La spada, il corvo, il mare

di Fanny Jumping Sparrow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: L'uomo venuto dal mare ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Il ritorno tanto atteso ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Un risveglio movimentato ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Spade e segreti ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Di nuovo per mare ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Grazie, Jack! ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Vita di bordo ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Convivenza forzata ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Un attacco imprevisto ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Fuoco! ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: Chiarimenti e tradimenti ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: Un piano (quasi) perfetto ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: La visione ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: Una vecchia conoscenza ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: Rum veritas ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15: I rinnegati ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: Rivelazioni ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17: La Piovra ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18: Tensione ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19: Mal di mare ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20: Amici mai ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21: Acqua ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22: Il tempo perduto ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23: Dilemmi ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24: Complicità ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25: Bivio ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26: Coraggio o follia ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27: Informazioni riservate ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28: Colpe e omissioni ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29: La Gola del Diavolo ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30: Incontri ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31: Sparizioni ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32: Ostaggio ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33: Strategia ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34: La sfida ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35: La spada, il corvo, il mare ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36: In fuga ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37: Calma apparente ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38: Scelte ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39: Un aiuto insperato ***
Capitolo 41: *** Capitolo 40: Promesse e desideri ***
Capitolo 42: *** Epilogo: Nuovi orizzonti ***



Capitolo 1
*** Prologo: L'uomo venuto dal mare ***


Prologo: L’uomo venuto dal mare


Un individuo dall’andatura barcollante si aggirava per il porticciolo ancora addormentato di quell’amena isoletta circondata dal cristallino Mar dei Caraibi.
Il sole era appena sorto a illuminarne i contorni frastagliati, le strade tuttavia erano ancora vuote e silenziose, soltanto alcuni gabbiani avevano già iniziato a pescare e si muovevano a stormi, emettendo lunghi garriti per poi buttarsi a picco su quel mare blu, limpido e calmo.
Quel tipo solitario, che portava dignitosamente i suoi quasi cinquant’anni di una vita vissuta tra mille tribolazioni, seguiva con scrupolosità le indicazioni della sua vecchia bussola che, però, sembrava non funzionare più alla perfezione come in passato.
Mentre continuava a camminare risalendo tra sbuffi e mugugni su per una stradella ripida, dei poveri marinai cominciarono ad uscire stiracchiandosi dalle loro umili capanne di legno e palme e sembrarono stupiti di vedere passare qualcuno proveniente dal mare a quell’ora, o forse erano semplicemente incuriositi dal suo aspetto esotico e decisamente singolare.
Ciò nonostante il forestiero, del tutto indifferente alle loro occhiate sbigottite, continuò a incedere in quella sua strana maniera sbilenca, finché non giunse in cima a una scogliera dalla quale si poteva ammirare un semplice ma incantevole paesaggio marino che pareva quasi uscito da un quadro a olio.
Anche lassù sorgevano sparute abitazioni, ma la maggior parte di esse aveva mura di pietra e mattoni e un’architettura nel complesso più ricercata ed elegante, contornata da una florida vegetazione tropicale rappresentata per lo più da palme e buganvillee.
Regnava un silenzio irreale, frammentato unicamente dal lieve soffiare della brezza di levante, poi, tutto d’un tratto, si udì riecheggiare una voce infantile:
- Noi siamo pirati e ci piace perché la vita è fatta per noi! Yo ho, yo ho
- La spada, il corvo, il mare – canticchiò di riflesso l’uomo, proseguendo l’allegro motivetto.
Il bambino si guardò attorno un po’ spaventato, perché quando era arrivato non aveva scorto altre persone nelle immediate vicinanze ed era sicuro di non essere stato seguito.
- Nessuno canta più questa canzone – proferì quel qualcuno con lo stesso tono basso e ironico, stavolta giungendo esattamente alle sue spalle.
Il ragazzino si voltò di scatto, reprimendo un singulto nell’istante in cui scoprì chi era stato a rispondergli: non lo aveva mai incrociato prima d’allora, e, d’altronde, se gli fosse capitato, avrebbe sicuramente ricordato l’incontro con un personaggio dall’aspetto così bislacco.
Lo scrutò dal basso in alto: i suoi stivaloni consunti erano bagnati e avevano qualche foro, i pantaloni grigi di stoffa grezza presentavano qualche rattoppo e qualche strappo sulle ginocchia, una spada e una pistola dall’apparenza tanto usurata quanto minacciosa facevano bella mostra di sé nel cinturone a tracolla; in testa aveva un tricorno tutto ammaccato e scolorito, mentre un lungo tabarro scuro e logoro copriva la sua persona. In una mano teneva una bottiglia mezza vuota, nell’altra una sorta di bussola.
Ma la cosa più strana erano sicuramente i suoi capelli: insolitamente lunghi e raccolti in ciocche separate cui erano intrecciati svariati ciondoli variopinti; non aveva mai visto nessuno con un’acconciatura simile! Qualche perlina colorata gli ornava perfino le due bizzarre treccine che gli pendevano dal mento. E i suoi occhi scuri e profondi, poi, erano contornati da un’intensa tonalità bluastra, che li faceva apparire seri e impenetrabili.
- Come fai a conoscere questa canzone? – domandò con accento sospettoso lo sconosciuto, piegando il capo per squadrarlo in maniera piuttosto insistente.
Il bambino era impulsivamente arretrato di qualche passo, continuando a osservarlo con un misto di soggezione e incredulità. Credeva quasi che fosse un fantasma e fu solo dopo qualche attimo di esitazione che con un filo di voce riuscì a replicare: - Mia madre, signore … Me la cantava sempre quando ero più piccolo.
- Ah, sì? – ribatté distrattamente l’enigmatico straniero dopo aver bevuto un buon sorso dalla fiaschetta, come se la risposta ricevuta fosse stata la più ovvia.
- Cercate qualcuno? Come vi chiamate? – chiese il piccolo, presosi di coraggio, notando che quel tizio esaminava con insistenza la propria bussola e la direzione in cui sorgeva la sua casa. Lui lo ignorò seguitando a spostarsi lievemente a destra, a sinistra, avanti, indietro, senza staccare lo sguardo corrucciato dall’ago magnetico che pareva far le bizze.
- Non vi sembra strano che un bambino tanto piccolo come me se ne vada in giro a quest’ora? – lo interpellò ancora il ragazzino con voce cantilenante, cercando di attirarne l’attenzione che pareva catturata da qualcosa a lui invisibile.
Anche se vi riuscì, non ne fu proprio contento perché quello lo fissò assottigliando le palpebre, serrando le labbra in un ghigno e assumendo un’espressione tra l’adirata e l’aggressiva che gli fece temere qualche gesto violento nei suoi riguardi, tuttavia si limitò a scuotere il pizzetto biforcuto e sollevare le spalle, come se avesse voluto scrollarsi di dosso della tensione nervosa accumulata, e, con la stessa rapidità con cui era comparso, quel cipiglio intimidatorio svanì dal suo volto abbronzato che ritornò ad essere disteso e serafico.
- Come ti chiami, figliolo? – parlò di nuovo con tono affabile, scuotendo il pizzetto biforcuto.
- Jim Turner – lo informò lesto il ragazzino, rasserenatosi per lo scampato pericolo.
- Diminutivo di James, suppongo. Bel nome! – concluse schiettamente l’uomo dopo averci riflettuto un po’, traendo un altro sorso e sorpassandolo per poi proseguire per il sentiero.
- E il vostro nome qual è, signore? – si azzardò a chiedergli Jim girandogli intorno, non potendo contenere la smisurata curiosità che quel bizzarro soggetto gli suscitava.
Lui lo bloccò, poggiandogli una mano sudicia e ingioiellata sulla spalla e, curvandosi su di lui, bisbigliò velocemente: - Figliolo, non occorre che ti occorra conoscere il mio nome, perché colui che sto cercando conosce già il mio nome, ed è bene che altri non lo conoscano, per la nostra incolumità. Comprendi?
Tanto per il suo alito alcolico che lo aveva investito, quanto per quella spiegazione contorta che gli aveva rifilato, lasciarono il bambino restò frastornato per qualche secondo, ma infine gli venne spontaneo domandargli sottovoce quel che aveva immaginato sin da subito, trovandoselo davanti: - Voi siete un pirata?
- È così che ci chiamavano … – costatò l’estraneo dopo un attimo di smarrimento, mentre qualcosa luccicò nel suo sghembo sorriso, restando con lo sguardo stralunato a vagare per l’orizzonte e articolando a vuoto le dita, come avesse davanti al naso qualcosa che non fosse in grado di afferrare.
Il suo piccolo interlocutore cominciò a pensare che quel tizio avesse qualche rotella fuori posto, ma inspiegabilmente ne era allo stesso tempo attratto e affascinato.
- Come hai detto che ti chiami, piccino? – lo svagato biascicare del pirata interruppe i suoi fantasiosi e non troppo lusinghieri pensieri.
- Jim Turner – ripeté con orgoglio e un pizzico di dispetto il ragazzino, guardandolo in tralice con una certa perplessità.
L’estraneo ebbe come un’illuminazione: - Non sarai mica il figlio di William ed Elizabeth Turner? – esclamò alzando il tono e dilatando le pupille, la bocca semiaperta.
- Sì – confermò sicuro il bimbo, notando il repentino cambiamento d’umore dell’uomo, che si era lisciato i baffi e aveva arricciato un sorriso a trentadue denti.
- Allora tua madre deve per certo averti raccontato di me! – sogghignò sornione il filibustiere, allargando le braccia e agitando la bottiglia.
Si avvertì un sibilo fendere lo spazio circostante, poi il contenitore di vetro si frantumò in mille pezzi, schizzando il restante liquido ambrato su entrambi: - Mannaggia! Era l’ultima bottiglia di rum! – gemette l’avventuriero, più arrabbiato che preoccupato, voltandosi freneticamente per tentare di individuare da dove fosse partito quel proiettile.
Jim impaurito si gettò a terra con le mani sopra la testa.
Udì chiaramente un nuovo sparo e poi un tonfo sordo a pochi centimetri da lui.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Il ritorno tanto atteso ***


Capitolo 1: Il ritorno tanto atteso

Qualche ora prima…

- Forza Jim, muovi quelle gambe! – strepitava una giovane donna dalla corporatura esile ma scattante, i lunghi capelli biondo scuri a incorniciare dei lineamenti sofisticati, sollevando con le dita affusolate le pieghe della lunga gonna per correre più velocemente verso la spiaggia indorata dalla luce del sole appena tramontato. Aveva atteso per dieci interminabili anni quel fatidico giorno, le sue gambe si muovevano con agilità, fretta e rinnovato ardore, incurante di graffiarsi tra le fronde incolte che delimitavano il grezzo selciato scosceso.
- Non ce la faccio! Aspettami mamma! – le veniva dietro un bambino di quasi dieci anni, ansimando e faticando a mantenere la sua stessa andatura sostenuta, reggendo con tutte e due le mani il bel cappello nuovo a tricorno che aveva indossato per quella speciale occasione.

Nell’ampia insenatura che incorniciava quel verdeggiante scorcio delle Bahamas, un immenso vascello aveva appena ammainato le vele e gettato le ancore e i suoi marinai si affaccendavano con zelo ad assicurare il resto del cordame per metterlo alla fonda.
- La scialuppa è pronta, Capitano – dichiarò il vecchio nostromo dell’Olandese Volante.
- Calatela in acqua, allora! Cosa state aspettando? – il comandante indossata la giubba esortò i suoi uomini con fare impaziente e irrequieto, saltando con agilità dentro la barcaccia e afferrandone i remi.
La manovra fu così brusca che il natante cadde sulla superficie delle onde quasi rimbalzando, ma la ciurma non ebbe neanche modo di scusarsi per la svista poiché il giovane Capitano aveva immediatamente cominciato a vogare verso terra con un entusiasmo e un’energia che non aveva mai mostrato ai suoi compagni di bordo durante quel lungo periodo trascorso insieme a navigare su oceani desolati e tenebrosi.

La stradella che scendeva verso quella baia non era molto rifinita, perché tutte le navi attraccavano dalla parte opposta dell’isola dove sorgeva il porto, correndo si rischiava ripetutamente di perdere l'equilibrio scivolando, ma in quel momento lei aveva messo da parte ogni pensiero negativo perché lui era arrivato.
Il piccolo, invece, seppure eccitato dall’idea di conoscere suo padre, aveva rallentato il passo sentendo un fitto dolore alla milza e allo stesso tempo provando un po’ di insicurezza: era cosciente di non avere molto tempo per stare con quel genitore che tanto aveva idealizzato e temeva di restarne deluso, o, peggio, di deluderlo non riuscendo a fargli conoscere più cose possibili di sé nel ristretto lasso di tempo che avrebbero potuto condividere.
Di tanto in tanto la donna si voltava, continuando sempre a procedere speditamente, per assicurarsi che il bambino fosse dietro di lei, mantenendo un sorriso radioso cui lui rispondeva tentando di raggiungerla, quasi stessero cimentandosi in una gara di velocità.
Il suo sguardo si spostò poi sul mare, dove la sagoma di un prestante uomo ritto su una scialuppa ad ogni vigorosa bracciata diventava sempre più nitida e vicina.
Lo vide abbandonare sbrigativamente l’imbarcazione sul bagnasciuga mentre sua madre, che in breve arrivò di fronte a lui, gli si gettò incontro di slancio, travolgendolo in un caloroso abbraccio che fece cascare in acqua entrambi.
- Oh, Will! – Elizabeth urlò esultante ridendo e piangendo allo stesso tempo, restando cavalcioni su marito ritrovato, accarezzandogli ripetutamente il volto tanto amato con le dita e con gli occhi, come a volerlo confrontare con i suoi lontani e indelebili ricordi, senza riuscire ad emettere altre sillabe che non fossero quelle del suo nome, invocato a lungo nelle sue più intime preghiere.
- Elizabeth – ripeteva il pirata contemplandola ugualmente incredulo ed estasiato – Sei meravigliosa – le sussurrò con commozione prendendole il viso arrossito tra le mani e riappropriandosi appassionatamente delle sue morbide labbra, inebriandosi del loro dolce sapore e calore, per poi distaccarsi e ritornare ad ammirarla in silenzio. Persi in quell’istante disperatamente agognato, non si curavano nemmeno delle piccole onde che s’infrangevano su di loro, bagnando i loro corpi avvinghiati in quell’abbraccio traboccante di bisogno e speranze ripagate.
Jim, giunto a pochi passi da loro, era rimasto immobile e ammutolito, assalito dall’emozione e da un briciolo di gelosia nei confronti della madre, alla quale non aveva mai visto smarrire così il contegno, finché non si decise a rompere quel momento idilliaco tra i due che lo ignoravano, sbottando imbronciato: - Mamma! Avevi detto che lo avrei salutato io per primo!
Elizabeth strizzò gli occhi e sorrise a labbra strette, sentendosi un po’ colpevole per essersi lasciata trasportare dalla voglia di riabbracciare il marito, mettendo da parte per un attimo il dono più bello che lui a sua insaputa le aveva lasciato: - Scusami, hai ragione. Will, ti presento nostro figlio – annunciò con commozione – William James Weatherby Turner.
Il Capitano, prima di voltarsi verso la vocina che si era intromessa fra di loro, indugiò a fissare con meraviglia e tenerezza la moglie, non prestando neanche attenzione alle sue parole tanto era rimasto scosso per avere già compreso da solo ciò che lei stava per rivelargli. Separandosi dalle sue braccia, avanzò sulle ginocchia verso il ragazzino che parlò togliendosi il cappello, mentre i suoi vispi occhi castani, identici ai propri, brillavano di mille emozioni: - Preferisco Jim, soltanto – puntualizzò con un leggero tremolio.
I due Turner emisero lo stesso sospiro quando furono ad una spanna l’uno dall’altro.
Con quella giubba consumata, la camicia lisa e non proprio candida, una bandana verde a fermare i lunghi capelli increspati dalla salsedine, la pelle scurita dal sole e punteggiata da una barba curata, quasi completamente bagnato, quello sconosciuto gli appariva trasandato e poco raccomandabile, rispetto a tutti gli adulti ben vestiti e dai modi affettati che incrociava per strada e che aveva sentito criticare sommessamente dalla madre. Aveva però un’espressione limpida che gli ispirava sicurezza, fiducia e stima.
- Sei proprio come t’immaginavo, papà – mormorò il bambino, aprendosi in un sorriso spontaneo dopo l’iniziale titubanza.
Will deglutì sorridendo a sua volta, mentre reprimeva un singulto di emozione che gli si era formato in gola: - Anche tu, figlio mio – affermò di rimando, spalancando le braccia in un invito che il figlio colse subito gettandoglisi incontro, assaporando quell’abbraccio a lungo desiderato, poggiando la testolina sulla solida spalla del genitore.
Elizabeth, ferma dietro di loro, si sentiva talmente felice da dubitare che ciò a cui stava assistendo fosse vero, e non poteva fare a meno di tremare dalla gioia, sentendo un insistente pizzicore alle ciglia.
- La mamma mi ha parlato sempre di te, ma ho tante cose da chiederti – sostenne il piccolo Turner distaccandosi dal padre, i cui occhi si erano arrossati, pur senza lacrimare.
- Sono pronto a rispondere a tutto – gli assicurò Will, non smettendo di scrutarlo con affetto e commozione – E tu?
- Agli ordini Capitano! – asserì scherzosamente il bambino, poi il suo sguardo eccitato rivolgendosi all’orizzonte si illuminò: - È quella la tua nave? Potrò salirci?
- Jim, tuo padre è appena tornato – gli fece notare Elizabeth, divertita dalla sua esuberanza, porgendogli il tricorno che aveva lasciato cadere sulla sabbia.
- Magari domani – propose con totale accondiscendenza il Capitano Turner, alzandosi in piedi e sistemando il cappello sulla fronte del piccolo, per poi sorprenderlo sollevandolo con un solo braccio e facendolo volteggiare un paio di volte.
- Quanto resterai con noi? – chiese Jim, senza staccare le pupille curiose dal volto del ritrovato padre per cercare di comprendere se gli avrebbe mentito.
Will lo strinse appena un po’ di più al suo petto robusto e umido di salmastro: - Per sempre.
Il bambino sussultò con incontenibile entusiasmo, lanciando un gridolino: - Davvero?!
Non immaginava di poter ricevere una simile risposta e rivolse un grande sorriso gioioso alla madre, non capendo come mai sul suo viso invece fosse calata un’ombra di tristezza.
- Certo! – rise il pirata, contento di potergli comunicare quella notizia, e Jim tornò ad abbracciarlo appendendoglisi al collo, mentre Elizabeth lo guardava con aria delusa e mesta.
Per quanto le facesse male, si decise a reagire: - Will, posso parlarti un momento?
Il marito riappoggiò il piccolo sulla sabbia e le si avvicinò, tenendo il capo chino.
- Perché vuoi illuderlo? – obiettò lei con gli occhi lucidi – Gli hai detto che resterai per sempre con noi, ma io lo so che non è così – ora la sua voce era dura e venata di rancore.
- Elizabeth … - sussurrò lui con un tono indecifrabile, ma fu subito interrotto dalla donna.
- Non sai quanto è stato difficile per me in tutti questi anni convincerlo che tu era un po’ come se ci fossi, perché non facevi altro che pensare a noi e a proteggerci, anche da lontano …
Will le appoggiò le mani sulle spalle, scuotendola: - Ma d’ora in poi ci sarò davvero – giurò con fermezza, non smarrendo un sorriso confidente.
Lei però continuava a fissarlo con aria dubbiosa.
- “Se un amore vivo al tuo ritorno troverai, nelle terre dei vivi restare potrai”- recitò allora lui, sfiorandole il mento, cercando di attirare i suoi occhi.
- Cosa? – mormorò confusa la moglie, non afferrando il senso di quelle enigmatiche parole.
Lui le cercò le sue dita e, intrecciandole alle proprie, se le portò alle labbra: - Non sono più obbligato a tornare nel mondo dei morti. Il mio debito è saldato. Grazie al tuo amore. Non ci credi? – mentre spiegava, vide sul volto dall’amata compagna di tante avventure dapprima turbamento, poi un timido sorriso accennato curvarle gli zigomi. Allora le catturò la mano destra premendola sul lato sinistro del proprio petto: - Me lo ha detto Calypso – continuò a raccontare, attendendo nervosamente che la donna tornasse ad emettere qualche sillaba – mentre stavo affondando, ma non potevo dirtelo perché lei mi ha detto che doveva accadere spontaneamente – ancora nessuna reazione. – E poi ho sempre sperato che tu potessi costruirti una vita felice, anche senza di me – concluse con un velo di malinconia.
Elizabeth emise un lungo sospiro, due lacrime le percorsero velocemente le guance accalorate: - Senza di te? – asserì con dolcezza, sorridendogli finalmente e accostando la fronte alla sua, mentre affondava le dita tra i suoi capelli ribelli, restando con le palpebre socchiuse intanto che lui le teneva le mani sui fianchi, riavvicinandola a sé.
- Ma si sta facendo buio! Non andiamo a casa? – si intromise Jim, che fino a quel momento era rimasto in disparte a giocare con la sabbia e a raccogliere conchiglie.
- Non vedo l’ora! – gli rispose con sincero bisogno Will, voltandosi e stringendo ancora a sé la fedele moglie, il cui corpo, coperto dai vestiti zuppi, cominciava ad essere scosso da brividi di freddo.
Il bambino, su cenno della madre, fece strada tutto festante e i genitori, mantenendosi qualche metro indietro, lo seguirono camminando mano nella mano.
- Elizabeth il nostro amore è vivo – attestò Will, non perdendo di vista il vivace figlioletto.
- Non ho smesso un attimo di pensarti, notte e giorno – sostenne con trasporto lei, completamente persa ad osservare il suo profilo, che non era minimamente cambiato.
- È cresciuto e vive al di fuori di me e di te – aggiunse incantato il Capitano.
- Tu parli di Jim – comprese allora la giovane moglie, dedicando anche lei l’attenzione al loro erede che trotterellava davanti a loro allegro e spensierato.
- Quanto ho sperato che ci fosse qualcuno che ti amasse al tuo fianco. Che non fossi sola – le confessò Will in un soffio amareggiato, come sentendosi in colpa – Immagino quanto sia stato difficile per te.
- Sì, lo è stato all’inizio. Ma poi mi ha donato così tanta gioia – gli rivelò lei orgogliosa, aggrappandosi al suo braccio destro e allungandosi per stampargli un bacio a fior di labbra, avendo avvertito il rammarico nel suo accento.
Così discutendo si erano attardati e Jim, smanioso, tornò indietro a richiamarli.
Allora i due innamorati rimasti a lungo separati dal destino, lo raggiunsero e lo presero per mano, e tutti e tre parlottando si incamminarono su per il promontorio.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Un risveglio movimentato ***


Capitolo 2: Un risveglio movimentato

Quando l’eco cupo dello sparo finì di ripercuotersi nell’aria profumata, serena e fresca del mattino, il piccolo Jim Turner si sollevò piano da terra strisciando verso un cespuglio.
I battiti del suo giovane cuore erano notevolmente accelerati, tanto che aveva l’impressione volesse uscirgli dal petto, ma forse era solo suggestionato dalle storie che suo padre gli aveva raccontato la sera prima.
Non fu capace di emettere neppure un grido sottile accorgendosi del corpo immobile dello strambo personaggio con cui aveva chiacchierato poco prima, steso sulla faccia sull’erba umida per la rugiada. Intorno era tornato tutto tranquillo, non c’erano segni di persone pericolose nei paraggi, perciò si fece coraggio e, inginocchiandosi al suo fianco, provò a voltarlo sulla schiena. A fatica ci riuscì: respirava! E cominciò a farfugliare parole confuse e gemiti, pur restando con gli occhi chiusi.
- Signore! – iniziò a scuoterlo energicamente, ma questi non rispose che con qualche incomprensibile biascichio – Restate qui, non muovetevi! Io vado a chiamare i miei genitori – gli riferì concitatamente rialzandosi di scatto, pronto a correre verso la sua bella casa, ma subito tornò sui suoi passi: - Scusate, come devo dire che vi chiamate?
- Ca … ca … c-ca – cercò di spiccicare quello, con difficoltà per la ferita ricevuta e lo stordimento della caduta.
- D’accordo: Carl! – concluse per lui il bambino – Non mi ricordo di avere mai sentito menzionare il vostro nome, ma sono sicuro che mamma e papà vi aiuteranno lo stesso! Non fate sforzi, Carl! – gli raccomandò zelante, prima di sparire rapidamente dal suo debole campo uditivo.
Il pirata batté debolmente un pugno per terra, stizzito dall’affronto, poi svenne.

Con le sue gambe, non ancora molto lunghe ma ugualmente veloci e allenate, Jim fu presto davanti alla sua abitazione e con rapidità afferrò il batacchio tempestando il portone con dei colpi che risvegliarono la servitù alloggiata nel piano inferiore.
- Signorino James, che cosa ci fate fuori a quest’ora? Come siete uscito? – lo rimproverò preoccupata e sbalordita la fedele cameriera di casa, le palpebre ancora appesantite dal sonno.
- Non ho tempo da perdere, Estrella! Devo parlare subito con i miei genitori! – la scansò lui con malagrazia, precipitandosi su per le scale in gran fretta. Una volta raggiunta la loro camera da letto, si mise a battere concitatamente le mani sulla porta, gridando quasi senza prendere fiato:- Mamma! Papà! Mamma! Papà! Papà!
- Sta chiamando te – sussurrò svogliatamente Elizabeth al marito, girandosi dall’altra parte e sciogliendosi dal suo possessivo abbraccio. Lui fece finta di non sentirla e tornò a circondarla con le forti braccia, baciandole il collo e arrivando fino a lambirle quel bellissimo volto che per tanti anni aveva soltanto potuto sognare.
- Will – mugugnò la giovane donna, ridacchiando contro le sue labbra calde e salate che avevano solleticato le sue – Dai, alzati – lo esortò poco convintamente, pizzicandogli i fianchi.
Jim intanto da dietro l’uscio urlava sempre di più.
- Mi ci devo ancora abituare a sentirmi chiamare papà – ammise impacciato Will, alzandosi pigramente dalle coltri dopo averle stampato un altro bacio sulla bocca.
- Tanto vi ho sentito! Lo so benissimo che siete svegli! – li rimproverava dall’esterno il figlio.
- Ma si sveglia sempre a quest’ora? – domandò il giovane Capitano alla moglie, rivestendosi.
- Non capita tutti i giorni di poter salire a bordo dell’Olandese Volante – gli fece notare lei, raccattando a sua volta i suoi vestiti, credendo di aver intuito quale fosse il motivo di tanta eccitazione da parte del bambino.
Il Capitano Turner sorrise con un pizzico di spavalderia, aprendo la serratura, al che Jim si precipitò all’interno sbuffando: - Siete ancora in tenuta da notte! Vestitevi, presto! Dobbiamo uscire! È in pericolo! – riversò tutte quelle frasi alla rinfusa, lasciandoli scombussolati.
- Di cosa parli, Jim? Nessuno può mettersi contro l’Olandese Volante! – gli rispose Will, dopo qualche secondo, atteggiandosi a Capitano sicuro e consumato sotto lo sguardo divertito e complice di Elizabeth.
Il bambino tuttavia rimase serio, specificando allarmato: - Sto parlando di Carl! Il vostro amico!
I genitori lo guardavano interdetti e sbigottiti, fu sua madre, conoscendolo meglio, ad impensierirsi per il suo atteggiamento atterrito: - James, qualcosa non quadra. Racconta tutto dall’inizio – gli ordinò con fare severo e un velo di inquietudine a incurvarle le sopracciglia.
- Non c’è tempo! Dovete seguirmi! – ripeté il piccolo visibilmente preoccupato, tirandoli per le maniche degli indumenti da notte.
Scambiandosi un’occhiata d’intesa, Will s’infilò una casacca e legò alla fusciacca la cintura con spada e pistola, Elizabeth indossò una lunga vestaglia blu e per precauzione portò con sé anche la sciabola che aveva conservato per tanti anni assieme ad una piccola pistola a pietra focaia.
La cameriera Estrella, vedendoli uscire con le armi alla mano, fu presa dal panico e filò a barricarsi nella sua stanza.
- Ora ci spieghi tutto – intimò la signora Turner al figlio, mentre, aiutata dal marito, si chiudeva alle spalle la porta di casa.
- Che cosa ci facevi fuori a quest’ora? – lo sollecitò prudentemente questo, cercando di assumere lo stesso tono di ammonimento della moglie, ma non volendo apparire troppo duro.
Il piccolo sbuffò continuando a camminare qualche passo più avanti dei genitori poi, agguantato per un braccio dal padre, si decise a confessare: - Ero fuori perché non avevo sonno e volevo vedere l’Olandese. Mi sono calato dal balcone con le lenzuola, lo faccio spesso.
- Cosa?! – proruppe Elizabeth tra la rabbia e lo stupore. Aveva avuto qualche sospetto in precedenza, ma non ne aveva mai avuta alcuna prova.
- Vai avanti – lo incitò spicciamente Will, ignorando la marachella e prevenendo l’inevitabile strigliata della moglie che a stento stava trattenendosi dall’ammonirlo.
- Ho incontrato questo tizio – riprese a narrare il bambino – che è stato ferito da non so chi …
Elizabeth a quel punto lo incalzò piazzandoglisi davanti: - Ferito? Come? – gli chiese in ansia.
- Io ho sentito uno sparo e dopo l’ho trovato a terra – balbettò imbarazzato Jim.
I suoi genitori si scambiarono uno sguardo pieno d’inquietudine.
- Che non succeda più Jim! – esplose Will con una voce imperiosa che non aveva mai usato prima – Non devi andartene in giro da solo! – scandì alterato.
Una fitta lancinante gli aveva stretto il cuore al pensiero che avrebbe potuto perdere suo figlio per un innocuo e futile capriccio.
Jim restò scosso dalle parole del padre e soprattutto dal tono che aveva usato, per cui sentendosi mortificato, abbassò il capo e gli voltò le spalle, continuando a strascinare i piedi, restando qualche metro avanti ai suoi genitori.
- Cosa ne pensi? – domandò pochi secondi dopo il Capitano alla consorte, confidando nella sua maggiore confidenza con il figlio e con le possibili insidie latenti in quel luogo da cui lui era mancato a lungo.
Elizabeth sospirò:- Non mi sembra stia mentendo – rispose poi, seria e turbata.
- Perché? È solito dire bugie? – indagò incredulo il marito.
- C’è stato un periodo in cui lo faceva spesso – rivelò lei esitante.
- Mamma! – protestò offeso Jim.
- Ah! – esclamò Will lanciando uno sguardo deluso verso il figlioletto, prima che questo cominciasse a correre tra i filari di palme nane, essendosi accorto di trovarsi ormai vicino al punto in cui aveva lasciato l’estraneo colpito e privo di sensi.
- Aspettaci, tesoro – lo richiamò solerte la madre, ma lui non la sentì, distratto com’era dal trovarsi di fronte un altro forestiero proprio lì.
Inginocchiato esattamente accanto all'eccentrico ignoto ancora inerte, stava, infatti, un uomo di mezza età, ricoperto di abiti sudici, grassoccio, con i capelli grigi e la barba incolta, che non appena lo adocchiò si mosse tanto in fretta da afferrarlo, approfittando del suo disorientamento, tenendogli una mano callosa premuta contro la bocca.
In quel momento Will ed Elizabeth, tagliate le fronde con le lame, apparvero, e alla vista dell’uomo esclamarono in coro, spalancando gli occhi: - Signor Gibbs?!
Il pirata allentò la presa sul piccolo, che immediatamente corse a rifugiarsi dietro le spalle dei coraggiosi genitori.
- Signora Turner! Capitan Turner! – li salutò con gioia l’attempato pirata, sgualcendo le guance pelose in un grande sorriso bonario.
Will si avvicinò ad osservare l’uomo disteso sull’erba e in breve ebbe la conferma di chi fosse. Aveva tenuto in considerazione che in qualche modo le loro rotte avrebbero potuto rincrociarsi, ma non che avvenisse appena un giorno dopo il suo ritorno dalle terre dell’oltretomba.
- Jack Sparrow! – esalò a metà tra la sorpresa e la collera.
Elizabeth si affiancò al consorte con il figlio ancora aggrappato al suo braccio, poi si abbassò su di Jack esaminando lo squarcio che aveva alla manica sinistra del consunto pastrano.
- C … Capitan! – riuscì a pronunciare il pirata, alzando debolmente la mano destra per poi perdere nuovamente conoscenza.
- Ah! Il capitan Jack Sparrow! – riconobbe con emozione e incredulità Jim, mentre i suoi genitori gli rivolsero un’occhiata divertita scuotendo la testa.
- Mi meraviglio di te, Jim! Dopo tutte le volte in cui ti ho raccontato di lui … - enunciò Elizabeth, quasi accusandolo per la sua disattenzione.
- Veramente? – reclamò il marito con un filo di gelosia, stringendo la mascella.
- Ti prego, Will! Era inevitabile … - si giustificò lei sveltamente, cogliendo il suo disappunto.
- Mamma! – si frappose Jim – Ero sconvolto! E poi me lo immaginavo più vecchio!
- Lui è … è vostro …? – prese la parola Gibbs, scrutando il bambino che ora, tranquillizzatosi, gli sorrideva con simpatia.
- Sì, è nostro figlio Jim – lo informò compiaciuto Will – Ma che voi due ci fate qui? – lo pressò riscuotendolo dal suo stato di ilare intontimento.
- È una lunga storia … – accennò il vecchio marinaio rizzandosi lentamente sulle ginocchia malandate, ma in quel momento un proiettile gli sfiorò a bruciapelo un orecchio, andando a conficcarsi nel tronco di un albero.
I Turner si gettarono immediatamente al suolo, seguiti da Gibbs che, però, scansandosi di scatto, diede involontariamente una gomitata in faccia a Sparrow, senza che questo reagisse all’offesa.
Elizabeth impugnò la pistola: - Perché vogliono uccidervi? – inveì contro il quartiermastro della Perla Nera, senza troppa aspettativa di venire a conoscere la verità.
- Ecco … è successo … - tentò di spiegare lo stagionato bucaniere, rialzandosi sui gomiti, ma un nuovo sparo risuonò minaccioso nell’aria e si avvertì l’eco di altri tafferugli.
Will si catapultò sul figlio: - Jim, vai subito a casa! – ordinò issandolo da terra per la camiciola, mentre quelle urla scalmanate si avvicinavano sempre più incombenti.
- Non voglio restare orfano! – strillò il bambino, evidentemente spaventato dal ritrovarsi in quella situazione per lui inedita.
- Non ti facevo così fifone! – lo canzonò il padre, ma cambiò subito espressione – Scusami per prima. Ti prometto che non accadrà – lo rassicurò alacremente, stringendolo in un amorevole abbraccio, per poi sospingerlo lontano da sé, suggerendogli di mettersi al sicuro.
Ma il ragazzino continuò a guardare con occhi colmi di paura entrambi i temerari genitori che si apprestavano a rispondere a quell’attacco inaspettato, restando fermo e ben piantato.
Elizabeth se ne accorse: - Jim: oggi è giunto il giorno di dimostrarmi quanto sei pirata – lo incitò con dolcezza e rigore al tempo stesso – Vai!
Il bambino annuì sentendo di dover scacciare dalla mente i brutti pensieri che lo avevano paralizzato, e questa volta sfrecciò via nella direzione opposta senza voltarsi.
Will si era spostato avanti di qualche metro, cercando di scorgere quanto stesse accadendo e soprattutto se ci fosse qualcuno già giunto nelle vicinanze.
- Può camminare? – domandò la signora Turner a Gibbs, che stava faticosamente tentando di caricare sulle proprie spalle il compare ancora privo di coscienza.
- Penso di sì. È soltanto ferito ad un braccio – le fece notare serenamente quello, iniziando a schiaffeggiarlo perché almeno si svegliasse e si desse un po’ d’aiuto invece di farsi trasportare.
- Portatelo a casa nostra, allora – s’intromise sbrigativamente Will senza smettere di scrutare la radura, rimanendo acquattato al riparo fornito dalla rigogliosa vegetazione – Io resterò qui a respingerli.
- Ma … Will – tentò di obiettare la moglie, avvicinandosi e sfiorandogli un avambraccio, lasciando Gibbs a reggere da solo tutto il peso morto di Sparrow.
Il Capitano Turner restò impassibile mantenendo gli occhi fissi davanti a sé, e la donna capì che non avrebbe potuto convincerlo a cambiare idea. Doveva fidarsi.
– Tornerò ad aiutarti – gli assicurò come fosse una minaccia più che una promessa.
Lui sorrise inorgoglito ed estrasse la spada, voltandosi a guardarli solo quando lei e Gibbs si furono allontanati abbastanza dalla zona, trascinando a fatica insieme a loro quello sventurato portatore di guai di nome Jack Sparrow.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Spade e segreti ***


Capitolo 3: Spade e segreti

Jim aveva corso a perdifiato, tagliando dritto per la radura, senza neppure curarsi di passare per i sentieri meno esposti, costringendosi a ignorare il riecheggiare di spari in lontananza, considerando che gli altri contavano anche sulla sua prontezza per salvarsi.
Aveva la gola secca e una crescente fitta alla milza, ma fu più rapido che mai a ritornare sulla strada di casa, appellandosi a tutte le sue restanti energie per attaccarsi al battaglio, facendolo risuonare con accanimento.
Quando udì quel fracasso di colpi che parevano voler abbattere i muri, la fidata domestica di casa Turner sbucò sulla soglia ancora più spaurita di prima.
- Estrella! Serra tutte le imposte! Siamo circondati! - le strillò in faccia trafelato il padroncino, non appena gli aprì incerta la porta, rimanendo ben nascosta al suo interno.
- Ma … signorino! Non è divertente! – protestò confusa e impaurita, sentendosi presa in giro da quel birbante, che non era nuovo a sceglierla come vittima delle sue facezie.
- Non è uno scherzo! Ci sono sul serio dei pirati cattivi! – cercò di convincerla il bambino, mentre si sforzava di muovere alcuni mobili e pezzi di arredo vicino alle finestre, affaccendandosi freneticamente come inseguito da mille diavoli.
La donna, notando l’agitazione del piccolo e mettendo in conto che, considerati i trascorsi di quella famiglia e di quel luogo, potesse effettivamente esservi del vero in quanto da lui riferito, decise infine di assecondarlo, aiutandolo come meglio poteva a spostare il mobilio.
- Ma dove sono i vostri genitori? – gli chiese però, temendo di faticare inutilmente.
- Hanno dovuto coprirmi le spalle, ma staranno per arrivare! – dichiarò fiducioso Jim, tentando ancora di bloccare tutte le aperture con sedie, poltrone e tavolini, senza curarsi di danneggiarli con il suo impeto.
La cameriera pensò che quel bambino avesse letto troppi libri d’avventura e che l’influenza di sua madre, con le storie fantasiose che era solita narrargli per metterlo a dormire, lo avessero fatto crescere come un piccolo selvaggio. Ma in fondo voleva bene ad entrambi e non si sarebbe tirata indietro per proteggerli.
Trascorsi una manciata di minuti, Elizabeth e Gibbs, trascinandosi un Jack ancora semi incosciente sulle spalle, raggiunsero l’abitazione da un’entrata secondaria posta sul retro.
- Questa non l’avevi ancora bloccata, Jim – fece notare la signora Turner al figlio, dopo che questo si era precipitato nella parte dell’abitazione da cui aveva sentito provenire il rumore di un’intrusione.
- Aspettavo voi, mamma – si giustificò lui con faccia innocente, abbassando  la brocca di cui si era premunito – Estrella! Non stare imbambolata! Aiutami! – urlò poi all’indirizzo della domestica, accingendosi a spingere un lungo tavolo.
La governante obbedì senza staccare gli occhi sgranati dai due loschi figuri che la padrona aveva appena fatto entrare, rendendosi conto solo allora che non si trattava soltanto di un gioco dispettoso del piccolo Turner, bensì che il suo racconto corrispondeva al vero.
Tanto più che vide il più attempato dei due sconosciuti filibustieri accasciare su un divanetto il compagno svenuto.
- Estrella! – la richiamò perentoria Elizabeth – Assistili tu, sono amici. Io devo andare – le ingiunse senza troppe spiegazioni, correndo via su per le scale.
- Salve, bella signora! – si fece avanti Gibbs, riscuotendola dallo scombussolamento che l’aveva lasciata rigida come una statua – Sareste così gentile da prepararci dell’acqua calda e delle garze? – le domandò con il tono più cortese che potesse usare, che tra l’altro stonava con il suo aspetto lurido e rozzo.
La donna di servizio, un po’ titubante, non si lasciò suggestionare ed eseguì quanto chiesto.

Una volta tornata al luogo in cui aveva lasciato Will, Elizabeth si ritrovò a combattere con lui spalla a spalla contro quegli invasori sconosciuti, che erano piuttosto agguerriti e abbastanza numerosi, ma comunque stranamente leali, al punto da non impugnare le armi da fuoco, duellando con le sole sciabole.
Era arrivata a contarne una quindicina, almeno cinque erano riusciti a scappare verso la loro casa senza che loro due potessero fermarli, impegnati com’erano a fronteggiare gli attacchi insistenti degli altri, ritrovando una notevole coordinazione ed intesa nel distribuire colpi e schivare fendenti, senza nemmeno aver bisogno di scambiarsi una parola.

- È tutto bloccato, adesso – asserì Jim, sistemando con l’aiuto di Gibbs una pesante cassettiera davanti alla porta secondaria.
Estrella tornò nel frattempo con una brocca di acqua fumante, un bacile e delle bende di stoffa, tremando sensibilmente per la presenza di quegli estranei che trasudavano pericolo e malaffare.
Gibbs la ringraziò con un cenno del capo e lei restò in piedi immobile al suo fianco. Il marinaio si accinse a medicare il Capitano, sfilandogli con l’aiuto di Jim la casacca, ma un trambusto proveniente dall’esterno lo distolse da quell’intenzione: - Pensateci voi, signora. Io penserò alla vostra sicurezza – dichiarò cavallerescamente, alzandosi e stringendo fra le mani la pistola che estrasse dal cinto dei pantaloni.
Jim gli andò dietro mentre Sparrow rimase disteso a biascicare parole incomprensibili.
La cameriera gli si avvicinò con timore, sfiorandolo in corrispondenza della ferita ma, non appena lui ebbe un riflesso incondizionato e le agguantò un braccio, gli mollò uno schiaffo e corse via urlando.

- Elizabeth, devo dirti una cosa importante – parlò d’un tratto Will, mentre continuava a lottare con gli ultimi che ancora resistevano.
- Non vorrai chiedermi di nuovo di sposarti? – esclamò lei con ironia, assestando un calcio sotto la cintura ad un avversario.
- Perché? Ti sei pentita? – le domandò lui, quando furono l’uno contro le spalle dell’altra.
- Assolutamente no! – giurò la consorte con entusiasmo, scagliandosi contro un nuovo nemico.
- Bene! – attestò lui, affondando la lama nella spalla di una specie di relitto umano che gli si parò contro con una pistola tra le mani. – Sei in forma smagliante! – osservò poi, rivolgendosi alla moglie che con destrezza continuava a liberarsi degli aggressori – Sicura di essere rimasta tutto il tempo buona buona a fare la mammina?
- Certe cose una volta imparate non si dimenticano più – affermò fiera Elizabeth, intrecciando il braccio sinistro con quello del marito, senza smettere di reggere saldamente la spada.
Per un momento Will ebbe l’impressione che tutti quegli anni lontano da casa, dalla vita vera, dal suo grandissimo amore, non fossero mai passati. Eppure era così, e la rabbia per tutto ciò che si era perso, e per ciò che ancora l’aspettava, accrebbe il suo furore nel combattere.
- Jack deve proprio averla combinata grossa, stavolta – osservò il Capitano Turner con sarcasmo.
- Ma sei certo che siano venuti per lui? – gli domandò la moglie tra un affondo e l’altro.
- Per chi altrimenti? – si chiese Will. Non poteva essere da parte sua, era troppo presto.
- Lì ce ne sono ancora! – urlò sgomenta Elizabeth, avvistando un gruppetto di gente in armi che correva nella loro direzione.
- No, quelli sono i miei uomini – la informò il consorte rincuorato, non appena li ebbe scorti.
- Mettetevi al riparo, Capitano. Qui ci pensiamo noi! – dichiarò il più robusto degli arrivati, brandendo una spada lunga e ricurva con cui aveva già fatto allontanare alcuni assalitori.
I due sposi non se lo fecero ripetere due volte e si apprestarono a ritornare rapidamente fianco a fianco verso la loro abitazione.
Durante la ritirata Elizabeth senza accorgersene inciampò e cadde per terra supina, mentre la sua spada le scivolò poco lontano. Uno degli sconosciuti le aveva arpionato la lunga vestaglia con una specie di rampino e ora le andava incontro sadico: - Fatti sotto, bella! – sbraitò debosciato, appoggiandole la lama fredda e sporca sul collo.
In pochi secondi Will si liberò di un altro avversario con una sciabolata e fece esplodere un colpo secco e preciso verso la gamba sinistra dell’uomo che stava minacciando la moglie, il quale cadde al suolo dolorante. Afferrata la mano del marito, Elizabeth si alzò, liberandosi della vestaglia e riappropriandosi della sciabola.
Messi in fuga gli ultimi intrusi con l’appoggio dei marinai dell’Olandese Volante che erano intervenuti a trattenerli, i Turner giunsero infine davanti alla propria abitazione.
- Ho detto a Jim di bloccare tutte le entrate – sostenne la signora Turner, ripreso fiato dopo il forsennato combattimento.
- Ottima idea! – valutò il Capitano Turner, ancora ansimante – E noi come entriamo adesso?
- Dal balcone! – affermò la giovane moglie, notando le lenzuola lasciate da Jim. I due, arrampicatisi, si imbatterono in un uomo smilzo, con un lungo codino scompigliato e vestito di stracci cenciosi intento a cercare di forzare le imposte per introdursi.
Faceva talmente rumore da non averli sentiti sopraggiungere alle sue spalle.
- Non lo sapete che è scortese entrare in una dimora se non si è invitati? – lo ammonì Elizabeth, piantandogli la punta della spada in mezzo alla schiena. L’estraneo alzò le braccia senza voltarsi né sussultare.
- Chi cercate? – lo interrogò Will, piazzandoglisi davanti con la sua pistola e facendo in modo che arretrasse verso la ringhiera. Il tizio continuò a non fiatare e il Capitano lanciò alla consorte uno sguardo d’intesa, al che lei aumentò la pressione della lama sulla schiena dell’ignoto malvivente.
- Il rinnegato – bofonchiò infine questo a denti stretti.
I due Turner restarono interdetti dalla risposta e si guardarono l’un l’altro come a cercare conferma di ciò che avevano sentito. L’estraneo, approfittando della reazione avuta dai due, tentò di prendere la pistola, ma Will riuscì a colpirlo con un pugno e poco dopo lo scaraventò di sotto. Subito Elizabeth tirò su le lenzuola per evitare altre intrusioni e nel contempo Jim aprì l’imposta con l’aiuto di Gibbs, emettendo un sospiro di sollievo ed orgoglio nel vedere che la sua mamma e il suo papà erano sani e salvi.
- Tesoro, tutto bene? – lo abbracciò la madre, dissimulando l’inquietudine e lo sgomento per quanto era successo. Suo padre si limitò a scompigliargli i capelli per poi bloccare di nuovo l’apertura del terrazzino.
- Sì, mamma. Io sto bene, è il vostro amico che ancora non si è svegliato – la tranquillizzò il bambino, percependo un’insolita preoccupazione nella sua voce sempre così ferma e sicura.
- Sei stato bravo – si complimentò la donna, continuando a stringerselo al petto.
Will, intanto, era sceso insieme a Gibbs al piano inferiore per accertarsi personalmente delle condizioni di Jack: - Com’è che non ha ripreso conoscenza? – chiese stranito, dopo averlo scosso senza conseguenze.
Era come se dormisse profondamente e il suo respiro sembrava più flebile.
- In effetti è strano – constatò il marinaio, tornando ad esaminare la lesione – Non ha perso molto sangue, sembra solo una ferita superficiale, però il proiettile non avrebbe dovuto frantumarsi – asserì poi, individuando dei piccoli frammenti di piombo ancora conficcati nella lacerazione.
- Per il momento fascialo alla meglio – consigliò Will al vecchio amico – Ci penserà Gilbert a medicarlo come si deve.
Gibbs non capì a chi il giovane Capitano si riferisse, ma agì in fretta come gli aveva detto.
- Allora, cos’era questa cosa importante di cui dovevi parlarmi? – domandò Elizabeth, non appena arrivata nella stanza in cui si trovavano gli altri.
Will non sapeva come cominciare e di certo avere davanti l’amata che lo fissava con le braccia incrociate e un’espressione perplessa che non prometteva nulla di buono non l’aiutava. Possibile che lo conoscesse a tal punto da avere capito che nascondeva qualcosa? Aveva creduto che non si fosse semplicemente ancora del tutto abituata ad averlo accanto, invece, forse, aveva avvertito qualcosa di sfuggente nel suo modo di parlarle, di guardarla e di accarezzarla. Non era solo dovuto al prolungato distacco cui erano stati costretti dal fato.
Ormai doveva parlare, c’era anche suo figlio che attendeva …
- Ecco … Ieri, poco prima che tornassi … ho rivisto Calypso – cominciò a rivelare con esitazione.
Al nome della capricciosa e volubile dea del mare la moglie ebbe una reazione dura, che lui stesso non si aspettava: - Diavolo di un pirata! Ora ci racconti tutto per filo e per segno! – gli ordinò infuriata, estraendo la sciabola ad una spanna dal suo viso.
- Mamma! Che fai! – sussultò il figlioletto sbalordito.
- È tutto a posto, Jim – gli garanti lei, con labbra tese.
- Gli stai puntando una lama alla gola! – esclamò il bambino, gli occhi spalancati per lo sgomento.
- Elizabeth, calmati – la invitò Will, perfettamente consapevole dell’avversione che la donna aveva maturato nei confronti di quella capricciosa entità sovrannaturale. – Questo è ciò che mi ha detto …

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Di nuovo per mare ***


Capitolo 4: Di nuovo per mare

“Se il tuo amore ti avrà aspettato, non sarai più obbligato a restare nelle terre dei morti, William Turner. Ma ci sarà ancora un compito che dovrai eseguire per me: ritrovare le carte nautiche che contengono la mappa per i confini del mondo e consegnarmele. Se dovessero cadere in mani sbagliate, infatti, sulla terra regnerebbe il caos, ognuno vorrebbe provare a far ritornare chi vuole dal mondo delle ombre e la morte e la vita si mescolerebbero senza alcun ordine”.
“Sembra spaventoso. Come posso fare a trovarle? L’ultima volta che le ho viste è stato anni fa a bordo della Perla Nera …”
“Trenta volte il sole si tufferà nell’oceano e altre trenta ne riemergerà, allora, se non sarai ancora riuscito a portare a termine tale incarico, dovrai passare l’eternità diviso tra il mare e la terra, dove potrai tornare solo una volta ogni dieci anni”.
“Dove potrò trovarti quando avrò recuperato le carte?”
“Risalirai il fiume, io sarò lì, nel luogo del nostro primo incontro”.

- Te ne andrai – si rattristò Jim quando il padre tacque - Perché non ce l’hai raccontato subito! – lo accusò andandogli incontro e battendogli una mano sul petto.
- Abbiamo avuto così tante cose di cui parlare – si scusò lui sfiorandogli una guancia – E poi avrei voluto solo che questo giorno trascorresse sereno, eravate così felici. Mi dispiace –ammise amareggiato.
- Dobbiamo separarci di nuovo – bisbigliò Elizabeth con gli occhi lucidi, lasciando cadere la spada lungo il fianco – Ci eravamo promessi che non ci saremmo detti più bugie – gli ricordò con tangibile frustrazione.
- Ma sono dieci anni che non ci parliamo! – cercò di farla sorridere lui, invece peggiorò la situazione.
- E tu ricominci subito a mentirmi?! – lo rimproverò lei, scoccandogli un’occhiata furibonda.
Will chinò lo sguardo sentendosi immensamente angosciato per averla fatta soffrire un’altra volta. Era una cosa che detestava nel profondo.
- Entro il tramonto devo lasciare la terraferma ed essere di nuovo a bordo dell’Olandese – riprese a parlare - Ma vedrai, non mancherò molto – la rassicurò ottimista, senza credere troppo alle sue stesse parole – Troverò quelle carte e tornerò da voi.
- E se non dovessi riuscirci? – lo interrogò il figlioletto, tenendo ancora il broncio.
Elizabeth scosse la testa: - Verrò con te – affermò decisa, avvicinandosi a lui e guardandolo dritto negli occhi.
- Anch’io papà – si incoraggiò allora a copiarla il piccolo.
Lui non seppe come controbattere dinanzi alla loro inoppugnabile determinazione; avrebbe voluto proteggerli, ma forse, anche restando lontano da loro non sarebbero stati completamente al sicuro.
- Will: io voglio tenerli piantati insieme a te gli occhi sull’orizzonte questa volta – asserì la giovane moglie prendendogli le mani – Non posso e non voglio credere di essere ciò che non sono … ciò che non siamo. Noi siamo pirati – sostenne poi con un filo d’orgoglio a colorarle la voce e le gote.
- Non è un problema per te, imbarcarti e dover lasciare tutto quello che hai qui? – le domandò lui, sorridendole con dolcezza; già presentiva quale potesse essere la sua risposta.
- Saranno coloro che ci ostacoleranno a doverci considerare un problema – dichiarò di rimando lei, seria e risoluta come non mai. Anche Jim sorrise felice, intuendo ciò che tale discorso significava. Desiderava da sempre diventare protagonista di quelle avventurose storie marinaresche che finora aveva soltanto sentito raccontare da sua madre prima di dormire.
Il Capitano Turner ponderò ancora per qualche secondo l’opportunità di quella non facile decisione, poi si arrese alla necessità di doversi fidare di se stesso e della sua famiglia: - Tuo nonno sarà felice di conoscerti – confidò in conclusione al figlio.
- Ho un nonno?! – strepitò il piccolo – Mamma, perché non me lo hai mai detto?
- Credevo non navigasse più con tuo padre – si difese lei un po’ imbarazzata; gli aveva parlato praticamente di tutti i pirati che avevano incontrato, ma non di lui e adesso non sapeva nemmeno per quale ragione avesse sorvolato.
Will sembrò rimanerci un po’ male, tuttavia non ebbe il tempo di ribattere perché sentirono picchiare ad una delle finestre.
Con circospezione, insieme a Gibbs, che aveva intanto terminato di apporre una fasciatura al Capitan Sparrow, si accostò tenendosi pronto a rispondere, ma le parole che udì furono quelle di un marinaio dell’Olandese che richiamava il suo comandante.
Riconosciutolo, Turner gli aprì allontanando la mobilia: - Capitano, è meglio affrettare la partenza – affermò un uomo dalla carnagione scura molto alto e possente affacciatosi sull’interno – prima che quei cani scabbiosi che cercavano di ucciderci facciano ritorno.
- D’accordo – gli diede risposta Will – Voi state tutti bene? – si preoccupò di chiedere poi.
- Siamo ancora tutti vivi – ribatté Palifico, mentre alle sue spalle facevano capolino gli altri membri della ciurma, un po’ ammaccati ma in piedi sulle proprie gambe.
- Dateci il tempo di prepararci. Verranno anche mia moglie e mio figlio – lo informò spiccio lui.
Tutti si mossero per la curiosità di scorgere i parenti del giovane Capitano, seppure la penombra che avvolgeva l’interno dell’abitazione non consentisse di distinguerli con molta chiarezza.
Gibbs si trascinò dietro un inerte Jack: - E noi due? – spiccicò impensierito.

- Ce la faremo Will, come abbiamo sempre fatto – Elizabeth incitò il marito che stava ritto al suo fianco reggendo il timone, poco dopo che l’ultima ancora venisse issata a bordo e l’imponente nave prendesse a solcare le acque cristalline dei Caraibi. – Questa volta non permetterò che ci siano altri ostacoli alla nostra felicità – giurò confidente, poggiandogli un braccio sulla spalla.
Lui si voltò e le diede un bacio sulla fronte ringraziando il cielo in cuor suo di avergliela fatta incontrare. Era solamente lei a dargli la forza di andare avanti nei momenti più difficili.
- Capitano – irruppe sulla balconata della plancia un marinaio dall’accento orientale – Penrod chiede di voi.
Immediatamente Will richiamò a sostituirlo Jimmy Legs, il timoniere, e si mosse seguito da Elizabeth. Nel discendere dal cassero incontrarono Jim, al settimo cielo per la possibilità di scorrazzare sul ponte e per aver fatto conoscenza con l’unico nonno che gli rimaneva.
- Dove andate? – li fermò curioso, maneggiando un sestante.
- Probabilmente Jack si è svegliato – gli riferì di fretta la madre.
- È meglio che non vieni, però – lo ammonì suo padre; non era del tutto sicuro che il vecchio conoscente si fosse ripreso, gli era apparso sin troppo debilitato prima, e voleva evitare che il figlio s’impressionasse se fosse accaduto il peggio.
- Papà, quando ci siamo parlati mi ha detto una strana frase, del tipo “ci chiamavano pirati” – gli rivelò Jim dubbioso – Che cosa significa secondo te?
- Jack dice sempre cose strane! – lo liquidò lui, sorridendo al ricordo del modo in cui quello strambo pirata si esprimeva, inducendolo spesso a confondere menzogne e verità.
I due scesero sotto coperta, nella cabina in cui avevano fatto sistemare Sparrow.
Il Capitano Turner aprì lentamente la porta e si accorse che, seppure ancora sdraiato, lo sfortunato filibustiere sembrava respirare e muoversi.
- Capitano – lo accolse Penrod – Gli ho estratto questo dal braccio – lo informò mostrandogli un piccolo frammento di metallo – Secondo me c’era pure una specie di sonnifero, questa roba verdastra, guardate – gli mostrò ancora – Deve essere qualche sorta di alga sedativa, ma di certo non un veleno, la pelle vicino alla ferita non presenta alcuna alterazione.
- Penrod aveva cominciato a studiare per fare il dottore prima di diventare un marinaio – spiegò Will alla consorte che ascoltava sbalordita quel resoconto dettagliato - Ha detto qualcosa? – chiese poi all’esperto cerusico che lo aveva medicato.
- Niente di rilevante, signore – rispose quello, facendo spallucce – Sembra solo stia delirando.
- Quella te la pago la prossima volta – bofonchiò Jack proprio in quel momento.
Will gli si avvicinò, aggrottando le sopracciglia: - Già – sospirò rassegnato, scambiando un’occhiata con la moglie – Allora, non è grave?
- No, no. Si rimetterà presto, credo – gli garantì fiducioso Penrod, riponendo il bisturi in un bacile di acqua bollente – Provate a parlargli, magari riconosce la vostra voce.
- Ben risvegliato Jack Sparrow – gridò allora il giovane Capitano, curvandosi su di lui.
- Turner?! – balzò quello, aprendo le palpebre inquietato e guizzando le pupille tutto intorno.
- Capitan Turner, se permetti – specificò Will, fingendosi indispettito.
- Ah, sì … - replicò Sparrow scrutandolo di traverso e piantando i gomiti sulla branda per sollevarsi – Cosa ci faccio a bordo della tua orrenda barcaccia?! – inveì con un velo di terrore negli occhi – Ahi! E cosa mi hai fatto? – berciò turbato poi, accorgendosi della fasciatura dolorante al braccio sinistro.
- È soltanto una cicatrice, ormai – asserì impassibile Will – La aggiungerai alla tua collezione e così avrai un’altra storia da raccontare – osservò beffardo, ma lui continuava a tastarsi la medicazione incerto, lanciandogli sguardi accusatori.
- Calmati Jack, sei al sicuro qui – si fece avanti Gibbs, che non lo aveva lasciato solo un momento da quando erano saliti a bordo di quel tetro vascello – I signori Turner ci hanno salvato.
- Ah, si? – replicò il pirata insospettito, stirandosi le treccine del pizzetto – Aspetta un momento … ma tu non dovevi tornare dopo dieci anni?!
- Quei dieci anni sono già trascorsi, Jack – gli comunicò Turner – e ho estinto il mio debito con Calypso.
- Come vola il tempo … – considerò malinconico Sparrow, scostando l’attenzione su un asse sconnessa del pavimento – Ma perché mi avete rapito? E sparato anche? – riprese poi ad incolparli oltraggiato.
- Lascia che ti spieghiamo, Jack – s’interpose Elizabeth, che finora era rimasta in disparte, provando un po’ di disagio in quella situazione non troppo limpida.
Lui sorrise isterico: - No, gioia, non mi fregate più. Ne ho abbastanza delle vostre sciagure!
- Veramente … - tentò di chiarire la giovane donna, offesa da quel tono avvelenato, ma il buon Gibbs fu più veloce di lei a prendere la parola: - Signore, vi ricordate quei tizi a cui dovevate dei soldi? – cominciò a parlare come cercando il consenso da parte di Jack – Ci hanno inseguiti fino a Port Royal e vi hanno ferito. Per fortuna che abbiamo incontrato loro – chiosò sorridente e ruffiano.
Jack si estraniò qualche istante, annuendo tra sé e sé: - E voi cosa ci facevate lì? – tornò a chiedere fissandoli, senza abbandonare un cipiglio diffidente.
- Io ci vivo! – affermò Elizabeth incredula e risentita dal suo perdurante alludere ad un loro implicito coinvolgimento in quanto gli fosse accaduto; forse, piuttosto, era vero il contrario.
Will parve parlare in vece sua: - Credevo che tu fossi venuto a cercarmi di proposito.
A Sparrow esplose in un verso irritato: - Quella dannata bussola! Non ne fa mai una giusta!
- Volevamo metterci in cerca della Perla Nera – riprese a parlare la signora Turner – e invece abbiamo trovato te ancora prima di imbarcarci.
- Eh, sì … - il pirata trasse un sospiro mesto, rabbuiandosi e distogliendo lo sguardo verso lo spicchio di cielo blu visibile dall’oblò.
- Barbossa se l’è ripresa, è così? – gli domandò cauta Elizabeth, avvicinandosi dispiaciuta.
Lui si voltò e sul suo viso comparve una maschera di ipocrisia: - Il mondo è pieno di navi migliori di quella! Ha insistito e gliel’ho ceduta. Contenta? – sbottò stringatamente, esasperato, battendo le gambe sulla branda. – Allora, che volete da me?
Will si sentì indiscreto ma espose comunque il suo problema: - Calypso vuole che le consegni le carte nautiche, quelle speciali, capisci. E dato che l’ultima volta le ho vedute a bordo della Perla … - azzardò speranzoso.
- Bè, dovrai cercare altrove, compare – lo zittì stizzito Jack – Le avrà Barbossa, se è ancora vivo … - considerò quasi con se stesso, scrutando di sottecchi il Capitano dell’Olandese Volante in cerca di conferma.
- Sì, Barbossa è vivo – gli fece sapere sicuro Turner – Ma come posso trovarlo?
- Hai ancora con te la tua bussola, giusto? – indagò sfacciata Elizabeth, notando la scatoletta che ben ricordava legata al suo fianco.
- Certo – rispose piccato lui, stringendo l’oggetto incriminato – Ma, se ben ricordi come funziona, è inutile che te la ceda: non penso che il tuo maritino desideri più di ogni altra cosa al mondo trovare Capitan Barbossa ora che ti ha tutta con sé. Comprendi? – la provocò malizioso come sempre, e lei indietreggiò accigliata, corrugando le labbra.
Will, prendendolo alla sprovvista, afferrò la bussola che Sparrow aveva in mano:- Forse hai ragione – approvò senza tante remore – Ma ci voglio provare lo stesso. Riposati, mi servi lucido domani. Ho un mucchio di cose da chiederti.
E, così dicendo, lo salutò con un cenno rispettoso accomiatandosi insieme alla moglie e a mastro Gibbs.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Grazie, Jack! ***


Capitolo 5: Grazie, Jack!

Jack Sparrow già si sentiva un prigioniero a corto d’aria, ma si ripeteva che doveva sforzarsi più a lungo possibile di sopportare quello spiacevole compromesso.
In fondo tutto, o quasi, finora era andato secondo i suoi piani.
Quella pistolettata, in effetti, non l’aveva prevista, eppure involontariamente lo aveva aiutato. Ora non gli restava che sperare di poter piegare a suo favore gli eventi. Avrebbe dovuto studiare bene la situazione e ponderare ogni parola, ogni gesto, ogni sguardo per spuntarla.
Bene o male era riuscito a riposarsi e si accorse che il cielo si era ormai oscurato. Decise perciò di uscire sul ponte. Il braccio non gli doleva più molto e fu parecchio contento di rinvenire tutti i suoi inseparabili effetti, tricorno, spada e pistola, appoggiati su una piccola panca vicino alla branda su cui aveva riposato.
Li rindossò con gran fretta, muovendosi circospetto nei corridoi fiocamente illuminati.
Risalendo le scalette che portavano sopra coperta, non incontrò nessuno, c’era molto silenzio, soffiava una leggera brezza tiepida, e qualche sparuta lampara appesa agli alberi della nave gettava ombre vacue: un’atmosfera spettrale. Restò bloccato, poi iniziò a girare su se stesso, non capacitandosi. Era sicuro di non avere sognato, forse era ancora sotto l’effetto di quella strana sostanza che quel sedicente dottore aveva detto di aver rinvenuto nella ferita.
- Di nuovo sulla stessa nave, Jack – parlò una voce cavernosa alle sue spalle.
Impiegò un paio di secondi a riconoscere quella faccia vagamente familiare, i lineamenti marcati scavati dalle ombre del crepuscolo. Era Sputafuoco Bill.
- Già – si limitò a rispondergli alzando un sopracciglio, dopo essersi voltato verso di lui. Avrebbe voluto chiedergli dove fossero finiti tutti gli altri, ma quello lo precedette.
- Non ti ho ancora ringraziato per quello che hai fatto. Mi hai restituito un figlio che credevo di aver perduto per sempre – sostenne il compassato pirata con tono colpevole, raddrizzando il pesante timone.
- Lui non ti aveva mai dimenticato – replicò Jack quasi in un sussurro, senza essere sicuro che l’altro lo avesse sentito. Detestava lasciare trasparire quell’infida vena sentimentale, e poi quell’atmosfera sospesa lo inquietava, come tutto d’altronde sui quella lugubre nave.
- Non ha preso da me! – si schernì con dolente ironia Bill – Forse da sua madre. Io non la ricordo più – mormorò meditabondo – Ma tanto potrò domandarglielo presto – asserì vago poco dopo, mantenendo gli occhi freddi sul mare grigio e piatto.
Jack lo osservava provando un sempre maggiore disorientamento, e si poggiò l’indice della mano sinistra sul labbro, come a voler trattenere qualche frase impropria.
- Sono vecchio e malato. La mia vita si sta spegnendo – esalò Sputafuoco con accento rassegnato, fece una pausa, sospirando – Almeno adesso so che è felice e che è diventato un uomo di valore – affermò sorridendo lievemente – Quello che io non sono mai stato.
Jack, che lo aveva ascoltato a bocca aperta e ammutolito, si riscosse da quell’istupidimento, gli si avvicinò a grandi passi, abbrancandosi al timone:- Dove sono tutti? – chiese quasi disperato.
- Credo stiano mangiando – gli riferì il vecchio amico, stranito per l’espressione di panico che gli alterava il volto improvvisamente cereo – Tu non hai fame?
Al solo pensiero di dover ingurgitare qualcosa Jack fu pervaso da un senso di nausea e scosse velocemente la testa per rispondere a Bill.
- Neanche io – gli confidò quello con la solita mestizia, continuando a timonare.
Sparrow lo salutò con un leggero cenno, corse di nuovo di sotto e stavolta si scontrò con il Capitano Turner che stava giusto risalendo: - Jack, non pensavo ti alzassi così presto! – esclamò sorpreso questi, bloccandolo a metà strada sulle scalette del boccaporto.
- Infatti, me ne torno a dormire! – glissò il pirata, cercando di svignarsela nella cabina da cui era svicolato. Will però gli piantò una mano sulla spalla malconcia, quasi avesse artigli al posto delle dita, costringendolo a fermarsi e a seguirlo.
Dopotutto un confronto doveva aspettarselo, e non si tirò indietro: aveva pur sempre il suo orgoglio piratesco da difendere e il suo brillante acume per affrontarlo.
Osò auspicare che l’apporto di Turner, anche questa volta, gli sarebbe tornato utile, ma capiva bene che non era più il ragazzino sprovveduto, malleabile e un po’ ingenuo in cui si era imbattuto in passato. Mentre rifletteva su ciò, si ritrovò di nuovo con lui su quel fradicio ponte, rinfrescato dalla frizzante brezza serale.
- Come stai, Jack? – fu la prima domanda che quello gli rivolse, dopo averlo condotto a prua.
Lui esibì un sorriso a denti stretti: - Splendidamente! – quel tono sospettoso e un po’ inasprito usato da Will già non gli era piaciuto e lo aveva messo in allerta.
- Cosa non farebbero gli uomini per il denaro – sentenziò il Capitano dell’Olandese Volante, passando le dita sulla balaustra rosicchiata dalla salsedine – Ti hanno addirittura rincorso fino a Port Royal? – insinuò, facendogli intendere chiaramente che sospettava il suo racconto nascondesse qualche sgradito retroscena.
- Che vuoi farci, compare? L’avarizia è un peccato capitale, d’altronde – fu la pronta e secca risposta di Sparrow, quasi un’amara constatazione della realtà.
- Non li abbiamo più avvistati, comunque. Non c’era alcuna nave attraccata al largo – lo informò Will, spiandolo di sbieco – Si sono dileguati, non sappiamo come.
Il pirata non tradì alcuna smorfia, rimanendo a contemplare con fare assorto la distesa d’acqua salata, su cui cominciava a brillare il riflesso di qualche stella.
Era certo che non avrebbe potuto abbandonare il vascello facilmente, per cui, se avesse perseverato a tacere e tergiversare, confidò di vedersela con lui l’indomani mattina, o i giorni seguenti. Magari chiedendo anche l’aiuto di Elizabeth, che forse sapeva essere più convincente.
Jack fu risollevato dalla sua moderata insistenza, ma non lo diede a vedere e pensò, anzi, che fosse giunto il suo turno per le domande scomode. Doveva possedere una conoscenza quanto più esauriente possibile del contesto in cui si trovava per poter aguzzare il suo ingegno, e dato che Turner era rimasto in silenzio e mostrava l’intenzione di andarsene, lo interrogò furbescamente: - Che ti ha promesso in cambio?
- Cosa? – domandò quello distratto, arrestandosi senza voltarsi.
- Non fare finta di non capire! – lo ammonì Jack con voce calma ma screziata dal sarcasmo di chi era abbastanza avveduto dal fiutare un tentativo di dissimulazione – Calypso, intendo.
Will tornò indietro e si appoggiò con entrambe le mani al parapetto, stringendolo e prendendo fiato, come se ciò che stava per proferire gli provocasse un’intima sofferenza che lo dilaniava: - Calypso … Mi ha dato il tormento per dieci anni. Ad ogni tramonto tornava a manifestarsi e a tentarmi con la promessa dell’immortalità. Io le ho ripetuto che non mi importava di quel dono, che mi sarebbe bastata una vita sola, mortale, purché con Elizabeth. L’ho offesa per il mio rifiuto, ma alla fine ha compreso le mie ragioni e mi ha perdonato, soltanto che in cambio mi ha imposto di riportarle entro un mese quelle carte.
Jack lo squadrava con la testa inclinata e la bocca mezza aperta, come se avesse appena ascoltato il discorso sconclusionato di un uomo privo di senno:- Fammi capire: una potente dea ti ha promesso che morrai miseramente come tutti gli altri uomini, a patto che tu le faccia avere delle mappe per cui molti ucciderebbero, ma che non hai la più pallida idea di dove siano?! – ricapitolò attonito, alzando involontariamente la voce – Ti conosce proprio bene quella! Solo tu potevi accettare uno scambio simile!
Turner di fronte a quell’irriverente biasimo s’infervorò: - Senti, Jack … Non sono stato io a volere diventare il Capitano di questa maledetta nave, né ho mai desiderato di navigare in eterno attorniato solo da ombre e fantasmi! … - s’interruppe, attenuando quello spasmo di frustrazione che l’aveva indotto ad alzare i toni – Anche se devo ringraziarti … per la generosità del tuo gesto – sussurrò a fatica, guardandolo con la coda dell’occhio.
A Jack Sparrow sfuggì un sibilo inorridito tra le labbra increspate. Era il secondo ringraziamento che riceveva quella sera. Una sensazione strana lo pervase, piacevole da una parte, irritante dall’altra: non voleva certo essere ricordato come il pirata più magnanimo dei sette mari! Di certo non lo era, non lo era mai stato, e quel Turner era un illuso se si aspettava chissà quale atto di carità da parte sua … Oppure sotto sotto lo stava raggirando?
- Comunque, se non sai nulla e vuoi solo intralciarci, ti farò sbarcare al primo porto che incontreremo – lo dispensò spicciamente Capitan Turner, dandogli una leggera pacca sulla spalla e girando i tacchi.
- Will – lo richiamò in un sussurro incerto Jack – quell’inutile bussola, puoi tenerla – gli accordò, pentendosi subito dopo dell’intonazione sin troppo amichevole che aveva usato.
Il suo ospite gli volse un leggero cenno di ringraziamento: - Non sai più quel che vuoi, eh? – dedusse ammiccando appena, per poi indirizzarsi verso il castello di poppa dove aveva dato appuntamento al figlioletto.
Jack Sparrow non conosceva la risposta a quella ricorrente e pungente domanda e preferì tacere. Non faceva molto assegnamento sul fatto che Turner avesse abboccato alla storia che Gibbs, su suo suggerimento, gli aveva esposto, riguardo la reale causa del loro arrivo (o ritorno), ma, almeno per il momento, il duello verbale fra loro due era stato sospeso.
Eppure neanche la rassicurazione di quella temporanea tregua, lo distolse dal ripensare alla sua ultima disavventura …


Un cielo terso, un vento caldo e asciutto, un’ottima visibilità, un galeone che veleggiava a grande velocità nonostante la stiva carica lo appesantisse, nessuna traccia di navi nemiche all’orizzonte, il piacevole gusto del rum a soddisfare l’arsura della gola, infiammando allo stesso tempo il fegato.
Ma ormai non poteva più rinunciare a quel rito.
Vuotava almeno due bottiglie ogni volta che si accingeva a tracciare una nuova rotta, possibilmente pericolosa, da solo, nel silenzio puntellato dagli scricchiolii del legno tarmato della sua cabina di comando. Non aveva urgenza, perciò interruppe quell’operazione e risalì sopra coperta. Troppa calma, e non si fidava abbastanza di quella ciurmaglia reclutata in tutta fretta. Il sole era esattamente nel punto più alto del cielo: mezzogiorno in punto.
Pochi uomini avevano resistito alla calura, non più di cinque oziavano sul ponte in cerca di ombra e frescura sotto le ampie velature, il fedele mastro Gibbs reggeva il timone asciugandosi di tanto in tanto il sudore con un fazzoletto ingiallito che tirava fuori dal taschino della camicia bucherellata.
Uno schianto, come un fulmine a ciel sereno. L’albero maestro si spezzò e cadde rovinosamente sul parapetto di babordo spaccandolo, mentre i pennoni slegati travolsero due marinai schiacciandoli ancora prima che se ne accorgessero.
Si era fiondato verso tribordo, cannocchiale alla mano, ma non scorgeva alcuna sagoma di veliero. Eppure solo la palla di un cannone avrebbe potuto causare un simile danno …
Un altro rombo, l’intera nave tremò, le grida si propagarono dalle cabine fin sopra coperta. Ancora incredulo, sfregò un lembo della camicia sulla lente del cannocchiale, poi lo riavvicinò all’occhio, spostandolo lunga la linea dell’orizzonte: non vedeva assolutamente niente!
- Stiamo affondando, signore! – urlò terrorizzato Gibbs, incespicando nel tentativo di raggiungerlo. Un nuovo colpo centrò ancora lo scafo verso prua.
Il galeone iniziò gradualmente ad inclinarsi, la polena si sollevava dall’acqua.
Lui tentennava, voleva capire. Perché non vedeva niente?
- Dobbiamo lasciare la nave, Jack – gridò Gibbs concitato, sciogliendo velocemente le gomene di una scialuppa.
- Cosa vedete, mastro Gibbs? – domandò lui altrettanto ad alta voce, non riuscendo a nascondere la paura che gli stava attanagliando le budella.
- La nostra morte, signore – rispose quello, rassegnato.
Più colpi, uno dopo l’altro, senza tregua, il deposito munizioni s’incendiò, furono scagliati in mare, la nave perduta, nessun sopravvissuto. Salirono sulla scialuppa, recuperarono quanto possibile. Tornò ad impugnare il cannocchiale: un riflesso luminoso ferì i suoi occhi e non poté continuare a guardare.
Odore intenso di legno bruciato insieme alla carne dei morti, insieme al rum e al cibo andati irrimediabilmente a fuoco.
- Comincia a remare, togliamoci di qua – ordinò brusco al fido Gibbs.
Il compare, da buon cristiano, mimò il segno della croce: - Il Signore abbia pietà di loro – sospirò afferrando i remi.


