Il mio posto

di Lena_Railgun
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come sono arrivata qui: un flashback in viaggio ***
Capitolo 2: *** Nervi a fior di pelle: la mia nuova vita incomincia ***
Capitolo 3: *** Compleanno a...casa? ***
Capitolo 4: *** Resisto ***
Capitolo 5: *** Far natale: esami, spettacolo e fiducia ***
Capitolo 6: *** Ritorno in Veneto ***
Capitolo 7: *** Una pessima messinscena ***
Capitolo 8: *** Sono cotta di te? ***
Capitolo 9: *** Rosalba ***
Capitolo 10: *** White Day ***
Capitolo 11: *** Tutto così intenso ***
Capitolo 12: *** La migliore pazzia ***
Capitolo 13: *** Esperienze ***
Capitolo 14: *** Passione ***
Capitolo 15: *** Fermami e sarai fermato ***
Capitolo 16: *** Un taglio netto ***
Capitolo 17: *** Le Chain Of Dreams ***
Capitolo 18: *** Tu vali più di tutto ***
Capitolo 19: *** Chiarimenti ***
Capitolo 20: *** L'anniversario di matrimonio ***
Capitolo 21: *** Il mio futuro ***
Capitolo 22: *** Ivan e Marina ***



Capitolo 1
*** Come sono arrivata qui: un flashback in viaggio ***


COME SONO ARRIVATA QUI: UN FLASHBACK IN VIAGGIO
 
In viaggio. Il sole si alzò sempre più nel cielo, brillante e luminoso che, come al solito, illuminava quella giornata di inizio settembre con un carico di nostalgia, ricordando che le vacanze sarebbero finite a breve. Guardai fuori dal finestrino distrattamente, ammirando il paesaggio che mutava ad ogni chilometro mentre scendevamo verso sud, salutando le mie adorate Alpi, chiedendomi quando le avrei riviste, per dare il “Buongiorno” alla catena appenninica, un paesaggio al quale dovevo abituarmi e sapevo che non sarebbe stato facile, non sarebbero bastate frasi fatte della serie “Ma sì, cambiare aria mi farà bene”. No. Continuavo a chiedermi se avessi preso la decisione giusta mentre stringevo tra le dita la collana che portavo al collo, sulla quale c'era scritto “Marina” il mio nome. Sapevo che,probabilmente, avrei dovuto toglierla; i ricordi che mi legano a quest'oggetto sono vari, smisurati con  tanti sentimenti contrastanti ma non ce la facevo a separarmene. Mi ricordavano quel cinque marzo, giorno dove mi trovai di fronte ad un bivio e prendere una decisione non fu per niente facile. Ma andiamo con ordine: Mi chiamo Marina Rinaldi, ho sedici anni e sono Veneta. Sono una ragazza molto chiusa e riflessiva, passionale che ama quello che fa e ci mette anima e cuore. Conseguenza del mio carattere è il fatto che non riesco a relazionarmi molto bene con gli altri. Perciò, quando mi lego a una persona, vuol dire che ci sono molto affezionata e cerco di trattarla con il massimo rispetto. Il destino mi ha donato delle amiche molto speciali, che sono riuscite ad andare oltre le apparenze, oltre al mio broncio e sono riuscite a conoscermi per quella che sono. Sono tre i nomi che rimarranno nel mio cuore nonostante l'avanzare degli anni: Mara, Lucia e Caterina, amiche incredibilmente dolci, conosciute in situazioni diverse ma abbiamo formato un gruppetto fenomenale. Per cominciare, Mara è la mia migliore amica da quando alle elementari ci misero nello stesso gruppo per decorare un cartellone. Strano a dirsi, ma la cosa che ci unì fu il nostro amore per il colore verde, colore che amo e che mi rispecchia, perché ricorda i miei occhi e la natura, che amo. Nonostante i mille litigi, siamo ancora qui dopo dieci anni.  Caterina l' ho conosciuta ad un corso di scrittura creative alle medie, una passione che ci ha unite fin da subito: la scrittura creativa è un'arte, ciò che ci rappresenta. Scriviamo principalmente fantasy e commedie d'amore, perciò l'ispirazione, inizialmente, proveniva molto da Harry Potter, saga che amiamo, e da qualche film d'animazione. Lucia è l'ultima arrivata: la chiamo “la mia bionda”, e frequenta la mia stessa scuola, in una sezione differente dalla mia. Conosciute nel coro della scuola, siamo un po' come il giorno e la notte: lei molto spigliata e sicura di sé, ma molto imbranata. Io chiusa nella mia timidezza ma molto più seria di lei. Siamo due metà e ci compensiamo: siamo la bionda e la mora.
Sono amicizie importanti, perché avevo proprio bisogno di amici in quel periodo, insicura su cosa fare e che decisione prendere, e loro mi sono stante molto vicine sin da quel 31 ottobre, dove tutto è cominciato. Quel giorno ci furono le audizioni per lo spettacolo di natale della mia scuola, il liceo linguistico Dante Alighieri. Spinta un po' dalla mia passione per la danza, un po' dalla voglia di mettermi alla prova, decisi di presentarmi alle audizioni come membro del corpo di ballo, eseguendo una coreografia inventata da me. Il mio professore di educazione fisica organizza questo spettacolo ogni anno ma non gli avevo mai detto, in due anni che lo conoscevo, di voler partecipare. Perciò, quando mi presentai ed eseguì aggraziatamente la mia coreografia, rimase piacevolmente sorpreso. Lavorai con lui e il mio partner Gabriele con impegno e dedizione, alternando studio e danza inizialmente con estrema fatica, poi in modo quasi automatico. Il 22 dicembre, giorno dello spettacolo, era un puro fascio di nervi; nonostante cercassi di dimostrare tranquillità agli occhi degli altri, dentro di me mi sentivo morire. Cercai di rilassarmi mentre stendevo l'ombretto verde sulle palpebre, aiutata da una ragazza che conobbi lì, di nome Cristina, con cui scambiai qualche chiacchiera e risata, che mi servii a stendere i nervi incredibilmente tesi. Indossai un paio di pantaloncini corti verdi ed una maglia larga a decorazione floreale, scarpe da ginnastica bianche e scesi verso le quinte. Vidi Gabriele accogliermi appena scesi le scale dei camerini.
-Ehi- mi disse osservandomi -Nervosa?-
-Mah un po'- mentii, nascondendo l'ansia che, ormai, era integrante del mio modo d'essere. Parlando con lui mi rilassai, aveva una grande capacità di aiutarmi anche durante gli allenamenti, quando un passo non mi riusciva. Nel momento in cui il nostro turno arrivò, il suo sorriso mi rassicurò come nulla prima di allora. Mi prese la mano e venimmo accolti da  applausi e grida entusiaste. Eseguimmo la nostra coreografia di danza moderna con vari elementi presi da stili diversi che il mio prof ci insegnò. Fu proprio quel giorno che io e Gabriele ci mettemmo insieme. Me lo chiese subito dopo la nostra esibizione e mi sentì incredibilmente imbarazzata ma provavo qualcosa di davvero molto forte per lui. Fu il mio primo ragazzo, una delle più grandi emozioni mai provate, almeno fino a quando non venimmo selezionati per partecipare ai regionali di danza che si sono tenuti a Mestre. I giorni precedenti a essa, ci siamo esercitati con la massima affinità e complicità e,quel giorno, eseguimmo la coreografia dello spettacolo natalizio, migliorata con elementi aggiuntivi, imparati cercando qualche spunto da video di ballerini su internet. Arrivammo ventesimi su centoventi ballerini, un risultato che ci diede grandi soddisfazioni. Il fatidico cinque marzo arrivò con una grande sorpresa per me: mi venne offerto un posto alla “Florence music accademy”  accademia, come dice il nome, musicale che si trova a Firenze, dove oltre alle materie tradizionali di un liceo, vengono insegnate danza, canto e suono di strumenti. Fu proprio quel giorno che Gabriele mi regalò la collana che porto fieramente al collo, dimostrandomi il suo affetto. Ma, per me, quel gesto comportava ancora più fatica per scegliere se partire o rimanere. Dover lasciare la mia famiglia, Gabriele, le mie migliori amiche, la scuola, la città ,in poche parole, la mia vita mi risultava troppo doloroso. Chiesi consiglio, parlai con diverse persone, passai a rassegna il sito della scuola da cima a fondo e passai periodi di crisi e instabilità. Ma quando in ventisette giugno, decisi che la mia passione mi faceva stare bene, mi faceva sentire speciale, capii che dovevo avere il coraggio di buttarmi nel vuoto verso qualcosa di nuovo.
-Sei davvero sicura?- mi chiese Caterina per l'ennesima volta.
-Si Cate. Ho deciso così. Mi mancherete tutte tantissimo- disse, abbracciando le mie dolci amiche, che erano corse da me non appena comunicai loro la notizia.
-Anche tu a noi- disse Mara con le lacrime agli occhi, e sapevo che per lei era dura lasciar andare via una persona con cui se ne sono passate di tutti i colori.
-è stata una decisione davvero difficile. Però non posso lasciarmi scappare un'occasione così importante- dissi, come per scusarmi di lasciarle lì, sentendomi davvero parecchio in colpa.
-Ti capiamo infatti. Non ti diremo mai di rimanere per noi, saremo davvero egoiste. Noi vogliamo il meglio per te.- fece Lucia con un sorriso triste.
-Ho le migliori amiche del mondo- dissi tra le lacrime. Cercai di asciugarle ma più passavo le mie dita sulle guance, più esse scendevano e mi rigavano il volto.
-Dai, va tutto bene Mary! Devi ancora parlare con Gabriele- disse Caterina cingendomi le spalle.
-Hai ragione- dissi prendendo il cellulare. Composi il suo numero, aspettando di sentire la sua voce. Quando rispose, sentì la sua bellissima e calda voce, che si preoccupò nel sentirmi singhiozzare. Gli dissi che volevo parlare con lui di persona, acconsentì ancora preoccupato ma cercai di rassicurarlo come potevo. Riagganciò dopo avermi detto “Ti amo Mary” e sorrisi, un po' più tranquilla.
Ci incontrammo quella sera nella zona pedonale della mia città, ci sedemmo in un luogo tranquillo e gli spiegai della mia decisione di partire. Lui rimase calmo, sempre con il suo sorriso e l'aria angelica che lo avvolgeva e,quando finii di parlare, mi baciò dolcemente, dicendomi:
-A me basta la tua felicità-
Rimasi colpita dalla sua tranquillità, ma non ci diedi troppo peso. Mi abbracciò forte, e io mi immersi nella sua calda stretta. Dopo alcuni secondi, mi sussurrò all'orecchio:
-Voglio fare l'amore con te-
Mi allontanai e lo fissai, in secondi di puro imbarazzo. Penso di non essere mai arrossita tanto. Mi alzai e, senza voltarmi, gli dissi:
-Non me la sento.-
Raccontai tutto a Mara, nonostante inizialmente avessi optato per tenermelo per me, ma il peso che avevo nel cuore era troppo. Lei mi disse che avevo fatto la scelta giusta, che non dovevo farlo per forza se avevo paura e che lui avrebbe dovuto capirlo.
Nonostante le sue parole di conforto, mi sentii in dovere di scusarmi con lui per essere corsa via. Lo chiamai diverse volte ma non mi rispose e ,in quel momento, mi sentii “Semi-single”. Non volevo demordere, essendo molto testarda perciò presi un autobus e mi recai a casa sua, essendo molto distante da dove abitavo io. Appena scesi nella fermata lì vicino, lo trovai sul muretto di casa sua a baciare un'altra ragazza, bella, bionda, un fisico stupendo ed invidiabile. Ma non da me, in quel momento provai solo odio. Tornai sui miei passi, quasi decisa a farmi tutta la strada a piedi, perché avevo bisogno di pensare e camminare mi aiuta. Ero stata tentata di andare lì da lui per farmi ridare i soldi del biglietto ma non avevo davvero voglia di parlarci, di litigare. Gli mandai solo un ultimo messaggio con scritto “Addio”.
-Perché non la butti via?- mi chiese Caterina indicando la collana.
-è un ricordo- dissi semplicemente, dondolandomi sulla sedia nel portico di casa mia. -Un ricordo come un altro. E poi i regali non si buttano-
Era il trenta giugno e io e Caterina stavamo passammo un pomeriggio che fu importante per me. Capii quanto fossi forte, quanto riesca a mantenere la calma in situazioni dove normalmente, una ragazza avrebbe pianto sotto le coperte. Ma lui non meritava le mie lacrime e fu questo pensiero a darmi la forza.
“Il mio ragazzo mi ha tradita. Ok può succedere” pensai. Ero relativamente piccola per capire cosa vuol dire amare una persona anche se per quei mesi ci avevo creduto davvero.
-Mary sei davvero una persona forte. Sai, credo che te la caverai benissimo a Firenze, la tua tenacia è incredibile- mi disse Caterina sorridendo.
-Ancora mi chiedo se ho fatto la scelta giusta- dissi dubbiosa.
-Ascolta...smetti di pensare a noi e vai, realizza il tuo segno-
-Bhe, ormai indietro non posso tornare. Papà ha già trovato chi mi ospita. Sono amici con cui mio padre ha avuto contatto per un lavoro. Sembrano davvero gentili-
-Bhe, io ti auguro il meglio- disse alzandosi e abbracciandomi.
-Ti voglio bene Cate- sussurrai dolcemente.
-Non immagini quanto- mi disse lei, accarezzandomi la schiena.
 
-Sei pronta?- mi disse una voce che riconobbi come quella di Lucia.
Era il sette settembre, il giorno prima della partenza. Le mie amiche erano venute a prendermi a casa e trascinatami da qualche parte, mi avevano bendata e trascinata da qualche parte.
-Sono pronta- risposi
-Uno, due...tre!- urlarono togliendomi la benda.
Eravamo nel giardino di Mara, enorme, bello e ombreggiato, dove avevo passato molte estati quando ero piccola a giocare con lei. Ed era proprio lì che tutti i miei amici, parenti e compagni di classe e di coro erano radunati davanti a me, con enormi sorrisi incoraggianti Mi voltai verso le mie amiche, senza parole:
-è...davvero tutto per me?-
-Ovvio scema!-
-Ma...ma non dovevate prendervi tutto questo disturbo-
-Sei la nostra migliore amica! Questo è il minimo- disse Mara, dandomi un'affettuosa pacca sulla schiena.
-Siete davvero...il massimo- dissi commossa.
-Su vai! Sono tutti lì per te-
Fu una giornata incredibilmente nostalgica. Parlare di ricordi lontani, di esperienze avvenute così tanto tempo fa...mi ha fatto commuovere e provocare una fitta allo stomaco.
Quella sera, le mie meravigliose amiche mi diedero un pacchetto regalo: dentro c'era un braccialetto con le nostre iniziali.
-Saremo sempre con te- mi disse Mara.
-Volete proprio farmi piangere?- dissi tra le lacrime -Vi prego...non voglio ricordare questo giorno in questo modo. Voglio che sia felice-
-Ma...tu te ne stai andando- disse Lucia, anche lei con gli occhi lucidi.- È impossibile non piangere-
-Lo so...però...-balbettai tra le lacrime.
-Abbracciaci- disse Mara, allargando le braccia -Vieni quì-
-Tu e i tuoi imperativi!-  esclamai ridendo.
-Amami così come sono-
Furono le ultime parole di Mara che mi fecero ridere, che mi fecero capire quanto mi sarebbero mancate. Passai la notte a casa di Mara, a dormire tutte vicine e spiaccicate nel materasso matrimoniale a morire di caldo. Ci svegliammo molto presto, assonnate ma ,soprattutto, molto malinconiche.
-Hai preso tutto vero?- chiese Caterina.
-Si mamma- dissi, prendendola in giro.
-Scusa, non posso farne a meno! Mi preoccupo-
-Lo so- dissi abbracciandola.
Diedi l'ultimo grande abbraccio alle mia amiche, alla mia forza formato persone.
-Mi mancherete così tanto-
-Anche tu-
-Ci sentiamo vero? Tutti i giorni?- chiesi, quasi supplicando.
-Ovvio stupida- rispose Mara.
Sorrisi, ne avevo davvero bisogno.
-Ciao- dissi, salendo in auto e salutando con la mano. L'auto partì, facendo diventare i loro volti sempre più lontani da me. L'unica cosa che vorrei dimenticare di quel viaggio così devastante fu un messaggio che ricevetti quella mattina:
“Buona fortuna”
Gabriele
 
In viaggio, cercavo di fare la forte, mostrandomi sicura della mia scelta, ma dentro di me tremavo sia per l'emozione che per l'agitazione. Passavo le dita tra i miei lunghi capelli neri, come per tranquillizzarmi però non ce la facevo. Perchè metro dopo metro ero sempre più vicina a quella nuova vita che avevo scelto.
Girammo a destra all'uscita dall'autostrada, poi dritti fino ad una rotonda e poi a sinistra. La famiglia che mi avrebbe ospitata non abitava a Firenze Santa Maria Novella, dove sarei andata a scuola , ma a Firenze Rifredi, una cittadina di provincia non troppo distante (da quanto mi ero documentata, sei minuti in treno e una ventina di minuti  in autobus). Girammo ancora ma il mio sguardo si perse nel vuoto, nell'osservare gli edifici e le strade, fino a quando mio padre non disse:
-Siamo arrivati-
Spensi L'ipod e scesi dall'automobile, con ancora la canzone che stavo ascoltando nella mia testa e con una gran voglia di canticchiarla. Mio padre suonò il campanello e dopo poco tempo, una donna sulla quarantina venne ad aprirci. Indossava un grembiule da cucina sopra ai suoi vestiti. I capelli lunghi e castani erano raccolti in una coda bassa.
-Buon giorno e ben arrivati- disse, aprendo il cancello ed aiutandosi a portare dentro le valige. Io avevo in mano la mia borsa, lo zaino con i libri di scuola e i beauty case e accettai l'aiuto di mio fratello per portare dentro la valigia più grande, con i vestiti invernali. Ci scambiammo un'occhiata di complicità, che mi diede sicurezza ed entrammo in quel posto, che sarebbe diventata la mia nuova casa.
-è un piacere rivederti Alessandro- disse un uomo rivolto a mio padre.
-Anche per me Pietro- disse lui a sua volta.
-Vorrei presentarti la mia famiglia- proseguì mio padre -Lei è mia moglie Giorgia, mio figlio Nicola e mia figlia Marina- disse, presentandoci. Salutammo cordialmente, ringraziando per l'ospitalità e per il disturbo che si erano presi.
-è un piacere- disse la donna che ci aveva aperto la porta. -Io mi chiamo Serena- disse sorridendo e si rivolse a me:
-Marina, spero che tu ti possa sentire come a casa-
Sorrisi e ringraziai, nonostante la mia timidezza mi stava bloccando dall'essere più cordiale.
-Loro sono i nostri figli, Celeste ed Ivan- disse, indicando una ragazzina che si era alzata dal divano, venendoci in contro un po' timorosa, ed un ragazzo alto, uguale al padre: stessi capelli castani e ricci, che sembravano animati da vita propria per la loro caoticità, stessi occhi grigi, bellissimi ed espressivi. Il sorriso che ci mostrò, però, era spento, privo di emozioni.
“Non mi vorrà qui” pensai “Ma come biasimarlo? Avere una sconosciuta in casa comporta vari cambiamenti...e i cambiamenti non piacciono a tutti”. Serena si avvicinò a me e mi disse sottovoce:
-è un brutto periodo per Ivan, non pensare che non ti voglia quì- bisbigliò.
-Ma...come?- balbettai, sconcertata che fosse riuscita a capire ciò che pensavo solo guardandomi. Che fossi un libro aperto?
Serena mi fece l'occhiolino e si rivolse verso la mia famiglia.
-Il pranzo è pronto, accomodatevi pure-
Ci sedemmo a tavola e,come un pranzo degno di nota, durò delle ore, come fosse un pranzo di natale e cose del genere. I miei genitori e i signori Innocenti passavano da un argomento ad un altro come delle macchinette, raccontandosi dalle vacanze ad aneddoti su quando erano adolescenti e cose su me e Nicola, che ci fecero imbarazzare ed abbassare lo sguardo, maledicendo nostro padre e la sua parlantina.
“C'era da aspettarselo” pensai “Mio padre quando inizia a parlare, non si ferma più”.
Sentivo le carezze che mi faceva mio fratello sulla testa, che mi davano sempre forza e coraggio nei momenti di crisi, e credo volessero prepararmi per il mio nuovo inizio, la mia nuova vita.
-Grazie fratellone- gli sussurrai.
Quando Serena ci servì il dolce, si sedette rivolgendosi a me:
-Allora Marina, che scuola frequentavi prima?-
Rimasi un po' colpita dal suo tentativo di fare conversazione, ma, infondo, sarei stata come una figlia in più, e probabilmente voleva cercare di conoscermi il più possibile.
Sorrisi e risposi:
-Liceo Linguistico-
-E come ti trovavi? -
-Bene, all'incirca. Non avevo proprio una bellissima classe ma non era così male infondo.- risposi, cercando di guardare Serena negli occhi nonostante la mia dannata timidezza, intenta a bloccarmi. Non sapevo il perché, ma avevo voglia di continuare a confrontarmi con lei, perciò continuai:
-Onestamente, molti insegnanti delle medie mi avevano scoraggiata, dicendo che non ero portata per quel tipo di liceo ma non mi importava, io volevo andarci e ci sono andata. E non me ne sono mai pentita- dissi soddisfatta, ripercorrendo i passi che mi avevano condotta a compiere quella scelta.
-La testardaggine è la cosa migliore!- disse Serena entusiasta. Le mostrai un sorriso sincero, che mostrava tutta la mia gratitudine perché quelle parole erano davvero molto significative per me.
Finito, finalmente, quell'interminabile pranzo si erano fatte circa le tre del pomeriggio, e Serena si rivolse ad Ivan:
-Ivan, aiuta Marina a portare le valigie in camera sua-
-Va bene- rispose lui alzandosi, ma si vedeva che era molto contrariato.
-Seguimi- disse rivolgendosi a me. Presi alcune delle mie valigie, le quali erano rimaste all'ingresso, e lo seguii su per le scale.
“Sarà che non è un buon periodo, ma è davvero antipatico” pensai, mentre cercavo di trasportare le mie valigie contenenti la mia vita e brutalmente buttata in borse, zaini eccetera. Ivan mi guidò fino ad una porta a destra del corridoio e la aprì. Mi invitò ad entrare con un cenno goffo e io accennai un sorriso prima di entrare. Ricordo che rimasi davvero colpita, perché quella camera era meravigliosa, una sorta di divisione tra due mondi. Alla mia sinistra, c'erano i classici arredamenti di una camera ma con un tocco in più: per cominciare il letto era rialzato dal pavimento da due lastroni di marmo circolari sovrapposti, formando una piccola gradinata. Il comodino accanto al letto sulla sinistra, a destra, scesi i gradoni del letto, c'erano diverse librerie, un armadio e una cassettiera attaccati al muro. Seguendo, la scrivania. Difronte all'entrata, si trovava il balcone che rendeva la stanza luminosa e dove io rimanevo spesso ad osservare le stelle. Nella parte destra, c'era quella che chiamavo “zona del rilassamento estremo” con due soffici poltrone dove mi sedevo per comporre, per leggere o semplicemente per pensare, sorseggiando il the al limone all'aroma di vaniglia, davanti al fuoco del caminetto che gentilmente Serena mia accendeva (in inverno, ovviamente). Nel momento in cui entrai, mi sembrava davvero esagerata per me che ero un'estranea, un'ospite che invadeva lo spazio di una famiglia.
-Ma seriamente è per me questa camera? Mi sembra un po' eccessiva- esclamai incredibilmente sorpresa.
-Veniva usata da mia nonna- mi spiegò Ivan  -Da quando è morta, è stata usata...- si bloccò un attimo e prese un respiro -Da un'altra ragazza che abbiamo ospitato.  Abbiamo cambiato qualcosina per te ma nulla di troppo impegnativo.-
Non capivo bene il verso significato di quell'ultima frase ma dissi:
-Davvero, ringrazio ancora tantissimo per l'ospitalità – feci con dolcezza.
Lui sembrò molto sorpreso dalla mia tenerezza e vidi un piccolo sorriso sincera comparire sul suo volto:
-Figurati- mi disse. Esitò un attimo ma poi riprese:
-Se vuoi ti aiuto a disfare la valigia-
-Come preferisci- dissi, avanzando impacciata.
Ci sedemmo di fronte all'armadio e iniziammo a disfare la prima valigia e gli risparmiai di sistemare la mia biancheria, insomma, fu abbastanza imbarazzante, soprattutto perché il silenzio tra di noi era netto, non avevo nemmeno il coraggio di spiaccicare parola, aprire uno straccio di conversazione.
-Allora- iniziò lui ad un certo punto, dopo secondi che sembravano ore -Sei contenta di essere qui?-
-Continuo a chiedermi se ho fatto la scelta giusta- risposi sospirando.
-Immagino non sia facile. A sedici  anni non è facile prendere una tale decisione-
-Hai ragione- feci io annuendo -Anche se non ne ho ancora sedici. Li compirò tra circa un mese-
-Che giorno?- chiese, con il suo solito tono pacato, anche se sembrava essersi addolcito un po'.
-Il quattordici ottobre-
-L'anno scorso non avresti mai immaginato di passare l'ultimo compleanno con i tuoi genitori per molti anni- osservò lui.
-No...e questo mi fa solo pensare a quante cose sono successe in fretta in sei mesi- dissi, ripercorrendo i miei ricordi dalle audizioni fino alla borsa di studio.
-In effetti...come sei arrivata qui? Insomma...come hai ottenuto la borsa di studio?-
Così gli raccontai tutto, dal 31 ottobre, allo spettacolo di natale, al concorso a Mestre fino a giungere ai mesi della mia decisione di partire, tralasciando,però, Gabriele e i nostri sei mesi insieme.
-Wow- fece Ivan -Devi avere talento. Quì non prendono chiunque-
Mi sentii lusingata e sorrisi dolcemente:
-Non saprei ma...grazie- poi continuai -Tu che scuola frequenti?-
-Liceo scientifico- fece lui ma si bloccò con lo sguardo serio; probabilmente non aveva molta voglia di continuare il discorso. Infondo, parlare di scuola gli ultimi giorni di vacanza non era certamente la cosa migliore.
-Scusami-feci -Non volevo essere invadente-
-Non importa- fece lui in tono pacato. Si alzò e mi guardò:
-Manca quello scatolone e abbiamo finito- disse indicando una scatola che avevo lasciato vicino al letto, quasi nascosta dal copriletto.
-Non c'è bisogno, faccio da sola- dissi, alzandomi di scatto e mettendomi davanti ad essa.
-Sicura?-
-Si si, vai pure e grazie per l'aiuto- dissi con un sorriso.
-OK- fece lui con indifferenza e con quel tono che avevo già imparato ad odiare. Appena uscì, spinsi la scatola sotto al letto: dentro c'erano molti dei miei manga preferiti, gadget, magliette e tutto ciò che ha a che fare con il mondo degli anime e manga e del Giappone, una delle mie più grandi passioni. Non ne parlo molto volentieri, non perché mi vergogno, anzi, ma perché sono sempre stata discriminata, tormentata e presa in giro perciò preferisco tenermelo per me ed essere me stessa solo con le mie amiche, che condividono la mia stessa passione. Uscii da quella stanza che sarebbe diventata il  mio nuovo rifugio sospirando, perchè Ivan mi aveva portato alle mente troppi ricordi, alcuni davvero dolorosi.
-Hai sistemato tutto?- mi chiese Serena appena raggiungi il salotto, distogliendomi dai miei pensieri.
-Si- risposi annuendo.
Notai che i miei genitori mi stavano guardando malinconici:
-Mamma, papà, fratellone-
-Abbi cura di te Marina- disse mio padre abbracciandomi.
-ciao papà-
Mia madre mi abbracciò a sua volta, raccomandandosi di ubbidire a Pietro e a Serena, di non spendere troppi soldi e di essere sempre educata, insomma, raccomandazioni che solo una mamma può fare. Mio fratello mi strinse a se subito dopo, e sentivo già la mancanza di tutti loro
-Ciao Marina- dissero in coro, salutandomi per l'ultima volta. Li seguii con lo sguardo finché l'automobile non sparì dalla mia vista. Mi sentivo spaesata e persa, lontana dalla mia famiglia e avevo quasi voglia di urlare loro di tornare indietro perché non ero pronta, avevo deciso troppo in fretta ma ingoiai quelle parole, perché troppo tardi per pentirsi. Serena venne verso di me, accarezzandomi la schiena come per dirmi che mi capiva e che mi era vicina in quel momento.
-Hai bisogno di qualcosa?- mi chiese dolcemente. Scossi il capo, anche se non sembravo molto convincente:
-No tranquilla grazie. Devo solo abituarmi- dissi facendo un profondo respiro.
-Tranquilla- mi disse -Per qualunque cosa chiedi-
-Grazie- risposi sorridendo e salii le scale. Rimasi in quella camera che non sentivo ancora mia, guardandomi in giro, cercando di sentirmi a casa ma nulla di quel posto ricordava casa mia. Si erano fatte circa le dieci quando, dopo essermi infilata il pigiama, qualcuno bussò alla porta:
-Avanti- esclamai.
Serena entrò con un sorriso.
-Ti va una tazza di thè- mi chiese.
Annuii -Si grazie.-
 
-Allora- iniziò versandomi il the tiepido su una tazza -Come stai?-
-Credo che ci vorrà un bel po' prima di non sentire più la nostalgia di casa- dissi, soffiando sul thè per raffreddarlo ancora un po'.
-è normale. Però ricordati che sei qui perchè hai un sogno da realizzare- mi disse facendomi l'occhiolino.
-Hai ragione Serena- le risposi -è che...a volte mi chiedo se ci ho pensato abbastanza-
-Puoi tornare indietro se non te la senti. Ma credo che tu ci abbia riflettuto davvero bene, perché se non lo avessi fatto, non saresti qui. Ascolta, se hai bisogno di aiuto considerami pure come una seconda mamma- disse con un grande sorriso. Io ero un po' imbarazzata da quella gentilezza ma sorrisi teneramente, abbassando lo sguardo
-Grazie mille per essere così gentile con me-
-Ti considero già come una terza figlia. E spero davvero che tu riesca a sentirti a tuo agio-
-Grazie- esclamai e la abbracciai di colpo, come se fosse seriamente mia mamma perché la mia era a tre ore e mezza da lì e ne avevo bisogno. Serena mi accarezzò i capelli, si alzò e mi diede la buona notte. Tornai a distendermi sul letto e notai che il display del mio telefono si era acceso. Era un messaggio di Mara che diceva:
-Buona fortuna Mary-
 
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eccomi qua con una nuova original. So che non è coerente non avendo ancora finito di pubblicare "Tra incubo e sogno", soprattutto perché TIES l'ho finito già da qualche mese e "Il mio posto" no, però per variare un po' volevo pubblicare anche questa. Mi scuso se ci sono errori. Questa ff è nata da un sogno che ho fatto, sono due anni che ci ragiono su e appena ho finito TIES mi sono decisa a scriverla seriamente. Originalmente si chiamava "27" ed era ambientata a Roma, ma i miei schizzi hanno deciso di cambiare titolo e location. E quindi ecco quì, spero che a qualcuno possa piacere e alla prossima =)
Lena

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Capitolo 2
*** Nervi a fior di pelle: la mia nuova vita incomincia ***


2- NERVI A FIOR DI PELLE: LA MIA NUOVA VITA INCOMINCIA
 
La mattina del mio primo giorno di scuola arrivò in fretta, quasi troppo. La sveglia suonò alle sette meno un quarto e dopo qualche mugugno, mi alzai dal letto ed aprii il balcone. L'aria della mattina mi colpì in viso ed osservai il quartiere ancora mezzo addormentato. Mi vestii con una camicia celeste e un paio di jeans attillati e scesi giù.
-Buon giorno Marina- mi disse Serena servendomi la colazione.
-Giorno- risposi con la voce tremante di chi sta pensando troppo, troppo agitata.
-Giorno- Ivan scese dalle scale e avanzò verso la cucina.
-Giorno- lo salutammo io e Serena. Lo guardai: indossava una maglietta verde smeraldo, colore che gli donava molto, metteva in risalto i suoi occhi grigi. Soliti jeans, un po' sbiaditi, solito sorriso freddo rivolto a me. Mi chiesi quale fosse il suo problema.
Pettinai i miei lunghi capelli neri lisci come la seta di cui vado fiera e mi truccai leggermente. Tornai in camera e presi il mio zaino per poi scendere di nuovo le scale e io, Ivan e Celeste ci avviammo verso le fermata dell'autobus. Serena, il giorno prima, andò a firmare tutti i documenti necessari per la scuola in veste di mia tutrice: ero diventata ufficialmente, una studentessa della Florence music accademy.
-Sei agitata Marina?- mi chiese Celeste
-Un pochino- dissi, rivolgendole un sorriso, stendendo i nervi.
-Un pochino? Io sarei nervosissima! Una nuova scuola così lontana da casa tua ed è una scuola impegnativa e...-
Ivan le mise una mano sulla testa:
-Celeste, smettila, la rendi nervosa-
-No, non c'è problema- dissi, ma in realtà gli fui davvero grata.
L'autobus arrivò e Celeste salì per prima, molto eccitata. Ivan mi toccò la spalla e mi disse:
-Perdonala, oggi è il suo primo giorno al liceo, ed è emozionatissima-
-Non c'è problema- ripetei sorridendo -Ma grazie, onestamente mi ha fatto diventare più nervosa di quanto non fossi già- dissi salendo in autobus.
-Ah mi dispiace sul serio!- disse e, sorprendentemente, si sedette vicino a me.
-No, davvero va tutto bene- dissi di nuovo, però il mio stomaco era sottosopra e l'ansia era forte, e dovevo respirare profondamente un po' troppe volte, quasi da sentirmi mancare l'aria. Ivan mi guardò dritto negli occhi:
-Sicura di stare bene?-
-Onestamente? No, per niente- dissi appoggiandomi al sedile, facendo un grosso respiro. Presi una bottiglietta d'acqua del mio zaino e bevvi a piccoli sorsi. Mentre la rimisi al suo posto, sentii Ivan prendermi la mano sinistra. Lo fissai sorpresa da quella spontaneità.
-Scrivi “NO” con il dito sul palmo della mano- disse facendolo sul mio palmo della mano; lo lasciò e mi disse:
-Ingoia-
Era un semplice fattore psicologico, come un effetto placebo, ma mi sentii incredibilmente meglio.
-Grazie!- esclamai contenta.
-Vado da mia sorella...sai penso sia un po' nervosa anche lei- disse alzandosi.
-ehm...si certo! Vai! E...grazie ancora- disse, cercando di evitare il suo sguardo.
-Ma figurati-
La mia idea di lui era cambiata leggermente ma continuavo ad essere consapevole che lui mi odiava, dal primo istante in cui misi piede in quella casa. E volevo sapere il perché.
 
Alle sette e quaranta eravamo nella zona scuola. L'accademia si ergeva imponente davanti a me.
-Noi siamo lì- disse Ivan indicando un edificio davanti all'accademia con una targhetta con su scritto “Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci”. Annuii e salutai con la mano.
-Buona fortuna Marina- mi urlò Celeste. Mi voltai a guardarla e ammiccai con l'occhio.
-Anche a te-
Entrai subito, senza pensarci, senza ricordarmi di respirare profondamente e senza badare all'ansia.
-Marina Rinaldi?- mi chiese ad un tratto un uomo alto, con i ricci capelli neri mentre io osservavo l'atrio spaesata.
-Si, sono io!- risposi, sollevata che ci fosse qualcuno che potesse aiutarmi ad orientarmi.
-Eccola qui la mia nuova pecorella- esclamò aprendo le braccia e stringendomi mentre io lo guardai divertita e, devo dire, anche leggermente spaventata.
-Io sono il professore Berto ed insegno canto. So che sei una ballerina ma ci tengo ad insegnarti a cantare-
-Ho qualche esperienza anche in quel settore- dissi un po' impacciata. -Ho fatto parte del coro della scuola nella scuola che frequentavo prima-
-Bene!- esclamò entusiasta -è un buonissimo inizio-.
Sorrisi felice di sentire quelle parole di incoraggiamento, nonostante ero consapevole di essere incredibilmente indietro a differenza degli altri.
-Questo è il tuo orario- disse consegnandomi un foglio -E questa una piantina della scuola- proseguì, consegnandomene un altro.
-Mancano ancora una ventina di minuti all'inizio delle lezioni, vorrei mostrarti l'accademia- disse, facendomi un cenno con la testa.
Dall'atrio con la segreteria salimmo le scale larghe di marmo per ritrovarci nell'ala della classi.
-Quì al primo e al secondo piano ci sono le classi. Ci sono tre sezioni, tu sei in 3B-
Sorrisi, ricordando che anche al liceo linguistico ero nella stessa sezione.
-Ad ogni piano c'è un aula di musica con specifiche attrezzature- mi guidò verso l'ala est del primo piano ed aprì una porta rossa, mostrandomi l'aula di musica nella sua perfezione e nel suo ordine. Mi portò al terzo piano dove c'erano i vari laboratori, come quello informatico, quello linguistico e una vera e propria sala di registrazione.
Tornammo verso il primo piano e mi disse:
-Al piano terra abbiamo la palestra. Sul retro c'è il nostro teatro. Ma ti sto facendo  fare tardi- disse, sentendo il suono della campanella.
-Per fortuna che alla prima ora hai me- disse sorridendo.
Lo seguii in fondo dal corridoio del primo piano fino ad una porta con un cartellino blu con scritto 3B.
-Vieni andiamo-
Annuii ed aprì la porta: la classe era abbastanza grande, illuminata da tre finestre. Due ragazzi stavano attaccando sulle pareti alcuni cartelloni con foto e riconoscimenti della classe.
-Buon giorno classe!- esclamò il professor Berto.
-Salve prof!- lo accolse un coro di voci. Appena la classe si accomodò il professore mi fece un cenno con la mano ed io entrai timidamente.
-è con grande piacere che vi presento la vostra nuova compagna di classe- fece mentre io avanzavo verso di lui, cercando di mostrare un sorriso normale, nonostante le mie gambe tremassero. Oh dannata timidezza!
-Lei è Marina Rinaldi! Viene dal Veneto giusto?-
-Si- feci io -È un piacere conoscervi- esclamai, chinando leggermente la testa. La classe mi salutò in coro e sorrisi, contenta di vedere quei volti allegri salutarmi, e la paura di sentirmi un'esclusa piano piano svanì.
-Prof può sedersi vicino a me?- esclamò una ragazza dalla voce allegra e decisa in secondo banco.
-Certo-
Il professor Berto si rivolse a me:
-Aria è una brava ragazza, sono sicuro che andrete d'accordo- esclamò con un forte accento toscano.
Annuii e mi avvicinai a questa Aria, una ragazza che appariva molto particolare: i capelli di un rosso acceso con qualche ciocca rosa  le arrivavano fino alle spalle; Portava una maglietta nera con la sagoma di un gatto disegnata in rosa e sopra un giacca mezze maniche dello stesso colore. La gonna rosso bordò piena di balze le arrivava fino a poco sopra le ginocchia, e le autoreggenti nere poco più sotto. Portava delle scarpe basse nere con i lacci sottili.
-Ciao Marina, mi chiamo Aria- esclamò stringendomi la mano in un tintinnio di braccialetti.
-Piacere di conoscerti- dissi, sorridendo.
-Allora ragazzi, quest'anno abbiamo moltissime cose in programma. A novembre la scuola è iscritta ad un concorso a Viareggio dove parteciperanno tutte le terze e le quarte. A natale ovviamente avremo lo spettacolo come ogni anno e a Febbraio si parte per Milano per un altro concorso, “sing my self”, più rivolto al canto.- si rivolse a me -So che forse sarebbe molto presto ma conto di farti fare qualcosa per il concorso di novembre, in due mesi si può lavorare molto-
Io annuii anche se non ero molto convinta, perché due mesi erano davvero pochi per partire quasi da zero con il canto e per preparare un eventuale coreografia. Il resto dell'ora passò tranquillamente: il professor Berto mi spiegò con l'aiuto dei miei compagni le meccaniche della scuola e il fatto che a dicembre avrei dovuto fare gli esami per entrare a tutti gli effetti nell'accademia, avendo saltato il biennio. L'esame consisteva nell'esecuzione di una canzone ed esercizi di solfeggio e teoria musicale. Per la parte del ballo, tutto dipendeva dal concorso a Viareggio, se ce l'avessi fatta a preparare qualcosa, non ce ne sarebbe stato bisogno. Quando suonò la campanella era parecchio spiazzata: gli esami mi rendevano nervosa, vicini o lontani che fossero. A sollevarmi fu Aria, che mi guardò e sorrise, dandomi un buffetto sulle guance.
-Ehi- fece -Se già la prima ora del tuo primo giorno qui ti ha devastata a tal punto, non oso immaginare le altre-
Scoppiai a ridere:
-Ho paura ad immaginarlo- feci ridendo, rilassandomi.
-Dai non temere- fece lei -Parlano tanto di questi esami di ammissione ma non sono così temibili come pensi. Puoi comunque contare sul mio aiuto- mi disse con gentilezza.
-Sei davvero molto gentile- feci io, contenta che la mia vicina di banco fosse un tipetto così allegro.
-Cambiando discorso...sembri una persona molto particolare sai?- feci, osservandola con un sorriso.
-Ah me lo dicono tutti. Mi piace distinguermi dalla massa. Lo stile lo scelgo molto basandomi sui miei idoli. Questo stile è ispirato a Risa Oribe-
Non appena sentii nominare il nome della mia cantante giapponese preferita, il mio sguardo si illuminò:
-Io amo Lisa! È una delle mie cantanti preferite!- esclamai contenta.
-Anche la mia! Aspetta ma...vuoi dirmi che sei un otaku?- mi chiese. Io annuii con un sorriso.
-Vorrei mostrarlo di più, essendo il Giappone e tutto ciò che lo riguarda una mia grande passione, ma mi hanno sempre presa in giro e discriminata, perciò ho iniziato ad essere più ordinaria- feci con una smorfia.
Aria mi guardò e mi fece cenno con la testa, che stava a significare che mi capiva.
-Io ho sempre cercato di distinguermi fin da piccolina perciò sono più abituata alle prese in giro anche se, devo dire, qui c'è molta più libertà di espressione. Da quando sono in accademia, non ho mai sentito qualcuno prendermi in giro per i miei capelli o il mio look.- fece strizzando l'occhio. -Quindi non temere! Ma piuttosto, sono così felice di aver trovato un'altra amica otaku!- fece con un grande sorriso prendendomi le mani. Io rimasi stupida da tutta quella spontaneità e allegria che dimostrò nei miei confronti, soprattutto sentirmi chiamare “amica”, avendomi conosciuta appena un'ora prima, ma ero felice, davvero felice.
Mentre aspettavamo l'arrivo del professore dell'ora successiva, i miei nuovi compagni, quelli più curiosi a dire il vero, si avvicinarono a me per pormi alcune domande.
-Che liceo frequentavi prima?-
-Liceo Linguistico-
-Come hai vinto la borsa di studio?-
-Grazie ad una gara a Mestre, una gara di ballo in coppia.-
Domande più personali, come quale fosse il mio colore preferito, il mio genere musicale preferito, il mio libro preferito eccetera, scatenando in me anche qualche risata, perché nonostante non amassi stare al centro dell'attenzione, sembravano tutti molto cordiali e disponibili. In quel momento ero sempre più felice di aver fatto quella scelta.
La professoressa dell'ora dopo arrivò, con un sorriso incoraggiante, capelli scuri corti e grandi occhi neri.
-Buon giorno ragazzi e ben ritrovati- fece mentre un coro di voci la salutava all'unisono.
Scrutò la classe e si soffermò su di me:
-Tu sei Rinaldi vero?- fece, inclinando leggermente la testa. Io annuii timidamente.
-Sono la professoressa Rizzo ed insegno lettere. È un piacere averti tra noi- fece
-La ringrazio-
Io amavo profondamente la letteratura italiana, essendo una scrittrice ed ero curiosa di conoscere chi avrebbe portato avanti questa passione quasi quanto volevo conoscere l'insegnate di ballo. Le due ore in compagnia della professoressa Rizzo volarono, mentre mi interrogò sugli argomenti svolti l'anno precedente nel mio liceo, dando cenno di consenso serrando le labbra.
-Molto bene Marina, sei a pari passo con quello che abbiamo fatto noi. Sono molto contenta! Quest'anno inizieremo con il Dolce stil novo, fino ad arrivare a Dante, Petrarca e Boccaccio, le punte della letteratura del trecento. Dalla prossima volta portate il libro mi raccomando! Alterneremo le quattro ore con letteratura e scrittura per la prima prova d'esame, il saggio breve- spiegò avanzando tra i banchi -Il triennio vi impegnerà ma non spaventatevi e procedete un passo per volta. Ricordatevi di scrivere sempre quando potete, scrivere è una passione e un punto di sfogo- disse e mi conquistò con quelle parole, che sentivo totalmente mie, pensandola nello stesso modo. Aria mi guardò di sottecchi ridacchiando per quanto sembravo assorta dalle parole della prof e ,forse, anche dal fatto che i miei occhi brillavano. Mi tirò una leggera gomitata:
-A qualcuno qui piace molto la letteratura o sbaglio?-
Risi.
-Si moltissimo.- sussurrai, mentre la professoressa illustrava le quattro tipologie della prima prova d'esame di Stato.
-Ti capisco! Poi lei è una maga nelle spiegazioni, ti fa amare quello che fa-
-L'ho notato- feci con un sorriso. Le due ore volarono e la campanella della mia prima ricreazione in accademia suonò. Presi un pacchetto di cracker dalla mia borsa e quando alzai lo sguardo, Aria e altre due ragazze (sedute dietro di noi durante le lezioni) erano in piedi davanti a me con un grande sorriso.
-Marina, loro sono Elisa e Amanda- fece Aria con un grande sorriso, presentandomi le due ragazze. Elisa e Amanda mi salutarono cortesemente e io sorrisi, studiando le due ragazze. Elisa aveva un colore di capelli che mi piaceva da morire: un biondo ramato chiaro, simile a quello di Alexis di Castle, un poliziesco per cui mia madre va matta e che non dispiace nemmeno a me. Erano lunghi fino alla vita, lisci e sottili. Il volto chiaro poco truccato e una corporatura ne magra ne grassa. Amanda mi strinse la mano cordialmente e mi disse:
-Benvenuta in accademia-
I suoi capelli castani ricci le ricadevano sulle spalle, contornando il suo viso abbronzato e i suoi occhi blu, intensi come il mare.
-Grazie mille- feci con un sorriso.
-Come ti sembra per ora?- fece Elisa sedendosi sul banco.
-wow- fu l'unica parola che riuscii a dire. Le ragazze scoppiarono a ridere e io con loro.
-Seriamente, è qualcosa di...boh assurdo, diverso e non so quanto sia pronta per affrontare tutto ciò-
-All'inizio fa tutto estremamente paura. E fidati, lo so perché come te mi sono trasferita qui l'anno scorso. Io sono di Lucca, non molto lontana da qui quindi è stato sicuramente molto meno pesante che per te, ma ti capisco davvero.- mi disse Elisa con un pizzico di malinconia mentre andava a ripescare i ricordi dell'anno precedente.
-Appena mise piede qui tremava come una foglia.- la stuzzicò Aria, guardando Amanda con un sorriso complice. Le due ragazze scoppiarono a ridere mentre Elisa si offese e disse:
-Basta, mi porto via Marina.- e mi prese sotto braccio, mentre le altre due la trattenerono, ancora con le lacrime agli occhi. Trovavo davvero molto carino il coinvolgermi per non farmi sentire spaesata. Sorrisi e mi lasciai andare di più, meno rigida, pronta per i cambiamenti che quella scuola avrebbe portato in me.
-Quindi sei un otaku anche tu?- fece Amanda dopo averle raccontato qualcosina sul mio conto. -è davvero fantastico! Noi tre avevamo bisogno di qualcun altro con cui confrontarci- disse, mentre Elisa e Aria annuirono dandole ragione.
-Io pure.- dissi sospirando, ricordando le mie amiche in Veneto, e augurando loro mentalmente, un buon primo giorno di scuola.
Le ultime due ore passarono rapide: conobbi il professor Fabbri, uomo tutto d'un pezzo che emanava sicurezza, insegnante di matematica e fisica e la professoressa Galli, donna abbastanza giovane dai corti capelli rossicci, alta e magra, insegnante di inglese, la quale mi fece fare una piccola presentazione ed, essendo un'ex studentessa di un liceo linguistico, me la cavai alla grande, tanto che rimase entusiasta e molto contenta. Quando suonò la campanella e la professoressa uscì, Aria si rivolse verso di me e mi porse un foglietto:
-c'è il numero di tutte e tre- fece con un sorriso.
-Mandaci un messaggio così che salviamo il tuo- mi disse Amanda, caricandosi lo zaino sulle spalle.
-Lo farò appena torno a casa. Ora vado a cercare il ragazzo e la ragazza che mi ospitano- feci.
-é stato un vero piacere conoscervi- feci prima di uscire. Mi sembrava educato e lo dissi, anche se sembrava una di quelle frasi che dici a persone che rivedrai molto raramente.
Le tre ragazze sorrisero molto contente e dissero:
-Anche per me- all'unisono. Sorrisi e scesi le scale diretta all'esterno, salutando i volti che riconobbi come miei compagni di classe. Sarebbe stata un'impresa imparare nomi e volti ma contavo di farcela per ottobre.
“Tre già in meno” feci, girandomi tra le dita il foglietto che mi aveva dato Aria.
-Marina!-
Celeste si stava sbracciando dall'altro lato della strada con un Ivan stanco affianco a lei. La salutai con un cenno della mano e attraversai la strada.
-Ciao- salutai.
-Ciao- fecero loro. Celeste mi chiese:
-Com'è andato il primo giorno?- con un'aria molto eccitata.
-Bene- dissi io -A te?- chiese, perché non sembrava veder l'ora di raccontarmelo.
-Benissimo!- disse, saltellando su un piede. Celeste iniziò a raccontarmi per filo e per segno la sua giornata in prima liceo molto dettagliatamente, cosa che mi fece sorridere, sentendomi per la prima volta in vita mia una sorella maggiore.
Il bus arrivò alle e venti, e salimmo insieme ad una scia di alunni stanchi e per nulla contenti di aver ricominciato la scuola. Ma io lo ero. Si perchè ero sempre più convinta che quello fosse il mio posto. Mi sedetti accanto al finestrino ad ascoltare tranquillamente la musica mentre osservavo distrattamente fuori dal finestrino con Ivan e Celeste seduti dietro di me. Arrivammo nella fermata poco distante da casa alle e 40 e lì considerai ufficialmente concluso il mio primo giorno di scuola. Serena ci accolse allegramente, dando a ciascuno di noi una scompigliata di capelli.
-com'è andata?- ci chiese.
-Bene- rispondemmo io e Celeste. Ivan appoggiò lo zaino sul divano e fece solo un cenno con il capo ed un sorriso che non compresi: ogni minuto che passava, mi chiedevo quale fosse il motivo di così tanta freddezza.
"Cosa ti tormenta Ivan Innocenti?"
 
Salii in camera ed accesi il portatile, distesa comodamente sul letto. Mentre digitai la password di otto lettere sulla tastiera per accedere al dextop, sentii il mio telefono squillare. Lo presi e risposi:
-Pronto?-
-Ciao Tesoro com'è andato il primo giorno di scuola?- la voce dall'altra parte era mia madre. Erano passati tre giorni e mi mancava già terribilmente, perciò cercai di aggrapparmi alla sua voce, come per poterla tenere con me.
-Bene mamma! Sono stata molto contenta. Le mie compagne di classe sembrano delle persone a posto, e anche i professori che ho conosciuto fin ora- feci, passandomi le dita tra i capelli, come facevo sempre quando ero al telefono.
-Mi fa tanto piacere. Ti saluta anche Nicola-
Sentii la voce del mio adorato fratellone dal piano di sopra, probabilmente intento a leggere o a giocare a qualche videogioco. Risi.
-Mi mancate molto- feci dolcemente.
-Anche tu a noi-
Seguirono qualche domanda su come mi trovavo a casa Innocenti, se mi stavo comportando in maniera educata, domande retoriche, perché sapeva che ero molto rispettosa soprattutto verso adulti o persone che conosco poco.
-Va bene tesoro, ci sentiamo, un bacio-
-Ciao- e riagganciai.
Aprii la pagina di navigazione di internet ed entrai su Facebook, dove trovai una ventina di richieste di amicizia, quelle dei miei nuovi compagni di classe. Sorrisi e le accettai, approfittandone per sbirciare il profilo di Aria. Era davvero una persona straordinaria, per quanto la conoscessi da molto poco. Era riuscita a farmi sentire a mio agio nonostante la mia timidezza mi avrebbe fatta rimanere cinque ore con lo sguardo piantato a terra, rispondendo a monosillabi. Per curiosità, cercai sulla barra di ricerca Ivan Innocenti, come fossi una perfetta stalker, cercando di trovare qualche indizio che potesse aiutarmi a capire quale fosse il suo problema. Ma (e mi verrebbe da dire per fortuna) non sbandierava i fatti suoi su internet, cosa invece, che vedo fare fin troppo spesso da ragazzine quattordicenni desiderose di avere un ragazzo, nonostante abbiano tutta la vita davanti. Per qualche strano motivo, mi venne in mente Gabriele, ma subito scacciai il suo pensiero dalla mia testa. Ricordai il messaggio che mi aveva mandato quando ero partita, messaggio al quale non avevo mai risposto e al quale non ero intenzionata a rispondere. Sono sempre stata una persona troppo buona...ma quando una persona tradisce la mia fiducia, io non perdono. In quel momento, in quel pomeriggio del mio primo giorno di scuola la pensai così...ma ahimè, con il tempo, tradii diverse volte i miei principi.
 

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Capitolo 3
*** Compleanno a...casa? ***


3-COMPLEANNO A ...CASA?
 
