I
Fiori Neri (parte I)
DEAN’S
POV
«Fai attenzione
Sammy» sussurrai a mio fratello. Stavamo entrando di nascosto
in una casa, scavalcando la finestra e lui aveva fatto cadere un
vaso.
«Scusa Dean»
disse lui accendendo la sua torcia «L’uomo è stato
ucciso nello studio, dovrebbe essere di qua»
Raggiungemmo la stanza e
solcammo l’entrata. Sam si diresse subito dove era stato
trovato il corpo, per poi andare alla scrivania e controllare le
carte che vi si trovavano sopra.
«Ehi, guarda qui!
C’è stato qualcuno.» esclamò lui attirando
la mia attenzione.
Mi avvicinai a mio
fratello e osservai ciò che mi stava mostrando. Sulla
scrivania c’era un cellulare, ultimo modello; fino a qui niente
di strano, ma la cosa bizzarra era il fatto che il telefono era rosa,
con i glitter.
«Qui gatta ci
cova» dissi io mettendomi in guardia.
Improvvisamente sentii
qualcosa di freddo, di metallico sfiorarmi la nuca. Non mi voltai, ma
guardai mio fratello, aveva un coltello puntato alla gola.
«Miao» disse
una voce femminile dietro di me. La ragazza che stava minacciando mio
fratello sorrise. Tentai di voltarmi. «Piano» intimò
la donna alle mie spalle. Feci come mi disse.
Rimasi sconcertato, una
ragazza, sui venticinque anni mi stava puntando contro un fucile. Mi
venne da sorridere, il suo aspetto non si addiceva minimamente a ciò
che stava facendo. Era alta circa cinque centimetri meno di me, il
suo corpo era magro e ben fatto. Indossava una camicetta azzurra che
metteva in risalto i suoi occhi chiari, un paio di pantaloni neri e
delle scarpe da ginnastica. Il suo volto non era comune, la
carnagione chiara si intonava perfettamente con i suoi lunghi capelli
biondi.
«Cleo, come cavolo
hai fatto a dimenticarti il cellulare?!» chiese la mia
minacciatrice a quella di mio fratello.
«Scusa!»
rispose questa. Sam, probabilmente credendo che la ragazza si fosse
distratta le diede una gomitata allo stomaco, cosa che le fece cadere
il coltello dalle mani. Lui le diede una spinta, per allontanarla da
sé, ma dopo aver ricevuto un pugno in piena pancia e un calcio
in faccia, fu lui a ritrovarsi a terra.
Stavo per ribellarmi
anch’io, per dargli una mano ma la bionda mi puntò la
canna del fucile fra gli occhi.
«Non ci provare, o
farai la fine del tuo amico, se non peggio.» mi minacciò.
Sbuffai rumorosamente e lei avvicinò ulteriormente il metallo
alla mia pelle.
«Se fossi in te, e
tenessi alla mia vita, non lo farei più» mi consigliò
l’altra ragazza. La osservai. Era l’esatto contrario
dell’amica: i suoi capelli erano neri come la pece, i suoi
occhi castani, il suo corpo più alto e formoso. Anche
l’abbigliamento era diverso: indossava una canottiera nera che
non lasciava niente all’immaginazione, un paio di jeans
attillati e delle scarpe dai tacchi alti.
«Volevo
controllare che mio fratello stesse bene» ribattei. «Sammy,
Sammy! Sam!»
Lo chiamai. Si risvegliò e si rimise in piedi barcollando.
«Sto bene Dean,
sto bene.» rispose lui massaggiandosi la testa.
La bionda abbassò
il fucile.
«Dean e Sam
Winchester?»
Mi voltai a guardarla.
«Sì esatto.
Ci conosciamo?» chiesi. Non mi sembrava di averle mai viste,
forse una di loro era stata una delle mie “ragazze notturne”
della quale mi ero dimenticata subito dopo aver lasciato il suo
letto, ma allora perché conosceva anche mio fratello?
«Di fama»
rispose la mora riprendendo il suo cellulare dalla scrivania. «I
fratelli Winchester, e chi se l’aspettava?»
«Forza, andiamo»
fece la bionda.
«Ehi!»
esclamai «Non vi siete presentate!»
«Lo sappiamo»
risposero in coro, prima di andarsene.