Da allora le sue pupille non si erano staccate un attimo dall’ago della bussola. Aveva desiderato più di ogni altra cosa al mondo di salvarsi perché voleva avere vendetta.
Da quel giorno aveva cominciato a credere alle storie che circolavano sul suo conto.
Tortuga, la prima meta, come sempre.
Neanche lì aveva potuto nascondersi. Poche ore, poi quei furibondi inseguitori erano arrivati, lo avevano scovato e loro avevano dovuto darsi di nuovo alla fuga.
Era riuscito a montare una piccola vela alla scialuppa prima di rimettersi in mare, un’imbarcazione solida ma di dimensioni ridotte sarebbe stata più difficile da individuare, per cui aveva rifiutato l’idea di un passaggio su una nave.
In tre giorni avevano toccato di nuovo la terraferma.
Quello che era successo dopo era un ricordo molto più confuso.
La vecchia canzone, il ragazzino invadente, l’ultima bottiglia di rum frantumatasi in mille pezzi, un tonfo. Mal di testa. L’odore dell’erba bagnata, torpore.
I Turner.
Perché, si interrogava ora, la bussola lo aveva condotto fino a loro?
A forza di rimuginare gli pulsavano le tempie. Si accorse di essere ancora stanco e, non visto, sgattaiolò di nuovo sottocoperta.


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Capitolo 7
*** Capitolo 6: Vita di bordo ***


Capitolo 6: Vita di bordo

Salendo sulla balconata del timone per dare il cambio al padre, Will lo trovò alle prese con le inesauribili domande di suo figlio: - Ti ha messo sotto torchio, eh? – lo motteggiò bonariamente non appena quello, vedendolo arrivare, gli lanciò uno sguardo che invocava quasi il suo soccorso.
- Già – borbottò Sputafuoco Bill, visibilmente sollevato di potersi sottrarre a tutte quelle chiacchiere cui non era mai stato troppo avvezzo. Si defilò con discrezione, lasciandoli soli.
Percependo la sua lieve delusione per la sfuggevolezza del nonno, Will volle rassicurarsi su come si trovasse il suo erede a bordo: - Allora Jim, che te ne pare dell’Olandese?
- È magnifica! Mi piace da impazzire! – proclamò il bambino con enfasi - È davvero enorme! Non immaginavo che fosse così grande! E suoi cannoni … Quelli di prua hanno addirittura tre bocche di fuoco!
- Ti piacerebbe vederli in azione, eh? – indovinò il padre, felice di vederlo così raggiante e a suo agio in quell’ambiente per lui ancora nuovo.
- Oh, sì! – giurò il piccolo entusiasmato, mentre Elizabeth che li aveva raggiunti osservava con aria contrariata sia lui che il marito, impegnati in quella discussione tutt’altro che rassicurante.
- E poi il mare … - continuò Jim con sguardo sognante – Oggi ho visto pure i delfini! Non è per niente paragonabile con quel mortorio che è Port Royal! – sbottò disgustato.
- Jim, modera i termini! - lo riprese sua madre, pur se divertita dalla sua sincerità – Dopotutto è il luogo in cui sei nato.
Il figlio storse la bocca: - Ma non mi è mai piaciuto viverci!
Will lo guardò con occhi colmi di ammirazione e tenerezza:- Anch’io in fondo non ho mai sentito di appartenerci, sai. E sono certo che pure tua madre la pensasse così, anche se ora magari non lo ammetterebbe – gli rivelò ammiccando, al che lei sorrise concordando con il suo pensiero. Sin da bambina, non gli aveva mai taciuto di essere insofferente ai limiti e alle convenzioni di quel luogo e di quella società.
- A proposito, che cosa direbbe tua madre se scoprisse che sei rimasto sveglio tutta la notte? – richiese poi il Capitano al ragazzino che si era frapposto tra lui e il timone, arrampicandosi su uno scalino per arrivare meglio ad afferrarne le maniglie.
Elizabeth incrociò le braccia: - Direbbe che dovresti già essere a letto, Jim.
- Uffa! – protestò il piccolo Turner – Pensavo di poter fare ciò che volevo qui! Una vita senza regole!
- Mi spiace, Jim – lo contraddisse il Capitano – ma su una nave ci sono molte più regole di quanto tu non immagini. L’ordine è indispensabile – concluse con fare autorevole, sollevandolo da sotto le ascelle per farlo scendere.
- Ordine?! – sussultò il figlio contrariato – Ma che pirati siete?! – li accusò con l’intento di fare il minaccioso, provocando però un effetto che non si aspettava. Sua madre cominciò a ridere di gusto nel vederlo così sconcertato e la sua ilarità contagiò anche il marito.
- Non è che perché sono piccolo potete prendermi in giro! – strillò annoiato Jim, i suoi genitori erano ancora in preda alle risa, forse semplicemente perché era da parecchio tempo che non si lasciavano andare ad un po’ di spensieratezza.
- Ascoltami – lo richiamò Will, tornando serio – domani ti mostrerò personalmente tutto quello che occorre affinché l’Olandese possa navigare senza intoppi ed essere sempre pronta ad affrontare eventuali nemici – gli propose, offrendogli una mano da stringere come conferma del suo impegno.
- D’accordo – accettò il bambino, ricambiando il gesto senza troppo entusiasmo – Ma stanotte posso restare comunque sul ponte con te e vedere l’alba?
Il Capitano si rivolse alla moglie, attendendo il suo benestare.
- Solo per stanotte – stabilì Elizabeth dopo qualche secondo, fingendosi severa. Detestava vederlo intristirsi, quando bastava così poco a renderlo felice.
Jim restò soddisfatto del permesso ottenuto e si accoccolò sul ponte, stendendosi con le braccia incrociate dietro la testa. Sua madre si allontanò per andare a prendergli qualcosa da mettere sotto e con cui coprirsi, intuendo che non aveva la minima intenzione di spostarsi di lì.
- Papà? Tu le conosci tutte le stelle? – parlò d’un tratto il bambino, le iridi castane rapite dalle migliaia di astri lontani che tappezzavano il firmamento.
Will bloccò momentaneamente il timone a barra e si sistemò vicino a lui, sedendosi per terra:
- Ho imparato a riconoscerne qualcuna, in questi anni. Ma ho idea che tu ne sappia molto più di me.
Gli occhi del piccolo s’illuminarono di compiacimento per il complimento ricevuto: - La mamma mi ha regalato un libro di effemeridi, dove sono spiegate le storie delle costellazioni e come riconoscerle. L’ho portato con me. Lo vuoi vedere?
- Sì, sembra interessante – approvò il padre, continuando ad accarezzargli i capelli dorati.
Jim saltò su con agilità, correndo via:- Vado a prenderlo subito!
Will si rialzò, sciogliendo la sagola. Spirava un vento foriero di una buona navigazione che rendeva necessario non lasciare troppo a lungo la ruota timoniera incustodita.
Poco dopo riapparve Elizabeth: - Avevo preso queste per Jim – si premurò, mostrando al consorte delle coperte e dei cuscini. Prima di salire a bordo dell’Olandese Volante, ricompensando la domestica con una piccola rendita, la signora Turner aveva provveduto a far imbarcare quasi mezza casa sulla nave, tra biancheria e mobilio, immaginandosi la necessità di un tocco femminile e casalingo, con sorpresa dello stesso marito che non conosceva questo suo lato “tradizionalista”. Dopotutto lui si era abituato ad un vivere spartano, al riposo su una semplice branda e a tenere agganciate un po’ tutti i suoi pochi averi.
Invece adesso quell’austero vascello brulicava di pezzi di mobilio e biancheria raffinata.
- È appena sceso di sotto, non l’hai incontrato? – la informò il Capitano Turner – Deve aver imboccato le altre scalette. Io mi perdevo quasi all’inizio … - ammise un po’ imbarazzato, mentre la moglie sistemava le coperte sul legno umido del ponte. - È andato a prendere un libro che voleva mostrarmi … di stelle, credo.
Elizabeth capì a quale libro alludesse: - Oh, gliel’ho regalato per il suo quinto compleanno. È il suo preferito, insieme a quelli che parlano di pirati. Lo conosce praticamente a memoria. Lui ha sempre sognato di navigare – affermò intenerita al ricordo di quei giorni passati a riempire la solitudine con storie e memorie, accostandosi all’amato e posando la testa sulla sua spalla.
- Jim è adorabile – affermò Will con commozione, cingendole con un braccio la vita – Ti somiglia molto – asserì contemplandola con quell’invincibile fascinazione che non avrebbe mai smesso di provare per lei.
Lei ricambiò, guardandolo altrettanto intensamente, aderendo di più al suo torace e affondandogli le dita sulla nuca: - Io ho sempre pensato che somigliasse a te – sostenne ammirata, beandosi di potersi crogiolare nel suo abbraccio.
- Avrei voluto esserci quando era tanto piccolo da poterlo cullare tra le braccia – confessò il marito con rammarico, carezzandole i fianchi e il ventre – Avrei voluto insegnargli a parlare e a camminare …
- Hai ancora molto da insegnargli – lo confortò Elizabeth, avvicinando le labbra alle sue.
- Eccomi qui! – ricomparve di soppiatto il figlio, inducendoli a troncare il bacio.
Tutti e tre si sistemarono sul giaciglio improvvisato dietro il timone, dopo che Will provvide a farsi sostituire da Jimmy Legs, impartendogli di mantenere la rotta, che per il momento, in rapporto a quanto indicato dalla bussola prestatagli da Jack Sparrow, si attestava a nord est.
Tuttavia passò poco più di un’ora che Jim, sopraffatto dal sovrapporsi di tutte quegli eventi, dopo aver disquisito con i suoi genitori di svariati argomenti marinareschi, cedette al sonno.
Per il piccolo Turner quella era stata una giornata perfetta e sperava che la sua vita in futuro sarebbe sempre stata così: libera, spensierata, piena di novità ogni giorno.

- Mi dispiace ma è ora di alzarsi!
Lo svegliò il richiamo gentile ma fermo di suo padre, e solo allora Jim si accorse che era per dormire in cabina e per di più nel lettone con i suoi genitori.
- Su, non poltrire! Si comincia a lavorare presto a bordo di una nave! – continuava a parlare a gran voce.
Il ragazzino si stropicciò gli occhi e si tirò su senza dire una parola, continuando a guardarsi intorno, poi si diresse veloce verso la grande vetrata che permetteva di osservare il mare che rifletteva un cielo terso e luminoso.
- Buongiorno – sussurrò Will all’orecchio della moglie ancora distesa, imprimendole un bacio sulla tempia - Allora sei pronta ad assumere il tuo ruolo, primo ufficiale?
Lei si sedette e stirò le braccia sbadigliando: - Come … primo ufficiale? – esclamò incredula, temendo di non aver capito bene.
- Preferisci luogotenente? O vice Capitano? – seguitò il marito tra il serio e il divertito, avviandosi verso il separé dove avevano sistemato i mobili per la toletta.
Elizabeth si alzò ancora mezza assonnata, seguendolo: - Pensavo fosse tuo padre il luogotenente dell’Olandese – confessò, un po’ scombussolata dall’inaspettata notizia.
- Ha rinunciato. Anzi è stato proprio lui a consigliarmi di nominare te – le rivelò lui, bagnandosi la faccia con dell’acqua che aveva versato in un bacile.
- Ma … sono una donna … e tua moglie! ... Non credi che i tuoi uomini si rivolteranno? – domandò ancora poco convinta la signora Turner. Aveva dovuto lottare non poco in passato per vincere i pregiudizi e farsi accettare dalla ciurma di cui era diventata comandante.
Will si voltò verso di lei, prendendole le mani: - Non sono obbligati a restare a bordo. Se sono contrari alle mie decisioni, possono liberamente abbandonare la nave – la tranquillizzò con tono deciso e pacato.
- Mamma, se tu non vuoi posso prenderlo io il tuo posto! – s’intromise baldanzoso Jim.
- Sei solo un bambino – lo rimbrottò lei, scuotendo la testa divertita, ma non meno restia.
- Elizabeth tu hai tutte le qualità per essere il mio primo ufficiale – insistette Will esprimendole la sua immutata stima, mentre si apprestava a radersi davanti a un piccolo specchio – Sono sicuro che i miei uomini impareranno ad apprezzarti per quello che vali.
- Ti ringrazio. Ci proverò – sostenne lei stringendogli una spalla, poi versò dell’acqua in un'altra bacinella e si lavò alla meno peggio. Era quella l’unica cosa che detestava delle navi: il limitatissimo livello di igiene che si poteva mantenere!
- Dovrò aspettare che mi cresca la barba per avere un compito tanto importante come quello che hai assegnato alla mamma? – chiese Jim osservando con interesse il padre che usava con maestria la lametta per accorciare basette e pizzetto.
Will sciacquò il rasoio, cominciando a passarlo sull’altra guancia: - Può darsi. Hai tutta questa fretta di crescere?
- Quanto ci vorrà perché ce l’abbia anch’io? – domandò insoddisfatto il bambino, scrutando attentamente la sua faccia infantile allo specchio in cerca di segni di peluria.
- Sei, otto anni – lo informò il padre, riponendo la lametta e il resto in un cassettino.
- Così tanto! – mugugnò il piccolo amareggiato.
- Dai, Jim, preparati! – lo rimbeccò la madre, che aveva già indossato un paio di pantaloni color caffè, una camicia beige e un gilet verde chiaro con piccoli ricami floreali rosa pesca.
Il figlioletto obbedì andando a cercare i propri vestiti.
- Ah, Elizabeth – la richiamò il Capitano Turner – stavo per dimenticare. Sopra coperta io e te siamo solo Capitano e luogotenente.
La giovane donna aggrottò la fronte, terminando di legarsi i capello in una treccia: - Spiegati meglio.
- Dovresti dimenticarti di essere mia moglie – chiarì secco lui, puntando gli occhi altrove.
- Significa niente parole d’amore, né sguardi dolci, né carezze ardite, né, ovviamente, baci colmi di passione? - lo sollecitò lei, avvicinandosi sempre di più alle sue labbra ad ogni parola.
- È così – confermò lui in un sospiro, piegando il collo su di lei, strofinando la fronte sulla sua.
- Agli ordini, Capitano – proferì lei sensualmente, stringendogli il nodo della bandana.
- Io sono pronto. Possiamo salire? – li incitò Jim scocciato, coprendosi con le mani per non dovere assistere alle loro imbarazzanti effusioni.
- Tu vai, noi ti raggiungiamo – replicò il padre, senza riuscire a smettere di trattenere l’amata compagna a sé, inebriato dalla sua vicinanza.
- No! Io vi aspetto qui! – dichiarò il piccolo sempre più irritato, piazzandosi davanti alla porta della cabina con le braccia incrociate sul petto e dando loro le spalle.
- Ho come l’impressione che sia geloso – ironizzò Will, baciandola fugacemente.
- Chissà da chi avrà preso … - lo provocò lei, catturando di nuovo le sue labbra con trasporto poi lui si scostò per finire di prepararsi agguantando il balteo, ma Elizabeth lo trattenne per un braccio: - Ehi, aspetta, avevo dimenticato di darti questo – disse tirando fuori da un baule un grande cappello grigio ornato da una lunga piuma di struzzo – Te lo ricordi? – gli domandò sistemandoglielo in testa – Dopotutto ogni Capitano deve avere il suo cappello.
Will lo osservò qualche secondo, piacevolmente attraversato dai ricordi di quando con i suoi parsimoniosi risparmi era riuscito ad acquistarlo e dell’ultima volta in cui l’aveva indossato:
- Credo stia meglio a te – attestò togliendoselo e facendolo mettere a lei.
- Ma io ne avevo già portato uno per me – gli fece sapere Elizabeth, uscendo un copricapo simile ma di colore nero pece e senza piuma dallo stesso baule.
- Allora questo lo prenderò io – sostenne Will dopo averlo esaminato, mettendolo in testa.
- Come sei bello – attestò lei sensualmente, prendendogli il viso tra le mani e tornando ad unire di riflesso le loro labbra.
Jim, spazientito, cominciò a brontolare rumorosamente al che suo padre se ne accorse: - Jim, cerca di capire. Tua madre mi è mancata per dieci anni – affermò schiettamente, senza pretendere di cercare di commuoverlo.
- Anch’io non ti ho avuto per dieci anni – reclamò il bambino imbronciato, voltandosi verso di loro, i pugni lungo i fianchi, mordendosi la lingua per essersi mostrato tanto vulnerabile.
Il giovane Capitano gli andò incontro prendendolo in braccio e baciandolo sulla guancia, ma lui si sfregò una mano sopra infastidito. Lui lo poggiò a terra ed aprì la porta. Voleva mostrarsi proprio come un piccolo pirata fiero e sprezzante, ma poi tornò ad essere semplicemente un bimbo quando esclamò: - Papà? Anch’io devo chiamarti Capitano, di sopra?
- No, finché non avrai trovato un ruolo a bordo – acconsentì lui. – Ho già chiesto ai miei uomini di mostrarti tutto quello che fanno, così potrai decidere il tuo posto – aggiunse accondiscendente, mentre si avviavano tutti e tre sul ponte.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Convivenza forzata ***


Capitolo 7: Convivenza forzata

- Vi ho richiamati tutti sul ponte perché devo presentarvi il nuovo primo ufficiale dell’Olandese Volante: Elizabeth Turner. Spero che chi di voi rimarrà, possa avere nei suoi confronti lo stesso riguardo e la stessa dedizione che ha avuto verso di me durante questi lunghi, difficili anni trascorsi sul fondo dell’oceano. Vi ringrazio per tutto ciò che mi avete insegnato, per la pazienza e il sostegno che mi avete dato. Non lo dimenticherò mai, qualunque sarà la vostra decisione.
Detto ciò, con una sicurezza che tradiva a tratti una velata apprensione, il Capitano Turner congedò la sua variegata ciurma che riprese le sue occupazioni, non senza mormorare ed esprimere opinioni sottovoce sulle sue parole.
- Gran bel discorso! – commentò tra sé e sé beffardo Jack Sparrow, che aveva assistito anche lui a quell’arringa, mezzo nascosto tra gli uomini di bordo. Si sentiva decisamente più in forma quella mattina: gli bastava avvertire la brezza salmastra, umida e mite tra i capelli e posare lo sguardo sulle onde color cobalto per riacquistare il buonumore. Ma quella sensazione lo sfiorò solo per pochi secondi: era un ospite indesiderato su quella nave, non poteva muoversi troppo liberamente e ben presto sarebbe tornato al centro dell’attenzione.
- Come va il braccio, Jack?
Ecco, infatti”, si pizzicò la lingua, voltandosi lentamente verso di lei.
- Non è la prima volta che qualcuno mi spara, primo ufficiale – rispose sprezzante, sottolineando quell’attributo come a volerla prendere in giro.
Sul viso di Elizabeth si formò un sorriso: se quel malandrino di un pirata era tornato a fare il dispettoso con lei, stava evidentemente meglio. Fece per superarlo per proseguire il suo giro di perlustrazione sul ponte, quando lui tornò a parlarle.
- Credevo che qualche volta ci saremmo incrociati per mare, in questi anni … - buttò lì vago, dondolando il busto e sbirciandola con uno dei suoi smaccati cipigli da impenitente.
Lei tornò sui suoi passi e gli si mise al fianco. Anche se tra loro non c’era mai stato un vero chiarimento né una reciproca ammissione di colpa, ormai lo considerava in qualche misura un vecchio amico e non le dispiaceva discutere con lui, né la faceva sentire in difetto.
- La vita di mare era troppo pericolosa. Io non potevo permettermi di mancare all’appuntamento con Will. Dovevo esserci, è stato il mio unico pensiero in questi dieci anni. Non sarei riuscita a fare nient’altro – ammise risoluta e malinconica – Così, qualche mese dopo aver scoperto la mia condizione, ho nominato il primo ufficiale dell’Hai Peng Capitano e mi sono ritirata a Port Royal – si fermò, sorpresa dall’interessamento con cui Jack l’ascoltava e questo, accortosi della sua esitazione, la invitò con un cenno della mano a proseguire, poggiando poi i gomiti sulla ringhiera del parapetto.
Alla piratessa sembrò un po’ strano che fosse tanto disponibile a conoscere i fatti suoi, ma inarcò leggermente la bocca e proseguì sinteticamente: - Il nuovo governatore era un vecchio amico di mio padre e, saputo della condotta di Lord Beckett, ha deciso di ritirare tutte le condanne da lui emesse, compresa la mia. Così mi è stata concessa una rendita mensile e mi sono trasferita nella casa che io e Will avevamo già preparato per noi. Dopo qualche mese è arrivato Jim. Ho dovuto occuparmi di lui, perciò ho rinunciato completamente alla vita da pirata – concluse con un lieve sospiro tornando a voltarsi verso di Sparrow dopo che aveva mantenuto gli occhi fissi sul mare per tutto il tempo del racconto, sentendosi un po’ a disagio per quella sua insolita disposizione a starsene in silenzio e attento, senza interromperla con qualche appunto sarcastico o malevolo.
Cominciò a chiedersi come mai lo facesse …
- Hai rinunciato fino ad oggi – la riscosse dalla sua riflessione il filibustiere, abbonandole un sorriso compiacente. – E tutte queste cose il caro William le sa? – le domandò poi assottigliando lo sguardo con fare insinuante.
- Certo – controbatté lei, pizzicata dal suo dileggio – Non ho più segreti con lui.
Sparrow sembrò quasi deluso dalla sua solida sicurezza, ma un attimo dopo gli angoli della sua bocca si curvarono furbamente, cosa che lei non seppe come interpretare e, sentendosi leggermente turbata, si allontanò da lui con una scusa.
Jack la salutò portandosi la mano destra sulla fronte e la donna, notatolo, scosse la testa: era sempre difficile capire se e quando prendere sul serio ciò che diceva o come si comportava.
Dopo quasi due ore di navigazione, Will richiamò il suo luogotenente sulla balconata del timone. La situazione era tranquilla, l’orizzonte privo di nuvole o vele sospette, eppure, a giudicare dalla marcata ruga comparsa tra le sue sopracciglia, lui doveva essere tormentato da qualche grattacapo. Elizabeth lo raggiunse, pronta ad aiutarlo.
- Guarda la bussola – la invitò il marito, sbirciandola di sfuggita – Jack aveva ragione: indica soltanto te. Sei tu la cosa che desidero di più in ogni momento – aggiunse in un palpito sottovoce, accertandosi di non farsi sentire da alcuni marinai che passavano nelle vicinanze.
Lei cercò di non dare a vedere l’effetto che le suscitava sentire quelle romantiche parole.
Anche Will si ricompose: - Per cui ho deciso di affidare ad un’altra persona il compito di stabilire la rotta.
Elizabeth sfiorò la scatoletta bisbigliando: - Anche se la tenessi io, l’ago segnerebbe soltanto te – poi ebbe un’illuminazione e alzò lo sguardo su di lui.
- Infatti – le confermò quello, come leggendola nel pensiero – chi più di lui può desiderare di trovare la Perla Nera?

- Sono tanto felice che vi siate ripreso, signor Sparrow!
Jack, comodamente sdraiato su una piccola panca al riparo dal sole cocente di mezzodì, si vide venirgli incontro un ragazzino con gli occhi curiosi e l’espressione vivace che lo avrebbe abbracciato se lui non si fosse scansato in tempo, balzando indietro frastornato.
D’un tratto si ricordò di lui: l’impertinente moccioso che aveva incontrato prima di finire con una pallottola nel braccio. Era il figlio dei Turner. Ci mancava solo un bambino a mettere a repentaglio i suoi già fragili nervi!
- Signor Sparrow? – lo richiamò Jim perplesso e il pirata capì che forse gli aveva posto qualche domanda che non aveva udito mentre considerava quanto gli sarebbe piaciuto sbarazzarsene.
- Sono il Capitano! Capitan Sparrow, comprendi? – replicò con voce altezzosa, premendosi il tricorno ammaccato sul capo.
- No – contestò il piccolo immediatamente – Non ha senso se non avete una nave – gli fece notare con semplicità - È come se io vi chiamassi zio senza essere vostro nipote – gli spiegò poi, lasciandolo interdetto per la sua spigliatezza.
- Senti … Willino, o … come ti chiami? – ricominciò Jack, già oltremodo spazientito dalla sua insistenza.
- Jim. Mi chiamo Jim, ve lo avevo detto – ribatté il bambino, guardandolo stranito.
Le dita ingioiellate del pirata fremettero insofferenti, trattenendosi appena dal cercare la pistola: - Jim … - ripeté con calma, come cercando di memorizzare - Non c’entra nulla quello che dici! È una carica ad honorem la mia, e pretendo che sia ricordata insieme al mio nome! – sostenne determinato.
Il piccolo Turner annuì e preferì non insistere su quella questione, ma trovò ben presto un altro argomento con cui attaccare bottone: - Mi raccontate qualcuna delle vostre avventure? – lo esortò sedendoglisi di fronte speranzoso.
- Non sono adatte ai bambini, a mala pena potrei raccontarle a tuo padre – lo ammonì svelto Jack voltandosi e calandosi il cappello. Jim storse la bocca non cogliendo quel brusco rifiuto.
- Signore, credo che intendesse le avventure per mare, non quelle a cui avete pensato voi – s’intromise Gibbs che gli stava come sempre accanto, tentando di convincerlo ad accontentarlo, tanto si era preso in simpatia quel bambino.
- Oh! – guaì Jack, come imbarazzato dal fraintendimento – Beh, allora fattele raccontare da tuo padre, no? – si rivolse poi contro il piccolo gesticolando. - È stato a causa sua se sono finito in mezzo a tanti guai, tanto per cominciare …
- Ma lui può raccontarmene una al giorno, voi invece non resterete a lungo con noi – gli fece notare Jim, ostentando la sua delusione – Quindi non ho molto tempo per chiedervelo … - cantilenò con gli occhi dolci.
- Ora non ne ho voglia! – lo liquidò burberamente Sparrow, alzandosi e allontanandosi in maniera sbilenca.
Il bambino lo tallonò, implorandolo imperterrito: - Almeno una! Quella del Kraken! Nessuno come voi può raccontare cosa si prova ad esserne inghiottiti! – affermò, sicuro di convincerlo. Jack invece si immobilizzò, impermalendosi, oltremodo tentato di dare un ceffone a quello sfrontato bambinetto.
Provvidenziale fu l’intervento del Capitano Turner: - William James! – chiamò ad alta voce e con tono grave.
Jack sogghignò appagato, mentre il ragazzino ammutolì e si bloccò: - Non ho fatto niente! E se è successo, non l’ho fatto apposta! – si difese prontamente, mettendosi sull’attenti.
- Che stai farfugliando? – gli venne incontro il padre, mentre Sparrow ne approfittò per togliersi di mezzo e sfuggire così alle sue manfrine.
- La mamma di solito mi chiama con il mio nome per intero quando vuole rimproverarmi – deglutì il bambino, abbassando il capo.
- Perché, c’è qualcosa per cui dovremmo rimproverarti, William James Weatherby? – lo interrogò la madre con voce dura, e Will si accorse di avere dimenticato un nome prima.
- No! – ribatté lesto lui, guardandola dritto negli occhi così come lei gli aveva imposto di fare quando doveva dimostrare la sua sincerità. E, in effetti, la donna si rassicurò sul fatto che quella volta non le stava mentendo.
- Io volevo affidarti un compito – riprese suo padre – il più importante di tutti in una nave – il bambino tremò dall’emozione – la definizione della nostra rotta! – gli comunicò sorridendo.
- È fantastico! – strepitò lui facendo un piccolo salto – Ma … come farò? – chiese poi dubbioso.
- Con questa bussola un po’ speciale – gli spiegò il comandante, mettendogliela tra le mani.
- Che ti porta dove più desideri andare – aggiunse Elizabeth con un occhiolino, abbassandosi e sfiorandogli una guancia.
- Signor Sparrow … - parlò Jim dopo averla dischiusa – questa è la vostra bussola magica? – gli domandò notando che lui si era avvicinato in punta di piedi. Il pirata annuì solo con gli occhi, pur restando dietro Will ed Elizabeth – Davvero? La immaginavo diversa – dichiarò perplesso scuotendola – Sicuro che funziona?
- Certamente figliolo – gli giurò lui, arrivandogli accanto con una grande falcata – E stai attento a come la tieni! L’aspetto esteriore non è tutto! – lo avvisò poi con fare saggio – Guarda tuo padre: è un Capitano eppure sembra ancora un mozzo! – asserì irrispettoso, facendo comparire sul volto di Will un filo d’irritazione.
- Così come voi sembrate il capo di una tribù di cannibali! – ridacchiò il piccolo Turner, difendendo il genitore.
- Sì – convenne Jack – Cosa?! – esclamò poi lanciando un’occhiataccia al Capitano Turner che tratteneva le risa – Comunque, William, è un’assurdità! Affidare quella bussola ad un ragazzino! Non sa quello che vuole! – protestò animatamente, cercando ragione.
- Oh, io invece lo so benissimo – gli garantì Jim, rimirando il quadrante – Voglio trovare la Perla Nera e Capitan Barbossa – dichiarò e l’ago cominciò a ruotare fermandosi in una direzione ben precisa, trenta gradi nord est.
Presto, dietro l’ordine del Capitano, la ciurma dell’Olandese effettuò tutte le manovre necessarie a correggere la rotta e la navigazione riprese di buon braccio.
Quando la sua presenza non fu più indispensabile sulla plancia di comando, Will riavvicinò lo sfuggente Sparrow, il quale, visibilmente annoiato e nervoso, passeggiava da prua a poppa nascondendosi dagli assalti di Jim che lo lasciò in pace solo dopo aver accettato la possibilità di istruirsi sui vari compiti dei marinai osservandoli al lavoro.
- Lo sai che non ti trovo molto cambiato, Jack? – iniziò a sfidarlo il Capitano Turner.
Ci risiamo”, si lagnò mentalmente il pirata. – Uhm?! – grugnò, fingendo di non avere sentito bene, stirandosi con le dita il panciotto.
- Sembra che per te il tempo non sia passato … - Will marcò nella sua voce il sospetto.
- Ho solo qualche anno in più di te, che ti credi? – ribadì bizzoso Jack, impettendosi.
- Io l’ho vista. Sulla mappa – proseguì Capitan Turner, deciso a farlo sbilanciare affinché confermasse le sue congetture.
- Non so di che parli – farfugliò distrattamente il pirata, mostrandosi intento ad assicurare una cima di mura già perfettamente tesata.
Il giovane Capitano però non demorse: - Ci sei arrivato? Esiste veramente? – proseguì con tono incalzante.
- Che t’importa? Tu dopotutto hai rinunciato all’immortalità – gli scappò di bocca involontariamente. Si maledisse vedendo comparire un’espressione soddisfatta sul volto dell’avversario, fulminandolo automaticamente perché non continuasse. Tutto inutile.
- Quel proiettile ti ha trapassato il braccio e già ti sei ripreso perfettamente – costatò pragmatico Will, afferrandolo con malagrazia per l’arto ferito.
- E allora? – ribatté lui pungente, scostandolo energicamente e confermando che non provava più dolore – Mi è successo un sacco di volte. Sono fortunato! – sorrise con strafottenza.
Will Turner lo fissò per qualche secondo imprimendosi un’espressione indecifrabile e, senza indugiare in altre domande, si allontanò abbassandosi il cappello sugli occhi.
Non sopportava quel suo modo di trattarlo! Gli aveva insegnato troppe cose probabilmente, e in maniera del tutto involontaria! La sfida era aperta, meditò Jack, tornando a sogghignare. Nella sua mente stava mettendo insieme i tasselli per costruire la sua difesa dagli insistenti interrogativi del Capitano circa le carte e il motivo per cui si era trovato proprio davanti casa sua quel mattino e la ragione per cui quella marmaglia lo avesse seguito.
Occorreva elaborare un piano anche per sviare l’astuta Elizabeth e l’invadente figlio che lei e il marito avevano dissennatamente generato.
Avrebbe dovuto fuorviarli sulle loro incertezze, così che sarebbero stati troppo deconcentrati per pensare alle mezze verità che aveva propinato loro.
Doveva resistere almeno fin quando non avrebbe sentito gridare “Terra!” da parte di una qualche vedetta.
Tuttavia l’Olandese Volante in quel momento era forse il posto più sicuro in cui poteva nascondersi da lui.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8: Un attacco imprevisto ***


Capitolo 8: Un attacco imprevisto

- Non ho capito: adesso devo farla passare sopra o sotto il pollice?
Jim, appollaiato su un barile vuoto, teneva fra le mani una fune corta e spessa con l’intento di imparare dal nonno i rudimenti dei principali nodi marinareschi.
Il vecchio Sputafuoco sorrise pazientemente: - Te lo rispiego. Ma sta’ attento – lo invitò solerte, ripetendo con abilità quei movimenti e lasciando a bocca aperta il nipotino, che lo osservava sbalordito come fosse un mago.
In quel mentre gli venne incontro Elizabeth: - Jim, tuo padre vorrebbe che lo raggiungessi nella cabina di comando – gli riferì con una certa fretta.
Il bambino annuì e, salutato il nonno, balzò giù dal seggiolone improvvisato e scomparve correndo verso la cabina di comando.
- Ha stoffa quel ragazzino. Impara in fretta – affermò il compassato Bill, prima che il luogotenente si distanziasse.
La giovane donna non sapeva bene come rispondergli e optò per un semplice cenno del capo. Si sentiva ancora a disagio a parlare con il suocero, seppure riteneva di non averne valido motivo, pertanto con quel tacito saluto si apprestò ad allontanarsi.
- Una sola domanda, se permetti – esitò a pronunciare lo stesso Sputafuoco, lei si voltò scrutandolo con espressione turbata in attesa che continuasse. - Come mai hai usato tutti quei nomi con lui? – le chiese in un sussurro, quasi vergognandosi della sua stessa domanda.
Elizabeth si rasserenò, intravedendo negli occhi dell’uomo la stessa timidezza che spesso mostravano quelli di Will e tornò sui suoi passi: - William e Weatherby per ricordare gli uomini più importanti della mia vita, James in onore di James Hawkins, uno dei primi corsari. Weatherby era il nome di mio padre – specificò rabbuiandosi, immaginando che l’uomo potesse non averlo compreso.
- È un bel nome, comunque – asserì pacatamente il vecchio pirata, ricominciando ad intrecciare il cordame. La piratessa capì che era un tipo assai schivo e che avrebbe dovuto imparare a conoscerlo gradualmente, per cui lo lasciò al suo lavoro e si allontanò.

L’Olandese Volante intanto veleggiava a velocità moderata, dato lo scarso vento, mentre il sole abbagliante che aveva infuocato l’aria del mattino era offuscato da alcune nuvole bianche che si muovevano rapide, stagliandosi contro il cielo turchese e creando un continuo alternarsi di luce e ombra che si rifletteva sulla superficie piatta del mare.
- Joshamee! Joshamee!
Una voce ben nota richiamava in modo quasi cospiratorio il maturo pirata che stava chiacchierando del più e del meno con alcuni uomini della ciurma. Ci volle qualche secondo perché mastro Gibbs capisse da quale angolo proveniva.
- Dite a me?! – domandò dubbioso a Jack Sparrow, dopo averlo scorto mezzo nascosto sotto il boccaporto, vicino alle scalette che conducevano sottocoperta.
- Credi che conosca qualcun altro con lo stesso nome su questa stessa nave?! – inveì il filibustiere con tono offensivo ma senza vociare troppo, intanto che quello si avvicinava.
- È che non mi chiamate mai così, di solito – si giustificò un po’ commosso Gibbs, adeguandosi a discutere con la stessa tonalità bisbigliata.
Jack roteò gli occhi, manifestamente tediato: - È per non dare troppo nell’occhio – gli spiegò con ovvietà.
- Perdonatemi signore, ma qui noi due diamo sempre nell’occhio! Essendo gli unici a starcene tutto il tempo con le mani in mano – gli fece notare a mo’ di rimprovero il vecchio amico, al che l’altro s’imbronciò come un ragazzino beccato a mentire.
– Questa nave è davvero difficile da manovrare, è praticamente una fortezza galleggiante – constatò irriflessivo Joshamee, accorgendosi del subitaneo moto d’ira che si accese negli occhi scuri del compagno di scorrerie. – Scusa, non lo dirò più – gli assicurò allora mortificato, avendo compreso la ragione della sua collera – Perché mi hai chiamato, dunque? – lo sollecitò con un gran sorriso.
Jack si concesse un lungo sospiro, come per calmarsi: - Tu che sei pappa e ciccia con la ciurma, hai forse sentito quand’è che ci faranno scendere? – lo interrogò furtivo, tentennando nello scandire le sue stesse parole.
- Vuoi davvero scendere? – esclamò Gibbs preoccupato, aumentando involontariamente il volume della voce.
- Se il viaggetto ti sta piacendo, sei libero di restare! – replicò acido Sparrow, il compare non ebbe il tempo di dire la sua che una lama si frappose fra lui e Jack.
- Cosa state complottando, voi due? – li accusò con asprezza Elizabeth, che li stava osservando a loro insaputa da qualche minuto.
- Complottare? Noi?! – si punzecchiò con aria offesa e innocente Sparrow, mentre Gibbs si sforzava di apparire tranquillo. – Che brutta parola, tesoro! – scosse la testa oltraggiato.
- Ti proibisco di chiamarmi così, Jack – s’indispose la donna, usando un tono autoritario, ritirando la spada nel fodero e continuando a guardarlo severamente.
Jack alzò entrambe le mani e le agitò in segno di scuse volgendole un ampio sorriso. Gibbs con un inchino risalì sopra coperta.
- Mi chiedevo dove fosse la cabina del Capitano – tornò a parlare il furbo filibustiere, riassumendo un’espressione composta e neutrale.
Il primo ufficiale gliela indicò senza smettere di tenerlo sotto tiro finché non si richiuse la porta alle spalle. Poi, seppure ancora poco convinta dalla sua giustificazione, risalì sul ponte.

- Posso andare adesso, papà? – saltellò con impazienza il piccolo Turner.
Il padre acconsentì e, mentre il bambino usciva dalla cabina, Jack vi faceva il suo ingresso, in silenzio ma risollevato dal momentaneo disinteressamento del pestifero bambino nei suoi confronti.
Anche il Capitano Turner sembrava disattento, essendo immerso nell’analisi di svariati portolani e carte geografiche, così Sparrow ne approfittò per ispezionare ciò che gli stava intorno, disgustandosi dell’essenzialità di quella cabina che aveva solo un grande tavolo ovale al centro, qualche sedia di legno consumata dai tarli e un armadio di medie dimensioni con un’unica anta e semplici intarsi.
- Che fine ha fatto quel bell’organo a canne? – sbottò ironico, per rompere il ghiaccio, ciondolando con indifferenza verso di lui.
- Nella stiva. L’abbiamo smontato. Magari riusciremo a venderlo – gli riferì distrattamente Will, senza alzare la testa dalle carte e dalla bussola lasciata dal figlio, disegnando con l’aiuto di alcuni righelli la probabile rotta. - È da ieri pomeriggio che la bussola indica nord est, se la direzione rimane questa, arriveremo in Louisiana – asserì poi, perplesso.
– Possibile che la Perla Nera sia tanto vicina alla terraferma? – si chiese ancora, ricontrollando i calcoli già fatti.
Jack sbirciò rapidamente le mappe in cerca di un’isola qualunque nelle vicinanze, in cui potergli suggerire di approdare, cominciando nel contempo a gingillarsi con alcuni strumenti nautici.
Il Capitano dell’Olandese era talmente assorto nelle sue congetture, da non infastidirsi neppure della sua molesta invadenza.
- Ti sei chiesto perché Calypso voglia quelle carte? – lo fece sobbalzare d’un tratto, sbattendo con forza le mani sul tavolo.
Finalmente Capitan Turner lo degnò d’attenzione, sollevando per un secondo gli occhi, quindi trascinò le parole, distogliendo di nuovo lo sguardo sulle mappe: - È il mio ultimo prezzo da pagare. Non posso più mettere piede a terra finché non gliele consegno. È come se appartenessi ancora a lei – dichiarò con una leggera inquietudine a solleticargli la gola.
- Will, tu ti ritieni un pirata? – la voce di Jack era seria e parimenti cupa e lo sorprese, tanto che lo fissò per qualche secondo temendo una nuova presa in giro.
- Come? – pronunciò infine stralunato, non riuscendo a decifrare quella strana domanda e soprattutto quella nota insolitamente fosca, poco abituale per un irriverente cialtrone come Sparrow.
La porta si aprì di scatto: - Capitano! Abbiamo avvistato una nave a dieci leghe! Si sta avvicinando! – annunciò un marinaio snello e barbuto con i capelli rossicci.
- Marina britannica? – s’informò impensierito Turner, scattando in piedi.
- Non sembra – ribatté con esitazione quello.
Will recuperò il cappello che aveva posato sullo schienale di una sedia, e uscì di corsa, tallonando l’uomo che gli aveva riportato la notizia.
Jack si vide costretto a lasciare anche lui la cabina e ad andare dietro ai due.
Una volta sul ponte il Capitano Turner fu circondato dai suoi marinai la cui eccitazione, probabilmente, più che alla paura era dovuta alla novità che quel possibile pericolo rappresentava rispetto alla monotonia e alla solitudine cui erano stati condannati a vivere negli ultimi dieci anni.
Elizabeth colse quell’atmosfera di fibrillazione e le speranze di sangue e distruzione manifestate dagli uomini restandone un po’ scossa, per la malcelata violenza con cui si esprimevano. Dopotutto neanche lei era nuova a quel clima, avrebbe dovuto rifarci l’abitudine, anche se non era per niente contenta per suo figlio.
In quel momento incrociò la faccia di Jack e le sembrò che anche lui fosse dello stesso parere, mentre in realtà il pirata aveva ben altre preoccupazioni.
Un’esplosione appena udibile e quella che doveva essere una palla di cannone sfiorò lo scafo dell’Olandese a babordo, facendo innalzare una piccola onda.
Fra i pirati calò un silenzio carico di attesa.
- Voglio ogni singolo pezzo di vela spiegato al vento! Braccia in trinchetto e issate le gabbie! – ordinò Will con fervore, spingendo la ciurma ad obbedire sveltamente. – E armate i cannoni! Non abbiamo tempo da perdere! – aggiunse salendo sul cassero.
Un altro colpo riuscì questa volta a strisciare contro la poppa della nave, scalfendola.
Jack notò casualmente Will curvarsi in avanti come se avesse ricevuto una frustata nella schiena.
Il giovane uomo soffocò un grido e corse sotto l’albero su cui stava la vedetta: - Riesci a vedere la bandiera? – urlò a squarciagola, per contrastare la confusione prodotta dai pirati che provvedevano a bracciare le vele e lanciare l’Olandese sulle onde per staccarsi dagli aggressori.
- È rossa. C’è un teschio in mezzo a due torri! – gli rispose il marinaio sporgendosi e sgolandosi.
- Ti dice niente, Jack? – domandò il Capitano al bucaniere, trovandoselo di fianco.
- Se c’è un teschio è un pirata, è ovvio! – esclamò quello con gli occhi spiritati, mentre l’imbarcazione fu scossa da una nuova bordata che questa volta colpì il bompresso. Quasi nello stesso istante Will si portò le mani sul naso e Sparrow con incredulità lo vide ritrarle macchiate di rosso. Spaventato, cercò di parlargli, ma lui glielo impedì, gettandosi con noncuranza al timone e facendolo ruotare per virare dalla scia dell’inseguitore.
La nave nemica apparve più chiaramente, puntando ad agganciare l’Olandese con una manovra al traverso. Era un tre alberi con lo scafo affusolato dipinto di verde scuro e ornato da bande scarlatte attorno alle bocche dei cannoni, che così risaltavano in maniera inquietante. Su ogni vela quadra era ripetuto il simbolo già individuato dalla vedetta sulla bandiera.
- Elizabeth! – chiamò con impellenza Will, continuando a reggere la ruota del timone. Il luogotenente lo raggiunse con prontezza: - I cannonieri sono pronti? – le domandò senza guardarla.
- Che ti è successo? – venne da chiedere subito alla donna, notando le strisce di sangue che gli uscivano dalle narici.
Will si asciugò subito con la manica destra: - Sono scivolato e ho sbattuto – la tranquillizzò sfuggente – I cannonieri? – ripeté con durezza.
- Aspettano il vostro ordine, Capitano – rispose lei con fermezza, ma scrutandolo turbata.
- Ce le avete le munizioni? – s’intromise fra loro Jack in un frizzo preoccupato.
I due neanche lo considerarono.
- Dov’è Jim? – chiese ad un tratto il comandante alla moglie.
- L’ho obbligato a scendere sottocoperta, nella nostra cabina – lo informò lei, rimanendogli accanto e aspettando ulteriori ordini.
Gli sconosciuti nemici guadagnavano sempre maggiore terreno e non smettevano di adoperare i cannoni, pur facendo fallire, fortunatamente, molti colpi.
- Quella nave non può essere saltata fuori dal nulla – osservò Will nervoso – Com’è che nessuno l’aveva notata? – si lamentò lanciando un’occhiata indispettita alla ciurma.
- Vi assicuro che siamo venuti ad avvisarvi non appena l’abbiamo avvistata, Capitano – gli ripose pronta Elizabeth e lui non poté fare a meno di sorridere, nonostante la situazione, percependo l’attaccamento che l’amata aveva già sviluppato verso il suo ruolo.
Si voltò verso babordo, accorgendosi che il misterioso vascello manteneva la rotta al traverso e sicuramente in pochi minuti il suo equipaggio si sarebbe lanciato all’arrembaggio, coinvolgendoli in una cruenta e deleteria battaglia.
L’Olandese Volante non ce l’avrebbe fatta a staccarlo: non era capace di filare a grandi velocità, il suo punto di forza principale erano i potenti cannoni.
Un’idea folle balenò allora nella mente del Capitano Turner.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: Fuoco! ***


Capitolo 9: Fuoco!

Il mormorio tra la ciurma dell’Olandese Volante diventava sempre più animato e pressante ad ogni nuova bordata che risuonava incombente e minatoria. L’artiglieria del vascello nemico puntava a colpire ripetutamente la murata di babordo, ma sembrava esitare a scatenare un’offensiva drastica.
Sul ponte erano stati issati alcuni cannoni aggiuntivi, disponendoli lungo il parapetto di babordo e facendo in modo che le loro bocche puntassero verso gli alberi della nave inseguitrice così da poter controbattere. Ma essa restava sempre in vantaggio.
- Reggi il timone! – dispose il Capitano Turner all’ennesimo colpo, come attraversato da una scossa elettrica, mollandolo al suo vice e scappando via.
- Cosa?! Dove vai?! – gli urlò dietro Elizabeth rincorrendolo, sconvolta per la sua strana condotta.
Senza volerlo, Jack si ritrovò da solo davanti alla ruota che si muoveva incontrollata ma, prima che osasse appoggiare un dito, fu raggiunto da un omone che lo afferrò saldamente con entrambe le mani.  Svicolò da lì con aria indifferente, scendendo giù dalla balconata.
Guardò alla sua sinistra: il veliero verde scuro era sempre più vicino e uno scontro tra le due ciurme sembrava inevitabile. Lui, però, non se la sentiva di partecipare: dopotutto non si trattava di difendere la sua nave e avrebbe risparmiato volentieri di restare invischiato in qualche mischia! Non volendo rischiare di rimanere incastrato nel viavai che coinvolgeva i marinai, si mise in cerca di una scialuppa per nascondersi prima che fosse troppo tardi e, trovandola, vi si arrampicò non visto da nessuno, dato lo scompiglio dilagante.
Tuttavia, per sua disdetta, era già occupata.
- Non dite niente, vi prego!
Non poté replicare a quell’implorazione. Il vascello tremò sotto i bombardamenti degli aggressori e Jack finì per ricadere dentro l’imbarcazione, restando gambe all’aria: - Ti dispiace farmi posto, tesorino? – esclamò poi in quella posizione, come nulla fosse, con tono falsamente amorevole.
- Tesorino?! – spalancò gli occhi Jim, come se avesse ricevuto un insulto.
- Che c’è? Non sei il tesorino di casa … o meglio di bordo? – domandò lui innocentemente, sistemandosi meglio all’interno della scialuppa e spingendo il piccolo a scostarsi sul lato opposto.
- È da femminuccia! – protestò il bambino adirato, mentre Sparrow pareva ignorarlo restando fisso ad osservare quanto stava accadendo sul ponte.
Aveva visto più volte Will portare la mano destra ora sulla spalla ora sul fianco sinistro e si era accorto di come ciò avvenisse in corrispondenza dei tiri finiti a segno da parte degli avversari:
- È interessante – mormorò tra sé e sé, estraniandosi dal roboante contesto.
- Voi e mio padre non usate una parola una che sia da pirati? – il rombo dei cannoni era assordante ma avvertì di nuovo la squillante vocetta di Jim che lo provocò, dandogli un debole pugno sulla spalla destra per attirare la sua attenzione.
- E tu cosa ne sai del vocabolario piratesco?! - si voltò furioso, gli occhi bistrati sembravano uscirgli dalle orbite.
Il piccolo Turner sul momento arretrò, un po’ intimidito: - Vi concedo di chiamarmi Billy Jim, sarà il mio nome da pirata – riprese a parlare in un attimo di silenzio, gridandoglielo nell’orecchio.
- Non suona male – ribatté Jack, rivolgendogli un sorriso tirato, per poi tornare a scrutare la movimentata situazione da quell’occultato punto di osservazione.
- Interrompete le bordate sul ponte! Ho bisogno di uomini pronti a mettere in funzione i cannoni di prua! E quelli di tribordo – urlava infervorato Will, mantenendo l’occhio destro nel cannocchiale.
- Ma ci attaccano da babordo, signore! – gli fece notare con schiettezza Elizabeth insieme ad alcuni marinai. Gli sembrava davvero uscito di senno.
- Sarà così finché non compiremo la giusta manovra – affermò con ambiguo ottimismo il Capitano Turner, consegnando il cannocchiale al padre che si ritrovò accanto. – Va’ di sotto e riferisci ai cannonieri che devono assumere le posizioni che ti ho detto e che devono cominciare ad aprire il fuoco non appena avranno davanti a loro quella dannata nave.
La piratessa, pur ancora confusa, si avviò, fidandosi dell’alone di sicurezza che scorse comunque nell’atteggiamento concitato del marito.
Capitan Turner riprese poi a rivolgersi agli uomini rimasti sulla tolda che pendevano dalle sue labbra, pur studiandolo con sospetto: - L’ancora di prua di babordo … Calatela! – disse semplicemente; gli fu necessario ripeterlo un paio di volte perché gli obbedissero.
Quindi risalì sul cassero e si riappropriò del timone.
Elizabeth poco dopo lo raggiunse, assicurandogli di aver riportato i suoi ordini.
- Spero che non si spaventino – le confidò l’uomo con un sorriso divertito, lei gli lanciò uno sguardo interrogativo.
- Per cosa? – non riuscì a trattenersi dal chiedergli, sentendosi sulle spine per tutto quel piano indecifrabile.
Il Capitano si tolse il cappello e iniziò a sventolarlo, urlare a squarciagola: - Mollatela!
La pesante catena raccolta attorno all’argano scivolò velocemente in acqua sotto il peso dell’ancora. Will lasciò andare il timone e l’Olandese Volante cominciò a ruotare gradualmente su se stessa, avendo come perno lo stesso ormeggio. La ciurma cercò di aggrapparsi a qualunque cosa per non cadere ed Elizabeth, che solo allora comprese il perché di quella tattica, istintivamente strinse le braccia attorno al petto del marito, per poi tenersi alla balaustra, recuperato l’equilibrio.
Jack e Jim, rimasti all’interno della scialuppa, appesa con delle funi a qualche piede dal pavimento del ponte, gridarono terrorizzati dalla sensazione di essere sbalzati fuori mentre tutto ruotava, ma le cime ressero e l’imbarcazione si limitò soltanto a dondolare.
In breve i tripli cannoni si trovarono di fronte la prua del veliero avversario e iniziarono a colpirlo, quindi fu la volta dei cannonieri di tribordo quando la nave completò il suo giro.
La potenza di fuoco scatenata dall’Olandese fece tacere le bordate della nave nemica che, venendo investita da una raffica di grosse palle di cannone, si frantumò e cominciò a calare lentamente a picco.
Le urla di gioia e le risa della ciurma riempirono subito il silenzio creatosi dopo l’ultimo colpo, i marinai alzarono inni di lode al Capitano, ma lui restò impassibile a fissare attraverso il cannocchiale il relitto che ancora bruciava.
Elizabeth notò il suo sguardo cupo: - Hai fatto ciò che dovevi. È la legge del mare – lo confortò sfiorandogli il braccio destro.
- O noi o loro. Lo so – proferì Will a denti stretti. Poi scese tra i suoi e riprese a dare disposizioni: - Nostromo Turner: fate una lista dei danni e consegnatela al primo ufficiale – Sputafuoco annuì e si mise celermente all’opera.
- Penrod: ci sono feriti? – interpellò poi il medico che era appena comparso sul ponte.
- A parte voi, signore? – rispose l’uomo, notando subito il sangue incrostato sul suo volto, lui non ripose a quell’osservazione, al che il dottore gli riferì:– Nessuno è grave, si sono beccati solo qualche scheggia.
- Controlla meglio e provvedi a medicarli – gli ordinò spiccio Will – Mollate tutti gli ormeggi. Mi servono dei volontari, bisogna controllare se ci sono dei sopravvissuti. Preparate le scialuppe – stabilì velocemente.
- Così finiamo di accopparli! – esclamò Clanker, lisciando i pugnali e scambiando un sogghigno soddisfatto con Finnegan.
I pirati si mossero in fretta trovando ognuno un compito da svolgere, autonomamente o sotto suggerimento del vice Capitano. Anche mastro Gibbs cercò di darsi da fare per non essere criticato, impensierendosi un po’ nel non trovare traccia del suo compare di lungo corso.
Nel frattempo, poco più distanti dallo strepito della ciurma, Jack e Jim, che avevano sbirciato tutto standosene ben al riparo, prima di rischiare di essere dati per dispersi o peggio di essere scoperti, quasi di comune accordo uscirono cautamente dal loro nascondiglio.
- Papà sei stato fantastico! – urlò entusiasta il bambino, volando incontro al Capitano e abbracciandolo. Lui rispose al gesto d’affetto incassando con un po’ d’imbarazzo quello spontaneo complimento – Come ti è venuto in mente? – domandò poi il bambino guardandolo con grande ammirazione negli occhi nocciola come i suoi.
- Chiedi a tua madre – gli consigliò lui traendosi d’impaccio, indicandogliela mentre la donna si era avvicinata – Ti lascio il comando. Torneremo presto – le garantì senza darle il tempo di replicare, e così dicendo salì a bordo di una delle lance insieme a cinque dei suoi.
- Avete visto che forza, mio padre! – esclamò Jim all’indirizzo di Sparrow che se ne stava pensoso appoggiato al parapetto.
Il pirata non trattenne una piccola smorfia, ma finse di non sentirlo e cominciò a passeggiare flemmaticamente tra la folla dei marinai indaffarati a mettere ordine.
Il bambino, un po’ deluso dalla sua mancata reazione, restò ad aspettare il ritorno del genitore, standosene seduto sulle scalette del castello di prua, a giochicchiare con un rocchetto per ingannare l’attesa.

Il Capitano Turner ricomparve quasi un’ora più tardi. Una volta issata a bordo la scialuppa, tutti guardavano con curiosità le espressioni degli arrivati tentando di indovinare qualcosa e infine fu proprio lui a parlare: - Ce n’erano cinque ancora vivi.
- Erano? – si fece avanti Jack, con una voce alterata che manifestava il suo grande desiderio di conoscere più dettagli.
- Si sono tagliati la gola – riferì uno dei marinai crudamente, mentre Will abbassò il capo turbato, i pugni stretti lungo i fianchi mentre camminava verso il centro della coperta.
- Perché? – domandò Elizabeth sbalordita, accostandosi al marito.
- Per vergogna o per non parlare, signora – ipotizzò il marinaio che aveva risposto prima.
- Uno di loro però siamo riusciti a farlo confessare prima che si affondasse un pugnale nello stomaco – riprese a raccontare Will con sconcerto e rabbia crescenti – Ha detto che erano in cerca del rinnegato – sostenne piantando con collera gli occhi in quelli di Jack. – Tu non li conoscevi, vero?
Sparrow ebbe un lieve sussulto: - Perché me lo chiedi? – lo interrogò stizzito, alzando le braccia mentre veniva accerchiato da alcuni uomini dell’Olandese.
Il Capitano fece cenno loro di lasciarlo a lui: - Perché uno di quei tizi che erano a Port Royal ti ha chiamato allo stesso modo! – inveì estraendo inaspettatamente la sciabola, sotto i volti sorpresi e allo stesso tempo eccitati dei presenti.
Jack, abbandonata la facciata di vittima inconsapevole, mise a sua volta mano all’elsa e gli puntò contro la sua spada. Attorno a loro si fece spazio per lasciarli duellare e l’aria divenne densa di eccitazione.
- Wow! – bisbigliò Jim, affascinato dalla possibilità di assistere ad un combattimento.
- Smettetela! – li rimproverò inutilmente pochi secondi dopo Elizabeth, trattenendo dietro di sé il figlioletto che voleva guardare più da vicino l’imminente duello.
I due ex alleati si studiavano scambiandosi occhiate di fuoco, le loro lame, coinvolte in quella specie di balletto, scontrandosi sembrava emettessero scintille, ma era chiaro dalle loro ripetute finte che non si sarebbero spinti a ferirsi.
- Fammi scendere e dimentica questa storia! – lo sbeffeggiò Jack, rispondendo con un montante dopo che ebbe mancato un affondo.
- No! Finché non mi avrai raccontato tutta la verità! – si oppose determinato Will, alternando un colpo di taglio e uno di punta che Sparrow seppe parare con abilità.
- Siamo pari. Non intendo più essere in debito con te! – pronunciò con fermezza il filibustiere, tornando ad attaccare l’avversario.
Mentre l’acciaio risuonava, i duellanti si muovevano in cerchio cambiando di continuo posizione per scansare le travi e le grate sulla tolda, fino a quando Will si fermò abbassando la spada, gli occhi fissi dietro di Jack il quale si fermò ugualmente intontito, volgendo la testa nella stessa direzione.
- È il terzo tramonto – sussurrò Turner con amarezza. Un sole rosso fuoco sembrava poggiato sulla linea dell’orizzonte. L’uomo ripose la spada interrompendo il duello: – Dobbiamo rimetterci in viaggio. Salpate le ancore! – comandò ai suoi, che si mossero non senza proteste per la fine anticipata di quell’allettante scontro che non aveva avuto né vincitore né vinto.
Elizabeth, invece, sospirò rasserenata, tacciando comunque con un’occhiataccia i due irruenti pirati, che non erano nuovi a venire alle armi per risolvere i loro conflitti.
Il marito richiamò il figlio: - Jim, vieni qui, bisogna controllare la rotta. Ti sei concentrato? – lo appellò dopo aver sbirciato la direzione dell’ago.
- Certo! – gli assicurò il piccolo, fissandolo un po’ sbigottito e mostrandogli la bussola.
Will studiò per qualche secondo il quadrante, schivando il cipiglio indisposto del bambino:
- Quarantacinque gradi nord est – comunicò poi al timoniere che si apprestò a correggere la loro rotta, trasmettendo l’ordine ai marinai preposti a manovrare i pennoni.
Jack intanto era rimasto di stucco: non aveva capito quell’improvviso mutamento di umore da parte di Turner e con titubanza rinfoderò infine la sua spada, intercettando l’occhiata altrettanto disorientata di Gibbs.
- Comunque non sei in debito con me, Jack – lo informò il comandante dell’Olandese, ricomparendogli alle spalle – Quelli volevano rapirti, non ucciderti – aggiunse sfuggente, passandogli davanti.
- Rapirmi?! – replicò confuso e adirato il filibustiere, non riuscendo a muovere un tendine per lo scombussolamento.
- Ora ho da fare – si limitò a rispondergli il Capitano dirigendosi in cabina di comando, facendogli intendere che ne avrebbero riparlato più approfonditamente in un altro momento.
Jack Sparrow cominciò a pensare che, dopo tutti quegli anni trascorsi sul fondo dell’oceano, l’ex fabbro fosse diventato davvero strampalato.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10: Chiarimenti e tradimenti ***


Capitolo 10: Chiarimenti e tradimenti

Un vento fresco e asciutto gonfiava le vele dell’Olandese Volante, che solcava le placide onde della notte lasciando dietro di sé una scia di schiuma bianca ampia e dritta.
Le prime stelle facevano capolino tra le nuvole grigie che ricoprivano il cielo blu scuro e una luna rossa a forma di falce che pareva sorridere beffarda.
L’insonne Jack Sparrow, consumato forzatamente il frugale pasto servito per la cena, era risalito sul ponte di coperta e, percorrendolo più volte da prua a poppa, aveva quasi perso la cognizione del tempo.
Quella nave era così silenziosa, sembrava come avvolta da un incantesimo, e forse lo era.
Oltretutto gli pareva che le sue tante sculture, un po’ fantastiche, un po’ antropomorfe, spiassero ogni suo movimento e scandagliassero il suo animo.
- Immagino tu sia ancora in giro perché sei disposto parlare – l’accento misurato di Will subentrò ai suoi passi, al tintinnio degli anelli con cui stava giochicchiando e al russare di Gibbs che, anziché fargli compagnia, si era appisolato come un sacco di patate, con la schiena appoggiata all’albero maestro.
- Idem per te – gli rispose neutrale, compiendo un mezzo giro nella sua direzione.
Turner si diresse verso le scalette del timone e lui lo seguì cogliendo l’invito. Si prospettava un nuovo scontro, senza armi fisiche presumibilmente.
Bene, ferisce più la spada”, meditò con un sogghigno scaltro Sparrow.
- Allora? – lo riscosse il Capitano Turner, notando che era sovrappensiero.
- Allora? – pronunciò di rimando il filibustiere, ma quello continuava a tacere aspettandosi che fosse lui a cominciare – Va bene, inizio io – accolse il suggerimento – Come vanno le ferite? – lo interrogò con tono subdolo assottigliando gli occhi.
- Le ferite?! – esclamò spiazzato Will, tentando di nascondere l’inquietudine suscitata da quell’insinuazione con un colpetto di finta tosse, mentre congedava il timoniere.
Jack avanzò verso di lui con spavalderia: - Si dia il caso che io sia un attento osservatore – si vantò, mentre Turner si mostrava intento a governare il timone – La schiena, la spalla, … il naso – elencò allusivo, indicando con la mano ogni parte menzionata e canzonandolo.
Will stette in silenzio, ma poi su di lui il senso colpa ebbe la meglio: - Non dire nulla a Jim ed Elizabeth! – lo scongiurò, pur mantenendo un tono che sapeva velatamente di minaccia.
Sparrow non si scompose: - È una maledizione, compare! – infierì con malevola ironia.
- Non ne siamo ancora sicuri! – ribatté Will con poca convinzione, passandosi un palmo sul viso contrito.
- Tu no, ma io sì! – replicò Sparrow, con un sorriso fuori luogo che fece innervosire ulteriormente il suo interlocutore.
- Perché ti chiamano “il rinnegato”? – bastò quella domanda a bruciapelo perché quel pirata sbruffone cambiasse espressione, serrando la bocca e schivando il suo sguardo indiscreto.
- Certi soprannomi non te li scrolli più di dosso – asserì Jack senza guardarlo, con un accento rassegnato e sarcastico – Sono stato uno dei primi pirati a rinnegare l’amnistia del re qualche anno fa – dichiarò con incallito orgoglio.
Il Capitano dell’Olandese valutò quell’altra informazione: - Ma non l’unico – confutò perspicace, non credendo che quell’atto fosse stato sufficiente a fargli guadagnare un simile appellativo.
- Perché sei convinto che volessero rapirmi? – deviò l’argomento Sparrow, tornando a scrutarlo con un’ombra scura sul volto, cominciando a dubitare di sé stesso.
- Ricordi il proiettile con il sonnifero? – gli rammentò Turner – Quale altro valore potrebbe avere?
- Uhm – confermò quello muovendo lievemente la testa su e giù – Non volevano uccidere neanche te, comunque – constatò dopo una breve riflessione – Avrebbero mirato da subito allo scafo, altrimenti.
Will meditò su quelle parole e concluse che quindi dovesse essere Jack l’obiettivo, ma l’imprevedibile pirata lo sorprese di nuovo.
- E se fossi tu “il rinnegato”? La maledizione era prevista nell’accordo con la malefica dea? – incalzò curioso, mostrandosi impaziente e interessato, oltre che del tutto privo di tatto.
Il comandante aggrottò la fronte, rimuginando silenzioso: - No! – alzò la voce poi, per dare l’impressione di essere più che sicuro – Credo che sia solamente un accorgimento per ricordarmi ciò che le devo. Per evitare che io fugga – affermò scrollando le spalle e rasserenandosi.
- Oh, tu la conosci bene Calypso, certo! – seguitò a stuzzicarlo Sparrow – Però hai rinnegato l’immortalità che ti aveva proposto! – gli fece notare, assumendo un tono accusatorio rafforzato dall’indice puntato contro di lui.
Will afferrò la mano del filibustiere e la abbassò con decisione: - Mi fai solo confondere! Piantala! – contestò mantenendo con forza la presa.
Jack digrignò i denti per soffocare un piccolo verso di collera, poi i suoi occhi cambiarono espressione facendosi furbi e sorridenti: - Toh! Guarda chi c’è! La signora Turner! – proferì tutto festante guardando dietro le spalle del rivale.
Capitan Turner allentò la stretta e si raddrizzò voltandosi anche lui verso la donna.
Jack dondolò verso Elizabeth, sorridendole affabilmente: - Tuo marito sragiona! Sarà che non è più abituato a tutta questa azione! – le enunciò quasi indignato – Pensaci tu – le consigliò dandole una leggera pacca sulla spalla come per farle coraggio – I miei ossequi – salutò poi entrambi facendo un mezzo inchino, accompagnato da un enfatico gesto del braccio e filando via, seguito da Gibbs che si era nel frattempo svegliato.
- Non avevo ancora finito! – esplose snervato Will, dopo che il pirata lasciò il castello di prua.
- Che succede?! – Elizabeth sbatté le palpebre un paio di volte, ancora scombussolata dalle ambigue frasi di Sparrow.
- Parla sempre a metà! – sbuffò il marito, battendo un pugno sul corrimano delle scalette – Lo detesto! – aggiunse nervoso tornando al timone.
La consorte gli sfiorò i capelli con le dita e solo allora lui si soffermò a guardarla restando stordito dalla sua semplice bellezza illuminata dalla tenue luce delle lampade a olio. Indossava soltanto un paio di pantaloni scuri e una leggera camicia merlettata, e i capelli sciolti e ondulati le incorniciavano il viso già colorito per il sole preso negli ultimi giorni.
- Cosa c’è? – domandò la giovane donna, vedendosi osservata con insistenza, portandosi una ciocca dorata dietro l’orecchio.
- Nulla – le assicurò lui, rendendosi conto di essere rimasto a contemplarla per alcuni secondi come se l’avesse vista per la prima volta.
- Non venivi più e cominciavo ad essere un po’ in pensiero – riprese a chiarirsi Elizabeth, restandogli al fianco ma ad una certa distanza. – Volevo sincerarmi che fosse tutto a posto – gli confidò con una punta d’ansia.
- Mi dispiace, ma una parola tirava l’altra e non mi sono accorto del tempo che passava – si discolpò colpevolmente Will.
Ad Elizabeth il suo disagio parve eccessivo: - La conversazione è stata proficua? – gli domandò con tono premuroso.
- Lo sai com’è Jack. Non mi ha detto sostanzialmente niente! – le riferì lui, ancora agitato per il disappunto – Comunque credo che Barbossa gli abbia rubato sia la Perla che le carte. Speriamo di trovarlo presto – concluse con un sospiro, tornando a esaminare la bussola legata vicino al timone per raddrizzare la rotta. – Jim? – si preoccupò poi.
- Sta dormendo – lo informò la moglie – Non fa che parlare di te, sei riuscito a conquistarlo! – affermò contenta – Sei diventato un ottimo Capitano e un ottimo padre – sostenne piena di ammirazione, incollando i suoi occhi al viso di Will che continuava a guardare davanti a sé e pensava lo facesse per ritrosia, ignorando che il rimorso lo stava consumando.
- E … in quanto a marito? – abbozzò lui, girando la testa con espressione tra la preoccupata e la incuriosita.
La piratessa sorrise: - Hai detto che non dobbiamo parlare delle nostre questioni sopra coperta – gli ricordò indulgente, come se rimproverasse un bambino.
Il Capitano Turner tolse le mani dal timone e fece un passo verso la moglie con un sorriso malizioso: - Ma i pirati infrangono sempre le regole – sussurrò con voce accattivante.
Lei gli rispose a tono: - Allora, vuoi la verità? – lo provocò senza sfiorarlo, lui annuì mantenendo le labbra inarcate – Potresti impegnarti di più – ammise assumendo un finto broncio e incrociando le braccia.
In un attimo Will curvò il viso su di lei e s’impossessò della sua bocca con avidità, venendo corrisposto con lo stesso fervore. Ma, mentre sentiva il suo caldo profumo avvolgersi attorno al suo corpo e iniziava a baciarle il collo, la sua mente era tormentata dall’idea che la stava tradendo e si odiava per ciò. Perché doveva soffrire per causa sua?
- Will – ansimò Elizabeth contro il suo orecchio, notando la sua insicurezza – Qualcuno potrebbe vederci – sostenne fissandolo negli occhi, convinta di aver capito perché si fosse interrotto. Per tutta risposta l’uomo le rivolse un sorriso provocante e, sollevandola, la fece sedere sulla balaustra vicino al timone, ricongiungendo le loro braccia e le loro labbra.
Quando la donna in un fremito gli avvitò le gambe attorno ai fianchi, lui ebbe come un rantolo e sussultò.
Lei lo scrutò intimorita: - Ogni volta è come la prima – cercò di giustificarsi Will.
La moglie emise una dolce risata cristallina e lo riavvicinò a sé afferrandolo per i lembi della camicia. Le fitte non passavano ma lui si convinse egoisticamente di dover rimandare quella confessione, temendo una reazione da parte dell’amata piuttosto dura. D’altronde era pure vero che l’intimità con lei era qualcosa a cui era ancora poco abituato, ma che in quel momento desiderava con tutto se stesso, per placare i suoi tormenti.

