~ A Christmas Carol.

di GiokyGio98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


6/12/17 - 7/12/17
 

Jean amava tutto del Natale.

Amava decorare l'albero con la sorella.

Amava passeggiare per le strade affollate della sua Londra quando nevicava.

Amava i cappelli, i guanti, le sciarpe e i cappotti.

Soprattutto, amava le lucine su ogni palazzo.

 

Luke odiava tutto del Natale.

Odiava essere costretto a cenare con parenti fastidiosi.

Odiava la gente che andava fuori di testa per lo shopping, come se nessuno avesse mai comprato un regalo prima di allora.

Odiava le coppiette sdolcinate che pattinavano insieme.

Soprattutto, odiava le lucine su ogni palazzo.

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Capitolo 2
*** 2. ***


“Sono a casa!”, urlò Mary entrando. Cercò di sfilare le chiavi dalla serratura e di richiudere la porta, ma non erano operazioni così semplici con le mani occupate da un centinaio di sporte e scatole eleganti. Considerando anche il tentativo di mantenere l’equilibrio su quelle scarpe a punta con i tacchi da 12 no, non erano affatto operazioni così semplici.

“Ciao!”, rispose Jean dal salotto. Erano le 18:32 del 25 dicembre e ancora stava sistemando gli ultimi dettagli del loro decisamente troppo grande albero di Natale.

Mary la raggiunse e posò fiera il risultato di 3 ore intensive di shopping sul divano. Poi appoggiò le mani sui fianchi e si rivolse alla sorella minore.

“Sei ancora intorno a quell’albero? L’avevamo finito settimane fa!”

“Sì”, rispose lei senza distogliere gli occhi dal suo amato alberello, “solo che ho sempre voglia di cambiare qualcosa”, spiegò voltandosi.

“No, il punto è che hai sempre voglia di Natale tutti i giorni della tua vita”

“... vero.”, concluse Jean, stringendo le labbra e annuendo.

“Che ne dici?”, e indicò con entrambe le braccia la sua creazione.

“MI sembra uguale a ieri”

“Ma se ho cambiato tutto”

“..in effetti.. no, mi sembra proprio uguale a ieri”

Jean scosse il capo e si rimise al lavoro, Mary non aveva proprio occhio per queste cose.

“Come sono andate le tue compere poco programmate che ti riduci a fare all’ultimo minuto ogni anno?”, chiese, ma la sorella si era già avviata verso il bagno.

“Alla perfezione, direi”, rispose dall’altra stanza, mentre apriva l’acqua della doccia.

“Sì certo, come no”, borbottò Jean, che era solita pianificare i regali dall’inizio di Settembre.

“Ah, devo dirti una cosa, quasi dimenticavo”, continuò a strillare Mary dal bagno, “preparati che andiamo ad una festa”.

“Che?” Con il rumore dell’acqua e la porta chiusa non era sicura di aver capito bene.

“Andiamo ad una festa!”, ripeté Mary scandendo le parole.

Jean si avvicinò preoccupata alla porta del bagno. “Che cosa vuol dire che andiamo ad una festa?! E’ il giorno di Natale!”

“Andiamo ad una festa vuol dire che andiamo ad una festa”

“E la cena con mamma e papà?”

“Ah sì, li ho chiamati prima per rimandare a domani sera. Erano contenti quando ho detto loro che saresti uscita”

“Ma, che stai dicendo? Non si può rimandare la cena di Natale a Santo Stefano, altrimenti non sarebbe più la cena di Natale, sarebbe la cena di.. Santo Stefano!”

“Jean, smetti di sclerare”, disse decisa Mary aprendo un po’ la porta del bagno, aveva un asciugamano attorno al corpo.

“Adesso mi spieghi di che accidenti stai blaterando”.