«Chi diavolo
erano?» chiese mio fratello dopo la loro uscita.
«Non lo so Sammy,
non lo so.»
«Mettici del
ghiaccio,» consigliai a mio fratello appena arrivammo al motel
«ti si sta gonfiando il taglio»
«Per forza, mi ha
preso con il tacco!» si giustificò lui, avvicinandosi al
frigo bar. Dopo aver appoggiato il ghiaccio alla ferita iniziò
con la lagna. «Accidenti che male!»
«Ma ne è
valsa la pena»
Gli occhi incazzati di
mio fratello si puntarono su di me.
«Sei impazzito,
Dean?!» Mi diressi verso il letto e mi ci buttai sopra. «Se
vuoi vedermi morto puoi sempre spararmi un colpo con la Colt oppure
investirmi con l’auto!»
«Wowowo! Non dire
scemenze Sammy! Ci sono rimasti pochi colpi nella pistola per
sprecarli con te, e poi wo! Stirarti con l’Impala! Quel colpo
deve averti dato al cervello! Non rovinerei mai la mia piccola per
te!»
«Oh cielo! Ma
perché dici che ne è valsa la pena?»
«Ma dico Sammy!
Oltre che scemo sei pure diventato cieco! Hai visto che sventole?!»
«Che simpatico!Sai
com’è, ero impegnato a salvarmi la vita!» replicò
lui alzando le mani. «E comunque, sì, erano proprio due
belle ragazze.»
Lo guardai, stava
sorridendo.
«Erano proprio due
belle ragazze!» dissi facendogli il verso «Ma per
piacere! Erano meglio, molto meglio. Comunque io mi prendo la
bionda!» Certo, la mora era più formosa, ma l’altra
aveva qualcosa che mi attirava.
Sam fece un’espressione
del tipo “Il solito Dean!”. Sapevo l’avrebbe fatta,
lui è così prevedibile!
«Dean! Dean!»
mi chiamava mio fratello scuotendomi. «Dean!»
«Zitto
Sammy!»
«Dean,
dai!»
Voleva proprio rompermi
le scatole, ma io ero un ossoduro. Misi la testa sotto al cuscino e
non sentii più mio fratello chiamarmi.
«Dean! Dean,
maledizione!»
Ok, lo sentivo ancora,
ma meno di prima, era una vocina lontana; sicuramente non mi avrebbe
disturbato.
«Non ascoltarmi
allora! Se quando ti sveglierai la tua auto sarà ridotta in
cenere, non dare la colpa a me! Ho tentato di avvertirti che sta
andando a fuoco!» Sentii i suoi passi allontanarsi. Finalmente
un po’ di pace. Potevo continuare a dormire, magari avrei
sognato una bella ragazza. Ehi, un momento, cosa aveva detto Sam?
Qualcosa riguardo alla macchina e a un incendio.
«Cosa?!»
gridai alzandomi di colpo dal letto e infilandomi i jeans mentre mi
dirigevo alla porta. Quando la aprii vidi la mia auto come l’avevo
lasciata. «Accidenti Sammy! Mi hai fatto prendere un colpo!»
lo sgridai dirigendomi verso il bagno.
«E’ l’unico
modo per svegliarti!» ribatté lui sorridendo. «Comunque
mentre tu dormivi ha chiamato Bobby, ha chiesto se avevamo risolto il
caso. Ne ha un altro pronto per noi, quindi sbrighiamoci a risolvere
questo.» Fece una pausa e poi continuò «Mentre tu,
ehm, come dire, russavi, io ho fatto alcune ricerche.»
«Ehi! Io non
russo!» replicai dal bagno.
«Fidati, tu
russi.» disse sbrigativamente. «Vincent Watts è
stato l’ennesimo uomo ucciso in questa città in questo
periodo dell’anno, con lui la quota sale a quattro.»
«Parlami degli
altri casi» lo esortai sedendomi accanto a lui e bevendo il mio
caffè, che Sam era uscito a comprare, probabilmente mentre io
dormivo.
«Tutti e quattro
sono morti in casa loro. Le stanze in cui sono stati trovati, in
tutti i casi, erano chiuse dall’interno, quindi nessuna via
d’entrata e nessuna via d’uscita. I dettagli delle morti
degli altri tre uomini non sono state rese note e purtroppo
l’archivio dove erano tenuti i verbali delle autopsie e dei
casi sono bruciati in un incendio.»