Jack, Gibbs e Sputafuoco dividevano la stessa cabina dall’inizio del viaggio. Quella notte, però, a loro si aggiunse prepotentemente un altro inquilino.
Jack aveva il sonno più leggero di tutti e fu il primo a sentire bussare.
Svogliatamente scivolò dalla branda e andò ad aprire: - Posso restare qui con voi, stanotte?
A presentarsi era stato il piccolo Turner.
Sparrow era troppo insonnolito per mettersi a discutere e il bambino si intrufolò prima ancora di ricevere il permesso. In quel mentre anche Gibbs e Bill si destarono: - Ciao, Jimmy! – esclamarono in coro con un’allegria e un’indulgenza che infastidirono il loro amico.
- Nonno, non ti arrabbi se dormo con voi? – chiese con voce patetica il ragazzino.
- Certo che no! – acconsentì bonariamente quello, sollevandosi dal giaciglio per farlo sistemare al suo posto, adoperandosi ad agganciare per sé un’altra branda al soffitto.
- Che ci fai qui?! – gli intimò aspramente Jack, oramai completamente sveglio.
- Ho avuto un incubo – dichiarò il bambino, continuando ad esprimersi con cadenza flebile e commovente, ma il ghigno di irritazione non scomparve dal volto del pirata con la bandana rossa, che si sentiva formicolare tutto come gli avessero gettato addosso una medusa.
Gli altri due uomini, invece, in preda all’intenerimento, gli chiesero con gentilezza di raccontarlo e lo consolarono con le solite frasi fatte.
Jack si gettò contrariato sulla branda, coprendosi la faccia con un cuscino per attutire il suono di quell’insopportabile chiacchiericcio.
- Lo hai già detto ai tuoi genitori che resti a dormire qui? – domandò Sputafuoco, prima di spegnere la candela.
- Io quando mi sono svegliato non c’erano, così sono uscito a cercarli sul ponte e … – il nipotino si bloccò imbarazzato, distogliendo le pupille sulla porta.
Gli uomini lo invitarono a continuare e nello stesso tempo anche Sparrow rialzò il capo incuriosito dal suo titubare: - E … ?
- Loro si stavano … - tentennò ancora Jim, grattandosi la nuca.
Jack gettò un urlo, saltando su agitato: - Si stavano ammazzando?!
- No! – rispose offeso il bambino – Tutt’altro. Erano occupati a baciarsi, ma in modo molto strano – chiarì imbronciandosi e schivando le loro espressioni interrogative.
I tre pirati si guardarono in faccia impacciati, poi Sparrow scrollò le treccine e di slancio si mise seduto accanto al piccolo Turner: - Figliolo – esordì spavaldo gesticolando – lascia che zio Jack ti spieghi un paio di cose ...

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Capitolo 12
*** Capitolo 11: Un piano (quasi) perfetto ***


Capitolo 11: Un piano (quasi) perfetto

Delle nocche ansiose picchiavano con moderata urgenza sulla porta di legno poco spessa, facendone cigolare gli usurati cardini.
- Gibbs! – chiamò Jack a mezza voce, scuotendo malamente l’amico – Vai ad aprire! – gli ordinò disturbato – Qui dormiamo tutti – bofonchiò risistemandosi sulla branda, sebbene fossero passati soltanto una manciata di minuti da che avevano spento quasi tutte le candele.
Il maturo filibustiere si passò un palmo sul volto stropicciato e sbadigliando trascinò i passi fino all’uscio: - Oh, Capitano Turner. In cosa posso aiutarvi? – biascicò lentamente, distinguendo appena la sua figura tra le palpebre impastate.
- Io ed Elizabeth non riusciamo a trovare Jim, lo abbiamo cercato ovunque e ci chiedevamo se per caso fosse venuto qui da voi – gli spiegò l’uomo con tono speranzoso, allungando il collo all’interno della cabina.
- Ah, sì. Vostro figlio è qui! – lo rassicurò Gibbs, camuffando con una smorfia un secondo sbadiglio – Ci ha detto che ha fatto un brutto sogno, poverino, e trovandosi solo ha attraversato il corridoio e … - s’interruppe, schiudendo di più la porta e indicando con un cenno del mento il lettino in cui si trovava il piccolo ricercato.
Will trasse un sospiro di sollievo, per poi tergiversare: - Se vi disturba noi …
- Quale disturbo! – negò il marinaio, sgranando gli occhi in maniera innaturale – Dorme come un angioletto! Andate pure! – lo esortò allegramente.
- Buona notte, allora – gli augurò il Capitano Turner, muovendosi dalla soglia dopo qualche secondo d’indecisione.
- Notte! – sorrise bonariamente il vecchio lupo di mare, accostando adagio la porta e riavviandosi tentoni alla sua amaca.
Una delle cuccette ebbe un sobbalzo: - Grazie! – saltò su Jim, volgendosi verso di lui.
- Figurati! – gli rispose Jack scocciato – Ora dormi, però! – lo minacciò aspro e il bambino stranamente calò la testa ubbidiente, ristendendosi e coprendosi.
- Mastro Gibbs – bisbigliò poi elusivo, prima che il socio si rimettesse a poltrire, inducendolo ad avvicinarsi – Quando il marmocchio crolla, scatta la fase due – gli comunicò enigmaticamente.
L’amico annuì, ma un istante dopo balbettò, come cadendo dalle nuvole: - Fase due?!
- Ti avverto io – lo ammonì sbrigativo Sparrow, scuotendo le mani per allontanarlo da sé.
- Qual è stata la fase uno, scusa? – tornò a chiedere Joshamee confuso più che mai, prima di coricarsi sul rettangolo di tela.
- Shh! – fu la risposta secca e intimidatoria di Jack, al che il bucaniere si rassegnò a non fare ulteriori domande e a cercare di riposare, almeno fino ad sue nuove disposizioni.

- Scusami Will. Sono diventata esageratamente apprensiva! – ammise Elizabeth lasciandosi cadere sul letto, dopo che il marito le ebbe raccontato dove aveva ritrovato Jim.
I due, obbligati a scendere sottocoperta per l’arrivo del timoniere assegnato quella notte, avevano cercato il figlio in ogni angolo della nave e la donna si era già sentita in colpa per averlo lasciato solo, preoccupandosi che, curioso e spericolato com’era, andando in esplorazione di quell’immenso vascello si fosse cacciato in qualche incidente.
- Ai miei occhi sei solamente una madre prudente e affettuosa – affermò Will amorevolmente, sbottonandosi la giacca e riponendola su un gancio.
La consorte si morsicò un labbro: - Il che equivale a noiosa! – continuò a commiserarsi, sfilandosi gli stivali e gettandoli via nervosamente.
- È naturale: lo ami e vorresti che non gli accadesse mai niente di brutto – obiettò pacato lui slacciandosi la cintura, pensando inevitabilmente alla sua situazione, mentre lei se ne stava seduta sul talamo con la schiena appoggiata alla spalliera e le braccia strette attorno al petto, tentando ancora di calmarsi. – Ma, per quanto ho avuto modo di conoscerlo in questi pochi giorni, ho capito che Jim è un bambino sveglio e responsabile e che ti vuole un mondo di bene – continuò a rassicurarla, accomodandosi al suo fianco – Anche se è pure vero che ha sangue pirata nelle vene, questo non dobbiamo dimenticarlo – le fece notare, baciandole lievemente la tempia sinistra.
Lei lo guardò storto: – Così mi fai preoccupare di nuovo.
Will sorrise: - Ha il tuo stesso spirito sognatore, avventuroso e ribelle – sostenne guardandola con sconfinato amore.
- Insomma: ha preso il mio lato peggiore? – lo interrogò lei, fingendosi corrucciata.
L’uomo scosse la testa: - Il tuo lato più affascinante – dichiarò con tono seducente, prima di baciarla con passione e lasciarsi cadere con lei sul cuscino.

- Alzati! Fase due! – sussurrò Jack a Gibbs nell’orecchio, strattonandolo per una spalla.
L’amico di lunga data, pur borbottando, obbedì, sollevandosi rumorosamente dalla branda e ricevendo il rimprovero del compare, già sgattaiolato con fare lesto e furtivo all’esterno.
Una volta assicuratosi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, Sparrow si diresse a grandi passi verso la cabina sita a poppa intimando al compagno: - Coprimi!
Il pirata lo frenò, agguantandolo per un braccio: - Ma cosa devi fare esattamente?
Jack scansò la sua mano: - Sbirciare nella cabina del Capitano – gli riferì spazientito - È lecito?
- No! – pronunciò di rimando Joshamee – Cioè … sì? Ma fa presto! – lo incitò timoroso, appiattendosi contro una parete. L'ex Capitano uscì dopo soli cinque minuti: – Hai trovato niente di interessante? – gli domandò subito con curiosità.
Le labbra del filibustiere si arricciarono: - Carte e cartacce. Non c’è neanche un diario di bordo! – sbottò sdegnato.
- Probabilmente lo tiene nella cabina che divide con la moglie … – constatò ragionevole Gibbs.
- Ah, lì non ci entro! – squittì Jack, scuotendosi tutto – Comunque, per colpa dell’attacco della Locusta ci siamo allontanati da possibili approdi che ci avrebbero fatto comodo – lo informò deluso, mordicchiandosi un’unghia annerita.
- Potresti tentare di cambiare la rotta – gli suggerì il compare, entrando in sintonia con il suo occulto tramare.
- Come?! – scandì inasprito Sparrow, facendolo sentire stupido – Lo sai dove tiene la bussola il caro capitan Turner? Attaccata al timone! E nessuno di quei tagliagole mi ci farà avvicinare!
- Per quale motivo voi due gironzolate da queste parti a quest’ora della notte? – li sorprese nel mentre un marinaio dell’Olandese, facendo scattare il caricatore della pistola.
Era Clanker, un uomo alto e robusto con i capelli crespi e fulvi e dei lineamenti irregolari che rendevano la sua espressione particolarmente torva.
- Eravamo in cerca … - abbozzò Gibbs, nascondendo con una risatina l’improvviso batticuore.
- … di un bicchiere d’acqua – completò la frase Jack, rendendosi conto immediatamente dell’assurdità di quell’affermazione.
Il marinaio non risparmiò loro uno sguardo sospettoso:- Seguitemi – ringhiò bieco, conducendoli un piano sotto. I due pirati non disdegnarono di bere un boccale ciascuno, ritrovandosi con la gola improvvisamente prosciugata dalla tensione.
- Devo dirvi una cosa – cominciò a parlare il minaccioso bucaniere, mentre sorseggiavano il secondo boccale – Il Capitano Turner è un uomo magnanimo e clemente e potrà pure chiudere un occhio con voi due, ma se noi dovessimo scoprire che in qualche modo lo state tradendo, o che ci state imbrogliando, non saremo altrettanto caritatevoli – li mise in guardia, aprendo la giacca per mostrare loro la quantità di pistole e coltellacci che portava con sé.
- È da tanto tempo che non ci divertiamo come si deve a scannare qualcuno! – gli fece eco un altro della ciurma che si trovava lì, scagliando un pugnale aguzzo che andò a conficcarsi su un tavolo e sghignazzando per la loro reazione intimorita.
- Recepito – si limitò a rispondere Jack con imperturbabilità, e così dicendo, li salutò e assieme a Gibbs filò dritto in cabina, accompagnato dalle risate sguaiate e ostili della ciurma.
- Il mio piano è: tutti contro tutti e nessuno contro di me, comprendi? – rivelò poi Sparrow al compare, prima di coricarsi senza aggiungere altri dettagli sul come intendesse procedere per portare avanti quel proposito.

L’indomani mattina era un’altra giornata afosa e soleggiata, il mare aveva poche increspature e una brezza calda soffiava con continuità conferendo all’Olandese Volante una buona velocità.
Tuttavia Jack non poté fare a meno di notare che Will era di cattivo umore, oltre a sembrare alquanto indolenzito.
- Stai a guardare Gibbs: fase tre! – proferì euforico dandogli una gomitata, per poi incamminarsi verso il Capitano Turner che era intento a discutere con alcuni dei suoi uomini.
- Che aspetto orribile, William! – esordì canzonatorio, quando gli altri si furono allontanati lasciandolo da solo vicino a prua.
- Non ho chiuso occhio, stanotte – si voltò quello, passandosi una mano sulla faccia sbattuta e appoggiandosi al parapetto come senza forze.
Jack rise sotto i baffi, torcendosi le treccine del pizzetto: - Lo immagino – mormorò ammiccante.
Will strabuzzò, pensando di aver capito male: lui ed Elizabeth la sera prima avevano trasgredito forse con eccessiva imprudenza, ma si erano fermati prima che la loro posizione potesse diventare compromettente.
– Uhm? – mugugnò il pirata in risposta al suo muto interrogativo, atteggiandosi incurante.
Will allora tornò a ignorarlo e ad osservare il luminoso orizzonte che si stagliava davanti a loro, inspirando a fondo l’aria salmastra.
- Di’, si è accorta anche lei della maledizione? – insinuò sagace Sparrow, fissandosi le dita.
Il comandante lo trafisse con lo sguardo, poi, scrutandosi attorno, si accertò che nessuno potesse origliare quella spinosa discussione: - No. Ma io non ci ho dormito lo stesso – gli confessò intristito.
Il filibustiere annuì, accennando un tono insolitamente serioso: - Forse dovevi dirglielo – gli consigliò, con una nota di rimprovero.
- Da quando ti fai i fatti miei? – gli rinfacciò il giovane Capitano in un moto di rabbia, alzando involontariamente la voce – Scusami, sono … stanco – mormorò con gli occhi gonfi, serrando i denti e stringendo le dita sulla balaustra scheggiata.
- In momenti come questo, quello che ci vorrebbe è una bella bottiglia di rum! – esclamò Jack sorridendo forzatamente – Come mai non c’è rum su questa barcaccia? – continuò a lagnarsi, sentendo il bisogno di sdrammatizzare i toni quella conversazione divenuta più angosciosa di quanto non avesse voluto.
- Né io né i miei uomini ne beviamo – asserì Will guardandolo storto, lui s’indignò come se avesse udito una bestemmia: – Che virtuosi! – se ne uscì con accento denigratorio.
- Lo sai, non è facile trovarne nelle terre dei morti!
Turner sembrava aver riacquistato il solito piglio contestatore e irritabile che aveva sempre avuto nei suoi confronti, cosa che lo divertiva parecchio.
Per cui, con falso candore, Jack riprese: - Eppure a tua moglie non dispiace …
Will gli lanciò un’occhiataccia tra l’incredulo e l’adirato: - A me non risulta – confutò la sua insinuazione, raddrizzandosi e piantando le mani sui fianchi.
- Ci siamo fatti un paio di bevute in passato … - raccontò il pirata con aria compiaciuta, il volto di Turner si faceva sempre più incandescente, mentre la sua bocca e le sue mani si contorcevano, senza che riuscisse ad articolare con la prima una frase di senso compiuto e con le seconde un qualche gesto minatorio.
- Non sarai geloso, amico! – lo sbeffeggiò Jack facendo un passo indietro – Sì, la tua Elizabeth è bella, intelligente, in gamba e tutto quello che vuoi – proseguì mettendo le mani avanti – Ma non porta altro che guai! – concluse con risentimento, alterandosi in una boccaccia.
- Ciao papà! Buongiorno signor Sparrow! – arrivò nel contempo Jim, frapponendosi a loro.
- L’ultimo dei quali è questo qui! – lo additò irritato Sparrow, senza che il bambino capisse quale fossero le colpe di cui lo stava accusando. Gli era parso che avesse cominciato a diventare meno ostile nei suoi riguardi e che potessero continuare a legare.
- “Questo qui” è mio figlio. Perciò portagli rispetto! – lo ammonì Will sospirando e diventando meno paonazzo, il ragazzino sorrise soddisfatto mentre Jack scrollò le spalle e si allontanò indignato, tacciandoli con una smorfia.
- Hai dormito bene? – domandò il Capitano al suo erede, suggerendogli di trascurare le volubili reazioni di quello strambo pirata.
Il bambino si grattò la nuca, aspettandosi qualche paternale per aver fatto impensierire lui e sua madre: - Sì, grazie.
- Hai già indicato la rotta al timoniere? – si informò Will, non sembrando invece incline ad accennare ai fatti della notte precedente.
Jim si rilassò: - Certo. Segna nord ovest – rispose pronto – Non sei arrabbiato con me? – lo riscosse in seguito, vedendolo nervoso e un po’ teso.
- Tu dovresti esserlo con me – sostenne il padre, distendendo le labbra in un rassicurante sorriso – Avrei dovuto capirlo che avevi bisogno di una stanza tua, come ce l’avevi a casa. Provvederò al più presto a procurartela – gli promise solennemente.
- Ma poi potrò venire a dormire comunque con voi, se voglio? – richiese timidamente il bambino, scostandosi i capelli che il vento gli appiccicava al naso.
- Certamente – gli giurò suo padre, sfiorandogli una guancia con un buffetto - Aspetta, io e te abbiamo un altro discorso in sospeso – lo fermò prima che corresse da un’altra parte – Hai deciso quale dovrà essere il tuo incarico a bordo dell’Olandese? – gli parlò chinandosi su di lui e sistemandogli il piccolo tricorno.
- Sì, ho scelto – affermò sicuro Jim, le gote arrossate dalla trepidazione.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12: La visione ***


Capitolo 12: La visione

Elizabeth comparve sopra coperta con il sorriso sulle labbra e i suoi occhi innamorati si misero subito in cerca del volto dell’amato tra la folla di uomini indaffarati che riempivano il ponte, correndo di qua e di là.
Ma, prima che potesse raggiungerlo, si vide venirle incontro Jack Sparrow con la solita camminata ancheggiante e un’espressione sorniona stampata sulla faccia: - Sei radiosa oggi, cara – la adulò aprendo ampiamente la bocca e piegandosi in avanti, come per eseguire un inaspettato baciamano.
- Davvero? Grazie! – si ritrasse velocemente lei sbigottita, portando il braccio destro dietro la schiena e facendogli quasi perdere l'equilibrio. - È merito di Will, credo. È un uomo perfetto, sotto tutti i punti di vista – aggiunse con tono malizioso e sguardo trasognato.
- La perfezione non esiste, tesoro – sentenziò con astio e disappunto Jack rizzandosi – Stai attenta a non farti troppo male quando ti sveglierai da questo bel sogno – la avvertì serio e sibillino, lisciandosi le treccine del pizzetto e poi volgendole le spalle.
La giovane donna per un attimo si soffermò a riflettere su quelle parole e la sua sfolgorante felicità si spense assieme al suo sorriso. In effetti, non si era mai sentita tanto amata quanto la notte precedente. Will aveva saputo confortarla, coccolarla, deliziarla, con dolcezza, sensibilità, calore. Eppure aveva avuto l’impressione ci fosse qualcosa di impercettibilmente diverso in lui. Lo aveva avvertito toccando la sua pelle, sprofondando nei suoi occhi, leggendo nella vibrazione della sua voce.
- Tu sai qualcosa su Will che io dovrei sapere? – le fu inevitabile chiedere a Jack, nonostante si fosse ripromessa di riporre assoluta fiducia nel suo ritrovato consorte.
- No! Assolutamente no! Che vuoi che debba sapere?! – si punzecchiò lui muovendo le pupille a destra e a sinistra e gesticolando. – E poi fra voi due non ci sono segreti, giusto? – la provocò ambiguamente e lei scosse la testa imprimendosi un sorriso stringato.
Per niente rassicurata, preferì troncare quella vischiosa conversazione con l’intenzione di discuterne direttamente con Will.
- Hai visto Jim? – domandò allora al pirata che le era rimasto accanto e si dondolava sulle gambe, come se fosse in attesa di qualcosa.
- È quello lì, se non erro – rispose distrattamente lui, inoltrando una sfuggente occhiata in direzione della coffa di prua.
- Non ci posso credere! – si stupì la donna, non appena ebbe messo a fuoco la piccola figura arrampicata in alto sulle sartie – In meno di una settimana è diventato una vedetta! – opinò alterata e preoccupata, i tendini rigidi.
- Che c’è di strano? In questa famiglia saltate tutti quanti le tappe! – sbottò Jack con stizza, andandole dietro mentre lei si dirigeva in prossimità dell’albero su cui era appollaiato il figlio – Tu sei diventata regina della Fratellanza per un solo voto, tuo marito Capitano dell’Olandese solo per aver pugnalato un cuore … - le ricordò facendo la conta con le dita.
- Vorresti dire che c’entri tu anche in questo caso? – si voltò lei nervosa ed esacerbata per gli esempi da lui riportati.
La bocca di Jack si schiuse: - Veramente è stato tuo marito, in questo caso! – replicò dopo un attimo di smarrimento – Mandare un ragazzino a rischiare di rompersi il collo lassù in cima! E senza consultarti! – continuò biasimando la condotta di Will, con l’intento di trasmettere anche ad Elizabeth un sentimento di disapprovazione.
- Ora mi sente! – digrignò i denti la donna, scorgendo il compagno che la salutava con un cenno da lontano – Jim! Scendi subito! – urlò una volta arrivata sotto la coffa.
- Arrivo! – gridò a sua volta il bambino, affidandosi ad una cima per calare sul ponte con un salto acrobatico che lasciò tutti a bocca aperta e rese ancora più agitata sua madre – Hai visto? Papà mi ha nominato seconda vedetta di bordo! – le raccontò sprizzante di gioia, fingendo di non notare la sua espressione tesa.
- Non te lo meriti – lo mise a tacere Elizabeth con tono pungente – Perché ieri sera sei sparito dalla nostra stanza senza avvertirci? Ci hai fatto stare in pensiero! Lo sai quanto ti abbiamo cercato io e tuo padre? – lo riprese davanti a tutta la ciurma, alzando la voce più di quanto non volesse e trattenendolo per la camicetta perché la ascoltasse con attenzione senza muoversi.
Nell’animo di Jim l’umiliazione lasciò subito spazio alla volontà di difendersi e, per quanto volesse fare il coraggioso, le parole gli uscirono piuttosto stridule: - Ma io ero venuto a dirvelo! – si sfogò con irruenza, incrociando gli occhi appuntiti con quelli furenti della madre – Sono pure salito sopra coperta … Solo che voi stavate tubando o facendo … le vostre cose d’amore! – disse poi tutto d’un fiato, arricciando una smorfia di disgusto.
Elizabeth restò con gli occhi spalancati e boccheggiante, sentendosi arrossare le guance per la vergogna, mentre tutti gli uomini nelle vicinanze che avevano assistito alla scena si davano di gomito non trattenendo battute salaci e risolini allusivi.
- Jim … che cosa dici?! – riuscì a pronunciare impacciata, avendo decine di sguardi rapaci improvvisamente puntati addosso.
- La verità! – ribatté il piccolo spontaneamente – Non capisco perché ti sei preoccupata tanto! Papà non mi ha detto niente. In fondo mi avete ritrovato – continuò a parlare, acquistando maggiore sicurezza e sfrontatezza.
- Torna al tuo lavoro, Jimmy – lo esortò la donna, non essendosi ancora del tutto ripresa dall’imbarazzo e, contemporaneamente, anche la ciurma ad una sua eloquente sguardata, pur cicalando, si disperse riprendendo le sue occupazioni.
La signora Turner aspettò che il figlio recuperasse posto sulla piccola piattaforma posta sulla sommità dell’albero di trinchetto, seguendo con apprensione i suoi movimenti azzardati sulle corde, e quindi si avviò sul castello di prua.
In quel momento le giunse accanto Will: - Elizabeth! … ehm … Luogotenente! – si corresse reimpostando l’intonazione, dapprima troppo delicata – Avete visto la nostra nuova vedetta? È nato per la vita di mare! – sostenne osservando con orgoglio il figlioletto.
Lei gli sorrise forzatamente trascinandolo per un braccio poco più lontano da orecchie indiscrete, seppure fosse ormai tardi per i segreti.
- Will che cosa hai detto a Jim riguardo ieri notte? – lo interrogò alzando un sopracciglio e fissandolo con severità.
- Nulla – le assicurò lui, corrugando la fronte perplesso, poi capì – Ha visto qualcosa? – le chiese a bassa voce, distogliendo lo sguardo sul mare.
- Penso di sì – bisbigliò lei, convinta e turbata. Tutti e due tornarono a guardarsi senza sapere cosa fare. Il loro patto di separare vita privata e lavoro era già stato infranto.
- Dovreste cercare di controllarvi in futuro! – s’intromise di soppiatto Jack, sorprendendoli alle spalle, mettendosi in mezzo a tutti e due, separandoli con le mani.
- Hai sentito anche tu? – balbettò Will angosciato, girando lievemente la testa verso di lui senza incrociare i suoi occhi, parimenti alla moglie.
- Tutti i Caraibi vi hanno sentito! – proruppe ironicamente il pirata allargando le braccia per poi adagiarle sulle loro spalle e fissare insistentemente ora il volto di uno ora quello dell’altra, sogghignando di gusto mentre loro diventavano sempre più agitati e scarlatti, restando colpevolmente tesi e muti.
Fu Elizabeth a riacquistare per prima la capacità di interpellarlo: - Sei stato tu a riferire a Jim quelle cose? – sollevò il mento verso di lui, a metà tra l’accusa e il persistente disagio.
Sparrow annuì con un sogghigno compiaciuto: - Ho usato l’espressione più dignitosa che mi passasse per la testa! Dovreste ringraziarmi! – affermò risentito, riportando le braccia lungo i fianchi – Pensate se avesse chiesto delucidazioni a mastro Gibbs …
- Ma che cosa c’entro io?! – esclamò l’uomo appena avvicinatosi, avendo udito solo l’ultima parte del discorso. Jack cominciò a riassumere il tutto, con dovizia di particolari.
Will ed Elizabeth, intanto che i due pirati continuavano a battibeccare, si scrutavano con sfiducia reciproca, senza sapere l’uno quali sospetti sul suo conto avesse l’altra.
O meglio uno di loro lo sapeva benissimo.
- Basta così – si spazientì il Capitano Turner – Parlerò di questa faccenda con Jim più tardi – glissò scostandosi bruscamente dagli altri.
- Anziché rimproverarlo lo hai premiato? – lo richiamò la moglie, non gradendo l’eccessiva tolleranza che il marito mostrava nei confronti delle marachelle del figlio. Lui si strinse nelle spalle e si voltò verso di lei pur senza aver trovato le parole giuste nella sua mente.
- È solo un bambino – tagliò corto senza altre giustificazioni – E comunque non è questo il posto giusto per discutere di ciò, lo sai – aggiunse più rigidamente, dirigendosi dalla parte opposta della nave.
La piratessa per quella volta lasciò correre, pensando di aver già infranto parecchio quella semplice regola che si erano imposti e non volendo essere la causa di un possibile ammutinamento da parte di quella ciurma variegata che, con non poche difficoltà, stava imparando a gestire e che ancora non lesinava di scrutarla con diffidenza.
Nel pomeriggio l’Olandese Volante giunse in prossimità di una baia delimitata da alte scogliere ricoperte da una florida vegetazione tropicale che non lasciavano intravedere alcun porticciolo. Nonostante ciò, l’attenzione di tutti era al massimo livello. Quel golfo chiuso bloccava le correnti così che la velocità della nave andò scemando ed essa pareva quasi galleggiare immobile sul pelo dell’acqua. Tuttavia il Capitano aveva fiducia nella bussola controllata dalla ferma volontà del figlio e decise di proseguire secondo la direzione indicata dall’ago.
Jack passeggiava placidamente lungo il parapetto di tribordo, ormai sicuro che la sua permanenza a bordo si sarebbe interrotta con l’avvistamento di un approdo. Per questo motivo aveva sopportato che Jim lo affiancasse nel suo girovagare, ma ad un bel tratto, notando che il bambino imitava i suoi gesti, perse la pazienza e lo investì con tutta la sua scontrosità: - Cos’è, già ti sei stancato di fare la vedetta?
- Sono stato a mangiare. Era il mio turno di riposo. Siamo tanti sull’Olandese, ci alterniamo – lo informò per nulla offeso il piccolo Turner, continuando a seguirlo.
- Che vuoi?! – si voltò esasperato Jack dopo qualche passo, bloccandosi e facendo sì che Jim sbattesse la faccia contro di lui.
- Niente – rispose il bambino tranquillo, fissando il campionario di talismani che gli pendevano dal cinturone – Anzi, visto che ora siamo diventati più amici, posso chiamarvi signor Jack? – gli domandò con vocina gentile, allungando le dita verso un curioso ciondolo che pareva la zampa imbalsamata di qualche uccello.
- No! – sbraitò seccamente il pirata, tirandosi indietro e muovendo l’indice da sinistra verso destra davanti al naso del ragazzino.
- Allora continuerò a chiamarvi signor Sparrow – concluse Jim, rassegnato ma non arrabbiato. Jack perse definitivamente le staffe e se ne uscì con una frase più velenosa con lo scopo di farlo allontanare:- Capisco che nella tua solitaria infanzia di solitudine non hai avuto un amichetto, ma ciò non significa che debba esserlo io! Non ho cinque anni come te!
Il viso roseo e paffuto del piccolo Jim si gonfiò: - Io ne ho quasi dieci, veramente! – protestò correndo via offeso, mentre Sparrow sorrise tra sé appagato.
- Nave in vista! A tre quarti di babordo! – la voce della vedetta trasudava eccitazione e contentezza.
Non si trattava di un semplice avvistamento, ma dell’avvistamento che tutti stavano aspettando dal momento dell’imbarco. I marinai quasi si spinsero per arrivare per primi nel punto da cui poter osservare meglio, e in testa a tutti c’erano Will, Jack ed Elizabeth.
Un subitaneo silenzio calò tra la ciurma non appena si fece più nitida la sagoma del veliero che navigava qualche lega davanti all’Olandese. Scuro come la notte senza luna, eppure più splendente di qualunque stella per la bellezza della sua fattura e per la sua gloriosa fama.
Elizabeth e Will notarono il velo di tristezza e rammarico che portò via il ghigno beffardo dal volto di Sparrow: - È come rivedere una donna che hai sempre amato ma che non è mai stata veramente tua – mormorò malinconico come non mai.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13: Una vecchia conoscenza ***


Capitolo 13: Una vecchia conoscenza

C’era grande fermento a bordo. Ogni marinaio prestava tutte le sue forze per far sì che la nave acquistasse maggiore rapidità e fosse pronta a fronteggiare e respingere eventuali attacchi. Era la prima regola quando veniva avvistato un altro vascello senza bandiera. Non occorreva nemmeno consultare il Capitano. Ma il Capitano, quella volta, volle conoscere il motivo della manovra. Forse aveva deciso di attaccare.
La notizia si sparse velocemente fin sopra coperta e, alla comparsa del suo passo claudicante ma svelto che risuonava intimidatorio sul legno del ponte, terrorizzati e ansiosi, i pirati si prepararono a ricevere una punizione o un nuovo ordine.
Inforcato il suo cannocchiale, l’esperto Capitano si mise ad esaminare scrupolosamente il veliero che sembrava inseguirli a poppa. Uno spasmo di rabbia contrasse ferocemente la sua bocca: - Arrestatevi! Invertiamo la rotta e andiamo a prenderli! – urlò minacciosamente – Oggi sono in vena di divertirmi! – aggiunse con una luce sadica che fece brillare le iridi celesti sul suo viso solcato dai segni del tempo.
- Virate sull’ancora di prua! Dentro i remi! – si susseguirono le disposizioni degli ufficiali minori, accompagnate da parole di spregio nei confronti dei sottoposti che eseguivano i comandi a rilento. Non ci volle molto tempo perché prua e poppa si invertissero, dando all’agile vascello la possibilità di avanzare parallelamente alla grande nave senza vessillo appena individuata, che navigava a velocità piuttosto ridotta rispetto a quella che il temuto galeone era in grado di raggiungere con tutte le vele cineree spiegate al vento e l’aiuto dei remi.

Intanto che abbassava il cannocchiale e lo richiudeva, la bocca di Will Turner si aprì lentamente in un ampio sorriso ricambiato da Elizabeth e da Jim.
- È proprio lei? – chiese quest’ultimo, trepidante per l’emozione, alternando lo sguardo al viso ora del padre ora della madre. I genitori annuirono stringendosi a lui.
Jack, poco dietro, sembrava pietrificato, così come lo era Sputafuoco. La vista di quel veliero recava con sé troppi ricordi infelici per entrambi.
All’improvviso un sibilo si fece sempre più forte, fendendo l’aria umida e calda, e un ammasso di piombo tondeggiante si schiantò a soli due metri dal fianco destro della nave, facendo alzare un grido di sorpresa tra l’equipaggio.
- Credi che quello sia un saluto? – esclamò impensierito Will, seguendo Jack che si era sporto dal parapetto dopo aver riconosciuto il suono della bordata. In quell’istante ci fu un nuovo colpo di cannone che s’infranse tra le onde di babordo. Riecheggiarono altre esplosioni.
- Sei sicuro che la Perla Nera sia ancora in mano di Barbossa? – Turner interrogò perplesso Sparrow che deglutendo saliva amara, si limitò ad alzare le spalle incerto.
- Capitano, gli uomini attendono – si fece avanti Elizabeth, raccogliendo il nervosismo della ciurma per quel nuovo inaspettato attacco.
Jack Sparrow spalancò gli occhi allarmato, spingendo sgarbatamente indietro la donna con un braccio: - Non vorrai aprire il fuoco, vero?
Capitan Turner tacque per alcuni secondi abbassando la testa, poi si erse sulla ringhiera reggendosi sulle sartie: - Restate fermi. Indietro molto adagio! Ammainate le vele e calate le ancore! – ordinò seccamente con una determinazione che non ammetteva repliche, anche se avvertì una fitta allo stomaco, perché se la nave fosse stata colpita lui, avrebbe sofferto di nuovo, com’era già accaduto, e probabilmente non avrebbe più potuto nasconderlo.
Sparrow si tolse il cappello e lo usò per sventolarsi, dopo che alcune gocce di sudore gli avevano imperlato la faccia nel timore che i cannoni dell’Olandese producessero danni irreparabili alla sua adorata nave.
Jim gli lanciò un’occhiata di scherno e poi si allontanò per volere della madre, poiché le cannonate continuavano a rimbombare ostili, sfiorando le murate.
L’Olandese Volante gradualmente si fermò alla fonda e il suo Capitano avvertì come una breve pausa anche nei battiti del suo cuore. Continuò a fissare la sagoma nera sempre più vicina, con la speranza di aver preso la decisione giusta.

Il Capitano della Perla Nera strizzò le palpebre grinzose, stropicciandole col dorso della mano, stupito di ciò che aveva appena distinto sull’orizzonte. La sua vista si era un po’ indebolita con gli anni, ma non al punto da ingannarlo così spudoratamente.
- Sciagurati babbei incapaci! - li rimproverò mordace, prendendosela un po’ anche con sé stesso per la sua avventatezza - Quella è l’Olandese Volante! – sbraitò di colpo, tra l’incredulità e un briciolo di commozione ad incrinargli la voce rauca e gracchiante.
- Si salvi chi può! – urlò uno dei pirati e lo spavento si trasmise a buona parte della ciurma, che iniziò a correre su e giù per la tolda in cerca di riparo.
Il comandante, con gli occhi sgranati per l’irritazione e una smorfia di disprezzo a contorcere le profonde rughe, fece esplodere alcuni colpi della sua pistola sui pirati per ottenerne l’attenzione: - Idioti! Levate mano ai cannoni! E preparatevi ad accostare quella nave! Vele all’imbando!

Lo spegnimento del fuoco risollevò il morale dei marinai del Capitano Turner che assistettero, mormorando rumorosamente, all’avvicinamento pacifico del galeone dalle vele nere. L’agitazione di Jack, invece, non si era placata e Gibbs, come se ne fosse perfettamente consapevole, gli si era avvicinato in silenzio, pronto a sostenerlo per quanto possibile. Ma lui non tollerava di essere commiserato e si concentrò per apparire assolutamente sprezzante, qualunque fosse stato l’andamento della situazione, allontanandosi dall’amico.
Quando le due navi furono bordo a bordo, entrambi gli equipaggi provvidero a collegarle con una passerella, ma furono i Turner ad attraversare l’asse di legno sospesa tra le onde.
Will ed Elizabeth, sottobraccio, avanzarono fieri, anche se un po’ incerti, sulla pedana cigolante tranquillizzandosi non appena riconobbero i volti di alcuni pirati che li salutarono ancora confusi, abbozzando goffi inchini. Poi non poterono fare a meno di sorridere intercettando la figura ben nota del maturo Capitano, Hector Barbossa, che si avvicinava dalle scalette del castello di prua con l’inseparabile scimmietta sulla spalla mentre tutti si spostavano ossequiosamente per lasciarlo passare.
- Bentornato fra noi, Capitano Turner! – furono le sue prime parole intrise di una studiata galanteria che avrebbe ingannato quanti non conoscessero la sua vera natura avida e scellerata. – Signora Turner – proseguì togliendosi galantemente il cappello piumato – Lasciate che ve lo dica: siete sempre incantevole.
- Vi ringrazio – la giovane donna abbassò lievemente il capo, scoprendosi realmente contenta di rivederlo.
In quell’istante Barbossa si accorse di Jack Sparrow che era appena giunto sul ponte, alimentando il parlottare degli uomini: - Non ce lo voglio sulla mia nave quello! – sentenziò irritato, col sangue che gli saliva alla testa.
- Hai paura che me la riprenda? – lo provocò Jack con boria, portando le mani ai fianchi.
- Neanche a me fa piacere averlo tra i piedi sull’Olandese – affermò seccato Will, come se si riferisse ad un parassita infestante. Il filibustiere, insultato, cercò rapido la cinta, dove teneva spada e pistola, imitato all’istante dagli altri due.
- Vi prego! – li interruppe esasperata Elizabeth, prima che arrivassero a sguainare le armi, frapponendosi tra Sparrow e i due pirati.
- Lavora per voi? – si informò il vecchio Hector, dopo aver inghiottito un brontolio.
- Ma sei scemo?! – strillò Jack indignato.
- Jack non è capace di servire altri se non se stesso – lo difese la signora Turner, venendo da lui ringraziata con un buffo gesto delle mani congiunte.
- Ci è piombato in casa mentre scappava da uno dei suoi guai – gli rivelò sinteticamente il Capitano Turner con aria rassegnata.
Allora il Capitano della Perla Nera decise di ignorarlo non risparmiandolo, però, di un’occhiataccia colma di bile che lui gli rimandò con altrettanta malevolenza. Reputandosi superiore a quelle insulse scaramucce, distolse lo sguardo verso l’albero maestro dell’Olandese: - Dovreste mettere una bandiera – fece notare a Will, come a scusarsi implicitamente dell’attacco avvenuto mezzora prima.
- Io a dire il vero ci avevo pensato – si sentì rispondere da una voce infantile. I due sposi si voltarono avendolo riconosciuto, mentre il filibustiere restò interdetto finché non notò il piccolo avventuriero in erba rimasto in piedi a metà della passerella, che si muoveva impacciato osservandolo con grande curiosità.
- Chi è quel ragazzino che non sa se scendere o salire? – chiese allora Hector con un sorriso finto a curvargli le labbra scorticate dalla salsedine.
- Vieni qui, Jim – lo esortò la madre tendendogli la mano – Che figura fai davanti al Capitano?
- È nostro figlio William James Weatherby – lo presentò Will, stando attento a ricordare bene il nome per intero, mentre il bambino si avvicinava piano piano a loro senza smettere di guardarsi attorno, ricevendo sorrisi e piccole pacche da parte di alcuni rozzi uomini sudici e sfregiati che non conosceva.
- Sono molto lieto di conoscervi Capitan Barbossa – dichiarò una volta davanti al vecchio filibustiere – So tante cose di voi e credo che siate un grande pirata. Anche perché siete stato voi a sposare i miei genitori, non è vero? – domandò timidamente, per la soggezione che lo sguardo penetrante di quell’uomo vissuto gli incuteva.
- Così come ha tentato di uccidere entrambi! – s’intromise Jack con tono insolente, guadagnandosi l’occhiata torva di buona parte dei presenti.
- Avrà avuto i suoi buoni motivi, quando è stato – riprese la parola Jim – In ogni caso ha dimostrato di essere un brav’uomo in altre occasioni … - sostenne d’impeto, incredulo della propria avventatezza nel pronunciare un’affermazione simile. E infatti molti risero di lui, compresi i suoi genitori, che però provarono anche una punta di imbarazzo.
- Mi piace questo ragazzino! – dichiarò di contro Barbossa – Ragiona da vero pirata. I miei complimenti, signori – si congratulò chinando il capo e facendo sorridere lusingato il piccolo Turner, che mai avrebbe sperato di poter ricevere un tale giudizio.
Jack gli fece l’imitazione sottovoce: - Ti sei rammollito, Hector! – sbottò sdegnato, piazzandosi davanti a lui e sorpassando i tre con cui stava parlando – Come mai non chiedi il motivo per cui siamo venuti a cercarti?
- Non sono sempre scortese come te! – replicò il collega, ridando sfogo alla rabbia che a stento aveva trattenuto nel rivederlo – Giustappunto, possiamo discuterne nella mia cabina – propose poi affabilmente ai Turner, mitigando il tono.
Essi si scambiarono un lieve cenno di incoraggiamento e sospirando lo seguirono insieme a Jack che tronfiamente faceva strada, mentre Jim fu trattenuto sopra coperta da Pintel, Ragetti e altri pirati desiderosi di conoscerlo e intrattenerlo.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14: Rum veritas ***


Capitolo 14: Rum veritas

Jack Sparrow, appena entrato, si lanciò a ispezionare ogni angolo della cabina di comando, rammaricandosi dei cambiamenti apportati dal nuovo Capitano. Barbossa nel frattempo fece accomodare i coniugi Turner, ostentando la cortesia di un buon padrone di casa.
Quando un mozzo comparve portando sul tavolo due bottiglioni di rum e quattro calici, però, la tristezza di Sparrow per un attimo svanì, si precipitò a trafugare una bottiglia e a tracannare ingordamente, come se fosse reduce da una lunga traversata del deserto.
Gli altri ospiti lo scansarono disgustati, spostandosi dalla parte opposta.
- In realtà il motivo per cui vi ho cercato – cominciò a illustrare Will titubante, mentre la moglie gli stringeva un braccio per spronarlo – è che mi servirebbero le carte nautiche, quelle carte nautiche.
- Ah – si limitò a esternare laconicamente Barbossa, riempiendo ad entrambi il bicchiere per poi servire se stesso – E a cosa dovrebbero servirvi, di preciso? – domandò sospettoso, sorseggiando il liquore dolciastro e scrutando Jack che gli si era seduto di fronte indossando la sua migliore faccia di bronzo.
- Calypso le vuole consegnate per evitare che cadano in mani sbagliate – sostenne ancora Turner, guardando con perplessità il calice ricolmo che teneva fra le mani.
- C’è il rischio che i nostri antichi nemici possano tornare indietro! – dichiarò Elizabeth agguerrita, per poi mandare giù in un sorso l’intero contenuto del suo boccale, sotto l’espressione meravigliata del marito.
Barbossa si lasciò scappare una risata stizzosa: - Non è a me che dovete chiederle. Il qui presente Jack Sparrow me le ha meschinamente rubate, dieci anni fa – sibilò fissando l’avversario con manifesta suscettibilità.
- Cosa?! – sussultò la signora Turner, mentre al consorte andò di traverso il poco rum che aveva ingoiato.
Jack interruppe la sua bevuta restando con il collo della bottiglia fra le dita e, piegando all’ingiù gli angoli della bocca, annuì nello stesso tempo, confermando la sua colpevolezza.
- Hai visto? Non possiamo ancora fidarci di lui! – Will scattò in piedi furibondo, facendo cadere la sedia – L’abbiamo trattato bene, gli abbiamo dato fiducia e ha continuato a mentirci! – s’infiammò, avanzando verso di lui e squadrandolo dall’alto in basso con l’irresistibile tentazione di mettergli le mani addosso.
- In quanto al mentire non sono l’unico! – ribatté quello con sguardo fulminante, pur usando un tono alquanto basso che gli altri non poterono sentire.
- Sono certa che non lo fa per cattiveria – cercò di calmare il marito Elizabeth, seppure angosciata, restando al suo posto, mentre Barbossa assisteva impassibile, continuando a sorseggiare ma intimamente solleticato dal desiderio di saperne di più.
- No?! Allora perché? – replicò incredulo Capitan Turner, alzando ulteriormente la voce, dissentendo con la moglie che si ostinava a vedere del buono in quel pirata anche quando si comportava slealmente nei loro riguardi.
Jack si alzò, scrollando le spalle serafico: - Per invidia. Invidio il tuo coraggio senza limiti, la tua generosità disinteressata e la tua … splendida famiglia – proferì con accento spudoratamente falso, come se stesse recitando una parte che non gli piaceva. E infatti quelle parole erano troppo distanti dall’uomo che tutti e due conoscevano e non fecero che aumentare la delusione per quel tempo trascorso insieme in cui avevano creduto di avere aiutato un vecchio amico.
- E poi sarei io il sentimentale! – lo canzonò Barbossa, quando ebbe terminato la sua recita.
Will sbuffò amareggiato e tornò a sedersi al fianco della consorte, che gli prese debolmente la mano come a chiedergli scusa: – Ma … quindi hai perso le carte? – tornò poi a sollecitare una risposta a Jack.
- Non ho detto questo! – s’irritò lui, allontanandosi e riprendendo a curiosare tra le decine di carabattole disseminate tra i pezzi di arredo e gli scaffali.
- Allora dove diamine sono finite? – lo incalzò Hector, riempiendo di nuovo il bicchiere di Turner, che si decise a sorseggiare lentamente il liquido ambrato e zuccherino, sperando che lo aiutasse a rincuorarsi un po’, dato che si sentiva come davanti ad uno spazio vuoto.
- Le ho date ad un tizio che non ho più rivisto, due anni fa – asserì Jack distrattamente riaccomodandosi con le gambe sul tavolo e osservando con stizza la bottiglia già vuota.
Hector si grattò la barbetta ispida: - E per quale motivo, di grazia? – continuò a punzecchiarlo con piglio tagliente.
Jack si alzò in piedi e cominciò a camminare in tondo: - Mi serviva una nave, giacché tu ti sei ripreso la Perla! – rispose una volta arrivato vicino a lui, afferrando l’altra bottiglia poggiata sul tavolo e versandosi nell’unico boccale libero il poco rum rimasto.
- Vista la tua mediocrità di Capitano, pensavo ti bastasse quella scialuppa … - lo denigrò ancora il vecchio avversario – Perché mi hai rubato le carte? – tuonò poi innervosito dalle sue manfrine, battendo il pugno sul tavolo.
Will ed Elizabeth restarono muti, volgendo gli occhi ora all’uno ora all’altro.
- Hector, possibile che alla tua età credi ancora a queste storie? – lo beffeggiò Jack, affacciandosi sull’uscio e allungando uno scellino a un giovanotto di passaggio, intimandogli di fare arrivare altro beveraggio - Quelle carte sono totalmente inutili!
- Inutili? – Capitan Barbossa si sollevò bruscamente dalla sedia, inseguendolo – Peccato che le abbiamo usate per salvarti il fondoschiena quando eri finito dallo scrigno! E che conducono ai più grandi tesori del mare! E tu lo sapevi! – continuò a parlare, mentre quello con non curanza aveva ottenuto altre due bottiglie e ringraziava il mozzo che lo aveva servito.
- Quelle carte non erano tue. Le avevi rubate – gli fece notare con tono di rimprovero l’eccentrico filibustiere, richiudendosi la porta alle spalle con un calcio.
- Veramente ero stato io a rubarle! – s’intromise Will di punto in bianco, abbastanza infastidito dall’essere stato ignorato durante quell’animato scambio di ripicche e accuse tra i due.
- Tu neanche ne conoscevi l’esistenza! – lo zittì con prosopopea Jack, escludendolo e sminuendolo, come fosse ancora un inesperto avventuriero alle prime armi.
- Vorreste discutere civilmente! – strillò Elizabeth, sentendosi scoppiare la testa, dopo che i tre uomini avevano cominciato a calunniarsi l’un l’altro, accalorati probabilmente anche per effetto dell’alcol che era scorso nelle loro vene.
- Sta’ zitta! – tuonarono i tre pirati contemporaneamente, voltandosi contro di lei e lasciandola a bocca aperta per l’offesa.
Will le andò subito incontro: - Scusa, Elizabeth – sussurrò con gli occhi bassi, cercandole e stringendole le mani.
- Già, scusaci – bofonchiò Jack, mostrandosi ugualmente dispiaciuto.
- Abbiamo cominciato per colpa tua! – inveì aspramente Barbossa contro di lui, che saettò gli occhi sulla signora Turner indicandoglielo con il dito, come a dire che stava continuando a provocarlo.
- Capitan Barbossa, vi prego – sospirò la piratessa, provando la sensazione di avere a che fare con dei ragazzini non ancora cresciuti.
- Che posso farci? Tira fuori il mio lato peggiore – scosse la testa il Capitano della Perla, sfinito.
- Non hai un lato migliore! – lo insultò nuovamente Sparrow, incrociando le braccia.
Will si risistemò sulla sedia: - Ecco che ricominciano – mugugnò esasperato, scambiando uno sguardo d’intesa con la moglie – Comunque questa discussione non ci porterà da nessuna parte – scandì alzando la propria voce per sovrastare quella degli altri due litiganti.
- Dobbiamo ritrovare quel tizio a cui hai venduto le carte – affermò perentoria Elizabeth, attirando finalmente l’attenzione di Jack Sparrow, che si voltò verso di loro con espressione leggermente turbata, un mignolo tra i denti.
- Ti ricordi almeno come si chiamava? – gli chiese Turner speranzoso, sporgendosi in avanti.
Jack esitò a rispondere, guardandosi attorno: - Si fa chiamare Ammiraglio Fortezza – pronunciò in un bisbiglio.
- Ho sentito parlare di lui. Dicono sia un uomo molto pericoloso – ricordò la signora Turner con apprensione, fissando il marito che spiava a sua volta l’impenetrabile mimica facciale di Sparrow, con la vana illusione di scoprire se fosse sincero.
- Hai un talento innato nello scegliere nemici che possono schiacciarti come una pulce, Jack! – lo schernì Barbossa sarcastico, asciugandosi la bocca con la manica della giacca.
- A me questo nome fa un po’ sorridere sinceramente – cercò di sdrammatizzare Will, portando alle labbra con un gesto quasi istintivo il bicchiere.
- Non dovreste – lo avvertì serio Barbossa – è uno dei pochi pirati che io conosca in possesso di una flotta. Ben dieci navi, a quanto ne so – sostenne con un pizzico di astio.
A quella funesta notizia il Capitano Turner si sentì spiccatamente meno ottimista.
- Nove navi, a dire il vero – specificò Jack, alzando l’indice della mano destra – La Locusta è bella che andata – asserì impudente, colmando a metà il boccale dei Turner e scolandosi avidamente il resto del fiasco.
- La Locusta … è la nave che ci ha attaccati? – riuscì a chiedergli Will, ripresosi dalla dichiarazione strafottente di Sparrow, collegando i fatti. Lui annuì con un sorrisetto innocente.
- Dati i suoi mezzi, se è interessato, è chiaro che quest’uomo riuscirà a tenere le carte nautiche per sé – osservò Elizabeth sempre più sconcertata, concedendosi un ultimo sorso di liquore.
Barbossa prese ad accarezzare la scimmietta che era improvvisamente comparsa, saltandogli in grembo: - Credo sia giunto il momento di indire il quinto Consiglio della Fratellanza – affermò con determinazione.
- Ma sei fissato con questa storia! – lo accusò Jack indispettito – Dì la verità, ci guadagni qualcosa?
- Tu come proponi di risolvere il tuo sbaglio? – replicò acido il maturo filibustiere – Non hai neppure una nave! – lo derise antipaticamente, ma quello restò imperturbabile.
- Sarò pure inaffidabile e bugiardo, ma non sono stupido – si difese muovendo in modo sconnesso le mani davanti alla faccia dei Turner, che lo ascoltavano con interesse ma poco fiduciosi – Conosco benissimo il valore di quelle carte, perciò le ho portate alla Baia dei Relitti e allo spaventoso Ammiraglio Piazzaforte ho rifilato delle perfette copie – farfugliò confusamente, data la sempre più evidente ebbrezza che lo costrinse a sedersi per non barcollare.
Will poggiò il boccale oramai vuoto: - Peccato che lui lo abbia scoperto.
- Stavi fuggendo proprio da lui, quando sei arrivato a Port Royal! – intuì allora Elizabeth – Non da creditori che ti hanno inseguito da Tortuga! – concluse, sentendo un brivido attraversarle la schiena al pensiero di quanto avessero rischiato quel giorno.
Will, pur non sapendo molto di quel misterioso nuovo nemico, si inquietò nel vedere l’amata tanto scossa e intrecciò di nuovo le dita con le sue.
- Sempre di un creditore si tratta! – si schernì tranquillo Sparrow, dopo che tutti lo avevano investito con sguardi pieni di biasimo – Mi aveva fornito una nave, molto grande … che poi mi ha fatto affondare, scoperto il fattaccio – si rammaricò piegando la testa meditabondo.
A quel punto, senza dire una parola, il Capitano Turner si alzò, seguito dalla moglie ed entrambi, salutando con un cenno Barbossa, si avviarono verso l’esterno della cabina.
- Aspettate – li fermò, però, il vecchio Hector prima che raggiungessero la porta.
- Andremo alla Baia dei Relitti, le carte sono lì. Era tutto ciò che volevo sapere – lo informò Will, visibilmente irritato e attanagliato da una certa fretta.
Il collega increspò la bocca, fissandolo gravemente: - C’è molto altro che dovete sapere, Capitano Turner – lo avvertì gelido.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15: I rinnegati ***


Capitolo 15: I rinnegati

- A dieci miglia da qui c’è un approdo sicuro. Ci fermeremo lì per stanotte. Potrete scendere per fare provviste, serviranno cibo e munizioni. Sarà anche l’occasione per voi di scegliere se volete cambiare corso, oppure no.
Il Capitano Turner si soffermò rapidamente sulle facce ormai familiari dei suoi compagni. Aveva riunito la sua ciurma dopo essere tornato a bordo, presentendo che nuovi e imprevedibili ostacoli si sarebbero opposti al compimento della missione in cui li aveva coinvolti.
– Domattina ripartiremo e non faremo altre soste fino alla nostra prossima meta: l’Isola dei Relitti – annunciò a denti stretti.
Il sole irradiava gli ultimi bagliori vermigli nel cielo privo di nubi per poi essere inghiottito dal mare, quando le ancore dell’Olandese Volante vennero gettate di nuovo nel fondale marino e le prime scialuppe furono messe in acqua dagli impazienti pirati che si apprestavano a raggiungere la terraferma. Anche la Perla Nera era stata messa alla fonda e parte del suo equipaggio remava a bordo di piccole imbarcazioni in direzione del molo.
Jim, che se ne stava sulla coffa di trinchetto, anziché uomini ricurvi intenti a vogare, aveva l’impressione di vedere tante tartarughe marine nuotare verso la spiaggia.
Will e Sputafuoco si ritrovarono ad osservarlo con la testa per aria e lo stesso cipiglio compiaciuto impresso sul volto, cogliendo il suo sguardo incantato abbandonato sul mare, pensando come, da che si era imbarcato con loro, quel piccolo birbante avesse riportato la vita su quella tetra nave grazie alla sua vivacità e al suo buonumore.
Un rumore brusco sulla ringhiera di babordo fece sobbalzare entrambi.
- Sei sempre il solito dannato buono a nulla, Ragetti! – sbraitò un pirata tozzo e basso con sudici capelli lunghi e grigiastri.
- Mi è scappata di mano! – si difese il compare smilzo e biondiccio, stropicciandosi lo scheggiato occhio di legno.
- Capitan Barbossa ci ha invitato a cena – riferì Will a suo padre, indicandogli la passerella maldestramente preparata dai pirati della Perla – Dice che vuole parlarci – bisbigliò dubbioso.
- Uhm – mormorò l’anziano uomo, fissando sbigottito i due vecchi compagni che lo salutavano festanti e imbarazzati, sventolando le mani e mostrando i denti gialli e marci.
- Sono scesi quasi tutti – sostenne ancora Capitan Turner, distratto poi dall’arrivo di Elizabeth che li aveva raggiunti sulla tolda dopo essersi cambiata d’abito, indossando degli abiti puliti.
- No – enunciò risoluto, Bill intuendo l’invito del figlio – Non chiedetemi di accompagnarvi. Sarebbe una cosa spiacevole, sia per me che per lui – dichiarò con una punta di dolore misto ad orgoglio.
- Potresti almeno scendere a terra con gli altri – gli consigliò con tatto la giovane nuora.
Lui la ringraziò con un lieve cenno del capo: - Ci organizzeremo per fare in modo che ci sia comunque qualcuno di ronda – rassicurò poi entrambi.
Jim calò sul ponte con una cima, atterrando proprio in mezzo a loro con un sorriso spavaldo. Elizabeth si abbassò sulle gambe sospirando e, senza dargli modo di reagire, gli sistemò sveltamente la camicia dentro i pantaloni e gli ravviò con le dita i capelli scompigliati dal vento.
Suo padre e suo nonno si coprirono la bocca con una mano per non ridere di fronte alla faccia sconvolta del bambino, che si era evidentemente sentito offeso da quel trattamento.
- Mamma, non stiamo mica andando a cena da quello spocchioso governatore con la puzza sotto il naso! – protestò vibratamente, risistemandosi a suo gusto.
Lei si sollevò e, vedendosi osservata dal marito e dal suocero con espressione divertita, alzò le spalle: - Scusa, tesoro. È la forza dell’abitudine.
Will si chiese quante volte la consorte si fosse intrattenuta con quell’aristocratico cui gli aveva accennato solo sbadatamente. Al momento, però, aveva pensieri ben più seri di cui occuparsi.
Il tempo stringeva, ed era consapevole che dieci anni non potevano essere recuperati facilmente, neanche se avesse trascorso i prossimi dieci a parlarne con lei tutte le notti.
- Dovremo portarlo – gli rammentò Elizabeth, poggiandogli una mano sul braccio. Lui annuì a malincuore, scacciando via tutti gli altri interrogativi, e insieme scesero sotto coperta.

Aveva infine ceduto alla stanchezza e si era seduto per terra, come aveva fatto quasi subito il suo compare. D’altronde, con i polsi legati da quelle catene, non poteva tentare un gran che. Almeno quel posto non era più insopportabilmente melmoso e umido, come lo aveva trovato la volta precedente in cui c’era finito imprigionato.
Avvertì dei passi approssimarsi e una voce che conosceva bene: - Dylan, le chiavi – ordinò con tono secco e neutro. La porta si aprì e la luce tremolante di una lampada a olio rischiarò quelle pareti spoglie, mostrando la presenza dei due capitani con i lineamenti scuri e tirati.
- Bene. Avete già deliberato? Qualunque sia la sorte che mi avete riservato, la preferisco al dover marcire in questa fetida gabbia! – esclamò sfoderando un amaro sorriso di repertorio.
- Se vi ho fatto rinchiudere lì dentro è stato per evitare che i miei uomini vi facessero del male, Jack – lo informò freddamente il Capitano Turner, avvicinando il viso alle sbarre.
- Hai due possibilità, Jack – cominciò a parlargli il vice Capitano – Scendere a terra e non farti più vedere, oppure accompagnarci ad una cena d’affari.
Sparrow allargò le braccia, dandosi lo slancio per alzarsi in piedi: - Non c’è una terza opzione? – domandò insoddisfatto.
- Se continui a non dirci quello che sai, posso invitarti a fare un viaggio di sola andata negli abissi – lo minacciò con insolita ferocia Will, tanto da stupire sia la moglie che il prigioniero.
- Se hai i tuoi problemi non prendertela con me! – s’irritò Jack, che non era certo abituato a farsi trattare in quel modo da lui, un Capitano più giovane e ancora con scarsa esperienza – Comunque sarebbe già più allettante – aggiunse, come per darsi un tono da impavido.
- Io ho una gran fame – dichiarò Gibbs impacciato, rompendo il silenzio e sperando che liberassero perlomeno lui.
Elizabeth ammiccò al consorte, suggerendogli di mettere in atto il provvedimento di cui avevano già discusso.

La sala di comando della Perla Nera era illuminata dal chiarore di candelabri dorati e argenterie pregiate, la tavola, apparecchiata di tutto punto, era imbandita da ogni sorta di gustosa e rara leccornia, il cui aroma ancora fumante si spandeva stuzzicando le narici e le papille.
- Ebbene, sono successe un paio di cose in questi anni, signori – esordì Barbossa dopo che ognuno ebbe servita la propria porzione di pollo arrosto con contorno di patate – Immaginavo che Jack ve ne avesse già parlato – asserì apprestandosi ad usare forbitamente forchetta e coltello lucidati e affilati per l’occasione.
- In verità non è stato molto loquace – gli rispose la signora Turner, lanciando un’occhiata dispiaciuta a Sparrow che avevano infine portato con loro, pur lasciandogli manette e catene ai piedi perché non provasse a dileguarsi, come al suo solito.
- Non è che siano fatti di cui rallegrarsi – ammise il Capitano della Perla, stappando una bottiglia di Madera e annusandone la fragranza fruttata – e lui vuole passare sempre per quello sprezzante e sorridente, nonostante tutto – sostenne gustando il pregiato vino.
- Che cosa sapete dirmi a proposito dell’amnistia? – prese la parola Will, che non aveva ancora assaggiato nulla dal suo pur ricco piatto, al contrario del figlioletto seduto al suo fianco, a cui la prelibata cena aveva destato un grande appetito.
- È stato un misero tentativo di liberare il mare caraibico dalla pirateria che era divenuta sempre più forte dopo il declino della Compagnia delle Indie – cominciò a raccontare il vecchio Hector, non senza smettere di masticare – Ad ogni Capitano che si fosse ritirato dalla sua attività fu concessa la remissione di tutti i suoi crimini – si fermò, facendo cenno agli ascoltatori di rifocillarsi – Sarebbe divenuto un semplice suddito di sua maestà. Per convincerci ad abbandonare il mare ci furono concesse terre nel nuovo mondo – la sua faccia si fece meno altera e gli altri commensali ebbero l’impressione che fosse come scosso da un qualche dilemma interiore.
Lo scrutarono in silenzio senza capire perché si fosse bloccato, quando infine l’attempato Capitano si decise a proseguire: - Io sono proprietario di una piantagione di tabacco donatami dalla mia consorte – dichiarò a labbra strette e scansando gli sguardi indagatori degli ospiti.
Jack, Gibbs e Will rigarono il proprio piatto con la lama del coltello mentre a Jim cadde il boccone di bocca.
- Siete sposato? – domandò di riflesso Elizabeth, cercando di non apparire troppo indiscreta.
- Lo ero. Sono vedovo – rivelò inaspettatamente il pirata, riacquistando un tono ironico – Dei banditi me l’hanno portata via – increspò le labbra, ghignando cinicamente.
- È stato lui stesso a ucciderla – confidò Pintel sottovoce a Will e Jack, appoggiando accanto a loro un vassoio e accingendosi a raccogliere le stoviglie vuote.
- Cose che Capitano, alla moglie di un pirata – ridacchiò poi capitan Barbossa.
Istintivamente Elizabeth scambiò uno sguardo pieno di fiducia verso il marito di fronte a lei.
Barbossa addentò voracemente un pezzo di pane: - Poi per la disperazione, ho preferito tornare a navigare – borbogliò fingendosi rammaricato.
- Tornare ad essere un fuorilegge – sussurrò Ragetti alla signora Turner, porgendole una fetta di torta alla frutta secca.
- Fine della storia – affermò Hector con un tono che sottintendeva la sua indisposizione a fornire ulteriori dettagli sulla strana vicenda, così che tutti calarono gli occhi sul proprio piatto e per un paio di minuti si concentrano soltanto a mangiare.
- Non siete dunque un rinnegato, come Jack? – trovò il coraggio di chiedergli Will, che per la tensione nervosa che gli opprimeva lo stomaco, non era riuscito a gustarsi nessuna di quelle appetitose pietanze.
Le palpebre del filibustiere ebbero uno spasmo: - Hanno cominciato a chiamarti così? – scattò rivolgendosi direttamente a Sparrow.
- Non solo me, anche il Capitano Turner – replicò saccente quello, facendo sentire la sua voce per la prima volta da quando erano arrivati.
Tale dialogo a due non fece che spazientire ulteriormente gli altri convitati.
- Insomma Capitan Barbossa: cosa è successo? – reclamò l’attenzione Elizabeth, stringendo i pugni sul tavolo.
Il vecchio pirata sbuffò all’indirizzo di Jack e si decise a rispondere: - Qualche tempo dopo la nostra vittoria Calypso è riapparsa e ha preteso che ognuno dei pirati nobili le restituisse i doni che lei aveva concesso loro quando serbava ancora la forma umana di Tia Dalma.
- Che tipo di doni? – s’intromise Jim incuriosito, pur non capendo un gran che di quella contorta e nebulosa conversazione.
- Amuleti, anelli, spade, pugnali, pistole, dotati ognuno di una particolare facoltà – sorrise lievemente il bucaniere, notando il vivo interesse con cui il piccolo lo ascoltava – Ovviamente nessuno dei Lord si è piegato ad obbedirle, ma lei con l’inganno è riuscita ad appropriarsi di ogni singolo pezzo. Ora le mancano soltanto gli ultimi due: le carte nautiche di Sao Feng e la tua prodigiosa bussola – spiegò indicando con fare spregiativo Sparrow.
- La mia bussola?! – si punzecchiò quello – La sua nave, casomai! – dichiarò volgendo il pollice verso Will.
Capitan Turner poggiò le posate e strabuzzò gli occhi: - Perché dovrebbe volere la mia nave?!
- La verità è che vuole estrometterci da qualsiasi contatto con tutto ciò che fa parte del suo mondo – interruppe quel battibecco Gibbs, buttando giù un buon sorso di liquore – Tutti i poteri del mare, tutti i tesori legati al soprannaturale e alla magia.
- Ma, non vi sembra strano? – tornò a parlare Elizabeth, tamponandosi le labbra con il tovagliolo – Questo Ammiraglio Fortezza decide di consegnare una nave a Jack in cambio delle carte nello stesso momento in cui Calypso richiede a Will di portargliele – fece notare, presentendo qualcosa di ancora inesplicabile.
- O quell’uomo è al servizio di Calypso … - ipotizzò dubbiosamente Turner.
- O è lui stesso Calypso! – sostenne Jack con sicurezza, posando il boccale vuoto.
I Turner lo squadrarono scettici e turbati.
- È possibile – lo appoggiò Gibbs – Ormai è libera di trasformarsi in ciò che vuole! – rivelò facendo impaurire un po’ Jim, che deglutì di colpo un pasticcino.
- Anche se così fosse, cosa avremmo da temere? – chiese Will, mantenendo i nervi saldi.
- Innanzitutto questa è un’ipotesi, compare. E poi non dare troppa fiducia a quella dea solo perché ti ha fatto diventare di nuovo mortale – lo ammonì severamente Sparrow, e, prendendosi una pausa ad effetto per squadrare tutti, proclamò, facendo brillare i denti dorati incastonati nel suo sorriso: – Sì: rinnegati siamo noi rimasti fuori dalla società civile e fuori dalla grazia di Calypso.

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Capitolo 17
*** Capitolo 16: Rivelazioni ***


Capitolo 16: Rivelazioni

- Dovrei oppormi al volere di Calypso. È questo che state suggerendo? – pronunciò con enfasi eccessiva Will, sospettando che le equivoche parole di Sparrow fossero solo un espediente per farlo cadere in qualche trappola da lui ingegnosamente concepita per piegarlo ai suoi ancora indefinibili interessi in quell’ambigua situazione. – Io … non posso – asserì con sconforto.
- Lo hai già fatto, preferendole una mortale – tornò all’attacco Jack, e stavolta il suo avvertimento gli parve sincero mentre gli indicò Elizabeth, la cui bocca aveva cominciato a tremare sommessamente, nascosta da un tovagliolo che la donna aveva prontamente afferrato per celare la sua inquietudine.
- Io non cadrò dalla grazia di Calypso. Le ho fatto una promessa e la rispetterò – giurò Turner, lottando con se stesso per allontanare dalla mente l’insistente tentazione di ascoltare il suo cuore, che ora gli suggeriva imprevedibilmente di fidarsi del parere di Jack.
- Siete libero di fare come volete – spezzò la tensione Barbossa, esprimendosi con un’indulgenza poco veritiera.
Ad Elizabeth bastava uno sguardo per capire il tormento provato dal marito nel dover decidere per sé e per gli altri, senza avere il conforto di alcuna certezza: - Calypso è venuta a cercare anche voi? – domandò allora ad Hector, sperando di aiutare l’amato a capire qualcosa di più sulle intenzioni della imponderabile dea.
- No, io ho saldato il mio debito con lei nel momento in cui ho accettato di liberarla. E poi per un periodo mi ero ritirato sulla terra ferma – le rispose l’ineffabile pirata, accarezzando la scimmietta che si era nel frattempo accoccolata sulla sua spalla sinistra. – Ciò non significa che io sia suo alleato, semplicemente non abbiamo più avuto contatti da allora. Tutto qui – mise in chiaro, lanciando verso il Capitano Turner un’acuminata occhiata indagatrice, quella di chi si aspettava una risposta chiara e definitiva.
Ma il giovane comandante tacque meditabondo, non avendolo neppure guardato in faccia durante la parte finale di quella spinosa conversazione.
Decise di congedarsi senza troppi giri di parole dall’immarcescibile Capitano della Perla Nera e, ringraziatolo per la sua ospitalità, si apprestò a fare ritorno sull’Olandese Volante con il resto della sua famiglia.
Barbossa e Jack si scambiarono fino all’ultimo istante le solite battute velenose e il primo fu parecchio contento di vedere l’antico rivale ridotto in catene dai marinai di Turner che lo riscortarono a bordo, non risparmiandogli di mostrargli la sua irrisione.
Elizabeth si sentiva un po’ a disagio a causa dell’inafferrabile comportamento del marito. Credeva che avrebbe dovuto abbandonare la sua fedeltà a Calypso e schierarsi dalla parte dei rinnegati, ma pensava anche che se lui fosse davvero convinto della buona fede della dea, non avrebbe potuto fare altro che sostenerlo. Prima di salire sulla passerella si voltò un’ultima volta a rimirare la Perla Nera e per un attimo incrociò gli occhi vitrei di Barbossa, ritto a pochi passi da lei: - Posso chiedervi una cosa? – bisbigliò con un filo di voce.
L’interpellato, seppure preso alla sprovvista da quella richiesta, acconsentì con un leggero cenno del capo.
- Non mi siete sembrato molto sorpreso di vederlo – abbozzò la giovane donna con un sottile tono interrogativo, restando però vaga sul soggetto cui si riferiva.
- Per mia disgrazia avevo già incontrato Jack Sparrow, anni addietro – ribatté Hector con astio, un ghigno nauseato a raggrinzirgli gli angoli della bocca.
La piratessa capì di essersi espressa in maniera confusa e arrossì lievemente: - Intendevo Will.
Il filibustiere incrociò le braccia: - Dieci anni sono passati – attestò con ovvietà.
- Conoscevate la verità sulla maledizione? – balbettò lei stupefatta.
- Ne ho avuta la conferma vedendovi insieme – rispose flemmatico ed ermetico il vecchio pirata e ad Elizabeth parve di vederlo inaspettatamente sorridere, prima di essere richiamata dal marito e dal figlio che erano già passati sul ponte del loro vascello.
Lo salutò frettolosamente, chinando la testa e provando un certo sollievo.
Quando la pedana di legno fu ritirata ogni legame tra le due navi sembrò essersi tranciato silenziosamente, anche se qualcosa di più profondo avrebbe continuato ad unire quegli equipaggi. La Perla Nera scomparve nella notte stellata come se provenisse da un sogno.

