L'anima diventa ciò che è quando è piena di silenzi.

di A b y s s
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Virtù - Echo in the dark ***
Capitolo 2: *** Superbi: Fallen King ***
Capitolo 3: *** Traditori: Goodbye life, my old friend ***



Capitolo 1
*** Virtù - Echo in the dark ***


Hello, hello
Anybody out there? 'Cause I don't hear a sound
Alone, alone
I don't really know where the world is but I miss it now

I'm out on the edge and I'm screaming my name
Like a fool at the top of my lungs
Sometimes when I close my eyes I pretend I'm alright
But it's never enough
 
 
Di sua madre, Riza ricordava in modo molto vivido il crocefisso che portava attorno al collo: d’argento, se non ricordava male, che scintillava tra le mani mangiate dalla tubercolosi della signora Hawkeye. Un flebile eco di speranza.
Ma Riza non era cresciuta credendo in un Dio, non quanto avrebbe voluto, almeno. Non si fermava mai a pregare, a sperare, non poteva. Era come rimuginare su un sogno, su una favoletta della buona notte, su una storia oramai persa nelle vallate della memoria.
Così stupido.
'Cause my echo, echo
Is the only voice coming back
Shadow, shadow
Is the only friend that I have

Listen, listen
I would take a whisper if that's all you had to give
But it isn't, is it?
You could come and save me and try to chase the crazy right out of my head
Non era una bambina dalle bionde trecce quella che i suoi compaesani vedevano camminare, le borse della spesa sottobraccio, ombre scure sotto agli occhioni color cioccolata – così opachi e freddi – ma una bambola svuotata e ferita, deturpata nell’animo e nel corpo. Segnata.
Poi, in una giornata afosa, era arrivato un ragazzo, capelli come ali di corvo e occhi di carbone, pronti ad incendiarsi di ambizione e speranza. Oh, la speranza: Riza la trovò nello sguardo di un giovane sconosciuto, che una sera si allontanò, salutandola con un sorriso e una silenziosa promessa.
Una luce si accese.
I'm out on the edge and I'm screaming my name
Like a fool at the top of my lungs
Sometimes when I close my eyes I pretend I'm alright
But it's never enough

'Cause my echo, echo
Is the only voice coming back
Shadow, shadow
Is the only friend that I have
Quella luce risplendeva vivida tra le sabbie di una terra straniera, tra le carni dei cadaveri e i lamenti dei feriti. Ogni proiettile che Riza sparava era lanciato solo per lui, per lui si trasformò – lì, tra le macerie di Ishval – in una figlia di Marte, in una guerriera dalle vesti rosse.
Tornare a credere oltre l’eco del suo passato distorto. Il giovane dagli occhi di fiamma le aveva teso una mano, pronto a condurla nella luce della sua figura, al sicuro.
Lei aveva creduto in lui.
I don't wanna be an island
I just wanna feel alive and
Get to see your face again

I don't wanna be an island
I just wanna feel alive and
Get to see your face again

But 'til then
Just my echo, my shadow
You're my only friend and I'm

 
La fiducia che ripose in Roy Mustang e nel suo animo sognatore era naturale, incrollabile, quasi come se Riza si fosse eletta la spalla dove lui, un giorno, avrebbe potuto piangere, le braccia dove si sarebbe potuto rifugiare.
Non lo avrebbe fatto, non ancora. Il suo orgoglio era troppo grande, il suo cuore troppo duro per concedersi una…
Debolezza.
Riza sarebbe rimasta lì, in piedi al suo fianco, come una Regina pronta a difendere il suo re, paziente: avrebbe aspettato, per lui, anche fino al giorno in cui gli angeli l’avrebbero portata via dal dolore terreno e dalle vesti di sangue che indossava ogni giorno.
I'm out on the edge and I'm screaming my name
Like a fool at the top of my lungs
Sometimes when I close my eyes I pretend I'm alright
But it's never enough

'Cause my echo, echo
Oh my shadow, shadow
E, più di ogni singola ferita ricevuta, fu il suo dolore la causa del suo pianto.
E il suo abbraccio – disperato, fragile – fu la causa del suo sorriso.
Hello, hello
Anybody out there?

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Capitolo 2
*** Superbi: Fallen King ***


Ognuno vuole essere e ritiene di essere migliore
di questo suo mondo.
Chi migliore è, esprime solo questo
suo mondo meglio di altri.
- Hegel

