LEGENDS di kamony (/viewuser.php?uid=622883)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 1 *** 1 ***
In un tempo e luogo indefinito, in una
galassia lontana…
1
«Ne sei sicuro?»
chiese Harlock accigliandosi.
«Sì Capitano» rispose fermamente Yattaran che era appena rientrato da un
avamposto commerciale su un pianeta artificiale, adibito solo alla compra
vendita delle merci.
Il comandante dell’Arcadia sospirò e il suo sguardo, orbo da un occhio, divenne
severo e molto preoccupato.
«I patti erano che non avrebbe mai dovuto contattarci, era questo il prezzo per
la sua libertà e la nostra sicurezza. Non avrebbe dovuto infrangere la sua
promessa» commentò aspramente.
«Lo so Capitano, ma vedete Nagol ha agito in modo così ardito solo per poter
monitorare la situazione, per sapere in anticipo se ci fossero novità sul suo
conto. Sapete bene che hanno triplicato la taglia che pende sulla sua testa».
Nonostante non avesse mosso un solo muscolo del viso, al primo ufficiale parve
che Harlock fosse intento a riflettere, come se qualcosa lo turbasse.
«Proprio per questo tutta la faccenda non mi piace» gli rispose ancora assorto
e accigliato.
«Pensate davvero che possa tradirci?».
«No, sono certo che non lo farebbe mai» replicò secco e deciso il Capitano.
«Allora non capisco…».
«Potrebbero aver scoperto chi è veramente e potrebbero usarlo a sua insaputa
per spiarci, o peggio come esca. Questo è uno dei motivi per i quali era stato
convenuto di non entrare mai più in contatto, se non per ragioni di vitale
importanza!».
«Capitano vi assicuro che nemmeno sua madre avrebbe potuto riconoscerlo. E
comunque ciò che ci ha svelato, a mio avviso, è un’ottima ragione per essersi
preso un rischio così grande».
Harlock guardò il suo primo ufficiale in modo severo «Con i soldi si può
comprare tutto e tutti, anche un segreto professionale legato
all’inviolabilità. Quella di Nagol è stata una grave leggerezza».
«Quindi dite che davvero potrebbe essere una trappola?».
«Non lo so, ma non capisco che cosa ne verrebbe a noi di vantaggio».
«Non mi ha potuto spiegare molto. Mi ha solo sussurrato veloce che se avessimo
accettato ci sarebbe stato per noi un vantaggio irrinunciabile».
Harlock lo guardò appoggiando mollemente la testa sul dorso della mano
sinistra, aveva il gomito puntato sul bracciolo del suo scranno e lo sguardo
fisso in un punto, con l’occhio buono accigliato e severo. Era ancora molto
scettico e meditabondo.
«Dubito fortemente che siano disposti a tanto» commentò grave.
«Capitano è risaputo che le Compagnie, che hanno in mano tutte le risorse
minerarie ed energetiche attualmente conosciute, sono disposte a pagare
qualsiasi cifra per poter riacciuffare gli evasi!
Certo, mi rendo conto che si tratta di un equipaggio leggendario, considerato
inarrestabile, ma per me non è invincibile. Sappiamo di certo che la Raza,
grazie al FTL jump è una nave che difficilmente può essere intercettata, ma
noi, grazie al nostro Computer Centrale abbiamo gli strumenti per farlo. Il
vero problema è che l’equipaggio è conosciuto solo virtualmente. Nessuno, al
di fuori di chi li ha catturati, li ha mai incontrati di persona, perché hanno
agito solo e sempre tramite intermediari e le loro sembianze potrebbero essere
molto diverse dalle foto segnaletiche che conosciamo noi…».
«Anche l’Arcadia e il suo equipaggio sono considerati una leggenda e la nostra
tecnologia seppur un po’più obsoleta e decisamente diversa dalla loro, non è
certo da meno. E non è che facciamo di certo vita sociale. Harlock è una
leggenda e sono anni che nessuno lo vede in giro, c'è addirittura chi dubita
che esista! Di certo a differenza di loro, noi non lavoriamo per nessuno
e abbiamo il coraggio delle nostre azioni, perché crediamo in ciò che facciamo
e non siamo dei delinquenti!». S’intromise piccata Kei Yuki che fino a
quel momento era rimasta in silenzio ad ascoltare.
«Non intendevo paragonarli a noi. Nessuno può minimamente sperare di arrivare
alla grandezza dell’Arcadia e la sua ciurma! Ammetto che il gesto di Nagol
potrebbe essere uno specchietto per le allodole, ma se così non fosse questa
potrebbe essere la nostra più grande occasione per liberarci per sempre di
quelle zecche della Coalizione. Noi diamo una cosa a loro, e loro…» ribatté
Yattaran massaggiandosi il mento, mentre sembrava riflettere.
«Mi sembrano tutte sciocchezze! Non abbiamo bisogno di altri guai e poi le
parole di Nagol sono poco chiare, sei proprio certo che fosse lui?» ribatté Kei
molto sospettosa.
«Diamine donna! Certo che sono sicuro, sappiamo tutti com’è adesso anche se non
l’abbiamo mai più visto di persona. Se fossi stata al mio fianco
l’avresti appurato anche tu».
«Che intendi dire?» chiese indispettita Kei puntando le mani sui fianchi.
«Che se non fossi stata a fare shopping potevi vederlo con i tuoi occhi».
«Ero a comprare una nuova pistola propulsione laser, altro che shoppping!» lo
redarguì «Ti rode solamente perché ora sparerò ancora più veloce di te!» lo
rimbeccò subito la bionda.
«Sogna pure, ad ogni modo se fossi stata con me l’avresti visto anche tu che
era proprio lui, ma in carne, ossa e pelle, diversi».
«Io continuo ad essere d’accordo con il Capitano, per me la faccenda puzza!».
Yattaran si stizzì e alzò lo sguardo «Sono ricercati e hanno una cospicua
taglia sulla testa e in fin dei conti alla meno peggio, a noi quel denaro
farebbe proprio comodo!» rimarcò polemico.
«Per forza, sono ladri e assassini prezzolati» precisò Kei facendo notare
l’ovvietà della cosa.
Fu in quel momento che Harlock si alzò voltando le spalle ai suoi ufficiali.
«Anche noi siamo considerati ladri, assassini e terroristi. Anche noi abbiamo
una taglia sulle nostre teste. La verità a volte è molto lontana da ciò che
sembra» osservò prima di allontanarsi dalla Plancia, seguito dal fido Tori, che
spiccando il volo e gracchiando, gli si appollaiò sulla spalla, spiumando
appena.
«Il Capitano è sempre contrario a queste cose, non vuole rischiare ma questa
volta si sbaglia» brontolò Yattaran mentre prese a mettere a fuoco le immagini
dello schermo in cui controllava la rotta. Era ora di salpare e volare lontano
da quell’interporto spaziale. La prudenza non era mai troppa per loro.
***
«Io dico che è un buon affare» esordì “C” con la sua
classica aria beffarda, mentre i suoi occhi cerulei ebbero un guizzo. «Se
assaltiamo quella base faremo un e rifornimento di armi che potremmo anche in
parte vendere e ricavarne un sacco di soldi».
Il comandante “B” lo guardò severa «Cosa ti fa credere che non sia una
una bufala? Ti fidi di quel tizio? Lo conosci bene?».
“C” roteò gli occhi infastidito «Ho ascoltato per caso la sua conversazione,
questo ne fa una fonte più che attendibile!»:
«Ti è mai passato per il cervello che possa essere una trappola?» commentò
assorto “D” mentre lucidava la sua katana.
«In che senso?» chiese annoiato “C”, non amava essere contraddetto.
«Dimentichi forse che siamo sfuggitivi scampati alla pena capitale evadendo di
prigione? E che sulle nostre teste pende una taglia faraonica che fa di noi
bersagli appetibili per chiunque?» sospirò “F” come se parlasse con un bambino
recalcitrante.
«Riflettendoci , convengo che vista con il senno di poi la nostra fuga è stata
anche fin troppo facile» notò “B”, come se ci avesse fatto caso solo allora.
Nel frattempo si era girata e “C” aveva preso a fissarle il fondo schiena
inguainato nella tuta aderente che indossava. Portia Lin, nome in codice “B”,
era una donna molto bella e procace, oltre ad essere un’arma di distruzione di
massa vivente.
«Veramente? Fai sul serio? » lo redarguì infastidito “F” facendogli distogliere
lo sguardo dalle terga del loro capitano. Non era un segreto che lui e “C” non
si sopportassero «E noi dovremmo anche dare retta ad un idiota del tuo
calibro?»
Furono interrotti dalla voce metallica di Android, colei che governava la Raza
«Incrociatore da ricognizione in avvicinamento, richiedono contatto».
«Un momento solo, li sto analizzando» s'intromise la piccola hacker “E” che era
una ragazzina tecnologicamente ultra dotata, oltre che una ladra provetta,
diventata parte dell’equipaggio dopo che era rimasta sola al mondo e si era
imbarcata come clandestina sulla loro nave. Le sue abilità si erano rivelate
nel tempo più che utili e tutto l’equipaggio, alla fine l’aveva accettata come
membro ufficiale della ciurma.
«Basta tu faccia in fretta ormai è sulla nostra rotta» rispose serafica Android
con il suo sguardo eternamente stupito e la sua vocetta, sì metallica, ma
squillante come quella di una bimba.
«Ecco… ci siamo quasi… è Dupont!» disse trionfante “E” che aveva craccato il sistema schermante
dell’incrociatore, introducendosi nel loro computer di bordo.
«Quel gran figlio di una gran puttana!» esordì “C” rabbuiato.
«Sentiamo che ha da dire, Android tieni pronti i cannoni, non mi fido di quel
serpente» disse “B” perentoria. L'androide annuì obbediente e poi aggiunse:
«Collegamento su canale criptato pronto comandante».
Porzia fece un cenno di assenso con la testa e sul monitor apparve il faccione
rubicondo di Dupont, che altri non era che una vecchia conoscenza, che spesso
aveva fatto loro da tramite per certi affari, peccato che l’ultima volta, la
loro, chiamiamola collaborazione, aveva portato l’intero equipaggio della Raza
in galera, compresa la piccola “E” che aveva solo sedici anni e che era stata
sottratta per un pelo alla riprogrammazione mentale, essendo minorenne e non
potendo essere giustiziata come un adulto.
«Che vuoi Dupont? Spero per te che tu abbia un motivo molto valido e
argomentazioni molto convincenti per aver avuto l’ardire di contattarci dopo il
tuo tradimento. Ad ogni modo non credo che ne uscirai vivo, i nostri cannoni
sono puntati sulla tua bagnarola, mi basta un gesto e sparirai per sempre nel
nulla» gli disse aspra il comandante Portia.
Note
FTL (faster than light)
CRACCATO gergo lessicale degli Hacker per indicare il successo di una
violazione informatica baypassando
una password
Spiegoni
domande e risposte
¤
Bene cari lettori vicini e lontani, se siete arrivati sin qui suppongo che
abbiate qualche domanda da fare, bene fatemela! E io sarò lieta di rispondervi
nel prossimo aggiornamento.
Intanto vi anticipo riguardo la prima domanda che di sicuro vi sarete posti,
ovvero chi siano i protagonisti della seconda parte del capitolo.
Ve lo spiego subito.
Per questo equipaggio mi sono liberamente ispirata al telefilm “Dark Matter”
che ho visionato questa estate. Immagino che dal titolo si capisca perché ha
catturato la mia attenzione :P. Al di là del richiamo al film in CG, l’ho
trovato molto, ma molto similare in certe dinamiche, alle gesta del nostro
capitano e quindi invece di inventarmi di sana pianta degli OC, mi sono
fortemente ispirata a loro. La serie è
solo alla seconda stagione e ci sono un sacco di irrisolti in sospeso, quindi
capirete bene che io farò a modo mio. Specifico subito che non è necessario che
la conosciate, né che la vediate. Trattate pure questi personaggi semplicemente
come “nuovi”. Ad ogni modo potete sbirciare QUI
Come potrete vedere i personaggi hanno i loro nomi preceduti da un numero, per
un motivo che per ora non vi spiego. Ho ritenuto opportuno cambiare i numeri
con le lettere, perché io avevo già usato questo espediente in un’altra fic e
non volevo ripetermi, anche se è solo una fortuita coincidenza. Bene per ora
con gli spiegoni mi fermo qui!
Tornando a noi: questa è la muova avventura con cui mi riaffaccio a questo
fandom. È una storia diversa da tutte quelle che ho scritto sul nostro amato capitano.
Come ho già anticipato, non è specificato in quale contesto si svolgono i
fatti, ci saranno larvati riferimenti qua e là a tutti gli universi, o quasi,
di Capitan Harlock, perfino al manga, ma non saranno determinanti, né troppo
invasivi, per permettere alla fantasia di chi legge, di spaziare come e dove
vuole. Anche Harlock potete liberamente immaginarlo come più vi aggrada. Io ho
usato la bellissima fan art di J. Alquie per la copertina grafica di questa
storia, perché mi piace moltissimo, ma non è vincolante per voi.
Come i più pignoli avranno notato, Legends significa Leggende in Italiano e
questo fandom già ospita una OS con questo titolo. Vorrei tranquillizzare tutti
perché ho già contattato l’autore l’autore Sigfrido di Xanten che mi ha
dato il suo benestare a mantenere questo titolo.
Vi avviso che questa storia è proprio diversa in tutto e per tutto, anche nella
pubblicazione :D
Non avendo più il tempo libero di una volta andrò molto a rilento e non ho
neppure un capitolo di scorta, mi butto in questa avventura così, con
incoscienza e senza paracadute. Aggiornerò indicativamente una volta al mese,
ma si potrebbero allungare i tempi, quindi SE vi andrà di seguirmi armatevi di
pazienza, ciò non toglie che in corso d’opera
le cose possano anche cambiare e i tempi accorciarsi, ma ho voluto essere
onesta e non menare il can per l’aia! D’altronde o facevo così o temo che
questa storia sarebbe rimasta in incubazione per sempre, quindi mi son detta ma
sì proviamo va!
Spero di divertirvi e rilassarvi, lo scopo è questo, per me che la scrivo e per
voi che vorrete leggerla e seguirla.
Per ora è tutto, colgo l’occasione per augurare a chi passa di qui BUON ANNO e
alla prossima!
¤
Note tecniche
Non ho tempo per rileggere 5/6 volte sennò finirei per postare
ogni 6 mesi, spero non ci siano troppi
errori e refusi, in caso chiedo anticipatamente scusa a tutti i lettori:
Segnalatemeli pure e quando ne avrò il tempo materiale provvederò a correggerli.
Disclaimer
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personaggi non originali; ovvero Capitan Harlock e i protagonisti di
Dark Matter, non mi appartengono, ma sono proprietà dei loro rispettivi
creatori e proprietari.
Invece la trama, così come i personaggi originali e qualsiasi altra cosa
inventata dalla sottoscritta, sono proprietà dell'autrice, cioè me :)
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Capitolo 2 *** 2 ***
2
L’uomo si girò,
mentre Portia si stava rivestendo.
Marcus Bone, nome in codice “C”, osservò con disappunto le morbide forme della
donna con cui aveva fatto l’amore, frutto di un momento di debolezza. Non lo
avrebbe mai ammesso, neppure con se stesso, ma il fatto che lei, il suo
comandante, facesse sesso con lui e poi lo trattasse con aperto distacco lo
infastidiva molto, troppo.
«Mi stai praticamente buttando fuori?» le chiese, nascondendo il disappunto con
la sua pungente ironia mentre si girava su un fianco.
Era bella da far male, ma fredda e distaccata come uno schiaffo.
“B” si voltò, stava tirando su la cerniera della sua tuta.
«No, puoi anche rimanere a dormire se vuoi, basta che non ti ritrovi qui in
cabina al mio rientro. Ho da fare e me ne vado» tagliò corto mentre si
sistemava le cinghie che reggevano le fondine delle sue due pistole sulle
cosce, tornite e muscolose.
«Lo so che vieni a letto con me per ripiego - insisté “C”, che era sempre più
contrariato - Nel tuo cuore c’è sempre lui,
non è vero? » la punzecchiò.
Portia si girò lentamente e lo fissò severa.
«Tu parli troppo» lo apostrofò aggrottando le sopracciglia.
«Non era neppure chi diceva di essere, ti sei invaghita di un’idea» rincarò
Marcus, alzandosi di malavoglia da quel letto sfatto che profumava di lei.
Non era innamorato di quella donna controversa, ma gli piaceva da matti e il
fatto che lo tenesse sulla corda gli dava un fastidio tremendo. Avrebbe potuto
essere un buon diversivo per il suo cuore spezzato, invece lo faceva solo
innervosire.
«Chi fosse in realtà non ha mai avuto importanza, tanto io non mi ricordavo
comunque di lui » rispose la donna con finta noncuranza. In verità quella
storia l’aveva coinvolta eccome, ma non l’avrebbe mai ammesso a voce alta,
tenerselo per sé era una forma di auto preservazione, o qualcosa di simile.
«Allora hai deciso che cosa fare ?» le chiese “C” cambiando totalmente discorso
e interrompendo il corso dei pensieri della donna.
«Lo metteremo ai voti, come sempre abbiamo fatto» rispose secca mentre si
ravviava i lunghi capelli castani.
«E Dupont?» la incalzò l’uomo.
«Lui è la nostra polizza assicurativa» gli disse tranquilla prima di uscire
definitivamente dalla sua cabina, lasciandolo da solo a rivestirsi e a leccarsi
l’orgoglio ferito.
***
Harlock osservava
il suo interlocutore con circospezione. Era straordinariamente diverso dal suo
aspetto reale. Per un uomo razionale e concreto come lui era difficile credere
che quello fosse Nagol. Sapeva che quella
cosa era frutto di nuove e sofisticate tecnologie militari, ma era comunque bizzarra, al limite
dell’incredibile.
Lo squadrava con malcelato sospetto ed evidente disappunto.
Avrebbe voluto non rivederlo mai più. Nagol, anche se non l’avrebbe mai detto
né ammesso, lo aveva profondamente deluso e lo considerava un capitolo chiuso,
un errore di valutazione. Averlo davanti lo disturbava più di quanto avrebbe
voluto.
«Ho detto a Yattaran che mi fido ancora di te, ma potrei anche sbagliarmi. Hai
infranto una promessa» lo apostrofò severamente.
«Capitano…» lo interruppe timidamente il giovane.
«Non chiamarmi così, hai deliberatamente lasciato questa nave, non sono più il
tuo capitano» lo zittì severamente Harlock.
Nagol sospirò, era chiaro che non lo avrebbe mai perdonato.
«E sia, non ti chiamerò più così, ma adesso ascoltami. Se deciderete di fare ciò
che desiderano sarete liberi per sempre da ogni pendenza con la legge. Ti rendi
conto, vi verrà azzerato tutto!» gli disse ansante per la foga. Gli sembrava
una cosa davvero importante, un’occasione ghiotta da cogliere al volo senza
neppure pensarci su.
«Ti sbagli. Noi siamo già liberi. Abbiamo deciso come vivere e a cosa votarci,
non abbiamo bisogno di condoni e amnistie» rispose infastidito il suo ex Capitano.
Il suo sesto senso gli diceva che c’era qualcosa che non quadrava, ma
nonostante tutto si fidava di Nagol, e quella proposta era troppo allettante,
non tanto per lui, quanto per tutto il suo equipaggio, anche se la cosa gli
puzzava non poco. Harlock non era uno che si faceva comprare a buon mercato
dalle illusioni, o allettare da promesse. Sebbene fosse un visionario che aveva
votato la sua vita a un ideale, era un uomo con i piedi per terra che fiutava
il pericolo immediatamente, e il tanfo, in quella faccenda, di certo non
mancava.
Nagol intanto lo guardava incredulo. Aveva pensato che avrebbe fatto i salti di
gioia, certo alla sua maniera, alzando appena l’angolo della bocca, accennando
quel sorrisetto beffardo e compiaciuto, come quando pregustava un’agognata
vittoria, come di solito faceva quando una proposta lo allettava, invece lo
stava osservando di sbieco e con piglio severo.
Harlock era sempre imprevedibile. Un vero enigma che non faceva mai quello che
ti saresti aspettato da lui.
Dopo un breve lasso di tempo che al ragazzo parve un’eternità, il Capitano si
alzò e disse lapidario: «Ti farò chiamare quando avrò deciso. Resta in contatto
con Yattaran».
«Sì, non tirate troppo la corda però, la Coaliz…»
«La fretta non è un argomento a favore per il sì» lo interruppe «E ora vattene e torna dov’eri. Non sei più al
tuo posto su questa nave» rincarò voltandogli le spalle, mentre con passo fiero
si allontanava a grandi falcate.
Più tardi, nella sua cabina, il pirata stava bevendo
vino in compagnia di Meeme.
Se ne stava in silenzio a scrutare lo spazio infinito, che si stagliava davanti
a lui, dall’enorme vetrata del suo alloggio. Nel frattempo l’aliena dagli occhi
gialli e i lunghi capelli indaco, che le ricadevano morbidamente sulle spalle,
arrivando a carezzarle i fianchi, lo osservava quieta. Era consapevole che
l’uomo fosse in conflitto con se stesso. Faceva sempre così quando aveva
bisogno di riflettere e desiderava il suo conforto, anche se non lo chiedeva
mai apertamente.
«Che cosa ti preoccupa, Harlock?» gli chiese appoggiando il suo calice ormai
vuoto sul tavolo di legno antico e intarsiato.
Il Capitano non rispose. Rimase ancora ad ammirare l’infinito che gli si apriva
davanti, continuando a centellinare il suo vino.
Meeme aspettò paziente che parlasse. Il capitano lo fece non appena ebbe finito
di bere e poggiato anche lui il suo calice.
«Nagol mi ha fatto una proposta da parte della Coalizione che credo sarebbe
giusto valutare, non per me, ma per i membri dell’equipaggio».
«E cosa ti turba?» gli chiese quella strana e affascinante creatura senza
bocca, che incredibilmente possedeva però una voce soave e armoniosa quasi come
una musica.
Harlock si girò. Era accigliato. «Non mi fido di loro, credo sia una trappola».
«Quindi sei in vantaggio su di loro».
«Diciamo che sono in allerta. Se è un vantaggio effettivo non saprei dirlo. Il
punto è che se fosse solo per me rifiuterei l’offerta, ma c’è in ballo la vita
e la tranquillità dell’intero equipaggio, non posso e non voglio decidere io
per loro».
«E come intendi agire?».
«Sarà deciso in piena, assoluta e totale libertà se accettare o meno».
«Sei molto generoso, ma non credi che sarà complesso mettere tutti d’accordo?»
commentò l’aliena.
Harlock non rispose. Ne era fin troppo consapevole, ma non poteva fare
altrimenti. Era un pirata, ma aveva un enorme rispetto per i suoi uomini, non
avrebbe mai imposto loro niente e, al contempo, non li avrebbe mai privati di
nessuna forma di libertà, tanto meno di quella di scelta.
Spiegoni
domande e risposte
¤
Cari lettori vicini e lontani, eccomi, in ritardo di una settimana con il
secondo capitolo di questa storia. SE non l’avevate capito questa storia NON è
ambientata nel movieverse. Sono tornata alle origini anche se…
Vabbè secondo voi ve lo dico?
Oggi vi va di lusso non ho altro da
dire, voi non avete fatto nessuna domanda, ergo non vi tedierò con le mie
ciance :P
Ci vediamo tra un mese! (Più o meno!)
¤
Ringraziamenti Sparsi
Intanto grazie a Miriam che mi ha omaggiata dell’immagine che è
diventata il mio avatar! Direi che è fantasmagorico! Mi garba abbestia! :D
Grazie a Laura, lei sa perché! :*
Grazie a TUTTI voi mi avete letta veramente in tantissimissimi! E chi ci sperava? ^_^
Grazie alle ragazze che oltre che leggere mi hanno regalato un po’ del loro
tempo recensendomi!
lo apprezzo tanto!
Grazie a chi ha visualizzato insistentemente la mia pagina facebook per vedere
se aggiornavo.
E Grazie ovviamente anche a TUTTI i lettori silenti e a chi ha messo la storia
tra le seguite/ricordate/preferite ♥
Disclaimer
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personaggi non originali; ovvero Capitan Harlock e i protagonisti di
Dark Matter, non mi appartengono, ma sono proprietà dei loro rispettivi
creatori e proprietari.
Invece la trama, così come i personaggi originali e qualsiasi altra cosa inventata
dalla sottoscritta, sono proprietà dell'autrice, cioè me :)
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Capitolo 3 *** 3 ***
3
«Siete
completamente pazzi!» strillò Dupont mentre, legato come un salame, veniva
scaraventato, senza troppi complimenti, nella stiva.