Il mese di settembre volò in un baleno, aprendo le porte ad un sereno ottobre, colorato di giallo, arancione e rosso. Quel martedì pomeriggio, il silenzio della zona delle scuole venne interrotto dalle mie lezioni extra di canto, in preparazione all'esame. Il professor Berto suonava al pianoforte, per farmi fare diversi vocalizzo, nonostante più in alto di alcune note proprio non riuscivo. Appena stonavo serravo la mascella, arrabbiata con me stessa.
-Su, non temere. Io ti porto sempre più vicina a superare il tuo limite. - mi disse con sicurezza. Io annuii anche se non mi andava proprio giù. Dopo aver fatto una mezz'oretta di riscaldamento vocale, mi chiese quale canzone mi sarebbe piaciuto fare. Arrossii, perchè avevo gusti musicali che erano sempre stati discriminati e presi in giro. Ci pensai su ed optai per qualcosa di già più conosciuto e che forse sarebbe stato più facile fare per me, e scelsi "A thousand miles" di Vanessa Carlton. Io e Berto analizzammo il testo, per capire quali parole andassero sottolineate per riuscire ad interpretare meglio il pezzo. Dopo quell'ora, la prima strofa mi veniva già decentemente e Berto sembrava molto soddisfatto.
-Puoi andare. Va bene così sei migliorata molto dopo quattro lezioni.-
Non capivo se fosse solo un ringraziamento ma annuii e lo salutai ringraziandolo.
Uscii dall'accademia alle due e mezza e ,avendo perso l'autobus per dieci minuti, mi diressi verso la stazione dei treni di Firenze che distava circa quindici minuti a piedi. Misi le cuffiette sulle orecchie e camminai in fretta, non sapendo gli orari dei treni per tornare a casa. La mia camminata sostenuta era qualcosa che le persone odiavano, perché ero solita a camminare sempre molto in fretta, soprattutto quando ero immersa nei miei pensieri perché non aspettavo nessuno. Arrivai in stazione verso le e 45, feci il biglietto e mi sedetti ad aspettare il treno , che sarebbe arrivato alle 53. Osservai distrattamente fuori dalla stazione e fu così che notai Ivan camminare, immerso nei suoi pensieri. Lo seguii con lo sguardo fino alla fine della strada, incuriosita. Ero tentata di seguirlo ma già ero sicurissima che mi odiasse a morte, e farmi beccare mentre lo seguivo non avrebbe certamente aiutato. Sospirai. Ero li già da un mese e ci scambiavamo a mala pena due parole la mattina in autobus ma mi sarebbe piaciuto avere un secondo fratello, con il mio lontano da me. Sentii l'annuncio dell'imminente arrivo del treno che mi scollò dalla sala d'attesa. Mi diressi verso il binario in questione e salii in treno, non appena esso si fermò con una sonora frenata. Il viaggio da Firenze Santa Maria Novella e Firenze Rifredi in treno dura cinque minuti scarsi, neanche il tempo di sedersi che sei arrivato. Mi sono sempre chiesta perché non potessimo prendere il treno invece che l'autobus, ma l'autobus era solo scolastico, non un urbano e poi la fermata era nella nostra via.
Mi diressi verso casa, nonostante non avessi ancora imparato bene la strada, perché la stazione dei treni ero molto distante rispetto a casa Innocenti. Camminai con gli auricolari sulle orecchie, ascoltando una canzone chiamato Joint, e raggiunsi casa, nonostante il mio pessimo senso dell'orientamento. Presi le chiavi che avevano fatto fare per me ed entrai, desiderosa di rilassarmi un po'.
-Ivan sei già tornato?- chiese la voce di Serena.
-No sono Marina- feci, mettendo le chiavi dentro allo zaino. Mi tolsi scarpe e giubbotto per mettere il tutto nell'armadio vicino all'ingresso.
-Oh ciao Marina- fece Serena, affacciandosi dalla cucina. -Com'è andata?- mi chiese.
-Bene grazie mille- risposi con un sorriso.
-Sei affamata? Vuoi qualcosa?-
-Se posso, una tazza di the-
Serena rise.
-Abbiamo un amore in comune. Te lo preparo subito-
Risi anche io e appoggiai lo zaino sul divano. Mentre metteva l'acqua sul pentolino, mi sedetti con il libro di filosofia in mano, studiando l'argomento fatto questa mattina.
-Dov'è andato Ivan?- chiesi a Serena distrattamente, nonostante sapessi perfettamente dove si trovava.
-Ah si è fermato a scuola- mi disse lei. Per sua fortuna era di spalle, perché le lanciai un'occhiata tremenda. Se lo avevo visto procedere dalla stazione verso il centro, difficilmente si era fermato a scuola. Non mi sembrava carino dire una bugia, per quanto piccola, ma sarà perchè sono una vera e propria impicciona, che ama i segreti. Non volevo,però, dare un'idea sbagliata di me, perciò la finii lì, con una semplice esclamazione mentre i miei occhi si concentravano su Anassimandro e la sua concezione dell'universo.
Serena appoggiò la tazza di thè bollente sul tavolino davanti a me e la ringraziai. Si sedette accanto a me e sorseggiò lentamente.
-Marina, ci chiedevamo...visto che tra poco è il tuo compleanno...vorresti tornare a casa tua in Veneto?-
Quella proposto mi distrasse dal mio studio di filosofia ed alzai gli occhi dal libro, sbalordita.
-d..davvero posso?-
Serena sorrise
-è di martedì quest'anno...forse ci sarebbero un po' di problemi con la scuola ma sarebbe una cosa molto carina non credi?-
Io annuii molto contenta, perché avevo voglia di passare il mio compleanno a casa, con i miei genitori e le mie amiche.
-Allora...chiamo mamma più tardi- feci alzandomi.
Serena sembrò molto felice nel vedermi così contenta.
-Certo avvisa i tuoi per sicurezza ma penso che non ci saranno problemi-
Penso di non aver mai fatto un sorriso cosi grande fino ad allora. Bevvi la mia tazza di the, nonostante mi bruciai la lingua perchè era bollente, e salì le scale per andare in camera, portando lo zaino su una spalla. Chiusi la porta dietro di me e lanciai lo zaino su una delle due poltrone di pelle; presi il telefono e composi il numero di mia madre.
-Ehi tesoro, come stai?- chiese mia madre.
-Bene grazie...ascolta, potrei tornare a casa per il mio compleanno?- chiesi, esaltata come mai fino a quel momento. Mia madre sembrò perplessa, quasi come se stessi dicendo una bugia.
-Ma...Marina ma sei...? Serena ha detto che puoi?-
-Si si me lo ha proposto lei! Posso?-
-Certo che puoi! Insomma, prima parlane con i tuoi insegnanti per la preparazione per l'esame ma...per me puoi tornare quando vuoi!- esclamò contenta, come solo una madre poteva fare. Mi immaginavo il suo volto sereno dall'altro capo del telefono, e mi fece sorridere.
-Domani chiedo al professor Berto, il professore di canto e ti farò sapere va bene? Adesso devo studiare, salutami tutti- feci, nonostante sapessi che avrei fatto una fatica tremenda a studiare.
-Sarà fatto! Buono studio tesoro,ciao-
-Ciao-
Mi misi alla scrivania decisa a studiare per non rimanere indietro, sapendo che gli esami erano sempre più vicini e non avevo intenzione di ritrovarmi all'ultimo piena di studio, soprattutto contando che io non sono sicuramente una di quelle persone che ci mette poco a studiare, anzi, tutto il contrario. A mala voglia, ripresi in mano il libro di filosofia e il quaderno per appuntarmi qualche parola chiave che mi aiutasse nello studio. Dopo un'ora nella quale ero miracolosamente riuscita a non pensare alla mia voglia di tornare a casa, chiusi i libri e mi distesi sul letto, stringendo il cuscino al petto.
-Marina, posso entrare?- fece Serena dal corridoio.
-Si certo- feci sedendomi sul letto nell'istante in cui entrò.
-Allora- fece appoggiando la mia biancheria lavata e stirata sul letto -Hai parlato con tua madre?-
-Si, era molto contenta- feci io con un grande sorriso, curvando leggermente il volto, mentre i miei lunghi capelli mi sfioravano le gambe accavallate.
-Bhe non fatico ad immaginarlo- disse lei, sedendosi sul bordo del letto. -Già un figlio lontano da casa causa università, in più la figlia minorenne a Firenze...tua mamma è una donna forte- mi disse e io non potevo non darle ragione.
-è una scelta dura lasciar andare via chi si ama ma...dimostra anche quanto bene le vuoi- feci, mordendomi un'unghia. -In questi giorni mi sono chiesta...se lei me lo avesse impedito?-
-Ma sapendo quanto ci tenessi e considerando che tu sei una ragazza molto coscienziosa...non lo avrebbe fatto- fece Serena.
-Tu al posto suo cosa avresti fatto?-
Serena ci pensò su:
-Bhe se si tratta di Celeste, è un pericolo pubblico con la sua esuberanza, quindi avrei più esitazioni- fece ridendo, con un luccichio negli occhi mentre parlava della figlia minore.
-E Ivan invece, lo avrei lasciato andare senza esitazioni.-
-In questo mese non sono riuscita a conoscerlo per nulla- feci io pensierosa -Credi che mi odi per qualche motivo?-
Serena mi accarezzò i capelli:
-No non preoccuparti. Dagli tempo e si rivelerà una persona meravigliosa. Deve ancora mandare giù un boccone amaro- disse alzandosi.
-Di cosa parli?- chiesi curiosa.
Serena sorrise mettendo le mani sui fianchi:
-Non posso dirtelo, voglio che lo faccia lui. Non preoccuparti comunque-
Mi fece l'occhiolino ed uscì dalla mia camera, lasciandomi spiazzata e sempre più curiosa.
Passai la serata in video chiamata con Mara, la quale mi mancava davvero tantissimo. Quando vidi i suoi caotici capelli ricci fare capolino sullo schermo, subito sentii la nostalgia invadere il mio animo.
-ehi schizzatella- mi fece appena mi vide.
-Ehi, come stai?- chiesi appoggiando la schiena alla testiera del letto.
-Bene ma mi manchi- fece lei con un sorriso amaro. -Tu come te la passi a Florence?-
-Bene, ma mi mancate tutte tantissimo- risposi. -Però, forse il 14 torno su!- esclamai spinta dall'entusiasmo.
-Davvero? Ehi non scherzare su queste cosa!- fece lei, sbattendo le mani sulla scrivania.
-Non è ancora deciso, non parlarne ancora con le altre- supplicai -Devo parlare con i professori perché abbiamo un concorso tra poco-
-Sarebbe stupendo se potessi venire, davvero!- fece lei, scroccando il collo.
-Ci spero davvero- sospirai. -Ho bisogno di casa. Della mia vera casa-
-Posso solo immaginare come ti senti- fece lei, allungando una mano verso la webcam, come se potesse toccarmi davvero. Io sorrisi e la allungai a mia volta, toccando lo schermo del portatile.
-Scema, non puoi mica buttarti giù così eh! Tu sei Marina Rinaldi, la ragazza che ha avuto le palle di mollare tutto ed essere lì a realizzare il suo sogno. Non esitare neanche per un minuto. Non puoi-
Quello era uno dei motivi per cui Mara era la mia migliore amica: lei era la mia forza e il mio coraggio, e non avrei mai potuto farcela senza di lei, nonostante tutte quelle che ne abbiamo passate.
-Grazie Mara- feci -Non mollerò promesso!-
-Mai?-
-Mai!-
Sorrise soddisfatta, appoggiandosi allo schienale della sedia. Guardò l'ora e sussultò.
-Cavoli, devo andare in palestra! Ci sentiamo schizzatella, ciao-
-Ciao scema-
Chiusi la chiamata, con un briciolo di nostalgia e la testa pesante, come se mi fossero tornati alla mente tanti ricordi durante quella chiamata. Tanti ricordi che volevo abbracciare come fossero una persona, perchè mi mancavano e ne avevo bisogno.
Il giorno dopo mi accolse una orribile giornata grigia. Appena aprii le ante del balcone, feci una smorfia di disgusto, perché amavo il mese di ottobre per come il sole si rifletteva nelle foglie colorate. L'autunno era la mia stagione preferita, più in senso artistico ed emozionale che per altro.
Indossai un maglioncino leggero di cotone con scollatura a V e bottoni sulle maniche, un paio di jeans, e scesi le scale, sbadigliando così tanto che pensai di rompermi la mascella. La solita routine si susseguì, quindi la colazione, Ivan che non mi degnava di uno sguardo, bagno, trucco, e il ritorno in camera per prendere lo zaino e il telefono. Ci avviammo al solito verso la fermata e prendemmo l'autobus, e ogni mattina, l'unica pimpante ed allegra era Celeste, e davvero,volevo sapere come ci riuscisse.
Appena scendemmo dall'autobus, rivolsi un veloce cenno di saluto verso Celeste ed Ivan e mi diressi in fretta verso scuola, marciando alla ricerca del professor Berto. Lo beccai in sala insegnanti in un dialogo molto animato con un professore che non conoscevo, perciò rimasi sulla soglia della porta ad attendere.
-Rinaldi, hai bisogno di qualcosa?-
Quella che mi stava parlando, era la professoressa De luci, la mia insegnante di ballo dalle origini russe. Lineamenti slavi, bassa corporatura, pelle chiara, capelli biondo scuro e due occhi marroni grandi, stupendi. Era diventata come un punto di riferimento per me che do' alla danza la mia vita, ed è come se mi affidassi alle sue mani, mani esperte. Era una forza della natura quando ballava.
-Ehm...avrei bisogno del professor Berto, ma non vorrei disturbarlo.- feci.
-ah ma quell'uomo avrebbe bisogno di una svegliata.- fece, scoccandogli un'occhiata severa, ma in modo scherzoso.
-ehi Antonio! Guarda che la nostra nuova recluta ha bisogno di te!- esclamò a gran voce, sbattendo i tacchi sul pavimento. Io mi feci piccola piccola, imbarazzata che tutta la sala insegnanti mi stesse scrutando.
-Ohi ohi, grazie Agata- fece lui, venendomi in contro.
-Marina, dimmi hai bisogno di qualcosa?-
-Ehm si mi scuso se l'ho disturbata. Volevo sapere...se la prossima settimana potrei tornare in Veneto per qualche giorno. Dal 14...- feci, con tono quasi supplichevole.
-Ah Marina, vorrei poterti dire di si...ma siamo in dietro con la preparazione per il tuo esame...e non voglio che tu non riesca a passare.-
Non aveva tutti i torti: l'esame era a dicembre ma con il concorso alle porte, era dura doversi preparare anche per l'esame. Però non volevo demordere.
-Neanche se mi fermassi di più il pomeriggio?-
-Pensa alla tua salute Marina. Non esiste solo la mia materia, devi ancora inserirti nell'ambiente, studiare le altre materie...insomma vedi tu. Ma pensaci-
Sembrava dispiaciuto di avermi detto di no, ma mai quanto me nell'essermelo sentita dire.
-Ha ragione...- borbottai delusa. -Grazie comunque- feci, accennando un sorriso.
Lui mi sorrise e tornò in sala professori, non consapevole del fatto che aveva appena distrutto tutti i miei progetti. Non che fosse colpa sua, ma più mia visto la mia immaginazione, che era arrivata in Veneto, dalla mia famiglia, dai miei amici e alle mie alpi, lo sfondo che contornava le limpide giornate d'inverno.
Tornai in classe e mi sedetti al mio posto, parecchio delusa e con voglia zero di rimanere lì.
Nascondere qualcosa ad Aria era impossibile, perché appena mi vide capì subito che non ero la solita Marina allegra che aveva conosciuto.
-Ehi Mary, cos'hai?- fece, appoggiando lo zaino sul banco ed inginocchiandosi vicino a me.
-Mmm...- feci io, alla ricerca della giusta voglia e forza per parlarne.
-Serena ,la donna che mi ospita insomma, mi aveva proposto di tornare a casa per il mio compleanno, ma Berto ha detto che sarebbe meglio che rimanessi qui per la preparazione per l'esame e per il concorso.-
-Oh mi dispiace- fece lei, grattando con le unghie sui miei jeans. -Però, so che non aiuta...ma io e le altre ti staremo accanto!- fece incoraggiandomi con un gran sorriso.
-Non è casa tua, ma può diventarlo se ci sono persone a cui vuoi bene!-
Non alzai lo sguardo dai miei piedi ma sorrisi, riconoscendo la gentilezza di Aria.
-Grazie-
Mi diede un bacio sulla guancia con affetto, e capii che ero stata davvero tanto fortunata a conoscerla.
-Mary, mancano quindici minuti al suono della campanella, vieni andiamo a prenderci un caffè- fece lei, trascinandomi fuori dalla classe nonostante non ne avessi molta voglia. Ci avviammo verso le macchinette e,dopo aver preso il caffè, ci sedemmo su un banchetto di legno vicino alla nostra classe.
-Mmm...Aria quell'anello...è davvero molto bello- feci, indicando un anello argentato con sopra due piccole ali d'angelo.
-Grazie- mi rispose -Me lo ha regalato Alex-
La guadai con sguardo interrogativo, non conoscendo la persona che aveva appena nominato. Aria mi guardò e rise:
-Scusami, non mi sono ancora confidata con te su questo- si sistemò il fermaglio blu e disse:
-Alex è il mio ragazzo. Mi ha regalato questo anello quando abbiamo fatto l'anniversario qualche settimana fa-
-Oh che cosa carina!- esclamai io con sguardo dolce. -Cari-
Aria mi guardò divertita.
-Mi fai morire Mary-
-Perché?- chiesi io perplessa.
-Perchè si. Perché mi fai ridere-
Guardai il bicchiere vuoto e sorrisi:
-Di tutto mi hanno detto, ma che faccio ridere..mai-
Aria si alzò e mi osservò, piegandosi in avanti:
-Le persone che hai conosciuto o sono stupide o non riescono a capirti. Ma io ci riesco.-
E penso che quella frase fosse riuscita a modificare di molto il mio umore.
 
Però il pensiero di non poter tornare a casa era ancora onnipresente nel mio cuore, causandomi qualche fitta quando il pensiero mi sfiorava. Finsi la totale indifferenza con le mie amiche, ma quando, finalmente, giunse la fine della quinta ora, potei avviarmi verso la fermata dell'autobus, anzi, potei trascinarmi fino alla fermata, decisa a fare il minimo indispensabile quel pomeriggio, perchè quando ho un pensiero che mi martella la testa, studiare o comunque concentrarmi su qualcosa che non voglio fare è totalmente inutile.
Sfortunatamente, quando raggiunsi l'atrio, mi ricordai di avere le lezioni di canto con Berto per l'esame di dicembre. Sbuffai, sentendomi come una pallina di un flipper sbattuta da tutte le parti e salii le scale alla volta dell'aula di musica. Provammo per un'ora e mezza circa, e andò meglio di quanto mi aspettassi. La voce stava lentamente cambiando, ma riuscivo a sentire qualche miglioramento. Riuscivo a prendere alcune note con più facilità rispetto agli inizi. “A thousand miles” mi riuscii molto meglio rispetto alla lezione precedente, anche se alcune note che prendevo non mi piacevano per nulla. Uscii da scuola distrutta e bisognosa di riposo, una doccia calda e stendermi sul letto a guardare un Anime o qualcosa del genere. Appena raggiunsi la piazzetta delle scuole, cominciò a diluviare.
-Dannazione- sibilai sottovoce, sapendo di aver lasciato l'ombrello nell'armadio a muro.
Sospirai e mi infilai il cappuccio del giubbotto in testa, ma i miei lunghi capelli si bagnarono comunque, appiccicandosi al viso. Raggiunsi la fermata desiderosa che l'autobus arrivasse il prima possibile e, immersa nei miei pensieri, non mi accorsi di Ivan che si avvicinò a me.
-Ciao- fece e io sobbalzai per lo spavento.
-Ehi- feci, tremando per il freddo.
-Dai, vieni sotto- fece, indicando il suo ombrello.
-Grazie- dissi con uno sguardo pieno di gratitudine. Lo raggiunsi e mi riparai sotto il suo ombrello, abbastanza grande per coprirmi almeno la testa. Tirai giù il cappuccio e strizzai (letteralmente) i miei capelli. Fece una smorfia mentre cercavo di sistemarli ma mi arresi e li lasciai cosi com'erano.
-Hai appena finito la lezione di canto?- mi chiese.
-Si- dissi sospirando. -E tu che fai qui?-
-esercitazioni di chimica- rispose -Tutto bene?- aggiunse, guardandomi dritto negli occhi. Il suo sguardo era diverso da tutti quelli che si erano soffermati sui miei occhi. Era come se...come se non potessi nascondergli niente, come se potesse entrare nella mia mente e conoscerne tutti i segreti. E con il tempo, ebbi l'occasione di ammirarlo davvero quello sguardo per come mi faceva sentire.
-No- confessai -Volevo tornare a casa il giorno del mio compleanno ma il professore che mi segue ha detto che sarebbe meglio rimanere qui per l'esame. Insomma, tre giorni possono fare la differenza, a quanto pare-
-Possono eccome fidati.- mi disse lui, e io lo guardai accigliata. -Però...si, insomma, mi dispiace. Immagino che vorresti stare con la tua famiglia, i tuoi amici, non di certo qui-
-Io qui sto bene. Ma...insomma, la sensazione di “casa” ancora non la sento. E mi piacerebbe così tanto poterla provare di nuovo.-
Lui annuì, come per dirmi che mi capiva. Mi guardò con sguardo pensieroso.
-Scusa se mi faccio...gli affari tuoi ma, quella collana non la togli mai?- mi chiese, indicando la collana con il mio nome.
-Oh questa...- la strinsi tra le dita. -Da quando ce l'ho non l'ho mai tolta. È diventata una seconda pelle. Anche se dovrei buttarla via.-
-Perché? Non mi sembra si sia rovinata...-
-Oh no- lo interruppi io -è per...la persona che me l'ha data..- feci un respiro profondo, indecisa se raccontare certe cose a chi non ha cercato di avvicinarsi un minimo a me in un mese di convivenza. -Me l'ha regalata il mio ex- dissi, alla fine. -Ma mi porta alla mente anche il concerto di natale della mia scuola...è grazie a quello che sono qui.-
-I ricordi sono ricordi. É bello ricordarli no? E inoltre- fece lui e prese il suo mazzo di chiavi dalla tasca -Anche io ho il portachiavi che mi ha regalato la mia ex.- mi confessò  e me lo fece vedere. Rappresentava due maschere da teatro in oro.
-é molto bello- feci io.
-I regali non si buttano-
Scoppiai a ridere appena lo disse, ricordandomi che lo avevo detto anche io a Caterina. Ivan per la prima volta rise con me. La mia opinione su di lui non era cambiata ma...in quel momento sembravamo i due amici che volevo diventassimo.
-Ah, l'autobus- fece lui.
Frenò davanti a noi dolcemente e il conducente ci aprì le porte. Ivan chiuse l'ombrello mentre io salivo per prendere posto. Stranamente lui si sedette vicino a me. Parlammo un po', sicuramente più di quando avessimo fatto in quelle settimane, e devo ammettere che riuscii a raddrizzare la giornata che aveva preso davvero una brutta piega. Ma io continuavo a pensare e,soprattutto, a tremare per il freddo. All'improvviso, mi ritrovai avvolta in una sciarpa a nera a quadri bordò, ma più che una sciarpa sembrava una coperta in miniatura talmente era grande.
-Celeste l'ha lasciata nel mio zaino per sbaglio. È una piccola stufetta- disse lui.
Abbozzai un sorriso e lo ringraziai per la gentilezza. Affondai il viso nella sciarpa e chiusi gli occhi, incredibilmente stanca, chiedendomi quali altre sorprese potesse avere in serbo Ivan per me.
Arrivammo a casa dopo i soliti venti minuti e venimmo accolti dal calore che cercava di spazzare via il freddo dalla nostra pelle.
-Ragazzi bentornati- fece Serena venendoci incontro. Appena mi vide fradicia e tremante si avvicinò -Marina, tutto bene?-
-Si grazie. Sono stata così sciocca da dimenticarmi l'ombrello- feci, levandomi le scarpe e il mio giubbotto, mettendoli in lavanderia vicino al termosifone. Presi la sciarpa di Celeste e la diedi ad Ivan:
-Grazie mille. Meglio che gliela ridai- feci. Ivan annuì e salì le scale, diretto in camera della sorella.
-Avete fame ragazzi?- chiese Serena.
-Io non particolarmente- feci prendendo lo zaino e accennando un sorriso prima di salire le scale. -Grazie comunque.-
Andai in bagno e riempii la vasca da bagno con acqua bollente e sali da bagno alla vaniglia. Buttai i vestiti nella cesta dei panni sporchi prima di immergermi nell'acqua che mi scaldò il corpo e mi sentii di getto più pulita. Mentre mi lavavo i capelli, pensai ad Ivan e alla gentilezza che mi aveva dimostrato. Erano bastati venti minuti in sua compagnia per cambiare di molto l'idea che avevo costruito su di lui in quel mese ed era riuscito ad alleviare il dispiacere che mi aveva lasciato quella giornataccia.
Mi asciugai velocemente e tornai in camera mia, trovando una chiamata persa di Aria. Perplessa, presi il telefono e composi il suo numero, sedendomi sul letto.
-Ehi ciao Aria, dimmi!- esclamai
-Com'è andata la lezione? Oggi mi sei sembrata molto giù e mi sono un po' preoccupata-
-Oh che dolce!- feci sorridendo -è andata bene. Sto molto meglio comunque, davvero-
-Oh sul serio?- fece lei e ero convinta che stesse aggrottando la  fronte. -Ma...qualcosa in particolare o...?-
Risi. Non riuscivo a nasconderle nulla, riusciva sempre a cogliere ogni minimo dettaglio ed era per questo che la adoravo come amica.
-All'incirca- feci io, scostando i capelli sul lato destro. -Diciamo che...Ivan è stato particolarmente gentile oggi e..in venti minuti è riuscito a cambiarmi l'umore.-
-Wow, sono quasi invidiosa che ci riesca meglio di me! Bhe sono tanto contenta che il vostro rapporto stia cambiando poco a poco.-
-Già- sospirai. -Mi manca terribilmente mio fratello e...insomma, appena sono arrivata credevo che lui lo sarebbe stato per me ma a quando pare non è così-
-Che problemi di vita ha quel ragazzo?- borbottò Aria e io scoppiai a ridere.
-Mah forse...è davvero successo qualcosa. Sua madre ha detto che vorrebbe che lui me lo raccontasse ma...non ne so niente per ora.-
-Bhe...raccontare qualcosa di personale a una persona entrata nella sua vita da poco non è sicuramente facile. Non so se mi sono spiegata bene..-
-Si si ho capito cosa vuoi dirmi- esclamai io, distendendomi sul letto. -E in effetti è giusto solo che non capisco perché mi debba trattare come...come se non esistessi ecco-
-Non so cosa dirti- fede Aria sospirando -L'unica è parlare con lui ma ce ne vorrà di tempo sicuramente-
Annuii e borbottai un sì dandole ragione.
-Ora vado Mary, devo studiare la canzone per lo spettacolo-
-Ah cavoli!- feci alzandomi di scatto -Io devo provare la coreografia...e chiamare mia madre per dirle che non torno a casa.- Sospirai e mugugnai qualcosa di incomprensibile.
-Pff a domani Aria-
-Bye sweety- fece lei ridacchiando. Risi e riagganciai.
Scorsi la rubrica alla ricerca del numero di mia madre e la chiamai, aspettando impazientemente che rispondesse. Dopo qualche squillo la sua calda voce mi rispose:
-Ciao Marina- esclamò.
-ciao mamma, come stai?- cominciai con impazienza.
-Bene tesoro grazie. Tu?-
-Ehm...insomma.- borbottai ma subito mi affrettai ad aggiungere -Eh sono stanca sai, sono giornate impegnative-
-Immagino. Allora hai chiesto ai professori per poter tornare a casa?-
-si l'ho fatto. E non posso...- dissi con un filo di voce -Abbiamo uno spettacolo tra pochissimo e devo provare molto anche per gli esami di ammissione-
Mia madre ascoltò pazientemente, e quando finii la sentii sospirare, evidentemente dispiaciuta.
-Hanno ragione- disse infine -è giusto che tu ti impegni e che faccia del tuo meglio. Mi dispiace molto però...-
-Anche a me molto- feci -Tornerò su a dicembre per le vacanze- aggiunsi, sperando che quel mese arrivasse, ponendo fine anche alle mie ansie per l'esame. Chiacchierammo per qualche minuto, e per poco mi immaginai di averla lì vicino a me, come se il telefono potesse portare mia madre accanto a me, seduta vicino a me. Quando riagganciai, sentii una terribile fitta al cuore e l'unica cosa che potei fare fu stendermi e crogiolare nel silenzio.
Quella mattina non fu la sveglia a svegliarmi dal mio sonno senza sogni, ma un bacio sulla fronte, che mi fece pensare per qualche minuto di essere tornata a casa. Mi rigirai nel letto due volte per rendermi conto che ero a Firenze e che era stata Serena a darmi un caldo bacio sulla fronte, come faceva sempre mia madre quando ero piccola per svegliarmi.
Quando aprii gli occhi mi ritrovai il suo viso sorridente accanto al mio letto.
-Buon compleanno Marina- mi disse. Io rimasi un po' disorientata e  ci misi diverso tempo per rendermi conto per capire che era il giorno del mio sedicesimo compleanno, ma il sonno mi rintontiva in una maniera terribile.
-Grazie- feci stropicciandomi gli occhi. Per me che la mattina sono incredibilmente scorbutica, fu duro regalarle un sorriso anche minimo, ma ci riuscii solo perché non volevo risultare scortese. Quando aprì la porta per andarsene, sentii il profumo del caffè e di cioccolata solleticarmi le narici. Rimasi a godermi il caldo delle coperte ancora per qualche minuto per poi alzarmi a spalancare il mio armadio. Indossai un maglioncino leggero che mi lasciava le spalle scoperte, e un paio di pantaloni neri e scesi verso la cucina. Avanzai verso il tavolo e Celeste si alzò con un sorriso.
-Auguri Mary- mi disse, avvicinandosi per darmi due baci sulle guance.
-Grazie mille- feci io, che nel frattempo mi ero addolcita, riuscendo a passare dai mugugni alle parole. Mi sedetti e cominciai a mangiucchiare la torta al cioccolato che Serena aveva preparato la sera prima (io ero troppo impegnata a lavorare alla coreografia per accorgermene) e a sorseggiare il caffe latte appena me lo servì sulla mia tazza a tema natalizio che mi era stata regalata da Nina, la mia compagna di banco del liceo.
Quando Ivan scese le scale intontito, ci mise qualche mugugno e stropicciamento di occhi per capire cosa stesse accadendo.
-Ciao Marina, tanti auguri- mi disse con ,probabilmente, il sorriso più radioso che potesse essere fatto di prima mattina.
-Grazie- feci io, curvando leggermente la testa, come ero solita a fare. Prima di sedersi,  si avvicinò a me, e si chinò per darmi un bacio sulla guancia come aveva fatto la sorella. Quel gesto non mi lasciò indifferente, perchè fino a pochi giorni prima il solo salutarsi era tanto. E, senza motivo, sentii le guance avvampare.
Uscimmo di casa alla solita ora, trascinando i nostri piedi fino alla fermata e aspettammo pazientemente l'autobus, mentre io,munita di appunti e fogli volanti, ripassavo per l'interrogazione di scienze, materia che odiavo con tutta me stessa. Io ero sempre stata portata per le materie letterarie, ma quelle scientifiche...erano la morte per me, fin da bambina.
Quando potei sedermi sul sedile, ci affondai accavallando le gambe, facendo posto ad Ivan che in quei giorni si sedeva accanto a me senza preavviso, senza dire una parola, ma aspettando in silenzio che io mi accorgessi che voleva sedersi. Anche quel giorno fu così ma, invece di sedersi e non dire una parola fino al nostro arrivo, mi prese gli appunti e diede una rapida occhiata.
-Chimica eh?-
-Una brutta bestia aggiungerei- dissi sospirando.
-Interrogazione?-
Annuii.
-Bhe, io direi che un “Prof è il mio compleanno, le offro un po' di torta” basti e avanzi-
Ridacchiai e giocherellai con la catena della mia collana, com'ero solita a fare quando ero nervosa o anche semplicemente un po' in tensione.
-Dai ti aiuto io-
Lo guardai quasi scioccata.
-Sicuro?-
-Si certo, a me la chimica piace- disse, e io risposi con una smorfia di disgusto. In quei venti minuti riuscì a spiegarmi le cose con una facilità che ne rimasi davvero molto colpita. Mi stupii del fatto che avessi imparato di più in quei venti minuti che nei due giorni precedenti.
-Wow, sei davvero in gamba!- feci io, sistemando gli appunti nel mio raccoglitore.
-Grazie- disse lui -Però mi aspetto un ringraziamento...avrei bisogno di una cosa-
Lo guardai un po' torva della serie “ah, il trabocchetto”.
-Dimmi- feci, evitando di sembrare scocciata.
-Mi aiuteresti in inglese? Io sono proprio negato!-
Tutto qui?  Mi aspettavo qualcosa di strano, che potesse spiegare quella sua strana gentilezza in quei giorni. Lezioni di inglese...lo avevo giudicato davvero male ma ancora non riuscivo a fidarmi completamente di lui, sentivo una brutta sensazione che mi preoccupava ma decisi di accettare e di dargli una mano.
-Volentieri!- feci io scendendo dall'autobus. -Amo l'inglese, sarà un piacere-
-Grazie mille- fece, sembrando molto rincuorato -Chiedere aiuto a Celeste mi imbarazza, insomma è più piccola di me ma è un piccolo genio in inglese.-
Risi mentre la ragazza in questione si avvicinò avendo sentito il suo nome.
-Ci vediamo all'una, ciao- feci io, e mentre mi allontanai, nonostante la confusione, sentii la voce squillante della ragazza dire:
-Andate molto d'accordo voi due-
 
-Auguri Mary!-
Appena aprii la porta della classe, un piccolo essere dai capelli rossi e vestita con colori sgargianti mi saltò addosso, sprofondando nel mio petto.
-Grazie Aria- feci io dandole un bacio sulla testa.
Subito Amanda e Elisa si unirono ad Aria investendomi in un caldo abbraccio e una miriade di profumi.
-Tanti auguri Mary- fecero dopo essersi allontanate per lasciarmi respirare.
-Grazie- feci io con un sorriso.
-Ok ok, ora chiudi gli occhi e dammi le mani- fece Aria. Io ubbidii e feci come mi aveva detto. Misi le mani in avanti e le sue le presero, guidandomi in avanti.
-OK ci siamo- fece la voce di Elisa, che sembrava molto contenta.
-Pronta?-
Quel momento, mi ricordava molto la festa a sorpresa fatta prima della mia partenza, e anche quel “pronta” mi riportò lì in Veneto.
-Si- dissi impaziente e aprii gli occhi. Sopra al mio banco, c'era una rosa bianca, una vaschetta di alluminio con dei biscotti al the verde e un pacchetto blu con un nastrino argentato.
-Ma...ma non dovevate!- esclamai sorpresa guardandole una per una.
-Si, dovevamo! Insomma, non puoi essere a casa e lo sappiamo. Perciò volevamo che ti sentissi comunque felice qui con noi- mi disse Amanda, cingendomi le spalle.
-Io...non posso crederci. Grazie di cuore- feci, dando un bacio sulla guancia ad ognuna. Nel frattempo, i miei compagni di classe si avvicinarono con radiosi sorrisi.
-Auguri Marina- dissero, abbracciandomi con gentilezza. Nelle vecchie classi che avevo frequentato, non ero mai riuscita a trovarmi così bene come stavo con loro, anche se magari era presto, anche se li conoscevo da un solo mese, ma stavo bene, davvero bene lì dentro.
-Grazie- rispondevo a tutti mordendomi il labbro inferiore.
Prima che entrasse il professore di filosofia, mi sedetti nel mio posto, ed assaggiai uno dei biscotti che Elisa aveva preparato per me: erano davvero deliziosi! Mi pulii le mani delle briciole e osservai Aria, che mi guardava soddisfatta.
-Aprilo- fece indicando il pacchetto con un cenno.
Lo presi e tolsi lentamente il nastro argentato e lo scartai. La deliziosa scatolina nera conteneva due paia di orecchini stupendi: dei pendenti argentati molto sottili e molto lunghi, terminanti con due piccoli cuori.
-Ma sono stupendi!- esclamai, guardando le mie amiche una per una.
-Prego- fece Amanda intrecciando le mani sotto il mento. Scoppiai a ridere con loro e osservai gli orecchini estasiata e pensai che Firenze mi stava piacendo sempre di più.
L'interrogazione di scienza andò meglio di quanto mi aspettassi, e fu tutto merito di Ivan. Dopo essermi tolta quel peso, potei rilassarmi ed ascoltare la lezione di italiano che tanto amavo. Quando la professoressa Rizzo entrò i classe e vide la lavagna con scritto “Tanti auguri Marina” si rivolse a me e mi disse:
-Marina tanti auguri!- si avvicinò per darmi due baci, cosa che non mi aspettavo da una professoressa, ma si vedeva che lei amava davvero i suoi allievi ed il suo lavoro.
-Grazie- feci io sorridente, pronta ad ascoltare la sua lezione su Guido Cavalcanti ed i suoi componimenti.
Quando la campanella dell'una e dieci suonò, tra rumori di sedie spostate e chiacchiere, infilai le ultime cose nello zaino ed aspettai le mie amiche, che volevano accompagnarmi alla fermata, nonostante fossero così fortunate da abitare nei dintorni. Mi presero a braccetto e io feci attenzione a non urtare Elisa con la rosa che tenevo in mano. Chiacchierammo con allegria fino alla fermata poco distante nella mandria di alunni dell'accademia, del liceo scientifico e classico.
-Ehi Marina- fece una voce e mi voltai, salutando Ivan e Celeste con un cenno.
-Ciao- feci io mentre si avvicinavano. Celeste prese subito la parola e chiese:
-Sono tue compagne di classe?-
-Si- disse -Lei è Aria, lei Amanda e lei è Elisa- feci presentandole e loro salutarono educatamente.
-Io sono Celeste- fece la ragazzina con allegria -Lui è Ivan mio fratello-
Ivan salutò gentilmente, con un sorriso che non riuscii a decifrare.
-Piacere di conoscervi.- fece Aria con la sua solita allegria.
Si guardò intorno scrutando attentamente la zona.
-Mmm...Mary io vado, mia mamma mi sta aspettando- ed indicò una Volvo grigia poco distante.
-Ci sentiamo!- mi abbracciò, salutò Elisa e Amanda e se ne andò in una scia di profumo.
L'autobus arrivò puntuale e le salutai con allegria, dando loro un forte abbraccio ringraziando ancora per il regalo.
-A domani!- feci e salii sull'autobus, seguita da Ivan e Celeste.
Presi posto e ancora una volta, Ivan si sedette accanto a me.
-Sono delle persone molto particolari- fece lui all'improvviso.
-Si- confermai, con un sorriso fiero. -Sono state molto carine. Oltre alla rosa, mi hanno regalato un paio di orecchini, ed Elisa mi ha fatto dei biscotti con le sue mani. Vuoi assaggiarne uno?-
-Mmm...se non ti dispiace, si- mi rispose.
Frugai nello zaino e afferrai la vaschetta di alluminio, presi un biscotto e glielo porsi. Lui se lo ficcò in bocca e masticò lentamente.
-Buono, davvero- esclamò estasiato.-Potresti chiederle la ricetta?-
-Certo! Ma...perchè, tu cucini?-
Lui sembrò offeso :
-Mai visto un ragazzo che cucina?-
-Onestamente no! Ma sarò perché tutti quelli che ho conosciuto o sono stupidi, o hanno testa solo per il calcio e considerano la donna il sesso debole-
-Bhe, io odio il calcio, non sono stupido e tifo la parità dei sessi.-
Io lo osservai con il volto leggermente chinato:
-Allora sei il primo ragazzo intelligente che io abbia mai conosciuto-
 
Il regalo della famiglia Innocenti fu...troppo, esagerato. Appena arrivai a casa, trovai una chitarra classica aspettarmi appena entrai. Secondo l'accademia, bisogna imparare a suonare uno strumento. Abbiamo quattro ore di musica, e ognuno frequenta la classe dello strumento scelta. Scelsi chitarra ma, non avendone mai suonata una prima, fu qualcosa di totalmente nuovo e diverso. Potevo esercitarmi solo con quella scolastica, ma ora ne avevo una mia e mi sentivo anche un po' in colpa, perchè ero intenzionata a comprarmela con i miei soldi.
-Grazie- feci contenta -Ma non dovevate spendere così tanto per me-
-Ma cosa dici su!- mi rimproverò Serena. -è il tuo compleanno! Questo regalo è fatto in collaborazione con i tuoi genitori. Un unione delle tue due famiglie-
Non sapendo cosa dire, ringraziai per altre quaranta volte durante il pranzo (pasticcio al ragù, il mio piatto preferito).
Sentendomi particolarmente distrutta dopo lo studio di chimica di quei giorni e non avendo nulla di particolare per il giorno dopo, decisi di andare a dormire per un po'. Mi spogliai solo dei pantaloni, e rimasi con il maglione, i calzini e persino truccata, ma la stanchezza si era impossessata di me, e dovevo davvero dormire. Crollai non appena la mia testa sfiorò il cucino, e sognai il Veneto, la mia famiglia. Poi il paesaggio mutò ed ero a Firenze, con Aria, Elisa ed Amanda insieme a ridere e scherzare. Certo che la mia mente fa degli scherzi davvero inappropriati. Aprii gli occhi nel momento in cui qualcuno entrò nella mia camera. Ad occhi socchiusi, cercai l'interruttore della lampada sul comodino e la accesi. Ivan mi guardò sorpreso.
-Non credevo fossi qua, scusa. Ho bussato un paio di volte e non ho sentito risposta.-
Io mi stropicciai gli occhi assonnata e feci:
-Oh scusami, mi sono addormentata-
-Non volevo svegliarti- disse lui avvicinandosi.
-Ah non lo hai fatto tranquillo.- lo osservai e dissi -Ti serve qualcosa? Hai bisogno di aiuto in inglese?-
-No nulla del genere. Volevo darti una cosa. Posso sedermi?-
-Si certo- feci, appoggiando la schiena sulla testiera del letto per fargli spazio, stando attenta a tenere la coperta dal ventre in giù, essendo in mutande. I suoi occhi grigi indugiarono, come se stessero pensando, e poi allungò la mano per porgermi una scatola arancione sotto il mio sguardo interrogativo.
-è il tuo regalo da parte mia-
-Ma...non serviva- esclamai. -Aspetta...era per quello che spesso eri in giro per Firenze?-
-Si, non credevo che mi avessi visto- confessò lui -E comunque, mi sentivo in dovere di fartelo. Sia chiaro che...io non mi fido ancora completamente di te. Sei ancora un'estranea però...inizio a provare simpatia.-
Non sapevo se sentirmi offesa o contenta, perciò non dissi nulla e presi la scatola mormorando un grazie. La aprii: conteneva una collana con il mio nome, però diversa rispetto a quella che mi aveva dato Gabriele. Il nome era scritto in corsivo molto elegante, ed era lucida, molto bella.
-Visto che quella che indossi non te l'ha data esattamente una persona che vuoi ricordare, ho pensato di dartene una io, così che Firenze riesca ad avvicinarsi al Veneto che tanto ami.-
Io la osservai senza parole. Quando riuscii a trovarle, dissi:
-Io...davvero grazie di cuore. È stupenda e...forse così riuscirò a lasciarmi certi pensieri alle spalle-
Per la prima volta da quando Gabriele me l'aveva messa, spinsi in giù il gancetto e la tolsi, appoggiandola sul comodino e indossai quella che avevo davanti. E devo dire, che mi sentivo meglio, come se con essa avessi tolto molte delle mie preoccupazioni che ancora mi perseguitavano.
-Grazie ancora Ivan- dissi. Facendo attenzione che la coperta non si spostasse, lo abbracciai in un impeto di dolcezza. Le sue mani stavano esitando, lo sapevo, ma ben presto mi strinsero con dolcezza. Eppure, quando sentii il suo respiro sulla mia pelle, il mio pensiero vagava indietro nel tempo, volendomi ricordare chi era stato il primo a farmi provare quella sensazione che in quel momento odiavo davvero. Non riuscivo a togliermi dalla mente i dannato respiri di Gabriele sulla mia pelle ma era ora di farla finita, di smetterla. Quando mi allontanai, recuperai i pantaloni dal pavimento, mi ficcai sotto le lenzuola e li indossai. Ivan mi guardò interrogativo mentre io prendevo la vecchia collana, la buttai nel cestino e ci sputai sopra con cattiveria.
-era ora di dirsi addio- mormorai.
 
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TUTTURUUU
ecco quì il terzo capitolo. Mi sono dimenticata di dire qualche cosina sul capitolo precedente, quindi cominciamo. Prima di tutto: Lisa Oribe è seriamente una delle mie cantanti giapponesi preferite è tipo troppo troppo carina ed è bravissima! Poi, poi...Aria (che originariamente si chiamava Sabrina, ma io ho la fissa per questo nome, se avrò una figlia la chiamerò così, e lo uso sempre quindi ho deciso di cambiarlo) è un po' la personificazione di una mia cara amica anche lei rossa di capelli, ma Aria è molto più dolce e meno stronza (ciao Michela, ti voglio bene comunque) e Amanda è la personificazione di un'altra mia carissima amica e compagna di classe ovvero Federica (un bacione Fede). Mentre sceglievo i nomi e i caratteri, era un periodo duro della mia vita e avendo loro al mio fianco, ho voluto che anche la mia piccola Marina avesse qualcuno di davvero importante vicino a lei.
Per quanto riguarda Elisa, amo il suo colore di capelli, che è proprio quello di Alexis di Castle, come ho appunto detto! (Guardatelo ve lo consiglio, lo guarda sul serio mio madre)
Ora, di questo capitolo che dire? Assistiamo ad una svolta tra Ivan e Marina! Sembra che vadano un po' più daccordo! Eppure lui è molto diffidente...ma scoprirete tra qualche capitolo il perché.
Alla prossima, baci
Lena

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Capitolo 4
*** Resisto ***


4: RESISTO
 
Da quell'episodio, Ivan tornò a distaccarsi leggermente, ma non riuscivo a capirne il motivo. Probabilmente, non riusciva a fidarsi pienamente, ma mi chiedevo come potesse pretendere di fidarsi di me con il tempo, senza conoscermi. Forse lui aveva bisogno dei suoi tempi, dei suoi spazi...o forse non gli piacevo per nulla. Però, in quel periodo, tempo per pensarci non ne avevo davvero. Con la fine di ottobre e l'inizio di novembre, il concorso e la partenza per Viareggio erano sempre più vicine. Ogni mattina, mi svegliavo alle sei per avere il tempo di correre una mezz'oretta per il vicinato, per preparare i muscoli al lavoro che avrebbero dovuto fare. Infatti, da inizio novembre, iniziai a fermarmi tutti i pomeriggi un'ora in più con la mia partner di ballo, Lara, una mia compagna di classe incredibilmente brava, che aveva fatto danza moderna agonistica per dieci anni. Ci siamo trovate subito, lei è incredibilmente dolce ma ,quando balla, dimostra una grinta incredibile, come per dire che la scena è sua, che se l'è guadagnata e che sa dimostrare chi è mentre balla. La canzone su cui avremmo ballato era “A thousand years” di Christina  Perri, che avrebbe cantato Amanda, per cui spesso si fermava anche lei per provare con noi.
Nonostante pensassi che quella canzone non fosse adatta al tipo di danza che ero abituata a fare, essendo davvero molto dolce e più adatta a passi raffinati, ma grazie alla professoressa De Luci e al prezioso aiuto di Lara, riuscii ad avere molta più fiducia in me e a realizzare una coreografia davvero ben fatta, di cui siamo entrambe davvero soddisfatte. Solo che provarla e riprovarla per raggiungere la “perfezione” se esiste davvero, è difficile, soprattutto perché per la testa io avevo anche l'esame di dicembre, e le prove con Berto aumentavano di conseguenza. Quindi, contando anche lo studio e le lezioni di chitarra per portarmi in pari, arrivavo a fine giornata esausta e devastata ma,soprattutto, incredibilmente acida ed esaurita.
Quel venerdì pomeriggio, rincasai alle quattro e dopo aver mangiato qualcosina, trascinai i piedi verso la mia camera e mi distesi, poggiando lo zaino sul pavimento. Amavo il venerdì, perché il sabato, grazie a non so quale spirito che vegliava su di me, avevamo un orario molto leggero, in modo che potessi rilassarmi o portarmi avanti anche se, solitamente, mi distendevo sul letto e mi alzavo solo per cenare. Quando trovai le forze di alzarmi di nuovo, mi alzai e presi la biancheria pulita e un pigiama di flanella, ficcato in fondo al cassetto; non usavo i pigiami per dormire ma solo per girare in casa quando facevo un bagno presto, perché solita a dormire in biancheria e pantaloncini anche in pieno inverno. Andai in bagno e riempii la vasca di acqua bollente, entrai dopo essermi svestita e tirai la tenda bianca (la vasca da bagno funzionava anche come doccia volendo, ma io tiravo sempre la tenda non sentendomi ancora a mio agio). Mi immersi completamente, bagnando i miei capelli neri e lavandoli con cura, grattando la cute sperando di togliere tutti i brutti pensieri con lo shampoo. Rimasi a fissare il soffitto per qualche minuto, quasi incantata alla ricerca delle forze per alzarmi di nuovo ed uscire, ma stavo davvero bene a mollo nell'acqua calda! Dopo qualche minuto mi decisi ad uscire e indossai il mio accappatoio celeste. Mi asciugai i capelli strofinandoli con un asciugamano e,dopo essere stata asciutta, indossai la mia biancheria; fu in quel momento che la porta si aprii. Ivan era sulla soglia con un volto che esprimeva stanchezza, quasi disorientato, come se a mala pena sapesse dove si trovava. Quando io mi voltai al rumore della porta che si apriva, i nostri sguardi si incrociarono per istanti che sembravano ore fino a quando io non sentii le orecchie diventare rosse e i suoi occhi sbarrarsi.
-Scusami Marina, scusami!- esclamò lui chiudendo la porta.
-Non fa niente, davvero- balbettai io, cercando di dimenticare le condizioni in cui erano presi i miei capelli, spettinati e innaturalmente caotici.
-Davvero, mi dispiace.- continuò a dire lui, mentre io indossavo il pigiama e cercavo di pettinarmi i capelli.
-Va tutto bene. Piuttosto, mi sembri stanchissimo- feci.
-Si davvero- fece lui sospirando. Aprii la porta e lo osservai.
-Dovresti riposarti- dissi io, avviandomi verso la mia camera, continuando a strofinare un asciugamano contro i miei capelli.
-Non posso- sospirò lui.
-Fare le cose da stressati non serve a molto. Prenditi dieci minuti per te, senza pensare. Vedrai che poi andrà meglio- feci io facendogli l'occhiolino.
Ivan sembrava combattuto, ma poi sospiro ed annuì.
-Hai ragione tu- borbottò -Grazie.-
-Prego- dissi sulla soglia della porta della mia camera. Ci guardammo negli occhi per alcuni minuti, fino a quando non chiusi la porta dietro di me, buttandomi sul letto, stanca più che mai.
I giorni si alternavano e sembrava che il mio corpo cercasse di abituarsi agli sforzi fisici ma ,soprattutto, psicologici che doveva patire. Quelle settimane mi fecero venire nuovamente il dubbio di poter affrontare quella scuola a testa alta, perché se fosse stato così ogni volta che avevamo un concorso o uno spettacolo, mi sarei uccisa. Purtroppo, quelle settimane non furono il massimo per la mia salute. Cominciai a mangiare molto meno, al che, Serena chiamò mia madre preoccupata, ma spiegai che volevo ridurre le dosi perché il mio corpo fosse più leggero e pronto a ballare meglio, anche se rifiutare un'abbondante porzione di tortellini con la panna mi spezzava il cuore. Iniziai ad andare a dormire più tardi del solito, verso mezzanotte/ l'una, finendo di studiare sempre più o meno a quell'ora, decisa a dare il meglio di me. A scuola cercavo di nasconderlo, facevo finta che andasse tutto bene, ma in realtà avevo spesso ricadute e forti giramenti di testa. Mi succedevano quando ero sola in camera mia, ma il tempo di stendermi e badare a me non lo avevo, perciò gli ignorai e basta.
-Marina, ma ti senti bene?-
Quel giorno arrivai a scuola più pallida del solito, con occhiaie che arrivavano al pavimento e se mi ero vestita era già tanto. Cercai di mostrare ad Aria il sorriso più naturale che avevo nel mio repertorio e le dissi:
-Si certo, sto benissimo. Perché?-
Aria mi scrutò scettica, e quel suo sguardo era come un radar di bugie.
-Torna a casa su. Non puoi fare nulla in questo stato! Non ti reggi in piedi!-
-No, sto benissimo davvero!- feci, appoggiando lo zaino nel banco accanto al suo.
Aria insistette tutta la mattinata per farmi tornare a casa a riposare ma non ne volevo sapere, e cercai anche di trattenermi nel risponderle male perché non ero in me, ero stanca ma non volevo esserlo. Volevo solo fare del mio meglio, affrontare tutto ciò che mi si poneva davanti. Mi convinsi che potevo fare tutto se volevo, che avrei potuto avere la forza anche di sostenere settimane senza dormire, ma la verità era che non ce la potevo fare. Anche i professori mi chiesero più volte se stavo bene ma io finsi il più totale benessere e la serenità più assoluta. Aria rimase vigile su di me tutta la giornata, come fosse un cane da guardia, e quando qualcuno si avvicinava a me che non fosse Elisa, Amanda o Lara, lanciava delle occhiatacce, simbolo che non era giornata. Solo ora penso che avrei dovuto ringraziarla davvero molto per tutto quello che ha fatto per me in questi anni, e soprattutto in quell'occasione, dove avevo particolare bisogno di essere lasciata in pace. Dormicchiai durante l'interrogazione di Giulio in chimica e durante la ricreazione, per svegliarmi al suono della campanella della quarta ora, pronta per la lezione di danza. Scendemmo in palestra e iniziammo con il solito riscaldamento e esercizi di stretching. La lezione, normalmente, di basava sulla creazione di una coreografia per quella giornata, tanto per tenerci allenati e per esercitare la nostra capacità di memorizzazione. Ma sotto concorsi, il tempo è oro, perciò i ballerini provavano la propria coreografia, insieme ai cantanti o ai musicisti, rendendo la lezione più una prova generale che altro.
Io e Lara provammo la coreografia due volte con  Amanda che cantava con la sua voce dolcissima, adatta per quella canzone. Filava tutto liscio, io e Lara eravamo perfettamente coordinate e a tempo...ma mentre eseguivo una piroette, il mondo si fece sottosopra e io caddi per terra, perdendo i sensi.
Mi risvegliai nell'infermeria dell'accademia, con Aria accanto a me con un'espressione preoccupata.
-Ehi Mary!- esclamò non appena mi svegliai.
-Ciao..cos'è successo?- chiesi disorientata.
-Sei svenuta- fece lei alzandosi dalla sedia su cui era seduta. -Devi davvero regolarti Mary! Capisco che è il primo concorso e che hai gli esami ma non puoi fare tutto! Devi riposarti e pensare a te stessa.-
-Non ho il tempo materiale per farlo- borbottai io.
-Marina!- Aria mi guardò seria, quasi arrabbiata -La tua salute è più importante di uno stupido concorso! E comunque, se ti vedono così non ti lasceranno partecipare! E io non ti permetterò di affaticarti ulteriormente!-
Aria era molto seria, quasi arrabbiata e riconobbi che aveva ragione.
-Lo so, hai ragione è che insomma...tutte queste cose insieme mi stanno portando a fare cose che non dovrei fare-
Aria si sedette sul lettino e mi diede un grande abbraccio.
-Mary, sei una guerriera venuta qui dal Veneto per farsi strada. Tu ce la puoi fare-
-Non ne sono così tanto sicura- sospirai.
-Convinciti. E ora andiamo dalla prof  che sarà preoccupata per te.-
Mi alzai barcollando per la stanchezza e trascinai i miei piedi verso la palestra. La mia classe era ancora lì e anche se mi vergognavo a farmi vedere dopo essere svenuta, entrai in timidamente in palestra.
-Rinaldi, come ti senti?- fece la professoressa De Luci appena mi vide.
-Meglio, grazie-
-Sei sotto stress vero?- fece scrutandomi. Mi sfiorò il volto ed indicò le occhiaie.
-Devi dormire. Una ballerina non può addormentarsi. E poi mi sembri dimagrita davvero troppo in queste settimane. È uno spettacolo, andrà tutto bene. E gli esami sono solo la prassi, ma è ovvio che entrerai in accademia, ci sei già dentro-
-Io...lo so è che..- le parole non uscivano nel modo in cui volevo per cui tacqui, decisa solo ad ascoltare le sue parole.
-Andrà tutto bene. Ascolta, parlerò io con i professori che hai domani così che ti lascino stare e oggi puoi riposarti e dedicarti a te stessa. Il tuo corpo è il tuo strumento. Quindi prenditi ben cura di lui.-
Annuii nel momento in cui la campanella suonò. Presi le mie cose accompagnata da Aria, Elisa ed Amanda, diventate le mie guardie del corpo per poi uscire tutte e quattro a braccetto, per accompagnarmi alla fermata. Camminammo lentamente perché barcollavo ancora ed ero instabile. Appena arrivammo, gli sguardi di  Ivan e Celeste indugiarono su di me con fare preoccupato.
-Mary tutto ok?- chiese Celeste avvicinandosi.
Elisa mi guardò  e disse:
-è svenuta-
-Ma sto bene ora- mi affrettai ad aggiungere prima che i loro sguardi preoccupati mi raggiungessero.
Aria mi guardò accigliata -Si, certo- si rivolse a Ivan e Celeste -Tenetela d'occhio oggi per favore- chiese con gentilezza. I due annuirono con serietà.
-Non preoccupatevi, ci pensiamo noi-
L'autobus arrivò e io salutai le mie amiche con un mezzo sorriso. Ivan e Celeste mi sorressero come fossi una malata vera e propria e,anche se la cosa mi infastidiva leggermente, in sé riconobbi che era un gesto davvero molto carino. Mi sedetti sul sedile sospirando, essendo riuscita ad attirare tutta l'attenzione dei presenti, che mi lanciavano sguardi interrogativi. Appoggiai la testa al finestrino, desiderosa di tornare a casa il prima possibile. Sentii una mano appoggiarsi sulla mia spalla e mi voltai.
-Posso?- fece Ivan indicando il sedile accanto al mio. Io lo osservai un po' accigliata ma acconsentii. Lui si sedette vicino a me e appoggiò lo zaino sotto i suoi piedi.
-Come ti senti?-
-Perché me lo chiedi?- sbottai scocciata.
-Perché voglio sapere come stai- ribattè lui.
-Non mi sembrava ti importasse, visto che mi eviti da un po'-
Ivan sospirò.
-Lo so che non mi sono comportato bene Marina, ma te l'ho spiegato-
-Io non sono cattiva. Non ti chiedo di raccontarmi la storia della tua vita ma vivo qui da due mesi e non hai provato a conoscermi neanche un po'- feci io. Non so se fossi spinta dal mio malessere ma quelle parole mi uscirono come un vortice, anche troppo schietto. Lui sembrava mortificato.
-Mi dispiace- fece -Ma ho i miei motivi. Lo so che non sei cattiva è..- prese un grande respiro come per cacciare un cattivo pensiero. -te lo spiegherò te lo prometto-
Ero troppo stanca per commentare perciò annuii con un mezzo sorriso. Lui sembrava sollevato ma tornò a preoccuparsi non appena mi guardò negli occhi.
-Cosa ti è successo oggi'-
Mugugnai.
-Sono svenuta durante la lezione di danza. Sono stanca, non dormo bene da due settimane e sono...davvero stressata-
-Ehi- Ivan curvò la testa per guardarmi meglio -Sbaglio o sei stata tu a dirmi “Fare le cose da stressati non serve a molto. Prenditi dieci minuti per te, senza pensare.”?-
-Lo so- biascicai -Ma è facile dare consigli. è più difficile ascoltarli per sé stessi-
-Oggi ti sorveglio io- esclamò deciso -Tu oggi dormi, ti riposi e non tocchi libri-
-Tu hai le tue cose da fare Ivan, e non voglio essere un disturbo per te-
-Mentre dormi posso studiare- ribatté e sembrava troppo deciso per cambiare idea.
-Sembri molto deciso- borbottai ma il sonno mi stava invadendo, sapendo che oggi avrei potuto rilassarmi (anche se contro la mia volontà). Alla ricerca di una posizione comoda, involontariamente mi appoggiai alla sua spalla.
-Scusami- feci confusa ma lui scosse la testa.
-Tranquilla va bene-
La sua spalla era accogliente e stranamente comoda. Rimasi in quella posizione fino all'arrivo alla nostra fermata, dove fui costretta ad alzarmi, anche se stavo davvero bene. Ivan non si era lamentato ma era rimasto immobile, come una guardia in mia difesa.
Quando scendemmo i gradini, camminammo verso casa e guardai Ivan e Celeste:
-Per favore, non dite nulla a vostra madre! Non voglio che si preoccupi anche lei-
I due si guardarono ma cedettero e acconsentirono. Sorrisi sollevata, davvero molto grata. Entrammo in casa fingendo la più totale normalità ma sembrava che Serena avesse capito che non ero al massimo della forma, ma non mi disse nulla e finse indifferenza.
Finito di pranzare, andammo tutti e tre di sopra; Celeste si chiuse in camera a studiare mentre Ivan mi seguii a mo' di stalker in camera mia, e la cosa mi fece sorridere. Si sedette su una delle poltrone voltate verso il camino, in modo che potessi mettermi il pigiama. Mentre mi cambiavo, mi chiedevo cosa nascondesse quel ragazzo. Sembrava quasi che si portasse un qualche fardello dietro di sé al quale non riusciva a smettere di pensare. Lo guardai mentre studiava fisica e lo trovai così rilassato, sicuro di sé e tranquillo rispetto al primo mese di convivenza. I suoi occhi grigi scorrevano le formule con sicurezza con la stessa sicurezza con la quale io guardavo i verbi inglesi. La mia opinione su di lui cambiava con la stessa frequenza con la quale si cambiano i calzini. Un giorno lo odiavo e il giorno dopo volevo conoscerlo e cosa mi succedesse quando gli stavo vicina non riuscivo ad immaginarlo.
Sospirai e scostai il piumone per distendermi e godermi finalmente del meritato riposo. Ivan  si alzò e si sedette sul gradone di marmo sul rialzamento del letto e rimase in silenzio mentre studiava con tranquillità. Io mi girai verso di lui stringendo il cuscino.
-Perchè oggi hai dimostrato così tanta gentilezza?-
Ivan fece le spallucce:
-Te lo devo-
-Non ti capisco- feci -Non riesco davvero a crearmi un'opinione su di te-. Ivan mi osservò con uno sguardo quasi triste, come se quelle parole lo tormentassero.
-Lo so- disse appoggiando la schiena al letto -Non è facile farsi un'opinione su di me. Sono una persona molto complicata.-
-è...per “quella cosa”?- chiesi, anche se ancora non sapevo di cosa si trattasse.
-Si...e bhe, sicuramente chi non mi conosce da molto tempo potrebbe farsi un'opinione sbagliata su di me. Diciamo solo che sono diventato molto più introverso e diffidente-
-Ti capisco, anche io sono così-
Ivan mi guardò sorpreso.
-Non si direbbe-
Risi. -Ci sono tante cose che non sai di me-
-Questo di sicuro- fece lui.
Esitai un po', tirandomi su il piumone fin sopra le orecchie.
-Co-cosa pensi di...me?-
Non sapevo bene il motivo della mia domanda e non riuscii ad osservare la sua espressione, ma me lo immaginai sorpreso quanto me di quelle parole uscite dalla mia bocca involontariamente.
-Sembri una persona affidabile- disse, infine.
Sollevai leggermente la coperta.
-Mi fa piacere riuscire a trasmettere questo- dissi sollevata. -Ma non so perché te l'ho chiesto, scusami-
-Ah bhe tranquilla è una domanda legittima.-
La sua affermazione mi fece sorridere e lo ringraziai.
-Ora riposati però- fece con tono severo. Io annuii e mi girai sul fianco opposto per concedermi un sonno ristoratore. Dormii come un sasso, sprofondando in un sonno senza sogni e mi svegliai di scatto senza un particolare motivo ma come se dovessi essere nervosa per qualcosa. Intontita, mi sedetti a gambe incrociate sul letto e mi stiracchiai. Guardai la sveglia: erano le undici. Presa dal panico, cominciai a pensare a tutte le cose che avrei dovuto fare quel pomeriggio e cercai di alzarmi ma notai Ivan, era ancora lì. Si era addormentato con la testa appoggiata sul mio materasso. Mi addolcii appena lo vidi: era stato accanto a me tutto il pomeriggio solo per farmi riposare. Gli accarezzai i capelli ricci e molto caotici con molta tenerezza e delicatezza. Ero sicura che fosse davvero un bravo fratello e pensai che Celeste doveva essere molto fortunata. Presi il telefono e notai una ventina di messaggi, molti di Sabrina, Elisa ed Amanda ed alcune delle mie amiche del veneto. Risposi solo alle mie tre salvatrici con un semplice “sto bene tranquille” e mi promisi di rispondere il giorno successivo alle altre, perciò spensi il telefono e lo appoggiai sulla scrivania. Osservai Ivan dormire beatamente e ,a malincuore, lo scrollai leggermente e lo chiamai.
-Ehi Ivan- sussurrai vicino all'orecchio,
Lo scrollai un po' di volte e, piano piano, sbatté le palpebre, si voltò e mi guardò.
-Ehi- fece  stropicciandosi gli occhi -Che ore sono?-
-Le undici passate- risposi -Vai pure a dormire in camera tua, scusami se sei rimasto qui tutto il pomeriggio-
Lui scosse la testa -Tranquilla. Avevi un'aria così beata mentre dormivi- fece con un sorriso. Quella frase mi imbarazzò e sentii le guance bollenti.
-Ahm ehm..ok- balbettai, guardando il pavimento.
Lui tossicchiò leggermente per poi cambiare argomento.
-Scusami, ho dovuto dire a mia mamma che stavi male.- fece dispiaciuto.
-Tutto ok, non c'è problema, grazie davvero- feci. Ci guardammo nell'oscurità per diversi secondi prima che mi decidessi ad abbracciarlo, come segno di ringraziamento. Nonostante tutto quello che mi aveva detto, del fatto che provava ancora molta indifferenza nei miei confronti, mi strinse con calorosità e sentii in lui la sensazione che provo quando abbraccio un amico o un membro della mia famiglia. Insomma, sentivo che forse Firenze stava davvero diventando casa mia.
-Buona notte allora- fece, abbozzando un sorriso.
-Si, buona notte...e grazie di cuore- dissi -Spero che tu sia riuscito a studiare-
-Tranquilla Mary- fece un segno di vittoria come per dirmi “Ce l'ho fatta”. Quella era la prima volta che usava il mio soprannome. Uscii dalla mia camera e io mi distesi nuovamente nel letto: Ivan Innocenti era davvero una persona strana.
 
