Miti e leggende della Scuola Superiore Agorà di _Lakshmi_ (/viewuser.php?uid=69307)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Idealtipi da Pullman ***
Capitolo 2: *** I bagni (Maschi) ***
Capitolo 3: *** Pigmalione ***
Capitolo 4: *** Idealtipi di Professori ***
Capitolo 5: *** Aptera e Icaro ***
Capitolo 6: *** Quando Policleto scoprì i Manga Yaoi ***
Capitolo 7: *** La Segreteria ***
Capitolo 8: *** A me pare uguale agli dèi ***
Capitolo 9: *** Ricordando il passato ***
Capitolo 10: *** Who you are ***
Capitolo 11: *** Tipi da macchinette (bevande) ***
Capitolo 1 *** Idealtipi da Pullman ***
Agorà
Miti
e leggende della Scuola Superiore Agorà
Prologo:
Idealtipi
da Pullman
Il
pullman è la barca, l'autista è il tristo
traghettatore di anime.
Se
Dante avesse scritto la Divina Commedia nel XXI secolo, probabilmente
lui e Virgilio avrebbero viaggiato su un mezzo pubblico, schiacciati
nella calca di teste pensanti -chi
più, chi meno-
ed ansiogene,
concentrate unicamente sull'imminente verifica o interrogazione.
Puntuale
ad un quarto alle sette, Caronte aspettava gli spettri imbottiti di
caffè e di zuccheri, tamburellando le ossute dita sul
volante a
ritmo della colonna sonora delle sue lunghe traversate: Hell
dei Disturbed. Attendeva quindi che tutti
salissero, salutando
con un cenno quegli studenti della scuola superiore Agorà,
con cui in cinque anni di andate e
ritorni aveva scoperto una maggiore affinità.
Non
era amicizia, mai: l'arcigno conducente era fin
troppo
scorbutico per formare simili legami.
Tuttavia
da semplici sguardi o frasi botta-risposta,
era
riuscito, in tanti anni di gloriosa carriera, ad identificare degli
idealtipi di persona.
Tra
questi ce n'erano alcuni, caratteristici e ricorrenti, presenti in
ogni ciclo quinquennale scolastico sin probabilmente dalla nascita
delle scuole. O forse anche prima.
Lo
Spettro del Fancazzismo:
Classica
fotografia di studente da serie tv americana: jeans e maglia larghi,
bomber, scarpe da ginnastica, zaino vuoto o totalmente assente. Il
suo più grande problema era l'essere ben lontano dal
continente a
stelle e strisce e il trovarsi in un liceo che richiedeva un minimo
di studio.
Caronte
aveva catalogato questo personaggio come “Spettro”,
perché
era in grado di collezionare un tal numero di assenze da tendere
verso la bocciatura (infatti, la sua presenza sul pullman si
dimostrava assai rara), seppur in qualche modo riuscisse sempre a
scampare dal ripetere l'anno scolastico.
Era
ben riconoscibile la mattina, visto che impiegava l'ora di viaggio
alla ricerca di una vittima designata, al fine di riuscire a copiare
nel compito in classe; scriveva o perlopiù conversava,
minacciando
sistematicamente il malcapitato sapientone di turno.
In
quella generazione di studenti faceva parte di questa gloriosa
categoria Polifemo, figlio del professor Poseidone:
non era
tanto furbo, però la sua stazza, la sua
aggressività e l'influenza
di suo padre bastavano per convincere i poveri secchioni impauriti ad
aiutarlo.
Forse,
sotto quest'ottica, era comprensibile come il ragazzo fosse sempre
riuscito a passare alla classe successiva.
Ὁ
Strategós:
Losca
figura contrapposta al ragazzo sopracitato e con un grande senso per
gli affari, si presentava come un manager indaffarato, che
poneva la propria astuzia a servizio dell'inganno: seduto nei posti
più oscuri, controllava con attenzione le fotocopie delle
verifiche
riunite in un amabile e prezioso faldone, suddivise per materia, data
e soprattutto rarità (i compiti in classe del prof. Ade
valevano
almeno dieci bigliettoni in più, mentre quelli di Dioniso
erano più
economici); poco importava se il docente in questione cambiava le prove
di anno in anno, c'era sempre un primino ingenuo che
cascava sistematicamente nella tela del ragno.
E
l'aracnide in questione aveva uno e un solo nome: Nessuno.
In
realtà era uno pseudonimo, perché effettivamente
nessuno doveva
conoscere la sua vera identità, onde evitare possibili
incomprensioni con i professori, qualora il mercato nero
venisse
scoperto.
Chi
conosceva di persona Nessuno, però, aveva affermato che non
era affatto un
ragazzo così tanto losco, anzi, aveva addirittura saldi
principi
morali per cui si batteva, dimostrando un'eloquente abilità
oratoria.
Era
stato eletto addirittura rappresentante di classe per un anno di
scuola, ma appena Fama -una ragazza molto curiosa-
aveva
domandato di che classe, le era stato risposto: Nessuna.
L'incazzato
perenne:
Probabilmente
la forma più antica di studente -o di uomo in
generale-
presente in ogni epoca e in ogni luogo; l'evoluzione più
logica
dell'alunno incazzato era quella del docente incazzato, figura
incarnata nel professor Ares, che per un motivo o per l'altro
riusciva ad essere di malumore.
Tornando
però allo stadio base, il ragazzo incazzato si presentava
sempre in
contrasto con il mondo intero, in ogni giorno dell'anno, per diversi
motivi: ora per la fidanzata, ora per il professore, ora per quel
“coglione” (cit.) di
rappresentante “che non capisce
un emerito cazzo” (cit.).
Achille
era uno di questi esemplari e, appena messo piede sul pullman
ed
il fondoschiena sul sedile, iniziava a lamentarsi col cugino Patroclo
di quanto il pianeta fosse abitato da “una mandria
di
rompicoglioni” (cit.), votati tutti alla causa del
rendergli
“la vita una merda” (cit.).
Patroclo,
paziente, ascoltava le lamentele ed annuiva attento, intervenendo di
tanto in tanto con un sospirato “eh, sì”,
oppure con un
“ma no, Agamennone non è un coglione,
cerca di capirlo”,
corretto subito in “hai ragione tu, cugino mio”.
Poteva
sembrare che Patroclo fosse sottomesso all'autorità del
parente
stretto, ma in realtà lui, di qualche anno più
vecchio, riusciva
sempre a contenere l'ira funesta di Achille.
Il
monarca illuminato:
Era
conosciuto da tutti, letteralmente: riusciva a spendere i primi venti
minuti di viaggio ad abbracciare e a salutare compagni, conoscenti e
sconosciuti, ricordandosi a memoria ogni singolo nome ed avviando al
contempo una campagna propagandistica ai fini di essere eletto
nuovamente Rappresentante d'Istituto; enunciava la propria lista con
la stessa vigoria di un generale che incitava le truppe contro i
barbari invasori, gesticolando ampiamente e attirando su di
sé
l'attenzione del pullman intero.
Prima
di lui, il Liceo era in uno stato di decadenza, una sorta di “oscuro
Medioevo” in cui gli studenti erano costretti a
brancolare nel
buio, oppressi dall'autorità di feroci, crudeli professori.
Con il
suo governo illuminato, invece, la Scuola aveva finalmente conosciuto
la civiltà, tanto da sancire addirittura valide conquiste:
le
macchinette del piano terra avevano smesso di mangiare soldi (ora,
infatti, avevano imparato a scalare direttamente più soldi
del
dovuto dalle chiavette), la segreteria era aperta per ben
dieci
minuti in più, per un totale di quindici minuti giornalieri (in
cui lo studente, costretto a mettersi in una coda di mezz'ora,
arrivava davanti allo sportello e lo trovava comunque,
inevitabilmente, chiuso), oppure la sempiterna promessa di
eliminare le discriminazioni tra Licei, perché tutti gli
indirizzi
erano importanti in egual modo (ma alcuni erano più
importanti di
altri).
Ovviamente,
la colonna sonora di ogni singola mattina era la voce di Agamennone,
principale causa della luna storta di Achille, che per colpa della
sua continua parlantina non poteva esprimere appieno il proprio odio.
Odi
et Amo:
Le
immancabili coppiette di fidanzatini che riuscivano ad avvinghiare le
lingue in un lungo, passionale bacio per tutta la durata del tragitto
da casa a scuola.
A
questi momenti idilliaci, si alternavano giorni di continuo
bisticcio, la cui causa poteva risiedere in un mesiversario mancato,
in un messaggio di qualche ragazza sospetta (no, tesoro, Ila
è un
ragazzo, non preoccuparti) o in un misterioso e temibile
“lo
sai cosa hai fatto.”.
Fama,
ragazza che sapeva tutti i gossip più caldi della scuola,
non
perdeva mai occasione di parlare alle amiche, informandole su
ciò
che accadeva nell'istituto: ultima notizia della settimana era il
litigio scoppiettante tra Orfeo ed Euridice, dove la coppia
inseparabile si era alla fine separata, dopo che il ragazzo,
voltandosi, aveva salutato Euterpe, sua compagna nel corso
pomeridiano di Musica. Da quel momento, Euridice non aveva
più
proferito parola.
La
mente assorbente:
O
più semplicemente colui che non aveva aperto libro, se non
la
mattina stessa sul mezzo pubblico.
Era
un ragazzo capace di isolarsi dal rumoroso mondo circostante,
acquisendo una quantità tale di informazioni da far invidia
ai
sistemi informatici più moderni; passava con nonchalance da
storia a
fisica per finire con latino, tanto che al termine dell'ora di
viaggio era in grado di decantare le vite di fisici in latino,
trovare la gittata dei cannoni utilizzati nelle guerre moderne e
ripetere a memoria usi e costumi della Roma Imperiale.
Esempio
di questa specie studentesca, era il buon Giacinto,
tanto
concentrato a spendere la giornata all'aria aperta, godendosi
il
caldo Sole pomeridiano, da dimenticarsi i noiosi libri
scolastici
fino al momento dell'effettivo bisogno.
Queste
erano le anime più note, quelle che caratterizzavano il
freddo mezzo
pubblico nelle traversate da casa-scuola e viceversa.
Caronte,
volente o nolente, era sempre informato sulle loro eroiche gesta,
grazie anche alla squillante voce di qualche
ragazza,
seppur non
commentasse mai: lui infatti, in mezzo a tutta quella vita, si
limitava ad ascoltare e a cantare le note della sua amata canzone,
guidando la nave sul fiume di nero asfalto.
Ah,
Ah!
Oh
burning, now I bring you Hell.
Fine
Oneshot!
Idealtipo:
modello a cui
rifarsi per
spiegare determinati avvenimenti della realtà. Citando il
sociologo
Weber: “[...] esso ha il significato
di un puro
concetto-limite ideale, a cui la realtà deve essere misurata
e
comparata, al fine di illustrare determinati elementi significativi
del suo contenuto empirico”.
Odi
et Amo:
incipit carme 85 di
Catullo;
Mente
Assorbente:
citazione al
pensiero di Maria Montessori.
Angolo
Autrice:
Buonsalve
a tutti quelli che son giunti fino qui!
Il
capitolo è breve, ma è solo una sorta di
“introduzione”, che
serve a presentare personaggi che compariranno in futuro. Non
è
necessario leggere tutti i capitoli in ordine, saranno
perlopiù
auto-conclusivi, ma c'è anche una piccola
continuità,
visto che si parla sempre di situazioni legate alla Scuola Superiore
“Agorà”.
Ma
partiamo dall'inizio.
L'idea
per la raccolta è nata con la rilettura di un libro della
mia
infanzia: Bar Sport di
Stefano Benni (e il
suo seguito “Bar Sport Duemila”).
Mia madre, in vacanza al mare, mi leggeva sempre qualche trafiletto
per farmi dormire (censurando di tanto in tanto) ed io, fin da
piccola, adoravo quei brevi racconti autoconclusivi (non riuscivo a
capire tutto ovviamente, ero pur sempre una bambina, però li
adoravo
comunque).
Quando
sullo scaffale ho ritrovato questi due libretti sfasciati con un
marcato profumo di salsedine, mi è salita un po' di
nostalgia e
l'ispirazione per scrivere qualcosa che mi aiutasse a
“staccare la
spina” dal periodo intenso di interrogazioni, verifiche e
verifiche
con interrogazioni (siamo in quinta a fine trimestre, niente di
meglio per un po' di ansia in più).
Così
ho iniziato a scrivere un'AU moderna/mitologica ambientata in un bar,
ma... io non sono una frequentatrice di bar e la storia in
sé non mi
convinceva.
Ho
cestinato l'idea per un po', fino a quando non ho riletto delle mie
vecchie fanfiction non pubblicate e mi si è accesa una
lampadina per
qualcosa a tema scolastico.
Ed
ecco qui.
Non
so se possa piacere, però, di capitolo in capitolo, mi
impegnerò a
descrivere parti di vita più o meno vissuta. Una sorta di
parodia
di certi comportamenti/situazioni.
Io
vi saluto e spero che seguirete questa raccolta.
Un
bacio da _Lakshmi_!
(Uno
speciale ringraziamento a _Morgan, che mi sostiene sempre. Grazie
mille, davvero!)
|
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Capitolo 2 *** I bagni (Maschi) ***
I Bagni (maschili)
I
bagni (Maschi)
[raccolta
di One-shot]
I
bagni della scuola Agorà, come in ogni altra scuola, si
suddividevano in: maschi, femmine e docenti (che, essendo creature
ultraterrene, non potevano entrare nei comuni loculi dei mortali).
I
bagni dei maschi erano contraddistinti da un
silenzio
religioso quasi inviolabile, oltre che da una compravendita di ogni
genere di sostanza perlopiù illegale: infatti, a differenza
della
sua controparte femminile, affollata da branchi di ragazze in cui
-magari- soltanto un esemplare doveva usare i
servizi, il
bagno maschile era deserto, perché i veri uomini si
avventuravano da
soli, affrontando l'oscuro destino che aleggiava attorno al mercato
nero gestito da Nessuno.
Nessuno
non aveva un volto. Nessuno era colui
che, nel bagno
dell'ultimo piano nella parte del liceo Artistico -superato il
banco di nebbia, prima porta a destra-, consegnava ogni
genere di
risposta dietro ad un lauto compenso.
L'aria
densa, aromatica, oltre che la pressione
psicologica del
totale silenzio, spezzato solo dal continuo sottofondo di un individuo
in
grado di urinare per tutta la durata del colloquio, rendeva arduo il
mantenere i sensi vigili, anzi, spesso lo studente più
sprovveduto
si assuefaceva a quell'atmosfera onirica.
Era
passata alla storia l'avventura dello sventurato
Polifemo, il cui peccato era quello di aver cercato di superare in
altri modi il temibile compito dell'ancor più temibile
professor
Ade.
[Come
tutto ebbe inizio]
4B
Scientifico, prima ora, Venerdì.
<<
Martedì prossimo, versione di Latino.>>
sentenziò il prof.
Ade, senza alzare gli occhi dal registro elettronico costellato di
caselle straripanti di compiti in classe. Persino Religione,
sentendosi in difetto nel non concorrere al periodo infame di
chiusura del primo trimestre, aveva piazzato un saggio breve su
“L'importanza della tolleranza religiosa e del
riconoscimento
dei culti più primitivi fino a quelli più evoluti”.
Ade
era riuscito, in quel campo fiorito di verifiche, a piazzare la
propria temuta valutazione: era quasi soddisfatto di sé,
tanto che,
dopo aver finito con la compilazione necessaria, si lasciò
andare contro lo
schienale della rigida e scomoda sedia in legno, godendosi lo
spettacolo dei volti terrorizzati.
E
attendeva.
Attendeva
il coraggioso che avrebbe alzato la mano per polemica.
Attendeva
con una corvina occhiata di sfida, assottigliando lo sguardo
già
sottile, mantenendo l'espressione di assoluta mitezza che era
solito mostrare.
<<
Profe, ma martedì interroga già in
filosofia!>> esclamò
Briseide dal fondo dell'aula, voce del popolo che, dopo quel sasso
scagliato, insorse.
<<
Sì, profe, anche in inglese.>> aggiunse
Cassandra, dando
manforte alla propria amica e compagna di banco.
<<
E c'è il test di ginnastica!>>
continuò Paride, alla cui
affermazione seguì un terrorizzato “Ocheccazzo
davvero?”,
la cui risposta fu un sussurrato “ma no, cretino, ma
magari ci
crede”.
“No,
ma ci sento piuttosto bene”, fu il pensiero del
professore, che
restava tuttavia impassibile ad ascoltare le lamentele del popolo.
<<
E mate? Mate non voleva interrogare?>>
<<
È vero! Profe abbiamo anche fisica!>>
Come
le giornate scolastiche riuscivano a tramutarsi da cinque a sette
ore.
Ade,
con il suo portamento e la sua leggendaria pazienza, si alzò
e
camminò piano, passo dopo passo, per osservare infine il
calendario
di classe.
Quella
semplice azione riuscì ad infondere il germe della speranza
negli
studenti che si chetarono ansiosi.
Con
lentezza, il professore fece scorrere il magro indice lungo le
giornate di Dicembre, straripanti di scritte in matita che cantavano
patroni come “Supplenza prof Alettrione, 10-11”
(seguito
da commenti come “oddio!!”,
oppure il poetico “svengo”),
grandi citazioni quali “Il periodo di merda sta
arrivando!”
e feste nazionali come, ad esempio “Festa a casa di
Ettore”
(con un lungo, profondo commento in maiuscolo “SI
SBOCCIAAAAAAA”
e centinaia di emoticon per nulla disturbanti).
<<
Eh... ragazzi, vedo che siete pieni: la mia verifica effettivamente
vi metterebbe in crisi.>> sospirò sconsolato
Ade, continuando
a contemplare la fonte assoluta di verità.
Silenzio.
Respiri
mozzati.
Cuori
sospesi tra la disillusione e la speranza.
<<
Ma confido in voi che vi prepariate a sufficienza per affrontare la
versione.>> sorrise, voltandosi in tempo per gustarsi gli
sguardi di puro sconforto, angoscia e disperazione dovuti a quella
crudele frase.
Solo
un ragazzo rimase calmo, certo sul riuscire a
scamparla anche quella volta.
[Come
tutto si sviluppò]
Ultimo
piano, bagno dell'artistico, Sabato, termine delle lezioni.
Dopo
cinque ore di lunghissime lezioni, la nebbia nei bagni era fitta e
densa, quasi tangibile.
Polifemo,
con mani in tasca e chewing-gum tra i denti,
avanzava sicuro,
fendendo la coltre di fumo aromatizzato fino a fermarsi davanti alla
porta di un “cesso”.
Ormai
non si poteva neppure più definire “gabinetto”:
era
talmente pericolante ed imbrattato di scritte e colori tossici, che
il termine stesso “gabinetto”
risultava essere
semplicemente riduttivo.
Dopo
un attimo di ponderazione, il gigante calvo, asso della squadra di
Basket della scuola, diede un violento calcio al lurido varco, che
isolava la turca dal resto del mondo conosciuto.
<<
Ehi, so che ci sei.>> inaugurò in tal modo le
trattative <<
Muoviti che non ho tutto il tempo.>>
<<
Con calma, Polifemo.>> la voce pacata e contraffatta di Nessuno
alimentò ancor di più l'astio negli occhi piccoli
e arcigni del
cliente << Prima i soldi.>>
La
porta si aprì leggermente.
In
realtà, affidandosi semplicemente alla vista non si poteva
essere
certi, perché tutto era celato dalla foschia grigiastra,
tanto da
rendere ciechi gli occhi; invece, grazie al sofisticato udito,
Polifemo aveva ben sentito, oltre all'immancabile rumore di
svuotamento di vescica provenire dal fondo, anche il
caratteristico cigolio da cancello in ferro battuto gotico, degno di
qualche b-movie sui vampiri.
Il
colosso frugò nelle tasche, fino a estrarre diverse
banconote
ripiegate per consegnarle alla mano che attendeva pacata.
Il
portale si richiuse.
Nessuno
contò attento il denaro per ben tre volte, prima di estrarre
da un
faldone l'agognata verifica.
<<
Sì, dovrebbe essere giusta.>> annuì
assorto, prima di far
passare sotto la porta l'atteso foglio di carta su cui era stampato,
nero su bianco, la salvezza per chi non aveva per nulla voglia di
aprire il libro. O il dizionario. O entrambi.
<<
Se non è questa, giuro che-...>>
<<
Tranquillo, Polifemo: sono famoso, sai dove trovarmi. Se finisci nei
guai, ci finirò anche io e perderò tutti i miei
clienti.>>
Il
gigante cieco non poté notare il sorriso sornione dipinto
sul viso
di Nessuno, altrimenti -forse-
avrebbe mostrato un
minimo di accortezza in più.
[Come
tutto si concluse]
Mercoledì,
parcheggio dei motorini, Ora di Religione.
<<
Hai sentito?>> domandò Diomede, giovane membro
della squadra
di Calcio della scuola (come poteva dimostrare il suo fisico
particolarmente allenato ed i suoi corti capelli castani, conformi ad
ogni altro ragazzo della comitiva), mentre era intento ad
estrarre dal pacchetto una sigaretta per portarsela alle labbra.
Tuttavia,
i suoi piani di fumare in tutta tranquillità sembrarono
andar in
fumo, quando, dopo aver rovistato qualche minuto nelle tasche
del
pesante giubbotto, s'accorse della propria terribile amnesia
mattutina.
<<
Che cosa?>> domandò Ulisse che, previdente,
gli lanciò il
proprio accendino. In anni di lunga amicizia, dopotutto, si era
abituato alle sviste dell'amico, tanto che ormai quei piccoli gesti
di cortesia erano diventati meccanici.
L'atleta
finalmente riuscì ad accendere la propria fonte di
serenità
quotidiana, distendendo un sorriso rilassato, mentre una serpentina
scia grigiastra ascendeva al cielo ancor più grigio,
prossimo ad
un'abbondante nevicata.
Entrambi
appoggiati alla balaustra del parcheggio dei motorini, si godevano la
tranquillità dell'ora di Religione passata fuori dall'aula.
In
realtà erano entrambi iscritti per i crediti, ma Calcante,
vecchio
professore più antico della scuola stessa, non riusciva mai
a
quantificare il numero totale di studenti presenti nella classe, per
cui l'anarchia regnava sovrana per quei brevi sessanta minuti.
<<
La classe 4B dello Scientifico ha collezionato un numero esorbitante
di insufficienze nell'ultimo compito in classe di latino.
