Rajah libera

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***
Capitolo 3: *** Parte 3 ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ***


“Sei sicuro di aver guardato da per tutto!?”
Il volto bonario del sultano in quel momento era deformato da una smorfia di pura furia, mentre il colorito oscillava tra il rosso e il viola.
Destinatario di tanta rabbia era il povero capitano delle guardie, inginocchiato a terra.
“Mi dispiace maestà, ho cercato ovunque: ho visitato tutte le stanze del castello, incluse quelle interdette anche a noi soldati, ho fatto il giro del giardino tre volte. Mi sono addirittura arrampicato su una palma! Ma della principessa Jasmine non c’è traccia.”
Il sultano era noto per il suo carattere bonario e calmo, che si diceva fosse aumentato di molto con la vedovanza.
Solo, con la sua figlioletta, il sultano lasciava gran parte delle sue mansioni al gran visir Jafar e raramente si mostrava ai suoi sudditi.
Ancora deteneva però gran parte del potere, aveva reso la sua città fiorente ed era noto per aver sempre concesso la grazia ai suoi prigionieri, anche quando aveva il potere e il consenso di non farlo.
Ma in quel momento, tutta quell’aura di bontà era svanita.
La piccola Jasmine, la sua adorata figlioletta (che allora aveva solo dieci anni) era sparita dalla vista delle sue guardie del corpo.
E il sultano era accecato dall’ira e dalla paura.
Che il destino avesse deciso di portare via anche sua figlia? E se qualcuno l’aveva rapita cosa sarebbe accaduto? Certo, lui avrebbe dato il suo regno pur di riaverla con sé, ma se i rapitori avevano scopi diversi dal riscatto?
E soprattutto, come aveva fatto una bambina alta come un soldo di cacio a sfuggire a quell’imbecille?
Stava per urlare all’uomo tutto l’odio che aveva in corpo quando una voce lo fermò.
“Papà!”
Il sultano e la guardia guardarono verso il corridoio dove la piccola Jasmine saltellava verso di loro.
“JASMINE!”
Il sultano si gettò su di lei lasciandosi cadere per terra e stringendola forte.
“Jasmine! Dove eri finita!? Le guardie non ti trovavano più! Hai idea di quanto mi hai spaventato!?”
Jasmine divenne tutta rossa.
“Ero a giocare nella mia stanza….”
“Cosa?! Ma il capitano era entrato a vedere!”
“Sì! Lo so!” si affrettò a dire la piccola “E io mi sono nascosta.”
Il sultano sorrise.
“Ah! Birbante! Volevi farmi uno scherzo eh?  Guardia, lasciami solo. Voglio parlare a tu per tu con mia figlia.”
Ben felice di essere sfuggito in tempo all’ira del sultano, oltre che del ritorno della stessa principessa, la guardia fece un ulteriore inchino e lasciò la stanza.
“Jasmine, questi non sono scherzi da fare… Ho avuto paura per te, tanta paura…. Se dovessi perdere anche te…. Non so cosa ne sarebbe di me…”
Il padre la prese dolcemente in braccio per portarla nella sua stanza.
“Ora vieni… si è fatta ora di dormire.”
“Papà?”
“Cosa c’è?”
“Io in quanto principessa, ho il potere di dare ordini, vero?”
“Ah! Bhè… Non proprio… la tua parola non può essere legge ma…”
“Se io volessi ordinare di far liberare qualcuno…. Lo posso fare?”
“Oh bhè… In realtà no. Sono io che decido il tempo di detenzione di un prigioniero. Però, se tu inizi da ora a studiare le nostre leggi, poi quando sarai grande…”
“Ho letto il libro con le nostre leggi papà. Ma non ce n’è nessuna per liberare Rajah.”
“Rajah? E chi è Rajah?”
“È una mia amica…. La tengono chiusa dentro una gabbia e lei piange tutto il tempo. È così triste… perché hanno trasformato la sua mamma in un tappeto.”
Il sultano sussultò per un momento.
“Jasmine…. Questa Rajah…. È…. Una persona?”
“No, è una tigre!”
Il sultano tirò un sospiro di sollievo.
“Però… anche lei non ha la mamma….”
Il sultano annuì.
“Un momento…. Ma questa Rajah dove l’hai vista?”
Jasmine ci impiegò un po’ prima di rispondere.
“Ho visto passare una carovana di mercanti. Lei era in una delle gabbie e dietro c’era la sua mamma… come tappeto.”
“Capisco…” Il sultano non immaginò neanche per un momento che la figlia potesse aver mentito.
Non immaginò neanche per un momento che la piccola Jasmine aveva deciso, per il suo decimo compleanno, di regalarsi una passeggiata fuori dalle mura del palazzo, tutto di nascosto a suo padre e alle guardie.
La bimba, aveva approfittato di una distrazione del capitano, per salire su uno dei carri che entravano carichi di merce e uscivano carichi d’oro. Coperta da un semplice sacco, la bimba si era avventurata per la prima volta fuori dalle mura del palazzo sperando di trovare un amico.
E aveva visto Rajah. La tigrotta, chiusa in una gabbia minuscola, lanciava suoni acuti e striduli verso una pelle di tigre appesa in bella mostra.
E siccome Jasmine aveva avuto in dono da suo padre un libro sugli animali (l’uomo li amava al punto da possederne diversi nel giardino e da collezionarne dei modellini in miniatura, permetteva addirittura a Jafar, il gran visir, di portarsi dietro un pappagallo, che però a Jasmine stava antipatico), sapeva che le tigri cucciole passano molto tempo a fianco delle madri. Quindi quel cucciolo ingabbiato doveva per forza essere il figlio del tappeto appeso.
Jasmine aveva provato un misto di disgusto e orrore.
Si era avvicinata alla gabbia per guardare meglio la tigre.
Senza paura, aveva infilato la mano tra le sbarre e le aveva accarezzato la testa.
“Anche la mia mamma è morta….”
Il felino si era girato e i suoi occhi gialli avevano incontrato quelli scuri di Jasmine. Si erano guardate a lungo in silenzio prima che il mercante cacciasse via la bimba in malo modo.
“Vattene stracciona! Vai a fare la ladruncola altrove!”
Jasmine era scappata. Ma aveva deciso che avrebbe liberato Rajah ad ogni costo.
“Per favore papà! Per favore! Ordina a quel mercante di liberare Rajah!”
Il vecchio sultano stese Jasmine sul letto.
“Solo se mi prometti che non mi farai mai più prendere uno spavento come quello di oggi.”
Il che equivaleva a dire per sempre addio alla possibilità di uscire dal palazzo.
 “Papà?”
“Dimmi figlia mia.”
“Se io fossi prigioniera, tu cosa daresti per liberarmi?”
“Tutto” rispose subito il sultano “anche la mia stessa vita.”
Jasmine annuì lentamente. Se suo padre era pronto a tanto, allora doveva esserlo anche lei.
“Ti prometto che non sparirò mai più dalla tua vista papà.”
Il sultano sorrise compiaciuto.
“Va bene. Ora dormi. Domani, vedrò che cosa posso fare.”
 