“Ok, ok. Stavo lavorando con il portatile in un internet cafè, quando si accende la spia della batteria scarica. A quel punto un tipo carino mi presta il suo caricatore e mi invita alla sua festa. A quel punto io, che non mi dimentico mai della mia sorellina in difficoltà, gli chiedo se posso portarti, e lui mi dice di sì, perché si dà il caso abbia anche lui un fratellino che necessita di compagnia, pensa te che coincidenza. A quel punto io accetto e lui mi lascia il suo indirizzo”

“A quel punto io ti faccio notare che tutti gli internet cafè hanno i caricatori sotto ai tavoli, non c’era proprio bisogno che il tipo carino ti prestasse il suo, è palese che lo ha fatto con un secondo fine”

“A quel punto io, faccio notare a te, che ho freddo, perché ho soltanto un asciugamano addosso, quindi adesso vado a fare la doccia, mi metto un po’ in tiro e poi noi due andiamo alla festa”

Jean era pronta a ribattere, ma Mary chiuse definitivamente la porta ed iniziò a canticchiare sotto il getto di acqua calda.

 

“Andiamo ad una festa vuol dire che andiamo ad una festa”, ripetè Jean scimmiottando la sorella, mentre si dirigeva rassegnata in camera, “lo so benissimo cosa vuol dire ‘andiamo ad una festa’.” I suoi piani durati mesi erano appena stati rovinati da una batteria quasi scarica. Perfetto. Inoltre, a pensarci bene, aveva anche la forte sensazione che non ci sarebbe stato nessun fratellino. Sicuramente il “tipo carino”, per altro ancora senza un nome preciso, l’aveva detto soltanto per invogliare Mary ad accettare il suo invito, che avrebbe accettato comunque. Ad ogni modo, chissene importa del fratello di quel tizio.

Jean aprì il suo armadio sbuffando, in cerca di qualcosa che non fosse un maglione con delle renne sopra.

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Capitolo 3
*** 3. ***


“Ciao David!”, esclamò Mary con tono forse un po’ troppo entusiasta.

“Ehii! MMMandy!?”, il tipo che aveva aperto la porta aveva tentato di rispondere al saluto in modo altrettanto brillante, aveva fallito miseramente.

“Mary”, lo corresse lei guardandolo dal basso con occhi dolci.

“Ma certo, Mary! Che piacere!”

Jean, qualche scalino più giù, era allibita. Si erano incontrati solo poche ore prima e il tipo carino, anzi, ora si chiamava David, si era già scordato del nome di Mary. Per la cronaca, il tipo carino era carino.  

“Lei è Jean, mia sorella”, Mary tentò di coinvolgerla.

“Ciao”, disse lei, sollevando le sopracciglia.

“Certo certo, ma entrate, qui si gela”.

Commossa dalla grande considerazione con cui David l’aveva trattata, a malincuore Jean salì gli ultimi scalini e seguì il gesto plateale di lui per entrare in casa.

L’appartamento era grandissimo, lussuoso e ben arredato. Jean apprezzò particolarmente l’enome quantità di addobbi sistemati con cura. Si fermò qualche secondo ad osservarli, e quando si voltò verso la sorella, unica sua ancora in un mare di gente sconosciuta, lei era già scomparsa. La notò poco più in là, con un calice in mano mentre David la presentava a tutti i suoi amici.  

“Come al solito”, pensò Jean. “Ogni festa sempre la stessa storia.”

Quindi fece la cosa che gli venne più naturale, quello faceva ad ogni festa. Trovò un divanetto comodo, poco lontano da un caminetto acceso, si assicurò di non dare fastidio a nessuno, ma nessuno sembrava averla nemmeno notata, e sfilò un romanzo dalla borsa. Jean portava sempre un romanzo nella borsa. Alcune volte, persino due, non si sa mai.

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Capitolo 4
*** 4. ***


“No Luke, non puoi capire”. David teneva il cellulare incastrato tra l’orecchio e la spalla, mentre tentava di rimettersi la giacca del completo. “Ho conosciuto una biondina atomica, stasera devi venire alla festa assolutamente”.