«Non mi sarei dovuto fidare di voi delinquenti» piagnucolò infine, mentre
tremebondo cercava di muovere a pietà quelli che erano i suoi aguzzini, o
meglio, che lui riteneva tali.
«Veramente siamo noi che non ci fidiamo più di te dopo che ci hai venduti e ci
hai fatto arrestare!» gli rispose Tetsuda, nome in codice “D”, mettendo
minacciosamente mano alla sua katana. Li aveva traditi e li aveva fatti finire
in prigione con una condanna a morte, poco importava se poi se l’erano cavata,
forse anche grazie a lui e al suo tardivo pentimento. Le sue scuse non
convincevano “D”.
«Fermo! Che vuoi fare?» si spaventò Dupont.
«Mi piacerebbe tagliarti la testa».
«Portia non approverebbe» s’intromise, rosicchiandosi un’unghia, la piccola Emily,
nome in codice “E”.
«Ci sono zero virgola quarantasette probabilità su cento che Dupont possa
sopravvivere ad un attacco da arma da taglio al suo collo» esordì con la solita
precisa tempestività Android, le cui memorie erano sempre in moto per calcolare
il calcolabile, anche quando non le era palesemente richiesto.
Tetsuda ebbe un moto di stizza.
«La mia katana non sbaglia mai» la redarguì fulminandola con un’occhiataccia.
«Perché ti accanisci con la povera Android? C’è sempre una prima volta»
commentò giusto per mettere scompiglio Marcus, nome in codice “C”, che era
appena arrivato, ed essendo ancora di pessimo umore, cercava un modo per far
buriana.
«Il fatto che tu sia un cialtrone non significa che gli altri lo siano! Tetsuda
si allena in ogni momento libero che ha, ed è praticamente infallibile» lo
bacchettò Griffin, nome in codice “F”, che aveva di “C” una bassa stima e non ne
faceva mai mistero.
Marcus si girò di scatto e stava per rispondergli a tono, quando furono interrotti
da Portia, che irruppe e intimò loro di finirla.
«Basta! Dobbiamo decidere il da farsi su questa commissione».
«Secondo i miei calcoli abbiamo il trentanove virgola sessantadue per cento di
possibilità di riuscita se…».
«Grazie Android, ma i tuoi calcoli al momento non ci servono» disse la donna,
che poi puntò le mani sui fianchi e scrutò il suo equipaggio.
«Anche senza le percentuali del robot sappiamo bene che ci sono grossi rischi in
questa faccenda e che potremmo, forse, anche soccombervi. Premesso ciò, la
posta in gioco è altissima e molto allettante, non lo nego, in più io ho pure
intenzione di raddoppiarla».
Gli uomini e la piccola Emily la ascoltavano interessati, anche Android non la interruppe
più.
«Se riuscissimo nell’impresa ci sistemeremmo per sempre o quasi, anche perché,
come ho detto, ho intenzione di prendere un bonus tutto per noi, oltre ad
intascare la ricompensa che ci è stata promessa». E spiegò loro materialmente
che cosa intendesse.
«Allettante» ne convenne Marcus massaggiandosi il mento.
«Sono d’accordo» disse Tetsuda, anche Griffin annuì, Emily era entusiasta,
perché il suo apporto da pirata informatico sarebbe stato basilare, e Android,
beh, lei era sempre solidale con i suoi compagni.
«Non dobbiamo però sottovalutare niente e nessuno» ammonì Tetsuda.
Discussero un po’ che piano usare e poi si misero d’accordo che avrebbero corso
il rischio.
«E di me che avete intenzione di farne?» squittì Dupont agitandosi, cercando di
allentare le corde che lo stingevano fin quasi a fermargli la circolazione.
«Te l’ho detto: sei la nostra assicurazione. Sarai il nostro scudo umano!».
«No! Pietà!» si spaventò a morte quello «Piuttosto potrei esservi molto più
utile dalla terraferma se fossi con loro…».
«Che c’è, Dupont, hai paura? Ci nascondi qualcosa?» lo incalzò Marcus
accarezzando la sua pistola.
«Che ti piaccia o no condividerai il nostro destino e, se non ci stai
ingannando, non hai niente da temere, giusto? Siamo il leggendario equipaggio
della Raza! Siamo invincibili, il terrore di tutte le galassie, non possiamo
fallire e non accadrà» tagliò corto Portia e poi aggiunse «Tutti in plancia,
dobbiamo mettere a punto il piano in modo perfetto, niente potrà essere
lasciato al caso, solo così potremo riuscire nell’impresa forse più ardua che
ci sia mai capitato di affrontare».
***
Harlock era sul ponte di
comando, stava aspettando la decisione del suo equipaggio. Sapeva che era in
corso una votazione, dalla quale, stranamente, Yattaran si era alla fine astenuto.
Aveva preferito rinchiudersi nella sua cabina a costruire uno dei suoi
modellini, isolandosi da tutto e tutti.
Per quanto bislacco e insensato potesse apparire quel gesto, il Capitano
dell’Arcadia lo comprendeva. Conosceva molto bene i membri del suo equipaggio,
per non parlare dei suoi ufficiali. Aveva perfettamente capito che Yattaran non
voleva essere la causa di un futuro grave errore. Il pirata, evidentemente, aveva
riflettuto e alla fine non aveva preso alla leggera le perplessità del suo
Capitano, così aveva deciso di non spingere per forza l’equipaggio dalla sua parte.
Non voleva essere colui che avrebbe potuto indurre la ciurma a fare una scelta
sbagliata e si era ritirato, lasciando ai suoi compagni piena libertà di
decidere con la propria testa, senza nessun tipo di pressione esterna.
Era da tutta la notte che nel ventre dell’Arcadia fervevano discussioni,
domande e confronti tra i pirati, ma ancora sembrava che non si venisse a capo di
niente. Una parte era a favore, l’altra era contraria.
«Non hai intenzione di metterci bocca, vero?» gli domandò retoricamente
sopraggiungendo Kei, distogliendolo così dai suoi pensieri.
«No».
«Potrebbero durare per dei giorni, lo sai…».
«E sia, non intendo imporre la mia volontà né forzarli in alcun modo».
Kei annuì e gli accennò un sorriso comprensivo.
«Ma tu realmente che cosa ne pensi?» gli chiese.
Harlock non rispose subito, sembrava sempre che riflettesse prima di dare una
risposta, difficilmente appariva impulsivo o precipitoso, ma alla fine parlò.
«Forse sarebbe saggio lasciar perdere».
«Chissà perché, ma avevo intuito che tu non fossi così entusiasta di questa
storia».
«Non è da noi obbedire alla Coalizione, né aiutarli, non mi piace, ma potrei
sbagliarmi. Tu invece che cosa ne pensi?» le chiese di rimando a sorpresa.
Yuki trasalì appena, non se l’aspettava.
«Beh… sarò sincera, mi fido ciecamente del tuo fiuto e ti seguirò qualunque sia
la decisione finale, ma, se devo essere totalmente onesta, non mi dispiacerebbe
riavere la mia fedina pulita».
«È così importante per te?».
«No, ma sarebbe una bella rivincita su chi ci ha ricoperto di fango per anni,
solo per nascondere le sue malefatte. E poi nel futuro…» se avessi un figlio, pensò senza però dirlo ad alta voce. Era uno
di quei desideri che fanno paura, così grandi e importanti, così difficili da
realizzare, che, per assurdo, il solo pronunziarli ad alta voce sembrava fosse un
modo per vederli sfumare per sempre.
Harlock, sebbene non avesse mai avuto tali desideri, aveva intuito che lei nutrisse
delle aspettative in quanto donna, ma decise di tacere, la cosa non lo
riguardava e poi quello era un argomento troppo delicato, decisamente tabù,
soprattutto per uno come lui, che al pari di un monaco si era votato anima e
corpo solo ai suoi ideali.
Con Tochiro avevano un sogno e il suo amico, nel tentativo di realizzarlo, era
morto, lui non aveva intenzione di venir meno al suo impegno solo perché
l’altro non c’era più.
Ma una cosa però volle dirla.
«Non hai bisogno del loro beneplacito per essere una persona pulita. Non è la
loro legge che determina se siamo o non siamo brava gente. Il loro fango per me
è motivo di vanto, mi preoccuperebbe molto di più essere oggetto della loro
condiscendenza ed è per questo che la loro proposta mi puzza di trappola».
A quelle parole Yuki si rabbuiò, scacciò i suoi sogni di giovane donna ingenua,
la realtà era ben diversa, era una pirata e aveva scelto una vita raminga,
certi passi erano definitivi, c’era ben poco da fare o sperare. Si sentì un po’
sciocca.
Come se le leggesse nella mente, Harlock aggiunse «Questo non significa che dobbiate
pensarla tutti come me né che io sia nel giusto o che abbia assolutamente
ragione. Sai benissimo che sei libera di lasciare questa nave in ogni momento,
se lo desidererai».
«Come ha fatto Nagol?» gli chiese non potendo fare a meno di punzecchiarlo.
Il Capitano si accigliò subito.
«Per lui è diverso, sai come stavano le cose, anche se come vedi non gli ho
comunque impedito di mollarci e fare la sua strada».
«Mi chiedo se te la saresti presa così tanto per uno di noi, Yattaran, o ad
esempio… me» concluse incerta. I suoi sentimenti per quell’uomo erano ambigui.
Gli era grata per averla accolta nella sua ciurma, che di fatto era diventata
per lei, come per tutti, una grande famiglia, lo ammirava in modo
incondizionato e si fidava di lui fino a mettere nelle sue mani la sua vita. Harlock
era un uomo di grande fascino e carisma, e lei ne era certamente vittima, ma
era anche consapevole che fosse totalmente fuori dalla sua portata. Era così
chiuso e distante, così sempre preso da altre cose, che spesso dubitava
addirittura che si rendesse conto che lei e Meeme erano due membri femminili e
non maschili.
L’uomo la guardò con piglio serio.
«Chiunque abbandoni questa nave è libero di farlo, indipendentemente da ciò che
io penso, o possa provare» tagliò corto.
Kei non seppe mai se avesse capito o se avesse fatto finta di non capire, ma
anche questo faceva parte del suo charme: l’essere criptico e distaccato.
Poco più lontano, nel frattempo, qualcuno stava
bussando alla cabina di Yattaran. Il primo ufficiale ripose delicatamente in
una teca apposita il suo modellino della USS Enterprise NCC-1701 che era ormai
in fase di completamento, quindi schiacciò il pulsante e aprì la porta.
Era Maji.
«Abbiamo raggiunto un accordo, quasi totale» gli disse subito andando al sodo.
«Ebbene?» chiese l’altro alzandosi.
«Accettiamo la proposta della Coalizione, alcuni di noi hanno famiglia e
vogliono il condono, altri invece si prenderanno un risarcimento in loco, a
modo nostro».
«Del resto siamo pirati, condonati o meno la nostra natura sarà sempre quella!»
ne convenne soddisfatto Yattaran.
«Bene, vado a oliare a dovere le anchor cables, era ora di rimettersi a fare
qualche arrembaggio, ci stavamo arrugginendo!».
Il primo ufficiale dette all’ingegnere macchinista una sonora pacca nella
schiena. «E io vado ad avvisare il Capitano, dovremo studiare un piano che non
abbia neppure una virgola lasciata al caso, l’impresa è senza dubbio ardua, ma
noi ce la faremo, come sempre» disse soddisfatto, lasciandosi alle spalle la
porta chiusa della sua cabina.
Note
La USS Enterprise (NCC-1701) è una nave stellare della serie televisiva di
fantascienza Star Trek. L'Enterprise è probabilmente la più famosa astronave
immaginaria della storia. Il vascello appartiene alla classe Constitution ed è
un incrociatore pesante commissionato nel 2245 dalla Flotta Stellare della
Federazione Unita dei Pianeti.Il codice identificativo (non ufficialmente
acronimo di Naval Costruction Contract) sembra sia stato scelto per la sua
similarità con l'attuale codice di identificazione utilizzato dalla Marina
militare statunitense.
Fonte www.wikipedia.org
Spiegoni
domande e risposte
¤
Cari lettori vicini e lontani, sorpresa!!!
Questa volta ho fatto più veloce, così faccio pari con la volta scorsa che ho
fatto tardi! :D
Specifico che, non dipende da me o dai mie capricci, ma dal tempo! Questa volta
ne ho avuto di più a disposizione e ho fatto prima a scrivere il capitolo, così
Marina non mi brontolerà, almeno sulla velocità di aggiornamento, la lunghezza
invece è sempre quella :P
Ma veniamo a noi, mi dite tutti che sono criptica, beh sì, lo sono e lo sarò
ancora per un po’, il perché, lo capirete poi, ormai sapete come sono fatta ;)
Come avrete letto, ho deciso di dare “vita” ai modellini di Yattaran, nel senso
che mi piaceva che avessero “un’anima” e così ho deciso di farlo omaggiando una delle serie di fantascienza
che ho più amato: ovvero Star Trek, in fondo potrebbe anche essere che il primo
ufficiale potesse essere un fan di Star Trek, perché no? Ad ogni modo nella mia
fic lo è :)
Bene con le ciance ho finito, ci vediamo suppergiù tra un mese, o forse meno?
Ma forse anche di più!
Mah! Chi vivrà vedrà!
Scherzi a parte, farò del mio meglio per rispettare i tempi e se è possibile,
perché no? Anticiparli anche :)
¤
Ringraziamenti Sparsi
GRAZIE a TUTTI voi che state leggendo, incredibilmente state pure aumentando,
EVVIVA!
Grazie alle ragazze e al RAGAZZO (ti chiedo umilmente scusa per l’altra volta Kyashan!)
che mi regalano sempre un po’ del loro tempo per recensirmi, è un bel regalo
che sempre apprezzo!
Ancora grazie a TUTTI i lettori silenti e a chi ha messo la storia tra le
seguite/ricordate/preferite ♥
Sperando di farle cosa gradita, dedico questo capitolo alla mia amica Marilù,
che la forza sia sempre con te, vai all’arrembaggio e falli neri TUTTI! Un
abbraccio grandissimo!
Disclaimer
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personali non originali; ovvero Capitan Harlock e i protagonisti di
Dark Matter, non mi appartengono, ma sono proprietà dei loro rispettivi
creatori e proprietari.
Invece la trama, così come i personaggi originali e qualsiasi altra cosa
inventata dalla sottoscritta, sono proprietà dell'autrice, cioè me :)
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Graphic by me!
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Capitolo 4 *** 4 ***
4
L’Arcadia vibrò
paurosamente e Harlock fu costretto a sterzare in modo brusco e repentino.
Tutto l’equipaggio, colto di sorpresa, venne sbalzato da un lato all’altro
della nave. Qualche brontolio si levò sommesso, mentre Yattaran e Yuki, indefessi
e piantati a terra come due blocchi di granito, affiancavano il loro Capitano
nelle manovre.
«Individuato lato abbordabile» dichiarò il primo ufficiale, mentre una serie di
dati decriptati scorreva velocemente sul suo monitor e lui li memorizzava seguendoli
con lo sguardo.
«Appena lo ritieni opportuno darò il via per lanciare le anchor cables» gli
fece eco Yuki visionando, in formato elettronico, lo scheletro della nave
nemica che campeggiava stilizzata sul suo schermo.
Harlock, che era concentrato nel manovrare la sua nave, di colpo lasciò andare
il timone e l’Arcadia gli obbedì docile, compì un mezzo giro e si allineò alla nave nemica, per facilitare
l’abbordaggio.
«Ora!» comandò imperioso il Capitano riafferrando
fermamente la barra per le razze, con i piedi inchiodati al pavimento e i
muscoli tesi nello sforzo.
Kei afferrò l’interfono e, concitata dall’approssimarsi dello scontro, avvisò
Maji di procedere. Immediatamente l’altra nave fu arpionata e subito si
aprirono i varchi per permettere all’equipaggio di abbordarla.
I pirati dell’Arcadia, fulminei, si mossero nella loro quasi totale interezza.
Il comandante, invece, come sempre era rimasto sul ponte della sua nave,
fiancheggiato da un gruppetto sparuto dei suoi e da Meeme, che però stazionava
nella sua cabina. Tutti gli altri si erano catapultati a espugnare la nave
assaltata. Harlock era, come da prassi, in contatto radio con Yattaran e tutto
sembrava procedere nella norma, quando un rumore catturò la sua attenzione.
«Chi va là?» chiese perentorio estraendo il suo Gravity Saber.
Dal cono d’ombra uscì alla luce Portia. La donna si piazzò davanti a lui, le
mani puntate sui fianchi in gesto di sfida.
Harlock alzò il sopracciglio dell’occhio buono e la fissò in modo
indecifrabile.
«Sono Portia Lin, comandante della Raza, suppongo che tu sia Harlock» gli disse
guardandolo con aperto interesse.
«Come hai fatto a entrare?» gli chiese avvicinandola minaccioso per poi
sovrastarla con i suoi quasi due metri di altezza.
Le labbra carnose della donna si piegarono in un mezzo sorrisetto e lei
continuò a fissarlo, per nulla intimorita. «Per essere un pirata spaziale sei
lento e un po’ tardo» lo provocò.
«Sei sola?» le chiese ancora, ignorando il suo evidente sarcasmo.
«No, guercio, siamo tutti qui» gli rispose per lei Marcus Boone, nome in codice
“C”, seguito a ruota da Ryo Tetsuda, nome in codice “D”, Griffin Jones, nome in
codice “F” ed Emily Kolburn, nome in codice “E”.
La pupilla color miele di Harlock ebbe un guizzo.
«Benvenuti sull’Arcadia, vi stavo aspettando… » disse e poi, prima di
concludere la frase, toccò un micro pulsante che accendeva una ultra micro
trasmittente, nascosta sotto un suo guanto e scandì: «Manca solo l’androide,
procedete».
«Capitano? Che significa?» chiese uno dei pirati rimasti con lui a guardia
dell’Arcadia.
Harlock si girò lentamente verso di lui e con aria severa rispose: «Che il mio
fiuto non mi inganna mai. Era una trappola!».
***
Yattaran, nel frattempo, in simultanea con ciò che stava accadendo dall’altra
parte, nella sua nave, affiancato da Kei e seguito dal resto della ciurma, si
stava addentrando nella Raza.
Si rese subito conto che era morfologicamente diversa dall’Arcadia, che infatti
si estendeva in lunghezza, mentre questa in larghezza. Era assai grande e molto
più moderna della loro, ma non per questo più potente. Sapeva che probabilmente
era comandata da un sofisticato sistema informatico, di ultima generazione, che
veniva gestito e controllato da Android,
l’unica che era certo si trovasse sul ponte di comando a dirigere l’intera
operazione, ma non era quel luogo il loro obiettivo primario.
Si stavano in realtà dirigendo verso una camera a tenuta stagna che Kei aveva
individuato dal suo monitor, grazie al sistema di scanner a raggi Fos1 (dal greco fos: spia), che
scannerizzando la superficie di una nave erano capaci di penetrarne all’interno
e di mapparla fino negli angoli più reconditi, svelandone ogni segreto più
nascosto.
Harlock era quasi sicuro che fossero tutti lì e Yattaran dovette ammettere che,
come sempre, il suo comandante non sbagliava mai un colpo.
La sua radio gracchiò, era Maji.
«L’androide è fuori combattimento, è bastata una scarica elettrica e qualche
fusibile deve esserle saltato, dovrebbero aprirsi le porte… adesso!».
E così fu. Magicamente la camera stagna fu decompressa e loro vi penetrarono.
Era proprio come aveva immaginato Harlock.
Entrarono e si attennero scrupolosamente al piano precedentemente studiato
sull’Arcadia.
***
«A quanto pare non sono l’unico a essere prevedibile» commentò senza tradire
alcuna emozione il Capitano.
Portia si spinse in avanti, quasi fino a toccarlo, ma non fece in tempo neanche
ad aprire bocca, che, come se avessero interrotto un collegamento, la sua
proiezione ologrammata, seguita a ruota da tutte le altre, gracchiò sfrigolando
appena e scomparve, come quando a un monitor viene tolta d’improvviso la
corrente.
I pirati rimasero a bocca aperta. Conoscevano gli ologrammi, ma questa era
tutt’altra cosa, sembravano davvero persone in carne ed ossa. Era incredibile,
la tecnologia, senza che se ne fossero resi conto, aveva fatto passi da
gigante.
Non molto tempo
dopo sopraggiunse Yattaran tenendo sotto tiro, con l’ausilio di Yuki e degli
altri pirati, l’intero equipaggio della Raza, questa volta in carne ed ossa,
Android compresa, che sembrava frastornata ma che si muoveva da sola, non
avendo riportato danni eccessivi dovuti alla carica elettrica ricevuta da Maji.
Portia, quella vera, guardò nuovamente Harlock, era una donna intelligente e
sapeva riconoscere quando l’avversario era più forte, almeno per il momento.
«Te lo concedo, ci hai fregati alla grande e guarda che non è facile prenderci
per il naso. Come facevi a conoscere le nostre intenzioni e il trucchetto delle
proiezioni?» gli disse fissandolo dritta nell’occhio.
«Sapevo che era stato modificato il processo ologrammatico per rendere non
distinguibile la figura umana dalla figura virtuale. Sapevo anche che, se ti
avessi toccata, mi saresti sembrata vera, ma che in realtà, di fatto eri nei
cocoon2, dentro la tua nave, per il resto tutta la storia mi
puzzava di fregatura lontano un miglio».
«Ma che bravo il cieco spaziale, ha
fatto i compiti a casa!» disse pungente Marcus «Sai, vorrei sfidarti a duello,
ma vista la tua evidente disabilità mi sentirei un vigliacco» lo provocò
apertamente.
Harlock non gli rispose neppure e rinfoderò il suo Gravity Saber.
«Che ne facciamo di loro?» chiese Yattaran, dando uno spintone a quel
chiacchierone di Bone, a cui prudentemente aveva anche legato le mani dietro la
schiena, così come al resto dell’equipaggio fatto prigioniero.
«Buttali nella stiva, dentro le celle» gli disse il Capitano e poi si girò per
lasciare il ponte e dirigersi verso la sua cabina.
«Tutti meno il comandante, lei viene con me» aggiunse poi a sorpresa.
***
Fin da quando entrò Portia si rese conto che la cabina
di Harlock era davvero particolare. Non aveva mai visto nulla del genere e ne
rimase, suo malgrado, affascinata. Intanto si domandava come fosse possibile
che un Cassero di Poppa3 in stile e legno vero (o almeno così pareva ad occhio
nudo) fosse perfettamente costruito, incassato ed armonico con la struttura di
una nave spaziale. Era una cosa decisamente miracolosa che la stupì ed
affascinò non poco.
L’alloggio era grande e dotato di un’enorme vetrata che copriva lo spazio di
un’intera parete e che si affacciava direttamente nello spazio. Dava a tutto
l’ambiente un tocco di gran classe. Era semplicemente maestosa, con una vista
mozzafiato. L’arredamento, tutto di foggia antica e sempre in stile, era
ricercato, ma allo stesso tempo molto spartano e sobrio. Harlock l’aveva fatta
accomodare a un grande tavolo di legno, su una sedia di legno con la seduta
imbottita di velluto rosso vermiglio. Le aveva offerto da bere, dopo averle
ovviamente liberato le mani, mostrandole rispetto e dandole fiducia. Portia
aveva accettato il vino di buon grado, anche per rilassarsi un po’, non era
certo una passeggiata per lei essere stata battuta e presa in ostaggio da
quella che avrebbe dovuto essere la sua preda. A servirli era stata una
creatura aliena molto particolare, dai capelli pervinca e gli occhi gialli
luminosi senza pupille, che non possedeva la bocca come loro umani, ma che era
in grado di parlare e farsi capire perfettamente. Si era subito mostrata
gentile e amichevole con lei e, nonostante la sua natura diffidente, si era
sentita a suo agio con Meeme. L’avevano trovata nella cabina del Capitano, una
cosa strana e atipica, ma Portia non se ne curò. Harlock le parve cordialmente
distante e molto empaticamente capì che quel giovane uomo, dai modi spicci, ma
cordiali, non fosse segnato solo nella pelle del viso da una vistosa cicatrice,
ma che probabilmente anche la sua anima dovesse avere qualche strappo. Sembrava
emanare inquietudine e forza, ma anche determinazione velata però da qualcosa
che in qualche modo lo rendeva lontano, inarrivabile, come se avesse un muro
invisibile che lo proteggesse da ogni contatto troppo ravvicinato con ciò che
lo circondava.
