’impegno per sorprendere il nemico. 
«Reyko—… che succede?» le domandò Itachi voltando lentamente lo sguardo verso di lei. 
Forse non aveva sentito il resto della discussione ma sembrava essersi accorto che qualcosa non andava. 
Alle sue spalle il capo dei tre shinobi cadde a terra privo di sensi ed allora il ragazzo mosse un paio di passi nella sua direzione. 
«Credo che—…
» e la ragazza si fece nuovamente aria, socchiudendo gli occhi.
Sen ululò preoccupato, azzannando immediatamente il collo dell’uomo, affondando con forza i canini, forse perché aveva appena capito e percepito il dolore provato dal proprio eremita. 
Reyko cercò di muovere un paio di passi in direzione di Itachi, per spiegargli quanto appena accaduto, ma in quell’attimo, spostandosi anche solo di un centimetro, perse l’equilibrio e svenne priva di forze, incapace di parlare.
E nella mente di Reyko calarono le tenebre. 

Il guaito del lupo Sen e le parole quasi mormorate da parte dell’eremita lo misero in allerta e nel momento stesso in cui vide la ragazza perdere i sensi non esitò un attimo nell’intervenire. Le strinse con delicatezza le braccia, impedendole di urtare il terreno, e solo da quella distanza si rese conto del colore pallido della sua pelle, segno che non stava bene. Ed un’altra risata sommessa lo costrinse, però, ad abbassare lo sguardo in direzione dell’uomo che Reyko stava tenendo sotto controllo fino ad un attimo prima.

«Se devo andare all’inferno almeno porterò uno di voi con me.»
E rise ancora, sputando e tossendo sangue, cosa che però non scomposte Itachi.
Gli lanciò un lungo e rapido sguardo rosso prima di concentrare lo sharingan su di esso. Non sapeva che cosa potesse fargli paura, ma la visione in cui lo imprigionò non era per niente piacevole, infatti lo sentì urlare e provare a dimenarsi, sotto gli occhi attenti di Sen. 
Il lupo, dal canto suo, era come se percepisse il dolore provato dalla sua stessa padrona, vista l’espressione appena assunta e questo servì quasi a sottolineare il profondo legame che vi era fra loro due. Ma questo Itachi lo aveva capito fin dal loro primo incontro, quando lei, pur di salvare Sen, aveva esitato a colpire Kisame per paura di far del male al suo lupo. Dovevano avere una storia più complessa di quella che aveva sentito raccontare a Deidara, forse perché non le era mai piaciuto esporsi troppo. Perfino quando avevano nominato la Prigione del Cielo la ragazza aveva provato a sminuire tutto, cosa che magari con chi non conosceva il posto riuscì anche piuttosto bene. Ma lui sapeva le storie che il vecchio Hokage gli aveva raccontato, anche suo padre aveva suggerito talvolta di mandare dei prigionieri in quei luoghi oscuri. E pensare che una semplice ragazza come lei potesse esser stata mandata li dentro semplicemente per aver provato a vendicarsi del suo Kage, lo mandò quasi fuori di testa. 
Era incredibile quanto l’animo umano potesse esser crudele, non che lui sia stato da meno. Ma c’era una sorta d’ingiustizia in quell’azione, qualcosa che non si riusciva a spiegare. Forse perché quello era un posto per veri criminali, qualcuno come lui, e non una persona come Reyko. Lei che sorrideva più spesso del previsto. Che si fermava ad ammirare i fiori. Che giocava con il suo compagno ogni qual volta ne avesse voglia. Che parlava di dolci anche nei momenti meno opportuni. 
Possibile che una persona come lei potesse davvero meritare quel luogo?
Un lieve mormorio uscì dalle labbra della ragazza, che aveva un’espressione decisamente infastidita e dolorante. Non era un sonno sereno quello in cui era piombata, ed poi vide che Sen stava letteralmente indicato con la zampa il braccio della ragazza. Ed allora fu tutto chiaro nella mente del ragazzo. Usare uno spillo avvelenato era decisamente una cosa insolita, ma c’era sempre qualche shinobi che usava varianti per sorprendere gli avversari. 
La cosa lo preoccupò in parte perché con sé aveva un Antidoto Totale che Sasori gli aveva dato un giorno, quasi per puro caso durante una missione nel Paese del Vento. Dalle sue parti erano tutti dei veri esperti di veleni e fra tutti il Maestro delle Marionette aveva il primato in quanto creatore di un veleno così potente da non essere neutralizzabile. Gli aveva raccontato che le sue vittime avevano soltanto tre giorni di vita, tecnica che suscitò un vago interesse nell’animo di Itachi. Raramente si interessava alle cose, troppo perso a rimuginare sui fantasmi del proprio passato per rendersi davvero conto di ciò che lo circondava davvero. Quelle poche volte che lo faceva si ritrovava a ricevere in regalo un “Antidoto totale”, che avrebbe curato qualsiasi veleno basico, oppure sentiva leggere delle poesie, cosa che un tempo avrebbe addirittura trovato ridicola. Se solo lo avesse visto Shisui in quegli istanti probabilmente sarebbe scoppiato in una fragorosa risata.
Lui che si perdeva ad ascoltare una ragazza intenta a legger poesie? Era decisamente lontano dai suoi standard.
Eppure erano quei rari momenti che gli facevano credere di possedere ancora una certa umanità, qualcosa che lo teneva ancorato alla realtà in cui viveva. Spesso aveva addirittura paura di chiudere gli occhi perché nei suoi sogni si ritrovava a vivere i momenti peggiori della sua vita, quelli che avevano definito futuro e che lo avevano reso un criminale.
Che cos’avrebbero mai detto, gli altri, se fossero venuti a conoscenza delle sue reali intenzioni? Di come tutto quello che aveva fatto era stato solo per proteggere un Villaggio che ormai lo vedeva solo come nemico? 
Quesiti che non avrebbero mai trovato una risposta concreta. Ecco cos’erano quelle domande che affollavano la mente di Itachi, giorno e notte, impedendogli di dormire. 
L’ennesimo latrato di Sen lo costrinse, allora, a tornare alla realtà in cui si trovava ed allora scosse appena il viso, guardandosi intorno.
«Non preoccuparti, Sen, so cosa fare. Ora però dobbiamo allontanarci rapidamente da qui. Fammi strada verso nord evitando i centri abitati.»
Era come se il lupo avesse recepito perfettamente il suo messaggio, perché chinò leggermente il capo ed allora prese a correre nella direzione opposta verso cui stavano andando. Ormai trovare rifugio in quella città ai piedi della collina era impensabile, quindi più si allontanavano meglio sarebbe stato. 
Inoltre era riuscito con semplicità ad ottenere le informazioni che gli servivano riguardo il Jinchūriki
  del Tre code. Erano poche e semplici parole che però davano loro un discreto margine per potersi riprendere, vista la situazione in cui ormai si trovavano. 
Iniziò a seguire il lupo, sperando di allontanarsi il più possibile, disperdendo le loro tracce verso nord. Nella foresta sarebbe stato più difficile trovarli, eppure quando fu abbastanza sicuro di essere in una zona sicura, arrestò la propria corsa, scendendo a terra.
Sen, accortosi della cosa in ritardo, tornò indietro con aria preoccupata ed iniziò a leccare il viso della sua eremita, come a volerla fare svegliare. Ma niente, Reyko era decisamente nel mondo dei sogni in quegli istanti, e stranamente Itachi si domandò se quei sogni fossero belli oppure brutti. 
«Tranquillo, adesso le darò questo antidoto creato da Sasori, dovrebbe essere efficace per una grande varietà di veleni. Speriamo che quello usato su di lei appartenga a tale cerchia.»
Parlò con il lupo come se fosse una cosa del tutto normale, ma il lupo era in grado di recepire qualsiasi cosa. Anzi, era strano che anche lui non parlasse, cosa che si diceva facessero alcuni esseri.
Scostò il mantello per prendere dalla propria tasca degli attrezzi una sottile siringa dentro la quale vi era l’antidoto che gli era stato donato. Non l’aveva mai usato su sé stesso e non vedeva il motivo per cui non usarlo su di lei. Era una sua compagna. Non l’avrebbe abbandonata, anche perché era certo che lei avesse fatto lo stesso in quanto l’animo buono di Reyko era stato facilmente individuabile. 
Non aveva mai osservato con attenzione la siringa che Sasori gli consegnò, ma guardandola bene notò il colore vagamente rosato del liquido semi trasparente al suo interno. Doveva essere facile per lui creare quelle sostanze capaci di neutralizzare le proprie armi, quella era una cosa che Itachi non sapeva fare. Insomma essere un ninja medico non faceva per lui, anche quando doveva curare Sasuke era sempre con l’ansia di poter sbagliare qualcosa o di fargli una fasciatura eccessivamente stretta. 
L’avvicinò con tranquillità al braccio e vide che il piccolo graffio provocato dallo spiedo era effettivamente molto più arrossato rispetto all’attuale colore pallido della sua pelle. Non ci pensò due volte ad affondare l’ago nella carne del braccio, notando però l’espressione dolorante della ragazza, e poi iniettò quell’antidoto. 
Quanta sicurezza c’era che quel veleno potesse non esser compreso nella lista di Sasori? Una possibilità discreta, ma la Nebbia non era famosa per i veleni quindi sperò con tutto sé stesso di aver quanto meno fatto la scelta giusta. 
Notò anche l’espressione del lupo, che si era accucciato al fianco della ragazza, ed allora iniziò a contare i secondi. 
In tutto contò circa duecentotredici secondi prima che il rossore intorno al graffio iniziò a scemare mentre la carnagione di Reyko tornò del suo naturale colore. Ed il viso della ragazza, quasi per miracolo, si distese in una posa rilassata, quasi beata. 
Sen lo notò immediatamente e per questo motivo s’alzò sulle zampe ed iniziò ad ululare, forse troppo ad alta voce, rischiando di farsi sentire. Doveva aver funzionato perché lo stesso lupo sembrava sentire le emozioni della ragazza. Per questo motivo oltrepassò le gambe distese di Reyko, trovandosi accanto ad Itachi e lo leccò in viso. 
Per un attimo, un singolo attimo, Itachi lo fisso stupito ma notando tutto l’entusiasmo di Sen non riuscì proprio a non ricambiare, rivolgendogli un sorriso accennato, ed una serie di carezze che tanto gradiva. 
E dire che a lui piacevano i gatti, ma quel lupo era decisamente simpatico. 
«Ottimo, dovrebbe avere funzionato. In ogni caso il sole sta calando e lei ha bisogno di riposare. Cerchiamo il villaggio più a nord che esista e fermiamoci li per questa notte.»
Sen mosse la coda, come a voler concordare su tutta quella faccenda ed allora puntò nuovamente in direzione nord, pronto a partire alla ricerca di un altro villaggio. 
Itachi s’abbassò e con facilità prese nuovamente fra le braccia la ragazza, che adesso sembrava decisamente più serena. Lasciò che il suo viso si poggiasse contro il proprio petto ed allora sistemò il colletto del suo mantello in modo tale che fosse riparata. 
Doveva decisamente riposare e non potevano farlo in mezzo al bosco. Smaltire il veleno in un vero letto era la priorità e considerando che avevano due giorni di tempo come margine per riuscire a beccare il Jinchūriki  una tappa non prevista andava più che bene. 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Strangers like me ***


Strangers like me

Sognava sempre le stesse cose, non c’era molto da fare. Niente sarebbe riuscito a cambiare la sua mente. 
Si ritrovava nel cuore del Tempio dei Lupi, da sola, intenta a meditare nell’atrio interno, sotto le stelle. Non vi era alcun lupo nei dintorni ma solo una serie di pietre con incisi i nomi di coloro che appartenevano al Clan degli Harada, Li conosceva a memoria, forse perché nella realtà li aveva letti così tante volte da star male. C’era una leggera pioggia che le bagnava i capelli, come sempre, ed un incenso appena acceso stava bruciando di fianco alle pietre dei nomi. Doveva averlo acceso lei, ma non ne era del tutto sicura. Eppure ogni qual volta che si ritrovava in quella situazione ciò che davvero la colpiva era il cambiamento repentino delle tavole in pietra in uno specchio che non rifletteva la sua immagine, o meglio non la rifletteva completa. Una metà del suo viso era esattamente perfetto, anche se lo sguardo era triste più del solito, l’altra invece era il viso di un lupo dal pelo quasi totalmente bianco, differente da quello di Sen. Lo avrebbe riconosciuto ovunque ed ovviamente era sicura che quello non fosse il proprio compagno. Si trattava di un lupo sconosciuto che digrignava i denti e sembrava ringhiare. Ma nessun suono usciva dal suo muso. 
Ed il sogno allora si dissolveva lasciandola con una marea di dubbi. 
Anche quella volta il sogno fu sempre uguale. Il viso riflesso in parte umano ed in parte animale, ma quella volta un dettaglio in più colpì la ragazza. Sullo specchio vide una figura volare nel cielo, si trattava di un uccello scuro con le ali nere, cosa che non aveva mai notato. Ma non fu in grado di capire altro. 
Nessun altro dettaglio, soltanto quegli eventi decisamente confusi. 
Ma riaprendo gli occhi, stranamente, non si ritrovò addosso alcuna ansia. Non era un sogno spaventoso, era semplicemente strano. Ma i lupi le avevano detto che una volta raggiunto il grado di Eremita i sogni sarebbero diventati più profondi e che spesso avevano qualche significato nascosto e lei era arrivata alla conclusione che il proprio sogno voleva mettere in risalto il dualismo della propria anima: la parte umana e fragile messa a confronto con la parte selvaggia e feroce, quella che la rendeva una cattiva persona come aveva sempre detto
Lentamente riuscì a metter a fuoco ciò che la circondava, la luce che pian piano filtrava da una finestra a non molta distanza da dove si trovava lei. Era certa di aver perso i sensi a causa di quel veleno che le avevano iniettato prima ancora di iniziare lo scontro, per il resto non ricordava niente. Con qualche difficoltà sollevò anche le braccia, in modo tale da strofinarsi gli occhi per poter vedere finalmente meglio, e così, voltando il viso, si ritrovò faccia a faccia con un Sen mezzo addormentato ed accucciato al suo fianco. 
Era decisamente su un letto morbido ed anche piuttosto comodo, cosa che lei non avrebbe mai disdegnato, ed allora capì che doveva esser successo qualcosa dal momento in cui aveva perso i sensi. Passò una mano sulla schiena del lupo, carezzandolo per fargli sapere che era tornata nel mondo dei vivi, ed allora un live sorriso apparve sulle labbra screpolate della ragazza. Lanciò un rapido sguardo verso il proprio braccio, quello che era stato colpito, e notò con piacere che tutto era tornato alla perfezione. Non vi era alcun tipo di graffio e la pelle sembrava essersi rimarginata perfettamente. Stranamente non si sentiva stanca, anzi, tutto il contrario, infatti si mise a sedere su quel letto comodo tenendo ancora le gambe coperte da un lenzuolo. 
Doveva essere tutta opera di Itachi, anche se quella non era decisamente la base quindi non erano tornati indietro. 
Gli occhi, repentini, analizzarono la stanza semplice in legno, al fianco sembrava esserci un bagno, mentre sul lato opposto vi era una grande finestra a vetrata e seduto accanto ad essa vi era la figura del ragazzo, intento ad osservare all’esterno. 
Non doveva averla sentita svegliarsi, così per richiamare la sua attenzione Reyko diede un paio di colpetti di tosse, continuando però a carezzare Sen.
«Ehi—…» azzardò ritrovandosi con la voce più roca del previsto, forse per via di quello stato in cui si era ritrovata. 
E solamente allora, con estrema lentezza, Itachi si voltò verso di lei. Aveva ancora indosso il mantello dell’Akatsuki, aperto però all’altezza del petto che lasciava intravedere la maglia violacea sotto di esso. Il viso del ragazzo, come sempre non molto propenso ad esternare le proprie emozioni, sembrò stupirsi nel vederla sveglia, tanto da schiudere le labbra e sbattere più volte le palpebre. 
«Che—…» continuò la ragazza, che effettivamente non sapeva bene quanto fosse accaduto, ma a precederla fu lui stesso. 
«Sei stata avvelenata da uno di quei tre shinobi della nebbia.»
«Questo lo ricordo.» e stranamente Reyko sorrise, abbassando lo sguardo in direzione del proprio lupo. «Grazie
«Non sai il resto.»
«Scommetto che mi hai dato qualcosa per farmi stare meglio visto che adesso sto effettivamente bene.»
Lentamente tornò a voltarsi verso Itachi, che sembrava studiarla da quella posizione vicino la finestra, ed allora annuì.
«In verità ho usato un antidoto che mi aveva dato il Maestro Sasori, quindi in teoria dovresti ringraziare lui una volta tornata alla base.»
«In pratica, però, sei stato tu a somministrarmi l’antidoto.»
«In pratica—… » le fece eco il ragazzo per poi distogliere lo sguardo, come se fosse appena stato messo in imbarazzo. «Sen ti è stato accanto per tutto il tempo.» 
Un lieve sorriso apparve sulle labbra della ragazza, che finalmente sembrava esser riuscita a svegliare il lupo, infatti in un movimento repentino quello le saltò addosso leccandole il viso, in un chiaro gesto d’affetto. 
«Tu invece stai bene?»
La domanda uscì dalle labbra della ragazza in maniera quasi automatica, forse perché voleva esser certa che anche lui non avesse subito danni. Infatti, Itachi, annuì smuovendo i lunghi capelli corvini tenuti legati dietro la schiena, per poi tornare a guardarla incuriosito.
«Sì, non preoccuparti.» rimase in silenzio qualche secondo, esitando o forse meditando, ma poi riprese a parlare. «Hai dormito quasi un’intero giorno, ma ne avevi bisogno. Per fortuna avevamo del margine di tempo prima di dover andare.»
Solo allora alla mente di Reyko tornarono i ricordi di ciò che effettivamente stavano facendo li alla Nebbia: il tre code. 
«Giusto, se non ricordo male tu avevi fatto qualcosa, o meglio, avevi scoperto qualcosa ed a proposito: dove ci troviamo?»
Domanda corretta, visto e considerato che non aveva idea di dove si fosse appena svegliata. Quasi a malincuore fu costretta a mettersi a sedere sul letto, lasciando le gambe penzolanti, e poi si diede una leggera spinta, in modo tale che piedi poggiassero sulla fredda superficie lignea della stanza. 
«Siamo nel villaggio a Nord di Kiri, non è lo stesso di ieri, ci siamo mossi per allontanarci e nasconderci.»  continuò il ragazzo guardando oltre la finestra. «E sì, ricordi bene, da quell’uomo sono riuscito ad ottenere un’informazione interessante, ovvero che il nostro bersaglio dovrebbe tornare da una missione giusto domani. »
Fantastico, quanto meno non avevano perso il contatto con il tre code, quindi questo voleva dire che nonostante il pessimo inizio potevano ancora riuscire nell’impresa, per quanto ardua fosse come cosa. 
«Perfetto quindi questa sera ci muoviamo ed andiamo?»
E con quella domanda quasi spensierata lo raggiunse, fermandosi esattamente davanti la finestra a vetri. Il panorama che le si presentò sotto gli occhi fu davvero bizzarro, anche perché non aveva fatto caso al vociare proveniente dall’esterno. C’era parecchia gente che si muoveva avanti ed indietro, bambini che correvano agitando nastri e stringendo palloncini. Le luci ed altre decorazioni erano state piazzate ad ogni angolo della strada, quindi tutto ciò voleva dire solamente una cosa: doveva trattarsi di qualche festa. 
«Non se ne parla. Tu devi ancora riprenderti. Partiremo domani mattina, anche perché Kiri è piuttosto vicina a dove siamo noi adesso.»
Le parole di Itachi la riportarono alla realtà, tanto da farle sfarfallare le ciglia più e più volte, stupita dalla sua risposta. 
Era stranamente premuroso, il che le fece anche piacere. Se si fosse trattato di Zetsu probabilmente non sarebbe stata neanche nel mondo dei vivi. 
«Oh—… beh, d’accordo, alla fine se hai detto che il nostro obiettivo passerà domani allora tanto vale rimanere qui al sicuro, e poi con la festa in corso è facile perdere le nostre tracce.»
Itachi sollevò gli occhi rossi cremisi nella sua direzione, ed allora annuì lentamente.
«Esatto. Tu come ti senti adesso?»
Ed anche quella domanda la lasciò vagamente perplessa, tanto da ritrovarsi a fissarlo senza saper bene che cosa dire o come rispondere. Ma la risposta era semplice, davvero tanto semplice.
«Io sto abbastanza bene, grazie. Mi sento molto riposata e non voglio più stare a letto.»
E per rendere chiaro il concetto iniziò a stirarsi i muscoli delle braccia, tanto che la maglietta si sollevò al punto da scoprirle l’ombelico. Ma poi tornò normale, sorridendo entusiasta al ragazzo.
«Vuoi qualcosa da mangiare?»
Ecco, quella era decisamente una domanda importante. Aveva fame, ma rispondere in maniera talmente plateale davanti a lui non le parve il caso, quindi schiuse le labbra per parlare, ma ancora una volta Itachi la sorprese.
«Se vuoi posso andare a—… prenderti qualcosa.»
Probabilmente le gote di Reyko divennero così rosse da non farci più neanche caso, perché quella era la prima volta che qualcuno le faceva una proposta tanto gentile e tanto cortese. Forse lo stava facendo solo per etichetta ma tutto ciò non le dispiacque perché era come se qualcuno si stesse davvero prendendo cura di lei. 
«No—… cioè sì, ho fame, ma non c’è bisogno che tu mi vada a prendere qualcosa. Posso andarci anche io.»
Itachi sembrò quasi deluso dalla risposta della ragazza, che a sua volta tornò a fissare la finestra, mentre le iridi nocciola si perdevano a fissare la gente che camminava e sembrava divertirsi. Fu allora che ebbe una sorta di illuminazione, tanto da sorridere in maniera quasi inconscia. 
«Oppure—… potremmo andare entrambi a fare un giro per il villaggio. Insomma c’è una festa ed è tutto così allegro. In questo modo possiamo prendere qualcosa da mangiare mentre siamo fuori.»
Il ragazzo rimase in silenzio, fissando a sua volta fuori dalla finestra. Sbatté le palpebre un paio di volte e solo dopo tornò a fissare la ragazza, guardandola dal basso. 
«Non credo sia molto sicuro.»
Lo sentì esitare e la cosa non la sorprese neanche un poco, anzi, la spinse ancor di più a provare ad insistere su quel discorso. 
«Andiamo c’è tanta gente e poi non andremo in giro con i mantelli dell’Akatsuki.» e stranamente, per cercare di convincerlo, s’abbassò alla sua stessa altezza, piegandosi sulle ginocchia, in modo tale che adesso i loro occhi fossero potessero osservarsi meglio. 
«E’ sempre rischioso andare in giro e poi tu ti sei appena ripresa dal veleno, Reyko.»
Il modo in cui pronunciò il suo nome fu quasi piacevole, anche se era una sorta di rimprovero attuo a bloccare l’insana idea appena avuta. 
«Ma io sto benissimo e non voglio rimanere chiusa in stanza. Quando Zetsu non c’è sono libera di andare e fare quello che mi pare, senza esagerare o senza farmi riconoscere, quindi perché pensi che non sia molto sicuro?»
In quell’istante il ragazzo dello sharingan la contemplò con attenzione ed ebbe addirittura paura di finire in una delle sue illusioni, solo per farla smettere di insistere in quel modo, ma non accadde nulla del genere.
«Non lo so—…»
Era decisamente esitazione quella nel tono di voce di Itachi, tanto che fu costretto a distogliere gli occhi, forse perché stava per cedere all’insana idea di Reyko.
«Ecco, appunto, non succederà niente te lo prometto. Vedila un po’ come una—… mezza giornata libera
Quella era decisamente la parola migliore per esprimere ciò che avrebbe tanto voluto ottenere in quel momento, ma anche sentendo tale definizione Itachi fu alquanto reticente. Lo vide inspirare profondamente e poi inarcare appena un sopracciglio, assumendo un’aria forse incuriosita.
«Come pensi di fare per farci passare inosservati?»
Nel sentire quella domanda il viso di Reyko s’illuminò, ed allora decise che era giunto il momento di non perdere tempo ed infatti, senza pensarci molto allungò la propria mano in direzione di Itachi, rivolgendogli un sorrisetto sghembo, che di solito avrebbe ricevuto schiaffi. Ma in quel caso il ragazzo fissò la sua mano senza capire bene e quasi esitante allungò la sua, appoggiandola sulla pelle di Reyko. 
Senza dargli il tempo di sottrarsi alla presa della mano, s’alzò rapidamente in piedi, trascinandolo con sé, in modo tale da  poter finalmente riuscire a smuoverlo un poco. Con estrema semplicità Itachi assecondò quel movimento, sollevandosi sulle gambe e si ritrovò dinnanzi a Reyko, superandola in altezza di svariati centimetri. 
In quel momento, soddisfatta del primo passo fatto per convincere il ragazzo, sorrise ed intrecciò le braccia all’altezza del petto, lasciando la sua mano. 
«Intanto iniziamo facendo una cosa—…» azzardò lei allungando le braccia verso di lui ed afferrando allora il colletto del mantello dell’Akatsuki. 
Quel motivo sarebbe dovuto sparire per quel pomeriggio, ed era esattamente la prima cosa che avrebbe nascosto. Quasi con esitazione, allora, dopo aver compiuto il primo passo, fece scivolare il mantello dalle spalle del ragazzo, fermo immobile dinnanzi a lei, che però non sembrò opporre alcuna resistenza, anzi, l’aiutò a sfilarsi le maniche, in modo tale da potersi togliere la loro normale divisa. 
Un sorrisetto soddisfatto apparve sulle labbra della ragazza che tolse del tutto quella cappa dalle sue spalle, ed allora la strinse al proprio petto, quasi vittoriosa.
«Adesso non sei più Itachi Uchiha dell’Akatsuki. ma sei semplicemente Itachi Uchiha.»
Notò lo sguardo stupito da parte del ragazzo, che schiuse le labbra per dire qualcosa, ma si bloccò immediatamente, lasciando che un sorriso appena accennato si andasse a dipingere sul suo viso. 
Allora sapeva sorridere anche lui e quando lo faceva era decisamente il più carino di tutti. 
L’eremita scosse il capo rapidamente, togliendosi quella stupida idea dalla mente, prima di andar a poggiare la cappa sul letto, accanto a Sen.
«D’accordo e poi?» 
Sfarfallò più volte le ciglia, ritrovandosi confusa dalla domanda di Itachi, ma la mente di Reyko elaborò piuttosto rapidamente, al punto da scuotere appena il capo voltandosi verso l’unico armadio che vi era nella stanza. 
Di solito qualcuno lasciava vestiti appesi per dimenticanza, non era una cosa rara nelle dimore che venivano affittate, quindi con fare  divertito di diresse verso l’armadio, muovendosi piuttosto rapidamente.
«Vediamo cos’abbiamo qui.»
E con un colpo secco aprì le ante, rischiando addirittura di spaccarne una, ma per sua fortuna vide che una serie abiti erano stati appesi, segno che effettivamente la gente dimenticava i vestiti. Sorrise soddisfatta, iniziando ad analizzare con interesse acuto tutto ciò che vi era al suo interno. Fece scorrere delle grucce, in modo tale da cercare qualcosa che si addicesse a lui, ed alla fine trovò un semplice mantello nero come i suoi occhi, decisamente adatto ad Itachi. 
Lo prese e si voltò, ritrovandosi il ragazzo a pochi passi di distanza, che aveva incrociato le braccia al petto e la guardava con un’espressione decisamente divertita. 
«Vuoi che lo metta?»
«Ovvio, altrimenti non te lo avrei portato, Itachi.» 
Sottolineò il suo nome, fingendo un’aria decisamente melodrammatica, ed allora il ragazzo lo afferrò al volo, sistemandoselo con tranquillità sulle spalle. Stonava con i colori potenzialmente chiari degli abiti che aveva indosso, ma lo copriva ed in quel modo difficilmente avrebbero potuto ricondurlo ad un membro dell’Akatsuki. 
«Così?» le domandò allargando le braccia come a volersi osservare meglio ed allora Reyko sorrise divertita, alzando un pollice in segno di accondiscendenza.
Ma ritornò a guardare dentro l’armadio alla ricerca di qualcosa d’interessante anche per lei. Studiò ogni capo a fondo, fino a quando non trovò una semplice camicia a quadri che prese e sventolò in aria con fare da vincitrice.
«D’accordo, ci siamo, io metterò questa.»
Richiuse le ante con un lieve colpo del piede, senza esagerare con la forza, e poi si diresse nuovamente verso Itachi, indossando la propria camicia a quadri blu e bianchi. Era decisamente carina per i gusti della ragazza ed era anche diversa dai normali vestiti che indossava. In quella maniera sarebbero passati per due comuni ragazzi che erano in giro per il paese. 
«Va bene, quindi così è tutto pronto?»
Le chiese il ragazzo intrecciando le braccia all’altezza del petto, prima di lanciarle uno sguardo incuriosito, ma Reyko scosse il capo, facendo un chiaro segno di no. 
«Manca ancora una cosa—… anzi due» sussurrò fermandosi dinnanzi a lui ed allora sollevò con delicatezza le braccia fino all’altezza del suo viso e gli sfiorò una guancia con i polpastrelli. 
«Cosa?» rispose Itachi trattenendo il fiato, forse per via di quel gesto decisamente inaspettato. 
«Gli occhi, annulla lo sharingan—…» ed un sorrisetto decisamente imbarazzato s'allargò sulle labbra delle ragazza che poi distolse lo sguardo. «E poi dovresti toglierti questa.»
Quella volta la ragazza sfiorò la patina di metallo dov’era stato inciso il simbolo della Foglia, tagliato da un lungo taglio orizzontale, il simbolo dei nunkenin. 
Il ragazzo, allora, la guardò negli occhi, inarcando appena un sopracciglio mentre il cremisi dello sharingan iniziò a dissolversi lasciando posto al colore della notte.
«Va bene.» le sussurrò Itachi prima di sollevare a sua volta le braccia portandole dietro il capo e con semplici movimenti sciolse il nodo con cui la teneva sempre stretta intorno alla fronte. La fece scivolare via, passando e scombinando i capelli corvini che sistemò con le dita, e così gliela porse alla ragazza. 
«Ecco, tieni.»
Reyko allungò la mano, andando a stringere allora la fascia della Foglia, prima di muovere un passo indietro, come a voler mettere distanza fra di loro, visto che sembravano parecchio storditi.
Erano entrambi vicini, così vicini che aveva sentito il suo respiro e forse si era anche sentita in imbarazzo per quella sorta di gioco che aveva intrapreso in quell’istante con Itachi. 
Distolse gli occhi, annuendo soddisfatta, e delle ciocche di capelli chiari le ricaddero dinnanzi al viso. Esitò qualche istante prima di voltarsi ed andare a poggiare anche l’ultimo oggetto insieme agli altri sul proprio letto, ed allora Sen sollevò il capo nella sua direzione.
«Forse tu vuoi dormire ancora un poco quindi rimani tranquillo in camera, ti porteremo qualcosa.»
Gli sussurrò ad un orecchio prima di carezzarlo con estrema delicatezza, come faceva sempre con il proprio amico. 
«Hai ragione, lui non passa molto inosservato.»
«Giusto, perché è un lupo bellissimo e tutti lo ammirano per il suo pelo lucido.»
«Già—… » e stranamente Itachi sorrise. «Ed io che pensavo che tutti lo guardassero perché è un lupo enorme, che sciocco.»
Quelle parole la costrinsero a ridere divertita, perché a quanto pareva anche lui sapeva essere divertente quando voleva, cosa che superò ogni aspettativa di Reyko. Infatti si morse il labbro inferiore e poi piroettò su sé stessa, con grande agilità, facendo smuovere la camicia appena indossata ed i capelli. 
«Quindi adesso siamo solamente Itachi e Reyko, due normali ragazzi che sono qui alla Nebbia per partecipare a questa festa.»
«Due persone normali. Ma non faremo tardi, chiaro? Abbiamo pur sempre una missione da svolgere.»
Nel sentire l’ultima frase di Itachi la ragazza sorrise ed annuì lentamente, guardandolo negli occhi.
«Ho promesso, non faremo tardi, adesso però andiamo ti prego, non vedo l’ora di scendere giù.»
E così diede un’ultima carezza sul capo di Sen, che sembrava già esser nuovamente crollato nel mondo dei sogni, in assoluta tranquillità, ed allora si diresse dal ragazzo, fermandosi esattamente davanti a lui. 
«Sei pronto per la tua mezza giornata libera da qualsiasi pensiero?» inarcò un sopracciglio, intrecciando le braccia dietro la schiena.
«D’accordo ci sono, ma cerchiamo sempre di non metterci in mostra o altro.»
«Non preoccuparti, non faremo niente del genere.»
Entrambi si ritrovarono faccia a faccia, come se si stessero analizando un’ultima volta prima di uscire, ed allora Itachi mosse un braccio, facendole chiaramente segno di dirigersi verso la porta, come avrebbe fatto un vero gentiluomo, cosa che effettivamente Itachi era. Probabilmente per lui era un gesto normale ma a Reyko tutto ciò fece piacere.
Infatti non se lo fece ripetere due volte e con una mossa rapida si voltò e si diresse verso la porta. 
Una volta tanto andare in missione si stava rivelando certamente più piacevole del previsto.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Flowes and sweets ***


Flowers and sweets 

Il sole sembrava illuminare ancora le strade di quel piccolo paese non troppo lontano da Kiri, e l’aria balsamica del mare era percepibile fin li. Non dovevano essere troppo distanti dalla costa, ma quel luogo pieno di gente era così pieno di gente che l’idea di andare verso il mare venne scacciata immediatamente dalle testa di Reyko. 
Una volta scesa al piano di sotto si diresse quasi correndo fra le strade, ritrovandosi ad esser spintonata qui e la, anche accidentalmente. Le chiedevano scusa e lei rispondeva con un sorriso sconvolto ed allo stesso tempo divertito. Era piacevole stare in un posto dove nessuno ti conosceva o sapeva chi fossi, dove nessuno ti giudicava e ti guardava con occhio critico. La sensazione fu assolutamente positiva, ed una volta che Itachi la raggiunse in mezzo alla strada entrambi si guardarono intorno con attenzione, alla ricerca di che cosa fare. 
«Visto? Nessuno ci riconosce—…
» gli sussurrò Reyko sollevandosi appena sulle punte dei piedi per poter dire quelle semplici parole al suo orecchio, forse anche per sicurezza. 
Itachi fece lo stesso, abbassandosi invece verso di lei, e parlò con chiarezza, in un soffio. 
«Non farti prendere la mano e scegli dove andare.
» 
Quando si allontanò da lei gli rivolse uno sguardo incuriosito, inarcando appena il sopracciglio nella sua solita espressione, e così optò per andare verso destra. 
Non aveva scelto secondo una logica ben precisa, ma semplicemente il lato che più la ispirava. Intorno a loro c’erano tante luci e parecchi nastri che scendevano sopra le loro teste, rendendo il tutto parecchio colorato ed allegro. Ad ogni angolo della strada sembravano esserci delle bancarelle che vendevano dolci e cibo di tutti i tipi, ma anche la musica non mancava. Era un suono mescolato fra i piacevoli rumori ed il vocio della gente, che rendeva tutto così pittoresco. 
Iniziarono allora a camminare fra la gente e Reyko notò con la coda dell’occhio lo sguardo attento di Itachi. Poteva anche aver accettato di seguirla fra quelle strade ma non sembrava deciso ad abbassare la guardia, cosa che anche lei avrebbe fatto. Ma fra tutta quella folla era difficile riuscire a riconoscere qualcuno, ancor di più se essi si erano nascosti da occhi indiscreti. Si scambiarono un rapido sguardo d’assenso ed allora la ragazza andò ad intrecciare le mani dietro la schiena, camminando accanto a lui. 

«Andiamo! E tu che non volevi uscire.»
«Sai, non volevo uscire per cercare di mantenere un profilo basso, Reyko.
» le disse guardandola prima di tornare a concentrarsi sulla strada. «Ma eccoci qui. Una mezza giornata libera non si nega a nessuno.»
«Esatto, questo è lo spirito giusto, Itachi. Dunque, da che cosa vuoi iniziare?»
E con una mano indicò l’intera strada che si apriva dinnanzi ai loro occhi. Vi era di tutto e la scelta, almeno per lei, sembrava decisamente ardua. Itachi, in tutta risposta, si limitò a guardarla incuriosita ed allora scosse la testa, facendo un chiaro segno di no. 
«No, scegli tu, ti prego.»
Come sempre il suo tono fu gentile ma non sembrava ammettere repliche in quel momento, e siccome Reyko non era esattamente il genere di ragazza che si faceva pregare tanto spesso, preferì iniziare a guardarsi intorno con aria particolarmente incuriosita, quasi come se fosse una bambina. 
«In verità neanche io so da dove iniziare, sto cercando qualche bancarella più interessante delle altre in modo tale da poter fare una scelta ponderata.»
Ma in quel preciso istante una folla di bambine e bambini urlanti li superò ridendo e scherzando, mentre giocavano a spingersi. Una di loro, una piccola bambina dai capelli scuri con una corona di fiori intrecciata fra i capelli, cadde a terra proprio accanto a Reyko, ed allora la ragazza si fermò a guardarla.
Le era scivolato anche uno dei fiori bianchi che aveva sul capo, e senza pensarci molto l’eremita s’inginocchiò e raccolse quel fiore. Tenendo il palmo aperto lo porse nuovamente alla sua proprietaria che la guardò con due grandi occhi castani pieni di gioia e spensieratezza. Sulle guance una spruzzata di lentiggini la rendeva adorabile, e la sua voce non fece altro che addolcire l’animo di Reyko.
«Sbaglio o ti era caduto questo?»
«Grazie signorina—…» mormorò la piccola quasi in imbarazzo allungando però la mano a riprendersi il fiore. 
«E’ davvero un bell’esemplare e fra i tuoi capelli è perfetto.» 
Aggiunse rapidamente Reyko aiutandola a sistemarlo nuovamente insieme agli altri fiori che c’erano sulla sua testa, ed allora la bambina le sorrise raggiante.
«Lo ha detto anche la signora delle corone di fiori.»
«Corone di fiori?»
«Sì, esatto è la sotto e secondo me, signorina, anche a lei le starebbe davvero bene una corona di fiori.»
Nel sentire le sue parole un lieve rossore, sintomo d’imbarazzo, le colorò le gote, spingendola però a sorride assolutamente contenta di quel complimento tanto genuino appena ricevuto dalla bocca di una pura bambina.
«Ti ringrazio, tesoro, ma ti consiglio di raggiungere i tuoi amici, ti stanno aspettando.» Sollevò allora una mano andando ad indicare il gruppetto di bambini che si era fermato per attendere la piccola alla quale il fiore era cascato, e quella, in tutta risposta, le sorrise salutandola con la manina per poi iniziare a correre verso di loro. Era bellissimo poter essere spensierati come un bambino, anzi, talvolta avrebbe tanto voluto tornare indietro e rimanere piccola per sempre. In fondo, quando era ancora piccola, tutto era più semplice, anche una vita senza genitori. 
Fece forza sulle proprie gambe, rimettendosi in piedi accanto al ragazzo che invece l’aveva attesa con tranquillità.
«Sei stata gentile con quella bambina—… » commentò Itachi incrociando le braccia all’altezza del petto, lasciando intravedere la propria maglia sotto quel mantello scuro che gli copriva le spalle. 
«Ovvio e lei mi ha appena dato un consiglio sulla prima meta.»
«Davvero?»
Allora il ragazzo dalla sua naturale espressione pacata si ritrovò ad inarcare un sopracciglio, stupito come non mai.
«Davvero. Andiamo, ho solo capito che è più avanti.» 
Non ci pensò molto, infatti si rese conto solamente dopo di aver afferrato il ragazzo per un braccio, iniziandolo a trascinare per la folla di gente, in modo tale da non perdersi. Solo dopo qualche passo lo lasciò andare, certa che ormai Itachi la stesse seguendo, e sentendosi ancor più stupida per averlo afferrato in quel modo, forse solo per impulsività. 
Fu quasi una fortuna che andando sempre più avanti, lungo quella strada, la gente diventava sempre meno numerosa, segno che si stavano allontanando dalla parte centrale della festa, ma gli occhi attenti di Reyko osservarono attentamente alla ricerca di quella bancarella con le corone di fiori. 
Itachi la raggiunse ed a sua volta, quasi per impedirle di allontanarsi, portò una mano a stringerle con delicatezza l’avambraccio, cosa che fece abbassare gli occhi di Reyko verso la sua mano. 
«Va bene, si può sapere cosa stiamo cercando, Reyko?»
«E’ semplice, dovrebbe essere da queste parti.» rispose lei lanciandogli uno sguardo di sbieco, accompagnato da un sorrisetto.
«Non abbiamo parlato di condividere le informazioni?» la punzecchiò lui, ritorcendole contro il discorso che avevano fatto in precedenza, e questa la lasciò abbastanza sorpresa.
«Non ci provare e poi guarda—… siamo arrivati, finalmente.»
E con la mano libera indicò una delle bancarelle della zona, precisamente quella piena di fiori colorati, e di varie forme, comprese particolari corone poggiate su uno stand. Dietro di esso sembrava esservi una vecchia signora, intenta ad intrecciare l’ennesima corona.
Quello era decisamente il posto giusto che stava cercando.
«Una corona di fiori? Davvero è così che vuoi passare la tua mezza giornata libera?»
Azzardò lui assottigliando i suoi occhi neri come la notte in direzione della ragazza, che in tutta risposta gli rivolse un sorrisetto divertito.
«Certo che sì. Qualcosa da obiettare, Itachi Uchiha?» 
Probabilmente decise di usare anche il suo cognome soltanto per sottolineare l’aria da sfida appena intrapresa, ma lui, in risposta la guardò negli occhi e poi provò a rivolgerle un sorriso accennato. 
«Assolutamente, Reyko Harada. Niente da obiettare.»
«Perfetto, allora andiamo.»
Senza dare il tempo al ragazzo di rispondere s’incamminò verso la bancarella dei fiori e vide la vecchia signora rivolgerle un sorriso cordiale. Sapeva che non era esattamente la cosa più intelligente da fare, ma lei adorava i fiori e non era riuscita a resistere a quel richiamo, beccandosi uno sguardo parecchio scettico dal ragazzo, che però l’aveva accontentata anche in quel momento. 

Erano quasi venti minuti che Reyko era seduta su quello sgabello lasciando che la signora giocasse con i suoi capelli. Infatti, con mani esperte, l’aveva vista intrecciare una serie di fiori, scelti dalla ragazza, sulle varie sfumature di rosso e rosa, creando così una corona di fiori tutta per la sua compagna. 
Probabilmente sarebbe stata una cosa stupida ma stranamente vedere Reyko tanto divertita e soprattutto tanto rilassata mentre giocavano con i suoi capelli, lo fece pentire di aver pensato ad una cosa simile. Perfino altre bambine, che correvano per le strade, erano accorse ad aiutare la ragazza nella scelta. E lei doveva essere la ragazza fuggita da quel posto tetro. Eppure vedendola in quegli istanti Itachi la trovò semplicemente una brava ragazza. Forse anche bella, se solo lui si fosse impegnato poter giudicare in maniera oggettiva la bellezza femminile. Non stava attento a quei dettagli, ma notava le occhiate che certe volte le venivano lanciate anche da Hidan, e quegli erano gli sguardi di chi cercava qualcosa in più. Lui non era così, come gli altri, lui avrebbe preferito ammirare quella bellezza da lontano, con la costante paura di avvicinarsi perché la sua oscurità avrebbe rischiato di contagiare perfino lei.
Si era domandato più volte che cosa ci facesse con loro quella ragazza, ma poi il ricordo di come era stata costretta ad unirsi alla loro organizzazione gli tornava vivido in mente. Erano stati ordini di Pain, e molto probabilmente erano anche ordini diretti di Madara Uchiha.
Forse la guardò per qualche attimo più del previsto, perché allora incontrò gli occhi scuri di lei, che finalmente sembrava aver finito con quella storia. Si alzò, dopo aver salutato la signora, e poi si diresse verso di lui, mostrando con orgoglio la sua nuova creazione fra i capelli chiari.
«Allora? Che ne pensi?» 
Abbassò leggermente il capo, lasciando che le ciocche laterali le incorniciassero il viso ovale, ed allora Itachi osservò con attenzione quell’intreccio di capelli e fiori. Era una corona fissata sulla sua testa, e stranamente il colore rosso sembrava donarle parecchio, per tale motivo, quando Reyko sollevò lo sguardo verso di lui gli sorrise speranzosa. 
«Penso che—… sia molto bella e che ti stia davvero bene.»
Non si sarebbe mai esposto più di tanto, magari affermando che il colore rosso sembrava risaltare le sue labbra, o le sue guance, attualmente arrossate. No, quello era decisamente troppo, ma lo pensava davvero.
Avrebbe preferito tenersi quel segreto  per sé.
«Beh, grazie, adesso però dobbiamo concentrarci sulla nostra prossima meta.»
«Hai già le idee chiare?» 
«Ovvio che sì, quindi muoviamoci.»
Quasi con grazia la ragazza chinò leggermente il viso nella sua direzione e poi gli fece chiaramente cenno di seguirla, in modo tale da non perdersi. Poco prima aveva azzardato tanto prendendola per il braccio, in un gesto anche abbastanza sfacciato, che però gli venne totalmente naturale. Era strano ma da quando era sveglia quella ragazza non aveva fatto altro che distogliere la propria attenzione dai suoi più oscuri pensieri, canalizzandola in qualcosa di decisamente positivo. Quella era la mezza giornata in cui si sarebbero liberati del fardello di esser parte di un’organizzazione tanto malvagia, e solamente allora Itachi tornò a respirare la libertà. La sua volontà era sempre stata sottomessa ad altri per il bene del proprio paese, ma in quel momento non c’era niente di tutto ciò: poteva semplicemente pensare a qualcosa di più frivolo, di più leggero. 
Chissà se anche Sasuke è riuscito a provare momenti simili dopo il suo allontanamento. Probabilmente sì, considerato che aveva fatto strada da solo, aveva degli amici, o almeno così gli era stato riferito, e quegli amici avevano addirittura provato a salvarlo da Orochimaru. Ma lui aveva scelto una strada diversa, voleva raggiungere il potre ad ogni costo e questo non andava bene per Itachi. Lui gli aveva spianato la strada ma Sasuke doveva seguire le sue regole, quelle degli Uchiha e non aggirare il tutto. 
Avrebbe pensato al problema una volta che gli si fosse presentato, anche perché al momento era inutile rimuginare su tutto ciò. L’unico pensiero triste che però attraversò la sua mente fu che probabilmente quei fiori sarebbero piaciuti anche a sua madre.
Era così perso nei suoi pensieri, cosa che succedeva spesso e volentieri, che non si accorse dell’allontanamento di Reyko. La vide dirigersi verso una delle tante bancarelle ed allora inspirò profondamente. Il suo compagno Kisame non lo avrebbe di certo portato in giro per una festa di paese, insieme se ne sarebbero stati a discutere o a meditare, non era un grande parlatore l’Ex spadaccino della Nebbia, a differenza della ragazza. Certo, erano diversi, ma stranamente quell’uscita si stava rivelando meno peggio del previsto. 
Era da una vita che non si sentiva così libero, non doveva nascondersi, o almeno non troppo. 
Si spostò lateralmente, togliendosi dal fiume di gente che lo circondava, e qualche attimo dopo, con uno di quei suoi soliti sorrisetti, vide tornare la ragazza che stringeva fra le dita dei—… dango. Ed allora, probabilmente, Itachi rimase davvero a bocca aperta perché erano la sua unica debolezza.  Fin da quando era piccolo non era riuscito a resistere al gusto di quel dolce, ed adesso, Reyko, gli stava letteralmente porgendo uno dei due bastoncini con quelle tre palline colorate. 
«Itachi? Vuoi?»
Probabilmente, senza neanche essersene reso conto, aveva distolto lo sguardo ritrovandosi in imbarazzo, perché effettivamente esisteva ancora qualcosa che riusciva ad imbarazzarlo, ma almeno davanti a lei doveva provare a nasconderlo. 
«Cosa—…?»
Non era stato molto intelligente rispondere ad una domanda con un’altra domanda decisamente non pertinente, ma era effettivamente la seconda volta che quella ragazza lo metteva in agitazione nell’arco di una giornata. La prima era stata quando gli chiese di annullare lo sharingan e per farlo aveva sfiorato le sue guance. Ecco, probabilmente in quell’istante si era sentito inerme dinnanzi a lei. 
«Ti ho chiesto se ne vuoi—… sai, una volta Kisame mi ha detto che ti piacevano tanto, così ho visto la bancarella e li sono andata a prendere.»
Itachi elaborò quell’informazione, appuntandosi mentalmente di chiedere a Kisame perché le avesse detto una cosa simile, ma soprattuto cercando di mantenere la propria compostezza.
«Ah—… io non—…»
Ma esitò nel risponderle, e probabilmente lei se ne accorse e prese la palla al balzo.
«Non? Non ti piacciono? Beh—… se non ti piacciono vuol dire che posso mangiarli tutti io.»
Purtroppo si ritrovò ad esitare ed a voltare leggermente lo sguardo nella sua direzione, non sapendo come comportarsi. 
Crisi totale. 
Ma poi, probabilmente, la sua parte più umana ed ancora giovane lo spinse ad allungare la mano per afferrare ciò che gli era stato posto. Probabilmente aveva appena perso credibilità agli occhi di Reyko ma era anche abbastanza convinto che visto l’animo riservato la ragazza non avrebbe parlato.
«Grazie—…»
La vide sorridere entusiasta, come se quel piccolo gesto potesse davvero averle rallegrato la giornata. O forse era molto più solare del previsto per via dei fiori che aveva fra i capelli. O forse perché poteva davvero essere sé stessa, libera da ogni ingombro possibile. 
«Ma figurati, non c’è niente di male nel fatto che di piacciano i dolci, insomma ti rende così—… non so spiegartelo.»
Probabilmente Reyko aveva parlato con quanta più ingenuità possibile, esprimendo un concetto che lo colpì al punto da voler avere più informazioni.
«Prova a spiegarti.»
La ragazza, in risposta, si rigirò il bastoncino fra le dita iniziando nuovamente a camminare lungo la strada piena di gente e lui la raggiunse, camminandole al fianco. Non lo stava guardando, ma sembrava piuttosto presa dai dolci. 
«Ti rende così umano, non che tu non lo sia di solito, però tu possiedi un animo gentile che cerchi di nascondere forse perché nell’Akatsuki si deve essere cupi o psicopatici o altro—…»
Le lanciò uno sguardo di sbieco, notando l’esitazione con cui aveva parlato, ma in verità avrebbe tanto voluto dirle che l’animo gentile di cui lei stava parlando era seppellito sotto strati e strati di puro dolore. 
«Potrei dire la stessa cosa di te.»
«Ah sì? Credi che io sia gentile?»
«Sì. Lo sei davvero tanto e per questo adesso stiamo parlando tranquillamente per le strade, durante una festa.»
Un lieve sorriso increspò le labbra rosate di Reyko, che abbassò immediatamente lo sguardo, quasi come se si fosse sentita davvero in imbarazzo.
«Da quanto tempo non eri così libero?»
Quella domanda, però, lo spiazzò del tutto, costringendolo a sbattere più volte le palpebre. 
«Non ricordo, in verità. Forse troppo tempo.»
«Beh, allora potrai dire che io, la fantastica ed incredibile Reyko, sono riuscita a renderti un pomeriggio di libertà che non avevi da troppo tempo.» e la ragazza sorrise divertita, ondeggiando i capelli per via delle risate. «Questa è una cosa che potrebbe dire decisamente Deidara, ovviamente stavo scherzando.»
E stranamente, dopo qualche istante, perfino Itachi si lasciò andare ad un sorriso divertito per via delle parole di Reyko.
«Bella imitazione, ti consiglio di farla quando lo vedrai alla base.»
«Certo, così questa è la volta buona che mi fa saltare in aria—… non che mi preoccupi visto che ci è andato vicino più volte.»
«Perché la cosa non mi sorprende?!»
«Perché è un esaltato—… sai che una volta credo anche di averlo visto baciare Sasori? Cioè non sono sicura fosse un bacio, ha più che altro cercato di zittirlo tappandogli la bocca con una delle sue mani ed il resto è stato—… inquietante.»
Ancora una volta quella storia, che gli era stata raccontata dallo stesso Kisame, lo lasciò vagamente perplesso ma allo stesso tempo lo divertiva. 
«Ne ho sentito parlare e non credo che quello valga come un vero bacio.» decise di precisare, proprio come aveva fatto con il compagno. Soltanto che Kisame lo aveva liquidato con una fragorosa risata, la ragazza, invece, gli lanciò uno sguardo scettico.
«Ne sei sicuro? Perché insomma erano entrambe due bocche e—…» 
Ma la faccia di Reyko si trasformò in una smorfia particolarmente divertita che lasciava intendere tutto. 
«In realtà erano una mano ed una bocca, quindi non valeva.»
«Ma andiamo, secondo me lo era, insomma il tuo è un dettaglio tecnico di dubbia importanza.»
«Dubbia importanza—… smettila, ho ragione io.»
Asserì forse con fin troppa convinzione anche se in verità stava solamente scherzando.
«Non hai ragione tu, questo è il campo delle ragazze, sono io quella che ha ragione.»
Così, con quelle parole, Reyko gli rivolse lo sguardo di chi sembrava saperla lunga sull’argomento, cosa che stranamente mise in imbarazzo il ragazzo, tanto da distogliere gli occhi dai suoi.
«Giusto, come ho fatto a non pensarci prima, Reyko.»
«Sei perdonato, Itachi.»
Ovviamente era certo che entrambi stessero scherzando, che nessuno dei due volesse davvero avere ragione sull’argomento e soprattutto sull’inquietante storia fra la mano di Deidara e la bocca di Sasori, infatti si scambiarono un lungo sguardo e continuarono a camminare.
Fu quasi una sensazione piacevole ritrovarsi, davvero, a parlare di argomenti simili che non avevano nulla di pesante, e per qualche strana ragione era lei a rendere tutto così leggero. Probabilmente era come se quel pomeriggio fosse una boccata d’aria fresca nella vita tetra che ormai si era costruito Itachi, e sperò che anche per lei fosse lo stesso. Meritava un po’ di spensieratezza come in quegli attimi. 
Poteva anche sembrare una cosa stupida ma si stava divertendo come non accadeva da tempo. Probabilmente l’ultima volta che aveva avuto una conversazione tanto divertente, eccezione fatta per Kisame, era stato Shisui, il suo migliore amico. Era strano riuscire a provare, ancora una volta delle emozioni diverse dal dolore o dalla sofferenza, e questo lo faceva stare bene, anche se non sarebbe durato a lungo perché la loro missione era ancora lunga.
Così seguì Reyko ovunque volesse andare, sia che si trattasse di qualche bancarella che vendeva dolci sia che fosse qualche posto dove poter ammirare il panorama. 
Probabilmente quel pomeriggio libero era la cosa più bella che gli fosse capitata da parecchio tempo.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Fog's strategy ***


Fog's strategy

Il piede che penzolava dal ramo era l’unica cosa che si muoveva al momento, visto e considerato che l’appostamento doveva servire per tenere d’occhio la zona. Ma da quando si erano avvicinati all’unica entrata di Kiri, che era anche abbastanza protetta, non c’era stato alcun movimento, il che voleva dire che avrebbero dovuto aspettare ancora ed ancora. 
Erano rimasti in silenzio, Reyko ed Itachi, scambiandosi di tanto in tanto dei rapidi sguardo d’assenso. Fra le altre cose, in quel momento, Sen era andato in giro per il bosco alla ricerca di tracce, ma fino ad allora non aveva dato segni d’aver trovato qualcosa d’interessante, quindi erano ancora nel nulla. Purtroppo era stato quasi spiacevole abbandonare il letto e le coperte, nelle quali si era rigirata più volte del previsto, ma con Itachi, una volta esser tornati nella loro camera, avevano deciso di ripartire anche prima dell’alba per evitare qualsiasi inconveniente. Reyko, prima di partire, era anche stata costretta a lasciare la sua corona di fiori sul comodino, ma l’aveva fatto a malincuore perché non aveva dove conservarla fino al proprio ritorno, e poi, fra le altre cose il combattimento con il Biju non sarebbe stato per niente semplice, quindi meno ingombro c’era meglio sarebbe stato. 
In fin dei conti era ancora rilassata dalla giornata precedente, perché quell’andare in giro spensierata l’aveva allontanata da tutti i propri dubbi e le mille questioni che l’assillavano, distruggendo la quiete della sua stessa mente. Avrebbe voluto vivere altre giornate in quel modo, magari anche con Itachi al suo fianco, perché stranamente il ragazzo era stato più piacevole del previsto. Anzi, lo aveva addirittura visto ridere, mangiare dolci ed ammirare il panorama. Avevano addirittura commentato il cielo per un po’ prima di decidere di riposarsi. 
Era stato tutto piacevole, ma come tutte le cose belle era terminato troppo in fretta. 
Il cappello di paglia le copriva gli occhi e di tanto in tanto si era persa a giocare con i nastrini che pendevano da esso. Aveva anche attaccato un campanello, ma niente di troppo eccessivo. 
«Come facciamo a riconoscere il nostro bersaglio? Insomma non possiamo davvero scontrarci alla cieca con chiunque.»
Aveva sussurrato quelle parole certa che nonostante tutto Itachi l’avrebbe sentita, ed infatti, il ragazzo seduto sulla punta più estrema del grosso ramo, voltò lentamente gli occhi cremisi nella sua direzione.
«E’ molto alto e porta con sé una grossa katana. Quindi possiamo riconoscerlo.» rispose con tranquillità il ragazzo prima di tornare a guardarsi intorno. «Tu? Notizie da Sen?»
Reyko, nel sentire la domanda, socchiuse gli occhi lasciando che le proprie emozioni e quelle di Sen si collegassero ancora una volta. Non avevano un raggio d’azione illimitato, anche perché si trattava di un marchio che le avevano impresso sul palmo della mano una volta divenuta eremita, in questo modo sarebbero stati in contatto sempre e comunque. 
La propria mente fluì nel corpo del lupo, che non sembrava vedere niente, segno che le cose erano tranquille. In quei pochi istanti Reyko correva libera, come se fosse stata davvero un lupo. Sentiva il cuore di Sen pulsare più velocemente del previsto e poi i sensi erano migliorati. Lui stava marcando la zona ad est, mentre loro due si stavano occupando di controllare la zona ad ovest, in modo da bloccare l’ingresso principale. 
Stava per riaprire gli occhi quando un rumore, anche piuttosto forte, fece scattare il lupo che aizzò i propri sensi. C’era decisamente qualcuno che si stava avvicinando dalla loro zona, e così la ragazza non perse tempo. Si ritrovò di nuovo con la mente su quel ramo e con un movimento repentino abbassò il proprio cappello, rendendosi conto di esser anche abbastanza preoccupata. 
«C’è qualcuno che arriva da est, Sen lo ha appena percepito. Prepariamoci.»
Ed entrambi si guardarono negli occhi ed annuirono, saltando giù da quel ramo su cui erano rimasti per parecchio tempo.
Prima di andare li avevano elaborato qualcosa che poteva anche definirsi un “piano”. Entrambi sapevano benissimo che le tecniche di fuoco, che Itachi controllava particolarmente bene, potevano essere incrementate dalla potenza del vento di Reyko. Ovviamente avrebbero provato qualche attacco combinato ma la priorità era riuscire a catturare il Jinchuriki vivo, quindi Itachi aveva proposto di usare lo sharingan Ipnotico per cercare di metterlo fuori gioco. 
Camminarono lentamente, raggiungendo la zona ad est da cui Sen aveva sentito arrivare quelle persone, ed infatti passarono solamente dei minuti prima che quattro figure spuntarono in lontananza.
Il cuore della ragazza iniziò a battere più veloce del previsto, tanto da esser quasi in ansia perché lei sapeva bene cosa volesse dire combattere contro un Biju, ma cercò di mantenere la calma. Potevano riuscirci in quell’impresa, anche se l’idea di ciò che sarebbe accaduto dopo la esaltava decisamente di meno. 
Le quattro figure, ovvero quattro shinobi, si rivelarono essere senza maschere, segno che non appartenevano alle forze speciali come invece erano i primi tre che avevano affrontato. Questa volta, Reyko, si stampò in mente l’idea di non farsi colpire da niente e da nessuno, men che mai da qualche spiedo o cose simili che potevano contenere veleno. Le era già bastato l’altro giorno andare vicina alla morte, ma adesso basta. 
Iniziò a contare fino a dieci, mentre la distanza che li separava dai nemici diventava sempre minore, mentre Itachi, al suo fianco a meno di un metro di distanza, sembrava calmissimo. Era incredibile come riuscisse a mantenere i nervi saldi anche in quei momenti, lasciando che la sua espressione seria dominasse su tutto il resto. 
Dovevano sperare che quel Biju non  fosse come il suo vecchio maestro Killer Bee, perché fra tutti lui era l’unico che era riuscito in un’impresa impossibile: il controllo del demone caudato. Ecco che tutta quell’energia lo rendeva davvero pericoloso al punto da essere uno dei più temuti e per questo motivo anche uno degli ultimi a cui avrebbero dato la caccia. 
I secondi passarono ed allora, le quattro figure, di cui una femminile, s’arrestarono dinnanzi a loro con aria decisamente sorpresa. Se stavano tornando da una missione, come Itachi aveva scoperto, potevano ancora essere all’oscuro del loro arrivo nel Paese dell’Acqua, e viste le loro facce era proprio così. 
Reyko sollevò appena il capo, fissando con attenzione tutti e quattro i componenti di quella squadra, con le divise tipiche della Nebbia, prima che tre di loro non si andranno a posizionare dinnanzi al tipo più alto. 
In fondo Itachi aveva detto che il loro bersaglio era il più alto e con una katana, e quel ragazzo dai capelli scuri ed un lieve accenno di barba sembrava proprio portare una grossa spada poggiata sulle sue spalle. Le parve addirittura una delle Katane ninja della Nebbia, la cui ubicazione era sconosciuta a tutti, e questo per via della particolare forma piena di carte esplosive. Lo avrebbero scoperto una volta iniziato il combattimento, ma prima di allora i tre posti a difesa puntarono loro contro le armi.
«Che cosa volete?» disse la ragazza dai capelli ramati che stringeva un Kunai fra le mani. 
«Quei mantelli—… voi siete dell’Akatsuki.»  continuò il ragazzo fermo al centro.
«Andatevene da qui, non avrete mai il nostro amico.» aggiunse l’ultimo prima di fare un passo in avanti con aria minacciosa. 
Alle loro spalle colui che doveva essere protetto li stava fissando con occhi interessati, intento forse a studiarli con attenzione. Doveva essere pericoloso e si vedeva solamente da uno sguardo. 
«Vi consigliamo di lasciare perdere.» 
Ribatté Reyko con una freddezza che quasi non le apparteneva. Era sempre la stessa storia: quando doveva portare a termine uno di quegli incarichi diventava ciò che non era. Una semplice macchina da guerra pronta a combattere non appena ve ne fosse stato bisogno. Gli occhi s’assottigliarono in direzione di tutti loro. Non avevano notato Sen nella loro corsa, ma lui sarebbe sbucato solamente al momento opportuno, questo gli avrebbe dato un netto margine di sorpresa che non avrebbe guastato. 
«Ci serve lui.»
Stranamente anche Itachi sembrò essere parecchio freddo nel pronunciare quelle parole, anche se nessuno di loro sembrava intimorito. Eppure li vide forse vacillare a causa di tutta quella situazione, perché ormai lo si sapeva bene che se l’Akatsuki incontrava il cammino di qualcuno quel qualcuno era decisamente morto. Si erano costruiti un nome macchiato di sangue ed erano giunti fin li.

«Prima dovrete passare sui nostri cadaveri.»
Maledizione, Reyko imprecò mentalmente perché non voleva sentire quella frase. Non voleva passare davvero sui loro corpi, avrebbe preferito che si fossero arresi facilmente, ma loro non erano decisi a mollare niente e nessuno. Il ragazzino in mezzo, che forse era il più giovane, deglutì sbattendo più volte le palpebre, analizzando la situazione. Non avevano distolto immediatamente lo sguardo da Itachi, quindi questo era un altro punto a loro favore perché in tale maniera le illusioni dello sharingan avrebbero fatto effetto. 
E così l’unica ragazza del loro gruppo, senza aver consultato gli altri, usando solamente il suo Kunai, partì all’attacco in direzione della stessa Reyko, che rimase ferma attendendo il momento giusto per scansarla. 

Nel mentre alla base...
«Andiamo, Sasori, vecchio mio, ammettilo che quell’ultima esplosione è stata davvero fantastica. Dai, ammettilo. Quella è la vera essenza dell’arte.»
La voce particolarmente acuta del biondo era l’unica cosa che si poteva sentire all’interno del salone alla base. Avevano portato a termine la loro ultima missione, che consisteva nell’uccidere determinate persone mentre erano alla ricerca dei Biju, ed allora una volta tanto erano finalmente tornati fra le mura di quella che ultimamente chiamavano “casa”. Magari non era bella come il suo tempio dove un tempo sperimentava la propria arte, ma aveva il suo fascino ed anche dei letti decisamente comodi, cosa che Deidara  non avrebbe mai disdegnato. 
Il marionettista, che nonostante la sua veneranda età, perché per Deidrata era un vecchio nonostante quella faccia perfetta che aveva, stava armeggiando con l’ennesimo pezzo di un braccio mentre cercava di far muovere le dita, il tutto inginocchiato accanto al tavolo centrale. Era come se il rosso lo stesse ignorando, cosa che gli dava tantissimo fastidio, per questo motivò il biondo decise di tornare alla carica, questa volta dando anche una gomitata a Sasori. 
«Non è vero che la mia esplosione è stata magnifica?»
«Se mi tocchi un’altra volta ti taglio una delle tue lingue, Deidara, quindi fai attenzione—…» sentenziò per via diretta Sasori, senza sollevare lo sguardo dalla marionetta che stava sistemando. «E se devo rispondere alla tua domanda direi proprio di no. L’arte non è un momento, ma deve essere eterna, proprio come le mie marionette. E’ solo nel tempo che si riesce ad apprezzare la vera bellezza. Io li ho salvati tutti quanti, rendendoli perfetti.»
Ecco che il maestro ripartiva con i suoi noiosissimi discorsi riguardo la bellezza eterna e le sue marionette umane. Perché avevano deciso di metterlo con lui? Insomma erano agli antipodi e poi Sasori era decisamente fastidioso, a differenza di Deidara, che fra tutti era il più simpatico in assoluto. O almeno lui pensava di esserlo.
Uno sbuffo uscì dalle labbra del ragazzo, che si buttò sul divano in modo da poter guardare il soffitto, lasciando che la cascata di capelli biondi scendesse anche oltre il bracciolo. 
«Che spreco parlare di arte con te che non ne capisci niente. Mi servirebbe qualcuno che mi ascolti, qualcuno come—… scherzo, non c’è nessuno fra di voi che mi capisce
Ovviamente usò un tono prettamente più melodrammatico prima di assottigliare le iridi cristalline, in modo tale da potersi concentrare su un punto fisso del soffitto, come se esso fosse il più importante di tutti.
Ma in quel momento, dal nulla, la figura non umana di Zetsu iniziò ad apparire dal pavimento, venendo fuori in tutta la sua bruttezza. Perché Sasori non faceva una marionetta con lui? Ecco, la cosa sarebbe stata decisamente divertente. Eppure, per il dinamitardo, l’apparizione di Zetsu lo fece spaventare al punto da cadere dal divano.
«Di che cosa parlate????»
Cadendo con un piede colpì Sasori, che voltò in maniera inquietante il viso, lasciando che i suoi apatici occhi verdi incontrassero i propri. Poteva anche non avere alcuna espressione al momento, se non noia totale, ma Deidrata capì benissimo di aver sbagliato a colpirlo.
«Ti sei rincoglionito più del solito, Deidara?»
Ed ecco che la sua voce, decisamente infastidita, confermò l’idea del ragazzo, che ghignò divertito nella sua direzione. 
«Che succede qui?»
Fu la successiva voce ad impedire al ragazzo di rispondere a tono a quell’impertinente del Maestro Sasori, che meritava decisamente una lezione per come gli aveva appena risposto. Se Zetsu era appena tornato alla base questo voleva dire che aveva terminato la propria missione ed allora era libero di tornare, ma ad accompagnarlo non vi era traccia di Reyko. Al suo posto la figura di Kisame aveva fatto il proprio ingresso, fissando e sogghignando la scena dei due artisti a terra. Era decisamente meglio Reyko, anche se Kisame di tanto in tanto sapeva essere divertente.
«Deidara sta per morire.»
Borbottò Sasori spingendo via la gamba del biondo che si trovava ancora vicino a lui, mentre Deidara, inerme, li guardò rimanendo disteso a terra.
«Lascia perdere il Maestro Sasori, oggi è in vena negativa e fra l’altro non vuole neanche ammettere che la mia arte sia migliore—…» azzardò lui beccandosi ben tre occhiatacce scettiche da parte dei presenti. «Ma non credo che sia il momento migliore per continuare questo discorso, quindi cambiando argomento: che diamine ci fai tu con Zetsu? Vi siete persi i vostri compagni?»
Ovviamente non gl’interessava davvero, anche se l’idea che Zetsu avesse fatto fuori la ragazza, mangiandosi il corpo non era poi tanto impossibile; oppure, se proprio doveva giocare con le ipotesi magari i loro compagni erano rimasti volontariamente indietro per stare tranquilli, oppure ancora per poter fare cose da ragazzi. Ma quello non sarebbe stato da Itachi, l’unico che fra loro si vantava sempre delle sue conquiste in campo amoroso, o forse era meglio dire sessuale, era Hidan.
Quindi Deidara decise di scartare l’idea.
«Ci siamo scambiati per questa missione. Reyko ed Itachi sono qua da qualche parte?» domandò Kisame guardandosi intorno.
«Ovvio, sono di sopra a darsi da fare—…» azzardò lui, solo per vedere le loro reazioni, che ovviamente non furono quelle, previste perché lo fulminarono con lo sguardo voltandosi tutti e tre contemporaneamente nella sua direzione. Sasori aveva la faccia da “Sei il solito cretino!”, Kisame da “Dici sul serio?!” e Zetus da “Che vuol dire?
Perché diamine nessuno di loro sapeva stare allo scherzo?
«A fare cosa—…?» domandò Zetsu che come sempre aveva voglia di esprimere la propria curiosità con quelle domande innocenti ma imbarazzanti. 
Il biondo roteò gli occhi, schiaffandosi entrambe le mani sul viso, come a voler risultare esasperato. 
«Stavo scherzando, dimentica quello che ho detto e non fate quelle facce stupite. Dunque, come mai vi siete scambiati? C’era qualche problema di coppia?» 
«In verità è stato semplicemente perché loro due dovevano andare a cercare il Biju a tre code alla Nebbia e mandare Kisame sarebbe stato pericoloso.» continuò lo Zetsu bianco che si era appoggiato al tavolo a controllare il minuzioso lavoro di un Sasori decisamente disinteressato.
«Oh, capisco, vi siete scambiati—… quindi potrebbero trovare un Biju. Interessante, speriamo che tornino presto.»
«In verità dovevamo solamente controllare una cosa—…
»
Questa volta ad azzardare quell’affermazione fu lo Zetsu nero, intento a disegnare dei cerchietti sul tavolo, cosa che costrinse tutti i presenti a rivolgergli uno sguardo confuso.
«Controllare una cosa?»
Kisame si avvicinò a loro, intrecciando le braccia all’altezza del petto muscoloso e piegò la testa di lato.
«Sì, volevamo capire se la storia sul tre code fosse vera perché alcune voci parlavano di un Jinchūriki, quello che loro stanno cacciando, ma altri dicevano cose diverse.»
Finalmente anche Sasori si sembrò interessare a quelle parole, tanto da smettere di lavorare. Con eleganza poggiò entrambi i gomiti sul tavolo, intrecciando le dita, ed allora guardò Zetsu. 
«Che dicevano, invece, le altre storie?»
«Qualcuno di vicino al nuovo Mizukage sostiene che la Nebbia ha perso il Tre code dopo la morte di Yagura, ovvero è tornato libero e non sono riusciti a sigillarlo. Ma se si fosse venuta a sapere questa cosa tutti sarebbero partiti alla caccia del Biju, quindi hanno preferito non divulgare l’informazione dicendo invece in giro che vi era un nuovo Jinchūriki
. I loro shinobi sanno la verità quindi Itachi e Reyko sono li per confermare o smentire il tutto. Se troveranno davvero il Biju sarà una vera fortuna, se non lo troveranno allora vorrà dire che è in libertà, il che rende tutto più difficile.»
Che grande infame Zetsu a non informare gli altri di tutte le informazioni, ecco perché quella pianta non gli era mai piaciuta più del necessario, anche se si divertiva a prenderlo in giro. Sapeva che c’era qualcosa d’inquietante e forse, quella spiegazione, servì solamente a confermare le idee del Dinamitardo. Magari non era acuto come Sasori, ma anche lui si accorgeva del pericolo quando lo vedeva. 
«Capisco, perché non glielo hai detto, Zetsu?»
Con ovvietà giunse la domanda di Kisame, ancora confuso come tutti quanti da quella spiegazione, ma in tutta risposta Zetsu bianco rise divertito.
«Perché se fossero andati con quest’idea lo avrebbero sottovalutato e se lo sarebbero lasciati scappare.»
Era l’ennesimo doppio gioco di quella pianta, che non gli andò giù per niente. Il biondo fece forza sui propri gomiti e si mise a sedere accanto agli altri, tamburellando le dita sulla mano ed allora sospirò profondamente. 
«Comunque sia quei due se la sanno cavare, anche se sono ancora aperte le scommesse su chi catturerà il primo.»
Perché in un momento di estremo divertimento avevano iniziato a porre scommesse sulle loro battute di caccia. Non tutti parteciparono, ma la domanda vera era: chi avrebbe catturato il primo caudato? Magari di li a poco avrebbero avuto il loro verdetto.


