Aradia

di arsea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 Era furioso.
Lo stronzo era circondato di persone come sempre, un capannello di mosche gli ronzava intorno rumorosamente, perché è questo che le mosche fanno dopotutto, e ovviamente sembrava del tutto a suo agio, al settimo cielo, cosa che altrettanto ovviamente non faceva che peggiorare la situazione.
Lo guardava e l’unica cosa che pensava era a quanto odiasse essere lì, riusciva quasi a sentire la propria rabbia, come un sottilissimo circuito gelido che gli riempiva ogni vena.
Non che fosse una sensazione nuova. L’ira era da sempre la sua prima risposta, e negli anni aveva imparato a controllarla alla perfezione.
Dentro di sé la raffigurava come una sinuosa e terribile vipera acciambellata nel suo stomaco, curva su se stessa un po’ di più ogni ora, ogni spira più stretta della precedente, i muscoli letali curvi su loro stessi nell’attesa del balzo in cui avrebbe fatto affondare le zanne.
L’esercizio di visualizzazione lo aiutò a sopprimerla se non a allontanarla, così quando Oreste gli posò una mano sulla spalla riuscì a non trasalire violentemente.
Si limitò ad un passo indietro, fuggendo al tocco dell’uomo in modo sottile e posando infine gli occhi su di lui.
Oreste indossava una delle sue camicie di flanella - Dio, come le odiava - grigio scuro, infilata in un paio di pantaloni gessati neri – stirati, per qualche ragione miracolosa- e le comode scarpe di cuoio marrone che portava da almeno cinque anni.
I capelli brizzolati erano tagliati corti come si era abituato a portarli da quando faceva il militare, la pelle morbidamente abbronzata grazie al tempo speso a curare il suo dannatissimo giardino tutta l’estate, le sopracciglia folte sotto una fronte con meno rughe di quelle che ci si aspetterebbe da un uomo di sessant’anni, e gli acuti occhi verdi che lo pugnalavano ne erano un’altra prova, insieme a quella bocca fin troppo carnosa per i pochi sorrisi che elargiva << Sembri una vecchia moglie gelosa >> lo rimbrottò, a nulla valse l’occhiata che gli rivolse e che aveva fatto impietrire altri in passato: Oreste la ignorò e cominciò a sciogliere il nodo della sua cravatta nuova di zecca, così come stavano facendo la metà dei genitori intorno a loro << Lo sapevi >> sibilò contro l’uomo, lasciandolo fare per il semplice motivo che combatterlo avrebbe solo attirato l’attenzione.
L’atrio era gremito di persone.
In via del tutto eccezionale visto che quel giorno era l’Inaugurazione, genitori e parenti erano invitati a partecipare alla cerimonia di Smistamento e il chiacchiericcio nella sala tradiva l’eccitazione generale << Anche tu lo sapevi >> ribatté quello placido, affatto toccato come al solito dal suo livore << Siamo nel fottutissimo duemiladiciassette >> sibilò Ladone a denti stretti << Non siamo nella terra dei barbari, Oreste, in Italia un uomo dovrebbe poter scegliere >> ovviamente lo Stronzo decise che quello fosse il momento perfetto per raggiungerli, passo sicuro e deciso in mezzo alla folla, quel suo ghigno perennemente soddisfatto stampato sul viso e la cravatta nera già sciolta penzoloni intorno al collo << Questo posto è Fan.Ta.Sti.Co! >> sillabò come un bambino di cinque anni, suscitandogli il bisogno quasi irrefrenabile di dargli un pugno.
Sarebbe stato probabilmente inutile, non avrebbe incrinato nemmeno il suo sorriso, ma Ladone si chiese se non ne valesse comunque la pena << È quello che stavo cercando di far capire a tuo fratello, Nicola >> disse Oreste, allungandosi per sfilare la cravatta anche a lui.
Cominciò ad arrotolarle pigramente intorno alla mano, tornando a fissare Ladone, e quando ebbe fatto mise il rotolo improvvisato in tasca e lo fronteggiò impassibile << Prima di tutto, modera il tuo linguaggio. Siamo in una scuola >> lo freddò << Secondariamente, mi aspetterei che un giovane moderno come ti dichiari smetta di considerare la Gran Bretagna una patria di barbari come fosse un senator in mezzo al foro romano. E per ultimo, ma non ultimo, un uomo per poter scegliere dovrebbe essere un uomo, giusto? E in Italia non lo sarai prima di Novembre dell’anno prossimo >> Ladone sentiva di odiarlo in quei momenti.
Sostenne il suo sguardo immobile, si sarebbe tagliato la lingua prima di abbassarlo per primo, ma ad Oreste sembrò bastare la consapevolezza che il messaggio fosse stato recepito.
Nicola – lo Stronzo – da insensibile troglodita quale era, sembrò considerare quello il momento adatto per cingergli le spalle con una delle sue braccia, stretta forte e ben più decisa di quella di Oreste, impossibile da scrollare << Lasciami >> gli ringhiò, ma quello si limitò a far cadere parte del suo peso su di lui, cosa non trascurabile considerando la sua ragguardevole altezza e la sua altrettanto ragguardevole mole << Se non fossi così occupato ad avercela con il mondo, sono sicuro che adoreresti questo posto come me >> era stata una sua idea naturalmente.
Avevano ricevuto le Lettere lo stesso giorno, ad Halloween, e da allora la loro casa si era trasformata in territorio di guerra.
Ladone avrebbe preferito seguire un Maestro, aveva passato sette dannatissimi mesi a cercare di entrare nelle grazie di Simone Abelardo, Mago di Categoria A, scrivendo lettere e raccomandazioni per supplicarlo, supplicarlo, di accettare anche quell’ingrato Stronzo di Nicola come allievo.
E lui invece voleva iscriversi ad Aradia naturalmente.
Oh, chiedo venia, la Scuola di Magia e Stregoneria di Aradia.
Chi cazzo voleva frequentare una scuola?
Avevano urlato, litigato, era stato così furente da scagliargli contro un intero scaffale di libri anche senza bacchetta, ma alla fine ovviamente Oreste gli aveva dato ragione.
Erano due ragazzi, era una grande opportunità, non era sano per due maghi vivere così isolati dal resto della comunità... e un sacco di altre stronzate di quel genere.
Due mesi a fumare di furia, solo a Natale Ladone aveva deciso di seppellire l’ascia di guerra, si era persino messo a studiare i libri di Hogwarts per cercare di capire cosa aspettarsi, compresa la mediocre biografia di Sir Potter scritta dall’unica strega abbastanza intelligente da farne un libro per ragazzi e diventare più ricca della Regina d’Inghilterra, e alla fine era riuscito persino a farsi piacere l’idea.
Sapeva dello Smistamento quindi. Aveva letto il giornale, è ovvio, il Corriere aveva presentato persino gli insegnanti di Aradia, ma da stupido ingenuo quale era aveva semplicemente pensato che fosse una formalità, un tributo ad Hogwarts e alle sue Case.
Del resto non potevano certo portar loro un Cappello Parlante, giusto?
Non aveva immaginato che avessero trovato un altro modo di fare esattamene la stessa cosa!
La vipera dentro di lui sibilò un po’ quando cercò di nuovo di scrollarsi Nicola di dosso, alla fine decise per una gomitata ben piazzata tra le costole e lo vide scattare subito per evitarla, seppur ridacchiando << Morde >> lo canzonò, e Ladone per poco non gli saltò alla gola per morderlo davvero.
Rimase a fissarlo per un lungo momento, i pugni ferocemente stretti lungo il corpo tanto rigido da tremare appena e il fiato stretto trai denti come un cavallo che mastica il proprio morso.
Tutta la spavalderia scivolò via dal corpo di Nicola come acqua su uno scoglio, lasciando al suo posto un’espressione seria e un po’ preoccupata nel consumare l’unico passo che li divideva.
Si allungò per prendergli entrambe le mani tra le sue, Ladone resistette solo e soltanto perché temeva che se si fosse mosso avrebbe cominciato ad urlare come un forsennato, ma ovviamente non poté farlo a lungo contro il morbido calore dei palmi di Nicola, lasciando alla fine che le sollevasse un poco, qualche centimetro, e quando non furono più strette spasmodicamente intrufolò le proprie dita tra quelle dell’altro, così che adesso erano intrecciate l’una all’altra.
Solo allora l’aria gli lasciò i polmoni.
Ladone inspirò fremendo, si accorse di essersi morso le labbra solo perché le sentì pulsare, e si ancorò alle iridi nocciola davanti a lui per calmare il flusso gelido del suo sangue che gli rimbombava nelle orecchie.
Erano limpidi quegli occhi, con scaglie di oro e verde intorno alla pupilla, e come altre volte pensò che fossero una delle cose più belle del creato << Di cosa hai paura? >> sapeva leggerlo così bene.
Ladone sapeva che poteva trasformare il suo volto in uno specchio d’acqua ghiacciata imperturbabile, ma Nicola era impossibile da ingannare, sapeva decifrarlo meglio di se stesso.
Era paura quella che provava, non ira.
Paura profonda ed infida, incontrollabile, perciò l’aveva trasformata in qualcosa di più conosciuto << Non riesci a capirlo da solo? >> gli ringhiò contro, arrabbiato adesso perché vedere paura in se stesso non poteva suscitare niente di diverso << Non cambierà niente >> fece l’altro con una scrollata di spalle, e a quella risposta Ladone si liberò della sua stretta spazientito, afferrandolo poi per il mantello per costringerlo a chinarsi per i sette centimetri che li dividevano e potergli così sibilare sul volto << Saremo separati, lo capisci questo? In che modo non cambierà niente? >> lo trattenne ancora per un istante, poi lo lasciò andare malamente e Nicola si rimise dritto.
Si assestò i vestiti con gesti placidi, il suo corpo era sempre e da sempre un servo fedele e ossequioso, quindi mosse le labbra color prugna rossa in un sorriso a denti scoperti, scrollando con un gesto fiero i morbidi capelli castani che gli circondavano il volto << Non puoi saperlo >> fu solo per un caso fortuito del destino se Nicola riuscì a restare con tutti i suoi denti dopo quel commento, perché Ladone era pronto a gridare la fattura quando l’enorme portone nero sulla destra si aprì.



NA: Ho scritto questa fanfiction usando come ambientazione quella della Role su Facebook "Scuola di Magia e Stregoneria di Aradia" (link per chi fosse interessato: https://www.facebook.com/AradiaOfficial) ma poichè la role è in corso ho cambiato la storia di fondo e ho chiesto il permesso ai giocatori di usare nomi/personalità. 
Spero che vi piaccia!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Lo Smistamento
 
 
Oreste si mise tra loro con la facilità dell’abitudine, prese i gomiti di entrambi come fossero due poppanti all’entrata dell’asilo e li trascinò - abbastanza letteralmente - verso il portone.
Nonostante l’irato sibilo nelle proprie orecchie, Ladone non poté fare a meno di trattenere il fiato quando mise piede nella Sala Grande, esattamente come fecero molti altri intorno a loro.
Certo, era stato sufficiente l’esterno per immaginare la sontuosità dell’interno, il parco immenso e la facciata in stile Rinascimentale tradivano un gusto impeccabile, esattamente come gli affreschi e i mosaici dell’atrio in cui erano stati poco prima, ma niente era paragonabile alla magnificenza dell’ambiente in cui sfociarono adesso.
La prima cosa che saltava all’occhio era lo spazio naturalmente, la stanza era abbastanza grande perché la folla intorno a loro ne occupasse forse un terzo.
Una volta che fossero rimasti solo gli studenti, forse nemmeno un quarto.
La pianta era vagamente rettangolare, seppur non vi fosse troppa differenza di lunghezza trai lati, ma il soffitto era molto più alto, almeno dieci metri, abbastanza perché l’immenso lampadario che vi pendeva al centro fosse sostenuto da una lunga e spessa catena.
Le pareti erano ricoperte per circa due metri da lucidi pannelli di legno minuziosamente decorati, mentre per il resto l’intonaco era ricoperto da sontuosi affreschi che avrebbero fatto l’invidia di Michelangelo stesso, solo che i soggetti non erano putti innocenti o rappresentazioni religiose, ma piuttosto creature fantastiche e spiritelli intenti in danze sinuose.
Lo spazio centrale era occupato da quelli che sembravano quattro enormi tavoli di marmo, ognuno diverso per colore, modellati e accostati l’uno all’altro a formare un cerchio perfetto, così che vi fossero quattro entrate e gli studenti potessero sedersi sia lungo la circonferenza interna sia su quella esterna.
Il centro del cerchio era vuoto, abbastanza ampio però perché i tavoli fossero a malapena ricurvi, sul pavimento di lucida pietra scura era riprodotto lo stemma della Scuola con le Case corrispondenti a ciascun tavolo e Ladone si rese conto che il marmo era del colore corrispondente.
Verde venato d’argento per i Serpeverde, rosso venato d’oro per i Grifondoro, blu con striature bronzee per i Corvonero e giallo macchiato di nero per i Tassorosso.
Sentì i suoi polsi ghiacciare, non ricordava l’ultima volta che aveva mangiato lontano da Nicola, ma ingoiò anche quello e continuò a camminare verso le figure ferme in linea davanti a loro.
Attraversarono il varco tra il tavolo blu e giallo, subito dirimpetto alla porta, e si fermarono a poca distanza dalla donna che Ladone sapeva essere la Preside Arrighi, una giovane strega che accolse tutti loro con un luminoso sorriso.
Indossava una lunga veste azzurro chiaro, viola sui bordi e nella cintura sotto il seno, aveva un volto accogliente e occhi luminosi.
Niente di strano per la responsabile dei Grifondoro.
Smise di ascoltare l’inutile discorso subito dopo il “Benvenuti”, gli bastò ascoltare la sua voce per capire che non avrebbe detto niente di interessante, e si preoccupò invece di osservare il resto dei presenti.
Subito alla sinistra della Preside stava un mago alto e magro, avvolto in una lunga veste nera, il suo volto e le mani unite educatamente davanti a sé erano l’unica traccia di colore sulla sua persona.
Sotto alle lenti di sottili occhiali rettangolari stavano due occhi neri cupi e attenti che passavano su ciascuna persona, e nonostante il distratto sorriso sul suo volto, Ladone era ben consapevole che niente in lui esprimeva simpatia o anche solo empatia.
Quello era lo sguardo di chi vede un taglio di carne e sta cercando di capire come cucinarlo.
Membrant, non c’era alcun dubbio, ed era perfetto per i Corvonero con quell’aria fosca.
Accanto a lui c’era l’essere meno vicino alla sua persona che esistesse: Lawsonia – perché quella doveva essere Lawsonia – sembrava vicina al punto di esplodere.
Il suo volto esprimeva felicità ed eccitazione genuine, sorrideva radiosa guardando i presenti, come se non vedesse l’ora di stringere la mano a tutti o persino – oh cielo – abbracciarli.
Si scrollò il fastidio di dosso spostando il proprio peso da un piede all’altro, muovendo lo sguardo verso il lato destro di Arrighi, e istintivamente non riuscì a reprimere un sorriso.
Guardare i due Serpeverde era come fissare una vipera a due teste.
Erano dolorosamente simili, per quanto assolutamente l’uno l’opposto dell’altra nell’aspetto, quella similitudine che hanno i fratelli, o gli amici, oppure, come pareva fosse il loro caso, quella di due persone costrette a passare troppo tempo a stretto contatto.
Madenego era inquietante, non c’era un altro termine per definirlo.
Non come Membrant, che sembrava semplicemente un personaggio appena uscito da un libro di narrativa gotica, no, Madenego irradiava timore come fosse qualcosa di fisico e concreto, quasi fosse il suo profumo.
Fissava ogni cosa con sguardo annoiato, il completo scuro ben stirato seppur la sua postura non fosse composta, dava l’impressione che fosse capace di mantenere la stessa faccia anche se per qualche ragione tutti loro avessero cominciato ad ardere vivi.
La donna al suo fianco non era nemmeno lontanamente più rassicurante.
Vestiva di un cupo verde, un abito aderente senza esserlo troppo, con un turbante nero intorno al capo e un lembo di stoffa corvina ad oscurarle il volto.
Di Makar non si potevano scorgere che gli occhi verdi, ripassati con una spessa linea di scuro ad accentuarne l’espressività quasi elettrica, ed era l’unica a portare la bacchetta vistosamente allacciata ad un bracciale sopra la manica sinistra.
Ladone per un attimo fu certo che lo guardasse, e nonostante non potesse esserne sicuro, fu comunque certo che ghignò.
Arrighi stava ancora parlando, non sapeva di cosa e non gli interessava, ben più preoccupato nel vedere i Fondatori di Aradia e le loro differenze così palesi.
Per la prima volta realizzò che le Case erano reali, che seguire i precetti e le linee guida di una o dell’altra poteva oggettivamente cambiare una persona, modellare una persona, e non poté impedirsi un’occhiata a Nicola.
Non voleva cambiare. Non voleva che lui cambiasse.
Erano perfetti così com’erano, funzionavano benissimo, avevano sempre funzionato benissimo, perciò non capiva perché dovessero rischiare così tanto per quella fottutissima scuola.
Mentre prendeva le redini della sua vipera e continuava a spingerla nelle profondità del suo essere, Oreste gli prese di nuovo il braccio e lo guidò lungo il bordo interno del circolo di tavoli.
Ladone si accorse allora che tutti i presenti avevano fatto lo stesso, lasciando il centro libero per far spazio ad un’unica sedia imbottita di pelle marrone e un enorme calderone d’argento purissimo colmo di quella che sembrava acqua.
Arrighi si avvicinò alla sedia brandendo un lungo pugnale dal manico nero e con il suo onnipresente sorriso lo posizionò alle spalle della sedia, sul pavimento.
Dopo di lei, con un luccichio placido e rassicurante nello sguardo, Lawsonia si avvicinò con un calice e lo posò a destra della sedia.
Membrandt teneva una lunga bacchetta di ossidiana e anche quella fu lasciata sul pavimento, sulla sinistra.
Non appena il Corvonero fu tornato al suo posto, Makar si avvicinò con una campana dall’aria antica, e piegandosi elegantemente la lasciò ai piedi della sedia.
Il tutto era stato compiuto nel silenzio, a malapena rotto dal sussurro di qualche maleducato, e Ladone sentì se stesso trattenere il fiato nel percepire il potere che quegli strumenti emanavano.
Arrighi fece un passo avanti e con grande solennità materializzò un foglio di pergamena davanti a sé: << Annetti Ernesto >> chiamò con voce chiara, e subito un giovane di non più di vent’anni si fece avanti e si avvicinò al calderone per sedersi sulla sedia.
Avvicinò la propria bacchetta al liquido all’interno, la immerse appena, e per un lungo momento non successe nulla, poi del fumo bianco cominciò ad alzarsi dal pentolone, solo che invece di disperdersi si compattò, in una sinuosa voluta grande come una palla che si allungò verso il ragazzo incuriosita << Mente vispa vedo! >> esclamò una voce dal nulla, femminile, e Ladone sentì il proprio cuore accelerare.
Era un mago, ma non per questo la magia smetteva di sorprenderlo ogni volta.
Il fumo danzò intorno al ragazzo borbottando come una vecchia caffettiera << Onesto nel nome e nel cuore, giovanotto: Tassorosso! >> esclamò, seguito da un entusiasta applauso di Lawsonia.
Una volta che si furono ripresi dallo shock della scena avvenuta sotto il loro naso, anche il resto dei presenti fece lo stesso, accompagnando così il giovane mentre raggiungeva il suo tavolo con un gran sorriso dipinto sul volto.
Era quel fumo a Smistarli?
Un incantesimo di analisi, forse? Era uno spirito senziente?
Il cervello di Ladone cominciò ad elaborare ipotesi ad un ritmo vertiginoso mentre gli studenti venivano chiamati uno dopo l’altro, gli insegnanti accompagnavano ciascuno al proprio tavolo prima di tornare al loro posto alle spalle di Arrighi, ma al decimo di loro si diede semplicemente dell’idiota.
Che senso aveva scoprire come funzionava?
Non poteva certo aggirarne il sistema nel breve tempo che aveva a disposizione.
Per un momento accecante odiò Nicola con tutto se stesso, ogni cellula del suo corpo lo pregò di cavargli gli occhi con le mani, perciò si sforzò di tornare a concentrarsi su quel che succedeva intorno a lui per non perdere la propria compostezza.
Fu il turno di una ragazza.
Bassa, non poteva essere più alta di un metro e sessantacinque, con voluminosi e morbidi capelli ricci e la pelle bianca come la sua.
Vestiva di nero, elegante ma comoda, e a differenza di chi l’aveva preceduta non cercò nessuno nella folla davanti a lei, come se non avesse nessuno che conoscesse a ricambiarla, si limitò a seguire la nube bianca con sospetto << Ingegno ne abbiamo, su questo non c’è dubbio >> fu il primo commento, ma non pareva particolarmente entusiasta, continuò a borbottare un po’ quando scese intorno al petto << Per certo c’è coraggio, e la pazienza del predatore, ma sei artiglio o sei veleno? >> ancora un momento d’indecisione, poi esclamò decisa: << Serpeverde! >> era la prima della Casa e i due Fondatori si scambiarono un’occhiata per decidere chi dovesse accompagnarla.
Alla fine Makar avanzò e la fece sedere al tavolo verde.
Ladone non era l’unico a fissarla. Tutti stavano facendo lo stesso e improvvisamente fu molto grato che il suo cognome fosse Minelli, perché questo dava tempo al fumo di trovare altri Serpeverde.
Non puoi saperlo.
Sbuffò ironico tra sé e sé mentre ripensava alle parole di Nicola.
Certo, come no.
Non c’era alcuna fottutissima possibilità al mondo che lui non fosse un Serpeverde!
Tutto in lui lo era, dalla punta dei capelli a quella delle scarpe, persino il suo cazzo di nome lo era!
Rilasciò il fiato in un lungo sibilo, probabilmente meno silenzioso di quel che aveva pensato perché il Cazzone si spostò dietro di lui e gli poso una mano sulla schiena << Invece di cercare di calmarmi, potresti imparare a fare in modo di non farmi incazzare sin dal principio >> gli sibilò contro, ignorando l’occhiataccia di Oreste che gli intimò di fare silenzio.
O di “moderare il linguaggio”.
In nessuno dei casi gliene fregava comunque abbastanza per dargli ascolto << È impossibile non farti incazzare >> ribatté Nicola, e anche se gli dava le spalle poteva facilmente immaginare il suo sorriso beffardo << Secondo te dove mi Smisteranno? >> quella domanda gli fece vedere rosso.
Impugnò la bacchetta con la sinistra, ma prima che potesse voltarsi e usarla come arma per pugnalarlo a sangue, quello lo circondò con le braccia per immobilizzarlo, stringendolo contro di sé in quello che a tutti sarebbe parso un abbraccio ma che per Ladone era la mossa di soppressione che era.
Avrebbe urlato se non fosse stato circondato di persone, sentì quelle braccia comprimergli la cassa toracica e il suo respiro uscire incompleto; non sapeva se per questo o per la rabbia divorante, ma invece di dimenarsi o cercare di sfuggire inutilmente, divenne immobile in quella stretta, vi si arrese come fin troppe volte era accaduto, e la costrizione diede un bersaglio alla sua ira e un altro giro di spire alla vipera nel suo stomaco << Andrà tutto bene >> sussurrò Nicola al suo orecchio << Non ci separeranno >> << Sì invece >> esalò Ladone stringendo i pugni dolorosamente << Hai paura di una cravatta, Lado? Pensi che un dormitorio separato mi fermerà? Un tavolo? >> si chinò un altro po’ e adesso le sue labbra erano quasi premute contro di lui, il suo fiato bollente sulla sua pelle << Abelardo ci avrebbe presi entrambi. Aveva accettato! >> << E ci avrebbe rilasciato dopo forse dieci anni di praticantato. Dieci! Non riesco nemmeno a immaginare come tu possa anche solo prenderlo in considerazione >> ribatté l’altro seccato prima di tornare dritto.
Non lo lasciò, qualcuno di coloro che erano più vicini cominciò a guardarli, qualcun altro a sussurrare, ma Ladone sapeva che non c’era speranza che il Cazzone capisse la situazione e lo lasciasse andare.
Naturalmente Oreste lo faceva fare come suo solito << Minelli Ladone >> il richiamo di Arrighi scosse tutti e tre, Nicola esitò un secondo ma alla fine indietreggiò rilasciandolo, e il giovane mago camminò fino alla sedia ignorando fieramente le occhiate a lui rivolte.
La bacchetta era ancora nelle sue mani – legno di ebano scuro, venti centimetri e mezzo, anima di cuore di drago – perciò si limitò a sollevarla un poco per immergerne la punta nel liquido trasparente del pentolone << Mmmmm.... >> fu il primo commento del fumo bianco, Ladone lo seguì con attenzione mentre gli girava intorno << Anima rombante la tua, ragazzo. E lingua affilata come spada, ma la tua mente... >> un’altra pausa meditabonda, abbastanza lunga perché Ladone sentisse distintamente il proprio cuore sbattere contro il suo pomo d’Adamo, poi: << Serpeverde! >> non che fosse questa grande sorpresa, naturalmente, ma sentì una parte di sé rabbrividire nel sentirlo a voce alta.
Madenego lo raggiunse e lo guardò come se considerasse un personale affronto il fatto che fosse costretto ad accoglierlo nella propria Casa, ma ovviamente era solo la sua faccia e Ladone era troppo occupato a sentire il proprio cuore urlare per curarsene davvero.
Sedette appena in tempo per vedere Nicola immergere la sua bacchetta – legno di salice, diciotto centimetri e venticinque, anima di piuma di fenice – e per un momento, un ultimo momento, pregò con tutto se stesso che qualcosa portasse suo fratello a sedere accanto a sé << Ah! >> non fu l’unico a trasalire quando il fumo urlò.
Arrighi fece un passo avanti preoccupata, ma la nube la ignorò, cominciando invece a vorticare intorno a Nicola più velocemente << Cosa alimenta il tuo cuore, ragazzo? >> domandò, la prima e unica domanda che aveva fatto quella misteriosa voce da quando lo Smistamento era iniziato, e Ladone non si illuse nello sperare che l’altro rispondesse con misericordioso silenzio.
Nicola attraversò mezza folla con gli occhi e conficcò quel deciso sguardo nocciola nel suo spalancato azzurro ghiaccio, trapassandolo da parte a parte e prosciugandogli i polmoni << Un serpente >> fu la risposta, quel sorriso lezioso a piegargli la bocca proibitiva, e Ladone ebbe l’impressione di trovarsi ancora ingabbiato tra le sue braccia << Grifondoro! >> urlò la nube, quasi inorridita, ma ovviamente Nicola non se ne accorse nemmeno.
Porse il braccio cavallerescamente ad Arrighi, che ridacchiò del gesto, e ignorò il pubblico ammutolito per raggiungere il suo posto.
Lo Smistamento scomparve agli occhi di Ladone, e anche alle sue orecchie, tutto quel che lo circondava annebbiò e perse d’importanza: rimasero lì, Serpe e Leone adesso, a fissarsi come se la distanza che li separava non esistesse affatto, a studiarsi come se stessero decidendo come fosse meglio attaccare.
Solo che nessuno dei due voleva farlo davvero.
Dopotutto da tempo, da molto tempo, l’uno era diventato preda dell’altro.
 
