In Front, Right Back.

di shiningreeneyes
(/viewuser.php?uid=919056)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A loss. ***
Capitolo 2: *** A hope. ***
Capitolo 3: *** Belief. ***
Capitolo 4: *** A desire. ***
Capitolo 5: *** A decision. ***
Capitolo 6: *** A Beginning. ***
Capitolo 7: *** Epilogue. ***



Capitolo 1
*** A loss. ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 1

Una perdita

A Kingdom's Tale - Your Hero

 

 

 

 

"Allora, com'è stato ieri sera?" chiese Robin, "tutto bene?"

 

"Si, è stato bello," Harry scrollò le spalle, "ci siamo divertiti."

 

Ci fu silenzio per un breve secondo. "Abbiamo sentito," disse poi Anne.

 

La guardai, e quando vidi il sorriso ironico che giocava sulle sue labbra, le mie guance arrossirono, i miei occhi si spalancarono e affondai il viso nelle mani. "Oddio, mi dispiace," mi lamentai, "sono così, così dispiaciuto." Sentii Harry ridacchiare poco prima che mi mettesse un braccio intorno alle spalle e premesse un bacio nella mia fronte.

 

"Nessun problema," disse, accarezzando la testa di Aidan. Osai togliere le mani dal mio viso, e la guardai. Stava ancora sorridendo. "Solo per essere sicura, però," aggiunse casualmente, "avete usato il preservativo questo volta, vero?"

 

 

Mercoledì, 3 Febbraio 

Sedici anni, sette mesi, due settimane e due giorni dopo

 

 

 

 

No.

 

Quello fu il primo pensiero che mi attraversò la mente quando sentii la mia sveglia suonare. Non aprii gli occhi, non mi preoccupai nemmeno di allungare la mano per spegnerla, invece la lasciai suonare, suonare e suonare.

 

"La spegni o cosa?"

 

Non riuscivo a trovare l'energia per dirgli di darsi una calmata, così invece raggiunsi alla cieca il dispositivo. Mi ci vollero alcuni secondi, ma alla fine riuscii a trovarlo, e premetti il pulsante per silenziarla.

 

"Perché ti disturbi ad impostarla?" chiese Harry, sembrando piuttosto irritato, "tanto non ti alzi comunque."

 

Sospirai, la testa quasi pronta ad esplodere al suono delle parole che avevo già sentito una valanga di volte. Non mi preoccupai di rispondergli, spinsi via le coperte e mi alzai. Trasalii leggermente quando i miei piedi nudi entrarono in contatto con il pavimento di legno freddo, e mi affrettai ad indossare un paio di pantaloni della tuta e un grosso maglione per proteggere il resto del corpo dall'aria fredda della stanza. Harry sembrava essersi riaddormentato e gli lanciai un'occhiataccia infastidita prima di uscire dalla porta ed entrare nel piccolo corridoio.

 

Bussai due volte alla porta bianca, premendo la maniglia verso il basso e aprendola con attenzione, un po' esitante, giusto per evenienza. Chiamatemi paranoico, ma c'erano alcune cose che non volevo vedere, e specialmente non alle 6 del mattino dopo aver dormito a malapena per quattro ore. Niente di spiacevole mi si parò davanti, solo un ragazzo di sedici anni che dormiva profondamente mentre russava e aveva la bocca semiaperta.

 

Sorridendo debolmente, mi avvicinai al letto e gli scossi la spalla. "È ora di alzarsi se non vuoi essere in ritardo," dissi, la voce roca per la stanchezza. La sua unica risposta fu un russare ancora più rumoroso, e roteai gli occhi prima di scuotergli nuovamente la spalla.

 

"No," gemette prima di ribaltarsi sullo stomaco e affondare la faccia nel cuscino.

 

"Si," dissi, "dai, alzati."

 

"Sono malato."

 

"Aidan, per favore, non ho pazienza per le tue stronzate oggi."

 

Gemette, come se fosse in uno stato di forte dolore fisico, ma almeno si mise a sedere, sfregandosi gli occhi blu e stanchi. "Lo sai che ti odio, vero?" disse lui scontroso mentre si trascinava una mano tra i ricci scuri, che aveva decisamente ereditato da Harry.

 

"Come potrei dimenticarlo?" dissi retoricamente, "me lo ricordi ogni mattina."

 

"Questo perché ti odio tutte le mattine." 

 

Scostò le coperte e gettò le gambe oltre il bordo del letto e- "Oh, per l'amore del cielo," brontolai mentre gli voltai le spalle, "non hai vergogna di niente, vero?"

 

"Eh?" rimase in silenzio per un secondo. "Oh. Sono sicuro che ne hai già visto uno prima."

 

"Non della persona che era dentro di me per nove mesi, no," dissi seccamente, "fatti una doccia e poi vai a fare colazione, ok? Tuo padre ti porterà a scuola tra poco."

 

"Mio padre," ridacchiò, "quindi questo cosa fa di te? Mia madre?"

 

Scossi la testa con un sospiro stanco. "Non ti stanchi mai di queste battute?"

 

"No."

 

Non risposi e lasciai la stanza, scesi le scale e arrivai in cucina. Harry era già seduto a tavola con una tazza di caffè davanti e uno sguardo vuoto nei suoi occhi. Non sembrava si fosse accorto che ero lì, e non mi preoccupai di cercare di attirare la sua attenzione. Ci avevo rinunciato da un po' di tempo. Un anno, un mese e nove giorni fa, per l'esattezza. E così andai verso il bancone, mi versai una tazza di caffè e andai a sedermi sul lato opposto del tavolo a lui. Incontrò i miei occhi, ma durò solo una frazione di secondo, e non disse nulla. Andava bene. Ero abituato.

 

Tranne che, non andava bene. Per niente. Non era difficile stabilire quando e perché era iniziato tutto, ma come ci eravamo ridotti a... questo era aldilà della mia comprensione. Era iniziato tutto sette anni prima, con lui che tornava a casa tardi dal lavoro e a volte doveva saltare gli appuntamenti che avevamo preso secoli prima perché aveva del lavoro da fare o delle riunioni a cui presiedere. Poi io avevo iniziato a fare lo stesso (non coscientemente, ma l'avevo fatto comunque), il che ci aveva portato a non vederci quasi mai. Quello portava al crollo di qualsiasi relazione, e la nostra non era un'eccezione. Era andata avanti in quel modo per due anni, ma le cose andavano ancora bene; parlavamo ancora, facevamo le cose insieme, facevamo sesso, ci coccolavamo la sera prima di addormentarci.

 

Quattro anni prima eravamo stati ad una cena. Aidan era con Anne e Robin per la notte e quando tornammo a casa mezzo ubriachi alle tre del mattino, ridendo mentre ci toglievamo i vestiti, il preservativo fu completamente dimenticato. Il risultato fu che rimasi incinto. Quello di per sé non era un problema; tutti erano felici per entrambi, ed Harry era al settimo cielo. Tutto andò a pezzi, tuttavia, quando mi svegliai nel cuore della notte circa al terzo mese con crampi allo stomaco così violenti da avere a malapena il tempo di girarmi per vomitare sul pavimento. All'ospedale la dottoressa Hayes mi aveva detto, con viso dispiaciuto e occhi tristi, che avevo avuto un aborto spontaneo. 

 

Dopo quello tutto peggiorò ancora di più. Sia io che Harry ci mettemmo un bel po' di tempo per superare la perdita del bambino, e se qualcuno pensava che la cosa ci avrebbe solo avvicinati, ciò che accadde fu in realtà l'esatto opposto. Eravamo troppo sconvolti, troppo straziati per riuscire a confortarci l'un l'altro, e ad un certo punto avevamo iniziato a dormire ai lati opposti del letto con le spalle rivolte l'uno verso l'altro.

 

Nonostante quello, eravamo riusciti a fare uno sforzo e festeggiammo San Valentino l'anno successivo. Ancora una volta bevemmo un paio di bicchieri di vino, ancora una volta facemmo sesso senza preservativo, ancora una volta rimasi incinto e ancora una volta abortii. Quella volta però fui lasciato completamente da solo ad affrontare il dolore, e più di una volta capitava che piangevo addormentandomi mentre mi stringevo lo stomaco, sentendo quanto fosse piatto e non rotondo con all'interno un bambino. 

 

Smettemmo completamente di fare sesso.

 

Poi smettemmo di darci il bacio del buongiorno e della buonanotte.

 

Poi smettemmo di parlare in modo civile.

 

E poi smettemmo di fingere per il bene di Aidan.

 

Erano passati un anno, un mese e nove giorni dall'ultima volta in cui avevo sentito le sue labbra contro le mie, erano passati un anno, otto mesi e tre giorni dall'ultima volta che avevamo fatto sesso, erano passati due anni e sette giorni dall'ultima volta che avevamo fatto sesso non da ubriachi, ed erano passati due anni, quattro mesi e sette giorni da quando mi aveva guardato per l'ultima volta, da quando mi aveva trascinato una mano tra i capelli chiedendomi come stessi.

 

Probabilmente era meglio, perché la risposta sincera a quella domanda non gli sarebbe piaciuta. Non gli sarebbe piaciuto sentire che mi sentivo vuoto, solo, triste. Non avrebbe voluto sentire che mi sentivo consumato dal dolore, non solo a causa della perdita dei due bambini, ma anche a causa della perdita emotiva di un uomo che consideravo ancora il custode della metà del mio cuore.

 

"San Valentino sta arrivando."

 

Mi voltai a guardarlo, sorpreso che avesse persino detto qualcosa. "Si," dissi, tentando un sorriso.

 

"Faremo qualcosa?" chiese, la sua voce priva di sentimenti, come se stesse avendo questa conversazione solo perché si sentiva obbligato.

 

"Io- forse." Mi sedetti meglio e lo guardai con crescente speranza nei miei occhi. "Tu vuoi fare qualcosa?"

 

"Onestamente?" scrollò le spalle, sembrando a disagio, "non proprio, no."

 

Abbassai lo sguardo. "Allora perché l'hai chiesto?" dissi piano.

 

"Mi sentivo come se dovessi farlo." Sospirò e si grattò la nuca. "Io... ho fatto dei piani con qualcun altro, quindi se non ti dispiace, penso che farò quello."

 

Ci volle un minuto prima che registrassi le sue parole, e quando lo feci, fu come se qualcuno mi avesse colpito con un martello in pieno viso. "T-tu... andrai ad un appuntamento con qualcun altro? A San Valentino?" chiesi debolmente, il labbro tremante. Mi alzai in piedi prima che avesse la possibilità di dire qualcosa, e mi avvicinai al lavandino, appoggiandomi pesantemente con le braccia contro di esso mentre il mio respiro andava e veniva.

 

"Non è un appuntamento, è un gruppo di lavoro," disse.

 

"Quindi preferisci trascorrere il giorno di San Valentino con i tuoi colleghi invece che con me," dissi, annuendo come per esprimere comprensione, "credo che... credo che questo dica abbastanza su dove sia finita la nostra relazione."

 

"Lou, dai," disse, "sai bene quanto me che la nostra relazione è ad un punto morto. Questa uscita non cambierà le cose."

 

Lentamente, molto lentamente, mi voltai e incontrai il suo sguardo con occhi più vitrei del solito. "Ma dovremmo iniziare da qualche parte," dissi spezzato, quasi implorante, i pugni chiusi lungo i miei fianchi, "a meno che tu non voglia."

 

Ci mise qualche secondo per guardarmi, con uno sguardo che chiedeva se stessi parlando in una lingua straniera. Poi si alzò pesantemente e si raddrizzò la maglietta. "Volevi davvero fare qualcosa per San Valentino?" chiese, appoggiando la sua mano sulla superficie del tavolo.

 

"Se volevo passare quello che dovrebbe essere il giorno degli innamorati con l'uomo che amo nel tentativo di salvare una relazione che si dissolverà completamente a meno che non facciamo qualcosa al più presto?" Sorrisi e alzai le spalle. "Sarebbe stato carino, si."

 

Aidan entrò nella stanza proprio in quel momento, impedendo ad Harry di rispondere, ma mi mandò uno sguardo pieno di compassione prima di rivolgersi ad Aidan. "Fai colazione o andiamo?" chiese.

 

"Andiamo," mormorò Aidan, trascinandosi una mano sul viso.

 

"Devi smettere con questa abitudine di non fare colazione," commentati con leggero cipiglio.

 

"E tu devi smettere con questa abitudine di tormentarmi in qualsiasi occasione," scattò. 

 

"Ehi, il linguaggio," disse Harry severamente, colpendolo leggermente nella nuca.

 

"Ho quasi diciassette anni, parlo come voglio." Con quello ed un grugnito impaziente, si girò e scomparve.

 

"Da quando ha questo atteggiamento?" disse Harry dopo una breve pausa.

 

"Da quando è così alto?" fu la mia risposta.

 

Scrollò le spalle prima di bere l'ultimo sorso di caffè e posare la tazza sul tavolo. Andò verso la porta, poi si fermò e mi guardò. "Noi... parleremo di San Valentino stasera, okay?"

 

Feci un gesto con la mano. "Non preoccuparti. Esci con i tuoi colleghi se è ciò che vuoi. Non sono il tuo capo, non ti costringerò a passare del tempo con me se non ti va."

 

Le sue sopracciglia si incurvarono e il suo viso si rabbuiò. "Non intendevo quello," disse, "io.. non pensavo che avresti voluto fare qualcosa, e non volevo stare a casa, così quando mi hanno chiesto se volessi uscire per qualche birra, ho detto si."

 

Scossi stancamente la testa. "L'hai detto tu stesso cinque minuti fa, Harry; non vuoi fare qualcosa con me."

 

"Non è che non voglio, solo non-"

 

"Papà! Vieni si o no?"

 

Abbassai la testa ed emisi un suono di esasperazione. Erano le sette del mattino e quello era l'unico momento in cui stavamo avendo qualcosa che somigliava ad una conversazione vera e propria e ovviamente qualcosa doveva interromperci. Il tempismo non era mai stato il nostro forte.

 

"Parleremo più tardi," disse Harry, offrendomi un mezzo sorriso prima di dirigersi verso l'atrio.

 

"Si," borbottai alla stanza ormai vuota, guardando la tazza che aveva lasciato sul tavolo, "più tardi."

 

 

Giovedì, 4 Febbraio 

 

"No, Harry, non- oh. Grandioso."

 

"Non è così semplice, okay?"

 

"Gli dovevi solo dare un cucchiaio di purè di patate. Quanto può essere difficile?"

 

"Abbastanza dato che non è intenzionato a prendere il cucchiaio da solo."

 

Il rumore di passi raggiunse le mie orecchie e girai la testa in tempo per vedere Harry accasciarsi sul pavimento accanto a me. "Cosa stai guardando?" chiese.

 

"Dei video," risposi, facendo cenno allo schermo dove Harry era impegnato a fare del suo meglio per impedire ad Aidan di fare troppo casino.

 

"Oh." Si appoggiò al divano e allungò le gambe. "Di quando è?"

 

"Il suo secondo compleanno," risposi, sorridendo verso lo schermo.

 

"Oh giusto. Ci eravamo appena trasferiti in quell'appartamento a... Halifax?"

 

Annuii. "Mhm."

 

"Si, posso vedere della carta da parati orrenda lì dietro," disse con una risatina. Ma sembrava forzato e triste, in un certo senso, "non mi sono mai abituato."

 

"Non credo, no."

 

Cadde il silenzio, entrambi che guardavamo la televisione mentre il nastro cambiava scena ancora e ancora e ancora. A Natale, l'anno in cui Aidan aveva compiuto cinque anni quando era seduto sul pavimento felice per aver ricevuto i Lego. Le nostre vacanze estive in Francia l'anno in cui lui compí sette anni. Quando mia madre venne a trovarci per la prima volta al mio ventottesimo compleanno. Owen che dormiva sul nostro divano pieno di disegni sul viso che Aidan e Harry gli avevano fatto mentre io tenevo la fotocamera. Io ed Harry mentre dormivamo profondamente sul divano di Niall a Capodanno di quattro anni prima, proprio il giorno prima del primo aborto. Prima che tutto cadesse a pezzi.

 

"Bei tempi, eh?" disse Harry.

 

Lo guardai, notando il modo in cui i suoi lineamenti si erano tesi leggermente. 

 

"Si," dissi semplicemente.

 

Giocherellò distrattamente con le dita, sbattendo le palpebre nervosamente un paio di volte prima di incontrare il mio sguardo. "Non abbiamo parlato di San Valentino ieri."

 

Misi il video in pausa, fermo con il telecomando puntato verso il dvd per un momento prima di alzarmi e sistemarmi i jeans. "Non c'è molto di cui parlare, no?" dissi, la voce piatta.

 

"Si, c'è," disse mentre si alzava in piedi, "l'hai detto tu stesso, questa relazione si dissolverà completamente se non faremo qualcosa a riguardo il prima possibile."

 

"Beh, come hai detto tu, la nostra relazione è ad un punto morto, quindi perché preoccuparsi?" Non sapevo perché mi stavo comportando così, tagliente e aggressivo, dato che mi stava dicendo che voleva parlarne, qualcosa che volevo accadesse da mesi. Ma quello era un brutto momento. Non avevo avuto il tempo per prepararmi, era passata la mezzanotte ed ero preoccupato perché Aidan non era ancora tornato a casa, e volevo avere quella conversazione in modo decente, non in quel momento.

 

"Cosa stai cercando di dirmi?" Sbottò, allargando le braccia, "che vuoi arrenderti e lasciarmi?"

 

"Non che abbia molta importanza comunque, no?" dissi bruscamente, "anche quando siamo nella stessa stanza insieme, sembra che siamo a centinaia di chilometri di distanza. Le cose sono orribili da mesi, ma questa è la prima volta che ce ne stiamo effettivamente occupando! Cosa pensi che voglia dire?"

 

"Che abbiamo chiaramente bisogno di lavorare sulle nostre capacità di comunicazione," disse calmo, incrociando le braccia sul petto.

 

"Lavorarci?" risi secco, "più che altro abbiamo bisogno di tirarle fuori da un buco profondo chilometri."

 

"Allora è meglio iniziare a scavare, perché potrebbe volerci un po' per arrivare nel fondo."

 

Lasciai che i miei occhi vagassero attorno alle pareti del soggiorno, guardando le numerose foto che Harry aveva scattato nel corso degli anni, la libreria piena di libri di Aidan, la poltrona consumata che avevamo comprato in un outlet più di dieci anni prima. La vista di tutto quello mi creò un piccolo nodo in gola perché mi ricordava come erano andate le cose, come erano state le nostre vite una volta, e come non lo erano più. Scrollai le spalle ed emisi un sospiro prima di voltare lo sguardo verso Harry.

 

"Vuoi sistemare le cose, Harry?" chiesi stancamente.

 

Si accigliò. "Che domanda è? Certo che voglio sistemarle. Preferire non dover avere la scocciatura di dover trovare un nuovo posto in cui vivere e-"

 

"È per questo che vuoi sistemare le cose? Perché non vuoi avere la 'scocciatura' di ricostruirti la tua vita da qualche altra parte?" Strinsi la mascella in parte con rabbia e in parte ferito, e poi lasciai cadere il telecomando sul pavimento prima di dirigermi verso le scale con un breve, 'grazie mille.'

 

"Lou, andiamo, non mi hai nemmeno permesso di finire di parlare," disse con voce esasperata mentre mi seguiva con passi veloci, "non voglio ricostruire la mia vita da qualche altra parte, no, e soprattutto non senza di te e Aidan, okay? Non voglio perdervi. Aidan per ovvi motivi, e a te perché... anche se adesso le cose fanno schifo da molto tempo, mi importa ancora di te."

 

Arrivammo in cima alle scale e facemmo qualche passo nel corridoio verso la camera da letto. Alla sua ultima frase, però, alzai le sopracciglia e mi fermai bruscamente prima di girarmi per affrontarlo. "Ti... importa ancora di me," ripetei, "io- scusa, sembrerò una ragazzina, ma... mi ami? Sei innamorato di me?"

 

Aprì la bocca, poi la chiuse e sospirò. "Io- posso esserlo di nuovo," disse.

 

Sentii il mio cuore precipitare verso lo stomaco. "Ma non lo sei in questo momento," affermai, evitando il suo sguardo.

 

"Mi sento come se non ti conoscessi più," disse, "non parliamo mai, non facciamo mai niente insieme, siamo solo.... insieme per evitare che tutto questo causi una rottura definitiva."

 

"Quindi se ci lasciamo ora, non ti importa?" chiesi, allargando gli occhi.

 

"Certo che mi importa!" esclamò, "sto solo dicendo che abbiamo bisogno di tempo per noi stessi, tu ed io, abbiamo bisogno di andare da qualche parte insieme e... concentrarci l'uno sull'altro senza avere altre preoccupazioni."

 

Sbattei le palpebre, un po' confuso, e poi mi leccai il labbro inferiore. "Stai... stai dicendo che dovremmo andare ad una di quelle vacanze in cui le coppie vanno quando hanno problemi?"

 

"Beh, siamo decisamente una coppia con dei problemi, quindi si, credo sia quello che sto dicendo."

 

"Oh." Mi mordicchiai un pezzo di pelle sul mio labbro, "questo non risolverà tutto. Lo sai, vero?"

 

"È un inizio," fece spallucce, "e io... non penso che siamo una causa completamente persa dato che stiamo, sai, combattendo. Abbiamo solo smesso di prestare attenzione l'uno all'altro."

 

"Si, ma forse è anche peggio," sospirai e parlai di nuovo prima che potesse farlo lui. "Chiamerò Aidan e poi andrò a letto. Possiamo parlare della vacanza domani."

 

"Va bene. Sono... ho del lavoro da fare, quindi dormirò nella stanza degli ospiti, non voglio svegliarti."

 

Feci un cenno in risposta prima di girarmi e dirigermi dentro la camera da letto. Mi sedetti sul letto, scrollando le spalle in segno di sconfitta, e inspirai profondamente. Presi il cellulare e composi il numero di Aidan.

 

"Si, si, tornerò a casa tra poco," fu il saluto che ricevetti.

 

Strinsi gli occhi e dissi: "Non sei ubriaco, vero?"

 

"Forse un po'."

 

"Hai scuola domani," dissi secco.

 

"E tu lavori. Non dovresti dormire?"

 

"Sai che non riesco a dormire se prima non torni tu."

 

"Lo so. Sei proprio una donna. Il fatto è che non... non sono sicuro di come tornerò a casa."

 

Trattenni un gemito, pizzicandomi il setto nasale. "Significa che devo venire a prenderti?"

 

"Tu o papà o qualcuno. Si."

 

"Oh, per l'amor del cielo," mormorai irritato mentre mi alzavo, "dove sei?"

 

Dopo aver passato tre minuti buoni per dirmi dove si trovava, e dopo aver riattaccato, scesi di sotto verso la stanza che serviva da ufficio ad Harry da quando ci eravamo trasferiti cinque anni prima. Era seduto accanto alla scrivania con le spalle rivolte contro la porta, sembrava esausto. Il petto mi fece male alla vista. 

 

"Devo andare a prendere Aidan," dissi piano, come se parlare con un tono di voce normale disturbasse il silenzio. 

 

Ruotò la sedia e incontrò il mio sguardo con occhi stanchi. "Dov'è?"

 

"A casa di Jim. Ubriaco."

 

"Lo ucciderò uno di questi giorni," brontolò.

 

"Si. Probabilmente dovremmo parlare con lui di... beh, del perché continua ad ubriacarsi durante la settimana."

 

"O del perché continua ad ubriacarsi in generale. Non ha ancora diciassette anni."

 

"Mhm." Sospirai. "Sarò qui tra venti minuti."

 

Ci vollero un po' di più di venti minuti, perché quando bussai alla porta del suo amico fu la madre ad aprirmi con uno sguardo polemico, dicendomi che Aidan era andato via più di un'ora prima. Quell'informazione mi fece andare nel panico finché non entrai in macchina e feci qualche metro di strada e lo vidi seduto a gambe incrociate sul marciapiede, giocando con l'orlo dei suoi jeans.

 

Alzò gli occhi quando scesi dall'auto e si avvicinò a me, un sorriso pigro che gli incorniciava il viso. "Sei venuto," disse.

 

"Non avevo molta scelta, no?" dissi, "vieni, sali in macchina così andiamo a casa."

 

Harry era ancora seduto alla scrivania quando Aidan e io attraversammo la porta d'ingresso, Aidan con un braccio intorno alle mie spalle. Potevo sentire la disapprovazione che irradiava dal suo viso mentre ci seguiva su per le scale e nella stanza di Aidan, e quando mi voltai per affrontarlo dopo aver fatto sdraiare Aidan sul letto, capii di aver ragione.

 

"Ne parleremo domani quando tornerai a casa da scuola," disse, con le braccia incrociate e un cipiglio sul viso.

 

"Avrò i postumi della sbornia," borbottò Aidan in risposta.

 

"Questo è un tuo problema," dissi, "cambiati e vai a dormire."

 

Con una scossa della testa e un piccolo sorriso che non potei fare a meno di fare, mi voltai per uscire ed Harry fece lo stesso. Non eravamo andati molto lontani prima che il suono della voce di Aidan ci richiamasse.

 

"Papà?" disse, sembrando all'improvviso insicuro. Sia io che Harry ci girammo, e aggrottai la fronte debolmente quando vidi che stava guardando il pavimento, le spalle curve e le dita che giocherellavano nervosamente tra loro.

 

"Si?" dissi dopo un istante di silenzio.

 

Non alzò lo sguardo e disse: "non voglio che voi... non stiate più insieme," mormorò.

 

Con una veloce occhiata ad Harry, tornai verso il letto e mi accucciai ai suoi piedi. "Non ti preoccupare, okay?" dissi.

 

"Mi devo preoccupare," disse, "la mia intera vita cambierà se non starete più insieme, e tutti e tre saremo infelici. E io non voglio trasferirmi da nessun'altra parte. Mi piace qui."

 

"Non dovrai trasferirti da nessuna parte," dissi, "cerca di non pensarci troppo. Noi... lo stiamo affrontando."

 

"Allora affrontatelo meglio, perché qualunque cosa voi stiate facendo in questo momento, non funziona."

 

Inghiottii e annuii, ma non dissi quello che stavo pensando. Non pronunciai il piccolo 'lo so' che stava sulla punta della mia lingua. Mi alzai in piedi e raddrizzai le spalle. "Dormi," dissi piano, prima di girarmi e superare Harry.

 

Mi seguì subito dopo, chiudendo la porta dietro di sé. Rimanemmo in silenzio, guardandoci per qualche secondo, e giurai di sentire il cuore battere in gola. Anche se sapevo che Aidan era a conoscenza che io ed Harry stavamo avendo dei problemi, era completamente diverso affrontarlo direttamente. Cosa si doveva dire al proprio figlio quando diceva una cosa del genere? Non potevo mentirgli e dirgli che andava tutto bene, ma non potevo nemmeno dirgli che sì, ultimamente le cose andavano piuttosto male.

 

"È stato imbarazzante," disse alla fine Harry, massaggiandosi la nuca.

 

Annuii stancamente. "Si." Calò il silenzio e mi schiarii la voce. "Penso che andrò a letto. Si è fatto piuttosto tardi."

 

"Okay." Fece una pausa, poi aprì la bocca e la richiuse. Si passò la lingua nelle labbra e disse esitante: "È... voglio dire, posso dormire nel letto stasera?"

 

Sbattei le palpebre, un po' perplesso. "Si, certo. Lasciami prende il cuscino prima, dormirò nel divano stanotte."

 

La sua faccia si rabbuiò leggermente. "Stavo pensando che potremmo dormire insieme," disse.

 

"Oh." Guardai a terra, riflettendo un momento prima di mandargli uno sguardo di scuse, "non... non penso. Ho bisogno di dormire e non-"

 

"Si, certo," mi interruppe, agitando una mano in aria, "va bene, stavo solo pensando che... no, non importa. Okay, torno nella camera degli ospiti, tu rimani nel letto."

 

"No, va bene, posso dormire sul divano," dissi in fretta.

 

"No, no, non fa bene alla tua schiena," disse, agitando nuovamente la mano, "non preoccuparti."

 

Aprii la bocca per protestare, ma non mi diede la possibilità di farlo. Con un piccolo sorriso un po' triste, si voltò e scese le scale, con le spalle curve e il collo rigido. Non mi spostai da lì per un minuto o due, guardando il punto in cui Harry era scomparso. Era Harry, no? Solo lui aveva la capacità di farmi star male anche quando tecnicamente non avevo fatto niente. Poteva aspettarsi una risposta diversa dopo avermi chiesto, nel bel mezzo della notte e inaspettatamente, se volevo dormire con lui dopo aver dormito separati per Dio sa quanto tempo? 

 

Mentre tornavo in camera da letto con passi lenti e pesanti, pensai che no, non poteva. 

 

E se lo avesse fatto, non sarebbe stato affatto giusto per me.

 

 

Sabato, 6 Febbraio

 

"Vado ad una festa."

 

Alzai lo sguardo dal piatto, incontrando quello di Aidan. "Una festa," ripetei, "significa che torneresti ubriaco alle quattro di mattina e vomiterai per tutta la casa?"

 

"Posso provare a non vomitare," disse con un sorriso incerto.

 

Sbattei le palpebre stancamente verso Harry, alzando un sopracciglio come per dirgli 'che ne dici?'

 

"Solo per capire," disse, posando il coltello e la forchetta prima di mettere i gomiti sul tavolo, "sei consapevole che mancano due anni prima che tu possa bere legalmente, vero?"

 

"Senti chi parla," disse acido, appoggiandosi allo schienale della sedia e incrociando le braccia con aria di sfida, "l'unica ragione per cui sono qui è perché voi due vi siete ubriacati e avete scopato ad una festa prima ancora che vi conosceste, e prima che-" fece un cenno verso di me, "- lo facessi con altri."

 

La mia mascella si spalancò e pronunciai un paio di sillabe incoerenti, guardando Aidan con occhi larghi, prima di riuscire a tirare fuori un balbettato, "Come diavolo fai a saperlo?"

 

"Me l'ha detto Zayn," disse, sempre con la stessa espressione di sfida.

 

"Ucciderò quel bastardo," mormorò Harry sottovoce. Respirò profondamente, calmandosi, prima di parlare di nuovo. "Indipendentemente da ciò che è successo o non successo, tu-"

 

"È successo," lo interruppe Aidan.

 

La mascella di Harry si serrò per un momento. "Bene, allora dovresti imparare dai nostri errori."

 

"Oh, quindi mi stai dicendo che sono un errore," scattò, "grazie mille, papà."

 

"Non intendevo quello," sospirò Harry, infilandosi le dita tra i capelli, "sto solo dicendo che sei troppo giovane per bere, e soprattutto così tanto. Prima che tu possa rendertene conto, sarai nei guai."

 

Roteò gli occhi in un modo che avevo visto fare agli adolescenti in TV. "Quindi posso andare o no?"

 

Harry mi guardò come se cercasse una risposta, e sospirai. "Se prometti di non bere troppo," dissi posando gli occhi su di lui.

 

"Definisci troppo," disse lentamente.

 

"Quando non sei più in grado di tenere una conversazione senza sentire il bisogno di vomitare anche il cuore, allora hai bevuto troppo," disse Harry.

 

Aidan roteò gli occhi. "Ok, bene."

 

"Bene," dissi, "quindi quando vai e a che ora pensi di tornare?"

 

"Non lo so," scrollò le spalle mentre ricominciava a mangiare.

 

Sbattei le palpebre. "Puoi almeno dirci un orario approssimativo?"

 

"Non lo so," ripetè impaziente mentre prendeva una forchettata di patate, "Jim mi verrà a prendere alle 21 più o meno. Sarò a casa verso le 3, forse. O le 4."

 

Sospirai. Le 3 o le 4. Ciò significava un'altra notte in bianco per me. Ero un po' materno; non riuscivo a dormire bene finché Aidan non tornava a casa. Mi prendevano sempre in giro per quello, Niall in particolare ogni volta che veniva a farci visita, ma comunque, in una famiglia uno dei genitori doveva preoccuparsi, no?

 

"Tornerai a casa da solo?" chiese Harry.

 

"Non lo so. Può essere."

 

"Ho bisogno di una risposta sicura, Aidan," disse con un sospiro.

 

"Okay! Si, tornerò a casa da solo. Dio, siete fastidiosi. Non vedo l'ora di andarmene."

 

Harry alzò un sopracciglio in parte divertito e in parte esasperato, e in cambio sorrisi debolmente. Le prime volte che ci aveva detto cose del genere, mi aveva davvero ferito, pensando al fatto che avevo sbagliato qualcosa nel crescerlo e che in realtà mi odiasse. Non ci impiegai molto a rendermi conto che probabilmente mi sarei dovuto abituare alle affermazioni su quanto fossi terribile e irritante, e ora mi veniva naturale sorridere o alzare gli occhi al cielo. 

 

Non appena finimmo di mangiare, Aidan si alzò dalla sedia e corse via dalla cucina, non sembrando aver sentito Harry dire infastidito: "Ehi! Non è illegale lavarsi il piatto, lo sai!"

 

"Lo prendo io," dissi mentre raccoglievo tutti i piatti e le posate e le portavo nel lavandino.

 

"Pensi che dovremmo parlare con lui?" chiese Harry dalla cucina dove ancora era seduto, guardando pensieroso verso la porta dove Aidan era scomparso mezzo minuto prima.

 

"Probabilmente sta solo attraversando una fase," dissi, "vediamo se passa prima di parlarci."

 

"Se ne sei certo."

 

"Lo sono."

 

"Va bene."

 

Dopo quello ci fu silenzio, come al solito. Aidan sembrava essere l'unico argomento di cui parlavamo normalmente, ed era strano. O almeno all'inizio. Mi ero abituato, però. I giorni passavano e i silenzi diventavano sempre più lunghi e pesanti, ricordandomi quanto mi sentissi vuoto. Ogni notte trascorsa da solo sul letto fatto per due costringeva la mia mente a pensare a quanto infinito fosse quel vuoto e a chiedermi se sarebbe stato così per il resto della mia vita.

 

Mi fermai mentre stavo risciacquando una delle forchette e gettai uno sguardo sottile verso Harry. Era ancora seduto lì, mentre guardava ancora la porta con sguardo assente a cui ormai mi ero abituato dolorosamente. 

 

Sembrò aver sentito i miei occhi su di lui, però, perché dopo un po' girò la testa per guardarmi. "Qualcosa non va?" chiese.

 

Un sentimento di malinconia mi si insinuò dentro, in quel momento capii che stavamo toccando il fondo, pensava che qualcosa non andasse solo perché lo stavo semplicemente guardando. "No, niente," dissi, scuotendo la testa, "solo... no, niente."

 

Niente.

 

 

Domenica, 7 Febbraio 

 

Quando entrai nella stanza di Aidan la mattina dopo (o pomeriggio), non mi ci volle molto per pentirmene. Il giorno prima aveva detto che avrebbe provato a non vomitare, ma a giudicare dall'odore piuttosto rivoltante che mi riempì le narici nel momento in cui misi piede nella stanza, non aveva provato abbastanza. Temendo cosa avrebbero potuto vedere i miei occhi, accesi l'interruttore della luce.

 

Non era male come temevo, ma non buono come speravo. 

 

"Pulirai tutto da solo," dissi deciso mentre guardavo le tre pozze di vomito sul lato del suo letto, di fronte alla scrivania e al lato. 

 

"Vai via," fu la sua risposta rauca e irritata da sotto il cuscino. 

 

"Sono quasi le 14. È tempo di alzarsi e splendere."

 

"Non ci sarà nessuno che splenderà," brontolò mentre si sedeva e si strofinava le tempie. Sbatté le palpebre un paio di volte, i suoi occhi vitrei, pieni di visibili venature. Poi diede un'occhiata in giro per la stanza e un sorpreso 'oh' uscì dalla sua bocca. 

 

"Si, oh." Incrociai le braccia al petto. "Pensavo che ti avessimo detto di non bere troppo."

 

"Non ho bevuto troppo," disse, la sua voce sommessa, "erano solo poche birre, alcuni shottini, un paio di cocktail, un-"

 

"È troppo," lo interruppi seccamente, "esattamente quanti sono per te 'un paio'?"

 

Scrollò le spalle imbarazzato. "Non lo so, tipo... sei? Sette?"

 

"Hai bevuto sette birre, poi sette shottini e un paio di cocktail, e tu pensi che non sia troppo?" chiesi incredulo, alzando le braccia, "se avessi bevuto io così tanto sarei svenuto."

 

"Beh, ovvio, sei leggero," disse, l'imbarazzo e la vergogna scomparsi e sostituiti dalla sfida.

 

"No, semplicemente non voglio distruggere il mio fegato," risposi, non particolarmente disposto ad ammettere che avesse ragione.

 

"Come vuoi."

 

"Non è 'come vuoi' , Aidan!" esclamai, "ieri sera ti abbiamo detto che non volevamo che bevessi tr-"

 

"Cos'è- oh, Santo Cielo!" Harry era entrato nella stanza senza che me ne accorgessi, ma a giudicare dall'improvviso cambiamento di tono delle sua voce, aveva visto il casino sul pavimento. "Giuro su Dio, Aidan, se non la smetti con questa merda, ti manderemo in collegio in-" sbatté le palpebre, "dove ci sono dei collegi?"

 

"Svizzera," risposi automaticamente.

 

Si voltò verso Aidan e puntò un dito minaccioso. "Se non la smetti con questa merda, ti manderemo in collegio in Svizzera!"

 

"No, non lo faremo," dissi immediatamente quando il viso di Aidan si impallidì, "ma ora ti alzerai e pulirai questo casino da solo. Chiaro?"

 

"Ma io-"

 

"No," lo interruppe Harry, "non mi dispiaceva pulirti la cacca dal culo quando eri un bambino, perché beh, eri appunto un bambino e non potevi fare molto per controllare il tuo corpo, ma ora puoi, quindi io non pulirò e nemmeno qualcun altro lo farà. Lo farai tu."

 

Aidan fece una smorfia di disgusto. "Perché devi sempre ricordarmi cosa facevo da piccolo quando sei incazzato?" chiese. "Fa schifo."

 

"Perché quando eri un bambino eri meno una seccatura, e mi manca." E con quel commento, si voltò e lasciò la stanza con passi veloci.

 

La camera rimase silenziosa per alcuni secondi. Aidan stava muovendo la bocca su e giù, apparentemente non sapendo cosa dire, prima che le sue spalle crollarono prima che disse: "È un idiota e lo odio."

 

"Non lo odi," dissi, "sei solo-"

 

"No, lo odio," affermò duramente, "e odio anche te. Levati dalle palle."

 

Era ovvio che fosse di mal umore, e quindi era inutile persino farlo ragionare. Perciò mi accontentai di mandargli un'occhiataccia di disappunto, che feci in modo di fargli vedere, prima di uscire e chiudere la porta. Lasciai la luce accesa, però. 

 

Trovai Harry accasciato sul divano quando scesi al piano inferiore, e mi sedetti accanto a lui.

 

"Non avrei dovuto dirlo, vero?" chiese senza guardarmi.

 

"Penso che tu abbia fatto bene," dissi, "deve capire che non può continuare a comportarsi così. Prima o poi finirà male, e prima lo capisce, meglio è."

 

"Magari è solo una fase," sospirò, "la maggior parte dei ragazzini passano delle fasi in cui sono delle teste di cazzo, no?"

 

"Mm. Si," strinsi le labbra in una sorta di sorriso, "secondo tua madre anche tu l'hai fatto quando avevi circa la stessa età di Aidan. Forse ha preso da te."

 

Voltò la testa ed alzò un sopracciglio, sorridendo. Era passato parecchio tempo dall'ultima volta che avevo ricevuto un vero sorriso da parte sua che non era direttamente collegato ad Aidan, e mi fece male talmente fu bello. Il sorriso era genuino, ma c'erano anche tracce di divertimento e malizia, e il tutto si fece strada anche ai suoi occhi, facendoli illuminare. Non era molto, era quasi nulla rispetto a quello che era stato dieci anni prima, ma rispetto a quello che era stato negli ultimi dieci mesi, era tutto.

 

"Non ero così testa di cazzo come lo è lui," Harry sbuffò.

 

"Si? Non è quello che mi ha detto tua madre," dissi con un sorriso largo.

 

"Cosa ti ha detto allora?"

 

"Che eri il peggior piccolo bastardo."

 

Rise - una risata vera - e il mio sorriso crebbe al suono; il bellissimo, bellissimo suono che non avevo ancora realizzato mi mancasse così tanto fino al quel momento. Ma Dio quanto mi era mancato. Senza pensare, allungai una mano per raggiungere la sua, che era posata sul suo ginocchio. Non appena la mia pelle entrò in contatto con la sua sua, però, il suo intero corpo saltò lontano da me.

 

Il momento era decisamente finito.

 

Con le guance che bruciavano d'imbarazzo e il cuore che batteva più veloce del solito, mi alzai in piedi e fuggii senza guardarlo. Come solito quando capitava qualcosa di spiacevole, andai in cucina. Non ero proprio sicuro di quello che stavo facendo, mi diressi verso il lavandino e accesi l'acqua, osservandola mentre scendeva e spariva nello scarico. Non avevo idea di quanto tempo rimasi in quel modo con le spalle basse e la testa che ciondolava, guardando l'acqua, prima che sentissi Harry arrivare dietro di me.

 

"Scusa," disse, "non volevo-"

 

"Va tutto bene," lo interruppi con una risatina, "avrei dovuto aspettarmelo."

 

"No, non avresti dovuto," insisté, "ho solo-"

 

Mi girai, lo guardai con occhi freddi come se fossero stati scolpiti da una pietra. "Hai appena fottuttamente trasalito perché ti ho toccato la mano," dissi in tono piatto, "è passato tanto tempo da quando ho toccato una parte di te che solo il fatto che ci abbia provato ti ha fatto sussultare. Cosa pensi voglia dire?"

 

"Niente che non sappiamo già," disse con un piccolo sospiro, "la non nostra relazione non è esattamente-"

 

"Una relazione," terminai. Mi accasciai contro il bancone mentre sentivo la sensazione di vuoto dentro di me. Sbattendo stancamente le palpebre, chiesi: "Chi stiamo prendendo in giro, Harry? Non abbiamo una relazione. È più come se fossimo due coinquilini che vivono l'uno con l'altro per motivi economici."

 

"C'è di più tra noi, Lou," disse con un debole sorriso.

 

"Forse, ma non sembra in questo momento." Feci una pausa per un momento. "Ti sei allontanato perché  ho cercato di tenerti la mano. Penso che questo dica abbastanza."

 

"Si, ma-" si interruppe e lo sentii deglutire. "Non è troppo tardi per sistemare le cose. Voglio ancora stare insieme a te e mi hai detto che mi ami."

 

"Si," dissi, trascinandomi una mano sul viso, "ma ho dimenticato come si fa."

 

"Come... come puoi dimenticare come amare qualcuno?" chiese esitante, come se non fosse sicuro di voler sentire la risposta.

 

Mi mordicchiai leggermente il labbro, considerando la risposta prima di aprire la bocca. "Penso che succeda quando smetti di prestare attenzione all'altra persona e inizi a vederla come qualcuno che è solo lì piuttosto che come qualcuno che ami e di cui hai bisogno."

 

"O quando si inizia a dare per scontato quella persona," aggiunse tranquillamente quando smisi di parlare.

 

"Si," dissi mentre annuivo lentamente. "È così da così tanto tempo ormai, non... non so nemmeno cosa dire o fare per migliorare le cose, o per farti capire che non voglio altro se non tornare indietro a come eravamo."

 

"Bene, lo voglio anche io, è un inizio," disse.

 

"Si. È un inizio, ma cosa facciamo da qui?" Mi fermai. "Dovremmo, sai, andare a vedere qualcuno?"

 

"Cosa, tipo uno strizzacervelli?" La sua faccia si increspò di dispiacere. "Non penso che sarà d'aiuto, ad essere onesti. Non è che stiamo litigando o non siamo d'accordo su alcune cose, e questi sono i problemi che hanno le coppie che vanno in terapia. Il nostro problema è che non abbiamo prestato abbastanza attenzione l'un l'altro e che non ci siamo presi del tempo semplicemente per noi senza lavoro o Aidan o qualsiasi altra cosa. Tutto ciò che abbiamo fatto insieme negli ultimi due anni è stato a causa di Aidan, delle nostre famiglie, dei nostri amici, del lavoro o di qualche altra responsabilità. Niente di tutto ciò è successo a causa nostra, perché noi, come coppia, lo volevamo."

 

Impiegai alcuni momenti per digerire ciò che aveva detto. "Oh. Questo è intelligente, immagino," dissi allora.

 

Mi offrì un debole sorriso. "Grazie."

 

Su di noi cadde il silenzio, ma ci stavamo guardando l'un l'altro piuttosto che guardare il pavimento o i muri.