Senza dubbio ciò che si favoleggiava su di lui e sul suo carisma non era
esagerato, anche se non dubitava che all’occorrenza si sarebbe trasformato in
un vero pirata e in un uomo spietato, pronto a tutto per la sua causa.
Nonostante ciò, anche se era dichiaratamente sua prigioniera, si sentiva
tranquilla in quella cabina, anche se era conscia che non era stata portata lì
per sorseggiare vino con lui e basta.
«Noi aspettavamo voi, ma voi aspettavate noi, non è vero?» le chiese
distogliendola dalla matassa ingarbugliata dei suoi molti pensieri.
«Sì» gli rispose senza esitare.
«Suppongo che avreste dovuto catturarci e consegnarci, vivi o morti, per poi
ottenere una sorta di grazia» aggiunse frugandola con lo sguardo.
«No. Il patto era consegnarvi vivi, o non avremmo avuto nessuna grazia» replicò
seria, quasi interdetta.
Harlock sospirò.
«Quindi è noi che in realtà volevano catturare, voi eravate solo la nostra
esca» commentò il pirata a voce alta.
Portia si rabbuiò di colpo, scolò il vino e si alzò di scatto.
«Maledetti bastardi! Ecco perché ci hanno fatto evadere, ci volevano incastrare
per bene!».
Harlock continuò ad osservarla. Era davvero furiosa
«Ti prego di sederti, non ho ancora finito il mio vino» le disse poi con calma,
invitandola con un gesto della mano a obbedirgli. Portia lo trapassò con
un’occhiata che pareva una rasoiata.
«Se credi che mi farò portare al macello zitta, buona e mansueta ti sbagli!».
Harlock era a conoscenza del fatto che Portia Linn era capace di uccidere un
uomo a mani nude se solo avesse voluto, ma questa cosa non lo impensieriva
minimamente né tanto meno lo spaventava.
«Non ho intenzione di consegnarti» la rassicurò, facendole nuovamente cenno di
sedersi, e le versò altro vino.
«Perché? Hai forse un piano?» gli chiese allora tornando sulla sedia e
afferrando il calice di nuovo colmo.
«No» le rispose secco spiazzandola prima di finire di bere a sua volta.
«Però questa proposta mi è stata fatta da una persona che ha fatto da tramite e
vorrei scambiare due chiacchiere con lui» le spiegò riferendosi a Nagol, nonostante
tutto non era convinto che li avesse traditi.
«Se ti interessa c’è qualcuno che potrebbe darci ulteriori informazioni e
chiarificazioni in merito» aggiunse Portia.
«Chi?».
«Colui il quale ci ha proposto l’affare. Un mediatore».
Harlock si stizzì.
«Allora è vero quel che si mormora di voi? Che accettate lavori dalla
Coalizione!».
«Così dicono. Anche se io non lo ricordo3» rispose la donna, per nulla intimorita dal disprezzo
letto nello sguardo del Capitano.
«Un po’comodo dimenticare le proprie
malefatte, non credi?» la schernì sarcastico.
«Purtroppo non dipende da me. Sei mesi fa ci siamo risvegliati da una
criogenesi ante morte4, senza sapere dove fossimo, senza ricordare chi
fossimo e perché ci avessero ibernati vivi, le poche informazioni che abbiamo potuto
reperire sulla nostra esistenza antecedente la criogenesi, le abbiamo trovate
per pura fortuna, ackerando per sbaglio un file durante una missione».
Harlock ascoltava e non commentò, né fece trasparire alcunché, niente che
avrebbe potuto dare qualche indizio sul suo pensiero.
«E dove sarebbe questo procacciatore d’affari da interrogare?» le chiese infine
adombrato.
«Sulla mia nave: la Raza»».
Note
1 SCANNER
A RAGGI FOS (dal greco fos: spia) Sistema informatico spionistico inventato completamente
da me con la libertà puramente estetica e naïf di sottolineare la s che nella parola greca reale non esiste, ma
mi piaceva e ho preso questa licenza “letterale”.
2 COCOON
esistenti
nella versione canon del telefilm sono capsule a cui ho dato questo nome che in
inglese significa guscio/bozzolo.
3 CASSERO
DI POPPA Sulle navi, il cassero è una sovrastruttura (cioè una struttura
sopraelevata rispetto al ponte di coperta) che si estende parzialmente per la
lunghezza della nave, ma totalmente per la larghezza della stessa. I suoi
limiti trasversali sono cioè costituiti dal prolungamento delle murate. Se la
sovrastruttura non si estende per tutta la larghezza della nave, allora si
chiama tuga. A seconda della posizione, si avrà quindi il cassero di poppa, il
cassero centrale o il cassero di prua. Il cassero di prua viene anche chiamato
castello. Sui velieri il cassero si estende dalla poppa fino all'albero di
mezzana o più spesso fino all'albero maestro. La sua parte prodiera, dotata di
ringhiera, costituisce il ponte di comando della nave a vela. Lo spazio coperto
dal cassero è solitamente destinato agli alloggi. (Nda avevo già usato questo
termine nautico in altre mie storie, ma ho voluto rimettere comunque la
spiegazione. Fonte www.wikipedia.org).
4 CRIOGENESI
ANTE MORTE Canon, realmente usata nel
telefilm ma non denominata così. Praticamente l’equipaggio era ibernato,
ammesso che fosse davvero un equipaggio dato che tutti loro hanno perso la
memoria e si ritrovano a bordo della Raza senza sapere neppure il perché. L’ho
denominata Criogenesi ante morte,
perché nella realtà la criogenesi oggi è possibile solo post morte. Altre
spiegazioni su questo argomento le trovate sotto.
Spiegoni
domande e risposte
¤
Buona serata e buon week end cari lettori vicini e lontani! Nuovamente in
anticipo sulla tabella di marcia arieccomi qui!
La storia mi sta prendendo molto e mi sto davvero divertendo un casino a
scriverla, il che come vedete mi spinge anche a fare prima del previsto, grazie
anche ad una serie di congiunzioni
astrali positive :D
Spero vi faccia piacere e che gradiate, così come spero che vi divertiate :D
Intanto vorrei specificare che quello che ho scritto per ora sulla Raza e sul
suo equipaggio è canon, ovvero corrisponde alla trama originale della storia anche
se ho fatto qualche lieve adattamento. Per esempio Dupont non si chiama Dupont.
L’evasione che hanno fatto dal carcere, quando sono stati traditi è stata
facilitata, ma non dal governo (almeno per ora sembra di no, la storia è ancora
in corso) e ancora non ne conosciamo
bene il motivo, così come non si conoscono un sacco di altre cose e così io
posso lavoraci di mio di fantasia.
L’equipaggio ha dei grossi buchi di memoria, ci sono diverse teste calde,
spesso ci sono divergenze e liti verbali, ma poi alla fine si sostengono l’un l’altro
e non si tradirebbero mai (almeno per ora non l’hanno mai fatto nella serie). Così Come Canon sono questi ologrammi che replicano proprio l'essere umano in tutto e per tutto facendolo sembrare vero e vivo, con cui si può interagire a livello fisico un po' come capitava in Avatar, con una sostanziale differenza che per ora non vi rivelo :P
Altre cose che per ora non posso e non voglio dirvi lo scoprirete nel tempo ;)
¤
Ringraziamenti Sparsi
Tanto love a tutti voi lettori che mi seguite con passione di capitolo in capitolo
( siete tantissimi, ma grazie!!!! :D) con un love un po’ più grande, un po’ più
speciale e molto grato a chi continua a recensire e darmi le sue impressioni! Vi
lovvo sapevaatelo!
Apro una parentesi “recensioni”.
Ero perfettamente consapevole, quando ho iniziato a postare questa storia che
non avrebbe avuto chissà quale seguito.
I motivi sono tanti, ma non sto ad elencarli anche perché alla fine non sono
così importanti. Invece a sorpresa da una parte sono stata piacevolmente
smentita, perché i numeri sono importanti e mi riferisco alle letture e ciò mi
basta e mi rende felice. Così sono molto grata per le recensioni che sto ricevendo
che mi appagano moltissimo e di cui vi ringrazio di ♥
Infine as awyas, grazie a chi ha messo la storia tra le
seguite/ricordate/preferite ♥!
Disclaimer
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personaggi non originali; ovvero Capitan Harlock e i protagonisti di
Dark Matter, non mi appartengono, ma sono proprietà dei loro rispettivi
creatori e proprietari.
Invece la trama, così come i personaggi originali e qualsiasi altra cosa
inventata dalla sottoscritta, sono proprietà dell'autrice, cioè me :)
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Capitolo 5 *** 5 ***
5
Dupont piagnucolava
e si riparava con le mani la testa infilata tra i propri avambracci, come un bambino
che sta per prenderle dalla madre.
«Non so niente! Lo giuro! Non mi fate male, vi prego…».
«Ma se non ti abbiamo neppure toccato» commentò leggermente perplesso Marcus
Boone, nome in codice “C”.
«Prevenire è meglio che curare» ribatté l’uomo facendo capolino tra le sue
stesse braccia.
«Questo buffone si fa beffe di noi, lascia che gli faccia male davvero!»
aggiunse questa volta Boone.
«Sai benissimo che Marcus non aspetta altro che di menar le mani, ti conviene
parlare prima che sia troppo tardi» intervenne Portia.
«Ma come ve lo devo dire? Non so niente!».
A quel punto risuonarono dei passi e dalla penombra fumosa della nave emerse
una figura imponente, minacciosa. Un uomo molto alto, dall’aspetto cupo, con un
occhio bendato e una profonda cicatrice che gli sfregiava il volto.
«Lasciatelo a me» disse costui con pacata freddezza.
«No, no, no! Non scherziamo, e questo qui chi è?» chiese Dupont ancor più tremebondo.
«Sono Capitan Harlock e sei sulla mia nave» gli rispose incrociando le braccia
al petto e corrugando la fronte, rendendo così il suo sguardo ancora più duro.
«La prego, signor Capitan Harlock,
non ho fatto nulla di male».
Il pirata lo fissò ancora per un lampo negli occhi, facendolo sudare freddo,
poi afferrò l’interfono e comandò: «Yattaran, prepara il boccaporto per un’espulsione».
«Materiale avariato?» s’interessò il primo ufficiale.
«In un certo senso…» glissò Harlock.
«Espulsione? Che significa?» domandò Dupont agitatissimo.
«Che se non parli verrai buttato fuori da questa nave, ma prima che atterri -
rispose secco Ryo Tetsuda, nome in codice “D”, lisciando la sua katana - Magari
prima che accada mi divertirò un po’ e ti amputerò qualche arto» aggiunse con
un ghigno.
«Ma siete matti?» saltò su Dupont davvero spaventato a morte, la sceneggiata
era finita, stava quasi per farsela nei pantaloni.
«Ti conviene parlare, ti prometto che se lo farai nessuno ti torcerà un
capello. Ti do la mia parola d’onore» cercò di rassicurarlo Portia.
«Dovrei fidarmi di una manica di delinquenti? Di un mostro e della parola di un’assassina?»
chiese, facendosi piccolo piccolo contro la parete metallica della nave.
«Sì» fu la risposta secca e concisa di Harlock.
La manfrina si protrasse ancora per un po’, ma quando Dupont fu preso di peso e
portato al boccaporto, tra lo stupore di Yattaran e l’orrore di Kei, che non
erano stati messi al corrente del fatto che fosse tutta una finta orchestrata
dal Capitano e da Portia, solo per farlo parlare, cedette e finalmente disse la
verità.
A dire il vero, i due ufficiali erano rimasti spiazzati anche dal fatto che
Harlock avesse liberato i prigionieri senza dir loro nulla e che addirittura
fosse andato a recuperarne un altro, presumibilmente sulla Raza, alla
chetichella, ma sul momento non dissero una sola parola.
Dupont spifferò che ovviamente era stato avvisato che questa commissione avrebbe
fatto da esca per una trappola, e spiegò loro che lo avevano messo al corrente di
averlo scelto per meglio ingannare l’equipaggio della Raza. Ammise anche che un
altro soggetto, di cui però lui non conosceva l’identità, era stato assoldato per
fare altrettanto con i pirati dell’Arcadia. Quello che però proprio non sapeva
e di cui si erano ben guardati di metterlo al corrente, era la motivazione di
queste due trappole speculari. Lui aveva accettato perché era un lavoro facile
e molto ben pagato. Visto con il senno di poi, forse troppo. Alla fine stava
rischiando la vita, ma ormai era fregato e doveva cercare in qualche modo di
salvare la pelle.
Portia e il Capitano, dopo la confessione, si allontanarono un attimo per
confrontarsi a quattr’occhi.
«Che mi dici di lui?» chiese serio il pirata scrutandola.
La donna una volta di più si sentì indagata da quello sguardo profondo e
avvertì una lieve sensazione di disagio, una cosa impensabile per una come lei,
sempre sicura, fredda e agguerrita.
«È un fifone di prima categoria. Ha cantato come un usignolo. Sono certa che
non sa altro» rispose decisa e sicura.
Harlock la fissò ancora per momento, molto severo, quasi arrabbiato.
«Non posso che fidarmi di te - anche se
ultimante la mia capacità intuitiva sembra aver avuto una battuta d’arresto»
commentò poi laconico, omettendo di dire a voce alta l’ultimo pensiero
formulato tra sé e sé. Ovviamente si riferiva a Nagol, a questo punto era
chiaro che li avesse venduti come un Giuda.
Più tardi, una volta rinchiuso nuovamente Dupont, sempre in una cella
dell’Arcadia, Harlock si ritrovò a dover dare qualche spiegazione a Yattaran e
Kei.
«So che uomo sei e come agisci, ma malgrado ciò, per un attimo, ho davvero pensato
che fossi uscito di senno, quando hanno portato quel tipo quassù, per gettarlo
nello Spazio» gli disse subito Kei.
«Capitano, perdonate l’insolenza, ma io sono molto preoccupato dal fatto che
abbiate liberato i prigionieri» aggiunse a ruota l’altro pirata.
Harlock con fare molto meditabondo chiuse l’occhio e sospirò quasi
impercettibilmente.
«Yuki, sai benissimo che non è da me fare cose del genere. Era una farsa. Ero
d’accordo con il capitano Lin. Era un escamotage per farlo parlare ed è
riuscito, mi pare». Poi si rivolse direttamente al primo ufficiale: «Capisco il
tuo disappunto, ma ho dovuto fare un gesto di buona volontà nei riguardi dell’equipaggio
della Raza e del suo capitano. Siamo stati tutti raggirati dalla Coalizione e
dall’autorità Galattica. Dobbiamo scoprire perché, ma questo non significa che
mi fidi ciecamente di loro, infatti dovete tenerli d’occhio e comunque sono
relegati al settore H-3 della nave, il resto è stato loro inibito».
«Ai vostri ordini, Capitano» scattò Yattaran.
«Ti fidi davvero di quella donna? Ho sentito cose terribili sul suo conto» gli
chiese confidenzialmente la bionda pirata.
Harlock abbozzò un mezzo sorriso.
«Perché, non dicono cose terribili anche su di noi?» le rispose.
«Ma quelle sul nostro conto sono tutte falsità!» saltò su Kei.
«E chi ti dice che non lo siano anche quelle su di loro?».
«Io non mi fido».
«E fai bene. Come hai sentito, ho limitato a loro l’accesso a gran parte dei
settori dell’Arcadia e vi ho detto di tenerli d’occhio».
«Lo faremo, puoi starne certo» asserì l’ufficiale determinata.
Harlock fece un cenno d’assenso, poi in modo elegante, dato il suo austero
portamento, girò sui tacchi e si avviò verso i suoi alloggi, nel cassero di
poppa.
La penombra, fievolmente illuminata dalle candele e rotta dal suono gentile
dell’arpa di Meeme, lo accolse come in un abbraccio caldo e amico, quasi
rassicurante.
Si slacciò il mantello e si lasciò andare sulla poltrona antica, con la seduta
imbottita di pelle.
L’aliena non si mosse ma continuò a suonare una melodia malinconica e soave.
Conosceva il Capitano e sapeva subito distinguere quando qualcosa lo turbava e
lo preoccupava più del solito. In quel momento le parve molto provato e inquieto,
qualcosa lo impensieriva.
Suonò ancora un po’ pizzicando lievemente le corde della sua arpa, mentre Harlock,
con l’occhio chiuso, ascoltava in silenzio quella carezza musicale, senza però
trarne il giovamento sperato.
Alla fine la yurana smise di suonare lo strumento, lo ripose con delicata cura
e gli si avvicinò. Dopo aver versato del vino in due calici, gliene porse uno.
«Che cosa ti turba?».
L’uomo bevve una generosa sorsata del nettare di Bacco e lo inghiottì senza
assaporarlo troppo.
«Nagol ci ha traditi» disse senza mezzi termini.
«Ne sei certo?».
«Praticamente sì» e le spiegò come stavano le cose.
«Tutto sembrerebbe convergere in quella direzione - ammise Meeme - non so
perché, ma io non credo che sia stato lui a tradirvi».
Harlock la fissò quasi perplesso. Conosceva le sue spiccate capacità empatiche.
Non che fosse una maga o un’indovina, ma a volte aveva delle sensazioni che poi si rivelavano esatte,
quasi nel cento per cento dei casi.
«Perché dici questo? Hai avvertito
qualcosa?».
L’aliena s’irrigidì appena.
«Non proprio - disse sfuggente - È
difficile da spiegare, però non riesco proprio a credere al suo tradimento»
avrebbe voluto aggiungere altro, ma le si seccarono le parole in gola e preferì
tacere.
Harlock rimase in silenzio. Si convinse che Meeme non avesse avuto nessuna
delle sue famose intuizioni, ma che parlasse con il cuore e l’affetto. Gli
stessi sentimenti che avevano gabbato lui, portandolo a fare una valutazione
errata.
Finì in un’ultima sorsata il vino, poi afferrò l’interfono e comandò perentorio
a Yattaran: «Trovami Nagol, lo voglio su questa nave il prima possibile».
Note
AUTORITA’ GALATTICA Corpo di polizia nel telefilm Dark Matter
Bibliografia
(Via
via verranno aggiunte varie informazioni all’equipaggio della Raza e questo
promemoria sarà d’ora in poi sempre alla fine di ogni capitolo, pronto per
esser consultato e fare chiarezza per chi ne avesse bisogno)
Portia Lin nome in codice “B”
Marcus Boone, nome in codice “C”
Ryo Tetsuda, nome in codice “D”
Emily Kolburn nome in codice “E”
Griffin Jones nome in codice “F”
Android nessun nome in codice
Spiegoni
domande e risposte
¤
Ma Buona sera cari lettori vicini e lontani!!!!
Per la vostra somma gioia sarò breve e coincisa perché sto quasi dormendo!^^
Dunque come avete visto a fine capitolo ho inserito una bibliografia così da
tenere ben fresca la mente di chi legge e per non fare confusione con i nomi e
i codici spero vi sia utile.
Non aggiungo altro, ma se avete domande fatevi avanti per quel che posso
risponderò ;)
Questa volta aggiornamento mensile (un mese ed un giorno per essere pignoli, :P
) per la prossima chissà… non v’è niente
di certo, ma abbiate fede, l’aggiornamento, prima o dopo, arriva sempre! :D
¤
Ringraziamenti Sparsi
Un milione di grazie a tutti VOI lettori, che con mia gioia e sorpresa, continuate
ad essere più di quelli che mi sarei aspettata!
Due milioni di grazie a chi oltre che a leggere si sofferma a scrivere le sue
impressioni, sappiate che per me è sempre un bel regalo e che lo apprezzo
muchisssimo!
♥
Infine grazie anche a chi ha messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite
♥!
Disclaimer
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personaggi non originali; ovvero Capitan Harlock e i protagonisti
di Dark Matter, non mi appartengono, ma sono proprietà dei loro rispettivi
creatori e proprietari.
Invece la trama, così come i personaggi originali e qualsiasi altra cosa
inventata dalla sottoscritta, sono proprietà dell'autrice, cioè me :)
All pics are from google search.
Fan art by Jerome Alquie.
Graphic by me!
¤
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Capitolo 6 *** 6 ***
6
Harlock improvvisamente ruzzolò da una parte
all’altra del grande letto a baldacchino, sul quale si concedeva qualche ora di
sonno, e cadde sul pavimento. Si svegliò di colpo. Imprecò appena a denti
stretti per la sorpresa e poi scattò in piedi.
L’Arcadia aveva fatto una manovra strana e molto brusca. La cosa non gli
piacque per niente. Si rivestì in fretta e prontamente uscì dalla sua cabina,
per raggiungere il ponte di comando e capire che cosa stesse accadendo.
In postazione trovò Yattaran, anche lui era stato sbalzato fuori dal letto e si
era precipitato a controllare. Stava spasmodicamente visionando lo schermo
della sua postazione con aria preoccupata.
«Che diamine succede?» gli chiese Harlock accigliato.
L’Arcadia di notte navigava in modalità automatica, gestita e controllata dal
Computer Centrale. Quell’avaria aveva l’acre sapore del pericolo.
Il primo ufficiale continuò a tenere lo sguardo incollato sui dati che gli
scorrevano davanti.
«Sembrerebbe… - esitò appena - …un guasto del Computer Centrale» pronunciò poi con
cautela, come se avesse paura di affermarlo a voce alta.
Harlock strabuzzò l’occhio buono.
«Che dici? È impossibile!».
Se fosse stato vero, la cosa avrebbe implicato, di conseguenza, un danno alla mente di Tochiro, che ancora viveva sotto
forma di essenza spirituale inglobata in quel particolare computer. Il Capitano
non voleva neppure contemplare una simile prospettiva, ma, in preda alla
preoccupazione, si precipitò subito nella sala dove era allocato lo speciale
macchinario, la cui particolare peculiarità era però sconosciuta ai più. Quando
entrò gli fu subito chiaro che Yattaran aveva visto giusto. L’enorme massa composta
da metallo, titanio e fili intrecciati, sempre illuminata da una miriade di
luci colorate, che si accendevano e spegnevano in modo aritmico, ora appariva
come disattivata. Buia. Morta. Come se qualcuno avesse tirato via la spina di
botto e creato un guasto. Era rimasta accesa una sola e unica lucina rossa, che
lampeggiava flebilmente, ricordando uno di quei segnali di avaria, o pericolo,
tipici dei vecchi computer di una volta.
«Tochiro, amico mio! Che succede? Parlami!» disse Harlock molto preoccupato,
poggiando le mani nude sul freddo acciaio. Non era mai capitata prima una cosa
del genere e tutto ciò non gli piaceva affatto.
Il silenzio fu una risposta più che eloquente.
Il Capitano allora non ebbe più dubbi, uscì subito da quella specie di Sancta
Sanctorum e come una furia irruppe nella cabina di Portia.
La donna, sebbene colta nel sonno, non si fece sorprendere e gli si avventò
contro, sfoderando un pugnale che teneva sotto il cuscino. Ebbe un attimo di
esitazione solo quando si rese conto che si trattava di lui. Per scongiurare quella
minaccia inattesa, era balzata dal letto con uno scatto felino, incurante di
indossare solamente slip e canotta. Harlock allora le afferrò il polso e lo
strinse in una morsa d’acciaio, obbligandola così a mollare la presa. L’arma
bianca cadde ai suoi piedi producendo un rumore metallico. Portia non si arrese
e fece per sferrargli un calcio, ma il pirata fu molto più veloce di lei e le
girò il braccio, immobilizzandola con la schiena contro il suo corpo.
«A che gioco state giocando?» le sibilò tagliente in un orecchio.
Non era da lui essere così aggressivo, ma si trattava di Tochiro e aveva perso
il lume della ragione, come poche volte gli accadeva.
«Non so di che cosa tu stia parlando» gli rispose Portia con la voce arrochita
dal dolore che la torsione al braccio le procurava.
Harlock serrò ancora di più la stretta facendola guaire per la fitta lancinante
che le provocò.
«Sì che lo sai! Non avrei dovuto fidarmi di un manipolo di delinquenti prezzolati
come voi».
«Senti chi parla. L’agnellino!» lo schernì lei.
«Non ho voglia di perdere tempo. Dimmi subito che cosa avete fatto al Computer
Centrale e ti risparmierò la vita».
«Dannazione! Come devo dirtelo? Non so di che stai parlando!».
«Non ti sei neppure accorta della manovra brusca che ha fatto la nave, vero? Ma
certo, perché tu ne eri al corrente».
«Me ne sono accorta eccome, pensavo a un errore e mi sono rimessa a dormire,
dato che tutto pareva rientrato subito nella norma».
«Hai sempre la risposta giusta» commentò sarcastico, aumentando ancora la
torsione, portandola quasi al limite della frattura.
