Expecto Patronum di ringostarrismybeatle (/viewuser.php?uid=556297)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4, pt. 2 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7, pt. 2 ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Cap 1
Harry Potter e la Pietra Filosofale
“Che tipo strano, non trovi?”
Harry, disteso
sul proprio letto ormai da un’ora, con in mano la figurina che in
precedenza aveva ospitato l’immagine del professor Silente, si
voltò verso il ragazzo dai capelli rossi, conosciuto quel giorno
nel suo primo viaggio verso Hogwarts.
In quel momento,
non aveva particolarmente voglia di parlare. Non perché non
desiderasse stringere amicizia con Ron. Aveva avuto la
possibilità di parlare con lui e con altri ragazzi, in
particolare coloro che erano stati collocati nella sua stessa casa.
Avrebbe voluto chiedere, sapere, perché in fondo non conosceva
quasi per niente quel mondo che da pochissimo tempo si era presentato
dinanzi a lui. Ma quello non era il momento ideale. Lo sentiva.
“Chi?”
Rispose quasi in
modo disinteressato, ma cercò di non farlo notare
eccessivamente. Non voleva sembrare scortese. In fondo, Ron era la
prima persona che avrebbe potuto considerare un amico. Non sapeva
quanto quel rapporto sarebbe durato, non sapeva davvero se quel ragazzo
dai capelli rossi sarebbe rimasto suo amico per sempre. Né se il
loro legame sarebbe divenuto sempre più forte o, al contrario,
si sarebbe interrotto improvvisamente. Ma in nessun modo avrebbe
rischiato di rovinare subito ogni cosa. Avrebbe rimandato ad un altro
momento le sue riflessioni solitarie. Riflessioni di cui avrebbe avuto
bisogno.
Ron piegò
senza molta attenzione i maglioni che sua madre aveva preparato per
lui, sistemandoli nell’armadio che gli era stato riservato.
Sbuffò rumorosamente, impilandoli uno sull’altro e
rischiando di farli ricadere più volte a terra. Non avrebbe
avuto alcuna voglia di vuotare i propri bagagli. Aveva quasi sperato
che la buona e dolce Molly lo seguisse nel dormitorio dei Grifondoro
per poter sistemare il suo angolo. Ma non era stato così. E solo
quando era giunto lì aveva compreso che, da quel momento,
sarebbe stato costretto ad occuparsi delle sue cose.
“Malfoy, è chiaro.”
Chiuse
l’anta, in modo fin troppo rumoroso. Harry sobbalzò,
nonostante la sua attenzione fosse già rivolta a lui.
Fortunatamente, nella stanza, in quel momento, erano presenti solo
loro. Tutti gli altri sembravano essere troppo eccitati all’idea
di trovarsi ad Hogwarts. Non che loro non lo fossero. Anzi. Forse Ron
aveva già ascoltato troppi racconti da parte dei suoi
innumerevoli fratelli per essere davvero sorpreso. Conosceva ormai
tutti gli angoli del Castello, come se lo avesse già visto.
Eppure, quel giorno anche lui era stato colto da una certa eccitazione.
Sarebbe stato impossibile non avvertire minimamente quel senso di
euforia tipico dei ragazzi del primo anno.
Ed Harry.. Beh, per lui il discorso era stato totalmente diverso.
Non si trattava
di semplice euforia. Non si trattava di ciò che accomunava tutti
i ragazzi della sua età. Era qualcosa di ben diverso. Qualcosa
che non aveva mai provato.
Si trattava di libertà.
Per la prima
volta, dopo anni e anni, si sentiva libero. E per quel motivo avrebbe
voluto trascorrere quella serata in silenzio e in solitudine, intento a
meditare su ciò che fino a quel momento era stato costretto a
vivere e su ciò che, invece, da quel momento sarebbe stato.
Anche se, in fondo, non sapeva cosa davvero lo avrebbe atteso. Non
sapeva cosa sarebbe accaduto il giorno successivo. Né il mese
successivo. Né tantomeno dopo un anno trascorso lì.
L’unica certezza era quel senso di libertà che lo aveva
invaso.
Ron raggiunse
nuovamente il proprio letto e si sedette su di esso, con lo sguardo
rivolto verso Harry. Anche lui, un attimo dopo, fece come il suo
compagno. Si mise a sedere, liberando la propria mente da tutti i
pensieri e riportando alla memoria quel momento che lo aveva già
visto protagonista all’interno della scuola.
“Già.”
Dovette
ammetterlo, almeno a se stesso. Era stato un momento particolare, per
lui. Non sapeva precisamente come definirlo. Non sapeva neanche cosa
davvero avesse provato.
Nel corso di
quella serata, più volte aveva ripensato a ciò che era
accaduto. E più volte aveva incrociato lo sguardo di quel
ragazzo durante la cena. Aveva sentito i suoi occhi su di sé, o
almeno era ciò che aveva avvertito. E ogni volta in cui aveva
cercato di guardarlo, per poterlo vedere nuovamente e studiare per
qualche istante, era stato costretto a distogliere lo sguardo. Quel
Draco Malfoy lo stava già osservando, confermando i suoi
sospetti e le sue impressioni.
In fondo, non
sarebbe stato difficile da avvertire. Lo sguardo di quel ragazzo era
molto pesante da sostenere. Si poteva sentire sul proprio volto, sul
proprio corpo. Anche senza voltarsi verso di lui, sarebbe stato certo
di averlo su di sé.
Harry si
trovò a rivivere quella scena. E vide nuovamente quella mano
tesa verso di lui, quegli occhi puntati nei propri, quel volto
caratterizzato da un sorriso beffardo e da un’aria di
superiorità che avrebbe fatto rabbrividire tutti i ragazzi meno
fortunati che si trovavano nella scuola. Praticamente, chiunque.
“Come tutta la sua famiglia, in fondo.”
Ron diede per
scontato quel dettaglio su di lui e sulla sua famiglia, e in fondo
Harry non aveva impiegato molto per comprendere a cosa quell’aria
di superiorità fosse dovuta. Non conosceva Malfoy, né
tantomeno i suoi familiari, ma nessuno che si trovasse in una
condizione disagiata avrebbe messo in scena un simile spettacolo.
“La sua famiglia?”
Il ragazzo si
interessò a quel particolare. Non seppe perché, ma decise
che avrebbe desiderato sapere tutto ciò che Ron avrebbe potuto
dirgli a riguardo. Il compagno sollevò le spalle, spostando lo
sguardo a terra e mostrandosi meno divertito di qualche secondo prima.
Ciò che pensava su Draco Malfoy e sulla sua famiglia era ben
comprensibile, ma fin quando aveva avuto la possibilità di
scherzarci su aveva sicuramente affrontato la questione in modo meno
pesante. Eppure, in quel momento, sembrò quasi essere
sofferente, nell’affrontare l’argomento. E molto presto,
Harry comprese che quella non era un’impressione, ma la
verità.
“Sì.
Loro sono.. Diversi. Almeno, rispetto a noi. Sono una delle famiglie
più ricche. E più.. Malvagie.”
Lo sguardo di Harry si fece interrogativo.
“Malvagie?”
“Già. Mio padre non vuole che io lo dica. Forse perché lavora per il signor Malfoy.”
“E come fai a saperlo, allora?”
Ron lo guardò per qualche istante, senza proferire parola. Poi sollevò le spalle, guardando nuovamente a terra.
“Non lo
so. Ma ne sono certo. Tu non l’hai mai visto, Harry. E ti auguro
di non vederlo mai. Ma se mai dovesse succedere, capirai di cosa parlo.
E per di più..”
Si guardò
intorno in modo furtivo, come se non volesse che qualcuno potesse
sentirlo. Nella stanza con loro non c’era nessuno, ma volle
comunque accertarsene, per evitare sorprese.
“Fred e
George mi hanno detto che.. Insomma, non hanno voluto spiegarmi tutto.
Dicono che sono troppo piccolo. Ma loro mi hanno detto che.. Lucius
Malfoy ha qualcosa a che fare con la magia oscura. E con..
Tu-Sai-Chi.”
Gli occhi di
Harry si spalancarono dinanzi a lui. Non sapeva molto sulla questione,
si trovava a contatto con quel mondo da pochissimo tempo. Ma comprese
da solo che avere a che fare con la magia oscura e con Tu-Sai-Chi non
fosse propriamente un vanto per una famiglia.
“E perché dovrebbe?”
“Non lo
so. Non mi hanno detto niente di più. Ma hanno ragione, quando
dicono che si tratta di un uomo oscuro. Lo è davvero. E suo
figlio è proprio come lui.”
Harry rifletté su quelle parole. Non riusciva ad immaginare come una persona potesse sembrare oscura,
come Ron l’aveva definito. Forse perché nella sua vita non
aveva avuto la possibilità di conoscere persone positive,
diverse dai suoi zii e da suo cugino. E probabilmente, non li avrebbe
davvero definiti oscuri. O meglio, probabilmente nel mondo dei babbani
non esistevano persone oscure. Ma lì, nel mondo della magia, era più che possibile.
“Tu dici che Draco è una persona oscura?”
Ron
sollevò le sopracciglia, abbassando leggermente il capo ed
osservandolo come se quella domanda non meritasse neanche di essere
posta.
“Accidentaccio,
Harry. Certo che lo è. Forse adesso è ancora troppo
presto per mostrarlo, ma quando diventerà come suo padre
sarà proprio come lui.”
Sembrò
essere certo delle proprie parole. Sembrò saperlo. E forse aveva
ragione. In fondo, Ron conosceva lui e la sua famiglia da molto tempo.
E nonostante non si fossero mai incontrati, anche Draco non aveva
impiegato molto, prima di comprendere chi lui fosse. Lo aveva
identificato come se quelle caratteristiche indicassero qualcuno di..
Inferiore. Ma per Harry non era così. Affatto. Draco Malfoy
avrebbe desiderato la sua amicizia, solo perché lui era il
Bambino che era Sopravvissuto. Solo perché la sua fama
l’avrebbe sempre preceduto. Solo perché un Malfoy meritava
amicizie elevate.
Ma no, Harry non
lo avrebbe mai permesso. Harry era certo di ciò che aveva detto
proprio a lui, dinanzi a quella mano tesa e a tutti i ragazzi che con
il fiato sospeso stavano assistendo alla scena. Ragazzi che sembravano
aver compreso più di loro quanto quell’incontro fosse
importante e raro. Draco Malfoy ed Harry Potter. Un Malfoy ed il
Bambino Sopravvissuto. E se quell’amicizia fosse nata, se quella
mano fosse stata stretta, tutti loro avrebbero ricordato quel momento.
Ma
quell’amicizia non sarebbe mai nata. Harry non desiderava
l’amicizia di un ragazzino viziato, proveniente da una famiglia
come quella dei Malfoy. Non c’era nulla che lo accomunasse a lui.
Nulla che avrebbe potuto farlo avvicinare a lui.
“Sta’ lontano da lui, Harry.”
Parlò sinceramente. Nei suoi occhi ci fu tutta l’onestà di cui Harry avrebbe avuto bisogno.
“È un consiglio da amico.”
Ron sorrise in modo quasi goffo, rischiando di arrossire dinanzi al compagno.
“Perché noi siamo amici, vero?”
E con quelle parole, trasmise il suo sorriso anche ad Harry.
Aveva un amico.
E quell’amico era Ron Weasley. Perché tutto ciò che
Harry avrebbe desiderato era un amico sincero. Un amico vero. Un amico
dai capelli rossi e da una vecchia toga di seconda mano.
Non avrebbe
avuto bisogno di Draco Malfoy. Lo aveva saputo fin dal primo istante.
Avrebbe saputo riconoscere da solo le persone sbagliate. E lui lo era.
Certamente. Non avrebbe potuto portare niente di buono nella sua vita.
“Certo.”
Non avrebbe mai avuto bisogno di Draco Malfoy.
Mai.
Ciao a tutti :D Innanzitutto, mi
presento: sono Claudia :) Questa è la mia prima pubblicazione in
questo fandom! Finora, ho scritto sempre sui fandom dei Beatles e del
Signore degli Anelli, da molto tempo desideravo scrivere anche
qui, ma non avevo mai la giusta ispirazione! Quest'estate, finalmente,
è arrivata :D
Che dire? Questa è la prima os di una raccolta. Ogni os
sarà relativa ad un anno ad Hogwarts o fuori, ma in totale
saranno dieci :) Quindi, alcuni anni ne avranno più di una! Mi
auguro che questa prima os vi sia piaciuta e che non faccia troppa pena
:D Per il resto, cercherò di aggiornare sempre di
giovedì, almeno per avere un giorno fisso della settimana!
Intanto, ringrazio tutti coloro che leggeranno e che seguiranno la
raccolta :D
A presto!
ringostarrismybeatle
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Cap 2
Harry Potter e la Camera dei Segreti
“Potrei suggerire qualcuno che appartiene alla mia Casa?”
Il professor
Piton guardò negli occhi Gilderoy Allock, con un’aria di
sfida che, in fondo, tutti nell’aula avrebbero atteso.
Evidentemente, l’idea di far duellare Harry e Ron era fin troppo
scontata. E per niente entusiasmante. Almeno, non per tutti coloro che
avrebbero voluto assistere ad uno spettacolo così eccitante come
quello che stava per presentarsi davanti ai loro occhi.
Un sorriso impercettibile si disegnò sul volto del professore.
“Malfoy, magari?”
Riservò
un ultimo sguardo ad Harry, voltandosi poi di scatto verso il ragazzo
dai capelli biondi che già lo stava raggiungendo. Draco sorrise,
rivolgendosi al professore, spostando poi gli occhi dinanzi a sé
e continuando ad avanzare verso l’oggetto delle sue attenzioni.
Harry Potter.
Non che Harry
avesse davvero voglia di duellare. In realtà, non ne aveva
affatto. Dal momento in cui il professor Allock gli aveva chiesto di
raggiungerlo per fare una dimostrazione davanti agli altri, si era
mostrato palesemente annoiato. Soprattutto se a duellare con lui era
Ron, con quella bacchetta rotta che avrebbe causato disastri anche per
gli incantesimi più semplici, come lo stesso professor Piton
aveva affermato.
Ma da quando sulla pedana era stato chiamato lui, le cose erano cambiate.
Da un lato, non
aveva voglia di trovarsi di nuovo contro di lui. Erano stati
contrapposti tante volte, da quando la loro avventura a Hogwarts era
iniziata. Ma forse, mai come in quel momento.
E dentro di sé, Harry comprese che, in realtà, quello scontro stava portando in lui una grande eccitazione.
Quando Draco si
fermò a qualche metro da lui, riuscì a catturare i suoi
occhi con uno sguardo. Li tenne ben fissi sui propri, mantenne alta
l’attenzione in essi, e sorrise. Cercò di curvare le
labbra in modo che l’altro lo notasse, ma senza esagerare. E
così fu.
Draco
spostò lo sguardo su di esse, notando quel movimento nato
appositamente per farlo innervosire. Ma no, non ci sarebbe riuscito.
Avrebbe mantenuto la calma, qualsiasi cosa quel bastardo avesse fatto.
Non gli avrebbe permesso di averla ancora vinta. Non quella volta. Non
avrebbe avuto di nuovo un’occasione simile per umiliare Harry
Potter. Il professor Piton gli aveva servito quella possibilità
su un piatto d’argento. Proprio perché, come lui, avrebbe
avuto lo stesso desiderio di vedere per la prima volta quell’aria
di superiorità di Potter spegnersi. Preferibilmente, dinanzi a
tutta la scuola. Dinanzi a tutti coloro che così tante volte
l’avevano visto trionfare. Ma non quella volta.
Non avrebbe sprecato la sua occasione. Non avrebbe deluso il professore. Né se stesso.
Rispose a quel
sorriso in modo sprezzante, come solo lui sapeva fare. Ed Harry
riconobbe quel sorriso. Forse perché ormai aveva imparato a
memoria tutti gli atteggiamenti e le reazioni di Draco. E i suoi stati
d’animo. Non sapeva perché, ma ormai sembrava conoscerlo
più di quanto lui stesso si conoscesse. Forse per quelle
occhiate continue che gli aveva lanciato, da quando lo aveva
conosciuto. Forse per quei momenti in cui lo aveva osservato, tenendosi
bene a distanza, per comprenderlo, per studiarlo.
Già. Ma perché gli aveva lanciato quelle occhiate? E perché lo aveva osservato?
Si trovò
a pensare a quei momenti, mentre intorno a loro i mormorii dei ragazzi
divenivano sempre più forti. Ma Harry sembrò ignorarli.
Forse perché, nella sua testa, altre immagini e altri pensieri
avevano preso il sopravvento. E stavano rischiando di farlo estraniare
fin troppo.
Mantenne i
propri occhi sui suoi, osservandoli da lontano. E si trovò a
chiedersi come sarebbe stato averli a pochi centimetri da lui, poter
scavare in essi, per vedere cosa Draco nascondesse dentro di sé.
Perché Harry sapeva
che lui nascondesse qualcosa del proprio carattere. Non sapeva
perché, ma in fondo sentiva che avrebbe voluto sapere di cosa si
trattasse. Era certo che quel carattere che mostrava a tutti fosse
soltanto un’armatura che aveva scelto di indossare contro il
mondo. Per potersi difendere, per non permettere a nessuno di
attaccarlo. Per attaccare prima che gli altri potessero farlo.
Eppure, dentro
di lui riusciva a vedere altro. Draco era un ragazzo pauroso, aveva
imparato a comprenderlo. Ogni volta in cui si trovavano nei guai era la
persona più spaventata da ciò che sarebbe potuto
accadere. Come l’anno precedente, quando erano stati spediti
nella Foresta come punizione. Harry lo ricordava perfettamente.
“Se non ti conoscessi bene, Draco, direi che hai una gran fifa.”
Rischiò di lasciarsi scappare un sorriso.
Gli piaceva provocarlo. Dannatamente.
Perché sapeva che solo lui, con quell’atteggiamento,
sarebbe stato in grado di confonderlo e di portarlo ad impazzire.
Confonderlo.
Già,
confuso come proprio lui si sentiva? Perché era questo che Harry
sentiva dentro di sé. Confusione. Ogni volta in cui lo vedeva,
ogni volta in cui pensava a lui, pensieri mai concepiti prima
comparivano nella sua mente, colmandola senza lasciargli scampo.
Insomma, da quando pensava cose simili? E soprattutto, da quando le pensava su di lui? Su di un ragazzo.
Praticamente, nella sua vita Harry non aveva mai pensato alle ragazze.
In quel momento, però, il suo corpo si stava sviluppando e stava
iniziando a mostrare cosa fosse il desiderio. Quel
tipo di desiderio. E non sarebbe stato strano avere pensieri come
quelli. Eppure, fino ad allora non era mai riuscito ad osservare le
ragazze con quel desiderio. E l’unico su cui aveva fatto dei
pensieri, di qualsiasi tipo, era stato lui.
Fu difficile
ammetterlo a se stesso. E forse quello fu il primo momento in cui lo
fece. Si trovò davanti quegli occhi, quasi trasparenti, e
sentì che in fondo non ci sarebbe stato nulla di sbagliato, nel
desiderare di poterli osservare, di poterli sentire sul proprio corpo e
di poterli tenere solo per sé. Non c’era nulla di male.
Semplicemente, era ciò che avrebbe voluto. E nella vita aveva
imparato che nulla sarebbe potuto essere sbagliato, se voluto con tutto
il cuore.
Perché lui lo voleva con tutto il suo cuore, giusto?
Maledetto
Malfoy. Forse se avesse smesso di guardarlo in quel modo, di cercare
sempre di contrastarlo e di prevalere su di lui, Harry non avrebbe mai
pensato certe cose. Ma no, lui aveva sempre bisogno di provocarlo, con
quegli sguardi languidi che avrebbero ucciso anche il più grande
mago. Con quei movimenti in alcuni casi fin troppo vicini per i suoi
gusti. E con quel tono che riusciva a provocare in lui
contemporaneamente nervosismo ed eccitazione.
Non sapeva
spiegarlo. Non sapeva perché quella stupida voce lo portasse
alla pazzia in quel modo. Sapeva solo che la sua aria di
superiorità aveva qualcosa di dannatamente..
Smettila.
No, sarebbe stato sbagliato pensarlo. Insomma, pensarlo ancora una volta.
Quante altre volte aveva pensato una cosa del genere? Quante altre
volte aveva sentito il suo corpo sconvolgersi, sotto l’effetto di
quell’atteggiamento? Ma non quella volta. Non gli avrebbe
permesso di farlo. Non più.
Non avrebbe
sprecato quell’occasione di imporsi contro di lui. Davanti a
tutti. Probabilmente non avrebbe avuto un’altra
possibilità come quella. Avrebbe dimostrato una volta per tutte
che Draco Malfoy era soltanto uno stupido ragazzino viziato. E avrebbe
dimostrato a se stesso che non aveva nessuna influenza su di lui. E mai
l’avrebbe avuta.
Senza volerlo,
entrambi stavano pensando a quell’occasione di prevalere.
Entrambi stavano pensando che quella non sarebbe stata una semplice
dimostrazione.
“Bacchette in posizione.”
La voce del
professor Allock risuonò nella sala, interrompendo il flusso dei
loro pensieri. Entrambi si destarono, avvicinandosi di qualche passo e
trovandosi a quella distanza che avrebbero desiderato.
Un istante di
silenzio, in cui i loro occhi si fissarono gli uni negli altri, con una
determinazione che mostrò tutto il loro desiderio di rendere
quella giornata decisamente più interessante.
Improvvisamente,
le loro braccia scattarono, per portare le loro bacchette dinanzi al
viso, in segno di saluto. O, forse, di sfida. E dietro quelle
bacchette, i loro occhi si fecero più attenti, per poter
studiare qualsiasi movimento. Qualsiasi sguardo. Qualsiasi istante.
“Paura, Potter?”
Come sempre, la miglior difesa sarebbe stata l’attacco.
In quel momento,
sarebbe stato in grado di comunicare quelle parole anche solo
attraverso lo sguardo. I suoi occhi erano divenuti così
espressivi da rappresentare un libro aperto per Harry.
Anche Draco
ricordò quelle parole che l’altro aveva pronunciato un
anno prima, nella Foresta. Già, lo aveva accusato di avere
paura. Paura. Lui. Ma si
sbagliava. E in quel momento, l’unico ad essere spaventato era
quel dannato Potter. Aveva visto qualcosa in lui. Qualcosa in
quell’esitazione che non dipendeva dal dover duellare davanti
all’intera scuola. No. Dipendeva da chi si trovava dinanzi al suo
volto.
Quel bastardo
pensava davvero che Draco non avesse notato le occhiate che gli
lanciava? Maledetto Potter. Che cosa pensava di fare? Di farlo cadere
ai suoi piedi come aveva fatto con tutta la scuola? No. Lui non era
così stupido. Non sarebbe mai stato così stupido da farsi
ingannare da quegli stupidi occhi.
Già. Ma
in fondo, come aveva fatto a notare quegli sguardi? Avrebbe dovuto
mantenere la lucidità, in quei momenti di riflessione con se
stesso. E neanche per un istante avrebbe dovuto smettere di essere
onesto. Insomma, li aveva notati perché anche lui era stato
decisamente impegnato a guardarlo. Quasi sempre di sfuggita, senza
soffermarsi troppo su di lui, per paura di essere visto. Ma lo aveva
fatto. E non avrebbe potuto negarlo.
Perché lo aveva guardato? Perché diamine lo aveva guardato?
Se c’era qualcuno più dannato di Potter, era proprio lui. Come aveva fatto a farsi mettere nel sacco in quel modo?
Sta’ calmo.
Nessuno lo aveva messo nel sacco. Nessuno lo aveva ingannato. Soprattutto, non Potter.
Potter aveva solo paura. Paura di lui.
“Ti piacerebbe.”
Il cuore di Draco perse un battito. Perché, in quel momento, tutte le sue convinzioni sembrarono sparire.
Le sue labbra
rischiarono di dischiudersi, ma fece uno sforzo per tenerle serrate. E
sul suo volto si disegnò una sorta di ghigno sprezzante, quasi
disgustato da quella risposta. E da lui.
Ma no. Non gli avrebbe dato alcuna importanza. Non quella volta. Sarebbe rimasto impassibile, concentrato sul suo obiettivo.
Abbassarono la
bacchetta, tra i sussurri dei compagni che divenivano sempre più
forti. Scommesse su chi avrebbe avuto la meglio, su chi avrebbe
sferrato il primo colpo, su cosa sarebbe accaduto in quella giornata,
che sarebbe stata ricordata ancora per molto.
Si voltarono,
riprendendo a camminare e raggiungendo la giusta dinanza per poter
iniziare quel duello. Solo quando si trovarono nel punto giusto
tornarono nuovamente uno di fronte all’altro, già in
posizione, con la bacchetta stretta nella mano destra. Draco
portò la sinistra in avanti, in una posizione che certamente
aveva imparato da suo padre. Harry, al contrario, pose in avanti la
mano con la bacchetta, pensando che quel modo potesse essere il
migliore per poter attaccare per primo.
“Al mio tre, lanciate l’incantesimo per disarmare l’avversario. Solo per disarmarlo. Non vogliamo incidenti, qui.”
Il professor
Allock si affrettò a specificare. Entrambi, come i loro
compagni, conoscevano quell’incantesimo. Ma preferì
chiarire che sarebbe stato l’unico ammesso.
I ragazzi tra il
pubblico si guardarono più volte in viso, cercando di
comprendere se davvero qualcuno tra di loro pensasse che i due
avrebbero obbedito a quell’ordine. Dalla sua parte, il professor
Piton non aggiunse altro. E se Allock non avesse chiarito quel punto,
allo stesso modo sarebbe rimasto in silenzio. E non sarebbe stato
difficile immaginare il motivo.
“Uno.”
Il conto iniziò. In modo lento. Troppo lento, contrastando con il battito dei loro cuori.
“Due.”
Ma Draco non poté più attendere.
“Everte statim!”
Fu più forte di lui.
Un bagliore improvviso dalla sua bacchetta. E un profondo senso di appagamento dentro di lui.
Harry venne
colpito in pieno e spedito con forza qualche metro più indietro,
ai piedi del professor Allock che con gli occhi sbarrati osservò
la scena.
Senza neanche
rendersene conto, Harry si ritrovò a terra, disteso sul fianco
destro. E si sentì ribollire di rabbia. Sollevò
nuovamente il volto, e lo vide. Quel sorriso ancora più
beffardo, accompagnato dalle risate dei Serpeverde che non avrebbero
potuto far altro che gioire, dinanzi a ciò che era appena
accaduto.
Bastardo.
Probabilmente, entrambi lo pensarono.
Harry, senza
alcun dubbio, perché Draco non aveva rispettato gli ordini. Ma,
in fondo, guardando dentro di sé, comprese che se il compagno
avesse esitato un istante di più, sarebbe stato lui il primo a
colpire.
Draco,
perché Harry Potter era davvero un bastardo. Il peggiore che
avesse mai conosciuto. E avrebbe meritato ogni singolo istante di
dolore che i suoi incantesimi avrebbero potuto infliggergli.
Perché nessuno, nessuno
si sarebbe potuto permettere di entrare nei suoi pensieri così
facilmente, come lui aveva fatto. Soprattutto se si trattava di quel
maledetto Potter.
Lo vide
rialzarsi in pochi istanti, ed il suo sorriso si trasformò
nuovamente in una sorta di smorfia di disgusto. Ma non ebbe il tempo di
fare altro. Di muoversi, di pensare, di tornare all’attacco. Ebbe
solo il tempo di udire la sua voce.
“Rictusempra!”
Lo gridò
con una convinzione che forse non lo aveva mai contraddistinto. Ma, in
quel momento, non poté reagire diversamente.
Una luce
scaturì dalla sua bacchetta e in un frangente raggiunse il corpo
di Draco, che venne sbalzato lontano, con uno sguardo misto tra la
sorpresa e l’umiliazione. Cadde a terra violentemente, con le
gambe divaricate, proprio dinanzi al professor Piton che, in quel
momento, non poté non smorzare il sorrisetto precedentemente
comparso sul suo viso. Tornò serio, e puntò due occhi di
fuoco su Draco. Il ragazzo quasi ebbe timore di sollevare lo sguardo.
Ed avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per temere.
Lo guardò. E in quello sguardo sentì che avrebbe desiderato essere in qualsiasi luogo. Ma non lì.
È proprio come lui.
Sì.
Perché in quel momento dalla sua mente scomparve qualsiasi cosa.
La sala gremita di studenti. Il duello. Persino Potter. E comparve un
solo sguardo. Così diverso da quello del professor Piton, ma
così simile per ciò che stava comunicando.
Delusione.