 

Non notai il cambiamento, ma una delle corde che stringevano il mio cuore da così tanto tempo si era allentata. Mi fece tirare un sospiro rilassato, ed era così bello. Lo era.

 

Alla fine il silenzio fu interrotto da Harry. "Ti ricordi che to ho detto che dovremmo prendere in considerazione l'idea di andare via per un po'?" chiese.

 

Annuii. "Andare in vacanza, hai detto."

 

"Si," si schiarì la voce, "ti va... di andare?"

 

"Si, io- si, assolutamente," dissi subito, annuendo. "Ma quando? E dove? E come? Abbiamo un lavoro. E abbiamo Aidan, e sicuramente non lo lascerò da solo. Un giorno o un anno che sia, non mi interessa, non starà a casa da solo dato come si è comportato ultimamente."

 

"Può stare con mamma e Robin, sai che saranno al settimo cielo."

 

"Ha la scuola," argomentai, "non possiamo-"

 

"È solo a mezz'ora di macchina, può prendere l'autobus o il treno o qualcuno può accompagnarlo, andrà tutto bene."

 

Annuii, anche se ancora un po' titubante. "Penso che sia giusto lasciarlo così quando è... beh, non molto educato?"

 

"Sono abbastanza sicuro che alla mamma non dispiacerà, ma glielo chiederò."

 

"Bene, okay."

 

"Si."

 

"Quindi hai un posto in mente? O un periodo?"

 

"No... direi di no," disse lentamente, "ma se andiamo in vacanza, per una volta voterei un posto caldo e silenzioso."

 

Sollevai un sopracciglio. "Sono d'accordo per il caldo, ma il silenzio?"

 

"Non necessariamente silenzioso," disse con impazienza, "ma non dobbiamo nemmeno andare, sai, in qualche grande città. Dobbiamo trovare il tempo per rilassarci, parlare e stare insieme senza avere persone e rumore intorno a noi tutto il tempo."

 

"Okay," accettai, "suppongo che inizierò a cercare alcuni posti. Il periodo?"

 

"Quando vuoi. Presto. Ho bisogno di una pausa."

 

"Magari... possiamo provare a cercare qualcosa e partire per San Valentino," suggerii esitante, "so che è un po' presto, ma penso che sarebbe, sai, carino."

 

Sorrise ed annuì. "Si, sembra perfetto."

 

 

*

 

 

Era straziante vedere il sorriso radioso che illuminava il viso di Aidan quando, più tardi, gli raccontammo cosa stava succedendo.

 

"Andremo in vacanza? Perché?" chiese, senza guardare né me né Harry da dove era inchinato sul pavimento, impegnato a pulire il suo stesso vomito.  

 

"No, non... non 'noi' inteso come noi tre," dissi tossendo leggermente, "'noi' intenso io e tuo padre. Partiremo per un po'."

 

Alzò gli occhi e li lasciò guizzare tra me ed Harry per un paio di secondi. "Partirete? Da soli?"

 

Ero certo al cento per cento che stava per esplodere, sospirai e chiusi gli occhi per un secondo prima di rispondere. "Non ha niente a che fare con te," dissi attentamente, "non hai fatto niente, è solo che- beh, sai che le cose non sono andate bene tra noi ultimamente, e dobbiamo prenderci qualche momento da soli per cercare di sistemare le cose-"

 

"Oh mio Dio, sei serio?" Mi interruppe. Non era arrabbiato come mi aspettavo. I suoi occhi brillavano mentre mi guardava, e si stava mordendo il labbro come se stesse cercando di non sorridere.

 

"Andrete in vacanza per sistemare le cose? Davvero?"

 

Lanciai una rapida occhiata ad Harry. "Si, davvero," dissi poi, sorridendo ad Aidan.

 

Rimase in terra per altri due secondi, con la mano posizionata in mezzo alla pozza (per fortuna piccola) di vomito, prima di alzarsi in piedi con quello che sembrava un grido di eccitazione. La sorpresa aumentò ancora di più quando gettò le braccia intorno a me e ad Harry, abbracciandoci così stretti da far quasi male, e sussurrò, "Grazie, cazzo."

 

Ebbi a malapena il tempo di sorridere prima che lui si tirasse indietro, un po' imbarazzato.

 

"Voglio dire, è...bello," disse casualmente prima di voltarsi e abbassarsi per continuare a lavare il pavimento. Non passò molto tempo prima che si rigirasse.

 

"E riguardo a me?" chiese, "starò qui da solo?"

 

"Si, col cavolo," Harry sbuffò. Ignorò lo sguardo di rimprovero che gli mandai e continuò.

 

"Chiamerò la nonna e le chiederò se puoi stare con lei e Robin."

 

La sua faccia si rabbuiò e mi guardò. "Con la nonna?" Emise un lamento dal fondo della gola, "ma è così estenuante! Parla tutto il tempo e mi fa mangiare così tanto, ed è più imbarazzante di voi quando parla della mia infanzia. Inoltre mi racconta tutte quelle strane storie di quando eri incinto di me, e sono davvero felice che mi hai dato la vita e tutte quelle cose, ma davvero non voglio sapere di tutto il processo perché mi spaventa, cazzo."

 

Dovetti sforzarmi per non scoppiare a ridere, perché sembrava assolutamente disperato. "Devi essere felice che non eri lì per sperimentarlo," fu tutto ciò che dissi.

 

Rivolse gli occhi ad Harry, guardandolo supplichevole. "Papà, per favore, non posso restare da qualche altra parte?"

 

Harry roteò gli occhi. "Non sappiamo per quanto tempo staremo via, quindi ora decideremo e poi vedremo cosa fare, okay?"

 

Aidan sembrava ancora un po' triste, ma comunque annuì.

 

Lunedì, 8 Febbraio

 

Gemendo nel mio palmo, scossi la testa, quasi pronto ad arrendermi. "Ci sono letteralmente zero posti che sembrino allettanti," dissi mentre scorrevo in basso sul sito.

 

"Questo perché sei piuttosto deciso sull'hotel," disse Harry esasperato.

 

"Bene, che altro suggerisci? Una tenda?"

 

"No, suggerisco di affittare una casa."

 

Alzai le sopracciglia. "Hai idea di quanto sia costoso?"

 

"Non in Spagna o in Italia," mi corresse lui, spingendo via la mano e prendendo il controllo del computer. Il mio computer, attenzione. Rimase lì, facendo clic, scorrendo e digitando per almeno venti minuti. Alla fine sbuffò impaziente e mi alzai per andare in cucina e prendere due tazze di caffè, prima di tornare nella stanza e sedermi.

 

"Trovato qualcosa?"

 

"Mhm," mormorò, "ecco, una villa a Puerto Vallarta in Messico, trecento sterline per una settimana. Il tempo è bello, venticinque gradi e soleggiato, ha una piscina ed è a cinque minuti a piedi dalla spiaggia, ma è una zona appartata quindi non saremo disturbati dal traffico o da altre persone." Mi rivolse un'occhiata veloce e nervosa e aggiunse, "e ci sono due camere da letto."

 

"Penso che sia la cosa migliore," dissi, offrendo un debole, ma rassicurante sorriso.

 

Sembrò sollevato per la mancanza di proteste, e proseguì. "I biglietti aerei sono un po' costosi, però, mille sterline solo andata in due."

 

La mia bocca si spalancò. "Mille sterline per i biglietti aerei solo andata? Sei disposto a spendere così tanto per qualcosa di così... banale?"

 

"Abbiamo risparmiato parecchio visto che non abbiamo mai smesso di versare depositi mensili sul nostro conto di risparmio anche se abbiamo smesso di usarlo due anni fa," scrollò le spalle, "e preferirei spenderne di più e sistemare le cose piuttosto che spenderne meno e ottenere qualcosa che è solo a metà di ciò che vogliamo. Ci sono anche dei bei posti in Spagna, ma il tempo è imprevedibile in questo periodo dell'anno, e anche se siamo fortunati, non ci sarà più caldo di diciotto gradi."

 

Non chiesi quando aveva avuto il tempo di cercare tutte quelle informazioni. Invece annuii. "Va bene. Se davvero... pensi che sia okay. Sei sicuro che possiamo permettercelo? Preferirei non trovarci poi improvvisamente con problemi di soldi quando torniamo a casa."

 

"Ne sono sicuro," disse con fermezza, "e non appena saremmo lì, tutto sarà molto più economico rispetto a qui."

 

"Si. Si, okay." Guardai la foto che occupava attualmente metà del computer. Mostrava una bella villa bianca con una piscina di medie dimensioni all'esterno, un po' di palme che la circondavano, quasi come una foresta in realtà, e... beh, sembrava carino. Poi mi venne in mente un'altra cosa. "Come sono, sai, i diritti degli omosessuali laggiù? C'è una possibilità che saremo crocifissi se qualcuno scoprisse che non siamo solo amici?"

 

"No, è piuttosto calmo," disse, "e comunque andremo in un posto turistico abbastanza comune, dubito che qualcuno abbia qualche problema."

 

Passarono alcuni secondi, e forse si accorse che mi stavo ancora mordicchiando le labbra preoccupato, perché aggiunse, "Se sei davvero preoccupato, possiamo fingere di essere solo amici ogni volta che usciamo di casa."

 

Annuii riconoscente. "Grazie."

 

"Tranquillo," disse con un sorrisetto, "quindi dovremmo prenotare il volo, la villa e tutto?"

 

"Si. È possibile trovare qualcosa di disponibile con così poco preavviso? Non è tutto pieno e la villa è già stata affittata?"

 

"Questo è il problema," disse, stringendo le labbra, "è disponibile solo dal 2o, quindi per San Valentino saremo a casa."

 

Ero abbastanza sicuro che quello significava che avrei passato da solo San Valentino, mentre Harry usciva con i suoi colleghi, abbassai le spalle con leggera sconfitta. "Va bene," dissi comunque, "prenota dal 20."

 

"Sei sicuro che ti vada bene?" disse velocemente. Il sorriso che feci era solo per rassicurarlo. Per me era solo una smorfia.

 

 

Domenica, 14 Febbraio

 

Come si scoprì, non ero felice di essere a casa il giorno di San Valentino.

 

Erano quasi le 21, ed ero lì, seduto da solo sul divano con un album di foto sulle ginocchia e la radio che suonava una canzone romantica dopo l'altra. Non stavo facendo esattamente molto per liberarmi della sensazione di vuoto e solitudine che consumava tutto il mio corpo, ma non riuscivo a pensare a nient'altro da fare. E così mi sedetti lì, guardando lo stesso album più e più volte.

 

Quello era l'unico album che conteneva solo foto di me ed Harry. Nessun altro familiare, nessun amico, nemmeno Aidan. Solo io ed Harry attraverso gli anni; guardandoci l'un l'altro, abbracciandoci, baciandoci, seduti l'uno sopra l'altro, ballando, dormendo sul pavimento, facendo la lotta con l'acqua nell'oceano, sdraiati sul prato di casa di Anne e Robin. La foto più recente era stata scattata almeno tre anni prima. Non ricordavo la data esatta, ma mostrava me ed Harry seduti fianco a fianco con gli occhi chiusi, le nostre teste appoggiate l'una contro l'altra, in un giardino soleggiato che riconobbi come quello quando vivevamo a Wrexham per un breve periodo. Ci trasferimmo a Wrexham a novembre poco più di tre anni prima, ed era ovvio che quella foto fosse stata scattata in estate.

 

Oltre tre anni. Erano passati tre anni da quando qualcuno aveva visto me ed Harry insieme, e il momento sembrava abbastanza  felice da meritare di essere catturato con una macchina fotografica. Inghiottii pesantemente al pensiero, chiedendomi perché continuavo a ripetere le stesse cose a me stesso ancora e ancora. Quello che Harry ed io avevamo avuto era finito da un pezzo, lo sapevo molto bene e da molto tempo, quindi perché faceva così male ogni volta che mi veniva in mente? Sapevo molto bene che c'era la possibilità che saremmo stati in grado di aggiustarlo, che saremmo potuti tornare a quello che eravamo, ma in quel momento, mi sentivo piuttosto patetico.

 

Quello che volevo non era una lunga procedura per ritrovarci. Non lo volevo. Ciò che volevo era che lui rientrasse dalla porta da cui era uscito un paio di ore prima, mi prendesse dal divano, mi portasse a letto, mi baciasse, mi amasse e poi si addormentasse vicino a me. Risi quasi al solo pensiero, perché le probabilità che qualcosa di simile accadesse nel futuro prossimo erano estremamente minime, quasi inesistenti. Anche se tutto stava andando per il verso giusto e stavamo tornando ad essere noi, non avevo idea se lui mi volesse davvero. Mi guardai, lanciando uno sguardo ai vecchi pantaloni della tuta e alla felpa XXL, pensando al corpo non più di un diciottenne, e conclusi che non sarei stato sorpreso se non mi avesse più voluto. Per quanto ne sapevo, era possibile che fosse andato a letto con qualcun altro per tutto quel tempo.

 

La parte peggiore era che non riuscivo nemmeno a dargli la colpa se davvero era successo.

 

Io non l'avevo fatto, però. Non l'avevo mai considerato. Volevo Harry, nessun altro.

 

Con un sospiro mi alzi in piedi e andai verso la radio, spegnendola proprio mentre le ultime note di You Needed Me di Anne Murray suonavano. Non mi preoccupai di rimettere l'album fotografico al proprio posto nello scaffale prima di spegnere l'unica lampada che avevo acceso e salii le scale per andare in camera. Evidentemente non c'era più motivo per rimanere in piedi, quindi anche se erano le 21.30, mi misi il pigiama. Stavo per mettermi sotto le coperte quando mi bloccai.

 

Girandomi, mi diressi verso il comò e aprii il secondo cassetto. Trovai immediatamente quello che stavo cercando e lo presi, soppesandolo per alcuni secondi nella mia mano. Non era niente di particolarmente interessante, non proprio. Solo una cartolina di San Valentino che avevo comprato due mesi prima, quando ero andato al centro commerciale e per sbaglio mi ero imbattuto casualmente in essa. Non credevo davvero di avere la possibilità di usarla, non quell'anno almeno, ma era bella, e non volevo che si esaurisse prima di San Valentino. E così la comprai, per ogni evenienza.

 

Solo in caso.

 

Non aveva alcuna plastica avvolta attorno, era semplicemente nella mia mano, facile da aprire e chiudere. Non c'era niente di speciale sopra, solo una normale superficie bianca con un po' di rose rosa nella parte inferiore che andavano dal bordo all'angolo destro. Al centro un "Ti Amo" era scritto in rosa con una calligrafia ordinata e in corsivo. Era piegata, e al suo interno c'erano altre rose ma niente di scritto. La superficie era lasciata aperta per poter scrivere una nota personale. Era triste, davvero, perché come avevo detto ad Harry qualche giorno prima, non sapevo più come dirgli che lo amavo. 

 

Ma la cartolina era vuota, e questo mi suggeriva che dovevo scrivere qualcosa.

 

E lo feci.

 

Seduto sul letto con le gambe incrociate, presi una penna dal cassetto del comodino. Riflettei per un momento su cosa scrivere. Cosa sarebbe stato appropriato? Poi pensai che scrivere qualcosa di corto e onesto sarebbe stata una scelta migliore.

 

Spero ti sia divertito. Mi sei mancato. Ti amo.

 

-Louis

 

 

Sembrava andar bene, anche se scritto nella mia calligrafia disordinata. Breve e pulito. E onesto.

 

Mi alzai di nuovo e scesi le scale, ancora con indosso solo i pantaloni del pigiama. Aprii la porta della camera degli ospiti, che ultimamente era la camera di Harry, e feci un passo verso l'interno. Non mi preoccupai di accendere nessuna lampada, lasciai che la poca luce proveniente dalla strada mi aiutasse ad arrivare al letto. Mi misi in cima ai cuscini e alle coperte, e inspirai profondamente, inalando il profumo di Harry.

 

Potreste pensare che mi sarebbe stato d'aiuto, facendomi sentire meglio, ma non fu così. Rimasi lì con gli occhi chiusi, inspirando ed inspirando a ritmo lento, la cartolina stretta al petto e tutto ciò mi fece venire le lacrime agli occhi.

 

Mi sentivo solo e indesiderato, una sensazione che non provavo dall'inizio della nostra relazione, quando non sapeva che mi piacesse. Non era un sentimento che ero felice di riaccogliere, perché anche se ci era voluto un anno per me ed Harry per metterci insieme, alla fine ero abituato ad essere amato ed apprezzato. Non in quel momento, però. Harry non era lì e nessun altro, ed era strano tornare a diciassette anni prima, tornare ad essere ignorato, invisibile e completamente, assolutamente, terribilmente, dolorosamente solo

 

Ma non volevo piangere. Non avevo ancora pianto per quello. Avevo pianto per i due bambini persi, ma non avevo pianto a causa della mia relazione in rovina con l'uomo di cui ero profondamente innamorato che sapevo non provava lo stesso per me come faceva una volta. Forse era quello il problema. Forse il problema era che non mi ero permesso di sdraiarmi e sentire e lasciarmi andare, ma avevo scelto di tenere tutto dentro fino a quando non si era trasformato in una grossa massa di agonia che si era depositata nel mio petto e aveva tenuto le mie emozioni a bada.

 

Non avevo pianto prima, e non volevo iniziare in quel momento, ma lo feci. Avevo trentatré anni e stavo piangendo perché mi sentivo solo.  Non c'era nessuno per vedermi o sentirmi, però; Harry era fuori con i suoi colleghi, probabilmente divertendosi un sacco, e Aidan era fuori a quello che lui insisteva non essere un appuntamento con una ragazza che avevo sentito nominare qualche volta. Erano entrambi a divertirsi, ed ero felice per loro, volevo che si divertissero, ma mi sentivo triste.

 

Era difficile non esserlo.

 

Con le lacrime che scorrevano ancora a fiotti caldi lungo le mie guance, gli occhi che cominciavano a farmi male, mi addormentai mezzo nudo nel letto di Harry con una cartolina di San Valentino tenuta stretta al petto, come se cercassi conforto in essa.

 

Fui svegliato dal suono di qualcuno che camminava nella stanza. La luce non era stata accesa, però, e decisi di tenere gli occhi chiusi. La mia faccia era ancora umida per le lacrime che avevo versato.

 

Dopo alcuni secondi la piccola lampada sulla scrivania accanto al letto venne accesa e sentii un piccolo suono di sorpresa lasciare le labbra di Harry.

 

"Lou?" disse lui interrogativamente, la sua voce bassa e morbida. Non aprii gli occhi, fingendo di essere ancora addormentato mentre lo sentii avvicinarsi al letto. "Sei sveglio?" Continuai a non rispondere, e sospirò. Si accovacciò accanto al letto, e prima di poter fare qualcosa, sentii la cartolina venire aperta e non c'era modo che potessi evitarlo.

 

Passarono altri secondi prima che lo sentissi sospirare profondamente e tremante.

 

"Oh, Lou," mormorò, "hai detto che ti andava bene."

 

Un dito spazzò via l'ultima lacrima che era rimasta sulla mia guancia, e il contatto fu così improvviso, così inaspettato ed estraneo, che non potei trattenermi dal prendere istintivamente il suo polso per tenere la mano lì. Continuai a non aprire gli occhi, ma doveva sapere che ero sveglio.

 

 

"Per favore, apri gli occhi," disse, confermando la mia teoria, "so che non stai dormendo."

 

Inghiottii, mordendomi il labbro per impedirgli di tremare troppo violentemente, prima di sollevare le palpebre e sbatterle.

 

"Che cosa ci fai qui?" chiese, con occhi preoccupati.

 

"Io..." tossii per schiarirmi la voce, "ho solo- scritto sulla cartolina e la stavo... la stavo lasciando qui, ma mi sono addormentato."

 

"Da quanto tempo sei qui?" chiesi piano.

 

"Non lo so. Che ore sono?"

 

"23.10."

 

"Oh." Ingoiai prima di alzarmi lentamente, lasciando il suo polso. "Non molto tempo allora. Solo un'ora più o meno."

 

Mentre mi alzavo, incrociai le braccia sul mio stomaco per nascondermi il meglio che potevo, e lui si raddrizzò. 

 

"Ma hai pianto," disse, "va tutto bene?"

 

"Si, certo," dissi, sorridendo il meglio che potevo, "sto bene. Scusa se ho occupato il tuo letto, probabilmente sei stanco. Io... vado-"

 

"Perché hai pianto, Lou?" mi interruppe con cautela.

 

Mi morsi il labbro, fissando il mio sguardo sul pavimento per un secondo. "È... è solo stata una notte strana," dissi, cercando di far apparire la mia voce leggera, "mi sono solo sentito un po'- no, niente. È tutto okay. Vado a letto ora. Mi dispiace per la cartolina. Credo di aver avuto un attacco di... qualcosa di melodrammatico. Scusa." Con quello volai praticamente fuori dalla stanza, su per le spalle e di nuovo nella mia camera da letto.

 

La mia camera da letto.

 

Non mia e di Harry.

 

 

Note traduttrice:

Ed eccomi tornataaaaa. Scusate davvero, ma come avrete notato il capitolo non è corto come quelli della prima parte, anzi.

Inizio con il dirvi che questo è il mio regalino di Natale per voi, spero sia di vostro gradimento.

Allora, la storia avrà in tutto sei capitoli più un breve epilogo, quindi spero di riuscire a terminarla il prima possibile dato che devo iniziare a tradurre un'altra storia meravigliosa.

Un'altra cosa, ringrazio immensamente il mio angelo che ha creato il banner, non è meraviglioso? (Quanto è fregno Aidan).

Okay, può bastare, grazie come sempre.

Vi amo. 

Fra ♥️

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** A hope. ***


Image and video hosting by TinyPic

Una speranza

Towers - Little Mix

 

 

 

Sabato, 20 Febbraio

 

"Per l'amor di Dio, Aidan, mettiti le scarpe e sali nell'auto di tua nonna."

 

"Ma papà! Hai detto-"

 

"Ho detto che ne avremmo discusso," la interruppe, "ho parlato con lei, le ho detto di non metterti in imbarazzo e di smetterla di raccontare storie di... beh, del passato."

 

Aidan sembrava ancora sospettoso come sempre, ma si accovacciò sul pavimento e cominciò a mettersi le scarpe. "Se racconterà ancora una storia di come 'adorabilmente strano' tu-" mi fissò, "-fossi, non ci tornerò mai più da lei."

 

Harry aprì la bocca in segno di protesta, ma il campanello suonò proprio in quel momento e lo interruppe. Lanciando ad Aidan uno sguardo di rimprovero, scavalcò un paio di scarpe e aprì la porta. 

 

"Mio Dio, perché ci state impiegando così tanto?" chiese Anne mentre passava accanto ad Harry per entrare.

 

"Oh, niente," disse Harry, "qualcuno è solo un po' preoccupato che non manterrai la tua promessa e inizierai a raccontare storie 'disgustose' su di lui da bambino e su di Lou incinto."

 

"Papà!" Aidan aggrottò le sopracciglia verso Harry prima di voltarsi a guardare una Anne divertita, "scusa nonna, ti voglio bene e tutto, ma è davvero... strano. Non voglio nessun dettaglio."

 

"Beh, avresti dovuto dirmelo," disse lei con un semplice gesto della mano, "adesso datti una mossa, Connor sta aspettando in macchina."

 

"Come sta ora?" chiese Harry, un serio cipiglio inciso tra le sopracciglia.

 

"Bene," disse lei sorridendo felice, "alcuni giorni sono peggiori di altri, ma... in generale sta andando bene. I dottori hanno detto che è andato via per sempre questa volta, speriamo abbia ragione."

 

Anne e Aidan uscirono pochi istanti dopo, e quest'ultimo ci mandò uno sguardo triste.

 

Anne ci diede un bacio sulla guancia e un severo, "fate del vostro meglio per sistemare le cose, okay? Avete un figlio e non è pronto a vedere la sua famiglia divisa a metà." Sorrise tristemente. "E non penso siate pronti nemmeno voi."

 

Il silenzio che riempì l'aria intorno a noi non appena aprirono la porta e se ne andarono, fu strano. Eravamo solo io ed Harry, eravamo solo io ed Harry per un tempo indefinito. Non avevamo prenotato un volo di ritorno dal Messico quando avevamo organizzato tutto, decidendo di lasciarlo in sospeso, e dopo che Harry aveva fatto alcune telefonate, era riuscito a convincere i proprietari della villa ad affittarcela per tutto il tempo che avremmo deciso di rimanere.

 

Non gli avevo chiesto quanto avesse dovuto pagarli per convincerli. A volte vivere nell'ignoranza rendeva più felici.

 

"Immagino che dovremmo finire di fare i bagagli," dissi dopo qualche secondo, "Liam sarà qui tra un'ora."

 

"Si." Si schiarì la voce. "Si, io- la mia valigia è nella camera degli ospiti, quindi... andrò lì." Con un sorriso imbarazzato, girò sui tacchi e mi lascio lì, da solo nell'atrio con il pensiero che forse quel viaggio era stata una cattiva idea, dopotutto.

 

Ma non c'era molto che si poteva fare.

 

Verso le 17, Liam piombò in casa con il cappuccio tirato su per proteggersi dalla pioggia. Avevo appena portato la valigia giù per le scale, e fui sorpreso di vederlo lì in piedi.

 

"Sei tu in anticipo o siamo noi estremamente in ritardo?" chiesi.

 

"Un po' entrambi," scrollò le spalle, "Harry è pronto?"

 

"Harry sarà pronto tra due minuti!" urlò lui stesso.

 

Liam roteò gli occhi prima di girarsi verso di me. "Penso che sia bello che lo stiate facendo," disse con un sorriso, "avete bisogno... beh, non so di cosa avete bisogno, ma qualunque cosa sia, non la troverete qui."

 

"Si. Spero solo che funzioni," dissi, "altrimenti non so cosa succederà." Quella era una bugia. Sapevo molto bene cosa sarebbe successo se le cose non fossero migliorate. Ma non volevo dirlo ad alta voce.

 

"Ci riuscirete," disse Liam, sembrando completamente sicuro delle sue parole. 

 

Sorrisi con gratitudine, ma non dissi nulla e andai verso l'attaccapanni per prendere qualcosa per coprirmi nei brevi secondi che avremmo passato all'aperto.

 

Il viaggio verso l'aeroporto di Manchester fu piuttosto rapido, appena trenta minuti trascorsero prima di arrivare. Un rapido ringraziamento a Liam e un, "Saluta Zayn e digli che lo chiameremo una volta tornati a casa," da parte di Harry fu tutto quello che dicemmo prima di afferrare le nostre valigie e dirigerci all'interno dell'edificio. 

 

Il nostro aereo sarebbe partito alle 19, dandoci quasi un'ora e mezza di tempo per fare il check-in e sistemare tutto. Non c'erano molte persone all'aeroporto, ma abbastanza da esserci un costante ronzio nelle nostre orecchie, aiutandoci ad evitare il silenzio imbarazzante che sapevo ci sarebbe stato anche durante il volo di diciotto ore. 

 

Non sbagliai. 

 

Fu solo dopo tredici ore di volo, subito dopo essermi svegliato da un lungo pisolino, che ci scambiammo qualche parola. Tutto ciò che Harry chiese fu, "hai fame?", io annuii e poi lui mi diede una baguette con prosciutto e formaggio.

 

Quello fu tutto.

 

 

Domenica, 21 Febbraio 

 

Erano le 08.20 del mattino quando il taxi ci lasciò alla villa. Eravamo andati in una sorta di ufficio per prendere le chiavi dopo essere scesi dall'aereo poco prima delle 07.00, e quando mettemmo piede in quella benedetta casa, ero pronto a svenire dalla stanchezza.

 

"Devo dormire un po'," dissi mentre mi asciugavo il sudore che continuava ad accumularsi sulla fronte.

 

"Non riuscirai a dormire stanotte," rispose Harry mentre si toglieva la giacca e le scarpe.

 

"Non mi importa," sospirai, "sverrò qui se non dormo un po'."

 

"Non dovresti almeno mangiare prima?" chiese, "il ragazzo dell'ufficio ha detto che la cucina è ben fornita."

 

"Voglio dormire, Harry," sbottai. Sospirando, gli mandai uno sguardo di scuse. "Scusa. Sono stanco ed fa così caldo che non riesco nemmeno a pensare in modo coerente."

 

"Va tutto bene, non preoccuparti." Afferrò la sua valigia e disse, "vado... a vedere quali sono le camere da letto."

 

Come si scoprì, la villa consisteva in un piano e mezzo, nel primo piano c'era il soggiorno con un enorme divano nel bel mezzo. Le due camere da letto erano le uniche stanze nel secondo piano, ed erano più o meno identiche; piuttosto piccole, ma lucenti e con dei letti matrimoniali che non sembravano altro se non paradisiaci. 

 

Scelsi la stanza sulla sinistra, trascinai la valigia verso la porta, poi girai la testa per guardare Harry. "Probabilmente mi sveglierò tra qualche ora," dissi, "non devi, sai, aspettarmi sveglio o altro."

 

"Okay," disse, mordendosi le labbra, "potrei preparare il pranzo, però. Pensi di essere sveglio per le 15?"

 

"Se non mi sveglio io, svegliami tu," risposi.

 

Annuì, spostando i piedi avanti e indietro un paio di volte prima di schiarirsi la voce. "Allora... vai. Buon pisolino," disse.

 

Non risposi, ma mi diressi nella stanza che avevo reclamato come mia e chiusi accuratamente la porta.

 

Respirai profondamente e chiusi gli occhi, appoggiando la mano sulla valigia. Eravamo lì da dieci minuti, e stavo già iniziando a sentire la tensione insinuarsi tra noi. Eravamo lì per lavorarci, però. Avevamo tutto il tempo per parlarne, per sciogliere la tensione.

 

Almeno speravo.

 

 

Mercoledì, 24 Febbraio 

 

Il calore non era affatto diminuito, il termometro mostrava quasi trenta gradi, e così colsi l'occasione per prendere un po' di sole, mettendo un asciugamano in terra sopra le piastrelle accanto alla piscina e mi sdraiai con lo stomaco verso il basso. Non ero mai stato un fan dei segni dell'abbronzatura, però, avevano un aspetto orrendo, e onestamente, chi voleva il culo completamente bianco? E così, dato che Harry non era da nessuna parte quando mi ero svegliato alle 11 quella mattina, e dato che nessun altro mi avrebbe potuto vedere, decisi di rimanere nudo. 

 

Era stato un piano eccezionale, per un po'.

 

Sentii dei passi farsi sempre più vicini e sollevai la testa, e quasi mi nascosi con i miei boxer quando scorsi Harry in piedi ad un paio di metri di distanza, guardandomi con un'espressione illeggibile sul suo viso. Passarono alcuni secondi imbarazzanti, mentre facevo del mio meglio per sedermi in una posizione che avrebbe rivelato il meno possibile. Alla fine rimasi seduto a stile indiano con i miei boxer sulle ginocchia.

 

"Scusa," dissi, "non c'eri, quindi ho pensato-" 

 

"Niente che non abbia visto prima," mi interruppe, ma senza il luccichio provocatorio che avrebbe corrisposto perfettamente al commento. Stava solo affermando un fatto, quello era tutto.

 

"Beh, si, ma non-" mi fermai, aggrottai la fronte e poi mi morsi il labbro, "no, non lo so. È... è passato un po' di tempo, immagino. È solo quello."

 

Annuì, come se stesse considerando qualcosa. "Ti ho visto a malapena ieri," disse dopo qualche  secondo.

 

Abbassai lo sguardo, prima di annuire rigidamente. "Scusa," dissi, "ero... occupato. Avevo del lavoro da fare."

 

"Oh," disse, come se stesse mostrando comprensione anche se il suo viso diceva il contrario, "non hai nemmeno trovato il tempo per cenare con me?"

 

"Non avevo fame."

 

"Appena ho finito di mangiare sei venuto in cucina e hai mangiato," sottolineò con un lieve sospiro, "stai cercando di evitarmi?"

 

"Certo che non sto cercando di evitarti," dissi, "quanti anni credi che abbia?"

 

"So perfettamente quanti anni hai," disse calmo, "so anche perfettamente che hai la tendenza a minimizzare le cose quando qualcosa ti turba, e che invece di confrontarti con me, scegli di evitarmi." Incrociò le braccia e alzò un sopracciglio verso di me. "Allora, cosa c'è che non va? Perché non vuoi passare del tempo con me? Pensavo che fosse il punto centrale di questa vacanza."

 

"Era- lo è," dissi immediatamente.

 

Sbuffò con impazienza. "Allora cosa ti passa per la testa, Lou? Puoi dirmelo? Per favore."

 

"Io- non lo so," dissi, "è solo difficile, beh, sapere cosa dire o fare intorno a te. Non dirmi che credi che sia facile."

 

"Certo che non è facile," disse, "ma rimandarlo solo perché è spiacevole non aiuterà affatto, peggiorerà solo le cose. Lo sai bene tu come lo so io."

 

"Si, lo so," dissi. Mi sistemai un po', cercando di essere il più discreto possibile, prima di continuare tranquillamente, "da dove suggerisci di iniziare?"

 

"Che ne dici di venire dentro, vestirti e fare una buona colazione da mangiare insieme?" disse, "e dopo possiamo uscire un po'. Discutere sarebbe bello. Magari non oggi, però."

 

"No, possiamo aspettare per quello," concordai, sentendomi sollevato.

 

"Dobbiamo parlare prima o poi, però," disse, guardandomi con occhi seri.

 

"Lo so. Solo forse non subito, okay?" Sorrisi. "Che cosa dicono? Si deve imparare a camminare prima di poter correre?"

 

Mi restituì il sorriso, forse un po' contenuto. "Si."

 

Abbassai lo sguardo sul mio grembo dove ero ancora coperto dal piccolo pezzo di tessuto dei boxer e tossii. "Pensi che potresti forse, entrare? Così posso vestirmi."

 

La sorpresa balenò sul suo viso, immediatamente rimpiazzata dalla realizzazione. "Si, certo. Sarò in cucina," disse.

 

Dopo essermi fatto una doccia veloce nel piccolo bagno del piano inferiore e aver indossato un paio di pantaloncini corti e una canotta molto ampia, andai in cucina e trovai Harry in piedi vicino al bancone, impegnato a tagliare un ananas in sottili fette.

 

"Hai bisogno di aiuto?" chiesi mentre mi avvicinavo a lui, fermandomi ad un metro di distanza. 

 

Alzò lo sguardo e sorrise quando i suoi occhi si posarono sui miei capelli. "Bell'aspetto," disse.

 

Passai una mano tra i miei capelli ancora fradici, quasi gocciolanti, e roteai gli occhi. "Fa caldo, si asciugheranno presto," dissi, "quindi, hai bisogno di aiuto?"

 

"Puoi sbucciare quel mango, se vuoi," disse, indicando due mango posti tra un mucchio di frutta.

 

"Come mai tutta questo frutta?" sbuffai mentre afferravo uno dei mango ed un coltello iniziando a tagliare la buccia verde, "è un modo per dirmi che ho bisogno di perdere peso?"

 

"Certo che no," disse lui, agitando pericolosamente il coltello vicino al mio viso, "semmai, dovresti prenderne un po'. Sei diventato più magro."

 

Il mio sorriso svanì e guardai il mango mentre rispondevo, "si, beh, il mio appetito si è ridotto da... beh, lo sai."

 

Sentii i suoi occhi  su di me, calcolatori e calmi, facendomi pizzicare la pelle del collo. C'era silenzio, a parte i rumori che facevo io pulendo il mango, poi disse qualcosa, e quando lo fece, la sua voce era bassa e cauta, come se stesse parlando con qualcuno sul letto di morte. "Da quando... da quando i bambini-"

 

"Si," lo interruppi, senza guardarlo. "Si. Da quel momento."

 

Non volevo sentirglielo dire ad alta voce. Non volevo sentirlo dire da nessuno ad voce alta, e non capivo come riuscisse a farlo. Due bambini erano morti per ragioni sconosciute mentre erano dentro di me, e ciò che avevano lasciato era una voragine nel mio cuore, che non sembrava avere fondo. Era una voragine piena di rabbia, senso di colpa e disperazione che era ancora lì dopo tre anni dalla perdita dell'ultimo bambino; meno esplicito, meno acuto,  ma ancora abbastanza presente da sentirlo ogni volta che tutto diventava troppo silenzio intorno a me.

 

"Stai ben-"

 

"Non chiedermi se sto bene, cazzo!" Gridai, gettando il coltello e il mango contro il muro, facendo un passo indietro.

 

I suoi occhi si spalancarono, scioccati dalla mia improvvisa esplosione. "Che cosa-"

 

"Non iniziare a parlare con me di quello!" Lo interruppi, il mio respiro che si faceva sempre più pesante, "non dopo che hai passato così tanto tempo con la bocca chiusa." Era incredibile quanto l'atmosfera era cambiata tra di noi; cinque minuti prima era tutto perfetto, quasi divertente, e in quel momento... in quel momento era con occhi scuri e labbra serrate  che lo guardavo, una specie di rabbia, quasi tristezza in un certo senso, che bruciava sul mio petto.

 

Con occhi più larghi che mai, fece un piccolo passo verso di me. Però feci lo stesso movimento indietro, e si fermò. "Lou, per favore. Cosa sta succedendo?" chiese, le sopracciglia aggrottate per la confusione e la tristezza.

 

Aprii la bocca, pronto a dirgli di andarsene a quel paese, ma mi fermai in tempo. Stringendo i denti, gli mandai un'ultima occhiataccia prima di borbottare, "Non ne parleremo," e lo spinsi per poter andare nella mia stanza.

 

Non andai molto lontano prima che lui mi inseguisse, bloccandomi il braccio per fermarmi. 

 

"No, Harry," mormorai, fissando i miei piedi pallidi, pensando a quanto facessero contrasto con il pavimento di legno scuro.

 

"No, Lou, io-" si fermò, esitando, "suppongo che meno di un'ora fa avessimo detto che non avremmo parlato dei problemi oggi, ma... è uscito fuori. È ovviamente c'è qualcosa di cui dobbiamo parlare. Non credevo ci fosse qualcosa di cui parlare, per quanto riguarda... quello."

 

"'Quello'," ripetei piatto.

 

"Si, quello," disse, "intendo i nostri due bambini morti."

 

Feci una smorfia, perché il modo in cui l'aveva detto lo faceva sembrare così superficiale, poco importante. Era tutto tranne che quello. "Non voglio parlarne," dissi mentre liberavo il braccio dalla sua presa e mi voltai per guardarlo in faccia, "io- possiamo parlare di qualsiasi altra cosa, ma non di quello."

 

"Se sei disposto a parlare di tutto tranne che di quello, significa che quello è ciò di cui abbiamo più bisogno di parlare." La sua voce era gentile, e anche i suoi occhi, ed era passato così tanto tempo da quando mi aveva parlato e guardato in quel modo che non ero abbastanza sicuro di come reagire. E così non reagii. Rimasi lì e incontrai il suo sguardo finché non fu lui a spezzare il contatto. "Per favore, Lou," disse, "parlami."

 

Scossi la testa. "Non so come-" 

 

"Dimmi solo cosa ti passa per la testa," mi interruppe, "dimmi perché hai dato di matto in quel modo prima."

 

"Io-"

 

"Louis."

 

Chiusi gli occhi e passai una mano sul mio viso per nascondere il fatto che mi stessi mordendo il labbro per non farlo tremare. Aprii di nuovo gli occhi e lo guardai, poi mormorai, "Non mi hai mai nemmeno chiesto se stessi bene."

 

Quello chiaramente non era ciò che si aspettava, perché la preoccupazione sul suo volto scomparve per dare spazio alla sorpresa. "Cosa?"

 

Scossi lentamente la testa e lo guardai con occhi vitrei. "Io- ho perso due bambini in meno di un anno," sussurrai, "e non mi hai mai chiesto se stessi bene."

 

La sua mascella si spalancò leggermente. "Io- non volevo-"

 

Alzai una mano per fermarlo. "Lasciami solo finire, altrimenti non lo farò mai," dissi con voce rauca. Ingoiai una volta e poi continuai, "non mi hai mai guardato, non mi hai parlato, non hai passato del tempo con me. Le uniche volte in cui siamo stati nella stessa stanza per un periodo di tempo abbastanza lungo è stato quando dormivamo, ma anche lì mi voltavi le spalle. So che tutti si comportano in modo diverso quando succede una tragedia, ma-" mi fermai per respirare profondamente, cercando di controllarmi, "ma il modo in cui tu lo affrontavi era ignorandomi completamente e facendomi sentire come se tu mi stessi incolpando per ciò che era successo."

 

"Oh Dio, Lou, non ti ho incol-"

 

"Mi hai lasciato completamente solo ad affrontare il fatto che due bambini che avevo in grembo, sono morti," mi interruppi, "mi sentivo in colpa, mi sentivo come se io avessi ucciso i miei figli e tu hai fatto tutto il possibile per rendere quella sensazione cento volte più forte!"

 

"Non volevo," disse con voce tremante, "non mi sono accorto di averlo fatto."

 

"Ma l'hai fatto," dissi, "avevo bisogno di te più di quanto ne avessi mai avuto, e tu non eri lì. Mi hai ignorato completamente per così tanto tempo. Ho cercato di farmi guardare da te almeno quando andavamo a letto, ma ogni volta mi hai mandato via." Un singhiozzo doloroso mi lacerò la gola. "Mi hai respinto, Harry. Avevo bisogno di qualcuno con cui parlare e qualcuno che mi consolasse, ma tu- tu  non volevi essere quella persona per me. Sono innamorato di te da quando avevo diciotto anni, mi hai dato la cosa più preziosa che ho in questo mondo, sei stato lì con e per me, ma quando è arrivato il momento in cui avevo bisogno di te più che mai, non eri lì. Hai scelto di non essere lì."

 

"N-no, non ho scelto-"

 

"Si, hai scelto. Sono sicuro che non è stato intenzionale, ma questo è sempre stato il tuo problema: fai tante così involontariamente che finisci sempre con il far male a qualcuno."

 

"Io... stavo così male in quel momento. Lou, per favore capiscimi," disse supplichevole, "so che non ho gestito la situazione nel modo giusto, e io odio averti fatto passare tutto quello, ma per favore non pensare mai, mai, che ti abbia incolpato per ciò che è successo."

 

"Avresti dovuto dirmelo allora. Mi avrebbe risparmiato tanto dolore e angoscia."

 

"Ti avrebbe davvero aiutato? Se te l'avessi detto, ti avrebbe aiutato?"

 

"Mi sarebbe stato d'aiuto perché era una cosa che veniva da te," dissi mentre mi asciugavo una lacrima, "tutto quello che volevo da te erano delle parole gentili e una spalla su cui piangere, niente di più. E ti avrei dato lo stesso se me lo avessi chiesto."

 

All'inizio non disse nulla, ma allungò una mano per accarezzare gentilmente il dorso della mia mano che era ancora posata sulla mia guancia. Inghiottii e chiusi gli occhi, intrecciando le dita con le sue. 

 

"Mi dispiace," disse con cautela, "sono così, così dispiaciuto. Non avrei mai voluto farti sentire così, non importa quanto fuori di senno fossi, non avevo intenzione di farti del male." Ci fu silenzio per un po' mentre stavamo lì, lui muovendo il pollice in delicati cerchi sulla mia guancia e io aggrappato alla sua mano come se fosse linfa vitale. "È troppo tardi per darti quella spalla su cui piangere?" chiese alla fine.

 

Strinsi ancora più forte gli occhi, e ci volle tutto l'autocontrollo del mondo per non gettarmi tra le sue braccia e piangere. "Io... penso che ho bisogno di dormire un po'," dissi mentre indietreggiavo e gli lasciavo la mano. 

 

"Oh." La sua mano cadde mollemente lungo il suo fianco.

 

Feci un sorriso tremolante. "Nessuno ha detto che sarebbe stato facile e veloce."

 

"No, lo so," disse velocemente, "ho solo pensato che forse- no, non importa. Sei sicuro di non voler mangiare niente prima di andare a dormire?"

 

"Sto bene," dissi, "ma... svegliami alle 16 se non mi sono svegliato da solo. Possiamo pranzare insieme."

 

 

*

 

 

Il giorno successivo fu trascorso principalmente in silenzio. Non avevo evitato Harry, e non pensavo mi stesse evitando neanche lui, ma non avevamo trascorso più di qualche minuto nella stessa stanza. Io ero in cucina, lui era fuori; io ero nel soggiorno, lui era nella sua camera da letto; io ero fuori, lui era in soggiorno e così via. Era bello il fatto che avessimo parlato dei nostri errori, davvero, ma c'erano ancora così tante domande rimaste senza risposta, e ora che avevamo avuto quella conversazione, mi sentivo come se dovessimo girarci intorno per tirare fuori le altre cose. Nessuno dei due era disposto a sollevare il discorso, per timore di aprire le ferite che erano nelle nostre anime da alcuni anni. Avevamo bisogno di parlare, lo sapevamo entrambi, ma una cosa era parlare del problema quando usciva fuori senza pensarci. Un conto era cercare di tirarlo fuori.