C'è finito
di mezzo anche il figlio di Poseidone, hai presente
Polifemo?>>
<<
Cosa? Vuoi dirmi che non è stato Cesare a dire la celebre
frase:
“Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?”>>
rise di cuore Ulisse, dimostrando tutta la propria perfidia.
<<
Ulisse...>> sospirò Diomede, scuotendo il capo
risoluto <<
Se è per quel che è successo...>>
Il
Classico e lo Scientifico erano da sempre acerrimi rivali e questa
contesa sfociava spesso nello sport: per cui, quando le classi 4A e
4B dei rispettivi indirizzi si erano trovate a scontrarsi sul campo
da calcio, era nata una vera e propria lotta per la supremazia.
Fu
un'ora di sangue, violenza ed insulti, che si concluse solamente
quando una pallonata colpì in pieno ventre il professor
Ares; e così
gli insulti, la violenza e il sangue si tramutarono in prostrazioni,
perdono e borse del ghiaccio.
Diomede
da quello scontro ne era uscito tutto sommato vittorioso, seppur lo
stesso non potevano dire gli altri compagni di classe,che avevano
subito le temibili pallonate mirate del brutale Polifemo.
<<
Mai mettersi contro Nessuno.>>
sorrise Ulisse,
socchiudendo i brillanti occhi d'un intenso azzurro << Ha
solamente vendicato i compagni caduti: certa gente deve capire che
avere un professore come padre non ti rende assolutamente
intoccabile.>>
Si
concluse così il mitico racconto dell'avventura nei bagni:
con
quattro chiacchiere ed una sigaretta.
Fine
Oneshot!
Quousque
tandem abutere, Catilina, patientia nostra? : celebre frase
di
Cicerone.
Bagni
dell'artistico: diciamo pure che le descrizioni sono frutto
della
pesante caricatura basata su racconti di vita di una mia amica. Mi
sono risparmiata di mettere una lunga descrizione sulle condizioni
del lavello, imbrattato di ogni genere di colore tossico e non
tossico, tanto che ormai ha assunto colori poco salubri.
L'importanza
della tolleranza religiosa e del riconoscimento dei culti
più
primitivi fino a quelli più evoluti: ossimoro.
Angolo
dell'autrice:
Si
conclude così anche la prima storia di questa raccolta.
Per
quanto riguarda l'utilizzo di stereotipi, ci tengo a precisare che
è
un utilizzo consapevole: so bene che la dipendenza dalla droga
è una
tematica delicata, così come so bene che gran parte di
quelli
dell'artistico non fumano; tuttavia il mio obiettivo è
proprio
proporre una stortura morale, giocare con idee comuni per indurre una
risata o comunque per alleggerire il tutto.
Invece,
il passare l'ora fuori dall'aula... beh, è quasi
un racconto di
vita vissuta. In ogni caso, non si fa, è contro
ogni morale,
ricordatelo bene.
Come
sempre ringrazio quelli che hanno aggiunto la storia dando una
possibilità al tutto e... nulla, spero che continuerete a
leggerla.
Un
bacio da _Lakshmi_!
|
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Capitolo 3 *** Pigmalione ***
Pigmalione
Pigmalione
[raccolta
di One-shots]
<<
Dimmi, Pigmalione, chi è la tua musa
ispiratrice?>>
Da
questa semplice domanda, posta dalla magnifica Afrodite,
docente
di Francese al Liceo Linguistico,
era
nata una storia di incomprensioni e di nuovi, inaspettati amori.
Pigmalione
era la punta di diamante della 3A dell'Artistico, se non dell'intero
indirizzo stesso, tanto da diventar famoso per tutta la scuola con
l'epiteto: l'Artista.
Ogni
materiale che veniva plasmato dalle sue mani diventava una vera e
propria opera d'arte, curata nei più piccoli particolari,
espressione di una sensibilità d'animo unica nel suo genere;
tuttavia lui non si curava della propria notorietà, anzi, ogni
disegno sembrava mancare di “qualcosa”
e veniva irrimediabilmente dimenticato, dopo aver preso il consueto
dieci sul registro.
Aveva
provato a cambiare stile, percorrendo le principali correnti della
Storia dell'Arte, ma, ad opera conclusa, quel “Qualcosa
mancante” tornava a farsi sentire,
più forte e più ruggente di prima, non permettendogli mai di
crogiolarsi nella propria bravura.
Per
giorni, a casa e a scuola, aveva fissato il mondo oltre alla finestra
in cerca di ispirazione, in cerca della perfezione tanto agognata:
tuttavia la natura, ai suoi occhi, era imperfetta, inquinata, ben
lontana dall'ideale di eccellenza che si era prefissato. Addirittura,
le magnifiche fanciulle che si proponevano a lui come modelle erano
ancor più false ed inquinate della natura stessa.
Ma,
proprio quando aveva perso le speranze,
un
giorno l'ispirazione gli piombò letteralmente addosso.
<<
Scusa!>> esclamò una ragazza, sbrigandosi a raccogliere da
terra i fogli che le erano caduti con la tremenda collisione.
Gli
occhi d'un glaciale azzurro di Pigmalione ricaddero, ancor prima
sulla fanciulla in sé, sulla sua decisamente antiestetica montatura
spessa degli occhiali che le mortificava il suo visino tondo e
minuto, coronato da una chioma d'un rosa pastello, un po' mossa e un
po' liscia, senza una forma definita.
<<
Ecco... devo proprio andare.>>
Piccolina
e bassina, tanto che annegava in un maglione di almeno due taglie in
più, fuggì svelta come una lepre da quel corridoio che diventò in
un attimo particolarmente affollato, ricco di curiosi con cellulari
in mano pronti a filmare l'accaduto.
Aveva
trovato la sua musa.
Sbigottito,
confuso ed estremamente felice, si rialzò e si mise subito al lavoro
per nuove opere, irraggiato da quella nuova, magnifica ispirazione
scesa dal cielo (o, nel suo caso, dalle scale del secondo piano).
E
così, il suo labor continuò per settimane, producendo
disegni monotematici su quell'unico soggetto, sulla sua figura
parziale o intera, vista sotto diverse sembianze, ora come un
agglomerato di ingranaggi, ora come una ninfa della natura. In tutta
quella moltitudine di carta e di materiale plasmabile, soltanto due
dettagli erano sempre presenti: il magnifico, giovanile senso di
pudore che esprimeva una dolce purezza d'animo e la spessa montatura
di occhiali, che esprimeva sicuramente “qualcosa” al
pubblico ancora ignoto.
Ma
era senza un nome,
senza
un'identità,
e
presto il suo animo si sentì vuoto,
“mancante”
di una parte.
<<
Cosa guardi?>> domandò pacato il professor Eros, intento a
bere uno zuccherato, gustoso cappuccino in sala insegnanti. Il suo
magnifico sguardo d'un caldo castano era diretto alla docente
Afrodite, concentrata a studiare una serie di fogli, su cui erano
rappresentati alle volte schizzi a matita, alle volte acquarelli
della stessa persona.
<<
Oh... Eros, mi sono innamorata!>> con un sorriso celestiale, la
donna tornò al guardare il giovane interlocutore che, in risposta,
si sentì quasi mancare sulla sedia. Quest'ultimo scattò in piedi e
corse accanto alla collega, intimandola di far silenzio.
<<
Ares ed Efesto girano come avvoltoi!>> la zittì, ma dopo
qualche attimo di silenzio, mosso da un'incontrollata curiosità, si
accostò maggiormente a lei << Allora, chi è?>>
<<
No, ma cosa pensi! Intendo... guarda che cura per i dettagli! Guarda
che sensibilità d'animo! Ci vorrebbero più ragazzi così, secondo
me.>> Afrodite si scostò la bionda, mossa chioma con un
meccanico gesto della mano, per poi mostrare orgogliosa i disegni che
era riuscita a reperire.
Eros,
prendendo in mano le piccole opere, rifletté su quell'ultima frase
proferita dalla donna: lei si trovava in un triangolo... in un
quadrato... in un pentagono, beh, insomma, in una figura geometrica
non ben definita di relazioni variegate, anche se le più importanti
-o storiche- non erano certamente con persone dall'animo
raffinato; anzi, spesso il Bad Boy l'attraeva maggiormente
rispetto al buon marito casa e Chiesa, perché in effetti era molto
più gratificante un rapporto dove entrambe le componenti avevano
sbalzi d'umore, attacchi di gelosia e scatti d'ira provocati da un
nonnulla.
Eros,
dal suo umile punto di vista, aveva smesso di comprendere la
complicata psiche femminile, seppur possedesse alle spalle anni di
studi approfonditi di psicologia.
<<
Ah, sì, riconosco la mano di Pigmalione.>> annuì il docente,
assorto nel contemplare la magnifica abilità nella ritrattistica.
<<
Cosa ne pensi? Hai visto quanta cura? La dolcezza che traspare, il
candore, il-...>>
<<
Feticismo per gli occhiali dalla montatura spessa? Sì, sì... lo
noto.>> commentò Eros, interrompendo la collega che lo guardò
torva, in una pura espressione di disappunto << Su, scherzo.>>
sospirò in aggiunta, dandole una leggera gomitata.
Dopo
un attimo di riflessione, in cui la bionda testolina aveva riflettuto su
chissà quali ragionamenti complicati, esternò le emozioni in un
improvviso guizzo d'entusiasmo.
<<
Facciamoli incontrare!>>
<<
Sei seria? Non hai verifiche da correggere, lezioni da preparare...>>
Gli
occhi d'un azzurro brillante di Afrotite risplendevano di luce
propria ed il povero professore comprese di non aver altre
alternative.
Fu
allora un difficile compito per Amore,
che
dovette persino fare patti col diavolo.
Techne
era certamente una ragazza riservata, difficile da raggiungere e
persino da scovare: era timida, piccolina e sfuggente, tanto che per
Eros fu una vera e propria impresa trovare un pretesto per far
incontrare i due innamorati.
Erano
in classi differenti, non seguivano gli stessi corsi pomeridiani e,
tra l'altro, in quei pomeriggi in cui erano entrambi a scuola, lei
trascorreva le ore nelle catacombe -o aula informatica- per
elaborare video o per remixare suoni insieme al docente Thanatos:
Techne, infatti, era la mente che agiva dietro ai filmati ufficiali
della scuola, svolgendo un lavoro egregio nella sua assoluta
discrezione; era anche la pupilla del professore di Scienze Naturali,
tanto che insieme avevano fatto rinascere addirittura il morente
canale di Youtube.
Eros
mal sopportava Thanatos, non era certo un segreto: quest'ultimo aveva una mente per certi versi troppo schematica, frutto di
anni di studio con una formazione scientifica rigorosa, che non
guardava in faccia nessuno; Eros, invece, amava inoltrarsi nella
psiche umana, cercando di capire il prossimo al fine di spronarlo al
miglioramento, lontano dalla distruzione.
<<
Mhm? Insolito trovarti qui, Eros.>> constatò il docente di
Scienze, che, neppure a dirlo -da bravo uccellaccio del
malaugurio- si era appropriato del luogo più oscuro dell'aula
colloqui. E, essendo una figura vestita di nero, in un angolo
nero, con le nere tapparelle abbassate in una grigia
giornata invernale, era quasi difficile riuscire a tracciare con gli
occhi il contorno di quel fisico alto e asciutto, cereo come il viso
della Luna.
<<
Vero?>> sorrise forzatamente Eros, avanzando di qualche passo
nell'oscura coltre di ombre << Oggi il corso di teatro è
finito prima e...>>
<<
Cosa vuoi, esattamente? Stavo giusto per andarmene.>>
Il
docente di Psicologia sospirò seccato, passandosi una mano tra la
morbida chioma ramata, quasi per trarre energie al fine di affrontare
quella discussione.
<<
Lo so. Il tempo non è mai abbastanza, per te.>> commentò in
un cupo brontolio << Comunque, ero venuto a proporti una
collaborazione.>>
Il
silenzio divenne opprimente.
Eros,
carezzandosi il collo con il medio e l'indice, tentò di allentare il
colletto della bianca camicia, quasi per non essere soffocato da
quell'invisibile pressione: era sempre difficile scendere a patti con
un simile, oscuro personaggio.
Thanatos,
a quella richiesta, si limitò ad abbassare lo sguardo d'un verdastro
inquietante, quasi simile alle pupille d'un felide. Attendeva con
pazienza che il collega esponesse l'idea.
<<
Possiamo organizzare una piccola presentazione in vista dell'Open-day
della scuola, qualcosa di contenuto... i miei ragazzi di Teatro
collaboreranno con i tuoi di Informatica...>> continuò
monocorde e a braccia conserte.
<<
Perché non la recita di fine anno? Ho alcuni ragazzi che sono bravi
tecnici del suono. Saprebbero addirittura svecchiare la classica
commedia che scegliete ogni anno.>> Thanatos si divertì a
vedere lo sgomento correre sul viso del docente.
<<
Lo Spettacolo di fine anno è qualcosa di serio.>>
<<
Perché è qualcosa di serio o perché non ti fidi?>> Thanatos
si alzò, avanzò passo dopo passo fino ad essergli accanto con un
sorriso storto << Esci dai tuoi schemi, Eros.>>
Collaborare
con quel docente era sempre, dannatamente difficile.
Certe
volte più di altre.
E,
finalmente, i due amanti ebbero la possibilità di incontrarsi...
Pigmalione
la vide, seduta sugli spalti della palestra: era lì Techne, con il
suo bel rosa tanto acceso da assomigliare addirittura alla luce di un faro
in mezzo alla tempesta, con i suoi grandi occhiali dalla spessa
montatura, con la sua adorabile espressione corrucciata, di una
persona immersa in un oceano di ragionamenti e congetture; la
delicata mano della fanciulla scriveva interrottamente su un block
notes le idee della mente, gli occhi da cerbiatta, di un intenso
blu mare, seguivano e leggevano il discorso dei professori che
parlavano della Grande Recita di fine anno.
Pigmalione
l'aveva vista, seduta sugli spalti della palestra.
Eros
aveva visto Pigmalione, immobile sull'entrata a fissare la sua amata
musa ispiratrice.
<<
Ai nuovi arrivati, prendete pure posto.>> invitò caldamente il
professore di Psicologia, con un velato sorriso di morte.
Pigmalione
aveva visto la sua musa, ma, vinto dalla timidezza o forse dalla
vergogna, si sedette distante, in mezzo al suo branco di amici che si
agitavano come scimmie allo zoo, riproducendo anche gli stessi versi.
Eros
aveva ben visto la scelta di Pigmalione e, per questo, la penna Bic
che teneva in mano capitolò in un esplosione di nero inchiostro.
Thanatos,
davanti a quella tragica sconfitta del collega, sorrise divertito.
E
di innamorarsi.
Per
l'idealizzazione dei costumi di scena, Pigmalione si era fermato più
a lungo del dovuto dopo le lezioni, completando le bozze quando ormai
il Sole era sul punto di coricarsi, lasciando la scena alla giovane
Luna.
In
quel pomeriggio dalle calde tinte aranciate, aveva avuto occasione di
parlare con una ragazza del suo stesso gruppo di Artisti,
unica tra tutti che si era offerta -dopo un attimo di imbarazzante
silenzio- di far da modella per gli abiti: essere la cavia di
Pigmalione in verità era più una disgrazia che una fortuna, visto
che l'Artista era alquanto pignolo, critico e di certo non
lesinava su commenti a dir poco sprezzanti, come “Eh, hai troppo
grasso sui fianchi”, “che spalle da scaricatore di porto”
o la più bizzarra “Eh, se avessi avuto un paio di occhiali...”.
La
ragazza, però, trattenuti gli istinti omicidi, si era lasciata
modellare al pari di una statua dal ragazzo e, alla fine, unendo le
idee di entrambi, erano nati dei bei bozzetti.
<<
Sai... quando scendi dal tuo piedistallo, sei anche simpatico.>>
sorrise la giovane, sciogliendo la lunga, bionda chioma.
<<
Cosa?>> domandò Pigmalione, cascando dalle nuvole.
<<
Insomma... oggi ti ho visto molto più umano: sbagliavi anche tu, hai
cambiato idea tante volte e alla fine hai chiesto addirittura
consigli.>> sorrise con dolcezza la ragazza, volgendo uno
sguardo da far vacillare la stabilità del compagno << Mi piace
molto questo tuo lato, Pigmalione.>> rise e in quella risata
l'Artista si sentì estremamente confuso.
<<
Sei seria?>>
<<
Beh... hai dimostrato che nessuno è perfetto.>> continuò la
compagna prima di spalancare teatralmente le braccia, visibilmente
giocosa << Io esclusa, ovviamente. Nei tuoi disegni sembro
bella quasi quanto la Venere di Milo.>> continuò, mettendosi
nella medesima posa della statua citata.
<<
In realtà dovresti essere senza le braccia.>> Pigmalione
inclinò il capo, dubbioso per l'imitazione di quella statua
imbottita in un caldo cappotto invernale, con tanto di sciarpa e
berretto calcato sul capo.
<<
Guarda che posso fare anche Ercole e Lica. Non sfidarmi.>>
Quell'ilarità
spontanea, genuina e semplice, fece aprire realmente gli occhi a
Pigmalione, tanto che si fermò sui suoi passi a riflettere: lui,
fino a quel momento aveva sempre ricercato la Bellezza
idealizzata, tanto ambita e mai raggiunta, un'ideale di perfezione
distante da sé; aveva sempre cassato il mondo che lo circondava,
credendolo imperfetto.
Eppure
proprio adesso, per colpa di quell'imperfezione, il suo cuore aveva
iniziato a battere in un modo più scandito, ritmato.
<<
Ehi? Che ti prende?>> domandò lei, voltandosi preoccupata <<
Ho detto qualcosa che non va?>>
Pigmalione
sorrise.
“Tu
sei ben più bella di qualsiasi statua, perché sei reale, viva, concreta
nella tua semplicità.”, pensò con un velo di rossore.
Ma
alla fin fine l'Amore segue la sua via.
Come
si conclude, quindi, la storia?
Essendo
un mito scolastico, famoso quanto la “Il pollo nel Liceo”
o “lo Scompartimento segreto di alcolici in bidelleria”,
ha diverse versioni, tutte tramandate nel corso dei decenni.
I
più realisti
affermano che Pigmalione, tanto concentrato nel rincorrere una
bellezza perfetta, ma sfuggente, alla fin fine non era riuscito a
concludere nulla.
I
più romantici
raccontano che l'Artista trovò finalmente il coraggio per
dichiararsi alla magnifica Techne ed insieme iniziarono una solida,
felice relazione che durò addirittura anche dopo il Liceo.
I
più bizzarri,
invece, fantasticano sul possibile amore tra la giovane artista e
Pigmalione, che dopo la presa di coscienza aveva finalmente compreso
l'esistenza di tante, piccole sfaccettature nel mondo.
Nessuno
è perfetto,
ma
proprio grazie all'imperfezione si è unici ed irripetibili.
Fine
Oneshot!
Techne:
personificazione dell'arte e del “saper fare”.
Perché è la pupilla di Thanatos? Beh, dopo aver studiato centinaia
di autori diventati famosi in morte più che in vita, la decisione è
stata quasi immediata.
Capelli
rosa: yes... amo i colori pastello *-*
Ercole
e Lica: statua di Antonio Canova.
Ragazza
senza nome: anche la statua nel racconto di Ovidio non aveva un
nome (o, almeno, in tutte le traduzioni che ho trovato non era
riportato), per cui ho voluto mantenere questo dettaglio.
Angolo
dell'autrice:
Buon
salve e buone feste! Eccoci qui con un'altra one-shot!
Che
cosa dire? Beh, a parte che sto mangiando seriamente troppo in questo
periodo (eh... il Natale), sono davvero felice che ci siano lettori
che seguano questa raccolta. Quindi, veramente, grazie mille a tutti
quelli che hanno deciso di seguire/recensire! Spero davvero di non
deludervi!
Il
finale “a scelte” è qualcosa che adoro e che, ovviamente, alla
fin fine mi sono sentita in dovere di mettere. Insomma, spesso e
volentieri i miti hanno diverse versioni... e poi è divertente
immaginare altrettanti diversi “ending”.
Come
distruggere e ricreare i sogni di un personaggio in poche parole,
insomma.
Dopo
questa breve parentesi, io vi auguro ancora di trascorrere
piacevolmente le feste e un gran “Buon anno!!” per il Capodanno
ormai vicino (io, nel frattempo, mi preparo psicologicamente ai botti
che inizieranno alle 6 del mattino del 31 e finiranno alle 6 del
mattino del giorno dopo).
Se
sopravvivo, ci risentiremo al prossimo capitolo.
Un
bacio da _Lakshmi_!
|
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Capitolo 4 *** Idealtipi di Professori ***
Professori
Idealtipi
di Professori
[raccolta
di One-shots]
Nel
Pantheon scolastico dell'Agorà c'era una ferrea, rispettata
gerarchia: primo era il Sommo (Preside), poi il vice-Sommo
(Vicepreside), i Troni (i Segretari, chiamati in tal modo
per il loro attaccamento alla sedia) ed infine il Secondo
Sommo (ovvero l'omino che riforniva le macchinette e
dispensava chiavette a gratis).
Al
di sotto, un poco al di sotto del Custode della Palestra,
superato il Parcheggio Oscuro -ed intasato- ed attraversato un
portone dalla simpatica incisione “Per me si va ne la scuola
dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la
perduta gente [...]”, ecco: lì si trovavano i Professori.
Più
in basso, solo la nera casta dei bidelli.
Tuttavia,
anche i Professori avevano una propria gerarchia, o comunque si
differenziano per molteplici fattori, tra i
quali: Terrore, Rispettabilità, Simpatia, Pazienza e
Disponibilità. In base a queste variabili, si formavano
caratteri ben diversi l'uno dall'altro.
La
Provvidenza:
Terrore:
Nullo.
Rispettabilità:
*colpo di tosse*.
Simpatia:
Alta.
Pazienza:
Alta.
Disponibilità:
Alta.
Il
professore disponibile, che sapeva ascoltare i propri studenti e dava
anche validi consigli per il futuro, risultando a volte essere quasi un vero
e proprio indovino; inoltre, in tutta la sua lunga carriera, non
aveva mai segnato un'insufficienza, oppure in caso di gravi,
terribili errori, preferiva sempre porgere l'altra guancia per
salvare l'educando con un'ultima, estrema interrogazione.