L’ennesima esplosione li costrinse ad allontanarsi immediatamente, facendo un lungo salto diametralmente opposto. In quell’occasione Reyko fu anche costretta a frenare con i talloni per non indietreggiare troppo, allontanandosi così dal campo di battaglia che era diventato quell’angolo di bosco. Eppure c’era qualcosa che non andava per niente perché da quando erano riusciti a mettere fuori gioco i tre ragazzi che lo accompagnavano, il Jinchūriki
  si era limitato a combatterli facendo solamente affidamento sulla propria spada. 
Quella era decisamente una delle Katane della Nebbia, forse lui era anche uno dei sette spadaccini, ma non era niente di più. Insomma lei conosceva la forza, la vera forza del Biju perché aveva visto in azione Killer Bee fin troppe volte. Era come se da un momento all’altro il caudato venisse fuori, mostrando le sue code, ed emanando un’energia davvero notevole, ma lei, anche da non sensitiva, capiva benissimo che quella non era la forza che ci sarebbe aspettati da uno scontro simile. E tutto questo era anche avvalorato dal fatto che il loro bersaglio era già stanco o all’estremo delle proprie forze. Con Itachi non si erano risparmiati neanche un secondo, colpendolo con le loro arti, e già quelle sembravano metterlo in difficoltà. 
Ci fu un attimo di pausa in quei pochi secondi, ed allora lei ed il proprio compagno di lanciarono uno sguardo d’intesa pronti ad usare di nuovo le loro tecniche di fuoco combinante con il vento. 
«Sei già stanco?»
Lo provocò l’eremita prima di mostrargli un sorrisetto convinto e soprattutto spavaldo, cosa che generalmente non avrebbe fatto. Ma se si fosse trattato davvero di un Jinchūriki
  quello avrebbe dovuto mostrare il suo demone, cosa che non faceva, quindi dovevano spingerlo al limite per essere sicuri di aver a che fare con quell’essere. 
«Non ci pensare neanche, ragazzina.»
Le urlò in risposta il ragazzo agitando in aria quella strana katana piena di bombe carta, ed allora il terreno saltò nuovamente in aria, cosa che la costrinse a spostarsi per evitare il colpo. In tutta risposta, mentre ancora di trovava in aria, puntò due dita e nel momento stesso in cui toccò il terreno con estrema forza lanciò una scarica elettrica tale da spaccare il suolo. L’elettricità si andò propagando in direzione del suo bersaglio, che però a sua volta si scansò con agilità.
Ma dopo fu il turno di Itachi di colpire, usando nuovamente la sua tecnica di fuoco. Un’enorme sfera infuocata non lasciò alcuna possibilità di fuga a quel tipo, che venne colpito in pieno, almeno questa volta, senza avere la possibilità di reagire. 
Ci fu parecchio fumo in quegli istanti, per via delle cose bruciate ma soprattutto per il colpo andato a segno, ed allora, in quel momento, quando l’aria fu più chiara, si ritrovarono a vedere la katana esplosiva a parecchi metri di distanza dal ragazzo che invece era disteso a terra, ustionato. Neanche le sue tecniche d’acqua erano state in grado di metterli fuori gioco e questo era sempre più strano. 
Tossicchiando Reyko si diresse da Itachi, che analizzava la situazione con assoluta freddezza, mentre il fuoco ardeva a pochi metri da lui. 
«Mi sembra strano—…» azzardò lei coprendosi la bocca con la manica.
«Che intendi dire?»
Aveva decisamente catturato il suo interesse perché in quel momento si voltò verso di lei, fissandola confuso. 
«C’è qualcosa che non va. Se fosse il Jinchūriki dell’Isobu avrebbe già mostrato il manto del Biju.»
Ed ecco che espresse i propri dubbi verso quel ragazzo, ancora disteso a terra. 
«Manto del Biju?»
«Sì, il chakra del caudato si mostra in condizioni critiche, me lo disse il mio vecchio maestro, ma questo ragazzo non sembra possederlo.»
A quelle parole Itachi alternò lo sguardo fra lei e quel tipo prima di saltare oltre il fuoco, con grande agilità e dirigersi verso di lui a passo spedito. 
Reyko non disse niente e lo seguì, oltrepassando le fiamme, in modo da capire che cosa diamine stesse succedendo. Eppure avevano visto con i loro occhi tutti gli altri suoi compagni muoversi in sua difesa, come se lui fosse davvero un tassello importante, quando in realtà non sembrava esserlo. Il suo compagno, con semplicità, s’inginocchiò al suo fianco e lo sollevò dal colletto della maglietta, strattonandolo con più forza del previsto. 
«Chi sei?»
Una roca risata disperata irruppe il silenzio che era calato, lasciando che il crepitare delle fiamme fosse l’unico sottofondo possibile. Quella reazione non le piacque neanche un poco, ed infatti lanciò uno sguardo preoccupato ad Itachi. 
«Allora è vero che l’Akatsuki sta cercando i Biju, pensavamo fossero informazioni false.» 
«Ma tu non sei un Jinchūriki, non è vero?»
Questa volta a parlare fu Reyko, che assottigliò gli occhi scuri nella sua direzione, inginocchiandosi a sua volta. 
«Quando l’hai capito che non ero uno di loro?»
«Non hai mostrato il tuo manto.»
«Allora tu ne devi già aver visto uno per conoscere questo dettaglio—…» ed il ragazzo a terra tossì, senza riuscire a muoversi. «Mi dispiace, avete fatto un buco nell’acqua.» 
«Quindi questo che vuol dire?»
A sua volta la ragazza allungò una mano per afferrargli il viso sporco di fuliggine, terra e sangue, in modo tale che la guardasse negli occhi.
«Che vi state esponendo per catturare le forze portanti dei vari paesi, quindi questo vuol dire che vi servono i caudati—…»
Il ragazzo sorrise amaramente, prima di mordersi le labbra spaccate. 
«Dove si trova L’Isobu?»  domandò Itachi con decisione assottigliando lo sharingan nella sua direzione. 
«Prova a farmi parlare con quel tuo fottuto sharingan, tanto non troverai risposta.»
In quell’istante Reyko vide i muscoli di Itachi irrigidirsi, come se stesse davvero per usare i suoi occhi contro di lui, che chiaramente non era il Jinchūriki. Ma improvvisamente la strana idea che potesse dire la verità si fece largo nella mente di Reyko, che andò a stringere la mano di Itachi come ad intimarlo di lasciarlo andare. 
In tutta risposta il suo compagno la guardò, sempre più confuso. 
«Ha ragione, non ha idea di dove sia perché non lo sa nessuno di loro. Era tutto studiato a tavolino per far credere a tutti che lui fosse davvero il Biju, ma non lo è quindi questo vuol dire che—… non siete mai riusciti a sigillarlo.»
Le idee contorte che si addensarono nella sua mente ebbero un fondo di verità quando il ragazzo le rivolse uno sguardo infastidito, come se avesse appena toccato un tasto decisamente dolente. Lei sapeva bene quanto difficile fosse sigillare un essere simile e quella era stata l’unica idea che giustificasse tutto ciò, ovvero quella montatura. 
«O forse vogliamo solo farti credere questo—…»
Con un semplice gesto, senza che vi fosse neanche bisogno di intervenire, Itachi lasciò andare il ragazzo, ed il suo busto cadde a terra senza forze, dedicando tutta la sua attenzione alla ragazza.
«Lui non ci serve, forse è il caso di andare.»
Anche perché quel fuoco e quelle esplosioni avrebbero attirato altri shinobi, ma l’idea che avessero appena scoperto qualcosa di nuovo fu abbastanza per spingerli ad allontanarsi. 
Con un semplice sciocco di dita Reyko richiamò immediatamente Sen, che sporco di terra la raggiunse, mostrando i canini snudati. Aveva combattuto anche lui ed era pronto a farlo ancora. I suoi sensi sembravano all’erta perché doveva aver percepito altro, quindi dopo essersi scambiati un rapido sguardo tutti e tre annuirono e si allontanarono immediatamente lasciando il campo di battaglia.
Saltando da un ramo all’altro, nella speranza di far più in fretta possibile, Itachi si voltò verso di lei dopo aver riacquistato la calma, perché quella provocazione aveva avuto effetto anche su uno calmo quale era il ragazzo. 
«L’Isobu è libero? Ne sei sicura?»
«In realtà no, ma lui non mi è sembrato contento di tale affermazione e poi rifletti: tutti quei ninja hanno dato la vita per proteggere la sua identità e la sua posizione spacciandolo davvero per un Jinchūriki. E’ chiaro che qualcosa non andava combattendo con lui. Quindi potrebbe essere tutta una montatura per distrarci dal vero Biju.»
«Se fosse libero sarebbe una preda per tutte le nazioni, quindi l’informazione dovrebbe essere riservata e si dovrebbe far credere che il caudato sia ancora da loro. Mettere su una montatura simile sarebbe coerente con la tua ipotesi.»
Reyko annuì sentendo l’analisi di Itachi ed infatti si scambiarono l’ennesimo sguardo convinto. Dovevano tornare alla base per avvertire gli altri di quanto avevano intuito o forse addirittura scoperto, perché se il tre code era davvero libero il loro lavoro stava per complicarsi sempre di più.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** First step ***


First step

Nel momento esatto in cui si ritrovò ad aprire gli occhi sentì il proprio cuore martellare nel petto, quasi come se volesse scappare dalla propria cassa toracica. La testa e le gambe le facevano davvero male per via di quella posizione assunta per tre interi giorni, ma soprattutto sentì i propri occhi arrossarsi e divenir lucidi. Si dovette costringere, la ragazza, a cercare di non lacrimare in quel preciso istante, forse perché a pochi metri da lei vi erano seduti anche gli altri, intenti a concentrarsi per mantenere quella tecnica degli ologrammi. 
Lei era stata la prima ad allontanarsi dal gruppo, una volta terminato il rituale di sigillo, con la scusa di essere particolarmente stanca, ma in realtà si trattava di qualcosa di più profondo e soprattutto più personale, perché era stato in quel preciso istante che Reyko perse la propria umanità, o almeno così lei credeva. 
Sen era rimasto al suo fianco per tutto il tempo e solo quando aveva aperto gli occhi il lupo si era sollevato per andarle incontro contento. Ma in tutta risposta Reyko s’alzò in piedi, lasciando di sotto tutti gli altri che pian piano stavano tornando con la mente nel loro corpo reale, e poi corse via su per le scale, cercando di soffocare un singhiozzo. Si coprì le labbra con una mano, per non far rumore e poi si appoggiò contro un muro, sorreggendosi come meglio poteva. 

Tre giorni prima
Il tavolo attorno al quale tutti quanti si erano riuniti era decisamente troppo stretto per sei persone, specialmente visto e considerato che Zetsu, con quella sua sorta di pianta carnivora sulle spalle, occupava più spazio del previsto. Sulla superficie liscia in legno era disteso un rotolo di pergamena che sembrava contenere informazioni in più sulle forze portanti e su quello che si sapeva su di essi. 
«Perché dobbiamo leggere questo rotolo? E’ così noioso
Il ragazzo biondo ed appassionato di esplosioni non riuscì a trattenere uno sbadiglio, tanto da attirare su di sé gli occhi dei restanti presenti. 
«Perché Zetsu nero sostiene sia utile.»
Specificò con tranquillità Reyko, che con le dita stava tracciando dei disegni immaginari sul tavolo in legno, senza però degnare di uno sguardo gli altri. 
«E noi, ovviamente, ci fidiamo di tutto ciò che ci dice Zetsu.» protestò allora Deidara alzandosi in piedi con un movimento repentino. 
«Perché non possiamo andare a far saltare in aria qualcosa?»
Kisame lo guardò si bieco prima di tirare nuovamente giù  il ragazzo. 
«Siediti e continua a leggerla.»
«Non voglio sedermi e continuare a leggerla, so già tutto quello che conta sui Biju, pensiamo un po’ ad altro—… » 
In quel momento Sasori lanciò uno sguardo a tutti quanti, come se volesse quasi esser compatito per avere un compagno simile.
«Siete liberi di fargli del male, io non opporrei nessuna resistenza.» sentenziò con decisione la marionetta prima di voltarsi a guardare il suo compagno con espressione praticamente vuota. 
In tutta risposta il biondo lo guardò male ed iniziò ad urlare una serie di insulti di che Zetsu ascoltò stupito e che ripeté senza pensarci due volte. Maledetta pianta che con la sua ingenuità nella parte bianca rischiava davvero di far ridere la ragazza.
Infatti, Reyko, stanca di leggere ciò che vi era scritto, tirò indietro il busto, andandosi ad appoggiare contro il divano, nonostante fossa seduta a terra, allontanandosi dal resto della gente che sembrava intenta a discutere riguardo quel rotolo di pergamena. In quell’istante, a pochi metri di distanza anche il ragazzo dello sharingan si era allontanato con il busto dal tavolo, ed allora i loro sguardi s’incontrarono per una frazione di secondi. 
Da quando era ritornata dalla missione con Itachi la ragazza si era ritrovata a pensare a quei momenti che avevano trascorso insieme. Alle risate che si erano concessi durante quel pomeriggio libero, ai dolci mangiati, alle parole dette ed anche a quelle non dette. Era stato piacevole e quasi fu un dispiacere per lei tornare dalla missione, ritrovandosi ancora una volta ad avere a che fare con Zetsu, che fra l’altro l’aveva tartassata di domande fino all’inverosimile. Le aveva chiesto come si fosse comportato Itachi, che cos’era accaduto durante il viaggio, che diamine era successo per quanto riguardava la storia del veleno. Ovviamente Reyko evitò di raccontare dettagli decisamente più personali, e forse anche intimi, tipo il contatto ravvicinato mentre si era divertita a dargli dei nuovi vestiti, o di quando gli aveva offerto di dango o delle altre cose che preferì tenere solamente per sé stessa. In quel momento, senza pensarci troppo, l’eremita fece forza sulle ginocchia e si rimise in piedi, lasciando che gli altri continuassero a parlare ed a discutere di quello che volevano, mentre lei si diresse lentamente verso l’esterno.
Il mantello scuro dell’Akatsuki, abbottonato solamente all’altezza del collo, le sventolava sulle spalle a causa del vento che imperava da una giornata, lasciandole il resto del corpo scoperto. Perfino l’acqua del fiume era vagamente torbida, tanto da non permetterle di vedere la propria immagine riflessa sulla superficie. C’erano increspature che davano anche abbastanza fastidio ma fra quelle increspature notò l’avvicinarsi di qualcuno alle sue spalle.
Non le fu difficile riconoscere quegli occhi rossi anche solamente da un riflesso, infatti non ebbe neanche bisogno di voltarsi verso di lui, tanto da rimanere intenta a fissare il cielo ed il paesaggio, appoggiandosi semplicemente contro una delle colonne in legno.
«Hai finito di leggere tutto oppure sei semplicemente scappato fuori perché non li tolleravi più?»
Avrebbe anche voluto aggiungere qualcosa di più divertente e sdrammatizzante del tipo “O forse perché io sono appena uscita fuori?” ma ovviamente quella precisazione la tenne unicamente per sé. Non era il caso di dire una cosa del genere ad Itachi, nonostante fosse stata davvero tentata di farlo. 
«Ho finito di leggere.» commentò con tranquillità lui, rimanendo ancora qualche istante alle sue spalle, prima di muoversi ed affiancarla. 
«Ma che bravo ragazzo. Io sono uscita per disperazione se non si fosse capito.»
«In realtà si vedeva anche piuttosto bene, non ci tieni a nascondere—… certe cose.»
Ed in quel momento, sentendo tali parole, entrambi si lanciarono uno sguardo quasi complice, non che ci fosse davvero niente da nascondere. Anche perché le cose che lei voleva davvero tener nascoste erano ben altre e non un semplice fastidio provocato dai loro compagni. Eppure quelle parole di Itachi possedevano un profondo senso di verità da cui lei non si sarebbe mai potuta liberare. 
«In verità io sono un libro aperto per chiunque.»
Proferì la ragazza, con finta ironia, tornando a guardare con le iridi castane il panorama dinnanzi a loro, fingendo anche una punta di superiorità.
«Le ragazze non sono mai un libro aperto, dunque devo dedurre che tu sia l’eccezione alla regola?»
«Sai, Itachi, io sono l’eccezione a molte regole se non si fosse capito—…» ci scherzò su per qualche istante, lasciando che le rosate labbra si distendessero in un sorriso. 
«In verità lo avevo capito. Tu sei davvero un’eccezione.» 
Con tono decisamente enigmatico il ragazzo si voltò verso di lei, analizzandola con gli occhi cremisi. Un braccio era tenuto sollevato grazie alla stoffa del mantello, in una posa quasi nobile e piena d’orgoglio, cosa che la ragazza, però, notò semplicemente con la coda dell’occhio.
Poteva anche aver detto una cosa banale  forse anche falsa, ma in quell’istante sentì le proprie guance tingersi in parte di rosso e quasi per fortuna i capelli nascondevano il tutto. 
«Lo so, il mio scopo è sorprendere la gente. In qualsiasi modo possibile.»
Forse adesso quella frase venne pronunciata in un sussurro decisamente dal tono provocatorio e per questo motivo voltò lentamente gli occhi nella sua direzione, incontrando quello sguardo. 
Itachi rimase in silenzio per qualche istante e schiuse le labbra per dire qualcosa, forse qualcosa di pericoloso, visto che si avvicinò verso di lei, ma improvvisamente una figura si mise letteralmente fra di loro circondandoli con le braccia. 
Kisame non era esattamente il massimo negli abbracci, anche perché la sua stretta intorno alle spalle di Reyko fu decisamente più forte del previsto, ma la ragazza non disse niente. Si limitò a guardare lo spadaccino con una smorfia quasi infastidita, mentre Kisame si era posto ad ammirare a sua volta il paesaggio, mettendosi in mezzo a lei ed Itachi. 
«Perché voi due ve la siete svignata lasciandomi con quelli la?»
Ovviamente la domanda era rivolta ad entrambi ed in tutta risposta sia Reyko che Itachi si limitarono a scambiarsi uno sguardo senza saper bene cosa dire. 
«Magari tu ti stavi divertendo.» azzardò lei abbassando lo sguardo sul possente braccio che le cingeva le spalle. 
«Come. No. Pensavo che voi due foste miei amici ed invece vi vedo alzarvi, allontanarvi, complottare—… a proposito di cosa stavate parlando?» e Kisame abbassò lo sguardo in direzione dei due che teneva stretti fra le braccia, senza dar loro la possibilità di muoversi.
«Niente di che. Stavamo solo discutendo.»  minimizzò Itachi, anche se effettivamente si trattava di quello.
«Discutendo? E di cosa?»
«Di quanto sono fantastica
Quella volta a rispondere fu Reyko, che sogghignò divertita, certa che in quel modo avrebbe sviato qualsiasi discorso.
Ed effettivamente tutto ciò fece ridere parecchio l’ex spadaccino della nebbia, che in risposta diede una pacca sul petto di Itachi, come a volerlo scuotere.
«Ecco perché mi fa sempre tanto ridere, l’eremita. Sai? Il mio caro Itachi, dopo essere tornato dalla missione con te, ha anche detto che—…»
Ma la frase di Kisame venne interrotta da una gomitata, anche abbastanza possente, che fu lo stesso Uchiha a lanciargli, senza curarsi della sua possibile reazione. Ovviamente Kisame scoppiò a ridere visto l’impeto di quel gesto, cosa che stranamente confuse Reyko. Lui era sempre calmo ma una volta tanto sembrava essersi lasciato andare.
«Ha detto cosa? Che gli hai detto Itachi?»
In risposta il ragazzo le lanciò uno sguardo che sembrava non ammettere repliche.
«Kisame parla troppo.»
«Non cambiare discorso, Itachi, che cosa gli hai detto di così sconvolgente?»
Fra una risata e l’altra Kisame si allontanò leggermente dal proprio compagno, continuando però a stringere Reyko.
«In realtà non era niente di sconvolgente solo che—…»
Ma gli occhi di Itachi lanciarono uno sguardo decisamente fulminante allo spadaccino, che continuò a ridere perché quella situazione stava decisamente diventando esilarante. 
«Solo che si è trovato bene e che la tua coroncina di fiori era decisamente bella.» continuò Kisame fregandosene di tutto quello che stava accadendo.
Quella volta a lanciare uno sguardo scettico fu Reyko, che effettivamente da come stavano andando le cose si era aspettata qualcosa di più sconvolgente. Ma lui era Itachi Uchiha non avrebbe mai detto niente del genere o non avrebbe mai fatto uno degli apprezzamenti di Hidan. Quelli erano davvero inopportuni e Reyko ricordava ancora la volta in cui gli aveva piantato un Kunai nella spalla perché aveva fatto un commento su come si sarebbe comportata lei a letto. 
No, quelle non erano cose che il ragazzo avrebbe anche solo pensato ed ecco perché in sua compagnia, quando erano da soli in missione, non aveva avuto problemi a fare ciò che aveva fatto.
Con gli altri magari non sarebbe stato altrettanto semplice.
«La mia corona di fiori era più che bella—… era bellissima e fidati Kisame, non sai cosa ti sei perso durante la nostra missione.»
Lo spadaccino della Nebbia inarco un sopracciglio, volgendo un ghigno da squalo verso il compagno non molto contento della piega del discorso. 
«Dimmi qualcosa, eremita! Lui non mi ha voluto dire altro e per riuscire a strappargli queste confessioni è stato difficile.»
«Beh—…
» azzardò lei volgendo allora gli occhi in direzione di Itachi, al quale sorrise. «Mi dispiace ma sono cose che rimarranno unicamente fra di noi due e Sen.» 
Forse furono quelle parole a tranquillizzare il ragazzo che continuò a fissare i due prima di dirigere la propria attenzione verso il fiume, soddisfatto della cosa.
«Non vale ed anzi, credo che quello che abbia detto Deidara possa spaventosamente essere vero, visto il vostro grado di diffidenza nei miei confronti. Insomma capisco Zetsu, ma io?!»
Ovviamente il discorso di Kisame fece ridere divertita la ragazza, che in tutta risposta lanciò uno sguardo verso l’interno e vide con certezza il caro vecchio Sasori urlare qualcosa al biondo. Per un attimo si domandò che cosa Kisame volesse dire riferito a Deidara, ma non aveva davvero voglia di indagare su una cosa simile.
Per un attimo la mente di Reyko si sentì stranamente leggera e quasi divertita da tutto ciò che stava accadendo alla base in quel momento, ma volgendo lo sguardo verso l’orizzonte delle nuvole oscure iniziarono ad addensarsi sempre di più.
Ad un occhio esterno tutto ciò sarebbe parso semplicemente una tempesta in avvicinamento, ma lei sapeva che non era così, proprio come lo sapevano tutti loro. Si ritrovarono a guardare il cielo oscurarsi, segno che era giunto il momento di andare. E tutta l’allegria provata in quegli istanti, quasi come se fosse ancora al suo vecchio villaggio, sparì immediatamente dai pensieri di Reyko.
«Penso che adesso dobbiamo andare.»
Mormorò Itachi che a sua volta stava osservando con tranquillità il cielo prima di voltarsi verso di loro. 
Stranamente dentro la dimora anche gli altri si erano accorti del cambiamento repentino del tempo e si erano dati una calmata.
«Sempre così poco discreto.» mormorò uno sdegnato Sasori, sedendosi meglio sul suo posto e chiudendo gli occhi, dando inizio alla tecnica degli ologrammi. 
Se quello era il richiamo di Pain per tutti quanti questo voleva dire solamente una cosa: qualcosa era appena accaduta. Quasi con preoccupazione Reyko andò a prendere posto accanto a Sen, intrecciando le gambe ed assumendo la classica posa da meditazione, ma che in quel caso serviva unicamente per collegarla con gli altri. Si sistemò il mantello sulle spalle, in modo tale che tutto fosse perfetto, e lanciò un ultimo sguardo agli altri a pochi metri da lei, che stavano facendo lo stesso. 
Inspirò profondamente, concentrandosi, ed allora la sua mente si dissolse da quel luogo tranquillo per poi riapparire con celerità nella tetra grotta in cui era stata già altre volte. Sapeva bene che i rifugi erano tutti uguali e che cambiavano a seconda di una serie di circostanze, ma la statua, quella spaventosa statua era sempre presente.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò in piedi accanto a tutti gli altri, che erano appena giunti proprio come aveva fatto lei, ed allora notò che anche Hidann e Kakuzu erano finalmente arrivati. Ma loro erano reali e questo Reyko lo poté notare immediatamente. Non erano come loro corpi tremolanti nelle ombre. Erano vivi e vegeti. Il più anziano aveva preso le distanze dal ragazzo religioso, che aveva ancora delle macchie di sangue all’altezza del petto scoperto. 
Solo qualche attimo dopo, abbassando lo sguardo, Reyko notò l’unico dettaglio che le era sfuggito rendendo il tutto terribilmente macabro. 
Ai piedi del ragazzo, infatti, vi era un corpo disteso a terra e messo parecchio male. Non aveva idea di chi fosse, non lo aveva mai visto in faccia ma l’idea che quel tipo potesse essere un jinchūriki si fece terribilmente strada in lei. 
Indietreggiò, ed inspirò profondamente, sentendo il proprio cuore battere fin troppo velocemente, ma poi giunse la voce di Pain. 
«Finalmente ci siete tutti.» sentenziò con il suo solito tono da grande oratore.
Si trovava su una delle dita della statua e nel lato opposto vi era Konan, il suo angelo, sempre al suo fianco. Entrambi sembravano pronti a fare ciò che andava fatto, ma lei era davvero pronta ad una cosa simile?
«Finalmente siamo riusciti a mettere le mani sul Biju dalle cinque code e questo è un grosso traguardo.»
Hidan, con aria trionfante, fece girare fra le dita la sua arma, la mannaia rossa, prima di conficcarla nel terreno a pochi metri dal viso del tipo svenuto. 
«Ovviamente siamo riusciti a catturarlo grazie alle doti mie e di Kakuzu, che fra l’altro ha voluto perdere tempo per andare a riscuotere altre taglie.» sentenziò con quel suo tono fastidioso indicando nuovamente il compagno. 
«Adesso è giunto il momento di sigillarlo nella statua e per farlo abbiamo bisogno di voi e della vostra energia. Non sarà un rituale facile ma insieme possiamo riuscirci perché questo è il primo passo verso la nostra agognata pace.»
Uccidere un uomo che non aveva alcuna colpa era davvero giusto?
Quel pensiero assillò Reyko al punto da farla cadere quasi in uno stato di trance. Zetsu, con il suo solito fare furtivo, mentre tutti si diressero vicino la statua, si fermò alle sue spalle e sussurrò.
«Pronta per mostrare quello che ti ho insegnato?»
Perché effettivamente era stato lui a spiegarle come comporre il sigillo e come riuscire a condensare tutta la propria energia per riuscire in quell’impresa. Probabilmente deglutì, ma cercò di non darlo a vedere, infatti lentamente iniziò a dirigersi alla sua postazione. 
Lei sarebbe stata, come il suo anello dell’Etere le imponeva, sul mignolo sinistro, esattamente accanto a Kisame. Non ebbe neanche la forza di guardarlo per paura di ciò che avrebbe fatto. Ma tirarsi indietro in quel momento era da escludere: sapeva troppe cose, l’avrebbero fatta fuori senza pensarci. 
Ed allora, per la prima volta nella sua vita, Reyko si pentì anche solo di aver pensato di attaccare il proprio Kage. Era tutta una questione psicologica che si stava riducendo ad una singola azione che avrebbe determinato l’andamento della propria anima.
Sarebbe dovuta rimanere con i lupi e diventare uno di loro. Voleva essere parte di un branco ma adesso o si sottostava alle regole dell’alpha oppure si periva. 
E Pain era il loro capobranco.

L’ennesimo sospiro uscì dalle proprie labbra, senza che se ne rendesse conto, e non ebbe neanche la forza di voltarsi ad ascoltare Pain, con le sue parole d’incoraggiamento. 

«Il rituale è lungo, quindi rimanete concentrati fino alla fine. Il nostro piano ha finalmente inizio.» 
Furono le sue dita a muoversi prima di lei, prima ancora che il proprio cervello le suggerisse di sparire da li. Così una possente forza iniziò ad avvolgere lei, la statua, e l’uomo disteso per terra. Non doveva essere piacevole per lui, ma lo era ancor meno per lei.
E chiuse gli occhi, incapace di voler guardare oltre.

Entrambe le mani vennero portate all’altezza delle labbra, cercando di bloccare un singhiozzo provocato da quello che al momento stava attanagliando il suo animo. Ormai aveva ceduto all’oscurità più totale e se ne rendeva conto. Ma non era riuscita anche solo a bloccare tutto questo. Si era ripromessa di mantenere un basso profilo, di non fare niente di terribile contro l’umanità anche una volta dentro l’Akatsuki. 
Poteva anche essere un’eremita ma troppa solitudine non faceva bene a nessuno. Per tale motivo si era unita a loro, un po’ per costrizione ed un po’ perché chiunque, anche lei, aveva bisogno di un supporto al mondo.
Ed adesso eccola li a dover combattere contro sé stessa e per ciò che aveva fatto. Si lasciò scivolare contro la parete, inspirando profondamente ed allora avrebbe davvero solamente voluto sprofondare nell’abisso oscuro. 
Ma il latrato di Sen la riportò alla normalità il più in fretta possibile. Fu costretta ad asciugarsi gli occhi con il dorso della mano, sentendoseli però arrossati per via delle lacrime. Ed allora una figura dietro la porta della camera la costrinse a rimettersi in pedi. 
Chiunque fosse non aveva intenzione di far durare quella conversazione a lungo, anzi, lo avrebbe mandato via anche piuttosto in fretta. 
Il ringhio sommesso del lupo le fece capire immediatamente che non si trattava di qualcuno che probabilmente la ragazza avrebbe apprezzato, anzi, tutto il contrario. Infatti apreso di scatto la porta si ritrovò faccia a faccia con Deidara, che sembrava anche vagamente annoiato. Le braccia erano intrecciate all’altezza del petto e quando finalmente si ritrovarono faccia a faccia lui le lanciò uno sguardo di sbieco.
«Zetsu ti sta cercando di sotto.
» commentò prima di guardarla quasi con interesse. «Hai gli occhi rossi, per caso ti senti mal—…»
Ma non gli lasciò neanche il tempo di finire che con un rapido movimento lo afferrò dal colletto della maglietta, decisamente infastidita dalla sua ultima affermazione. Deidara, che di certo non era un tipo tranquillo, sorpreso da quella mossa, fece altrettanto, afferrandola invece per il suo mantello e strattonandola. 
«Non sono affari tuoi e sto benissimo.»
Sibilò lei a denti stretti assottigliando lo sguardo. 
«Questa volta non ti ho detto o fatto niente, che diamine vuoi da me, Reyko? Era solo perché te ne sei andata di corsa—…»
Rispose il biondo ricambiando quell’occhiata furente in modo tale da poter risultare anche più pericoloso. 
E nel sentire quelle parole, quasi improvvisamente, Reyko sospirò a lungo e pian piano allentò la presa sul mantello del dinamitardo, che effettivamente non le aveva fatto niente. Si era ritrovata a constatare con i propri occhi che quella preoccupazione era dovuta unicamente al suo comportamento di prima, per come si era allontanata, e questo non andava bene. Non poteva mostrare una tale debolezza che la rendeva, agli occhi altrui, una fragile ragazza. 
Lo lasciò andare, abbassando le iridi scure, prima di mordersi leggermente il labbro screpolato.
Probabilmente se lo sarebbe fatto sanguinare come faceva sempre. 
«Scusa, sono solamente stanca.»
Deidara fece lo stesso e la lasciò andare, sistemandosi quasi distrattamente la sua veste, mentre l’aria di superiorità tornò a farsi sentire. 
«Non preoccuparti è stato difficile anche per me, ma non dirlo al Maestro Sasori altrimenti non la smetterà di rinfacciarmelo.»
«Rinfacciarti cosa? Andiamo, sai quanto odio aspettare. »
Ad interromperli fu la voce meccanica della marionetta di Sasori, che agitava una coda metallica anche abbastanza inquietante. 
«Lascia stare, vecchio mio.»  ribatté il ragazzo prima di ghignare in direzione di Reyko. «Zetsu ti aspetta giù.»
«Voi dove state andando?»
Domandò quasi ingenuamente lei prima di vederli dirigersi verso le scale, anche se sapeva già la risposta. 
«A caccia di Biju. Sbrigati adesso che sappiamo come fare non possiamo lasciarceli scappare.» le urlò di rimando il diondo prima di seguire a ruota il suo compagno.
Maledizione, adesso che avevano già catturato il primo le cose avevano iniziato a smuoversi e lei stessa avrebbe dovuto impegnarsi per fare qualcosa. In teoria ne avrebbero dovuto catturare uno a testa, in pratica le sperava vivamente di non arrivare a tanto, ma la mente malvagia di Zetsu non sarebbe stata facile da fermare. 
Prese le ultime cose che le servivano, si asciugò le lacrime e le gote arrossate per via di quanto appena accaduto, e con un movimento fluido si sistemò ancora una volta il mantello nero con le nuvole rosse sulle spalle, in modo da coprire quasi il suo corpo per intero. 
Non poteva tirarsi indietro, non adesso che i giochi erano appena cominciati sul serio. 
«Andiamo Sen, non possiamo essere da meno, purtroppo. »

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Tobi ***


Tobi
Dopo svariati mesi
Le ginocchia, per mancanza di forza, la costrinsero a crollare a terra, mentre i segni neri che aveva sul viso, intorno agli occhi e lungo le guance, iniziarono a dissolversi. Gli occhi di un giallo acceso tornarono al classico colore scuro, mentre pian piano la ragazza inspirava profondamente, nella speranza di riuscire ad avere ulteriori forze. C’era questo piccolo dettaglio che spesso dimenticava, ma una volta attivata la modalità eremitica molte delle sue energie venivano meno e per questo motivo si ritrovava spossata. 
Il combattimento contro uno degli altri Bijou non era stato per niente facile, ed a dimostrazione di tutto ciò vi era il fatto che pochi metri indietro Kakuzu ed Hidann stavano osservando con ammirazione quella scena. Si erano incontrati lungo la strada ed allo Zetsu propose di continuare insieme per aver più possibilità di riuscire a catturare colui che serviva loro. 
Erano arrivati così vicini ed allora avevano iniziato il combattimento. Il suo compagno, mentre a battersi era uno dell’altra squadra, la guardò così intensamente da farle paura e per questo motivo, la ragazza, senza batter ciglio, si propose di metterlo lei stessa al tappeto, in fondo quello era la preda sua e di Zetsu. 
Un’ombra oscura le si avvicinò mostrando i canini, come sempre, ed allora gli occhi dell’eremita incontrarono quelli chiari del lupo, fermo a pochi centimetri da lei. 
«Che cosa stai facendo, giovane lupo? »
Il tono di Kenzo era sempre roco, ma quella volta sembrò addirittura ringhiarle. 
In tutta risposta la ragazza si pulì il sangue dalle labbra spaccate per via di uno dei colpi ed allora si voltò verso il suo vecchio maestro. 
«Sto eseguendo gli ordini—… » sussurrò lei cercando di rimettersi in piedi, ma Kenzo non glielo permise. 
«Ordini di chi? » 
«Non credo ti riguardi. »
«Mi riguarda eccome, ragazzina. Sei stata la mia allieva ed adesso mi richiami per combattere contro un Biju. Che cosa stai combinando? Sono vecchio mica stupido. »
Reyko, nel sentire le parole del lupo, deglutì e lanciò un rapido sguardo in direzione di Zetsu, che a pochi metri di distanza la stava osservando con interesse, come se il discorso con quel lupo fosse molto importante. 
«Non sono più sola. »
Rispose quella limitandosi ad abbassare lo sguardo, ma ricevette l’ennesimo ringhio da parte di Kenzo. 
«Lo sto notando, ma bada bene a quello che fai, eremita—… noi ti abbiamo dato la fiducia eterna , ti seguiremo qualsiasi sarà la tua strada, ma tu non devi tradirci. »
«Non vi sto tradendo, Kenzo, e questo lo sai.
» sbottò quella infastidita, perché oltre Kenzo stavano assistendo alla scena anche un Hidan parecchio curioso ed un Kakuzu che si era già messo sulle spalle la vittima.  Il lupo la guardò negli occhi, come a cercare una singola traccia di menzogna, che però non trovò. 
«Bene—… ma fai attenzione a batterti con i Biju. Non ho idea del perché servano a te ed ai tuoi “amici”, ma avere a che fare con questo tipo d’energia non è mai semplice. » 
Lentamente il lupo indietreggiò, dando possibilità alla ragazza di sorreggersi con un piede, rimanendo però in ginocchio. 
«La pace. Noi vogliamo la pace, è per questo che ci servono i Biju. » sussurrò sempre in direzione del lupo prima di tirare indietro delle ciocche di capelli, in modo tale da poter avere il viso totalmente libero. 
«Pace? Non mi sembra un ideale tuo, correggimi se sbaglio—… ma ne riparleremo un’altra volta, eremita. I tuoi amici sembrano piuttosto impazienti di andare da qualche parte. Fai attenzione a ciò che scegli di fare, per il resto, come sempre, sai che potrai contare su di noi. »
Lentamente il lupo s’inchinò in direzione dell’eremita, in un gesto profondo e pieno d’orogoglio, cosa che l’aveva lasciata sconvolta la prima volta, ma poi Reyko fece altrettanto, poggiando una mano sul petto e chiando il capo in direzione di Kenzo. Era un qualcosa che li univa da sempre, anche dopo le parole dure che le erano state rivolte. I lupi potevano benissimo essere degli animali orgogliosi e pieni di dubbi, ma fra lei ed essi vi era uno stretto rapporto di gratitudine e rispetto. Si erano conosciuti, avevano vissuto insieme, avevano combattuto insieme, condividevano la stessa energia.
Niente avrebbe scalfito quel legame, anche le scelte sbagliate della ragazza. 
Il lupo dal manto scuro sparì lasciando Reyko in ginocchio ed ancora dolorante, sotto gli occhi stupiti di tutti gli altri. Zetsu, che doveva aver registrato qualsiasi cosa con il suo sguardo attento, camminò fino a raggiungerla, tendendole la mano. 
«Non sembrava molto felice, quel lupo, di combattere contro un Biju. »
E Reyko gli lanciò un’occhiata fulminante, come a voler dire “fatti gli affari tuoi”… ma non ebbe l’effetto desiderato. 
A pochi metri da lei si fermò anche Hidan, che aveva iniziato ad applaudire sogghignando divertito, come se quello fosse lo spettacolo più bello di sempre. 
«Sai, credo che quel tuo lupo ti abbia appena fatto il culo per non averlo avvertito prima. » e con un ampio gesto melodrammatico la indicò.
«Ma dai—… » rispose secca la ragazza, sistemandosi meglio il mantello strappato.
«Che c’è? Non avevi il permesso di andare a caccia di Biju? Sei davvero così legata ai lupi da aver paura di una semplice evocazione? »
Ed allora Reyko lo fulminò con lo sguardo, sentendosi particolarmente infastidita da quelle parole.
«Non è una semplice evocazione. E’ il mio maestro! Secondo te, Hidan, come sono diventata Eremita? Di certo non pregando Jashin! »
Ecco che sbottò, arrivando addirittura a tirare in ballo l’amato Dio del ragazzo, che fece una faccia sconvolta. Si avvicinò maggiormente a lei e la prese per mano, portandola all’altezza del suo cuore. Hidan era solito non portare alcuna maglietta sotto il mantello, per questo motivo era sempre a petto nudo, e sfiorare la sua pelle fredda lo avrebbe dovuto far rabbrividire, ma lui non si scompose, anzi, inspirò profondamente beandosi della sensazione. 
«Oh mia cara Reyko, non dire queste cazzate, perché se tu avessi pregato Jashin lui ti avrebbe concesso ben altro rispetto al tuo essere un’eremita. »
Quasi come se volesse fare il galante avvicinò una mano per asciugarle il sangue sulle labbra, ma Reyko gli diede un colpetto, intimandogli di allontanarsi. 
«Mi dispiace, la religione non fa per me. »
«Ed allora brucerai all’inferno come tutti gli altri, io volevo offrirti la salvezza, dolcezza, ma tu proprio non lo capisci—… »
Con un secco gesto della mano Reyko la ritirò, muovendo più volte le dita per accertarsi di star bene, e poi lanciò un lungo sguardo a Zetsu. Questa volta lo implorava di ucciderla, ma anche in quel caso la pianta non sembrò recepire. 
«E non credo di volere capire—… Kakuzu, è tutto pronto? »
Si rivolse, in un semplice e rapido gesto, in direzione dell’uomo che aveva preso con sé il bersaglio. In quegli attimi la voglia di sentirsi in colpa per quanto appena fatto era offuscata dalla stanchezza e dalla spossatezza mentale. Come poteva tirarsi indietro? Ormai, tanto, aveva già iniziato a catturare i jinchūriki proprio come avevano fatto gli altri. 
Erano semplici persone che avevano avuto la sfortuna di nascere per diventare gli ospiti di quegli esseri.
Temeva il giorno in cui qualcuno, se non lei stessa, avrebbe portato al cospetto degli altri il Gatto Fantasma di Yugito, e questo non la tranquillizzava neanche un poco. 
Cercò di non pensarci, di provare ad essere insensibile, ma non era davvero lei. Lei sentiva tutto, e non per via del profondo legame con la natura, ma proprio perché l’animo silente di Reyko nascondeva una profonda gentilezza che nascondeva solo per proteggere da quel mondo terribile in cui viveva. Di tanto in tanto veniva a galla, come quando si ritrovava ad essere spensierata e lontana da quel genere di problemi, ma ultimamente accadeva troppo di rado.
«Non preoccuparti, lo porto io. Potrai prenderti tutto il merito con Pain, eremita. » 
Aggiunse con tranquillità l’immortale dai cinque cuori, mentre iniziava a camminare a fianco di Zetsu. 
«Bel combattimento anche perché hai finalmente richiamato altri lupi. Pensavo che non li avresti mai chiamati. »
E Zetsu provò ad accennare un inquietante sorriso, prima di continuare a muoversi. 
«No—… non m’importa il merito, basta solo che ci sbrighiamo ed andiamo via. »
«Vuoi una mano, dolcezza? » il ragazzo dai capelli bianchi le si avvicinò e ghignando le porse un braccio, che Reyko superò con profondo sdegno, limitandosi a guardarlo male. Di solito la tecnica dell’ignorare funzionava, ma ultimamente aveva preso a fregarsene, il che risultava un grosso, grossissimo problema. 

Qualche giorno dopo
Gli occhi stanchi della ragazza sottolineavano quanto la sua vita, al momento, potesse essere faticosa. Non c’era un momento in cui riusciva a riposarsi, sia perché stavano inseguendo freneticamente il resto dei caudati, sia perché tutto ciò che faceva la rendeva spossata e forse anche più irritabile del solito.
Poche erano state le parole dette una volta al rifugio, ed infatti si era limitata ad annuire o a rispondere con semplici e malinconici “sì” e “no”. Aveva decisamente bisogno di distendersi e morire da qualche parte, oppure di un bagno alle terme. Ecco, probabilmente avrebbe costretto Zetsu, una volta ripartiti per la missione, ad andare alle terme calde solo per rimanere una giornata sana immersa in acqua. E dire che lei non era mai stata una grande fan di quei posti, anche per via dell’imbarazzo, ma prima di pensare a ciò, fu costretta a passare dalla loro base.
Magari li avrebbe avuto un momento tranquillo di riposo, anche perché a detta di Zetsu anche la loro vasca da bagno al piano di sopra funzionava abbastanza bene, ma no, Reyko non si sarebbe mai fatta un bagno  nella stessa casa con tre delle cinque persone più squilibrate che avesse mai conosciuto. 
E fra le altre cose doveva anche fermarsi ad attendere l’arrivo di Itachi e Kisame, unico punto a favore di quei giorni. Non li vedeva da parecchio, ovvero da un paio di settimane, e per quanto stupida potesse sembrare la cosa scherzare con loro era diventata una delle poche cose capaci di farla sorridere. Perfino rivedere Sasori e Deidrata era stato piacevole, la settimana precedente, ma alla fine avevano preso strade differenti perché i loro bersagli erano diversi. Non aveva neanche avuto la forza di guardare Itachi negli occhi dopo che Hidann ammise con clamore che era stata lei a stendere il j
inchūriki, forse perché sapeva che l’avrebbe giudicata non in maniera positiva. Era come se il giudizio di Itachi fosse importante, davvero importante per lei. 
Quando Sen, finalmente, avvistò la casa in lontananza un sospiro uscì dalle labbra della fanciulla, che con un semplice movimento di polso scostò delle ciocche di capelli bionde attaccate alla fronte. 
Gli occhi scuri scrutarono il paesaggio, alla ricerca di trappole varie ed eventuali, piazzate sicuramente da Sasori, ma ciò che nuovamente catturò la sua attenzione furono i fiori di Adenium. Ricordava ancora bene la prima volta in cui giunse fin li, di come il ragazzo dello sharingan l’avesse bloccata appena in tempo e di come la sua mente avesse registrato con chiarezza ogni dettaglio di quel fiore tanto bello quanto velenoso. 
Purtroppo la bellezza dei fiori non sarebbe mai cambiata, ma in quell’istante, un rumore non molto confortevole, la fece sporgere verso la zona laterale del porticato, che non aveva controllato. Era come se qualcuno stesse sussurrando o stesse dicendo qualcosa, qualcuno che effettivamente non aveva mai visto. 
Reyko, allora, si ritrovò a fissare con curiosità quel qualcuno che non era chiaramente uno dei membri dell’Akatsuki, che però indossava anche lui la classica cappa con la stoffa nera sulla nuvola rossa. Era un nuovo membro? Sfarfallò le ciglia, confusa ed allo stesso tempo incuriosita, lasciandolo immerso nei suoi discorsi sussurrati, ma Sen, che non aveva riconosciuto l’odore, iniziò a ringhiargli, anche in maniera piuttosto evidente.
Poche volte lo aveva visto in quel modo, ma neanche carezzargli il capo servì per farlo calmare. Zetsu, rimasto indietro, raggiunse Reyko e fissò a sua volta lo sconosciuto, prima che esso si voltasse verso di loro decisamente terrorizzato.
Eppure, se Reyko si era aspettata di veder un viso ma la sua convinzione fu più errata, perché una maschera arancione con un buco per un occhio era tutto ciò che riuscì a notare una volta che l’uomo si girò verso di loro.
Aveva addirittura lanciato un urlo spaventato, decisamente terrorizzato, prima di additare Sen.
«E lui chi diamine è? E perché mi sta ringhiando? Non ti ho fatto niente, bel cagnolino, ti prego non mordermi—… »
Una voce stridula ed anche fastidiosa provenne da quella maschera, mentre il tipo avvicinò una mano a Sen per carezzarlo, in tutta risposta il cane spalancò le fauci e lo morse, ma fu come se non gli avesse fatto niente. Eppure Reyko fu abbastanza certa di aver visto Sen morderlo, ma doveva essersi sbagliata.
«In verità potrei fare a te la stessa domanda: tu chi sei? »
Solamente allora, il tipo con la maschera arancione sembrò rendersi conto che oltre il lupo non era decisamente solo e così andò incontro a Reyko e Zetsu, cercando di abbracciarli. 
«C’è un brutto cane cattivo che mi vuole uccidere, ti prego aiutami Zetsu, o aiutami anche tu bella signorina. »
Come l’aveva chiamata? 
In quel preciso istante Reyko inarcò un sopracciglio, volgendo uno sguardo al suo compagno di squadra che le doveva decisamente delle spiegazioni riguardo quello strano tipo. 
«D’accordo, non ti ucciderà, ma tu lasciami andare subito—… »
E cercò, quasi con forza, di scollarsi di dosso l’uomo con la maschera, che sembrava piagnucolare ancora per Sen. Eppure, lentamente, riuscì nell’impresa, tanto da mettere almeno un metro di distanza fra di loro. 
Quasi scocciata Reyko schioccò le dita e Sen, di malavoglia, si andò ad accucciare lontano da dove si trovavano loro, proprio vicino al fiume come piaceva a lui, in modo tale da prendere il venticello per rinfrescarsi. La ragazza, invece, rimase insieme a quei due, incrociando le braccia all’altezza del seno, prima di alternare lo sguardo fra la pianta e la maschera.
«Dunque, ora spiegami immediatamente chi sei e che cosa ci fai qui altrimenti richiamo il lupo. »
In quel frangente di eventi, quasi in maniera automatica, il tipo con la maschera afferrò la mano di Reyko e si inginocchiò davanti a lei. 
«Che sta—… » azzardò Reyko guardando Zetsu, anche più stupito.
«Non so quanto Reyko possa apprezzare una cosa simile, Tobi. » sussurrò la parte bianca continuando ad osservare la scena con confusione. 
«Quindi è così che la splendida signorina del cane si chiama? Reyko, che magnifico nome è un piacere conoscerti finalmente. Ho sentito parlare di te. »
In maniera repentina scostò leggermente la maschera, in modo tale che solamente la labbra si potessero intravedere, e le lasciò un bacio sul dorso della mano.
In genere, per un gesto simile, Reyko sarebbe rimasta piacevolmente sorpresa, ma non conoscendo chi fosse quel tipo rimase a guardarlo confusa. 
«Io non—… »
Provò a dire qualcosa, ma Zetsu intervenne prima del previsto.
«Tu non l’avevi mai conosciuto, Reyko, ma lui è il nostro adepto, si chiama Tobi ed aspira ad essere parte dell’Akatsuki. »
Cosa? Avevano un adepto e non le avevano detto mai niente? Ed infatti la ragazza guardò decisamente male la pianta, che in tutta risposta scrollò le spalle. 
«Sì, Tobi vuole davvero essere come voi dell’Akatsuki e vi adora tanto. Ho sentito parlare benissimo di te e del tuo—… »
«Sen, lui è un lupo. » aggiunse repentina la ragazza, cercando di allontanare la mano dalla sua, ma senza successo. 
«Lupo, ecco, è un lupo—… ma finalmente ho l’onore di conoscervi. Zeus ha davvero parlato tanto di voi e giuro che siete bellissima, posso inviarti a cena una volta di queste? Fra te e Konan-senpai non so chi voglio corteggiare prima. »
Per un attimo Reyko cercò di immaginare la faccia di Konan, prettamente apatica, prima di avere a che fare con Tobi, e così soppresse una risata divertita. 
«Mi dispiace ma—… » provò a dire lei, senza sapere come continuare.
«Ma? Sei impegnata, Reyko-senpai? C’è già qualcuno che ti sta facendo la corte prima di Tobi? »
Improvvisamente un lieve rossore tinse le gote dell’eremita, che cercò nuovamente di allontanare la propria mano dalla presa del nuovo pazzo da aggiungere alla lista. 
«No, ma sono vagamente impegnata con la storia delle forze portanti, quindi sai com’è—…
»
«Oh, capisco, capisco, ho saputo da Pain-sama che hai catturato tu stessa uno dei Biju, quindi per dimostrarti tutta la mia ammirazione, Reyko-senpai, accetta in dono questo fiore, anche per la tua immensa bellezza—… »
Rapidamente Tobi si mosse in direzione di una delle piante rampicanti, quella da cui spuntava un fiore di Adenium ed avvicinò una mano per raccoglierlo in nome di Reyko. Avrebbe decisamente dovuto lasciarlo morire avvelenato, ma il suo buon senso ebbe la meglio, ed infatti senza dargli possibilità da muoversi, Reyko afferrò il suo polso, e lo allontanò subito.
«Fermati, quello è il Fiore del Deserto del Maestro Sasori, non devi raccoglierlo, soprattutto perché è velenoso e rischi di morire. »
Tobi esitò per qualche attimo prima di scoppiare in lacrime, gettandosi in ginocchio dinnanzi alla ragazza e stringendo la sua veste dell’Akatsuki con entrambe le mani. 
«Oh, Reyko-senpai, sei così gentile ad aver aiutato al povero Tobi di finire avvelenato—… ti devo la mia vita. »
Ovviamente sul viso di Reyko si dipinse un’espressione scocciata e scettica, Sen, dalla sua distanza, sollevò il muso nella sua direzione, come a voler dire “Attacco?”, ma la ragazza scosse la testa,  evitando al proprio lupo di attaccare senza rifletterci troppo, almeno per quella volta anche perché si trattava di un adepto. 
«Bene, bene—… mi stai rovinando il mantello, si, quelli sono i miei pantaloni e lasciami andare, Tobi. »
Lo apostrofò con quel termine semplicemente per avere la sua attenzione, infatti sollevò la maschera verso di lei ed a Reyko, in controluce, le parve di vedere un bagliore rosso forse per via di un qualche riflesso proveniente dall’interno della maschera. Ma sicuramente si stava sbagliando, infatti con una spinta leggera cercò di allontanarlo, in modo da mettere una certa distanza fra di loro, nella speranza di levarselo dai piedi. 
«Scusa, scusa davvero tanto Reyko-senpai, ma sono davvero così emozionato all’idea di collaborare con voi come meglio potrò. »
Ecco che quelle parole non servirono a calmare l’animo dell’eremita, che anzi, andò in totale sgitazione. Perché dovevano collaborare con qualcuno che neanche conoscevano? Inizialmente era diffidente perfino sui propri compagni, mentre adesso per lo meno di loro si fidava (o almeno di qualcuno in particolare), mentre di questo tipo che cosa sapeva?
Un bel niente. 
«Collaborare? Come pensi di farlo? »
Inarcò un sopracciglio, andando ad intrecciare le braccia all’altezza del seno, prima di sbuffare via una ciocca di biondi capelli. 
«Io posso davvero aiutarvi in tanti modi. Tobi può essere molto utile a tutti quanti e poi voglio davvero entrare ufficialmente nell’Akatsuki. »
Era una cosa piuttosto strana, perché mai aveva visto qualcuno scegliere di entrare di sua spontanea volontà in tale organizzazione. Gli occhi della ragazza si assottigliarono ed appoggiò un dito contro il suo petto, prima di rivolgergli un sorrisetto divertito.
«E dimmi, cosa sa fare di preciso Tobi? »
La sua domanda fu mirata, ovviamente, a capire che cosa fosse in grado di fare, ma quel tipo strano iniziò a ridere, tenendosi la pancia, come se la ragazza avesse appena detto qualcosa di particolarmente divertente. 
«Reyko-senpai, vuoi davvero sapere che cosa so fare? »
«Ovvio, per avertelo chiesto direi che—… »
«Colpiscimi! »
Improvvisamente, nel sentire quell’ordine Reyko lo guardò confuso, ma lui sembrava esser appena entrato in uno stato di pura esaltazione. 
«Cosa? » balbettò incredula.
«Su, colpiscimi, Reyko-senpai, non preoccuparti, tu fallo e basta. »
Stranamente Tobi abbassò il tono squillante della propria voce e poi si mise esattamente davanti a lei, continuando a farle segno di colpirlo. 
L’eremita sfarfallò più volte le lunghe ciglia, ritrovandosi confusa, ed allora lo analizzò attentamente. Qualsiasi cosa sapesse fare doveva stare attenta perché non aveva mai visto nessuno chiedere tanto apertamente di essere colpita. Quindi sospirò profondamente, continuando a studiarlo, e quasi all’improvviso si mosse con una rapidità tale da eguagliare quella dell’armatura di Fulmine, così si portò alle sue spalle, ed affondò un gomito all’altezza del suo collo. 
Si era preparata all’impatto, ma tutto ciò non avvenne, perché in quell’istante Reyko passò letteralmente attraverso il suo corpo, cosa che la lasciò senza parole. 
Quando rimise i piedi a terra, ritrovando fortunatamente il suo equilibrio normale, s’allontanò in fretta da quel tipo, perché non aveva mai visto una tecnica del genere.
«Come ci sei riuscito? Ti—… ti sono passata attraverso? »
Pietrificata rimase appoggiata alla colonna più vicina, mentre Zetsu rideva divertito e Sen, invece, si era rimesso in piedi pronto a partire per proteggere la sua padrona. 
«Esatto, Reyko-senpai. Nessuno può colpirmi ma tu, se vuoi, puoi prendermi la mano quando vorrai perché sei così—… »
Ma la voce di Tobi andò scemando perché la sua attenzione venne letteralmente catturata da altro. Se stava allungando una mano per afferrare quella della ragazza Tobi si fermò, immobilizzandosi ed iniziando a correre nella direzione opposta. Solo allora Reyko si voltò lentamente, notando che da un lato erano appena apparsi Itachi e Kisame. 
Probabilmente erano appena arrivati e si erano persi la geniale scena in cui lei aveva davvero provato a colpirlo, per fortuna, e se fino ad un attimo prima si era sentita inquieta di esser da sola con quel nuovo adepto, adesso si sentì un po’ meglio. Quanto meno sapeva di potersi fidare di loro due, mentre degli altri due si fidava davvero poco.
«Itachi-senpai e Kisame-senpaiiii! Che piacere rivedervi! »
Allora l’uomo mascherato corse loro incontro, iniziando a saltellare con fin troppa allegria, cosa che però non scompose minimamente i due. Lo spadaccino sembrò sogghignare nel vedere l’adepto dell’Akatsuki, mentre Itachi era come se fosse in assoluta tensione, infatti non stacco gli occhi di dosso a quell’uomo neanche per un istante. 
«Tobi, non pensavo ti avremmo trovato qui—… » ammise Kisame poggiando una mano e dandogli una pacca sulla spalla. 
«Oh, in verità è stato Pain-sama a dirmi di venire qui per aiutarvi in qualsiasi modo. » e continuò a saltellare davanti ai due.
Itachi rimase in silenzio e dopo averlo osservato a lungo si rivolse verso di lei e Zetsu.
«Va tutto bene? »
Possibile che fosse ancora spaventata per quella scoperta? Sì, ma non doveva mostrarsi in quella maniera, quindi con un semplice movimento del viso annuì in direzione del ragazzo dagli occhi rossi, come a suggerirgli di non preoccuparsi. L’eremita si spolverò il mantello, in un gesto automatico e poi superò i ragazzi, dirigendosi verso l’interno della base.
«Allora, vogliamo entrare? »
E senza attendere alcuna risposta si mosse. 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Perfect illusion ***


Perfect illusion

L’interno della dimora, come sempre, era perfetto. Nonostante non ci fosse stato nessuno per svariato tempo era come se quelle pareti conservassero tutto alla perfezione. C’era pace e tranquillità, cosa che spesso veniva a mancare quando tutti si ritrovavano a condividere quel luogo sicuro, ma quella volta erano pochi, anzi, pochissimi, però nonostante tutto ciò i sensi della kunoichi erano all’erta. Il nuovo arrivato, Tobi, che non aveva neanche avuto il coraggio di mostrare il proprio viso, possedeva un’abilità del tutto nuova per la ragazza. Gli era letteralmente passata attraverso, cosa che nonostante tutto l’aveva scossa. Durante il corso della sua vita, nonostante la propria giovinezza, Reyko si è trovata ad affrontare una grande quantità di tecniche ninja differenti dalle sue. Insomma bastava pensare ai suoi compagni dell’Akatsuki, ma in quel caso era la prima volta che si ritrovava davanti a qualcuno capace di fare una cosa simile. Non aveva neanche avuto bisogno di comporre dei simboli con le mani, quindi si trattava di qualche tecnica segreta. Magari, una volta da soli, avrebbe provato a domandare qualcosa a Zetsu, che sembrava conoscerlo. Ma anche Kisame ed Itachi dovevano aver fatto la sua conoscenza, anche se non avevano fatto i salti di gioia. Probabilmente non ritenevano necessario avere un adepto, cosa che anche lei pensava. 
Si ritrovò a guardarsi intorno, quasi con fare annoiato, prima di essere nuovamente afferrata da Tobi, che senza neanche chiederle il permesso l’afferrò per un polso trascinandola e correndo nel salone centrale. 
«Andiamo, Reyko-senpai, scommetto che sai ballare, questo posto è perfetto per ballare. »
«Tobi—… non voglio ballare anche perché abbiamo delle cose importanti di cui discutere con—… » e la kunoichi cercò di liberarsi dalla presa dell’adepto, riuscendoci solamente al terzo tentativo.
Non le piaceva essere toccata, e men che mai le piaceva essere toccata da qualcuno che aveva appena conosciuto ma di cui non sapeva niente. Lei aveva bisogno dei propri spazi ed a sottolineare tutto ciò ci fu un’occhiata fulminante rivolta unicamente a Tobi.
«Però promettimi che prima o poi mi concederai un ballo. »
Ed allora si ritrovò a sospirare, colpendosi delicatamente la fronte in un gesto abbastanza esasperato. 
«D’accordo. »
Ovviamente avrebbe rifiutato sempre e comunque, ma da quel che aveva potuto notare l’unico modo per liberarsi di lui era cercare di accontentarlo quando era possibile. Non avrebbe mai concesso un ballo a quel tipo: primo perché era inquietante; secondo perché odiava ballare nonostante fosse una cosa che sapeva fare. Ricordava bene quando da piccola, prima ancora di entrare in accademia, le bambine venivano istruite nelle arti femminili, quali la raccolta dei fiori ed anche la danza, ma Reyko aveva sempre preferito giocare ai ninja con i suoi compagni maschi. Nonostante ciò saltare le lezioni era impossibile, ma quello era uno dei tanti segreti che si sarebbe portata con sé nella tomba.
Già immaginava la faccia di tutti loro al suo dire “So ballare”… no, non avrebbe retto un tale imbarazzo. 
«Reyko ha ragione, dobbiamo concentrarci su altre cose, o meglio altre informazioni. »
Kisame, che era apparso alle sue spalle, le diede un colpetto quasi come a volerla tranquillizzare, vista la reazione avuta un attimo prima. Gli lanciò uno sguardo di sbieco, tale da poter aggiungere anche un ghigno divertito, ed allora l’eredità intrecciò le braccia all’altezza del seno. 
«Esatto, quindi, visto che ci siamo—… »
Senza esitare oltre la ragazza tirò fuori dalla tasca una pergamena che si rigirò fra le dita. Era piccola e sottile, dalla colorazione esterna rossa. L’aveva durante il viaggio di ritorno perché serviva per ulteriori informazioni riguardo ad una delle altre forze portanti. Averla era stato un gioco da ragazzi, specialmente con tutte le notizie avute da Zetsu. 
«Oh, ecco la nostra nuova fonte d’informazioni. »
L’ex spadaccino della Nebbia allungò una mano verso di lei e la ragazza gliela lanciò al volo. Fu facile prenderla con un semplice gesto della mano, e poi lentamente l’aprì.
«Ottimo, è quello che ci serviva, non è vero Itachi? »
Ma nel chiamare il suo compagno, stranamente, nessuno risposte. Ed allora entrambi si guardarono intorno, confusi, ed allo stesso tempo stupiti dall’assenza del ragazzo. Di solito si interessava sempre a quel genere di cose, era la prima volta che lo vedeva sparire così.
«Un attimo fa era qui, lo giuro—… » azzardò lei prima di riportare gli occhi nocciola sulla figura di Kisame, anche abbastanza confuso, ed allora tutti e due scrollarono le spalle.
«Sarà in giro per la casa, non preoccuparti. »
Provò a sporgersi di lato, quasi come se si fosse persa qualcosa, ma nel salone centrale, alle spalle di Kisame, vi erano solamente Tobi, intento ad ondeggiare, e Zetsu che si era seduto a mangiare qualcosa. Probabilmente si trattava di altre piante e quello, a Reyko, parve una forma contorta di cannibalismo. Ma lei non poteva di certo commentare. Ovviamente il ragazzo non era li dentro, quindi mosse un paio di passi allontanandosi dallo spadaccino, e dirigendosi invece verso una delle ampie aperture che davano sull’esterno. Anche li fuori, sul porticato in legno, non vi era nessuno se non Sen. Per un attimo l’idea che Itachi potesse aver raggiunto il lupo non era poi tanto impossibile, ma a quanto pareva si era nuovamente sbagliata. 
Esitò per qualche attimo, ritrovandosi sempre più confusa, ed allora guardò di sbieco i tre che erano con lei. Kisame, giustamente, era preso a leggere le informazioni contenuto nel rotolo, quindi disturbarlo per questo le sembrò decisamente inutile, mentre gli altri due potevano anche non essere avvertiti. 
In silenzio, allora, senza far alcun rumore, l’eremita scivolò fuori dal salone dirigendosi lentamente in direzione delle scale, per poter raggiungere il piano di sopra. Magari era andato a controllare la libreria, cosa non da escludere, ma non riusciva a capire perché non volesse interessarsi alla loro attuale missione.
Senza destare alcun sospetto salì al piano di sopra, ma non appena i suoi occhi si sollevarono fu allora che incontrò la figura di Itachi ferma in fondo al corridoio, accanto ad una delle finestre. 
«Che stai—… »
Non riuscì a proseguire perché una strana, anzi stranissima, sensazione s’impossessò di lei. Non sapeva spiegarlo ma era certa che nel momento stesso in cui il ragazzo, voltandosi verso di lei, aveva sollevato gli occhi cremisi nella sua direzione, Reyko era caduta vittima di un’illusione. Ma quel posto era esattamente identico alla realtà in cui il proprio corpo si trovava, era la mente ad essere bloccata in quel posto differente. 
Era certa che lui non avrebbe mai più usato una cosa simile su di lei, per questo motivo, quando riuscì a trovare la forza per spostarsi, lo additò con aria colpevole. 
«Perché mi hai appena trascinata in una delle tue illusioni? »
In tutta risposta Itachi rimase immobile, fermo accanto la finestra da cui era possibile ammirare la natura oltre che il cielo, e forse lo vide anche accennare un sorriso. 
«Come riesci a capire tanto velocemente che si tratta di un’illusione? Me lo sono sempre chiesto. »
La sua domanda era più che lecita visto che le illusioni erano qualcosa di estremamente complicato, che lei non sarebbe mai riuscita a fare. Ci voleva intelligenza per generarle e Reyko non si era mai applicata più di tanto su quelle arti, eppure aveva la capacità di riuscire a riconoscerle immediatamente. 
«C’è un cambiamento nell’energia naturale. Di solito, nella realtà, c’è un flusso continuo e regolare che mescolo con il mio chakra, in modo tale da poter attivare la mia modalità eremitica senza dover perdere tempo, ma quando sono vittima di un’illusione il flusso naturale non è più regolare—… è come se iniziasse a scorrere in maniera discontinua. Ecco perché lo capisco, grazie alla natura. » 
La spiegazione semplice e concisa non tardò ad arrivare dalle labbra della ragazza, che nonostante tutto sembrava essersi rilassata nonostante la stranezza della situazione. 
«Energia naturale—… capisco. » mormorò Itachi prima di muovere un paio di passi nella sua direzione. «Scusami se ti ho bloccata in questo posto, giuro che sarà soltanto per poco.
»
Improvvisamente Reyko inarcò un sopracciglio, confusa dalle sue parole e poi si guardò intorno, quasi come se fosse la prima volta che osservasse quel corridoio. 
«Allora d’accordo—… per caso puoi cambiare ambientazione nelle tue illusioni? Sai, non so bene come funzionino e me lo sono sempre chiesta. » e lentamente indicò uno dei mobili posti vicino alla parete, quando improvvisamente le immagini intorno a lei iniziarono a tremolare sempre di più fino a diventare confuse. 
Decisamente la risposta alla sua domanda era appena stata esaudita, infatti guardò stupita Itachi prima di rivolgergli un sorriso quasi divertito.
«Scegli un posto. »
Le intimò lui senza muoversi, ma soprattutto senza smettere di guardarla, così Reyko picchiettò con delicatezza un dito contro il mento, assumendo un’aria decisamente pensierosa. 
«Un posto qualsiasi? »
«Un posto qualsiasi. »
Era davvero così bravo da ricreare qualsiasi luogo nelle proprie illusioni? Probabilmente sì, anche perché lo sharingan, oltre che copiare le mosse altrui, era l’abilità oculare indiscussa per quanto riguardava le illusioni. Si era sempre chiesta come fosse avere un dono simile, ma a giudicare dal viso di Itachi non era semplice. 
«Bene, allora scegli tu un posto che reputi bello—… »
Al momento non aveva altre idee su dove volesse essere, quindi far scegliere a lui le parve l’idea migliore. Magari le sarebbe piaciuto poter guardare ancora una volta giù dal palazzo del Raikage, lasciando che gli occhi si perdessero sulla vastità della valle di Kumo, ma non voleva rabbuiarsi una volta tornata alla realtà.
Gli aveva lasciato campo libero riguardo il paesaggio ed infatti fu solamente questione di qualche secondo prima che le immagini intorno a loro iniziassero a cambiare. I bordi tremolanti divennero sempre più netti e se fino ad un attimo prima si erano ritrovati nel bel mezzo del corridoio della loro base in quell’istante erano approdati all’aperto.
In cielo il sole era calato e la luna piena risplendeva illuminando la città che si stagliava ai loro piedi. Si ritrovavano sulla cima di un monte, anzi, non era esattamente un monte, ma qualcosa di strano che però forniva una vista meravigliosa su quel villaggio. Solo dopo aver osservato con attenzione il posto si rese conto che un grosso palazzo con il simbolo della Nazione del Fuoco si erigeva al centro della cittadina, quindi questo voleva dire che quello doveva essere, secondo il ragionamento della ragazza, il villaggio della Foglia. C’era una semi oscurità a rendere quell’atmosfera quasi piacevole ed allora, sorpresa, si voltò verso di lui, indicando le costruzioni di sotto.
«E’ il Villaggio della Foglia, non è vero? » 
Itachi annuì lentamente muovendosi verso di lei, in modo tale da affiancarla su quella sporgenza dove si trovavano. 
«Già—… »
«E’ molto bello. Non sono mai stata a Konoha ma vederla da qua fa un certo effetto.
» ammise sempre più sorpresa, ricordandosi però che tutto questo non era reale, ma si trattava semplicemente di un’illusione, il che la riportò al problema principale. «Perché siamo qui, Itachi? »
Il ragazzo, a meno di un metro di distanza da lei, si voltò nella sua direzione lasciando che nuovamente gli occhi rossi dello sharingan la studiassero. 
«Perché siamo qui come posto o perché siamo qui dentro questa illusione? »
«Entrambe le domande, se non ti dispiace. »
Allora Reyko assottigliò lo sguardo prima di provare ad accennare un sorriso d’incoraggiamento, nella speranza che Itachi parlasse con tranquillità.
«Questo è un dei posti in cui mi piaceva venire quando ancora vivevo a Konoha.
» ammise lui distogliendo lo sguardo e focalizzandosi nuovamente sulla città ai loro piedi. «Ci andavo spesso con un mio amico. »
«Beh—… » sussurrò, invece, lei prima di stringersi nelle spalle. «E’ un bel posto, ma sbaglio o ci troviamo sulla testa di qualcuno? Ed il tuo amico faceva bene a portarti fin qui. »
«In verità sono i visi dei passati Hokage—… Già, Shisui aveva una passione per i posti lontani dalla gente, specialmente quando tornava dalle missioni. »
«Shisui? E’ ancora—… »
«Era il mio migliore amico ma adesso è morto. »
Quell’affermazione da parte di Itachi la spinse a mordersi il labbro inferiore, trattenendo un’espressione dispiaciuta. Lui sembrava parlarne con tranquillità ma lei, per una cosa del genere, sarebbe benissimo potuta scoppiare in lacrime. Aveva perso chiunque quel ragazzo, la propria famiglia, il proprio migliore amico, si era unito all’associazione più pericolosa di sempre, ma nonostante ciò possedeva ancora un animo buono e gentile. Poteva sforzarsi di nasconderlo ma a Reyko sembrava una cosa assolutamente scontata e da lodare. 
«Mi dispiace, non volevo rievocare ricordi tristi. »
«Non preoccuparti, è passato tanto tempo. »
Nuovamente Itachi si voltò verso di lei, fissandola negli occhi con assoluta serietà, senza però dire niente. Era come se mille pensieri passassero attraverso la sua testa, ma Reyko riusciva a comprenderne sì e no un paio. Di solito era un’attenta lettrice dell’animo umano ma in quel caso, davanti a lui, non riusciva a seguirlo fin dentro la sua mente. Si limitava così a cogliere ciò che lui voleva far trasparire. 
«Davvero non—… » volle provare a scusarsi di nuovo l’eremita, ma non riuscì a pronunciare l’ennesima scusa, certa che avrebbe fatto male soltanto a lui. «Mentre l’illusione? Perché tutto questo? »
Itachi rimase in silenzio qualche secondo, stringendo appena le dita intorno alla sua stessa veste nera e rossa. Il braccio che usciva all’altezza dell'apertura sul petto, che gli conferiva quasi un’aria nobile, si rilassò ed allora si decise a fare qualcosa. Si mosse di un passo verso di lei, diminuendo la distanza che c’era fra i due. 
«Perché è l’unico posto sicuro dove poter parlare. »
Ecco spiegate tante cose, infatti quella risposta non sorprese neanche più di tanto la ragazza, che rimase composta, intrecciando le braccia.
«Già, di sotto ci sono Zetsu e Tobi, ma Kisame? » domandò preoccupandosi dell’ex spadaccino della nebbia.
«Con lui posso parlare sempre quando vado in missione, con te è più difficile perché c’è sempre qualcuno oltre noi. »
Per un singolo istante Reyko si ritrovò a schiudere le labbra, sorpresa come non mai, ed allora provò a fingere indifferenza.
«Beh potevi dirmelo così mi sarei preparata, sai all’inizio pensavo mi stessi per attaccare. »
Cercò, come sempre, di sdrammatizzare ed allora roteò gli occhi, in modo tale da poter guardare verso il basso. Una lieve brezza si stava alzando, scuotendo di tanto in tanto i loro capelli.
Era incredibile quanto un’illusione potesse risultar vera. 
«Non ti stavo attaccando—… » aggiunse immediatamente l’Uchiha guardandola confuso. 
«Lo so, stavo scherzando, dico sul serio non devi preoccuparti—… allora, visto che hai deciso di portarmi in un’illusione per parlarmi che cosa vuoi dirmi di così importante e segreto? »
Il tono di Reyko, che si era abbassato leggermente, fu accompagnato da un occhiolino divertito, misto alla curiosità del momento, perché effettivamente voleva sapere il significato di tutta quella situazione. 
«Volevo metterti in guardia. »
Le parole secche di Itachi, questa volta, la colpirono particolarmente, tanto da assumere un’espressione sempre più incuriosita. 
«Mettermi in guarda da che cosa? » domandò allora lei voltandosi nella sua direzione. «O da chi? »
Ecco, quella le era parsa la domanda decisamente più adatta visto quanto era appena stato detto, infatti arrivò a sussurrarlo, quasi per paura di esser sentita da qualcuno.
«Lo sai. » replicò con fermezza Itachi, voltandosi a sua volta verso di lei, in modo tale che adesso l’attenzione di entrambi i ragazzi fosse diretta all’altro piuttosto che al paesaggio.
«Zetsu? Pain? » azzardò lei cercando di fare mente locale, ma poi un altro nome fece capolino nei suoi pensieri. «Tobi? »
Quasi in maniera impercettibile Itachi annuì, senza che la sua espressione seria si andasse scomponendo. 
«Chi è? Che cosa sai di lui? Perché devo stare attenta? »
«E’ un adepto dell’Akatsuki. »
«Sì, questo lo so, ma chi è davvero? Che cos’ha fatto? Sembra quasi un—… » ed allora Reyko cercò la parola adatta, tanto da scuotere il capo. «Sembra quasi un fantasma. »
Ovviamente la sua espressione era riferita all’abilità che le aveva mostrato fuori dalla base, ma Itachi sembrò analizzare con attenzione le sue parole.
«Forse lo è—… » sussurrò rivolto più a sé stesso che a Reyko, abbassando leggermente gli occhi in modo da fissare il terreno. 
«E’ un fantasma? Ma i fantasmi non esistono. E comunque, se devo essere sincera, avevo capito già da sola che quello non è di certo qualcuno di cui potersi fidare. » anche lei parlò a bassa voce, prima di puntargli un dito contro. «Ma se sai qualcosa e non me la vuoi dire allora devo supporre di non potermi fidare di te. »
Forse quelle parole le uscirono con un certo impeto, tale da essersi stupita anche lei, soprattutto per aver affermato tanto apertamente di fidarsi di Itachi. Il ragazzo, in tutta risposta, schiuse le labbra e la fissò stordito, come se quella frase avesse avuto un effetto strano sulla sua mente. 
«Sai che di me non ti dovresti fidare. »
Quella volta la sorpresa colse Reyko, che probabilmente sgranò gli occhi e si ritrovò a fissarlo a bocca aperta, prima di fare una cosa assolutamente impensabile: gli diede uno spintone con entrambe le mani. 
«Non mi hai dato motivo per non farlo, smettila di dire stupidaggini, non è da te, Itachi. » sbottò lei, sempre più stupita. «A meno che tu adesso non mi stia nascondendo qualcosa. »
Il ragazzo rimase immobile e solo qualche istante dopo si mosse di nuovo fermandosi davanti alla ragazza, questa volta anche più vicino di prima. 
«Devi stare attenta, lasciami ripetere questo concetto. »
Quella risposta, per un attimo, la fece quasi infastidire, tanto da arricciare il naso in una sorta di smorfia.
«L’ho capito che devo stare attenta e per la cronaca so benissimo cavarmela da sola. » 
«Lo so bene, Reyko. »
«E allora non venirmi a fare un discorso simile perché sembra quasi che tu mi stia sottovalutando. » probabilmente, se un attimo prima stava sussurrando, in quel momento si ritrovò ad alzare il tono della voce. Ed allora distolse lo sguardo, in modo da non doverlo guardare più in viso, ma il ragazzo allungò improvvisamene una mano. Con estrema delicatezza poggiò due dita sotto il suo meno, spingendola a guardarlo nuovamente negli occhi, cosa che arrivò a tingere di rosso le gote della ragazza. 
«Sottovalutarti non è nelle mie intenzioni, eremita. Purtroppo nell’Akatsuki devi tenere gli occhi ben aperti perché in fondo si tratta pur sempre di criminali. Come anche me e te, però—… » Itachi rimase fermo in quella posizione, socchiudendo appena gli occhi con aria colpevole.
Pietrificata per quel tocco la ragazza sbatté un paio di volte le lunghe ciglia ed inspirò profondamente.
«Però? Continua—… ti prego. »
Itachi, sentendo la sua voce, sembrò quasi riprendersi ed infatti ristabilì quel contatto visivo, avvicinando appena il viso al suo.
«Tobi è decisamente pericoloso. Tu stai lontana da lui più che puoi, anche più di Hidan o di qualsiasi altro li dentro. »
«Come sai che voglio stare tanto lontana da Hidan? » la domanda le sorse spontanea tanto da esser arrossita di nuovo, in maniera del tutto incontrollata.
«Perché è l’unico che ti guarda in una certa maniera e tu non vuoi essere guardata così. » ed anche Itachi sussurrò quelle parole, senza però allontanare le due dita dal suo mento. 
«Forse—… »
«Sicuro. »
«E se non volessi esser toccata in questa maniera? »
Questa volta la sua domanda aveva ben poco a che fare con ciò di cui stavano parlando un attimo prima, ma le sorse in maniera automatica e forse anche un poco provocatoria. 
Itachi, infatti, socchiuse appena gli occhi, e cercò di trattenere l’ombra di un sorriso.
«Mi avresti già allontanato, perché so che lo avresti fatto. »
Affondata. 
Purtroppo aveva pienamente ragione nel dire che se solo una cosa le dava fastidio Reyko interveniva per cambiare le cose, ma in quel caso non l’aveva fatto. 
Forse perché non le dispiaceva.
O forse perché era colpa dell’atmosfera, del cielo notturno, delle parole sussurrate e della loro vicinanza.
Senza pensarci troppo, allora, sollevò a sua volta una mano e strinse delicatamente il polso del ragazzo in modo tale da allontanare le sue dita dal proprio viso, quasi come a voler andare contro le sue stesse parole.
Ed infatti un sorrisetto divertito si fece largo sulle sue labbra.
«Così? »
Itachi la guardò ancora, lasciandosi allontanare la mano, senza opporre alcuna resistenza ed allora a sua volta si ritrovò a sorriderle, nonostante l’aria decisamente stanca.
«Lo hai fatto solo perché te l’ho ricordato. »
Allora Reyko esitò, perché effettivamente Itachi aveva detto una cosa profondamente vera, che difficilmente avrebbe ammesso. 
«Chi lo sa, non sai  mica leggere la mente. »
«Ne sei proprio sicura? »
Questa volta la provocazione uscì dalle labbra di Itachi, tanto da sorprendere la ragazza, che schiuse le labbra.
«Sicurissima. Lo sharingan non ti permettere di leggere la mente delle persone. »
Gli sorrise divertita, come se effettivamente questa volta quella ad aver assolutamente ragione fosse lei, infatti si morse il labbro inferiore, prima di abbassare leggermente lo sguardo, sentendosi anche un po’ in imbarazzo vista la loro vicinanza. Se solo si fosse avvicinata di un paio di centimetri in più avrebbe benissimo potuto sfiorare la punta del suo naso con il proprio, annullando qualsiasi limite vi fosse fra di loro. 
Ma non lo fece, anche per paura. 
«Perché siamo così vicini? » ed allora, quasi automaticamente, si ritrovò a porgli quella domanda in maniera decisamente non adatta ed anche impertinente, tanto da non riuscire a guardarlo in viso. 
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche secondo di troppo, segno che stava riflettendo a sua volta su che cosa dire, ma poi schiuse le labbra per parlare.
«Non lo so, ti da fastidio? »
«Se mi avesse dato fastidio mi sarei già allontanata—… » fu quasi una citazione forzata e soprattutto ironica visto e considerato che una frase simile era stata detta dal ragazzo. 
«Sei libera di farlo—… io non lo farò. »
«Non voglio farlo—… » continuò lei prima di riaprire lentamente gli occhi, in modo da poter incontrare quelli cremisi di Itachi. «Ma non voglio neanche avvicinarmi di più perché so che si tratterebbe soltanto di un’illusione. » 
Lo sentì sospirare profondamente ed allora il ragazzo poggiò la fronte contro la sua, in un gesto quasi automatico ed allo stesso tempo stanco. Sollevò una mano per carezzarle la guancia ed allora Reyko socchiuse gli occhi, beandosi di quel momento. 
«Scusa, prometto che il momento giusto arriverà anche nella realtà.» le sussurrò, in tono quasi dolce, che la costrinse a trarre un profondo respiro. 
Ma Reyko sorrise, lasciandolo fare, senza sentirsi fuori posto in quel momento. Era chiaro che per la sua testa gli passassero fin troppi pensieri e non aveva intenzione di provare anche solo a forzarlo a parlare, ma tutto quello che stava accadendo in quegli istanti era la prova lampante che di lui poteva fidarsi. 
«Non pensarci, altrimenti ti distrarrai continuamente—… e non hai bisogno di altri problemi da aggiungere ai tuoi, Itachi. Non voglio essere un problema per te. »
Le dita sulla sua guancia di Reyko si serrarono, quasi come se Itachi fosse deciso a non lasciarla andare e lei non oppose alcuna resistenza. 
Rimasero in quello stato per quattrocentocinquantadue secondi, che Reyko contò mentalmente, imprimendo mentalmente tutto ciò che stava succedendo. Era chiaro che Itachi non era il tipo di persona che mostrava agli altri, possedeva un’anima sensibile ed anche aperta, ma per qualche motivo anche lui aveva ceduto all’oscurità.  
Lentamente, quasi come se si trattasse di un sogno, i contorni di quel luogo iniziarono a svanire, tremolando. Ma loro rimasero fermi in quella posizione, quasi come se fosse difficile allontanarsi. Eppure Reyko sapeva bene che dovevano tornare alla realtà, perché era li che il mondo li attendeva, proprio come tutti i loro compagni. Non aveva idea di quanto tempo fosse passato, ma quando improvvisamente l’oscurità venne sostituta nuovamente con le pareti di quel corridoio Reyko si ritrovò lontana da lui, ferma vicino alle scale, proprio come quando era giunta fin li. 
Entrambi, ritornati alla realtà, si guardarono negli occhi, come a voler mantenere il segreto di quanto appena accaduto. Ma probabilmente doveva essere passata un’eternità e qualcuno sarebbe anche salito a cercarli, infatti la voce di Zetsu giunse alle sue spalle, perché stava salendo le scale. 
«Reyko, hai trovato Itachi? »
La ragazza sfarfallò le ciglia, riprendendosi, e lanciò uno sguardo divertito in direzione della pianta, fingendo che non fosse accaduto niente, anche se non aveva idea di come giustificarsi per la sua mancanza di—… quanto era passato?
«Sì, è qua stava prendendo dei nuovi Kunai. » minimizzò lei spostandosi per permettere alla pianta di passare.
«Oh, perfetto, perché poco fa sei salita da sola, ma mi sono dimenticato di dirti di prendere delle carte bomba, perché ci serviranno per la prossima missione. » 
Quindi, nel sentire le parole della pianta,  Reyko annuì, comprendendo che quell’illusione durata parecchio tempo in verità era stata questione di secondi. 
La cosa le fece paura, ma non lo diede a vedere, infatti si limitò a sollevare un pollice in direzione della pianta, dirigendosi allora verso la propria stanza.
Eppure, nonostante la sua mente avesse registrato soltanto l’ultimo momento della loro conversazione il motivo per cui si erano ritrovati li fu ben chiaro nella mente di Reyko: non poteva fidarsi di quella nuova recluta, come non poteva fidarsi di alcuni dei membri all’interno dell’organizzazione.
E questa era ormai una certezza assodata.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Confession ***