 
NA: Ho scritto questa Fanfic giocando/creando la Role su Facebook "Scuola di Magia e Stregoneria di Aradia". Alcuni personaggi sono pg giocanti, ma la storia non segue lo stesso filone di trama
https://www.facebook.com/AradiaOfficial
NA2: Recensioni o anche solo commenti sono non solo ben accetti ma anche graditi! Fatemi sapere che ne pensate <3

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Aggiungi un posto a tavola
 
 
Ladone uscì dalle docce mentre il primo degli altri studenti stava entrando.
Si scambiarono un’occhiata, occhi color fango e bocca sottile, ma ognuno proseguì per la sua strada senza dirsi altro.
L’ala riservata ai Serpeverde occupava il lato ovest del palazzo, la sala comune al piano terra e i dormitori al di sotto, anche se la disposizione era vagamente meno lineare.
C’erano tre docce comuni, cubicoli separati dalle piastrelle di un cupo verde e suppellettili in argento, e la scelta dei colori continuava anche in tutto il resto: il corridoio stretto che dalle docce portava alle scale e quindi al dormitorio, era di granito nero con occlusioni di verde, le luci sul soffitto, seppur elettriche, erano riproduzioni di antiche lampade ad olio con sinuosi serpenti come decorazione.
Raggiunse le scale, marmo nero anche queste, e scese dabbasso per una rampa, voltando a sinistra una volta raggiunto il fondo per entrare in un corridoio identico al primo, lasciandone un altro sulla destra, e come la sera prima superò varie porte di legno nero, svoltò sulla sinistra ancora una volta e silenziosamente si infilò nella propria stanza.
Era divisa in due esatte metà, una simmetrica all’altra, con due letti a baldacchino dalle lenzuola verde cipresso, due scrivanie in mogano scuro, due armadi dello stesso materiale e due cassettiere vicino alle testate con una lampada ciascuna.
Non aveva ancora conosciuto il suo compagno di stanza, aveva notato solo la pelle scura la sera prima visto che la prima cosa che aveva fatto era stata infilarsi sotto le coperte e chiudere le tende intorno a sé, ma quando entrò trovò il ragazzo seduto sul proprio materasso, un pigro sbadiglio sul volto e il petto color ebano scoperto.
Gli occhi color ambra si posarono su di lui e le labbra generose si piegarono in un sorriso assonnato, quindi si alzò in tutta la sua ragguardevole altezza e consumò i passi che li dividevano in poche falcate decise << Salve >> fece tendendo la mano e Ladone la prese educatamente, saggiando la stretta dell’altro ammorbidendo la propria.
Decisa e morbida allo stesso tempo, gli strappò un sorriso rendersi conto che l’altro lo stava testando anch’esso << Il mio nome è Ambar, piacere di conoscerti >> la sua voce era bassa e grave, musicale in qualche modo << Ladone. E il piacere è mio >> si lasciarono e Ladone si diresse al proprio armadio per cominciare a cambiarsi.
Non aveva ancora disfatto la sua valigia, ma aveva avuto almeno l’intelligenza di appendere compostamente la sua uniforme il giorno prima << Tu e tuo fratello siete molto diversi >> i capelli sulla sua nuca di drizzarono al commento di Ambar, portandolo sulla difensiva, ma si voltò con noncuranza alzando un sopracciglio, come se non avesse capito.
Il ragazzo si stava abbottonando la camicia bianca nel frattempo, con lo stesso sorriso che gli aveva rivolto al risveglio, e quando notò la sua espressione sollevò una mano come per indicarlo << Beh, partendo dall’aspetto. Non potreste essere più diversi, non credi? >> certo che lo erano.
Ladone tornò all’armadio e si permise un’occhiata al lungo specchio appeso all’interno dell’anta.
Un metro e settantacinque di corpo bianco come il latte, spalle sottili, vita asciutta, gambe snelle ben lungi dall’essere muscolose.
L’accappatoio era dello stesso esatto colore dei suoi capelli, nero puro, senza mezze misure, tanto lisci e dritti nel cadere fino al suo mento che i riflessi della luce erano bianchi sulle ciocche.
Il suo era un viso dai lineamenti delicati, la pubertà aveva a malapena affilato la sua mascella e la linea degli zigomi, il sufficiente a non farlo sembrare una donna senza comunque eliminare una certa ombra androgina sulle labbra e sul naso.
Fissò i propri occhi azzurro pallido mentre questi lo pugnalavano critici, scandagliandolo dalla testa ai piedi in cerca di imperfezioni nella sua postura o espressione.
Ovviamente non ve n’erano << Non siamo fratelli di sangue >> disse infine, quasi distrattamente, per il semplice motivo che l’Idiota avrebbe fatto ben poco per tenere quell’informazione per sé e tanto valeva mantenere quella conversazione in toni civili.
Non ne veniva nulla di buono ad inimicarsi il suo compagno di stanza << L’avevo immaginato >> fece Ambar senza condiscendenza, solo un dato di fatto, e lo vide sedere sul letto accavallando le lunghe gambe una volta finito di vestirsi.
Ladone cominciò a fare lo stesso, si mise i pantaloni prima di lasciar cadere l’accappatoio e si allacciò il sottile porta-bacchetta di cuoio sull’avambraccio, infine indossò la camicia e il cardigan grigio scuro.
Prese la cravatta che Makar gli aveva consegnato la sera prima nella sala comune e tornò allo specchio per annodarsela << Da dove venite? >> chiese di nuovo Ambar e Ladone guardò il suo riflesso alzarsi in piedi e accostarsi alla porta senza uscire, appoggiandosi al muro a braccia incrociate nel chiaro intento di aspettarlo << Roma >> << L’uomo che era con voi ieri è il padre del Grifondoro? >> la vipera nel suo stomaco si mosse pigramente, ma Ladone mantenne il suo viso calmo e rilassato mentre si allungava verso il mantello e lo drappeggiava compostamente sul braccio, senza allacciarselo << No >> rispose con un vago sorriso, trasformando la ferma riluttanza a rivelare qualcosa di sé in innocua e maliziosa ritrosia << Posso fare qualche domanda anche io? >> continuò raggiungendolo dopo aver afferrato anche la borsa, non perché gli importasse ma per deviare la sua attenzione e l’altro ridacchiò << Venezia >> rispose Ambar << E se avessi notato la mia famiglia ieri, avresti notato qualche incongruenza a livello d’epidermide >> uscirono nel corridoio mentre Ladone sentiva un genuino ghigno nascergli sul volto per la battuta del ragazzo al suo fianco << Adottato? >> << Esatto >> non era una cosa così rara.
Dopo la guerra erano stati parecchi gli orfani, streghe e maghi in tutta Europa si erano visti strappare la vita dai Mangiamorte, anzi, il numero era abbastanza alto perché persino i casi come il loro fossero abbastanza comuni: << Loro sono come noi? >> << Streghe vuoi dire? >> Ladone assentì mentre raggiungevano le scale, e vide un paio di altri ragazzi intenti a salire verso la sala comune davanti a loro << Mia madre sì. Suo marito invece è un Magonò >> poi, dopo un momento di pausa: << Credo che tu sia sotto di una risposta >> gli fece notare con l’onnipresente sorriso furbo.
Gli stava bene sul volto, quella bocca era decisamente un’arma, e Ladone fu grato della propria statura perché non era sicuro che sarebbe riuscito a non fissarla se fossero stati alla stessa altezza << L’uomo che ci ha cresciuti è un babbano >> concesse, perché dopotutto aveva ragione, ma fu comunque grato del fatto che raggiunsero la sala comune.
Comune per modo di dire, ovviamente.
La prima cosa che saltava all’occhio venendo dalle scale era il fatto che non si poteva vedere tutta la stanza con una sola occhiata.
Era costruita in modo tale che da nessun punto fosse possibile avere libera vista sul tutto, c’era sempre una libreria di troppo, una poltrona, un angolo.
Era suddivisa piuttosto in diversi gruppi di poltrone nere, mai più di quattro comunque, alcune con un tavolo rotondo in legno scuro, sempre abbastanza lontane l’una dalle altre da permettere una certa privacy.
Le pareti erano coperte da pannelli di legno scuro, anche se in alcuni punti questi erano sormontati da lunghi specchi dalle cornici argentate che rendevano lo spazio ancora più grande, mentre il pavimento era costituito da grandi lastre dello stesso marmo della loro tavola nella Sala Grande, seppur nascosto ogni tanto da tappeti neri o argento.
Al centro dello spazio c’era un enorme focolare che spuntava dal pavimento: era un basso pozzo di braci adesso spente, rotondo, circondato da sette colonne tornite avviluppate da un lungo serpente d’argento ciascuna e sormontate da una cappa chiaramente incantata perché il fumo non si disperdesse per il resto della stanza.
Lo spazio tra una colonna e l’altra era occupato da eleganti griglie di protezione di ghisa nera modellate in arabeschi sinuosi e ipnotizzanti, alte una cinquantina di centimetri, in modo che in piedi chiunque potesse comunque avere libera visione del fuoco all’interno.
Intorno alla costruzione c’erano tre poltrone e due sedie, abbandonate quasi distrattamente, e una di quelle era occupata dalla ragazza che aveva visto il giorno prima, quella coi capelli ricci, intenta a leggere un libro << È meglio andare a colazione >> disse Ladone dopo un’occhiata all’orologio, e Ambar si limitò a seguirlo verso i pochi scalini che portavano alla porta.
La attraversarono e Ladone dovette stringere le labbra per trattenere un’imprecazione, limitandosi a sbattere le palpebre un paio di volte contro la luce che lo investì.
Dopo le morbide penombre della sua Casa, l’Atrio, con le grandi finestre ad accogliere tutta la luce del mattino, era quasi uno shock.
Come il giorno prima, ignorò sia il corridoio sulla sinistra che quello sulla destra, la porta da cui uscì sembrava dare semplicemente sul nulla visto che le finestre affianco si aprivano sul parco della villa, ma era lo stesso anche per le altre tre, identiche, che portavano alle altre Case.
Una Corvonero uscì dalla porta affianco mentre Ambar faceva lo stesso, non lanciò loro nemmeno un’occhiata naturalmente, ma seguirla con lo sguardo gli fece cadere l’attenzione sull’Idiota, appoggiato con il suo solito fare da signore di tutte le terre alla balaustra di marmo bianco delle scale, braccia incrociate e capelli selvaggi intorno al volto, con accanto un mago palesemente più grande, con la barba e i capelli biondi come un vichingo.
Era sufficiente guardarli per incazzarsi << Non si può dire che passi inosservato >> commentò Ambar al suo fianco, poco prima che l’Idiota si accorgesse di loro e si mettesse dritto con un gran sorriso a denti scoperti.
Ladone si affrettò verso la scalinata prima che lo raggiungesse, ma ovviamente quella specie di felino troppo cresciuto gli fu alle spalle prima ancora che potesse scendere il primo gradino << Buongiorno! >> lo accolse, bastava il suo tono per far sibilare la sua vipera, ma ovviamente si limitò ad ignorarla << Salve >> ricambiò a denti stretti, ma prima che potesse fulminarlo con lo sguardo, l’Idiota afferrò la sua borsa e se la caricò sulla spalla con noncuranza << Io sono Nicola >> fece rivolto ad Ambar, che mantenne le labbra pericolosamente piegate e fece scendere gli occhi ambrati su tutta la sua figura.
Solo dopo aver fatto questo tornò al volto << Ambar, piacere >> << Lui è Zeus >> continuò Nicola subito dopo, ed era troppo, troppo, maledettamente Idiota per capire di essere scortese - almeno con un fottutissimo Serpeverde! – ma Ladone aveva imparato parecchio tempo prima che non poteva continuare a sperare di cambiarlo e allo stesso tempo mantenere la propria sanità mentale << Capisce poco l’italiano, ha ventisette anni e ha già tre anni di praticantato presso un Maestro alle spalle. Ma il vecchio è morto, quindi si è iscritto qui >> non si sarebbe stupito nemmeno se gli avesse detto che avevano fatto un patto si sangue durante la notte per giurarsi amicizia eterna.
Il concetto di riservatezza era troppo astratto ed oscuro per la mente idiota dell’Idiota, quindi Ladone si limitò a chiedersi come avesse ottenuto così tante informazioni con la limitazione della lingua << Parla inglese? >> domandò invece, vedendo il vichingo assentire con lo stesso identico sorriso di Nicola.
Cominciava a chiedersi se non fosse il marchio di fabbrica dei Grifondoro.
Non si stupiva comunque.
Aradia era costruita secondo un vago modello universitario, il fatto che accettassero studenti di tutte le età aveva aperto le porte a maghi e streghe di tutto il mondo, ma era comunque curioso il fatto che Zeus avesse preferito ignorare tre anni di sapere per iscriversi in una scuola.
Non che fossero affari suoi comunque.
Una volta nell’Atrio si lasciarono altre tre porte e un corridoio alle spalle, proseguendo verso la Sala Grande.
A differenza della sera prima l’ambiente era più vivo, gli studenti ai tavoli chiacchieravano in attesa che la colazione fosse servita, di giorno le alte finestre sulla parete dirimpetto alla porta riempivano la stanza di luce grazie al sole di un eccezionalmente tiepido Settembre, e sotto di esse Ladone si accorse che nella notte si era aggiunto un lungo tavolo di mogano con sedie imbottite dagli schienali alti rivolte al tavolo rotondo, e anche se erano vuote non ci voleva un grande acume per capire che era il posto riservato agli insegnanti.
Nicola attese che fosse lui ad incamminarsi per primo, quindi raggiunse il tavolo dei Serpeverde e prese posto sulla panca in modo che Ambar potesse scegliere di sedersi al suo fianco, cosa che sembrò apprezzare a giudicare da come si accomodò, e il suo sorriso si allargò ancora quando Nicola sedette alla sua destra, seppur non rivolto al tavolo, continuando a parlare con Zeus come aveva fatto dalle scale.
Sentì distintamente la risatina trattenuta del ragazzo di colore quando richiamò tutte le sue forze in un respiro profondo << Vai al tuo tavolo >> disse all’Idiota, ancora calmo – oh sì – estremamente calmo per il fulmine gelido che gli percorse tutto il corpo per un istante << È presto >> fu la risposta di Nicola, e si allungò all’indietro per appoggiare i gomiti al tavolo in modo da guardarlo più comodamente.
Il fatto che il gesto avesse attirato l’attenzione praticamente di tutti i Serpeverde non lo sfiorò nemmeno << Gli insegnanti non sono ancora arrivati e nemmeno la colazione. Mi sposterò allora >> Zeus, ancora in piedi, passava lo sguardo dall’amico a Ladone con la fronte leggermente corrugata, come se non riuscisse ad afferrare il problema pur avendo capito che ve n’era uno.
Persino il vichingo aveva più senso comune di suo fratello.
Era un pensiero sconfortante << Forse è una buona cosa >> intervenne Ambar, puntellandosi con il gomito al tavolo e prendendosi il mento nel palmo mentre continuava a gustarsi la scena divertito << Cos’è che vuoi? >> domandò ancora Ladone e l’altro scrollò le spalle << Nulla. Capisco la faccenda delle Case, il cameratismo e tutto il resto... Quello che non capisco è perché bisogna per forza essere rivali >> certo che non capiva.
Non si chiamava Idiota per nulla.
Ladone si massaggiò la radice del naso chiedendosi non per la prima volta cosa avesse fatto di male << È tradizione >> disse, sentendosi improvvisamente stanco.
Non era sicuro che una sua eventuale spiegazione servisse a qualcosa perciò si prese qualche momento per ponderare lo sforzo necessario << Non sarebbe un grosso problema se fossimo Corvonero o Tassorosso, ma... Sai le storie, conosci Hogwarts... Non tutti sono come noi. Molti in questa stanza sono cresciuti con quelle storie, alcuni le hanno persino vissute >> alzò lo sguardo su Zeus << Probabilmente era ancora un bambino, ma sono sicuro che persino lui ricorda Voldemort e Sir Potter. E loro erano un Serpeverde... >> nel dirlo indicò se stesso con un dito, spostandolo poi su di lui: << ... E un Grifondoro >> << Perché dovrebbe essere un problema? >> continuò Nicola con la sua miglior espressione attenta e Ladone provò il bisogno viscerale di schiaffeggiarlo.
Non una volta. Nemmeno due.
Voleva colpirlo a mano aperta su quella mascella squadrata fino a sentirsi i palmi in fiamme.
Fortunatamente – per lui ovviamente – la porta di lato al tavolo degli insegnanti si aprì e poco dopo il corpo docenti sfilò uno dopo l’altro prendendo posto sulle sedie imbottite.
I Fondatori comunque si spostarono davanti al tavolo, vicino al cerchio costituito dagli studenti, e mentre Ladone osservava quella scena Nicola si alzò e con tranquillità raggiunse il suo tavolo.
Non c’è bisogno di dire che non notò affatto nemmeno le occhiate sospettose e i mormorii della sua stessa Casa << Salve a tutti! >> fece la voce di Arrighi in quella, vestiva di vivace viola quella mattina, e rivolse alla scuola un sorriso luminoso quanto inutile << Spero di tutto cuore che abbiate passato una notte piacevole tra le mura delle vostre nuove Case. Il personale ha fatto il possibile per rendere i vostri spazi accoglienti ed efficienti, ma qualsiasi problema o incertezza incontriate, siete invitati vivamente a rivolgervi ai vostri Rappresentanti. Al termine delle lezioni ciascuno di noi vi chiarirà le regole di comportamento e le linee guida che intende perseguire all’interno della propria Casa, in conformità a quanto ritiene più giusto naturalmente, ma rimangono comunque da dichiarare le regole di vita civile che tutti sono tenuti a rispettare >> fece una pausa ad effetto, facendo scorrere lo sguardo su tutti in modo da far attecchire bene le sue parole prima di continuare << Come detto già ieri sera, le lezioni si terranno tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, dalle otto e quindici fino a mezzogiorno e quindici, proseguendo quindi nel pomeriggio dalle due e quindici fino alle sei e quindici. Il pranzo è servito a mezzogiorno e mezza e la cena alle sette e mezza. È vietato correre nei corridoi. È vietato duellare, o in qualsiasi altro modo causare danno agli altri studenti, con la magia o senza. I vostri insegnanti si aspettano rispetto e attenzione, a prescindere dalla vostra età, giacché siete tutti alla pari ai nostri occhi. Detto questo però, è ovvio aspettarsi da alcuni di voi un grado di maturità maggiore rispetto ad altri più giovani, quindi le punizioni saranno ponderate anche in base a questo. Ogni insegnante ha il potere di conferire o togliere punti alla Casa dello studente responsabile di qualsiasi violazione, così come si riserva il diritto di assegnare punizioni di altro genere >> finita la predica le spalle della strega si rilassarono, guardò i propri colleghi che la affiancavano e quelli si incamminarono ciascuno al proprio tavolo.
Ladone guardò Madenego e Makar fermarsi ad una delle estremità più corta, quella che confinava con i Grifondoro, e ad un cenno di bacchetta di lui una sedia con braccioli apparve dal nulla davanti a loro, ma nessuno sedette.
Arrighi camminò fino al tavolo rosso e fece lo stesso, posando le mani dalle dita affusolate sullo schienale << Nella costruzione di Aradia è stato istintivo per noi riproporre le stesse Case della celebre Scuola di Hogwarts, è nostra speranza eguagliarne il prestigio un giorno, tuttavia nessuno di noi voleva portare all’interno di queste mura il bagaglio di rivalità e inimicizia che vecchie tradizioni e racconti hanno costruito nel corso degli anni nell’antico castello scozzese. Abbiamo quindi ideato un semplice modo per cui simili errori non si ripetano. La suddivisione delle Case è importante, siamo fermamente convinti che crescere e imparare circondati da altri con le medesime inclinazioni e personalità aiuti i ragazzi ad esprimere se stessi al meglio del proprio potenziale, ma in questa scuola ci sarà sana competizione, non rivalità né tantomeno inutili rancori. Questa... >> e nel dirlo indicò le proprie mani << ... è la Sedia dell’Ospite. Da questa mattina e per ogni giorno, ogni Casa ospiterà al proprio tavolo un membro delle altre per una settimana. Mi aspetto naturalmente che questo sia un invito all’amicizia e alla concordia, in modo che possiamo imparare l’uno dalle differenze dell’altro >> Ladone stava ancora pensando all’assurdità di questa trovata quando la strega scandagliò il proprio tavolo con gli occhi attenti << Questa settimana il nostro Ospite sarà un Corvonero. L’Ospite dei Serpeverde un Grifondoro. Grifondoro per Tassorosso e Serpeverde per Corvonero. Chi sarà il volontario della mia Casa? >> sinceramente non si seppe spiegare perché fu sorpreso di vederlo alzarsi in piedi.
Sapeva già che era idiota, giusto?
Arrighi acconsentì con un cenno del capo e Nicola diede in una pacca sulla spalla a Zeus prima di prendere la propria borsa e raggiungere la sedia davanti ai due Fondatori di Serpeverde.
Sia Madenego che Makar indietreggiarono di un passo mentre lo fissavano accomodarsi, il primo vagamente disgustato e la seconda probabilmente lo stesso anche se aveva il volto coperto, e tanto bastò perché le parole di Arrighi si dimostrassero la stronzata che sembravano.
Nessuno si aspettava un volontario trai Serpeverde e non ce ne furono, Madenego si limitò a sollevare un dito verso uno di loro, una giovane ragazza dai capelli biondi, e indicarle di alzarsi con un gesto spazientito.
Tassorosso estrassero a sorte, mentre invece Membrant lasciò borbottare i suoi per qualche minuto prima che uno di loro si alzasse con palese rassegnazione.
Gli insegnanti tornarono alle loro postazioni e non appena ciascuno fu al suo posto i tavoli si riempirono di stoviglie e cibarie.
Ladone a malapena vi fece caso, lasciando vagare lo sguardo per il resto della sala.
Aveva scelto quel posto per questo del resto, gli dava la possibilità di avere il controllo più o meno su tutti, ma si rese conto con un sibilo che niente avrebbe impedito all’Idiota di far scoppiare un putiferio se non si fosse seduto al suo fianco a pranzo e questo significava dare le spalle ai Corvonero oppure agli insegnanti << Un’idea interessante, non trovi? >> fece Ambar al suo fianco, lanciando un’occhiata divertita a Nicola prima di salutarlo con un cenno della mano << Interessante, certo >> rispose Ladone a denti stretti, afferrando uno dei cornetti alla marmellata davanti a lui e riempiendosi la tazza di caffè scuro e bollente prima di affogarvi all’interno la quantità di zucchero necessaria a renderlo meno amaro del suo umore << Tu e tuo fratello andate d’accordo >> il commento percorse la sua colonna vertebrale in un brivido gelido, ma si risolse solo ad un’espressione incuriosita << Perché? >> Ambar indicò Nicola con il pollice.
Ovviamente l’Idiota non gli toglieva gli occhi di dosso.
Si era riempito il piatto con abbastanza torta per tre persone, un bicchiere di succo d’arancia ricolmo davanti e l’espressione di una iena famelica stampata sulla faccia mentre lo guardava da mezzo tavolo di distanza e il suddetto tavolo spostava sistematicamente lo sguardo da un fratello all’altro.
Ladone non arrossì. Nossignore.
Era troppo abituato all’idiota idioticità dell’Idiota per farlo.
Si limitò ad un respiro profondo invece, aggiunse un cucchiaino di zucchero alla sua tazza e prese a mescolare il composto adesso dall’apparenza quasi vischiosa << È tuo fratello quindi >> fece un’altra voce davanti a lui, una ragazza, e Ladone sollevò gli occhi di ghiaccio su di lei per pugnalarla con essi e chiarire senza ombra di dubbio dove e come doveva mettere la sua curiosità.
Lei rabbrividì, il sorriso cortese che le era apparso sul volto evaporò come neve al sole, e nel vedere il cambiamento la ragazza al suo fianco, la riccia che era veleno e non artiglio, sollevò un sopracciglio.
Guardò poi Ladone, aveva gli occhi di un caldo marrone molto scuro, ma a differenza dell’altra non parve toccata dal suo gelo, anzi, la sua bocca si piegò in un accenno di sorriso prima di tornare alla sua fetta di crostata.
Dopo quell’episodio il tavolo intorno a lui si calmò un poco, i mormorii affievolirono, e lui tornò a concentrarsi sulla sua colazione sforzandosi di ignorare tutto il resto.