Calcante
ne era un illuminato, antico, vetusto esempio, stimato dai propri
alunni, tanto che nelle sue ore la classe riusciva a mantenere un
assoluto silenzio. Una quiete bruscamente interrotta al suono della
campana, quando il branco di adolescenti tornava dal pellegrinaggio
alle macchinette, prendendo posto per la lezione successiva.
Un
simile modello, infatti, poteva esistere solo in Religione. E
Religione, citando le parole del saggio Achille, “è il breve
fancazzeggio tra un'ora di merda e un'altra ancor più di merda. Ma
chi ha messo due verifiche nello stesso giorno? Che teste di cazzo,
proprio.”
Super-Ego:
Terrore:
Altissimo.
Rispettabilità:
Alta.
Simpatia:
Bassa.
Pazienza:
Medio-bassa.
Disponibilità:
solo se sei meritevole.
La
pura razionalità: non vedeva studenti, ma sacchi ambulanti di
valutazioni. Però, seppur piuccheperfetto nell'attribuire
giudizi, non concedeva neppure la più vana speranza di salvezza.
Non
esisteva l'ansia da prestazione: o si rispondeva in modo corretto,
oppure si veniva liquidati con un due e condoglianze alla famiglia
(nei casi migliori) o con una risata sadica e una pacca sulla
spalla (in quelli peggiori, anche perché era l'unico genere di
professore che trovava appagante esplorare gli oscuri meandri al di
sotto del due).
Non
esisteva neppure la psiche o la persona, esisteva solo un rapporto
terribilmente formale e distaccato, in cui alla fin fine era
importante solo il risultato.
Il
chiaro esempio di questa tipologia era incarnato in Atena,
professoressa di Letteratura, Latino (ahi-ahi) e talvolta
Greco Antico (se rimanete in silenzio, potrete ancora sentire il
cristallino suono dei gemiti addolorati di studenti schiacciati da
terribili versioni d'autore): donna decisa, rigorosa, capace di
correggere persino il puntino mancato sulla “i”, non
ammetteva alcun guizzo di fantasia, alcuna licenza poetica, alcun
“Eh, dai, il significato è quello prof...”.
Inoltre,
seppur tanto fiscale, aveva un modo estremamente sadico per le
interrogazioni, dopo le quali gli studenti brancolavano verso un
bravo psichiatra, traumatizzati a vita.
Ade, altro esponente della categoria, in occasione delle
interrogazioni di Dicembre, aveva ideato la Roulette della Morte
in combinazione con il gioco d'azzardo dei dadi, in cui o si
usciva semplicemente come interrogati, o, se sorteggiati con un
numero prestabilito (tipo il dodici), si aveva la possibilità
essere graziati e di condannare un altro compagno all'interrogazione
a propria libera scelta.
Femme
Fatale:
Terrore:
Medio-basso.
Rispettabilità:
Media.
Simpatia:
Alta.
Pazienza:
Medio-basso.
Disponibilità:
Assoluta.
Partendo
dal mito che i Professori potevano accoppiarsi solamente con altri
Professori, la Femme Fatale era la figura che più mieteva
vittime tra i colleghi, ammaliandoli con i propri modi libertini, le
proprie generose scollature o le proprie vaghe allusioni. E, a volte,
superava addirittura se stessa con relazioni non propriamente
convenzionali.
O
non propriamente legali.
In
ogni modo, la rappresentante più indicata a questa categoria era la
bella, allettante, capricciosa Afrodite, professoressa di
Francese, lingua dell'Amore e della Seduzione, oltre che delle
incomprensibili pubblicità di Eau de Toilette.
Il
suo dolce profumo serpeggiava per i corridoi al suo passaggio, i
morbidi boccoli biondi fluttuavano sulla sua bella testolina a ritmo
della sua camminata aggressiva e del suo morbido ondeggiare dei
fianchi, mentre i suoi grandi occhioni erano in grado di ammaliare
anche l'uomo più riservato e ritroso.
Era
famosa in tutti i licei e i motivi della sua notorietà non erano
di
certo per l'insegnamento: infatti, aveva alle spalle e sulle spalle
diverse dicerie e drastiche realtà riguardanti scottanti
relazioni. Seppur da anni sposata, circolavano voci sul Preside,
sul
Vicepreside, sul segretario, sul professore di Educazione Fisica, su
quello di Filosofia, su quella di Scienze Naturali, su quello di
Matematica... insomma, tutta gente colpita ed affondata dalla sua
bellezza ed assoluta disponibilità.
Il
Dandy:
Terrore:
Nah, non è il mio stile.
Rispettabilità:
Dovrei seguire gli schemi imposti dalla società?
Simpatia:
Non saprei, dimmelo tu.
Pazienza:
Beh... è il tempo che si ferma per aspettarmi, non il contrario.
Disponibilità:
Se proprio devo.
Narcisista,
anticonformista, critico col mondo e ancor più con la popolazione
che viveva accanto a lui e, soprattutto, anche iperabbronzato in
ogni periodo dell'anno.
Ma
aveva anche dei difetti.
Non
seguiva le mode, era lui stesso la moda e guardava sprezzante la
gentaglia che lo giudicava al primo sguardo. “Non capisci,
tesoro? Sei tu in difetto, non io.”, era la risposta sempre
valida a tutte le critiche che gli venivano mosse.
Lui
era decisamente il Sole attorno cui tutto ruotava (motivo
per cui, secondo certi suoi colleghi, era doveroso tornare alla
teoria Geocentrica).
E
come si può, a questo punto, non citare il magnifico professor
Apollo di
Discipline Pittoriche? Uomo capace di mortificare con la sola
occhiata aurea, con il solo sorriso beffardo, con il solo sospiro
acido, il cuore di qualsiasi studente in ogni occasione:
dall'interrogazione fino al semplice incontro per i corridoi. Il suo
occhio critico verso ogni opera presentata dai poveri artisti,
tremanti e speranzosi, era divenuto quasi leggendario.
Non
importava, infatti, quanto potesse essere originale un disegno: se
non era conforme ai suoi canoni mentali veniva inevitabilmente
scartato; e chi osava opporsi al suo regime del “buon gusto”,
rischiava di fare la stessa fine di Marsia.
E
Marsia, alla scuola Agorà, era un nome dimenticato. Un Tabù.
Apollo
era inoltre l'unico uomo in grado di criticare aspramente Ade
per “quella pelle morticcia e quello sguardo da gatta morta”,
senza subire le peggiori ire del professore appena citato.
A
volte, effettivamente, era comodo essere il figlio del
Preside.
Il
Bohémien:
Terrore:
Un bicchiere per domarli.
Rispettabilità:
Un bicchiere per ghermirli.
Simpatia:
E nel Carpe Diem educarli.
Pazienza:
Ma sì, con calma.
Disponibilità:
Dopo la pausa caffè, sempre.
Da
non confonderlo con il Dandy, il Bohémien aveva uno
stile di vita decisamente più vicino alle esigenze dello studente,
infervorando le masse e lottando per i loro diritti addirittura
davanti al Preside, che lo accoglieva sempre con pura rassegnazione.
Inoltre,
non era soltanto il suo spirito filantropico ciò che caratterizzava
il Bohémien, bensì anche la sua libertà che trasudava
addirittura dal suo metodo d'insegnamento: le sue lezioni, infatti,
non erano mai schematiche, ma seguivano un libero flusso di
coscienza, tramutandosi addirittura ora in accesi dibattiti su
argomenti sempre attuali, ora in lunghi discorsi stimolanti con
centinaia di collegamenti presi da mille discipline diverse.
Dioniso
era un rappresentante di tale categoria e, seppur insegnasse la
complicata Filosofia, era decisamente amato dai suoi studenti, che lo
osannavano come il “Migliore in Assoluto”; era anche amato
dagli altri colleghi, con cui riusciva ad instaurare sempre un buon
rapporto di amicizia a suon di “Tarallucci e Vino. Ed altro vino
ancora per mandar giù quell'agglomerato di pasta bloccato in gola”.
Inoltre,
ascoltava attentamente i problemi di tutti, seguendo l'antico
proverbio latino che dettava “In vino veritas”: con una
buona dose di alcol, infatti, anche il più schivo degli insegnanti
si apriva.
Sul
come si apriva, era del tutto indifferente.
Il
Piccione Viaggiatore:
Terrore:
???
Rispettabilità:
???
Simpatia:
Moltissima.
Pazienza:
???
Disponibilità:
Altissima.
Come
il suo più stretto parente che infesta piazze ed antichi monumenti,
anche questo genere di professore era sempre in viaggio: ora per uno
scambio culturale con qualche altra scuola, ora per una gita di
cinque giorni, ora per accompagnare fuori una classe a mangiare un
gelato o a bere una cioccolata calda.
L'importante,
per lui, era non trovarsi mai in sede.
Si
offriva sempre per qualsiasi attività Aldilà delle quattro
mura scolastiche e i professori più sedentari accettavano di buon
grado la sua estrema disponibilità, affidandogli ogni genere di
attività che non volevano ritrovarsi tra i piedi.
Ermes
ne era un valente esempio: sulla carta insegnava Matematica -o
altresì detto mille modi per fottere il prossimo-, tuttavia
nessuno era ben certo riguardo cosa, esattamente, riuscisse a spiegare in
quei pochi giorni di permanenza nell'istituto; tutti i
colleghi però, di tutti gli indirizzi, avevano avuto un'esperienza
di viaggio d'istruzione con lui e, in fondo, erano tutti contenti e
lo lodavano come una persona estremamente simpatica.
L'incazzato:
Terrore:
Altissimo.
Rispettabilità:
Altissima.
Simpatia:
*tosse acuta*
Pazienza:
Che cos'è?
Disponibilità:
Senti, non mi rompere i coglioni.
Evoluzione
dello Studente Incazzato, il Professore Incazzato era la
tipologia più comune in ogni scuola, tanto che a volte potevano
radunarsi anche in un fitto branco, nel quale ogni capoccia aveva un
motivo diverso per odiare il mondo.
Tutto
poteva essere causa di profondo, viscerale risentimento secondo
questo genere di docente: da grandi argomenti come la politica, la
religione, il surriscaldamento globale o l'aumento dei costi dei
parcheggi, a problemi più specifici come il Coglione con la
Smart, la Testa di Cazzo alle poste o il Genitore di
merda. A volte, questi tre individui potevano essere concentrati
in una singola persona ed allora il Professore Incazzato esplodeva
come una pentola a pressione, gridando le peggio ingiurie per tutto
l'istituto.
Ares
era l'indiscusso, supremo esempio dell'Incazzatura quotidiana: gli
bastava entrare la mattina ed incrociare lo sguardo con il docente di
Tecnica e Metallurgia, Efesto, per inabissare il proprio umore verso
un odio atavico contro il mondo intero.
Per
sfogare tutto quel malumore, si avviava con passo marziale in
palestra, suo territorio di caccia, pronto a mietere vittime, una
dopo l'altra; era quasi soddisfacente vedere la sofferenza sui volti
dei ragazzi che, stremati, morivano al suolo grondanti di sudore.
Quando
non si trovava in palestra, era in sala insegnanti a gustarsi un
espresso rigorosamente amaro, con la castana testolina di Alettrione
in dormiveglia contro la spalla. Era l'unico momento a scuola -o
nella vita- in cui era veramente in pace con se stesso.
Queste
erano le tipologie più note di professori contro cui intere
generazioni di studenti si erano dovute scontrare, adottando astuzie
e tattiche di guerra degne del miglior stratega.
Ma
questa è un'altra storia ancora.
Fine
Oneshot.
Troni:
nella tradizione biblica, gerarchia di angeli che hanno il compito di
mettere in atto la giustizia divina.
Piuccheperfetto:
forma verbale.
Un
bicchiere per domarli […]: piccola storpiatura de "Il Signore
degli Anelli".
Si
offriva sempre per qualsiasi attività Aldilà […]:
sì, insomma, Hermes ha anche il ruolo di psicopompo, quindi ho
voluto mettere un piccolo riferimento.
Angolo
dell'autrice:
Le
vacanze di Natale dovrebbero durare tre settimane, non due: i primi
giorni li ho persi con le feste e cene in famiglia, poi a Capodanno
sono andata a dormire quando ormai era già mattina e... beh, ho
avuto appena il tempo per aprire il libro di matematica che già è arrivato
l'8 Gennaio.
Seriamente,
mi sarebbe servita quella settimana in più: almeno avrei tardato la
mia ansia per gli esami di fine anno e non sarei tornata a scuola con
quelle occhiaie degne di un panda.
Ansia
a parte, ora parliamo invece della fanfiction. Anzi, forse è meglio di
no: certi professori sadici potrebbero rintracciare questa storia ed
interrogarmi.
Vabbeh,
sì, diciamo che il modello di interrogazione di Ade è stato preso e
modificato da un'esperienza di vita vissuta e, davvero, è orribile
dover scegliere un altro per l'interrogazione (ma ehi:
tanto ci sono anche quelle simpatiche persone capaci di mettere la
classe nei casini saltando -senza avvertire nessuno- il proprio turno
nelle interrogazioni programmate. Quindi va tutto bene).
E
che altro dire? Beh, si parla anche di Ares sulla fine: si vede che
sono passata da ascoltare “End of All Hope”
dei Nightwish a
“Something Just Like This”
dei The Chainsmokers & Coldplay?
La
bellezza della riproduzione casuale.
Prima
di scomparire per un altro paio di settimane (sigh...
iniziano davvero le interrogazioni? Rivoglio i miei giorni avvolta
nel piumone fino alle 11:00), ci
tengo davvero tanto a ringraziare di cuore tutti quelli che hanno aggiunto
questa storia alle preferite/ricordate/seguite e anche chi si prende
la briga di recensire.
O
anche chi solo si mette a leggere questo delirio fino in
fondo, tanto da arrivare a queste piccole note.
Davvero,
grazie a tutti.
Un
bacio da _Lakshmi_!
|
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Capitolo 5 *** Aptera e Icaro ***
Aptera e Icaro
Nickname:
Ǿinøs:
Dioniso
Kërỳkëion:
Ermes
Panndistellee_007:
Pan
Aptera
e Icaro
[raccolta
di One-shots]
[Login]
Dungeon:
Labyrinth;
Hours:
00:43;
Level:
God Mode;
Players:
1;
Guild:
Lakedaimon.
Le
mura del labirinto erano strette ed opprimenti, quasi claustrofobiche,
tanto che la giovane Aptera dovette ricorrere a tutta la
propria forza per resistere e non soccombere alla tremenda pressione
che esercitava il nemico dormiente, signore di quel luogo maledetto.
La
fanciulla correva ansimante, sfinita, ma estremamente determinata ad
uscire da quel dannato posto: era una questione di pochi minuti,
ormai, prima del risveglio del mostro e non doveva perdere alcun
attimo prezioso.
[00:43:10][Guild][Ǿinøs]:
piscio due min
[00:43:14][Guild][Kërỳkëion]:
grazie per l'info
[00:43:23][Guild][Kërỳkëion]:
non avrei dormito senza
[00:44:03][Guild][Panndistellee_007]:
ma tutta sta gente loggata a quest'ora?
[00:44:04][Guild][Panndistellee_007]:
ma ooooohhhh! Andate a lavorare!
[00:44:17][Guild][Kërỳkëion]:
...parla il bidello -_-
[00:44:29][Guild][Panndistellee_007]:
almeno io ci sono in sede...
[00:44:35][Guild][Kërỳkëion]:
ehi
[00:44:35][Guild][Kërỳkëion]:
inmsulti=
[00:44:38][Guild][Kërỳkëion]:
*insulti)
[00:44:41][Guild][Kërỳkëion]:
**insulti?
[00:45:03][Guild][Ǿinøs]:
looooool Ermes sta chiaramente morendo sulla tastiera
La
fanciulla si trovò davanti ad un bivio: da un lato una via luminosa,
ancora rischiarata dal tenue bagliore della dea bendata che l'aveva
protetta fino a quel momento; dall'altra un'oscura strada tenebrosa,
velata dalla penombra creata dalle foglie di intricati rampicanti.
Inspirò
a fondo, socchiuse gli occhi, ascoltò il proprio cuore che batteva
ad un ritmo sempre più scandito, a tempo con i cupi tamburi di
sottofondo. All'incalzante rullare, ormai era certa che il mostro si
sarebbe svegliato a momenti.
[00:47:19][Guild][Ǿinøs]:
mi sento così solo... T_T
[00:47:30][Guild][Kërỳkëion]:
perché lo sei.
[00:47:41][Guild][Ǿinøs]:
Ma quanto sei acido!! Quando il nostro matrimonio??? <3
[00:47:45][Guild][Kërỳkëion]:
amore mio!!1! <3
[00:47:51][Guild][Kërỳkëion]:
a quando smetterai di molestarmi con i tuoi cazzo di perizomi
[00:48:01][Guild][Ǿinøs]:
Cosa?! MiA adoratA mi insulti
[00:48:23][Guild][Ǿinøs]:
INSENSIBBBBBILEHHHHhhHH
[00:48:40][Guild][Kërỳkëion]:
EHI
[00:48:49][Guild][Kërỳkëion]:
qui dentro sono solo io ad avere il giorno libero
[00:48:51][Guild][Kërỳkëion]:
andate a dormire
[00:49:01][Guild][Ǿinøs]:
Brv
[00:49:08][Guild][Ǿinøs]:
metti a dormire i piccoli
[00:49:17][Guild][Ǿinøs]:
che poi ci divertiamo :))))))))
[00:49:18][Guild][Kërỳkëion]:
=_=
Aptera
avanzava nell'oscurità fitta ed opprimente, tanto che tutto intorno
a lei si era tinto del nero più tetro; più proseguiva per quella
strada, più sentiva le energie vitali venir meno, le gambe tremavano
e la vista a tratti si faceva offuscata.
Le
ricordava l'addestramento per diventare un'Assassina, quasi
riusciva a sentire le ultime parole del maestro prima di lasciarla
nella foresta sola, alla ricerca di se stessa.
“L'oscurità
è il tuo elemento, Aptera: non lasciare che le tue paure ti facciano
soccombere alle tenebre, impara a controllarle e a domarle per essere
il nuovo Sole di questo millennio”.
Aveva
ragione, non doveva temere l'oscurità: lei dopotutto era un'elfa del
Sole, nata nei bassifondi di una città e cresciuta nella più
estrema povertà, grazie alla quale aveva imparato a sopravvivere e
al contempo a vivere.
Doveva
riuscire in quell'impresa, doveva tenere alto l'onore del suo
maestro, morto in quel luogo nefasto.
[00:51:11][Guild][Ǿinøs]:
Ermy ti invio su whatsapp le foto dei miei nuovi perizomi
[00:51:14][Guild][Ǿinøs]:
a leopardo
[00:51:16][Guild][Ǿinøs]:
a giraffa
[00:51:17][Guild][Ǿinøs]:
e anche zebrati
Kërỳkëion
has gone offline.
[00:51:35][Guild][Ǿinøs]:
...
[00:51:35][Guild][Ǿinøs]:
ehy
[00:51:41][Guild][Ǿinøs]:
siamo rimasti noi due :)
[00:51:59][Guild][Panndistellee_007]:
dai che ci sono dei minori
[00:52:03][Guild][Ǿinøs]:
OH-
[00:52:05][Guild][Ǿinøs]:
Icaro!
[00:52:09][Guild][Ǿinøs]:
vuoi unirti? :))))))))
[00:52:14][Guild][Panndistellee_007]:
…
Aptera
riuscì ad arrivare alla fine della strada scelta, scoprendo un
vicolo cieco.
Era
ancora più buio e terrificante del resto del labirinto, tanto che
quasi faticava a respirare correttamente, oppressa dalla tensione del
momento, dai tamburi sempre più assordanti, dal cuore che batteva
fin nei timpani.
Il
mostro dormiente ruggì feroce da qualche parte nell'intricato
dedalo, facendo tremare addirittura il suolo.
Era
forse tutto finito?
No,
non poteva essere giunta la sua ora: doveva ancora vendicare il suo
maestro, doveva dimostrare di essere cresciuta, di non essere più
quella ragazzina sola ed indifesa.
Con
una determinazione rinata, vide nella coltre oscura un improvviso
scintillio, una piccola luce in mezzo a tante tenebre. L'afferrò
senza sprecare attimi preziosi e, all'improvviso, sulla sua schiena
si formò una magnifica, maestosa ala bionica, la cui frigida luce
azzurrognola riuscì a districare le nubi oscure che la circondavano.
Prima
che il tremendo mostro taurino potesse raggiungerla, la giovane
riuscì a spiccare il volo, liberandosi così dalla pressione del
labirinto.
Era
finalmente diretta verso quel Sole ormai non più così distante.
Aptera
has earned the achievement [One Winged Angel]!
[00:55:02][Guild][Ǿinøs]:
Oh! GG Icaro!
[00:55:03][Guild][Panndistellee_007]:
GG
[00:55:05][Guild][Ǿinøs]:
ta-ta-ta... I-CA-RO!
[00:55:08][Guild][Ǿinøs]:
ci sta anche con la musichetta
[00:55:08][Guild][Panndistellee_007]:
quell'achi è praticamente impossibile da fare
[00:55:13][Guild][Panndistellee_007]:
però la mount che tanta roba
[00:55:16][Guild][Ǿinøs]:
l'unicorno arcobaleno è più stiloso <_<
[00:55:20][Guild][Aptera]:
grazie mille ragazzi ^_^
Aptera
has gone offline.
[Logout]
Dopo
un attimo di attesa, ricomparve la schermata di login, con il nome
dell'espansione “The Chronicles of Elláda” in primo piano con lo sfondo di un tempio incantato. Gli occhi d'un caldo castano di
Icaro guardarono confusi la gentile schermata che dettava: "Siamo
spiacenti, ma la connessione a internet è momentaneamente assente".
Fece
allora cadere per la stanchezza il biondo capo contro la tastiera
corvina, quasi sul punto di addormentarsi lì, totalmente scarico
dell'adrenalina che fino a pochi attimi prima l'aveva tenuto sveglio
al pari di un'abbondante dose di caffeina.
<<
Icaro?>>
Il
giovane si rianimò un poco, voltandosi verso la porta.
E,
come un ladro colto sulla scena del crimine, desiderò solo
fuggire da quella sedia girevole.
<<
Icaro, devi andare a dormire, è tardi.>> sospirò il vecchio
padre, contrariato per i passatempi notturni del figlio.
<<
Sì, ora spengo.>> sbuffò stanco il ragazzo.
Ora
non era più la bella Aptera, Assassina di massimo livello che
combatteva nella prima gilda del server, nonché esempio per tutti
gli altri giocatori della stessa classe; ora era di nuovo quel
ragazzino di terza superiore che bivaccava da qualche tempo sulla
soglia del sei.