Continua…

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Capitolo 2
*** Parte 2 ***


Il sultano usciva raramente dal palazzo. Ma quando lo faceva, notarlo era facile: il suo baldacchino, sostenuto da possenti servitori, era circondato da guardie e alle sue spalle, in fila per due, scorrevano una decina di servi e serve, pronti ad obbedire a qualunque ordine e, se necessario, anche a proteggerlo.
Il sultano era molto amato dalla servitù. Non li chiamava mai schiavi, non parlava mai loro in malo modo; tranne quando era arrabbiato, il che accadeva raramente.
Diverso era per le guardie. I servi sapevano benissimo che essi rispondevano di più al Gran Visir che al sultano stesso. Jafar permetteva loro uno stile di vita poco consono per una guardia. Anche se rispondevano agli ordini del sultano, quei soldati oramai erano quasi dei banditi legalizzati. C’erano ancora dei guerrieri onesti, ma in pochi erano davvero fedeli al sultano.
I servi e le guardie si sopportavano. Ma era più probabile che, in caso di attacco, il sultano fosse protetto dai primi che dai secondi.
Questo, ovviamente, il sultano non lo sapeva. Per la buona fede che aveva verso i suoi soldati (dopotutto pagava loro grosse somme) e anche per quella che aveva in Jafar.
Il corteo arrivò al mercato e fu accolto dagli inchini di donne e uomini presenti.
Tutti videro il baldacchino con le tende tirate, le numerose guardie, i servi e le serve. Una di queste teneva per mano una bambina.
 