«Capito. Forza
andiamo.»
Dopo un’ora e
mezzo di viaggio raggiungemmo l’obitorio di Great Falls, dove
il medico ci chiese chi fossimo.
«Salve, siamo gli
agenti Johnson e Smith dell’ FBI. Dobbiamo vedere il corpo del
signor Watts e il rapporto dell’autopsia.» dissi
velocemente.
Il medico, un uomo
grassoccio sulla cinquantina, con la testa pelata impregnata di
sudore, ci guardò con quegli occhietti scuri come se avesse
visto un fantasma.
«Ma quanti siete?»
Io e mio fratello ci
guardammo. O era ubriaco e vedeva doppio, o c’era qualcosa che
non andava.
«Le vostre
colleghe sono già qui.»
Un momento, quali
colleghe? L’FBI non era coinvolta nell’indagine, chi
diavolo erano quelle con il corpo?
«Certo, ci porti
da loro»
L’ometto iniziò
a camminare per un lungo corridoio, finchè non ci mostrò
una porta bianca.
«Entrate. Io
intanto vado nel mio ufficio, se vi serve qualcosa chiamatemi con il
telefono che trovate nella stanza, basta che premete il numero 9.»
«Grazie» lo
ringraziò Sam. Io non mi diedi alle buone maniere ed entrai
nella sala autopsie, seguito a ruota da mio fratello. Due figure si
voltarono a guardarci, erano due nostre conoscenze.
«Dean e Sam
Winchester, qual buon vento?» chiese la bionda.
«Lo sai benissimo»
risposi acido.
«Attendete la
fila» ribatté questa.
«Scordatelo
bellezza» controribattei facendo un passo avanti.
La bionda era
visibilmente arrabbiata e a quanto pareva l’avevo fatta
infuriare ulteriormente.
«Calmati, siamo
qui per lavorare» le disse la mora, prendendola per un braccio.
«Chi siete?»
si intromise Sam.
«Agenti Marshall e
Adams, FBI.» rispose la bionda.
Sorrisi.
«Certo, anche noi»
dissi ironicamente indicando me e mio fratello.
«A loro non puoi
dire certe scemenze, non sono stupidi» sussurrò la mora
all’amica, che fece una smorfia. Sorrisi.
«Allora?» le
esortò Sam.
Le ragazze si guardarono
negli occhi, per poi presentarsi.
«Io sono Maya,
mentre lei è mia sorella Cleopatra.» disse la bionda.
L’altra la guardò
malissimo.
«Cleo.»
specificò la mora, per poi porgerci la mano.
«Sam» si
presentò mio fratello stringendogliela.
«Dean» feci
io copiando Sammy. Allungai la mano alla bionda, ma mi diede le
spalle.
«Che fate qui?»
chiesi.
«Cos’è,
un interrogatorio?!»
«Maya, basta»
si intromise la mora, ricevendo come risposta un’occhiataccia
dalla sorella. «Siamo qui per il vostro stesso motivo»
spiegò.
«Cacciatrici?»
chiese Sam.
«Esattamente.»
Parlò la mora.
«Sorelle,
cacciatrici, sui venticinque.» sussurrò Sammy pensando.
«Non ditemi che …» continuò, per poi
rimanere a bocca aperta.
«Sì esatto»
lo bloccò la bionda. «Siamo le …»
«Wow!»
fece Sam.
Ok, non ci stavo capendo
più niente. Le due ragazze erano sulla stessa lunghezza d’onda
di mio fratello.
«Volete finire una
frase e far capire qualcosa anche a me?!» stavo perdendo la
pazienza. Odiavo essere messo da parte.
I tre si guardarono.
«Dean,
sono le Jackson!»
Jackson! E perchè
non me l’avevano detto prima, invece di stare tanto a parlare e
a punzecchiarci? In quel momento capii tutto. Certo, sarebbe stato
bello.
Guardai Sam in cerca di
aiuto.
«Oh santo cielo!