E in quella delusione, Draco vide lo sguardo di suo padre.
Da tempo non gli capitava di pensare a lui. Da tempo non gli capitava di sentirsi inadeguato,
come suo padre lo faceva sempre sentire. In quel momento, lui non era
lì, ma si sentì come se ci fosse. Perché quello
stesso sguardo si trovava su di lui. E comprese che mai prima di quel
momento si era sentito così inadeguato. Ci sarebbero state tante
altre occasioni in futuro per sentirsi in quel modo. Suo padre gli
avrebbe permesso di sentirsi una delusione ancora per tante volte. Ma
negli anni avrebbe sempre ricordato quel momento. Un momento in cui,
paradossalmente, suo padre non era presente fisicamente. E proprio
questo gli fece comprendere quanto quella situazione fosse per lui dura
da affrontare.
Non era lì. Eppure, il primo a cui aveva pensato era stato proprio lui.
La mano del
professor Piton si affrettò a raggiungere il colletto della sua
camicia, tirandolo nuovamente su e spingendolo verso il suo avversario.
Non ebbe tempo di riflettere. Nella sua mente offuscata, solo gli occhi
di suo padre.
Suo padre.
Cosa avrebbe reso felice suo padre?
Non sarebbe stato difficile.
“Ho detto solo per disarmare!”
Ma le parole del professor Allock caddero nel vuoto.
Suo padre odiava Harry Potter. E avrebbe decisamente sorriso, nel sapere che suo figlio avesse umiliato quello stupido Potter in un duello.
“Serpensortia!”
Fu il veleno
presente nel suo corpo a spingerlo ad usare quell’incantesimo. Un
incantesimo che sicuramente non aveva imparato ad Hogwarts. Era stato
suo padre ad insegnarglielo, come molti altri. E anche per quel motivo
aveva scelto di utilizzarlo.
Un serpente si
frappose tra lui ed Harry, sotto lo sguardo spaventato della scuola,
contrapposto al suo sorriso, tornato beffardo come in precedenza.
Ed ora, cosa farai?
Non gli avrebbe
più permesso di prendersi gioco di lui in quel modo. Di
incantarlo con qualche sguardo, con qualche occhiata lanciata di
sfuggita e rimasta in sospeso tra di loro, nei momenti in cui Draco
attendeva qualsiasi cosa, ma non quello.
Non gli avrebbe
più permesso di umiliarlo davanti a tutti. Che fossero compagni,
professori. Chiunque. Non gli avrebbe più permesso niente di
simile
E non gli avrebbe più permesso di farlo sentire inferiore. Inadeguato.
Rimase immerso
in quei pensieri, per tutto il tempo in cui Harry osservò il
serpente. Quasi non si accorse del fatto che il professor Allock stesse
cercando, in modo decisamente imbarazzante, di sbarazzarsi del frutto
del suo incantesimo.
Avvertì soltanto quel linguaggio così strano. Così particolare.
Un linguaggio
che proveniva dalle labbra di Harry Potter. E dentro di sé, non
poté credere a cosa stesse accadendo.
Serpentese.
Il resto, fu storia di Hogwarts.
Ciao a tutti :D Eccomi qui, come
promesso sono tornata di giovedì per l'aggiornamento della
raccolta :D Ed ecco a voi, la Camera dei Segreti! Dunque, la scena mi
è sempre sembrata la migliore per poter cavare fuori qualcosa, e
in questo caso non poteva che trattarsi di qualcosa di introspettivo..
Ma dalla prossima, ahi ahi, inizierà il contatto! E che contatto
:P
Questione età: è un problema che ho posto, nel momento
della stesura, e che mi ha fatto notare anche Kia85 (grazie di tutto,
intanto) <3 Secondo me, come in fondo è giusto che sia, la
realtà di Harry Potter è un po' "edulcorata", nel senso
che sembrano ancora bambini, ma in realtà alla loro età i
ragazzi iniziano già a pensare a.. Ben altro ^^" Vi assicuro che
ho cercato di ripensare a quando avevo quell'età e, soprattutto,
ho chiesto ai miei amici informazioni a riguardo :'D Cosa non si fa pur
di scrivere!
Comunque, come sempre, ringrazio tutti coloro che stanno seguendo la
raccolta :) Grazie davvero! Vi aspetto per il prossimo aggiornamento!
A presto!
ringostarrismybeatle
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Cap 3
Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban
“Molto divertente, Neville!”
Le risate
dell’intera classe si mescolarono agli applausi, dinanzi
all’insolito spettacolo del professor Piton vestito da donna. Ed
in modo stravagante. Proprio come la nonna di Neville.
Il professor Lupin rise di cuore, congratulandosi con il giovane Paciock per l’esecuzione di quell’incantesimo.
“Bene, ragazzi. Chi è il prossimo?”
Gli studenti
riuscirono a prendere coraggio, e uno alla volta si fecero avanti per
poter sfidare il Molliccio utilizzato nella lezione e, in quel modo, le
loro paure. All’interno dell’aula comparvero così le
forme più disparate. Dal ragno gigante, naturalmente opera di
Ron, al serpente che minacciò l’intera classe, fino ai
timori più segreti degli studenti del corso.
“Non abbiate paura. Concentratevi.”
Harry si
guardò intorno. Era quasi il suo turno. E dentro di sé,
nonostante quella lezione fosse molto divertente e diversa rispetto a
quelle a cui lui e i suoi compagni erano abituati, sentì una
paura crescere sempre di più.
Cosa sarebbe apparso, dinanzi a lui?
In fondo, il
professor Lupin avrebbe dovuto immaginare la difficoltà di
mettere un ragazzo come lui nella condizione di dover affrontare la sua
paura più grande. Effettivamente, in quella stanza sarebbe
potuto comparire Voldemort. E nonostante si trattasse di un semplice
Molliccio, la situazione non sarebbe stata delle più pacate da
affrontare.
Ma in fondo,
egli sapeva che non si sarebbe trattato di lui. Perché,
inaspettatamente, c’era qualcosa che in quel periodo era riuscito
a spaventarlo maggiormente. In realtà, perché lui non
aveva mai avuto una reale paura di Voldemort. Forse perché si
era sempre trovato ad affrontarlo senza rendersene conto,
all’improvviso, e senza avere il tempo di comprendere di dover
avere paura di lui.
Sapeva cosa
sarebbe comparso. Un dissennatore. Ne era certo. E solo l’idea di
vedere nuovamente una di quelle creature dinanzi a sé
rischiò di farlo cedere al timore. Ma, come chiunque altro,
avrebbe dovuto affrontare le proprie paure. Anche se nel suo caso si
trattava di una questione ben più grave.
“Avanti, Draco. Tocca a te.”
Harry si
destò nuovamente dai propri pensieri. A breve sarebbe stato il
suo momento. Ma a tutti i costi sarebbe rimasto concentrato per poter
assistere alla dimostrazione di Malfoy. Non l’avrebbe persa per
nessun motivo al mondo.
In fondo, cosa sarebbe potuto comparire?
Non aveva idea
di quale fosse la paura più grande di Draco. Forse suo padre. Fu
proprio verso Lucius Malfoy che la mente di Harry vagò
automaticamente.
La paura di non essere mai abbastanza per suo padre, di poterlo deludere. Ancora.
Il ragazzo dai
capelli biondi iniziò a camminare, ancora con un braccio
fasciato per l’incidente con Fierobecco. Era ormai quasi in grado
di muoverlo totalmente, ma la fasciatura sarebbe stata ancora
necessaria per un po’.
Si
avvicinò titubante a quell’armadio chiuso. Quel tipo di
esercitazione non faceva per lui. Non avrebbe mai potuto apprezzarla.
In fondo, tutti sapevano che tipo di carattere egli avesse. E mai, mai, avrebbe desiderato mostrare le proprie paure e le proprie debolezze dinanzi agli altri.
“Sei pronto?”
Il professore si
preparò ad aprire l’armadio, guardando in direzione del
ragazzo. E quando lui, con un cenno del capo in realtà poco
convinto, lo confermò, la maniglia scattò.
Draco
cercò di non pensare a nulla, nella speranza di non veder
comparire neanche una minima figura da quella porta. Cercò di
liberare la propria mente, di sgomberarla da qualsiasi pensiero. Ma a
parlare per lui fu il suo subconscio.
E tutto sembrò fermarsi, non appena il Molliccio prese la forma che egli, inconsciamente, gli aveva dato.
Gli sguardi dei
compagni si posarono prima su quella figura, spostandosi poi sullo
stesso Draco. Le labbra del ragazzo si dischiusero, mentre un profondo
desiderio di svanire si impossessò di lui.
Ma ci fu un’altra persona che sentì il proprio cuore fermarsi per un istante. Harry.
Non avrebbe mai
potuto immaginare una cosa simile. E se fino a quel momento aveva
pensato che sarebbe stato divertente vedere quale fosse la maggiore
paura di Draco, in quell’istante avrebbe preferito essere in un
qualsiasi altro luogo, ma non lì. Perché guardando di
fronte a sé, ebbe l’impressione di guardarsi in uno
specchio.
Il Molliccio aveva assunto il suo aspetto. L’aspetto di Harry.
Il silenzio
colmò quell’aula enorme, mentre i ragazzi iniziavano a
guardarsi con aria interrogativa. Persino il professor Lupin trattenne
il respiro per qualche istante. Non sapeva, effettivamente, cosa fosse
accaduto tra Potter e Malfoy, ma in quel momento comprese che si
trattava di una situazione non particolarmente facile da affrontare.
Ma quel silenzio
si ruppe. Perché qualche istante dopo, le prime risatine di
scherno iniziarono a riecheggiare all’interno della stanza. Fu
inevitabile. E in quel momento, Draco si sentì morire.
Non aveva mai
provato una simile vergogna. Mai nella sua vita. E non sarebbe rimasto
un secondo in più in quell’aula. Soprattutto dopo aver
udito una frase, pronunciata da chissà chi, che per lui
rappresentò l’umiliazione più grande.
Malfoy ha paura di Potter.
Si voltò
improvvisamente, senza incrociare gli occhi del professore neanche per
un istante. E a passo svelto, con lo sguardo fisso sul pavimento, si
diresse fuori dalla stanza, quasi fuggendo da una scena che mai avrebbe
voluto vivere.
Ma ad incrociare
lo sguardo di Lupin fu lo stesso Harry, che dal primo momento aveva
assistito con il cuore in gola. E fu proprio lui, con un cenno del
capo, a concedergli la possibilità di andare via. Ne avrebbe
avuto bisogno.
Corse via dalla
stanza, mentre la lezione cercava di riprendere in modo regolare. E
quasi andando alla cieca, si diresse per i corridoi di Hogwarts, in una
zona del Castello quasi inesplorata in quei tre anni trascorsi
lì.
Non seppe cosa
lo portò in quella stanza immersa nella penombra in cui si
trovò ad entrare. Forse un sesto senso che, in quel momento,
aveva deciso di ascoltare. Non avrebbe avuto alternative. Cercò
di guardarsi intorno, ma il buio di quella stanza, totalmente priva di
finestre, non glielo permise.
Avrebbe potuto
illuminarla, ma no, sentì di non doverlo fare. Ma allo stesso
modo, volle verificare che Draco non fosse lì.
“Hominum revelio.”
La punta della
sua bacchetta si illuminò di blu, ed una piccola palla di luce
fluttuò nell’aria, spostandosi sempre più avanti
fino a girare a destra. Harry ebbe quasi timore di seguirla. In fondo,
dietro quel muro avrebbe potuto trovare chiunque. Ed in quel periodo,
vagare da solo all’interno del Castello, soprattutto in stanze
come quella, non sarebbe stato sicuro. Sirius Black sarebbe potuto
essere in agguato.
Ma in fondo, fu il suo cuore a parlargli. Ed egli fu certo che lì avrebbe trovato la persona che cercava.
Seguì
quella luce, lentamente, facendo attenzione a qualsiasi movimento.
Tenne la bacchetta ancora alta, per evitare di farsi cogliere alla
sprovvista. Ma quando girò leggermente a destra, qualcun altro
fu più veloce di lui.
Harry
avvertì una mano afferrare il colletto della propria camicia, e
in un solo istante si trovò con le spalle premute con violenza
contro il muro.
Una bacchetta,
totalmente nera, semplice come nessun’altra, ma allo stesso tempo
incantevole, puntata a qualche centimetro di distanza dal suo volto.
Dietro di essa, due occhi di ghiaccio, brillanti anche
nell’oscurità della stanza.
“Abbassa la bacchetta.”
Fu Draco stesso ad imporsi sull’altro, per evitare che egli potesse reagire.
“Abbassala.”
Seppe che, prevalendo su di lui dal primo momento, sarebbe stato in grado di contrastarlo.
Solo questo è il modo per vincere la paura.
Eppure, neanche lui fu convinto di quel pensiero.
Harry fece come
gli veniva detto. La sua mano si abbassò lentamente, fino a
ritrovarsi attaccata al corpo. Ma la presa di Draco sulla bacchetta
sembrò voler restare sempre salda, nonostante la mano con cui si
trovò a tenerla fu proprio quella fasciata.
“Sei venuto a prendermi per il culo?”
Pronunciò
quelle parole con un tono duro. Un tono che, nonostante tutti i diverbi
tra di loro, Harry non aveva mai udito. Deglutì lentamente,
mantenendo i propri occhi sui suoi ed iniziando ad abituarsi a quella
penombra.
“No.”
“Non dire cazzate. So perché sei qui.”
Strinse ancor di più la presa sul colletto della sua camicia.
“Ti sbagli.”
“Vuoi sapere perché è accaduto questo a lezione.”
Lo sguardo di
Harry confessò per lui. Sì, era quella la verità.
E non ebbe bisogno di rispondere, per farlo comprendere al compagno.
“Non ho niente da dirti. Perché so che in ogni caso andresti dai tuoi stupidi amichetti a raccontarlo.”
“Malfoy, io-”
“No. Sarebbe l’ennesimo modo per farti sentire importante.”
Importante.
Già, ma
in fondo, quello stupido Potter non si era già sentito
abbastanza importante a lezione? Draco non aveva mai incrociato i suoi
occhi, in quegli istanti, ma aveva immaginato lo sguardo fiero di chi,
ancora una volta, si sente al centro dell’attenzione. Soprattutto
in una situazione simile, in cui ad essere bersagliato sarebbe stato
lui. Il suo eterno rivale all’interno di Hogwarts.
“Se mi lasciassi parlare-”
“Perché?
Così potresti compatirmi? Non ne ho bisogno. Non ho bisogno di
sentire le tue stupide parole buoniste. So già cosa mi diresti,
ma non ho voglia di sentirti.”
Harry sospirò, ma non demorse.
“Draco. Vorrei solo capire perché è accaduto questo. Davvero sono io la tua paura più grande?”
“Ti ho detto che non ho alcuna voglia di parlarne.”
“Ma devi. Di cosa hai paura? Di me? Di affrontarmi? Di essere inferiore?”
“Non osare.”
Premette con la punta della bacchetta sulla sua guancia, spingendo la sua testa contro il muro che si trovava dietro di lui.
“Non osare dire una cosa del genere.”
“È la verità, Malfoy. Altrimenti da quella porta non sarei mai comparso io.”
“Io non ho paura di te.”
Parlò con
un tono duro, ma dentro di sé iniziò a sentire il dubbio
che ormai da tempo lo attanagliava tornare a crescere.
“Non ho paura di te, Potter.”
Cercò di
ripetere quella frase dentro di sé, ma le parole vennero fuori
dalle sue labbra senza controllo. Ed Harry lo notò.
“Chi stai cercando di convincere, Malfoy?”
Riuscì a
voltare leggermente il capo verso di lui, approfittando del fatto che
la sua stretta sulla bacchetta fosse, in quel momento, meno salda.
“Me o te stesso?”
Lo guardò
negli occhi, e la sicurezza di Draco vacillò. Le sue labbra si
dischiusero leggermente, mentre tutte le barriere che egli aveva
cercato di erigere contro di lui iniziarono a crollare.
“Draco. Vuoi dirmi cosa c’è che non va?”
Harry cercò di farlo ragionare. Osservò i suoi occhi, mai da una distanza così breve.
“C’è sempre stato qualcosa che non è andato, Potter.”
“Sì, ma questo è troppo.”
Aveva ragione. Era troppo per entrambi. Ma soprattutto, era troppo per lui.
Draco non aveva
mai pensato di doversi trovare a spiegare. Di doversi trovare a
giustificare i suoi timori. Soprattutto, quello più grande.
Eppure, era la
verità. Non temeva davvero Harry Potter. Non aveva paura di lui.
Né tantomeno di essere inferiore. Aveva semplicemente paura di
quei sentimenti che da tempo aveva iniziato a provare. Sentimenti
sbagliati, ne era certo. Perché non ci sarebbe mai stato nulla
di giusto, in ciò che lui sentiva. E nessuno avrebbe mai dovuto
saperlo.
“Draco.”
Lo distolse dai suoi pensieri. Draco tornò con lo sguardo su di lui, ad osservare quegli occhi.
“C’è qualcosa che devi dirmi?”
Dentro di sé, Harry lo sperò.
Forse sperava
che quell’occasione arrivasse almeno da un anno. O forse, da una
vita. Ma non aveva mai pensato che si sarebbero trovati a viverla. In
fondo, fino a poco prima della lezione con il professor Lupin non
avrebbe neanche mai potuto pensare che anche da parte di Draco potesse
esserci qualcosa. Ma quella giornata aveva mostrato molto. Ed il resto
era stato detto dai suoi occhi, mai così sinceri.
Draco lo
guardò. Il cuore a mille, impazzito sotto i battiti martellanti.
Harry avvertì il suo respiro, ora leggermente affannato, su di
sé. E comprese che quello sarebbe stato il momento della
verità.
Avrebbe avuto
bisogno di tutte le proprie forze per poter parlare. Per confessare
ciò che da troppo tempo teneva dentro di sé. E per
potersi liberare di quel peso.
Ma io non sarò mai forte.
Ma quella convinzione riecheggiò nella sua testa. E il suo sguardo si spense improvvisamente.
Draco
abbassò il braccio fasciato, e con esso la bacchetta puntata
minacciosamente sul volto di Harry. La presa sulla sua camicia si
indebolì, e in pochi istanti il ragazzo la lasciò andare
totalmente. I suoi occhi rimasero ancora per qualche secondo su quelli
del compagno, ma poi si spostarono più in basso, persi nel
vuoto. Ed ogni sua speranza di liberare il proprio cuore fu vana.
“No. Niente.”
Non avrebbe
voluto perdere altro tempo lì. Neanche un istante. Tutto
ciò che era accaduto era servito solo a mostrarlo più
debole davanti agli occhi di Potter. E ai suoi stessi occhi.
Si voltò rapidamente, avviandosi verso l’uscita, nel buio totale di quel luogo.
“Aspetta.”
Ma si
immobilizzò. Non per quella parola, pronunciata con una
convinzione che forse Harry non aveva mai provato. No. Si
immobilizzò perché, in quel momento, la sua mano venne
raggiunta improvvisamente da quella del compagno. In maniera totalmente
inaspettata. Senza alcun preavviso.
Draco attese
qualche secondo, prima di riuscire a voltarsi. Non sarebbe riuscito a
vedere nulla, ancora in quell’oscurità che aveva avvolto
ogni cosa. Ma allo stesso modo, seppe che non avrebbe avuto bisogno
degli occhi per vedere. In quel momento, avrebbe avuto bisogno solo del
suo cuore.
Avvertì
la sua pelle sulla propria, in quella stretta che forse Harry non
avrebbe voluto rendere così forte, ma che risultò tale
sulla mano di Draco. Sembrava quasi che la sua pelle andasse a fuoco,
sotto quel contatto. Ma neanche per un istante egli pensò di
sottrarsi ad esso.
Nel buio, solo i loro occhi, incatenati da qualcosa che sarebbe andato persino oltre la magia.
“Draco.”
Sussurrò
il suo nome, come mai era capitato. Ma nel modo che sempre aveva
desiderato. Sfiorò ancora le sue dita, incrociando con esse le
proprie e sentendo che, forse, quella giornata sarebbe stata quella che
da tempo stava aspettando. Che entrambi stavano aspettando. Senza saperlo.
“Ora sai perché, due anni fa, ho deciso di non stringerti la mano”.
Harry
parlò con il cuore il mano. Non pensava di poter essere
così sincero, non pensava di poter essere così forte. Ma
se Draco non riusciva ad esserlo, lo sarebbe stato lui per entrambi.
Penetrò nei suoi occhi e gli trasmise tutto ciò di cui
avrebbe avuto bisogno.
“Perché?”
Draco si
lasciò andare, ponendo quella domanda con una sensibilità
che non aveva mai fatto parte di lui. O forse, che non aveva mai
mostrato.
Harry avrebbe
voluto sorridere, ma non ci riuscì. Il suo volto era totalmente
tirato dal nervosismo e dalla tensione del momento. E l’unica
cosa che riuscì a fare, fu parlare. E dire ciò che da
molto avrebbe desiderato dire.
“Perché ero certo che, se lo avessi fatto, non sarei più riuscito a lasciarla andare.”
Non temette nulla. Perché, in quel momento, tutto ciò che gli interessava era essere lì, con lui.
“E so che adesso non potrò più farlo.”
Indietreggiò,
attirando nuovamente verso di sé Draco. Ed egli lo seguì.
Come sempre avrebbe fatto. E in quel momento, fu in grado di ammetterlo
a se stesso.
Harry
posò la schiena contro il muro, delicatamente, e subito dopo
avvertì le gambe di Draco contro le proprie. Il compagno si
avvicinò, tenendo sempre ben stretta la sua mano, e i loro occhi
non osarono distaccarsi gli uni dagli altri neanche per un solo istante.
“E non voglio farlo.”
Furono parole che Draco non avrebbe mai pensato di ascoltare. Non da lui.
E furono parole che gli restituirono quella forza che credeva di non avere dentro di sé.
E senza attendere ancora, agì.
Si sporse in
avanti, annullando quella distanza ancora presente tra loro e
raggiungendo il suo viso di colpo. Posò la propria fronte contro
quella di Harry, continuando a fissare i suoi occhi ed avvertendo il
suo respiro, che iniziò a mescolarsi con il proprio. E
sentì di non poter più esitare. Sentì che quel
momento sarebbe stato quello che desiderava da molto, troppo tempo. Più di quanto egli stesso avesse potuto pensare.
Si
avvicinò ancora, e finalmente le sentì. Avvertì le
sue labbra sulle proprie, restando immobile, senza avere più il
coraggio di muoversi. Fu una sensazione che non aveva mai provato. E se
per caso l’avesse provata in precedenza, non avrebbe mai avuto lo
stesso sapore. Perché quello era tutto ciò che aveva sempre voluto.
Sentì le
sue labbra chiudersi lentamente sulle proprie, accompagnandole in quel
movimento. Harry chiuse gli occhi, per assaporare al massimo la
sensazione di quel bacio. Ma Draco non riuscì a farlo. O forse,
non volle farlo. Avrebbe
voluto ancora osservare il volto del compagno, in quel momento in cui,
finalmente, i loro corpi e i loro cuori si fusero in un’unica
realtà.
Draco rispose a
quel bacio, premendo ancora a fondo sulle sue labbra ed avvertendo il
proprio corpo reagire a quel contatto. Spinse in avanti il bacino,
senza rendersene davvero conto, e inaspettatamente prese in mano le
redini di quel gioco. Dischiuse le proprie labbra, permettendo al
compagno di fare altrettanto e ai loro sapori di mescolarsi per
davvero. E comprese che il suo sapore era proprio come l’aveva
sempre immaginato.
Ed era tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno.
Perché quello, solo quello, sarebbe stato il modo giusto per vincere la sua paura.
Chiuse
nuovamente le proprie labbra, restando fermo per qualche istante. Ed
Harry lo lasciò fare. Gli lasciò la libertà di
fare qualsiasi cosa, perché comprese che per lui sarebbe stato
tutto più difficile. Più difficile da accettare,
più difficile da realizzare. Sarebbe restato volentieri
lì, ancora per qualche minuto, o forse per qualche ora. Ma se
lui non avesse voluto, avrebbe rispettato la sua decisione.
E così
fu. Un istante dopo, Draco si distaccò dalle sue labbra, aprendo
totalmente gli occhi, fino a qualche istante prima dischiusi. Si
sentì estremamente confuso, ma mai come in quel momento certo di
aver fatto ciò che lo faceva sentire felice.
Perché forse la felicità è ciò che rende confusi.
Ed egli avrebbe voluto trascorrere tutta la propria vita in confusione.
Ma, in quel momento, avrebbe avuto bisogno di solitudine.
Lo guardò
per l’ultima volta negli occhi, in uno sguardo ricco di
sentimento. E un istante dopo, fuggì nell’oscurità
di quella stanza, lasciando Harry solo con i suoi pensieri. E con quel
sapore ancora vivo sulle proprie labbra.
Ciao a tutti :D Eccomi, è
giovedì e sono tornata con l'aggiornamento della raccolta :D
Eccoci alla terza os e, oh, oh.. Ma cosa accade qui :D Bene, quindi
siamo giunti ad una svolta *-* E che svolta! Finalmente :D Bene,
possiamo iniziare a pensare al Calice di Fuoco.. E vi anticipo che il
tema sarà (come forse è ovvio) il Torneo Tremaghi :D Ma,
soprattutto, che le os dedicate al quarto saranno due :D
Come sempre, ringrazio tutti coloro che stanno seguendo la raccolta
(siete davvero tantissimi *-* ) e in particolare Fujiko91 che
recensisce sempre, in qualsiasi fandom :D Vi aspetto per il prossimo
aggiornamento!
A presto!
ringostarrismybeatle
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Cap 4
Harry Potter e il Calice di Fuoco
Draco continuò a camminare nervosamente avanti e indietro dinanzi al ritratto della Signora Grassa, in attesa.
La donna lo
osservò a lungo, squadrandolo dalla testa ai piedi e guardandolo
con un certo disgusto. Un Serpeverde dinanzi la sua porta. Questo non
era mai accaduto. E lei ne era sempre stata davvero felice.
Erano ormai le
due di notte. Nessuno si aggirava per il Castello di Hogwarts, se non
lui. Non sarebbe stato saggio, non in quel periodo. Il Torneo Tremaghi
era ormai al termine, ma c’era ancora.. Qualcosa. Qualcosa che
nessuno riusciva a spiegarsi. Una sensazione che aleggiava nel
Castello, un senso di insicurezza che nessuno riusciva a comprendere. E
Draco lo sapeva bene.
Era quello il
motivo per cui, di notte, aveva lasciato il proprio dormitorio per
recarsi lì. Aveva chiesto di poter incontrare Percy Weasley, e
dopo innumerevoli domande e rifiuti da parte della Signora Grassa,
aveva avuto la possibilità di parlare con lui. Gli aveva chiesto
di Harry. Aveva bisogno di vederlo.
Percy non aveva compreso. Aveva scosso il capo più volte, chiedendo a Draco di essere più preciso sul perché
volesse vederlo. Ma lui aveva parlato solo del Torneo. E
dell’ultima sfida che lui e gli altri tre concorrenti avrebbero
dovuto affrontare.
Camminò
ancora, in solitudine, sospirando pesantemente e attendendo. Percy
aveva ceduto. In situazioni normali non lo avrebbe mai permesso, ma lo
sguardo di Draco gli era sembrato davvero preoccupato. E fino a quel
momento, non lo aveva mai visto in condizioni simili.
Solo quando la
porta scattò di nuovo, Draco si voltò, con il cuore in
gola. Da essa, il volto sorpreso di Harry si rivolse subito verso di
lui.
“Ma che cosa ci fai qui?”
Percy gli aveva
detto che si trattasse di Draco, ma allo stesso modo lui non avrebbe
potuto comprendere. Ma l’altro non gli diede la
possibilità di parlare. Non in quel luogo.
“Vieni con me.”
Lo prese
rapidamente per mano, conducendolo lungo un corridoio che si trovava
poco distante dal dormitorio di Grifondoro. E quando finalmente
trovò un luogo adatto, nascosto dagli occhi di chiunque,
nonostante a quell’ora non ci fossero occhi in grado di
osservarli, si fermò. La sua volontà fu quasi quella di
nascondere Harry, che si trovò con le spalle contro il muro.
“Ma che cosa fai?”
Parlò a
voce probabilmente troppo alta, perché un istante dopo
l’indice di Draco si posò sulle sue labbra, premendole e
zittendolo. Attese ancora qualche istante, per accertarsi che non ci
fosse nessuno nelle vicinanze. E solo quando fu sicuro, si rivolse
all’altro.
“Potter. Ascoltami. Non partecipare al Torneo, domani.”