-Mary come stai?- chiese Elisa appena mi vide il giorno dopo.
-In forma Eli- risposi felice -Ma non ho studiato nulla! Ho dormito tutto il giorno...e pensa, Ivan è stato tutto il pomeriggio a sorvegliarmi.-
-Oddio ma che dolce- esclamò lei con un sorriso.
-Già- feci io -Ma non lo capisco proprio quel ragazzo-
-Dagli ancora tempo. A me è parsa una cara persona- fece lei.
-é questo...a volte voglio conoscerlo e altre volte non lo sopporto proprio-
Nel mentre in cui Elisa stava per rispondermi, una demonietta alta un metro e settanta mi abbracciò di slancio.
-Ciao Aria-
-Ciao Mary, ciao Eli- fece Aria, inebriandomi con il suo profumo alla camomilla. Mi osservò con un grande sorriso.
-Che bello vederti così allegra- mi disse stritolandomi.
-Mi so-soffochi- feci io, ma in realtà ero davvero tanto felice che qualcuno ci tenesse a me così tanto.
-Antipatica- fece lei scherzando. Io e Elisa scoppiammo a ridere nel vedere la sua faccia offesa. Amanda entrò in classe poco dopo e,non appena mi vide, i suoi occhioni blu si illuminarono e corse ad abbracciarmi.
-Mary sono così felice di vederti- fece. E fu in quel momento compresi quanto fosse bello essere importante per qualcuno. Nonostante mi sentissi sperduta, avessi perso le certezze, lontana dalle mie ancore, c'era ancora qualcuno pronto a preoccuparsi per me. Strinsi le loro mani e anche se non capivano a cosa stavo pensando, e mi stavano guardando con sguardi interrogativi, io avevo capito tutto: ormai, erano parte della mia felicità.
E per fortuna che avevo loro! Mancava una settimana alla partenza per Viareggio e fu solo grazie a loro che riuscii ad organizzarmi e fare tutte le cose con calma e costanza. I voti a scuola non erano un granché ma nella prima parte dell'anno non ero mai riuscita a fare di meglio perciò mi accontentai. La coreografia era perfetta, io e Lara eravamo davvero molto soddisfatte, veniva praticamente automatica. La provammo anche nel teatro sul retro della scuola per riuscire ad abituarci (anzi, abituarmi) ad un palcoscenico, per gestire lo spazio e riuscii a cavarmela e anche Amanda riusciva a capire i nostri movimenti e  interagiva con noi con lo sguardo.
Era domenica sera, e stavo preparando il borsone per la partenza del giorno dopo. Tutto mi sembrava surreale: mi sarei esibita il martedì per un concorso, avrei ballato su un palcoscenico e sarei stata giudicata insieme alla mia partner. Era da una vita che non partecipavo a concorsi di danza ed ero davvero eccitata ed emozionata, così tanto che avevo un buco nello stomaco.
-Lo shampoo c'è, l'eyeliner l'ho messo, l'ombretto bianco è nella busta trasparente.- mormoravo ricapitolando le cose che mi sarebbero servite i giorni successivi. Sistemare mi rilassava, e considerando quanto io fossi ansiosa, ne avevo davvero bisogno. Finito di preparare la borsa, mi misi a fare qualche esercizio per la schiena non troppo faticoso ed impegnativo. Andai a letto verso le dieci e dormii come un sasso. La mattina dopo la partenza era prevista alle nove davanti alla scuola perciò potei svegliarmi alle sette e mezza. Mi stiracchiai ed aprii i balconi sentendo l'adrenalina invadermi mentre guardavo Firenze Rifredi in versione sette della mattina, in pieno movimento. Mi voltai verso la porta diretta alla volta della cucina per fare colazione. A casa c'eravamo solo io e Serena, che si era anche offerta di accompagnarmi lei stessa fino a Firenze ma non volendo disturbarla, mi rifiutai. Mangiai e mi preparai per andare.
-Mi raccomando Marina, divertiti- fece Serena quando scesi le scale con il borsone.
-Sarà fatto- feci con un sorriso e per un attimo, ebbi il desiderio di chiamarla mamma. Forse perché me la ricordava tanto o forse perché avevo bisogno di lei. La salutai con la mano e mi avviai verso la fermata dell'autobus. Appena arrivò abbozzai un sorriso e salii, sedendomi sui posti vicino alla seconda porta come fossi pronta per saltare giù in un attimo.
Arrivammo verso le otto e quaranta nella zona scuole, e notai subito i miei compagni tra la folle delle terze e delle quarte dell'accademia, grazie al giubbotto rosa di Aria ed ai suoi capelli rossi raccolti in due codini. Salutai educatamente il conducente e scesi dell'autobus quasi saltellando. Raggiunsi i miei compagni correndo e li salutai allegramente.
-Ciao Marina- esclamò Giulio dandomi una pacca sulla spalla -Pronta?-
Io annuii  passando le dita tra i capelli.
-Giulio cosa parli a Marina prima di me?- fece Aria offesa, e mi abbraccio con slancio.
La mia classe rise, Aria era davvero buffa ed era per questo che la adoravo.
Elisa ed Amanda seguirono a ruota, abbracciandomi con affetto.
-Il tuo primo concorso- fece Elisa quasi più emozionata di me.
-E ballerà con Lara mentre io canto- aggiunse Amanda quasi commossa.
-Mi fate troppo ridere- feci scoppiando a ridere. -Sembrate più contente di me.-
-In un certo senso- fece Aria con un sorriso chinandosi lievemente in avanti -Quando un nuovo alunno partecipa ad il suo primo concorso, è come se ci ricordasse il nostro primo-
mi spiegò.
-Quindi voi la vedete così per ogni nuovo studente della vostra classe?- chiesi curiosa.
-Si bhe siete pochi di aggiunti dalla prima...forse è per questo- fece Elisa passandosi le dita tra i capelli.
-Però è una cosa molto dolce- feci sorridendo -è come condividere la stessa ansia-
Elisa rise -Detta così è quasi inquietante però si, più o meno-
-3^B ci siamo tutti?- chiese il professor Berto accompagnato da un'elegantissima professoressa De Luci.
-Si- fece Ludovico, uno dei nostri rappresentanti di classe.
-Allora su saliamo- fece la professoressa De Luci, con un sorriso incoraggiante.
Salimmo sull'autobus che ci stava aspettando nel piazzale, pronti e determinati a fare del nostro meglio.
Mi sedetti accanto a Aria, ed ascoltammo musica insieme per tutto il tragitto fino a Viareggio.
-Mary ascoltiamo Boa?- fece Aria supplichevole, riferendosi ad una delle nostre cantanti preferite.
-Certamente- feci, scorrendo la playlist alla ricerca del suo album “Who is back?”.
-Ahhh quant'è brava e bella- commentò Aria appoggiando la sua testa sulla mia spalla.
-Tanto- feci io sospirando -Quest'album è stato la mia compagnia quest'estate e durante il trasferimento. Mamma mia...-
-Ti dirò, è stata la  colonna sonora dalle vacanze anche per me- mi confessò -Ho convinto anche Alex a convertirsi al j-pop-
Scoppiai a ridere.
-E che gliene pare?-
-Gli piace. Cioè per ora adora Boa e Lisa poi andremo avanti-mi rispose con un ghigno.
-Com'è lui? Cioè che persona è?-
-é un ragazzo forte, determinato. È un musicista anche lui ma ha vent'anni, ormai lavora. È serio e...lo amo da morire- fece lei, sedendosi in modo composto e guardandomi. Quando parlava di lui le brillavano gli occhi, sembrava davvero innamorata.
-Sono tanto felice per te- dissi sorridendo. -è bello vedere due persone innamorate.-
-Tu non lo sei mai stata?- mi chiese curiosa.
-Innamorata per davvero no...ma sono stata fidanzata per sette mesi. Io credevo che quello che provavo per lui fosse amore ma ho capito con il tempo che non era così-
Dopo aver respirato a fondo, raccontai per filo e per segno la storia con Gabriele, mentre Aria mi ascoltava pazientemente.
-Che...disgraziato- fece lei quando finii di raccontare. -Troverai qualcuno giusto per te, lo so. Sei troppo bella e graziosa-
-Esagerata- feci io facendo una smorfia.
-Convinciti di questo ed è fatta. E bhe...magari lui è già vicino a te- e mi fece l'occhiolino. La guardai sospettosa:
-Ti stai riferendo a qualcuno?.
-Secondo te?- ridacchiò.
-Si...e se stai pensando ad Ivan...no.-
-Ma perché no? Conoscetevi meglio si, ma sembra premuroso con te-
-Vabbe ma cosa vuol dire?-
-Uffa sei testarda eh? Il tempo ci darà una risposta- fece quasi soddisfatta. Il suo sorriso vagò nella mia mente per molto tempo.
 
Arrivammo a Viareggio dopo quasi due ore di viaggio per colpa del traffico e di un incidente in autostrada ma eravamo comunque pronti per le prove del pomeriggio. Andammo in albergo per riposarci un po' e ci dividemmo in gruppi da quattro per le camere. Io, Aria, elisa ed Amanda capitammo insieme, e già prevedevo il caos più totale.
-sta sera chiacchieriamo di brutto eh!- fece Elisa, sistemando il suo borsone sotto al letto, e monopolizzando il suo comodino.
Amanda scoppiò a ridere:
-Dobbiamo introdurre Mary nelle nostre serate pre concerto-concorsi- esclamò lei, mentre i suoi grandi occhioni blu scrutavano la stanza, come per decidere se le piacesse o meno.
-Ma...dormire no?- chiesi scherzando.
Le ragazze scoppiarono a ridere ma io ero seria: non tanto perché amo dormire, quanto perché dopo aver passato quelle settimane con 15 ore di sonno totale, avevo paura a passare una sola notte insonne.
-Tranquilla Mary, non devi preoccuparti- fece Aria, abbracciandomi impetuosamente.
-Mi preoccupo solo di più se mi dici così-
In quel momento squillò il mio cellulare. Presi la borsa del pavimento e guardai il display: era Ivan. Con espressione perplessa risposi:
-Pronto?- feci.
-Ehi Mary, ciao! Siete arrivati?- mi chiese.
-Si si, anche se in ritardo causa incidente in autostrada-  feci con un smorfia.
-Che sfiga- commentò lui,
-Già- feci ridendo, giocherellando con il bordo della maglietta.
-Ecco si, ehm volevo augurarti buona fortuna. Immagino sarai parecchio nervosa-
-Un po' si, ma penso sia normale. Ti ringrazio, è stato un pensiero carino chiamarmi.-
-Non ti ho vista questa mattina, mi dispiaceva...ecco- fece lui. Volevo davvero poter vedere il suo volto in quel momento: era stato davvero un tesoro.
-Grazie davvero- feci io dolcemente. -Mi impegnerò al massimo-
-Brava, così ti voglio- fece ridendo. Sentii dall'altro capo della cornetta la campanella suonare.
-Scusami, sta iniziando la quarta ora, torno in classe-
-Tranquillo, ciao e buona scuola-
-Ciao-
Riagganciai e mi aspettai tra sorrisi non poco inquietanti delle mie amiche.
-Era Ivan?- fece Aria con tono quasi retorico.
-Si- feci io mettendo il telefono nella borsa.
-E...?- fece Elisa.
-Voleva augurarmi buona fortuna per domani.-
-Ma è un tesoro- esclamò Amanda.
-Ricordati quello che ti ho detto in autobus Mary- fece Aria maliziosamente.
Elisa ed Amanda guardarono l'amica con aria interrogativa, mentre io la guardavo spazientita.
-Pfff Aria, che ansia che sei! Non mi piace Ivan e io non piaccio a lui. Fine della storia.-
Ma, nonostante questo, Aria continuava ad avere quel suo maledetto sorrisino convinto per tutta la giornata, anche mentre provavo con Lara la coreografia, tanto che Lara mi chiese se ci fosse qualcosa che non andava.
La coreografia era perfetta, la provammo due volte e poi ci sedemmo ad osservare i nostri compagni, chiacchierando un po' per conoscerci meglio.
Quando toccò ad Aria cantare, mi resi conto che non l'avevo mai sentita cantare da sola, perché durante le lezioni di canto scolastiche, ci dividevamo spesso per le prove. Prese il microfono con estrema sicurezza, sembrando perfettamente a proprio agio. La canzone che stava interpretando era “Breakeven” dei “The script”, e quando iniziò a cantare, sentii i brividi. Aria aveva una voce fantastica, un'estensione perfetta, riusciva ad essere dolce e decisa allo stesso tempo e in quel momento mi resi conto di quanto la ammirassi, sia come cantante che come persona.
-Aria, sei bravissima-  feci non appena finì di cantare avvicinandomi lei sorpresa. -Hai una voce fantastica-
-Mary che dolce! Grazie- fece, bevendo un po' di acqua. Mi mise un braccio attorno alle spalle, raggiungendo le sedie dove ero seduta con Lara. Chiacchierammo fino alla fine delle prove, ed uscimmo tutti soddisfatti del lavoro fatto. Andammo a mangiare nel ristorante del nostro albergo, dandoci alla pazza gioia, mangiando ogni cosa che ci veniva portata.
Rimanemmo tutti insieme per un po', e poi ognuno tornò nelle rispettive camere.
Mi fiondai sul letto a pancia in giù, guardando il display del mio telefono e rispondendo ai messaggi di Mara.
-Mary non fare l'associale!- esclamò Elisa
-Eh un attimo, sto rispondendo alla mia migliore amica.
-Aspetta...mmm...Mara giusto?- chiese Aria pensierosa.
-Si si lei- feci con un sorriso.
-Ti mancano le tue amiche del veneto?- mi chiese Amanda.
-Bhe si abbastanza. Ma direi che è anche normale...ne abbiamo passate tante..- feci con un pizzico di nostalgia nella voce.
-Si bhe è normale ma...insomma ti senti un po' più a tuo agio qui con noi?- fece Amanda.
Io le osservai quasi sbalordita da quella domanda.
-Certo sceme! Tutto grazie a voi.- esclamai abbracciandole.
E davvero, senza di loro non so come avrei potuto fare.
 
Era la mattina del concorso e io e le ragazze ci svegliammo verso le sette. Ci alzammo con molte difficoltà dal letto, ma io sentivo già quella sensazione  di ansia  consumarmi lo stomaco. Mi alzai per prima, impossessandomi del bagno, lavandomi la faccia con acqua calda, pettinai i capelli guardandomi allo specchio, concentrandomi sulla mia immagine riflessa che sembrava ordinarmi di mettercela tutta. Dieci minuti dopo eravamo tutte e quattro pronte, perciò scendemmo a fare colazione. Io e gli altri ballerini ci tenemmo leggeri, altrimenti non saremo mai riusciti a ballare al massimo delle nostre capacità.
Finita la colazione, ognuno tornò nelle rispettive stanze per prendere il necessario (nel mio caso la bustina trasparente con i trucchi, leggins e canottiera) per trasferirci nel teatro. Appena arrivammo, la direttrice del teatro ci accolse con formalità, salutando il professor Berto e la professoressa Luci con una stretta di mano e ci fece accomodare nei camerini, uno per le ragazza e uno per i ragazzi. Indossai i leggins neri, la canottiera blu con spalline sottili che si legavano sul retro, scarpette e legai i capelli in un chignon molto preciso. Io e Lara ci truccammo insieme, in modo da essere l'una speculare all'altra. Aria ci aiutò (era davvero abile nel make up) con molta serietà e pazienza, indossando un vestito verde smeraldo con il pizzo davvero molto bello.
-Perfette- fece non appena ebbe finito, pienamente soddisfatta.
-Grazie Aria- fece Lara cortesemente.
-Grazie- feci io a mia volte con un sorriso.
-Andate a risplendere stelline-
 
-Presentiamo le concorrenti 25,26,27. Amanda Gentini, Lara Bertolotto e Marina Rinaldi. Amanda ci canterà “A thousand yers” di Christina Perri mentre Lara e Marina ci mostreranno una coreografia creata con la collaborazione di Agata De Luci- fece il presentatore del concorso. Io e Lara ci prendemmo la mano come per darci coraggio e guardammo Amanda nel suo vestito blu zaffiro, perfettamente sicura di sé, avanzare sotto gli applausi e prendere il microfono dal presentatore. Avanzammo anche io e Lara a testa alta e camminata sicura nel mezzo del palco. Quando la musica partì, mi sembro di sentire il mio cuore esplodere delle troppe emozioni. Ma fa un di queste, in particolare, a guidarmi: l'adrenalina. Movimenti eleganti, passi agili, piroette con un braccio teso in avanti e l'altro verso l'alto; schiena inarcata all'indietro aspettando il ritornello, dove  tra diverse piroette, io e Lara ci avvicinammo, per prenderci le mani e ruotare la testa all'indietro. Lei eseguì un ejambet mentre io eseguii qualche passo a terra, rialzandomi non appena lei si avvicinò a me nuovamente. La fine della canzone era molto lenta perciò i nostri passi si adattarono di conseguenza. Finimmo trascinando il collo del piede destro in avanti e alzammo la testa con sguardo gentile verso il pubblico il quale iniziò ad applaudire entusiasta. Io, Lara ed Amanda restammo lì a goderci gli applausi del pubblico, pienamente soddisfatte del lavoro fatto e senza nessun rimpianto. In quel momento, capii che le paure non sono nulla quando sali su un palco per dare tutta te stessa. L'ora delle premiazioni arrivò e ci piazzammo terzi come scuola, mentre io e Lara none come coreografia di coppia. L'attestato del concorso lo strinsi tra le mani come fosse un tesoro e lo era, effettivamente: il mio primo concorso con l'accademia. Arrivammo a casa la sera stessa verso le sette e tutta la famiglia Innocenti era venuta a prendermi davanti a scuola. Salutai i miei compagni con affetto e mi fiondai tra le braccia di Serena.
-Ciao- fece, un po' sorpresa dal mio gesto, ma subito mi accarezzò la testa. -Com'è andata?-
Presi dalla mia borsa l'astuccio contenete l'attestato e lo mostrai fiera.
-Complimenti- fece e tutta la famiglia mi porse sorrisi entusiasti. Ero davvero stanca tra il concorso e la partenza per tornare a casa dopo le premiazioni che finirono alle quattro e mezza. Arrivammo a casa mezz'ora dopo e mi fiondai al piano di sopra per sistemare le mie cose e per farmi una doccia. Rimasi sotto il getto dell'acqua per diverso tempo, raccolta nella mia intimità, pensando che per una volta era davvero fiera di me e di ciò che ero riuscita a dare e a fare. Mi asciugai in fretta per poter così scendere a cenare, perché io e Lara avevamo mangiato in fretta poco dopo la nostra esibizione e stavo letteralmente morendo di fame.
-Ehi Mary- fece Serena appena scesi. -Hai fame?-
-Si tantissima- risposi con un sorriso stanco.
-è pronto tra poco- fece lei, tornando ai fornelli. Mi sedetti al mio posto, aspettando di mangiare, e poi fiondarmi a dormire anche se erano le otto di sera.
Nel giro di cinque minuti, tutta la famiglia si riunì a tavola chi molto allegro ed energico come Celeste, chi stanco come Ivan.
-Ecco qua- fece Serena servendoci degli spiedini di carne bianca e peperoni.
-Grazie e buon appetito- feci educatamente.
-Buon appetito- mi risposero.
Mangiammo in silenzio, chi più velocemente chi meno.
-Allora Marina, com'è andata nello specifico quest'esperienza?- mi chiese Pietro, l'unico della famiglia con cui avevo meno confidenza.
-Emozionante. Pensavo di svenire! Per fortuna non è stato così- feci.
-Volevo vederti- fece Celeste estasiata.
-Allo spettacolo di Natale- feci con un sorriso.
-Davvero? Oh che bello! Ci andiamo vero?- chiese la ragazza entusiasta.
-Certo Celeste- fece Serena, provocando un gran sorriso sia mio che di Celeste, ma il mio era più imbarazzato che altro.
Finito di cenare, mi diressi in camera e mi sedetti per un po' davanti alla terrazza, osservando il cielo senza pensare, senza vagare con la fantasia, ma facendo riposare la mente per un po'. L'adrenalina mi scorreva ancora nelle vene ed ero sicura che nel mese successivo, ne avrei avute di occasioni per usarla.
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ecco quì subito un nuovo capitolo, oggi sono in vena di aggiornare.
Allora cosa dire?
Per prima cosa: Boa Kwon è una cantante coreana che amo alla follia! ed è stra brava e bellissima, andatevela a sentire!
Poi, poi, bhe a Thousand Years è dolcissima come canzone, se non la conoscete andate ad ascoltarvi anche quella.
Quì c'è uno dei momenti più carini ed intimi di Ivan e Marina secondo me: lui che si prende cura di lei nonostante la sua diffidenza. Si stanno avvicinando piano piano, e vedrete nel prossimo capitolo vi sarà svelato il perché di questo atteggiamento di lui.
Lena

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Capitolo 5
*** Far natale: esami, spettacolo e fiducia ***


5-FAR NATALE: ESAMI, SPETTACOLO E FIDUCIA
 
 
Infatti, dicembre era alle porte e così i miei esami per l'idoneità all'accademia. Il primo dicembre, Berto entrò in classe esuberante come al solito. Appena mi vide, mi indicò.
-Il 10. Esame.-
-Ah...ehm bene, ok-feci, colta alla sprovvista.
-Non preoccuparti,  sei a buon punto, altre due lezioni e ci sei-
-Solo altre due?- esclamai.
-Si, bastano tranquilla-
Non ero sicura ma se me lo diceva il mio insegnate, allora potevo stare più tranquilla.
-Ok va bene allora-
-Facciamo mercoledì fino alle due e mezza e il sei?-
-Va bene prof- esclamai determinata
-Mi piaci così...positiva- esclamò lui, agitando le mani.
Io risi e ci concentrammo sulla lezione.
La giornata passò senza troppi intoppi, un po' stancante per la verifica di storia per la quale avevo studiato tantissimo, ma passò e potei tornare a casa abbastanza positiva, pronta per esercitarmi per l'esame, il quale consisteva nell'esecuzione di un brano e qualche esercizio di solfeggio. Mi esercitai su “A thousand miles” che stavo provando da ottobre, e anche se non mi convinceva granché, ricordai le parole di Berto sul fatto che andava bene così, perciò me ne convinsi anche io. Quel mercoledì arrivò, Berto mi fece una specie di simulazione dell'esame, e me la cavai senza troppi errori, soprattutto per quanto riguardava il solfeggio che era la parte che mi spaventava di più. Infatti, in quei giorni che mi separavano dell'ultima prova, insistetti molto sugli esercizi tecnici piuttosto che sulla canzone. Nonostante credessi che con l'avanzare dei giorni sarei stata più nervosa, fortunatamente non fu così e riuscii a mantenere la calma anche quando un esercizio non riusciva come volevo io.
Le mie amiche furono molto gentili e disponibili, soprattutto Aria che, da brava compagna di banco ed amica, si offrì di venire da me il giorno prima dell'esame per aiutarmi.
-Chiedo a Serena, non essendo propriamente casa mia non saprei- le risposi quando me lo chiese, molto contenta della proposta.
-Tranquilla, fammi sapere-
-Ma certo- feci, prendendo i libri per la lezione di matematica.
-Mi piace vederti così sicura sai?- mi disse, appoggiando il viso sul palmo della mano.
-Io non so quanto sia un bene a dire il vero-
-Perché?- fece lei scrutandomi.
-Perché magari porta sfiga!-
Aria scoppiò a ridere.
-Scema! È normale essere un po' nervosi però se sei sicura è un buon segno-
-Hai ragione- feci sospirando. -Non vedo l'ora passi il dieci, giuro!-
-Facciamo così. Dopo l'esame, torni su a Firenze e andiamo in fumetteria-
A quella proposta i miei occhi brillarono.
-è una vita che non ci vado! Ci sto,ci sto!- esclamai piena di entusiasmo.
-Perfetto!- fece lei ridendo -Ma solo io e te!- disse con serietà.
- Ma Aria, che crudeltà- obiettai io guardando Elisa ed Amanda poco distanti da noi.
-Dai, ti voglio per me- fece guardandomi un po' offesa.
-Sei un tesoro Aria- dissi con dolcezza.
 
Serena acconsentì con piacere di invitare Aria da noi, felice di poter finalmente conoscere una delle mie amiche di cui tanto parlavo tornata da scuola. Perciò, il nove dicembre, giornata carica di freddo e di nuvoloni grigi, fu resa una giornata più bella grazie ad Aria, felicissima di poter prendere quell'autobus con me e passare una giornata in mia compagnia. Devo dire che non capii il suo entusiasmo, perché mi sono sempre considerata come una persona noiosa, seccante e paranoica, però lei sembrava sentirsi a perfetto agio in mia compagnia, desiderando di starmi vicina.
Arrivammo a Firenze Rifredi alla solita ora, e io, Aria, Ivan e Celeste ci avviammo verso casa, con Aria intenta a spargere allegria ed anche a conoscere meglio i due fratelli. Ovviamente, Ivan si dimostro riservato ma non maleducato o antipatico; fu molto cordiale con lei, e questa cosa la invidiavo molto: Aria era perfetta, una persona meravigliosa.
Arrivammo a casa e Serena ci aprì con un sorriso.
-Ciao ragazzi bentornati- esclamò facendoci entrare. Appena Aria si avvicinò alla porta d'ingresso, Serena le fece:
-Sei Aria giusto? Marina parla sempre di te, è un piacere conoscerti- e le sorrise educatamente.
-Il piacere è mio, grazie per l'ospitalità-
Aria conquistò anche Serena con la sua dolcezza e la sua allegria, e fui molto felice di questo. Finito di pranzare, salimmo in camera mia e Aria osservò la mia camera entusiasta.
-Che carina che è!- esclamò felice.
-Era così quando sono arrivata- feci sedendomi sul letto, mentre lei curiosava in giro.
-Vero...- disse lei riflettendo -E la tua camera in veneto com'era?- mi chiese.
Presi il telefono e lo sbloccai, cercando una foto.
-Eccola- esclamai appena la trovai. Aria si avvicinò curiosa e prese il mio telefono tra le mani.
-Bella Mary!- esclamò -Mi piace- fece in segno di approvazione.
Io risi
-Mi fa piacere- risposi. Lei si sedette accanto a me.
-Ma...non vedo nulla che rappresenti la tua giappo-mania qui-
-Ah- esclamai. -Si hai ragione...vedi ti ricordi quello che ti ho detto il primo giorno di scuola? Che ero sempre stata presa in giro?-
Lei annuì.
-E per questo ho tutte le cose dentro ad uno scatolone sotto il letto. Ero decisa a sistemarle ma non ho mai avuto tempo, penso di farlo finito gli esami.-
-Brava!- fece lei. Guardò l'ora sulla mia sveglia analogica.
-Su, dai cominciamo!-
Per prima cosa, Aria mi aiutò a scaldare la voce con un po' di vocalizzo, ed era pronta a correggermi postura ed a farmi ripeterli spesso. Dopo una buona mezz'oretta, passammo a provare la canzone, prima sopra l'originale e poi con la base. La provammo tre volte, ed ogni volta, cominciai a fare più attenzione ai respiri, segnandomi sul testo il momento esatto in cui dovevo farli. Alla fine di quell'oretta e mezza, mi sentii molto più sicura di quanto lo fossi quella mattina. Seguirono esercizi di solfeggio che feci con facilità, ed Aria sembrava più contenta di me.
-Bravissima Mary!- esclamò dandomi in cinque.
-Grazie a te, sensei-
Aria rise e mi diede un grande abbraccio.
-Dai dai che ce la fai!-
-Speriamo!- feci io.
Studiammo italiano per il giorno seguente con notevole serietà essendo entrambe amanti di quella materia e, in men che non si dica, erano già le sei.
-Il tempo vola con te- feci guardando fuori dalla finestra.
-Vale lo stesso eh!- esclamò.
Io la guardai perplessa.
-Io non capisco proprio...cosa ci trovi in me? Cioè non sono...noiosa, precisa, sfigata..?-
Aria mi fulminò.
-Ma sei matta? In soli tre mesi sei diventata essenziale non solo per me, ma anche per Ama ed Elisa. Io, personalmente, ti trovo adorabile e...bho per me sei come una sorella ormai. Mi sono affezionata tantissimo a te..ecco-
Aria era arrossita leggermente e io avevo quasi le lacrime agli occhi.
-Io...davvero ringrazio quel ventisette giugno, quel giorno io cui presi la decisione di venire qui, perché ho potuto incontrare te, Elisa, Amanda, Lara. E senza di voi, senza di te, bhe, io mi sentirei ancora insignificante. Aria, ti voglio bene.- dissi dandole un grande abbraccio e sprofondando tra le sue braccia respirando il suo profumo al cocco.
-Stellina mia- fece lei, facendomi i grattini sulla schiena. -Dai su su, facciamoci una foto insieme- mi disse con allegria. Io annuii ridendo. Odiavo farmi le foto, ma farle con qualcuno che consideravo davvero come amica mi faceva molto piacere. Ci sedemmo bene sul letto e sorrisi davanti alla fotocamera, e guardandomi mi resi conto che avevo un sorriso meraviglioso. Aria scattò e poi la guardò.
-Bella, bella- fece gongolando -Posso metterla su facebook?-
-Si, come vuoi-
Mi diede una leggera spinta con la spalla che contraccambiai. Qualche minuto dopo, il campanello suonò.
-ah è mia mamma- fece prendendo il suo zaino.
-Voglio conoscerla mamma Perini- esclamai aprendo la porta della mia camera. Aria rise e scese le scale con passo leggero. Serena era alla porta e aveva fatto accomodare la mamma di Aria.
-Ciao mamma- fece Aria con un sorriso.
-Ciao Aria. - si rivolse a me -Sei tu la famosa Marina, allora! Finalmente ho l'onore di conoscerti.- fece porgendomi la mano. Io la afferrai con piacere.
-è un piacere anche per me signora Perini.-
Aria si infilò le scarpe e il giubbotto, mi salutò con due baci e salutò anche Serena con molta educazione.
-A domani Mary! Riposati!- fece.
-A domani! Certamente- e salutai con la mano.
-Sei più tranquilla?- mi chiese Serena non appena la porta d'ingresso si chiuse.
-Si davvero- feci con tono sollevato. Serena sorrise.
-Mi fa piacere. È proprio una brava ragazza!- fece rivolta ad Aria. Io annuii con un sorriso che la diceva lunga.
-Lei è davvero...il massimo. Un'amica strabiliante- feci salendo le scale.
 
Accesi il computer ed entrai su facebook per guardare la foto che ci eravamo fatte. Sulla didascalia aveva scritto:
La mia stellina alle prese con il pomeriggio pre-esame. È pronta”
 
Risi ai commenti di Elisa e di Amanda.
Non dovrebbe neanche farli! Ormai è c'è dentro!”
Ormai ha l'accademia inside!”
 Salvai la foto sulla cartella immagini del mio pc e la misi come sfondo del  dextop, sostituendo la foto con le mie migliori amiche del veneto, anche se un po' mi dispiaceva, e commentai anche io:
Super pronta! Esame non ti temo”
 
Ed era vero: non lo temevo più. Sorrisi mentre lo pensai e, in quel momento, il mio telefono squillò. Guardai curiosa il display e vidi che era Mara. Lo presi e risposi.
-Ciao Mara- feci distendendomi sul letto.
-Ehi Marina, ho letto che hai l'esame domani! Come ti senti?- mi chiese.
-Bene dai- le risposi.
-Aspetta...tu Marina Rinaldi, la persona più ansiosa che conosca, sei tranquilla prima di un esame?!- esclamò, tanto che dovetti allontanare il telefono dal mio orecchio.
-Si- feci ridendo -Ovviamente domani sarò tesissima ma per ora sono abbastanza tranquilla-
-Oddio non mi sembri tu!- fece lei, e colsi una punta di disappunto.
-Mara...c'è un motivo per cui mi hai chiamata?- feci sospettosa.
Lei esitò, avevo colto nel segno.
-Ecco...ho visto la foto sai...e a me questa Aria non piace..- disse riferendosi alla foto con Aria.
-Scusami?- feci io alterata -Ma non la conosci nemmeno! Qual è il vero problema?-
-Sono gelosa ok? Scusami ma sei la mia migliore amica ed è difficile per me che tu sia così lontana-
-Bhe, io non ero gelosa del tempo che passavi con Andrea quando io ero lì? O di quanto tu e Caterina aveste legato tagliandomi spesso fuori? E te l'ho anche detto diverse volte per sentirmi dire le stesse frasi...ora io sono qui e sinceramente per me Aria, Elisa e Amanda sono diventate molto importanti! E tu lo devi accettare come io ho accettato tutte le tue amicizie- citai il suo ragazzo e tutti quegli eventi che mi costrinsero a fidarmi di lei anche quando in realtà non volevo farlo.
Mara tacque, mentre io cercavo di smaltire la rabbia. Mara è sempre stata una persona molto attiva ed estroversa, perciò aveva molti amici mentre io oltre a lei, Caterina e Lucia non avevo nessun altro. Invece, a Firenze mi ero sentita molto meglio, perché sembrava che le persone riuscissero ad apprezzarmi e a rispettarmi come avevo sempre sognato.
-Non credevo che ti sentissi così quando eri qui...- sussurrò lei. -Non credevo di averti fatto soffrire così...-
-Invece l'hai fatto- risposi con acidità. -Non di proposito magari però, nonostante le mie parole, sembrava che non ti importasse nulla di me...-
-Mary ma non è vero!- ribatté lei.
-Non me lo hai dimostrato però...-
-Ora non esagerare! Mi sembra di aver fatto diverse cose per te-
-Non ho detto questo...ma spesso avevo bisogno di te e tu non c'eri. Io, quando frequentavo Gabriele, per te ci sono sempre stata.-
Non volevo litigare con Mara, almeno non il giorno prima del mio esame, non in quel periodo dove, finalmente, ero felice.
-Anche io ci sono stata per te! Ma se avessi saputo che sarebbe finita così non ti avrei dato il mio appoggio per partire-
Quella frase mi fece davvero male, ma un dolore che non avevo mai provato.
-Sai cosa? Io sto bene qui, ho molti amici che ci tengono a me, e anche se mi manca la mia famiglia, io sono contenta di essere partita. Sei un egoista-
-Mary ascolta...-
-No- la interruppi -Sono stanca di ascoltare, domani ho un esame e stare qui a litigare con te non è nei miei piani. Tanto a Natale torno su, se vuoi parlare ci sarò-
-Ok allora...ci vediamo tra tre settimane?-
-Ti farò sapere quando torno- feci con voce piatta.
-Allora ciao...buona fortuna.-
-Grazie- e riagganciai. Stavo davvero male per le parole di Mara, era la mia migliore amica da una vita ma,nonostante questo, sembrava non aver capito nulla di me. Ogni giorno che passava, capivo che ormai era a Firenze l'unico posto dove dovevo e potevo stare, ma anche solo pensare che la mia vecchia vita non mi mancasse, era un'enorme bugia. Mi distesi sul letto dopo aver messo un po' di musica dalla mia playlist, con la rabbia intenta a consumarmi le interiora, ma quando scesi per la cena, feci finta di nulla, ormai ero diventata abile a fingere che tutto andasse bene. Ma non riuscivo mai a fregare lui. Subito dopo cena, mi rintanai in camera, mentre i più brutti dei pensieri si impossessarono della mia mente.
“Marina, cavoli riprenditi!” mi dissi, distendendomi sul letto affondando il viso nelle mani.
Trasalii quando qualcuno bussò alla porta.
-Avanti- feci sedendomi. Ivan fece il suo ingrasso e chiuse la porta dietro di sé. Lo guardai confusa: cosa voleva? Si sedette senza dire una parola e mi guardò, mi studiò con lo sguardo.
-Cos'hai Mary?-
Come faceva a capirmi solo osservandomi? Come riusciva a capire così tante cose di me nonostante ci parlassimo poco?
-Nulla di che- risposi con un mezzo sorriso -Insomma...nulla di cui preoccuparsi-
Lui mi guardò scettico:
-Se preferisci non parlarne ok...ma non dire che va tutto bene, guarda che espressione..-
-Mi spieghi come fai?- chiesi io sbalordita-
Lui rise:
-Facendo teatro, riconosco molte espressioni e molte “recitazioni”. Come la tua, che fingi vada tutto bene-
-Sei...incredibile- feci senza parole.
Ivan sembrava lusingato, ma subito tornò serio.
-Vuoi raccontarmi?-
-Ho litigato con la mia migliore amica...mi ha detto una cosa che mi ha ferita profondamente.-
Gli spiegai tutto, anche se non era una cosa così grave ma lui insisteva perché io raccontassi ciò che mi stava turbando in quel momento.
-Per essere la tua migliore amica non mi sembra che si sia comportata da tale...- fece lui, dispiaciuto per me.
-Almeno non sono l'unica a pensarlo- feci sospirando.
-Ma...stai bene?- fece guardandomi negli occhi. Il suo sguardo continuava a studiarmi, per conoscermi, per imparare tutto su di me o almeno così sembrava a me.
-Insomma...quando conosci una persona da così tanto tempo e ti senti dire frasi così egoiste...-
-é semplicemente gelosa di Aria, pensa che la stia sostituendo-
-Lo so ma appunto, se la pensa così dovrebbe starmi più vicina che mai...in questi mesi ero sempre io a contattarla tranne rare volte.-
Ivan sospirò guardando dritto verso il camino dall'altra parte della stanza.
-Quando tornerai in Veneto quest'inverno avrei la possibilità di chiarire- fece lui. Mi accarezzò la spalla:
-Stai serena per ora.-
Io annuii con un sorriso, guadandolo uscire dalla mia stanza.
-Buona notte allora- disse sulla soglia della porta.
-Anche a te- feci salutandolo.
 
Il giorno dopo, quando la sveglia suonò, la spensi subito e mi alzai, determinata e piena di energia: ero pronta, prontissima per superare quel dannato esame.
Mi vestii con un paio di jeans e un largo maglione celeste. Mi stropicciai gli occhi e scesi le scale abbastanza attiva ed energica. Proseguii la mia solita routine mattutina, mangiando per poi lavarmi il viso, truccarmi e pettinarmi. Eye liner, mascara, e un cerchiello bianco tra i capelli. Mi guardai allo specchio e sbattei i palmi delle mani sulle guance, e sorrisi alla mia immagine riflessa.
“Vai Mary” mi dissi.
 
Salutai Ivan e Marina appena scesi dall'autobus, e mi diressi verso l'accademia: il mio esame iniziava alle terza ora e le prime due ore avevo interrogazione di italiano sulla poesia comico-parodica e, nonostante avessi la scusa dell'esame, avevo detto alla professoressa Rizzo che avrebbe potuto interrogarmi comunque. Appena entrai a scuola, presi un caffè alle macchinette e salii le scale. Entrai in classe e salutai i miei compagni allegramente.
-Ehi Mary- fece Federico avvicinandosi. -Buona fortuna per l'esame-
-Grazie- risposi sorridendo. Mi sedetti sul banco sorseggiando il mio caffè.
-Che canzone porti?- mi chiese con curiosità.
-"A Thousand Miles" di Vanessa Carlton- risposi.
-Oh chissà che fine ha fatto quella donna. Non ne ho più sentito parlare-
-Ehm, io non la conosco a dire il vero. Ho conosciuto questa canzone grazie ad una youtuber che amo, Applelets.-
-Letizia? Anche io la seguo! è davvero molto brava- esclamò Federico entusiasta.
Io e Federico parlammo animatamente finché Aria non entrò in classe e mi rubò letteralmente, per assicurarsi che io fossi pienamente sicura e tranquilla per l'esame.
-Sto bene Aria, insomma mi hai preparata tu! E ricordati la promessa che mi hai fatto!- esclamai, proiettata alla visione della fumetteria.
-Mi ricordo, tranquilla. Sono felice che tu sia serena. Andrà tutto bene- fece, abbracciandomi forte. Sorrisi felice che lei fosse così dolce ed apprensiva. Subito, mi venne in mente la conversazione con Mara della sera prima ma decisi di non raccontare nulla ad Aria, ma piuttosto di confidarmi o con Amanda o con Elisa.
-Ma piuttosto- cominciò lei, distogliendomi dai miei pensieri. Notai il suo sguardo curioso e maliziosa -Federico?-
Io la guardai con aria interrogativa.
-Cosa?-
-Stavate parlando  quando sono arrivata.-
-Aria, stavamo parlando di Applelets, su, perché ti fai sempre strane idee?- feci sbuffando.
-Non è una strana idea, è che bhe Federico è una brava persona-
-Aria- la sgridai -Dai-
-Ma non lo dico così per dire perché mi invento le cose! Quando siamo tornati dal concorso di Viareggio, dopo che te ne sei andata, ha iniziato a farmi molte domande su di te. È per questo che ti sto parlando così-
Osservai Aria allibita e poi spostai il mio sguardo sul ragazzo in questione: stava parlando con Giulio e si, era un bel ragazzo ma non il mio tipo.
-Non c'è storia Aria. Non è proprio il mio tipo.-
-Meglio così- fece scrollando le spalle -Avere una relazione con una persona della classe è parecchio scomodo-
-Già concordo- feci annuendo.
-Ehi voi due, cosa fate sparlate di noi?- esclamò Elisa guardandoci un po' malamente. Io e Aria scoppiammo a ridere.
-No, le stavo raccontando una cosa- fece Aria avvicinandosi -Dopo vi dico- e fece l'occhiolino. Elisa la guardò con uno sguardo della serie “Ok ci sto” e, soddisfatta, si rivolse ad Amanda, e ci coinvolsero nella loro discussione: Amanda si stava sentendo con un ragazzo ed Elisa la stava obbligando a raccontarle tutto ciò che le passava per la testa, per cercare di aiutarla.
-Voi si che siete delle brave amiche- feci sospirando. Mi guardarono con aria perplessa e anche un po' preoccupata.
-Mary pensi a qualcosa in particolare?- fece Amanda, curvando la testa e muovendo i suoi capelli ricci.
-No no tutto ok- mentii, ma non sembravano troppo convinte. La prof Rizzo mi salvò entrando, ed ognuno si sedette al suo posto. Ascoltai l'interrogazione di Aria e di Camilla con tranquillità, inviando pensieri positivi alla mia amica, che se la stava cavando alla grande. Quando l'interrogazione finì, la professoressa ci lasciò cinque minuti di pausa per poi andare avanti a spiegare.
-Bravissima Aria- feci, dandole il cinque.
-Grazie- rispose lei con un sorriso. -Anche merito tuo! Per fortuna che abbiamo studiato ieri insieme!-
-Già, altrimenti mi sarei sentita davvero in colpa- feci abbassando lo sguardo.
-Non è stato così però- fece sorridendomi e dandomi un pugno sulla spalla. Risi e guardai l'ora: mancavano venti minuti. Iniziavo a sentire un'opprimente sensazione allo stomaco, sapevo che era normale, sono sempre stata una persona molto ansiosa, ma avevo paura che quest'ansia prendesse il sopravvento su di me come mi era già successo in passato.
Cercai di ascoltare la lezione con tranquillità e sembravo stare meglio ma quando bussarono alla porta ed il professor Berto entrò, subito mi paralizzai.
-Ohi Mary- mi bisbigliò Aria -Vai-
Il suo sorriso incoraggiante mi aiutò per lo meno ad alzarmi dalla sedia e, con sorpresa, le gambe si mossero decise, pronte. E si, ero decisa e pronta anche io.
-Marina in bocca al lupo- mi sussurravano i miei compagni.
-Grazie- feci con un sorriso radioso dirigendomi verso la porta, dove Berto mi stava aspettando.
-Pronta?- mi chiese, dopo aver chiuso la porta della classe.
-Prontissima- feci io, credendoci davvero a quelle parole.
-Mi fa piacere vederti così. Il primo giorno di scuola eri tutta impacciata e tremante, è bello che ti sia smossa-
Quelle parole mi fecero riflettere su quanta strada avevo fatto in tre mesi, e capii così che non ero io ad avere paura ed ansia, ma era la vecchia me, quella ansiosa, paranoica e insicura. Ma io non ero più così: ero cambiata, Firenze e tutte le nuove esperienze mi avevano fatta cambiare. Perciò entrai nell'aula di musica decisa a ricordare loro perché mi avevano offerto la borsa di studio, decisa a farmi valere.
Berto si sedette insieme ad altri insegnanti di canto dell'accademia, e mi sostenette con il suo sguardo rassicurante.
-Mi chiamo Marina Rinaldi, ho sedici anni e vi canterò "A thousand miles" di Vanessa Carlton-
Mi fecero un cenno di consenso e Berto fece partire la base. Il mio cuore stava accelerando i battiti ma io ero pronta, non potevo aspettare ancora.
 
Making my way downtown
Walking fast
Faces pass
And I'm home bound
Staring blankly ahead
Just making my way
Making a way
Through the crowd

And I need you
And I miss you
And now I wonder....

If I could fall
Into the sky
Do you think time
Would pass me by
'Cause you know I'd walk
A thousand miles
If I could
Just see you
Tonight

It's always times like these
When I think of you
And I wonder
If you ever
Think of me
'Cause everything's so wrong
And I don't belong
Living in your
Precious memory

'Cause I need you
And I miss you
And now I wonder....

If I could fall
Into the sky
Do you think time
Would pass me by
'Cause you know I'd walk
A thousand miles
If I could
Just see you
Tonight

And I, I
Don't want to let you know
I, I
Drown in your memory
I, I
Don't want to let this go
I, I
Don't....

Making my way downtown
Walking fast
Faces pass
And I'm home bound
Staring blankly ahead
Just making my way
Making a way
Through the crowd

And I still need you
And I still miss you
And now I wonder....

If I could fall
Into the sky
Do you think time
Would pass us by
'Cause you know I'd walk
A thousand miles
If I could
Just see you...