 
 
NA: Ho scritto questa Fanfic giocando/creando la Role su Facebook "Scuola di Magia e Stregoneria di Aradia". Alcuni personaggi sono pg giocanti, ma la storia non segue lo stesso filone di trama
https://www.facebook.com/AradiaOfficial
NA2: Recensioni o anche solo commenti sono non solo ben accetti ma anche graditi! Fatemi sapere che ne pensate <3
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


 Quel che è tuo è mio
 
 
La sua prima lezione era Difesa Contro le Arti Oscure e dentro di sé odiò profondamente, profondamente, chiunque avesse deciso che dovesse essere tenuta insieme ai Grifondoro.
Un’occhiata all’orario a colazione era bastato perché quest’odio si costruisse mattone per mattone man mano che scorreva la semplice tabella schematizzata sulla pergamena che era apparsa davanti a lui insieme alla mappa della scuola: Difesa, Pozioni e Cura delle Creature Magiche sarebbero state tenute coi Grifondoro, Storia della Magia ed Erbologia con Tassorosso, Trasfigurazione e Astronomia con Corvonero, Incantesimi da soli e Volo con tutti.
L’unica cosa positiva in tutta la faccenda era che le lezioni tenute con suo fratello avevano le classi più lontane dalla Sala Grande e lui non sarebbe stato costretto a portarsi dietro la borsa coi libri.
Guardò la schiena dritta e ampia di Nicola che camminava davanti a lui ridendo rumorosamente con Zeus e scosse il capo togliendosi i capelli dagli occhi con un lungo sospiro.
Sapeva che era inutile, ma pregò lo stesso dentro di sé che non facesse niente si stupido << È così terribile averlo intorno? >> domandò Ambar mentre raggiungevano la classe.
La stanza in cui entrarono aveva semplici pareti di intonaco color panna, il lato sinistro aveva finestre che davano sull’esterno e quello destro invece era occupato da grossi armadi con le ante di vetro che lasciavano intravedere strani oggetti di cui lui non riuscì ad indovinare la funzione
I banchi erano di semplice legno chiaro, tre sedie per ciascuno, disposti in quattro colonne davanti alla cattedra e suddivisi al centro da uno spazio più grande, una sorta di corridoio.
Ovviamente Grifondoro a destra e Serpeverde a sinistra, e non ci fu bisogno che nessuno lo ordinasse.
Nicola si fermò al centro e Ladone poté quasi vedere i meccanismi dell’Idiota all’opera per cercare di capire cosa fosse meglio fare.
Zeus si era già accomodato ad un banco e sembrava stupito che l’amico non lo avesse seguito, mentre invece Ambar era ancora in piedi con gli occhi lucidi di divertimento trattenuto << Vai a sedere accanto a Zeus. E per l’amor del Cielo... sii normale >> sibilò Ladone afferrando la sua borsa prima di incamminarsi senza aspettare che l’altro ribattesse.
Per buona misura cercò un banco già occupato da un altro studente, in modo che l’Idiota non fosse tentato da strane idee, e fu soddisfatto di notare che di fianco alla riccia c’erano ancora due posti vuoti.
Ambar lo seguì senza discutere, lasciando lui nel mezzo e lei a destra << Buongiorno >> disse per primo anche se sedette per ultimo, tendendo una mano educatamente alla ragazza.
Era più grande di Ambar, che dimostrava vent’anni, e decisamente più grande di Ladone, che stimò la sua età intorno ai ventitré solo e soltanto grazie all’esperienza con cui sorrise loro visto che non aveva nient’altro a tradirla nel suo aspetto: quel sorriso composto era troppo perfetto per un adolescente e ancora troppo finto per un cinico adulto e da solo rivelava che non era più abbastanza giovane per abbassare la guardia davanti agli sconosciuti ma nemmeno abbastanza vecchia per nascondere del tutto il suo sospetto << Kira Klaus >> nome e cognome, addirittura.
La sua famiglia era in qualche modo conosciuta, o almeno lei lo supponeva.
Per certo non di origini italiane, slava avrebbe scommesso, forse scandinava, e per qualche ragione aveva evitato Drumstrang per scegliere Aradia << Piacere di conoscervi >> voce bassa e modulata, perfettamente composta << Io sono Ambar Gemignani e lui è Ladone Minelli >> << Piacere >> confermò Ladone continuando ad osservarla.
Aveva piccole mani con le dita sottili, unghie corte e pulite, senza smalto, con un anello al pollice sinistro e uno al medio destro, entrambi d’argento.
Intorno al collo portava un orologio dello stesso metallo con una rosa minuziosamente incisa.
Benestante, di buona famiglia, e qualcosa nella schiena dritta e nell’orgoglio con cui aveva detto il suo nome puzzava di purosangue.
Interessante.
Ladone permise al suo sorriso di allargarsi un altro po’ mentre estraeva il libro di testo e il proprio quaderno, facendo sciogliere un po’ del ghiaccio nei suoi occhi per rendersi amichevole << Ti ho notato allo Smistamento, ieri, per questo ho pensato di sedermi qui. È un problema? >> lei scrollò le spalle, un gesto delicato quanto deciso << Sempre meglio di qualcun altro >> fu il suo commento e qualcosa nel modo in cui le sue labbra si piegarono gli ricordò la risatina che gli aveva rivolto a tavola.
In quella la porta si aprì e poco dopo Makar camminò con passo sicuro fino alla cattedra, i passi silenziosi rivelarono che non portava scarpe con il tacco visto che il suo vestito non ne permetteva la vista, e quando si fermò davanti a loro i suoi occhi parevano sorridere sinistramente in quel volto ammantato di nero << Mia madre mi ha detto che è una grande esperta di Magia Oscura >> disse Ambar, non con sospetto, semplicemente per scambiare due parole mentre l’insegnante cominciava a presentare il corso << Una Strix secondo lei, ma non c’è niente di certo >> Ladone non aveva la più pallida idea di cosa fosse una Strix, conosceva la magia da troppo poco tempo e conosceva il Mondo della Magia da anche meno, tuttavia rimase in silenzio e annotò mentalmente la parola per una ricerca futura << Che è una Strix è certo >> intervenne Kira, sollevando distrattamente il dito per indicare la strega << Solo una di loro porterebbe la bacchetta a portata di mano e in vista >> << Sai qualcosa che noi non sappiamo? >> domandò Ladone e lei scrollò le spalle vagamente annoiata << Non ci vuole un grande acume per riconoscere un cacciatore di maghi oscuri. Qui li chiamate Strix, in Inghilterra Auror, in Germania Nichtebash... ma le loro caratteristiche non sono così diverse. Paranoici, reclusi, con un’innata affinità con le Arti Oscure. È la nostra insegnante di Difesa, del resto >> Auror.
Ladone guardò la donna ancora per un istante, meditando sulla parola, e la confrontò con gli altri Auror che conosceva per fama.
Davvero quella donna bassa con le dita tozze era un’Auror?
Strix, si corresse mentalmente.
Non era saggio mostrare agli altri quanto fosse ignorante del loro mondo.
Aveva studiato naturalmente, non sarebbe stato accettato da Abelardo senza una preparazione eccellente, ma questo non significava che conoscesse granché della cultura magica, anzi, nel concentrarsi sulle applicazioni scolastiche della magia aveva completamente trascurato l’aspetto sociale.
Non si era certo aspettato di frequentare una fottutissima scuola dopotutto.
Fu scosso dai suoi pensieri dalla voce di Nicola, e la sua testa scattò come quella di un serpente nella sua direzione: << Posso fare una domanda, professoressa? >> fece, educato e rispettoso come Oreste gli aveva insegnato ad essere, seppur fosse un assoluto mistero come l’uomo fosse riuscito a domare quella sottospecie di bestia.
Non proprio un leone, era troppo ferino e allo stesso tempo troppo malizioso per un leone. Suo fratello era un grosso puma, o un giaguaro.
La strega rimase un attimo in silenzio, sicuramente stupita che qualcuno avesse domande da fare dopo ventisette minuti della prima – la prima – maledettissima lezione di Difesa contro le Arti Oscure, ma alla fine diede in un cenno d’assenso.
Nicola indicò il loro libro di testo sfogliandolo vagamente, la fronte corrugata << Ha appena detto che nel nostro corso di studi impareremo a confrontarci con decine di creature o pericoli, ma... a che scopo? >> Ladone sentì il suo petto ghiacciare.
Per un momento convinse se stesso di aver sentito male, ma quell’altro decise di non aver detto abbastanza << Ammetto che non sono esattamente ferrato su come funziona questo mondo, ma... nel mondo normale è qualcun altro ad occuparsi di proteggere la popolazione, giusto? Se incontro un cinghiale o un lupo, chiamo la protezione civile o la forestale. Se è un criminale la polizia... non necessariamente devo essere capace di difendermi >> poi, dopo un attimo di pausa, perché evidentemente non era soddisfatto del disastro compiuto: << Non so quando è stata creata questa materia, ma adesso non dovrebbe essere obsoleta come idea? Se noi siamo ancora costretti a imparare a difenderci, non significa forse che qualcuno non sta facendo bene il suo lavoro? >> Ladone si chiese se non fosse stato meglio vedere Nicola prendere il libro di testo e scagliarlo in testa alla donna << Adoro tuo fratello >> dichiarò Ambar nel silenzio che seguì, chiaramente trattenendosi dallo sghignazzare, ma Ladone lo ignorò, troppo preoccupato dalla reazione dell’insegnante per dargli peso.
La donna comunque non fece niente di eclatante: dal suo posto davanti alla cattedra, dove era rimasta in piedi per parlare, si spostò sulla sedia e per un attimo gli occhi verdi osservarono Nicola come se indecisi su come agire << Come si chiama? >> domandò poi << Nicola Minelli >> fece lui prontamente, del tutto cieco e sordo allo stupore attonito che aveva causato intorno a sé.
Non che ci si potesse aspettare niente di diverso del resto << Immagino non sia cresciuto in una famiglia di maghi >> << No. Mio padre è un... babbano >> non gli piaceva la parola e non ne aveva mai fatto mistero.
Ladone osservò la classe per analizzarne le reazioni, e come temeva vide sorpresa e sospetto nella parte destra, mentre un paio di facce disgustate nella sinistra.
A dire il vero nessuno dei due aveva la più pallida idea di chi fossero i loro rispettivi genitori, ma c’era un motivo per cui non voleva che il loro passato venisse a galla e aveva sperato che l’Idiota l’avesse capito << Se così non fosse stato, saprebbe la risposta a questa domanda >> Nicola corrugò la fronte, senza capire, ma lei proseguì per delucidarlo << Saprebbe che le creature magiche sono attratte dalla magia. È il motivo per cui raramente si trova un Molliccio all’interno di una casa babbana. Sono attratti dalla magia e se ne nutrono nella gran parte dei casi. Ma soprattutto non sempre danno il tempo a chi di dovere di interferire. Se incontrasse un lupo mannaro, non può sperare che uno Strix venga a salvarla prima che il mostro la aggredisca. Inoltre, per quanto si continui a ignorarlo o a dimenticarlo, nonostante la nostra sia una comunità infinitamente più piccola di quella babbana, in proporzione i maghi oscuri, i criminali per così dire, sono molto più numerosi. Per non parlare della pericolosità. Se è vero che un’arma da fuoco è tendenzialmente letale quando un’Avada Kedavra, nessun babbano può fuggire impunito subito dopo senza lasciare traccia. Le istituzioni, e ancora una volta la invito a riflettere sul nostro numero, senza contrare la quantità massiccia di addestramento necessario a diventare Strix, concentrano le loro forze inevitabilmente sui pericoli maggiori. Questo rende vitale un corso come Difesa Contro le Arti Oscure. La mia risposta è soddisfacente? >> terminò infine con un tono d’ironica minaccia, quasi a sfidarlo a contraddirla.
Ma invece dell’espressione mortificata che chiunque avrebbe assunto in quel momento e che era sicuro Makar stesse aspettando, Nicola diede in un inchino a mezzo busto con la sua faccia da schiaffi immutata, perfettamente soddisfatto << Non deve essere facile averlo in casa >> commentò Kira al suo fianco quando Ladone diede in un sospiro di sollievo alla fine dell’emergenza << Secondo me è spettacolare. Un Grifondoro che usa “obsoleto”. Pensavo di svenire >> fece Ambar rilasciando un risolino giocando con la penna stilografica tra le sue mani.
Ladone gli rivolse un’occhiataccia, ma preferì ignorare l’ultimo commento, scuotendo il capo << Ha appena rivelato davanti a tutti i Serpeverde che vostro padre è babbano. Non è una mossa furba >> continuò lei, cosa con la quale Ladone era perfettamente d’accordo per di più << Senza contare che quel che ha detto tradisce ben poco contatto con la società magica... quando avete scoperto di essere maghi? >> beh, quello era successo presto a dire il vero.
Solo che al tempo avevano pensato di essere strani.
Tipo dei mutanti, o degli alieni, o qualche altra stranezza dedotta dalla televisione o dai fumetti.
A nessuno dei due era passata anche solo per l’anticamera del cervello la verità, anzi, a dire il vero non era nemmeno importata.
Avevano avuto altre priorità al tempo << Da due anni più o meno >> d’estate Oreste li portava in una fattoria in Umbria di proprietà della sorella.
L’uomo era in qualche modo convinto che il lavoro manuale e all’aria aperta fosse di una qualche utilità alla loro crescita, o almeno erano queste le stronzate che rifilava loro ogni volta mentre li costringeva a fare formaggi puzzolenti e stupidissime escursioni il cui unico fine era bruciare a sangue la pelle da albino di Ladone.
Proprio durante una di queste, mentre il ragazzo si allontanava dal gruppo chiassoso intorno alla griglia per cercare un po’ di misericordioso silenzio, si era ritrovato in mezzo ad un gruppo di tende colorate.
Era sera, il sole stava tramontando e per questo non c’era molta visibilità, ma era sicuro comunque di non aver visto nessun cartello che avvisava di una zona campeggio, semplicemente prima era in mezzo alla boscaglia e poi davanti ad un gruppo di ragazzini riuniti in cerchio intenti a cantare in gruppo una canzone su un rospo che saltava di paiolo in paiolo.
Sembrava una specie di gruppo di boyscout, non si sarebbe stupito poi troppo se il fuoco al centro del gruppetto non fosse stato di un viola acceso e galleggiante per aria << E voi chi siete? >> solo a quella domanda della strega vestita di arancione davanti a lui si era accorto di Nicola alle sue spalle, probabilmente venuto a cercarlo quando si era accorto della sua assenza.
Erano finiti in un campeggio per piccoli maghi, si teneva lì tutti gli anni, e il responsabile fu molto gentile nello spiegare loro la situazione: avevano attraversato senza saperlo gli incantesimi che nascondevano il posto ai babbani e questo li classificava senza ombra di dubbio come maghi.
Da lì a decidere di imparare qualsiasi cosa sulla magia non c’era voluto molto, e il salto successivo era stato Abelardo prima di... beh, prima di adesso.
Ladone scosse il capo sconfortato nel fissare il proprio quaderno.
Non è facile avere tutto sotto controllo quando tuo fratello fa di tutto per seppellirsi da solo << Non è granché >> commentò Kira sollevando un sopracciglio << Non c’è una gran comunità magica a Roma >> fece Ambar, come se questo giustificasse le parole di Nicola << Forse per questo siete un po’... disinformati >> “impreparati” avrebbe usato Ladone.
Imprudenti.
Stupidi.
Sono due stupidi avrebbero abbandonato situazioni di potere due volte nella loro vita solo per essere normali.
Sospettava da tempo di possedere una vena masochistica ad assecondare Nicola, ma adesso parve lampante, abbastanza chiara da mettere in discussione le sue capacità di giudizio se non ne aveva vista la pericolosità fino a quel momento << Non è questo gran problema, davvero >> disse comunque, mantenendo il proprio tono leggero.
Per un momento, solo un momento, chiuse gli occhi e visualizzò le proprie dita a stringere il suo avambraccio fino a stillare sangue.
Non aiutava del tutto, non rilasciava tutta la rabbia, ma lo avrebbe aiutato ad aspettare la fine della lezione.
Riaprì gli occhi e vide Ambar intento a carezzare con le iridi d’ambra la sagoma di una bellissima Grifondoro nella colonna affianco.
Il suo sguardo possedeva intenzione, appoggiato con il gomito a sostenersi il capo continuava a fissarla senza alcuna vergogna, usando i suoi occhi come fossero le sue mani.
Nessuno può rimanere indifferente ad una cosa simile, per questo non passò molto prima che la ragazza si volgesse nella sua direzione e bastò quel semplice gesto perché fosse perduta: il magnifico sorriso del ragazzo la abbacinò completamente, strappandole un’espressione stupefatta.
Arrossì violentemente, abbassò gli occhi, ma ad Ambar bastò attendere per qualche minuto, senza nemmeno cambiare posizione, perché lei tornasse a guardarlo di sfuggita.
Arrossì di nuovo, cominciando a scrivere chissà cosa con grande impegno, ma lui sapeva di aver vinto e non si scoraggiò << Fin troppo facile >> commentò Ladone trattenendo una risatina, cui l’altro rispose con un’occhiata maliziosa << Con una Grifondoro? Cielo, sì >> strappò una pagina al proprio block-notes e vi vergò sopra poche righe prima di piegarlo accuratamente prima a metà a e poi in quattro << Davvero? Una lettera? >> fece Kira invece, rivelando che aveva seguito anche lei l’interazione. E pareva parecchio scettica, quasi disgustata.
Il modo in cui Ambar scrollò le spalle sembrò una squisita mossa di danza, ogni suo gesto aveva la grazia sinuosa e leggiadra di una pantera << Cavalleria, coraggio e lealtà... non è un altro modo per dire romantici? Sono sicuro che la lettera andrà benissimo >> << Una scommessa? >> propose Ladone.
Il modo in cui Ambar sorrise aveva del pericoloso, non biasimava affatto la giovane che ne era rimasta incantata perché era davvero bellissimo. Quel semplice gesto, combinato con il brillare quasi vitreo degli occhi ambrati, trasformava il volto del ragazzo in una trappola mortale.
Non erano umani quegli occhi, avevano riflessi arancioni, come quelli di una tigre << Quanto sul piatto? >> domandò casualmente << Il denaro è noioso. Scommettete in azioni >> suggerì Kira, e anche lei sorrideva adesso.
Ladone assentì con un ghigno divertito << Se riesci in tre giorni hai due minuti di libertà. Potrai chiedermi e farmi tutto quello che vuoi >> era quasi sicuro che il modo in cui Ambar piegò la bocca in un ridicolo broncio fosse illegale in qualche paese << Due minuti con un minorenne... sei ingiusto >> Ladone ridacchiò perché non riuscì a trattenersi e l’altro ne parve deliziato.
Si appoggiò di nuovo al banco con il gomito, guardando lui questa volta, e sollevò due dita affusolate << Due minuti di... domande... e uno sguardo ai tuoi compiti di Pozioni per una settimana >> Ladone sollevò le sopracciglia sorpreso << Pozioni? Cosa ti fa credere che io non sia pessimo a Pozioni? >> con il gesto più casuale e disinvolto del mondo, Ambar prese la mano che Ladone teneva sul banco e la sollevò intrecciando le proprie dita alle sue << Diciamo che scommetto su queste mani >> rilasciò la presa delicatamente come l’aveva creata, guardandolo con l’innocenza più falsa che vi fosse al mondo, ma Ladone conosceva il tipo e non riuscì a far altro che ridacchiare.
Per Ambar flirtare era come respirare, chiunque vedesse dell’altro nei suoi gesti era uno sciocco o uno sprovveduto.
E purtroppo per Ambar, lui non era né l’uno né l’altro << Se fossi io a vincere invece? >> domandò con tranquillità, affatto toccato, e forse proprio per questo vide un’espressione del tutto nuova nell’altro.
I suoi occhi si scurirono, divenendo più profondi, e Ladone seppe senza dubbio che aveva smesso di guardarlo come carne da scopare e aveva cominciato a vederlo come una persona << Proponi >> disse, e anche la sua voce si fece più profonda, seria.
Ovviamente aveva già in mente cosa chiedere, non avrebbe proposto la scommessa sin dall’inizio se non avesse già saputo cosa voleva da lui << Se non riesci... Esaudirai una mia richiesta. Ti chiederò di sedurre qualcuno perché faccia qualcosa per me >> fece una pausa, lasciando che le parole sprofondassero in Ambar e cancellassero ogni traccia di divertimento << È parecchio per una scommessa >> << Beh, tre giorni sono davvero un sacco di tempo per uno come te >> << Puntata più alta quando il rischio è più alto. Il ragazzo è equo >> intervenne Kira con una scrollata di spalle.
Il complimento implicito sembrò rilassare il mago, che scrollò di nuovo le spalle in quel suo modo particolare << Accetto >> << Magnifico >> approvò Ladone soddisfatto.
Il resto delle due ore passò tranquillo, Makar a parlare e loro a prendere pigri appunti, e non appena la lezione finì Ladone scattò in piedi come una molla.
Con la coda dell’occhio vide Nicola approcciarlo, ma bastò un’occhiata a fermarlo e un cenno frettoloso del capo per ordinargli di andare alla porta.
L’altro esitò un momento, parve rabbuiarsi, ma obbedì, permettendogli così di raggiungere la Grifondoro proprio mentre Ambar se ne stava allontanando dopo averle consegnato la lettera.
Vide il suo sguardo incuriosito quando gli passò accanto, ma Ladone lo ignorò, si portò dietro un orecchio i capelli che gli coprivano la guancia sinistra e lasciò debolezza e innocenza risalire sul suo volto, una combinazione che sapeva riuscire molto bene al suo volto dai lineamenti delicati.
La ragazza fermò di colpo i suoi passi quando lo vide davanti a lei ed era quasi vergognoso il modo in cui tutte le sue emozioni e i suoi pensieri le scorsero sul volto.
Aveva bellissimi capelli rossi e caldi occhi marroni, la pelle del viso era abbastanza chiara per far risaltare magnificamente la sua bocca e le poche lentiggini sul naso, nonché il delicato rossore sulle sue guance.
Ladone rimase in silenzio per un istante fermo davanti a lei, un foglio bianco piegato in quattro stretto tra le mani che tremavano appena, e quando gli occhi di lei si posarono su questo lui si affrettò a nasconderlo nella tasca, fissando invece quello che lei teneva ancora nella destra, quello di Ambar.
Non poteva arrossire a comando anche se avrebbe voluto, ma riuscì ad ottenere lo stesso effetto mordendosi leggermente il labbro << Quello... è per me? >> Dio salvi l’incoscienza dei Grifondoro!
Non poteva sperare di sedurre una ragazza più grande allo stesso modo in cui era riuscito a fare Ambar - Dio, nessuno sarebbe riuscito a eguagliare Ambar – ma poteva ancora giocare la carta del ragazzo timido << Io... E-era una sciocchezza, davvero... non so nemmeno che mi è preso... mi... mi dispiace >> balbettò stringendosi nelle spalle, e lei avanzò di un passo.
Coraggio, fierezza e bontà d’animo.
Chi era il grande genio che aveva messo quelle povere anime in classe con i Serpeverde?
Alla strega non passava nemmeno per l’anticamera del cervello che le sue intenzioni non fossero genuine, era tanto sicura di sé, tanto fiera del suo aspetto che invece di usarlo come l’arma che era aveva permesso che si trasformasse nella sua debolezza.
Chi è causa del suo mal pianga se stesso.
Ladone non provò nemmeno un briciolo di compassione per lei << Mi chiamo... Ladone >> << So come ti chiami. Nicola parla di te a chiunque abbia voglia di ascoltarlo >> Idiota << Qual è la tua prossima lezione? >> domandò lui con tutta l’ingenuità che riuscì a racimolare << Incantesimi >> lui le sorrise << Posso... possiamo parlare un po’ prima di pranzo? Posso venire da te >> lei arrossì ancora, strinse la lettera di Ambar e parve pensare qualche istante, poi diede in un unico cenno del capo e scappò via.
Ladone la seguì poco dopo nel corridoio deserto ormai, affrettandosi per raggiungere l’aula di Trasfigurazione prima che la lezione cominciasse.
Entrò e trovò la stessa disposizione e suddivisione dei banchi, perciò non si stupì nel vedere un posto vuoto tra Kira e Ambar << Ti ha fregato >> commentò lei per prima cosa, suscitando un cupo ringhio nell’altro << Figlio di puttana >> Ladone sollevò un sopracciglio divertito dell’insulto, quindi si accostò all’altro mago e raggiunse sinuosamente il suo orecchio: << So già che mi adori >> in risposta Ambar scoppiò a ridere.
Anche Kira ridacchiò e Ladone si rese conto che era la prima volta in vita sua che trovava due persone con cui entrare in sintonia così facilmente in così breve tempo.
Forse, solo forse, la faccenda delle Case non era una completa stronzata.
 


 
 
NA: Ho scritto questa Fanfic giocando/creando la Role su Facebook "Scuola di Magia e Stregoneria di Aradia". Alcuni personaggi sono pg giocanti, ma la storia non segue lo stesso filone di trama
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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