Confession

Parecchio tempo dopo
Probabilmente Reyko aveva perso il conto di quanto tempo era passato da quando avevano iniziato a dare la caccia alle forze portanti. Ormai era una questione di principio e lei non aveva più la forza di farsi delle domande di dubbia moralità. Dopo aver superato il trauma della prima estrazione, accompagnata dall’apertura del primo occhio sulla statua, aveva cercato di provar a prendere tale questione con freddezza e distacco. Spesso si ritrovava a pensare se quanto facesse fosse davvero giusto ma adesso, giunta a quel punto, quante possibilità aveva di allontanarsi dall’Akatsuki? Non l’avrebbero lasciata andare, e lei, di ciò, ne era più che sicura. Pain, con il suo Rinnegan, l’avrebbe inseguita fino ai confini del mondo, accompagnato da quel gruppo che aveva messo su.
Purtroppo l’eremita era in ballo e non poteva tirarsi indietro. 
Ormai doveva condividere da sola le proprie pene ed i propri tormenti, portandoseli sulle spalle quasi come un fardello infinito. Nascondeva il tutto con una maschera di sarcasmo e di scetticismo, provando ad allontanare chiunque perché non voleva davvero affezionarsi a quelle persone. Ma c’erano delle crepe nell’armatura che si era costruita, crepe che solamente qualcuno era in grado di vedere e colmare, senza neanche aver bisogno di parlare. 
Da quando la caccia ai Biju era diventata più serrata era poco il tempo che avevano a disposizione per starsene tranquilli alla base, anche se alla base la parola tranquillità raramente era associabile a quel posto, e questo implicava il vedere di meno anche gli altri. In fondo si stava abituando ai continui litigi la in mezzo, al casino costante che facevano tutti quanti con le loro idee differenti, ma soprattutto si era abituata troppo all’idea di essersi avvicinata incredibilmente ad Itachi. Non avevano mai parlato apertamente di quanto accaduto dopo l’incontro con Tobi, ma bastava un singolo sguardo per permettere loro di comprendersi in maniera silente. Era una delle poche cose piacevoli che era riuscita a trovare nella sua vita e questo perché magari, per quanto fosse impossibile ammetterlo, quel ragazzo le piaceva più del previsto.  
Era lui l’unica eccezione nella vita di Reyko e tutto ciò la terrorizzava. 
Si erano ripromessi di avere un altro momento, come quello dell’illusione, anche nella realtà ma la cosa più vicina a tutto ciò era stata l’ultima notte dell’anno. In quell’occasione dalla base fu possibile guardare i fuochi d’artificio ma prima che potessero dire o fare qualcosa ad interromperli era giunto Deidara, intento ad esprimere tutto il suo amore per i fuochi d’artificio, sostenendo quanto le sue esplosioni fossero più belle.
Di tanto in tanto, quando riusciva a chiudere gli occhi per riposare, si ritrovava a rivedere i suoi occhi rossi ed era allora che Reyko si svegliava, quasi spaventata da tutto ciò. Il ricorrente sogno di lei che si vedeva riflessa davanti la lapide era sempre invariato, ma fu quasi certa di aver notato che l’uccello apparso fosse un corvo. Erano piccoli dettagli che potevano anche passare inosservati.
L’ennesimo borbottio da parte del suo solito compagno di viaggio costrinse la kunoichi a guardarsi intorno. Si trovavano non molto lontani dall’ennesimo paese nel quale soggiornava una famiglia immischiata con il paese della Cascata. Loro erano gli unici ad avere informazioni attendibili sulla forza portante di quel posto. Ovviamente lei e Zetsu erano li per ottenere le giuste informazioni e per farlo non dovevano farsi scoprire, come sempre.
«Questo Clan vive non molto lontano dai confini del paese, non sarà difficile trovarlo. Sono poche persone ma sono quelle giuste. »
Le parole di Zetsu riecheggiarono nella sua mente, infatti la ragazza annuì lentamente, mordendosi appena il labbro inferiore.
«Bene, tutto chiaro, tu verrai con me? »
Non riuscì a non domandarglielo e lentamente, molto lentamente, fece posare lo sguardo in direzione della pianta al suo fianco. 
«Io? Vuoi che venga con te? »
«Non lo so, ti va di andare oppure hai troppa paura? » 
Era decisamente una provocazione bella e buona, accompagnata da un sorrisetto, sperando di spronare la pianta a seguirla. 
«Io—… non è il genere di cose che mi piace fare ed a te riesce meglio adescare la gente. »
Zetsu provò a ricambiare il sorriso ma uscì qualcosa di palesemente inquietante. 
«Non so adescare la gente. »
«E’ un pregio, secondo me, specialmente quando hai a che fare con uomini. »
La kunoichi si ritrovò ad inarcare, in maniera automatica e spontanea, un sopracciglio fissando la pianta anche vagamente infastidita. 
«Che vorresti dire, Zetsu? »
«Che puoi ottenere le informazioni che vuoi anche senza dover usare la forza. »
E quell’ultima affermazione lasciò la ragazza perplessa, tanto da afferrare la pianta per il colletto del mantello, con molta poca delicatezza.
«E’ un modo per dire che sono una persona facile? »
Zetsu annaspò in quegli istanti, spaventato come non mai dalla reazione, forse eccessiva, di Reyko, tanto da alzare le braccia in segno di difesa.
«No, non avrei mai osato pensare una cosa del genere su di te, Reyko, intendevo dire che voi donne, voi esseri femminili, avete un’arma in più che spesso gli uomini non hanno. »
Spiegò il tutto con assoluta rapidità, spaventato come non mai da ciò che la ragazza avrebbe potuto fargli. Ma allora Reyko, lentamente, lo lasciò andare, rendendosi conto lei stessa di aver forse esagerato un poco. 
«E’ una deduzione a cui sei arrivato osservandoci? » 
E la pianta annuì, sistemandosi nuovamente il mantello dell’organizzazione. 
«Ovvio, ho visto quanto facilmente tu e Konan otteniate qualcosa a differenza degli altri. Ed è una cosa ammirevole—… per questo credo fermamente che tu sia davvero la migliore nel captare le informazioni, ecco perché sei in squadra con me, anche se sai combattere molto bene. La tua modalità eremitica è qualcosa di assolutamente raro, come del resto ognuno nell’Akatsuki. »
Gli occhi di Reyko studiarono attentamente il viso di Zetsu, cercando di cogliere anche una qualsiasi traccia di menzogna.
O era maledettamente bravo a mentire o stranamente, quella volta, stava dicendo la verità.
«D’accordo—… »  rispose l’eremita limitandosi ad abbassare le braccia lungo i fianchi. 
«E poi sei decisamente una delle persone più difficili che conosca, e questo lo posso dire anche con certezza perché ti ho osservata interagire con il sesso opposto. »
Improvvisamente Reyko schiuse le labbra, ritrovandosi anche vagamente in imbarazzo per quel discorso appena intrapreso con il vecchio Zetsu. 
«Non devi “guardarmi interagire con il sesso opposto”, Zetsu. Non è una cosa importante. » ed allora mimò il gesto delle virgolette usando le dita. 
La pianta, in risposta, scrollò le spalle intrecciando le braccia all’altezza del petto prima di guardarla con interesse. 
«E’ capitato solamente un paio di volte mentre eri alla base, non è successo neanche di proposito.
»
«Fa’ in modo che non capiti più o la prossima volta non sarò così gentile. »
«Davvero, stai tranquilla, eremita dei lupi, non erano commenti negativi e non succederà più. »
Ed alzò le mani nuovamente, in segno di resa nei confronti di Reyko. Quasi con soddisfazione lei gli diede una pacca sulla spalla, in modo tale da rassicurarlo. 
Solamente allora il lupo, che fino a quel momento era in giro a perlustrare la zona, tornò da loro in tutta tranquillità segno che la strada era libera e che non avrebbero incontrato ostacoli per giungere fino alla zona del villaggio prescelta. 
La ragazza s’inginocchiò al suo fianco, carezzando con estrema delicatezza il crine grigio del lupo, che in risposta emise un leggero latrato, come se fosse contento di essere nuovamente in sua compagnia. Reyko, allora, sollevò gli occhi in direzione del suo compagno, che come sempre studiava la scena, e poi si morse le labbra.
«Allora vieni oppure no? »
«Come ho già detto credo sia meglio che faccia tu questo lavoro, io andrò a cercare un’altra cosa non molto lontano da qui. Ci vediamo fra quattro ore all’ingresso est,  va bene? »
Ecco che ancora una volta Zetsu se ne usciva con una di quelle importantissime cose da fare a cui non avrebbe mai rinunciato, e questo non la sorprese neanche per un poco, anzi, la spinse a sorridere divertita.
«Va bene, ci rivediamo fra tre ore, stai attento, caro Zetsu, però prima di andare aspetta—… » 
Nel sentire le parole della ragazza Zetsu puntò su di lei i grandi occhi gialli, fissandola confuso. Allora Reyko si rimise in piedi e con movimenti lenti ed aggraziati si tolse il mantello, che come sempre le copriva le spalle. Era quello il simbolo dell’Akatsuki, ma in quel caso, una volta spogliata da quel segno riconoscibile, glielo lanciò addosso, sperando che l’afferrasse. 
«Tieni, così non sapranno che sono dell’Akatsuki. Non voglio creare allarmismi inutili altrimenti ci staranno addosso e perderemo nuovamente le tracce del Biju. »
Stranamente Zetsu riuscì a prenderla al volo, stringendo la cappa fra le braccia, ed allora annuì. 
«Direi che è giusto. Proviamo a fare come dici tu, Reyko. »
«Già, proviamo così. »
Un sorrisetto soddisfatto si dipinse sulle labbra della ragazza, che si sistemò gli abiti scuri che indossava quel giorno. Pantaloni, stivali, le unghie rigorosamente laccate di rosso acceso, le braccia fasciate, un nastro che le fasciava la vita sottile, le braccia in parte scoperte. Non aveva armi con sé. Per un periodo si era portata dietro una spada rubata in giro, ma non era servita a nulla, specialmente contro quella di Kisame, e poi lei non era esattamente portata per quel genere di armi. I Kunai erano alcune delle poche cose che non sarebbero mai mancate, ma erano nascosti. 
Lanciò un’ultima occhiata in direzione di Zetsu, che stava già sparendo vicino agli alberi, ed allora si stirò i muscoli, come sempre, prima di entrare in azione. 
«Beh, allora andiamo, Sen? »
Il lupo si voltò in direzione del villaggio civile alle sue spalle ed allora iniziò a camminare, lasciando Reyko a qualche metro di distanza, che non perse tempo a seguirlo. 

Intanto qualche giorno prima...
Il cielo nei pressi del Villaggio del Suono non era per niente buono ed una leggera pioggia ormai scendeva da ore, bagnando il viso dei due shinobi seduti su quelle rocce, intenti a riposarsi. Kisame gli aveva domandato più volte se voleva fermarsi in qualche locanda per evitare di bagnarsi, ma Itachi aveva tranquillamente risposto di no. In fondo a lui piaceva la pioggia, e quel cielo grigio rappresentava perfettamente il suo costante umore.
Specialmente in quel momento. 
Era certo di essere abbastanza vicino a Sasuke ma non aveva idea di dove trovarlo, e soprattutto non poteva cercarlo. Doveva essere lui, un giorno, ad sfidarlo ed allora Itachi avrebbe compiuto il proprio destino. Tutto nella sua vita conduceva a quel giorno, il momento in cui si sarebbe ritrovato faccia a faccia con Sasuke. Ormai erano passati svariati anni da quanto quell’incosciente aveva deciso di abbandonare la Foglia per andare con Orochimaru e lui non era stato in grado di impedirglielo, purtroppo. 
Sapeva bene, per esperienza personale, che cosa desiderasse il serpente ma sapeva altrettanto bene che cosa voleva suo fratello. La forza e l’odio erano le uniche due cose su cui aveva deciso di provar a fare leva, in modo tale da poter essere sconfitto. Solamente allora gli Uchiha avrebbero guadagnato nuovamente il rispetto di tutti ed il suo caro Sasuke si sarebbe eretto come salvatore della Foglia, colui che aveva ucciso il nunkenin Itachi. 
Non aveva paura di ciò che sarebbe avvenuto, lo aveva accettato nel momento stesso in cui si era fatto carico di tutto il dolore che la sua vita avrebbe portato. Era stato forte abbastanza da reggere da solo un peso immane. Una volta aveva addirittura provato a parlarne con Kisame, di ciò che sarebbe accaduto con Sasuke e lui, senza ombra di dubbio, lo aveva dato vincitore in quel loro scontro. Probabilmente aveva ragione, ma una sua vittoria era da escludere a priori. 
Un’altra volta, invece, rimasto solo nella cucina della base in compagnia di Reyko, intenta a cercare di cucinare qualcosa, avrebbe tanto voluto dirle qualcosa riguardo quello che avrebbe dovuto fare in futuro, forse perché si era avvicinato pericolosamente a lei. Quei pochi attimi in sua compagnia rendevano tutto meno grigio e lui aveva decisamente bisogno di luce nella sua vita.
Ancora si domandava come potesse essere in quell’organizzazione, ma in fondo anche lui non sarebbe dovuto esser la se non per cause di forza maggiore. 
«Credo che la pioggia stia aumentando, Itachi, non so quanto ci conviene rimanere fuori sotto un temporale. »
La voce pacata del suo compagno, seduto a gambe incrociate a pochi metri da lui, costrinse Itachi a dissolvere il sorriso della ragazza dalla sua mente, per poi voltarsi a guardarlo, riaprendo gli occhi cremisi. 
«Uhm? » e sollevò lo sguardo notando effettivamente, le gocce più grosse cadergli sul viso ed inumidirgli i capelli. «Hai ragione, Kisame. »
«Lo so, non preoccuparti, c’era un posto dove ripararsi non molto lontano da qui.-
E lo spadaccino della Nebbia si rimise in piedi, seguito a ruota dal ragazzo della Foglia, prima di sistemarsi la spada sulle spalle. 
«Va bene, ti seguo—… »
Come sempre non persero tempo, perché Kisame ed Itachi lavoravano in questo modo: bastava loro un semplice cenno d’intesa per riuscire a capirsi. Era piacevole avere lui come compagno, decisamente meglio del suo vecchio collega, in fondo Kisame non faceva mai domande scomode, o meglio quasi mai
«Sembravi perso nei tuoi pensieri—… riflettevi su tuo fratello? »
Ed aveva anche la maledetta capacità di riuscire ad indovinare al primo colpo a cosa stesse pensando, forse perché era anche lui un acuto osservatore.
«Già, siamo in territorio di Orochimaru e mio fratello si allena con lui già da un pezzo. »
Kisame scoppiò in una risata divertita, tirando indietro il viso con i lineamenti da squalo.
«Sasuke, che ragazzino impertinente, ricordo quando ha davvero cercato di colpirti. Esilarante. »
«Non era pronto a sfidarmi. »
«Più che sfidarti voleva ucciderti, certo che hai fatto proprio un bel casino con la tua famiglia—… » azzardò lo spadaccino prima di continuare immediatamente. «Non che ti stia giudicando, Itachi, lo sai. Nessuno di noi qui in mezzo è un santo. »
Itachi lo studiò con la coda dell’occhio, visto che camminavano fianco a fianco e poi annuì. 
«Hai ragione, siamo tutti dei peccatori, chi più, chi meno. »
«Tranne Hidan, lui crede di essere un santo sceso in terra per portare la parola del suo amato Jashin! »
Stranamente quelle parole fecero quasi ridere Itachi, che cercava di trattenere anche dei semplici sorrisi, ma il tono con cui Kisame lo disse fu difficile da ignorare.
«Ti do ragione anche su questo. »
«Quel tipo è davvero esilarante, anche con tutto quel suo rituale. » e Kisame assunse un’aria pensierosa. «Però ha molto successo con le ragazze. »
A quelle parole, quasi stupito, Itachi voltò interamente il capo in direzione del compagno, inarcando appena un sopracciglio per l’effettiva affermazione fatta. Non che ci fosse qualcosa di sbagliato, quanto perché non si aspettava un commento simile da parte di Kisame. Lo conosceva da tempo e solamente rare volte avevano parlato di—… ragazze. O meglio Kisame aveva espresso un apprezzamento su una donna vista in un villaggio ed Itachi si era limitato ad annuire in silenzio, senza avere la forza di dissentire.
«Hidan ha molto successo con le ragazze? »
Questa volta fu Itachi a porre una domanda anche abbastanza strana, beccandosi un’occhiata scettica dal compagno.
«Direi proprio di sì, una volta Kakuzu ha raccontato di come abbia dovuto aspettarlo per ore a causa di—… »
«Non—… non ci tengo a saperlo. »
«Andiamo, sono cose normali, tranquillo, non ti metterò sotto tortura facendoti domande di questo calibro, sono pur sempre tuo compagno ed amico. »
Itachi approvò mentalmente quell’ultima parola, perché anche lui credeva seriamente di poter considerare Kisame un amico. Forse uno dei pochi che gli era rimasti. 
«Grazie, compagno ed amico, per avermi risparmiato questa tortura. »
«Anche se— … » proseguì Kisame mostrando il suo sorriso da squalo.
«Qualsiasi cosa tu stia per dire non farlo. »
«Anche se secondo me, ogni tanto, guardi un po’ troppo l’eremita. »
Ovviamente Kisame continuò irreprensibile a parlare, fregandosene di ciò che gli aveva precedentemente chiesto Itachi, che in tutta risposta gli lanciò l’ennesimo sguardo scettico, senza sapere bene come rispondere ad un’affermazione simile. 
«Non è vero. »
Allora lo squalo si voltò verso di lui, ghignando ed incrociando le braccia al petto.
«Invece sì. »
«No. »
«Allora non ti dispiace se la prossima volta che la vedo in giro alla base la spingerò casualmente su Hidan. »
Ed Itachi assottigliò lo sguardo in direzione di Kisame, cercando di capire se fosse serio o meno.
«Non lo farai. »
«Ed invece lo farò—… così magari anche lei sortirà l’effetto di—… »
«Smettila, ti prego. »
«Allora ho ragione a pensarlo, andiamo, non c’è nulla di male e poi lei mi fa morire dal ridere con Sen pronto ad azzannare chiunque.»
Il ragazzo si ritrovò ancora una volta ad esitare, cercando di capire come sviare la discussione da un argomento decisamente spinoso. Perché magari poteva guardarla più del previsto, anche quando lei magari non era attenta, e magari aveva provato il desiderio di provare a baciarla, ma non poteva ammettere una cosa simile. 
Specialmente davanti a lui, che non gli avrebbe dato tregua. 

«D’accordo, come preferisci, ma non è un’argomento che ti riguarda. »
«Invece mi riguarda eccome perché è da quando sei tornato da quella famosa missione alla Nebbia insieme a lei che non fai altro che guardarla in maniera così apprensiva.»
Stranamente Itachi si ritrovò stupito dalle parole del compagno, tanto da inspirare profondamente. 
«Se ti dico che magari, e sottolineo il “magari”, la trovo non male la finirai con questo discorso? E soprattutto non spingerla addosso a nessuno. »
Lo spadaccino sciolse l’intreccio delle braccia prima di sogghignare divertito, certo di aver trovato una sorta di punto debole per Itachi, che stava cercando da tempo.
«Visto? Che ci voleva. Finalmente anche tu t'interessi di ragazze. Sai tranquillo, non lo dirò a nessuno e poi d’accordo, non la spingerò addosso a nessuno—… al massimo solo su di te, così potrai fare bella figura.
» E Kisame sogghingò.  «"Non male", potevi sprecarti di più con i complimenti.»
«Kisame—… » mormorò il ragazzo dello sharingan prima di scuotere il capo con aria decisamente esasperata, tanto da sospirare. Ormai era certo che la sua tortura fosse iniziata e che difficilmente sarebbe riuscito ad ignorare le battutine da parte del proprio compagno di viaggio.
In fondo quella era la prima volta che ammetteva tanto apertamente una cosa simile, specialmente davanti a qualcuno e non sapeva come comportarsi, ma negare una cosa tanto evidente anche per uno come Kisame era praticamente impossibile.

Le dita serrate intorno alla gola dell’uomo iniziarono ad allenare la presa solamente quando pronunciò ciò che Reyko aveva bisogno di sentirsi dire. Lo teneva stretto, sollevato da terra, in mezzo a quel giardino meraviglioso della dimora di quel Clan solitario. Dovevano essere tranquilli, lontani dal mondo, ma purtroppo era giunta lei a mettersi in mezzo. Stenderli tutti era stato facile, anche perché solo due erano degli shinobi della Cascata, ma non li uccise. Non aveva voglia di uccidere chi non era necessario, anche perché si sarebbe macchiata le mani in futuro.
Lasciò andare quell’uomo, che cadde a terra praticamente svenuto, ed allora Reyko tirò indietro i capelli che le arrivavano ormai poco sotto le spalle. Era riuscita ad ottenere ciò che le serviva e per questo motivo non aveva più bisogno di rimanere in quel posto. Fece scioccare le dita e Sen la raggiunse, ringhiando in direzione di uno dei pochi che aveva ancora la forza di mettersi in piedi. Era un vecchio, forse il capoclan, che allungò una mano in direzione di Reyko.
«La-lasciate stare il nostro paese. »
La ragazza gli rivolse un’occhiata stanca, perché erano sempre quelle le parole di chi non aveva più niente da perdere. Ma non disse niente, si limitò a voltarsi, facendo saettare i capelli, ed a dirigersi verso l’uscita di quella grande dimora, senza dire niente. Non aveva voglia di parlare, specialmente dopo quei momenti, voleva semplicemente allontanarsi per non vedere il frutto del proprio operato e di quella che sembrava la propria cattiveria. 
Inspirò profondamente, cercando di immagazzinare quanta più aria possibile, e poi superò l’uscita. Doveva essere una calda giornata ma a quanto pareva delle nuvole stavano iniziando ad oscurare il sole. Sollevò infatti gli occhi scuri, dando uno sguardo veloce al tempo, prima di far segno a Sen di seguirla anche piuttosto rapidamente. Allontanarsi da li era l’unica cosa sensata da fare, anche perché prima o poi i membri di quel clan si sarebbero ripresi ed avrebbero denunciato il tutto, ma lei non doveva essere li e per farlo decise che il modo migliore per scomparire era svanire in mezzo alla folla di gente in una delle vie principali. Anche shinobi sensitivi, in quel caso, avrebbero faticato a riconoscere il suo flusso di chakra.
Era uno dei vecchi trucchi insegnatole dal vecchio Kenzo.
Se non puoi scappare velocemente allora tanto vale confondere gl'inseguitori. 
Svoltò svariate volte, alla ricerca della via principale ed imboccato un vicolo più stretto degli altri le sembrò davvero di essere giunta a destinazione. Il lupo accelerò il passo, senza neanche voltarsi indietro, ma allora, improvvisamente, una voce alle proprie spalle la costrinse a fermarsi.
«Non fare un altro passo, ragazza. » 
Quella voce, assolutamente sconosciuta alle orecchie della nunkenin, la costrinse a voltare il busto molto lentamente, guardandosi indietro. Fu allora che gli occhi di Reyko incontrarono la figura massiccia di un uomo che le puntava contro una spada. Doveva aver corso per raggiungerla, infatti sembrava avere il fiato corto, ma la determinazione nei suoi occhi era notevole. Il chiaro simbolo della cascata gli copriva la fronte, con la classica fascia, segno che doveva essere uno shinobi.
«Tu. Sei venuta nel mio clan. Hai minacciato la mia famiglia. Hai sottratto informazioni ad i civili senza neanche pensare due volte alla loro salute. Ed adesso pensi di andartene così? Chi ti credi di essere? »
Ovviamente l’uomo sibilò quelle parole, senza che però Reyko si decidesse a rispondergli. Non aveva intenzione di perdere tempo e Sen, al suo fianco, aveva già snudato i canini preparandosi ad agire. Non avere il mantello dell’Akatsuki era stata una grossa trovata, ma probabilmente se fossero stati più furbi lo avrebbero capito dopo collegando le informazioni che erano state loro sottratte. 
«Che fai? Non rispondi? Hai paura adesso che ti ritrovi finalmente faccia a faccia con qualcuno che può metterti seriamente in difficoltà? »
E l’uomo alzò il tono della voce, ma tutto ciò continuò a non preoccupare Reyko, che in risposta si limitò a guardarlo di sbieco. I capelli che le ricadevano dinnanzi agli occhi che s’assottigliarono nella sua direzione, ma neanche una parola uscì dalle labbra semi schiuse.
«Meriti solamente la morte. »
Fu allora che quel tipo, con la spada puntata nella sua direzione, iniziò a correre verso di lei. Ma Reyko era stanca di tutte quelle chiacchiere, delle inutili parole e soprattutto era stanca della dimostrazione di una forza che non c’era. Infatti in quegli istanti gli occhi iniziarono a tingersi di giallo e sul viso, delle linee nere che scendevano lungo le guance e le contornavano gli occhi, apparvero. Era quella la modalità eremitica e sarebbe bastato un singolo pugno ben assestato per metterlo fuori gioco semplicemente con un singolo colpo. Non poteva rischiare, perché in quel caso: si trattava di uno shinobi, quindi sapeva difendersi, e soprattutto era troppo vicina alla strada principale per intraprendere uno scontro aperto, era da escludere.
Un colpo. Un colpo secco e lo avrebbe steso per poi andarsene il più rapidamente possibile.
Ormai l’energia naturale fluiva perfettamente nelle sue vene e la forza aumentava. Stava per voltarsi totalmente in direzione del nemico quando una voce, un’altra voce la interruppe, impedendole di fare qualsiasi cosa. 
«RAAAASENGAN! »
Tutto accadde in una manciata di secondi: un lampo arancione la superò correndo e sprigionando un’immensa quantità di energia dalla mano colpì in pieno petto il suo avversario, scagliandolo a metri e metri di distanza.
Reyko, scioccata da quello che era appena accaduto, non completò la modalità eremitica, che lentamente iniziò a dissolversi, facendo ritornare alla normalità il colore degli occhi e la pelle del viso.  Eppure l’espressione stupita non riuscì ad evitarla, perché quell’arrivo fu quanto di più inaspettato potesse accadere.
Un ragazzo dai capelli biondi, una tuta arancione, ed un sorriso smagliante si voltò verso di lei e le corse incontro come se si conoscessero da una vita.
«Stai bene? Sei ferita? »
Ed ecco che Reyko lo fissò a bocca aperta, percependo incredibilmente un’immensa quantità di chakra sprigionata da quel ragazzo.

------------------------------------------------------------

Nota dell'autrice: Intanto vorrei ringraziare tutti coloro che seguno la mia fanfiction, spero che i capitoli siano di vostro gradimento e soprattutto che la storia vi piaccia. Sono davvero felice di continuare tale progetto, però, volevo semplice avvertire voi lettori che per tutta questa settimana fino a giorno 12, non sarò presente, quindi non potrò postare nuovi capitoli. 
Spero che questo non sia un problema e che continuiate a seguire la storia.
Un bacio a tutti quanti.
Blue. 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Orange Boy ***


Orange boy

Reyko provò a sbattere più volte le lunghe ciglia, ritrovandosi sorpresa come non mai da quanto appena accaduto. Quel ragazzino, con una zazzera di capelli biondi scombinati, le stava decisamente sorridendo e scuotendo per le spalle, come a cercare di farla riprendere da un ipotetico stato di shock assoluto. Quella che aveva visto usare era una tecnica ninja assolutamente incredibile e la grande quantità di chakra rilasciato era percepibile perfino per una come lei, che il lavoro sensoriale lo lasciava fare a Sen. Deglutì, guardandolo in viso, ed all’ennesima domanda schiuse appena le labbra. Perfino Sen, che di solito iniziava a ringhiare non appena qualcuno le si fermava vicino, in quel caso non fece niente, ma osservò la scena a distanza. 
«Stai bene? Giuro che quel tipo adesso è fuori gioco, non devi avere paura. »
Avere paura? 
Chiaro. Doveva averla scambiata per una ragazza che stava per essere aggredita senza un motivo, anche perché lei non portava alcun simbolo distintivo del suo essere nunkenin, non aveva neanche un’arma in mano ed in quel momento era come se avesse visto un fantasma. Era logico scambiarla per un’indifesa, anche se non lo era. Eppure quel ragazzino, uno shinobi della foglia visto il suo coprifronte, non sembrava poi così da sottovalutare. 
«Sì—… sto bene. » mormorò lei cercando di recitare ancora per un po’ la parte della ragazza spaventata, solo per non ingaggiare battaglia con quel ragazzo.
«Grazie. »
Sussurrò quella parola così da far sorridere il biondino, che finalmente la lasciò andare e poi la osservò da capo a piedi, rivolgendo solo dopo un lungo sguardo al lupo.
«Non preoccuparti, lo so bene che questo posto non è molto bello ed è  facile venire aggrediti. Ti ha fatto del male? »
L’eremita continuò a fissarlo, sempre più sconvolta dalla grande ingenuità di quest’ultimo ed allora scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli. 
«No, sei arrivato giusto in tempo. Continuava a dire cose senza senso ed—… ha anche provato ad attaccarmi. »
«L’ho visto, però adesso forse è meglio allontanarci, che ne dici? Vicoli bui come questo non sono il massimo per una ragazza. »  Allora quel biondino la fissò sorridente e poi abbassò lo sguardo verso Sen, indicandolo con aria ammirata. «Ma è fantastico. E’ tuo? »
Reyko lentamente sollevò gli occhi ed annuì, cercando ancora una volta di fingere con quella storia. 
«Sì, si chiama Sen ed è un cane-lupo. »
Mentire, in quel caso, le era sembrata l’idea migliore. In fondo non era poi una così terribile bugia, ma decise di evitare di spiattellare la verità sul suo amico, anche perché si sarebbe potuto insospettire. 
«Ma è bellissimo! Allora vogliamo andare—…? Aspetta, non mi sono presentato, scusami, io sono Naruto Uzumaki. »
Quel nome. Ed ecco che quel nome le fece risuonare qualcosa nella testa. Era certo di averlo sentito già da qualche parte, e poi, lentamente, le idee iniziarono ad abbozzare un concetto fin troppo difficile da accettare. Naruto era il nome di uno dei possessori del Biju, in particolare del Kyuubi, ovvero la volpe a nove code. E quel ragazzo sembrava possedere un’energia da far paura. Ne avevano parlato Kisame ed Itachi, quando erano andati nel villaggio di origine di quest’ultimo. Lo avevano incontrato ma per qualche motivo non c’era stato nessuno scontro. E lei, adesso, si trovava faccia a faccia con colui che avrebbe dovuto catturare, ma non disse una parola.
«Piacere di conoscerti Naruto, il mio nome, invece, è Reyko e lui, come ho già detto, è il mio compagno di viaggio Sen. »
Chinò leggermente il capo nella sua direzione, prima di accennare un sorriso quasi sincero rivolto a quel ragazzo, che in fondo le aveva evitato una bella seccatura. 
Quasi in maniera inaspettata Naruto l’afferrò per un braccio e poi iniziò a correre verso l’uscita del vicolo, senza darle la possibilità di tirarsi indietro. 
«Perfetto, Reyko, allora andiamo anche abbastanza velocemente, li c’è la via centrale. »
«Va bene ma non mi stringere—… »
Provò a protestare lei, senza però riuscire a far molto. La stretta di Naruto sul proprio braccio era particolarmente salda, forse perché desiderava seriamente allontanarla da quello che lui reputava un posto pericoloso. La ragazza lanciò uno sguardo confuso a Sen, quasi come ad intimargli di stare al gioco, ed il lupo la seguì senza fiatare, rimanendo buono nonostante tutto. 
Una volta immessi nella via principale c’era della gente che passeggiava. Non era un paese molto popoloso, ma andava bene per disperdersi li in mezzo. Si voltò a guardare il ninja della cascata svenuto a terra e poi si focalizzò su quello strano ragazzo. Possibile che il proprio viso non incutesse timore neanche un poco?
Questa cosa andava rivista!
Solamente dopo aver corso per un po’, allontanandosi dall’imbocco di quella stradina, iniziarono a rallentare ed allora Naruto la lasciò andare.
«Scusami, avevo paura che ti fossi immobilizzata per via della paura. »
Anche questa volta Reyko fu letteralmente costretta e fingere un’espressione stupita e scosse la testa, provando a sorridergli.
«Sì, mi dispiace, non ho reagito molto lucidamente—… »
«Oh, tranquilla Reyko, adesso sei al sicuro. A proposito che ci faceva una come te da sola in un posto del genere? Sai, da quelle parti c’è il mercato nero e non è un posto molto “bello”. »
Non aveva idea di che cosa stesse parlando, ma finse con tranquillità di sapere tutto, arrivando anche scuotere il capo, con convinzione.
«Hai ragione, ma sono passata da quelle parti per curiosità, non avevo idea che fosse un luogo tanto pericoloso—… tu sei un ninja? »
Lo domandò fingendo di non sapere niente, ed allora intrecciò le braccia all’altezza del petto.
«Esatto, sono un ninja della Foglia! »
Esclamò Naruto con estremo orgoglio, puntando un dito sul suo coprifronte.
«Lo avevo notato e quella tua mossa è stata davvero fantastica. »
Allora Reyko esagerò tanto da portare le mani al petto fingendo un’espressione decisamente ammirata, anche se pensava realmente che quella mossa fosse davvero forte. 
«Il Rasengan? Beh, modestamente quella è la mia mossa migliore, insomma la sto perfezionando con il mio maestro, però mi riesce anche piuttosto bene. Tu invece da dove vieni? » 
Ecco, quella era una domanda corretta ed era allora che Reyko avrebbe dovuto mentire in maniera coerente per evitare di essere scoperta. Quindi la sua mente iniziò ad analizzare in fretta le possibilità, cercando di trovare qualcosa di interessante da dire, ma soprattutto qualcosa che Naruto non potesse contestare.
«Io—… vengo dal villaggio dell’Erba, non è molto lontano da qui. Dovevo cercare delle cose per mia nonna, la mia vecchia nonna che non sta bene, ma non ho trovato le cose che mi servivano. »
«Oh, povera nonnina, che cosa ti serviva? Se vuoi ti aiuto a cercarlo! »
Naruto si propose con entusiasmo, tanto da far paura.
Maledizione. 
«Ehm—… erano degli ingredienti per una sua ricetta storica, ma tranquillo, li cercherò lungo il viaggio di ritorno, non preoccuparti. »
Ma con quella frase Reyko sembrò smontare e spegnere l’entusiasmo del biondo. Che cosa fare a questo punto? Rapirlo e catturarlo diventando colei che aveva catturato la volpe a nove code? Oppure evitare?
Insomma ingaggiare un combattimento con lui non sembrava saggio e poi il Kyuubi essendo una delle forze portanti più forti era una delle ultime da catturare, proprio come Killer Bee-sama.
Però, magari, avrebbe anche potuto provare ad avere qualche informazione in più da utilizzare in futuro e poi non doveva dire a nessuno del suo incontro, poteva tenerlo per sé e rivelare le cose solo a tempo debito. In fondo aveva ancora tempo. 
«Capisco, beh scommetto che riuscirai a trovarle—… »
Naruto le rivolse un sorriso contagioso, cosa che stranamente la spinse a sorridergli di rimando ed allora la ragazza tirò dietro le orecchie una ciocca di capelli. 
«Senti, Naruto, ti andrebbe di mangiare qualcosa? Sai, dopo questo brutto incontro ho davvero bisogno di recuperare le energie. »
«Assolutamente sì, anche io ho davvero bisogno di rimettermi in forze e contavo di andare a pranzo prima di vederti in difficoltà. »
«Perfetto, però offro io, mi sembra il minimo dopo quello che hai fatto, non trovi? »
Ed allora gli sorrise come se Reyko gli avesse appena detto che aveva vinto alla lotteria una montagna di soldi. Infatti Naruto iniziò a saltare, incapace di contenersi.
«Davvero? Sarebbe fantastico, il vecchio pervertito si è preso tutti i miei soldi perché gli servivano per “delle ricerche” per il suo libro.» e Naruto imitò il gesto delle virgolette.
Vecchio pervertito? Era quello il suo maestro? 
Di certo per essersi allontanato tanto, in un momento simile, da Konoha questo voleva dire che chiunque fosse il suo maestro era decisamente in grado di proteggerlo. Cercò di ricordare qualcosa e poi ebbe il flash. 
L’idea di sfidare quel ragazzino venne immediatamente accantonata perché aveva ricordato immediatamente chi era l’accompagnatore di cui avevano parlato un tempo, quando Itachi e Kisame avevano fatto rapporto. L’eremita dei Rosi, il famoso Jyraiya. 
Ebbe un tuffo al cuore alla sola idea di potersi ritrovare dinnanzi ad una leggenda simile, perché oltre ad essere uno dei tre Sennin il famoso eremita era anche un modello da seguire per una come Reyko. 
No, doveva decisamente evitare uno scontro e limitarsi ad acquisire quante più informazioni possibili, senza tradire quella copertura che involontariamente si era creata fino ad allora. 
«Certo che sì, non devi preoccuparti. Dunque, conosci qualche posto dove poter andare a pranzare? »
Domandò candidamente la ragazza prima di puntare lo sguardo nella direzione del biondino, che in tutta risposta sorrise e le fece cenno di seguirla.
Lungo il tragitto per giungere fino a destinazione non parlarono, impegnati a districarsi fra la folla di gente, e più Reyko si allontanava dai vicoli meglio era. Andarsi a chiudere in qualche locale era perfetto, anche perché sarebbe dovuta andare fra non molto, in fondo l’appuntamento con Zetsu andava rispettato, non che lui fosse molto attaccato agli orari, cosa che invece il Maestro Sasori precisava sempre, ma era per non destare ulteriori sospetti.
Dopo qualche minuto in mezzo alla gente Naruto si fermò con aria fiera davanti a quella che sembrava una piccola bancarella che vendeva ramen.
Lei, che aveva mangiato il ramen così poche volte nella propria vita, dovette cercare di trattenere una faccia stupita, ma in fondo si trattava di un ragazzino che sprizzava energia da tutti i pori. Scegliere quel posto si addiceva parecchio a lui, quindi Reyko cercò di non mostrare alcun segno d’indecisione sul proprio viso limitandosi a sorridere.
«Ho già mangiato qua il ramen ed è buono, ma non quanto quello di Konoha. »
«Posso solamente immaginarlo… »
E stranamente parlò con assoluta sincerità perché lei poteva davvero solo immaginare quanto quei due ramen di cui aveva sentito dire fossero diversi. 
Lentamente Reyko scostò le tendine che separavano il bancone dall’esterno ed era un’ulteriore fortuna il fatto che non ci fosse nessuno oltre loro tre. Sen si andò ad accucciare accanto ad uno degli sgabelli e Reyko prese posto accanto a Naruto, poggiando delicatamente entrambi i gomiti sul tavolo. Lasciò ondeggiare le gambe, sollevate di un po’ dal terreno vista l’altezza degli sgabelli, e poi si voltò verso il ragazzo, che aveva già chiamato la vecchia intenta a preparare i loro piatti. 
«Buongiorno signora, visto? Oggi sono tornato e questa volta le ho portato anche una nuova cliente—… » la donna che cucinava rivolse una rapida occhiata a Reyko e poi continuò a lavorare. 
«Doppia porzione, ragazzi? »
Naruto, sentendo quelle parole sorrise ancora di più ed annuì.
«Certo, tanto paga lei. »
Ed allora Reyko gli rivolse uno sguardo di sbieco, tanto da sembrare quasi divertita dalla cosa, ed infatti si passò una mano fra i capelli. Si morse il labbro inferiore sempre screpolato, e poi puntò le iridi scure in direzione del biondo. 
«Ovviamente, dunque, Naruto se posso permettermi che ci fa uno shinobi della foglia lontano da Konoha? »
Sempre senza sembrare troppo invadente Reyko decise di cominciare la vera indagine, limitandosi con domande anche piuttosto semplici e poco complicate. Non voleva fargli pensare di essere sotto osservazione. 
Naruto le sorrise a trentadue denti e poggiò a sua volta entrambi i gomiti sul bancone ligneo, prima di scrollare le spalle coperte da quella tuta arancione sgargiante. 
«Hai ragione, sono lontano dal mio villaggio e sono quasi tre anni che vado a Konoha. »
Ecco, già quella prima affermazione tanto tranquilla aveva scaturito in Reyko una sorta d’inquietudine: perché mai tenere lontano la propria forza portante? Ma cercò di farsi queste domande successivamente. 
«Oh—… » sussurrò lei schiudendo appena le labbra, senza saper come continuare, ma Naruto fece il resto. 
«Ma no, non fare quella faccia, ci tornerò presto. Ero lontano dal mio villaggio per allenarmi con il mio sensei, quello di cui ti parlavo prima. Mi sono allenato duramente per circa tre anni ed fra poco sono pronto per tornare. »
Sbatté con decisione un pugno sul tavolo, facendo sussultare Reyko e Sen, che sollevò lo sguardo nella direzione di loro due. La nunkenin doveva decisamente essere  sorpresa dalla notizia, perché si ritrovò a guardarlo sfarfallando le lunghe ciglia. Ecco spiegato il perché della lontananza dal villaggio. Era anche più difficile da trovare se si muovevano, insomma l’Hokage doveva essersi ingegnato per tenere al sicuro il suo caro ragazzo della Volpe, che però aveva appena incontrato il Lupo. 
«Che cosa bellissima, ed il tuo allenamento ha dato ottimi frutti da quel che ho visto prima nel vicolo—… » mormorò la ragazza prima di spostare i gomiti in modo da far spazio alla vecchia che aveva appena finito di preparare i loro piatti.
Dinnanzi a sé Reyko si ritrovò un immenso piatto di ramen, con cose che neanche la facevano impazzire, ma a differenza sua Naruto sembrava entusiasta della cosa, quindi lei non poté essere da meno. Si ritrovò a staccare le bacchette, mescolando quella brodaglia piena di spaghetti e carne varia, ma poi Naruto sembrò rabbuiarsi nel giro di qualche istante, tanto da aver perso tutto l’entusiamo di qualche attimo prima. 
La kunoichi lo notò ed allora si fermò, poggiando entrambe le bacchette accanto alla propria scodella. 
«Che succede, Naruto? »
Il ragazzo si voltò verso di lei, sorridendole come sempre e scrollò una mano per tranquillizzarla.
«Oh, non è niente, Reyko, sono solamente contento per quello che mi hai detto. »
Sorpresa come sempre questa volta si ritrovò a sorridergli in maniera istintiva, tentata addirittura di scombinargli i capelli.
«Andiamo, dico solamente quello che ho visto. La tua mossa sembrava spettacolare ed anche molto forte, lo hai messo al tappeto in un attimo. »
«E’ vero, ma devi sapere, Reyko, che io mi sto allenando per un motivo che mi sta particolarmente a cuore. »
In quell’istante gli occhi cerulei del biondino di Konoha e quelli scuri della nunkenin di Kumo s’incontrarono ed entrambi rimasero in silenzio per qualche secondo. Fu allora che Reyko sorrise, quasi come avrebbe fatto una sorella maggiore, e gli diede un colpetto al braccio, prima di concentrarsi sulla propria ciotola di ramen.
«Veramente? E posso chiederti qual’è questo motivo? Oppure risulto parecchio invadente? »
Azzardò lei senza riuscire a nascondere un sorrisetto furbo. Quel ragazzo era incredibile, lo conosceva da poco eppure con un paio di battute era riuscita a farla sorridere sinceramente. 
Perché doveva toccare a lui un tale fardello? 
«Non preoccuparti, non è niente di strano solo che—… vedi c’è un mio amico che ha scelto una strada sbagliata e si è allontanato dal nostro villaggio. »
La ragazza ascoltò con attenzione un Naruto intento a mangiare il proprio ramen, anche se la sua espressione non era esattamente delle più allegre, come qualche attimo prima. Magari Reyko non era un’abile lettrice dell’animo umano ma era chiaro negli occhi di Naruto che quel suo amico di cui parlava era importante, così importante da spingerlo ad allenarsi duramente per tre anni.
«Ma se si è allontanato dal villaggio non dovrebbe—… essere una sua scelta? » le venne quasi spontaneo rivolgergli l’ennesima domanda, mentre a sua volta assaggiava il ramen, che risultò troppo forte per il suo palato. «Insomma non sono un’esperta di cose ninja, non so come funzionino queste cose. »
«Giusto, non preoccuparti, ti spiego meglio: in pratica questo mio amico, il mio migliore amico, si è allontanato perché anche lui vuole diventare più forte, ma lo ha fatto nella maniera sbagliata. Deve portare avanti la sua—… vendetta e per questo motivo non ha esitato a lasciarci. Sai, ho anche combattuto contro di lui per cercare di riportarlo indietro ma—… » e Naruto esitò a continuare con quella spiegazione che lasciò a bocca aperta Reyko.
Un ragazzino, probabilmente della sua stessa età, che abbandona il proprio villaggio solo per vendetta?
Ma in fondo perché lei si stupiva quando ella stessa era stata la prima a tradire il proprio Kage pur di ottenere vendetta per la propria famiglia?
La vendetta era un sentimento così profondo e radicato dentro l’animo umano che difficilmente sarebbe stata estinta. 
Si morse istintivamente il labbro inferiore ed a sua volta, la ragazza, cercò di mangiare qualcosa. 
«Ma non è andata bene, per trovarti qui adesso. Ti sarai sottoposto a grandi allenamenti solo per questo tuo amico e tutto ciò è davvero nobile da parte tua. Insomma sono sempre stata convinta che l’amicizia sia uno dei punti saldi nella vita di qualcuno e come ben vedi il mio migliore amico non mi abbandona mai. »
Con un leggero cenno del capo che fece ondeggiare i capelli Reyko indicò Sen, che emise un piccolo gemito a conferma delle sue parole. Poteva anche sembrare addormentato ma in realtà il lupo percepiva qualsiasi cosa. 
«Hai ragione ma non è solo per lui che lo faccio. Ho—… ho anche fatto una promessa ad una persona e devo mantenerla. Quindi devo riuscire a portare a casa Sasuke. »
In quel preciso istante Naruto le rivolse un sorriso convinto di ciò che aveva appena detto mentre Reyko, probabilmente, rischiò di avere un infarto in quello stesso istante. Aveva sentito bene oppure Naruto aveva parlato di un certo Sasuke? Ancora una volta una campanella d’allarme iniziò a risuonare nella mente dell’eremita che aveva appena collegato tale scoperta a ciò che già in precedenza sapeva. Ssuke era il nome del fratello minore di Itachi, l’unico lasciato in vita dal ragazzo prima della strage nel suo Clan, gli Uchiha. Se quel Sasuke di cui parlava il biondino era lo stesso che conosceva lei, per sentito dire, allora questo voleva dire che anche il minore degli Uchiha si sarebbe voluto vendicare sul loro compagno.
Era sempre colpa della vendetta, purtroppo. 
Questo le provocò un groppo in gola che le impedì quasi di parlare, ma cercò di nasconderlo. Non sapeva bene perché tutta questa preoccupazione per una vicenda che neanche la riguardava personalmente, però l’idea che qualcuno volesse vendicarsi di Itachi le provocò un brivido lungo la schiena. Insomma molti di loro non erano esattamente delle persone per bene ma lui, proprio lui—… no. La questione grave era proprio la forza di volontà di quel Sasuke. Lo conosceva per sentito dire e per esser riuscito a tenere testa ad un demone caudato, Naruto, questo voleva dire che era davvero molto forte prima ancora che scappasse dal suo villaggio. 
«Beh—… » boccheggiò lei, lasciando che delle ciocche di capelli le ricadessero ai lati del viso, mascherando la sua attuale espressività.
«Scommetto che dopo tutto questo allenamento, però, riuscirai sicuramente nel tuo intento, Naruto. Riporterai a casa questo tuo amico. »
Il ragazzo si fermò e lasciò scorrere lo sguardo sul viso di Reyko, che si sentì sotto analisi dettagliata, quindi provò a rilassarsi. 
«Tu come ti sentiresti se ti portassero via Sen? »
Nel sentire la domanda inaspettata la kunochi, a sua volta, si fermò e poggiò entrambi i gomiti sul tavolo. Assunse un’aria particolarmente seria e poi provò ad accennare un sorriso.
«Smuoverei mari e monti, cielo e terra per cercare di riprendermi Sen. »
«Esatto, mentre come reagiresti se invece volessi vendicarti di una persona—… che invece ti ha portato via tutto? »
Anche quella domanda sembrò colpire parecchio l’eremita, che effettivamente sapeva già la risposta, infatti sospirò provando a sorridere nuovamente.
«Farei di tutto per cercare di portare a termine le mia vendetta. »
«Appunto, sono entrambe forti come motivazioni—… difficilmente coesistono insieme. »
In quel momento Reyko capì esattamente quello che voleva dire Naruto: il suo sogno di riportarlo indietro era tanto forte quanto paragonabile alla vendetta che Sasuke avrebbe messo in atto contro Itachi. 
Infatti si morse le labbra quasi per la frustrazione. 
«Una delle due prevarrà sull’altra, ma tu devi tenere duro e non darti per vinto a qualsiasi costo. Se questo Sasuke è davvero il tuo migliore amico allora devi riuscire a far sì che le tue motivazioni siano più forti delle sue. »
Improvvisamente Naruto annuì, come se avesse appena scoperto qualcosa di nuovo, o forse erano le stesse parole che lui si ripeteva ogni singolo giorno nella speranza di riuscire a riaverlo indietro. Se solo fosse riuscito a riportare sulla giusta strada Sasuke in questa maniera non si sarebbe potuto vendicare su suo fratello, o almeno questo era ciò che la mente stanca di Reyko decise di accettare come vero.
Quindi perché non incoraggiarlo laddove ne aveva bisogno? Conveniva a tutti che quel ragazzino tornasse a casa.
«Questo è quello che mi ripeto sempre ed una volta tornato al villaggio farò di tutto per cercare di riportarlo indietro—… in fondo, come posso diventare Hokage se non riesco neanche a salvare il mio migliore amico? »
Nel sentire quelle parole un sorriso amaro si dipinse sulle labbra della ragazza che non aveva di certo creduto di sentirlo parlare tanto apertamente. Forse quello era il punto dolente di Naruto e doveva aver bisogno di parlarne con qualcuno che era un parere esterno. E quel parere esterno era esattamente Reyko. Quindi il Biju della Volpe a Nove code voleva diventare il nuovo Hokage, che scelta bizzarra. Di solito le forze portanti, almeno quelle che ha visto personalmente lei, non erano tenute in buona considerazione al villaggio, forse per paura della loro forza, ma non a Kumo. Li il Gatto ed il Polipo erano importanti personalità, per questo dovevano agire con calma, e questo lo sapeva anche Pain. 
«Andiamo, non dire così scommetto che—… che riuscirai a diventare Hokage ed a salvare il tuo amico. Sei forte abbastanza per tutto questo. » mormorò in risposta Reyko, mentre scostava una ciocca di capelli dal proprio viso, quasi come se fosse in imbarazzo. Un tempo anche lei aveva un sogno simile, le sarebbe tanto piaciuto diventare la prima donna Raikage, ma questo quando era ancora piccola, crescendo le sue priorità erano divenute altre e la sua via eremitica aveva catturato tutto il proprio interesse.
«Sei gentile a dirmi questo e—… e scusa se ti sto disturbando con questi miei discorsi ma tu sembri una brava ragazza e dai dei buoni consigli, non voglio disturbarti oltre. »
L’aveva davvero chiamata “brava ragazza”? A quanto pareva sì, ma su questo Naruto si sbagliava e la cosa le mise una certa tristezza.
«In verità non mi stai disturbando per niente, e poi è piacevole ascoltarti. E’ bello sapere che c’è ancora chi è deciso a seguire i propri sogni. »
Inspirò profondamente, cerca che da un momento all’altro qualcosa dentro di sé si sarebbe spezzata.
Aveva sbagliato ad intraprendere una discussione simile con questo ragazzo, che un giorno avrebbe dovuto cacciare ed uccidere. Aveva sbagliato ad ascoltare i suoi sogni e le sue speranze, perché lei, prima o poi, glieli avrebbe portati via.
Aveva sbagliato.
Si passò lentamente una mano sulla guancia mettendosi in piedi, con una ciotola ormai quasi vuota, in fondo l’aveva mangiato il ramen, senza fare troppe storie, e lasciò sul bancone una manciata di contanti e monete, senza neanche contarli.
«Devi andare di già? » le domandò Naruto quasi confuso, abbassando allora le bacchette che stringeva fra le dita.
«Sì, purtroppo devo urgentemente tornare nel mio piccolo paese per andare da mia nonna, sai, non le ho ancora trovato tutti gl’ingredienti che mi aveva chiesto. »
Le parole fluirono dalle labbra della ragazza quasi in maniera automatica prima di sorridere, o meglio provare a sorridere, in direzione di Naruto. 
«Penso che quei soldi bastino anche per un’altra ciotola di ramen—… è tutta tua, Naruto per ringraziarti per quello che hai fatto. » continuò lei schioccando le dita ed allora Sen si mise in piedi al proprio fianco, fissando a sua volta il ragazzo con la sua solita aria imperscrutabile. 
«Non c’è bisogno davvero di—… »
«Ti prego, accettalo per me, va bene? »
Poteva anche essere un membro dell’Akatsuki ma l’anima di Reyko, purtroppo, era ancora buona. 
«D’accordo, Reyko, ti ringrazio anche per avermi ascoltato e per i consigli. »
Ancora una volta Naruto e la nunekin si scambiarono un sorriso ed istintivamente Reyko mosse un passo indietro.
«Sono sicura di quello che ho detto, non devi ringraziarmi. »
«Invece sì. Spero di rivederti un giorno, sei stata davvero simpatica. E stai attenta a dove vai, non andare in vicoli bui, ci siamo capiti?! »
Ma in verità Reyko sapeva bene che non si sarebbero rivisti, o almeno fino a quando non si sarebbero scontrati per il momento della cattura. La ragazza sollevò una mano in direzione delbiondo, certa che si sarebbe voluta allontanare anche piuttosto in fretta. Non era ancora giunto il momento dell’incontro con Zetsu, ma il suo animo era sottosopra per svariati motivi. Primo fra tutti per l’incontro con il ragazzo della volpe, magari anche gli altri erano simpatici come lui, e loro li avevano brutalmente uccisi senza neanche dar loro la possibilità di seguire i propri desideri. Il secondo, invece, la riguardava marginalmente, ma quella scoperta non aveva fatto altro che creare ancora più confusione nella propria testa di quanta in realtà non ne avesse. Reyko, in tutta quella vicenda degli Uchiha, non doveva minimamente mettere il naso ma al momento l’idea che quel Sasuke potesse anche solo cercare di vendicarsi su Itachi la spinse a muoversi.
Non poteva fare niente riguardo Naruto, perché quello era inevitabile a detta di Pain, ma per lo meno poteva provare a mettere in guardia Itachi, se solo lui fosse ancora all’oscuro di tutto, quindi si mosse anche piuttosto rapidamente dirigendosi al proprio punto d’incontro con il suo compagno.
Doveva sbrigarsi, ma soprattutto doveva venir meno agli ordini di Zetsu, almeno per poco, perché sapeva già quale sarebbe stata la prossima mossa.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Family issues ***


Family issues

Ricavare informazioni collaterali da Zetsu fu più facile del previsto, e questo Reyko, lo trovò alquanto piacevole, infatti in maniera quasi strategica, con tanto di finto smarrimento, era riuscita a scoprire dove si trovassero Itachi e Kisame. 
Il Paese del Suono. Altro luogo a lei sconosciuto, ma l’avevano messa in guardia tempo prima riguardo chi fosse il vero padrone del posto. Si trattava dell’ex membro dell’Akatsuki, colui che aveva indossato quel mantello prima della nunkenin, uno dei tre Sannin leggendari. Orochimaru era davvero una leggenda, nel bene o nel male. Il suo nome incuteva curiosità e terrore allo stesso tempo e lui stesso era stato un membro di Alba, quindi doveva essere alquanto pericoloso. Non le avevano spiegato bene le modalità con cui lui si era allontanato ma a quanto pareva lo sharingan dell’Uchiha sembrava far parte della storia. 
Non aveva alcuna intenzione di incontrare quella figura mitica che si diceva alloggiare da quelle parti, in fondo il Paese del Suono era grande e lei doveva rintracciare due persone. 
Fece credere al proprio compagno di viaggio di essere diretta alla ricerca di Hidann e Kakuzu, che invece si aggiravano nei pressi della Cascata, quindi doveva sbrigarsi. Quella sosta non era prevista e soprattutto doveva assicurarsi che nessuno dei due parlasse e spifferasse tutto a Pain o anche soltanto allo stesso Zetsu. Probabilmente avrebbero iniziato con le domande ed avrebbero addirittura dubitato di lei, cosa che non poteva permettersi.
Ma perché Reyko stava facendo tutto questo? Perché si stava spingendo così lontano solamente per avvertire il ragazzo di quanto appena scoperto? Forse perché provava una certa ansia nel sapere che c’era qualcuno, di molto pericoloso, che aveva intenzione di vendicarsi su di lui. Insomma sapeva benissimo quanto Itachi fosse forte, addirittura c’era chi parlava di una tecnica oculare così potente da essere proibita. Ma questo lei non l’aveva mai visto, come in fondo lui non aveva mai avuto modo di assistere alla propria tecnica eremitica.

«Da adesso in poi, Sen, siamo nel Paese del Suono, dobbiamo sbrigarci a trovarli. Tu conosci bene i loro odori quindi saprai sicuramente dove saranno andati a cacciarsi.»
Le parole rivolte al proprio lupo ebbero un ululato d’assenso, infatti senza che Reyko desse alcun ordine Sen iniziò ad annusare l’aria intorno a sé, alla ricerca degli odori conosciuti ed anche richiesti. Fu questione di attimi prima che il suo amico virasse verso ovest, segno che doveva aver trovato la giusta scia da seguire. 
Ed allora delle goccioline iniziarono a bagnarle il viso. Non si era neanche resa conto del tempo plumbeo sopra la propria testa, quello che le importava al momento era sbrigarsi e parlare con loro, per poi filarsela ed andare ad avvertire quei due sul da farsi, allora, solamente allora, sarebbe stata finalmente libera.

La locanda che avevano trovato lungo la strada, visto e considerato che la pioggia era decisamente aumentata, diventando un vero e proprio temporale, era perfetta per due tipi come loro. Piccola, buia, con delle tende che separavano i vari tavoli dalla zona centrale. Insomma un luogo perfetto per nascondersi ed attendere, almeno un po’, che il tempo iniziasse a migliorare. Non che fosse davvero problematico e soprattutto perché lui e Kisame non sembravano avere alcuna fretta. La loro ricerca di informazioni continuava, come sempre, e la discussione avuta qualche giorno prima non aveva riportato particolari danni sul loro rapporto. Kisame, stranamente, non aveva fatto alcuna battuta o dichiarazione inaspettata, ma si era limitato come sempre a scherzare ed a ghignare quando era necessario. E per questo motivo Itachi lo ringraziò silente per aver archiviato l’ardua ammissione che gli era costata molto. Insomma, non che avesse ammesso chissà che cosa, però lui odiava esporsi, non voleva mettere in mezzo ciò che poteva sentire dentro di sé, anche perché forse non era bravo con quel genere di cose. Non aveva mai avuto modo d’imparare e con le poche persone a cui lui realmente teneva era abituato a mentire. Quindi come rapportarsi in quel caso? Semplice, non doveva farlo, per il bene suo ma soprattutto per il bene dell’eremita. Aveva provato ad essere egoista, ma non ci riusciva.
Le tazze di tè fumanti erano poggiate sul tavolo basso, mentre Kisame se ne stava seduto in una posa più comoda del previsto con le gambe distese. Si erano addirittura tolti i mantelli, vista la presenza di altra gente, in modo da cercare come sempre di passare sotto silenzio. 
«Credi che questo tempo uggioso durerà ancora a lungo? Da quando siamo qui praticamente ha piovuto quasi ogni giorno—… » commento Kisame mangiando uno dei biscotti poggiati su un piattino.
Purtroppo c’era sempre qualcosa alla quale Itachi non avrebbe mai detto di no, e questi erano i dolci. Ma con Kisame ormai poteva permetterselo, lui conosceva quella propria debolezza, proprio come la conosceva anche l’eremita, quindi non esitò nel prenderli, accompagnati dal tè alla cannella. 
«Più che piovere questo sembra un vero e proprio diluvio. » commentò atono stringendo la tazza calda, per poi sollevare quegli occhi scuri come la notte in direzione del compagno.
«Non sei d’aiuto. Lo so che è un vero e proprio diluvio ma da fastidio. » aggiunse lo squalo prima di poggiare un gomito sul tavolo. «E dire che io sono abituato alla pioggia. Bah. »
Stranamente era Kisame a non essere dell’umore migliore, di solito quel compito toccava ad Itachi, che in tutta risposta scrollò lentamente le spalle. I capelli che erano poggiati su una spalla ricaddero legati dietro la schiena ed allora assaggiò la propria bevanda.
«Non c’è alcuna fretta, appena la pioggia diminuirà ci allontaneremo anche perché credo proprio che abbiamo finito qui nel Paese del Suono. » 
Il che era vero, visto e considerato che avevano fatto tutto ciò che serviva ed adesso erano finalmente pronti ad alontanarsi. Da quando aveva messo piede in quel posto non c’era stata alcuna traccia di Orochimaru, che era un bene ed allo stesso tempo un male, perché da un lato avrebbe voluto tenerlo sotto controllo per vedere come stesse suo fratello, dall’altro, invece, se si fossero incrociati avrebbe dovuto lottare contro di lui.
Di nuovo.
«Hai ragione, credo che la prossima missione sarà concentrarsi sul prossimo biju. Gli altri dovrebbero essere sulle tracce del Demone a Sette code, quindi è solamente questione di giorni prima che lo catturino. »
Lentamente Itachi si ritrovò ad annuire alle parole del proprio compagno, perché dalle ultime informazioni di Pain erano davvero molto vicini anche all’ennesima forza portante. Ne iniziavano a rimanere sempre di meno, forse quelle più pericolose da trovare e controllare, questo voleva dire che si stavano avvicinando sempre di più al momento peggiore, ovvero l’inizio della fine. Da quel che aveva davvero capito da Pain il suo scopo era ben lontano dalla pace. Si trattava di un sogno utopistico che di pacifico aveva ben poco, qualcosa di altamente terrificante.
Era questa la costante preoccupazione di Itachi, che fin dal primo momento in cui aveva messo piede nell’Akatsuki, diventando un nunkenin, si era ripromesso di fermare.
Ma prima c’era altro da fare.
Fingeva di non sentire il peso di tutte quelle responsabilità che si portava dietro, ma non ci riusciva. Era sempre peggio, e più i giorni passavano più la mente di Itachi diventava un dedalo di tormenti e preoccupazioni. 
«Poi ne dovrebbero mancare solamente cinque, di cui uno libero, quindi sarà ancora più difficile da catturare. » ed il ragazzo dai capelli corvini aprì la mano contando esattamente il numero dei demoni a cui davano la caccia. 
«Esatto e quando tutto sarà finito credo che passeremo alla nuova fase del piano. »
Kisame, che ormai mangiava un biscotto dopo l’altro, ricambiò lo sguardo del compagno, ed allora ghignò.
«Già. » 
«Ed io non vedo l’ora di sap—… »
Ma la frase dello spadaccino venne immediatamente interrotta dal forte rumore della porta che si apriva. Fuori ormai il cielo era in tempesta ed un forte ululato di vento sembrò provenire dall’esterno, accompagnato dal rumore dei tuoi. Kisame, che era quello che dei due riusciva a controllare la porta dal suo posto, si sporse leggermente di lato per controllare che l’ennesimo arrivato non causasse problemi, mentre Itachi rimase con gli occhi semi chiusi a giocare con la propria tazza, ma allora lo spadaccino sgranò gli occhi, sorpreso come non mai. 
«Ma che diamine ci fa qui? »
Quelle parole, tanto inaspettate, spinsero immediatamente Itachi ad aprire gli occhi e voltarsi rapidamente in direzione della porta, perché a quanto pareva Kisame sembrava conoscere la persona appena entrata. Ma voltandosi la scena che lo aspettava lo lasciò vagamente confuso, come se avesse appena ricevuto un colpo in testa. Sull’uscio della porta, che lentamente si chiusee , era appena entrata la figura bagnata fradicia di Reyko, accompagnata come sempre da Sen. Il lupo non aveva perso tempo nello scrollarsi l’acqua di dosso, mentre la ragazza sembrava intenta a scrutare l’interno della locanda. I capelli con quei riflessi chiari adesso erano umidi e le si attaccavano al collo e sulle guance, ma lei sembrava non farci caso. Le labbra arrossate, proprio come le sue gote erano segno che doveva aver corso sotto la pioggia per parecchio. Perfino il mantello dell’Akatsuki era completamente bagnato, tanto da farla rabbrividire, ma quando i propri occhi incontrarono i suoi la ragazza sembrò illuminarsi. Infatti si diresse verso di loro, muovendosi con ampie falcate. 
E lui si sentì sollevato di vederla.