Gli occhi di Harry si sgranarono dinanzi a lui.
“Che cosa?”
“Devi ascoltarmi. Non andare. Ho paura che tu sia in pericolo.”
Draco
fissò i propri occhi su di lui, cercando di convincerlo solo
attraverso l’aiuto del proprio sguardo. Avrebbe preferito evitare
di dare spiegazioni, perché forse neanche lui aveva voglia di
sentirle. Di comprenderle. Ma seppe da solo che non sarebbe mai riuscito a farlo, senza prima discutere della questione con lui.
“Ma di che cosa stai parlando?”
Evidentemente,
Harry non capì che avrebbe dovuto abbassare la voce. O forse,
quelle parole da parte di Draco lo avevano sorpreso al punto da fargli
dimenticare che ora fosse e dove si trovassero.
Draco si
affrettò a porre una mano sulla sua bocca, guardandosi intorno e
poi riportando lo sguardo su di lui, quasi a volerlo rimproverare.
“Vuoi chiudere quella bocca?”
Fu duro,
sì, ma ebbe ragione. Ed Harry non osò controbattere.
Avvertì per qualche altro secondo la mano del compagno sulla
propria bocca, ma alla fine poté tornare a respirare
regolarmente.
Draco lo
guardò, e solo un istante dopo estrasse dalla tasca della
propria giacca un foglio, piegato più volte. La carta
giallognola, tipica delle lettere della famiglia Malfoy, venne aperta
dinanzi agli occhi di Harry.
“Leggi solo la fine.”
Il ragazzo
osservò il proprio compagno, che senza aggiungere una sola
parola gli porse la lettera. Si chiese il perché di quella
richiesta. Solitamente, aveva accesso a tutte le lettere dei Malfoy al
loro amato figlio. E non perché volesse ficcanasare nelle loro
questioni private. Semplicemente, perché era lo stesso Draco a
voler condividere con lui le parole dei suoi genitori. Ma quella volta,
aveva chiesto di leggere solo la fine. Con grande probabilità,
semplicemente perché lì si sarebbe concentrato tutto
ciò che il ragazzo stava cercando di spiegargli. E leggendo,
Harry comprese.
Per accertarsi
che quel dubbio fosse fondato, gettò un’occhiata anche
alla prima parte della lettera, ma di fatto non trovò nulla di
interessante, in quel momento. Così, fece come gli era stato
detto. E le parole di Draco trovarono dimostrazione.
Un’ultima
cosa, Draco. La più importante. Resta lontano dal Labirinto
della terza prova del Torneo Tremaghi. Non avvicinarti per nessun
motivo. Non chiedermi spiegazioni. Quando sarà il momento,
saprai.
Le cose stanno per cambiare, Draco.
Sta per accadere qualcosa di grandioso.
E lo accoglieremo insieme.
Abbi cura di te.
La firma, naturalmente, di Lucius Malfoy.
Harry avrebbe
riconosciuto quella calligrafia anche tra migliaia e migliaia. Ma in
quel momento, l’odiosa scrittura era passata in secondo piano.
Perché ad essere veramente importante era il contenuto di quella
lettera.
“Cosa vuol dire?”
Non capì.
Non seppe davvero di cosa Lucius Malfoy stesse parlando. Guardò
di fronte a sé, dove gli occhi di Draco lo stavano osservando da
tempo, sperando che almeno lui comprendesse.
“Vuol dire che devi stare lontano da lì, Potter.”
“Draco, ma il Torneo-”
“Non mi
interessa del Torneo. Non so di cosa mio padre parli. Speravo che tu
sapessi dirmi qualcosa in più. Qualcosa che in questi mesi,
forse, mi hai nascosto. Ma se non sappiamo quale sia il pericolo,
starai lontano dal Labirinto. Senza scuse.”
Ma l’attenzione di Harry era rimasta ben salda su ciò che lui aveva detto in precedenza.
“Qualcosa che ti ho nascosto?”
Draco, dentro di
sé, si rese conto che forse non avrebbe dovuto dirlo. Sapeva che
Harry non avrebbe più badato alle cose realmente importanti, per
soffermarsi su quella.. Stronzata.
“Lascia perdere.”
“Cosa ti avrei nascosto, negli ultimi mesi?”
Il ragazzo sbuffò, decidendosi a parlare. Harry non avrebbe più smesso di porre domande.
“Forse gli
incubi che quest’anno ti hanno stremato. Mi hai sempre detto di
non averne più avuti. Ma non è la verità. Lo so.
Lo vedo nei tuoi occhi. Sul tuo viso. Hai continuato ad averne per
tutto l’anno, ma mi hai sempre mentito.”
Harry
impiegò tutte le proprie forze per mantenere gli occhi su di
lui. Perché, in quel momento, sentì una profonda
vergogna. Aveva sempre pensato, fin dal primo momento, di essere
riuscito ad ingannarlo. Ma, evidentemente, si era sbagliato. E di
grosso.
“Io.. Mi dispiace.”
“Lascia
perdere. Avremo tempo. Ma mi interessa sapere una cosa. Che cosa
c’era nei tuoi incubi? Cosa hai visto?”
Era una domanda
che decisamente non si aspettava di ricevere. Non quella notte. Non da
lui. Spesso Draco si era interessato alla questione, era vero, ma in
quel frangente non pensava di dover ripercorrere quei momenti.
“Ecco,
io.. Di solito vedo sempre la stessa casa. Il guardiano sale le scale
perché.. Perché sente delle voci. E c’è un
uomo. Barty Crouch Jr. E.. Non lo so, non so cosa dica-”
“Cerca di ricordare. Chi c’è nella stanza?”
“Non lo
so. Ci sono lui e Peter Minus. Ed il serpente. E.. Non so cosa dicano.
Ma sono certo che parlino con lui.. Con-”
“Non dirlo.”
Draco non aveva
paura di pronunciare quel nome. Non era come tutti gli altri. E sarebbe
stata davvero l’unica persona, oltre ad Harry, ad avere il
coraggio di pronunciarlo. Ma c’era qualcos’altro che lo
aveva sempre frenato. Si trattava del ricordo. Un ricordo che non
faceva altro che addolorarlo. Un ricordo che riguardava la sua famiglia.
Perché ogni volta in cui sentiva il nome di Voldemort, le stesse immagini si presentavano nella sua mente.
La follia negli occhi di suo padre. Il dolore negli occhi di sua madre.
Ed era tutto ciò che, ormai, non avrebbe voluto più vedere.
“Non è in forma umana. È debole.”
Le parole di Harry lo riportarono alla realtà.
“E dice che.. Beh, che c’è bisogno del ragazzo, per poter portare a termine.. Non so cosa di preciso. C’è bisogno.. Di me.”
Draco lo
osservò. Non c’era altro, ne fu certo. E ciò che
Harry aveva raccontato non era abbastanza. Non sarebbe servito. Ma non
c’era menzogna nelle sue parole. Non avrebbe potuto nascondere
nulla, ormai. Non avrebbe avuto alcun senso.
“Non è molto.”
“È tutto. Non c’è altro.”
Harry portò improvvisamente la mano sulla fronte, lì dove evidentemente la cicatrice aveva iniziato a bruciare.
“Harry?”
Lo sguardo di
Draco mostrò tutta la sua preoccupazione a riguardo, ma qualche
istante dopo si tranquillizzò, quando anche il dolore di Harry
sembrò sparire. Il ragazzo si riprese in pochi secondi. Era
abituato a quegli attacchi improvvisi, soprattutto quando cercava di
ricordare quegli avvenimenti notturni.
“Tutto bene?”
Riuscì a risollevare lo sguardo su di lui, annuendo e cercando di abbozzare un sorriso.
“Sì.”
Rimasero in silenzio per qualche istante. Istanti preziosi, in cui Harry prese del tempo per poter comprendere se porre quella
domanda fosse la cosa giusta da fare. Una domanda che,
dall’inizio del suo incontro con Draco, premeva all’interno
della sua mente per uscire.
“Draco.”
Trovò dentro di sé il coraggio necessario.
“Credi che la lettera di tuo padre abbia qualcosa a che fare con questa storia?”
Il compagno lo guardò a lungo, prima di rispondere, nel tentativo di restare calmo.
“Non lo so.”
“Draco. Per favore.”
Sapeva benissimo che non avrebbe voluto affrontare quell’argomento. Ma sarebbe stato necessario.
“Cosa vorresti insinuare, Potter?”
Era normale.
Draco stava iniziando ad irritarsi. Ed Harry sapeva che avrebbe dovuto
mantenere la calma, per poterla trasmettere anche a lui.
“Nulla. Ma.. Insomma, pensavo che la sua lettera potesse-”
“Non c’è niente in quella lettera che sia ricollegabile a.. Tu-Sai-Chi.”
Il suo tono era divenuto più duro. Harry lo aveva avvertito.
“Draco. Non voglio che ti agiti in questo modo. Ma, insomma, sai bene anche tu cosa sia accaduto tempo fa.”
“Già. Tempo fa. Non adesso. E non accadrà mai più.”
“Ne sei certo?”
Le labbra di
Draco si dischiusero in modo evidente. Ed Harry desiderò di non
aver mai pronunciato quelle parole. Almeno, non con una convinzione
così grande.
“Non permetterti. Mai più.”
Scosse il capo,
quasi per far fuggire dalla propria mente quelle idee malsane che
stavano tornando a colmarla. Paure che, ormai da anni, avevano
continuato ad assalirlo, senza lasciargli via di scampo. Paure che
nessuna rassicurazione sarebbe stata capace di scacciare.
Paure che, in quel momento, rischiarono di tramutarsi in convinzioni.
“Mio padre non è più un Mangiamorte.”
Non seppe con
quale coraggio pronunciò quelle parole. Fu un colpo tremendo che
inferse al proprio corpo. Ma fu necessario per convincere Harry. E se
stesso.
“Non c’entra nulla con lui. Te lo assicuro.”
Il compagno lo
osservò. Le labbra tremanti di Draco tradussero alla perfezione
il suo stato d’animo. Ed Harry si maledisse per averlo costretto
a parlare. A dire così tanto. Ma in fondo, fu certo che egli
avesse compreso dove volesse arrivare.
“Draco.
Non insisterò, se tu non vorrai. Ma c’è una cosa
che voglio che tu sappia. Una cosa che mi è stata detta da una
persona molto importante. Nessuno, nessuno smette di essere un Mangiamorte.”
Il volto di
Sirius nel fuoco del dormitorio di Grifondoro tornò nella mente
di Harry. In quel caso, il soggetto del loro discorso era Igor
Karkaroff. Ma il significato di quelle parole era sempre lo stesso. E
mai come in quel momento, Harry lo comprese.
Draco lo guardò, senza rispondere. Non avrebbe avuto intenzione di farlo. Non prima di lasciarlo terminare.
“Forse
è vero, tuo padre non c’entra nulla. Forse la sua lettera
si riferisce ad altro. Ma non convincerti di qualcosa, solo per fuggire
dalle tue paure. Non illuderti che qualcuno a cui tieni possa cambiare.
Faresti del male a te stesso.”
Fu totalmente
spontaneo. Anche nei gesti. Senza alcun preavviso, raggiunse la mano di
Draco, incrociando le sue dita con le proprie e tenendola stretta.
“E io non voglio che questo accada.”
Lo guardò
dritto negli occhi. E comprese che, anche se i suoi dubbi non sarebbero
stati placati in quel modo, almeno il suo cuore lo sarebbe stato. Ed
era tutto ciò che in quel momento desiderava.
“Se tu sei
convinto di ciò che dici, io mi fiderò. Ma domani
prenderò parte al Torneo. E tu dovrai essere abbastanza forte. E
fidarti di me.”
Draco comprese.
Non solo comprese quelle parole, ma comprese anche il suo gioco. E
seppe che non avrebbe potuto fare nulla per impedire che il compagno si
avvicinasse al Labirinto, il giorno successivo.
In fondo, quante
volte si era preoccupato per lui? Quante volte aveva pensato di non
vederlo tornare? Alla fine, aveva sempre potuto tirare un sospiro di
sollievo. Alla fine, Harry era sempre tornato da lui. E anche questa
volta sarebbe andata così.
Cosa sarebbe
potuto accadere di così grave? Harry aveva affrontato pericoli
peggiori di un Labirinto. Qualsiasi cosa si celasse in esso.
Cercò di convincersi di quelle parole, che apparvero forzate
anche alla sua mente. Ma tutto ciò che gli sembrò
importante, in quel momento, fu convincere il compagno di
qualcos’altro. Qualcosa che continuava a turbarlo, da quando
quella conversazione si era spinta troppo in là.
“Mio padre è cambiato. Lui non potrebbe mai farmi una cosa simile.”
Tra due fuochi. Come sempre si era sentito.
Tra la paura di perdere Harry e la paura di essere tradito da suo padre.
Strinse
maggiormente la mano del compagno, forse senza rendersene conto,
così immerso nei suoi pensieri. Ma Harry lo notò. E
dentro di sé, sorrise. Rispose a quella stretta, avvicinando il
corpo di Draco al proprio. Il ragazzo lo guardò, e nel suo
sguardo si riversò tutto il dolore che in quel momento stava
colmando il suo cuore.
“Fa’ attenzione. Ti prego.”
Ed Harry sorrise dinanzi al suo volto. Perché Draco era lì, con lui. E questo sarebbe bastato.
Lo attirò
a sé, e le loro labbra si incontrarono, come se
dall’inizio di quell’incontro non avessero desiderato
altro. Seppe di volerlo, più del solito. Seppe che in quel
momento avrebbe voluto sentirlo, davvero. E con quel bacio lo possedette. E Draco fu davvero suo.
Dei passi nel
corridoio li fecero sobbalzare. Draco si distaccò dalle sue
labbra, ed Harry si affrettò a lasciare la sua mano, nonostante
quella fosse l’ultima cosa che avrebbe desiderato fare. Ma
sarebbe stato necessario. Un istante dopo, il volto di Percy si
rivelò ai loro occhi.
“Harry. Devi rientrare, adesso.”
Il suo tono fu
calmo, ma in lui fu possibile notare quella perenne diffidenza che lo
contraddistingueva, soprattutto quando si aveva a che fare con un
Malfoy. Non sapeva perché quella notte Draco avesse cercato
Harry. Non sapeva cosa avesse da dirgli. In fondo, l’odio tra i
due era più che noto, all’interno di Hogwarts. Ma quella
sera, Percy aveva compreso qualcosa in più su di loro. Qualcosa
che, evidentemente, era sfuggito a tutti.
Draco si voltò verso di lui, e in quel momento non ebbe la forza neanche di mostrarsi superiore ad un Weasley.
“Sì, Percy. Arrivo subito.”
Harry
cercò di sorridere, per convincerlo ad allontanarsi, per
lasciarli da soli per qualche altro istante. Il Prefetto riportò
lo sguardo su di lui, prendendo qualche secondo e poi annuendo.
Si allontanò, e di nuovo furono soli. Ma Harry comprese di dover andare.
Sorrise dinanzi
al volto di Draco, portando una mano su di esso ed accarezzandolo con
dolcezza. Una dolcezza di cui il ragazzo avrebbe avuto dannatamente
bisogno.
“Non preoccuparti per me.”
E dentro di sé, trovò la forza necessaria per affrontare la giornata successiva.
“Andrà tutto bene.”
Ciao a tutti :D Come ogni
giovedì, sono tornata con l'aggiornamento della raccolta :D E
insomma, si va sempre più avanti con gli avvenimenti. Come vi
avevo annunciato, sul Calice di Fuoco ci saranno due os :) Quindi,
questa era la prima :D To be continued..
Piccola annotazione tecnica: Percy non dovrebbe esserci, ma insomma, lo
vedevo troppo bene per questa scena e ho deciso di stravolgere qualche
regola :) In fondo, è sempre una ff! Spero non sia un elemento
di troppo disturbo :D
Come sempre, ringrazio tutti coloro che stanno continuando a seguire la raccolta :) Vi aspetto per il prossimo aggiornamento!
A presto!
ringostarrismybeatle
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 4, pt. 2 ***
Cap 4b
Harry Potter e il Calice di Fuoco, pt. 2
Harry sospirò.
Era notte fonda. E ormai da ore, era solo.
Non sarebbe
stato semplice prendere sonno. E non solo per il forte dolore alla
ferita presente sul suo braccio. Aveva perso molto sangue, ma quello
non sarebbe stato il problema principale della sua nottata. Quel
giorno, aveva visto cose che mai nella sua vita avrebbe potuto
dimenticare.
Voldemort era tornato in vita. E lui aveva rischiato di morire in quel cimitero.
Tutto era stato
organizzato alla perfezione per ucciderlo e per permettere al Male di
tornare. Barty Crouch Jr., Malocchio Moody, Peter Minus.. E lui.
Sembrò
assurdo persino ad Harry. Di tutto ciò che era accaduto, di
tutte le persone presenti lì, nella sua mente compariva sempre
lo stesso volto. L’ultimo che avrebbe desiderato vedere
lì. L’ultimo che avrebbe sperato di dover additare ancora
come seguace di Voldemort.
Lucius Malfoy.
Lui era
lì. Lo aveva visto. Persino con la maschera, era stato in grado
di riconoscerlo. E dentro di sé, si era sentito morire.
Provò a
girarsi nel letto dell’infermeria. Ormai, era abituato a quel
letto. Quasi più che a quello del suo dormitorio. Era
stato così tante volte lì. Ormai aveva perso il conto. Ma
quella notte, persino quel letto a cui era abituato sembrava essere
scomodo.
Cosa devo fare?
Già,
cosa? Quella visione nel cimitero lo aveva turbato profondamente. E dal
primo momento in cui tutta quella storia era terminata, aveva iniziato
a pensare a cosa avrebbe dovuto fare con Draco.
Avrebbe dovuto
parlare con lui. Era l’unica cosa da fare. Sapeva che non sarebbe
stato semplice. Lo avrebbe fatto soffrire. E gli avrebbe spezzato il
cuore. Ma l’onestà sarebbe stata la scelta migliore.
Sempre.
Avvertì
un rumore nel corridoio che conduceva all’infermeria. E subito
dopo, passi silenziosi che, però, non avrebbe potuto non udire.
Qualche istante più tardi, prima ancora che Harry potesse
pensare di estrarre la bacchetta, il volto di Draco comparve nella
stanza, facendogli tirare un sospiro di sollievo.
“Potter.”
Senza neanche una luce accesa, i loro occhi si incontrarono. Finalmente.
Fu una
liberazione. Vedersi dopo tutto ciò che era accaduto li fece
sentire più leggeri. Nonostante quel peso che ancora continuava
ad attanagliare l’animo di Harry.
“Lumos.”
Draco lo
sussurrò appena, continuando ad avanzare verso di lui. La punta
della sua bacchetta si illuminò, permettendogli di accertarsi
che nell’infermeria, oltre a loro due, non ci fosse nessun altro.
Sarebbe stata una pessima situazione. Fortunatamente, la stanza era
vuota.
Raggiunse il
letto su cui il compagno era disteso, in modo evidentemente scomodo.
Harry sorrise nel rivederlo. Non avrebbe potuto chiedere di più.
“Draco. Come hai fatto ad uscire?”
Il suo solito sorriso beffardo comparve sul suo volto.
“Diciamo che il nostro Prefetto non disdegna mai qualche galeone.”
E quel sorriso
fu contagioso. Ma durò ben poco. Perché qualche istante
più tardi, sotto l’effetto di quello sguardo complice,
Draco non attese. Si sporse sul letto, raggiungendo le labbra di Harry
e baciandole con passione. Il ragazzo si lasciò sopraffare,
perché in fondo era ciò che aveva desiderato, dal primo
istante in cui lo aveva visto.
E fu un bacio
travolgente, un bacio in cui Draco riversò tutti i suoi timori
di quel giorno e tutta la stanchezza che quella tensione aveva portato
in lui.
“Sei un bastardo.”
Riuscì a
parlare tra un bacio e l’altro, stringendosi maggiormente al suo
compagno e rischiando di far cadere la bacchetta a terra.
“Sei un maledetto bastardo.”
Harry lo
avvicinò a sé con l’unico braccio in grado di
muoversi. Raggiunse i suoi capelli biondi, stringendoli tra le dita e
tornando a sentirli come avrebbe desiderato. Perché, per qualche
istante, quel giorno, aveva temuto di non poterlo più fare. E in
quel momento cercò di recuperare.
“Lo so.”
Lo baciò
ancora una volta, sorridendo. E si fermò ad ammirare i suoi
occhi, che sembrarono più lucenti del solito.
“Pensavo di non vederti più tornare.”
Harry accarezzò il suo viso, annuendo e tornando totalmente serio.
“Già. L’ho pensato anch’io.”
Era ciò che aveva pensato per tutto il tempo trascorso in quel cimitero.
Era la prima
volta in cui pensava di non avere scampo. Probabilmente, perché
in tutti i momenti in cui era stato vicino alla morte era ancora troppo
piccolo. E questo lo aveva portato a sottovalutare il pericolo. Ma in
quel momento, con Voldemort davanti a sé e una schiera di
Mangiamorte pronti a servire il loro padrone, era riuscito a
comprendere in che guaio si fosse cacciato. Ben più grave
rispetto a quelli che aveva corso precedentemente.
“E quando ti ho visto tornare.. Ecco.. Per un attimo ho temuto che.. Che tu..”
Harry lo ricordò alla perfezione. Ricordò quel momento.
La mano ben stretta nella Coppa. E l’altra sul corpo di Cedric Diggory. Un corpo senza vita.
Ma nel momento
in cui il bagliore della Passaporta aveva accecato il pubblico del
Torneo, Draco era stato l’unico a mantenere gli occhi aperti. E
in quel frangente, due corpi si erano presentati all’uscita del
Labirinto. Distesi a terra. Immobili. Con il volto riverso a terra e
senza la minima forza. E quegli occhi, accecati non dalla luce, ma
dalla paura, per qualche istante avevano rischiato di spegnersi per
sempre. Perché, dinanzi ad essi, quei due corpi erano apparsi
senza vita. E non aveva impiegato neanche un secondo per comprendere a
chi appartenessero.
Solo qualche secondo, ma lungo come un’intera vita.
Ma quando Draco
aveva visto gli occhi di Harry spostarsi verso l’alto, alla
disperata ricerca di aiuto, il suo cuore era esploso in una
felicità senza limiti. Almeno, fino a quando non aveva compreso
la gravità dell’accaduto.
Cedric Diggory era morto. Era stato ucciso.
Perché la
prova del Labirinto non era stata quella che tutti immaginavano. Quella
che da tradizione gli studenti erano abituati a vedere. No. Era stata
architettata in modo che Harry prendesse la Coppa e si trasportasse in
quel maledetto cimitero, dove..
Draco non
riuscì neanche a pensare a ciò che gli era stato
raccontato. Si trattava per lo più di voci, di racconti che
probabilmente erano stati cambiati e di cui esistevano versioni
diverse. Ma c’era una storia di fondo che nessuno avrebbe potuto
mutare. In quel cimitero, era stato quasi attuato un sacrificio, in
favore del ritorno in vita di Voldemort.
Non poté
immaginare la crudeltà di quella scena. E probabilmente non
avrebbe desiderato sapere altro a riguardo. Eppure, dentro di
sé, sentì che la cosa giusta da fare sarebbe stata
chiedere di più ad Harry. Per sapere cosa fosse accaduto,
sì, ma anche per permettergli di liberare tutto il dolore che
evidentemente lui aveva tenuto dentro di sé, in tutte quelle
ore. Aveva avuto la possibilità di parlare con i suoi amici e
con Silente, oltre che con Malocchio Moody, prima di scoprire che
dietro di lui si celasse l’identità di Barty Crouch Jr. Ma
dal primo momento aveva saputo che tutto ciò che Harry
desiderasse era parlarne con lui. Raccontargli, sfogarsi. Liberare
tutto ciò che aveva dentro. E lui non glielo avrebbe negato.
“Lo so. E mi dispiace di averti fatto preoccupare.”
Harry sorrise,
pronunciando quelle parole. Forse proprio per quella tenerezza che
Draco gli aveva trasmesso, spaventandosi per ciò che sarebbe
potuto accadere. Ma il compagno sembrò afferrare quel pensiero.
E di colpo il suo sguardo si fece altezzoso.
“Ti sembro uno che si preoccupa così facilmente? Ci vuole ben altro, Potter.”
Colpì il suo braccio con una gomitata, voltando il proprio capo dalla parte opposta e provocando in Harry una risatina.
“Avevo dimenticato quanto fossi un insensibile e un opportunista, Malfoy.”
“Farai bene a ricordarlo, quando penserai di nuovo di avermi spaventato.”
La risata di
Harry lo trasportò. E fu, finalmente, come ritrovarsi nella
normalità, dopo un’infinità di tempo trascorsa nel
timore.
“Allora.”
Ma Draco avrebbe voluto proseguire quel discorso.
“Devo pregarti per farti raccontare che cosa è successo?”
I loro occhi si
incatenarono per qualche secondo. E nessuno dei due parlò. Ma
alla fine, entrambi seppero che Harry lo avrebbe fatto. Prese un
profondo respiro, spostando lo sguardo su un punto indefinito della
stanza. E ricordò.
“Non avevo
idea che sarebbe successo qualcosa del genere. Pensavo che il vero
pericolo fosse il Labirinto. Ha fatto impazzire Krum. Ed ero convinto
che non ci fosse nulla di più difficile che respirare
quell’aria. E invece..”
Si interruppe per un istante.
“Invece mi
sono ritrovato in quel cimitero. E continuavo.. Continuavo a dire a
Cedric di essere già stato lì. Non riuscivo a ricordare
quando. Ero certo di non esserci mai stato.. Fisicamente. E dopo ho capito. Ero stato lì nei miei incubi.”
Ricordò ogni dettaglio di quel cimitero. E sullo sfondo, quella casa che così spesso aveva visto, di notte.
“Sapevo
che da un momento all’altro sarebbe successo qualcosa. La
cicatrice faceva sempre più male. E.. E lì è
iniziato tutto.”
Ripercorse quei momenti, non senza difficoltà.
Peter Minus.
Colui che aveva tradito i suoi genitori. Colui che li aveva portati
alla morte. Colui a cui lui stesso aveva risparmiato la vita. Ma a
quale prezzo? Aveva scelto di non essere un assassino. Aveva scelto di
essere una persona migliore, rispetto a lui. Ma a patto che egli fosse
condotto ad Azkaban. Una scelta molto saggia, per la sua età.
Una scelta matura. Ma in quanti l’avrebbero davvero condivisa? E
soprattutto, Harry era stato ancora certo di quella scelta, nel momento
in cui aveva visto Peter Minus lì, con quel corpo non umano tra
le braccia? Era stato ancora certo di quella scelta, nel momento in cui
la stessa carne di Peter Minus, umile servo del Male, era stata
utilizzata per riportare in vita il suo padrone?
Voldemort. Non
sapeva davvero cosa avesse provato, nel momento in cui lui era tornato
in vita. Pensieri confusi, ricordi, sensazioni mescolate le une con le
altre, in un vortice che gli era apparso infinito. Ma in fondo non
aveva provato rabbia. Non per il passato. Non per ciò che lui
aveva causato alla sua famiglia. Non per il presente. Né
tantomeno per il futuro. E non aveva provato paura. Non era stato
affatto intimorito da quella presenza. Aveva temuto di non tornare
più indietro, di non poter fuggire da quel cimitero. Ma mai
aveva avuto paura di affrontare lui.
Non sapeva
davvero cosa avesse provato, in quegli istanti. E ricordarli non lo
aveva aiutato a comprendere. Ma avrebbe avuto bisogno di parlarne. Con
lui. E segretamente lo aveva ringraziato per avergli permesso di farlo.
Ma c’era ancora qualcosa che lo tormentava.
Draco lo aveva
lasciato sfogare. Lo aveva ascoltato dal primo all’ultimo momento
di quel racconto. Ma Harry aveva notato che, al solo pronunciare la
parola ‘Mangiamorte’, i suoi occhi erano stati pervasi da
un’attenzione maggiore. E, forse, da un timore che avrebbe potuto
facilmente spiegare.
Sapeva che il
momento della verità sarebbe giunto. Avrebbe potuto arricchire
il racconto con tutti i particolari, ma alla fine sarebbe stato
costretto a parlare. Avrebbe potuto rimandare ancora, ma a cosa sarebbe
servito? Non avrebbe potuto addolcire quella confessione in nessun modo.
“E così sei riuscito a riprendere la Coppa e a tornare qui.”
Harry
annuì, ma non in modo convinto. Nella sua mente, pensieri
totalmente diversi. E quella distrazione non passò inosservata
al compagno.
“È tutto?”