If I could fall
Into the sky
Do you think time
Would pass me by
'Cause you know I'd walk
A thousand miles
If I could
Just see you
If I could
Just hold you
Tonight

 
Cercai di muovermi esprimendo chiara sicurezza, era importante riuscire ad avere una relazione con il proprio corpo, essere rilassati e senza tensioni. Cercavo di immedesimarmi, di entrare nel testo, un testo dolce che parla di amore oltre la distanza, di desiderio di vedersi e di amarsi. Finii di cantare e subito e sentii subito i postumi del mio coraggio, con il battito cardiaco che mi stava uccidendo e un magone allucinante alla pancia. Ma il passo più complicato era stato fatto, era riuscita a superare un limite. Sicuramente, tre mesi prima non ne sarei stata capace.
-Complimenti- fece un'insegnate e si rivolse a Berto -Sei stato bravo. Non aveva basi?-
-Qualcosa si- fece il mio insegnante, che era visibilmente fiero di me. Io sorrisi e sistemai il microfono sull'asta, pronta per gli esercizi di solfeggio. Mi avvicinai a Berto il quale si sedette al pianoforte, mi mostrò uno spartito e io dovevo imitare con la voce le note. Eseguii i tre esercizi abbastanza precisamente, dovetti rifare solo l'ultimo per poi poter tirare un sospiro di sollievo.
-Puoi andare Marina, ti faremo sapere i risultati in mattinata-
Io sorrisi e salutai educatamente. Uscii dalla sala, chiusi la porta dietro di me e feci un salto in corridoio, saltellando per tornare in classe. Ero davvero felice ed entusiasta, il sorriso non voleva sparire dal mio viso, ero troppo contenta di essermi tolta quel dannato esame. Entrai in classe e tutti i miei compagni si voltarono desiderosi di sapere:
-Mary com'è andata?- fece Aria alzandosi in piedi, ignorando la professoressa Redin che cercava di finire la sua lezione sui Sofisti.
-Bene- feci con un sorriso enorme. I miei compagni mi fecero un applauso e io risi felice.
-Complimenti Marina- fece la mia professoressa con sguardo fiero.
-Grazie- feci, con un sorriso più grande di me.
Fu davvero la giornata migliore di sempre. Alla quinta ora, il professor Berto mi comunicò che ero ufficialmente idonea, che ero una studentessa dell'accademia a pieno titolo. Non riuscivo a smettere di gioire e sorridere, ero felice perché avevo superato quel giorno che tanto avevo temuto e, guardandomi indietro, penso che sia stata un'ansia totalmente inutile. Quando la campanella suonò, scesi le scale con le miei amiche in un uragano di allegria, per andare verso la fermata, ed incontrare gli sguardi desiderosi di notizie di Ivan e Celeste.
Feci un cenno con la mano come per dire “è andata” e Celeste mi venne incontro dandomi un grande abbraccio.
-Bravissima Mary- mi disse con allegria.
-Grazie- feci io.
Celeste si allontanò per lasciar posto ad Ivan che, con sorriso indecifrabile, mi abbracciò in modo molto impacciato.
-Complimenti- mi disse, sfiorandomi l'orecchio con la punta del naso.
-Grazie-
Anche Serena fu molto felice quando le comunicai la notizia, sembrava davvero una madre orgogliosa di sua figlia.
-Marina congratulazioni! Ma lo sapevo che saresti stata eccezionale-
-Esagerata- feci arrossendo -Ma grazie-
Pranzammo tutti insieme e poi mi chiusi in camera, lanciandomi sul letto con euforia. Mi sforzai di trovare la forza per mettermi a studiare fisica, mi concentrai al massimo per poter sfogare la mia felicità con Aria quel pomeriggio. Riuscii a fare qualche esercizio nonostante la gran fatica, ma appena furono le tre e mezza, lanciai i libri, presi la borsa e mi assicurai di avere il portafoglio con soldi dentro. Era da una vita che non uscivo con delle amiche per fare compere o per divertirmi un po'. Scesi le scale e salutai Serena:
-Prendo il treno delle quattro-
-Va bene Marina, stai attenta- fece salutandomi.
-Certamente-
Chiusi la porta, infilai le cuffiette sulle orecchie e le mani in tasca. Era una giornata soleggiata ma iniziava a fare davvero freddo, perciò mi strinsi alla mia sciarpa bianca di lana, sulla quale era impregnato un dolce odore di mirtillo, il profumo che usava sempre mia cugina Deniza, la reale proprietaria della sciarpa la quale me l'aveva regalata qualche giorno prima della partenza per Firenze. Raggiunsi la stazione dei treni, feci il biglietto e il treno arrivò puntuale. Salii e cinque minuti dopo ero già arrivata, e mi stavo recando verso la zona scuole, dove Aria mi stava aspettando. Camminai per circa un dieci minuti così in fretta che sentivo le gambe bruciare. Arrivai davanti all'accademia e vidi Aria seduta in una panchina dall'altro lato della strada immersa in un cappotto celeste mentre si tirava giù il suo cappello di lana con due piccole orecchie da gatto sulla sommità.
-Ciao Aria- feci salutandola con la mano.
-Ciao piccola Mary- mi disse con allegria. Appena la raggiunsi, ci incamminammo verso Viale Francesco Petrarca, sede di una delle tante fumetterie di Firenze, a circa cinque minuti da dove eravamo. Chiacchierammo molto animatamente, Aria era curiosa di sapere tutti i dettagli riguardanti l'esame di quella mattina come le mie emozioni, se avevo fatto qualche errore, come fosse una madre orgogliosa della figlia. Quando raggiungemmo la fumetteria, Aria spinse la porta con tranquillità, invece io spalancai gli occhi e memorizzai ogni dettaglio. I numerosi scaffali pieni di volumi diversi, l'angolo delle action figures e dei gadget, l'odore di carta che dominava l'aria...era da quell'estate che non mettevo piede in un posto del genere, e quella era molto più grande di quella del mio paese.
-Oddio Aria- esclamai guardandomi intorno con allegria. -Dobbiamo venirci insieme più spesso-
-Facciamo quasi tutti i sabati con Eli e Amanda?- mi propose lei, ridendo nel vedermi così euforica.
-Ci sto- feci voltandomi verso di lei ed indietreggiando. Nel farlo, urtai per sbaglio qualcuno  perciò mi voltai per scusarmi.
-Mi scusi- feci, mortificata per il mio essere così imbranata.
-Non c'è problema- fece una voce a me familiare. Guardai la persona che avevo davanti e lui fece la mia stessa espressione sorpresa.
-I-Ivan?- esclamai.
-Marina? Cosa fai qui?-
Quella frase mi offese un po' ma risposi comunque:
-Secondo te cosa ci fa una persona in fumetteria? Compro dei manga- borbottai.
-Ma...vuoi dirmi che sei una Otaku e io non lo sapevo?-
Lo guardai mentre i suoi occhi brillavano felici.
-Bhe potrei dire la stessa cosa- feci, mentre Aria si era avvicinata a noi con curiosità.
Lui rise: una risata simpatica, non l'avevo mai sentita così pura.
-Hai ragione in effettivamente. Bhe ora lo sappiamo- fece. Poi guardò Aria  sorpreso-Anche tu quindi?- e le rivolse un sorriso.
Lei annuii -Eh già. Cercavi qualcosa in particolare?-
Lui scrutò il bancone con le nuove uscite:
-Si il nuovo volume di Pandora Hearts...-
I miei occhi si illuminarono:
-Me lo presti poi?- chiesi con timidezza.
-Certo va bene- disse, alla ricerca di ciò che cercava. Le sue dita scorrevano sui titoli e ,quando lo trovò, sorrise soddisfatto. Anche Aria prese il suo stesso volume, ed iniziammo tutti e tre una conversazione sui personaggi e sulla trama, dove io lodai la mia amata Alice, la protagonista, mentre mi accaparrai i primi tre volumi di Noragami con soddisfazione. Uscimmo tutti e tre insieme salutando il venditore, per camminare e dirigerci verso la piazza, tanto per non tornare subito a casa. In quel pomeriggio conobbi Ivan Innocenti molto più di quando lo avessi fatto in tre mesi: era una persona meravigliosa, gentile e disponibile, molto riservato ma quando riesce ad aprirsi, dispensa allegria. Finalmente, eravamo sulla buona strada per diventare amici.
Erano le sei quando tornammo sui nostri passi verso la zona scuole per prendere l'autobus. Aria rimase con noi ad aspettarci, raccontandoci qualche sua “disavventura” dell'estate precedente, cose da Aria. Quando l'autobus arrivò, la abbracciai:
-A domani Aria-
-Si Mary- fece, staccandosi dall'abbraccio e tirandomi le guance.
-Ahi mi fai male- feci mettendo il broncio.
-Ahh sei troppo carina quando fai così-
Risi per quella frase che aveva detto saltellando sul marciapiede. Poi si rivolse ad Ivan:
-è stato un piacere conoscerti per davvero. Grazie ad entrambi per il pomeriggio bellissimo- fece con un sorriso sincero.
-Grazie a te- dicemmo insieme e salimmo sulla vettura salutando la mia amica con la mano. Io e Ivan ci sedemmo vicini:
-Bhe è stata una bella sorpresa- disse appoggiandosi al sedile.
-Si davvero- feci prendendo le cuffiette e porgendogliene una. -Vuoi...ascoltare musica con me?- chiesi con timidezza. Lui mi guardò ed annuii. Scelsi dalla mia playlist qualche sigla di anime e, ad ogni canzone, dalla bocca di Ivan uscivano “Non ci credo che conosci anche questo”. Io ridevo, anzi, noi ridevamo insieme ed era bellissimo, e mi resi conto che volevo sapere molto di più su di lui.
-Dai scegli tu- feci consegnandoli il mio ipod -Puoi farti un giro sulle altre playlist-
Ivan accettò con piacere e curiosò nei miei gusti musicali e sembrava davvero molto colpito, come se ad ogni titolo che scorreva la sua opinione su di me cambiasse. Scelse una canzone degli Ayreon (essendo anche amante del progressiv metal) e lo guardai sorpresa.
-Com'è che abbiamo tutte queste cose in comune?- feci, ascoltando le prime note di “Dream Time” e muovendo il capo a ritmo della dolce canzone.
-Non so...è strano non ti pare?- mi chiese ridendo. Ci guardammo negli occhi e subito scostai lo sguardo verso il basso sorridendo.
-Un po' si forse.-
Arrivammo a casa e ci facemmo strada nel buio della strada per tornare a casa, parlando con tranquillità, raccontandoci cose che solo cinque ore prima non ci saremmo detti. Avevamo conquistato molta complicità in solo tre ore di compagnia e mi chiedevo cosa avrei imparato di lui da quel giorno in poi. Rincasammo con allegria e salutammo Serena immersa nelle fatture e nei conti di fine mese.
-Ciao ragazzi. Vi siete incontrati a Firenze?-
-Si...abbiamo passato il pomeriggio insieme- fece Ivan guardandomi sorridendomi -Era in fumetteria con Aria. Anche a lei piace in mondo Giapponese-
Serena alzò lo sguardo dalle fatture:
-Ma va? Ma sul serio? Che bello sono felice- disse esprimendo chiara felicità per il figlio.
-Anche io- sussurrò lui. Serena non lo sentii ma io si, ed arrossii leggermente, senza un motivo vero e proprio. Salimmo le scale ognuno diretto verso la propria camera.
-Allora...leggo Pandora Hearts e te lo porto ok?-
-Ok- accettai -Aspetto eh- dissi e feci per entrare quando mi prese il braccio. Io lo guardai curiosa alla vista del suo sguardo serio.
-Ehi tutto bene?- feci.
-Voglio raccontarti una cosa posso?- mi chiese guardandomi intensamente.
-S-si certo che puoi-
Lo feci accomodare nella mia camera, e ci sedemmo a gambe incrociate sul mio letto. Sembrava dovessi raccontarmi una cosa importante, lo dedussi dal suo nervosismo.
-Ivan- feci dolcemente -Guarda che non serve...se non te la senti-
Lui sembrò quasi fulminarmi con lo sguardo, come se stessi insinuando che fosse debole o che non ne fosse capace.
-Voglio raccontartelo ora che ho capito che...sei una persona di cui ci si può fidare, molto seria e sensibile-
Rimasi lusingata da quell'opinione che aveva di me, mi faceva molto piacere. Lui prese un grande respiro, come se dovesse davvero togliersi un enorme peso dal cuore.
-Il mio essere così diffidente verso di te è dato da un evento successo l'anno scorso- cominciò, mentre il suo sguardo indugiava nei miei occhi.
-Abbiamo ospitato una ragazza americana venuta qui per uno scambio culturale. Sembrava una ragazza tranquilla, si mostrò disponibile ed educata fin da subito ma in realtà era una vera e propria...- si fermò ed io annuii.
-Ho capito- feci, intendendo che termine volesse usare.
-All'epoca ero fidanzato con Rosalba, la ragazza che mi ha regalato quel portachiavi che ti ho mostrato, ma July mostrò la sua vera natura e mi spinse a fare cose che non volevo perché era a conoscenza di tutti i miei segreti, mi ricattava e mi costrinse a lasciare Rosalba...stavamo insieme da tre anni. July mi rese la vita impossibile, ogni giorno era una battaglia, ogni giorno avevo...paura. Quando se n'è andata per lasciare che venissi tu a vivere con noi...mi sono ripetuto che non mi sarei fatto fregare, non ci sarei cascato per questo ti ho trattato con diffidenza.-
Ivan fece uno sforzo enorme per raccontarmi di quell'evento, e io stavo male per lui, mi sentivo male perché lo avevo giudicato prima del tempo. I suoi occhi grigi guardavano le sue mani chiuse in pugni, non riusciva ad alzare lo sguardo, non riusciva a guardarmi, a dirmi altro. Non è facile, soprattutto per un ragazzo, ammettere di aver fatto delle cavolate, aver tradito i propri principi per essere stati troppo ingenui. Mi avvicinai e lo strinsi a me, per cercare di consolarlo.
-Ehi...grazie per esserti confidato con me. Ti giuro che non farò mai nulla per ridurti in quello stato. Io voglio conoscerti, sapere tutto di te perché voglio esserti amica- feci con un sorriso. Ivan mi strinse a se e appoggiò la testa sulla mia spalla.
-Anche io voglio conoscerti Mary. Grazie per avermi ascoltato-
Io continuavo a sorridere, ero felice, felice di aver capito che tipo di persona avevo tra le braccia. Avevo un profumo buonissimo, tanto che continuai ad annusare la sua maglietta, fino a sfiorare con il naso il suo collo, estasiata.
-Che buon profumo- esclamai -é lavanda?- chiesi.
Lui rise:
-Si è l'ammorbidente nuovo. Quando mamma laverà qualcosa di tuo diventerai una piccola lavanda anche tu-
-Ma perché piccola?- feci mettendo il broncio.
-Perché sei più bassa di me-
Lo guardai, facendo finta di essermi offesa, e lui rise, accarezzandomi la testa.
-Sei troppo tenera quando fai il broncio- mi disse.
-Sembro un po' un personaggio di un anime?- chiesi, per scongiurare l'imbarazzo.
Ivan scoppiò in una risata fragorosa:
-Si, una piccola tsundere- disse, chiamandomi come uno di quei personaggi testardi, orgogliosi ed imbronciati che finivano sempre per diventare i miei preferiti, perciò rimasi contenta quando me lo disse.
-Uhhh mi piace sentirmelo dire- feci ridendo. All'improvviso, Ivan si alzò e mi diede un bacio sulla fronte.
-E...questo per cos'era?- chiesi imbarazzata.
-Perchè tu sei vera- mi rispose lui. Uscii dalla mia stanza ed io ero rossissima in volto. Sorrisi guardando il pavimento: Ivan Innocenti era davvero diverso da come credevo fosse quando lo avevo conosciuto. E in quel momento, volevo solo essergli amica.
 
Natale era alle porte e così lo spettacolo di dicembre, suddiviso in diverse serate per ogni anno. Noi del terzo anno ci saremo esibiti la sera del 23 dicembre e, per fare in modo di starci tutti, riuscimmo a sistemare i pezzi portati per il concorso facendo duetti o anche trii, e coreografie di gruppo. La nostra classe, composta da venti persone, ne ricavò circa otto esibizioni in totale. “A thousand years” fu una delle canzoni che rimase anche per quello spettacolo, ma per questa volta, Amanda avrebbe dovuto cantare accompagnata da dei musicisti invece che con la base: Federico alla chitarra classica, Roberta al pianoforte, Rea al violino e Tommaso alla batteria, e devo dire che era davvero stupenda così, soprattutto perché i nostri musicisti erano bravissimi e suonavano con molta passione. Io e Lara rimanemmo le sole ed uniche ballerine per quella canzone, e avendola provata moltissimo prima del concorso, venimmo solo alle prove generali del 21 e 22 dicembre.
Invece, Aria ed Elisa avrebbero portato un duetto insieme e cantarono “A new world god only knows”, sigla di un anime chiamato “The world god only knows”, uno dei preferiti miei e di Aria. Ovviamente, incombevano minacciose anche le pagelle, ma non dovendo provare molto, fui molto meno stressata e più ottimista. Inoltre, si avvicinava anche il mio ritorno a casa, previsto per la sera del 24, data che mi aspettava a braccia aperte, come mi immaginavo quelle di mia madre al mio agognato rientro a casa. La sentivo al telefono almeno due volte a settimana, e la sentivo molto più contenta, la sua voce era tornata quella allegra di sempre, felice di sapere che sarei tornata a breve a casa. Eppure, nonostante non lo avessi creduto all'inizio, l'idea di lasciare Firenze un po' mi rattristava, anche se erano solo due settimane. Ma poi ci pensavo e mi dicevo:
“Casa mia non è quì”
Ma a quel tempo, capivo molte meno cose.
Il 22 dicembre, tornai a casa e lanciai lo zaino per terra, reduce da una verifica di fisica tremenda che mi aveva consumato ogni energia, e dalle prove per lo spettacolo, concluse verso le cinque. Eravamo tutti pronti e decisi per lo spettacolo della sera dopo, mi piaceva l'energia che trasmettevano i miei compagni, mi faceva sentire fiduciosa e, inoltre, con loro stavo benissimo, altro che i miei vecchi compagni del liceo linguistico.
Quella sera ero distrutta, e l'unica cosa che volevo era farmi una doccia calda, magiare ed avvolgermi nel mio piumone al profumo di lavanda. A quel pensiero, mi tornò in mente Ivan e la nostra stupida conversazione di qualche giorno prima: io e lui eravamo diventati buoni amici in quelle settimane, e quando avevo bisogno di lui per me c'era e viceversa. Non avrei mai creduto possibile un tale rapporto di amicizia, non con lui almeno, ma ero felice di poter avere qualcuno come lui su cui contare. Passavamo quasi tutte le sere a chiacchierare del più e del meno bevendo del thé verde seduti sulle poltrone della mia camera, a ridere e a scherzare insieme; ormai gli volevo davvero molto bene e lo consideravo più come un fratello che come un semplice amico e anche per lui era lo stesso, tanto che cominciò a chiamarmi “Sorellina”.
Il ventitré dicembre arrivò: mi alzai molto gaia e aprii le finestre, per ossigenare il mio corpo. Il vento gelido mi colpii in pieno entrando nelle mie ossa e tolse via i residui di sonno. Aprii l'armadio ed indossai una felpa bianca e un paio di jeans, raccolsi i miei lunghi capelli ed uscii dalla camera. Sul pianerottolo incontrai un assonnato Ivan, che mi salutò con gli occhi lucidi.
-Ehi dormiglione, tutto bene?- chiesi.
-Si ho solo tanto sonno- biascicò.
-Si va a letto prima la sera- lo ammonii. Lui fece una smorfia:
-Non sono mica come te-  mi prese in giro lui. Gli diedi una leggera spinta e lui barcollò, ma ritrovò l'equilibrio.
-Disgraziato- feci io scendendo le scale. Poi mi voltai e gli sorrisi, per affermare che ero scherzosa e proseguii verso la cucina per mangiare qualcosa.
Io, Celeste ed Ivan ci incamminammo verso la fermata circa dieci minuti dopo immersi in un'allegra chiacchierata, avvolti e stretti ai nostri giubbotti, loro desiderosi che arrivasse l'autobus per scaldarsi, io in quanto amante del freddo, me lo stavo godendo appieno. Io e Ivan avevamo ricominciato a sederci vicini, ascoltavamo musica insieme e ci aiutavamo l'un l'altro per ripassare qualche materia o per semplice sostegno morale. Essendo quello l'ultimo giorno di scuola, potemmo rilassarci ed ascoltare semplicemente musica per quella mezz'oretta di viaggio.
-Sta sera porto con me il mio migliore amico, così lo conosci per bene-  mi disse ad un certo punto, riferendosi allo spettacolo della mia scuola.
-è quello che sale tra qualche fermata giusto?- chiesi curiosa.
-Si esatto-
-Ma...non si sentirà offeso visto che ti siedi sempre con me?- chiesi sentendomi in colpa.
-Nah, si siede con la sua ragazza- mi rispose con tranquillità -Mi ci è solo voluto un po' per spiegarli che non stiamo insieme- fece indifferente. Io lo guardai:
-Pensava che stessimo insieme?- chiesi.
-Bhe si, vedendoci sempre insieme ne era convinto-
-Si bhe è normale effettivamente crederci...- dissi ridendo. Nel momento in cui ci guardammo negli occhi, mi sembrò di vederlo leggermente imbarazzato ma pensai fosse solo una mia impressione. Arrivammo a scuola e salutai Ivan e Celeste per recarmi in classe, dove venni accolta dal solito abbraccio caloroso di Aria, vestita a tema natalizio, ma era una Aria triste e malinconica.
-Ehi Aria cosa c'é?- chiesi preoccupata.
-Come cosa c'è? Tu domani parti- borbottò lei. Le presi la mano e ci sedemmo sui nostri banchi.
-Sono solo due settimane. Ci sentiamo tutti i giorni dai, te lo giuro-
-Davvero, davvero?- fece lei, sembrando una piccola bambina sperduta.
-Parola di lupetto- feci io solennemente.
Il suo broncio si trasformò in un sorriso e mi abbracciò.
-Non divertirti troppo senza di me-
La attaccai facendole il solletico, scatenando grandi risate tra i miei compagni di classe.
-Mi mancherai pazza- le dissi, schioccandole un bacio sulla guancia.
-Anche tu compagna di avventure- fece lei sorridendo. -E sicuramente anche alle altre-
La mattinata fu molto tranquilla, e mi permise di avvicinarmi ancora di più ai miei compagni di classe. Ormai conoscevo qualcosa su ognuno di loro e lo stesso loro di me; ovviamente, non erano tutti così amichevoli, ma avendo le mie amiche che mi volevano un gran bene, riuscivo a sopportare molto meglio le frecciatine rispetto a quando ero in Veneto.
Ci demmo tutti appuntamento per le sette per lo spettacolo per sistemare le ultime cose, visto che lo spettacolo in sé iniziava alle otto e finiva circa verso mezzanotte.
Uscimmo all'una e dieci e ci salutammo, le mie amiche mi diedero uno dei loro soliti abbracci affettuosi e mi recai verso la fermata. Vidi Ivan intento a salutare i suoi compagni di classe e Celeste poco più distante avvinghiata ad un ragazzo dai capelli corvini leggermente ondulati. Ivan mi raggiunse e mi diede una pacca sulla spalla.
-Ehi-
-ciao- feci io -Non sapevo che Celeste avesse un ragazzo-
Lui guardò la sorella e i suoi occhi si chiusero in due fessure:
-Bha, si sentono da qualche tempo- disse con chiaro intento protettivo verso la sorella. Io lo guardai:
-Ehi dai, capisco il tuo essere protettivo, ma va tutto bene. Non smetterà mica di volerti bene-
Ivan continuò a fissare la sorella, un po' amareggiato:
-è che ho paura soffra. Per me è ancora la mia piccola sorellina.-
-Mi ricordi Nicola...quando mi fidanzai mi tenne il muso per giorni, perché aveva paura che preferissi Gabriele a lui. Mi vede ancora come la sua piccola sorellina, ma sai, magari anche lei si sentiva messa un po' da parte quando stavi con la tua ex- feci io.
Ivan mi guardò sospirando.
-Si hai ragione. È un comportamento stupido-
-Non è stupido, anzi...sei davvero un bravo fratello Ivan-
Ero sincera quando lo dissi, e lui se ne accorse, si rese conto del tono dolce che avevo usato e di quanto credessi in quelle parole.
-Grazie Marina- fece abbracciandomi.
-Al massimo hai un'altra sorellina quì- sussurrai vicino all'orecchio.
-Se mi mettessi a proteggere anche te non respireresti- fece lui ridendo. Io lo guardai interrogativa ma lui mi ignorò.
-Dai saliamo sull'autobus- fece indicando la vettura che, nel frattempo, era arrivata. Trovammo due posti e ci sedemmo; gli lasciai il posto vicino al finestrino ma per sedermi accanto a lui, inciampai e caddi. Lui mi prese al volo con non so quali straordinari riflessi.
-Grazie- feci confusa. Alzai il volto e i nostri nasi si sfiorarono.
-Mary tutto bene?- mi chiese preoccupato.
-Si si, sono inciampata- feci ricomponendomi e sedendomi. La vicinanza a lui mi aveva fatta arrossire, ne ero sicura ma sperai che non se ne fosse accorto.
“Mary cosa ti prende?”
 
Lanciai lo zaino sul pavimento esultando, esausta, e mi distesi sul letto con un sorriso soddisfatto: trimestre andato. Mi veniva da ridere nel pensare a quante cose avevo imparato in soli tre mesi, e quante cose erano cambiate. Rimasi a contemplare il soffitto per qualche minuto, concedendomi un po' di riposo per tutte le emozioni che mi stavano invadendo. Mi voltai sul fianco ed osservai la valigia mezza vuota che dovevo finire di riempire. Sbuffai ma mi costrinsi ad alzarmi per finirla, sapendo che il giorno dopo non ne avrei avuto per niente voglia. Misi un po' di musica dallo stereo, e iniziai a sistemare qualche vestito dentro alla valigia, cercando di non stropicciarli troppo. Ad un tratto, qualcuno bussò alla porta.
-Avanti- feci distrattamente. Sentii dei passi avvicinarsi e mi ritrovai Ivan davanti a me.
-Ehi- esclamai. Lui si sedette e mi osservò.
-Io ti ho aiutato a svuotarla, io ti aiuto a riempirla- fece gentilmente, offrendomi il suo aiuto.
Io sorrisi.
-Non vedi l'ora di mandarmi via eh?-
-Ma sei stupida?- esclamò quasi arrabbiato, non avendo capito che stavo solo scherzando.
-Ehi Ivan io scherza...-
Un suo abbraccio mi interruppe, lasciandomi senza parole.
-Non credevo che l'avrei mai detto ma mi mancherai- fece stringendomi forte a sé. Mi sentivo così...protetta ed al sicuro tra le sue braccia, così forti e calde.
-Dai sono solo due settimane, voleranno. E tornerò a qui a romperti le scatole in men che non si dica- dissi scherzosamente.
-Non ci giurerei- disse ridendo. La sua presa mi abbandonò e mi sentii un po' spaesata e non riuscivo a capire il perché.
-Dai fratellone, ci sentiamo tutti i giorni ok?-
Ivan mi guardò felice e sorpreso allo stesso tempo.
-Ok sorellina- fece, evidentemente contento per come lo avevo chiamato.
Facemmo la mia valigia chiacchierando allegramente, cercando di prendere possesso di più tempo possibile da passare insieme, per conoscerci ancora e ancora. La valigia era fatta, lo zaino con i libri che dovevo portare a casa per studiare era pieno, e la chitarra nella custodia. Eppure, c'era qualcosa che mi spingeva a rimanere lì, a stare in quella casa in cui avevo, inizialmente, paura di mettere piede. Guardai Ivan intento a curiosare tra la mia libreria. Che fosse lui il motivo per rimanere? No, impossibile. Casa mia mi stava aspettando.
L'ultima missione che avevo a Firenze era lo spettacolo. Mangiammo presto anche se io mi tenni leggera per poter ballare, e subito salii la scale per farmi lo chignon, truccarmi e prendere la borsa con il body a maniche lunghe verde smeraldo. Scesi nuovamente le scale e trovai la famiglia Innocenti vestita elegante solo per venire a vedermi. Il mio sguardo si posò su Ivan, che indossava una camicia bianca e una giacca nera, che gli donava molto e pantaloni eleganti neri che cadevano sinuosamente.
Sorrisi e ci avviammo verso Firenze Santa Marina Novella ed il teatro della mia scuola. Ero sempre un po' agitata prima di un qualsiasi evento, per la paura di arrivare in ritardo, ma fummo puntualissimi. Intravidi dei miei compagni di classe con le loro rispettive famiglie intenti a percorrere la strada dietro la scuola per arrivare al teatro. Entrammo nel teatro e io salutai la famiglia Innocenti, diretta verso i camerini. Percorsi il corridoio e salii la prima rampa di scale, aprii la prima porta bianca e mi ritrovai in un altro corridoio con diverse porte. Ne aprii una e trovai Aria intenta a truccarsi con Elisa.
-Ehilà- salutai allegramente.
-Ciao Mary- dissero le mie amiche in coro sorridendomi. Io sorrisi e mi avvicinai, appoggiando la mia borsa su una sedia. Mi cambiai mentre parlavo con loro delle cose più banali che potessero venirci in mente, per poi arrivare al discorso delle vacanze invernali.
-Io penso di andare qualche giorno in montagna con Alex- fece Aria pensierosa.
-Davvero? Che bello- disse Elisa entusiasta, mentre si pettinava i capelli -Io non ho nulla in particolare da fare, a parte mangiare e dormire-
Ridemmo per l'essenza pigra della nostra amica, che però riusciva sempre ad essere perfettamente magra. Amanda, che nel frattempo di aveva raggiunte, si rivolse a me:
-E tu Mary? Cosa farai in Veneto?-
Io ci riflettei:
-Devo dire che non ne ho idea...penso di stare in famiglia per la maggior parte del tempo. Mi eserciterò con la chitarra- feci infine.
-E nerderai- fece Aria ridendo.
-Quello di sicuro- dissi, immaginandomi nel mio lettone con il pc sulle cosce a giocare a qualche videogioco.
-Ma che presa male- dissi sospirando.
Le mie amiche risero. Qualcuno bussò alla porta ed Amanda aprii:
-Ragazze in scena.- fece la prof De Luci. Noi annuimmo con un sorriso e ci avviammo.
 
Secondo la scaletta, “A thousand years” era la quinta della nostra classe, che si esibiva per seconda, perciò io e Lara avemmo tutto il tempo per poterci scaldare i muscoli e Amanda la voce dietro alle quinte,
-Mary domani parti vero?- mi chiese Lara ad un certo punto, mentre aspettavamo il nostro turno. Io la guardai:
-Si domani pomeriggio perchè?- chiesi.
-Curiosità. Mi sarebbe piaciuto uscire insieme durante le vacanze- fece con una nota triste nella voce. Io la guardai dolcemente:
-Appena torno te lo giuro, il mio primo pensiero sarà passare un pomeriggio insieme- feci con un grande sorriso. Lei annuì timidamente e mi abbracciò.
-Buone vacanze allora- mi disse. Guardai Lara come si guarda un'amica che si conosce da una vita: lei era la mia partner di ballo, un piccolo, ma importante, pezzo di me.
-Anche a te-  dissi sorridendo e guardando il palcoscenico davanti a me che ci stava aspettando. Quando Elisa ed Aria finirono di cantare, si diressero verso di noi con sorrisi incoraggianti.
-In bocca al lupo ragazze- ci dissero. Io e Lara sorridemmo:
-Crepi- fece lei ed io annuii.
-Pfff andiamo!- dissi, tirando un pugno in avanti, per scaricare l'adrenalina, che mi stava invadendo fin troppo.
-Ed ora accogliamo Amanda Gentini, che ci canterà “A thousand years” di Christina Perri ballata da Lara Bertolotto e Marina Rinaldi.-
Amanda avanzò per prima a grandi passi con i suoi stivali bianchi verso il microfono al centro del palco seguita dagli applausi del pubblico, mentre la band sistemava gli strumenti pronti per essere utilizzati. Alle prima note di pianoforte, io e Lara avanzammo lentamente verso il palcoscenico, pronte per eseguire la nostra coreografia. La parte per terra era davvero la mia preferita: spaccata, scivolata all'indietro, rotolata su entrambi i fianchi e slancio delle gambe ai lati, mentre Lara dimostrava il suo essere ginnasta con elementi complessi che si univano in un ritmo scorrevole. Concludemmo al solito modo, trascinando il collo del piede in avanti e venimmo ricoperte dagli applausi entusiasti. Facemmo un inchino verso il pubblico e ci demmo il cinque entusiaste del nostro lavoro. Uscimmo dal palcoscenico e ci abbracciamo esauste.
-Complimenti come al solito!- dissi a Lara.
-Anche a te, bravissima Mary- mi disse allegramente. Amanda ci raggiunse e, con allegria, ci strinse a sé.
-Bravissime paperelle-
-Paperelle?- feci divertita.
-Si dai, oggi siete le mie tenere paperelle-
Io e Lara scoppiammo a ridere.
-Come vuoi tu- dissi stiracchiandomi. -Mamma mia le spalle- feci con una smorfia.
-Ti fanno male?-fece Lara.
-Si- risposi massaggiandomi la spalla destra. -Rimarrò un po' a riposo in questi giorni-
-Fatti fare un massaggio magari- mi suggerì Amanda, sedendosi sul pavimento.
-Penso di farlo si, ma magari quando torno a casa mia domani, mi imbarazza chiederlo a Serena-
-In effetti- fece Lara sedendosi accanto ad Amanda. Camminai avanti ed indietro per un po' prima di decidermi a sedermi anche io; Aria ed Elisa ci raggiunsero e ci portarono qualche muffin fatto dalla mamma di Elisa che ci dividemmo con allegria, mentre ci raggiunsero anche Rea e Roberta, grandi amiche di Lara, che si unirono al nostro chiacchierare.
Uscimmo tutti insieme per l'ultima canzone “Winter wonderland” cantata da tutti noi come fossimo un coro affiatato. Fu davvero un'esperienza meravigliosa, ci pensai mentre salivo le scale per arrivare al camerino, stanca ma felice. Sentivo ancora gli applausi che premiavano l'impegno che tutti noi ci avevamo messo per realizzare quello spettacolo. Mi cambiai in fretta e mi struccai, tanto per non doverlo fare a casa e potermi ficcare a letto. Mentre sistemavo il mio zaino, Aria entrò e mi guardò:
-Qualcuno ti cerca piccola Marina-
La guardai interrogativa ma annuii ed uscì dal corridoio dei camerini. Ivan mi stava aspettando: il suo sguardo da prima perso nel vuoto si posò su di me e mi sorrise.
-Bravissima Mary- mi disse evidentemente fiero di me. Si avvicinò e mi scompigliò i capelli mentre io abbassavo il capo.
-Grazie- feci teneramente. Non l'avevo notato, ma nella mano destra teneva un'orchidea.
-è..è per me?- chiesi sorpresa.
-No guarda, per mia cugina che abita Torino che evidentemente frequenta l'accademia. Certo che è per te- fece ironicamente alzando il sopracciglio.
Gli feci la linguaccia:
-Ma dai! Non serviva!- feci quando me la porse.
-Viene sempre dato un fiore a chi si esibisce no?- mi disse lui mettendo le mani in tasca.
-Dove l'hai tirata fuori questa?- chiese divertita.
-Da qualche film- disse lui alzando le spalle. Osservai l'orchidea (che era il mio fiore preferito) e sorrisi:
-é...perfetta. È tutto perfetto- mormorai. Ivan mi guardò:
-Cosa?- chiese, non avendomi sentita.
-Ah nulla nulla- feci agitando la testa. -Pensavo che amo le orchidee-
-Lo so- fece lui gongolando. Ci guardammo negli occhi per qualche secondo e, successivamente, lo abbracciai. Non era previsto ma ormai sentivo che abbracciare Ivan Innocenti era la soluzione per ogni cosa: era diventato fondamentale in sole poche settimane da quando ero riuscita a conoscerlo per quello che era davvero.
-Grazie- dissi appoggiandomi alla sua spalla destra.
-Prego- fece lui. -Dai muoviti che Daniele vuole conoscerti. Ti stiamo aspettando-
-Agli ordini! Arrivo- feci correndo verso il camerino. Presi lo zaino e salutai le mie amiche, augurando un buon natale a tutte. Sentivo un nodo allo stomaco nel sapere che non le avrei viste per due settimane che, si, erano poche ma sapevo che mi sarebbero mancate davvero tanto.
Scesi le scale mi ritrovai la famiglia Innocenti ad attendermi.
-Scusate- feci mortificata -Ci ho messo più del previsto.-
-Tranquilla Marina- mi disse Pietro. -Complimenti, sei stata bravissima- mi fece dandomi una pacca su una spalla.
-Grazie- disse lusingata.
Celeste mi buttò le braccia al collo:
-Sei...sei troppo wow- mi disse quasi commossa.
-Grazie Celeste- feci imbarazzata.
Serena mi cinse le spalle evidentemente fiera di me.
-Bravissima Marina, davvero- disse con un sorriso.
-Grazie- feci nuovamente.
Si avvicinò un ragazzo dai capelli castani, alto, con un bel volto maturo.
-Ciao Marina io sono Daniele.- fece porgendomi la mano. Io la strinsi calorosamente.
-Piacere di conoscerti- dissi curvando il capo.
-Piacere mio, Ivan parla spesso di te- mi disse mentre Ivan sbiancò e fece segnali di cambiare argomento all'amico.
-Sei stata bravissima- aggiunse Daniele con gentilezza.
-Ehm grazie- feci io, imbarazzata per la frase precedente. Ivan parlava di me ai suoi amici? Decisi di non darci troppa importanza, anche perché io stessa parlavo spesso di lui perciò mi tranquillizzai.
Salutammo Daniele all'uscita del teatro e ci dirigemmo verso l'automobile di Pietro. Io ero davvero esausta, tanto che barcollavo leggermente quando camminavo, ma il prode Ivan veniva in mio soccorso, preoccupato che cadessi faccia a terra sul cemento. Raggiungemmo l'auto e mi sedetti sul sedile, facendo attenzione a non rovinare l'orchidea. Serena mi osservò perplessa e mi chiese:
-Mary, chi te l'ha data?- e sembrava molto curiosa. Ivan fece l'indifferente, non avendo detto a sua madre di essere stato lui. Io sorrisi:
-Un mio ammiratore- dissi mentre Pietro premette sull'acceleratore.
 
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eccoci quì! la verità sullo strano comportamento di Ivan ci è stata spiegata! Infondo, è un ragazzo molto sensibile, non è facile affrontare certe situazioni. Ma maturerà piano piano, statene certi.
Allora...note di questo capitolo: la youtuber Applelets è una delle mie preferite in assoluto, andatevela a cercare perchè merita tantissimo *A*
Poi, poi...non dimenticatevi il personaggio di July.
E non sono brava a descrivere i passi di danza anche se l'ho fatta, mi sembra di non riuscire ad esprimere bene quello che voglio...ma ci ho provato.
Ora, piccolo OT: ho aperto un canale youtube, sono Lena Railgun anche lì. Faccio dance cover, se volete dare un'occhiata mi farebbe piacere.
Alla prossima
Lena

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Capitolo 6
*** Ritorno in Veneto ***


6-RITORNO IN VENETO
 

 
La mattina della vigilia di Natale mi alzai verso le nove e rimasi a fissare la mia stanza buia per diversi minuti prima di decidermi ad alzarmi. Spalancai le finestre come d'abitudine e mi ritrovai davanti ad un cielo plumbeo.
“Speriamo non nevichi, non oggi” pensai, con il terrore che il mio treno subisse qualche ritardo. Il treno partiva alle cinque e mezza, perciò potevo prendermela comoda quel giorno, volendo potevo tornare a dormire ma sapevo che non ci sarei riuscita, sentivo un'emozione troppo forte al pensiero che sarei tornata a casa, che avrei potuto abbracciare la mia famiglia dopo così tanto tempo. Rimasi in pigiama ma scesi in cucina per fare colazione. La famiglia Innocenti era già sveglia, a parte Ivan che era un inguaribile pigrone. Serena mi salutò allegramente quando mi vide, e si offrì di prepararmi la colazione. Non volevo disturbarla ma lei insistette quindi acconsentii.
-Mi vai a svegliare Ivan? Così faccio la colazione per entrambi- mi chiese gentilmente.
-Non c'è problema- risposi io.
Zampettai verso la camera del suddetto pigrone e aprii lentamente la porta. Era la prima volta che mi permettevo di entrare in camera sua, e nella penombra, riuscivo a scorgere solo il suo letto in mezzo alla stanza e la sua figura avvolta nelle coperte. Mi avvicinai il più silenziosamente possibile e lo scrollai leggermente:
-Ohi Ivan- lo chiamai. Abbassai leggermente le coperte alla ricerca del suo viso addormentato. Dopo qualche mia chiamata, finalmente i suoi occhi si aprirono.
-Ehi Marina, buongiorno- fece assonnato.
-Ciao dormiglione! Andiamo a fare colazione insieme dai- feci io con un sorriso.
-Mmm ma ho sonno- disse lui girandosi sul lato opposto.
-Dai che tua madre sta preparando anche per te-
Ivan sembrava ignorarmi e deciso a rimanere a dormire ancora. Sospirai e misi le mani sui fianchi. Salii sul suo letto e iniziai ad infastidirlo, toccandoli le guance fino a quando alzò il busto di scatto, facendomi quasi cadere giù. Mi prese la mano e mi tirò verso di lui. Eravamo vicini, vicinissimi, troppo per noi due.
-Tutto ok?- fece lui osservandomi. Il suo fiato sfiorò le mie labbra, i nostri occhi esitavano. Mi allontanai e dissi:
-Si si, dai che ho fame- feci io ridendo, nascondendo l'imbarazzo che stavo provando. Fortunatamente, il buio non gli permise di scrutarmi com'era solito a fare, di entrarmi dentro e capire tutto di me. Uscii in fretta dalla sua stanza per sedermi in cucina e cominciare a mangiare lentamente, mentre Serena armeggiava in giro per casa, cercando di renderla il più pulita e perfetta possibile. Accese le luci dell'albero di Natale per portare allegria in quella casa che oggi sembrava più fredda del solito, un po' più malinconica. Lentamente, Ivan scese le scale e salutò con un borbottio la madre che gli diede un bacio sulla nuca per augurargli il buon giorno. Si avvicinò al tavolo della cucina e si sedette davanti alla sua tazza, intento a contemplarla per qualche secondo come fosse in un mondo parallelo e stesse lottando contro il desiderio di rimanere immobile. Mi guardò e sorrise e io ricambiai. Misi la tazza nel lavello e mi fiondai in camera mia per finire le valigie.
Il portatile dentro alla sua apposita borsa, vestiti puliti piegati, borsa con telefono, ipod, portafoglio e biglietto del treno pronta sopra al letto. Decisi di lasciare i beauty case lì, nel peggiore dei casi avrei preso qualche cosmetico da mia madre. Mi sedetti sul bordo del letto a contemplare le valigie per poi spostare il mio sguardo sulla mia immagine riflessa dallo specchio vicino all'armadio. Capelli neri raccolti in una treccia a spina di pesce, maglioncino bianco immacolato, jeans attillati e una collana lunga a forma di chiave. Mi scrutavo e non capivo bene il perché di tanta malinconia. Sospirai e presi la chitarra: avevo voglia di strimpellare e cantare qualcosina. La musica era la mia medicina che riusciva a farmi capire ciò che da sola non comprendevo. Presi il plettro e cominciai a suonare le prime note di “The only exeption” dei Paramore, gruppo che amavo e che avevo scoperto grazie a Caterina. Mentre cantavo la prima strofa, capii quanto la musica contasse per me facendomi sorridere, facendomi sentire non la migliore, ma unica, me stessa. Passai così le ore del pomeriggio che mi separavano dalla partenza per tornare a casa mia, recuperando  la convinzione che sarebbe andato tutto per il meglio. Non capivo perché mi sentivo strana, infondo stavo tornando a casa mia, nel mio mondo tra le alpi, nella mia Padova. Scossi la testa, ero troppo paranoica. Riposi la chitarra nella sua custodia nel momento in cui bussarono alla porta.
-Avanti- dissi. Ivan entrò, me lo aspettavo che fosse lui, e si avvicinò a me con il mio cappotto in mano.
-Mamma te lo ha lavato- mi fece.
-Che carina, grazie- esclamai prendendolo. Lo posi sopra le valigie ed Ivan si sedette sul bordo del letto.
-Allora? Sei felice di tornare a casa?- mi disse appoggiando le braccia indietro. Io sorrisi.
-Abbastanza- risposi ma non sembrai troppo convinta. Ero sicura che avesse colto una strana nota nel mio tono di voce ma, sorprendentemente, lasciò stare.
-Voi avete qualcosa in programma per queste vacanze?- chiesi curiosa, sedendomi accanto a lui. Ivan si distese.
-Cibo, cibo e dormire. Almeno questo è il mio programma-fece chiudendo gli occhi. Lo guardai divertita:
-Guarda caso è anche il mio- feci ridendo. Lui mi scrutò sorridendo.
-Devi anche parlare con la tua amica giusto?-
Sbuffai, ricordandomi che io e Mara dovevamo parlare con chiarezza. Da quel giorno non ci eravamo più sentite ma, secondo Caterina, sembrava soffrire molto per la mia assenza. Ammisi di essere stata dura a mia volta, ma ero stata ferita nel profondo dalle sue parole, e non potevo rimanere a rimuginare con volto triste, quello lo faceva la vecchia me, ma ero cambiata da allora.
-Si devo- risposi. -Quindi preparati, che dovrò raccontarti molte cose al telefono-
Ivan sembrava felice di quelle parole.
-Ok- Allungò le braccia e io lo fissai interrogativa.
-Vieni qua- esclamò, volendomi dare uno dei suoi abbracci. Esitai ma mi distesi a mia volta, stretta dalle sue braccia, la testa sul suo petto dove potevo ascoltare il battito del suo cuore.
-Divertiti sorellina, e buon viaggio- mi disse con voce sicura.
-Sai che...sembriamo poco fratello e sorella...così?- borbottai io.
-Cosa intendi?- fece lui, ma dal tono di voce che usò, aveva capito benissimo.
-In questa posizione- insistetti io. Se qualcuno ci avesse visto,probabilmente ci avrebbe scambiati per dei fidanzati. Alzai la testa e lo guardai: il suo essere così rilassato, tranquillo e beato potevo vederlo solo quando non era sommerso dagli impegni scolastici. Era un ragazzo così serio e preciso, testardo come me, ma in sé, era molto tranquillo e in quel momento mi stava mostrando un lato così rilassato di sé, e non potei non sentirmi rilassata e calma pure io.
-Mah, siamo nella posizione giusta...- fece lui vago. Il mio cuore sussultò. Cosa voleva dire?
-Giusta...- riprese -Per farti il solletico-
Ivan mi attaccò mirando alla pancia, il mio più grande punto debole.
-Aiuto....no ahahaha basta ti prego-
Avevo le lacrime agli occhi e mi mancava il respiro, mi stavo dimenando e avevo paura di tirargli una qualche gomitata e di fargli male. Mi lasciò andare dopo qualche minuto e lo guardai carica di maledizioni.
-Mi vendicherò- sibilai.
-Certo piccola, come no- fece sarcastico. Io sembravo un felino in attesa di scattare sulla preda adocchiata, mi mancava solo la coda, che mi immaginavo vagare di qua e di là.
Ivan rise nel vedermi così e mi accarezzò a testa come solo lui sapeva fare.
-Dai, è quasi ora di andare- fece guardando l'ora. Io annuii. Presi la mia valigia con dentro la borsa del pc, lo zaino, la mia borsa e la chitarra e, aiutata da Ivan, portai tutto al pian terreno. Erano le cinque meno dieci, e avrei preso il treno direttamente da Firenze, perciò mi aspettavano venti minuti circa di viaggio in auto, ma l'emozione di prendere quel treno era davvero indomabile. Arrivammo in stazione puntuali e rimanemmo nella sala  d'attesa per un po', circondati da persone di vario genere, e cercavo di immaginare le loro storie e cosa avrebbero fatto, dove stavano andando.
Sentii l'annuncio del mio treno dagli auto parlanti, quindi mi voltai e salutai tutti con la mano:
-Buon Natale- feci con un sorriso. Serena si avvicinò e mi diede un bacio sulla testa:
-Buon Natale anche a te. Ci vediamo a gennaio- mi disse con dolcezza. Io annuii e sorrisi ai saluti di Pietro, Celeste ed Ivan, il quale mi fece l'occhiolino, come a dirmi “Ci sentiamo presto”. Presi le mie cose e camminai in fretta verso il mio treno, pensando “Ciao Firenze, ci vediamo tra due settimane”
 
Il viaggio in treno fu lungo, e io amavo con tutta me stessa i viaggi di ore, soprattutto in treno. Guardavo fuori dal finestrino il mutare del paesaggio, mentre fantasticavo a suon di musica. Erano le sette quando il treno frenò rumorosamente a Padova. Ero un misto di brivido ed emozione, non vedevo l'ora di scendere. Aprii le porte e scesi sul binario: mi accolse una Padova serale, illuminata da lampioni che evidenziavano leggeri fiocchi di neve scendere volteggiando. Io li osservavo incantata, mentre il treno ripartì alla volta di Mestre, lasciandomi l'unica sul binario. Mi riscossi agitando la testa e mi strinsi alla sciarpa, prendendo le mie cose e dirigendomi verso la sala d'aspetto. Appena vidi la figura di mia madre e il suo giubbotto nero, ignorai il peso delle mie cose e cominciai a correrle incontro. Le mi vide e mi venne incontro.
-Ciao Marina- mi disse contenta, abbracciandomi. Mi fiondai tra quelle calde braccia che mi erano mancate e mi strinsi a lei.
-Ciao mamma- dissi. Mi accarezzò la testa per un po', io avevo bisogno di rimanere ancora un po' abbracciata a lei.
-Allora come stai?- mi disse, mentre mi aiutava a prendere le mie valigie, mentre ci dirigevamo in macchina.
-Bene, un po' stanca- risposi sbadigliando.
-Hai fatto buon viaggio?-
Io annuii con un sorriso. Non vedevo l'ora di tornare a casa, di raccontarle tutto sulla mia nuova vita.
Quando parcheggiò la macchina sul vialetto di casa, sentii una strana emozione percorrermi lo stomaco. Scesi dall'auto e mi stiracchiai: osservai il vicinato immerso nelle penombra e ogni particolare del mio giardino finché mia madre non prese le chiavi e non le infilò nella toppa della porta. La aprii e il calore di casa mia mi avvolse. Mi pulii le scarpe sullo zerbino ed entrai.
-So-sono a casa- feci guardandola con nostalgia. Vidi mio fratello corrermi in contro ed abbracciarmi forte:
-Ciao sorellina- mi disse mentre mamma portava le mie valigie dentro casa.
-Ciao Nicola- dissi io sorridendo. Appena mio fratello si allontanò, subentrò mio padre che mi abbracciò a sua volta con un sorriso di cui solo lui era capace. Non riuscivo a credere che casa propria potesse mancare così tanto, nonostante ci avessi vissuto per quasi sedici anni. I mobili, i divani, la televisione era tutto come lo avevo lasciato ma sapevo che tutti erano andati avanti per tre mesi senza di me. Era come se dovessi riprendere tutte quelle cose che mi ero persa ma forse era lo stesso per loro: dover ascoltare tutte le esperienze che avevo fatto lontano da loro.
-Marina per la cena manca ancora abbastanza, puoi pure sistemare le tue cose.-
Io annuii e salii le scale trascinando le mie valigie con l'aiuto di Nicola. Appena entrai in camera mia ebbi un tuffo al cuore: era perfettamente ordinata, tutte le cose che avevo lasciato erano in ordine. Ovviamente, il ripiano con i miei manga e gadget era vuoto, avendo trasportato tutto a Firenze, ma ero decisa di riportarlo a casa per lasciare a Firenze solo le cose nuove che avrei comprato. Chiesi a mio fratello di lasciarmi da sola per sistemare le mie cose come se dovessi raccontare alla mia stanza tutto ciò che mi era successo, come fosse un'amica. Dopo un quarto d'ora avevo finito di sistemare vestiti e libri e potei distendermi sul mio letto a fissare le travi. Scesi per la cena, a base di un semplice risotto, ma era da troppo tempo che non mangiavo qualcosa preparato dalle mani di mia madre, perciò mi gustai ogni boccone.
-Marina domani andiamo dalla nonna- mi avvisò mia madre e io annuii.
-Non vedrà l'ora di vederti- aggiunse poi mentre spreparava la tavola.
Io risi e mi immaginai mia nonna presa a farmi mille domande su tutto ciò che avevo fatto a Firenze.
-Ci sarà anche Deniza?- chiesi, avendo voglia di vedere mia cugina.
-Si, ci saranno tutte le mie tre sorelle- disse mamma, citando quindi le mie zia, Mina, Eleonora e Sophie.
-Ah mi fa piacere- esclamai felice.
Passammo la serata sul divano a guardarci “Nightmare before christmas”  sotto mia insistenza, visto che era da molto che non lo vedevo, e mangiammo i biscotti al cioccolato preparati da mio fratello quel pomeriggio. Finimmo di vedere il film intorno alle nove e mezza e mi rifugiai in camera. Presi il telefono dalla mia borsa e notai una chiamata di Lucia. Sorpresa la richiamai.
-Ciao Mary- esclamò la sua voce allegra.
-Ehi, perché mi hai chiamata?- feci distendendomi sul letto.
-Bhe che dolcezza- borbottò.
Risi.
-Scusami...come stai Lu?- chiesi cortesemente.
-Bene bene- ridacchiò -Ti chiamavo per sapere se sei arrivata-
-Si sono qui dalle sette circa-
-Oh e che effetto ti fa?-
-è...complicato- fui capace di dire solo così, perché tra tutte le parole a mia disposizione non riuscivo a trovare quelle giuste.
-Ma...ma sei contenta vero?- Lucia sembrava allarmata dalla mia affermazione.
-Madonna si certo!- esclamai.
Lucia sospirò
-Non vedo l'ora di rivederti- mi disse dolcemente.
-Anche io bionda- risposi -Ma prima devo vedere Mara...dobbiamo parlare- aggiunsi ma il solo pensiero di dover affrontare Mara per quella cavolata mi mandava in bestia.
-Risolverete di sicuro. Sinceramente penso anche io che abbia esagerato questa volta- mi confessò.
-Oh qualcuno che la pensa come me- dissi -Dovevi sentire come la difendeva Caterina...-
-Meglio parlare tutte insieme chiaramente. Purtroppo si sono attaccate troppo, non è più possibile stare con loro-
-Mi dispiace solo che tu debba sopportarle senza di me- sospirai tristemente -Ma se hai bisogno, chiamiamoci più spesso-
-Sicuramente- fece ridendo -Ah ti chiamavo anche per sapere cosa fai a capodanno-
-E non so, non ho nulla in programma- risposi -Perché?-
-Ti ricordi di Niccolò della  ex 4C? Ha organizzato una festa e mi ha chiesto di invitarti se fossi tornata-
Sospirai:
-Come posso dimenticarlo? È il migliore amico di Gabriele...- borbottai ma, onestamente, avevo voglia di inserirmi nell'ambiente della mia ex-scuola, e anche di far vedere alle mie compagne quanto ero cambiata.
-Ci sto comunque- feci determinata.
-Perfetto!- esclamò Lucia contenta -Allora magari mi dai conferma quando parli con i tuoi e ci mettiamo d'accordo- aggiunse mentre io passavo le dita tra i capelli.
-Ok va bene. Ci vediamo Lu- dissi con il sorriso sulle labbra.
-Ciao mora- mi disse e riagganciò. Osservai il display del mio telefono e il mio sfondo per qualche secondo prima di appoggiarlo sul comodino.
Prima di andare a dormire, lo ripresi in mano per spegnerlo e notai un messaggio. Mi distesi con curiosità: era di Ivan che mi augurava la buona notte. Sorrisi e risposi:
Ciao fratellone, buona notte anche a te. Ti voglio bene”
 
La mattina seguente mi alzai verso le otto e, per qualche minuto, ero ancora convinta di essere a Firenze. Mi ci volle un po' per ricordarmi che ero a casa e che era il giorno di Natale. Mi alzai ed indossai la mia vestaglia e scesi in cucina.
-Buon giorno- feci assonnata.
-Ciao Marina,buon natale- esclamò mia madre dandomi due baci sulle guance.
-Anche a te mamma.-
Mi sedetti al mio posto aspettando che il caffè mi svegliasse dal mio stato di trans per cominciare a far funzionare le mie funzioni cognitive almeno un minimo. Anche mio padre e mio fratello scesero per augurarmi un buon natale e io risposi e ringraziavo. Appena la caffeina entrò nelle mie vene, riuscii a ritrovare l'allegria che di prima mattina mi mancava e potei concentrarmi sulla comunicazione con i miei.
-Mamma, Lucia mi ha invitata ad una festa per capodanno...posso andare?- chiesi  in un attimo di pausa.
-Va bene tesoro. Ma stai attenta- mi disse, con le sue solite raccomandazioni.
-Non preoccuparti- feci io tranquillamente, dondolandomi sulla sedia -Lo sai con chi parli?-
Mia madre mi diede un bacio sulla testa:
-Appunto per questo ti dico di stare attenta-
Misi il broncio e la fulminai con lo sguardo.
-Cattiva- borbottai.
Quando aprii il mio regalo di natale, capii subito che doveva averci pensato mio fratello: era una caldissima felpa bianco panna, con sulla sommità del cappuccio delle orecchie da orso che avevo adocchiato a luglio su amazon. I miei occhi brillarono:
-Fratellone ti sei ricordato?- feci dolcemente. Lui annuii e mi diede un bacio sulla testa.
-Certo come potrei dimenticarlo?-
Risi e lo ringraziai. Non vedevo l'ora di mostrarla ad Aria, Elisa ed Amanda appena tornata a Firenze. Mi vestii con un vestito bianco, dei leggins neri e un paio di stivali bianchi con poco tacco presi a Firenze qualche giorno prima di partire insieme ad Elisa e ci dirigemmo da mia nonna, che abitava a Sant'agostino, a quindici minuti da Padova. Appena scesi dall'auto, vidi Deniza fuori con nostra cugina Martina, che mi salutarono quasi sorprese di vedermi.
-Ciao Deni, ciao Marty- feci con un sorriso.
-Mary, ciao- fece Deniza venendomi incontro allegramente. Salutò i miei con un sorriso e mi guardò:
-Ma guardati, sei cambiata in tre mesi!- mi disse prendendomi le mani. Anche Martina si avvicinò e salutò i miei genitori con un allegro “Ciao zii”.
-Dici?- continuai io -Effettivamente- feci ridacchiando.
-Come stai Mary?- mi chiese Martina.
-Bene dai. Voi come state?-
-Stanca- fece Deniza scostando i suoi lunghi capelli ramati. -Ma sono felice di vederti-
-Io bene, grazie- rispose a sua volta Martina. -Ma raccontaci un po'! Com'è Firenze?-
Iniziai a raccontare mentre entravamo a casa della nonna, che mi accolse come solo una nonna sa fare. Ovviamente, non mancò di dire che le sembravo dimagrita eccessivamente.  Mi sedetti a tavola e risposi a tutte le domande che mi stavano ponendo i miei zii e i cugini, sentendomi quasi una diva nel mezzo di un'intervista.
A pranzo finito, io, Martina e Deniza uscimmo per fare un camminata nei dintorni; nostra nonna abitava nella zona più spersa del paese e potemmo quindi girovagare tranquillamente.
-Deni, sei sicura di non volere la sciarpa indietro?- chiesi mentre camminavamo.
-Sicura, è un regalo- fece lei tranquillamente -Basta che la tratti bene-
Io annuii -La tratto benissimo- feci con espressione della serie “lascia fare a me”.
-Allora- fece Martina -Continua ciò che ci stavi dicendo prima. Questo Ivan...-
-Ah si...insomma ora ci siamo avvicinati molto, siamo come fratelli-
-Solo fratelli?- chiese Deniza alzando il sopra ciglio.
-Bhe...si- ma nel confermarlo arrossii visivamente.
-No davvero, siamo amici- mi affrettai ad aggiungere, non avendo convinto nemmeno me stessa dall'affermazione precedente.
-Mah se lo dici tu...ma almeno com'è? Cioè è carino?- chiese Deniza curiosa.
-Boh è...normale, credo- presi il telefono e andai su facebook per cercare una sua foto. Quando la trovai, la feci vedere a loro.
-Bhe normale...è un bel ragazzo!- esclamò Martina -Se non fosse che abita così distante e che ha tre anni in meno di me, ci farei un pensierino- proseguì, prendendo in mano il mio telefono.
-No, che la Mary si offende- fece Deniza maliziosamente.
-Dai!- esclamai io infastidita riprendendomi il telefono, mentre le mie due cugine continuavano a prendermi in giro.
Chiacchierammo per diverso tempo prima di tornare dentro per mangiare il dolce preparato da zia Sophie e bere del caffè.
Andammo via verso le sette e salutai tutti con un gran sorriso, mostrando la mia felicità per aver rivisto tutti dopo così tanto tempo.
Tornata a casa, andai in camera, a stomaco pieno e con un sorriso sul volto,e chiamai Ivan.
-Ehi Mary- rispose lui al quinto squillo.
-Ciao Ivan, buon Natale- gli dissi.
-Anche a te...come stai?-
-Talmente piena che potrei vomitare- risposi per rendere l'idea.
-Nonna eh?-
-Esatto- feci ridendo
-Stessa situazione. Ah, la mia ci teneva a conoscerti-
-Oh...mi dispiace...sarà per un'altra volta allora, avvisala subito.- ordinai.
Sentii Ivan ridere dall'altra parte della cornetta: la sua risata era così perfetta.
-Si sente che non ci sei- fece d'un tratto.
-Non ci credo- feci scettica.
-Credici-
-Ma chi vuoi che lo senta?- chiesi scherzosamente.
-Bhe, io ad esempio-
Rimasi in silenzio per qualche secondo, non sapendo cosa dire.
-Sei...gentile- fu l'unica frase che il mio cervello riuscii a formulare.
Ivan cambiò discorso, forse deluso dalla mia risposta.
-Allora, quando parlerai con le tue amiche?- mi chiese.
-Il ventisette- feci sbuffando -La sera ti chiamerò quindi, preparati-
-Mi preparerò psicologicamente allora-
Risi e, timidamente, dissi:
-Allora...ciao Ivan-
-Ciao Marina-
 
Il tanto atteso ventisette dicembre arrivò, e non riuscivo a capire il mio essere così tesa, infondo era una chiacchierata con delle amiche...o quello che erano rimaste. Forse avevo paura di questo: vedere cos'era cambiato in quei tre mesi. Comunque, alle tre e mezza ero davanti al cancello della casa di Lucia, avvolta nel mio cappotto e stringendo la borsa con la mano sinistra. Il cancello si aprii e potei entrare in quella cosa che non vedevo da tanto. Lucia mi aprii la porta e il suo sorriso fu impagabile:
-O mio Dio- sussurrò -Marina-
Mi corse in contro e mi abbracciò.
-Mamma mia quanto mi sei mancata- esclamò.
-Anche tu mi sei mancata- feci annaspando aria, perché Lucia mi stava stritolando.
-Oddio scusami- fece allontanandosi e io risi.
-Non c'è problema-
Entrai in casa di Lucia con mille ricordi che cercavano di emergere, ma li placai in tempo. Caterina e Mara erano già li sedute, sembravano un po' tese, ed alzarono la testa al mio arrivo. Mi sorrisero e si alzarono.
-Ciao Mary- fece Caterina, venendomi in contro.
-Ciao Cate- feci con un sorriso. Mi abbracciò e mi convinsi a ricambiare l'abbracciò.
-Ti sei tagliata i capelli?- chiesi -Stai bene- aggiunsi, notando il suo nuovo taglio.
-Grazie- fece allontanandosi.
Anche Mara si era alzata ma era molto titubante nel venirmi vicina.
-Ciao Mara- feci,quindi, per cercare di smuoverla.
-Ciao Marina.-
Ci sedemmo tutte occupando i due divani, ma la situazione era davvero tesa, forse troppo.
-Oh ma andiamo- borbottai io stringendo i denti. Alzai lo sguardo e guardai ognuna di loro.
-So che non è il massimo incontrarsi dopo tanto tempo e mettersi qui a discutere ma mi pare che ci fossero questioni irrisolte ancora prima della mia partenza- feci, prendendo l'iniziativa, cosa che stupì non poco le mie amiche, considerando la mia timidezza.
Però seguii un consenso generale.
-Bhe insomma Mary, per prima cosa dovremmo parlare di quello che è successo tra noi due-fece Mara e io annuii.
-Insomma...si penso di essere stata dura. Cercavo di esternare quello che provavo ma ho finito con il dire cose che non volevo dire davvero-fece. Sembrava davvero pentita.
-Lo capisco...è il motivo per cui non ho mai detto niente per i gesti di complicità tra te e Caterina. Insomma, lo so che è egoista da parte mia però...sia io che Lucia ci sentiamo tagliate fuori.- Lucia annuì, mentre Caterina e Mara si irrigidirono guardandosi negli occhi.
-Insomma è bello che abbiate un'amicizia così...però vedete...sono stata io che vi ho fatte conoscere quindi...fa male- dissi, ed era da davvero tanto tempo che aspettavo di dire quelle parole.
-Non sappiamo cosa farci però- obiettò Caterina -Non lo facciamo a posta-
-Lo immagino Cate- intervenne Lucia -Ma prova a pensare a questi periodi...quanto mi avete tagliata fuori-
Caterina provò ad obiettare ma si rese conto che Lucia aveva pienamente ragione. Si ammutolì e tenne lo sguardo basso.
-Lucia, per le prossime volte faccelo notare. Ora che ne siamo consapevoli magari andrà meglio- disse Mara guardando la mia dolce bionda, molto determinata a risolvere la cosa. Lucia annuii più serena.
-Lo farò- fece.
Il clima mutò rapidamente, sembrava che fosse tornato tutto alla normalità, come ai vecchi tempi. Passammo il pomeriggio a chiacchierare, loro dovevano aggiornarmi su ciò che mi ero persa in quei mesi e io su come stava andando la mia vita a Firenze.
-Quindi questo Ivan...ora siete amici?- chiese Caterina.
-Si, davvero. Lo vedo come un secondo fratello- feci, versandomi dell'altro thè nel bicchiere.
-Cara- fece Mara ridendo -Non è geloso Nicola?-
-No, non sa di questo grande legame che si è formato tra me e Ivan-
-Mi piacerebbe conoscerlo- fece Lucia dondolandosi sulla sedia, divorando un biscotto dopo l'altro.
-All'inizio si comporta da gran antipatico, ma ditegli che amate manga e anime e fidatevi che cambierà completamente-
Mara rise e mi guardò:
-E...il tuo nuovo gruppo di amiche?-
Io la guardai diffidente:
-Mara...sei sicura di ciò che mi stai chiedendo?-
Lei annuii.
-Ok ehm...boh tutto ok. Mi trovo molto bene con loro- feci.
-Com'è che si chiamano? Aria...- cominciò Caterina.
-Amanda ed Elisa. E c'è anche Lara, la mia partner di ballo.-
-Ah l'ho vista nelle foto- esclamò Mara -Quella poco più bassa di te con capelli castani lunghi liscissimi no?-
-Si si, proprio lei. È un tesoro di ragazza, tanto timida-
-Un po' com'era qualcun altro tempo fa- mi punzecchiò Lucia. Le ragazze scoppiarono a ridere e io mi finsi offesa:
-Grazie tante- borbottai, ma poi scoppiai a ridere a mia volta.
-è bello essere a casa- feci ad un tratto, posando i miei occhi su ognuna di loro.
 