Niente
seni prosperosi, niente ammiratori da tutte le parti del mondo, niente banca
straripante di monete d'oro.
Era
solo un semplice ragazzo che campava con cinque euro alla settimana
(mancetta gentilmente offerta dal padre Dedalo).
Quanto
avrebbe voluto vivere nel videogioco, piuttosto che alzarsi la
mattina presto per prendere il pullman ed affrontare la scuola.
Lunedì,
arrivo a scuola, atrio.
Ampi
sbadigli, occhiaie marcate e nessuna voglia di studiare.
O
anche detto “tre semplici modi per descrivere il piccolo Icaro”,
studio iniziato e portato avanti da Teseo, in quel momento intento,
come ogni altra mattina, a vantarsi con lo stuolo di dieci o venti
ragazze che gli ronzava intorno: d'altronde tutti riconoscevano la
sua incredibile bellezza, la sua smisurata forza, il suo sconfinato
senso del dovere e, soprattutto, la sua modestia leggendaria.
Insomma,
come non amare i suoi riccioli castani, i suoi occhi d'un freddo blu
mare o il suo sorriso smagliante? Sarebbe come negare la bellezza nel
mondo, un peccato gravissimo, nonché atto di pura, semplice invidia
e di pochezza d'anim-...
Oh,
aspetta, ho perso il filo del discorso... di chi stavamo parlando?
<<
Oh, Icaro... hai dormito male sta notte?>> Arianna, giovane
ragazza della 4A Linguistico, si avvicinò al giovane da poco
arrivato, mostrando in volto un'amorevole apprensione materna.
“Ah,
sì, giusto! Icaro!” Teseo,
dopo aver rimuginato a lungo sui propri pensieri, sorrise soddisfatto
per essersi ricordato da solo
il nome del proprio devoto fedele.
O altresì detto “amico”.
Ma
devoto fedele suonava mille volte meglio.
No?
<<
No... non preoccuparti... con un caffè si risolve tutto.>>
sorrise Icaro in risposta a quelle preoccupazioni.
<<
Te lo offro io, se vuoi.>> la ragazza iniziò a cercare la
chiavetta persa chissà dove nello zaino, ma la bianca mano
dell'amico occhialuto la fermò.
<<
Tranquilla, non serve, non voglio che-...>> ma le parole di
Icaro furono sovrastate dalla voce ben più cupa e tonante di Teseo.
<<
Io, Teseo, eroe dei vostri cuori, offrirò al mio amico Icaro la
colazione!>>
Un'ovazione
femminile accompagnò l'eroica gesta dello studente, mentre Arianna,
esausta, si massaggiava le tempie nascoste dalla mossa chioma d'un
caldo fucsia, una tonalità tanto simile al mosto più pregiato.
Niente
poteva far maturare quel ragazzo.
Teseo,
senza chiedere nulla a nessuno (oh, che cuore d'oro! <3),
rubò letteralmente Icaro, trascinandolo in giro per i corridoi;
purtroppo, forse per colpa del vociare degli altri ragazzi, forse per
colpa del proprio leggero,
piccolo ego, non
riuscì a sentire le proteste del ragazzo.
<<
Cosa vuoi? Espresso? Cappuccino? Cappuccino con cioccolata? Sì,
sì... tu sei il tipo da cappuccino con cioccolata, senza alcun
dubbio.>> domandò l'eroe della scuola, talmente in gamba da
rispondersi pure da solo.
<<
Teseo... in realtà mi va bene anche solo un espresso. Ho già fatto
colazione e-...>> Icaro, il povero Icaro, cercò di spiegare la
propria situazione, ma nulla. Come parlare al vento.
<<
Vuoi anche dei biscotti? Ci sono gli Oreo, a tutti piacciono gli
Oreo.>>
<<
Teseo.>>
<<
Ah, giusto. Quanto zucchero nel caffè? Suppongo tre pallini. Sì,
tre pallini è il giusto, se no è tremendamente dolce.>>
Icaro
sospirò, appoggiandosi sconfortato alla macchinetta delle bevande,
mentre l'amico faceva e si complimentava addirittura, ignorando
totalmente il mondo circostante.
In
tutta onesta sincerità, non poteva immaginare nulla di peggio.
<<
Oh, Icaro! Proprio te cercavo!>>
Il
giovane munito di occhiali alzò lo sguardo, incontrando il sorriso
del magnifico, unico, inimitabile professor Apollo. Il suo ego, messo
accanto all'ego di Teseo, dava il via ad un vero e proprio “Scontro
tra Titani” in cui era
seriamente difficile decretare un vincitore.
Perché
non poteva avere una mattina normale?
Apollo,
con il suo magnifico completo di un oro scintillante, avanzò
puntando il ragazzo basso ed occhialuto, il quale nella sua bassezza
ed occhialutezza sembrava non voler affatto stare lì.
<<
Sei tu Icaro, giusto?>> domandò confuso il docente di Discipline
Pittoriche, ricontrollando la lista che stringeva tra le mani.
<<
Guardi, anche io con i nomi oggi faccio confusione.>> annuì
solennemente Teseo, comprendendo appieno lo stato d'animo
dell'insegnante raggiante.
<<
Sì e poi contando che siete anche tanti...>>
<<
Oh, non me ne parli: ho più di duemila amici su Facebook, ma
davvero...>>
<<
Aspetta, ti avevo accettato l'amicizia, vero?>>
<<
Mi pare di sì, ma io la seguo anche su Instagram, Twitter e...>>
nel mezzo di quell'importante chiacchierata, Teseo iniziò a
sorseggiare il cappuccino al cioccolato e a sbocconcellare qualche
Oreo.
<<
Oddio, hai visto il mio ultimo selfie? Sono venuto bene, vero?>>
luminoso come una vera e propria stella, Apollo si era totalmente
dimenticato del motivo per cui era lì.
<<
Sì, ovvio: aveva quel gusto retrò, ma al contempo incredibilmente
moderno. Lei è un vero maestro.>>
<<
Oh, lo so, modestamente.>>
Ad Icaro,
in mezzo a quei due, parve di sentire il suono delle campane
nuziali.
E
invece era solo la campanella di scuola.
Fu
sul punto di allontanarsi discretamente, come era stato discreto per
tutta quella conversazione, ma improvvisamente fu trascinato di nuovo
al centro dell'attenzione: Apollo con la sua immancabile eleganza,
gli bloccò il passaggio.
<<
Tu eri iscritto al viaggio culturale in Giappone? Quello che io
avevo organizzato per voi studenti?>> chiese il docente,
muovendo la morbida, lunga chioma d'un caldo biondo.
<<
Ah? S-sì...>> annuì il povero, sventurato Icaro.
<<
Oh, perfetto: tu, per la tua pagella misera, sei stato escluso.>>
E
con un sorriso, il professore si allontanò in tutta la sua
perfezione e il suo splendore.
Il
ragazzo, nel suo cuore, si sentì sprofondare nei più gelidi,
profondi abissi del rimorso: quel viaggio in Giappone era tutto ciò
che ambiva da un intero anno e quando, finalmente, ormai era tanto
vicino, si ritrovava improvvisamente escluso senza una valida
ragione.
Sì,
va bene, aveva una
pagella da “sei spaccato”,
però non era una buona motivazione.
Il
cuore pesante, gli occhi lucidi e il fiato mozzato gli fecero
ricordare quanto meglio fosse la sua vita virtuale, piuttosto che
quella reale. In quel momento, voleva solo nascondersi dietro
all'immagine di Aptera, per soffocare quell'insopportabile tristezza.
Lei,
dopotutto, era forte... al contrario di lui.
Lunedì,
ricreazione, cortile della scuola.
Appoggiato
al muretto del campo da calcio, osservava assorto le coppie di
fidanzati che camminavano mano nella mano per il cortile, sfilando in
passerella e mostrando al mondo quanto erano innamorati.
Come
faceva la gente ad essere così spensierata?
Mangiò
quel che rimaneva degli Oreo gentilmente offerti da Teseo, poi
sospirò ripensando ancora all'opportunità mancata.
Se
avesse abbandonato per tempo il gioco, se si fosse concentrato più
sugli studi...
<<
Ehi... Icaro.>> sorrise Arianna con la dolcezza che sempre
l'aveva distinta << Tutto bene?>> aggiunse, notando il
suo sguardo triste.
Si
conoscevano dalle elementari, da bambini avevano sempre trascorso i pomeriggi al
parco per giocare ora a pallone, ora a fantasticare su quello scivolo
pericolante, ma estremamente divertente; era davvero una persona
gentile, lei, e quasi era un peccato che fosse impegnata con Teseo.
No,
non era geloso.
No,
assolutamente.
Beh...
forse giusto un po'.
<<
Beh... è un po' per il viaggio...>> sospirò Icaro a testa
china.
<<
Sì... Teseo me l'ha detto.>> annuì la ragazza sedendosi
accanto a lui << E l'altro po' per che cos'è?>>
<<
Ah? Eh... beh, nulla.>> il rossore sulle gote del giovane lo
tradì, come Bruto aveva tradito a suo tempo Cesare con un set di
coltelli “Miracle Blade”.
<<
Ehi... sei un pessimo bugiardo!>> rise lei e da perfetto
prototipo di zia gli strampognò -termine
tecnico per quella tortura medievale-
le guanciotte tinte di un rosa acceso << Puoi dirmi tutto
quello che vuoi, lo sai.>>
Icaro
sospirò, ancora una volta, cercando il coraggio perduto in qualche
angolo dell'animo.
<<
Ecco... pensi che una vita... di fantasia... possa essere migliore di
quella reale?>>
Arianna
corrucciò la fronte per qualche attimo pensosa, quasi per cercare di
capire cosa si nascondesse dietro a quella domanda. Non sapeva della
sua dipendenza (beh, sì, insomma... diciamo leggera
passione) per i videogiochi,
soprattutto per un videogioco in particolare, ma sembrò comunque
comprendere la situazione.
<<
Beh, sicuramente: se la crei tu, ovvio che una vita di fantasia è
effettivamente perfetta.>> annuì la giovane << Ma...
vivendo solo di fantasia... non è che rischi di perderti i reali
momenti importanti? Ad esempio un'uscita con una ragazza, il
matrimonio, i futuri figli...>>
<<
COSA?!>> esclamò confuso Icaro dello stesso colore di un
pomodoro maturo << Stai correndo decisamente troppo!>>
<<
Ah-ah! Su, Icaro, pensa a quanti “achievement”
nella vita reale devi ancora guadagnare!>> la ragazza si alzò
e si diresse in fretta alla sede, sul suono prolungato della
campanella che segnava la fine della ricreazione << Non
buttarti giù!>> gli urlò, con il suo solito, caldo sorriso.
Icaro,
invece, rimase ancora qualche attimo seduto, senza più alcuna
certezza.
Quando
tocchi il fondo dell'abisso,
l'unica
cosa che puoi fare è cercare di risalire.
Ci
riuscirai... Icaro?
Fine
One-Shot!
Guild:
Gilda, gruppo di giocatori.
Aptera:
“Senza Ali”.
Mount:
Cavalcatura.
Loggata:
collegata. Si riferisce a quanti giocatori sono online.
Miracle
Blade: e non Myracle Blade. Grazie suggerimento della
regia, non me ne ero accorta della svista (e di molte altre sviste
ancora nascoste per il testo).
One
Winged Angel: riferimento a Final Fantasy VII. Sephiroth è
praticamente il ricordo della mia infanzia, di quando mia sorella
giocava alla play ed io le facevo da supporto morale.
Achievement:
obiettivo.
Angolo
dell'Autrice:
No.
Non ho passato anni della mia vita a giocare a World of Warcraft. No
di certo.
Assolutamente.
Comunque,
la dipendenza da videogiochi è, come ogni altra dipendenza,
incredibilmente insidiosa e difficile da superare. Quando parlo di
dipendenza, ovviamente non mi riferisco a quella gente che gioca ad
app per cellulare per mezz'ora al giorno, ma per quelli che vivono
per un determinato gioco. Ognuno è libero di spendere il tempo come
meglio crede, tuttavia bisognerebbe sempre avere una misura.
Come
faccio a saperlo?
Eh...
*colpo di tosse*
In
ogni caso, devo dire che mi sono divertita parecchio a scrivere i
dialoghi tra Dioniso/Ermes e Teseo/Apollo. Le coppie quelle belle.
Cioè,
in verità Teseo e Apollo non li avevo mai visti come coppia, è un
crack pairing nato in corso d'opera.
Ora
non so bene se shipparli o meno, nel dubbio li trovo adorabili (sono
l'autrice, ok, ma non mi importa, adoro terribilmente scrivere di
personaggi così tanto egocentrici).
In
chiusura di questo angolo, ringrazio davvero di cuore tutti quelli
che hanno aggiunto la fanfic alle loro preferite/seguite/ricordate.
Cioè, davvero, non pensavo che potesse interessare tanto.
Inoltre
un grazie anche a quei lettori silenziosi che non si limitano a leggere
l'ultimo capitolo uscito, ma riprendono quelli precedenti: mi
fa capire che in fondo forse davvero può piacere e ne sono
sinceramente contenta.
Un
abbraccione a tutti!
Ed
ora... è meglio che vada a prepararmi per la settimana di
interrogazioni. Sono capitata per prima in Scienze Umane e devo
studiarmi tutti gli autori che abbiamo fatto da inizio anno per una
simpatica simulazione.
Sigh.
Rivoglio
le vacanze.
Davvero.
Un
bacio da _Lakshmi_!
|
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Capitolo 6 *** Quando Policleto scoprì i Manga Yaoi ***
Quando Policleto scoprì i manga Yaoi
Quando
Policleto scoprì i Manga Yaoi
[raccolta
di One-shots]
Così
come un battito d'ali di farfalla può sconvolgere la vita di
centinaia di persone dall'altro capo del mondo, allo stesso modo un
manga può rovinare i pomeriggi di poveri martiri.
Lunedì,
4A Artistico, quarta ora.
I
radi capelli bianchi erano ancor più bianchi e radi, rinsecchiti
come foglie autunnali che al primo soffio di vento decidono di cadere
al suolo, staccandosi dal vecchio ramo d'appartenenza.
Gli
occhi sottili, nascosti dietro ad occhiali a fondo di bottiglia capaci di
ingigantirli oltre l'umano, saettavano da destra a sinistra
impossessati probabilmente da qualche furia.
Il
respiro rauco ed affannato preannunciava -oltre
ad un possibile malanno stagionale-
il malumore del professore, dovuto probabilmente a qualcosa.
Policleto,
in queste drastiche condizioni fisiche, si sedette in cattedra,
ponderando su quanto aveva visto e su quanto stava per annunciare:
l'ignoranza, dopotutto, andava debellata.
<<
Per giovedì...>>
Silenzio
assoluto. Tutti attenti. Qualche colpo di tosse dal fondo per dare
atmosfera.
<<
Per giovedì voglio venti tavole di anatomia. Studio delle ossa e dei
muscoli. Chi non me le presenta prenderà un due sul registro.>>
Ancora
qualche attimo di silenzio, prima di una vana ed inutile rivolta
studentesca repressa con note disciplinari.
Ma
come era nato tutto ciò?
Lunedì,
3B Scienze Umane, prima ora.
Persefone
aveva un grave problema nella sua difficile vita di adolescente: sua
madre, che la proteggeva in ogni situazione e da ogni essere vivente
per custodire la sua pura giovinezza dalle crudeltà del mondo.
Quando
le sue amiche alle medie avevano iniziato a truccarsi, Demetra le
aveva condannate come “Future
lavoratrici sull'autostrada” ed
aveva impedito alla preziosa figlia di frequentarle; quando, nel
periodo di San Valentino, tutti avevano trovato l'anima gemella,
l'unico martire che era riuscito a vincere la paura e le si era
avvicinato, si diceva che fosse stato spedito in Siberia ai lavori
forzati in qualche miniera.
Inoltre,
tutti i contatti erano prima controllati ed approvati da sua madre,
Demetra. Poteva far shopping solo con sua madre, Demetra, e comprare
solo i vestiti approvati da sua madre, Demetra. Aveva la possibilità
di uscire la sera con le amiche -precedentemente
approvate, sia ben chiaro-, solo se
poi rientrava ad un orario non oltre le undici e mezza di sera.
Ah,
sì, orario ovviamente stabilito ed approvato da sua madre, Demetra.
In
una così drastica situazione, raggiunta la tappa del Liceo, un
ragazzo poteva agire in due e in due soli modi: o fare un salto
carpiato dall'ultimo piano di un palazzo, oppure diventare il peggior
criminale in circolazione.
Persefone
stava seguendo la seconda via, passo dopo passo, raggiungendo
piccole, grandi libertà in quel regime totalitario in cui era
costretta a sottostare; tuttavia, prima di arrivare al massimo atto
di ribellione e di presa di coscienza personale, la prima tappa di
questo lungo cammino fu l'accettare un piccolo, prezioso volumetto da
parte di Alcippe.
<<
Allora, hai finito di leggerlo?>> domandò con un gran sorriso
l'amica, nonché compagna di banco, mentre il professore di
Psicologia interrogava i prescelti di quella lezione.
<<
Sì! Ma quindi finisce così?>> gli occhi celesti di Persefone
brillarono di gioia, guardando la ragazza dispensatrice di verità.
<<
Guarda...>> Alcippe scrutò tutt'attorno cauta, prima di
continuare il discorso abbassando ulteriormente la voce, come se
stesse per proferire un importante segreto di Stato << Sono
solo voci, ma... la mangaka sta pensando di fare un seguito.>>
<<
Davvero? Spero che diano più spazio alla terza coppia... era così
carina.>>
<<
Quella del ragazzino e dell'insegnante? Sì, sì... ha detto che ci
sarà un capitolo solo dedicato a loro. Ma sono solo rumors.>>
Persefone
rise contenta con l'amica a quella magnifica notizia.
Il
Professor Eros, attratto da quella risatina decisamente meno vaga
rispetto alla più che vaga affermazione “la
Psicanalisi nasce all'incirca dopo l'Illuminismo, ma prima della
Seconda Guerra Mondiale. In quei decenni lì, insomma”,
si alzò per raggiungere il suono cristallino (e, al tuo temporaneo
allontanamento, gli interrogati, ovviamente,
ne approfittarono per aprire con foga i quaderni, libri, bigliettini
e coperchi di calcolatrici per ripassare).
Il
docente saltò quindi per il lungo gli zaini, per il largo i
cappotti, per l'obliquo la classica immondizia sparsa sul pavimento,
fino a raggiungere gli ultimi banchi
dove si trovavano i due soggetti incriminati.
<<
Allora, cosa sta succedendo?>> domandò con tono autoritario,
risultando comunque meno severo del dovuto: dopotutto, era un uomo di
buon cuore e, se non in casi eccezionali, non riusciva mai ad
incutere timore.
<<
Scusi, profe... stavamo solo ripassando.>> mormorò imbarazzata
Alcippe, chinando lo sguardo cremisi sul libro di testo.
<<
Mhm? Le mie materie sono così divertenti?>>
Persefone
nel frattempo provò ugualmente a nascondere le prove, ma fu un
attimo troppo lenta rispetto alla rapidità del professore, che le
strappò dalle mani il prezioso volumetto.
Un
vero e proprio tuffo al cuore per le due ragazze.
<<
E cosa abbiamo qui?>> Eros aprì il manga, tuttavia, oltre a
capitare in una pagina di dialogo tra uomini disegnati probabilmente
da Picasso affetto da sbornia, non trovò nulla di sconvolgente.
Sfogliò con noncuranza il resto del libretto, ma ormai la sua
attenzione era tornata agli interrogati << Questo è
sequestrato. Dovete prestare attenzione all'interrogazione e,
soprattutto, non disturbare.>>
Il
manga fu chiuso nel cassetto della cattedra, in mezzo a giustifiche
ed altre autorizzazioni.
E
lì, purtroppo, rimase per il resto della giornata.
Il
danno vero e proprio.
Lunedì,
3B Scienze Umane, terza ora.
Policleto
odiava profondamene ogni forma d'arte che sfuggiva al preciso
criterio di proporzionalità sancito da secoli e secoli: l'arte
moderna e contemporanea, per lui, avevano solamente trasformato la
figura umana in un ammasso di linee confuse, distorte ed orripilanti,
ricercando nel bizzarro e nel blateraggio sul significato il nuovo
senso di bellezza.
Ma
per Policleto, insegnante di Anatomia e Scienze Naturali, una simile
libertà era un vero e proprio insulto all'intelletto: la bellezza
non poteva e non doveva essere caotica, bensì doveva
seguire un canone, un ordine riconosciuto universalmente.
In
quella splendida giornata di pioggia, una simile persona positiva
si era ritrovata a far supplenza in una classe delle Scienze Umane,
liceo capace di partorire solo malati mentali convinti che la
Psicologia fosse, a tutti gli effetti, una scienza: era ovvio a
tutti, però, che la Psicologia non avesse nulla di scientifico o di
rigoroso, tanto da avere più teorie che esperti del settore.
In
quel pessimismo cosmico, tuttavia, il professore si fece
ugualmente forza: la lezione sarebbe durata solo cinquanta minuti,
grazie alla Ricreazione benedetta.
<<
State seduti.>> esclamò una volta entrato nella stalla e preso
posto alla cattedra.
Senza
neppure alzare il capo o chiedere se avessero qualcosa da fare in
quell'ora, iniziò a lavorare al computer, ignorando completamente le
esigenze altrui.
Per
la fama di essere un temibile docente che nel corso degli anni aveva
mietuto vittime su vittime, infatti, bastava solo la sua presenza per
instaurare un silenzio rigoroso. Nessuno quindi s'azzardò ad
alzarsi, eccetto il pio Enea, che dopo una decina di minuti si
presentò sulla soglia con brioche e cappuccino da asporto, freschi
di bar.
Il
professore lo fulminò.
Il
ragazzo sentì l'animo precipitare nel baratro del terrore: tra tutti
i supplenti che potevano sedersi alla cattedra, quello era
sicuramente il più intransigente.
<<
E tu?>> domandò monocorde Policleto, distogliendo l'attenzione
dal portatile.