 

E così entrambi aspettammo.

 

 

Sabato, 27 Febbraio 

 

 

Quel venerdì mattina mi svegliai con il suono di Harry che sguazzava nella piscina. Mi alzai e mi diressi verso la finestra da dove avevo vista sulla piscina, sul prato e su alcune delle palme circostanti. In lontananza, sopra la cima degli alberi, potevo vedere l'oceano e la luce del sole che rifletteva.

 

Voltando lo sguardo verso la piscina, osservai Harry nuotare avanti e indietro, ogni tanto calciando un po' di più con le sue gambe, facendo schizzare l'acqua intorno a lui. Non ne ero sicuro al cento per cento, ma sembrava che non indossasse niente. Il pensiero mi fece saltare lo stomaco e, beh, quanto ero patetico?

 

Probabilmente non così patetico come quando all'improvviso, senza preavviso, si tirò fuori dall'acqua, sollevandosi con le mani dandomi una visuale molto chiara del suo corpo nudo. La mia bocca si asciugò completamente e sentii come se il mio cuore stesse ballando la Macarena contro le mie costole. Mentre rimanevo lì, Harry si diresse verso l'interno, ancora nudo, non sembrando aver notato che stessi guardando (o forse 'spiando' era un termine più corretto). Appena fu fuori dalla mia vista, indietreggiai e mi affrettai ad afferrare gli abiti che indossavo il giorno prima dal pavimento, e me li misi .

 

La cucina era vuota quando entrai, cosa di cui ero piuttosto grato dato che l'immagine di Harry nudo era ancora molto presente nella mia mente, facendomi aumentare il flusso del sangue. Mi presi il tempo per preparare la colazione, tagliando la frutta e mettendola in una ciotola, feci una semplice frittata con delle uova che erano in frigo, tostai quattro fette di pane e poi le misi sul tavolo da pranzo insieme alla marmellata, al succo e ad una bottiglia di acqua che era stata in frigo tutta la notte.

 

Mi sedetti al tavolo e mi appoggiai sui gomiti, sbadigliando leggermente. Anche se apprezzavo il caldo e il bel tempo, non potei fare a meno di sperare che almeno un giorno piovesse, perché il mio corpo non era assolutamente abituato ad affrontare quel tipo di temperatura e il sole forte per periodi troppo lunghi. Dormire era diventato difficile, e se non bevevo per mezz'ora iniziavo a sentirmi svenire. In quel momento stava succedendo, quindi mi versai un bicchiere di acqua e lo buttai giù tutto in una sola volta, riuscendo a rovesciarmene un po' sul mento e sulla maglia.

 

Ovvio, era proprio in quel momento che Harry decise di apparire. Gettò uno sguardo veloce al tavolo e poi mi sorrise. "Hai preparato la colazione," dichiarò.

 

"Dobbiamo mangiare, no?" dissi, fingendo di non sapere che in realtà si riferiva al fatto che avessi fatto la colazione per entrambi e non solo per me stesso.

 

Non rispose, e per qualche minuto mangiammo in silenzio. Non era un silenzio scomodo, non lo stesso tipo di silenzio a cui mi ero abituato ultimamente, ma non era nemmeno un silenzio sereno. Ero a metà della mia porzione di omelette quando Harry parlò.

 

"Allora, come stai?" chiese, la sua mano che stringeva il suo bicchiere, "dopo mercoledì, dico."

 

Ingoiai il cibo che avevo in bocca e poi feci spallucce. "Stavo bene quando me l'hai chiesto ieri, Harry. Non ho avuto problemi durante la notte." Sembrava un po' sorpreso, e sospirai, posando la forchetta prima di aggiungere, "Scusa. Sto ancora bene, ma grazie per avermelo chiesto."

 

Annuì. "Bene. Se vuoi parlarne, io-"

 

"No," dissi, agitando la mano, "Sto bene. Penso di aver detto tutto ciò che volevo dire."

 

Annuì di nuovo e disse un tranquillo, "Okay," prima di riprendere a mangiare il suo toast.

 

Sbattei le palpebre. "Tu... vuoi parlarne?" chiesi esitante.

 

Con una scrollata di spalle poco convinta, inghiottì il toast e si pulì una briciola dall'angolo della bocca. "Non lo so," disse, "Forse. Se ti va bene, voglio dire. Non ho molto da dire o altro, voglio solo dirti la mia versione della storia. Solo se non ti dispiace, io-"

 

"No, no, va bene," lo interruppi, "possiamo parlare quando abbiamo finito di mangiare." A dire il vero sentii una sorta di sollievo perché lui voleva parlare, aveva qualcosa da dire, almeno quello significava che non ero il solo ad avere pensieri repressi che chiedevano di uscire.

 

Mangiammo il resto del pasto in silenzio, e quando finimmo, lavammo i piatti fianco a fianco. Non c'era una lavastoviglie, così lo facemmo a mano, e anche se non era una cosa che amavo fare a casa, lì mi piaceva. Ci dava l'opportunità di stare insieme senza la pressione di dover dire qualcosa, rendendo le cose imbarazzanti.

 

Il sole sembrava essere ancora più alto nel cielo quel giorno, più di quanto non fosse stato da quando eravamo arrivati, perciò invece di uscire fuori per parlare ci sedemmo sul divano del soggiorno, pur mantenendo le doppie porte che portavano al retro del cortile aperte, permettendo al sole di splendere attraverso le sottili tende bianche. 

 

Non eravamo seduti vicini, ma non eravamo nemmeno seduti sui lati opposti del divano. Non ero sicuro che fosse una sua decisione, ma non glielo chiesi. Fu silenzioso per un po'. Una leggera brezza stava soffiando tra le foglie delle palme all'esterno, suonando come onde che si infrangono contro le enormi rocce sulla riva della casa in Inghilterra durante la primavera. Era rassicurante, in un certo senso. Rilassante. Sicuro. La primavera in Inghilterra mi ricordava cose belle. Aver avuto Aidan, per esempio, o girovagare per il parco con Harry, senza fiato per le troppe risate.

 

"Penso che la delusione mi abbia attaccato più di ogni altra cosa," disse improvvisamente Harry, riportandomi alla realtà. Non dissi niente, lo guardai negli occhi come per dirgli di andare avanti. Le sue palpebre svolazzarono ed un'espressione simile a vulnerabilità passo nel suo viso prima che parlasse di nuovo. "Ovviamente perdere i bambini è stato terribile, ma io- io non ero quello che li aveva in grembo, non so come ci si sente a sentire una vita crescere dentro di se, quindi non ho avuto l'opportunità di legarmi a loro. Se fosse successo più tardi, in modo che potessi sentirli scalciare o altro, sarebbe stata una storia diversa, ma... il fatto è, quella che ho dovuto affrontare è delusione."

 

"Per cosa?" chiesi, forse un po' sorpreso da quello che stava dicendo.

 

"Non aver avuto l'opportunità di fare tutto nel modo giusto," disse, "quando abbiamo avuto Aidan, tutto era un tale casino. Non stavamo insieme, non ti conoscevo nemmeno, ero con un'altra persona, non volevo ammettere che ero attratto da te, ho dovuto... beh, entrambi, abbiamo dovuto fare i conti con il fatto che tu riuscissi a rimanere incinto per prima cosa, e tutto era confuso e terrificante più di ogni altra cosa."

 

"Si, ricordo. Ero lì."

 

Sbuffò una risatina prima di continuare. "Vedi, non sapevo se anche tu fossi interessato ad avere un altro bambino con me perché non me ne avevi mai parlato, e alla fine sono dovuto scendere a patti con il fatto che probabilmente non ne avremmo più avuto. Ma poi sei rimasto incinto, due volte, ed entrambe le volte ero così felice, non hai idea-"

 

"No, penso di avercela," lo interruppi, ripensando a come quasi mi aveva spinto a terra con uno strillo e delle lacrime quando gli avevo dato la notizia.

 

"No, davvero, perché non posso nemmeno esprimere quanto fossi felice; di avere un altro bambino, di averlo con te, di dare finalmente un fratellino ad Aidan, e di riuscire a farlo nel modo giusto, stare con te fino in fondo, prendermi cura di te, darti ciò di cui avresti avuto bisogno, non perdermi nulla e non avere una ragazza rompiscatole in mezzo. Non vedevo l'ora, ma poi è stato... strappato via da noi, completamente senza preavviso, due volte, e io... non sapevo nemmeno cosa avrei dovuto sentire. Non sapevo come avrei dovuto reagire, ed ero così immerso nei miei pensieri che non pensavo a come ti sentissi, mi è sfuggito completamente dalla mente, e so che questo mi rende il peggior fidanzato della storia, ma per favore, Lou, per favore non pensare che ho smesso di preoccuparmi di te o del tuo benessere."

 

"Non penso che tu abbia smesso di preoccuparti," dissi, "è solo che erano passati anni da quando avevamo avuto problemi nell'esprimere i nostri sentimenti, e poi nel momento in cui avremmo dovuto farlo più che mai, tu semplicemente... non l'hai fatto. E tu non eri lì per lasciarlo fare a me."

 

Lui deglutì e annuì. "Lo so. E mi dispiace."

 

"Bene." Mi misi un po' più vicino a lui e posai una mano sul suo ginocchio. Non reagì in modo negativo, però; anzi, il contrario, prese la mia mano con entrambe le sue, stringendola. "Per favore, promettimi che non permetteremo che accada di nuovo," dissi, "io- non penso che nessuno di noi, o questa relazione, possa gestire una cattiva comunicazione."

 

"No, lo so," disse, "le cose tra noi erano già incerte quando c'è stato il primo aborto, e quando abbiamo dovuto attraversarne un secondo, meno di un anno dopo il primo, ci ha... spinto al limite. Lo so questo. Se dovesse succedere di nuovo una cosa del genere e la gestissimo allo stesso modo, ci separerà per sempre."

 

Spostai la mia mano, liberando due dita per afferrare una delle sue. "Non posso più vivere come abbiamo fatto negli ultimi due anni," dissi, "ti amo e riesco a malapena a sopportare il pensiero di separarci, ma... ciò che stiamo facendo ora è la nostra ultima occasione. Non posso vivere la mia vita in uno stato di totale solitudine come ho fatto, perché..." mi fermai, chiusi gli occhi e inspirai profondamente, rabbrividendo, preparandomi per l'umiliazione che stavo per infliggermi, "mi fa sentire come se fossi tornato alle superiori, e quella non è una parte della mia vita che voglio rivivere. L'ho affrontato in quel momento perché, beh, non avevo molta scelta, ma non ero felice, Harry. Ero solo, insicuro, per un po' ho pensato che avrei finito per passare il resto della mia vita da solo, ma poi sei arrivato tu e anche se c'erano più bassi che alti, le cose sono andate molto meglio, e sono andate bene per molto tempo, ma ultimamente tutto è tornato come prima e... non va bene."

 

Mi fermai, perché la realizzazione lo fece rabbuiare e c'era colpa nei suoi occhi. "È... è per quello che stavi piangendo a San Valentino?" chiese, con voce cauta. 

 

Sorrisi senza umorismo. "Dovrebbe essere un giorno pieno di romanticismo e amore, no? E tu non c'eri, eri in giro con qualcun altro, e mi ha semplicemente riportato indietro a prima che ti incontrassi. Sai quanto mi piaccia San Valentino, credo che mi sia sempre piaciuto, l'idea di avere un giorno da passare con il tuo fidanzato o la tua fidanzata o qualcuno che ti piace, ma non ho mai avuto nessuno con cui passarlo, ero sempre da solo e... non lo so, non è stato bello pensare che tutti gli altri erano fuori con una persona che amavano mentre io ero seduto nella mia stanza con la tuta, guardando un film sdolcinato, chiedendomi se qualcuno mi avrebbe mai voluto, e mi chiedevo quale fosse la ragione. Perché ero troppo brutto? Troppo stupido? Troppo strano? Troppo patetico? Troppo noioso? Non hai idea di quante volte mi sia fatto quelle domande, e mai-"

 

"Lou, per favore." Mi guardò con angoscia, "è doloroso da ascoltare."

 

"Già, beh, è stato doloroso viverlo," dissi con un debole sorriso, "il punto, comunque, è che ha fatto schifo, ma quest'anno e l'anno prima ha fatto più schifo, perché ero abituato ad avere qualcuno che mi comprava fiori e cartoline, che mi portava fuori a cena e poi a letto. Un anno fa almeno c'eri per guardare un film con me, ma quest'anno mi hai lasciato da solo, e so che è soprattutto colpa mia perché non ti ho detto che non volevo andassi, ma io... non voglio davvero restare ancora da solo per San Valentino." L'ultima parte uscì con una vocina che sembrava piuttosto patetica anche alle mie orecchie. 

 

"Allora ti prometto che non ti lascerò mai più da solo a San Valentino," disse con fermezza, "anche se... anche se le cose non dovessero funzionare tra di noi, ti terrò compagnia. O ti farò incontrare qualcuno."

 

"Preferirei davvero che mi tenga tu compagnia," dissi, accigliandomi leggermente, "o che noi, sai, riuscissimo a risolvere le cose."

 

"Sarebbe preferibile, si."

 

"Si." Abbassai lo sguardo sulle nostre mani, la mia ancora avvolta in entrambe le sue, e sorrisi. "Bene," dissi allora, "suppongo che abbiamo un problema fuori dai piedi."

 

"Fuori dai piedi," ripetè.

 

"Okay, non del tutto, ma almeno ne abbiamo parlato." Lo guardai con occhi attenti. "Possiamo chiamarlo progresso, no?"

 

Comparve un sorriso e annuì. "Sicuramente si. Sono abbastanza sicuro che abbiamo parlato di più nell'ultima mezz'ora che negli ultimi due mesi."

 

Feci una leggera smorfia. "Non rovinare le cose ora."

 

"Scusa," disse, "che cosa suggerisci di fare ora? Basta conversazioni pesanti per oggi."

 

"Si," dissi, "basta."

 

Le ore successive furono spese a guardare alcuni DVD che Harry aveva portato con se quando aveva fatto le valigie (ne ero grato perché tutto ciò che riuscivamo a trovare in tv erano le notizie messicane). Non parlammo molto e non ci toccammo, ma condividemmo alcune risate e un paio di commenti di tanto in tanto, e tutto sommato mi sentivo piuttosto felice quando ci mettemmo affianco durante la cena alle 18 in punto. 

 

"Sai cosa mi chiedo?" chiese Harry dopo aver inghiottito un boccone di riso, "il perché non siamo riusciti a sederci e parlare a casa. Siamo qui da meno di una settimana e abbiamo già parlato di due cose abbastanza importanti."

 

Scrollai le spalle. "Liam mi ha detto che non avremmo trovato ciò di cui avevamo bisogno in una vita stressante, e penso avesse ragione. E credo che tutto quello che abbiamo a casa, le nostre cose, la nostra vita, tutto, è... non so, credo che in qualche modo sia collegato ai nostri problemi."

 

Alzò un sopracciglio. "Penso che tu abbia intrapreso la professione sbagliata. Saresti dovuto diventare uno psichiatra, non un funzionario dei prestiti."

 

"Sono abbastanza sicuro che serva una laurea per diventare uno psichiatra," dissi.

 

"Non hai intenzione di andarci, ho capito."

 

"All'università?" scossi la testa, "Ho abbandonato quel piano almeno dieci anni fa, perché sono certo che tu ti ricordi di aver passato un'ora ad urlarmi."

 

Non sembrava particolarmente dispiaciuto e disse, "solo perché pensavo che potessi fare di più. E lo penso ancora."

 

"Ho quasi trentacinque anni, Harry, e ho un lavoro che mi piace davvero, non importa quanto tu possa pensare sia noioso," dissi, "per non parlare del fatto che credo davvero di averne abbastanza senza dover tornare a studiare."

 

"Lo so," disse, e sentii un tono di scuse nella sua voce, "finché sei felice."

 

"Lo sono," confermai, "sono orgoglioso di te per aver preso la laurea e aver ottenuto un lavoro che ami così tanto, ma non penso che nulla del genere fosse nei miei progetti. Inoltre, se avessi preso una laurea e fossi diventato uno psichiatra, dubito che sarei potuto venire qui con un preavviso così breve."

 

"Beh, questo è il bello di essere il capo," disse con un ghigno, "in realtà posso partire ogni volta che voglio."

 

"No, non puoi," sbuffai, "hai delle responsabilità, più di chiunque altro, in quell'azienda dimenticata da Dio."

 

"Sai, fino ad oggi sono abbastanza sicuro che tu non abbia idea di cosa faccia io in 'quell'azienda dimenticata da Dio'," disse secco.

 

"Hai ragione, non lo so," dissi, "tutto ciò che so è che ha qualcosa a che fare con la gestione e il capire quali tessuti utilizzare nell'abbigliamento sportivo o qualcosa del genere, ma è anche tutto ciò che ho bisogno di sapere."

 

"Penso che potresti aver frainteso un po' le cose," disse, "ma ti lascerò continuare a crederci. Penso che sia più semplice."

 

"Buona idea," approvai.

 

 

Lunedì, 1 Marzo

 

Rimasi sorpreso quando arrivai al piano inferiore domenica (tecnicamente lunedì), trovai Harry seduto sul divano da solo, a guardare quello che ero certo fosse un video di molto anni prima. 

 

"Hai portato i vecchi nastri?" chiesi, la voce un po' intontita. 

 

Lui saltò un po' e sorrise quando mi vide fermo lì. "Scusami, ti ho svegliato?" chiese.

 

"No, tranquillo," dissi mentre lo raggiungevo sul divano, "perché stai guardando questo? E perché lo stai guardando alle 2 del mattino?"

 

"Non riuscivo a dormire," disse con noncuranza, "e non lo so, credo di sentirmi un po' nostalgico."

 

"Da portarli persino qui," canticchiai.

 

"Ho messo tutto su un DVD qualche mese fa," disse, "non hanno preso molto spazio in valigia, e ho pensato che se tutto fosse andato di merda qui, avrei voluto qualcosa per, sai, dimenticare. Ricordarmi dei tempi migliori."

 

Allargai gli occhi con orrore. "Ho fatto qualcosa di sbagliato?" chiesi, cercando di pensare a qualcosa di brutto che potessi aver fatto negli ultimi giorni, ma non mi venne niente in mente. "È per questo che tu-"

 

"No, no," mi interruppe, "non hai fatto niente. Come ho detto, non riuscivo a dormire. Ed è bello vederli. Non lo faccio da tempo."

 

Rilassandomi di nuovo, girai lo sguardo verso la tv. "Cosa stiamo guardando ora?" chiesi, vedendo un giovanissimo Aidan, abbastanza grande da poter camminare, mentre sorrideva alla telecamera.

 

"Nessuna occasione speciale," disse, "penso che sia stato quando abbiamo comprato la prima fotocamera e volevamo provarla."

 

"Non penso che dovresti premere quel pulsante," sentii dire. Un attimo dopo l'intero schermo fu completamente bianco e nero e l'Harry del video mormorò delle scuse.

 

"Si, penso tu abbia ragione," dissi, sorridendo allo schermo.

 

L'immagine cambiò, e il bagno di Anne e Robin apparve. Era di nuovo Harry a reggere la macchina fotografica, o almeno così immaginai dato che nello schermo c'eravamo io e Aidan. Aidan, che non aveva nemmeno un anno, era disteso a pancia in giù nella vasca da bagno, apparentemente estasiato dall'acqua che a malapena raggiungeva i gomiti su cui era appoggiato. Io, d'altra parte, continuavo a guardare irritato la telecamera.

 

"Perché insisti a filmarlo nella vasca da bagno?" dissi.

 

"Perché è carino, ecco perché," disse Harry, e sentii il ghigno nel suo volto, "e anche tu."

 

Aidan scelse quel particolare momento per emettere un grido ed iniziare a schizzare intorno come se non ci fosse un domani, con le braccia e le gambe grassocce che si muovevano. Ero seduto sul bordo della vasca e metà dell'acqua mi venne schizzata su tutto il mio stomaco e le mie gambe. Uno sguardo omicida da parte mia e l'immagine cambiò di nuovo.

 

"Non è divertente, lo sai," disse Harry in tono acido alle urla che Aidan stava liberando.

 

Stando lì seduto, tanti anni dopo, dovetti essere d'accordo con lui. Non riuscivo a capire perché io, diciannovenne, avessi pensato che fosse necessario filmare Harry mentre cambiava il pannolino ad Aidan.

 

"So che non lo è, ma è bello ricordare anche le cose brutte, non solo le belle," dissi.

 

"Non sono d'accordo con te," mormorò Harry, e poi la sequenza finì. 

 

Era inverno quella volta. Aidan un po' più grande, era seduto su una slitta e mi ricordai quel Natale particolarmente nevoso. 

 

"Che ne dici, Aidan? Ti piace la tua nuova slitta?" chiese Harry da dietro la telecamera.

 

"Neve!" Esclamò Aidan, saltando su e giù con la sua tuta e le gambe corte e paffute. Continuò così per alcuni secondi prima che improvvisamente cadesse di lato, atterrando di faccia nella neve. Un urlo uscì prima che lo prendessi e iniziassi a pulirgli la neve con movimenti attenti, ma frenetici. Con occhi grandi, umidi e tristi, Aidan guardò dritto nella telecamera e disse, "Neve," anche se quella volta molto meno eccitato.

 

Harry e io ridemmo, sia nel video che nella realtà, e l'attuale Harry mise il video in pausa, con un'immagine di me con della neve sulla fronte che Aidan mi aveva piantato con un felice, "Neve!"

 

"Se ricordo bene, subito dopo aver smesso di filmare, aveva deciso che immergere la telecamera nella neve sarebbe stato divertente," disse Harry.

 

Risi quando mi venne in mente il ricordo, "Si, e tu gli hai urlato contro, così ha iniziato a piangere, e tutti gli altri genitori nel parco ci hanno mandato sguardi cattivi."

 

"I genitori ci mandavano sempre degli sguardi cattivi," disse, alzando gli occhi al cielo, "sono quasi sicuro che pensavano l'avessimo rapito."

 

"No, sono abbastanza sicuro che ci mandavano sguardi cattivi perché siamo sempre riusciti ad incasinare qualcosa quando eravamo in pubblico con lui, e perché tutti pensavano che fossimo gli inutili fratelli maggiori ," lo corressi.

 

"Oh." Si accigliò. "Si, anche questa è una possibilità."

 

"Quindi c'è di più?"

 

"Di più?"

 

"Nel nastro," dissi, indicando lo schermo, "c'è dell'altro?"

 

"Non su questo disco," disse, "ne ho altri nella mia valigia se vuoi guardare."

 

Guardai l'orario sul lettore DVD, notando che erano quai le 2.30 e scossi la testa. "Credo che tornerò a letto, si sta facendo tardi. Non voglio sprecare tutta la giornata di domani a dormire."

 

Mi gettò un'occhiata pensierosa, sembrando che stesse meditando.

 

"A cosa stai pensando?" chiesi.

 

"Niente di speciale," disse, stringendo le labbra pensieroso, "sto solo pensando che voglio fare una nuotata."

 

"Adesso?" chiesi sorpreso, "certo, se ne hai voglia, vai pure."

 

C'era qualcos'altro che voleva dire a giudicare dal suo sguardo, e un momento dopo disse, "vuoi unirti?"

 

"Unirmi?" dissi, considerando se fosse una buona idea stare vicino ad un Harry mezzo nudo e fradicio, considerando se sarei stato in grado di non lanciarmi su di lui come una ragazza ubriaca alle scuole medie. La mia conclusione fu che no, probabilmente non ne sarei stato in grado, quindi scossi la testa. "No, sono... stanco," dissi mentre mi alzai in piedi sopprimendo uno sbadiglio, "Penso che andrò a letto."

 

Si alzò anche lui e scrollò le spalle. "Okay," disse, "sarò fuori se dovessi cambiare idea." Spense il televisore con il telecomando e poi si voltò per uscire.

 

Guardai la sua schiena, mordicchiandomi distrattamente il labbro, pensando. Mentre stava per aprire la porta, dissi, "Ehi, aspetta."

 

"Hai già cambiato idea?" chiese dopo essersi voltato.

 

Scuotendo la testa, mi avvicinai a lui, mordendo nervosamente l'interno della mia guancia. "No, andrò a letto," dissi, fermandomi di fronte a lui.

 

"Allora... cosa?" chiese lentamente.

 

Abbassai lo sguardo quando sentii il mio viso scaldarsi, il che, okay, era ridicolo. Non era come se stessi per chiedere qualcosa di assurdo. Ancora senza guardarlo negli occhi, ma piuttosto la sua spalla, allungai una mano e lasciai che la punta delle mie dita entrassero in contatto con il suo petto. Sentii i suoi occhi su di me, curiosi e interrogativi, ma non in modo negativo.

 

"Lou?" disse.

 

Sorridendo un po', soprattutto nel tentativo di calmarmi, dissi, "voglio solo... posso-"

 

"Fai quello che vuoi," mi interruppe dolcemente, "non ti respingerò." Il 'di nuovo' rimase inespresso.

 

Annuii ancora una volta più a me stesso che a lui, e non esitai un momento di più prima di avvicinarmi e avvolgergli le braccia intorno al corpo, posando la testa sotto il suo mento. Il suo corpo si tese per un momento, ma poi si rilassò e sentii un piccolo sospiro fuggire dalle sue labbra. Le sue braccia si avvicinarono per afferrare la mia vita, e chiusi gli occhi inspirando profondamente, tremando. Forse mi rendeva patetico, ma pazienza; non potei fare a meno di assaporare la sensazione di avere un contatto con lui che mi sembrava di non aver avuto da una vita. 

 

Rimanemmo lì così, un minuto dopo l'altro, in un salotto buio di una villa a troppe miglia lontana da casa, tenendoci l'un l'altro solo per il gusto di farlo, qualcosa che non avevamo fatto da troppo tempo. Mi sentivo bene, incredibilmente bene, e mentre la mano di Harry si avvicinava al mio collo e iniziava a giocare con i miei capelli, pensai che era quello di cui avevo bisogno quando avevamo perso i bambini. Niente di complicato, solo quello; una  silenziosa conferma che fosse lì.

 

"Sei diventato piccolo," mormorò nel mio orecchio mentre continuava ad accarezzarmi su e giù la nuca. Cercai di tirarmi indietro prima di rispondere, ma a quanto pare non gli andava bene dato che mi strinse più forte e disse, "Non farlo. Per favore."

 

E così non lo feci. Strinsi il pugno nel tessuto sottile della sua maglia di flanella e risposi, "non così piccolo."

 

"Più piccolo di prima," disse, "so che il tuo corpo non ti è mai piaciuto, ma tu non... non stai evitando il cibo, vero?"

 

Ancora con gli occhi chiusi, sorrisi. "No, sto mangiando."

 

"Prometti?"

 

"Mi hai visto mangiare più volte al giorno da quando siamo qui, Harry," ridacchiai sommessamente, "non preoccuparti, non ho un disturbo alimentare."

 

Lo sentii annuire. "Okay. Bene."

 

"Harry?"

 

"Hm?"

 

"Non dovevi andare a farti una nuotata?"

 

"Può aspettare."

 

 

*

 

 

 

Il sole a Puerto Vallarta non mostrava nessuna pietà con il passare dei giorni. Mentre ci addentravamo dentro Marzo, sembrava solo diventare più caldo e umido, e si arrivò ad un punto in cui non potevo sopportare di indossare qualcosa in più di un paio di boxer e una canottiera. Un giorno, verso la metà del mese, andammo in città per comprare un po' di cibo, e per dare un'occhiata in giro visto che non ero mai stato fuori dalla villa da quando eravamo arrivati. Pranzammo in una piccola e pittoresca caffetteria dove servivano piatti tradizionali messicani, oltre a quelli un po' più familiari per noi, e anche se stavo sudando come un maiale e mi sentivo piuttosto disgustoso per tutto il tempo, fu una bella giornata. Era bello allontanarsi da casa, anche se solo per poche ore, e andare in giro senza sentire il bisogno di riempire il silenzio con qualche chiacchiera.

 

Non si poteva dire che le cose non fosse migliorate, perché lo erano. Anche se si verificavano ancora, i silenzi imbarazzanti erano diminuiti drasticamente, il che era un grande sollievo. C'erano ancora, ma ero più rilassati. Non erano confortevoli, ma non mi facevano prudere dappertutto e non mi davano l'impulso di rannicchiarmi e sparire dalla terra.

 

Il contatto fisico era praticamente assente, però, tranne che per un breve abbraccio ogni tanto prima di andare ognuno nelle rispettive stanze da letto. E non è che fossi, beh, frustrato. Non proprio. Eravamo sempre uno intorno all'altro, parlavamo di più, ma senza mai avvicinarmi abbastanza per sentirmi bene. Non avevo bisogno di tanto, solo un bacio sarebbe stato carino. Anche solo sulla guancia. O sulla fronte. O sul naso. Solo qualcosa che avrei preso come un segno del fatto che ci fosse ancora qualcosa più che amicizia tra noi.

 

 

Note traduttrice:

Ed ecco il secondo capitolo, scusate il ritardo ma sapete, le feste. 

Come le avete passate voi? Qualche regalo che vi è piaciuto in particolare?

A presto, Fra. ♥️

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Belief. ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 3

Fede

Coming Home - Diddy- Dirty Money

 

 

 

Mercoledì, 17 Marzo

 

 

Era tarda notte, verso mezzanotte se non avevo completamente perso la cognizione del tempo, ed ero sdraiato sul prato, a pochi metri dalla piscina, mentre guardavo il cielo. L'unica fonte di luce erano le lampade del soggiorno, dove Harry era seduto sul divano con il suo portatile, occupato con qualche lavoro, ma le luci erano lontane perciò tutto intorno a me era piuttosto buio. Il cielo era limpido e le stelle erano facili da vedere, soprattutto se paragonate all'Inghilterra. Pensai che se un giorno ne avessi avuto l'opportunità, mi sarebbe piaciuta una casa in campagna dove potessi guardare le stelle durante l'estate ogni volta che ne avessi avuto voglia. I grilli sull'erba e sulle palme erano l'unica cosa che disturbavano il silenzio, e si, quello era un bel tipo di silenzio, il tipo di silenzio che avevo sempre apprezzato. Sebbene l'aria fosse ancora un po' umida, la temperatura era più vivibile la notte, essendoci circa venti gradi, e indossavo un paio di pantaloni della tuta e una maglietta.

 

"Sembri stranamente soddisfatto." Non avevo sentito Harry avvicinarsi, ma ora era proprio accanto a me, sorridendo ironicamente. "Ti godi un po' di tempo libero?" aggiunse mentre si adagiava sulla coperta accanto a me.

 

"No, solo un po' di tranquillità," dissi, i miei occhi tornarono a guardare il cielo.

 

"Vuoi che ti lasci in pace?"

 

"No, va bene," dissi, "finito con il lavoro?"

 

"È mezzanotte passata," mormorò, "non mi importa se ho finito o meno, non faccio le cose legate al lavoro dopo la mezzanotte."

 

"Lo fai sempre," sottolineai. 

 

"Si, beh, sto cercando di creare delle nuove regole per me stesso." Si fermò per un momento. "Il motivo per cui abbiamo iniziato ad allontanarci è perché stavo lavorando troppo, quindi credo che focalizzare la mia attenzione su altre cose non sarebbe affatto male. Giusto?"

 

"No." Chinai la testa di lato e lo guardai con un lieve sorriso. "Non sarebbe male. Ridurrai un po' anche le ore che trascorri in ufficio?"

 

Annuì. "Stavo pensando che lavorerò solo due sabati al mese, e tornerò a casa in tempo per cena tutti i giorni dal lunedì al venerdì. Suona bene?"

 

"Sembra davvero fantastico, in realtà," dissi, sorridendogli con gratitudine, "e penso che anche Aidan lo apprezzerebbe."

 

Nei suoi occhi apparve una sfumatura di sorpresa. "Come mai?"

 

"Sai com'è," dissi calmo, "anche se qualcosa non va, o se qualcosa lo disturba, non lo dirà mai, ma è anche estremamente ovvio a riguardo." Feci un sorriso triste. "Si arrabbia ogni volta che chiami per dire che non torni a casa per cena, è facile da capire. So che sta crescendo, ma voi due andavate a giocare a calcio e a sistemare le cose nella macchina e tutte quelle cose da ragazzi, ed è possibile che io sia completamente fuori strada, ma credo che voglia che ti ricordi che anche se tra un anno e mezzo andrà all'università, lui è ancora tuo figlio, è ancora giovane, e ci sono ancora delle cose che vuole imparare da te e delle cose di cui vuole parlarti prima che si trasferisca."

 

Ci fu silenzio per qualche istante, i suoi occhi puntati verso il cielo e le mani incrociate sul petto. "Come ho detto, dovresti diventare uno psichiatra," disse poi. Con un sospiro, mi guardò. "Pensi che sia per questo che è stato così scontroso con me ultimamente? Perché è arrabbiato con me?"

 

"Non credo che sia arrabbiato con te," dissi, "penso che gli manchi e non sa come dirtelo."

 

"Si. Credo abbia preso quel tratto da me."

 

"Cosa, essere incerto su come esprimere i sentimenti?" Scoppiai in una risata forte, "Forse, si."

 

"Sono abbastanza sicuro che abbia preso da te il fatto di non voler condividere i tuoi problemi, però," ribatté lui.

 

Risi di nuovo. "Povero ragazzo. Ha avuto il peggio da entrambi."

 

"Non è poi così male," disse con una leggera scrollata di spalle, "è intelligente da far schifo quando si tratta di libri; sicuramente quello non l'ha preso da me."

 

"Neanche da me. Sono certo che sia una sua caratteristica. Non so se l'hai notato, ma ha un sacco di libri e credo che abbiamo letto ognuno di loro almeno due volte."

 

"Mm, si. Probabilmente gli dovrò comprare un'altra libreria, sta iniziando ad impilarli in terra contro le pareti."

 

"Fallo quando torneremo e portalo con te," suggerii, "o forse dovreste costruirla da zero insieme, fare una cosa padre-figlio."

 

Emise un suono di approvazione. "Credo di poterlo fare. Ho la sensazione che mi dirà di andare a quel paese."

 

"Non lo farà, sarà felice che vuoi fare qualcosa con lui."

 

"Si. Può essere."

 

Una leggera brezza aveva iniziato a giocare con i miei capelli, e quando guardai il cielo, notai che le nuvole stavano iniziando a comparire. Ciò significava che sarebbe diventato ancora più umido (avrei voluto piangere al pensiero), o che avrebbe iniziato a piovere (quel pensiero mi fece venir voglia di ballare con gioia).

 

"Lou?" disse Harry dopo un minuto o due di silenzio.

 

Sbattei le palpebre. "Si?"

 

"Posso... posso chiederti una cosa?" disse esitante, "è un po'... beh, non lo so, forse offensivo, ma ho solo bisogno di sapere."

 

Un piccolo nodo di paura si insinuò nel mio petto, ma io annuii comunque. "Vai."

 

Rotolò su un fianco e si appoggiò su un gomito. Strinse le labbra, sembrando pensare a come esprimere qualunque cosa volesse chiedermi, e poi si schiarì la voce. "Mi stavo solo chiedendo da- beh, da un anno, in realtà, perché noi... noi non- voglio dire, non stiamo insieme da un po'."

 

Mi accigliai, non capendo cosa stesse dicendo, eravamo insieme, no? Poi notai il modo significativo con cui mi guardava, e un perplesso, "Oh," uscì dalla mia bocca mentre la mia mentre faceva due più due. "Si, da un po'," dissi, "cosa riguardo a questo?"

 

"Mi stavo solo chiedendo se tu... se sei stato con qualcun altro," disse lentamente, mordendosi il labbro, chiaramente ansioso di sentire la risposta. "Puoi essere onesto, non andrò fuori di testa se l'hai fatto," aggiunse lui.

 

Sorrisi debolmente e scossi la testa. "Non l'ho fatto. Nemmeno una volta."

 

"Ci hai mai pensato almeno?"

 

Scossi di nuovo la testa, abbassando gli occhi per un momento prima di rispondere piano. "No, io- volevo te, nessun'altro."

 

"Oh," disse, sembrando improvvisamente pieno di sensi di colpa.

 

Il mio cuore cedette, così come la mia faccia, e dovetti schiarirmi la gola prima chiedere, "Tu?"

 

Fece una smorfia e si spostò un po'. "Non proprio," disse, "Io- io... ho baciato una donna con cui lavoro mesi fa, ma è finita come è iniziata. Lo prometto."

 

Una donna. Era quello che mi aveva bloccato. Non che avesse baciato qualcun altro, ma che fosse una donna. Mi dava una sensazione di inquietudine nello stomaco, e in non più di una frazione di secondo, i pensieri sul non essere adeguato mi entrarono in mente. "Okay," fu tutto ciò che dissi. 

 

"Okay? È tutto ciò che hai da dire?" chiese lui, perplesso.

 

"Cosa vuoi che dica?"

 

"Non lo so, io- non sei arrabbiato?" disse, accigliandosi. 

 

"No, io..." mi interruppi, serrai la mascella e decisi di buttarmi per una volta, "non sono arrabbiato, ma ho paura."

 

"Paura?" ripeté interrogativamente, "Per cosa? Per lei? Non c'è niente tra noi, Lou, è stata una volta e-"

 

"No, non per lei in particolare," lo interruppi, "ma perché- perché era una donna."

 

"Cosa?" disse sconcertato, "avresti preferito che fosse stato un uomo?"

 

"In realtà, si," dissi con una piccola risata forzata.

 

"Ma perché?"

 

Sospirai, infilandomi le dita tra i capelli, alzando lo sguardo al cielo. "Perché ho paura che un giorno ti svegli e capisci che hai mentito a te stesso in tutti questi anni, e che quello che vuoi veramente è una donna, non un uomo," dissi, la mia voce lenta e ferma.

 

"Quello che voglio è qualcuno con cui essere felice," disse esasperato, "non mi importa se è uomo o donna."

 

"Lo so," dissi sottovoce, "me l'hai detto tante volte, ma è... è difficile togliersi il dubbio."

 

"Mi dispiace," disse mentre si adagiò sulla schiena.

 

"Per cosa?" chiesi.

 

"Per averti raccontato di lei."

 

"No, sono contento che tu l'abbia fatto," dissi, trascinando il pollice sul dorso della sua mano, "tutte le carte in tavola, giusto?"

 

"Giusto," sorrise, "Quindi tu niente? Niente baci, niente sesso, niente?"

 

"Niente," confermai.

 

Qualcosa tra un sorriso e uno sguardo di compassione apparve sul suo viso, e chiese pensoso, "Quanto tempo è passato?"

 

"Tanto," dissi, "quasi due anni."

 

"Un lungo periodo passato a masturbarmi."

 

Le mie guance divennero rosse, ma roteai gli occhi per nasconderlo. "Non sei più un ragazzino, sono sicuro che tu stia bene," dissi.

 

"Certo," disse con una scrollata di spalle, "ma non significa che non ho i miei bisogni."

 

"Comprensibile, immagino," dissi con un leggero colpo di tosse, cercando di non lasciare che la mia immaginazione si allargasse troppo. Solo Dio sapeva quanto autocontrollo serviva.

 

"Scusa," disse sorridendo, "ti ha fatto sentire a disagio?"

 

"No, non a disagio," dissi velocemente, "è... è solo, beh, è passato un po' di tempo, tutto qui."

 

"Si. Penso che non ci baciamo da... non so, un anno? Di più?"

 

"Qualcosa del genere, si."

 

"È folle," affermò con le sopracciglia alzate.

 

"Un po' forse, si."

 

Sbatté le palpebre una volta, poi i suoi occhi indugiarono sulle mie labbra. Durò solo un quarto di secondo, ma notai che, a giudicare dal modo in cui mi guardava dritto negli occhi, sapeva che l'avessi visto. Quando si avvicinò a me, il mio battito cardiaco accelerò, e rispecchiai il suo movimento, le nostre labbra a un centimetro di distanza. Il mio naso sfiorò il suo, e una risatina mi sfuggì dalle labbra, ma quello fu tutto ciò che feci prima che, per la prima volta dopo un anno, due mesi e ventitré giorni, le sue labbra morbide toccarono le mie.

 

Per alcuni secondi restammo entrambi immobili, timorosi di rovinare qualcosa se ci fossimo mossi anche solo di un centimetro. Respirai lentamente attraverso il naso mentre spostai esitante la mano da sopra quella di Harry per sollevarla e cingergli il viso con leggerezza. Scivolò più vicino a me, e si sciolse al mio tocco, sentii la sua mano piegarsi intorno alla curva della mia vita.

 

Tutto cominciò con lui che premette le sue labbra più fermamente contro le mie. E continuò con le nostre lingue che danzavano l'una con l'altra mentre lasciavamo uscire gemiti soffocati. Harry si mise a cavalcioni su una delle mie gambe, mentre la sua coscia sfregava contro il mio cazzo duro. Finì con me a cavalcioni sul suo grembo, il suo membro nella mia mano, lui che ansimava sul mio collo, io che ansimavo tra i suoi capelli, mentre ci stringevamo l'un l'altro, venendo quasi simultaneamente con i nostri nomi tra le labbra.

 

Giovedì, 18 Marzo

 

Quando mi svegliai il mattino dopo, non ero nel letto che avevo iniziato a chiamare mio da un mese.

 

Aprendo gli occhi, la prima cosa che vidi fu Harry, profondamente addormentato accanto a me. La faccia verso la mia. Ogni volta che espirava, un lieve soffio d'aria lasciava la sua bocca, e non potei evitare un sorriso affettuoso. Allungando una mano, la posai con cura sul suo petto nudo, sentendo il suo cuore battere costantemente sotto le mie dita. Era rassicurante, in qualche modo. Mi diceva che era di nuovo lì, con me. 

 

Fu solo pochi minuti dopo che anche i suoi occhi si aprirono. Sembrava un po' sorpreso quando il suo sguardo si posò per la prima volta su di me, ma poi sorrise e disse, con voce stanca, "Buongiorno," seguito prontamente da uno sbadiglio. "Che ore sono?"

 

"Non ne ho idea," feci spallucce, "Importa?"

 

Allungando le braccia, inarcando la schiena, emise un suono di contentezza. "No, immagino di no," disse.

 

Ci fu silenzio per qualche istante. "Mi è mancato questo," dissi allora, sorridendo timidamente, "Svegliarmi accanto a te. In realtà, avere te con il viso dalla mia parte."

 

Sorrise, la pelle leggermente più scura sotto i suoi occhi si increspò. "Anche a me," disse, "sei carino da appena svegliato."

 

Sorrisi ed arrossii. "Allora, cosa vuoi fare oggi?"

 

Sospirò e scrollò le spalle. "Non lo so. Ho del lavoro da fare, ma a parte questo, niente di speciale. Solo uscire, stenderci al sole, andare in città a pranzo magari. Suona bene?"

 

Suonava bene. Il problema era che una volta che ci vestimmo, scendemmo le scale e guardammo fuori dalla finestra, vedemmo il cielo grigio e piovoso. Harry era piuttosto seccato, dicendo che gli piaceva il clima estivo, ma io ero al settimo cielo perché quello significava che potevo finalmente non sudare per un giorno. Sarebbe stato un bel cambiamento.

 

L'aria era ancora piacevolmente calda, ventitré erano i gradi che il termometro in cucina segnava, ma l'umidità era sparita, sostituita dalla sensazione fresca e pulita che solo un temporale estivo sapeva portare. Prendendo una coperta, uscii verso la parte del prato coperta dal un soffitto di plastica, e mi sedetti lì. Guardai verso la piscina, osservando come le gocce della pioggia facevano buchi sulla superficie.

 

Girai la testa un po' di lato e potei vedere Harry nel soggiorno, seduto sul divano con il portatile in grembo e un cipiglio concentrato sulla fronte. Il lavoro gli donava perché era ovvio che si divertiva. Non l'avrei mai capito. Mi piaceva molto il mio lavoro, ma nonostante ciò, era solo un lavoro, non qualcosa su cui avevo scelto di passare il mio tempo quando non era necessario. Harry poteva dire quello che voleva, ma sapevo benissimo che la metà delle volte che diceva 'devo lavorare' ciò che intendeva era 'voglio lavorare'. E mi andava bene, finché trovava un po' di tempo da trascorrere con me e Aidan. Non ne aveva trovato molto negli ultimi due anni, ma se fosse rimasto fedele alla sua parola, d'ora in poi l'avrebbe fatto. Il solo pensiero fece scomparire un po' la preoccupazione che avevo.

 

Harry alzò lo sguardo all'improvviso, il suo viso si illuminò in un sorriso quando i suoi occhi incontrarono i miei. Ricambiai il sorriso prima di voltare la testa per continuare a guardare la pioggia, che continuava a cadere in modo uniforme, rapidamente.