I marinai dell’Olandese Volante non erano ancora ritornati tutti a bordo, così Will concesse a Jack e Gibbs di restare qualche altro minuto sopra coperta per godersi la fresca brezza notturna.
- Mamma che succede? Il signor Sparrow e il signor Gibbs non sono più nostri amici? – domandò Jim d’un tratto, volendo essere informato su quanto gli accadeva attorno.
- Perché dici questo? – tergiversò Elizabeth, non sapendo ancora come rispondergli e quanto raccontargli della diatriba che li aveva coinvolti poco prima.
Jack Sparrow, ciondolando a pochi passi di distanza da loro, aguzzava le orecchie e di tanto in tanto la sbirciava con un’espressione indecifrabile.
- Papà gli ha fatto mettere le manette e gli ha fatto legare quella palla al piede – constatò il piccolo, sentendosi preso in giro dalle sue mezze frasi. Lei, sin da quando lo aveva sentito scalciare per la prima volta nel suo grembo e nei successivi dieci anni in cui erano stati solo loro due, lo aveva abituato a non essere tenuto all’oscuro e a condividere il bene e il male in ogni situazione di difficoltà.
Perciò, mantenendo fede a quel principio, si risolse a dirgli la verità, approfittando anche del fatto che i due furfanti ora non potessero udirla, standosene a passeggiare rumorosamente per le catene che strisciavano sul legno.
- Gibbs e Jack ci hanno mentito Jim, e tuo padre non si fida più di loro – dichiarò gravemente e con una punta di dispiacere.
- Ma hanno detto una bugia così brutta? – replicò il bambino spaventato dalla sua serietà.
- Non ci hanno detto che erano inseguiti dall’Ammiraglio Fortezza quando sono arrivati da noi – bsisbigliò sua madre, avendo scorto Will che si avvicinava a loro.
Jim sbiancò: - L’Ammiraglio Fortezza? Il Capitano della Spettro? – domandò incredulo e impaurito. Elizabeth assentì, con la sua stessa espressione turbata a offuscarle gli occhi.
- Luogotenente – la richiamò il consorte qualche metro indietro.
- Arrivo – lo rassicurò, poggiando una carezza sulla fronte del figlio – Vai a letto, William James – lo esortò dolcemente, allontanandosi.
Il Capitano Turner aveva preso possesso del cassero, dal quale dominava la visuale sottostante con un corruccio pensoso: - Riportate i prigionieri negli alloggi che si meritano – comandò irremovibile al primo ufficiale e al nostromo, riferendosi a Sparrow e Gibbs.
Quattro di robusti pirati accorsero ad eseguire l’ordine, afferrando sgraziatamente i due incriminati per le braccia senza che essi si dimenassero più di tanto, data la inferiorità numerica e fisica.
- Come comandate, Capitano – abbassò la testa la signora Turner, scortando il gruppetto.
Will si affacciò al parapetto per osservare gli ultimi della ciurma che facevano ritorno a bordo, issando le scialuppe.
- Papà – lo richiamò Jim, appena giunto al suo fianco, facendolo voltare – Io ti prometto che cercherò di non dirti mai bugie tanto pericolose … come hanno fatto i tuoi ex amici – gli garantì con voce tremolante, inducendolo a sorridere a labbra strette e a rifilargli un buffetto sul braccio. – Ma, li perdonerai mai? – aggiunse il bambino, curioso e un po’ dispiaciuto.
- Devo discuterne con gli altri della ciurma, prima – lo informò il padre, accarezzandogli la schiena – Le decisioni sull’Olandese Volante le prendiamo di comune accordo. Parte della nave, parte della ciurma – mormorò incupendosi.
- Sei uno strano Capitano! – esclamò per tutta risposta il figlio, lasciandolo interdetto, poi lo tirò per la manica perché si abbassasse e gli diede un bacio veloce sulla guancia: - Buona notte – sussurrò affettuosamente, sgattaiolando via.
Will si sentì un peso premergli sul petto e per un attimo desiderò essere ancora senza cuore.

Dopo che avevano serrato le sbarre, Jack era rimasto alcuni minuti a esaminare la toppa, ma aveva infine capito che non era affatto semplice da scassinare; oltretutto nel provarci stava rischiando di impigliare le sue catene con quelle di Gibbs, che aveva tentato invano di aiutarlo ad armeggiare con un chiodo arrugginito che avevano rinvenuto tra il pagliericcio.
Per amor proprio si era rassegnato dunque all’ozio e a trincare le ultime gocce di rum dalle bottiglie trafugate sulla Perla che gli avevano concesso di portare.
L’eco di passi in avvicinamento lo fece irrigidire e gli fece tendere d’istinto ogni senso.
- Saranno topi – brontolò Gibbs, rimettendosi a tracannare, ma dopo qualche secondo la sua ipotesi fu smentita dal bagliore di una lucerna che avanzava nella loro direzione.
- Che ci fai qui, mocciosetto? – biascicò Jack, staccandosi dalla lercia fiaschetta.
- Sono venuto a farvi compagnia – sostenne innocuamente Jim, sedendosi con le gambe incrociate davanti alla cella.
- Familiarizzi con il nemico, eh? – ghignò Sparrow dopo un altro sorso, ma dall’espressione trasecolata e dal mutismo del piccolo comprese che non aveva capito la sua battura – Lascia stare – lo liquidò, troppo annoiato per sprecare altro fiato.
Il ragazzino tornò presto a importunarlo: - Non c’è nessuno in giro. Mio padre ha riunito tutti i suoi uomini per decidere la vostra sorte. Io ho votato per la vostra libertà. Dopotutto vi capisco: deve essere stato spaventoso essere attaccati dall’Ammiraglio Fortezza – ammise con fare saccente.
- Che ne sai tu?! – scattarono contemporaneamente Jack e Gibbs, scambiandosi un rapido sguardo di accusa.
Jim gongolò: - Ho sentito certe storie dai marinai di Port Royal in questi anni – rivelò contento per essere riuscito ad attirare la loro attenzione – Dicono che la sua nave, la Spettro, è quasi invisibile quando c’è il sole forte, e che i suoi cannoni sono capaci di centrare un bersaglio a dieci miglia – narrò con evidente stupore e fascinazione.
- Queste storie sono esagerate! – proruppe irritato Jack, voltandogli le spalle, percorso da una sensazione urticante.
Il silenzio non durò.
- Voi avete figli o figlie, signor Sparrow? – tornò a tormentarlo Jim, alzandosi e appoggiandosi alle sbarre, gli occhietti vispi e indagatori che cercavano di intercettare i suoi.
- No! Come ti salta in mente?! – si rivoltò quello nauseato, mettendosi a sua volta in piedi per apparirgli più intimidatorio, pur non avendo alcun che per minacciarlo.
- E come mai? – insistette impassibile il bambino, sentendosi al sicuro da dietro la rete metallica.
- Non ne ho e basta! – strillò esasperato il pirata, muovendosi al punto da inciampare nelle sue stesse catene, ricadendo sul pavimento e provocando una sonora risata al giovane Turner che si frenò quando Sparrow uscì fuori le braccia per tentare di acciuffarlo.
- Sapete, mio padre ignorava che io ero nato, perché lui era già partito quando mia madre ha scoperto di aspettarmi – gli raccontò con faccia furba dopo, tirandosi indietro dalle sbarre.
Jack riportò la bottiglia alla bocca: - Che vorresti dire? – si sforzò di replicare con tono aspro, guardandolo storto e ricominciando a sorseggiare.
- Magari anche voi avete qualche figlio e non lo sapete – gli fece notare con candore Jim e i due uomini, scioccati da quella possibilità cui non avevano pensato, quasi si affogarono mentre tracannavano, dovendo darsi delle pacche a vicenda per far passare la tosse convulsa scatenata dal liquore finito di traverso.
In quel mentre la porta si spalancò per mano dei genitori del bambino. Will ed Elizabeth dapprima si soffermarono sui due pirati dal colorito paonazzo, non capendo cosa avesse potuto procurarglielo, poi si accorsero del figlio e lo rimproverarono con un’occhiataccia: - Jim, che cosa hai fatto? Non dovevi essere a letto? – lo sgridò sua madre, e al momento lui non seppe come giustificarsi.
- Invadente, istintivo, indisponente, ingenuo: sì, è proprio vostro figlio! – li accusò Jack furibondo, ripigliatosi dal temporaneo malore.
- È un così caro ragazzo, solo a volte non sa quello che dice – appurò Gibbs ridendo nervosamente. I coniugi non avevano afferrato il discorso e scuotevano la testa spostando lo sguardo incerto su tutti e tre.
- Bando alle ciance! – sbraitò Jack, non si capì se per l’ubriachezza o l’agitazione – Qual è il verdetto? – ondeggiò vistosamente, aggrappandosi a stento alle logore barre metalliche.
Will sospirò rassegnato: - Abbiamo convenuto che ci servirai finché non saremo arrivati alla Baia dei Relitti – gli riferì con riluttanza – Dopo che ci avrai consegnato le carte, sarai libero – gli promise, non staccando il volto da Jim, che perseverava a mantenere una certa compostezza, evitando di guardarlo.
- Ah. E fino a quando non arriveremo a destinazione, dovrò rimanermene in questa fetida cella? – domando ancora Jack, crollando sul pavimento con un contegno mezzo svanito.
Elizabeth inserì la chiave nella serratura, facendola scattare ed aprire: - Da questo momento sei in libertà vigilata.
Il pirata si sollevò in piedi un po’ titubante, spingendo piano la porta con appena tre dita.
- Ringrazia mio padre e mia moglie – lo ammonì il Capitano Turner – Si sono offerti di controllarti mentre te ne andrai in giro a bordo – affermò storcendo la bocca.
Il filibustiere sorrise soddisfatto, stringendo velocemente la mano alla signora Turner, ma dovette arrestarsi dal proseguire speditamente, ricordandosi della disonorante palla al piede che appesantiva e limitava i suoi passi.
- Io invece controllerò Mr Gibbs! – si offrì Jim con entusiasmo e convinzione.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17: La Piovra ***


Capitolo 17: La Piovra

Le ancore dell’Olandese Volante erano state salpate da più di un’ora e il grande veliero adamantino fendeva con la sua prua aguzza le acque nere della notte, inoltrandosi sempre più verso il mare aperto.
Elizabeth poggiò delicatamente le labbra sulla guancia di Jim, che, dopo alcune rimostranze, si era infine addormentato, e soffiò sulla fiamma della candela posata sul comodino vicino al suo letto. Si avvicinò all’ampia vetrata che delimitava parte di quella cabina e, accostandovi la fronte, si fermò a guardare l’oceano, appena distinguibile nell’oscurità.
Calypso poteva prendere qualsiasi forma. Quella rivelazione l’aveva inquietata a tal punto che si era trovata a desiderare ardentemente di tornare indietro, a casa, sulla terraferma, dove quella creatura immortale non poteva raggiungerli. E aveva pensato che, forse, se lei e suo figlio erano ancora incolumi, lo dovevano solo alla coscienziosa scelta da lei fatta in passato di rinunciare a un’avventurosa vita da pirata.
Quella capricciosa dea voleva fare del suo unico amore un suo schiavo, per l’eternità. Voleva portarglielo via per sempre. Era questo ciò che gli altri due filibustieri avevano suggerito, seppure indirettamente.
Non le era mai piaciuto il modo in cui lei lo osservava, ancora prima di sapere chi fosse realmente, quando faceva credere a tutti di essere solo una sorta di veggente dotata di misteriosi poteri. Conosceva il corso degli avvenimenti futuri che li avrebbero coinvolti, ma non ne aveva fatto menzione, non aveva provato ad avvisarli, tantomeno ad evitarlo.
Il destino non si poteva cambiare? Non ci aveva mai creduto. Lei stessa era cambiata molto più di quanto non osasse immaginare nei suoi fantasiosi sogni di bambina.
Si scostò dal vetro, accorgendosi di averlo già appannato con il suo respiro affannoso e si convinse a dover credere che Will avesse ragione: una volta avuto ciò che aveva chiesto, Calypso li avrebbe lasciati liberi.
L’oggetto dei suoi pensieri in quel momento varcò la soglia della loro stanza, attutendo il rumore dei suoi passi dopo aver scorto il figlioletto assopito tra i cuscini e le lenzuola. Lo raggiunse e sfiorò con la punta delle dita il suo profilo.
La piratessa sorrise di contentezza nel vederli insieme, restando incantata nel rilevare la somiglianza dei loro tratti, finché Will non le si avvicinò, piantando i grandi occhi castani nei suoi con un’espressione che sottintendeva dell’insicurezza. La stessa probabilmente riflessa dal suo sguardo umido.
- Io mi fido di te, William Turner – sussurrò ad una spanna dal suo viso per rassicurarlo.
Lui si sentì annaspare: - Elizabeth, io ho una maledizione – confessò tutto d’un fiato, fermandosi ad osservare la sua reazione. Sul suo volto colse delusione, ma non paura; senza dire nulla abbassò la testa. Will le si avvicinò di più, notando come le sue labbra tremassero, e adagiò i palmi sulle sue spalle.
- Da quanto lo sapevi? – gli chiese flebilmente, chinando ancora di più il viso sul petto.
- L’ho scoperto il giorno in cui siamo stati attaccati dalla Locusta. Sono legato alla nave. Qualunque cosa succeda ad essa, io la vivo sulla mia pelle – le rivelò dolente, riportando le braccia lungo il corpo.
La giovane moglie sospirò alzando la fronte verso di lui: - Will, io ti amo, e questo non c’è nulla che possa cambiarlo – asserì con determinazione e sentimento – Ma tu … - singhiozzò non riuscendo a continuare.
Il marito afferrò le sue mani: - Lo sai che quando ti mento lo faccio sempre perché voglio il tuo bene – le confermò con un filo di voce, avvertendo un nodo che gli stringeva la gola.
Elizabeth si morse il labbro inferiore, tirando giù un magone: - Non è vero. Io sto male a non sapere ciò che provi – affermò con rabbia ma senza poter evitare che una lacrima solitaria le rigasse la guancia, venendo asciugata subito con un pollice dal consorte, che non smetteva di fissarla sentendosi terribilmente colpevole.
- Io voglio condividere tutto con te: ogni gioia e ogni dolore – bisbigliò lei una volta fra le braccia dell’amato, che l’aveva stretta a sé senza parlare – Se questo non è ciò che vuoi anche tu, allora … - si fermò cercando i suoi occhi. Lui restò in silenzio, spostando con lentezza il mento dalla sua fronte, poi un leggero tremito lo scosse e la moglie notò la sua faccia divenire preoccupata mentre teneva la bocca dischiusa.
- C’è qualcosa – mormorò inquieto, respingendola e precipitandosi verso la vetrata.
Lei lo seguì, allarmata: - Dove?
- Sott’acqua – le rispose vago, toccandosi l’addome.
Di botto la nave sembrò spostarsi di qualche metro dalla superficie del mare e ricadere, come se fosse stata investita da un’onda anomala. Poi una serie di urti si susseguirono sulla fiancata di tribordo, risentendosi sull’anca destra di Will, e delle urla accompagnarono l’arrestarsi improvviso della navigazione, che fece oscillare bruscamente il veliero. Avvertirono come una tempesta di colpi sulle loro teste, come se qualcuno si fosse scagliato con violenza sul ponte.
- Che cos’è stato? – strillò spaurito Jim, rizzatosi a sedere.
- Stai soltanto sognando, amore – cercò di convincerlo la madre, rimboccandogli freneticamente le coperte. Il Capitano Turner lasciò velocemente la cabina e lei, impugnata sciabola e pistola, lo tallonò, chiudendo la porta a chiave per evitare che il figlio uscisse.
Subito si videro venirgli incontro un marinaio dall’aria trafelata: - Abbiamo appena subito un arrembaggio, signore!
- Alle armi! Opponete resistenza! E, Herman: chiudete tutti i boccaporti! Non devono scendere sottocoperta! – dispose perentorio Will, rimandandolo di sopra insieme ad altri della ciurma che stavano uscendo dai loro alloggi.
Anche Bill, Jack e Gibbs si affacciarono dalla loro cabina, risvegliati dall’improvviso trambusto.
- Cannonieri al lavoro! – gli sentirono ordinare e quindi una dozzina di uomini passarono davanti a loro, correndo verso le scalette che portavano al secondo ponte di coperta.
Will si apprestò dunque a combattere a fianco dei suoi ma prima intercettò Elizabeth, l’espressione ancora smarrita, ferma in mezzo al corridoio. La avvicinò a sé tirandola per un braccio: - Conto su di te. Pensi di essere in grado di guidarli? – le domandò riferendosi agli uomini incaricati di cannoneggiare i nemici.
Ebbe il tempo di vederle sollevare la mano destra, che si sentì percuotere la guancia sinistra. Con uno schiaffo la donna scaricò impulsivamente tutta la tensione e la collera: - Sì – ringhiò quasi, sicura e grintosa come lui amava vederla, al punto da ignorare il suo gesto.
E si separarono correndo l’uno di sopra, l’altra di sotto.
Quando sollevò una delle botole di legno che si aprivano sul ponte, Will notò che esso era già sporco di sangue e che alcuni corpi, non seppe distinguere se dei suoi o degli assalitori, giacevano agonizzanti. Al momento non visto dai pirati che lottavano a colpi di spada e di pistola, il Capitano si arrampicò su una sartia per scrutare meglio la situazione.
La nave che li aveva attaccati aveva un aspetto assolutamente stravagante: dalla parte centrale del suo scafo si dipartivano delle lunghe passerelle di legno, che si snodavano piegandosi come dei bracci, e all’estremità avevano dei rostri agganciati alla ringhiera del parapetto di tribordo dell’Olandese.
- Che razza di … - gli uscì di bocca, mentre teneva ancora gli occhi sgranati per l’incredulità. Un proiettile sparato da qualcuno più in basso gli ferì di striscio il ginocchio sinistro.
Nello stesso tempo Elizabeth osservava attraverso l’apertura da cui sporgeva la bocca di un cannone: - È la Piovra – balbettò sbigottita.
Will tagliò con la lama del suo pugnale un nodo piano e usò la fune per planare sul ponte, cominciando a usare la spada contro gli scatenati nemici.
- Bisogna aprire il fuoco prima che lo facciano loro! – attestò il mastro d’armi Maccus, rimasto al fianco di Elizabeth fra i cannonieri.
- Mirate a quella specie di tentacoli di legno, sono loro a tenerci bloccati! – urlò il vice Capitano, sbracciandosi per essere ascoltata al di sopra della baraonda imperante.
- Sarà molto difficile, signora – replicò Angler, uno dei marinai più esperti e temprati.
- È ancora buio e siamo troppo vicini, ci vuole un’inclinazione particolare per mirarli – gli fece eco Piper, un altro artigliere di lungo corso.
- E tuttavia ci proverete! – s’infervorò la piratessa, fulminandoli con lo sguardo.
Una bordata fulminea fece perdere l’equilibrio a tutti.
- Non devono colpire lo scafo! – si rialzò freneticamente la signora Turner, con le orecchie che ancora le rimbombavano per l’esplosione.
- Non possono farci affondare – dichiarò ottimista Ogilvey, uno dei bucanieri meno svegli.
Un nuovo schianto, più forte del primo, squarciò la parete sopra le loro teste: - Will! – strepitò Elizabeth, senza che gli altri comprendessero la sua esagerata disperazione.
- Siamo intrappolati qua sotto! Vuole godersi tutto il divertimento? – irruppe imprevisto Jack. Elizabeth gli andò incontro, districandosi nel locale semibuio: - Tu lo aiuterai? – pronunciò con una voce alterata, a metà tra l’afflizione e la minaccia.
Sparrow diede una rapida sbirciata alle batterie: - Va’ tu da lui. Io sto qui – proclamò imbaldanzito, e le parve di veder brillare un sorriso nonostante la fermezza del suo tono.
- Eseguite quel che vi comanda – ingiunse ai presenti, sentendoli borbottare.
Si precipitò verso le scale e nel corridoio del primo ponte di coperta si scontrò con qualcuno che in un primo istante le mise paura: - Ti accompagno. È meglio se esci dalla cabina di comando – le consigliò Sputafuoco con le chiavi in mano.
Più si approssimavano alla tolda più aumentava il fragore della battaglia, tutto sembrava tremare tanto che Bill sentì la donna reggersi a lui di tanto in tanto, soprattutto in corrispondenza con le bordate.
- Te la senti di gettarti nella mischia? – le domandò cauto l’uomo, quando furono giunti davanti alla porta e lo strepitare del metallo e degli spari era diventato assordante.
Tutto le ricordava l’ultima sanguinosa battaglia che avevano combattuto dieci anni addietro.
- Jim è chiuso a chiave nella nostra cabina. Non fatelo uscire – si fece promettere dal suocero, tirando un sospiro ed estraendo la sciabola.
Il cielo cominciava a colorarsi di un celeste pallido e le spade dei duellanti scintillavano ai primi raggi di sole. Richiusa la porta dietro di sé, Elizabeth fu quasi investita da un uomo che le cadde davanti precipitando dal castello di prua con un proiettile nel petto. Subito un suo compagno saltò giù per vendicarlo e incrociò le lame con la donna, che dovette mettere in pratica tutta la sua abilità e la sua ferocia per disarmarlo. Quando ci riuscì, una nuova bordata fece tremare l’Olandese. Questa volta però a sparare erano stati i suoi cannoni, tanto che vide tre delle otto passerelle della Piovra spezzarsi a metà e ricadere in acqua.
Nello stesso tempo il vascello, ricominciò a muoversi, essendo comunque in parte frenato dai rostri del galeone assalitore rimasti ancorati sulle sue fiancate.
Nell’esultanza generale che spinse gli aggrediti a resistere, Elizabeth si ritrovò alle spalle di Will rasserenandosi alla vista del suo immutato ardimento, nonostante le ferite sanguinolente che già macchiavano la sua camicia color crema.
L’uomo voltandosi per parare una sciabolata la vide e, senza smettere di respingere le lame nemiche, le andò incontro: - Credevo fossi stata tu, prima – si sgolò, sebbene la sua asserzione arrivò appena udibile alla consorte, che fece in modo da avvicinarsi a lui mentre duellava.
- Avrei dovuto chiedere il tuo parere, lo so. Ho lasciato lì Maccus e … Jack – ribatté lei, chinandosi per scansare un rampino e perdendolo di vista. Una sciabola le portò via la sua quando si rialzò, e per un attimo andò nel panico.
– Ho avuto un’idea – ricomparve in suo soccorso Will, porgendole un’altra spada raccattata sul ponte – Dì agli altri di arrendersi, qualunque cosa io faccia, e lo stesso vale per te – la sollecitò sfuggente, svanendo tra la ressa.

- Tua madre mi ha detto che ti ha lasciato qui e che non vuole che tu esca.
- Nonno! – esultò Jim dall’interno – Fuoco! – gridò più volte di seguito con sgomento, picchiando i pugni contro la porta.
Urla, spari e sferragliamento infuriavano sopra le loro teste: - Sì, Jimmy! Li stiamo facendo pentire di averci attaccati! – gli riferì entusiasta Sputafuoco.
- No! La cabina va a fuoco! – strillò il bambino con voce rotta dallo spavento.
- Oh, no – Bill si bloccò, sentendosi gelare le vene.
- Santo cielo! Sta’ lontano da tutto ciò che è legno! – gli raccomandò Gibbs che aveva affiancato il vecchio Turner.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18: Tensione ***


Capitolo 18: Tensione

- Gettate le armi, ordine del Capitano! – andava impartendo Elizabeth ai marinai della ciurma che, seppure spiazzati quanto lo era lei nel riportare le disposizioni dettatele da Will, recalcitranti obbedivano, passando parola ai compagni.
Gradualmente gli scontri andarono scemando e la ciurmaglia che aveva aggredito l’Olandese Voltante poco prima dell’alba cominciò ad esultare, certa di aver vinto.
Le cannonate, inoltre, erano sempre meno dannose, poiché i due velieri si erano staccati e avevano ricominciato a navigare.
- Sei un ottimo spadaccino, davvero. Ma la tua destrezza è sprecata, come vedi. Questa nave è ormai nostra!
A pronunciare quelle parole, con una voce sicura e sprezzante spruzzata da un accento nordico, era stato il comandante della Piovra nei riguardi di Capitan Turner, rimasto dopo alcuni minuti l’unico pirata dell’Olandese a sferrare ancora colpi di sciabola, pur essendo ridotto allo stremo delle forze, visti i danni subiti dal vascello.
Will aveva individuato quell’uomo fiondarsi con una fune basculante sul ponte, poco dopo la bordata che aveva fatto saltare in aria tre tentacoli di legno, e aveva intuito chi potesse essere. Non era giovanissimo ma di aspetto tutto sommato piacente: capelli biondi con qualche filo grigio lunghi fin quasi alle spalle, iridi di ghiaccio, volto simmetrico perfettamente rasato ma deturpato da quella che doveva essere la cicatrice di una bruciatura estesa dalla gota destra al collo, vestiva un’elegante giubba blu cobalto e portava un cappello ocra a tese larghe.
- Dov’è il tuo Capitano? – chiese l’uomo a Will, che aveva infine lasciato cadere la sua spada.
- Di sotto – gli mentì freddamente, pregando che i suoi marinai non rivelassero l’inganno.
Fu probabilmente la sorpresa a lasciarli senza parole.
L’aggressore gli si avvicinò di più: - E che aspetti a portarmi da quel codardo, verme? – lo spronò con disprezzo, puntandogli la spada sotto il mento.
Lui annuì alla svelta, notando come i suoi compagni fossero tenuti sotto tiro dagli uomini che li avevano arrembati. Condusse verso la cabina di comando il comandante della Piovra, ma, al momento di aprire la porta, non ci riuscì.
– Ci penso io – avanzò con arroganza il granitico pirata ancora per lui senza nome, scaricando un colpo di pistola sulla serratura. Turner nascose una fitta acuta alla testa e spinse i cardini.
Il biondo si accomodò su una sedia che rialzò dal pavimento, in attesa che quello che credeva un semplice marinaio ritornasse con il suo superiore.
Elizabeth si avvicinò alla soglia della cabina volendo origliare quanto accadeva ma, individuata da uno dei bucanieri nemici, fu da questo afferrata con l’aiuto di un complice e condotta forzatamente al cospetto del loro Capitano.

- Mettiti al riparo Jim! Stiamo per sparare! – avvertì nervosamente Sputafuoco, dovendo frenare la mano che gli tremava per l’agitazione di quella responsabilità.
- Va bene! – riuscì a rispondergli il bambino, tra un colpo di tosse e l’altro.
Una volta centrata la toppa, dopo due colpi andati a vuoto, Gibbs diede una spallata alla porta cadendo all’interno che rivelò ai due uomini il piccolo incendio accesosi nella stanza da letto. Il talamo e parte di un armadio erano in fiamme e così le assi del pavimento sotto di essi.
Jim se ne stava con la schiena contro la vetrata e tossiva convulsamente, riparandosi naso e bocca con le mani. Bill si lanciò a prendere il nipote con inaspettata agilità, mentre Gibbs, rimasto sulla soglia, si vide comparire accanto due dell’equipaggio che riversarono dei secchi sul legno che bruciava, evitando così danni più seri. Allontanatisi dall’alloggio, i due maturi pirati portarono il piccolo Turner ancora scosso nella loro cabina, facendosi raccontare tutto e tranquillizzandolo, ignari di quanto stesse accadendo poco sopra di loro.

- Ora! Pronti! Fu …
- Jack!
Will, piombando nel locale che ospitava i cannonieri di tribordo, troncò l’azione guidata da Sparrow.
- Che c’è?! – lo fulminò lui, con il disappunto di un bambino cui avessero appena interrotto il suo gioco preferito – Hai fatto una strage? – lo tacciò subito dopo, sconcertato dal suo aspetto logoro e sporco di sangue.
Turner ignorò la sua sarcastica osservazione: - Ho bisogno che fai le mie veci – lo tirò per un braccio barcollante, esortandolo a seguirlo.
Jack impuntò i piedi: - Perché?
- Perché quel tizio cerca te e perché mi ha scambiato per un mozzo – gli spiegò brevemente in un sussurro, facendo leva sulle gambe per trascinarlo via a forza.
- E va bene! – il collega cedé di malavoglia, liberandosi dalla sua presa, schifato – Questo è perché sei poco credibile!
Il comandante della Piovra intanto, stravaccato sulla poltrona, si era messo al lucidare con indifferenza le sue due pistole con un fazzoletto di stoffa tirato fuori da un taschino, e continuava a rivolgere una serie di domande e apprezzamenti ad Elizabeth, che di contro si limitava facendo appello a tutto il suo autocontrollo, a lanciargli sguardi assassini, preferendo non dire nulla che potesse compromettere la già complicata situazione.
Finalmente Jack e Will apparvero, ma lei, se possibile, si sentì ancora più tesa nel vederli insieme, non conoscendo ancora le loro trame e presentendo che dovesse tenersi pronta ad appoggiare qualche loro stratagemma.
- Che mi venga un colpo! Jack Sparrow! – si rizzò in piedi il bucaniere dalla giubba cobalto.
L’interpellato oscillò leggermente, restando fermo sul posto: - E voi siete? – domandò di rimando, per nulla meravigliato che lo avesse riconosciuto.
- Henrik Stevenson, comandante della Piovra – si presentò l’uomo con fierezza, mettendo ben in evidenza le due pistole agganciate ai fianchi.
- Nonché scagnozzo di Thomas Worley … ops! Dell’Ammiraglio Fortezza – replicò Jack studiandolo con un sogghigno insolente, azzardando un mezzo passo verso di lui.
- Questa è l’Olandese Volante, vero? Avevo sentito dire che circa dieci anni fa ne era diventato Capitano … un ragazzo venuto dal nulla – dichiarò quello, vagamente sospettoso.
- Già, un buono a nulla – sogghignò Sparrow, lanciando un’occhiata sbieca a Will, che, appena ritornato era stato afferrato e trattenuto con le braccia dietro la schiena da due brutti ceffi al servizio dell’assalitore – L’ho ucciso io stesso.
- Non era immortale? – lo interrogò ancora Stevenson rimarcando la sua diffidenza, avendo colto il furtivo scambio di sguardi tra i due pirati. Will si irrigidì.
- Non vero … Dobbiamo metterci a chiacchierare del più e del meno o intendi dirmi perché sei venuto a bombardare? – si salvò in extremis Jack, prima di perdere il controllo della conversazione.
Il Capitano della Piovra sorrise stizzito, due solchi ai lati della bocca sottile: - Lo sai. Vengo a reclamare quello che il mio capo ti ha chiesto.
Sparrow si accomodò con disinvoltura su una poltrona di fronte a lui: - Quell’accordo non ha più alcun valore, dal momento che mi ha distrutto quello che mi aveva dato in cambio di quello che mi aveva chiesto – affermò con calma guardandosi le unghie annerite dalla polvere.
- Sì, lui ti aveva affidato una vera nave, tu, invece, gli hai consegnato una tavola di legno con quattro scarabocchi – cominciò ad accalorarsi Stevenson, già indispettito dal suo tono irrisorio.
- Ormai io una nave ce l’ho, e in quanto alle carte, mi dispiace per lui ma le ho perdute – gli rivelò frettolosamente il filibustiere, facendogli segno con le mani di sgombrare e andarsene.
Quello invece alzò appena un mignolo e i suoi due guardaspalle puntarono le loro pistole alle tempie di Elizabeth, che dimenandosi schiacciò loro i piedi.
Will si trattenne dall’urlare qualche improperio in direzione dei due uomini e incrociò la faccia di Jack che si era voltato di scatto verso di lui, impallidendo lievemente.
- L’ho vista combattere. Bella e indomita. È la tua donna? – domandò il Capitano Stevenson approssimandosi a lei, convinto di aver trovato il suo punto debole.
- È mia … cugina – temporeggiò Jack sentendo gli occhi di Turner trapassarlo da parte a parte.
Il nemico sorrise non credendo a quella verità e sollevò il pollice, al che i due pirati che tenevano la signora Turner sotto tiro fecero risuonare il cane della pistola. Will e Jack guardavano atterriti e il comandante aggressore se ne compiacque e insistette: - Ha delle bellissime labbra, ma non le ho sentito dire nemmeno una parola – continuò scrutando la giovane donna sempre più da vicino – O è muta o è sorda! – appurò beffardo.
- Entrambe le cose – tentò di sviarlo Sparrow interponendosi tra lui ed Elizabeth con un’agile falcata.
Il Capitano della Piovra, però, proseguì imperterrito a stuzzicare sia lui che la piratessa:
- Silenziosa e focosa: esattamente il tipo di femmina che vorrei avere come amante – asserì viscido, allungando una mano verso il suo bel viso arrossato dall’onta.
- Bastardo schifoso! – proruppe la piratessa, divincolandosi dalla stretta dei due tirapiedi e riuscendo a sferrargli un calcio nel basso ventre.
Will approfittò della distrazione per dare una gomitata nello stomaco ai pirati che lo trattenevano, mentre Jack impugnò la sua pistola rivolgendola contro Stevenson.
Gli uomini di questo nel frattempo riagguantarono con più vigore i Turner, disarmati, e lo stesso comandante, ancora piegato in due, sguainò sveltamente le due rivoltelle aprendo le braccia per mirare nel contempo Sparrow ed Elizabeth. Per essere più convincente esplose un colpo verso il tetto della cabina e Will fremette.
- E va bene ti dirò tutto – si arrese nolente Jack, annoiato da quella manifestazione di prepotenza – Le carte nautiche sono alla Baia dei Relitti.
Turner lo trafisse nuovamente occhi di brace, serrando la mascella.
- Alla Baia dei Relitti – ripeté Stevenson scettico, accarezzandosi il mento e restando a pensare – E dovrei crederti? – di riflesso premette la canna della pistola sul petto della piratessa.
- Ti ci accompagnerò io stesso. Se vorrai seguirmi – Sparrow era nello stesso tempo irritato e angosciato dalla minacciosa piega assunta da quell’incontro.
Il bucaniere soddisfatto dall’aver ottenuto la sua resa, ripose l’arma nella fondina e con uno schiocco delle dita fece in modo che i suoi scagnozzi lasciassero Elizabeth, che lui stesso spinse tra le braccia di Jack, suscitando le risa e i commenti volgari dei compari, mentre Will era ancora trattenuto da altri due pirati della Piovra.
- Pensi di essere il migliore pirata del mondo, ma hai le stesse debolezze di qualsiasi uomo – lo derise Stevenson e i due tizi che prima trattenevano la signora Turner si diressero verso Sparrow e in pochi secondi intrappolarono i suoi polsi con delle manette, urtando con durezza la donna verso il tavolo.
- Che significa? – sbottò lui, intimorito e oltraggiato da quel risvolto non calcolato.
Il Capitano avversario scrutò un orologio da taschino: - Questa nave fra circa cinque minuti non esisterà più. È come un enorme barile di polvere da sparo e la miccia è già accesa – annotò apaticamente, sparando un colpo sul pavimento dove una scia nera cominciò a crepitare sinistramente.
I quattro che lo avevano accompagnato attorniarono Jack e lo sollevarono da terra, portandoselo via sotto gli sguardi attoniti e impotenti dei coniugi Turner, sbattendo con violenza la porta ormai malmessa.
- Corri di sotto e dì agli uomini di preparare l’immersione! – ordinò infuriato Will alla moglie, subito dopo l’allontanamento degli assalitori. Lo animava una rabbia sorda, avrebbe lottato fino alla fine, giocandosi il tutto per tutto.
Elizabeth ancora un po’ scombussolata dagli eventi, ma confidando nella perizia del marito, non sapendo a chi dover riferire di preciso quel nuovo comando,  lo andò urlando a destra e a manca, intanto che attraversava i corridoi interni.

- Sono proprio pirati della peggiore specie! Per dieci anni hanno servito fedelmente un Capitano, sono bastati pochi giorni perché fossero disposti a dare la vita per un altro Capitano, e ora guardali: di nuovo egoisticamente ognuno per sé – constatò con biasimo il comandante della Piovra, passando tra i marinai di Turner che restavano inerti di fronte al rapimento di Sparrow.
- Capitan Henrik Stevenson! – lo richiamò una voce forte e decisa quando era giunto ormai a metà strada tra la nave che aveva assalito e la propria. Si voltò di scatto, mentre i suoi sottoposti si spostarono alla sua destra rimettendo Jack con i piedi a terra.
- Sappiate una cosa: l’Olandese Volante fa solo ciò che il suo Capitano comanda. E il Capitano dell’Olandese Volante sono io: William Turner! – rivelò il giovane uomo, gridando dal castello di poppa dove si era erto, scagliando una spada dritta contro il petto dell’avversario il quale, non aveva avuto il tempo di accorgersene che si trovò infilzato, cadendo indietro con il respiro mozzato sotto le facce stupite e inorridite dei suoi uomini.
Nello stesso istante i marinai dell’Olandese si avventarono a spade sguainate contro gli altri pirati nemici, costringendoli a gettarsi in acqua o a riparare sulla Piovra.
Anche perché le scintille si propagavano verso il punto in cui loro stessi avevano scaricato alcuni barili di polvere da sparo durante l’assalto, formando un intricato reticolo che ricopriva buona parte della tolda.
- Giù! – ordinò quindi il Capitano Turner con tutto il fiato che aveva in gola.

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Capitolo 20
*** Capitolo 19: Mal di mare ***


Capitolo 19: Mal di mare

L’acqua salata e fredda cominciò ad invadere la prua zannuta tra schizzi e schiuma. Gli uomini si affrettarono a liberare tutte le aperture dapprima bloccate, così che quelle onde potessero riversarsi nelle condutture interne di cui era dotato quello straordinario veliero, capace di navigare sotto la superficie del mare.
Will aveva avuto ben chiaro che non c’era molto tempo: bisognava spegnere quella polvere che avrebbe fatto saltare per aria tutto quanto; con quella mossa, contemporaneamente, poteva disfarsi dei nemici che non avrebbero saputo come comportarsi in quella situazione, per loro nuova e spaventosa. Strinse attorno alla vita una cima che aveva saldamente legato all’albero maestro con un nodo scorsoio, quello che gli riusciva meglio eseguire, e attese il compimento dell’incredibile manovra.
Jack non era propriamente a suo agio in quel frangente: il pavimento del ponte continuava ad inclinarsi e lui aveva ancora i polsi bloccati da quegli odiosi bracciali metallici, che gli avevano agganciato a tradimento e che gli impedivano di alzarsi, ora che era scivolato.
I pochi pirati che si aggiravano attorno a lui lo facevano capitombolare ripetutamente, urtandolo per salvare le armi e mettere se stessi e i compagni feriti al riparo. Metà dello scafo era ormai scomparsa tra le onde e lui, data l’inclinazione inarrestabile, cominciò a rotolare verso prora insieme ai cadaveri e ad altri arnesi parzialmente distrutti. La sua caduta fu frenata dalla cintura, che andò ad impigliarsi a qualcosa di sporgente che non identificò; sicuro che sarebbe annegato, iniziò involontariamente a gettare urla. Lo sciabordio era sempre più rintronante fino a sommergerlo. Intravide Will venirgli incontro e spingerlo di peso sottocoperta, attraverso una botola che aprì accanto a lui. Percorse tutte le scalette battendo continuamente la testa, la schiena e le gambe sui gradini; poi atterrò e non sentì più nulla.
Sbatté le palpebre e le aprì lentamente, infastidito dal bruciore del sale che sentiva pizzicargli anche la gola. Era seduto a terra, la schiena appoggiata ad una parete di legno, le braccia parallele stese sul busto. Sopra la testa percepiva una luce che emetteva un forte tepore e riscaldava piacevolmente i suoi vestiti e la sua pelle fradici d’acqua. Tutto attorno era quasi asciutto. Socchiuse gli occhi e curvò la testa indietro. Udiva un brusio lontano e indefinito. Avvertì una presenza e istintivamente riaprì le palpebre: quando la nebbia che offuscava la sua vista svanì, comparve, tanto vicino da poterlo sfiorare con le dita, un bel viso femminile dai contorni sfuggenti, etereo, in cui spiccavano due occhi neri, profondi e liquidi.
- Hai una fortuna sfacciata. Ma non potrà essere sempre così – sussurrò senza muovere la bocca curvata in un sorriso perverso, con un tono sensuale e minaccioso al tempo stesso per poi dissolversi.
- Jack! Jack! – sentì pronunciare il suo nome da una voce femminile, diversa dalla precedente. Scosse la testa, ancora intontito: - Elizabeth – mormorò fiocamente, riconoscendo la giovane e affascinante donna inginocchiata di fronte a lui, che lo osservava stranita.
- Va tutto bene? – gli chiese preoccupata toccandogli la fronte. – Stavi immobile con tanto d’occhi. Hai visto qualcosa?
Il pirata si portò le mani al volto, rendendosi conto di essersi procurato un taglio al labbro superiore dal quale usciva un sottile rivolo di sangue: – Will … - si sforzò di pronunciare ricordando quanto accaduto.
La piratessa sospirò avvilita: - Non so che dirti. Ha perso la testa! – disapprovò, passando le dita tra i capelli dorati e distogliendo lo sguardo sulle assi di legno.
- Il mare può far male, a volte … - biascicò Jack dondolando con entrambe le braccia e gli indici davanti a sé, come stesse esponendo una lezione di vita, per poi crollare in avanti sulla spalla della donna, mugugnando di piacere per il contatto con il calore emanato dal suo corpo e cercando di abbracciarla pur non potendo a causa delle manette.
Elizabeth restò spiazzata e imbarazzata per quella posizione compromettente, sebbene non ci fosse nessuno attorno, ma non trovò l’animo di respingerlo finché non udì la voce del figlio dietro di lei.
- Mamma! Stai bene! – gridava correndole incontro. Si mosse bruscamente mettendosi in piedi e Jack ricadde battendo di nuovo la testa: - Acci … - fiatò appena contorcendosi.
- Jim! – lo abbracciò e baciò animatamente – Come hai fatto ad uscire?
- Ho dovuto, mamma. Per non morire bruciato! – le rispose ancora sconvolto il piccolo, ricevendo un’occhiataccia da parte di Sparrow che si era steso sul dorso dolorante, voltando la faccia verso i due.
- Cosa? – esclamò la signora Turner sbalordita.
- Si muoveva tutto con le cannonate e poi quella lampada è caduta sul letto e le coperte e il baule con i nostri vestiti sono … non ci sono più! – raccontò agitato Jim, notando solo allora che Jack era bagnato, come la camicia e le punte dei capelli di sua madre.
Elizabeth strinse di più a sé il bambino e baciandogli ripetutamente la fronte:- Oddio, avrei dovuto spegnere tutto – s’incolpò, mordendosi un labbro.
- No, lo dovevo fare io – sembrò consolarla il figlio, quasi soffocato dalle sue coccole – Mi hanno salvato il nonno e il signor Gibbs.
- Oh, grazie! – mormorò la donna riconoscente all’indirizzo dei due, che erano sopraggiunti poco prima insieme ad altri marinai in attesa di parlarle.
- Dovere – asserì Sputafuoco sorridendole impacciato.
Gibbs si accostò a Jack che tutti gli altri guardavano da un po’ incuriositi: - Dove ti eri cacciato? Ora mi racconti ogni cosa! – gli propose aiutandolo a mettersi in piedi e trascinandolo a parte, anche se lui voleva restare per origliare qualcosa.
- Dov’è papà? – si accorse poi Jim, muovendosi per farsi lasciare dalla mamma.
- Signora Turner – si fece avanti il mastro d’armi Maccus – il Capitano ha perso i sensi. Lo abbiamo già portato da Penrod – la avvertì con tono grave.
- Voglio andare da lui – dichiarò Jim risoluto, mentre sua madre lo faceva scivolare piano a terra.
- Signora Turner, ordini – richiese un altro gruppetto di pirati.
Il vice Capitano era sempre più confuso, ma si sentiva in dovere di dare delle risposte a quegli uomini momentaneamente senza guida: - Mettiamoci alla fonda, cercate di ripristinare l’ordine e verificate i danni.
I marinai annuirono allontanandosi.
- Mamma posso venire con te? – ripeté il figlio prendendole la mano.
- Per ora no – stabilì la donna, girando i tacchi dietro un pirata offertosi di accompagnarla dal Capitano.

- Ah, eccovi – la accolse Penrod nella cabina che fungeva da infermeria, ostentando tranquillità nella voce ma inquietudine nell’espressione del volto – Lo hanno visto accasciarsi e l’hanno subito portato da me. Ho già ripulito le ferite e sembra che non sanguinano più – la rassicurò sciacquandosi le mani in una tinozza. - Non c’è stato nemmeno bisogno di fasciature – attestò stupefatto.
Elizabeth aveva accarezzato il viso dell’amato e tastato con turbamento le sue cicatrici mentre il dottore parlava e lui aveva dischiuso le palpebre, tentando di mettersi seduto: - Sono sicuro che ci sono feriti più gravi. Dovevi occuparti di loro – rimproverò il medico con voce debolissima, dovendo fare una pausa tra una sillaba e l’altra.
- Ma, Capitano! Voi avete la precedenza! – affermò Penrod contrariato, cercando il sostegno della signora Turner.
- Dove sta scritto? – si alterò ancora di più Will, trovando la forza di alzare il tono ma non quella per reggersi, restando disteso.
Elizabeth lo trattenne: - Will, dannazione! Perché devi essere così testardo? – lo sgridò spazientita – Pensa un po’ a te stesso, una buona volta!
- Sto già meglio – la investì con un’occhiata truce lui, mettendosi infine seduto ma apparendo comunque sofferente.
- Avete l’obbligo di riposare – lo ammonì il dottore titubante, porgendogli una camicia pulita.
- Sono due notti che non dormi – gli fece notare la moglie, apprestandosi ad abbottonargli la casacca con veemenza. Lui non insistette e la lasciò fare, increspando di tanto in tanto la bocca ed emettendo sbuffi con il naso.
- Vado a chiamare qualcuno per farvi accompagnare nella vostra cabina – si premurò Penrod, lasciando i coniugi da soli.
Elizabeth si sedette sulla branda a finì di affibbiare gli ultimi bottoni: - Sei rimasto sopra coperta durante la traversata?
Will non rispose, stringendo gli occhi e afferrandosi la testa fra le mani, respirando con affanno senza più nascondere la spossatezza e il dolore lancinante che lo infiacchiva.
– Il nostro letto è andato in fumo – continuò a riferirgli lei, al che il marito tese subito i tendini – Ma Jim sta bene. Fatti raccontare tutto da tuo padre. Io adesso devo andare a sostituirti – gli rammentò affrettatamente, toccando di sfuggita con le labbra la sua fronte e allontanandosi.
Lui la seguì con lo sguardo e lei quasi lo percepì. Si fermò sulla soglia: - Will, posso capire che tu voglia nascondere la faccenda ai tuoi uomini, ma tuo figlio dovrebbe sapere quello che ti sta succedendo – ammise con tristezza, richiudendo la porta.

Quando Will riaprì gli occhi, non sentiva più i dolori strazianti delle ore precedenti, ma neanche il vigore indispensabile a riprendere il comando. Si sollevò facendo forza con le braccia e si guardò attorno. La cabina non era la sua, era più buia e più piccola, ma aveva dormito profondamente dopo che glielo avevano condotto mentre era privo di sensi. Solo due oblò e una lampada ad olio rischiaravano fiocamente l’ambiente e non riuscì a capire se fosse già calata la notte. Scostò il lenzuolo con un gesto deciso e provò a mettere i piedi per terra, le ginocchia tuttavia non gli ressero, si sentì girare la testa e ricadde seduto sul lettino.
Si sbottonò la camicia per esaminare le cicatrici, passando le dita sul torace, ma non ne trovò alcuna, a parte quella vecchia che circoscriveva il suo cuore. Non c’erano segni esteriori della sua sofferenza e questo doveva apparire strano ai suoi. Lo avrebbero scoperto, tramite Penrod, e poi? Lo avrebbero seguito ancora? Era già stupito che non lo avessero abbandonato dopo lo scioglimento della maledizione che li legava all’Olandese Volante.
Percepì un lieve rumore vicino alla porta e udì la maniglia abbassarsi cigolando.
Entrò Jim con una piccola brocca fra le mani che appoggiò su un tavolino: - Papà, ti fa ancora male? – gli chiese ansioso, avvicinando una sedia per stargli accanto.
- Non è niente, in confronto alla paura che ho avuto di perderti – lo rassicurò lui, stendendo il volto in un sorriso dolente – Tu e tua madre siete ciò che amo di più al mondo. Non smetterò mai di lottare per voi.
Il figlio lo osservò per qualche istante in silenzio, poi, fissandolo con imbarazzo, dritto negli occhi bisbigliò: - Ti voglio bene, papà.
Will sentì la gola secca e i battiti accelerati, come se avesse appena smesso di nuotare in mezzo ad un mare in tempesta: - È la prima volta che me lo dici – riconobbe commosso e a disagio come il bambino.
- Avrei voluto farlo il primo giorno in cui ti ho visto, ma eri quasi uno sconosciuto per me – si scusò quello, vergognandosi e dondolando le gambe nervoso, stando composto sulla sedia.
Il padre gli fece cenno di accomodarsi con lui sulla branda, accogliendolo fra le sue braccia. Lo strinse per qualche secondo, cullandolo con gli occhi socchiusi, quindi lo fece voltare verso di sé tenendolo per le spalle: - Jim, devo dirti una cosa – dichiarò adombrandosi.
- È una cosa brutta? – intuì il bambino arricciando le labbra.
Il genitore annuì lentamente sospirando.

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Capitolo 21
*** Capitolo 20: Amici mai ***


Capitolo 20: Amici mai

- Direi che comunque ci è andata bene – concluse ottimista Gibbs, dopo aver saputo da Jack cosa era successo ed avergli raccontato a sua volta gli avvenimenti che avevano coinvolto lui e gli altri pirati rimasti sottocoperta.
- Già. Se il piccolo Turner fosse stato in cabina con noi, ci avrebbe abbrustoliti! – replicò il pirata sardonico.
- È stato un incidente! Non è stato lui ad appiccare il fuoco! – ribadì Joshamee, prendendo le difese del bambino, mentre ancora si trascinava l’amico intorpidito e mezzo stordito verso il loro alloggio.
- No? – ribatté per nulla persuaso Jack, scostandosi dalla sua spalla.
- Senti io ora vado. Tu schiaccia un pisolino. Ti farà bene – lo esortò Joshamee aprendo la porta, facendolo adagiare direttamente sulla branda e aiutandolo a spogliarsi delle cinghie e degli stivali. – Ci vediamo dopo – lo salutò con un occhiolino, uscendo in gran fretta.
Quella vecchia testuggine di mare si stava rincretinendo frequentando quel ragazzino ruffiano, pensò sconsolato Sparrow.

- Abbiamo perduto parte del parapetto di tribordo, ci sono diverse vele strappate, uno squarcio nello scafo all’altezza dei portelloni dei cannoni, per non contare la vostra cabina andata a fuoco e i cinque di noi che non ce l’hanno fatta – illustrò svelto il mastro carpentiere Herman, convocato dal vicecapitano nella cabina di comando una volta levate le ancore.
Elizabeth rimuginò su quelle annotazioni: - Siamo in grado di arrivare fino all’Isola dei Relitti in queste condizioni? – gli richiese dubbiosa – Armi? Munizioni?
- Di armi ne abbiamo recuperate un po’ e abbiamo usato solo meno di un quarto delle munizioni – rispose Piper, uno dei cannonieri. - Ma siamo al limite per quanto riguarda l’acqua.
- Suggerireste una sosta? – domandò la signora Turner agli uomini, porgendo loro delle carte geografiche tirate fuori da un cassetto del tavolo.
I marinai si affrettarono a cercare gli altri strumenti nautici per determinare la latitudine, spostandosi all’esterno della cabina mentre lei restò seduta con le braccia incrociate e un’espressione pensierosa che non sfuggì a Sputafuoco.
- Lo scalo più vicino è Nassau – decretò infine il navigatore Wheelback, tornato con gli altri.
- Va bene. Ma, una volta sbarcati, non ci tratterremo più di due, tre ore al massimo – dispose sbrigativamente il primo ufficiale.
- Aye, signora – approvarono i sottoposti congedandosi.
- Signor Turner, vi dispiace andare al timone? – richiese poi la donna un po’ impacciata al taciturno Bill. Lui acconsentì serioso e nel lasciare la stanza incrociò il nipote, che andò verso la nuora con la faccia bianca e sconvolta, ma preferì non indugiare a origliare i loro discorsi.
- Ho parlato con papà – proruppe Jim, gettandosi tra le braccia di sua madre e nascondendo la faccia sulla sua spalla – Mi ha raccontato tutto e io me ne sono andato senza dirgli niente – mugolò dispiaciuto.
- Sono certa che non si sarà arrabbiato con te. Rimedierai – lo tranquillizzò lei con decisione, costringendolo a guardarla e mostrandosi imperturbabile.
- Cosa possiamo fare per lui? – tirò su con il naso il bambino, asciugandosi gli occhi.
- Dobbiamo stargli accanto – lo accarezzò la madre, prendendolo per mano e uscendo con lui sul ponte – Senti, stasera arriveremo a Nassau. Ti va di accompagnarmi?
- E papà? Non hai detto che dobbiamo stargli accanto? – chiese sbalordito il figlioletto, nonostante l’idea di visitare quel luogo tanto famigerato lo attirasse.
- Sì, ma non dobbiamo neanche farglielo pesare troppo – gli spiegò Elizabeth, sospirando al pensiero di quanto fosse difficile gestire quell’odiosa situazione – In fondo è sempre un pirata.
Jim alzò le spalle, imbronciato: - Tu lo conosci meglio di me – riconobbe rassegnato, allontanandosi verso una murata per affacciarsi.
La piratessa gli restituì un sorriso forzato: invero ultimamente non ne era più tanto sicura. Quei maledetti anni lontani l’uno dall’altra pesavano ancora come macigni.
Prima del tramonto l’isola di New Providence apparve all’orizzonte con le sue rive sabbiose, la sua trafficatissima baia e le abitazioni colorate.
Tre scialuppe furono calate in acqua e a bordo dell’Olandese tornò per qualche ora la quiete.

Jack aveva riposato parecchio e, ormai sazio di sonno, decise di uscire dall’alloggio. Non poté nemmeno stiracchiarsi come si deve, che sentì i polsi tirargli per le manette. Con molta difficoltà riuscì a infilarsi almeno gli stivali e si mise a bighellonare, cercando di recuperare attraverso le parole catturate per caso dai marinai qualche notizia su quanto fosse successo dopo che si era appisolato. Non aveva neppure trovato Gibbs al suo risveglio e l’unica cosa che aveva capito era che si erano fermati: il beccheggio era molto ridotto e non si sentivano uomini avvicendarsi alle manovre. Anzi regnava uno straniante silenzio, screziato solo dagli scricchiolii del legno dello scafo e da un ovattato brusio di voci distanti.
Era giunto nel primo corridoio di coperta, completamente buio, e i suoi passi si erano fatti più incerti.
- Jack Sparrow – pronunciò una voce nota, come se rispondesse ad un indovinello.
- Come hai fatto a capirlo? – esclamò girandosi nella direzione da cui l’aveva sentita provenire.
- In dieci anni di notti insonni ho imparato a riconoscere il modo di camminare di ciascuno dei miei uomini. Il rumore dei loro passi sulle assi di legno – spiegò Will giungendogli a fianco, con un tono a metà tra la spocchia e la malinconia, sfregando sulla parete un cerino e ottenendone una fiammella che trasferì su una lampada agganciata che rintracciò a tastoni.
- Bugiardo! È per via dei monili che ho in testa! – non gli credette Jack, prendendo fra le dita le trecce con le perline e scuotendole – In effetti non ci avevo mai pensato di essere tanto tintinnante – si fermò a riflettere, piegando il capo e grattandosi il pizzetto. – E il resto della famigliola? – sbottò poi sentendosi osservato.
Will stese un braccio contro il muro, bloccandogli la strada: - Sono scesi a terra, con Gibbs. Avevano bisogno di distrarsi – aggiunse un po’ stizzito, abbassando la fronte.
Stavolta era Sparrow a guardarlo turbato: - Hai vuotato il sacco e a loro non è piaciuto quel che c’era dentro?
- Sei ancora ammanettato – notò Will, cambiando discorso.
- Toh, guarda! – esclamò Jack con ironia, portando le mani davanti agli occhi.
- Seguimi – lo esortò con gentilezza il collega. Lui storse i baffi sospettoso, ma infine si risolse ad andargli dietro. Lo guidò nei locali di sotto, in cambusa, dove, una volta entrati nello stanzone pieno di pentoloni, mestoli, lame e dispense, si imbatterono nel cuoco che stava facendo riscaldare della carne bollita: - Lasciaci soli, Wyvern – ordinò Capitan Turner e l’uomo stempiato andò via con un inchino e uno sguardo permaloso verso Sparrow.
Will afferrò un coltellaccio e ne ricoprì l’impugnatura con un grembiule lasciato sul tavolo: - Mi hai deluso oggi. Non sei stato molto brillante – sostenne amareggiato, avvicinando la lama al fuoco acceso sotto un pentolone.
- Che pretendi? Dovevo fare le tue veci! – si difese lesto Jack, scrutando con turbamento i movimenti di Turner.
Quello continuò rigirando il coltello tra le fiamme senza guardarlo: - Come pensi che facciano a trovarti in qualsiasi luogo ti sposti?
- Evidentemente avrà dato loro qualche portentoso marchingegno magico che indica la mia posizione – ipotizzò con senso pratico il pirata, controllando i crescenti nervi a fior di pelle e sbirciando l’ambiente per ideare una possibile via di fuga.
- Sei proprio convinto che li mandi lei – replicò Will con neutralità, sollevando il coltello incandescente davanti al viso per esaminare meglio se fosse pronto.
- Sì – deglutì Jack, facendo un passo indietro; non era più tanto sicuro di aver fatto la scelta giusta lasciandosi condurre lì dentro, in mezzo a tutti quegli arnesi affilati e contundenti.
- E perché non viene “personalmente” da te? – gli si avvicinò l’ex fabbro, brandendo la lama infuocata.
- Che ti devo dire? Sarà in memoria dei nostri buoni rapporti intrattenuti in passato – dichiarò con malizia Sparrow. Il Capitano lo obbligò a sedersi, prendendolo per il collo della camicia e gli mimò di stendere le braccia sul tavolo. Luì obbedì, seppure esitante.
- Certo – Turner sferrò un colpo secco sulla catena che univa i bracciali, spezzandola.
Jack sorrise risollevato, e riprese a chiacchierare scioltamente: - Tornando a Stevenson: è da poco che svolge il mestiere, a malapena lo conoscevo di nome. So che era norvegese o svedese … Perciò non sapevo come prenderlo! E poi mi aspettavo che tu avessi un piano! – lo sgridò, offeso dal fatto che gli stesse dando di nuovo le spalle, armeggiando con altri coltelli più piccoli.
Will gli si riavvicinò in pochi secondi, afferrandogli la mano sinistra e sedendosi al contempo sul tavolo: - Eri tu il mio piano – gli confidò quasi incredulo della sua stessa asserzione, accostando con attenzione la lama riscaldata al bracciale che fondendosi si aprì.
Ormai tranquillizzato dalle sue pacifiche intenzioni, Jack gli offrì la mano destra perché liberasse anche quella: - Se volevi saperne di più, non avevi che sbatterlo in cella per qualche giorno, qualche tortura e avrebbe sputato la verità. Anziché trasformarlo in uno spiedo umano!
Turner sbuffò angustiato, riponendo il coltello in una tinozza d’acqua, curvando le spalle: - Ero pazzo di rabbia e di dolore.
- Ti succede spesso! E quand’è così ti comporti in modo avventato! – gli fece notare Jack dopo qualche secondo, tastandosi i polsi indolenziti e balzando in piedi, desideroso di andarsene da lì e respirare una buona boccata d’aria salmastra.
- Sei un buon cannoniere, sai – si voltò Turner, sorridendogli inaspettatamente.
- Tu un pirata mediocre, invece – si permise di ribattere, accompagnandolo alla porta.
- La mia è una proposta. Pensaci – lo provocò ancora il Capitano dell’Olandese, sarcastico ma mesto, uscendo di fretta.
Era così strano, ora, parlare con lui. Semplice, immediato, divertente perfino. William con lui era stato schietto, altruista, senza rinfacciarglielo. Lo aveva salvato anche quel giorno. Per interesse? Forse, ma aveva comunque rischiato e non ne avrebbe avuto motivo. Per pochi istanti Jack fu attraversato dalla sensazione che fossero sul punto di diventare veri amici.
Ma l’amicizia tra pirati era mai possibile?
- Che fai tu ancora qui? – lo riscosse il ritorno del cambusiere. Si scusò agitando le mani e corse via nella sua cabina per riprendere la giacca e le cinture, ma non trovò i suoi effetti più cari: cappello, spada, pistola e bussola. Avrebbe chiesto a Gibbs in seguito, ora desiderava solo stare all’aperto.
Sopra coperta tornò a respirare a pieni polmoni il vento che sapeva di pioggia: grosse nuvole grigie si addensavano nel cielo bluastro e formavano una cappa d’umidità. Si affacciò al parapetto scrutando il mare. Sembrava si stesse ingrossando, era in arrivo una tempesta.
- Ohilà, Sputafuoco – fermò il vecchio pirata che gli passò accanto – Dove siamo?
- Nassau – gli rispose quello, assicurando una cima.
- Nassau? In meno di un giorno? – si stupì Jack – Oppure ho dormito davvero tanto …
Bill abbozzò un lieve sorriso per lo sgomento che gli leggeva in faccia: - Anche l’Olandese può essere veloce quando serve.
Intanto la prima scialuppa era tornata e, dopo che i marinai l’ebbero svuotata dei barili che trasportava, venne nuovamente legata al suo posto. La cosa si ripeté poco dopo con il secondo gruppetto di pirati.
Scorse Will, rivestito di tutto punto da Capitano, muoversi rapido lungo la ringhiera del parapetto con un cannocchiale, chiaramente impensierito perché la barca con la sua famiglia non si vedeva ancora. Jack gli si avvicinò in silenzio, non gli passava per la mente nemmeno una battuta sagace con cui distrarlo: - Dicono che Nassau non è più tanto pericolosa – gli uscì di bocca infine. Lui si voltò per un secondo accigliato e riprese a studiare la superficie del mare.
– Avrei potuto accompagnarli io, se me lo avessero chiesto – tornò a fiatare Sparrow, accennando un altro passo verso di lui.
Will aveva gli occhi ridotti a due fessure: - Così saresti scappato. No. – attestò acido, riponendo lo strumento ottico in una tasca della giacca. Richiamò un uomo dietro le sue spalle che gli consegnò un tricorno e andò via: - Questo è tuo – affermò prendendolo in mano e porgendolo distrattamente a Jack. Lui, felice, senza ringraziarlo se lo mise in testa.
- Capitano, la prossima volta ci conviene assaltare un mercantile, se abbiamo la fortuna di incrociarne uno – propose il mastro d’armi Maccus che era risalito a bordo da poco.
- Così avremo alle calcagna anche la marina reale – disapprovò Will crucciato.
- Vostra moglie era in cerca di un materasso per il vostro letto, ma dubito possa trovare quel che pensa – gli fece sapere un altro marinaio, cogliendo la sua ansia. Alcuni risero.
- Bé, se prendessimo un mercantile, magari … o una nave di qualche illustre gentiluomo … - tornò a stuzzicarlo il Maccus, spalleggiato da altri compagni che gli stavano attorno.
- Il vostro Capitano ha ragione: non è il caso che vi attiriate contro pure la marina britannica o spagnola – li zittì disturbato Jack, intromettendosi sfrontatamente.
I pirati iniziarono a scrutarlo con collera e Will restò a bocca aperta: mai si sarebbe aspettato di essere difeso da Sparrow. Ma doveva pensare a tenersi buoni i membri della ciurma che non era d’accordo sulla sua condotta. Perciò scoccò uno sguardo tagliente al bislacco filibustiere e promise loro, assumendo un sorriso spavaldo: - Se ci sarà l’occasione di un buon arrembaggio, non ce la faremo scappare.
Gli incorreggibili fuorilegge, soddisfatti dalla sua risposta, ripresero le loro occupazioni, parlottando fra di loro di quella ipotetica situazione e di come si sarebbero divertiti.
Il giovane Capitano si rimise a sbirciare la costa con il cannocchiale, ignorandolo.
No, non si poteva essere amici tra pirati, si disse convinto Jack. Soprattutto perché gli sbalzi di umore erano imprevedibili.

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Capitolo 22
*** Capitolo 21: Acqua ***


Capitolo 21: Acqua

Will trasse un profondo respiro quando finalmente la lente del cannocchiale gli restituì l’immagine di una scialuppa che vogava verso di loro. Il buio era calato in fretta e la brezza che soffiava con sempre maggiore insistenza era divenuta umida e fredda, recando con sé anche una leggera pioggerella che gli sferzava il viso, insinuandosi al di sotto del cappello. Avvisò subito i suoi uomini di provvedere a issare l’imbarcazione e, una volta che ciò fu fatto, vide Jim volargli incontro e rivolgergli un gran sorriso che sapeva tanto di scuse.
Prima ancora che il piccolo parlasse lo fermò, poggiandogli una mano sulla spalla: - Non hai niente da farti perdonare, Billy Jim. Va’ ad asciugarti – gli consigliò con fare austero. Quindi si allontanò sul castello di prua e ordinò alla ciurma: - Salpare le ancore! Spiegare le vele! Prendiamo il largo!
Elizabeth, che aveva assistito alla reazione del marito e allo scoramento comparso sul volto del figlio, cercò di rimediare. Una volta accanto a Will si fece coraggio e gli spiegò: - Non è successo niente. Non abbiamo avuto incontri poco raccomandabili. Solo abbiamo perso tempo perché ci sono rimasti pochi soldi e ho dovuto cercare la roba a buon mercato.
- È così, signor capitano – confermò Gibbs, che le aveva fatto la cortesia di accompagnarla.
Il giovane uomo spostò gli occhi dall’orizzonte, dove li aveva tenuti ancorati mentre gli parlavano: - Vi voglio tutti nella cabina di comando, non appena avrete finito di sistemare – li convocò con un tono impenetrabile – Recuperate anche Jack, si è dileguato di sotto dopo avermi fatto rischiare l’ammutinamento – soggiunse volgendosi a Gibbs.
La signora Turner lo squadrò impaurita, sebbene non riuscisse a vedere a pieno il suo volto nascosto dalla tesa del cappello. Gli sembrava quasi un'altra persona e capì che lo stesso pensiero doveva aver sfiorato anche Joshamee, che aveva fatto una smorfia di stupore nel percepire il suo malanimo: - Ve lo porterò, senz’altro! – gli giurò ossequioso, svignando.
Elizabeth, invece, tormentata da un dubbio assurdo, gli rimosse con forza il copricapo: - Oh, Will! Sei tu, vero? – gli domandò restando col braccio per aria, sentendosi sciocca per quella preoccupazione.
- Di che parli?! – strabuzzò gli occhi lui. La donna inspirò ed espirò a fondo restituendogli il cappello, più che imbarazzata: – Ci vediamo dopo – lo salutò tornando dal figlio che, si accorse, li stava guardando frastornato.

- … E quindi, grazie alla geniale presa di posizione di Jack, ho dovuto impegnarmi a guidare un futuro assalto alla prima nave che avvisteremo durante il viaggio – finì di raccontare il capitano Turner rassegnato alla moglie, che si limitò ad annuire poco persuasa.
- Spostati di qua, che sgoccioli! – gli diede uno spintone Jack il quale, richiamato pochi minuti prima nella cabina di comando, era intento ad istruire Gibbs a tracciare con il calamo dei trattini convergenti in un punto della carta geografica stesa sul tavolo.
Will riprese a parlare, togliendosi giacca e cappello che scolavano e poggiandoli su una sedia:
- Dopotutto li capisco. Siamo stati attaccati tre volte da quando abbiamo fatto ritorno in questi mari. La ciurma ha il morale a terra – riconobbe frustrato, guardando di sottecchi l’operato dei due pirati, ansioso che finissero.
- Papà? – lo distrasse Jim, che fino ad allora era rimasto piuttosto silenzioso ad osservare il temporale da un oblò – Credi che resterai bagnato finché pioverà?
- Non … lo so, Jim – balbettò l’uomo, spiazzato dalla singolare domanda - È la prima volta che piove da quando ho scoperto di avere questa … cosa.
- Maledizione – puntualizzò Sparrow impertinente, ghignando e rivelando agli altri Turner di essere a conoscenza del maleficio del capitano, fatto ignoto invece a Gibbs, che non colse quella battuta e per poco non fece uno scarabocchio. Will sperò che quell’uomo chiacchierone non avesse capito e che ancora non sapesse la verità.
- Io credo di no – affermò sicuro il bambino – Anche una parte dello scafo è sempre sott’acqua, dovresti avere una parte del corpo sempre bagnata – gli fece notare, mentre Jack non poté fare a meno di ridacchiare, soprattutto notando la faccia confusa del diretto interessato – E poi quando la cabina nostra è andata a fuoco tu non ti sei bruciato, giusto? – argomentò il piccolo Turner con aria da saputello.
- Quei mobili non erano dell’Olandese – asserì il padre, contenendo il fastidio che gli dava il dover parlare di quella situazione, e allo stesso tempo stupito dalla naturalezza con cui il figlio riusciva a discuterne.
- Sì, ma il pavimento … - insistette Jim.
- Tesoro, è lecito che tu abbia la curiosità di sapere … - gli tolse la parola Elizabeth a sua volta interrotta dal marito: - Resterò sul ponte per questa notte, così non vi inzupperò il letto – li rassicurò amareggiato e irritato, strizzando la bandana e ravviandosi i capelli grondanti in un codino.
Jim gli si avvicinò mogio mentre la consorte lo osservava con compassione sentendosi impotente. Gibbs assistette con la sensazione di essersi perso qualcosa, ma prima che potesse tentare di esprimere qualche osservazione, Jack attirò l’attenzione su di sé:
- Ecco: seguendo questa rotta dovremmo arrivare alla Baia dei Relitti in sei, sette giorni al massimo. Tutto dipende dalla velocità di questa bagnarola – affermò risollevandosi dalle mappe ingiallite spiegate sul tavolo.
Il capitano dell’Olandese uscì fuori dalla tasca della giacca un foglietto di carta e, confrontando quanto vi era scritto con quanto indicatogli da Sparrow, constatò: - È la stessa rotta che mi aveva indicato Barbossa.
- Ti fidi di più di lui? – esclamò con disprezzo Jack, ma Will lo invitò a sedersi a capotavola senza palesare la sua opinione.
I coniugi Turner stavano seduti l’uno alla sua destra l’altra alla sua sinistra e sembrava evitassero di guardarsi, mentre Jim camminava in tondo per la stanza. L’atmosfera serena che legava i membri della famiglia fino a qualche giorno prima era stata inevitabilmente compromessa dalla condivisione di quel penoso segreto.
– I miei effetti? – richiese ad entrambi, riferendosi alla spada e alla pistola che non aveva rinvenuto al suo risveglio nella cabina assegnatagli.
- Te li abbiamo tolti per precauzione mentre dormivi. Li riavrai al momento opportuno – gli rispose seccamente Elizabeth, studiando anche lei le vecchie mappe.
Il pirata, contrariato da quell’insensato oltraggio, fece per alzarsi, bloccato ancora una volta da Will che gli fece cenno di restare e prese poi sulle gambe suo figlio, divenuto un po’ riluttante: - Devi togliermi una curiosità, perché dopo aver trovato la Fonte della Giovinezza, ti sei liberato delle carte nautiche?
Jack si diede dello stupido per aver fatto quelle considerazioni, poche ore prima; sollevò il capo dopo qualche secondo trovandosi addosso gli occhi dei Turner e di Gibbs, in piedi di fronte a lui, che gli ammiccava di parlare: - Ebbene lo confesso. L’ho trovata solo due anni fa, quella stramaledetta acqua!
- Sai perché? – si intromise Gibbs, rivolgendosi direttamente a Jim la cui espressione si era accesa di interesse – Ha scoperto che l’isoletta dove si trova la si poteva vedere solo nel momento in cui il sole e la luna si scambiano un bacio nel cielo – spiegò appassionato il marinaio, mimando con le mani quanto diceva. Gli ascoltatori restarono disorientati.
- Un’eclisse! – chiarì Jack con sufficienza.
Il piccolo Turner si era quasi disteso sul tavolo, pur di osservare più vicino l’eccentrico ospite, da sempre avvolto da quell’alone di leggenda: - Come avete fatto a capirlo?
- Fortuna che ho le mie conoscenze – tagliò corto lui enigmatico, sistemandosi con posa superba sulla poltrona.
- Di sole o di luna? – lo interrogò Elizabeth, anche lei alla fine catturata dal racconto, con Will che la fissava cupo.
- Di sole – si affrettò a dire Gibbs – E alla fine è riuscito a metterci piede.
- Abbiamo caricato l’acqua e siamo ripartiti – riprese la parola Sparrow, gesticolando teatralmente come al suo solito.
Will e Jim si sporsero verso di lui con la stessa intonazione: - E …?
- Durante il viaggio ho razionato il rum, come di consueto – continuò il filibustiere ora esitante, al che il suo amico gli venne in soccorso: - Ma, dato il caldo torrido, la carne essiccata e il pesce sotto sale che si consumava a bordo, la ciurma ha ben pensato di dissetarsi con l’acqua raccolta …
- E cosa è successo? – lo incitò Jim, saltellando sulle gambe del padre dopo che l’uomo si era fermato di colpo a sbirciare Jack. Quello fece un gesto di disgusto e girò la faccia dall’altra parte. Allora il marinaio bisbigliò con una mano accostata alla bocca: - Sono diventati ragazzini! Della tua età circa!
- Come?! – esclamò il bambino sbalordito, mentre Will ed Elizabeth trattennero le risa dopo l’occhiataccia di Sparrow.
- Li ho lasciati nel primo porto che mi è capitato. Mica potevo aspettare che ricrescevano! – borbottò arricciando il labbro e scoprendo i denti dorati.
- Poverini! – commentò Jim turbato, trovando l’appoggio di Gibbs che ricambiò il suo broncio.
- E allora Barbossa ne ha approfittato per rubarmi la Perla … Che coraggio! Ero senza ciurma! – scrollò le spalle Jack, ancora scottato dall’infelice ricordo.
- Dopo che lui gliel’aveva sottratta a sua volta, venendo a sapere che stava ormeggiata in un porticciolo della Louisiana – completò con gusto il racconto Gibbs, facendolo irritare involontariamente di più.
La signora Turner gli sorrise comprensiva: - Sei proprio sfortunato, Jack.
- E quindi avete finito tutta l’acqua? – domandò più pragmaticamente il marito.
- Non ne voglio più sapere nulla di questa storia! – berciò il pirata, osservando infastidito il figlio dei Turner che non riusciva a smettere di ridere senza ritegno – È già tanto che ve l’ho raccontata!
- Io ovviamente non viaggiavo con lui in quell’occasione. È stato quando è tornato a Tortuga, senza nave, che ci siamo rincontrati – continuò imperterrito ad esporre Gibbs, al quale faceva piacere avere un ascoltatore tanto attento come Jim.
Il capitano Turner tuttavia colse la necessità di interrompere quella spinosa discussione: - Va bene, Jim. È stata una giornata lunga – iniziò a spronarlo, sollevandolo da sotto le braccia e togliendolo dalle proprie ginocchia. Jack gli fu grato e gli lanciò uno sghembo sorriso.
- Ho capito, papà – sospirò arreso il piccolo, alzandosi e ritrovandosi tutti i vestiti bagnati, ma subito si ridiede un contegno – Andiamo, signor Gibbs – esortò con rigore l’uomo di mare che lo seguì sorridendo e continuando a snocciolare altri particolari sulla storia di cui stavano discorrendo. Sparrow li accompagnò alla porta e la richiuse, restando però all’interno della cabina senza che gli altri due se ne accorgessero immediatamente.
Will aveva sfoderato la propria spada e si era apprestato ad affilarne la lama con l’uso di una pietra dura che aveva preso da un cassetto, Elizabeth era persa nella lettura di alcune carte nautiche con l’aiuto di una lente di ingrandimento. Spostò ripetutamente lo sguardo ora all’uno ora all’altra senza muovere un passo, cercando il momento buono per andarsene a sua volta. Aveva creduto che gli volessero chiedere altro …
- Ti è sembrato ragionevole? – proruppe d’un tratto il capitano Turner con una voce venata di offesa e irritazione, ma comunque senza gridare e continuando a molare con cura la propria sciabola – Rimproverarmi in quel modo, davanti ad uno dei miei uomini? Come se fossi tuo figlio?
La consorte gli si scagliò addosso come una furia: - L’ho fatto perché voglio il tuo bene! – cercò ragione, sbattendo le mani sul tavolo. Will dovette alzare gli occhi verso di lei.
Jack capì bene che non avevano fatto caso alla sua presenza: - Io andrei, se non vi dispiace – si risolse a pronunciare, schiarendo la gola. I due si voltarono lentamente con la stessa espressione interrogativa e attonita.
Elizabeth si risedette, sentendosi terribilmente a disagio e arrabbiata al tempo stesso, non sapeva con chi dei due in misura maggiore.
Il marito trovò un pretesto per tirarsi fuori dall’imbarazzo: - Vado a comunicare le nuove coordinate al timoniere – le riferì con aria distaccata, riponendo sveltamente la sciabola.
Lei assentì e, dirigendosi verso Sparrow, lo afferrò per un braccio conducendolo fuori dalla stanza, mentre il comandante risaliva sopra coperta.