4
 
Basta un poco di zucchero
 
 
Arrivò tardi a pranzo perché passò gran parte del tempo a parlare con Alia, la Grifondoro rossa, dovette letteralmente ingozzarsi di cibo prima di correre ad Erbologia, perciò non si stupì affatto quando entrò nella classe di Pozioni e trovò lo sguardo di Nicola a pugnalarlo dal suo banco in fondo alla classe.
Ambar e Kira si scambiarono un’occhiata nel notarlo, era impossibile non notarlo, anche senza essere... beh, loro, ma Ladone si sforzò comunque di ignorarlo e raggiungere la loro postazione.
La classe non possedeva finestre.
Al posto dei banchi c’erano decine di ripiani in pietra scura, granito probabilmente, con una griglia al centro per il paiolo e il resto degli strumenti nell’intorno.
Sul lato sinistro c’erano cinque armadi a vetro di mogano scuro ricolmi di ripiani, e ogni ripiano conteneva vasi e altri recipienti attentamente etichettati.
Sulla destra invece, lungo tutta la parete, erano appesi dozzine di mazzi di erbe secche, ognuna con una targhetta di bronzo ad indicarne il nome, e gli aromi delle piante che si accavallavano l’uno sull’altro rendevano l’aria della stanza abbastanza carica da essere soffocante.
Nel tempo che impiegarono per occupare la loro postazione i loro nasi si erano un po’ abituati, ma Ladone continuò a pensare che una finestra avrebbe reso l’ambiente molto più vivibile.
Arrighi li raggiunse con il suo sorriso professionale, gentile e disponibile seppure il suo linguaggio del corpo tradisse ben più autorità delle sue parole, e Ladone non si lasciò ingannare dal suo fare più di quanto fosse accaduto la prima volta.
Non si fonda una scuola senza ambizione, né si investono tanti soldi e sforzi senza essere quanto meno certi del risultato, quindi poteva essere condiscendete quanto voleva: quella era una donna di potere e come tutti quelli come lei, non era arrivata dove era senza sporcarsi le mani << Avete litigato? >> volle sapere Ambar, riportandolo al presente, e indicò con un dito alle sue spalle.
Nicola li stava ancora fissando.
Sospirò, ma non poteva dire di non esserselo aspettato << No, non proprio >> << Sembra un tipo possessivo >> fece Kira eloquentemente, in un modo che lo portò a chiedersi cosa stesse pensando << Oh sì... Lui è il maggiore? >> Ladone lanciò un’occhiata ad Ambar e scrollò le spalle, aprendo poi le labbra in un sorriso quando si accorse che Alia lo stava guardando.
Le fece un cenno della mano, nello stesso momento in cui Ambar la illuminava con una delle sue occhiate intense, e nel vedere la reazione di entrambi il sangue le colorò il volto facendola voltare repentinamente verso il pentolone.
I due Serpeverde si scambiarono un’occhiata studiandosi, ma in pacifico accordo non commentarono a riguardo << Abbiamo la stessa età >> continuò Ladone mentre con un orecchio ascoltava Arrighi spiegare le proprietà e gli utilizzi dei loro attrezzi da lavoro << Quindi... Non siete fratelli di sangue, l’uomo che vi ha cresciuto non è vostro padre e nonostante l’aspetto avete la stessa età. Come vi siete conosciuti? >> volle sapere il mago dagli occhi ambrati, ma Ladone si limitò a ridacchiare << Non sono abbastanza informazioni per una sola giornata? >> l’altro alzò gli occhi al cielo, portandosi poi una mano al petto in un gesto teatrale << Pensavo fossimo fratelli ormai! >> esclamò << Condividiamo la stanza, il banco, l’amore... potresti anche soddisfare un po’ di innocente curiosità >> << In tutta sincerità dubito che in tutta la tua persona ci sia abbastanza innocenza per riempire un cucchiaio >> commentò Kira, cosa che non scatenò altro che l’ennesima espressione di melodrammatico dolore.
Ladone rise perché non poté evitarselo, soffocandosi con la mano insieme a Kira per non farsi sentire dall’insegnante.
Una volta che si fu calmato Ambar sorrideva ancora languido, pienamente soddisfatto di sé, e stava giusto per parlare di nuovo, probabilmente per incalzare una risposta alla sua domanda che per certo non aveva dimenticato, quando un suo sopracciglio si alzò incuriosito e Ladone ebbe la chiara impressione che qualcuno fosse alle sue spalle.
Si voltò aspettandosi Arrighi, invece c’era Nicola.
A volte dimenticava quanto fosse alto.
Sette centimetri gli ricordò una voce nel suo cervello, ma averlo davanti e così vicino lo rendeva scettico a riguardo.
Forse dipendeva da quelle spalle larghe, dai muscoli che sapeva essere perfettamente modellanti, ma aveva il sospetto che l’espressione furiosa e la mascella contratta vistosamente c’entrassero qualcosa << Hai un elastico? >> domandò, e anche la sua voce era colma di rabbia, dura come pietra.
Cazzo.
Ovviamente non aveva bisogno di pensarci per sapere esattamente cosa lo avesse fatto infuriare tanto, ma aveva sperato comunque in un briciolo di fiducia << Un attimo >> prese la borsa e frugò nella tasca esterna, estraendone un semplice elastico di gomma scura << Mettimelo >> << Nicola >> gli occhi nocciola brillarono di furia, fregandosene altamente del suo tono minaccioso << Mettimelo >> ripeté.
La Arrighi guardò entrambi incuriosita, ma il Grifondoro doveva averle chiesto il permesso perché non si interruppe.
Ladone diede in un respiro profondo, non era sicuro di cosa fosse meglio fare arrivati a quel punto, ma alla fine assentì brevemente.
Non c’erano sedie, ma Nicola non si fece problemi a chinarsi su un ginocchio dopo avergli dato le spalle, in modo che Ladone riuscisse a raccogliere le ciocche di capelli selvaggi intorno al volto e chiuderli nell’elastico.
Erano leggermente umidi di sudore, il che gli ricordò che suo fratello aveva appena avuto la sua prima lezione di Erbologia.
L’operazione in sé non durò che pochi istanti, ma la classe intorno divenne di ghiaccio nel vederli, trentasei paia di occhi si focalizzarono su di loro immediatamente, e tanto fu il silenzio in quei pochi secondi quanto il mormorio compatto che ne scaturì.
Ladone raddrizzò le spalle quando Nicola tornò al suo posto, il volto perfettamente composto mentre guardava l’insegnante fingendo di ascoltare con grande attenzione quello che stava dicendo, ma dentro di sé bolliva.
La sua vipera di rabbia non solo fremeva, sibilava, poteva quasi sentire le sue zanne scattare violentemente nelle sue stesse carni, disperatamente alla ricerca di un modo di liberare all’esterno la propria violenza.
Stette molto attento a non mostrare niente.
Il suo cuore batteva veloce come un colibrì, con pura e semplice forza di volontà non arrossì né provò vergogna – era troppo arrabbiato per la vergogna - mantenne le proprie mani rilassate intorno alla penna e la sua postura disinvolta, ma dentro, dentro, ruggiva.
La lezione volò intorno a lui senza che registrasse coscientemente il tempo trascorso, né Kira né Ambar parlarono dopo quell’episodio, ma furono loro a riportarlo a galla quando Arrighi li congedò: << Andiamo >> disse lei grave e Ladone non perse tempo a cercare suo fratello quando si incamminò verso la porta.
Nicola aspettava sullo stipite con le braccia incrociate e nessuno dei due si prese la briga di congedare i rispettivi compagni di Casa, prendendo il corridoio sulla destra solo e soltanto perché era deserto.
Il sole dalle finestre cominciava ad arrossare il cielo, Ladone lo notò distrattamente mentre seguiva l’altro fino al bagno maschile.
Entrò per secondo e attese pazientemente che Nicola controllasse ciascun cubicolo, non disse una parola quando un Tassorosso terrificato scappò via praticamente correndo, e quando il Grifondoro sbatté la porta principale con violenza non diede nemmeno in un fremito, limitandosi a guardarlo con tutto il gelo che possedeva.
Non colse il movimento quando lo immobilizzò contro lo stipite, era inutile farlo e non ci provò nemmeno, ma dovette comunque comandare al suo corpo di non dibattersi << Chi è lei? >> aveva afferrato il suo polso – quello della bacchetta – e con il gomito puntellava sotto la sua gola, obbligandolo a guardarlo e allo stesso tempo premendo sulla sua gola per soffocarlo << Sai chi è. È della tua Casa >> la pressione sulla sua trachea aumentò, Ladone si aggrappò alla propria rabbia per disciplinare l’impulso di dibattersi, anche se i suoi polmoni protestarono a gran voce.
Quando la sua vista cominciò ad oscurarsi ai bordi Nicola rilasciò la presa << Cosa credi di fare? >> ringhiò cupo al suo orecchio, lascivo, del tutto incurante alla sua espressione di pura ira << Faccio il cazzo che mi pare, come sempre >> sibilò Ladone << Vuoi scopartela? >> di nuovo il braccio schiacciò le sue vie aeree, questa volta Ladone non riuscì ad impedirsi di combatterlo, premette sul suo petto con la mano libera e tentò di far leva per allontanarlo, ma la sua stretta era ferrea e tutto ciò che ottenne fu velenosa debolezza.
Nicola insinuò un ginocchio tra le sue gambe e lo sostenne con quello quando quelle si piegarono, appoggiando poi la fronte al legno della porta di fianco al volto di Ladone che annaspava per riempirsi i polmoni, vicinissimo, come se volesse gustarsi gli ansiti causati dalla mancanza d’aria << È... è una scommessa >> esalò il Serpeverde, lottando con il suo corpo ridotto a gelatina senza nerbo.
Nicola si voltò e affondò il viso nell’incavo tra il suo collo e il suo orecchio, inspirando il suo odore per un momento prima di accarezzare con la lingua la pelle bianca in un lungo gesto che Ladone sentì riverberare fino alle sue ossa << E te la scoperai? >> domandò languido.
Gli lasciò il polso, che ricadde a peso morto del tutto prosciugato di ogni forza, e con tranquillità cominciò a sciogliergli il nodo alla cravatta << Posso? >> domandò Ladone beffardo, suscitando un lungo e cupo riso contro la pelle sensibile della sua gola << Certo che sì, fratellino... Mi chiedo però se puoi sopportarne le conseguenze >> la cravatta verde e argento cadde a terra e si raggomitolò su se stessa, così le dita bollenti aprirono prima i bottoni e poi scostarono il colletto, scoprendogli la clavicola che Nicola prontamente raggiunse con le labbra << E lui? >> domandò, cominciando a succhiare metodicamente la pelle sensibile, strappandogli un brivido dopo l’altro << Ambar? >> poi, dopo aver riacquistato lucidità: << Compagno di stanza >> il ginocchio che premeva sul suo inguine si fece più esigente, schiacciandolo un poco e obbligandolo a soffocare un lamento << Non può toccarti >> comandò << È... è un... a-amico >> riuscì a mettere insieme Ladone, odiandosi per la debolezza nella sua voce, odiandosi perché sentiva il bisogno di giustificarsi.
Avrebbe tanto voluto urlare, ma si trattenne << Tu non hai amici >> dichiarò Nicola << Solo... solo... un po’ >> il Grifondoro si rimise dritto quando parve abbastanza soddisfatto, tolse il braccio dalla sua gola e fece salire la mano trai suoi capelli per tirarli un po’ e obbligarlo così ad alzare il capo.
Lo baciò morbido, i suoi baci non erano mai violenti quanto lui, leccò con la lingua le sue labbra per chiedere il permesso di entrare e Ladone socchiuse la bocca perché non riuscì a trovare nemmeno un briciolo di sé che non lo volesse disperatamente.
Rilasciò il poco di forza che lo teneva in piedi, obbligando Nicola a sostenerlo di peso con il ginocchio e una mano sul fianco, concentrando quel che rimaneva di sé nelle braccia per cingergli il collo.
Affondò le dita in quei capelli morbidi e caldi come lui, se ne riempì mentre affogava nel suo fuoco e lo assorbiva per riscaldarsi, lo ingoiava insieme alla sua lingua e al suo fiato, lo mordeva e lo succhiava dalle sue labbra e lo beveva con il suo nome << Ci farai scoprire >> ansimò quando si allontanarono per respirare << Non mi importa >> no, certo che no << Cazzone >> << Ti voglio >> Ladone rabbrividì e cominciò a sentirsi i pantaloni pericolosamente stretti, ma scosse il capo << Non ho intenzione di fare sesso con te il primo giorno di scuola in un fottutissimo bagno. Non oso nemmeno immaginare quanti punti potrebbero toglierci >> << Ne varrebbe la pena >> commentò Nicola insinuando il naso nel suo colletto, e le sue braccia scesero a cingerlo completamente, facendolo aderire a lui ancora di più.
Oh Dio.
Ladone dovette raccogliere ogni dannatissima briciola di buonsenso per respingerlo, visualizzò ghiaccio e neve che lo ammantavano, e Nicola indietreggiò di scatto con un soffio da gatto irritato << Niente sesso >> ribadì Ladone, in parte per se stesso, e si prese un attimo contro lo stipite per riprendere fiato << Odio quando lo fai >> fece Nicola scrollandosi con un brivido prima di rimettersi dritto << Non obbligarmi a farlo allora >> Ladone si portò le mani alla camicia e si assestò l’uniforme con gesti rapidi, chinandosi infine per raccogliere la cravatta quando fu abbastanza sicuro delle sue gambe << Non farti toccare da lui >> ribadì Nicola cupamente mentre gli passava davanti per andare allo specchio sopra i lavandini << Sarà difficile con il suo carattere >> << E tu rendilo facile >> Ladone sollevò un sopracciglio al riflesso di suo fratello, guardando i propri occhi raggelare << Sii più cauto allora >> << Sono cauto >> finì di annodare la cravatta e tornò a fronteggiarlo << È stata un’idea tua venire qui >> lo accusò << E io non ho nessunissima intenzione di diventare il pettegolezzo dell’istituto, sono chiaro? Non conosciamo questo mondo, non sappiamo un cazzo di quello che pensano né quello che credono sia giusto. Hai pensato che potrebbe essere illegale per due maghi? Non sappiamo chi siamo e non sappiamo chi ci circonda... non voglio attirare l’attenzione, è tanto difficile da capire? >> Nicola ebbe il buon senso di stringersi nelle spalle mortificato.
Ladone lo lasciò macerare un po’, poi diede in un sospiro e andò alla porta senza prendersi la briga di raccogliere la propria borsa << Devo fare qualcosa? >> domandò Nicola raggiungendolo.
Tipico.
Sembrava un bambino in cerca dell’approvazione della madre dopo aver fatto un guaio << Sii normale, è tutto quel che ti chiedo. Segui le lezioni, obbedisci ai professori, fai il meglio che puoi in quel che ti viene chiesto >> poi si fermò, folgorato da un ordine che aveva pensato essere troppo ovvio per aver bisogno di essere esplicitato, ma con l’Idiota non si poteva mai essere troppo sicuri: << Non. Usare. La. Tua. Abilità >> parve che gli avesse chiesto di portargli la Luna a giudicare dalla sua espressione incredula << Perché? >> forse lo faceva di proposito.
Forse era il suo esatto obiettivo farlo impazzire e cercava di farlo giorno per giorno con sadico divertimento.
Lo avrebbe pensato davvero se non fosse stato per la sua Casa << Non farlo e basta >> inutile spiegare ad un profano a cosa serve la Luna. Limitati a dirgli che è necessaria nel cielo << Va bene >> fece quello con il suo solito sorriso.
Era bello, non poteva negarlo, e dentro di sé Ladone seppe che avrebbe fatto tutto quel che era in suo potere, e anche più, per continuare a guardarlo ogni giorno della sua vita << E per l’amore di quel che sta sulla terra... non chiamarmi fratellino. Mi mette i brividi >> Nicola si assestò meglio le borse sulle spalle e i suoi occhi brillarono di lasciva possessività << Sì, Lado >> disse solennemente.




NA: Ho scritto questa Fanfic giocando/creando la Role su Facebook "Scuola di Magia e Stregoneria di Aradia". Alcuni personaggi sono pg giocanti, ma la storia non segue lo stesso filone di trama
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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


5
 
Casa dolce Casa
 
La cena fu più tranquilla di quel che aveva temuto.
Riuscì in qualche modo a guidare Ambar vicino a Nicola, così che fosse di fronte a lui dall’altra parte del tavolo e Kira invece fosse al suo fianco, tuttavia il resto dei Serpeverde pensò bene di non avvicinarsi ulteriormente. Il giovanissimo mago che fu costretto a sedere di fronte alla strega riccia, non più di dodici anni a giudicare dal suo viso tondo, sembrò ben felice di essere ignorato da loro quattro mentre si affogava con la zuppa di funghi in modo da scappare il prima possibile, e loro lo lasciarono fare.
Probabilmente rassicurato dalla loro breve sosta in bagno, Nicola non si lamentò quando Ladone disse che si sarebbero ritirati nella loro sala comune dopo cena, tutto quel che fece fu dargli una discreta stretta sul polso sotto il tavolo, abbastanza forte da lasciare un livido comunque, raggiungendo Zeus non appena Ladone lo congedò.
Ovviamente sapeva che non sarebbe andata altrettanto liscia con i suoi nuovi... amici.
Kira si incamminò per prima senza dire nulla a nessuno dei due, ma fu chiaro che voleva essere seguita.
Ambar scrollò le spalle e lo fece.
Ladone sospirò e lo fece.
Entrambi i due maghi spesero un momento per un saluto ad Alia, uno dopo l’altro, strappando alla strega uno sguardo incerto e imbarazzato, e Kira li attese con le braccia incrociate e una scrollata del capo, proseguendo per il resto fino alla sala comune.
Superarono l’immenso camino e scelsero una delle stanze più piccole dietro una grossa libreria, sprofondando nelle poltrone di pelle nera e cuscini argento << Quindi non è tuo fratello >> esordì lei senza preamboli, e non era una domanda.
Ambar puntellò il gomito al bracciolo della poltrona e vi appoggiò il mento dopo aver raccolto le gambe sotto di sé.
Più lo guardava e più Ladone era sicuro fosse un gatto sotto le spoglie di uomo.
Per un secondo lo folgorò il pensiero che potesse essere un Animagus, per quanto folle quell’idea fosse quel mondo lo era, perciò ripiegò accuratamente quella possibilità in un angolo della sua mente e si ripromise di analizzarla in seguito << Sì, lo è >> << Ma non avete legami di sangue >> obiettò lei << No, ma ciò non toglie che è mio fratello. Siamo cresciuti insieme, viviamo insieme e fa parte della mia vita. Direi che è sufficiente per una definizione di “fratello” >> ribatté aspramente, fulminandola con lo sguardo, ma come la prima volta questo non ebbe alcun effetto su di lei.
Si chiese quanti occhi come i suoi avesse già visto in passato per riuscire a sostenere i suoi così facilmente << È strano però. Non puoi dire che non lo sia >> commentò Ambar tranquillamente << E se anche fosse? >> scattò Ladone << Sinceramente non ha questa grande importanza quel che pensate voi di me. Né di Nicola. Vi conosco da meno di ventiquattrore >> << Nessuno di noi ti sta accusando di niente >> continuò lui scrollando le spalle languidamente << Io sono curioso. Kira... beh, credo che Kira sia preoccupata >> << Io non sono preoccupata >> sentenziò lei con grande dignità, ma Ambar si limitò a alzare gli occhi al cielo << Certo che lo sei >> insistette << Il Grifondoro era furioso dopo Pozioni. Pensavamo ti avrebbe picchiato a sangue visto il suo sguardo. E quello... >> fece un gesto come a raccogliersi dei capelli inesistenti visto che i suoi erano tagliati cortissimi << ... era chiaramente un gesto di possessione >> disse quell’ultima parola come se possedesse un gusto orribile, disgustoso sulla sua lingua.
Certo che era un gesto di possessione.
Nicola aveva voluto ringhiare a tutti cosa era suo e Ladone non riuscì a trattenere un brivido alla base della schiena al ricordo.
Se di piacere o di rabbia, però, non seppe dirlo nemmeno a se stesso << Nicola è un po’ viziato, tutto qui >> disse comunque con disinvoltura << E aggiungo che questo è tutto quello che ho intenzione di dire sull’argomento >> ci fu un silenzio teso dopo quelle parole, ma alla fine sia Ambar che Kira assentirono.
Ladone si accertò per un momento che la discussione fosse finita, poi prese la sua borsa e estrasse il libro di Trasfigurazione per dare un’occhiata ai tre capitoli su cui avrebbero dovuto presentare una relazione tra tre giorni, e Ambar si stiracchiò pigramente prima di avvicinare la sua poltrona a quella di Ladone per sbirciare le pagine << Leggi a voce alta >> disse trattenendo uno sbadiglio << Perché? >> << Perché io non ho voglia di leggere ma devo fare la relazione comunque >> fece come se fosse lapalissiano.
Kira ridacchiò sotto i baffi e prese il proprio libro anche lei << Leggi per noi, Ladone. Io prendo appunti >> << Oh, magnifico. Posso dare un’occhiata dopo? >> chiese Ambar.
Qualcuno avrebbe dovuto spiegargli che quella sua faccia di bronzo era troppo bella per poter essere presa a schiaffi, ma né Kira né Ladone poterono in quel momento << Sono bravo ad Incantesimi >> propose quello << Posso farti copiare i miei compiti se vuoi... >> lei gli lanciò un’occhiata << Hai intenzione di organizzare compravendite per tutte le materie? >> domandò << No, certo che no >> fece lui << Con Erbologia me la cavo >> aggiunse con un sorriso furbo.
 
*
Per la prima lezione di Cura delle Creature Magiche, Lawsonia presentò loro uno Sleipnir.
Ladone dovette usare tutto il suo autocontrollo per non mostrare la sua meraviglia davanti allo straordinario animale dal manto grigio.
Sapeva vagamente che il nome era quello del cavallo di Odino, ma non immaginava certo che esistesse un’intera razza di cavalli a otto zampe!
Il fiero destriero, alto quasi due metri al garrese e con zoccoli abbastanza grandi per coprire la testa di uno qualsiasi di loro, era posto ben al sicuro dietro una palizzata di legno bianco e solo l’insegnante aveva il permesso di stargli vicino.
Il loro primo compito, da portare a termine in gruppi di tre, era riportare su carta la sua descrizione puntigliosa, con un disegno accurato se possibile e con un’altrettanto attenta relazione riguardo le sue caratteristiche.
La lezione durava tre ore ed era spezzata in due parti, la prima di teoria in cui Lawsonia parlò e loro presero appunti, la seconda per portare a termine il loro compito.
Durante questa seconda parte, uno alla volta, avevano il permesso di avvicinarsi all’animale sotto l’attenta supervisione dell’insegnante.
Nessuno dei tre Serpeverde si affrettò per essere il primo ad andare, si concentrarono piuttosto nell’accaparrarsi il miglior posto a sedere.
Scelsero una nicchia all’ombra di una delle querce intorno alla palizzata, non c’erano banchi né sedie ma solo un grosso tronco con la parte superiore tagliata e levigata per creare una superficie stabile dove scrivere, e loro stesero i loro mantelli per accomodarsi nell’intorno.
Da lì riuscivano a vedere lo Sleipnir perfettamente pur restando ben comodi, a differenza di altri meno fortunati: non c’erano abbastanza tronchi per tutti, e non tutti avevano un albero a schermarli, alcuni si riunirono intorno a grosse pietre grigie, altri semplicemente in cerchio sull’erba.
Il sole del pomeriggio era tiepido sopra di loro, piacevole, anche se Ladone non poté fare a meno di pensare che in Inverno e in Estate avrebbe odiato quella lezione con tutto se stesso se avessero continuato a tenerla all’aperto << Io disegno >> propose Ambar, stupendo entrambi visto quanto si fosse dimostrato pigro fino a quel momento.
Si stiracchiò allungando le mani sopra il capo prima di prendere il proprio block-notes << Beh, allora Ladone legge >> continuò Kira con una risatina dopo aver raccolto il proprio quaderno e la penna.
Anche la sera prima erano finiti più o meno nella stessa situazione, con Ladone a leggere a voce alta i propri appunti di Pozioni e gli altri due a completare i propri.
Dopo due sole lezioni di questa materia e un’occhiata al testo, Ladone era certo che Ambar avesse ampiamente vinto la scommessa sulle sue mani, ma ovviamente non c’era bisogno di dirlo << Ha una bella voce >> disse quella di Nicola alle sue spalle e non si stupì poi troppo a dire il vero.
Si voltò con disinvoltura verso suo fratello, senza dir nulla mentre lui, Zeus e Alia si sedevano intorno al tronco, ma Kira si irrigidì visibilmente anche se alla fine non disse nulla.
Ambar continuò ad essere Ambar, leziosamente languido e altrettanto innocentemente lascivo << Ha anche dei difetti >> mormorò soltanto, folgorando Alia con il suo sorriso.
Il che ricordò a Ladone che era il terzo giorno e nessuno dei due aveva ancora combinato nulla.
Per quanto per vincere la scommessa fosse sufficiente che semplicemente le cose continuassero così, Ladone era comunque sorpreso dalla tenacia della ragazza: non era così facile come aveva pensato, sotto ritrosia e pelle facile all’imbarazzo, c’era una gran dose di testardaggine.
Continuava a pensare che non sarebbe stata un gran problema per Ambar, ma purtroppo per lui Ladone aveva troppo da guadagnare per lasciarlo vincere.
Poteva sempre averla dopo la scommessa, giusto?
Ladone si sarebbe reso abbastanza detestabile. Era bravo in quello.
Lesse per una quindicina di minuti senza interruzioni, Zeus era uno studente eccezionalmente diligente sebbene fosse un vichingo, e nonostante un utile dispositivo magico nel suo orecchio traducesse quel che veniva detto intorno a lui, su un foglio di fianco a quello su cui prendeva appunti riportava con attenzione le parole che riusciva a cogliere per chiederne il significato a Nicola al suo fianco.
Suo fratello era il disegnatore del loro gruppo, cosa che lo portò quasi a provar pena per loro, ancora di più quando Lawsonia chiamò il suo nome e nell’alzarsi in piedi poté vedere sia lo schizzo abbozzato di lui sia il presto-capolavoro di Ambar.
In qualche modo non si stupì che il mago dagli occhi d’ambra fosse così bravo a disegnare, era una caratteristica che gli calzava a pennello.
Esattamente come la cura metodica di Kira, naturalmente.
I suoi appunti sembravano tesine di laurea pronte per la pubblicazione, ricopiava in bella scrittura tutto quel che scriveva in classe, e in mano sua era certo che la loro relazione sarebbe stata perfetta.
Si avvicinò allo Sleipnir con un sorriso sulle labbra tutto per la sua magnificenza ma che ovviamente Lawsonia pensò anche per se stessa visto come ricambiò << Vieni più vicino Ladone >> lo infastidì l’uso del nome ma non la corresse, limitandosi ad obbedire.
L’animale lo scrutò con un occhio nero di cui non riuscì a distinguere la pupilla, scalpitando con due delle gambe posteriori.
Aveva pensato che la vista degli arti aggiuntivi sarebbe stata sgradevole, invece non vedeva che muscoli possenti e guizzanti, era un cavallo ma allo stesso tempo non lo era perché la loro conformazione ossea era leggermente differente << Mostra le mani a palmo aperto e lasciati annusare >> di nuovo la ascoltò, aveva già cavalcato in passato ma non era stato un destriero leggendario al tempo, quindi si lasciò guidare docilmente << Si chiama Cadia ed è una Sleipnir di due anni >> << Gravida >> notò Ladone quando lo toccò per annusarlo cautamente, infine appoggiò il muso al suo palmo << Bravo! Hai già visto una cavalla prima? >> strusciò la mano sulla fronte dal pelo morbido, muovendosi poi sulla destra per carezzare la criniera << Sì >> la strega gli diede il tempo di continuare, ma con la pazienza che solo un Tassorosso può avere si fece bastare quella risposta quando lui non lo fece, continuando a parlare come se nulla fosse << Sono animali mansueti generalmente. In Italia vivono principalmente in una riserva dalle parti di Benevento, ma ogni tanto è possibile vederne in libertà, nelle foreste più antiche in nord Europa. Non vivono in mandrie, è la principale differenza coi cavalli. Sono solitari, ricercano un altro esemplare solo per accoppiarsi e dopo il parto il padre resta con giumenta e puledro solo per tre o quattro mesi. Altri sei o sette per il nuovo nato in compagnia della madre, ma alla fine gli individui si separano ancora in territori diversi, molto spesso lontani gli uni dagli altri >> il pensiero lo rattristò, si rifiutò di indagare sul perché concentrandosi piuttosto sull’animale, ma quello parve in qualche modo percepirlo da come reclinò il capo contro di lui << Sono animali molto empatici. Non è semplice cavalcarne uno: lo stato d’animo sbagliato può facilmente gettarti fuori della sella, perché hanno una propria moralità e una propria etica. Un mago deve essere molto forte e molto saldo per avere l’ardire di guidarne uno >> si volse verso il dorso e continuò a carezzarlo, più per sfuggire allo sguardo nero dell’animale questa volta, e Lawsonia lo seguì con il proprio in silenzio << Nascerà per Yule >> disse l’insegnante con un’espressione morbida << Sarà compito vostro accudirlo e seguirlo fino a Giugno >> << La madre verrà riportata alla riserva immagino >> la strega assentì e Cadia scalpitò.
Lawsonia corrugò la fronte per l’irrequietezza della Sleipnir, affrettandosi a calmarla con poche parole e un toccò della mano gentile, ma Ladone sospettava che fosse stato il sibilo della vipera dentro di lui a metterla in agitazione perciò si affrettò a fare un passo indietro.
Visualizzò pianure verdi e vento trai rami, visualizzò silenzio e profumo di fiori.
Cadia si tranquillizzò all’istante, muovendo poche falcate per raggiungerlo di nuovo e premere il muso contro il suo petto << Sembra che tu le piaccia >> commentò Lawsonia soddisfatta << Che ne dici del primo turno alle stalle, stasera? >> Ladone la guardò sospettoso << Cosa devo fare? >> l’insegnante sbuffò scuotendo il capo, rispondendo alla sua svogliatezza con dedizione adamantina << Una bella strigliata e un secchio d’avena fresca. Sono sicura che Lorenzo penserà alla paglia >> << Chi è Lorenzo? >> << Il Custode, naturalmente. La Preside lo ha presentato la prima mattina, ricordi? >> no, era stato distratto da altre cose quel giorno, ma assentì naturalmente << Presentati qui stasera dopo cena. Lorenzo ti accompagnerà alle stalle >> di nuovo annuì con il capo, diede un’altra carezza alla giumenta e si incamminò di nuovo verso il suo gruppo.
Li trovò intenti in un’animata discussione, ma Nicola ne prese le redini non appena sedette di nuovo al suo fianco << State a vedere >> disse furbescamente, tradendo che in qualche modo avevano parlato di lui in sua assenza.
Aspettò comunque di sapere cosa prima di arrabbiarsi visto che con l’Idiota le occasioni non mancavano << Sai cosa significa il nome di Ambar? >> domandò disinvolto e Ladone sbatté le palpebre un paio di volte, incerto << Sì, certo >> gli altri si scambiarono mormorii e occhiate sorprese << E il mio? >> chiese Alia, rivelando così di cosa avevano parlato.
Suo fratello era una specie di colabrodo. Se anche gli avesse in qualche modo tappato la bocca sarebbe riuscito a parlare da un altro orifizio << Il tuo nome significa “paradisiaca” o “elevatissima”, a seconda che la derivazione sia araba o ebraica >> la Grifondoro arrossì, ovviamente lusingata << Il tuo, per quanto sia abbastanza sicuro che lo sappia già, significa “ambra” e credo che i tuoi genitori l’abbiano scelto a causa del colore dei tuoi occhi >> Ambar reclinò il capo in una vaga riverenza e assentì << Il tuo è un nome altrettanto azzeccato, Kira. A seconda delle origini, significa “nero” oppure “padrona”. In ogni caso un epiteto adatto ad una Serpeverde. Il tuo cognome tra l’altro è la traduzione slava del qui presente idiota che ho per fratello, Nicola, e significa letteralmente “Vincitore dei popoli”. Ammetto che è una nomea ben azzeccata anche questa, sia per l’ambizione della nostra Casa che per i proclamati e sopravvalutati coraggio e gloria dei Grifondoro >> Nicola gli diede una gomitata scherzosa a quelle parole, che tutti seguirono con una risata, ma il suo cuore continuò a battere come un tamburo << Devo spiegare anche l’origine del tuo, Zeus? O il tuo ego rosso e oro può farsi bastare l’orgoglio di portare il nome di un dio? >> Zeus rise ancora seppur leggermente in ritardo, evidentemente in attesa della traduzione del suo apparecchio, e indicò invece lui con un dito << Aspettavo tuo >> disse con un forte accento britanno, anche se un po’ troppo ruvido per essere inglese.
Scozzese forse, oppure irlandese.
Ladone si assestò altezzosamente la cravatta e mimò il gesto di pulire dell’invisibile polvere dalle sue spalle << Il mio nome è niente di più e niente di meno di quello che sono: deriva dal greco e significa “serpente”  >> << Stai scherzando! >> esclamò Alia incredula, ma lui si limitò a scrollare il capo.
Non sapeva chi gli aveva dato il nome che portava, sapeva solo che era suo.
Non aveva avuto molta altra conoscenza della sua vita prima.
Un ciondolo spezzato e un nome, nient’altro << Come fai a sapere le nostre etimologie? >> chiese invece Kira e lui le rivolse un’occhiata divertita << Cosa ti fa credere che risponderò a questa domanda? >> << Nicola ha detto che puoi farlo con tutti i nomi propri, è vero? >> chiese Alia ancora.
Ambar era stranamente in silenzio, si limitava a guardarlo, ma quando i loro sguardi si incrociarono il suo sorriso si allargò e posò il proprio block-notes sul tronco << Chiunque studi un buon libro di onomastica può farlo >> disse con tranquillità << Inoltre sono quasi sicuro che Lawsonia stia chiamando il gruppo di Nicola da almeno cinque minuti >> il suo grosso fratello strinse le labbra per non imprecare e si alzò di scatto, subito seguito dagli altri due, lasciando così i tre Serpeverde da soli.
Ladone si prese un momento per guardare entrambi, insospettito dal loro comportamento, ma prima che potesse chiedere alcunché Ambar lo anticipò: << Non qui >> disse semplicemente, con il suo sorriso accattivante, ma gli occhi possedevano una profondità sconosciuta.
Quindi c’era qualcosa << Dopo cena >> continuò il mago porgendogli il disegno di Cadia finito << Nella sala comune >> aggiunse Kira, palesando che qualsiasi cosa fosse sfuggita a Ladone non era sfuggita affatto a lei.
Fino a quel punto era sopravvissuto grazie alle sue abilità, si era trascinato fuori dall’oscurità imparando a manovrarla e sfruttarla, la conoscenza era stata il suo primo potere, prima di Nicola e il resto.
Per questo esserne privo adesso, o comunque svantaggiato, era ben più che odioso, era insopportabile!
Ma assentì comunque, decise di assecondare quelli che erano ancora due sconosciuti ma che in qualche modo non lo erano del tutto, e prese il disegno dopo un respiro profondo << Devo tornare qui dopo cena. Lawsonia mi ha affidato il primo turno alle stalle con... la Sleipnir, ma non credo che ci metterò molto >> Ambar scrollò le spalle, e anche se Kira non diede in alcun cenno di aver sentito, Ladone seppe comunque che lo avrebbe aspettato anche lei.
 