Luke camminava pigramente sui sentieri di Hyde Park, nei pressi del Diana Memorial Fountain, il cellulare in una mano e la macchina fotografica nell’altra.

“Anche no, Dave”

“Ha detto che porta sua sorella, tipo”

Luke sospirò. Non gli piacevano le feste di David. Non gli piacevano le feste in generale.

“Senti, devo andare. Questo studio legale è una prigione. Però tu vieni, eh? Ciao!”

“Vabbè”, concluse Luke, ma David aveva già buttato giù.  

Continuò a passeggiare. Jack, il suo husky, lo precedeva di qualche passo.

“Tu che dici, bello? Ci andiamo?”, si fermò per fare una carezza al suo cane. Jack si sedette tranquillo, apprezzando le attenzioni del padrone. Luke era una persona solitaria, schiva. Per quanto possibile, evitava gli altri. Ad ogni modo, sapeva che David avrebbe continuato a parlare di quella festa per tutta la seguente settimana, almeno fino a quando non avrebbe organizzato la festa di Capodanno, e allora avrebbe parlato di quella. Così, per evitare tutti i  “No Luke, non puoi capire” sugli incredibili divertimenti che si era perso, decise di andare.

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Capitolo 5
*** 5. ***


Luke rispondeva con brevi cenni della mano a saluti di gente che proprio non conosceva. Forse non era stata poi una grandissima idea partecipare. Che poi, più che “partecipare” quello che stava facendo lui poteva meglio definirsi come “cercare di dribblare la gente per non essere incluso in conversazioni decisamente poco interessanti”. Cercò David tra la folla, e lo trovò in compagnia di una ragazza nuova. Sfortunatamente, l’amico incrociò il suo sguardo, e lo salutò a gran voce da una parte all’altra della stanza. Luke cercò di farsi piccolo piccolo, ma ormai era troppo tardi, i due si stavano già avvicinando.

“Luke! Alla fine sei venuto, bro!”

“Sì, e non so ancora bene perché”, pensò lui.

“Ti presento Mary, è qui con la sorella, Jill”, e dicendo il nome della sorella ammiccò pesantemente.

“Veramente sarebbe Jean. Sei carino, te la presento”, decise Mary con una spontaneità che spiazzò il ragazzo. Mentre lei scandagliava la stanza con lo sguardo in cerca della sorella, Luke scosse la testa velocemente nella speranza che David cogliesse la richiesta d’aiuto e lo salvasse, ma lui alzò le spalle. “Non ci posso fare niente, man”, mimò lui con le labbra. Mary afferrò Luke per il braccio, e lo trascinò verso il divanetto dove aveva individuato Jean. David li seguì, non voleva perdersi la scena.

Mary si piazzò di fronte a lei, che teneva la testa e la schiena chinate e il libro sulle ginocchia. A Jean ci volle qualche secondo per realizzare che tre persone se stavano impalate davanti lì a lei, poi alzò lentamente il capo.

“Luke, lei è Jean. Jean, Luke”, e mentre faceva le presentazioni, Mary spingeva con forza la mano che aveva appoggiato sulla spalla del ragazzo, costringendolo gentilmente a sedersi vicino alla sorella, il tutto mantenendo uno splendido sorriso sul volto. Quando Luke atterrò sul divanetto di botto, Jean sobbalzò chiudendo inavvertitamente il libro.

“Divertitevi, ragazzi”, concluse David mettendo un braccio intorno alla vita di Mary e portandosela via.

 

“Ehm.. Perdona mia sorella. Ogni tanto le sue maniere sono un po’.. brusche”, disse piano Jean.

“Nessun problema”, tagliò corto lui, mentre cercava qualcosa su cui posare lo sguardo che non fosse la ragazza più bella che lui avesse mai visto nella sua vita, quella che ora, non si sa bene come, gli stava seduta accanto. Non era mai stato tanto bravo, con le ragazze.

Passarono una decina di secondi. Alla fine, Jean disse la prima cosa che le passò per la testa, giusto per tentare di mettere fine a quel silenzio incredibilmente imbarazzante.