Portia si sentì mancare per il dolore e finse di cedere. Harlock che era comunque
un uomo non avvezzo ad usare tali metodi, temendo di avere esagerato, allentò
appena la presa. Fu in quel momento che la donna, con il calcagno, gli assestò
un poderoso calcio in uno stinco. Lui, colto di sorpresa, accusò il colpo e
mollò quasi del tutto la stretta, allora Portia, fulminea, si girò e gli
assestò un pugno di una potenza inaudita che lo fece quasi vacillare, sia per
il dolore, ma più che altro per la sorpresa. Picchiava con più forza di un uomo
del doppio della sua stazza. Lei, intanto, approfittando del vantaggio recuperò
il coltello e, prima che il Capitano potesse fare, o dire nient’altro, glielo
puntò dritto alla giugulare.
Harlock si riprese subito dalla sorpresa iniziale. Freddo e con una calma spaventosa
avanzò impercettibilmente verso di lei, facendo in modo che la punta della lama
gli ferisse appena la gola, giusto per farle capire che non aveva paura, né che
la temeva.
Portia, di contro, non si fece neppure scalfire dall’audacia dell’uomo e, anzi,
aumentò ancora di più la pressione, aprendo appena i lembi della ferita e facendo
così stillare da essa una goccia di sangue, che colò lungo il collo del pirata.
«Vedo che non hai paura, ma sappi che potrei tagliarti la gola» gli disse decisa.
«Fallo» la sfidò con distacco.
In realtà era già pronto a disarmarla una seconda volta, ma a sorpresa la donna
allontanò l’arma dalla sua carne e gli porse il coltello dalla parte del manico.
«Non sono qui per ucciderti né per ingannarti. Qualcuno sta giocando sporco per
confondere le acque. La posta in gioco deve essere altissima, spero tu mi creda
e spero che tu voglia andare a caccia del vero responsabile dell’avaria, ma
soprattutto spero che tu voglia andare in fondo a questa faccenda, perché,
credimi, si sono impegnati troppo, quindi qualcosa di terribile e grave accadrà
presto».
Fu a quel punto che l’interfono gracchiò.
«Capitano! Dove siete? Venite sul ponte, io e…come ti chiami tu? - chiese
Yattaran - ah..., sì, ecco… io ed Emily abbiamo appena scoperto che Dupont è
evaso!».
«Che ci fa lei lì? Immobilizzala e non farla scappare, arrivo subito!».
«Immobilizzarla? Capitano, ma che dite?».
«Per una volta dammi ascolto, Yattaran».
«Va bene…» rispose interdetto il primo ufficiale. Non voleva protrarre oltre la
discussione, perché aveva avvertito che Harlock era molto arrabbiato, ma la
ragazza lo stava aiutando e non certo ostacolando.
«Continui a non fidarti? Emily è solo una ragazzina, ma è molto in gamba,
sicuramente sta collaborando con il tuo uomo» gli disse Portia amareggiata.
Harlock non le rispose e le lanciò un’occhiata intensa e molto severa, tanto
che la donna per la prima volta, da quando lui aveva fatto irruzione nella sua
cabina, si sentì a disagio nell’essere in biancheria intima.
«Vestiti!» le intimò, come se le avesse letto nel pensiero.
«Girati» replicò seccata, ma solo per controbatterlo, il suo atteggiamento l’aveva
innervosita non poco.
Il Pirata incrociò le braccia al petto e non si mosse. Pur non parlando, la sua
risposta fu eloquente.
«Che gentiluomo!».
«Non m’interessano le tue grazie. Ma se pensi che ti volterò le spalle, per
darti un vantaggio, te lo puoi anche scordare» spiegò tagliente.
Portia non gli rispose più e con aria di sfida, fissandolo dritto nell’occhio,
si tolse la canotta, si mise il reggiseno e in fine indossò la tuta. Lui,
immobile, inespressivo, sembrava una statua di ghiaccio, come se la vista delle
sue nudità non gli facesse né caldo né freddo, e in realtà era proprio così. Dopo
la sua esperienza con le mazoniane, si era abituato a essere impermeabile alla
bellezza femminile, non era certo tipo da farsi abbindolare dall’avvenenza di
una donna, seppur attraente e sensuale come effettivamente era Portia. Di
contro, lei non era una che si formalizzava troppo, così non le era pesato
mostrarsi a lui, anche se la sua aperta indifferenza l’aveva indispettita. Non
era abituata a essere ignorata.
«Ora che ti sei goduto lo spettacolo possiamo anche andare» lo punzecchiò.
Lui non le rispose, l’afferrò saldamente per un braccio e se la portò dietro.
***
Dopo i dovuti chiarimenti trai due equipaggi, Yattaran rilevò che il Computer
Centrale era come in stand by, una sorta di coma
indotto elettromagnetico. Non era rotto, né fuso, ma non funzionava. Era
come congelato. Dopo questa scoperta, che era sicuramente terribile, ma che
lasciava aperta la porta alla speranza di poterlo riattivare e ripristinare, era
stato deciso di esaminare il sistema di sicurezza della nave e di esaminare le videoregistrazioni
della sala, l’unica parte dell’Arcadia che aveva un sistema di sorveglianza
video perpetuo, con archiviazione telematica e automatica.
Entrambi gli equipaggi erano sul ponte, a cercare di capire che cosa fosse
accaduto e come avesse fatto Dupont, notoriamente impedito e molto maldestro, a
causare quel guasto, evadere e a sparire nel nulla all’interno dell’Arcadia,
tutto da solo.
Yattaran, seguito passo dopo passo dalla giovane hacker Emily Kolburn, nome in
codice “E”, si
apprestò a visionare il materiale, per vedere di venire a capo di qualcosa.
Non era così semplice come poteva apparire, causare danni a quello speciale
computer, dato che era dotato di un sistema di auto protezione a prova di
bomba.
I video però non mostravano nessun intruso o sabotatore. Sembrava che l’unico a
essere entrato e uscito da quella sala fosse stato solo Harlock. L’unica cosa
che si vedeva era che a un certo punto, proprio poche ore prima, si era
prodotta come una piccola scintilla, a causa della quale il Computer Centrale
si era spento di colpo, eccenzion fatta per quell’unica lucina rossa.
Yattaran e la ragazzina si guardarono negli occhi.
«Anche tu lo pensi?» chiese lei.
«Sì» le rispose grave il primo ufficiale.
«Intendete rendere partecipi anche noi? » chiese spazientito Harlock, che ancora
nutriva numerose riserve su quegli ospiti indesiderati, sebbene fosse stata
sancita una sorta di tregua momentanea, per cercare di risolvere il grave problema
che stava minando anche la loro collaborazione.
«Sì, Capitano, scusate. Dunque, sia io che Emily pensiamo che nonostante
l’apparenza si tratti sicuramente di un sabotaggio».
«Ad opera dei fantasmi?» s’intromise
sarcastico Boone.
«No. Il trucco deve esserci per forza, tutto sta nello scoprirlo» ribatté Emily.
«Personalmente, nonostante le grandi innovazioni degli ultimi tempi, non credo
sia stata messa a punto nessuna tecnologia che renda invisibili le persone»
commentò Kei fulminando Portia con lo sguardo.
La giovane ufficiale era rimasta molto male nel vedere che Harlock era stato
ferito, seppur lievissimamente, dalla procace nuova arrivata, che non le
piaceva neanche un po’. Infatti di sua spontanea iniziativa aveva deciso di
tenerla strettamente sott’occhio e la studiava.
«Non risulta neanche a me» intervenne Griffin Jones, nome in codice “F” . Il suo parere era piuttosto autorevole perché,
da ex poliziotto dell’Autorità Galattica, a suo tempo aveva avuto accesso a
file classificati e riservati di un certo livello. Di certo una tecnologia del
genere sarebbe stata data loro in dotazione, se fosse esistita, anche a livello
di prototipo.
«Posso fare una ricerca. Sono in grado di intrufolarmi nel loro archivio dati »
disse con la sua voce metallica e argentina Android.
«È troppo rischioso, potrebbero scoprirti e localizzarci» le disse Portia.
«Non se noi, mentre lei ricerca, le azioniamo uno schermo protettivo
elettromagnetico» disse Emily scambiandosi un’occhiata d’intesa con Yattaran.
«Cioè?» chiese Kei non capendo bene.
«Lascia perdere, roba da smanettoni, bionda» le spiegò in modo piacione Boone
facendole l’occhiolino.
Kei stava per rispondergli a tono, ma fu anticipata.
«Procedete» disse Harlock, che non aveva voglia di perdere tempo. Si fidava
delle capacità di Yattaran e anche quella ragazzina gli pareva in gamba e
sveglia, ma soprattutto non era il caso di indugiare oltre.
Collegarono Android alla rete dell’Arcardia, poi Yattaran ed Emily si misero,
ciascuno per conto proprio, a lavorare alacremente per schermarla e lasciarla
libera di intrufolarsi negli archivi segretati della Coalizione e dell’Autorità
Galattica.
Dopo circa quaranta minuti di ricerca, Android aprì gli occhi e sorrise.
«Non esiste nessuna traccia di tecnologie invisibili o similari».
«Ve l’avevo detto!» disse Griffin.
«Però ho scoperto una cosa interessante» aggiunse.
«Cosa?» le chiese Yattaran
«Se resto collegata ai vostri computer posso pilotare questa nave, posso
sostituire il vostro pilota automatico avariato».
«Levatelo dalla testa! - saltò su Maji - Non ti daremo mai accesso ai nostri file
criptati! Scopriresti tutti i segreti dell’Arcadia».
«Volevo solo rendermi utile. Essere… come dite voi umani? Ah sì, amichevole!»
ribatté l’umanoide artificiale.
«Basta con queste chiacchiere inutili. Continuate a cercare» intervenne Harlock,
che poi abbandonò tutti e si diresse nuovamente nella sala del Computer Centrale.
Tutto desiderava, meno che venisse svelato
IL segreto.
Qualche ora seguente,
dopo svariate visioni e revisioni del materiale video, Emily ad un certo punto
notò un particolare quasi impercettibile. Un bruscolino nero che si spostava
nella stanza. Yattaran prontamente isolò un fotogramma e ingrandì l’immagine.
«Ma è una mosca!» si meravigliò sbigottito il primo ufficiale.
«Non è possibile!» gli fece eco Kei, che accorse a sincerarsi con i propri
occhi.
«Che c’è di strano? Sembra che non ne abbiate mai vista una» commentò stupito
Tetsuda.
«Sono anni che non facciamo scalo sulla Terra - spiegò duro Harlock, che era
spuntato all’improvviso - quindi è impossibile che una mosca si sia introdotta
sulla nave».
«Potrebbe essere un alieno killer a forma di mosca? Ah no, aspetta, un alieno
che ha usato il correttore retinale per fingersi una mosca, meglio eh?».
«Finiscila di fare l’idiota una volta tanto, Marcus!» lo redarguì Portia.
«Più che una mosca pare un moscerino - disse Emily che lo stava osservando attentamente
- Vediamo se riesco ad ingrandirlo ancora di più» e cominciò a spippolare freneticamente sulla tastiera.
Yattaran la seguiva con lo sguardo, era dura da ammettere ma quella ragazzina
era una potenza e conosceva dei trucchetti che avrebbe tanto voluto imparare.
«Ecco, ci sono!» disse Emily con aria trionfante «Le zampe hanno qualcosa che
non va, non hanno quella sorta di peletti
finali».
«E quindi?» chiese polemica Kei.
«Potrebbe darsi che non sia un vero moscerino - spiegò Emily - Android, per
favore, fai una ricerca per vedere se esistono nuove nanotecnologie».
La macchina sorrise ed annui e cominciò subito, pochi secondi dopo aprì gli
occhi.
«Esiste un progetto chiamato Maikuro,
in cui sono stati sviluppati, tra le altre cose, anche micro robot. Alta tecnologia
a forma di insetto».
«Bingo!» esultò Yattaran.
«Che c’è?» chiese Emily.
«Ho isolato una parte del video e l’ho ingrandito al massimo!».
Subito lo trasferì nello schermo olografico, per renderlo visibile a tutti.
Si vedeva chiaramente il moscerino meccanico che volava verso il Computer
Centrale, vi ci posava sopra, emetteva una microscarica di qualcosa,
evidentemente molto potente, e lo metteva fuori uso.
«Ora non ci resta che capire chi ha introdotto questo micro ordigno
sull’Arcadia e dov’è finito il vostro amico» commentò molto seria Kei, fissando
l’equipaggio della Raza. Per lei erano colpevoli, senza ombra di dubbio.
«Credo che sia tutto chiaro a questo punto. Ho capito come ci hanno fregato, senza
volerlo è stato uno dei tuoi uomini ad aprirmi gli occhi - disse criptico Harlock
a Portia - Tu verrai con me a ritrovare il fuggitivo. I tuoi amici, invece,
saranno rimessi sotto chiave».
«Ma Capitano, Emily ci ha aiutati» disse mogio Yattaran. La ragazzina gli
piaceva e gli ricordava tanto Mayu.
«Solo in via precauzionale» spiegò Harlock.
«Non ti preoccupare, li terremo chiusi e li sorveglieremo finché non avremo
ritrovato quell’uomo» disse Kei, che era più che felice di rinchiuderli.
«Bene, andiamo - disse Harlock a Porzia - ma prima lascia le tue armi ai miei
uomini, coltello compreso, ovviamente».
La donna non disse una parola e fece come le era stato chiesto, anche se lanciò
al pirata un’occhiata di malcelato rimprovero per la sua scarsa fiducia.
«Ah, dimenticavo, anche Android verrà con noi» concluse Harlock, a cui
interessava solo rianimare il suo più caro amico, senza però tradire il loro
grande segreto.
Note
MAIKURO è una parola giapponese (マイクロ) e significa “micro”.
Per questa tecnologia mi sono ispirata ai mini droni a forma di insetti esistenti
realmente anche oggi. Cliccando qui potete vedere come appaiono. Io ho
immaginato una tecnologia ancora più microscopica e ancora più evoluta. Anche
se la mosca (ovvero in questo caso il moscerino) è anche un omaggio sotto forma
di citazione, ad una serie TV tra le più belle degli ultimi anni: Breaking Bad
e chi l’ha vista capirà, chi non la vista prenda per buone le mie parole :)
Bibliografia
(Via
via verranno aggiunte varie informazioni all’equipaggio della Raza e questo
promemoria sarà d’ora in poi sempre alla fine di ogni capitolo, pronto per
esser consultato e fare chiarezza per chi ne avesse bisogno)
Portia Lin nome in codice “B”
Marcus Boone, nome in codice “C”
Ryo Tetsuda, nome in codice “D”
Emily Kolburn nome in codice
“E”
Griffin Jones nome in codice “F”
Android nessun nome in codice
Spiegoni
domande e risposte
¤
Ma Buona sera cari lettori vicini e lontani!!!!
Ariecchime qua, abbastanza puntuale e molto motivata. Come avrete visto ho pensato di presentarvi l’equipaggio della Raza spero che la cosa vi abbia fatto piacere, ma soprattutto vedendo la foto avrete sicuramente capito perché Emily ricorda a Yattaran Mayu, hanno infatti entrambe i capelli blu! xD
Ci rivediamo tra un mesetto, ma forse anche prima, chissà…
¤
Ringraziamenti Sparsi
Grazie, grazie, grazie e ancora GRAZIE a tutti voi che leggete e seguite questa storia, tanto, tanto, tanto, TANTO amore e riconoscenza a chi mi regala un po’ del suo tempo e mi lascia le sue impressioni recensendo ♥
1000 grazie anche a chi ha messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite ♥
Disclaimer
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personaggi non originali; ovvero Capitan Harlock e i protagonisti
di Dark Matter, non mi appartengono, ma sono proprietà dei loro rispettivi
creatori e proprietari.
Invece la trama, così come i personaggi originali e qualsiasi altra cosa
inventata dalla sottoscritta, sono proprietà dell'autrice, cioè me :)
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Capitolo 7 *** 7 ***
7
Harlock e Portia,
con l’ausilio di Android, stavano scandagliando ogni angolo e ogni anfratto
dell’Arcadia alla ricerca di Dupont, quando d’un tratto videro un’ombra che si
muoveva di lato a loro, in un corridoio secondario.
Gli andarono incontro e s’imbatterono in un pirata che si stava aggirando in
una zona remota della nave, in cui non c’erano attività per quanto potesse
concernere le mansioni di un membro della ciurma.
«Capitano» lo salutò tranquillo quello, facendo un cenno con la testa che
Harlock contraccambiò impassibile.
«Scansionalo e fotografalo» disse poi in un soffio ad Android appena lo ebbero
superato, cosa che lei eseguì immediatamente.
«Scansione eseguita. Genere umano. Età biologica trentadue anni. Stato fisico
ottimale. Fotografia morfologica completa effettuata» gli comunicò argentina
l’androide.
«Cosa c’è che non va?» gli chiese perplessa Portia, non capiva perché si stesse
preoccupando per quel tipo, certo pareva avere molto più di trentadue anni, ma
forse se li portava solo male e, a parte quello, le era parso tranquillo, per
niente sorpreso né preoccupato della loro presenza.
Lo sguardo del Capitano si accigliò cupo.
«Questa nave conta quaranta membri di solo equipaggio e quello non mi parrebbe
uno dei miei» le disse come se le avesse letto nel pensiero.
«Fermiamolo allora, che aspettiamo?» gli chiese perplessa.
«No» fu la risposta secca di Harlock.
Quell’uomo era un enigma. Spiccicava, sì e no, non più di due, tre parole per
volta. Era assolutamente impenetrabile e pretendeva quasi che si dovesse
capirlo tramite la telepatia. Con lei poi si era anche dimostrato sgradevole,
quando aveva creduto che avesse fatto il doppio gioco per sabotare il grande
computer di quella nave, ma malgrado ciò ne era affascinata. Le bruciava da
matti, perché era chiaro che fosse un tipo irraggiungibile, ma nonostante tutto
le piaceva, molto, troppo, e questo le dava sui nervi.
«Motivo?» gli chiese polemica sbarrandogli la strada, per attirare la sua
attenzione, dato che il suo sguardo era rivolto altrove.
«Facciamo in modo che si senta sicuro. Voglio capire se ha altri alleati
infiltrati nella mia nave».
«Proprio per questa eventualità, non ti pare una mossa azzardata lasciarlo
vagare così, liberamente e senza nessuna precauzione?».
«No, se Android lo tiene monitorato
attraverso la temperatura corporea».
«Potrei anche localizzarlo con precisione millimetrica, se mi fate scaricare i
dati sulla planimetria della vostra nave» intervenne la macchina umanizzata
chiamata in causa, con uno dei suoi efficienti sorrisini stampato in faccia.
«Yattaran non sarà d’accordo, ma credo che tu abbia ragione» convenne il
pirata.
«E allora noi che facciamo?».
«Aspettiamo».
Portia ebbe un moto di stizza. Un’altra risposta criptica come quella e lo
avrebbe preso a sberle, ma non volle dargli soddisfazione, quindi non fiatò e
ingoiò il rospo.
Come previsto dal Capitano, il primo ufficiale si mostrò molto contrariato.
«Secondo me è meglio non introdurre nessun dato in questo vecchio androide!»
bofonchiò riluttante.
«Questo non è un commento adeguato da farsi a una signora, non sono vecchia, caso mai sono vintage, come si direbbe in un gergo
giovanile dei bei tempi andati» si risentì in modo più buffo che adirato
Android.
«Santo cielo, ma chi l’ha ackerata? Ora parla come una donna vera?
S'impermalisce pure?» s’intromise Marcus facendo una smorfia di disappunto.
«Per favore taci una volta tanto!» lo rimbeccò Portia fulminandolo con
un’occhiataccia.
«Ha le sue cose, di solito non mi
tratta così» ammiccò l’uomo facendo l’occhiolino a Kei, che lo guardò malissimo
e stizzita girò la testa dalla parte opposta. Lo riteneva un odioso cafone.
Tetzuda non fiatò e Griffin scrollò la testa con malcelato fastidio.
Emily invece poggiò la mano sul braccio di Yattaran e gli disse accorata: «Se
ti fidi di me, devi fidarti anche di Android. Lei è buona e molto brava, oltre
che utile. Ci ha salvato la vita in varie occasioni. Non farebbe niente che noi
non vorremmo facesse, credimi. E poi era con il vostro Capitano e lui si è
fidato».
L’uomo guardò la ragazzina. A lei dava credito, ma degli altri? Poteva dire
altrettanto? Emily era scaltra, ma i suoi occhi parevano sinceri e limpidi.
Accidentaccio a quei capelli blu, erano proprio una fregatura, somigliava
troppo a Mayu e il suo cuore faceva fatica a dar retta alla ragione. Sbuffò, si
grattò la bandana, e infine disse: «E sia! Ma se mi fai qualche tiro mancino,
ti smonto con le mie mani!» minacciò poi verso l’androide
«Allora affare fatto?» gli chiese la macchina allungando la mano.
Ancora molto refrattario, Yattaran grugnì qualcosa e gliela strinse, quindi
procedette allo scarico dati.
Con la planimetria della nave nella sua scheda madre e grazie a uno dei suoi
numerosi e sofisticati programmi, ora Android poteva rilevare la temperatura
corporea di quel pirata incontrato poco prima, ma non solo, era anche in grado
di stabilire con esattezza in che punto della nave fosse e come si muovesse nel
suo interno.
Per far meglio capire e rendere tutti partecipi, passò le immagini su uno
schermo olografico, che proiettò davanti agli altri. Sulla superficie
trasparente si vedeva chiaramente l’aura formata dalla temperatura di
quell’uomo misterioso, che era simile ad una chiazza rossastra dai contorni
blu. Il tizio sembrava spostarsi all’interno dell’Arcadia senza una meta
precisa. Ogni tanto si fermava e poi riprendeva il suo peregrinare senza un
senso apparente. Faceva avanti e indietro da un corridoio all’altro, senza
espletare nessuna mansione, come in teoria avrebbe dovuto fare, come ogni altro
membro dell’equipaggio in effetti faceva.
«Cos’è? Dobbiamo stare qui tutto il giorno a guardare cosa fa questo scansafatiche?»
chiese Boone scocciato. Secondo lui stavano solo perdendo tempo, si stava
annoiando, lui era un uomo d’azione.
Anche Portia non capiva dove volesse arrivare Harlock, ma non fiatò, preferì
tacere e studiarlo, imitando il suo modus operandi: criptico e riflessivo.
«In effetti, Capitano, sembra che stia solo bighellonando» convenne suo
malgrado Yattaran.
Harlock, intanto, incupito, lo fissava muoversi ma non disse una sola parola.
Fu Kei a parlare: «O forse è che non sa proprio dove andare» commentò la
ragazza sospirando.
«Esatto!» gli fece eco il primo ufficiale schioccando la lingua, come se avesse
visto la luce in fondo al tunnel.
«Quindi per voi è sicuramente lui il complice di Dupont?» domandò Portia
alzando un sopracciglio, un po’ perplessa.
«Non posso averne la sicurezza matematica, ma ho in merito una certa idea»
analizzò Harlock.
«Ci renderai partecipi prima di domani?» gli chiese sempre più polemico Marcus.
Per una volta tanto Portia fu d’accordo con lui. Quel pirata era a tratti
davvero snervante, sembrava meditare ogni cosa. Per ora aveva dato di matto
solo per via di quel Computer Centrale, per il resto sembrava impermeabile a
qualsiasi emozione. Metodico e pignolo, studiava ogni minima cosa e ogni minima
mossa, con certosina pazienza e senza alcuna fretta, in un silenzio
imperscrutabile, come quello di un orizzonte indefinito.
«Quindi qual è il piano?» chiese Tezuda. Era a sua volta un tipo calmo, molto
ponderante, ma ora la pazienza cominciava a scappare pure a lui.
«Assodato che il suo comportamento è del tutto lontano da quello di un membro
del mio equipaggio, mi pare chiaro che vada catturato e interrogato».
«Muoviamoci allora!» scattò Boone impaziente.
«No - lo bloccò Harlock con un cenno della mano - Andremo sempre solo io, Portia
e l’androide, come abbiamo fatto prima».
«E se quello lì avesse dei complici? -
si risentì Kei - Voglio venire anch’io, cerchiamo di non commettere
imprudenze. Uno dei tuoi dovresti portatelo appresso, anche per parità
numerica» ne convenne.
«Vuoi lasciare Yattaran solo?» le chiese alzando il sopracciglio dell’occhio
buono e incrociando le braccia al petto.
«Non vi preoccupate per me, Capitano, so difendermi!».
Kei stava per replicare, ma Harlock la precedette: «Dimentichi che questa è la
nostra nave e che siamo quaranta contro sei. Non c’è e non ci può essere parità
numerica».