 

Continuò a piovere per il resto della giornata. A volte cadeva in una leggera pioggerellina che creava uno strato sottile e brillante sull'erba e sulle palme. Altre volte si riversava come se tutte le porte del paradiso fossero state aperte, liberando ciò che c'era all'interno senza pietà. Dopo che calò il buio, verso le 19, iniziò anche a tuonare. A quel punto mi spostai dentro e iniziai a preparare la cena mentre Harry sedeva sul bancone, dando ogni tanto un morso a dei pomodori che stavo tagliando e chiacchierando.

 

"Così si è seduto su una panchina," disse, non riuscendo a trattenere le risate, "e all'improvviso tutto- oh." Durante la sua eccitazione per la storia che stava raccontando (una storia su un uomo con cui aveva lavorato che apparentemente si era seduto su una panchina che era crollata proprio sopra al laghetto), aveva colpito la ciotola dell'insalata con le braccia, facendola cadere sul pavimento.

 

"Oh," ripetei seccamente.

 

"Scusa?" disse cercando di sorridere.

 

"Pulisci," comandai, "e poi fai una nuova insalata."

 

"Si, mamma."

 

"Pensavo che avessimo stabilito anni fa che non sarei stato chiamato mamma."

 

"Beh, si, ma a volte parli davvero come mia mamma, quindi non posso fermarmi."

 

Si guadagnò un leggero schiaffo sulla guancia per quello. "Fallo e basta, così possiamo iniziare a mangiare presto. Sono affamato."

 

"Quando hai mangiato l'ultima volta?" chiese corrugando la fronte, "per favore non dirmi a colazione, perché è stato ore-"

 

"Ho mangiato un panino alle 15 in punto, Harry," dissi, "non ho disturbi alimentari, okay?"

 

"Bene, scusa," disse alzando le mani, "sono solo preoccupato, tutto qui."

 

"So che lo sei," dissi gentilmente, "sei sempre stato preoccupato per la mia salute."

 

"Beh, non voglio che tu muoia," disse in tono difensivo.

 

"Non morirò," sbuffai.

 

"Bene."

 

Anche se gli ci vollero ben quindici minuti, visto che aveva insistito per affettare l'insalata singolarmente piuttosto che tutta insieme, finalmente finì e la ciotola fu messa sul tavolo insieme ad una pentola di pasta e un cesto di pane.

 

"Sai," dissi, "la prima volta che hai cucinato per me, hai fatto la pasta."

 

"Si?" chiese con la bocca piena di pane.

 

Annuii e dissi, "Si. Non ci conoscevamo molto bene, ma sono tornato a casa con te dopo l'appuntamento con la dottoressa e tu mi hai fatto la pasta. Carbonara, però, non qualsiasi cosa questo sia."

 

"Questa cosa ha un sapore incredibile," affermò.

 

"Grazie."

 

"Prego. Non ricordo davvero di averti mai fatto del cibo, però," disse corrugando le sopracciglia per la concentrazione, "sei sicuro che fossi io?"

 

"Chi altro?" chiesi retoricamente, "non avevo nessun altro con cui uscire, nessuno che sapesse del bambino almeno, e ricordo molto chiaramente che è successo dopo che sei stato con me dalla dottoressa."

 

"Oh." Sporse le labbra, apparentemente cercando di ricordare, ma poi scosse la testa, "Scusa, il ricordo non mi viene in mente."

 

"È stato secoli fa," dissi, "mi è solo venuto in mente perché, beh, stiamo mangiando la pasta ora."

 

 

Venerdì, 19 Marzo

 

Sembrava quasi che gli dei del tempo avessero deciso che dopo settimane e settimane di sole e umido, era il momento di una tempesta, perché la pioggia che aveva iniziato a cadere il giorno prima stava ancora cadendo quando ci svegliammo venerdì mattina (o pomeriggio, a seconda di come la vedevi). I tuoni si erano fermati, ma quando eravamo pronti per la cena, ricominciarono. 

 

"Perché tuona sempre alle 19 di sera?" chiese Harry curioso quando finì di mangiare, "voglio dire, se domani inizierà di nuovo alla stessa ora andrò a cercare dei segni premonitori per la casa."

 

"Segni premonitori di cosa?" chiesi.

 

Si strinse nelle spalle. "Non lo so. Cose brutte. Morte e malattia."

 

"Che bello," dissi secco, "non puoi invece cercare segni premonitori di qualcosa di carino?"

 

"Tipo cosa?"

 

"Non lo so. Ricchezza, amore e felicità?"

 

Ridacchiando, annuì. "Certo, vedrò se riesco a trovarne uno."

 

Una buona parte delle ore successive la passammo di fronte alla TV con una busta di patatine tra di noi, guardando più di un film. Forse era un po' noioso; un po' inutile direbbero alcuni, visto che eravamo lì in primo luogo per concentrarci l'uno sull'altro, ma no. Era bello. Stare sdraiati sul divano tutto il giorno, senza fare niente, era una cosa che facevamo sempre prima che nascessero dei problemi, specialmente quando Aidan era piccolo e ci stancava il più delle volte, quindi il fatto che lo stessimo facendo di nuovo era una cosa bella. 

 

La pioggia sembrava aumentare sia in termini di forza che di quantità, il ritmo si era un po' rallentato, e i tuoni sembravano essersi calmati. Potevano sentirsi ancora, ma almeno non facevano tremare il pavimento. 

 

"Penso che farò una nuotata ora," disse Harry all'improvviso.

 

"Una nuotata," ripetei, "Adesso? Con questo tempo?"

 

"Mhm," mormorò, "l'acqua è sempre molto più calda quando piove."

 

Lo guardai divertito. "Allora okay. Vai."

 

Si alzò in piedi e, senza ulteriori indugi, si tolse la maglietta e lasciò cadere i pantaloni della tuta sul pavimento. Mi schiarii la gola, piuttosto rumorosamente, prima di voltare di nuovo gli occhi verso la TV. Quello non fu di grande aiuto quando vidi con la coda dell'occhio che si tirò giù anche i boxer, lasciandolo completamente nudo a soli due metri da me.

 

"Dai, unisciti a me," disse.

 

"Penso che resterò qui," dissi, schiarendomi di nuovo la gola, "non sono un fan di... delle sessioni di nuoto notturne durante una tempesta."

 

"Non è una tempesta, è solo un po' di pioggia e qualche tuono," disse, "andiamo."

 

"È pericoloso stare in acqua mentre tuona," protestai, "se il fulmine tocca l'acqua, verremmo folgo-"

 

"Il fulmine non ci toccherà," disse alzando gli occhi al cielo.

 

"Ma io davvero non-"

 

"Lou, dai," disse con un piccolo broncio, "vieni a fare una nuotatina con me."

 

Passai altri dieci minuti a protestare e a lamentarmi, ma alla fine mi tolsi i vestiti e mi trascinai fuori.

 

"Si gela," sibilai, avvolgendo le mie braccia attorno al mio corpo mentre camminavo verso la piscina. 

 

"Na, ti senti così solo perché siamo nudi," rispose con facilità, "migliorerà una volta che entri in acqua."

 

Fui estremamente grato quando scoprii che aveva ragione. L'acqua della piscina era calda, scorreva intorno a me come un velo. Era la prima volta nella mia vita che stavo nuotando nudo, e non ero sicuro se mi piacesse o no. Da un lato era bello non essere costretto da nessun vestito, muoversi semplicemente liberamente, ma allo stesso tempo tutto ciò che c'era sotto era... penzolante, e piuttosto scomodo.

 

Nuotai verso il muro sul lato poco profondo, mi lasciai cadere in modo che le mie ginocchia fossero leggermente piegate e l'acqua raggiungesse il livello sufficiente a coprirmi i capezzoli.  Harry si unì a me un momento dopo, mettendosi proprio di fronte a me. Rimasi in piedi, e più o meno tutta la parte superiore del suo corpo era in mostra. Le uniche luci accese erano quello attaccate alle pareti sott'acqua, ed emanavano una luce soffusa, facendo apparire Harry come se fosse disegnato con il carboncino. Era una bella vista. 

 

"Non è poi così male, vero?" chiese.

 

Sorrisi. "No, è okay," dissi, "e avevi ragione, l'acqua sembra più calda quando piove."

 

Mentre spostò alcune ciocche bagnate che gli erano rimaste attaccate alla fronte, fece un paio di passi più vicino a me, posando i piedi al lato dei miei, e appoggiò le mani sul muro, incastrando il mio corpo. 

 

Sbattei le palpebre con le ciglia bagnate, facendo una smorfia quando mi cadde della pioggia sugli occhi. "Ciao."

 

"Ciao," rispose lui, sorridendo.

 

Mi misi dritto, alzai le mani e le misi sulla sua vita, facendo un tentativo sottile per avvicinarlo di più. A giudicare dal sorriso che mi mandò, non ero stato molto sottile.

 

"Voglio davvero baciarti," dissi, perché, beh, se non ero stato molto sottile, non c'era motivo di continuare a recitare la parte.

 

"Mm, voglio davvero baciarti anche io," mormorò lui mentre accorciava la distanza rimanente tra i nostri corpi, premendosi contro di me con ogni centimetro di pelle liscia, umida e calda. Le sue mani arrivarono alla mia schiena, e le fece scorrere su e giù, prima di di farle scendere del tutto. Non mise molta pressione nel tocco, ancora testando le acque (scusate il gioco di parole), ma era così bello, e risposi incurvando leggermente la schiena, facendogli capire che andava bene, che gli era permesso fare ciò che voleva.

 

E lo fece.

 

Premette le dita nella pelle morbida del mio sedere, si chinò e catturò le mie labbra con un bacio quasi violento. Tutto ciò che potevo fare era rispondere in maniera simile stringendo forte la sua vita e accettando la pressione insistente della sua lingua contro la linea delle mie labbra. Non era uno scambio delicato di affetto, ma era comunque uno scambio di affetto, uno di quelli che mi faceva sentire bene, un po' disperato, stranamente estraneo e che avevo aspettato a lungo.

 

Le sue dita si spostarono ulteriormente per allargare le mie natiche, e la mia reazione istintiva fu quella di saltare su e avvolgere le mie gambe intorno alla sua vita. Mi afferrò facilmente e, mentre riprendemmo quello che si poteva definire a malapena un bacio, continuò a far scorrere una mano su e giù nella fessura mentre usava l'altra per sostenere il mio peso nell'acqua.

 

Mi sentivo senza peso, in un certo senso. Non solo per l'acqua che scorreva dolcemente intorno alle mie gambe e per la pioggia che ricopriva me ed Harry, ma anche a causa dei miei sensi che stavano salendo alle stelle, portandomi ad altezze sconosciute ad ogni movimento e ad ogni tocco. Era passato tanto tempo, così tanto tempo passato a chiedermi se sarei mai stato di nuovo così, ma lo ero in quel momento, e volevo ridere e piangere allo stesso tempo, non riuscivo ad esprimere come mi sentissi.

 

Mentre strusciavo i fianchi contro il suo stomaco, cercando una sorta di frizione per il mio cazzo, feci del mio meglio per spingere il mio sedere contro la sua mano, volendo le sue dita più affondo nonostante sapessi molto bene che non sarebbe successo. Non così. Il suo respiro diventava sempre più forzato ogni secondo che passava, e alla fine le sue labbra si staccarono dalle mie con un gemito. 

 

"Cazzo, cazzo, cazzo," ansimò, caldi sbuffi di aria colpivano ripetutamente il mio mento, facendomi mugolare piuttosto pateticamente e facendomi stringere le gambe. Prima di sapere cosa stavo facendo, Harry aveva tolto la mia mano, mi aveva sollevato più in alto sulla sua vita, aveva afferrato il suo membro e lo aveva guidato in modo che la punta scivolasse proprio sulla mia entrata.

 

Gridai e affondai le unghie nella sua pelle prima di piagnucolare. "Non possiamo. Non ho portato niente."

 

"Neanche io. Ma posso uscire in tempo," gemette. Stava roteando i fianchi in brevi, lenti movimenti, facendo si che la sua erezione spingesse nel mio ingresso ogni secondo, e mi sentivo quasi male per quanto lo volessi dentro di me.

 

"È passato troppo tempo," dissi senza fiato mentre scuotevo la testa il meglio che potevo, "ho bisogno di lubrificante."

 

Stringendo saldamente il mio sedere con entrambe le mani, spinse entrambi incredibilmente vicini. I miei occhi rotearono e le mie palpebre svolazzarono quando il suo membro scivolo indietro, poi avanti, di nuovo su, mentre iniziava a spingere, come se mi stesse scopando.

 

"Ti voglio così tanto," sussurrai disperatamente, cercando di concentrarmi sul non crollare completamente.

 

"Dobbiamo aspettare," rispose lui senza fiato, "questo è tutto ciò che possiamo fare per ora."

 

Seguirono tocchi, carezze, baci, palpate, morsi e leccate, e non passò molto tempo prima che venimmo entrambi, io così violentemente che la mia schiena si inarcò all'indietro finché la mia testa non colpì quasi il bordo della piscina. Probabilmente sarebbe successo se Harry non mi avesse afferrato e stretto fino a quando non finii di liberare l'orgasmo e riuscissi a mettermi in piedi.

 

Rimanemmo in quella posizione per quella che sembrò un'eternità. Ma ero a mio agio e soddisfatto e il mio intero corpo sembrava pesante, e non volevo muovermi. 

 

"Io... ti amo," sussurrai alla fine, tenendo gli occhi chiusi e la guancia premuta contro il lato della sua testa.

 

Lo sentii annuire lentamente, ma non disse nulla subito. "Vuoi entrare e andare a letto?" fu ciò che disse dopo qualche momento di silenzio.

 

Scelsi di non soffermarmi sul fatto che non avesse ricambiato, invece feci solo un cenno con la testa e borbottai un stanco, "Si."

 

Mentre mi portava su per le scalette che portavano alla piscina, poi in casa e in camera da letto, ero a malapena cosciente. Mi posò con cura nel letto, sopra le coperte, e stavo per allungare la mano per trascinarlo giù con me, ma prima che potessi farlo, si era già girato e aveva lasciato la stanza.

 

Sbattendo le palpebre stancamente, mi appoggiai sui gomiti e aggrottai le sopracciglia. Perché era andato via? Non sarebbe rimasto con me quella notte? Passarono un paio di minuti e lui non tornò, e io mi rannicchiai sulla schiena sentendomi un po' avvilito. Tirai le coperte sopra di me, ignorando il fatto che ero ancora fradicio, e chiusi gli occhi con un sospiro.

 

"Oh, per l'amore di Dio, Lou."

 

Mi sedetti di nuovo con un grido sorpreso e vidi Harry in piedi sulla soglia. Si era asciugato, da come potevo vedere, e indossava un paio di boxer. Un grande asciugamano era nella sua mano e la sua faccia non esprimeva altro che esasperazione.

 

"Te ne sei andato," dissi stupidamente mentre mi massaggiavo gli occhi, costringendomi a tenerli aperti.

 

Roteò gli occhi mentre si avvicinava al letto e si sedeva nel suo lato. "Si, per prendere un asciugamano," disse, "ora hai bagnato tutto il letto, idiota."

 

Offrendo un sorriso di scuse, accettai l'asciugamano e spinsi via le coperte (bagnate), iniziando ad asciugarmi. "Almeno non ho pisciato il letto," dissi quando gettai l'asciugamano sul pavimento e mi abbassai per appoggiare la testa sul cuscino, "ricordi Aidan? Quando lo fece aveva, quanto, cinque anni più o meno?"

 

"Oh si," Harry sbuffò, "ha pianto per un'ora, perché 'i ragazzi grandi non fanno pipì dappertutto tranne che in bagno'."

 

"E poi ha passato una settimana dormendo in bagno, solo in caso," dissi con una piccola risata. 

 

"Bei tempi," mormorò.

 

Sorrisi e chiusi gli occhi, sospirando contento. Ci fu silenzio per un po' di tempo; così tanto che quasi mi addormentai, ma Harry parlò di nuovo.

 

"Sei ancora sveglio?" chiese.

 

"A malapena," mormorai.

 

"Mmm. Quindi... davvero non hai portato niente?"

 

Feci un sorriso sghembo. "Nemmeno tu."

 

"Non prenderla nel modo sbagliato, ma non pensavo che ne avremmo avuto bisogno."

 

"Si," dissi, lasciando che il mio sorriso vacillasse un po', "anche io."

 

"Oh, no, non essere triste," disse con un piccolo gemito.

 

"No, no, non sono triste," dissi velocemente, "solo... no, non lo so. Suppongo che avremmo dovuto portare qualcosa, dopo tutto."

 

"Non avrebbe fatto male a nessuno, no." Rimase silenzioso per un po', ascoltando il tamburellare della pioggia che cadeva contro il tetto e la finestra. Era tranquillo, in un modo stranamente felice, e mi piaceva. Strano come avessi iniziato ad odiare il silenzio nell'ultimo anno, e in quel momento lo amavo. Alla fine, Harry parlò di nuovo, la sua voce sommessa. "Ci ho pensato un po'," disse, "e credo che dovremmo tornare a casa."

 

Quello mi svegliò immediatamente, mi tirò fuori dal mio piccolo posto felice, e lo guardai con occhi spalancati per lo spavento. "Ho fatto qualcosa di sbagliato?" chiese, "è per quello che abbiamo fatto in piscina? Ti sei penti-"

 

"No, no, certo che non hai fatto niente di male, e naturalmente non mi pento di averti quasi- scopato nella piscina," mi interruppe, l'ultima parte con un sorrisino sfacciato, "ma siamo qui da un mese, e le cose sono migliorate da quando siamo arrivati."

 

"Sono migliorate, ma siamo lontani dall'essere, sai, sicuri al cento per cento che le cose funzioneranno," dissi. Continuando a mordermi le labbra, continuai, "Abbiamo parlato di tutti i problemi che abbiamo, e credo che li abbiamo risolti, ma le cose sono ancora lontane dall'essere completamente perfette."

 

"Lo so, ma fondamentalmente è-"

 

"Ti ho detto che ti amo poco fa," dissi prima che finisse di parlare, "e tu non hai ricambiato, quindi ovviamente-"

 

"Ehi, ehi," mi interruppe gentilmente, "Certo che ti amo. Ho solo bisogno di tempo per tornare alla solita vita, okay?"

 

Facendo il broncio, chiesi, "In che modo?"

 

Inclinò la testa di lato, e sorrise cautamente. "Abbiamo parlato di più e siamo stati insieme il mese scorso più di quanto abbiamo mai fatto negli ultimi due anni, Lou," disse, "anche se stiamo insieme da più di sedici anni, questo sembra un po' come se stessimo ricominciando da zero. Le cose non sono tornate come erano, no, ma come hai detto tu, abbiamo risolto tutti i problemi più importanti, quindi quello che dobbiamo fare ora è semplicemente passare del tempo insieme e non fare di nuovo gli stessi errori. Siamo venuti qui per tornare sulla retta via, e penso che ci siamo riusciti, quindi non c'è motivo di restare qui più a lungo."

 

Abbassai lo sguardo e iniziai a giocare con l'angolo della federa. "Sono spaventato," confessai, "è stato tutto così bello e semplice qui, rilassante e senza dovermi preoccupare di nulla, ma... quando torneremo a casa, tutto sarà uguale a quando siamo partiti. E se tornassimo a come prima?"

 

"Allora abbiamo dei problemi che una vacanza non sarà in grado di aggiustare," disse mentre mi mise un dito sotto al mento e lo sollevò, costringendomi a stabilire un contatto visivo con lui. 

 

Deglutendo, risposi con un sussurro esitante, "Non voglio perderti."

 

"Non mi perderai."

 

Ignorando le sue rassicurazioni, dissi, "ho passato così tante notti nel nostro letto a casa, chiedendomi se stavi pensando di lasciarmi una volta per tutte, e io solo... non posso più tornare a farlo." Scossi la testa. "Non posso."

 

"Non ho mai pensato di lasciarti," disse, con gli occhi scuri, caldi e sinceri, "mi è passato per la mente alcune volte, ogni volta che stavo passando una giornata particolarmente brutta, ma non l'ho mai preso davvero in considerazione." Appoggiandosi, premette un bacio attento sulle mie labbra prima di aggiungere, "Significhi troppo per me. E anche la vita che abbiamo costruito. Non sono pronto a rinunciarci."

 

Annuii, sorridendo il meglio che potei, il mio cuore batteva un po' più veloce del solito a causa sia di sollievo che di ansia. "Quindi pensi davvero che dovremmo tornare a casa?"

 

"Si. Lo penso."

 

 

Giovedì, 25 Marzo

 

Fu con un gemito che crollai sul pavimento, con ancora in mano la mia valigia. "Il volo più lungo di sempre," dissi, trascinandomi la mano sul viso che ero abbastanza sicuro fosse pallido come un lenzuolo con due cerchi sotto agli occhi.

 

"Non era più lungo di quello dell'andata," sottolineò Harry mentre trascinava la sua valigia verso le scale e si accasciava sul gradino inferiore.

 

"Sono abbastanza sicuro che lo fosse," dissi sbadigliando, "che ore sono?"

 

"Quasi le dieci."

 

"Del mattino?" chiesi con orrore. 

 

"No, sera, grazie a Dio."

 

"Oh, grazie, cazzo," mi lamentai mentre mi alzavo in piedi, "Vado a letto. Penso che non mi toglierò i vestiti."

 

"Anche io," sbadigliò mentre si alzava in piedi. Afferrò la sua valigia e si voltò verso di me con l'insicurezza dipinta sul viso. "Io... torno in camera da letto?"

 

Che ci crediate o no, lo presi come un buon segno il fatto che me lo avesse chiesto in modo diretto, piuttosto che iniziare a girare intorno al problema, come sapevo avrebbe fatto due mesi prima. "Si, torni in camera da letto," confermai, "sono stanco di dormire da solo."

 

Dopo che ci togliemmo i vestiti ("non puoi dormire con i jeans, Lou") e ci infilammo sul letto, non potei impedirmi di sorridere ampiamente.

 

"Cosa?" chiese stanco.

 

"Niente. È solo che... è bello che tu sia qui," dissi, "ed è bello essere a casa."

 

"Mhm," mormorò, "pensi che dovremmo far sapere agli altri che siamo tornati?"

 

"Na, dovremmo prenderci un paio di giorni per stare da soli," dissi dopo una breve pausa, "camminiamo prima di correre, si?"

 

Lui sorrise. "Si."

 

 

*

 

 

Alcuni giorni si trasformarono in oltre una settimana, ma in realtà, che importava? Aidan stava bene con Anne e Robin, e a chi altro interessava che fossimo tornati o no? Inoltre, era positivo fare le cose un passo alla volta, piuttosto che occuparci di tutto contemporaneamente. 

 

Venerdì rimanemmo a casa per fare le faccende domestiche; pulire, spolverare gli scaffali, fare la spesa, pagare le bollette e così via.

 

Il sabato lo passammo facendo ognuno cose diverse, perché, come aveva sottolineato Harry, anche se eravamo in un processo-di-ripresa, avevamo anche bisogno del tempo da soli. Così mentre Harry era rimasto nel suo studio, lavorando tutto il giorno, io feci un salto al centro commerciale e comprai vari oggetti di cui avevamo bisogno per la casa e alcuni vestiti nuovi per me e Aidan. Presi anche una scatola di preservativi e un paio di tubetti di lubrificante visto che quello che avevamo a casa c'erano da troppo tempo per poterli usare.

 

La domenica pomeriggio la trascorremmo ascoltando musica ad alto volume, guardando film e mangiando cibo spazzatura. La serata passò facendo buon uso dei preservativi e del lubrificante acquistati il giorno prima, nel letto, nella doccia e in un altro posto che mi vergognavo di ammettere anche a me e stesso. Harry si era messo a ridere quando finimmo.

 

Lunedì tornammo entrambi a lavoro. Tornai a casa un'ora prima di Harry, ma lui attraversò la porta in tempo per aiutarmi a preparare la cena, e venni salutato con un sorriso e un bacio, quindi non avevo niente di cui lamentarmi.

 

Martedì, giovedì e venerdì passarono in maniera simile.

 

Sembrava che le cose stessero andando bene, ma avevo paura di dirlo ad alta voce o di pensarci troppo, e così non feci né l'uno e né l'altro. Le cose non erano tornate alla normalità. Non ero così ingenuo da pensarlo. Certi problemi non venivano ancora affrontati, la paura che mi lasciasse c'era ancora, e di tanto in tanto il pensiero di quella donna mi perseguitavano.

 

Non andava tutto alla perfezione, ma era decisamente meglio perché non mi sentivo più costantemente solo.

 

 

Sabato, 3 Aprile

 

"Ha-rry, st- sto venendo, oh Dio c-cazzo, per favore, io- ah- ah!" Inarcando le spalle, buttai la testa all'indietro mentre venivo sul mio petto e sullo stomaco con un grido. Harry continuò con le spinte, rimanendo sopra di me, mentre si svuotava nel preservativo.

 

"Amo il sabato," disse senza fiato, mordicchiandomi la clavicola.

 

"Mhm," mormorai stancamente.

 

"Voglio stare così tutto il giorno." Alzò la testa e mi guardò attraverso un paio di ciocche sudate, "possiamo?"

 

"Esattamente così?" chiesi. Ghignò e io sorrisi. "Preferirei di no. Il mio culo farà un male cane domani".

 

"Mm. Quindi no, vero?" Mormorò, le sue labbra sfiorarono pigramente le mie. Scossi la testa. "No, non possiamo," dissi prima di far collidere le mie labbra con le sue in un bacio lento e frenetico allo stesso tempo. Era un po' scomodo averlo dentro di me in quel modo, quando ero troppo sensibile e la sua erezione stava diminuendo, ma tuttavia sollevai un po' le gambe per avvolgere le sue cosce, affondando i talloni dietro.

 

L'atmosfera si stava surriscaldando quando la porta si aprì improvvisamente. "Dove diavolo siete- oh! Oh, cazzo! È- oh, no, no, ew! Che schifo! Porca puttana, perché- ew!"

 

Un Aidan molto, molto turbato stava lì, accanto alla porta e con una borsa che gli pendeva dalla spalla. Io per primo mi irrigidii completamente, e così sembrava anche il mio cervello, perché non riuscivo a pensare ad una cosa sola sensata da dire o da fare. Così me ne restai lì sdraiato, con Harry ancora sopra di me e ancora dentro di me, a fissare Aidan. 

 

"Pensavo avessi detto non saresti tornato fino alle 15," disse infine Harry, la sua voce insolitamente a disagio. Per intenderci.

 

"Sono le 15," esclamò Aidan, "sono le 15 passate."

 

"Oh." Harry aggrottò la fronte. "È passato già così tanto tempo? Non pensavo che-"

 

"No! Non farete questa conversazione quando io potrò sentirvi!" lo interruppe Aidan, fissando entrambi.

 

"Perché sei ancora lì?" Brontolai, la faccia sepolta tra le mani.

 

"Non lo so!" Urlò prima che si girasse e scomparisse.

 

Ci fu un momento di silenzio prima che, "Oh mio Dio," mormorai, "non è mai entrato in questo modo prima, nemmeno quando era un bambino. Ha quasi diciassette anni e doveva succedere proprio ora. Incredibile."

 

"Bene, guarda il lato positivo," disse, "ora non dobbiamo fargli il discorso."

 

"Gliel'ho già fatto anni fa," dissi seccamente, "e dubito fortemente che abbia avuto tutto le informazioni che gli servono vedendoci- beh, così."

 

"Forse no," sospirò. Baciò le mie labbra un'ultima volta prima di alzarsi e uscire da me.

 

Facendo una smorfia, dissi, "Sai, mi piace la parte del sesso, ma quando esci è disgustoso e umido."

 

"Sei tu quello che ha insistito per usare mezzo tubetto di lubrificante," mi ricordò.

 

Passò un'altra mezz'ora prima che finimmo di vestirci ed essere decenti. O almeno vestiti; eravamo entrambi ancora sudati, i nostri capelli erano un disastro, le nostre labbra un tantino martoriate, e non potevo fingere di riuscire camminare normalmente.

 

Harry stava sorridendo come un pazzo mentre scendevamo le scale, sembrando assolutamente contento di se stesso. "Suppongo che tu non riesca a reggere il mio grande-"

 

"Non dirlo."

 

Aidan era seduto al tavolo della cucina quando scendemmo al piano di sotto, e con mia sorpresa, lo erano anche Zayn e Liam. La differenza tra i tre era che mentre Aidan guardava con determinazione verso il basso, Liam e Zayn avevano entrambi un sorrisetto compiaciuto sui loro volti.

 

"Penso che lo abbiate segnato per tutta la vita," disse Liam. 

 

Gettai uno sguardo compassionevole nella direzione di Aidan. "Scusa," dissi, "noi abbiamo... perso la cognizione del tempo."

 

"Ci scommetto," disse Zayn con un'alzata di sopracciglia. 

 

"In realtà non stavamo facendo niente," provò Harry, "avevamo concluso, stavamo solo-" 

 

"Eravate entrambi nudi e sono abbastanza certo di aver visto una grande quantità di liquidi corporei e inoltre di aver visto parti del corpo all'interno di altre parti del corpo," grugnì Aidan, "e per favore non parlare di 'conclusione'. È disgustoso."

 

Harry roteò gli occhi e dovetti reprimere una risata. "Dimentichiamocene, ok?" dissi mentre mi sedevo sulla sedia accanto a quella di Zayn.

 

"Si, dimentichiamo," disse Aidan alzando finalmente gli occhi, ma senza guardare né me né Harry.

 

"Okay," Liam scrollò le spalle, "ma prendendo in considerazione... i recenti eventi, immagino che le cose siano andate bene in Messico?"

 

Aprii la bocca per rispondere, ma prima che potessi parlare, Harry mi prese la mano e disse, "Si, è andata bene."

 

"Si?" chiese Aidan, lanciandoci un'occhiata attenta, "quindi non finirà tra voi?"

 

"Abbiamo ancora delle cose su cui lavorare, ma... no, non ci stiamo lasciando," dissi, guardando in modo interrogativo Harry, che annuì in accordo.

 

Aidan sembrava essere in conflitto su cosa fare; da un lato, non era ancora intenzionato a guardare me ed Harry, ma dall'altro, sembrava volesse abbracciarci così forte da buttarci a terra. Alla fine, dopo aver aperto e chiuso la bocca, si schiarì la voce. "Questo è... bello," fu tutto ciò che disse.

 

Gli sorrisi, ma non commentando ulteriormente l'argomento. Invece mi rivolsi a Liam e Zayn. "Quindi, posso chiedervi cosa ci fate qui?" chiesi.

 

"Tua madre ci ha chiamato, ci ha detto che eravate tornati a casa e ha chiesto se potevamo venire solo per verificare che foste vivi," disse Liam, guardando Harry, "Dovresti chiamarla. Sembrava convinta che fosse successo qualcosa di brutto e che uno di voi fosse pronto a fare le valigie e andarsene."

 

Harry borbottò qualcosa che non riuscii a capire, ma vidi Zayn, che era seduto accanto a lui, ridacchiare.

 

"Che mi dici di tua madre, Lou?" chiese Liam.

 

Sbattei le palpebre. "Mia madre," ripetei, "che posso dirti?"

 

Fece un gesto con la mano. "Sa... beh, tutto? Le hai parlato ultimamente?"

 

Scuotendo la testa, dissi, "l'ultima volta che le ho parlato è stato prima di Natale."

 

"È stato più di tre mesi fa," disse Zayn corrugando la fronte.

 

"Si, beh, di cosa dovrei parlarle?" dissi in tono piatto, "qualsiasi cosa io dica, tutto ciò che sente è 'ciao, si, è il tuo figlio gay che ti ha deluso quello che parla'."

 

Harry e Aidan sbuffarono (Harry mentre mi dava una pacca confortante, però), ma sia Zayn che Liam mi guardarono con occhi tristi. "È tua madre," disse Liam, "Ti vuole bene. Non può essere così complicato cercare di andare d'accordo con lei."

 

Scossi la testa stancamente. "Sto cercando di andare d'accordo con lei da quando sono nato, Liam," dissi, "anche prima che rimanessi incinto e facessi coming out, non siamo mai andati d'accordo, e- no. Ci sono voluti quasi tre anni per accettare che Aidan fosse davvero mio, e quasi sette per credere che effettivamente sono gay, e lei non è ancora contenta di questo."

 

"No, mi odia," disse Aidan, ed era doloroso sentirglielo dire in modo così casuale. Non doveva esserlo, ma lui ormai era abituato. Era abituato al fatto che sua nonna non volesse avere niente a che fare con lui. 

 

"Si, anche a me," disse Harry, "credo che abbia l'impressione che sia stato io a rendere Louis gay, il che è divertente dato che è stato il contrario."

 

"Non ti ho reso gay, idiota," dissi, "eri già stato con due ragazzi prima di me."

 

"È questo è il momento giusto per andarmene," disse Aidan ad alta voce prima di alzarsi dalla sedia. Mentre usciva dalla stanza, disse un, "sono contento che siate tornati".

 

Sorrisi mentre guardavo la sua testa di capelli ricci scomparire dalla nostra vista mentre correva su per le scale. "A volte può essere stronzo, ma è bravo in fondo," dissi.

 

"A volte il fondo è molto lontano," disse Harry secco.

 

Abbassai le palpebre e tirai una ciocca dei suoi capelli, facendolo gridare.

 

"Fai il bravo," dissi severamente.

 

"Si, mamma."

 

"Seriamente, però," disse Zayn prima che potessi dire ad Harry qualcosa sul suo commento, "non pensi che riuscirai mai a rimediare con lei?"

 

"Non c'è molto da rimediare," dissi con un'alzata di spalle, "non litighiamo, non proprio, non abbiamo niente di cui parlare. E lei sta ancora con Ian, che mi vede come nient'altro che la feccia della terra che rovina la sua piccola e perfetta famiglia."

 

"Ah. Quindi si sta ancora comportando come se dal culo di Owen uscisse il sole?" 

 

Sbuffai. "Oh si. È un po' imbarazzante, davvero. Era già abbastanza brutto quando era un adolescente e viveva a casa, ma ha quasi trentadue anni ora. Forse è il caso che smetta di baciargli il culo, no?"

 

"La mia ipotesi è che sia ancora sconvolto dal fatto che non abbia mai avuto un figlio suo e quindi tratta Owen come se lo fosse," disse Harry.

 

"Se è così è ancora più patetico dato che Owen non lo sopporta," affermai.

 

"Come sta Owen?" chiese Zayn, "ancora in Brasile?"

 

"No, era in Portogallo l'ultima volta che l'ho sentito," dissi, "è stato un mese fa, quindi chi lo sa?"

 

"Portogallo, giusto. Non si stanca di spostarsi in quel modo?" chiese Liam incuriosito, "e Janie non si stanca di seguirlo per tutto il mondo?"

 

"Na, entrambi amano viaggiare," feci spallucce, "e sapeva a cosa stava andando incontro quando l'ha sposato. Le ha detto che voleva allenare fuori dall'Inghilterra e anche che avrebbe comportato un po' di spostamenti per i primi anni."

 

"Nessun bambino in vista per ora," disse Harry, alzando un sopracciglio verso di me.

 

"Probabilmente è meglio," dissi, "Ian cercherebbe senza dubbio di chiedere la custodia non appena Janie lo partorirebbe."

 

 

*

 

 

Il resto di aprile fu piuttosto stressante. Il lavoro non  era più estenuante del solito, ma oltre a lavorare dalle 8 alle 16 ogni giorno avevo un adolescente semi-ribelle da controllare, una relazione su cui bisognava lavorare più del solito, una casa che aveva bisogno di essere pulita e un frigo che doveva essere tenuto pieno. Tutto stava iniziando ad essere troppo. Non ero certo di come mi sentissi riguardo alla relazione tra me e Harry, se era sicuro chiedergli di contribuire di più in casa. 

 

Non era come se mi aspettassi una reazione negativa se gli avessi parlato, ma temevo che lo percepisse come se cercassi di spingerlo a fare di più invece che prenderlo com'era. Ero anche un po' spaventato dal fatto che forse aveva già troppo da fare a lavoro e che, se avesse dovuto fare più cose, si sarebbe stancato, e quindi sarebbe diventato di nuovo irritabile, e quello avrebbe potuto di nuovo far soffrire la nostra già instabile relazione. 

 

E così non dissi nulla. 

 

Fui grato quando portò lui fuori l'argomento.

 

 

Martedì, 4 Maggio

 

Non erano nemmeno le 22 ed ero già mezzo addormentato nel divano con un bicchiere di vino in mano. La mia testa continuava a penzolare di lato, e per reazione continuai a rialzarla, rovesciando quasi ogni volta una goccia di vino sul tappeto beige. Harry era troppo coinvolto nella partita di calcio che c'era in TV per notare qualcosa, e non ero sicuro se sentirmi più divertito o offeso.

 

Le mie palpebre era così pesanti, però, e la mia mente era annebbiata, il mio corpo dolorante dopo essere stato prima a lavoro, poi aver passato per un'ora l'aspirapolvere in tutta la casa, preparato la cena e parlato con Aidan sul perché esattamente non andava bene comprare un ragno e tenerlo chiuso in una gabbia nella sua stanza. E in quel momento ero seduto lì nel mio solito posto sul divano con un cuscino molto morbido su cui ero appoggiato e un po' di vino rosso in circolo, e non riuscii a fermarmi quando la mia vista diventò nera e il mio corpo fiacco. 

 

Sfortunatamente (o fortunatamente, a seconda dei casi), fui svegliato da Harry solo un minuto dopo.

 

"Hai appena versato un intero bicchiere di vino sul un tappeto che abbiamo comprato meno di una settimana fa," disse secco.

 

Sbattei le palpebre stancamente verso di lui, e non riuscii a preoccuparmi del tappeto. "Scusa," dissi prima di sbadigliare, "Lo porterò a pulire. Forse domani. Probabilmente dovrei andare a letto ora." Cercai di alzarmi in piedi, ma tutto ciò che accadde fu che tutto il sangue nella mia testa si prosciugò, e barcollai di lato.

 

Fortunatamente Harry mi afferrò per la vita prima che colpissi il pavimento. Accigliandosi preoccupato, mi chiese, "Stai bene?"

 

"Si, si, certo," dissi, cercando di liberarmi dalla sua presa.

 

Continuò a resistere e il suo cipiglio si fece più profondo. "Non stai bene," affermò, "cosa c'è che non va? Sei malato?"

 

"No, non sono malato," dissi, immediatamente seguito da un altro sbadiglio.

 

"Allora cosa c'è che non va?" chiese, "Andiamo, Lou. La comunicazione è importante, ricordi?"

 

"Non c'è niente che non va, Harry," insistetti, "non proprio, sono solo stanco." Feci una pausa per un momento e poi aggiunsi, "Estremamente stanco. Esausto."

 

"Esausto," ripeté e la sua presa allentò leggermente.

 

Sospirai. "Sto solo facendo troppo, tutto qui."

 

"C'è qualcosa che posso fare?"

 

Esitai per un momento prima di rispondere. "Non voglio... sovraccaricati, se hai molto da fare a lavoro."

 

"Il lavoro è piuttosto calmo al momento," disse, "Allora, cosa posso fare?"

 

"Beh, forse... potresti iniziare a fare la spesa, sarebbe di grande aiuto," dissi titubante, "e forse potremmo fare a turno per pulire la casa."

 

Sembrava un po' sconcertato per un secondo, poi scoppiò a ridere. "Questo è tutto?"

 

"Io- si?"

 

"Sei abbastanza facile da accontentare," mi stuzzicò. 

 

Sorrisi. "Significa che ti va bene?"

 

"Certo che mi va bene."

 

"Grazie a Dio," dissi con un leggero sospiro, appoggiando la fronte al suo petto, "sono stato sul punto di svenire un paio di volte in queste settimane."

 

"In queste settimane?" chiese, "volevi parlarmene da settimane?"

 

"Non dare di matto, per favore," dissi, la mia voce leggermente attutita dal suo maglione, "non volevo fare nulla che, sai, avrebbe potuto infastidirti. Le cose stanno andando bene ultimamente, non volevo rovinarle."

 

"Le stavi rovinando di più non parlando con me," disse mentre iniziava a muovere la mano su e giù nella mia schiena.

 

"Scusa," dissi, "le cose sono ancora precarie tra noi e io... non volevo rovinarle, per questo non ho detto nulla. Scusa."

 

"Va tutto bene, smettila di scusarti," mormorò, "ma teniamo fede alla regola da ora, se uno di noi vuole parlare all'altro, a prescindere da cosa sia, lo faremo subito. Okay?"

 

"Ci proverò," dissi.

 

"No, lo farai," disse.

 

"Si, si, lo farò," canticchiai. Cademmo in un silenzio confortevole e lasciai che il mio corpo si rilassasse contro il suo mentre chiudevo gli occhi. "Sono così stanco," mormorai, "mi addormenterei qui."

 

Non mi addormentai lì. Harry mi portò in camera da letto, mi tolse i vestiti e poi mi infilò addirittura sotto le coperte. Nonostante fosse ancora presto, mi raggiunse nel letto prima di spegnere la luce.

 

"Anche tu sei stanco?" chiesi, la mia voce era diventata un po' gracchiante.

 

"Mhm," mormorò, e lo sentii emettere un sospiro.

 

"Tutto-" iniziai, ma ci fu un colpo alla porta prima che potessi finire. 

 

Harry gemette mentre accendeva la luce. "Aidan, cosa vuoi?" disse, steso sulla schiena, guardando dritto verso il soffitto.

 

"È sicuro?" chiese Aidan dall'altra parte della porta.

 

"Si, è sicuro," dissi.

 

La porta si aprì e Aidan sbirciò dentro con un solo occhio aperto. 

 

Harry emise un suono impaziente. "Siamo solo sdraiati."

 

"Mi sto solo assicurando," disse Aidan entrando e appoggiando la schiena contro il muro. Sembrava un po' imbarazzato per qualche motivo, strisciando un piede contro il pavimento e spostando gli occhi tra me e Harry.

 

"Quindi c'è qualcosa che vuoi o hai solo intenzione di stare lì?" chiesi alla fine.

 

"Oh, si, no, voglio solo... voglio chiedervi un favore, più o meno," disse.

 

"Un favore," ripeté Harry con gli occhi socchiusi per lo scetticismo. 

 

"Non guardarmi così," protestò Aidan, "lo stai rendendo difficile."

 

"Scusa, è diventata un'abitudine."

 

Gli mandai un'occhiata esasperata prima di alzarmi a sedere. "Okay, quindi di che tipo di favore stiamo parlando?" chiesi.

 

"Riguarda il mio, sai, compleanno," disse, sembrando diventare più nervoso ad ogni parola, "so che dovevamo andare a cena fuori con nonna e nonno e lo zio Liam, zio Zayn e zio Niall e tutti gli altri, ma forse mi chiedevo se... se potessimo cambiare un po' le cose?"

 

"Perché?" chiesi sospettoso.

 

"Perché io-" si fermò e le sue guance arrossirono leggermente. "Così," disse.

 

"Se devo fare delle chiamate e cancellare i piani che abbiamo fatto più di un mese fa, avrò bisogno di una spiegazione migliore di 'così'," dissi scuotendo la testa.

 

"Ma- papà! Dai!" Piagnucolò, la faccia sempre più rosea.

 

Ci fu silenzio per un secondo prima che sentissi Harry sbuffare una risata e cercare di sopprimerla. Girai la testa e lo guardai confuso.

 

Lui, comunque, aveva gli occhi puntati su Aidan, con un'aria compiaciuta. "Quindi è una ragazza," dichiarò semplicemente dopo alcuni secondi di silenzio.

 

Guardai Aidan. "Hai un appuntamento per il tuo compleanno? È così?" chiesi, assicurandomi di mantenere la voce neutra, piuttosto che compiaciuta come Harry.

 

"Non è un appuntamento," disse, contorcendosi a disagio, il suo viso più rosso che mai, "lei mi ha solo chiesto se volessi andare a casa sua e che mi avrebbe preparato la cena e mi ha detto anche che ha un piccolo bungalow nel cortile, così potrei, tipo, restare la notte... se volessi."

 

Silenzio.

 

"Ti preparerà la cena e vuole che tu rimanga per la notte e non credi che sia un appuntamento?" disse Harry lentamente.

 

Nel frattempo io avevo preoccupazioni ben diverse. "Resterai per la notte?" chiesi.

 

"Lou, per favore," disse Harry. Sembrava che cercasse di sembrare serio, ma allo stesso tempo era ovvio che fosse sul punto di ridere. "Non iniziamo questa discussione ora, okay?"

 

Lo guardai accigliato. "Beh, dovrò iniziarla," dissi.

 

"No, non lo farai," replicò lui in tono acuto.