*
Ambar lo accompagnò fino al portone insieme a Nicola, mentre Kira invece proseguì verso le porte che portavano alle rispettive Case dopo aver annunciato di aver intenzione di farsi una doccia << Posso accompagnarti fino alle stalle >> si propose Nicola adocchiando il giardino buio vista l’ora, ma Ladone si limitò ad un’occhiata sprezzante << Non ho bisogno della balia, grazie >> sibilò con un sopracciglio sollevato, mentre Ambar si limitò a sollevare la sua corta bacchetta di legno chiaro << Lumos >> disse, facendone brillare la punta << Lumus Maxima se hai bisogno di più di una lanterna >> aggiunse e Ladone assentì leggermente.
Aveva provato un paio di Incantesimi naturalmente, era la prima cosa che aveva pensato di fare appena messo piede ad Aradia, ma continuava ancora ad essere strano per lui, non aveva affatto smesso di sentirsi uno stupido idiota con un pezzo di legno in mano.
Dopo la sua breve dimostrazione Ambar ripose la bacchetta nella custodia di cuoio che portava sotto la manica sinistra, poi si allontanò senza aggiungere altro se non l’ancheggiare di quel corpo sinuoso.
In soli due giorni, Ladone aveva già cominciato ad adorare essere un Serpeverde.
Non era questione di affinità, non solo sapere di essere circondato da persone come lui lo rassicurava, ma... beh, rendeva tutto più semplice.
Lo stupido e inutile Grifondoro che aveva per fratello invece continuava a guardarlo preoccupato << Siamo in una fottutissima scuola, Nicola >> << Abbiamo un patto >> Ladone dovette usare tutta la forza che aveva in corpo per impedirsi di alzare gli occhi al cielo << Buonanotte >> lo congedò, estraendo la propria bacchetta e pronunciando l’incantesimo suggerito dal suo amico.
Amico, certo.
Quanto due che si conoscono da così poco possono esserlo per lo meno.
Due Serpeverde almeno.
Okay, forse non proprio amico... un conoscente forse.
Un compagno di classe.
Ladone assentì tra sé e sé per quella definizione mentre si allontanava dalla villa verso il recinto dove avrebbe incontrato il Custode, soddisfatto della propria risoluzione.
C’erano delle lanterne ad olio lungo il sentiero principale, quello che partiva dal portone e raggiungeva i cancelli a circa un chilometro di distanza, ma la via di Ladone era lontana da quest’ultimo.
Prese il lastricato di radi ciottoli di pietra che aveva percorso poche ore prima a passo tranquillo, lì non c’era nessuna lanterna ma lui non temeva il buio, senza contare che la sua bacchetta gli impediva di inciampare, l’unica cosa che lo preoccupava davvero.
Il parco era silenzioso a quell’ora.
Non era ancora scattato il coprifuoco ma ovviamente nessuno era fuori a quell’ora, soprattutto non quando nonostante la giornata piacevole un fastidioso vento umido cominciò a soffiare tra le aiuole curate e i cespugli rigogliosi.
Perché non si era messo il mantello?
Dio, odiava il ridicolo capo d’abbigliamento, lo faceva sentire ancora di più un maghetto da cartone animato, ma per lo meno lo avrebbe tenuto al caldo.
Sì, capiva la tecnologia, la magia non era granché compatibile e tutto il resto, ma perché anche i dannati vestiti dovevano essere diversi nel Mondo della Magia?
Un cappotto era chiedere troppo?
Non avrebbe fatto tutta questa differenza, giusto?
Imprecò ancora e ringraziò il cielo che almeno non li avessero costretti ad indossare un cappello.
Stava ancora considerando l’idea con un brivido inorridito quando vide la sagoma di quello che doveva essere Lorenzo vicino al recinto e dopo pochi altri passi la luce calda di una lanterna a petrolio lo investì.
L’uomo era più alto di lui, il che non era questo gran traguardo a dire il vero visto che comunque non superava l’altezza di Nicola.
Come quest’ultimo aveva spalle larghe e un corpo massiccio, ma mentre suo fratello si teneva in forma con la dedizione inculcatagli da Oreste, Lorenzo possedeva il fisico del lavoro manuale e pesante, coi muscoli delle spalle e delle gambe ben sviluppati nonostante una leggera rotondità sulla pancia.
Aveva barba e capelli tagliati corti ma non cortissimi, ben tenuti, entrambi di un biondo scuro quasi castano, mentre gli occhi erano dello stesso colore dei Non-Ti-Scordar-Di-Me.
Sorrise accogliente nel vederlo arrivare, ma nello stesso momento in cui lo fece Ladone fu certo senza ombra di dubbio che non si sarebbe fidato di lui nemmeno tra un miliardo di anni.
Conosceva quel sorriso, lo aveva visto troppe volte allo specchio per non riconoscerlo.
Era quello di chi è capace di vendere sabbia passandola per oro << Minelli immagino >> disse allegramente, amichevole, ma Ladone rispose senza troppo entusiasmo << Quello “nero” mi hanno detto. Sei qui con tuo fratello? >> era una domanda retorica visto che il commento precedente presupponeva la risposta, ma Ladone rispose comunque visto che quella verità per il momento non poteva fargli alcun male.
Lorenzo cominciò a camminare senza annunciarlo, continuando verso il sentiero lasciato da Ladone e proseguendo sulla destra con passi pesanti, leggermente zoppicante sulla sinistra, senza controllare che fosse alle sue spalle << Non è così strano che due fratelli finiscano in Case diverse, ma Serpeverde e Grifondoro? Siete agli opposti! >> ridacchiò nella notte, il palazzo ormai era abbastanza lontano perché la luce della sua lanterna fosse l’unica a rischiarare il cammino, ma da come parlò non pareva particolarmente preoccupato.
Non erano nella sperduta Scozia, questo era certo, ma avevano usato due Passaporta per venire fin lì, e i boschi nell’intorno isolavano il posto come una cinta muraria.
Perché seguitassero a mettere una scuola in mezzo ad una foresta spaventosa – beh, almeno qui non la chiamavano Foresta Proibita – Ladone proprio non sapeva spiegarselo << Non sei un tipo molto loquace >> osservò ancora Lorenzo, gettandogli un’occhiata da dietro la spalla << Manca ancora molto? >> domandò così il giovane mago, ricevendo in risposta un cenno con il capo da parte dell’uomo.
Lorenzo sollevò la bacchetta e a pochi metri di distanza da loro si accese la luce allegra di una lanterna azzurra.
Il Serraglio era un enorme edificio di legno, dipinto di bianco con il tetto in ardesia e numerose finestre con griglie di ghisa.
Sembrava diviso in due piani, come una vecchia casa rurale, e un lato fungeva chiaramente da guferia a giudicare da piume e escrementi nell’intorno << Aspetta qui >> non lo portò all’interno con sé, lasciandolo sulla porta da solo.
L’intorno era silenzioso.
C’erano i suoni della notte, respiri pensati di animali sconosciuti e versi soffocati, uno sfarfallio d’ali ogni tanto, mentre fuori invece non si sentiva nulla.
In lontananza la scuola era illuminata come sempre, circondata dal giardino sontuoso di un palazzo rinascimentale, ma lì Ladone tornò quasi a sentirsi normale.
Non c’era niente di magico lì, solo il vento freddo eppure tranquillizzante, solo la Luna che ricordava e la notte che ben conosceva.
Visualizzò la luce calda del sole e sbatté le palpebre un paio di volte quando la sua vista mutò, permettendogli di penetrare le tenebre << Ecco qui >> la voce di Lorenzo per poco non gli strappò la pelle di dosso.
Come era riuscito a sorprenderlo?
Gli occhi di Ladone scesero agli spessi stivali che l’uomo indossava, i suoi passi erano suonati distintamente mentre camminavano, perciò perché adesso non l’aveva sentito?
Il Custode sorrise di nuovo scioccamente, porgendogli le redini della splendida Cadia prima di incamminarsi sulla sinistra, chiaramente verso il retro dell’edificio.
I suoi passi cambiarono ancora, rumorosi un’altra volta, ma Ladone non ne fu affatto ingannato.
Quell’uomo non gli piaceva per nulla.
Un altro movimento di bacchetta illuminò il retro del Serraglio, mostrando così una zona cementata con un alto recinto in griglia di ferro.
Nella mezz’ora successiva si presero cura di Cadia e nonostante la compagnia spiacevole Ladone ben presto si lasciò coinvolgere dalla bellezza dell’animale e si rilassò un poco.
Non del tutto, non era mai rilassato del tutto se non da solo, ma... di più, ecco.
La Sleipnir si lasciò coccolare di buon grado, posando fiera mentre la strigliavano e le pulivano gli zoccoli, e una volta che il Serpeverde si calmò smise anche di sbuffare ogni volta che la toccava.
Lavorarono in silenzio.
Lorenzo tentò una conversazione un paio di volte, ma Ladone non lo incoraggiò, ben più concentrato sulla bestia mitologica davanti a lui, ridendo tra sé e sé all’idea che le stupide lezioni di equitazione di Oreste stessero dando i suoi frutti.
Quando il Custode lo congedò, e Cadia fu lasciata al suo secchio d’avena fresca, Ladone era accaldato, con le braccia un po’ indebolite per il lavoro e il volto arrossato, ma era anche stranamente soddisfatto, perciò dopo essersi separato da Lorenzo, seppur stanco si incamminò verso la scuola tranquillo.
Forse, ma solo forse, frequentare Aradia non sarebbe stata la pessima idea che era sembrata all’inizio.
Fu proprio in quell’esatto momento che qualcosa di duro e pesante lo colpì alla nuca, gettandolo a terra a peso morto.
Il secondo colpo lo raggiunse all’altezza dello stomaco, un calcio, e il terzo dritto sulle costole.
I suoi polmoni si svuotarono d’aria e ansimò, ma prima che il dolore lo paralizzasse raccolse la propria concentrazione per visualizzare pietra e cemento, diamante impenetrabile e piombo.
Al quarto calcio un gemito dolorante scappò ad uno dei suoi aggressori, probabilmente il suo piede non aveva trovato gradevole lo scontro con la sua schiena, ma prima che ci riprovasse i colpi si fermarono del tutto << Il serpente azzanna il leone e lo guarda agonizzare, non ci fa amicizia >> sibilò una voce sprezzante << Se non riesci a capire nemmeno questo, non sei degno della nostra Casa >> seguirono un altro paio d’insulti, poi i passi concitati tradirono la loro fuga.
Codardi.
Non che si aspettasse niente di meglio da dei Serpeverde, certo.
Stava quasi per scoppiare a ridere di se stesso e della follia dietro quel gesto, quando un respiro più doloroso degli altri lo percorse come una stilettata e gli fece perdere i sensi.
 
 NA: Che ve ne pare finora?
Qualche teoria su chi sia stato??

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***



I panni si lavano in Casa
 
Ladone si risvegliò in un letto morbido con un cuscino troppo basso per i suoi gusti, ma non si lamentò perché aveva avuto risvegli peggiori.
Non era dolorante come avrebbe dovuto, il che era un’altra buona notizia, e quando aprì gli occhi la prima cosa che vide fu il corpo massiccio di Nicola al suo fianco, l’unica cosa capace di farlo sentire al sicuro.
Aveva abbassato la guardia.
Nove fottutissimi anni passati sulla strada e ne erano bastati tre con Oreste per portarlo ad un errore simile.
Non era sopravvissuto fino ad oggi passeggiando nella notte come un dannatissimo turista, eppure lo aveva fatto lo stesso, si era permesso di dimenticare, e come volevasi dimostrare il mondo non aveva tardato ad affondare le zanne << Buongiorno >> disse dopo essersi schiarito la gola, e Nicola scattò su all’istante.
Nonostante la stazza il suo sonno era leggerissimo, era inevitabile del resto, e la prima cosa che fecero quegli occhi di topazio fu fissarlo colmi di pena << Stai bene? >> esalò stringendogli una mano e Ladone cercò di non sbuffare.
Sapeva che stava bene, per quanto inaffidabile quella scuola doveva per lo meno curarsi della salute dei suoi studenti, ma l’Idiota chiedeva comunque << Sì, certo. Che ore sono? >> Nicola sollevò l’orologio che portava al polso << Le cinque >> a giudicare dal cielo ancora buio, probabilmente erano le cinque del mattino.
Si sollevò a sedere stancamente, subito circondato dalle grosse braccia che lo sollevarono con facilità per portarlo contro la testata, e Ladone si prese un secondo dopo essersi accomodato per riprendere fiato.
Qualcuno gli aveva tolto l’uniforme e lo aveva infilato in un pigiama bianco che non gli apparteneva, ma decise che non importava in quel momento, anche se l’idea di essere toccato da mani sconosciute era quanto meno rivoltante << Che cosa è successo? >> << Ero nella sala comune quando Makar è venuta a cercarmi per sapere dove fossi. I tuoi amici ti hanno visto tardare e le hanno chiesto se fosse normale continuare il lavoro al Serraglio anche dopo il coprifuoco. Il Custode non sapeva dov’eri, ha detto che ti aveva lasciato andare poco prima delle nove, perciò la Capocasa è venuta da me. Ma io non sapevo dov’eri... Mi hanno detto di stare a letto, come se potessi stare a letto mentre tu... >> << Hai usato la tua abilità? >> << No! Tu... tu mi hai detto di non farlo! >> Ladone approvò con un cenno del capo, lasciando che continuasse << Ho chiesto ad Arrighi. Le ho detto che se non mi avesse lasciato andare a cercarti sarei uscito comunque >> perché non lo stupiva che la strega avesse accettato quelle parole?
Probabilmente Makar o Madenego si sarebbero limitati a chiuderlo nella sua stanza, o tramortirlo persino, ma la Grifondoro doveva aver scambiato per coraggio il cieco istinto di protezione del ragazzo << Madenego ti ha trovato vicino al labirinto. Ti ha portato qui. Ti hanno fatto bere... cose, non sapevo nemmeno cosa chiedere quindi non so esattamente, ma mi hanno detto che ti saresti svegliato guarito. Arrighi mi ha permesso di restare ad aspettarti >> finì il racconto stringendo di nuovo la sua mano, chinandosi infine per baciarne le nocche.
Ladone usò quella libera per carezzargli piano il capo, cercando di tranquillizzarlo << Sto benissimo >> disse, e l’altro assentì, ma non lo lasciò andare.
Si sporse invece verso di lui e lo baciò leggermente, raccogliendo il volto con la mano calda << Chi è stato? >> domandò quando si allontanò, e adesso nei suoi occhi non c’era pena o preoccupazione, non solo almeno, c’era dura e fiera furia.
La sua mascella era contratta, come pronta a sbranare.
Era incredibile quanto ferini sapessero diventare i suoi lineamenti, il volto fiero di un Adone poteva trasformarsi in un batter d’occhio nel ritratto di un lupo famelico << Non lo so >> disse tranquillamente << Ma lo scoprirò >> assicurò poi.
Nicola attese ancora un momento, assentì una volta, quindi si alzò in piedi per attenderlo mentre faceva altrettanto, e si incamminarono verso la porta senza che nessuno li fermasse.
Probabilmente avrebbero dovuto informare qualcuno, ma Ladone non aveva voglia di farlo e Nicola non ci pensò, seguendolo sicuro come faceva sempre.
Non conosceva quella parte del palazzo quindi suo fratello seguitò ad indicargli che strada prendere, e ben presto raggiunsero le porte delle loro Case << Vai a dormire >> disse a Nicola << Sei sicuro? >> << Certo che lo sono. Non puoi comunque entrare nella mia sala comune e io ho bisogno di andare a dormire >> il Grifondoro assentì di nuovo, ma prima di andarsene sollevò di nuovo la mano che teneva e la baciò.
La sala comune di Serpeverde era vuota a quell’ora, anche se non poteva vederla tutta immaginò che non vi fosse motivo perché fosse diversamente, quindi proseguì verso il buio dei dormitori, concentrandosi per cercare di ricordare i dettagli dei suoi aggressori.
Era abbastanza sicuro che sarebbe stato capace di riconoscere la voce di quello che aveva parlato se l’avesse sentita di nuovo, ma se fosse stato abbastanza furbo si sarebbe guardato bene dal parlare di nuovo in sua presenza.
Senza contare che poteva benissimo aver mascherato il suo tono con la magia per quel che ne sapeva.
Ricordava le scarpe, eleganti mocassini uno e un paio di costosi stivali un altro, e quel dettaglio quanto meno poteva aiutarlo a restringere il campo. Benestanti per lo meno, e almeno uno dei due doveva essere abbastanza alto per giustificare il piede che lo aveva colpito tra le costole.
Pensare a questo lo rese ben consapevole dei propri piedi nudi contro il pavimento gelido dei sotterranei, ma ancora una volta aveva visto di peggio.
Entrò nella stanza in silenzio, muovendosi direttamente verso il letto, ma non appena vi si stese le tende del baldacchino di Ambar si aprirono e Ladone si ritrovò a fissare il sorriso sornione, seppur appena sveglio, del mago bruno << Colto sul fatto >> fece, come se lo avesse sorpreso di ritorno da una scappatella notturna, e il pensiero lo fece ridacchiare.
Si scostò le coperte di dosso rivelando il petto nudo e tornito per un momento prima di avvolgersi in una vestaglia di cotone marrone chiaro e raggiungerlo.
Gli occhi ambrati lo scorsero dall’alto in basso con attenzione nonostante il sorriso, e sembrò soddisfatto del suo esame quando sedette con grazia sul letto e accavallò le gambe << Credo che tu abbia battuto un record di qualche tipo >> esordì << Tu dici? >> fece Ladone ridacchiando << Beh, devi andarne fiero. In soli tre giorni sei stato capace di farti detestare abbastanza da mandarti in infermeria. Sono colpito >> << Che ti devo dire? Ho un talento per certe cose >> fece scrollando le spalle prima di infilarsi sotto le coltri.
Non contava di dormire, non prima di trovare un modo per chiudere la porta in modo più efficace di una semplice chiave, ma per quello doveva aspettare il mattino perciò tanto valeva riscaldarsi un po’ per lo meno << Sai chi è stato? >> << Non ancora >> il sorriso di Ambar si allargò alla minaccia celata << C’è bisogno di dire che sarei onorato di aiutarti nella tua ricerca? >> Ladone sollevò un sopracciglio ironico << Chi mi dice che posso fidarmi di te? >> l’altro ridacchiò ancora << Fidarti? Déi del cielo, mai! Ma non c’è alcun motivo per cui io debba farti del male. Sei divertente, una tentazione costante che mi fa rimpiangere i tre anni che ci separano e il tuo aiuto a Pozioni mi assicurerà un voto decente e facile. Cercare chi ti ha fatto del male è proteggere un mio precipuo investimento >> << Credo che tu sia matto da legare >> fece Ladone con un risolino << Lo prenderò come un complimento >> concesse Ambar indulgente, poi scambiò le gambe accavallate e tornò a guardarlo più seriamente << Allora? Qualche indizio? >> << Sono della nostra Casa. Pare che ce l’abbiano con me perché fraternizzo coi Grifondoro >> << Significa che anche io e Kira verremo presi di mira? >> Ladone scrollò le spalle << È ovvio che diano la colpa a me visto che Nicola è mio fratello. Evidentemente vorrebbero che lo ignorassi o non so che altro >> << Come se tu potessi ignorarlo >> lo canzonò il mago ricevendo in risposta un’occhiataccia, ma gli scivolò addosso come acqua su uno scoglio << Un lavoro mediocre se ci pensi. Non è proprio da noi ricorrere alla forza bruta. È più offensivo il loro comportamento che il tuo legame con Nicola >> << L’ho pensato anche io. Credi che possano essere studenti di altre Case che si fingono della nostra? >> Ambar sbuffò << Questo è ancora più improbabile. I Grifondoro ti avrebbero affrontato  pubblicamente, in modo stupido quanto arrogante come solo loro sanno esserlo. I Corvonero non hanno nessunissima ragione per avercela con te, anzi, sei abbastanza secchione da ricevere la loro ammirazione probabilmente. E gli dèi non vogliano che dei Tassorosso decidano di fare un agguato a qualcuno perché in quel caso perderei definitivamente ogni speranza nel mondo >> il tono melodrammatico dell’ultima frase fece scoppiare a ridere entrambi e farlo ricordò a Ladone che le sue costole non erano particolarmente entusiaste di tutto quel movimento.
Si lasciò sfuggire un sibilo quando il dolore gli attraversò il petto, non imprecò ma quasi lo fece, appoggiandosi poi stancamente alla testata del letto << Quanto dirai a Makar e Madenego? >> Ladone scrollò le spalle << Non che mi affidi a loro per trovare i colpevoli, ma non sarebbe comunque una buona idea anche se potessero farlo >> << Vuoi essere tu a farlo >> << E vendicarmi >> aggiunse Ladone gelido.
Non si sopravvive in mezzo ai lupi fingendosi una pecora.
Se doveva stare in quel posto avrebbe preferito essere ignorato e lasciato in pace, ma se questo non era possibile allora tanto valeva farsi strada a morsi fino in cima.
Il sorriso che gli piegò il volto a quel punto era uno dei suoi vecchi sorrisi, prima di Oreste, e nello specchiarsi in esso Ambar rimase un attimo interdetto.
Poi fece un cenno del capo e assentì al silenzio.
 