La domanda non
venne posta casualmente. Ed Harry lo notò. Draco aveva compreso
che c’era altro. Che c’era qualcosa che non andava.
Qualcosa che, evidentemente, lo aveva segnato più di quanto
Voldemort avesse potuto fare.
Ma di cosa si
trattava? Non riusciva a comprendere. E per quale motivo Harry aveva
continuato a tenerglielo nascosto, nonostante gli avesse raccontato
ogni cosa accaduta?
Harry lo guardò negli occhi. A lungo.
“No. Non è tutto.”
Il momento era arrivato.
Il cuore di
Draco perse un battito. Ciò che aveva immaginato si stava
dimostrando reale. C’era qualcosa che il compagno avrebbe dovuto
dirgli. Qualcosa che, a giudicare dal suo sguardo, non sarebbe stato
facile da dire.
Ed Harry lo
osservò. E comprese come dovesse sentirsi. Vide le sue labbra
leggermente dischiuse, i suoi occhi quasi totalmente spenti, senza il
minimo barlume di speranza.
Quante volte, in
quegli anni, lo aveva visto così? Triste, spento. Sfiduciato nei
confronti di tutto ciò che aveva amato nella sua vita.
Così tante volte aveva provato a credere in qualcosa, o in qualcuno.
E alla fine, era stato sempre costretto a ricredersi. Era stato sempre
costretto a tornare sui suoi passi, sulle sue convinzioni. E tutto
questo lo aveva portato a comportarsi come sempre faceva, con tutti. Lo
aveva portato a diventare diffidente, scontroso. Come se quelle origini
così elevate della sua famiglia non fossero bastate a farlo
sentire superiore agli altri.
Ma con lui.. No,
con lui no. Tutto era sempre stato diverso. Draco si era lasciato
andare totalmente. Gli aveva permesso di avvicinarsi a lui, di farsi
conoscere e amare per come era davvero. Per quel volto che forse non
avrebbe mai mostrato a nessun altro, ma che a Harry appariva perfetto.
Ogni giorno di più.
“Draco..”
Pronunciò il suo nome, iniziando quel discorso che, ne fu certo, sarebbe stato tra i più difficili della sua vita.
Cosa avrebbe potuto dire?
Draco, tuo padre è ancora un Mangiamorte.
No, diamine.
Cosa stava pensando? Non avrebbe mai potuto dire una cosa del genere.
Come avrebbe reagito? Cosa avrebbe potuto dire, dinanzi ad una
rivelazione simile?
Draco, nel cimitero c’era tuo padre.
Già, e cosa stava facendo? Insomma, non sarebbe stato difficile da immaginare.
Continuò
a fissare i suoi occhi, in attesa. Non avrebbe avuto ancora molto tempo
a disposizione. Draco non era un ingenuo. Ed era sempre riuscito a
comprendere cosa passasse nella sua mente. Se non avesse parlato a
breve, sarebbe accaduto anche quella volta.
“Draco, nel cimitero..”
La sua bocca si era improvvisamente asciugata. E parlare non gli era mai apparso così difficile.
“Sì?”
Draco non
avrebbe potuto più aspettare. I battiti del suo cuore erano
aumentati, quell’attesa lo stava consumando. Avrebbe voluto la
verità.
Harry rifletté.
La verità.
La verità era che, se avesse parlato con Draco, la sua vita sarebbe nuovamente sprofondata in un baratro.
La verità
era che, se gli avesse confessato ciò che lo stava torturando,
gli avrebbe trasmesso tutto il dolore che, in quel maledetto momento
nel cimitero, aveva provato.
E soprattutto, la verità era che mai, mai Harry avrebbe desiderato essere la causa della sua sofferenza.
Guardò
ancora i suoi occhi, di quel colore per lui così magico. E
riuscì a scavare più in profondità. Attraverso
quello sguardo, Draco sembrava implorarlo. E non di parlare. Lo stava
implorando di non dirgli ciò che mai avrebbe voluto sentire.
Forse neanche lui stesso se ne stava rendendo conto. Voleva davvero
sapere cosa Harry avesse da dirgli. Ma se avesse saputo di cosa si
trattava, probabilmente non lo avrebbe desiderato così tanto.
“Ecco..”
Non posso.
No. La
sincerità era sempre stata la cosa più importante per
lui, ma non avrebbe rischiato che la spensieratezza che Draco aveva
trovato con lui venisse distrutta in quel modo. Non ancora per colpa di
Lucius Malfoy.
Si trattava di
una menzogna. Già, ma era una menzogna a fin di bene. E questo
non gli avrebbe permesso di essere incolpato per qualcosa. Draco non
sarebbe mai venuto a conoscenza di quella storia. Non avrebbe mai
saputo che suo padre era lì, quella notte, pronto ad ucciderlo
per servire ancora una volta il suo Padrone Oscuro. E lui non sarebbe
mai stato costretto a spiegargli il perché di quella menzogna.
È la cosa giusta?
Non ne fu certo.
Dentro di sé, seppe che mentire a Draco sarebbe stata
l’ultima cosa che avrebbe desiderato. O meglio, vederlo star male
era l’ultima cosa che avrebbe desiderato. E in quel modo, Draco
non avrebbe sofferto.
Harry sorrise. E
lo fece con gli occhi colmi di quel sentimento che ormai da tempo lo
aveva legato a lui. Non solo da un anno, da quando entrambi avevano
trovato il coraggio di confessare ciò che c’era tra di
loro. Da molto più tempo. Probabilmente, da quella mancata
stretta di mano, il primo giorno a Hogwarts.
“Nel cimitero, ho pensato solo a te. Ogni istante.”
Il cuore di
Draco perse un battito. Forse perché si aspettava di sentire
qualcosa di totalmente diverso. Forse perché pensava che Harry
dovesse comunicargli qualcosa di negativo. O forse perché quelle
parole furono così preziose da riuscire a fare spazio nel suo
cuore all’istante.
“Avrei
dovuto ascoltarti. E non andare. Ho rischiato grosso, questa volta. E
se tu fossi rimasto solo, non me lo sarei mai perdonato.”
Stava
nascondendo ciò che avrebbe voluto e dovuto dire al compagno, ma
in fondo stava parlando sinceramente. Non si trattava più di
menzogne. Non si era mai trattato di menzogne, con lui.
“Mi avevi avvertito. E io ti ho chiesto di fidarti. Ho rischiato di non mantenere la mia promessa.”
“Ma l’hai fatto.”
In quel momento, lo stesso sorriso comparve sul volto di Draco.
“Hai mantenuto la tua promessa. Sei tornato da me. E tornerai sempre da me. Ne sono certo.”
La sua mano
incontrò quella di Harry. Incrociò le sue dita e le
strinse. E fu tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno.
“Mi fido di te.”
Non gli lasciò il tempo di dire altro. Non ebbe bisogno di sentirlo.
Si
avvicinò nuovamente a lui, raggiungendo le sue labbra e
baciandole con una delicatezza che forse non aveva mai mostrato neanche
a lui. E neanche a se stesso.
Ed Harry lo
strinse a sé. Come forse mai prima. Tra la felicità per
quelle parole e la sofferenza per aver tradito la sua fiducia.
Mi fido di te.
Quelle parole
continuarono a risuonare nella sua mente, tra un bacio e l’altro.
E non gli avrebbero lasciato scampo, non per quella notte.
Ma Harry era certo di averlo fatto per lui. Per preservarlo, per salvarlo. E nulla sarebbe stato sbagliato, se fatto per lui.
Perché Draco avrebbe meritato solo la felicità.
E lui gliel’avrebbe sempre data.
Glielo aveva promesso.
Ciao a tutti :D Scusate per l'ora, di
solito aggiorno prima, ma sono stata un po' impegnata con
l'Università oggi :D Però eccomi qui, con la seconda os
dedicata al Calice di Fuoco! Insomma, la scelta di Harry è
più che comprensibile. Ma, probabilmente, la storia di Lucius
presente quella notte non finirà qui, ma tornerà.. In
fondo, le bugie (anche quelle dette a fin di bene) hanno le gambe
corte.. Chi lo sa!
Come sempre, ringrazio tutti coloro che stanno continuando a seguire e
a recensire la raccolta :D Vi aspetto per il prossimo aggiornamento!
A presto!
ringostarrismybeatle
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Cap 5
Harry Potter e l'Ordine della Fenice
Scesero ancora per quelle scale che ormai conoscevano a memoria.
Lentamente, parlando come due vecchi amici che possono permettersi di vagare tranquillamente per Hogwarts, passando inosservati.
Ma non era così. Non per loro.
Eppure, quello
era l’unico momento di normalità che i due condividevano,
nelle loro giornate. Quando avevano la possibilità di
allontanarsi dalle loro abitudini, quando i problemi di ogni giorno
sembravano placarsi per qualche istante. Quando, semplicemente, avevano
voglia di stringersi di nuovo.
Fingere era
divenuto quasi impossibile. Da quanto tempo andava avanti quella
storia? Nessuno dei due avrebbe potuto sopportarla ancora per molto.
Eppure, entrambi sarebbero stati costretti. Perché non sapevano
cosa sarebbe successo andando avanti con il tempo, ma almeno fino al
termine della scuola non avrebbero potuto far altro che continuare a
fingere di odiarsi. Continuare ad offendersi, in ogni momento in cui i
loro occhi semplicemente si incrociavano, in giro per Hogwarts.
Continuare a considerarsi avversari, nemici, rivali, davanti a tutti
coloro che avrebbero pagato oro solo per vederli discutere. Continuare
a nascondere ciò che da tempo tenevano dentro, ben nascosto a
chiunque. Persino a loro stessi.
Non sarebbero
potuti uscire allo scoperto. Non loro due. Cosa avrebbero pensato di
loro? Cosa si sarebbe detto sul loro conto? Harry Potter e Draco
Malfoy. Impossibile. Gli acerrimi nemici all’interno di Hogwarts
non avrebbero mai potuto avere una relazione. Sarebbe stato tutto
dannatamente sbagliato. Soprattutto quell’anno, in cui tutto
sembrava contrapporli. L’Esercito di Silente fondato da Harry ed
il ruolo di Prefetto affidato a Draco. Il desiderio di nascondersi per
potersi addestrare ed il desiderio di primeggiare dinanzi agli occhi
della Umbridge, smascherando chiunque si sottraesse alle regole.
Stava diventando
tutto maledettamente pesante. Quel bisogno di maltrattarsi davanti a
tutti, di essere sotto la lente d’ingrandimento e di non avere un
momento a disposizione solo per loro due. E proprio per quel motivo,
cercare di sfruttare al massimo quei momenti di libertà sarebbe
stato il minimo. Momenti che, naturalmente, non avrebbero mai potuto
trascorrere nelle zone più affollate di Hogwarts. No.
C’erano posti ben precisi che i due avevano stabilito per
incontrarsi. Posti che avevano dovuto studiare alla perfezione, tenendo
in mano la Mappa del Malandrino ed accertandosi che fossero
praticamente abbandonati.
“Occlumanzia?”
Harry non si
preoccupò di mostrare tutta la propria sorpresa davanti alla
confessione di Draco. Si voltò verso di lui, guardandolo con gli
occhi sgranati.
“Già. E Legilimanzia.”
In effetti,
Harry non comprendeva il motivo. Draco aveva iniziato quelle lezioni,
privatamente, con il professor Piton. Lezioni che non erano
assolutamente previste per nessuno di loro.
“Perché?”
Continuarono a
scendere, uno accanto all’altro. Senza alcuna fretta. Godendo di
ogni istante. Draco sollevò le spalle, spostando lo sguardo
sulle scale dinanzi a sé.
“Mio padre.”
Già. Come
qualsiasi scelta della sua vita. Come qualsiasi decisione presa, da
quando Draco era venuto al mondo e soprattutto da quando per la prima
volta aveva varcato la soglia di Hogwarts. Perché mai
Draco avrebbe potuto prendere una decisione per proprio conto. Su di
lui, ci sarebbe sempre stata l’ultima parola di suo padre, pronta
a contrastarlo e a reprimerlo ancora una volta. E proprio per quel
motivo, con il passare del tempo, il ragazzo aveva perso la propria
libertà di pensiero. E soprattutto, il proprio desiderio di pensare.
“A cosa dovrebbero servirti Occlumanzia e Legilimanzia?”
Harry
sembrò quasi disgustato nel pronunciare quelle parole. Ed era la
verità. Aveva sempre odiato quelle discipline. E aveva sempre
ringraziato, per non averle dovute affrontare nel corso dei suoi studi.
Non avrebbe avuto nessuna intenzione di approfondire la questione.
Sapeva di cosa trattassero. E questo sarebbe bastato. Eppure, ancora
non sapeva che, a breve, anche a lui sarebbe toccato lo stesso destino.
Anche se per motivi diversi.
Ma questa volta, Draco non fu d’accordo con lui.
“A me interessano.”
Harry sollevò un sopracciglio, guardando di nuovo verso di lui.
“Da quando?”
“Da quando
ho iniziato le lezioni. Non pensavo fossero così interessanti.
C’è qualcosa che mi attrae. Non so cosa, ma
c’è. E Piton dice che sono molto portato.”
E ne era davvero
convinto. Draco sembrava aver davvero apprezzato quelle prime lezioni,
e in più sembrava essere predisposto per applicarsi ad esse.
Piton lo aveva notato dal primo momento. E, al contrario del ragazzo,
aveva compreso il motivo di quella passione che sembrava crescere
sempre di più.
Era parte del
suo carattere. Cercare continuamente di nascondere le proprie emozioni
e di mettere a tacere la propria interiorità. Draco era questo.
Con tutti. E l’Occlumanzia non avrebbe potuto far altro che
accentuare la sua tendenza a chiudersi nei confronti del mondo. Ma per
Piton non ci sarebbe mai stato nulla di negativo nel porre una barriera
tra se stessi e gli altri. Naturalmente, non era quello il motivo per
cui aveva dato inizio a quelle lezioni con lui. Aveva ricevuto
indicazioni ben precise da Lucius Malfoy. Affinare le sue
abilità mentali, per fortificarlo. In vista del futuro.
“Bene, allora. Meglio così.”
Harry sorrise,
aprendo la porta che li avrebbe condotti a quella stanza che ormai
conoscevano bene. Draco attese qualche istante, prima di entrare,
voltandosi verso di lui e rivolgendogli una smorfia per rispondere a
quella punta di ironia nella sua voce. Una di quelle che lo aveva
caratterizzato, fin da quando era piccolo. Una smorfia che avrebbe
voluto trasmettere antipatia, e che per tutti gli altri riusciva nel
proprio intento. Ma non per lui.
Draco
entrò nella stanza, illuminata dalla luce del giorno che
filtrava attraverso le finestre. Era una delle prime volte in cui lui
ed Harry riuscivano ad incontrarsi in pieno giorno. Entrambi avevano
trovato una scusa per la visita ad Hogsmeade, e la scuola era
praticamente deserta, al di là dei ragazzi più piccoli
che non avrebbero avuto il permesso di uscire dal Castello. Senza
contare che quell’anno sarebbero rimasti ad Hogwarts per le
vacanze di Natale. Insieme. E quasi da soli. Draco aveva convinto suo
padre proprio grazie a quelle lezioni con Piton. Aveva detto di non
volerle interrompere. E in parte, era la verità. Ed Harry.. Beh,
lui non aveva bisogno di scuse. Forse avrebbe dovuto cercarne qualcuna
per Ron ed Hermione. Ma a quello avrebbe pensato più in
là.
“E dimmi. Tu che cosa stai insegnando di così interessante ai tuoi stupidi amichetti?”
Harry chiuse la
porta dietro di sé, facendo ben attenzione a prevenire
spiacevoli incidenti. Nessuno, soprattutto quando Hogwarts era deserta,
girava per quelle zone del Castello, ma avrebbe preferito controllare
due volte piuttosto che trovarsi a spiegare situazioni scomode.
Si voltò
verso il compagno, comprendendo perfettamente di cosa stesse parlando.
L’Esercito di Silente. Sospirò tra sé e sé,
guardandolo come se fosse stanco di sentirlo parlare sempre allo stesso
modo, riguardo a quell’argomento. E infatti, lo era.
“Draco. Andiamo, ti ho detto che mi dà fastidio.”
Ma mentre Draco
si lasciava andare su un divano, accumulato in quella stanza come molti
altri arredi, il suo sorriso sprezzante si tirò da un lato del
suo volto.
“Cosa? Sapere che hai degli amichetti stupidi?”
“Draco.”
Lo
rimproverò solo attraverso lo sguardo. Non si sedette accanto a
lui, rimase in piedi ad osservarlo. E il compagno sembrò
comprendere.
“Va bene, va bene.”
Draco
alzò le mani, liberando una risata che questa volta non avrebbe
avuto nessun significato nascosto. Ed Harry sembrò seguirlo,
scuotendo leggermente il capo.
“Insomma, che incantesimi state usando?”
Accavallò le gambe, inclinandosi leggermente verso destra e poggiando il gomito sul bracciolo del divano.
“Non so, ce ne sono molti. Schiantesimi, incantesimi di disarmo.”
Quel pensiero non poté che far sorridere di nuovo Draco.
“Immagino quanto Paciock stia imparando.”
Si lasciò
sfuggire una risata forse un po’ troppo forte, ma soprattutto
troppo sincera. Ed Harry lo sapeva. Era ciò che Draco pensava
davvero.
“Ha già imparato un incantesimo per riuscire ad allacciarsi da solo le scarpe?”
“Non fare il bastardo.”
“Oh, andiamo. Non ho neanche detto stupido Paciock.”
Harry lo
fissò, scuotendo il capo e poggiandosi contro il bordo di un
tavolo, con le braccia incrociate. Non sarebbe mai cambiato. Con lui,
sarebbe sempre stato il ragazzo più dolce e sensibile del mondo.
Ma al di fuori di quei momenti che i due riuscivano a ritagliarsi,
sarebbe sempre rimasto il solito. Uno sbruffone. Eppure, era qualcosa
che lo avrebbe sempre attratto.
“Sta migliorando. L’altro giorno è riuscito ad evocare un Patronus.”
Ma in quel
momento, il sorriso sul volto di Draco si spense. Puntò gli
occhi sul compagno, come se credere a quelle parole gli risultasse
impossibile. Ed era così.
“Che cosa?”
Tornò a
sistemarsi in modo migliore sul divano, con le labbra leggermente
dischiuse e un’espressione incredula sul volto.
“Sì. Che c’è di strano?”
“Stai insegnando il Patronus?”
Sembrò sconvolto da quella confessione di Harry, che da parte sua sembrò non comprendere.
“Sì. E quindi?”
Rispose con la
sua solita calma, quasi facendolo sentire pazzo. Ma Draco cercò
di placarsi, e si voltò verso la propria sinistra, fissando un
punto indefinito della stanza.
“Niente. È solo un incantesimo inutile.”
Ma dopo aver
ascoltato quelle parole, Harry non fu più così calmo. Non
si agitò, proprio perché conosceva il compagno e sapeva
che in alcuni casi parlava senza volerlo davvero. Ma ciò che
Draco aveva detto lo aveva in parte infastidito.
“Inutile?”
“Già.”
“Peccato che l’incantesimo inutile mi abbia salvato la vita, due anni fa. A me e a Sirius.”
Ma Draco sembrò non ascoltarlo.
“Non credo
di dovermi trovare ad avere a che fare con dei Dissennatori. Non a
breve. Quindi, l’incantesimo è inutile.”
Non ci sarebbe
stato nulla da fare. Quando Draco si fissava con un’idea, nessuno
era in grado di fargliela cambiare. Neanche lui. Era convinto di avere
ragione. E come ogni volta in cui sentiva
di avere ragione, non avrebbe ascoltato altro. Ed Harry non avrebbe
assolutamente cercato di contraddirlo. Non ne avrebbe avuto nessuna
voglia. Sapeva come andavano quelle cose. E nonostante quei commenti su
uno dei suoi migliori incantesimi lo avessero in parte infastidito,
ancora una volta scelse di lasciar perdere. Draco era un caso perso,
non avrebbe mai ammesso di avere torto.
“Comunque sia, non è un incantesimo facile da padroneggiare.”
Cercò di smorzare la situazione, ma Draco non sembrò voler fare lo stesso.
“Se riesce a padroneggiarlo Paciock, penso possano farlo tutti.”
Quanto amava
prendersela con Neville. Harry non capiva perché. Forse
semplicemente perché era un bersaglio facile. E Draco aveva bisogno di bersagli facili, per poter sfogare tutta la rabbia che aveva dentro di sé senza sforzarsi troppo.
“Perché, allora, non provi ad evocarlo tu?”
Il ragazzo
sembrò immobilizzarsi al proprio posto. Per qualche istante, i
suoi occhi rimasero fissi sul compagno ed apparvero inespressivi.
“Andiamo. Evoca un Patronus.”
Non voleva
realmente sfidarlo. Ma forse il suo tono ed il suo sorriso trasmisero
quel desiderio. E Draco non sembrò apprezzarlo.
In un primo
momento, Harry credé di vederlo furioso, solo perché lui
aveva osato insinuare che non fosse in grado di farlo. Che non fosse al
livello di Paciock. Sarebbe stato in grado di gridare per ore intere,
per una cosa simile. Eppure, non lo fece.
In
realtà, abbassò lo sguardo, voltandosi poi di nuovo verso
la propria sinistra. Non disse nulla. Per qualche istante, un silenzio
quasi angosciante scese nella stanza. Ed Harry non seppe cosa fare, per
sbloccare quella situazione. Ma quando fu sul punto di dire qualcosa,
la voce di Draco tornò nuovamente a farsi sentire.
“Non posso.”
Due parole. Solo due. Ma pronunciate con un tono così spento da far rabbrividire Harry.
Non capì il senso di ciò che Draco aveva detto. Non fino in fondo.
“Perché?”
Pensò
semplicemente che il compagno ritenesse di non essere in grado di
padroneggiare un incantesimo così potente. Eppure, era stato il
primo ad affermare che, se Neville fosse riuscito a farlo, sarebbe
stato semplice per chiunque. Draco era un ottimo mago. Non
c’erano dubbi. Sveglio, astuto. Era uno dei Serpeverde più
brillanti, anche se spesso non amava ammetterlo. Gli piaceva
primeggiare, sì, ma non voleva mostrarlo sotto il punto di vista
scolastico.
Certo,
c’era differenza tra il Patronus evocato da Neville e quello di
Harry. E lo stesso discorso valeva per tutti gli altri evocati nella
Stanza delle Necessità. Erano primi tentativi, ovviamente. Buoni
tentativi che, però, non avevano nulla a che fare con il
Patronus di Harry. Quello che aveva salvato la vita a lui e Sirius,
quello che aveva allontanato tutti i Dissennatori impiegati ad
Hogwarts. Ma per chiunque di loro ci sarebbe stata una prima volta. E
se Draco non avesse mai iniziato, non sarebbe mai stato in grado di
evocarne uno.
Il ragazzo
rimase in silenzio, sollevandosi da lì solo dopo qualche istante
e avviandosi con calma verso una libreria, dalla parte opposta rispetto
ad Harry. Su di essa, non solo antichi libri ormai sostituiti nella
Biblioteca di Hogwarts, ma anche oggetti dalla più svariata
provenienza. La sua attenzione si fissò su un piccolo teschio,
ben arrotondato nella parte del cranio. Logorato dal tempo e ormai di
un bianco quasi tendente al grigio, quell’oggetto riuscì
comunque ad attirare i suoi occhi.
Sembrava uguale
ad un altro che aveva visto nella sua vita. Uno che si trovava su uno
scaffale, da Magie Sinister. Era praticamente identico, ne era certo.
Quel teschio che, anni prima, lo aveva incuriosito a tal punto da
provare a toccarlo. Naturalmente, guadagnandosi solo una strattonata da
parte di suo padre, che lo aveva bruscamente tirato indietro,
intimandogli di non toccare nulla.
Fu quel ricordo
a tirare indietro la sua mano, che anche in quel caso si stava
avvicinando all’oggetto. Probabilmente, non ci sarebbe stato
nulla di negativo in quel teschio praticamente identico. Ma i suoi
ricordi gli ordinarono di non rischiare. E non lo fece. Se solo avesse
saputo che, solo un anno dopo, ci sarebbe stato un altro oggetto
identico tra Hogwarts e Magie Sinister. Un oggetto che avrebbe cambiato
le sorti della storia. Proprio per mano sua.
Inumidì leggermente le proprie labbra, improvvisamente secche per la forza di quei ricordi.
“C’è bisogno di un ricordo felice, per poter evocare un Patronus.”
Continuò
a fissare quella libreria, in attesa che la sua confessione riuscisse a
trovare le parole giuste per venire fuori.
In fondo, sapeva
che prima o poi avrebbero affrontato quell’argomento.
Semplicemente, aveva sperato che quel momento arrivasse molto
più in là.
“Ma io non ne ho.”
Furono parole
dure, ma sentì come una liberazione nel proprio cuore. Si
sentì più leggero, come se finalmente avesse tolto un
peso che continuava a gravare su di lui. Era una cosa che da molto
tempo avrebbe voluto dire ad Harry. Eppure, solo in quel momento se ne
rese conto. Aveva bisogno di
dirlo. Ma fino ad allora, aveva pensato che tenerlo dentro di
sé, come tutto ciò che provava, sarebbe stata la cosa
migliore da fare.
Harry
cercò di guardarlo negli occhi, ma non ci riuscì. Draco
continuò a restare voltato dalla parte opposta, senza dargli la
possibilità di un dialogo. Non avrebbe voluto. In fondo, tutto
ciò che voleva dire era stato detto. E forse, l’unica cosa
che in quel momento avrebbe desiderato era restare solo. Inutile dire
che Harry non pensò di accontentarlo. Sarebbe stata la cosa
più semplice. Uscire da quella stanza e lasciarlo solo con i
propri pensieri. Sarebbe andato lui a cercarlo, nel momento in cui
sarebbe stato pronto a farlo. Ci sarebbero volute ore, giorni, forse
settimane. Ma sarebbe stato necessario.
Eppure, qualcosa continuò a trattenerlo lì.
Harry
continuò a pensare a ciò che Draco gli aveva detto. Lui
non aveva ricordi felici. Per qualche istante, quel pensiero lo fece
sentire leggermente turbato. I momenti che Draco aveva trascorso con
lui non lo avevano reso felice? Ma subito comprese che non avrebbe
dovuto offendersi. Perché tutti quei momenti erano stati senza
dubbi i migliori della sua vita. Gli unici
felici della sua vita. Ma Harry sapeva bene quanto un ricordo dovesse
essere forte e intenso per permettere di evocare un Patronus.
E in quel
silenzio, comprese che Draco aveva provato a farlo. Aveva provato
quell’incantesimo, più volte. Ciò che non sapeva
era che aveva tentato per tutto il quarto anno, sfruttando ogni ricordo
felice di momenti che aveva trascorso con Harry. Il loro primo bacio,
la loro prima volta, le parole che si erano scambiati quando i loro
sensi venivano annullati dal desiderio e dal piacere. Persino il
momento in cui aveva visto Harry tornare sano e salvo dalla sfida del
Labirinto nel Torneo Tremaghi. Ma non era bastato. E lui si era sentito
così deluso da non voler più tentare. Non sarebbe stato
in grado di farlo. Evidentemente, quello era il suo destino. Era
destinato a non essere felice.
Harry fece un
passo in avanti, senza comandare il suo corpo. Si affidò
totalmente al proprio cuore. Seppe che quella sarebbe stata la cosa
più giusta da fare. Perché, in un momento come quello,
solo il suo cuore avrebbe saputo come agire.
Draco rimase
immobile al proprio posto, nonostante avesse avvertito i passi di Harry
verso di lui. Attese. E quando il compagno si trovò accanto al
suo corpo, cercò la forza necessaria per voltarsi. Ma da solo
non ce l’avrebbe mai fatta. Ed Harry lo capì.
Raggiunse la sua
mano. Silenziosamente, senza che Draco se ne accorgesse. Avvertì
le sue dita raggiungere le proprie, con una delicatezza che forse non
aveva mai conosciuto. Le incrociò con le proprie, senza
stringere. Forse perché in quel momento lo aveva visto davvero
fragile. Più di ogni altra volta in cui era capitato che lui
mostrasse le proprie debolezze. Ebbe quasi paura di ferirlo, di fargli
del male. E non avrebbe voluto procurargli del dolore.
Attese per
qualche istante. Draco non rispose a quella leggera stretta, ma
lentamente si voltò verso di lui. Mantenne lo sguardo basso,
sarebbe stato difficile fissare gli occhi del compagno in quel momento.
Ma avrebbe dovuto farlo. Sollevò il capo, incontrandoli dopo
un’attesa che sembrò infinita. Si rispecchiò in
essi, e si vide per come era davvero.