<< Ecco... avevo una visita e sono arrivato adesso.>>
<<
Suppongo che tu abbia donato otto litri del tuo sangue, a giudicare
dalla quantità di zuccheri che ti porti appresso.>> e l'ossuto
dito dell'uomo indicò il krapfen alla crema galeotto <<
Signorino, nessuno le ha insegnato che si viene a scuola per
imparare? Mi lasci qui il tagliando d'entrata e si sieda.>>
Enea
lasciò il biglietto sulla cattedra e, veloce come una lepre, si
sedette al proprio posto in fondo all'aula; dopo un attimo di stallo,
i discepoli accanto e davanti a lui accettarono sottobanco
(letteralmente) la santa spartizione di croissant, in cambio
di monete sonanti.
Policleto,
nel frattempo, aveva aperto il cassetto per mettere via la
testimonianza d'entrata, tuttavia la sua attenzione fu catturata da
un libercolo insolito, dal nome sicuramente cinese: Junjou
Romantica.
Cosa
diavolo significava?
Corrucciò
la fronte davanti a quella copertina colorata e, per studiarne il
contenuto, provò ad aprirlo con estrema cautela, quasi si trattasse
di una bomba ad orologeria. Era a pagina dieci, ma ciò che vide fu
peggio di un'intera mostra d'arte contemporanea.
Mani
giganti.
Corpi
deformi.
Visi
triangolari.
Posizioni
oltre il limite dell'umana concezione.
Il
suo cuore non resse un tal concentrato di sproporzione e di bruttura,
tanto da tingere l'intero viso di un brillante color rubino,
mentre la mano era in preda a violenti tremori incontrollati.
Tutto
ciò era assolutamente inconcepibile.
Infine,
il battito d'ali per spiccare il volo.
Presidenza,
dopo le lezioni.
I
sensi di colpa si leggevano sul corpicino di Persefone: lo si poteva
vedere dal suo modo di martoriarsi le mani o dal suo biondo capo
chino, con lunga chioma quasi a coprirle il volto afflitto per ciò
che aveva causato. Ma di tutto l'accaduto, quello che realmente la
terrorizzava era la possibile reazione della madre.
Era
già stata informata? Aveva visto la chiamata? Il suo telefono era
forse scarico?
Lavorando
in ufficio, probabilmente aveva lasciato il cellulare in modalità
silenziosa e non aveva sentito: già altre volte, quando l'aveva
chiamata per un malessere, febbre o quant'altro, non aveva risposto;
ma era normale, insomma, era decisamente più importante lo stipendio per
riuscire a sopravvivere fino a fine mese, piuttosto che qualche
febbriciattola passeggera.
Tuttavia,
Persefone non poté non sospirare gravemente.
Davanti
a lei, in fila indiana, avevano inoltre sfilato i ragazzi
dell'artistico, che per colpa della sua disattenzione si erano
ritrovati con ben venti tavole da portare a termine entro giovedì:
non era esperta di film su grandi battaglie, però aveva visto
fotogrammi di reduci di guerra conciati in un modo più dignitoso.
<<
Tra tutte le persone che potevano sedersi su quella poltroncina, tu
sei sicuramente l'ultima, Piccola Testolina Bionda.>>
La
voce di un professore la distolse dai suoi pensieri.
<<
Non te l'ho mai detto che, se proprio devi fare una tinta, per me
staresti benissimo nera?>>
Un
suono conosciuto, familiare, addirittura confortante.
<<
Salve, Prof. Alettrione.>> Persefone sorrise al suo eccentrico
docente di Filosofia, che nel frattempo le si era seduto accanto.
Quel
giorno, come tutti avevano notato e fotografato, l'amato ex-modello
sfoggiava peccaminosi pantaloni aderenti in pelle ( “Nessun'altra
creatura può avere un fondoschiena così sodo! <3” “Afrodite...
no.” “Uffa, Eros sei noioso”), abbinati a scarpe dal valore
di un'automobile e ad una lunga maglia senza maniche di un candore
che lasciava quasi intravedere i magnifici pettorali; il tutto
ovviamente coronato da un'immancabile, morbida pelliccia bianca, tanto per rimanere sobri.
Come
una simile creatura angelica fosse precipitata nell'abisso
dell'insegnamento, ancora era un mistero, tuttavia tutti
apprezzavano il suo lato... beh, qualsiasi lato.
Non
era importante specificare quale.
<<
Allora?>> chiese l'uomo, inclinando dubbioso il capo <<
Hai l'aria di una persona che ha bisogno di parlare. Ed io ho del
tempo libero.>>
Era
decisamente un comportamento atipico da parte di un insegnante, ma
proprio nella sua sfera di creatura atipica risultava essere un
grande aiuto per lo studente confuso ed incerto, bisognoso di qualche
parola sincera.
<<
Beh... ecco... ho portato a scuola del materiale... non adatto,
ecco.>> mormorò la giovane, un sussurro quasi impercettibile e
biascicato.
<<
Un porno? Accidenti, non ti facevo così audac-...>>
tuttavia il suo tono quieto non fu lo stesso adottato dal docente,
decisamente più rumoroso.
<<
NO!>> la fanciulla aveva assunto le tinte più calde del
bordeaux, tanto da istigare la risata nel giovane uomo che le
scompigliò i capelli con un amorevole gesto materno << Ci sono solo
scene... un poco... ecco... oltre... tra due... ragazzi.>>
<<
Ah? Se proprio ti devi dare alla pornografia, ti consiglio dei film
francesi che sono sempre molto interessanti: alcuni non hanno
sottotitoli, ma credo che non abbia imp-...>>
<<
Profe, non è pornografia.>> ribadì la povera Persefone ormai
diventata di un rosso brillante, luminosa quanto un semaforo.
I
sensi di colpa, insieme alla vergogna per ciò che aveva fatto, le
stavano opprimendo l'animo in una morsa insopportabile.
<<
Hai mai vissuto la tua vita facendo qualcosa per te
stessa?>> alla domanda improvvisa, l'allieva fu alquanto
sorpresa, tanto che guardò l'insegnante confusa ed affranta.
<<
Beh...>>
<<
Rispondimi con sincerità, non ti metto un voto.>>
Persefone
deglutì a fatica, martoriandosi ancora le mani per l'ansia che le
stringeva le interiora: Alettrione non era certo un professore severo
o senza cuore, anzi, sembrava quasi aver interiorizzato e fatto propri gli studi universitari di Psicologia.
Forse,
effettivamente, una parola confortante poteva risollevarle il
morale ormai sprofondato in un oscuro abisso.
<<
...non voglio deludere mia madre.>> biascicò a fatica,
come se la verità fosse troppo difficile da ammettere.
Quello
sguardo e quelle parole comunicarono molto al docente, che, trovata
l'origine di ogni male, si alzò e con fare teatrale spalancò le
braccia.
<<
Per non deludere qualcuno ti annulli, quindi?>> Alettrione,
nella sua decisamente non spiccata altezza, si chinò un poco, tanto
da essere suo pari << Sei nell'età più bella: esprimiti come
più ti piace. Se vivi nel terrore e nell'ansia non riuscirai mai a
capire chi sei veramente.>>
C'era
perplessità in Persefone.
Nella
totale follia di quel professore, infatti, aveva visto uno spiraglio
di luce, una possibilità di uscire da quel circolo vizioso di
angoscia e repressione: esprimere se stessa, dopotutto, non
significava per forza andare contro i voleri di sua madre... giusto?
Non
voleva dire compiere chissà quali atti di ribellione adolescenziale,
no di certo.
Giusto?
Fine
Oneshot!
Policleto:
scultore greco, padre del canone
relativo alla proporzione dei corpi.
Alcippe:
figlia di Ares, appartenente ad un altro mito.
Mangaka:
autore di un manga.
Porno
francesi: davvero, non ho mai visto un porno (vabbeh, Game of
Thrones, I Borgia e qualsiasi altra serie tv fantasy/storica
esclusa), mi baso sul “sentito dire”. Confido nella fonte.
Junjou
Romantica: l'anime è composto da 30 puntate o più. E mannaggia
a loro, la coppia più decente è rinnegata a sole 3-4 puntate.
Angolo
dell'autrice:
Eccoci
qui con un nuovo capitolo! Devo dire che questo ponte di Carnevale è
arrivato al momento giusto: mi serviva un attimo di respiro dopo un
periodo intenso di verifiche e di interrogazioni.
Certo,
ho ancora ansia per Letteratura Inglese (visto che, non lo nego e non
ne faccio un vanto, faccio veramente una fatica tremenda con
Inglese), ma almeno sono viva e ho recuperato addirittura le ore di
sonno perse a ripassare.
Comunque,
come è nata l'idea per questa storia?
Semplice:
dalla minaccia più che concreta di “Dobbiamo finire di vedere
la terza stagione di Junjou Romantica”.
Poi
Junjou Romantica si è collegato a quella parte generale del
Neoclassicismo che stavo studiando... e il mio sadismo interiore ha
fatto il resto.
Non
si parla esattamente di un mito, o perlomeno, a grandissime linee sì,
visto che ho voluto mettere le basi per il mito di Persefone: non è
facile per un ragazzo che ha subito un certo tipo di educazione
ribellarsi alla figura genitoriale e, per questo, ho deciso di
stendere i suoi piccoli, grandi cambiamenti nello scorrere dei futuri
capitoli (quando, ovviamente, compare).
E...
sì, Alettrione è la mia mascotte personale. La povera gente che è
costretta a sopportarmi nella vita quotidiana lo sa bene.
Detto
questo, come sempre ringrazio davvero chi ha dedicato un po' del suo
tempo a leggere/commentare/aggiungere questa storia: tornare a casa
dopo giornate pesanti e vedere una recensione o anche solo una
persona in più che ha iniziato a seguire questo delirio, beh... fa
sempre piacere.
Spero
di non deludervi!
Un
bacio da _Lakshmi_!
|
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Capitolo 7 *** La Segreteria ***
La Segreteria
La
segreteria
[raccolta
di One-shots]
La
Segreteria era una mistica stanza munita di computer e di
chiacchiere, gestita da tre sorelle particolari, scelte appositamente
da Zeus in persona perché
figlie di conoscenti
(ehi, quando mai si sono fatti
favoritismi, malfidenti),
perché perfettamente idonee all'incarico: in effetti, nessun'altra
creatura sulla faccia della Terra sarebbe stata in grado di far
perdere allo studente ogni speranza in una vana, inutile attesa allo
sportello.
Alla
scuola Agorà non serviva quindi l'Apple Store con il nuovo
modello di Iphone XOXOXO per provare l'ebrezza di una calca
ansiogena: ci pensava infatti la segreteria con i suoi orari
indecenti.
Ma
niente timore! Nei programmi elettorali dei Rappresentanti c'era
sempre la voce “Orari della Segreteria”, nella vana
speranza di una risposta da parte del Sommo Preside in favore del popolo
oppresso (peccato che, in una dittatura, il popolo ha meno diritti
di una bestia da soma).
Nel
frattempo, se proprio si voleva provare l'ebrezza dell'attesa, si
consigliava una breve lettura d'intrattenimento come “Il
Signore degli Anelli”
o “Guerra e Pace”,
una tenda da campeggio ed un sacco a pelo. Gli eroi più attrezzati
portavano persino un thermos con qualche bevanda calda, un pacchetto
di biscotti ed una torcia elettrica, ma questi erano solo optional
superflui.
Lachesi:
In
questa storia di infinite attese, Lachesi,
sorella di mezzo, giovane decisamente di bella presenza, era una
figura rassicurante con il suo dolce sorriso e la sua chiara
parlantina. Soprattutto la sua chiara
parlantina, con cui si intratteneva con i colleghi per ore, ore e ore, dimenticandosi
completamente del povero sventurato appeso allo sportello da giornate
intere.
Ma,
oltre ad essere un animale sociale,
aveva anche altre diverse passioni, tra le quali spiccava sicuramente
la lettura dell'Oroscopo quotidiana, visto che poneva una grande
fiducia nel futuro: si interessava così ai segni zodiacali di tutti
i presenti, in particolar modo dei
Gemelli, al fine di conoscere il
roseo o il nefasto destino di ognuno. Per di più, quando i Gemelli
avevano cinque stelle nella categoria “Amore”,
lei era solita cinguettare felice per poi iniziare a fantasticare
riguardo il numero tendente ad infinito di possibili figli, tutti
chiamati “Ermes”
(con l'aggiunta di “I, II, III...”
secondo la nascita).
<<
Oh... siete dei Gemelli, quindi?>> domandava allora il
malcapitato di turno, che ormai aveva messo da parte i fogli da
compilare, più per rassegnazione che per reale interessamento alla
vita sentimentale altrui.
<<
Ah? No, no. Io sono del Sagittario.>>
<<
E quante stelle ha il Sagittario?>>
Puntualmente,
quando i Gemelli avevano cinque stelle, il Sagittario ne aveva solo
mezza, per non dire nessuna. E, giunta ad una così tragica
conclusione, la giovane segretaria si deprimeva, estraniandosi
totalmente dal mondo circostante.
Il
malcapitato, giunto a quel tragico epilogo, veniva letteralmente sbranato dai suoi
compagni di coda che si erano visti sfumare ogni speranza di tornare
a casa entro il fine settimana.
Atropo:
Atropo
invece, restava sempre e costantemente fissa al suo scranno dietro la
scrivania, amministrando le finanze della scuola: ora controllava i
bollettini postali con la lente d'ingrandimento, ora litigava per
telefono con la famiglia dello studente che si era accidentalmente
dimenticata di pagare una tassa scolastica; tuttavia mai usciva dalla
sua base prima di aver sistemato tutto il lavoro sistemabile, quasi
per timore che le sfuggisse anche un solo insignificante centesimo.
Lei
giustificava la propria estrema sedentarietà dicendo di non aver più
l'età per correre dietro a chicchessia, tuttavia sarebbe stata in
grado di perseguitare un alunno sin nella bolgia più profonda
dell'Inferno, in caso di un conto non saldato.
Di
tanto in tanto, però, ascoltava le brevi
vicissitudini di quei docenti che trascorrevano l'ora buca lontani
dalla terribile Aula Insegnanti. Esteriormente riusciva a
rimanere impassibile davanti alle sventure, rafforzando lo sguardo
perennemente torvo con cui seguiva l'intero racconto del confessore;
interiormente però non poteva soffocare l'interesse innato per le
vite altrui e i gossip che erano in grado di arricchire una giornata
lavorativa altrimenti incredibilmente monotona.
Cloto:
Cloto,
la più giovane, nonché piccola mascotte della scuola
con le sue morbide codine nere, era in verità un ferocissimo hacker
professionista che poneva le proprie incredibili conoscenze a
servizio del migliore offerente. Il miglior offerente era
ovviamente Ade (fratello del Sommo Preside) che la pagava
profumatamente con l'aggiunta di un extra in dolciumi provenienti
dall'America.
E
Cloto amava in modo particolare le barrette Snickers.
Non
era chiaro il suo ruolo in Segreteria, lei si limitava a trascorrere
le mattinate a tessere i fili delle vite di tanti, nocivi virus che,
su ordine del Sommo Preside, avrebbe successivamente scagliato contro
le scuole avversarie per minarne la fama nel più totale anonimato.
Però,
seppur possedesse ampie conoscenze informatiche, non era adatta al
lavoro di Tecnico della
Scuola:
il Tecnico
della Scuola
infatti non aveva alcun tipo di competenza e, in caso di necessità,
doveva solo spegnere e riaccendere il computer, trovando la causa di
ogni male negli studenti irresponsabili.
Lei,
in tutta quell'ignoranza, piuttosto che intervenire, preferiva
gustare con calma la barretta ipercalorica al cioccolato, facendo
oscillare le codine a ritmo della musica a tutto volume, mentre allo
sportello intere legioni di studenti cedevano per stanchezza e
depressione.
[Segretari
Speciali]
Ganimede:
Il
magnifico, unico, solo segretario personale di Zeus: era un giovane
dal bellissimo aspetto e dai lineamenti femminei, dolci, capaci di
sedurre al primo sguardo; inoltre studiava ogni movenza per apparire
sempre e comunque perfetto, incredibilmente desiderabile.
Quando
passava lui per i corridoi, tutto il mondo doveva fermarsi ad
ammirarlo, pena la persecuzione e la minaccia più che concreta di
licenziamento.
Oltre
a questo extra, comunque, il suo compito principale era quello di
portare le carte da un ufficio all'altro, intrattenendosi
occasionalmente per diverso tempo alla scrivania del Sommo
Preside. Però, come detto, trovava incredibilmente divertente ed
appagante il semplice rovinare la vita dei professori, sfruttando la
propria immunità: d'altronde, il suo amato superiore poteva solo dar
credito alle sue amabili parole, piuttosto che ascoltare la voce di
qualche rozzo insegnante sottopagato.
Certo,
questi trucchetti non funzionavano proprio con tutti, alcuni si
opponevano alle sue innocue pretese.
<<
Pensi davvero che Mio Padre abbia il coraggio di fare qualcosa
alla sua bimba prediletta?>> la voce zuccherosa di Atena,
nei momenti di maggior quiete, gli ronzava ancora nella testa,
procurandogli ogni volta un brivido di orrore: era estremamente
inquietante, se non addirittura totalmente psicopatica, quando la si
sfidava più o meno apertamente.
Dopo
quell'episodio, cercava quindi di essere più accorto nella scelta delle
vittime.
Iride:
C'era
un motivo se ciascun membro del personale portava con sé un
portafortuna, anche chi -ateo infedele- non credeva nella dea
della Sfiga: dove passava Iride, infatti, era una costellazione di
catastrofi naturali, come stampanti improvvisamente non funzionanti,
esplosioni degne di Michael Bay provenienti dai laboratori di
Scienze e/o macchinette delle bevande che decidevano di vendicarsi
sull'utenza con un rigurgito di liquidi ad una temperatura pari o
superiore ai 2000ºC.
O
almeno così raccontavano le voci di corridoio, maligne.
In
realtà, infatti, Iride appariva soltanto quando doveva dare qualche
nefasta notizia riguardante un licenziamento o, peggio, una
convocazione in presidenza.
E
quello che succede in presidenza, rimane in presidenza.
Per
evitare la sciagura di quella donna in tailleur, il resto del
personale aveva quindi deciso di svaligiare la bancarella cinese al
mercato, prendendo qualsiasi magico amuleto contro la malasorte.
Non
che la plastica Made in China funzionasse realmente, ma a
volte anche la Scienza doveva lasciar il posto alla più popolare
Superstizione per guarire l'animo dall'ansia del vivere quotidiano.
Fine
One-Shot!
Gemelli:
Mercurio è il pianeta dei Gemelli. In realtà protegge anche altri
segni e non si può dire che Mercurio sia Ermes, ma ehi, chiudiamo un
occhio.
Sagittario:
segno opposto ai Gemelli.
Snickers:
barretta al cioccolato.
E
quello che succede in presidenza, rimane in presidenza: parziale
citazione a Fight Club.
Angolo
dell'Autrice:
Allora,
parliamoci chiaro clima: non puoi far nevicare quando devo prendere
il pullman. Insomma, sai cosa vuol dire stare sotto la neve
aspettando l'autobus? Che, con questo tempo, è come aspettare Godot,
visto che le strade sono tutte intasate.
Alle
volte vorrei essere un orso per passare la stagione fredda in letargo
ed uscire fuori in primavera.
Comunque,
lamentele mie sull'inverno a parte, voglio scusarmi per il ritardo
della pubblicazione, ma queste settimane siamo pieni con la scusa
della gita ormai alle porte: quindi ho dovuto studiare e mi sono
ridotta a stare al pc solo la sera tardi, per guardare una puntata di
una serie tv (a tal proposito, quanto è bella “La
casa di carta”? Grazie Netflix per farmi scoprire queste
perle).
In
questo capitolo si parla di un argomento che mi sta molto a cuore,
ovvero l'attesa infinita allo sportello della Segreteria: in cinque
anni di lunga carriera liceale, per ritirare un libretto o per
portare un foglio firmato ho sempre dovuto fare una coda chilometrica
(oppure, se magari si passa prima del suono della campana, le
segretarie si lamentano del fatto che uno studente non può uscire
dall'aula cinque minuti prima. Cinque minuti. Cinque).
La
scelta di caratterizzare in questo modo le tre Moire deriva tutto da
certe mie fanfiction più o meno vecchie: ho sempre cercato di
differenziarle per aspetto e carattere, anche se, ovviamente, qua
sono molto caricaturali.
E
per quanto riguarda la storia tra Hermes e Lachesi? Deriva da un crack pairing che
avevo scritto in prima (?) o in seconda (?) superiore. Cose che non
farei leggere a nessuno, anche se l'idea di base mi piace tutt'ora.
Ah,
gli scheletri nell'armadio.
Ringrazio
come sempre chi commenta/legge/o da comunque una speranza a quel che
scrivo. Io non so bene se riuscirò a sopravvivere fino a fine Marzo
(e non so nemmeno se riuscirò a salire su un areo con le mie
vertigini), ma in ogni caso vi saluto ancora e spero che continuiate
a seguire questo piccolo delirio.
Un
bacio da _Lakshmi_!
|
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Capitolo 8 *** A me pare uguale agli dèi ***
A me pare uguale agli dèi
[Attenzione:
presenza leggera di Shoujo-ai]
A
me pare uguale agli dèi
[raccolta
di One-shots]
Su
come Ares fosse stato sconfitto dall'influenza e dalla febbre a 37.2
-ormai in punto di morte, insomma- era ancora un mistero: lui
infatti era famoso per avere degli anticorpi d'acciaio, tanto che in
anni d'insegnamento non si era mai ammalato neppure una volta;
tuttavia giravano voci che fosse tutta colpa di Oto e di
Efialte, che, raffreddati, durante un'interrogazione sulla
muscolatura gli avevano attaccato ogni genere di batterio a forza di
colpi di tosse e di starnuti.
Altri,
invece, sostenevano che fosse tutto frutto del “Karma”.
Difficile
stabilire chi avesse ragione.
<<
Ragazzi, in questo periodo c'è un po' tanto di carenza di
personale: quindi voi della 4C del Classico sedetevi tanto
pure sui gradoni e studiate quel che dovete studiare.>> Deimos,
professore di Ginnastica dalla curva gobba e aspetto non decisamente
rassicurante, aveva in verità un buon cuore e si preoccupava sempre
per gli studenti, arrivando persino a calibrare il lavoro sulle reali
capacità della classe e chiudendo un occhio o due su certe
prestazioni non proprio eccelse durante i test.
Tutto
ciò era lontano anni luce dall'educazione di Ares, ma proprio per
questo, nell'alto mare del Liceo, Deimos rappresentava un sicuro faro
nella tempesta.
<<
Voi di terza invece andate tanto pure a cambiarvi per l'ora.>>
aggiunse, sorridendo agli allievi per poi sedersi in cattedra per
compilare il registro elettronico.