Tu sei un cacciatore da molto più tempo di me e non le
conosci?! Siamo a posto!» Dovevo ricordarmi di spaccare la
faccia a Sam. Non poteva farmi fare una figuraccia davanti a quella
sventola, sicuramente non me le sarei portate a letto quella sera.
«Dean, sono le sorelle cacciatrici! I membri della loro
famiglia sono cacciatori da generazioni! Si dice che i loro genitori
abbiano allenato i figli come macchine da guerra, e a quanto ho visto
ieri sera, è vero. Dean, loro sono i Fiori Neri!»
esclamò mio fratello.
I Fiori Neri?! Oh merda!
Non ci potevo credere. Tutti i cacciatori le conoscevano di fama,
conoscevano i loro genitori, i loro avi. Si diceva fossero giovani,
cazzo, era vero. Si diceva fossero bravissime, era vero. Si diceva
fossero bellissime, era falso, erano molto meglio, meravigliose. Si
parlava di loro come leggende.
«Non ci posso
credere» riuscii a dire semplicemente. «Esistete
davvero!»
Alla mora uscì
una risata, mentre l’altra mi voltò di nuovo le spalle.
Accidenti, doveva odiarmi.
«Come mai quel
soprannome?» chiese il mio fratellino.
La mora si tolse la
giacca elegante, rimanendo con un semplice top. Ci diede le spalle e
si alzò leggermente la maglietta, lasciando scoperta un pezzo
di schiena.
«Vedete il
tatuaggio a forma di fiore di loto?» chiese. Se avesse
indossato dei pantaloni con vita un po’ più alta sarebbe
stato coperto, ma con quelli, bhe, il tatuaggio si vedeva tutto. Era
esattamente sulla fine della schiena. «Ecco, Maya ne ha uno
identico nello stesso punto.»
«Carino»
dissi io, sperando che anche la sorella ce lo avrebbe fatto vedere.
«Grazie.» Ci
dava ancora le spalle. Con le mani raccolse i capelli in una coda.
«Ne abbiamo altri, più piccoli però.»
continuò. Sul collo, fra l’orecchio destro e la
rispettiva scapola c’era tatuata una C.
«C di Cleopatra»
concluse Sam.
«Esatto.» Lasciò ricadere i capelli e si
avvicinò alla sorella. Spostò i capelli biondi verso
sinistra, lasciando scoperto il collo. Anche l’altra aveva un
tatuaggio identico, però era tatuata una M. Maya. Che nome
strano. La osservai, era concentrata. Cosa stava facendo?
Mi avvicinai e la vidi
osservare il cadavere, controllarlo meticolosamente. Non ne aveva
paura, lo toccava come se fosse stato una bambola.
«Che avete
scoperto?» chiese Sam concentrandosi sul lavoro.
«Niente»
rispose in un soffio la bionda.
«Maya, piantala.
Non sono nemici, accidenti, sii gentile!» la sgridò la
mora. «Scusatela, è un paio di notti che non dorme ed è
agitata.» si scusò. «Nel rapporto è scritto
che l’uomo è morto per i duri colpi ricevuti.»
«Sì, guarda
Cleo, come se fosse stato ammazzato di botte» intervenne la
sorella.
«Come gli altri
tre» concluse l’altra.
«Ehi, come fate a
sapere come sono morti gli altri? Non sono state rilasciate
interviste, i verbali sono bruciati e coloro che hanno seguito il
caso non si lasciano scappare nulla!» esclamò Sam.
«Abbiamo le nostre
fonti» tagliò corto la bionda. Non volevo pensare a come
avessero avuto quelle informazioni, speravo che non fosse come
pensavo.
«Non pensare male
Dean» mi rassicurò Cleo, che dalla mia espressione
doveva aver capito cosa pensavo. «Noi qui abbiamo finito, è
tutto vostro!»
«Ma …»
iniziò un discorso Sam.
«Ciao ragazzi!»
ci salutarono in coro mentre uscivano dalla sala autopsie, lasciando
me e mio fratello lì, con il cadavere, come due scemi. Era già
la seconda volta che fuggivano così, senza lasciarci parlare,
ma almeno questa volta avevamo scoperto il loro nome.
Maya--> qui
Cleo--> qui
Cellulare--> qui
Tatuaggio a forma di fiore di loto--> qui
Tatuaggio C-->
Tatuaggio M-->
|