Non era certa di aver scelto la giusta locanda, per via di quel diluvio universale che l’aveva colta di sorpresa. In un primo momento aveva pensato di rimanere ed attendere che smettesse di piovere, ma poi le tracce sarebbero andate perse. Era una fortuna che Sen, con il suo olfatto, fosse riuscito a seguirli tanto a lungo, fino ad indicargli quella locanda. Quello sembrava un buon luogo per nascondersi, ed infatti, quando finalmente li vide si sentì sollevata di essere riuscita nel proprio intento anche piuttosto segreto. 
Perdere tempo era fuori luogo, quindi non si fermò neanche al bancone per ordinare qualcosa di caldo, nonostante le servisse. E poi, quella maledetta pioggia, che in genere le piaceva, quel giorno l’aveva davvero ridotta male. Insomma i capelli erano un casino immane e doveva anche sembrare stanca e stravolta. Ma lei non voleva sembrare così. Avrebbe preferito di gran lunga essere più presentabile, purtroppo però non poteva farci niente.
Anche perché da quando Reyko cercava di essere più carina? Beh, quello era decisamente troppo perfino per lei. 
Con un rapido gesto, una volta vicina al tavolo, si tolse il mantello che lasciò in parte scoperte le proprie braccia bendate e la cosa la fece rabbrividire. Ma rimanere con quello bagnato addosso doveva essere molto peggio. Infatti si strinse fra le braccia ed abbassò lo sguardo, alternandolo fra i due seduti al tavolo, che ancora la fissavano stupiti. 
«Posso sedermi? » chiese rivolgendogli un sorrisetto.
«Per questa volta sì, eremita. » ghignò Kisame, come sempre, prima di chiamare con la mano il suo lupo, in modo tale che Sen si andasse a sedere accanto a lui.
Poco male, perché lei si ritrovò a doversi sedere accanto ad Itachi, che le aveva già fatto spazio fra i cuscini. 
«Stai tremando. » asserì con decisione assoluta il ragazzo al proprio fianco, cosa che la spinse immediatamente a lanciargli uno sguardo stupito.
«Non sto—… »
«Stai decisamente tremando. » aggiunse nuovamente Kisame additandola. «Devi coprirti. »
E va bene, forse stava davvero tremando dal freddo e dal bagnato, ma era una cosa che sarebbe passata col tempo, anche perché dentro quella locanda si stava davvero bene. 
Dopo l’affermazione dell’ex spadaccino le sembrò vedere uno scambio di battute mentali fra i due compagni, che si guardarono per qualche istante, senza fare niente, e poi Kisame roteò gli occhi  facendo una serie di facce strane e si limitò ad accarezzare Sen. 
In quell’istante, decisa quasi a chiedere spiegazioni per quelle facce, sentì qualcosa coprirla e solo sollevando lo sguardo vide che Itachi le aveva appena poggiato sulle spalle il suo mantello asciutto. Probabilmente le gote si arrossarono più del previsto, ma la cosa era scambiabile con lo sbalzo di temperatura all’esterno, e di questo ne fu immensamente grata.
«Ehm—… grazie, non volevo bagnare anche il tuo mantello. » mormorò rivolta verso Itachi prima di abbassare lo sguardo ed inspirare profondamente. «E non volevo neanche disturbarvi irrompendo così dal nulla, senza avvisarvi. »
«Non preoccuparti, ci stavamo annoiando, che succede? Ti manda Zetsu? » le domandò repentino Kisame, porgendole poi il piatto con i biscotti. 
Fu quasi tentata di prenderne uno, ma doveva sbrigarsi e non poteva rimanere li per sempre, anzi, doveva dire ciò che doveva e poi andare anche abbastanza velocemente.
«In realtà no, non c’entra niente Zetsu, anzi, lui non sa che mi trovo qui. » ammise la ragazza attirando gli sguardi di entrambi addosso.
Era certa che non avrebbero capito, o almeno Kisame difficilmente avrebbe capito, mentre Itachi si sarebbe solamente allarmato per questa situazione. 
«E’ successo qualcosa? » 
Questa volta, a parlare, fu il ragazzo dello sharingan, colui per cui era giunta fin li, e lentamente sollevò lo sguardo nella sua direzione. Si guardarono negli occhi per una frazione di secondo di troppo, senza che nessuno dei due dicesse nulla, quando un leggero colpetto di tosse di Kisame li costrinse a distogliere lo sguardo. 
«Se volete rimanere soli vi posso—… » azzardò lui mostrando il proprio sorriso da squalo.
«Kisame—… »
«Non c’è bisogno—… »
Ovviamente Itachi e Reyko, rispettivamente, partirono in coro per fermare lo spadaccino, che chiaramente stava cercando di prenderli in giro ed allora quello sollevò le braccia, quasi in segno di resa, appoggiando nuovamente entrambi i gomiti sul tavolo. 
«Come volete. »
«In verità è una cosa che puoi sentire anche tu, però devi promettermi che non ne parlerai con nessuno. »
Kisame ed Itachi si scambiarono un rapido sguardo ed entrambi annuirono. Ovviamente Reyko era certa che l’Uchiha non avrebbe detto niente di niente, mentre per Kisame voleva avere la sua parola d’onore. Quando uno spadaccino del suo calibro giurava qualcosa difficilmente sarebbe venuto meno alla parola data, quindi dopo essersi assicurata di tutto questo inspirò profondamente ed a sua volta poggiò gli avambracci sul tavolo. Il tempo non era dei migliori, dando alla sala ed al loro angolino coperto dalle tende un’aria quasi spettrale se non fosse stato per la lanterna appena sal muro che li illuminava. 
«D’accordo, partiamo dal fatto che per Zetsu sono a cercare Hidan e Kakuzu per dargli le altre informazioni sul Biju, mentre adesso mi trovo qui. »
«Bene, questo è chiaro, eremita, ma perché? » la punzecchiò Kisame prima di lasciare che Sen lo annusasse con entusiasmo. 
Reyko si morse il labbro inferiore, non sapendo bene come spiegarlo, ma sapeva invece come iniziare.
«Ho incontrato Naruto Uzumaki, la forza portante della foglia. La volpe a Nove code. »
Ed allora, fra loro tre, calò il silenzio perché era certa di averli sconvolti abbastanza con quella prima affermazione, ma questo era solo l’apice. 
«Come hai fatto ad incontrarlo? Avete combattuto? »
Itachi pose quelle domande con assoluta tranquillità, appoggiando la schiena contro la parete, in modo da poterla guardare meglio. 
«No, non c’è stato alcuno scontro. Mi ha aiutata, pensava fossi una civile perché non indossavo il mantello, solo che abbiamo parlato e—… »
Fu in quel momento che ebbe quasi un nodo alla gola perché era giunto il momento di continuare a parlare.
«E? Se dici così metti più ansia del previsto, Reyko. »
Effettivamente Kisame aveva ragione da vendere, ma non lo stava facendo apposta, era semplicemente bloccata. Si fece forza stringendo i pugni, ed abbassò gli occhi scuri. Sentiva delle goccioline scenderle ancora lungo il collo e le guance, cosa che la fece rabbrividire.
«Mi ha parlato di lui, dei suoi allenamenti. Si allena con l’Eremita dei Rospi. Lui è uno dei tre Sannin leggendari. E poi mi ha anche parlato di tuo fratello, Itachi. »
Ecco. Lo aveva detto. Era riuscita a dirlo ed infatti, anche se con la coda dell’occhio, vide il ragazzo irrigidirsi e porgersi in avanti, come se quelle parole lo avessero scosso fino in fondo all’anima, cosa che effettivamente poteva essere successa.
«Sasuke? Che cosa ti ha detto di lui? »
«Oh il ragazzino di quella volta… »
Commentarono rispettivamente Itachi e Kisame, chiaramente interessati alle parole di Reyko. 
«Mi ha detto che è il suo migliore amico, o almeno lo considera come tale e che è scappato dal Villaggio della Foglia per allenarsi anche lui perché—… vuole vendetta. Vuole vendicarsi di te, Itachi. »
Aveva detto anche ciò che la preoccupava, facendola sembrare sempre più sciocca, ma non le importava doveva metterlo in guardia. Eppure l’espressione di Itachi non sembrò cambiare, anzi, sembrò quasi rilassarsi come se quanto appena detto non lo avesse colpito neanche un poco. 
Anche Kisame rimase in silenzio, ma lanciò uno sguardo al proprio compagno che sembrava dire tante cose, ed infatti entrambi esitarono, come se ci fosse qualcosa di pericoloso che non volessero dirle. 
«Ti ha per caso detto altro? » domandò con tranquillità Itachi, rivolgendole una lunga occhiata. 
«In verità no, cioè mi ha semplicemente detto questo e che si sono scontrati, ma Sasuke forse ha avuto la meglio perché non è stato fermato quindi—… Itachi, tuo fratello vuole vendicarsi di te e tu sei così tranquillo? »
Ancora silenzio, che le diede quasi sui nervi, ma  fu allora che il diretto interessato si decise a parlare.
«Forse è il caso che—… ti dica una cosa, Reyko, una cosa di cui voglio che tu sia a conoscenza. » 
Stranamente quelle parole le fecero piuttosto paura, ma Kisame annuì lentamente, forse perché lui sapeva già tutto, quindi gli fece cenno di continuare.
«Di che cosa si tratta? » sussurrò abbassando lo sguardo, senza voltarsi verso di lui. 
«Grazie per avermi avvertito della minaccia di mio fratello ma—… già lo sapevo. Sono stato io a spingerlo a covare vendetta nei miei confronti, questo perché il nostro scontro, presto o tardi, sarà inevitabile. »
E quelle parole, sussurrate a pochi centimetri dalle sue orecchie, la costrinsero a fermarsi, immobilizzando qualsiasi muscolo del proprio corpo. Fu come se fosse stata pietrificata per via di quell’affermazione tanto semplice quanto brutale. Quindi Itachi era deciso a combattere contro suo fratello, perché era una cosa “inevitabile”, ecco come lui l’aveva definita.
Una preoccupazione sempre maggiore iniziò a farsi strada in lei che si voltò di scatto nella sua direzione, come se avesse appena ritrovato le forze. 
«Tu—… vuoi davvero scontrarti con tuo fratello? Lui vuole vendicarsi, Itachi, è determinato come non mai, ha messo fuori gioco la Volpe a Nove code e tu vuoi combattere contro di lui? Che senso ha tutto questo? »
Probabilmente quella frase risultò più acuta del previsto, tanto da stupire perfino sé stessa, forse perché tutta quella preoccupazione stava finalmente venendo fuori.
«Ha un senso per me. »
«Quindi davvero vuoi rischiare la tua vita per—… per uno scontro con tuo fratello minore? »
Lentamente Itachi annuì, senza però guardarla negli occhi, limitandosi a stringere la tazza, in una presa più serrata. 
«Ci sono scelte che sono solamente nostre, non sta agli altri giudicare, Reyko, mi dispiace che tu lo sia venuta a sapere in questa maniera. »
Ed allora la ragazza scosse la testa, nonostante i capelli bagnati ed umidi, guardando in direzione di Kisame, intento più che altro a giocare con Sen che ad intromettersi nella loro discussione. 
«Tu lo sapevi, Kisame? » mormorò rivolta verso di lui, inspirando profondamente.
«Siamo compagni da parecchio tempo, qualcosa su di lui la so anche io. »
Maledizione. Quindi era una cosa praticamente certa, anche perché per quanto Itachi potesse essere forte, quanto lo era suo fratello?
«E per inciso è con Orochimaru che Sasuke si sta allenando, quindi siamo in casa sua al momento. »
Quell’ultima affermazione, quella che lasciava letteralmente senza parole, la costrinse a boccheggiare prima che l’idea si facesse sempre più chiara nella sua mente. Un allievo di Orochimaru contro il fratello maggiore. Quello scontro che Itachi aveva già programmato era folle, così folle da non sembrare vero. 
«Si allena con—… andiamo, è un suicido, lo capisci oppure no? »
Ma in quel momento il ragazzo si sporse verso di lei guardandola con le sue iridi rosse come il sangue, cosa che le fece quasi paura.
«E’ una questione di famiglia. Per questo non ti ho mai detto niente. »
Probabilmente per Itachi quella doveva essere stata una cosa gentile da dire, il genere di cose che avrebbero reso felice una ragazza, ma non Reyko. Lei si limitò a distogliere gli occhi, sentendosi una stupida ad essere andata fin li per metterlo in guardia riguardo qualcosa che lui stesso già sapeva. Doveva averlo deciso da tempo se era stato il ragazzo ad intimargli di covare quel profondo sentimento, ma la vera domanda che iniziava a farsi strada nell’eremita era una soltanto: perché?
Perché Itachi desiderava tutto quello? Capiva il punto di vista del minore dei due fratelli, accecato dalla vendetta, ma non riusciva a comprendere le motivazioni del maggiore. 
E questo la fece sentire impotente. 
Era dunque così che ci si sentiva quando ci si preoccupava per gli altri? Quelle erano sensazioni per lo più sconosciute a Reyko, che durante la propria vita si è sempre potuta fidare di così poche persone da contarle sulla punta delle dita, per poi spazzare via, con un folle atto, tutto quello che si era costruita. Si sentì quasi ferita per la decisione presa dal ragazzo, perché non era superbo abbastanza da esser convinto di vincere, ma affrontava quella situazione quasi con rassegnazione, come se non ci fosse via d’uscita. 
«Questione di famiglia—… » mormorò lei che l’amore di una famiglia non lo aveva mai conosciuto. Il rispetto fra i lupi era la cosa più vicina che avesse a quel genere di sentimento, quindi probabilmente era per questo motivo che non capiva quella decisione.
O meglio, non voleva capirla. 
Ed allora, senza dire niente, tenendo lo sguardo basso puntato verso il tavolo decise che era giunto il momento di andarsene e riprendere la propria missione, perché il tempo per andare fin li era stato decisamente sprecato e soprattutto perché aveva una missione da portare avanti. 
Inspirò profondamente mentre con un lento movimento fece scivolare giù, lungo le spalle scoperte, il mantello che purtroppo aveva ormai bagnato. 
Si mise in ginocchio e poi si rialzò, sotto gli occhi attenti dei suoi due compagni, prima di riprendersi le proprie cose umide, richiamando con uno schiocco di dita Sen. 
«Bene—… vi prego non dite a Pain che ho incontrato la Volpe senza fare niente, adesso però è il caso che vada, devo trovare Hidan e Kakuzu alla svelta. »
Parlò con tono stanco e quasi apatico, ricevendo in risposta solamente uno sguardo da parte di Itachi.
«Non preoccuparti. Vai pure—… ci rivediamo alla base, eremita. »
Kisame, invece, non mancò di parlare, sollevando una mano in segno di saluto nella sua direzione. Ed allora Reyko non aveva davvero più niente da dire, se non una enorme stanchezza che sembrava essersi accumulata nel giro di qualche secondo. Aveva sperato in una reazione diversa, qualcosa di più combattivo e disposto a non arrendersi, ma Itachi non sembrava aver dato alcun segno del genere.
Tenendo fra le braccia il mantello bagnato si diresse verso la porta, oltre la quale il temporale sembrava continuare ad imperversare. Ma le importava, voleva soltanto concentrarsi sulla sua missione e mettere da parte quelle preoccupazioni inutili che si poneva. Allora tenne lo sguardo basso ed oltrepassò l’uscio, decisa a non voltarsi indietro.

Silenzio.
Non riuscì neanche a guardare Kisame negli occhi dopo quella sorta di discussione appena avuta, dove tutta la sua copertura poteva quasi esser messa in discussione. Aveva chiaramente percepito una preoccupazione non indifferente nel tono di voce della ragazza, e quasi egoisticamente Itachi fu quasi felice di sapere che al mondo esisteva ancora qualcuno che si preoccupasse per lui e per il proprio futuro. 
Inspirò profondamente, cercando di rimetter ordine nei pensieri, perché non poteva dirle tanto apertamente che lui sarebbe dovuto morire, ma qualcosa aveva fatto capire. Lo spadaccino sapeva bene che lo scontro serviva ad Itachi per impossessarsi degli occhi del fratello, ma anche quella era una bugia. Intorno a lui c’erano solamente menzogne e spesso perfino lo stesso Itachi non riusciva a capire quale fosse la realtà e quale la finzione. E mentire a lei era stato difficile.
Quasi con un movimento involontario poggiò la testa indietro, facendola sbattere leggermente contro la parete, ed allora socchiuse gli occhi.
«Si stava preoccupando per te. » commentò Kisame che aveva incrociato le gambe a terra ed aveva anche sistemato Samehada al proprio fianco, come se quella fosse la cosa più giusta da dire.
«Lo so. » rispose con apatia il ragazzo dai capelli scuri, senza voltarsi a guardarlo. 
«Vuoi un consiglio spassionato? »
«No. »
«Te lo darò lo stesso—… spiegale meglio la situazione e non fare l’enigmatico. »
Perché Kisame non lo ascoltava praticamente mai? E soprattutto perché si ostinava a dargli consigli sensati?
Lo guardò di sbieco, aprendo appena gli occhi, e così scrollò le spalle. 
«Non vuole discutere oltre. »
«E’ donna ed è offesa perchè non glielo hai detto subito, se le provi a parlare, più avanti, ti ascolterà. »
Aveva maledettamente ragione, sicuramente doveva averla offesa rispondendole in quel modo, ma quando si trattava di tale argomento la sua mente diventava una vero e propria matassa. Ma parlarne in un momento successivo avrebbe potuto creare un allontanamento fra di loro e lui non voleva questo.
Perdere ed allontanare l’unica persona che ancora si preoccupava per lui era da veri stupidi, quindi si alzò in piedi, facendo forza sulle ginocchia e con un movimento fluido si eresse nella sua normale statura. 
«Torno fra poco. »
Mormorò in direzione di Kisame, che adesso lo fissava con aria particolarmente stupita. 
«Ma se ti ho appena detto di parlarle più avanti, non adesso. Almeno ascoltami quando ti do consigli. »  ma nel dire quella parole si beccò semplicemente un’occhiata scettica. «Oppure fai come vuoi e vediamo che succede. »
Ovviamente Itachi lo aveva ascoltato ed aveva ponderato con attenzione le cose da fare, ed era giunto alla conclusione che quella era la migliore scelta, o quanto meno la più sensata per evitare un eccessivo allontanamento. Si diresse, così, verso la porta senza portare con sé alcuna cosa e si perse a sua volta nella pioggia.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Not a monster ***


Not a monster

Come poteva reprimere la delusione che provava dentro di sé? Era impossibile far fronte a quello che sentiva e questo solo per via di una persona. Non avrebbe mai dovuto attaccarsi tanto, ma lei è sempre stata umana, sola ed incapace di rimanere indifferente dinnanzi agli altri. Ecco dove stava il problema.
Aveva perso il proprio villaggio nel momento stesso in cui si era vendicata. Aveva perso la propria libertà entrando nell’Akatsuki. Aveva perso la propria umanità uccidendo la prima forza portante. E forse aveva perso anche il proprio cuore quando aveva guardato una frazione di secondo di troppo negli occhi di un assassino. 
Chi era diventata dopo tutto quel tempo? Stentava quasi a riconoscersi e se Sen avesse potuto parlare avrebbe sicuramente dato alito a quei dubbi che l’attanagliavano. 
La pioggia non aveva smesso di cadere neanche per un secondo, magari la portata d’acqua era vagamente diminuita e si poteva camminare meglio passando sotto gli alberi, però non accennava a voler smettere. Era come se il cielo stesse perfettamente esprimendo il suo stato d’animo, cosa anche piuttosto bizzarra ed ironica. 
Si muoveva lentamente, camminando, anche per non far stancare Sen vista l’immensa corsa fatta prima per cercare i due. Con un movimento automatico si poggiò sulle spalle il mantello fradicio dell’Akatsuki, che si appiccicò alla pelle scoperta, ed allora sistemò nuovamente la propria fascia da ricercata, coprendo la fronte ed i capelli. La strinse con forza, in modo tale da non perderla, e poi riprese il proprio cammino. 
Probabilmente avrebbe raggiunto in poco il Paese della Cascata e da li un’ulteriore ricerca. Di solito odiava incontrare Hidan, ma quella volta non le importava niente perché si sentiva svuotata. 
L’odore della terra bagnata era piacevole e questo la spinse, per un singolo istante, a chiudere gli occhi ed ad inspirare profondamente.
Ed allora, solamente allora, un’ombra si mosse alle proprie spalle, afferrandola per  un braccio e trascinandola al riparo dalla pioggia sotto uno degli alberi. 
Era pronta a combattere chiunque avesse solo osato avvicinarsi tanto a lei, ma il tocco di quella mano e la presenza già percepita da Sen, la costrinsero quasi a non reagire, ritrovandosi così alla sua merce. 
Si voltò in direzione di chi l’aveva fermata, senza bruschi movimenti, ed allora, solamente allora, riaprì gli occhi trovandosi faccia a faccia con Itachi, che doveva averla seguita fin li, non che si fosse allontanata di molto. 
«Che c’è? » sussurrò con aria stanca la ragazza, ma soprattutto senza voglia di discutere o altro. 
Il viso del ragazzo era bagnato e delle goccioline scendevano lungo le sue guance e giù fino al collo. Ovviamente erano umidi anche i suoi capelli, ma pure in quel modo preservava un’aria di perfezione non indifferente. 
«Aspetta—… » rispose invece il ragazzo abbassando entrambe le braccia, che ricaddero lungo i suoi fianchi. 
«Devo andare, non dovrei neanche essere da queste parti. Se Zetsu mi dovesse scoprire farebbe domande. »
Ovviamente cercare di sviare il discorso per riparlarne in seguito era la cosa migliore da fare, ma le dita del ragazzo, quasi inaspettatamente, s’andarono a stringere con delicatezza intorno al suo polso, quasi come se non volesse permetterle di allontanarsi. 
«Lo so, ma—… non devi prendertela per prima, è una situazione complicata. »
La ragazza tenne gli occhi bassi in direzione delle proprie mani, incapace di sollevare lo sguardo verso di lui.
«Può anche essere una situazione complicata ma tu rendi tutto ancora più complicato. Avevamo detto niente segreti, giusto? Pensavo che—… magari non fosse una cosa solo per quella nostra missione ma valesse più in generale. » 
Perché aveva detto quelle cose? Perché si era lasciata sfuggire l’amara verità  che aveva tenuto per sé per tutto quel tempo? Forse perché quello era il momento giusto per parlare. 
Ed anche dopo quelle parole nessuno di loro due disse niente, rimasero in silenzio, con la pioggia di sottofondo e Sen che li osservava dall’albero successivo. Probabilmente sarebbero potuti rimaner li per ore, alla ricerca di risposte difficili da trovare. 
«Non posso sottrarmi al mio destino, è una scelta che ho fatto tanto tempo fa, Reyko. Lo scontro con mio fratello è necessario per tante cose—… »  Quelle parole, pronunciate quasi come un sussurro, giunsero chiare e distinte alle orecchie dell’eremita, che però non sollevò lo sguardo. «Sono un assassino, un mostro—… perché ti preoccupi così tanto? Dovresti pensare a te stessa, non pensare a qualcuno come me. » 
Solamente allora gli occhi di Reyko scattarono in direzione del ragazzo, che invece stava guardando altrove, ma poi lentamente entrambi si ritrovarono a fissarsi, alla ricerca di risposte che andavano oltre il velo ingannevole degli occhi. 
«E tu perché non inizi a pensare un po’ più a te stesso? E’ come se ti stessi arrendendo a qualcosa di inevitabile, quando tu puoi benissimo evitare uno scontro simile. Quel ragazzo, tuo fratello, è pericoloso specialmente se animato dal pensiero della vendetta, e questo lo so per esperienza personale. Non è una cosa da sottovalutare né tanto meno da accettare così impunemente. » e quel flusso di pensieri prese vita dalle labbra della ragazza, che stranamente non riuscì a non esprimere tutto quello che stava sentendo in quel momento. «E poi non sei un mostro. Non ne hai neanche l’aspetto, sei solo il portatore di un grande dolore che non puoi, o vuoi, condividere con nessuno e questo ti rende quello che sei—… »
Probabilmente, nel dire quelle parole, una lacrima scese lungo la propria guancia, ma era chiaramente nascosta dalle gocce di pioggia che ancora bagnavano il suo viso. Non ebbe neanche la forza di rompere quella presa delicata, però sentì il ragazzo sospirare profondamente e tirare la testa indietro. Era come se anche dentro di lui una serie di cose iniziassero a collidere ed a cozzare, tanto da fargli male perché improvvisamente, quasi come se qualcosa fosse scattata dentro Itachi, si mosse rapidamente e la spinse contro il tronco dell’albero, facendo aderire quasi del tutto i loro corpi. Il tremore, provocato dal vento e dalla pioggia, venne immediatamente interrotto grazie alla vicinanza e dal calore del ragazzo, che pareva quasi averla intrappolata in una morsa dalla quale Reyko non voleva scappare. Un braccio era sollevato sopra le loro teste, poggiato contro il tronco, mentre con l’altra mano le stringeva leggermente la spalla. Entrambi trattennero il fiato perché nessuno di loro riuscì a dire niente, ma a rompere quel silenzio fu nuovamente Itachi che si avvicinò al suo viso. 
«Non mi sto arrendendo, è una cosa che voglio. Io necessito dello scontro con mio fratello, lo necessito fin da quando mi sono allontanato dal mio Villaggio. Necessito di questo scontro per redimermi per ciò che ho fatto—… non voglio che tu ti metta in mezzo perché non meriti di star male per colpa mia. »
Le sue parole, sussurri rivolti unicamente a lei, la costrinsero a chiudere maggiormente gli occhi, stringendo i pugni, tanto da far male. La verità, perché quella era la pura verità, era dolorsa come non mai, perché l’idea che Itachi pagasse per i propri peccati la rendeva debole ed incapace di accettare tutto ciò. 
Strinse i pugni, incapace di muoversi e lentamente, molto lentamente, sollevò lo sguardo nella sua direzione, lasciando che i propri occhi incontrassero quelli scuri del ragazzo.
«Quindi è per questo che vuoi che Sasuke si vendichi, pensi che in questa maniera espierai i tuoi crimini—… io—… » rischiò che le parole le venissero meno, quindi inspirò profondamente e controvoglia poggiò le proprie mani sulle sue spalle, in modo tale da poterlo allontanare da sé. «Non volevo intromettermi in una faccenda tanto personale,  non ne ho alcun diritto, scusami. »
Itachi non sembrò opporre alcuna resistenza, ma la fissò con aria delusa ed allo stesso tempo stanca, come se tutto quel discorso appena fatto lo avesse sfinito psicologicamente, cosa forse abbastanza veritiera. Mosse un paio di passi indietro, senza però allontanarsi troppo e poi scosse il viso, facendo un chiaro segno di no. 
«Intrometterti in questa situazione è la cosa più gentile che qualcuno abbia mai fatto per me. Non devi scusarti. Non devi farlo perché non ne hai bisogno—… » le rispose sussurrando quelle parole prima di lanciarle uno sguardo di sbieco. «Ed hai ragione, non dovevano esserci segreti fra di noi.
»
Probabilmente nessun altro sapeva ciò che Itachi le aveva appena detto e lei non aveva intenzione d’infierire ulteriormente sulla cosa. Era una sua decisione, però il sapere che non vi dovevano essere segreti fra loro due la fece quasi star meglio, infatti ricambiò il suo sguardo, scostandosi delle ciocche di capelli bagnati.
«Visto che siamo in tema di confessioni—… Non sono scappata dalla Prigione del Cielo. Mi hanno lasciata andare di nascosto—… è stato il Raikage a farlo, forse per i sensi di colpa per quello che aveva fatto alla mia famiglia. Non te lo so dire. Stavo morendo li dentro, non avevo più neanche le forze per nutrirmi o alzarmi, ma poi lui venne da me e mi disse “Solo per questa volta, eremita!”. Lasciò le chiavi e se ne andò. »
Per una volta. Per una sola volta si sentì quasi libera da quel terribile segreto che aveva portato sempre con sé. Non aveva mai fatto parola con nessuno perché era una cosa unicamente sua, ma ormai i propri muri di pietra si erano sgretolati sotto al fuoco dello sharingan, e parlare chiaramente era l’unica cosa giusta da fare.
Erano entrambi due bugiardi, chi per un motivo e chi per un altro. Chi lo faceva per proteggersi e chi per liberarsi dei propri sensi di colpa, ma questo non sembrava importare a Reyko, che rivolse ad Itachi un sorrisetto amaro. 
«Sei così gentile. Mi dispiace, non meritavi di andare in quel posto—… » le disse con tono atono il ragazzo prima di guardarla negli occhi ed allungare una mano verso il suo viso. «Se ti ho fatta arrabbiare—… »
Ma in quell’istante, al tocco della sua mano, Reyko non si sottrasse, però non lo lasciò finire di parlare.
«Non sono arrabbiata e non sono gentile, forse lo ero un tempo, adesso sono solamente—… » ma non riuscì a continuare, tanto da ritrovarsi a dover trattenere un singhiozzo. «Una stupida che ha creduto in qualcosa di più grande di lei. » 
Lei non piangeva mai. Non voleva piangere perché era convinta che le lacrime fossero per i deboli, o almeno questo è ciò che insegnano agli shinobi fin dai tempi dell’accademia. Le lacrime versate sono inutili, come inutili sono i sentimenti, perché loro sono solamente delle persone nate per combattere.
Ma allora perché lei si era ritrovata in quella situazione decisamente in balia dei propri sentimenti?
Forse perché era debole ed incapace di controllarsi. 
Si sottrasse allora al delicato tocco del ragazzo che la guardò con espressione decisamente triste e colma di confusione, probabilmente era anche lui nella stessa situazione e per questo motivo non disse niente. 
L’eremita, allora, s’avvicinò a lui, azzerando quella distanza che fino a poco prima era stata lei a mettere, e subito dopo si sollevò sulle punte dei piedi in modo tale da annullare la differenza d’altezza che vi era fra i due. Il ragazzo la guardò confuso e non mosse un muscolo, lasciandola fare, ecosì Reyko poggiò le labbra sulla sua guancia, lasciandogli un dolce bacio umido per via della pioggia che aveva bagnato entrambi. 
Nessuno dei due disse niente in quei pochi istanti in cui si ritrovarono tanto vicini, e così, dopo qualche attimo di troppo, Reyko si allontanò da lui, ritornando alla sua normale altezza mentre gli occhi scuri erano fissi sul terreno. 
«Reyko—… »
Fu lui a sussurrare quel nome, ma l’eremita non era certa di capire che cosa volesse dirle in quell’attimo, perché qualsiasi cosa sarebbe stata inutile, o forse anche di troppo. 
«Ci rivediamo alla base, Itachi, stai attento. »
Ed allora gli rispose a sua volta con un sussurro per poi allontanarsi da lui sentendosi anche peggio di prima. Un velo di malinconia aveva avvolto il viso della ragazza, che si diresse ad ampi passi in direzione del lupo, che se ne stava seduto sotto l’albero a fianco al loro.
Perfino Sen sembrò notare quella tristezza nell’animo della ragazza, infatti quando le passò accanto di solito l’avrebbe seguita immediatamente, ma quella volta rimase fermo a fissare Itachi a non molta distanza da loro. Reyko non ebbe neanche la forza di voltarsi a guardarlo in viso, almeno per il momento, così abbassò le iridi in direzione di Sen.
«Andiamo Sen, ti prego—… »
Il lupo rispose con un leggero gemito, quasi non volesse andarsene, ma forse per il tono supplicante dell’eremita alla fine riprese a seguirla. 
Le ci sarebbe voluto un po’ per metabolizzare tutto quello, specialmente dopo ciò che le aveva detto il ragazzo, deciso a sacrificarsi per espirare ciò che un tempo aveva compiuto. 
Era davvero un bravo ragazzo e lei si era davvero illusa che insieme avrebbero potuto affrontare qualsiasi cosa, ma le sue erano solo illusioni visto e considerato ciò che sarebbe accaduto in futuro. 
Così si allontanò passando sotto gli alberi e sbrigandosi, perché quella sosta non solo era stata inutile e dolorosa ma l’aveva anche messa in pericolo con Zetsu. 

Un paio di giorni dopo
Non si fermò un attimo lungo tutto il percorso fino al Villaggio della Cascata, perché aveva perso troppo tempo. Ma la mente dell’eremita non aveva smesso neanche per un secondo di pensare e ripensare a ciò che era successo con il ragazzo dello sharingan. Aveva detto tanto apertamente che era stata una stupida a sperare in qualcosa di assurdo, poi l’aveva baciato su una guancia e se n’era andata. Soltanto con la mente lucida rifletté su un’altra cosa: come lo avrebbe potuto guardare di nuovo negli occhi? Era stata davvero  stupida ad esporsi così tanto per qualcuno, ma una parte di lei non se ne pentiva neanche un poco. Almeno adesso sapeva che c’era qualcuno che s’interessava a lui e quello magari sarebbe servito per farlo desistere dalla folle idea. 
Focalizzare tutti i propri pensieri intorno ad un’unica persona non era la cosa giusta da fare, anche perché era un’esperienza del tutto nuova per lei. E forse la cosa migliore da fare era provare a reprimere tutto perché non c’era niente di sano in ciò che al momento si ritrovava a desiderare. 
Da quando avevano messo piede nel Paese rintracciare i due fu anche piuttosto semplice perché dovevano aver girato in lungo ed in largo, e poi Sen aveva imparato qualsiasi odore del gruppo, quindi cercarono entrambi di perdere meno tempo possibile. Fermarsi a dormire era abbastanza fuori discussione ed infatti era certa di avere una faccia distrutta molto più del solito. 
Quando Sen accelerò il passo si ritrovò a dover evitare gli ennesimi arbusti che ostruivano la strada ed allora il lupo indicò quella che sembrava essere una radura davanti ad entrambi. 
La prima cosa che la nunekin percepì furono delle voci accompagnate da delle risate. Era abbastanza certa che Kakuzu non conoscesse il termine “ridere”, quindi si allarmò parecchio e lanciò un’occhiata palesemente scettica in direzione di Sen, che ricambiò. Ovviamente non aveva idea di  quello che l’aspettava, così senza far rumore estrasse uno dei Kunai che aveva con sé, pronta ad attaccare se solo ve ne fosse stato bisogno, ma oltrepassando gli ultimi arbusti vide Hidan intento a colpirsi con un ramo insieme a Deidara. 
Ecco spiegata la fonte delle risate e fu proprio questo a lasciare senza parole la ragazza. Lentamente  ripose la propria arma, avanzando e catturando, allora, l’attenzione dei propri compagni. Qualche metro più avanti Sasori e Kakuzu sembravano intenti in una discussione seria e sommessa, ma quando la videro si fermarono subito, cosa che invece non accadde per gli altri due. Infatti il biondo non esitò nel cercare di colpire il religioso, che invece parò il colpo con il proprio ramo. 
«Ah, maledetto dinamitardo, non sei riuscito a colpirmi quindi diventerai un discepolo di Jashin.
»
«Col cavolo che mi uniscono a Jashin, platinato. Tu non costringerai mai il famoso Deidara ad unirsi alla tua setta. »
Allora, dopo aver proclamato quelle parole con eccessiva veemenza, il ragazzo partì nuovamente all’attacco, iniziando così un nuovo scontro.
Reyko rimase immobile, per qualche istante, fissando i due che sembravano far finta di niente, perfino Sen sembrava perplesso dinnanzi a tale scena, ma entrambi si diressero in direzione degli unici due seri di quello strano gruppo.
«Mi dispiace per voi due. »
Ammise la ragazza lasciando che le labbra s’andassero ad incurvare in un ghigno palesemente divertito per quello che stava succedendo.
«Adesso capisci perché voglio ucciderlo? » le rispose Kakuzu incrociando le braccia al petto mentre studiava la figura dell’eremita. 
«Certo—… se vi consola saperlo la causa di morte più comune è per via di incidenti! » mormorò lei indicando con un cenno del capo gli altri due. 
«Ovvio. Ed è proprio così che farò passare la morte di Deidara. » sibilò il marionettista sbattendo il palmo della mano contro la fronte.
Stranamente il maestro non indossava la propria marionetta protettiva, quindi ciò voleva dire che attualmente non erano in missione. 
«Quel bastardo di Hidan non può morire, purtroppo. »
Il ringhio sommesso del tesoriere dell’Akatsuki la fece sorridere divertita ed allora Reyko decise di passare a cose più importanti, ovvero il motivo per cui era giunta fin li.
«Dunque, è meglio chiamare anche gli altri così lo sapranno anche loro—… » si voltò verso coloro che continuavano a combattere e sollevò un braccio per richiamare la loro attenzione.
«Deidara, Hidan, venite subito qui, basta giocare. »
Nel sentire la sua voce entrambi voltarono il viso verso di loro ed Hidan le rivolse immediatamente un sorrisetto malizioso, tanto da non vedere il colpo del biondo, diretto alla propria spalla. Venne colpito ma fece finta di niente, tanto da correre in direzione della ragazza.
«Adoro quando dai ordini così, lo sai? » le sussurrò con tono di voce provocatorio, cosa che fece storcere il naso alla ragazza.
Reyko poteva anche essersi abituata a quei modi di fare del ragazzo di Jashin, cercava di ignorarlo il più delle volte, anche se in verità stava semplicemente sopprimendo l’istinto omicida nei suoi confronti. 
«Allora stai un po’ zitto, Hidan! » ribatté ella a denti stretti, quando finalmente vennero raggiunti anche da Deidara, che si era portato con sé il proprio ramo da combattimento.
«Reyko, che sorpresa—… che ci fai qui? Pensavamo che fossi da qualche parte con Zetsu. » 
Stranamente Deidara si era dimostrato più allegro del previsto, perché quando voleva, almeno lui, sapeva essere simpatico e forse anche gentile, ma erano casi più che rari perché subito dopo partiva con l’elogiare la propria arte.
«Informazioni appena ricavate sul nuovo Biju. » ammise lasciando che fra di loro calasse il silenzio assoluto. «Tornerà a breve dagli esami dei Chunin. Quindi la troverete lungo la via principale per il Villaggio della cascata. »
Kakuzu, che un tempo faceva parte di quel villaggio, annuì lentamente tenendo le braccia strette intrecciate al petto. 
«D’accordo, come lo riconosciamo? » domandò infine ricevendo l’attenzione di tutti. 
«E’ una ragazza con i capelli celesti. E sa volare. »
Ecco quello che aveva scoperto di veramente importante. Adesso che sapevano perfettamente chi fosse la forza portante era soltanto questione di tempo prima di limitarsi a prenderla. 
Hidan sogghignò e si sistemò sulle spalle la propria micidiale arma. 
«Perfetto, una fanciulla, allora andiamo subito a prenderla, Kakuzu. Non perdiamo tempo ho voglia di sacrificare gente a Jashin!!! »
E chiaramente, se il ragazzo era partito con calma, aveva concluso la frase urlando il nome del proprio Dio. 
«Sta’ un po’ zitto, idiota, non c’è bisogno di urlare. » lo rimproverò immediatamente Kakuzu sotto lo sguardo attento di Sasori, che annuì mesto. «Adesso che sappiamo tutto possiamo andare. »
Entrambi, finalmente, si lanciano uno sguardo d’assenso per poi annuire. 
Loro, forse fra tutti quanti, erano decisamente quelli più spietati. Reyko, nonostante non prendesse molto sul serio Hidan, aveva assistito una volta a quel rituale fatto in passato ed era rimasta così sorpresa da non sapere bene come reagire. Quei segni bianchi e neri, il cerchio di sangue. Erano tutte cose inquietanti. Ma anche Kakuzu apparteneva al genere “spaventoso” con i suoi cuori. 
Insomma era abbastanza certa, come tutti del resto, che quella ragazza non aveva ormai via di scampo con loro due alle costole. E questo le provocò un enorme dispiacere. Si trattava in fin dei conti di una ragazzina, visto e considerato che stava ancora sostenendo quegli esami dei Chunin, magari era addirittura simpatica come Naruto.
Così cercò di distrarsi e non pensare a quello che avrebbero fatto. 
Inspirò profondamente rivolgendo ai due che si allontanavano un cenno del capo, mentre rimase sola in compagnia della coppia di artisti. Deidara, che teneva le braccia sollevate in aria quasi a volersi sgranchire, sbadigliò.
«Dunque noi che facciamo, vecchio mio? »
La domanda rivolta a Sasori costrinse il marionettista a rivolgergli uno sguardo annoiato. 
«Torniamo alla base, stupido, te lo avevo anche detto prima. » solamente dopo aver apostrofato in quel modo il dinamitardo si voltò in direzione della ragazza, che lo superava in altezza di qualche centimetro. «Vieni con noi, eremita? »
Reyko rimase qualche attimo in silenzio ed allora annuì provando anche ad accennare un sorriso.
«D’accordo, andiamo insieme—… »
Nel sentire le sue parole Deidara le diede una gomitata e sogghignò.
«Così potrai finalmente decidere quale fra le nostre arti è la migliore. » le intimò abbassando il tono di voce, quasi per non essere sentito dal proprio compagno, che in risposta lo guardò apatico. 
«Oppure puoi aiutarmi a sbarazzarmi del cadavere di Deidrata quando si presenterà l’occasione. »
Le parve quasi di scorgere un sorrisetto accennato sul viso perfetto del maestro delle marionette, ma dovette essere solo uno scherzo della mente stanca della ragazza.
«Lo sapete bene che io di arte non ne capisco niente ma che—… mi piacciono entrambe le cose che fate voi due. »
«Non puoi darla vinta ad entrambi, Reyko. » continuò Deidrata che si allontanò di qualche passo dai due per andare a raccogliere dei sacchetti, forse contenenti argilla, che aveva poggiato a terra. 
In quell’istante Sasori le fece chiaro segno di iniziare a camminare, perché tanto il biondo li avrebbe raggiunti a momenti, senza perdere ulteriore tempo in sciocchezze. 
Sen, come sempre, apriva la strada cercando di farli passare lontani dalla gente e per questo motivo nessuno dei due esitò a seguire il sentiero scelto dal lupo. 
«Non sopporto aspettare e fare aspettare, cosa che invece Deidara fa costantemente. » ammise il rosso camminando con tranquillità al fianco della ragazza, mentre guardava avanti a sé.
«Voi due siete sempre ai poli opposti e forse è per questo motivo che vi completate. »
Reyko provò a sdrammatizzare il tutto, beccandosi solamente l’ennesimo sguardo annoiato del marionettista. 
«Noi due non ci completiamo, siamo troppo diversi. »
«Ma sai, le calamite funzionano proprio in questo modo. I poli opposti si attraggono e—… »
«Non venirmi a fare una lezione sul magnetismo, Reyko, so tutto a riguardo e continuo a ripeterti che io e quell’esaltato non abbiamo niente in comune. »
Nel tono di Sasori non vi era davvero rimprovero, ma semplicemente una tranquilla ammissione che non poteva essere attaccata dalla logica. 
«Amate entrambi l’arte. Magari sotto aspetti diversi. Però insieme lavorate bene—… » riprovò lei rivolgendogli uno sguardo di sbieco. 
Silenzio da parte del maestro che poi si voltò nella sua direzione, lasciando che le iridi smeraldine la studiassero in viso. Lui era difficile da capire perché difficilmente si lasciava andare alle emozioni, per questo motivo Reyko faticava a capirlo, anche se lo riteneva uno dei più furbi in assoluto la dentro.
«Forse. »
«Forse—… finalmente un’ammissione positiva. » sogghignò lei con soddisfazione immensa.
«E se ne farai parola con qualcuno ti farò diventare una marionetta. Te l’ho sempre detto che saresti perfetta nella mia collezione. »
Non si sorprese neanche un poco della minaccia ricevuta dal ragazzo che camminava al proprio fianco, ed anzi, questo la fece sorridere di più.
«Sarei una bellissima marionetta, ne sono più che sicura. E mi porteresti sempre con te. » ci scherzò su la ragazza, che effettivamente aveva superato il timore di diventare una possibile bambola del marionettista più  bravo di sempre.
Infatti quest’ultimo sorrise divertito da quell’affermazione. 
«Sono più furbo di quello che credi. Non porto mai con me tutti i miei tesori, alcuni preferisco decisamente—… tenerli al sicuro. »
Ed allora Reyko lo fissò confusa, storcendo il naso in una smorfia, per via delle parole del ragazzo. 
«Beh, è una mossa strana—… » ammise lei, anche se in verità sapeva che quella era pura strategia per il ragazzo. 
«Forse per te lo sarà, ma per me, eremita, ha un senso. Credimi. »
E quell’ultima affermazione di Sasori sembrò mettere fine al discorso, che però lasciò una serie di dubbi nella mente della ragazza, perché per quanto si sforzasse non aveva idea a che cosa potesse riferirsi il marionettista. Infatti annuì nella sua direzione, ricambiando quel sorriso vuoto del ragazzo, e poi continuò a camminare accanto a lui. 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Problems ***


Problems 

Era passato un po’ di tempo da quando aveva discusso con Reyko e da quando riusciva a dormire sempre di meno la notte. Spesso e volentieri si ritrovava a fissare il cielo o il tetto o qualsiasi cosa fosse sopra il proprio viso, ma non riusciva a chiudere gli occhi per via della moltitudine di pensieri che aleggiava nella sua mente. Pensieri belli, pensieri brutti. Bugie. Verità. C’era di tutto nella mente di Itachi Uchiha e perfino per uno controllato come lui era difficile raggiungere un equilibrio.
Aveva pianificato tutto nella propria vita, perfino la sua stessa morte per mano dell’unico che avrebbe potuto portare nuovamente allo splendore il Clan Uchiha, ma ultimamente c’era qualcosa che stava letteralmente mandando Itachi fuori di testa. Lui era sempre stato certo che la propria morte fosse giusta e che in tale maniera il sangue di cui si erano macchiate le proprie mani sarebbe sparito. Mettere dinnanzi a sé il bene del villaggio era ciò che riteneva più giusto, ma le parole dell’eremita continuavano a rimbombare nelle sue orecchi: perché non sapeva essere egoista? Non si trattava per forza di immensi atti di egoismo, ma semplicemente di piccole cose che si negava sempre e comunque, sia perché ormai si era abituato a quell’aria tanto apatica, sia perché era come se sentisse di non meritale. Si sentiva sempre colpevole per qualsiasi cosa ed era esattamente questo che Reyko aveva scorto in lui. Era stata in grado di comprendere la sofferenza che Itachi si portava dietro, ma forse lei aveva visto soltanto la patina esterna, perché era il suo cuore ad essere davvero devastato. 
Era stato certo di voler morire almeno fino a quando lei non aveva pronunciato poche e semplici parole: “che ha creduto in qualcosa di più grande di lei”. Non gli aveva dato alcuna spiegazione, né in quel momento né tanto meno nei tempi successivi. Per quella frase Itachi aveva scelto più significati, ma quello in cui forse sperava era solamente uno, perché quel “qualcosa” era esattamente ciò che magari avrebbe voluto anche lui. 
E se l’avesse convinta a scappare ed insieme si fossero allontanati dal mondo? Ecco, quello sarebbe stato un grandissimo atto di egoismo. Perché scegliere lei equivaleva a voltare le spalle al proprio Villaggio, ma non dopo tutto ciò che aveva fatto. Proprio per questo motivo ogni qual volta si ritrovava ad essere vicino a lei non sapeva cosa fare, se assecondare la propria logica o la propria anima.
Il giorno dopo ci sarebbe stata la partenza di Sasori e Deidrata verso il Paese del Vento per andare a catturare il Kazekage. Si trattava di una missione decisamente più pericolosa delle altre, ma Sasori conosceva bene quel posto e non avrebbero avuto problemi nel prendere perfino lui, che si diceva usasse la sabbia come unica arma. Si erano scambiati come sempre le giuste informazioni per poi sciogliersi liberi per la dimora. Il ragazzo era rimasto a seguire la figura silente di Reyko che si era diretta verso la cucina a prepararsi del tè mentre il suo lupo, disteso fuori sul porticato, non aveva seguito la propria padrona e per questo motivo Itachi sospirò. Era rimasto all’esterno, in compagnia di Kisame, intento a sistemare l’elsa di Samehada, ed allora, quasi come se gli avesse letto nella mente il suo compagno parlò. 
«Credo che quei due stiano per fare a botte—… »
Lentamente, molto lentamente, Itachi sollevò lo sguardo verso la fonte attuale di rumore. Esattamente a pochi metri da loro Hidan continuava ad urlare in direzione di Kakuzu, che in risposta sembrava infastidirsi sempre di più.
«Che ha fatto questa volta Hidan? » domandò lui con tono apatico rimanendo appoggiato con il busto alla balaustra in legno, mentre studiava le reazioni dei due. 
«In verità non ne ho idea, ma dalle urla di Kakuzu sembra che abbia sprecato un bel po’ di soldi. »
«Mhm. »
La risposta di Kisame fu abbastanza esaustiva mentre il ragazzo, come sempre, si limitò ad annuire tornando a guardare verso l’interno della dimora. 
«Ah, ma tanto non servivano a niente, Kakuzu. Ho semplicemente fatto un buon uso dei soldi. » 
Aveva sentito ulare Hidan da lontano, cosa che l’aveva lasciato assolutamente indifferente, ma in quell’istante una forte esplosione catturò l’attenzione di tutti quanti. 
Era sempre così: quando si ritrovavano insieme alla base non c’era mai un attimo di tranquillità, anzi, era sempre tutto troppo incasinato. Fra le altre cose, quel giorno, era giunto perfino Tobi o Madara, quindi questo voleva dire doppia attenzione.
Kisame, che continuava a sistemare la spada, una volta soddisfatto del lavoro la poggiò sul porticato ed si avvicinò ad Itachi intrecciando le braccia all’altezza del petto muscoloso. 
«Hai la faccia decisamente pensierosa. »  lo apostrofò il suo amico, che lo stava guardando di sbieco. 
«Davvero? »
«Assolutamente sì. »
«Capita—… » sussurrò Itachi, quasi deciso a metter fine alla discussione, beccandosi solamente un’occhiata sempre più scettica. «Ed adesso che c’è? »
Lo spadaccino mostrò un ghigno ed allora si avvicinò leggermente verso di lui, piegando il busto in avanti. 
«Perché non vai dentro? »
Sapeva benissimo a che cosa si riferiva il suo amico, ma non aveva intenzione di rispondergli, quindi rimase in silenzio con la solita espressione apatica.
«Se fai così è peggio, questo lo sai, vero? » 
Perché si ostinava ad ascoltare i consigli di Kisame? Beh, forse perché lui era l’unico che sapeva che cosa gli stesse passando adesso per la testa. Lo spadaccino sapeva tutto e per fortuna non aveva accennato mai a dire niente e di questo Itachi gliene era infinitamente grato. 
«Non sto facendo niente. »
«Appunto—… penso che l’errore sia esattamente questo. »
Solamente allora il ragazzo degli Uchiha gli rivolse uno sguardo quasi infastidito, che però non demoralizzò Kisame. 
«Che intendi dire? »
«Ecco, finalmente riesco a catturare la tua attenzione. Beh—… perché non provi ad entrare e—… »
«Non vuole parlarmi. »
Lo disse apertamente e senza troppi giri di parole visto e considerato quanto era stanco. Era sera inoltrata e fare quei discorsi non aveva senso, anche perché era un problema suo e non di Kisame, nonostante la sua apprensione. 
«E che ne sai? »
«Lo sospetto e basta. »
Il suo compagno lo guardò ed assunse un’espressione decisamente infastidita, tanto da sbuffare. 
«Secondo me non è così, credimi. Tu prova anche solo a passare e vedi quello che succede—… »
Ma in fin dei conti Kisame aveva ragione, era anche lui ad aver deciso di darle dello spazio, perché se un tempo anche quando stavano alla base passavano quasi tutto il tempo nella stessa stanza adesso entrambi andavano in posti diversi. Passare un attimo non era una così cattiva idea, quindi inspirò profondamente. 
«D’accordo vado a farmi una doccia ma prima giuro che—… andrò a parlarle. »
Ovviamente cercò di convincersi lui stesso, ma in fondo non c’era niente di male, anzi, quel pomeriggio l’aveva sentita dire che sentiva freddo, quindi era semplicemente un modo per assicurarsi che lei stesse effettivamente bene. Nulla di più.
Kisame, in risposta, sollevò un pollice in segno d’intessa perché lui approvava quelle cose, anzi, era davvero interessato al punto da ingegnarsi lui stesso nel trovare un modo per farli stare da soli, cosa che Itachi aveva specificatamente chiesto di non fare. Non voleva apparire ridicolo e poi era davvero una fortuna che nessuno fra tutti quanti gli altri avesse capito qualcosa. Voleva che quella questione privata rimanesse fra loro due, e Kisame, quindi davanti agli altri si comportava sempre allo stesso identico modo. Nulla era cambiato esternamente, mentre al proprio interno sentiva un tumulto farsi sempre più predominante. 

La tazza fumante le stava riscaldando le dita. Non sapeva dire come mai ma ultimamente sentiva freddo più spesso del previsto. Era forse una cosa stupida, ma una buona tazza di te l’avrebbe di certo riscaldata a dovere. Aveva addirittura pensato di andarsi a rinchiudere sotto la doccia di camera sua, in modo tale da non uscire per ore ed ore, ma la compagnia di Sasori, seduto al tavolo non molto lontano da lei, non era male. 
Il maestro stava abilmente sistemando la gamba di una delle sue marionette ed entrambi avevano parlato del più e del meno, facendosi compagnia a vicenda. Certo era che le sarebbe piaciuto se magari Itachi fosse andata a trovarla, ma dopo la discussione avuta nel Paese del Suono avevano iniziato a parlare di meno e questo le dispiaceva parecchio. I gomiti erano poggiati sulla superficie del tavolo, mentre un vago sospiro uscì dalle sue labbra, catturando l’attenzione del maestro delle marionette. 
«Che succede? Questa sarà circa la decima volta che sospiri—… »
Sasori non la guardò, perché troppo intento a manovrare con i propri attrezzi ed il metallo, ma era chiaro il suo interesse verso di lei. Quando il ragazzo parlava lo faceva a ragion veduta e non si preoccupava minimamente di sembrare invadente o altro. Lui era fatto così e stranamente Reyko lo apprezzava. Sapeva essere discreto, quando voleva, come sapeva essere pungente, il che lo rendeva un buon ascoltatore e soprattutto un saggio dispensatore di consigli. 
«Sono solamente stanca. » ribatté lei, giocherellando con una ciocca dei propri capelli. 
«Se fossi stanca sbadiglieresti. Mentre tu hai appena sospirato profondamente, come se ci fosse qualcosa a turbarti. »
Era una vera fortuna che tutti gli altri preferissero stare nelle ulteriori zone della dimora, così da lasciare la cucina in santa pace. Per questo motivo lei e Sasori si erano seduti li, lontani dagli altri. Volevano la solitudine. Aveva addirittura lasciato Sen all’esterno, visto e considerato che molto probabilmente sarebbe dovuto andare a cacciare quella notte.
«Non si può essere stanchi e sospirare? Sai, non tutti siamo uguali. » 
Con una lieve punta di ironia giunse la risposta sincera di Reyko, che sollevò le iridi scure in direzione del maestro. Fu come se lui stesso percepì quel movimento tanto da sollevare a sua volta lo sguardo verso di lei. Quelle iridi smeraldine, così, incontrarono quelle scure della ragazza decisa a non dargliela vinta. 
«Lo so bene che non siete tutti uguali, eremita, semplicemente ti ho analizzato. So che quando sei stanca sbadigli e ti strofini gli occhi, mentre quando sei pensierosa sospiri. Questa volta hai sospirato più volte quindi sembra esserci qualcosa che ti turba. » 
La spiegazione semplice e lineare di Sasori era maledettamente vera ed avrebbe tanto voluto rispondere con una smorfia, da kunoichi matura, per poi riprendere a sorseggiare il proprio te. Dovette davvero combattere contro quella vocina che gli diceva di essere infantile, quindi si limitò a scrollare le spalle. 
«In verità va tutto bene, non c’è niente che mi turba—… sono solamente—… »
«Stanca. »
Concluse Sasori continuando a studiarla in viso con estrema attenzione, quasi tanto da farle paura. Fu quasi una botta di fortuna quel colpetto di tosse, proveniente dall’uscio della cucina, che spinse entrambi a distogliere lo sguardo l’un dall’altra. Ed allora, come se non bastasse, la fonte dei suoi sospiri era esattamente li davanti a loro. Il mantello aperto poggiato sulle spalle, le braccia incrociate al petto e gli occhi scarlatti che guardavano nella loro direzione. Probabilmente era come se qualcuno avesse esaudito il suo desiderio di qualche tempo prima, ed allora schiuse le labbra quasi per la sorpresa. Insomma non c’era davvero molto di cui sorprendersi, ma ogni qual volta Reyko si ritrovava a guardare Itachi era come se si sentisse strana. Particolarmente strana.
«Itachi—… » sussurrò il suo nome quasi involontariamente e quello la guardò in viso. 
«Volevo—… solo sapere se stavi bene. »
Tagliò corto lui con assoluta seplicità e probabilmente quelle parole la costrinsero ad abbassare il proprio sguardo in direzione della tazza. 
«Ed anche tu, Maestro Sasori. » aggiunse rapidamente il ragazzo dai capelli corvini sentendosi addosso l’occhiata confusa del rosso. 
«Io sto bene, quella strana è l’eremita. » rispose Sasori con assoluta tranquillità indicando con un cacciavite Reyko. 
«Ehi! Non sono strana sono solamente—… »
«Stanca! Lo so lo hai ripetuto tante volte. »
«Ecco—… sono solamente stanca. »
Il ragazzo li fissò entrambi, come se stesse provando a capire qualcosa in più che però gli sfuggiva, allora annuì lentamente, smettendo di guardarli. 
«Volevo accertarmi di questo, non vi disturberò oltre. »
Sembrava strano, quasi come se dire quelle parole fosse addirittura difficile per lui, ma ormai aveva imparato a riconoscere il tono sincero del ragazzo e quello lo era ben poco. 
Cercò di dire altro, la kunoichi, ma Itachi si voltò, facendo saettare i propri capelli ed il suo stesso mantello scuro, dando loro le spalle. 
«Allora buonanotte ad entrambi. »
Quella era chiaramente una battuta che non ammetteva repliche, infatti il ragazzo si allontanò dalla stanza lasciando nuovamente soli Sasori e Reyko. 
Per il ragazzo dai capelli rossi fu come se tutto quello non lo avesse colpito più di tanto ma lei invece era ancora leggermente confusa, tanto da palesarlo addirittura in viso. Perché si stavano comportando in quella maniera quando lei avrebbe semplicemente desiderato tornare ad essere quelli che erano prima della discussione? 
Ancora una volta l’eremita si lasciò sfuggire un sospiro e questa volta iniziò a tamburellare con le dita sul tavolo. Perché si era affezionata così tanto a lui? Ecco, forse era questa la domanda fondamentale alla quale difficilmente avrebbe trovato risposta.
Le emozioni sono da sempre un miscuglio decisamente pericoloso, qualcosa che se ti inghiotte difficilmente ti lascia andare. E lei era caduta  preda a ciò che aveva provato ad accantonare.
Sasori produceva dei rumori con quella sua maledetta marionetta che andava sistemando, ma in quell’istante i rumori cessarono, segno che il maronettista doveva aver smesso di lavorare. Ci fece caso qualche attimo più tardi, perché quando Reyko sollevò lo sguardo dalla propria tazza, si ritrovò così sotto osservazione di quest’ultimo. 
«Avevo qualche dubbio ma ora è tutto chiaro. »
A quelle parole il suo cuore prese a battere più velocemente del previsto, e così inarcò un sopracciglio in un’espressione decisamente stupita e confusa. 
«Che—… intendi dire? »
«Sai, sono un umano che non è diventato totalmente una marionetta ma certi sguardi riesco ancora a comprenderli. »
Era fregata. Decisamente fregata. E dire che era stata sempre così discreta in qualsiasi cosa facesse. 
«Continuo a non seguirti. »
«Era più semplice di quanto immaginassi perché la soluzione era sotto i miei occhi. Come ho fatto ad essere così cieco fino ad adesso? » continuò quello picchiettando un dito contro la propria guancia mentre fissava la ragazza con pacatezza. 
«Sasori—… » sibilò lei pronta a rispondergli con severità se solo avesse osato dire altro. 
«Non preoccuparti, non c’è niente di male, solo—… adesso tutto ha un senso. Non ti avevo mai vista illuminarti tanto solo per qualcuno e lui non ti toglie mai gli occhi di dosso. All’inizio pensavo che fosse semplicemente per precauzione, ma sono passati anni e mi sono disinteressato della cosa.» spiegò con assoluta tranquillità mentre a sua volta il ragazzo della sabbia poggiava entrambi i gomiti sul tavolo, imitando la posa di Reyko che sentì di voler sprofondare. 
«Non so di cosa stai parlando, davvero. »
Negare era la cosa migliore da fare in un momento simile, anche davanti alla verità compiuta.
«Io lo so benissimo. Beh allora sappi che se è successo qualcosa forse è il caso che ne parliate perché siete strani. E fate paura. »
Allora Reyko esitò, non sapendo bene cosa fare e soprattutto cosa dire, quindi strinse le mani a pugno, abbassandole lentamente. 
«Non è successo niente fra di noi. » 
«Può darsi, ma che cosa ti costa, che ne so, andare a parlargli adesso? » 
Così l’eremita boccheggiò, incapace di credere alle parole di Sasori che stranamente sembrava quasi perfttamente a suo agio in tutta quella faccenda, anche se aveva appena capito tutto. 
«Farsi problemi in questi casi è l’errore più grande. »
Eppure Sasori disse delle cose che avevano un fondo di verità. Quella sorta di freddezza che vi era fra di loro da mesi a quella parte non aveva fatto altro che farla stare peggio, al punto che rischiavano definiticamente di perdersi. Ma questa era l’ultima cosa che Reyko voleva, perché anche se Itachi aveva preso la sua decisione non voleva che i rapporti fra di loro si smorzassero. Ed era per tale motivo che adesso se ne stava in cucina a discutere con una mezza marionetta, ma soprattutto a farsi dare consigli da essa. 
«Forse hai ragione. » sussurrò rivolta più a sé stessa che a Sasori. 
«Togli quel “forse”. » ribatté il compagno sbattendo il cacciavite contro il tavolo. «E’ andato al piano di sopra. »
In quell’istante Reyko rimase in silenzio pensando a che cos’avrebbe dovuto fare. Se assecondare ciò che aveva detto Sasori oppure fare di testa sua.
Ma ultimamente le cose non erano andate granché, quindi magari avrebbe potuto provare a sistemare le cose, oppure sarebbero solamente peggiorate. Passarono i secondi e forse anche i minuti prima che la sedia della ragazza si smosse e quella, lanciando un ultimo sguardo in direzione della marionetta intenta a sogghignare, si diresse verso l’uscita della cucina.
«Grazie, Sasori. Buona fortuna per domani. » ammise la ragazza prima di lasciarlo da solo. 

Lungo il tragitto breve che durava dal salone alle scale e poi su lungo il corridoio la ragazza cercò di mettere ordine fra i propri pensieri, nella speranza di non ritrovarsi senza parole una volta bussato alla camera di Itachi. Insomma doveva semplicemente dirgli che—… che gli mancava. Non sapeva neanche lei dire che cosa di preciso le mancasse, però le mancava qualcosa e forse questa era la cosa giusta da dirgli. Avevano una connessione, questo era chiaro, ma era come se in quei giorni tale connessione andasse scemando sempre di più e lei non voleva assolutamente tutto ciò. 
Lungo il corridoio si ritrovò a rallentare parecchio, andando, verso la porta che conosceva, a piccoli passi ed una volta dinnanzi ad essa inspirò profondamente. Non poteva farsi sopraffare dalle emozioni.
Oppure se tutto fosse andato storto gli avrebbe semplicemente detto che era passata a chiedergli come stesse, in fondo lui aveva fatto lo stesso poco prima in cucina. Non ci doveva essere niente di male, quindi, con estrema delicatezza, lasciò che le proprie nocche colpissero la porta.
Passarono svariati secondi e gli occhi della ragazza erano puntati contro il suolo, in attesa di una risposta, magari anche per timore che non le avrebbe voluto aprire, ma poi la maniglia scattò ed allora la porta di aprì, rivelando la figura del ragazzo senza la maglietta, con il fisico asciutto in bella mostra.
Reyko, che aveva sollevato lo sguardo in quello stesso istante, si ritrovò a boccheggiare per l’ennesima volta nel giro di pochissimo tempo. Perché allora tutte le parole che aveva in mente andarono decisamente nel dimenticatoio. Il ragazzo, infatti, era fermo sulla soglia della porta a piedi scalzi, con i pantaloni della divisa ed il petto nudo, come avrebbe fatto Hidan. Solo che quello era Itachi e lei aveva decisamente bisogno di respirare altrimenti sarebbe morta per mancanza d’aria. Probabilmente perfino le sue gote divennero rosse più del normale ed applicò tutta la propria forza di volontà per distogliere lo sguardo e non scappare via sentendosi in netto imbarazzo. 
«Reyko? »
Sentire chiamare il proprio nome con quel tono gentile la fece quasi sollevare nuovamente il viso nella sua direzione, ma l’imbarazzo era davvero troppo perfino per lei. 
«Potresti—… potresti metterti qualcosa addosso? »
Era andata contro tutta la propria volontà nel dire quella frase, perché insomma era decisamente un bello spettacolo e lui sembrava non essersene accorto. Infatti lo vide abbassare lo sguardo ed allora si mosse anche lui piuttosto rapidamente andando alla ricerca di qualcosa che lo coprisse. 
Maledizione. 
Soltanto quando il ragazzo tornò sulla soglia della porta Reyko provò a guardarlo negli occhi sentendo ancora le guance in fiamme. 
«Scusa, pensavo fossi Kisame—… » mormorò lui con tranquillità prima di andare a piegare leggermente il viso quasi volesse studiarla meglio. «Che succede? »
Ed ecco la vera domanda, quella a cui si era preparata a rispondere più e più volte, quella che l’aveva fatta riflette e che adesso la stava spingendo ad esitare. 
«Niente. Volevo solamente vederti. E parlarti—… » 
Si ritrovò a sussurrare in assoluta tranquillità, ammettendo tutto quello che c’era da dire. Purtroppo era quello il semplice punto cardine della questione, ciò che l’aveva spinta ad andare da lui. Un motivo semplice ma che era la base di ogni cosa. 
Itachi rimase in silenzio, come se stesse analizzando con attenzione quelle parole appena dette e poi le sue labbra s’andarono, appena, ad allargare in un sorriso accennato. 
«Anche io volevo farlo. »
«Perché, allora, non lo hai fatto prima? » domandò lei abbassando il tono della voce senza però smettere di guardarlo negli occhi. 
«Perché eri con Sasori. »
Giusto, anche questo era vero, ma non gli avrebbe detto che era stata proprio un’idea di Sasori quella di andare a parlargli in quel preciso momento. Non distolse lo sguardo ed allora, come se niente fosse, si limitò a scrollare le spalle, smuovendo appena i capelli. 
«Ora però sono da sola. »
«Giusto—… » sussurrò lui in risposta all’affermazione della ragazza prima di appoggiarsi contro lo stipite della porta in una posa rilassata e tranquilla prima di allungare leggermente una mano a sfiorarle una guancia vagamente arrossata. «Ti va di andare sul tetto a parlare? » le domandò con tranquillità, cosa che la ragazza apprezzò parecchio. 
Infatti, senza neanche rendersi conto della cosa annuì in maniera automatica. 
«Ci sto. »
Non c’era niente di programmato e questo le andava più che bene, così dopo quel sorriso che gli rivolse lo guardò andare a prendersi il mantello. 
Forse le cose non sarebbero andate così male come aveva immaginato, però, in quell’attimo Reyko neanche si rese conto della figura che stava lentamente sparendo nel pavimento, tanto era rimasto mimetizzato e confuso nell’ombra. 

Il povero Zetsu ormai era abituato a tenere sotto controllo la sua partner, non perché non si fidasse di lei ma semplicemente perché Obito gli aveva ordinato di farlo. Era sempre stato costretto a tenere sotto controllo tutti quanti, chi per un motivo e chi per un altro, ma da svariato tempo a quella parte Obito insisteva nel tenere sotto controllo l’eremita per motivi che all’essere sfuggivano. Perfino la sua parte nera aveva qualche dubbio a riguardo, ma fingeva bene in sua compagnia. Era così sciocca e facile da convincere a fare qualsiasi cosa e se fino a poco prima ciò che aveva scoperto erano solamente dubbi quella sera aveva finalmente trovato qualcosa di vero. Probabilmente non si trattava di nulla d’interessante, ma Obito aveva detto di dargli informazioni riguardo qualsiasi cosa. E quella cosa andava detta. 
Si erano dati appuntamento lontano dalla grande casa, sia perché poteva esserci qualcuno intento a sentire, sia perché Zetsu non voleva stare in loro compagnia. Poi a lui veniva così semplice muoversi ed allontanarsi senza il minimo sforzo. Accanto ad un tronco vi era Obito appoggiato ad esso, le braccia incrociate al petto e la maschera arancione che gli copriva il viso. Ancora Zetsu rideva per come si comportava Tobi in pubblico, ma nessuno doveva sapere della vera identità del ragazzo. C’era un doppio gioco non indifferente che Obito aveva messo in atto. Alcuni li dentro sapevano chi fosse, o meglio sapevano che si spacciava per Madara, mentre altri, come Kisame o la stessa Reyko o Deidara o Hidan, non sapevano niente di niente. Era molto meglio evitare una fuga di notizie, almeno così aveva detto quello sbruffone di Pain, che si divertiva tanto a dettare legge dall’eremo della sua torre nel Paese della Pioggia. 
«Zetsu—… » mormorò Obito rivolgendo il suo sharingan in direzione della pianta, che lo guardò incuriosito.
«Ho delle nuove notizie da darti, non so se possano esserti d’aiuto. »
«Dimmi tutto, Zetsu. » lo incitò a parlare il ragazzo prima di togliersi la maschera arancione che gli copriva il volto. 
Lo faceva raramente e quelle poche volte un ghigno divertito sorgeva sulle labbra di Zetsu, forse per via della cicatrice sul lato destro del suo corpo. 
«Mi hai detto di seguire l’eremita, anche se non ho capito perché, comunque credo che—… credo che in quanto donna possa essere interessata ad Itachi. » ovviamente lui parlò con tranquillità ma quelle parole spinsero il ragazzo a rivolgergli uno sguardo trionfante. 
«Davvero? Non lo avrei mai detto—… » mormorò Obito annuendo lentamente. «E lui? »
Zetsu sbatté più e più volte le palpebre, confuso da quella domanda, ma poi scrollò le spalle. 
«Credo che la cosa possa essere reciproca, almeno da quello che ho visto poco fa. »
Nuovamente silenzio fra loro due, segno che effettivamente il ragazzo stesse pensando, ma in viso sembrava soddisfatto. Infatti annuì lentamente ed indossò di nuovo la sua sgargiante maschera e la sua voce divenne ovattata.
«Fantastico, questa è un’ottima informazione. »
Zetsu sembrò non capire, infatti la sua espressione la diceva lunga. 
«Perché dovrebbe essere un’ottima notizia? Non vedo che cosa possa interessarci di—… »
«Mio caro Zetsu, come sai bene Itachi è decisamente una spina nel fianco per i nostri piani, perché mi tiene costantemente d’occhio e sono sicuro che in qualche maniera cercherà di intralciarci. Fino ad ora non avevamo più un modo per tenerlo sotto controllo ma se è davvero come dici tu controllando quella ragazzina potremmo avere Itachi sotto scacco. »
La pianta, che fino ad allora non aveva capito il nesso sembrò illuminarsi ed un ghigno malevolo si fece largo sul suo viso. 
«Oh, quindi adesso sai come controllarlo. »
«Diciamo di sì. Vedi, Zetsu, è questo il problema dell’amore: ti rende debole. » concluse Obito prima di sparire lentamente nel suo vortice, segno che la discussione era conclusa.
Non gli aveva lasciato detto nient’altro, quindi questo voleva dire una sola cosa: dovevano continuare a tenerli sotto controllo tutti quanti. 
Nessuno escluso. 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Kazekage ***


Kazekage

Zetsu camminava con la velocità di una lumaca mentre Reyko sembrava volersi allontanare da quel posto il più rapidamente possibile. Si erano infiltrati nel Paese del Fulmine per ottenere altre nuove informazioni, ma una volta messo piede nel primo villaggio disponibile Reyko aveva sentito una fitta dolorosa che l’aveva spinta a fermarsi. O almeno aveva cercato di non mostrarsi preoccupata dinnanzi al proprio compagno, ma era risultato difficile. Perfino Zetsu, che di comprendonio certe volte era davvero lento, aveva capito che c’era qualcosa che non andava nel viso dell’eremita, ed allora l’aveva spinta ad allontanarsi. 
Solamente quando furono di nuovo lontani dai confini del Paese la ragazza sembrò tranquillizzarsi, assumendo un’espressione decisamente più pacata e molto meno agitata. Aveva perfino tolto il cappello di paglia in modo tale che i propri occhi ed il viso non fossero più coperti da quella costrizione. Si fermò contro una roccia, accompagnata da Sen che era sempre al suo fianco, ed allora si sedette, come se tutto ciò le era costato uno sforzo immane.
«Che ti succede, eremita? » domandò la parte nera con quel suo solito tono sibilante. 
«Non ti senti bene e si vede. » aggiunse il bianco mentre la studiava con le iridi gialline. 
Reyko esitò nel rispondere, perché effettivamente non aveva lei stessa idea di quel che le stava succedendo, però provò a sorridere sperando di sferzare quell’aria di preoccupazione della pianta. 
«Ho—… » provò a dire qualcosa, ma al momento nessuna bugia sembrava credibile nella sua testa. «Non lo so. Mi sono semplicemente sentita strana, forse perché era da parecchio tempo che non mi avvicinavo così tanto al mio paese d’origine. » 
La verità. Cosa c’era di più semplice e di concreto della verità? Eppure essa, spesso e volentieri, era ben differente dalla propria immaginazione e rischiava anche di far male.
La verità era che lei non era mai scappata, con le sue forze, dalla prigione nel cielo. La verità era che Itachi, nonostante tutto, avesse scelto il proprio destino abdicando per il bene di suo fratello. 
La verità era che erano tutti troppo umani e fragili per quel mondo crudele e fatto d’odio. 

«Beh, era come se avessi visto un fantasma. »
«Circa. E quel fantasma penso anche che mi abbia colpita in pieno petto. »
E la ragazza si piegò in avanti per accarezzare con estrema delicatezza il manto del lupo, lasciando che esso si beasse di quella sensazione piacevole. Sen socchiuse gli occhi smeraldini ed allora strusciò il muso contro la mano dell’eremita. Lo aveva trovato affascinante fin dal principio, nonostante il reciproco odio, ma tutto poteva dire tranne che Sen fosse brutto. Era orgoglioso e fiero, capace di combattere ed allo stesso tempo desideroso di dolcezza.
Il suo migliore amico era un lupo ed a lei questo andava benissimo. 
«I drammi del passato ti tormentano? E dire, eremita, che non ci siamo avvicinati a Kumo! »
Lo zetsu nero aveva ragione, Kumo era fuori discussione perché era li che avrebbero trovato Killer Bee ed A, quindi avvicinarsi così tanto alla capitale non era per niente sicuro, mentre acquisire informazioni sul Gatto era stato più facile.
«A me va bene così, attualmente non ho intenzione di avvicinarmi ulteriormente a Kumo. » sentenziò con decisione la ragazza mentre le proprie iridi si soffermavano sulla figura del compagno.
Zetsu piegò leggermente il capo in modo tale da poter osservare con maggiore attenzione la ragazza ed allora intrecciò le braccia al petto.
«Per caso hai paura di tornare a Kumo? » 
Reyko lo fulminò con lo sguardo, letteralmente, perché quella stupida domanda aveva un fondo di verità, ma non lo avrebbe mai ammesso. 
«Per caso vuoi che ti prenda a calci? » chiese con lo stesso tono della pianta mimando addirittura un sorrisetto soddisfatto. 
«Non essere così violenta, non ho detto niente di male, mi stavo solo preoccupando per te, così in caso non ti avrei mandata in missione a Kumo. »
Stranamente, quella spiegazione premurosa, lasciò perplessa Reyko che arrivò addirittura a pentirsi di aver risposto allo Zetsu bianco in quella maniera. Lui ci provava ad essere simpatico ma non ci riusciva, anzi, era sempre tutto così confuso con lui. 
«Non—… non preoccuparti, questo discorso va affrontato quando sarà necessario. »
E lei sapeva bene, anzi benissimo, che purtroppo prima o poi sarebbe giunto il momento in cui sul pavimento della loro caverna vi sarebbe stato il corpo di qualcuno che lei conosceva bene. Purtroppo, o per fortuna, aveva avuto modo di allenarsi con Killer Bee-sama, il che l’aveva resa una perfetta combattente. Lui era uno dei suoi maestri, insieme a Darui della Tempesta, e prima del suo grande atto vendicativo era legata a loro. Scoprire quelle cose riguardo il suo clan le aveva fatto perdere la fiducia nell’intera città e nel potere detenuto dal Kage. Ed era stato questo l’inizio della sua rovina. 

Parecchi anni addietro
Il Tempio dei Lupi, in piena notte, sembrava più tetro che mai. Sulle pareti di legno si riflettevano le ombre provocate dalle candele e dalle lanterne che fungevano come unico punto di luce. Il resto della grande abitazione sacra è disabitato. Un tempo era lei l’unica a percorrere quelle stanze vuote, lo aveva sempre considerato come una vera e propria casa, ma quella era la notte in cui ormai il suo cuore aveva preso una decisione immane. Non c’era stata esitazione alcuna nello scegliere che cosa fare, specialmente dopo che la verità era saltata fuori. Poteva esser stato un caso ma Reyko ormai sapeva e non aveva intenzione di lasciare che il Clan degli Harada venisse calpestato così impunemente. Ci aveva riflettuto a lungo, allontanandosi ancora una volta dalla civiltà di Kumo per nascondersi nel suo tempio.
Aveva vissuto li per tutti gli anni in cui si era allenata, era il posto più importante per Reyko ed esattamente per tale motivo era andata fin li per prepararsi. Le antiche tavole dell’Eremita dei Lupi, conservate nella stanza più remota, erano state tutto ciò che gli occhi di Reyko avevano letto. Si era addirittura curata di lasciare il proprio rotolo con i contratti per i Lupi, in modo tale da non avere impedimenti quella notte.
Ma una volta giunta all’ingresso si fermò dinnanzi al portone. C’erano dei complicati disegni, rappresentati lupi, ovviamente, ed allora aveva poggiato una mano su di esse in modo tale da sfiorare con delicatezza quella superficie. Lo aveva sentito arrivare, o almenoaveva percepito la sua presenza perché ormai Reyko era in grado di farlo grazie all’energia naturale. Ed allora rimase immobile, dandogli le spalle, forse perché lui aveva compreso tutto ciò che la ragazza aveva intenzione di fare. 
«Giovane lupo. » 
Il ringhio soffocato di Kenzo la fece quasi rabbrividire, infatti non si voltò a guardarlo. 
«Kenzo-sempai, io—… » 
Non sapeva perché ma volle quasi giustificarsi con lui, perché il suo giudizio era quanto di più importante la ragazza possedesse. 
«Non devi spiegarmi niente, mio eremita. » 
Ma quelle furono parole totalmente differenti da ciò che Reyko si era immaginata. Infatti era già pronta all’ennesimo rimprovero ma invece arrivano soltanto parole di comprensione. 
Lentamente Reyko si voltò verso di lui, con il cuore che batteva all’impazzata nel petto, e gli rivolse uno sguardo triste, proprio come quello del lupo. 
«Kenzo—… »
«Riesco a percepirlo pure io quanto il tuo cuore sia carico d’odio verso colui che reputavi tuo amico. Hai saputo di ciò che realmente accadde alla tua famiglia e purtroppo non posso fare niente per cambiare il passato. Nei tuoi occhi ho sempre scorto la speranza, ma è come se qualcosa si sia rotta in te e tu necessiti di sistemarla—… in un modo o nell’altro. »
Probabilmente Kenzo era triste tanto quanto lei, ma era pur sempre saggio e per questo motivo poggiò le zampe posteriori sul terreno, assumendo una posa seduta ed allo stesso tempo stanca. 
«Come posso non reagire dopo quello che mi hanno fatto? Hanno mentito per tutto questo tempo—… è per colpa loro se
… Sono morti per colpa loro! » proseguì la ragazza inspirando profondamente e voltandosi, solamente allora, in direzione del lupo dal manto nero. 
«Ma ti hanno anche cresciuta ed addestrata. Certe volte le bugie servono per proteggere dal male che ci circonda, non trovi? »
Rimase in silenzio, la ragazza, incapace anche solo di muovere un muscolo perché per quanto potessero far male le parole del lupo erano vere. 
«Non intendo tornare indietro. E’ una scelta che appartiene unicamente a me. » ed allora si portò una mano al petto stringendo la propria maglietta all’altezza del cuore. «Loro hanno deciso di far finta di nulla, togliendo l'onore al clan degli Harada, mandandoli a morire per il potere, e questo non lo dimentico. »
«Parli di onore ma spesso ti dimentichi il significato di questa parola—… » sibilò il lupo che aveva assunto un’aria decisamente sofferente. «Comunque sia, Reyko, non sono venuto qui per fermarti, né per dissuaderti dall’idea. Sono stato il tuo maestro ma adesso sono uno dei tuoi lupi. »
Quelle parole la sorpresero al punto tale che una lacrima impercettibile iniziò a scendere lungo la sua guancia.
«Kenzo—… »
«Non importa quale sarà la tua decisione, mio eremita e mio giovane lupo, noi saremo sempre con te, al tuo fianco  perché siamo uniti. Puoi anche scegliere di camminare per sentieri oscuri e lontani dalla luce, ma noi saremo con te, non dimenticarlo mai. Hai sempre la nostra piena fiducia e noi ne avremo nel tuo cuore, qualsiasi cosa accada, Reyko. »
No, non avrebbe dovuto dirle tali cose perché in quell’attimo l’anima di Reyko andò definitivamente in frantumi. Aveva sperato in un rimprovero, di certo molto più salutare, ma tutto ciò che giunse fu solamente perdono e comprensione. 
Si dice che i lupi siano animali feroci, pronti a snudare i denti se solo ve ne fosse stato bisogno, ma c’era una cosa che non si diceva in giro: i lupi sanno provare molta più compassione degli uomini.
E questo l’eremita lo imparò nel corso degli anni. 
Fu uno sforzo immane non crollare in ginocchio sulla soglia del tempio, perché non voleva sentirsi dire tutto questo, ed allora annuì lentamente mentre le lacrime iniziarono a rigare le sue gote arrossate. 
«Grazie, sei sempre così gentile con me. »
Solamente dopo aver detto quelle ultime parole la ragazza s’allontanò scendendo gli scalini a due a due. Fu certa di aver sentito Kenzo dirle un ultima cosa.
«Non si vince combattendo chi odi—… »
Ed allora tutto divenne nero. 