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Capitolo 23
*** Capitolo 22: Il tempo perduto ***


Capitolo 22: Il tempo perduto

- Allora, cos’è questa storia che dovrai controllarmi? – richiese Jack con tono divertito ad Elizabeth, quando questa allentò la stretta sul suo braccio – Una scusa per restare da sola con me? – insinuò ironicamente, sfoderando uno sguardo ammaliatore.
- Jack … – lei emise un sospiro annoiato, voltandosi verso di lui indispettita.
- Guarda che per me non è un problema il fatto che tu sia sposata … - riprese a provocarla con fare seducente. riducendo le distanze – Quanto che tu mi abbia ucciso, una volta! – cambiò espressione, caricandosi di risentimento.
- Stai cercando di farmene pentire? – la giovane donna scosse la chioma legata in una treccia – Perché se è così, perdi tempo. Sono abituata ad avere a che fare con un ragazzino! – lo beffeggiò infine, ben più che risentita.
Il pirata sembrò offeso, restando con la bocca semiaperta, ma poi tornò ad irretirla con un sorriso provocatorio, sfiorandole una mano: - Che ci facevi lì quando mi sono svegliato?
- Che succede? – irruppe silenziosamente Sputafuoco, spostando gli occhi ora all’uno ora all’altra – Fa il ragazzaccio? – chiese bonariamente fingendo di non notare la tensione tra i due – Lo rimetterò in riga io – dichiarò posando un braccio sulla spalla di Sparrow per accompagnarlo in cabina.
La piratessa voltò le spalle, tornando indietro non senza un senso d’irritazione per quel diverbio. Le bastavano già i problemi con Will a roderle il fegato e quel furfante si divertiva a farle perdere le staffe.
Jack ricevette uno sguardo severo da parte di Bill che però fu chiamato da un collega e dovette allontanarsi un momento. Proseguì da solo, rallentando l’andatura per il rollio che lo costringeva ad appoggiarsi alle pareti: - Avete finito di sparlare di me? – inveì contro Gibbs, incontrandolo mentre si avviava al loro alloggio dopo essersi congedato da Jim.
- Cerca di capirlo, Jack. Quel ragazzino non ha persone della sua età con cui passare il tempo su questa nave – si schernì Joshamee.
- Fortuna che ha incontrato te – replicò mordace il compare – L’unica cosa buona è che almeno quel pidocchio impertinente è andato a dormire nella cabina devastata di mamma e papà – attestò poi con accento piatto, come sovrappensiero, continuando a dondolare per il forte beccheggio.
- Stai ancora pensando a lei? – gli domandò l’amico, premendo la maniglia della porta dopo esserci andato a sbattere la faccia per un brusco movimento della nave.
- Prima o poi sarà mia. Lui l’ha tenuta per troppo tempo – rispose Sparrow, una luce di rabbia a far brillare i suoi occhi scuri. - È solo questione di tempo – aggiunse stringendo un pugno.
- State parlando della Perla Nera? – pronunciò una voce pacata, mentre la porta si chiuse e il tenue chiarore di una lampada ne illuminò il volto.
- Che tu sia dannato, Sputafuoco! – esplose Jack spaventato – Ce l’hai per vizio di comparire alle spalle?!
L’uomo lo fissò per qualche secondo un po’ offeso ma, conoscendolo, non se la prese più di tanto: - Mi dispiace – si scusò anzi, notando come anche il suo ex capitano avesse contorto la bocca sentendosi in colpa per quella frase infelice. Sparrow tornò a sorridere colpendolo amichevolmente sulla spalla: la riservatezza e la tolleranza di Bill Turner erano doti che aveva sempre apprezzato in passato.
- Ora però mi dite di che stavate parlando tu e il tuo amico? – contraddisse la sua idea poco dopo il vecchio pirata, guardandoli con gravità.

- Come va? Ti sei sistemato? Hai paura del temporale? Se vuoi ti faccio compagnia, tanto non ci capisco niente di come devo comportarmi con gli altri simpatici lupi di mare che affollano questa bolgia di nave!
Elizabeth parlò convulsamente non appena entrata nello stanzone che fungeva da camera da letto, facendo sgranare gli occhi al figlioletto che si sedette ad ascoltarla confuso.
- Hai litigato con qualcuno? Ti hanno offesa? – si sforzò di domandare Jim, quando la madre si accomodò vicino a lui dopo avere appoggiato il lume ad olio che portava sul pavimento.
- Sei un angelo, amore mio – lo abbracciò lei con forza per qualche secondo. – Non ancora, ma lo farò. E la vittima è tuo padre – gli rivelò determinata – Ne ho avuto abbastanza dei suoi colpi di testa – dichiarò agitata, sollevandosi dal letto.
Il bambino le tenette la mano: - Gli vuoi sempre bene, mamma?
- È questo che deve capire – sospirò la donna sorridendo lievemente, e chinandosi baciò la fronte del piccolo per poi uscire.
Jim si precipitò a spegnere la candela e si risistemò sotto le coperte con il cuore pieno di dubbi.

La pioggia era meno intensa di prima, ma il mare grosso teneva occupati i marinai dell’Olandese Volante sopra coperta per governare le vele squassate dal forte vento che preannunciava un’imminente burrasca.
Elizabeth salì sulla balconata del timone dovendo reggersi saldamente alla balaustrata per avanzare, dato il vigoroso ondeggiamento del vascello. Da lì, mentre il rombo di un tuono riempiva l’aria, scorse appena Will a prua, vicino al bompresso. Costringendosi a non scivolare sul legno viscido del ponte si mosse con decisione per raggiungerlo, venendo spinta dall’urgenza che sentiva di parlargli, tale da permetterle di avanzare verso di lui pur venendo sballottata a destra e a sinistra. Era ancora in fibrillazione per la breve discussione che avevano avuto in cabina, tuttavia il suo livore si spense quando lo vide meglio: ricurvo sul parapetto, immobile, con lo sguardo smarrito tra i flutti, le apparve tristemente solo e fragile ma anche distante come non mai. Giunta a pochi passi dal suo uomo fu assalita dal desiderio di avvinghiarsi alle sue spalle, come a fargli capire che era con lui, ma si trattenne a mettersi al suo fianco stringendo le mani sulla ringhiera.
La tempesta stava gradualmente scemando e rimase per qualche minuto nella stessa posizione dell’amato che le aveva rivolto solo qualche sguardo distratto senza pronunciare nulla: - Non mi hai raccontato niente di te, di come hai passato questi anni – si decise a riscuoterlo con voce dolce e soffusa.
Will si voltò brevemente: - Cosa pensi abbia da dirti? – proferì quasi infastidito – Ero … morto – bisbigliò chinando la fronte e, sbattendo i palmi con veemenza sul parapetto, si incamminò dritto per tornare a poppa.
Elizabeth aprì la bocca senza riuscire a ribattere, come avesse ricevuto una pugnalata. Gli sentì scambiare qualche parola con la ciurma continuando a camminare, sembrava volerla tenere lontana ma decise di seguirlo. Quel buio pesante e la leggera nebbia che era calata sul ponte la facevano sentire ancora più oppressa mentre muoveva i passi avvicinandolo.
A volte non sapeva più come comportarsi con lui. Si era accorta di come fosse diventato taciturno, scontroso e talvolta aggressivo, e in parte lo capiva, anche se, come al suo solito, non voleva aprirsi con lei. Lo ritrovò con la schiena appoggiata alla parete del cassero debolmente illuminata da qualche lampara che non gli permetteva di leggere nei suoi occhi, così che al momento optò per mantenere la calma con lui. Aspettando che gli altri uomini si allontanassero gli si affiancò ancora una volta inspirando l’aria salina, e provò a distrarlo, parlando con buonumore: - Sai, abbiamo rimediato una specie di materasso. Certo non è di cotone come quello di prima … è piuttosto una specie di pagliericcio imbottito di foglie. E non è proprio largo due piazze, ma se ci stringiamo …
- Forse non è vero che possiamo condividere tutto – la interruppe ruvidamente lui, con un tono tenebroso – Io sono destinato a navigare fino alla morte. Tu ti sei … addolcita, troppo per questa vita. E Jim … rischia di continuo qui a bordo.
La piratessa lo ascoltava incredula e inquieta. Dopo un secondo lo afferrò bruscamente per il collo della camicia, infischiandosene della possibilità che li notassero gli altri e costringendolo ad entrare nella cabina di comando alle loro spalle: - Ma ti senti? – lo aggredì spintonandolo – Sembra che tu non mi conosca! Io non sono la donzella in difficoltà! Non ho mai voluto esserlo! – protestò con fervore – E Jim … è nostro figlio! – gli ricordò con fierezza e rabbia, per contrastare il suo atteggiamento scoraggiato - Saprà cavarsela! Imparerà, se solo tu vorrai aiutarlo!
Will aveva tenuto per tutto il tempo gli occhi sulle assi del pavimento e i pugni chiusi, l’unico suono nella stanza era dovuto all’oscillare delle lampade appese alle travi.
- Oppure … siamo un peso troppo grande per te? – gli si avvicinò con il respiro irregolare per il pianto che cercava di reprimere – Temi che possiamo limitare la tua libertà – constatò amaramente, assumendo la stessa posa del marito.
- Come puoi pensarlo? – mormorò lui offeso, risollevando un viso affranto - Piuttosto sarei io a limitare la vostra. Se non dovessimo farcela, non voglio obbligarvi a trascorrere il resto della vostra vita su questa nave. Senza onore, in fuga continua – si rammaricò con un filo di voce – Non sono mai stato capace di offrirti nulla, Elizabeth. Nessuna certezza – si biasimò fissandola negli occhi lucidi con cui lei lo osservava a pochi centimetri di distanza.
La donna distese il volto in un sorriso commosso. Fece scorrere le dita sulla camicia di lui ancora bagnata, dalla cintura in su, accarezzandolo senza fretta, poggiando infine una mano sul suo cuore e l’altra sulla guancia destra e inchiodando le iridi a quelle di lui: - Mi hai sempre dato il tuo amore, al di sopra di tutto. Anche quando non me lo meritavo. E io voglio stare con te, non importa dove, ma non chiedermi di lasciarti – lo supplicò senza perdere la sua innata intraprendenza che sempre lo aveva affascinato e riscaldato.
Will ricoprì le mani della consorte con le sue, serrando nello stesso tempo la bocca di lei con la sua, ed entrambi assaporarono a lungo quel bacio, rassicurandosi a vicenda sulla forza del loro legame, nonostante il tempo perduto lontani l’uno dall’altra. Si separarono solo quando dovettero riprendere fiato. Allora lei intrecciò le mani dietro la sua nuca, mentre il marito la circondò con le sue braccia stringendosela al petto. La compagna lo fece piegare su di sé regalandogli un altro bacio così intenso da togliergli il respiro.
- Ho avuto paura in questi anni – confessò il giovane capitano ansimando – Paura di dimenticare la tua voce, la luce dei tuoi occhi, il tuo profumo – le loro labbra si unirono ancora una volta con impeto immutato.
Poi Elizabeth appoggiò la guancia sul collo di lui, restando aggrappata alle sue braccia e inspirando il suo forte odore di salsedine e di pioggia: - Ho avuto tanta paura anch’io. Ero terrorizzata dall’idea di dover partorire Jim – ammise sentendosi in colpa – Se non fossi sopravvissuta, tu … - si fermò alzando lo sguardo su di lui che accarezzò la sua fronte scostandole con le dita le ciocche umide per baciarla ancora.
- E poi mi sono sentita come prigioniera in questi anni. Solo con te mi sento libera di essere come sono – asserì con orgoglio, lambendo la cicatrice del suo torace con le labbra dischiuse, percependo la sua pelle tendersi e rabbrividire.
Will la trascinò su una sedia, facendola accomodare sulle sue gambe: - Veramente ti basta? Che un miserabile come me ti ami? – le domandò perplesso, prendendo fra le dita i suoi capelli dorati senza smettere di fissarla ammirato.
- Vi sottovalutate, capitano Turner – sorrise lei maliziosa, introducendo le mani sotto la sua camicia dopo avergli sfibbiato due bottoni.
- Non pensi che questa vita ti stancherà? – la fermò lui serio, afferrandole i polsi.
La moglie scosse la testa in senso di diniego con un’espressione caparbia, stringendogli il viso tra i palmi: - Però promettimi che mi dirai sempre tutto d’ora in poi.
- Non dovresti chiedere una promessa del genere ad un pirata – la prese in giro lui, fingendosi contrariato da quella pretenziosa richiesta.
- Ma tu sei il mio pirata – lo sfidò con le palpebre socchiuse, torcendogli un ricciolo sfuggito alla bandana e offrendogli di nuovo la sua bocca bramosa di attenzioni.

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Capitolo 24
*** Capitolo 23: Dilemmi ***


Capitolo 23: Dilemmi

Un gran trambusto di bauli, barili e non meglio identificati oggetti metallici, riecheggiava tra i ponti di coperta, suscitando perplessità e fastidio tra i taciturni uomini della ciurma dell’Olandese Volante appena alzatisi dalle loro brande.
- Che bisogno c’era di nascondermi pure quella, dico io! – sbraitava spazientito Jack Sparrow, scaraventando per aria tutto quello che gli capitava tra i piedi e tra le mani, tutto preso dalla foga di cercare – Non è un’arma pericolosa! – sbottò sdegnato, fiondandosi fuori dopo che aveva messo sottosopra tutta la cabina in cui era ospitato.
- In fondo a te a che serve? – esclamò Gibbs stanco, passandosi una mano sulla faccia e tallonandolo.
Il pirata si voltò di scatto, scoccandogli uno sguardo oltraggiato: - Mi serve! È mia e la rivoglio!
In quel momento Sputafuoco, che era insieme a loro ma come suo solito non si era intromesso, avvistò il nipote trascinarsi nei corridoi sembrando ancora insonnolito: - Ciao Jimmy! – lo salutò allegramente raggiungendolo.
- È lui che la nasconde! – gli puntò il dito contro Jack, sbirciando nella stanza da cui era uscito lasciando la porta socchiusa. Gibbs lo afferrò per un braccio, convincendolo ad allontanarsi.
Il piccolo dava loro le spalle, continuando a strascinare la camminata.
- Hai dormito bene? – si premurò di domandargli Bill vedendolo stranamente spento.
- Ho vomitato – dichiarò lui fermandosi un attimo a fissarsi le scarpe, storcendo i piedi.
- Come mai? – gli chiese Gibbs premuroso, mentre Sparrow alzava gli occhi al cielo contrariato dall’atteggiamento paterno dei due compagni.
- Non lo so – bofonchiò Jim, tenendo la testa piegata per non incrociare i loro sguardi.
- La prima tempesta in alto mare – commentò il vecchio Turner, ridacchiando e dandogli una pacca sulla spalla per rincuorarlo.
- C’è a chi fa questo effetto – riconobbe Joshamee. Jack intanto, sentendosi completamente escluso dai compari, calcava i passi seguendoli con riluttanza.
- Oggi c’è il sole. Andiamo, di sopra. L’aria fresca ti farà bene – propose Bill con positività al nipote, sospingendolo verso il boccaporto più vicino – Tuo padre, tua madre?
- Non lo so – mormorò quello con aria afflitta, dandogli le spalle.
- Saranno già sul ponte – osservò Gibbs, anche lui desideroso di rasserenare il ragazzino.
Jack non tollerava più quella deliberata prevaricazione nei suoi riguardi:- Dovete aiutarmi a ritrovarla! – urlò esasperato prima che uscissero sopra coperta.
- Calmati. Chiederemo al capitano – suggerì con spontaneità il suo amico, facendogli cenno di passare prima di lui sulle scalette.

Will, riposta dentro l’armadio l’amaca che per qualche ora aveva funto da giaciglio improvvisato per lui ed Elizabeth, si apprestava ad iniziare la giornata sulla tolda.
- Dimenticavi la pistola – lo avvertì la moglie, affiancandolo e infilandogliela nel cinto dei pantaloni – E questo – lo bloccò catturando le sue labbra – Che ti prende? – si interruppe sentendolo un po’ sfuggente.
- È che non ci sono abituato – si giustificò lui lievemente imbarazzato.
Lei gli gettò le braccia al collo con un sorriso malandrino:- Ad avermi così vicina?
- Ad essere criticato perché arrivo tardi in coperta – replicò lui con tono grave, lasciandosi però scappare un sorriso che trasmise anche alla moglie.
- Vai, vai! – la donna gli rifilò un buffetto ironico sul mento, scostando le mani di lui che ancora la trattenevano – Io vado a svegliare quel dormiglione di tuo figlio. Sarà ancora nel mondo dei sogni.

Quando il capitano dell’Olandese si affacciò dalla cabina di comando, la ciurma che lo circondò, riempiendolo di richieste di ordini e di notizie sullo stato della nave, mostrava chiari segnali di irrequietezza, solo in parte collegabili allo scampato naufragio della notte precedente.
Più passavano i giorni, più si rendeva conto che sarebbe divenuto sempre più difficile districarsi nel suo triplice ruolo di capitano, marito e genitore, anche perché il tradizionale codice piratesco, a quanto gli avevano detto, non contemplava la presenza di donne e bambini a bordo. Era costretto a controllarsi nelle sue esternazioni, tanto con Elizabeth quanto con Jim, cosa che gli riusciva difficilissima perché si sentiva quasi obbligato a dimostrare loro quanto li amasse dopo essersi perso così tanto della loro vita insieme. Doveva però trovare pure un equilibrio con la sua ciurma: i marinai non si risparmiavano dal pronunciare giudizi ostili tutte le volte in cui ne avevano occasione, e spesso neanche troppo sottovoce.
Ad ogni modo per quella volta riuscì a fronteggiarli, poi, inevitabilmente, il suo interesse andò a convergere sul figlioletto, che se ne stava mollemente affacciato su uno dei ponti del parapetto: - Jim! Com’è andata la notte di burrasca?
Prima che il bambino gli rispondesse, Jack si intromise fra loro rivolgendosi a Will: - Ce l’hai tu la mia bussola? – lo interpellò bruscamente, un misto di ansia e collera stampate in volto.
- No – lo liquidò seccamente senza nemmeno voltarsi, infastidito dalla sua intrusione – Mi dispiace non esserti stato accanto, ma sono dovuto rimanere sopra coperta.
- Non ho sentito niente, papà – si decise a rispondere Jim, rimproverandolo con occhi spenti da una malcelata delusione che il padre non seppe comprendere, come la sua insolita laconicità.
- Allora me l’hanno rubata! – gridò Jack allargando le braccia per aria, dopo aver riflettuto qualche secondo.
- Se te l’ho restituita quando abbiamo trovato la Perla, non ti ricordi? – replicò Turner con la speranza di toglierselo di torno. Sparrow riprese a meditare, picchiettandosi l’indice sul labbro.
- Jim? – Will agguantò il figlio per una spalla, facendolo girare verso di lui.
- Sto bene, papà. Posso andare sulla coffa? – lo supplicò con la palese volontà di sottrarsi al suo giudizio.
- D’accordo – acconsentì il capitano, preferendo non insistere con le domande che sembravano peggiorare il suo inspiegabile umore nero. Calmandosi si voltò verso Sparrow, che era rimasto dietro di lui: - Dicevi che non trovi più la tua bussola?
Il bucaniere strinse gli occhi e assunse un’espressione totalmente sconcertata, indicando i suoi piedi:- Perché hai uno stivale nero e uno marrone? – proferì come se si trovasse di fronte ad un enigma indecifrabile.
Will fissò per qualche secondo le calzature e poi lui grattandosi la testa ma, imbarazzato dal sorriso sommesso di Jack, scelse il silenzio e gli voltò le spalle avviandosi al timone leggermente zoppicante.
- William James è qui? – irruppe nel frattempo Elizabeth, quasi scontrandosi con lui.
- Sì – le rispose facendole cenno con gli occhi verso l’albero maestro – Non vuole ammettere di essersi spaventato ieri notte. Lascialo solo – asserì proseguendo verso le rampa per il cassero.
La donna restò con lo sguardo sulla vedetta ad osservare il suo bambino, finché non intercettò Jack, fermo davanti a lei con una mano sulla bocca come a trattenere una risata: - Che hai da guardare? – lo rimproverò risentita.
- Ognuno ha i suoi vezzi! – sostenne lui agitando l’indice verso i suoi stivali, uno nero e uno marrone, per poi dileguarsi senza darle il tempo di ribattere.
Qualche minuto più tardi Jack si arrampicò sulle sartie fino a raggiungere la cima dell’albero maestro. Nessuno stranamente lo aveva notato, ma la voce di Jim quasi lo fece cadere per l’asprezza con cui lo investì: - Vattene!
- Siamo passati al tu? – attestò con uguale acredine, il bambino abbassò le palpebre, sembrò volersi scusare, invece sbuffò riportando lo sguardo sul mare. Jack scavalcò la corta ringhiera e si posizionò sulla stretta piattaforma con lui, reggendosi ad una cima. Scelse di usare un tono a metà fra l’accondiscendente e il severo: - Allora … quella bussola non è un balocco, perciò tirala fuori, oppure …
- Io non ce l’ho! – strillò il ragazzino scandendo le sillabe e mostrandogli i denti – Ho altro a cui pensare. Non mi interessa! – ribadì sedendosi di peso con le gambe piegate sul petto.
- Ho come la sensazione che qualcosa ti turbi – uscì velocemente dalle labbra a Jack.
- Sì: voi! – ribatté quello alzandosi e spingendolo – Andatevene, sto lavorando, io!
Sparrow obbedì, temendo di commettere qualche atto di cui lo avrebbero fatto pentire: - Mi ricordi tanto tua madre, sai! – sogghignò beffardo, prima di affidarsi alle sartie per scendere. Jim si sporse, ma era ormai troppo in basso per sentire la sua replica.
Il giovane Turner trascorse quasi tutta la giornata su quello stretto pianerottolo. Si convinse di doversi adeguare alla disciplina di bordo e che osservare tutti dall’alto potesse permettergli di imparare più in fretta. Non voleva costituire un impaccio per suo padre, già lui e sua madre avevano problemi fra di loro. Infatti non li aveva visti scambiare neanche una parola per tutta la mattinata. Dovevano avere litigato e molto.
Soltanto l’arrivo del marinaio di vedetta lo persuase a lasciare la coffa. Né suo nonno né mastro Gibbs erano a vista, perciò andò a sedersi sui gradini del castello di poppa. Qualcuno aveva dimenticato una bottiglia. Si era sempre chiesto che sapore avesse. Doveva essere davvero buono se c’erano tante canzoni che ne parlavano: - Quindici uomini e una bottiglia di rum … - canticchiò sollevando il contenitore di vetro.
Ma qualcuno glielo strappò lestamente dalle mani: - Non hai l’età – disapprovò Jack, scolandosela in pochi secondi.
Jim non sapeva nemmeno quale imprecazione rivolgergli e gli passò di mente quando si sentì poggiare sulla spalla una lama brillante: - Ti piacerebbe imparare ad usarla? – gli richiese suo padre sorridendogli affettuosamente. Lui alzò e abbassò più volte la testa, senza riuscire a parlare e si mise in piedi afferrando la piccola arma per l’elsa e soffermandosi a rimirarla.
- Scommetto che tua madre ti avrà già insegnato qualcosa – lo riscosse dall’intontimento Will.
- Ogni tanto usavamo dei bastoni, ma non ho mai avuto una spada vera! – si entusiasmò il bambino, dimenticandosi di colpo i suoi dispiaceri.
- Non è una spada vera – lo informò divertito il genitore – Vedi, l’ho forgiata con la punta e il filo arrotondati, così non ti ferirai. E ne userò una simile anch’io – gli rivelò estraendola dal fodero. Jim stizzito si scagliò contro la lama, colpendola con energia con la propria.
- Troppa fretta! Prima devi imparare la postura – lo ammonì il padre, conducendolo al centro del ponte dove c’era più spazio per simulare un combattimento.
Gli altri marinai in breve si sistemarono attorno per curiosare i due Turner all’opera, mentre Elizabeth restò sulla balconata del timone insieme a Sputafuoco, Gibbs e Jack: - Ci sarà da ridere! – affermò quest’ultimo, solleticato dalla subdola tentazione di piazzare qualche scommessa.
- Va bene l’ardore, ma devi avere la mente libera, Jim – lo ammonì il capitano dopo che, nel giro di pochi minuti, aveva alternato con la corta sciabola dei buoni affondi a cadute rovinose e ingenue – Sei troppo distratto! – lo rimproverò benevolmente, raccogliendo lo spadino e porgendoglielo.
- Come va con la mamma? – lo fulminò il bambino prima che si alzasse, squadrandolo con rancore.
Will cercò istintivamente l’amata con gli occhi e, individuatola, le rivolse un ampio sorriso che lei ricambiò con dolcezza: - Tutto bene. Ma che c’entra?
Il volto di Jim, che colse quell’intenso scambio di sguardi, si illuminò di fiducia: - Ora posso concentrarmi.

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Capitolo 25
*** Capitolo 24: Complicità ***


Capitolo 24: Complicità

Quel nuovo eccitante passatempo sembrò far scorrere più rapidamente i due giorni successivi per il piccolo Jim, e anche il resto della ciurma fu piacevolmente distratto da quelle brevi lezioni di scherma, tanto che quasi tutti volevano offrire il proprio esempio, suggerendo mosse segrete e tattiche al ragazzino.
Un pomeriggio, dopo aver messo da parte le spade, padre e figlio si riposavano all’ombra della vela maestra, seduti su due cassoni vuoti:
- Dimmi un po’, Jim: tua madre ha avuto molti uomini che la corteggiavano? – chiese d’un tratto Will, mascherando l’evidente nervosismo con un sorriso tirato mentre si tamponava il sudore sul collo e sulla fronte.

- Cort … che? – esclamò Jim, dopo averci pensato un po’.
- Che facevano i cascamorti con lei, come Jack – gli spiegò il nonno a denti stretti, indicandogli Elizabeth che discuteva con l’estroso pirata dall’altra parte del ponte.
- Ah, sì. C’è stato qualcuno che ci ha provato, ma ho saputo farli scappare a gambe levate – confessò il bambino con un risolino sfrontato – Quante ne abbiamo combinate, io e la mamma! – ridacchiò orgoglioso, accingendosi a raccontare.
- Combina qualcosa pure al signor Sparrow, allora – lo incitò con forzato contegno il padre – Mi sta già dando sui nervi.
- Agli ordini, capitano! – rispose ironico Jim, saltando giù tutto allegro e correndo verso prua.
- Jack non fa sul serio – asserì Sputafuoco volendo rasserenare Will – È un briccone vanesio ed egocentrico, questo sì, ma …
- A me dà fastidio vederli parlare. E ridere – sbottò tra i denti il Capitano, alzandosi e richiamando a sé un paio di uomini, con i quali rientrò in cabina di comando a grandi passi.
Jim si piazzò tra Sparrow e sua madre, fingendosi un indifferente spettatore, ma loro due smisero di parlottare quasi all’istante, distogliendo lo sguardo in direzioni opposte.
– Mamma … anzi, primo ufficiale: il capitano desidera che lo raggiungiate in cabina – si inventò su due piedi per farla allontanare, sfiorandosi il naso. Lei lo ringraziò con gli occhi, secondo un codice che conoscevano solo loro due e, toccandogli appena la spalla si diresse verso il cassero, senza neanche salutare il vecchio amico.
Jack a quel punto non poteva fare a meno di subire o correre, al momento restò, affacciandosi alla murata per evitare la faccia impertinente di Jim che, però non si lasciò scoraggiare dal suo atteggiamento ostile: - Avete detto che non avete figli. Una mamma l’avevate?
- Non sono certo nato sotto un cavolo! – gli rispose il pirata col solito sarcasmo senza girarsi.
- Nemmeno io – dichiarò il bambino sbigottito – E com’era la vostra mamma? – gli domandò dopo una breve pausa, dandogli dei colpetti sul braccio, aggrappandosi alla ringhiera.
- Mi lasciava piuttosto libero – affermò Jack con una leggera ombra, fissando l’orizzonte e ritrovandosi a sfiorare una testolina rinsecchita che pendeva a sinistra dalla sua cinta insieme a svariate altre cianfrusaglie accumulate nel corso dei suoi viaggi.
- Era bella come la mia? Io la trovo bellissima, ancora di più quando ride. Sembra che il cielo si apre e c’è più luce – sostenne Jim con entusiasmo, sporgendosi ad osservare l’espressione dell’interlocutore.
- Che poeta! – lo prese spudoratamente in giro Sparrow, raggelandolo con uno sguardo arrogante e riabbottonandosi il tabarro.
- Lei ama solo mio padre. Sappiatelo! - si infervorò il piccolo Turner, ricambiandolo con un’occhiata intimidatoria e si allontanò girandosi di tanto in tanto per controllarlo, drizzandogli il dito contro.
Jack si lisciò con indice e pollice le treccine del pizzetto mentre Gibbs gli si avvicinava: - Quel ragazzino è insopportabile! “Sono bellino, perfetto, so tutto io”! Dannatamente simile a quei due, se non peggio! Non mi parrà vero scendere da questa nave! – si sfogò con lui, che annuì senza aggiungere nulla.

- Mi desideravate, capitano? – proferì Elizabeth con voce suadente, camminando verso di lui quando gli altri pirati uscirono dalla cabina di comando.
- Che cosa avete da dirvi tu e Jack? È da due giorni che vi osservo – smorzò la sua spiritosaggine lui scostando la sedia, incrociando le braccia e squadrandola con sospetto da sotto la tesa larga del cappello.
La piratessa si sedette sul tavolo proprio di fronte a lui: - Jack mi ha fatto una proposta – cominciò a parlare mordendosi le labbra – Anziché essere liberato alla Baia dei Relitti vorrebbe che lo aiutassimo a riconquistare la Perla Nera – gli rivelò affievolendo la voce e chinandosi su di lui.
- E tu che gli hai detto? – strascicò la domanda Will, calmandosi ma continuando a guardarla di traverso.
Lei si sporse di più, allungando una mano verso il suo viso: - Che lo avrei chiesto a te, ovvio.
- E lui che ti ha detto? – proseguì con lo stesso tono il consorte, tamburellando con le dita sul ginocchio di lei.
La giovane donna si lasciò scivolare languidamente sulle gambe di lui, togliendogli il cappello e circondandolo col braccio sinistro: - Mi ha supplicato di usare le mie doti per convincerti – bisbigliò provocante al suo orecchio.
- E tu lo stai facendo? – incalzò lui cercando di mantenere un atteggiamento diffidente, nonostante fosse ormai sopraffatto dalla vicinanza dell’amata, cui stentava ancora ad abituarsi. – Ah, siete tremendi voi due! – si arrese dopo che lei gli aveva sfiorato la bocca con la sua – Per il bene di tutti, sarà meglio tenervi lontani! – constatò poi ironico.
- Mi ritengo offesa, se sei ancora geloso di lui – gli diede un pizzicotto sul fianco lei. Will scosse la testa dicendole di no e mentendole: sarebbe sempre stato geloso di qualunque uomo avesse solo osato guardarla con troppa insistenza. Elizabeth ne era consapevole e, benché si ritenesse un po’ ingiusta, la divertiva di tanto in tanto provocarlo in quel modo, vedendogli stravolgere la faccia in espressioni che trovava assolutamente buffe e adorabili.
I loro volti annullarono le distanze, spinti da un bisogno fisico di appartenersi, più di quanto non facessero già i loro cuori che rimbalzavano l’uno nel petto dell’altra mentre si abbracciavano. Lui fu il primo a ritrovare la lucidità per ritrarsi da quel bacio inaspettato e appassionato.
- Ma dovremmo fare un torto del genere al buon vecchio capitan Barbossa? – le domandò perplesso con il respiro ancora ansimante. La consorte piegò in dentro le labbra e si strinse nelle spalle: - Barbossa è un pirata. Capirà – sostenne sicura rimettendogli il cappello in testa.
- Capirà e si vendicherà – mormorò il marito per nulla tranquillo, muovendo avanti e indietro le mani sulle gambe di lei, dal ginocchio in su.
- Non avrai pensato di poter restare in buoni rapporti con entrambi? – sbarrò gli occhi lei, alzandogli il mento con due dita.
- Vedremo – disse tra sé e sé Will stringendo la mascella. Elizabeth si sollevò lentamente da lui avvertendo passi in avvicinamento.
La porta infatti si aprì senza che nessuno chiedesse permesso: - L’ho capito che avete fatto pace! Non c’è bisogno che state sempre appiccicati! – li derise Jim e suo padre sorridendo tirò di nuovo verso di sé la moglie, facendola sedere con la schiena appoggiata al suo petto e intrecciando le braccia con quelle di lei.
- Voi scherzate, ma la ciurma mormora! – li rimproverò il bambino inflessibile portandosi le mani ai fianchi, ma loro fingevano di non sentirlo scambiandosi carezze. – Il signor Sparrow è sistemato comunque – sbuffò e sua madre fissò immediatamente il marito con espressione interrogativa – Me ne vado sulla coffa! – annunciò il piccolo voltandosi e venendo ricacciato indietro da un marinaio che entrò urlando: - Nave in vista!
I due coniugi lo seguirono all’istante ricomponendosi. Will si fece guidare dai suoi uomini che fremevano concitati.
- A quarantacinque gradi a poppa di tribordo! – sentì gridare alla vedetta. Si collocò laddove gli aveva indicato, accompagnato dal suo vice. Jack in breve fu sulla terrazza più alta di poppa al fianco dei Turner, smanioso e allo stesso preoccupato di scoprire di chi si trattasse.
- Dato che sei in cerca di una nave, che ne pensi di quella? – gli prospettò il capitano, passandogli il cannocchiale.
Lui lo impugnò tenendo per mezzo minuto esatto l’occhio nella lente: - Orca! – sobbalzò poi sorpreso, ripassandogli lo strumento ottico con movimenti irrigiditi.
- Visto? Ci sono velieri pari o migliori della Perla Nera – asserì Turner, rimettendosi a valutare la struttura del vascello appena avvistato.
- Come al solito non hai capito niente, William! – lo accusò alterato Sparrow – Orca è il nome della nave!
- Ah, la conosci – replicò lui con flemma, mentre Elizabeth cominciò ad assumere la stessa espressione sconcertata di Jack: - Sì, ed è meglio non incrociarla! – gli assicurò con voce incrinata dal panico lui – La sua ciurma è composta da nient’altro che assassini. Ogni loro arrembaggio è una vera e propria strage, senza motivo alcuno! – sentenziò con chiaro disprezzo e una punta di terrore che colpì anche il piccolo Jim, rimasto ad ascoltare ammutolito fra i suoi genitori.
- E scommetto che fa parte della flotta di Fortezza? – esitò a chiedere il capitano dell’Olandese.
- Quella carogna di Clint Strappabudella si è alleato con lui, infine! – venne fuori Gibbs.
- Strappabudella?! – ripeté Jim stupefatto, cercando involontariamente il braccio della madre.
- Sono proprio gentaglia senza criterio – commentò lei delusa scompigliando i capelli al figlioletto e avvicinandolo a sé.
- Non ci sono più i pirati di una volta – attestò con amaro umorismo Jack, degnando per la prima volta il piccolo Turner di uno sguardo comprensivo.
- Capitano, prepariamo le armi e i rampini? – si affrettarono a chiedere i marinai, per nulla atterriti dalla evenienza di una battaglia.
Will rifletté brevemente su ciò che fosse più opportuno: - No. Tutti ai posti di manovra. Dobbiamo staccarli – obiettò imbracciando il timone.
- Ma è una buona occasione – considerarono alcuni, sollevando il mormorio di altri.
- Non è la nave giusta – ribadì il capitano Turner, impartendo il comando di virare.
- Che fine ha fatto il vostro fegato, signore? – si fece avanti il nostromo Koleniko, ostentando un tono particolarmente astioso.
- Di certo non lo darò in pasto a quelle bestie! – lo aggredì avverso lui, folgorandolo con occhi carichi di intimidazione. Elizabeth assisteva senza sapere come intervenire per evitare spiacevoli ritorsioni.
- È stato quel vigliacco del vostro“amico”a mettervi la pulce nell’orecchio? – lo calunniò ancora Koleniko riferendosi a Jack che cominciò anche lui a lanciargli sguardi inceneritori, senza però avere il coraggio di attaccare briga con quell’omaccione grande e grosso che lo aveva preso di mira sin da quando era salito a bordo.
Will lasciò il timone al suo vice che vi si attaccò con poca energia e si fermò ad una spanna dal nostromo, guardandolo dal basso in alto: - Se non ti piace il mio modo di comandare potevi lasciare l’Olandese Volante giorni fa.
- E se vi dicessi che vorrei lasciare adesso? – ribatté quello stirando l’espressione contratta di qualche secondo prima.
- Ti direi buona fortuna, Mark – affermò il capitano con fermezza e nessun rancore.
- È anche la nostra scelta – asserirono Penrod e altri sette pirati, attorniando Koleniko.
Will li guardò uno per uno, si voltò verso suo padre, Jack, Gibbs, Elizabeth e Jim rimasti alle sue spalle, e sospirò indicando loro l’imbarcazione: - Andate, allora. La scialuppa è vostra.
Tra i sussurri di stupore del resto della ciurma, gli uomini caricarono qualche provvista sulla barcaccia e si calarono in acqua salutando chi invece restava.
- Ti rendi conto? Otto uomini in meno! Sai che significa? – esplose il vice capitano, tirandolo in disparte dai pirati ancora mormoranti.
- Che dovremmo impegnarci di più, tutti – proferì a mezza voce il marito, tenendo sotto controllo il resto della ciurma che aspettava un suo pronunciamento.
- Avresti potuto provare a convincerli – gli fece notare lei, nervosa e insoddisfatta.
A risponderle fu Sputafuoco: - Non sarebbe servito. Erano decisi da tempo. Sarebbe stato necessario farli chiudere in cella e non ci sarebbero serviti comunque.
- Avanti, muoversi! – ordinò Will, distanziando la famiglia – L’Olandese deve volare!
- Se posso essere d’aiuto, io … – si propose generosamente Gibbs, al contrario di Jack che incrociò le braccia fissandosi gli stivali. Elizabeth gli diede una pacca di gratitudine.
- C’è un'altra nave, capitano! A quindici gradi di prua di babordo! – si sgolò la vedetta. Di nuovo tutti corsero nella direzione indicata cercando di scorgere la sagoma.
- Perché quando sono di vedetta io non succede mai niente! – si lamentò Jim, arrancando dietro gli altri fino alla posizione migliore.
Jack strappò il cannocchiale dalle mani di Turner: - Spagnoli! – esclamò divertito.

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Capitolo 26
*** Capitolo 25: Bivio ***


Capitolo 25: Bivio

- Spagnoli? Marina spagnola? – Elizabeth chiese allarmata a Jack, che si trastullava ancora con il cannocchiale, tenendo per sé ciò che vedeva.
Lui lo restituì a Will e le rivelò lanciandole un sorriso spavaldo: - Mercantile spagnolo, cara!
Jim gli pestò di colpo un piede, facendolo urlare: - Ahi! Brutto … - si contenne dopo l’occhiataccia della madre del bambino.
Will, intanto, guardava ora davanti ora dietro di sé, senza usare lo strumento ottico che faceva ruotare tra i palmi dopo averlo chiuso. Tutta la ciurma lo studiava con impazienza, in attesa di un suo ordine.
- A cosa pensate, Capitano Turner? – lo sottrasse alle sue mute riflessioni la moglie.
- Mi chiedevo quale delle due sarebbe più opportuno attaccare – dichiarò lui ammiccando furbo ai due velieri in mezzo ai quali navigava l’Olandese – Vorrei avere il vostro parere, signora Turner.
- Prendiamo il mercantile e poi spariamo – si azzardò a suggerire lei, facendo spargere risa di consenso.
Il Capitano dopo alcuni secondi di riflessione approvò: - Issare le gabbie! Vele all’imbando!
Il primo ufficiale ripeté l’ordine alla ciurma scendendo dal castello di poppa.
- Forza! – esclamò Gibbs portandosi sotto l’albero di mezzana.
- Io torno sulla coffa! – annunciò eccitato Jim, correndo verso le sartie collegate all’albero di trinchetto.
Jack, invece, non sapendo cosa fare, restò sulla balconata del timone al fianco di Will, osservando tutti gli altri uomini che si affannavano sui pennoni, posizionavano gli archibugi sul ponte e preparavano sciabole e moschetti.
- Solitamente cosa fa un Capitano durante l’arrembaggio? – gli domandò con un lieve impaccio Turner, evitando di guardarlo, quasi gli fosse sfuggito involontariamente un pensiero.
- Stai chiedendo il mio aiuto? – si pizzicò il pirata con le treccine, facendo tintinnare i numerosi monili che adornavano i suoi lunghi capelli.
- Fa’ finta che non abbia parlato – si ritrasse punto nell’orgoglio il Capitano dell’Olandese – Io almeno non uso Elizabeth come scudo – lo provocò dopo una pausa, girando lievemente la ruota del timone verso sinistra.
Jack sbuffò ma poi mosse un passo verso di lui: - Solitamente il Capitano lascia fare ai suoi bravi briganti e, quando la nave è ormai conquistata, sale anche lui per rivendicarne il possesso – lo imbeccò altezzoso, seppure intimamente lusingato di essere da lui considerato un mentore in quel campo.
Will pensò bene di approfittare della sua goffa disponibilità: - Ed è necessario uccidere quelli di bordo?
- Un Capitano capace riesce anche a guadagnarsi un buon bottino senza colpo ferire! – sostenne Sparrow con lo stesso tono spocchioso, ma Turner senza neanche accorgersene sollevò gli angoli della bocca mentre sbirciava l’enigmatico pirata.
- L’Orca sta virando e cerca di prendere la nostra scia! – strepitò in quel momento Elizabeth, richiamandolo dai piedi del cassero.
- Mollate le cime e date volta alle scotte! – le ordinò lui, tenendo dritta la ruota timoniera che sembrava assecondasse le onde anziché la sua volontà. – Questi qui conosceranno la nostra rotta! – si lamentò tra sé e sé – Possibile che ce li ritroviamo sempre tra …
La sua voce fu coperta dalla prima bordata della nave nemica e dalle conseguenti grida che si alzarono fra la ciurma. Finalmente la nave riuscì a prendere il vento e ad accelerare, incalzata dal rapido avvicinarsi dell’Orca che era molto più leggera e poteva contare anche sul vantaggio di una fila di grossi remi su ciascuna fiancata, come grosse pinne che si aggiungevano all’ampia velatura, decorata con un teschio fra due torri, disposta su quattro alberi.
Il mercantile, che fileggiava poco più a nord, era invece un tre alberi con vele miste e uno scafo largo, privo di pezzi pesanti di artiglieria.
- Dovresti alzare il jolly roger … che non hai – attestò sconcertato Sparrow, mentre Capitan Turner continuava a far ruotare il timone portandosi sempre più a destra della nave spagnola e continuando ad incitare i suoi a mantenere la velocità acquisita – Esattamente qual è il tuo piano? – lo interrogò con lieve angoscia.
- Bloccare con il mio scafo la sua prua – lo informò lui semplicemente.
- Azzardato – valutò Jack ridendo però con gli occhi, anche perché il profilo dell’Orca era meno nitido sull’orizzonte.
- Dovremmo imbrogliare le vele o finiremo per superarli! – cominciava a dissentire borbottando la ciurma, dato che l’Olandese filava tanto veloce che mancavano ormai poche braccia a oltrepassare il mercantile.
- Tutta a babordo! Abbriviate! – urlò all’improvviso il Capitano Turner, facendo compiere un repentino mutamento di rotta al vascello che, dopo qualche secondo, si dispose perpendicolarmente rispetto al senso di navigazione della nave spagnola, andando ad urtarne la prora con il fianco sinistro e bloccandone l’andamento.
– Sciabole e rampini, uomini! – spronò quindi i suoi pirati, ancora increduli dell’accaduto.
- Non abbiamo molto tempo prima che l’Orca ci raggiunga, perciò sfruttiamolo al meglio! – gli fece eco il suo primo ufficiale, mentre i bucanieri si tuffavano dalla murata verso il ponte dell’altra nave, esplodendo colpi di pistola e sbraitando per atterrire gli aggrediti.
- Il Capitano Turner se la sa cavare, dopotutto – osservò Gibbs che si era portato accanto a Jack sul cassero e nello stesso tempo scambiava grandi sorrisi con Jim che, affacciato sulla coffa, tesseva le lodi del padre.
- La fortuna del principiante – farfugliò lui sprezzante, voltando le spalle al parapetto.
- Vieni con me, Will! – Elizabeth irruppe sul castello del timone, afferrando per un braccio il marito e trascinandolo con sé verso il mercantile sotto gli occhi di Jack, Gibbs e Sputafuoco che si era unito a loro.
L’equipaggio arrembato non oppose eccessiva resistenza di fronte a quegli uomini indiavolati e alle loro armi, così, mentre alcuni facevano radunare i marinai iberici attorno agli alberi della nave e ve li legavano, un gruppetto andò dritto alla stiva, e altri provvidero a gettare le ancore. Senza degnarsi di consultare il Capitano, che ci restò un po’ male per quella loro insubordinazione.
- Andiamo a ispezionare la cabina del comandante! – lo esortò allora la consorte, eccitata come una bambina che si accingeva ad infrangere un divieto – Magari ha un letto a baldacchino …
Will si lasciò condurre, incapace di opporsi alla sua travolgente vivacità, e ben presto si ritrovarono ad abbattere la porta dell’alloggio privato del Capitano che vi si era barricato in preda al panico.
– State calmo – venne spontaneo pronunciare a Turner, notando il tremore dell’attempato uomo alla vista delle pistole che lui e la sua donna gli avevano puntato in faccia. Molti oggetti erano riversi sul pavimento dato l’urto subito dal bastimento.
Elizabeth si mise a curiosare per tutta la cabina, riponendo la sua sciabola, e scomparve in un’altra stanza che si apriva sulla parete di fondo. Il marito la seguì, intuendo che quello sconosciuto comandante alquanto pallido e tremebondo non avrebbe potuto costituire alcun pericolo per loro.
– Dovrai accontentarti di quello che abbiamo, per il momento – la canzonò, trovandola ferma con i pugni lungo i fianchi davanti un piccolo giaciglio costituito da una tavola di legno ricoperta da un rozzo materasso fissata ad un muro della cabina.
- Fatto sta che è alquanto scomodo dividere una branda in due, specialmente certe notti … - asserì lei con compiaciuta malizia lasciando la stanza, lui la interruppe con un colpo di tosse allungando il collo verso il comandante che se ne stava in piedi con le mani in mano e l’espressione turbata.
- Che vuoi che capisca? È spagnolo! E anche se fosse, che ti importa? – fu la spontanea replica della piratessa.
- Sei sempre la stessa – ammise Will scuotendo la testa e sorridendole – Hai finito qua dentro? Possiamo andare? – la esortò con un po’ di urgenza. Lei annuì e riprese a camminare più in fretta ma inciampò su qualcosa che sporgeva dalle assi del pavimento. Istintivamente si abbassarono entrambi per osservare: un tappeto si era spostato lasciando comparire una maniglia che, una volta tirata, svelò il nascondiglio di una cassetta metallica. La tirarono fuori e ruppero il lucchetto con il calcio delle pistole, restando abbagliati. Luccicanti monete d’argento erano semioccultate sotto sottili lenzuoli di lino.
- Potremo comprarci un mucchio di roba! – esclamò entusiasta Elizabeth stringendosi al braccio del marito che teneva l’altro rivolto al comandante del mercantile, con la pistola alla mano. – Una vasca da bagno, per cominciare – propose speranzosa.
- Lo sai che il bottino va spartito con la ciurma – la ammonì con un sorrisetto lui, rimettendosi in piedi e avviandosi alla porta senza abbassare la rivoltella, benché l’uomo non avesse mostrato intenzioni rivoltose.
- Certo! Ma la quota maggiore va sempre al Capitano! – gli ricordò lei, seguendolo ed estraendo la sciabola verso lo stesso malcapitato che sembrava sul punto di svenire e balbettava preghiere nella sua lingua.
- Hadras! Penrod! – chiamò intanto Will affacciandosi sul corridoio. I due uomini entrarono nella cabina – Questo va dritto sull’Olandese – affermò indicando il forziere. Ai due pirati brillarono gli occhi e lasciandosi andare a risate scomposte lo portarono via annunciando gradassi ai compagni ciò che avevano appena guadagnato.
I Turner li seguirono informandosi sul resto del bottino e venendo a sapere che nella stiva avevano trovato semi di caffè e di cioccolato e qualche tessuto di cotone: - Niente male come primo arrembaggio! – commentò Elizabeth con ottimismo.
- L’Orca ci metterà pochi minuti ad abbordarci – osservò Will, sollecitando i pirati a tornare sull’Olandese Volante.
La ciurma fu rapidissima a sgombrare il ponte del mercantile senza però liberarne i marinai che avevano mostrato maggiore interesse alle loro vite piuttosto che al carico che trasportavano.
– Hai già spiegato agli uomini la prossima manovra? – domandò il Capitano Turner al suo luogotenente.
Lei annuì: - Pronti ad eseguire al tuo segnale.
Il veliero compì una virata per sganciarsi dalla nave spagnola e già le cannonate dell’Orca diventavano sempre più minacciosamente vicine. Dopo la prima pioggia di proiettili che scalfì gli alberi e le vele dell’Olandese, la ciurma si accorse che la nave nemica era ormai a pochi metri e si accingeva ad attaccare da tribordo. Will richiamò l’attenzione della consorte e, praticamente nello stesso secondo, entrambi gridarono il comando, uno da poppa, l’altra da prua: - Fuoco! – stabilì lui.
- Giù! – urlò lei – Che stai facendo?! – strillò poi in direzione del marito.
I cannoni deflagrarono facendo vibrare il grande vascello, che nello stesso tempo stava sollevando la poppa dall’acqua per immergersi.
- Che hai fatto tu?! – si mise a protestare Will, cominciando a perdere l’equilibrio e a sentire gli spruzzi delle onde sulla faccia.
- Ti avevo detto spariamo, nel senso di: immergiamoci! Non facciamoci più vedere! – gli riferì lei, tentando di salire sulla terrazza del timone.
Metà degli uomini azionava i cannoni, l’altra l’argano che avrebbe fatto inabissare il vascello nel giro di pochi minuti. Intanto il disordine era incrementato dal ripetersi di spari provenienti dall’Orca i cui marinai fremevano dalla smania di gettarsi all’attacco.
I due capitani, tuttavia, non smettevano di confondere la ciurma con ordini contrastanti:
- Interrompete il fuoco! – comandava Elizabeth. – Rispondete al fuoco! – incitava i suoi Will, avendo abbandonato il cassero e muovendosi velocemente di qua e di là tra gli altri pirati che si affrettavano a correre sottocoperta.
- Mamma! Papà! Che sta succedendo?! – cominciò a gridare anche Jim dalla sua postazione.
- Jim! Scendi di lì! – si sgolò sua madre sentendolo, impugnando la pistola e prendendo la mira contro un avversario già catapultatosi sul ponte.
Anche suo padre si ritrovò a dover respingere l’assalto di un paio di tagliagole: - Devi metterti al riparo, ora! – lo esortò con trepidazione, sparando poi con un moschetto sopra la folla.
- Non mettetemi fretta! – rispose il bambino con la voce stridula per la paura, sporgendosi per tentare di afferrare una cima.
- Lascia stare le sartie! Devi saltare! Ti prendo io! – lo incoraggiò concitatamente Will, abbattendo un aggressore con il calcio del fucile.
- Ma è troppo alto! – protestò il figlio terrorizzato, vedendo l’acqua ricoprire sempre più veloce il ponte e proiettili volare a poca distanza sotto la coffa. Uno di questi colpì proprio Elizabeth all’anca destra costringendola ad acquattarsi dietro la murata.
Will la chiamò ad alta voce, volandole incontro e accovacciandosi a sua volta: - Maledetti! – sibilò lanciando uno sguardo bieco oltre il parapetto.
- Perdo sangue! – singhiozzò la moglie, guardandosi con sconcerto le dita imbrattate con cui si era toccata la pelle bruciante per la ferita.
Il consorte la strinse a sé: - No. Non è niente – la rassicurò cercando di individuare in quel putiferio qualcuno che potesse aiutarlo a portarla via.
- Non ce la faccio! – riprese a vociare Jim, che non si era accorto di nulla mentre provava a scendere senza cadere malamente nel vuoto.
Jack era riuscito a sottrarsi agli scontri e alle calche che imperversavano, affidandosi alla sua agilità e a varie funi che incontrava durante il cammino, ma le urla disperate di Jim lo avevano bloccato prima che affondasse il piede nelle scalette del boccaporto e si mettesse in salvo dietro di Gibbs.
Il punto non è vivere per sempre Jackie, il difficile è convivere con se stessi, per sempre”.
Impulsivamente quella frase sibillina udita molti anni prima gli riecheggiò nelle orecchie mentre scrutava il ragazzino che penzolava attaccato alle corde dei pennoni e si sgolava disperato senza che in quella bolgia qualcuno lo notasse.
- Non è da te, Sparrow. Tu lo detesti. Lascialo a me. In cambio ti risparmierò – gli propose con un tono subdolo e invitante una voce che lo aveva già sedotto in passato.
Abbassò gli occhi verso l’acqua che ormai gli arrivava al ginocchio e rifletteva una figura femminile dalle fattezze ammalianti.

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Capitolo 27
*** Capitolo 26: Coraggio o follia ***


Capitolo 26: Coraggio o follia

- … lasciare! Devi … Jim!

Le parole strepitate da Elizabeth arrivavano a Will frammentate, in mezzo alla bolgia delle due ciurme che si stavano ormai scontrando apertamente.
L’Olandese Volante era rimasta con più di metà del suo scafo sommerso: poppa e prua si erano allineate, molti uomini erano impegnati a respingere i tentativi di assalto dei nemici che si lanciavano ripetutamente con cime e rampini verso di loro.
I cannoni erano finiti sott’acqua e nulla potevano contro le bordate dell’Orca.
- Penrod!
L’apparizione del fidato medico di bordo fu una boccata d’aria per il Capitano Turner che lo chiamò più volte finché quello, cercando di evitare le pallottole vaganti, si trascinò fino a lui.
- Portala di sotto! – gli ordinò affidandogli la moglie che non si era più rialzata per il forte dolore al fianco. Il marinaio con cautela si apprestò a prenderla tra le braccia, ma lei era recalcitrante e continuava a tenersi saldamente aggrappata al marito.
- Non mi lasciare! – seguitava a ripetere stringendogli le mani, evidentemente disorientata da quanto stava accadendo attorno a loro.
- Vado a recuperare Jim e lo porto da te – le promise lui, cercando di convincerla a farsi accompagnare via da quella baraonda infernale.
- Jim! – si ricordò d’un tratto la donna, lanciando uno sguardo più che preoccupato alla coffa dove lo aveva avvistato l’ultima volta, non riuscendo a scorgerla poiché aveva la visuale occupata dai corpi dei vari pirati che si spingevano tra le onde sollevandone spruzzi. Sembrava che la nave dovesse affondare da un momento all’altro. Le assi scricchiolavano e si curvavano sensibilmente, il legno del ponte non avrebbe sopportato ancora il peso di tutta quell’acqua. Bisognava completare la manovra e poi risalire in superficie.
- Giurami che non resterai sopra coperta, questa volta – tornò a parlargli con più calma nell’orecchio Elizabeth, arrendendosi infine a separarsi da lui. Will la guardò intensamente negli occhi per qualche secondo, le accarezzò con un dito le labbra e si allontanò.
Penrod si caricò sulla spalla la signora Turner senza troppi complimenti e, più veloce che poté, discese attraverso il primo boccaporto che gli si aprì davanti.
Intanto il Capitano Turner era impegnato ad attirare l’attenzione dei pochi pirati rimasti nelle vicinanze: - L’argano! Tutti all’argano! – comandò raccogliendo quattro di loro e prestandosi ad aiutarli, spingendolo lui stesso.
Non appena sentì le grida di Jim, però, abbandonò subito gli altri correndo sotto il trinchetto. Vide che anche Jack era lì, immobile con la testa chinata, come ipnotizzato da qualcosa, poi avvertì come degli aghi affondargli nella carne e voltandosi notò degli arpioni attaccati al parapetto. Alzò lo sguardo sul figlio: era riuscito a raggiungere la sartia ed era rimasto aggrappato con le braccia e le gambe tra il cordame. Un attimo dopo il vascello iniziò ad inclinarsi gradualmente verso prua e i rampini, mentre le corde tiravano, graffiavano la ringhiera lasciando profondi solchi e facendolo rabbrividire. Non seppe più trattenere le urla che si mescolarono al clamore dominante e si catapultò a tagliare le funi così da avere più vigore per portare al sicuro Jim.
L’Olandese arrestò di nuovo la sua discesa: la parte posteriore si schiantò sulle onde. Jack era ruzzolato ma si rialzò, scombussolato e grondante dalla testa ai piedi, mentre l’immagine riflessa si ricompose davanti ai suoi occhi. Sinuosa e sorridente, si protendeva verso di lui.

- Aiuto!
Doveva bruciargli la gola per quanto stava strillando. Quel mocciosetto lo avrebbe salvato qualcun altro, si disse sbattendo le palpebre per liberarle dal sale. Irriflessivamente si guardò attorno: erano tutti occupati, perfino il padre che, muovendosi lungo la murata con la mano stretta al fianco destro, giocava al tiro al bersaglio con i pirati dell’altra nave.
Lui doveva mettersi in salvo: non aveva né spada né pistola, e se quei manigoldi assetati di sangue gli fossero piombati addosso non avrebbe potuto difendersi. Cominciò a camminare indietro come un gambero, con meno agilità di quanto volesse.
Anche il bambino era indifeso: avrebbe perduto la voce se continuava a implorare aiuto in quel modo. Un proiettile, sparato da chissà chi, spezzò la trama di funi cui era appesa quella giovane vita. Lo strillo acuto e disperato di Jim gli arrivò come un pugno nello stomaco.
Will scagliò uno sguardo di puro terrore, prima al figlio che oscillava nel vuoto, poi a Sparrow che assisteva alla scena senza battere ciglio. Portò avanti la gamba destra, pronto a lanciarsi, ma un uncino agganciatosi alla sua giacca lo tirò indietro, facendolo sbattere sulla murata.
Lei era ancora lì, affascinante e terribile: - Capitano per sempre. Questa volta potrai.
Era come una voce nella sua mente, lo stava controllando. Sarebbe stato più coraggioso lasciare che il petulante ragazzino si spiaccicasse al suolo, oppure dire di no alla potente dea del mare che pareva volerlo graziare? Jack sferrò un calcio deciso alla pozza d’acqua e l’evanescente figura femminile che vi si specchiava, si dissolse. Quindi arrancò fin sotto all’albero di trinchetto, cercando di non scivolare con la faccia in acqua: - Avanti, salta Turner jr! – sbraitò agitando le braccia.
- Signor Sparrow! Non credo di farcela! – urlò di rimando il bambino sbirciando terrorizzato sotto di sé, rigidamente concentrato a reggersi all’unica fune rimasta ancora annodata.
- Ora o mai più, Billy Jim! Ti prendo io! – si spazientì il pirata, usando un tono di rimprovero.
- Non fate scherzi! – gli raccomandò il ragazzino, sforzandosi di fare lo spiritoso mentre il suo accento tradiva una reale preoccupazione.
- Ora o mai più, Billy Jim! – ripeté Jack con una punta di insofferenza – Te la fai sotto, eh? – non finì di schernirlo che un fardello gli precipitò in braccio, facendolo ricadere all’indietro.
– Cavolo! Pesi un accidente! – si lagnò, spostandolo schifato accanto a lui.
- Sapete nuotare? – balbettò Jim tutto tremante, notando che il livello dell’acqua si stava fortemente alzando. Degli uomini erano di nuovo indaffarati attorno all’argano e l’inabissamento era ricominciato.
- Certo che so nuotare! – rispose quello stizzoso – E tu? – il ragazzino annuì ma Jack lo afferrò bruscamente per la camicia e, rimettendosi in piedi senza mollarlo, diede un’occhiata in giro per scorgere un passaggio che li portasse sotto coperta.
- La cabina di comando! – suggerì prontamente Will che li aveva visti aggirarsi in ambasce.
- Papà! – lo chiamò il figlioletto, scalciando per farsi lasciare da Sparrow.
- Vi raggiungo! Andate! – declinò quello, salendo lesto le scalette del castello di poppa per mettersi al timone.
Jack si slanciò contro la porta, rotolando all’interno della cabina insieme a Jim. La porta si richiuse di colpo mentre tutto il vascello vibrò paurosamente finché le onde non lo inghiottirono fino all’albero maestro. Allora ogni cosa si riequilibrò e la nave fantasma tornò a navigare silenziosamente.
- Grazie signor Jack! – esclamò il piccolo Turner, buttandosi su di lui.
- Oh?! – lo allontanò con un verso scontroso lui – Giù le mani! E poi non hai alcun motivo per ringraziarmi.
- Come?! Mi avete salvato la vita! – gli fece notare incredulo Jim.
Jack dissentì scuotendo la testa.
- Ah, avete ragione. Avete solo ricambiato un favore, giacché io vi avevo salvato per primo quando vi hanno sparato … - lo stuzzicò con un tono sbruffone, rialzandosi e accennando ad andarsene.
- È stato un caso in entrambi i casi – puntualizzò Sparrow, alzandosi a sua volta e seguendolo con passo incerto nel corridoio.
- Jim! Eccoti qui! – gli andò incontro Sputafuoco, sollevandolo tra le braccia e poi rimettendolo a terra – Tua madre è in infermeria e non fa che chiedere di te e di tuo padre. Lo hai visto?
Il bambino cominciò a raccontare quanto era successo e a chiedere notizie sulla sua mamma.
- Gibbs! – bisbigliò intanto Jack avvicinandosi al compare con espressione turbata – Ti devo dire una cosa. È la seconda volta che mi succede!
Il corridoio sembrò trasformarsi gradualmente e poi sempre più rapidamente in uno scivolo e tutti si ritrovarono a dover contrastare la mancanza di gravità, attaccandosi alle pareti, finché nel giro di pochi secondi l’inclinazione tornò come prima.
- Siamo riemersi – constatò Bill, aiutando il nipote a rialzarsi – Will sarà di sopra.
- Accompagno io Jimmy dalla signora Elizabeth – propose Joshamee incrociando subito gli occhi adirati di Jack – Vieni con noi? – gli indirizzò un sorrisino ruffiano.
- No, vado con Bill – replicò aspro quello, girando rumorosamente i tacchi.

- Che disastro! Ci sarebbe bisogno di un carpentiere – si lamentava Will con i suoi, prendendo atto dei danni causati dallo scontro sulla fiancata di tribordo e sugli alberi. Sparrow si sporse dal parapetto per verificare se l’Orca fosse ancora all’inseguimento.
- Diavolacci! Che brutta ferita, William! – sbottò spaventato Sputafuoco facendolo distrarre – Per poco non rischiavi di perdere un occhio! – affermò fissando preoccupato il taglio trasversale sulla tempia sinistra del figlio.
- Elizabeth? – chiese impassibile lui, nascondendogli l’altra ferita al fianco.
- Scalpita in infermeria. Penrod non riuscirà a tenerla ancora per molto – gli riferì il padre con gli occhi ancora sgranati per l’incredulità. – Jim è già lì. Vai, ci penso io qui.
Will accettò il suggerimento e si allontanò, ma prima di ritirarsi sottocoperta si rivolse a Jack che ostentava la sua solita aria indifferente: - Jim ti è volato addosso, eh?
Il pirata si limitò ad assumere una faccia rassegnata e Turner se ne andò barcollante, dando le ultime disposizioni alla ciurma.
- Talvolta penso che lui e sua moglie siano un po’ fuori di testa – mormorò Sputafuoco impensierito.

- Ti puoi girare Jim. È tutto coperto.
A parlare era Penrod, Will lo sentì da dietro la porta prima di entrare, insieme alla risata della consorte. – Capitano! Vostra moglie sta bene, anche se sarebbe meglio che se ne stesse un po’ ferma – esordì il dottore bloccandosi di colpo alla vista del suo brutto taglio vicino la palpebra.
- Will! – gioì Elizabeth ritrovandolo – Li abbiamo seminati! – le riferì lui trionfante, intuendo la sua ansia, poi si volse al figlio che strizzava le palpebre, evitando di guardarlo in viso: - Come stai, Jim?
- È che il sangue mi fa ancora un po’ impressione … - bisbigliò toccandosi il labbro con la punta della lingua. In quell’istante Penrod afferrò il Capitano per un braccio, medicandogli forzatamente con un tampone la lacerazione sanguinolenta sul sopracciglio.
- Mi dispiace signore, ma con voi non c’è altro modo – si scusò convincendolo a chinarsi.
Gli sistemò una piccola benda, quindi gli fece cenno di sfilarsi giacca e camicia.
Jim gettò un grido, sconvolto.
- Per mille pinte di rum! Avevano delle tigri a bordo? – esclamò il medico osservando i graffi profondi sul fianco del suo Capitano.
Will avrebbe voluto ritrarsi, ma oramai era tardi: - Sono stati dei rampini – si difese schivo.
- Eppure la giacca non è strappata – insistette Penrod un po’ sospettoso. Ad un’occhiata eloquente di Turner si zittì e continuò il suo lavoro. – Ora vi lascio – disse quando ebbe finito di stringergli una fascia attorno al petto, congedandosi non senza del latente dubbio.
- Non mi va di stare qui! – esplose subito Elizabeth portando le gambe a terra. Il marito finì di rivestirsi e si avvicinò per aiutarla: - Non dire idiozie! Posso camminare! – lo fulminò all’istante, celando in malo modo il dolore. – Però non riesco a respirare – aggiunse con tono più sottile, arrossendo lievemente – E sai quanto odio i corsetti!
- Questo dovrai tenerlo – affermò sorridendole l’amato. Poi con Jim si scambiò uno sguardo d’intesa: - Ti accompagniamo in cabina – le propose il figlioletto e insieme al padre le porse la mano.
Will la aiutò a togliere i vestiti sporchi e umidi e a sistemarsi sul materasso che occupava poco più di metà della rete del letto, fortunosamente scampata alle fiamme. Il bambino assisteva un po’ imbronciato ai suoi gesti premurosi mentre le rimboccava le coperte.
- Jimmy, potresti sistemare le altre cose che sono cadute? – gli intimò sua madre – E poi togliti quei vestiti bagnati.
Il piccolo calò la testa e si affrettò a fare quanto richiesto, continuando a sbirciare i due con la coda dell’occhio. Aveva capito che lo avrebbero fatto dormire su un’amaca e non ne era proprio entusiasta dato che si sentiva anche lui tutto dolorante, pur non volendo ammetterlo. Quando iniziarono a parlare a bassa voce e a baciarsi s’indispettì ancora di più: - Se dovete ricominciare a fare le vostre cose me ne vado – ribadì scocciato.
- Puoi restare – gli assicurò suo padre un po’ imbarazzato, al contrario di sua madre che rideva: - Hmm, mi sa che tu e Jim avete un discorsetto in sospeso …
- Ne riparliamo fra qualche annetto – si schiarì la voce Will sollevandosi dal bordo del letto, sedendosi su una panca e invitandolo ad avvicinarsi.
- Non ho l’età per fare e sapere niente – sbuffò lui trascinandosi accanto ad Elizabeth che gli sfilò la camicetta ancora molto umida.
- Jim quello che è successo … - riprese a parlargli suo padre serio – è la normalità, se tu e la mamma resterete a vivere su questa nave, con me e con gli altri. Sono momenti brutti che possono capitare. Capisci?
Il figlio annuì silenzioso, stringendosi alla madre che lo avvolse nelle coperte tranquillizzandolo.
- Veglio io su di voi – pronunciò teneramente Will baciando la fronte ad entrambi e spostando la branda vicino al letto, per poi distendersi a sua volta senza smettere di contemplarli.