 

"Sta chiedendo di restare a casa di una ragazza per la notte," dissi con insistenza, "non puoi davvero aspettarti che io non voglia-"

 

"Sono proprio qui," ci interruppe Aidan acido.

 

Sospirai e trascinai una mano sul mio viso prima di voltarmi a guardarlo. "Si, scusa."

 

"Comunque," disse, "posso andare o no?"

 

"Chi è questa ragazza?" chiese Harry.

 

"Solo una della mia classe di economia."

 

"Nome?"

 

"Hiromi," disse subito.

 

Sbattei le palpebre. "Puoi ripetere?"

 

Sorridendo imbarazzato, disse, "È giapponese. Almeno, i suoi genitori lo sono, lei è nata qui in Inghilterra, quindi è inglese, è-"

 

"Va bene. Aidan, non abbiamo nulla contro i giapponesi," lo interruppe Harry divertito.

 

Lui arrossì di nuovo e guardò in basso. "Lo so," mormorò.

 

Harry mi sorrise, e io gli sorrisi di rimando. "Dacci un po' di tempo per parlarne, okay?" dissi poi.

 

"C'è qualcosa di cui parlare?" chiese Harry sembrando confuso.

 

"Si, Harry, c'è," dissi con un sguardo duro.

 

"Oh. Va bene."

 

"Posso avere una risposta domani?" chiese Aidan mentre si staccava dal muro.

 

"Si, certo," dissi, offrendogli un sorriso.

 

La sua faccia era ancora dipinta di rosa per l'imbarazzo quando lasciò la stanza e chiuse la porta dietro di se.

 

Appena fummo di nuovo solo noi, Harry parlò. "Non gli dirai seriamente che non può andare, vero?" chiese, sembrando tutt'altro che contento.

 

"Io- beh, no, non gli dirò di no," dissi, "ma vuole restare lì per la notte, non lo so, sembra un po'... rischioso."

 

Alzando un sopracciglio, disse, "Deve compiere diciassette anni tra quattro giorni. Cosai farai? Lo rinchiuderai in casa per il resto della sua vita?"

 

"Certo che no," dissi, "sono solo preoccupato che faccia qualcosa di stupido."

 

"Tipo cosa? Avere rapporti sessuali con una ragazza?" mi sfidò, "non so tu, ma non voglio che sia vergine quando andrà all'università."

 

La mia mascella si spalancò. "Io- ma che cazzo Harry!" Esclamai, guardandolo torvo. "Vuoi che vada a casa di quella ragazza e che resti lì per la notte in modo che perda la sua verginità? Sei serio? Che diavolo c'è di sbagliato in te?"

 

"Non intendevo quello," disse immediatamente, agitando le mani come per tenermi a distanza.

 

"Farai meglio," dissi in tono severo mentre lasciavo che le mie spalle si abbassassero nella loro posizione normale. 

 

"Non lo intendevo," mi assicurò, "volevo dire solo che- beh, so che sei sempre stato più mamma di me e che ti piace pensare che sia ancora il bambino che portavi al parco giochi ogni sabato, ma... beh, non lo è. È quasi adulto, andrà via di qui entro uno o due anni, e non possiamo impedirgli di fare quello che vuole."

 

Incrociai le braccia al petto e dissi, "Lo so, grazie mille." Lo sapevo, ma ciò non significava che il mio cuore non facesse male al pensiero.

 

"Allora forse sarebbe meglio se iniziassimo a lasciarlo andare, un po' alla volta, così che non sarà troppo difficile quando andrà all'università."

 

"Ma- io- Harry!" Mi lamentai, buttando indietro la testa e guardando il soffitto, "È ancora un bambino,  il mio bambino, non può avere fidanzate, e sicuramente non può fare sesso con loro!"

 

"Non è un bambino," ridacchiò, "non è tuo o di qualcun altro."

 

"Si, lo è," brontolai.

 

"No, non lo è." Rotolò e si mise sopra di me. Con un sorriso un po' sfacciato, disse, "Forse non ricordi, ma ha la stessa nostra età di quando è stato concepito."

 

"Non metterla in quel modo," mi lamentai, "non voglio pensare a... beh, lui in quel tipo di situazione."

 

Abbassandosi premette un bacio gentile sulle mie labbra, e poi sorrise. "Non puoi impedirgli di crescere, Lou."

 

"Posso provare," sbuffai. Lo guardai con occhi di sfida per qualche altro secondo prima che sospirassi e abbassassi lo sguardo. "Okay, no, non posso. So che non posso. Ma vorrei."

 

"Si, lo so, anche io," disse, "ma non possiamo, quindi perché non lo lasciamo andare a casa di questa ragazza per la notte? Se farà cazzate, ovviamente non lo abbiamo cresciuto abbastanza bene."

 

"Oh, si, grazie per la rassicurazione," dissi.

 

"Nessun problema."

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** A desire. ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 4

Un desiderio.

Only Teardrops - Emmelie de Forest

 

 

Sabato, 8 Maggio 

 

Sia Harry che Aidan mi stavano fissando, nei loro occhi espressioni divertite quanto esasperate. Stavo iniziando a sentirmi preso di mira, per così dire, e incrociai le braccia al petto.

 

"Che cosa?" dissi.

 

"Seriamentequesta è in assoluto una delle cose più imbarazzanti che tu abbia mai fatto," disse Aidan.

 

"Non è imbarazzante, sto solo prendendo delle precauzioni," insistetti.

 

Harry fece una risatina, che riuscì a camuffare con una colpo di tosse quando misi gli occhi su di lui, e poi alzai un braccio. "Forse dovresti far gestire a me queste cose," suggerì lui. 

 

Mi accigliai. "Che ho fatto di sbagliato? Ho solo comprato-"

 

"Preservativi e lubrificanti," finì Harry, "e sono aromatizzati alla fragola."

 

"Beh, io- quelli normali possono essere un po'-"

 

"No!" Mi interruppe Aidan rumorosamente, "Non voglio sentirlo."

 

Sospirai. "Senti, volevo solo assicurarmi che fossi... pronto, per ogni evenienza, non volevo metterti in imbarazzo."

 

"Beh, l'hai fatto," disse brusco, "E comunque, pensi davvero che io sia completamente all'oscuro di tutto questo?"

 

"So che non lo sei, ma mi piace pensare di si," mormorai, facendo sorridere Harry.

 

"Non lo sono, so quello che faccio," disse con fermezza mentre allungava una mano verso la busta di plastica che conteneva i preservativi e il lubrificante e me la porgeva, "Puoi tenerli per te."

 

Un po' sconsolato, accettai la busta, cercando di non far notare il mio dispiacere. Non fu facile. "Okay," dissi, "Sei sicuro di avere tutto allora? E starai bene?"

 

Sembrando pronto a sbattersi la testa contro al muro, Aidan si rivolse ad Harry. "Quale diavolo è il suo problema?" gli chiese, come se non fossi proprio lì, "Non ti vedo fare storie, perché lui si?"

 

Harry sorrise e strinse la mia spalla. "È solo un po' emozionato del fatto che tu stia crescendo, tutto qui."

 

"Smettetela di parlare di me come se non ci fossi."

 

"Scusa. Ma è vero, no?"

 

"Certo che è vero," dissi, "Sembra solo la settimana scorsa che tu-" guardai Aidan, "- eri dentro il mio grembo, e ora stai andando in giro con le ragazze e sei in preda agli ormoni e pensi che io sia imbarazzante e non hai più bisogno di me e-" mi fermai, inghiottii e tirai su con il naso. "Non hai più bisogno di me. Oh mio Dio, non hai più bisogno di me."

 

Gli occhi di Aidan erano diventati enormi, e lanciò ad Harry uno sguardo confuso.  

 

"Vai e basta," disse Harry, sforzandosi di sorridere, "Ci penso io."

 

Aidan non esitò a muovere i piedi, e non appena la porta si chiuse dietro di lui, guardai Harry con le sopracciglia corrugate. "Non ha più bisogno di noi," dissi stupidamente.

 

"Certo che ha ancora bisogno di noi," ridacchiò mentre tornavamo in salotto, "Avrà bisogno di noi per almeno altri dieci anni."

 

Mi accasciai sul divano, lasciando cadere le spalle in segno di sconfitta e incrociai le braccia al petto.

 

"No, non è vero," dissi, "Non come prima."

 

Harry si sedette accanto a me e mi circondò con un braccio, tirandomi verso di lui per farmi appoggiare la testa sulla sua spalla. "Forse no, ma è davvero una brutta cosa?" chiese poi.

 

Scrollai le spalle a malincuore. "Non lo so. Può essere."

 

"Non penso che lo sia," disse, "Prima di tutto perché non dobbiamo più fare il cambio del pannolino o lavarlo e tutto il resto."

 

Abbassai lo sguardo e dissi, "Spero davvero che il tuo secondo punto sia migliore del primo."

 

Lui ridacchiò. "Beh, il mio secondo punto è che se non ha bisogno di noi come prima, significa che abbiamo fatto un buon lavoro crescendolo. Almeno può darci un po' di conforto, giusto?"

 

"Si. Suppongo."

 

"Non sembri felice."

 

"Certo che non sono felice!" Esclamai, alzando la testa per guardarlo, "Io- voglio dire, è stata la cosa più importante della nostra vita da quando è nato e ora improvvisamente non è quasi più qui e io non... non so come affrontarlo."

 

Mi guardò con occhi pieni di compassione e comprensione. Non adeguata comprensione, però. Non stava provando quello che stavo provando io. Quando Aidan un giorno non troppo lontano si sarebbe traferito, Harry sarebbe stato triste si, ma non quanto me. Non si sarebbe sentito vuoto come me, come se una parte importante di se stesso stesse andando via senza voltarsi indietro. Sapevo che era così, perché i nostri ruoli come genitori erano diversi. Lo erano sempre stati e sempre lo sarebbero stati, anche da vecchi.

 

"È ancora qui, Lou," disse dolcemente Harry, intrecciando le sue dita con le mie, "Sarà qui ancora per oltre un anno, e probabilmente andrà e tornerà fino a quando non avrà finito con l'università, forse anche dopo."

 

"Ma se non lo farà?" dissi, "E se non vedesse l'ora di andarsene da qui, lontano da noi?"

 

Si accigliò, ovviamente confuso. "Che cosa ti ha fatto pensare a questo così all'improvviso?" chiese.

 

Abbassando lo sguardo, tirai fuori una mano dalla sua. Esitai un po' prima di rispondere, "Non lo so. È... non lo so, ho sempre saputo che sarebbe andato via da qui un giorno, certo, ma io, un po' l'ho represso, sai? Non volevo pensarci, ma ora il giorno è così vicino che non posso più ignorarlo e... è difficile. Mi mancherà averlo qui, e io- credo di avere un po' di paura che a lui non mancheremo affatto."

 

"Sembri un po' come un ex fidanzato ossessivo." Apparentemente il mio malessere lo divertiva.

 

"Non sono ossessivo," dissi. Mordendomi le labbra, aggiunsi, "Io... mi preoccupo. Tutto qui."

 

"Lo so," mormorò, "È una delle cose che ti rende un genitore così bravo."

 

Gli sorrisi debolmente e ripresi la sua mano. "Grazie."

 

"Prego." Fece una pausa per un momento prima di continuare, "Lui non ci odia, Lou. È solo un tipico adolescente, non ha davvero niente a che fare con noi, è solo che siamo sempre qui ed è per questo che i suoi sbalzi d'umore gravano su di noi. Mi comportavo praticamente allo stesso modo quando avevo la sua età, forse quando ero un po' più giovane. Crescerà."

 

"Lo so," dissi sorridendo, "Lo so, è difficile ricordarlo."

 

"Si."

 

"Sarà comunque molto silenzioso quando se ne andrà."

 

"Si," concordò con un lento cenno del capo, come se stesse pensando a qualcosa. Si mordicchiò il labbro prima che dicesse, "Staremo bene senza di lui in casa? Per molto tempo è stata l'unica cosa di cui abbiamo parlato, quindi staremo bene quando non sarà più qui?"

 

Non stavo nemmeno cercando di comportarmi come se fossi sorpreso o offeso dalla domanda, perché avevo pensato la stessa identica cosa molte volte, sia prima, che durante, che dopo tutto ciò che era successo. Per quella che sembrava un'eternità, Aidan era stato l'unico argomento di cui avevamo discusso, ed era stata l'unica barriera tra noi. C'era stato un periodo in cui ero certo che quando Aidan non avrebbe più vissuto con noi, ci saremmo lasciati, perché se non avevamo più niente in comune, quale sarebbe stato il motivo per stare insieme? Mi avevano causato molte notti insonni quei pensieri.

 

Ma quello era prima. 

 

"Lo spero," dissi.

 

"Lo speri," ripeté, "Lo pensi anche tu?"

 

"In caso contrario, è... è chiaro che non siamo destinati ad essere," dissi, cercando di sorridere, "Se abbiamo bisogno di una terza persona per far funzionare la nostra relazione, le cose non vanno bene. Lo sai."

 

"Giusto," disse torturandosi le labbra, "Ma noi- le cose non vanno così male, vero?"

 

"Il fatto che ne stiamo parlando risponde praticamente alla tua domanda, credo."

 

Sorrise e si sporse in avanti, catturando le mie labbra in un breve bacio. Quando si tirò indietro, il suo sorriso vacillò leggermente.

 

"Cosa c'è che non va?" chiesi, e beh, era un po' triste il fatto che mi aspettassi il peggio, no?

 

"Niente, c'è solo qualcosa che avrei intenzione di chiederti," disse esitante.

 

"Okay," dissi, raddrizzandomi un po', "Chiedi pure."

 

"Non voglio che la prenda nel modo sbagliato," disse, sfregando il pollice in modo rassicurante nella mia mano, "Ma mi stavo solo chiedendo se... se tu volessi, beh, avere un altro bambino?" Silenzio. "Sai, con me."

 

Sbattei le palpebre una volta. Poi di nuovo. Poi inghiottii quando sentii il mio viso diventare pallido, lentamente. "Harry, tu- sei consapevole che ho avuto due aborti che ci hanno quasi fatto a pezzi, vero?" chiesi, la mia voce debole.

 

"Lo so, lo so , e non-" 

 

"Per favore, no," lo interruppi, scuotendo la testa, "Non sono pronto a riprovare, non lo siamo. Non importa quale sia il risultato, non siamo pronti. Se finisce male, non siamo pronti per quello, e se finisce bene, non siamo pronti nemmeno per quello."

 

Sembrava deluso, gli angoli della bocca rivolti verso il basso e le sopracciglia unite. "Penso che staremmo bene," disse.

 

"Non sono disposto a correre il rischio," risposi, "E anche se la nostra relazione potesse gestire un esito negativo, io non penso di poterlo fare."

 

Sospirò, la delusione ancora evidente, ma sorrise comunque. "Va bene. Mi dispiace di averlo chiesto, volevo solo vedere se avresti-"

 

"Ehi, no, va tutto bene," lo interruppi, agitando la mano, "Non ti sto dicendo che non avremmo mai un bambino, solo solo dicendo non adesso."

 

"Non intendevo che lo avremmo dovuto avere in questo momento," disse tranquillamente, "Intendevo solo prima che tu diventassi, tipo, sterile."

 

"Io- cosa?" chiesi, incapace di trattenere una risata, "Prima che diventi sterile?"

 

"Beh, sono abbastanza sicuro che non sarai in grado di concepire per il resto della tua vita," disse un po' indignato, "Non sto insinuando che tu sia una donna o qualcosa del genere, ma hai alcune parti femminili e sono certo che quelle parti perdano parte della loro funzione una voleva arrivati ad una certa età."

 

Risi di nuovo, e dissi, "Si, ma solitamente capita alle donne che anno circa quarant'anni, a volte cinquanta. Ho solo trentatré anni, ne mancano."

 

"Ma non sappiamo se la tua... questione funzioni allo stesso modo di quella di una donna," disse, "E se diventassi sterile-"

 

"Per favore smetti di usare quella parola."

 

"E se le tue ovaie diventassero impraticabili prima di quelle delle donne?"

 

"Okay, ho cambiato idea, continua ad usare la parola sterile."

 

"Louis."

 

Sbuffai. "Anche se sarà così, abbiamo ancora tempo."

 

"Ma se noi-" 

 

"Non cercherò di fare un bambino con te, qui e ora solo per scoprire se sono ancora fertile, Harry," dissi seccamente.

 

"Non volevo chiederti questo," borbottò, "Stavo solo pensando che potremmo andare dalla dottoressa e vedere se può darci delle risposte."

 

"Siamo già andati anni fa, ricordi? Non riescono ad avere un accesso adeguato per capire cos'ho, quindi non può darci delle risposte."

 

"Si, ma io-" si accasciò all'indietro, accigliandosi, "Voglio davvero un altro bambino con te, Lou. E se arriverà il giorno in cui saremo pronti e proveremo, ma scopriremo che non è più possibile, probabilmente piangerei, e sai quanto odio piangere."

 

"Lo so," sorrisi, "ma piangerò con te, quindi va bene. Non preoccuparti."

 

"Sono serio," disse.

 

"Anche io."

 

"No, non lo sei."

 

"Certo che lo sono!" Dissi ad alta voce, "Cosa pensi che potrei scherzare su una cosa del genere? Voglio avere un altro bambino con te, davvero, ma non ora. Non diventerò sterile molto presto, quindi calmati, okay? Andrà tutto bene."

 

Sembrava dubbioso quando chiese, "Promesso?"

 

"Si, promesso."

 

 

Domenica, 9 Maggio

 

Il giorno seguente Aidan attraversò la porta d'ingresso subito dopo cena, e sembrava stanco, ma felice, quando entrò nel soggiorno dove io ed Harry stavamo guardando una puntata di Person of Interest. Stavo per chiedergli come erano andate le cose, ma prima ancora di poter aprire bocca, aveva lasciato cadere la borsa sul pavimento e si era sfilato la felpa con il cappuccio, che contribuì a rivelare il suo collo e le sue clavicole piene di succhiotti. 

 

Harry sembrò notarlo come me, perché emise una risata e chiese, "Quindi, presumo ti sia divertito?"

 

Aidan sorrise imbarazzato e trascinò una mano distrattamente sul collo. "Si."

 

"Vuoi raccontare?" chiese Harry.

 

"No," dicemmo io e Aidan all'unisono. Si girarono a guardarmi, e io sollevai le mani dicendo, "Sono felice che ti sia divertito, ma è abbastanza ovvio di quale tipo di divertimento si tratti, e preferirei non sapere più del dovuto."

 

Aidan sorrise di nuovo. "Bene, perché non vi dirò niente."

 

"Beh, io voglio saperlo," protestò Harry, "Posso-"

 

"No, non puoi," disse Aidan, "Non ti chiedo di quella parte della tua vita, quindi nemmeno tu dovresti farlo."

 

Harry scrollò le spalle. "Siamo i tuoi genitori, è normale che sia disgustoso per te pensarci in quel modo."

 

"È diventato cento volte più disgustoso da quando l'ho visto."

 

Ci fu silenzio per un momento. Harry sbatté le palpebre e io sorrisi debolmente. "Ottima osservazione," disse.

 

Aidan non si trattenne per molto, afferrò la sua borsa e corse su per le scale, e pochi secondi dopo sentimmo la porta della sua camera da letto sbattere. Tranne che per i suoni della TV, ci fu silenzio per un po' prima che Harry parlasse.

 

"Allora, pensi che l'abbiano fatto?" chiese incuriosito.

 

Gemetti. "Oh, per- hai una malsana ossessione per ciò che fa o non fa quando si tratta di sesso, lo sai?"

 

"Non è malsana, voglio solo sapere cosa combina o meno," disse sulla difensiva, "È davvero troppo voler sapere se ha fatto sesso o no?"

 

"Si, lo è," dissi. 

 

"Non lo è," affermai, "Tutto ciò che voglio sapere è se la notte scorsa l'ha fatto o no. Tutto qui."

 

"Se lo ha fatto o meno, è affar suo. E se dovesse venire fuori qualcosa di orribile, ce lo dirà."

 

Buffo come solo pochi giorni prima era stato lui a consolarmi per la stessa identica cosa, vero?

 

"Bene," disse, non sembrando affatto contento. "Forse ci aggiornerà fra trent'anni o giù di lì. Ne sono sicuro."

 

 

*

 

 

 

Il resto di maggio passò relativamente in pace e tranquillità. "Relativamente" era la parola chiave. Mentre l'anno scolastico si stava avvicinando alla fine, i compiti di Aidan aumentarono notevolmente (almeno se si credeva alle infinite lamentele che pronunciava ogni giorno a pranzo), e, cosa abbastanza inadeguata, aumentarono anche le feste a cui partecipava. Per tutto il mese di maggio e per buona parte di giugno, non passava un fine settimana in cui non tornava nel bel mezzo della notte, inciampando per le scale. Anche dopo aver parlato con lui e avergli vietato di uscire, saltava fuori dalla finestra di camera sua e, in qualche modo, riusciva anche ad entrare.

 

Intanto, a volte, la richiesta di Harry mi tormentava. Non era che mi sorprendesse il fatto che volesse che avessimo un altro bambino, sapevo che sarebbe uscito fuori l'argomento, ma non credevo così presto. Ci eravamo riconciliati, per così dire, da pochissimi mesi, e non capivo come avesse trovato il coraggio di proporre di avere un altro bambino in quel momento. La nostra relazione era tutt'altro che pronta per una responsabilità del genere, e io, personalmente, non ero pronto ad un possibile esito negativo. Se avessi abortito ancora una volta, una terza volta, non avevo alcun dubbio che avrei avuto un crollo, forse per davvero quella volta, e non avevo intenzione di infliggere quel dolore a me stesso, ad Harry, ad Aidan o a chiunque altro facesse parte della mia vita. In nessun modo.

 

Non che non volessi un bambino, naturalmente. Come avevo detto ad Harry, avrei voluto riprovare un giorno, ma non in quel momento mentre le cose erano instabili e fragili, pronte a disintegrarsi.

 

A luglio, tutti e tre andammo in vacanza a Firenze e poi a Barcellona, entrambi i posti erano così caldi che nessuno di noi poteva passare mezz'ora senza bere qualcosa.

 

"Sono abbastanza sicuro che abbiamo speso più soldi per bevande che per cibo nelle ultime due settimane," rifletté Harry quando, all'inizio di agosto, eravamo seduti su un aereo per tornare a casa, e beh, non avevo intenzione di discutere con lui su quello. Probabilmente aveva ragione.

 

I risultati degli esami di Aidan arrivarono una o due settimane dopo che eravamo tornati a casa, e dire che erano pessimi sarebbe stato un eufemismo. La maggior parte li aveva a malapena passati, con eccezione per letteratura, dove era riuscito a prendere una B. Harry si era adirato e aveva passato quarantacinque minuti a urlare, mentre io facevo del mio meglio per calmarlo. Il risultato fu che cominciò a gridare anche contro di me, poi Aidan iniziò ad urlare contro Harry, che mi portò di nuovo a gridare contro Aidan e alla fine ad Aidan che gridava contro me ed Harry.  Harry uscì di casa e chiuse la porta sbattendola, lasciando me ed Aidan nel bel mezzo del soggiorno, fissandoci. 

 

Harry non tornò a casa fino a quando non andai a letto, quando ero diventato abbastanza nervoso da mangiarmi tutte le unghie una dopo l'altra. Ero quasi addormentato quando entrò nella camera da letto e chiuse la porta silenziosamente, e non mi accorsi che era lì finché non scivolò sotto le coperte e mise una mano esitante sulla mia spalla. Sobbalzai un po' ed emisi un piccolo grido, ma mi rilassai non appena capii chi fosse.

 

"Scusa," borbottò, le sue labbra si mossero contro la mia spalla, "Per aver urlato prima."

 

"Dovresti scusarti anche con Aidan," dissi.

 

"L'ho già fatto."

 

Sorrisi alla stanza e allungai una mano dietro di me, prendendo la sua  e facendogli avvolgere il suo braccio intorno alla mia vita. "Bene," dissi.

 

Per un momento rimase silenzioso, prima che, "Non mi piace litigare."

 

"Preferisco litigare piuttosto che non parlare affatto," dissi piano.

 

"Beh, si, ma non è stato comunque un vero litigio. Stavamo urlando senza motivo."

 

"Forse dovevamo solo urlare un po'," dissi con una piccola alzata di spalle, "Tirare fuori tutto."

 

"Può essere. Non mi è piaciuto comunque."

 

"Non urliamo più allora, okay?"

 

"Si," mormorò, premendo un bacio sulla mia nuca. 

 

"E dovremmo avere una, sai, vera discussione su Aidan riguardo i suoi voti, preferibilmente senza urla coinvolte."

 

"Lo so. Possiamo farlo domani? Sono esausto."

 

"Sicuro. In ogni caso, dove sei stato?"

 

"A casa di mamma e papà."

 

"Oh. Come stanno? Come sta Connor?"

 

"Stanno tutti bene."

 

"E che mi di-"

 

"Lou, per favore. Mi piacerebbe raccontarti delle vite poco interessanti dei miei genitori e dei miei fratelli, ma al momento sono sfinito. Mi addormenterò nel bel mezzo di una frase, quindi possiamo parlarne domani?"

 

*

 

 

La scuola iniziò di nuovo all'inizio di settembre. Non passarono più di due giorni prima che Aidan si scagliasse contro di noi per non avergli permesso di andare ad una festa, ma si ammorbidì abbastanza rapidamente quando Harry gli disse che se fosse andato male agli esami si sarebbe scordato il suo sogno di andare a Cambridge per studiare letteratura. Non gli proibimmo di uscire, ma gli dicemmo che sarebbe dovuto essere a casa entro le 23 nei giorni in cui aveva scuola e entro le 3 del mattino nei fine settimana, e gli era permesso bere solo due volte al mese, preferibilmente solo una. Gli dicemmo anche che se avesse infranto una di quelle regole, sarebbe stato punito per una settimana.

 

"Avremmo dovuto mettere quelle regole l'anno scorso," dissi ad Harry dopo che Aidan si era precipitato in camera, molto probabilmente mandando messaggi a tutti per dire loro esattamente quanto patetici e iperprotettivi i suoi genitori fossero. "Ci saremmo risparmiati un sacco di situazioni di merda."

 

"Meglio tardi che mai," fu la risposta indifferente di Harry mentre masticava un pezzo di cioccolato.

 

Verso la fine di ottobre, ricevemmo una telefonata da un Niall decisamente isterico. Ci vollero alcuni tentativi, ma alla fine riuscì a dire che Celeste era incinta. Harry ed io ci guardammo, poi Harry disse seccamente a Niall che Celeste era sua moglie e che stavano cercando di avere un bambino da più o meno un anno e mezzo, quindi perché stava dando di matto?

 

 

Martedì, 2 Novembre

 

Non ricevemmo mai una risposta a quella domanda, ma a causa della notizia, l'argomento 'bambino' fu riportato a galla. Harry, sfoggiando il suo solito fascino, scelse di portare fuori la questione una sera mentre eravamo a letto, lui sepolto dentro di me mentre stavo a quattro zampe di fronte a lui, ansimando sul materasso. 

 

"Stavo pensando," mormorò nel mio orecchio prima che uscisse fuori da me, solo per rientrare con forza.

 

Gemetti e mi presi un momento per riprendermi prima di rispondere, "Riguardo cosa?"

 

"A proposito del bambino. Sai, riguardo a noi che abbiamo un bambino."

 

Aprii gli occhi e mi fermai completamente. "E hai deciso di parlarne ora?" dissi mentre mi dimenavo e gli facevo segno di uscire da me. Non appena lo fece, mi girai sulla schiena e lo guardai male. "Stai scherzando, vero?"

 

"No, io- certo che no," disse lui un po' offeso, "Sai che voglio che noi-"

 

"Si, lo so Harry, lo so molto bene," dissi a denti stretti, "Ma il fatto che hai scelto di parlarne adesso, quando meno me lo aspettavo?"

 

"Non intendevo spaventarti o altro, è solo che è passato quasi un anno dall'ultima volta che ne abbiamo discusso e non hai fatto nulla che potesse indicarmi che tu voglia-"

 

"Forse è perché non voglio ancora," lo interruppi. Non disse niente, mi guardò con uno sguardo illeggibile nei suoi occhi, e sbuffai. "Non sono pronto, quindi lascia perdere, okay?"

 

"Sarai mai pronto?" chiese, alzando le braccia con esasperazione e fastidio, "Sono passati anni dall'ultimo aborto spontaneo. Non l'hai ancora superato?"

 

"Superato," ripetei con un sorriso finto, "Ho perso due bambini, Harry, e per quanto possa essere difficile da capire, mi sentivo molto legato a loro, non ero pronto a perderli, quindi no, non l'ho superato."

 

"Non intendevo-"

 

"Smettila di portare fuori l'argomento," dissi mentre mi sdraiato dalla mia parte, di fronte a lui, e sospirai. "So che vuoi un bambino, quindi quando sarò pronto te lo farò sapere, ma non sarà ora."

 

Un silenzio pesante riempì la stanza per circa mezzo minuto. Avevo chiuso gli occhi, ma sentivo ancora gli occhi di Harry su di me e potevo praticamente sentire il suo cervello funzionare. All fine lo sentii armeggiare con qualcosa, dal suono sembrava si stesse togliendo il preservativo, prima che si distendesse sul suo lato del letto e spegnesse la luce. Aprii di nuovo gli occhi, sbattendo le palpebre un paio di volte per permettere ai miei occhi di adattarsi all'oscurità e mi morsi il labbro. 

 

"Scusa," dissi.

 

Non rispose subito, ma il suo respiro cambiò leggermente, confermando che mi aveva sentito. "Si," disse dopo qualche secondo.

 

Non sapevo cos'altro dire, e così non lo feci. Rimasi in silenzio, ascoltando qualunque rumore provenisse dalla strada e il respiro di Harry che rallentava mentre si addormentava.

 

La sua schiena era rivolta verso di me.

 

 

Mercoledì, 3 Novembre

 

La colazione il mattino seguente fu tranquilla. Non che di solito parlavamo molto, ma c'era differenza tra un silenzio confortevole e uno sgradevole. In quel momento era decisamente sgradevole.

 

Aidan sembrava aver notato che qualcosa non andava bene, perché i suoi occhi continuavano a spostarsi nervosamente tra me ed Harry. Si alzò dalla sedia non appena finì di inghiottire l'ultimo pezzo di pane tostato e si passò le dita tra i capelli. 

 

"Andrò in autobus a scuola," disse.

 

Harry alzò lo sguardo, confuso. "Perché? Ti porto sempre io."

 

"Si, lo so, ma-" si fermò, fece un gesto con la mano e scrollò le spalle. "Non lo so, stai qui ancora un po' e... parlate." L'ultima parte fu accompagnata da uno sguardo significativo verso di me.

 

Mettendo giù la forchetta, Harry si accigliò. "Non sono aff-"

 

"Si, lo sono," lo interruppe Aidan, "Dì quello che vuoi papà, ma qualunque cosa stia succedendo finirà per colpire anche me, e sono stanco di questo." Si voltò e se ne andò via prima che Harry potesse interromperlo, come se sapesse che voleva farlo solo guardandolo in faccia.

 

Continuai a mangiare in silenzio, i miei occhi fissi sulla lista dei nutrienti nel retro del cartone di succo di fronte a me, mentre Harry mangiava il resto delle sue uova strapazzate. Fu un po' difficile ignorarci a vicenda, però, una volta che i nostri piatti furono vuoti, e mi appoggiai allo schienale della sedia passandomi le mani sul viso. 

 

"Non mi scuserò di nuovo," dissi in modo composto.

 

Annuì. "Si. Va bene. Credo che tu... non dovresti comunque. Non è stata colpa tua."

 

"No, non lo è stata," accettai. Abbassò le palpebre e il sbattei le mie. "Beh, è vero. All'improvviso - e in un momento dannatamente inappropriato, tra l'altro, - hai scelto di tirare fuori qualcosa su cui sai che non sono... a mio agio."

 

"In realtà non lo sapevo, perché sono passati secoli da quando ne abbiamo parlato l'ultima volta," replicò, "Sai come la penso, quindi se potessi semplicemente dire qualcosa ogni tanto per farmi sapere come la pensi tu, sarebbe molto utile."

 

"Avresti potuto semplicemente chiedere," dissi insistentemente, "sarebbe stato strano alzarmi in piedi, all'improvviso, e dirti come la penso sull'avere un bambino o no."

 

"No, sarebbe stato perfetto," disse.

 

Gemetti e mi pizzicai il ponte del naso prima di appoggiarmi con i gomiti alla superficie del tavolo. "Va bene. Quindi abbiamo entrambi delle colpe?"

 

"No," disse, indicandosi con un dito, "Io ho delle colpe per aver cercato di chiederti di avere un bambino mentre eravamo... beh, nel bel mezzo di un atto cui l'intenzione è concepire un bambino, ma tu hai del colpe per aver passato gli ultimi sei mesi a non farmi sapere come la pensassi, sapendo quale fosse il mio desiderio."

 

Tirai un respiro profondo. "Va bene. Mi dispiace allora."

 

Lui sorrise. "Grazie. E dispiace anche a me."

 

"Benissimo. Quindi abbiamo risolto?"

 

Si accigliò. "Ma voglio ancora un bambino."

 

"Lo so," dissi roteando gli occhi, "Intendevo, abbiamo risolto questo... litigio o qualunque cosa fosse?"

 

"Si, risolto," disse, "Ma per favore, per amor di Dio, fammi sapere quando  sei pronto, ok? Tipo, il secondo dopo, anche se siamo nel bel mezzo di una corsia di cereali da Sainsbury's."

 

"Certo," dissi, "Se mi prometti che non proverai a fare un bambino proprio lì."

 

 

Giovedì, 23 Dicembre

 

"Non capisco perché devo venire," brontolò Aidan dal sedile posteriore della macchina.

 

Girai la testa e sospirai. "Perché è Natale e lo passiamo con la famiglia."

 

"Ma perché non tornate a prendermi alla Vigilia di Natale?" disse, "Vi ho detto che il compleanno di Kate è domani e voleva trascorrerlo con me. Avete idea di quanto è stato imbarazzante dirle che non potevo esserci perché dovevo andare a trovare i miei nonni?"

 

Harry roteò gli occhi mentre girava a sinistra nella rotatoria. "Prima che arrivi Febbraio, starai con qualcun'altra, quindi non vedo come possa essere così importante."

 

Aidan sembrava sinceramente offeso, il che, a dire il vero, lo trovavo un po' divertente considerando che c'era una probabilità del 99% che Harry avesse ragione. Non ero sicuro del perché, ma dal suo diciassettesimo compleanno, Aidan sembrava uscire con una ragazza diversa ogni due settimane. Non era mai stato un fan del romanticismo (un'altra cosa che pensavo fosse un po' strana visto che aveva letto anche l'impossibile sulla letteratura romantica), ma quello che stava facendo stava iniziando a diventare folle. O forse era solo folle per i mei standard. Forse era triste che mio figlio di diciassette anni avesse avuto più persone nella sua vita di me. Non che ci volesse molto, ma comunque.

 

"Mi piace molto Kate!" disse, "È gentile, dolce e molto sexy."

 

"Si, è quello che hai detto su Gina, Vivian, Maya, Amber, Teri, Fay e Hadley," disse Harry secco. 

 

"Teri non era affatto gentile, quindi dubito di averlo detto su di lei," brontolò Aidan, "Era solo sexy."

 

"Ma che gentiluomo!" commentai.

 

"Comunque," disse, "Il punto è che non capisco perché debba venire con voi ora. Starò solo seduto lì senza fare niente, e poi vi arrabbiarete con me per non essere allegro, il che è piuttosto stupido dato che la colpa sarà vostra."

 

"Puoi sacrificare un paio di giorni di uscita con una ragazza, che presto andrà via, per passarli con la tua famiglia," disse Harry, e c'era una sfumatura nella sua voce che diceva che la discussione era finita.

 

Aidan non rispose, sbuffò e volse lo sguardo fuori dal finestrino. Trascorse il resto del breve tragitto in quel modo, ma dopo che Harry si fermò di fronte alla casa di Anne e Robin ed entrammo nella porta principale, ebbe la decenza di sorridere.

 

Di tutte le volte che ero stato lì, in quella casa, non l'avevo mai vista così piena. Anne e Robin erano lì, naturalmente, e così anche i genitori di Anne, Connor, Adrian, Carlos, Helen e il suo ragazzo. In tutto eravamo dodici, e non appena fummo tutti in salotto e ci sedemmo sul divano (io schiacciato tra Anne e Adrian, e Harry e Aidan ai lati del ragazzo di Helen, Neil), chiesi come ci saremmo dovuti dividere per la notte.

 

"Beh, questi due-" indicò Connor e Adrian, "Staranno nella stanza di Connor, Carlos prenderà la stanza di Adrian, Helen e Neil staranno nella stanza di Helen, mamma e papà nella tua stanza, Harry, e voi due nella stanza di Louis."

 

"E io?" chiese Aidan.

 

"Puoi scegliere sei vuoi stare con Carlos, prende il divano, o possiamo mettere un letto pieghevole nella stanza dei tuoi genitori."

 

"No all'ultima opzione," disse Harry, e Aidan annuì accigliato.

 

"Perché no?" Connor e Adrian chiesero all'unisono.

 

"Perché russa," disse Harry, "Forte."

 

"Si, e l'ha preso da te, quindi immagina cosa ho dovuto sopportare negli ultimi vent'anni," dissi con uno sguardo puntato nella direzione di Harry.

 

Sembrava un po' imbarazzato mentre rispondeva. "Ci sto lavorando."

 

"Lo dici almeno da dieci anni."

 

"E ci ho lavorato per tutto questo tempo. Te lo prometto."

 

Scossi la testa prima di rivolgermi agli altri per unirmi alla discussione su quale fosse il miglior cibo di Natale. 

 

Era passato parecchio tempo da quando eravamo stati insieme così, tutti noi, e per quanto fosse bello, mi sentivo anche un po' strano, come sempre quando ero lì. Non a causa delle persone, ma perché quella casa era patria di tanti dei miei più cari ricordi. Quelli riguardanti il primo anno e mezzo di vita di Aidan, naturalmente, ma anche quelli solo miei e di Harry; l'arrivederci ogni volta che partiva per l'università, il rifiutarmi di lasciarlo andare quando tornava a casa, quando cercavo di tacere mentre facevamo sesso a tarda notte dopo che tutti erano andati a letto, addormentarsi l'uno nella braccia dell'altro sul pavimento del salotto praticamente ogni giorno mentre Aidan sonnecchiava, Harry che portava me e Aidan a letto dopo che ci eravamo addormentati mentre gli davo da mangiare. Ricordi sull'essere incredibilmente innamorati e felici, che spesso mi lasciavano pensare che se fosse successo qualcosa, portandomi via tutto, non era sicuro di come affrontarlo. O se sarei stato in grado di farlo. 

 

Mentre Adrian era alle prese con una spiegazione dei motivi per cui i cavoletti di Bruxelles non dovevano essere tra i piatti di Natale, lanciai un'occhiata a Harry, e lo trovai che mi stava fissando. Gli offrii un sorriso, che ricambiò, prima di girarsi a guardare Aidan. Lui, come tutti gli altri, sembrava impegnato a concentrarsi sul non scoppiare a ridere per i gesti elaborati e le parole di Adrian.

 

E tutto sommato, mentre assorbivo l'insieme della situazione in cui mi trovavo, era difficile trattenere l'affetto che esplodeva nel mio petto e che si diffondeva in tutto il corpo. 

 

Il resto della giornata consisté principalmente nel rilassarsi e mangiare, cosa che, a dire il vero, mi rendeva felice. Se fosse stato così per tutti i tre giorni di permanenza, tuttavia, ad un certo punto sarei dovuto uscire per una passeggiata se non volevo prendere venti chili. 

 

"Sei ridicolo, come sempre quando si tratta di questo," mormorò Harry nel mio collo dopo che eravamo a letto quella notte, "Anche se prendi davvero venti chili, sarai sempre fantastico."

 

"Si, fammi provare a prendere venti chili allora, e vedremo come reagirai quando vedrai una montagna ogni volta che tornerai da lavoro," dissi secco.

 

Emise un piccolo suono di felicità prima di girarsi per sdraiasi a pancia in giù. "Ti amerei anche se ti trasformassi in una montagna," disse, la voce leggermente attutita dal materasso, "Penso di avertelo già provato quando eri incinto di Aidan, e stavi iniziando a sembrare davvero come una montagna verso la fine."

 

"Raccontare cose del genere non mi aiuterà a farmi accettare di avere un altro bambino, sai," dissi, colpendo la sua nuca.

 

"Eri una montagna molto attraente, se questo ti aiuta," disse con un debole sorriso.

 

"Oh si, così tanto."

 

"Sono contento." Sospirò e sbatté le palpebre. "Seriamente, però, ci hai pensato?"

 

"Riguardo all'avere un bambino?" chiesi. Lui annuì e io sorrisi. "Certo. È difficile non farlo."

 

"E?"

 

"E... non lo so."

 

Sembrò riprendersi mentre si poggiava sui gomiti, guardandomi con occhi illuminati. "Questo non è un no," disse.

 

"Certo che non è un no," dissi con una certa riluttanza, "Non ho mai detto di no, ho solo detto che dovremmo aspettare."

 

"E lo pensi ancora?"

 

Abbassai gli occhi, fissando le lenzuola beige che coprivano il materasso, e mi mordicchiai il labbro lentamente.

 

Non era tanto il timore che mi tratteneva, non almeno quanto l'ultima volta che era stato portato fuori l'argomento, ma piuttosto la preoccupazione generale del tipo di cambiamenti importanti che la vita portava sempre con sé. C'era, ovviamente, la paura di avere un altro aborto, ma dopo essermi ripetuto che camminando avendo paura non mi avrebbe portato da nessuna parte, ero quasi riuscito a scacciarlo. O almeno a seppellirlo al sicuro sotto strati di fiducia, speranza e amore.

 

"Non penso che dovremmo provare in questo momento," dissi alla fine, distogliendo lo sguardo dal materasso per incontrare il suo, "Ma forse... a breve?"

 

Non avevo mai visto un sorriso così brillante come quello che si diffuse sul viso di Harry in quel momento. Aveva colpito tutta la sua faccia; i suoi occhi brillavano, le sue sopracciglia si sollevarono, il suo naso si increspò e le fossette sulle guance divennero così profonde che pensai, per un momento, che sarebbe rimaste incise sulla sua pelle per l'eternità. Non ebbi molto tempo per pensarci, però, prima che improvvisamente si gettasse su di me e mi spingesse sul materasso, facendomi rilasciare un grugnito.

 

"Come ho detto, non penso che dovremmo provare in questo momento," dissi con una smorfia di disapprovazione.

 

Lui sorrise. "Si, ti ho sentito."

 

"Allora cosa stai facendo esattamente sopra di me?"

 

Mentre si appoggiava, mi diede un bacio delicato sulle labbra, prima di rispondere, "Sono semplicemente felice."

 

Alzai gli occhi al cielo, ma sollevai il mento e risposi comunque al bacio. "Credi di poterti sdraiate ed essere comunque felice?" Poi dissi, "Sei un po' pesante."

 

"Dovresti abituarti," dissi mentre si allontanava da me, "Prima di tutto perché ho intenzione di passare un sacco di tempo su di te non appena mi darai il via libera, e poi perché dopo che avrò passato il mio tempo su di te, avrai il mio bambino in grembo, e ti renderà grasso e pesante."

 

"Okay, regola numero uno," dissi, indicandolo mentre mi lanciava uno sguardo, "Se vuoi che porti il tuo bambino, non ti sarà permesso chiamarmi grasso o qualcosa del genere, perché ti farò del male. Intesi?"

 

"Intesi." Sogghignò e tese un braccio, un silenzioso invito per raggomitolarmi contro di lui, e beh, chi ero per rifiutarmi. "Ma sul serio," aggiunge quando posai la testa sul suo petto nudo e mi mise un braccio intorno alla vita, "Avremo un altro bambino? Tipo, presto?"

 

"Definisci presto," dissi lentamente.

 

"Non lo so, prima dell'estate?"

 

"Spero tu intenda provare a rimanere incinto prima dell'estate, perché avere un bambino prima dell'estate sarà un po' difficile."

 

"Si, Louis, volevo dire che dovremmo provare prima dell'estate."

 

"Mm. Bene, l'estate è tra sei mesi, quindi si, credo che possiamo provarci prima." Esitai per un momento. "Ma dovremmo chiedere a tua madre cosa ne pensa."

 

"Posso capire Aidan, dato che la sua vita ne sarà condizionata, ma perché mia madre?"

 

"Perché le ci conosce," dissi facilmente, "È stata con noi praticamente da sempre, e voglio sapere se pensa che siamo pronti."

 

"E... se lei pensa che non siamo pronti, non lo faremo?" chiese esitante, sembrando un po' nervoso.

 

"No, lo faremo, prendendo in considerazione le sue opinioni," dissi, "A meno che lei non abbia delle buone ragioni sul perché non dovremmo farlo, naturalmente."