 
Sin da quando era finita la guerra, Roy aveva solo guardato in avanti, verso un futuro luminoso, un’utopia perfetta che la sua mente avrebbe realizzato. Lui, con le sue mani ed il suo ingegno, solo come il Re vincitore di una splendida partita di scacchi, avrebbe cambiato le cose. Sarebbe bastato solo continuare ad andare avanti, passo dopo passo, avanzando da solo e portando la luce nelle tenebre del suo cammino.
Aveva sempre creduto di non aver bisogno di aiuto, che per lui non fosse necessaria una spalla amica su cui piangere, una mano gentile a cui aggrapparsi, orecchie fedeli a cui confidarsi. No, certo che no: l’Alchimista di Fuoco non necessitava di appoggi, di sostegni. Non gli servivano la pazienza e la forza di Riza, non gli erano mai servite la vivacità e la generosità di Hughes, non aveva mai sentito la necessità di una squadra.
Si sarebbe innalzato sopra tutti, risvegliando Amestris dal suo torpore, portando negli animi della sua gente quel sogno che avrebbe presto realizzato.
E lo avrebbe fatto da solo.
Eppure, anche nella sua perfetta – avrebbe quasi osato dire impeccabile – strategia, c’era stata una falla, un punto su cui non si era soffermato: la caduta. Perché mai avrebbe pensato di crollare nell’oscurità, nel nulla più assoluto. Mai avrebbe immaginato di finire inghiottito dalla disperazione, dalla paura, dal vuoto. Quegli occhi con cui guardava al futuro, alla bellezza di un mondo perfetto e senza macchie, costruito sulle macerie di anime macchiate di sangue, ora non potevano mostrargli nulla.
Debole.
Si sentì dannatamente debole, come un lattante ancora incapace di camminare. Debole come mai si era sentito prima di allora, in nessun momento della sua vita. Perché le ferite possono essere curate, ma un orgoglio spezzato resta spezzato. Non esistono mani abbastanza salde per tenerlo in piedi, ripararlo e rimettere assieme i frammenti di un anima sola.
Roy Mustang, il giovane prodigio militare, l’Alchimista di Fuoco che dominava le rosseggianti fiamme, era caduto, ingoiando il suo stesso sangue e camminando a tentoni nelle tenebre che lo avvolgevano, nella loro compattezza agghiacciante – avvertiva con chiarezza i brividi scorrergli sulla pelle, come se i sospiri di centinaia di spettri gli alitassero sul collo.
“Non vedrò il futuro.”
Eppure, in quel silenzio, una voce chiara e delicata continuava a sovrastare le voci dei fantasmi. Era così limpida, come se appartenesse ad una qualche divinità pagana, dalla carnagione nivea e gli occhi color cielo, le labbra color sangue, i capelli slavati. Un angelo sceso a richiamarlo da quel vuoto.
Splendida visione, ma lui sapeva a chi quella voce apparteneva: capelli d’oro, occhi scuri, la carnagione segnata da cicatrici di molte battaglie. Non una dea, ma ugualmente si sentì libero quando il suo viso gli apparve, nell’alone di luce soffusa che andava sostituendo il bruciore del fuoco ardente.
Roy Mustang camminava da solo, nel lungo sentiero della vita, ma dietro di lui – quasi pari ad ombre silenti – venivano i suoi guardiani, che, da lontano, sostenevano ogni suo passo.
Si era rialzato. 

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Capitolo 3
*** Traditori: Goodbye life, my old friend ***


Stigiofobia:
chiamata anche “adefobia”, è la paura dell’inferno.
Coloro che ne sono affetti presentano
la paura ingiustificata e persistente di peccare e finire così negli Inferi.

 
 
Al Padre doveva essere davvero bruciato il suo tradimento. Oh, sì, che gli era bruciato. Uno dei suoi figli, per quanto egli fosse il più ribelle ed il meno disposto a seguirlo, lo aveva ingannato, alleandosi dalla parte dei fragili umani, quella razza che egli sperava di schiacciare come formiche. E per un momento, un insignificante momento, aveva creduto di essere stato sveglio, addirittura astuto in quel suo brillante tradimento.
Ingenuo, ingenuo, ingenuo.
Era stato un dannatissimo sciocco a pensare di poter essere infedele al Padre senza subire conseguenze, nell’illusione di poter essere per sempre immortale, senza che l’idea della morte (così dannatamente umana) lo potesse raggiungere.
Il traditore – lui, che aveva voltato le spalle al Padre e ai suoi fratelli per aiutare degli umani – stava morendo, tracciando la via verso l’Inferno. Per un secondo, un attimo intangibile, sentì riaffiorare un’antica e viscerale paura, che sembrava risalire dalle profondità del suo stesso io.
Forte fu la tentazione di rimanere, di tornare nell’anima Ling – quello sciocco, miserabile, idiota principe di Xing che si era insinuato nella sua testa e nei suoi pensieri – e di lasciare che gli impedisse di andarsene, mentre il Padre si prendeva la sua rivincita. La punizione per i figli disobbedienti.
Stava morendo.
E non avrebbe mai più visto la luce e la gentilezza degli esseri umani, poiché c’era un unico posto per i traditori come lui, e di sicuro non ci vivevano gli angeli. E quella paura si fece più forte, mentre cercava di ingoiarla, tentando di soffocarla con le grida rabbiose e colme di un odio che, oramai, non provava più da tempo.
Le voci lo attendevano lì, alla fine della lunga strada: lo chiamavano, sussurrando il suo nome, sibilline, quasi suadenti, mentre tentavano di trascinarlo lungo il sentiero di carne putrefatta e anime piangenti, verso l’eterno inverno.
Greed aveva paura. E quella paura era un blocco freddo sul suo cuore, una morsa congelata come la pena che lo attendeva, come le voci che lo accusavano e lo deridevano.
Sorrideva, tremante ed orgoglioso al tempo stesso, eretto sui corpi purulenti, gli occhi ardenti a fissare la bocca dell’Inferno che lo attendeva. “Ti sto aspettando, Padre”
Ed un gelido sogno di vendetta si cristallizzò nell’aria, lì nel sospiro del Diavolo.

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