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Capitolo 28
*** Capitolo 27: Informazioni riservate ***


Capitolo 27: Informazioni riservate

- Un’altra tempesta – borbottò Jim mezzo addormentato, rigirandosi e tirandosi mollemente la coperta fin sopra la faccia.
- Sei sveglio! Ti dispiacerebbe aiutarmi? Non riesco a piegarmi.
Il letto ondeggiava e cigolava e nei suoi occhi vedeva onde che s’infrangevano sullo scafo, ora scivolando via fluide, ora con impeto come volessero squarciarlo. Il mare era pieno di cavalloni, una colonna d’acqua si alzò dalla superficie increspata e gli venne incontro. Al suo interno si distinse gradualmente il profilo di una donna che non aveva mai visto: aveva un sorriso misterioso e due occhi neri come pozzi di inchiostro. Ripeteva il suo nome con una voce malvagia che gli faceva venire i brividi. Come faceva a conoscerlo?
- Jim! E allora? Non continuare a fare finta che dormi! È tardi! – Elizabeth rimproverò bonariamente il figlioletto scostando con un gesto secco le coltri in cui si era nascosto.
- Non c’è il mare mosso? – strabuzzò gli occhi lui, rizzandosi lentamente a sedere, poi osservò i movimenti di sua madre che, appoggiata al bordo del letto, tentava di affibbiarsi le cinghie degli stivali e faceva involontariamente dondolare la struttura di legno.
Lei gli sorrise, capendo solo allora il perché della sua domanda: - Vestiti, anzi, prima lavati.
Il bambino si avviò a passi lenti nella zona della toeletta, con la mente ancora confusa da quel sogno bizzarro, i suoi gesti erano svogliati e pigri tanto che Elizabeth, sbirciandolo mentre raccoglieva i capelli con un nastro lasciando libere solo due ciocche a lati del viso, lo richiamò più volte. Poi Jim si mise sulle ginocchia aiutandola ad allacciare le fibbie degli stivali.
- E papà? – le domandò mentre infilava il cinturino in un passante.
- Quando mi sono svegliata già non c’era – replicò la madre, indossando intanto il cappello.
La bocca del bambino si piegò in giù: - E non ci ha neppure chiamati? – attestò un po’ offeso.
- Se gli è saltato in testa di farmi passare per la povera ammalata, gli faccio cambiare subito idea – gli assicurò lei, sistemandosi la cintura con le armi attorno alla vita – Ci vediamo dopo – affermò quindi uscendo in gran fretta, malgrado la cicatrice al fianco le bruciava e tirava.
Sul ponte gli uomini erano ancora occupati a riparare i danni del giorno precedente: c’era chi rafforzava le cime, chi martellava sulle assi che si erano curvate, chi provvedeva a tappare i buchi causati dai proiettili nelle varie parti del cassero. Nonostante ciò, molti la salutarono cortesemente e si preoccuparono di chiederle come stesse. Cercando di sottrarsi a quell’inaspettato rituale di convenevoli, il luogotenente camminava senza guardare a terra e inciampò su una cassa di legno. La afferrò un marinaio con una zazzera castana e unta e gli occhi verdi contornati dalle rughe, prima che perdesse l’equilibrio.
Lei si soffermò sul contenuto dimenticandosi di ringraziarlo: - Il Capitano ha detto: meglio vele integre che lenzuola pulite! – ridacchiò lo stesso pirata, spiegando davanti a lei un panno di stoffa candido che passò a dei colleghi intenti a rattoppare le velature.
Elizabeth ricambiò un po’ stizzita la risata: - Certo! Certo! – asserì allontanandosi con lieve cruccio per la fine immeritata di quei raffinati tessuti di cotone che avevano rubato. Frattanto avvistò il marito, erto sulla terrazza più alta di poppa, e si incamminò verso di lui, ma quando giunse sulla balconata del timone e lanciò un’altra occhiata dove lo aveva scorto notò che uno dei suoi gli bisbigliò qualcosa all’orecchio e che lui lo seguì ritirandosi. Per il  momento decise dunque di fermarsi lì e affacciandosi alla ringhiera socchiuse gli occhi, godendosi la piacevole sensazione suscitata dai raggi tiepidi del mattino che penetravano fin sotto gli abiti.
- Abbiamo appena controllato la nostra posizione. Secondo i calcoli manca poco più di un giorno al nostro arrivo – la informò senza che gli chiedesse nulla il timoniere, un uomo dalla folta chioma nera che si univa alla barba riccia e lunga fin sotto il mento.
Il primo ufficiale stentava ancora a ricordarsi il suo nome - Di già? – fu la sua incredula e scarna reazione.
- Sì, signora. Questa notte abbiamo viaggiato … - non finì la frase ma volse il pollice in basso ammiccando – Certo non è molto piacevole, però almeno non ci sono più tracce di quei cani bastardi di ieri – aggiunse fiero e contento, riprendendo a stringere il timone.
- Bene! – dichiarò la donna con troppa enfasi, al punto da sembrare poco autentica.
Will probabilmente aveva aspettato che dormissero per tornarsene a comandare sopra coperta. E pensava che stesse approfittando con eccessiva leggerezza della sua buona sorte e della presunta protezione di Calypso.
- Sai che non trovo più la bussola? – Jack era arrivato ad un soffio da lei e neanche ci aveva fatto caso. Si girò incontrando la sua espressione quasi isterica: ognuno aveva i suoi affetti.
- Perché non chiedi a Jim di aiutarti a cercarla? Lui adora le cacce al tesoro – gli propose immediatamente, indicando con la testa il bambino che aveva visto aggirarsi sul ponte in compagnia di Gibbs e Sputafuoco.
Jack guizzò gli occhi sui tre e sgusciò via con una camminata sostenuta che lo faceva dondolare comicamente ancora di più, mentre alzava le braccia per bilanciarsi. Le venne spontaneo sorridere osservandolo, poi una mano che subito riconobbe le si poggiò con delicatezza ma decisione sulla spalla. Tolse le braccia dalla ringhiera e si voltò verso di lui: le apparve inquieto e non servì che parlasse per convincerla a seguirlo.
Si fermò in una parte della nave che lei aveva volutamente evitato di calpestare in quei giorni. Un breve spazio tra la parte posteriore del cassero e il parapetto di poppa in cui aveva visto per l’ultima volta un uomo che tardi aveva capito di aver fatto soffrire e che lì aveva sacrificato eroicamente la vita per lei. Sentiva già gli occhi inumidirsi, ma Will non poteva sapere. Non gli aveva mai raccontato i dettagli della morte di James Norrington.
- Elizabeth, come mai hai portato a bordo il … forziere? – le ultime sillabe gli si ruppero in gola e si toccò involontariamente con la mano aperta il lato sinistro del petto – L’hanno visto nella stiva mentre prendevano gli attrezzi per riparare la nave. L’ho visto anch’io – le rivelò con tono tetro, abbassando il braccio destro.
La giovane donna esitò qualche secondo, immobilizzata dai tristi ricordi riaffiorati prima e dall’inevitabile necessità di essere sincera, non sopportando l’angoscia che offuscava gli occhi dell’amato: - Ormai devo dirtelo – iniziò con un sospiro, scostando con lentezza una ciocca che il vento le soffiava sul viso.
Will spalancò occhi, orecchie e bocca raddrizzandosi, lei si sforzò di usare un tono udibile e neutro: - L’ho usato per nasconderci il Codice – proferì tutto d’un fiato, muovendo un passo verso di lui.
- Il Codice?! Di chi?! – sbottò confuso il marito, alzando un po’ la voce.
- Di Morgan e Bartholomew – spiegò con semplicità e un pizzico di offesa lei.
Will appoggiò la schiena al parapetto, sentendosi quasi mancare le assi da sotto i piedi:- Quel Codice?! – continuò a domandare sbigottito.
Elizabeth annuì sveltamente e gli si piazzò davanti ricominciando a parlare con la fronte bassa: - La chiave te l’ho presa dalla cinta dei pantaloni mentre dormivi ...
- La chiave? – ripeté lui incredulo – Come hai fatto ad avere il Codice? – smorzò il volume della voce, anche se in quel momento era tentato di gridare.
La moglie lo anticipò, raccogliendogli le mani nelle sue, e, fissando le loro dita intrecciate anziché la sua faccia, riprese: - Cercavano qualcuno che lo tenesse al sicuro. Dicevano che alla Baia dei Relitti sarebbe stato in pericolo. Non avevo ragione di oppormi. In fondo nessuno mi conosceva più come pirata.
Gli occhi di Will cercavano i suoi: - Quando? Quando è successo tutto questo? – la interrogò sottovoce, ancora scosso.
- Cinque anni fa. È stato uno dei nove pirati nobili a portarmelo, il Capitano della Murena. Mi ha cercata a lungo dopo aver conosciuto la storia dell’ultima Fratellanza – gli raccontò scandendo lentamente le frasi e tornando ad inchiodare il suo sguardo con ritrovata decisione.
- Era la favola della buona notte di Jim. Ecco perché sa tante cose – constatò lui con palpabile freddezza, districando le mani da quelle di lei, mantenendo un viso accigliato.
Un mezzo sorriso si fece largo sulle labbra di lei:- Non sa che si trattava del vero Codice.
- E mi avevi fatto promettere “niente segreti” – sospirò Will, incrociando le braccia e reprimendo della sana collera, mente le sue pupille non smettevano di fissarla in modo penetrante e accusatorio.
Sua moglie si morse la lingua con fare risentito:- Non riguardava me e te. Questo è un segreto di storia della pirateria!
Elizabeth non si smentiva mai: piratessa fino alle budella.

Quando Jack se li vide comparire sulla soglia del suo alloggio, con l’intenzione palese di confessargli qualcosa scritta in faccia, si sentì sbiancare: - Hai detto ai tuoi che ho fatto il buon samaritano? – mormorò rancoroso all’indirizzo di Jim, al quale aveva chiesto volentieri di aiutarlo a cercare la bussola, non dandogli così occasione di spettegolare sul salvataggio con Gibbs e con suo nonno. Il bambino rimase zitto non capendo il senso di quella battuta.
- Dobbiamo parlarti – dichiarò con fermezza il Capitano Turner, mentre la consorte teneva gli occhi bassi dietro di lui. – Potreste venire anche voi, mastro Gibbs?
Nella cabina di comando, a porte chiuse, i due inveterati pirati si sentirono quasi tenuti in ostaggio. Con accortezza misurarono i loro gesti ed espressioni, scambiandosi sguardi preoccupati.
Elizabeth prese posto a capotavola senza sedersi, contrariamente agli uomini che si sistemarono attorno a lei sulle poltrone di legno. Al centro del tavolo c’era il forziere, chiuso con la sua complessa combinazione meccanica. La chiave invece la faceva girare Will intorno al suo dito, come se ci giocasse per distrarsi da un oscuro presagio che lo opprimeva.
Il viso di Jack fu un caleidoscopio di espressioni durante il racconto della signora Turner: - Hanno lasciato il Codice nelle tue mani! – strillò alla fine con sconcerto.
- Una giovane madre abitante nell’isola in cui è cominciata la caccia ai pirati: geniale! – commentò invece con ammirazione Gibbs, rodendosi un po’ dentro di sé per essere venuto a conoscenza di quel succoso aneddoto solo allora.
- Lo sai che la Murena è diventata una delle navi di Fortezza? – le rivelò subito dopo Sparrow, tangibilmente preoccupato.
Elizabeth rimase interdetta: - No. Però, in effetti, quest’anno il Capitano non era ancora venuto a trovarmi per dettarmi le novità da trascrivere – ribatté con dispiacere sedendosi.
Il consorte non stava più nella pelle per lo stupore e il tormento che gli procuravano quelle rivelazioni. Conservò in una tasca interna della giacca la chiave, i tendini tesi e la gola secca.
Neppure Jack era tranquillo: ogni volta che provava a dipingersi un quadro della situazione attuale, qualcosa che non sapeva saltava fuori e cancellava inesorabilmente le sue supposizioni, come un castello di sabbia sommerso dalla marea.
– Come hai detto che si chiamava questo Capitano della Murena?
La signora Turner esitò un secondo: - Jucard. Anamaria Jucard.
Il pirata fece una smorfia strana, grattandosi una guancia: - Mai sentita.
- Allora era una donna, per di più! – proruppe Will, in parte risollevato.
- Che vorresti dire? – lo folgorò la moglie urtandosi, lui mise le mani avanti scusandosi e girò la faccia dall’altra parte.
- La maternità l’ha addolcita parecchio, vedo – mormorò Sparrow a Turner, che stava al suo fianco e gli mostrò di condividere la sua opinione annuendo piano.
- Forse è il caso che vi diciamo tutto quello che sappiamo di Thomas Worley Fortezza – si fece avanti Gibbs titubante, aspettando l’approvazione di Jack per continuare.
- E della Baia dei Relitti – aggiunse lui con l’indice alzato.
Il Capitano Turner acconsentì, curioso di saperne di più, ma non del tutto fiducioso sulla loro improvvisa sincerità: - Come mai voi due soltanto adesso vi decidete a parlare? – domandò astioso.
- William – lo richiamò la moglie, lanciandogli un’occhiata di ammonizione.
- Vedi, compare, le cose si stanno complicando più del previsto – chiarì Sparrow insolitamente serioso.
Will si alzò voltandogli le spalle e mettendosi a camminare avanti e indietro per la stanza, cercando di controllare i nervi in subbuglio.

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Capitolo 29
*** Capitolo 28: Colpe e omissioni ***


Capitolo 28: Colpe e omissioni

Mastro Gibbs attinse un sorso dalla sua inseparabile fiaschetta, quindi si sistemò meglio sulla piccola sedia e prese la parola: - Thomas Worley oltre dieci anni fa era un corsaro al servizio dell’Inghilterra con l’incarico di catturare quante più navi pirata possibile. Per ognuna di esse riceveva una consistente ricompensa. Presto capì che in uno schiocco di dita poteva crearsi dal nulla una propria flotta, così, lasciandosi prendere dalla brama di potere, cominciò ad agire per il suo tornaconto. Ha sconfitto i più importanti pirati nobili. Eccetto Barbossa, che si era già ritirato dagli affari, e il qui presente Jack Sparrow.
- Io dopo qualche tempo avevo accettato di fare parte della flotta di Worley dandogli le carte nautiche in cambio di una nave, la Razza si chiamava – confessò sottotono Sparrow, quasi vergognandosi dei suoi trascorsi – Lui le accettò subito, convinto di poter ottenere un controllo assoluto sul mare.
- Ma Calypso deve averlo avvertito, facendogli sapere che quelle carte erano false – si intromise Elizabeth, cercando di inserirsi nell’intricata vicenda.
Jack approvò la sua affermazione: - E lo ha scelto per combattere gli ultimi rinnegati – le diede ragione – Chissà cosa gli avrà promesso …
- O in che modo lo avrà minacciato – aggiunse Gibbs, una smorfia di terrore impressa sul volto rugoso al solo immaginare quali pene infernali potesse aver prospettato la capricciosa entità.
Jack aveva un’espressione particolarmente meditabonda, al che riaprì la bocca:- A proposito Willam, penso sia per colpa della tua dolce metà che l’amabile dea ti abbia maledetto … - buttò lì vagamente, rimirandosi gli anelli variopinti che gli incastonavano le dita.
Gibbs sussultò parimenti alla piratessa: - Perché?! – domandò stizzita lei – Maledetto?! – ripeté sbalordito l’uomo di mare.
Il Capitano Turner si riavvicinò al tavolo appoggiandosi con entrambe le mani e aspettando che Jack continuasse ad esporre. Il pirata arricciò un labbro e proseguì: - Vedi, il Codice è uno dei tesori che non ha ancora avuto modo di ottenere. Ed è un pezzo pregiato, a cui tiene molto. Dopotutto, contiene la formula con cui una volta è stata imprigionata.
- Quindi? – sbuffò Turner, stanco delle lungaggini del dispettoso pirata.
- Non potendo accanirsi su di te né sulla nave, giacché avete stretto un patto, vi ha legati insieme così che tu non dimentichi a chi appartieni, ancora – illustrò la sua ipotesi con soddisfazione. Will restò interdetto e pensieroso.
- Vuoi dire che se non avessi portato con me il Codice, Will non … - esitò a pronunciare Elizabeth, non del tutto sicura di aver capito appieno quegli astrusi ragionamenti.
- Il punto è questo, gioia: Calypso vuole ottenere ciò che desidera, senza impedimenti, ma non può sottrarsi ai patti già pronunciati da lei stessa, perciò anziché scioglierli, li fa diventare ancora più stretti, per essere certa di essere servita. Comprendi? – concluse spicciamente Sparrow, frustrato per non essere compreso dagli interlocutori che continuavano a sgranare gli occhi senza dare segno alcuno di assenso.
Will si riscosse dopo aver fatto ordine nella sua testa, mettendo da parte il malumore causato dall’aver scoperto i sotterfugi della moglie: - Insomma stai dicendo che Calypso aveva paura che io cercassi di liberarmi di lei attraverso il Codice, in cui è custodita la formula magica che sappiamo, e così mi ha lanciato questa maledizione per obbligarmi a portarle le carte.
Jack si alzò in piedi ed applaudì sotto lo sguardo a dir poco stupefatto di Gibbs e di Elizabeth, che mai avrebbero pensato di vedergli esprimere così apertamente la sua approvazione per il Capitano dell’Olandese. Quando si accorse di come lo scrutavano, attenuò il battito delle mani e si risedette chinando la testa.
- Però, Calypso come fa a sapere che siamo in possesso del Codice? – mosse un nuovo interrogativo la signora Turner.
Provò a risponderle Gibbs:- L’avrà saputo da Fortezza, che l’avrà saputo a sua volta dal Capitano della Murena.
- Ma questo significa che ci hanno controllato e seguito sin da quando siamo partiti – ribatté Elizabeth – E che il Capitano Jucard ha tradito la filibusta – aggiunse con delusione, stringendo i pugni e scrutando di sghembo il marito, sentendosi in colpa.
- Deve esserci stata la Medusa Spettro alle nostre calcagna, tutto il tempo – trasalì Jack ricordando per un attimo le sue disavventure.
- E adesso che dovrei fare io? – replicò Will nervoso, spingendo la vista fuori da un oblò.
Gli rispose Sparrow: - Quello che ti ha chiesto, se vuoi essere egoista, quello che ti propongo io se vuoi …
- Farti un altro favore, Jack? – lo interruppe bruscamente lui – Basta! Se non lo sai Calypso mi ha imposto pure un limite di tempo: trenta giorni, oggi è il dodicesimo e devo considerare il tempo che ci vorrà per raggiungere il suo covo – dichiarò ansioso e con un leggero tremore.
- Non me l’avevi detto e io non sono un veggente! – si pizzicò Jack scoccando un’occhiata veloce al Capitano che sembrava nascondere un improvviso mal di stomaco schiacciandosi l’addome – Altrimenti saprei che fine ha fatto la mia bussola!
- Per piacere, ancora con questa storia! – esclamò Elizabeth irritata.
In breve lei, Will e Jack cominciarono a rivolgersi accuse a vicenda sul peso delle loro bugie in quella situazione, mentre Gibbs rimase taciturno; d’un tratto richiamò l’attenzione dei tre parlando a tono più alto così da sovrastarli: - Siete pronto ad affrontare la Gola del Diavolo?
Il Capitano Turner indicò se stesso con stordimento, gli altri due si zittirono volgendosi a Joshamee: - È l’unica via d’accesso rimasta per l’Isola dei Relitti. Si tratta di uno stretto passaggio che ogni anno reclama decine di navi. Si dice che sotto quelle acque risieda lo spirito di un demone del mare … – narrò con la consueta abilità di impressionare il vecchio pirata.
- Io so che si tratta solo di eruzioni vulcaniche sottomarine – mise in chiaro Elizabeth più realista – L’intera città sorge nel cratere di un vulcano spento, ma a quanto pare c’è ancora attività sott’acqua – asserì con sicurezza. Gibbs si scurì portandola ad aggiungere: - Lo hanno scoperto da due anni all’incirca, mi ricordo di averlo trascritto io stessa sul Codice.
- È comunque pericoloso! – affermò il superstizioso briccone, imbronciandosi.
- Perché non ci sono altri passaggi? – domandò invece Turner con il suo schietto pragmatismo.
- Per via di alcuni maremoti che li hanno ostruiti con i detriti – gli spiegò la moglie. - È questa la ragione che ha convinto gli ultimi pirati a portare via da lì il Codice. Per alcuni anni se lo sono trasmesso l’un l’altro e poi lo hanno lasciato a me – spiegò definitivamente.
- La Gola del Diavolo non è il solo ostacolo – riattaccò Jack con un sogghigno smargiasso – Solo i veri pirati possono entrare nella Baia dei Relitti. E tu non lo sei.
- Che stai dicendo? Sono stato dalla vostra parte dieci anni fa! – esplose Will – Ho cannoneggiato io stesso l’Endevour! Non basta?
- Dovresti giurare sul Codice – borbottò Sparrow, ammiccando al forziere con un tono di sfida. Sapeva che lui non poteva: avrebbe significato mettersi contro Calypso. Anche il Capitano dell’Olandese intuiva quella difficoltà, perciò ammise a denti stretti: - Tanto non posso scendere a terra.
- Secondo te è un problema, questo? – riprese Jack con un sorriso ironico – Ti leghi ai piedi due secchi con l’acqua di mare e cammini! L’ho visto fare al vecchio Jones – lo canzonò beffardo, ricevendo le occhiate di rimprovero degli altri due.
Will preferì non rispondergli, limitandosi ad una risata finta. Poi si allontanò in direzione della porta che dava sul ponte e la aprì girando la chiave: - Però potevate preoccuparvi di mettermi al corrente di tutto questo prima – li biasimò lanciando loro uno sguardo ombroso; quindi si soffermò sulla consorte parlandole con mestizia – Ti credevo più saggia di me. Sarò pure stato fuori dal mondo, ma tu non mi hai aiutato proprio a tornare a farne parte.
Elizabeth si allontanò dal suo posto andandogli incontro, ma lui la fermò alzando una mano:
- Vado ad avvertire gli uomini di quello che ci aspetta – sussurrò defilandosi di fretta.
- Ancora non vuole capire – commentò Jack con disapprovazione, trovandosi a desiderare ardentemente del buon rum.
- Sono io a non capirmi, a volte – ammise la piratessa con un senso fastidioso di amaro in bocca, restando con gli occhi fissi alla porta chiusa.
Sparrow schioccò la lingua:- Che tipo era, quella Capitana della Murena? – chiese un attimo dopo con sfacciataggine.
La signora Turner si voltò brevemente verso di lui senza trovare le parole per aggredirlo mentre la guardava con indifferenza, limando un’unghia sul bordo del tavolo. Espirò rumorosamente e uscì sbattendo la porta. Gibbs sbuffò tra i denti come a rimproverarlo scuotendo nel contempo la testa, e lo lasciò solo anche lui, alzandosi.
Jack cominciò allora a ispezionare indiscretamente la cabina, sperando di poter ritrovare forse lì, in qualche intercapedine o pertugio, l’oggetto caro che aveva perso giorni addietro.
Proprio mentre era intento a setacciare il pavimento pensò che, anziché mettersi carponi, avrebbe potuto chiedere a qualcun altro di buona volontà di continuare quella noiosa ricerca. Sentì qualcuno entrare dalla porta e per sbucare fuori più velocemente possibile sbatté la testa contro il massiccio legno di una gamba del tavolo.
- Signor Sparrow ero venuto a cercarvi per dirvi che … che ci fa quel coso qui? – Jim piantò le suole indicando il forziere con aria sorpresa e impaurita.
Jack, ancora accovacciato a terra, si voltò verso l’oggetto allungando il collo: - Quello? Niente, credo servisse a dare un tocco di … – mugugnò dei versi incomprensibili - … all’ambiente! – concluse non riuscendo a inventarsi niente di sensato e si rimise in piedi come nulla fosse.
Il bambino non smarrì l’espressione confusa, ma riprese a parlare: - Non c’è traccia della bussola, però non posso aiutarvi più per oggi, perché devo andare di vedetta – si scusò notando la delusione appropriarsi del volto di Sparrow. – Magari domani – lo consolò dandogli un colpetto con il pugno chiuso sul braccio.
- Devo farti delle domande – obiettò il pirata quando lo vide avviarsi alla porta, troppo tardi perché lo sentisse. Uscì a sua volta e lo seguì finché si accorse che stava veramente salendo sulla coffa e allora rinunciò ad andargli dietro, cercandosi un posticino in cui poter oziare indisturbato.

Il resto della giornata trascorse in un clima teso di sospensione per la ciurma che avanzava ipotesi sul modo in cui avrebbe affrontato la rischiosa Gola del Diavolo.
Elizabeth si ritirò nella cabina personale, usando la scusa di doversi riposare per rileggere le ultime pagine del Codice che tirò fuori dal forziere dopo aver trovato la chiave lasciata sul comodino da Will. Il quale, preferendo sfogare l’inquietudine percorrendo in lungo e in largo la nave da cima a fondo, evitò di incrociare pure Jack, mostrandosi sempre occupato a fare qualcosa o a parlare con qualcuno.
Jack, capita l’antifona, si chiuse in un silenzio insolito restando a rimuginare su tutto quello di cui avevano parlato e cercando di dare un senso logico alla confusione degli ultimi eventi.
Il giorno seguente l’Olandese Volante navigava lenta per la scarsità di vento.
Elizabeth lo aveva aspettato tutta la notte insieme a Jim, ma lui non era tornato in cabina. Pensò che stesse esagerando, ma capì che sarebbe toccato a lei ancora una volta cercarlo: non voleva perdere tempo inutilmente colmandolo di reticenze e aspettative. L’attesa era stata compagna dei suoi anni giovanili, ora voleva solo agire.
- Se cercate il Capitano, è nella polena, signora – la avvertì Sputafuoco notando i suoi ripetuti tentativi di scorgerlo sul ponte. Rimase sbigottita e quello, intuendolo, la condusse fino a prua, indicandole la fune con cui Will si era calato all’interno della polena frastagliata che ricordava la bocca di un coccodrillo. Con titubanza si calò anche lei ringraziando con un cenno il vecchio Turner. Il Capitano era proprio lì, con le gambe che ciondolavano dal bordo su cui era seduto. Accorgendosi di lei sospirò, mostrando ancora insofferenza.
- Lo so che non è abbastanza, ma volevo lo sapessi che mi dispiace per come sono andate le cose. Avrei dovuto fregarmene di quelle leggi piratesche – esordì con tono sommesso, sedendosi dietro di lui che poco dopo si spostò indietro giungendo al suo fianco.
- Ci sono decine di domande che mi martellano la testa, una più delle altre. A questo punto non possiamo avere nemmeno la certezza che la Baia dei Relitti esista ancora. Tu lo sapevi dall’inizio. Perché me l’hai tenuto nascosto? – la donna ricambiò il suo sguardo inquieto e poi abbassò la fronte senza dir nulla – Non hai mai voluto che consegnassi le carte a Calypso – concluse Will riportando gli occhi sul mare davanti a sé.
- Sì, è vero. Perché penso che il mare sia nostro. Dobbiamo riprendercelo, non credi? – lo incitò lei con veemenza sfiorandogli una spalla.
- Io sono stanco – bisbigliò lui divincolandosi e scansandola.
– Ti prego – soffiò la moglie morsicandosi le labbra, pentendosi delle sue stesse ammissioni.
- Non sei tu ad avere una maledizione! – proruppe lui alzando la voce, per poi calmarsi – Una maledizione che peggiora di giorno in giorno. Lo sai, è come pensava Jim: ormai sento l’acqua – le rivelò toccandosi la pancia – e ogni minimo urto, dentro e sulla pelle. Mi sta facendo impazzire – sussurrò stringendo gli occhi.
Elizabeth allungò le braccia verso di lui e lo tirò a sé, facendogli appoggiare la testa sul suo seno e accarezzandogli il viso e i capelli. Lui si rilassò gradualmente e le circondò la vita, prima con esitazione poi con decisione, sprofondando il volto nella sua camicia, tentato per la prima volta di riversare il suo avvilimento.
- Troveremo una soluzione – affermò l’amata con una voce che sembrava trattenere le lacrime, piantando le dita nella sua schiena e poggiando la fronte sulla sua.
- Terra! – gridarono in coro con la stessa eccitazione Jim e un altro marinaio di vedetta.

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Capitolo 30
*** Capitolo 29: La Gola del Diavolo ***


Capitolo 29: La Gola del Diavolo

- Terra in vista!

Al ripetersi di quell’annuncio, Will si voltò svogliatamente verso prua senza scostare la testa dal seno della moglie, le cui braccia lo stringevano a sé con esigenza.
Le due vette a forma di tronco di cono dell’isola erano appena distinguibili ad occhio nudo e lo zefiro soffiava talmente fiacco che il veliero non l’avrebbe raggiunta prima del calare del sole, in quel momento già nel punto più alto del suo cammino nel cielo.
Riportò gli occhi leggermente umidi e arrossati in quelli di lei, allentò l’abbraccio e, mettendosi in ginocchio, percorse con le mani il suo profilo, dai fianchi in su, fino a fermarsi al suo viso:
- Perdonami – sussurrò con un’espressione dolente e sincera prima di lasciarle un bacio carico di affetto sulla guancia. Quindi si alzò in piedi e cercò la cima con cui si era calato fin lì per risalire sul ponte.
Elizabeth per qualche secondo se la prese con se stessa per non aver detto nulla e per non averlo fermato: - Andiamo – si disse infine con un sospiro, e si arrampicò anche lei con la stessa fune.

- Ci occorre conoscere la nostra posizione con esattezza. E se è possibile aumentare la velocità. È preferibile arrivare alla meta prima del tramonto.
Il Capitano Turner si era già ripreso e sollecitava con energia l‘impegno dei suoi fidati uomini.
La moglie lo osservava con ammirazione e allo stesso tempo amarezza: era come se in lui vivessero due personalità, quella del pirata spericolato e quella dell’innamorato colmo di premure, ed era più bravo di lei a farle coesistere. Aveva senz’altro costruito un rapporto forte con la ciurma, conquistandone e ottenendone la fiducia, giorno per giorno, quello che non era stato permesso a lei, e che a volte glielo faceva sentire così distante.
- Ricordi se sul Codice ci sia una mappa dettagliata dell’Isola dei Relitti? – la strappò a quei pensieri tormentati comparendole davanti. La piratessa si limitò ad annuirgli e solerte andò a recuperare il libro in cabina.

- Ehilà, marmocchio! – attaccò Jack dopo aver raggiunto la coffa dell’albero maestro.
Jim lo accolese con un largo sorriso: - Salve, signor Sparrow! Sono così contento! Ho dato per primo la notizia dell’avvistamento! Proprio io! – la sua vocetta risuonava ancora più squillante, infervorata com’era dal buonumore.
- Ah, sì? Bravo! – farfugliò il pirata con disinteresse sturandosi un orecchio – Senti, basta con questa storia del signor Sparrow: chiamami Jack, comprendi? – gli propose con faccia furba, sperando di ingraziarselo ulteriormente.
- Veramente? – a giudicare dall’entusiasmo che sprizzavano i suoi grandi occhi lucenti, il piccolo ci era cascato in pieno.
- Ciò non implica alcuna forma di contatto fisico. Niente abbracci né simili - ribadì subito dopo con scontrosità, prevenendo in tempo qualsiasi sua sgradito esternazione.
Il bambino accettò il compromesso senza perdere il raggiante sorriso:- Va bene.
- Ero venuto a porti una domanda, figliolo. Tu hai, diciamo, eventualmente o accidentalmente, avuto occasione di conoscere il Capitano Anamaria Jucard? – gli chiese pronunciando quelle parole con ritrosia.
- Non posso risponderti – declinò con dispiacere Jim, mordicchiandosi le labbra.
Jack esibì un’espressione offesa: - Tua madre mi ha mandato da te – lo assicurò mentendogli.
- Sì, ma non credo … - ribatté incerto il ragazzino, distogliendo lo sguardo sull’orizzonte.
– Non ti supplicherò – insistette con lo stesso tono il filibustiere, facendo per andarsene.
– Non serve! – lo bloccò il giovane Turner, tirandolo per la giacca – Ti dirò tutto quello che so, se ascolterai il mio sogno. Accetti?
Sparrow acconsentì a quell’innocuo ricatto, voltandosi con una smorfia di rassegnazione e si sedette più comodamente sulla piattaforma, sforzandosi di non far vagare i pensieri altrove.
- Allora: l’Olandese è al centro di una tempesta paurosa, ci sono onde altissime … - Jim cominciò a raccontare con un misto di terrore ed entusiasmo.
Il pirata non resistette e lo interruppe subito con urgenza: - Com’è fisicamente? Capelli? Occhi? Carnagione?
Jim storse la bocca scocciato ma lo accontentò, cominciando a parlargli di lei, prendendo alla larga la risposta: - È molto simpatica. Ricordo che ogni volta che veniva a trovarci la mamma era felice, perché non ha avuto delle amiche e invece con lei rideva e parlavano di tante cose …
- Dannazione! Ti ho chiesto di descrivermela! Non m’interessa di tua madre! – si spazientì Jack, abbaiandogli contro quelle parole.
Gli occhi del bambino guardavano dietro e oltre le sue spalle, tanto che non sembrò impressionarsi di quell’accento sgarbato con cui gli si era voltato: - Aspetta! Guarda là! Non ti sembra una nave che si allontana quella lì? – indicò un punto minuscolo sull’orizzonte.
- Aaahh! Sono arcistufo dei tuoi giochetti! – strillò inalberato Sparrow, alzandosi e cercando di afferrare una cima per ridiscendere da quello stretto terrazzino.
Il suo dispettoso interlocutore tentò di farlo tornare indietro, sporgendosi: - Dove vai? Non ti ho ancora raccontato nulla, signor Jack!
- Appunto! – lo tacciò irritato il pirata, calandosi velocemente sul ponte.
Per poco nella sua discesa non investì Elizabeth, che passava da lì, e che subito gli domandò con curiosità: - Jack cosa ci facevi lassù?
- Ho fatto una passeggiata sui pennoni! – asserì lui con fare irriverente, allargando le braccia e disegnando un rapido inchino, per poi allontanarsi stizzosamente.

La brezza continuava a soffiare lieve tanto che le velature ricadevano verticalmente quasi parallele agli alberi. La superficie piatta del mare era come uno specchio colorato del giallo pallido del cielo in cui si erano formate soffici nuvole tinte di rosa. Stavano aggirando ormai da due ore una muraglia di scogli che affioravano aguzzi e scuri dalle acque placide.
D’un tratto l’aria si arricchì di goccioline e, come fosse una tenda, la nebbia scese riducendo la visibilità, venendo spazzata via dopo pochi minuti da un colpo di groppo. Le vele subirono uno strattone e il timoniere, che in quel momento era Sputafuoco, fece appena in tempo ad evitare che la nave andasse ad incagliarsi, data la rapida virata. Finalmente comparve un passaggio delimitato da rocce di basalto che, lucide e nere, riflettevano gli ultimi deboli raggi del sole, sempre più vicino all’orizzonte. Poco o nulla s’intravedeva dell’interno della baia.
- Prendo io il tuo posto al timone – stabilì il Capitano Turner congedando il vecchio padre – Dobbiamo approfittare del vento finché ce n’è – aggiunse poi rivolgendosi alla ciurma che si affrettò a tesare le scotte, per dispiegare più superficie velica possibile all’azione di quella debole corrente vespertina.
Quando Elizabeth gli si avvicinò, le fece cenno di parlare restando concentrato a tenere salda la presa sulle maniglie del timone: – Ci sarà bisogno di qualcuno che vi aiuti ad evitare gli scogli e i detriti.
- Provvedete. Mi fido di voi, primo ufficiale – le assicurò sereno scoccandole un sorriso di apprezzamento.
La donna si mosse veloce lasciando il castello di poppa: - Uomini! Quattro di voi lungo il parapetto di tribordo e quattro lungo quello di babordo! Controllate che non ci siano rottami o altre seccature che ci intralciano! – ordinò sistemandosi poi a prua.
Supportato dalle indicazioni dei marinai che suggerivano i movimenti da impartire alla ruota timoniera, il Capitano condusse l’Olandese Volante all’interno del canale tanto temuto.
La Gola del Diavolo, protagonista di svariate leggende, era perturbata da piccoli mulinelli e raccoglieva relitti di varie epoche, più o meno integri, che restringevano in alcuni punti la parte navigabile. La luce del giorno scomparve in fretta dietro le mura della Città dei Relitti e i pirati dovettero affrettarsi a sostituirla con quella poco luminescente delle lampade a olio che rischiaravano parzialmente il ponte di coperta. Ma il mare era insondabile nell’oscurità, e dalle acque provenivano gorgoglii e sbuffi che destarono l’allerta dell’equipaggio, il quale, con il fiato sospeso, pregava che non si creassero delle falle nello scafo che aveva già più volte urtato contro le carcasse delle imbarcazioni semiaffondate in quel tratto poco profondo.
- Sembra che siamo in una pentola che bolle! - esclamò Jim che era sceso dalla coffa per cercare di scorgere più da vicino i dettagli di quel posto di cui aveva sentito tante storie.
- E l’acqua è pure calda – mormorò tra sé suo padre stropicciandosi la camicia sulla pelle che sentiva solleticarsi e scaldarsi – Non ti sporgere dal parapetto, Jim! – urlò poi preoccupato.
La madre del bambino si precipitò a tirarlo indietro, prendendolo in braccio: - Hai sentito tuo padre? Non abbiamo tempo per altri salvataggi – lo ammonì con ironia. Qualche secondo dopo un getto d’acqua si alzò per alcuni metri davanti alla prua.
- Ti stai avvicinando troppo – disapprovò Jack giunto sulla plancia, in ansia quanto gli altri pirati che alternavano bestemmie a preghiere improvvisate.
- Vi lascerò percorrere il minimo possibile sulla scialuppa. Se dovessero esserci onde improvvise, rischiereste di ribaltarvi – dichiarò Will con ostinazione, trattenendo a stento le fitte causate dagli urti subiti dalla chiglia.
- E tu rischi di incastrarti con tutta la nave! – obiettò ancora Sparrow all’ennesimo rumore di strisciamento proveniente da proravia.
- Mi sembra che tu abbia paura, Jack – lo motteggiò Turner, la voce soffocata però da un trattenuto spasmo.
- Nessun Capitano sano di mente passerebbe di qui al buio! Equivale ad un suicidio! – lo sgridò il pirata, gli occhi fuori dalle orbite, dandogli una botta sul braccio e provocando la sua irruenta e sprezzante risposta: - Mi sono letteralmente gettato ai confini del mondo per venirti a riprendere qualche tempo fa. L’ignoto ormai non mi fa più impressione! – gli rammentò spavaldo.
- Di solito gli uomini quando si sposano mettono la testa al posto, ma tu sei peggiorato, compare! – ribatté Jack sempre più teso, alzando involontariamente la voce e reggendosi alla balaustra all’ennesimo scossone.
- E tu che ne sai degli uomini sposati? – lo prese in giro Will, per niente grato del fatto che lo stesse distraendo con le sue vacue chiacchiere.
Quello si schernì subito senza guardarlo: - Niente! Per sentito dire!
- Ebbene, Elizabeth non è esattamente il tipo di donna che ti faccia mettere la testa a posto – sospirò e sorrise allo stesso tempo il Capitano vedendola venirgli incontro, probabilmente perché richiamata dal loro battibecco.
- Anche questo è vero – non poté fare a meno di bofonchiare Sparrow, lanciando una rapida e languida occhiata alla piratessa che stava salendo le scalette.
- Jack? Dovresti essere tu a dirci quando gettare le ancore – sostenne la signora Turner arrivata vicino a loro, con un po’ di impazienza, scrutando con tormento le smorfie che comparivano sul volto del marito ad ogni stridio dello scafo.
- L’ultima volta che sono venuto non era buio pesto – si discolpò il pirata, scuotendo le treccine – Avremmo dovuto metterci alla fonda fuori di qui e aspettare il giorno.
- Non ce lo possiamo permettere, dato che c’è una flotta alle calcagna che ci dà la caccia – gli ricordò Will con durezza.
- Non ci credo che tu non riesca ad orientarti – borbottò Elizabeth all’indirizzo dell’eccentrico amico, mentre si sventagliava con il cappello, tentando di trovare un po’ di sollievo dalla soffocante calura che le aveva già fatto appiccicare i capelli e i vestiti sulla pelle.
Un getto improvviso di schiuma e acqua coprì le parole successive di Sparrow, esplodendo con fragore dietro di loro.
- Gettare le ancore! – gridò impulsivamente Jack, riparandosi sotto la ruota del timone e ai piedi del Capitano – Gettare le ancore! – ripeté Will quasi senza rifletterci.
- Gettate le ancore e ammainate le vele! – comandò sporgendosi dalla ringhiera Elizabeth. L’Olandese avanzò ancora di qualche braccio, prima di fermarsi del tutto.
I marinai, seppure avessero obbedito all’ordine, restavano piuttosto incerti sull’opportunità di ormeggiare in quel tratto di mare. Le acque nere non smettevano di ribollire sotto di loro e tutto attorno non c’era che una fitta e impenetrabile oscurità che impediva di scorgere possibili pericoli.
- Stanotte non c’è luna – osservò il primo ufficiale facendo vagare gli occhi sulla volta stellata.
- Sarebbe utile sapere quanto distiamo dalla costa – costatò il Capitano, dopo aver inutilmente sbirciato con il cannocchiale in cerca di un punto di approdo.
Jack si fece avanti con un colpetto di tosse: - Un modo per saperlo ci sarebbe.
I Turner si voltarono verso di lui rincuorati dalla sua espressione esperta e dal suo tono da uomo navigato.
- Per caso vi è rimasto del rum? – domandò il filibustiere con un ghigno speranzoso.

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Capitolo 31
*** Capitolo 30: Incontri ***


Capitolo 30: Incontri

- Sei disgustoso, Jack! La vuoi piantare di ciucciarti le dita?
- Lizzie cara, ne sto già sprecando tanto di rum! Lasciami almeno recuperare quel poco che posso! – si risentì il pirata dalla bandana rossa, terminando di avvolgere la seconda palla di cannone in uno straccio che aveva imbevuto con il suo liquore prediletto, per poi rimettersi le dita in bocca, suggendone l’aroma che le impregnava una per una.
- Stai attento a non inghiottirti qualche anello! – lo ammonì Jim scompisciandosi dalle risate, mentre gli altri uomini della ciurma facevano capannello attorno a lui sul ponte, scrutando attoniti e perplessi i suoi enigmatici e depravati gesti.
Jack si fermò impensierito all’avvertimento del bambino e, asciugando velocemente i polpastrelli sulla lorda camicia, terminò di scolarsi quel che restava dall’ultima bottiglia, non senza prodursi in meno rumori.
- Piuttosto vorresti spiegarci cosa diamine stai facendo? A parte ubriacarti, si intende … – proferì con le mani ai fianchi Will, che aveva sopportato abbastanza le inesauribili stramberie di quel furfante.
Il filibustiere si voltò offeso, gettando via la fiaschetta ormai vuota e mettendosi ad ispezionare con cura il cannone che aveva di fronte: - Ce ne vuole per ubriacare Capitan Jack Sparrow!
- Rum e polvere da sparo sono una miscela esplosiva! – sentenziò Gibbs ridacchiando con un’espressione poco rassicurante, mentre reggeva una lanterna sulla testa del compare.
- Vi illuminerà la via, ma non posso garantirti che il cannone sopravvivrà – dichiarò Jack con falso dispiacere, immettendo una palla di piombo rivestita dallo straccio grondante rum nella bocca dell’archibugio, rivolta verso il cielo. Prima che i presenti ribattessero qualcosa, lui si erse in piedi e li avvertì a gran voce: - È meglio tenersi più lontano possibile, sapete com’è, il rinculo sarà violento, anzichenò.
Elizabeth, Jim e buona parte dei pirati dell’Olandese si spostarono lentamente dalla parte opposta della tolda.
- Pronto con il cannocchiale, Capitano? – chiese poi canzonatorio Sparrow al Capitano Turner, che era rimasto al suo fianco senza avere ancora capito esattamente cosa stesse per succedere e lo osservava con aria smarrita e infastidita - Qualcuno accenda la miccia! – gridò quindi Jack, ottenendo la pronta risposta di Sputafuoco che si chinò con fare sicuro avvicinando una fiammella allo stoppino.
Il cannone sussultò, muovendosi prima indietro e poi in avanti e sputò con un rombo assordante una palla infuocata che compì un’ampia parabola in aria.
Il Capitano dell’Olandese la seguì con il cannocchiale fino al suo schianto sulla battigia.
- Ah, ah! Ha funzionato al primo colpo! Ammettilo che sono stato geniale! – trotterellava euforico come un bambino Jack – Guarda quanta luce vi ho dato!
- Forte! – esclamò entusiasmato Jim, corso ad affacciarsi al parapetto dopo la cannonata, osservando prima la costa che appariva delineata da una scia di fiammelle, e poi il cannone che aveva la canna completamente deformata e non era esploso per miracolo.
Will distolse la pupilla dalla lente ingrandente:- La Baia dei Relitti sta bruciando, però – fece notare preoccupato, sollevando i mormorii altrettanto turbati dei marinai che si sporgevano dalla balaustrata per tentare di scorgere quanto accaduto.
- Nah! La legna è umida, si spegnerà in un soffio! – asserì con superiorità l’artefice di quel folle stratagemma, rifiutandosi di dar peso a quelle critiche malfidate, e in effetti, a ben guardare, le fiamme parevano attenuarsi a poco a poco.
- Direi che siamo a circa cento braccia – accertò Sputafuoco, riponendo il proprio cannocchiale e affiancandosi al figlio.
- Preparate una scialuppa – ordinò allora il Capitano, tranquillizzatosi sulla brevità della distanza – Finnegan, Hadras: accompagnerete voi il luogotenente, Jack e Gibbs. Nervi saldi e occhi ben aperti – si raccomandò coi due dell’equipaggio, quindi fece un cenno a suo padre che gli rispose e si allontanò spedito sottocoperta.
- Non ci hai ripensato, dunque – dedusse Elizabeth, andandogli incontro, sistemandosi le armi di sopravvivenza alla fusciacca.
- Sono sicuro che saprai cavartela benissimo da sola – le rispose devotamente il marito, poi Jim si mise in mezzo a loro: - Mi promettete che la prossima volta che verremo qui potrò scendere anch’io? – li implorò con vocina supplice, ma loro sorrisero senza dargli risposta.
Nel frattempo Jack esultava per la riconsegna del vetusto cinturone con spada e pistola da parte di Bill, al quale affidò tabarro e tricorno, prima di saltare sulla scialuppa dove già lo aspettavano Gibbs e i due vogatori.
Anche la signora Turner si decise a prendere posto a bordo, ma prima il consorte la fermò, tenendole un braccio: - Senti, prendi questa spada: è più affilata. Ci ho lavorato stamattina – gliela porse in cambio di quella che aveva nel fodero. La donna si mise in punta di piedi per posare con dolcezza le labbra su un angolo della sua bocca.
- Ci diamo una mossa? Vorrei andarmene al più presto da tutto questo glu glu glu! – li interruppe Jack provocando i risolini della ciurma e le occhiatacce disturbate dei due che infine, con un sospiro rassegnato e imbarazzato, si separarono.

La barca fu calata sul pelo dell’acqua nera e ribollente e, dopo aver remato fino alla spiaggia, ancora visibile grazie al persistere delle scintille vermiglie dell’esplosione, gli occupanti sbarcarono e dall’Olandese Volante le loro sagome furono distinguibili finché la luce delle loro lanterne non si perse dietro un angolo e quella dei relitti in fiamme si spense definitivamente, facendo ripiombare tutto quanto in un buio fitto e imperscrutabile.
- Sembra tanto un funerale – sbottò Gibbs dopo dieci minuti, dato che il suo compare Sparrow aveva fatto disporre lui in testa e gli altri due marinai che reggevano le torce ai lati, mentre insieme ad Elizabeth camminavano al centro di quel triangolo di luce con le mani libere, ma pronte ad impugnare l’elsa o a far scattare il grilletto.
- In effetti stiamo andando proprio al cimitero – lo informò Jack con naturalezza.
- Cimitero?! – replicarono tutti con sorpresa arrestando il passo.
– Camminate! – tuonò con autorità il pirata, ma nessuno gli obbedì, restando a fissarlo con incertezza e curiosità.
– Continuate a camminare – li esortò il primo ufficiale, ben capendo che il filibustiere non si sarebbe profuso in altre spiegazioni al momento, e allora tutti, seppure recalcitranti, si mossero nuovamente.
Percorso qualche altro metro in silenzio, Jack avvicinò a sé la signora Turner, prendendola a braccetto, e cominciò a inquisire, titubante e sottovoce: - Quella Anamaria, per caso, ti ha mai parlato di me?
Lei si sciolse dalla stretta, contrariata dalla confidenza che l’uomo cercava di prendersi come nulla fosse, davanti ad altri dell’Olandese, per di più, e gli rivelò con lo stesso tono smorzato e sfuggente: - Sì, ma non ha usato proprio parole lusinghiere. Perché me lo domandi?
Lui esitò, boccheggiando con faccia contrita: - Perché … pensavo che … forse, probabilmente … casualmente … potrei averla conosciuta.
- No? Davvero? – ribatté la donna con falso stupore e alzando involontariamente la voce.
L’aria attorno a loro sembrò farsi densa e vibrare, la terra sotto i loro piedi iniziò a tremare e poi a franare e a sgretolarsi come argilla, inducendoli a correre per evitare di cadere nelle profonde crepe che ora iniziavano a solcare la strada sterrata e ricoperta di sassi.

Jim si rizzò in piedi con sgomento: - Cosa è stato?
Il vento aveva portato fin lì l’eco del tremore propagatosi sulla terraferma.
- Controlla! – sollecitò suo padre che era salito con lui sulla coffa dell’albero maestro.
- Sembrava un terremoto! – ripetevano gli uomini della ciurma, sporgendosi dalle sartie e dal parapetto e strizzando gli occhi per tentare di scorgere il paesaggio fosco della costa.
- Non si vede nulla, Jim – simulò calma Will, riponendo lo strumento ottico. – Staranno bene, non ti preoccupare – lo confortò circondandolo con un braccio per stringerlo al suo petto.
Un attimo dopo il bambino lo tirò per la manica: - Cosa sono quelle luci lì? – domandò indicando un punto a prua.
Il padre mantenne per un minuto buono l’occhio attaccato al cannocchiale, poi incredulo bisbigliò: - Sembra una nave.

- Tutti bene? – riuscì a urlare mastro Gibbs quando le scosse si attenuarono, illuminando gli altri attorno a sé con la lanterna, che aveva fortunosamente salvato ma che un improvviso nuovo sussulto del terreno gli fece scivolare di mano e cadere all’interno di una fenditura da cui si alzò una violenta fiammata: - Che diavoleria è? – sobbalzò spaventato, trascinandosi via e mettendosi in piedi.
Jack si avvicinò alla spaccatura che sbuffava vapore caldo e dopo aver annusato quella zaffata concluse: - Dall’odore parrebbe … zolfo.
- Dobbiamo sbrigarci, forza! – spronò gli uomini Elizabeth - Quanto è lontano quel posto?
Sparrow si fece consegnare la torcia di uno dei due pirati e la usò per rischiarare intorno: - Ci siamo vicini! Seguitemi! – li invitò immettendosi in un ponticello di legno che collegava verso una sponda invisibile.

- Spegnete tutte le lampare, forse non ci hanno ancora avvistati! Armate una scialuppa. Herman, Clanker e Crash con me – comandò risoluto Will, scendendo lesto dall’albero maestro seguito dal figlio che gli urlava ripetutamente e con trepidazione: - Papà che devi fare?
- Andiamo a spiarli. Vediamo chi sono – gli rispose con inappuntabile decisione, facendosi consegnare una pistola carica di riserva che aggiunse alla sua nella cintura assieme alla fidata sciabola in acciaio damasco. Poi continuò a impartire ordini e raccomandazioni alla ciurma.
– Mi lasci solo? – lo richiamò di nuovo con insistenza Jim, attaccandosi ai lembi della sua giacca.
- Non sei solo. C’è il nonno, Penrod e tutti gli altri – gli ricordò lui, arruffandogli la frangia che gli ricadeva sugli occhi sprizzanti una miscela di rabbia e timore – Avete lo stesso identico modo di mettere il broncio, tu e tua madre – gli confidò chinandosi all’altezza del suo orecchio.
- E ti fa ridere? – mugugnò il piccolo scocciato, scansandosi con le ciglia aggrottate.
- Ti voglio molto bene, Jim. Ricordatelo sempre – sussurrò il padre stringendogli una spalla.
- William! Che cos’è questa storia? – irruppe Sputafuoco agitato – Io sono vecchio, non me la sento di …
- Se dovesse succedere qualcosa, me ne accorgerò e tornerò subito indietro – dichiarò con audacia il Capitano quando ormai la barcaccia stava già per raggiungere le onde sottostanti.

- Jack, ti ringrazio per aver salvato Jim – riprese a parlare Elizabeth, per tentare di distogliersi dalle continue scosse che attraversavano la superficie su cui procedevano e che la innervosivano.
- Quella piccola serpe! Ha spifferato tutto! – anche con la poca luce le parve di notare più imbarazzo che collera nel viso di quello scapestrato, che accelerò l’andatura superandola.
- Veramente è stato Will a dirmi che ti ha visto mentre lo aiutavi a mettersi in salvo – puntualizzò lei – Figurati, Jimmy non ha nemmeno ammesso di aver avuto paura, anche se poi ha tremato fra le mie braccia tutta la notte, poverino – aggiunse con tono stucchevole.
Jack non emise alcun verso, talmente era assorto ad orientarsi nella spettrale città deserta, reggendo una torcia che aveva ricavato da un pezzo di legno.
- E poi smettila di parlare così di mio figlio. È il bambino più buono al mondo! – lo provocò di nuovo la donna.
- Andiamo! Ha preso più da te che da Will! Te ne sarai accorta! – si decise a reagire col solito accento beffardo, voltandosi verso di lei che replicò: - Mi sono anche accorta che Will non è proprio un santarellino – accettando la sua mano per superare un masso che ostacolava la discesa verso una scala di pietra.
- Va bene, ha preso da entrambi. Te lo concedo – sbuffò il pirata, dandole di nuovo le spalle.
Elizabeth, non paga, lo sfidò ancora prendendolo sottobraccio: - Ammettilo che … ti ci stai affezionando.
- Ma se avere un mucchio di formiche nei pantaloni sarebbe meno fastidioso! – confutò lui indignato, scuotendosi tutto. Poi entrambi si bloccarono così come avevano fatto i tre pirati che li precedevano: - Non dirmi che è quello che penso – mormorò la piratessa spalancando gli occhi.
- A chi verrebbe in mente di nascondere delle mappe dentro una tomba? – cantilenò felice Sparrow, trascinandola in fondo alla stradella delimitata da nicchie e lapidi scolpite che si alternavano a delle palme.
- A te? – balbettò sbalordita la donna. Lui annuì orgoglioso continuando a camminare: - Già! Ma … c’è qualcosa che non mi torna – si bloccò scorgendo un sepolcro di pietra poggiato a terra e frammentato in più pezzi.
Un fruscio fece apparire da dietro degli alberi scheletrici una decina di uomini armati, che si avventarono contro loro cinque, obbligandoli a gettare a terra le torce e a sguainare le spade.

- Porca miseria! Hanno spento anche loro le lanterne – attestò uno dei pirati sulla scialuppa che aveva ormai sfiorato con la prua lo scafo della nave misteriosamente comparsa nella baia.
- Andiamo lo stesso – decise Will, spingendo i suoi tre compagni ad aggrapparsi alle scalette.
Tutto era troppo stranamente tranquillo, ma, appena scavalcarono il parapetto, la luce ritornò a investirli, abbagliandoli: una ventina di bucanieri, dal fisico possente e il colorito rossastro al bagliore delle lampade a olio, li osservavano con facce poco amichevoli impugnando le più disparate armi di taglio e di punta, tra accette, machete, lance e scimitarre.
Si disposero su due lati, facendo spazio all’avanzare di una figura minuta ed esile che si muoveva con grazia e che parlò con voce ferma eppure limpida: - Salite, su. Tutti e quattro. Non è consigliabile tuffarsi in queste acque – li esortò con lieve canzonatura, ed essi, seppur guardinghi, seguirono il consiglio del misterioso personaggio.
Ognuno di loro però, non appena toccò il ponte, fu afferrato con vigore per le spalle da due uomini della ciurma, che, svelti come pantere, li immobilizzarono nella loro morsa.
– Avete appena messo piede sulla Murena. E io sono il Capitano Anamaria Jucard – si presentò l’orgoglioso comandante, rimuovendo il variopinto copricapo e rivelando le sue fattezze.
Will, senza trovare ancora le parole giuste, la fissò con stupore: il suo viso bruno e sbarazzino era incorniciato da una folta chioma nera che ricadeva morbida sulle spalle, dagli occhi castani delineati da un ombretto aranciato sgorgava una simpatia magnetica e le sue labbra sottili dipinte di rosso scuro non avevano smesso un attimo di sorridere mentre parlava; poteva avere qualche anno in più di Elizabeth.
Inaspettatamente gli puntò la spada lunga e sottile all’altezza del collo e la fece scorrere in basso, strappandogli tre bottoni della camicia che si aprì rivelando l’estesa cicatrice.
La donna gli si avvicinò di più, facendo cenno ai suoi di lasciarlo: - Il Capitano William Turner, giusto? – affermò scrutando assorta il suo torace sfregiato - Padrone e schiavo dell’Olandese Volante – puntualizzò rivolgendosi alla ciurma. – Avrei urgenza di parlarvi in privato, se non vi spiace … – soggiunse con un’espressione da finta ammaliatrice, prendendolo per mano e accompagnandolo in cabina, dietro i commenti dissacratori di quelle canaglie.

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Capitolo 32
*** Capitolo 31: Sparizioni ***


Capitolo 31: Sparizioni

- Consegnateci quelle carte o non ne uscirete vivi! – continuavano a ringhiare gli agguerriti aggressori materializzatisi apparentemente dal nulla in quel luogo ormai disabitato, facendo risuonare colpi violenti con le loro lame.
- Mai! – ripeteva Elizabeth con caparbietà, alternando vigorosi affondi a calci e gomitate, per nulla intenzionata ad arrendersi, nonostante la recente ferita al fianco con quel furioso dimenarsi si facesse risentire.
Jack Sparrow si mostrava decisamente più accondiscendente, vedendosi attaccare da due o più uomini alla volta: - Siamo appena arrivati! Concedeteci almeno il tempo di cercarle!
Anche se dovendo battersi con le unghie e con i denti non poteva vederla, fu certo che la signora Turner lo stesse trafiggendo con lo sguardo sentendogli pronunciare quelle codarde parole, e allora contraccambiò le minacce fisiche degli sconosciuti rincarandole con una serie di ingiurie a loro, alle loro famiglie e al loro ignoto capo.
Gibbs, rammaricandosi di non aver mai imparato ad usare bene una spada, aveva preferito astenersi dallo scontro, ma fibrillava per non poter essere d’aiuto dato che, in quella nebbiosa penombra, non poteva far valere nemmeno la sua buona mira con la pistola.
Gli altri due pirati dell’Olandese erano abbastanza feroci da tener testa senza troppa difficoltà agli sconosciuti nemici con la loro abilità di spadaccini, e i lunghi anni di astinenza, anziché averli rammolliti, li rendevano ancora più infervorati nel combattimento corpo a corpo.

La cabina del Capitano Jucard brulicava di candelabri e candele profumate e le pareti intarsiate da motivi arabeschi erano rivestite da stoffe di tonalità calde e fattura pregiata. Al centro troneggiavano un tavolo quadrato di legno massiccio e due sole poltrone foderate di pelli maculate. La donna fece cenno a Will di sedersi di fronte a lei. Ripose sull’appendipanni il cappello color magenta a tesa larga e con due lunghe piume di struzzo, unico elemento non esotico del suo abbigliamento che per il resto era un misto di stili diversi, dalla camicia écru con maniche a sbuffo, tipica degli spagnoli, al gilet cucito con fasce di cuoio intrecciate, dai pantaloni bianchi e attillati che parevano rubati ad un soldato inglese, alla grande cintura in cui troneggiava la testa di un leone tutta dorata.
Il Capitano Turner cominciava a sentirsi imbarazzato per aver trascorso tutto quel tempo ad esaminarla, perciò, dopo che i due prestanti marinai che avevano portato da bere se ne furono andati, scambiando con il comandante delle parole in una lingua che gli sembrò spagnolo o portoghese, si decise a rompere il ghiaccio: - Conoscete Elizabeth, mia moglie?
- Perché essere così formali? Dopotutto abbiamo lo stesso grado, Capitano! Diamoci del tu! – propose Anamaria sedendosi a sua volta, e, non avvertendo alcuna malizia nella sua voce, Will acconsentì annuendo. - Lei ti ha parlato di me? – lo precedette la mulatta prima che gli ripetesse la domanda, apprestandosi a riempirgli il boccale, travasandovi il contenuto della caraffa fumante.
- Solo due giorni fa. Quando non ha più potuto farne a meno – ammise Turner, ponderando ancora il tono sull’inespressività, sebbene la sconosciuta non gli incutesse sfiducia, continuando a sorridergli rassicurante mentre lo guardava dritto negli occhi, come una che non aveva niente da nascondere. Oppure, pensò guardingo, come una bravissima bugiarda.
- Sapevo che Elizabeth Turner sarebbe stata la persona giusta cui affidarlo – la piratessa si dondolò sulla sedia per poi togliere una gamba da sotto il tavolo e ripiegarla contro il petto, in una posizione del tutto spontanea e quasi fanciullesca, trangugiando lentamente la bevanda, che non era liquore ma caffè, come Will notò poco dopo dall’intenso e caldo aroma.
Quindi si incoraggiò a chiederle quello che più lo interessava: - Perché siete qui?
Non poté fare a meno di tornare ad adoperare “il voi”, incapace di moderare una voce aggressiva con la donna, ma volendo farle capire la sua immutata diffidenza.
- Per due ragioni – si ricompose quella, tornando sveltamente con tutte e due le gambe sotto il tavolo – Una è il Codice, l’altra Jack Sparrow.
Turner tese le orecchie, rinfrancato dall’apparente intenzione della Jucard di mettere subito le carte in tavola, ma la comandante della Murena lo incitò affinché bevesse un sorso e tornò a ripetergli: - Insisto perché ci diamo del tu. Non pensare male, è che in fondo ci siamo già conosciuti – l’uomo sbarrò gli occhi, più che perplesso, fermandosi con il bicchiere a mezz’aria – Non ti ricordi di me? – incalzò lei, corrugandosi un po’.

La terra iniziò a vibrare sotto i piedi e poi, ondulando sensibilmente, mise in difficoltà i movimenti dei duellanti ai cui timpani giunse pure l’inquietante eco di massi, rottami e travi che si schiantavano al suolo, sollevando della polvere sottile che intossicava il respiro. Imprevedibilmente bastò questo a far battere in ritirata i bellicosi pirati nemici che, tra le imprecazioni, si dileguarono in pochi secondi, lasciando cadere perfino le armi. Gradualmente il movimento del terreno si assestò su un ritmo più lento fino ad esaurirsi del tutto.
- Io sono ancora vivo e voi? – urlò irriverente Jack, sbucando da dietro la bara di pietra che aveva attirato poco prima la sua attenzione, essendo stata evidentemente rimossa dal suo loculo a muro.
- Ci siamo – si limitò a rispondere a nome di tutti Finnegan, un rude marinaio dell’Olandese, porgendo il braccio a Gibbs, mentre Hadras aiutava il viceCapitano a rialzarsi e riprendevano le torce. I quattro raggiunsero Sparrow e Joshamee, affiancandolo, si accorse che tentava di mascherare un leggero tremore alla bocca e alle gambe, mentre teneva la testa china all’interno dell’urna marmorea in cui una salma dall’aspetto elegante, per via degli abiti sontuosi, era stata scomposta e giaceva su di un fianco, con braccia e gambe disarticolate.
- Mi dispiace signore – mormorò il buon vecchio pirata, posando una leggera pacca affettuosa sulla spalla dell’amico.
Anche Elizabeth gli si avvicinò: - Jack, va tutto bene? – domandò cauta, premendosi l’anca dolorante, ma non appena vide anche lei ciò su cui si era soffermato lo sguardo triste dell’uomo, indietreggiò con una smorfia nauseata e un gemito soffocato.
- Tsk. Ti pare che sia il primo morto stecchito che vedo? – fu l’acida frecciatina di Jack, venata da un certo astio che gli avvelenava il palato.
- Credo che quello fosse suo padre – confidò con un filo di voce Gibbs alla Turner, che si era istintivamente stretta al suo braccio sentendosi mancare per il forte bruciore alla ferita.
Jack intanto strappò bruscamente a Hadras, che si era messo a sbirciare con l’altro compare il cadavere, la torcia e, tenendola sopra il sarcofago, vi infilò l’altro braccio rovistandone l’interno con un viso funereo e fiatando affannosamente: - Non ci sono – esalò infine con voce rabbiosa, strofinandosi seccamente le mani sui pantaloni.
- Com’è possibile che le abbiano rubate? – proruppe incredula Elizabeth, andandogli incontro e trascinandosi Joshamee il quale, ugualmente sorpreso domandò: - Chi altri conosceva questo nascondiglio, a parte noi?
Sparrow si voltò facendo oscillare davanti ai loro occhi un oggetto che mai nessuno si sarebbe aspettato di trovare lì: era la sua perduta bussola. Il pirata assottigliò le palpebre, pronunciando quel nome come uno sputo: - Barbossa.

- … perciò la vostra casa disgraziatamente non è proprio come l’avevate lasciata e le autorità di Port Royal hanno messo una taglia sulla vostra testa, convinti che tu e i tuoi uomini siate stati la causa di tutto quel parapiglia di due settimane fa. E che abbiate rapito la figlia dell’ex governatore e il suo bambino.
Anamaria concluse con scioltezza la prima parte del suo racconto.
Will ingoiò un sorso abbondante di quel caffè che gli sembrò ancora più amaro: - In quanto a Jack Sparrow? – le chiese titubante, temendo altre rivelazioni sconvolgenti.
La piratessa dalla pelle d’ebano storse la bocca sentendo di nuovo quel nome, e si lisciò distrattamente i capelli ondulati dalla salsedine prima di rispondere: - Fortezza lo cercava perché voleva sapere delle carte e l’ha inseguito fino a casa vostra. Quando i miei che erano a guardia del Codice e di tua moglie mi hanno avvertito che eravate partiti, l’ho convinto a lasciare fare a me. Così avrei protetto entrambi.
- Ma allora tutte quelle navi che ci hanno attaccato? – le fece notare il Capitano Turner, tornando a dubitare di lei e della sua opinabile versione dei fatti.
- L’Ammiraglio deve aver scoperto in qualche modo il mio doppio gioco. E ha cominciato ad agire da solo – evinse la donna, picchiettando le unghie smaltate sul tavolo e rabbuiandosi. Dopo pochi secondi rialzò lo sguardo su quello del suo interlocutore che era rimasto muto, e restò turbata dalla sua espressione concentrata e agitata: sembrava annaspare, come in mancanza d’aria.
- Che diavolo ti succede, Turner? – gli strillò contro tanto impudente quanto preoccupata.
L’uomo oscillava flebilmente avanti e indietro con gli occhi assenti, stringendo i denti e respirando veloce e con affanno: - Devo tornare subito sull’Olandese – farfugliò con ansia.
Il Capitano Jucard sorrise usando un accento vivace: - Non puoi abbandonare tanto facilmente la Murena, te l’avevo detto – sostenne spavalda, scostando la sedia e mettendosi in piedi, pronta ad ostacolarlo o a chiamare rinforzi.
Lui oltrepassò il tavolo con un balzo e le si gettò contro, puntandole il pugnale alla gola: - Devi lasciarmi andare o non risponderò più delle mie azioni – la minacciò brusco, meravigliandosi della sua stessa energica e violenta reazione.
- Ottima idea – dichiarò Anamaria con uno sbuffo, quindi gli afferrò la mano facendogli premere di più la lama sul suo collo – Rapiscimi!

- Che motivo avrebbe avuto Barbossa di appropriarsi delle carte? – sbottò dubbioso Gibbs, dopo che si furono sistemati tutti sulla scialuppa, avendo percorso in silenzio e in stato di allerta il cammino di ritorno fino alla spiaggia, temendo nuovi attacchi, che fortunatamente non c’erano stati, al contrario delle scosse che avevano percorso il terreno, sebbene più tenui delle precedenti.
- Lo hai visto anche tu quanto è invecchiato, no? Spera di recuperare qualche anno – ribatté Jack con acredine e sarcasmo.
- O di ingraziarsi Calypso – osservò con livore Elizabeth. Poi la sua attenzione venne meno per via della stanchezza accumulata, e si adagiò sul fianco della barca incrociando le braccia sotto la testa come cuscino.

Erano almeno una decina, ma la loro spudorata e sfrenata irruenza li faceva sembrare quasi il doppio. I pirati dell’Olandese Volante, malgrado la loro inveterata esperienza, si erano trovati impreparati e soltanto dopo qualche minuto di riscaldamento avevano iniziato a combatterli e respingerli con più foga e decisione.
Jim aveva appena disobbedito all’ordine di suo nonno di nascondersi sotto coperta e sbirciava da dietro il timone quei furiosi combattimenti, pregando che suo padre tornasse presto. Si era sporto più volte a guardare attorno, ma il mare era così scuro che non si distingueva né la nave da cui dovevano essere sbarcati quegli uomini, né la terraferma. Prese un’altra decisione avventata: correre nella sua cabina a cercare una lampada. Avrebbe dato fuoco ai cannoni segnalando il pericolo a bordo, anche se non sapeva ancora esattamente come agire perché quel piano funzionasse.
- Aspetta mi è sembrato di aver visto un’ombra laggiù! – sbraitò un tizio nerboruto, che si aggirava sulla tolda imbracciando una grossa ascia.
- Come dici? – gli fece eco un altro furfante sfregiato, ricaricando della polvere nella sua pistola e accostandolo.
Il compare gli indicò un punto ben preciso: - Là!
Jim strisciava sul pavimento del ponte, gli mancava poco a raggiungere le scalette.
- Preso, ragazzino! Sei una spia? – lo canzonò un manigoldo che puzzava terribilmente d’alcol, tirandolo per la collottola e illuminandolo con uno stoppino che accese fra le dita.
- È solo un mozzo! – attestò il complice, caricando il grilletto della pistola.
- No, è troppo ben vestito per essere un mozzo – confutò il primo, stringendolo per il bavero della giacca – Allora chi sei? – gli domandò sputando a terra.
L’altro più basso e grosso gli puntò una canna metallica ridacchiando con la sua bocca sdentata: - Forse questa lo può aiutare a ricordarselo.
- Se mi uccidete come faccio a parlare? Non lo saprete mai! – strepitò il bambino, sforzandosi di nascondere quanto gli battessero i denti.
- Uh! Ha ragione il piccoletto. E se ti tagliassi la manina? – lo minacciò quello che lo teneva per la camicia, agguantandolo per un braccio e poggiandogli la lama dell’ascia sul polso.
- Lasciatelo cani! – comparve in quel momento Sputafuoco, ma il bucaniere con la pistola lo bloccò prima che si avvicinasse: - Tu sta’ zitto, vecchio! – lo aggredì avventandosi rapido contro di lui e dandogli un pugno in faccia che lo fece stramazzare e provocò le urla straziate del piccolo Jim.
 - No! – si dibatteva disperato, tentando di liberarsi dalle braccia del predone sudicio e manesco – Il mio nome è Billy Jim! – li accontentò per evitare che inveissero ancora contro il nonno.
- E poi? – gli domandò insoddisfatto il pirata con la rivoltella, preparando un colpo in canna da sparare in testa a Bill, riverso sul pavimento.
Il bambino scoraggiato si trovò a mentire senza sapere bene perché: - T … Sparrow! Billy Jim Sparrow! – pensò che forse l’avrebbero risparmiato, scoprendo che non era imparentato con il Capitano della nave.
- Quella canaglia ha un figlio? – sgranò gli occhi il brigante che lo tratteneva, sollevandogli la faccia per il mento e squadrandolo con sospetto: - Questa mi sembra tanto una bugia, ma si sa: il rapimento di un bambino stringe il cuore a chiunque – dichiarò con voce smielata, caricandoselo sulla spalla come un sacco.
- Vedremo se verranno a salvarti – sghignazzò l’altro, tirando per un braccio Sputafuoco e imponendogli di camminare davanti a lui, sempre tenendogli una minacciosa pistola sulla nuca.