«Pensavo che questo scoglio si fosse superato - intervenne a sorpresa Tetzuda
frustrato, guadando la pirata - Se continuiamo a non fidarci l’uno dell’altro
facciamo il gioco di chi si è introdotto abusivamente su questa nave e di chi
voleva che ci annientassimo a vicenda. Mi pare sia il caso di darci un taglio».
«Il nostro ospite ha ragione, Kei. Stiamo perseguendo un comune obiettivo,
rasserenati, non corro alcun rischio. Se avessero voluto, ne avrebbero già
approfittato quando eravamo da soli poco fa» cercò di rassicurarla in tono
pacato il Capitano.
«E sia» rispose lei arresa, carezzando però la sua pistola, lasciando comunque
intendere che sarebbe stata all’erta.
«A tal proposito ho cambiato idea. Verrai anche tu con noi. Una pistola in più,
in caso, non può che farci comodo» aggiunse Harlock rivolto a Marcus, che si
ringalluzzì subito. Poi si rivolse a Yattaran: «Resteremo in contatto radio, se
qualcosa va storto venite subito a darci man forte. Però per ora non allertate
nessuno dell’equipaggio, non creiamo inutili agitazioni prima del tempo».
«Come volete voi, Capitano» assentì solenne il primo ufficiale.
«Bene, andiamo a prelevare il presunto clandestino» disse Harlock a Portia e
Marcus, poi si girò verso Android e ordinò: «Localizzalo e facci strada!».
L’uomo era stato
individuato nei pressi della cambusa.
I quattro si mossero furtivi e veloci per raggiungerlo, senza farsi né vedere,
né sentire, ma quando gli furono vicini, con sorpresa, si resero conto che non
era il tipo che avevano visto prima.
«Molto strano - commentò piccata Android
Per me è lui, la sua corrispondenza è identica all’altro, non possono
esservi dubbi...».
Harlock, pensoso, pareva distante e più accigliato del solito: meditava e
rimuginava. I suoi sospetti crescevano.
«Ma almeno sa quello che fa?» bisbigliò Marcus a Portia guardando storto il
pirata.
La donna lo fissò con aria di rimprovero, anche perché forse, finalmente, aveva
intuito che cosa sospettasse il Capitano.
«Di sicuro lo sa meglio di te» lo rimbeccò.
Boone sorrise sardonico: «Dì la verità, il bel tenebroso ti piace eh?» la
punzecchiò.
«Finiscila, ti pare il caso?»
«Faccio conversazione per ingannare il tempo, qui è una noia mortale, e questo
qui temporeggia fino allo sfinimento - sbuffò - Questa nave è un proprio un
mortorio… a dire il vero mi sarei fatto anche la bionda, ma pure lei mi sembra
che penda per il bell’orbo!» commentò con la sua solita poca serietà, che
strideva con il momento topico in cui erano coinvolti.
Portia lo superò lasciandolo indietro, senza neppure degnarlo di una risposta:
Boone andava contenuto, o poteva diventare ingestibile e creare problemi.
«Android, localizzalo di nuovo» chiese poi alla sua sottoposta.
Harlock si girò e la scrutò appena, con lieve aria interrogativa.
«Credo di avere capito anche io» gli confermò la donna.
Il Capitano fece un cenno di assenso e aspettarono il responso.
«È qui vicino, nell’area hangar della nave» disse l’umanoide.
«Questa cosa non mi piace» commentò serio Marcus.
«Concordo» gli fece eco Harlock, che subodorava una trappola, o qualcosa di
simile.
«Temi che stia tentando di far entrare una navetta nemica nell’Arcadia?»
domandò Portia.
«Non lo so, forse sì, o forse sta cercando una via di fuga, tanto ormai il
Computer Centrale è fuori uso. Magari è qui da solo e il suo obiettivo era
quello».
«Muoviamoci allora!» incalzò Boone spazientito.
Harlock lo fulminò con un’occhiata: «Entro io, voi seguitemi a leggera distanza
e copritemi le spalle».
«E io?» chiese Android.
«Tu stai dietro tutti noi. Sei troppo preziosa, ci servi per smascherarlo e
analizzarlo, non posso rischiare di farti mettere fuori uso. Attendi i miei
ordini e non agire di tua sponte».
L’umanoide annuì e gli altri tre si scambiarono un’occhiata d’intesa. Tutti
estrassero le armi, tranne Harlock, che entrò deciso dentro l’hangar come se
stesse facendo un normale giro d’ispezione.
L’uomo, come avvertì la sua presenza, si girò di scatto. Aveva ancora un’altra
sembianza rispetto agli altri due incontrati in precedenza, eppure sapevano che
fosse quasi per certo la stessa persona tutte e tre le volte.
Dopo un primo lieve momento di sorpresa, che Harlock colse nonostante il tipo
fosse stato bravissimo a dissimulare, gli sorrise tranquillo: «Capitano», lo
salutò quindi con un cenno della testa.
A quel déjà vu, il pirata spaziale capì che i suoi sospetti si erano tramutati
in certezze, ma non poteva metterlo sull’avviso, visto che non sapeva quali
fossero le sue intenzioni e se avesse effettivamente dei complici.
Quindi bisognava che gli altri lo raggiungessero, questione di pochi attimi
preziosi.
«Come mai da queste parti? Problemi con il sistema di aerazione?» gli chiese
tranquillo, per non insospettirlo.
«Sì. Sono venuto a controllare se era tutto a posto» gli rispose l’altro
mangiando la foglia.
Fu un lampo e tutto si svolse in pochi secondi.
«Smascheralo, Android!» tuonò il capitano che gli si avventò addosso, nel
mentre piombarono anche Portia e Marcus.
Harlock aveva afferrato l’uomo per le spalle e l’umanoide disinnescò il
correttore retinale che smise di ingannare la loro visione oculare, rivelando
finalmente i connotati reali dell’infiltrato.
«E bravi!» commentò quello sarcastico, cercando di liberarsi dalla morsa
d’acciaio in cui lo teneva stretto il pirata.
«Vediamo un po’ chi sei, mascherina!» commentò Marcus che, sopraggiunto con
Portia, lo teneva sotto tiro incrociato con la donna.
Harlock lo strattonò e lo fece girare esponendolo alla luce.
Non era Dupont.
«Porca puttana!» scappò detto ad un Boone molto sorpreso.
Portia invece sbiancò ed ebbe un lieve mancamento, anche se continuò a tenerlo
sotto tiro. Con lo sguardo allucinato disse in un soffio: «Non è possibile…».
«Chi non muore si rivede, è proprio il caso di dirlo eh?» vomitò il tipo
sprezzante, con un ghigno soddisfatto e maligno dipinto sul viso.
«Chi è costui?» chiese loro Harlock intuendo che lo conoscessero molto bene:
Fu Android a rispondere: «L’ho scannerizzato e riconosciuto. È Jess Corso, nome
in codice “A” , membro della Raza».
«Come sarebbe a dire? È uno dei vostri?» chiese Harlock duro, fulminando i due
con lo sguardo.
Portia sembrava impietrita, lo teneva sotto tiro ma era cinerea. Il suo sguardo
era un misto tra l’allibito e il furioso.
«Era uno dei nostri, o per lo meno così pensavamo…» cominciò a dire.
«Spiegati meglio!» la esortò Harlock spazientito.
«È una lunga storia. Forse è meglio se lo leghi e lo portiamo via, e poi ti
raccontiamo» disse Marcus non abbassando la guardia.
«Non dici niente, Portia? Ti è cascata la lingua?» disse il clandestino rivolto
alla donna.
Lei gli si avvicinò e con tono secco e tagliente gli disse: «Ti va di lusso che
dobbiamo interrogarti, altrimenti avresti già un buco in testa, brutto
bastardo, se non sei davvero crepato, farò in modo che tu crepi oggi. Il conto
è nuovamente aperto, ti giuro che ti faccio saltare quella faccia da schiaffi
che ti ritrovi e vediamo se farai ancora lo strafottente!» gli rispose lei
disinnescando la sicura della sua arma, pronta a sparargli per davvero.
Note
CORRETTORE RETINALE è un congegno che a vista sembra una penna, il quale emette
dei raggi che hanno la funzione di” ingannare” la vista di chi guarda e che
creano una sorta di “schermo olografico” o similare, che mistifica la realtà oggettiva, cambiando i
connotati morfologici di chi lo usa. Questo congegno non è una mia invenzione
mal’idea l’ho rubata alla serie The Flash
JESS CORSO è un altro reale protagonista di Dark Matter.Ccredo che
tutti aveste notato che mancava “A” (nella serie Uno) e ora è stato svelato l’arcano. Presto metterò
anche una sua foto. Magari la prossima volta. Sappiate che tutto quello che
leggerete su di lui è canon (ovvero uguale alla serie) salvo alcune piccole
differenze, che vi spiegherò in modo dettagliato in seguito, al momento
opportuno. Corso ovviamente è stato da oggi aggiunto alla bibliografia.
Bibliografia
(Via
via verranno aggiunte varie informazioni all’equipaggio della Raza e questo
promemoria sarà d’ora in poi sempre alla fine di ogni capitolo, pronto per
esser consultato e fare chiarezza per chi ne avesse bisogno)
Jess Corso nome in codice “A”
Portia Lin nome in codice “B”
Marcus Boone, nome in codice “C”
Ryo Tetsuda, nome in codice “D”
Emily Kolburn nome in codice
“E”
Griffin Jones nome in codice “F”
Android nessun nome in codice
Spiegoni
domande e risposte
¤
Buonsalve a tutti!!!
Sono in ritardo e vi chiedo scusa, ma proprio non ho avuto il tempo materiale
di poter produrre prima il capitolo. Nn sto a dirvi dei miei impegni eccetera,
tanto sappiamo tutti che la vita reale a volte ci assorbe in modo totale e
completo, in più ho fatto un po’ di ferie, quindi il ritardo è imputabile a
vari fattori. Mi scuso con tutti voi, ma sono anche certa che saprete
comprendere e che non mi prenderete a pomodorate vero? :D
Mi impegno a postare quanto prima il prossimo capitolo (sempre compatibilmente
con il lavoro ed il resto) cercando così di rimediare e di pareggiare un po’ i
conti :P
Ah a proposito, sappiate che stiamo per arrivare al nocciolo della questione e
a scoprire finalmente i piani della Coalizione.
Non ho dimenticato che sull’Arcadia c’è il Computer Centrale in stand by eh! A
suo tempo tutto verrà svelato.
¤
Ringraziamenti Sparsi
Intanto GRAZIE per la pazienza con cui mi aspettate, che non è poco!
Grazie a tutti i lettori che continuano ad aumentare di volta in volta *.*
E la mia più grande riconoscenza va a chi si sofferma a recensire i miei
capitoli! Sappiate che per me è sempre una gioia leggere le vostre impressioni,
che apprezzo moltissimo!
PS: Non sono riuscita a postare con il solito carattere, mi formatta a modo suo, chiedo venia, tanto cambia poco per voi vero? ^_^
♥
Infine grazie anche a tutti quelli che continuano a mettere la storia tra le
seguite/ricordate/preferite :)
♥
Disclaimer
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personaggi non originali; ovvero Capitan Harlock e i protagonisti
di Dark Matter, non mi appartengono, ma sono proprietà dei loro rispettivi
creatori e proprietari.
Invece la trama, così come i personaggi originali e qualsiasi altra cosa
inventata dalla sottoscritta, sono proprietà dell'autrice, cioè me :)
|
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Capitolo 8 *** 8 ***
8
Harlock versò
del vino alla donna, poi ne prese anche per sé e si sedette.
Meeme, poco più in là, seminascosta dalla penombra, li osservava silenziosa e
discreta.
«Parlami di questo Jesse Corso. Chi è e cosa vi ha fatto?» chiese calmo a
Portia, riferendosi alle loro reazioni alla vista di quell’uomo.
Si erano ritirati nella sua cabina poiché voleva informarsi sul clandestino, ma
soprattutto perché lei aveva dato di matto e aveva perso il controllo. Quel
tipo aveva scombussolato le dinamiche dell’equipaggio della Raza, infatti anche
gli altri, quando lo avevano visto, si erano molto agitati. Ad Harlock quella
situazione non era piaciuta e voleva indagare su di lui, prima di interrogarlo
sulla sua presenza a bordo e su dove fosse sparito Dupont, che, a questo punto,
era chiaro fosse suo complice. Di certo non si era dimenticato di Nagol, ma era
necessario, almeno per il momento, affrontare un problema alla volta. Se non
riuscivano a capire che cosa stesse succedendo loro, non ne avrebbero cavato un
ragno dal buco, anzi era probabile che sarebbero finiti dritti nella ragnatela
tessuta dal comune nemico.
«Corso è un nostro problema» tagliò corto Portia, che non aveva assolutamente
voglia di rivangare il passato.
«Tutto quello che accade nella mia nave è anche un mio problema. Stiamo
perdendo tempo prezioso» ribatté il Capitano sorseggiando il suo vino. Era un
uomo freddo e anche paziente, ma a tutto c’era un limite e quella donna era
dannatamente testarda.
«Non ho niente da dire su di lui. Interrogalo, fallo cantare con qualsiasi
mezzo e poi ci penserò personalmente a piantargli una pallottola nel cranio.
Questa volta mi assicurerò che sia morto per davvero, a costo di decapitarlo!»
disse buttando giù, alla goccia, il suo vino, per poi poggiare con rabbia il
bicchiere sul tavolo.
Harlock sapeva che discutere non era il suo forte. Capì che lei non era pronta
per affrontare l’argomento e quindi la congedò. Non poteva perdere altro tempo.
Rimasto solo con Meeme, l’aliena gli parlò.
«Potresti confrontarti con qualcuno del suo equipaggio» gli suggerì con la sua
consueta delicatezza.
Lui sospirò e fece un cenno di assenso con la testa. Ci aveva già pensato in
effetti.
«Quella donna ha un segreto molto triste custodito dentro di sé. Maschera le
sue debolezze dietro la forza - un po’
come tu le nascondi dietro il tuo silenzio» osservò, omettendo di dire a
voce alta l’ultima parte della frase. Lo conosceva troppo bene e sapeva come
parlargli, così come sapeva quando invece era opportuno tacere.
«Chiamerò quel Marcus Boone. Fa lo spaccone, ma tiene molto al suo capitano e
la sua reazione alla vista del clandestino è stata molto significativa» pensò a
voce alta il pirata.
Meeme intanto bevve il vino che lui le aveva appena versato in un calice dal
lungo stelo, poi disse la sua in merito.
«Credo sia una decisione oculata. Quell’uomo, ancor più di Portia, si nasconde
dietro una maschera, ma io sento molto chiaramente che la sua anima è tormentata
da un dolore implacato».
Il Capitano non commentò. Conviveva con i suoi dispiaceri da anni, facevano
parte di lui, l’avevano profondamente segnato e cambiato, rendendolo un uomo
schivo e taciturno. Boone, probabilmente era un’altra faccia di una stessa
medaglia e questo l’aveva capito quasi subito, perché c’è sempre una forte
empatia tra chi ha un’anima sfilacciata e corrosa dalla sofferenza, anche se di
fatto, poi, ognuno reagisce a suo modo.
Più tardi i due uomini erano seduti che si fronteggiavano.
«Cosa sai di questo tuo ex compagno che sembra essersi materializzato dal nulla
sulla mia nave?» chiese Harlock a Boone dopo averlo invitato nella sua cabina e
aver offerto anche a lui del vino.
Marcus si guardò deliberatamente intorno valutando il luogo dove si trovava.
«Devo dire che la tua tana non è niente male. Un po’ troppo old fashion e buia per i miei gusti,
però credo che sulle donne…» e si girò, lanciando un’occhiatina furba verso
l’aliena, che era sempre presente «…anche di ogni razza, mi pare, abbia grande
presa. Non credevo che sotto questo tuo aspetto così serioso tu fossi un mandrillone dai gusti strani, non ha
neppure la bocca, certi lavoretti non
li può mica fare, no? Magari però ha altre doti assai nascoste» gli rispose
eludendo la sua domanda, con la sua solita impertinente goliardia.
Il Capitano ignorò deliberatamente le sue battutine provocatorie e lo fissò
molto serio dritto negli occhi.
«Nonostante tu ti dia un gran da fare a nasconderti, è chiaro che tieni molto a
lei - gli disse diretto - Così com’è
chiaro che quell’uomo, quando è apparso, ha spiazzato anche te. Hai detto che è
una lunga storia. Sono pronto ad ascoltarla».
«Solo se me lo farai interrogare» rispose Boone questa volta molto serio.
«Lo faremo insieme» rilanciò Harlock. Aveva capito che c’era qualcosa di molto
personale che lo legava a quel Corso.
Marcus sembrò rifletterci un attimo e poi acconsentì precisando: «Userò i miei
metodi».
«Se sarà necessario te li farò usare» precisò secco il Capitano.
«Bene, cosa vuoi sapere?».
«Tutto».
Marcus gli raccontò che Jesse Corso era un membro del loro equipaggio già da prima
della criogenesi. Gli raccontò anche che era un delinquente della peggior
specie e un assassino a sangue freddo. Di sicuro tra di loro il peggiore,
perché non esitava a coinvolgere civili innocenti, considerandoli meri danni
collaterali.
Prima dell’ibernamento, però, Corso, a loro insaputa, era stato sostituito dal
marito di una delle sue vittime innocenti. Avendo loro perso la memoria, non si
erano saputi spiegare come quell’uomo fosse riuscito a soppiantare il loro
compare e a introdursi nella Raza. Aveva preso le sue sembianze, non usando però
il correttore retinale, che - gli illustrò - non può ingannare i sistemi di
riconoscimento della Raza. Il finto Corso era riuscito nel suo intento grazie
ad una speciale forma di chirurgia plastica
replicativa che gli aveva consentito di diventare identico al vero Corso.
Il suo piano era poterlo scovare e ucciderlo, per vendicare la moglie. Almeno
questa era stata la sua versione dei fatti nel momento in cui era stato
smascherato.
Portia, disgraziatamente, quando si erano risvegliati dalla criogenesi si era
subito invaghita di quel ragazzo belloccio e molto stupido gli spiegò Marcus
contrariato. Stravedeva per lui e a un certo punto si era probabilmente innamorata,
anche se non lo voleva ammettere neppure con se stessa.
Purtroppo però il finto Corso, al contrario di lei, era solo attratto
fisicamente dalla sua procacità, di fatto era un farfallone e un immaturo, non
era l’uomo adatto a lei.
Successivamente, per puro caso, in uno spazio porto, erano venuti a contatto
con il vero Jess Corso, che non si sa bene per quale motivo, dato che avevano
perso la memoria al momento della criogenesi, non era a bordo della Raza ed era
già stato soppiantato da quello falso, e in quel momento tutti avevano così scoperto
la verità sull’impostore.
Non molto tempo dopo, Corso, quello vero, senza tante cerimonie aveva fatto
fuori il suo doppione, spezzando il cuore a Porzia, la quale però si era
vendicata. Lo aveva cercato e aveva creduto di averlo ucciso, dato che gli
aveva sparato diversi colpi a distanza ravvicinata, ma evidentemente non era stato
così.
Durante il lungo e concitato racconto di Boone, Harlock aveva avuto la conferma
che questi nutriva dei sentimenti verso il suo capitano e che a suo modo voleva
proteggerla.
«Bene, credo che possiamo interrogare il vostro ex compagno» convenne il pirata
esortandolo a seguirlo.
Corso era uno sbruffone. Un malato di egocentrismo che si credeva invincibile,
quindi, molto stupidamente, spiattellò ai suoi diretti nemici alcune
informazioni molto importanti, questo perché era sicuro di farla franca, per
qualche motivo era certo di averli in pugno.
«La coalizione e le compagnie vi faranno fuori. Siete l’ultimo ostacolo alla
riuscita dei loro piani. Siete la famosa ‘scheggia impazzita’ che va eliminata.
Avete le ore contate. Siete senza Computer Centrale e avete il nemico in casa.
Siete fottuti!» disse loro compiaciuto e consapevole di aver gettato lo
scompiglio e il seme del dubbio.
Boone a quel punto non ci vide più e cominciò a picchiarlo, ma Harlock lo
fermò. Aveva capito il suo gioco e non voleva dargli soddisfazione.
La loro priorità era scoprire immediatamente chi fosse il nemico in casa e poi dovevano assolutamente riattivare, a
qualsiasi costo, il Computer Centrale.
«Il nemico in casa, come lo definisci
tu, mi pare che l’abbiamo messo sotto chiave e Dupont non ci impensierisce più
di tanto».
Corso rise in modo sguaiato.
«Quando dico in casa è chiaro che non
mi riferisco a me, o a uno esterno, no, non ci arrivi da solo? Sei sordo, oltre
che cieco?» gli chiese arrogante.
La bocca di Harlock si piegò in un accenno di sorriso sghembo, aveva avuto la
conferma che voleva.
«Andiamo» disse a Boone, che però cominciò a protestare.
Il Capitano allora gli artigliò il braccio, strattonandolo.
«Non fare storie. Seguimi!» gli disse in tono talmente duro, che a Marcus non
restò che dargli retta, anche perché qualcosa gli diceva che quell’uomo sapesse
il fatto suo. Lo prendeva in giro, ma era conscio che fosse un tipo tosto e
niente affatto sprovveduto.
Subito dopo aver rimesso sotto chiave Corso, si diressero in Plancia. Harlock
si sedette sul suo scranno e chiamò tutti a raccolta, prima però aveva chiesto
a Boone di non intervenire e di non fare alcun commento su quello che avrebbe
detto agli altri.
«Sembra che tra di noi ci sia un traditore» cominciò grave.
Tutti drizzarono le orecchie.
«Capitano, non intenderete dire TRA NOI
vero? » si risentì stizzito Yattaran.
«Sono portato a credere che sia più facile che si nasconda tra i nostri ospiti,
ma non intendo escludere nessuna possibilità, anche se legata al nostro
equipaggio».
«Intendi dar retta a quell’infame?» gli chiese oltraggiata Portia.
«Sì» fu la risposta secca del pirata.
La donna stava per replicare, ma lui la anticipò.
«Ora come ora la nostra priorità è ripristinare il Computer Centrale. Yattaran,
voglio che tu e la ragazzina, che deve essere costantemente sotto stretto
controllo di Kei, lavoriate a questo, e che non usciate di là senza aver
risolto il problema».
«Potrei aiutare anche io, se mi è concesso» provò a dire Android.
Il primo ufficiale parve sul punto di obiettare, ma ancora una volta Harlock parlò
per primo.
«Grazie, se ci sarà bisogno ti faremo sapere».
«Cosa intendi fare con Corso?» gli chiese Portia seccata.
«Per ora lo teniamo sotto chiave. Nel frattempo noialtri, tutti insieme,
dobbiamo stanare Dupont».
«Credi sia ancora sulla nave?» s’intromise Tetsuda interessato.
«Sì, ne sono assolutamente certo» rispose il Capitano.
«Come intendi procedere?» s’informò Griffin.
«Ci divideremo. Ognuno perlustrerà una porzione di nave».
Non sembrava un gran piano, ma nessuno al momento trovò niente da ridire.
Solo Boone si avvicinò e fece l’occhietto ad Harlock, che lo ignorò, anzi fece
proprio finta di non vederlo.
Marcus però non se ne curò minimamente e portò le labbra al suo orecchio.
«Ho capito la tua mossa, guercio. Sei proprio un cervello fino» gli bisbigliò
con fare complice.
«Cerca di tenere la bocca chiusa» fu la risposta perentoria del pirata, che si
alzò dallo scranno e invitò nuovamente tutti a mettersi alla ricerca di Dupont.
Erano passate diverse ore, Yattaran ed Emily, nonostante la loro
collaborazione, erano in un vicolo cieco. Non riuscivano a trovare il bandolo
della matassa. Ogni volta che credevano di essere arrivati a qualcosa di utile
venivano subito smentiti. Il Computer Centrale, a tutti gli effetti era in
standby, ma non c’era proprio modo di farlo riattivare, qualunque tentativo si
era rivelato vano. Sembravano come entrati in un vicolo cieco, da cui era come
se non ci fosse proprio modo di uscire.
«Dovremmo chiedere aiuto ad Android - disse seria Emily - Lei può collegarsi ed
entrare direttamente dentro i circuiti, cosa che noi non potremmo mai fare,
operare dall’interno e risolvere il problema alla radice».
Yattaran e Kei si scambiarono una serie di sguardi eloquenti.
«Se intendi fregarci sappi che non avrò alcuna remora a spararti» disse subito
la bionda pirata alla ragazzina.