Alcippe,
mentre raccontava con ampi e confusi gesti l'avvincente puntata di un
anime, seguiva a passo sicuro la sua amica Persefone dallo sguardo
sognante e perso sul ricordo di chissà quale ragazzo.
Calde
iridi nocciola le osservavano dagli spalti, prima di concentrarsi sul
testo di greco da tradurre.
A
me pare uguale agli dèi
chi
a te vicino così dolce
suono
ascolta mentre tu parli
e
ridi amorosamente.
Gli
spogliatoi femminili, prima ancora di essere spogliatoi, erano camere
a gas in cui i profumi zuccherini dei deodoranti si mischiavano e
creavano cappe di nebbia che si potevano tagliare con un grissino.
Alcippe,
conquistata la panca e solo dopo aver indossato i leggins per la
lezione, si voltò verso Persefone e la squadrò con un'occhiata
forzatamente seriosa e critica, sottolineata da un sorrisetto
saccente.
<<
Ade, Ade, Ade... sempre il professor Ade.>> sospirò esausta,
prima di scoppiare in una fragorosa risata alla reazione dell'amica.
Quest'ultima
infatti, per zittirla, le lanciò la maglia in pieno viso rischiando
anche di sbilanciarla da quanto era scagliata con impeto.
Probabilmente le lunghe estati passate a giocare a pallone in
piscina -oltre ad annegarsi vicendevolmente- avevano dato i
loro frutti.
Si
conoscevano da così tanto tempo da essere come sorelle, seppur
Demetra guardasse sempre con diffidenza quella “ragazzina che si
traveste come quei cartoni giapponesi e che legge opere discutibili.
Secondo me ha qualcosa che non va.”; tuttavia la loro amicizia,
talmente profonda da essere in grado di superare queste piccolezze,
continuava per quel caldo legame familiare che nella vita di
Persefone sarebbe altrimenti mancato.
<<
Zitta! Ma ti sembra?>> esclamò rossa in volto la Piccola
Testolina Bionda << Era solo per dire che mi ero trovata
bene con le ripetizioni... ecco...>>
<<
Eh... dopo tanti nove, recuperare un sei è difficile.>> annuì
la testa ramata, scuotendo quella chioma che tanto necessitava di
qualche colpo di spazzola. E di una piastra. Oppure, in extremis,
di un elastico.
<<
Beh... sai come la pensa mia madre...>>
<<
Ovviamente: il sei è la soglia del due.>>
Alcippe
indossò una canotta bislarga, trafugata dal cassetto di suo
padre e la sistemò un po' davanti allo specchio per non far
vedere
il reggiseno in pizzo nero.
Già
che c'era, si girò e si rigirò fissando il proprio riflesso nel
vetro appannato, sospirando mestamente per le dimensioni ridotte del
seno: aveva sicuramente preso da sua madre i tratti del viso, ma per
quanto riguarda chioma, occhi e petto, era tutta figlia di Ares.
Maledizione.
Almeno una coppa B, non chiedeva troppo.
<<
Hai finito di vestirti? Sempre una lumaca.>> si lamentò
Persefone sul punto di uscire dallo spogliatoio, ma Alcippe sbucò
improvvisamente dalla nebbia e la superò di corsa.
<<
Lumaca a chi? Non sfidare la regina di atletic-...>> la rossa
tuttavia mise un piede sui lacci delle scarpe (ovviamente
slacciati), capitombolando inevitabilmente a terra. Distesa sul
ligneo pavimento, sentiva la risata cristallina di Persefone alle sue
spalle che -ovviamente- invece di aiutarla, pensò bene di
pubblicare il filmato sulla Storia di Instagram.
C'era
sicuramente un girone infernale anche per simili creature demoniache.
Alcippe
fu sul punto di scattare in piedi, ma proprio in quel momento notò
davanti al viso una mano tesa a soccorrerla.
<<
Eh...?>> confusa, sorpresa e probabilmente con un'espressione
stupida, aveva fissato la sua salvatrice al pari di una creatura
ultraterrena: quel viso sconosciuto, dopotutto, apparteneva ad una
capoccia dell'altra classe, anche se, seppur quelli del Classico fossero
effettivamente “creature ultraterrene” per tutti gli
studenti dei Licei più umili, quella ragazza non sembrava
avere niente di arrogante.
<<
Alcippe e Persefone... giusto?>> domandò la nuova arrivata
dalla lunga chioma castana, che ricadeva liscia quasi a sfiorare il
volto inebetito del soldato caduto.
<<
Ah... eh... sì...>> annuì incerta Alcippe in risposta,
cercando ancora un possibile inganno. Erano tempi difficili quelli,
in cui anche un aiuto poteva tramutarsi in una simpatica gag da
condividere con gli amici.
<<
Il professore Deimos vi stava aspettando. Siete le ultime.>>
Subito
a me
il
cuore si agita nel petto
solo
che appena ti veda, e la voce
si
perde nella lingua inerte.
Per
cosa era famosa Alcippe in tutto il Liceo?
Ovviamente
per le brillanti, calde note del violino, tanto da aver rappresentato
la scuola ad importanti eventi e spettacoli, nei quali era sempre
riuscita a toccare le corde dell'animo della platea, arrivando
persino a commuovere i presenti con l'armonia della propria musica.
<<
Alcippe! Stai tanto bene?>> Deimos terrorizzato si
avvicinò immediatamente al groviglio umano di arti e di ostacoli, in
cui si riconosceva ancora la figura della sbadata studentessa.
Non
era di certo ricordata per la sua bravura in Educazione Fisica
proprio per colpa delle sue piccole sviste o della sua testa spesso
perduta tra mille pensieri.
<<
Sì, sì...>> mormorò la ragazza, risollevandosi dolorante.
Ma
tutti quei difetti erano nulla, in rapporto alla sua interezza. Saffo
infatti, seduta sui gradini, osservava quel piccolo genio pregno di
sudore, rosso in volto per l'imbarazzo e non poté non sorridere:
Alcippe era la stupenda ragazza in kimono che, due anni addietro,
l'aveva commossa ad un festival scolastico con l'arrangiamento per
violino della canzone Senbonzakura.
Ed
ora era davanti ai suoi occhi, vicina, viva.
Era
bella come il primo raggio di luce al mattino, fresca come la rugiada
aggrappata alle vivide foglie, reale come quella natura ancora
selvaggia e autentica nel suo essere. Alcuni potevano additarla come
rozza, ma quella era solo una mera apparenza, perché nascondeva in
verità un delicato, magnifico spirito.
<<
Su, devi arrivare alla recita di fine anno: tutti contano sulla
nostra violinista!>> rise Persefone, dandole un'amichevole
pacca sulla spalla.
<<
Ah-ah, ma tu smettila di farmi video!>> sbuffò la
rossa, guardando il Samsung dell'amica incriminato.
Era
veramente una ragazza originale, dal talento unico e dal sorriso
ancora più raro, in grado di solleticarle il cuore e di accelerarle
il caldo battito.
Come
una ninfa della foresta capace di ammaliare con lo sguardo
addirittura il dio del Sole, così lei aveva conquistato con la
musica e con l'ilarità il suo animo, al punto da costringerla a
comporre una poesia.
Un
fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e
ho buio negli occhi e il rombo
del
sangue nelle orecchie.
Saffo
strinse una lettera tra le ceree mani, inspirando profondamente ed
avanzando per quel candido cortile, ghiacciato dalla brina notturna.
Avanzava a passo ora sicuro, ora invece incerto e tentennante, quasi
sul punto di arretrare.
Finché,
finalmente, la vide, vide quella sua rossa chioma tanto in
contrasto con il bianco circostante; vide quegli occhi bassi,
socchiusi, d'un vivo cremisi ora spento, così come era spento il suo
sorriso e persino il suo stesso corpo sottile, rattrappito contro al
grigio muro.
Davanti
a quella minuta figura, il massiccio Alirrozio le impediva ogni
possibile via di fuga con uno sguardo tremendo, quasi feroce.
<<
Sei la mia ragazza: non puoi non mancare alla festa,
altrimenti...>>
La
campanella suonò su quell'ultima frase, lasciandola in sospeso, così
come era sospeso l'animo di Alcippe, solo, annegato nel terrore e
nella debolezza.
Sola,
in mezzo al vociare di tanti studenti disattenti, che li credevano
una delle tante coppie intente a pomiciare davanti a tutti prima
delle lezioni, ignorando invece la triste realtà.
E
tutta in sudore e tremante
come
erba patita scoloro:
e
morte non pare lontana
a
me rapita di mente.
Alcippe
tornò in classe, inspirando a fondo, prima di sfoggiare un consueto
sorriso: già non era successo assolutamente nulla, anzi, come
dicevano tutti i bisbigli della classe “lei e Al hanno
decisamente limonato duro! Li hai visti?”.
Non
era successo assolutamente nulla: insomma, era stato solo un
piccolo litigio con il proprio ragazzo, qualcosa di assolutamente
normale.
Soprattutto
nell'ultimo periodo.
Soprattutto
dopo avergli detto di non sentirsi pronta per certi atti: per
Alcippe, condividere il proprio corpo con qualcuno significava un
passo importante nella relazione; però, ad ogni bacio un po' più
spinto, ad ogni carezza un po' più intima, non sentiva alcun impulso
ad approfondire e si irrigidiva al punto da far innervosire
addirittura il suo fidanzato.
Le
serviva magari del tempo per far maturare i propri sentimenti. Le
serviva magari del
tempo per conoscere meglio se stessa.
In
fondo all'aula, contro la finestra, vide la figura di Persefone
ancora intenta a scrivere interminabili messaggi al “Caro
professore di latino”, che in quel periodo le occupava tutte le
aree celebrali.
Ade,
Ade, Ade... sempre il professor Ade.
Il
mondo poteva pure crollare: tanto, finché c'era il mitico docente di
Latino, nulla era importante.
<<
Oh, Alcippe!>> Persefone, raggiante, le sventolò sotto al naso
una lettera << Da parte di un ammiratore segreto!>>
<<
Magari l'hai scritta tu.>> bofonchiò l'amica, prendendo la
busta e aprendola senza troppa cura, sfruttando quegli ultimi minuti di pausa per smascherare il burlone di
turno.
<<
Ah? No! Io voglio bene alla mia sorellina! Non le farei mai simili
scherzi!>> la Piccola Testolina Bionda
strinse in un abbraccio amichevole la sua sorellina,
mentre quest'ultima era intenta a leggere il contenuto del piccolo,
grazioso foglio di carta.
Prima
con disattenzione, pronta a ridere per il brillante ed
originale scherzo fatto da qualcuno con decisamente troppo
tempo libero; poi fece scorrere gli occhi su quelle righe
arzigogolate con maggiore concentrazione, fino a provare
qualcosa di indefinito, un misto tra gratificazione, commozione e
calore all'interno del petto.
<<
Alcippe?>> continuò confusa, guardando preoccupata l'amica.
<<
Davvero non sai chi ha messo qui la lettera?>> mormorò in
risposta la ragazza dopo qualche altro attimo di silenzio.
Il
professor Poseidone, con il suo consueto ritardo, entrò in classe
ordinando al gregge di studenti di prendere posto.
<<
No... non ho visto... perché?>>
Alcippe
scosse il capo e prima ancora di prendere la materia di quella
lezione, strinse al petto la lettera, sorridendo con gli occhi
lucidi.
Finalmente,
felice.
Che
pura crudeltà
sconvolgere
l'animo con poche,
semplici
parole
e
non lasciare neppure un nome.
Fine
One-shot!
Senbonzakura:
in principio avevo scelto uno spartito classico per violino, però
poi la tentazione ha vinto sul buonsenso.
Tanto:
ormai Deimos è diventato un mio “OC” e in ogni mia storia
deve avere questa caratteristica disfunzione.
Angolo
dell'Autrice:
Sono
stata in gita scolastica e sono tornata sana e salva.
Visto
che sulla Tour Eiffel, l'anno scorso, per un terribile malessere
dovuto alle vertigini ero scoppiata in lacrime, vedendo tutto
appannato ed instabile (un grazie particolare al francese che per
passare mi aveva spinto contro il parapetto del secondo piano,
facendomi perdere ogni briciolo di lucidità mentale), pensavo
che prendere per la prima volta l'aereo sarebbe stata una tragedia
greca.
Ed
invece sono viva.
Certo,
per riprendermi dall'esperienza del viaggio d'istruzione mi è
servita un'intera giornata, ma sono dettagli.
Che
cosa dire della Fanfiction?
Beh,
allora, io non ho mai scritto storie shoujo-ai, non ho mai trattato
questo tipo di coppia neppure alla lontana, preferendo sempre lo
“yaoi”. Però, visto che questa è una raccolta di
sperimentazioni, mi sono detta di provarci almeno una volta (e no,
non è la stessa cosa trattare l'amore tra due uomini, tra due donne o tra un uomo
ed una donna).
Ok,
non ci sono grandi limonamenti o chissà che cosa, anche perché mi
sono concentrata sulla psiche di una ragazza incerta, che
ancora non conosce bene se stessa. Alla fine è una storia un po' più
“seria” rispetto alle altre, tuttavia spero che sia comunque
apprezzata, anche perché, come detto, è la prima volta che scrivo
di simili situazioni, quindi posso anche toppare alla grande.
In
aggiunta, mi scuso per l'assenza, ma davvero: tra la gita e le
verifiche prima della gita... riprendo a respirare adesso. Ringrazio
davvero chi ha avuto pazienza in tutto questo tempo, chi ha aggiunto
questa raccolta o anche chi è andando avanti con i capitoli.
Io
sono una persona orribile che non sa gestirsi il tempo, però
davvero, ringrazio ancora tutti quelli che mi danno sostegno.
Un
bacio da _Lakshmi_!
|
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Capitolo 9 *** Ricordando il passato ***
Ricordando il passato
Ricordando
il passato
[raccolta
di One-shots]
Il
Sole riesce sempre a mettermi di buon umore, anche se questi raggi
invernali sono decisamente troppo freddi, ben lontani dal ricordo
della calda stagione estiva.
Ah,
l'Estate: solo a nominarla, mi
tornano in mente tutte quelle stupende giornate trascorse all'aperto,
lontano dall'Istituto e da studenti mediocri, incapaci di comprendere
la Vera Arte.
Quella
con la A maiuscola, per intenderci.
Quella
capace di trasmettere non solo la Bellezza, bensì anche i sentimenti
dietro ad ogni tratto a matita, dietro ad ogni macchia di colore.
Quell'Arte
che non riesco più a vedere da tanto tempo.
Comunque,
che sia inverno o primavera inoltrata, mi piace passeggiare per il cortile durante
l'intervallo, sfoggiando ovviamente la mia magnifica figura.
E
ricordando il passato.
Ricordo
infatti momenti futili, passeggeri, dimenticabili. Vita
quotidiana ormai vissuta, eppure solo adesso tanto preziosa.
Mi
ricordo in particolare di una passeggiata come tante altre,
durante,
ovviamente, l'intervallo.
Io stavo sopportando stoicamente la gelida brezza che mi tingeva di un
vivido rosa le mie meravigliose gote e la punta del mio naso
assolutamente perfetto.
Ecco
perché odio il freddo: sia per l'alterazione del mio stupendo
incarnato, sia per il fatto che con le basse temperature tendo spesso
a starnutire.
E
tu, ad ogni mio starnuto, ridevi.
Smisi
allora di spingere la tua carrozzella, effettivamente contrariato.
<<
Helios, che hai da ridere?>>
<<
Apollo caro, ti avevo detto di coprirti di più. E non mi hai
ascoltato.>> dicesti con un sospiro affranto, decisamente
teatrale << Povero me, perché ho avuto un allievo tanto
cocciuto?>> e ricominciasti a ridere. Ridevi sempre, per ogni
più piccola stupidaggine.
Ma
chi ti credevi di essere, esattamente?
<<
Non mi hai mai
ascoltato.>> aggiungesti, socchiudendo quegli occhi stanchi,
d'un pallido oro, lontano eco dell'ardore e della bellezza che ti
faceva risplendere un tempo.
Maledetto
invalido: sono ancora certo che
se ti fossi realmente impegnato con la terapia, avresti recuperato
almeno in parte l'uso delle gambe; invece ti eri lasciato sopraffare
dall'incidente d'auto, dalla perdita di tua sorella, ed eri annegato
nella tua stessa pigrizia, ritrovandoti così per il resto dei tuoi
giorni vincolato ad una sedia.
Ed
io ti davo pure retta, portandoti ovunque per quei minuti di
ricreazione che trascorrevamo sempre insieme.
<<
Innanzitutto, io non ascolto le imposizioni degli
altri.>> fu la mia ovvia risposta, ma tu ridesti di nuovo.
<<
Eh, certo, con il tuo ego non le senti.>>
<<
Ehi-....>> sbuffai contrariato, ma tu quel giorno avevi
tanta voglia di parlare.
<<
Ti ricordi di quella ragazza? Ecco, ora saresti suo marito... ma hai
voluto agire di testa tua.>>
Daphne.
Sapevi,
dannato, che era una ferita aperta.
Eppure,
ogni volta, rigiravi il coltello nella piaga, sempre più a fondo:
certo, avrei potuto fermarla, avrei potuto dirle che effettivamente
l'amavo... ma ho sempre avuto un certo astio per le relazioni a lungo
termine.
O
forse la paura mi aveva frenato.
Nah,
non ho mai provato paura: ho sempre affrontato la vita di petto.
Diversamente
da qualcuno.
<<
Diventare una cantante è sempre stato il suo sogno: ha avuto la
“metamorfosi” che
voleva.>> sospirai passandomi una mano tra la mia setosa chioma
aurea.
<<
Hai visto il suo ultimo video?>>
<<
Quello in cui canta con quel vestito che ricorda le fronde di un
albero? Già...>> chinai il capo e sorrisi: come il
sottoscritto, anche lei era stupenda, splendente, simile ad una dea.
Aveva introdotto nel crudele mondo della musica commerciale
la sua magnifica voce, conquistando i cuori di un innumerevole
numero di fan.
E
del suo attuale marito.
Ah,
dannato: riuscivi sempre ad
estorcere il mio lato più malinconico.
<<
Insomma, è scappata dalle tue sgrinfie.>>
ridesti ancora una maledetta volta.
Eravamo
sulla collinetta della scuola, Helios: il mio cuore urlava a gran
voce di lasciarti andare fino a fondo valle, ma effettivamente la discesa non
era abbastanza ripida per farti prendere il volo.
<<
Io l'amavo.>>
Mi
ricordo ancora il suo battito sotto quella stoffa troppo stretta, che
quasi mi aveva fatto dubitare di una possibile, corretta
respirazione. Mi ricordo ancora tutto di lei: dal profumo speziato,
dalla morbidezza dei capelli mossi, d'un caldo castano, fino alla
pelle liscia, segnata da tatuaggi tribali.
Effettivamente,
l'amavo, ma non abbastanza per dirle un “Sì”, quando, tra
le mie braccia, mi aveva chiesto di seguirla, di iniziare una nuova
vita insieme.
Ok,
lo ammetto: sono leggermente egocentrico, ma non riesco a
dimenticare chi mi sta vicino. E seguire lei per quell'intricata
foresta di contratti e di case discografiche, avrebbe significato
fare un salto nel vuoto ed allontanarmi da quelle persone che mi avevano sempre sostenuto.
Il
mio mutismo aveva generato il suo odio, aveva fatto scivolare lungo
il suo visino lacrime ripugnanti, aveva alimentato l'ira che era
sfociata nei peggiori insulti.
<<
Mhm... magari non era semplicemente il tuo genere.>> quella
vaga allusione mi convinse a spingerti giù dalla stradicciola, ma, per tua fortuna, mi trattenni.
<<
Non inganno mai le mie conquiste.>>
<<
Un uomo che sceglie la famiglia al posto di soldi-successo-donna,
fa sempre riflettere.>> annuisti, diventato improvvisamente
saggio << E non mi tirare di nuovo fuori la storia del
lavoro.>>
<<
Perché?>>
<<
Dimmi il nome di un professore liceale soddisfatto del proprio
posto.>> sorridesti con quell'espressione superiore che tanto
mi infastidiva << Non puoi.>>
<<
Non posso.>>
Sospirai:
alle volte eri davvero incorreggibile.
La
campana però suonò improvvisamente, sancendo la fine di quella
straziante -almeno per me- conversazione sui miei problemi.
<<
Apollo.>> mi chiamasti, poggiando le ossute mani sulle ruote
della carrozzella.
<<
Che vuoi, adesso?>>
<<
Non lasciarti sfuggire i momenti migliori: stai pur certo che non
torneranno.>>
Mi
mancano le chiacchierate con te.
Quei
momenti trascorsi insieme.
Perché
sei andato in pensione?
Ora,
infatti, ci sono solo io su questa collinetta. Ci sono solo io a
passeggiare per il cortile tra il vivido vociare studentesco. Molti
mi salutano, molti mi raggiungono per scambiare quattro parole, ma
manca sempre un qualcosa, un vuoto incolmabile.
Sì,
Helios, non te lo dirò mai direttamente, ma dopotutto sei e
rimarrai sempre il mio amico più caro. Anche se mi hai abbandonato,
senza neppure chiedermi prima il permesso.
Quanta
maleducazione a questo mondo.
<<
Profe!>>
Una
voce, mi distoglie improvvisamente dai miei ricordi.
Volgo
il mio magnifico sguardo aureo verso quella fonte di
distrazione, recuperando nel frattempo tutta la mia
superiorità annegata in un mare di malinconia. Tuttavia, una volta
incontrati quegli occhi azzurri, screziati di un caldo violetto, mi
sento quasi in difetto.
<<
Ah, mio caro Giacinto.>> come si conviene, saluto il mio
studente prediletto, che ben presto si avvicina decisamente troppo,
tanto che riesco persino a contargli gli astri che compongono la
costellazione di efelidi sul suo volto.
<<
Prof, volevo farle vedere il mio ultimo lavoro.>>
Dopo
aver frugato un po' nella cartellina quasi più grande di lui, mi
consegna il compito, dipinto con una tecnica davvero eccellente: il
soggetto del quadro è una magnifica natura bucolica, un campo
colorato di fiori con dettagli talmente vivi e realistici
da riuscire a coglierne quasi il profumo; però, prima ancora di
concentrarmi sulle rondini, sul Sole splendente o sull'acqua
cristallina, mi soffermo inevitabilmente sul nudo immerso nel fiume.
Ha
decisamente qualcosa di fin troppo familiare.