- Elizabeth! – la richiamò Will scorgendola sulla scialuppa che faceva ritorno sul suo vascello.
- Will! Ma che ci fai qui? – replicò con stupore la moglie, vedendolo su una barcaccia insieme ad altre quattro sagome e avvertendo l’apprensione della sua voce. Gli equipaggi si scrutavano attraverso la fioca luce delle lanterne, scambiandosi con concitazione i propri racconti di quanto accaduto in quella mezzora.
Jack intanto giocherellava come ipnotizzato con la ritrovata bussola, aprendola e richiudendola.
- Poi ti spiego. Dobbiamo salpare! Non siamo soli! – le riferì freneticamente. Finalmente raggiunsero le scalette e il Capitano Turner salì per primo seguito dalla moglie, da Jack e poi da tutti gli altri.
- Che è successo qui? – interrogò i suoi, trovandoseli di fronte, le facce tese e affaticate, qualcuno anche malmesso e sanguinante.
- Jim? – bisbigliò Elizabeth con rabbia e angoscia, avendo un brutto presentimento.
- Ci hanno attaccati e … l’hanno preso – mormorò con rancore uno della ciurma, facendosi avanti zoppicante, accompagnato dal brusio degli altri che approntavano un insieme di scuse e accuse ai pochi dettagli del rapimento.
- No – boccheggiò la donna, aggrappandosi al marito con le gambe tremanti – No! No! – gridò più volte, incredula e disperata.
- Chi? – indagò con nervi tesissimi il Capitano Turner, mentre abbracciava forte la consorte.
- Hanno rapito il piccolo Jim? – si frappose una voce femminile preoccupata e squillante.
Solo allora Jack e gli altri la notarono farsi spazio sul ponte e il primo, riconoscendola, restando di sasso esclamò spalancando occhi e bocca: - Anamaria?!

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Capitolo 33
*** Capitolo 32: Ostaggio ***


Capitolo 32: Ostaggio

- Quei disgraziati hanno lasciato questo messaggio. Ci hanno detto che era per lui – asserì Sputafuoco uscendo dalla cabina di comando, la voce cupa rotta dal senso di colpa e dal dolore che ancora gli pulsava in testa. Così dicendo porse a Jack, che continuava a fissare confuso la piratessa mulatta, un pezzo di carta ingiallito e ripiegato.
Will lo raccolse al posto suo, ma fu sua moglie a volerlo leggere a voce alta, reprimendo i singhiozzi: - “Navigate per 30 leghe, sud ovest. Vi aspetterò sulla Spettro. Sai già cosa voglio. La vita del tuo fratellino è nelle tue mani. Ammiraglio Fortezza” – terminò con il fiato corto, quando ebbe decifrato la calligrafia grossolana e tremolante impressa sul foglietto.
- Fratello?! – proruppe Gibbs, credendo di aver frainteso o udito male.
Bill si lasciò cadere su una cassa di legno: - Jim gli ha detto di chiamarsi Sparrow, non ho capito il perché. Ha specificato di non essere suo figlio. E loro hanno equivocato.
- Non hanno preso altro, signore. Cercavano e volevano solo quelle maledette carte – aggiunse Penrod, anche se nulla al momento poteva rassicurare i due giovani genitori, che si stringevano l’uno nella braccia dell’altra senza riuscire a credere alla terribile notizia che gli era appena piombata addosso.
- Abbiamo avuto remore ad opporci a quegli invasati – ammise un altro pirata – Temevamo di poter peggiorare le cose – lo appoggiarono altri uomini, scusandosi coi Turner per non essere riusciti a fermare i rapitori e raccontando loro nei dettagli il feroce assalto subito.
- Anamaria! – si sbloccò Jack, sbottando indignato perché lei sembrava volerlo evitare – Anamaria, lo sai che non l’ho mai capito perché sei andata via? – le si mise di fronte atteggiandosi con un ghigno, incerto se sorriderle o metterle il muso.
- Cos’è? Vuoi fare il rimatore, adesso? – replicò con sarcasmo la donna, voltandogli le spalle infastidita e spostandosi verso i capitani dell’Olandese, che se ne stavano avvinghiati, inquieti e scuri in volto.
- Potrei anche diventarlo! – le andò dietro lui, fingendo di non notare l’irritazione e l’insofferenza di chi gli stava attorno per il suo fare spensierato di fronte al dramma che stavano affrontando – Sono sempre stato bravo con le parole! – affermò con spavalderia.
- Allora impara questa parola quando ti rivolgi a me: Capitano – gli rispose lei con un tono che pretendeva ubbidienza. Lui rimase interdetto, la bocca semiaperta e gli occhi esitanti, al che la mora puntualizzò in modo sbrigativo: - Ho sposato il Capitano Jucard, sei anni fa. Poco dopo lui purtroppo è morto e così io ne ho ereditato la nave e il titolo.
- Jucard … Jucard – ripeteva tra sé e sé Sparrow, tentando di associare una faccia a quel nome che non gli suonava del tutto sconosciuto – Ma chi? Quel gorilla rozzo, selvaggio e ignorante? – proruppe infine smaccatamente, dilatando gli occhi.
- Meno male che sei bravo con le parole – lo criticò sottovoce Gibbs, mettendolo a tacere con un’occhiataccia, mentre Anamaria trattenne a stento l’impulso di colpirlo con un sonoro ceffone, prendendo un lungo respiro. Quindi lei e l’ex nostromo della Perla Nera si avvicinarono ai Turner, trascinandovi contro voglia pure il recalcitrante Jack.
- È tutta colpa mia – si accusava Will – Non dovevo allontanarmi dall’Olandese – riconobbe con afflizione, senza smettere di cullare Elizabeth che rabbrividiva di collera e di paura.
- No – obiettò in un sussurro lei, scostando la fronte dalla sua spalla e assumendo un’espressione furente - È colpa sua! – gridò girandosi e puntando il dito contro Anamaria – Ti ha fatto distrarre affinché quel farabutto del suo amico potesse agire indisturbato! – la incolpò aspramente, e il marito dovette faticare a trattenerla perché non le si lanciasse addosso.
La Jucard scosse la testa con compassione e gravità: - Non sai di cosa parli, Elizabeth …
- Traditrice! – inveì ancora la signora Turner tra le lacrime e cercando di liberarsi dalla morsa delle forti braccia di Will – Non fai parte della flotta di Fortezza?
- Sì – ammise a denti stretti la mora piratessa, poi fece una pausa sospirando – Ma non è come sembra.
- Allora com’è? – le chiese Jack, con un timbro severo e uno sguardo all’improvviso colmo di disprezzo e di diffidenza, lo stesso comparso sui volti degli altri pirati.
- In realtà mi sono infiltrata per conto della Fratellanza – confessò la donna, guardando tutti con decisione mentre pronunciava quelle parole.
- Di che blateri? – tornò ad aggredirla Sparrow con un tono insolitamente duro – La Fratellanza non esiste più – affermò con reale amarezza, abbassando la testa.
- Nei Caraibi. Ma i Fratelli della Costa hanno posto le loro nuove basi in Madagascar. Nell’Oceano Indiano – asserì la Jucard con certezza, cercando il sostegno di Elizabeth.
- Sì, me ne avevi parlato – confermò questa, chiudendo le palpebre, inspirando e calmandosi un po’, così da convincere il consorte a sciogliere il suo protettivo abbraccio – Ma tu? Cosa c’entri con l’Ammiraglio Fortezza? – la inquisì nuovamente, avanzando verso di lei fino a che fu a meno di un metro di distanza.
- E a Jack non lo chiedi? – ribatté quella, indirizzando il braccio su di lui – È stato anche lui al suo servizio per due anni – le fece sapere, dando l’impressione di voler prendere tempo o di cercare un pretesto per vendicarsi di lui.
- Non avevo molte alternative – si difese quello con prontezza – Anzi, ne avevo una sola: la morte. E francamente …
- Diciamo che per me è andata allo stesso modo – si frappose Anamaria, interrompendolo bruscamente – Ma non ho mai ucciso altri pirati! Anzi! Li ho aiutati a fuggire lontano da qui! – rivelò sbracciandosi forsennatamente, mostrando la sua disapprovazione per l’ostilità con cui la stavano trattando.
Jack la scrutò con occhi diversi, le parve di riconoscere una velata ammirazione che le provocò dell’imbarazzo. Come fosse stata la prima volta che quel malandrino la fissava in quel modo …
- In questo momento non m’interessa più nulla di tutti questi intrighi. Voglio solo ritrovare Jim! – si espresse con impazienza e ardore Will, quindi si scagliò contro Sparrow, scuotendolo dall’intontimento che sembrava provocargli la presenza di quella donna, storcendogli con sgarbo un braccio: - Le carte nautiche?
Il pirata si gonfiò di rabbia e respingendolo biascicò: - Quello spregevole, lurido, ributtante, odioso, falso, ladro di un filibustiere da quattro soldi, figlio di una buona donna … è arrivato per primo!
- Barbossa – chiarì Elizabeth con una smorfia di disappunto, poiché né suo marito né gli altri della ciurma davano segno di aver capito a chi si riferisse.
Prima che il Capitano Turner articolasse una qualunque domanda, Sparrow sganciò la bussola dalla cinta e, spiattellandola davanti al suo naso, riattaccò incollerito: - Sarà stata quella scimmiaccia pulciosa che si tiene addosso a rubarmela, quando eravamo a cena sulla Perla! Me l’ha fatta ritrovare al loro posto, per dispetto!
- Era nella bara di Capitan Teague che quei delinquenti senza Dio hanno profanato – proferì Gibbs con lo stesso odio di Jack, facendosi compunto il segno della croce.
- E che il vostro amico ci ha costretto a rimettere a posto! – si lamentò Hadras.
- Già, ci siamo spezzati la schiena! – gli fece eco Finnegan, massaggiandosi le reni.
- E tutte quelle navi che ci hanno attaccato? – domandò di colpo Jack, volendo allontanare quel ricordo e rivolgendosi direttamente ad Anamaria – La Locusta, la Piovra, l’Orca?
- Diciamo che si è trattato di una competizione: volevano arrivare alle carte nautiche prima di voi – replicò sveltamente il Capitano della Murena. Poi diede una rapida occhiata al punto in cui aveva ormeggiato la sua nave facendo credere ai suoi che sarebbe riuscita a cavarsi da quell’impiccio, il finto sequestro, da sola, grazie alla sua abilità nelle contrattazioni e alla precedente amicizia con Turner. La discussione stava protraendosi più del previsto, e iniziava a temere che agissero di loro iniziativa e irrompessero sul vascello per trarla in salvo …
- Non potevano sapere dove si trovassero le carte e perciò non potevano anticiparci – obiettò ancora Jack, grattandosi il mento perplesso.
- Non anticipare, ma seguire. L’Olandese Volante è una nave che … comunica con le altre – li informò la piratessa, cogliendo subito lo stupore prodotto da quella dichiarazione.
- Perché appartiene a Calypso come le altre della flotta di Fortezza? – azzardò ad ipotizzare Will e sia lei che Elizabeth e Jack annuirono, approvando la sua supposizione.
- Aspettate, non ho capito – si intromise Gibbs, punto dalla sua innata curiosità in materia di sovrannaturale – Le navi comunicano? Come? – la sua incredulità era pari a quella degli uomini della ciurma, che restrinsero il cerchio attorno ai capitani per ascoltare meglio quella storia.
- Sono tutte sotto un incantesimo – provò a spiegare Elizabeth, attingendo ai suoi ricordi di qualche racconto udito negli ultimi anni, cercando il consenso del marito e la conferma della Jucard – I loro capitani sono un tutt’uno con i velieri che comandano.
- A me non è successo, ma quelli che hanno maturato un rapporto più stretto con il loro vascello riescono a rintracciare gli altri dello stesso tipo, probabilmente – ammise seccato Jack – Così deve essere accaduto quando la Medusa Spettro mi ha bombardato la Razza. Forse perché io a questa cosa non davo peso – si schernì con scetticismo e una punta di rimpianto.
- Non gliene davo neanche io – dichiarò Turner, avvertendo subito dopo mormorare con contrarietà i suoi – Prima di ogni attacco mi sentivo un po’ strano, irascibile, nervoso, ma non riuscivo a capire il perché – scosse la testa, respirò lentamente per poi espirare dalle narici e serrare la mascella – Ad ogni modo, quell’appuntamento potrebbe rivelarsi una trappola e attualmente non siamo in possesso di quello che vuole per restituirci Jim – riconobbe costernato, premendosi la mano sulla fronte e socchiudendo le palpebre, mentre Elizabeth gli avvolgeva le braccia attorno al petto, unendosi alla sua preoccupazione.
- È tutto scemo quel ragazzino! – sbraitò con poco tatto Jack – Perché diamine gli ha rifilato il mio cognome?
- Penso che volesse proteggerci. Ed ha usato il primo nome che gli è venuto in mente – sostenne la signora Turner con un tono affettuoso, inarcando lievemente la bocca in un sorriso commosso, comprendendo le sue ragioni.
- Sciocco moccioso! – bofonchiò Sparrow, sembrando impensierito oltre che irritato, al punto da guadagnarsi lo sguardo interrogativo di Anamaria – Oh, Ana! Non pensare male: il figlio è tutto loro! E a me sta pure antipatico! Lo destesto!
- Certo, certo … – lo rassicurò la piratessa con un sorrisino intuitivo – E poi, se fosse stato figlio tuo, sarebbe volato in acqua pur di non farsi prendere, dopo averli distratti con qualcosa di stupido – aggiunse con scherno, allontanandosi da lui per discutere con Elizabeth: - Avrei bisogno di tornare un attimo dai miei per spiegare tutto. Però ho in mente qualcosa. Credo che dovremmo azzardare un tentativo – le sentì pronunciare con ottimismo, prima che fosse troppo distante.
Nel frattempo Will arrivò accanto a lui: - Jack, dimmi la verità: perché sei tornato? – gli domandò senza nascondere tutto il risentimento e l’insofferenza che provava, insieme alla disperazione, al punto da indurlo a parlare con sincerità ma anche crudezza: - Mi serviva l’Olandese Volante … e il suo Capitano. Credevo che viaggiando su questa nave sarei stato al sicuro da quello lì, e che tu mi avresti aiutato a salvare quel poco che restava del nostro mondo.
Turner sembrò colpito dalla sua ammenda, ma il suo accento uscì comunque ruvido: - È ora che tu cresca, Jack: la pirateria è finita. E anche la mia vita sarà finita se non ritroverò Jim – concluse abbattuto, affacciandosi al parapetto a contemplare l’orizzonte che andava rischiarandosi per i primi raggi dell’alba.
Jack gli si affiancò e lo riscosse con un tono di rimprovero: - Perché mai non dovresti ritrovarlo, quando hai una bussola che punta verso ciò che vuoi di più al mondo?

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Capitolo 34
*** Capitolo 33: Strategia ***


Capitolo 33: Strategia

L’Olandese Volante e la Murena impiegarono quasi un’ora per lasciarsi dietro la spettrale e poco ventosa Baia dei Relitti. Il sole era ancora basso sull’orizzonte e tingeva di giallo la superficie appena increspata del mare. Una volta preso il largo, i due velieri si erano accostati in modo da poter essere collegati tramite una passerella, e i loro equipaggi stavano eseguendo le manovre necessarie a metterli alla fonda.
Will ed Elizabeth erano rimasti inerti, seduti fianco a fianco sulle scalette del castello di poppa, con la fronte appoggiata l’uno contro l’altra e le mani unite.
- Sto penando come quando hanno rapito te. Forse anche di più – bisbigliò il giovane Capitano con collera oltre che sofferenza, circondando con un braccio le spalle dell’amata che di rimando mormorò con la stessa angoscia, sfregando la testa contro la sua: - Dobbiamo sforzarci di restare lucidi. Anamaria ha promesso che ci aiuterà.
Lui si scostò per guardarla: - Se mi accorgo che gli hanno fatto del male, anche un misero graffio, io li uccido uno per uno – giurò con il volto e la voce alterati da una risoluta e febbrile spietatezza.
Lei gli carezzò una guancia: - Spero non ce ne sarà bisogno. Ma se così fosse, non esiterò a sporcare la mia lama con il loro sangue – proferì con gli occhi infiammati dalla stessa ferocia.
- Che teneri assassini che siete! – li irrise Jack passando in mezzo alle loro gambe, quasi calpestandoli, senza dare loro il tempo di spostarsi – E il nero vi dona molto – aggiunse facendo una giravolta prima di andarsene, alludendo ai loro vestiti che parevano esternare il loro stato di lutto interiore.
Will lo inseguì mentre si incamminava con indifferenza verso il parapetto, richiamandolo con un tono pungente: - Pensavo: non è che l’hai lasciata apposta sulla Perla così che avessimo un buon motivo per metterci contro Barbossa? – lo provocò riferendosi alla bussola che teneva tra le dita per la cordicella.
Jack per qualche secondo soffermò lo sguardo sull’oggetto oscillante, poi lo spostò su Turner cogliendo la sua ostinata diffidenza e si riavvicinò strappandoglielo di mano con rabbia: - Sai che ti dico? Non dovevo commuovermi. A quest’ora sarei stato io il Capitano dell’Olandese Volante! – affermò con smodata cattiveria.
Will si diresse verso la murata opposta, digrignando i denti furioso.
- Questa volta hai davvero esagerato – lo bacchettò la moglie che aveva assistito al loro alterco, poco lontana, ma il marito le rispose solo sbuffando pesantemente e allontanandosi. Allora si girò verso Jack, per dirne quattro pure a lui, trovandolo in compagnia di Anamaria, giunta a bordo attraverso la palanca che era stata nel frattempo disposta tra le due navi, ormai all’ancora.
- Senti: posso portarlo con me? – le propose di punto in bianco la piratessa bruna, tenendo Sparrow per un braccio e facendolo trasecolare.
- Sì, portalo con te. È meglio – acconsentì Elizabeth, sospirando con le labbra imbronciate.
- Ohi? – strepitò quello, scoccando un’occhiataccia ad entrambe – Decido io – sostenne piccato, scansando da sé la nuova arrivata – Vengo con te – accettò dopo aver lanciato un altro sguardo assassino a Will che parlava concitato con la ciurma alle loro spalle.
- Jack! Non voleva. È solo angosciato per Jim – prese le sue difese la signora Turner, notando il malumore fra i due che si squadravano ancora in cagnesco.
- Sì, sì - il pirata alzò gli occhi al cielo e fece un gesto di noia ruotando la mano - È scorbutico e permaloso! È questa la verità!
- Attenetevi scrupolosamente alla rotta! È l’unico indizio che abbiamo! Se fallirete, pagherete la vostra negligenza con una punizione che non dimenticherete – vociava intanto il Capitano dell’Olandese, spostandosi da una punta all’altra del ponte.
- Lo senti? – esclamò con ripicca Jack, tendendo un braccio verso Will, soddisfatto di aver subito trovato una prova di quanto asseriva - Non dovresti tenerlo a stecchetto, secondo me – aggiunse malizioso.
- Non lo biasimo, dopo tutte le bugie che gli abbiamo propinato. E poi ha dovuto pure raccontare ai suoi della maledizione – continuò a giustificarlo Elizabeth, ignorando la sua ultima salace battutina.
Allora Sparrow, deluso dal non ricevere la considerazione che si aspettava, si appigliò ad Anamaria, che, di contro, non aveva voluto esprimersi sulla spinosa faccenda: - Andiamo Capitan Jucard! A caccia di Barbossa! – annunciò raggiante, con un pugno per aria e la bussola nell’altra mano – Glielo facciamo nero!
La donna lo respinse indispettita con un colpo d’anca e si rivolse ai Turner che, di nuovo l’uno accanto all’altra, la scrutavano aspettando che si pronunciasse: - Allora, tutti d’accordo? Trasferisco qui parte dei miei uomini e lascio il comando al mio primo ufficiale? – domandò loro, evitando di incrociare la faccia di Jack che borbottava a bassa voce contrariato.
- Stai scherzando? – ribatté Elizabeth come l’avesse insultata – Vorresti far credere a Fortezza che siete stati voi a catturarci?
- Pensavo ti fosse chiaro – mormorò quella, un po’ risentita dal tono che l’amica aveva usato.
- Credo sia più ovvio fingere che siamo stati noi dell’Olandese Volante ad arrembarvi – asserì ancora la signora Turner, ammiccando all’imponenza del vascello maledetto rispetto a quello più modesto della Jucard. Poi sia lei che Anamaria piantarono gli occhi su Will, interpellandolo risolutamente: - Capitano?
- Senza nulla togliere alla tua nave, concordo con il mio luogotenente – convenne lui dopo averci pensato qualche secondo – Manderò metà dei miei sulla Murena mentre tu resterai qui, Anamaria. Abbiamo bisogno che ci racconti tutto quello che sai su Fortezza.


A destare Jim fu la fastidiosa sensazione di avere tutte le articolazioni intorpidite, come se il suo corpo fosse stato schiacciato da un masso o incatenato, oppure avesse dormito su una lastra di pietra.
Si sedette e si stiracchiò lentamente, sentendo scricchiolare le gambe, le braccia, la schiena e il collo prima di riuscire a mettersi, traballando, in piedi. Si strofinò il dorso delle mani sulla faccia accorgendosi della pelle umida: finché era rimasto sveglio ce l’aveva fatta a trattenere le lacrime, ma forse nel sonno non era stato capace di fare altrettanto.
Un fascio di luce entrava dal piccolo oblò, troppo alto perché arrivasse ad affacciarsi, e in quella stretta cella non c’era nulla, né un materasso né uno sgabello. Vide però che qualcuno gli aveva portato un pezzo di pane, lasciandolo sul pavimento sudicio.
Anche se aveva lo stomaco chiuso, pensò che doveva costringersi a mangiare perché già si sentiva debole, e la sera prima non aveva toccato cibo. Ma ogni suo desiderio di addentarlo svanì quando constatò quanto fosse duro e ammuffito. Arrabbiato e schifato, calciò il misero pasto fuori dalle sbarre, poi avvertì dei passi e tornò a sedersi in un angolo, con le gambe strette al petto e il mento appoggiato sulle ginocchia.
- Secondo me Mickey e Stanley hanno toppato: questo sgorbietto qua non se lo verrà a riprendere nessuno! – ridacchiò un uomo che dalla voce non pareva più tanto giovane, e che poco dopo si piazzò davanti alla cella appiccicandovi la faccia insieme ad un altro briccone della sua stessa età.
Jim li spiò di sottecchi chiedendosi quanto tempo avesse trascorso lì: gli sembrava di aver perso già la cognizione, ma non poteva essere passato più di un giorno dal suo rapimento.
- Più lo guardo e meno sono convinto che questo mucchietto d’ossa sia imparentato con Sparrow – tornò a parlare il pirata di prima, trascinando una panchetta su cui si sistemò, sempre con la faccia rivolta all’interno della celletta. L’altro lo copiò e dopo un minuto gli chiese con fiacca curiosità: - Perché?
- Non ha detto una parola da quando l’abbiamo buttato qui dentro e invece quel figlio di un cane rognoso non fa che blaterare e blaterare! Fino all’esaurimento! – replicò il primo portandosi le mani ai pochi e sudici capelli grigiastri.
- Tu lo conosci? – gli domandò il compare, bussandogli sulla spalla mentre fissava anche lui il bambino che era rimasto fermo immobile con le palpebre socchiuse.
- Quando ero imbarcato con quell’altro Capitano, una volta, l’abbiamo catturato durante un arrembaggio – cominciò a raccontargli – A me è toccato essere il suo carceriere perché dicevano che quella canaglia poteva evadere. Non hai idea di quante storie mi ha potuto sciorinare in pochi minuti! Ti giuro: mi sentivo scoppiare le cervella! E alla fine ho preferito rompermi il culo a scrostare la merda dei morti ammazzati sul ponte, piuttosto che restare un solo minuto di più con lui! – concluse con un grugno isterico al solo ripensarci, provocando le risa sommesse di Jim, il quale si era figurato in mente tutta la scena descritta.
- L’Ammiraglio vuole che gli portiate il ragazzino – irruppe un altro mascalzone, annunciato da passi pesanti, una risata gutturale a increspargli il grugno sfregiato.
Il piccolo Turner trasalì deglutendo e si sentì brontolare la pancia per la paura e l’agitazione: non aveva ancora conosciuto di persona quel famigerato filibustiere le cui deplorevoli gesta molti raccontavano con terrore.
I due furfanti che erano stati lì a chiacchierare obbedirono all’istante: aprirono la cella, si avventarono su di lui e, strattonandolo per le braccia, lo fecero uscire. Il ragazzino non si oppose, muovendo mollemente le gambe ma restando con gli occhi spalancati e il respiro accelerato lungo tutto il tragitto dalla prigione alla cabina del Capitano, osservando la moltitudine dei volti sgradevoli della ciurma che lo scherniva con appellativi offensivi o scagliandogli sguardi e ghigni per nulla amichevoli.
Finalmente arrivarono: i due pirati che lo avevano accompagnato lo piazzarono a forza su una poltrona con la spalliera e il sedile imbottiti e rivestiti di un velluto marrone sporco, quindi lasciarono la stanza e dalla parte opposta alla porta comparve lui.
Nessuno l’aveva mai descritto fisicamente e Jim lo scrutò con attenzione intanto che era in piedi vicino ad una vetrata, distratto a fumare un pipa. Era sia di statura sia di corporatura media. Doveva avere una cinquantina d’anni portati male, con la sua faccia arrossata e piena di grinze e macchie al cui centro spiccava un naso lungo e sottile. Una barba riccia e arruffata, bruna ma con molti ciuffi grigi, gli copriva le guance e il collo, i capelli erano unticci, tirati indietro e legati in un codino con un nastro, in testa aveva un grande tricorno di stoffa di un rosso stinto. Indossava una casacca celeste con due punte sul dietro che ricadevano sulle ginocchia e i pantaloni neri di una tela misera, erano larghi nelle cosce e infilati dentro degli stivali di pelle tutti scorticati.
Per un lungo istante drizzò il viso su di lui che ne sostenne lo sguardo con fierezza: i suoi occhi, piccoli e scuri, circondati da occhiaie violacee, avevano una scintilla malvagia e guizzavano rapidi, seri e indagatori su tutto ciò che lo circondava, sul suo volto e sul mare, quasi in maniera ossessiva. Sembrava indeciso su come agire.
Il butterato bucaniere si assestò con movimenti lenti sulla sua poltrona, tirando qualche altra boccata, senza scostare il cipiglio assorto dal bambino che faceva altrettanto, poi gli avvicinò un bicchiere di peltro, strisciandolo sul tavolo di vetro spesso e verde posto tra di loro, che con quel contatto produsse uno stridio fastidioso.
Jim si sporse a raccoglierlo per interrompere quel rumore che gli faceva venire i brividi e bevve tutto d’un sorso il contenuto per bagnarsi la bocca che sentiva completamente asciutta. Si maledisse per non avere prima esaminato il liquido: la gola, le orecchie, gli occhi, le budella sembrarono andare in fiamme e non poté fare a meno di tossire convulsamente e sputare.
Worley esplose in una cupa e sonora sghignazzata: - Spiacente, mostriciattolo! Ma non abbiamo altro che gin sulla Spettro!
- È la vostra ultima risata, brutto farabutto! – gli rispose il piccolo Turner con la voce ancora roca per il bruciore – Mio padre ve la farà pagare al punto che vi pentirete di essere nato! – gli urlò con sfacciataggine mettendosi in piedi sulla poltrona.
Il pirata non smise di ridere ancora più sguaiato: - Animella innocente! Tuo padre era un uomo vigoroso … ma è morto, oramai.
Jim ricadde sulla poltrona come gli avessero dato una botta in testa: - M … morto? – mugugnò con un nodo allo stomaco, pervaso da un fremito di freddo che impulsivamente lo portò a stringersi nelle braccia.
- Ah, il tuo fratellastro non ti ha raccontato niente? – inveì Fortezza con un piglio divertito e sadico nella voce cavernosa e sporca – Saranno cinque o sei anni che è trapassato.
Il bambino cercò di non mostrare il suo sollievo: si era quasi dimenticato della sua sciocca e imprudente bugia, ma pensò di usarla per scoprire qualcosa di più su ciò che veramente il suo rapitore sapeva e soprattutto su ciò che veramente voleva.
L’aveva letto in tante storie e gliel’aveva insegnato pure sua madre: dove non arriva la forza, può la furbizia. Ostentò il suo broncio migliore assieme ad un accento patetico: – Noi … ci siamo conosciuti da poco …
I grandi la chiamavano strategia.

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Capitolo 35
*** Capitolo 34: La sfida ***


Capitolo 34: La sfida

Jim Turner sapeva benissimo che fumare a bordo di una nave era assolutamente proibito.
Non c’era niente di più pericoloso di qualche granello di cenere incandescente, di una minuscola scintilla che svolazzava libera per far attecchire in un battibaleno un indomabile incendio, aveva imparato a sue spese.
Ma quel malfattore sembrava tanto sprezzante e sicuro di sé infischiarsene completamente e così, spenta la pipa, si accese un lungo sigaro che esalava un fumo denso e dall’odore talmente acre da far lacrimare gli occhi.
- Jack Sparrow è un vile cialtrone. Dove l’hai incontrato? – grugnò dopo che se ne era stato zitto per più di un minuto a farsi i fatti suoi, quasi si fosse dimenticato di lui, nonostante tossisse con foga, disturbato da quel tanfo pestifero.
Il Capitano della Spettro attendeva una risposta e il bambino capì che doveva improvvisare, perciò ripensò alle tante storie che aveva sentito da che era nato. Qual era il posto più plausibile in cui ci si poteva imbattere in un pirata?
- A Tortuga – rispose con ovvietà – Mia mamma lavora lì, in un bordello – gli venne da specificare. Non conosceva esattamente il significato di quel vocabolo che ricorreva spesso quando si parlava di quell’isola famigerata, prediletta dai briganti del mare. Sua madre gli suggeriva di soffermarsi su altri particolari se lo incontrava, senza spiegarglielo mai con chiarezza. Prima o poi, rimuginò, quell’enigma lo avrebbe scoperto da solo.
Fortezza, però, sembrò trovare divertente quel dettaglio perché fece una smorfia strana che somigliava ad un sorriso, afferrò una bottiglia mezza vuota dal tavolo e iniziò a scolarsela, mentre con l’altra mano gli faceva cenno di continuare a raccontare.
Allora il piccolo si risolse a portare avanti la recita, restando vago: - Lei e Jack hanno parlato tutta la notte, non lo so di che cosa di preciso, perché non sono tipo da origliare. La mattina dopo Jack è tornato e la mamma mi ha detto che ormai sono grande abbastanza per cominciare a lavorare. Così sono partito con lui e siamo arrivati in un posto … mi pare che si chiamasse Port Royal. Lì abbiamo trovato degli uomini cattivi che hanno cominciato a spararci, perciò ci siamo imbarcati su una grande nave che stava alla fonda per scappare, prima che ci facessero secchi … - Jim si interruppe di colpo a sbirciare l’espressione fosca di Worley - È da allora che ci inseguite! – lo sfidò un po’ troppo impudente, incrociando il suo sguardo indecifrabile, e sentì la necessità di aggiungere qualche altra frottola, recuperando una voce sottile e tremolante: - È stato soltanto quando siamo arrivati alla Baia dei Relitti che mi ha confessato di essere mio fratello …
- Dei vostri affari di famiglia non me ne importa un fico secco! – lo aggredì d’impeto il Capitano, scagliando sopra la sua testa la bottiglia vuota che andò ad infrangersi contro la porta – Quello spiantato di tuo fratello! Non è mai riuscito a tenersi stretta una nave, e quelle poche volte che ne conquista una, è semplicemente favorito dalla sorte. Come gli è successo con l’Olandese Volante.
Jim si raggomitolò sulla poltrona, ancora scosso per lo scatto d’ira che aveva avuto l’uomo, aggrottando la fronte. E stavolta non ebbe bisogno di mentire: non aveva realmente afferrato il senso di quell’ultima frase.
L’attempato Fortezza era un tipo attento e colse la sua titubanza: - Neppure questo ti ha detto? – gli domandò con un tono cantilenante che sapeva da presa in giro, soffiandogli anche del fumo in faccia. Il bambino seguitò ad impersonare la vittima, scacciando la voglia di insultarlo, e disse di no con la testa, simulando pure un singhiozzo. Sembrò funzionare perché il bucaniere gli svelò, sempre con un tono acido e la faccia torva: - Ha ammazzato quel Capitano che era pure un suo vecchio amico. Lo immaginavi tanto carogna?
Il ragazzino abbassò gli occhi e Worley scoppiò in un’altra malevola e rauca risata, che gli sarebbe stata del tutto insopportabile se non si fosse estraniato a pensare quale delle tante altre cose che gli frullavano in mente fosse più opportuno chiedergli. Quando lo sentì muovere la sedia come per alzarsi, trovò il coraggio di fermarlo, alzandosi a sua volta e schiarendosi la gola: - Posso farvi una domanda? Anzi … due?
Il corsaro si mise in piedi, appoggiandosi con i palmi sul tavolo e lo scrutò sospettoso prima di acconsentire con un verso gutturale. Jim avvertì di nuovo l’ansia pietrificargli la lingua e dovette lottare per riuscire a staccarla dal palato: - Voi, come avete saputo queste storie?
- Non tutti i miei amici sono morti sotto i vostri colpi – rispose quello sprizzante superbia, ma senza utili precisazioni.
Il piccolo Turner si scervellò rimuginando sui diversi attacchi in cui era stato coinvolto l’Olandese e concluse che gli unici ad aver scambiato Jack Sparrow per Capitano erano stati i pirati della Piovra, secondo quanto gli avevano raccontato … ma non erano morti tutti? A meno che l’Ammiraglio e i suoi manigoldi non avessero fatto confusione fin dall’inizio …
- Qual è l’altra domanda? – tuonò Fortezza con maggiore impazienza, e lui dovette scegliere in fretta tra i molteplici interrogativi quello che lo preoccupava e incuriosiva di più: - Se questa nave è invisibile, come farà mio fratello a trovarci?
Il volto olivastro e rugoso del pirata si contrasse in un ghigno perfido che ne scoprì i denti storti e gialli: - Hai sbagliato domanda, sciocchino! Dovresti chiederti che fine farai se lui non verrà.


In mare aperto, quella mattina, il vento caldo di levante gonfiava le vele sospingendo i due galeoni sempre più vicini alla meta. I quattro capitani erano chiusi da oltre un’ora nella cabina di comando dell’Olandese Volante e non si erano più fatti vedere dalla ciurma che, tuttavia, svolgeva il suo dovere anche senza la presenza di qualcuno che la sollecitasse di continuo.
- Ricapitolando: questo Fortezza è un lestofante di poche parole con un debole per le sfide e le scommesse – sintetizzò brevemente i discorsi intavolati finora Will, spazientito e nervoso.
- Prima di diventare un pirata è stato un marinaio modello e un ottimo soldato, perciò ha una forte tempra e grande esperienza in ambito nautico – aggiunse assertiva Elizabeth seduta accanto a lui, lanciando uno sguardo ad Anamaria che le stava di fronte, la quale confermò quasi ammirata: - Si dice che non abbia mai perso una battaglia in mare.
- Ed è un tipo fantasioso – asserì con fare saputo Jack, voltandosi verso di loro e allontanandosi dalla finestra a cui era rimasto mentre gli altri discutevano – Basta pensare ai nomi pesciosi con cui ha ribattezzato le navi della sua flotta! – chiarì sollevando le sopracciglia, stufo di non essere mai preso sul serio o di apparire svagato.
- E secondo te potrebbe usare questa sua “fantasia” anche per organizzare qualcosa contro di noi? – lo interpellò il Capitano Turner, sospettando che non avesse esposto quella osservazione a casaccio.
Quello fu contento della considerazione ricevuta, un guizzo lusingato attraversò il suo volto: - E noi dobbiamo prepararci a fare altrettanto – affermò drizzando l’indice e prendendo posto accanto ad Anamaria.
- Quindi? – bofonchiò lei, tamburellando le unghia smaltate di rosso sul tavolo e fissandolo con perplessità e insofferenza.
Jack la imitò con minore convinzione, poi proferì accompagnato dalla sua mimica seducente:
- Anamaria: siamo ancora sulla stessa onda. Tu mi hai dato il “la” con l’idea della cattura della Murena, e io adesso comporrò la melodia suonandoci sopra del mio …
I coniugi Turner osservavano Sparrow sbigottiti, avendo la sensazione che stesse corteggiando la bella donna vicino a lui come se loro due non fossero presenti.
- Avevo capito che volevi partire alla ricerca di Barbossa – lo richiamò Elizabeth con accento sarcastico.
- Sì, e con quale nave? – ribatté Anamaria con la medesima tagliente ironia, scostando un po’ la sedia da quella del fascinoso filibustiere con le treccine, il cui braccio scivolò, mancando l’appoggio alla spalla di lei.
Jack storse la bocca stizzito e si rimise in piedi con movenze rigide da burattino: - Il marmocchio interessa a voi, se non volete ascoltarmi …
- Dai, scusaci – lo incoraggiò a restare la signora Turner abbonandogli un sorriso, seguita dall’amica: - Dopotutto le tue idee folli di solito funzionano – sostenne quella sfiorandogli una mano, mentre il Capitano Turner non si esprimeva in alcun modo per convincerlo, non avendo intenzione di piegarsi a chiedergli aiuto.
- Per favore, Jack – lo invocarono le due piratesse con voce zuccherosa e occhioni imploranti, circondandolo.
Un mugolio scontento scivolò dalle labbra dell’uomo che finì inevitabilmente per sciogliersi e tornò sui suoi passi, sedendosi: - State a sentire … - riprese con piglio borioso ed esperto.
Will alzò gli occhi al cielo: bastavano un paio di moine da parte di due belle donne perché le testarde ritrosie di quel pirata vanesio crollassero come un castello di carte colpito dal vento. Sperava almeno che quelle sviolinate che lo infastidivano servissero a salvare suo figlio.


Un’altra angosciosa notte era passata. Jim camminava avanti e indietro all’interno dell’angusta cella da più di mezzora. Si stancò e si buttò sul sottile pagliericcio che giaceva sul pavimento. La nave era ferma. Si annoiava da morire ma, almeno, non lo stavano torturando né gli stavano facendo alcun male, a parte quello di privarlo di qualcosa di commestibile. Il che già gli faceva contorcere un po’ le budella vuote e gli provocava qualche giramento di testa.
D’un tratto la calma piatta delle ultime ore fu gradualmente sbriciolata dal rincorrersi di voci eccitate: c’era stato un avvistamento. Il bambino si precipitò verso le sbarre, tendendo le orecchie all’esterno per sentire meglio. Sembravano cavalli selvaggi e, più veloci dell’altra volta, arrivarono per portarlo fuori di lì, afferrandolo e caricandolo in spalla come fosse un sacco di patate.
In pochi minuti si ritrovò sul ponte gremito e incollò lo sguardo trepidante nello stesso punto in cui si era appiccato quello dei bucanieri. Le sue labbra si allargarono in un sorriso di pura gioia e, se non fosse stato trattenuto, si sarebbe anche messo a saltare.
- Visibilità! – sentì ripetere a più uomini, senza riuscire però a capire o a vedere quello che stava succedendo, perché fu trascinato con malagrazia in un'altra parte della tolda.
- A quanto pare vali più di quel che pesi, vermiciattolo! – gongolò Fortezza dopo essere apparso alle sue spalle e aver riposto il cannocchiale. Quindi gli strinse due dita sotto il mento, tirandolo su per guardarlo dritto negli occhi: - Ora dovrai fare l’esca fino in fondo! Sparrow ha venduto l’anima per la sua nave, in passato. Voglio proprio vedere cosa sarà disposto a fare per te! – ridacchiò maligno, volgendo un cenno d'intesa ai suoi che, rapidi, accerchiarono Jim gettandogli addosso del cordame.

L’Olandese Volante abbordò dopo più di tre quarti d’ora la Medusa Spettro, tornata visibile grazie ad un furbo stratagemma meccanico che restava ancora un segreto per molti. Anche la Murena gettò l’ancora nella stessa caletta naturale scelta come luogo dell’incontro.
Jack percorse la palanca mascherando abilmente l’esitazione e, con studiata ruffianeria, si inchinò davanti al Capitano che lo aspettava al centro esatto della coperta con le mani già pronte a impugnare le armi: - Ammiraglio Fortezza – lo salutò sollevando appena il tricorno.
- Sei arrivato – si limitò a rispondere quello, gettando un’occhiata interessata ai due velieri che erano sopraggiunti. La sua gentaglia era disposta sui fianchi del vascello e controllava ogni possibile mossa degli avversari, tenendoli sotto tiro.
- Perché lo dici così? – si inquietò Sparrow, dato il tono tetro dell’uomo – Vorresti insinuare che io sia in ritardo? – sorrise nervoso.
Worley sogghignò, senza smettere di sbirciare qualsiasi cosa o persona attorno a sé o visibile sulla nave da cui quello era sceso: - Al contrario. Non pensavo di vederti così presto. Sei proprio un fratello affettuoso. Non lo conoscevo questo tuo lato tenero – commentò sardonico, dandogli una forte pacca di sfottò sulla spalla.
- Già, non lo conoscevo neanch’io … – replicò sdegnato Jack, facendo un passo indietro e stirandosi la giacca. A quel punto Fortezza piegò gradualmente la testa all’indietro piantando le perfide pupille esattamente sopra di sé.
Jack d’istinto fece lo stesso, pur temendo un trabocchetto. Notò invece una rete da pesca appesa ad un sistema di funi intrecciate e collegate ad alberi e pennoni, al cui interno distinse un corpicino minuto che si dimenava forsennatamente facendola dondolare.
 – Ah! Ecco la piccola peste! Ciao Jimmy! – esclamò tutto festoso - È talmente contento di vedermi che neppure riesce a parlare!

- Non riesco a scorgerlo né a sentirlo! – si agitava intanto Elizabeth, nascosta insieme al marito e ad altri uomini delle due ciurme dentro la peculiare polena dell’Olandese.
- Shh! Dobbiamo aspettare il segnale di Jack! – la ammonì Anamaria, tirandola indietro per evitare che si facesse scoprire. Lei cercò appoggio in suo marito.
- Al diavolo! Io non ce la faccio più! – esplose Will e, chinandosi sulle gambe, sciolse rapido la corda fissata attorno ad uno spuntone del legno facendola ricadere sul pelo dell’acqua.
La moglie intuì il suo piano e tutti e due la usarono a turno per lanciarsi sulle scalette della nave su cui era tenuto prigioniero il loro bambino.

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Capitolo 36
*** Capitolo 35: La spada, il corvo, il mare ***


Capitolo 35: La spada, il corvo, il mare

- Santa pazienza! – sbuffò Anamaria prima di saltare e raggiungere i coniugi Turner, appesi in equilibrio precario sullo stesso gradino della biscaglina, aggrappandosi poco più in basso.
- Sei impazzita? – la rimproverò sottovoce Will, avvertendo il sobbalzo delle corde – Non ci reggerà tutti e tre!
- Vi costava così tanto rispettare il piano? – mormorò di contro lei, cercando di poggiarsi il meno possibile su quelle funi fradice.
- Non sei tu ad avere un figlio nelle mani di quei balordi! – ansimò con angoscia Elizabeth, al che Anamaria si arrese mentre il Capitano dell’Olandese, reggendosi solo con una mano e un piede, si voltò verso i suoi rimasti nella polena, intimando loro con dei gesti di arrampicarsi sui fianchi della Spettro.

Fortezza taceva da qualche secondo, gli occhi spiritati, le labbra increspate appena visibili sotto la fitta barba crespa, il braccio destro teso in avanti con il palmo rivolto verso l’alto.
Jack aveva intuito che gli stava chiedendo quello che non aveva, perciò si nascose dietro la maschera dell’ironia per temporeggiare: - Temi che si metta a piovere? – proferì ruotando il polso come a verificare possibili gocce sulla pelle – Ormai dovresti esserci abituato al clima tropicale, compare!
Worley brontolò a bocca chiusa, abbassando il braccio e stringendo le dita attorno al calcio della pistola, senza staccare lo sguardo minaccioso da Sparrow che, con espressione ugualmente grave, continuò a discorrere mettendosi a camminare lentamente in tondo: - Dal momento che ti ho distrutto due navi, ho ritenuto cosa lodevole … e buona … e giusta, consegnarti altre due navi. Voilà! – indicò con un movimento plateale delle braccia l’Olandese e la Murena ormeggiate alle sue spalle.
Fortezza restò fermo dov’era a studiare i due velieri con poca persuasione, rialzando il palmo verso di lui per poi esprimersi con superbia: - Di navi potrò averne quante voglio grazie a preziose carte. Perfino nel mondo dei morti me le posso andare a cercare.
Jack s’impresse una faccia triste: - Sono desolato ma quelle preziose carte io non ce le ho – scandì parola per parola con franchezza, percependo la tensione crescere attorno a lui sottoforma delle occhiatacce della ciurma e dei loro bassi ruggiti biascicati tra i denti.
- Pensavo che il pesciolino ti interessasse. E invece … - Worley impugnò la rivoltella mirando la rete a parecchi piedi da terra in cui era imprigionato Jim, il quale urlò forte nonostante il bavaglio che gli copriva la bocca, perché anche gli altri pirati della Spettro avevano estratto le loro pistole puntandole tutte contro di lui.
- Le ha rubate Barbossa! Il Capitano della Perla Nera! – strepitò rapidamente Sparrow, serrando le palpebre dopo aver sentito scattare decine di caricatori contemporaneamente.

- Ecco il segnale! – bisbigliò Anamaria agli altri, salendo poco più in alto.
In realtà si erano già mossi in anticipo. Non distingueva se a far vibrare la precaria scaletta sotto le sue mani fossero le funi in procinto di spezzarsi o le crescenti palpitazioni di Will ed Elizabeth, i cui respiri affannati sembravano doversi trasformare da un minuto all’altro in urla di furore, portandoli a scagliarsi contro i nemici prima della seconda frase convenuta con Jack.
Le loro teste per poco non facevano già capolino dal parapetto.

- Se davvero le ha Barbossa, allora tu me le porterai – ordinò Fortezza con impassibilità riponendo l’arma, subitamente copiato dai suoi, seppur tra mille imprecazioni.
Jack era compiaciuto di stare riuscendo a gestire la conversazione come aveva immaginato. Ormai i suoi compagni dovevano essere agganciati allo scafo della Spettro e attendevano solo il secondo segnale per accorrere in suo soccorso.
- Tu me le porterai – sibilò il vecchio Capitano, sicuro di una risposta affermativa, brandendo di nuovo la minaccia di crivellare di colpi il piccolo Turner che singhiozzava con gli occhi sbarrati.
- Io non ci penso proprio! – lo sorprese Sparrow – Pensavo che le tue navi fossero imbattibili. Che tu fossi imbattibile. E invece … Stai elemosinando il mio aiuto – lo provocò ostentando il suo spregio. Sapeva che un punto debole per molti pirati capitani di navi era l’orgoglio e, infatti, Worley si mostrò indispettito, contraendo le sopracciglia e stringendo la mandibola, come preso da un tic nervoso.
- Ormai la Perla Nera starà veleggiando verso l’isola dei Pelegosto, dritta verso la palude del Pantano, nel tentativo di raggiungere la dimora di Calypso – a quel punto sentiva di averlo catturato - Perché non scommettiamo a chi arriva primo? – gli suggerì con un sorriso astuto, pungolando l’altra sua fissa, le sfide sul mare.
Mentre gli rivolgeva tale proposta, lo vide scrollare le spalle ringalluzzito: - E sia! – acconsentì con un luccichio euforico negli occhi, subito oscurato dal dubbio – Le condizioni però le imporrò io – aggiunse con un ghigno insidioso.
Jack aprì la bocca per pronunciare la battuta che doveva dare il via libera a Will e agli altri per l’arrembaggio, ma accadde un imprevisto che gli mozzò le sillabe in gola.
Un tonfo nell’acqua, come di qualcosa di voluminoso e pesante, proprio nello spazio che separava lo scafo dell’Olandese da quello del suo vascello, distrasse Fortezza e lo indusse ad estrarre impulsivamente la pistola e a balzare di scatto con il braccio in alto.
Nello stesso istante Jack gli si lanciò addosso buttandolo a terra, ma il colpo partì comunque centrando qualcosa sopra le loro teste.
Jim vide il proiettile sfilacciare un nodo nell’intreccio di funi che lo avvolgeva e sosteneva a qualche metro dal ponte, e perse i sensi per lo spavento, ricadendo all’indietro.
Tutta la ciurma della Medusa Spettro si era lanciata verso la murata per accertarsi di vincere sul tempo un assalto ma venne ricacciata indietro dai pirati dei Capitani Turner e Jucard che, scavalcata la ringhiera, si gettarono con foga su di loro, prima sparando e poi ingaggiando dei furenti combattimenti con le spade. Ad essi si aggiunsero molti altri bucanieri che erano rimasti sulle rispettive navi e che diedero manforte ai compagni, riversandosi come un fiume in piena sulla tolda ribollente di urla, botte e urti metallici.
Jack rotolava per terra, ancora impegnato a disarmare Worley che si ostinava a tirare colpi a caso, rischiando di ferire i suoi stessi uomini.
- È lassù! Presto! Coprimi! – gridò Elizabeth, afferrando con frenesia il braccio di Will che, pur trovandosi invischiato negli scontri, cercava di rimanerle accanto e di avvicinarsi con lei ad uno degli alberi per recuperare Jim.
- Lo prendiamo, lo portiamo a bordo e ripartiamo! È facile! – si ripeteva Gibbs tra una sciabolata, uno spintone e un pugno sferrato ai nemici, che si trovavano in minoranza ma non perdevano l’aggressività.
I Turner, tenendosi stretti per la mano sinistra, spargevano fendenti a destra e a manca, con mirabile efficacia, non lasciando scampo a quanti si paravano loro davanti per ostacolarli, mentre Jack, non essendo molto abituato agli scontri prettamente fisici, iniziava a sentirsi allo stremo delle forze.
Per quanto quell’uomo fosse più maturo di lui conservava un vigore invidiabile, tanto che non era riuscito a spostarlo di un centimetro, né a disarmarlo. In compenso aveva tenuto a mente la conta dei proiettili che quello aveva esploso: - Hai solo un colpo oramai, vecchio gufo!
Fortezza con un guizzo inaspettato ribaltò le loro posizioni, schiacciando Jack sulle assi del ponte e, tenendogli premuto un ginocchio sullo stomaco e una mano sul collo, gli avvicinò la canna metallica alla faccia: - Un colpo solo mi basterà a farti fuori!
Prima che potesse piegare la gamba per dargli una ginocchiata sul muso, vide che la pistola gli volò dalla mano: - Non oggi! – era stata Anamaria con un calcio deciso a fermarlo.
- Tu? Jucard? Sospettavo che fossi passata dalla loro parte! – sbraitò Worley, alzandosi e sguainando la lama, pronto ad attaccarla.
- Sono sempre stata dalla parte dei veri pirati, io! – replicò fieramente la donna, preparandosi a far suonare il ferro.
Jack ne approfittò per scattare in piedi e rifilare un destro assestato e una spallata al Capitano della Spettro, facendolo capitolare in mezzo alla mischia.
- Almeno un grazie, Sparrow – la mora piratessa reclamò la sua attenzione, ma lui si limitò ad annuire sorridendole a labbra strette e, allo stesso tempo, volse gli occhi attorno a sé per valutare la situazione. In breve fu costretto ad inserirsi anche lui nei duelli all’arma bianca.
- Chi è stato l’idiota che ha pensato di farsi un tuffo? – chiese ad Anamaria durante un affondo, ghermendole il braccio libero – Andava tutto liscio! Mi avete rovinato la sorpresa!
Lei si dibatté irritata: - Nessuno si è tuffato. Si è staccato un pannello – asserì dando una gomitata ad un avversario che si trovò alle spalle.
Jack le fece fare una piroetta su se stessa e poi la avvicinò a sé fissandola con aria interrogativa, in attesa di un chiarimento.
La donna girò di nuovo, separandosi da lui che la tratteneva ancora per il polso sinistro e replicò, con molte pause a causa della necessità di parare i colpi: - Non lo conosci il segreto della Spettro? Ha lo scafo ricoperto di specchi infrangibili che all’occasione vengono nascosti da pannelli di normale legno. E un diamante in cima all’albero maestro che riflette la luce del sole. È così che diventa invisibile – gli spiegò con tono saccente, stupita che non lo sapesse.
- Un diamante hai detto?! – esclamò Jack drizzando gli occhi per cercare di individuarlo, quel tanto che bastò a distrarlo dall’arrivo di una sciabolata che per poco lo avrebbe sfregiato in faccia, se lei non l’avesse allontanato – Sei un disastro nel corpo a corpo gioia! – la prese in giro perché gli aveva pestato ripetutamente i piedi, evitando ancora una volta di ringraziarla.
- Forse riuscirei a battermi meglio se ti decidessi a lasciarmi andare, Capitan Tonto! – lo rimbeccò esasperata lei, convincendolo finalmente a mollare la presa stizzito, proseguendo da solo.
Entrambi, quasi accidentalmente, scoccarono un’occhiata a Will ed Elizabeth che invece sembravano una perfetta macchina da guerra nella loro letale danza con le lame, compensandosi e difendendosi a vicenda.

Jim rinvenne, trovandosi con metà del viso sporgente dalla trama della rete.
Con cautela si portò indietro, mettendosi seduto con le gambe incrociate. Gli restava da pazientare solo un altro po’. Perciò rinunciò a provare di nuovo a liberarsi dalle ruvide corde di canapa che gli avevano già graffiato i polsi e restò ad osservare l’indiavolata baraonda che imperversava sul ponte.
Almeno una cinquantina di pirati combatteva a colpi di sciabola e di pistola, il rumore degli spari e del metallo che cozzava gli giungeva insieme ad un turbine di ingiurie e parolacce.
Nessuno, però, si muoveva con destrezza nel maneggiare quel semplice ma pericoloso pezzo di acciaio lavorato e lucente come loro tre.
Gli sovvenne un pensiero curioso, che quella vecchia canzone, imparata a memoria poco dopo aver mosso i primi passi, fosse stata concepita apposta per loro.
E, quasi come a darsi conforto, la cominciò a canticchiare, o meglio, essendo ancora imbavagliato, a mugugnare.
Sua madre, sottile, eppure forte e tagliente, era la spada.
Suo padre, tosto, intrepido e graffiante, era il corvo.
Jack Sparrow, travolgente, misterioso, imprevedibile, era il mare.

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Capitolo 37
*** Capitolo 36: In fuga ***


Capitolo 36: In fuga

- Difendete la nave! Non fateli scappare! Li voglio tutti morti!
Fortezza urlava a perdifiato, fuori di sé, seguitando a sparare tra la folla con un moschetto che aveva raccattato, cercando di acciuffare Jack che gli sfuggiva di continuo come un’anguilla.
Anamaria zampettava come un grillo, sfruttando cime penzolanti e uomini per spostarsi più velocemente vicino ai Turner: - Ancora non lo avete recuperato? Sbrigatevi, per mille fulmini! – li incitò dovendo poi allontanarsi di nuovo per difendersi da un nemico.
- Non vedo come arrivarci – si discolpò Elizabeth, turbata e spazientita, portando gli occhi alla rete in cui era intrappolato Jim che oscillava lievemente sulle loro teste.
- Bisogna cercare di calarla – affermò Will trafiggendo un tizio, dopo aver esaminato la mancanza di appigli da cui poterla raggiungere.
- Se li tenete occupati posso provarci io – si offrì Gibbs, salendo sulla terrazza di poppa e apprestandosi a sciogliere un groviglio di corde fissate alla ringhiera.
Will ed Elizabeth lo ringraziarono con un cenno del capo, riprendendo a scagliare colpi di punta e di filo e voltandosi di tanto in tanto per controllare il suo operato. Ma il navigato marinaio pareva più confuso che capace, per di più si accorsero che se sbagliava a tirare fune la rete si restringeva o si spostava ancora più in alto. Sempre più avviliti, si ritrovarono a concepire la stessa idea scorgendo un uomo in particolare tra la ressa che se ne stava con le mani ai fianchi a guardare gli altri, come se stesse riposando perché sfiancato dai duelli.
- Quello deve essere Fortezza – sostenne lui serrando i denti con un soffio di collera, lei rispose annuendo e stringendo più forte il suo braccio mentre si facevano spazio tra i combattimenti per raggiungerlo.
Arrivati alle sue spalle, Elizabeth gli fece cadere la spada colpendogli la mano con l’elsa mentre Will si affrettò ad afferrarlo da dietro bloccandolo all’altezza del collo con entrambe le braccia, costringendogli la faccia tra la canna della pistola e la lama del pugnale.
- Muoviti farabutto! – gli ordinò la bionda piratessa con il volto in fiamme, pungendolo con la punta della sciabola al centro del petto.
- Chi siete voialtri? – Worley imprecò con una voce tale che sembrava volerli sbranare.
Capitan Turner non si lasciò intimorire: - Cammina, o te ne pentirai – gli intimò freddamente, trascinandolo di peso con sé con l’aiuto della consorte che, come lui, lo teneva sotto tiro con le sue armi spingendolo a procedere in direzione del castello di poppa.
Fortezza non si ribellò pur continuando a bestemmiare, anche perché si accorse che altri uomini spalleggiavano quella coppia di invasati seguendoli e attorniandoli.
Mastro Gibbs, che cercava ancora di raccapezzarsi in quell’intricata trama di nodi, si mise da parte vedendoli approssimarsi con quell’importante ostaggio, lanciando loro un sorriso di approvazione.
- Forza, liberalo! – lo spronò Will, alzandogli la faccia verso suo figlio. L’uomo gli rispose con uno sputo guadagnandosi però un sonoro e secco ceffone da parte del giovane padre che aumentò poi la pressione della pistola sulla sua schiena, torcendogli al contempo il braccio destro.
Altrettanta pressione gli faceva la madre del piccolo: - Guarda che se non lo fai noi non è che ti uccidiamo … - lo avvertì improntando un’espressione sadica e accattivante al tempo stesso, rigirando la spada a poca distanza dal suo viso e scambiando un’occhiata d’intesa con il marito.
- Ti facciamo qualche buco in corpo, ma in modo che resti cosciente del dolore – proseguì lui con un timbro bieco accostandogli il pugnale ai reni, rinviando uno sguardo complice alla moglie che fece scivolare sul malcapitato la canna della pistola schiacciandogliela successivamente sull’inguine: - Hai bisogno di una dimostrazione? – gli sussurrò con provocante perfidia, muovendo gli occhi dall’arma ai suoi.
L’Ammiraglio, d’improvviso in preda ad una duplice eccitazione, sudava freddo e sbatteva le palpebre, fissando il ghigno insolente della donna.
Will sparò un colpo per terra che lo fece sussultare, facendogli scappare pure un grido terrorizzato: - Mancato – lo derise con un sorriso beffardo, indicandogli un foro nelle assi, rasente il suo piede.
Gibbs osservava la scena a bocca aperta con gli occhi fuori dalle orbite: - Confesso che quei due mi fanno paura – balbettò rabbrividendo. Diversi uomini si erano arresi o avevano smesso di duellare notando ciò che stava accadendo al loro comandante.
- Non pensare di ricevere il loro aiuto. Dopotutto sono pirati: ognuno per sé – tornò ad irritarlo Elizabeth, accorgendosi del suo vano tentativo di appellarsi ai compagni.
- È figlio vostro quello – bofonchiò Fortezza emettendo un ringhio di rabbia ma, all’ulteriore minaccia dei Turner che non abbassavano di un millimetro la guardia, impedendogli ogni movimento, si rassegnò alla momentanea sconfitta e comandò ai suoi di portare giù la rete con il bambino. Quelli obbedirono volendo evitare ritorsioni sia da parte degli aggressori che sorvegliavano ogni loro mossa, sia da parte di Worley che si sarebbe vendicato in ogni caso, soprattutto se fosse rimasto sfregiato a causa loro.
Quando la gabbia di funi distava pochi piedi dal centro del ponte, Will si congratulò sarcasticamente con il Capitano della Spettro: - Bravo! Hai fatto la scelta giusta. Clanker e Crash – chiamò quindi due dei suoi – Legatelo e toglietelo dalla mia vista! – comandò loro, correndo dalla moglie che già protendeva le braccia verso il ragazzino ancora costretto in quel groviglio di canapi.
Fu lui a tranciarle in fretta con il fidato pugnale ed Elizabeth, boccheggiante e piangendo di felicità, si inginocchiò e catturò subito il figlio in un caloroso abbraccio: - Oddio! Jim! Amore mio! Come stai? Che ti hanno fatto? – lo copriva di baci e carezze con il cuore a mille.
Will, più pratico e un po’ meno espansivo, si piegò e tolse al piccolo il bavaglio e i lacci che gli bloccavano i polsi, domandandogli poi adirato e ansioso: - Ti hanno maltrattato? Non avere paura, parla!
Jim scansò amorevolmente le manifestazioni di affetto della madre e si asciugò gli occhi, rispondendogli con voce debole ma decisa: - Non mi hanno fatto del male. Sono solo stati antipatici e non mi hanno dato da mangiare – li informò toccandosi l’addome con una piccola smorfia – Perciò ho tanta fame. E sete – confessò chinando il mento e tornando a rifugiarsi tra le braccia della mamma.
- Hai anche bisogno di una bella strigliata – arricciò il naso lei, poggiandogli di nuovo le labbra sulla fronte e mettendosi in piedi senza lasciarlo.
- Ma non l’ho fatto apposta a farmi rapire! – si voltò il bambino offeso, senza la forza di dibattersi perché lo facesse camminare con le sue gambe.
- Perché non mi capite mai quando parlo? – esclamò Elizabeth con un sospiro rassegnato, alternando lo sguardo dal figlioletto al marito.
- Tua madre voleva dire che hai bisogno di lavarti per bene – gli spiegò divertito Will, grattandogli la testa e solleticandogli la pancia.
Jim rise un po’ insieme ai suoi, dopo si guardò attorno rendendosi conto degli scontri che si erano riaperti fra gli ultimi irriducibili mentre loro se ne stavano in disparte a rallegrarsi di quel bizzarro momento di riunione familiare. S’imbronciò leggermente nel vedere tutta quella violenza e cacciò la faccia nell’incavo del collo di sua madre, tenendosi stretto e sentendosi lisciare i capelli dal padre prima che questo si sporgesse verso l’Olandese segnalando a Sputafuoco di provvedere a spostare una passerella dove si trovavano loro. Risollevandosi salutò con la mano il nonno, poi il suo volto s’illuminò: - Papà! – cominciò a strillare costringendo Elizabeth a raggiungere presto il marito – Fortezza non sa niente di te! Pensa che l’Olandese appartenga a Jack! – gli rivelò raggiante, facendosi rimettere per terra.
- Un buon motivo per affrettarci! – approvò lui, iniziando a richiamare gli altri della sua ciurma.
Tuttavia la sua voce fu sopraffatta da un allarme che si ripercosse da un capo all’altro della Spettro: - Nave in vista! Marina britannica!
- Mannaggia! – a Jack scappò una pallottola che ferì alla spalla un bucaniere che aveva di fronte.
- Uffa! – protestò Anamaria, tirando un pugno all’avversario che mancò l’affondo.
- Accidenti! – trasalì Elizabeth, quasi ricadendo indietro dopo che aveva messo piede sulla ringhiera per passare sull’asse.
- Salpare le ancore! – gridò perentorio Will, afferrando con un gesto scattante la mano di lei e del figlioletto e correndo assieme a loro sulla palanca per tornare al suo veliero.
- E Jack? Non lo aiutate? – li ammonì Jim, rifiutandosi di camminare. Quelli, fermandosi, si guardarono un secondo prima di ribattere all’unisono, scrollando le spalle: - Si arrangerà.
- Pirati! – sbottò il bambino sbalordito, arrancando per stare al loro passo svelto.

Il ponte della Medusa Spettro si stava svuotando come se delle gocce d’acqua si fossero abbattute su un formicaio. Nell’urgenza di preparare le navi alla partenza, le ciurme interruppero le ostilità. L’Olandese Volante si avviò per prima sfruttando il vento favorevole.
- Che briccone di un pirata della peggiore specie! Se l’è svignata senza aspettarci! – esplose Jack guardando la nave di Turner prendere il largo – Gibbs! Gibbs! – si mise a chiamare quindi con impazienza, mentre decine di uomini gli sfrecciavano davanti per arrampicarsi sulle sartie, sugli alberi e sui pennoni.
- È andato con loro, credo – lo ammutolì Anamaria – Pronto? - gli domandò dunque spingendolo verso la murata.
Il pirata salì sulla balaustra del parapetto e le rivolse un cenno di assenso senza perdere l’espressione corrucciata: - Pronto! – brontolò calcandosi il tricorno in testa e tuffandosi in mare seguito dalla donna e da altri bucanieri. Dovettero nuotare solo per qualche metro, poi delle cime gettate dai marinai della Murena li issarono direttamente a bordo.
- Tutto bene signora? Com’è andata? – si precipitarono a chiedere gli energumeni che componevano la ciurma della Jucard, aiutandola a rialzarsi.
- Tutto bene – confermò spiccia lei, dirigendosi con rapidità al timone, tallonata da un frustrato Jack – Issate gli ormeggi e spiegate le vele! La rotta ce la fornirà il signor Sparrow! – asserì voltandosi e indicandolo.
Nel sentirsi coinvolgere, quello estrasse con un sorriso entusiasta la bussola ma quando vi piantò gli occhi si accorse che l’ago ruotava come impazzito.
Anamaria allungò il collo per sbirciare, mentre strizzava via l’acqua dai capelli. Dato che Jack non parlava e, compreso il problema, ordinò al suo luogotenente: - Portaci via di qui, Josè!
L’uomo, due metri d’altezza, pelle d’ebano e accento spagnolo, cominciò ad impartire istruzioni a tutti gli altri, abbandonando la balconata di poppa.
Jack teneva gli occhi sulla Medusa Spettro e poté osservare per la prima volta il funzionamento di quell’ingegnoso meccanismo, notando anche come nelle vele brillassero strisce dorate che riflettevano la luce deviata da quel grosso e appetibile diamante incastonato sopra l’asta della bandiera.
- Non possiamo cannoneggiarli un po’ prima di andarcene? – si azzardò a chiedere al Capitano con un moto di rancore.
- Non metterti in testa di dirmi quello che devo fare! – replicò lesta lei, girando bruscamente il timone per cambiare rotta. Lui si tirò indietro freddato da quel tono aggressivo. La donna bloccò con una cinghia la ruota del timone per poterlo lasciare ingovernato: - Piuttosto concentrati sul nostro obiettivo: Barbossa – gli raccomandò chiudendo le sue mani su quelle di lui e sulla bussola – O ti puoi considerare pasto per i pesci! – lo avvertì, smentendo subito quell’apparente momento di morbidezza.
- Ti servo solo a questo? – la stuzzicò lui, allungando la punta delle dita verso la sua guancia. Lei fu più svelta e gli schiaffeggiò la mano: - Renditi utile – gli sibilò per poi ritrarsi e andarsi a rifugiare nella sua cabina.

Sulla Medusa Spettro, tornata invisibile e lanciatasi all’inseguimento dei due vascelli, Thomas Worley era stato liberato dai suoi: - Riferite al Capitano Taft che non tollererò altri suoi indugi, anche se per questa volta l’abbiamo scampata.
La Barracuda, poco dietro, ammainò la bandiera inglese, e si unì alla caccia inabissandosi.

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Capitolo 38
*** Capitolo 37: Calma apparente ***


Capitolo 37: Calma apparente

Al calare delle prime ombre anche la brezza aveva cominciato a soffiare con minore intensità, mentre la sagoma della mezza luna diventava più luminosa, insieme alle prime stelle che punteggiavano un cielo indaco e sereno.
Ma nel mare placido che lambiva lo scafo dell’Olandese Volante, nell’aria tiepida che s’infrangeva sulle vele, sui suoi vestiti e tra i suoi capelli, Will avvertiva un’enigmatica presenza che lo rendeva vigile e irrequieto. Non si trattava solo della Medusa Spettro, che, anche se non si distingueva più all’orizzonte, probabilmente stava continuando a scortarli, né di quella nave inglese che aveva fatto stranamente perdere le sue tracce dopo aver provocato un gran trambusto in quella baia, favorendo indirettamente la loro fuga.
Non era la prima volta che si sentiva spiato: quasi tutte le sere, negli anni passati, dopo il tramonto, lei gli faceva visita. Certe volte non appariva sotto alcuna forma, riusciva a percepirne solo i suoi melliflui sussurri nel vento, che diversamente non sarebbe esistito in quelle terre di morte dove tutto era statico e inanimato.
- Il tempo che mi hai concesso non è ancora scaduto – le rammentò con un tono aspro e snervato, irrigidendosi e stringendo le dita sul legno del parapetto quando gli parve di averla alle spalle. Una lieve corrente salmastra gli volteggiò attorno e poi si dissolse scivolando via con un rapido fruscio tra le onde.
- Vieni? – l’invito premuroso e sottilmente impaziente di Elizabeth lo distolse dal mare e dai suoi oscuri messaggi. Si voltò piano, cercando di assestare il respiro su un ritmo più regolare e di camuffare il turbamento da stanchezza. La scarsa luce facilitava il suo proposito e lei era talmente felice per il ritrovamento del loro figlio da aver annullato qualsiasi pensiero spiacevole. Non smetteva di rivolgere sorrisi contagiosi a tutti, come si fosse dimenticata dei problemi ancora irrisolti. E lui finiva puntualmente per cedere alla sua incantevole esuberanza, perciò lasciò che lo prendesse per mano conducendolo alla loro cabina.
I corridoi di sotto coperta erano quasi deserti ma alcuni uomini di ronda gli augurarono sonni tranquilli, assicurandogli che sarebbero rimasti sul ponte e che l’avrebbero avvisato se fosse successo qualcosa degno di nota. D’altronde prima dell’approdo stabilito sarebbero trascorsi dai tre ai cinque giorni, imprevisti esclusi.
Richiudendo la porta del loro alloggio Elizabeth inserì due giri di chiave, appese la lampada ad un gancio della parete spegnendola, gli schioccò un bacio a fior di labbra e si rifugiò dietro il separé per cambiarsi per la notte.
Will si slacciò la cintura con le armi riponendola su una panca e si diresse verso il letto. Notò che la rete era stata completamente rivestita con quelle stoffe rubate al galeone spagnolo e che ora il talamo aveva un aspetto più accogliente. Si sedette sulla sponda destra per dare un’occhiata al suo erede che se ne stava sdraiato al centro. Il bambino non dormiva e sentendolo si tirò su, avvicinandosi senza uscire dalle coperte. Lui gli passò un braccio intorno alla vita, facendolo appoggiare al suo petto.
- Stai meglio, Jim? – gli chiese sottovoce dopo qualche secondo. Il piccolo mosse su e giù la testa contro la sua camicia, giochicchiando al contempo con il suo ciondolo a forma di conchiglia, ad occhi bassi e con l’orecchio intento ad ascoltare il suo cuore. – Ti vergogni di essere un Turner? – lo riscosse suo padre, con tono semiserio.
Lui si divincolò immediatamente guardandolo in faccia con stupore: - Vergognarmi?! – strepitò contrariato, richiamando la curiosità di sua madre che si sporse per sbirciarli.
- Tuo nonno mi ha raccontato che ti sei presentato come “Billy Jim Sparrow” – biascicò Will seccato, piegandosi in avanti per togliersi gli stivali.
- È stata una cretinata – cominciò a giustificarsi Jim, fissandosi la punta dei piedi per l’imbarazzo – Non volevo farmi catturare, ma ho avuto così paura che non sono riuscito a inventarmi un cognome credibile, diverso dal mio – sbuffò appiattendosi sul cuscino con le braccia conserte.
Elizabeth gli andò incontro, facendo svolazzare la leggera sottoveste celeste e i capelli sciolti per abbracciarlo: - Oh, tesoro – mormorò intenerita.
Il bambino non gradì quella compassione: - Io non sarò mai forte e coraggioso come voi! – borbottò nascondendosi sotto le coperte.
I suoi genitori si sorrisero afferrando un lembo ciascuno per scoprirlo: - Ti sbagli. Lo sei già – affermò suo padre.
- Devi solo fare un po’ di pratica – aggiunse sua madre sfiorandogli una guancia e poi allontanandosi per spegnere le ultime candele sparse per la stanza.
Jim ruotò lo sguardo su entrambi rimettendosi seduto e un mezzo sorriso gli spianò il viso, prima che si adombrasse di nuovo: - Tanto quando torneremo a Port Royal non mi servirà più a niente tutto quello che ho imparato …
- Io non potrò tornare a casa con voi – asserì d’un soffio Will, mordendosi subito dopo la lingua per la franchezza della sua esternazione.
Elizabeth si fermò all’istante mentre suo figlio gettò via le coperte e si avventò su di lui alzandosi sulle ginocchia: - Perché? Quando tutto sarà risolto potrai scendere a terra! No?
Il giovane uomo si sforzò di sorridere per tranquillizzare tutti e due, accorgendosi dei loro volti tesi. Quando la moglie si sistemò sul letto di fronte a lui si risolse a spiegare, intimidendosi un po’: - Anamaria mi ha informato del fatto che hanno messo una taglia sulla mia testa. Se tornassi lì, mi condannerebbero seduta stante – concluse portando lo sguardo in un punto indefinito della stanza.
Il bambino crollò sul materasso sbuffando scocciato. Elizabeth si spostò gradualmente su di lui, allacciandogli le braccia attorno al collo per confortarlo tacitamente, immergendo gli occhi nei suoi, ancora incapace di formulare parole di incoraggiamento.
- Lo so io di chi è la colpa! – sbottò Jim dopo averli osservati per qualche secondo – Di quella stupida e ottusa di Estrella! Non gli sei mai piaciuto! Diceva sempre chi ci avevi abbandonati!
- Jim! Non puoi accusarla senza sapere – lo sgridò sua madre – Ci è stata accanto per tanti anni … - gli fece notare stringendosi automaticamente di più a Will che ricambiava quel gesto, respirando veloce, irrequieto e con le labbra serrate per il dispiacere.
- Puoi parlare con il Governatore Mills! Lui ti ascolterà, mamma. Spiegagli tutto! – propose il ragazzino, fiducioso.
La giovane donna scrutò il marito con un barlume sagace sollevandogli il viso tra le mani: - Io penso che tuo padre non solo non possa, ma non voglia tornare – sostenne carezzevole, sfibbiandogli un bottone dopo l’altro la giacca. Lui si allungò per baciarla, rianimato dalla sua brillante perspicacia nel capirlo al volo per certi aspetti, senza bisogno di tante parole.
- E non vuoi nemmeno tu? – si intromise di nuovo Jim rivolgendosi alla madre, insicuro e speranzoso. Lei gli rispose allargando la bocca in un sorriso birbante ed eloquente.
- L’ultima parola spetta a te – puntualizzò Will con la stessa espressione allegra.
Il bambino li sfidò con un’occhiataccia severa per accertarsi che non stessero scherzando, poi ci rifletté su due secondi e alla fine, separandoli con le mani, esclamò: - Ci sto! Però in futuro voglio una cabina tutta mia!