«Non intendo fregarvi, perché siete sempre così sospettosi? » chiese frustrata
muovendo le braccia in un gesto di stizza.
Yattaran però annuì.
«Credo tu abbia ragione, ma dobbiamo avvisare il Capitano, non possiamo
decidere in autonomia di far collegare il vostro androide al nostro Computer
Centrale» le spiegò.
«E allora chiedeteglielo, che aspettate ancora? Tanto qui abbiamo esaurito ogni
tentativo possibile e siamo a un punto morto» sbottò esasperata Emily. Nella
sua logica, sapendo di non voler affatto fregarli, faceva molta fatica a
comprendere la loro reticenza.
«Vai tu a cercarlo, Kei» disse il primo ufficiale.
«Neanche per idea! Mi ha comandato di non perderla mai di vista».
Yattaran sospirò.
«Va bene, allora che facciamo? Ci vado io, o ci andate voi insieme?».
Alla fine, dopo un battibecco tra lui e Kei, fu deciso che andasse da solo.
Si avviò svelto, ma notò fin da subito che c’era uno strano silenzio che
aleggiava per i corridoi della nave. Dove si erano andati a cacciare tutti?
Yattaran ebbe uno strano presentimento e allungò il passo.
«Capitano, mi ricevete?» chiese nel frattempo parlando nel dispositivo di
comunicazione portatile di cui si erano dotati di recente, per comunicare
strettamente tra di loro quando erano in giro per la nave.
«Yattaran, raggiungimi subito, sono dal prigioniero, ma se incontri qualcuno
depistalo, è estremamente importante, per precauzione, che tu non porti nessuno
della Raza quaggiù».
«Sarà fatto come voi volete» si affrettò a rispondere molto in ansia il primo
ufficiale.
Lo sapevo che qualcosa non quadrava,
pensò tra sé e sé il corpulento pirata mentre lesto si apprestava ad andare nella
stiva.
Come raggiunse Harlock, lo spettacolo che gli si parò davanti si rivelò
raccapricciante.
Tutto si sarebbe aspettato meno che un simile scenario.
Qualcuno aveva letteralmente decapitato Jess Corso. Infatti il suo corpo era
riverso in modo innaturale da una parte, mentre la testa era rotolata via dall’altra
e a terra, sul pavimento d’acciaio, c’era un’enorme pozza di sangue.
Note
JESS CORSO come
anticipato nel capitolo precedente è un altro reale protagonista di Dark Matter. Tutto ciò che avete
letto fin qui riguardo lui è canon. Ovvero è stato realmente sostituito dal
marito di una sua vittima, che si è fatto fare una plastica per essere identico
a lui,,è vero che è stato scoperto dal vero Corso casualmente e da lui successivamente ucciso, così come e
vero che Portia si era invaghita di lui e che lo ha vendicato uccidendo a sua
volta il vero Corso ma…e per ora basta
così con gli spiegoni :D
Sotto trovate una foto di Corso così potete vedere anche voi la sua faccia da
pirla! xD
Bibliografia
(Via
via verranno aggiunte varie informazioni all’equipaggio della Raza e questo
promemoria sarà d’ora in poi sempre alla fine di ogni capitolo, pronto per
esser consultato e fare chiarezza per chi ne avesse bisogno)
Jess Corso nome in codice “A”
Portia Lin nome in codice “B”
Marcus Boone, nome in codice “C”
Ryo Tetsuda, nome in codice “D”
Emily Kolburn nome in codice
“E”
Griffin Jones nome in codice “F”
Android nessun nome in codice
¤
Ringraziamenti Sparsi
GRAZIE, GRAZIE e ancora GRAZIE a chi ha avuto la (santa) pazienza
di aspettare questo aggiornamento così indecentemente ritardatario: Non sto
ogni volta a rifarvi la solita pappardella, il momento ora è così, molto
catartico, quindi scrivo, pubblico, leggo e recensisco solo quando posso,
quindi la mia eterna gratitudine va a chi mi segue con affetto nonostante sia
un periodo in cui riesco veramente a star poco dietro ad EFP (alcuni di voi
sanno i perché) e a chi ama, nonostante tutto, questa ficcia così bislacca.
Lovvovi!
♥
Un caro saluto carico di affetto a tutti quelli che continuano a mettere la
storia tra le seguite/ricordate/preferite :) GRAZIE!
♥
Disclaimer
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personaggi non originali; ovvero Capitan Harlock e i protagonisti
di Dark Matter, non mi appartengono, ma sono proprietà dei loro rispettivi
creatori e proprietari.
Invece la trama, così come i personaggi originali e qualsiasi altra cosa
inventata dalla sottoscritta, sono proprietà dell'autrice, cioè me :)
|
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Capitolo 9 *** 9 ***
9
NEL CAPITOLO PRECEDENTE
Harlock sta parlando con Yattaran dopo che
questi lo aveva contattato per raggiungerlo e potergli chiedere il permesso di
far collegare Android al Computer Centrale, nell’estremo tentativo, da parte di
Emily, di riattivarlo. Il primo
ufficiale, non sa però, che il suo Capitano ha appena rinvenuto il cadavere
mutilato di Jesse Corso, un vecchio membro della Raza, creduto ormai morto da
tempo e per mano di Portia, che è riapparso dal nulla e in modo del tutto
misterioso a bordo dell’Arcadia, creando tra tutti enorme scompiglio, anche se
viene fatto subito prigioniero.
«Yattaran, raggiungimi subito, sono dal prigioniero, ma se
incontri qualcuno depistalo, è estremamente importante, per precauzione, che tu
non porti nessuno della Raza quaggiù».
«Sarà fatto come voi volete» si affrettò a rispondere molto in ansia il primo
ufficiale.
Lo sapevo che qualcosa non quadrava, pensò tra sé e sé il corpulento pirata
mentre lesto si apprestava ad andare nella stiva.
Come raggiunse Harlock, lo spettacolo che gli si parò davanti si rivelò
raccapricciante.
Tutto si sarebbe aspettato meno che un simile scenario.
Qualcuno aveva letteralmente decapitato Jess Corso. Infatti il suo corpo era
riverso in modo innaturale da una parte, mentre la testa era rotolata via
dall’altra e a terra, sul pavimento d’acciaio, c’era un’enorme pozza di sangue.
***
«Qualcuno sta cercando di confonderci » gli disse subito il
Capitano guardandolo con espressione assorta.
«Che intendete dire?» gli chiese Yattaran esitante.
«A bordo temo ci sia un altro clandestino,
oltre questo qui, e naturalmente, quello che è svanito nel nulla».
«Non vi seguo molto bene…» mugugnò
il corpulento pirata grattandosi la testa.
A volte Harlock era davvero un po’ troppo
criptico, anche per la sua ciurma che era senz’altro abituata a quel modo così
essenziale di esprimersi.
«Rifletti. Non ti pare tutto molto strano?» lo incalzò l’altro
corrugando la fronte, con lo sguardo assorbito da una serie di pensieri che gli
si ricorrevano veloci in testa.
«Certo è evidente che mozzare una testa, non è un modo convenzionale di dare la
morte a qualcuno» ammise il primo
ufficiale, non essendo però del tutto convinto di aver afferrato il nocciolo
della questione.
«Quella per me è solo la punta dell’icerberg. Mi pare che tutti gli accadimenti
delle ultime ore siano troppo insoliti, ma anche eccessivamente eclatanti»
commentò il pirata guercio.
Yattaran si grattò di nuovo la testa e poi anche il mento, borbottò un pochino
e alla fine schioccò le dita. Ecco, ma certo! Ora sì che aveva capito che
intendesse dire.
Da quando quel Corso era arrivato, i membri della Raza si erano fin troppo
agitati. Il loro comandante Portia aveva addirittura
perso la bussola, e per quanto concerneva loro… all’improvviso, senza motivo apparente,
proprio mentre faceva queste congetture, la mente, di sua iniziativa gli guizzò
altrove e con un lampo gli rammentò il perché fosse lì e si ricordò anche che
aveva lasciato le ragazze da sole.
«Capitano! Il Computer Centrale!» sbraitò preoccupato.
«Che c’è Yattaran?».
«Yuki ed Emily potrebbero essere in grave pericolo»
farfugliò ansioso.
«Kei non è una novellina e il Computer Centrale, purtroppo, è già
fuori uso. Non credo che corrano alcun rischio, non per il momento. Dobbiamo
invece capire chi è che ha ucciso Corso e perché. Se troviamo l’assassino avremo in mano il bandolo della
matassa» gli rispose pacato Harlock, ignorando le sue pene, mentre pensoso,
continuava ad osservare quel cadavere mutilato, quasi cercasse da esso delle
risposte.
«Non ci vuole un genio per comprendere chi possa essere stato»
dichiarò il primo ufficiale, questa volta sicuro.
«È ovvio, il primo nome che viene a mente è
proprio quello di quel Tetsuda, che tra l’altro viaggia armato di varie spade
affilatissime, infatti, posso dire quasi con certezza, che questa decapitazione
è stata effettuata da un colpo inferto con una ōdachi1».
Yattaran lo ascoltava attento, ma senza ancora capire dove volesse
andare a parare.
«Quindi è per forza lui…» considerò a voce alta, questa volta però, senza
troppa convinzione.
«Gli indizi, per altro macroscopici, ci porterebbero dritti a questa
conclusione» sentenziò Harlock.
«Ma?» lo incalzò curioso il primo ufficiale.
Il Capitano si girò e lo guardò acutamente,
quindi rispose laconico «È decisamente tutto troppo scontato e poi ci sono altre considerazioni, relative all’arma,i
che mi fanno dubitare».
Seguì un attimo di silenzio totale, che infine fu rotto da Yattaran
«Avete ragione» confermò, quindi fece un sorrisetto vispo e aggiunse «Ne sapete
una più del diavolo voi, è impossibile farvela. Ora
però bisogna capire chi cercare».
«Intuitivamente direi nessuno tra i nostri, ma quasi sicuramente, neanche
nessuno tra quelli della Raza, ma è meglio non abbassare la guardia ».
«Certo Capitano che se così fosse, si sarebbero intrufolati un po’ troppi
clandestini su questa nave. O c’è una falla grossa quanto buco nero nel sistema
di sicurezza dell’Arcadia, o si tratta di qualcuno che conosciamo ed è al
corrente dei nostri segreti».
A quella seconda affermazione Harlock accennò
una sorta di grave assenso e Yattaran, allora, strabuzzò letteralmente gli occhi
«Non mi dite che state pensando a chi penso io?».
Il Capitano si rabbuiò di colpo «Io non penso niente. Non ho
nessuna prova. Alla fine potrebbe davvero essere l’opera di quel Tetsuda. Ora
smettiamo di perdere tempo in congetture e diamoci da fare» disse girandosi su
se stesso, eseguendo un movimento armonico, caratterizzato da quella sua eleganza
imponente e fluida che lo contraddistingueva, rendendolo unico tra mille
Yattaran capì al volo che s’era scurito. Qualcosa lo arrovellava, ma sapeva
anche che non avrebbe aggiunto una sola parola, neanche se lo avesse
interrogato.
«Che volete che faccia?» gli chiese allora.
«Torna dalle ragazze» suggerì.
All'istante il primo ufficiale si rammentò
che non aveva ancora chiesto ad Harlock il permesso formale di far collegare
Android al Computer Centrale, nell’ultimo tentativo disperato di provare a
risolvere quella sorta di guasto, che pareva ormai permanente. Dopo un attimo
di silenzio il Capitano gli diede il suo consenso, a patto però che stesse
molto attento e che alla prima avvisaglia, fosse stata anche un’inezia,
intervenisse tempestivo, usando addirittura la forza, ove fosse stato
necessario.
Stabilito ciò si congedarono
e si divisero.
Harlock si diresse subito verso l’altra ala della nave. Doveva organizzare
l’espulsione di quel cadavere diviso in due parti, ma prima voleva che il Dr.
Zero gli desse una bella occhiata.
***
«Alla buon’ora eh?» sbottò Kei verso
Yattaran, quando lo vide sbucare dalla paratia d’acciaio.
«Ero con il Capitano» le rispose sbrigativamente. Appariva visibilmente
preoccupato.
«Quello lo sapevo già, ma come mai ci hai messo così tanto? Ci sono novità per
caso?» chiese la donna scrutandolo di sottecchi. Aveva mangiato la foglia.
«Ve ne parlerà lui a tempo debito» tagliò corto.
«Per quanto riguarda Android invece?» s’intromise Emily.
«Ha dato il suo consenso a procedere, ma sappi che se tenti di fregarmi, non mi
farò intenerire. Sono pronto ad usare anche le maniere forti, se sarò
costretto».
«Ti preoccupi inutilmente. Procediamo piuttosto, mi pare che abbiamo sprecato
fin troppo tempo» tagliò corto la giovane hacker che era molto pratica e
sbrigativa.
Kei non intervenne. Era preoccupata. Era chiaro che qualcosa non stesse andando
per il verso giusto. Questi dubbi accrebbero la sua ostilità verso i loro
ospiti. Non capiva perché Harlock li avesse accolti con tanta facilità sulla
loro nave, né perché si fidasse di loro, per la prima volta le venne il dubbio
che l’infallibile intuito del suo amato Capitano si fosse improvvisamente
appannato. Chissà, magari era colpa di quella donna procace e risoluta che lo
stava confondendo. Un fitta di timore le trafisse lo stomaco. Innegabilmente
Portia non le andava proprio a genio e non solo per una questione puramente
protettiva nei confronti di Harlock, c’era qualcosa in lei che le metteva i
brividi, non avrebbe saputo dire che cosa fosse, ma lo percepiva a pelle.
Adesso però era forse il caso di mantenere alta la concentrazione, per non
farsi ingannare da quella ragazzina dai capelli blu e l’aria finto angelica, che stava collegando
quell’androide saputella, niente meno che al Sancta Sanctorum dell’Arcadia.
Bisognava stesse molto attenta e restasse vigile, per essere pronta a troncare
sul nascere qualsiasi tentativo d’insubordinazione di quelle due.
Nonostante le capacità di Emily e la duttilità di Android,
il collegamento al Computer Centrare si rivelò molto più ostico del previsto.
Il sofisticato sistema antivirus di quella macchina speciale, funzionava alla
perfezione. L’imponente cervello elettronico, in cui riposava l’essenza di
Tochiro, sembrava essere irrimediabilmente (almeno
per il momento) in stand by, una sorta di perpetuo off line e ogni tentativo
d’acceso osticamente precluso. L’unico segno di vita restava quel piccolo baagliore
che lampeggiava flebile.
Alla fine però la connessione ci fu, e a sorpresa, dopo pochi minuti,
d’improvviso, l’imponete fascio di cavi elettrici sembrò come rianimarsi. Una
dopo l’altra, mille luci colorate e intermittenti si ravviarono e l’imponente computer,
riprese vita, emettendo anche una serie di bip
bip, il classico suono prodotto dell’accensione dei computers.
«Devo avvisare il Capitano!» disse soddisfatto e pieno di gioia Yattaran.
«Aspetta» lo fermò subito Yuki, raffreddando il suo entusiasmo.
«Che c’è?» gli chiese l’uomo quasi spazientito.
«Aspettiamo che finisca del tutto la procedura e che quell’androide si
scolleghi. Potrebbe essere una trappola».
Emily sospirò roteando gli occhi al cielo. S’era data davvero un gran da fare e
aveva speso molte energie perché quell’allacciamento desse i suoi frutti, era
decisamente indispettita dalla totale mancanza di fiducia della bionda pirata.
«Meriteresti davvero un tiro mancino per quanto sei malfidata» sbottò «Non so
più che fare per persuaderti della nostra buona fede!».
«Devi solo provarci ragazzina» la provocò la bionda, agguerrita.
Ma mentre battibeccavano furono interrotti da
un evento straordinario e del tutto inatteso che li colse come un fulmine a
ciel sereno.
Basta così!
Non dovreste perdere il vostro tempo a guardarvi in cagnesco. Il Nemico, quello
vero, ne trae un vantaggio enorme. Sappiatelo!
«Diamine! Ma chi sta parlando?» chiese Yattaran girandosi
su se stesso per controllare il perimetro della sala, aiutato da Kei che fece
la stessa cosa, ma nel senso opposto al suo.
Silenzo.
«Sarah?» chiese invece tra lo stupito e il fiducioso Emily.
Sì sono proprio io Em. Sono felice che tu
mi abbia riconosciuta.
«E questa chi sarebbe, ma soprattutto dove si
sta nascondendo? Da dove ci stai parlando, eh? Esci fuori, subito!» minacciò
Yuki mettendo prontamente mano alla sua arma automatica. Non capiva che stesse
accadendo, era un timbro di voce strana
e pareva venire, assurdamente, da una sorta di altrove.
Emily la guardò con aria di sufficienza «Poi anche rinfoderarla, tanto non puoi
farle alcun male ».
«Questo lo dici tu» disse la Kei continuando ad ispezionare la
sala con la mitraglietta spianata pronta a sparare.
«Santo cielo falla finita! Sarah è già morta! E poi sarei io la saputella eh?»
gli spiattellò in cagnesco.
«Santi numi dei cieli!» esclamò a quel punto Yattaran basito.
Vi prego, datemi ascolto. Devo conferire subito con il vostro Capitano.
«Hai sentito?» disse Emily rivolgendosi direttamente a Yattran che
era rimasto a bocca aperta come una carpa.
«Chi mi dice che non sia un trucchetto del tuo maledetto androide?» chiese Kei,
puntando a quel punto l’arma contro la ragazza, per intimidirla. Ma non fu
Emily a risponderle.
Capisco perfettamente la tua diffidenza
ma al momento, purtroppo, nessuno è in grado di darti le certezze che vai
cercando. Dovresti andare oltre perché siete in grave pericolo. Sappi che il
vostro comune nemico si avvantaggia proprio di questo. La vostra disunione vi
rende vulnerabili. Il suo punto di forza è avervi colpito nelle vostre
debolezze e aver creato una gran confusione nella quale vi vuole mettere l’uno
contro l’altro! Ma vedrai che quando avrò parlato con Harlock, ogni tuo dubbio
si dissiperà. Stare qui a pontificare non serve a nessuno di noi. Rifletti.
Yuki
si guardò intorno con molta diffidenza. «Beh se credi
che porterò Harlock dritto dentro questa, che ha tutta l’aria di essere una
trappola, dovrai fare molto di più per convincermi, che rifilarmi un bel
discorsetto» disse risoluta rivolta a Sarah.
Mi sembra che è stato appena riacceso il
Computer Centrale no? E se realmente fossi una trappola non credi che avrei
scelto un mezzo meno scenografico e meno sensazionale per abbindolarvi?Piuttosto,
dammi ascolto, siete in pericolo. Devo conferire con Harlock!
«Parlate tanto di fiducia voialtri e poi ve ne venite fuori sempre con
qualche nuovo scherzetto» disse la
pirata, questa volta diretta alla ragazza «Chi sarebbe poi questa fantomatica
Sarah?» chiese come se non credesse all’esistenza reale dell’identità vocale
che stava comunicando con loro.
«Era la moglie di Boone» le replicò Emily abbassando lo sguardo.
«Cosa? Questo sì che un passo falso. Quel buffone avrebbe avuto una moglie?
Esiste davvero una donna che è in grado di sopportare le sue pessime battute?»
sbottò Yuki «Ecco, ora sì, che vi siete giocati ogni credibilità».
Emily, questa volta, s’infuriò sul serio, stava per risponderle veramente male,
ma Sarah la precedette.
Marcus, tu non sai chi sia. Lo giudichi solo da quel poco che hai conosciuto, o
meglio, da quel poco che ha voluto farti conoscere lui. In realtà si nasconde
agli altri, ma non è sempre stato così. È un uomo che ha saputo amarmi
moltissimo. Profondo e anche molto dolce, mi ha resa davvero molto felice.La
nostra è stata una grande storia d’amore, ma per causa mia ha sofferto
moltissimo. La sua vita non è stata facile, come per quasi tutti noi, così come
anche per voi suppongo, del resto la vita nell’iperspazio è davvero dura per
chiunque. Quella del buffone cinico e sfacciato, è una maschera che porta per
nascondere, ma anche soffocare, la sofferenza che si porta dietro. Mi ha persa
due volte ed è quasi impazzito dal dolore. Ora ha trovato questo suo modo di esorcizzare
il suo tormento, ma come ti ho detto, questa è solo una facciata.
Ero restia palesarmi, proprio perché non voglio ferirlo e martoriarlo ancora.
Ogni volta che ci mettiamo in contatto per lui è una gioia immensa, seguita da un
dispiacere sempre più acuto e profondo, che lo logora, facendogli a brandelli
l’anima.
Quella
voce di donna parlava e vibrava intensa nell’aria, l’angoscia che ella stessa
stava patendo nel riportare questi fatti così drammatici, si percepiva in modo
davvero diamantino.
Yattaran
volle crederle. «Il Capitano non è uno stolto e di certo non si farà fregare.
Andrò io ad avvertirlo, perché le credo, l’avverto sincera» affermò deciso. Fu
subito investito da uno sguardo carico di gratitudine da parte della ragazzina
dai capelli blu.
«Io invece resto scettica, ma forse è
davvero il caso di avvertire Harlock. Nel
dubbio però terrò per noi una via di uscita assicurata » replicò secca Kei
afferrando Emily e stringendola a sé, tenendola sotto tiro con la mitraglietta
puntata alla sua tempia.
Il primo ufficiale stava per
protestare con irruenza, ma la giovane hacker lo prevenne. «Va
bene così, non è un problema per me. E
ora va, muoviti, come dice Sarah non perdiamo altro tempo! ».
***
Nel frattempo, dall’altra parte della nave, il Dr Zero
stava dando ad Harlock le risposte che aspettava.
«Sì, ci avete visto giusto. L’arma deve essere quasi sicuramente una ōdachi1. E chi l’ha usata, non può che essere
un uomo molto possente e alto, visto che è stato capace di decapitare qualcuno
in posizione eretta».
Harlock stava riflettendo, la sua grande esperienza in fatto di armi gli
suggeriva, come poi confermato Zero, che il filo della lama di quella
particolare Katana, posto in direzione longitudinale, e la pressione che doveva
essere stata imposta sul taglio dato al colpo, parlasse chiaramente del fatto
che l’assassino dovesse essere, senza ombra di dubbio, un uomo, ma anche con
doti fisiche fuori dal comune. Ci voleva una forza disumana per tagliare di
netto una testa così, in piedi, e frontalmente. Il Capitano era infatti molto pratico
di armi antiche. Per questo motivo conosceva tutta la sapienza e la tecnica di
taglio che serviva per trovare e poi applicare, il miglior rapporto fra
pressione e strisciata del colpo,
rispetto al piano della superficie da
tagliare, che, combinati insieme alla velocità con cui veniva inferto il taglio
mortale2, potevano dare molte indicazioni
su chi avesse usato l’arma.
A quel punto aveva avuto conferma di quello che sospettava, ma ancora gli mancava
un tassello, che non riusciva proprio ad incastrare nel puzzle del quadro generale
che si era fatto; poi, d’un tratto, un lampo gli attraversò l’iride color miele
facendola brillare. Forse aveva trovato un punto di partenza da cui poter
svelare l’arcano.
«Preparalo per l’espulsione, ma non farne parola con nessuno. Ti dirò io
personalmente quando catapultarlo fuori. Fino ad allora conservalo nella cella
apposita» disse serio al Dottore.
Fu in quel preciso momento che Yattaran li interruppe facendosi vivo tramite la
ricetrasmittente. Molto concitato richiamò subito l’attenzione del suo Capitano
per dirgli che c’erano importantissime novità, e per questo, avrebbe dovuto
raggiungere immediatamente la sala del Computer Centrale, ma repentinamente la
sua voce fu coperta dall’inaspettato strillare dell’allarme, che investì loro e
tutta la nave con il suo stridio acuto. Era chiaro che fosse messaggero di
grave pericolo a bordo. Qualcuno stava cercando di manomettere qualcosa e
Harlock, intuendo cosa, si lanciò di corsa attraverso la porta dell’infermeria
e in pochi secondi sparì, inghiottito dal buio freddo e umido, che
caratterizzava i corridoi lunghi e tortuosi dell’Arcadia.
Note
1ōdachi (大太刀significa "grande grossa
spada", era un tipo di spada lunga giapponese. Per essere definita come
ōdachi, la spada doveva avere una lama lunga oltre 3 shaku (di poco sotto un
metro di lunghezza). Indipendentemente dalle dimensioni, molte ōdachi rinvenute
hanno iscrizioni religiose sul tang. Tuttavia, come molti termini nell'arte
delle spade giapponesi, non esiste una definizione esatta delle dimensioni di
una ōdachi. (fonte wikipedia)
2INFORMAZIONI
reperite su cultura.orientale.giappone.narkive.com,
sulle modalità di uso katane per
mutilare arti e parti del corpo, dove si specifica tra l’altro, che l’acciaio
affilato può tagliare carne ed ossa. Pratica che è possibile attuare non solo
con le katane, ma anche con le spade dei cavalieri medievali che sembra fossero
in grado di farlo.