“Maestà, io non posso farlo! Se vostro padre viene a sapere una cosa del genere, mi farà tagliare la testa!”
“Ti prego Aisha, io devo essere sicura che Rajah sia salva! Ti prometto che qualunque cosa accada, mi prenderò io la colpa! Ti prego!”
 
L’obbedienza, ovviamente, era dovuta anche alla piccola Jasmine, che fortunatamente non faceva mai troppi capricci.
Ma quel giorno insistette talmente tanto che Aisha, la serva con cui aveva maggiore confidenza, non potè dirle di no. Lei e Jasmine erano quasi come due sorelle, poiché se ne era presa molta cura dalla morte di sua madre.
Ma arrivare a disobbedire al sultano pur di farla felice era davvero un grande rischio.
“Quando tornerò a palazzo, Aisha avrà una bella sorpresa.” Pensava Jasmine.
Il sultano giunse così nell’area del mercato e tutti (sudditi, viaggiatori di passaggio e commercianti) esibivano inchini al suo passaggio.
“Dunque,” pensava intanto il sultano “Jasmine mi ha detto che c’era una pelle di tigre appesa…. Ah! Eccola lì!”
Anche Jasmine riconobbe il mercante di animali e fu ben felice di vedere che suo padre fermava tutta la sua corte davanti alla sua mercanzia.
“Voglio andare a vedere Rajah!” fece la bambina staccandosi dalla serva.
“Jasmine!”
“Stai tranquilla Aisha! Andrà tutto bene!”
Jasmine scivolò nel retro, ma Aisha non potè seguirla, poiché le guardie si sistemarono in formazione mentre il sultano scendeva e si avvicinava.
“Oh vostra maestà!” fece il mercante inchinandosi profondamente “Quale onore per me vedervi fermarvi alla mia bancarella!”
Con un gesto, il sultano permise all’uomo di rialzarsi.
“Buongiorno a te, mercante. Sono qui perché desidero acquistare una delle tue merci.”
“Oh Maestà, certamente! Qualunque cosa per voi!”
“Molto bene, voglio il cucciolo di tigre.”
Seguì una pausa durante la quale il mercante perse gran parte del suo colorito e incominciò a sudare freddo.
“Hai ancora il cucciolo di tigre con te vero?”
“Sì… Sì il cucciolo è ancora qui…” fece l’uomo con voce smorzata “Ma… è già stato venduto.”
“Cosa?!”
“È così maestà…”
L’uomo si aspettava una reazione furiosa dal sultano. Ma egli andò a sedersi di nuovo sul suo baldacchino.
“Vorrà dire che aspetteremo il tuo cliente, di modo che io possa trattarci di persona.”
 