 

"Ma- Louis!" Piagnucolò, "Sono un uomo adulto, non lascerò che ciò che pensa mia madre influenzi le mie decisioni."

 

"Voglio solo la sua opinione, Harry," dissi con una leggera risata, "Non ti preoccupare, avremo un bambino, qualunque cosa accada. Promesso."

 

"Bene," borbottò, "Ma se dice qualcosa che ti farà cambiare idea, la rinnegherò."

 

"Non pensi che se io cambio idea così facilmente, è perché non sono ancora pronto?" 

 

Sbatté le palpebre e poi disse, "Come ho già detto molte volte, hai scelto la professione sbagliata."

 

Sorrisi e gli colpii il petto. "Le parleremo prima di andare a casa, okay?"

 

"Si," disse tra i miei capelli, "Si, okay."

 

 

 

*

 

Il Natale, tuttavia, era una vacanza molto impegnativa e stressante, anche quando eravamo a casa e non ci occupavamo di nulla, quindi non trovammo l'occasione di parlare con Anne dei nostri 'piani'.

 

Il 24 fu, per me ed Harry, passato a fare shopping per i regali natalizi, e quando tornammo a casa era già ora di cena. La serata passò guardando la TV e sgranocchiando i dolci che Helen, Anne e Connor avevano passato il pomeriggio a preparare. Il 25 non era nient'altro che quantità immensa di cibo, regali, sonnellini occasionali e, dopo che tutti gli altri erano andati a letto, io ed Harry portammo gli avanzi dei liquori nel letto e continuammo ad ubriacarci. Il 26, sia io che Harry dormimmo fino alle 12 e probabilmente avremmo dormito più a lungo se Anne non fosse venuta a svegliarci. Io per primo passai l'intera giornata con il mal di testa, e sia Harry che Aidan mi avevano schernito per essere una mezza calzetta, al quale risposi con un dito medio. Tutti e dodici cenammo presto, e quando finimmo, erano quasi le 22, ed Harry, Aidan e io tornammo a casa.

 

Harry non disse nulla, ma vidi il piccolo sorriso sfacciato che stava giocando sulle sue labbra quando eravamo impegnati a disfare i nostri bagagli.

 

"Non pensare che non avremo quella conversazione con lei," dissi, lanciandogli una maglietta sulla testa.

 

"Oh, lo so, credimi," disse cupo, il suo sorriso vacillante.

 

Il resto di dicembre passò rapidamente, e il 3 Gennaio, Harry e io tornammo a lavoro mentre Aidan tornò a scuola tre giorni dopo, il 6. Dato che era impegnato per i suoi esami, Harry ed io eravamo un po' riluttanti sul dirgli che probabilmente avremmo provato ad avere un figlio in un futuro non troppo lontano, forse l'avrebbe mandato fuori di testa. Ad essere onesti non avevo solo paura di come avrebbe reagito al pensiero di avere un fratello, ma anche a quello di dover vedere suo padre andare in giro incinto. Il modo in cui era sempre stato riluttante a sentire qualunque cosa riguardasse i nove mesi in cui ero incinto di lui mi lasciò pensare  che forse non sarebbe stato troppo contento. Per non parlare del fatto che aveva amici e fidanzate che occasionalmente portava a casa, e non volevo metterlo in imbarazzo di fronte a loro.

 

E poi c'era anche il lavoro. Ero un uomo, quindi non potevo andare in maternità quando non sarei stato più in grado di lavorare, ma allo stesso tempo mi piaceva troppo il mio lavoro per essere disposto a lasciarlo. Il mio capo era una donna carina che si chiamava Morgan, ed era madre di tre bambini, se fossi stata una donna, non ci sarebbero stati problemi in merito. Ma io non ero una donna. Ero un uomo e non ero sicuro di come avrebbe reagito se le avessi detto che in pochi mesi avrei dovuto smettere di andare a lavoro perché ero incinto. Quando espressi i miei pensieri a Harry, mi disse che dovevo provare a dirle semplicemente la verità.

 

"Sei serio?" gli avevo chiesto.

 

"Si," aveva detto con un cenno del capo, "Morgan è grandiosa, non penso che ti giudicherà o andrà in giro a dirlo."

 

Ebbene, era possibile che avesse ragione, ma ciò non aiutava a diminuire la sensazione di disagio che si era insinuata nella mia mente.

 

Quando il mese di febbraio arrivò, ci rendemmo conto che era già passato un anno dal nostro viaggio in Messico. Era passato un intero anno dal momento in cui finalmente, una volta per tutte, avevamo parlato dei nostri problemi e avevamo iniziato a risolverli. Era piuttosto confortante sapere che le cose erano cambiate così tanto, ripensandoci, mi sembrava una quantità di tempo molto ridotta.

 

Si avvicinava il giorno di San Valentino quando l'argomento 'bambino' ("finalmente!" come disse Harry) fu riportato fuori, e noi cercavamo il momento per discuterne con Aidan.

 

Sabato, 12 Febbraio

 

Forse sollevare questioni potenzialmente sconvolgenti mentre eravamo seduti a tavola non era la migliore idea del mondo, e soprattutto non quando la persona a cui si parlava aveva la bocca piena di polpettone.

 

Guardai Harry per un momento, nervoso, e a giudicare dal suo sopracciglio alzato e dal modo in cui pronunciò, "Ora?" capì cosa volevo fare. Annuendo brevemente, solo una volta, voltai gli occhi verso Aidan. Stava felicemente masticando il suo pranzo, senza avere la minima idea che i suoi genitori stavano per lanciare la bomba.

 

"Ehi, Aidan?" dissi, posando lentamente le posate prima di schiarirmi la gola.

 

Alzò lo sguardo. "Cosa?" disse con la bocca piena di patate.

 

"C'è... qualcosa di cui vorremmo parlarti," dissi, prendendo un respiro profondo.

 

"Cosa ho fatto?" chiese immediatamente, "Non si tratta della scuola, vero? Perché i miei voti sono davvero buoni e non ho-"

 

"No, no, non si tratta della scuola," Harry lo interruppe con un cenno della mano, "Non ha niente a che fare con te, in modo diretto almeno."

 

La faccia di Aidan si rilassò con sollievo. "Cosa succede allora?" chiese mentre continuava a mangiare.

 

"Noi... beh, non iniziare ad urlare, okay?" dissi, "Stai calmo, e se hai un problema, ne parleremo senza alzare la voce. Intesi?"

 

Fece un gesto con la forchetta e disse, "Si, si, vai."

 

"Okay." Guardai il tavolo per un secondo, poi senza mezzi termini, dissi, "Stiamo pensando di avere un bambino."

 

Calò il silenzio. Troppo silenzio. Ogni suono nella casa poteva essere sentito; la lavastoviglie, la pompa di calore nel soggiorno, la TV a bassissimo volume, i battiti del cuore di tutti e tre. Qualunque cosa. O forse ero solo io. Osservando Aidan con ansia, in attesa di una reazione diversa dall'espressione sbalordita del suo viso, affondai le unghie nei palmi delle mie mani, pregandolo silenziosamente di non esplodere.

 

"Un- un bambino," fu ciò che disse alla fine, balbettando, "Come, tu- avrai- nello stesso modo-"

 

"Vogliamo avere un bambino nello stesso modo in cui abbiamo avuto te, si," lo interruppe Harry, la voce calma e gentile, gli occhi anche.

 

Gli occhi di Aidan si spostarono verso di me, così in fretta che se avrebbero potuto avere un colpo di frusta, lo avrebbero avuto in quel momento. "Quindi- tu stai per-" Balbettò, gesticolando tremante verso il mio stomaco.

 

"Per favore non dare di matto," dissi, quasi implorante.

 

"No, no, non sto andando fuori di testa," disse, apparentemente per convincere se stesso quanto noi. Espirò profondamente e si passò una mano tra i capelli, in maniera simile a quella di Harry quando si sentiva a disagio per qualcosa.

 

"Okay, quindi avrete un bambino," disse con un colpo di tosse, "E lo farete nel modo tradizionale, che, nel tuo caso, non è proprio tradizionale. Va bene. Tutto apposto. Io... si."

 

"Puoi dirci cosa stai davvero pensando?" dissi, piegando le mani di fronte a me, mordendomi l'interno della guancia.

 

I suoi occhi guizzarono avanti e indietro tra e me e Harry per venti secondi buoni, prima che prendesse un altro respiro profondo e si appoggiò allo schienale della sedia. 

 

"Quello che sto pensando," iniziò, grattandosi il collo distrattamente, "È che tra tre mesi compierò diciotto anni e che sarà un po' strano avere un fratello quando sono così grande."

 

Sbattei le palpebre, sentendomi piuttosto confuso. "Tutto qui?" Dissi senza fare una piega.

 

Aidan scrollò le spalle. "Dovrebbe esserci qualcos'altro?"

 

"Beh, noi... ci aspettavamo che non fossi entusiasta di dovermi vedere, sai, incinto," dissi titubante.

 

Scrollando di nuovo le spalle, disse, "Non è una mia decisione, comunque, no? Se volete avere un altro bambino, non spetta a me dirvi di no."

 

"Quindi non pensi che sia strano?"

 

"Certo che lo penso," sbuffò, "Sei un uomo, non dovresti poter rimanere incinto, sai, biologicamente parlando. Ma quando, sai, dovrai portarlo fuori, probabilmente non vivrò più qui, quindi... si. Se state  cercando il mio consenso o qualcosa del genere, lo avete."

 

"Si?" dissi, un sorriso che cresceva lentamente, "Ti va bene?"

 

"Certo," disse lui, "Fate bambini, va bene." Apparve una smorfia, e aggiunse, "Ma aspettate a quando non sono a casa per fare il vero e proprio lavoro, per favore."

 

Rivolgendomi a Harry, sogghignai ampiamente. Non esitò a ricambiare il gesto, e lo sentii prendermi la mano sotto al tavolo. Afferrandomi le dita, mi strinse forte e mi morsi il labbro per mantenere la mia troppo ovvia felicità.

 

 

 

 

"Suppongo che dovremmo parlare con mamma allora," mormorò Harry tra i miei capelli quella sera dopo che Aidan si era ritirato nella sua stanza, mentre entrambi eravamo seduti sul divano con un bicchiere di vino in mano e The Breakfast Club in TV.

 

"Mhm," mormorai, "Forse potremmo andare domani?"

 

"Domani? Perché così presto?"

 

"Perché lunedì è San Valentino."

 

"Si, lo so, me l'hai detto un paio di volte nelle ultime tre settimane," disse con una risata dolce.

 

"Solo perché non voglio ripetere il San Valentino dell'anno scorso," mormorai.

 

"Vuoi dire io che esco a bere birra con i miei colleghi e tu che piangi in quello che era il mio letto?" disse. Non c'era niente che assomigliasse a derisione nella sua voce, solo scuse e il pensiero di come fosse la nostra relazione un anno prima.

 

"Si, quello," confermai.

 

"Non succederà," disse immediatamente, scuotendo la testa, "Mai più. Ma cosa c'entra con l'avere un bambino?"

 

"Beh", dissi, deglutendo e guardando verso il basso, "Io... stavo pensando che sarebbe sai, bello se... se provassimo, sai, a San Valentino?"

 

Lo sentii spostarsi un po', e un attimo dopo due delle sue dita erano sotto al mio mento, sollevandolo, costringendomi a guardarlo negli occhi. "Vuoi provare a concepire a San Valentino?"

 

"Odio quella parola," mormorai mentre le mie guance si arrossavano, "Ma si. Credo."

 

"Mancano solo due giorni, quarantotto ore," mi ricordò, sorridendo debolmente, "Sei sicuro?"

 

"Si," dissi, annuendo con la testa dopo aver riflettuto per un attimo, "Si, penso di sì. Sicuro come non lo sarò mai."

 

"E non lo stai facendo solo perché sai che lo voglio io?"

 

Sorridendo, mi sedetti meglio, posai il bicchiere sul tavolo e poi presi il suo viso a coppa con entrambe le mani. "Harry, piccolo, ti amo, c'è solo una persona in questo mondo che amo più di te," dissi, "Ma ho passato una gravidanza, e non è stato divertente per la maggior parte del tempo, quindi lascia che te lo dica, non lo farei più se non lo volessi davvero."

 

 

Domenica, 13 Febbraio

 

"Okay, fatemi capire bene," disse Anne, mettendo la sua tazza di caffè sul tavolo della cucina, "Volete avere un bambino? Il primo è grande e sta per togliersi dai piedi, e ora volete cominciare tutto da capo anche se è passato un anno da quando non dormivate nemmeno nello stesso letto?"

 

"Come fai a sapere che non dormivamo nello stesso letto?" protestò Harry.

 

"Ho le mie fonti," disse, "Ma non è questo il punto."

 

Torturandomi il labbro, dissi, "Quindi pensi che sarebbe stupido da parte nostra avere un bambino?"

 

"Non ho detto questo," disse lei, "Ma ci avete pensato? Siete sicuri di non voler prendere almeno uno o due anni da passare solo voi ora che Aidan si trasferirà, invece di iniziare un altro progetto di responsabilità dalla durata di diciotto anni?"

 

"No, ci abbiamo pensato," disse Harry, "Vogliamo farlo. E siamo pronti." Fui grato che non avesse menzionato le sue preoccupazioni sul fatto che diventassi 'sterile' se avessimo aspettato ancora per molto.

 

Lei annuì lentamente e si appoggiò alla sedia. "Bene, allora perché siete seduti qui con me? Sembra che abbiate già preso una decisione."

 

"L'abbiamo presa, in un certo senso," dissi, "Ma volevamo sapere cosa ne pensavi." Feci una pausa. "Allora, cosa ne pensi?"

 

Si sporse in avanti, appoggiando le braccia sul tavolo, e sorrise. "Penso che sarebbe meravigliosa un'altra aggiunta in famiglia," disse, "E penso che voi abbiate fatto un ottimo lavoro con Aidan, nonostante la difficile situazione in cui vi trovavate allora, e dal momento che siete più grandi e più preparati questa volta, lo farete ancora meglio."

 

"Quindi approvi?" chiesi immediatamente, "Non pensi che siamo incoscienti?"

 

"Louis, tesoro, vi ho visto fare un sacco di cose incoscienti," disse, sorridendo dolcemente, "ho avuto un momento in cui ho pensato che foste stati incosciente a tenere Aidan, e l'ho anche pensato quando avete deciso di trasferirvi da qui quando Aidan aveva poco più di un anno. Ma guarda quanto mi sbagliavo. Ciò che penso non ha molta importanza. Avete costruito una vita da soli, avete fatto funzionare la vostra relazione e avete cresciuto un figlio meraviglioso, quindi se pensate che avere un bambino sia giusto per voi, fatelo."

 

 

*

 

 

"Ha detto di farlo se sentiamo che sia la cosa giusta da fare," disse Harry quella sera quando eravamo a letto. La stanza era completamente buia, silenziosa e calda, e io ero disteso sul mio fianco, con un braccio teso per disegnare linee immaginarie sulla sua schiena morbida. 

 

"Quindi... sentiamo che sia la cosa giusta da fare per noi?"

 

"Si," dissi, con voce stanca, "è la cosa giusta da fare per noi."

 

"Quindi proveremo ad avere un bambino?"

 

Sorridendo, anche se senza aprire gli occhi, annuii. "Si, Harry, proveremo ad aver un bambino."

 

 

 Note traduttrice:

Hello there. 

Quarto capitolo per voi, grazie infinite per la vostra pazienza, come sempre spero vi sia piaciuto. Io l'ho amato particolarmente.

Ora vi lascio, e vi ricordo che mancano 2 capitoli più l'epilogo alla fine.

All the love, Fra. ♥️

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** A decision. ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 5

Una decisione

In Our Way - The Royal Concept

 

 

 

Lunedì, 14 Febbraio

 

Sbattei le palpebre e aprii gli occhi lentamente, stordito, cercai di capire cosa stesse toccando la mia faccia. Una volta liberato dalla sonnolenza iniziale, mi resi conto che fosse la mano di Harry.

 

"Che cosa stai facendo?" chiesi stizzito mentre mi alzavo e mi sfregavo gli occhi, sbadigliando languidamente. 

 

Harry sorrise ampiamente prima di rotolare sullo stomaco e poggiare il mento sulla mia spalla, guardandomi. "Svegliati," disse, "Non puoi dormire tutto il giorno, non quando il giorno in questione è così importante."

 

"Che ore sono?"

 

"Le 8 circa."

 

Abbassai le palpebre. "Avresti potuto lasciarmi dormire un'altra ora o due," dissi.

 

"È un grande giorno, Louis," cantilenò, posando un bacio delicato sulla mia clavicola. 

 

"È troppo presto, non è un grande giorno. Lasciami dormire," dissi prima di spingerlo via e girarmi di lato chiudendo gli occhi.

 

"Ma è un grande giorno," disse, e anche se non riuscivo a vederlo, ero quasi sicuro stesse facendo il broncio.  "Finalmente oggi è il giorno in cui io-"

 

"Si, si, oggi è il giorno in cui finalmente metterai un bambino dentro di me," lo interruppi, "Ma non lo farai adesso, quindi stai zitto e lasciami dormire."

 

Passò un momento di silenzio, prima che lui dicesse un po' seccato, "Stavo per dire che oggi è il giorno in cui finalmente ti scoperò senza preservativo. E questa volta saremo sobri." Fece una pausa e poi aggiunse pensoso. "Non abbiamo mai fatto sesso senza preservativo da sobri. Ci hai mai pensato?"

 

Sospirai esasperato, mi voltai e aprii gli occhi. "No, fino ad ora no," dissi. "Grazie per avermelo fatto notare, ci fai proprio sembrare una coppia stabile."

 

"Prego," disse prima di chinarsi e baciarmi le labbra. "Quindi sei sveglio ora?"

 

Roteai gli occhi ancora una volta, lo spinsi via da me e rotolai sull'altro lato. "No. Torno a dormire e se hai il coraggio di provare a svegliarmi prima delle 11, non riceverai niente per un mese."

 

Inutile dire che ricevetti le mie tre ore in più di sonno. Trovai Harry in cucina, occupato a preparare la colazione. Non indossava nient'altro che i suoi boxer, e visto che ero quasi nello steso stato (tranne che per una maglietta), non mi lamentai. Il fatto che fosse decisamente stupendo non mi disturbava per niente.

 

"Il cibo è pronto fra cinque minuti," disse quando si voltò e mi vide. I suoi occhi vagarono su e giù per il mio corpo, sorrise e aggiunse, "Non stai indossando molta biancheria."

 

"Oh, beh, parli proprio tu," dissi, posizionandomi tra le sue braccia, "Non stai indossando praticamente niente."

 

"Ed è favoloso," ghignò mentre si chinava e premeva le sue labbra con le mie. Io mormorai qualcosa contento e misi le mie braccia sulla parte bassa della sua schiena, approfondendo il bacio in modo lieve mentre mi spingevo più vicino al suo corpo quasi nudo. Mentre leccava dolcemente le mie labbra, le sue mani caddero sul mio sedere e si fermarono lì, applicando solo un po' di pressione. Ruppe il bacio solo dopo pochi secondi, ma invece di tirarsi indietro, si avvicinò al mio orecchio e chiuse attentamente le labbra attorno al lobo. "Non riesco ad aspettare a stanotte," mormorò mentre toccava il mio sedere.

 

"Mhm," mormorai tenendo gli occhi chiusi mentre mi lasciavo andare al suo tocco. "Non sono ancora sicuro se sei eccitato perché non vedi l'ora di passare del tempo con me, o se si tratta solo di fare un bambino."

 

"Beh," disse e posò un bacio sulla mia mascella, "In realtà, fare un bambino conta come passare del tempo con te."

 

"Non è questo il punto," dissi.

 

Sbuffò piano e si tirò indietro per guardarmi negli occhi. "Certo che non vedo loro di passare del tempo insieme," disse. "Non vedo l'ora di festeggiare San Valentino nel modo giusto. Mi è mancato."

 

Sorrisi e strinsi ancora più forte la mia presa, quasi per assicurarmi che non scomparisse. "Anche a me," dissi.

 

"E mi è mancato fare senza sesso senza preservativo," disse, il suo sorriso diventò sfacciato.

 

"Dovevi proprio rovinare il momento, vero?"

 

"Non ho rovinato niente," mormorò, toccando la punta del mio naso con la sua. "Stavo solo constatando un dato di fatto, e sono abbastanza sicuro tu sia d'accordo con me."

 

"Ricordo a malapena com'è," ammisi imbarazzato. "Noi... beh, eravamo ubriachi tutte e tre le volte, nel caso l'avessi dimenticato."

 

"Io non ricordo nemmeno la prima volta," disse con una scrollata di spalle. "Questo non significa che non so come sia farlo senza un maledetto strato di lattice che mi copre il cazzo, però."

 

"Smettetela di parlare di questo quando io posso sentire." Aidan entrò in cucina con un'espressione scontrosa e i suoi ricci sembravano un nido di uccelli. "E smettetela di palparvi a vicenda. È disgustoso."

 

Le mani di Harry scivolarono via da me e io feci un passo indietro, piagnucolando silenziosamente per la perdita del contatto. "Non sapevamo che fossi già sveglio," dissi. "Di solito non ti alzi prima di mezzogiorno."

 

"È San Valentino e ho delle cose da fare," disse mentre andava verso il frigo e tirava fuori un cartone di succo per poi berne un sorso. A volte mi ricordava  un Harry più giovane.

 

Lanciai una rapida occhiata a Harry e mi schiarii la voce. "Si, a tal proposito," dissi, "Devi uscire stasera?"

 

"Si." Né io né Harry dicemmo nulla, e lui abbassò il cartone del succo lentamente. "Perché?"

 

"Oh, no- è il giorno di San Valentino." Apparentemente non era una spiegazione sufficiente, perché sbatté semplicemente le palpebre, e sospirai. "È San Valentino e noi volevamo-"

 

"Ew," mi interruppe, facendo una smorfia. "Ho afferrato. Farete dei bambini e volete che stia fuori stanotte. Ho capito."

 

"Io- no, è- Aidan!" Mi passai una mano sul viso e mi voltai verso Harry con un'espressione supplichevole. Sorrise, come faceva sempre quando Aidan mi faceva agitare.

 

"Vogliamo sapere quanto tempo starai via," disse Harry mentre si avvicinava al fornello e spostava la friggitrice.

 

"Tutta la notte, se volete fare dei bambini," grugnì Aidan.

 

Harry sospirò. "Aidan, per favore."

 

"A meno che non manderò a puttane qualcosa, passerò la notte a casa di..." Si interruppe, arricciò la fronte per un momento e poi si illuminò. "Amy. Passerò la notte a casa di Amy."  

 

Lo fissai. "Scusami, ma hai dovuto pensare per ricordarti con chi trascorrerai la notte?"

 

"Non è così semplice tenere il conto," disse. "E mi sono appena svegliato. Datemi una pausa."

 

"Darti una-" chiusi la bocca e inspirai profondamente, non potendo iniziare ad urlargli contro. "Aidan," dissi con voce lenta ma ferma, "Per favore non dirmi che stai- beh, uscendo con più di una ragazza allo stesso tempo."

 

Non sembrava per niente disturbato. "Quindi?"

 

"Quindi?" Alzai le mani in aria. "Non voglio che mio figlio sia il tipo di idiota spezza cuori!"

 

"Non spezzo i cuori," disse lui, mentre rimetteva il cartone in frigo. 

 

"Vuoi scommettere?" Sbottai.

 

Sembrava sorpreso della mia reazione, e aggrottò leggermente la fronte. "No," disse, anche se sembrava meno sicuro. "Va tutto bene."

 

"Non la penso così," dissi con un cenno della testa.

 

"Non ho mai, sai, promosso niente a loro," disse, lo sguardo che si spostava tra me e Harry. "Non ho mai detto loro che staremo insieme per sempre o qualsiasi altra cosa del genere."

 

"E hai mai detto a loro il contrario?" Ribattei. 

 

Aprì la bocca, la chiuse e si spostò a disagio. "No?" Disse.

 

"Bene, allora c'è un problema," disse Harry avvicinandosi a me e mettendomi un braccio intorno alle spalle. "Forse non te ne sei reso ancora conto, ma se sei carino con una ragazza, esci con lei spesso, avete degli appuntamenti, fate sesso-"

 

"Harry!"

 

"Sai che è vero, Louis, smettila di frignare. Il punto è che se fai tutto questo con una ragazza e non chiarisci che non ti interessa una relazione, il novanta percento dei casi, lei la finirà per essere furiosa."

 

"Io-" Corrugò le sopracciglia. "In ogni caso, tu sei gay, non sai niente di tutto questo." Si girò e uscì dalla stanza. Qualche istante dopo sentimmo il rumore della porta della sua camera da letto che si chiudeva. 

 

"Bene," disse Harry e si schiarì la voce. "Penso che andrò a parlare con lui."

 

"Lascia che si calmi un po' prima," dissi stanco.

 

Dopo aver fatto colazione, andai a farmi una doccia mentre Harry puliva. Quando fui nudo di fronte allo specchio, osservai la zona del mio stomaco con un piccolo cipiglio. I chili che avevo preso con la gravidanza, erano spariti da tempo, ma non potei fare a meno di pensare se sarei stato in grado di rimettermi in forma dopo un'altra gravidanza. L'ultima volta era stato abbastanza difficile, diciotto anni prima, ma Dio sapeva come sarebbe andata a finire quella volta.

 

Trascinai lentamente un dito su una delle smagliature proprio accanto al bacino. Harry diceva che le amava, amava ognuno dei circa dieci segni che erano rimasti nel mio corpo come promemoria. Portai la mano più in basso e raggiunsi le cicatrici più grandi del cesareo. Due orizzontali, leggermente rosa, causate dagli aborti, e una verticale molto meno lieve, causata dalla nascita di Aidan. Non sembravano così male, però. Non lo pensavo, almeno, e Harry mi diceva che le amava, quindi il pensiero di averne un'altra non mi avrebbe fatto cambiare idea. Non per davvero.

 

Quando tornai di sotto, Harry aveva indossato un paio di jeans e una vecchia maglietta, era seduto sul divano con il portatile davanti a lui, sul tavolino. Mi sedetti accanto a lui, mi tirai le gambe coperte dalla tuta sul petto e strinsi le labbra pensieroso.

 

"Harry?" Dissi.

 

Alzò la testa e mi guardò. "Mm?"

 

"Cosa succederà se questo bambino mi farà diventare grasso e disgustoso?"

 

Sbattendo le palpebre, raddrizzò la schiena lentamente e aggrottò la fronte. "Cosa ti ha fatto pensare a questo?" Chiese.

 

Scrollai le spalle. "Niente," dissi. "Non proprio, è solo- sai come sono, io-"

 

"Lo so," mi interruppe con un sorriso. "Quindi, cosa succede se il tuo corpo diventa 'grasso e disgustoso'?"

 

"Io- beh, mi... amerai ancora?" Mi spostai a disagio. "Perché per quanto voglia un bambino, non voglio che rovini la nostra relazione."

 

Sbuffò e scosse la testa. "Non sono così superficiale, Lou."

 

"Lo so, lo so," sospirai. "Stavo solo pensando che- beh, non so se sarò in grado di mettermi in forma velocemente, o del tutto, come è successo dopo che è nato Aidan, e se non ci riesco, io non voglio che tu... sia disgustato."

 

Sorrise, si spostò più vicino a me e mi diede un rapido bacio sulla guancia. "Non mi importa," disse. "A meno che tu non abbia un problema con questo, non importa."

 

Guardai verso il basso per un momento, e poi sospirai di nuovo. "No, non... non proprio," dissi. "Immagino sia solo- no, non voglio che tu... smetta di volermi. Tutto qui." 

 

"Mai," mi rassicurò. "Ti volevo quando avevamo diciotto anni, ti voglio adesso, e ti vorrò quando saremo vecchi, con i capelli grigi e le rughe. Non devi preoccuparti."

 

Sorrisi. "Va bene."

 

"Va bene?"

 

"Mhm."

 

"Bene." Mi diede un altro bacio sulle labbra prima di lasciarmi andare rapidamente, alzandosi in piedi. "Ma adesso ho bisogno che tu ti vesta ed esca di casa."

 

"Cosa?" Lo guardai confuso. "Perché?"

 

"Perché," disse, tirandomi su, "Preparerò tutto per stanotte."

 

"Preparare tutto? Cosa, inizierai a dipingere la stanza degli ospiti? Potresti almeno aspettare fino a quando non sapremmo quale sarà il sesso del bambino."

 

Roteò gli occhi. "Cucinerò," disse. "E pulirò, e ho alcune cose da comprare."

 

"Oh." Avrebbe cucinato. E pulito, e aveva delle cose da comprare (probabilmente fiori, se lo conoscevo bene). E okay, quello era... si, andava bene. Era un miglioramento significativo rispetto al San Valentino dell'anno prima. 

 

"Okay, credo che troverò qualcosa per passare la giornata."

 

Alla fine, dopo essermi vestito, finii a casa di Niall. Fu una Celeste al quarto mese di gravidanza ad aprirmi la porta quando bussai. "Ciao, Louis," disse, le sopracciglia scure che si alzarono per la sorpresa. "Niall è uscito per un po', se sei qui per lui."

 

"Sono qui per vedere anche te," dissi sorridendo, mentre guardavo la sua pancia leggermente più grande. "Come stai?"

 

"Oh, bene," disse lei mentre si faceva da parte per farmi entrare in casa. "Nausea mattutina, sbalzi d'umore e tutto il resto, ma è normale, no?"

 

"Non so cosa sia normale, ma ho passato i primi tre mesi a vomitare ogni mattina quando ero incinto di Aidan," dissi mentre mi toglievo le scarpe e la giacca e la seguivo nel soggiorno.

 

Si accasciò sul divano, facendomi segno di fare lo stesso. "E hai avuto una gravidanza abbastanza normale, giusto?" chiese quando mi sedetti.

 

"Sorprendentemente normale, in realtà," dissi. "Se non teniamo conto del fatto che ho dovuto nasconderlo più o meno a tutti."

 

Un sorriso le increspò le labbra. "Si. Non credo di avertelo mai chiesto, ma quando hai iniziato a dirlo agli altri?"

 

"Mai," dissi ridendo. "L'ho detto a quelli a cui era impossibile tenerlo nascosto, come Harry, mio fratello e mia mamma, ma non l'ho mai detto ad altri se non era necessario."

 

"A me l'hai detto," osservò lei.

 

"Si, beh, mi davi l'impressione di una persona perbene," dissi con un sorriso ironico. "Avevo la sensazione che non ne avresti parlato con nessuno o che avessi pensato che fossi un mostro."

 

"Ad essere onesti, sei un po' strano," sorrise lei. "Ma non per questo fatto, più per quanto sembri proprio una mamma quando si tratta di Aidan."

 

"Qualcuno deve esserlo," ragionai mentre fingevo indignazione. "Harry è il genitore divertente, io quello cattivo. È un buon equilibrio."

 

"Mm, si." Un piccolo solco apparve tra le sue sopracciglia. "Penso che sarò il genitore cattivo una volta che questo piccoletto-" fece un cenno al suo stomaco "-nascerà. Niall sarà quello divertente, senza dubbio."

 

"Ogni bambino ha bisogno di almeno un genitore che stabilisce i limiti e tutto il resto," dissi. "Ti amerà ugualmente, non ti preoccupare." Sbattei le palpebre. "A proposito, è un maschio o una femmina?"

 

"Un maschietto," sorrise lei. "Avresti dovuto vedere Niall quando lo abbiamo scoperto, ha iniziato a pianificare la sua carriera da calciatore proprio lì, nello studio del dottore."

 

"Mi sembra giusto. Quindi, un maschietto." Misi le mani distrattamente sul mio stomaco e guardai in basso. "Magari... magari avrà un amichetto con cui giocare." Alzando lo sguardo per incontrare il suo, la trovai a trovarmi con occhi leggermente spalancati. "O forse una fidanzata. O una migliore amica. Chissà."

 

"Tu-" si fermò per un secondo. "Oh mio Dio! Tu ed Harry state per avere un bambino?"

 

"Ci proveremo, si," dissi, mordendomi il labbro per impedire al mio sorriso di allargarsi troppo.

 

Fece cenno di alzarsi, ma poi fece una smorfia e affondò contro i cuscini. "Ti abbraccerei, ma non posso alzarmi," disse. "Ma congratulazioni, sono felice per voi. Soprattutto dopo..,beh, tutto."

 

"Si," dissi, sorridendo debolmente. "Anche io. L'anno scorso a San Valentino non abbiamo neanche trascorso la serata insieme, e... ora vogliamo avere un bambino. Sembra un po' surreale, ad essere onesti."

 

"Mm. Come si sente Aidan a riguardo? Ad avere un fratellino così tardi, dico. Mia sorella è nata quando avevo quindici anni e pensavo che fosse strano da morire. Più che altro perché sapevo che i miei genitori avevano fatto sesso proprio mentre ero nella stanza accanto."

 

Sorrisi per un secondo prima di rispondere. "Gli va sorprendentemente bene, in realtà," dissi. "Un po' stranito forse, ma molto meno di quello che pensavamo."

 

"Chi è stranito e perché?" Niall entrò nella stanza con un mazzo di fiori e una borsa di Victoria's Secret. Si sedette tra me e Celeste e sospirò profondamente, completamente esausto a giudicare dal suo aspetto. "Odio fare shopping," disse.

 

Celeste roteò gli occhi e gli diede uno schiaffo sulla nuca. "Accettalo," disse lei. "Sto portando il tuo bambino."

 

"Forse dovrei usare questa frase con Harry," dissi.

 

Passò un attimo di silenzio e poi gli occhi di Niall mi guardarono, spalancati e curiosi. "Tu- cazzo, sei incinto?" Esclamò, indicando quasi in modo accusatorio il mio stomaco.

 

"Io-"

 

"Ecco un modo per rubarmi la scena. Un ragazzo incinto è molto più interessante di una donna incinta." Mi mostrò la lingua, fingendosi offeso, e poi sorrise. "Quando è successo?"

 

"Non è ancora successo," dissi. "Ma ci proveremo. Stanotte."

 

Entrambi sorrisero e mossero le sopracciglia, e io roteai gli occhi.

 

*

 

Quando tornai a casa verso le 17, Harry era in cucina, occupato a preparare quella che sembrava...

 

"Pasta?" Misi il mento sulla sua spalla e guardai i fornelli.

 

"Mhm," disse distrattamente mentre era impegnato a versare la salsa in una ciotola. "Carbonara. Il primo piatto che ti abbia mai preparato, giusto?"

 

"Oh." Sorrisi e gli posai un bacio sul collo. "Si."

 

"Questa volta sto facendo tutto perbene, però," disse. "O anche l'altra volta l'avevo fatto?"

 

"Beh, era commestibile," dissi. "Non so cosa tu voglia dire con "facendo bene'."

 

"Sai, la pasta con il parmigiano, poi l'insalata, il pane all'aglio e una bottiglia di Pinot Bianco."

 

"Pensavo dovessimo rimanere sobri," dissi secco.

 

"Una bottiglia di vino non ci farà ubriacare, Lou," sbuffò. "Puoi berne un bicchiere. Fidati di me, quel vino è delizioso con la pasta."

 

"Va bene, ma promettimi di non farmene bere più di un bicchiere."

 

"Promesso."

 

"Bene." Mi alzai e mi poggiai sul bancone. "Okay, quindi, ho bisogno di vestirmi bene per questa cena che mi stai cucinando, o posso mangiare con la mia tuta e una maglietta?"

 

"Tuta e maglietta vanno bene," disse. "Sarà più semplice toglierli dopo."

 

"Ma che dolce."

 

"Non lo sono?"

 

Alzai gli occhi al cielo, ma non commentai ulteriormente sulla questione. "Aidan è uscito?"

 

"Circa mezz'ora prima che tu tornassi a casa," rispose.

 

"Hai avuto modo di parlargli di.. sai, la questione delle ragazze?"

 

"Si," disse. "Ha passato un po' di tempo ad urlarmi contro, poi io ho urlato contro di lui e siamo arrivati ad un accordo." Sollevai un sopracciglio in modo interrogativo, chiedendogli silenziosamente di spiegarsi, e continuò. "Non era d'accordo sullo smettere di vedere tutte queste ragazze in una sola volta, ma mi ha promesso che avrebbe fatto in modo che sapessero che non sta cercando qualcosa di importante, così da non ferirle."

 

Non ero soddisfatto al cento per cento, ma a malincuore giunsi alla conclusione che, per quanto mi sarebbe piaciuto, non potevo controllare ogni aspetto della sua vita. E così annuii. "Ok, bene," dissi. "Ma è un idiota. Finirà per farsi del male prima o poi."

 

"Si, beh, deve imparare dai suoi stessi errori."

 

*  

 

Un'ora dopo avevamo finito di mangiare, tutti i piatti erano stati messi nel lavello ("Ci penserò domani," mi aveva detto Harry quando gli dissi che la salsa avrebbe iniziato a puzzare), ed eravamo comodamente seduti sul divano, io con i miei piedi sulle ginocchia di Harry e un bicchiere di quello che rimaneva del mio vino in mano.

 

"Questo vino mi rende un po' assonato," dissi.

 

"Non ti addormenterai su di me, vero?" Sembrava davvero preoccupato.

 

Alzai gli occhi al cielo e posai il bicchiere sul tavolo. "No, Harry, stavo solo cercando di farti capire che forse è ora che tu mi porti a letto."

 

"Oh." Sorrise, chiaramente contento. "Si, credo di poterlo fare."

 

"Mm. Hai voglia di portarmi?" Tolsi i piedi dalle sue ginocchia in modo che potesse alzarsi e sorrisi innocentemente verso di lui. "Per favore?"

 

Non rispose, ma si avvicinò nel punto in cui ero seduto e mi fece cenno di alzarmi in piedi. Lo feci, e quello che fece lui fu prendermi per le cosce e sollevarmi in modo che le mie gambe fossero avvolte intorno alla sua vita.

 

"Potrei abituarmi a questo," dissi con una risata e misi le braccia intorno al suo collo, appoggiando la fronte contro la sua. 

 

"Cosa, ad essere più alto di me?" Chiese mentre si avviava verso le scale.

 

"Mhm."

 

Sogghignò, e mi baciò le labbra, ma nessuno dei due disse niente fino a quando non raggiungemmo la camera da letto. Mettendomi con cura sul letto, si tolse il maglione e lo gettò sul pavimento prima di arrampicarsi su di me. "Non perdi tempo, vero?" Dissi mentre alzavo le braccia per metterle intorno al suo collo, tirandolo verso il basso in modo che le sue labbra si posassero sulle mie.

 

"A cosa servirebbe?" Chiese.

 

"Non ne ho idea." Sorrisi, anche se solo per un momento, prima di sollevare il mento e lasciare che le mie labbra si connettessero con le sue. Emise un mormorio soddisfatto, e lasciai le mie gambe aprirsi, dandogli più spazio per potersi muovere contro di me. Mi piaceva dargli carta bianca. Non per farlo dominare, ma per permettergli di avere più controllo su di me. E così, quando la sua lingua spinse insistentemente contro le mie labbra, non esitai a concedergli l'accesso, aprendo la bocca per approfondire il bacio. 

 

Per un lungo momento, rimanemmo lì distesi, a baciarci languidamente. Harry ogni tanto si toccava il rigonfiamento che cresceva lentamente nei suoi pantaloni, e io risposi roteando i fianchi verso l'alto. Mettendo le sue mani sotto la mia maglietta, la sollevò bruscamente, e io alzai le braccia per permettergli di toglierla completamente. I pantaloni della tuta seguirono dopo e così la sua e rimanemmo in boxer e con una quantità di sudore che aumentava lentamente.

 

Le sue mani si abbassarono per afferrarmi i fianchi, premendomi contro il materasso e impedendomi di far collidere i nostri fianchi insieme. Ruppe il bacio ed emisi un lamento di protesta che lui ignorò, invece attaccò le sue labbra alla mia clavicola. Infilai le dita tra i suoi capelli, li strattonai leggermente, quel tanto che bastava per fargli emettere un gemito compiaciuto. I miei boxer stavano cominciando a diventare troppo stretti mentre la presa di Harry era sempre più solida e non ero in grado di muovere i fianchi di un centimetro, tanto meno di fargli capire che volevo che fossimo entrambi nudi il prima possibile. Preferibilmente subito. 

 

Alla fine lasciai la presa sui suoi capelli e abbassai le mani, giù, giù, fino a che non raggiunsero l'orlo dei suoi boxer. Spinsi il tessuto il più in basso che potei e poi feci un maldestro tentativo di toglierli completamente.

 

Harry sollevò la testa e sorrise. "Hai bisogno di aiuto?" Chiese, le labbra rosse e più piene del solito.

 

Non risposi, semplicemente mi rilassai e gli lasciai togliere i suoi e i miei boxer, buttandoli poi a terra insieme al resto dei nostri vestiti. Aprì il cassetto del comodino e prese una bottiglietta di lubrificante, poi lo vidi prendere un preservativo prima che un sorriso di realizzazione si estendesse sulle sue labbra, e chiuse di nuovo il cassetto.

 

Iniziò ad accarezzare il mio ginocchio per poi salire su lungo l'interno della mia coscia, aprì il tappo del lubrificante e disse, "Girati." Lo feci, mi misi sulle ginocchia, posai la testa sul cuscino e inarcai la schiena. Passarono circa cinque secondi e poi ci fu una pressione contro la mia entrata. Sospirai contento e dimenai i fianchi, leggermente, dicendogli di andare avanti.

 

Il primo dito scivolò dentro abbastanza facilmente, e mentre lui lo spinse fuori e dentro per un certo numero di volte, la mia respirazione diventò sempre più accelerata e ebbi l'impulso di avvolgermi una mano intorno al mio cazzo duro e pronto. Invece rimasi dov'ero con le mani aggrappate alle lenzuola, mentre dei gemiti occasionali interrompevano i miei respiri.   

 

Aggiunse un altro dito, lo spinse lentamente, e non riuscii a fermare un suono piuttosto imbarazzante che assomigliava ad un miagolio. Lo sentii ridere dietro di me, ma quella fu la sua unica reazione. Premendo le labbra contro la mia spina dorsale in un bacio rapido, impostò un ritmo più veloce con le dita, ma senza colpire il punto giusto. Considerato tutto, ero abbastanza certo che lo stesse facendo intenzionalmente, e così emisi un lamento frustato e agitai i fianchi nel tentativo di cambiare l'angolazione delle sue dita. Il tentativo fallì, ma aggiunse un terzo dito, spingendolo piano. Quella volta però non uscì completamente, ma fece dei piccoli scatti con l'intenzione di torturami. Soprattutto dal momento che stava ancora evitando la mia prostata, come se lo avessi morso se si fosse avvicinato troppo.

 

"Harry," soffocai sul materasso. "Tu- devi fare qualcos'altro di diverso- subito."

 

"Perché?" Sembrava divertito.

 

"Vuoi un bambino o no?" Si fermò completamente per un momento, e poi fu un attimo prima che le dita di Harry uscirono e lo sentii spruzzare altro lubrificante.

 

Piagnucolando, spingi il mio sedere più in alto che potei. "Sbrigati, okay?"

 

"Assicuriamoci che non ci sarà nessuna abrasione," disse.

 

Stavo per chiedergli di cosa stesse parlando, ma in quel momento la punta del suo membro premette contro la mia entrata, e, beh. "Quanto lubrificante pensi che serva?" Chiesi mentre roteai gli occhi. "Non sono vergine, lo sai. E nemmeno tu."

 

"Non si sa mai," disse mentre spingeva sempre più a fondo prima di emettere un gemito dalla sua gola.

 

"Non si sa mai cosa?" Chiesi, soffocando una risata. "Se siamo vergini o no? Sono sicuro che lo sappiamo."

 

"Possiamo continuare questa conversazione più tardi?" Le sue dita affondarono nella pelle morbida dei miei fianchi e non potei fare a meno di notare come il suo respiro andasse e venisse con un ritmo veloce.

 

"Stai bene?" Chiesi.

 

Mise la mano sulla mia e intrecciò le nostre dita, stringendole gentilmente. "Si," disse premendomi un bacio sulla nuca. "Si, sto bene, è solo... più caldo del solito. E più stretto."

 

"È una bella sensazione," dissi, offrendogli un sorriso che non vide. Mi sentivo bene. Più caldo, come aveva detto. E, per qualche motivo, più deciso e molto più reale. Non era un pezzo di lattice che scivolava contro le mie pareti, era solo Harry e la pelle liscia e vellutata della sua erezione dura. E mi sentivo così bene. Così bene che sentii un dolore allo stomaco pensando al fatto che non lo avremmo potuto fare così quando volevamo. Il dolore si attenuò piuttosto rapidamente, e al suo posto sentii un leggero bruciore mentre Harry riprendeva il ritmo, quel tanto che bastava per farmi uscire una piccola lacrima.