Harry
cercò di capire. C’era un motivo per cui era rimasto.
Qualcosa che da tempo premeva per venire fuori. Qualcosa che lo portava
a guardare Draco con occhi sognanti, quando si distendevano su quel
divano, sfiniti, dopo le loro notti d’amore. Qualcosa che forse
aveva compreso dal primo giorno in cui lo aveva visto.
E da quel
giorno, tante cose erano cambiate. Avevano pensato di odiarsi, di
respingersi per sempre, perché erano diversi. Dannatamente
diversi. E invece, con il tempo, tutto ciò che avevano in comune
si era rivelato. Avevano scoperto di essere molto più simili di
quanto si potesse pensare. O forse, molto più simili di quanto loro
avessero pensato. Avevano scelto di darsi una possibilità, con
molto coraggio, molta forza d’animo e quell’attitudine al
rischio che entrambi avevano dimostrato. Quella possibilità era
stata la decisione più forte della loro vita. E la migliore.
Avevano provato
sensazioni che solo un rapporto così intenso avrebbe potuto
donare loro. Sensazioni che avevano colmato le loro giornate, le loro
nottate. Avevano vissuto esperienze che li avevano cambiati per sempre.
E momenti che gli altri avrebbero solo potuto immaginare.
Perché
loro erano Harry Potter e Draco Malfoy. E nessuno avrebbe mai potuto
vivere tutto ciò che loro avevano vissuto insieme.
“Ti amo.”
Draco credé che il suo cuore si stesse fermando.
Il suo corpo si irrigidì. I suoi occhi rimasero immobili. E un brivido percorse la sua schiena.
Non poteva credere a cosa avesse sentito. Quelle parole.
Due parole che si rincorsero nella sua testa, senza sosta. Due parole che legarono il suo cuore con un laccio, senza scampo.
Due parole che mai nella sua vita avrebbe pensato di sentire.
Le sue labbra si
dischiusero, mentre i suoi occhi continuarono a fissare il compagno.
Non erano occhi sorpresi. No. Harry non avrebbe saputo descriverli. Non
in quel momento. Solo più tardi avrebbe compreso che si trattava
di occhi commossi.
Nessuno gli
aveva mai detto una cosa simile. Nessuno. Neanche i suoi genitori. E
mai Draco si era sentito amato, nella sua vita. Era una sensazione che
non aveva mai provato. E che, anche nei momenti migliori con Harry,
aveva pensato di non essere destinato a vivere.
Aveva sperato
tante volte che lui gli confessasse un sentimento così forte.
Draco sentiva che tra di loro era nato qualcosa di più
importante di quella perversa attrazione che li aveva legati tempo
prima, quando la competizione li aveva spinti verso un grado di
desiderio mai avvertito prima. E non si trattava di un semplice
affetto. Ne era certo. Ma allora, perché Harry aveva aspettato
così tanto, prima di confessare ciò che provava?
Forse, per lo stesso motivo per cui anche lui aveva aspettato.
Per paura.
Eppure, in quel momento, nulla aveva più senso. E quell’attesa era stata totalmente ripagata.
Draco si mosse,
voltandosi totalmente verso di lui. Le sue labbra leggermente tremanti,
i suoi occhi fissi in quelli di Harry. Faticò ancora a
comprendere davvero quelle parole. Pensò di aver sognato quel
momento. Come l’aveva sognato tante volte. Ma no, Harry era
lì. Con lui. Teneva la sua mano, osservava i suoi occhi. E lo
amava.
Come nessun altro avrebbe fatto nella sua vita.
Harry si
avvicinò lentamente, raggiungendo il suo volto e baciando
dolcemente le sue labbra, per sigillare quella promessa d’amore.
Fu un bacio casto, uno di quelli che Draco non avrebbe mai potuto
dimenticare. Casto, ma duraturo. E gli permise di pensare.
Riaprì
gli occhi solo quando avvertì il compagno distaccarsi. Harry
rimase ad un soffio dalle sue labbra. E lo sentì.
“Ti amo.”
Fu come una
ventata d’aria fresca. Come liberarsi di un timore che da anni
attanaglia il proprio stomaco. Come iniziare a vivere.
Godé di
quelle parole, sorridendo dolcemente. E Draco lo seguì. Sorrise,
mantenendo lo sguardo che in precedenza aveva mostrato.
E lo seguì ancora. Perché sempre lo avrebbe seguito.
Harry
indietreggiò, attirando a sé il corpo del compagno e
conducendolo fino al divano. Draco si sedette su di esso, lasciando che
l’altro salisse su di lui. Ed entrambi seppero che l’attesa
non sarebbe durata ancora molto.
Le mani di Harry
si mossero rapidamente sulla camicia bianca di Draco, raggiungendo i
bottoni e slacciandoli con una velocità che non avrebbe potuto
nascondere il suo desiderio. Ed il ragazzo lo lasciò fare. Gli
permise qualsiasi cosa. Ed Harry non si fece attendere.
Liberò il
suo petto, rivelandolo davanti ai propri occhi e avventandosi su di
esso, per divorarlo con i propri baci famelici. Avvertì la sua
schiena inarcarsi sotto quel piacere. E le sue mani cercare di liberare
il corpo di Harry, così desideroso di poterlo avere. Di nuovo.
Ma il piacere di
quel giorno avrebbe avuto qualcosa in più. Qualcosa che
finalmente era stato confessato. E che, da quel momento in poi, non li
avrebbe più lasciati soli.
Qualcosa che avrebbero conservato nei loro cuori per sempre.
Un sentimento.
Un amore.
Un ricordo.
Ciao a tutti :D Allora, innanzitutto
scusatemi tantissimo per il ritardo, ma ho avuto problemi di
connessione e ieri non sono riuscita ad aggiornare! Ho potuto farlo
solo oggi e da un altro computer :( Quindi, vi chiedo scusa!
Che dire? Spero che il capitolo vi sia piaciuto :D Ho sempre avuto
qusta idea di Draco che non sa evocare un Patronus.. Anche la Rowling
lo ha detto :( Me molto triste! Spero di poter rimediare con questa
storia :D
Come sempre, ringrazio tutti coloro che stanno continuando a seguire la raccolta :D Vi aspetto per il prossimo aggiornamento!
A presto!
ringostarrismybeatle
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Cap 6
Harry Potter e il Principe Mezzosangue
Non ci sarebbe stato un altro momento per affrontarlo.
Draco
si avviò di corsa fuori dalla Sala, attraverso i corridoi infiniti di
Hogwarts. Quello sguardo scambiato con Katie Bell non lo aveva per
niente convinto. Avrebbe potuto ricordare qualsiasi cosa. Da un momento
all’altro. E per lui sarebbe finita.
Aveva
bisogno di acqua. Era dannatamente caldo, all’interno di quella scuola.
Sentiva che non avrebbe resistito ancora per molto. Non in quelle
condizioni. Avrebbe avuto bisogno di restare da solo, per riflettere.
Ma alla fine, a cosa sarebbe servito? Ancora una volta, sarebbero stati
pensieri inutili, che non lo avrebbero condotto da nessuna parte. Non
lo avrebbero portato a cambiare idea.
Girò
improvvisamente a destra, in un corridoio che l’avrebbe condotto nel
bagno più vicino. Pensare sarebbe stato inutile, ma avrebbe avuto
bisogno di solitudine. E quello sarebbe stato l’unico luogo in cui
nessuno l’avrebbe trovato.
Entrò,
quasi correndo, raggiungendo il lavandino di fronte a lui. Si gettò su
di esso, afferrandolo con forza ed avvertendo il proprio respiro
appesantirsi sempre di più. Portò le mani con rapidità sul proprio
cardigan smanicato, sfilandolo come se lo stesse asfissiando e
scompigliandosi leggermente i capelli. Lo gettò a terra, tornando a
sorreggersi con l’aiuto del lavandino. I suoi battiti erano
dannatamente aumentati, da quando era fuggito dalla Sala. E il suo
cuore maledettamente inquieto.
Sta’ calmo.
Sì,
avrebbe avuto bisogno della calma. Per affrontare quel momento, quella
giornata, quella situazione. Probabilmente, per affrontare tutta la
vita.
Tutta la vita.
Fu inevitabile. Era segnato da quel periodo, non avrebbe potuto trattenere ciò che da tempo lo stava distruggendo.
Alzò lo sguardo, e si vide nello specchio.
Non
riuscì a riconoscersi. Nel proprio volto, nel proprio sguardo. Persino
nel proprio corpo. Era dimagrito fin troppo, nell’ultimo periodo. E sul
suo volto i segni di quel dolore erano ben visibili.
Non
poté controllarsi. Afferrò con violenza l’acqua che poco prima aveva
lasciato scorrere dal rubinetto, bagnando il proprio volto, per cercare
di cancellare pensieri e ricordi. Avvertì i suoi occhi bruciare, e si
lasciò andare. Come avrebbe desiderato da molto, troppo tempo.
Le
lacrime iniziarono a rigare le sue guance, infiammandole come se
stessero andando a fuoco. E quel dolore fu difficile da sopportare.
Impossibile. Un singhiozzo ruppe il silenzio della stanza, e subito
dopo un altro. Iniziarono ad alternarsi con il suo respiro affannato.
Aveva pensato che sfogarsi in quel modo lo avrebbe aiutato a liberarsi.
Ma non fu così.
Fragile.
Come sempre si era sentito.
Debole.
Come
suo padre lo aveva sempre fatto sentire. Ma in quel momento, non era
debole. Non lo sarebbe più stato. Non avrebbe avuto la possibilità di
essere debole. C’era chi aveva bisogno di lui. E non avrebbe deluso
nessuno.
Un rumore lo fece destare dai propri pensieri.
Sollevò improvvisamente lo sguardo, ritrovandosi ad osservare di nuovo lo specchio. E lo vide.
Il suo cuore si fermò per un istante.
No. Non lui.
Si
voltò, anche se, dentro di sé, non avrebbe mai desiderato farlo. Fu
forse il suo istinto a portarlo a compiere quel gesto, ma si maledisse
per averlo fatto. Incontrò in un istante i suoi occhi, e si sentì
pietrificato. Come se avesse appena fissato un Basilisco.
Da
tempo non guardava Harry negli occhi. Negli ultimi mesi, aveva
incontrato il suo sguardo solo di sfuggita, tenendosi bene a distanza
da quegli occhi che avrebbero potuto distruggere tutto ciò che aveva
creato. O forse, tutto ciò che gli altri avevano creato per lui. Ma
questo non avrebbe avuto importanza.
Rimase
immobile al proprio posto, con le labbra secche leggermente dischiuse.
Ed Harry lo osservò. E cercò di vederlo per come lui lo conosceva. Per
come lo ricordava.
Sembrava
essere trascorso così tanto tempo, dall’ultima volta in cui si erano
trovati soli all’interno di una stanza. E in quel momento, tutto ciò
che avrebbe voluto era capire.
“Draco.”
Pronunciò
quel nome in un sussurro, quasi come se lo temesse. E, dentro di sé, si
accorse di non aver mai provato niente di simile.
Da
quanto non pronunciava quel nome? Da quanto il suo cuore sentiva la sua
mancanza? Troppo. Eppure, mai come in quel momento si sentì inopportuno
nel farlo.
“Dobbiamo parlare.”
Le
parole vennero fuori da sole. Senza che lui le comandasse. Forse perché
il suo unico desiderio era risolvere quella questione che da mesi lo
teneva lontano da lui. Capire il perché del suo comportamento. Cercare
di aiutarlo, per quanto possibile. Ma ben presto, comprese che Draco
non avrebbe desiderato alcun aiuto.
“Vattene.”
Fu
duro nelle sue parole, ma fu l’unico modo per tradurre il suo volere.
Non avrebbe desiderato nessuno intorno. Soprattutto Harry. La sua unica
volontà sarebbe stata tenerlo lontano. Non gli avrebbe permesso di
avvicinarsi.
“No.”
Ma
la determinazione di Harry non gli avrebbe mai concesso di averla
vinta. E, in fondo, lo stesso Draco, dentro di sé, sapeva che quello
sarebbe stato il momento in cui lo avrebbe affrontato.
Harry
rimase in silenzio per qualche istante. Osservò il compagno, studiando
ogni centimetro del suo viso. Un viso che, ormai, era divenuto quasi
irriconoscibile. Aveva percorso quel volto per anni, con le proprie
dita, con le proprie labbra e con i propri occhi. E ovunque sarebbe
stato in grado di riconoscerlo. Ma da quando erano tornati ad Hogwarts
per il loro sesto anno, tutto era cambiato. Lui
era cambiato. Draco non gli aveva più dato l’occasione di parlare, né
di incontrarsi. L’aveva sempre evitato, e per Harry era divenuto
impossibile cercare di fermarlo per capire cosa fosse successo. Nessuno
nella scuola sapeva di quel rapporto. E nessuno avrebbe potuto saperlo.
Ma quel giorno, non aveva dato importanza a quel fatto. E lo aveva
seguito, dinanzi agli occhi di tutti. Non gli interessava. Voleva solo
capire.
“Che cosa ti è successo?”
Era
la domanda più scontata che potesse porre. Eppure, l’unica che avrebbe
potuto dare delle risposte ai dubbi che da mesi lo assillavano.
“Lasciami in pace.”
Ma Draco non gli concesse quelle risposte.
“Draco. Non me ne andrò da qui fino a quando non avremo risolto questa situazione.”
“Non c’è niente da risolvere.”
Era la verità. Anche se avessero affrontato la questione, non sarebbe cambiato nulla. Ma Harry non poteva saperlo.
“Invece sì. Devo sapere che cosa ti è successo.”
“Non mi è successo niente.”
“Ah, no? E
allora dimmi. Perché dall’inizio dell’anno mi eviti?
Perché non vuoi più vedermi, senza una spiegazione?”
Pose quelle domande senza mezzi termini. Avrebbe voluto solo la verità.
“Non sono questioni che ti riguardano.”
“Beh, invece credo di sì. Credo che il nostro rapporto mi riguardi, in effetti.”
Probabilmente,
Draco aveva pensato di non doversi mai trovare ad affrontare davvero
quella conversazione. Ma lo aveva pensato ingenuamente. Come aveva
fatto a non immaginare che, prima o poi, Harry avrebbe trovato il modo
di bloccarlo? E non avrebbe avuto scampo. Aveva continuato a rimandare,
ma in quel momento si trovava spiazzato. E non aveva una
giustificazione pronta per lui.
“Che cosa vuoi sapere, Potter? Perché non voglio più vederti?”
Fu
l’unica cosa che riuscì a pensare, in quel momento di panico. E gridò
quelle parole contro di lui, come se volesse allontanarlo da se stesso.
E in fondo, era tutto ciò che desiderava.
“Non ho più voglia. Non ho più bisogno di te. Io non-”
Si interruppe, sentendo il proprio cuore stringersi per le parole che lui stesso stava pronunciando.
“Io non ho bisogno di nessuno.”
E
in quel momento, non ci sarebbe stato nulla di più vero da dire. Quello
sarebbe stato il momento della solitudine per lui. E dentro di sé, non
seppe quanto quel momento sarebbe durato.
“Non stai parlando sul serio.”
Ma
Harry non credé a quelle parole. Non solo perché non volle credere che
Draco stesse troncando il loro rapporto. Ma soprattutto, perché quella
non poteva essere la motivazione a tutto ciò che gli era accaduto.
“Non sono mai stato così serio.”
“Stai
mentendo. Draco, te lo ripeto. Che cosa ti è successo? Sei cambiato.
Sei dimagrito, sei sempre solo. Non parli con nessuno. Neanche con i
tuoi amici. Pensi che non l’abbia notato? Sei sempre silenzioso. Sempre
assorto. E vai in giro per la scuola da solo. Che cosa stai facendo?”
Quella
scusa non avrebbe retto a lungo. Draco aveva cercato di colpirlo lì
dove sarebbe stato più debole. Nel loro rapporto. Ma non era bastato. E
avrebbe dovuto saperlo. Harry non era uno stupido. E aveva visto più di
quanto avesse pensato.
“Niente.”
“Draco.”
“Ti ho detto che non devi intrometterti. Non più. Non sto facendo nulla. Nulla che ti interessi.”
Nulla che ti interessi.
Furono quelle
parole a dargli la conferma di ciò che aveva temuto. Non seppe
il perché, ma ebbe un cattivo presentimento.
“Draco.”
Abbassò nuovamente il tono di voce. Seppe che sarebbe stato necessario.
“Ho saputo dell’arresto di tuo padre. Se c’entra qualcosa con questo, noi possiamo parlarne e-”
Ma in un istante, non appena Draco sentì quelle parole, agì.
Estrasse rapidamente la bacchetta, puntandola contro di lui e guardandolo con occhi di fuoco.
“Non permetterti di parlare di lui.”
Fu una reazione forse eccessiva, ma per lui fu più che comprensibile. Quel periodo era stato difficile. Troppo
difficile. E trascorrerlo da solo lo aveva portato ad accendere ancor
di più il proprio nervosismo. Ma Harry non avrebbe potuto capire. Se
Draco non avesse parlato, non avrebbe mai potuto comprendere a cosa
quel comportamento fosse dovuto.
“Non volevo-”
“No, già. Non volevi. Tu non vuoi mai niente di tutto quello che fai.”
Fu
atroce ascoltare quelle parole da parte sua. Harry non aveva immaginato
che la situazione sarebbe stata quella. Pensava che parlare con lui non
sarebbe stato così difficile. Ma si era sbagliato.
“Ma lo fai.”
Mantenne
salda la presa sulla propria bacchetta. E sperò che Harry demordesse.
Ma lo conosceva fin troppo bene. E sapeva che non sarebbe bastato.
“Draco.”
Cercò di parlare con calma. La situazione si stava accendendo fin troppo.
“Ron ed Hermione mi hanno detto di averti visto entrare da Magie Sinister con tua madre, quest’estate.”
Lo
colse alla sprovvista. Fu evidente. Le labbra di Draco si dischiusero,
i suoi occhi sembrarono quasi chiedere di perdonarlo. E fu l’unico
frangente di umanità che mostrò quel giorno.
“Cosa stavi facendo?”
Da
mesi teneva quella domanda dentro di sé. Aveva cercato risposte,
seguendo Draco nei momenti in cui non avrebbe potuto notare la sua
presenza, ma senza riuscire a scoprire nulla.
“Draco. Devo saperlo.”
Lo
incalzò. Non avrebbe più potuto attendere. Una volta posta quella
domanda, sarebbe stato inutile prendere ancora del tempo. E non sarebbe
stato in grado di farlo. Anche se, dovette ammetterlo a se stesso, ebbe
paura della risposta.
Draco
avvertì le proprie labbra tremare. Le sue convinzioni stavano
crollando. E con esse, la determinazione che aveva promesso di mostrare
nell’affrontarlo. Sentì che non avrebbe potuto resistere davanti a
quegli occhi ancora per molto. E la cosa migliore sarebbe stata tirarsi
indietro.
“Niente.”
Era un codardo. Lo sapeva. Non aveva mai dubitato.
Si
sentì morire, quando vide gli occhi di Harry supplicarlo ancora di
parlare. Lo avrebbe fatto. Davvero. Gli avrebbe spiegato tutto, gli
avrebbe fatto comprendere per quale motivo quell’anno avesse scelto la
solitudine. Gli avrebbe concesso ancora una volta di aiutarlo. Come
sempre, gli avrebbe concesso tutto.
Sospirò tra sé e sé. Non avrebbe potuto. E lo sapeva bene.
Si
voltò dalla parte opposta, abbassando la bacchetta, con uno sguardo
così spento da trasmettere la stessa rassegnazione a chiunque. Ma non
ad Harry.
Per
qualche istante, il ragazzo pensò di lasciar perdere. Di rinunciare.
Perché Draco non avrebbe avuto alcuna intenzione di parlare. Né di
continuare a vederlo. Era tutto finito. Quasi rise tra sé e sé. Era
impossibile. Tutto ciò in cui aveva creduto, tutto ciò in cui aveva
riposto le proprie speranze stava scomparendo. In un istante. Eppure,
Harry capì di averlo saputo molto tempo prima. Non quel giorno, non in
quel momento, ma da quando quell’anno erano tornati ad Hogwarts. Da
quando Draco non aveva avuto più intenzione di vederlo, di fermarsi con
lui, di chiamarlo nei modi più strani solo per poter trascorrere del
tempo insieme.
Era tutto finito.
No.
Non avrebbe potuto accettarlo.
Si
mosse in avanti, quasi istintivamente. In silenzio, senza chiamarlo,
senza farsi sentire. E quando lo raggiunse, afferrò il suo braccio
sinistro con forza, facendolo voltare nuovamente verso di sé. E Draco
trovò dinanzi a sé quegli occhi. Ancora una volta, senza attendere che
accadesse. E quegli occhi chiesero la verità. Senza più alcuna
esitazione. Senza più scuse, giustificazioni. Chiesero soltanto
sincerità.
Ma
Harry sentì un desiderio più forte. Lo avvertì così vicino a sé, dopo
troppo tempo. Per tutta l’estate aveva immaginato il momento in cui
sarebbe tornato a stringerlo al proprio corpo. E quel desiderio era
rimasto intatto in lui. Vide quegli occhi meravigliati dal gesto che
aveva compiuto. E seppe che avrebbe potuto meravigliarli ancor di più.
Si lasciò andare. E tenendo ben saldo il suo braccio lo attirò a sé.
Gli
occhi di Draco si spalancarono, mentre quelli di Harry si chiusero per
poter assaporare quel momento. Le loro labbra si incontrarono, come se
fosse la prima volta. Lo stesso stupore, lo stesso sapore che sembrava
essere totalmente nuovo per entrambi. Ma non era così. Lo sentirono.
Era quel sapore che entrambi conoscevano alla perfezione, che per anni
aveva permesso loro di restare insieme, di continuare a volersi, a
desiderarsi, a possedersi. Ed era tutto ciò che avrebbero chiesto per
tutta la vita. Non avrebbero avuto bisogno di altro. E in quel momento,
se ne resero conto. Davvero.
Draco
rispose al bacio che Harry gli aveva chiesto, lasciandosi andare e
socchiudendo gli occhi per poter godere di quel contatto ritrovato.
Non posso.
Già,
non poteva farlo. Ma allora, per quale motivo continuava a baciare
quelle labbra che gli erano dannatamente mancate, nel corso di quei
mesi?
Devo farlo per lui.
Si
sentì un egoista. Stava vanificando tutto ciò che in quei mesi era
riuscito a costruire con molti sacrifici. Non avrebbe potuto farlo.
Avrebbe dovuto resistere. Per lui.
Ma
non ebbe bisogno di farlo. Perché un istante dopo, gli occhi di Harry
si spalancarono di nuovo ed il ragazzo scattò. Draco si destò da quel
momento di felicità che lo stava assalendo, e vide il compagno
distaccarsi rapidamente da lui, allontanandosi di qualche metro, e
portare la mano sinistra sulla propria cicatrice. Un dolore lancinante
sembrò trafiggerlo, passando attraverso la mano destra fino ad arrivare
alla sua fronte. Osservò la propria mano, ma non vide nulla di strano.
Non comprese. Quella era la mano con cui, fino a pochi istanti prima,
aveva stretto il braccio di Draco.
Solo
quando il dolore passò del tutto, o quasi, tornò a guardarlo. Il
ragazzo rispose al suo sguardo, ma sembrò sofferente nel farlo.
“Stammi lontano.”
Harry
non capì. Aveva pensato che quel bacio potesse cambiare ogni cosa.
Potesse farlo tornare sui propri passi. E tra le sue braccia.
“Ma perché?”
Mentire ancora non sarebbe servito. Né attendere.
Avrebbe voluto la verità? E allora, l’avrebbe avuta.
Capì
che quello sarebbe stato l’unico modo per allontanarlo. L’unico modo
per far sì che non tornasse da lui, per cercare di recuperare quel
rapporto che sembrava essere giunto al termine.
L’unico modo per farlo andare via. Per sempre.
Per sempre.
Quel
pensiero strinse il suo cuore in una morsa. Draco non avrebbe mai
desiderato che accadesse. Non avrebbe mai desiderato di dover arrivare
a tanto. Ma in quel momento, comprese che non ci sarebbero state
alternative.
Lui lo amava. E se lo amava davvero, doveva allontanarlo da tutto ciò che avrebbe potuto fargli del male.
Se lo amava davvero, doveva allontanarlo da se stesso.
“Ma non capisci?”
Gridò
con tutto il dolore che aveva dentro di sé. E fu un grido spontaneo,
sincero. L’unica cosa che quel giorno riuscì a liberarlo. Ma solo per
lasciare spazio ad altro dolore.
Lo guardò per qualche istante con occhi di fuoco. E agì.
Non c’è altro modo.
Raggiunse la manica sinistra della camicia. E non esitò.
È l’unico modo per salvarlo.
La sollevò fino al gomito, mostrando l’interno del braccio al compagno.
Ed Harry si sentì morire.
“Sono stato scelto.”
Tre parole. Tre parole che fecero sprofondare Harry nel baratro.
Un teschio. Un serpente. E la consapevolezza di sapere di cosa si trattasse.
Harry
avrebbe pagato con tutto l’oro della Gringott, pur di non sapere cosa
quel simbolo inciso sul braccio sinistro di Draco significasse. Ma
purtroppo, sapeva bene cosa fosse. E si sentì nauseato.
Draco
osservò i suoi occhi, mantenendo la presa ben salda sulla manica della
camicia per mostrare ancora il proprio braccio al compagno. Quel
braccio che poco prima aveva stretto e che gli aveva causato quel
dolore. E lo vide immerso nell’incredulità.
Era ciò che avrebbe voluto. Nient’altro che quello. Sarebbe stato necessario per salvarlo.
E lo sguardo di Harry tradusse tutti quei pensieri che non avrebbe mai potuto tradurre con l’aiuto della parole.
Lo
guardò negli occhi. E Draco si sentì vacillare. Avrebbe voluto
spiegare. Ogni cosa. Avrebbe voluto spiegare il perché. Ma no. Harry
non avrebbe voluto sentirlo. Come aveva previsto. Ed era la cosa
migliore. Per tutti.
Abbassò
il braccio, mantenendo la manica sollevata. Harry dedicò un altro
istante a quel simbolo maledetto che ora lo stava macchiando. E lo
avrebbe macchiato per sempre. Ma quando risollevò lo sguardo, fu per
parlare.
“Vuoi sapere una cosa?”
Lo colse alla sprovvista. Draco non aveva pensato che Harry desiderasse di parlare.
“Sai chi c’era, quella notte nel cimitero?”
E quando udì quelle parole, si trovò a sperare che Harry perdesse quel desiderio.
“Sai chi c’era, quando Voldemort tentò di uccidermi?”
Il suo cuore accelerò sempre di più i propri battiti. Perché, dentro di sé, Draco conobbe la risposta a quella domanda. Ma sperò che non fosse come aveva sospettato.
Lo sguardo di Harry fu di fuoco. Il peggiore che avesse mai mostrato. A chiunque.
“C’era tuo padre.”
Avrebbe
voluto distruggere ogni cosa dinanzi a sé. Perché la rabbia di quel
momento fu così tanta da non poter essere contenuta. Eppure, ancor più
forte fu il dolore di quelle parole.
Non
che non avesse mai avuto il sospetto. Suo padre aveva lasciato degli
indizi, nella lettera ricevuta il giorno precedente alla terza prova
del Torneo Tremaghi. Ed il giorno successivo, Voldemort era tornato.
Non poteva trattarsi di una casualità. Non era una coincidenza. Ma
aveva sempre cercato di accantonare il discorso e di convincersi che
no, suo padre non avesse nulla a che fare con tutta quella storia. E
soprattutto, che quella notte non fosse lì. Ancora per aiutare il Male.
Ancora per cercare di uccidere Harry.
“Era lì. Davanti a me. Forse lo sai già. Ma lui è ancora un Mangiamorte. Come avevo previsto.”
Il suo tono rimase immutato. E con esso, la sua crudeltà.
“Vedo che ha saputo tramandare le tradizioni di famiglia.”
Non ci fu ironia in lui. Ma solo una verità che Draco non avrebbe mai voluto ascoltare.
“Lui è un bastardo. Ma tu lo sei di più.”
E la sofferenza esplose.
“Mi fai schifo.”
Avrebbe
potuto comunicare ogni cosa con un solo sguardo. Ma quelle parole
ferirono Draco come il peggiore degli incantesimi. Ed Harry era pronto
a sferrare l’attacco finale.
“Non avvicinarti mai più a me.”
Gli
riservò un ultimo sguardo. Uno sguardo disgustato nei suoi
confronti. Uno sguardo che Draco non avrebbe mai dimenticato.