Riaprendo gli occhi Reyko si ritrovò ad annaspare, quasi le mancasse il fiato e solamente dopo qualche attimo si rese conto che le gambe le stavano letteralmente tremando. Doveva essersi quasi persa nel mondo dei sogni mentre il proprio ologramma era rimasto in piedi, fermo ed immobile sulla statua, intenta a sigillare il demone monocoda. 
Ovviamente la missione nel Paese del Vento era andata liscia secondo i piani, e nonostante le difficoltà di Sasori e Deidrata adesso sul pavimento del loro covo vi era un giovane ragazzo dai capelli rossi. Doveva essere più giovane degli altri eppure, quel ragazzo, era addirittura diventato il Kazekage. Non è una carica che regalano tanto facilmente, anzi, di solito bisogna avere un certo grado di anzianità per poter anche solo essere candidati, ed invece lui era riuscito nell’impresa di ogni giovane. Perfino lei, quando ancora era piccola ed alle prime armi nell’accademia, aveva intenzione di provar a diventare il Raikage, oltre che un potentissimo shinobi dalle arti segrete. Insomma erano dei bei sogni che però erano andati scemando pian piano. Negli anni i desideri della ragazza cambiarono: Raikage. Ninja leggendario. Eremita.Vendetta. Solitudine. Pace.
Erano tutti sogni che si andavano alternando nel tempo, lasciando la mente della ragazza confusa. Che cos’avrebbe detto la vecchia sé stessa se solo l’avesse vista in quel momento? Probabilmente che aveva sbagliato tutto perché stava, ancora una volta, commettendo un terribile atto. 
L’estrazione del Biju era la morte certa dell’individuo, e quel ragazzo, proprio come tutti gli altri sarebbe morto e non ci sarebbe stato scampo per lui. Ma c’era qualcosa, quella volta, che sembrava opporre resistenza e lei, ritrovandosi più stanca del previsto, dovette concentrarsi maggiormente per non cadere giù dalla statua.
«Reyko, stai bene? »
A farle quella domanda fu la voce pacata di Konan, che si trovava a non molta distanza da lei. In quel momento tutti i membri dell’Akatsuki rivolsero nella direzione della ragazza i loro sguardi spaventosi e Reyko si sentì sotto osservazione, cosa che odiava. 
«Sì, Konan—… ci sono, non preoccuparti. » rispose con pacatezza l’eremita incontrando le iridi ambrate dell’angelo. 
«Effettivamente questo bastardo sta opponendo molta più resistenza degli altri. »
Quella volta, ivece, fu Hidan a dare voce ai pensieri di tutti. Nessuno di loro si muoveva, anche perché erano avvolti dall’energia della statua, ma stavano facendo uno sforzo non indifferente per allontanare del tutto il demone dal Kazekage. Doveva essere stato un tipo combattivo, eppure anche lui aveva perso. 
La ragazza si ritrovò a deglutire, tanto da preoccuparsi in maniera non indifferente per la riuscita dell’estrazione, ma qualche attimo dopo la voce di Sasori, rinchiuso nella sua marionetta difensiva, contribuì a metterli tutti quanti in allarme.
«Si stanno avvicinando. Qualcuno si sta avvicinando al covo. » 
Improvvisamente la loro attenzione si focalizzò sul pericolo esterno. Quella era la prima volta che succedeva una cosa simile, perché mai nessuno si era davvero occupato di una delle forze portanti.
Anzi, avevano addirittura visto villaggi che erano arrivati ad esultare per essersi tolti dai piedi esseri tanto pericolosi. I 
Jinchūriki  non erano mai stavi visti di buon occhio dalla gente comune troppo spaventata dall’idea di ciò che portavano dentro di sé. Mentre quella volta più persone si erano mobilitate per cercare di portarlo indietro.
Che aveva di tanto speciale quel ragazzo? Eppure, Reyko, pensò che non dovesse essere un ragazzo comune perché era diventato Kazekage ed adesso volevano addirittura aiutarlo. Probabilmente la cosa non la scosse più di tanto visto e considerato che a Kumo il famoso Killer Bee era una vera e propria star internazionale, anche a livello di rap, ma soprattutto che sapeva invogliare a combattere al suo fianco. Anche lei, se non avesse intrapreso tale strada, si sarebbe trovata a voler proteggere il maestro. 
«Cosa facciamo? Dobbiamo fermarli prima che interrompano il rituale. » continuò Deidara che si stava iniziando ad agitare sul posto. 
«Infatti—… » mormorò Pain con i propri occhi viola persi a fissare il vuoto. «Dobbiamo fermarli. »
Un silenzio tombale calò su tutti quanti loro, che cercavano di concentrarsi nonostante quello che stava accadendo all’esterno.
«Io e Kisame siamo i più vicini. Potremmo fermarli noi—… »
Nel sentire la voce di Itachi la ragazza volse rapidamente lo sguardo nella sua direzione,  preoccupata come non mai da quanto appena detto. Già di per sé quel rituale era faticoso all’inverosimile, infatti dovevano impiegare giorni per riuscire a completarlo, e loro volevano addirittura combattere? Perché, soprattutto, lui faceva di tutto per mettersi in pericolo?
«Itachi ha ragione, Pain. Noi siamo quelli più vicini e potremmo anche usare quella nuova tecnica. Insomma, richiede pochissimo consumo di charka e nel mentre rimarremo qui a sigillare il Biju. » aggiunse Kisame che era fermo proprio accanto a lei.
Reyko guardò di sbieco anche lui, che invece sembrava aver snudato i canini, cosa che effettivamente non si poteva verificare a causa degli ologrammi scuri. 
«D’accordo, andate voi due a verificare. Stiamo finendo e del Kazekage non rimarrà più niente, solo un cumulo—… di sabbia. »
Pain, ovviamente, non avrebbe mai esitato nel dare il proprio permesso ed allora tutti si scambiarono vaghe occhiate d’accondiscendenza. Perfino i suoi occhi incontrarono le iridi scarlatte di Itachi, che distolse subito lo sguardo, come a dire “Non preoccuparti”, o almeno questo fu quanto lei lesse nei suoi occhi. 
Non avevano più parlato del loro futuro e si erano ripromessi di pensare unicamente al presente, altrimenti non si sarebbero più parlati. Avevano parlato di quello l’ultima notte insieme alla base, ma poi si erano concentrati sulle stelle. Entrambi erano stati in grado di riconoscere varie ed eventuali costellazioni e poi erano andati a riposare prima di separarsi ancora una volta. 
Presente, lei doveva soltanto focalizzarsi sul presente. Pensare un giorno alla volta era meglio di fare programmi a lunga scadenza, o almeno questo era ciò che si ripeteva l’eremita. 
Allora i due chiusero all’unisono gli occhi e l’energia intorno a loro diminuì, segno che si stavano concentrando anche su quell’altra tecnica che Zetsu aveva cercato di spiegare anche a lei. Eppure Reyko si rifiutava quasi sempre di imparare delle arti proibite da una pianta, forse perché soddisfatta delle proprie attuali tecniche e poi forse perché praticamente tutte necessitavano di qualche sacrificio. 
«Noi continuiamo ed impegnatevi. Se c’è qualche problema ditelo! »
E quell’ultima affermazione di Pain non sembrava ammettere alcuna replica, perché Pain era fatto così e non a caso era il capo dell’intera organizzazione.
Così tutto ciò che Reyko poté fare era resistere e non arrendersi, sia per sé stessa, sia perché tutti gli altri stavano resistendo alla grande anche con quel ì biju e lei non sarebbe mai e poi mai voluta essere da me. Chiuse gli occhi e sperò di non ritrovarsi a pensare, di nuovo, a quella notte. Forse era stato ciò a destabilizzarla, rischio che al momento non si poteva permettere.

Probabilmente passarono non molte ore da quella conversazione ed Itachi e Kisame tornarono nel giro di poco, assicurandosi di aver guadagnato un po’ di tempo prima della fine della loro opera. Fu allora che l’energia intorno a loro iniziò a cessare, lasciandoli in uno stato di quiete mentre l’ultimo barlume di vita spariva dal corpo del Kazekage e veniva riscucchiato dalla statua.
Come sempre uno dei nove occhi si aprì segno che il demone era stato correttamente sigillato al proprio interno. 
Reyko, anche se era in ologramma, si sentì parecchio affaticata e con qualche difficoltà riuscì a scendere dalla propria postazione, anche se aiutata da Kisame che le aveva saggiamente messo un braccio intorno alle spalle per reggerla. 
«E’ stato più complicato del previsto a causa della volontà del ragazzo, ma finalmente ci siamo riusciti ed abbiamo controllato l’ennesimo demone. » Pain, che mosse un paio di passi verso la statua, si voltò poi nella direzione degli altri, tenendo le braccia lungo i fianchi. 
«Che mi dite sugli inseguitori? »
Itachi e Kisame si scambiarono un’occhiata d’assenso ed allora a parlare fu ul ragazzo degli Uchiha.
«Si tratta di due squadre di Konoha e fra di essi vi è il demone del Kyuubi. »
In quel momento, se Reyko si era sentita senza forze, fu come se avesse ritrovato tutta l’energia persa. La sua mente volò immediatamente al ragazzo arancione, quello con i grandi occhi azzurri ed il sorriso contagioso, non riuscendo a fare a meno di pensare al loro incontro. 
«Quindi abbiamo la possibilità di catturare anche il demone della volpe. Questa è una notizia fantastica, non trovi vecchio mio? » ed allora Deidara, preso dall’eccitazione provocata dalla notizia, diede una gomitata alla marionetta, che in risposta gli puntò contro la propria coda metallica.
«Sì, ma state attenti. Non è un avversario da sottovalutare la volpe. » continuò il capo dell’Akaztuki limitandosi a fissare i due che avrebbero dovuto vedersela con Naruto. «Avevamo programmato di prenderlo per ultimo ma a quanto pare ci sarà uno stravolgimento dei piani. »
«Ah, Itachi, come facciamo a riconoscere il portatore? »
Domanda più che legittima ed in cuor suo sperò vivamente che Itachi non rispondesse a quella domanda, cosa che però non accadde.
«E’ quello che urla sempre ed attacca per primo. »
Ovviamente le speranze di Reyko divennero vane, anche perché effettivamente non avvertirli riguardo quel ragazzo sarebbe stato stupido. Lei aveva rischiato grosso ed i suoi due compagni l’avevano coperta, ma quella fortuna sfacciata non sarebbe durata per sempre. 
Un ghigno particolarmente divertito si fece largo sulle labbra di Deidara, che agitò la propria chioma lunga e bionda, prima di far cenno a Sasori di seguirlo. Il corpo inerme del Kazekage era ancora disteso a terra, nessuno l’avrebbe toccato perché era proprio lui che quei ragazzi volevano. Per un attimo Reyko si domandò le dinamiche fra Naruto ed il Kazekage, magari se fosse rimasta ancora le avrebbe raccontato qualche altra storia della sua vita.
Inspirò profondamente la ragazza, prima che Hidan e Kakuzu scomparissero dalla grotta. Pain, invece, stava nascondendo, come sempre, la grande statua di pietra per evitare che essa potesse essere vista da occhi indiscreti. Era solamente lui che sapeva come fare e l’eremita non aveva mai fatto domande del genere. 
«Bene, potete andare anche voi. Vi terremo aggiornati su quello che succederà nello scontro con la Volpe. »
Non riuscì nascondere uno sguardo sollevato e solamente allora tutti quanti scomparvero, lasciando Sasori e Deidara in quel covo. 
Sperò con tutto il cuore che accadesse qualcosa, qualsiasi cosa, per impedire a quei due di combattere contro il ragazzo, ma si sa, Reyko ormai non credeva più nei miracoli. 
Riaprendo gli occhi una boccata d’aria fresca fu quanto di più salutare ci fosse per l’eremita, che con qualche difficoltà sciolse l’intreccio delle gambe e le distese. Erano passati tre giorni per il rito di sigillo e non si sentiva molto bene. Doveva ammettere che quella era la prima volta che la stancava tanto, forse proprio per lo spirito combattivo e l’attaccamento alla vita del giovane. Magari avrebbe chiesto qualche informazione successivamente a Zetsu, al momento voleva soltanto riposare o per lo meno allontanarsi, perché la chiamata era giunta quando erano ancora troppo vicini al Paese del Fulmine.
Doveva mettere distanza fra lei e quel posto, ed infatti, senza dire niente a Zetsu, che era caduto dalla roccia su cui era rimasto seduto fino ad allora, iniziò a camminare lentamente. 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Deep loss ***


Deep loss
 
Aveva finalmente raggiunto una locanda, lontana da Zetsu, perché lui aveva la facoltà di sparire nella foresta, lei invece doveva ancora camminare, quando improvvisamente il cielo iniziò di nuovo a rabbuiarsi. Ormai aveva imparato a conoscere il modo singolare con cui Pain era solito richiamarli, e questo voleva dire che gli scontri dovevano essere giunti al termine, o che quanto meno dovevano esserci novità. Lei si ritrovò a fissare il cielo con gli occhi sbarrati e soprattutto con il timore di quello che avrebbero potuto sentire, e poi l’idea di passare altri tre giorni attaccati a sigillare un corpo non le andava a genio. Sia perché quel corpo sarebbe stato di Naruto Uzumaki, sia perché in quel momento sentiva ancora la stanchezza provocata da tutta la fatica dei giorni precedenti. Era come se venisse succhiata via anche parte della propria forza e lei necessitava di riposare, per questo motivo non aveva esitato ad abbandonare il proprio compagno, tanto poi si sarebbero ritrovati in un modo o nell’altro.
Zetsu la ritrovava sempre, purtroppo, e questo le faceva anche un po’ paura.
Il signore della locanda non fece storie quando la vide arrivare, evitò anche di rivolgerle la parola e si limitò a darle le chiavi della propria stanza. Di solito c’era chi si opponeva all’ingresso degli animali, ma il vecchio guardò Sen di sbieco e poi si limitò a farle cenno di accomodarsi.
Le andava bene così, non desiderava altro se non un letto. 
Aveva passato un paio di minuti distesa sul letto, con le braccia spalancate, quando in quell’istante Sen iniziò ad abbaiare. Fu allora che vide la chiamata. 
Come sempre si andò a sedere a terra, poggiando la schiena contro il letto, e si concentrò per trasmettere la propria immagine olografica nel covo più vicino 
Riaprendo gli occhi si ritrovò circondata dagli altri, con Pain come sempre seduto sulla statua e lo sguardo viola e pericoloso perso nel vuoto. Non le piaceva neanche un poco, perfino Konan, che di solito era sempre tranquilla le parve preoccupata, ed allora Reyko iniziò a guardarsi intorno per provare a capire.
C’erano tutti, o almeno così le sembrò, ma riflettendoci nel notare Deidara agitare entrambe le proprie braccia tranciate fu in quel momento che capì che forse c’era qualcosa che non andava. Sfarfallò più volte le ciglia, lasciando che il loro capo parlasse. 
«Come vedete, adesso che ci siamo tutti, devo aggiornarvi riguardo quello che è accaduto dopo aver sigillato il Kazekage—… »
«Sono dei maledetti bastardi, ho perso entrambe le braccia! » 
E Deidara interruppe il discorso mentre stava letteralmente facendo sistemare le proprie braccia a Kakuzu con i suoi fili. Questo non andava per niente bene e poi Reyko si rese conto di che cosa mancasse, o meglio chi mancasse, perché ad un urlo del genere di certo sarebbe giunta la risposta secca da parte del Maestro, che però non c’era. Quindi la ragazza si guardò ancora intorno ed una terribile sensazione si fece strada in lei. 
«Che—… » azzardò lei in un sussurro, ma Pain, fortunatamente riprese a parlare. 
«Purtroppo hanno ucciso il Maestro Sasori e la sua è una perdita incredibile per l’Akatsuki. »
Quelle parole rimbombarono nelle orecchie di Reyko per giorni, e rischiò addirittura di avere un mancamento per via di tale notizia.
Era davvero troppo sentimentale e si sentiva male per la morte di un criminale? Ma quei maledetti criminali erano diventati, volente o nolente, parte del suo gruppo.
Non le erano mai dispiaciuti più di tanto, anzi, addirittura provava qualcosa per un di loro.
Come si era ridotta in quelle condizioni? 
La vendetta. La risposta era sempre quella.
Probabilmente aveva abbassato lo sguardo con espressione triste, perché sentì qualcuno chiamare il suo nome. 
«Reyko-senpai, va tutto bene? »
A richiamare la sua attenzione fu la voce cantilenante di Tobi che aveva preso ad agitarsi intorno a lei. 
Quando era arrivato quel tipo strano? Non ne aveva idea e con quella sua particolare tecnica poteva apparire ovunque ma soprattutto non farsi prendere. Era una fortuna che erano degli ologrammi, ma soprattutto era una fortuna che si trovasse lontana da loro, almeno per il momento. 
«Sì—… » provò a balbettare lei, muovendosi per la grande caverna oscura, dando così le spalle a tutti, perché  non aveva intenzione di farsi ancora vedere in viso. 
«Però adesso al posto di Sasori ci sono io, perché non sorridi? » domandò ancora lui saltando proprio accanto all’eremita.
«EHI!» nuovamente il biondo dimamitardo urlò nella loro direzione. «Anche se adesso sei nell’Akatsuki questo non vuol dire che sarai mai la metà di quello che valeva quel maledetto. Anche se non capiva molto era un vero artista con le sue marionette e—… »
Probabilmente Reyko rimase scioccata da quell’ammissione tanto quanto tutti gli altri, perché allora gli occhi dell’intera sala erano rivolti in direzione della figura in carne ed ossa di Deidara, che nonostante si stesse facendo ricucire un braccio, aveva appena urlato quelle parole.
Ed allora, forse per una frazione di secondo, riuscì a cogliere in lui un bagliore di tristezza, perché per quanto potesse non sopportare il proprio compagno alla fine la sua reazione, del tutto umana, era stata quella di elevare Sasori sopra chiunque altro. Ma in fondo Reyko non si stupì della cosa neanche un poco, perché da sempre sosteneva, che in un modo o nell’altro, lui e Sasori fossero in qualche modo collegati, forse anche nella stessa maniera in cui ormai si sentiva collegata ad Itachi Uchiha.
Quindi provò anche solo un secondo ad immaginare l’ampiezza del dolore percepito dal giovane ed allora fu costretta a serrare i pugni. 
«Lo sappiamo, Deidara, lui sarà una mancanza davvero pesante per noi—… in quanto a voi altri, dove vi trovate al momento? » domandò allora Pain rivolto ad ognuno di loro, perché era necessario, adesso, aggiornarsi. 
«Ovviamente io sono qui con questi tre—… » sbraitò Hidan colpendo il terreno con la sua micidiale falce rossa, e con un ampio gesto della mano indicò Deidara, Kakuzu ed ovviamente anche Tobi.
Effettivamente non ci aveva fatto caso più di tanto al fatto che loro fossero tutti nello stesso covo, mentre gli altri erano apparsi con i soliti ologrammi. 
«Capisco, mentre voi dove siete? Itachi e Kisame? »
I due si scambiarono un rapido sguardo d’assenso ed allora a parlare fu l’ex spadaccino.
«Siamo lungo una delle strade secondarie nel Paese del Fuoco. »
Pain annuì in maniera impercettibile volgendo, allora, i grandi occhi violacei in direzione di Reyko, che si sentì sott’osservazione. 
«Io sono in una locanda nel Paese delle Terme. Dovevo riposarmi dopo il rituale, attualmente mi sono ritrovata senza forze —… » 
Ma Pain sollevò una mano quasi per farla smettere di parlare e poi lanciò una lunga occhiata ad il gruppo di quattro in carne ed ossa. Si muoveva sempre lentamente, con movimenti flessibili e perfetti, ma non aveva idea, Reyko, di che cosa sapesse fare, o almeno ne aveva avuto vane notizie. Chi aveva combattuto contro di lui diceva che sapesse sfruttare la gravità, altri che non avesse punti ciechi. Erano notizie incerte quelle che aveva su Pain e la cosa non la tranquillizzava neanche un poco, mentre Konan era fatta di carta. O almeno con i suoi occhi aveva visto la donna scomparire in una nube di farfalle fatte di carta, che aveva suscitato nell’eremita solamente ammirazione. 
«D’accordo, riposatevi tutti se ne avete bisogno, ma prima di andare ho bisogno che ci diciate che cosa sapete sui restanti Bijuu che rimangono. »
Nel sentire il tono chiaro e preciso di Pain l’eremita si limitò ad abbassare lo sguardo fissando il terreno ed allora deglutì, perché sapeva bene che cosa avrebbero detto di li a poco. 
«Sbaglio o ci sono ancora due Jinchūriki della Nuvola da catturare? » domandò con assoluta il innocenza Hidan, che si era andato a sedere su una roccia. Come sempre teneva la divisa aperta all’altezza del petto e quella volta aveva addirittura la sua amata collana di Jashin. 
Lentamente la ragazza annuì, ma non ebbe voglia di sollevare gli occhi nella loro direzione.
«Già, della Nuvola ce ne sono ancora due. »
«Ed allora chi sono? Non mi ricordo mai i nomi—… » 
Fu come se lo stesso Hidan la stesse invitando a parlare, ed ovviamente nel notare lo sguardo incuriosito di Zetsu, la ragazza fu quasi costretta a parlare.
«Sono il Matatabi e l’Hachibi—… rispettivamente appartengono a Yugito Nii e Killer Bee-sama. » disse quasi in un soffio sapendo di stare sbagliando, ma non rivelare quelle informazioni sarebbe stato anche peggio. 
«Era il tuo maestro, non è vero? » domandò quasi gongolante la metà Nera di Zetsu, che sembrava interessata all’affermazione della ragazza. 
«Ovviamente. Ho appreso da lui l’arte del combattimento ravvicinato. » 
Ricordava fin troppo bene i colpi presi quando si ritrovava ad affrontare il proprio maestro, che prendeva tutto con filosofia e divertimento, perfino il Raikage suggeriva di non andarci piano, ma quelle ferite le erano servite per crescere. Non voleva che andassero a prendere lui. 
«Interessante, li troviamo nel Paese del Fulmine, giusto? »  
La domanda, questa volta, venne posta da Kakuzu, che aveva finito finalmente di riattaccare il braccio ad un dolorante Deidara, ed allora Reyko annuì in maniera silente, perché non aveva altre informazioni da dare.
Pain disse qualcosa riguardo il fare attenzione e di sbrigarsi, niente di troppo complicato, ma tutti loro annuirono e si scambiarono altre opinioni e piani, lei, dal canto suo, preferì rimanere in disparte certa che le informazioni su che cosa fare le sarebbero giunte a breve grazie a Zetsu, e finalmente vennero congedati. 
La perdita di Sasori non era stata un colpo positivo per l’Akatsuki e di questo se ne rendeva conto chiunque, anche perché quel ragazzo, anzi, quella marionetta che aveva preservato un cuore umano le stava anche simpatico. Possedeva una profondità che raramente mostrava, era attento e discreto, ma soprattutto era molto ambizioso. Questo Reyko lo aveva capito con il tempo, parlando insieme a lui anche nei momenti di quiete. Voleva essere ricordato in eterno e proprio per questo motivo quel suo desiderio si sarebbe realizzato con le marionette. Le aveva addirittura provato a spiegare come si fabbricasse una marionetta umana, ma quella era stata una lezione decisamente troppo inquietante alla quale non avrebbe mai più partecipato. E poi, il Maestro Sasori, anche se non l’ammetteva stava pian piano imparando ad apprezzare l’arte esplosiva di Deidara, anzi, era quasi curioso di vedere le sue esplosioni. Potevano anche essere una coppia che stava agli antipodi, ma era chiaro che gli opposti si attraessero. 
Questo era chiaro a tutti, perfino allo stesso Deidrata che aveva mostrato con orgoglio il proprio rammarico per la morte del compagno. Probabilmente nascondeva il vuoto che gli era stato lasciato nel petto mostrando agli altri il solito sorriso da schiaffi, ma questo era un pensiero unicamente di Reyko, magari gliene avrebbe parlato un giorno.
Riaprendo gli occhi la ragazza si ritrovò ad appoggiare la testa contro il letto, inspirando profondamente. Sen si era disteso con il muso sulle sue ginocchia e la guardava speranzoso, quasi come se anche lui fosse in tensione per ricevere le nuove notizie. Con estrema delicatezza la ragazza fece passare sul suo muso una mano, arruffandogli il pelo e carezzandolo con dolcezza prima di chiudere nuovamente gli occhi. 
«Mi dispiace, amico, abbiamo perso il Maestro Sasori—… » sussurrò verso di lui e fu come se il lupo comprese la sua tristezza, tanto da abbassare le orecchie in un’espressione decisamente cupa. 
«Lo so, fra tutti lui era di certo uno dei migliori e purtroppo, al posto suo, hanno fatto entrare Tobi. »
Inspirò profondamente sentendo Sen iniziare a ringhiare, segno che quella notizia non gli piaceva neanche un poco, e se doveva essere sincera, tutto ciò non piaceva molto neanche a lei. 

Le lenzuola fresche le coprivano la pelle lasciata scoperta dalla maglietta, era quasi piacevole rigirarsi nel letto nonostante non riuscisse a chiudere occhio tanto facilmente. Eppure un flebile rantolio provocato dal lupo, affacciato alla finestra, la costrinse immediatamente a sollevarsi con il busto, preoccupata da qualcosa in avvicinamento, ma qualche attimo dopo saltò sul bordo della finestra una figura scura. I capelli lunghi venivano smossi dal vento, proprio come il mantello, mentre l’unica cosa che Reyko riuscì a cogliere dalla propria posizione furono gli occhi rossi. Non si preoccupò, anzi, la cosa la stupì solamente, infatti Sen, una volta alzatosi sulle zampe, iniziò a scodinzolare nella sua direzione. 
Itachi, fuori dalla finestra, riuscì a forzare il vetro, senza romperlo, nel giro di qualche secondo la sollevà e saltò dentro senza fare rumore. Per quanto fosse stanca la ragazza, guardandolo con occhi vagamente assonnati, riuscì a mettersi a sedere tirando verso di sé tutte le coperte, ma il ragazzo non osò anche solo avvicinarsi. 
«Scusa, non volevo disturbarti—… » azzardò lui in un sussurro ritrovandosi con Sen in cerca di una carezza che gli girava fra i piedi. 
«Non preoccuparti, non riuscivo a dormire bene. Che succede? Kisame? »
Domanda più che logica visto e considerato che il suo compagno di squadra non era nei paraggi e lui sembrava essere giunto fin li da solo. 
«Sono solamente un clone, non potevo venire di persona o avrei destato troppa attenzione. »
Reyko si ritrovò ad annuire come se quella spiegazione fosse assolutamente ovvia, cosa anche necessaria, ed allora si rilassò un poco. 
«E già così stai rischiando parecchio, come mai sei venuto fin qui? » sussurrò lei quasi incuriosita dal suo gesto, ma in verità era solamente contenta. 
«Avevi detto che avevi bisogno di riposarti. » rispose con ovvietà il clone del ragazzo rimanendo fermo al suo posto, con le braccia lungo i fianchi. 
«Sì, l’estrazione del Kazekage è stata difficile—… e la notizia di Sasori mi ha leggermente sconvolta. » ammise lei stringendo le ginocchia all’altezza del petto, tanto da far smuovere le lenzuola che la coprivano. 
«Più che della morta di Sasori devi preoccuparti dell’entrata di Tobi. » 
«D’accordo, chi è Tobi? Non me lo hai mai voluto dire e quel tipo così strano è—… davvero strano e non intendo per il suo comportamento. E’ così estroso che nasconde sicuramente qualcosa. » 
Parlò senza fretta e soprattutto senza farsi troppi scrupoli, perché ormai erano giunti ad un punto dove parlare e mettere in chiaro le cose era l’unica cosa da fare. 
«E’ un Uchiha. » 
A quell’affermazione Reyko sgranò gli occhi, ritrovandosi decisamente sorpresa in quanto la notizia era ciò che di più inaspettato potesse giungere alle sue orecchie. Probabilmente sfarfallò le ciglia più del dovuto, assumendo un’espressione stupita, tanto che Itachi distolse lo sguardo, sentendosi quasi in colpa. 
«Un Uchiha? Non—… non dovresti averli uccisi tutti quanti? » 
Ebbe quasi paura a porgli quella domanda tanto personale ed allora un leggero sospiro uscì dalle labbra del ragazzo che lentamente si diresse verso di lei, andandosi a sedere ai piedi del letto.
«Non ho ucciso mio fratello. » 
«Ma non può essere tuo fratello, lui è con Orochimaru e vuole ucciderti, questo vuol dire che ti sei dimenticato di qualcuno—… » azzardò Reyko mordendosi il labbro inferiore, prima che una seconda idea iniziasse a farsi strada in lei. «Però—… »
Allora Itachi si voltò verso di lei rivolgendole lo sguardo cremisi, stranamente incuriosito e pieno di vitalità, cosa che di solito gli mancava. 
«Continua. »
La esortò con quella semplice parola spingendola a parlare ed ad espletare i propri pensieri. 
«Riflettevo su una cosa: il tuo Clan, quello degli Uchiha, doveva essere piuttosto numeroso e per quanto tu potessi essere forte e bravo, togliere di mezzo tutte quelle persone in un’unica notte non era una cosa facile da fare. »
Itachi la guardò negli occhi e per un attimo Reyko credette di esser quasi caduta in una sua illusione, nonostante lei avesse chiaramente detto di non farlo più, ma qualche attimo dopo il ragazzo distolse quegli occhi maledetti, limitandosi a fissare il terreno. 
«Quindi quale sarebbe la tua conclusione, Reyko? »
La ragazza esitò per qualche istante, ritrovandosi a stringere con più forza le proprie lenzuola, mentre l’idea iniziava ad essere sempre più logica. 
«Doveva esserci qualche altro ad aiutarti—… l’altro Uchiha. Tobi. » 
La sola idea che tutto ciò potesse essere vero la spinse a gettare il busto contro il cuscino, lasciandola, incapace di pensare ad una spiegazione logica. 
«Si dice che la Nuvola sforni solamente shinobi capaci di agire piuttosto che riflettere—… ma una convinzione simile è fin troppo sbagliata per, te Reyko. Vai fuori da ogni schema. » ed allora un sorrisetto amaro si dipinse sulle labbra di Itachi. «Non ero solo quella notte—… Tobi è pericoloso e non voglio che ti si avvicini troppo o che tu ti avvicini a lui. Qualsiasi sia il motivo stagli alla larga il più possibile. » 
«Aspetta. Fermo un attimo—… » con un movimento rapido Reyko uscì fuori dalle coperte e s’inginocchiò accanto a lui su quel letto che faceva rumore ad ogni movimento. «Perchè allora non si è presentato come un Uchiha? Ma semplicemente come Tobi? Che c’è sotto? » 
Lentamente il ragazzo si voltò verso di lei e sebbene sapesse che quello era solamente un clone Reyko si ritrovò a sentire il proprio cuore martellare nel petto.
«Non lo so, ma non ha mai voluto che si sapesse una cosa simile—… anche perché solamente sentire il suo nome farebbe rabbrividire chiunque. »
«Come si chiama? »
Nuovamente esitazione nel viso del ragazzo, che sembrava combattuto sul voler parlare o meno, ma Reyko si impegnò con tutta sé stessa per mostrare una faccia decisamente convincente.
«Ti prego, ormai mi hai detto tutto, non vale la pena—… »
«Dovevo dirti qualcosa per farti stare più cauta, lo capisci, vero? » Itachi, così, allungò una mano in direzione del viso della ragazza sfiorandole le guance pallide e fredde. «Madara Uchiha. »
Quel nome. Quel nome tormentò le nottate dell’eremita per un bel po’ di tempo, ma in quell’istante, sentendolo la prima volta, ebbe soltanto la forza di sbattere le ciglia con aria confusa. Doveva conoscerlo, o almeno averne sentito parlare, perché un campanello d’allarme iniziò a risuonare nella sua testa.
Eppure tutto ciò che fece fu annuire, lasciando ondeggiare i capelli.
«Madara Uchiha—… »
«Ti prego, adesso che lo sai dovrai stargli più lontano possibile. » ma Itachi si fermò esitando e lasciando andare quella carezza che le stava rivolgendo sulla guancia. «Anche in futuro. » 
E nel sentire le sue parole Reyko indietreggiò leggermente, allontanandosi da lui e distogliendo lo sguardo, perché sapeva bene a che cosa si stesse riferendo il ragazzo. 
«Smettila. Se sei venuto qui per—… » provò ad azzardare lei senza saper bene cosa dire ed allora inspirò profondamente. «Il maestro Sasori è morto e sto iniziando a pensare che l’Akatsuki non sia poi così invincibile come cerchiamo di far credere. E questo mi fa paura. Ho come l’impressione che lui sia il primo di una lunga serie di perdite. Abbiamo fatto arrabbiare troppe persone con la storia dei Bijuu. »
«Non sono venuto qui per riaprire quella discussione su cui dovremmo averci messo una pietra sopra. » sussurrò Itachi prima di distogliere, a sua volta, lo sguardo dal viso della ragazza, mostrandosi più stanco del previsto. «Ma hai ragione, abbiamo fatto arrabbiare troppe persone e non credo che tutto questo gioverà in nostro favore. Riflettendoci attentamente mancano ancora quattro demoni da catturare dopo di che avrà inizio il vero piano di Pain. »
«Lui dice di volere la pace, ma non credo che intendiamo la stessa cosa. »
«Lo credo anche io, purtroppo. » ed allora un profondo sospiro uscì dalle labbra di Itachi che si rimise in piedi, poggiando le mani sulle proprie ginocchia. «Adesso però devo andare di nuovo, mi dispiace. »
Reyko rimase in assoluto silenzio, limitandosi a sedersi di nuovo sul letto, e tirando la testa indietro in modo tale che i capelli le ricadessero dietro le spalle. 
«Non dispiacerti, in teoria non saresti neanche dovuto giungere fin qui. » provò a smorzare quel tono stanco che possedeva il ragazzo.
«Ma volevo farlo. » 
E con quelle parole sussurrate in direzione di Reyko il clone di Itachi iniziò a disperdersi in una moltitudine di corvi che volarono fuori dalla finestra. 
Sulle labbra della ragazza rimase stampato un sorriso, forse anche imbarazzato, provocato dalle parole che risuonavano prepotentemente nella sua testa. Erano delle pelle parole quelle che Itachi le aveva detto, e di certo difficilmente si sarebbe dimenticata di esse, anzi, erano l’unica cosa bella che le avrebbe permesso di affrontare i successivi giorni, senza troppi intoppi.

Circa un mese dopo
La pioggia non sembrava cessare mai ad Ame, questo perché era l’unico modo che Pain aveva per tenere tutti sotto controllo. In quella grande e triste città lui era un Dio, il salvatore e Konan, al proprio fianco, era colei che portava la luce in quel mondo oscuro. Probabilmente se solo al suo posto vi fosse stato Yahiko la ragazza avrebbe sorriso più spesso di quanto facesse da quell’infausto giorno, ma non era così che sarebbero andate le cose. Ormai tutto stava procedendo secondo i piani, i demoni venivano catturati e sigillati nel giro di pochissimo tempo, e questo era un bene. Madara, con quella sua misteriosa maschera ed i cambiamenti incredibili di umore, non faceva altro che fare va e vieni da dove si trovano loro. Questo era un bene, perché finalmente lo aveva meno fra i piedi anche grazie a Deidara, ma allo stesso tempo lo preoccupava. Lui stesso ancora stentava a credere a quel folle piano che avrebbero messo in atto una volta compiuti tutti i rituali necessari ed i sacrifici. Ma doveva aver fede. Se voleva ottenere la sua tanto agognata pace doveva continuare così.
Gli occhi viola baciati dal Rinnegan si voltarono in direzione di Konan, che come sempre fissava il vuoto dinnanzi a lei. Le labbra semi schiuse in un’espressione di tristezza assoluta, ma ad un suo movimento le sue iridi ambrate si voltarono verso di lui. 
«Che succede? » 
Domandò la ragazza con tono prettamente gentile, tanto da sembrare proccupata. Lei si prendeva cura di lui, del suo vero lui e del corpo che ormai difficilmente sopravviveva senza aiuto. Questo era un bene, perché senza Konan non avrebbe mai potuto far niente, ma in quel momento aveva percepito giungere fin li la figura di Zetsu. 
«C’è Zetsu. Dovrà dirci qualcosa—… » azzardò il ragazzo dai capelli arancioni prima di muovere qualche passo in direzione della grande sala dove ormai risiedeva in pianta stabile. Era da li che controllava la città, ed era li che ogni volta la gente sollevava lo sguardo per implorare la pietà del Dio. 
Un semplice mormorio d’assenso uscì dalle labbra della ragazza che in risposta si voltò nella direzione esatta in cui la pianta apparve con quel suo solito modo di fare inquietante. Era un alleato di Madara, quindi qualsiasi cosa dicesse sarebbe stata riferita a lui, al capo. Ma lei non avrebbe detto niente di pericoloso, e questo Pain lo sapeva benissimo.
«Pain-sama. » asserì la parte bianca rivolgendo un inchino nella sua direzione.
«Konan-sama. » e fece lo stesso verso la donna.
«Zetsu. Che succede? » domandò senza molta enfasi Pain, prima di andarsi a sedere su una delle poltrone, invitandolo a fare lo stesso. Ma in verità già sospettava di quello che gli avrebbe detto la pianta. 
O almeno questo era ciò che sperava.
«Hidan e Kakuzu hanno finalmente catturato il Due code e possiamo procedere con l’ennesima estrazione. » 
Esattamente ciò che si aspettava. 
Nessuna reazione colse il viso di Pain che si limitò ad annuire lentamente in modo da far comprendere che aveva recepito il messaggio, ed allora si voltò verso Konan. 
«Uno in meno. Adesso dobbiamo sbrigarci. »
«E’ stato Hidan a catturarlo, con quel suo maledetto rito l’ha quasi uccisa. Ma è stato difficile perché è diventata il Demone stesso. » continuò la parte nera di Zetsu.
«Quindi è stata in grado di controllare il proprio demone. Interessante. Dove si trova? » chiese senza ulteriori giri di parole Pain per poi rimettersi in piedi. 
«Nel Covo a Nord, Pain-sama. Inizio a chiamare gli altri? » domandò allora Zetsu sparendo nel terreno. 
«Sì, li richiamerò anche io. E’ tempo di sigillare anche il prossimo demone. » 
E gli occhi viola si puntarono verso la grande apertura che dava sulla città della pioggia.
Non c’era altro tempo da perdere, perché ogni minuto che passava si avvicinavano sempre di più al proprio obiettivo.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Please ***


Please

Un flebile vento non faceva altro che smuovere i lunghi capelli scuri di Itachi, tenuti legati dietro la schiena. Non li tagliava da parecchio tempo, ma non era una cosa nella quale si era mai applicato più di tanto. A lui importava semplicemente che non gli dessero fastidio nei momenti in cui combatteva. Probabilmente se avesse dato campo libero a Kisame si sarebbe ritrovato senza capelli, mentre era certo che a Reyko piacessero. Proprio come a lui piacevano i suoi di capelli, sottili e lisci, di quella sfumatura tendente al dorato. 
Erano sulle tracce dell’ennesimo demone, ma in verità sapevano tutti quanti che il loro obiettivo principale era catturare il Kyuubi, ma stava decisamente diventando complicato. Tutto troppo complicato perfino per lui. 
Una gamba era tenuta piegata sul pontile in legno che dava su quel lago, mentre il viso riflesso di Itachi sembrava fissare un punto indefinito sulla superficie perfetta di quel lago. Era come se quelle increspature che si creavano di tanto in tanto non facessero altro che riflettere anche il suo stato d’animo. Non c’era molto che potesse fare o nulla che potesse dire per provare a consolare chi già sapeva tutto. Ormai la sua decisione era stata presa, ma perché, allora, di tanto in tanto sperava che accadesse qualcosa ad alterare i propri piani? 
Forse non era poi più tanto sicuro di voler morire. 
E questo, ad Itachi, gli faceva davvero molta paura. Un atto egoistico laddove era richiesto un sacrificio così grande, per il proprio villaggio e per il proprio clan, era quanto di più sbagliato potesse passargli per la mente. Eppure di tanto in tanto quei pensieri lo tormentavano, rendendolo più irrequieto del solito. Di questo se ne accorgeva solamente Kisame, che da bravo amico non faceva domande se non quelle necessarie. 
Lo avrebbe apprezzato fino alla fine.
Il cielo, però, in quell’istante iniziò a rabbuiarsi ed anche piuttosto in fretta, cosa che riuscì a notare semplicemente dal riflesso sul lago. 
«Una chiamata? » domandò Kisame che invece se ne stava disteso a qualche metro di distanza lasciando che le gambe ondeggiassero fuori dal pontile. 
«Avranno nuove notizie. » rispose Itachi rimettendosi seduto in maniera composta, in modo tale da poter stare più comodo visto e considerato che da un momento all’altro si sarebbero dovuto incontrare con gli altri. 
«O forse un nuovo demone. Vogliamo scommettere qualcosa? » 
Kisame, che lo stava imitando, mettendosi a sedere, gli rivolse un ghigno da squalo, cosa che Itachi non ricambiò.
«D’accordo. » 
Sorprese davvero il compagno rispondendo in maniera affermativa, ma in fondo non c’era niente di male nell’essere almeno un po’ il vero sé stesso, quello che raramente lasciava uscire e quello che avrebbe addirittura sorriso ad una cosa del genere. 
«Fantastico. Chi vince offre da mangiare all’altro. »  
«Come se già non lo facessimo—… » sussurrò Itachi prima di socchiudere gli occhi in modo da dare inizio al trasporto nella caverna laddove l’Akatsuki si riuniva. 
Ormai i suoi occhi erano perfettamente abituati all’oscurità del luogo e risplendevano quasi di luce propria. Lo sharingan con tre tomoe era sicuramente il secondo paio di occhi che non passava decisamente inosservato fra le ombre, ed una volta giunti fin la dentro, quando apparve anche Kisame, lo sentì sogghignare perché aveva chiaramente vinto la scommessa. 
Solo qualche attimo dopo esser giunto Itachi abbassò il proprio sguardo ritrovandosi a fissare la figura di una donna, una ragazza, dai capelli biondi e gli abiti del tutto strappati. Aveva i polsi che le sanguinavano ed ovviamente riconobbe subito il simbolo della Nuvola sul suo coprifronte. Quindi, quella li, doveva essere il Jinchuuriki del demone Gatto, quella di cui le aveva parlato Reyko.
«Il demone a Due code? » domandò Kisame indicando con un dito la ragazza stesa a terra.
Qualche metro più in la vi era Hidan, con quella sua solita espressione soddisfatta, che però sembrava intento a discutere con Pain. 
«Potevamo aspettare un altro po’, stavo per finire quei bastardi della Foglia. » 
Ma Kakuzu roteò gli occhi, limitandosi ad ignorarlo, anche se tutto ciò attirò l’attenzione di Itachi. Stava combattendo contro qualcuno della Foglia, ma chi? Domandarlo sarebbe stato decisamente troppo azzardato, quindi preferì rimanere in silenzio nella speranza che quello stolto parlasse da solo. 
«No, dobbiamo sbrigarci, anche perché se le cose stanno così questa ragazza continua ad essere potenzialmente pericolosa. » ammise Pain in modo tale da zittire Hidan. 
Sia Itachi che Kisame si scambiarono uno sguardo incuriosito. Perché perfino Pain sembrava deciso a sigillarla immediatamente? E soprattutto che genere di pericolo rappresentava? 
«Pericolosa? »
Fu, allora, Kisame colui che espresse i dubbi di chi non sapeva niente, anche perché al momento c’erano solamente loro, compresa Konan. All’appello, ovviamente, mancavano Zetsu, Reyko, Deidara e Tobi, il che voleva dire che al momento opportuno sarebbero giunti. 
«Sì, questa donna è in grado di diventare il suo stesso Bijuu. Non Sappiamo bene come ci riesca ma perfino per loro è stato difficile catturarla, quindi per questo motivo dobbiamo sbrigarci. »
La spiegazione di Pain fu più che sufficiente ad instillare in Itachi il forte dubbio che Reyko sapesse qualcosa riguardo questo potere posseduto da lei. Ecco perché aveva decretato che fossero pericolosi, ma ovviamente lui non avrebbe mai osato dire qualcosa, era stata una scelta saggia quella dell’eremita. Mai rivelare tutte le proprie carte in possesso. 
In quell’istante fecero la loro apparizione dei grandi occhi gialli ed ovviamente anche gli occhi nocciola della ragazza, che si guardò intorno incuriosita prima di abbassare lo sguardo in direzione della donna stesa a terra. La vide esitare, tanto da sfarfallare le sue lunghe ciglia più e più volte, come se avesse bisogno di riprendersi. 
«Reyko—… » le sussurrò lo Zetsu bianco indicando il Jinchuuriki. «Ma non è il Demone Gatto? Non è lei ad averti sterminato l’intera famiglia? » 
Probabilmente lei stessa si rese conto di stare boccheggiando, ma in verità anche Itachi non riuscì a nascondere un’espressione particolarmente stupita dall’affermazione di Zetsu. Non aveva mai indagato su ciò che era successo alla sua famiglia e lei era stata sempre così vaga. Disse solamente che erano stati uccisi e che la colpa era del suo Kage che aveva mandato un Clan a morire, ma non gli disse mai il perché. Quindi in quella storia, il demone che adesso giaceva a terra, aveva un ruolo molto importante. 
«Ehhhh? » 
Hidan, dall’altro lato della grande sala, balzò in piedi e si diresse verso la ragazza della nuvola stesa a terra e s’inginocchiò al suo fianco. 
«Aspetta un attimo, lei ha sterminato la tua famiglia, dolcezza? » 
Odiava quando la chiamava "dolcezza". Ma usare l’Amaterasu in un contesto simile era fuori luogo. 
Reyko non sembrò voler rispondere, stava esitando, e le sue braccia erano strette all’altezza del petto, quasi come se stesse cercando un appoggio. 
«Sì—… cioè no. » 
Avrebbe davvero tanto voluta allontanarla da quella situazione fastidiosa, ma al cospetto di Pain, che stava chiaramente ascoltando con interesse quella discussione, non si poteva fare niente. 
«Che intendi dire? O sì oppure no. Non può esserci una doppia risposta e giuro che la mia domanda era semplice—… Oh, Jashin, mi farai impazzire un giorno di questi. »
L’idea che Itachi si era fatto era un’altra, ma attese una spiegazione di Reyko per confermare o meno la sua teoria. 
«E’ stato il suo demone, non lei personalmente—… lei è giunta dopo. » 
Quella voce tremante, forse perché non aveva voglia di parlare, lo spinse a rivolgerle uno sguardo alla ricerca quasi disperata dei suoi occhi scuri, che però fissavano a terra.
«Oh, quindi la gattina è giunta dopo—… a proposito, le donne della Nuvola sono tutte così graffianti come voi due? Sai, è decisamente sexy quando—… »
«Hidan! »
Ovviamente partirono in coro lui, Kisame, Pain, Konan ed anche Kakuzu, in modo tale da fermare Hidan dal dire cose inopportune. Lui lo aveva detto perché non avrebbe tollerato oltre un simile discorso, gli altri forse per proteggere l’onore dell’eremita, che in quanto donna, fra di loro, era spesso soggetta a quel tipo di battute, ma in quel caso era decisamente il caso di farlo tacere. 
«Andiamo, non ho detto niente. Stavo solo scherzando, spero non te la sia presa, eremita. » 
La ragazza aveva distolto gli occhi, perché non le andava più di guardare e si limitò a sollevare una mano, come a voler dire che andava tutto bene. 
Ma era chiaro che non andava per niente bene. 
E poi, in quell’attimo successivo, un colpo di tosse distrusse il silenzio che era calato su tutti loro, spingendo ogni persona presente in quella sala a rivolgere gli occhi in direzione della donna distesa sul pavimento in pietra. 
Aveva aperto gli occhi e si stava guardando intorno con aria stanca. Le veniva difficile respirare, visto l’affanno con cui muoveva il viso e sussurrava qualcosa. 
«Quella voce—… » 
Itachi assottigliò lo sguardo, incapace di credere a ciò che stava accadendo in quell’istante ed allora, solamente allora, la donna bionda si voltò con qualche difficoltà in direzione dell’eremita. 
«Reyko. »
Sussurrò quel nome ed allora i cuori di tutti i presenti, probabilmente, si fermarono per la sorpresa.

Doveva essere un’incubo. E dire che ci aveva pensato a lungo a come sarebbe avvenuto quel momento, ma quell’angoscia e quella sofferenza provate erano ben lontane dalle sue aspettative. Vedere il corpo morente di Yugito, distesa a terra, aveva scatenato in lei la reazione opposta a ciò che aveva immaginato. Doveva essere contenta che finalmente la causa del male degli Harada venisse eliminata, anche per mano sua. 
Ma invece sul viso di Reyko poteva esser apparso di tutto meno che la felicità. Quella donna lei l’aveva conosciuta, l’aveva vista combattere da lontano, le era parsa un’eroina da imitare quando era piccola, ed adesso eccola li, stesa su quel pavimento a pochi passi dalla morte.
Lei come doveva sentirsi? 
La logica voleva che fosse soddisfatta, ma ultimamente la logica di Reyko era andata a farsi benedire, lasciando spazio alle proprie emozioni. Era debole e si stava dimostrando tale specialmente davanti a quel cretino di Hidan, che riusciva a provocarla anche in un momento simile. Se si fossero trovati da un’altra parte lo avrebbe picchiato con tutta sé stessa, ma purtroppo erano solamente ologrammi. 
E poi giunse la voce, una flebile voce che mormorò il proprio nome. Si sentì paralizzare, come se qualcuno avesse usato una tecnica su di lei. Ogni muscolo del proprio corpo era incapace di muoversi nonostante il cervello le mandasse impulsi. Era tutto così difficile. 
Ma soprattutto, perché si era svegliata e l’aveva riconosciuta?
Lentamente, molto lentamente, si voltò nella sua direzione, sentendo tutti gli occhi di tutti puntati a dosso provò a non mostrare alcun tentennamento, ma incontrando lo sguardo supplichevole di Yugito capì che non ci sarebbe riuscita.
«Reyko—… sei davvero tu. » 
Com’era riuscita a riconoscerla nonostante tutto? Doveva essere in fin di vita e nonostante tutto stava cercando di parlarle. 
Qualcuno provò a dire qualcosa, forse Hidan, ma Reyko notò con la coa dell’occhio la mano alzata di Pain, segno che le stava dando via libera per risponderle ed il divieto assoluto, a chiunque altro, di muoversi la dentro. 
«Yugito Nii. » asserì Reyko con il tono più indifferente che si ritrovava al momento. «Non ti conviene parlare, sei in una situazione critica e sprecheresti solamente energie. »
Non che di li a poco le sarebbero servite a qualcosa, visto e considerato ciò che stava per accadere in quel posto. 
«Quando—… » un colpo di tosse colse all’improvviso la donna, che sputò sangue sporcando il terreno. «Quando abbiamo sentito dire che forse, nell’Akatsuki, c’era un eremita non riuscivamo a crederci. » 
Con gli occhi socchiusi si ritrovò a fissare il bel viso di Yugito, ormai sfregiato e tumefatto a causa del combattimento, i lunghi capelli biondi le contornavano il viso dandole un’aria quasi beata, anche se in punto di morte.
«Sorpresa. »
Troppo ironica? Fu davvero corretta la risposta data alla domanda della demone? Probabilmente no, ma doveva mantenere la propria facciata in quell’istante. Sentì Hidnn scoppiare a ridere, cosa che le diede anche un po’ fastidio, ma cercò ovviamente di ignorarlo. 
Ed allora, molto lentamente, anche se era un ologramma, si avvicinò in direzione della ragazza piegandosi sulle ginocchia in modo tale da potersi ritrovare più vicina a lei, senza darle anche la preoccupazione di dover essere sentita. 
«Che cosa ti è successo? » le domandò Yugito in un sussurro mentre delle lacrime iniziarono a rigarle il viso.
Probabilmente avrebbe tanto voluto piangere anche lei, oltre che cercare una risposta a tutto quello che le stavano dicendo. 
Che cosa le era successo in tutto quel tempo? Era davvero cambiata così tanto?
«Il capo ha sempre detto che eri una brava ragazza che però—… »
«Sta zitta, Yugito! » la rimproverò immediatamente lei, perché sapeva bene dove stesse andando a parare con quel discorso. 
«Che però ha preso delle decisioni sbagliate. »
«Fai silenzio, non costringermi a stenderti di nuovo. » 
Ci provò ad essere dura, ma i suoi occhi dicevano altro.
«Oh, adoro quando sei violenta, dolcezza, metti a tacere la gattina. » 
Hidan, probabilmente, lo sussurrò ma nessuno sembrò dargli retta, men che mai dopo aver detto quelle cose da vero idiota. 
«Ti prego—… Reyko, aiutami. » 
Quando sentì quella supplica uscire dalle labbra di Yugito ebbe davvero voglia di scoppiare a piangere perché lei era semplicemente stata sfortunata. Era il contenitore per un demone che aveva portato alla distruzione, non era lei il problema, ma ciò che aveva dentro. Poteva averlo capito con il tempo ma in quel momento non ebbe la forza di fare niente. 
Si limitò a far pressione sulle proprie ginocchia in modo tale da rimettersi in piedi e lentamente s’allontanò.
«Reyko—… ti prego. »
La sentì gemere di nuovo, ma lei non aveva intenzione di continuare la discussione che la stava destabilizzando al punto da non reggere tutto quello. 
Così si allontanò, tenendo però lo sguardo basso. Sentì ancora una volta la voce di Yugito implorarla di aiutarla e poi nuovamente il silenzio, segno che doveva aver perso i sensi a causa delle ultime energie sprecate per parlarle.
E lei, come un’insensibile, si era limitata a far finta di niente, come se tutto ciò non le facesse male. 
«Eremita—… » la chiamò Pain, cosa che la spinse a voltarsi verso di lui. 
«Scusa, Pain, non—… »
«Se vuoi andare puoi farlo, ma solamente per questa volta. Ci riusciamo a sigillarla anche senza di te. »
Quelle parole, decisamente inaspettate, la spinsero ad annuire leggermente perché non sarebbe riuscita diverto a resistere tre giorni in quel modo, alla disperata ricerca di non crollare davanti a tutti quanti. Infatti non perse tempo ed annuì prima di scomparire dopo che le venne accordato tale permesso.
Non era certa che gli altri avrebbero capito, anzi, probabilmente avrebbero addirittura considerato l’idea di una sua possibile debolezza, ma lei non era debole, stava soltanto provando ad essere più forte di quel che era in realtà. Doveva combattere contro sé stessa per proseguire la strada scelta fino a quel momento, ma non era facile. Nulla di tutto ciò sarebbe stato facile e lei ne era assolutamente consapevole. 
Si ritirò, così, da quella riunione, riaprendo gli occhi di scatto ma soprattutto con un’aria decisamente spaventata. 
E si lasciò cadere a terra, fissando il cielo grigio sopra la sua testa. Solamente allora chiuse gli occhi e sperò di potersi risvegliare in un posto totalmente differente.

Tre giorni dopo
Zetsu aveva assaporato il corpo del nuovo Jinchuuriki che era stato finalmente sigillato all’interno della statua, e lo trovò particolarmente saporito. Insomma il più delle volte era costretto a nutrirsi di scarti, ma quella donna aveva un sapore migliore rispetto agli altri. Quindi la loro missione, l’ennesima, era giunta al termine. Di certo Madara non aveva apprezzato l’iniziativa presa da Pain di congedare la propria compagna, ma questo non aveva rallentato le cose. Si era semplicemente dimostrato comprensivo nei confronti di chi poteva crollare da un momento all’altro e lui glielo aveva letto negli occhi, quando il Gatto pronunciò il nome dell’eremita. Quella ragazza, l’ennesima pedina sfruttata da Madara per i propri scopi, era una mina vagante tanto quanto lo erano tutti gli altri. Nessuno avrebbe osato anche solo far qualcosa di diverso dai piani di Madara, eppure c’era qualcuno che continuava a sfuggire al suo controllo e quel qualcuno era Itachi Uchiha. Anche se non lo dimostrava faceva sempre ciò che più gli conveniva, e lui non aveva modo di fermarlo vista la potenza. Ormai aspettavano quasi in maniera impaziente il giorno dello scontro con Sasuke sia perché quello sarebbe stato lo scontro del secolo, sia perché, molto probabilmente, avrebbero tolto dai piedi una fastidiosa complicazione quale era Itachi. Solamente in  pochi sapevano che il ragazzo avrebbe fatto di tutto per proteggere il suo paese, visto l’onore che lo caratterizzava, e questo non andava bene.
In un momento diabolico Zetsu aveva addirittura pensato di minacciarlo con Tobi facendo leva su Reyko. Ma c’era una cosa che ormai Zetsu aveva compreso sulla propria compagna: era forte, maledettamente forte con quella sua modalità eremitica. In quei momenti era come se diventasse più selvaggia, più veloce e soprattutto più potente da ogni punto di vista. Quello era il potere di un eremita, ecco perché non tutti sono in grado di ottenerlo. E sinceramente vedersela con lei in quello stato preoccupava perfino Zetsu, anche perché lui di certo non era un grandissimo combattente. 
La trovò che camminava per la foresta, ma nel momento stesso in cui lui apparve ella si fermò sui propri passi, come se lo stesse attendendo. 
«Reyko, finalmente ti ho trovata. Stai bene? » 
Ed ecco che la sua solita farsa aveva inizio, quando con la parte bianca provava a fingere di interessarsi a lei, e di solito la kunoichi ci credeva e rispondeva addirittura con dei sorrisi.
Che ingenua che era.
Ma quella volta si girò nella sua direzione con espressione decisamente infastidita. Doveva essere in giornata no.
«Sì. »
«Sai, abbiamo finito di sigillare il Demone a due code. » provò di nuovo il Bianco. «Dovresti essere contenta. »
Non disse niente per qualche secondo, perfino il suo lupo pieno di pulci rimase in silenzio accanto a lei e per un attimo ebbe paura di vedere i segni blu scuro farsi largo sul suo viso, lasciando che il potere eremitico prendesse il sopravvento. 
«Già. Lo sono. » 
Ed invece non fece niente del genere, si limitò a camminare.
«E perché quella faccia? Sai, questo è il vero compimento della tua vendetta, non sembri entusiasta. »
«Entusiasta? » fece eco lei senza voltarsi nella sua direzione. «Oh, ma infatti sprizzo entusiasmo, non lo vedi?! »
«Come mai fai così? Insomma abbiamo—… »
Ma rapidamente, molto rapidamente, essa si voltò fulminandolo con lo sguardo. 
«Abbiamo tolto di mezzo una forza portante per fare che cosa? E’ davvero la pace quella che inseguiamo? Pain parla di un mondo di odio e di guerre e vendette, dice che vuole eliminare tutto questo. Ma come lo farà? Da quando mi sono unita all’Akatsuki ho dovuto accettare quello che mi veniva detto perché erano queste le regole, in cambio potevo fare ciò che volevo. Ma ho davvero mai avuto la possibilità di scegliere? » 
Un sorrisetto increspò le labbra della parte nera, per una volta soddisfatta dall’arguzia dimostrata dalla giovane ragazza. Era meno stupida di altri, questo lo doveva ammettere, quindi lui gli doveva la verità.
«No. E lo sai bene. Non c’è modo di abbandonare l’Akatsuki a meno che non si voglia andare incontro a morte certa. »
«Ma questo non è valso per Orochimaru, o sbaglio? » 
«Lui è uno degli shinobi leggendari, non possiamo fare molto se non stare alla larga da lui e tu fai bene a ricordarti che fai parte di questo gruppo. Pain ha dimostrato pietà nei tuoi confronti, cosa che non avrebbe dovuto fare secondo me, ti consiglio di essergli riconoscente. » 
Sapeva di averla messa alle strette ma poco importava, quella era la pura verità e lei doveva rendersene conto. 
Reyko rimase in silenzio, lo sguardo adombrato a causa dei capelli che le coprivano il volto, ma poi disse una sola cosa.
«Sparisci, o ti uccido. » 
E Zetsu, sconvolto dalle sue parole, la fissò con i suoi grandi occhi gialli sgranati, tanto da rimanere di sasso ed allora decise che per il momento non doveva disturbarla.
Quella era decisamente una giornata no, e lui di morire per mano di una donna non ne aveva voglia. 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Art is death ***


Art is death

Da quando quel pallone gonfiato di Deidara era riuscito a catturare “con le sue forze” il Demone a Tre code, Tobi non aveva fatto altro che ascoltare il suo pavoneggiarsi. Parlava come un grande artista vissuto, di quanto la sua arte fosse bella. Ma ciò che realmente aveva interessato Obito era stata la sua capacità distruttiva con la sua argilla. Per Deidara tutto ciò era arte, per Obito si trattava di una tecnica interessante. Erano punti di vista diversi, ma avevano condotto entrambi a splendidi risultati. 
Era snervante, talvolta, fare lo scemo in sua presenza, ma per lo meno si era risparmiato degli scontri del tutto difficili. E poi, se doveva essere sincero, adesso nell’Akatsuki si stava anche meglio con la perdita di altri due membri. Magari Kakuzu era stato scocciante perderlo, visto e considerato che era il tesoriere ed era sempre molto attaccato ai soldi, ma il non sentire più le fastidiose parole di Hidan, beh quella era decisamente una grandissima sorpresa e soprattutto un’immensa soddisfazione. Quando gli riferirono degli scontri, visti dallo stesso Zetsu, rimase molto sorpreso dalla capacità del giovane Nara di ragionare, eppure doveva saperlo che in quella famiglia si nascondevano geni non indifferenti.
E poi c’era stato Naruto, con quel suo colpo che aveva messo fuori gioco Kakuzu. Non sapeva di che tecnica si trattasse, ma doveva avere a che fare con quella del Quarto.
Lui stesso l’aveva sperimentata tempo prima, ma era stato tanto tempo fa. 
Adesso il piano procedeva ed erano giunti agli sgoccioli, mancavano solamente due Demoni, fra l’altro due demoni difficili da quel che sapeva. Uno era il demone con Otto code, il maestro Killer Bee, l’altro era lo stesso Naruto Uzumaki. 
Era allora che tutto stava precipitando e loro dovevano necessariamente iniziare a trovare un piano per catturarli. Fra le altre cose c’era il problema di Itachi. Quel ragazzo parlava poco ma costituiva un pericolo non indifferente.
Avrebbe voluto fare qualcosa per fermarlo? Probabile, ma non c’era modo di sapere che cosa gli passasse per la testa.
Deidara era andato avanti, in modo tale da poter giungere alla base, a detta sua aveva bisogno quasi disperato di creare un po’ di nuova argilla ed il suo laboratorio era la sua stanza. Non poteva dirgli di no e soprattutto non poteva contraddire il suo adorato “Senpai”. Ma per quanto cercasse d’ingraziarsi il biondo, Tobi non sarebbe mai stato all’altezza del suo grande Maestro Sasori. Potevano anche insultarlo un giorno sì e l’altro pure, poi però Deidara ritrattava subito, dicendo che la sua arte, per quanto facesse schifo, era pur sempre arte e che un artista come lui difficilmente lo avrebbe incontrato di nuovo. 
Era così perso a pianificare la sua mossa successiva che quasi non si rese conto della figura di Zetsu che gli si materializzò dal tronco al suo fianco. In quel momento Obito rivolse verso di lui il proprio sguardo da sotto la maschera, perché odiava essere disturbato, a meno che non avesse qualche notizia interessante da fornirgli. 
«E Deidara? » domandò incuriosito la parte bianca ed ingenua, guardandosi attorno. 
«Sarà già arrivato alla base, immagino. » rispose con assoluta tranquillità Obito prima di fermarsi ed incrociare le braccia al petto.
«Oh, fantastico, così verrà intrattenuto dall’eremita. Lei è già lì. » 
«Ottimo—… meno lo sento parlare di arte meglio è. » 
Ed uno sbuffo uscì dalle labbra del ragazzo nonostante portasse quella sgargiante maschera.
Come gli sarebbe piaciuto togliersela, ma sarebbe stato solamente un pessimo modo per farsi scoprire e mandare all’aria un piano che andava avanti da anni, troppi anni. Si fermò con le braccia conserte e con la solita serietà, perché di scherzare non ne aveva voglia. 
«Che succede? »
«Ho delle notizie interessanti, davvero interessanti. » sibilò la parte nera, mentre quella bianca annuì con un ghigno divertito. 
«Parla, risparmiati questa tua farsa con gli altri. » ed allora scrollò una mano per spingere la pianta, che di tanto in tanto diventava fastidiosa, a parlare.
«Penso che questa notizia equivarrà alla soluzione di uno dei tuoi problemi. Mi è appena giunta alle orecchie ed è anche stata confermata, quindi preparati a rimanere di sasso—… »
Di certo Obito si sorprendeva raramente, dunque con tutto quel preambolo Zetsu doveva avere davvero una notizia interessante, altrimenti lo avrebbe volentieri strozzato. 
«Continua—… »
«A quanto pare Sasuke Uchiha si è rivoltato contro il suo caro maestro Orochimaru e l’ha ucciso. Ed adesso è in viaggio per il paese del Suono, reclutando altri compagni, il tutto per un semplice motivo che non tiene di certo nascosto. »
«Uccidere Itachi. » tagliò corto Obito che finalmente si animò nel sentire quelle parole.
Aveva ragione a dire che quella era la soluzione ad uno dei problemi che incombevano su di loro, quindi sorrise finalmente soddisfatto. 
«In sua compagnia dovrebbero esserci tre ragazzi, ma di loro non si sa molto. » continuò la pianta ghignando. «Allora, che te ne pare come notizia? »
«Finalmente qualcosa di buono. Da quando abbiamo iniziato a perdere membri dell’Akatsuki pensavo che le cose si sarebbero messe male per noi, ma questa cosa è perfetta. »
E lui ne era pienamente convinto, perché il ritorno di Sasuke era sinonimo di scontro, e lui, quello scontro, lo attendeva da fin troppo tempo. Obito c’era la notte in cui Itachi uccise tutto il clan e sapeva dell’attaccamento al fratello minore, colui che aveva deciso di proteggere nonostante dimostrasse il contrario. Quello scontro era la fine per Itachi, che si sarebbe sacrificato per Sasuke. In questa maniera lui, dopo lo scontro, si sarebbe tolto dai piedi il fastidioso ed onorevole Itachi Uchiha per poi prendere sotto la sua ala protettiva il vendicativo e manipolabile Sasuke.
Era tutto perfetto, perché un potere come quello degli Uchiha non poteva essere sprecato.
«Lo sapevo che questa notizia ti avrebbe reso felice. Così vedremo chi dei due Uchiha riuscirà a sopravvivere. »
Una risata sommessa uscì dalla bocca di Zetsu, che pregustava sicuramente il momento in cui le sue fauci si sarebbero richiuse intorno alle carni di uno di quei due ragazzi. Ed a lui andava bene così. Doveva solamente continuare per qualche giorno ed allora, una volta eliminato il pericolo, si sarebbe ritrovato finalmente a poter rivelare a tutti la sua vera identità, perfino a chi non lo sapeva. 
«Hai ragione—… adesso però è meglio che torni dal mio compagno o s’insospettirà, ma prima ti consiglio di avvertire Pain. » tagliò corto Obito prima di fare un cenno a Zetsu di sparire e di allontanarsi, in modo tale da continuare con quella farsa che erano le loro attuali vite. 

La stanza si Sasori era praticamente un buio laboratorio ordinatissimo. Dei pezzi di marionetta e di metallo erano depositati sulla scrivania, anche se mai più nessuno si sarebbe azzardato a sfiorare il lavoro del maestro. Non sapeva perché, ma Reyko era andata nella sua stanza a controllare che tutto fosse in ordine. Sapeva bene quanto detestasse che le sue cose venissero toccate e questa era una cosa che avrebbe cercato di impedire anche nel corso del tempo. Le finestre socchiuse lasciavano entrare sottili strisce di luce ad illuminare il luogo. 
Era stranamente rilassante stare li dentro e soprattutto sentì la mancanza della voce gentile e pacata della marionetta, che in verità stava magari insultando qualcuno o parlando della sua arte eterna. C’erano dei meccanismi posati sulla libreria, ma ciò che più incuriosito Reyko fu la grande quantità di pergamene e rotoli che vi erano poggiati. Era progetti, disegni, ingranaggi disegnati a mano, formule per unire le marionette alle tecniche di chakra. Cose che lesse rapidamente ma che rimise al proprio posto, perché non voleva distruggere niente di niente. Era quello tutto ciò che rimaneva dell’immortale figura del Maestro Sasori della sabbia Rossa.
Sistemando alcune delle pergamene che aveva preso dalla libreria, purtroppo, fece cadere tutto ciò che c’era su uno scaffale. Magari non erano tantissimi rotoli, ma la kunoichi s’abbassò immediatamente per raccoglierli e per cercare di sistemare e mettere ogni cosa al suo posto. Ma mentre sistemava un rotolo particolare, con un sigillo differente da quello degli altri, uno scorpione rosso, catturò la sua attenzione. C’era scritto a lettere cubitali la parola “Cuore”, mentre sulle altre era praticamente scontata la parola progetti. 
Sasori era un perfezionista, quindi perché c’era la scritta cuore su quel rotolo? Lo osservò con attenzione, ma in quel momento, come se non bastasse, qualcosa entrò dalla finestra, facendole dimenticare che cosa stesse facendo ed allora, solamente allora, capì che non era niente di particolarmente pericoloso. 
Una minuscola farfalla candida le svolazzò intorno al viso, spingendola addirittura a sorridere, fino a quando non si poggiò sul palmo aperto della sua mano. In quel momento un foglietto si aprì con sorprendente grazia tanto da rivelare un messaggio scritto con elegante calligrafia. 

“Reyko-san, sei cordialmente invitata a raggiungermi il prima possibile ad Amegakure. 
Mi troverai nel palazzo più alto.
Konan.”


La ragazza si limitò a leggere e rileggere quella scritta più e più volte, sorpresa come non mai dell’invito che le era appena stato recapitato decise che con Deidara, Tobi e Zetsu in giro lei doveva decisamente tenere tutte quelle cose per sé.
Anche la pergamena di Sasori, perché improvvisamente le sue parole di un tempo le rimbombarono nella testa “Non porto con me tutti i miei tesori, alcuni preferisco decismaente—…tenerli al sicuro”. Non era certa che quel rotolo potesse essere qualcosa d’importante, ma l’istinto le suggerì di metterlo in tasca con le altre cose, proprio come il piccolo foglio che le era stato recapitato da Konan. 
Non era certa di voler dire a Zetsu dove dovesse andare, ma se lui avesse insistito avrebbe tirato in mezzo anche Pain, così in tale maniera, magari, avrebbe smesso di fare domande. Anche perché ultimamente la ragazza era molto meno disposta a parlare.
Poteva anche essere stata una cosa positiva la morte di Hidan e Kakuzu, ma questo aveva spinto la ragazza ad una profonda riflessione: ormai l’Akatsuki era in possesso di tutti quei demoni, ne rimanevano pochi, ma per quanto loro potessero diventare potenti anche coloro che erano intenzionati a fermarli erano altrettanto forti. Erano stati dei ragazzini della foglia a fermare con intelligenza i due immortali e questo l’aveva spaventata. Primo perché non credeva che uno con cinque cuori ed un altro che non poteva morire fossero stati battuti. Ed allora, se lei si fosse trovata nelle loro stesse condizioni? Magari sarebbe toccata la stessa sorte di tutti quanti e ciò non le piaceva neanche un poco.
Era come se il cerchio stesse pian piano iniziando a stringersi, e prima o poi sentiva che tutto ciò sarebbe potuto capitare anche lei. Cercò di distogliere i propri pensieri verso sponde tanto negative, e questo anche perché in quel momento sentì Deidara urlare, dal piano di sotto, inveendo contro Sen. La kunoichi si limitò a roteare gli occhi, esasperata dall’ennesimo litigio che avrebbe dovuto sedare, quindi rimise le cose in tasca ed uscì alla svelta, anche perché non voleva farsi trovare all’interno della stanza ormai vuota di Sasori. Richiuse la porta alle proprie spalle, uscendo così sul corridoio in legno e rapidamente scese le scale, saltando agilmente gli scalini a due a due, fino a quando non atterrò sul pavimento del piano terra, notando allora l’ennesima scenetta che avrebbe anche dovuta farla ridere. Il biondo dinamitardo stava letteralmente tenendo lontano da sé un Sen ringhiante, che gli mostrava i canini snudati, e questo non la stupì neanche un poco.
Con un singolo schiocco delle dita la ragazza lo richiamò all’ordine, ed ovviamente il lupo le obbedì in maniera repentina, andandosi a strusciare tra le gambe della propria padrona, come se volesse essere consolato per ciò che era appena accaduto. Ed ovviamente Reyko s’abbassò sulle ginocchia andando a carezzare il compagno di sempre, dinnanzi ad uno sguardo più che sdegnato di Deidara. 
«Ma tu e quel pulcioso la smetterete mai di manifestare tanto affetto? » 
La voce del biondo giunse alle sue orecchie prima di vederlo buttarsi a terra quasi morto. 
«Ti da tanto fastidio? » chiese Reyko continuando a carezzare Sen, prima di mettersi a sua volta seduta a terra. 
«In verità no, ma quel pulcioso non perde mai l’occasione di provare a mordermi. »
«E tu che cosa gli fai? »
«Io??? » e Deidara, con fare melodrammatico, portò entrambe le mani al petto. «Io non gli faccio niente, sono un angelo. E’ lui che fa tutto da solo. »
«Immagino—… intanto inizia a non chiamarlo pulcioso, e magari lui inizierà a non ringhiarti più. »
Lo sentì brontolare qualcosa ed allora lo vide rigirarsi supino sul pavimento, incrociando entrambe le braccia. 
«Andava d’accordo solo con Sasori, secondo me lo facevano di proposito tutti e due. »
«Mhm—… » mugugnò lei sentendo parlare del buon vecchio maestro, ed allora sospirò. «Forse, ma non è mai troppo tardi per provare ad instaurare un rapporto. All’inizio io e Sen ci odiavamo ed adesso guarda come siamo finiti. »
E con un gesto indicò il lupo che aveva poggiato il muso sulle sue gambe, mentre si lasciava accarezzare con delicatezza. 
«Bah—… i miei animali di cera non necessitano delle coccole. »
«Prova ad accarezzarlo, magari scoprirai che non ti dispiace. »  lo esortò la ragazza facendo cenno di avvicinarsi, ma in quel momento, dal pavimento, iniziano ad apparire una figura fin troppo conosciuta.
Dovette cercare con tutta sé stessa di non urlare per la paura, vista l’apparizione improvisa di Tobi che in quell’istante volse la maschera arancione nella sua direzione. Ed allora, forse, le parve di cogliere un bagliore rosso oltre quella copertura. Itachi, non molto tempo prima, le aveva detto chiaramente di star lontana da lui ma soprattutto di stare attenta, e così, in maniera automatica, i propri muscoli andarono in tensione assoluta. 
«Reyko-senpaiii! Deidara-senpaiiii! Che bello rivedervi, di che cosa stavate parlando? » domandò con quel suo tono cantilenante ed allora la ragazza rimase sempre più sconvolta. 
Le aveva detto chiaramente che quell’uomo era Madara Uchiha, ma come poteva essere colui che aveva aiutato Itachi nel compiere quella strage? Era addirittura uno dei fondatori della Foglia, o almeno questo era cià che aveva letto. Eppure sembrava solamente uno stupido, cosa che forse voleva far credere a tutti quanti
«Nulla d’interessante, Tobi, non rompere. » lo liquidò il biondo al posto di Reyko, cosa che la ragazza apprezzò parecchio. 
«Andiamo, Deidara-senpai, non fare così, non ho detto nulla di male. Il povero Tobi veniva solo a portare una notizia. » 
Nel dire tali parole Tobi si portò entrambe le mani al petto e si distese accanto a Sen provando a poggiare il viso sulle gambe di Reyko, cosa che la ragazza evitò rimettendosi rapidamente in piedi. 
«Dicci tutto, Tobi! »  continuò l’eremita lanciandogli un’occhiataccia. 
«Reyko-senpai, non arrabbiarti anche tu. Già Deidara-senpai, con le sue stup—… » ma s’interruppe quando entrambi i ragazzi lo guardarono male. «Ende. Stupende, non stupide, creazioni è sempre arrabbiato, non voglio che lo sia anche tu. Comunque, visto che siete due musoni, vi dico solo che Pain-sama vuole incontrarci tutti quanti adesso. Zeus è andato ad avvertire Itachi e Kisame. »
Crcò di nascondere una smorfia infastidita quando sentì quelle ultime parole, sicuramente era andato ad avvertirli personalmente perché voleva soltanto controllarli, e questo lo avrebbe capito chiunque.
In pratica c’era un gioco sott’inteso che stavano mettendo in atto, qualcosa di cui solo alcuni si rendevano conto, ed ad esempio Deidrata sembrava essere al di fuori di tutto ciò.
«D’accordo. » mormorò la ragazza dando le spalle ad entrambi mentre la sua mente elaborava pensieri su che cosa avesse spinto il leader a richiedere una rapida riunione. 
«Allora dobbiamo andare. Adesso, Reyko-senpai. » 
Ovviamente Tobi, che per una volta pareva serio, non sembrava ammettere repliche, per questo motivo la ragazza si andò nuovamente a sedere, lontana da quei due, ma con Sen al proprio fianco, e si preparò per andare a proiettarsi nel loro covo, anche perché doveva sbrigarsi se voleva andare a trovare di presenza Konan, cosa di cui non avrebbe fatto parla con nessuno.