 

Andò avanti così per un po' - io ansimando ed emettendo suoni ridicoli mentre lui usciva ed entrava ad un ritmo costante, ma lento. Era completamente piegato su di me, il suo petto copriva tutta la mia schiena e il suo volto era seppellito tra i miei capelli. Se non fosse stato che sarei crollato al cento per cento se lo avessi fatto, mi sarei avvolto una mano intorno al mio cazzo, perché Harry doveva ancora colpire il punto giusto e mentre i minuti passavano, stavo diventando sempre più frustato a tal punto da voler piangere. Mi faceva sentire bene, essere tenuto al limite in quel modo, sapendo che quando avessi ottenuto quello che volevo, sarebbe stato paradisiaco.

 

"Harry, per favore", ansimai. "Per favore, per favore."

 

"Per favore cosa?" Rispose, avvolgendo un braccio libero intorno alla mia vita in modo da avvicinarmi a lui.

 

"Per favore, fallo come si deve."

 

"Non lo sto facendo come si deve?"

 

Dato che non avevo proprio voglia di aumentare il suo ego, dissi, "No. Cambia angolazione solo un po'- no, non- si, non a destra- oh." I miei comandi furono bloccati dai gemiti quando con uno spostamento e un colpo dei fianchi toccò la mia prostata.

 

Fece una risata gutturale. "Meglio?"

 

"S-si," dissi. "Si, continua così."

 

E lo fece. Ancora con un braccio intorno a me, come per tenermi fermo, e con la sua mano che stringeva la mia, cominciò a scoparmi con tanta intenzione dietro ogni spinta come se non avesse altro scopo nella vita. Personalmente sentivo che il mio unico scopo nella mia vita fosse proprio quello.

 

Mentre le sue spinte stavano diventando sempre più maldestre e poco profonde, e dei piccoli grugniti iniziarono ad uscire dalle sue labbra, i miei gemiti occasionali si trasformarono in un flusso di miagolii e grida incredibilmente imbarazzanti che a malapena sembravano umani. Harry lo prese come un incoraggiamento, però, perché improvvisamente mi trovai in un'altra posizione con lui premuto stretto contro la mia schiena e con il suo braccio ancora avvolto in vita. Quest'ultima era probabilmente una cosa buona cosa visto che il mio cervello si era trasformato in poltiglia e in nessun modo avevo la capacità di stare in piedi. Portai una mano tra le mie gambe, la avvolsi intorno al mio membro che perdeva liquido preseminale e cominciai a muoverla allo stesso ritmo in cui si muoveva Harry.

 

"Sto per venire," ansimò mordendomi il collo. "Stai bene?"

 

La mia risposta fu un suono piuttosto poco attraente. "A-ah." Tuttavia capì e mise l'altro braccio intorno a me, allargando la mano sulla parte superiore del mio torace, la punta delle dita sulla clavicola. Non potevo fare altro se non gettare la testa all'indietro, godendomi la sensazione del mio orgasmo che cresceva lentamente, espandendosi dal mio stomaco e raggiungendo ogni angolo nascosto del mio corpo fino ad esplodere in un milione di stelle che danzavano davanti ai miei occhi mentre la mia erezione spruzzava strisce bianche.

 

Quando terminai, anche Harry aveva finito, qualcosa che non avevo notato. Lo sentivo, però; tutto era più umido e caldo. E quello mi colpì, mentre la mia testa era ancora in stato confusionale. Probabilmente avevamo appena concepito un bambino, e non ci sarebbe stata nessuna via di ritorno. Ma non c'era nessuna sfumatura di rimpianto o panico dentro di me, solo soddisfazione e felicità.

 

"Wow," sussurrai alla fine, la mia gola secca. "È stato- noi-"

 

"Si," mi interruppe con voce rauca mentre strofinava il viso tra i miei capelli. "Si, lo abbiamo fatto. Stai bene?"

 

"Si, io- si." Inghiottii, chiusi gli occhi e inclinai la testa di lato per premergli un bacio sulla mascella. "Sto bene, solo... resta dentro di me per un po'. Per favore."

 

"Non era mia intenzione spostarmi."

 

E così rimanemmo in quel modo, io praticamente seduto sulle ginocchia mentre i nostri corpi sudati erano premuti e le sue braccia erano ancora strette intorno a me come se pensava me ne sarei andato. Il mio corpo non era altro che un ammasso molle, caldo, sazio e pesante, e non volevo muovermi. Mai. E quindi fu con un lamento debole ma dispiaciuto che permisi ad Harry di scivolare fuori da me e io mi stesi sullo stomaco. 

 

"Dove stai andando?" Chiesi, sbattendo gli occhi stancamente verso Harry quando si alzò dal letto.

 

"A prendere un asciugamano e qualcosa da bere," disse prima di sparire. Tornò pochi minuti dopo con un asciugamano inumidito in una mano e una bottiglia di-

 

"Vino, Harry. Davvero?" Gli mandai uno sguardo asciutto e inespressivo mentre mi appoggiavo sui gomiti. 

 

Crollando sul suo lato, disse, "Il vino è perfetto, no? Posso andare a prendere dei bicchieri se vuoi."

 

"Per quanto trovi stupendo bere del vino direttamente dalla bottiglia mentre sono in post orgasmo, penso che non berrò qualcosa di alcolico per un po'."

 

"Cosa?"disse 

 

"Il vino e i bambini non vanno d'accordo, Harry."

 

"Ma- oh." Le sue spalle si afflosciarono per un secondo e sembrò quasi vicino a fare il broncio, ma poi si illuminò, così velocemente da fare quasi spavento. "Giusto, certo. Vuoi qualcos'altro?"

 

"No, sto bene, vieni," dissi.

 

"Beh, ti pulisco almeno." Mi pulì, con dei colpetti gentili ovunque potesse, e si fermò finché non toccò una parte ancora sensibile del mio corpo. "Scusa," disse, dandomi un'ultima volta le spalle prima di gettare l'asciugamano sul pavimento e mettersi accanto a me, sullo stomaco. "Allora," disse poi.

 

Sorrisi e trascinai le dita attraverso la sua frangia sudata, spingendola indietro. "Allora."

 

"Ti senti già incinto?"

 

Colpendo il lato della sua testa, roteai gli occhi. "No, non mi sento incinto."

 

"Oh." Sembrava deluso. "Quanto tempo ci vuole prima che senta qualcosa?"

 

"Beh, l'ultima volta c'è voluto circa un mese prima che avessi qualche sintomo e poi un'altro mese prima che andassi dal dottore."

 

La sua faccia si rabbuiò. "Mi stai dicendo che dobbiamo aspettare un mese intero prima di scoprire se ha funzionato?"

 

"Non dirlo in quel modo," dissi con una smorfia. "Lo stai facendo sembrare un progetto scientifico."

 

"È stato un progetto scientifico molto, molto divertente. L'ho amato. Voglio solo scoprire i risultati."

 

"Si?" Dissi secco. "Beh, mi dispiace dirtelo, ma non lo saprai subito."

 

"Beh, non vedo l'ora che arrivi il giorno."

 

 

Giovedì, 30 Marzo

 

I risultati arrivarono un mese e mezzo più tardi, con me accovacciato sul pavimento davanti al gabinetto alle 6 del mattino, le mie budella che si contorcevano, il mio viso umido di lacrime e la gola secca e dolorante.

 

Singhiozzai e mi asciugai una lacrima prima che potesse cadere. "Eccoci di nuovo," mormorai mentre premevo il mio stomaco con una mano. Era ancora piatto, non si vedeva ancora la cosa che in pochi mesi avrebbe reso dolorosamente evidente la sua presenza. Ma non potevo saperlo, magari ero solo malato. 

 

Non mi ammalavo mai, però, e avevo provato la stessa strana sensazione quando ero incinto di Aiden e dei due bambini, quei bambini senza nome che non sarebbero mai cresciuti.

 

Alla fine mi alzai in piedi, le mie gambe nude tremavano pericolosamente mentre mi avvicinavo al lavandino per lavarmi i denti. Guardando la mia faccia allo specchio, feci una leggera smorfia. C'erano cerchi scuri sotto ai miei occhi, ero pallido e, a causa delle lacrime, leggermente rosso. Per non parlare del fatto che i miei capelli andavano in ogni direzione dopo una notte di sonno irrequieto.

 

Nonostante il mio aspetto un po' orrendo e nonostante mi sentissi ancora abbastanza nauseato, fu con un sorriso che tornai in punta di piedi in camera da letto. Strisciai di nuovo sotto le coperte, che erano ancora calde, mi distesi su un fianco e colpii il petto di Harry. Era profondamente addormentato con la bocca spalancata da cui ogni tanto uscivano degli sbuffi e lui non reagì. Sospirando, ripetei l'azione alcune volte fino a che finalmente si mosse e sbatté le palpebre.

 

"Cosa?" Disse con la voce stanca mentre inclinava la testa di lato e concentrava i suoi occhi su di me.

 

Sorridendo ampiamente, dissi, "Ho appena passato mezz'ora a vomitare."

 

Sembrò svegliarsi di più. "Sei malato?" Chiese. "Dobbiamo-"

 

"No, no, non sono malato," lo interruppi, ancora sorridendo.

 

Sbatté le palpebre, guardandomi con occhi confusi. Gli ci vollero dieci secondi buoni per capire a cosa mi riferissi, ma quando lo fece, si mise a sedere così in fretta che giurai di avere sentito la sua schiena scricchiolare. Il silenzio rimase per un po', ma poi sorrise, così tanto che il suo viso sembrò illuminarsi e disse, "Sei incinto."

 

Una breve risatina soffocata mi sfuggì prima che potessi fermarla, e annuii, mordendomi il labbro. "Si, io... penso di sì," dissi. Un momento dopo ero sdraiato sulla schiena, disteso sul letto, con Harry nudo su di me. Sorrisi e premetti un bacio sul lato della sua testa e stavo per avvolgere le mie braccia intorno a lui quando improvvisamente si sedette di nuovo, guardandomi lo stomaco con una piega preoccupata tra le sopracciglia.

 

"Non ho schiacciato il bambino, vero?" Chiese.

 

Sbuffai e scossi la testa. "No, non l'hai schiacciato. Ritorna qui."

 

Lo fece, anche se molto più attentamente, e sfiorò le mie labbra con un bacio leggero. "Ti amo," mormorò, "Molto, davvero."

 

Mormorai qualcosa felice e passai le dita tra i suoi capelli, sciogliendo un piccolo nodo. "Ti amo anche io."

 

"Mm, bene." Mi baciò una volta e, stupidamente, strofinò il naso contro il mio. Dopo un po' calò di nuovo il silenzio ed ero sulla buona strada per addormentarti quando parlò di nuovo.

 

"Come dovremmo chiamarlo?" Chiese pensoso.

 

"Non inizieremo già a parlare di nomi," dissi.

 

"Perché no? Sto pensando a Jack se è un maschio o Max se è una femmina."

 

"Max per una femmina? No!"

 

"Perché no?"

 

"Perché sembra il nome di un maschio."

 

"È l'abbreviazione di Maxima. Significa miracolo."

 

"Oh mio Dio, non chiameremo nostra figlia Maxima."

 

"Okay, che ne dici di Gianna?"

 

"Non sei serio, vero?"

 

"È italiano. O ebraico, forse. Non ne sono sicuro."

 

"No, Harry, non- no. Se vuoi-"

 

"Possiamo parlarne in un altro momento."

 

"Non osare addormentarti così, Harry."

 

"Perché?"

 

"Schiaccerai il bambino."

 

"Intendi Maxima?"

 

 

Angolo traduttrice:

Hi babeees.

Eccomi qui, ci pensate che questo è il penultimo capitolo? Io non ci credo ancora. Sono passati 9 mesi da quando ho iniziato a tradurre questa storia, un'infinità di tempo.

Finalmente il nostro Louis è di nuovo incinto, chissà se sarà una femmina o un maschio.

Allora, io la settimana prossima devo partire e starò via per due settimane, porterò il computer ma non vi prometto che riuscirò a pubblicare l'ultimo capitolo mentre starò via. 

Con questo vi lascio, spero come sempre che il capitolo vi sia piaciuto. 

All the love, Fra.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** A Beginning. ***


Image and video hosting by TinyPic

Un inizio 

I remember you - Skid Row

 

 

Lunedì, 24 Aprile

Nove settimane e un giorno

 

 

A causa della leggera paranoia che avevo sviluppato a seguito dei due aborti, mi rifiutai di andare dal medico per un controllo fino a quando non furono passati due mesi dal giorno di San Valentino. Harry si era rifiutato di ascoltare oltre le mie proteste quando la stanchezza cominciò ad ottenere la meglio su di me, e così, un grigio e nebbioso lunedì mattina mi trascinò fuori, mi spinse dentro la macchina e uscì dal vialetto mentre mi lanciava continue occhiate preoccupate.

 

"Avresti almeno potuto darmi il tempo di fare una doccia e indossare dei vestiti veri e propri," dissi con uno sguardo infelice verso i miei pantaloni del pigiama. 

 

"Se ti avessi dato il tempo di fare qualsiasi cosa, saresti riuscito a convincermi che non era ancora il caso di andare dal dottore," disse scuotendo la testa deciso.

 

"Sto bene, Harry," dissi con un gemito, "Stai esagerando."

 

"Forse, ma dato le altre gravidanze, penso di avere il diritto di reagire in modo eccessivo quando si tratta della tua sicurezza. E anche di quella del bambino." Sospirò e si passò una mano tra i capelli, che erano ancora disordinati. "Sei più stanco ultimamente, Lou. Dormi di più e hai bisogno di prendere degli integratori di vitamine a meno che tu non voglia che il bambino stia male. Inoltre, sarebbe bello avere la conferma della gravidanza, non credi?"

 

Guardai fuori dal finestrino, osservai l'ambiente circostante grigio. "Odio quando hai ragione," dissi. "E so tutto quello che hai detto, davvero, ma... e se qualcosa non va? E se è malato e non ce la farà? E se-"

 

"E se fosse perfettamente sano e felice e avesse solo bisogno che suo padre si calmasse e si assicurasse che ottenga tutto ciò di cui c'è bisogno per rimanere sano e felice?"

 

Sbattei le palpebre. "Anche questa è una possibilità."

 

"Direi che è una possibilità più che probabile, in realtà," disse.

 

"Non essere troppo ottimista, porterai iella."

 

"Porterò iella al bambino?"

 

"Si."

 

Con mio disappunto scoprii che Harry aveva già preso un appuntamento, perciò quando arrivammo nello studio della dottoressa non dovemmo aspettare più di cinque minuti prima che il suo viso familiare si affacciò dalla porta che portava al suo ufficio e ci disse di portare i nostri culi dentro.

 

"Sei il peggior fidanzato barra compagno della storia, lo sai?" Dissi ad Harry una volta entrati nell'ufficio un po' troppo familiare e la porta si chiuse dietro di noi.

 

"Direi che è piuttosto bravo, in realtà," disse la dottoressa Hayes mentre si sedeva su una sedia dietro la scrivania e mi guardava severamente. "Al telefono mi ha detto che hai saputo della gravidanza circa due mesi fa, ma che ti sei rifiutato di venire qui per un controllo?"

 

Lo disse come una domanda, e non c'era niente di giudizioso nella sua voce, ma le mie guance erano rosse dalla vergogna. "Mi stai facendo apparire irresponsabile," dissi.

 

"Mi dispiace dirlo, ma sei stato irresponsabile a non venire prima da me, soprattutto visto come sono terminate le ultime due gravidanze."

 

Seduto su una delle sedie, ingoiai e chiusi gli occhi. "Non volevo ricevere cattive notizie," dissi. "Dopo tutto quello che è successo, non volevo che qualcosa andasse storto anche questa volta, non volevo venire qui e sentirmi dire che il bambino fosse morto o avessi bisogno di abortire o altro."

 

"Il bambino sta bene, Lou," mormorò Harry nel mio orecchio come se non volesse farsi sentire dalla dottoressa. Si sedette sulla sedia accanto alla mia e mise una mano nella mia coscia. "Facciamo tutti i test di base e confermiamo le cose, poi andremo a casa e lo diremo ad Aidan, okay?"

 

"Penso che lo sappia già considerando le volte che mi ha sorpreso a vomitare," dissi con una scrollata di spalle. 

 

"Bene, possiamo dirlo a qualcun altro, allora," disse Harry allegramente prima di rivolgere la sua attenzione alla dottoressa. "Allora, cosa facciamo per prima cosa?"

 

Lei sorrise. "Per prima cosa, Louis andrà a sdraiarsi in quel lettino laggiù e si toglierà la maglietta in modo da poter fare un'ecografia e vedere cosa succede là dentro," disse indicando verso il macchinario ad ultrasuoni.

 

Mi alzai in piedi, mi tolsi la giacca e il maglione che avevo sotto, li appesi entrambi sulla sedia e poi andai verso il lettino e saltai su. Mentre la dottoressa Hayes preparava l'attrezzatura necessaria, Harry si avvicinò e mi prese la mano. 

 

"Il bambino ti amerà ancora di più se smetti di preoccuparti così tanto," disse con un sorriso.

 

"I genitori non smettono mai di preoccuparsi," dissi mostrandogli la lingua. 

 

"No, ma possono calmarsi un po'."

 

"Smettila di lamentarti, sto portando il tuo bambino."

 

"Per quanto tempo userai questa frase per ottenere ciò che vuoi?"

 

"Per sempre, ovvio."

 

"Ovvio."

 

Feci una smorfia quando, qualche istante dopo, mi fu versato del gel freddo sullo stomaco. 

 

"Non c'è modo di riscaldarlo un po' prima di mettermelo sopra?" Chiesi mentre la dottoressa iniziava a spostare il trasduttore, spargendo il gel. 

 

I suoi occhi si allontanarono dal piccolo schermo, ma vidi un sorriso stringerle le labbra. "Certo, ma dove sarebbe il divertimento?"

 

"Io che non mi congelo," dissi.

 

"Se ti congeli, dovrò cercare altri modi per divertirmi."

 

"Grazie, lo apprezzo davvero-" fui interrotto dal suono di, beh, il battito del cuore di un bambino. Non era un suono che faticavo a riconoscere a quel punto. Ma non significava che non mi si formava un nodo in gola e non iniziavano a cadere le lacrime mentre alzavo lo sguardo verso Harry. "Senti," dissi, guardandolo mentre si mordeva il labbro. "È un bimbo."

 

"Si, grazie per avermi informato," disse, anche se si stava ancora mordendo il labbro intensamente, cercando di contenere la sua eccitazione. Abbassandosi leggermente, premette un bacio sulla mia testa. 

 

"Va tutto bene?" chiese alla dottoressa.

 

"Tutto è perfettamente a posto," disse, offrendo un rapido sorriso prima di guardare il monitor. "È troppo presto per dire di che sesso è, ma sembra tu sia di circa... nove settimane."

 

"Nove settimane?" presi un momento per pensare, poi mi accigliai un po'. "Non è stato concepito a San Valentino, allora."

 

"No, circa una settimana dopo."

 

"Quindi..." Harry si interruppe pensoso. "Oh, giusto," disse alla fine, accendendosi alla realizzazione. "Probabilmente è stato il fine settimana dopo, quando Aidan è andato a casa di Jim."

 

"Forse potremmo avere questa conversazione più tardi?" Suggerii, schiarendomi la voce nel tentativo di mascherare il mio imbarazzo.

 

Quando, circa un'ora più tardi, eravamo tornati a casa con qualche integratore alimentare, Harry sembrava avere difficoltà a lasciare la mia pancia per più di cinque minuti. Eravamo seduti sul divano a guardare la televisione e lui continuava ad allungare il braccio per trascinare le sue dita dal mio petto fino alla cintura dei pantaloni del pigiama che ancora non avevo tolto. 

 

"Harry," dissi alla fine, quando aveva iniziato il settimo round di carezze. "So che sei eccitato, ma se non la smetti ti prenderò a calci proprio dove ti fa più male."

 

"Non lo faresti," disse distrattamente mentre i suoi occhi erano incollati alla TV. 

 

"Sono incinto e i miei ormoni mi fanno diventare pazzo, ricordalo."

 

"Non sei ancora in preda agli ormoni."

 

"Potrei diventarlo se non mi togli le mani di dosso."

 

"Okay, okay." Rimase in silenzio per un po' prima che parlasse di nuovo. "Allora... quando inizierai a diventare pazzo e in preda agli ormoni?"

 

Scrollai le spalle. "Presto, immagino."

 

"Oh. Dovrei... non so, prepararmi per l'inferno?"

 

"Non ero così male l'ultima volta," dissi. "Ho pianto molto, ed è durato dall'inizio alla fine, ho mangiato tanto cibo salato, ma il mio umore era generalmente buono. Ero spesso eccitato, però, e quello era, sai, un po' frustrante dato che non avevo nessuno che mi aiutasse."

 

"Suppongo di poterlo affrontare," disse con un sorriso che si rivelò essere troppo felice e orgoglioso. 

 

Gli schiaffeggiai la testa. "Ti conviene."

 

 

Venerdì, 26 Maggio 

Tredici settimane e cinque giorni

 

 

L'inizio della tredicesima settimana era il momento in cui potevo dire di essere "al sicuro" per poter iniziare a parlare alle persone del bambino, e poiché era anche il momento in cui sarebbero finite le nausee mattutine, tutto sommato era una bella settimana. Non vedevo l'ora di passare del tempo in tranquillità.

 

"A chi pensi dovremmo dirlo per primo?" Chiesi ad Harry una sera quando uscii dalla doccia e mi strisciai sul letto accanto a lui.

 

Alzando gli occhi dal suo IPad, disse, "A chi diciamo prima cosa?"

 

"Quante notizie abbiamo da condividere?" Quando sbatté le palpebre, sospirai. "Il bambino, Harry. A chi diremo prima del bambino?"

 

"Oh!" Si illuminò all'istante e la sua mano quasi automaticamente trovò il mio stomaco sotto le coperte. Non era ancora cresciuto in modo evidente, sembrava solo che avessi preso un po' di peso, ma Harry continuava ad insistere che si vedeva già una piccola protuberanza. Sembrava così eccitato al riguardo che non riuscivo a dirgli che fossero cazzate. "Mamma e papà, forse?" Fece una pausa. "E a tua madre e Ian, suppongo, se vuoi."

 

Mamma e Ian, giusto. Erano passati diversi mesi dall'ultima volta che avevo sentito una parola da parte loro. Non mi importava di Ian, era un estraneo per me, ma nonostante tutto, mia mamma era mia mamma. In teoria, non le dovevo niente, ma anche se mi infastidiva ammetterlo anche a me stesso, sentivo che aveva il diritto di sapere che avrebbe avuto un secondo nipote. Non che le sarebbe importato più di questo che di Aidan, ma comunque. Quella ingenua e piccola parte di me non poteva fare a meno di sperare. 

 

"Lo dirò prima ad Owen, poi a mamma," dissi alla fine. "Ma prima dovremmo dirlo ai tuoi genitori, si."

 

"E poi Liam, Zayn e Niall?"

 

"Mhm."

 

"Domani andremo a casa di mamma quindi?"

 

 

Sabato, 27 Maggio

Tredici settimane e sei giorni 

 

 

"Smettila di provare a pizzicarmi i capezzoli," sibilai mentre andavamo verso la porta di ingresso di casa di Anne e Robin. "Fa male."

 

"Tipo, dolore normale o a causa della gravidanza?" Sembrava incuriosito.

 

"Entrambi."

 

"Davvero? È-"

 

"Suona il campanello, Harry."

 

Non suonò il campanello. Invece diede una rapida bussata alla porta prima di aprirla gridando, "C'è qualcuno a casa? Veniamo con delle notizie!" Ci togliemmo le scarpe, non essendoci presi la briga di metterci le giacche considerando il bel tempo, e poi andammo nel soggiorno. Anne e Robin erano seduti lì, Robin con la faccia sepolta in un giornale e Anne con il portatile in grembo. Alzarono lo sguardo quando ci sentirono entrare, ed era piuttosto affascinante vederli sorridere in modo sincronizzato.

 

"Non mi avete sentito gridare?" Disse Harry mentre si accasciava su una poltrona.

 

"Cosa stavi urlando?" Chiese Robin.

 

Harry sorrise e lanciò uno sguardo verso di me dove mi ero seduto nella poltrona nel lato opposto al tavolino. "Vuoi dirlo tu?" Fu tutto ciò che disse.

 

Sorrisi e girai la testa per guardare Anne e Robin, che mi guardavano con curiosità malcelata. Con le mani incrociate in modo discreto sulla pancia, dissi, "Stiamo per avere un bambino."

 

Gli occhi di Robin si spalancarono, mentre Anne sobbalzò così in fretta che sembrava quasi si aspettasse la notizia, con il portatile che cadde a terra con uno schianto. Qualche minuto di abbracci e baci e lacrime (da parte di Anne) dopo, eravamo seduti intorno al tavolo della cucina a mangiare una torta al cioccolato (quasi gemetti per il sapore) e a bere un caffè. O, nel mio caso, infuso di ortica. 

 

"E sei già al terzo mese," affermò Anne con un sorriso, un sospiro e una scossa della testa. "A chi l'avete detto finora?"

 

"Solo Aidan," disse Harry. "Non ha detto molto, ma giuro di averlo visto sorridere per un momento."

 

"Ai tuoi genitori, Louis?" Chiese Robin con un lieve cipiglio. "Glielo dirai?"

 

Appoggiandomi allo schienale della sedia, inghiottii un boccone di torta prima di rispondere, "Beh, visto che non sento mio padre da anni, suppongo che tu intenda mamma e Ian." Ci fu silenzio un po' imbarazzato, e sorrisi. "Ma si, lo dirò a mia mamma."

 

Raccontarglielo fu un processo rapido e traumatizzante. Presi il telefono mentre Harry era impegnato a preparare la cena quella sera e andai nel soggiorno per avere un po' di privacy. Dopo alcuni squilli rispose, e il suo saluto fu così allegro che ebbi la sensazione che non avesse guardato il nome sullo schermo e non aveva visto chi fossi. 

 

"Ciao, mamma," dissi con una risata di disagio. "È passato un po' di tempo."

 

Ci fu silenzio per un momento, poi, "Louis."

 

"Si, ciao." Mi morsi un labbro. "Come vanno le cose?"

 

"Tutto bene. E a te?"

 

"Si, no, sto bene," dissi in fretta. "Alla grande, In realtà, è per questo che ti ho chiamata." Chiusi gli occhi per una frazione di secondo, inspirai profondamente. "Io... volevo farti sapere che avrai un altro nipote tra circa sei mesi."

 

Un suono simile a quello di qualcuno che si sedeva su qualcosa di morbido mi arrivò alle orecchie, e trattenni il respiro mentre aspettavo, sperando disperatamente in qualcosa di verso da, "Okay" o "Che bello".

 

"Va bene," disse con la voce completamente priva di emozioni. "Tutto qui?"

 

Seduto sul bracciolo del divano, annuii a me stesso, un atto di accettazione. "Si," dissi. "Si, tutto qui. Grazie per non aver rovinato le mie aspettative su di te." Non avrei ricevuto risposta, e lo sapevo molto bene, quindi riattaccai prima che potesse farlo lei. Un rifiuto era sufficiente.

 

 

Martedì, 20 Giugno

Diciassette settimane e due giorni

 

 

"Mi ha fatto pisciare su un'altra bacchetta, Harry," borbottai irritato mentre mi toglievo le scarpe ed entrai in cucina. Sedendomi su una delle sedie, presi la zuccheriera e misi un cucchiaio in bocca. "Sono stufo di fare la pipì sulle bacchette."

 

"È solo per essere sicuri che non ti stia venendo il diabete," disse Harry. Si avvicinò al frigo e tirò fuori una bottiglia d'acqua, che mi porse.

 

"Ti sembra che abbia il diabete?" Esclamai, sbattendo le mani contro il tavolo. "Non sono ancora così grasso!"

 

Harry sbatté le palpebre. "No, non lo sei," disse in tono equo. "È solo una precauzione."

 

Lo guardai per qualche secondo prima di calmarmi e accettare la sconfitta. "Lo so, lo so. Scusa per aver urlato."

 

"Mi sto abituando," disse con una scrollata di spalle.

 

"Cavolo, grazie." Svitai la bottiglia e ne scolai metà in una volta sola. Alcune gocce mi finirono sul mento, facendomi apparire molto attraente.

 

Ero occupato a pulirmi l'acqua dal mento quando Aidan decise di apparire. Insieme ad una ragazza che teneva la mano nella sua. Mi fermai di colpa con pura sorpresa. Non perché non l'avevo mai visto per mano con una ragazza, ma perché non aveva mai portato una ragazza a casa prima d'ora. Era piccola e bionda, con un aspetto naturale, e mi sorrise timidamente.

 

"Siete tornati presto," disse Aidan.

 

"Si, non ci è voluto quanto ci aspettavamo," dissi mentre alzavo le sopracciglia con aria interrogativa, in un silenzioso, 'Chi è lei e che succede?'

 

"Oh, giusto. Okay, io- papà e... beh, papà, lei è Lauren."

 

Harry e io restammo immobili per una frazione di secondo, poi Harry sbuffò mentre io roteai gli occhi.

 

"Piacere di conoscerti, Lauren," dissi.

 

"Anche per me," disse lei, il suo sorriso si allargò. "Non ho mai incontrato una coppia gay prima d'ora." I suoi occhi si spalancarono con orrore e arrosì di un rosa acceso. "Scusate, questo- non dovevo dirlo."

 

"Non preoccuparti," disse Harry. "Siamo abbastanza affascinati, lo so."

 

"No, non lo siete," intervenne Aidan prima di rivolgersi a Lauren. "Vai e aspettami nella mia stanza, sarò lì tra un paio di minuti."

 

Andò via rimbalzano leggermente nei suoi piedi, notai mentre la osservavo. Era un po' tenero, ma non era un tratto che vedevo solitamente nelle ragazza con cui stava Aidan. "Quindi," disse Harry. "Lauren?"

 

Aidan sorrise. "Si. È carina, vero?"

 

"Si," concordò Harry. "Da quanto tempo va avanti?"

 

"Un po'," disse scrollando le spalle. "Mi piace. Voglio dire, per davvero."

 

"Sembra molto più carina dell'ultima Lauren che ho conosciuto," dissi, Harry sbuffò di nuovo.

 

Aidan inarcò un sopracciglio. "Chi è l'ultima Lauren che hai conosciuto?"

 

"La ragazza con cui lui-" feci un cenno del capo verso Harry "-insisteva a stare insieme durante tutto il tempo che ero incinto di te."

 

"Oh, si, Zayn mi ha parlato di lei. Era una puttana, vero?" Disse pensosamente Aidan. "A proposito di gravidanze, come vanno le cose?"

 

"Il solito," dissi agitando le mani. "Ho pisciato su una bacchetta, abbiamo guardato il monitor, va tutto bene." Omisi la parte sui piedi gonfi e le smagliature. 

 

"Non avete scoperto se è maschio o femmina?"

 

"Non è ancora possibile dirlo, ma speriamo di scoprirlo la prossima settimana."

 

 

Mercoledì, 28 Giugno

Diciotto settimane e tre giorni

 

 

Harry mi guardò con occhi molto, molto rassegnati. "Non aspetterò fuori quando scopriremo il sesso, Louis," disse.

 

"Sono grasso! Non voglio che tu mi veda mezzo nudo," dissi ostinatamente, incrociando le braccia al petto. 

 

Il momento delle mie improvvise paranoie era imbarazzante, forse, visto che ero già seduto sul tavolo dell'ecografia mentre la dottoressa Hayes stava preparando il macchinario. Era stata così gentile a fingere di non aver ascoltato la conversazione.

 

"Ti ho visto completamente nudo quando ieri sei uscito dalla doccia e non sei grasso," disse pazientemente. 

 

"Forse ho preso peso da ieri."

 

"Ho i miei dubbi. Togliti la maglietta in modo da poter scoprire se dobbiamo iniziare a comprare vestiti rosa o blu, okay?"

 

Brontolai e piagnucolai e colpii la spalla di Harry, ma alla fine lo feci. Il gel freddo fu spruzzato sul mio stomaco e venne cosparso con il trasduttore in movimenti lenti e regolari. Passò un po' di tempo prima che il suono familiare del battito del bambino mi arrivasse alle orecchie; piccoli, rassicuranti colpetti. Stavo mangiucchiando il mio labbro distrattamente, il mio stesso battito del cuore riprendeva il suo ritmo mentre il secondo dopo calò il silenzio, fatta eccezione per il battito del piccolo.

 

"Bene, eccoci," disse la dottoressa con un sorriso.

 

"Cosa?" Quasi squittì. Per un momento ebbi paura che fosse un alieno quello che stavo portando in grembo.

 

"State aspettando una bambina questa volta, congratulazioni."

 

Oh. Quindi non era un alieno. Non tecnicamente, almeno. Le femmine per me erano un mistero quasi come gli alieni, in ogni caso, Harry mi sorrise raggiante, il suo viso si illuminò intensamente che sembrava quasi avesse acceso un interruttore della luce dentro di lui. I suoi pensieri non erano chiaramente concentrati sugli alieni. 

 

"Una piccola ballerina, questa volta," mormorò.

 

Sorrisi mentre mi ricordai vagamente la conversazione che avevamo avuto prima di sapere se Aidan fosse un maschio o una femmina.

 

"Io- credo che... se non dovessi darlo in adozione, sarebbe stato carino avere un maschietto," dissi titubante.

 

"Mmm, si, un calciatore, un piccolo maschietto," disse, con un sorriso dolce che gli tirava il viso. "Sarebbe stato bello."

 

"Anche tu avresti voluto un maschietto?"

 

"Non avrebbe avuto importanza. Sarebbe stato fantastico, ma... si, un maschietto sarebbe stato bello. Ma anche una bambina, una piccola ballerina, vero?"

 

"Si." Dissi, appoggiando la mano sulla sua. "Una bambina. Una piccola ballerina."

 

 

Martedì, 25 Luglio 

Ventidue settimane e due giorni 

 

"Quindi... si. Questo è- questo è ciò che sta succedendo." Affondai le unghie nei palmi delle mie mani e deglutii, aspettando con ansia una risposta.

 

Morgan sembrava non essere in grado di fare altro se non fissarmi. La sua faccia era diventata un po' bianca e la sua bocca era aperta in una piccola 'o'. Non era uno sguardo che ero abituato a vedere normalmente nel viso del mio capo, essendo troppo professionale e raccolta. 

 

"Non penso che avrei voluto saperlo," disse alla fine, appoggiando i gomiti sulla scrivania, espirando lentamente come per calmarsi. 

 

"Scusi," dissi, offrendole un sorriso incerto. "Non è esattamente qualcosa che vado in giro a raccontare, ma... beh, dovrò smettere di lavorare a settembre, ma allo stesso non voglio perdere il lavoro, quindi-"

 

"Quindi volevi chiedermi se è possibile andartene per qualche mese e poi tornare," concluse.

 

"So che è un azzardo, ma in sostanza si."

 

"Non sono indifferente alla tua... condizione, ma devi capire che non posso rimanere con un uomo in meno per un anno e mezzo," disse.

 

"Si, lo so, ma non c'è un modo per assumere temporaneamente qualcuno? Per favore?" Ricorrere all'elemosina non era qualcosa che avevo programmato. "E voglio dire, posso ancora lavorare da casa, quindi è possibile che potremmo arrangiarci con un tirocinante."

 

Lei sorrise. "Sei fortunato a piacermi."

 

"È un si?"

 

"Odio doverti lasciare, quindi vedrò cosa posso fare. Dammi un paio di settimane e ti farò sapere, va bene?"

 

"Si, si, va decisamente bene," dissi, annuendo vigorosamente mentre mi alzavo in piedi.

 

Sistemando il maglione che avevo scelto di indossare nel tentativo di nascondere il mio stomaco che cresceva sempre di più, aggiunsi, "Grazie," prima che mi girassi per lasciare l'ufficio.

 

Ero arrivato alla porta quando la voce di Morgan mi richiamò. "Louis?"

 

"Si?"

 

"Congratulazioni," disse con un vago gesto verso il mio stomaco.

 

Sorrisi. "Grazie."

 

Quando tornai a casa poche ore dopo, fu solo per trovare Aidan sdraiato sul divano con una busta di patatine sul petto. Stava guardando un film che al momento mostrava un'esplosione molto forte, e molto fuoco. Non capivo come potessero piacere quei film.

 

"Spostati," dissi, facendogli cenno di farmi spazio.

 

Roteò gli occhi e grugnì una lamentela, ma si mise a sedere e abbassò le gambe. "Stai diventando sempre più fastidioso ogni giorno che passa," disse. "Per non parlare di quanto stia ingrassando."

 

"Ehi, chiudi il becco," dissi seccamente. "Sto facendo spazio ad un'altra persona qui dentro. Mi è permesso ingrassare."

 

"Si, ma anche la tua faccia ingrassa," ridacchiò prima di infilarsi un'altra manciata di patatine alla paprika in bocca.

 

Mi accigliai, presi un cuscino e lo posai sul mio stomaco. "Quanto è grave la situazione?" Chiesi dopo un attimo di silenzio. 

 

"Eh, non così male," disse. "Hai un bell'aspetto."

 

Lo guardai con sospetto. "Lo stai dicendo solo per farmi smettere di lamentarmi, vero?"

 

Roteò gli occhi. "Se vuoi i complimenti, vai a chiederli a papà. Non è il mio lavoro incrementare la tua autostima."

 

Sbattei le palpebre. "No, non lo è, ma non fa male essere gentile, no?"

 

"L'ultima volta che sono stato gentile con te, hai iniziato a piangere."

 

Un paio di settimane prima, avevo passato due giorni interi a lamentarmi di volere biscotti al cioccolato con gelato alla fragola e liquirizia sciolta in cima. Aidan, con mia sorpresa, mi aveva preparato tutto quando ero tornato da lavoro quel venerdì pomeriggio. La mia stanchezza combinata con la ridicola gratitudine che avevo provato nei suoi confronti mi avevano fatto iniziare a piangere istericamente, e non mi ero fermato fino a quando non avevo mangiato tutto. 

 

"Si, beh, era stata una lunga giornata," dissi.

 

"Si, okay, come vuoi. Vai da papà se hai bisogno di sentirti dire che sei carino."

 

"Abbiamo passato così tanto tempo ad insegnarti le buone maniere quando eri bambino. Mi chiedo dove sia finito tutto," dissi con un sospiro mentre mi alzavo, una mano sullo stomaco per sostenerlo. Non che ci fosse molto da sostenere, ma comunque. Era lì e mi sembrava necessario un supporto.

 

 

Venerdì, 18 Agosto

Venticinque settimane e cinque giorni

 

"E qui sta facendo il sonnellino, e- si, no, questo è stato dopo che ha vomitato tutto il suo cuscino e abbiamo cambiato le lenzuola." Niall sorrise, smagliante e ridicolmente felice, mentre ci allungava il suo IPad (a me, Harry, Zayn e Liam) per guardare.

 

"È bellissimo, Niall, davvero," disse Zayn. "Ma dobbiamo vedere altre foto di lui mentre dorme?" 

 

Niall si strinse nelle spalle. "Ce ne sono anche dove mangia, se preferisci quelle."

 

"Che ne dici di mettere via le foto per ora e io vado a prendere delle birre," suggerì Harry mentre si alzava dallo sdraio su cui era seduto.

 

Niall sembrava un po' contrario per avergli negato la possibilità di mostrare il "bambino nuovo di zecca Maxwell" (sue parole, non mie), ma tuttavia, mise l'IPad sul tavolo e si appoggiò allo schienale della sedia. "Quindi stai diventando un po' grande," commentò lui, indicando il mio stomaco.

 

A quasi ventisei settimane era quasi impossibile nascondere la protuberanza senza ricorrere a quantità ridicole di vestiti, qualcosa che in realtà non era un'opzione, visto che la temperatura era rimasta costantemente tra i venticinque e i trenta gradi nelle ultime tre settimane.

 

Per quel motivo avevo iniziato a lavorare da casa, dato che mi era stato detto da Morgan che aveva trovato un sostituto temporaneo che sarebbe stato in grado di fare circa l'ottanta percento del mio carico di lavoro, mentre io facevo quel che potevo da casa. Harry era al settimo cielo per il nuovo accordo dato che non doveva più preoccuparsi per me ogni secondo di ogni ora di ogni giorno.

 

Accarezzando con cura la pancia, dissi, "Sto facendo spazio ad una persona, ricordi?"

 

"Eri così grande quando avevi Aidan là dentro?" Chiese, le sopracciglia aggrottate in una linea pensosa, "Non ricordo."

 

"Può essere dato che hai passato la maggior parte di quei mesi a dire che si stesse inventando tutto," commentò Liam da dove era seduto sull'amaca con i piedi di Zayn in grembo.

 

"Anche tu," ribatté Niall. "Una o due volte almeno. Tu, Zayn, ad un certo punto ti sei persino chiesto se avesse qualche problema mentale."

 

"Grazie, Zayn," risi.

 

Sorrise. "Non ci ho pensato a lungo, solo pochi giorni. Si è scoperto che non eri malato di mente, però. Solo incinto."

 

"A volte penso che le due cose coincidano," disse Harry. Entrò dalla porta che andava dal soggiorno alla terrazza con quattro bottiglie di birra e una lattina di Coca Cola tra le mani. Prima diede la Coca Cola a me, poi distribuì le birre altri altri tre, prima di sedersi accanto a me e aprire la sua bottiglia.

 

"Ti piace davvero vivere sul filo del rasoio, vero?" Gli dissi.

 

"Si."

 

"Aha. Bene, continua così e prima che tu te ne possa accorgere, ti ritroverai con un occhio nero."

 

Sollevò le sopracciglia. "Mi colpirai?"

 

"No, mi siederò sulla tua faccia mentre dormi."

 

"Questo non mi farebbe diventare un occhio nero."

 

"No, ma ti sveglieresti e vorresti mettere la bocca in posti indecenti, e io avrei una buona scusa per darti un calcio."

 

"Non ti piace quando metto la mia bocca in posti indecenti?"

 

"Voi due siete disgustosi," grugnì Niall. "Smettetela di parlare di 'posti indecenti', per favore."

 

"Hai passato quasi un quarto d'ora a parlare di come e dove e perché tuo figlio di un mese ha vomitato ultimamente," disse Harry seccamente. "Non sei la persona giusta per urlare contro a qualcuno per dirgli di essere disgustoso."

 

"È un bambino, non ha altra scelta se non essere disgustoso, e dato che sono suo padre, sono obbligato a parlare di lui. Voi due, d'altra parte, siete adulti che potete essere altro oltre che disgustosi."

 

"Grazie per la fiducia," dissi.

 

"Prego." Prese un sorso di birra e rimase in silenzio per un po' finché non inghiottì. "Quindi avete iniziato a pensare al nome?"

 

Alzando gli occhi al cielo, diedi un colpetto leggero al ginocchio di Harry. "Ne abbiamo parlato, ma non ne abbiamo trovato uno su cui siamo d'accordo. Oh, beh, non ne abbiamo trovato che ci piaccia davvero."

 

"Io si," insistette Harry, "te l'ho detto, voglio che si chiami Poppy."

 

"E io ti ho detto che non esiste che chiameremo nostra figlia con un nome che le farà ricevere così tante prese in giro da adolescente."

 

Liam, Zayn e Niall risero mentre Harry mi lanciava un'occhiata infelice. "Poppy è un bel nome," disse.

 

"Ci sono milioni di bei nomi, Harry," dissi. "Scegli uno di quelli."

 

"Ma nessuno è bello come Poppy."

 

"Molti sono belli tanto quanto Poppy, ma nessuno di quelli la faranno rincorrere dai bulli quando sarà più grande."

 

 

*

 

 

All'inizio di settembre, Aidan era pronto per andare all'università. Non era entrato a Cambridge, ma non sembrava dispiaciuto di andare a Durham. Visto che a quel punto ero quasi di ventotto settimane e non ero pronto ad un viaggio che sarebbe durato più di quindici minuti, andai a stare da Anne e Robin mentre Harry portava Aidan a Durham. Non che non me la sarei cavata da solo durante la settimana che Harry sarebbe stato via, ma, come aveva sottolineato lui, nel caso fosse successo qualcosa, sarebbe stato stupido rimanere da solo quando c'erano altre alternative disponibili. 

 

La partenza di Aidan fu dolorosa per me. A causa della mia pancia non potevo nemmeno abbracciarlo decentemente, il che mi fece piangere ancora di più, e fu solo quando Harry forzò la presa che aveva intorno alle spalle di Aidan e mi ricordò che nessuno si sarebbe arruolato nell'esercito che feci un passo indietro e inghiottii un singhiozzo.