*
Kira li aspettava sulle scale insieme a Nicola.
Beh, non proprio insieme, giacché uno era davanti ad una delle estremità dell’enorme gradinata e l’altra accanto a quella opposta, ma erano consapevoli della reciproca presenza per lo meno e si diressero verso la stessa persona quando fu davanti a loro << Buongiorno >> disse Nicola prendendogli la borsa come al solito, mentre la strega attese di ispezionarlo con un colpo di bacchetta prima di fare lo stesso << Mi ha detto quello che è successo >> lo informò indicando il Grifondoro con un cenno del capo.
Ambar e Kira si posizionarono uno per lato, lasciando Nicola e Zeus alle sue spalle << Come li troviamo? >> domandò la strega con noncuranza, a bassa voce ma ben determinata << Beh, per prima cosa inventiamo qualcosa di convincente per Makar e Madenego >> disse Ladone mentre entravano nella Sala Grande << Puoi puntare sul classico “Non mi ricordo nulla” >> propose lei, facendo ridacchiare entrambi << Certo >> fece Ladone sarcastico, aggiungendo poi un sospiro esasperato << Credo che Madenego mi toglierebbe dei punti solo perché non ho saputo inventarmi niente di meglio >> << Ovvio >> convenne Ambar sedendosi per primo.
Nicola si congedò da Zeus con una pacca sulla spalla prima di sedersi, e Kira si posizionò in modo da lasciar libero lo spazio accanto a Ladone.
Quando una giovane ragazza si apprestò ad occuparlo, la strega riccia si limitò a rovesciare il bicchiere di succo sul tavolo di fronte fissandola assassina in un chiaro monito e l’altra indietreggiò terrificata prima di sedersi qualche metro più lontano << Che donna violenta >> commentò Ambar ridacchiando, ma il suo tono tradiva ammirazione << Makar ha detto che dobbiamo restare uniti >> fu la risposta sibilante << Non siamo simpatici a nessuno, lo sappiamo bene, e proprio per questo non dovremmo rivoltarci uno contro l’altro. I serpenti sono immuni al proprio veleno >> citò lei riprendendo le parole della loro Capocasa, e Ladone la guardò irrimediabilmente sorpreso << Non ti facevo così leale >> << Noblesse Oblige >> fu la risposta di lei, scostandosi i capelli da una spalla in un gesto elegante prima di versarsi il tè << Che cosa devo fare? >> domandò Nicola proprio in quella, guardando il fratello con la mascella contratta << Vai a lezione e non creare problemi >> << Non voglio lasciarti solo >> fu la risposta, quasi una preghiera in realtà e Ladone lo trafisse con i propri occhi in un chiaro avvertimento << Non sono solo. Ambar e Kira sono con me. E ci vedremo a pranzo comunque >> << E dopo abbiamo Volo >> cercò di rassicurarlo Ambar affogando i suoi biscotti nella propria tazza di latte.
Ladone trovava la cosa alquanto disgustosa, ma non fece commenti << Posso venire a scortarti da una lezione all’altra? >> domandò il Grifondoro speranzoso << No >> fu la fredda risposta << Perché no? >> << Non ci arrivi? >> intervenne Kira spazientita e Nicola la guardò guardingo << L’hanno attaccato perché è tuo fratello, non capisci? Ronzargli intorno più del solito non renderà le cose più semplici >> il Genio parve interdetto dopo quelle parole, sconvolto.
Ladone non faticò a leggere rabbia in lui, e qualcosa di simile al dolore quando il suo sguardo scese a fissare il panino al salame ancora nel suo piatto.
Il suo cuore si strinse in una morsa solo a notare quello, odiava che Nicola indossasse quello sguardo, aveva rinunciato a tutto pur di cancellarglielo per sempre dal volto, per questo anche se erano ad un tavolo circondati da persone sollevò una mano e la posò delicatamente sulla sua guancia.
Nicola sollevò gli occhi di topazio su di lui, cercando il sollievo che solo Ladone sapeva donargli << Starò bene >> assicurò il Serpeverde con ferrea gentilezza << Sicuro? >> fece l’altro in un sussurro spezzato << Non ti fidi di me? >> il Grifondoro non esitò un istante a rispondere, raddrizzando le spalle e assentendo con il capo << Mi fido >> rimarcò poi.
Ladone si accertò che fosse proprio così, quindi tornò alla sua colazione e fece cenno all’altro di fare lo stesso.
Sentiva senza vederli gli sguardi di Ambar e Kira su di lui, ma li ignorò, anche se sapeva che le domande sarebbero venute.
Alla prima ora avevano Incantesimi, perciò non si stupì quando Madenego lo trattenne fuori della classe prima di entrare << Cosa è successo? >> domandò con la sua voce annoiata di sempre.
Sembrava che niente al mondo gli importasse, ma gli occhi neri lo fissavano senza nemmeno sbattere, quasi potessero guardargli attraverso << Alcuni studenti mi hanno attaccato. Non so chi fossero, non ho visto il volto di nessuno di loro >> << Nessuno? >> << Era buio. E non me lo aspettavo >> il professore diede in una smorfia di disappunto << Cinque punti >> disse sprezzante e Ladone sollevò un sopracciglio << Prego? >> << Cinque punti in meno >> specificò l’altro prima di andare alla porta << Mi aspetto più attenzione da un membro della mia Casa >> e con questo entrò lasciando l’incredulo studente alle sue spalle.
Ladone dovette racimolare ogni briciola del proprio autocontrollo per non cominciare ad urlare come un ossesso, ma si risolse semplicemente a raggiungere il suo posto accanto ad Ambar e Kira, tremando incontrollabile << Che è successo? >> chiese lei a voce bassa, anche se non erano troppo vicini alla cattedra << Mi ha tolto dei punti >> lei si fece incredula al sibilo del compagno, Ambar invece si limitò a sollevare le sopracciglia << C’era da aspettarselo >> commentò prendendo la propria bacchetta e Ladone lo fulminò con lo sguardo.
Prese anche lui la propria, anche se tremava ancora, e quando espirò si formò una piccola nuvoletta di vapore davanti alla sua bocca << Hai freddo? >> domandò la strega preoccupata, ma Ladone non la ascoltava.
La vipera dentro di lui si avvinghiò su se stessa due volte, spandendo la propria ira gelida nell’intorno, e lui lasciò cadere la propria frangia di capelli in avanti per nascondersi.
La voce di Madenego cominciò a spiegare l’Incantesimo d’Apertura con l’entusiasmo riservato alla folla di un funerale, pareva quasi che stesse pianificando un funerale a giudicare dal suo sguardo, e Ladone giurò in quel momento che avrebbe trovato i colpevoli anche solo per sfogare un po’ di quella frustrazione.
E sarebbe stato estremamente attento.
Visualizzò acqua quieta e ferma, visualizzò silenzio, e subito dopo tutte le voci intorno a lui si abbassarono di volume.
Quella era l’unica lezione a cui erano presenti solo i Serpeverde, e giacché era il primo anno di Aradia, erano tutti riuniti in quella classe.
Il suo corpo meccanicamente seguì le istruzioni di Madenego insieme al resto della classe, mosse la bacchetta e pronunciò l’incantesimo, ma il suo cervello era dolorosamente concentrato sulle voci nell’intorno.
Avrebbe trovato quel figlio di puttana. Adesso. Subito.
Una volta che il professore sembrò abbastanza soddisfatto del loro belare inconsulto, si avvicinò a ciascuno dei dodici banchi e consegnò loro dei lucchetti prima di testare gli studenti.
Ladone visualizzò acqua di nuovo, isolò i rumori e focalizzò la propria attenzione sulle voci.
Ben presto la sua testa pulsava e la sua fronte era imperlata di sudore, ma non demorse.
Al settimo tavolo, due di distanza dal loro, sedevano tre ragazzi di circa venticinque anni, uno biondo e due mori, e qualcosa nelle loro voci attirò la sua attenzione.
Con un ghigno di sinistra aspettativa, Ladone si tese per cercare di scorgere le loro scarpe.
Un paio di mocassini, un paio di stivali, e un paio di scarpe da ginnastica << Sono loro >> dichiarò rilasciando la morsa su se stesso, e ricadde pesantemente sulla propria sedia, tremando di nuovo anche se di debolezza adesso.
Ambar e Kira lo guardarono preoccupati, sollevando poi lo sguardo sui tre davanti a cui stava il professore, ma il mago moro si chinò subito dopo su di lui, scostandogli i capelli per guardarlo in viso << Sei cereo >> fece, il bel volto offuscato da genuina preoccupazione, poco prima che Madenego si fermasse di fronte a loro.
Fece cadere tre lucchetti sul banco, fissandoli dall’alto in basso, del tutto indifferente alle condizioni del giovane serpente << Apriteli >> rettificò con la stessa voce atona, assestandosi distrattamente gli occhiali sul naso, e pareva che tutta la situazione fosse terribilmente tediosa per lui.
Nessuno lo costringeva a restare lì, giusto?
Era uno dei fottutissimi Fondatori, che senso aveva quell’insulsa farsa?
Ladone si costrinse in piedi e rinsaldò la presa sulla propria bacchetta << Alohomora >> sibilò.
Il suo lucchetto scattò obbediente, ma con un suono sinistro di metallo stridente, tutti gli altri lucchetti nella stanza si spezzarono esattamente al centro, come biscotti tra le mani di un gigante.
La classe ammutolì, tutti lo fissarono come se gli fosse improvvisamente cresciuta una seconda testa, e persino Madenego sollevò un sopracciglio.
Sollevò il suo lucchetto tra due dita, osservò prima quello e poi Ladone, quindi con un gesto silenzioso della mano riparò gli oggetti danneggiati dalla magia del mago e proseguì come se nulla fosse << C’è decisamente qualcosa di strano in te >> disse Kira non appena il professore ebbe finito con loro, e parve che non fosse l’unica a pensarlo a giudicare dagli sguardi che gli venivano lanciati.
Magnifico.
E dava dell’idiota a Nicola << Ieri gli accenni all’Onomanzia, oggi questo... >> << Onomanzia? >> fece Ladone tra un respiro e l’altro.
Si sentiva prosciugato, vuoto, la sua vipera era una manciata di spire immobili e fredde.
Non si era mai sentito così freddo.
La strega si portò i capelli su una spalla, umettandosi le labbra con la lingua prima di parlare: << I nomi, Ladone. Sai il significato dei nomi. Sai cosa vuol dire? >> << Cosa dovrebbe voler dire? È solo... solo una stupida... >> << È un’abilità innata >> lo zittì Ambar scambiandosi un’occhiata con la ragazza, che assentì solennemente.
Ladone notò il loro sguardo, notò l’intesa tacita, e anche come si avvicinarono con il corpo con fare cospiratorio per non farsi sentire.
Fu Ambar a prendere parola per primo << Kira è una purosangue e io so di esserlo, quindi sei fortunato, ma ad ogni modo quello che stiamo per dirti è...è segreto. Molto segreto. Non ne parliamo coi mezzosangue, non lo facciamo nemmeno sotto minaccia di morte >> Ladone sentì il poco calore rimastogli abbandonare il suo corpo.
Il suo cuore rallentò, lo sentì distintamente, la stanza intorno scomparve lasciando solo Ambar e Kira ai suoi sensi << Che... che stai dicendo? >> << L’Onomanzia è una delle abilità delle Sacre Famiglie. E tu, Ladone Minelli, devi essere un purosangue per possederla >> sentenziò Kira con la stessa insensibilità con cui si strappa un cerotto di scatto.
Il tempo si dilatò dopo quelle parole, si stiracchiò e quasi strappò.
Esalò vapore ancora una volta, ma adesso gli bastò vedere il proprio respiro condensarsi davanti alle labbra per tornare in sé.
Visualizzò fuoco e sole. Visualizzò una coperta e una cioccolata calda << Tutto bene? >> domandò Ambar con la fronte corrugata << T-tu... tu come lo sai? >> fece Ladone abbassando lo sguardo, spostando l’attenzione da lui perché l’alternativa era soffermarsi sul fatto che non solo possedeva o aveva posseduto dei genitori – cosa ovvia ma a cui evitava di pensare – ma anche che questi non erano una puttana che lo aveva partorito in un vicolo o una coppia di maghi abbastanza stupidi da farsi ammazzare dalle orde del Signore Oscuro, no, erano due purosangue, un mago e una strega probabilmente potenti e probabilmente uccisi, dal Bene o dal Male non importava, il che era abbastanza per scuotere persino uno come lui.
Lasciò che i capelli gli ricadessero intorno al volto in un sipario misericordioso mentre ingoiava quella possibilità << Che sono quello che sono? >> domandò Ambar e Ladone assentì senza parlare perché non era abbastanza sicuro della propria voce << I miei genitori sono bianchi e io sono nero, non è che potessero fingere granché sulla mia adozione, non credi? >> << Sì, ma come...? >> l’altro mago scrollò le spalle e quel gesto lo rilassò in qualche modo, riportandolo nella bolla tranquilla che si era costruita così facilmente in quei pochi giorni.
Madenego nel frattempo terminò il suo giro, proseguendo con l’illustrare l’Incantesimo di Chiusura << Beh, a sei anni ho chiesto a mia madre chi fossi e da allora lei mi ha aiutato a scoprirlo. A dieci ho scoperto che i miei genitori sono morti uccisi da qualche parte in Danimarca, non si sa da chi. Conosco i loro nomi e li terrò per me, giacché non è nell’interesse vostro né mio conoscerli, ma vi basti sapere che entrambi erano discendenti delle Sacre Ventotto >> quindi i Klaus erano tra queste?
Oppure si erano create altre linee di discendenza in quegli anni?
I pugni di Ladone si strinsero di furiosa frustrazione per la sua ignoranza: i libri che aveva letto erano stati scritti dai vincitori contro Voldemort, dai mezzosangue in gran parte, e se aveva capito bene le parole di Ambar all’inizio, quella era una conoscenza segreta e gelosamente custodita, quindi non c’era da stupirsi che non ne avesse trovata traccia << La mia famiglia non appartiene ai Ventotto >> disse Kira come rispondendo ai suoi pensieri << Il nostro sangue ha origini caucasiche e le discendenze di sangue in quel territorio sono regolate tra sette sole casate. I Klaus sono una di queste, le altre sono segrete a voi come al resto del mondo, ma posso dire comunque che i nostri alberi genealogici non hanno niente da invidiare ai Malfoy, che pure posseggono una discendenza perfetta >> << Orgoglio di sangue, Kira? Sul serio? >> fece Ambar sollevando un sopracciglio quasi divertito, ma lei si limitò a scrollarsi i capelli dalla spalla, spostando i morbidi riccioli a ricadere sulla schiena prima di raddrizzare le spalle << Il fatto che io non creda alla purezza del sangue non significa che non sia orgogliosa della mia famiglia >> sentenziò con grande dignità.
Ladone li ascoltò con attenzione e allo stesso tempo disinteresse, focalizzato su una nuova domanda e chiedendosi se fosse meglio farla oppure no.
Ma da chi altri poteva ricevere informazioni?
Se davvero era una conoscenza segreta, o supposta tale, come poteva studiarla senza destare sospetti su se stesso?
Per lo meno loro avrebbero capito i suoi timori.
Guardò lei e probabilmente usò troppa intensità nel suo azzurro perché si fece guardinga << Hai detto che la mia è un’abilità delle Sacre Ventotto. Significa anche che sai a quale delle famiglie apparteneva? >> lei scrollò il capo e sospirò, sollevando sette dita << Sono sette le famiglie di cui non conosciamo le abilità pur sapendo per certo che l’Onomanzia è una di queste. Malfoy, Greengrass, Nott, Weasley, Zabini, Potter e Black. Come avrai riconosciuto dai nomi, sono parecchio conosciuti, e se le loro abilità sono segrete anche agli altri purosangue sono abbastanza sicura che siano potenti >> abbassò due dita << Eliminerei i Potter perché sappiano tutti che il loro ultimo discendente è un mezzosangue, quindi se pure per qualche oscura ragione tu fossi figlio del Salvatore, la loro abilità non sarebbe passata a te. Stesso vale per gli Weasley. Non sei rosso prima di tutto e il loro è un gene parecchio dominante. Inoltre i loro discendenti sono tutti conosciuti e non mi viene in mente nessun motivo per cui abbiano deciso di abbandonare uno dei loro quando sono sempre stati ferventi sostenitori della famiglia in ogni suo senso >> << E con questi finiscono i Luminosi >> commentò Ambar, allargando il proprio sorriso: << Non so perché, ma ci avrei scommesso che eri uno degli Oscuri >> Ladone non era sicuro di aver capito del tutto le sue parole, ma lasciò che Kira continuasse a parlare << Scorpius e Daenebola Malfoy sono entrambi purosangue, ma sono troppo giovani per avere figli. Draco e Astoria Malfoy si sono ritirati a vita privata parecchio tempo fa, nessuno li ha più visti, ma ad ogni modo non avrebbero ragione di abbandonare un terzo discendente, tanto più se purosangue. Seppur tu fossi nato da una relazione clandestina, si sarebbero presi cura di te in virtù del loro sangue nelle tue vene. È già successo in passato. Astoria è una Greengrass, quindi puoi facilmente immaginare che i Malfoy non avrebbero permesso nemmeno ad uno dei loro di crescere lontano dalla famiglia >> fece una pausa, sollevando un altro dito << I Black sono perduti da secoli. Sirius Black è morto dietro il Velo. Tutti sanno come è morto Regulus Black. Bellatrix Black nella Seconda Guerra. Andromeda Black ha sposato un mezzosangue e Narcissa Black è la madre di Malfoy. Questo ci lascia con Zabini e Nott, ed entrambi i discendenti sono scomparsi dopo la caduta di Voldemort e nessuno sa che fine abbiano fatto. Considerando che siamo in Italia e che gli Zabini hanno discendenze italiane, punterei tutto su di loro, ma sei troppo... beh, pallido per uno Zabini. Nott quindi >> << Nott >> esalò Ladone.
Ladone... Nott.
Si chinò sul banco prendendosi il volto tra le mani, lasciando andare la bacchetta << Theodore Nott è l’ultimo discendente di cui sappiamo qualcosa. Indiscrezioni lo indicavano da qualche parte in Sud America, parecchie famiglie di Mangiamorte hanno scelto quella parte di mondo per nascondersi >> << E ha lasciato dietro di sé la zavorra >> non morto quindi.
Suo padre era vivo.
Non sapeva come sentirsi a riguardo. Furioso forse?
Oppure felice? Un Mangiamorte.
Perché la cosa non lo stupiva?
Si ritrovò a ridacchiare da solo, soffocandosi perché una piccola parte di sé gli ricordò che erano ancora a lezione, ma per il resto la sua mente non riuscì a distogliersi dal nome del lurido cane che aveva avuto il cazzo per concepirlo ma non le palle per tenerlo << Ladone? >> fece Kira incerta << Anche mia madre è una purosangue? >> si portò indietro i capelli nerissimi e diede in un respiro profondo << Probabilmente >> confermò lei << E solitamente il sangue più forte prevale su quello più debole. Se la tua abilità discende da Nott, come pare, non c’è modo di scoprire chi sia tua madre senza un’analisi della tua Traccia Magica >> << È... è come per il DNA? >> lei lo guardò incerta, corrugando le sopracciglia << Non sono sicura di sapere cosa significa questa parola >> Ladone non poté non trovare divertente quell’uscita, a volte dimenticava quanto il Mondo della Magia fosse diverso da quello che aveva abitato per tutta la vita << Serve la magia di lei per scoprire la mia compatibilità? >> << C’è un registro >> intervenne Ambar << Al Ministero della Magia, a Londra. Tutte le Sacre Ventotto hanno una firma magica sul registro. Se la tua è compatibile con una delle loro... puoi saperlo se vuoi. Non è difficile >> << Se voglio? >> Ambar e Kira si scambiarono di nuovo quell’occhiata d’intesa, come all’inizio, poi lui gli posò una mano delicatamente sul braccio << Perché non ne parliamo dopo pranzo? Sei... non hai una bella cera in questo momento >> << Quella parola... Onomanzia. Che significa esattamente? >> ribatté il giovane mago, alzandosi poi in piedi come gli altri per seguire i movimenti di Madenego.
Questa volta l’insegnante lo guardò distintamente, gli occhi scuri attraversarono la folla di studenti e lo inchiodarono al banco.
Pronunciò l’incantesimo come tutti gli altri, ma percepì comunque come un muro intorno a sé, un’impalpabile ostacolo su cui la magia che scaturì dalla sua bacchetta rimbalzò, impedendogli di colpire il lucchetto << L’Onomanzia è l’arte di conoscere i nomi. Se sai il nome di una cosa, tu puoi sapere cosa è. La sua essenza, la sua anima >> spiegò Kira << Non mi pare granché >> lei sbuffò scuotendo il capo, ma Ladone si accorse del suo gesto solo per metà.
Di nuovo disse l’incantesimo, ma la barriera tornò, così come lo sguardo del professore.
Che gli stava facendo?
In qualche modo che non riusciva a capire, lo stava limitando << Immagina di avere una scatola chiusa. Tu hai una specie di chiave universale. Guardi un oggetto, scopri il suo nome, e quello si piega alla tua volontà. A me pare molto più che granché >> fece lei rimarcando le sue parole.
Se quel maledetto mago dall’ego gonfiato pensava di poterlo limitare in qualche modo, beh, allora si sbagliava di grosso.
Piegarsi alla sua volontà. Certo.
Avrebbe tanto voluto raccontare a Kira un paio di episodi in cui era stata la sua volontà a piegarsi e nessun dannato oggetto l’aveva aiutato in nessun modo.
Conosceva i nomi. Oh sì, gran cosa.
C’era da scommetterci che il codardo di suo padre gli avesse concesso la più insulsa delle abilità << Conclavo >> sibilò per l’ennesima volta, l’ira cocente ad armare la sua voce, e con un risuonare ripetuto di scatti secchi, tutti i lucchetti della classe si chiusero.
Lui ricadde sulla sedia a peso morto, quasi perse i sensi, ma si aggrappò al banco con un sibilo per restare dritto.
Vide distintamente il sorriso del suo Capocasa questa volta, un’espressione sinistra, una che Ladone aveva già visto in passato, e se prima aveva pensato che l’uomo fosse pericoloso, adesso se n’era decisamente convinto.
La campana suonò poco dopo, scuotendo i Serpeverde dal loro stupore nei confronti del compagno, ma prima che Kira o Ambar decidessero di aiutarlo fisicamente a mettersi in piedi, Madenego li raggiunse e posò una fiala rossa davanti al più giovane fra loro << Peperina >> disse, come se fosse una sorta di spiegazione, e se il sorriso era scomparso, il brillio nei suoi occhi non lo era affatto << La attendo nel mio ufficio dopo le lezioni, Minelli >> dichiarò infine, proseguendo senza un’altra parola << Oh, magnifico >> gemette Ladone tenendosi il capo.
Kira stappò la pozione e la annusò cautamente << Sembra Peperina >> confermò << Dovrei capire cos’è anche al primo anno? >> chiese Ladone incerto e lei ridacchiò << Serve per rimetterti in sesto. Non so perché il nostro sinistro professore ti stia aiutando, ma ti consiglierei di non guardare in bocca a caval donato. Abbiamo Erbologia tra dieci minuti e tu non ti reggi nemmeno in piedi >> Ladone buttò giù la pozione subito dopo, era la prima in assoluto per lui, e per poco non vomitò sul banco.
Studiava Pozioni, avrebbe dovuto sapere che parti di insetti e molluschi strani non avrebbero dovuto avere un buon sapore, ma questo era peggio.
Ad ogni modo il suo corpo si riscaldò subito dopo, un’onda di energia lo ricolmò e ristorò, tanto che sentì anche il suo viso inondarsi di sangue << Molto meglio >> commentò Ambar con un sorriso e Ladone sbuffò << Grazie, mamma >> i tre ridacchiarono mentre uscivano dalla classe e seguirono la mappa per raggiungere la serra il più in fretta possibile.
Trovarono Membrandt ritto davanti ai quattro lunghi tavoli da lavoro con un orologio da taschino in mano, intento a fissare l’incedere delle lancette con attenzione, come se il resto della classe non esistesse.
I Tassorosso erano chiassosi, disposti lungo i due tavoli sulla destra chiacchieravano e ridevano, i Serpeverde invece si erano raggruppati in piccoli gruppi come al solito e i loro sussurri facevano da sottofondo ai compagni più vivaci.
Nonostante fossero arrivati per ultimi, Ladone adocchiò all’istante i tre che lo avevano attaccato e fece in modo di sedersi in modo da averli sotto visuale.
Membrandt parve riaversi dal suo coma non appena loro tre presero posto, chiudendo l’orologio di scatto e alzando lo sguardo slavato su di loro.
Bastò quello per ridurre la classe al silenzio, il Corvo non aveva bisogno di molto per incutere timore oltre alla sua presenza, ma a differenza delle vibrazioni di Madenego, che pareva covare un desiderio irrefrenabile di vederli bruciare solo per cambiare un po’ la sua giornata, Membrandt sembrava un pozzo nero di cui nessuno conosce il fondo, forse nemmeno lui medesimo << L’argomento di oggi sarà la Primula Timida >> dichiarò con un gesto di bacchetta, e davanti a ciascuno di loro apparve un vaso di terracotta.
La pianta all’interno non sembrava né una primula né tantomeno timida, anzi, a dirla tutta non sembrava nemmeno una pianta: pareva che qualcuno avesse conficcato uno stecchetto rachitico nel terreno, un normalissimo stecco, senza foglie e senza fiori.
Ladone adocchiò la pianta scettico, e anche di più nel notare i guanti di spesso cuoio che apparvero subito dopo << È corrosiva >> spiegò Ambar mentre si proteggeva le mani e Ladone sbuffò << Perché la cosa non mi stupisce? >> << Beh, almeno non è Mandragola >> commentò Kira prendendo un fermaglio dalla cartella e sollevandosi i morbidi ricci in una crocchia come faceva a Pozioni << Se anche solo metà di quello che ha scritto quella Rowling nei suoi libri è vero, allora praticamente ogni cosa che studieremo cercherà in qualche modo di ucciderci >> continuò ironica e gli altri due ridacchiarono a mezza voce.
La Primula Timida non andava toccata a mani nude per nessun motivo, ogni millimetro che la costituiva era cosparso da una polvere corrosiva, ma i suoi petali erano usati per moltissime pozioni e loro dovere era rifornire le riserve di Arrighi per le lezioni sul Siero Lingualunga che avrebbero affrontato nel prossimo trimestre.
Quali petali?
La pianta era attratta dalla musica.
Con un altro colpo di bacchetta Membrandt materializzò un flauto traverso per ogni tavolo e quelli presero a suonare armoniosamente sulle loro teste: dopo poco dal brullo stecchetto cominciarono a spuntare minuscole foglie, sempre più grandi man mano che il tempo passava, infine un grande fiore dalla corolla rosata apparve sulla cima.
Ogni volta che strappavano un petalo la Primula annichiliva di nuovo su se stessa, quindi dovevano aspettare che fiorisse di nuovo prima di prendere il secondo.
Un lavoro tedioso e lungo, ma Membrandt non sembrava contrario alle chiacchiere nel frattempo quindi Ladone ne approfittò per informare i suoi due compagni degli avvenimenti della lezione prima a cui non avevano potuto assistere << Perché Madenego dovrebbe limitarti? >> chiese lui << Sei sicuro che siano quei tre? >> domandò invece Kira, quasi nello stesso momento, ma Ladone diede la precedenza a ciò a cui poteva rispondere: << Sono sicurissimo. Ho riconosciuto le scarpe e la voce >> Ambar rimase comunque in attesa con un sopracciglio sollevato, portandolo a sospirare << Non lo so, Ambar. Ti ho detto quello che so, il resto sarebbero solo stupide supposizioni >> l’altro assentì dopo un piccolo silenzio pensoso, quindi lanciò un’occhiata ai tre e diede in una smorfia << Quello alto con la pelle scura è Tarik Shafiq, un purosangue. Quello a sinistra suo cugino Salim, sua madre è la sorella del padre di Tarik, mentre suo padre un mezzosangue di seconda generazione della stessa famiglia. L’ultimo sarà il loro lacchè >> << Sai a memoria l’albero genealogico di tutto il Mondo della Magia? >> fece Kira ad occhi sbarrati e l’altro le rivolse il suo sorriso abbacinante << Solo quelli delle Sacre Famiglie >> rispose candidamente, ma lei parve ancora più sconvolta << Stai scherzando! >> l’altro scrollò le spalle << Ti ricordo che cercavo i miei genitori. Ho spulciato gli archivi e così ho imparato >> << Sei uno Zabini? >> domandò Ladone e l’altro scoppiò a ridere << Facile supposizione, ma no amico mio >> Ladone sbuffò << Conosci le famiglie mia e di Kira. Non sei leale >> lo accusò, ma Ambar si limitò a ricambiarlo con la sua miglior faccia da Stregatto.
Davvero, se non fosse stato così bello Ladone non si sarebbe fatto alcuno scrupolo a prenderlo a schiaffi.
Alzò gli occhi al cielo e tornò alla faccenda presente: << Come li distruggiamo? >> aveva appena pronunciato queste parole quando la porta della serra si aprì e uno studente sconosciuto entrò tutto trafelato.
Solitamente Ladone non vi avrebbe fatto caso, tanto più dopo aver visto la cravatta giallo-nera al suo collo, ma quello attirò subito l’attenzione inciampando rumorosamente su alcuni vasi sul bordo della serra che per un qualche assurdo motivo riuscirono a finirgli trai piedi.
Ovviamente la cartella del genio vomitò il proprio intero contenuto sul pavimento ricoperto di segatura, perciò dovette raccogliere il tutto sotto lo sguardo della classe improvvisamente silenziosa.
Membrandt osservò tutta la scena in silenzio cerimonioso, limitandosi a sbattere le palpebre una volta sola mentre lo scandagliava dalla testa ai piedi, quindi il ragazzo nel frattempo divenuto dello stesso colore dei petali della Primula, gli porse un pezzo di pergamena che un tempo aveva avuto un’aria ufficiale ma che era stato irrimediabilmente spiegazzato dal capitombolo.
Il professore lesse l’appunto, poi diede un colpetto al vaso davanti a sé con la bacchetta per attirare l’attenzione della classe << Questo è Edward Wolf. Da oggi farà parte della Casa di Tassorosso. Per motivi personali non ha potuto partecipare allo Smistamento, ma sono sicuro che saprete accoglierlo in modo efficiente nonostante questo inconveniente >> efficiente.
Avrebbe potuto usare qualsiasi altro aggettivo, ma c’era da scommetterci che quell’uomo non avesse un briciolo di sentimenti.
Edward-il Genio Wolf sedette in mezzo ai suoi vomitevolmente accoglienti compagni di Casa, cui rivolse un gran sorriso, e Ladone cercò di stimare la sua età in base al suo aspetto.
Aveva i capelli a spazzola castano chiaro, quasi la stessa identica tonalità di Nicola, le spalle larghe e il corpo flessuoso, con mani sproporzionatamente grandi e un volto anonimo.
Diciannove o vent’anni al massimo << Un altro anglofono? >> mormorò Ambar incuriosito << Pare che Aradia stia facendo la concorrenza a Hogwarts o sbaglio? >> << Non dire sciocchezze >> lo rimbrottò Kira, ma anche lei aveva la fronte corrugata << Non mi pare che gli inglesi abbiano subito questa gran perdita >> commentò Ladone disgustato nel guardare il nuovo arrivato e gli altri due ridacchiarono << Stavamo parlando di distruggere Shafiq comunque >> ricordò ad entrambi.
 