Qui sotto, di
seguito, trovate due foto raffiguranti una vera ōdachi e un grafico relativo ai nomi originali e alle varie
grandezze di alcune katane (fonte www.vanillamagazine.it)
La ōdachi a cui mi riferisco in questo capitolo è la penultima contando dall’alto.
Bibliografia
(Via via verranno aggiunte varie
informazioni all’equipaggio della Raza e questo promemoria sarà d’ora in poi
sempre alla fine di ogni capitolo, pronto per esser consultato e fare chiarezza
per chi ne avesse bisogno)
Jess Corso nome in codice “A”
Portia Lin nome in codice “B”
Marcus Boone, nome in codice “C”
Ryo Tetsuda, nome in codice “D”
Emily Kolburn nome in codice
“E”
Griffin Jones nome in codice “F”
Android nessun nome in codice
Sarah nessun nome in codice
Spiegoni
domande e risposte
¤
Sono viva sì, sì sì!!!
Dunque finalmente ECCHIME!!!! Non par vero ma sono riuscita a concludere questo
capitolo. Forse non si capisce leggendolo, magari vi parrà pure una chiavica,
ma ci ho lavorato molto su.
Veniamo subito a noi tutto quello che avete letto riguardo Sarah è assolutamente
canon e vero nella serie Dark Matter. È l’ennesimo punto d’incontro con Capitan
Harlock che mi ha stimolato a confezionare questa storia. Anche lei come
Tochiro è uan sorta di entità spirituale, che nonostante sia oggettivamente morta,
vive nella Raza, in una sorta di altrove
(scusate ma non so proprio come descriverlo a parole, perché è un po’ di più
che una sorta di intercapedine spazio-temporale) e sì, avete letto bene, è
stata ed è tutt’ora l’unico vero grande amore di Marcus Boone, che con lei è un
uomo davvero innamorato e splendido. E mi fermo, per ora qui!
PS: Spero abbiate gradito il riassuntivo all’inizio che spero vi abbia subito
ricollegati mentalmente con il capitolo precedente ;)
¤
Ringraziamenti Sparsi
GRAZIE un MILIARDO di volte a chi ancora ha voglia e tempo di seguire questa mia
storia che arranca per motivi di assoluta mancanza di tempo che mi obbligano a
scrivere a spizzichi e bocconi, una volta ogni morte di papa! Sappiate che
avete tutta la mia gratitudine, voi tutti che leggete (e che con grande
sorpresa nonostante i lunghi stalli, aumentate pure), ma soprattutto voi che mi
lasciate il segno affettuoso e tangibile della vostra presenza, se non mollo è
PER VOI, sapeva telo!
♥
Infine grazie anche a tutti quelli che continuano a mettere la storia tra le
seguite/ricordate/preferite :)
♥
Disclaimer
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personaggi non originali; ovvero Capitan Harlock e i protagonisti
di Dark Matter, non mi appartengono, ma sono proprietà dei loro rispettivi
creatori e proprietari.
Invece la trama, così come i personaggi originali e qualsiasi altra cosa
inventata dalla sottoscritta, sono proprietà dell'autrice, cioè me :)
All pics are from google search.
Fan art by Jerome Alquie.
Graphic by me!
¤
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Capitolo 10 *** 10 ***
10
NEL CAPITOLO PRECEDENTE
Dopo aver scoperto il cadavere decapitato di Corso,
Harlock cerca di capire chi possa essere l’assassino e quanti eventuali
clandestini girino indisturbati sulla sua nave. Il tipo di arma e la modalità
con cui è stato ucciso l’ex membro della Raza sembrerebbe inchiodare Tetsuda,
ma il Capitano ha molti dubbi e un sospetto, gli manca solo qualche tassello
per poter definitivamente capire chi tira le fila di tutta la faccenda.Nel
frattempo concede il suo benestare a far collegare Android al Computer Centrale
con la segreta speranza che Tochiro si riprenda. La mossa si rivela vincente,
e, nonostante la diffidenza di Yuki, il Computer Centrale si rianima, ma non
solo, infatti a sorpresa si palesa anche l’essenza di Sarah, la moglie defunta
di Boone che ha informazioni da comunicare al Capitano
Yattaran
li interruppe facendosi vivo tramite la ricetrasmittente. Molto concitato,
richiamò subito l’attenzione del suo Capitano per dirgli che c’erano
importantissime novità e che, per questo, avrebbe dovuto raggiungere
immediatamente la sala del Computer Centrale, ma repentinamente la sua voce fu
coperta dall’inaspettato strillare dell’allarme, che investì loro e tutta la
nave con il suo stridio acuto. Era chiaro che fosse messaggero di un grave
pericolo a bordo. Qualcuno stava cercando di manomettere qualcosa e Harlock,
intuendo cosa, si lanciò di corsa attraverso la porta dell’infermeria e in
pochi secondi sparì, inghiottito dal buio freddo e umido, che caratterizzava i
corridoi lunghi e tortuosi dell’Arcadia
***
L’allarme,
contrariamente ai sospetti, si rivelò fasullo e rientrò quasi subito. Era
accaduto che, inavvertitamente, a causa della gravità dell’accaduto, mista alla
concitazione del momento, fosse stata lasciata aperta la cella dove era stato
rinvenuto il cadavere di Corso e che questi avesse fatto scattare la sirena di
allerta in tutta la nave, come se il prigioniero fosse fuggito e fosse in giro
per l’Arcadia. Una volta appurato ciò e rassicuratosi, Harlock, che si era
precipitato nella sala del Computer Centrale temendo il peggio, nonostante
avesse un assassino efferato in giro per la sua nave, sentì di dover riordinare
le idee per sbrogliare una volta per tutte la faccenda, per questo
estemporaneamente decise di ritirarsi nella sua cabina per conferire con Meeme.
«Ho bisogno del tuo aiuto» le disse mentre le offriva un calice di vino rosso.
L’aliena lo guardò con quei suoi enormi occhi gialli, indecifrabili e
decisamente non umani, poi prese il bicchiere e si scolò il contenuto tutto
d'un fiato.
«Devi ascoltare che cosa ha da dirti questa entità di cui ti ha parlato
Yattaran».
Harlock sospirò ma non lasciò trapelare niente dei pensieri che gli affollavano
la mente. «Voglio che tu venga con me. Saprai capire se mente. Non sono
infallibile, la tua empatia mi sarà molto utile» aggiunse prima di sorbire, a
sua volta, il nettare di Bacco.
Poi si alzò.
La yurana annuì e lo seguì in silenzio.
Una volta arrivati nella stanza dove si trovava il Computer Centrale, Harlock
chiese a tutti di uscire. A niente valsero le proteste di Kei che continuava a
temere per la sua incolumità. Lui con pazienza e fermezza la rassicurò e alla
fine la bionda pirata cedette, lasciandolo lì con Meeme.
Sarah si palesò subito.
Sono contenta che tu sia solo e non abbia
coinvolto altri membri dell’equipaggio della Raza, infatti credo sia meglio che
Marcus non sappia che “sono” qui, potrebbe prenderla molto male.
«Perché, chi sei tu? Riesco a sentirti come se fossi
davanti a me, ma non ti vedo» affermò il Capitano non senza scetticismo.
Il tempo stringeva, bisognava darsi una mossa e fu a quel punto che tra i due
s'intromise Tochiro. Fino a quel momento non si era palesato perché di fatto
poteva parlare solo con Harlock ed ora, che il suo caro amico era presente, si
fece avanti per semplificare le cose e accorciare i tempi.
Il pirata si mise subito in ascolto, mentre il grande Computer, con una serie
di suoni accompagnati da sfarfallii di luci colorate, conferì con lui, dando
via a quel loro modo unico e speciale di comunicare. Tochiro gli spiegò chi
fosse Sarah e il legame profondo che la univa a Boone, provocandogli, suo
malgrado, un forte disagio. Fu un po’ come spargere sale su ferite ancora
aperte. Il Capitano infatti non aveva mai dimenticato l'unica donna che avesse
espugnato il suo cuore, e che se l'era portato via con sé, strappandoglielo dal
petto, il giorno in cui era passata a miglior vita.
Maya, colei che aveva dato vita al suo perpetuo peregrinare nello Spazio e
l’aveva iniziato al valore assoluto della libertà tramutandolo in un pirata.
Meeme e Sarah nel frattempo erano rimaste in rispettoso silenzio, fino a quando
non fu proprio Harlock a rivolgersi alla moglie di Marcus.
«Tochiro mi ha appena spiegato tutto. Mi ha anche precisato che è stato lui a
trascinarti qui e che mi devo fidare di te» fece una breve pausa, poi quasi
come se fosse rassegnato sospirò e le chiese: «Tu sai chi è stato a decapitare
Corso?».
No. Ma posso dirti ciò che so con
certezza, ovvero il reale motivo per cui hanno tentato di mettere il vostro
equipaggio contro quello della Raza, così da distrarvi e tenervi alla larga dal
vero problema.
È in atto un piano diabolico da parte di un piccolo gruppo di uomini molto
influenti, che vogliono fare un golpe, per istituire una nuova dittatura.
Stanno organizzando un'azione di forza per sottomettere nuovamente le colonie e
creare, letteralmente, nuovi schiavi da utilizzare sia nelle miniere, che come
soldati kamikaze, ma anche come oggetti sessuali di ogni genere ed età, per
soddisfare le richieste di chi potrà comprarseli. Il loro scopo primario è
concentrare ricchezza e controllo totale, nelle mani di pochi: le loro.Una
volta messi voi dell'Arcadia e quelli della Raza fuori gioco, non avranno più
ostacoli insormontabili, anche perché la gente, lo sanno bene, vi seguirebbe se
vi metteste insieme a guidare una ribellione.
«Come sei venuta a conoscenza di tutto ciò?»
Quando
Tochiro mi ha trascinata qui, per avere il mio aiuto, nel passare dalla mia
dimensione alla sua, ho captato i pensieri di qualcuno. Ho letto nella sua
mente e tutto mi è diventato chiaro. Sicuramente è uno di loro, o una persona
che gli è molto vicina, perché è a conoscenza dei loro piani.
Ad Harlock la cosa parve un po’ bislacca. Si fidava
di Tochiro sapeva che non gli avrebbe mai mentito, ma tutta quella storia era
molto fumosa e troppo misteriosa. Il suo amico gli aveva spiegato che nel
momento in cui il Computer Centrale era andato in stand-by si era come
ritrovato in una sorta di limbo in cui aveva avvertito un'altra presenza,
rivelatasi poi Sarah. Aveva così scoperto che le loro essenze erano in grado di
comunicare. Aveva chiesto il suo aiuto fidandosi di lei, un vero azzardo, ma
non aveva a disposizione molta altra scelta e per fortuna aveva avuto ragione.
Nonostante queste delucidazioni, il Capitano restava comunque in allerta perché
gli pareva tutto molto campato per aria. In verità la ragione del suo disagio
forse era un'altra, ma lui non era ancora disposto ad ammetterla e si
concentrava ostinandosi ad essere diffidente verso Sarah. Meeme, che tutto
captava, gli toccò il braccio e gli fece un cenno di assenso con la testa,
facendo così danzare alcune ciocche dei suoi lunghissimi capelli viola.
Simultaneamente anche il Computer Centrale si illuminò trillando per qualche
secondo.
«Fidati, sembra davvero sincera» gli soffiò a bassa voce l'aliena.
Harlock allora decise di soffocare la sua razionalità e di dar credito
all'intuito della yurana, ma anche di quello del suo più caro amico Tochiro.
Erano in piena emergenza con ben due probabili clandestini a bordo, era
arrivata l'ora di catturarli e porre fine a tutta questa faccenda.
***
Marcus pareva come impazzito, senza neppure
ascoltarlo si era avventato contro Harlock che, con uno scatto agile e felino,
lo aveva scansato, parando senza troppa fatica il pugno che l'altro, intendeva
sferrargli in pieno viso.
«Dov'è lei?» gli urlò contro per nulla intimorito Boone, ma non poté aggiungere
altro perché un calcio alla bocca dello stomaco lo lasciò senza fiato,
facendolo piegare in due. Era stata Portia ad assestarglielo.
«Non è il momento di fare l'isterico. Abbiamo altri problemi. Con Sarah potrai
metterti in contatto dopo» lo apostrofò gelida dopo averlo quasi atterrato.
«No. Lo farà ora». Intervenne a sorpresa il pirata prima di aiutarlo a tirarsi
su.
Kei lo guardò allibita «Capitano sono pronta a seguirti fino alla morte e non
voglio discutere il tuo modo di agire, ma aiutami a capirti. Come puoi lasciare
dei clandestini liberi di scorrazzare per la nave e perdere tempo con
quest'uomo?».
«Ho le mie ragioni» le rispose laconico e severo.
Così, nonostante lo stupore generale, non poterono far altro che guardarli
mentre si allontanavano, in direzione sala Computer Centrale.
Fu allora che Meeme decise di prendere la parola.
Poco prima era stato reso noto a tutti loro della morte di Corso, senza però
scendere nel particolare della sua decapitazione, poi Harlock aveva voluto dir
loro anche di Sarah. Era stato in quel momento che Marcus aveva perso la testa.
«Credo che il Capitano stia cercando un'ulteriore conferma. Ho percepito
chiaramente che c'è qualcosa che lo turba profondamente e non è solo a causa
della tragica analogia tra lui, Maya, Marcus e Sarah, credo che ci sia
dell'altro».
«Di che analogia stai parlando?» chiese Portia all'aliena. Pareva molto
interessata.
«Non sta a me parlartene, ho già detto troppo» le rispose Meeme.
«Forse anche Harlock aveva una moglie che è morta?» si domandò Android «Potrei
vedere se recupero dei dati agganciandomi alla rete di informazioni archiviate
nel mio data base».
«Non mi sembra il caso di perdere tempo in queste cose» commentò pratica Emily.
«Harlock non è mai stato sposato» sentenziò Yattaran.
«Come fai a dirlo? C'è una parte della sua vita di cui non sappiamo niente»
ribatté Yuki. Ora forse capiva perché a tratti si comportasse in modo così
strano. Da donna, in cuor suo, sentiva da sempre che qualcosa lo logorava, ma
non avrebbe mai immaginato che il Capitano fosse stato innamorato e forse,
addirittura sposato. La cosa la sconvolse profondamente.
«Sì, secondo fonti accreditate sembra che il giovane Harlock, ai tempi in cui
era ufficiale dell’aviazione terrestre, fosse innamorato di questa ragazza di
cui conosciamo solo il nome: Maya, nota anche come La voce della resistenza.
Una fuorilegge catturata e uccisa dagli Illumidas, per la sua attività
sovversiva, dato che diffondeva via radio appoggio alla ribellione.
Dicerie mai ufficialmente confermate affermerebbero che i due sarebbero stati
proprio sposati1»
cantilenò Android che facendo di testa sua aveva cercato comunque informazioni.
Meeme non commentò, ma lei già sapeva. Yattaran rimase a bocca aperta dallo
stupore e Yuki sentì una fitta al cuore. Ora poteva capire molte cose che prima
proprio le sfuggivano, e si rammaricò molto per triste sorte toccata al suo Capitano
e alla donna che amava.
Anche Portia rimase abbastanza turbata da quella scoperta. C’erano un sacco di
analogie tra quell’equipaggio e quello della sua Raza. Un filo sottile sembrava unire le loro
disperazioni. Era come se il destino avesse voluto che si trovassero, perché
c’erano tra loro grosse affinità, ma anche unità d’intenti, sebbene avessero
metodi e tempistiche diverse.
***
Appena Marcus era entrato nella sala del Computer
Centrale e si era connesso con Sarah era subito caduto come in una sorta di
catalessi.
Versava in uno stato di semi incoscienza, le palpebre socchiuse sbattevano
ritmiche e veloci, rivelando, a tratti, movimenti rotatori dei bulbi oculari,
come quando si è in fase rem durante il sonno.
Harlock vigilava attento e severo. Il tutto durò poco, solo un paio di minuti,
poi Boone rinvenne. Era stravolto, il suo viso mostrava una gamma di emozioni
contrastanti.
«Sì è proprio lei, la mia Sarah. Te lo confermo» asserì.
«Come fai ad esserne assolutamente certo?» gli chiese il Capitano scrutandolo.
«Perché sono l’unico che riesce a vederla2» gli rispose con uno sguardo che tradiva un misto
tra rabbia e dolore.
Harlock sembrò molto turbato da quella rivelazione.
«E com’è possibile ciò?».
Gli rispose Sarah.
Sono
in connessione neurale con lui, in questo modo riesco a proiettare la sua
capacità cognitiva in una bolla spazio temporale in cui interagiamo ad un
livello onirico-cosciente. Possiamo vederci, ma anche avere interazioni
fisiche. Un po’ come succede in quei sogni che sembrano “veri”, solo che in
questo caso è oggettivamente tutto reale, anche se spostato su un altro piano
percettivo-temporale.
Harlock
istintivamente strinse i pugni fino a far gemere la pelle dei suoi guanti.
Gli si era rimescolato qualcosa dentro, ma volle soffocarlo all’istante.
Che
cosa ti sconvolge così profondamente? Avverto una grande sofferenza che tenti
ostinatamente di reprimere, ma che di sicuro si alimenta dei tuoi silenzi
crescendo sempre più.
«Niente» fu la risposta secca del pirata, che poi si
rivolse a Boone «Dobbiamo andare».
«Non posso lasciarla qui, indifesa, alla mercé del nemico» .
«Abbiamo altre priorità al momento. Non
credo che la possano aggredire».
«No. Ma potrebbero farla sparire! La mia priorità è Sarah. Non l’abbandonerò da
sola».
Non
può accadermi niente Marcus.
«E se rimanessi per sempre intrappolata qui? Se io
non potessi più vederti? ».
«Ti arruolerei sulla mia nave» tagliò corto il Capitano artigliandogli il braccio
con una presa d’acciaio.
Ma qualcuno interruppe la loro discussione e parlò, riuscendo a prevenire anche
Sarah che non poté fiatare, né avvisarli.
«Su via, non datevi pena signori. Tanto a breve sarete tutti morti e vi
ritroverete nell’aldilà» commentò beffardo, uscendo inaspettatamente, da un
punto morto della sala, il redivivo Dupont. Il suo viso era contratto in un
ghigno malvagio e la sua voce aveva un timbro strano. Sembrava lui, ma forse
non lo era affatto. Probabilmente il correttore retinale che stava usando era
difettato3.
Impugnava una mitraglietta e li teneva sotto tiro.
«Ditemi gentili signori, preferite
obbedirmi con le buone, o devo farvi assaggiare il mio raggio laser?».
«Chi sei realmente?» gli chiese freddo Harlock.
«Chi sono, chi ero, che importanza ha?».
«Hai ucciso tu Corso?» insisté il Capitano.
«Forse non ti è chiaro, ma qui le domande le faccio io dato che vi tengo sotto
tiro».
«Che cosa vuoi da noi?».
«Ah ma allora sei testardo, eh?» ribatté Dupont, o chi per lui «Raduna qui
tutti gli altri».
«E se ci rifiutassimo?» intervenne Boone.
«Vi ammazzo subito, ma prima faccio saltare in aria questo bel computerone,
solo per godermi le vostre facce, pare che abbiate a cuore questo ammasso di
ferraglia, ci parlate pure, vi ho visti sapete? Per me siete un po’ esauriti,
ma ognuno ha le sue manie, chi sono io per giudicare?».
«Nessuno, ma per fortuna ti piace un sacco chiacchierare» disse Yattaran cogliendolo in castagna e puntandogli la sua
pistola alla nuca.
Harlock aveva acceso il trasmettitore e poi, in qualche modo, aveva cercato di
prendere tempo, così che il primo ufficiale potesse correre in loro aiuto,
sperando che lo sentisse.
Per fortuna Yattaran era in ascolto e aveva subito mangiato la foglia. Ed era
corso a controllare che cosa stesse accadendo, allertando gli altri.
Quello però, reagì repentino. Con uno scatto davvero fulmineo prima gli assestò
una potente gomitata in faccia facendogli scricchiolare le ossa del naso, poi
si girò velocissimo, gli afferrò il braccio e con una sola mossa lo atterrò.
Infine lo agguantò e lo alzò di peso e come se fosse stato un pupazzo di gomma
piuma, lo scaraventò con inaudita forza contro una delle paratie di ferro
facendolo svenire. Quindi, sempre con una velocità incredibile, non lasciando
agli avversari alcun tempo di reattività, si lanciò su Harlock e Boone che non
ebbero neppure il modo di mettere mano alle armi. Quel tipo, che a questo punto
era certo che non fosse Dupont, si muoveva in un modo che non aveva niente di
umano e loro capirono di essere spacciati. Li avrebbe potuti comodamente
uccidere a mani nude.
Boone fu tramortito nello stesso identico modo toccato a Yattaran, Harlock
invece fu più bravo a scansare alcuni colpi e cercò di resistere, ma, ad un
certo punto, quello riuscì a prenderlo per il collo e, come se fosse un
fuscello, lo sollevò da terra.
«Voglio farti uscire quell’unico occhio che hai dall'orbita! Anzi voglio farti
esplodere la testa!» gli ringhiò contro, belluino.
Il Capitano in un ultimo sforzo estremo, raccolse tutte le energie rimastegli e
gli assestò un colpo nelle parti basse, subito dopo gli sferrò un pugno in
pieno viso, caricato di tutta la forza che aveva in corpo. Il finto Dupont
barcollò e fece qualche passo indietro, ma si riprese riuscendo a non cadere.
«Per essere umano hai una gran bella forza, ma con me non ce la puoi fare. Ti
farò a pezzi!» lo minacciò ancora più inferocito.
«Ehi, stronzo! Vieni a batterti con un tuo pari» irruppe Portia entrando in
rincorsa e assestandogli un calcio volante alla mascella che lo fece cadere
rovinosamente a terra. Non era la prima volta che il comandante della Raza
rivelava possedere anch’ella una forza non umana. C’era qualcosa di terribile
che li accomunava: era chiaro.
Il tonfo fu bello pesante e il figuro incassò il colpo, ma riuscì, dopo qualche
secondo di stupore, a rialzarti non senza barcollare un po’.
«Maledetta, fatti sotto! Sei obsoleta, ti ridurrò in pezzi!» le urlò contro
schivando un paio dei suoi colpi, mostrando sorprendente agilità, quasi come se
l’avesse assorbita da Harlock, visto che sembrava replicare alla perfezione
alcune delle sue mosse.
«Questo lo vedremo» gli rispose la donna protesa in
avanti in assetto da combattimento, per nulla intimorita e pronta ad
attaccarlo.
Boone e Yattaran erano svenuti, ma Harlock no, quindi sfoderò il suo Gravity
Saber pronto a far fuori quell’energumeno travestito da Dupont, ma qualcuno lo
fermò.
«Io direi di lasciarli combattere, vediamo chi è davvero l’arma migliore tra i
due» gli disse una voce familiare che lo fece sussultare e che poi aggiunse:
«Dai a me il Gravity e stai fermo. Ho un detonatore in mano» disse
mostrandoglielo «Posso far saltare in aria l’Arcadia quando voglio».
In quel momento, scorgendo il viso di chi stava parlando, i peggiori incubi di
Harlock si erano appena avverati, tutti insieme.
Note
1Faccio riferimento a L’Arcadia della
mia Giovinezza, in cui ad un certo punto (almeno nella versione doppiata in
italiano) Tochiro parlando con Esmeraalda si riferisce a Maya come alla moglie
di Harlock.
2In reltà nella serie anche Emily riesce a
vedere Sarah, ma per comodità narrativa ho voluto, in questa fic, che solo
Marcus potesse farlo.
3CORRETTORE RETINALE giù usato nel capitolo 7 è
un congegno che a vista sembra una
penna, il quale emette dei raggi che hanno la funzione di ingannare la vista di
chi guarda e che creano una sorta di schermo olografico o similare, che mistifica la realtà oggettiva, cambiando
i connotati morfologici di chi lo usa. Questo congegno non è una mia invenzione
mal’idea l’ho rubata alla serie The Flash.