Qualche ora dopo
Quando riaprirono gli occhi il cuore di Reyko fu come se si fosse fermato nel proprio petto, perché fra tutte le notizie quella fu di gran lunga la più agghiacciante. Potevano comunicarle che altri membri erano stati uccisi, che i Bijuu si erano liberati dalla statua, che erano braccati. Ma nessuna di tali notizie avrebbe avuto lo stesso effetto di ciò che Pain aveva comunicato loro quel giorno. 
Lentamente, molto lentamente, si ritrovò a doversi appoggiare al tavolino in legno del grande salone, mentre i grandi occhi scuri erano puntati in una zona fissa nel vuoto dinnanzi a sé. 
La situazione era peggiore di quanto si sia potuta immaginare e quella notizia ne era la prova lampante. Forse smise di respirare, per ad un certo punto fu certa di aver avuto bisogno di inspirare così tanta aria da far male, perché Pain aveva appena annunciato la catastrofica notizia della fuga di Sasuke e della morte di Orochimaru. 
Reyko aveva meditato a lungo su quel ragazzo da quando ne era venuta a conoscenza, sapeva personalmente quanto la vendetta fosse un deterrente per aumentare la propria forza, ma non fino a quel punto. Si trattava pur sempre di un ragazzo, un po’ più piccolo di lei, che era riuscito con le sue forze ad eliminare uno dei Ninja leggendari.
Una grandissima mente oltre che fondatore di un intero paese ed un genio. 
E quel ragazzo, quel vendicatore, stava esattamente cercando Itachi. Il fratello di cui voleva vendicarsi. 
Aveva riflettuto a lungo sulle potenzialità di quello scontro ed era giunta a conclusione che Itachi avrebbe benissimo potuto combattere contro qualcuno del genere e che ne sarebbe uscito vincitore nonostante la forza che Sasuke doveva possedere. Ma adesso, con quella notizia, ovviamente era stato tutto cancellato. Chi uccideva un leggendario era praticamente incredibile. Era certa delle potenzialità di Itachi, le aveva spiegato dell’Amaterasu ed anche del suo Susanoo, che effettivamente non riusciva ad immaginarsi, ma tutto ciò sarebbe bastato per mettere al tappeto quel ragazzino? 
Era come se in quel momento le possibilità della sua imminente morte, per cercare di scontare i suoi crimini, stesse diventando sempre più reale e tangibile.
E lei aveva paura.
Aveva paura di quello scontro immane, non era neanche certa di esser lei in grado di contrastare quel Sasuke.
Aveva paura delle conseguenze.
Ma soprattutto aveva paura di perdere per sempre Itachi. 
Si era ripromessa di accettare con serenità la cosa, perché gli shinobi non piangono per la morte dei compagni, ma lei non riteneva più di essere una kunoichi come tutti gli altri. 
Furono le urla del biondo a ridestarla dallo stato di trance nella quale era caduta, cosa che la spinse a voltarsi in direzione di Deidara. 
«AHHH! Adesso gli farò vedere io, a quel bastardo con lo sharingan, di cosa sono capace. »
Ecco cosa andava urlando mentre si rimetteva in piedi. 
Lui, a differenza di Reyko, sembrava esaltato dalla cosa, perché non solo Pain aveva espressamente detto che Sasuke stava diventando pericoloso per l’Akatsuki, ma anche che qualcuno doveva fermarlo. In un primo momento si era proposto lo stesso Itachi, cosa che costrinse Reyko a lanciargli uno sguardo preoccupato come non mai, ma poi fu Deidrata ad avere la meglio. In fondo lui voleva vendicarsi di qualcosa contro chi aveva lo sharigan, non era certa di capirlo, ma sicuramente non era la migliore delle idee.
Cercò quindi di fare mente locale alla ricerca disperata di quello che avrebbe potuto dirgli per destarlo dall'idea. 
«Andiamo, Deidara, ha ucciso Orochimaru, vuoi fermarti a ragionare? »
«Reyko, ascoltami, ne va del mio onore di artista. Quello stronzo di suo fratello mi ha costretto ad entrare nell’Akatsuki con l’inganno del suo sharingan, secondo te non ho imparato a resistere? Ho studiato anni per questo. » e le mostrò un sorriso convinto come non mai prima di mettere una mano in tasca alla ricerca della propria argilla. «E riuscirò a sconfiggere il fratellino di Itachi,  così quando me la vedrò con lui per vendicarmi non avrò alun problema »
Ecco, l’ennesimo esaltato che voleva vendicarsi, ma la sua vendetta era meno forte rispetto a quella del fratello di Itachi. 
Immediatamente Reyko si mise in piedi e sbatté un pugno contro il muro. Se lo avesse fatto nella sua forma eremitica, probabilmente, avrebbe buttato giù l’intera casa. 
«Sei un bambino. E non ti rendi conto della pericolosità di quel ragazzo. » 
«E tu sei proprio una stupida certe volte, Reyko. Anche noi siamo quelli pericolosi ed è lui a doversi spaventare del mio arrivo, non il contrario. » la provocò il biondo puntandole una mano che usciva la lingua. 
«Scommetto che Deidara-senpai riuscirà a sconfiggere Sasuke Uchiha! » cinguettò Tobi mettendosi nuovamente in mezzo e sollevando entrambe le braccia al cielo. 
«Stai zitto, Tobi! »
Urlarono in coro i due, perché qualsiasi commento da parte sua era decisamente inutile. Infatti Tobi si fece piccolo, e si avvicinò alla figura di Sen, che però gli ringhiò. 
«Non m’importa di quello che dici, Reyko, io andrò a combattere contro Sasuke dopo di che, se anche tu vorrai una dimostrazione di quanto la mia arte esplosiva sia potente, ti accontenterò. Ora scusami, ma devo andare a prepararmi per un combattimento interessante. »
Reyko, nel sentire le sue parole, lo guardò male, assumendo un’espressione decisamente infastidita. 
«Sei un montato e la tua arte, prima o poi, ti porterà alla morte. » urlò in risposta al ragazzo prima di voltarsi a sua volta facendo segno al lupo di seguirla.
Non aveva intenzione di discutere oltre con Deidara, anche perché tanta testardaggine era difficile da contrastare e di questo ne era certa come non mai. Doveva solamente sperare che fosse davvero in grado di riuscire ad abbatterlo prima che riuscisse a giungere da Itachi. Magari sarebbe andato tutto bene, cosa in cui sperava con tutta sé stessa, ma la parte più razionale le sussurrava un imperterrito “No!”. 
Avrebbe dovuto provare a fare qualcosa lei stessa. E se anche Reyko avesse provato a battersi contro Sasuke? No, anche quell’idea era troppo e così sarebbe andata contro il desiderio di Itachi, ma come fare per placare tutta quella situazione?
Doveva arrendersi all’inesorabilità delle cose oppure avrebbe cercato con tutta sé stessa di provare a cambiarle?
Ovviamente rifletté su questo mentre riprese le proprie cose ed iniziò a correre fuori dalla porta d’ingresso, uscendo dalla base. 
Non salutò nessuno, perché tanto non ne valeva la pena. In quel momento però doveva dirigersi alla svelta ad Amegakure, dove Konan l’attendeva anche con impazienza. 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Women ***


Women

Quando le avevano parlato del Paese della Pioggia Reyko non aveva pensato che effettivamente, su tali terre, la pioggia fosse una cosa continua. Da quando si era avvicinata ad Ame non aveva fatto altro che bagnarsi, tanto da aver addirittura paura che Sen si fosse beccato il raffreddore. In fondo il lupo non era abituato alle piogge, ed a lui l’eremita rivolgeva sempre un’attenzione speciale. Con il cappuccio che le copriva il viso era stata fatta passare nel momento stesso in cui uno degli shinobi a guardia della porta aveva visto il lupo. Probabilmente Konan doveva averli allertati del suo arrivo, infatti non solo venne accolta ma una di loro, una ragazzina, la condusse lungo le vie della città verso quello che era il palazzo più alto. 
Durante il viaggio, che era durato a mala pena mezza giornata, non aveva fatto altro che leggere e rileggere quel bigliettino che le aveva fatto recapitare, ed allora si domandava quale potesse essere il motivo che la richiedeva anche con discreta urgenza. Che avesse scoperto qualcosa di grave su di lei? Magari si sentiva irrequieta, forse perché purtroppo ha sempre visto Konan come una donna bellissima, perché era davvero piacente, ed anche irragiinibile, con una tecnica così elegante da mettere la sua forza bruta in secondo o terzo piano. Una volta aveva addirittura provato ad essere più “elegante” come lei, ma si era beccata un’occhiata scettica di Sen così aveva deciso di lasciar perdere. Era altrettanto sicuro che una volta giunta li vi sarebbe stato perfino Pain. Magari era una sua idea e l’aveva fatta convocare da Konan semplicemente per essere certo che l’eremita sarebbe giunta fin li.
Insomma, tutto ciò non la metteva di certo a suo agio, così quando si fermò ai piedi del grande palazzo non perse tempo a salire perché ormai dovevano essere stati allertati della sua presenza ad Ame. 
A differenza degli altri paesi dov’era stata e cresciuta Ame era totalmente ricostruita dalle macerie e dal ferro. Infatti il palazzo centrale ne era la piena rappresentazione. Impotente e spettrale, giusto per incutere timore, ma questo non la spaventò neanche un poco. Quando infatti oltrepassò la porta all’ultimo piano, laddove le aveva dato appuntamento la donna, si ritrovò in un’ampia stanza spoglia, con una grande apertura che dava sulla città. Non vi era alcun vetro a schermare dalla pioggia esterna e questo rendeva il posto decisamente poco accogliente. Delle poltrone, al centro della stanza, erano le uniche cose che addobbavano quel posto spoglio, e su una di esse la silente figura di Pain era poggiata. Teneva le gambe accavallate in maniera perfetta, mentre i grandi occhi viola fissavano il vuoto, almeno fino a quando non la sentì arrivare. Fu allora che lo sguardo del rinnegan si poggiò sulla figura di Reyko, facendola rabbrividire. Da quando aveva conosciuto Pain non aveva fatto altro che temere per le sue doti ed anche per quell’aspetto inquietante. Aveva decisamente troppi piercing in giro per il viso, cosa che all’eremita non piaceva parecchio, e solamente dopo qualche secondo il ragazzo si mise in piedi. 
Era alto, forse più alto di quel che sembrava nelle caverne, ed i capelli arancioni erano scombinati perfettamente in linea con quel suo aspetto da delinquente. 
«Eremita. » disse con quel suo solito tono apatico, prima di raggiungerla fermandosi esattamente davanti a lei. «Finalmente sei giunta ad Ame. »
«Pain-sama. »
Con cortesia anche la ragazza chinò il capo, smuovendo i capelli bagnati ed ancora appiccicati al suo collo.
Ci fu qualche attimo di silenzio e d’imbarazzo, almeno per Reyko, ed allora sentì il leader continuare. 
«Stai tranquilla, non usare tutto questo riguardo nei miei confronti, non sarebbe da te. »
Lentamente Reyko lo guardò in viso, cercando di scorgere qualche traccia di menzogna o di presa in giro, ma non vi lesse niente se non la più vuota delle espressioni. 
«Non—… non è mia intenzione mancarti di riguardo e se sono qui per—… »
Ma Pain sollevò una mano come a volerla fermare dal dire altro. 
«Lo so cosa stai pensando. Ma non sono stato io farti chiamare usando semplicemente Konan come mezzo di comunicazione. E’ stata una decisione dell’Angelo che arriverà a momenti. » 
L’aveva chiamata Angelo e nel pronunciare quella parola fu quasi più gentile del solito, cosa che Reyko apprezzò. Doveva possedere una forte ammirazione per Konan e questa era la prima volta che effettivamente lo dimostrava. 
Così la ragazza sorrise, abbassando lo sguardo ed anche un po’ più serena del previsto, considerato che il timore di aver sbagliato qualcosa aveva iniziato ad insinuarsi in lei. 
«D’accordo, allora mi fido—… » 
«Il tuo lupo? Dove lo hai lasciato? Poteva salire anche lui, non abbiamo nessun obbligo sugli animali. » continuò Pain allora, allontanandosi di qualche passo ed intrecciando le mani dietro la schiena.
«Sen è rimasto di sotto, doveva asciugarsi e non mi andava di farlo stancare ulteriormente. »
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche istante prima di studiarla con gli occhi viola.
«Sei sempre stata un soggetto interessante nell’Akatsuki, e non solo per il lupo, ma per questa tua forma di gentilezza che cerchi di nascondere con un carattere irriverente, di tanto in tanto, ma soprattutto schivo. » 
Sulle labbra della ragazza, ovviamente, s’andò a delineare un sorrisetto sghembo, quasi stanco perché purtroppo Pain aveva colto al volo ciò che era davvero Reyko. 
«E questo è per caso un problema? »
«Al contrario. E’ interessante, appunto. »
Interessante? Reyko inarcò un sopracciglio, leggermente confusa da quelle sue parole e cercò di scuotere la testa alla ricerca di una risposta intelligente.
«E tu invece sei sempre così misterioso. Ad esempio, come hai fatto ad avere il Rinnegan? » domandò in un soffio la ragazza continuando a sorridergli ed incrociando le braccia al petto.
«Sai, non è una cosa che tutti possono avere. Devi essere speciale per possedere un dono simile.»
Fu allora che gli occhi viola intrisi di potere la scandagliarono con attenzione, tanto da provocarle un brivido lungo la schiena.
«Potrei dire lo stesso delle tue arti eremitiche. Quanto ne sai del Rinnegan? »
«Abbastanza da sapere che era il dono del Maestro dei Sei cammini. Erano soltanto leggende. Con quell’occhio sei davvero un Dio, in fondo è così che ti definiscono così ad Ame da quel che ho intuito. » Reyko allora picchiettò un dito contro le rosee labbra. «Però c’è una cosa che ancora non capisco.
»
Pain si andò nuovamente a sedere su una di quelle poltrone e con un gesto della mano la invitò a fare altrettanto, da perfetto padrone di casa.
«Dimmi pure, Reyko. »
La ragazza esitò, incerta se porre la propria domanda o meno, ma visto che Pain sembrava ben disposto a parlare decise di azzardare.
«Perché stai facendo tutto questo? I Bijuu? La pace? E’ davvero questo il tuo scopo? Insomma ad Ame sembra tutto così perfetto. Che cos’hai intenzione di fare? »
Probabilmente dovette aver toccato un tasto importante perché in quel momento il suo interlocutore, per la prima volta, abbandonò la sua espressione pacata. 
«Il nostro mondo, cara eremita, è stato martoriato da guerra e sofferenza. Odio che genera solamente altro odio. Vendetta che porta ad altra vendetta. E tutto questo non fa altro che creare un circolo da cui la nostra odierna civiltà non riuscirà mai ad uscire. E’ per colpa di tali sentimenti che il nostro mondo è in rovina ed io—… con questo piano, riuscirò a riportare la pace in tutte le nazioni. »
Il suo modo di parlare, perfetto e coinvolgente, era da vero leader. Riusciva ad incutere timore e sicurezza allo stesso tempo, quasi come se la stesse davvero convincendo di ciò che diceva. 
«E come pensi di riuscirci? Insomma abbiamo estratto tutti quei demoni, ne mancano ancora due—… e non ci hai mai rivelato tutto il piano. »
«Reyko—… » sussurrò il suo nome come se ci fosse qualcosa di pericoloso in esso. «Tu non preoccuparti, sta andando tutto bene. »
Stranamente la kunoichi strinse i pugni, perché quella risposta non le andava bene neanche un poco. I suoi compagni si stavano facendo ammazzare per un piano che non conoscevano fino in fondo, lei stessa rischiava la vita per questo motivo.
E Pain che cosa faceva? Le diceva di non preoccuparsi?
La sua pazienza aveva un limite e lei stava per oltrepassarlo. 
«Come faccio a non preoccuparmi? Insomma tu stai qui nella tua torre a giocare a fare il Dio mentre noi altri andiamo in giro rischiando ogni momento della giornata. »
Per un attimo ebbe paura, visto lo sguardo che le lanciò Pain, di stare per iniziare uno scontro, ma il ragazzo fece solamente un profondo sospiro e portò una mano a sorreggere la propria fronte.
«Lo so, ma ho dei doveri da compiere qui nella mia città. »
«E’ una risposta da vero idiota, lo sai vero?! » lo provocò nuovamente lei guardandolo male. 
«Ecco il lato irriverente di cui parlavo prima. »
«Smettila di analizzarmi e rispondi seriamente—… » 
Avrebbe probabilmente continuato ad istigarlo, fregandosene  del fatto che lui era il loro Leader, almeno fino a quando non arrivò la figura di Konan, che si compose dinnanzi ai loro occhi grazie a mille farfalle di carta. Reyko rimase tanto affascinata dalla cosa che non ebbe più le parole necessarie per continuare quel discorso con Pain, e lui, altrettanto perso ad osservare la sua compagna, sembrava guardarla come si guarda qualcosa di bello ed irraggiungibile.
Che rapporto avevano loro due?
«Reyko! » e Konan, che di solito si mostrava davanti agli altri con la sua espressione seria, si rivolse alla ragazza con estrema cordialità tanto da accennare un sorriso. «Perdona il mio ritardo, ma dovevo controllare che in città andasse tutto bene. »
L’eremita schiuse le labbra per parlare ma poi abbassò lo sguardo e sorrise a sua volta.
«Non preoccuparti, anzi, spero di non essere io troppo in ritardo.
»
La ragazza dai capelli violacei le fece cenno di no, ed allora le sue iridi ambrate incontrarono gli occhi viola di Pain e sembrò che fra di loro si fosse appena instaurato un discorso mentale. Rimasero qualche istante a guardarsi, e lei si sentì in imbarazzo ad essere li in mezzo.
Forse era così che ogni tanto Kisame si sentiva quando Reyko ed Itachi si ritrovavano a fissarsi negli occhi. 
«Adesso vi lascio ai vostri discorsi fra donne. » mormorò all’improvviso Pain, voltandosi per dar loro le spalle mentre si dirigeva verso l’uscita. «Reyko. »
Lo guardò allontanarsi senza dire niente, confusa sempre di più dal perché di quella chiamata. Era chiaro che poco avesse a che fare tutto ciò con il loro piano, quindi Reyko rimase immobile e solamente dopo guardò di sbieco l’angelo. Schiuse le labbra per parlare ma Konan fu più veloce di lei. 
«Spero che le parole di Pain non ti abbiano offesa in alcun modo. Lui, certe volte, sa essere un po’ brusco—…-»
«In realtà penso di essere stata io quella brusca ed anche invadente, ma questa non è una novità.
» replicò Reyko scrollando le spalle come se non l’avesse fatto di proposito. 
«Non sei stata invadente. Ho sentito solamente poche parole della vostra discussione e ritengo tutto ciò che hai detto fin troppo veritiero. Non mi piace tenere all’oscuro tutti quanti gli altri, siamo un gruppo, ma è anche per la vostra sicurezza se non vi diciamo nulla a riguardo. »
L’eremita tornò a studiarla con attenzione, assottigliando i grandi occhi scuri in direzione di Konan. 
«Facciamo che vi credo. D’accordo? Non abbiamo bisogno di sapere altro. »
Si sentì quasi dispiaciuta per aver forzato la mano con lei, quindi abbassò lo sguardo. 
«Grazie—… » e Konan sorrise e si mosse in direzione della grande apertura da cui lei stessa era giunta, facendo un cenno col capo di seguirla. «Dimmi un po’ come vanno per adesso le cose? Ti ho visto parecchio nervosa ultimamente. L’esperienza del Due Code non deve essere stata facile per te. »
Fu allora che l’eremita, sorpresa come non mai, rischiò di trattenere il fiato più a lungo del previsto, così poi sospirò e scrollò le spalle, con aria annoiata. 
«Vanno. Non mi aspettavo di essere riconosciuta, scusami se non sono riuscita a partecipare all’estrazione. »
«In verità se Pain non ti avesse fatta andare l’avrei fatto io stessa. Posso solo immaginare il dolore, la frustrazione e soprattutto la confusione in quegli attimi. »
Konan era gentile, così gentile che mai avrebbe immaginato un carattere simile associato ad una ragazza quale era lei. Il secondo in comando dell’Akatsuki possedeva un cuore. 
«Hai ragione, non è stato facile. Purtroppo al momento non c’è nulla di facile. »
Esitò anche lei nell’ammettere quelle parole, tanto da non guardarla negli occhi, infatti si affiancò a lei sul bordo dell’apertura che sembrava una bocca, e poi lasciò che lo sguardo vagasse sulla città ai loro piedi. 
«E’ proprio di questo che volevo parlarti. » 
Il cuore di Reyko iniziò a battere più veloce del previsto, forse perché erano giunte celermente al punto centrale di quella convocazione. 
«Di cosa con esattezza? »
«Ho notato da un po’ di tempo a questa parte la tua apprensione nei confronti di—… »
«Non dirlo, ti prego. Non voglio parlare di lui. » la fermò immediatamente la ragazza pronta ad allontanarsi perché non era di certo intenzionata a fare delle chiacchiere fra donne. 
«Invece sì, ti dirò quello che penso e tu mi ascolterai perché sei una ragazza intelligente. » 
Il tono di Konan non sembrava ammettere repliche, tanto che Reyko riuscì ad esser messa a tacere prima ancora di risponderle. 
«So, o meglio, ho intuito che sei preoccupata per Itachi, specialmente dopo la notizia di ieri. »
Purtroppo, per quanto l’eremita non volesse ammetterlo, Konan aveva maledettamente ragione, infatti annuì anche se il suo viso s’adombrò. 
«Ma del problema si occuperà Deidara, giusto?! »
«Quanta fiducia hai in Deidara? Rispondimi sinceramente. »
Maledizione, il discorso era più pericoloso del previsto. 
«Non troppa, anche se mi dispiace ammetterlo. »
«Lo immaginavo. Ho visto il modo in cui entrambi vi guardate quando c’è una minaccia in avvicinamento e credo vivamente che questo fratello minore sia una minaccia non indifferente per Itachi. Lui è stato uno dei nostri primi membri, eccellente in qualsiasi cosa faccia e silenzioso al punto giusto. Ma ho come la sensazione che sia in pericolo al momento. »
Purtroppo Konan era riuscita, con intelligenza, a metter su un quadro completo che rispecchiava la realtà dei fatti, e questo faceva male. 
«Ammesso e concesso che sia davvero preoccupata per lui, che cosa posso fare? Non è una cosa che riguarda me. E’ una questione fra fratelli. Io non posso fare niente.»
Gli occhi ambrati dell’angelo si poggiarono sulla figura di Reyko, intenta ancora a guardare la città ed un sorriso gentile si fece largo sulle sue labbra. 
«Sai, sono più grande di te e vorrei tanto dirti che nel corso degli anni ho imparato qualcosa. Quegli sguardi che vi scambiate o la preoccupazione reciproca, non sono di certo cose che si possono replicare. » ed il tono della ragazza s’abbassò impercettibilmente. «Se trovi qualcuno con cui puoi condividere tutto ciò devi approfittarne perché non sai mai quale potrebbe essere il vostro ultimo momento insieme, e questo te lo dico per esperienza personale. »
In quell’attimo, solamente allora, Reyko si voltò repentina verso di lei, stupita da quell’affermazione mentre una sola domanda si fece largo nella sua mente.
«Che vuol dire? Come fai—… no. Aspetta. Io ero sicura che tu e Pain—… »  non riuscì ovviamente a formulare un discorso completo, cosa che la fece sentire ancora più stupida del solito. 
«E’—… complicato, Reyko, e non voglio annoiarti con le storie del mio passato visto e considerato che non c’è molto tempo da perdere. »
«Non mi stai annoiando, Konan, ma io ero sicura—… insomma anche voi vi guardate in quella maniera. »
«Hai ragione, Pain è mio ed io sono sua, ma non nella maniera che pensi tu. Il mio vero amore si chiamava Yahiko e purtroppo l’ho perso tempo fa, quando non sono stata in grado di fare nulla per salvarlo. »
Quelle parole furono un colpo al cuore per Reyko che sentì i propri occhi iniziare a bruciarle, cercando ovviamente di cacciare indietro le lacrime. 
«Perché non hai fatto nulla per salvarlo se era il tuo vero amore? » 
«Perché sono stata debole e non ci sono riuscita. » sussurrò Konan sempre con gentilezza tale da metterle inquietudine e tristezza allo stesso tempo. «Ma non fare quella faccia, Reyko, è passato del tempo ma il suo ricordo ed il suo viso sono sempre con me. »
«Se tu sei stata debole allora come pensi che io possa riuscire a fare una cosa simile? Sempre se Deidara dovesse fallire. »
Improvvisamente fu come se un groppo in gola le si fosse formato, tale da renderla impotente agli occhi dell’unica compagna. 
«E’ questo il punto. Non voglio che tu commetta il mio stesso errore se dovesse ripresentarsi una situazione simile, Reyko. Dovrai reagire con lucidità se ce ne sarà bisogno, capisci? » 
Perché ultimamente ogni volta che il discorso prendeva una piega sentimentale, tale da toccare i suoi tasti dolenti, aveva una gran voglia di scoppiare a piangere? Cercò con tutta sé stessa di trattenersi, ma gli occhi dicevano altro. 
«Perché mi stai dicendo tutto questo? Che motivo hai, tu, di dirmi una cosa simile? » domandò con un filo di voce prima di guardarla di sbieco. 
Konan sembrò esitare alla domanda postale dall’eremita, ma poi una serie di farfalle di carta iniziarono a sciamare intorno alle due ragazze. 
«Perché siamo donne e dobbiamo aiutarci fra di noi. » 
Quella risposta bastò per spingere Reyko ad annuire abbassano però il capo, mentre Konan continuava a sorridere lasciando che le sue farfalle girassero loro intorno. 
«Hai ragione—… mi dispiace non essere stata il massimo della compagnia in questi anni. » 
«Potrei dire lo stesso io. Ti ho lasciata in compagnia di alcuni psicopatici che ringraziavo di non dover incontrare. Non deve essere stato facile. »
Quell’affermazione riuscì a strappare una risata divertita da Reyko, che si passò il dorso della mano sugli occhi in modo tale da asciugare possibili lacrime. 
«Li  ho saputi tenere a bada. »
«Ottimo lavoro, eremita dei lupi. » sussurrò Konan prima di lasciare che le farfalle tornassero sul suo corpo, in un jutsu assolutamente stupefacente. 
«E grazie per il consiglio, non penso di averne mai parlato con nessuno. » continuò la ragazza scuotendo i capelli biondi lasciando che essi ricadessero sulle sue spalle. 
«Figurati, te l’ho detto, era semplicemente di questo che volevo parlarti. Niente piani, niente demoni, niente nemici. Solamente di te. E’ una cosa che spesso ci dimentichiamo di fare, non trovi? »
Aveva ragione su tutta la linea, cosa che la spinse ad annuire con aria sconfitta ma allo stesso tempo sentendosi più leggera. Konan con quella sua aria aulica sembrava essere davvero molto più saggia di quanto in verità non fosse Reyko e la ringraziò mentalmente per le parole d’incoraggiamento che aveva avuto per lei. Magari sarebbe stato bello, forse fin troppo, potersi dimenticare di ciò che succedeva all’esterno mentre conversava piacevolmente in compagnia dell’Angelo.
Avrebbero dovuto rifarlo altre volte, quando magari le cose sarebbero andate un po’ meglio.
Fu proprio con questa promessa che Reyko e Konan si lasciarono. 


Il giorno seguente
Quando Zetsu si allontanò da loro Itachi attese con pazienza che la pianta s’allontanasse del tutto, in modo tale da esser certo che al momento non vi era più nessuno in loro compagnia. Odiava essere colto di sorpresa, ma il potere di Zetsu era differente da qualsiasi cosa lui avesse mai conosciuto. Eppure le notizie che gli riferì non erano nulla di nuovo, anzi, erano esattamente ciò che si era aspettato fin dal momento in cui Deidara si propose per andare a fronteggiare suo fratello. Lo scontro, a detta di Zetsu, era stato impeccabile da entrambe le parti e che a quanto pareva Deidrara aveva avuto, più che altro, sfortuna.
Il fulmine batte la terra e considerato che Sasuke sapeva usare alla grande le tecniche di fulmine lo scontro di Deidara era segnato in partenza. 
Non lo sorprese neanche un poco sapere che dunque, il perdente, era stato il loro compagno e che adesso toccava a lui. Aveva personalmente detto alla pianta che lo scontro era ciò che più desiderava e che finalmente il suo sogno stava per avverarsi. In fondo avrebbe testato le capacità di Sasuke, quella non era una cosa negativa, solo che alla fine ci sarebbe dovuto essere un solo vincitore: suo fratello. 
Era tutto perfetto, un piano che portava avanti da troppo tempo e che finalmente stava giungendo a compimento.
Finalmente tutto il proprio dolore sarebbe svanito, anche se negli ultimi tempi un bagliore di luce era riuscito a schiarire le tenebre che attanagliavano il proprio cuore. Solamente per questo motivo aveva avuto un momento di crisi interna, cercando di capire che cosa fare, ma il proprio onore e la lealtà verso il suo paese erano così forte da averlo spinto a compiere quell’ultimo folle gesto. 
Lui sarebbe morto in seguito allo scontro con Sasuke ed allora i suoi crimini sarebbero stati espiati una volta per tutte. 
La vita era una gabbia nella quale Itachi era rinchiuso, la morte sarebbe stata più serena, più semplice. 
Era stanco di combattere contro sé stesso, lui avrebbe tanto voluto una vita serena e tranquilla, se ne era ricordato solamente dopo averla conosciuta e dopo aver apprezzato il suo sorriso. 
«Quindi, ormai, l’incontro con tuo fratello è inevitabile. » sentenziò Kisame, al suo fianco, che aveva ascoltato tutta la discussione con Zetsu. 
Ma ormai Kisame sapeva tutto, eccezione fatta per le vere ragioni. 
«Esatto. Mi dispiace che Deidara si sia sacrificato in questo modo—… » aggiunse Itachi tenendo lo sguardo basso. «Adesso però devo iniziare a pensare come accogliere mio fratello. »
Un ghigno si dipinse sul viso di Kisame che già sembrava pregustare l’incontro.
«Hai in mente qualcosa di speciale? »
«Forse—… ho bisogno, però, del tuo aiuto. A quanto pare viaggia con un gruppo di shinobi, dovrai fermare gli altri. »
«Non preoccuparti, lascia fare a me. » e lo spadaccino della Nebbia portò una mano al petto con fare onorevole. «E lei? Non glielo dirai? »
Sapeva benissimo che gli avrebbe fatto una domanda simile, per questo motivo annuì lentamente, abbassando le iridi rosse.
«Sì, ma non voglio che si preoccupi. »
«Starà in pensiero per te dal primo secondo all’ultimo, perché tanto è chiaro che vincerai e che ti prenderai i suoi occhi per migliorare il tuo sharingan. »
Ecco che cosa pensava davvero Kisame, o meglio quello che sapeva. L’ennesima bugia raccontata per risultare più credibile davanti a tutti. 
«Hai ragione. » sussurrò Itachi rivolgendo nella sua direzione le iridi cremisi. «Finalmente i suoi occhi saranno miei. »

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** I'll miss you ***


I'll miss you

Il lento incedere di Zetsu, che si lasciava la ragazza alle spalle, era la camminata di chi finalmente stava per assistere a qualcosa di davvero interessante. L’aveva vista rabbuiarsi nel momento stesso in cui le aveva comunicato che finalmente lo scontro fra i fratelli Uchiha era prossimo ad avvenire, perché Deidara era stato sconfitto ed Itachi aveva deciso di occuparsi definitivamente di suo fratello. Era certo di averle appena dato una notizia terribile, anche perché sia lui che Obito speravano davvero nella vittoria di Sasuke. Insomma era scontato, per loro, che il maggiore avrebbe lasciato vincere il minore, ma gli altri non sapevano nulla quindi erano liberi di sperare in ciò che volevano.
«Dove combatteranno? » sentì allora la voce della ragazza alle proprie spalle. 
Con tranquillità Zetsu voltò il viso nella sua direzione e ghignò.
«Credo in un qualche posto segreto degli Uchiha. Ci sarai anche tu ad assistere all’incontro? » sibilò la sua parte bianca, sperando di cavare qualche risposta interessante.
«No! » 
Con decisione Reyko rispose in quel modo, tanto da stupire lo stesso Zetsu. Quella si che era una novità, visto e considerato quello che aveva scoperto su di loro era sicuro che l’eremita avrebbe voluto assistere allo scontro. Quindi la fissò di sbieco qualche attimo prima di annuire e sparire nella foresta.
Non aveva tempo da perdere con lei, perché da un momento all’altro avrebbero iniziato a scontrarsi e lui avrebbe dovuto registrare ogni singolo movimento dei due fratelli. 
Quella, per Zetsu, era una grandissima giornata. 

La grande foresta che circondava il luogo predisposto per lo scontro del fratello, che si era già curato di avvertire, sembrava essere parecchio movimentata quel giorno. Era certo, anche se lui era solamente un clone, che ci fossero più persone a muoversi la in mezzo. Gente che correva freneticamente alla disperata ricerca di qualcosa, o forse di qualcuno. Il vero sé stesso era in attesa di Sasuke, che non avrebbe impiegato troppo a giungere fin da lui ed allora la resa dei conti sarebbe iniziata.
Ma prima di concentrare tutte le proprie forze sullo scontro doveva ancora fare una cosa, anzi due. 
La prima, quella decisamente più importante, riguardava l’eremita, Reyko, che non aveva avuto modo di vedere prima di allontanarsi. Era certo che Zetsu le avrebbe detto tutto, anche il posto dove avrebbero combattuto, e lui era altrettanto sicuro che lei non sarebbe rimasta ferma ad aspettare che le cose si risolvessero per il meglio. Lei era l’unica che sapeva il vero epilogo di tutto quello che avrebbe fatto quel giorno. Lei sapeva che si sarebbe fatto uccidere per poter espirare i propri crimini. Che in un modo o nell’altro Sasuke sarebbe stato il vincitore di tale scontro, e che per lui non c’era futuro. Voleva vederla un’ultima volta, anche se non di presenza, per dirle qualcosa, o almeno provarci.
E poi c’era un’altra persona che avrebbe dovuto incontrare. Il più enigmatico di tutti, ma anche il più intenzionato a proteggere suo fratello. Anche se lui e Naruto Uzumaki si erano solamente scontrati avevano in comune più di quanto qualcuno potesse pensare. Entrambi si preoccupavano della sicurezza di Sasuke e lui, prima di andarsene per sempre, voleva capire qualcosa in più sul ragazzo della volpe.
Perché stava facendo tutto quello? Lo aveva provato a salvare più e più volte, senza ottenere niente, ma ciò che realmente colpiva Itachi era la sua determinazione. 
Parlare con entrambi erano le ultime cose che avrebbe fatto prima di dedicarsi totalmente allo scontro che avrebbe determinato per sempre il proprio futuro. 
Come aveva ipotizzato, ovviamente, riuscì a percepire l’avvicinarsi dell’eremita anche grazie al suo lupo, ed infatti, nella foresta che circondava il Covo degli Uchiha, si ritrovarono nuovamente faccia a faccia. 
Era stanca, o almeno così gli sembrava. I capelli le ricadevano sulle spalle, coprendole in parte il viso adombrato. Il suo mantello dell’Akatsuki era aperto in modo da lasciar intravedere i vestiti scuri, ma gli occhi scuri erano puntati nella sua direzione e sembravano non avere alcuna pietà. Perfino Sen, che si era fermato accanto a lei, pareva in tensione per quell’incontro. E lui non poteva che biasimarla, anche se tutto ciò che Itachi desiderava era solamente parlarle. 
Lui rimase fermo, con le braccia lungo i fianchi, e le iridi scure come la notte per poterla guardare un ultima volta.
Non voleva che fra di loro vi fosse il velo dello sharingan, desiderava essere solo sé stesso. 
«Reyko—… » sussurrò il suo nome quasi come una preghiera, nella speranza che lei potesse capire. 
«Itachi—… non devi farlo per forza. » 
La risposta della ragazza non lo sorprese neanche un poco, ed anzi, gli fece quasi piacere sapere che almeno lei non voleva che tutto ciò accadesse.
Era come se nel mondo vi fosse ancora qualcuno deciso a prendersi cura di lui, nonostante non meritasse tali attenzioni. 
«Lo sai che devo farlo, non ho altra scelta. »
Parlò con tono piatto prima di distogliere lo sguardo dagli occhi scuri della ragazza, forse perché lesse in loro la tristezza e lui non voleva tutto ciò. 
«Invece puoi scegliere di non combattere ed evitare tutto questo. » continuò lei stringendo a pugno la mano in parte fasciata. 
La vide muovere un passo in avanti, lasciando indietro il proprio lupo che continuava a guardare entrambi speranzoso.
Ed allora lui fece altrettanto, muovendo un passo verso di lei, diminuendo così la distanza che c’era fra di loro. 
«Ti ho già detto che questa è l’unica soluzione accettabile, Reyko, combattendo con mio fratello riuscirò finalmente a riabilitare il nome degli Uchiha. » provò a spiegarle, anche se quella era la minima verità che si celava dietro le sue parole. C’erano ragioni molto più profonde, ovvero il proprio villaggio, ma non era certo che Reyko avrebbe capito. 
«E’ davvero per questo che lo fai? Vuoi riabilitare il nome del tuo clan morendo per mano di tuo fratello? » 
Probabilmente Reyko alzò il tono della voce, arrivando a sembrare sull’orlo di una crisi di nervi, cosa che non lo sorprese. Sapeva bene quanto potesse essere emotiva ed al momento era lui la causa di tutto quel dolore che lei stava provando. 
Ma probabilmente il dolore di Reyko era minimo rispetto al proprio
Lei si sarebbe ripresa, lo avrebbe dimenticato ed avrebbe vissuto una vita serena senza di lui. Ne era certo e voleva che per lei le cose andassero davvero così. Non ne valeva la pena preoccuparsi per lui. Ma l’eremita continuava a farlo, nonostante tutto. 
Ed allora esitò, perché avrebbe tanto voluto spiegarle tutto. Di come era stato costretto ad eliminare la propria famiglia, ad allontanarsi dal villaggio diventando un traditore ed unendosi all’Akatsuki. Ma almeno, in quel modo, morendo per mano di Sasuke, per lui le cose sarebbero andate meglio. 
«E’ l’unica cosa che posso fare al momento. » 
«Stai per farti uccidere. Come puoi dire che questa è l’unica cosa che puoi fare al momento? Io non ci credo. E’ una motivazione troppo stupida e tu sei intelligente. Non puoi davvero arrivare a tutto ciò. »
In quel momento la ragazza si ritrovò ad inspirare profondamente sollevando le braccia al cielo in un gesto di pura disperazione.
E questo gli fece male. 
«Te l’ho già detto una volta, non vale la pena preoccuparsi per uno come me.  Mi porto dietro solamente dolore e non voglio che tu subisca lo stesso destino. » 
Quelle parole sussurrate nel vento non ebbero di certo un effetto positivo, se non quello di spingerla a voltare il viso di lato, in modo tale che i loro occhi non di potessero incontrare.
E quello sguardo di Reyko, fisso nel vuoto ma sull’orlo delle lacrime, la rendeva ancora più bella di quanto lei fosse. Non era mai stato particolarmente attento a quei dettagli, ma ai suoi occhi quel profilo era decisamente bello. Con il naso leggermente all’insù, le labbra morbide, ed i capelli che le circondavano il viso. 
«Non sei l’unico a portarsi dietro un simile peso, Itachi. » commentò lei abbassando le iridi scure in direzione del terreno, prima di inspirare profondamente. 
«Ma non voglio che se ne aggiunga altro. »
«E quindi credi che morire sia davvero così importante? »
Nuovamente l’esitazione lo costrinse a non rispondere immediatamente, ponderando con attenzione le parole da usare. 
«Se anche volessi ci sono persone che non vogliono che esca vincitore dallo scontro. » 
Ecco che una parte di verità venne fuori, anche se non nella maniera più canonica di sempre.
Solamente allora Reyko si voltò di nuovo nella sua direzione, con gli occhi sgranati per la sorpresa oltre che per il terrore. 
«Chi sono? » chiese con un filo di voce, anche se aveva avuto paura nel domandarlo. 
«Lo sai bene. Sono coloro da cui ti ho sempre detto di guardarti. » 
Era chiaro che in quella maniera avrebbe capito tutto ed infatti fu come se si fosse illuminata nel sentire quelle parole. 
«Ma perché? » 
Un’altra domanda difficile a cui rispondere.
Perché? Semplice, perché lui avrebbe cercato di fermarli in modo tale da proteggere il villaggio. Era sempre tutto in funzione di un villaggio che ormai lo vedeva come traditore. 
Il massacro. Suo fratello. L’Hokage. 
Tutto ruotava intorno al Villaggio della Foglia, a cui Itachi avrebbe dato la propria vita. 
«E’ una storia complicata e purtroppo non—… ho tempo per spiegarti tutto. Mi dispiace averti coinvolta in tutto questo. »
«E tu cerca di renderla più semplice e prova a spiegarmi tutto. » questa volta fu lei ad esitare, mordendosi le labbra. «C’entra con quello che è successo alla tua famiglia ed al tuo clan? » 
Era sempre stata perspicace, anche se c’erano poche informazioni, ed ancora una volta Itachi si stupì della rapidità con cui era stata in grado di giungere a quella conclusione. 
Così lui annuì lentamente, scuotendo delle ciocche corvine che ricadevano accanto ai propri occhi, ed inspirò profondamente.
«Purtroppo sì, negarlo sarebbe inutile a questo punto. Capisci, quindi, perché quello che sto per fare è necessario. »
Reyko, questa volta, inspirò profondamente e si mosse rapidamente nella sua direzione, puntandogli un dito contro. Era chiaramente in preda alle proprie emozioni, perché se fino ad un attimo prima si era ritrovato dinnanzi la tristezza adesso c’era solo determinazione nei suoi occhi. 
«No, in verità non lo capisco perché continui a rendere tutto complicato. Ma ti dico una cosa, Itachi: non importa perché tu abbia deciso di morire, io voglio aiutarti perché non voglio perdere tutto questo. » Reyko, allora, gli puntò un dito contro il petto. «Non voglio perdere te. »
Ma nonostante quel furore generale le sue parole, quelle ultime che lasciarono quelle labbra rosate, furono pronunciate con una dolcezza non indifferente, tanto da spiazzare perfino lui. 
Era la prima volta che qualcuno gli diceva una cosa simile, ed infatti, molto probabilmente, la sua espressione variò dallo stupito al triste, perché in fondo lei era forse l’unica alla quale non avrebbe voluto rinunciare. Un’ancora di salvezza che gli aveva donato serenità laddove non c’era più speranza. 
Ed infatti, senza dire altro, si limitò a sollevare la mano destra, puntando contro di lei due dita, il tutto senza guardarla negli occhi, perché non ci sarebbe riuscito.
E poi le diede un leggero colpetto sulla fronte, proprio come avrebbe fatto un tempo con il suo fratellino. 
Erano anni che non faceva una cosa simile e per lui, quel gesto, era qualcosa che valeva più di mille parole. 
Anche più di un bacio. 
La vide rimanere a bocca aperta, stupita come non mai, ed allora, solamente allora, provò a dire qualcosa. 
«Grazie, Reyko. » e poi calò nuovamente il silenzio fra loro due, che durò per qualche secondo.
«Anche io non avrei voluto perderti. »
La ragazza, che non era stata in grado di dire nulla, si limitò a guardarlo negli occhi per poi distogliere le iridi scure, in modo tale  da concentrarsi su altro. 
«Proverò a fermarti. »
Sentì quelle parole dette da Reyko, che non lo stupirono neanche un poco, per questo motivo in quell’istante attivò lo sharingan, in modo da incuterle più timore perché la propria decisione non poteva essere diversa. 
«Mi dispiace, Reyko, ma dovrò lanciarti un genjutsu per non farti intervenire in questa storia. » 
Se fino ad un attimo prima tra di loro vi era stato un momento tanto profondo, con quelle parole Itachi seppe di aver appena distrutto la loro tranquillità. 
Ma in fondo lasciare che lei s’immischiasse in tutto quello era fuori discussione e visto che non aveva intenzione di lasciare perdere avrebbe fatto questo ed altro. Ricordava bene che una volta gli disse chiaramente che lei, grazie all’energia naturale, riusciva a capire benissimo che si trattava di un’illusione, purtroppo però non era molto brava a liberarsi da esse, quindi sarebbe stato ottimo per farle perdere tempo. 
Reyko, infatti, indietreggiò lentamente, affiancando il suo compagno, e lo guardò negli occhi senza ripararsi dallo sharingan. Ma sulle sue labbra s’andò a disegnare l’ombra di un sorriso, che non ci sarebbe dovuto essere.
Infatti, nel momento stesso in cui lui provò a lanciare su di lei un’illusione, incontrando il suo sguardo, capì finalmente il perché di quel sorrisetto e la cosa lo lasciò particolarmente stupito. 
«Sei anche tu un clone. » sussurrò assottigliando le iridi cremisi. «Sei andata con Sen per confondermi. Di solito la vera Reyko sarebbe stata in sua compagnia. »
«Già—… scusami, ma ero sicura che avresti cercato di fermarmi in qualsiasi modo e non posso perdere tempo. » 
Itachi rimase in silenzio per qualche attimo ed allora inspirò profondamente socchiudendo gli occhi. 
«Mi mancherai. »
Le sussurrò prima di iniziare a dissolversi in uno stormo di corvi, lasciando in quella specie di radura il clone della ragazza ed il suo lupo. 
In quell’istante, quando il clone si dissolse, Itachi acquistò coscienza di ciò che aveva fatto in quel momento, nonostante il proprio corpo fosse rimasto seduto sul trono dentro il covo degli Uchiha, e così un sorrisetto amaro quasi accennato si dipinse sulle sue labbra. 

Improvvisamente, mentre correva lungo la foresta, seguendo la direzione che Sen le aveva indicato prima che si separassero per distrarre chiunque e soprattutto creare un po’ di confusione, la sua coscienza sembrò acquistare qualcosa di nuovo, segno che il clone doveva esser sparito. Ed allora, improvvisamente, schiuse le labbra stupita e si sfiorò la fronte nel punto in cui Itachi le aveva dato quel colpetto, come se quel gesto fosse la cosa più vera di sempre.
Si limitò a socchiudere leggermente gli occhi, provando ad immaginare quella sensazione, stando però attenta nella propria corsa. 
In quel preciso momento, intenta a cogliere tutto ciò che aveva intuito fino ad allora, si ritrovò sempre più decisa a salvarlo. Non importava che ci fossero Zetsu e Madara a volerlo morto, lei avrebbe fatto qualcosa, qualsiasi cosa per sottrarlo a quel destino. Doveva semplicemente pensare ed al momento l’unica idea sensata che si fece strada in lei fu quella di trovare Kisame, perché probabilmente da sola non sarebbe riuscita a farlo. Quindi la sua ricerca era impostata sul trovare l’ex spadaccino piuttosto che andare direttamente da Itachi.
In due sarebbero riusciti a pensare meglio sul da farsi. 
Saltò l’ennesimo ramo, atterrando con grazia su di esso, quando una presenza alle proprie spalle si fece sempre più vicina, urlando qualcosa che riuscì a riconoscere immediatamente. Con un balzo verso l’alto, che la fece atterrare su un altro ramo, evitò agilmente il Rasengan di Naruto Uzumaki, che era appena apparso alle sue spalle, cercando di colpirla. 
Fu costretta a fermarsi, mettendosi in piedi sul ramo dell’albero e poggiando una mano sul tronco abbassò gli occhi in direzione del ragazzo biondo qualche metro sotto di lei. Naruto, a sua volta, la guardò boccheggiando ed indicandola, quasi come se avesse visto un fantasma.
«No—… » balbettò nella sua direzione continuando a scuotere la testa. 
Reyko rimase impassibile a guardare il ragazzo, che effettivamente non si era aspettata di trovare in giro. Eppure, riflettendoci, anche lui doveva aver saputo di Sasuke, essendo il ragazzo che voleva salvare, e sicuramente doveva aver provato a fermarlo o forse lo stava ancora cercando.
«Scusami, Naruto Uzumaki. »
Aggiunse una scusa del tutto sincera nei confronti del ragazzo che aveva ingannato, ma al momento catturare lui non rientrava in nessuno dei piani della ragazza, che per la prima volta stava agendo di sua spontanea iniziativa nonostante facesse parte dell’Akatsuki. 
Il mantello che le copriva le spalle venne fatto sventolare dalla brezza, proprio come i suoi capelli, rendendola agli occhi del ragazzo una figura irraggiungibile.
«Tu sei Reyko—… no. Tu—… io mi ricordo di te. Stavi prendendo gli ingredienti per—… per tua nonna. » 
Come aveva fatto, davvero, a credere a tutta quella storia?
«Te l’ho detto, mi dispiace, ma non sei tu il mio obiettivo al momento. »
Cercò di liquidarlo perché una discussione o uno scontro con lui non rientravano nei piani dell’eremita. 
«Non sono io il tuo obiettivo? Scherzi, vero? Tu sei uno dei maledetti membri dell’Akatsuki. Mi hai mentito. Ero—… ero sicuro che fossi una brava ragazza. » continuò il biondo indicandola. «Ed invece sei una di loro! Non ci posso credere. Ti ho vista correre ed ho provato a colpirti ma—… non pensavo di trovare te. » 
«Andiamo, Naruto, ho detto che mi dispiace e personalmente non ho mai provato a catturarti, quindi devi esserne felice. E come ti ho già detto non sei il mio obiettivo ed adesso devo andare, sono in ritardo.
» 
«Non ci pensare nemmeno. Tu sei una bugiarda e poi sei in ritardo per che cosa? Quello in ritardo sono io! » 
Improvvisamente la ragazza assottigliò lo sguardo, perché intuì che il suo ritardo era su Sasuke, mentre quello di Reyko era su Itachi. 
«Credo che stiamo cercando le stesse persone. » sussurrò verso di lui, provando ad accennare un sorrisetto. 
«Che intendi dire? Io sto cercando Sasuke mentre tu—… tu stai forse cercando suo fratello? » 
Allora era più sveglio di quello che sembrava certe volte, tanto che questa cosa fece sorridere divertita la ragazza. 
«Ognuno ha una parte da tenere in considerazione, Naruto Uzumaki. Nonostante siamo su sponde opposte le nostre vie si incontrano di nuovo in circostanze del tutto inaspettate. »
Il ragazzo digrignò i denti e riprese ad urlare, infastidito come non mai.
«Maledetti. Vuoi cercare Itachi per aiutarlo ad uccidere Sasuke. »
Nel sentire quell’affermazione Reyko inarcò le sopracciglia e scrollò le spalle, come se non sapesse bene cosa fare.
«Sbagliato, ma non credo che siano affari tuoi, anzi, mi stai facendo perdere fin troppo tempo. Ti ho già chiesto scusa per quella volta e devi farti bastare questo. Ora finiscila di intralciarmi. » 
«Questo lo vedrem—… »
Purtroppo Naruto non riuscì a finire la frase perché in quel momento anche lui venne colpito alle spalle da Sen, che in tutta velocità stava correndo per trovare di nuovo la sua padrona, finendo per mettere a tappeto il ragazzo biondo. Così, anche lui, si rivelò essere un clone, perché nel momento esatto in cui toccò il terreno si dissolse, sparendo e lasciando finalmente soli i due. 
Reyko lanciò uno sguardo di sbieco al proprio lupo, avvicinandosi a lui per carezzarlo, e Sen, preoccupato, le leccò la mano. Non erano i soli a cercare quello scontro, ma dovevano sbrigarsi, perché certamente la foglia avrebbe mandato altri rinforzi con la Volpe. Non fu piacevole, per Reyko, ritrovarsi faccia a faccia con quel ragazzo che aveva letteralmente imbrogliato, anzi, le sarebbe piaciuto spiegargli meglio.
Ma per lo meno non si erano incontrati in circostanze ben peggiori, e fu quasi divertita dal sapere che era ancora vivo, vegeto ed urlante. 

«D’accordo, Sen, adesso dobbiamo sbrigarci e dobbiamo trovare Kisame perché lui ci potrà aiutare.»
Il lupo emise un latrato non molto confortante, infatti la ragazza gli lanciò un’occhiata di sbieco. 
«Che vuol dire “Non ne sei sicuro”? Kisame, sono sicura che non si tirerà di certo indietro per Itachi. Lo ha sempre considerato suo amico e se gli spiego la situazione sono sicura che mi aiuterà. » ovviamente disse quelle parole per cercare lei stessa di convincersene. «O almeno spero. In ogni caso dobbiamo agire con cautela perché non siamo soli, ci sono quelli della foglia e scommetto che anche Tobi e Zetsu staranno facendo qualcosa per impedire a tutti di avvicinarsi. Loro vogliono questo. »
Finalmente notò la decisione anche negli occhi del proprio lupo, che annuì lentamente prima di snudare i propri canini, come se quella fosse una questione prettamente personale. E questo fece sorridere soddisfatta Reyko. Ormai stava facendo qualcosa che non sarebbe dovuta esser fatta e probabilmente l’avrebbe messa nei guai con gli altri dell’Akatsuki, ma era certa che Konan e Pain avrebbero capito, magari sarebbero anche stati al suo fianco, mentre il vero problema era quel Madara, o Tobi o come diamine si chiamava, accompagnato dalla mente malvagia per eccellenza Zetsu. 
Ancora l’eremita non aveva chiaro il piano con cui avrebbe provato ad aiutare il ragazzo, ma il primo passo era trovare Kisame, così riprese a correre il più velocemente possibile, meditando addirittura di attivare l’armatura del Fulmine. 
Era una corsa contro il tempo.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Friends ***


Friends

Il moccioso del Clan Hozuki stava iniziando a diventare stranamente fastidioso, ma non in senso negativo. L’ex spadaccino della Nebbia bramava l’occasione di potersi scontrare con altri possessori delle Katane maledette, anche per mettersi lui stesso alla prova. Ormai, però, il famoso gruppo dei Sette della Nebbia era sparito da tempo. Pensava che fosse rimasto solamente il nome, eppure eccolo spuntare dal nulla, un moccioso, per la precisione il fratello minore di Mangetsu, di certo uno degli spadaccini più conosciuti. Si diceva che fosse in grado di usare tutte e sette gli stili di combattimento delle spade della Nebbia, poi però non si ebbero più sue notizie. 
Ed adesso era li, intento a fronteggiassi con la mannaia che un tempo era appartenuta a Zabusa. Com’era riuscito ad impossessarsi di quella spada? E soprattutto: perché diamine voleva la sua Samehada? Quella spada era il bene più prezioso che lo stesso Kisame possedesse e lo diceva anche abbastanza apertamente. Ormai Pelle di Squalo gli era fedele e per questo motivo non aveva avuto neanche un attimo di tentennamento nell’accettare di scontrarsi mentre attendevano la fine dello scontro. Itachi, come aveva immaginato, gli chiese espressamente di tenere a bada gli altri ammicchetti del fratellino, per tale motivo non aveva esitato ad accettare quel compito. 
Ma adesso stava iniziando a stancarsi, quindi usare la vera potenza della propria spada gli sembrò l’unico modo per mettere finalmente al tappeto quel ragazzino dai capelli bianchi come la neve ed un ghigno fastidioso. 
Nonostante il colpo appena preso in pieno petto Suigetsu, perché era quello il nome del ragazzo del Clan Hozuki, aveva iniziato a ridere divertito cercado nuovamente di mettersi in piedi per prepararsi ad un nuovo scontro. 
«Andiamo, non ne hai abbastanza, Suigetsu? »
Gli domandò in quell’istante uno dei suoi compagni, quello coperto da un martello viola ed i capelli arancioni che sembrava parlare con gli animali. 
«Ma se mi sto solamente scaldando con Kisame-senpai?! » urlò il moccioso facendo leva sulle ginocchia per potersi sollevare.
A qualche metro di distanza la loro compagna, quella ragazza con gli occhiali e dalla chioma rosso fuoco, sembrava poco interessata alla salute del ragazzo, anzi, sembrava addirittura soddisfatta quando gli faceva male, ma in fondo si era preoccupata per l’ultimo colpo, quello con cui aveva decisamente assorbito parecchio chakra.
«Ehi, ragazzino, non ti conviene esagerare con me. » lo provocò Kisame ricambiando il ghigno divertito. 
Ma sapeva di avere ragione.
Lui era ad un livello decisamente superiore e non era necessario farsi davvero male, specialmente visto e considerato che ancora, quei tipi, non gli avevano fatto nulla.
«Andiamo, Kisame-senpai, ci stiamo divertendo un mondo. » 
Quel Suigetsu era davvero fastidioso ma allo stesso tempo era anche divertente, quando Kisame strinse forte il manico della propria Samehada, pronto a scontrarsi nuovamente con il proprio avversario. 
«Sei davvero sicuro che quando otterrai tutte le Katane riuscirai a metter di nuovo su i Sette Spadaccini della Nebbia? » 
Domanda più che lecita, visto e considerato che effettivamente quello era il suo piano assurdo. Ormai i Sette della Nebbia erano spariti e difficilmente sarebbero tornati in vita ad opera di quel moccioso, lui più di tutti ne era convinto. 
«Ovvio, altrimenti non sarei qui a sfidarsi. Mi prenderò la tua spada. »
«Ma smettila di dire tutte queste stronzate, idiota. » lo rimproverò la rossa che teneva strette le braccia al petto.
La vide sistemarsi meglio gli occhiali da vista e poi, prima ancora che il suo compagno adorato potesse partire all’attacco, sembrò irrigidirsi, come se fosse successo qualcosa. 
«Karin? » le domandò il tipo degli animali, che andò al suo fianco con aria decisamente preoccupata. 
«Sento arrivare qualcuno. »  sussurrò lei voltandosi anche verso Kisame e Suigetsu. 
In quel momento tutti quanti si fermarono, quindi era una ninja sensitiva. Quel Sasuke aveva scelto con intelligenza i propri compagni. Insomma un membro del Clan Hozuki, una sensitiva e lui con quella strana capacità di controllare gli animali. Erano stati scelti bene e questo gli dava dei punti extra. Se solo non avessi voluto vendicarsi del suo compagno, forse, lo avrebbe addirittura voluto conoscere meglio.
Gli Uchiha erano decisamente tutti interessanti. 
«Di chi si tratta? » domandò il ragazzo degli animali poggiandole una mano sulla spalla.
Ma Karin sgranò gli occhi, sempre più stupita, o forse preoccupata. 
«Non lo so, non riesco a riconoscere questo chakra, ma è molto potente e si muove ad una velocità impressionante. »
Kisame, sentendo quella descrizione, cercò di far mente locale nella speranza di capire di chi si trattasse, ma purtroppo non riuscì a pensare a nessuno in particolare. O meglio aveva troppe idee, anche se una era più preponderante delle altre. Avrebbe tanto voluto chiedere alla sensitiva se magari avesse percepito altro che l’aiutasse a far una scrematura delle persone, ma non aveva voglia di discutere con tutti loro. 
«Secondo voi chi può essere? E poi come sai che si sta dirigendo qui? » chiese l’Hozuki prima di sbuffare appoggiandosi sulla sua katana. 
«Perché si muove davvero troppo velocemente e—… e non credo sia solo. » 
Fu allora che l’ex spadaccino della Nebbia s’irrigidì, perché sentire che in avvicinamento c’erano ben due persone non era di certo la migliore delle notizie. Aveva promesso ad Itachi che sarebbe rimasto li a non permettere a nessuno di passare oltre, e già quei tre non erano facili da tenere a bada. Figurarsi altre due persone.
Oppure—… 
«Senti un po’, che intendi dire con “non credi sia solo”? » ed allora provò a rivolgere un ghigno incoraggiante in direzione della rossa. 
Quella lo guardò con i grandi occhi chiari e sfarfallò le ciglia stupita, prima di cercare di concentrarsi nuovamente sul chakra percepito. 
«Intendo dire che—… non è solo. »
«Fin qui c’ero. Ma il secondo chakra? Come ti sembra? » 
«E’—… » lei esitò, come se ci stesse riflettendo solamente allora. «Sembra decisamente meno forte. »
Forse aveva indovinato, insomma non sarebbe stato poi tanto strano conoscendo il temperamento dell’eremita, infatti passarono pochi secondi prima che un lampo di luce blu sbucò fuori dagli alberi ed atterrò con estrema semplicità al centro del tetto, sotto lo sguardo divertito di Kisame, che di certo non aveva immaginato un risvolto simile. 
Qualche attimo dopo giunse anche il lupo, che ringhiò a tutti quanti e si fermò accanto alla sua padrona, ormai in piedi intenta a scrutarsi intorno. 
«E tu chi sei? »
Mormorò l’altra ragazza puntandole un dito contro. Vide Suigetsu ridere divertito e puntarle la katana, nonostante quell’aura di chakra intorno a lei non fosse ancora scomparsa. Quella doveva essere la famosa Armatura del Fulmine di cui aveva sentito parlare, ecco perché si muoveva tanto velocemente e per averla usata per giungere fin li allora Reyko non sembrava esser disposta a scherzare.
«Kisame—… » proferì il proprio nome in un sussurro e nonostante la determinazione mostrata fin prima gli occhi sembravano raccontare un’altra storia. 
«Ohi, la mia compagna ti ha fatto una domanda: tu chi sei? E questo qui che ci fa con te? » le domandò lo spadaccino dai capelli bianchi. 
Ed allora, lentamente, Reyko si voltò verso di lui fulminandolo con una semplice occhiata. 
«Reyko Harada, voi piuttosto chi siete? »
«Harada? Allora qualcuno di loro è rimasto in vita. » commentò, invece, il tipo degli animali che s’avvicinò a Sen, ma il lupo, in risposta, snudò i canini. 
«Jugo, tu la conosci? E’ una loro compagna, fai attenzione. »
Il ragazzo dai capelli arancioni annuì ed incrociò le braccia all’altezza del petto. 
«Ho visto il mantello. Akatsuki anche lei, a quanto pare. Ho sentito parlare del suo clan per via del forte legame che hanno da sempre con i lupi. »
Karin, allora, si fece avanti e spinse Reyko, usando entrambe le braccia.
«Ed allora questa qui che vuole? Se è venuta per fare qualcosa a Sasuke io—… io—… »
Ma si bloccò sia perché non sapeva più come continuare, sia perché Reyko l’afferrò per un polso e glielo torse mettendola in ginocchio.
«Ti prego di non toccarmi mai più. » sibilò verso di lei, lasciandola andare subito dopo.
Ed allora Kisame sogghignò divertito da quella sua vena violenta che certe volte mostrava. Insomma era sempre gentile ma di tanto in tanto, specialmente in missione, era come se abbandonasse quel suo lato per dar luogo all’essere selvaggio del lupo che c’era in lei. 
«Ah, ben ti sta, Karin, dovevi lasciarla stare. » 
La rossa fece una smorfia con la faccia, viste le parole del suo compagno Suigetsu, e poi si rimise in piedi guardando male Reyko, la cui aura di chakra diminuì sempre di più.
«Scommetto che voi siete la squadra di Sasuke Uchiha. Kisame, c’è un’altra delle spade della Nebbia, anche lui era un tuo compagno? » domandò con tono piatto rivolgendosi a lui. 
«No, è solo un moccioso che ha preso la spada di Zabusa. Suo fratello però era uno dei migliori, questo glielo devo—… » rispose alla ragazza raggiungendola e lanciando uno sguardo di sbieco a Suigetsu, come a volergli intimare di abbassare quella katana. 
«Interessante, ma non sono qui per chiacchierare. »
«Intuivo. »
«Io e te dobbiamo andare da una parte. » 
Quando Reyko pronunziò quelle parole entrambi si scambiarono uno sguardo. Kisame, ovviamente, era sconvolto e confuso dalla sua richiesta. Lui aveva promesso ad Itachi di rimanere li a proteggerli, quindi non poteva allontanarsi. Ma il tono di Reyko non sembrava ammettere repliche. 
«Dove dovremmo andare? » chiese verso di lei, sotto gli occhi stupiti di tutti quanti. 
«Da una parte, Kisame, è importante e dobbiamo sbrigarci. »
Lui la fissò di sbieco e poi riposò la Samehada sulle spalle, nonostante non fosse sicuro di quel che lei gli stava chiedendo. Dove dovevano andare?
Si trattava di Itachi? Oppure era qualche missione affidatale da Pain?
«Lo sai che Itachi mi ha chiesto di rimanere qui per impedire a chiunque di avvicinarsi. » mormorò indicando i tre che stavano davanti a loro. 
«Lo avevo intuito quando sono arrivata.
»
Poi la vide voltarsi in direzione del covo degli Uchiha. Non era molto lontano da dove si trovavano in quel momento ed il ventaglio del clan, dipinto su una delle grandi pareti, era chiaramente visibile anche da quella distanza. 
«Ed allora sai perché non posso allontanarmi. »
«Devi tenerli a bada, giusto? » domandò lei in un sussurro.
Kisame annuì lentamente, inarcando un sopracciglio ed incrociando le braccia all’altezza del petto, guardandola comporre i segni che servivano per la famosa tecnica del richiamo. La cosa si stava facendo sempre più interessante, specialmente perché non aveva mai visto Reyko tanto decisa nel fare qualcosa, di solito, il più delle volte, era calma, ma adesso sembrava addirittura aver fretta.
«Che stai facendo?! » balbettò Suigetsu, riprendendo a puntare la spada contro di lei, ma l’eremita fu più veloce e poggiò la mano a terra, dopo essersela sporcata con il suo stesso sangue. 
In quel momento apparvero dei segni, e da una considerevole nube di fumo apparvero ben tre lupi anche più grandi del suo Sen. Tutti e tre ringhiavano, ognuno con il manto differente dagli altri, e dopo un solo schiocco di dita della ragazza quei tre bestioni saltarono letteralmente addosso a quella che forse, Reyko, riteneva più debole. 
Quello dal pelo fulvo poggiò entrambe le zampe sul petto della ragazza dai capelli rossi, ed avvicinò le zanne affilate al suo viso, alitandole a pochi centimetri dal collo. Quello dal manto grigio saltò, invece, le si fermò accanto, ringhiando in direzione degli altri due, e l’ultimo, quello quello bianco, avvicinò i denti ad una delle sue braccia. Tutti e tre erano pronti come non mai ad agire, e questo stupì parecchio Kisame, che raramente l’aveva vista richiamare esemplari tanto grossi. 
«Problema risolto. Se non volete che la vostra compagna muoia per mano dei miei lupi allora dovrete rimanere qui. »
E lui se la rise decisamente divertito da quel risvolto degli eventi e di come la ragazza era riuscita a rimediare a quella sorta di fastidio. 
«Capo, se attaccano la uccidiamo, d’accordo? » sibilò il lupo dal manto grigio a guardia degli altri due. 
Suigetsu e Juso si scambiarono uno sguardo curioso, oltre che preoccupato dalla loro attuale situazione e poi strinsero i pugni. 
Reyko, invece, annuì in direzione del suo lupo e si voltò nuovamente verso di lui accennando un sorrisetto. 
«Fatto, allora vogliamo andare? Non possiamo perdere tempo. »
Kisame rimase reticente per qualche istante dopo di che annuì e lanciò uno sguardo agli altri. In fondo era certo che quei bestioni avrebbero saputo tenerli a bada fino a quando lo scontro non fosse finito, ed allora seguì l’eremita che era già saltata giù dal tetto, senza neanche dargli il tempo di salutare i mocciosi. 
Ancora non sapeva che cosa dovesse dirgli o che cosa dovessero fare, per questo Kisame la seguì anche se dallo sguardo era certo che non si trattasse di nulla di buono.