<<
Giacinto... ma...>> mi schiarisco la voce e mi passo la mano
sul collo in un massaggio rinvigorente, cercando di trovare una via
d'uscita da quella scomoda situazione << So che sono un modello
di vita ed apprezzo il tuo tratto così minuzioso nei dettagli, ma
non pensi che sia un po' troppo... come dire... inconsueto?>>
<<
Cosa intende dire? Io mi sono solo ispirato alla Vera
Bellezza.>> il mezzo sorriso di
quel ragazzo è in grado di destabilizzarmi.
Non
so esattamente se godere del riconoscimento della mia Bellezza o se
rimproverarlo per la sfacciataggine sempre più intollerabile: nel
dubbio, riprendo Ila, che proprio in questo momento sta correndo verso la sua nuova compagnia.
Non
si corre, dopotutto. Ci tengo a far rispettare le regole.
<<
Profe, lei è libero questo pomeriggio?>> Giacinto però non
demorde e con questa domanda riesce pure a strapparmi un'espressione
più che stupita.
Insomma,
in questa scuola persino gli alberi hanno orecchie per sentire.
<<
Scusa?>>
<<
Sì... ecco, volevo delle ripetizioni sull'uso corretto
dell'acquarello...>> a capo chino, mormora quelle parole quasi
imbarazzato.
Ma
non è assolutamente imbarazzato: è un falso pudore per scardinare
ogni mia difesa, visto che, dopotutto, mi piace dannatamente troppo
questa sua sfacciataggine.
Certo,
prima la china, poi le tempere, le matite ed ora l'acquarello...
forse effettivamente la situazione mi sta sfuggendo di mano,
ma finché sono accanto a quel fanciullo, non mi interessa
nient'altro.
<<
Beh...>>
Non
lasciarti sfuggire i momenti migliori:
stai
pur certo che non torneranno.
Una
simile relazione non è di certo ben vista, anzi, sono sicuro che
sia anche illegale; eppure ogni volta che mi ritrovo con Giacinto mi
sento bene, mi sento vivo, ancora una volta, dopo tanto tempo.
E
il tuo suggerimento mi sprona a fare un passo per quell'ancor più
intricata, nuova foresta.
Grazie
Helios, anche quando non ci sei, riesci sempre a consigliarmi bene.
<<
Sì, oggi pomeriggio non devo fermarmi a scuola.>> e il mio
assenso è la causa del più bel sorriso che abbia mai visto sul
volto di quel ragazzo.
Chissà
perché, per un momento,
mi
pare quasi di sentire il tuo rauco sospiro rassegnato,
di
un uomo che ha perso ogni speranza.
Fine
One-shot!
[…]
Dimmi il nome di un professore liceale soddisfatto del proprio
posto: semi-citazione a “La canzone di Achille” di Madeline
Miller (Achille parlava di Eroi, Helios di professori, ma sono
dettagli).
Angolo
dell'Autrice:
Prima
di parlare della storia, volevo spendere due righe (o forse più) per
qualcosa a cui tengo particolarmente: come Apollo, quando mi sono
ritrovata a scrivere questo pensiero, ho riflettuto sul passato, sui
ricordi, sul motivo per cui certe amicizie sono tanto speciali ed
importanti.
Anche
quest'anno è arrivata la fine di Aprile. Anche quest'anno, cara
lettrice silenziosa che hai la pazienza di sopportarmi nella vita
reale, ti dovrai sciroppare il mio biglietto di auguri.
Di
solito ci si sofferma a riflettere sul presente, oppure si pensa
all'immediato futuro (per il ponte del primo Maggio andiamo a
mangiare sushi leggi messaggio subliminale tra le
righe, dopo gli esami si inizia patente, eccetera
eccetera), ma ciò che rende davvero unico un legame è il
passato.
Dal
primo discorso su Sailor Moon alle medie, fino alla visione di quella
“““““grande bellezza””””” della serie di
Troy (mortacci tua) di settimana scorsa, sono in tutto otto
anni, quasi nove di ricordi condivisi ed indimenticabili. E, certo,
non siamo più le ragazzine di un tempo (ancora due anni e si
inizia a guardare i cantieri, preparati), abbiamo iniziato il
liceo, siamo cresciute, ma ciò che non è mai cambiato è l'amicizia
che ci lega. E, credimi, io mi sento fortunata ad averti come
“migliore amica”: senza il tuo sostegno, non sarei
riuscita a rialzarmi da molte cadute o sarei affogata ancor di più
nel mio pessimo carattere introverso.
Quindi
spero davvero di condividere con te anche molti altri ricordi, molti
altri scleri, molti altri frammenti di vita.
Primo
tra tutti, il tuo compleanno.
Per
cui ti dedico questa breve fanfiction, queste parole e la canzone
“Those Nights” degli Skillet, che ho ascoltato in
loop fino ad adesso (immagina il mio cervello dopo intere ore di
ponderazione, immagina).
In
ogni caso mi scuso se non sono molto presente in questo periodo, ma
si sta avvicinando la fine della scuola e al pomeriggio ho sempre più
materie da studiare, tra cui la dannata tesina. I prossimi aggiornamenti subiranno
probabilmente dei ritardi, anche se mi impegnerò a non scomparire del tutto.
Un
bacio da _Lakshmi_!
|
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Capitolo 10 *** Who you are ***
Who you are
Who
you are (Lunatica)
[raccolta
di One-shot]
DROGA
AL LICEO AGORÀ
Tanto
banale, eppure tanto catastrofico: questo era il grande titolo della
notizia che da qualche giorno spopolava sul web, allarmando blog e
pagine di mamme preoccupate per i propri pargoli, tanto da arrivare a
scrivere ogni genere di insulto all'intera struttura scolastica.
Come
se quel coglione di un figlio lasciato allo stato brado, senza alcun
controllo, fosse in verità un santo corrotto dal sistema.
Ila,
addossato al muro in fondo alla classe, rifletteva su quanto certi
genitori fossero decisamente troppo ingenui: davvero bastava una
simile, ovvia notizia per allarmare le masse? A quando la scoperta
sensazionale dell'Acqua Calda?
Oppure era tutto un incredibile, magico teatrino, in cui i problemi
erano accettati fin tanto che restavano nella massa oscura del “non
detto”?
Il
ragazzo si accasciò sul banco e con uno sbuffo annoiato si scostò
quel bianco ciuffo mosso e selvaggio che gli copriva i freddi occhi
d'un chiaro grigio-azzurrognolo: non riusciva più a sopportare
l'eterno sermone del Sommo Preside, che ricordava per l'ennesima
volta agli studenti quanto fossero pericolose le sostante
stupefacenti.
E
allora perché ho un giro così proficuo di clienti?
Sollevò
il cappuccio della felpa nera, cercando di dormire indisturbato per
il resto dell'interessantissima
lezione passata ad ascoltare importantissimi
concetti morali, ribaditi con le stesse, medesime frasi fatte che si
ripetevano ogni volta in simili discorsi.
Tuttavia,
prima di poter chiudere le palpebre, notò lampeggiare una lucina
verde sul cellulare, segno di un messaggio su WhatsApp.
Con un sospiro, decise di leggere il contenuto.
I.
Dopo
le lezioni.
-
Servizio sospeso per il momento.
I.
Mi
stai prendendo per il culo?
-
Non posso
-
Ci sono i cani che girano
-
Non voglio casini
Ila
spense il telefono quando notò lo sguardo aureo del Sommo Preside
puntato contro: più che per l'utilizzo del cellulare, probabilmente
Zeus era a conoscenza delle presunte voci di corridoio che giravano
attorno al ragazzo. E quello sguardo era un chiaro ammonimento.
Il
giovane annuì convinto, sorridente, con lo stesso sorriso di quando
decantava al professore della prima ora: “sì, ho fatto tardi
perché dovevo consegnare dei fogli in segreteria”.
Ancora
un'altra mezz'ora e quella tortura sarebbe finita.
Lunedì,
bagni dell'artistico, ultimo piano.
Gratta,
gratta, gratta.
La
campana era suonata da un po' e Ila iniziava effettivamente a sentire
la fame attanagliargli lo stomaco; tuttavia il materiale che aveva
usato durante le ore di disegno non si degnava di scrostarsi dagli
strati di pittura ed essendo materiale personale, gli scocciava
tornare a casa con tavolozze luride e pennelli inutilizzabili.
L'acqua
gelata gli intorpidiva le mani, però lui persisteva nel proprio,
faticoso lavoro, pregustandosi nel frattempo l'immagine della calda,
croccante piadina al chioschetto di fiducia. Quel giorno, tra
l'altro, avrebbe completato la tessera, per cui poteva ordinare anche
il dolce totalmente a gratis.
E
Ila amava particolarmente i dolci.
Finito
di pulire, si mise lo zaino in spalla ed uscì tranquillamente
dall'istituto; tuttavia, proprio quando stava per imboccare la
scorciatoia per la sua piadineria preferita, fu intercettato da un
ragazzo massiccio, alto all'incirca un metro e novanta e con
un'espressione non particolarmente allegra: bastava solo notare
l'inusuale acconciatura castana a rasta serpentini per riconoscere
Idra, violento studente temuto dall'intero istituto.
Decisamente
non era la sua giornata fortunata.
<<
Brutto bastardo.>> esclamò il colosso, avanzando con aria
minacciosa.
Ila,
anche se tentò un'orgogliosa fuga, fu ugualmente afferrato per la
gola.
<<
I-Idra...>> gemette il fanciullo dalla corporatura fin troppo
esile per poter anche solo opporsi.
<<
Dammi ciò che mi spetta!>> sbraitò il gigante, mostrando le
mostruose zanne quasi volesse morderlo.
<<
Non ce l'ho qui...!>>
In
un puro moto d'ira, Idra gli diede un violento pugno nello stomaco.
L'impatto fu a dir poco micidiale, tanto che Ila perse coscienza per
qualche attimo, riprendendosi solo dopo il successivo schianto contro
la ringhiera in ferro battuto del cortile.
Era
bloccato da lancinanti fitte che gli impedivano ogni possibile
reazione. Osservava rassegnato i pesanti passi farsi sempre più
vicini e, in fondo, prendeva atto che da quella situazione
difficilmente ne sarebbe uscito integro e, soprattutto, vivo.
<<
T-ti prego Idra...>> tossì più e più volte. Persino parlare
sembrava un'azione fin troppo difficile in quelle condizioni.
<<
Dove la tieni?>> ringhiò furioso il colosso, svuotando la
tracolla del giovane per poi calciare malamente libri e quaderni. Non
trovando nulla, fu sul punto di tornare a sfogare la frustrazione
sulla vittima indifesa, ma dall'uscita secondaria sopraggiunse un
altro ragazzo, decisamente ritardatario.
Il
classico terzo incomodo.
Ila
cercò di rialzarsi, ma il colpo incassato alla schiena gli spezzò
il respiro, per cui si limitò ad assistere ad uno spettacolo
decisamente inaspettato.
Perché?
Perché mai qualcuno dovrebbe prendere le mie difese?
Quel
misterioso nuovo arrivato, infatti, di punto in bianco aveva deciso
di difenderlo.
Era
decisamente abile: di pari forza infatti, riuscì a prevalere con un
deciso pugno in grado di far sbilanciare l'avversario.
Idra,
scosso, fu sopraffatto da un successivo calcio e di nuovo da un
cazzotto in pieno viso che gli spaccò il setto nasale, causandogli
così una cascata di sangue. Indietreggiò confuso, ma non non riuscì
ad evitare una violenta testata.
Ila,
in quella confusione, non voleva certo far la parte della povera
principessa in pericolo e per questo, a fatica, cercò di dileguarsi:
se con due semplici colpi aveva steso Idra, era bene non stare troppo
vicino a quell'erculeo adolescente.
<<
Ehi... tutto a posto?>> tuttavia il paladino della Giustizia,
sfoggiando il più confortante dei sorrisi, frenò la sua zoppicante
fuga piazzandosi esattamente davanti a lui, dopo aver lasciato andare
il non più nocivo Idra.
Perché?
Perché mi destabilizzi in questo modo?
Sempre
lunedì, fine delle lezioni, Oscuro Parcheggio della scuola.
<<
Ascolta... grazie... ma preferisco tornare a casa, non voglio andare
all'ospedale: mia madre lavora lì e la farei preoccupare
inutilmente.>> sospirò Ila, facendosi piccolo piccolo nel
cappotto, mentre un velo di rossore gli tingeva le gote.
Il
misterioso salvatore, probabilmente con un deficit all'udito, aprì
ugualmente la portiera della costosa macchina sportiva, invitandolo a
salire.
<<
Sali, non fare complimenti.>> sorrise infatti bonariamente,
dandogli una poderosa pacca sulla schiena -ahia- per
convincerlo sedersi.
<<
Ma abito a cinquecento metri...>>
Un
lungo, rassegnato sospiro.
<<
Ah... mio padre mi aveva detto che eri un ragazzo timido.>>
<<
Tuo... padre?>>
<<
Zeus, il Preside della Scuola: io sono il suo figliastro, Eracle. Ed
ora sali in macchina, Ila, dobbiamo parlare.>>
Ila
però fece esattamente il contrario di ciò che gli era stato
gentilmente consigliato, sfuggendo alla presa del ragazzo nerboruto
per portarsi a debita distanza. Sentiva il sangue ribollire nelle
vene e, come spesso accade, ciò non gli permise di riflettere
a mente lucida.
<<
Tu sei completamente pazzo! Io non ci salgo su quella fottuta
macchina!>> urlò l'albino, indietreggiando ancora di qualche
passo.
<<
Non fare il ragazzo difficile.>> con estrema pazienza, il
campione si appoggiò alla macchina per guardare il divertente sfogo
di quel ragazzo piccolo ed adorabile.
<<
Non hai prove! Nessuna! Ed ora lasciami in pace!>>
E
così, Ila si allontanò con una camminata spedita, verso quel Sole
pomeridiano che tanto gli infastidiva la vista, sotto l'occhiata
dubbiosa di Eracle che, invece, si limitava a lanciare da una mano all'altra il cellulare di quell'irascibile adolescente d'un
bianco accecante.
Alla
fine torna sempre, è solo questione di tempo. O almeno, diceva
sempre così suo padre ad ogni litigio con la sua matrigna.
Martedì,
Ricreazione, Secondo Piano (Scientifico).
<<
Il. Mio. Cellulare.>>
Ila,
puntuale come un orologio svizzero, si era presentato nella 5C
Scientifico quasi al suono della campana, con quello sguardo cupo,
seppur non così severo come avrebbe voluto per colpa di dell'estrema
dolcezza dei lineamenti. Ora attendeva impaziente al banco di quel
ragazzo più grande di lui per anni, statura e soprattutto fisico.
Dannazione,
può realmente esistere una montagna così imponente di muscoli?
<<
Oh, mi hai trovato alla fine.>> sorrise contento Eracle,
scartando nel frattempo un gustoso panino imbottito, che straripava
salsa da tutti i lati.
<<
Ovvio. Trovo sempre le persone che mi interessano.>> Ila
socchiuse gli occhi e scoccò seccato la lingua contro al palato <<
Questa è l'ultima volta che te lo ripeto, dov'è il mio...>>
<<
Che ti interessano?>> forse per puro divertimento, forse per un
oscuro lato sadico, lo studente dello scientifico si divertì non
poco nel vedere il viso del giovane passare da un bianco cereo ad un
rosso acceso.
<<
Per il mio cellulare!>>
<<
E se non fosse qui?>>
<<
Non temo la prigione.>> ringhiò il ragazzino in risposta.
Eracle
sospirò, alzando le spalle e consegnando il cellulare al legittimo
proprietario.
<<
Tu sì che sei un vero uomo.>> rise poi, nel breve frangente in
cui i loro palmi furono a contatto << Il Preside mi ha detto di
tenerti d'occhio, lo sa-...>>
<<
Mio caro figlio di papà, non mi interessa: non ti conosco,
non mi importa nulla della tua mirabolante vita e questa è l'ultima
volta che ci incontriamo.>> sbottò seccato Ila, che
decisamente non amava essere su palcoscenico
decisamente opprimente << Ed ora, se non ti dispiace...>>
Eracle
osservò allontanarsi quella magra schiena nascosta in una felpa nera
decisamente oversize: non era furioso per quelle parole tanto acide,
anzi, doveva ammettere che la sfida propostagli dal padre stava
diventando sempre più divertente.
“Eracle,
certi ragazzi non hanno speranza. Alla prossima verrà sicuramente
espulso.”, così gli aveva detto.
Tuttavia,
lui amava le sfide. E quella sembrava piuttosto interessante.
Always
Martedì, Quarta Ora, Quarto Piano (Artistico).
Un
nuovo messaggio.
Ila,
intento a disegnare i dettagli floreali dell'ombrello di una
magnifica Geisha (tanto non importava quanto si impegnasse, il suo
lavoro sarebbe sempre passato in secondo piano rispetto al magico
“Artista”), concentrò l'attenzione su quella lucina che
improvvisamente aveva iniziato a lampeggiare.
Senza
neppure controllare dove si trovasse il Prof. Apollo, diede
un'occhiata alla nuova chat.
Your
Savior
Cosa
fai dopo scuola?
-
Lasciami
-
in
-
pace
Your
Savior
Ma
voglio aiutarti
-
Non me ne frega un cazzo
Your
Savior
Ti
aspetto dopo scuola
Ok?
-
Ti blocco.
<<
Ila caro, come stai sprecando le mie preziose ore?>>
esclamò la calda, letale voce del Professor Apollo alle sue spalle.
Odiava quando qualcuno perdeva tempo a chattare su qualche
Social, al posto di produrre magnifiche opere d'arte.
Il
povero studente incriminato a quella domanda sobbalzò, per poi
riprendersi a stento evitando appena in tempo di sbilanciarsi dal
pericolante sgabello.
<<
S-sto disegnando, profe.>> mormorò, spegnendo lo schermo e
tornando diligentemente a disegnare più concentrato di prima.
E,
alla fine, il misterioso forse non così tanto misterioso “Your
Savior” non fu bloccato.
Sempre
Martedì, fine delle lezioni, seconda uscita della Palestra.
<<
Sei ricercato per dover usare questo passaggio?>> domandò
dubbiosa Phobos, docente di Ginnastica, dopo aver aperto quella porta
dimenticata da personale e studenti.
<<
No! Assolutamente! È che sono in estremo ritardo e il bidello ha
chiuso tutte...>> Ila, visibilmente intimorito dalla
professoressa, cercò di raccontare una storia abbastanza
convincente, ma finì solo per arrampicarsi malamente sugli specchi.
E
Phobos, della stessa indole di suo padre Ares, era particolarmente
diffidente e severa, soprattutto con quei ragazzi capaci di ogni atto
deplorevole pur di andare “contro il sistema”:
aveva un cuore decisamente meno caritatevole rispetto al consanguineo
Deimos, per cui non si faceva scrupoli nel sfoggiare ogni goccia di
spietatezza presente nel sangue contro chi la sfidava apertamente.
Essere
donna non voleva dire essere meno feroce di qualche omuncolo.
E questa lezione di vita, molti l'avevano pagata a proprie spese.
<<
Ti devi drogare?>> volse lo sguardo cremisi allo zaino che, a
quel punto, poteva realmente contenere di tutto.
<<
No! Assolutamente!>> Ila deglutì a fatica, sentendo l'animo
oppresso dalla paura.
<<
Ti devi incontrare con qualche ragazza?>> continuò Phobos
assottigliando l'occhiata inquisitoria, seguendo l'esile albino al
pari di un avvoltoio.
<<
Certo che no!>>
<<
Con un ragazzo?>>
Ila
stava per rispondere, ma la sua attenzione fu catturata dallo schermo
del cellulare improvvisamente illuminato.
E.
Dove
sei?
-
Ti ho detto
-
di lasciarmi in pace
E.
Lo
sto facendo per te
-
Nessuno te l'ha chiesto
Due
spunte blu e nessuna risposta entro il minuto d'attesa: finalmente
Eracle aveva capito di essere stato troppo invadente. Insomma, Ila
non lo conosceva e tra l'altro non gli interessava essere amico di
qualcuno il cui unico obiettivo era quello di accontentare le
richieste del padre-Preside; non si sentiva assolutamente nel torto,
dopotutt-...
E.
Sei
all'uscita secondaria della palestra?
-
Sì.
<<
Dove pensi di andare adesso?>> domandò confusa Phobos,
assistendo all'improvvisa inversione a “U” da parte dello
studente.
<<
Esco dal cancellino dell'orto.>>
La
docente scosse il capo disorientata, mentre Ila, a grandi passi, si
dirigeva verso quell'uscita sperduta in mezzo alla sterpaglia alta
ormai un metro e mezzo.
Mai
l'avrebbe data vinta a quel dannato ragazzo.
Martedì
sera, casa di Ila, sopravvissuto a Eracle.
Ila
tornò a casa dopo il consueto giro con gli amici:
era pregno di un intenso odore di fumo e di alcol, tuttavia mai
abbastanza intenso quanto quello dell'uomo
steso sulla poltrona a bere birra sottomarca.
Cercò
di non far rumore, ma d'un tratto una bottiglia vuota cadde a terra.
E l'imprecazione che seguì gli raggelò il sangue.
<<
Sai che ore sono?!>> urlò quell'uomo,
abbandonando la propria seduta per
racogliere il contenitore caduto, barcollando malamente.
Per
evitare possibili, spiacevoli conseguenze, Ila non disse nulla e
corse su per le scale, chiudendosi infine a chiave nella propria
piccola stanza. Si accasciò quindi contro la porta in legno,
facendosi piccolo piccolo con il capo nascosto tra le ginocchia.
Respirò
a fondo: doveva calmarsi.
Ascoltò
la pacatezza di quel finto silenzio della cameretta, in cui poteva
ancora sentire il riverbero della televisione a tutto volume.
Respirò
a fondo, notando nel buio la luce lampeggiante dei messaggi.
E.
Sei
veloce a correre
non
pensavo
-
Perché sei così tanto cocciuto?
-
Se lo fai solo per tuo padre...
E.
Perché
voglio aiutarti
Davvero.
-
Certo...
-
Ora vado a dormire
E.
Buonanotte
Ila
Ila
spense il cellulare: stranamente, per qualche secondo, pensò
addirittura di valere qualcosa; forse quel ragazzo voleva davvero
aiutarlo, dopotutto.
No...
non è possibile.
Lanciò
il cellulare contro la parete, per poi nascondersi nell'ombra più
nera.
Non
è possibile... ma...
Lunedì,
prima delle lezioni, 3A Artistico.