Intanto, sul retro, Jasmine aveva trovato Rajah e la tigre l’aveva subito riconosciuta.
“Rajah! Ciao bella, sono qui per liberarti!”
L’animale provò a ruggire e allungò la zampa verso Jasmine.
“Come sei bella Rajah…”
“Bello.”
Jasmine sussultò.
Poco lontano da lei c’era un bambino. Forse coetaneo, forse più grande. Vestito di stracci sporchi, dai capelli neri e gli occhi grandi e scuri.
“Come dici?”
“È un maschio, non una femmina.”
Il bambino indossava un piccolo faz, che venne preso da una scimmietta chiusa in una gabbia.
“Buono abù! Smettila!”
Il bimbo si riprese il cappellino e carezzò affettuosamente la scimmietta sulla testa.
“È tuo amico?”
“Chi?”
“La scimmia.”
“Per un po’.”
“Perché per un po’?”
“Perché domani il mercante se ne va…”
“E non puoi comprare la scimmietta allora?”
Il bambino lanciò a Jasmine un’occhiata fulminante.
“Ho forse l’aria di uno che se la può permettere!?”
Jasmine ci rimase male. Capì di aver ferito il bambino, ma non era sua intenzione. D'altronde, lei veniva da un ambiente dove ciò che si poteva comprare veniva sempre comprato.
Jasmine si avvicinò alla gabbia. La scimmia era veramente molto piccola.
“E la mamma?”
“Le prendono presto dalla mamma. In questo modo sarà più facile addestrarle.”
“Addestrarle?”
“Per spettacoli ad esempio.”
Jasmine osservò Rajah.
“Anche a… A lui?”
“Sì. È probabile. Forse lo useranno per delle lotte… oppure farà la guardia a dei giardini.”
Jasmine si guardò intorno.
Rajah era comunque salva, perché suo padre l’avrebbe sicuramente comprata.
Ma ora voleva salvare anche la scimmietta.
Entrambi gli animali erano chiusi dentro delle gabbie di metallo. Ma quella della scimmia era molto simile a una gabbia per uccelli, appesa ad una catena.
Jasmine all’improvviso si arrampicò sulle numerose casse presenti.
“Che cosa fa?!” esclamò il bambino.
La principessa raggiunse l’anello più alto della catena e vide che era appesa solo da un gancio.
Tenendosi con una mano sola, tolse la catena dal gancio e lentamente calò la gabbia verso il bambino.
Il bambino prese la gabbia di abù.
“L’hai presa?!”
“Sì!”
“Bene, allora scen- AAH!”
Jasmine perse l’equilibrio e cadde, ma il bambino riuscì a prenderla al volo, cadendo poi all’indietro lui stesso.
“Oh… Tutto bene?” domandò la principessa.
“Sì, credo di sì.”
 
“Qualcosa non va mercante?”
Il sultano aveva invitato l’uomo a mostrargli, durante l’attesa, alcune statue di animali fabbricate a mano, allontanandolo così dalla sua mercanzia.
“Non avete sentito quel rumore maestà?”
“No, veramente no. Questo airone è fatto d’avorio?”
“Oh sì! Direttamente dall’Africa, maestà!”
 
“Ecco…” Jasmine si era tolta la sciarpa con cui si era coperta il volto per avvolgervi la gabbia della scimmietta “nessuno sospetterà nulla.”
Consegnò tutto al bambino sorridendo.
Lui era molto sorpreso.
Non si sarebbe mai aspettato un gesto del genere da una sconosciuta.
Forse c’era ancora qualcosa di buono al mondo, dopotutto.
“Grazie.”
“Adesso vai, tutti sono distratti a guardare mio pa… voglio dire, il sultano. Vai, prima che se ne accorgano!”
Il bimbo e la principessa si osservarono per un lungo minuto prima che lui finalmente si allontanasse.
“Il mio primo amico fuori dalle mura del palazzo… se ne va….”
Jasmine tornò da Rajah e carezzò la sua testa.
“Chissà se lo rivedrò mai più.”
Il bimbo scivolò via in punta di piedi verso un vicolo e si rifugiò in una rientranza tra due case. Sulla via, aveva scippato un coltello dal bancone di un mercante distratto dalla presenza del sultano.
Riuscì così a forzare la gabbia della scimmietta, che subito si aggrappò alle sue spalle.
“Eccoti libero Abù!” il bambino giocherellò con l’animaletto. Poi si arrampicò su uno dei tetti. Insieme al suo nuovo amico, aveva la visione completa della piazza del mercato.
“È stata proprio brava… quella bambina dico. Sai, forse potremmo ricambiarle il favore prima del previsto…”
 