Jack aveva visto sorgere l’alba ormai da due ore sul ponte della Murena che frattanto si era ripopolato, quando finalmente Anamaria venne fuori dal suo alloggio in cui si era isolata dalla sua vista poco dopo che erano ritornati a bordo.
Né la Spettro né la nave inglese erano state avvistate, ma le condizioni atmosferiche stavano peggiorando e l’umidità rendeva l’aria sempre più densa, offuscando i raggi del sole.
- Non corrucciarti. Avrai modo di salutarlo di persona, presto – esordì vaga la piratessa, affacciandosi accanto a lui dopo averlo squadrato per alcuni minuti da lontano.
Sparrow si voltò, facendo tintinnare i suoi numerosi pendagli: - Eh? A chi ti riferisci?
- Al piccolo Turner – rispose la donna, ammiccando all’Olandese che navigava una cinquantina di braccia davanti a loro. - È una forza della natura, non trovi?
Il pirata si scosse tutto, quasi come gli avesse rifilato un bicchiere di vino acetoso: - Oh! Semmai è una calamita per la sfortuna! Con una forza magnetica superiore a quella di quei due sciagurati dei suoi genitori messi assieme! – sentenziò irritato, provocando nella sua ascoltatrice una reazione ilare, per cui proseguì con un timbro ancora più esasperato: - Da quando l’ho conosciuto non ho avuto altro che sventure! – lei stava per ribattere ma lui la anticipò – Mi hanno sparato, sono finito sull’Olandese Volante, ho rincontrato Barbossa, il Capitano della Piovra mi ha quasi rapito, ho smarrito la bussola, hanno distrutto la tomba di un mio caro conoscente, ho visto Calypso, e sono pure sul punto di …
- Hai visto Calypso? – lo interruppe Anamaria attonita – Dove? Quando? Che ti ha detto? – lo tempestò scuotendolo per il bavero.
- Forse era solo un sogno – la zittì Jack, mostrandosi dubbioso e staccandosi le sue mani di dosso con durezza.
La Jucard non si scompose troppo, conoscendo i suoi incoerenti modi di fare, e qualcos’altro la indusse a cambiare discorso: - Diavolo! Perché questa nave fila così oggi?
- Non è meglio? Prima arriviamo, prima ti sbarazzerai di me. E io di te – ammise il bislacco pirata, pedinandola con andatura sghemba mentre tornava trafelata al comando del timone.
- C’è qualcosa che non va – tentennò lei sporgendosi ad osservare le onde – Pedro! Qual è la nostra velocità di navigazione? – chiese ad uno dei suoi che provvide ad immergere il solcometro con l’aiuto di altri due uomini, dandole il responso dopo due minuti, non senza meraviglia: - Dodici nodi, signora!
- Però! – commentò Jack ammirato e sbalordito.
- Anche in giornate di vento forte e costante la Murena non ha mai superato gli otto nodi. Comprendi? – gli fece sapere la donna, imbracciando con veemenza la ruota timoniera.
- Comprendo – rispose lui, un po’ infastidito dal suo accento canzonatorio – Magari ci siamo inseriti in una qualche corrente oceanica … - mormorò picchiettandosi il labbro, ma lei scosse la testa ansiosa.

- Stiamo navigando alla velocità di dieci nodi, Capitano! – comunicò un marinaio al comandante dell’Olandese Volante.
- Troppi – commentò Sputafuoco dando voce agli interrogativi del figlio.
- Papà! Vieni a vedere! – strillò nel contempo Jim arrampicato sul bompresso – Quella è una balena? Non può essere che ci ha agganciati?
I suoi genitori corsero a prua, mettendosi a guardare quello strano fenomeno tra i flutti.
- Questa mi pare una vera e propria fesseria, William James – l’ammonì Elizabeth non credendolo possibile.
- Qualcosa c’è – attestò invece Will, individuando a qualche metro di distanza dal tribordo un profilo argenteo che fuoriusciva di tanto in tanto dalla superficie liscia del mare, grigio come il cielo nuvoloso.
Senza alcun preavviso un’onda con le sembianze di un’enorme mano si sollevò fino alla murata, sotto gli sguardi increduli della ciurma, ghermendo proprio il Capitano Turner che non ebbe il tempo di reagire e opporsi a quella forza sovraumana.
- Will! – urlò di continuo la moglie, spiccando un salto e riuscendo ad aggrapparsi a lui.
Jim, invaso da un febbricitante tremore, si tenne con tutte le sue forze all’albero obliquo mentre quell’artiglio d’acqua trascinava suo padre e sua madre negli abissi.
Gli uomini della Murena avevano appena assistito a quello straordinario fatto, quando si ripeté anche sul loro vascello, a danno, stavolta, di Sparrow il quale iniziò a schiamazzare e a scappare da una parte all’altra, ma venne infine ugualmente catturato.
Non solo dall’onda anomala.
- Dove credi di andare? Nessuno abbandona la Murena tanto facilmente! – gli urlò contro Anamaria, reggendosi alla sua gamba.

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Capitolo 39
*** Capitolo 38: Scelte ***


Capitolo 38: Scelte

La luce, l’aria, le voci degli uomini, presto divennero schegge confuse che pungevano i loro sensi con un’intensità via via minore, fino a che furono sostituite del tutto da un colore azzurro intenso, dalla schiuma, dal turbinio dell’acqua salata che, sotto forma di corrente circolare, li risucchiò verso il fondo.
Le due coppie di pirati si incontrarono proprio nel mezzo di quel vortice travolgente e innocuo al tempo stesso, afferrandosi impulsivamente per mano e formando un cerchio.
Continuavano ad affondare, ma senza sentire alcun peso sui loro corpi, come fossero in qualche modo protetti all’interno di una bolla estremamente resistente che impediva all’acqua salata di penetrare.
Stupore, fascino, paura si rimescolavano senza sosta negli animi di Will, Elizabeth, Jack e Anamaria, paralizzando i loro muscoli e le loro corde vocali, tanto che non erano in grado di discernere se si trovavano sotto un incantesimo o se la loro fosse solo suggestione. Compresero la coincidenza dei loro pensieri incrociando i loro sguardi trepidanti e disorientati.
Quando quella surreale corsa subacquea si arrestò si ritrovarono in un baleno all’interno di uno strano ambiente ovattato: una sala ampia e spoglia dalle pareti trasparenti come vetro che lasciavano intravedere la ricca flora e fauna sottomarine. Subito si separarono, disgiungendo le mani, attirati dal desiderio di osservare più da vicino le piante e i pesci variopinti che nuotavano intorno a loro e sembravano non notarli.
Gli uomini erano ancora ammutoliti, mentre le donne non riuscivano a trattenere versi di meraviglia, soffocandoli con forti respiri e scambiandosi espressioni estasiate e ansiose.
Soltanto quando si distolsero da quello straordinario spettacolo, notarono la presenza di due individui che ben conoscevano, in piedi contro delle tavole di pietra conficcate verticalmente nel fondale sabbioso, le braccia verso l’alto e le gambe divaricate. Avvertirono una scossa e vennero sospinti ciascuno con la schiena contro uno scoglio comparso dal nulla, dalla superficie piatta e liscia che però iniziò a sgretolarsi germinando in corrispondenza delle loro caviglie e dei loro polsi delle alghe che, annodandosi, li intrappolarono come fossero catene di ferro.
Un flebile tremore si propagò nell’atmosfera silente: proprio al centro della sala la sabbia cominciò a muoversi ed emerse gradualmente un trono dalle linee arrotondate, scolpito nel lucido basalto. Su di esso si materializzò poco a poco lei: il corpo etereo, della consistenza dell’acqua, assunse sembianze umane, leggermente diverse da quelle che aveva avuto in passato. La sua pelle aveva un colore cangiante mentre camminava verso di loro, dal blu scuro al verde smeraldo, dal rosa carne al bruno. I capelli, liberi da qualsiasi acconciatura, ricadevano ondulati e soffici lungo il suo profilo sfiorandolo fino al ginocchio, evidenziando le sue forme prosperose parzialmente nascoste da una veste di bisso dalla consistenza impalpabile che aveva tutti i riflessi del mare e una coda adornata di fiori, foglie e piccoli animaletti marini. I suoi occhi scuri, grandi, profondi e indagatori e le sue labbra turgide e purpuree, erano le stesse. Possedeva una bellezza sinistra, conturbante e ipnotica.
Calypso scrutò con un sorriso soddisfatto e vorace i suoi prigionieri, compiacendosi dell’effetto frastornante che suscitava nei loro animi: - Oh! Quattro bei pesci! – esclamò quadruplicandosi di colpo, così da poter stare davanti a ciascuno di loro contemporaneamente – Ognuno di voi mi ha tradito in qualche modo, ma come posso ignorare il vostro valore, miei amati capitani? – proferì con un tono ambiguo, annullando le copie di sé e tornando unica.
Elizabeth e Anamaria girarono a stento il collo lanciandosi un’occhiata preoccupata e stupita: la dea sembrava non essersi accorta di loro due, poco più distanti, e si rivolgeva solo agli uomini.
Infatti riprese a conversare con una voce bassa e sensuale, portandosi di volta in volta di fronte al pirata cui si riferiva e fissandolo con prorompente bramosia e sottile tormento.
- Hector Barbossa. Un astuto approfittatore che agisce sempre e solo per se stesso. E resta sempre a galla con onore.
Thomas Worley. Uno spietato cacciatore di navi e di uomini, così sprezzante che scommetterebbe perfino un suo arto per guadagnare un briciolo di potere in più.
William Turner. Un prode eroe. Leale, passionale e tanto altruista da non esitare ad offrire più volte la vita sua per salvare chi gli è caro.
Jack Sparrow. Un abile manipolatore di coscienze e di circostanze. Capace di risorgere dalle ceneri di qualunque sconfitta, mai pago del pericolo.
Mentre lusingava le loro qualità essi si sentivano accarezzati senza che lei li sfiorasse, e sentivano di non possedere più il controllo del loro corpo e della loro mente, desiderando soltanto di obbedirle.
- Oh, se i vostri spiriti battessero in un solo cuore! Quale uomo perfetto sarebbe colui che lo possederebbe … - dichiarò congiungendo le mani e girando su sé stessa, esplodendo in una fosca risata di contentezza. Si interruppe immediatamente quando i suoi occhi si posarono sui volti lividi delle due donne, immobilizzate al pari dei loro compagni ma, a differenza di questi, ancora sveglie e coscienti. Le raggiunse in un soffio, squadrandole qualche secondo con disprezzo: - L’inconveniente della pesca a strascico: finiscono nella rete pure i rifiuti del mare – sbottò schioccando le dita, ed esse svanirono all’istante da quella magica dimora.

Al contatto con l’acqua fredda in cui si ritrovarono a galleggiare, le due piratesse riacquistarono totalmente sensibilità e avvertirono il vento umido che ne increspava la superficie e i raggi del sole che avevano spazzato le nubi.
Anamaria, tenendosi con la testa fuori, si guardò attorno facendosi scudo con una mano dalla luce forte del giorno e individuò quattro navi vicino a loro, tra cui riconobbe la sua, l’Olandese Volante e, inspiegabilmente, la Perla Nera. La quarta, guardando meglio, comprese che era la Medusa Spettro. Voltandosi per dirlo ad Elizabeth non la trovò più accanto a sé ed iniziò a chiamarla ad alta voce con apprensione. Infine la notò a qualche metro da lei che provava e riprovava delle immersioni, senza riuscire a restare sotto per più di un minuto. Nuotando arrivò a toccarla, ma la giovane donna non dava segno di volersi arrendere: - Non glielo permetterò! – seguitava ad urlare risoluta e rabbiosa, riprendendo fiato e rituffandosi.
Anamaria si vide costretta a fermarla e dissuaderla, agguantandola con vigore per le braccia e scuotendola: - Elizabeth, basta! Non puoi – bisbigliò dispiaciuta, attenuando l’asprezza di prima. L’amica contrasse le palpebre e la bocca, arginando il pianto, tuttavia le si gettò incontro cercando conforto e per poco non la fece sprofondare. Per fortuna i marinai le avevano avvistate e buttarono delle cime per aiutarle, senza però preoccuparsi di calarsi con delle scialuppe, probabilmente perché ancora terrorizzati dall’accaduto.

Jim non si era allontanato un attimo dal parapetto, sentendosi colpevole per l’ennesimo incidente capitato ai suoi genitori. Il ritorno di sua madre lo risollevò solo in parte: - Mamma? – esalò con i lucciconi che gli inumidivano le ciglia, temendo il peggio, prendendola per la manica della camicia per obbligarla ad ascoltarlo.
Elizabeth non era più capace di parlare in quel momento, aveva bruciato tutte le sue energie nell’inutile tentativo di tornare da Will e si mostrò indolente perfino di fronte alle richieste del figlio. Gli rivolse uno sguardo vuoto e frustrato e, voltandogli le spalle, appoggiò i gomiti alla ringhiera senza rispondergli. La sua freddezza mortificò ulteriormente il bambino che si impietrì impaurito non insistendo più.

Arrivata a bordo dell’Olandese Volante, Anamaria capì di aver fatto la scelta giusta: la signora Turner era troppo amareggiata e alcuni uomini sembravano più incuriositi che impensieriti per la sorte del loro Capitano, raddoppiando il nervosismo del primo ufficiale.
C’erano anche Pintel, Ragetti e Marty, in rappresentanza della Perla Nera, José e Pedro, i suoi marinai più fidati, e altri tre che si presentarono come bucanieri della Spettro.
Tutti volevano sapere.
La piratessa mulatta si prestò, perciò, di fare il resoconto dell’incredibile avventura attirando l’attenzione di tutti su di sé con un timbro vivace e svelto, sbirciando nello stesso tempo i movimenti della Turner. E non si stupì molto dell’alone di rivalsa che le si dipinse sul viso, prendendo il posto della rassegnazione, mentre graffiava con le unghia la balaustra di legno dondolandosi avanti e indietro sulle gambe, come fosse sul punto di scattare su una preda da un momento all’altro.
- Li ha presi tutti e quattro? E ora cosa gli farà? – la vocetta agitata di Jim fu come una folata di grandine e i suoi occhi lucidi sembravano scagliare fulmini.
Anamaria si inumidì le labbra e chinò la fronte, incapace di sostenerli, espirando lentamente ed evitando qualsiasi commento per non ferirlo.
Sputafuoco e Gibbs ebbero la prontezza di portare via il bambino, tranquillizzandolo come meglio poterono: - Magari intende solo mettere in chiaro delle cose. Dobbiamo solo aspettare, vedrai – lo incoraggiò suo nonno.
- Già, deve essere così … - gli fece eco l’altro, traendo un sospirone colmo d’apprensione.
Il Capitano Jucard si volse alla sua Murena. Doveva tornare, gli uomini della sua ciurma già lamentavano la sua assenza e reclamavano di essere informati anche loro su quanto era successo. Ma prima di andare volle assicurarsi che Elizabeth non commettesse qualche follia. Ormai la responsabilità dell’Olandese Volante era sua. E non le piaceva quel suo strano atteggiamento. Le si avvicinò poggiandole tre dita sulla spalla sinistra: - Abbiamo fatto il possibile, amica mia. Ma quella è una dea – le sussurrò mesta.
Non si aspettava affatto quella sua risposta: - Anamaria, sii sincera. Tu ci tieni a Jack?
L’aveva spiazzata. Che c’entrava adesso Sparrow con la sua disperazione per la perdita dell’amatissimo marito? Impacciata dall’insistenza con cui la scrutava, si ritrovò a balbettare coprendosi la bocca con la punta delle dita e distogliendo il volto: - Bé … io … un po’ … sì. Lo conosco da tanti anni.
- E io conosco Will da una vita. Non voglio altro che lui! – replicò la Turner con fervore, asciugandosi con i polpastrelli le ultime amare lacrime – Uomini come Will, o come il tuo Jack – si fermò un istante, notando la smorfia di imbarazzo sulla faccia della sua interlocutrice – sono unici. Non troveremo mai nessuno come loro, dovessimo campare cent’anni e navigare intorno al mondo per il resto dei nostri giorni! Dobbiamo riprenderceli!
Anamaria la fissava sconvolta: Elizabeth era sempre così impetuosa! Quando si trattava di Will, poi, perdeva qualsiasi connessione con la realtà. Veramente credeva di poter sfidare un’entità sovrannaturale? Doveva convincerla a tornare al presente: - Noi pirati siamo spiriti liberi. Non siamo fatti per stare insieme – sostenne disillusa, girandosi per avviarsi alla scialuppa.
Elizabeth la osservava allibita: Anamaria era davvero tanto insensibile e pessimista? Che fine aveva fatto il suo ardimento? Cosa aveva da perdere? Doveva convincerla a supportarla in quell’impresa: - Cosa credi? Che per me sia stato tutto rose e fiori? Ho perso il conto di tutte le volte in cui ho bisticciato con Will in questi giorni!
- Finalmente comprendi cos’è la convivenza, Lizzie – ribatté quella sarcastica, torcendosi una ciocca di capelli con aria indifferente.
- E rimpiango di non averla vissuta prima! – affermò con enfasi la bionda piratessa, quindi inchiodò il suo sguardo con determinazione: - Non è una tua scelta il fatto che lo ami – la Jucard trasalì, sgranando gli occhi turbata – Ma sta a te adesso scegliere se salvarlo – cercò di persuaderla con serietà.
- Hey! Vacci piano! – si scansò Anamaria, mettendo le mani avanti e arrossendo di vergogna e di irritazione – Scelgo di aiutarti, va bene? – la accontentò, ostentando il suo disinteresse – Hai un piano, per caso?
Elizabeth sorrise impercettibilmente, annuendo decisa: - Sì. Il Codice.

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Capitolo 40
*** Capitolo 39: Un aiuto insperato ***


Capitolo 39: Un aiuto insperato

Calypso si adagiò mollemente sulla sfarzosa poltrona di basalto, raccogliendo i capelli con entrambe le mani, stendendoli sul lato destro del suo profilo: - Forse voi tutti non avete ancora capito perché siete qui – riconobbe con voce incrinata dallo sdegno, quindi tornò a parlare con un misto di mellifluità e ribrezzo, lisciandosi le ciocche ondulate: - Alcuni della vostra specie continuano ad umiliarmi, tracciando confini, appropriandosi delle mie ricchezze, servendosi di me come di uno strumento per i loro beceri fini. La mia pazienza non è eterna – fece una pausa chiudendo le palpebre e accigliandosi – e le mie capacità non sono infinite. Mi occorre un alleato, potente e affidabile – affermò alzandosi e tornando davanti a loro – Lo creerò appositamente. È per questo che vi ho chiamato. Mi servite, tutti e quattro. Voi e le vostre navi.
Li fissò per una manciata di secondi, le labbra inarcate, assaporando le diverse reazioni che alteravano i loro lineamenti.
- Io non ce l’ho una nave! – protestò Jack con uno strillo più acuto di quanto si aspettasse. Non era mai stato tanto felice di dover ammettere una verità simile, ma nel bagliore con cui si stagliarono sulla pelle ambrata gli occhi ora color acqua marina della dea, comprese che quella condizione non sarebbe bastata ad escluderlo dai suoi tetri piani.
- Le carte nautiche erano solo un pretesto, allora? – insinuò Will, attirandosi un sorriso di falsa compassione da parte della sovrana degli oceani, che batté un paio di volte le lunghe ciglia setose prima di rispondergli.
- Erano una prova cui ho voluto sottoporre la vostra fedeltà nei miei riguardi. So quanto vi interessassero i tesori che promettevano. In verità nessuno di voi mi ha mai soddisfatto pienamente – ammise con uno strisciante rancore, voltandosi e allontanandosi. Articolando lentamente le dita fece comparire dalla sabbia una serie di rocce su cui erano poggiate boccette e ampolle dal contenuto indistinto.
- Nessuno? – esclamò Jack con un piglio sbruffone e malizioso, provando a distoglierla da qualunque cosa si stesse apprestando a fare.
- Mia signora, i tuoi desideri sono così volubili … - borbottò quasi contemporaneamente Barbossa, con accento tanto grave quanto sarcastico.
Calypso tornò indietro quasi volando nell’aria priva di moto: - Specialmente voi due, Sparrow e Barbossa, avete sempre cercato di fregarmi – li mise a tacere serrando un pugno e provocando loro una fitta al centro del petto che sembrava inflitta dalla morsa delle sue unghie.
Gli uomini emisero un lamento soffocato e i loro compagni, ignari di ciò che stessero provando, li osservarono straniti e sgomenti.
- In quanto a voi, Worley e Turner – li richiamò con fastidio la dea, accorgendosi della loro disattenzione – Non posso dire che non mi abbiate appagata in misura maggiore – cambiò tono, scandendo le parole con subdola smanceria, per poi offuscarsi – Ma anche voi avete i vostri difetti imperdonabili …


Erano chiuse lì dentro ormai da mezzora a leggere e neppure lo avevano interpellato.
Jim, imbronciato e demoralizzato, si alzò dalla sedia e strascicò rumorosamente i passi fino alla porta, chiudendosela alle spalle con un botto.
Elizabeth sfogliava ripetutamente le poche pagine del Codice che narravano la storia del primo consiglio della Fratellanza e della cattura di Calypso, ansimando in cerca di una soluzione che sembrava inesistente. Anche Anamaria iniziava a spazientirsi: poteva sorvolare sul fatto che la sua amica avesse tolto a quel prezioso libro la voluminosa copertina per farlo entrare in quel forziere, ma non poteva permetterle di scompaginarlo del tutto, data l’irruenza con cui scartocciava i fogli di consunta pergamena.
- Deve pur esserci qualcosa che possa aiutarci, maledizione! – esplose un bel momento la Turner, battendo un palmo sul tavolo.
- E se non ci fosse? Elizabeth, posso sforzarmi di capire il tuo stato d’animo, ma credo che tu debba pensare a tuo figlio, adesso. Ha ancora bisogno di te – tentò di farla desistere la piratessa mulatta.
- Ha anche bisogno di suo padre – sostenne quella crucciata – Ne ho bisogno io – puntualizzò con un filo di voce, abbassando nuovamente la fronte sul vecchio volume.
La Jucard, si scostò dal tavolo, mettendosi in piedi: - Per dieci anni lo hai cresciuto benissimo da sola – insistette fredda e apatica, pur stringendosi nelle braccia, come attraversata da uno spiacevole pensiero.
- Per l’appunto. Non voglio più essere sola – mormorò sconfortata la giovane madre, guardandola con gli occhi umidi e contagiandole la sua stessa sofferenza.
Si sentì sciocca ed egoista ripensando che anche Anamaria aveva perduto l’uomo che amava e schiuse le labbra per scusarsi, ma quando cercò di farlo venne interrotta dal cigolio della porta che si aprì di colpo: - Mamma, c’è un tizio mezzo suonato con una strana nave sbucata poco fa dal nulla che sta cercando di salire a bordo – annunciò Jim visibilmente sconcertato, restando con la maniglia in mano.
Le due donne lanciarono un’occhiata interrogativa al bambino, poi d’intesa impugnarono le spade e subito uscirono dalla cabina di comando, affacciandosi sul ponte.
Con stupore avvistarono un nuovo vascello in quello stesso pezzo di mare, accostato all’Olandese. Aveva uno scafo lungo e stretto, dipinto a strisce argentate, nere e gialle. Le vele, disposte su quattro alberi più bassi del normale, erano cinerine e ammainate, sulla fiancata si notavano remi e cannoni, mentre la prua sembrava la bocca di un pesce con spuntoni simili a zanne. Non c’era traccia dell’equipaggio e dell’acqua scrosciava lungo la murata attraverso piccole aperture circolari.
- Benedetti venti del sud! Questa è proprio l’Olandese Volante! È la nave da cui ho tratto più ispirazione! – ridacchiava ad alta voce e pieno di ammirazione un uomo alto e dinoccolato, a occhio e croce sui quarant’anni, che indossava un cappello a falde larghe di un color ocra acceso e vestiti anonimi di varie tonalità di grigio da cui spuntavano catenelle con appesi svariati strumenti di misurazione.
- Mi sembra di conoscerlo – bisbigliò Anamaria all’orecchio di Elizabeth, mentre il misterioso individuo percorreva la passerella senza smettere di rimirare la loro nave con gli occhi spalancati dalla meraviglia, incurante del borbottio della ciurma che lo esaminava pur non sapendo come comportarsi.
- Chi siete? – lo bloccò la Turner puntandogli la sciabola, infastidita da quell’inopportuno contrattempo.
Quello ignorò la minaccia e con un agile balzo coprì la distanza rimanente atterrando sul ponte: - Vice ammiraglio Oliver Taft, comandante della Barracuda – si presentò velocemente muovendo i suoi buffi baffetti neri da gatto, dritti e sottili ai lati della bocca – Per servirvi, graziose damigelle – sorrise con i suoi vispi occhi celesti, eseguendo un cortese inchino al quale le due piratesse risposero con un verso di noia.
Elizabeth si rivolse all’amica, confidando nella possibilità che la illuminasse: - È l’ingegnere che ha progettato la maggior parte delle navi della flotta di Fortezza – la informò quella, avendolo infine identificato.
- È un tipo eccentrico – costatò la Turner, studiando i suoi gesti e i suoi sguardi trasognati, che davano l’impressione quell’uomo fosse in un mondo tutto suo.
- Quale pirata non lo è? – sospirò Anamaria abbassando la spada.
- È magnifica! Davvero magnifica! – ripeteva intanto il bucaniere rimirando ancora l’Olandese da cima a fondo, spostandosi a grandi falcate circondato da tutti i pirati di bordo che lo seguivano, vigili e torvi, tenendolo sotto tiro.
- Con quanta impudenza avete l’ardire di impestare la nostra nave con la vostra sgradita presenza? – lo apostrofò Elizabeth raggiungendolo e fermandosi davanti a lui indispettita.
Quello si mostrò oltraggiato: - Ma miss, vi ribadisco che vengo in pace! – alzò le braccia e fece di nuovo la riverenza, sfilandosi il cappello e rivelando l’assenza di capelli.
- Sono la signora Elizabeth Turner, Capitano in seconda dell’Olandese Volante – chiarì la donna, disturbata dall’aria stralunata e ruffiana del tipo.
- E io sono la vedova Jucard – si frappose Anamaria con uguale asprezza.
- Oh, mi dispiace – affermò Taft, intristendosi.
- A me no – rispose prontamente quella – Sono il Capitano della Murena, comunque.
- Ah, un pregevole veliero anch’esso – dichiarò il filibustiere guizzando le pupille proprio in direzione della suddetta nave. Il mormorio della ciurma dell’Olandese si fece sempre più eloquente e nemmeno il vice Capitano tollerava l’irritante intrusione di quello sconosciuto, sopraggiunto in un momento decisamente delicato e apparentemente senza un perché:
- Sapete quanti uomini hanno perduto la vita a causa delle vostre scellerate invenzioni? Bene, adesso avete cinque minuti per convincerci a non uccidervi – gli intimò duramente, spalleggiata dai marinai che estrassero le loro armi ghignando minacciosi.
- Me ne basterà uno solo: posso aiutarvi ad imprigionare Calypso – li sorprese con flemma Taft, tendendo una mano in segno di amicizia.
Elizabeth e Anamaria non ci pensarono due volte ad acciuffarlo per le braccia trascinandolo in cabina seguite da Jim che, incuriosito, corse dietro di loro per ascoltare.
- Sapete com’è, la vita di mare può essere davvero molto noiosa a volte. Per questo ho iniziato ad interessarmi di arti occulte … – cominciò a raccontare il comandante della Barracuda prendendo posto attorno al tavolo su invito delle donne, contemplando con avidità qualsiasi oggetto presente nella stanza.
- Sentite, se sopravvivrete ci racconterete tutto, ma ora abbiamo una certa urgenza – gli impedì di proseguire la Turner, piazzandogli il Codice sotto la faccia.
L’uomo sorrise divertito da quella veemenza, mostrandosi imperturbabile, sereno e logorroico: - Sì, sì, lo so già. Lei se li è presi per realizzare i suoi piani di conquista. Ci vuole tutti suoi schiavi, come Fortezza. Ben gli sta, se ha preso pure lui! Non mi ha mai detto un grazie, dopo tutti i favori che gli ho fatto …
Elizabeth picchiò i gomiti sul tavolo portandosi le mani ai capelli avvilita, allora Anamaria sfoderò la pistola premendola sulla fronte dell’uomo: - Ascolta molto attentamente, Taft. Se intendi andare avanti con queste chiacchiere, come minimo esci di qui menomato – lo avvertì ritraendo poi l’arma con un sorriso arrogante.
Finalmente l’allampanato bucaniere si risolse a sintetizzare, tamponandosi il sudore con un fazzoletto di pizzo che uscì dalla manica sinistra: - È presto detto. Bisogna annullare qualsiasi influenza abbia quella dea sul nostro mondo. Per questa ragione io stesso ho provveduto a distruggere tutti i doni speciali che ella aveva concesso negli anni ai pirati nobili.
- Quegli stessi uomini che voi e Fortezza avete derubato – gli tolse nuovamente la parola la Jucard, squadrandolo con astio.
- Fortezza ha affidato a me gli oggetti. Ma temo ci sia ancora qualcos’altro in vostro possesso … - replicò secco Taft risparmiando ulteriori ripicche, dunque iniziò a raccontare la sua storia.

A Jim quelli sembravano discorsi vuoti, perciò dopo qualche minuto finì con l’estraniarsi, folgorato da un’idea temeraria, e lasciò di nuovo la cabina di comando.
Sul ponte la ciurma sembrava sull’orlo dell’ammutinamento: suo nonno, Penrod e Gibbs cercavano di far ragionare gli uomini e di calmarli. Nessuno si accorse di lui che si dirigeva a prua. Si arrampicò sul bompresso, quindi salì sulla ringhiera. La nave oscillava e non era facile mantenere l’equilibrio, anche se si stava reggendo alle scotte. Il mare doveva essere molto profondo in quel punto, giacché aveva un colore blu cobalto. Ma ormai aveva deciso.
Chiuse gli occhi sperando che lo capissero.

- Non farlo!
Urla molteplici e angosciate irruppero fino a loro, troncando ancora una volta i discorsi intrapresi.
- Che altro è successo ora? – si lamentò Anamaria, spostando bruscamente la sedia.
Elizabeth ebbe un brivido e si precipitò all’esterno, inducendo gli altri due a seguirla.
Un gruppetto di pirati si sporgeva a prua di babordo, intenti a scrutare le onde. La giovane madre si avvicinò agli uomini sentendo le gambe appesantirsi come fossero di piombo e il respiro le rimase intrappolato nella gola, ostacolando la fuoriuscita di qualunque suono.
- Si è tuffato – fiatò inorridito Sputafuoco, accasciandosi ai compagni. La Jucard e Taft sussultarono fiondandosi alla murata mentre la Turner era impietrita da un accecante terrore.
- Ha detto che qualcuno doveva distrarre Calypso – sussurrò con un singulto Gibbs, poggiando una mano sul braccio della donna che lo osservava con gli occhi sbarrati.
- Siete totalmente matti voi Turner! – urlò Anamaria esasperata – Io … non ce la faccio più! – aggiunse indietreggiando dal parapetto e correndo via.
I marinai della ciurma si scusavano affranti, scaricando le colpe gli uni sugli altri.
Taft prese a mordersi una mano, mormorando tra sé e sé.
- Bravo, Jim – mugugnò Elizabeth con espressione atona e indecifrabile, senza sporgersi a guardare il mare e tornando a passo sostenuto verso la cabina.

Calypso riaprì gli occhi e le sue pupille si dilatarono assottigliando le iridi azzurre che divennero nere. Le nubi di fumo colorato, nelle quali aveva mostrato ai suoi prigionieri le immagini del suo futuro trionfo sull’umanità si diradarono ed essi tornarono coscienti, proiettando la loro attenzione sul turbamento appena accennato che aveva invaso il volto affilato della dea.
- Scusate l’interruzione, miei diletti. C’è un’anima che richiede il mio responso – asserì vaga, coprendosi il viso con entrambe le mani e curvando il collo in avanti.
I quattro uomini saettavano occhiate incuriosite in tutte le direzioni, per quanto i loro movimenti fossero limitati dalle persistenti catene di alghe che, dure come acciaio, stringevano i loro arti.
Un tenue gorgoglio sulle loro teste accompagnò la formazione di una fenditura nella parete invisibile del tetto e l’entrata di un piccolo umano, spaventato e bagnato fradicio.

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Capitolo 41
*** Capitolo 40: Promesse e desideri ***


Capitolo 40: Promesse e desideri

- Jim! – gridò Will con un misto di apprensione, incredulità e rabbia.
- Papà! – vociò di rimando il bambino, scollandosi i capelli dalla faccia e accingendosi ad andargli incontro, tuttavia una forza improvvisa lo sollevò da terra, un reticolo di alghe rosse gli si attorcigliò attorno alle gambe e, quando provò a strapparle via, si allungarono rapidamente fino ad intrappolargli anche le braccia, inviluppandolo ben stretto come un baco in un bozzolo.
- Ci mancava solo lui! – proferì con accento nervoso Jack, mentre Will continuò a dimenarsi invano e Barbossa e Worley imprecarono a denti stretti.
Calypso si fece avanti, svolazzandogli attorno e scrutandolo con un sorriso oscuramente raggiante: - Finalmente ci conosciamo di persona … Quanto sei carino, William James Weatherby Turner! – asserì languida, lisciandogli una guancia con il dorso della mano, inclinando il viso sulla spalla destra.
- Non toccarlo! – la aggredì Will dibattendosi nelle stringenti catene vegetali e spingendosi con il busto in avanti – Farò tutto ciò che vuoi, ma non lo devi toccare!
Per tutta risposta la dea dischiuse le labbra provocandolo con un sogghigno sadico e si apprestò a ripetere il gesto, ma il bambino allontanò di scatto la testa: - No, papà, lei vuole me – disse duramente, pur con voce incrinata – Mi è venuta in sogno prima che arrivassimo alla Baia dei Relitti – confessò accigliandosi e fissandola con rancore quando la sentì di nuovo sogghignare – Ed è stato un incubo – sibilò rabbioso, fulminandola con uno sguardo schifato e arrogante.
Suo padre restò senza fiato al pari degli altri uomini che notarono il cambiamento di colore nel viso della signora del mare, la quale divenne paonazza e allargò gli occhi nerissimi scrollando le spalle come per scacciarsi di dosso quelle parole. Si aspettavano una sua immediata punizione nei confronti del ragazzino, ma quella li stupì ancora: - C’è un così ardente coraggio nel tuo piccolo cuore – la sua voce era colma di adorazione e finzione, mentre gli girava intorno fissandolo con malignità – Ma non devi ripudiarmi. Io potrei esaudire il tuo più grande desiderio, piccolo umano … - gli sussurrò all’orecchio così che gli altri non poterono sentirlo.


Il tranquillo ed impassibile Capitan Taft stava seriamente iniziando a considerare che non era stato tanto azzeccato intromettersi negli affari di quelle furenti piratesse che battibeccavano su ogni cosa con foga inaudita. Anche lui avrebbe avuto il suo tornaconto, alla fine; solo quel pensiero lo spingeva a sopportare i loro capricciosi umori.
- Aspetta, forse non ho capito bene: ti opponi a bruciare le carte nautiche e la bussola di Jack, e vorresti che io distruggessi l’Olandese Volante?! – sbraitò Elizabeth inferocita, incrociando le braccia sul petto per trattenere l’impulso di un’aggressione fisica.
- È soltanto una nave! E ne fabbricano tante di navi al giorno d’oggi – ribatté senza scomporsi Anamaria, camminando avanti e indietro senza guardarla e così facendo irritandola ancor di più.
- No! No! È tutto sbagliato, signore mie! – si decise ad intervenire Taft, quando capì di aver innescato due bombe ad orologeria – Da ciò che ho letto c’è stata una e una sola cagione che ha ancorato precipuamente quella infida creatura ai nostri lidi – affermò alzandosi con il Codice in mano e picchiandovi sopra l’indice.
Le due donne si studiarono per qualche secondo, riflettendo su quelle parole, e tesero il viso in una smorfia incredula e sconvolta avendo colto l’allusione del bucaniere.


Will osservava suo figlio sentendosi orribilmente impotente, folle e sciagurato per averlo coinvolto in quella storia. Calypso lo aveva stregato promettendogli chissà quali doni con le sue arti ingannatrici e, nonostante lo chiamasse a gran voce, il bambino aveva cessato di rispondergli ascoltando solo le parole della dea, di cui lui non riusciva a cogliere che un basso brusio, simile allo scorrere di un rivolo d’acqua in lontananza.
Barbossa e Worley criticavano il giovane Capitano, chiedendogli di tacere perché era tutto inutile e con le sue urla stava soltanto graffiando i loro timpani. Jack, invece, ebbe un inatteso fremito di rimorso e umanità rivolgendosi a lui con sincera pena: - Quando siamo stati attaccati dall’Orca, lei mi ha offerto l’immortalità se io l’avessi lasciato morire – trovò la forza di confessare a mezza voce a Turner che stava alla sua destra, evitando di incrociarne il viso.
- Perché? – impallidì quello, indirizzando la richiesta alla dea che si era girata verso di loro con aria stupefatta.
Sparrow, sostenne il suo sguardo indagatore e oltraggiato, rispondendo al posto suo: - Perché lui è prova dell’amore vivo che ha tenuto Elizabeth legata a te in questi anni. Non è forse così? – proferì guizzandole un sogghigno astuto.
Calypso si spostò nell’atmosfera impalpabile assumendo una colorazione grigiastra che rifletteva il suo livore, fino a fermarsi a pochi centimetri da lui e da Will: - Tanti uomini, sin dalla notte dei tempi, hanno goduto della mia benevolenza, delle mie profferte. E hanno avuto fama, potere, la fortuna dalla loro parte per realizzare ciò che volevano. Ma mai! – si bloccò scuotendo la mano destra e alzando il tono – Mai nessuno ha osato contraddirmi! Sono sempre stata io a decidere quando privarli di ciò che avevo concesso – giurò tornando indietro con movenze indignate.
- Hanno fatto tutti una brutta fine – attestò Jack col solito sarcasmo, facendo l’occhiolino a Turner perché lo appoggiasse a distogliere ancora la dea dai suoi oscuri intenti.
- Hanno cercato di approfittare della mia clemenza oltre misura! – si infervorò lei ingrandendo le sue dimensioni, e Barbossa e Worley lanciarono un’occhiataccia in tralice a Sparrow che a loro giudizio sembrava stesse peggiorando le cose.
- Io non ho fatto niente di simile! – si schernì Will con faccia innocente, sostenendo il gioco del filibustiere; anche se non aveva capito del tutto dove volesse arrivare, almeno Jim al momento era fuori dalle attenzioni di Calypso.
- Mi hai deluso lo stesso, mio diletto – languì quella sfiorandolo – Proprio come Jack, tanto tempo fa che mi ha rinnegato – pronunciò con le labbra iridescenti segnando con un dito il profilo di quello – Buttare via la promessa di restare sempre giovane e bello, forte e invincibile, libero dalla corruttibilità del tempo, padrone della nave più grande e distruttiva che abbia mai solcato i mari! Per che cosa? Per una vita scialba! Identica a quella di migliaia di altri mortali che strisciano nella polvere, giorno dopo giorno, finché non diventeranno polvere anch’essi! Senza fare mai nulla che li innalzi, intrappolati in una ripugnante immobilità, ma soggetti al disfacimento e all’oblio – terminò acquietandosi e librandosi nuovamente verso Jim rimasto a bocca aperta, non avendo capito gran che di quei discorsi ma essendosi spaventato per la crudeltà e l’odio profusi dalla donna nel pronunciarli, tanto che la sua pelle aveva mutato più volte colorazione, riflettendo il suo caleidoscopio di emozioni.
- Potrai pure riprenderti il mio cuore, ma non ti apparterrà mai! – urlò Will fiero e disperato.
Gli occhi di Calypso si intorbidirono: - Tutta colpa di quella … donna – si trattenne dall’usare una parola più spudorata – Vi ha raggirati tutti e tre. E considerate me cattiva – li beffeggiò corrugando le sopracciglia e mostrandosi offesa, le guance livide e tese. – Tanto non la rivedrete più! – sbottò poi antipaticamente, scoprendo i canini.
Turner padre e figlio ovviamente reagirono scurendosi di avversione, ma lei si divertì di più spiando attentamente il volto di Jack: - Oh, per te c’è un’altra che conta ora, lo so …


- È probabile che ci sia ancora? – domandò Elizabeth incedendo con passo svelto dietro Sputafuoco, il fiato corto, incerta se abbandonarsi all’angoscia o alla speranza.
- Che io sappia Capitan Turner non ha gettato via nulla – la rassicurò quello facendo scattare la serratura della stiva e lasciandola passare insieme ad Anamaria, Taft e Gibbs. Tutti e cinque con le loro lampade riuscirono ad illuminare a sufficienza lo spazioso locale senza oblò, ma la ricerca si rivelava piuttosto complicata, data la quantità di arnesi accatastati lì sotto.
- Dobbiamo trovare un medaglione? – richiese Gibbs poco convinto dalle sbrigative spiegazioni di quello stravagante Capitano cui le due donne, invece, sembravano stranamente riporre una cieca fiducia.
- Esattamente, buon uomo. Perché a quanto mi riferiscono, sarebbe un’altra prova del legame di quello spirito maligno con uno della nostra sorta – chiarì con garbo proprio Taft.
- Ecco l’organo – attestò Bill rimuovendo un telo scuro da una sagoma informe. Gibbs lo aiutò poggiando a terra la lanterna e gli uscì un gridolino agghiacciato quando si accorse che l’imponente strumento musicale era ridotto ad un ammasso di ferraglia.
- Will ha voluto smontarlo, perché diceva che gli provocava un senso di disagio – riferì Sputafuoco, piegandosi e incominciando a spostare i singoli rottami.
Un lieve tintinnio, differente dal suono freddo dell’altro metallo, fece drizzare loro le orecchie. Subito Elizabeth scattò in direzione di quella melodia accennata, frugando freneticamente ogni frammento alla luce della candele e spronando i compagni ad imitarla. E stava arrendendosi alla convinzione che l’avessero soltanto immaginato, quando Anamaria si fermò rapita sollevando tra le mani un cuore argentato.
Pochi minuti dopo quel particolare carillon, che era stato pegno di un amore impossibile e tormentato, finì sul fondo di una pentola di rame riempita per metà di alcol. Taft, emozionato, vi gettò dentro alcune pozioni di segreta composizione e uno stoppino acceso sotto gli sguardi scettici e speranzosi dei presenti riuniti sul ponte, ammutoliti e inquieti.
- Ma quelle sono le carte nautiche di Sao Feng! – esclamò Elizabeth vedendo il rotolo di legno nelle mani di Taft.
- Proprio così, frutto di un vantaggioso arrembaggio operato dai miei ai danni della Perla Nera circa un’oretta fa – rispose semplicemente l’uomo, riponendo l’orologio da taschino e lasciando cadere tra le fiamme quelle preziose mappe.
- Noo! – strillarono adirati Anamaria e Gibbs sporgendosi verso di lui.
- Signori, dobbiamo assicurarci che non ci sia più nulla che appartenga a lei fra di noi – insistette irremovibile quello, protendendo il braccio verso la Jucard e ammiccando alla bussola di Jack che pendeva dalla sua cinta.
Prima che la piratessa aprisse bocca, però apparve un breve lampo verde a rischiarare il cielo all’imbrunire. Il fuoco che stava annichilendo le carte e il medaglione sussultò e si tinse di un celeste pallido, innalzandosi come un pennacchio che, serpeggiando e ruotando, si compose in una forma umana, incorporea e tremolante: - Calypso? – esalò una voce tagliente e cupa che sembrava provenire dall’oltretomba.
- D … D … Davy Jones? – balbettarono sconvolte Elizabeth e Anamaria, non potendo fare a meno di fissare con insistenza lo sguardo ostile e colmo di risentimento del fantasma che si spostava fra di loro facendoli arretrare e cadere dallo sgomento.
- Calypso? – ripeté ancora più impaziente e alterato.
- Lei è … - si offrì di informarlo Gibbs, ma le parole gli si spensero in gola quando quello lo raggiunse arrestandosi ad una spanna da lui.
 - Lo so – proferì lentamente l’ombra annuendo tenebroso, e girandosi si avviò verso il parapetto per poi discendere in acqua senza produrre alcuna alterazione nella superficie.
- Santi numi! Le mie capacità mediatiche sono decisamente migliorate! – proruppe Taft commosso, mentre tutti gli altri marinai ripresero a fare commenti sbalorditi su ciò a cui avevano appena assistito, spingendosi l’un l’altro per tentare di guadagnare la visuale migliore.


Erano quasi allo stremo, la vita stava scorrendo via dalle loro membra e si sentivano sempre più deboli e incoscienti. Jim aveva cominciato a piangere osservando i loro occhi diventare vitrei e opachi e i loro corpi asciugarsi e scolorire senza più spirito:
- Non è così che voglio diventare adulto! Voglio la mia testa, la mia anima! I miei sentimenti! – gli faceva una certa impressione sentire la sua voce così profonda.
Calypso non prestava ascolto alle sue infantili lamentele: lo aveva prescelto come involucro del suo essere speciale, creato da lei per fargli da compagno e servitore.
Ogni desiderio ha il suo prezzo”, lo aveva ammonito, concedendogli di diventare un uomo. E ora avrebbe unito gli animi degli altri favoriti così che l’uomo da lei prodotto sarebbe stato perfetto, fornito di tutte le qualità che lei desiderava per il suo compagno di vita eterna.
Jim si tormentava. Aveva commesso un altro errore insensato: come gli era venuto in mente che, distraendo la terribile dea, sua mamma e gli altri sarebbero riusciti ad ucciderla con le formule magiche del Codice? Ma forse era stata proprio Calypso a chiamarlo a sé.
Il suo destino era inevitabilmente intrecciato con il mare, lo aveva sempre saputo, lo aveva sempre sentito scorrergli dentro. Lui lo amava, e sua madre se ne era già accorta in passato quando, indipendentemente dalle stagioni, la supplicava di portarlo alla spiaggia o quando passava intere notti a guardarlo attraverso la finestra dalla loro casa sulla scogliera.
Con suo sbigottimento avvertì una potente vibrazione propagarsi tra lui e gli altri: la malvagia dea si contorse tutta, come se qualcuno di gigantesco la stesse stritolando nel suo pugno. Vide le scie spiritiche ritornare lentamente al petto dei quattro Capitani che poco a poco riacquistarono colore e mossero debolmente la testa, riacquisendo i sensi.
Osservò le sue gambe e le sue braccia rimpicciolirsi e ricadde a terra sbattendo la faccia sulla sabbia. Era di nuovo un bambino!
Percepì un vento gelido passargli di sopra e restò di sasso quando indirizzò gli occhi su una figura impalpabile che aveva agguantato Calypso tenendole le braccia trasparenti attorno alla vita.
Lei sembrava totalmente indifesa e terrorizzata: - Ti ricordi cosa mi avevi promesso? Mi avresti donato il tuo cuore e saremmo rimasti insieme per sempre. E una dea non può sottrarsi in eterno ad un giuramento – asserì con perfidia l’uomo spettrale, stringendola più forte mentre il suo cuore emergeva dal petto, nero e palpitante, fondendosi con lei che urlava di dolore come glielo stesse strappando.
Jim si voltò e si coprì le orecchie, poi sentì lo sciabordio dell’acqua e delle dita attorno ai suoi polsi: - Jim, prendi più fiato che puoi e tieniti a me! – gli raccomandò suo padre.
Allora vide che erano tutti liberi e sani, ma anche che la sala stava lentamente svanendo. Un’enorme massa d’acqua li avrebbe presto sommersi e schiacciati.

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Capitolo 42
*** Epilogo: Nuovi orizzonti ***


Allora carissimi lettori, questa è proprio la fine della mia fanfic - sigh, sob, ç_ç sniff. Ho voluto soltanto dare il mio modesto contributo ad una saga che mi ha fatto sognare tanto e continua a farlo in modo quasi immutato e viscerale ogni volta che riguardo i film; per questo ho cercato di riprendere tutti i personaggi principali.
Mi auguro di cuore che vi piaccia questo epilogo (è parecchio lunghetto) anche se qualcosina resta un pò in sospeso. Visto il successo ottenuto e il divertimento che ho provato nello scriverla, penso che magari, quando mi arriverà un altro bel pò di ispirazione, potrei anche darle un seguito. 
Intanto infinite grazie a tutti coloro che mi hanno seguito in questi mesi, a chi lo ha fatto solo per qualche capitolo, a chi legge ma non lascia commenti, a chi ha messo la mia fanfic tra le seguite, a chi mi ha lasciato solo qualche commento sparso a chi l'ha inserita tra le preferite e a chi lo farà.

Buona lettura, al prossimo approdo!)


Epilogo: Nuovi orizzonti

Jack nuotava con più forza e velocità che poteva, supplicando i muscoli di non tradirlo, ma nel vortice che inesorabilmente stava spazzando via tutto, subì pure l’attacco di Worley che, mosso da una recidiva smania di vendetta, lo trascinò in una sfiancante colluttazione, abbrancandolo con violenza. Lui si difese dimenandosi come un’anguilla e, con un paio di pugni e qualche calcio, riuscì a farlo desistere mettendolo fuori combattimento, poco prima che le onde si riversassero in quella prigione subacquea.
Will, Jim e Barbossa, intanto, avevano già guadagnato qualche metro di vantaggio e, falciando l’acqua salata come un forsennato, Jack infine li raggiunse. Ma per quanta aria avessero accumulato nei polmoni, per quanta energia impiegassero nel muovere coordinatamente braccia e gambe, la superficie appariva irraggiungibile e la spuma scura costituiva un ulteriore scoraggiante ostacolo.
Erano spossati e iniziavano ad essere in balia di un’opprimente sensazione di panico.
Finché una vorticosa corrente di bollicine non accelerò i loro movimenti.


A bordo dell’Olandese Volante la tensione fra l’equipaggio era tangibile e aveva reso l’atmosfera quasi densa e irrespirabile. Un rombo lontano magnetizzò l’attenzione dei pirati sull’orizzonte arroventato dal tramonto, il sole venne coperto per qualche istante da un bagliore verde che torreggiò nel cielo qualche secondo per poi dissolversi.
- Calate in acqua le scialuppe! – ordinò il primo ufficiale, fremente di speranza e di attesa.
Uno dopo l’altro i dispersi affiorarono fra le onde tirando un’ampia boccata di ossigeno. Le loro orecchie, ancora otturate dall’apnea, vennero investite da urla eccitate, sbigottite ed esultanti. Furono letteralmente pescati e issati di peso sulle barche, intontiti come lo erano i loro amici che li osservavano stupefatti e felici.
Elizabeth faticò un po’ a zittire Jim e Will che, oltre a raccontare concitati la terribile esperienza, non sapevano più quali parole di scuse e di gratitudine usare, sovrapponendosi l’un l’altro e non dandole la possibilità di spiegare a sua volta.
- Abbracciatemi! – li incitò semplicemente commossa, avvinghiandosi a loro e baciandoli entusiasticamente.
Barbossa, poco più lontano, venne recuperato dai quattro suoi più servizievoli marinai, Pintel, Ragetti, Murtogg e Mullroy che si affrettarono a narrare quanto accaduto e a domandargli di raccontare la sua esperienza.
Jack fu aiutato a salire su un’altra scialuppa, dove lo accolsero Gibbs con evidente gioia, e Anamaria che, dopo l’iniziale imbarazzato distacco, si sciolse in un caloroso sorriso di benvenuto che lui ricambiò con allegria: - Immagino vi aspettiate un ringraziamento in grande stile – mormorò fissandoli uno per uno ma appuntandosi soprattutto sulla piratessa.
- A dire il vero gran parte del merito è di Capitan Taft – asserì indifferente lei, indicandogli l’uomo seduto dietro di lui.
- Voi siete proprio Jack Sparrow! – esclamò quello euforico, scavalcandola e mettendosi al suo fianco – Siete più giovane di quanto immaginassi! Io sono cresciuto ascoltando le vostre straordinarie avventure!
Jack si buttò su Gibbs, spaventato e infastidito da quell’invadenza e con la sua espressione smarrita e irritata fece sorridere di gusto Anamaria al punto che, guardandola, il suo malumore sfumò.
- E Fortezza? – si ricordò d’un tratto Taft, prima di risalire sulla Barracuda dove lo stavano riaccompagnando.
- È rimasto indietro – tagliò corto Sparrow unendo indice e medio e muovendoli in un eloquente gesto che significava morte. Lui stesso lo aveva intravisto respirare involontariamente dal naso e affogare in pochi secondi.
Ma l’ineffabile Taft non sembrò per nulla dispiaciuto e, salutandoli frettolosamente con la scusa di dover partire presto per avvisare gli altri Capitani una volta alle dipendenze dell’Ammiraglio che erano liberi, si congedò come nulla fosse, non senza portare con sé un alone di mistero.


I pirati dell’Olandese Volante, dopo essersi fatti raccontare tutti i dettagli della stupefacente vicenda dai protagonisti, si sentirono praticamente obbligati ad organizzare dei grandi festeggiamenti per il loro ritrovato Capitano, coinvolgendo anche i colleghi della Murena che si erano trasferiti sulla loro nave per restare vicino alla loro comandante.
Nel bel mezzo dei preparativi anche Barbossa giunse a bordo. Il suo sguardo gelido cercò subito Jack che gli rispose con un’occhiata piena di bile.
- Ma perché non fate a turno con la Perla Nera? – si intromise di punto in bianco Jim, che aveva notato il loro torvo scambio di silenziosi insulti.
I due filibustieri si voltarono squadrandolo con furente contrarietà, al che il bambino tentò di spiegarsi meglio: - Una volta ciascuno sarete Capitano e primo ufficiale. Per esempio … un mese ciascuno.
- Questa è la cosa più sbagliata che tu abbia potuto dire nella tua breve vita! – lo assalì Barbossa con tono truce, stringendo gli occhi che scomparvero tra le mille rughe che gli solcavano gli zigomi.
- Forse non hai capito che non voglio più averci niente a che fare con questo traditore! – ribatté Jack, fulminando però il diretto interessato anziché l’incauto ragazzino.
- Traditore io? – sogghignò il maturo pirata con sarcasmo e affronto, ma senza perdere l’apparente calma.
- Sì, tu! – strillò invece Sparrow, così forte da far accorrere gli altri marinai vicino a loro – Io proporrei un’altra soluzione: perché non chiediamo il parere della Fratellanza? – lo provocò con le mani ai fianchi.
- Secondo te dovremmo scomodare di nuovo i pirati nobili per risolvere il tuo problema? – lo schernì ancora quello. La ciurma assisteva divertita al loro diverbio, tifando ora per l’uno ora per l’altro.
- Embè? Tu non lo fai sempre per i tuoi di problemi? – continuò imperterrito Jack e stavolta il suo avversario perse le staffe alzando la voce: - Non dire fesserie! Quando l’ho richiamata io era per problemi che riguardavano tutti i pirati!
- Anche il mio problema riguarda tutti i pirati, giacché se non riavrò la mia nave, mi dimetterò dall’essere un pirata nobile – sostenne Sparrow ostinato, sedendosi a braccia conserte su un barile – E poi voglio proprio vedere come farai a convocare un altro Consiglio quando ti farà comodo …
Elizabeth, innervosita dalla discussione che stava prendendo la solita piega violenta, tentò di far da paciere:- Basta! Vi prego! – li esortò, nessuno dei due la ascoltò e nemmeno suo marito intervenne, nonostante il rischio di una rissa in piena regola riguardasse direttamente la loro nave.
- Non vediamo l’ora che tu ti dimetta, sai. Sarebbe una liberazione! – dichiarò velenoso Hector, trovando l’appoggio di alcuni uomini che esultarono alle sue parole.
- E poi chi nomineresti al posto mio? La tua … scimmia da compagnia?! – lo punzecchiò nuovamente Jack, alzandosi e sfidandolo con un dito impertinente.
- Sarebbe più capace di te, Jack. Ma purtroppo dovresti essere tu a passare il tuo pezzo da otto – si dispiacque Barbossa, prendendo ad accarezzare con fare protettivo l’adorato animaletto accoccolato sulla sua spalla.
Jim si intromise nuovamente: - Mi piacerebbe tanto che sceglieste mio padre – affermò con aria implorante.
- La famiglia dei nobili pirati Turner – gli fece eco Will, fingendo di pensarci su compiaciuto.
- Piantala, Will! – lo ammonì sua moglie, essendosi oramai riscaldata come gli altri che esprimevano ognuno il proprio parere, formando degli schieramenti.
- Sarebbe tutto più facile se avessi un figlio – buttò lì Anamaria che dapprima se n’era rimasta in disparte, attirandosi gli sguardi stupiti dei presenti e in particolare quello interrogativo di Jack: - Era solo un’ipotesi! – si difese arrossendo.
- Meno male! – proruppe Sparrow, attenuando il rimpicciolimento terrorizzato delle sue pupille.
- Sai, Jack, ci ho pensato bene – riprese a parlare Barbossa, mettendogli un braccio attorno alla spalla come si rivolgesse ad un vecchio amico – Credo che lascerò a te la Perla, dopotutto – dichiarò flemmatico e misterioso, facendo calare il silenzio anche fra tutti gli altri presenti.
- Che cos’ha che non va? – urlò di riflesso lui, fiondandosi a rimirare scrupolosamente l’amato veliero ancorato lì vicino.
- È la tua testa che non va, Sparrow! – ridacchiò Hector piegando all’indietro il collo – Io ho accettato la proposta di diventare il nuovo Capitano della Spettro. Fa comodo avere una nave invisibile per il contrabbando del mio tabacco – sostenne scaltro e soddisfatto. Così dicendo il maturo bucaniere si allontanò scortato da due uomini della Spettro e, i colleghi, ancora colti alla sprovvista da quel rivolgimento, lo videro imbarcarsi su quel vascello che spiegò le vele bianche inoltrandosi nella debole luce del crepuscolo.
Jack in un primo momento non si mostrò molto contento di aver riconquistato in quella maniera la Perla Nera, senza nemmeno aver dovuto lottare. Ma poi finì per assecondare il suo opportunismo che gli suggeriva di approfittare della buona sorte che una volta tanto alla fine sembrava averlo premiato. Perciò si fece accompagnare a bordo e stabilì di preparare danze e banchetti per salutare il suo tanto smaniato ritorno.

I pirati, impegnati da giorni a combattere nemici di ogni sorta, accolsero con incontenibile entusiasmo quell’occasione di svago e baldoria. La Perla Nera, la Murena e l’Olandese Volante, gettando le ancore in una piccola baia, vennero collegate da passerelle di legno e le loro ciurme, per nulla parsimoniose, condivisero cibo e bevande tirate fuori dalle stive.
Neppure il timore di essere avvistati da qualche nave militare di passaggio riuscì a trattenere la loro voglia di divertimento.
Jim era il beniamino di tutti: c’era chi lo chiamava per insegnargli giochi di carte o di dadi, chi gli chiedeva di raccontare le vicende degli ultimi giorni, chi di mostrare quello che sapeva fare con la spada. E lui era felice di accontentare tutti e della simpatia che suscitava.
Elizabeth e Anamaria, essendo le uniche donne, vennero invitate senza sosta a ballare dagli altri pirati, meno che dai loro amati che facevano i sostenuti. Finalmente riuscirono a sedersi un po’, lontane dai chiassosi canti dei marinai.
- Siete così simili. Come fai a non accorgertene? – bofonchiò Elizabeth, volgendo la faccia in un punto preciso del ponte.
- Chi? – mugugnò distrattamente Anamaria sorseggiando dal suo boccale.
L’amica sgranò gli occhi spazientita: - Tu e Jack! – al che lei emise un verso di fastidio alzandosi e appoggiando la schiena alla balaustra.
- Non ci credo che non ti piaccia – tornò all’attacco la Turner, con un sorrisetto furbo a sollevarle gli zigomi.
- Perché dovrebbe piacermi? – scandì quella, accentuando l’acidità della sua voce.
Elizabeth boccheggiò impreparata: - Perché lui è … Che ne so io! È a te che piace! – strepitò voltandosi per andarsene, ma nel farlo si scontrò con Will che era giunto dietro di lei: - Qualche problema? – le domandò premurosamente, notando la sua espressione alterata.
- Nessuno, amore mio! – gli rispose lei tirandolo a sé e baciandolo d’improvviso tanto forte da stordirlo – Andiamo? – lo incitò prendendogli il braccio e posandoselo sulla vita.
Lui annuì sorridente, circondandole i fianchi.
- Pensaci! – sibilò la bionda ad Anamaria, prima di incamminarsi con il consorte.
La piratessa dalla pelle ambrata non si mosse di lì, continuando a bere e a sbirciare Capitan Sparrow che, pensieroso, faceva altrettanto dal lato opposto della coperta.
- Sbaglio o ci stiamo allontanando dalla festa? – chiese Elizabeth al marito quando si rese conto che erano arrivati in una parte deserta del ponte della Perla.
Will si fermò e la contemplò intensamente scorrendo le dita tra i suoi capelli e fermandole dietro le sue orecchie: - Non mi piace la confusione, lo sai – ammise chinandosi per catturare la sua bocca, esprimendo tutto il desiderio che gli ribolliva nelle vene e che si trasmise ai nervi della donna le cui mani si allungarono per avvicinarlo di più a lei e assaporare altri baci.
Si interruppero nello stesso istante gettando un’occhiata verso la folla.

- Hai vinto!
- Non è possibile! – si arrabbiò Jim, lanciando sul banchetto le carte – Voi barate! – accusò suo nonno e Gibbs che risero alla sua reazione indispettita seccandolo ancora di più.
- Jim – lo richiamò la voce amorevole di sua madre facendolo voltare – Noi torniamo sull’Olandese – lo avvisò mentre stritolava il braccio di suo padre.
- Siamo un po’ stanchi – sostenne quello, guardando più lei che lui.
- Già – sospirò Elizabeth rizzandosi e scostando la fronte dal braccio dell’amato.
- Ma tu se vuoi puoi restare ancora un po’ – puntualizzò Will ed entrambi annuirono svelti.
Jim si sentiva preso in giro e non poté fare a meno di imbronciarsi: quanto stonavano quelle affermazioni con la luce eccitata che sprizzava dai loro occhi!
- Va bene. Ci vediamo domani mattina – li salutò rassegnato, sforzandosi di sorridere.
Sua madre gli si avvicinò per sfiorargli una guancia: - Buona notte – gli augurò tornando ad agganciarsi a suo padre.
Il bambino li osservò andare via a passi veloci, mano nella mano, e si voltò di nuovo verso Sputafuoco e Gibbs: - Certe bugie proprio non le sanno dire – borbottò annoiato alzando una spalla.

Will la sovrastava con ardore e delicatezza, gli occhi nocciola vibranti d’amore dentro i suoi, accarezzandole e stringendole languidamente i fianchi e le gambe nude con cui lei lo aveva possessivamente incatenato a sé: - Da ora e per tutto il tempo che ci sarà concesso, sarò completamente tuo – le sussurrò a pochi millimetri dalle sue labbra – cuore, anima e corpo.
Elizabeth solcò con dita febbricitanti il suo viso, la sua schiena e il suo petto, impadronendosi delle sue labbra con un bacio prolungato e voluttuoso che lui ricambiò con fervore, aderendo di più al suo ventre. Poi continuarono ad amarsi nella notte fino a che non li invase un dolce torpore.

- Allora, quale sarà la tua prossima meta?
Anamaria pensò che fosse strano come quel suo sorriso sornione la mettesse tanto in confusione quando era corredato dal suo sguardo penetrante: - Non credo che vi riguardi, Capitano – replicò sfuggente, restituendogli con gesto meccanico la bussola che gli aveva sottratto per sbaglio prima di finire sott’acqua.
Jack non riusciva a capire per quale motivo riponesse tanta speranza in un suo sì: dopotutto molte donne cadevano ai piedi di Capitan Sparrow senza che avesse bisogno di pregarle, gli sarebbe bastato rimettere piede a Tortuga e dispensare qualche frase infiocchettata per averne fino alla nausea.
- Anamaria sei una maledetta testarda – disse tutto d’un fiato trattenendola per un polso, impedendole di defilarsi come una gatta malfidata. Lei aggrottò la fronte: – Non era un’accusa. E nemmeno un insulto – le bisbigliò con calore, un attimo prima di premere la bocca contro la sua che si dischiuse piano al suo tocco esperto e vellutato.
- Capitan Sparrow! Anche voi! – lo sorprese Jim nauseato e deluso.
Quel pidocchio sceglie sempre i momenti meno opportuni”, si lagnò mentalmente Jack.
- È stata lei a saltarmi addosso! – si discolpò, ricevendo un immediato ceffone che gli girò la testa infuocandogli la guancia. Anamaria si allontanò furiosa, mentre il ragazzino rideva a crepapelle: – Vai a giocare con Gibbs! Aria! – lo cacciò via mimandogli di prenderlo a calci.  Quindi si affrettò ad inseguire quella sfuggente donna tra la massa di marinai sbronzi e canterini.

Quando Jack si riaffacciò sul ponte della Perla, l’indomani mattina, la ciurma non era ancora del tutto tornata sobria e bighellonava o dormiva un po’ dappertutto: - Animo, ingrati pelandroni! C’è una nave da salpare! – sbraitò richiamandoli all’ordine e loro tentarono di ricomporsi più presto possibile, andando a recuperare i compagni appisolati tra amache e botti di rum.
Capitan Sparrow si appoggiò alla balaustra del castello di poppa inspirando l’aria frizzantina, mentre scrutava inebriato il limpido e luminoso orizzonte.
Alla fine lei aveva ceduto. Erano stati insieme piacevolmente per parecchie ore, godendo della reciproca compagnia, ma prima dell’alba lo aveva svegliato bruscamente, con un bacio dolceamaro. “Ho una nave da salpare!”, si era giustificata raccogliendo in fretta tutti i suoi vestiti ed effetti disseminati per la cabina. E lui era stato troppo assonnato e troppo vigliacco per impedirle di scappare, di nuovo. O forse era proprio vero che non sarebbe mai stato capace di amare niente e nessuno più della Perla Nera. E del mare.
La avrebbe ritrovata, pensò, sollevando il coperchietto della bussola. L’ago puntava l’Olandese Volante. Ancora? Si risolse di seguire l’indicazione e tornò per l’ultima volta a bordo di quell’ormai familiare veliero.
- Hai di nuovo la Perla – gli venne incontro Sputafuoco – Cerca di non perderla più.
Lo ringraziò con gli occhi, poi fu la volta di Gibbs che gli si accostò piano e incerto: - Pensavo ti trovassi bene qui – insinuò squadrandolo offeso.
- È che mi sono ripromesso di coprirvi le spalle, signore – sorrise ruffianamente fino alle orecchie Joshamee.
- Al lavoro, dunque, mastro Gibbs! – gli ordinò lui divertito – E non farmi pentire di averti raccattato, nonostante tutto.
Il vecchio nostromo tornò di corsa sulla nave dalle vele nere, cominciando con zelo ad arringare ordini alla ciurma.
- Buon viaggio, Capitan Sparrow – si presentò immancabilmente Jim con l’aria di chi volesse farsi perdonare.
- Non c’è niente che vuoi chiedermi? – lo stuzzicò lui con un tono falsamente severo.
Il bambino scosse la testa senza alzarla dal pavimento: - Credo che vi arrabbiereste …
- Lo sai com’è che ci sono finito in bocca a quella bestia? – lo spronò sottovoce il filibustiere, piegandosi appena verso di lui.
- Un vero Capitano pirata non abbandona mai la sua nave e voi volevate difendere la Perla, anche se questo significava morire con lei – si accese di colpo di ammirazione il piccolo Turner.
Jack tentennò sbirciando i genitori del ragazzino in piedi lì vicino: - Io stesso non avrei saputo dirlo meglio – farfugliò con un sorriso forzato, passando oltre prima che lo trattenesse in altre smancerose esternazioni di stima.
Ma il caparbio Jim non fu soddisfatto di quella risposta sbrigativa: - E allora? Il kraken?
- Oh … non mi ricordo più molto … - ribatté lui distogliendo gli occhi in un punto indefinito e lisciandosi le treccine sotto il mento.
- Non ci credo – mugolò quello incrociando le braccia.
- È così mocciosetto – lo liquidò Jack con accento aspro, dirigendosi verso i Turner che lo osservavano sospettosi e perplessi.
- Anamaria se n’è andata e ha voluto a tutti i costi che le rendessi il Codice – lo informò Elizabeth prontamente, immaginando che le chiedesse qualcosa in proposito.
- Ci ha detto che lo porterà in Madagascar, dai restanti fratelli della Costa – continuò Will – Perché dice che noi non siamo per niente affidabili … - aggiunse un po’ crucciato, venendo cinto con un braccio dall’amata.
Jack riservò loro una smorfia compiaciuta e altezzosa: - Non ha tutti i torti – proruppe duramente, ma poi la sua espressione cambiò quando si posò sulle loro mani teneramente intrecciate: - Ah! Voi due vi volete talmente bene da far venire il voltastomaco! – asserì ironico dondolando le braccia lungo il busto. Quelli si scambiarono un’occhiata intenerita scuotendo la testa, raggianti e innamorati, al che il solitario pirata abbassò la fronte, sentendosi particolarmente infastidito da quella salda complicità. Chissà perché poi …
- E vogliamo bene anche a te – gli si gettò incontro Elizabeth in un moto d’affetto – Abbi cura di te – gli raccomandò con sincera amicizia, e Will e suo figlio dovettero iniziare a tossire per indurre Sparrow ad allentare la sua stretta lasciva sulla donna.
Jack si staccò col solito ghigno spaccone e cominciò ad avviarsi sulla sua nave: - A quanto pare ce l’ho fatta a restare l’ultimo dei pirati – gongolò attraversando spavaldamente la passerella.
- Ci sono anch’io, veramente – gridò Will di rimando, affacciandosi alla murata, mentre i marinai ritraevano l’asse di legno.
- Tu continuerai? – si voltò Sparrow sorpreso, sfidandolo.
- Fino alla morte – proferì senza alcun dubbio quello.
- Ci scontreremo – ribatté grave Jack, fermandosi anche lui con i gomiti sul parapetto.
- È probabile – rispose Will altrettanto serio, raggiunto prontamente da Elizabeth e Jim – Potremmo anche non incontrarci più.
- C’è anche l’altro mare – gli ricordò sibillino il collega, ammiccando irriverente.
- Lo conosco meglio di te. Non ti converrebbe – lo canzonò Turner, inquietando un po’ i suoi.
Sparrow si indicò: - Pirata – dichiarò indolente, abbandonando la balaustra per prendere il timone, copiato dal Capitano dell’Olandese.
- Ma per voi non significa nulla il concetto di pace eterna?! – esclamò estenuato il timorato Gibbs, sollevando le braccia al cielo.
Le sue parole si sparsero nel vento che si infrangeva sulle vele gonfiandole ampiamente.
I due vascelli più famosi dei Caraibi si separarono ancora una volta, navigando verso nuovi orizzonti, illuminati dalla calda luce dorata di un nuovo assolato giorno.

FINE

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