Per quanto fosse una tecnica semplice era stata costretta a richiamare alcuni fra i più grandi esemplari che c’erano, sia per incutere timore in quei ragazzini, sia perché aveva bisogno che li tenessero davvero lontani dal posto dove stavano andando loro due. Non era certa che Kisame avrebbe approvato, anzi, sicuramente l’avrebbe guardata con scetticismo, ma arrivata a quel punto doveva spiegargli la situazione, per filo e per segno, senza essere misteriosa o altro, anche perché tutto ciò che stava facendo andava decisamente contro quegli ipotetici nemici di cui le aveva parlato. 
Sapeva con certezza che il grande palazzo dove si stavano scontrando era il covo degli Uchiha, li dentro avrebbero trovato Itachi e Sasuke intenti a combattere, ma lei non doveva perdere tempo, quindi mentre correva in quella direzione si voltò verso Kisame, assicurandosi che il compagno fosse dietro di lei, ed infatti la raggiunse senza problemi. 
«Ora ti va di spiegarmi che cosa stiamo facendo? » domandò lui con tranquillità, che doveva essere sulla stessa lunghezza d’onda di Reyko. 
«Dobbiamo andare a salvare Itachi.
» tagliò corto lei, senza girarci troppo intorno.
In fondo quella era la pura ed assoluta verità, dovevano intervenire per aiutarlo o fermarlo, impedendogli di morire. Ovviamente, quelle parole, scatenarono in Kisame una risata divertita, perché non sembrava crederci.
«Itachi se la sa cavare benissimo da solo, Reyko. Insomma, capisco bene quanto tu possa essere preoccupata per lui, ma Itachi è assolutamente in grado di combattere le sue battaglie. » le disse Kisame tornando immediatamente serio. 
La ragazza lo guardò di sbieco, mentre entrambi continuavano a correre, ed allora scosse il capo. 
«Questo perché tu credi che vincerà. » 
Finalmente riuscì a far vacillare lo spadaccino, che inarcò un sopracciglio, sentendosi confuso. 
«Ovvio che vincerà. Lui combatterà contro suo fratello minore, vincerà e si prenderà gli occhi per il suo sharingan. »
Quell’ultima affermazione lasciò perplessa alla ragazza. Che razza di storia aveva raccontato per convincere Kisame e tutti gli altri? 
«No, ti ha raccontato una bugia, Kisame, svegliati. » e probabilmente, nel rispondergli, Reyko si ritrovò ad alzare palesemente il tono della voce. 
«Sei tu che stai esagerando con questa storia, Reyko, lo capisci? Hai mai visto le sue tecniche? Quelle veramente spaventose ad opera dei suoi occhi? » anche lo spadaccino alzò il tono della voce, in modo da risponderle. «Itachi può anche essere un—… ragazzo piuttosto pacato ma il potere del suo sharingan è immenso. Non avrà problemi ad uccidere suo fratello. » 
Fu allora che l’eremita si fermò, smettendo di correre lungo il bosco e le case sparse, in modo da prendere fiato e soprattutto da mantenere la calma. Perché anche lui era tanto testardo? Il compagno fece lo stesso, fermandosi solamente qualche metro più avanti, ed allora entrambi si ritrovarono faccia a faccia, ognuno con le proprie idee da portare avanti. 
«Non ho dubbi che lo sappia fare, ma non è questo ciò che lui vuole davvero. » inspirò profondamente e poi si avvicinò a Kisame, sentendosi sempre più stupida a dover spiegare una cosa così ovvia, ma soprattutto era preoccupata per quella propria emotività che stava venendo fuori. 
«Che intendi dire? Lui vuole gli occhi per—… lo sharingan. » 
Ma allora la ragazza scosse il capo, facendo un chiaro segno di “no”, scuotendo i capelli. 
«A lui degli occhi per lo sharingan non importa niente. » la voce si ridusse, arrivando ad essere quasi un sussurro. «Itachi non ha intenzione di vincere lo scontro con suo fratello. Lui vuole morire per poter espirare i propri crimini. Il massacro della sua famiglia—… Sasuke diventerà il salvatore, colui che ha eliminato il ninja traditore. E’ questo il suo piano. » 
Non era certa di avergli spiegato proprio tutto, anche la questione sul perché lo volessero morto e le questioni del suo clan, ma quella era la verità riguardo al destino che Itachi aveva scelto per sé. Si ritrovò a dover trattenere le lacrime, perché il solo pensiero le faceva male, così si passò una mano contro la guancia, prima di sollevare i grandi occhi scuri in direzione di Kisame, che la fissava attonito. Probabilmente quella era la prima volta che lo vedeva tanto sconvolto ed infatti non riuscì a dire niente per qualche secondo. Rimase in silenzio e scosse il capo, come a volersi convincere della cosa, ma Reyko era certa che Kisame, da buon amico di Itachi, sapeva che le sue parole erano veritiere perché conosceva il carattere del ragazzo. 
«Tu ne sei sicura? »
Reyko annuì lentamente, continuando a guardarlo e poi riprese a parlare.
«Sì, me lo ha detto quel giorno quando abbiamo discusso, dopo che avevo trovato Naruto Uzumaki, che fra l’altro è qui per Sasuke—… »
I due si scambiarono una lunga occhiata, come se lo spadaccino stesse ponderando attentamente le parole che aveva appena detto, ed allora si passò una mano fra i capelli, scombiandoseli, decisamente confuso. 
«Ammettiamo che sia vero: che cos’hai intenzione di fare? » le domandò abbassando il tono della voce prima di distogliere lo sguardo, puntandolo verso terra.
«Ho—… sto pensando ad un qualche piano per fermarlo, perché fra l’altro c’è qualcuno che vuole che lui muoia in questo scontro per toglierselo dai piedi. »
«Cosa? Ma che—… non è possibile. Chi vorrebbe Itachi morto? » 
«A rigor di logica è sul Bingo Book di quasi tutti i jonin dei villaggi, ma esclusi loro io ti parlo di qualcuno all’interno dell’Akatsuki. » ovviamente quella era decisamente una novità per Kisame, che non si era aspettato tutti questi retroscena anche all’interno della loro organizzazione, quindi s’avvicinò alla ragazza e le puntò un dito contro.
«Che intendi dire, eremita? Parla e spiegati meglio. Perché qualcuno di noi vorrebbe uccidere Itachi? »
Ma effettivamente Reyko non aveva risposta per quella domanda, quindi scrollò le spalle e sospirò profondamente prima di chiudere gli occhi.
«Il perché ancora mi sfugge, ha a che fare con quello che Itachi ha fatto tanti anni fa, quando uccise il suo clan, non conosco i dettagli e lui non mi ha voluto dire niente per la mia sicurezza. Comunque chi vuole morto Itachi sono Zetsu e Tobi. »
Nel sentire quei due nomi Kisame la fissò scioccata e l’afferrò per le spalle, scuotendola con molta poca delicatezza.
«Zetsu e Tobi? Ma che cosa dici? Li hai visti quei due? Insomma sono—… »
Nonostante venisse scossa la ragazza cercò di far fermare lo spadaccino, liberandosi dalla sua presa e guardandolo male. 
«Appunto, sono troppo strani per non farti due domande. Io sono stata compagna di Zetsu e so quanto è strano e Tobi non è chi dice di essere—… ma non posso dirti altro per il momento, devi credermi sulla parola. »
«Eremita, perché ti dovrei credere sulla parola su tutta questa vicenda? » 
In quel momento Kisame aveva ragione, lei non aveva prove se non ciò che aveva visto con i propri occhi, ma come fare per convincerlo? Essere sincera era l’unica soluzione, quindi s’abbassò a carezzare Sen ed inspirò profondamente. 
«Perché non mi sarei spinta fin qui se non ci tenessi davvero a lui e tu, se dici davvero di essere suo compagno ed amico, non dovresti esitare nell’accettare di aiutarmi in questo piano. » 
Il silenzio calò su di loro, accompagnato da una pesantezza della situazione non indifferente, infatti perfino lo spadaccino sembrò esitare sentendo le parole della ragazza. Come poteva abbandonare il suo amico? 
«Reyko—… maledizione. Quanto sarà complicato questo piano che hai in mente? E soprattutto quante probabilità abbiamo di metterci contro nuovi nemici? » chiese con tono stanco Kisame, prima di porgerle una mano per aiutarla a rimettersi in piedi. 
«Il piano non è poi così complicato, ma dobbiamo sbrigarci e—… credo anche che abbiamo alte probabilità di metterci contro qualcuno. »  ed allora l’eremita afferrò la sua mano, sollevandosi con un piccolo saltello.
«Ottimo, le probabilità sono dalla nostra. Quindi in cosa consiste ciò che vuoi—… »
Ma l’ennesima domanda dello spadaccino venne interrotta da una violenta esplosione la cui onda d’urto giunse fin li dov’erano loro. In fondo si erano avvicinati al covo degli Uchiha e li dentro i due fratelli stavano di certo combattendo con il massimo delle loro forze.
Entrambi si scambiarono una rapida occhiata ed all’unisono annuirono, iniziando a correre.
Non ci fu bisogno di dire niente, perché adesso dovevano sbrigarsi se volevano avere una minima possibilità di aiutare Itachi.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Last breath ***


Last breath

Il forte boato venne accompagnato anche da un repentino cambiamento del tempo, perché se fino ad un attimo prima il cielo sembrava essere sereno, qualche momento dopo le nuvole iniziarono ad addensarsi su, come se stesse per scoppiare una tempesta.
Poteva anche aver assistito a scontri parecchio violenti, ma quello, attualmente era decisamente il più pericoloso di tutti quanti. Non era sicura che le cose si sarebbero messe bene per il loro compagno, anche se al momento sembravano essere ancora intenti a combattere sul tetto del covo, da cui provenivano lampi di luce e fuoco. 
Con Kisame si scambiarono una rapida occhiata ed allora lui le fece cenno di seguirla, ma Reyko non accennò a fermarsi, anzi, riprese a correre verso la grande costruzione. Fu con forza che lo spadaccino l’afferrò per il braccio e la guardò male.
«Ferma. Che stai facendo? »
L’eremita s'arrestò a guardarlo, inspirando profondamente anche a causa della stanchezza che stava iniziando ad accumulare per via della tensione e così con un forte strattone si liberò dalla sua presa. 
«Devo andare li sopra. »
«Ottimo, così ti farai uccidere anche tu e fine dei giochi. Se sali su quel tetto sarai al centro di una tempesta, mentre se andiamo sui palazzi limitrofi scommetto che da li vedremo meglio quello che sta accadendo. »
La ragazza, nonostante sapesse che Kisame aveva pienamente ragione, si morse le labbra per la frustrazione ed annuì, lasciandosi guidare verso il punto migliore per poter vedere quell’incontro. Non era certa di voler assistere ad un combattimento simile anche se doveva fermarlo ad ogni costo.
«Va bene, ma dobbiamo nasconderci altrimenti Zetsu ci vedrà. » 
«Tranquilla, intanto arriviamo fin li e poi fai fare a me, quella pianta sarà così impegnata a studiare gli Uchiha che si renderà a mala pena conto di noi due. » 
E Reyko lo sperava sul serio, anche perché dovevano evitare qualsiasi contatto con il suo compagno di squadra, altrimenti avrebbe intuito tutto quello che volevano fare.
Insieme a Kisame, quindi, si diressero verso uno dei palazzi più massicci, non molto distante da dove si trovava il covo degli Uchiha, erano su un tetto più alto, quindi avrebbero potuto guardare il combattimento dall’alto, ed infatti, apena giunsero sul luogo Reyko si diresse verso il cornicione, sporgendosi in avanti senza pensare molto alle conseguenze.
Ancora una volta fu Kisame a tirarla indietro, sicuramente per impedire che fosse vista. Doveva ammettere che l’aiuto dell’Ex spadaccino della nebbia era fondamentale, altrimenti da sola avrebbe commesso un errore dopo l’altro. 
Le lanciò un’occhiataccia e solamente dopo aver rapidamente creato i segni Kisame liberò la Tecnica del Velo di Nebbia. Era la stessa che aveva usato durante il loro scontro, decisamente molto interessante e che concedeva a chi la usava un notevole vantaggio, almeno in quel modo intorno al tetto venne a crearsi una condensa nebbiosa che li avrebbe nascosti dagli occhi indiscreti di Zetsu, semmai avesse malauguratamente provato ad alzare lo sguardo.
Solamente allora Kisame e Reyko s’inginocchiarono nel punto più sporgente per controllare la situazione al di sotto, ed allora videro chiaramente Itachi provare a colpire suo fratello con delle fiamme nere.
Sbatté più e più volte le ciglia, sentendo il proprio cuore fermarsi per la preoccupazione, e così si voltò verso Kisame, intento anche lui ad osservare l’incontro. 
«Quella era—… » azzardò lei senza neanche riuscire a terminare la frase.
«Sì, era l’Amaterasu, Itachi sta facendo sul serio se ha dovuto ricorrere alle Fiamme Infernali. »
«Sasuke non è da sottovalutare e poi—… sembra diverso. Che cos’ha sulla schiena? »
Effettivamente il ragazzo contro cui Itachi stava combattendo, era differente da un normale ragazzo, era come se avesse delle vere e proprie ali, che però vennero colpite dalla tecnica del fratello maggiore. Kisame, con aria particolarmente critica, lo studiò a lungo e poi scosse la testa. 
«Credo che quello sia il Sigillo Maledetto di Orochimaru, ne ho solamente sentito parlare ed eravamo sicuri che Sasuke lo avesse. Non possiamo intrometterci, questo lo hai capito, non è vero? »
Quasi in un impeto di rabbia Reyko lo afferrò per un braccio e lo strinse forte, guardandolo male. 
«Ed allora cosa facciamo? »
«Lo capisco che sei preoccupata ma se dovessimo intervenire ora qui finiremmo ammazzati pure noi. Le fiamme infernali non si spengono fino a quando non bruciano tutto ciò che hanno toccato e poi quel Sasuke sta letteralmente creando una tempesta di fulmini, guarda il cielo. » 
Nel sentire le sue parole l’eremita sollevò gli occhi e vide che effettivamente sopra le loro teste si stava scatenando in cielo una tempesta di fulmini, segno che il suo attacco stava per abbattersi su Itachi.
Ma lei che avrebbe potuto fare?
Mettersi in mezzo equivaleva ad essere colpita in pieno e soprattutto Itachi non l’avrebbe mai perdonata per una cosa simile, anzi, si sarebbe addirittura arrabbiato, ne era certa. Eppure doveva esserci una soluzione.
«Può vincere, ne sono sicura, ma non lo farà. » sussurrò lei, perché ormai era una constatazione veritiera. 
«Dobbiamo aspettare che finisca lo scontro, intervenire prima sarebbe inutile, Reyko, lo vedi anche tu il livello dei loro attacchi. Sarebbe un suicidio. »
E quasi con gentilezza Kisame le diede dei colpetti sulla spalla, intimandole di stare tranquilla. Era gentile da parte sua provare a placarla, ma ovviamente era altrettanto inutile, perché non si sarebbe calmata fino al termine di tutto questo. 
In quel preciso istante un potente fulmine, o forse un dragone completamente fatto d’elettricità, s’abbatté su Itachi e lei fu costretta a coprirsi le labbra con entrambe le mani per non urlare. Come aveva fatto tale ragazzo a creare un attacco potente come quello? Lei, essendo parte del Villaggio della Nuvola, un tempo, aveva visto solamente Darui usare un attacco simile alla tempesta, ma quel Sasuke era decisamente incredibile, proprio quanto lo era suo fratello. Il vento provocato dal colpo le scombinò tutti i capelli e Sen, seduto al suo fianco, s’andò a nascondere dietro gli shinobi, emettendo un debole latrato spaventato. 
«Quanta potenza—… » sussurrò lei atterrita.
Si domandò se la sua tecnica dell’Armatura di Fulmine sarebbe riuscita a proteggerla da un attacco simile, ma in quel momento gli occhi scuri tornarono su Itachi, che aveva abbandonato il suo mantello a terra, ed adesso si era rimesso in piedi. 
«Te l’avevo detto, non è facile da uccidere, anche se quel colpo è stato notevole. Però lui è di nuovo in piedi e secondo me sta per sfoderare la sua arma migliore—… » 
Nel sentire il commento di Kisame l’eremita si voltò verso di lui, ed inspirò profondamente perché sapeva a che cosa si stesse riferendo. 
«Tu intendi dire—… » non riuscì neanche a terminare la parola perché quello era decisamente troppo. 
Una volta, quando si erano ritrovati soli, Reyko chiese ad Itachi che cosa fosse in grado di fare con precisione lo Sharingan Ipnotico, quello che lui possedeva. Ovviamente il ragazzo le spiegò il potere di quegli occhi, accennando a delle tecniche proibite che la fecero quasi rabbrividire, perché a parole sembravano già impressionanti, figurarsi vederle applicate in uno scontro simile. 
«Già—… » 
Mormorò in risposta lo spadaccino prima di indicarle i due di sotto ed allora, intorno ad Itachi, fu come se si fosse venuta a creare una sorta di aura rossa, qualcosa di incredibile che si andava costruendo intorno a lui. In quei momenti Reyko rimase letteralmente atterrita da tutto questo e non riuscì a distogliere gli occhi, neanche per un secondo. Rabbrividirono entrambi perché le loro idee stavano lentamente diventando la terribile realtà. 
«Il Susanoo. »
«Cazzo—… il moccioso è spacciato. » sussurrò Kisame senza riuscire a trattenersi.
Ed effettivamente Sasuke sembrava essere spacciato dinnanzi alla forma umana appena apparsa intorno ad Itachi. Così quello era il famoso Susanoo, il guerriero degli Uchiha, il vero potere dello sharingan. Era impressionante, ma lei aveva sempre sostenuto le capacità del ragazzo, ed adesso ne stava avendo una prova reale. Gli scontri con i Bijuu, per quanto pesanti fossero, non avevano nulla a che vedere con quello che stava accadendo quel giorno.
Si ritrovò a stringere i pugni, sempre più preoccupata di quello che stava avvenedo ed allora successe qualcosa di strano di sotto.
Nonostante il fratello minore sembrasse spacciato fu come se qualcosa fosse uscita dal suo corpo, una sorta di serpente albino gigante. Fu quasi impossibile, per Reyko, non stupirsi della cosa anche se l’idea che sapesse controllare i serpenti non era poi tanto impossibile da immaginare. Ricordava bene le capacità di Orochimaru, gliene avevano parlato a lungo ed adesso eccolo li. 
«Quello è un serpente gigante. » balbettò lei indicando quello che era uscito da Sasuke.
«Sembra Orochimaru, come se avesse vita propria e poi hai visto che cos’ha il Susanoo di Itachi? »
La ragazza fece un chiaro segno di no con la testa e focalizzò la propria attenzione sulla figura umanoide fatta di chakra.
«Un guerriero—… »
«Esatto, ma ha in mano due cose: lo specchio di Yata, capace di respingere qualsiasi attacco e la spada di Tosuka, che imprigiona qualsiasi cosa trafigga in una realtà illusoria. Ecco perché non possiamo intervenire in uno scontro simile—… »
Nel riflettere sulle parole appena ascoltate Reyko scosse la testa, arrivando ad una semplice conclusione.
«E’ inattaccabile con il suo Susanoo, scommetto che spreca tantissima energia però guarda li—… non sta attaccando Sasuke. » ed indicò ciò che stava accadendo di sotto, infatti in quel momento la figura rossa andò per trafiggere con quella spada il corpo del Serpente bianco. 
«Hai ragione, lo sta usando per—… vuole liberarlo dal sigillo di Orochimaru. Avevi ragione, Reyko, non ha intenzione di vincere questo incontro. E' un maledetto folle. »
Finalmente quell’azione del tutto atta a proteggere il fratello minore, costrinse Kisame a ritrattare su quanto detto prima. Forse era rimasto scettico fino a quel momento e stranamente la sua espressione cambiò.
Se fino ad un attimo prima era possibile leggere l’orgoglio adesso la preoccupazione si era fatta strada perfino in Kisame.
Sotto i loro occhi la forte presenza del terribile serpente bianco venne pian piano assorbita ed allora, quando il tutto fu completo anche il susanoo di Itachi iniziò a scomparire, forse perché quella tecnica doveva averlo prosciugato dalle forze. Rimase intorno a lui solamente un’aura rossa. 
«Possiamo andare adesso? » sussurrò Reyko, pronta a scattare, ma Kisame le strinse un polso e la guardò.
«No. Ferma, non è ancora finita. »
«Ma—… che sta facendo adesso? »
Non lo perse di vista neanche per un attimo, perché in quel momento Itahci, con un braccio teso verso di lui, era chiaro che stesse puntando a qualcosa. 
«Sembra quasi che—… voglia i suoi occhi. »  le risposte lui guardando quella scena. 
Ma non poteva essere vero. Perché volere i suoi occhi dopo tutto quello che aveva fatto? Si era addirittura liberato del maledetto serpente che occupava il corpo del fratello. Doveva esserci altro e Reyko ne era certa.
Non ebbe la forza di fare niente in quegli ultimi istanti, era quasi pietrificata, oltre che stretta con forza da Kisame, per impedirle di andare. Vide con chiarezza Sasuke ormai alle corde, non aveva più dove andare ed Itachi lo raggiunse molto lentamente, era senza forze, sanguinava e l’aura intorno a lui era quasi del tutto svanita. Con il braccio alzato sembrava puntare davvero agli occhi ma allora tutto ciò che fece, quando si ritrovarono faccia a faccia i due fratelli, fu semplicemente dargli un colpetto sulla fronte, proprio come aveva fatto con lei poco prima.
Istintivamente sollevo la mano a sfiorarsi nuovamente il punto che aveva colpito il ragazzo e capì che quel gesto, per lui, doveva essere qualcosa d’importante.
Lo vide cadere a terra, ormai senza forze, lasciando in piedi uno stremato e tremante Sasuke. 
Reyko strinse di getto il braccio di Kisame, usando tutta la forza possibile.
«E’ caduto. Possiamo andare? » 
«Avevi ragione, maledizione, sai quanto è faticoso usare tutte quelle tecniche con i suoi occhi? Si è spinto troppo oltre solo per—… avevi ragione. Voleva proteggerlo. » sussurrò lui ancora scioccato ed intento a guardare di sotto. 
«Kisame, ti prego adesso che non siamo più in pericolo andiamo subito—… » 
Ma lui le fece nuovamente segno di no con la testa, indicando il fratello ancora in piedi. Non aveva idea di quanto fosse stato fortunato quel ragazzo, ma passò qualche secondo prima che anche lui cadesse a terra svenuto, probabilmente senza forze.
«Hai detto che c’è Zetsu a tenerlo d’occhio, giusto? Lui arriverà da un momento all’altro—… » sussurrò lo spadaccino mentre entrambi scandagliarono il tetto ed effettivamente dalla superficie apparve la pianta.
«Eccolo, come ti dicevo. Se scendessimo ora capirebbe tutto. »
«Dobbiamo distrarlo, non è così? O gli darà il colpo di grazia se non è già morto. »
Kisame la guardò leggermente confuso prima di annuire lentamente.
«Sì, credo che distrarlo sia la cosa migliore da fare. Hai qualche idea, eremita? Perché voglio ancora capire in cosa consisteva il tuo piano oltre che farti ammazzare. »
Reyko cercò di ragionare con lucidità. Doveva impedire che Zetsu o Tobi, che al momento non c’era, di avvicinarsi al corpo di Itachi, quindi provò a pensare a qualcosa.
Ed allora guardò di scatto Sen.
«Vai a chiamare Zetsu, fagli capire che è importante che io parli con lui. Ci vediamo nel punto in cui mi sono incontrata prima con Itachi, sarà costretto ad allontanarsi. »
Il lupo la guardò negli occhi ed annuì lentamente prima di iniziare a correre in mezzo alla nebbia che era ancora intorno a loro, ma a quel punto Kisame la guardò confuso. 
«E poi che facciamo? Se Sen riuscisse a farlo allontanare? »
«Io andrò in quel punto, rimarrà qui con me un mio clone dopo di che scenderete a controllare le condizioni di Itachi. E poi penseremo a che cosa fare. » 
Lo vide decisamente esitare, ma alla fine perfino lui annuì con aria mesta.
«Bene, qualsiasi cosa succeda fai attenzione. Dove ci rivediamo? »
«Ho un’idea, ma prima voglio capire come sta. Ti dirò tutto al momento. »
«Bene—… tu sbrigati ad andare, io nel mentre controllerò che Sen riesca nel suo intento. »
Entrambi si scambiarono un’ultima occhiata d’intesa ed allora Reyko creò un proprio clone, in modo tale che essa restasse in compagnia dello spadaccino. Lei sarebbe dovuta essere in carne ed ossa per essere sicura che Zetsu non capisse niente, mentre un piano si faceva sempre più chiaro nella propria testa.
Non era quello il tempo di fermarsi. 

Kisame, in silenzio accanto al clone di Reyko, guardò la vera eremita allontanarsi usando la sua armatura che la rendeva incredibilmente veloce. Doveva avere sicuramente qualcosa in mente, vista anche l’espressione concentrata di quegli attimi, ma prima la cosa da fare era sperare che Zetsu non si avvicinasse ad Itachi. Aveva stentato a credere alle parole della ragazza, ma alla fine il comportamento di Itachi si era rivelato vero, voleva proteggere il fratello non ucciderlo e questo era decisamente strano per i suoi gusti. 
La pianta si muoveva lentamente e si fermò a qualche passo da i due ragazzi, mentre la distruzione regnava intorno a lui. Avevano letteralmente fatto a pezzi l’intero posto e perfino le fiamme oscure, intorno al tetto, continuavano ad ardere lentamente e non aveva idea di quando si sarebbero spente. Dall’altro lato del tetto vide chiaramente Sen fare un balzo ed iniziare a correre in direzione di Zetsu, abbaiando come se fosse disperato. Zetau si voltò lentamente e sembrò dire qualche cosa verso il lupo, che continuò con quell’abbaiare fino quando non gli morse la veste dell’Akatsuki. Perfino Sen doveva aver preso a cuore quella situazione, perché non lo aveva visto mai fare così, eppure non doveva esagerare.
La pianta, esasperata dal comportamento del lupo, si voltò a guardare Itachi e poi lasciò cadere sul suo corpo qualcosa.
«Sta usando le sue spore paralizzanti. Non lo fa quasi mai, vuole assicurarsi che non si muova. » sussurrò il clone di Reyko, che osservava insieme a lui tutta quella scena. 
Kisame annuì lentamente, sempre più preoccupato e poi inspirò.
«D’accordo, ma è vivo o morto? »
«Penso che non lo sappia neanche Zetsu, non ha avuto tempo di controllarlo per via di Sen. E’ solamente una precauzione in più che prende, quel maledetto, prima di agire. Però forse sembra esserci cascato. » sussurrò ancora la ragazza indicando il lupo che si era voltato mentre veniva seguito  dalla pianta.
Zetsu era davvero stato allontanato dai corpi dei due ragazzi, mentre Sen gli faceva strada verso il punto in cui si sarebbe dovuto incontrare con la vera Reyko. Doveva essere quella la loro occasione, perché quando furono sicuri che la pianta fosse lontana abbastanza da non creare problemi, entrambi si scambiarono un rapido sguardo d’assenso. Voleva, lui per primo, sapere in che condizioni fosse il proprio compagno e per farlo dovevano necessariamente uscire allo scoperto. Non avrebbero avuto molto tempo, anche perché visto ciò che aveva detto Reyko molto probabilmente non erano i soli a cercare Itachi, quindi nonostante Zetsu fosse stato eliminato il suo compagno, Tobi, era sempre in agguato. Inoltre la ragazza aveva detto che Tobi non era chi diceva di essere e questo non lo sorprese neanche un poco.
La vera domanda a quel punto era una sola: chi si nascondeva dietro quella maschera?
Dopo aver atteso qualche altro secondo entrambi saltarono giù dal tetto con un semplice balzo riuscirono ad evitare le fiamme nere dell’Amaterasu che circondava il luogo dello scontro. Si percepiva solamente un tetro silenzio, oltre che lo scoppiettare delle fiamme, cosa che gli mise un certo timore. 
Non persero tempo ed infatti, dopo essersi guardati intorno in maniera circospetta iniziarono a correre in direzione dei due ragazzi stesi a terra. Il solo pensiero che Itachi potesse essere morto davvero non fu esattamente la cosa migliore di sempre, ed infatti ad ampie falcate superò addirittura il clone dell’eremita prima che entrambi si fermassero di fianco a quel corpo inerme steso a terra. 
Visto da vicino il maggiore degli Uchiha era messo davvero male. Sottili strisce di sangue gli rigavano il viso, segno che doveva essersi sforzato troppo con quelle sue doti oculari, ma l’espressione sul suo viso era decisamente serena, come se tutto quello che avesse fatto era davvero giusto. Invece Kisame non la pensava come lui, era sempre stato convinto della crudeltà del ragazzo, specialmente quando lavoravano in coppia, ma a quanto pareva forse aveva capito ben poco. Credeva che la facciata da bravo ragazzo educato fosse, appunto, solamente una facciata, ed invece dalle parole di Reyko quello era il vero animo di Itachi Uchiha. 
Ma perché fare tutto questo se prima aveva sterminato il proprio Clan? Ecco, quello era ciò che Kisame non riusciva a capire e che stranamente aveva iniziato a tormentarlo.
Ormai in testa aveva una serie di idee confuse e questo non andava molto bene, anzi, era quasi una tragedia. 
Itachi, ai suoi occhi, sembrava totalmente senza vita, infatti dal suo corpo non giunse neanche un fremito, a differenza del petto del fratello che si sollevava ed abbassava regolarmente. Sia lui che Reyko s’inginocchiarono al suo fianco ed allora vide la ragazza controllargli il battito. Prima portò due dita all’altezza del collo, alla ricerca dell’arteria che avrebbe rivelato se in lui vi era ancora vita o meno e poi s’abbassò verso il suo petto. 
Kisame notò perfettamente la faccia sempre più preoccupata della ragazza, segno che le cose non stavano andando come previsto e che forse erano giunti troppo tardi.
«No—… » la senstì sussurrare mentre provava ancora ad ascoltare il suo cuore.
Maledizione. Itachi Uchiha non poteva davvero essere morto. 
Lui stesso la fece spostare per poter provare a percepire qualcosa, ma una volta poggiato l’orecchio sulla cassa toracica di Itachi tutto ciò che sentì fu il silenzio più assoluto. Ed allora, anche lui palesemente sconvolto, sollevò gli occhi in direzione della ragazza che si era spinta fin li per il proprio compagno e scosse il capo, come a  dirle che non c’era nulla da fare.
Eppure lui non avrebbe dovuto provare niente. Alla Nebbia insanguinata il loro rituale di passaggio per diventare Genin consisteva nell’uccidere la propria squadra. Lui stesso l’aveva fatto, ma in quel momento non fu per niente contento di aver perso il proprio compagno.
«Reyko, non c’è nulla da fare. » commentò a bassa voce ed allora vide le lacrime rigare le guance arrossate dell’eremita, che si buttò letteralmente contro il corpo di Itachi provando a trattenere i singhiozzi. 
Aveva sempre pensato che fra loro due ci fosse qualcosa, ne aveva avuto la conferma dopo qualche discussione, quindi immaginò solamente come quella ragazza si potesse sentire. Lei che adesso stava mostrando tutta la propria fragilità. 
Provò a metterle una mano sulla spalla per farla sollevare, ma quella si divincolò dalla sua presa, perché non voleva essere toccata.
«Ci hai provato, ma interromperlo prima sarebbe stato peggio, fidati. »
«No—… » la sentì mormorare ancora una volta, mentre la disperazione in lei cresceva sempre di più. Scosse il viso ed allora lo sollevò per provare a guardarlo, senza paura di esser giudicata nonostante quel momento di debolezza. 
«Lui ti—… » provò a dire lo spadaccino, ma Reyko interruppe la sua frase dando un pugno secco in pieno petto di Itachi. La cosa che forse lo colpì di più era l’aura di chakra ed elettricità blu intorno alla mano serrata. 
Ad occhi sgranati Kisame fissò la scena, perché non aveva immaginato una reazione del genere da parte della ragazza che poi, lentamente, abbassò lo sguardo nuovamente sul ragazzo steso a terra. 
«Pensi davvero che prenderlo a pugni adesso ti servirà a qualcosa? » 
Questa volta fu lui ad alzare il tono della voce allargando le braccia, per ribadire quel concetto, e si sentì quasi in colpa vedendo nuovamente gli occhi di lei ormai colmi di lacrime.
«No—… » fu l’ultima cosa che disse prima di abbassarsi di nuovo verso Itachi, questa volta abbracciandolo, gesto che stranamente trovò estremamente delicato. Lui stesso poggiò una mano sulla fronte di Itachi e sospirò profondamente.
Rimasero fermi, in quella sorta di addio per troppo tempo. Kisame, ovviamente, non avrebbe abbandonato la ragazza, specialmente in quel momento, ma non potevano rischiare di essere visti, così provò a scuoterla per farla rialzare, nonostante la testa poggiata su di lui. Reyko finse di non sentire e quando lui, una seconda volta, cercò di scuoterla lo afferrò per una mano e lo fulminò con uno sguardo. 
«Shhh! » sibilò portando un dito alle labbra poggiando, qualche attimo dopo, la testa sul suo petto. 
«Reyko, non possiamo perdere tempo noi—… »
«Kisame, stai un po’ zitto! »
«Eh?! »
La guardò attentamente e notò solo allora di come stesse cercando di sentire meglio il battere sul suo petto, ma fino ad un attimo prima lui stesso non aveva sentito niente.
Come potevano le cose essere cambiate? 
E se la ragazza avesse dato intelligentemente quel pugno carico di chakra elettrico, solo per—… scuoterlo? 
S’abbassò a sua volta e la fece spostarem in modo da poter provare a sentire qualcosa, e quando poggiò il viso esattamente all’altezza del cuore, anche se in maniera impercettibile lo sentì.
Il battito.
Era ancora vivo anche se messo malissimo e forse quella scarica lo aveva davvero rianimato per un singolo istante. Così la guardò sollevandosi ed annuì mostrandole il suo ghigno più soddisfatto. 
«Allora adesso che facciamo, eremita? »

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Into the wood ***


Into the wood

Il cuore le martellava nel petto, perché non era sicura se quel piano avesse funzionato, ed anche perché sospettava che Zetsu avesse capito qualcosa. Purtroppo, dopo tutto quel tempo passato insieme a lui a causa delle varie ed eventuali missioni portate a termine, Reyko sapeva bene che di quell’essere c’era ben poco di cui fidarsi. All’apparenza, per un occhio decisamente molto poco attento, Zetsu poteva sembrare un infantile ed innocua pianta che per caso era entrata nell’organizzazione, ma in verità, sentendo parlare la sua parte nera le cose cambiavano. Era come se si trattasse di due esseri diversi, perché non pensavano le stesse cose, nonostante fossero un unico corpo.
Chiedere da dove venisse? Beh quella era una domanda a cui nessuno era riuscito a dare una risposta.
Tutto quello che sapevano era ciò che vedevano, e lei, stoltamente, non aveva domandato a Pain qualcosa in più sul suo compagno. In fondo non aveva neanche pensato di essere giunta al punto in cui gli avrebbe mentito.
Eppure eccola li, con i pugni stretti, gli occhi puntati dinnanzi a sé, i nervi a fior di pelle, e la paura per ciò che il proprio clone e Kisame stessero facendo. Non aveva neanche voluto prendere in considerazione l’idea che le cose fossero andate male, questo perché sarebbe stato troppo da accettare per lei. Si era impegnata, quanto aveva potuto, per fermarlo, ma non c’era stato tempo e soprattutto non sarebbe stato giusto nei suoi confronti, dopo tutto ciò che aveva fatto per ottenere quell’incontro con il minore degli Uchiha. 
Quante probabilità c’erano che Zetsu non abboccasse? Elevate.
Quante probabilità c’erano che Zetzu seguisse Sen? Davvero poche.

Ma lei doveva continuare a sperare, anche se le probabilità non erano esattamente a loro favore. 
Passarono secondi. Minuti. Quando improvvisamente dagli alberi e dai cespugli vide arrivare Sen, che scondinzolava, ed allora gli occhi dell’eremita s’illuminarono, perché forse almeno in qualcosa erano riusciti. 
A seguire il lupo, ovviamente, vi era la figura di Zetsu che sembrava decisamente infastidita e borbottava qualcosa fra sé e sé. Non ebbe il tempo di sentirlo perché allora avrebbe dovuto essere disperata, fuori controllo, come si aspettavano tutti quanti, sempre senza esagerare perché lei non esagerava mai. 
Mosse così ampie falcate in direzione del suo compagno di squadra e s’aggrappò a lui, guardandolo negli occhi e stringendo il suo mantello dell’Akatsuki. 
«Zetsu—… » sussurrò sentendo effettivamente le lacrime inumidirle gli occhi, proprio com’era successo prima mentre era con Kisame. 
«Reyko—… stai bene? » domandò la parte bianca, ma prima che lui potesse anche solo sfiorarla poggiandole una mano sulla spalla essa si scansò, tirandosi immediatamente indietro. 
«Tu—… tu stai assistendo all’incontro, giusto? Come—… come vanno le cose? » 
La voce le tramava, questo non fu neanche troppo volontario, perché effettivamente Zetsu avrebbe potuto dirle qualsiasi cosa, ma com’era giusto che fosse, l’eremita finse di non sapere della fine dell’incontro. 
«Beh—… è terminato da poco, Reyko, però ho delle cattive notizie da darti. » 
Anche se cercò di non dimostrarlo sentì un brivido di paura lungo la schiena, perché Zetsu stava parlando sul serio di cattive notizie. Inspirò profondamente, cercando di mantenere a lungo il proprio autocontrollo, ma non era sicura che ci sarebbe riuscita. 
«Che—… che intendi dire? »
La pianta rimase reticente per qualche attimo prima di distogliere lo sguardo giallo dalla figura della ragazza, ed allora Reyko cercò di darsi per davvero una calmata. 
Non poteva essere. 
«Zetsu. Che cosa intendi dire? » 
«Mi dispiace essere io a dovertelo dire, ma penso che in quanto tuo compagno mi tocchi—…-» inspirò profondamente perfino lui. «Itachi Uchiha è morto. »
Quelle parole la raggelarono perché non era pronta a sentirsele dire, men che mai da chi stava tramando per ucciderlo davvero. Scosse il capo, smuovendo i capelli, e lasciò che i propri occhi si perdessero a fissare un punto indefinito davanti a sé, mentre la triste consapevolezza che quella era la verità iniziava ad impossessarsi di lei. 
«Non può essere—… » sussurrò impercettibilmente, ma Zetsu la sentì. 
«In verità può esserlo eccome visto e considerato che Itachi ha sempre tenuto nascosti i suoi reali scopi. »
A quell’affermazione Reyko si voltò verso il compagno, confusa come non mai. 
«Reyko, lo so che tu non hai mai capito niente e non so neanche che cosa ti abbia detto Itachi, ma la sua era sempre una facciata. »
In fondo quello lo sapeva anche lei.
Che la sua reale intenzione fosse quella di morire per proteggere il fratello era una cosa che sapeva da tempo.
Possibile che anche Zetsu lo sapesse? Ecco, questo era un problema non indifferente. 
«Che cosa vuoi dirmi di preciso? »
«Che Itachi Uchiha è sempre stata una spina nel fianco dell’Akatsuki perché ha sempre protetto il suo villaggio ed il suo amato fratellino. Avrebbe benissimo potuto finirlo, l’ho visto con i miei occhi esitare davanti alla sua più grande debolezza. » 
E quello l’aveva visto anche lei, ricordava come avrebbe benissimo potuto provare ad uccidere Sasuke, ma non si era impegnato del tutto per farlo. Questa era la verità, anche se la questione del Villaggio della Foglia non le era del tutto chiara. 
«Itachi non lo avrebbe mai fatto. Lui odiava suo fratello, lo voleva solamente per gli occhi e per lo sharingan. » sibilò, cosa che aveva scoperto solamente grazie a Kisame quello stesso giorno. 
Zetsu le fece un chiaro segno di no con il capo ed allargò le braccia. 
«No, lui lo voleva proteggere ed avrebbe intralciato ancora i nostri piani dell’Akatsuki. Ci sarà qualche altro a raccontarti meglio la vera storia di Itachi Uchiha, non voglio togliergli questo piacere. » 
La ragazza socchiuse lentamente gli occhi e fu letteralmente costretta a poggiarsi contro il tronco di un albero per non svenire, perché al momento le mancavano davvero le forze.
Era forse Madara Uchiha colui a cui si riferiva il suo compagno? Probabile.
Ma cercò di non dar segno di ragionare lucidamente, perché lei al momento doveva essere semplicemente sconvolta, cosa che in fondo era davvero. 
Probabilmente Zetsu le disse altro, forse per rincuorarla, ma lei non riuscì ad accettare il tutto, ed allora si voltò dandogli le spalle, perché non aveva intenzione di essere vista in quello stato pietoso. 
«Il vero Itachi Uchiha—… » 
Quelle parole uscirono dalle sue labbra in un sussurro flebile e si ritrovò a serrare gli occhi dando un pugno carico di frustrazione contro l’albero. 
«Lo so che fa male perché voi due sembravate più vicini, ma è stata una liberazione Reyko, credimi. »
Una liberazione.
Ecco che cos’era per Zetsu la morte di qualcuno che avrebbe osato raggirarlo e dire che per tutti quegli anni e quel tempo trascorso insieme non faceva altro che lodare le sue capacità. Che razza di bugiardo era quella pianta. 
Ma poi, come un filmine a ciel sereno, la sua nuova coscienza acquistata in quell’istante la spinse ad aprire gli occhi di scatto. Fu un miracolo che non si ritrovasse faccia a faccia con Zetsu, perché era sicura di aver fatto un’espressione stupita oltre che preoccupata. Il cuore prese a battere più velocemente del previsto perché la coscienza del suo clone venne incanalata nella propria, segno che doveva essersi dissolto in quel momento. Vide chiaramente sé stessa e Kisame provare a sentire il battito del ragazzo. Il colpo pieno d’elettricità. Poi nuovamente il battito ed allora gli aveva spiegato la sua vera idea. L’unica cosa sensata a cui aveva pensato. 
Quindi era vivo, non era come diceva Zetsu. Lui lo aveva semplicemente lasciato li e dato per morto, probabilmente si sarebbe concentrato sul ragazzo una volta tornato, ma per fortuna erano intervenuti loro due e lo stavano portando via di la. Quel posto era il più sicuro che fosse venuto in mente a Reyko ed anche Kisame, nonostante l’esitazione, si decise ad accettare perché non avevano altra scelta.
Lanciò uno sguardo di sbieco a Sen, che s’avvicinò a lei speranzoso, ma tutto ciò che la ragazza fece fu carezzare il suo capo. 
«Va bene. Posso—… posso avere un po’ di tempo per stare da sola? » sussurrò sempre rivolta a Zetsu senza guardarlo negli occhi e cercando di avere ancora un tono supplichevole e disperato. 
La pianta non esitò nel risponderle, grattandosi una guancia. 
«Non—… non ci son problemi. Ti richiameremo appena ci riuniremo tutti quanti, Reyko. Va bene? »
Annuì lentamente, scuotendo ancora una volta i capelli, e poi abbracciò Sen, cingendoli il collo con entrambe le braccia e soffocando un finto singhiozzo, per risultare ancora più credibile. 
«D’accordo, forse ora è il caso che—… vada e vi lasci soli. » aggiunse quasi in imbarazzo Zetsu, e senza aspettare una sua risposta iniziò a camminare esattamente da dove era venuto. 
Reyko rimase in quella posizione più del previsto, stringendo forte il suo amato Sen, che in compenso le leccò il viso, segno che anche lui aveva capito tutto. Ormai fra di loro c’era quella connessione così forte tale da far comprendere l’uno i sentimenti dell’altro. Ed infatti una volta rimasti soli entrambi si guardarono negli occhi e dopo essersi assicurati che effettivamente non vi fosse più nessuno sulle loro tracce s’avvicinò al suo orecchio e gli sussurrò una semplice frase.
«Torniamo a casa. »
Ed allora Sen ululò. Non era un urlo di dolore ma di felicità.

Kisame aveva più volte usato il detto “andare nella tana del lupo”, ma quella volta stava effettivamente andando verso la vera tana dei lupi, un posto che già dal nome era tutto un programma. La sua giornata non era stata delle migliori, anzi era decisamente da cancellare, anche perché al momento stava correndo come mai prima di allora, seguendo le maledette indicazioni dell’eremita, che gli aveva lasciato dette prima di sparire per aggiornare la vera sé stessa.
Ecco, al momento lui era rimasto solo, trasportandosi sulle spalle il corpo inerme di Itachi, assicurandosi, fra le altre cose, sia di non essere seguito, sia che lui respirasse.
Lo avrebbe preso a calci una volta sveglio, perché doveva spiegargli decisamente quella situazione e le scelte fatte. Insomma capiva bene che si trattasse di qualcosa di personale, perfino lui aveva fatto una scelta difficile nel momento stesso in cui uccise il capo degli Spadaccini della Nebbia. Ma adesso la situazione era totalmente diversa e doveva anche sbrigarsi perché il sole stava calando. In un primo momento, quando Reyko gli aveva parlato del Bosco dei Sussurri e del Tempio dei Lupi lui era stato portato a pensare che questa zona nascosta e sacra si trovasse vicino al Paese del Fulmine. Ma mai un pensiero fu tanto lontano dalla realtà. Con sua grande sorpresa, infatti, la ragazza gli spiegò che sono dei luoghi di culto e che in teoria non importa il paese di provenienza per andare li ad allenarsi. Erano semplicemente tradizioni, infatti il bosco si trovava al confine fra il Paese del Fuoco ed il Paese delle Terme. Insomma era al Nord ed anche piuttosto lontano dalla Nuvola, ma per sua fortuna non era troppo lontano da dove si trovavano loro adesso.
Aveva corso senza mai voltarsi indietro, allontanandosi sempre di più dal luogo in cui era avvenuta la distruzione totale. La ragazza ovviamente gli aveva detto che una volta oltrepassato quella che sembrava una vera e propria statua in pietra a a forma di lupo avrebbe trovato ad attenderlo il branco ed allora arrivava la parte difficile. Attenderla non era necessario, anche perché Reyko non aveva idea di quanto tempo avrebbe perso allontanandosi da dove si trovava lei. Quindi lui doveva entrare e parlare con i lupi. 
Se proprio doveva essere sincero con sé stesso Kisame aveva mediamente timore di quel posto, anche perché era sacro oltre che proibito. Stavano infrangendo delle regole, ma prima di andare Reyko gli sussurrò una frase, grazie alla quale lo avrebbero sicuramente fatto passare. Aveva scelto quel luogo per un motivo semplice: nessuno poteva accedervi senza permesso, vi era una sorta di protezione ed un sigillo creata un tempo dal vecchio eremita dei Lupi.
Quindi dovevano essere al sicuro oltre quella barriera, dentro ad un bosco. 
Il viaggio durò parecchio, anche perché portarsi dietro il compagno non fu semplice, ma al calar del sole, quando ormai ad ovest si vedeva chiaramente la palla di fuoco iniziare a baciare la terra, riuscì a giungere nei pressi della statua a forma di lupo. Era vecchia, e solamente allora lo spadaccino ralletò, muovendosi con più cautela. L’eremita gli aveva detto che dinnanzi ai lupi non si sarebbe dovuto lasciar prendere dal panico o dalla rabbia altrimenti lo avrebbero attaccato, quindi doveva stare sereno. In fondo non era una cosa difficile. 
Intorno a sé gli alberi erano altissimi e coprivano il cielo, non dando la possibilità di vedere, e l’oscurità all’interno della foresta non erano per niente incoraggianti. Vi era solamente una lanterna accesa e posizionata di fianco alla statua, che creava giochi d’ombre notevoli. Lentamente si guardò intorno e percepì chiaramente qualcosa muoversi, segno che non era da solo. Probabilmente il proprio corpo s’irrigidì, ma non perse mai la presa sul suo compagno.
«Chi sei tu che osi oltrepassare il Bosco dei Sussurri? »
Una voce profonda e roca, proveniente esattamente da dinnanzi a sé, lo spinse ad assottigliare lo sguardo verso quella direzione e pian piano delle figure sembrarono andargli incontro con assoluta flemma.
Solamente grazie alla lanterna riuscì a riconoscere alla perfezione i manti differenti dei tre lupi dalle dimensioni impressionanti che si fecero avanti. Il primo di tutti possedeva il manto nero pece e due grandi occhi verdi sembravano riflettere di luce propria. Da come gli altri due lo seguivano quello doveva essere il loro capo, e forse era stato anche lui a parlare.
Dei movimenti alle sue spalle lo costrinsero a voltarsi di scatto per vedere, con sua somma preoccupazione, che non era solo e che un intero branco di lupi di tutte le dimensioni lo aveva letteralmente circondato. 
Maledizione, perché si era fatto coinvolgere in quel piano folle? 
Era riuscito ad impedire all’eremita di morire mettendosi in mezzo allo scontro di quella mattina, perché rischiare tutto mandandolo fin li?
«Mi chiamo Kisame Hoshigaki e colui che porto con me è Itachi Uchiha e siamo qui per conto dell’eremita dei lupi, Reyko Harada. »
Gli era stato chiaramente detto di dire in quel modo per presentarsi, perché i lupi sono animali nobili ed anche molto orgogliosi, quindi chinò addirittura il capo in segno di rispetto.
Neanche con gli squali succedevano quelle cose. Assurdo. 
Una serie di sussurri e di ululati iniziò a farsi strada fra il branco, fino a quando un sommesso ringhio da parte del lupo nero non fece zittire tutti quanti. Con lentezza aberrante esso mosse un paio di passi, fermandosi a poca distanza da dove si trovava lui, mentre quegli occhi antichi lo stavano chiaramente osservando. 
«Quindi ti manda il mio eremita? E perché Reyko vi dovrebbe mandare fin qui? »
Domanda più che lecita, quindi cercò di rispondere usando le giuste parole. 
«Perché il mio compagno sta male, davvero male, e ci serve un posto sicuro dove andare. » 
«Il tuo compagno è un Uchiha, possiede il sangue maledetto dello sharingan e tu porti con te una delle Katane insanguinate della Nebbia. Siete entrambi due poco raccomandabili e noi non vogliamo avere niente a che fare con quelli come voi. » 
Kisame, infastidito dalla risposta secca appena ricevuta, digrignò i denti e strinse maggiormente Itachi. 
«Come ti ho già detto lui non sta bene e Reyko ci ha mandati qui. Arriverà fra poco. »
Non era davvero sicuro che lei sarebbe giunta in poco tempo per salvarlo, quindi doveva necessariamente convincerlo a farlo entrare. 
Ma il lupo rimase in silenzio per qualche attimo e poi iniziò a girar loro intorno come a volerli scrutare. 
«Che cos’è successo all’Uchiha, spadaccino? »
Forse c’era ancora qualche speranza di convincerli. 
«Ha combattuto e rischia di morire. Reyko si è spesa come non mai per salvare questo ragazzo e sta rischiando tutto per potarlo in un posto sicuro. Come potete ignorare una sua richiesta? Lei è la vostra eremita. » 
Con un balzo in avanti il lupo scattò e ringhiò profondamente in direzione di Kisame, cosa che anche gli altri fecero. 
«Non ho bisogno che tu, un possessore delle spade maledette, mi ricordi chi è quella ragazza, lo so benissimo da solo. Ma ci sono delle regole ben precise per poter accedere in questo luogo, questo Reyko te l’ha detto? »
Ebbene sì, glielo aveva detto ed aveva anche detto che non sarebbe stato facile convincere quei lupi a farli passare, ma non c’era tempo da perdere se voleva davvero aiutare Itachi. Quindi decise di passare all’opzione finale, quella che Reyko gli aveva detto di usare solamene se strettamente necessario. Quindi cercò di riportare alla memoria le parole che le aveva detto per poi ripeterle al cospetto dell’intero gruppo. 
«Quando cade la neve e soffiano i bianchi venti dell’inverno—… il lupo solitario muore, mentre il branco sopravvive. » 
Ecco cosa gli aveva sussurrato all’orecchio Reyko prima di sparire. Quelle dovevano essere delle parole fondamentali per i lupi, qualcosa che solamente fra di loro potevano comprendere a pieno, ma soprattutto erano qualcosa che non si poteva ignorare. Si trattava di onore in quel caso e non avrebbe davvero voluto forzarli se non fosse stato necessario.
Fra i lupi del branco iniziarono tutti quanti a guardarsi, chi ringhiava, chi emetteva deboli latrati, chi invece aveva addirittura ululato. L’unico a non mostrare una reazione fu il lupo nero, il capo, che rimase immobile a fissarlo, come se tutto ciò non avesse sortito alcun effetto su di lui. 
«Quindi è così. Ti ha detto queste parole—… »
«Sì e non lo avrebbe fatto se non fosse stato di vitale importanza. »
«Lo so benissimo. Quelle parole sono un segnale tutto nostro per una situazione grave e se lei te le ha dette non possiamo ignorare il volere della nostra eremita, anche se di voi mi fido ben poco. »
Perché tutto questo non lo stava sorprendendo neanche un poco?
«Kisame Hoshigaki ed Itachi Uchiha, avete il permesso di entrare nel Bosco dei Sussurri. » 
Finalmente, però, era riuscito nel proprio intento, ovvero ottenere quelle maledette parole che gli avrebbero consentito di andare oltre, ed addirittura quel lupo chinò il capo nella sua direzione. 
«Non so il tuo nome per poterti ringraziare, anche se credo tu sia il loro capo—… »
Il lupo lentamente tornò a distendere le proprie zampe, tanto da spingere tutti quanti ad avvicinarsi per osservarli ed odorarli. 
«Kenzo. Il mio nome è Kenzo e lascia che ti aiuti a portare il ragazzo Uchiha, va curato ed anche in fretta. »
In verità non avrebbe voluto lasciare che Kenzo portasse via Itachi, ma lui era stanco a causa di tutta quella corsa e sinceramente un aiuto non avrebbe fatto male. Uno dei lupi più grandi che avesse mai visto gli si affiancò e poi s’abbassò su due zampe, intimandogli di stendere il ragazzo sul suo dorso. Esitò per qualche istante, ma alla fine si convinse e con tuta la delicatezza di cui era dotato, ovvero non molta, lo poggiò sulla schiena del lupo, che rimettendosi in piedi era alto quanto se non più di lui.
«Dove lo portiamo? » domandò rivolto a Kenzo mentre il lupo con Itachi steso sulla schiena iniziò a correre in mezzo al bosco. 
«Al Tempio dei Lupi. Li possiamo curarlo sul serio. Contro chi si è battuto? Così possiamo sapere l’entità delle sue ferite. »
«Contro—… suo fratello, ma credo che i danni riportati siano soprattutto a causa dello sforzo eccessivo nell’usare il suo sharingan ipnotico. »
Sentì Kenzo ringhiare sommessamente e poi guardò altrove. 
«Quegli occhi rossi sono una maledizione ed un pericolo costante per chiunque, anche per chi gli sta intorno. Non avevo mai pensato di accogliere al tempio uno di loro ed uno degli spadaccini della Nebbia. »
Kisame sogghignò per via di quel titolo, ma ci tenne a precisare una piccola cosa.
«Ex. Non sono più uno di loro ed il mio gruppo si è disperso da tempo. » 
«E’vero—…  adesso però dobbiamo andare, anche perché dovrai spiegarmi che cosa sta succedendo. »
E non gli diede neanche il tempo di replicare che Kenzo iniziò a correre, facendogli prima un cenno di seguirlo addentrandosi nell’oscurità di quel bosco.
Era la prima volta che metteva piede in un luogo sacro ed ovviamente quella non voleva fosse l’ultima volta, quindi avrebbe seguito tutto ciò che gli veniva detto o gli veniva domandato, anche perché quei lupi non sembravano scherzare.
Quindi era davvero con loro che Reyko si era allenata? Doveva farle i complimenti in un momento più sereno e tranquillo.
Ora bisognava occuparsi di Itachi e della sua salute.

Il grande Tempio dei Lupi era una costruzione imponente in pietra totalmente immerso in quella foresta oscura era rimasto fermo a fissare con interesse sempre crescente quel posto. Una grande scalinata conduceva al tempio, e li un portone in legno, con incisi parecchi disegni, non passava di certo inosservato. Il tetto, essendoci più piani, era spiovente e risaltava di colore rosso. Era come se ad ogni piano vi fossero delle terrazze piene di piante, o forse era la stessa vegetazione ad essere in simbiosi con il posto.
Una volta messo piede all’interno si ritrovò al cospetto di un grande salone in pietra e pressoché spoglio, eccezione fatta per dei dipinti e delle scritture appese alle pareti. La luce di due torce illuminavano maggiormente quello che sembrava essere un altare posto in fondo all sala, ma Kisame non diede molto conto a quelle cose, occupato com’era a prestare attenzione ad Itachi, infatti i lupi, senza dire una parola, lo portarono con loro in una sala al piano superiore e gl’intimarono invece di rimanere li sotto ad aspettarli. Non aveva idea di come quei lupi avrebbero potuto aiutare il ragazzo ma lui si fidava ciecamente del piano di Reyko, che fra l’altro stava attendendo. Due dei grandi lupi erano rimasti in sua compagnia, mentre Kisame se ne stava seduto nell’atrio esterno a fissare il cielo, che stranamente da li era visibile.
Ma improvvisamente, quasi all’unisono, entrambi i lupi sollevano il muso verso l’alto, così lui si voltò a guardarli, alternando lo sguardo.
«Qualcosa non va? » chiese a bassa voce prima di portare una mano sull’elsa di Samehada. 
«No. Lei è qui e sta arrivando. » gli rispose quello dal pelo rossiccio, forse uno dei due che aveva evocato, ed allora il lupo tornò a rilassarsi. 
Kisame si guardò intorno e finalmente si rilassò anche lui perché l’unica che poteva davvero prendere il controllo di quel posto era giunta. Non aveva idea di come fosse andato l’incontro con Zetsu e lui necessitava di essere informato anche per sapere come agire in seguito. 
Quindi attese, quasi con infantile impazienza, che Reyko giungesse.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Heremit ***


Heremit

Non si era fermata neanche per un istante. Non si era concessa un attimo di pausa neanche quando le forze, dopo aver usato per troppo tempo l’armatura di Fulmine, le erano venute meno. Aveva continuato a correre sperando di essere giunta appena in tempo per aiutare Kisame con i lupi. Anche quella era una bella seccatura che doveva risolvere da sola, ma fortunatamente, una volta giunta ai margini del Bosco non aveva notato nulla di strano. Da li, superare la statua fu facile, e poi continuò a correre. Lungo la strada non vi erano tracce di sangue o segni di combattimento, quindi Kisame doveva esserci riuscito ad arrivare fin la dentro. Questa era una cosa molto positiva e sicuramente i suoi lupi dovevano averla giù individuata non appena messo piede in quel bosco.
Erano anni che Reyko non andava fin li, le era addirittura mancato. Per un po’ di tempo aveva davvero creduto di poter vivere da sola nel tempio, insieme ad i lupi, ma era stata una scelta che era durata poco, perché poi aveva preso a viaggiare, cercando un posto per sé stessa. Alla fine aveva trovato l’Akatsuki e da allora i suoi problemi si erano triplicati, giungendo all’apoteosi di quel giorno. In un primo momento era stato tutto semplice, perfino divertente, ma ormai da anni a quella parte la situazione era peggiorata. Non sapeva che cosa sapessero di Itachi e le importava ben poco, questa era una certezza, anche perché al momento l’unica cosa che le interessava era saperlo al sicuro. 
Quando vide in prossimità il tempo Sen iniziò ad ululare, richiamando così gli altri lupi ed annunciando il proprio arrivo. Era una sensazione che le mancava, anche perché una volta atterrata ai piedi delle scale iniziò a salirle in fretta e furia.
Vide Kisame, con le braccia conserte accanto a Hina ed Eiji, attendere con impazienza il suo arrivo e capiva anche il perché. Non era esattamente semplice avere a che fare con i lupi, e lei lo sapeva bene, ma era riuscito nella grande impresa di convincerli a farli entrare, quindi alla fine non gli era dispiaciuto, oppure era risultato così convincente da essere davvero bravo. 
«Reyko-sama! » 
All’unisono i due lupi chinarono il capo nella sua direzione, mentre la ragazza salì anche gli ultimi gradini, senza fermarsi troppo a guardarli.
«Eiji, Hina, Kisame—… » riuscì a mormorare i loro nomi, nonostante fosse davvero senza fiato per via della corsa, e Sen, al suo fianco, chinò iò muso nella direzione degli altri lupi. 
«Finalmente sei arrivata—… » 
La rimbrottò Kisame, che provò a metterle una mano sulla spalla, ma lei sfuggì alla sua presa e si precipitò dentro il grande portone il legno, che aprì con una semplice spinta. 
Come sempre quel posto non era cambiato. C’era l’altare delle tavole, e li sopra era conservato la pergamena dei contratti di evocazione, che lei si sarebbe dovuta sempre portare con sé. Vi era anche l’antica cappa eremitica del primo grande eremita, ed il suo bastone, ma quello era conservato in uno scompartimento nascosto agli occhi di tutti, che neanche lei conosceva.
Quella era casa sua, l’ultimo posto che le rimaneva, e finalmente si sentì al sicuro. Si guardò introno, notando immediatamente le scale alla sua sinistra che conducevano al piano superiore, eppure appena mosse un passo un’ombra le saltò letteralmente addosso, azzannandola alla spalla.
Se solo non avesse avuto i riflessi pronti probabilmente avrebbe addirittura colpito la gola. Reyko si ritrovò ad andare a sbattere contro il muro. La botta non le fece male sul momento, o forse era così stanca che neanche si rese conto del dolore, però quando scivolò nuovamente con i piedi a terra vide chiaramente che il suo braccio sanguinava e non poco. Le avevano appena azzannato una spalla e le era anche andata bene, ma avrebbe riconosciuto ovunque quella potenza e soprattutto quella velocità con cui era stata colpita, infatti sollevando lo sguardo vide al centro della sala Kenzo, con le zanne snudate e gli occhi smeraldini puntati verso di lei. 
Kisame, che si era affacciato dalla porta, guardò la scena scioccato e provò a muovere un passo verso di lei. 
«Ma che state facendo? » urlò quando si ritrovò però bloccato da Hina ed Eiji. 
Entrambi non avevano intenzione di farlo passare, forse anche perché era una questione privata, così prima che lo spadaccino partisse usando una qualche tecnica e facendo casino in un luogo sacro Reyko sollevò immediatamente il braccio buono, facendogli cenno di fermarsi.
«Kisame, sto bene, non preoccuparti. » sussurrò senza però togliere gli occhi di dosso da Kenzo. 
«Non preoccuparmi? Se non ti fossi spostata ti avrebbe presa all’altezza del collo, uccidendoti. »
Lentamente Reyko annuì inarcando appena le labbra in un sorrisetto sforzato, che di divertito aveva ben poco. 
«Lo so, tranquillo, me lo sono meritato. » 
Kenzo, dal canto suo, si muoveva avanti ed indietro nella sala dalle pareti in pietra e poi finalmente si fermò, come se fosse pronto di nuovo all’attacco. 
«E’ il minimo, eremita. Sai benissimo che questo luogo sacro è solamente per chi fa parte del branco, ciò nonostante tu mandi due persone e per di più usando le nostre parole più importanti. » ogni parola pronunciata da Kenzo era un sibilo particolarmente preoccupate, ed allora annuì. 
«So anche questo, ma non avevo altra scelta, Kenzo. » 
Ammise lei abbassando lo sguardo e portando, con delicatezza, la mano a sfiorarsi la ferita appena fatta alla spalla. Non aveva avuto neanche la voglia di sfoderare il proprio Kunai, anche solo per difendersi, perché era certa di non averne bisogno. Un sospiro profondo uscì dalle proprie labbra ed allora sollevò gli occhi nella sua direzione. 
«E’ tutto questo quello che hai da dirmi? »
«No, ovviamente. » ribatté secca lei prima di muovere un paio di passi nella sua direzione. «Ma prima voglio sapere come sta Itachi. »
Il lupo le ringhiò, mostrandole di proposito i canini sporchi del suo stesso sangue, il tutto sotto lo sguardo attonito di Kisame. 
«Prima tu mi racconterai che cosa sta succedendo e poi ti dirò dell’Uchiha. »
Maledetto Kenzo e le sue regole.
Purtroppo quando il capo branco decideva una cosa la sua parola era legge, perfino per lei che era l’eremita. Quindi la ragazza annuì lentamente e lanciò di corsa uno sguardo al proprio compagno. 
«Sei sicura che vada tutto bene? »
«Sicurissima, ora però devo andare a parlare con Kenzo. » 
Il lupo non le disse nulla ma si limitò a dirigersi verso l’uscita del tempio seguito a ruota dalla ragazza. Era sicura di sapere dove stessero andando a parlare e li dovevano essere necessariamente soli. Quindi con Kisame si scambiarono un’ultimo sguardo deciso ed alla fine lo seguì, scendendo nuovamente le scale dalle quali era arrivata. 
Sen provò a seguirla, ma lei lo fermò, intimandogli di rimanere in compagnia del compagno e che non sarebbe successo niente. In fondo doveva spiegare la questione a Kenzo, che di solito era il più burbero dei lupi, oltre che il più forte ed il pericoloso. 
Un centimetro più a destra e l’avrebbe presa alla giugulare. Insomma era decisamente partito all’attacco per ucciderla, cosa che fra i lupi poteva anche succedere. Ma erano occasioni rare che un membro del branco provasse ad attaccare il piantagrane della situazione. Ecco quello che era accaduto nella grande sala e lei non poteva neanche fare finta di niente. 
Camminarono in silenzio, scesero le scale e poi svoltarono nel sentiero a destra che dava sulla foresta. La stava portando nella zona degli allenamenti, laddove avevano passato intere giornate a combattere ed ad accumulare energia naturale fino a quando non era riuscita a canalizzarla diventando un’eremita. La stava portando alle origini del loro rapporto, forse perché voleva una discussione seria, ed in fondo la voleva anche lei. Sapeva di dover spiegare tutto ed aveva paura ad ammettere ciò che l’aveva spinta a fare tutto quello, ma Kenzo doveva sapere. Doveva essere sicuro di potersi fidare anche di Kisame e di itachi, altrimenti non avrebbero esitato ad attaccarli, e poi lei aveva bisogno di sapere le condizioni del ragazzo. Ne andava della sua stessa salute mentale. 
Camminarono per circa venti minuti a piedi fino a quando non giunsero nella grande radura illuminata dalla luna crescente, ed allora, solamente allora, Kenzo si voltò verso di lei, fulminandola con quelle iridi di smeraldo. 
«Siediti. » le sibilò.
«Sto bene in piedi. » rispose lei appoggiandosi ad un’albero con il braccio buono, senza però guardarlo negli occhi. 
«Ti ho detto siediti o giuro che ti faccio sedere io. » 
Ecco il tono di quando Kenzo non accettava una risposta negativa, cosa decisamente che non prometteva nulla di buono. 
Reyko deglutì e così andò a sedersi a terra, poggiando la schiena contro l’albero. Solamente allora si rese conto del dolore alla spalla morsa, ma non ebbe voglia di lamentarsi del dolore, non davanti a lui.
«Parla. Adesso. »
Quindi era così che sarebbe andata la discussione? Con lui che ascoltava e lei che parlava? Beh, effettivamente era davvero giusto, ma a lei non andava molto bene. Fece una smorfia con la faccia e poi tirò la testa indietro, inspirando profondamente e cercando le giuste parole da dire. 
«Scusami, ho sempre preso pessime decisioni nella mia vita e questa ne è l’ennesima prova. Sono pessima e lo so, Kenso, puoi dirmelo quanto ti pare. Ho violato una delle regole fondamentali ma non avevo scelta. Quel ragazzo—…è in pericolo ed io non sapevo dove andare per aiutarlo. 
»
Ed ecco che il flusso di coscienza era partito da solo, lasciando che le labbra si muovessero autonomamente, esperimento una matassa indefinibile di pensieri. 
«E quella tua organizzazione? L’Aktauki? Perché sbaglio o stavi con loro a caccia di quei maledetti Bijuu? » continuò il lupo, che stranamente sembrava essersi calmato e seduto sul terreno, senza però smettere di guardarla.
«Quello è un’altro punto. Il problema, adesso, è proprio questo, Kenzo, sono delle persone nell’Akatsuki che lo vogliono morto. Sono Zetsu e Madara Uchiha, quindi non potevo lasciarlo.
»
«Madara Uchiha è morto, ragazzina, svegliati. »
«E’ vivo. E sta organizzando qualcosa di grosso. »
«Ma ti rendi conto di quello che dici? Chi ti ha detto queste stupidaggini? » le ringhiò il lupo nero. 
«Me lo ha detto Itachi. »
Inspirò profondamente e chiuse gli occhi, perché il solo ammettere una cosa simile non era da lei, infatti strinse i pugni. 
«Itachi sarebbe il ragazzo dentro al tempio, l’Uchiha. A quanto pare sa usare lo sharingan ipnotico, hai presente di quanto sia pericoloso? »
Ma davvero le stava facendo una domanda simile? 
«Ovvio che lo so, Kenzo. So benissimo di cosa è capace. L’ho visto oggi mentre combatteva con suo fratello. »
Il lupo annuì lentamente e voltò gli occhi in direzione della luna prima di distendersi sul terreno, come se fosse stanco. 
«Kisame Hoshigaki mi ha raccontato quello che è successo. Uno scontro notevole. Avevo sentito parlare dell’Amaterasu e del Susanoo, ma a quanto pare tu ne hai avuto una piena dimostrazione. » 
Stranamente tutta la rabbia che aveva fino ad un attimo prima sembrò svanire nel corso dei secondi impiegati fra una risposta e l’altra, infatti Reyko non era in grado di rispondere correttamente e di getto.
Aveva bisogno di riflettere. 
«Voleva morire per suo fratello, per riabilitare il nome degli Uchiha dopo—… »
«Dopo quello che ha fatto? Sai, Konoha non è molto lontana da qui e le notizie del genere rimango impresse nella mente dei vecchi a lungo. So benissimo che cos’ha fatto Itachi Uchiha, lui è lo sterminatore del suo clan. Eppure eccoti qui, con gli occhi lucidi, ad implorarmi di aiutarlo. » 
Ogni parola di Kenzo era maledettamente vera. Ogni singolo dettaglio da lui citato era pura verità e lei, nonostante tutto, non sapeva come rispondergli.
O meglio sapeva bene cosa dire ma non voleva farlo. 
«Ha detto a tutti quanti che voleva uccidere suo fratello solo per avere gli occhi per lo sharigan, non so neanche che cosa significhi, ma a me ha detto la verità. Voleva essere ucciso per suo fratello—… fra l’altro credo che ci sia qualcosa dietro la storia del massacro. Qualcosa che ha a che fare con il suo villaggio perché anche Zetsu oggi ha detto qualcosa di simile. »
«Non avevi detto che questo Zetsu non era un tipo affidabile? »
«Sì, ma questa mattina ancora non sapeva di questo. »
«E che cosa credi che c’entri il suo villaggio con un massacro? »
Legittima domanda, che la costrinse a scrollare le spalle, provocandole una notevole fitta di dolore. 
«Non lo so, intuizione personale. » si limitò a rispondere la ragazza prima di passarsi una mano a tirare indietro delle ciocche di capelli. 
«Adesso, però, ti farò una domanda e tu dovrai rispondermi sinceramente, Reyko, chiaro? »
Nel sentire le sue parole si ritrovò a sfarfallare le ciglia inumidite dalle possibili lacrime della frustrazione ed allora annuì.
«Bene, che cosa rappresenta questo ragazzo per te? »
Il cuore perse qualche battito, perché la domanda di Kenzo fu diretta e semplice, senza giri di parole e soprattutto inutili ghirigori. Voleva sapere che cosa rappresentava per lei Itachi. Come spiegarglielo? E soprattutto cosa dirgli? 
Lei che di solito negava qualsiasi cosa adesso era costretta ad ammettere una verità simile perché non poteva mentire, non poteva farlo più specialmente dinnanzi a Kenzo. 
«Credo—… credo che io e lui siamo legati in qualche maniera. Non so spiegarti come, so solamente che quando lo vedo mi sento meglio e che è una cosa reciproca. Quando i nostri occhi s’incontrano è come se fossi vittima di un’illusione dalla quale non voglio liberarmi. Quando le nostre mani si sfiorano sento il cuore battere un filo più veloce. Quando sento le sue parole, qualunque esse siano, voglio solamente abbracciarlo. » ed allora s’interruppe abbassando lo sguardo ed inspirando profondamente. «Nel momento stesso in cui ho saputo le sue vere intenzioni ho pensato a che cosa fare. Mi sono convinta che non intervenire fosse la cosa migliore, ma poi l’idea di perdere quel legame mi ha scossa nel profondo e così ho deciso d’intervenire, come meglio potevo, per provare a salvarlo dalla morte. Kenzo, lui non è un cattivo ragazzo, credo che sia la persona più buona che io abbia mai incontrato, si è sacrificato per il bene di suo fratello. Come posso perdere qualcuno come lui? »
Non riuscì a dire altro, perché forse le mancavano le parole ed allora si coprì gli occhi con una mano, in modo tale da non far vedere le lacrime che le ricavano il viso. Anzi, cercò addirittura di asciugarle, ma sapeva bene che Kenzo la stava osservando e la stava giudicando. 
«Ho sempre pensato che tu fossi una ragazzina immatura che camminava su sentieri tortuosi ed oscuri. Accecata dalla vendetta, dall’odio e da tutto quello che fa male hai intrapreso un percorso che ti ha portata a sbattere più e più volte—… ma questo percorso ti ha anche portata a lui. » 
Kenzo disse quelle cose con la sua pacatezza ritrovata, ed anzi, s’alzò in piedi per andare verso di lei con andatura lenta. 
«Non m’importa chi è e che cos’ha fatto. Può anche essere un santo come può essere il peggiore dei peccatori—… fatto sta che fra di voi c’è un legame. Un legame così forte da spingerti ad andare contro la tua stessa organizzazione, rischiare la vita e soprattutto metterti contro il tuo l’intero branco. Queste non sono cose che si fanno alla leggera, eppure tu hai fatto tutto questo solamente per lui. Per saperlo vivo ed al sicuro ed io—… sono felice di ciò. »
Il lupo sussurrò quell’ultima parola chinando il muso nella sua direzione, ma Reyko stremata com’era comprese solamente dopo quello che le era stato detto, tanto da fissare il viso di Kenzo a pochi centimetri dal suo. Schiuse le labbra, incapace di parlare e poi scosse appena il viso. 
«Sei—… sei felice? »
«Sì, hai capito bene, sono contento di quello che hai fatto perché finalmente hai capito il vero significato di essere un’eremita, di amare la natura e la vita. Non si vince combattendo ciò che si odia ma salvando quel che si ama. Questo è il concetto più importante per gli eremiti. »
Probabilmente pensò di non aver capito bene, perché continuò a scuotere la testa cercando una giusta risposta da dare. Le aveva davvero detto che era quello il modo giusto di agire, che aveva finalmente compreso la vera natura dell’eremita e non solamente della propria forza. Era tutto un concetto mentale sul quale lei non aveva mai riflettuto e per questo si ritrovò di nuovo a piangere, questa volta forse per la felicità. 
«Pensavo che tu fossi arrabbiato con me e che avrei perso tutto, ma non importava, ti prego dimmi solamente che sta bene e che non morirà, questa è l’unica cosa che chiedo, Kenzo. 
»
Il lupo le leccò il viso, come quando faceva durante i primi giorni di allenamento, specialmente dopo una grande litigata ed una sgridata, cosa che succedeva anche spesso. 
«Non è nelle migliori condizioni di sempre ma possiamo recuperarlo. »
Finalmente, dopo tanto tempo, Reyko si sentì davvero sollevata ed infatti si lasciò andare alle lacrime liberatorie, continuando a non guardare il viso del lupo che era ormai accanto a lei. 
«Smettila di piangere, anche se sei sollevata, altrimenti che razza di eremita abbiamo?! »
«Una molto stupida. » singhiozzò lei cercando di fermare le lacrime salate con la mano buona. 
«Effettivamente è molto stupida ma finalmente inizio ad intravedere in lei un pizzico di saggezza in più. »
«Sei sempre così gentile con me, Kenzo, anche quando non lo merito. » 
L’ennesimo singhiozzo la costrinse immediatamente a bloccare le proprie parole, prima di abbracciare Kenzo e stringerlo.
«E tu sei sempre il mio giovane lupo. »
Probabilmente rise per quell’affermazione che la fece stare meglio, perché nonostante lei fosse convinta di non avere nessuno in verità aveva qualcuno che teneva a lei molto più di quanto dimostrasse. 
Kenzo poteva anche essere un vecchio e burbero lupo, che aveva visto tante cose e combattuto tante battaglie, ma era l’unico al quale era sempre importato di lei. E questo, forse, Reyko lo capì quella notte, limitandosi a rimanere abbracciata al proprio maestro, senza avere neanche la forza per muoversi. 


Probabilmente passò un po’ prima che entrambi si riprendessero per tornare al tempio. Il lupo le disse che tutti e tre sarebbero potuti rimanere li dentro la zona protetta per tutto il tempo che volevano, ma che adesso doveva lui stesso andare a controllare le condizioni di Itachi. 
Risalendo la scalinata in pietra vide ancora una volta Kisame sulla soglia della porta, questa volta con Sen accucciato al proprio fianco, e la sua espressione fu di puro sollievo quando lei e Kenzo tornarono dal bosco vivi e vegeti.
«Reyko? » le domandò prima di avvinarsi a lei, cosa che quella volta Hina gli permise di fare. 
«Kisame, non preoccuparti, abbiamo parlato ed è tutto apposto. »
E gli rivolse un sorriso decisamente incoraggiante prima di abbassare lo sguardo. 
«Sei proprio sicura che vada tutto bene? » domandò lui con aria interrogativa lasciando che i suoi occhi si soffermassero su Kenzo. 
«Davvero—… adesso vorrei solamente riposare. » sussurrò la ragazza strofinandosi gli occhi con una mano. 
«Prima però fatti curare quella spalla, eremita, sta continuando a sanguinare. » la rimproverò il lupo dal manto scuro che si diresse verso l’interno, deciso sicuramente a curare Itachi con le sue stesse doti. 
Una volta rimasti soli lei e Kisame si scambiarono un lungo sguardo ed allora s’andarono a sedere sulle scale. Con un movimento azzardato la ragazza si sbottonò il mantello dell’Akatsuki e lo lasciò cadere a terra, notando solamente allora il segno che le era rimasto sulla spalla.
La stoffa era a brandelli e la carne era macchiata di sangue, che le scendeva fino alle bende lungo le braccia. Inspirò profondamente e con qualche difficoltà provò a medicarsi da sola. 
«Lascia stare, faccio io, so ancora metterle le bende, se queste sono tutte le tue grandi doti di medicazione. » sbottò Kisame, aggiungendo finalmente un ghigno dei suoi, che stranamente le erano mancati, forse perché quella giornata difficile aveva tolto il sorriso a tutti quanti. 
«Pensi che sarà arrabbiato con noi quando si sveglierà?
»  domandò lei con un filo di voce passando delle bende pulite a Kisame, che giocava a fare il dottore con la sua spalla. 
«Non lo so, Itachi è sempre stato molto misterioso, penso che forse quella che abbia capito più di lui sia stata tu, nonostante tutto. »
«Non esagerare, Kisame, non sono riuscita a fermarlo. » mormorò lei trattenendo una smorfia di dolore. 
«Ma sei riuscita a salvarlo. » 

«Siamo riusciti a salvarlo»
Entrambi si scambiarono un lungo sguardo silente e stranamente Reyko sorrise ed annuì con cognizione di causa.
Aveva ragione, poteva anche aver preso le sue decisioni, ma loro erano riusciti a salvarlo. Al momento gli unici a sapere che Itachi Uchiha fosse ancora vivo erano loro due ed i lupi, quindi anche suo fratello al momento era al sicuro. Le cose si erano risolte meglio del previsto, soprattutto dopo la discussione con Kenzo, ma questo lo tenne per sé e magari lo avrebbe detto a Sen, ma in un secondo momento.

Nel mentre nel Covo Nord dell'Akatsuki. . . 
Era stata una giornata pessima per Zetsu.
Inizialmente era andato tutto bene, anzi fin troppo bene. Itachi, come da previsioni, si era lasciato sconfiggere da Sasuke ed era caduto a terra, praticamente in fin di vita. Lui si era addirittura assicurato che non potesse andare da nessuna parte e già pregustava il sapore del suo corpo o per lo meno di qualche arto se proprio Madara non avesse voluto, ma una volta tornato si ritrovò dinnanzi ad un indignato Obito che reggeva sulle spalle il corpo inerme del fratello minore. 
Ma di Itachi nessuna traccia.
Possibile che si fosse alzato e se ne fosse andato da solo? No, perché lui aveva usato quelle spore paralizzanti. 
Doveva sicuramente entrarci qualcuno che aveva assistito allo scontro perché era stato nel momento esatto in cui—… l’idea che tutto quello fosse stato organizzato da Reyko non era poi così tanto da escludere, anzi, era anche fin troppo logico secondo la parte nera, perché quella mocciosa era cotta di lui al punto da mettere su un teatrino simile. Ma non ne aveva la certezza, anzi, era altrettanto sicuro di aver parlato con la vera Reyko. Un suo clone poteva aver fatto tutto? Difficile a dirsi, fatto stava che Obito, nonostante avesse sotto custodia Sasuke, ormai svenuto da tempo, si era arrabbiato con lui. 
Alla fine aveva concluso con una semplice e veritiera frase.