Continua…

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Capitolo 3
*** Parte 3 ***


Si sentì uno squillo di trombe e Jasmine si sporse appena da dietro delle casse per vedere chi stava arrivando.
Ora il corteo del sultano stava fissando un altro corteo, altrettanto sfarzoso, che marciava nella loro direzione.
Un altro sultano scese da uno splendido cavallo bianco e corse incontro al padre di Jasmine.
“Amico mio!”
“Accidenti! Che coincidenza magnifica! Come stai?”
Jasmine vide i due uomini salutarsi calorosamente.
Conosceva l’altro sultano.
Era venuto a trovarli spesso, prima che la madre di Jasmine morisse, portandosi sempre dietro suo figlio. Un ragazzo poco più grande della principessa, ma così noioso e borioso che Jasmine era sempre ben felice di venire cacciata via.
Un principe viziato e vanitoso.
Com’è che si chiamava?
Achmed?
Qualcosa del genere.
Aveva sentito che i suoi genitori avevano anche parlato di “matrimonio”. Ma non aveva mai capito chi avrebbe mai avuto il coraggio di sposare un rospo come quello.
“Anche tu a fare spese?”
“Sì! Sono venuto a ritirare il mio cucciolo di tigre!”
“Il tuo cucciolo di tigre?”
“Sì, per mio figlio. Un regalo per il suo decimo compleanno!”
“Amico mio, sono ben felice di sentire questo, guarda caso io vorrei acquistare lo stesso animale e sono pronto a trattare con te e a restituirti tutti i soldi da te spesi!”
 
“Guarda Abù! È quel tipaccio di questa mattina! Quello che voleva comprare la tigre, ti ricordi? Direi che è un buon momento per aiutare quella bambina… Ma come?”
 
“Sei molto gentile a offrirmi il doppio, ma te lo ripeto: non posso accettare. Mio figlio ha bisogno di questa tigre per allenarsi a diventare un buon cacciatore.”
“Ma per quello basterebbe anche un animale diverso! Uno sciacallo oppure…”
“PAPA’ PAPA’ VOGLIO LA TIGRE!”
Eccolo quel viziato! Jasmine lo vide attraverso le fessure delle scatole e delle gabbie e sentì Rajah soffiare.
Subito la principessa carezzò la testa della tigre.
“Calma Rajah… Papà ce la farà.”
 
“Guarda Abù, non ti sembra perfetto? Questa sarà la tua prima prova amico mio. Sali sopra quel palo e tira la corda….”
 
“Ascolta giovanotto…” il Sultano si era chinato verso il principino “Io ho promesso a una persona a cui voglio molto bene, che avrei comprato proprio quel cucciolo di tigre… Io sono un uomo d’onore e devo mantenere la promessa…”
“IO VOGLIO LA TIGRE! VOGLIO LA TIGRE VOGLIO LA TIGRE!!!”
Il bambino strillava così forte che i due sultani si erano coperti le orecchie con le mani.
La gente del mercato osservava la scena tesa, le guardie dei due sultani si scrutavano in cagnesco e le rispettive servitù sembravano vivamente spaventate.
Quella fu la prima volta che Jasmine vide chiaramente l’assurdità del suo mondo. Dalla paura generale capì che per un suo desiderio, poteva addirittura scoppiare qualcosa di molto pesante. Uno scontro sul posto o addirittura una guerra.
Tutto per un cucciolo di tigre strappato dalla foresta.
Jasmine sentì che forse era meglio cedere, sacrificare la tigre e anche la sua libertà (se fosse saltata fuori, suo padre l’avrebbe sicuramente punita).
Carezzò il cucciolo con le lacrime agli occhi.
“Rajah… Rajah mi dispiace tanto…”
Prese un respiro per incoraggiarsi.
“Papà non voglio più la tigre… perdonami…” sussurrò a se stessa mentre si preparava ad uscire.
Quando all’improvviso, un uomo urlò: “È SCAPPATO L’ELEFANTE!!!”
Un fragore incredibile scosse tutte le bancarelle.
Un pachiderma grigio stava correndo verso i due cortei e la gente si spostava spaventata.
Un soldato della corte del principino si lanciò verso la bestia ed emise uno stranissimo urlo.
L’elefante si bloccò di fronte all’uomo e si mise in ginocchio.
Il panico cessò, quando la gente vide il soldato carezzare la testa della bestia.
“Assad, ma non sapevo che tu ti intendevi di elefanti!” fece stupito il secondo sultano.
“Ho lavorato a lungo con loro maestà.” Fece quello chinando la testa.
Il papà di Jasmine invece, si era avvicinato per osservare meglio l’animale.
“È magnifico… è addestrato e ben tenuto…”
“PAPA’ PAPA’! NON VOGLIO PIU’ LA TIGRE, VOGLIO L’ELEFANTE!!”
“Oh, ma figliolo… Un elefante…”
“VOGLIO L’ELEFANTE!!”
“Calma figliolo,” fece il Sultano “l’elefante sarà un mio personale regalo per il tuo compleanno.”
“Oh, amico mio….”
“Non dire nulla. È il minimo che posso fare per questo giovanotto che forse un giorno sarà mio genero.”
A quel punto, il padre del principe viziato non potè più negare la tigre al Sultano.
La giornata dunque si concluse con laute spese: il Sultano acquistò, l’elefante, il cucciolo di tigre e l’airone fatto d’avorio.
Jasmine, intanto, era tornata da Aisha, che subito l’aveva coperta con un altro velo.
Mentre si allontanava gioiosa con il resto della corte, Jasmine si voltò verso il mercato.
E sui tetti delle case, le sembrò di vedere una figura umana che la salutava.
 