-Cosa diamine mi metto?- sibilai davanti allo specchio. Era l'ultimo dell'anno: io e Lucia avevamo deciso di trovarci per prepararci insieme, visto che Caterina era ad Udine con la famiglia e Mara con il suo ragazzo, ma non avevo la minima idea di cosa mettere.
Le cose tra tutte noi si erano sistemate piano piano, e anche Ivan era molto contento. Gli avevo raccontato tutto la sera del ventisette in una lunga chiacchierata notturna, mentre lui mi raccontava di cosa stava succedendo a Firenze, qualche curiosità della sua compagnia di amici. Quando gli dissi che sarei andata ad una festa, sembrava allarmato, lo capii dal tono di voce, ma si limitò a dirmi di divertirmi. Quel ragazzo era ancora una fonte di mistero per me.
Scartai l'ennesimo vestito sospirando, quando Lucia mi chiamò.
-Ehi, quando arrivi?- mi chiese.
-Quando deciderò cosa mettere-
Lucia scoppiò a ridere:
-Da quando hai questi problemi?-
-Da quando so che ci sarà Gabriele e voglio fargli vedere quanto sto bene senza di lui e cosa si è perso- feci con un ghigno.
-Mi piace quest'atteggiamento! Dai raccatta un po' di roba che ti aiuto a scegliere dopo-
-Ok si dai, farò così. Grazie per l'ospitalità comunque.-
-Ma figurati, è da una vita che non dormiamo insieme-
-Vero- feci sospirando -Allora arrivo tra poco.-
Presi qualche vestito, qualche maglietta e pantaloni e ficcai tutto in uno zaino, presi la borsa e dichiarai ai miei di essere pronta. Mi accompagnarono da Lucia verso le otto, dopo cena, e si raccomandarono di stare attenta. Chiusi lo sportello e suonai il campanello: un'allegra Lucia mi aprii e io entri.
-I miei ti vogliono salutare- mi disse mentre mi pulivo le scarpe sullo zerbino.
-Ahm ok-
Mi accompagnò in salotto dove sua madre e suo padre erano seduti.
-Buona sera- salutai educatamente.
-Ciao Marina- fece la mamma di Lucia, Nicole.
-Salve  Nicole- esclamai, mentre lei mi dava due baci sulle guance.
-Ciao Marina- fece suo padre, Umberto.
-Buona sera-
-Allora come stai? Come sono andati questi mesi?- mi chiese Nicole.
-Intensi ma bellissimi- feci contenta -Tante soddisfazioni.-
-Brava, brava sono felice. Ditemi quando siete pronte-
Lucia e io annuimmo e ci fiondammo in camera sua.
-Dai, allora mostrami un po' di vestiti- fece Lucia sedendosi sul suo letto a gambe incrociate. Presi il mio zaino e lo svuotai vicino a lei. Lucia passava a rassegna con sguardo critico ogni cosa e, alla fine, prese un vestito celeste e mi disse:
-Prova questo- e me lo lanciò. Mi svestii e lo provai: era di un celeste bellissimo, completamente di pizzo. Le spalline erano sottili, la scollatura a V e, sotto metà coscia, la gonna aveva un tessuto diverso, era di tulle molto leggero e trasparente con ricami floreali,  lunga fino ai piedi.
-Ma fa freddo per questo- feci un po' riluttante.
-Ma vengo anche io senza maniche, tanto siamo in un capanno, farà caldo-
Non sembravo molto convinta ma annuii. Lucia indossò un vestito nero che le arrivava fino alle cosce, con una gonna a balze meravigliosa di cui mi innamorai. Mi prestò qualche cosmetico, avendoli io lasciati a Firenze. Un po' di eyeliner e ombretti chiari sulle palpebre.
Scendemmo al piano di sotto e Nicole, dopo averci riempite di complimenti che mi imbarazzarono, ci accompagnò al luogo della festa. Ci salutò e noi potemmo entrare in quel grande capannone già pullulante di persone. Appena entrammo, diedi ragione a Lucia: era possibile stare senza maniche molto tranquillamente. Lasciammo giubbotto e borsa nel guardaroba per poter ballare in totale tranquillità (nonostante i tacchi). Dopo pochi minuti che eravamo arrivate sentii un:
-Non ci credo! Marina Rinaldi-
Io mi volta divertita, avendo riconosciuto la voce.
-Ciao Niccolò-
-Visto che te l'ho portata Nic?- fece Lucia.
-Non pensavo di rivederti così presto. Stancata di Firenze?- fece.
-Nah si sta mille volte meglio- feci, facendo le spallucce.
-No dai, seriamente. Come stai?- fece con un sorriso. Niccolò era una di quelle persone stravaganti, sempre allegre qualunque cosa succeda, ma era anche molto serio e riflessivo verso le cose importanti. Eravamo diventati amici grazie a Gabriele, ma da quando ci eravamo lasciati avevamo perso i contatti.
-Bene, sto benissimo- feci con un sorriso. -Sono contenta che tu mi abbia invitata-
-Lucia mi aveva detto che saresti tornata molto probabilmente, quindi mi sembrava un'ottima occasione per vederci-
Io annuii sorridendo, mentre Lucia si allontanava per andare a salutare qualche sua amica.
-Tu come stai?-
-Bene, dai, la quinta è dura-
-Immagino- feci con una smorfia, per dire che lo capivo.
-Dai, vieni che c'è gente che vuole rivederti- fece, prendendomi la mano. Mi trascinò in giro per la sala, e riconobbi suoi compagni di classe con cui avevo parlato almeno una volta sempre a causa di Gabriele.
-Oddio Marina!-
A parlare era stata la mia compagna di banco dell'anno precedente, Nina, insieme ad altre compagne di classe che mi salutarono sorprese.
-Ciao Nina- feci con un sorriso. Mi abbracciò dolcemente e mi chiese come stavo. Risposi ai soliti convenevoli e alle solite domande, anche se sapevo che per la maggior parte delle persone, erano davvero solo convenevoli, non avevo mai avuto un bel rapporto con tutta la mia classe, ma in quel momento non mi importava più. Nina era stata l'unica a starmi sempre vicina, era un tesoro di ragazza e mi mancava molto. Passammo diverso tempo insieme quella serata per aggiornarci di tante cose e sembravamo tornate indietro nel tempo.
-Scusami Nina, vado a cercare Lucia che l'ho persa di vista- feci allontanandomi. -è stato bellissimo rivederti- e le diedi due baci sulle guance.
-Anche per me.-
Mi allontanai alla ricerca di Lucia e, quando la trovai, accelerai il passo.
-Ehi Lu- feci. Lei si voltò e mi sorrise.
-Tutto ok? Fa strano rivedere così tante persone?- mi chiese.
-Eh abbastanza- confessai, ma non avevo alcun rimpianti rispetto a tutte le scelte che avevo fatto.
Le ragazze con cui era in compagnia Lucia mi conoscevano bene, essendo che quando frequentavo quel liceo ero più in classe sua che mia.
-Ciao Marina- mi salutarono.
-Ciao Elena, ciao Giusy- feci con un sorriso. Chiacchierammo per diversi minuti, nonostante la musica alta lo rendesse molto difficile; ci arrendemmo dopo un po' di tempo ed iniziammo a ballare. Dopo un po', Lucia mi toccò la spalla e mi sussurrò vicino all'orecchio:
-C'è Gabriele-
Io mi voltai e lo vidi avanzare con altri suoi amici che non conoscevo. I capelli biondo scuro erano più corti dall'ultima volta che lo avevo visto, e sembrava si fosse alzato. Era in giacca e cravatta, molto elegante, ma non potei non fare una smorfia non appena lo vidi.
-Bah- esclamai alzando il sopra ciglio, non appena lo vidi fiondarsi sugli alcolici.
Passata qualche ora, mi ero quasi dimenticata della presenza di Gabriele che sembrava essere sparito nel nulla, e mi stavo tranquillamente godendo la serata. Quando scoccò la mezzanotte, partirono le urla più assurde per festeggiare il nuovo anno, per il quale io ero pronta, decisa a renderlo meraviglioso. Io e Lucia rimanemmo ancora per qualche ora, anche se io iniziavo ad essere stanca, ma cercai di non darci peso ed iniziai a buttare giù qualche bicchiere. Era mezzanotte e mezza quando Niccolò venne da me:
-Mary ho bisogno di te- mi disse prendendomi in disparte.
-Cos'è successo?- chiesi, notando la sua espressione preoccupata.
-Gabriele...-
A quel nome feci una smorfia.
-Qualunque cosa sia, non mi interessa- feci girando i tacchi.
-Marina ti scongiuro, lo so che lo odi e non lo puoi vedere, ma ho bisogno che mi aiuti a tenerlo calmo. Ha bevuto davvero troppo-
Non ero interessata minimamente a vederlo, ma mi arresi solo perché Niccolò sembrava disperato.
-Ok...dov'è?-
-è fuori, vieni con me-
Presi borsa e cappotto e camminai velocemente  verso l'esterno. Faceva davvero freddo ma almeno l'aria gelata servì per svegliarmi un po'.
Gabriele era seduto sul marciapiede che urlava cose senza senso al vento, tutto solo con una bottiglia di vodka in mano. Niccolò sospirò e gliela prese:
-Basta Gabri.- e la svuotò per terra per poi buttarla via.
-Nic dai, dai voglio bere ancora- biascicò lui alzandosi in piedi. Appena mi vide si bloccò e fece un sorriso da ebete.
-Buona sera principessa. Sei tornata dal tuo regno di fama?- mi chiese facendo una riverenza.
-Chiamami ancora principessa e il mal di testa che avrai appena ti sveglierai domani non sarà il tuo unico problema- ribattei io con freddezza.
Si avvicinò a me barcollando.
-Mi scusi-
Io feci un passo indietro disgustata.
-Siediti- ordinai e stranamente mi obbedì.
-Ha vomitato?- chiesi a Niccolò. Lui annuii.
-Ma ha bevuto ancora-
-Io non me ne intendo sai, ma forse un caffè...-
-Dove lo porto preso così?- fece Niccolò a denti stretti. Rimuginò un po' e mi disse, infine.
-Stai qui con lui, vado a preparargliene uno io a casa mia.-
-Sicuro?- chiesi, non avendo molta voglia di stare sola con lui.
-Si, dai, abito dietro la curva. Vado a fare un thermos, così se ne vuoi un po' anche tu-
Io annuii rassegnata e lo salutai. Mi sedetti vicino a Gabriele il quale continuava a dondolarsi avanti ed indietro.
-Ohi stai fermo, già ti gira la testa- dissi guardandolo. Lui si bloccò all'istante ed appoggiò la sua testa sulla mia spalla. Puzzava davvero troppo da alcool, era quasi difficile stargli vicino.
-Perché mi hai lasciato?- biascicò lui.
-Fatti due domande- risposi io -Chi era quella bionda che stavi sbaciucchiando?-
-Ah- rispose lui -Hai ragione-
-E direi- feci io.
-Ma non significava nulla per me. Io volevo solo te-
-Bel modo per dimostrarlo- feci ironica.
-Tu non eri pronta...per fare sesso.-
A quell'affermazione mi infuriai.
-Cosa vuol dire scusa?-
-Non lo so...-
Sospirai: era inutile cercare di ragionare con un ubriaco, per di più se si trattava di Gabriele.
-Però...- proseguii guardandomi negli occhi -Mi manchi-
Cercò di baciarmi ma io mi scansai.
-A me no, per nulla- feci con riluttanza. Sembrava ferito ma la cosa non mi interessava: non lo era abbastanza per riparare le cose. Rimasi comunque li con lui in attesa del ritorno di Niccolò, e nel frattempo, Gabriele si era addormentato sulla mia spalla. Presi il telefono per ammazzare il tempo, e notai diversi messaggi da parte di compagni di classe di Firenze, da Mara ed Caterina, e Aria che mandò sul gruppo di whatsapp che ho con lei, Amanda ed Elisa, un foto con il suo ragazzo Alex. Erano davvero carini insieme, e lei sembrava tanto felice.
Anche Ivan mi augurò un buon anno, e mi chiedeva come stava andando la festa. Ringraziai per gli auguri e gli risposi che stava andando tutto bene, per non farlo preoccupare.
-è il tuo ragazzo?-
Gabriele si era svegliato e sembrava stesse meglio.
-No- risposi io -è il figlio della famiglia che mi ospita-
-Ah- mi rispose lui. -è perché ti scrive?-
-Perché dovrebbe interessarti?- chiesi freddamente.
-Marina...non puoi perdonarmi?- mi chiese, guardandomi negli occhi.
-No, non posso-
Fortunatamente, Niccolò arrivò con un thermos pieno di caffè e ne diede una tazza a Gabriele.
-Bevi- disse versandolo.
Gabriele annuì e bevette a grandi sorsi. Niccolò ne diede una tazza anche a me, e lo ringraziai con un sorriso.
-Grazie a te Marina- disse, appoggiando il thermos su un tavolino li fuori.
-Prego. Solo perché sei tu che me lo hai chiesto-
Nel frattempo, arrivarono altri amici di Gabriele, che si offrirono di badare a lui per un po'. Niccolò si raccomandò di non farlo bere più, e li lasciò andare. Rimasi con lui ancora per un po', stavo bene in sua compagnia. Prese una sigaretta dalla tasca del giubbotto e se la portò alla bocca. Mi guardò e mi disse:
-Vuoi?-
-Ehm non potrei...- dissi pensando al mio fisico da ballerina da tenere sotto controllo.
-Guarda che puoi trasgredire una regola per una volta eh!-
Avevo voglia di fare una stupidata per una volta quindi la accettai.
Niccolò sembrò soddisfatto e mi passò l'accendino dopo aver acceso la sua. Non era la prima volta che fumavo, avevo provato quando stavo con Gabriele che, nonostante fosse un ballerino, se ne infischiava altamente. La accesi e ridiedi l'accendino al suo proprietario.
-Avete parlato in questo tempo?- chiese Niccolò.
-Si- feci io buttando fuori il fumo. -Ma non so quante cose vere mi abbia detto. La tua versione dei fatti qual è?- chiesi.
-Non so molto. Lui mi ha detto che l'hai lasciato perché ti aveva proposto di fare sesso ma che tu non eri pronta-
-L'ho lasciato perché mi ha tradita con una finta bionda-
Niccolò mi guardò quasi sorpreso.
-Non lo sapevo...- sembrava dispiaciuto per me.
-Va tutto bene- mi affrettai a dire -Non ci ho sofferto più di tanto-
-Ti vedevo molto presa, pensavo avessi sofferto molto.-
-No, a dire il vero non molto, solo per qualche ora. Non volevo dargliela vinta.-
-E poi con il fatto che ora vivi a Firenze, comunque vi sareste dovuti lasciare-
Io annuii, aveva pienamente ragione. Finimmo di fumare ma rimanemmo fuori ancora per un po'. Era circa l'una e la mamma di Lucia sarebbe venuta a prenderci verso le due, quindi avevo ancora un po' di tempo per chiacchierare con lui. Nel frattempo, diverse persone cominciarono ad andarsene, perciò andarono da Niccolò per salutarlo e ringraziarlo dell'invito e della bella serata. Vidi anche qualche mia ex compagna che salutai con la mano.
-Non ti manca un po' stare qui?- mi chiese all'improvviso.
-A dire il vero...non lo so- confessai -Insomma, qui ho la famiglia ed alcuni amici, ma è a Firenze che sono riuscita a crescere come persona-
Niccolò si passò una mano tra i suoi capelli neri, e mi guardò.
-Che diva che sei- fece scherzosamente e io gli diedi un leggerlo schiaffo sulla spalla destra.
-Antipatico-
-Però sai...mi manca vederti in giro per la scuola.-
-Ma cosa dici? Passo inosservata, come facevi a notarmi?- chiesi scettica.
-Perché non avrei dovuto. Sei una bella ragazza- e nel dirlo posò una mano sulla mia guancia. -entravi ed uscivi dalla classe di Lucia con un sorriso meraviglioso-
Mi guardava dritto negli occhi, e anche se mi girava la testa a causa dell'alcool che stava facendo effetto, riuscivo a vederlo perfettamente. Ma ero troppo stanca perché il mio cervello riuscisse ad elaborare una risposta.
-E vorrei essere arrivato prima di Gabriele-
-Lo avrei voluto anche io- disse la mia voce, ma non ero sicura di averlo detto io. -Non saresti stato così stronzo-
Niccolò rise, ma tornò subito serio:
-E...avrei tanto voluto baciarti. Ma per rispetto di Gabriele, non posso e non potrei mai-
-Io lo farei a posta- dissi io, ma non capivo cosa stavo dicendo. Non ero una ragazza facile, bisognava sudare per cercare un qualunque tipo di rapporto con me. Ma avevo iniziato a trasgredire le regole, e solo per quella serata, volevo non essere più io, non essere quella perfettina che ero sempre stata. Solo per una volta, poi sarei tornata io e avrei dimenticato tutto.
Lui voleva, si vedeva che lo desiderava ma si allontanò scuotendo la testa.
-Hai bevuto un po' eh? Mi dispiace Marina, ma non approfitto di una ragazza che non sa quello che fa-
-Hai ragione- feci sospirando -In effetti non so bene cosa sto dicendo.- Mi permisi di dargli un bacio sulla guancia e gli sussurrai un “Grazie”, prima di tornare dentro a cercare Lucia.
 
-Cosa hai fatto scusa?-
Erano le dieci del mattino, e Lucia iniziò a farmi domande sulla sera precedente. Misi il cuscino sulla nuca per non sentire la sua voce stridula alla ricerca di spiegazioni. Mugugnai qualcosa mentre mi tiravo le coperte fin sopra le orecchie.
-Marina Rinaldi- mi sgridò lei -Ti perdo di vista per mezz'ora e fai il casino-
-Non ho fatto casino- mi giustificai -Stavo badando a Gabriele sotto richiesta di Niccolò. E nulla...Nic mi ha confessato che gli piacevo, o forse che gli piaccio ancora non lo so- feci confusa. -Ma non è successo nulla.-
-Meno male- fece Lucia sospirando -Sarebbe stato solo peggio visto che torni a Firenze tra poco-
-Vero...già mi manca un po'. Insomma, sto bene in sua compagnia-
Lucia non sapeva bene cosa dirmi, perciò mi lasciò parlare, in modo che anche io potessi esternare il casino che avevo in testa per capirci qualcosa.
-Quindi Gabriele non ha detto tutto sulla vostra rottura?- esclamò Lucia dopo che le raccontai anche di quel particolare.
-No- feci io -Idiota. Mi ha anche chiesto se potevo perdonarlo...roba da matti.-
Lucia mi guardò sbalordita per ciò che le stavo raccontando per poi sederci con fare scettico.
-Che cretino-
Io accennai un sorriso.
-Tanto ormai è storia vecchia-
Lei concordò con me e mi diede un abbraccio da me inaspettato.
-Dai Mary, lo troverai quello giusto-
La frase che mi disse Aria mi tornò in mente, perciò la mia testa volò anche a ciò che Aria voleva alludere, ossia Ivan. Scossi la testa e borbottai “Come no”, ma Lucia non mi sentì.

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Capitolo 7
*** Una pessima messinscena ***


7-UNA PESSIMA MESSINSCENA


Le vacanze passarono molto tranquillamente, tra studio e relax, e partii alla volta di Firenze il pomeriggio del sei gennaio. Fu difficile dire di nuovo arrivederci a Padova  ma era ora di tornare dalla famiglia Innocenti e darmi da fare con tutti gli impegni scolastici da affrontare.  Arrivai giusta per l'ora di cena quella sera, e venni accolta da un grande calore in quella casa.
-Ciao a tutti- feci sorridendo, mentre Celeste mi veniva in contro e mi abbracciava forte.
-Ciao Mary, mi sei mancata- mi disse dolcemente. Le diedi un bacio sulla fronte e mi avvicinai all'armadio a muro per riempirlo nuovamente con i miei stivali e il mio cappotto.
-Hai fatto buon viaggio?- mi chiese Pietro salutandomi.
-Si, a parte che farli con il buio non è proprio il massimo- feci con una smorfia. Anche Ivan scese e mi salutò allegramente.
-Ciao Marina- mi disse.
-Ehilà dormiglione- feci, usando quel soprannome che gli calzava a pennello. Fece una smorfia e si sedette a tavola. Mangiammo tranquillamente e, a cena finita, portai su le mie cose, per disfare i bagagli ancora una volta. Ivan venne ad aiutarmi, volevo farlo diventare un rituale per tutte le volte, e mi diede il grande abbraccio che mi stavo aspettando. Ad un tratto mi ricordai di una cosa.
-Aspetta, devo farti vedere una cosa!- esclamai entusiasta. Frugai nella valigia e presi la felpa da orso, levai la mia e la indossai. Tirai su il cappuccio così che le orecchie da orso poterono essere visibili.
-Sono un orsetto!- esclamai aprendo le braccia.
-No, sei stupida- fece lui ridendo. Misi il broncio e mi morsi il labbro.
-Antipatico-
Mi accarezzò la testa dolcemente:
-Non dire quella frase con quella voce tenera a qualcuno diverso da me. Ti salterebbero addosso-
-Esagerato- feci io scettica ma lui sembrava molto serio. Il suo sguardo mi fece arrossire e quindi abbassai il mio.
-Promesso- feci infine.
 
Era un freddo sabato di fine gennaio quando, mentre ero in centro a Firenze con le mie amiche, mi ricordai che il compleanno di Ivan era alle porte.
-Cosa cavolo gli regalo?- esclamai in preda al panico. Fare regali non era per niente il mio forte, ma ci tenevo a fargli qualcosa visto ciò che ormai era diventato per me.
-L'ultima volta che siamo andati in fumetteria insieme- fece Aria camminando -Stava ammirando quella bella action figure di Kurapika- fece, citando il mio personaggio preferito di Hunter x Hunter. -Il prezzo l'ho visto, è sui 50 euro, è fattibile-
Il suo suggerimento non era male, sapevo che l'avrebbe adorata ma non ero convintissima di quella scelta ma non avendo altre idee per la testa, la presi per valida. Non avevo molti soldi con me perciò ci andai la settimana seguente. Quando uscii dalla fumetteria con il regalo dentro alla borsa, cercai di immaginarmi la faccia di Ivan nel momento in cui glielo avrei dato, sarebbe stato entusiasta ne ero sicura.
Quando il 29 gennaio, giorno del suo compleanno, arrivò, mi svegliai di buon umore nonostante mi aspettasse una di quelle giornate tremende ed intense da vivere sia fisicamente che emotivamente. Andai in cucina e Serena sembrava felice, aveva passato la sera prima a cucinare il dolce preferito di Ivan, la torta cioccolatino e dei muffin (Ivan amava i dolci), e il mio compito fu quello di tenerlo occupato in modo che non se ne accorgesse, così gli chiesi di aiutarmi a ripassare storia. Era stupita dal fatto che qualunque cosa chiedessi, accettasse sempre con piacere e con entusiasmo, quindi mi sentivo sempre in dovere di fare lo stesso, qualunque cosa accedesse.
-Ciao Serena- feci scendendo le scale.
-Buon giorno Marina- disse con allegria. Il suo sorriso era contagioso e riuscii a far sorridere Celeste che quel giorno era parecchio tesa e nervosa.
Ivan scese le scale sbadigliando e si avvicinò a noi stropicciandosi gli occhi.
Gli augurammo un buon compleanno quasi in coro con grandi sorrisi forse troppo esagerati, mentre lui cercava di svegliarsi piano piano, ringraziandoci con borbottii.
Vederlo mangiare con tanta foga mi faceva ridere, era così divertente vederlo passare dal suo essere addormentato, al suo entusiasmo quando si trovava dei dolci davanti. Si buttava a capofitto a costo di strozzarsi, nonostante Serena gli dicesse di mangiare più piano.
Quella mattina faceva davvero freddo, eravamo nei giorni della merla; mi strinsi nel mio cappotto e tirai su la sciarpa mentre camminavamo per arrivare alla fermata, la solita routine. Aspettando l'autobus, guardai il cielo grigio che preannunciava neve. Mi persi nella mia immaginazione, a pensare ma allo stesso tempo a non farlo, ero così estranea dalla realtà che Ivan dovette tirarmi dentro all'autobus.
Appena mi sedetti sbuffai e mi sistemai i capelli indietro.
-Mary cos'hai?- mi chiese Ivan.
-Mmm...non lo so- feci mordendomi l'unghia del pollice -penso di essere un po' stanca-
-Hai studiato molto in queste settimane in effetti. Ti vedo parecchio tesa- Ivan si preoccupava sempre troppo, ma lo trovavo così adorabile quando faceva così.
-E lo so, ma va tutto bene- li feci l'occhiolino per dirgli che andava tutto bene per davvero, ma per qualche ragione non mi credeva mai, ma rimaneva diffidente, lo capivo dal suo sguardo.
-Ma insomma, perché mi guardi così?- feci sbuffando.
Mi guardò intensamente, non riuscivo a capire a cosa stesse pensando, o cosa volesse dirmi.
-Scusami- scosse la testa come per togliersi un pensiero spiacevole, qualcosa a cui non voleva pensare.
-Un anno in più e sei già preso così male?- lo presi in giro io. Mi fece una smorfia e io scoppiai a ridere.
La mia giornata scolastica cominciò con il solito caffè preso con Aria alle macchinette, sedute sul tavolino poco distante dalla nostra classe. Era diventato un nostro rituale con l'inizio dell'anno nuovo, ora che, grazie ai concorsi e ad i progetti con la scuola, riuscivamo a guadagnare qualche soldo per le vincite: una percentuale alla scuola e una a noi. Così potevo spendere soldi senza sentirmi troppo in colpa verso Serena che era sempre disposta a darmene un po'. Oltre a questo, ero alla ricerca di un lavoretto, nulla di troppo complesso ma qualcosa che comunque poteva farmi guadagnare ancora di più essendo puntata a comprarmi una tastiera, avendo iniziato il corso di pianoforte a scuola.
-Allora, quando gli dai il regalo?- mi chiese Aria mescolando lo zucchero.
-Dopo pranzo- risposi io.
-Vedrai che gli piacerà. Poi voglio i credits. Tipo “suggerito da Aria”-fece schioccando la lingua. Scoppiai a ridere, Aria riusciva sempre a rendermi allegra anche quando non mi andava di esserlo. Tornammo in classe alle otto precise, quando anche Elisa ed Amanda arrivavano di solito. Ormai eravamo diventate un gruppo molto affiatato e stretto, eravamo sempre insieme e, per una come me che guardava sempre i gruppi da fuori, era bello farne parte per una volta.
Prove di canto estenuanti delle prime tre ora, verifica di storia ed interrogazione di matematica: erano partiti subito come dei fulmini, non ero abituata a questo ritmo ma era tempo di abituarsi alla frenesia, perché non potevo prevedere quando la mia vita sarebbe diventata frenetica.
Dopo aver pranzato, aspettai qualche minuto che anche Celeste andasse in camera sua per prendere Ivan per un braccio e guidarlo sopra le scale.
-Cos..?-
-Zitto e cammina- feci io portandolo in camera mia. Chiusi la porta e frugai tra i cuscini dietro alle poltrone dove avevo nascosto il regalo, e glielo diedi, chiuso in un sacchetto. Il suo sguardo indugiò:
-Marina non dovevi!- fece appena prese in mano il pacchetto.
-Non lo hai neanche aperto, aspetta per dire che non dovevo- ribattei io.
Sospirò a causa del mio essere cocciuto e lo aprì. La sua espressione fu impagabile: appena scartò la carta, rimase bloccato ad occhi sbarrati.
-Ti uccido- sussurrò e mi guardò scuotendo la testa -Non dovevi scema!-
-Come no? Anche tu mi hai fatto un regalo per il mio compleanno, e non mi sopportavi nemmeno troppo. Ora che sei così importante per me non dovrei farti un regalo? Scemo- esclamai io un po' alterata. Ivan non disse nulla, ma continuò a fissare la action figure per diversi secondi prima di metterla da parte, e spingermi verso di lui con un braccio, stringendomi a sé.
-Grazie- sussurrò tra i miei capelli.
-Prego, e tanti auguri- dissi io sorridendo.
Si rigirò la scatola tra le mani soddisfatto, io lo guardavo: sembrava un bambino.
“Altro che diciassette anni” pensai ridendo, scostando i capelli.
 
-Mamma, ti prego dimmi che non è vero-
Era il giorno dopo il compleanno di Ivan. Ero immersa nello studio della canzone per il concorso quando sentii Ivan imprecare ed arrabbiarsi.
-Tesoro lo so, è per qualche giorno. Deve tornare per prendere dei certificati e sostenere un ultimo test che ha fallito l'anno scorso.- Serena sembrava cercare di calmarlo ma non ci riusciva, anzi, sembrava peggiorasse le cose. Incuriosita, aprii lentamente la porta, per capire cosa stesse succedendo e mi sedetti su un gradino delle scale.
-Non potevano spedirglieli via internet?-
Ivan sembrava davvero furioso ed arrabbiato, non lo avevo mai visto così. Vidi Serena dargli un bacio sulla testa.
-Tesoro...non sei più quello dell'anno scorso, e lei non può più importunarti. Il massimo è una settimana-
-A partire da...?- chiese lui titubante.
-Domani- fece Serena con un filo di voce.
Penso che ad Ivan sembrò la fine di tutto, di qualunque cosa. Si avviò verso le scale ed io mi alzai al suo arrivo.
-Ehi, cos'è successo?- chiesi confusa. Mi guardò con occhi tristi ed indecisi, anzi, avevano paura. Mi preoccupai quando non mi rispose e lo seguii in camera, anche solo per stargli vicina per un po'.
Mi sedetti sul suo letto vicino a lui, senza dire un parola. Rimanemmo per diversi minuti così, l'unica cosa che mi permisi di fare fu solo accarezzargli la schiena come per calmarlo un po'.
-Domani torna July- mi disse infine. Io lo guardai sbalordita.
-Cosa?-
Mi guardò negli occhi alla ricerca di conforto, come un cucciolo smarrito.
-Marina io non ce la faccio. Io non...-
-Fermo lì- lo interruppi -Non iniziare così che non vai da nessuna parte! Sei cresciuto e hai capito i tuoi errori. Va tutto bene! Ci sono io ora con te- feci determinata. Non avrei mai permesso che quella scombinasse di nuovo la vita di Ivan.
Mi sembrava davvero grato, sembrava, si, deciso a non perdere questa volta. E vidi una scintilla nei suoi occhi.
 
Il giorno dopo, però, sembrava nuovamente teso ma non completamente perso nella disperazione. Era inquieto, questo si, ma non del tutto abbattuto.
Il fatidico pomeriggio arrivò, e con lui anche quella americana che Ivan tanto odiava.
Ero immersa nel mio studio, mi ero buttata a capofitto sui libri appena tornata a casa, quando alzai lo sguardo e vidi che erano già le quattro e mezza. Sentivo la fame farsi strada nel mio stomaco e decisi di scendere, ma appena suonarono al campanello la mia mano si bloccò. Aprii uno spiraglio della porta e mi affacciai, cercando di non farmi notare. Serena aprii la porta e salutò (a malavoglia) questa ragazza dai lunghi capelli neri (tinti) con mesches castane, che ci provavano ad essere bionde, ma fallivano miseramente.
-Good afternoon Serena- fece avanzando nel suo giubbotto che si premurò ti togliere non appena entrò in casa, appoggiandolo sul divano (cosa che Serena odiava) e trascinando le sue valigie in mezzo al salotto.
-Ciao July- fece Serena con un sorriso forzato. Si vedeva che non la sopportava proprio.
Vidi Ivan e Celeste alzarsi dal divano su cui erano seduti per salutarla, forzando un sorriso.
-Oh ciao Celeste, ciao Ivan- pronunciando in nome del ragazzo, alzò un sopracciglio e mi sembrò persino di vedere un ghigno nel suo volto. Dopo i soliti convenevoli, Celeste tornò in camera sua e Serena si mise a pulire casa. Ivan fece per tornare su ma July lo bloccò.
-Oh Ivan, non mi saluti come si deve?-
Ivan la guardò torvo:
-Cosa vuoi?-
-Mah sapere come stai, avere un abbraccio da parte tua...- fece vaga scostando i capelli.
-Stavo benissimo fino a dieci minuti fa. Poi sei arrivata tu- disse Ivan con tono piatto e fece di nuovo per andarsene ma July gli prese il polso e lo strinse.
-Ma come? Hai lasciato la tua ragazza per me no? E sicuramente non ne avrai trovata un'altra, visto come sei. Così stupido, frivolo e così ingenuo...-
Non potevo più stare ad ascoltare, quindi agii di impulso.
-A dire il vero...- feci mentre scendevo le scale sotto i loro sguardi sbalorditi.
-Una ragazza ce l'ha...e sono io-
Mi stupii io stessa di cosa avevo appena detto, ma se serviva a farla tacere, allora avrei fatto qualsiasi cosa. Nel frattempo anche Serena era rientrata in salotto, e stava guardando la scena con un sorriso beffardo.
-E tu sei..?- fece July schioccando la lingua infastidita.
-Marina Rinaldi. Ora vivo qui, non è vero tesoro?- dissi, rivolta ad Ivan con un sorriso.
-Si, esatto- mi cinse i fianchi e mi strinse a sé dolcemente.
July sembrava furiosa, probabilmente ero riuscita a farmi odiare in tempo record da una persona.
-Tsk, me ne vado in camera mia- fece sbattendo i piedi.
-Mi dispiace, ma la tua camera è diventata quella di Marina- fece Serena avanzando.
July respirò profondamente, ma si vedeva che stava già perdendo la pazienza.
-E io dove dovrei dormire?- poi una scintilla le illuminò gli occhi:
-Bhe visto che stanno insieme come dicono, direi che potrebbero anche dormire insieme- ci guardò alzando il mento leggermente -O no?-
Io e Ivan ci guardammo, e cercammo di non mostrare quanto la sua proposta ci creasse qualche problema.
-Non c'è problema- fece Ivan, ma ce n'erano di problemi. Serena fece un cenno con il capo a dirci “Va bene”, si fidava di noi evidentemente.
-Perfetto- fece July, che non credeva per nulla alla nostra bugia. Prese le valigie e si fiondò in camera di Ivan, mentre lui raccattò la maggior parte delle sue cose, così da non lasciarle nelle sue grinfie, per portarle in camera mia. Appena chiuse la porta della mia camera, subito avanzai verso di lui.
-Ivan scusami, mi è venuto spontaneo- sussurrai per la paura che July ci sentisse. Lui scosse la testa:
-Sei stata un tesoro davvero.-
-Non sei arrabbiato?- chiesi timidamente.
-Ma figurati Marina- disse abbracciandomi. -Va tutto bene, sei stata geniale-
Lo strinsi a me e cercai di pensare razionalmente sul fatto che avremmo dormito insieme da quella notte per sette giorni.
Condividere la stanza non fu molto facile, essendo che io quando studiavo dovevo ripetere ad alta voce ma non potevo per non disturbarlo, perciò mi sforzai di farlo a mente. La cosa che mi piacque, fu che a giornata finita, ci mettevamo o ognuno a ripetere quello che avevamo studiato così, per sicurezza, o a chiacchierare distesi sul mio letto anche se, per la paura che July fosse appostata sulla parete per controllarci, ci eravamo abituati a parlare sotto voce.
Quella prima notte fu abbastanza traumatica, soprattutto per me che amo avere un letto grande tutto per me. Mi cambiai in bagno, indossando quindi una canottiera e un paio di pantaloncini e lavarmi. Mi infilai sotto le lenzuola ed aspettai che tornasse Ivan dal suo turno in bagno; speravo di addormentarmi in fretta, ma sapevo che sarebbe stato difficile.
Quando tornò, il mio cuore sussultò e strinsi il mio piccolo cuscino a forma di cuore sul petto, come facevo sempre quando dormivo.
Rimanemmo immobili ed in silenzio per diverso tempo, prima che Ivan si girasse sul fianco sinistro, verso di me, e mi disse:
-Tutto ok Mary?-
-Si- dissi io, ma ammisi a me stessa che non era tutto ok. Mi imbarazzava da morire che lui fosse lì, così vicino a me. Avevo paura, essendo che mi agito molto quando dormo, di avvicinarmi troppo lui, avvinghiarmi a lui in qualche modo. Mi facevo troppi problemi, forse, ma dormire con un ragazzo che non era il mio ragazzo mi metteva parecchio in agitazione.
-Andrà tutto bene eh- mi disse lui.
-Cosa intendi?-
-La settimana. Ci libereremo di lei presto, e potrai tornare ad avere un bel lettone tutto per te-
Io risi:
-Saranno notti dure per te, mi agito molto-
-Oddio- fece con ironia. Scoppiammo a ridere entrambi e mi rilassai.
Sentii dei rumori da fuori e tesi le orecchie per sentire meglio. La voce di July proveniva dal corridoio, probabilmente era appostata davanti alla mia porta.
-Ma che ansia di ragazza- sussurrai. -Dovrei far insonorizzare le pareti, sarebbe utile visto che canto e suono-
-Bhe in effetti...- sussurrò lui
-Ti do tanto fastidio quando mi esercito?- chiesi amareggiata, sentendomi in colpa.
-No, ti eserciti spesso o prima che io inizi o dopo quindi non c'è problema-
-Mi fa piacere- feci con un sorriso.
-Piuttosto...- mi indicò la porta -Già che è li che tenta di ascoltarci...-
Si alzò in piedi e mi spinse fuori dal letto, e ci avvicinammo alla porta in silenzio.
-Reggimi il gioco- mi sillabò. Si schiarì leggermente la voce:
-Ah Marina...-
Io diventai paonazza:
-Co....cosa cavolo fai?- balbettai sussurrando, sconcertata.
Ridacchio e continuò.
-Sei meravigliosa...mmh...la tua lingua-
-Mmh fammi tua- feci io, alzando la voce reggendogli il gioco.
Sentimmo la porta sbattere e poi calma piatta.
-Ma sei tremendo!- esclamai io ridendo.
Fece una smorfia:
-Così impara-
Risi e scossi la testa:
-Da te non me lo aspettavo proprio- dissi alzandomi per tornare sotto le coperte.
-Bhe anche tu non è che scherzi-
Mi raggiunse e mi sfiorò con i suoi piedi freddi.
-Ihhh toglili, toglili, toglili-
Ivan scoppiò a ridere, aveva le lacrime agli occhi. Ci calmammo e cercai davvero di dormire.
-Buona notte Mary-
 
Ogni pranzo era una battaglia con July a tavola, che sembrava provarci con Ivan soltanto per darmi fastidio, ma nel frattempo, la nostra messinscena continuava, e dovemmo estenderla anche in autobus e in fermata, anche se non volevamo. Chiamarlo “amore” e “tesoro” mi riusciva molto difficile, invece per Ivan sembrava tutto molto più facile che per me.
-Ma come fai?- chiesi un giorno -Io non ce la faccio, ho paura che ci scopra-
-Perché facendo teatro sono abituato a recitare, immagino solo che sia una recita- mi spiegò, mangiando dei biscotti da una ciotola che teneva sulle cosce.
-Wow, beato te- feci sospirando. -Com'è fare teatro?- gli chiesi con curiosità.
-All'inizio molto imbarazzante, ma dopo diverso tempo ci prendi molto gusto e non so, a me appassiona molto-
E si vedeva che lo appassionava, sembrava un bambino, gli occhi illuminati da quella passione per lui così grande, forse come era per me la musica, forse anche a lui dava la forza nei momenti bui. Ero curiosa, volevo sapere di più, e così mi raccontò dalle prime lezioni fino a quel momento, dei ruoli che aveva interpretato riferendomi dettagli e curiosità. Aveva interpretato Romeo in “Romeo e Giulietta” l'anno precedente, e devo dire che ce lo vedevo benissimo.
-Rosalba era Giulietta- mi disse ad un tratto, e sentii una nota malinconica nella sua voce
-Era un ruolo adatto per lei, che è così forte e romantica-
-è la prima volta che mi parli di lei- mormorai io.
Incrociai le gambe sulla sedia, con movimenti quasi da contorsionista, e lo osservai.
-Tutto...tutto bene?-
-Lasciò il corso a fine anno, ora è in Inghilterra per uno scambio culturale-
Troppi scambi culturali nella sua vita fu il mio primo pensiero.
-E non ci siamo più parlati da...- la sua voce si spezzò.
-Ho capito- dissi  -Non andare avanti- abbozzai un sorriso per fare in modo che i suoi brutti pensieri si diradassero.
-Ti manca?- chiesi all'improvviso.
-Bhe siamo stati insieme molto...l'amavo tanto-
A sentire quelle parole, provai una fastidiosa sensazione allo stomaco, come se...mi dessero davvero fastidio quelle parole. Rimuginavo e rimasi in silenzio per diverso tempo. Ivan mi guardò perplesso:
-Mary tutto bene?-
-Ah? Ehm si si scusa- finsi una risata come se andasse davvero tutto bene, ma non capivo cosa mi stesse succedendo.
-E invece, tu e la danza? Sai vederti ballare mi ha colpito. Sei davvero brava, molto elegante...-
Sorrisi:
-Grazie del complimento! Bhe io amo la danza, l'ho sempre amata fin da piccola e ho frequentato una scuola per qualche anno, e avrei voluto arrivare a livelli più alti ma non ho potuto seguire il corso avanzato perché il liceo non me lo ha permesso- raccontai, ripercorrendo i miei passi indietro nel tempo.
-Si vede che la ami sai? I tuoi occhi risplendono-
Lo guardai e ridacchiai.
-I miei occhi fanno una cosa del genere?-
Annuii e continuò a guardarmi negli occhi, chissà a cosa stava pensando in quel momento.
-Non guardarmi così che arrossisco- borbottai all'improvviso.
-Scusa- distolse lo sguardo e lo posò sulla ciotola di biscotti finita, che appoggiò sulla mia scrivania.
-Vado a farmi una doccia- dissi all'improvviso, dopo minuti di silenzio abbastanza imbarazzanti. Presi, quindi, la mia biancheria e mi fiondai in bagno. Rimasi a mollo nell'acqua calda parecchi minuti tempo per pensare. Altri tre giorni e July sarebbe tornata in America. Mi stava davvero rendendo la vita impossibile, tra rompermi le corde della chitarra, a cercare di stare sola con Ivan... che poi cosa voleva ottenere? Lo faceva solo ed unicamente per infastidirmi, non perché gli piacesse, di questo ne ero certa. Uscii dalla vasca da bagno e mi asciugai, quando qualcuno entrò in bagno. Mi ero dimenticata di chiudere la porta a chiave. Prima che potessi avvolgermi in un asciugamano, July entrò con un sorriso beffardo.
-Cosa vuoi?-
-Dai, confessa che è tutta una messinscena cara Marina. Sei ancora in tempo- mi mostrò lo schermo del suo telefono: mi aveva scattato una foto mentre mi facevo il bagno.
-O Ivan vedrà questa bella foto dove sei tutta nuda-
I suoi metodi mi ricordavano quelli di una bambina invidiosa, che voleva a tutti i costi ottenere un qualcosa.
-Mah, per me puoi fargliela vedere...con tutte le volte che mi ha vista nuda- feci con voce sensuale, lasciandola intendere. Mi stupii di come la mia capacità di mentire di fosse elevata così tanto. Mi avvolsi nell'accappatoio mentre lei mi guardava con astio. In un momento di distrazione, le presi il telefono e cancellai la foto prima che potesse aprire bocca.
-Ti odio sai?- mi disse mentre si ricomponeva velocemente -Tanto lo so, è tutta una bugia perché è così debole che non sa difendersi da solo, il povero moccioso.-
-Non è debole! Lui è forte, è deciso a fare ciò che desidera. Non può essere fermato se si mette qualcosa in testa. È testardo, dolce e...ed è solo mio! Quindi piantala di interferire perché non hai nulla da fare! Lui mi ama e non cederà mai a qualunque cosa tu abbia in serbo per lui- gridai, arrabbiata come non lo ero mai stata.
Mi sorrise malignamente:
-Vediamo per quanto resterà tuo. In questi tre giorni cadrà ai miei piedi- ed uscii dal bagno, lasciandomi lì a ribollire.
-Brutta stronza, non la sopporto, basta- continuai a camminare avanti ed indietro per la mia stanza, con Ivan che mi guardava esaurito.
-Mary calmati! Tanto non ce la farà, lo fa solo per farti arrabbiare, così gliela dai vinta-
-Lo so ma mi manda in bestia- mi sedetti sul bordo del letto stanca. Non ero sicura di riuscire a farcela per altri tre giorni. “Deve solo aspettare il risultato di quel test e poi se ne andrà per sempre” mi ripetevo per calmarmi, ma era dura. Ivan si avvicinò a me e mi guardò:
-Marina lo so cosa provi, per me è anche peggio ma dobbiamo farcela. Dobbiamo vincere noi-
Annuii dandogli ragione.
-Ma la foto nuda poteva davvero evitare di farmela-
-Cosa?- Ivan mi guardò sbarrando gli occhi sorpreso.
-Questa non me l'avevi detta-
-Mi ha scattato una foto mentre mi facevo il bagno per ricattarmi. Dovevo confessare che stiamo fingendo tutto altrimenti te l'avrebbe fatta vedere- raccontai in un borbottio.
-E tu cos'hai risposto?- chiese curioso.
Divenni rossa in volto visivamente:
-Ehm...che mi avevi visto nuda tante volte quindi non...mi importava- ero davvero imbarazzata nel raccontarglielo, ma lui scoppiò a ridere.
-Sei una grande Marina-
-Ma...- lo fulminai con lo sguardo mentre continuava a ridere rotolandosi sul letto.
-Sei uno stupido- feci io, ficcandomi sotto le coperte.
-Dico davvero.- fece, asciugandosi le lacrime -Sei la migliore Mary-
Non risposi ma mi tirai le coperte fin sulle orecchie, per nascondere il mio imbarazzo.
 
Quando scesi quella mattina, ero molto più stanca che negli altri giorni. Avevo dormito poco a causa di tutti quei pensieri che mi tormentavano a tutte le ore del giorno. July scese le scale, indossando un paio di leggins neri e un maglione con un profondo scollo a V. Ci fulminammo a vicenda con lo sguardo per tre secondi circa, sembrava ci fosse una battaglia in atto e non sapevo dire chi stesse vincendo. Ivan scese sbadigliando, sempre il solito pigrone, e si avvicinò al tavolo.
-Ciao amore- mi disse dandomi un bacio sulla fronte.
-Ciao- feci io con un sorriso.
-A me non saluti?- fece July con il suo forte accento americano.
-Ciao- disse Ivan pacatamente.
Lei schioccò la mascella, non si arrendeva mai.
-Ti piace la mia maglietta?- gli chiese, stringendo il suo seno prosperoso in modo che fosse risaltato.
-Ti ingrassa- disse Ivan alzando le spalle. In quel momento pensavo di esultare, soprattutto per la faccia di July che sembrava andare a fuoco per la rabbia.
“Ivan sei fantastico” pensai.
-Bhe io ho più seno della tua girlfried- disse, appoggiando il gomito sul tavolo e guardandomi con aria di sfida, parlando con il suo misto inglese-italiano davvero insopportabile.
-Non contano le dimensioni, tesoro.- ribattei io. Non potevo lamentarmi in fatto di corpo, ero sempre stata abbastanza magra, non troppo alta e una terza di reggiseno. Non mi ritenevo bellissima ma ero cosciente di attirare ogni tanto l'attenzione di qualche ragazzo.
-Bhe, insomma- fece lei -Più nei hai, meglio è-
La fulminai con gli occhi e cercai semplicemente di ignorarla.
A scuola potei sfogarmi con le mie amiche, nonostante Aria quel giorno non ci fosse, essendosi presa la febbre ma Elisa ed Amanda seppero aiutarmi e confortarmi.
-Marina, altri tre giorni. So che è dura ma devi farcela- mi disse Amanda cercando di farmi forza.
-Lo so ma è una situazione così assurda- feci sospirando.
-Immagino...dormire con Ivan poi...che effetto ti fa?- mi chiese Elisa.
-é l'unica parte positiva...nel senso che mi diverto molto con lui, sto sempre meglio in sua compagnia- spiegai, e nel farlo un sorriso comparve nel mio volto. Le mie due amiche si guardarono, ma non dissero nulla. Le guardai interrogative ma mi ignorarono.
Riuscii a ritrovare la forza e la serenità, ma appena arrivai alla fermata sparì subito. July avvinghiata ad Ivan, mentre lui cercava di staccarsela di dosso. Era come una sanguisuga, un'odiosissima sanguisuga che non vuole staccarsi dalla tua pelle.
-Oh ciao Marina- fece con voce languida.
-Staccati da lui- ordinai infuriata.
-Staccati- sibilò Ivan mentre la folla iniziava a porre attenzione su di noi.
-Ma perché dovrei?- fece lei -Insomma, io sono molto più bella di lei...e poi vorrei ricordarti quante cose io so su di te- disse agitando le dita.
-Non mi interessa. Fai quello che vuoi July, io ho Marina e non mi importa d'altro.-
Quella frase colpì più me che lei. Sapevo che stava fingendo ma sembravano così dannatamente vere, e quasi volevo credere a quelle parole. July si allontanò furiosa e la folla intorno a noi cominciò a diradarsi.
-Ivan tutto bene?-
Daniele arrivò da dietro di noi:
-Si- confermò Ivan -Non la sopporto proprio-
-Lo so Ivan, ma almeno Marina ti sta dando man forte.- disse guardandomi.
Lo salutai con la mano e guardai Ivan.
-Manca poco e se ne andrà, poi tornerà tutto come prima. Non avremmo più gatte morte in casa.-
Ivan e Daniele risero, ero felice di aver portato un po' di allegria in quella giornata nuvolosa. Salimmo sull'autobus e, come al solito, ci sedemmo vicini anche se July, tornata all'attacco, cercò di separarci.
-Mi sembra quasi che non finirà mai- feci sospirando.
-Finirà- fece Ivan, stringendomi la mano. Apprezzai il gesto e mi persi ad ascoltare musica, che riuscii a farmi viaggiare e volare via da quella situazione per almeno una mezz'oretta.
Quel pomeriggio dovevo provare una canzone e per non disturbare nessuno, andai a provare in garage, portando con me chitarra e spartiti. La canzone che stavo provando era “A little faster” dei “There for tomorrow”, gruppo alternative rock di cui ero particolarmente innamorata ed in fissa. La canzone era in versione acustica, l'avrei suonata e cantata al concorso “sing my self”. Suonai le prime note e cominciai a cantare la prima strofa:
 
You keep calling it a crash and burn
Just waiting your turn
You might have time to speak
There barely was a lesson learned
'Cause it will return no favors back to me
I'm sure it tasted oh, so sweet
But it was never good enough for me
I bit the tongue behind my teeth
It was never good enough for me
 
Provavo a blocchi, quindi la prima strofa da sola e poi passavo al ritornello al quale cercavo di dare un tono più deciso, dare più colore alla melodia con la voce per differenziarlo. Provai per un'ora circa per poi tornare in camera soddisfatta. Mentre salivo le scale, però, sentivo la voce di Ivan lamentarsi.
-Lasciami!- urlò lui furioso.
Appoggiai la chitarra e gli spartiti nel corridoio ed entrai in camera di Ivan per uno delle peggiori visioni che potessi vedere: Ivan era bloccato al letto di July che era seminuda sopra di lui e tentava in ogni modo di baciarlo. Metteva le sua mani da gatta morta sotto la sua maglietta per sfiorare la sua pelle. Ivan cercava di dimenarsi, ma lei lo teneva bloccato a letto bloccandogli i polsi.
-Non ti piace essere dominato?- chiese lei con la sua voce fastidiosa.
-Lascialo- intervenni io furiosa.
-Piccola Marina, non puoi niente contro di me- fece lei, guardandomi.
-Lascialo- ripetei io -Non ti vuole July, lui non è una persona facile, non è come gli altri che probabilmente ti sbaverebbero dietro. Lui è speciale ed è mio, mio soltanto quindi lascialo-
Mi guardò con aria di sufficienza.
-Va bene, lo lascio- fece e la cosa mi stupii e non poco -Ma prima...- lo baciò in tempo zero sotto i miei occhi che cambiarono totalmente espressione.
-N-no! Fermati! Lascialo andare!-
Mi lanciai verso di lei, ma non ci fu bisogno del mio intervento. Ivan riuscii a liberarsi dalla sua presa e le tirò uno schiaffo sul volto.
-Mi spieghi cosa ci guadagni?- chiese Ivan pulendosi le labbra con le maniche.
-Divertimento- fece lei alzando le spalle. Io e lui uscimmo da quella camera per rifugiarsi nella mia. Rimase in silenzio per diversi minuti, probabilmente si vedeva e si sentiva uno stupido, un debole e io avevo finito le parole per cercare di aiutarlo. Mancavano ancora due giorni, era l'unica frase che mi frullava per la testa.
 