*
Dopo due ore di Volo, l’ultima cosa che Ladone voleva era andare nell’ufficio di Madenego, era ancora più frustrante visto che non sapeva perché, ma subito dopo la doccia, nonostante i muscoli in protesta abbandonò Nicola vicino alla Sala Grande e si affrettò verso l’ufficio del mago.
Era nei sotterranei come per i Dormitori dei Serpeverde, solo che andava raggiunto seguendo un tortuoso percorso tra vari corridoi più o meno dritti e scale messe in posti strani.
Se non si perse fu solo per fortuna comunque, rimase incerto del proprio cammino per la maggior parte del tempo, e quando vide la targhetta sulla porta di ebano sontuosamente decorata non poté rilasciare un sospiro di sollievo << Entra >> sentì non appena si avvicinò per bussare e dentro di sé imprecò per il sobbalzo che la voce gli aveva causato.
Quell’uomo voleva fargli venire un infarto!
Aprì la porta dopo aver raddrizzato le spalle, per quanto indolenzite dagli esercizi dell’attività più stupida del mondo, e entrò in quello che pareva un salotto anche se di accogliente non aveva nulla.
Era bello naturalmente, con un divano di pelle nera e un tavolo d’argento sontuosamente decorato, nonché una delle scrivanie più eleganti che avesse mai visto e una libreria dello stesso genere ricolma, ma la luce era soffusa, le tende tirate, persino gli affreschi erano delle tonalità del grigio e del nero.
Ebbe un brivido lungo la schiena, e provò la stessa sensazione di limitazione che aveva provato a lezione, solo che adesso lo circondava interamente.
Davanti a lui stavano Madenego e Makar, l’uno seduto sul divano e l’altra in piedi proprio alle sue spalle << Siediti, vieni >> fece lei indicando una sedia imbottita dirimpetto a loro e nell’obbedire Ladone si sentì drizzare i capelli sulla nuca.
Visualizzò diamante e pietra, visualizzò mura impenetrabili e ghiaccio << Non c’è bisogno di preoccuparsi, ragazzo. Non ti abbiamo chiamato per punirti >> continuò lui e di nuovo vide quel sorriso predatore che aveva visto al mattino.
Non si permise di provare disagio comunque << Perché sono qui allora, se posso chiederlo? >> << Per una convergenza di fattori a dire il vero. Possiamo cominciare dalle cose semplici, che ne dici? >> a Ladone non piacque per nulla il tono gentile della strega.
La vide muoversi con tranquillità e sedere di fianco al collega, accavallando le gambe per mettersi comoda, come se la loro fosse una chiacchierata di piacere.
Perché a lui invece non pareva niente del genere?
Non aveva la più pallida idea di cosa avesse fatto per creare una convergenza di fattori in meno di una settimana, ma rimase in silenzio comunque << Il professor Madenego mi ha confidato un particolare sfoggio di potere durante la lezione di questo mattino. Ho ripensato allora alle parole del signor Minelli durante Storia della Magia... ci chiedevamo quando siete venuti a conoscenza delle vostre facoltà e come, visto che vostro padre è un babbano >> Ladone corrugò le sopracciglia << Non capisco come le due cose siano collegate >> in realtà lo capiva eccome, ma voleva un po’ di tempo per pensare a cosa fare.
A cose normali non sarebbe stato un grosso rischio raccontare la verità, niente della loro vita dopo Oreste valeva la pena di essere nascosto, se si escludeva il suo legame con Nicola naturalmente, ma quei due erano Serpeverde e si sarebbe mangiato la sua mano dominante se non ci fosse stato un fine secondario dietro quella domanda << Come fa un mago che ha scoperto le sue facoltà da poco possedere un simile potere? >> esplicitò allora Madenego, prosciugando con quella semplice domanda il tempo che voleva guadagnare.
Si risolse ad una mezza misura: << Sappiamo chi siamo da circa due anni. Un gruppo di maghi incontrati per caso ci ha spiegato le basi essenziali nel Mondo della Magia >> << E voi avete semplicemente creduto loro? >> chiese Makar inamovibile << Sì >> << Se le tue menzogne non saranno più convincenti dovrò toglierti altri punti >> commentò Madenego con una smorfia sprezzante e di nuovo gli occhi di Makar parvero sorridere.
Ladone strinse le labbra in una linea sottile, sentendo la propria vipera sibilare, e il sorriso del suo professore si allargò << Esattamente di questo parlavo >> disse alla collega, indicando con un cenno il ragazzo come se non fosse a pochi passi di distanza << È la stessa onda di potere che ho percepito in classe. Meno intensa naturalmente, ma è inconfondibile >> << Interessante >> << Potete spiegare anche a me cosa c’è di così interessante? >> sibilò Ladone prima di riuscire a trattenersi e i due gli rivolsero la stessa occhiata sorpresa.
Ci fu un momento di silenzio, poi fu di nuovo lei a parlare << Il professor Madenego è convinto che la tua base di potere sia diversa da quella del resto di noi >> dichiarò, e avrebbe potuto farlo in turco per quello che Ladone comprese, ma si sarebbe ucciso prima di fare domande << Normalmente i maghi hanno accesso alla propria essenza per fare magia. Anima, fonte energetica... negli anni è stata chiamata in vari modi. Per riassumere in poche frasi ciò che avrebbe bisogno di anni per essere compreso appieno, per la maggior parte della comunità magica gli incantesimi sono animati da volontà e potere. Nel tuo caso invece... volontà e rabbia. O meglio, la rabbia è il tuo potere >> << E questo che significa? >> la strega sospirò come per raccogliere tutta la propria pazienza << Sarebbe più facile da comprendere se fossimo a conoscenza della tua storia personale, Minelli >> << Non c’è una storia. Io e Nicola siamo orfani. Conosciuti e cresciuti in orfanotrofio. A cinque anni hanno cercato di adottarci, ma poiché ci avrebbero separato siamo scappati. Da allora abbiamo vissuto per strada. Oreste Minelli ha deciso di adottarci entrambi circa tre anni fa. È sufficiente? Adesso spiegatemi cosa c’entra questo con le sciocchezze sulla mia magia >> Madenego sospirò, Makar invece sprofondò un po’ di più nel divano << Suppongo che siate riusciti a scappare dall’orfanotrofio grazie a qualche fortuito incidente >> se incidente si poteva chiamare l’abilità Jedi di Nicola, allora sì, era un incidente.
Assentì << Suppongo anche che in più di un’occasione situazioni simili si siano ripetute. E anche che la maggior parte delle volte tu fossi arrabbiato. Anzi... sono pronta a scommettere la mia bacchetta che la rabbia sia l’emozione che di gran lunga primeggia nella tua persona >> Ladone divenne una statua di ghiaccio davanti ai due.
Odiava quella situazione.
La sua vipera scalpitava e faceva scattare le fauci, riempiendogli le vene di veleno bruciante.
Erano una minaccia? Quei due erano una minaccia per lui e Nicola?
Il suo cervello cominciò a lavorare febbrilmente.
Se si fosse trovato davanti ad Arrighi o Lawsonia avrebbe improvvisato una scenata di qualche tipo, forse persino un piagnisteo, ma i Serpeverde erano fatti di un’altra pasta << No, non ci hanno stupito >> disse con voce neutra << Quando ci hanno parlato del Mondo della Magia abbiamo semplicemente trovato conferma a qualcosa che sapevamo già >> << Un tipo di magia come il tuo è piuttosto raro, Minelli. Sai qual è l’unico altro mago capace di trasformare le emozioni in magia? >> chiese Madenego con gli occhi vivi di qualcosa per la prima volta << No >> Makar si avvicinò con il busto, sciogliendo le gambe incrociate e trafiggendolo con gli occhi verdi << Sir Harry James Potter >> disse con grande serietà.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Ladone sbuffò << Che sciocchezza >> disse e la strega corrugò la fronte perplessa << Ho letto le cronache di Sir Potter. Volete farmi credere che le idiozie sul potere dell’amore sono vere? >> << Molto più che vere, Minelli. Un intero reparto dell’Ufficio Misteri di Londra si occupa di ricerche per imbrigliare questa emozione e poterne usufruire a volontà >> << Amore in bottiglia >> aggiunse Madenego, per poi sollevare la mano nella sua direzione << Ma pare che non sia l’unico sentimento capace di fare da combustibile >> Ladone cercò di non mostrarsi scioccato quanto era, spostando il proprio peso nervosamente sulla sedia prima di incrociare le braccia al petto.
Si accorse poi di essersi messo in atteggiamento difensivo e tornò a rilassarsi, maledicendo silenziosamente Oreste per averlo ammorbidito << Ammettiamo che sia vero >> mormorò << Perché la cosa necessita di attenzione? Cosa cambia della mia magia la fonte da cui scaturisce? >> << Questa domanda tradisce la tua ignoranza in sé e per sé >> sibilò Makar << Che poi è esattamente il motivo per cui sei stato convocato qui. La storia è piena di disastri causati dall’ignoranza. Un mago con il potere che possiedi non può permettersi il lusso di non sapere >> << Quindi mi state proponendo cosa esattamente? Un corso di potenziamento? >> fece lui scettico, portandosi distrattamente la frangia sinistra dietro l’orecchio << Più di aggiornamento in realtà >> lo corresse Madenego << Per quanto potente, la tua magia è anche altamente instabile. La rabbia è un’emozione difficile da controllare >> << Finora l’ho fatto perfettamente >> il professore sbuffò di nuovo << Certo >> fece sarcastico << Immagina cosa sarebbe successo se invece di aprire lucchetti vi avessi chiesto di tagliarvi le unghie >> aggiunse tetro e Ladone rabbrividì.
Comprese adesso cos’era stata quella sensazione di vuoto che aveva percepito dopo l’Incantesimo di Chiusura.
Aveva prosciugato la propria rabbia evidentemente.
Il fatto poi che la mancanza di questa lo portasse a quello stato... beh, quello lo portava a pensare << Avete parlato di più fattori >> disse quindi dopo qualche momento, riprendendo le redini di se stesso e adesso toccò a Madenego parlare per primo << Tu e tuo fratello non avete legami di sangue >> non era una domanda ma Ladone assentì lo stesso << Arrighi ci ha riferito l’episodio avvenuto nella sua classe >> continuò il professore, seguendo le parole da una lunga occhiata con il sopracciglio sollevato << Naturalmente la Grifondoro è irrimediabilmente convinta che siate molto legati per via di un’infanzia difficile >> << Quella donna adora le storie drammatiche >> intervenne Makar con un sospiro e l’altro diede in un ghigno ironico << Lungi da noi invece sapere le ragioni del vostro legame, siamo molto più interessati a capire come sia possibile che due maghi si siano incontrati nello stesso posto. È una coincidenza molto più che forzata >> << Siamo cresciuti nello stesso posto >> rispose Ladone << E non sapevamo di essere maghi >> << Come vi siete conosciuti? >> insistette la strega con voce neutra e il giovane di nuovo si irrigidì << Perché lo volete sapere? Non capisco il motivo di queste domande >> Madenego schioccò la lingua sul palato, spazientito << Sai quanto sia raro che due fratelli finiscano in Case così diverse? Il fatto che siate così legati ha dell’incredibile >> << Ho pensato che la divisione in Case fosse una sciocchezza sin dall’inizio infatti >> ribatté Ladone a quel punto.
Che razza di stronzate!
I due professori si scambiarono un’occhiata << Avete qualche idea di chi siano i vostri genitori? >> chiese lei << No >> sibilò il ragazzo, poi: << Dovremmo? >> << È possibile che si conoscessero se vi hanno abbandonato nello stesso posto, non pensi? >> << Peccato che non vi sia modo di saperlo, giusto? Non sono l’unico orfano di questa scuola... Metà dei figli della Seconda Guerra lo sono >> << Ma nessuno di loro ha conosciuto un suo simile prima di essere affidato ad una famiglia. Anzi, il caso stesso che voi siate cresciuti in un orfanotrofio babbano ha dello sconcertante. Com’è possibile che i vostri genitori vi abbiano abbandonati lì? >> << Perché lo chiede a me, signore? >> fu la tagliente risposta del ragazzo, stanco ormai di sopportare quell’inutile interrogatorio << Non capisci? >> ribatté Madenego con lo stesso tono spazientito << Significa che non siete finiti lì per caso >> Ladone sentì il cuore ghiacciare << P-prego? >> esalò, e sentì il proprio corpo farsi freddo come ghiaccio << Le probabilità che un mago finisca in un orfanotrofio babbano sono molto scarse. Un mago abbandona un figlio trai propri simili, a meno che non abbia un motivo estremamente importante per non farlo. Ma quante probabilità vi sono che a due maghi accada lo stesso? E nello stesso posto per giunta! Se i vostri genitori fossero semplicemente morti, cause naturali o meno, sarebbe stato il Mondo della Magia ad occuparsi di voi, mentre invece non v’è traccia di voi trai nostri documenti prima di Novembre dello scorso anno. Questo significa che siete stati abbandonati volontariamente. Se semplicemente non vi volevano, perché portarvi trai babbani? >> << Forse era più facile >> << Dopo che Lord Voldemort in persona è stato parto di uno di quei posti orribili? >> ribatté Makar scettica, prendendo il posto del collega nel proseguire: << Tutti noi sappiamo la storia di Tom Riddle. Nessun mago rischierebbe una fine simile per il proprio figlio. Ci deve essere stata un’altra ragione >> perché quelle inutili chiacchiere avevano senso?
Perché ascoltarle?
A lui non importava nulla dei suoi genitori. Nulla.
Ancora di più dopo quello che aveva scoperto quella mattina << E allora? >> domandò, anche se la sua voce uscì molto debole, incerta.
Si schiarì la gola, ma il danno era ormai fatto << Esiste la possibilità che l’abbiano fatto per nascondervi >> esplicitò Makar neutra << E mi viene in mente un solo motivo per farlo all’epoca della vostra nascita, solo un tipo di maghi sarebbe stato costretto alla clandestinità al punto da lasciarvi ai babbani >> << Erano Mangiamorte >> rispose Ladone con un alito di fiato.
Il silenzio che seguì bastò da conferma.
Spiegava perché lui e Nicola fossero nello stesso posto, visto che probabilmente i loro genitori si conoscevano, forse erano persino imparentati, e di gran lunga confermava le supposizioni di Ambar su suo padre.
Theodore Nott era suo padre, ormai non v’era alcun’ombra di dubbio << Ne avete già parlato con Nicola? >> chiese << Non abbiamo condiviso i nostri dubbi con nessuno >> disse Makar << Nella nostra Casa i segreti si mantengono, non vengono divulgati >> << Che significa?> domandò Ladone sorpreso e lei corrugò la fronte come se non avesse capito << Mi pare di averlo già detto in precedenza: le serpi si proteggono a vicenda. Ti abbiamo convocato qui per metterti in guardia >> << Raccontare ad altri che siete cresciuti nello stesso posto porterà facilmente alla stessa conclusione >> aggiunse Madenego << Probabilmente Nicola lo avrà detto già a mezza Aradia >> fece Ladone con un sospiro sconfortato, ma i due insegnanti non parvero perdersi d’animo << È meglio manipolare la verità allora, dando voi stessi una versione della stessa. Siete figli di Mangiamorte, non sapete chi e non vi interessa, ma tuo fratello è un Grifondoro, quindi in parte la sua colpa è mondata solo per questo. Per te invece... >> << Non ho bisogno di alcuna scusa per me >> lo interruppe Ladone, raddrizzando le spalle << Sono figlio di un Mangiamorte e sono un Serpeverde. Ebbene? Non sono l’unico. Malfoy lo è. E anche Parkinson. Sono ad Hogwarts, giusto? Se loro possono sopravvivere posso farlo anche io >> entrambi i Fondatori lo guardarono per un lungo istante, poi Madenego diede in una risatina << Coraggio, Minelli? Sicuro di non essere nella Casa sbagliata? >> a quelle parole anche il giovane mago non poté fare a meno di sorridere.
Il solo pensiero di finire trai Leoni gli metteva la pelle d’oca << Ad ogni modo è molto più probabile che siano i tuoi compagni di Casa ad accorgersene per primi >> beh, ad Ambar e Kira non era servito poi molto per farlo.
E se anche l’avesse capito tutta la scuola cosa sarebbe cambiato?
Nella peggiore delle ipotesi sarebbe stato allontanato come la peste o messo ai margini.
Nella migliore temuto.
Ed era del tutto intenzionato a realizzare la seconda << Vi sono altri fattori che dovete prendere in considerazione? Lawsonia mi ha affidato lo Sleipnir e vorrei occuparmene prima di cena >> era impossibile naturalmente, ma avrebbe dato loro un motivo per abbreviare l’incontro << Chi ti ha aggredito ieri notte? >> domandò lei << Ho già detto al professor... >> << Oh ti prego >> lo zittì Madenego alzando gli occhi al cielo << Sono sicuro che puoi fare di meglio. Hai avuto un’intera giornata. Seppur davvero non sapessi chi erano prima, adesso lo avrai scoperto, giusto? >> << Non ho alcun interesse a far sapere chi sono >> << Nemmeno per vendicarti? >> incalzò lei e Ladone si prese la libertà di rivolgerle una lunga occhiata << Se anche sapessi qualcosa... in che modo condividere coi miei Capocasa dovrebbe aiutarmi a vendicarmi, professoressa Makar? >> i due insegnanti si scambiarono uno sguardo d’intesa, poi lei scrollò le spalle e si alzò in piedi per prima, seguita poi da Madenego.
Ladone fece lo stesso, prendendo il gesto per il congedo che era << Cerca di non sporcare il tappeto mentre riordini >> disse il mago, assestandosi distrattamente gli occhiali, e Ladone non poté trattenere un ghigno << Certamente, signore. Buonanotte >> i due ricambiarono con un gesto ciascuno del capo, lasciandolo libero di andare.
Una volta nel corridoio Ladone era certo di due cose.
La prima era che la Casa di Serpeverde sarebbe stata ai suoi piedi entro la fine della settimana.
La seconda era che, Cristo, doveva assolutamente trovare il modo di scopare con Nicola, o la frustrazione lo avrebbe ucciso.


NA: Questo capitolo comincia a spiegare qualcosina... che ne pensate??