“È andata…. In realtà speravo che liberasse la tigre mentre tutti erano distratti. Ma almeno adesso la stanno portando al suo palazzo. Forse la libererà quando sarà lì…”
Abù giocherellava con il suo fez senza prestargli troppo ascolto.
“Certo… era carina… chissà se ci rincontreremo mai…”
“ALADDIN! SCENDI SUBITO DI LI’!”
Il ragazzo sobbalzò e scese dal tetto.
“Vattene a casa straccione!”
Ogni giorno la stessa cantilena.
Aladdin portò Abù nel suo posto segreto, uno dei pochi tetti da cui non veniva scacciato mai. E da lì, si vedeva il palazzo.
“Mi dispiace solo per quel povero elefante… stare con quel ragazzino… Sai, non mi dispiacerebbe un giorno cavalcare un elefante. Dicono che è meglio del cammello.”
La scimmietta e il ragazzo si accoccolarono ad osservare il tramonto.
 
“Jasmine? Jasmine!? Anima mia, dove sei?!”
“Sono qui padre!”
Jasmine era riuscita a sgattaiolare nelle sue stanze giusto in tempo.
Suo padre teneva in braccio la tigre e gentilmente gliela porse.
“Una promessa è una promessa…”
Jasmine prese in braccio l’animale, sapendo che la cosa valeva anche per lei. Ora doveva dire addio alle sue uscite segrete dal palazzo.
“Grazie padre… Grazie davvero.”
“Figurati… Certo, prenderlo è stata un po’ un’avventura.”
“Lo so.”
“…Lo sai?”
“Ah, voglio dire, sei tornato dopo molte ore, quindi immagino che…” Jasmine si nascondeva dietro a Rajah perché era arrossita.
Il Sultano decise di non dare peso alla cosa.
“Bene, fate pure amicizia, io vado a sistemare il mio nuovo airone d’avorio.”
“Ah, padre, c’è un’ultima cosa. Vorrei che Aisha fosse liberata.”
“Aisha? Credevo che tu andassi molto d’accordo con lei! Si è sempre presa cura di te dalla morte di tua madre! Ti ha forse trattato male?”
“No padre! È proprio perché è stata tanto cara con me che vorrei liberarla! E poi, ora ho Rajah con me!”
Il Sultano sorrise.
“Va bene! Ogni comando della principessa è un ordine.”
Jasmine si ritirò nella sua camera da letto e portò Rajah nel balcone.
Senza Aisha si sarebbe sentita ancora più sola, ma sapeva anche che la sua serva aveva rischiato molto per lei ed era giusto premiarla con la libertà.
Quella che, Jasmine stessa, pur essendo principessa, non avrebbe mai avuto.
“Un giorno Rajah, le cose cambieranno.” Disse, mentre osservava le prime stelle della notte “Vivremo insieme tante avventure, fuori da questo palazzo. E tutto il mondo sarà anche nostro.”

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