“...Ho perso il segno”, azzardò, fissando il libro che aveva in grembo, e accennando un sorriso.

Anche lui sorrise, gli venne spontaneo. Non succedeva spesso.

“Quindi tu sei Luke, il fratello di David”, continuò lei.

“No, non siamo fratelli. Siamo amici fin da piccoli”

“Ma oggi David ha detto a Mary di avere un fratello da presentarmi, per convincerla a venire”

“Dave è figlio unico. Mi dispiace se sei venuta per conoscere suo fratello”, disse alzando le spalle. Voleva fare una battuta, ma se ne pentì non appena conclusa la frase. Lei rise.

“Non sono venuta per conoscere suo fratello, per chi mi hai presa? Sono venuta per controllare mia sorella.”, disse voltandosi per guardare verso Mary.

“Mi sembra di capire che non ti fidi tanto di David”

“Esattamente”

“Fai bene”

Rise di nuovo.

“Sono Jean, comunque”

“Luke”

E si strinsero la mano.

 

“Cosa leggevi?”

“Canto di Natale, di Charles Dickens”

“Direi che è il giusto momento dell’anno”, c’era un velo di sarcasmo nella voce.

“Puoi dirlo forte!” rispose convinta lei.

“Non dirmi che sei una di quelle persone fissate con il Natale e tutto il resto”, di nuovo, non stava andando tanto bene. Se ne rese conto, ma lei sembrava non averci fatto caso.

“Ovvio che lo sono. Tutti dovrebbero esserlo. Natale viene solo una volta l’anno!”

“In realtà tutti i giorni vengono solo una volta l’anno”

Lei era decisa a difendere la sua tesi.

“E’ vero, ma Il Natale porta con sé la voglia di fare regali, di essere gentili e premurosi, di… amare.”

E mentre diceva “amare”, si fermò a guardarlo negli occhi un istante di troppo. Continuò a parlare, sperando che lui non se ne fosse accorto.

“E comunque, se proprio vogliamo essere precisi, “Canto di Natale” non è soltanto uno dei racconti più toccanti di tutta la storia della letteratura inglese, ma è anche un forte grido di denuncia alla società del tempo che non metteva abbastanza impegno nelle lotte contro povertà, sfruttamento minorile e analfabetismo.”

“Interessante”

“Uhm uhm. E adesso ascolta bene, perché sto per rivelarti il motivo per il quale lo spirito natalizio dovrebbe contagiare tutti, e sempre.”, e così dicendo ruotò il busto verso di lui e si appoggiò con il fianco allo schienale.

“Sentiamo”

“Se le persone si comportassero tutto l’anno come si comportano a Natale, il mondo sarebbe migliore.”

“Beh, se lo vuoi sapere, David si comporta come fa stasera anche tutte le altre sere!”

Jean raddrizzò la schiena e lo guardò attonita. Stavolta aveva proprio esagerato.

“Cioè, nel senso.. non che tratta tutte come tratta tua sorella, è che.. no, in effetti sì, cioè..  scusami. Non me la cavo tanto bene con.. le feste e la gente”, scosse la testa.

Lei sorrise dolcemente.

“Neanche io. E non preoccuparti per mia sorella. Se la caverà”.

“Bene”, lui battè i palmi delle mani contro le ginocchia. “Abbiamo appurato che nessuno dei due vuole partecipare a questa festa.”

“Vero”, confermò Jean.

“Propongo una passeggiata”

“Proposta accolta a pieni voti”, e si alzarono dai divanetto.

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Capitolo 6
*** 6. ***


“Allora.. Jean..?”

“Austen”

“Ti chiami Jean Austen? Come la scrittrice?”

“No, non come la scrittrice. Lei si chiamava Jane, Austen”

“Ops, giusto. Allora, Jean-non-come-la-scrittrice-Austen, di cosa ti occupi nella vita?”