_______________________________________________________________________________________
Bibliografia
(Via via verranno aggiunte varie
informazioni all’equipaggio della Raza e questo promemoria sarà d’ora in poi
sempre alla fine di ogni capitolo, pronto per esser consultato e fare chiarezza
per chi ne avesse bisogno)
Jess Corso nome in codice “A”
Portia Lin nome in codice “B”
Marcus Boone nome in codice “C”
Ryo Tetsuda nome in codice “D”
Emily Kolburn nome in codice
“E”
Griffin Jones nome in codice “F”
Android nessun nome in codice
Sarah nessun nome in codice
____________________________________________________________________________________
Spiegoni
domande e risposte
¤
Buongiorno
cari lettori vicini e lontani!!!!
Sarò breve e coincisa perché ho un mal di schiena che mi affligge assai e che
mi ha impedito, tra le altre cose, di aggiornare ieri :(
Come forse, ormai state notando anche voi, le analogie tra Dark Matter e
Capitan Harlock sono davvero molte.
Quello che avete letto su Marcus e Sarah, e cioè che riescono a vedersi, in una
sorta di altrove (che ho cercato di spiegare come meglio potevo attraverso le
parole di lei) e interagire anche fisicamente è assolutamente canon e presente
nella serie. Così come la forza disumana di Portia e del (chiamiamolo) nuovo
arrivato fake Dupont sono canon, poi più avanti capirete perché.
Detto ciò vi saluto e come avrete visto anche questa volta, dato che lo avete
molto gradito vi ho rimesso il riassunto, o come dicono nelle serie straniere
il “Previously on Legends” xD
¤
Ringraziamenti Sparsi
GRAZIE ancora una volta per essere qui e per aver letto questo capitolo, lo apprezzo
davvero moltissimo.
Siamo quasi in dirittura d’arrivo, teniamo duro (io scrivere e voi a leggere) e
ce la faremo ;)
♥
Ancora un grazie doveroso a tutti quelli che continuano a mettere la storia tra
le seguite/ricordate/preferite, lovvovi :)
♥
Disclaimer
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personaggi non originali; ovvero Capitan Harlock e i protagonisti
di Dark Matter, non mi appartengono, ma sono proprietà dei loro rispettivi creatori
e proprietari.
Invece la trama, così come i personaggi originali e qualsiasi altra cosa
inventata dalla sottoscritta, sono proprietà dell'autrice, cioè me :)
All pics are from google search.
Fan art by Jerome Alquie.
Graphic by me!
¤
|
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Capitolo 11 *** 11 ***
11
NEL CAPITOLO
PRECEDENTE
L’Arcadia è stata messa sotto duro attacco. Finalmente
si scopre che sotto mentite spoglie qualcuno, che sembra essere una vecchia
conoscenza del Capitano, è a capo di una missione per far fuori entrambi gli
equipaggi, qualcuno che forse è anche legato alla Coalizione, che come ha
scoperto Sarah ha piani terribili. L’entità è riuscita a conferire con Harlock
e a conquistare la sua fiducia, malgrado abbia risvegliato in lui amari ricordi
riguardanti il suo unico grande amore: Maya.
Ma chi è che cela veramente il correttore retinale?
…In quel
momento, scorgendo il viso di chi stava parlando, i peggiori incubi di Harlock
si erano appena avverati, tutti insieme…
***
Anni prima sull'Arcadia...
«Allora hai deciso? Vuoi davvero che il ragazzo
rimanga sulla nostra nave?».
Harlock osservò per qualche secondo Yuki, poi abbozzò quel suo tipico accenno
di sorriso sghembo e annuì. Era contento e gli capitava molto di rado. Certo
Tadashi era una testa calda, un ragazzino pieno di rabbia, ma con il tempo, ne
era certo, sarebbe maturato.
In parte fu così, ma in parte decisamente no.
Daiba si fece le ossa come membro dell’Arcadia e nonostante svariate intemperanze,
nel tempo era effettivamente cresciuto. Durante la sua permanenza a bordo, suo
malgrado, si era perfino era innamorato di Kei e questo aveva finito complicato
ulteriormente le cose. La ragazza pareva lusingata dalle sue attenzioni, d'altronde
oltre che una piratessa era pur sempre una donna e l’interesse di quel ragazzo
la riconciliava con la sua femminilità, ma nonostante ciò, i suoi occhi erano
solo per Harlock. Lo venerava e pur non facendolo di proposito, ogni uomo
dell’Universo, usciva perdente da quell’ingombrante paragone. Quando Tadashi si
rese conto di come stavano veramente le cose, d’impulso abbandonò all’istante
la nave, con grande rammarico da parte di Harlock, che però, fedele al suo
credo, lo lasciò andare via, libero di seguire il suo destino altrove.
Diverso tempo dopo, accadde che si presentasse un altro ragazzo, di nome Logan
che chiese formalmente di essere reclutato sulla leggendaria Arcadia. Harlock
questa volta fu più guardingo. Ci mise più tempo ad accettarlo sulla sua nave,
ma alla fine gli concesse il beneficio del dubbio e dopo un lungo tirocinio
divenne anch’egli un membro effettivo dell’equipaggio.
Logan non era neppure lontanamente paragonabile a Tadashi. Non si somigliavano
per niente. I loro due caratteri erano completamente diversi, eppure entrambi erano
riusciti a scalfire la pesante corazza del Capitano, ed erano diventati un po’come
una specie di suoi figliocci.
Per dovere di cronaca, è giusto dire che le motivazioni che avevano spinto
Logan a salire su quella nave non erano state, all’inizio, propriamente nobili
e sincere.
In realtà era un infiltrato in incognito mandato dal governo, in concreto era una
talpa che agendo dall’interno, avrebbe dovuto tradirli, ma poi le cose si erano
evolute in modo diverso e tutto era cambiato.
Il carisma di Harlock e la magia di quella vita piratesca lo avevano coinvolto,
e, quasi per uno scherzo del destino, com’era capitato al suo predecessore, anche
lui, era rimasto stregato dalla bellezza di Yuki, di cui si era poi invaghito.
A differenza di Tadashi però non aveva mai fatto trapelare molto i suoi
sentimenti, se non qualche regalarle occhiata furtiva e il voler esserle sempre
accanto, in prima linea, a tutti i costi. Sembrava quasi che prendesse tempo. Yuki di contro era molto amichevole e
comprensiva nei suoi confronti, ma come lo era un po’ con tutti a dire il vero.
Nessuno seppe mai dire se tra loro ci fosse stato qualcosa, anche di minimo. Il
ragazzo era molto riservato e Yuki, sebbene avesse capito ormai da tempo, che
con il Capitano non avrebbe mai avuto alcuna possibilità di corrispondenza
d’amorosi sensi, non si era mai sbilanciata, né aveva fatto trapelare niente
riguardo a ciò che provava, o non provava, verso Logan, anche se la sua
compagnia non le dispiaceva affatto.
Ma il destino non fu per nulla benevolo con l’ultimo membro dell’Arcadia,
purtroppo, avendo disatteso il compito affidatogli dai servizi segreti
governativi, divenne in breve tempo un nemico pubblico dello stato. Una volta
scoperto il suo tradimento venne incriminato come spergiuro e ovviamente fu
subito braccato in tutte le galassie. Non poteva affacciarsi in alcun spazioporto,
pena l’arresto per lui e per chi eventualmente lo avesse coperto, o aiutato. Questo
però non fu mai un problema per il Capitano, né per gli altri componenti
dell’Arcadia che lo ritenevano a tutti gli effetti uno di loro, ma Logan,
sapendo di essere una minaccia troppo grande per i sui compagni, alla fine,
prese anch’egli una decisione davvero drastica. Non solo abbandonò la nave
pirata, ma fu costretto a cambiare completamente identità, trasformandosi in
Nagol. Grazie alla sofisticata tecnologia del correttore retinale poté
nascondersi nei bassifondi di vari spazioporti, tra i quali si spostava di
continuo per far perdere le proprie tracce, mischiandosi a una moltitudine d’invisibili che vivevano ai margini della
società. Aveva scelto questa non vita per non dare nell’occhio, ma soprattutto
per salvaguardare Harlock, la sua ciurma e la donna di cui era innamorato. Inutile
dire che anche questa volta, Harlock, che aveva individuato in lui un suo
papabile delfino, restò molto amareggiato, ma come accadde per Tadashi, non
mosse un solo muscolo del viso per convincerlo a restare. Una volta capite le
sue ragioni e acclarata la sua fermezza, lo lasciò libero di seguire anch’egli
la sua sorte, qualunque essa fosse.
***
Arcadia
- tempo reale
Portia era davvero malconcia. Aveva incassato una serie di colpi molto violenti
e perdeva sangue dal naso, aveva il labbro inferiore spaccato, un sopracciglio
aperto e zoppicava, ma nonostante ciò sembrava più agguerrita che mai. Ogni
volta che veniva atterrata, o sbattuta con violenza contro le paratie della
nave, stoicamente si rialzava e tornava a fronteggiare il suo avversario.
L’energumeno invece era quasi illeso e pareva divertirsi molto a massacrarla di
botte, anche se non era ancora riuscito a metterla del tutto fuori combattimento.
Infatti ogni tanto la donna riusciva a
colpirlo e quando ci riusciva, lo destabilizzava, facendolo anche barcollare e
indietreggiare, ma purtroppo i colpi di Portia non risultavano mai così
efficaci da metterlo definitivamente al tappeto, né da ferirlo seriamente.
«Te l’ho detto: sei obsoleta» le ribadì sferrandole un pugno così forte che la
fece letteralmente volare a qualche passo da lui, rovinando poi pesantemente a
terra. Questa volta Portia, tremò e poi rimase completamente inerme.
«Che devo fare la smembro?» chiese il finto Dupont al suo compare, il tipo con
il detonatore in mano che teneva sotto scacco Harlock.
«No. Non perdiamo tempo, piuttosto vai a catturare il resto dell’equipaggio,
poi torna a prendere questi tre e rinchiudi tutti nella stiva, muoviti!».
«Ottimizziamo i tempi me li porto dietro» disse l’energumeno, mettendosi Portia
in spalla e afferrando per i piedi gli uomini trascinandoli via con sé.
Il Capitano a quel punto si girò di tre quarti cercando, con la coda
dell’occhio buono, di scorgere ancora meglio il volto di chi lo stava minacciando.
Fu così che ebbe la conferma di ciò che già sospettava. «Puoi anche porre fine a
questa farsa» gli disse tagliente, una volta che furono rimasti soli. Sembrava anche
se a dire il vero era molto in pena per la sorte toccata a Portia, Yattaran e
Marcus.
L’altro allora lo fronteggiò palesandosi. Lo guardò di sbieco e gli rispose con
una nota di odio liquido nella voce: «Credi sempre di essere un passo avanti a
tutti vero Harlock? Ma questa volta credo proprio di averti fottuto!».
«E ciò ti fa stare meglio?» gli chiese cupo il pirata.
«Sì, perché mi libera dal tuo ingombro» gli rispose stizzito.
«Sei una vera delusione» commentò con un pizzico di rammarico il Capitano.
«Il solito presuntuoso che pensa di aver capito sempre tutto e tutti» rispose
l’altro seccato.
«Allora spiegati, cosa non avrei capito?» lo provocò.
«Non sei uno stupido conosci bene il motivo da cui sono stato mosso».
Usava giri di parole, sembrava non voler parlare chiaramente di
quell’argomento, evidentemente la cosa gli faceva ancora male. Harlock lo intuì
e decise di giocare al meglio le sue carte.
«L’amore?» gli chiese accennando una smorfia amara.
«Che ne vuoi sapere tu dell’amore? Sei un uomo freddo imperturbabile che non sa
neppure che cosa sia il barlume di un sentimento» gli si rivoltò livido l’altro.
«Credimi, vorrei davvero che fosse così» rispose laconico il pirata. Ed era
dolorosamente sincero.
«Non cercare di fare il furbo, tanto non ci casco».
Fu a quel punto che Harlock ebbe un guizzo e cogliendolo di sorpresa, fulmineo gli
si avventò contro e gli artigliò il polso della mano in cui teneva il
detonatore. Lo bloccò in una morsa d’acciaio, impedendogli così di poterlo
azionare. Si limitò però a questo, evitando gesti inconsulti, per non rischiare
inutilmente di far saltare in aria tutta la sua nave.
Il suo occhio non tradì alcuna emozione nell’incrociare diretto lo sguardo di
chi lo stava minacciando, anzi la sua espressione appariva dura, fredda e
determinata.
«Tu non sai proprio niente dell’amore» gli sussurrò incombente, aumentando
l’intensità della stretta, facendolo gemere dal dolore.
«Smetti o faccio davvero un macello!» balbettò l’altro.
«Fallo dunque!» ringhiò Harlock fissandolo dritto negli occhi.
«Vigliacco! Faresti morire tutti i tuoi uomini?» piagnucolò allora l’attentatore.
«E tu invece faresti saltare in aria la donna che ami? È questa la tua nobile
idea dell’amore? » poi lo strattonò per il polso facendogli compiere una
torsione del braccio, con ripiegamento su se stesso, e aggiunse «Ma soprattutto,
tu, sei pronto a morire?».
Harlock stava ovviamente prendendo tempo non potendo,al momento, fare altro.
«E tu?» lo rimbeccò gemendo l’altro leggermente ingobbito per lenire il dolore.
«Lo sono da molto tempo» gli rispose schietto Harlock.
«Sei il solito! Fai sempre queste affermazioni plateali d’effetto, ma in realtà
sei un cinico un menefreghista. Ti piace fare i grand’uomo e ti senti al di
sopra di tutto e tutti!».
«Anche tu non sei cambiato. Sei infantile, rabbioso e immaturo».
«Avrei dovuto lasciarti uccidere dal nostro Fighter1».
«Uccidimi tu se ne hai il fegato» lo provocò il Capitano, cogliendolo ancora in
contropiede.
Quello, allora, come se di colpo si fosse riacceso da un torpore mentale, si
ricordò di essere armato e con la mano libera estrasse la pistola dalla fondina,
poi, livido di rabbia gliela premette spavaldo contro.
«Bravo. Ora però metti via quel detonatore e regola con me il tuo conto,
Tadashi!» gli disse smascherandolo definitivamente Harlock che aveva ottenuto
ciò che voleva, spostare la sua attenzione solo su di lui.
Il ragazzo, che grazie al correttore retinale, aveva preso le sembianze di
Nagol, sgranò gli occhi sorpreso.
«Come l’hai capito?» gli chiese con la pistola che gli teneva ancora premuta addosso,
tremando appena.
«L’ho sempre sospettato. Fin da quando ti sei ripresentato sull’Arcadia con la
falsa identità che hai chiamato Logan. Ho sempre saputo che era una messa in
scena, che in realtà eri sempre tu e che eri ritornato sull’Arcadia solo per
lei».
«E perché non mi hai smascherato allora?».
«Perché volevo darti una seconda occasione e perché mi sembravi maturato, hai
rinunciato a tradirci e poi te ne sei andato, credevo fosse finita lì, ma evidentemente
mi sbagliavo. La tua rabbia e la tua gelosia ti dominano ancora, allora come
oggi».
«Credi che non ti ammazzerò vero?» lo rimbeccò Tadashi.
«Fai quello che devi, ma risparmia la mia ciurma e la donna che dici di amare.
Ti hanno accolto come uno di loro, non meritano di morire perché ce l’hai con me».
«Devo fare come ho programmato, lei mi ucciderebbe con le sue mani se scoprisse
che ti ho fatto del male».
Harlock allora decise di sfruttare la sua debolezza per Yuki per immolarsi e
salvare la sua ciurma e quella della Raza:
«Mi puoi ammazzare e andartene con il mio cadavere. Non è necessario fare una
strage, i tuoi padroni saranno soddisfatti».
Il ragazzo sembrò tentennare.
A quel punto Harlock tentò il tutto per tutto e decise di calare il suo asso
nella manica.
«Sappi che se invece volessi tornare con
noi, garantirò io stesso per te e potrai tornare a essere nuovamente uno di noi».
Quindi lo guardò come se volesse scavargli dentro e investendolo con la potenza
del suo enorme carisma aggiunse: «Sei libero di fare la tua scelta».
Tadashi si sentì improvvisamente confuso e insicuro. Per molto tempo aveva
lavorato duramente per assumere la falsa identità di Logan, con la quale aveva
avuto una seconda occasione per risalire sull’Arcadia, vendicarsi di Harlock e riconquistare
Yuki, ma poi, anche quella volta gli era andata male e così era come impazzito,
giurando al suo cuore che questa volta avrebbe chiuso i conti. Pentitosi
amaramente di non aver portato a termine la sua missione d’infiltrato come Logan,
e di non aver consegnato il Capitano come avrebbe dovuto, aveva passato gli ultimi anni a riabilitarsi
agli occhi del governo. Era stato un lavoro duro, impegnativo, snervante. Per
riuscirci aveva speso tempo ed energie e aveva messo a rischio tutta la sua
credibilità, aveva messo la sua vita nelle loro mani, perché se avesse fallito,
lo aspettava un’esecuzione immediata. Era stata durissima per lui riuscire
nell’impresa ma grazie all’indulgenza concessagli, grazie a suo padre, e al suo
grande lavoro svolto per la coalizione, dopo tanta fatica, c’era riuscito.
Era stato così completamente assorbito da questo scopo, ovvero farla pagare ad
Harlock, reo ai suoi occhi di aver reso cieca e sorda Kei alle sue attenzioni e
al suo amore, che la sua vita aveva perso la direzione che aveva abbracciato un
tempo. Secondo lui il Capitano aveva rovinato tutto, compresa Kei, che per
colpa sua era rimasta intrappolata in un ideale d’uomo irraggiungibile, invischiata
in questo miraggio come una mosca in una ragnatela. Così ora che finalmente era
ad un passo da ottenere il suo scopo, ciò per cui aveva vissuto per anni,
nutrendosi d’odio, non era più certo sul da farsi. Questo perché com’era già
accaduto in passato, le parole di Harlock lo avevano messo in crisi.
Libero di scegliere…
Che cosa avrebbe dovuto scegliere, di essere di nuovo ignorato dalla donna che
amava? Di vivere all’ombra di colui, che a suo dire, l’aveva privato del bene
più prezioso?
Si sentiva vinto e perdente.
Forse l’unica scelta davvero possibile era premere quel grilletto e farlo
fuori. Un solo colpo e quell’uomo imponente e ingombrante sarebbe sparito per
sempre, liberandolo per davvero.
Harlock si rese conto che non c’era più molto tempo da perdere e approfittando
di quel momento di vulnerabilità del ragazzo, lesto, rischiando la morte, gli sfilò
di mano il detonatore e con un calcio lo fece carambolare via, lontano da loro.
«Mossa veramente stupida! Ora davvero non c’è più niente che mi trattenga da
farti saltare le cervella!» farneticò con gli occhi di fuori Tadashi che
purtroppo era ancora armato.
Ma proprio in quel momento un rumore molto forte, secco, metallico, come di un
pezzo di ferro che cadeva a terra da molto in alto, catturò la loro attenzione.
Emily aveva appena svitato una griglia del condotto di aerazione della nave, da
cui sgusciò fuori trafelata, piombando a sorpresa proprio in mezzo a loro.
«Chi sei che vuoi?» chiese Tadashi girando d’istinto l’arma verso di lei.
«Maledizione, speravo in una sorte migliore» ammise la ragazzina alzando le
mani. Era proprio nel mezzo tra loro due
e Harlock non volle far nulla per non rischiare la sua vita.
«Ti ho chiesto chi sei e cosa vuoi» la incalzò sempre più agitato il ragazzo,
cercando maldestramente di tenere a sotto tiro sia lei che Harlock spostando
velocemente l’arma dall’uno all’altra.
Fu a quel punto che qualcuno, tempestivamente, lo colpì in testa dando modo ad
Harlock di disarmarlo.
«Lei? In realtà non voleva niente. Doveva distrarti e tu ci sei cascato… come
dite, voi?… Ah, sì, con tutte le scarpe!» trillò allegra Android, cercando di
battere il cinque con la ragazzina, orgogliosa di aver messo fuori gioco quel
tipo armato.
Ma Emily, non le dette peso, era molto preoccupata e concitata e ne esternò subito
le motivazioni al Capitano, che nel frattempo si era impossessato dell’arma del
ragazzo.
«Quel Fighter che ha quasi ammazzato Portia, sta cercando di fare a pezzi tutti!
Dobbiamo fare qualcosa e molto in fretta, o sarà troppo tardi!» rivelò angosciata.
«Come sarebbe a dire? Non erano questi i patti!» saltò su Tadashi che si stava massaggiando
la testa dove Android gli aveva procurato un bel bernoccolo senza però fargli
perdere i sensi.
«Ti assicuro che non ha intenzione di fare prigionieri, non sono sicura, ma
credo che abbia gettato fuori dalla nave, nello spazio, Portia, Yattaran e
Marcus, uccidendoli» lo rimbeccò Emily «Ha già messo fuori uso Tezuda, Griffin e
poi si è dato all’inseguimento di Yuki che p riuscita a sfuggirgli».
Nel sentire pronunciare quel nome Tadashi sbiancò e scattò in piedi «Non deve
azzardarsi!» sbraitò fuori di sé, poi si girò verso Harlock e aggiunse «Capitano,
dobbiamo fermarlo, ti prego aiutami! Non voglio che le faccia del male».
Sembrava sincero.
«Sai come metterlo fuori uso?» gli chiese il pirata grave.
«Sì» confermò il ragazzo.
«Allora verrai con noi, ma disarmato» aggiunse.
Tadashi stava per replicare ma un’occhiata tagliente del Capitano gli impedì di
aggiungere una sola parola.
Il Capitano lanciò l’arma a Emily e la guardò severo e poi le chiese: «Sai
usarla?».
La ragazzina annuì.
«Tienilo sotto tiro e se fa qualcosa di sbagliato, sparagli!» tagliò corto.
Tadashi trasalì. Capì che Harlock doveva essere molto arrabbiato con lui per
prendere una simile decisione, ma non profferì parola, la sua priorità al
momento era salvare Yuki, sapeva fin troppo bene di cosa fosse capace quel
Fighter, il solo pensiero lo fece rabbrividire di terrore.
Note
1FIGHTER è il nome inventato da me dato a questi prototipi (chiamati così
nella serie Dark Matter) che sono vere e proprie armi, di cui non si specifica
bene la natura, ovvero se sono androidi o/e umanoidi. Di fatto sembrano umani a
tutti gli effetti, hanno anche la capacità di sviluppare sentimenti e una forza
sovraumana. Porta come avrete capito è una di loro. La prima che è stata creata.
Non si sa perché e per quale motivo sia finita sulla Raza, né perché abbia
rinnegato la sua natura violenta e omicida, questo la serie non lo spiega ed
essendo stata sospesa temo non lo sapremo mai, ma ciò lascia ampio raggio di
immaginazione e interpretazione. Molto altro scoprirete suoi Fighters nel
proseguo della storia.
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Bibliografia
(Via via verranno aggiunte varie informazioni all’equipaggio della
Raza e questo promemoria sarà d’ora in poi sempre alla fine di ogni capitolo,
pronto per esser consultato e fare chiarezza per chi ne avesse bisogno)
Jess Corso nome
in codice “A”
Portia Lin nome in codice “B”
Marcus Boone nome in codice “C”
Ryo Tetsuda nome in codice “D”
Emily Kolburn nome in codice “E”
Griffin Jones nome in codice “F”
Android nessun nome in codice
Sarah nessun nome in codice
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Spiegoni domande e
risposte
¤
Buona Domenica a tutti. Senza troppo ritardo
eccomi ad aggiornare. In questo capitolo si svelano un sacco di cose. Spero vi
sia tutto chiaro, in caso non esitate a chiedere se mai aveste dubbi.
Chiedo anticipatamente scusa per eventuali errori e refusi vari. Leggo e
rileggo, ma non è mai abbastanza, in più scrivere a spizzichi e bocconi non
aiuta,anzi peggiora la situazione. Segnalate pure, che appena possibile
correggo
¤
Ringraziamenti Sparsi
GRAZIE a chi ancora segue la storia e la legge, GRAZIE al cubo a chi ha ancora
la voglia di commentarla ;)
♥
Un grazie doveroso a tutti quelli che continuano a mettere la storia tra le
seguite/ricordate/preferite :)
♥
Disclaimer
Questa storia non è stata scritta a scopo di
lucro.
Tutti i personaggi non originali; ovvero Capitan Harlock e i protagonisti
di Dark Matter, non mi appartengono, ma sono proprietà dei loro rispettivi
creatori e proprietari.
Invece la trama, così come i personaggi originali e qualsiasi altra cosa
inventata dalla sottoscritta, sono proprietà dell'autrice, cioè me :)
All
pics are from google search.
Fan art by Jerome Alquie.
Graphic by me!
¤
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