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


 7
Chi la fa l'aspetti


 
Sin dal giorno dopo Ladone fu consapevole che entrambi i suoi obiettivi erano strettamente collegati, ma attese comunque fino a domenica per raggiungerli.
Studiò attentamente le mosse di Shafiq, per qualche ragione il mago pareva non trovarlo simpatico e tentava di sminuirlo ad ogni occasione, ma non era troppo diverso dalle miriadi di arroganti e stupidi capibanda che Ladone aveva incontrato fino alla nausea mentre viveva per strada.
E se a cinque anni era riuscito a tener loro testa, non vedeva come adesso che ne aveva il triplo e più dovesse essere più difficile.
Domenica mattina si svegliò alle cinque.
Non aveva bisogno di sveglie, la sua vipera non dormiva mai, ma in qualche modo Ambar riuscì a percepire il fruscio sottile delle lenzuola mentre si alzava << Stai andando a fare qualcosa di interessante? >> domandò senza nemmeno darsi la pena di aprire le palpebre, anche se la sua voce non era affatto assonnata.
Ladone si infilò un paio di jeans scuri e un maglione nero, raccogliendosi infine i capelli in una corta e comoda coda << Sembra una cosa seria >> continuò Ambar anche se non aveva ricevuto risposta, e questa volta gettò fuori i piedi dal letto.
Ladone si fermò di fronte a lui con le spalle dritte e i piedi ben piazzati, fissandolo dritto negli occhi << Ho intenzione di farla pagare a Shafiq >> << Questo lo so >> concesse Ambar morbidamente, allungandosi nel frattempo per prendere i propri pantaloni della divisa abbandonati vicino al letto << Quel che non sai è che voglio farlo in modo spettacolare. E voglio che sappia che sono stato io. Senza naturalmente che nessuno possa incolparmi >> << Sapevo che diventare tuo amico sarebbe stata una buona idea >> ghignò l’altro, alzandosi in piedi infine.
Si infilò una maglietta grigio scuro sulla pelle d’ebano e nella penombra i suoi occhi parevano ancora più brillanti del solito << Che devo fare? >> in quella un bussare fievole venne dalla porta, facendo trasalire entrambi.
Estrassero le bacchette nello stesso momento in cui l’uscio si apriva, ma a ricambiarli trovarono solo Kira, in jeans e felpa con l’espressione annoiata e condiscendente di sempre << Sapevo che sarebbe stato oggi >> fece con semplicità << Ieri a cena sembravi un gatto che pregusta il pesciolino nell’acquario >> Ambar si portò la mano al petto con un miagolio melodrammatico, ridacchiando verso Ladone << Non sapete nemmeno quello che voglio fare >> << Oh, ti prego... Ce l’hai scritto in fronte. Umiliazione >> ribatté lei incrociando le braccia al petto << A voi va bene? >> Kira si tirò indietro dignitosamente i lunghi ricci, aprendosi in un sorriso malevolo << Un Serpeverde che ne aggredisce un altro a calci e pugni come un babbano. È volgare. Che figura ci facciamo? >> i tre ridacchiarono insieme.
Kira aveva ragione naturalmente e nel guardare nei suoi occhi scuri ammirò il suo ritegno diamantino.
Ladone non la conosceva da molto, ma non gli dispiaceva affatto il suo atteggiamento << Allora... che facciamo? >> continuò lei con la casualità con cui si parla del tempo.
Ladone fece cenno di seguirlo e loro obbedirono << Troviamo le loro camere prima di tutto >> lei scrollò le spalle << Facile. Ho controllato tutto il piano il primo giorno che sono arrivata qui >> << Come diamine hai fatto con Madenego che fa le ronde? >> lei diede in un sorrisetto scaltro verso Ambar, dandogli poi un buffetto sulla spalla con fare rassicurante << Te lo spiegherò quando sarai un po’ più grande >> il mago rispose con un’occhiataccia e uno schiocco di lingua, ma prima che potesse ribattere anche a parole lei si incamminò per fare strada.
I tre erano in due camere, una di fianco all’altra, i due Shafiq da una parte e il lacchè, che avevano scoperto chiamarsi Layman nell’altra, insieme ad un quarto che non conoscevano << Io mi prenoto per lo schiavetto >> fece Kira per prima, pronunciando poi un debole Mufflatio prima di aprire la porta.
Ladone in tutta sincerità non sapeva perché si fidasse di loro.
Forse fu la tranquillità con cui Ambar Pietrificò Salim, forse il modo in cui Kira guidò il corpo inerme di Layman fuori della stanza come se fosse la cosa più normale del mondo, forse, più semplicemente, furono gli sguardi di complicità che si scambiarono pur tenendo le bacchette salde e la determinazione ferrea, ma ad ogni modo, seppur li conoscesse da pochissimo, sapeva di poter contare su di loro.
Aveva imparato a giudicare in fretta.
Aveva affinato il suo sguardo, i suoi criteri; per poter sopravvivere dove era cresciuto aveva dovuto imparare a discernere con un battito di ciglia chi aveva davanti.
E quei due... quei due erano okay.
Salì per primo i gradini che portavano fuori dai sotterranei, guidando con attenzione il corpo svolazzante di Tarik lungo gli scalini, e una volta raggiunta la porta fece cenno agli altri due di raggiungerlo.
Se Nicola non fosse stato lì dietro ad aspettarlo?
Cazzo, lo avrebbe divorato vivo nel caso.
Ma no, il Grifondoro era dove doveva essere, sorriso luminoso e aspetto magnificamente disordinato.
Senza maglietta, con solo il pantalone del pigiama e i capelli selvaggi intorno al viso, il suo leone sembrava uscito dal uno dei suoi sogni.
Resistette all’impulso di baciarlo lì sul posto, poche ore non lo avrebbero ucciso, e preferì invece seguirlo in silenzio mentre apriva la porta con lo stemma del felino rampante e li invitava ad entrare.
La loro sala comune sembrava uscita da un brutto film basato sui cavalieri di Re Artù.
Pietra per le pareti, un camino possente e minaccioso, e un’enorme tavola rotonda al centro della stanza con tanto di vanagloriosa e assurda statua d’oro massiccio al centro.
No, decisamente Ladone si sarebbe ucciso prima di vivere in un posto simile << Dove li scarichiamo? >> volle sapere Ambar guardandosi intorno come fosse in gita scolastica, e di nuovo Nicola fece loro cenno di seguirlo.
Raggiunsero la terza porta a sinistra nell’ala dei dormitori, e dietro il pannello di quercia massiccia il Grifondoro rivelò una stanza con tre letti, tutti e tre vuoti, solo che uno era anche sfatto << I tuoi compagni di stanza sono gentili a lasciarti tanta privacy >> mormorò Kira con una risatina ironica << Ho detto loro che avrei avuto compagnia stanotte >> Ambar dovette tapparsi la bocca con la mano per non scoppiare a ridere.
Probabilmente aveva capito << Dio, sei la persona più perfida che io abbia mai visto! >> esclamò guardando Ladone, anche se dovette farlo a voce bassa << È tuo fratello! >> lo accompagnò Kira scandalizzata, ma l’altro si limitò ad una scrollata di spalle.
Con un gesto di bacchetta adagiò Tarik sul letto di Nicola e con il seguente lo liberò della sua camicia da notte.
Salim finì di fianco al cugino, a lui si limitò ad aprire un paio di bottoni del pigiama prima di sfilargli i pantaloni, mentre il terzo lo depositò su uno dei due letti liberi, per traverso, e per non urtare la sensibilità dell’unica donna presente si adeguò a lasciarlo in biancheria << Pare che a Nicola piacciano i serpenti >> fece poi, guardando suo fratello con un sorriso sghembo e l’altro lo studiò molto seriamente prima di raggiungerlo e fermarsi ad un solo passo di distanza.
Ladone sostenne il suo sguardo, sentì la pressione della sua presenza contro il proprio corpo e la sua vipera sibilò di piacere a contatto con quel calore ferino << Un serpente >> chiarì, un cupo brontolio in fondo alla gola, e Ladone diede in un unico cenno del capo, incapace di parlare per il semplice motivo che la sua bocca si era completamente inaridita.
Dopo un altro istante di occhi di topazio fiammeggiante, Nicola indietreggiò e tornò a sorridere placido << A che ora lo spettacolo? >> Ladone scrollò le spalle per darsi un contegno, distogliendo lo sguardo infine << È domenica. Diamo tempo ai nostri compagni di svegliarsi tardi... alle nove? >> << E io dove dovrei dormire nel frattempo? Hai occupato il mio letto! >> fu il turno di Ladone di rivolgergli il suo sguardo tagliente << Prova a toccare uno di loro anche solo con un dito e dovrai nutrirti con una cannuccia quando avrò finito >> sibilò, niente di diverso dalla serpe che era il suo nome, ma Nicola si limitò a ridacchiare e sollevare le mani in segno di resa.
Andò a sedersi docilmente sul letto libero, senza smettere di sorridere << Adesso andate. La Arrighi si sveglierà tra poco e comincerà le ronde >> Ladone assentì e andò alla porta, ma mentre Kira e Ambar lo seguivano si rese conto che trattenersi era inutile.
I due non erano ciechi né stupidi.
Tornò sui propri passi con un’imprecazione trattenuta, raggiunse Nicola e senza preavviso lo afferrò per i capelli, facendo scontrare subito dopo le loro labbra.
Assaporò quella bocca di miele caldo come un alcolizzato fa con un bicchiere di scotch dopo un anno di sobrietà, morse e leccò quelle forme amate, respirò il fiato bollente che amava, lasciò che rapisse il proprio finché non si sentì la testa leggera e pulsante.
Si rimise dritto con un ansito, il petto ansimante, perso nelle pupille giganti di desiderio dell’altro << Possiamo andare... adesso >> esalò portandosi dietro le orecchie le ciocche che le mani di Nicola avevano liberato dall’elastico.
Gli diede le spalle subito dopo, senza aggiungere altro, e con passi decisi e veloci percorse la strada del ritorno, fino alla propria stanza.
Kira seguì lui e Ambar senza che nessuno dei due si opponesse e quando si chiusero la porta alle spalle furono avvolti da un silenzio pesante come piombo.
Si protrasse per qualche secondo, Ladone sentì il proprio cuore contare gli attimi con assordanti battiti, poi, come al solito, Ambar parve averne abbastanza: << Beh, mi aspettavo di meglio. Non vale come incesto se non siete davvero fratelli >> il tono deluso e l’espressione sconsolata furono abbastanza fuori luogo che fu inevitabile scoppiare a ridere.
Ladone crollò seduto sul letto con un sospiro di sollievo, coprendosi il volto con le mani mentre ancora rideva, e fu grato, enormemente grato, dell’esistenza di Ambar.
Anche se naturalmente si sarebbe tagliato la lingua prima di ammetterlo a voce alta << Per lo meno si capiscono un paio di cose. Temevo fosse qualche gioco perverso di sottomissione >> intervenne Kira scrollando le spalle mentre prendeva posto al suo fianco << Una cosa non esclude l’altra >> commentò Ambar incrociando le gambe lunghe dopo essersi arrampicato dall’altra parte, del tutto incurante che non fosse il proprio << Ma piantala! >> lo ammonì lei scherzosamente, mentre l’altro continuava con il suo sorriso da volpe << Quanto siamo fottuti? >> domandò Ladone togliendosi l’elastico che Nicola aveva già per metà sfatto e ravvivandosi i capelli con una mano << Mmm... ci starebbe una facile battuta, ma mi asterrò per amore di conversazione >> commentò Ambar stiracchiandosi vistosamente mentre Kira gli lanciava un’occhiataccia prima di stringersi nelle spalle << Nella comunità magica l’omosessualità non è condannata come trai babbani. Per lo più è vista come un atto egoistico visto che impedisce la riproduzione, e, come sai, la nostra è una popolazione in calo >> spiegò poi lei << Anche con l’Inquisizione? >> lei strinse le labbra, senza saper che rispondere, e forse per questo si voltarono verso Ambar << Ehi, io non sono gay >> si difese, riuscendo in qualche modo a sembrare sia innocente che un bugiardo patentato.
Ladone non credeva né ad angeli né a diavoli, ma era decisamente sicuro che Ambar fosse la perfetta combinazione di entrambi << E io nemmeno >> fece il più giovane sarcastico << È vero! A me... diciamo che in gelateria non so mai se scegliere vaniglia o cioccolato >> << Sei il peggiore >> commentò lei scrollando il capo con esasperazione << O il migliore >> << Possiamo continuare o preferite che vi lasci soli? >> questa volta Ladone ricevette l’espressione scandalizzata di entrambi.
Ambar fu il primo a riprendersi comunque, concentrandosi finalmente sulla domanda << L’Inquisizione non si intromette. Non si esprime né a favore né contro. Certo è che non ci sono matrimoni tra maghi o streghe dello stesso sesso in Italia e, in generale, è una questione di cui non si parla >> << Tabù o semplice accettazione? >> Ambar parve pensarci un momento, poi sospirò << Più una cosa del tipo “Occhio non vede, cuore non duole”, suppongo >> Ladone assentì lentamente, pensoso.
I due lo lasciarono fare per qualche minuto, ma lei alla fine attirò di nuovo la sua attenzione: << Hai intenzione di uscire allo scoperto? >> volle sapere << Non che a noi importi >> aggiunse << Anzi, non credo importi a nessuno >> << E se a qualcuno importerà potremo sempre pensarci allora >> offrì Ambar semplicemente.
Ladone sospirò << Forse. Non lo so. Quello che so è che Nicola non è granché bravo a nasconderlo >> << È un grifone, Lado... cerca di capirlo >> sorrise del familiare nomignolo mentre guardava l’altro mago, stupito lui stesso che non gli desse fastidio.
Rimasero in attesa per circa un’ora, ma quando le prime porte cominciarono ad aprirsi decisero di tornare in sala comune per godersi lo spettacolo.
Appena in tempo: si erano appena seduti sulle poltrone davanti al camino quando Shafiq e i suoi entrarono trafelati dalla porta, lui paonazzo di furia e vergogna per il proprio aspetto e, c’era da scommetterci, per il luogo in cui si era risvegliato.
Dietro di loro entrò subito dopo Makar, palesemente furibonda << Andate a ricoprirvi, stupidi incoscienti >> sibilò indicando con una mano impietosa i Dormitori, mentre nella Sala Comune cominciavano a sollevarsi i sussurri << Che cosa è successo? >> domandò Ladone candidamente sollevandosi in piedi e gli occhi verdi della strega si posarono su di lui per un lungo istante.
Le sue spalle si rilassarono e nonostante il velo che le copriva il volto parve sorridere ancora una volta << Pare che il signor Shafiq abbia deciso di portare ad un nuovo livello la promiscuità tra le Case >> dichiarò << Oppure suo fratello, signor Minelli, è davvero estremamente ospitale con i Serpeverde. Sono certa grazie alla sua influenza >> << Che c’entra mio fratello con Shafiq? >> lei sollevò un sopracciglio, scrutandolo, spaziando poi lo sguardo nell’intorno, notando gli studenti accorsi e in attesa silenziosamente << Provi a chiederlo a lui >> dichiarò Makar infine, tornando sui suoi passi senza aggiungere altro.
Ladone sentì lo sguardo di tutti posarsi su di lui, ma la sua vipera era ben salda, acciambellata soddisfatta pregustando la loro curiosità e il loro timore di pari passo.
Quando si incamminò Ambar e Kira lo affiancarono senza una parola, risalirono le scale con calma e quando aprirono la porta furono accolti esattamente da ciò che Ladone aveva sperato: Nicola e Zeus stavano discutendo davanti alle scale, circondati da gran parte della scuola visto che non c’era molto altro da fare in una mattina di domenica << Devo andare da lui, non capisci?! >> esclamò Nicola verso l’amico, che cercava di trattenerlo dal forzare la porta dei Serpeverde << Mi stavi cercando? >> domandò Ladone in quella, attirando così l’attenzione di tutti.
Ci fu un momento di silenzio, poi Nicola superò Zeus e lo guardò mortificato << Non è come sembra >> esordì, a voce bassa, tremante, gli occhi di topazio velati d’ombra << Cosa sta succedendo? >> << Eravamo ubriachi! È stato solo... >> << Che cosa hai fatto? >> fece Ladone minacciosamente, portando la mano alla bacchetta, ma Kira vi portò la propria, fermandolo.
Lui la fulminò con lo sguardo, ma lei lo sostenne senza tentennare, fino a farlo desistere.
Quando lui abbassò la mano lei prese la sua bacchetta << Per sicurezza >> si giustificò << Arrighi ha trovato tre Serpeverde nella stanza di tuo fratello >> disse Alia poco dopo, le braccia incrociate al petto e il tono petulante << Non sappiamo chi, ma abbiamo perso cento punti grazie a questa bella idea >> << Tre >> fece Ladone asciutto, il volto divenuto quello di una statua di ghiaccio, e anche se non era una domanda la strega assentì lo stesso.
Solo dopo il silenzio che seguì parve rendersi conto dell’espressione terrificante di Ladone.
Il ragazzo sorrise nel guardare il fratello, un sorriso maligno che non toccava gli occhi << Potevi almeno invitarmi alla tua piccola festicciola >> disse << Lado... io... >> << Avrei portato qualche amico anche io >> le parole furono sputate fuori questa volta come veleno, tanto intense che alcuni degli studenti più vicini indietreggiarono di un passo.
Si permise ancora un’occhiata di fuoco, poi fece per andarsene, ma Nicola lo trattenne per una mano << Non toccarmi >> sibilò liberandosi con uno strattone << La tua stessa presenza è un’umiliazione per me. Non osare più nemmeno guardarmi! >> << È stata una sciocchezza! Una stupida... Ladone, sai che non farei mai nulla per ferirti >> << Nulla? Nulla?! Tre ragazzi ti sei fatto! >> ruggì a quel punto, colpendolo con una spinta a palmo aperto sul petto << E della mia Casa! Cosa volevi dimostrare?! Non hai avuto nemmeno la decenza di non farti scoprire! Sei... sei... >> mentre ancora cercava le parole, Nicola consumò il passo che li divideva e lo strinse a sé, conquistando la sua bocca con il più avido dei baci.
Lottò per allontanarlo, metà realtà e metà menzogna adesso, si chiese se l’Idiota non avesse accettato tutto quello sin dall’inizio solo per raggiungere quel risultato, ma lottare era inutile ormai.
Si abbandonò al bacio allora, sentì con un orecchio soltanto i respiri trattenuti e le esclamazioni di sorpresa, sarebbe arrossito se la sua vipera non si stesse crogiolando in tutto quel potere, sì, il sapere di essere al centro dell’attenzione di tutte quelle persone non poteva essere considerato nient’altro, la capacità di riuscirci lo era, perciò decise invece di approfittarne, derubando Nicola del fiato che cercava di rapire a lui << Minelli! >> tuonò una voce in quella, scandalizzata e incredula allo stesso modo, ma dovette attendere che il suo leone rilasciasse la presa che chiamava abbraccio prima di potersi volgere e fronteggiare Arrighi.
Nicola fece un passo avanti, schermandolo in parte con il proprio corpo, e allungò una mano dietro di sé per cercare quella di lui.
Era un comportamento che aveva già visto centinaia di volte, Nicola era possessivo e protettivo come un lupo, soprattutto davanti alle minacce, eppure cercava il suo tocco come rassicurazione.
Ladone lo accontentò, e non solo perché sapeva che ne aveva bisogno, lo fece perché era lui ad averne << Cosa diamine state facendo? >> fece la strega, il tono più acuto del solito tradiva il suo sconcerto più di qualsiasi altra parola << Non sono ammesse effusioni di questo tipo tra studenti! >> esclamò << E per certo... per certo non tra fratelli! >> << Non sono fratelli di sangue >> intervenne Madenego in quella, la sua voce annoiata lo precedette dagli scalini per qualche secondo prima che apparisse la sua figura.
Si appoggiò alla balaustra di marmo, incrociando le braccia al petto << E conosciamo tutti la propensione degli studenti a ignorare quella precisa regola, Aya >> aggiunse trattenendo uno sbadiglio.
Per la prima volta da quando lo conosceva, Ladone si chiese se la sua aria annoiata non fosse in verità semplicemente stanchezza.
Poi vide il suo sorriso compiaciuto e comprese che non poteva essere così << Ciò nonostante la loro efferatezza è a dir poco sconcertante! >> continuò lei imperterrita << Signor Minelli, ho appena sottratto cento punti alla sua Casa! Mi aspettavo più giudizio da lei! >> << È stato un gesto impulsivo, professoressa. Non si ripeterà più >> << Promesse da marinaio >> commentò Madenego ridacchiando << Simone! >> lo rimproverò Arrighi << Ladone Minelli è una tua serpe, se non sbaglio! >> << Infatti se ne sta attentamente zitto >> convenne il Capocasa, ricevendo un’occhiata infuocata dalla strega.
Sospirò alzando gli occhi al cielo, poi, con voce più annoiata che mai: << Cinque punti in meno a Serpeverde >> << Solo cinque punti?! È ridicolo! >> protestò la donna oltraggiata, ma l’altro si mostrò stupito da quella reazione << Non mi pare che il bacio fosse così male >> ribatté quello scandalizzato, volgendosi poi con un sorriso furbo nel dare le spalle alla Preside.
Tornò serio subito dopo, sollevando le mani come se scacciasse delle mosce fastidiose << Su, su, lo spettacolo è finito! A meno che non vogliate anche voi unirvi alle effusioni, levatevi di torno! >> esclamò, disperdendo così la folla riunitasi, e Ladone ne approfittò per allontanarsi insieme a Nicola verso la Sala Grande.
Non che fosse sufficiente a distogliere l’attenzione da loro, anzi, gli sguardi si focalizzarono su di loro non appena misero piede nella stanza, ma Ladone li ignorò, sedendosi invece a quello che era diventato il “suo” posto durante quella settimana mentre Ambar e Kira facevano lo stesso << Smettila di fissarmi >> sibilò versandosi il caffè << Sei arrabbiato? >> domandò Nicola a bassa voce, preoccupato forse, e l’altro sollevò gli occhi al cielo << Perché mai dovrei esserlo? Dovrei essermi abituato ormai alla tua totale assenza di raziocinio. Non ti chiamo Idiota per nulla del resto >> sibilò, ma le parole di risposta di Nicola (probabilmente delle stupide quanto inutili scuse) furono interrotte dall’arrivo di due ragazze, due serpi, che sederono di fianco a Kira, nello spazio che di solito la riccia teneva rigorosamente vuoto.
Erano entrambe bionde, la prima un biondo pallido acconciati corti con un folto ciuffo che nascondeva la fronte e parte di un occhio chiaro, anche se non poteva fare abbastanza per celare zigomi alti e taglienti, uno sguardo curioso e sfrontato e un paio di labbra a cuore generose.
Anche la seconda era bionda, anche se era palesemente tinto viste le ciocche castani ai lati del volto, dove li aveva rasati molto corti, aveva una corporatura molto atletica che la divisa non riusciva a nascondere, con spalle dritte da nuotatrice e un’espressione di sfida che Ladone aveva visto fin troppo spesso.
Kira guardò entrambe con uno sguardo assassino, ma la strega bionda, quella curiosa, la ricambiò  con un sorriso, affatto toccata dal suo astio << Aaron Tikaani >> si presentò tendendo la mano a Ladone << Sono la compagna di stanza di Klaus, anche se fa di tutto per fingere che così non sia >> dopo un momento di silenzio Ambar prese la mano tesa e inondò la ragazza con il suo miglior sorriso << Ambar Gemignani >> disse, facendola ridere visto che il saluto non era stato inteso a lui << Sono il compagno di stanza di Ladone. Ne so qualcosa sul fingere che io non esista >> anche la seconda ragazza scoppiò a ridere, portandola così a presentarsi << Anastasia De Santis. Io sono quella che ha fermato Aaron dallo scattarvi una foto nel bel mezzo del bacio >> << Uno scatto pulitissimo rovinato da una stupida mano >> si lamentò Tikaani allungandosi davanti a Kira per prendere la caraffa con il succo di frutta e guadagnandosi un’occhiata degna di un basilisco << Volevi farci una foto? >> chiese Nicola con il suo sorriso idiota sulla sua bellissima faccia idiota.
Ladone provò la smania di baciarlo e schiaffeggiarlo allo stesso momento << Probabilmente ti ho salvato la vita >> disse De Santis con uno sguardo sghembo nella sua direzione << Shafiq è una tua idea, giusto? >> << Non so di cosa tu stia parlando >> disse Ladone con un sorriso stucchevole << Guarda, parla! >> esclamarono all’unisono Ambar e Tikaani, volgendosi poi sorpresi l’uno verso l’altra nel sentire l’eco della voce dell’altro nella propria, scoppiando infine a ridere sulla propria colazione.
Ladone valutò se vomitare o se conficcarsi uno dei coltelli da burro nell’occhio per far cessare le proprie sofferenze << Tutti in Serpeverde sanno che sei stato tu. Shafiq non è abbastanza stupido per farsi trovare nella stanza di qualcun altro. Tanto meno un uomo. Spero per lui che la sua famiglia non lo venga a sapere… >> continuò De Santis mentre spalmava marmellata su una fetta di pane con gesti tranquilli e misurati, attenta a non sporcarsi le dita e a non far uscire la composta dai bordi.
Nonostante l’aspetto, era chiaramente una persona pacata e riflessiva.
A differenza di Tikaani, che aveva già cominciato a chiacchierare amichevolmente con Ambar di fronte a lei.
Ladone stava ancora valutando entrambe quando i due cugini Shafiq entrarono in Sala Grande.
Nessuno prestò loro attenzione alle altre tavole, e i Serpeverde erano di gran lunga troppo bravi a dissimulare per tradirsi, ma quando sederono il silenzio si creò intorno a loro come un cancro.
Tarik sedette al centro dell’arco esterno, e gli occhi viola raggiunsero Ladone senza la minima incertezza, ma in essi non c’era astio, non c’era un bel nulla, cosa che poteva essere anche più spaventosa << È stato molto coraggioso quello che avete fatto questa mattina >> disse De Santis dopo aver masticato accuratamente un boccone, rompendo il silenzio creatosi nel loro gruppo << Stupido, non coraggioso >> la corresse Ladone dopo un momento, rompendo la lotta di sguardi per tornare a mangiare.
Aveva di meglio da fare che giocare a chi ride per primo come un ragazzino << Griffondoro >> aggiunse, indicando con un dito Nicola, che ridacchiò << Anche la mia ragazza lo è >> disse Tikaani, volgendosi poi verso il tavolo rosso-oro per indicare una testa vistosamente scarlatta sepolta in un blocco da disegno.
Quasi l’avesse chiamata, proprio in quella sollevò il viso su di loro, arrossì violentemente e tornò a muovere freneticamente la matita che aveva tra le mani << Era terrorizzata all’idea di fare coming out, ma a te non è andata poi così male. Io ho cercato di dirle che per i maghi non è poi così terribile, il Maestro di mio padre è sposato con un uomo del resto e hanno anche una figlia, ma lei è una natababbana… non mi credeva >> Ladone la guardò per un momento, poi spostò lo sguardo su De Santis << Anche tu sei lesbica? >> in risposta lei si voltò verso il tavolo Tassorosso, indicando una ragazza con gli occhiali dalla montatura spessa e i capelli tagliati a spazzola che li salutò con un gran sorriso e un cenno entusiasta della mano << Tassorosso? >> fece Ambar vagamente disgustato e lei sospirò teatralmente << Nessuno è perfetto >> << Oh, magnifico. Adesso formeremo il nostro bel ghetto gay. Mi sento realizzato >> fece Ladone sarcastico, rinunciando alla brioche per non vomitare davvero << Io sono etero >> offrì Kira, parlando per la prima volta, a mo’ di consolazione, e Ambar soffocò una risata << Io bi. Direi che possiamo contare come minoranza rappresentata >> la riccia valutò le sue parole per un secondo e assentì prima di tornare al suo tè.
Ladone si rimangiò mentalmente tutti gli apprezzamenti che aveva avuto nei loro confronti quella mattina << Io sono Ladone-sessuale >> intervenne Nicola con il suo tempismo perfetto, stiracchiandosi poi contro lo schienale della sedia << Tette e culi non sono male, ma lui è meglio >> << Chiudi la bocca >> sibilò il Serpeverde << Oh, è arrossito >> cinguettò Ambar in falsetto << È quasi carino >> gli diede man forte Tikaani.
Ladone sospirò, un altro sospiro, e si chiese dove avrebbe preso la forza di finire la colazione.



N.A.: Ciao!
Okay, questa volta ci ho messo veramente tantissimo, ma cercherò di rimediare postando due capitoli alla volta.
Tentero (e ripeto TENTERO') una cadenza mensile, anche se non sono mai stata molto brava con le scadenze, ma potrebbe funzionare visto che in via del tutto straordinaria ho già scritto qualcosa XD XD
Ad ogni modo spero di leggere qualche vostro commento! Che ne pensate finora? 
Le critiche sono bene accette e grazie ancora infinite di leggere i miei zampettii inconsulti su fogli virtuali abbandonati <3

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


8
 
Tic Toc
 
La chiamata l’aveva svegliata dal suo torpore d’attesa come una deliziosa unghiata lungo la schiena, strappandole un ansito dal vago sentore di piacere.
Apparire al comando sapeva di giusto e assoluto, obbedire agli ordini era potere, era dare un senso a qualcosa che altrimenti non ne aveva alcuno, era strappare luce e vita alla follia oscura che la circondava.
Sentiva le propria risa isteriche tra le mura dell’edificio violato come una vergine la prima notte di nozze, le ombre come lei la superavano in implacabile azione, ognuna diretta ad uno specifico obiettivo, e quella vista sapeva di vittoria riconquistata, sapeva di comunione, catarsi ultima.
Le grida, la paura, l’angoscia.
Ne sentiva i sapori sulla lingua, li sentiva danzare nel proprio sangue, proliferare nelle sue vene, gelo e fuoco in un connubio profano e quasi carnale.
I raggi degli incantesimi che lanciava erano fulmini in un cielo nero, baleni di meraviglia nel buio, piccoli miracoli nell’istante di una formula soffiata.
Rosso, giallo, verde.
Grida e colori, questo muoveva le sue azioni.
La stanza in cui si ritrovò era persino più folle di lei, una catasta di orologi, pendoli e assurde meridiane, compresa un’enorme clessidra al cui interno la vita e la morte si susseguivano come ciclo invece che come linea.
Gli stimoli la sovrastarono per un momento, lasciandola stordita, provò allo stesso tempo meraviglia e sconcerto per la mera esistenza di quel posto, perciò si avvicinò quasi rapita ad una delle teche più vicine, contenente un piccolo orologio da taschino d’argento.
Lo raccolse tra le mani, ma non appena lo fece un dolore lancinante le attraversò il corpo, dolore come sotto alle cure del suo adorato Signore, dolore peggiore persino, e le sue membra mutarono e deformarono: lì dove il vestito nero cingeva un ventre piatto e smagrito si gonfiò una pancia rotonda, non troppo grande, il sufficiente a far tendere due dei piccolissimi bottoni di madreperla, ma prima che questi poterono saltare una sensazione di bagnato le scivolò tra le gambe e lei cadde urlante in agonia sul pavimento lustro.
L’orologio finì stritolato dalle sue mani alla ricerca di qualsiasi cosa da artigliare per sfogare il dolore straziante, una tensione orribile le cinse il ventre e si spinse tra le sue gambe, risvegliando istinti che nemmeno la sua follia era riuscita a cancellare.
Il fuoco la schiavizzò per lunghi minuti, interminabili, accecanti, e quando finì lei rimase riversa a terra, esausta, prosciugata, con un estraneo fardello deposto tra le gambe.
L’orrore la portò a liberarsi dell’orologio all’istante, lui e la lordura estranea che era uscita dal suo corpo, ma non appena il primo toccò il secondo questi scomparve nel nulla, e con esso la stanchezza di lei, come se quanto avvenuto non fosse in realtà successo.
Lei non sentì neppure il suo primo vagito.


NA:
Lo so lo so, è brevissimo, ma necessario lo giuro!
Qualche teoria che comincia a formarsi? Fatemi sapere che sono curiosa di cosa ne pensate!

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