L’unico che gli aveva sempre donato grandi emozioni. E l’unico che riuscì a farlo crollare.
Un istante. Ed Harry si voltò.
Si avviò a passo svelto verso l’uscita di quel bagno che non avrebbe mai dimenticato.
Dietro
di lui, Draco rimase con il braccio sollevato a mezz’aria. Ma neanche
una parola riuscì a venire fuori dalle sue labbra. Neanche un respiro,
per poterlo fermare. Per poter tentare.
Non avvicinarti mai più a me.
Era ciò che avrebbe voluto. Lo scopo di quel gesto così avventato.
Draco
sapeva che, alla vista del simbolo dei Mangiamorte, Harry non avrebbe
posto domande. Non avrebbe chiesto il perché. Avrebbe semplicemente
pensato che lui fosse come suo padre. E quello gli sarebbe bastato per
cacciarlo dalla sua vita.
Il suo cuore si strinse ancora.
Ripensò
a quei momenti. Quelli che aveva trascorso con lui, quelli che lo
avevano reso l’uomo che in quel momento si sentiva. Un uomo forte. Un
uomo che, al contrario di ciò che Harry pensava, aveva dovuto
riflettere a lungo, per comprendere cosa fosse giusto fare. Per salvare
le persone che amava. Tutte.
Ma quei ricordi non avevano importanza.
Nulla aveva più importanza.
Era andato tutto come aveva sperato. Harry aveva seguito alla perfezione il suo piano.
E da quel momento in poi, sarebbe stato solo.
Poggiò
la schiena contro il muro dietro di lui, lasciandosi andare e
scivolando a terra. Portò una mano sui propri occhi, avvertendo quel
bruciore che conosceva dannatamente bene tornare da lui.
E sotto l’effetto delle lacrime non si sentì debole.
Si sentì solo.
Aveva fatto la cosa giusta.
Ma Harry gli sarebbe mancato.
Ciao
a tutti :D Allora, come avrete notato anche oggi ho pubblicato di
venerdì, e mi scuso :'( Purtroppo ho ancora problemi di connessione e
solo oggi ho potuto utilizzare un altro computer per aggiornare!
Quindi, scusatemi :'(
Intanto, piango anche perché qui siamo
arrivati ad un punto molto triste :'( Harry ha scoperto la verità,
anche se si tratta di una mezza verità. Perché nessuno sa il motivo
reale per cui Draco lo ha fatto. Speriamo che le cose migliorino!
Intanto, vi anticipo che per quanto riguarda i Doni della Morte (come
per il Calice di Fuoco) ci saranno due os :)
Come sempre, ringrazio tutti coloro che continuano a seguire la raccolta :D Vi aspetto per il prossimo aggiornamento!
A presto!
ringostarrismybeatle
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Cap 7
Harry Potter e i Doni della Morte
Draco
si perse negli occhi che si presentarono dinanzi a lui. Occhi che da
anni, ormai, era abituato ad osservare da quella distanza.
Eppure, il
momento era ben diverso. La situazione era ben diversa. E se fino a
quel giorno aveva avuto la possibilità di guardarli con un animo
tranquillo, o almeno fino ad un anno prima, in quel frangente si
ritrovò a guardarli con il cuore sul punto di esplodere. E con
nessuna possibilità di mostrarsi debole.
Sentì le
labbra tremare, cercando di controllarsi, inutilmente. Un freddo
improvviso l’aveva avvolto e pervaso, nel momento in cui era
stato chiamato per quel compito ingrato.
Accanto a lui,
suo padre. Stremato, devastato da quel periodo maledetto che aveva
coinvolto la loro famiglia. La voce rotta, la barba stranamente
incolta. Una pazzia negli occhi, orientata verso la speranza di avere
finalmente la possibilità di mettere fine a tutto ciò che
stava rischiando di portarli alla rovina.
“Draco.”
Lucius Malfoy si
avvicinò al suo orecchio, afferrando la sua giacca nera e
attirandolo a sé, ma mai facendo distogliere il suo sguardo.
“Draco. Per favore.”
Una preghiera. Un tono che mai Draco aveva udito, soprattutto da suo padre. Ed un peso che ora gravava sulle spalle del giovane.
“Draco. Dimmi. È lui?”
Un brivido
percorse la schiena del ragazzo, che a qualche centimetro di distanza
da quel volto deturpato continuava a trattenersi per non iniziare a
tremare. Da tempo, ormai, non riusciva più a vivere in modo
tranquillo le proprie giornate. Da più di un anno, il suo sonno
era disturbato. E quel momento non avrebbe potuto far altro che
peggiorare la situazione.
“Draco.”
Lucius lo
esortò, chiamandolo ancora una volta. Nella sua pazzia, non
avrebbe mai potuto notare lo sguardo assente di suo figlio. Non avrebbe
mai potuto notare che Draco, in evidente difficoltà, stava solo
cercando di prendere tempo, per capire quale fosse la cosa migliore da
dire. E in fondo, si rese conto che non ce ne sarebbe stata una.
“Non ne sono sicuro.”
Suo padre bagnò leggermente le proprie labbra secche, abbassando il capo e sospirando pesantemente.
“Draco.
È una grandissima possibilità per noi. Se consegneremo
Harry Potter al Signore Oscuro, lui ci ricompenserà. Ma se lo
chiameremo inutilmente, ci ucciderà.”
Harry non
avrebbe mai voluto che quella decisione spettasse proprio a lui. A
Draco. Perché, in fondo, prendere una decisione sarebbe stata
l’unica cosa da fare.
Decidere di condannarlo. Ammettere che si trattasse di Harry Potter e consegnarlo nelle mani di Voldemort.
Decidere di salvarlo. Negare che lui fosse chi fino a quel momento avessero creduto.
Non ebbe molte speranze di salvarsi, in fondo.
La loro ultima conversazione non era stata di certo pacifica. E con una sola parola, egli avrebbe potuto decretare la sua morte.
Mantenne i propri occhi nei suoi, ancora, perché in fondo esitare sarebbe stata la cosa migliore. L’unica.
“Draco.”
Ma non per suo padre. No. La smania nel suo sguardo chiedeva una risposta. Non avrebbe potuto attendere ancora.
“Sta’ calmo, Lucius.”
Ma una terza voce intervenne. Una voce che Harry avrebbe preferito non udire.
Perché sentire quella voce, per lui, equivaleva a morire.
“In fondo, i nostri ospiti sono appena arrivati.”
Bellatrix Lestrange.
Con una risatina, si intromise tra padre e figlio, guardando negli occhi il giovane che si trovava dinanzi a loro.
“Io mi
occuperò della ragazzina. Ho qualche domanda da farle. E tu,
caro Draco, pensa pure a lui. Portalo di sotto.”
Si voltò
di scatto, avanzando in direzione di Hermione, che istintivamente si
ritrasse, nonostante fosse stretta da un Mangiamorte.
Draco
esitò ancora per un istante, ma avvertì lo sguardo del
padre gravare su di lui. E fece come gli era stato detto.
Afferrò il ragazzo senza alcuna delicatezza per una manica,
trascinandolo attraverso il salone di Villa Malfoy.
“Ah, Draco.”
E prima di avviarsi nel sotterraneo, la voce di sua zia lo raggiunse nuovamente.
“Conosci le Maledizioni senza Perdono, non è vero?”
Lo sguardo di
Bellatrix lo immobilizzò al suo posto. Ed egli non rispose.
Rimase fermo ad osservarla, senza mostrare davvero il disgusto che quel
commento gli aveva provocato.
Solo quando
riuscì nuovamente a muoversi, si avviò verso le scale che
lo avrebbero condotto nel sotterraneo, in quei giorni, fortunatamente,
deserto.
Gettò
l’altro all’interno di esso, richiudendo la porta dietro le
proprie spalle e serrandola per avere la certezza che nessuno li
interrompesse. Quando fu sicuro, si voltò verso di lui,
finalmente libero di esprimere tutto il proprio sconvolgimento. Ed
Harry lo vide tremare, lo vide respirare a fatica ed osservare a
distanza i suoi occhi. Solo qualche istante dopo, Draco riprese a
camminare, a passo svelto, per poterlo raggiungere.
“Ma che cosa ti è successo?”
Si affrettò a posare una mano sulla sua guancia gonfia, accarezzandola e accertandosi che tutto andasse bene.
“Non so di cosa tu stia parlando.”
Ma lui
mentì. Ancora. Forse perché non sarebbe più
riuscito a fidarsi di lui e di quel suo comportamento. Ma Draco lo
guardò, scuotendo la testa e facendogli comprendere quanto quel
suo pensiero fosse stato sciocco.
“Pensi davvero che non ti abbia riconosciuto?”
Ed Harry si sentì davvero sciocco. Come aveva potuto pensare che lui
non lo avesse riconosciuto? Non aggiunse nulla. Si limitò ad
abbassare lo sguardo, comprendendo le sue buone intenzioni. E infatti,
un istante dopo, Draco estrasse la bacchetta, puntandola sul volto di
Harry. Senza neanche pronunciare una parola, una leggera luce blu
uscì dalla punta, avvolgendo il volto del ragazzo.
“L’effetto dovrebbe essere immediato. Ammesso che si tratti di una Fattura Pungente.”
Allontanò
nuovamente la bacchetta, riponendola nella propria tasca. E come aveva
immaginato, il volto del ragazzo iniziò improvvisamente a
sgonfiarsi, riprendendo le sembianze che Draco ricordava così
bene.
Harry
cercò gli occhiali che ricordava di aver messo in tasca. Li
indossò, e finalmente riuscì a distinguere nettamente i
contorni dell’altro.
Il suo volto si mostrò dinanzi a lui, dopo tempo, molto
tempo. Da quanto i due non erano così vicini? Da quanto tempo
non avevano la possibilità di vedersi? Già, Harry lo
ricordava bene. Dalla morte di Silente.
Fu quel ricordo
a portare Harry ad agire. In un solo istante, egli afferrò la
propria bacchetta, puntandola dinanzi al volto di Draco, che con aria
interrogativa cercò di guardarlo negli occhi e di ignorare
l’oggetto che lo stava minacciando.
“Tu.”
Il tono di
Harry, il cui viso era tornato ad essere perfettamente quello che tutti
avrebbero riconosciuto, fu più duro di quanto Draco avesse
immaginato.
“Traditore.”
“Ma di cosa stai parlando?”
“Lui aveva
fiducia in te. Lui vedeva qualcosa persino nel tuo animo maledetto. E
tu lo hai tradito, aprendo le porte di Hogwarts ai tuoi
amichetti.”
Draco comprese. Comprese qualsiasi parola pronunciata da Harry, qualsiasi parte di quel discorso. Silente.
“Io-”
“No. Non ci sono scuse. Non questa volta.”
Non avrebbe
neanche cercato di tirare fuori la propria bacchetta. Non avrebbe
cercato di duellare con lui, di reagire a quella situazione. Non
avrebbe avuto la forza di farlo.
“Ho
cercato di giustificarti, ogni volta in cui gli altri ti accusavano. Ho
cercato di capirti, quando in realtà neanche tu riuscivi a
farlo. Ma questa volta no, Malfoy. Questa volta è stato troppo
anche per te. E per me.”
Strinse
maggiormente la bacchetta nella mano, e anche il suo sguardo
sembrò farsi più duro. Ma l’altro non demorse.
“Ascoltami.”
“No. Non ho nessuna voglia di farlo.”
“Invece devi. Potter, non avevo scelta. Cerca di capire.”
Ma Harry scosse il capo.
“Non posso capirti. E non voglio capirti.”
“Ma devi.
Abbiamo passato ogni cosa insieme. E hai sempre capito ogni cosa di me.
Lo hai detto tu stesso. Mi hai capito anche quando io non riuscivo a
farlo. Perché ora non puoi fare altrettanto?”
“Perché finalmente ho capito la cosa più importante. Ho capito che tu sei questo. Niente di più di tuo padre. Sei proprio come lui. E nessuno di voi due riuscirà mai a cambiare.”
Quelle parole
fecero più male di qualsiasi Maledizione senza Perdono. E Draco
sperò che un qualsiasi incantesimo potesse raggiungerlo al
più presto. Perché quella conversazione lo stava ferendo
come nient’altro prima.
“Non è vero. Io non sono come lui. E tu lo sai.”
“Quando ti
dicevo che saresti stato un uomo migliore di lui, mi sbagliavo. Speravo
di poterti salvare. Ma la verità è che tu non vuoi
essere salvato. Tu vuoi essere perfettamente come lui. E io mi sono
illuso, quando ho pensato di poterti cambiare. Ma ancora non sapevo
cosa saresti stato in grado di fare. Solo ora ti vedo per come sei
realmente.”
Fu doloroso.
Ascoltare quelle
parole, sentirsi accusato proprio da lui. L’unico che lo avesse
mai compreso. L’unico che gli fosse stato davvero vicino, in ogni
momento.
“E come sono realmente?”
Pose quella
domanda quasi senza forze. Ed Harry si meravigliò, perché
non aveva pensato di sentirlo ancora pronunciare neanche una singola
parola. Ma prima che potesse avere la possibilità di rispondere,
Draco parlò ancora.
“Sono un traditore, non è vero? Sono spregevole. Sono un vigliacco. Sono.. Un Mangiamorte. Pensi che non sappia cosa hai detto ai tuoi amici? Puoi ripeterlo anche ora. So cosa pensi di me. Proprio tu. Tu, che più di chiunque altro avresti dovuto capire il perché del mio comportamento.”
Harry non
comprese quelle parole. Sembrarono ancora una volta quelle scuse che
Draco utilizzava per giustificare i propri comportamenti. Ma questa
volta, si trattava della verità. Una verità a cui Harry
non era mai stato in grado di pensare.
“Pensi che
io sia un traditore, giusto? Bene. Vuoi sapere perché ho preso
questa decisione? È stato per la mia famiglia. Per mio padre e
per mia madre. Per salvarli. Se io non avessi fatto ciò che mi
era stato detto, saremmo stati uccisi. Ero stato scelto.
L’alternativa era la morte.”
Draco prese
finalmente coraggio, pronunciando quelle parole con la massima
sincerità che avrebbe potuto mostrare al ragazzo che, dinanzi a
lui, ascoltava in silenzio, sempre mantenendo la bacchetta alta.
“Mio padre ha commesso degli errori. Lui ha scelto
di fare del male. Ma in questo modo, ha scelto anche per me. E io sono
stato costretto a farlo. Per proteggerli. Per non permettere che
venisse fatto loro del male.”
Gli occhi di
Harry si persero in quelli dell’altro, iniziando a rompere quella
barriera che sembrava averli distaccati dal passato dei due.
“Nessuno poteva capirmi. Nessuno.
Lo scorso anno è stato il peggiore, per me. Sono stato solo,
ogni giorno, per tutto l’anno. Solo con il mio dolore, solo con i
miei segreti. Solo, senza nessun amico. Senza di te. Ed è stata
una mia volontà. Allontanarti, per evitare di renderti un
bersaglio più facile. Ma tu non hai capito nulla. Hai solo
accettato ciò che io
ti ho raccontato, senza chiedere di più, senza sapere il
perché. Ed è stato un bene. È stato ciò che
volevo. Ero certo che il fatto che fossi divenuto un Mangiamorte
sarebbe bastato per tenerti lontano da me. E avevo ragione.”
La situazione
sembrò capovolgersi, improvvisamente. Perché, se fino a
quel momento le parole pronunciate avevano colpito e fatto male a
Draco, tutte quelle confessioni erano ora dirette ad Harry. Ed ognuna
di esse fu come un coltello conficcato nel petto. Ognuna lo ferì
in modo sempre più forte. Ed egli si sentì sprofondare.
Per non aver compreso ciò che Draco, forse implicitamente e non
intenzionalmente, aveva cercato di dirgli. Per non aver compreso una
situazione che, in quel momento, appariva chiara come non mai ai suoi
occhi.
“Sapevo di
essere rimasto solo. E forse lo sono sempre stato. Tutto ciò che
mi era rimasto era la mia famiglia. E per loro avrei fatto di tutto.
Come chiunque farebbe.”
Seppe che Harry aveva compreso. Ne fu certo.
“Non avresti fatto qualsiasi cosa per salvare i tuoi genitori?”
Harry
ascoltò quelle parole, restando in silenzio. La risposta era
ovvia. E in un istante, si accorse che lui aveva ragione. E comprese
cose che nell’ultimo anno lo avevano portato a rifiutare ricordi,
a dubitare di se stesso, ad odiare il modo in cui, nonostante tutto,
continuava ad amare Draco.
“Potrai
pensare ciò che vuoi di me. Forse è vero. Sono un
traditore, un vigliacco. Sono spregevole. E un Mangiamorte. Ma ora sai
qual è la verità. E sarai tu a giudicarmi.”
Tutto
sembrò immobilizzarsi per un tempo infinito. Harry mantenne la
bacchetta puntata sul suo volto, senza dargli la possibilità di
muoversi. Ma in fondo, Draco non avrebbe fatto nulla per fuggire da
lì, né per rispondere a quella minaccia e attaccarlo. Se
non avesse avuto la bacchetta dell’altro a pochi centimetri dal
proprio volto, sarebbe rimasto allo stesso modo fermo al proprio posto.
In attesa.
Harry sentì un peso bloccato a metà della propria gola. Un groppo troppo pesante da ingoiare.
Fissò
quegli occhi così profondi, così freddi dinanzi a
chiunque altro, ma in grado di riscaldare il suo animo. E forse
comprese ogni cosa. O forse non comprese più nulla.
L’unica cosa che sentì fu quel sentimento che credeva di
aver dimenticato per sempre e che, invece, si stava ripresentando con
forza in lui. Quella era la prima volta in cui si trovava di nuovo
davanti a lui. E quel momento era servito per fargli comprendere che
niente era cambiato, rispetto al loro ultimo incontro.
Le labbra di Harry si dischiusero. E finalmente, si preparò a dire ciò che da tempo avrebbe voluto dire.
Ma
all’improvviso, una luce alle sue spalle rischiarò i
sotterranei. I due ragazzi si voltarono verso di essa, cercando di
comprendere. E dopo qualche istante di confusione, una sagoma comparve
da quella luce. Una figura che entrambi avrebbero riconosciuto.
“Dobby!”
La voce di
Harry, confusa e felice allo stesso tempo, accolse l’elfo
domestico, che per qualche secondo si guardò intorno, tornando
nella sua vecchia dimora. Quella in cui aveva servito per così
tanto tempo. Quella che lo aveva reso schiavo per così tanto tempo.
“Harry Potter!”
Si
affrettò ad avvicinarsi a lui, inchinandosi leggermente come era
solito fare. Solo quando risollevò il capo, si accorse che
dietro di lui c’era qualcun altro. Qualcuno che non avrebbe
desiderato rivedere.
“Padron Malfoy.”
Esitò, ma
poi si inchinò di nuovo. Draco lo osservò, riportando
alla memoria quei momenti che sembravano fin troppo distanti.
Abbassò leggermente il capo, e l’elfo lo notò,
avvertendo il proprio cuore sobbalzare per un gesto che sempre gli
sarebbe apparso esagerato nei suoi confronti. Soprattutto da parte di
un Malfoy.
“Dobby, che cosa ci fai qui?”
Ma Harry lo riportò alla sua priorità.
“Dobby è qui per salvare Harry Potter e i suoi amici.”
I due ragazzi
rimasero immobili al proprio posto. Dobby non cercò
giustificazioni. Non temette la presenza di Draco in quel luogo con
loro. Qualcosa gli fece comprendere che il giovane Malfoy non si
sarebbe opposto.
Harry lo
osservò per qualche istante, ma subito dopo si voltò
verso il compagno. Lo guardò, senza sapere cosa dire.
Ricordò dove il loro discorso si fosse interrotto.
Ricordò cosa stessero dicendo, in quel momento. Ma neanche una
parola a riguardo venne fuori dalle sue labbra. Perché, in pochi
istanti, tutto era cambiato.
“Non c’è tempo. Dobbiamo andare.”
L’elfo non
poté più attendere. Tutto era già stato deciso.
Conosceva bene quella casa, sapeva come muoversi. E non avrebbe avuto
problemi. Ma capì che Harry avrebbe avuto bisogno di qualche
altro istante, per congedarsi da Draco. E per quel motivo, si
allontanò di qualche passo.
Harry lo
ringraziò segretamente. I due rimasero in silenzio. Si
osservarono a lungo. Draco non avrebbe mai negato al compagno di andare
via di lì. In fondo, aveva già salvato la sua vita una
volta, nel momento in cui non aveva ammesso di averlo riconosciuto. A
cosa sarebbe servito trattenerlo lì? A nulla. La situazione tra
di loro non sarebbe cambiata. Mai più. Soprattutto in quel
momento.
Abbassò
il capo, voltandosi verso la propria destra. Ma inaspettatamente, Harry
rimase fermo al suo posto. E parlò.
“Vieni con me.”
Fu in quel
momento che l’attenzione di Draco tornò ad essere
evidente. Le sue labbra si dischiusero, mentre il suo capo tornò
a sollevarsi. E i propri occhi, spalancati dinanzi al compagno,
incrociarono i suoi, al contrario calmi e consapevoli di quella
richiesta.
“Come?”
“Vieni via con me. Scappa da qui. Non succederà nulla ai tuoi genitori. Ma fuggi da questo posto.”
Draco lo guardò con attenzione. E dentro di sé, sperò davvero di avere una possibilità di accettare.
Ma in fondo, dal primo momento seppe che non sarebbe mai potuta andare secondo i suoi piani.
“Non posso.”
“Draco..”
Il suo cuore
perse un battito, nel momento in cui sentì il compagno chiamarlo
nuovamente per nome. Ma seppe che quel sentimento non avrebbe potuto
interferire.
“Non posso. E tu lo sai.”
Harry sostenne il suo sguardo a lungo.
“So che anche tu hai la possibilità di scegliere.”
“No, non è vero. Non in questo momento.”
Il compagno
attese, in silenzio. Ma, alla fine, fu costretto a sorridere in modo
mesto. E ad accettare quella decisione che, lo comprese, non dipendeva
davvero da lui. Gli rivolse un ultimo sguardo, voltandosi poi verso
Dobby e preparandosi a seguirlo. Ma non appena si avviò verso di
lui, avvertì una mano afferrare la propria.
Harry rimase
immobile al proprio posto. Lo sguardo fisso dinanzi a sé, perso
nel buio di quei sotterranei. Solo quando si sentì pronto ad
accettare quel contatto e a tornare a sentirlo come qualcosa di
familiare, si voltò di nuovo verso Draco.
“Harry.”
Non seppe dove trovò la forza per parlare. Ma sentì di doverlo fare.
“Fa’ attenzione.”
Non fu molto.
Avrebbe potuto dire molte cose. Ma non in quel momento. E dentro di
sé, Draco si trovò a domandarsi se avrebbe avuto
un’altra occasione per potergli dire tutto ciò che da
tempo teneva dentro di sé.
Harry lo
osservò. E per lui, quelle parole furono più importanti
di qualsiasi altra cosa. Le stesse che Draco aveva utilizzato tre anni
prima, la notte precedente alla terza prova del Torneo Tremaghi.
Le migliori che potesse utilizzare.
E un giorno glielo avrebbe detto.
Ne fu certo.
Ciao a tutti :D Allora, sì,
sono una persona pessima. Sto aggiornando addirittura di sabato. Ma vi
giuro che il problema non sono io, è la connessione che non va
:'( E solo qualche volta ho la possibilità di usare un altro
computer :'( Non uccidetemi <3
Intanto, siamo arrivati ai Doni della Morte (prima parte, perché
come vi ricordo ci sarà la seconda), e c'è di nuovo
l'incontro tra Harry e Draco. E io li amo. Punto.
Come sempre, ringrazio tutti coloro che stanno continuando a seguire la raccolta :D Vi aspetto per il prossimo aggiornamento!
A presto!
ringostarrismybeatle
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo 7, pt. 2 ***
Cap 7b
Harry Potter e i Doni della Morte, pt. 2
Non seppe come riuscì a raggiungere i suoi genitori.
Non seppe come
riuscì a restare integro, mentre Voldemort allargava le braccia
verso di lui, per stringerlo al proprio corpo e renderlo parte di
ciò che era accaduto.
Non seppe come,
in quel momento, non si abbandonò alle dolci braccia della
morte. La sola che avrebbe potuto accoglierlo. La sola che lo avrebbe
riportato da lui.
I suoi occhi
spenti e velati dalle lacrime si mantennero fissi a terra, tra la
polvere e le macerie di quella scuola che lo aveva accolto come un
figlio, ma che lui aveva contribuito a distruggere. Forse non aveva mai
compreso fino in fondo a cosa le sue azioni lo avrebbero portato. Ma,
in quel momento, si rese conto di ogni cosa.
Si diresse da
sua madre. L’unica che, forse, sarebbe stata in grado di lenire
il suo dolore. L’unica, almeno, che lo avrebbe compreso. La donna
lo guardò, cercando di catturare il suo sguardo, ma senza
riuscirci. E capì che l’unica cosa da fare sarebbe stata
attendere. Attendere che Draco la raggiungesse, senza dire nulla.
Forse
perché c’era qualcosa in più. Qualcosa oltre il
dolore che suo figlio, come qualunque altro ragazzo della sua
età, avrebbe potuto provare in un momento così difficile.
Qualcosa che solo una madre avrebbe potuto comprendere. E lei
l’aveva compreso nel bosco, quella stessa notte.
Draco si
avvicinò a lei, con la testa bassa ed il solo desidero di essere
lontano da lì. Lontano come avrebbe potuto essere solo con la
morte. Eppure, si trovò a sopportare un dolore che non avrebbe
mai visto la fine. Un dolore che non avrebbe potuto sfogare, come tutti
stavano facendo. E questo lo avrebbe consumato dall’interno. Lo
avrebbe dilaniato. Come stava già facendo.
Avvertì
qualcosa muoversi, mentre si voltava nuovamente verso i compagni che
aveva lasciato dalla parte opposta. Il braccio di suo padre si stava
avvicinando a lui. Per sfiorarlo, per fargli comprendere che tutto
sarebbe finito molto presto. O forse, per stringerlo al proprio corpo.
Sembrava tutto dannatamente assurdo.
Dinanzi alla
distruzione, dinanzi alla morte, suo padre si stava forse rendendo
conto di quanto avesse chiesto a suo figlio? Di quanto dolore gli
avesse arrecato, di quanti anni spensierati gli avesse sottratto. Di
quanta vita gli avesse tolto.
Quel gesto
mostrò tutta l’umanità di Lucius Malfoy, tutto il
suo desiderio di chiedere perdono a Draco. Perché lui,
finalmente, aveva compreso quanto avesse chiesto a suo figlio. E
probabilmente, non sarebbe mai riuscito a dimenticarlo.
Ma Draco non avrebbe saputo cosa fare, con quell’umanità.
Sembrava tutto
assurdo. Era la verità. Per lui, lo era. Non avrebbe saputo cosa
dire, dinanzi a quella supplica. Dinanzi a quella richiesta di perdono.
Ma ebbe una certezza. Non sarebbe stato quello il momento adatto per
affrontare la questione.
Non appena
avvertì la mano di suo padre, si scansò, evitando quel
contatto. Non si voltò verso di lui, non incontrò il suo
sguardo. Lo avrebbe evitato. E non solo per quel giorno.
“Harry Potter è morto!”
Avvertì
quelle parole, ma riecheggiarono nella sua mente come se Draco non le
avesse davvero comprese. Qualcosa era ancora troppo vivo in lui. Quella
visione lo aveva distrutto. E non avrebbe avuto più il coraggio
di voltarsi verso di lui. Non avrebbe mai trovato la forza necessaria
per farlo.
Harry Potter era
morto. Dovette ripetere ancora una volta quelle parole dentro di
sé, per essere certo di averle udite e capite. Ma in fondo, non
ci sarebbe stato bisogno di parole. Perché lui aveva visto.
Aveva visto qualcosa che mai avrebbe voluto vedere nel corso della sua
vita. Qualcosa che per sempre lo avrebbe tormentato.
È stata colpa mia.
Il suo cuore si strinse in una morsa. E Draco non poté che pensare che quella fosse la verità.
È stata tutta colpa mia.
Quella era la
pura verità. La stupida verità che non avrebbe mai voluto
sentire, ma che continuava a spingere dentro di lui come una lama
affilata. Trafiggeva il suo cuore con una forza che non aveva mai
sentito, lo privava rapidamente di tutto il suo spirito. Uno spirito
maledetto. Uno spirito di cui lui stesso si sarebbe voluto liberare il
prima possibile.