Eracle
Cos'hai
alla prima ora?
-
Non ti interessa
Eracle
Mhm...
Storia dell'Arte?
-
Sbagliato
-
Lo faceva Leonardo da Vinci
con
i cadaveri che recuperava dal cimitero
Eracle
Necrofilia?
-
Ahahahaha
-
Spero di no
Eracle
Ehi
Dove
sei alla ricreazione?
-
Non ti interessa
Lunedì
successivo, ultima ora, 3A Artistico.
Eracle
Com'è
andato il compito?
-
Una merda
-
Gli integrali dovrebbero essere
solo
dei cereali
Eracle
Se
ti serve una mano
Questo
pomeriggio ci sono
-
Esco oggi
Eracle
Dove?
-
E secondo te
-
lo vado a dire al figlio del Preside?
Eracle
Se
hai qualche problema...
chiama
pure
Ila
sospirò con un leggero rossore sulle gote.
Accorgendosi
del proprio pudore incontrollato, scosse il capo infastidito: non
avrebbe mai voluto apparire agli occhi della classe come una
ragazzina esaltata. Esaltata per cosa, poi? Insomma, stava solamente
scrivendo qualche messaggio ad un... amico?
Niente
di più.
Non
aveva certo passato il weekend attaccato a WhatsApp -alternando i
messaggi ad un sano atto di stalking su Instagram e Facebook per
vedere le foto o leggere i post condivisi-, mandando
inevitabilmente a farsi benedire il compito di matematica.
Quel
maledetto Eracle, era tutta colpa sua: gli aveva rapito tutte le zone
celebrali senza chiedergli neppure il permesso.
Raccattò
la propria borsa e la propria cartellina, sul punto di uscire dalla
classe, ma proprio in quel momento venne intercettato dall'Artista
(o Pigmalione per i comuni mortali).
<<
Sto raccogliendo i soldi per le prevendite della festa d'istituto di
fine mese. Tu ci sei?>> il coetaneo lo squadrò con quei
glaciali occhi cerulei e il cervello di Ila viaggiò più velocemente
del proprio autocontrollo: erano azzurri, vero, ma un azzurro
decisamente sottotono rispetto a quello di Eracle.
Ah,
dannazione, perché ci pensava adesso?
<<
Ah, sì... volevo proprio chiedertene una.>> l'albino estrasse
dalla tasca i soldi necessari per pagare il biglietto.
<<
Ehi, ho visto quel quadro che stavi facendo: ha un grande stile.>>
Pigmalione distribuì la prevendita, rimanendo poi ancora qualche
attimo in attesa di una risposta -anche minima- da parte del
compagno di classe.
Ma
Ila era già perso in un altro mondo, con la concentrazione tutta
rivolta ai nuovi messaggi.
“Oh,
si è trovato la ragazza?”, pensò l'Artista, “Quindi sono
ancora io l'unico che non si è dato una mossa? Davvero?”
Sabato
sera, festa del Liceo, fuori dalla discoteca.
La
musica martellante rimbombava addirittura fuori dalle mura del
locale.
Eracle,
certo, amava uscire con la compagnia, ma a quelle feste non si poteva
neppure ballare o bere un drink senza essere travolti, tanta era
l'affluenza.
Giasone,
lì fuori con lui, lo guardò sorridente, visibilmente divertito
sotto quei baffetti che, in teoria,
avrebbero dovuto renderlo un uomo vero.
In
teoria.
In
pratica, era tutt'altra storia.
<<
Allora? Con quella Ila hai combinato qualcosa?>> domandò
l'amico munito di orgogliosi peli facciali, mentre si accendeva una
sigaretta.
<<
No... ancora nulla.>> sospirò Eracle, facendo un cenno di
saluto a Castore, che si avvicinò a loro con l'immancabile Polluce a
seguito.
<<
Cosa? Come “ancora nulla”?>>
sconvolto, Giasone scosse il capo contrariato << Amico, è da
un mese che ci parli! Gente ormai si sposa ed ha dei figli in tutto
quel tempo!>>
<<
Di cosa parlate?>> domandò Castore, sorseggiando un drink
orgogliosamente conquistato dopo un'ora e mezza di fila.
<<
Eracle si sente con una tipa da un mese e non ha ancora combinato
nulla.>> spiegò il baffuto, sempre più urtato dall'etica
dell'amico.
<<
Mhm...? Ma è qui alla festa? Mi va di vederla!>> esclamò
Polluce, rumoroso come sempre.
Eracle
sospirò e, alzando lo sguardo, notò di sfuggita la lontana figura
di Ila, accompagnato da un ragazzo decisamente più alto e più
massiccio di lui. Senza neppure rifletterci troppo -strano
a dirsi, ma era una persona piuttosto diretta-
decise di raggiungerlo.
Giasone,
Castore e Polluce si guardarono per qualche minuto. E, da bravi amici
di vecchia data, pensarono tutti e tre la medesima, malsana idea.
Sempre
Sabato sera, stessa festa del Liceo, fuori dalla discoteca.
Ila
a stento si reggeva in piedi: aveva decisamente bevuto e
fumato troppo, tanto
da non riuscire nemmeno più a comprendere cosa stesse realmente
accadendo; era solo certo di
provare un forte senso di nausea che gli attanagliava lo stomaco ed
una sentita depressione, decisamente non voluta.
Il
resto del mondo, invece, era un insieme alterato di luci, di forme
distorte e di voci gracchianti ed acute.
<<
Piccolo frocetto, ora non ti fai tanto figo senza quel tuo amico.>>
Idra, raggiunto il retro del locale, spintonò Ila, che cadde a terra
come una bambola inanimata, senza resistenza alcuna. Totale
accondiscendenza che fece innervosire ancor di più l'energumeno.
Nessuno
provò a fermarlo.
Nessuno
avanzò in difesa della vittima, troppo anonima per essere degna di
aiuto.
Quei
pochi che c'erano, preferirono allontanarsi.
<<
La mia vita... è una merda...>> biascicò l'albino con la
mente totalmente sconnessa dal corpo.
Gli
occhi furenti di Idra si soffermarono su una bacinella d'acqua, un
tempo contenente bottiglie e ghiaccio portati da qualche furbo
ragazzo che non voleva pagare i drink dai prezzi esorbitanti. Quindi,
per placare quell'odio macerato nell'alcol, affogò il capo del
ragazzo in quella gelida pozza.
Ancora
nessuna opposizione.
<<
Ila!>>
Ila,
all'eco di quella voce, fu lasciato ricadere a terra.
Non
riuscì a trovare la forza per alzarsi, visto che un moto di nausea
lo costrinse a rimettere tutto l'alcol che aveva nel magro corpo. Si
sentiva male, estremamente male, e per di più, in quel momento di
totale caos mentale, persino i pensieri più deprimenti e malinconici
erano tornati a tormentarlo.
Tra
tutti i frammenti di voci che gli rimbombavano in testa, riusciva a
distinguere chiaramente il timbro autoritario ed alticcio dell'uomo
che gli urlava contro chissà quali insulti.
<<
Lasciami in pace...>> mormorò, stringendosi la chioma
fradicia.
Aveva
deluso tutti: la scuola, sua madre, Eracle... se stesso. Per
sentirsi bene doveva ridursi in simili condizioni pietose, incapace
com'era di affrontare il mondo.
Era
inutile e patetico.
Perché
ancora si ostinava a vivere?
<<
Lasciami in pace...>> singhiozzò, mentre calde lacrime gli
rigavano il cereo volto.
<<
Ila...>> una voce affaticata, ma al contempo confortante lo
distolse dai pensieri.
Non
gli importava che fine avesse fatto Idra, non gli importava cosa
fosse successo, il suo sguardo era paralizzato nelle iridi inquiete
di Eracle. E, con quella muta occhiata, si sentiva al pari di un
viscido verme, capace solo di far soffrire chi gli stava vicino.
<<
Lasciami-....>>
<<
Non ti lascio andare, Ila.>> il compagno gli afferrò le mani,
sicuramente un gesto rude, ma al contempo estremamente confortante <<
Non voglio più vederti ridotto così.>>
<<
Perché...? Sono solo un rifiuto! Non conto niente!>>
Eracle
si tolse la giacca in pelle e, con il più caldo dei sorrisi, gli
vestì le umide spalle.
<<
Sei molto più speciale di quel che pensi...>> gli sussurrò ad
una distanza decisamente ravvicinata, tanto che con il semplice
respiro gli sferzò le gote gelide.
<<
Perché? Perché mi fai questo?>> la voce di Ila era spezzata
dal pianto che gli rigò ben presto il cereo volto << Sono
sbagliato...>> mugugnò a denti stretti, singhiozzando.
<<
Perché mi sono innamorato di te, Ila.>>
Ila
era decisamente in un'altra dimensione con la testa, però quella
frase la comprese alla perfezione. E ciò lo spiazzò totalmente,
lanciandolo in un baratro di insicurezza, incapace di replicare visto
che i suoi neuroni erano collassati assieme al suo stomaco.
Per
sua fortuna però, non serviva ragionare per rispondere al naturale
gesto di un bacio dal tremendo retrogusto acido, ma al contempo dolce
e terribilmente romantico, quasi forza vitale stessa.
Le
esili dita di Ila affondarono nella camicia del ragazzo, stringendo
la stoffa per prolungare quel contatto: non voleva lasciarlo andare,
voleva tenere ben stretto a sé quel calore tanto rassicurante, tanto
essenziale.
Eracle,
a quella muta richiesta, gli cinse la magra schiena in un sicuro
abbraccio, condividendo il suo stesso pensiero.
<<
Eracle! Abbiamo recuperato delle bottiglie! Festeggiamo con la tua
nuova ragazz-...>> Giasone superò il corpo steso a
terra di Idra, mostrando trionfante il bottino racimolato <<
A... Ragazza... Ragazz...>> e il disco s'inceppò su
quell'ultima parola, quando s'accorse che Ila non era affatto il nome
di una formosa, graziosa fanciulla. Soprattutto formosa.
A
sbloccare il disco, fu una pacca sulla schiena da parte di Polluce.
<<
Lui è Ila e da oggi farà parte del nostro gruppo.>> Eracle si
sollevò da terra, aiutando il compagno ad alzarsi.
<<
Beh, è naturalmente una sorpresa scoprire che-...>> Castore,
dopo un attimo di destabilizzazione, cercò di intervenire mettendo
in gioco tutta la propria sensibilità.
<<
Davvero non sei una ragazza...?>> ma Giasone lo interruppe con
voce affranta, non avendo ancora superato il trauma per la terribile
scoperta. Da qualche parte nel proprio animo sentiva l'eco della cupa
risata di Medea che, ancora una volta, era riuscita ad ostacolare i
suoi piani di conquista (perché sì, lei doveva c'entrare in
qualche modo).
Quella
ragazza era una vera e propria strega.
<<
Ehi.>> sospirò seccato Ila << Io non farò parte di
nessun gruppo...>>
<<
Ila, ricordi? Non ti lascerò andare tanto facilmente.>> gli
sussurrò all'orecchio Eracle, causandogli un visibile ed intenso
rossore sul pallido viso.
E
così,
grazie
a quel nuovo sostegno,
Ila
ritrovò pian piano la forza per affrontare il mondo.
Accanto
ad Eracle.
Fine
One-shot!
Magico
Artista: un vecchio gioco per computer. I feels dell'infanzia.
Your
Savior: quando devi trovare un soprannome e nel mentre stai
ascoltando una canzone degli Skillet.
Who
You Are: canzone dei Lunatica.
Angolo
dell'Autrice:
Sono
sopravvissuta all'Esame di Stato. E mi sto riprendendo pian piano
dopo un mese intero passato in casa a studiare (sì, un mese intero a
studiare dall'inizio i programmi che certi professori non hanno avuto
nemmeno la voglia di spiegare durante l'anno; storie di vita vera).
Ho
provato ansia, ho provato incazzatura, ho provato rassegnazione,
mentre tutti attorno a me mi ripetevano “massì, tanto passi,
sei brava”.
Bravi.
Avete innescato una bomba ad orologeria.
Vabbeh,
scherzi a parte, sono davvero contenta di essermi liberata di questo
peso, anche perché adesso posso finalmente accendere il computer
senza provare sensi di colpa o leggere un libro senza dovermi fermare
alla prima riga per ripetere le definizioni di Sociologia (altre
storie di vita vera).
Comunque,
parlando della storia, beh...
L'idea
è nata ad un open-day, quando una madre si è avvicinata per
chiedermi: “Scusa, ma qui i ragazzi fumano erba? Voglio mandare
mio figlio in un posto sicuro”.
Non
come sono gli insegnanti, com'è il carico di lavoro, le materie, le
attività.
No.
Se si fuma erba. In una scuola pubblica con più di mille studenti.
Queste
utopie.
Così,
facendomi carico della classica mole di stereotipi, mi sono messa a
scrivere e devo dire che non è stato semplice: come al solito non
volevo rendere il capitolo banale ed inoltre dovevo unire a queste
problematiche un mito molto difficile da adattare (grazie mente, hai
sempre ottime idee).
Comunque,
ecco qui: il rapimento “fisico” è diventato un rapimento
“celebrale” (della serie che Ila, vedendo un minimo di
interesse, parte completamente); l'annegamento in un lago è
diventato l'annegamento in una bacinella del ghiaccio (salti di
qualità) ed altre accortezze.
Mi
sono divertita, soprattutto a sviluppare la relazione “via
messaggi”: Ila è un personaggio schivo, introverso, per cui si
sente maggiormente a suo agio in una chat, piuttosto che con un
dialogo verbale.
Ad
ogni modo, mi scuso per la sparizione, ma è stato un mese davvero
difficile e mi sto riprendendo pian piano adesso, dopo l'esposizione
dei risultati. Ringrazio chiunque abbia avuto la pazienza di
aspettare e i coraggiosi che sono arrivati fino in fondo a questa
storia.
Un
bacio da _Lakshmi_!
|
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Capitolo 11 *** Tipi da macchinette (bevande) ***
Bevande
Tipi
da macchinette (bevande)
[raccolta
di One-shot]
Accurate
statistiche mostrano che in media uno studente spende interi
patrimoni in microtransazioni da trentacinque centesimi alla volta.
È
un'usanza talmente radicata nella cultura studentesca, che diversi
esperti hanno addirittura iniziato a studiare il problema sociale
sempre più frequente ad essa associata, ovvero il fenomeno
del
“Barbonaggio per l'aula”:
l'elemosina disperata di uno
studente in un vano tentativo di racimolare la somma necessaria per
comprarsi la merenda quotidiana.
Il
cibo e le bevande delle macchinette, secondo alcuni, creano
una vera e propria dipendenza, instaurando un bioritmo tale da
accendere -puntuale come un orologio svizzero- una
spia
dell'appetito ogni giorno alle undici meno dieci, al suono della
campana dell'intervallo.
Essendo
una questione vasta e di difficile trattazione, a seguito mostreremo
solamente le tipologie di bevande più caratteristiche e chi
le
assume abitualmente.
Il
Brodo Nero:
Il
Brodo Nero era un'antica bevanda in voga a Sparta, tanto da essere
tramandata fino ai giorni nostri grazie alle ricette rinomate degli
chef pluristellati
del tempo. Molti, erroneamente, tendono a
chiamare questa sostanza torbida “Espresso”,
ignorando
totalmente la storia di millenni condensata in ben venti microlitri
di prodotto.
Non
aveva il gusto di caffè, spesso infatti il sapore si
mischiava a ciò
che era stato ordinato prima al fine di creare una solida coesione
sociale tra gli individui (tutti insieme contro lo sventurato
deviante che decideva di prendere il tè al limone);
non aveva
neppure la consistenza dell'espresso,
risultando più
denso e oscuro, tanto che alcuni pensatori avevano ipotizzato che
fosse in verità l'olio di qualche macchina parcheggiata nel
cortile.
Tuttavia,
seppur nessuno fosse a conoscenza del contenuto effettivo, era
decisamente la bevanda calda più gettonata dai professori,
che
tendevano a dare il proprio tocco personale: il professor Dioniso,
ad esempio, era solito versare nel bicchierino un miscuglio di
grappa, sambuca e cognàc. Ovviamente i liquori citati erano,
secondo
qualche antico mito, conservati in uno scompartimento segreto
conosciuto solo dall'elitè del personale.
A
supportare questa leggenda era l'evidente prova che, oltre
una
certa ora del mattino, era comune vedere spazzoloni seguire un ampio
percorso serpeggiante. Ma questa è un'altra storia.
Ambrosia:
La
bevanda dell'estrema unzione, data allo studente quando ormai era a
un passo dal raggiungere le porte degli Inferi: prodotta da una
varietà speciale di tè, era in grado di curare
qualsiasi malanno,
dal raffreddore al mal di pancia, fino alla Peste Nera e al Morbo
Grigio.
Con
un gusto vago di limone e marcato di zucchero, oltre a sconfiggere
epidemie mortali, era capace anche di donare una temporanea
invulnerabilità.
A
dimostrazione di ciò, era il professore di Filosofia,
Alettrione,
che, durante le proprie ore buche, soleva sorseggiare
l'Ambrosia
seduto accanto ad Ares: era una prova vivente degli effetti
miracolosi della bevanda, visto che mai una volta era stato colpito
da una pallonata; così, mentre il terribile collega di
Ginnastica
mieteva vittime sul campo di sterminio -o palestra, dipende
dai
punti di vista-, Alettrione degustava la bevanda come un vero
gentleman, leggendo il giornale e commentando di
tanto in
tanto le notizie, sul sottofondo di grida disperate di studenti degne
da qualche girone infernale.
«
Sai, Ares, in un test hanno dimostrato che gli studenti si applicano
maggiormente se messi in uno stato di lieve stress.»
aveva esordito un giorno il giovane docente di Filosofia, mentre il
collega sbraitava le peggio ingiurie contro quel ragazzo un poco in
sovrappeso, che non riusciva a portar a termine l'articolato percorso
di guerra arricchito da simpatiche torrette che riuscivano a sparare
palle mediche da 10 kg ad una velocità pari, se non
addirittura
superiore, a 360 m/s « Ah, tu sì che sei un
pedagogista
nato.» aveva
continuato, prima di girar pagina ed iniziare a leggere le
interessanti notizie di economia.
Brodo
Primordiale:
<<
Di che cosa sa?>>
A
questo quesito la risposta non era certa, anzi, spesso era sibillina
quanto il responso di un oracolo.
Il
caffè al Ginseng infatti, tendeva variare
gusto, aroma
e consistenza al variare dei giorni della
settimana, del
tempo, delle stagioni: il martedì, ad esempio,
giorno di mercato in piazza, aveva un sapore speziato, mediterraneo,
con un retrogusto di zucchina, melanzana, insalata
fresca appena raccolta con ancora del terriccio concimato attaccato
alle foglie; d'inverno invece poteva assumere un profumo che
ricordava il pranzo di Natale, tra panettoni, spumante e
l'immancabile mano della nonna che preparava le calde pietanze di
portata (questa frase si può interpretare
più o meno
letteralmente, libera scelta del lettore).
Un'assidua
consumatrice di questa bevanda tanto misteriosa era la segretaria
Pizia, che tendeva gustarselo con tutta calma mentre davanti allo
sportello della segreteria gruppi di studenti lottavano l'uno contro
l'altro al
fine di arrivare primi, evitando così le eterne ore di
attesa.
Acqua
del fiume Lete:
Sempre
presente in ogni macchinetta degna di tal nome, ma sempre snobbato o
totalmente dimenticato da parte degli studenti: si parla, ovviamente,
del latte caldo. Posto nelle ultime scelte prima del bicchierino
vuoto, nessuno aveva mai avuto il coraggio di pigiare il bottone:
sarà per il colore biancastro, che i più maligni
attribuivano ad
altre sostanze o fluidi corporei, sarà per la domanda
esistenziale
del “perché mai dovrei spendere
trentacinque centesimi per un
bicchiere di latte?”, tuttavia in ogni caso il
bottone sin
dall'invenzione dello studente e della macchinetta era da sempre
immacolato.
Nessuno,
quindi, aveva avuto la tentazione di provare l'ebrezza del sapore
chimico di latte in polvere.
Assenzio:
Nelle
scuole, la cioccolata calda era la dipendenza più
pericolosa:
così tanto zuccherata da creare un tappo nelle arterie alla
sola vista, ma al contempo con un gusto tanto dolce da risollevare il
morale agli studenti reduci da verifiche disastrose o da storie
d'amore complicate, era decisamente la scelta più gettonata
nei
giorni dall'umore grigiastro.
Come
un abbraccio materno, riusciva a dare conforto e sicurezza, quella
forza d'animo che bastava per auto-convincersi che il mondo, in
fondo, potesse ancora essere affrontato.
Persefone,
ad esempio, tendeva sorseggiarla pensosa, seduta su un freddo
termosifone, dopo aver avuto un colloquio personale con il professor
Ade.
Non
si era certi, però, se fosse inquieta per il docente o per
la madre,
vera e propria bestia infernale temuta persino dagli insegnanti.
Probabilmente
neppure esperti psicologi possono dare una motivazione al consumo
assiduo di tali sostanze; tuttavia è innegabile che
ciò rimane pur
sempre un importante passo degli usi e costumi della
comunità
studentesca, tramandato da maturando a primino, di chiavetta in
chiavetta, nei secoli dei secoli.
Fine
Oneshot!
Angolo
dell'autrice:
Effettivamente,
manco da un po' in questa raccolta: conclusa la scuola, ho avuto un
periodo difficile. Ora, pian piano, mi sto riprendendo e in questi
giorni ho scritto di getto questa piccola OS.
Il
capitolo in Bar Sport (o Bar Sport 2000, ora la mia memoria
gioca
brutti scherzi) sulle macchinette delle bevande è
indubbiamente
il mio preferito: le macchinette in quel libro sono quasi umane,
caratterizzate per la loro estrema bastardaggine e... niente, riesce
sempre a strapparmi una risata.
Qui,
più che concentrarmi sulla psicologia della macchina (anche
perché
altrimenti mi sembrava troppo un copia-incolla), mi sono concentrata
sulle bevande. In tutto questo delirio devo ancora comprendere il
gusto del caffè al Ginseng: se zuccherato, sa di caramelle
mou; se
lasciato al naturale ha quel leggero retrogusto amaro che mi fa
totalmente schifo.
Magari
qualcuno saprà darmi una risposta.
In
ogni caso ringrazio chiunque legga questo capitolo! E mi scuso ancora
per la mia assenza.
Un
bacio da _Lakshmi_!
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