I risultati del test fatto da July arrivarono e, finalmente, potè lasciare quella casa e le nostre vite una volta per tutte.
La sua partenza era prevista la mattina, mentre noi eravamo a scuola, così non dovemmo più fingere di stare insieme in fermata e in autobus, potevamo tirare un sospiro di sollievo e stare tranquilli. Usciti quella mattina, io, Ivan e Celeste ci abbracciamo felici.
-Finalmente!- esclamò Ivan -Finalmente questo giorno è arrivato-
-Si- feci io, che quasi saltavo da quanto ero felice che quella americana gatta morta uscisse dalla mia vita. Riuscii a godermi la mattinata scolastica e a fare una degna interrogazione di filosofia, materia che amavo davvero. Le prove della canzone per il concorso procedevano e Berto era sempre visivamente più fiero di me e dei miei progressi.
-Mi piace come interpreti il ritornello, la trovo perfetta Marina-
La mia classe concordò e mi applaudì calorosamente con gentilezza. Aria mi fece segno di approvazione facendomi sorridere e gioire come solo lei era capace di fare.
All'uscita da scuola, però, ci aspettò la brutta sorpresa.
-Non è possibile- sussurrai a denti stretti. Vidi Ivan dall'altra parte della strada che mi guardò, sorpreso quanto me, di vedere July lì che ci stava aspettando a braccia conserte con un paio di costosi occhiali da sole sulla testa, sbattendo i tacchi sul marciapiede.
Io e Ivan ci avvicinammo sospettosi.
-Non dovresti essere in aereo?- chiesi senza troppi convenevoli.
-Una cosa, tesori. In tutto questo tempo, cari fidanzatini, non vi ho mai visto baciarvi. Io continuo a non credere alla vostra patetica storia.-
-Sono cavoli tuoi- feci io alzando le spalle, mentre Ivan si affrettava a prendermi la mano, per continuare per l'ultima volta quella bugia.
-Bhe ma tanto visto che state insieme, che problema avete a darvi un bacio qui, davanti a me e alle vostre scuole?-
Io e Ivan ci guardammo preoccupati, iniziai a sudare freddo. Ci avrebbe torturato e stressati, ne ero sicura, potevamo insistere quanto volevamo ma ero sicura fosse totalmente inutile.
-Bhe hai ragione- fece Ivan con sorriso beffardo. Non voleva dargliela vinta, lo sapevo, voleva vincere a tutti i costi. Quando mi sfiorò la guancia con il palmo della mano, il sorriso di July si spense, lasciando spazio allo sconvolgimento, di chi sta per perdere in quello stesso istante. Ivan si avvicinò alle mie labbra, ed il mio cuore cominciò ad accelerare i battiti. Lo vidi socchiudere gli occhi e mi immobilizzai, mentre sentivo il mio cuore accelerare i battiti. Annullò la distanza che ci separava portando le sue labbra sulle mie. Sentii il mio cuore esplodere a quel dolce contatto: le sue labbra erano perfette, dolci me esigenti al tempo stesso. Succhiavano avidamente le mie e le mordevano teneramente mentre io avevo la mente così annebbiata che non riuscivo a pensare a nulla. Ivan si staccò da quel bacio, prima appoggiando la sua fronte sulla mia, mentre io ero rimasta senza fiato e senza parole. Poi si voltò verso July.
-Ora puoi andartene.- fece Ivan con sguardo deciso. Le fece un cenno con la mano di salire sul taxi diretto all'aereo-porto. Lei si voltò furente di rabbia e salii sul taxi sbraitando in americano qualcosa come “Odio l'Italia, non tornerò mai più”.
Per nostra fortuna, con così tanta folla impegnata a farsi gli affari propri, non in molte persone ci notarono, evitando quindi che si diffondessero voci strani sul nostro conto. Ci avviammo verso la fermata senza dire una parola, io ancora visibilmente scioccata.
Quando ci sedemmo e offrii lui l'auricolare, le nostre mani si sfiorarono ed io ritrassi velocemente la mia.
-Marina mi dispiace- cominciò lui e sembrava dispiaciuto -So che non è bello baciare chi...bhe qualcuno a cui non si è interessati quindi...mi dispiace-
-Non preoccuparti, va tutto bene.- mi affrettai a dire. La sua espressione mi stava stregando, era così...così dolce, sempre pronto a preoccuparsi per me. E in quel momento capii che ormai ci ero dentro.
 
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zan zaaaan! ecco, ve lo avevo detto di ricordarvi di July!
Se ci sono errori mi scuso, spero che vi piaccia questo capitolo!

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Capitolo 8
*** Sono cotta di te? ***


8-SONO COTTA DI TE?
 
 -Marina...-
Mi rigirai tra le coperte, cercando di ignorare quella voce che mi chiamava e mi scrollava  leggermente.
-Marina- la voce continuava a chiamarmi e, dopo qualche mormorio, mi decisi ad aprire gli occhi. Sbattei le ciglia lentamente e, confusa, mi alzai di scatto.
-Ti sei svegliata-
Mi voltai e, disteso sul fianco sinistro appoggiato con i gomiti, c'era Ivan che mi stava sorridendo. Io divenni scarlatta in volto.
-Co-cosa fai qui? Non dobbiamo più fingere, July è andata via- dissi io, mentre indietreggiavo timorosa.
-Non ho mai finto- mi disse lui offeso e si sedette sul letto prendendomi le braccia e spingendomi verso di lui. Mi bloccò sotto di lui, il mio sguardo atterrito lo colpì.
-Perché hai paura?- mi chiese, con voce tranquilla rompendo il silenzio tra noi due.
-Non lo so- feci io, sentendo che mi mancava aria. Perché stavo così? Cosa c'era di male?
-Va tutto bene- mi sussurrò lui vicino all'orecchio, facendomi tremare. Annuii convincendomene. Sembrava soddisfatto e continuò a contemplarmi, nonostante lo sapesse quanto mi facesse arrossire essere guardata, ma i suoi occhi grigi mi catturavano e non riuscivo a pensare a nulla. Che potere aveva su di me?
Si avvicinò, catturando le mie labbra in un bacio fantastico, mentre passava le dita tra i miei capelli. Si allontanò di qualche centimetro per guardarmi e sorridere, sfiorò le mie guance con la punta del naso, il suo fiato sul mio collo mi fece rabbrividire.
-Ti voglio Marina, ti desidero troppo-
Mi guardava con occhi carichi di desiderio, erano decisi nonostante io lo avessi sempre considerato timido. Invece era lì sopra il mio corpo a dichiararsi deciso ad avere una risposta positiva. Sorrisi e lo attirai nuovamente sulle mie labbra: ero cotta di lui.
Mi svegliai di soprassalto con il cuore che batteva a mille. Mi voltai a guardare la sveglia: le due e ventisette. Sospirai: era stato solo un sogno. Accesi la lampada sul comodino e mi sedetti sul materasso a gambe incrociate, bevendo un po' di acqua dalla bottiglietta sul mio comodino. Cosa diamine avevo sognato? Arrossivo al solo pensiero, mi vergognavo a ricordare lui sopra il mio corpo, mentre mi baciava, mi sfiorava, il suo respiro. Mi morsi un labbro e fissai le mie ginocchia: mi ero presa una cotta per lui. Non era solo da quel bacio, me ne resi conto, ero interessata a lui da tempo, anche quando non ci parlavamo mi incuriosiva e volevo sapere tutto il possibile su di lui. Mi piaceva, Aria aveva ragione solo che non volevo ammetterlo. E forse non volevo ammetterlo perché avevo paura di innamorarmi di nuovo, ma la paura era passata lasciando spazio ai miei dubbi. Non sapevo se ce l'avrei fatta a dichiararmi, perché avrebbe scombinato l'armonia in quella casa dove ero ospite. Quel pensiero si intromise tra tutti, e capii che stare insieme era impossibile, non potevo permettere che una tale armonia e complicità si sfaldassero a causa mia. Sospirai e guardai la mia stanza nella penombra: forse dovevo solo tenerli per me, trovare qualcun altro da amare. Ivan non faceva per me.
La mattina successiva ero decisa a fare finta di niente, ma la sola consapevolezza di essere innamorata rendeva tutto più difficile, come se dovessi per forza bloccarmi non appena vedevo la persona interessata, o vestirmi bene, truccarmi in un certo modo per farmi notare. Ero decisa a non farlo, e quindi comportarmi come al solito, ma per qualche motivo, indossai un maglioncino nero con una scolatura a V abbastanza profonda, ma non troppo, e quel paio di jeans che Mara definiva “quelli che ti fanno un bel sedere”. Scesi per la colazione e mangiai tranquillamente seduta al mio posto, mentre tutti si godevano la calma presente in casa senza July. Quando Ivan scese, i miei propositi di far finta di nulla andarono in fumo: perché mi faceva sentire così? Ero consapevole che c'erano ragazzi molto più belli di lui, Niccolò lo era con i suoi capelli neri, profondi occhi marroni, un viso meraviglioso e la barba che gli dava quel tocco in più. Ma Ivan, nel suo essere così simile a me, mi incuriosiva, non solo perché avevamo tante cose in comune, ma anche perché era diverso dai ragazzi che avevo conosciuto in precedenza, riusciva a leggermi dentro, a conquistarmi con un gesto, uno sguardo.
-Cavoli- sibilai a quei pensieri. Ivan, nel frattempo, si sedette e mi salutò. Ricambiai il sorriso distrattamente e appoggiai la tazza sul lavello prima di scappare al piano di sopra. Mi lavai la faccia delicatamente, sperando che l'acqua fredda potesse svegliarmi e rendermi più attiva. Mi truccai un po' e pettinai i miei capelli, prima di prendere lo zaino e scendere le scale, indossare un paio di stivali e il cappotto per dirigerci verso la fermata.
-Marina tutto bene?-
La voce di Ivan mi fece sobbalzare. Eravamo in autobus, seduti vicini come tutti i giorni ma quel giorno la cosa mi rendeva più nervosa e palpitante.
-S-si- feci io azzardando un sorriso.
-Lo sai che hai le cuffie su e non hai fatto partire la musica?- mi chiese sospettoso. Guardai il mio ipod che era spento e nessuna canzone in riproduzione.
-Oh ehm...scusa- dissi semplicemente, affrettandomi a scegliere una canzone. Mi guardò sospettoso:
-Lo sai che mentire con me non funziona?-
-Si lo so- feci sospirando -Ma ho solo tante cose per la testa, ecco tutto-
-Lo vedo, sei molto distratta-
Risi, ma era una risata un po' forzata e lui lo notò, ne ero sicura, ma non mi disse nulla. Mi sentivo così ridicola: fino al giorno prima potevo stare tranquillamente in sua compagnia, parlare di tutto, raccontargli ogni cosa e in quel momento, invece, non riuscivo neanche ad aprire uno straccio di conversazione. Non era davvero possibile.
-Allora...ehm...cos'hai a scuola oggi?- chiesi guardandolo.
-Nulla di che. Tu?-
-Prove della canzone. Tornerò tardi oggi-
-Hai qualcosa da mangiare con te?- mi chiese, e mi ricordava mia mamma quando mi fermavo a scuola per il coro o per le prove del concerto.
-No, ma non preoccuparti- feci, massaggiandomi la mano sinistra che aveva iniziato a farmi male tutto di un tratto.
-Ma come non preoccuparti? Mary devi mangiare-
Feci una smorfia:
-Non riesco a mangiare se poi devo cantare o ballare, mi appesantisce-
Lui scosse la testa:
-Pff artisti- disse prendendomi in giro.
Gli scoccai un'occhiataccia e scoppiò a ridere.
-Dai, scherzo sorellina-
Quel nomignolo al quale mi ero tanto affezionata, in quel momento mi infastidiva. Mi chiesi se mi vedesse solo come una sorella e non come la ragazza che ero. Sorrisi comunque, mascherando la mia delusione, se così potevo chiamarla.
L'autobus frenò rumorosamente e potemmo scendere ed immergerci nella folla di studenti.
-Ciao Marina, ciao Ivan- fece Celeste, salutandoci con la mano per raggiungere il suo
ragazzo. Stavano ufficialmente insieme da qualche settimana, e Ivan ormai si era abituato all'idea, riducendo il suo essere apprensivo con la sorella. La guardò ma scostò lo sguardo quasi subito.
-Ciao Marina, buona giornata- mi disse con un sorriso. Lo salutai con la mano e lo guardai raggiungere Daniele e quella che, probabilmente, era la sua ragazza. Io salii le scale, avevo urgente bisogno di Aria quel giorno. Appena entrai in classe la vidi e la raggiunsi subito.
-Ciao Mary!- fece lei.
-Ciao Aria- dissi io abbracciandola forte.
-Ohi tutto ok?- mi chiese.
-No per nulla- dissi io cercando conforto nelle sue braccia.
-Caffè e chiacchierata- disse lei con dolcezza.
Ci sedemmo al nostro solito posto e lentamente iniziai a raccontare:
-Ieri, non so se hai visto all'uscita da scuola...July ci stava aspettando fuori da scuola. Iniziò a torturarci sul fatto che non ci aveva mai visti baciarci, voleva smascherarci. Ivan non voleva perdere contro di lei quindi- mi fermai un attimo per prendere fiato, Aria pendeva dalle mie labbra.
-Mi...mi ha baciata- mormorai.
-Cosa?- esclamò Aria scioccata. Sembrava felice però, forse perché conosceva Ivan e quindi si fidava di lui.
-Com'è stato?- mi chiese.
-Meraviglioso- dissi semplicemente -Troppo...cioè ha..delle labbra perfette. È stato troppo...- feci e sentii le guance diventare roventi. Aria sembrava soddisfatta e mi guardava con un sorriso beffardo.
-Insomma-proseguii io -Mi sono resa conto che lui mi piace molto...-
Aria mi prese le mani. Sillabò un “te lo avevo detto” che ci fece ridere ma subito Aria tornò seria, vedendo che la cosa non era finita lì.
-Ma non possiamo stare insieme...viviamo nella stessa casa, sono ospite a casa sua causeremo scompiglio...-
Aria annuì, capiva la situazione.
-Non hai torto in effetti...sarebbe un bel casino. Insomma, serena probabilmente non si fiderebbe più di te e so che sei affezionata a lei. Quindi cosa pensi di fare?- mi chiese.
-Trovare qualcun altro. Se proprio devo innamorarmi...di qualcun altro-
Aria non sembrò troppo convinta e nemmeno io lo ero ma non volevo compromettere la mia vita in quella casa...avrei dovuto viverci altri due anni e mezzo, e volevo fossero anni piacevoli.
-Mary...io vi vedo insieme e ho sempre pensato che foste perfetti insieme. Non pensare alle conseguenze ma...buttati- mi disse toccandomi la spalla -So che sei sempre proiettata in avanti ma, tesoro, pensaci- mi disse. Io annuii anche se ero già puntata verso la mia idea di lasciar perdere.
Scesi dal tavolo per buttare il bicchierino del caffè nel cestino quando Aria mi disse:
-Sai che sei una figa assurda oggi?-
La guardai interrogativa:
-Ma cosa dici?- feci perplessa.
-Bhe sei sempre bella, ma oggi in particolare- mi disse -Volevi farti notare eh?- mi chiese maliziosa.
-Ma...cosa dici non è vero!- esclamai io.
-Ma ti sei vista sta mattina?- mi fece ridendo. -La maglietta scollata è wow e quei jeans ti stanno benissimo- mi disse.
-Non lo avevo notato onestamente...- dissi un po' preoccupata per la mia sbadataggine -E io che non volevo farmi notare- dissi sospirando.
-Sei un caso perso- disse Aria scuotendo la testa, ma ridendo per prendermi un po' in giro. Mi mise la mano sulle spalle e mi strinse a lei.
-Qualunque cosa tu faccia...a me basta che tu sia felice- mi disse con tono serio. Io annuii ed entrammo in classe. In quelle ore, raccontai le mie preoccupazioni anche ad Elisa ed Amanda per avere anche una loro opinione e la pensavano allo stesso modo di Aria: avrei dovuto buttarmi ed accettare i miei sentimenti nonostante li temessi e ne fossi quasi terrorizzata, ma ero così cocciuta che non volevo, volevo tentare di lasciar stare.
La professoressa De luci entrò in classe quel giorno, con allegria e vivacità e, prese le nostre cose, ci avviammo verso la sala da ballo. Durante il riscaldamento, la prof radunò me, Aria, Elisa ed Amanda.
-Ragazze, so che voi siete appassionate di tutto ciò che riguarda il Giappone, sbaglio?- ci chiese. Noi annuimmo.
-è così- disse Elisa.
-Perfetto. Vi propongo una cosa: vorrei farvi fare un'esibizione come se foste delle Idol nella piazzetta qui fuori il prossimo mese. È un progetto che abbiamo organizzato io e gli altri insegnanti di ballo: cercare di fare delle esibizioni con la maggior parte delle lingue diverse dall'italiano e l'inglese. Non so, il francese, spagnolo, coreano, indiano, cinese. Ci state?-
Io e le ragazze eravamo entusiaste dell'idea perciò annuimmo, anche se in un mese, con il concorso vicino, sarebbe stata dura ma l'idea ci attirava così tanto che eravamo disposte a lavorare il doppio.
-Perfetto. Sono riuscita a prendere dei costumi a noleggio, dopo la lezione ve li do'- ci disse con allegria.
-Va bene- fece Aria. Tornammo ad eseguire il riscaldamento entusiaste e piene di entusiasmo. Io non vedevo l'ora di vedere i vestiti che avremmo indossato e di scegliere la canzone da esibire. A lezione provammo una coreografia per lo spettacolo di fine anno da eseguire tutti insieme all'apertura. La canzone era “Break Free” di Ariana Grande che, nonostante non fosse per nulla il mio genere, mi piaceva molto l'idea di ballarla tutti insieme.
A fine lezione, noi quattro andammo dalla professoressa de Luci che ci consegnò una borsa di stoffa ciascuna, contenente il vestito che avremmo indossato. Le promettemmo di farle sapere se la taglia era giusta il giorno seguente, e tornammo in classe soddisfatte, per le ultime due ore e per le prove il pomeriggio.
Rimasi a scuola fino alle quattro a provare la canzone con Berto, che correggeva solo le ultime imprecisioni con la chitarra insieme al maestro Bernardi, il nostro insegnante di musica il quale era molto contento della mia decisione di eseguire un brano suonato anche da me e quindi senza base. Mentre le altre provavano, io mi sedetti in un angolo dell'aula di musica e provare qualche accordo che avevo sbagliato. Me li appuntai su un foglio decisa a provarli quel pomeriggio e, appena misi il foglio nel mio raccoglitore, Federico si avvicinò a me.
-Ehi Marina- mi disse e io alzai lo sguardo.
-Ciao Fede- esclamai, facendogli spazio accanto a me.
-Sei stata brava. Mi piace molto la tua voce-
-Grazie- dissi lusingata -Anche a me piace molto la tua, hai un'estensione fantastica per essere un ragazzo. Riesci a fare delle note perfette- mi affrettai ad aggiungere per essere educata.
-Grazie- disse lui a sua volta -Non sapevo ti piacessero i there for tomorrow- disse citando la band della canzone che avrei portato al concorso.
-Li amo- feci io ridendo -Non sono il mio gruppo preferito ma mi piacciono molto-
-Li interpreti con passione in effetti- mi disse con dolcezza.
-Ehm grazie- dissi io sentendomi imbarazzata.
Chiacchierammo per il resto delle prove, lo conobbi meglio per quello che era, un ragazzo dalle mille risorse, un comico nato e un ragazzo gentile. Quando le prove finirono, ognuno di noi radunò le proprie cose pronto per tornare a casa, salutammo gli insegnanti e ognuno di noi si recò verso l'uscita.
-Marina-
Stavo camminando con le mie amiche quando Federico mi chiamò.
-Ehm torno subito- feci alle ragazze che annuirono e continuarono a parlare riguardo l'esibizione da idol che dovevamo fare.
-Dimmi- feci quando lo raggiunsi.
-Mi chiedevo...hai impegni per sabato sera?- mi chiese un po' timoroso.
-No- feci io scuotendo la testa -Perché?-
-Ti andrebbe di uscire?-
Sapevo che gli interessavo e che probabilmente intendeva provarci spudoratamente ma avevo voglia di dargli una possibilità e poi magari sarei riuscita a non pesare ad Ivan almeno per una serata.
-Si...si volentieri- dissi con un sorriso.
Federico sembrava felice, aveva un grande sorriso ma non era bello quanto quello di qualcun altro...
-Allora...ti mando un messaggio questa sera per metterci d'accordo-
Io annuii.
-Ci sentiamo più tardi- feci io e lo salutai, dirigendomi verso le mie amiche che mi stavano aspettando.
-Allora...cosa voleva?- chiese Aria curiosa.
-Mi ha chiesto di uscire sabato- feci io.
Le ragazze mi guadarono sbalordite.
-e tu cosa hai risposto?- mi chiese Amanda.
-Ho accettato- feci alzando le spalle.
-Ma...Marina perché?-
-Bhe...perché no? Perché non dargli una possibilità?-
Aria mi bloccò per un braccio mentre io continuavo a camminare verso la fermata.
-perché mi risulta che ti piaccia qualcun altro- fece lei scandendo bene la frase. Sbuffai.
-Lo so ma...ve l'ho detto non possiamo stare insieme-
Elisa studiò la mia espressione, sistemandosi i suoi meravigliosi capelli dietro all'orecchio.
-Marina...fai pure questa uscita. Ma non dargli false speranze. Solo questo-
Io annuii: sapevo che non sarebbe stato giusto, non volevo farlo soffrire, non me lo sarei mai perdonato.
-Lo prometto Eli- feci. Lei sorrise e mi abbracciò.
-Esplora il tuo cuore Mary. Ti aiuterà-
Volevo davvero crederci ma avevo paura mi fregasse.
 
Sbuffai davanti allo specchio, mentre mi provavo il vestito per lo spettacolo: non riuscivo a tirare su la cerniera. Nel compenso, era molto carino: il corpetto era bianco così come la gonna a palloncino decorata con ricami floreali blu, che arrivava al ginocchio. Sopra avevamo una giacca celeste blu come i ricami floreali, arrivava fino al seno. Non riuscivo proprio a tirare su la cerniera del vestito perciò aprii la porta e chiamai Serena che era al piano di sotto.
-Dimmi Marina- mi disse salendo le scale.
-Scusami...mi aiuti a tirare su la lampo?- la supplicai.
-Certo- fece con un sorriso -Dove hai preso questo bel vestito?- mi chiese.
-é per un progetto della scuola- feci mentre lei tirava su la cerniera. -Mi sta male?- chiesi.
Lei mi sistemò la giacca davanti e il fiocco che aveva sulla spalla destra.
-No, ti sta bene- fece con un sorriso. Mi sentivo in imbarazzo al pensiero che avrei dovuto ballare vestita in quel modo.
All'improvviso, la porta della camera di Ivan si aprì e lui uscì con un'espressione stanca.
-Senti mamma...- si bloccò non appena mi vide -Wow- fece sbalordito. Si ricompose e mi sorrise.
-Stai...bene- mi disse.
-Vero?- intervenne Serena sorridendomi -é proprio bella la nostra Marina-
A quel commento arrossii visivamente e abbassai lo sguardo.
-Grazie- feci imbarazzata. Ivan mi guardava imbambolato, gli occhi puntati su di me pieni di stupore. Prima di entrare in camera feci:
-Serena, sabato sera esco-
Mi guardò curiosa.
-Va bene ma non tornare tardi. Vai a Firenze?-
-Si ehm...ho un appuntamento- dissi timidamente.
-Davvero? Ma è fantastico- fece lei prendendomi le mani -chi è?-
-Un mio compagno di classe ma non farti strane idee ecco. Siamo solo amici- mi affrettai a dire prima che la sua fantasia volasse.
-Bhe ma non si sa mai. Va bene comunque, ti accompagno io-
Se ne andò con un sorriso stampato in faccia, sembrava contenta per me come una vera mamma.
-Allora- fece Ivan avvicinandosi -Per cos'è quel vestito?- mi chiese.
-Per un progetto a scuola- risposi, e gli spiegai in breve in cosa consisteva, dondolandomi da un piede a un altro.
-Figata- fece lui dopo che glielo spiegai -Voglio vedervi-
Sorrisi.
-Ci farebbe piacere-
Feci per entrare in camera ma lui aprì bocca:
-Come si chiama il ragazzo con cui...devi uscire?-
-Federico- feci voltandomi verso di lui. Non sembrava geloso ma solo curioso e la cosa mi rattristò per qualche secondo, ma poi mi ricomposi: dovevo sopprimere la mia cotta.
-Stai attenta- fece. Annuii  con un sorriso triste e chiusi la porta dietro di me. Riuscii a togliere il vestito da sola e lo appoggiai sul letto, quando il display del mio telefono si illuminò: era un messaggio di Federico.
Ciao Marina
ti va bene di cenare insieme sabato verso le otto in centro a Firenze?
 
Sorrisi e risposi di si. Messaggiammo per tutta la serata parlando del più e del meno, ma capii che per quanto ci provassi, in realtà non ero interessata e che il mio pensiero rimaneva rivolto a quello scemo di Ivan. Mi tornarono in mente le parole di Elisa, ossia che non dovevo illuderlo, e non volevo davvero farlo ma ero combattuta dentro di me, avevo una tale confusione in testa che mi risultava difficile pensare razionalmente.
Mi buttai sul letto e strinsi il cuscino al petto, chiedendomi perché dovevo sempre crearmi problemi inutili e superficiali: potevamo semplicemente uscire e basta, conoscerci e divertirci, e finirla lì. Quel pensiero mi tranquillizzò un po' e mi permise almeno di dormire quella notte, anche se fu un sonno molto agitato.
 
Sabato 7 febbraio arrivò e, nonostante continuavo a ripetermi che era una semplice uscita con un amico, ero abbastanza agitata. Non volevo essere elegante in modo esagerato, ma volevo comunque apparire carina, per dargli l'impressione che comunque ci tenevo. Optai, quindi, per un maglioncino grigio, un paio di jeans attillati e i miei stivali bianchi con il tacco. Raccolsi i capelli in una coda alta e misi gli orecchini che mi avevano regalato le ragazze per il mio compleanno. Presi la mia borsa ed aspettai Serena che mi avrebbe portata a Firenze. Mi sedetti sul divano mentre l'aspettavo e, immersa nei miei pensieri, sentii qualcuno che mi toccò la spalla destra: Ivan si sedette vicino a me.
-Divertiti- mi disse. Io annuii e sorrisi ma sospirai.
-Non sembri molto felice, però- osservò lui.
-No sono molto felice, solo che sono un po' ansiosa-
-Perché?- mi chiese perplesso.
-Non lo so a dire il vero, sono fatta così- feci ridendo.
Ivan sospirò:
-Sei un caso perso-
Serena uscii dal bagno e mi guardò.
-Andiamo, sei pronta?-
Io annuii e mi alzai. Indossai il cappotto e salutai Ivan.
Erano le otto quando arrivammo a Firenze, e vidi Federico aspettarmi, le mani infilate nelle tasche del suo giubbotto pesante. Deglutii e respirai profondamente quando aprii la portiera. Salutai Serena e mi diressi da lui a passi esitanti, battendo i tacchi sull'asfalto. Lui mi guardò arrivare e sorrise:
-Ciao Marina-
-Ciao- dissi io raggiungendolo.
-Tutto bene?- mi chiese, mentre camminavamo verso il ristorante dove avremmo mangiato.
-Si, tutto ok. Tu, invece?- chiesi io cortesemente.
-Meglio ora che sei qui- disse lui e io arrossi visivamente. Non ci girava troppo intorno, insomma.
-Dove andiamo a mangiare?- chiesi, cambiando argomento.
-In un posto che amerai-
Lo guardai divertita:
-Mi conosci già così bene?- chiesi, sistemandomi la borsa sulla spalla.
-Non così tanto ma dovrei averci azzeccato-
Arrivammo a destinazione, e si, ci aveva azzeccato davvero: un sushi wok.
-Fede ci hai preso, davvero- esclamai io felice.
-Immaginavo- fece lui ridendo. Amavo da morire il sushi e la cucina orientale in generale, e mia madre spesso si dilettava a prepararmi qualcosa del genere, ma poterlo mangiare in un verso ristorante era un'altra storia. Entrammo e amavo già quel posto: l'arredamento, l'atmosfera, la musica...trovavo tutto perfetto. Ci appropriammo di un tavolo lasciando giubbotti e la mia borsa per prendere un piatto e riempirlo con tutto quello che volevamo, essendo strutturato come un buffet. Tornammo al nostro tavolo soddisfatti, e cominciammo a mangiare. Federico era davvero buffo mentre cercava di mangiare con le bacchette, stavo per soffocarmi a forza di ridere. A cena finita, uscimmo per andare a camminare un po' e mi sentii molto indifesa, perché infondo lo conoscevo davvero poco, e non sapevo di cosa parlare.
-Marina, come ti sono sembrati questi mesi in accademia?- mi chiese ad un tratto.
-Molto belli- feci io con un sorriso -Sono contenta di aver accettato la borsa di studio-
-Si vede che ti sei ambientata- mi disse lui guardandomi -sembra che tu abbia sempre fatto parte della nostra classe-
-Davvero?- dissi sorpresa e lui annuì.
-Sarà per il fatto che sei sempre presente ed attiva con noi, ti sei aperta molto-
Sorrisi amaramente:
-E pensare che io sono una persona molto timida-
Federico sembrò scioccato dalle mie parole, o forse pensava che stessi scherzando.
-Non ci credo- fece lui.
Io risi:
-te lo giuro su quello che vuoi-
La sua espressione così sconvolta mi fece ridere ancora di più.
-No, sii seria! Non sei sicuramente la persona più estroversa ma, almeno sembra a me, sei molto allegra e coinvolgente-
Io guardai il cielo nuvoloso:
-Non avevo che un pugno di amici, la maggior parte dei miei compagni di classe non mi sopportava-
-Marina..-
Mi ero rattristita pensando al passato, mi chiedevo come ero riuscita a sopportare così tante cose, io, che guardavo i gruppi di amici e mi chiedevo perché non potevo essere così anche io. Era il periodo in cui ancora non avevo conosciuto Lucia, ed ero sola a scuola, passavo le ricreazioni seduta al mio posto a leggere, a fingere che andasse tutto bene.
Scossi la testa: era cambiato tutto, ero una nuova persona, ma perché mi sentivo così male dentro di me?
Federico mi strinse a sé all'improvviso, non era previsto, la mia mente non ragionava più.
-Non pensarci, ora sei diversa, è il passato quello che stai ricordando, sono cambiate tante cose-
-Lo so ma...non so perché ci sto così male anche se è passato tanto tempo- le sue braccia erano calde ed ospitali, stavo bene in quella stretta ma qualcosa non andava.
-Perché forse non è passato abbastanza tempo. È normale- disse Federico, stringendomi verso di sé. Non so perché glielo avevo permesso, ero debole in quel momento, era come se ne stesse approfittando ma sapevo che in realtà, cercava solo di essere gentile.
-Si in effetti ahaha- feci io, e risi anche se non c'era nulla da ridere, ma era per fargli capire che stavo bene, e non si trattava di Ivan che riusciva a capire sempre quando stavo mentendo, perciò funzionò e sembrò sollevato.
-è colpa mia se ti sono venute in mente certe cose...scusami- disse un po' impacciato.
Io scossi la testa.
-Sono io troppo legata al passato e non dovrei, non in questa città dove sono così felice.-
Federico mi diede un buffetto sulla guancia per poi proseguire la nostra camminata diretti chissà dove. Mi portò lontano, non mi ero mai inoltrata così tanto a Firenze, ed arrivammo su un ponte che dava sull'Arno. Gli edifici lo circondavano, erano illuminati dai lampioni che davano luce in tutta la zona circostante, l'Arno era pieno di luce dorata che si rifletteva nell'acqua. Dei muretti lo arginavano dalla zona abitata e mi immaginai quella vista al tramonto, doveva essere meraviglioso.
-Ti piace?- mi chiese Federico.
-Si...si tantissimo- feci io entusiasta. Ero un'amante dei paesaggi, avrei potuto rimanere lì per ore, dimenticarmi di tutto ed osservare, guardare e fantasticare, volare lontano. Ma sapevo che non potevo farlo, nonostante avessi voluto.
-Sono felice che tu abbia accettato di uscire con me- cominciò Federico e da lì, capii subito dove voleva arrivare. Guardai in basso ed annuii. Lo sentii prendere un grande respiro. Mi prese per le spalle e mi voltò verso di lui contro la mia volontà.
-Marina mi piaci- mi disse lui guardandomi negli occhi. Io lo sapevo, sapevo che me lo avrebbe detto ma comunque non ero riuscita a prepararmi psicologicamente per una dichiarazione in piena regola. Non avrei dovuto accettare, le mie amiche avevano ragione, non potevo...perché davanti a me vedevo Ivan e sentivo le parole che volevo che mi dicesse lui.
Scossi la testa, dovevo essere razionale in quel momento anche se era dura, anche se avevo capito troppo tardi di aver sbagliato.
-Federico mi dispiace- dissi io sentendomi male, mi sentivo uno schifo -Sono...innamorata di un altro- ne ero certa, lo ero per davvero. Non volevo, ma mi scese una lacrima a solcarmi il viso:
-è che..sarebbe un casino con lui, non potremmo stare insieme comunque e pensavo che potevo dimenticarlo, non credevo avesse un potere così forte su di me. E mi sento uno schifo, non volevo farti stare male, essere una cattiva persona...però...-
Federico mi ascoltò con pazienza, sembrava molto abbattuto ma non troppo ferito.
-Marina non importa- mi disse prestandomi un fazzoletto con cui potermi pulire le lacrime.
-Non penso che tu sia una cattiva persona, non devi preoccuparti per me. Mi va bene anche restare amici-
Non credetti molto alla sua ultima affermazione, lo disse con molto rammarico ma annuii.
-Grazie- mormorai.
-Penso che potreste provarci comunque se ti piace così tanto...-
-Ho paura- feci tremando. Avevo bisogno di un po' di coraggio forse. In quei mesi credevo di essere diventata forte,che le cose fossero cambiate ma avevo ancora tanta strada da precorrere. Per me, in quel momento sarebbe stato più facile ballare davanti a tutta Firenze piuttosto che accettare i miei sentimenti e farli diventare realtà.
-Ci sarà sempre il rischio Marina...- penso si riferisse più a sé stesso che a me ma continuai ad ascoltarlo:
-Ma finché non provi non lo saprai. Ascolta il tuo cuore Marina. Se lui non lo capisce...è uno stupido-
Sorrisi e mi tranquillizzai, le sue parole furono d'aiuto, anche se avrei potuto trovarle dentro di me, ma ero troppo cocciuta per capirlo.
Tornai dalla serata verso le dieci, ed ero esausta per le troppe emozioni che stavano vagando nel mio cuore. Salii le scale dirette in camera mia e mi distesi sul letto sospirando: mi sentivo in colpa per com'era andata con Federico, ma d'altro canto, non potevo inventarmi dei sentimenti verso di lui che in realtà non provavo. Lui apprezzò la mia sincerità, e fu più gentile di quanto pensassi: dovevo piacergli davvero se era stato così tenero.
Quando sentii qualcuno bussare alla mia porta, mi ricomposi e mi sedetti sul bordo del letto e dissi:
-Avanti-
Quando vidi Ivan entrare dalla porta, il mio cuore sussultò.
-Ehi- mi salutò avvicinandosi. -Com'è andata?-
-Bene- risposi vaga -Abbiamo mangiato il sushi-
-Oh beata te!- fece con chiara invidia negli occhi. -Voglio andare anche io-
-Chiedi a qualcuno di venire con te- suggerii io.
-E si dovrei-
Mi guardò e mi toccò la mano destra:
-Marina, sono giorni che sei strana...sei sicura che vada tutto bene?-
-Si- mentii io ma non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi, il mio sguardo era fermo e puntato per terra.
-Marina- mi chiamò lui.
-Dimmi- feci io ed alzai la testa ma di poco, puntavo al suo collo.
-Guardami- fece con voce decisa. Io scossi la testa.
-Guardami- ripeté ma io non riuscivo, stava diventando sempre più difficile.
-Guardami, dannazione!- urlò lui. Mi spaventò il suo tono, tanto che sobbalzai. Alzai lo sguardo e lo guardai: sembrava preoccupato ma anche un po' arrabbiato.
-è a causa mia che stai così?- mi chiese, facendo dondolare una gamba fuori dal letto.
-Perché devo saperlo se ho fatto qualcosa che ti ha ferita, sorellina...-
-Non chiamarmi così!- esclamai io guardandolo, con occhi furiosi ma, sopratutto, pieni di “perché non capisci?”. Lui mi guardò sorpreso:
-Marina..?-
Scostai lo sguardo verso il pavimento, mi stavo comportando come una stupida.
-Non mi consideri più come un fratello? Mi sembrava che...-
-Mi piaci scemo- feci io posando di nuovo il mio sguardo su di lui ed interrompendo il suo discorso. Quelle parole erano uscite troppo velocemente dalla mia bocca, non ero riuscita a controllarle come avrei voluto. Deglutii:
-Mi piaci, io l'ho sempre saputo ma ne ho avuto la conferma da poco. E so che sarebbe una cosa pericolosa, voglio vivere armoniosamente i miei anni qui con voi ma non ce la faccio a tenermelo dentro!-
Ivan mi guardava, non capivo il suo sguardo, sembrava stesse metabolizzando la cosa. Ad un tratto, un meraviglioso sorriso comparve sul suo volto: non lo avevo mai visto così bello.
In un attimo mi strinse a sé con foga, allontanandomi dalla testiera del letto.
-Dio Marina, sono così felice-
Io ero confusa, non capivo più niente.
-Anche tu mi piaci- mi disse guardandomi negli occhi. Il mio cuore accelerò i battiti, erano così forti che avevo paura che potesse scoppiare.
-D-davvero?- balbettai. Lui annuii.
-Voglio stare con te- Prese le mie mani e le portò vicino alla bocca per sfiorarle con le sue labbra.
-Anche io voglio stare con te-
Mi attirò a sé e io chiusi gli occhi, pronta per un altro viaggio in paradiso. Si, le sue labbra erano perfette per le mie, dolci ma esigenti. Non c'era nulla di sbagliato, era tutto incredibilmente perfetto, successe come se dovesse succedere per natura. Mi spinse indietro, mi distesi sul mio letto, lui sopra di me, come nel mio sogno, immersi in quel bacio mozzafiato. Strinsi le mie mani dietro la sua nuca, passando le dita tra i suoi capelli ricci, che adoravo, che erano perfetti per lui. Ci staccammo, ma rimase vicinissimo alle mie labbra, potevo sentire il suo respiro sul mio volto, cosa che odiavo quando stavo con Gabriele ma, che con lui, trovavo bellissima.
-Buona notte scema- mi disse allontanandosi, lasciandomi lì a sfiorarmi le labbra, credendo fosse solo un sogno.
La mattina dopo mi svegliai e rimasi immobile per qualche secondo a fissare il vuoto. Poi mi ricordai della sera precedente: io e Ivan stavamo insieme. Mi rotolai nel letto con un sorriso da ebete sul volto. Ero davvero troppo felice, il mio cuore batteva forte al ricordo della sera prima.
-Ivan- sussurrai nei buio della mia camera. Quella sarebbe stata una domenica tranquilla, tra studio e musica, ma era tutto diverso, ora che lui era davvero entrato nella mia vita.
Infilai le pantofole e la vestaglia e scesi in cucina: Pietro era andato fuori a correre e Serena, probabilmente, era andata a trovare sua madre. Stropicciai gli occhi e mi avviai verso i fornelli, per farmi del caffè. Lo sorseggiai appoggiata al tavolo e sgranocchiai qualche biscotto. Sentì una porta aprirsi al piano di sopra, e io appoggiai la tazza nel lavello. Mi voltai e vidi Ivan scendere le scale. Gli sorrisi:
-Buon giorno- gli feci.
-Ciao Mary-
Si avvicinò verso di me e mi baciò.
-Sai da caffè-
Risi e lo baciai di nuovo. Si allontanò e mi guardò:
-Sei carina anche quando hai i capelli scompigliati-
Gli tirai un lieve calcio sullo stinco, divertita, e lui mi afferrò il braccio, tirandomi a sé.
-Mamma e papà?-
-Fuori- risposi io -Non so dove sia andata di preciso tua madre ma...-
-Non mi interessa sapere dove sono- fece lui guardandomi negli occhi -Ma lo sai, per ora è meglio se in famiglia non si sappia...-
Io annuii: aveva ragione, avremmo portato molto scompiglio in casa e non era assolutamente nei miei piani.
-Dobbiamo stare molto attenti- sussurrai io. Lui annuii.
-Sei particolarmente felice oggi mi sembra-
-Si- confessai sorridendo -Perché non dovrei? Ho te..- dissi timidamente.
Mi diede un bacio sulla fronte, stringendo le sue mani sulle mie tempie.
-Ti adoro-
-Anch'io-
Quel pomeriggio fu uno dei più semplici ma allo stesso tempo, uno dei più belli che avessi mai passato. Serena e Pietro erano abituati al fatto che stavamo spesso insieme, anche nella stessa stanza e, nonostante mi sentissi un po' in colpa ad approfittare di questo, era bello poter stare insieme. Dopo aver studiato, ci distendemmo vicini, lui mi stringeva, mi sentivo così protetta tra le sue braccia, così al sicura che ogni volta che si allontanava avevo paura, faceva così freddo senza di lui e continuavo a stargli sempre più vicina alla ricerca di calore.
-Mary guarda che dobbiamo impegnarci seriamente a scuola eh-
Lo guardai scettica:
-Perché me lo dici?-
-Perché se non studierai abbastanza, non ti bacerò più-
Mi sedetti e lo guardai:
-Ottima punizione- borbottai. -Ma non ce ne sarà bisogno. Mi impegno sempre al massimo...tu piuttosto- feci punzecchiandolo.
-Non devi preoccuparti per me- mi disse completamente rilassato.
-Ma lo sai che mi preoccupo- feci io chinandomi sulle sue labbra. Premetti le mie sulle sue teneramente, spostando i capelli dietro all'orecchio. Avrei potuto passare le ore in quel modo, avevo bisogno solo di lui.
-Chissà come reagirà Aria quando le dirai di noi- fece Ivan ad un tratto.
-Mi riempirà di te lo avevo detto- risposi facendo le spallucce.
-Perchè?- chiese sedendosi sul letto.
-é da una vita che mi dice che ci saremmo messi insieme-
-ma dai?- Ivan rise -Tipico di Aria-
-Già- commentai scuotendo la testa -Però ci ha preso-
Ci guardammo negli occhi, non ero ancora abituata all'idea di avere un ragazzo, mi risultava così strano. Però non avevo paura, non temevo nulla, ma mi sentivo più forte e decisa grazie a quello scemo che mi catturava con uno sguardo.
 
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Finalmente ho trovato un po' di tempo per aggiornare. Vorrei cogliere l'occasione per ringraziare le tre dolcissime utenti che hanno perso un po' di tempo per dirmi la loro sulla mia fan fiction: grazie quindi a Lohel, time_to_say_smile, e EveryAngelNeedsASky!
Alla prossima

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Capitolo 9
*** Rosalba ***


9-ROSALBA

 

Lunedì arrivò, soleggiato ma immerso nel freddo che io amavo. La sera precedente l'avevo passata al telefono, a raccontare a Aria, Elisa ed Amanda di me e di Ivan.

Aria esultò, tirando un urlo al di sopra di qualunque capacità umana, era davvero felice per me, e mi riempii di “te lo avevo detto” fin quasi a farmelo uscire per le orecchie.

-La mia piccola Mary si è fidanzata- continuò a recitare come una cantilena per tutta la durata della conversazione.

-Aria insomma- feci io ridendo.

- è merito di Federico se ti sei fatta avanti no?-

-In effetti si- feci appoggiandomi al cuscino. -Mi sono sentita in colpa...è stato un vero tesoro! Mi ha portata a mangiare il sushi fuori e a vedere l'Arno su una posizione meravigliosa ma...io sono cotta di quello scemo- feci abbassando lo sguardo verso il mio copriletto.

-Tesoro, sei così dolce- esclamò e immaginai la sua espressione dolce e i suoi occhi brillare.

-Come farete con la storia dei genitori?- mi chiese tornando seria.

Sospirai:

-Per ora la teniamo nascosta ma dovremmo dirlo prima o poi...solo che ho paura. Io e Serena abbiamo un bel rapporto, non voglio si senta prese in giro.

-in effetti...dovete parlarne bene voi due e programmare il prossimo passo.-

Io concordai, era l'unica cosa giusta che potevamo fare.

Anche Elisa ed Amanda furono molto contente; a loro volta mi dissero che era destino che io e lui stessimo insieme, come se fossimo davvero fatti l'uno per l'altra, e io volevo crederci anche se sapevo che non era il momento di cadere nelle illusioni. 

Quando quella mattina scesi per la colazione, vidi Serena molto più indaffarata e preoccupata del solito. Mi avvicinai a lei e le chiesi:

-Serena tutto ok?-

Lei mi guardò e mi sorrise per gentilezza:

-Celeste ha la febbre alta, penso di stare a casa da lavoro per stare un po' con lei-

-Povera Celeste...- feci io rivolgendo lo sguardo verso le scale.

-é sempre piena di energia, vederla malata è raro- fece Serena mentre preparava del the caldo e lo metteva in un vassoio. Si incammino verso il piano di sopra mentre io versavo il latte in due tazze, per me e per Ivan, il quale scese indossando una felpa verde smeraldo (gli stava davvero bene) e mi salutò con un gesto complice.

-Ehi- mi disse sedendosi

-Ciao- feci io con un sorriso -Tua sorella ha la febbre- feci tristemente.

-Lo so ho sentito...quando sta male lei è come se la casa diventasse più triste-

Mescolai lo zucchero nel caffè latte appoggiando la testa sul palmo della mano, sbadigliando.

-Sembri un gatto quando sbadigli- fece Ivan ridendo.

-Miao- feci per compiacerlo. Mi guardò estasiato e io scoppiai a ridere.

-Scemo-  dissi divertita.

Dopo aver fatto colazione, feci le solite cose da routine mattutina per poi salutare Serena ed andare in fermata solo noi due.

Appena raggiungemmo la curva, Ivan mi prese e mi strinse, facendomi sobbalzare.

-Co..?-

-Buon giorno scema- fece lui baciandomi il collo. Il suo respiro sulla mia pelle era fantastico, mi faceva rabbrividire ma amavo quella sensazione.

-Buon giorno- feci quindi, stringendomi a lui alla ricerca di calore. -Ogni giorno sarà così?- sussurrai con un sorriso.

-Lo spero- fece lui ridendo. Vederlo ridere mi faceva arrossire: lo trovavo bellissimo.

Salimmo sull'autobus mano nella mano e sentivo gli sguardi dei presenti puntati su di noi; non capivo se fosse una mia sensazione e basta o se era vero, ma arrossii ugualmente ed abbassai lo sguardo con un sorriso imbarazzato sulle labbra. Non appena ci sedemmo, appoggiai la mia testa sulla sua spalla, stringendomi al suo braccio.

-Dimmi se ti peso- feci sbadigliando.

-Ma figurati- mi accarezzò la testa dolcemente, con così tanta cura che sembrava si stesse prendendo cura di un bambino indifeso.

Il solo stargli vicina mi provocava una sensazione meravigliosa, un calore al petto mai provato. Riusciva a farmi tornare il buon umore con un sorriso, con un suo gesto...era come se avesse il completo controllo su di me.

-Mi sembra tutto così strano- fece lui con dolcezza -Insomma...è...assurdo- sembrava che gli mancassero completamente le parole e lo capivo, perché per me era lo stesso...così difficile descrivere quello che provavo.

-Lo so- feci io alzando la testa e sorridendo -è da ieri che penso a quanto sia strano, al fatto che non avrei mai pensato a noi due...così-

-Perché?- mi chiese lui.

-Bhe perché all'inizio non ci sopportavamo- feci ridendo, ricordando i primi mesi in cui salutarci era già molto.

-Vero- fece lui e notai una nota quasi triste nella sua voce, forse stava ripensando alla sua diffidenza causata da July.

-Ehi- lo guardai negli occhi con fare serio. -So a cosa stai pensando! E non incolparti scemo!-

I suoi occhi esitavano sull'ascoltarmi o ricordare quel passato che lo feriva così tanto. Mi sorrise e mi baciò teneramente, portando la sua mano dietro alla mia nuca.

-Sei diventata davvero troppo importante per me- mi sussurrò ad un tratto. E lo stesso valeva per me: ormai giravo intorno a lui.

Quando scendemmo dall'autobus, Daniele ci venne incontro, tenendo per mano la sua ragazza.

-Buon giorno- ci fece educatamente. La sua ragazza ci salutò: non ci eravamo mai presentate ufficialmente, quindi le strinsi la mano:

-Sono Marina- feci.

-Io Erica- aveva un viso amichevole e molto bello.

-Maaa- Daniele ci scrutò attentamente -Ivan devi dirmi qualcosa?- aveva il classico tono da migliore amico desideroso di sapere le ultime novità del suo più caro amico. Ivan rise e mi guardò, e mi sfiorò la guancia con la mano.

-Io e questa scema qui...stiamo insieme-

Daniele ci guardò felice, ed esultò:

-Sono felice per te, Ivan.- gli diede una pacca sulla spalla, quasi come se fosse fiero di lui. Erica ci sorrise e si rivolse ad Ivan:

-Congratulazioni- si sistemò il suo ciuffo castano dietro all'orecchio mentre lo diceva, e mi prese le mani l'istante dopo. Si avvicinò e mi sussurrò:

-Abbi cura di lui-

Io le sorrisi e feci:

-Lo farò-

Ivan ci guardò interrogativo, ma io e lei ci scambiammo un'occhiata complice e scoppiammo a ridere, con Ivan e Daniele perplessi, intenti a scuotere la testa nel vedere con quali persone stavano insieme.

C'era una strana atmosfera quella mattina, e lo sentivo nello stomaco: qualcosa mi opprimeva. Un pensiero, un qualcosa che non riuscivo a capire.

Io e Ivan stavamo per salutarci, non vedevo l'ora di arrivare in classe per rispondere alle domande che sicuramente mi avrebbero fatto ma all'improvviso il sorriso di Ivan sfumò, si spense. Daniele e Erica lo guardarono perplessi

-Ivan tutto bene?- feci preoccupata.

Davanti a noi, una folla di allievi circondava una figura, tutti immersi in chiacchiere e risate, un'atmosfera gioiosa, normale. Eppure Ivan sembrava spaventato, assalito da una qualche preoccupazione che non riuscivo a capire.

-Sono i nostri compagni di classe quelli- fece Daniele, stringendo i suoi occhi in due fessure.

-Allora, com'è stato tornare in Italia?- sentii dire da una ragazza.

-Strano, si, avevo assimilato una mentalità inglese ma è bello essere a casa-

Daniele e Erica sbarrarono gli occhi e guardarono Ivan preoccupati. Era come se tutti avessero capito cosa stava succedendo tranne me, che mi guardavo intorno confusa e perplessa. Lentamente, il gruppo di persone della classe di Ivan lasciò spazio ad una ragazza  alta, dai capelli biondi che le ricadevano sulle spalle perfettamente dritti. Grandi occhi marroni sorridenti poco truccati ed una camminata sicura. Quando si voltò verso di noi, anche il suo sorriso sfumò lievemente:

-Rosalba...- mormorò Ivan e così capii anche io che la ragazza che avevo davanti era la sua ex, di cui era visivamente ancora innamorato.

I due si guardarono per diversi minuti, e mi sentivo davvero in più, come se non avessi dovuto essere lì. Rosalba ruppe quel silenzio tra di loro e accennò un sorriso.

-Ciao Ivan- fece pacatamente. Mi sembrò di sentire il cuore di Ivan tuffarsi nel vuoto a causa dello sguardo della ragazza, che non riusciva a capire.

-Bentornata Rosalba- fece lui facendosi forza.

La ragazza si rivolse a Daniele e ad Erica, salutandoli con allegria e dolcezza. Presi la mano di Ivan e lo guardai:

-Tutto bene?- chiesi, anche se sapevo la risposta. Infatti, lui scosse la testa e non riusciva nemmeno a guardarmi negli occhi. Non riuscivo ad immaginare quanto potesse soffrire dentro di se, quanto stesse male nel aver rivisto la ragazza che aveva tanto amato in passato. Come potevo competere contro di lei? Io era l'ultima arrivata nel suo cuore, non c'era abbastanza spazio per me.

-Io...entro a scuola- feci sospirando, ma cercando di ritrovare un po' di buon umore dentro di me. -Ci vediamo dopo- gli accarezzai la spalla, cercai di infondergli tutta la forza che mi era rimasta. Lui annuii e mi guardò, accennando un minuscolo sorriso, di quelli che cercano di dire “sto bene” ma che, in realtà, sono solo delle grandi bugie. Mi voltai in direzione dell'accademia, mi sentivo ferita anche se sapevo che non era colpa di nessuno. Non era facile dimenticare chi si è amato così tanto, lo sapevo, ma per qualche motivo, non riuscivo a convincermi che tutto si sarebbe risolto, che lo avrei rivisto sorridermi all'uscita da scuola, che mi avrebbe stretto tra le sue braccia e baciata dolcemente. No, non dovevo farmi prendere da quei pensieri ma era difficile, avanzare e salire le scale quando volevo solo stare lì con lui per dirgli “Io ci sono”.

Quando entrai in classe, Aria mi venne incontro sorridendo e si buttò tra le mie braccia.

-Piccola Mary- esclamò felice.

-Ciao Aria- feci io simulando un sorriso.

-Com'è la tua vita da fidanzata?- mi chiese con un sorriso.

-Un casino- feci sospirando.

Inizialmente, Aria pensava che stessi scherzando ma ben presto, si rese conto che ero seria.

Mi guardò perplessa:
-Mary cos'è successo?-

Immagino che stesse pensando cose come “Dopo solo due giorni sei presa così?” e forse si stava ponendo tante altre domande, ma le lasciò da parte per ascoltarmi.

-è tornata la sua ex- feci infine, senza girarci troppo intorno.

Aria mi strinse le mani.

-E..?-

-E sono stati insieme tre anni Aria! Non l'ha mai dimenticata e non lo farà mai...-

-Ma cosa dici?- esclamò lei sbattendo i piedi sul pavimento -Tu gli piaci e lo sai!-

Scossi la testa:

-Non posso competere con lei!-

Aria mi guardò negli occhi.

-Vuoi lasciarlo andare così?-

-Io...no certo che no! Ma voglio che sia felice e so che lei è importate per lui!-

-Perché non gli parli? A questo punto levati tutti i dubbi...ma sono sicura che lui vuole te ora- mi propose teneramente. Io annuii e mi sentii un po' più tranquilla ma ancora in tensione. La mattinata passò, e riuscii a concentrarmi, e così i pensieri su me ed Ivan mi lasciarono stare per cinque ore, per poi invadermi nuovamente appena lo vidi all'uscita da scuola: stava parlando con Daniele e mi sembrava distrutto. Sospirai e mi avvicinai a loro, sentendo una pessima sensazione nello stomaco.

-Ehi- dissi salutandoli.

-Ciao Marina- disse Daniele, sollevato nel vedermi.

Ivan mi guardò con occhi tristi, ma simulò un sorriso nel vedermi.

-Ciao Mary- disse dandomi un bacio sulla testa.

-Insomma- fece Daniele, evidentemente riprendendo il discorso che stava facendo prima che arrivassi io -Non puoi ridurti così!-

Ivan sembrava inquieto, forse non voleva parlare di Rosalba con me di fianco, ma rispose comunque.

-Lo so Dani, lo so...-

-Se lo sai smettila di pensare al passato! Ora hai Marina con te...-

Ivan annuì e mi guardò: i suoi occhi grigi indugiavano sul mio viso, mi sfiorò la guancia con la mano e prese un profondo respiro.

-Si...si hai ragione- disse convinto. Daniele sembrava soddisfatto, e io ero sollevata e felice che la pensasse così. Gli sorrisi e gli strinsi la mano che era ancora appoggiata sul mio volto. L'autobus arrivò e salimmo facendoci largo tra la solita folla di studenti per sederci nel solito posto vicino alla seconda uscita. Ivan guardava fuori dal finestrino vicino a lui, il suo sguardo si perse, vagava in fretta, cercava qualcuno. Cercava lei, nonostante le parole che gli avevamo appena detto, il suo sguardo cercava la ragazza che aveva tanto amato, ne ero sicura. Dopo diversi secondi, si riscosse rendendosi conto di cosa stava facendo e scosse la testa per poi voltarsi. Io lo osservavo, sembrava inquieto, come se stesse lottando dentro di sé, ed avevo paura che la parte di lui che sapeva di stare con me, fosse quella che stava perdendo lentamente terreno. Ad un tratto mi guardò dritto negli occhi, facendomi sussultare. Mi sorrise e mi baciò dolcemente, ma sapevo che non era me che aveva in testa, perciò lo allontanai:

-Non è a me che stai pensando- feci freddamente. Mi uscii un tono duro ma non era così che volevo andasse. Ivan mi guardò ferito, ma annuì, avevo centrato il punto e mi sentii profondamente ferita.

-Marina...-

Scossi la testa:

-Ti lascerò il tuo spazio ed il tuo tempo. Ti capisco...- feci ma, in realtà, non lo capivo affatto. Erano passati mesi eppure continuava a pensare a lei, nonostante mi fossi illusa che Rosalba fosse diventata solo un ricordo.

-Mi dispiace- disse con un filo di voce -Ma devo solo metabolizzare che lei è tornata, io voglio te ora- mi disse ma non mi sembrò troppo deciso. Annuii lentamente, ma avevo brutti presentimenti dentro di me.

L'umore di entrambi era sotto le scarpe, potevo calpestarlo con facilità, calciarlo via. Non ci parlammo molto durante il ritorno verso casa, non avevamo nulla da dirci, ma io avevo paura che quella felicità che ero riuscita ad assaporare, sarebbe svanita totalmente, che lui non avrebbe mai smesso, con i suoi occhi grigi, di cercare tracce della presenza di Rosalba. Non credevo per nulla al suo “devo metabolizzare la cosa”, non l'avrebbe mai fatto, avrebbe continuato ad essere innamorato di lei, cacciandomi via dal suo cuore.