Come aveva
potuto pensare che restare lontano da lui lo avrebbe aiutato? Aveva
cercato la solitudine per poter agire, ma allo stesso tempo per poterlo
tenere lontano dal Male. Eppure, in quel modo lo aveva perso. Non era
rimasto al suo fianco, nei momenti più importanti di quella
battaglia. Non era rimasto al suo fianco, nel momento in cui lui aveva
scelto di offrirsi, di sacrificarsi. Glielo avrebbe impedito, avrebbe
fatto di tutto per non permettergli di prendere una simile decisione.
Ma no. Non aveva avuto la possibilità di farlo. Perché, a
causa di una sua scelta, di una sua maledetta scelta, era rimasto lontano da lui.
Come aveva
potuto pensare di salvare lui e i suoi genitori? Non avrebbe potuto
scegliere ogni cosa. Eppure, quel piano gli era apparso così
perfetto da non far sorgere in lui il minimo dubbio. Restare lontano da
lui, per non renderlo un bersaglio facile. Eseguire gli ordini
ricevuti, per salvare la sua famiglia. Evidentemente, era tutto troppo perfetto.
Fa’ attenzione.
Quelle parole
riecheggiarono in lui, senza che lo desiderasse davvero. E quel ricordo
lo stremò. Quelle erano state le ultime parole che gli aveva
rivolto. Ma quella volta, Harry non aveva fatto come gli era stato
detto. Non aveva mantenuto la sua promessa.
Il peso sul suo stomaco sembrò sempre più forte. E divenne quasi impossibile da sopportare.
Quel giorno, nei
sotterranei della propria casa, Draco avrebbe potuto dire molto di
più di quelle due parole. Ma, in fondo, aveva sperato di poter
avere un’occasione diversa per farlo. Un’occasione migliore.
Maledetto.
No. Quella era la risposta. Quella sarebbe sempre
stata la risposta, a tutta la sua vita. Non avrebbe avuto
un’altra occasione di parlare con lui, di dirgli tutto ciò
che provava per lui. Tutto ciò che da più di un anno
teneva dentro di sé, insieme a quei segreti che la sua famiglia
gli aveva affidato.
Come aveva potuto pensare che non potesse esserci un’altra via d’uscita? Un modo per salvare Harry. E per salvare..
Già. Chi
avrebbe voluto salvare davvero? Sua madre, certamente. Ma, in quel
momento, si trovò a pensare a quella scelta. A quella decisione
presa tempo prima.
Aveva rinunciato
per sempre ad Harry, pur di salvare suo padre. Suo padre, che mai aveva
mostrato un reale interesse verso di lui, verso la sua innocente
infanzia, verso la sua formazione. Suo padre, che aveva sempre e solo
pensato a quello che sarebbe stato il suo impiego nella scacchiera del
Male. Suo padre, che non avrebbe atteso un solo istante per sacrificare
suo figlio.
Ho sbagliato tutto.
Come avrebbe fatto ad andare avanti? Come avrebbe potuto pensare di andare avanti, senza di lui? Sapendo che la sua morte fosse stata causata anche dalle sue maledette scelte.
Come avrebbe
fatto a vivere? Con quel peso, con quel fardello. Ma soprattutto, con
quell’assenza. Non aveva mai immaginato la sua vita senza Harry.
Aveva sempre creduto che le loro vite sarebbero state intrecciate. E
mai avrebbe potuto pensare di trascorrere un solo giorno senza di lui.
Ed ora, come avrebbe potuto trascorrere tutta la sua vita senza di lui?
Una lacrima
scivolò sulla sua guancia, silenziosa. Percorse il suo volto,
senza alcuna fretta, raggiungendo l’angolo sinistro della sua
bocca. Ma Draco non avrebbe potuto assaporare quel liquido così
salato. Perché, probabilmente, non ci sarebbe stato più
alcun sapore nella sua vita.
Avvertì i
sensi sempre più deboli. La vista si stava offuscando, il corpo
non rispondeva agli stimoli. La sua mente non riusciva a comprendere le
parole che provenivano dalla bocca di Neville Paciock.
La vita stava scivolando via dal suo corpo.
Ma, in fondo,
cosa avrebbe potuto chiedere di meglio? Abbandonarsi alla stanchezza,
congedarsi da quella vita che era riuscita a donargli solo sofferenze.
Sarebbe stato tutto più semplice. Perché, probabilmente,
se non fosse accaduto in quell’istante, avrebbe provato a farlo
accadere più in là. Quel dolore lo avrebbe spinto ad un
gesto folle. Ma che, da quel momento, non gli sarebbe più
apparso così folle.
Che senso avrebbe avuto vivere senza di lui?
Lui.
L’unica persona che davvero aveva avuto la forza di capirlo, di
restargli accanto, nonostante tutto ciò che di sbagliato ci
fosse in lui. L’unica persona che aveva sempre scelto di essergli vicino. Per consolarlo, per permettergli di sfogarsi, di liberarsi da tutti i pesi della sua vita.
L’unica persona che aveva scelto di amarlo.
Avvertì la risata di Voldemort. Ma gli apparve distante. Troppo distante. Socchiuse gli occhi, abbandonandosi a quel folle desiderio che lo stava colmando. Ma in quel momento, accadde.
Un movimento improvviso. Uno scatto che rapì il suo sguardo.
E lo vide.
Harry balzò a terra, scivolando via con forza dalle braccia di Hagrid. E tutto, intorno a Draco, sembrò fermarsi.
Non era possibile. Nulla di tutto ciò che stava accadendo era possibile.
Harry era morto. Ne era certo. Lo aveva visto, tra le braccia di Hagrid. Senza vita.
Eppure, in quel momento, mentre il suo cuore rischiava di esplodere, riuscì a vederlo davvero.
Era lì. Era vivo.
Lo stesso stupore colse ogni presente. Ed inchiodò Voldemort al proprio posto.
Ma non lui.
Forse
perché per troppo tempo era rimasto in bilico tra la vita e la
morte. Forse perché, improvvisamente, i suoi sensi si erano
risvegliati. O forse, semplicemente, perché finalmente aveva
compreso quale sarebbe stata la scelta giusta.
E, in quel momento, anche lui avrebbe avuto la possibilità di scegliere. E, questa volta, non avrebbe commesso errori.
“Potter!”
Fu un grido che
squarciò il silenzio. Un grido che riuscì ad esprimere
tutta la sua disperazione, tutto il dolore che improvvisamente si era
trasformato in una nuova vita. Una vita pronta ad esplodere in lui.
Scattò in
avanti, senza controllo. Pronto a lasciarsi alle spalle tutto
ciò che aveva rischiato di distruggerlo. Pronto a lasciarsi alle
spalle persino la propria famiglia. Il braccio di suo padre si distese,
per cercare di raggiungere il ragazzo e di fermarlo. Ma, ormai, era
troppo tardi.
Corse con tutta
la propria forza, con tutta la propria convinzione, mentre lo stupore
di Voldemort aveva lasciato posto alla rabbia e allo sconvolgimento.
Sentimenti che lo avevano portato a muoversi rapidamente.
Senza che Harry
quasi potesse rendersene conto, dalla bacchetta del Signore Oscuro
comparve un lampo verde. Un lampo che in precedenza lo aveva colpito,
senza riuscire, però, ad ucciderlo. Ma quella volta non ci
sarebbe stato uno scudo pronto a proteggerlo. Non ci sarebbe stato
alcun horcrux sacrificato al suo posto. Nessuna parte di Voldemort
stesso ancora viva in lui.
Quella volta, Harry fu solo.
Eppure, lui non sarebbe mai stato solo. E, in quel momento, ebbe la conferma.
Indietreggiò
di un passo, cercando di evitare quel raggio sempre più vicino.
Chiuse gli occhi, voltandosi dalla parte opposta. Ma non sarebbe
servito.
“Protego!”
Una luce bianca lo avvolse, facendolo voltare di nuovo. E in quel momento lo vide.
Draco.
Il ragazzo
rimase in piedi, immobile. Fiero. Si interpose tra Harry e Voldemort
senza timore, proteggendo il suo compagno e preparandosi a farlo ancora
una volta, se fosse stato necessario. Harry poté osservare solo
le sue spalle. Erette, forse per la prima volta sotto un suo comando, e
non proveniente da altri. Poté osservare il suo capo, che
orgoglioso si impose su tutto ciò che, fino a quel momento,
aveva deciso per lui e per la sua vita. E tutto ciò che si
presentò dinanzi ai suoi occhi gli bastò per capire.
Ma chi quel
giorno riuscì a vedere il suo volto, comprese che qualcosa era
davvero cambiato. Lo videro le schiere di Mangiamorte. Lo videro alcuni
compagni di Hogwarts. Lo videro i suoi genitori. E, infine, lo vide
Voldemort.
Probabilmente,
non tutti loro compresero a cosa quel gesto fosse dovuto. Non tutti
compresero il reale motivo. In fondo, Draco non avrebbe voluto mostrare
nulla. Quel gesto era stato il più spontaneo che avesse mai
compiuto. E se qualcuno avesse compreso, non avrebbe avuto importanza. Nasconderlo non avrebbe avuto più importanza.
Harry rimase immobile al proprio posto, e quei pensieri si impossessarono di lui.
Draco.
Lo aveva salvato. Ancora una volta.
Ma non ebbe altro tempo per pensare. Un istante dopo, Draco si voltò rapidamente verso di lui, con un ordine ben preciso.
“Harry, il serpente!”
Harry sapeva che
quello sarebbe stato l’ultimo horcrux. L’ultimo passo per
distruggere Voldemort. Ma le parole di Draco riuscirono a risvegliarlo
da quel momento. E, senza aggiungere una parola, agì.
Un lampo rosso
comparve dalla sua bacchetta, in direzione di Nagini. Entrambi
sperarono che potesse funzionare, ma in fondo seppero che non sarebbe
stato abbastanza. E, come avevano previsto, l’incantesimo
sembrò non sfiorarlo.
“Harry, va’ via!”
E Draco seppe
perfettamente che Voldemort non avrebbe perdonato quel gesto a nessuno
dei due. Corse verso il compagno, afferrandolo per un braccio e
fuggendo da lì. Dietro di loro, una bacchetta quasi impazzita da
cui migliaia di lampi verdi comparivano, rincorrendosi ed andandosi ad
infrangere sulle macerie di Hogwarts.
Ciò che Draco aveva pensato era la verità. Voldemort non avrebbe perdonato.
I Mangiamorte
ruppero le righe, scossi da quell’avvenimento. Cercarono di
agire, ma nessuno di loro osò superare il Signore Oscuro.
Draco
svoltò con rapidità a destra, trascinando dietro di
sé il compagno e raggiungendo il porticato. Sapeva che Voldemort
li avrebbe seguiti. Ma, per un istante, ebbe bisogno solo di lui.
Girò intorno alla colonna di un portico, attirando Harry dietro
di essa e nascondendolo. Non avrebbero avuto molto tempo a
disposizione. Ma, senza che lui lo attendesse, fu il compagno il primo
a parlare.
“Draco, sei impazzito?”
I suoi occhi si sgranarono, dinanzi a quelle parole.
“Perché l’hai fatto?”
“Che cosa?”
Ma, ben presto, comprese.
“Draco, avrebbe potuto ucciderti!”
Non seppe
perché, ma in quel momento solo un sorriso riuscì a
venire fuori dalle sue labbra. Era tutto dannatamente assurdo.
Voldemort li avrebbe trovati, molto presto. Avevano appena rischiato la
vita. Ma quel sorriso fu la cosa più spontanea accaduta nella
sua vita.
“Lo farei ancora mille volte, se servisse.”
“Draco, se ti fosse accaduto qualcosa-”
“E se fosse accaduto a te, ancora una volta, non me lo sarei mai perdonato.”
Il riferimento
era chiaro. Draco non avrebbe mai permesso che gli accadesse ancora
qualcosa. Non quella volta. Non dinanzi a lui.
Una lacrima
scivolò sul suo viso. Non lo avrebbe desiderato, ma fu come
liberarsi di un peso immenso. Ed Harry lo notò. E lo
lasciò sfogare come avrebbe desiderato.
“Ho avuto paura.”
Le sue guance si rigarono velocemente, e non poté evitarlo.
“Ho avuto paura di averti perso.”
Harry
cercò la sua mano, per restituirgli forza. Sorrise, avvertendo i
propri occhi inumidirsi per quelle parole. E capì.
La sua vita non sarebbe mai stata la stessa, senza Draco.
Ma, prima che
potesse rispondere, Harry vide qualcuno comparire alle spalle del
compagno. A qualche metro di distanza, con il respiro corto ed il viso
sconvolto da ciò che era accaduto. Lucius e Narcissa Malfoy.
“Draco..”
Il ragazzo
udì la voce di suo padre, voltandosi di scatto, colto di
sorpresa. Incrociò i suoi occhi, colmi di lacrime, e
sentì il proprio cuore stringersi dinanzi a quella visione.
“Draco. Vieni via.”
Ma il suo tono
non fu furibondo come lo aveva immaginato. Draco lo osservò a
lungo, spostando poi lo sguardo su sua madre. Il suo volto affranto non
lo stava pregando di tornare dalla parte del Male. Non lo stava
pregando di tornare dalla parte di Voldemort. No. Lo stava
semplicemente pregando di tornare a casa. Con loro.
“No. Non posso.”
Seppe che non si
trattò di un ordine. Di un’imposizione, come quelle che da
sempre aveva ricevuto nella vita. Si trattava semplicemente di una
supplica, che proveniva dal cuore dei suoi genitori. Ma non ebbe
bisogno di tempo per pensare. Non accettò quella supplica. Non
avrebbe mai potuto farlo.
“Draco..”
Suo padre lo
richiamò ancora una volta. Non avrebbe mai permesso che suo
figlio restasse lì un minuto di più. Eppure, guardando
nei suoi occhi, comprese che non avrebbe potuto fare nulla per
convincerlo.
Ma fu in quel momento che Harry intervenne. E Draco non riuscì a credere alle sue parole.
“Draco. Devi andare.”
Il ragazzo si voltò di scatto verso di lui, con le labbra dischiuse e uno stupore ben evidente nei suoi occhi.
“Che cosa?”
“Devi andare con loro.”
Non capì. Non avrebbe mai potuto capire. Né accettare ciò che Harry stava dicendo.
“Non puoi dire sul serio.”
Scosse leggermente il capo, senza forze. Cercò di comprendere, ma fu impossibile.
“Draco, ti prego.”
“No. Non me ne andrò da qui. Resterò con te.”
Harry non
avrebbe mai potuto permetterlo. E si sentì morire dentro, nel
momento in cui riportò lo sguardo su Narcissa Malfoy. Non ci fu
bisogno di parole. Nei loro occhi, c’era tutto ciò che
avrebbero desiderato dire. Occhi di due persone che, in fondo, amavano
lo stesso ragazzo, allo stesso modo. Senza alcuna distinzione.
Un lampo verde
rischiarò il corridoio che si trovava prima del porticato. I due
ragazzi si voltarono di colpo verso quel raggio, ed il loro cuore si
preparò a dover sopportare di nuovo quell’angosciante
momento. Ma Harry seppe che, in quel momento, non sarebbe andata
così.
Approfittò
della distrazione di Draco, il cui sguardo era ancora perso nel punto
dal quale quella Maledizione era giunta. E seppe cosa fare.
Afferrò
le spalle del compagno, che spostò i propri occhi su di lui. Ma
non ebbe tempo per rendersi conto di ciò che stava accadendo.
Harry lo spinse con forza lontano da sé, verso i suoi genitori.
Narcissa trovò rapidamente la sua mano, stringendola forte e
tenendo con l’altra suo marito. Draco rimase con lo sguardo fisso
su di lui, e in quel momento iniziò a comprendere.
“Harry!”
Sentirlo gridare
il proprio nome fu straziante. Ma non avrebbe potuto agire
diversamente. Draco aveva salvato la sua vita molte volte. Adesso,
sarebbe stato il suo turno.
“Andrà tutto bene.”
Parlò,
con il sorriso sulle labbra. Un istante dopo, Lucius Malfoy si
smaterializzò, trasportando con sé la sua famiglia.
Harry ebbe un ultimo istante a disposizione. Un istante in cui incontrò i loro sguardi.
Quello di Lucius
Malfoy, stanco come mai prima, che semplicemente lo osservò,
quasi chiedendosi il perché di quel gesto così magnanimo
verso di loro. Forse, egli aveva compreso ogni cosa. Ma, in quel
momento, non avrebbe avuto interesse in ciò che era accaduto tra
di loro. Il suo unico pensiero era portare via da lì la sua
famiglia.
Quello di
Narcissa Malfoy, che non poté far altro che ringraziare Harry
per ciò che aveva fatto. Dal primo momento in cui Draco era
fuggito verso di lui, per salvarlo, aveva temuto che la vita di suo
figlio non fosse risparmiata. Ma la scelta di Harry aveva cambiato
nuovamente ogni cosa. E lei gli sarebbe stata eternamente grata.
Quello di Draco Malfoy.
Fu
l’ultimo sguardo su cui si posarono i suoi occhi. La sua bocca
spalancata, il suo volto bianco, quasi trasparente. Le sue forze quasi
del tutto annullate. Ed il suo corpo trascinato in quel vortice.
Un ultimo sguardo. Un ultimo istante.
Un ultimo modo in cui entrambi confessarono il loro amore.
Un amore che Harry avrebbe portato con sé, in quell’ultima battaglia.
Ciao a tutti :D Occhei, si è
capito che aggiornare di giovedì è diventato impossibile
-.- La mia connessione ancora non decide di riprendersi, quindi! Ma, in
generale, questa era la penultima os :'( E già piango! Ma non
pensiamoci :D
Bene, volevo solo aggiungere che, per chi non lo sappia, questa os
viene dalla scena cancellata del film in cui Harry cade dalle braccia
di Hagrid e Draco, vedendolo, scappa dai suoi genitori verso di lui. Il
nome del video è "Draco Malfoy saving Harry's ass and throwing
him his wand 360p". E' una cosa spettacolare. E ancora sono inferocita,
perché la scena non è stata inserita nel film. Quindi,
dovevo assolutamente scriverci qualcosa :D
Come sempre, ringrazio tutti coloro che continuano a seguire la raccolta :D Vi aspetto per il prossimo aggiornamento!
A presto!
ringostarrismybeatle
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Epilogo ***
Cap 8
Epilogo
Harry
sollevò il calice di vino rosso. Un ampio sorriso sul suo volto.
Ed occhi che sembravano brillare, per la felicità di quel
momento.
Al centro della
stanza, George e Angelina osservarono i loro amici. Subito dopo, si
scambiarono un dolce sguardo, che inevitabilmente li portò ad
avvicinarsi e ad unirsi in un bacio che tutti intorno a loro stavano
chiedendo. La folla festante si levò in un grido di
approvazione, facendo sorridere i due giovani promessi sposi.
Harry si
unì all’applauso dei suoi compagni, cercando di fare
attenzione al calice ancora nella sua mano. Aveva bisogno di quella
serata. La festa di fidanzamento di George e Angelina era ciò
che avrebbe desiderato, per poter tornare alla normalità. O
almeno, per tentare di farlo.
Otto mesi erano
trascorsi dalla Guerra di Hogwarts. Otto mesi in cui aveva cercato di
comprendere che tutto fosse terminato, che ogni cosa si fosse risolta.
Otto mesi in cui, a chiunque, aveva risposto che non c’era nulla
che non andasse per il verso giusto.
Era la verità. Giusto?
Voldemort era
stato sconfitto. Il Male era scomparso. Per sempre. Non ci sarebbero
stati più pericoli nel mondo. Mai più. E tutto grazie a
lui. Ma a quale prezzo?
Si guardò intorno. Ed il suo sorriso pian piano si spense.
George avvolse
le spalle della sua compagna con un braccio, stringendola a sé e
baciandole il capo. Sembrava così spensierato. Così
libero. Così.. Felice.
Harry si trovò, ancora una volta, a chiedersi come fosse
possibile. George aveva perso amici. Persone a lui care. Aveva perso
suo fratello. Ma nonostante tutto, trovava ancora la forza per andare
avanti, per sorridere. Per vivere. E davanti agli altri, tutto sembrava
essere nella normalità. Come se nulla fosse accaduto. Harry era
certo che lui, come tutti gli altri, avesse sofferto. Ma come riusciva,
in quei momenti, a far finta che tutto andasse per il meglio?
“Harry?”
Ron lo
destò dai suoi pensieri. Lo stava osservando già da
qualche istante, senza che lui se ne accorgesse. Seduto sul divano, con
Hermione stretta al suo corpo, comoda sulle sue ginocchia, il ragazzo
lo osservava ora dal basso, cercando di comprendere cosa lo stesse
tormentando.
Harry si voltò verso di lui. Cercò di dimenticare quei pensieri. E sorrise.
“Tutto bene.”
Avvertì
gli occhi di Hermione spostarsi su di sé. E prontamente, li
evitò. Seppe perfettamente che lei avrebbe potuto comprendere
più di Ron. E forse, lo aveva già compreso. E come
avrebbe potuto non farlo? Lei sapeva. Ogni cosa. Da tempo. Aveva
sospettato per molto, ma alla fine era stato Harry a confidarle
ciò che ci sarebbe stato da sapere.
Le aveva
confidato di lui e Draco. Lo aveva fatto nel corso del sesto anno, dopo
la discussione che li aveva visti protagonisti. E in quel momento, si
era sentito più libero, più leggero. Perché quel
peso non attanagliava più il suo stomaco. Perché,
finalmente, aveva avuto la possibilità di liberarsene.
Harry
sollevò nuovamente lo sguardo, ma avrebbe preferito non farlo.
Dall’altra parte della stanza, gli occhi di Ginny si trovarono
immersi nei suoi. La ragazza si voltò, non appena notò
che Harry aveva incrociato il suo sguardo. E riprese a parlare con gli
altri, tra cui Dean Thomas, che sembrò particolarmente
interessato ad avvicinarla a sé. Evidentemente, le voci sul loro
rapporto, da poco rinato, erano vere. Harry sorrise. In fondo, non
aveva alcun interesse in quella questione. Sapeva che Ginny, in
realtà, non lo aveva dimenticato. E quegli sguardi continui lo
avevano confermato. Come se ci fosse stato bisogno di una conferma. Ma,
allo stesso tempo, sapeva che sarebbe stato meglio per entrambi andare
avanti. O almeno, per lui sicuramente. Nulla di ciò che era
accaduto tra di loro avrebbe avuto senso. E portarlo avanti ne avrebbe
avuto ancora meno.
Ma quella sera
non avrebbe voluto pensare a nessuno di quei problemi. Avrebbe solo
desiderato tranquillità. Quella tranquillità che forse
non aveva mai provato, e che in quel momento gli appariva ancora come
un sogno. Una tranquillità a cui, forse, non si sarebbe mai
abituato.
Prese un sorso
di quel vino, cercando di svuotare la mente da tutti i pensieri che
avrebbero potuto rovinare la sua serata. Ma, in realtà, qualcosa avrebbe cambiato la sua serata. Qualcosa che mai avrebbe potuto immaginare.
Abbassò
nuovamente il bicchiere, guardandolo per un istante e poi sollevando lo
sguardo. Dinanzi a sé, a qualche metro di distanza, Neville
fissava un punto della stanza, con uno sguardo decisamente stupito.
Harry non comprese. Un istante più tardi, anche Luna, notando la
meraviglia del compagno, si voltò. Ed i suoi occhi comunicarono
lo stesso identico sentimento.
In pochi
secondi, la stanza si ammutolì. Un silenzio surreale scese tra i
presenti, che rapidamente spostarono lo sguardo, per osservare qualcosa
che nessuno avrebbe potuto immaginare. Qualcosa di troppo strano per
essere vero.
Harry forse fu
l’ultimo a decidere di voltarsi. Non seppe perché. Ma fu
certo del fatto che, di qualsiasi cosa si fosse trattato, non sarebbe
stato abbastanza importante da destare la sua attenzione. Eppure,
quando guardò dietro di sé, fu costretto a ricredersi.
Il suo cuore perse un battito. E in quell’istante, credé che il tempo si fosse fermato.
Era lì.
Le sue labbra si
dischiusero, vistosamente. Le sue forze vennero meno, ed il bicchiere
nella sua mano rischiò di cadere a terra.
In molti si
voltarono verso di lui, per poter osservare la sua reazione. E
nonostante nessuno sapesse nulla di quella storia, chiunque
all’interno di quella stanza volle vedere con i propri occhi
quale sarebbe stato il primo sguardo che i due si sarebbero scambiati.
E lo videro. Ma, forse, senza comprenderlo.
Draco
incontrò i suoi occhi. In un istante. Dopo essersi guardato
intorno per cercare di capire quanti volti lo avrebbero maledetto in
quella casa, non aveva atteso ancora. Perché, in fondo,
nonostante Harry fosse rimasto voltato ancora per qualche istante dopo
il suo arrivo, non aveva impiegato molto per riconoscerlo. Lo avrebbe
riconosciuto ovunque. Tra milioni di persone.
Lo guardò. A lungo.
Riconobbe quegli
occhi, come se non fosse trascorso neanche un giorno dall’ultima
volta in cui aveva avuto la possibilità di osservarli. E invece,
otto lunghi mesi erano trascorsi. Otto mesi dal giorno in cui Harry
aveva avuto la meglio sul Male. Otto mesi dal giorno in cui tutto era
finito. O, forse, iniziato.
Otto mesi in cui non aveva pensato ad altro che a lui.
Ed Harry rispose
a quello sguardo. Mostrò tutto il proprio stupore, senza
celarlo. E sarebbe stata la cosa migliore da fare. Pensare che Draco
fosse lì era surreale. Nessuno avrebbe potuto attendere il suo
arrivo. Soprattutto lui.
Il silenzio perdurò. E probabilmente, sarebbe durato per l’eternità, se George non fosse intervenuto.
“Draco!”
Sorrise
ampiamente, dirigendosi verso di lui. Tese una mano verso il nuovo
arrivato, che rispose prontamente e la strinse, nonostante il timore di
essere lì fosse ancora troppo forte dentro di lui.
“Grazie per essere venuto.”
Probabilmente, tutti i presenti pensarono che George fosse impazzito. E, in realtà, il primo a pensarlo fu Harry.
In fondo,
nessuno di loro sapeva cosa fosse accaduto. E nessuno di loro,
probabilmente, lo avrebbe mai saputo. Nessuno sapeva che, il giorno del
funerale di Fred, George avesse visto Draco recarsi sulla tomba di suo
fratello, per poter piangere quella morte che lui stesso aveva
contribuito a causare. Nessuno sapeva che, quel giorno, persino George
avesse trovato la forza di perdonare qualcuno che, costretto a compiere
il male, aveva dimostrato di non appartenere ad esso.
“Grazie a te per avermi invitato.”
Rispose cercando
di mostrare tutta la propria sicurezza, ma nonostante quel suo sforzo
apparve rigido a tutti. Ma, in fondo, nessuno di loro avrebbe atteso un
atteggiamento diverso. Né tantomeno un sorriso.
Era sempre il
Draco Malfoy che tutti conoscevano. Totalmente vestito di nero, con i
capelli biondi voltati da un lato e quella pelle bianca che così
tanto sembrava contrastare con le sue vesti, così scure e
così serie. Draco era ancora dannatamente magro, come chiunque
di loro lo ricordava ormai dal suo sesto anno ad Hogwarts. Quel volto
scavato sembrava portare con sé i segni di tutto ciò che
il ragazzo aveva passato. Di tutto ciò che lo aveva segnato.
Eppure, qualcosa
in lui sembrava essere cambiato. Nessuno di loro seppe comprendere di
cosa si trattasse. Ma tutti ne furono certi.
“Vieni. Prendi qualcosa da bere.”
George comprese
che tutti quegli sguardi stavano divenendo fin troppo pesanti per lui.
Cinse le sue spalle con un braccio, senza timore di una reazione da
parte sua. E, senza aggiungere nulla, lo condusse fino al tavolo su cui
alcune bottiglie di vino erano ancora colme. Ma in quel tragitto, Draco
non poté non sollevare nuovamente gli occhi, quando passò
accanto ad Harry. Incrociò il suo sguardo, e tutto ciò
che si trovava intorno a loro perse importanza. Eppure, nessuno dei due
riuscì a muoversi, per.. Già, per cosa? Per salutarsi?
Per parlare? Per spostarsi da qualche altra parte? Non lo sapevano. In
fondo, nessuno di loro sapeva come comportarsi. Ma entrambi seppero che
quello non sarebbe stato il momento.