 

"Il mio piccolino è cresciuto," continuai a borbottare tra me e me quando tornai dentro e mi accasciai sul divano. Guardando verso il basso dove le mie mani erano incrociate sul mio stomaco, riuscii a sorridere. "O almeno, uno di loro."

 

 

Sabato, 23 Settembre

Trenta settimane e sei giorni 

 

La questione del nome fu riportata fuori alcune settimane più tardi, proprio prima di raggiungere la trentunesima settimana. Erano le 22 ed ero sdraiato su un fianco sul divano, un braccio sotto la testa e l'altro gettato con noncuranza sullo stomaco. Ero abbastanza vicino al punto in cui il mio stomaco stava iniziando a darmi fastidio.

 

Con un sospiro pesante e movimenti ancora più pesanti, mi alzai in piedi e mezzo dondolando, mezzo camminando, andai verso l'ufficio di Harry, dove era stato nell'ultima ora e mezzo. La porta era aperta e diedi un leggero colpo per annunciare la mia presenza.

 

"Stai andando a letto?" Chiese. Sembrava stanco; la sua pelle era leggermente più pallida del solito, i suoi capelli assomigliavano ad un nido di uccello dopo averci trascinato le dita più volte, e cominciavano ad apparire dei cerchi scuri sotto ai suoi  occhi.

 

"Si, credo. Può essere. Non lo so." Mossi i piedi inquieto. "Sono annoiato."

 

"Allora trova qualcosa da fare per divertiti."

 

"Non c'è niente in TV."

 

"Abbiamo dei film."

 

"Li ho guardati tutti."

 

Sospirando, chiuse gli occhi per un momento. "Cerca qualcos'altro da fare, allora."

 

Mi accigliai. "Ma non c'è niente da fare."

 

"Allora trovala e smettila di comportarti come un bambino di cinque anni!" Esplose improvvisamente, facendomi sobbalzare. "Dannazione, Louis, ho del lavoro da fare, ho dei moduli che devono essere compilati entro domani mattina, e non ho tempo, energia o, francamente, interesse ad intrattenerti solo perché in questo momento sei annoiato!"

 

Mi ci vollero venti secondi buoni prima dismettere di fissarlo a bocca aperta. Mi guardava con occhi arrabbiati e impazienti, le sue mani erano chiuse a pugno, e sembrava che fosse sul punto di colpire qualcosa. Speravo non io. Non ero disposto a correre il rischio, quindi chiusi la bocca e mi morsi un labbro prima di abbassare gli occhi verso il pavimento e mormorare, "Vado a letto." Indugiai per un momento per vedere se almeno mi desse la buonanotte, ma no. Tutto ciò che fece fu girare la sedia e continuare a premere sulla tastiera con colpi veloci e forti.

 

Salii le scale con passi lenti, sentendomi dieci volte più stanco di quanto mi sentissi prima. Harry non mi aveva urlato in quel modo da quella che sembrava essere un'eternità, e sicuramente non da quando era iniziata la gravidanza. Ma in quel momento l'aveva fatto ed era orribile. Sapevo che non era niente di personale, che era esausto dopo una lunga giornata, un po' irritato per il fatto di dover lavorare il sabato, e che ero stato solo un sfogo per la sua frustrazione. Quello non significava che mi sentissi meglio. 

 

Una volta che fui in camera, chiusi la porta e spensi la lampada per far sì che la luce notturna fosse l'unica fonte di illuminazione, mi tolsi i vestiti e mi infilai il pigiama. Entrai sotto le coperte, voltai le spalle al lato del letto di Harry, chiusi gli occhi e provai a schiarirmi la testa, cercando di non lasciare che le sue parole si ripetessero più e più volte e mi ferissero. 

 

"È solo stanco e pieno di lavoro, piccola," sussurrai, accarezzandomi con cura lo stomaco. "Non giudicarlo."

 

Quando Harry arrivò mezz'ora dopo, non ero nemmeno vicino all'addormentarmi.

 

Rimasi disteso lì, in silenzio, e ascoltai mentre si toglieva i vestiti e li scambiava con un paio di pantaloni del pigiama a scacchi blu e bianchi. Stette attento quando scivolò accanto a me, quasi come se avesse paura di svegliarmi.

 

"Lou?" Sussurrò dopo un prolungato silenzio. Quando non risposi, sospirò e disse, "Mi dispiace," prima di premere un bacio su un pezzo di pelle nuda sulla mia spalla.

 

Aspettai che mi voltasse le spalle prima di parlare. "Sai che odio quando alzi la voce contro di me."

 

"Lo so," disse quasi immediatamente, e sentii il materasso affondare mentre si girava. "Scusa, non volevo."

 

Voltandomi, cercai di distinguere la sua faccia, ma c'era troppo buio. Tutto quello che vedevo era la sua sagoma. "Se hai avuto una brutta giornata e vuoi che ti lasci in pace, dillo e io lo farò. Non voglio che mi urli contro, e soprattutto non ora che sono incinto. Mi stressa e lo stress non fa bene, ricordi?"

 

"Si, lo so. Non succederà più." Silenzio. "Scusa."

 

Sospirai e mi sporsi in avanti per baciarlo castamente. "Lascerò scorrere questa volta. Di solito non sei il tipo che urla."

 

"Non penso di volerlo essere. Non è stato bello."

 

"No?"

 

"No, mi ha fatto sentire in colpa."

 

"È quello che succede quando fai qualcosa che non dovresti."

 

"Grazie mamma."

 

"Smettila."

 

"Forse un giorno, ma non ora." Mosse le sue dita sulla mia spalla, verso il petto, e si fermò quando raggiunse il punto in cui iniziava la pancia. "Ehi, a proposito, ho pensato a dei nomi."

 

"Non coinvolge Poppy, vero?" Chiesi.

 

"No, in realtà no."

 

Dato il gusto di Harry in fatto di nomi, ero ancora un po' sospettoso. "Sentiamo, allora," dissi comunque.

 

"Okay, stavo pensando ad Alexandra come primo nome, e Rose come secondo." Non riuscivo a vederlo, ma sentii il sorriso eccitato nella sua voce.

 

"Io- beh, mi piace Alexandra, ma Rose?" Mi morsi un labbro. "Non è esattamente... un nome di questi giorni, no? È un po' vecchio stile?"

 

"Non è il nome più comune, no," convenne. "Ma non è così strano da essere poi derisa. E inoltre, è solo il secondo nome. Gli unici che lo useranno saremo noi quando infrangerà le regole del coprifuoco."

 

Sorrisi. "Sai cosa? Non vedo l'ora di vederti entrare in modalità papà protettivo non appena inizierà l'adolescenza."

 

"Possiamo per favore farla nascere prima di iniziare a parlare della sua adolescenza?" Gemette.

 

"È quello che hai detto anche per Aidan, e continuavi a dire la stessa cosa fino ai suoi quattordici anni e per metà del processo."

 

"Beh, non era divertente. Tutto ciò che faceva era urlare e chiamarci idioti."

 

"Penso che sia obbligatorio per gli adolescenti comportarsi così nei confronti dei loro genitori, e considerando che metà dei suoi geni sono tuoi e che eri una pesta da ragazzino, direi che c'era da aspettarselo."

 

"Sai, lo dici sempre, ma non è che mi conoscessi durante quella parte della mia vita."

 

Tirai fuori una risata. "No, ma ne ho parlato con tua madre molte volte. Inoltre, sai, ti vedevo ogni tanto in giro per la scuola. Non sapevo chi fossi allora, non proprio, ma ti avevo comunque notato, ed eri rumoroso e odioso."

 

Ci fu silenzio per una frazione di secondo. "Non lo hai visto, ma ti ho appena fatto la linguaccia."

 

"Molto maturo."

 

"Non proprio, no. Ma okay, se ero davvero così, speriamo che la piccola Alexandra Rose erediti la tua temperanza."

 

Le mie labbra si inclinarono verso l'alto in un dolce sorriso e allungai una mano verso il basso per intrecciare le mie dita alla sue. "Alexandra Rose, eh?"

 

"Mi piace," disse. "È un po' strano, forse, ma anche bello. Non pensi?"

 

"Si. È carino, molto femminile, ma sai che insisterà per essere chiamata Alex, vero?"

 

"Allora Alex sarà."

 

"Si?"

 

"Si."

 

"Va bene."

 

Chiusi gli occhi e restammo distesi in silenzio. Passarono alcuni minuti e mi stavo per addormentare quando una serie di calci mi colpirono lo stomaco. Non aprii gli occhi, sorrisi solo stancamente. "Sta calciando," mormorai. Fino a quel momento, non aveva calciato come faceva Aidan, lo aveva fatto solo quattro o cinque volte, ma non ero sicuro se esserne felice o deluso. Era bello non essere tenuti svegli dai calci, ma d'altra parte mi faceva sentire straordinariamente bene ogni volta che dava un segno di vita.

 

"La piccola Alex calcia," mormorò, suonando come se fosse già mezzo addormentato.

 

"Si," acconsentii dolcemente. "La piccola Alex calcia."

 

 

*

 

 

Andammo dalla dottoressa Hayes un paio di giorni dopo e mi chiese se volessi programmare un taglio cesareo come avevamo fatto con Aidan. Rifiutai l'offerta, semplicemente perché sarei entrato in travaglio in modo naturale quando la bambina sarebbe stata pronta. Gli eventi precedenti mi avevano insegnato che i bambini facevano qualunque quando volevano qualcosa, a prescindere dai piani che si erano programmmati in precedenza.

 

 

Mercoledì, 4 Ottobre

Trentuno settimane e tre giorni

 

 Non avevo mai trovato facile o comodo toccarmi. Non raggiungevo mai l'angolo che volevo e le mie dita erano troppo piccole per essere utili al loro scopo. In quel momento, però, quando dovevo affrontare una pancia enorme di trentuno settimane, era così frustrante che ero sul punto di piangere. Indossavo solo una maglietta grande, steso sul fianco con un grosso cuscino tra le gambe per creare un po' di spazio tra loro, il braccio goffamente piegato all'indietro mentre tentavo disperatamente di raggiungere con le dita il punto che volevo io, più in fondo. Molto più in fondo. Il mio cazzo era duro e pesante tra le mie gambe, implorava di essere toccato, ed era così da così tanto tempo che stava iniziando a far male. 

 

Stavo per voltarmi e mettermi a quattro zampe per vedere se sarebbe stato utile quando sentii un debole suono della porta di ingresso al piano di sotto, seguito dalla voce di Harry che chiamava, "Lou? Sei a casa?"

 

Il fatto che non mi fossi messo direttamente in piedi per riprendere i vestiti mi fece capire quanto alto fosse il mio livello di disperazione. "Camera da letto!" Urlai. La mia voce si spezzò alle ultime due lettere. 

 

Passarono alcuni secondi prima che la porta di aprisse e lui entrasse. Si fermò di colpo sui suoi passi e sbatté le palpebre.

 

"Aiutami," dissi, guardandolo.

 

"Io- cosa stai facendo?" Lui non si mosse.

 

"Cosa ti sembra?" Scattai. "Sto cercando di mettermi le dita nel culo, ma non riesco a raggiungerlo e il mio stomaco è in mezzo e io sono troppo grasso e il mio cazzo sta cominciando a fare male e non posso- io non-" mi fermai e tirai su col naso, sbattendo gli occhi umidi. "Aiutami, per favore."

 

"Proprio adesso?"

 

"Vuoi che inizi a piangere?" Urlai quasi, sbattendo le gambe infantilmente contro il materasso. "Si, ora!" Sembrava sospettoso, quasi impaurito, ma non esitò ad unirsi a me sul letto, sdraiandosi dietro di me così da farmi il cucchiaio. "Non voglio le coccole!" Mi lamentai. "Non voglio che tu sia carino e romantico! Voglio che ti sbrighi prim-" le parole si trasformarono in un gemito mentre spingeva prontamente un dito dentro di me, senza nessuna delicatezza. "Si," sospirai. "Si, q-questo, v-voglio questo."

 

Lavorò velocemente con le mani, aggiungendo presto un secondo dito, poi un terzo, prima di impostare un ritmo adeguato. Le sue spinte erano poco profonde, dure e veloci, sapevo volesse farmi venire così, senza toccarmi veramente. Non era qualcosa che ero in grado di fare normalmente, ma ero stato duro per così tanto tempo che sarei stato pronto a scoppiare in qualsiasi momento.

 

"Vuoi venire così?" Harry inspirò nella mia nuca, i suoi fianchi toccavano la parte inferiore delle mie cosce. Era duro nei suoi jeans semi-aderenti, abbastanza duro da sentirlo contro la mia pelle nuda mentre piccolo gemiti rotti uscivano dalla mia bocca.

 

"No," ansimai scuotendo la testa con vigore. "No, tu- tu, andiamo!"

 

Lui riprese velocemente, per fortuna. Si slacciò i jeans e non si preoccupò di spingerli più in basso di quanto non fosse necessario per liberare il suo membro. Fece un rapido lavoro per ricoprirlo di lubrificante, e il solo suono mi fece spingere involontariamente il mio sedere contro di lui in segno di supplica.

 

Quando si spinse dentro, fu abbastanza lento da non farmi male, ma non così lento da essere una tortura. Non all'inizio, almeno. Fece scivolare una delle sue gambe tra le mie, e mi afferrò per uno stinco, sistemando la mia gamba per avvolgerla alla sua, dandogli un'angolazione migliore. Dopo quello non fu detta una parola e impostò un ritmo veloce. Gettai la mia testa indietro e non riuscii a trattenere i brevi e senza fiato 'oh' che aumentavano di volume ogni volta che i fianchi di Harry sobbalzavano in avanti e la cerniera dei suoi jeans raschiava la pelle nuda del mio sedere.

 

Lasciando andare la mia gamba, la sua mano si avvicinò allo stomaco, dove allargò le dita e premette leggermente. "Non so se te l'ho detto recentemente," mormorò, "ma sei ridicolmente sexy quando sei incinto."

 

Non ero in grado di rispondere con nulla di coerente. Tutto ciò che mormorai fu un incomprensibile, "Ah-mh" e un debole grido di piacere. Lo sentii scoppiare a ridere, ma non disse altro, invece si concentrò sul suo ritmo mente entrambi ci avvicinavamo al limite. 

 

Quando finalmente venni, fu con la mia mano attorno al mio cazzo e con la bocca spalancata per lasciare posto a delle grida piuttosto patetiche che non riuscivo a trattenere, non importava quanto duramente ci provassi. Harry uscì da me non appena il mio corpo si rilassò, fino a quando non venne, una goccia o due finirono sul mio fianco. 

 

"Perché sei uscito?" Biascicai praticamente.

 

"Perché se non l'avessi fatto avresti iniziato a gridare o a piangere, e non voglio," rispose mentre si alzava.

 

Guardandolo camminare verso la porta, mi accigliai. "Dove stai andando? Torna qui."

 

"Non sono nemmeno le 17, Lou," disse. Sembrava un po' ridicolo lì, accanto alla porta, con i capelli disordinati e il cazzo che gli pendeva dai jeans, che erano ancora abbassati per metà. 

 

Alzai le sopracciglia. "Quindi?" 

 

"Quindi è troppo presto per andare a dormire."

 

"Non per me. Sono incinto, posso dormire quando voglio."

 

"Si, beh, sfortunatamente non tutti abbiamo questo lusso." Si girò di nuovo, ma si fermò quando lanciai un verso di protesta. "Che cosa?"

 

"Torna qui," dissi insistentemente, allungando la mano pigramente. "Voglio le coccole ora."

 

"Certo, adesso vuoi le coccole," disse alzando gli occhi al cielo. "Non le volevi quando te le ho offerte trenta minuti fa."

 

"No, perché volevo venire in quel momento," dissi. "Ora voglio le coccole, quindi torna qui."

 

"Sei una seccatura in questi giorni, lo sai?" Disse mentre si toglieva i jeans, si alzava i boxer e si sdraiava accanto a me. "Esigi sempre le cose, ti lamenti sempre, e piangi costantemente."

 

Alzai le sopracciglia e gli dieci un colpo sulla spalla. "Beh, scusami per aver sperimentato alcuni sfortunati effetti collaterali per poter portare tua figlia. Trova qualcun altro che lo faccia per te se ti da così tanto fastidio."

 

Lui sorrise. "Penso che preferire avere te, malinconico, esigente e in lacrime, piuttosto che chiunque altro."

 

"Pensi," ripetei secco.

 

"Che ne dici di so. Meglio?"

 

"Mhm." Mi spostai più vicino a lui per quanto il mio stomaco lo permettesse, e aspettai che il braccio di Harry trovasse il tuo solito posto intorno alla mia vita prima di chiudere gli occhi. "Che ore erano?"

 

"16.30."

 

"Va bene. Possiamo dormire per un'ora o due, allora."

 

"Louis..."

 

"Cosa?"

 

"Se dormo ora, starò sveglio tutta la notte, e-"

 

"Io posso dormire, tu mi tieni compagnia."

 

"Ti tengo compagnia mentre dormi?"

 

"Si."

 

"Perché?"

 

"Perché ho detto così."

 

"Sei fortunato che ti amo."

 

"Sei fortunato che ti abbia permesso di amarmi."

 

"Questi ormoni ti rendono esuberante."

 

"Silenzio, devo dormire."

 

 

Venerdì, 3 Novembre

Trentacinque settimane e cinque giorni 

 

"Wow." Gli occhi di Aidan erano incollati allo stomaco, come negli ultimi trenta secondi. Stava iniziando a farmi sentire a disagio. "Sei tipo- beh... si."

 

"Si, sono enorme, mi sto avvicinando alle dimensioni di una balena, lo so," dissi, "smettila di fissare, è inquietante." Ero sdraiato sul divano con un cuscino appoggiato sotto la testa, e dopo quasi trentasei settimane mi sentivo una balena. Tutto faceva male e le caviglie erano enormi e dovevo fare la pipì due volte all'ora, a causa delle caviglie avevo sempre bisogno di aiuto quando dovevo alzarmi. Era umiliante ed irritante.

 

Owen era tornato in Inghilterra per alcune settimane di vacanza, e probabilmente il tempismo non sarebbe potuto essere migliore. Con Harry a lavoro tutto il giorno e Aidan a Durham, ero da solo per gran parte della giornata, il che non era esattamente l'ideale. Anne si era offerta di venire da noi fino alla nascita della bambina, ma avevo detto di no, dicendole che avrei usufruito di quel favore dopo che fosse nata, perché probabilmente avremmo avuto più bisogno in quel momento. Owen e Janie, essendo in città, mi aiutavano un sacco, perché avevano accettato di fare i turni per tenermi compagnia un paio di ore al giorno, da quando mi svegliavo, alle 11 circa, fino a quando Harry non tornava da lavoro alle 15.

 

"La mamma continua a chiedere di te," disse Owen, rompendo il silenzio.

 

Sbattei le palpebre. "Chiede di me?"

 

"Si. Di te, della bambina e di Aidan, e di come state tutti." Strinse le labbra con una ruga tra le sopracciglia. "Penso che sia preoccupata. Sembra preoccupata ogni volta che esce fuori il tuo nome."

 

Guardai verso il basso. Mia mamma era preoccupata per me. Certo. Tutto andava bene, ma cosa importava se tanto non me lo aveva detto? "Dille che sto bene, così come la bambina e Aidan. Stiamo tutti bene, come lo siamo stati negli ultimi diciotto anni."

 

"Perché non glielo dici tu?"

 

Sorridendo impassibile, scossi la testa. "Ho chiamato per farle sapere che ero di nuovo incinto, e dalla sua risposta sembrava le avessi detto dello shampoo che dovevo comprare. A lei non importa, o almeno non vuole che io sappia che le importa."

 

"Sai che sta facendo tutto Ian, vero?" Disse. "Non sto dicendo che se non ci fosse tutto sarebbe a posto tra te e mamma, ma sicuramente non sarebbe così male."

 

"Certo che lo so, ma in realtà non cambia nulla, no?"

 

Ci fu un lungo silenzio prima che rispondesse. "No," disse. "No, immagino di no."

 

 

Lunedì, 20 Novembre

Trentotto settimane e un giorno 

 

 

Quando entrai in travaglio, successe più velocemente e meno drammaticamente di quando nacque Aidan. Avevo avuto qualche contrazione durante il giorno e, a differenza di quando nacque Aidan, l'avevo detto ad Harry. Nonostante ciò, nonostante fossi stato sospettoso per ventiquattro ore, mi ci volle un po' per capire cosa stesse succedendo quando mi svegliai alle 4.23 della notte con le mie interiora che si contraevano ad un ritmo piuttosto allarmante.

 

Lanciai un piccolo lamento prima di allungare una mano per colpire la spalla di Harry. Ci vollero alcuni secondi prima che si muovesse. "Cosa?" Gemette.

 

"Dobbiamo andare in ospedale."

 

"Perché?" Apparentemente era un po' lento a capire.

 

"Davvero, Harry? Mi stai chiedendo perché dobbiamo andare in ospedale?" Dissi. "Che cosa ne dici, idiota colossale!"

 

Ci fu silenzio per esattamente due secondi, prima di: "Oh, Santa Madre di Dio, scusa!" Rimbalzò in piedi, inciampò verso la porta per accendere la luce prima di infilarsi un paio di pantaloni della tuta e una maglia sporca che era rimasta a terra per una settimana e mezzo.

 

"Calmati, okay?" Chiesi mentre mi alzavo con cautela e mi sfregavo gli occhi. "Non sta per succedere, e rompendoti il collo non aiuterai a nessuno."

 

 

Due ore dopo, conclusi che mi sarebbe piaciuto molto rompergli il collo. O il collo di chiunque altro, davvero. Sdraiato su un letto d'ospedale con Harry seduto su una sedia accanto a me, mi stringevo sul mio stomaco così forte che non mi sarei sorpreso se fossi riuscito a spremere la bambina. La mia faccia era macchiata di lacrime e probabilmente era rossa come un pomodoro a causa di tutte le urla represse, ma riuscii comunque a fissare Harry con la furia di una mamma orsa arrabbiata.

 

"Non lo faremo mai più," ringhiai. "Mai! Questa è l'ultima volta, mi hai sentito? D'ora in poi, sempre il preservativo! Il tuo cazzo nudo non si avvicinerà al mio culo, alla mia bocca o ad altre aperture del mio corpo!"

 

"Okay, piccolo, se è ciò che vuoi," disse lui calmo, sfiorandomi la frangia sudata sulla fronte.

 

"Puoi scommetterci le chiappe se è ciò che voglio! Questo o ti prendo a calci nei coglioni! Cazzo, perché non ti fai una vasectomia? Le tue palle meritano di essere punite per ciò che mi hanno fatto!"

 

Lui sorrise. "Che ne dici se ce ne occupiamo più tardi? Non penso che stia pensando abbastanza razionalmente da poter decidere cosa o cosa non dovrebbe essere fatto alle mie palle in questo momento."

 

Stavo per urlargli che stavo pensando più che razionalmente, ma le mie parole furono soffocate da un forte singhiozzo mentre un altro giro di contrazioni mi travolse. Durarono per mezz'ora e quando finalmente si fermarono, le mie grida si erano trasformate in ansiti disperati e smorfie. 

 

"Scusa," sussurrai quando riuscii a parlare.

 

"Non chiedere scusa," disse. "Va bene, ti è permesso urlarmi contro quanto vuoi."

 

Riuscii a fare un debole sorriso. "Grazie. Hai chiamato Aidan?"

 

"Gli ho mandato un messaggio, lo vedrà quando si sveglia, ma ho chiamato mamma e papà, ho lasciato dei messaggi a Liam, Zayn, Niall e Owen. Sono sicuro che presto saranno tutti qui."

 

"Non credo di voler incontrare nessuno in questo momento," dissi in tono piatto.

 

"Puoi incontrarli quando questo-" indicò il mio stomaco, "-è tutto finito."

 

"Suona bene." Sospirai. "Allora, pensi di essere pronto a ricominciare tutto da capo? Non è passato nemmeno mezzo anno da quando ci siamo sbarazzati di Aidan, e ora ci stiamo riempendo di altre responsabilità con un neonato. Inoltre, questa è una femmina. Credi che possiamo gestirlo?"

 

"Certo che possiamo gestirlo," disse. Sembrava così fiducioso della sua affermazione che non riuscii a rispondere. Quello non significava che non ero preoccupato, però. Eravamo stati bravi con Aidan, ma erano passati quasi vent'anni; al tempo avevamo più energie, eravamo profondamente innamorati in un modo che solo agli adolescenti succede, tutti i problemi erano sembrati molto più piccoli di quanto sembravano ora. Le cose erano più semplici. D'altra parte, la nostra relazione erano più forte ora, non dovevamo preoccuparci dei soldi, e avevamo cresciuto un bambino una volta, il che, si sperava, avrebbe reso più facile farlo una seconda volta.

 

Dopo pochi minuti arrivò un medico. Sorrise, un po' riservato, e ci disse che era arrivato il momento di fare l'anestesia. Ero un po' preoccupato mentre cercavo di tenere a bada i dolori e il dottore preparava l'attrezzatura necessaria. Harry, invece, sembrava essere diventato nervoso. Stava guardando il dottore con occhi diffidenti mentre si mordicchiava il labbro superiore. 

 

"Smettila," dissi. I suoi occhi mi guardarono subito. "Sembra che stai per fartela addosso, quindi smettila."

 

"Il fatto che ti addormentando mi sta stressando," ribatté. 

 

"Andrà tutto bene, lo sai. Starò bene, e così anche la bambina."

 

"Me lo prometti?"

 

Risi. "Te lo prometto."

 

Nella mia mente, non potei fare a meno di pensare a cosa sarebbe successo se qualcosa fosse andato storto. Cosa sarebbe successo se non ce l'avessi fatta? O, più importante, cosa sarebbe successo se la bambina non ce l'avesse fatta? E se nessuno dei due ce l'avesse fatta? Il pensiero di come l'avrebbe presa Harry mi fece male al petto. Ringraziai il cielo quando il dottore mi fece sdraiare bene, poi procedette nel mettermi la mascherina di plastica sul naso e sulla bocca, dicendomi di fare un respiro profondo e iniziare a contare da dieci in giù. Harry mi stava sorridendo, con occhi caldi e gentili, ma anche brucianti di preoccupazione, e prima che iniziassi a fare il conto alla rovescia, allungai una mano per prendere la sua, stringendogli le dita in silenziosa rassicurazione.

 

Addormentarsi in quel modo era un'esperienza strana. Non perché era diverso dall'addormentarsi in modo naturale, ma perché era molto veloce. Un momento prima ero sveglio e il viso di Harry era davanti ai miei occhi, e un attimo dopo le mie palpebre si chiudevano da sole, tutto diventava nero e perdevo i sensi.

 

 

 

Una volta, quando Aidan aveva circa tre anni, era andato a stare da Anne e Robin per una settimana, mentre io ed Harry avevamo fatto la nostra prima vacanza insieme, da soli, in coppia. Non era stato niente di eccessivo, solo un viaggio a Montpellier nel sud della Francia, e avevamo passato la maggior parte del tempo a sentire la mancanza di Aidan. Ma era stato bello, capire come ci si sentiva ad essere una coppia senza responsabilità per una volta, essere in grado di uscire quando volevamo e fare sesso quando volevamo, svegliarci e andare a dormire quando volevamo senza nessuno che ci disturbava. Era stata la prima ed ultima volta che avevamo vissuta come una giovane coppia, come Harry & Louis, Giovani Fidanzati, piuttosto che come Harry & Louis, Giovani Genitori. Uno dei cinque giorni l'avevamo passato in spiaggia, dove ci eravamo sdraiati sulla sabbia, scottati dal sole e occasionalmente baciandoci, mentre sorseggiavamo mojito. Alla fine della giornata, eravamo piacevolmente ubriachi, e finimmo per sfregarci l'uno contro l'altro in acqua con una donna di mezza età a quattro o cinque metri di distanza da noi.

 

Quando mi svegliai dall'anestesia, quella giornata, per qualche strano motivo, fu la prima cosa che mi venne in mente. Il sole, soprattutto, perché la sensazione di quando ti svegliavi dall'anestesia ricordava la sensazione di quando ti svegliavi dopo essere svenuto a causa della sovraesposizione al sole. Era difficile capire l'ora, il luogo o l'ambiente, la mia testa era pesante e pulsava, la gola era dolorante e secca, e non riuscivo a pensare a niente di coerente. 

 

Anche ad occhi chiusi, potevo dire che c'era buio nella stanza. Non c'era alcun suono tranne che un segnale acustico a ripetizione. Senza aprire gli occhi, aprii la bocca e dissi, con voce rauca, "Harry?"

 

Immediatamente, ci fu il rumore di una sedia che sfregava contro il pavimento, e un momento dopo la mano di qualcuno che si posava sulla mia. Era grande, calda e familiare. "Si, sono qui," disse la voce sommessa di Harry. "Ti senti bene?"

 

"Nauseato," gracchiai. "Assetato. Acqua?"

 

"Si, si, certo." Allungò una mano, accendendo la lampada sulla tastiera del letto, poi afferrò un bicchiere che stava sul comodino. Mi versai un po' di acqua sul mento mentre bevevo, ma Harry mi sorrise e usò un panno morbido che riconobbi come quello che avevo messo nel mio borsone alcuni giorni prima. Non appena ebbe messo via il bicchiere e il panno, mi posò una mano sulla fronte, spostando qualche ciocca di capelli. "Meglio?"

 

"Si, grazie,"'dissi. "Che ore sono?"

 

"Quasi le 12."

 

"Oh." Mi morsi il labbro. "Tu... non stai piangendo o altro, quindi- è- dov'è-"

 

"È perfetta," mi interruppe. Non potei fare a meno di notare come i suoi occhi si accesero automaticamente quando lo disse. "È piccola e rosa e  ha un odore un po' strano ed era tutta viscida per un secondo quando mi hanno permesso di vederla non appena l'hanno portata fuori da te, e urlava davvero forte, ma è-" si interruppe bruscamente e sorrise. "È bellissima."

 

Sorrisi stancamente. "Dov'è? Posso vederla? Ho bisogno di-"

 

"È qui." Si alzò e si avvicinò alla culla bianca che si trovava dall'altra parte della stanza. Non ero in grado di vedere molto da dove ero sdraiato, e non avevo intenzione di muovermi, ma vidi Harry allungare il suo braccio nella culla e pochi secondi dopo tornò con un piccolo fagotto rosa.

 

Non l'avevo ancora vista, ma le lacrime si stavano già formando nei miei occhi, e non passò molto tempo prima che iniziassero a cadere sulle mie guance. Allungano le braccia tremanti, deglutii. "Fammela tenere," sussurrai. "Per favore."

 

Con molto attenzione, molto delicatamente e lentamente, Harry sistemò il fagotto tra le sue braccia e poi lo mise tra le mie, riponendolo al sicuro tra il mio petto. Harry aveva ragione. Era piccola. Più piccola di Aidan. E più rosa. Ma altrettanto bella, tranquilla e serena, altrettanto innocente e inconsapevole di tutta la crudeltà che il mondo, indubbiamente, avrebbe iniziato a versarle addosso. Ma ora non doveva preoccuparsi di quello, e nemmeno io.

 

"Ciao, tu," mormorai con un piccolo singhiozzo. "Bella, piccola bambina. Sei così piccola."

 

"L'ha preso da te, penso."

 

"Silenzio, non rovinarmi questo momento." Accarezzandole la guancia con un tocco leggero come una piuma, sorrisi dolcemente. Era profondamente addormentata, probabilmente non le importava niente di quello che dicevo o facevo, ma il suo piccolo petto pieno di coperte si alzava e si abbassava, costante e sicuro, la sua bocca era leggermente aperta, e mi faceva male il cuore talmente era tanto l'amore che provavo. 

 

Quando era nato Aidan, avevo provato lo stesso tipo di amore, ma all'epoca era accompagnato da paura, confusione e impotenza, perché era tutto in sospeso. Non sapevo se l'avrei tenuto, e le lacrime che avevo versato erano in parte dalla sofferenza che avevo provato al pensiero di darlo via. In quel momento, tuttavia, non c'era niente in sospeso. Quella piccola bambina, Alex, sarebbe tornata a casa con me e Harry, e l'avremmo cresciuta insieme, le avremmo detto di non tornare a casa tardi, le avremmo ordinato di andare nella sua stanza, l'avremmo confortata, e avremmo riso con lei. Era nostra e non c'era nessuna traccia di dubbio nella mia mente al riguardo.

 

"Spero si scopra sia lesbica."

 

Alzai gli occhi e sollevai le sopracciglia. "Cosa?"

 

"Spero si scopra sia lesbica," ripeté. "Non voglio dei ragazzi vicino a lei. So come sono fatti i ragazzi, so di cosa parlano e come trattano le ragazze, e lei merita di meglio."

 

"Se si scopre che è lesbica, è okay, ma altrimenti, sarai gentile con il ragazzo che un giorno deciderà di portare a casa," dissi con un sorriso ironico.

 

"No," disse incrociando ostinatamente le braccia sul petto.

 

"Harry..."

 

"No! I ragazzi sono terribili, non si avvicineranno a lei."

 

"Smettila di essere irragionevole. Non tutti i ragazzi sono terribili."

 

"Tutti quello che ho incontrato si."

 

"Questo include anche me e te?"

 

"Tu no, ma io sicuramente. Ero terribile da adolescente. Tu eri un santo. Lei può uscire con ragazzi come te."

 

"Ragazzi come me che vengono scopati da gente che non conoscono alle feste?"

 

"Si, esatto."

 

Sorrisi e scossi la testa. "Occupiamoci di questo quando arriverà il momento, okay? Mancano molti anni prima che si debba preoccupare dei ragazzi. O ragazze, se è ciò che vorrà."

 

"Beh, no. Continuerò a preoccuparmene fino al giorno in cui morirò."

 

Guardando la bambina addormentata tra le mie braccia, emisi un piccolo sospiro prima di abbassare la testa e premere un bacio sulla sua fronte. "Si. Anche io," mormorai mentre annusavo la sua pelle. Sedendomi di nuovo bene, battei le palpebre verso Harry e sorrisi. "Staremo bene, vero?" Non era una domanda ma volevo confermasse ciò che già sapevo. Ovvero che saremo stati bene, che sarebbe andato tutto bene, che Alex sarebbe stata bene, che Harry e io saremo stati bravi come genitori, come coppia, e che tutti e tre insieme ad Aidan saremo stati bene come famiglia.

 

Gli occhi di Harry erano dolci quando mi guardò. Sporgendosi in avanti, le sue labbra incontrarono le mie per un bacio prolungato. "Certo," disse. "Sarà tutto fantastico."

 

Si. Sarà tutto fantastico.

 

 

Note traduttrice:

E dopo quasi un mese, I'M HERE. 

Scusate davvero per questo ritardo, come vi avevo detto ero in viaggio per due settimane e purtroppo non avevo il Wi-Fi nell'appartamento. Ma sono tornata ed ecco a voi l'ultimo capitolo. Ebbene sì, ultimo. Manca ancora il piccolo epilogo che spero di postare a brevissimo. 

Ancora non ci credo, a maggio ho iniziato a tradurre It Beats For Two e non avrei mai immaginato di ricevere così tante visualizzazioni, ma vi ringrazio immensamente.

Dopo che posterò l'epilogo inizierò subito a tradurre un'altra ff, in realtà ho preso un "accordo" con sincewewereeighteen, una scrittrice su AO3 (amo tutte le sue ff) e tradurrò tutte le sue storie, tranne una che sta già traducendo un'altra ragazza.

Comunque mi fermo qui, poi magari mi spiegherò meglio più avanti. 

Grazie per seguirmi, all the love, F.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Epilogue. ***


Image and video hosting by TinyPic

Epilogo

Take It Easy - William Hut

 

 

 

 Tre anni e mezzo dopo

 

 

Come si scoprì non più di un anno dopo la sua nascita, Alex assomigliava molto più a me di Aidan. Aidan era una versione più giovane di Harry, solo con qualche difetto in più. Alex, d'altra parte, aveva i miei occhi blu e i capelli castano chiaro. Con mia immensi gioia, aveva ereditato i riccioli di Harry, che le cadevano lunghi fino alle spalle.

 

"Sai che sarà un incubo pettinarglieli, vero?" Dissi secco ad Harry, ma senza distogliere gli occhi da Alex, che al momento era occupata a spruzzare acqua ad un Maxwell innervosito con la pompa del giardino. Gridava di gioia e non sembrava affatto preoccupata del fatto che il suo compagno di giochi fosse tutt'altro che felice.

 

"Lo faremo fare a Celeste," disse. "Ama tutte quelle cose per i capelli."

 

"Si, ma questo non significa che possiamo continuare a chiederle di sistemare i capelli di Alex solo perché noi non ne siamo capaci," dissi, guardandolo dalla sedia a sdraio su cui ero seduto.

 

"Si offre sempre lei, no?" Disse.

 

L'estate quell'anno, fino a quel giorno, era stata grigia e piovosa. Ma finalmente il sole si era fatto spazio tra le nuvole e la temperatura aveva raggiunto i venticinque gradi. Alex era quasi impazzita alla vista del sole e aveva svegliato me ed Harry alle 06.45. Quando le avevamo risposto che avrebbe dovuto aspettare qualche ora, era andata in cucina ed era tornata con una tazza di acqua che aveva versato sulla faccia di Harry. Poi scoprimmo che era stato Aidan a dirle di provare con quella tattica.

 

"Era presto e volevo dormire. Dovevo togliermela di dosso." Fu la sua risposta quando lo sgridai. 

 

Niall e Celeste avevano portato Maxwell alle 10, dopo che ci eravamo offerti di tenerlo per la giornata in modo da poter dedicare qualche ora a loro stessi.  Erano quasi le 18, però, e quando sentii suonare il campanello, pensai fossero tornati a prendere loro figlio. 

 

Ma invece, non erano loro. Liam e Zayn uscirono nel cortile sul retro, entrambi in pantaloncini e maglietta, ed entrambi con dei sacchetti di plastica di Tesco nelle loro mani. 

 

"Siamo in anticipo?" Chiese Liam una volta dopo aver posato il sacchetto per terra e aver guardato un po' in giro rendendosi conto che Niall e Celeste non erano nei paraggi.

 

"Nah, dovrebbero essere qui tra poco," disse Harry, alzandosi. "Cosa avete portato?"

 

Niall e Celeste arrivarono non più di dieci minuti dopo e Aidan si unì a noi alle 19 passate. Mentre il sole tramontava e la temperatura si abbassava, io e Niall portammo Alex e Maxwell dentro per cambiarli con dei vestiti asciutti, mentre Harry accendeva il barbecue. Come sempre, Alex, desiderosa di farsi notare, insistette sul fatto che fosse abbastanza grande da tagliare il suo hot dog da sola, mentre Maxwell spingeva il piatto verso Celeste e, a bassa voce, per non farsi sentire da nessuno, le diceva, "Ho bisogno di aiuto."

 

"Alex, sei sicura di non volere aiuto?" Disse Aidan quando si ritrovò l'hot dog sulla pancia per la terza volta. 

 

"No!" Disse lei testarda. "Sono una ragazza grande, ci riesco." Assistemmo all caduta dell'hot dog sopra Aidan per altre due volte, poi una a terra, prima che sembrasse decidere che non ne fosse capace. Ma invece di chiedere aiuto, lo prese semplicemente con le mani e lo mangiò in quel modo. 

 

Harry girò la testa di lato e mi sorrise, ma non disse nulla. Quelle situazioni accadevano abbastanza spesso con Alex in giro. Insisteva sempre sul fatto che riuscisse a fare le cose da sola, e poi, dopo aver capito che si sbagliava, trovava una soluzione alternativa al problema piuttosto che chiedere a qualcuno di aiutarla. Dal mio punto di vista, era una dimostrazione di indipendenza e creatività che speravo l'avrebbe accompagnata durante la crescita.

 

Più tardi, quella notte, dopo che tutti furono andati via, Alex fu messa a letto e Aidan fu uscito per incontrarsi con un amico, Harry e io restammo da soli nel cortile. I grilli cantavano, e l'unica fonte di luce erano le piccole lampade da giardino che Harry aveva sistemato attorno al patio. Eravamo sdraiati sull'amaca acquistata di recente e lo spazio ristretto mi costringeva a stendermi praticamente sopra di lui. Non che me ne lamentassi. 

 

"Pensi che Zayn e Liam avranno mai dei bambini?" Chiesi, guardandolo con il mento appoggiato sul suo petto.

 

"Entrambi hanno sempre detto che sono più felici da soli e con i loro cani, quindi... penso di no," disse.

 

"Mm. Sarebbero dei genitori fantastici, però," dissi. "Hai visto quanto sono bravi con Alex e Maxwell, soprattutto Zayn."

 

"Si, beh, non tutti quelli che sono bravi con i bambini ne vogliono."

 

Sospirai. "Non credo che le capirò mai completamente, intendo le persone che non vogliono bambini. Aidan e Alex, loro sono... sono tutto per me, mi hanno dato tanta gioia e... non lo so. Penso che sia strano come alcune persone scelgano di vivere senza questa felicità."

 

"Anche io, ma non hanno mai avuto quel tipo di felicità nella vita, quindi non sanno davvero cosa si stanno perdendo, no?" Mi sorrise e passò le dita tra i miei capelli, grattandomi delicatamente il cuoio capelluto. "Inoltre, molte persone sentono che la loro vita sia soddisfacente senza figli. O forse a loro piace solo la libertà che offre una vita senza figli."

 

"Si, immagino sia così." Girai la testa e chiusi gli occhi. "Credo che sia stato perfetto anche senza quella libertà, nonostante i problemi che abbiamo dovuto affrontare qualche anno fa."

 

"E non hai idea di quanto sia felice che siamo riusciti a risolverli," mormorò e mi posò un bacio sulla testa.

 

Risi. "No, penso di averne idea. Non mi piace pensare a dove potremmo essere ora se non avessimo risolto le cose."

 

"Nemmeno io."

 

"Allora non pensiamoci."

 

E non lo facemmo. Quella sarebbe stata l'ultima volta che avremmo menzionato il periodo che avevamo passato divisi. Non ce n'era motivo. Era il passato; ce l'avevamo fatta e ne eravamo usciti più forti di prima. 

 

Non furono passati più di tre anni quando Aidan ci diede la notizia che Sarah, la sua ragazza, era incinta. Harry svenne quando ricevette la notizia e si rese conto che sarebbe diventato nonno a quarant'anni appena compiuti. Aidan e Sarah non rimasero insieme però, si lasciarono al quinto mese di gravidanza, ma con grande orgoglio mio e di Harry, Aidan rimase al suo fianco fino al nono mese, era nella stanza insieme a lei quando nacque il bambino, e in seguito i due rimasero amici. Alex era al settimo cielo all'idea di avere un nipotino con cui giocare, anche se ogni tanto si lamentava di quanto fosse noioso vederlo lì sdraiato a guardare il soffitto.

 

"Non capisco come hai fatto," mi confessò una sera Aidan, al telefono. "Eri più giovane di me di qualche anno ed eri a scuola e- cazzo, sono stanco."

 

"Finalmente hai imparato ad apprezzarmi, eh?" Dissi, sorridendo ampiamente a Harry, che era seduto affianco a me sul divano. Sbuffò prima di voltare gli occhi verso la Tv. 

 

"Non ne hai idea."

 

"Mm. Ho ricevuto aiuto comunque, c'era tuo padre, mentre tu sei solo la maggior parte del tempo. Fa una bella differenza."

 

Guardai Harry, e per una frazione di secondo mi chiesi come sarebbe stata la mia vita in quel momento se non gli avessi detto della gravidanza, se avessi scelto di occuparmene da solo. Ma no. Glielo avevo detto, e mi ero innamorato di lui, e avevamo l'un altro, avevamo Aidan e Alex. Avevamo una famiglia che, nonostante lo strano inizio e alcune difficoltà, sarebbe stata insieme per molti, molti anni a venire.

 

 

Note traduttrice:

Come vi avevo promesso, ecco l'epilogo. 

Ancora non ci credo che ho finito di tradurre questa storia, l'ho iniziata a maggio del 2017 per la mia migliore amica, dato che voleva vederla ultimata, ma mi sono affezionata come se l'avessi scritta io. 

Ringrazio ancora tutti voi, perché forse vi siete affezionati tanto quanto me, e ringrazio chi mi ha aiutata in questo percorso. 

Spero di essere riuscita a tradurla nel modo più corretto possibile, ma questo dovete dirlo voi a me. So solo che ci ho messo tutto l'impegno e l'amore di questo mondo. 

Bene, a breve vi dirò quale sarà la prossima storia che tradurrò, vi avviso che non sarà una mpreg, ma la amerete ugualmente. 

Ancora GRAZIE. 

All the love, F

 

Ps. Se volete potete aggiungermi su Twitter, sono cuovrhar, su Facebook sono Fran Stylinson (è un fake) e su Instagram sono frangiua. Se volete scrivermi anche per chiedermi che tempo fa, ci sarò ♥️

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3729682