-Bentornati- fece Serena con un sorriso accogliente. Accennai un sorriso, Ivan la salutò con la mano e ci sedemmo a tavola. Si vedeva che non c'era la solita allegria presente in quella casa, ma Serena pensò che fosse perché Celeste era a letto con la febbre quindi non fece troppo caso a noi due. Appena finii di mangiare, salii le scale e andai a trovare Celeste.

Bussai alla porta e la aprii lentamente: lei era seduta sul letto intenta a leggere un libro, sembrava stare meglio.

-Ciao Celeste- feci entrando a passi leggeri.

-Ciao Mary- mi ripose con un sorriso, appoggiando il libro sul comodino.

-Come stai?- mi sedetti sul bordo del suo letto e la guardai negli occhi, lucidi per la febbre.

-Un po' meglio grazie- gracchiò lei, dopo un colpo di tosse. -Tu, invece? Mi sembra ci sia qualcosa che non va-

-Eh? No, no tutto ok- mi affrettai a mentire, non avevo proprio voglia di far preoccupare gli altri per degli stupidi pensieri che stavano invadendo la mia mente. Anche se non li consideravo così tanto stupidi.

-Non sembra...sarà che io ho la febbre..- fece perplessa ma poi alzò le spalle e io mi rilassai.

Rimasi a chiacchierare con lei per qualche minuto fino a quando anche Ivan entrò nella camera della sorella. Lo guardai mentre si inginocchiava vicino a lei.

-Come stai sorellina?- le chiese.

-Meglio grazie- rispose lei prontamente -Ehi ho saputo che è tornata Rosalba- fece preoccupata. A quel nome mi irritai e mi alzai.

-Mary..?-

-Vado a studiare- dissi senza voltarmi, cercando d tenere un tono di voce normale ma sentii che stava tremando. Mi rifugiai in camera e mi accasciai sul pavimento, stringendo le ginocchia al petto: non ce la potevo fare.

Poco dopo, bussarono alla mia porta.

-Marina?- fece la voce di Ivan. -Posso entrare?-

-No! Vorrei stare da sola- risposi io, cercando di essere un minimo cortese, anche se non ne avevo voglia.

-Marina ti prego- supplicò lui.

-Vattene!- esclamai stringendomi alle mie ginocchia. Sentii il silenzio fuori dal corridoio e capii che mi aveva dato retta, anche se dentro di me qualcuno urlava “Cosa hai fatto, scema?”

 

Passarono due giorni, due giorni in cui sembravamo tornati ai primi mesi di convivenza. Ci sedavamo ancora vicini ma non ci parlavamo molto, lui sembrava ancora confuso da ciò che provava e io...io fingevo che tutto andasse bene agli occhi delle mie amiche, perché una coppia che non si parla dopo così poco tempo era una storia che faceva quasi ridere.

Era giovedì ed ero decisa ad adottare un comportamento diverso: ero stata fin troppo fredda, e anche se stavo soffrendo non era giusto nei suoi confronti. Se volevo davvero la sua felicità come avevo sostenuto parlando con Aria, dovevo darmi da fare e smetterla di atteggiarmi come una bambina. Ci incrociammo in corridoio non appena io aprii la porta e lo salutai con un sorriso.

-Mi dispiace...- sussurrai prontamente, prima che potesse aprire bocca -Non ti sto aiutando come vorrei...anzi penso di star facendo peggio. Quindi scusami, non mi sono comportata bene in questi giorni evitandoti-

Ivan mi guardò, sembrava offeso ed ero stata io a renderlo così. Mi sorrise teneramente e mi strinse a sé, fregandosene del fatto che eravamo a casa e dovevamo sembrare semplici amici.

-Tutto a posto- mi disse stringendomi forte. -Ma ti prego non farlo più-

Sorrisi e glielo promisi, sprofondando tra la sua stretta così sicura e calda.

Scendemmo insieme portando un po' di armonia in quella casa che era stata fin troppo triste in quei giorni, tra Celeste ammalata e noi due, che sembravamo dei perfetti estranei. La piccola sorellina era in piena forma quel giorno, trasmettendo allegria a tutti noi che ne avevamo bisogno: la mia giornata scolastica quel giorno era dura ed ero in piena ansia, come mi succedeva spesso in quelle occasioni. Non avevo voglia di ripassare in autobus, perciò mi crogiolai nella musica, svuotando la mia mente, con Ivan che mi coccolava, il tutto senza farci vedere da Celeste.

-Dobbiamo trovare una soluzione- feci ad un tratto -Ho paura che Serena si senta tradita da me...-

Ivan annuì, concordava con me ma dovevamo trovare un modo per comunicarlo in modo “soft”, non buttando la bomba e scappare.

-Ci penseremo, un problema alla volta- fece sospirando ed appoggiandosi al sedile. Annuii lentamente e cercai di sopprimere il mal di testa che avevo.

All'uscita da scuola, potei tirare un sospiro di sollievo. L'ansia che aveva dominato il mio stomaco lasciò posto alla fame e la mia mente si chiese cosa avrebbe preparato Serena quel giorno. Vidi Ivan alla fermata e lo raggiunsi, ma ad attendermi era nuovamente un Ivan depresso, quello con il quale ero arrabbiata, che continuava a pensare a Rosalba. La vidi chiacchierare con un gruppo di amiche, i capelli raccolti e una risata allegra e solare.

-Ivan...- feci sospirando ed agitando una mano davanti agli occhi.

Lui sbatté le palpebre:

-Scusa Marina- disse tornando in sé, ma non poteva andare avanti così, dovevo fare qualcosa per aiutarlo.

Ci pensai su quella sera mentre navigavo su Internet a studio finito. Mi distesi sul letto e fissai il soffitto: come potevo far si che avesse occhi solo per me? Che lasciasse il passato lontano da lui e che si concentrasse sul presente? Il telefono mi distrasse dai miei pensieri e tastai il comodino per cercarlo. Mi sedetti sul letto e guardai il display: era Niccolò. Con un sorriso risposi.

-Ehi- feci.

-Ciao squinternata- rispose la voce allegra di Niccolò.

Scoppiai a ridere:

-Perché mi trovi un nomignolo diverso ogni volta? Sono uno peggio dell'altro!-

-Ti ricordi il primo che ti avevo dato?- mi chiese tra le risate.

-Morina- feci io, ricordando il giorno in cui me lo disse. Era durante l'intervallo che, a quei tempi, passavo o con Lucia o con Gabriele. Niccolò arrivò e mi salutò in quel modo, cercando un misto tra “Marina” e “mora”.

-Scemo- feci io mentre i ricordi invadevano la mia mente.

-Come stai?- mi chiese.

-Potrei stare meglio- risposi con sincerità.

-Cos'è successo?-

-Mi sono fidanzata- dissi.

-Davvero? Sono felice per te- esclamò entusiasta. -E quel è il problema?-

-Il problema è che la sua ex è tornata da uno scambio culturale e sono stati insieme tre anni. Lui la ama ancora e in questi giorni, ogni volta che la vede, si dimentica di tutto e di tutti...io  non voglio perderlo però non sarò mai alla sua altezza...-

-Marina!- esclamò lui -Non lasciarti abbattere così! Ne hai parlato con lui?-

-Si e mi ha detto che vuole me e basta ma...non lo so..-

-Non riesci mai a fidarti tu- fece lui sospirando -Sei sempre in allerta...stai tranquilla e goditi questi momenti. E, senti...non potresti parlare con questa ragazza? Magari lui avrebbe bisogno di confrontarsi con lei...-

Il solo pensiero di vedere Ivan parlare con Rosalba mi fece tremare: avevo paura, si, ma allo stesso tempo, volevo il meglio per lui, quindi quell'idea non era da scartare completamente.

-Ci penserò su...- dissi un po' incerta. Sentii il suo respiro dall'altra parte della cornetta e mi ricordò Capodanno e le cose che avevo detto, facendomi imbarazzare e venir voglia di sotterrarmi.

-Nic- chiamai, mentre lui mi raccontava di qualche fatto di Padova -A Capodanno...ho detto qualcosa che non avrei dovuto dirti?- feci, non riuscendo a trovare parole abbastanza soddisfacenti ma accontentandomi di quelle che avevo scelto. Lo sentì mormorare:

-Bhe, ti ricordi cosa hai detto no?-

-S-si ma insomma..- balbettai.

-Non ti preoccupare...non avrei sopportato l'idea di tradire un amico.-

Si riferiva al fatto di stare insieme, immaginai, che non avremmo mai potuto portare avanti a causa del suo senso di lealtà verso Gabriele, cosa non da tutti. Pensai che, anche se fossi rimasta in Veneto, la nostra storia non sarebbe mai potuta nascere. Abbassai lo sguardo:

-Ok- mormorai, non sapendo cosa dire. Lui sospirò, me lo immaginavo mentre si distendeva sul letto, scrutando la sua stanza con i suoi occhi scuri.

-Bhe, Marina, se con questo non funziona...fammi un fischio che vengo lì-

Risi teneramente, non una di quelle risate fragorose ma una dolce e morbida.

-Hai appena detto che non tradiresti mai Gabriele...-

-Non avrei sopportato ho detto...ho parlato al passato. Io e lui non ci parliamo più-

La notizia mi scioccò e non poco: loro due erano amici da una vita.

-Come mai?- chiesi preoccupata.

-Dopo Capodanno ha iniziato a farmi molte domande su di te e la cosa iniziava a scocciarmi. Così gli sbraitai in faccia che piacevi anche a me...non l'ha presa molto bene e...-

-Niccolò..- sospirai -Lo sai com'è fatto...-

-Si beh ma non ho mai fatto nulla quando stavate insieme!- obiettò lui.

-Lo so, non hai torto...non stiamo neanche più insieme non dovrebbe avere un atteggiamento di questo tipo...ma lo ha-

Mi ritornarono in mente le sue parole:

 

-Marina non puoi perdonarmi?-

 

Perché ci dovevo pensare? Ormai era una storia vecchia e senza importanza, avevo Ivan e dovevo pensare solo a lui e a come aiutarlo.

-Mi dispiace che abbiate litigato...- feci a Niccolò -Ma forse è meglio così...tu sei una persona molto socievole, puoi avere quanti amici vuoi.-

-Bhe meglio di lui di sicuro- disse anche se mi sembrò di sentire un po' di amarezza.

-Lo so che non è facile...e so che siete amici da una vita ma purtroppo molte cose finiscono e non vanno come vogliamo noi, non durano in eterno se anche l'altra persona non collabora. Stringi i denti, puoi essere felice comunque-

-Sei sempre così filosofica- disse lui con dolcezza -Grazie-

-Non c'è di che- feci io sorridendo -Ora vado che è quasi ora di cena-

-Ciao Marina, fammi uno squillo quando torni su-

-Sicuramente- feci, avevo voglia di vederlo -Ciao-

 

-Basta- sussurrai stringendo i denti. Era il pomeriggio del giorno dopo la chiamata con Niccolò e non riuscivo a concentrarmi e a fare la tonnellata di cose che avevo programmato. Continuavo a pensare ad Ivan, al fatto che anche quel giorno fosse distante da me, lontano anni luce con la mente. Abbandonai i libri sulla scrivania e mi distesi sul letto ma anche la mia stanza mi dava fastidio. Afferrai il libro di storia dell'arte e scesi le scale a passi pesanti. Presi il cappotto e le chiavi ed uscii verso il portico. L'aria fredda mi colpii in viso mentre mi sedevo ed aprivo il libro, ma tanto ero consapevole che non sarei riuscita a studiare con tutti quei pensieri che mi ronzavano in testa. Era venerdì, erano passati cinque giorni e lui continuava ad intristirsi alla vista di Rosalba e, da quanto mi aveva detto Erica, non si erano ancora rivolti la parola. Forse Niccolò aveva ragione, forse se parlassero lui potrebbe cambiare atteggiamento ma io avevo paura a farli avvicinare nuovamente. Ragionavo da egoista, ma lo volevo tutto per me senza nessuno tra di noi. Sospirai e mi strinsi alle ginocchia, scrutando la zona con aria vigile quando vidi una ragazza avvicinarsi timorosa. La riconobbi e sussultai: era Rosalba. Si avvicinava al nostro cancello con timore, guardando il campanello ed esitando a suonarlo. La osservai per un po', non si era accorta che ero lì ma poi mi feci forza e mi alzai:

-Ti serve una mano?- feci avvicinandomi al cancello. Lei mi guardò un po' confusa:

-Ehm io, ecco...-balbettò imbarazzata,

-Sei Rosalba vero?- chiesi ma sapevo già la risposta. Infatti, lei annuii.

-Io sono Marina, piacere. Sono ospite della famiglia Innocenti- dissi stringendole la mano.

-Piacere mio- mi disse con un sorriso. Era un sorriso dolce e sincero, diverso da quello che mi aspettavo.

-Quindi...- proseguì lei -July non vive più qui?-

-No, se n'è andata e hanno ospitato me. Mio padre conosceva Pietro-

-Ah- fece lei, e mi chiesi se quell'esclamazione avesse un significato particolare. Esitai un po', non sapevo bene cosa fare ma alla fine la guardai e feci:

-Vuoi...entrare? Hai bisogno di qualcosa?- chiesi un po' riluttante.

-Ehm...vorrei parlare con Ivan-

Io annuii e le aprii il cancello. Non ero molto convinta di quello che stavo facendo, probabilmente mi stavo rovinando con le mie mani ma se era per Ivan, era giusto fare ciò che potevo per renderlo felice.

-Come sapevi chi ero?- mi chiese mentre ci dirigevamo verso la porta di casa. Raccolsi il libro di arte dal vialetto e la guardai.

-Perché Ivan mi ha parlato di te- feci vaga. Non sapevo se fosse il caso di dirle che sapevo molte cose sulla loro storia, non mi sembrava giusto, quindi me ne uscii con quella frase.

Lei sembrò colpita.

-Parla ancora di me?- sussurrò con voce tenera, sorrideva, sembrava molto felice. Finsi di non aver sentito ed entrammo in casa. Lei osservò il soggiorno carica di nostalgia, i suoi occhi indugiavano su ogni particolare, ricordando, probabilmente, gli anni trascorsi lì.

-Ivan- chiamai dalle scale. Sentii una porta aprirsi e lo vidi scendere.

-Dimmi Mar..-

Si bloccò quando vide Rosalba lì vicino a me e si guardarono per diversi secondi, percepivo la loro tensione, perché era il momento di chiarirsi dopo un anno passato a cercare di dimenticare, senza successo.

-Rosalba, cosa fai qui?- chiese Ivan avvicinandosi.

-Ecco...vorrei parlare con te- disse lei prontamente. Ivan annuì e Rosalba sembrava molto felice. Forzai un sorriso:

-Vi lascio soli- dissi salendo le scale, diretta in camera mia, con il libro di arte sotto braccio.

-Marina..?- fece Ivan con tono preoccupato.

-Tutto ok- dissi facendo un cenno con il capo, ma non andava tutto bene. Appena entrai in camera, lanciai il libro sul letto e mi distesi, stringendo il cuscino al petto. Perché ci soffrivo così tanto? Infondo se volevo il suo bene, dovevo permettergli di risolvere quella situazione. Eppure, dentro di me mi sentivo morire, provavo una tremenda gelosia. Ero riuscita ad affezionarmi davvero tanto a lui, avevo bisogno di lui, avevo bisogno di sentirlo vicino. Mi sentivo una stupida, ma purtroppo quelli erano i miei veri sentimenti. Pensai agli ingredienti che avevo comprato per fargli dei biscotti al cioccolato, visto che il giorno dopo era San Valentino...sarebbe stato davvero il caso di farli?

Passarono una ventina di minuti, dove io mi immersi nella musica. Mi alzai lentamente dal letto appoggiando la chitarra sul pavimento e sentii delle risate provenire dal piano di sotto. Lentamente aprii la porta e mi avvicinai: Celeste era con loro e sembrava molto in confidenza con Rosalba, parlavano come delle vecchie amiche. Per quanto riguarda Ivan...sorrideva e rideva con loro, era così radioso ed era tornato l'Ivan allegro che conoscevo. La cosa mi sollevò, ma sentivo nuovamente quella fastidiosa sensazione allo stomaco.

-Allora ci vediamo domani- fece Rosalba aprendo la porta -Grazie Ivan- gli sorrise, per poi salutare Celeste con la mano. Richiuse la porta dietro di se, ma era come se la sua presenza fosse rimasta in casa.

-sono felice che sia tornata- disse Celeste saltellando.

Ivan annuii e sorrise. Rivolse lo sguardo  verso la cima delle scale dov'ero io, spiazzata e confusa su ciò che sentivo dentro di me. Lui salii le scale senza dire una parola e mi prese per un braccio, guidandomi in camera sua.

-Marina...- cominciò guardandomi.

-Allora?- lo interruppi subito -Avete chiarito?-

Lui annuì.

-Le ho spiegato di July e di tutto ciò che è successo-

-Sono felice per...per voi- mi sforzai di dire, accennando un sorriso. Lui mi guardò serio ed appoggiò le mani sul mio viso.

-Quanto sei scema? Lo vuoi capire che io voglio solo ed unicamente te?- mi disse, quasi con rabbia perché non riuscivo a fidarmi delle sue parole.

-però...insomma tu la ami! Perchè...?-

-Perché ormai ci sei solo tu nella mia testa, mi stai facendo impazzire- mi sussurrò.

-Non è vero che la amo ancora...e l'ho capito grazie a te.- continuò con un sorriso. Sembrava davvero sincero e decisi di fidarmi delle sue parole, non aveva motivo di mentirmi.

-Scusami- feci io -Ho dubitato di te-

Lui mi diede un bacio sulla fronte.

-Va tutto bene- disse, e si, andava sul serio tutto bene.

 

Quella sera decisi di tentare e fare dei biscotti per Ivan, mentendo a Serena dicendole che erano per una mia compagna di classe. Mi sentivo male a pensare che la stavo prendendo in giro ma, per ora, non vedevamo altra soluzione. Mi gironzolò in torno per un po', aiutandomi e dandomi consigli, visto che io non ero molto brava in cucina e il risultato mi parve buono, così potei andare a dormire soddisfatta.

Quando, il giorno dopo, ci sedemmo in autobus, presi un pacchetto celeste dallo zaino e lo porsi ad Ivan, il quale mi guardò con sguardo interrogativo.

-Buon San Valentino- dissi timidamente.

-Ma non serviva scema!- disse lui guardandomi sorpreso. Prese il pacchetto e lo aprì: sembrava felice e la cosa mi riempii di gioia.

-Mary sei dolcissima- esclamò, spingendomi con un braccio verso di lui. Mentre con una mano stringeva la scatolina con i biscotti, con l'altro spingeva la mia nuca verso il suo petto, l'unico posto dove mi sentivo davvero protetta. Ero imbarazzata, le mie guance si arrossarono: mi sorprendeva, ogni suo gesto, ogni suo sguardo mi rendeva felice. Lo trovavo adorabile, ogni cosa che faceva mi rendeva sempre più cotta di lui.

Prese un biscotto con l'indice e se lo portò alla bocca. Lui era un cuoco perfetto e quindi avevo accettato ogni consiglio che Serena mi aveva dato la sera prima per cercare di essere perfetta. Lo assaporò con delicatezza e, per un attimo, volevo essere io ad essere assaporata in quel modo. Arrossii a quel pensiero: “Marina, sei una scema! State insieme da una settimana!” e mi calmai quando mi sorrise, fiero di me e del mio lavoro.

-Bravissima piccola.-

Amo quando mi chiama piccola, adoro come lo dice, quel suo tono di voce deciso.

-Sono felice ti piacciano- dissi io, eliminando quei pensieri che mi ero fatta. Cosa avevo per la testa?

Scendemmo dall'autobus mano nella mano e salutammo Daniele ed Erica, che ci aspettavano come ogni giorno per fare qualche chiacchiera insieme. Ma Ivan mi strattonò via poco dopo. Lo guardai confusa:

-Marina, Rosalba vorrebbe parlare con te- mi disse.

Lo guardai sorpresa e ancora più confusa di prima. Mi sembra una frase senza senso:

-Cosa? Perché la tua ex vuole parlarmi?-

Accentuai la parola “ex” per sottolineare che ero preoccupata e non poco.

-Vuole conoscerti Mary- e nel dire quelle parole sembrava fiero di me ancora una volta, ma io ero presa da un panico pesante e visibile. E la sua voce non fece che farmi sentire peggio.

-Ciao Ivan-

Parli del diavolo...

-Ciao Roxy- lui le sorride e m stringe la mano dandomi coraggio.

-Ciao Rosalba- dissi, quindi.

-Ciao Marina- mi sorride gentilmente, mi tranquillizza almeno un po'.

-Tutto bene?- chiesi cortesemente, volendo avesse una buona impressione su di me.

-Si grazie- mi disse -Ehi, avresti voglia di uscire uno di questi giorni?- chiese diretta. Aveva un sorriso sincero, ero ancora allarmata ma un po' più calma. Accettai:

-Sabato prossimo può andare?- proposi e lei annuì entusiasta.

-Allora ci sentiamo per ulteriori dettagli. Chiedo ad Ivan il tuo numero- lo disse con semplicità, era molto schietta e cristallina. Io annuii semplicemente e salutai entrambi prima di entrare in accademia, chiedendomi perché proprio lei volesse vedermi.

 

Il sabato successivo arrivò in fretta, quasi non me ne resi conto. Appena arrivai a casa quel giorno, esausta, reduce da una settimana infernale, avrei voluto solo distendermi sul letto e rimanere lì per sempre. Ma non potevo e lo sapevo bene. Rosalba sarebbe passata verso le tre e mezza, avremmo camminato in giro nei dintorni visto che lei abitava vicino a casa Innocenti. Giocherellai con la mia collana mentre la aspettavo e mi ripetevo che era una chiacchierata...con la ex del mio ragazzo. Ok, dire così non mi aiutava, ma avevo paura ed ero molto paranoica. Respirai profondamente quando sentii suonare il campanello e mi alzai dal divano. Serena fu più veloce e andò ad aprire. Quando si trovò davanti alla ex di suo figlio sussultò:
-Rosalba!- esclamò e la abbracciò forte.

-Ciao Serena-

Serena la guardò felice:
-Mi avevano detto che eri tornata! È bello vederti! Sei qui per Ivan?- chiese facendola accomodare.

-No, sono qui per Marina...-

La salutai con la mano mentre mia avvicinai.

-Ciao Rosalba!- feci e Serena ci guardò sbalordite.

-Vi conoscete quindi?- chiese Serena.

-Si, volevo conoscere meglio la nuova...-

-Ragazza che ospitate!- mi affrettai a dire con il cuore che batteva a mille. Ero sicura che Rosalba stesse per dire “la nuova ragazza di Ivan”, mandando all'aria la nostra relazione. Forse non sapeva che per le nostre famiglie era un segreto, infatti mi guardò confusa ma comprese il mio sguardo, glielo avrei spiegato appena uscite di casa.

-Si esatto- disse quindi sorridendo.

-Oh brava, Marina è una bravissima ragazza- disse elogiandomi e mettendomi anche un po' in imbarazzo.

-Allora io esco- dissi indossando il mio giubbotto. Serena annuì e ci salutò con un sorriso.

Uscimmo di casa e tirai un sospiro di sollievo non appena la porta si chiuse dietro di noi.

-Allora?- fece Rosalba confusa ma anche un po' divertita.

-La sua famiglia e bhe anche la mia a dire il vero, non sa che stiamo insieme...-

-Per la convivenza...- fece Rosalba e io annuii.

-è...dura tenerlo nascosto ma...-

-Ti piace molto eh?- mi chiese guardandomi fissa negli occhi. Arrossii visivamente ed annuii.

-Tu invece? Lo ami ancora?- chiesi, anche se avevo un timore tremendo a porle quella domanda. Rosalba sospirò:

-Bhe non posso dire di no...ma tanto è il passato. Non gli interesso più..-

Non sapevo cosa dire, la situazione era assurda ed imbarazzante.

-Sai...mi ha detto che una certa mora gli ha rubato il cuore-

E a quelle parole, non potei che sentirmi felice come mai prima di allora.

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eccomi qua! Scusate se aggiorno così lentamente ma sono senza computer da un mese e più, e sto schizzando D: in più volevo portarmi avanti con la storia, così da non farvi aspettare troppo. Dedico questo capitolo alla mia omonima, che ho incontrato in centro nel mio paese e mi ha fatto tanti complimenti sulla mia storia! Un bacione alla prossima!

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Capitolo 10
*** White Day ***


8-WHITE DAY



Mi rigirai nel letto, immersa in un sonno affannato. Aprii gli occhi di scatto, uscendo da quell'incubo e guardai l'ora: le quattro del mattino. Sospirai e tornai a distendermi, stringendo il mio cuscino. Odiavo fare incubi, mi rimanevano in testa per tutto il giorno, torturandomi. Eppure, quello era un giorno felice: io e Ivan facevamo un mese insieme. Era già in sette marzo, com'era passato in fretta quel mese! E ne erano successe di cose...tra cui, una nuova amicizia. Dopo quella chiacchierata, io e Rosalba siamo diventate buone amiche, e fa quasi ridere: l'ex del mio ragazzo che diventa mia amica. Però era davvero bello stare in sua compagnia, quindi non mi lamentavo.
Inoltre, stavamo preparando quell'esibizione da idol per la scuola, decidendo di portare come performance “Sense of wonder” delle idoling, e devo dire che mi divertivo un mondo a preparare un'esibizione di quel tipo, soprattutto con delle amiche così.
Il concorso “sing my self” era andato a meraviglia, per la prima volta non mi esibii come ballerina ma come cantante e musicista, ero soddisfatta di me anche se non avevo vinto. Mi interessava solo dare il meglio di me.
Visto che ero accaldata e sudata causa incubi, mi infilai le pantofole e sgattaiolai in bagno, immergendomi nel buio e nel silenzio di casa Innocenti. Mi spogliai lentamente, ancora intontita per farmi una doccia veloce ed immergermi nell'acqua fredda per ripulirmi da quell'odore di sudore e lenzuola. Cercai di fare meno rumore possibile, la stanza di Celeste era proprio di fronte al bagno. Mi diedi una veloce sciacquata con il mio amato bagno schiuma alla mandorla ed uscii, avvolgendo un asciugamano attorno al mio corpo. Uscii dal bagno ma qualcuno mi intercettò prima che potessi entrare in camera.
-Piccola non dormi?-
Un Ivan addormentato mi parlò con la voce ancora impastata dal sonno. Sorrisi al mio principe addormentato:
-Ho fatto un incubo- sussurrai. -E come mai il re dei pigroni è sveglio alle quattro del mattino? A cosa dobbiamo questo miracolo?- lo stuzzicai e lui mi tirò un'occhiata offeso.
-Avevo sete-
Gli presi la mano e lo baciai:
-Buon primo mesiversario- dissi con un sorriso. Lui ricambiò il bacio, sfiorandomi una guancia con la punta del naso.
-Anche a te, scema. Mi provochi girando per casa in questo modo?- fece.
-E come potevo immaginare che fossi sveglio?- borbottai io. -Dai, mi fai compagnia?- chiesi timidamente. Lui annuì ed entrammo in camera mia.
-Prendi pure la bottiglietta d'acqua se hai sete- disse mentre prendevo della biancheria pulita.
-Grazie- disse teneramente, mentre teneva lo sguardo fisso davanti a sé per permettermi di cambiarmi. Indossata la mia biancheria e una maglia di qualche taglia in più, mi sedetti vicino a lui e lo strinsi a me, avevo voglia di essere coccolata. Lui non se lo fece ripetere e mi baciò la fronte per poi stringermi teneramente, passando le dita tra i miei capelli. Ad un tratto, si distese sul mio letto e mi trovai sopra di lui. Scioccata lo guardai nella penombra ma lui non disse nulla. Catturò semplicemente le mie labbra, come tante altre volte, ma c'era qualcosa di diverso. Solitamente, i suoi erano baci puri, casti ma quella volta...erano passionali, quasi...lussuriosi. Mi leccò le labbra con la punta della lingua, chiedeva il permesso di entrare nella mia bocca così glielo diedi, e ci abbandonammo ad un bacio mozzafiato. Lui mi mandava in estasi con un semplice bacio, figuriamoci con quello. Mi sentivo...bene, troppo bene. La sua lingua danzava con la mia, era un bacio umido ma bellissimo, mi lasciò completamente senza parole. Si staccò da me e lo guardai:
-A cosa devo questo bacio perfetto?-
-Al mese appena passato, il più bello di sempre- mi sussurrò e mi sentii avvampare.
-Dio Ivan, se fai così...-
-Se fai così cosa?- chiese divertito.
-Non lo so, mi sto affezionando davvero troppo a te- dissi appoggiandomi al suo petto.
-E cosa c'è di male?-
-Nulla a dire il vero- feci riempiendomi le narici del suo odore. -è che quest'estate, quando tornerò a casa, non ce la farò mai a stare tre mesi senza di te-
-Shh non pensiamoci ora, vado già in panico- mi accarezzò dolcemente il viso.
-Mio Dio sei un tesoro- feci e rimanemmo così, in silenzio, finché non mi addormentai nuovamente, tra le braccia del mio meraviglioso fidanzato.
Quando riaprii gli occhi, ero ancora tra le sue braccia, la testa sul suo petto, ascoltavo il battito del suo cuore, erano così armonioso. Lui dormiva, aveva un'aria beata e dolce. Mi avvicinai ed appoggiai le labbra sulle sue.
-Ti adoro scemo- sussurrai.
Poi il panico: che ore erano? Alzai lo sguardo: le sei e venti.
-Scemo svegliati- disse e lo colpii con poco grazia. Lui mugugnò e mi guardò acido:
-Uffa, perché con cosi tanta cattiveria?-
-Perché non dovresti essere nella mia camera, a meno che non vogliamo farci scoprire-
Si alzò di scatto ed aprì lentamente la mia porta. La via era libera ed uscì, non prima di avermi dato un altro bacio, stringendomi a sé con un braccio. Mi sedetti sul letto e risi: mi faceva diventare matta. No, ero già pazza...pazza di lui che mi faceva ridere, mi rendeva felice e mi faceva sussultare con uno sguardo. Mentre mi vestii, mi passai le dita sul ventre, e pensai a quanto salda era la stretta del suo caldo abbraccio. Infilai il maglione e sorrisi allo specchio:
 
“ Al mese appena passato, il più bello di sempre”
E io provavo la stessa cosa.
 
-Già un mese eh?- fece Aria bevendo il nostro caffè di rito mattutino.
-Già- feci sorridendo -Questa mattina è stato un tesoro- mi morsi il labbro ricordando la sua dolcezza e la passione che mi ha trasmesso con un solo bacio.
Mi distesi sulle gambe di Aria, sbattendo il tacco dei miei stivali sul tavolo:
-Mi fa impazzire quel ragazzo- feci sospirando.
-Si vede- Aria ridacchiava massaggiandomi la pancia in segno di affetto.
-Dovremmo uscire insieme io, te, Ivan e Alex...- fece.
Io mi alzai di scatto:
-Ci sto!- feci io entusiasta -Voglio conoscere Alex-
-E lui vuole conoscere te-
La guardai con un sorriso imbarazzato:
-Parli così tanto di me?- chiesi.
-Ovvio! Sei la mia compagna di avventure- fece ammiccando con un occhio. Quanto volevo bene a quella ragazza.
 
Le ultime due ore, io e le mie amiche andammo dalla professoressa De Luci per la prova della nostra esibizione. Indossammo i nostri vestiti, sentendoci delle vere Idol Giapponesi e andammo in palestra, dove ci attendeva anche il professor Berto per aiutarci con la voce.
Ci disponemmo a scacchiera, io stavo dietro con Elisa. Presi un microfono e, appena fummo pronte, la musica partì.
È difficile riuscire a cantare al meglio, se devi anche fare qualche passo di danza che, per quanto semplici, comportano perdita di fiato. Tutte le volte che provavamo, notavo una serie di difetti che la lezione prima non sentivo e, inevitabilmente, mi innervosii e Berto lo notò:
-Marina, tranquilla. La riproviamo. Non sono note così alte puoi farcela, pensale in avanti non in alto.-
Io annuii poco convinta ma, piano piano, iniziai a prenderci la mano e fu molto più semplice.
L'esibizione era il venerdì successivo, il maledetto venerdì tredici. Non ero mai stata superstiziosa, era una data come un'altra, ma sapere che avevo tutta una serie di difficoltà nell'esibizione non mi rendeva tranquilla. Ero davvero un'ansia vivente.
Quando quelle due ore finirono, trascinai i miei piedi fino alla fermata, e sorrisi immediatamente nel vedere Ivan guardarmi e sorridermi con le mani infilate in tasca.
-Ciao- feci accennando un sorriso.
-Ehi, sembri distrutta!- fece preoccupato.
-E lo sono- feci una smorfia -Prove per l'esibizione di venerdì-
-Ah quella dove indossi quel vestito- mi lanciò un'occhiata maliziosa -Non vedo l'ora di vederti ballare con quello indosso-
Scioccata, gli tirai uno schiaffo sul braccio.
-Non fare lo scemo!-
Rise. La sua risata calorosa entrò nelle mie orecchie e non voleva lasciarle. Mi strinse a sé, baciandomi con dolcezza.
-Hai cambiato profumo?- mi chiese, annusandomi vicino al collo, facendomi rabbrividire.
-Si. Oggi al cocco e mandorla-
Continuava ad odorarmi e sfiorarmi la pelle con la punta del naso e mi uscii un sospiro.
-Ivan...-
-Mi piace. Ma non sei tu senza il tuo profumo al the verde-
Scoppiai a ridere e gli presi la mano.
-Dai andiamo- feci stanca.
Nel tragitto in autobus, pensai che Ivan era diventato davvero molto affettuoso nei miei confronti e anche il suo sguardo era cambiato: sembrava, oltre che felice, che mi desiderasse profondamente. Certo, ero felice ma avevo paura: che stesse correndo un po'? Che sentisse già amore? Ma trovai molto improbabile tutto ciò...infondo, quel giorno si era azzardato a baciarmi con la lingua per la prima volta. Forse ero il contrario di ciò che pensavo...forse non voleva ripetere i suoi errori e cercava di procedere con calma. Quei pensieri mi esaurivano, e scossi la testa corrucciata. Perché devo sempre complicarmi le cose quando potrei godermele e basta? Potrei godermi il suo affetto e le sue attenzioni, e invece no, vado in paranoia. Grande, Marina, sei sempre la solita.
 
Mi buttai sul letto esausta: avevo passato il pomeriggio a ballare e provare una coreografia per la lezione di ballo del giorno dopo, oltre che esercitarmi per lo spettacolo. Ero un bagno di sudore, accaldata e davvero stanca. Aprii le finestre per ossigenare un po' la stanza e prendere fiato. La coreografia di “Shake it off” non era ancora perfetta, non era abbastanza. Strinsi le labbra e mi guardai allo specchio, corrucciata ed imbronciata. I capelli arruffai, il viso rosso, il top nero che mi stringeva il seno bagnato per il sudore e notai che i pantajazz iniziavano a starmi larghi. Mi misi di profilo e mi osservai: ero dimagrita molto in quei mesi. La me stessa di due anni fa se lo sarebbe sognata un fisico del genere, quella Marina che si odiava e non si piaceva ora era cresciuta e, a sedici anni, poteva finalmente amarsi per quello che era. Sorrisi e bevvi un sorso d'acqua, pronta per riprendere il mio allenamento. Mentre facevo delle piroette pronta per il ritornello qualcuno bussò alla porta. Ivan entrò nel momento in cui persi la concentrazione e caddi per terra.
-Ahi- esclamai.
-Scusami Mary- fece allarmato e mi aiutò ad alzarmi.
-Ti sei fatta male?-
-No, tranquillo- mi alzai con un sorriso e spensi la musica.
-Serve qualcosa?- chiesi. Lui sapeva che odiavo essere interrotta durante gli allenamenti, ma per lui cercavo sempre di fare un'eccezione, infondo capitava poche volte. Lo sorpresi a guardarmi da capo a piedi, estasiato.
-Mi stai facendo una radiografia?- chiesi divertita.
-é che...niente, niente- si avvicinò e cambiò argomento -Inglese- disse semplicemente, facendo una smorfia. Io risi di gusto.
-Ok Ivan, siediti- indicai una delle sedie davanti alla scrivania -Fammi...riprendere fiato-
-Ti impegni davvero molto...- fece con un sorriso sedendosi.
-Lo sai come sono fatta- feci sospirando e lui annuì divertito.
-Si, sei una testa dura-
-Ehi!- lo fulminai con uno sguardo, ma infondo sapevo che era vero. Ero cocciuta e testarda, pretendevo da me stessa il massimo, Ivan lo sapeva bene, per questo mi stava molto vicino nei periodi di stress, supportandomi al meglio.
Mi sedetti vicino a lui e lo interrogai su una parte dedicata alla cultura americana. La sua pronuncia stava migliorando molto rispetto agli inizi, ero davvero fiera di lui. Mi sentivo una maestrina, glielo dicevo spesso, e lui mi prendeva in giro perché ero severa proprio come una di loro.
“Scemo” pensavo ogni volta che me lo diceva, ma lo adoravo, non potevo farci nulla.
-La smetti di guardarmi la pancia?- feci io ad un tratto, gonfiando le guance. -Non è una cosa carina-
-Ma...senti un po', scema, non posso neanche ammirare la mia bellissima ragazza?- a quelle parole arrossii visivamente.
-Bhe...bellissima è una parolona...- borbottai. Le orecchie stavano andando in fumo, mi sentivo nuovamente accaldata e non era per l'allenamento.
-Mary...sei dimagrita molto in questo periodo, stai mangiando con regolarità?- fece con voce dolce: era preoccupato per me.
-Si, tranquillo, non devi preoccuparti!- esclamai con un cenno. -Allenandomi spesso è normale...-
-Lo so ma...ti ricordi quel periodo prima di Viareggio? Ho paura ti succeda ancora...- mi guardò fisso negli occhi, scrutò la mia espressione sorpresa ed imbarazzata. Sorrisi e lo strinsi di nuovo a me:
-Non succederà te lo giuro- dissi dolcemente, passando le dita tra i suoi capelli ricci. -Non devi preoccuparti così per me-
-è una parola...-borbottò.
Risi e lo baciai a fior di labbra. Lui sorrise e io ricambiai.
-Ascolta...Sabato prossimo...vorresti uscire?-
Lo guardai perplessa:
-Ecco...è il white day, sai, nella tradizione giapponese i ragazzi ricambiano il regalo fatto dalle ragazze a San valentino. E tu mi hai preparato dei biscotti buonissimi e inoltre...- mi guardò dritto negli occhi, appoggiando la mano sul mio viso -Non abbiamo avuto un primo appuntamento...- fece con un tono di voce che mi fece sussultare.  I suoi occhi mi catturarono, come facevano sempre e riuscivo a percepire il desiderio che aveva verso di me.
-Va bene- feci con un sorriso, ero entusiasta all'idea. -Non vedo l'ora ma...cosa diciamo ai tuoi?-
Lui si rabbuio, intuì cosa stava per dire.
-Forse...dovremmo dire loro la verità...-
Deglutii. Sapevamo entrambi che era la cosa giusta da fare ma eravamo anche a conoscenza di quanto sarebbe stato difficile. Ma ci eravamo nascosti già per un mese, e io odiavo raccontare bugie, di qualunque tipo.
-Si dobbiamo Ivan...ma ho paura...- mi strinsi a lui, facendomi cullare dalle sue carezze.
-Marina però...infondo è mia madre...forse ci preoccupiamo per nulla-
-Dici?- lo guardai alla ricerca di speranza ma era inutile aggrapparsi a illusioni. Dovevamo dire la verità.
Mi alzai e presi un profondo respiro:
-Vado a chiamarla-
Ci guardammo, lui annuì.
-Scendiamo insieme-
Ci tenemmo per mano, come se potessimo infonderci forza. Serena era concentrata a preparare la cena, con aria gioiosa ed allegra, come sempre.
-Mamma- fece Ivan e lei si girò, guardandoci con un sorriso.
-Ditemi-
Io e Ivan ci guardammo e subito lei capì che dovevamo dire qualcosa di importante. Si avvicinò e si sedette, guardandoci preoccupata.
-Ragazzi tutto bene?-
-Ehm...mamma ti dobbiamo dire una cosa. È importante- iniziò Ivan cercando di scacciare le preoccupazioni che aveva. Continuavamo a guardarci negli occhi, indecisi su cosa dire e come dirlo. Lo sentii prendere un grande respiro.
-Io e Marina stiamo insieme...-
L'espressione di Serena mutò leggermente, sembrava sia felice ma notavo anche una certa amarezza.
-Da quanto?- chiese con tono piatto.
-Un mese- sussurrai io.
Lei si alzò e diede un bacio sulla testa ad entrambi.
-Ragazzi, io sono felice per voi ma capite che, almeno per ora, non posso concedervi alcune libertà. Quando state insieme nella stessa stanza dovete lasciare la porta aperta...-
Annuimmo entrambi, era ragionevole.
-Sei arrabbiata?- chiesi con un filo di voce.
-No Marina, sono felice per voi...sono un po' sorpresa tutto qui- disse guardandomi con sguardo serio che mi metteva a disagio, mi faceva sentire in colpa. Ma, infondo, la capivo. Annuii semplicemente ed accennai un sorriso.
-Ragazzi, io mi fido di voi. Già il fatto che lo abbiate tenuto nascosto per un mese non mi va' molto a genio...ma so che siete persone coscienziose. Quindi, vi chiedo solo di non fare cavolate- ci disse guardandoci negli occhi. Io e Ivan annuimmo nuovamente.
-Lo promettiamo- disse Ivan, stringendomi la mano parlando anche per me.
Serena ci sorrise:
-Detto questo, sono molto felice per voi- ci guardò con occhi colmi di amore e speranza. Notai che il suo sguardo era soprattutto rivolto ad Ivan che dopo ciò che aveva passato necessitava di amore. E volevo essere io a darglielo.
Mi sentivo molto più leggera e libera quando tornai al piano di sopra, pronta per provare la coreografia ancora una volta. Prima che potessi entrare in camera, Ivan mi abbracciò, stringendomi a se teneramente.
-E questa è andata- disse vicino al mio orecchio.
-Già- esclamai felice. -è bello non doverlo più tenere nascosto-
Mi diede un tenero bacio su una guancia e mi guardò estasiato.
-Buon allenamento- mi disse dandomi una scompigliata ai capelli. Il suo tocco era gentile, sentivo le unghie grattarmi lievemente la cute, ma era una sensazione che amavo.
La settimana successiva fu davvero troppo intensa e quel venerdì tredici arrivò carico di stanchezza da parte mia. Mi sentivo un vero straccio quella mattina quando mi alzai dal letto, e mi chiesi come avrei fatto ad esibirmi quella sera. Ma ce l'avrei fatta in qualche modo. Dopo un'abbondante colazione che mi tirò almeno un po' su, mi abbandonai alla musica dei miei amanti Transatlantic per il tragitto in autobus.
Appena entrai in classe, abbandonai lo zaino sul pavimento e mi misi a ripassare storia con Lara e Rea, cercando di non badare al casino che stavano facendo i nostri compagni, in pieno panico ma mi facevano davvero ridere, c'era un'atmosfera molto gioiosa.
-Allora Mary...parlami delle teorie di Cristoforo Colombo-
-Allora, Colombo presentò al re portoghese Giovanni II il suo progetto di navigare verso occidente, quindi verso l'atlantico, per raggiungere la Cina e l'India. Il presupposto fondamentale di questa teoria è la sfericità della Terra, quindi con quest'idea, era possibile raggiungere l'Oceano indiano senza dover circumnavigare l'Africa...-
-Ok dai basta- mi interruppe Rea stiracchiandosi -Ci viene solo l'ansia così-
Io risi:
-Non hai torto-
Lara chiuse i libri e mi guardò:
-Come va con il tuo ragazzo Mary?-
A quella domanda avvampai,  non ero ancora abituata a quel genere di domande. Sorrisi innocentemente:
-Tutto bene- risposi semplicemente.
-Non sapevo fossi fidanzata!- esclamò Rea, proprio nel momento in cui Elisa entrò in classe e si avvicinò per salutarmi.
-Ehm si da un mese- feci imbarazzata. Elisa mi sorrise capendo di cosa stavamo parlando.
-Come si chiama?- chiese Rea curiosa.
-Ivan e frequenta il liceo scientifico qui di fronte. È il figlio della famiglia che mi ospita...-
-E non crea problemi la vostra relazione?- fece perplessa.
-Bhe l'abbiamo tenuta nascosta fino a ieri...-
Elisa mi guardò sorpresa:
-Lo avete detto?-
Io annuii.
-Serena l'ha presa abbastanza bene ma, ovviamente, ci sono state piccole restrizioni.-
Elisa mi abbracciò:
-Dai, almeno è andato tutto per il meglio-
Io annuii con un sorriso.
-Pronta per sta sera?- mi chiese Elisa.
Io feci una smorfia:
-Si dai, anche se sono parecchio stanca. Tengo le energie per la verifica-
Elisa sospirò:
-Io e la storia non ci piacciamo, niente da fare-
Ridacchiai:
-Dai Eli- mi alzai per abbracciarla con affetto -Non buttarti giù-
Lei mi diede un bacio sulla testa:
-Ma sì ce la faremo- disse con un entusiasmo contagioso che entrò in me, facendomi pensare positivo per una volta. Annuii soddisfatta e andai verso il mio posto, dove un'Aria concentrata stava ripassando.
-Ciao rossa- le dissi con dolcezza e lei mi rivolse uno sguardo felice.
-Ciao Mary!-
Mi sedetti accanto a lei:
-Abbiamo detto a Serena della nostra relazione..- feci tutto d'un fiato.
Aria mi guardò sbalordita e chiuse il libro con un gesto fulmineo.
-E??-
-E l'ha presa...abbastanza bene.-
Mi abbracciò con slancio:
-Ma è stupendo Mary! Sono felice per te-
Posai una mano sui suoi capelli con dolcezza:
-Anche io. Ho un peso in meno nello stomaco.- feci sospirando, anche se di pensieri ne avevo sempre troppi, a causa della mia insicurezza. Come, ad esempio, l'esibizione di quella sera. Non perché non avessimo provato abbastanza o perché non mi sentissi pronta, ma perché, con l'avanzare delle ore, mi sentivo sempre peggio.
Quella sera mangiai poco, sia per tenermi leggera ma, soprattutto, perché non avevo appetito. Presi di nascosto delle aspirine sentendo un tremendo mal di testa investirmi e lacerarmi e partimmo alla volta di Firenze verso l'accademia.
Al centro della piazza era stato allestito un palco, e appena arrivai, notai Berto intento ad eseguire il soundcheck.
-Io vado verso i camerini- feci con un cenno, prendendo la mia borsa con il vestito di scena.
Serena e Pietro annuirono, Celeste mi saluta con la mano e, invece, Ivan mi prende per mano e decide di accompagnarmi, con mia grande sorpresa.
-Sei carino ad accompagnarmi- dissi con dolcezza, stringendo la sua mano.
Mi sorride:
-Bhe volevo anche salutare Aria, Elisa e Amanda-
Perché ogni suo gesto mi porta a pensare a quando sia dannatamente un tesoro? A quanto sia dannatamente perfetto per me?
Arrivammo davanti ai camerini e vidi le ragazze intente a scaldare la voce.
-Ciao ragazze- dissi con un sorriso.
Aria è la prima a voltarsi per ricambiare il saluto.
-Ciao Mary, ciao Ivan!-
Tutte e tre ci vennero incontro con un sorriso.
-Che bello vederti Ivan!-esclamò Aria.
-Grazie Aria- disse lui, probabilmente preso alla sprovvista.
-Pronta Mary?- fece Elisa con grinta. Io annuii semplicemente, cercando di negare a me stessa che non stavo affatto bene. Mi rivolsi ad Ivan.
-Vado a cambiarmi, mi aspetti?- chiesi con fare supplichevole.
-Certo- disse lui con un sorriso.
Io e le ragazze entrammo nel piccolo capanno che era stato montato quella mattina, dove c'erano tutte le altre ragazze che partecipavano a quel progetto. Presi il vestito e, con l'aiuto di Elisa, lo indossai.
-Ti sta davvero bene- fece lei estasiata, mentre tirava su la zip. Mi guardai allo specchio, stirando la gonna con le mani:
-Dici?- feci poco convinta, facendo un giro su me stessa.
-Assolutamente!-
Raccolsi i capelli in una coda alta e li sistemai con qualche forcina colorata. Mentre  le mie compagne si truccavano io uscii per andare da Ivan. Non sapevo perché, ma sentivo che avevo davvero bisogno che mi stesse vicino. Appena il suo sguardo si posò su di me, mi sentii avvampare. Mi guardava con desiderio ma allo stesso tempo, con un'infinita dolcezza e voglia di proteggermi.
-Sei...bellissima- mi disse, sembrava senza fiato.
-G..grazie- balbettai.
In un attimo, mi strinse a sé con impeto.
-Ivan...?-
-Sei troppo bella per me- mi disse annusando i miei capelli.
-Ma sei scemo?- feci severamente.
Lo sentii ridere. Mi guardò con i suoi grandi occhi grigi:
-Dai il meglio di te- mi diede un buffetto sulla guancia, io sembravo una bambina ma amavo quando lo faceva.
Sentii le mie compagne parlare e quindi mi voltai, stringendo le mani del mio Ivan.
Aria ci guardò teneramente:
-Siete così carini- disse, e io feci una risata imbarazzata.
-Aria- fece Ivan prendendo il suo telefono. -Ci faresti una foto?-
Io lo guardai sorpresa, sapendo che non era un'amante delle foto, esattamente come me. Però, in effetti, fare una foto con delle persone a cui si tiene, ha tutto un altro sapore.
Ivan mi cinse i fianchi mentre Aria si posizionava davanti a noi.
-Un bel sorriso piccioncini-
E come potevo non sorridere con quello scemo al mio fianco?
-Ecco qua!- fece Aria, restituendo il telefono al suo proprietario. Io e Ivan guardammo la foto: guardai le sue mani che mi tenevano saldamente, il suo sorriso e il suo sguardo. Lo guardai mentre sorrideva soddisfatto guardando la foto e capii che non ero io troppo bella per lui, ma lui troppo per me. Troppo in tutti i sensi. Quanto sono stata fortunata ad incontrarti Ivan?
-In bocca al lupo ragazze- disse con cortesia, facendo per dirigersi verso la sua famiglia.
Gli presi la mano e lui si voltò.
-Io voglio il mio incoraggiamento personale- feci imbronciata ma con sensualità.
Rise e mi diede un bacio casto, premendo le sue dolci labbra contro le mie.
-Sarai bravissima di sicuro, piccola-
Io gli sorrisi e lo ringraziai per poi raggiungere le mie compagne.
-Siete tenerissimi- fece Amanda guardandomi con un sorriso. Io arrossii e borbottai un “grazie” che veniva dal profondo del cuore.
Mi rivolsi ad Aria:
-Alex non viene?- chiesi, essendo molto curiosa di conoscerlo.
-Arriva più tardi, sta lavorando- disse con tranquillità, agitando le gambe.
-Ragazze siete pronte?- chiese la professoressa De Luci camminando verso di noi. Indossava un vestito beige che risaltava il suo fisico da ballerina professionista.
Noi annuimmo, pronte e decise.
-Siete le ottave, in bocca al lupo.-
 
Osservare gli altri che si esibivano era straziante, soprattutto perché quel dannato malessere non se ne voleva andare. Cercai di rimanere tranquilla e chiacchierare con le ragazze, ma mi sentivo stanca.
-Dannazione- sussurrai a denti stretti quando vidi le ragazze che portavano una coreografia inspirata all'india, finire la loro esibizione. Toccava a noi. E le mie gambe sembravano di piombo.
-Dai Marina, andiamo!- esclamò Elisa dandomi una pacca sulle spalle. Io annuii, accennando un sorriso. Inspirai profondamente:
“fai che vada tutto bene” pensai mentre venivamo annunciate dalla professoressa De Luci e ci preparavamo a salire sul palco.
Ci posizionammo a scacchiera come al solito sotto gli applausi della folla. Tentavo di sorridere e di dimenticarmi quel malessere, concentrandomi su quello che dovevo fare.
La musica partì subito e noi cominciammo a cantare e a muoverci, eseguendo una coreografia semplice che ci permettesse di avere abbastanza fiato. Piccoli passi, pose e sorrisi finché non cambiammo posizioni e io mi ritrovai in prima fila.
Con semplici movimenti di braccia indicai il pubblico e mi accucciai di scatto, per rotolare da un fianco a rialzarmi. Feci un giro nel momento in cui era Elisa a cantare, e mi disposi vicino ad Amanda, pronta per il ritornello. Alzammo in sincronia il braccio destro per tre volte, facendo passi laterali, cercando di mantenere espressioni fresche e sorridenti.
Girammo il capo e formammo un cuore con le mani disponendoci di lato ed avanzando in direzione del pubblico, indicandolo con un braccio. Scivolammo nel lato opposto per tornare alle posizioni originali e concludere l'esibizione con l'ultimo ritornello.
Una fila indiana, ognuna scivolò con la spinta delle braccia verso un lato ed aprimmo le braccia:
“Let's wondering” esclamammo, concludendo quindi la canzone.
Ci disponemmo in fila per salutare in pubblico ma la mia vista si offuscò. Vidi nero e sentii il contatto con il pavimento del palco.
Mi svegliai di scatto. Cos'era successo? Guardai la sveglia: erano mezzogiorno. Mi sentivo stanca, stavo uno schifo. Tentai di alzarmi ma le gambe cedettero e caddi non appena ci provai. Respirai affannosamente e tornai a distendermi, riaddormentandomi in pochi secondi. Mi risvegliai in quelli che mi sembravano pochi minuti. Socchiusi gli occhi e sentii qualcosa di umido sulla fronte: Ivan era seduto accanto a me e mi aveva appoggiato un panno bagnato.
-Ehi- mormorai guardandolo.
-Come stai piccola?- mi chiese preoccupato. Mi tirai su sedendomi.
-Insomma- feci tenendo gli occhi chiusi -Cos'è successo?-
-Sei svenuta subito dopo l'esibizione. Avevi la febbre alta scema! Dovevi dirlo che stavi male-
Feci una smorfia:
-Pensavo di potercela fare!-
-Sei la solita incosciente!- sbottò lui.
Sbuffai:
-Ho la febbre, non sto morendo!- borbottai.
Ivan mi gelò con il suo sguardo severo. Mi ammutolii all'istante.
-Scusami hai ragione...dovevo stare più attenta. È che non volevo deludere la De Luci..- mormorai abbassando lo sguardo.
Mi sfiorò la guancia con le dita.
-Lo so Mary ma la tua salute è più importante-
Io non ero propriamente d'accordo: secondo me era importante dare il massimo in ogni situazione ma stavo troppo male per cominciare una discussione quindi annuii semplicemente.
-Mi dispiace Ivan...insomma dovevamo uscire oggi...-
Mi accarezzò la spalla:
-non preoccuparti. Ho portato l'appuntamento quì-
Mi prese in braccio con delicatezza e io mi appesi al suo collo. Mi fece sedere in una delle poltrone vicino al caminetto, che era stato acceso probabilmente da Serena e notai un vassoio con del the e dei biscotti secchi.
-Non penso che tu riesca a mangiare molto quindi ho optato per qualcosa di leggero- disse porgendomi una tazza.
-Grazie tesoro- dissi ma arrossii subito per il suo sguardo: oltre a stupido, non avevo mai usato dei nomignoli. Ed era la prima volta che lo chiamavo così.
-Ti...ti da fastidio se ti chiamo così?- feci mordendomi un labbro. Lui scosse la testa e sorrise:
-Mi fa solo piacere-
Sorseggiai il thè perdendomi in quell'aroma che amavo e chiesi:
-Ivan scusami, potresti prendermi il telefono? Vorrei dire alle ragazze che sto bene-
Lui annuì e si alzò, prendendolo dalla mia borsa e me lo porse. Gemetti: avevo ricevuto una tonnellata di messaggi. Ma ero felice che qualcuno si interessasse a me.
Risposi alle ragazze, dicendo di non preoccuparsi e guardai Ivan divertita.
-Perché ho una notifica di Facebook da parte tua?- chiesi alzando un sopracciglio.
Lui alzò le spalle:
-Guarda e lo scoprirai-
Scossi la testa divertita e feci come mi aveva detto. Sorrisi dolcemente a quello che avevo davanti:
Ivan Innocenti (modificato)
Dietro a quegli occhi verdi si nasconde una dolcezza infinita che ho avuto l'onore di avere per me.
 