Ron ed Hermione
seguirono quel lungo sguardo, e nonostante il ragazzo non sapesse nulla
di quella storia, trovò conferma ai dubbi che ormai da anni
colmavano la sua mente. Quelle fughe notturne, quei momenti in cui si
allontanava dal dormitorio di Grifondoro senza dare spiegazioni. Per
anni, Harry aveva evitato qualsiasi domanda, ma Ron aveva compreso
più di quanto il suo amico potesse pensare. E aveva scelto di
non chiedere nulla. Almeno fino a quando Harry non si fosse sentito
pronto a parlarne con lui.
Harry
seguì Draco con gli occhi, vedendolo allontanarsi con George
fino a raggiungere il tavolo. Il ragazzo salutò Angelina
sobriamente, con una stretta di mano, complimentandosi per
l’avvenimento e cercando di apparire il più disinvolto
possibile. In passato, non avrebbe mai scambiato neanche una parola con
lei. Ma la ragazza tentò di farlo sentire a suo agio. E George
la ringraziò per questo, sorridendo tra sé e sé.
Trascorse forse
mezz’ora. O forse un’ora. O forse solo cinque minuti. Harry
non fu in grado di dirlo. Cercò di pensare ad altro. Di spostare
l’attenzione su qualsiasi cosa che non fosse lui. Ma in ogni
istante, nei suoi pensieri, riuscì a comparire solo Draco. Lo
vide parlare con alcuni compagni di Serpeverde, i pochi con cui George
aveva intrattenuto un buon rapporto ad Hogwarts. Ma, molto spesso,
aveva incontrato il suo sguardo. E dentro di sé, aveva sperato
che anche lui avesse voglia di parlare.
Bevve
l’ultimo sorso di vino, tutto d’un fiato. Abbassò
nuovamente il bicchiere, riaprendo gli occhi e guardando di fronte a
sé. Dalla parte opposta della stanza, lo sguardo di Draco lo
catturò. Il ragazzo era solo. Lo guardò a lungo, ed Harry
rispose ai suoi occhi. E capì.
Draco si
voltò verso la propria sinistra, avviandosi verso l’ampia
terrazza ed invitando il compagno a seguirlo, con uno sguardo che fece
perdere un battito al suo cuore. Harry lasciò che l’altro
si allontanasse, sotto gli occhi di tutti. Attese qualche istante, ma
alla fine comprese che non sarebbe servito a nulla.
E lo seguì.
Avvertì i
presenti osservare quella scena e porre domande, ma non gli
interessò. Avvertì i bisbigli, le conferme sulle voci che
da tempo circolavano all’interno di Hogwarts. Ma non ebbe
importanza. Harry posò il bicchiere ormai vuoto sul tavolo, e
senza aspettare uscì sull’ampia terrazza. E lo vide.
Draco era di
spalle. I gomiti poggiati con delicatezza sulla ringhiera, gli occhi
persi in quella nottata, nel cielo illuminato da una forte luna piena e
da una miriade di stelle. Nella mente di Harry, senza alcun preavviso,
il volto di Remus Lupin comparve dal nulla. Ma egli scansò quel
pensiero. Rimase fermo al proprio posto. Fu certo che il compagno lo
avesse avvertito. Qualche istante dopo, riprese a camminare verso di
lui. Lentamente, godendo di ogni istante di attesa. Draco mantenne gli
occhi fissi dinanzi a sé. Tra le mani, il bicchiere ancora per
metà colmo del vino rosso che George aveva versato per quel
brindisi. Una leggera brezza soffiava sui loro volti. Il caldo
dell’estate ormai era svanito, per lasciare il posto ad un fresco
autunno che tutti loro avrebbero ricordato.
Lo raggiunse.
Rimase in silenzio, sistemandosi accanto a lui ed osservando il
paesaggio che si estendeva dinanzi ai loro occhi, nonostante il buio
della notte fosse riuscito a prevalere sulla luce della luna,
inghiottendo nell’oscurità tutto ciò che aveva
trovato sul proprio cammino. Il vento avvolse le sue braccia, ed Harry
si pentì di aver lasciato all’interno la propria giacca.
Persino le maniche della sua camicia bianca, arrotolate fino al gomito,
in un istante divennero fredde ed inutili a riscaldarlo. Ma un solo
brivido lo scosse. Non avrebbe avuto spazio nella propria mente per
pensare a qualcosa di diverso da lui.
“Bella serata, vero?”
Avrebbe dannatamente desiderato parlare. E disse la prima cosa che passò nella sua mente.
Che stronzata.
Già. Si maledisse per averlo detto. Possibile che non sapesse dire altro che stronzate?
Ma sul volto di
Draco si dipinse un impercettibile sorriso. Un sorriso che solo Harry
sarebbe stato in grado di vedere e di capire.
“Già.”
Il suo cuore si
alleggerì. L’unica cosa che avrebbe avuto importanza era
quella. Trovare il coraggio di parlare. Di iniziare il discorso, in
qualsiasi modo. Probabilmente, dopo, sarebbe stato tutto più
semplice. O, almeno, lo sperò.
Harry prese un
profondo respiro, osservando il profilo perfetto del compagno, che
continuò a perdersi con lo sguardo nell’oscurità.
“Come stai?”
Forse si
trattava di una domanda sciocca. Forse avrebbe potuto chiedere altro.
Ma era ciò che desiderava sapere davvero. L’unica cosa che
gli interessava.
Draco rimase
immobile. Ed Harry attese. Capì che avrebbe avuto bisogno di
tempo. E glielo concesse, nel silenzio più totale di quella
terrazza. Le voci che provenivano dall’interno della casa
sembravano ancor più lontane. Ma, probabilmente, nessuno dei due
pensò di essere ancora lì. Ad una festa di fidanzamento.
Sembrarono quasi essersi materializzati in un altro luogo. Un luogo che
non avrebbe potuto ospitare altri che loro.
“Non lo so.”
Era la verità. Ed Harry lo sapeva.
Prese un sorso di vino, per trovare la forza di continuare a parlare.
“Pensavo che alla fine di tutta questa storia sarei riuscito a sentirmi bene. Davvero
bene. Finalmente. Ma gli ultimi due anni sono stati strazianti. E non
riesco ancora a liberarmi del peso di quei momenti.”
Harry
ascoltò ogni parola. E in quelle parole si ritrovò.
Avevano passato momenti diversi, in quel periodo di tempo. Ma, in
realtà, momenti che li avevano portati a soffrire allo stesso
modo. Entrambi in solitudine. Perché, nonostante Harry avesse
avuto accanto a sé i suoi amici, aveva sentito che al suo fianco
mancava la persona più importante, quella che avrebbe desiderato
a tutti i costi. L’unica che avrebbe potuto e saputo condividere
con lui qualcosa di così forte.
Erano stati soli. Uno senza l’altro. E avevano rischiato di perdersi per sempre.
“Non so se
riuscirò mai a liberarmene. Ma, in questi ultimi mesi, ho avuto
poco tempo per pensare a me. Ci sono state cose più importanti
di cui occuparmi. La mia casa, la mia famiglia.”
Già,
Harry aveva sentito molte voci a riguardo. Villa Malfoy era ormai nelle
mani di Draco. In fondo, era così già da due anni, da
quando Lucius Malfoy era stato arrestato, all’inizio del loro
sesto anno ad Hogwarts. Ma, dalla fine della guerra, il ragazzo aveva
assunto maggiori responsabilità. Le voci, tra i dipendenti del
Ministero, si erano rincorse per mesi interi, e non sarebbero potute
non giungere alle orecchie di Harry. Voci che avevano riguardato anche
i genitori di Draco. Ma preferì non chiedere. Seppe che sarebbe
stato lui a parlargliene. E così fu.
“Mio padre
si trova in una clinica. Una volta finita la guerra, non avrebbe mai
potuto riprendere la sua vita normale. Era devastato. Dal momento del
suo arresto, non è stato più lo stesso. Ha rischiato di
impazzire. Lo hai visto anche tu. Senza contare ciò che gli
altri avrebbero pensato di lui. Nessuno si sarebbe più
avvicinato ad un uomo come lui. È stata la cosa migliore da
fare.”
Parlò con
un tono molto più autoritario rispetto a quello che negli anni
precedenti aveva utilizzato, in riferimento a Lucius Malfoy.
“E mia
madre.. Lei non avrebbe voluto distaccarsi da lui, ma sarebbe stato
necessario. Avrebbe voluto seguirlo, ma non le è stato permesso.
E non sarebbe stata la cosa migliore per lei. Ha bisogno di solitudine
e di pace.”
Ed Harry comprese. Quella decisione era stata presa da lui. Da Draco.
Lui era andato
avanti. Era cresciuto. E nonostante i ricordi di quei tremendi anni
continuassero a tormentarlo, era riuscito a liberarsi dalle catene
della sua vita.
“E tu? Come stai?”
Harry venne
quasi colto alla sprovvista, quando il compagno tornò a parlare,
voltandosi per la prima volta verso di lui. Forse perché aveva
pensato che avesse altro da raccontare. Forse perché si era
perso in quei pensieri. Forse perché, semplicemente, non pensava
che Draco avrebbe posto delle domande. Nessuno, negli ultimi mesi, lo
aveva fatto. Nessuno si era interessato alla sua situazione.
Probabilmente, perché tutti avevano pensato che, in seguito alla
fine della guerra e alla morte di Voldemort, tutto per lui si fosse
risolto. E, ancora una volta, ebbe la conferma del fatto che solo lui
sarebbe sempre stato in grado di capirlo.
Incontrò
quegli occhi, rischiarati dalla luce della luna. Li sentì
indagare dentro di sé, metterlo a nudo come sempre avrebbero
fatto. E mantenere lo sguardo su di essi non fu semplice. Ma Harry
rifletté su quella domanda che gli era stata posta. E solo un
sorriso poté comparire sul suo volto, perché la risposta
fu la stessa che Draco aveva dato in precedenza.
“Non lo so.”
E ancora una
volta, fu la verità. Harry spostò lo sguardo a terra. Non
avrebbe potuto portare avanti quel discorso, con quegli occhi di
ghiaccio puntati su di sé.
“Sono
stato solo, per un po’. Ne ho avuto bisogno. Mi serviva tempo per
capire tutto ciò che era accaduto. E per accettarlo. E mi sono
reso conto di molte cose. Di non aver mai avuto del tempo per capire ed
accettare, ad esempio. È stata la prima volta. Di non aver mai
conosciuto davvero il pericolo che stavo correndo. Di non aver mai
saputo comprendere le persone, soprattutto.”
Il riferimento a
lui fu chiaro. Le labbra di Draco si piegarono leggermente in un
sorriso, perché Harry stava riconoscendo il suo errore. Ed egli
lo capì, senza problemi. Abbassò lo sguardo per un
istante, avvertendo le proprie guance tingersi di un delicato rosso.
Anche se, con le luci fioche sistemate sulla terrazza, il compagno non
sarebbe mai riuscito a vedere il suo volto colorirsi.
“Per
qualche tempo, ho visto solo Hermione e Ron, di tanto in tanto.
È stato difficile per loro accettarlo. Avevano paura che potesse
succedermi qualcosa. Che la solitudine potesse farmi impazzire. Che i
ricordi della guerra potessero distruggermi. Ma non avevano capito che
essere solo era tutto ciò che avrei desiderato, in quel
momento.”
Draco
avvertì il dolore nelle sue parole. E lo riconobbe. Il dolore
dei ricordi, il dolore di ciò che avevano trascorso. Un dolore a
lui troppo familiare, che entrambi avrebbero potuto sanare solo con la
solitudine. Eppure, domande continuarono a vorticare nella sua mente.
Domande che avrebbero desiderato risposte. Ed ebbe il bisogno di porle.
“E Ginny Weasley?”
Harry venne
colto di sorpresa, con quelle parole. Le sue sopracciglia si
inarcarono, e per un istante ebbe il desiderio di far finta di nulla.
Ma, in fondo, non sarebbe servito. Semplicemente, si chiese come il
compagno fosse venuto a conoscenza di qualcosa a cui lui stesso non
aveva dato la minima importanza. E Draco sembrò leggerlo nel
pensiero. Ed anticipò la risposta a quella domanda posta solo
con l’aiuto del proprio sguardo.
“Le voci
su di te continuano a correre. E continueranno sempre a farlo. Si dice
che abbiate una relazione. All’inizio, non avrei voluto credere a
ciò che si diceva. Ma, con il passare del tempo, ho iniziato a
pensare che non ci fosse nulla di strano, nel tuo bisogno di andare
avanti.”
Si scambiarono
uno sguardo profondo, ed Harry capì di non aver bisogno di
prendere del tempo. Draco aveva atteso fin troppo per poter porre
quella domanda.
“Non
c’è stato nulla, Draco. Te lo assicuro. Ginny mi ha
confessato di provare qualcosa per me, da molto tempo. E, in fondo, era
qualcosa che dentro di me avevo già capito. Voglio essere
sincero. Lei ha provato ad avvicinarsi a me. Ha provato a baciarmi.
Ma.. Non avrei mai potuto farlo. Non era ciò che volevo.”
Non dubitò neanche per un secondo. Seppe che quella era la verità. Non c’era menzogna, nelle sue parole.
“È
vero, avevo bisogno di andare avanti. Ma non in questo modo.
C’è solo una persona con cui sono certo di poterlo fare. E
sei tu.”
Draco non aveva
pensato di sentirlo parlare in quel modo. Non quella sera. O, forse,
mai più nella vita. Ma, ancora una volta, egli fu in grado di
smentirlo. Eppure, ancora una domanda si celava in lui. E non ci
sarebbe stato altro momento per cercare di rischiarare i suoi dubbi.
“Non hai mai pensato di cercarmi?”
Harry lo
guardò, restando in silenzio per qualche istante. Era vero,
aveva sempre cercato la solitudine. Ma in tutti quei mesi, aveva sempre
atteso quel momento.
“Sì.
L’ho pensato. Molte volte. Volevo scriverti. Ma non sapevo come
avresti reagito. Ero certo che anche tu, in fondo, avessi voglia di
rivedermi. Ma, da un lato, avevo paura che tu potessi avercela con me.
Per come ti avevo allontanato dalla guerra, quel giorno.”
“E come
avrei potuto? È vero, quel giorno non sarei mai andato via. Lo
sai bene. Ma, poi, ho capito. Ho capito perché lo hai fatto. E
io avrei fatto lo stesso.”
Harry sorrise tra sé e sé, ma un istante dopo portò di nuovo lo sguardo a terra.
“Già.
Ma, se non ti ho scritto, non è stato solo per questo. Avevo
paura della tua reazione, è vero. Ma avevo paura anche di
me.”
Gli occhi di
Draco si soffermarono a lungo su di lui. Non incrociò il suo
sguardo, ma cercò di capire quelle parole. Ed Harry si
spiegò.
“Non mi
sentivo davvero bene. Non ero certo di essere capace di vivere le mie
giornate come avrei voluto davvero. E, se in quel momento non ero in
grado di occuparmi di me stesso, non avrei mai permesso di farti
avvicinare a me. Questa potrebbe essere una nuova vita. Per entrambi. E
vorrei essere certo di poterti dare tutto me stesso. Se tu ancora lo
vorrai.”
Le labbra di
Draco si dischiusero. Ed i suoi occhi sembrarono illuminarsi di una
luce nuova. Nuova, come quella vita che si stava mostrando dinanzi a
loro.
Era un sogno.
Quel sogno che per anni avevano accarezzato, spesso pensando che mai
sarebbe divenuto realtà. Ma, in quel momento, si trovarono a
viverlo. E fu tutto come lo avevano immaginato.
“Sono
stato uno stupido. Non sono stato in grado di capirti, quando avevi
più bisogno di me. Ti ho lasciato da solo, credendo a ciò
che tu hai detto per allontanarmi. Ma tu hai sempre fatto tutto questo
per me. Mi hai salvato la vita in così tante occasioni.
Tenendomi lontano da te, fingendo di non riconoscermi. Proteggendomi da
quella Maledizione. Nessuno l’avrebbe fatto. Ma tu non hai avuto
paura. Neanche per un istante.”
Harry inumidì le proprie labbra, divenute improvvisamente troppo asciutte per permettergli di parlare.
“E io ti
ho detto cose terribili. Cose che non pensavo davvero. E non le
meritavi. Tu non sei così. Non sei come io ti ho descritto. Non
lo sei mai stato. E mai lo sarai.”
Aveva utilizzato
parole tremende. Le ricordava perfettamente. E ognuna di quelle parole
aveva ferito Draco nel profondo, facendolo sprofondare in un dolore che
era apparso senza fine.
“Tu non sarai mai come tuo padre.”
Sorrise, nel
pronunciare quelle parole. E fu un sorriso carico di dolcezza, di
comprensione. E di amore. Un sorriso che riscaldò l’animo
di Draco e, per la prima volta, lo fece sentire completo.
Al sicuro.
Quel sorriso fu
contagioso. Le sue labbra si piegarono dolcemente. E nei suoi occhi,
quelli del compagno si rispecchiarono e si immersero, come in un mare
profondo da cui non sarebbero mai voluti riemergere. Harry si mosse,
compiendo un passo verso di lui. Trovò la sua mano ancora posata
sulla ringhiera, incrociando delicatamente le sue dita con le proprie.
Una delle cose di cui maggiormente aveva sentito la mancanza, in quei
due anni in cui non aveva avuto la possibilità di sfiorarlo.
“Ti chiedo scusa. Per tutto.”
Fu sincero, come
avrebbe desiderato. E Draco apprezzò quelle parole e quella
sincerità. Era tutto ciò che avrebbe chiesto. E volle
ricambiare.
“No. Sono io che devo scusarmi con te.”
Strinse maggiormente le sue dita.
“Non avrei
dovuto allontanarmi. Ho sbagliato. Ogni cosa. Pensavo che, in quel
modo, sarebbe stato più difficile avvicinarsi a te. Se qualcuno
avesse scoperto la nostra relazione, sarebbe stato semplicissimo
prenderti. E non avrei potuto rischiare niente di simile. Solo dopo ho
capito che, volendolo o meno, sarebbe arrivato il momento del confronto
tra te e lui. E non avrei potuto fare nulla per evitarlo.”
Parlò con il cuore in mano, ricordando momenti che lo avevano coinvolto, straziandolo.
“Certo,
non pensavo che tu potessi recarti da lui, di tua spontanea
volontà. Sapevo bene degli horcrux. Ma neanche io potevo
immaginare che dentro di te ci fosse una parte di Voldemort.”
Harry era certo
che lui lo sapesse. Conosceva la storia degli horcrux, probabilmente
era stato Voldemort stesso a parlarne ai suoi seguaci, per assicurarsi
che tutti garantissero la sicurezza degli oggetti a lui più
cari. Quelli che contenevano parte della sua anima. Altrimenti, come
avrebbe potuto sapere del serpente, il giorno della guerra di Hogwarts?
“Mia madre
mi ha raccontato tutto. Mi ha detto di come tu abbia deciso di
consegnarti. Mi ha detto che è stata lei ad avvicinarsi, per
assicurarsi che tutto fosse andato secondo i piani. E mi ha detto di
averti chiesto di me.”
Lo ricordava
perfettamente. Nella sua mente, Harry ripercorse quei momenti, e non
poté ignorare il brivido che salì lungo la sua schiena.
Un timore rinnovato, portato a galla dai ricordi, misto ad una folata
di vento leggermente più freddo.
Draco lo
notò. E in un istante, lasciando andare la sua mano, si tolse la
giacca, posandola con cura sulle spalle del compagno. Harry la
osservò, ed il suo naso si colmò di quel profumo che
sembrava essere più familiare del proprio. Tornò a
stringere la sua mano, dolcemente. E fu di nuovo pronto ad ascoltarlo.
“Probabilmente,
aveva già capito cosa ci fosse tra di noi. Sono certo che lei
sapesse che, in realtà, ti avevo riconosciuto, quel giorno a
casa nostra. Mia madre sa tutto di me. È in grado di capirmi. E,
in quel momento, non avrebbe potuto far altro che salvarti la vita. Sapeva che ci sarebbe stato ancora un modo per incontrarci. Sapeva che ci sarebbe stata concessa un’altra possibilità.”
Una possibilità.
Quella parola
rimase impressa nella loro mente. Rifletterono su di essa, mentre le
loro mani, tornate ad intrecciarsi, avevano iniziato a scambiarsi dolci
carezze. Fu solo una questione di tempo. Entrambi avrebbero voluto
porre quella domanda. Ma il primo di loro in grado di sciogliere il
nodo creatosi in gola fu Draco.
“Questa possibilità ci è stata concessa, Potter. Ma tu desideri davvero averla?”
Per un istante,
temette la risposta. Quello sarebbe stato il momento della
verità. Quello decisivo. Quello che attendeva da una vita.
Per anni, Harry
gli aveva promesso un futuro migliore. Un futuro in cui sarebbero stati
liberi di vivere la loro vita, come l’avevano sognata. Liberi di
amarsi, senza alcun ostacolo. Liberi di scegliere.
Il momento della scelta era arrivato. E avrebbe cambiato le loro vite per sempre.
Harry
piegò dolcemente le proprie labbra in un sorriso. Si
avvicinò a lui, raggiungendo la sua mano, ancora impegnata a
sorreggere il calice di vino. Lo prese, facendo attenzione, e lo
posò sul tavolo di legno che si trovava sulla terrazza, a pochi
metri da loro. Incontrò la sua mano, ora libera, e la strinse
come fino a quel momento aveva fatto con l’altra. E fu
così vicino a lui da poter avvertire il suo respiro. Ed il
battito del suo cuore.
“È l’unica cosa che chiedo.”
Risalì
con la mano lungo il suo braccio, raggiungendo il suo collo e
cingendolo, come Draco amava. Sfiorò il morbido e fresco tessuto
della sua camicia bianca, riconoscendolo. Lo ricordava perfettamente.
Non avrebbe mai potuto dimenticarlo.
Un ultimo sguardo. E fu un istante.
Le loro labbra
si incontrarono, come se non avessero atteso altro dall’inizio
della serata. O, forse, da mesi interi, in cui entrambi avevano cercato
la solitudine, ma sempre desiderando una possibilità per
trovarsi di nuovo.
E fu un bacio
casto, un bacio carico di dolcezza, che disse più di quanto
avrebbero potuto fare con le parole. Qualsiasi frase, in quel momento,
sarebbe apparsa fin troppo banale, fin troppo semplice, in confronto a
quel bacio che riuscì a tradurre i loro sentimenti più
nascosti ed i loro sogni più reconditi.
E fu un bacio di
cui, per la prima volta, non furono costretti a vergognarsi. Un bacio
per cui non dovettero temere nulla. Perché non avrebbero
più avuto bisogno di nascondersi nei luoghi dimenticati di
Hogwarts. Per esprimere i loro desideri, ma solo quando la notte
scendeva sul Castello e l’oscurità avvolgeva ogni cosa.
Per amarsi come chiunque altro avrebbe potuto fare, ma solo quando il
mondo intero era immerso nel sonno.
E fu un bacio che non avrebbero mai dimenticato.
Si distaccarono
con altrettanta dolcezza, aprendo gli occhi lentamente, come
risvegliandosi da un bellissimo sogno. Ma quella era la realtà.
Era la loro vita. La vita che Harry e Draco avrebbero trascorso insieme.
Harry fece
scivolare nuovamente la mano sinistra lungo il proprio fianco,
mantenendo la destra ancora stretta a quella del compagno. E fu pronto
per tornare all’interno della casa, lì dove una festa li
stava attendendo. Una festa che, da quel momento, avrebbe avuto un
sapore totalmente diverso. Ma Draco esitò.
“Aspetta.”
C’era un’ultima cosa che avrebbe voluto dirgli. O meglio, mostrargli.
Ed Harry attese.
Vide il compagno estrarre la bacchetta dalla propria tasca, mantenendo
sempre la propria mano stretta nella sua. E si chiese per cosa potesse
servirgli. Eppure, dentro di sé, fu certo di conoscere la
risposta. Non seppe il perché, ma capì di averlo saputo
fin dal primo istante.
Draco puntò i propri occhi nei suoi. E parlò.
“Expecto patronum.”
Fu un solo
istante. E dalla punta della sua bacchetta, una luce azzurra si
proiettò nell’aria. Sollevarono lo sguardo, e rapidamente
quel raggio iniziò a prendere forma.
Due ali si
spiegarono nel buio della notte, illuminando il cielo. Un becco
affilato fendette l’aria fresca, puntando ad innalzarsi sempre di
più, verso le stelle che, in quel momento, non sembrarono
così lontane.
Un’aquila
maestosa attraversò il cielo, compiendo più voli e poi
avvicinandosi di nuovo a loro. Rimase sospesa nell’aria, battendo
le ali in modo lento, ma con una forza capace di sorreggerla.
Incrociò lo sguardo di Draco, come per rispetto nei confronti di
colui che l’aveva evocata. Ma, un istante dopo, la sua attenzione
si spostò sugli occhi di Harry. Il ragazzo la fissò a
lungo. E capì.
Fiera. Forte. Orgogliosa. Ma, soprattutto, libera.
Proprio come Draco.
Fiero e
orgoglioso. Come sempre era stato. Come la sua famiglia lo aveva
cresciuto. Perché quello era il lascito di suo padre.
Forte. Come nel
tempo si era dimostrato. Come la vita lo aveva reso. Perché
quello era ciò che sarebbe appartenuto solo a lui.
Libero. Libero
di vivere la propria vita come avrebbe desiderato. Libero di prendere
decisioni, per se stesso e per gli altri. Libero di scegliere.
Harry non aveva
mai visto nulla di così bello. Era il Patronus migliore che
avesse mai avuto la possibilità di osservare. Non sapeva quando
Draco avesse trovato la forza di evocarlo. Non sapeva quando fosse
stato capace di tentare nuovamente di padroneggiare
quell’incantesimo. Ma non sarebbe stato il momento giusto per
chiedere.
Draco
osservò l’aquila alzarsi nuovamente in volo. E
ricordò ogni momento trascorso in sua compagnia. L’unica
che nel corso di quei due anni aveva avuto. Nei momenti di solitudine
trascorsi ad Hogwarts, tra un tentativo e l’altro di far
funzionare l’Armadio Svanitore. Nelle terribili nottate passate
nella sua Villa, chiuso nella sua stanza, in preda al terrore e alle
lacrime. Negli ultimi otto mesi, in cui sarebbe stata l’unica
consolazione in grado di dargli la forza di andare avanti.
Perché,
in tutta la tristezza che aveva colmato la sua vita, un solo ricordo
era riuscito ad accendere quel barlume di speranza che lo aveva spinto
ad andare avanti. Un ricordo che da sempre era stato in grado di farlo
sentire unico al mondo.
Erano state quelle
parole. Quelle parole che, in quel freddo giorno ad Hogwarts, mentre
tutti erano ad Hogsmeade, avevano riscaldato il suo cuore. Quelle
parole che Harry aveva utilizzato per esprimere i propri sentimenti.
Due semplici parole, che per lui avevano rappresentato ogni cosa.
Nessun ricordo
sarebbe stato più intenso di quello, per lui. Nessuna sensazione
sarebbe stata così forte, come il sentirsi amato. E fin dal suo
primo istante di solitudine, aveva iniziato a provare. Ed aveva
compreso che, sì, quello sarebbe stato l’unico momento in
cui sarebbe riuscito a farlo. E così era stato. Perché,
anche in un mare di oscurità, una semplice scintilla di luce
sarebbe riuscita a prevalere.
E videro quella
luce involarsi nuovamente verso il cielo. Le loro mani si strinsero
ancor di più. Si voltarono uno verso l’altro, ed i loro
occhi sorrisero ancor prima delle loro labbra. E mentre l’aquila
si voltava, dopo l’ultimo volo nell’aria notturna, per
tornare ad addormentarsi al loro cospetto, due sole parole provennero
dal cuore di Draco.
Due parole che diedero inizio alla loro nuova vita.
“Sono pronto.”
Ciao a tutti :D Non ci posso credere,
siamo già arrivati alla fine della raccolta :'( Piango
tantissimo! Ma la consolazione per me è questo lieto fine <3
Lo sognavo da tanto tempo, non vedevo l'ora di scriverlo e soprattutto
di pubblicarlo, sperando piaccia anche a voi :)
Che dire? Tutto è bene quel che finisce bene! E Draco che
finalmente può mostrare ad Harry il proprio patronus chiude la
raccolta che proprio da questo prende il titolo :)
Bene, come sempre, ringrazio tutti coloro che hanno seguito la raccolta
e chi ha trovato il tempo per recensire o per mandarmi un proprio
pensiero <3 Grazie davvero! Ah, prima di salutarci.. Sto preparando
una long :) Sono al capitolo 23, sicuramente finirò di scriverla
prima di pubblicarla, ma spero di rifarmi viva il prima possibile :D
A presto!
ringostarrismybeatle
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3706239
|