«Possono anche essersi presi il suo corpo ma non siamo sicuri che sopravviverà. Non disperiamoci prima del previsto. » 
Affrontare le cose con calma era stata l’unica mossa sensata al momento, anche perché dovevano riuscire a raggirare il giovane uchiha e farlo unire al proprio gruppo. Obito sosteneva che non era un’operazione difficile, mentre per Zetsu gli avrebbe creato problemi, come in fondo tutti quanti al momento. Ma non avrebbero dovuto parlare di queste cose davanti a Pain, almeno fino a quando non avrebbero tolto di mezzo anche lui, in fondo il momento per il vero ritorno di Madara si avvicinava e non importava se le cose non erano andate secondo i piani: loro avrebbero realizzato il sogno del proprio padrone.
A qualsiasi costo.

--------------------------------------

Nota dell'autrice: Buongiorno a tutti, intanto vorrei ringraziare tantissimo tutti coloro che continuano a seguire la storia, spero possa essere adatta alle vostre aspettative. Poi volevo mandarvi una bacheca creata su Printerest per quanto riguarda Itachi e Reyko, lo so che è una cosa stupida, ma ho pensato che fosse carino farla anche per far capire meglio qualcosa. In ogni caso non è niente di troppo serio.  
https://it.pinterest.com/ohmyblueflash/itachi-x-reyko-im-drawn-to-you/
Un bacio.
Blue

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Fall in love - the crow and the wolf ***


Fall in love
The crow and the wolf 

Buio.
Intorno a sé vi era solamente buio ed un’inaspettata pace che sembrava regnare sovrana. Il silenzio era sempre stato il suo migliore amico, ma in quelle tenebre gli faceva quasi paura. Era questo l’inferno? Il posto che spettava a chi come lui aveva commesso atti indicibili?
Meritava davvero quella pace nonostante avesse deliberatamente scelto il proprio villaggio sulla sua stessa famiglia? 
No, di questo Itachi ne era più che sicuro. Tutto ciò che gli era stato concesso lui non lo meritava perché per seguire i propri ideali era stato costretto a spingersi così oltre. Ricordava bene le parole di suo padre in punto di morte: il suo dolore di quei momenti era niente paragonato al proprio. Era riuscito a convivere con quel peso per tutto quel tempo, ma a che prezzo? Una vita di privazioni e negazioni, anche su piccole cose, come se quei gesti servissero a scontare una pena che meritava da tempo. 
Magari, adesso che era morto, avrebbe finalmente incontrato di nuovo i suoi genitori, avrebbe rivisto Shisui. Sarebbe stato tutto molto più semplice. Peerché era vero: la morte era pacifica mentre la vita era un inferno. Eppure gli sarebbe mancato suo fratello, il suo caro fratellino per cui si era battuto fin dal principio con Danzo. L’unico che aveva avuto il permesso di risparmiare. Anche in punto di morte gli aveva sorriso e gli aveva detto ciò che pensava. Chissà se lui aveva capito, in fondo Sasuke è sempre stato un tipo sveglio abbastanza da cogliere al volo ciò che gli veniva detto. Ma fra le mancanze in quel mondo pieno di pace vi era anche l’eremita. Era stato uno sbaglio affezionarsi a lei, ed anche in parte egoistico, ma non era riuscito nell’impresa di negarsi anche un rapporto con Reyko. Era giusto così, si era ripetuto fino alla fine, lei non c’entrava niente con quella storia e sicuramente se ne sarebbe fatta una ragione. Anche lei era intelligente e sicuramente non avrebbe sofferto per la perdita di un assassino come lui. 
La propria morte era stata la decisione più dura da prendere fino ad allora, ma alla fine era giunta ed inesorabilmente lo aveva portato via. 
Buio.
Silenzio. 
E poi giunse il dolore. 

Questa era decisamente una cosa inaspettata.
La morte doveva essere semplice e serena, non doveva portargli più alcun dolore, ed invece fu proprio quello che sentì. Dapprima un  debole dolore alla schiena che s’irradiò in tutto il petto e poi nel resto del proprio corpo. Ogni arto gli faceva male, perfino le dita. Ma perché stava succedendo questo? Doveva davvero soffrire anche nell’altro mondo? 
No, questo non quadrava, secondo Itachi. La morte non porta dolore. Eppure lui lo stava sentendo sempre più forte, al punto tale che fu costretto quasi a lanciare un urlo per contrastare quella forza sempre maggiore. 
Ed allora le tenebre che lo avevano circondato fino a quel momento iniziarono pian piano a svanire lasciando posto alla luce. Che cosa succedeva? Perché stava letteralmente vedendo la luce? Improvvisamente si ritrovò a riaprire gli occhi, soprattutto per via del dolore sempre maggiore, ed in quel momento capì una cosa terribile. 
Lui non era morto.
Quella era di certo una stanza, un’ampia stanza con il soffitto in legno, la luce soffusa, a causa della tenda, che entrava dalla finestra al suo fianco, ed una ciotola piena d’acqua al proprio fianco. 
Tutto ciò non aveva senso, anzi, era assolutamente impossibile. Che stesse immaginando tutto questo prima di morire per sempre ed addormentarsi di nuovo?
Cercò di sollevare una mano ma il dolore era davvero forte, quindi lasciò perdere e cercò soltanto di girare il viso. Era certo di non essere solo a causa di un profondo respirare che proveniva da non molto lontano dov’era disteso lui ed allora i propri occhi, rossi come il sangue, incontrarono le iridi smeraldine di un grosso lupo nero, che era accucciato nell’angolo opposto. 
Ebbe paura di quell’essere, decisamente più grande del normale, e la terribile sensazione di essere ancora vivo si fece sempre più largo nella propria mente.
No, tutto questo era decisamente sbagliato, lui doveva morire. Per suo fratello. Per il suo clan. Per i suoi crimini. 
Quella era la giusta conclusione alla propria infelice vita, eppure eccolo li, dolorante ma vivo. 

«Finalmente ti sei risvegliato, Uchiha. 
» mormorò il lupo sollevando lentamente il muso e mettendosi in piedi su quattro zampe. 
Schiuse le labbra secche, ma perfino parlare gli portava dolore, però cercò di dire qualcosa, doveva accertarsi della propria situazione. 
«E’ un sogno? »
«Vorresti che lo fosse? » 
«Non lo so—… » mormorò allora Itachi prima di distogliere lo sguardo e puntare le proprie iridi in direzione del soffitto. 
«Se ti dicessi che questa è la realtà e non un sogno, come ti sentiresti? » gli domandò quel lupo. 
«Non so neanche questo. » 
Fu l’unica risposta sensata che riuscì a trovare per poter dire qualcosa. Non sapeva come sentirsi. Era davvero vivo? Forse sì. 
Il lupo rimase in silenzio per qualche secondo, ma lo sentì e lo percepì camminare anche piuttosto chiaramente.
«Dove mi trovo? » fu lui a rompere quel silenzio cercando di voltarsi stancamente nella direzione del proprio interlocutore. 
«Sei nel Tempio dei Lupi. » gli rispose il lupo, fermandosi a pochi passi di distanza da dove si trovava, ed allora lui chiuse gli occhi per un singolo istante mentre un’unica parola, anzi, un nome, iniziò ad aleggiare nella sua mente. 
«Reyko. »
«Esatto. » commentò con tranquillità assoluta il lupo. «E’ stata lei a portarti fin qui, insieme al suo amico, lo spadaccino. »
E quello di cui parlava doveva sicuramente essere Kisame. Schiuse le labbra per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma il suo interlocutore fu più rapido. 
«Qualsiasi cosa tu stia per dire fermati e rifletti. Loro si sono esposti molto per salvarti e prima che tu possa accusarli, visto che mi hanno informato delle tue intenzioni, ti consiglio di pensarci due volte. »
Sentì il lupo irrigidirsi e soprattutto parlare con una sicurezza ed una determinazione non indifferente. Ma aveva ragione, se era vivo questo voleva dire che loro due si erano esposti anche a Zetsu ed a Madara. Erano stati dei folli a portarlo fin li, quello era oltretutto un luogo sacro e per quanto ne sapeva lui nessuno, eccezione fatta per gli allievi, potevano mettere piede in un tempio simile dove si padroneggiava l’arte eremitica. 
Lentamente Itachi socchiuse gli occhi e sospirò profondamente, ritrovandosi vittima nuovamente di mille dubbi. 
«Io dovevo morire per salvare mio fratello e per pagare per i miei crimini. » fu l’unica cosa che riuscì a sussurrare con un filo di voce, ma il lupo sentì tutto. 
«Lo so, ma credi davvero che la morte, in questo caso, possa essere la migliore delle soluzioni? Davvero non hai nient’altro a cui tieni se non l’onore? » 
«E’ tutto quello che mi è rimasto—… » continuò Itachi parlando a bassa voce. 
«Ne sei proprio sicuro? »
Quella domanda postagli lo costrinse a voltarsi nella sua direzione, studiandolo con lo sharingan, con il suo solito fare guardingo, ma non ebbe la forza di mantenerlo a lungo, infatti qualche attimo dopo gli occhi tornarono del solito colore nero pece. 
«In realtà no. »  fu costretto ad ammettere. 
In quel mondo era davvero l’orgoglio l’unica cosa che gli era rimasta? Poteva anche aver cercato di convincersi che non meritasse più niente, che non fosse giusto concedersi distrazioni simili, che non era degno di ricevere nuovamente amore da qualcuno, ma ogni volta che si ripeteva questo il sorriso della ragazza gli tornava in mente. I suoi occhi. Le sue risate. I suoi capelli. 
Non la meritava neanche un poco, perché lui, fino alla fine, era stato costretto a rinunciare ad una delle poche cose buone che gli erano capitate ultimamente solo per il proprio orgoglio e per il proprio villaggio.
Ma lei era andata ben oltre. 
Itachi sarebbe dovuto esser più egoista e provar a vivere, una volta tanto la vita che desiderava, ma non  c’era riuscito. 
«Lo so, in questo modo tutti quanti abbiamo dei problemi. » continuò il lupo che stranamente s’andò a sedere accanto a lui, mentre lo fissava dall’alto. «Chi più o meno grossi. Poi ognuno sceglie di affrontarli a modo suo. Ti sei portato dietro un grande dolore, di questo ne sono più che certo e te lo leggo anche negli occhi. Scommetto che tu pensavi che la morte sarebbe stata più facile e più serena. »
A quell’affermazione Itachi lo guardò e si ritrovò in imbarazzo perché effettivamente il lupo aveva ragione. Erano così tanti anni che soffriva e poche erano le cose che avrebbe salvato della sua vita attuale.
«La morte è più serena. » mormorò lui socchiudendo appena le iridi oscure come la notte. 
«Hai ragione, la morte è più serena. Ti porta la pace. Ma la vita è decisamente più bella. »
Le parole del lupo, decisamente inaspettate, gli diedero quasi una scossa repentina, che lo costrinse a provare a sollevare il busto, in modo tale da guardarlo meglio meglio occhi. Non gl’importava del dolore fisico che stava provando, aveva semplicemente bisogno di sentirsi ripetere quella frase ancora ed ancora. Perché lui un tempo era convinto della stessa cosa, infatti inizialmente non era riuscito a perdonare Shihui per quel gesto folle compiuto anni ed anni addietro. Ma poi aveva perso la retta via, o meglio era stato costretto a prendere una strada differente da ciò che lui avrebbe davvero voluto. Era stata una vita di costrizioni e di scelte difficili, che l’avevano portato ad anelare la morte piuttosto che la vita, dimenticandosi quanto quest’ultima potesse essere bella. 
«Come posso però meritarla dopo tutto quello che ho fatto? » domandò in direzione del lupo, che lo studiava attentamente. 
«Intendi la vita oppure lei? » probabilmente, se solo fosse stato umano, quel grosso lupo nero gli avrebbe sorriso, ma fu un’impressione di Itachi, che spiazzato dalla domanda si fissò le mani ancora piene di graffi e lividi. 
«Entrambe. »
Lo sentì sogghignare, forse perché si era effettivamente lasciato sfuggire una risata divertita. 
«Per quanto riguarda la vita posso dirti con certezza che c’è gente peggiore di te che continua a camminare impunemente su questa terra. Non sei il primo né sarai l’ultimo ad aver fatto degli errori, sono questi a rendervi così umani e fragili—… »
«Il dolore—… »
«Quello passerà solamente se sarai tu a volerlo fare passare. Non portare da solo un peso immane, perché altrimenti rischi davvero di non farcela più e di spezzarti. Consenti a qualche altro di aiutarti a sopportare il tuo dolore. Per quanto riguarda lei è solo per merito tuo se quella mocciosa ha finalmente capito che cosa vuol dire essere un vero eremita. »
Itachi, sorpreso come non mai dalle sue parole, lo fissò confuso ed infatti sbatté più volte le palpebre, in attesa di una spiegazione. 
«Un vero eremita? »
«Sì—… lei poteva anche aver sbloccato le sue più alte modalità di trasformazione, di senjutsu e tutte quelle cose da shinobi, ma non ha mai compreso davvero che cosa significasse la ricerca dell’armonia e dell’amore. Principi fondamentali per essere un eremita vero—… ma con te, dopo aver rischiato tutto per salvarti, ha capito quello che ho sempre cercato d’insegnarle. Non si combatte per odio bensì per amore. » 
Erano parole chiare alle orecchie di Itachi, eppure lui non avrebbe mai detto che l’essere un eremita richiedesse un grande sforzo morale oltre che fisico. Questa era una propria mancanza, ma il sapere che lei era riuscita a fare qualcosa di buono grazie a lui lo fece quasi stare meglio, anche se riflettendoci si era messa in pericolo.
«E valeva davvero la pena rischiare tutto per salvare uno come me? »
Questa domanda era rivolta più a sé stesso che al proprio interlocutore, perché adesso il dubbio fondamentale era questo. 
«A quanto pare per lei sì. Dice che fra di voi c’è un legame, qualcosa di simile—… è diventata stranamente smielata quando mi ha parlato di te, però era sincera come mai prima d’allora. » 
«Un legame—… » fu l’unica cosa che Itachi riuscì a sussurrare prima di guardare negli occhi il lupo. «Ha davvero detto così? »
«Ovvio, altrimenti non sarei qui a dirtelo. Volevo solamente assicurarmi che tu non combini stupidaggini dopo tutto quello che il mio eremita ed il tuo amico hanno fatto per te. » 
Ed aveva fatto bene ad assicurarsi una cosa simile, anche perché se si fosse svegliato da solo avrebbe davvero rischiato d’impazzire per il dolore. Ma lui, quel lupo, lo aveva fatto ragione e lo aveva spinto ad aprire gli occhi laddove lui cercava di esser cieco. 
«Abbiamo davvero un legame e questa era una delle poche cose che non avrei voluto perdere. » 
Per un attimo ci fu un momento di tetro silenzio fra di loro, seguito da uno sbuffo da parte del lupo. 
«Magari questo lo dici anche a lei, Itachi Uchiha. Adesso, però, ti consiglio vivamente di bere quella tisana che hai al tuo fianco. E’ preparata con le migliori erbe mediche che crescono nel bosco e ti farà stare meglio. » 
Lentamente il ragazzo si voltò in direzione di quella ciotola contenente un liquido tendente al verde. Non sarebbe stato un problema bere l’ennesimo intruglio, anzi, ne sentiva quasi la necessità visto il dolore fisico che aveva ancora. 
«Chi altro sa che sono vivo? » si limitò a domandare allungando una mano verso la ciotola ed allora l’afferrò sentendo il calore invadergli il corpo. Era bollente, ma di questo poco gl’importava. 
«Penso nessuno eccezione fatta per i tuoi amici di sotto. »
«D’accordo—… al momento va bene così, devo affrontare un problema alla volta altrimenti rischio d’impazzire. »
«Secondo me hai già superato quella fase, adesso devi solo concentrarti sullo stare meglio. A proposito ti consiglio anche di non usare  molto quei tuoi occhi maledetti, non pensavo che li avrei rivisti da vicino. »
Itachi, nonstante fosse concentrato nell’assaggiare quella tisana alle erbe, non riuscì a nascondere un’espressione vagamente confusa, tanto da inarcare un sopracciglio. 
«Di chi era l’ultimo sharingan che hai visto? 
» 
Domanda più che lecita, visto e considerato che quel lupo sembrava anche piuttosto vecchio.
«Non ricordo il nome ma avevo giurato, da quel giorno, di non voler più provare uno scontro contro tali occhi. Sono la vostra salvezza ma anche la vostra maledizione. 
» ed allora, il lupo, si rimise lentamente in piedi dirigendosi però verso l’uscita della porta. 
«Già—… » riuscì a rispondere Itachi dopo aver preso un sorso di quella brodaglia calda. Era terribile ma l’effetto fu quasi immediato, infatti lentamente il dolore iniziò a diminuire. 
Il lupo non sembrò più dargli  attenzione, ma una volta sulla soglia della porta si voltò lanciandogli uno sguardo di sbieco. 
«Vado ad avvertire quei due. Ti consiglio di prepararti a parlare anche con loro, Itachi. » 
E lui annuì lentamente, perché era certo che avrebbe dovuto parlare sia con Kisame che con Reyko, forse addirittura scusarsi per essere stato così avventato. Ma doveva farlo, altrimenti le cose sarebbero decisamente andate peggio. 
Così una volta bevuto un altro sorso di quella sostanza medicinale, attese in silenzio l’arrivo degli altri. 

Conosceva fin troppo bene quelle pareti. La sua camera era rimasta intatta da quando aveva lasciato quel posto e sebbene si fosse distesa sul proprio letto in legno, attaccato al muro, non era riuscita a chiudere occhio per l’intera nottata. Le faceva male tutto, infatti Kenzo, in mattinata, le aveva portato il suo famoso decotto alle erbe che leniva ogni dolore. Ed una volta che tutto era passato si distese nuovamente a fissare il tetto in attesa di notizie. Ad un certo punto passò addirittura Kisame a vedere le sue condizioni, e dopo l’ennesimo cenno d’assenso decise di andare a farsi un giro. Incaricò personalmente Hina di accompagnarlo e spiegargli del Bosco e del Tempio, così da non fargli perdere troppo tempo, ma ormai era giunto il pomeriggio e non sembrava arrivare alcun segno di vita dal di fuori della stanza di Reyko. Rimase in silenzio, provò addirittura a meditare, forse anche per cercare di ristabilire il flusso continuo del proprio chakra naturale, ma ad un certo punto Kenzo fece il suo ingresso nella stanza. Era già passato altre volte semplicemente ad assicurarsi che stesse bene, quindi Reyko rimase distesa a guardarlo di sbieco, mentre teneva le gambe accavallate. 
«Sto bene, non preoccuparti—… » disse con tono apatico prima di rivolgere gli occhi in direzione del soffitto. 
«Mi fa piacere che tu stia bene, giovane lupo, anche perché credo che tu me lo abbia già ripetuto una decina di volte nel corso della giornata, ma non sono qui per questo. »
Ed allora Reyko s’irrigidì immediatamente voltandosi verso il lupo. 
«Lui è sveglio. » proferì con assoluta pacatezza Kenzo, come se avesse sottovalutato il livello d’allerta della ragazza.
Infatti, senza neanche dargli il tempo di rispondere, cadde giù dal letto, si rimise in piedi con agilità e poi lo scansò per uscire di corsa, dimenticandosi addirittura le scarpe. Non le importava di niente, eccezione fatta delle condizioni di Itachi. Già il fatto che fosse sveglio voleva dire che sicuramente doveva stare bene, ma una parte di lei aveva paura della reazione che avrebbe potuto avere una volta scoperto di non esser morto. Insomma lei lo aveva privato di un desiderio, anche se doveva essere sincera inizialmente il suo cuore aveva davvero smesso di battere, poi con un piccolo aiuto anche vagamente violento era riuscito a riprendere con i suoi regolari battiti. La propria camera si trovava al piano di sotto, semplicemente per abitudine, ma lei corse spedita verso le grandi scale, mentre alcuni lupi s’affacciano per osservarla, stupiti da quello scatto. Ed allora corse di nuovo senza fermarsi, imboccando il corridoio al piano superiore ed allora, a non molti metri di distanza dal corridoio, vicino la porta della stanza, si ritrovò dinnanzi ad un Itachi che si stava reggendo al muro ma che appena la vide s’immobilizzò, come se non sapesse cosa fare. 
Lei stessa smise di correre, percependo solamente allora, stando ferma, il freddo del pavimento di pietra. Stava bene ed era in piedi. Questa era già una grandissima cosa, sul fatto che le volesse parlare aveva ancora qualche dubbio, anzi tanti dubbi, così mosse un paio di passi nella sua direzione, fermandosi esattamente davanti a lui. 
Lo guardò negli occhi e lui ricambiò quello sguardo, lasciando che fra di loro calasse semplicemente un freddo silenzio. Era sempre più sicura che non volesse parlare e che addirittura stesse facendo di tutto per andarsene, cosa che non sarebbe stata poi tanto sbagliata, e questo le faceva paura. Probabilmente cercò di nascondere i brividi che le attraversavano la schiena, ma ad un certo punto le sue labbra si mossero da sole e si schiusero cercando di dire qualcosa di sensato. 
«Io—… se sei arrabbiato con me perché ho—… »
Non riuscì a finire la frase, sia perché le mancarono le giuste parole per poter continuare, sia perché Itachi allungò una mano verso di lei e l’afferrò per il polso strattonandola contro di sé, senza considerare o anche solo darle il tempo di reagire lucidamente. 
Ed allora Reyko si ritrovò stretta fra le sue braccia, che non sembravano aver intenzione di lasciarla andare. Le mani del ragazzo si mossero lungo la sua schiena, reggendosi a lei, e poi affondò una di esse fra i suoi capelli, mentre il proprio viso si poggiò nell’incavo del suo collo. Inspirò profondamente, lasciandosi stringere e stringendo a sua volta, tanto che rischiarono di cadere a causa della forza che misero in quell’abbraccio. Perché se fino ad un attimo prima aveva pensato di averlo perduto per sempre, adesso ogni pensiero di quel tipo era svanito, lasciando solamente impresso nella sua memoria il ricordo di ciò che accadde in seguito. 
Si guardarono negli occhi, incapaci entrambi di dire qualcosa di sensato, le loro fronti si sfiorarono, proprio come le punte dei loro nasi e poi, a quel punto, una volta tanto Reyko chiuse gli occhi e smise di pensare lucidamente, dimenticandosi di tutti i problemi infiniti che quell’evento aveva causato. 
Fu in quell’istante che le loro labbra s’andarono ad incontrare in un bacio leggero. Il calore irradiato dal corpo del ragazzo la fece rabbrividire, anche perché strinse leggermente la presa su di lei, mentre le labbra di entrambi si muovevano all’unisono, cercandosi e trovandosi dopo tanto tempo, così da sollevarla appena sulle punte dei piedi. Era come se non ci fosse più il dolore, la tristezza e la preoccupazione. In fondo lei stessa aveva desiderato a lungo una cosa simile, solo che fra tutti i momenti immaginabili di certo quello era il meno adatto. E poi era la prima volta che baciava qualcuno, il suo ex compagno di accademia che per sbaglio andò a sbattere contro il suo viso, non contava. 
Quello era un vero bacio, intenso, con entrambi che si ricercavano e non volevano lasciarsi andare. Le loro labbra che s'incontravano e premevano le une sulle altre, accompagnate addirittura dalla lingua. Probabilmente non fece neanche caso al fatto che insieme a lui si mosse, cercando la porta della stanza da cui era uscito, impegnata com’era soffocare il proprio sospiro sulle labbra di lui. Ma fu certa che in qualche modo giunsero fin li e solamente allora, quando rimasero da soli nella stanza illuminata dalla luce del tramonto, si staccarono per riprendere fiato, anche se fu quasi dolorosa quella separazione. Le braccia di Reyko stringevano il collo del ragazzo, senza però fargli male, mentre le mani di Itachi erano serrate sulla schiena e sul fianco della ragazza.
Non sapeva neanche che due corpi potessero stare tanto vicini, quasi come se s’incastrassero alla perfezione, e solamente allora, riprendendo fiato, si ritrovarono a guardarsi negli occhi, perdendosi l’uno nelle iridi dell’altro. 
«Grazie. Grazie per avermi aiutato anche quando non lo meritavo. Credevo che ormai non ci fosse più niente per me in questa vita, che tutto si sarebbe esaurito combattendo e morendo contro mio fratello. Con tutto l’allenamento che ho fatto avrei dovuto controllarmi di più di così—… però tu non sei nulla che mi aspettavo. Sei diversa da tutti coloro che ho conosciuto fino ad oggi. Mi sono perso a guardarti quando non dovevo farlo. Ho pensato a te quando non avrei dovuto. E non è mai stato tanto difficile non pensare a te. Dovevo—… dovevo avere disciplina, come un vero shinobi. Ma arrivi tu, con il tuo potere, la tua passione ed i tuoi sorrisi. Non so se questo è a causa del legame che c’è fra noi due ma—… non voglio perderti. Né ora né in futuro. »
Probabilmente quello fu il più bel discorso che Reyko ebbe mai ascoltato, anche perché nessuno le aveva mai detto parole simili. Si era sempre ritrovata da sola, a dover combattere contro tutto e tutti, cercando di sopravvivere in un mondo che dell’odio e della crudeltà avevano fatto la loro armatura, ed adesso arrivava lui, con voce tremante, a sussurrarle quelle parole a poca distanza dal viso, con lo sguardo imbarazzato ed i capelli scombinati. 
Non era mai stato più bello di così, anche dopo tutto quello che era successo e forse fu in quel momento che Reyko ammise finalmente, anche a sé stessa, di provare qualcosa per lui. Qualcosa di così forte, forse amore. Ma lei non era brava a parole, quindi, dopo le sue parole così belle e profonde lei lo strinse di più, perdendosi fra le sue braccia. 
Avevano rischiato di perdersi già una volta, ma non sarebbe accaduto di nuovo. 
Adesso non erano più soli. Nessuno di loro due lo era.

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Truth ***


Truth

Se solo avesse potuto congelare il tempo lo avrebbe fatto volentieri, perché non aveva alcuna intenzione di distruggere quei momenti di pura pace e perfezione. Si lasciò andare, stringendosi e lasciandosi stringere a sua volta, e probabilmente rimasero fermi senza dirsi altro, perché non c’era bisogno,  fino a quando una presenza, accompagnata da un colpo di tosse costrinse entrambi i ragazzi ad allontanarsi. Sulla soglia della porta aperta vi era Kenzo, in tutta la sua massa di pelo scuro, ma non stava fissando in direzione dei ragazzi, come se non volesse immischiarsi in una cosa simile. E di questo Reyko gliene fu assolutamente grata, ma nonostante quella sua discrezione le proprie gote si tinsero di un rosso indelebile e tenne lo sguardo basso, come forse fece anche Itachi. 
Si allontanarono di poco l’un dall’altra, mentre le dita delle mani si sfioravano ancora e quindi, per evitare ulteriore imbarazzo, cercò di dire qualcosa di intelligente. 
«Avevi ragione, Kenzo—… era sveglio. »
Decisamente una cosa stupida, infatti si pentì all’istante della risposta data. 
«Adesso è decisamente più sveglio di poco fa.
» bofonchiò lui prima di muovere un paio di passi nella stanza, ed allora, solamente allora, si voltò verso entrambi. «Mi sembrava di averti detto di stare a riposo, vai subito a metterti a letto, non sei in grado di fare niente per ora. »
Quasi con dispiacere lei ed Itachi si scambiarono un rapido sguardo ed allora lo lasciò dirigersi verso il letto, proprio come Kenzo gli aveva ordinato. Non era il tipo con cui scherzare e per quanto ben disposto sembrasse Reyko non voleva testare ulteriormente la sua pazienza. 
«E’ stata colpa mia, Kenzo, non c’entra niente lui. »  s’affrettò a dire l’eremita prima di aiutare Itachi a rimettersi a letto, in modo tale che potesse nuovamente distendersi e riposarsi. 
«No, sono stato io ad alzarmi per venire a cercarti. » commentò in un sussurro lui, mentre una smorfia di dolore si fece largo sul suo viso metre si rimetteva a sedere. 
«Bene, adesso che vi siete incontrati di nuovo state un po’ calmi perché dobbiamo discutere sulla situazione attuale e dobbiamo farlo usando la testa . » 
Era incredibile il solo fatto che il lupo del branco, uno dei più antichi e potenti, si stesse interessando ai loro problemi. E dire che era sempre così burbero e molto poco propenso ad aprirsi con gli altri, ma stranamente doveva aver visto qualcosa di buono in loro. 
«Vuoi aiutarci? » domandò Itachi poggiando entrambe le mani sul materasso morbido, sorreggendo così il busto, mentre i suoi occhi scuri osservarono con attenzione Kenzo. 
«Sì, ma ne parliamo appena arriva anche il vostro amico spadaccino. L’ho mandato a chiamare subito dopo di te, quindi immagino che a momenti tornerà. » 
Sicuramente Hina lo avrà già messo sulla strada del ritorno, anche peché era lo stesso Kisame a non veder l’ora di parlare con Itachi, specialmente dopo quello che era successo. Istintivamente Reyko s’andò a sedere a terra, poggiando la schiena contro il letto di Itachi, senza però allontanarsi da lui, e Kenzo, invece, s’accucciò poco lontano da dove si trovavano entrambi. 
«Un legame. Pft—… i giovani d’oggi. » mormorò abbassando il muso mentre nella stanza, dopo qualche secondo, fece il suo ingresso Sen, che nel vedere Itachi vivo corse letteralmente incontro ad entrambi. 
Fu una gioia per Reyko vedere il proprio lupo, il suo migliore amico, tanto contento per una cosa simile. Era stato in sua compagnia per l’intera giornata, facevano sempre così quando entrambi non erano nel migliore umore di sempre, ma adesso il lupo aveva pienamente compreso la felicità di Reyko e per questo motivo non esitò a balzare sul letto di Itachi ed a leccargli il viso. 
L’eremita si voltò nella loro direzione, sorridendo divertita dal modo in cui il ragazzo si lasciava leccare ed allo stesso tempo carezzava il muso del lupo, quasi come se anche loro fossero migliori amici. 
«Vacci piano, Sen, o rischio di diventare gelosa. » mormorò Reyko limitandosi a scostare una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre stringeva le gambe all’altezza del petto, rannicchiandosi. 
Kenzo le lanciò un lungo sguardo paragonabile ad una sola e comprensibile frase “Gelosa del lupo o del ragazzo?”, quindi distolse immediatamente le iridi scure dagli occhi penetranti di Kenzo. 
Ovviamente fu come se Sen non avesse sentito, perché continuò ancora per un po’, fino a quando non decise di scendere ed andare a farsi fare le carezze dalla propria padrona, poggiando il muso contro la sua spalla. Si guardarono entrambi con dolcezza e finalmente con un po’ più di tranquillità. Passò meno di un minuto dal terzo ed ultimo arrivo della giornata, e la faccia di Kisame, forse anche affaticato dalla corsa fin li, fu indimenticabile. Gli occhi sgranati, la bocca spalancata, e sembrò passare dalla sorpresa al fastidio imminente, il tutto nel giro di qualche secondo. 
Con un movimento repentino afferrò il manico di Samehada e la sfoderò puntandola dritta in direzione di Itachi. 
«Io e te dobbiamo parlare. » 
«Spadaccino, metti giù quella Katana maledetta. Non le accetto nel mio tempio. » ringhiò Kenzo in direzione di Pelle di Squalo. 
Ma Reyko non si mosse, perché quella reazione era del tutto accettabile visto e considerato che Itachi non aveva detto niente di quel che aveva in mente. 
Kisame inspirò profondamente e poi, su ordine del lupo nero, posò davvero la spada, poggiandola contro un muro e s’avvicinò lentamente in direzione di Itachi. 
«Hai ragione, dobbiamo parlare. Anzi, devo parlare con tutti voi di—… vi devo delle spiegazioni. » 
Il che non era del tutto sbagliato, perché in fondo c’erano ancora delle cose non molto chiare sul passato di Itachi, e questo aveva a che fare con la sua famiglia. Per questo motivo Kisame annuì in maniera impercettibile e s’andò a sedere poggiando la schiena contro la parete dinnanzi al letto, come se ancora avesse qualche dubbio sull’avvicinarsi o meno, e lei questo poteva ben capirlo. 
«Ti ascoltiamo, perché ci devi davvero tante spiegazioni. Tante. » replicò lo squalo, assottigliando lo sguardo nella direzione del ragazzo, senza provare alcuna pietà.
«Come Reyko ti ha detto sicuramente, per convincerti ad aiutarmi, ci sono Zetsu e Tobi che mi vogliono morto. » ed Itachi abbassò lo sguardo, stringendo le dita a pugno, come se la cosa facesse male.
«Tobi? Quel fesso? » replicò il suo compagno inarcando un sopracciglio. 
«E’ Madara Uchiha, non un fesso, Kisame! » 
Questa volta a rispondere fu Reyko, che scrollò le spalle come se fosse la cosa più ovvia del mondo, ma anche lei non sapeva effettivamente chi fosse fino a quando Itachi non le spiegò la cosa. 
Lo squalo continuò a mostrarsi stupito, al punto che non capiva bene il nesso in tutta quella situazione, quindi si massaggiò le tempie, cercando di pensare.
«Tobi è—… Madara Uchiha? Lo sapete, vero, che è lui ad aver controllato il Terzo Mizukage, Yagura, uccidendolo e dando inizio all’Akatsuki? Io l’ho conosciuto come Madara, ma non ho collegato che lui e Tobi fossero la stessa persona. » 
Quella risposta non la sorprese neanche un poco, ed anche Itachi non sembrò mostrare segni di eccessiva sorpresa, ma si limitarono ad annuire lentamente.
«Fermatevi un attimo, voi tre—… » l’interruppe ovviamente Kenzo, che stava ascoltando con interesse la discussione.
«Ma state parlando di quel Madara Uchiha o di un suo omonimo? » 
«Dovrebbe essere lui, o almeno così si è presentato tanto tempo fa. » rispose Itachi, che sicuramente era quello che aveva maggiore conoscenza della situazione. 
«Madara Uchiha dovrebbe essere morto a seguito dello scontro con Hasirama Senju, lo so perfino io e non sono del Villaggio della Foglia. »
E su questo Kenzo aveva maledettamente ragione, quindi Reyko si voltò verso di lui guardandolo di sbieco. 
«Dovrebbe—… ma ripeto, non ho mai visto sotto la sua maschera, sono però sicuro che sappia usare lo Sharingan ipnotico perché me ne ha dato dimostrazione. Quel trucco, quando oltrepassa le cose, è opera di uno sharingan di questo calibro. » 
«Come lo hai conosciuto, Itachi? » chiese allora Kenzo rivolgendo l’attenzione verso di lui. 
Ma Itachi sembrò esitare nel parlare, era come se questa cosa fosse un tasto dolente. 
«L’ho—… l’ho conosciuto durante le mie missioni da ANBU, si è presentato come Madara Uchiha e poi è sparito. Sono stato costretto a—… chiedere il suo aiuto per un’altra cosa, in seguito. » 
Quell’ammissione gli costò parecchio, perché non aveva mai ammesso così apertamente di aver chiesto aiuto a Madara per  la questione che Reyko sapeva bene. 
«La questione con la tua famiglia. » concluse l’eremita abbassando lo sguardo verso un Sen preoccupato, che si era accucciato accanto a lei. 
«Esatto—… ma non lo avrei mai fatto se non fossi stato messo alle strette. » continuò Itachi e questa volta tutti e quattro si voltarono verso di lui, incuriositi ed allo stesso tempo stupiti dalla sua ultima affermazione. 
«Che intendi dire con “messo alle strette”? » domandò Kisame dando voce alle domande che aleggiavano nella mente di tutti quanti. 
«Io—… ormai non credo di aver più motivo di mentire, almeno non con voi, specialmente dopo tutto quello che avete fatto per me. » la voce del ragazzo degli Uchiha tremolò e questo Reyko lo percepì chiaramente, tanto da portare una mano sulla sua e stringergliela con delicatezza. «Uccidere la mia famiglia ed il mio intero clan non è stata una scelta personale. Sono stato costretto a farlo per—… proteggere il mio villaggio. »
Il silenzio, dopo le parole di Itachi, calò su di loro ed allora il cuore della ragazza prese a battere più velocemente. Se quella risposta aveva chiarito qualcosa era anche stata in grado di aprire altri mille dubbi nella sua mente. 
Si voltò verso di lui, guardandolo negli occhi e vi lesse chiaramente la tristezza. 
«Che intendi dire? Proteggere il tuo villaggio? »
«Te l’avevo detto che la situazione era più complicata del previsto—… sono da sempre stato un ANBU, come  Shisui. Entrambi siamo stati disposti a perdere tutto pur di proteggere il Villaggio della Foglia. E’ sempre stato così. Non volevo che in giro vi fossero altre morti, altre guerre. Dovevano essere tutti al sicuro. Desideravo tanto solamente questo. Poi però i miei doveri di Uchiha si sono scontrati con i miei doveri da ANBU perché—… purtroppo mio padre e tutti i suoi uomini stavano programmando una rivolta interna per ribellarsi all’Hokage e riacquistare il potere perduto. »
Ogni singola parola era carica di dolore e questo lo percepirono tutti quanti, perfino Reyko che aveva provato a non spaventarsi, sentendo quel racconto non ebbe neanche la forza di stringergli più la mano. Rischiò di lasciarlo andare, ma lui l’afferrò, impedendoglielo.
Come se quella stretta gli desse la forza per continuare a parlare.
«Fammi capire bene, ragazzo, ti hanno messo davanti ad una scelta simile? Fra il tuo villaggio e la tua famiglia? Uomini maledetti. »
L’unico che riuscì a parlare chiaramente fu Kenzo, che sembrava molto preso dal racconto, mentre Kisame e Reyko fissavano il loro compagno sconvolti. 
«Non proprio, il mio Hokage avrebbe volentieri evitato, ma la Radice non mi ha dato altra scelta. Quindi il mio dubbio è stato sempre: proteggere il villaggio o schierarmi con la mia famiglia e scatenare così una guerra civile? » 
Lentamente gli occhi scuri d’Itachi vagarono nella stanza a cercare gli altri, perché ammettere tutte quelle cose era decisamente più doloroso per lui che per loro. 
«Quindi hai—… hai scelto di proteggere il Villaggio piuttosto che la tua famiglia. »
Reyko, quasi spontaneammente, sentì i propri occhi riempirsi di lacrime, nonostante non fosse lei la diretta interessanta. Ma questo perché percepì perfettamente la drammaticità della sua scelta. 
«Hai risparmiato solo Sasuke per—… perché era il tuo fratellino e non per i suoi occhi. Così hai deciso di morire per lui. » continuò Kisame, sconvolto tanto quanto lei. 
«Madara mi ha aiutato ad eliminare la polizia della Foglia, composta solamente da Uchiha, e poi io ho fatto il resto. Mi ha anche proposto di unirmi all’Akatsuki, per il mio bene ed ho accettato—… in questo modo avrei potuto continuare a proteggere il mio villaggio, infiltrandomi in questa nuova organizzazione criminale. »
Ecco dove stava il problema. Ecco che tutto diventava chiaro. Ecco perché Zetsu e Madara lo volevano morto: Itachi non era una cattiva persona, era semplicemente il protettore di un villaggio che gli aveva voltato le spalle inesorabilmente. Aveva accettato di diventare un ricercato pur continuando a proteggere quelle persone. 
Improvvisamente Reyko tirò la testa indietro e trasse un profondo sospiro, coprendosi il viso con gli occhi.
«Li in mezzo all’Akatsuki, tu ti sei sempre preoccupato per il tuo villaggio, non è vero? » domandò con un filo di voce la ragazza, senza neanche riuscire a guardarlo negli occhi. 
«Sì—… ma ho cercato di nasconderlo. » rispose lui, tenendo lo sguardo basso.
«E ci sei riuscito maledettamente bene per tutti questi anni. Siamo stati compagni per così tanto tempo e tu—… tu non hai mai fatto capire niente. Ero semplicemente convinto che sotto quella tua corazza da duro ci fosse semplicemente un ragazzo pacato che sapeva perfettamente cosa voleva dalla vita, se non il potere, ed invece erano tutte menzogne. »  
Kisame, con un movimento fluido, si rimise in piedi e lo additò quasi con fare accusatorio. 
«Ti consideravo mio amico. Mi sono quasi fatto ammazzare per te, anche svariate volte. »
«Non ho mai mentito sul resto, Kisame, eccezione fatta per i miei scopi. »
«Non è una buona scusa, Itachi. »
«Fate silenzio tutti e due perché entrambi avete torto ed entrambi avete ragione. » ringhiò Kenzo mettendosi a sua volta sulle zampe e fulminando con lo sguardo tutti e due i ragazzi. 
Stranamente Reyko non seppe cosa dire in una situazione simile, quindi si limitò a stringersi a Sen.
«Come fai a dire questo, Kenzo? Ha—… mentito per tutto questo tempo. » domandò Kisame palesemente infastidito. 
«E tu non avresti fatto lo stesso dopo aver sacrificato la tua famiglia? Non saresti andato fino in fondo con il compito che ti eri predisposto? Lui ha avuto le sue buone ragioni per non parlare e tu non puoi farci niente. Adesso però che sapete come stanno le cose non lasciatevi prendere dalla rabbia, giusto Reyko? » 
Istintivamente, dopo le parole di Kenzo, l’eremita sollevò lo sguardo e lo alternò fra i propri compagni prima di annuire lentamente. 
«Kisame, capisco benissimo quello che stai provando in questo momento, ma mettiti nei suoi panni! Che altro avrebbe potuto fare? »
Lo spadaccino si avvicinò alla ragazza e s’inginocchiò piegando leggermente le gambe, in modo tale da studiarla in viso. Sen non si mosse di un millimetro ed Itachi non reagì, ma li lasciò fare, come se fra entrambi stesse avvenendo una silenziosa discussione. Probabilmente Kisame si stava domandando perché lei stesse continuando a difenderlo, ma ormai doveva aver capito la risposta. Ciò che Reyko aveva sempre pensato, ovvero che Itachi Uchiha nascondeva un animo immensamente buono, era vero. Eppure era stato l’onore a condurlo ad un passo dalla morte.
Chi altri avrebbe fatto tutto questo? E Kisame, essendo uno spadaccino, conosceva bene l’onore, doveva provare anche solo ad immedesimarsi. Ma forse per lui era troppo. 
«Bene. » tagliò corto lui, dopo aver abbassato gli occhi ed allora si sedette a sua volta sul pavimento traendo un profondo sospiro. «Ormai sono in questa situazione quindi non posso fare altrimenti se non lasciar correre tutta questa storia. » 
Era chiaramente delusione quella provata da Kisame, forse per non esser stato in grado di scoprire una cosa tanto importante sul proprio compagno d’avventure. 
«Ne discuterete voi tre su questa faccenda, adesso però che abbiamo un quadro più chiaro della situazione cosa intendete fare? »
Kenzo interruppe il gioco di sguardi che tutti e tre si lanciavano a vicenda: chi chiedeva scusa, chi non voleva sentire ragioni e chi implorava una tregua. 
Lentamente Reyko scrollò di nuovo le spalle e si voltò a guardare il lupo, passandosi una mano fra i capelli. 
«Penso che a questo punto dobbiamo continuare a stare al loro gioco, almeno fino a quando non comprenderemo i veri piani dell’Akatsuki. »
«Fammi capire bene, adesso ti vuoi mettere contro l’Akatsuki? » chiese Kisame sorpreso. 
«Che altro possiamo fare? »
«Ma voi due siete stati, almeno per una volta nella vita, dalla parte dell’organizzazione o erano tutte cavolate? » quasi con fare esasperato allargò le braccia e si buttò sul pavimento, perché quella storia lo stava davvero sfinendo. 
«Io non lo so, non ho mai avuto scelta—… ma non ho mai apprezzato quello che facevamo. Abbiamo ucciso delle persone innocenti per uno scopo che non ci è ancora chiaro, Kisame. »
Itachi tossì leggermente, coprendosi le labbra con una mano, e poi abbassò lo sguardo verso il suo compagno. 
«Non ti ho mai mentito, se è questo che vuoi sapere. Ho sempre espresso i miei dubbi laddove li avevo, ho solo nascosto il mio reale scopo—… quindi lo sai bene come la penso. » 
«Almeno su questo non mentivi—… » borbottò lo squalo senza neanche degnarlo di un’occhiata. 
«Kisame—… »
Itachi pronunciò il suo nome con assoluta tranquillità e poi a sua volta si distese sul letto, limitandosi a fissare il soffitto. 
«D’accordo, Kisame è offeso, però forse è con noi. » cercò di riassumere Reyko provando anche a sembrare convincente su tutta quella storia. 
Kenzo ovviamente non lo era e continuò a studiare il gruppetto dell’Akatsuki. 
«Bene. » commentò il lupo con schiettezza. 
«Aspettiamo la chiamata, ho chiesto a Zetsu di darmi del tempo perché dovevo riprendermi dalla notizia della morte di Itachi, spero che rispetti il mio volere. »
A differenza degli altri Reyko si rimise in piedi in un lento e fluido movimento, in modo tale da poterli guardare dall’alto, ed allora incrociò le braccia all’altezza del petto, con fare deciso. 
«Dimentichiamoci il passato e consideriamo solamente il nostro presente. Affrontiamo una cosa per volta e soprattutto facciamo attenzione, credo che queste siano le cose migliori da fare. »
Itachi, che aveva sollevato il busto per poterla guardare meglio si limitò ad annuire, scuotendo i capelli corvini, mentre Kisame sollevò un pollice in segno affermativo. 
«Come vuoi, mammina. » 
In quell’istante l’eremita ebbe la voglia di prendere a schiaffi lo spadaccino, ma inspirò profondamente e cercò di calmarsi. Kenzo, effettivamente, le aveva detto che era migliorata e che era diventata un vero eremita, se in quel momento avesse realizzato i propri desideri probabilmente l’avrebbero di nuovo retrocessa.
Quindi era decisamente meglio evitare qualsiasi cosa. 
«Non chiamarmi così. »
«D’accordo, eremita. »
Dopo quel rapido scambio di battute fra entrambi Reyko decise di lasciare cadere la conversazione, così riprese posto a terra, accanto al letto di Itachi, socchiudendo appena gli occhi scuri, come se volesse rilassarsi. Per quanto l’ammissione dell’Uchiha fosse terribile tutto ciò l’aveva scossa nel profondo. Lui aveva sempre agito per il bene del proprio villaggio, era un bravo ragazzo, come lei aveva immaginato, quindi ad essere davvero pessima era lei, con il proprio attentato e la storia della vendetta. Poteva anche essere una questione passata, ma rimaneva pur sempre la scelta che l’aveva condotta sui sentieri oscuri di cui aveva parlato Kenzo. 
Tutti quanti rimasero in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri, quando improvvisamente l’anello che aveva al dito iniziò a brillare, e lo stesso fece quello di Kisame. Entrambi emanavano una luce colorata e quella non era la prima volta che qualcuno li richiamava in quel modo, anche se era abbastanza strano. Di solito era Pain a richiamarli, usando metodi decisamente più vistosi, quindi in maniera automatica Reyko e Kisame si scambiarono uno sguardo confuso. 
«Qualcuno richiede la nostra presenza. » mormorò lei, osservando con attenzione l’anello nel proprio mignolo. 
«E se ci avessero scoperti e tutta questa fosse solo una trappola? » chiese Kisame con tono diffidente.
«Tu oggi sei un pozzo di positività, vero?! » replicò con una punta di sarcasmo la ragazza. 
Anche Itachi si era messo a sedere osservando i loro anelli brillare. 
«Non è Pain a richiamarvi. Se non vi presentate potrebbero insospettirsi. » spiegò il ragazzo osservando entrambi. «Per quanto l’idea non mi piaccia credo che rimanere qui sia peggio, almeno per ora. Bisogna capire che cos’hanno intenzione di fare Madara e Zetsu. »
«Itachi ha pienamente ragione, non possiamo rimanere. » ammise Reyko ed a malincuore si rialzò in piedi. 
Kisame li fissò entrambi di sbieco prima di sbuffare e rimettersi in piedi, fermandosi così al fianco dell’eremita, che superava in altezza di parecchi centimetri. 
«Bene. Tanto ormai siamo in un mare di casini e non possiamo tirarci indietro. » ovviamente parlò con sarcasmo prima di rivolgere un cenno del capo ad Itachi ed uscire dalla stanza. 
Era ancora infastidito, ma per lo meno aveva avuto il buon senso di collaborare, almeno per il momento. Avrebbe cercato di fargli cambiare idea durante il viaggio verso il covo. 
Allora anche Reyko si voltò verso di lui, trattenendo un profondo sospiro fra le labbra, ma Itachi le prese la mano, stringendo delicatamente le dita fra le sue. 
«Starò attenta, non preoccuparti. » lo precedette Reyko mostrandogli un sorrisetto convincente.
«Come se tu dicessi sul serio. » stranamente Itachi ricambiò un sorriso accennato e poi abbassò lo sguardo. «Qualsiasi cosa succeda tieni gli occhi aperti, non sappiamo che cosa succederà da questo momento in avanti e Reyko vorrei chiederti un’ultima cosa—… »
La ragazza scosse la testa e lo fermò immediatamente.
«Chiederò di tuo fratello. »
Itachi risollevò immediatamente lo sguardo, fissandola con intensità ed alla fine si rilassò sussurrando un semplice ma sincero “Grazie!”. 
Se solo avesse avuto la possibilità sarebbe rimasta insieme a lui per il resto della giornata, ma doveva andare, quindi a malincuore lasciò andare la sua mano e poi fece segno a Sen di seguirla. Kenzo, invece, rimase di guardia al ragazzo, forse per assicurarsi che andasse tutto bene e che si riprendesse, cosa di cui gli era immensamente grata.
Uscita dalla stanza, essendo ancora a piedi scalzi, l’eremita si diresse a grandi passi verso il piano inferiore. Altri lupi s’affacciarono per osservare il suo incidere, ma una volta giunta sulla soglia del grande portone d’ingresso del tempio, Hina, dal manto bianco candido, le aveva portato sia le scarpe sia il mantello dell’Akatsuki, che Reyko doveva aver abbandonato da qualche parte la notte precedente. Kisame, con la Samehada sulle spalle, era già fermo sul porticato esterno, intento ad aspettarla anche se sembrava ancora parecchio offeso. Quindi con un fluido movimento la ragazza coprì le spalle con il mantello e poi insieme a Sen si diresse verso il compagno, al quale diede una sonora pacca sulla spalla. 
«Non fare il musone durante il viaggio, Kisame. »
«Non ci provare, eremita, sono ancora arrabbiato. »
«Lo so, ma ti faccio riprendere io. » e con un sorrisetto sghembo lo guardò di sbieco, prima di iniziare a scendere le scale, dirigendosi verso l’uscita del bosco e da li al Covo Nord, dove ad attenderli c’era il resto dell’organizzazione, e forse anche svariati problemi.

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Little brother ***


Little brother

La strada per giungere al Covo nord, uno degli ultimi che era rimasto in mano all’Akatsuki, fu abbastanza lunga e faticosa, considerato che Kisame non aveva neanche fatto finta di ascoltarla durante il viaggio, rendendo tutto anche più pesante del previsto. Aveva cercato in tutti i modi di farlo riprendere, di farlo addirittura sorridere dicendo le sue solite cose stupide accompagnate da qualche battuta di spirito, ma niente. Lo spadaccino aveva roteato gli occhi e continuato a camminare. Ora come ora voleva semplicemente riflettere sulla questione e su ciò che era accaduto, però le aveva solennemente promesso che non avrebbe detto niente, e questo rincuorò Reyko. Non potevano permettersi di perdere Kisame per strada, era fondamentale in ciò che avrebbero fatto fino a quel momento, anche perché adesso dovevano capire cosa effettivamente sapessero in più Zetsu e Madara Uchiha.
Come sempre per entrare nel covo dovettero entrare in una fenditura in mezzo ad una parete rocciosa e poi s’avviarono in silenzio lungo bui corridoi. Ad illuminare la strada che li avrebbe condotti nella grande sala di ritrovo c’erano delle torce accese, ma il silenzio era sempre inquietante. Perfino Sen non sembrava essere a suo agio, e dire che quella non era la prima volta che andavano fin li. Dovevano semplicemente stare calmi e non farsi prendere dal panico, infatti mentre camminavano, tenendo lo sguardo basso, Kisame si voltò verso di lei. 
«Stai bene? » domandò con tranquillità, come se si fosse dimenticato di tutto quello di cui avevano discusso fino ad allora. 
In risposta Reyko provò ad accennare un mezzo sorriso. 
«Cir—… »
«No! Tu stai malissimo, sei devastata quindi vedi di provare anche a farti venire gli occhi lucidi. » le sussurrò prima di riprendere a guardare davanti a sé.
Effettivamente aveva ragione, lei al momento era semplicemente preoccupata, ma in verità gli altri sapevano che Reyko doveva essere in una sorta di crisi in preda alle lacrime. Magari avrebbe provato a sondare di più con Konan, per capire se per lo meno di lei si sarebbe potuta fidare, cosa che sperava con tutta sé stessa. Ma al momento non poteva fare piani, doveva semplicemente rimanere concentrata. 
Si scambiò l’ennesima rapida occhiata con Sen prima di oltrepassare il grande portone che li avrebbe condotti alla sala del covo. Era su più livelli, anche perché questo posto era di certo il più ampio che Reyko avesse mai conosciuto, ma al suo interno regnava il silenzio. Da quando l’Akatsuki aveva iniziato a perdere membri tutto li dentro sembrava sempre più vuoto ed addirittura le incuteva paura. La statua, come sempre, era ancora più grande del previsto. Sette occhi erano aperti e fissavano il vuoto.
Doveva dire a Kenzo di quella statua, anche per sapere qualcosa in più perché nonostante le sue ricerche non aveva mai capito a che cosa effettivamente servisse. Sicuramente era qualcosa legato alle forze portanti, ma né lei, né Kisame, né Itachi avevano idea di quale fosse il fine ultimo di quella statua. 
Si mossero attentamente nella grande sala, quando improvvisamente, proprio davanti a loro, spuntò la figura mascherata di Tobi. Sen snudò i denti, forse perché percepì qualcosa di diverso, mentre Reyko s’immobilizzò spaventata.
Era la prima volta che aveva davvero paura, che poi non sapeva neanche spiegarsi il perché di quella paura. Forse temeva per la propria vita perché davanti a lei c’era un uomo decisamente pericoloso che non avrebbe mai esitato nel farle del male. Insomma non che lei avesse davvero paura di morire, però Tobi, o Madara, la inquietavano parecchio. 
«Finalmente siete arrivati, Reyko. » e chinò appena il capo nella direzione della ragazza prima di voltarsi verso lo spadaccino. «Kisame. »
Il tono che rivolse verso di loro era diverso, non era il chiaro ed eccessivamente allegro modo di parlare che usava sempre insieme a loro. No, il suo modo di parlare era diventato decisamente più cupo, segno che in lui doveva esserci qualcosa di sbagliato.  
Probabilmente l’eremita non riuscì a trattenere una faccia confusa, ed infatti Tobi sembrò notarla immediatamente, tanto da porgerle la mano, come se volesse che lei l’afferrasse. 
«Mi dispiace averti spaventata, eremita, ma finalmente ho la possibilità di presentarmi sul serio. » 
Reyko, anche se intimorita dalla cosa, allungò la mano verso la sua e la strinse leggermente, ma l’uomo, quasi in maniera repentina, chinò il capo nella sua direzione, concedendole un rapido inchino, come si addiceva a qualcuno di alto rango. 
«Sul—… serio? » domandò lei in un sussurro, spostando lo sguardo su un Kisame sempre più confuso. 
«Sì, io in realtà sono Madara Uchiha e non Tobi, quella era soltanto una montatura che serviva per depistare il nemico. »
Il cuore di Reyko prese a battere fin troppo velocemente, sia perché finalmente Madara aveva deciso di presentarsi uccificialmente sia perché aveva definito “nemico” Itachi, e questo era ormai una conferma di tutto quello che le era stato detto. 
«Madara Uchiha? » domandò lei fingendo forse con fin troppa enfasi, tanto da rendersene conto da sola.
Madara le lasciò andare la mano ed allora si voltò anche verso lo spadaccino.
«Mi dispiace aver mentito anche a te, Kisame, ma purtroppo eri il compagno di Itachi, quindi sono dovuto essere parecchio attento con le informazioni che passavo. »
Kisame rimase in silenzio, tenendo le braccia strette all’altezza del petto, prima di annuire lentamente abbassando lo sguardo. 
«Capisco, Madara—… o dovrei dire Quarto Mizukage. »
«Itachi era solo una spina nel fianco, Kisame, non preoccuparti, adesso sarai sicuramente più libero di agire in maniera indisturbata. »
Quindi tutto quello che avevano scoperto era vero ed Itachi aveva ragione, ma nessuno sembrava sospettare niente, o se lo facevano erano dannatamente bravi a nasconderlo.
Ed allora la ragazza pregò affinché non sapessero niente, questo era decisamente meglio. 
«Lo so, Reyko, che tu e quel ragazzo eravate legati, o almeno così mi ha detto Zetsu, ma credimi non ha avuto il tempo di spezzarti il cuore, perché prima o poi Itachi Uchiha lo avrebbe fatto, fidati di me. »
Si ritrovò a sbattere più volte le ciglia, mentre gli occhi, in maniera quasi automatica, le divennero lucidi. Non era una cosa che riusciva a controllare, specialmente negli ultimi giorni, perché si stava ritrovando decisamente troppo sentimentale. Ma sentirsi dire quelle cose da Madara la scosse e non poco. 
Cercò di asciugarsi le guance con la manica, mentre Madara iniziò a camminare facendo loro cenno di seguirlo. 
«Andiamo, dobbiamo aggiornarci su come continuare le nostre operazioni, ma soprattutto—… vorrei farvi conoscere i nuovi membri dell’Akatsuki. »
Istintivamente sia lei che Kisame si scambiarono uno sguardo altamente confuso. Quindi aveva davvero iniziato a cercare nuove persone da assoldare? C’era qualcuno di nuovo nel gruppo? Magari qualche suo nuovo alleato.
Questo non andava bene, ma cercò di non mostrarsi troppo stupita, così fece un chiaro segno a Sen di seguirla ma di rimanere all’erta se solo ci fosse stato qualche cenno di imboscata. Erano persone subdole, che avevano mentito per tutto quel tempo, l’idea di una trappola non era poi così da escludere. 
«Pain e Konan? Dove sono loro due? » domandò Reyko mentre iniziava a muoversi al seguito di Madara, che non si voltò per risponderle.
«Loro due si occuperanno del Kyuubi. Saranno sicuramente in grado di catturarlo, per questo non ci sono alla riunione. »
Anche quelle parole non furono decisamente di conforto per Reyko, che si limitò ad annuire, come se la cosa andasse bene. Ma in realtà non era così, avrebbe davvero voluto parlare con Konan. 
In silenzio, con Kisame e Sen, seguirono Madara lungo i corridoi, voltandosi di tanto in tanto ad osservare delle stanze buie ricavate nella roccia, almeno fino a quando non intravide una luce più forte provenire da delle torce. Dovevano essere giunti a destinazione, infatti l’uomo svoltò esattamente li dentro, ed i tre lo seguirono a ruota. 
All’interno della sala vi era un grande tavolo rotondo, con delle sedie disposte intorno. Sul tavolo era stesa una grande mappa che sembrava rappresentare tutte le varie nazioni, poi, però, al capo opposto del tavolo si ritrovò faccia a faccia con la più impensabile delle persone, tanto che si costrinse a trattenere uno sguardo decisamente preoccupato.
Seduto al centro vi era la figura di Sasuke Uchiha, con indosso la cappa dell’Akatsuki e le mani intrecciate davanti alla bocca. Era molto simile ad Itachi, aveva i capelli più corti, ma lo sguardo serio e profondo era lo stesso. Doveva saper usare anche lui lo sharingan, visto quello scontro incredibile che aveva compiuto non molto tempo prima, però adesso la vera domanda che aleggiava nella mente di Reyko era solamente una: che cosa ci faceva li? 
Al suo fianco c’erano gli stessi ragazzi che Reyko aveva incontrato lasciandoli con i suoi lupi e nell’incontrare lo sguardo della ragazza dai capelli focosi vide chiaramente un lampo di cieca furia. Ed allora ebbe paura che dicesse qualcosa. La vide chiaramente schiudere le labbra, pronta per urlarle contro, ma l’eremita le fece un cenno di “no” con il viso, segno che doveva evitare di parlare almeno li davanti a tutti.
Forse fra donne si potevano capire. 
«Ehilà, Kisame-senpai. Noi due abbiamo un conto in sospeso per la spada.» 
A parlare era stato il ragazzo dai capelli bianchi ed il ghigno divertito, che salutò Kisame sventolando una mano, con palese aria di sfida. 
«Che ci fa qui il moccioso? » domandò Kisame rivolgendosi a Madara mentre in quel preciso istante anche Zetsu s’apprestò a spuntare da una delle pareti in roccia della grande sala. 
Reyko si voltò a guardarlo, incontrando così i grandi occhi gialli della pianta, che in risposta le rivolse un sorriso sgargiante. 
«Reyko, finalmente ti rivedo. Stai bene? »
La preoccupazione del suo compagno sembrava reale e tangibile, ed allora, lentamente, provò ad annuire, ancora troppo sconvolta dall’apparizione di quei ragazzi insieme a loro. 
«Vi presento Sasuke Uchiha ed il suo team—… mentre loro sono Kisame e Reyko. » 
Tutti quanti nella sala si scambiarono lunghe occhiate, intenti ad osservarsi ed a studiarsi, rimanendo in silenzio per qualche secondo prima che a distruggere quell’atmosfera che si era creata fu lo stesso Sasuke. 
«Quindi anche loro sono con noi—… interessante. »
Madara si andò a sedere ad una delle sedie del tavolo, invitando gli altri a fare lo stesso, ma Reyko si limitò a muovere qualche passo, fermandosi a poca distanza dagli altri, senza però sedersi. 
«Kisame era compagno di Itachi, hanno viaggiato tanto insieme ed hanno portato a termine tantissime missioni, mentre Reyko era—… abbastanza legata a tuo fratello. »
Per quelle parole l’eredità lanciò un lungo sguardo a Madara, ed anche dietro la maschera, volle fulminarlo con lo sguardo. Non le importava se quel tipo fosse alla pari di un dio o qualcosa di simile, non aveva alcun diritto di dire certe cose, specialmente se riguardavano lei.
Sentì, infatti, le gote arrossarsi, anche per via degli sguardi che le rivolsero, così distolse gli occhi. 
«Legata ad—…Itachi? »  domandò Sasuke mostrandosi altamente perplesso per poi volgere l’attenzione in direzione di Reyko.
«Eravamo amici, buoni amici, o almeno così credevo. » rispose repentina la ragazza rivolgendo a sua volta gli occhi in direzione del fratello minore di Itachi. 
Per lo meno sapeva che stava bene, il fatto negativo, però, era che si ritrovava li insieme a loro senza alcuna apparente ragione. Se Itachi aveva fatto di tutto per proteggerlo, come aveva detto una volta sveglio, perché diamine quel ragazzo era insieme a loro? 
«Capisco. » mormorò lui reggendo quello sguardo. 
Inspirò profondamente ed allora decise di fare la domanda che effettivamente era importante per lei. 
«Tu invece perché sei qui? »
Non era stata neanche troppo discreta, anzi, l’aveva chiesto senza eccessivi giri di parole e discorsi inutili, perché arrivata a quel punto non serviva. 
«Reyko, Sasuke ha deciso di unirsi a noi perché ha saputo qualcosa, su suo fratello—… ed è intenzionato a vendicare la sua memoria. »
A quelle parole, pronunciate da Madara in persona, l’eremita si voltò verso di lui, alternando lo sguardo fra i due Uchiha, tanto da capire quanto folli fossero da asserire una cosa simile. 
Ebbe addirittura bisogno di sedersi al tavolo, accompagnata da Sen, che si fermò al suo fianco ed anche Kisame si sedette su una delle sedie, sempre con aria meditabonda oltre che preoccupata. 
«Vendicare la memoria di Itachi? Spiegati meglio. »
«C’è stato qualcuno, un certo Danzo, che ha costretto Itachi a fare ciò che ha fatto addossandosi una grossa responsabilità ed io voglio vendicare mio fratello. » 
Sasuke rispose con tono secco che non ammetteva repliche ed allora la mente della ragazza cadde nella confusione più totale. Come poteva, quel ragazzo, dopo aver saputo la verità su Itachi, perché solamente sapendo la verità avrebbe detto tali parole, arrivare a fare una scelta simile? 
Schiuse le labbra per dire qualcosa e poi scosse il capo, poggiando entrambi i gomiti sul tavolo. 
«Ed a quanto pare qui con noi otterrai la tua ennesima vendetta, o sbaglio? »
Quella fu decisamente una provocazione da parte di Reyko, che volle sottolineare la questione della vendetta, perché proprio non riuscì a trattenersi. 
«Andiamo Reyko, dovesti saperlo ormai che Itachi ha sempre protetto il villaggio della Foglia senza dire niente a nessuno. Neanche a te. Il nostro Sasuke aveva tutto il diritto di vendicarsi. » 
Madara cercò ovviamente di placare gli animi, notando che le dita della ragazza s’andarono a contrarre sulla superficie del tavolo, cosa che fece anche Sasuke. 
«E quindi lui adesso vuole—… vendicarlo?» domandò confusa in direzione di Madara, prima di voltarsi verso il ragazzo. «Sei proprio sicuro che tuo fratello volesse questo? »
Non desiderava davvero una risposta, anzi, voleva semplicemente provocare quel ragazzino che non sembrava aver capito nulla né di sé stesso né tanto meno di Itachi. Perché Sasuke stava sbagliando in pieno, almeno secondo Reyko. A rigor di logica, se era davvero a conoscenza delle intenzioni del fratello maggiore, allora sarebbe dovuto tornare alla Foglia, magari insieme a Naruto Uzumaki, e non unirsi all’Akatsuki. 
Ovviamente si beccò un’occhiata fulminante da parte di Sasuke, che si alzò in piedi, facendo smuovere la sedia su cui era seduto. 
«Per quanto potessi conoscerlo tu non hai alcun diritto di venire a fare a me la predica, Reyko Harada. » 
Cercò di reprimere l’istinto di prenderlo a schiaffi o di farlo mordere da Sen, perché il lupo, anche se sotto il tavolo, aveva iniziato a ringhiare snudando i denti, percependo il chiaro astio nei confronti della propria padrona. Ma Reyko rimase seduta, ed anzi guardò il ragazzo di sbieco, intrecciando le braccia al petto. 
«Faccio la predica a chiunque se la meriti, Sasuke Uchiha. » 
Ecco che sicuramente con quella risposta si era appena giocata una possibile collaborazione con quel ragazzo, ma non era proprio riuscita a trattenersi dal dire la verità.
Potevano anche essere fratelli di sangue ma ormai  quanto realmente si conoscevano? Non aveva idea di come fosse il loro rapporto prima di tutto quel casino con la loro famiglia, ma a quanto pareva dovevano essere molto stretti visto ciò che Itachi aveva fatto per lui. 
«Eremita—… » questa volta a parlare fu Madara, seduto a non molta distanza da lei, che aveva poggiato entrambi i gomiti sul tavolo, ed allora vide chiaramente l’occhio cremisi dello sharingan puntato verso di sé. «Sasuke in questo modo avrà la possibilità di vendicare il suo caro fratello Itachi ed in più noi abbiamo dei nuovi membri nell’Akatsuki. Non vedo dove sia il problema. »
Certo, facile dirlo per lui che era l’artefice di tutto. Il vero problema era che quel ragazzo non si doveva trovare li, ma ne avrebbe discusso successivamente con Itachi. Al momento era soltanto sollevata di non essere stata accusata di qualcosa o che loro sapessero di quel che lei e Kisame avevano fatto. 
«D’accordo. » sentenziò secca andando così a concentrare le proprie attenzioni verso il lupo che continuava a mostrare le zanne, anche se Sasuke non poteva vederlo. 
Era incredibile con un fratello si lasciava accarezzare, con l’altro ci mancava poco e gli saltava addosso per mordergli la gola.
«E comunque, tornando alle cose davvero serie prima della tua vendetta, Sasuke—… c’è un’altra cosa. » continuò Mada Uchiha lasciando che il silenzio calasse su di loro.
Reyko, dalla propria sedia, vide chiaramente la ragazza dai capelli rossi tremare, mentre i suoi compagni erano presi ed interessati come non mai. 
«Di che cosa si tratta? » domandò il ragazzo con quella sua solita aria di superiorità.
«Ecco, vedi, come ti ho già detto la tua squadra collaborerà con la mia ed in cambio—… otterrai una delle forze portanti. » 
In quel momento l’eremita lanciò un lungo sguardo in direzione di Madara che si era andato a sedere sul tavolo con un balzo fluido.  Un sorrisetto di fece largo sulle labbra di Sasuke Uchiha.
«E’ un’offerta generosa, è vero. Quali altri Bijuu mancano? » domandò quasi incuriosito da quella cosa. 
«Due. C’è già chi dell’Akatsuki si sta occupando del Kyuubi, quindi manca solamente l’Ottocode, di cui vi occuperete voi. »
Ed a quelle parole Reyko inspirò profondamente socchiudendo appena gli occhi mentre era certa che quella non fosse una buona notizia, anzi era decisamente preoccupata.
Che cosa sarebbe successo una volta accumulati tutti e nove i Bijuu?
«Quindi dobbiamo solamente catturare una persona. » minimizò tutto il giovane Uchiha, che sorrise decisamente divertito. 
Lei e Kisame si scambiarono un lungo sguardo d’intesa, prima che Madara continuasse. 
«Esatto—… e se vuoi c’è l’eremita che potrà darti delle informazioni sulla persona che state cercando. » 
Allora Madara s’avvicinò a Reyko e la indicò sfiorandole una spalla, come se lei fosse davvero una grande fonte d’informazioni. Vide chiaramente la smorfia sul viso di Sasuke, forse perché sperava in Kisame, mentre la prescelta era proprio lei che gli rivolse un lungo sguardo, forse anche divertito. 
«Dove possiamo trovare l’Ottocode, eremita? » domandò il ragazzino usando quell’appellativo forse solo perché Madara aveva sottolineato quel dettaglio rilevante. 
E così Reyko s’alzò in piedi, facendo un chiaro cenno a Sen di seguirla. 
«Nel Paese del Fulmine, ovviamente. » ribatté lei prima di piegare la testa di lato. 
«D’accordo e come lo riconosciamo? » continuò Sasuke ricambiando lo sguardo serio della ragazza, ed allora Reyko accennò un sorrisetto. 
«Ha tatuate delle corna—… » e si passò delicatamente due dita a sfiorarsi la guancia. «Ed usa otto spade. » concluse secca come se quella fosse la spiegazione migliore che potesse dare. Ed in fondo gli aveva già detto abbastanza. Eppure, nonostante avesse parlato, era certa che Killer Bee-sama, il suo vecchio maestro, non sarebbe mai stato battuto da un ragazzino come lui e quella sua squadra di squinternati. Non avevano possibilità di atterrare uno dei pochi ad essere in grado di diventare il proprio stesso demone. Era fuori discussione e forse, in quella maniera, Sasuke si sarebbe dato una calmata con quella situazione.
«Lo riconoscerai quando lo troverai. » aggiunse lei abbassando lo sguardo prima di voltarsi impercettibilmente verso Madara. «Io e Kisame possiamo andare? » domandò sotto lo sguardo attonito dello spadaccino, che lentamente s’alzò e la raggiunse. 
«Ovvio, ma non allontanatevi troppo. Nel mentre vi terremo aggiornati su quello che succederà. » disse loro Madara guardandoli allontanarsi. 
Reyko non degnò gli altri neanche di uno sguardo mentre Kisame si voltò a guardare divertito il ragazzino dai capelli bianchi che lo salutò con fare da delinquente. 
«Ci vediamo, Kisame-senpai, e la prossima volta sono sicuro che in uno scontro perderai la tua amata Samehada. »
Ecco, quello era un discorso che ancora sfuggiva alla ragazza, e di cui avrebbe voluto parlare durante il viaggio di ritorno verso il tempio dei lupi, anche perché non vedeva l’ora di abbracciare di nuovo Itachi e di aggiornarlo riguardo ciò che era appena stato detto. La situazione non stava evolvendo nel giusto verso che aveva sperato e tutto ciò diventa sempre più complesso. 
Un lieve sospiro uscì dalle labbra della ragazza prima di allontanarsi dallo strano gruppo di shinobi in quella sala. Si lasciò l’ennesimo sguardo confuso insieme a Kisame ed allora s’incamminarono lungo il corridoio semi oscuro. 

Qualche ora dopo
Il team Falco finalmente si era allontanato, dopo aver ottenuto le giuste informazioni dall’eremita, e tutto sembrava procedere secondo i piani, e questo era ciò che Obito sperava. Era più che certo del successo di Pain e Konan, anche perché nessuno poteva competere con il Rinnegan che un giorno apparterrà al vero Madara.
Quindi, una volta solo, si tolse la maschera arancione, lasciandola ricadere sul tavolo dove era rimasto seduto anche una volta che tutti si erano allontanati dal covo. Era decisamente pensieroso, e con una mano Obito s’arruffò i capelli scuri, per poi scendere a sfiorarsi la cicatrice. Un semplice rumore proveniente alle sue spalle lo costrinse a voltarsi, per puntare il proprio sharingan in direzione di Zetsu, che era apparso dal pavimento. 
«Allora l’hai seguita? » domandò con un pizzico di curiosità l’uomo. 
«Fin quando ho potuto. E’ andata verso sud, come ti aspettavi. » continuò la pianta muovendo qualche passo, rischiando addirittura d’inciampare nella propria stessa veste. 
«Immaginavo e di lui qualche traccia? » chiese nuovamente Obito con particolare calma mentre analizzava la situazione. 
Zetsu scosse la testa, facendo un chiaro segno di “no”, e questo era già decisamente meno positivo. 
«Ho detto a Sasuke che avevamo preso noi il corpo di Itachi solo per tenerlo buono e provare a convincerlo a stare dalla nostra, ma il non ritrovamento sta diventando un problema consistente. » sussurrò rivolto più a sé stesso che alla pianta in sua compagnia. 
«Obito, sicuramente lo hanno portato via e sappiamo anche chi è stato—… però quante possibilità ci sono che sia sopravvissuto? »
«Non molte—… » rispose l’uomo guardandolo negli occhi gialli e vacui. «Però le probabilità aumentano se lo ha portato da ottimi medici. E’ risaputo che gli animali conoscono metodi alternativi per curare le ferite anche più efficaci di quelli degli uomini e lei è un’eremita, quindi purtroppo non è da escludere che Itachi sia ancora vivo, anche se non ha mostrato segni d’esitazione. » 
«Ha fatto tutte cose con cura, sicuramente lui le doveva aver detto qualcosa perché altrimenti non capisco come mai lo abbia nascosto e non lo abbia portato da noi. » aggiunse Zetsu appoggiandosi contro la superficie lignea del tavolo. 
«Lei sa tutto, Zetsu. Le avrà detto tutto e quindi non possiamo più fidarci dell’eremita. »
Ed allora una sorta di sorriso forzato si fece largo sulle labbra del ragazzo. 
«Quindi che hai intenzione di fare con lei? »
«Intanto sigilliamo i bijuu che rimangono, dopo pensiamo a qualcosa per levarcela dai piedi perché sono sicuro che non collaborerà più, come adesso ci ha fatto credere. E poi, se Itachi Uchiha è davvero vivo, magari usando lei riusciremo anche a stanarlo, non trovi Zetsu? » 
La pianta e l’uomo si scambiarono una lunga occhiata prima che entrambi annuissero in maniera quasi impercettibile. Ed allora era stabilito che in un modo o nell’altro avrebbero tolto dai giochi l’eremita.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3719521