“Di passeggiare con ragazzi appena conosciuti la notte di Natale per le strade di Londra e dare loro lezioni di letteratura inglese, a quanto pare”

“E si guadagna bene?”

Lei rispose con una smorfia, poi risero.

Camminavano piano senza una meta precisa. Nevicava un po’.

“Sono una maestra. Tu?”

“Fotografo. Lavoro per un giornale minore, ma mi piace molto”, teneva le mani in tasca.

“Non avevo mai conosciuto un fotografo prima d’ora”

“Né io una maestra”.

Lei sorrise.

“Da quanto tempo abiti qui?”

“6 mesi. Hanno offerto un lavoro a Mary, e io l’ho seguita.” Vedendo che Luke ascoltava, Jean continuò. “Una volta, quando avevo 15 o 16 anni, abbiamo fatto una vacanza a Londra, tutta la famiglia. Quando mi sono seduta al mio posto, sull’aereo del ritorno, ho guardato fuori dal finestrino e ho avuto come la sensazione di.. star lasciando la mia casa, invece di tornarci. Quindi ho promesso a me stessa che la prossima volta che sarei tornata a Londra ci sarei rimasta, ed eccomi qui. Tu?”

“Sono nato qui, ma la fotografia mi ha spinto a viaggiare. Non mi fermo mai nello stesso posto per tanto tempo, sarà per questo che non stringo tanti rapporti interpersonali”

“E David?”

“Siamo amici dall’asilo. Credo che stasera tu non abbia visto la parte migliore di lui”

“Sì, lo credo anche io”

Jack procedeva vicino a Jean.

“Di solito non gli piacciono le altre persone”

“Come al suo padrone”

“Sì, più o meno”

Jean smise di camminare, e Jack con lei. Luke, che aveva già fatto qualche altro passo in avanti, si fermò e si voltò.

“Che c’è?”

“Mi spieghi qual’è il problema con il Natale?”

Lui sospirò, si condensò una nuvola di vapore.

“Non riesco a concepire una persona a cui non piaccia. E’.. triste.”

Ora era lei ad avere le mani in tasca. I lampioni erano circondati da aloni di luce fioca, la neve continuava a cadere silenziosa. Erano in centro, eppure non c’era traffico.

Luke si avvicinò ai due tenendo lo sguardo basso. Quando poi incatenò i suoi occhi a quelli di lei, Jean per la prima volta sembrò realizzare la differenza di altezza che c’era tra loro.

“Mio padre se n’è andato la notte di Natale, quando avevo 7 anni. Non riuscivo a dormire perché ero emozionato per l’arrivo di Babbo Natale, così quando ho sentito dei rumori in salotto, ho aperto un pochino la porta della mia cameretta e ho sbirciato. Era lui che trascinava la sua valigia e richiudeva la porta dietro di sé. Non l’ho mai più rivisto.”

Gli occhi di Jean erano lucidi.

“Scusami. Non ne avevo idea”

“Non ti preoccupare. Non potevi. Non ne parlo mai con nessuno.”

Luke profumava di menta. Jean si domandò perché lo avesse notato proprio in quel momento. Si sentiva in colpa per essere stata così pedante con tutta questa storia.

“Ad essere sincero, questo è il miglior Natale che io abbia mai passato da allora.”

Lei sorrise timida.

“Mano?”, chiese lui all'improvviso, tirando fuori la mano dalla tasca e porgendogliela.

“Mano”, annuì lei.  

Pensò a come i complessi meccanismi dentro al grande orologio davanti a loro dovessero incastrarsi alla perfezione per farlo funzionare anno dopo anno, e pensò alle loro mani, e al fatto che nessun meccanismo si sarebbe mai incastrato così bene.

 

“Allora, qual è l’argomento della prossima lezione, maestra?”
“Vediamo. Lo sapevi che I’Oxford English Dictionary da a Shakespeare il merito di aver introdotto nella lingua inglese più di 3000 parole?”

“Seria?”

“Giuro”

~ E passeggiarono fino a tarda notte.

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