Aveva messo la foto della sera prima come immagine profilo. La osservavo con uno sguardo tenero.
-Dolcezza infinita mi sembra un tantino esagerato- dissi ridendo con voce rauca. -però si, hai avuto proprio l'onore- dissi, sottolineando quell'ultima parola, gonfiando le guance. Mi guardò divertito e si sedette sul bracciolo della poltrona.
-Ti adoro tesoro- mi disse guardandomi con i suoi grandi occhi grigi. Perché riusciva a farmi rimanere senza parole? Appoggiai la tazza sul vassoio e lo strinsi a me:
-Guarda che ti attacco la febbre- borbottai.
-Correrò il rischio. Vieni quì-
Si avvicinò alle mie labbra ed annullò la distanza tra di noi con un dolce e casto bacio, mordicchiandomi il labbro inferiore.
Le note di Caries degli About Wayne (la mia suoneria) ci distrasse. Lo presi e sorrisi:
-Ciao Aria- feci.
-Marina come stai? Ci hai fatto prendere un bello spavento!- esclamò lei.
-Ora meglio- strinsi la mano di Ivan -Molto meglio. Ho ancora la febbre non so se torno lunedì. Scusati con le ragazze e con la prof. E anche con Alex, ci tenevo a conoscerlo- feci delusa.
-Tranquilla anzi sono qui con lui. Ora ti metto in viva voce-
Ridacchiai mentre sentivo i rumori esterni farsi più decisi.
-Ciao Marina, come stai?- sentii dire da una voce maschile.
-Ciao Alex! Un po' meglio grazie! Mi dispiace, volevo conoscerti, Aria parla  tanto di te!- dissi con un sorriso.
-Non preoccuparti ci saranno altre occasioni-
-Sicuramente!- disse Aria mentre io mi accoccolavo ad Ivan.
-Usciremo tutti e quattro insieme magari...- guardai Ivan in cerca di approvazione e lo vidi annuire con un sorriso.
-Sicuramente. Ora ti lascio Mary, riposati-
-Ciao Aria- fece Ivan assordandomi. Gli tirai un lieve schiaffo sul braccio.
-Ciao Ivan! Ciao Marina ci sentiamo- e riattaccò.
-Mi hai assordata- feci appoggiando il telefono al tavolino.
-Esagerata- disse lui stringendomi.
Sentimmo qualcuno aprire la porta e Serena fece capolino.
-Marina come stai?- mi chiese.
-Insomma- dissi io.
Mi portò un'aspirina e l'appoggiò sul tavolo.
-Forse sarebbe meglio se la prendessi- fece ed io annuii.
-E voi due- riprese con aria severa -La porta aperta!- fece indicandola.
Imbarazzati, annuimmo, ricordandoci della promessa che avevamo fatto la settimana prima.
Lei uscì e io ed Ivan ci guardammo, ridendo.
-Buon White day Marina- disse guardandomi -La torta è giù-
-Ma mi hai fatto una torta?- chiesi sorpresa.
-Certo scema- e mi diede un bacio sulla fronte.
-Scotti ancora- disse Ivan sospirando.
-E non sto ancora così bene. Ma ora che sei qui accanto a me va decisamente meglio-
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ZAN ZAANNN! il pc è tornato tra le mie zampeee!! Nyahaha sono troppo felice! Questo e i prossimi due capitoli sono di una sdolcinatezza anormale da parte mia, ma mi piacciono devono dire. Marina e Ivan hanno trascorso il primo mese insieme (i miei cucciolotti ahah) e hanno parlato con Serena della loro relazione. Dedico questi capitoli dolciosi alle prodi fanciulle che leggono ed adorano la mia storia e che mi lasciano  qualche commento. Alla prossima
Lena
 

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Capitolo 11
*** Tutto così intenso ***


11-TUTTO COSI INTENSO
 
I mesi passarono in fretta, e prima che potessi rendermene conto, era arrivato il mese di maggio. Il più temibile di tutti. Non solo per il carico di verifiche ed interrogazioni, o per lo spettacolo di fine anno...ma perché dovevo prepararmi psicologicamente a stare tre mesi lontana di Firenze. Lontana da Aria, Elisa e  Amanda. Lontana dal mio Ivan. Era un pensiero fisso ormai, anche se non ne avevamo ancora parlato, perché eravamo così pieni di impegni che eravamo troppo stanchi per affrontare qualunque tipo di discorso serio. Lui aveva le prove per lo spettacolo della sua compagnia teatrale. Avrebbero portato una commedia scritta direttamente da loro durante l'arco di tutto l'anno ed Ivan era molto emozionato ed entusiasta. Mi raccontava, durante i viaggi in autobus, ogni dettaglio di come stavano andando le prove e potevo notare la sua felicità negli occhi. Per quanto riguardava me, lo spettacolo di fine anno era davvero impegnativo. Era strutturato allo stesso modo di quello di Natale, quindi condividevamo lo spazio con le altre due terze ma avevamo più tempo a disposizione. Tre ore di spettacolo, un ora per sezione. E ci stavamo impegnando davvero tanto. Per quello spettacolo avevo messo a riposo le gambe, concentrandomi sulla voce: Berto aveva deciso di farmi cantare, con un certo disappunto da parte della De Luci, in quanto ero “la sua ballerina veneta”, e anche un suo grande orgoglio, visto quanto ero migliorata. Ma Berto aveva insistito così tanto che lei dovette cedere. Così, mi esercitai per mesi su Radioactive degli Imagine Dragons in versione acustica, che avrei suonato io stessa. Oramai, adoravo poter suonare io stessa le canzoni che dovevo fare, mi dava il doppio delle soddisfazioni. Provavo quella canzone costantemente, in ogni momento libero mi dedicavo al raggiungimento della perfezione ed esercitarmi sul dare un certo colore (come diceva Berto) al ritornello, per differenziarlo dalle strofe. Mi ripeteva sempre che il ritornello dev'essere potente, forte e carico di energia molto più delle strofe. Purtroppo, per me che facevo canto da poco, era difficile gestire la voce e facevo molta fatica a tenere le note evitando la stonatura ma con il tempo stavo migliorando molto.
Eravamo tutti incredibilmente sotto pressione in casa Innocenti, anche se cercavamo di far vedere sempre i lati migliori di noi soprattutto io che sono sempre stata molto acida in momenti del genere.
-Nic vai a studiare!-
Ero al telefono con Niccolò, che avrebbe dovuto affrontare la maturità il mese successivo, ma era sempre stato il classico menefreghista, quello che “mi basta uscire anche con il 60”, quando in realtà, è molto intelligente. È solo pigro ed incredibilmente svogliato.
-Zitta maestrina- fece lui ridendo.
-Senti un po', sono già acidona di mio, non mi provocare- feci distendendomi sul letto.
-Eh lo sai, è fine anno-
-Si ma io ho uno spettacolo da preparare- feci, sottolineando le parole con precisione.
-Dai che andrà bene scema! Cosa farai questa volta?- mi chiese con curiosità.
-Canterò Radioactive in versione acustica. La suono io- feci con un gran sorriso.
-Appena torni su me la fai sentire-
-Va bene- risposi -Appena avrai finito gli esami e se uscirai con minimo 80-
-Ma sei scorretta!- esclamò lui.
-Vai a studiare Nic- sibilai soddisfatta.
Lo sentii brontolare:
-Va bene, ci sentiamo- fece e io risi.
-Ciao-
Appoggiai il telefono sul comodino e ripresi a studiare filosofia per l'ultima interrogazione che mi aspettava su Aristotele.
Dopo circa due ore, potei finalmente abbandonarmi a un po' di sano riposo e mi distesi, abbandonandomi alla musica come facevo sempre nei momenti di stress. In quel mesi avevo davvero compreso quanto fosse importante per me.
Sorrisi in ricordo di quei mesi e di come fossero già passati. Solo un anno prima, stavo decidendo se affrontare quell'avventura o se rimanere sulla stessa via. Solo un anno prima io stavo con Gabriele. Sbuffai: quante cose cambiano in un anno. Non capivo perché stavo pensando a quei ricordi ma era una cosa che facevo spesso: ricordare, rifugiarmi nel passato. E così la mia mente tornò indietro, facendomi vedere il primo bacio tra me e Gabriele. Il giorno della vigilia di Natale, ovvero il giorno dopo esserci messi insieme, eravamo usciti insieme per la prima volta. Avevamo passato il pomeriggio a girovagare, immersi nell'armonia delle feste, quando si era avvicinato a me, guardandomi intensamente e, in un attimo, aveva annullato la distanza tra di noi, baciandomi avidamente. Quella catena di ricordi, mi portò a ricordare anche la prima volta che mi aveva detto “Ti amo”, quando mi era stata offerta la borsa di studio per l'accademia, mentre io era in preda ai dubbi e alla confusione, ero vulnerabile. E poi, quel maledetto giorno in cui mi aveva detto che voleva fare sesso. Lui l'aveva chiamato amore, ma era sicura che, in realtà, non fosse così, almeno non per me. In sei mesi con lui, non avevo mai provato ciò che mi fa sentire Ivan tutti i giorni.
Sentii la porta aprirsi e tolsi la cuffietta, incuriosita. Vidi Ivan entrare e gli sorrisi:
-Ehi- feci.
Si lanciò sul mio letto e mi guardò:
-cosa ascolti?- mi chiese.
-Taylor Swift- risposi. Lui alzò il sopracciglio.
-Signorina “Sono metallara”, mi deludi- fece.
-Senti, è bionda, è bella ed ha una bella voce- dissi imbronciata.
Effettivamente, avevo una certa reputazione musicale, non ascoltavo musica commerciale e amavo rock e metal. Ma ogni tanto andavo a periodi di fissa con diversi artisti, e in quel periodo ero follemente innamorata di lei.
Ivan rise alla mia affermazione e prese la cuffietta che avevo tra le dita per infilarsela sull'orecchio:
-Come si chiama la canzone?- mi chiese.
-Love Story- dissi, chiudendo gli occhi.
Sentii il dorso della sua mano sfiorarmi il viso teneramente.
-Come siamo romantiche- mi punzecchiò. Lo guardai imbronciata e lui rise, avvicinandosi a me e mi baciò, facendomi stendere sul letto.
-Mmm Ivan no, se entra Serena ci ammazza- dissi, staccandomi controvoglia.
-è uscita- fece lui malizioso e io alzai gli occhi al cielo, divertita.
-Scemo- dissi ma lo avvicinai alle mie labbra, bramose di ricevere un nuovo contatto con le sue. Le sue mani sicure mi cingevano i fianchi e, piano piano, salivano sotto la mia maglietta. Il suo tocco mi provocava tantissimi brividi ma lo adoravo, mi faceva sentire davvero bene. Le mie mani, invece, erano intente a toccargli il collo, la clavicola, cercavano di conoscere il suo corpo.
Ci staccammo per la necessità di riprendere fiato e sorrisi al suo volto così vicino al mio.
-Il timido Ivan che fine ha fatto?- chiesi, mordendomi il labbro. Lui alzò le spalle:
-Dimmelo tu- mi sussurrò vicino all'orecchio. -Mi sa che è colpa tua-
-Ma cosa dici?- feci ridendo e colpendolo con un cuscino sul fianco.
-sei sleale!-
Mi colpii a sua volta e i lanciammo in una morbida sfida a colpi di cuscini e solletico. Le cuffiette ormai abbandonate, giacevano sul materasso mentre noi continuavamo a punzecchiarci finché, per la troppa foga, non cademmo giù dal letto, atterrando sul lastrone di marmo. Ero sopra di lui e ci guardammo con sguardi incomprensibili. Scoppiammo a ridere come dei bambini, eravamo davvero degli stupidi. Mentre ci alzavamo doloranti, avevo ancora in testa la canzone che stavo ascoltando, in particolare una frase.
“It's a love story, baby just say yes”
E io avevo decisamente detto si.
 
-Marina, la chitarra è accordata? Tutto a posto?- chiese Berto sfregandosi le mani.
-Si, mi ha aiutata Kevin- risposi con un sorriso.
-Bene, bene- borbottò, andando a continuare il suo giro di controllo. Io appoggiai la chitarra e mi sedetti dietro le quinte, aspettando l'arrivo delle mie amiche. Sorrisi appena sentii la voce squillante di Aria fare capolino.
-Ciao splendore- esclamò. Io risi e la ammirai nel suo bellissimo vestito verde che evidenziava la sue forme e la sua magrezza, racchiusa in un corpetto stretto con ricamature bianche. La gonna di pizzo le arrivava alle ginocchia e le donava davvero molto. Ai piedi portava dei tacchi beije non troppo alti.
-Ciao Aria- feci con un sorriso. Io avevo scelto un abbigliamento molto semplice: una canottiera bianca dallo scollo a V, stretta sotto il seno per poi aprirsi morbidamente e scendere fin sotto la cinta; un paio di jeans chiari e degli stivaletti bianco panna con un po' di tacco.
-Le altre due non sono ancora arrivate?- mi chiese ed io scossi la testa. Aria si avvicinò con un sorriso:
-Mi piacciono i capelli così- fece, alludendo alle due treccine prese dai due lati ed unite dietro, formando una specie di coroncina.
-Grazie- feci ed insieme iniziammo a scaldare la voce. Elisa ed Amanda arrivarono poco dopo, camminando frettolosamente verso di noi. Elisa aveva fatto i boccoli ai suoi capelli, ed era davvero splendida nel suo semplice vestito blu a tubino. Amanda, invece, indossava una maglia larga nera che le lasciava scoperte le spalle, e dei jeans corti più dei guanti in stile goth di cui mi innamorai.
-Ama, adoro i tuoi guanti- esclamai entusiasta. Lei mi sorrise:
-Grazie! Li ho presi ad una fiera- mi rispose.
-Ragazze- fece Aria ad un tratto -Siamo bellissime-
Scoppiammo a ridere dopo esserci guardate negli occhi.
-Aria, come mai tutto ad un tratto te ne esci così?- chiese Elisa.
-Bhe, perché è vero- esclamò allargando le braccia, facendoci segno di avvicinarci. Ci stringemmo in un abbraccio e sentii un miscuglio di profumi, i profumi di quelle amiche speciali che avevo avuto la fortuna di incontrare.
-Grazie per tutto quello che avete fatto per me in questi mesi- dissi -Sono davvero fortunata ad avervi nella mia vita-
Le mie amiche mi guardarono dolcemente, con sguardi carichi di una tenerezza che non avevo mai visto.
-Marina, sei un tesoro- fece Amanda, prendendomi le mani e stringendole.
-Per te ci saremo sempre, è una promessa- mi guardò intensamente e mi trasmise fiducia. Posai poi il mio sguardo su Elisa ed Amanda, e potei rivedere lo stesso sguardo. Io sapevo che di loro potevo fidarmi, che non era una frase detta tanto per dire ma che erano sincere.
-Grazie. So che un grazie non è abbastanza ma grazie. E anche io ci sarò...sempre e per sempre-
Ci stringemmo nuovamente, con molto più affetto di prima. Mi sarebbero mancate così tanto in quei tre mesi, nonostante avessi le mie migliori amiche lì in Veneto, oramai avevo bisogno anche di quelle tre matte.
-Ehi Rea- esclamò Aria ad un tratto. La diretta interessata si voltò e ci guardò:
-Dimmi-
-Ci faresti una foto?-
Lei sorrise ed accettò, prendendo il telefono della bella rossa. Ci stringemmo vicine, i bracci sulla spalle di quella a fianco di noi, e sorridemmo cariche di adrenalina e voglia di salire sul palco.
 
-Eccoci alla seconda ora con la 3B- annunciò il presentatore. Avanzammo in fila indiana in ordine alfabetico per farci presentare
-Accogliamo con un applauso:
 
Kevin Amaldo
Giada Bellini
Lara Bertolotto
Filippo Coldi
Rea Donati
Roberta Franzato
Tommaso Furi
Giulio Gatti
Amanda Gentini
Ludovico Gori
Federico Graziati
Elisa Leggiadri
Veronica Lombardi
Camilla Lucci
Antonio Manetti
Angela Martini
Aria Perini
Sophie Ricci
Marina Rinaldi
Matteo Servini
Emilia Zamponi-
 
Il pubblicò applaudì e noi ci sentimmo pronti per l'ultima avventura prima delle vacanze.
 
Mi stupivo ogni volta di quanto Aria fosse brava. Si sentiva che aveva molta esperienza, la sua voce era così decisa ma delicata. Per l'occasione, aveva cantato "Take me to church" di Hozier e io la ammiravo estasiata. Come si muoveva, come interagiva con lo sguardo mi stregava e mi conquistava esattamente come stava facendo con il pubblico, che, appena finì, applaudì entusiasta.
-Aria sei bravissima!- esclamai con un sorriso, abbracciandola non appena tornò dietro le quinte.
-tesorino- disse lei teneramente -Dopo Antonio e Camilla tocca a te! Vai e spacca i culi!- mi disse con grinta, spronandomi.
Appena il duetto di Antonio e Camilla finì, presi un grande respiro e mi avviai verso il palco, stringendo la chitarra per darmi sicurezza.
-Buona sera. Sono Marina Rinaldi e questa sera vi canto "Radioactive" degli "Imagine Dragons" in versione acustica- dissi, e mi sedetti sulla sedia che Berto aveva posizionato in mezzo al palco. Sistemai l'asta del microfono in modo che fosse alla giusta altezza mentre il pubblico applaudiva per incoraggiarmi. Appena fui pronta, cominciai a suonare con decisione e con un sorriso che solo la musica poteva darmi.
 
I'm waking up to ash and dust
I wipe my brow and I sweat my rust
I'm breathing in the chemicals

I'm breaking in, shaping up, then checking out on the prison bus
This is it, the apocalypse
Whoa

Ed ora era il momento di dare "colore", di dare più grinta per delineare la parte forte della canzone, ovvero il ritornello.

I'm waking up, I feel it in my bones
Enough to make my system blow
Welcome to the new age, to the new age
Welcome to the new age, to the new age
Whoa, oh, oh, oh, oh, whoa, oh, oh, oh, I'm radioactive, radioactive
Whoa, oh, oh, oh, oh, whoa, oh, oh, oh, I'm radioactive, radioactive

I raise my flag and dye my clothes
It's a revolution, I suppose
We're painted red to fit right in
Whoa

I'm breaking in, shaping up, then checking out on the prison bus
This is it, the apocalypse
Whoa

I'm waking up, I feel it in my bones
Enough to make my system blow
Welcome to the new age, to the new age
Welcome to the new age, to the new age
Whoa, oh, oh, oh, oh, whoa, oh, oh, oh, I'm radioactive, radioactive
Whoa, oh, oh, oh, oh, whoa, oh, oh, oh, I'm radioactive, radioactive

All systems go, the sun hasn't died
Deep in my bones, straight from inside

I'm waking up, I feel it in my bones
Enough to make my system blow
Welcome to the new age, to the new age
Welcome to the new age, to the new age
Whoa, oh, oh, oh, oh, whoa, oh, oh, oh, I'm radioactive, radioactive
Whoa, oh, oh, oh, oh, whoa, oh, oh, oh, I'm radioactive, radioactive

 
Il pubblico scoppiò in un applauso appena finii di suonare, sentii anche Ivan e Celeste urlare il mio nome estasiati, e questo mi ripagò per tutte quelle prove, per il mio essere pignola e tutto quel lavoro che avevo fatto in quei mesi. Sorrisi ringraziando il pubblico e tornai dietro alle quinte, per farmi abbracciare dalle mie amiche che mi adularono, anche se in modo troppo esagerato.
Mi sedetti, e cominciai a prestare attenzione alle esibizioni dei miei compagni, soprattutto a quelle di Elisa, Amanda e Lara, essendo loro le ragazze a cui ero più affezionata.
Appena anche l'ultima esibizione della nostra classe si concluse, uscimmo tutti dalle quinte per ricevere una standing ovetion che ci godemmo fino all'ultimo applauso. Ci dirigemmo verso i camerini che per cambiarsi, chi semplicemente per prendere le proprie borse. io salutai le mie amiche e mi diressi verso l'uscita, mentre sentivo provenire dal teatro rumori che stavano a significare che era iniziata l'ultima parte dello spettacolo. Trovai subito Ivan davanti alle porte di vetro, le mani in tasca e lo sguardo che guizzava tra la folla, cercandomi. Mi vide e sorrise, aprendo le braccia. Gli corsi incontro e gli buttai le braccia al collo, facendomi avvolgere in un dolcissimo abbraccio.
-Bravissima piccola mia- fece, dandomi un bacio sulla fronte.
-Grazie- mormorai felice immergendomi nel suo petto così invitante. Ci guardammo per alcuni secondi prima di prenderci per mano e dirigerci verso il resto della famiglia, che mi aspettava raggiante.
 
Esattamente due giorni dopo, era il turno di Ivan di brillare su un palco: l'esibizione della sua compagnia teatrale lo attendeva, ma studiando recitazione da molti anni era molto tranquillo, anzi, non vedeva l'ora di salire su quel palco. Ormai la trama la sapevo, me l'aveva raccontata molte volte, ma non aveva mai voluto provare davanti a me.
-Sarà una sorpresa- mi diceva facendomi l'occhiolino.
Quella sera indossai un abito bianco dalla gonna di tulle che arrivava fino alle ginocchia. Raccolsi i miei lunghi capelli in una coda laterale e misi un paio di tacchi celesti. Ivan era già in teatro da qualche ora per le prove generali, quindi appena fummo tutti pronti, ci avviammo verso Firenze.
Il teatro che ospitava la compagnia era più piccolo rispetto a quello dell'accademia, ma riusciva comunque ad ospitare un numero consistente di persone. Serena fermò me e celeste e disse:
-ragazze, Ivan ha fatto riservare due posti per voi in prima fila-
Io e Celeste annuimmo e, dopo aver salutato Pietro e Celeste, ci dirigemmo verso la prima fila, e notammo su due poltroncine due biglietti. Ci avvicinammo e notammo che c'erano scritti i nostri nomi. Sorrisi:
-Tu fratello è proprio scemo- feci rivolgendomi a Celeste.
-Bhe, direi che il tuo ragazzo è stato molto carino no?-
A quelle parole arrossii e non poco: io e lei non avevamo mai parlato di quella situazione.
-Senti Celeste- cominciai ma lei mi interruppe subito.
-Io sono felice- mi guardò con un grande sorriso -Voi due siete troppo carini insieme. Rendilo felice- Celeste mi prese le mani e riuscì a trasmettermi i suoi sentimenti, riuscì a farmi capire quando tenesse al suo fratellone.
-Non ti preoccupare- dissi ricambiando la sua stretta e cercando a mia volta di trasmetterle ciò che provavo: un forte sentimento per il mio Ivan.
Le luci della sala si spensero per lasciar accesa solo un occhi di bue al centro del palco, dove comparve una ragazza, la narratrice. Ci spiegò che in una terra lontana, fratello e sorella continuavano a litigare per qualunque motivo. I loro genitori, stanchi di tutti ciò, decisero di ricorrere all'aiuto di uno stregone, che con un sortilegio, fa provare ad ognuno di loro cosa succederebbe se l'altro non ci fosse.
Lo stregone era il personaggio migliore, ed era interpretato da Ivan. Era misterioso ma con un carattere comico e donnaiolo. Ogni volta che compariva in scena, catalizzava tutta l'attenzione del pubblico, soprattutto la mia. Durante il suo primo monologo, dove sotto una musica jazz, scese dal palco, interagendo con il pubblico e, sempre continuando a recitare, si avvicinò a me. Mi prese la mano e la baciò, sotto il mio sguardo sorpreso.
-Le belle donne sono l'unica cosa a cui non posso resistere- disse con voce roca ed incredibilmente sexy. Prese una rosa da una tasca interna della sua giacca e me la porse. Io rimasi incantata e piacevolmente pietrificata. Il suo sguardo era capace di mandarmi in tilt.
Seguii la storia molto a pezzi, ero completamente persa nei miei pensieri. Le uniche parti a cui dedicavo attenzione erano quelle dove Ivan compariva e per tutto il tempo, stringevo la rosa tra le mani. Lo spettacolo finì prima che io potessi rendermene conto. Applaudii entusiasta e, appena le luci si accesero, io e Celeste ci alzammo per raggiungere Pietro e Serena.
-Come ti è sembrata la storia?- mi chiese Celeste mentre camminavamo verso l'uscita.
-Eh? Ehm...non male. Sono riusciti a renderla originale nonostante sia un'idea usata già diverse volte-
La ragazza mi guardò:
-E...che te n'è parso di Ivan?-
Arrossii.
-è stato...davvero molto bravo-
La ragazza rise non appena si accorse del mio rossore in viso ma, prima che potesse rendere il momento ancora più imbarazzante, Pietro e Serena vennero, inconsciamente, a salvarmi.
-Vi è piaciuto? Sono stati bravi eh?-
-Già- confermammo noi.
Aspettammo Ivan fuori dal teatro, e io continuavo a stringere quella rosa come fosse un tesoro. Finalmente, il mio bellissimo ragazzo uscì dai camerini e ci venne incontro.
-Ciao! Bravissimo tesoro- esclamò Serena congratulandosi con il figlio.
-Grazie- lui sorrise lusingato e io mi ritrovai a fissarlo estasiata.
Salimmo in auto immersi in chiacchiere e complimenti. Si vedeva che amava la recitazione, che quel mondo lo appassionava. Lo potevo capire dalla luce che brillava nei suoi occhi quando ne parlava e quando recitava.
Tornati a casa, salii le scale stanca e desiderosa di andare a dormire. Feci per entrare in camera mia ma Ivan mi intercettò.
-Piaciuto il mio monologo?- fece con un ghigno.
-Ti odio-sibilai mentre lui ridacchiava dopo avermi vista arrossire.
-Si, come no piccola-
Si avvicinò con fare strafottente e mirò al mio collo. Socchiuse gli occhi e cominciò a baciarlo lentamente, a morderlo e succhiarlo. Risalì fino alle mie labbra che fece sue e mi strinse a sé, facendomi aderire al suo petto. Le sue mani mi sfioravano appena, ma mi sentivo sciogliere. Dischiusi le labbra, e la sua lingua poté cercare la mia per approfondire il bacio, e cominciai a sentire una strana sensazione nel basso ventre. Ero eccitata, stavo lentamente perdendo la ragione. Come poteva una sola persona riusciva a farmi sentire così bene e a darmi così tanta felicità?
Ci staccammo quando sentimmo la voce di Serena farsi vicina, intuendo che stava salendo le scale.
-Buona notte- gli sussurrai e, posato un bacio sulla guancia, entrai in camera mia, le gambe tremanti e le guance roventi.
 
Ultimo giorno di scuola: quella mattina, appena entrai in classe, sentii subito che c'era una nota diversa. Allegria, certo, ma anche qualcosa di diverso, una certa tristezza e malinconia.
Le mie amiche mi salutarono, e capii che era da loro che proveniva quella tristezza. Aria mi abbracciò come era solita a fare, e guardai Elisa e Amanda e capì che anche per loro sarebbe stato triste non vedermi per tre mesi.
-Ragazze...- feci ma mi fermarono subito.
-Niente discorsi tristi Mary. Non potremmo sopportarlo- fece Elisa sedendosi sul banco di Aria. Sorrisi tristemente ma cercai di godermi quella giornata. Fin dalla seconda ora, scendemmo nel cortile sul retro, e ci sedemmo sull'erba fresca. Elisa prese la sua chitarra e cominciò a suonare e noi la seguimmo, cantando e ballando, divertendoci come matti. Eravamo uniti tutti dalla stessa passione per la musica, non c'erano differenze tra di noi in quel momento, non c'erano rivalità ma solo musica e passione.
La mattinata passò davvero tanto in fretta, il suono della campanella e le urla entusiaste mi sorpresero. Guardai subito Aria, Elisa ed Amanda e, con un fare malinconico, mi avvicinai a loro.
-Buone vacanze ragazze- dissi, abbracciandole forte.
-Anche a te- fece Aria -Fai la brava-
-Quello sempre- dissi ridendo.
-Quando parti?- mi chiese Elisa.
-Tra due giorni- risposi, mentre prendevo le mie cose. Salutai tutti i miei compagni con abbracci e promesse di sentirci presto ed insieme alle mie amiche, uscimmo e diedi uno sguardo all'accademia, salutandola con un sorriso, e ringraziandola per tutto ciò che aveva fatto per me.
-Bene Mary...ci sentiamo allora- fece Amanda con un sorriso.
-Si...grazie di tutto-
Sentivo una stretta al cuore, una sensazione che non avevo mai provato che mi fece capire realmente quando mi ero affezionata a loro e quanto erano diventate fondamentali per me.
-Ciao ragazze- fece Elisa salutandoci con la mano. Prendemmo direzioni diverse, separandoci anche se forse non eravamo pronte per davvero. Sentii qualcuno prendermi la mano e mi voltai a guardare Ivan che mi sorrideva.
-Ehi, tutto bene?-
Io annuii con un sorriso.
-Si, ma sai, è strano. Non credevo che mi sarei ma affezionata così tanto a delle persone-
Mi diede un bacio sulla fronte.
-è dura- mi fece -è tanto difficile anche per me-
Mi feci avvolgere dalle sue braccia così invitanti per farmi coccolare un po', avendo un tremendo bisogno di lui. Meno due giorni, e avrei dovuto fare a meno di quella sensazione.
Scendemmo dall'autobus, con una Celeste energica e felice, e io e lui, una coppietta un po' malinconica.
-Ciao ragazzi! Com'è andata?- fece Serena accogliendoci.
Rispondemmo un "bene" e solo Celeste approfondì il discorso, con la sua energia che volevo tanto possedere. Dopo mangiato, mi trascinai su per le scale ed entrai in camera mia. La valigia mezza piena era ai piedi del letto, ma non avevo voglia di finirla quindi mi buttai sul letto e cominciai a guardare qualche episodio di Pretty Little liars, essendo rimasta indietro. Guardavo Hanna e Caleb, la mia coppia preferita, e sorridevo pensando che, qualche mese prima, dicevo che mi sarebbe piaciuto avere un ragazzo che ci tenesse a me come Caleb fa con Hanna, così dolce e protettivo, pensa al suo bene. E in quel momento potevo dire che lo avevo, e che mi piaceva davvero troppo.
Lo pensi, ed ecco che bussa alla tua porta. Sorrisi non appena lo vidi entrare in camera mia.
-Ehi- feci mentre lui si sedeva accanto a me.
Mi strinse teneramente e mi chiese:
-Cosa guardi?-
-Pretty little liars- risposi con un sorriso.
Lui mise il broncio.
-Piccola, usciamo un po'?- mi chiese implorandomi -Ho bisogno di te-
Lo guardai e sorrisi teneramente, chiudendo il portatile.
-Certo- feci. Lui sorrise soddisfatto e mi prese la mano, per farmi alzare dal letto. Presi la borsa appoggiata su una delle poltrone ed uscimmo, salutando Serena. Ivan mi prese nuovamente la mano, la stringeva e sembrava intenzionato a non lasciarla. Sorrisi e lui mi guardò:
-Perché sorridi?- mi chiese.
-Perché, non posso?- feci, facendogli la linguaccia.
Lui sbuffò:
-Acida-
Gli diedi un leggero colpo sul fianco con la mano libera ma lui la afferrò, intrappolandomi.
-Ho vinto io- fece con un sorriso sghembo.
-Stupido- dissi ridendo. Alzai lo sguardo ed incrociai i suoi occhi, ad arrossii senza un vero motivo.
-Comunque...- ripresi -Sorridevo perché mi stringevi la mano come se non volessi lasciarmi andare mai-
Sorrise tristemente, e mi lasciò una mano per portare le sue dita tra i miei capelli.
-Infatti è così- mi disse.
Capivo cosa provava perché era lo stesso che sentivo io ogni volta che pensavo che non ci saremo visti per tre mesi. Lo so, non sono così tanti, conosco coppie che sono sopravvissute a molti più mesi, anche ad anni. Ma il pensiero di non averlo accanto a me faceva male.
-Marina, io sarò sempre vicino a te anche se siamo lontani immagina che io sia lì con te e ci sarò davvero-
Si mise le mani in tasca e prese un pacchettino. Io alzai un sopracciglio.
-Ivan, ma...-
-Ah, zitta- poggiò l'indice sulle mie labbra, fermando le mie parole. -Non dirmi cose del tipo "Ivan non dovevi"- ed imitò perfettamente la mia voce, cosa che mi faceva imbestialire, mi prendeva sempre in giro. Ma mi piaceva tantissimo anche per questo.
Mi porse il piccolo pacchettino e io lo aprii: c'era una piccola cavigliera dorata con un piccolo ciondolo a forma di nota musicale.
-Appena l'ho visto ho pensato a te- fece, leggermente imbarazzato.
Sorrisi teneramente a quella sua espressione e mi strinsi a lui.
-Sei sempre il solito- borbottai, inebriata dal suo profumo. Cercai di respirarlo a pieni polmoni e di imprimerlo dentro di me: aveva quell'odore della natura incontaminata, di libro appena comprato, un odore di fresco e di muschio bianco. Come poteva una sola persona darmi così tanto? Oh Ivan, che incantesimo mi hai fatto? è tutto così intenso con te.
Valigie fatte, camera semivuota ed un'emozione che non riuscivo a decifrare. Ero seduta sul letto ed osservavo gli arredi su cui pochi minuti prima c'erano libri, quaderni, fogli e penne che avevo riposto in zaini e borse. Mancavano tre ore per il mio treno e mi stavo chiedendo come avrei fatto a trascinare con me tutta quella roba...c'era la mia vita infondo. Fare il cambio a Bologna non sarebbe stato molto divertente. Sospirai: stavo davvero tornando a casa.
Guardai il display degli arrivi: non c'erano ritardi. Stringo la cinghia della borsa a tracolla con il portatile e guardo la famiglia Innocenti, il mio sguardo passa su ognuno di loro. Serena si avvicina a me prima che io abbia il tempo di aprire bocca.
-Marina, è stato bellissimo averti qui con noi. Passa delle buone vacanze- mi diede un bacio sulla fronte e tre parole mi escono spontanee.
-posso...chiamarti mamma?-
Ho un nodo alla gola, erano stati mesi così intensi e pieni di cambiamenti, e avevo visto Serena come una madre. Mi guardò sorpresa ma subito sorrise con dolcezza.
-Certo tesoro- mi disse e i fiondai subito tra le sue braccia. Pietro mi accarezzò la testa con una dolcezza che non mi aspettavo.
-Ci vediamo a settembre Marina. Sei stata davvero come una figlia per noi, e lo sarai sempre-
Quelle parole mi commuovono, mi fanno sentire felice di essere stata una brava persona per loro.
Anche Celeste si fiondò tra le mie braccia, e con dolcezza, mi disse:
-Ciao sorellona, fatti sentire- e glielo promisi, dandole un bacio sulla nuca.
E poi, il momento più duro, il saluto più difficile: Ivan mi guardava con gli occhi grigi colmi di tristezza ma un sorriso che tentava di rassicurarmi. Ci guardammo per alcuni secondi poi, come due calamite, ci avvicinammo, tremendamente attratti l'uno dell'altra. Mi strinse forte a se, il suo respiro era come una melodia alle mie orecchie.
-Ciao piccola, salutami i tuoi-
Io annuii, respirando a fondo il suo profumo. Ci guardammo, un po' imbarazzati e,anche se la sua famiglia era lì, ci scambiammo un dolce bacio, socchiudendo gli occhi e facendo finta che ci fossimo solo noi in quel momento. Ma quando riaprimmo gli occhi, eravamo consci che il mio treno stesse per arrivare e che dovevamo staccarci da quella stretta così sicura.
Mi allontanai a malavoglia e ci guardammo per altri secondi, come se potessimo imprimere nella memoria ogni caratteristica dell'altro.
-Allora...buone vacanze piccola mia io..- si bloccò, e lo vidi corrucciarsi come se stesse pensando. Poi mi sorrise:
-Sentirò tanto la tua mancanza-
-Anche io la tua...tanto-
Salutai tutti con la mano mentre mi dirigevo verso il binario, e salutavo Firenze, che sentivo finalmente un po' più mia rispetto ai mesi precedenti.
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provvederò al più presto a sistemare eventuali errori
un bacio
Lena

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Capitolo 12
*** La migliore pazzia ***


 
12- LA MIGLIORE PAZZIA
 
Il treno frenò rumorosamente e le porte automatiche si aprirono. Trascinai la grande valigia, borse e lo zaino fuori dal treno e respirai profondamente l'aria di Padova, che mi avvolse ed entrò dentro il mio cuore, come se cercasse di scagliare via l'odore fiorentino che è impregnato in me. Mi dispiace, Padova, ma non puoi farlo. Mi avviai verso la biglietteria e, non appena vidi mia madre, sorrisi dolcemente. Le mani in tasca e lo sguardo che guizzava e,quando mi trovò, sorrise dolcemente. Mi fiondai tra le sue braccia ancora prima che lei se ne rendesse conto.
-Ciao mamma- mormorai.
-Ciao Marina- esclamò lei, felice di vedermi. Mi aiutò con le valigie mentre eravamo immerse in chiacchiere tra madre e figlia, io avevo molte cose da raccontarle. Prima tra tutte: la relazione tra me ed Ivan.
-E quindi state insieme?- mi chiese un po' sorpresa. Io annuii imbarazzata, con lo sguardo basso.
-Sono così felice per te tesoro- esclamò mentre guidava per tornare a casa.
-G-grazie- balbettai io. E così le raccontai tutto di noi, da quel 7 febbraio ai momenti in cui si era preso cura di me.
-è davvero un tesoro- commentò lei, mentre cercava le chiavi di casa. Io annuii e osservai casa mia con una nostalgia davvero forte e, appena la porta si aprii, sentii un tuffo al cuore: si, mi era mancata. Come mi era mancato vedere il mio fratellone venirmi in contro ed abbracciarmi forte.
-Ciao sorellina- esclamò dandomi un bacio sulla nuca -Mi sei mancata tantissimo-
-Anche tu- feci io, lasciandomi coccolare.
Dopo un giro di chiacchiere con tutta la famiglia, passò più o meno un'ora e io raggiunsi la mia camera: era il momento di riempirla. Ci misi un po' per sistemare tutto ma, appena finii, potei osservare la mia stanza soddisfatta. Mi buttai sul letto, le lenzuola pulite che sapevano di fresco ma...non c'era il mio odore. Era come se non fossero...mie. Scossi la testa: sempre più paranoica Marina.
Presi il telefono dalla borsa e chiamai Ivan. Mi rispose quasi subito.
-Ehi piccola, sei arrivata?- mi chiese.
-Si, sono in camera, ho appena finito di sistemare le mie cose-
-Hai fatto un buon viaggio?-
-Si tesoro- risposi con dolcezza. Era un amore, si preoccupava sempre per me. -Cosa stai facendo?- chiesi curiosa.
-Mi stavo preparando per uscire con Daniele, Erica e Rosalba-
-Salutameli tanto- feci io. In quei mesi io e Rosalba eravamo diventate molto amiche. Ci sentivamo spesso ed uscivamo insieme ogni tanto. Era venuta a casa Innocenti per salutarmi il giorno prima e mi aveva portata in una pasticceria per mangiare insieme qualche dolce.
-Sicuramente- mi rispose lui -Sai che...mi manchi già?- riprese, con un filo di voce.
-Anche tu- mormorai io giocherellando con i miei capelli. -Ma...è come se tu fossi qui accanto a me, non mi sentirò mai davvero sola-
-Marina...Mary io...-
Sentivo che doveva dirmi qualcosa di importante ma sentii la voce di mia madre chiamarmi per dirmi che era pronta la cena.
-Scusami devo andare- dissi -Ci sentiamo. Divertiti questa sera, fai il bravo.-
-Certo scema! Ti...ti adoro, ciao- e riagganciò. Mi sembrava un po' strano, ma se mi mettevo anche a preoccuparmi per lui, essendo così distanti, sarei andata in panico. Quindi scesi semplicemente a mangiare, decisa non pensarci.
Giusto il tempo di finire di mangiare, che sentii il campanello suonare: aprii la porta e tirai un urlo estasiato nel vede Mara, Caterina e Lucia davanti al nostro cancello, con sorrisi da copertina. Corsi lungo il vialetto per abbracciarle.
-Ciao ragazze- feci stringendomi a loro.
-Ciao Mary- fece Mara guardandomi. -Oddio non ci credo che sei davvero qui-
-Invece si, sono qui con voi- esclamai guardandole con un sorriso.
Rimanemmo sotto il mio portico a parlare e raccontarci di tutto ciò che mi ero persa in quei mesi. Qualcosa mi avevano accennato al telefono e nelle mail ma era bello poter sentire tutto dal vivo.
-E quindi...con Ivan?- mi chiese Mara ad un certo punto.
-Tutto bene- feci semplicemente. Non ero andata molto nei dettagli, anche perché erano capitate certe situazioni particolari che era quasi difficile spiegarle senza vedersi davanti ad un bicchiere di the freddo.
-Ho visto la foto che ha messo lui. Quella dove sei vestita con un vestito celeste- fece Caterina, alludendo alla foto che ci fece Aria il giorno prima dl white day -Siete troppo carini-
Arrossi a quella affermazione e la ringraziai.
-Pensa che sono svenuta in mezzo al palco appena finii l'esibizione- raccontai, e le mie amiche mi guardarono sbalordite.
-Cosa ti era successo?-
-Avevo la febbre, non stavo bene. E Ivan si è occupato di me tutto il giorno seguente- feci, ricordando quel 14 marzo. -è un amore-
-Si vede che ti piace davvero molto- fece Lucia sorridendo -Sono quattro mesi?-
Io annuii:
-E sarà dura non vederlo fino a settembre- feci con una nota triste nella voce. Ma sapevo che pensarci così assiduamente sarebbe stato solo peggio, perciò cambiai discorso e cominciai a chiedere a Caterina come andava con il suo nuovo ragazzo ma, mentre mi stava raccontando nei dettagli la loro storia travagliata, una voce mi distrasse:
-Guarda un po' chi è tornata!-
Riconobbi subito la voce squillante di Niccolò, e mi voltai sorridendo. Mi alzai dalla sedia e corsi verso il citofono per aprire il cancello e gli corsi incontro, buttandomi tra le sue braccia.
-Ciao Nic- esclamai mentre lui mi stringeva forte a se.
-Ciao Mary, come stai?-
-Bene, bene! Sono felice di vederti! E tu?-
-Un po' stressato causa maturità ma non c'è male-
-Ricordati che devi uscire con l'80 per me- feci scioccando la lingua.
-Ti odio- sibilò lui mentre io me la ridevo.
Rimase lì con noi per un po', ormai conosceva anche Mara e Caterina anche se non frequentavano la mia ex scuola come lui e Lucia, quindi non c'era neanche una traccia di imbarazzo. Verso le dieci e mezza, le mie amiche mi salutarono dandomi appuntamento al giorno successivo e tornarono a casa. Niccolò, invece, rimase lì con me ancora per un po'.
-Come va con il fidanzato?- mi chiese mentre si accendeva una sigaretta.
-Tutto bene. Mi piace davvero molto- feci abbassando lo sguardo. Mi risultava difficile parlare con lui di Ivan, sapendo che provava qualcosa per me. Lui se ne accorse.
-Puoi parlarmene tranquillamente Mary, non provare imbarazzo-
Io annuii, e gli raccontai in sintesi ciò che era successo in quei mesi.
-Ti meriti di essere felice- mi disse buttando fuori l'ultima nuvoletta di fumo per buttare il mozzicone sulla strada. -Spero che lui sia migliore di chi sai tu...-
-A proposito...come...come sta?- chiesi titubante.
Niccolò scrollò le spalle:
-è stato promosso agli esami. Almeno quello. Però...esce con una ragazza mora con gli occhi verdi- mi guardò dritto negli occhi -Ho il sentore che gli manchi sul serio-
-Tsk, troppo tardi- feci io con la voce carica di astio.
-Già- fece Niccolò sorridendomi. Si chinò e mi diede un bacio sulla fronte -Ciao Mary vado a casa. Buona notte-
-Notte Nic- dissi, posando a mia volta un bacio sulla guancia e salutandolo mentre si allontanava nell'oscurità.
Tornata in camera, mi buttai sul mio lettone su cui non dormivo da mesi e mi addormentai quasi subito, stanca e confusa.
Con i giorni successivi, si tornò al periodo di "uscite tutti i giorni con le amiche". Semplicemente girovagavamo per Padova un po' come fossimo nomadi, o organizzavamo qualcosa di carino insieme, come delle gite. Sentivo Ivan, Aria, Elisa ed Amanda tutti i giorni, anche solo per messaggio o per e-mail, e mi raccontavano cosa stavano facendo, se sarebbero partite, se si stavano divertendo.
Rimasi accanto a Niccolò per i suoi esami, e riuscii a farlo studiare e tirare fuori le sue potenzialità con qualche piccola minaccia e così giugno volò, lasciando spazio ad un caldo ed afoso luglio.
Era un banalissimo pomeriggio dove avevo deciso di rimanere spaparanzata sul letto  a divorarmi episodi di "Golden Time". Mio fratello era all'università per dare un esame e i miei genitori erano, ovviamente, a lavoro. Ero quindi immersa nella tranquillità di una casa vuota quando sentii il campanello suonare. Un po' scocciata, misi in pausa l'episodio che stavo guardando e scesi le scale. Aprii la porta:
-Si chi...- mi bloccai appena mi fu chiaro cosa avevo davanti. Anzi, chi.  Avevo la bocca spalancata per lo stupore, tremavo quasi per la paura che fosse un miraggio. No, non poteva essere...ma era così: capelli ricci sempre caotici, due grandi occhi grigi, un viso stupendo. Il mio Ivan era lì, con un sorriso sghembo stampato sulle labbra. Aprii il cancello e corsi lungo il vialetto. Sembrava la scena di un film: mi buttai tra le sue braccia mentre lui lasciò cadere la valigia sul marciapiede per stringermi e farmi girare.
-Sei...sei qui...tu...- balbettavo, non riuscivo proprio a parlare.
-Sono qui piccola, qui con te-
-Ma..ma cosa?-
Mi guardò negli occhi.
-Ho preso il primo treno che ho potuto...so che sono passate tre settimane ma...mi mancavi- mi disse accarezzandomi la guancia con il pollice -Avevo tanta voglia di vederti e volevo farti una sorpresa-
-é la migliore sorpresa di sempre- sussurrai ancora immersa nel suo calore.
Sorrisi:
-Vieni dai- gli presi la mano e lo trascinai verso casa.  Si pulì le scarpe sullo zerbino ed entrò:
-Permesso- fece educatamente.
-Sono sola- feci prendendo il telefono -Chiamo mamma, le chiedo se puoi restare qui-
-Ma vado in un albergo scema- protestò lui, ma ormai avevo già composto il numero.
-Ciao Graziella, sono Marina. Mia mamma è lì?- chiesi alla segretaria. Aspettai qualche secondo e poi sentii la voce squillante di mia madre.
-Dimmi Marina-
-Mamma, Ivan è venuto a trovarci! Può rimanere da noi?- chiesi con fare supplichevole.
-Oh che gentile. Va bene, prepara il letto nella camera degli ospiti- fece e, dopo avermi dato qualche istruzione su delle cose da fare, riagganciò.
Mi voltai verso Ivan sorridente:
-Sei un tesoro lo sai?-
Lui si avvicinò a me:
-E allora dammi il mio ringraziamento-
Sorrisi mordendomi il labbro inferiore, mentre lui si avvicinava a me. Appena le nostre labbra si incontrarono cominciai a fremere. Gli cinsi le vita con le braccia, così da potermi stringere sempre di più a lui. Tre settimane e avevo bisogno dei suoi baci come si ha bisogno di respirare. Quanto amavo il suo modo di mordermi le labbra teneramente. Ci staccammo per la necessità di prendere fiato, ma subito si rituffò tra le mie labbra, se possibile, con ancora più voglia di me.
-Sai...- feci appena ci staccammo -Non avrei mai creduto che potessi piacere così tanto a qualcuno- lo dissi con timidezza, non avevo ancora sviluppato fiducia in me stessa, sul mio essere, sul mio fisico.
-Dovresti imparare ad amarti di più. Se solo potessi guardarti come ti guardo io e tanti altri ragazzi, capiresti quanto sei bella. E capiresti quanto io sia fortunato-
Quelle parole mi stupirono e non poco: le aveva dette con uno sguardo dolce e sincero, mentre mi stringeva le mani guardandomi dritta negli occhi. Non lo diceva per dire.
-Io...io non so cosa ho fatto per meritarti. Ma qualunque cosa sia, sono felice che tu sia mio- mormorai e lui mi sorride, dandomi un altro bacio.
-Dai, usciamo! Ti faccio vedere Padova- dissi con un sorriso e lui annuì.
-Solo fammi cambiare- feci, ricordandomi di essere in "divisa da casa" ovvero pantaloni larghi da basket, canottiera sgualcita e capelli raccolti in una coda disordinata.
Lui rise ed acconsentì, così lo presi per mano e lo guidai fino in camera mia. Lo vidi sorridere appena varcò la soglia: osservava la mia stanza con curiosità, era così diversa da quella che aveva a Firenze.
-Potresti...ehm voltarti che mi cambio?- feci con un po' di imbarazzo.
-Certo- disse lui, dandomi le spalle. Sorrisi ed aprii l'armadio, prendendo un paio di jeans corti e una canottiera rosa che indossai in fretta.
-Ok ho fatto, grazie- dissi, mentre cercavo la spazzola per capelli.
-Marina...-
Mi voltai verso di lui, e notoai che aveva in mano una cornice per foto, quella che tengo sul comodino. Sorrisi e mi avvicinai a lui:
-L'ho fatta sviluppare appena sono tornata...ne avevo bisogno-
La foto raffigurava me, Ivan e Celeste, e così ripensai al giorno in cui è stata scattata.
Le vacanze di Pasqua erano troppo brevi perché io potessi tornare a casa, perciò avevo deciso di rimanere a Firenze e conoscere così i parenti della famiglia Innocenti. La mattina di Pasqua avevo indossato un vestito bianco e rosa chiaro, sembravo una bomboniera. Il vestito era a maniche lunghe di pizzo rosa, il corpetto bianco era decorato da delle decorazioni floreali. La gonna mi arrivava fino al ginocchio ed era di una stoffa leggera. Celeste si era divertita a farmi i boccoli, che mi ricadevano morbidi sulle spalle. Indossai un paio di ballerine rosa per andare prima in chiesa, poi per il pranzo con i nonni di Ivan e Celeste ed alcuni zii.
Mi sentivo davvero un'estranea appena misi piede lì, ma furono tutti molto gentili e curiosi.
-Tu sei Marina?- mi chiese Nonna Rita, prendendomi le mani ed io annuii con un sorriso.
-è un piacere conoscerla- feci timidamente.
-Piccolina, dammi del tu, su- mi disse e io annuii nuovamente.
Mi sedetti tra Ivan e Celeste e, appena furono tutti a tavola, cominciarono le domande che mi vedevano protagonista.
-Marina, allora, come va qui a Firenze? Come ti trovi?- fece Natasha, la sorella di Serena.
-Bene, mi trovo molto bene rispetto ai primi mesi.- risposi un po' imbarazzata.
-Serena dice che sei davvero brava- intervenne Ruggero, il fratello di Pietro.
-Bhe ecco...-
-è bravissima- confermò Ivan sorridendomi mentre le mie guance si coloravano di un rosso intenso.
-E Ivan, hai trovato una ragazza?- chiese nonno Felice. Ora fu il suo turno di arrossire.
-Ecco...si- rispose lui e i nostri occhi si incrociarono.
-Quando ce la presenti?- chiese Rita.
-La conoscete già- fece Celeste, giocherellando con la forchetta. -Ce l'avete di fronte- e mi indicò.
Tutti gli sguardi si posarono su di me, volevo scomparire.
-Ivan!! Ma non ci dici niente? Congratulazioni!-esclamò Felice battendo le mani. La sala da pranzo venne sommersa da un caos assordante e da tante domande, che ci fecero solo arrossire ancora di più.
Pranzo finito, io, Ivan, Celeste e i loro cugini andammo nel salotto per chiacchierare un po' in santa pace. I più piccolini giocavano per i fatti loro mentre io, Ivan, Celeste e i loro cugini Chiara ed Alberto chiacchieravamo. Ad un tratto, Chiara si rivolse a me:
-è stato difficile lasciare tutto per venire qui?-
-Bhe sicuramente. Non è semplice come vorremmo purtroppo. Però se sei determinata, allora vai- feci.
-Sei stata coraggiosa- mi disse con un sorriso.
-Ho anche ricevuto tanto sostegno. E poi...ormai la famiglia Innocenti è un'altra famiglia per me- dissi mentre Celeste ed Ivan sorridevano. La piccola Innocenti mi abbracciò con affetto:
-Sei una sorella ormai- disse e io le diedi un bacio sulla guancia.
-Siete dolcissimi- fece Alberto ridacchiando.
-Vi faccio una foto- fece Chiara prendendo il telefono.
Con Celeste seduta in braccio mio e Ivan accanto a me, sorrisi stringendo la mia "sorellina" a me.
Avevo deciso di far stampare quella foto perché sapevo che averli lì vicino a me sarebbe stato molto meglio.
Ivan la guardò con un sorriso e la ripose nuovamente sul comodino proprio quando finii di sistemarmi i capelli.
-Andiamo- feci, prendendo la borsa. Uscimmo di casa e chiusi la porta a chiave. Faceva caldo ma era sopportabile, inoltre una brezza ci colpiva di tanto in tanto. Aprii il cancello e lo richiusi appena Ivan lo superò.
-Allora...- feci guardandomi intorno. -Andiamo verso il centro- esclamai ma notai subito che Ivan aveva uno sguardo inquieto. Qualcosa lo turbava.
-Ivan...?-
Mi prese la mano, la strinse a se e la guardava come se la stesse studiando.
Poi il suo sguardo si posò sui miei occhi confusi.
-Marina...- si avvicinò a me, sentivo il suo fiato sul mio volto. -C'è una cosa che io...vorrei dirti...-
-Ivan, mi stai spaventando- feci io allarmata.
Lui scosse la testa:
-Sai, in queste settimane ho capito una cosa. Anzi, no, l'ho capito appena sei partita. Io cercavo disperatamente la tua presenza, il tuo profumo, tanto che ormai vivo in camera tua, annuso quei vestiti che sono rimasti lì solo sperando di poterti abbracciare, di poterti sentire. Così... io l'ho capito-
-Che...cosa hai capito?-  chiesi mentre sentivo il cuore accelerare.
-Che ti amo-
Tre parole. Semplici da capire, semplici in se. No, per me non lo erano. Per me significavano molto. Lui, che mi aveva fatto provare una marea di emozioni in soli quattro mesi, lui che ormai era la mia aria, il mio ossigeno...stava confessando di amarmi. Non gli piacevo e basta, non mi adorava soltanto...lui mi amava.
Non esitai: mi alzai sulla punta dei piedi per dargli un bacio sulla fronte.
-Ti amo anch'io, amore- sussurrai vicino al suo orecchio. Lo sentii sobbalzare e mi prese subito il viso tra le mani.
-Dimmelo ancora ti prego...- mi implorò
-Ti amo, ti amo...ti amo- ripetei, non mi stancavo, volevo che lo sapesse, che non se lo potesse dimenticare neanche per un minuto.
-Sono così felice di aver preso quel treno- mi disse sorridendo.
-Anche io...è stata la migliore pazzia che tu abbia mai fatto.- mi strinsi a lui, nonostante la giornata afosa non avrei mai rinunciato ai suo abbracci, alle sue carezze.
Camminammo in giro per Padova mano nella mano, e io avevo un meraviglioso sorriso sulle labbra post "Ti amo" che non accennava a diminuire. Sarebbero stati giorni indimenticabili ed ero decisa a godermi ogni minimo istante. Stare insieme a lui era così facile, era bello poter parlare con lui di ogni cosa senza vergogna, senza timore di venire giudicata.
-Sai che ho incontrato Aria ed Alex l'altro giorno?- mi disse ad un tratto. Io lo guardai:
-Oddio, dovevamo uscire in quattro con loro- esclamai, ricordandomi di quell'idea che mi aveva dato la mia amica.
-Appena torni a Firenze ci andremo- mi disse con un sorriso -Alex sembra una persona molto in gamba, e Aria è davvero innamorata- fece ridacchiando.
-Stanno insieme da quasi due anni, Aria ha sempre un'espressione così sognante quando parla di lui.-
Ivan mi guardò mentre continuavamo a camminare:
-Chissà se...avrai anche tu quell'espressione quando parli di me...-
Sorrisi:
-Dicono che sembro fiera di te, completamente presa ed imbarazzata allo stesso tempo- dissi. Mara me lo diceva da un po' ogni volta che parlavamo in web cam e anche Elisa lo aveva confermato qualche tempo prima: "hai una luce negli occhi quando parli di lui che non avevo mai visto prima in nessun altra persona".
-E comunque dovrei chiederlo io a te visto che sei reduce da una storia importante- feci un po' imbronciata.
Mi prese il viso tra le mani con una velocità tale che ci impiegai qualche secondo a capire:
-Chi è che ha preso un treno da Firenze fino a qui solo per vedere la sua ragazza?-
Chiusi gli occhi:
-Sai che amo quando dici "la mia ragazza"?- feci ridendo. Quattro mesi e tutto mi sembrava ancora così nuovo, così strano per me.
-La mia ragazza- accentuò quel mia e mi guardò dritto negli occhi mentre lo disse.
Mi diede un casto bacio sulle labbra prima di riprendere a camminare e gironzolare.
-Ivan- chiamai e lui posò i suoi occhi meravigliosi sui miei -Posso chiederti...si insomma....quando ti sei accorto che...ti piacevo io?- chiesi imbarazzata.
-Da quei giorni passati a fare i finti fidanzati- mi rispose subito senza esitare -Ma provavo un certo affetto per te già da quando abbiamo cominciato a conoscerci meglio-
Io sorrisi, appoggiando la mia testa alla sua spalla:
-Vale lo stesso- mormorai, ripensando a quei giorni. In fondo, July una cosa positiva l'aveva fatta.
-Però eri uscita comunque con un altro- mi lanciò un'occhiataccia e io risi.
-Non volevo complicare la situazione in famiglia. Cercai di lasciar perdere la mia cotta ma...non potevo sopprimerla. E lo misi in chiaro subito...io volevo e voglio solo te-
Arrossi davvero molto nel dire quelle parole, facevo ancora tanta fatica a dire chiaramente ciò che provavo senza arrossire o vergognarmi almeno un po' e lui lo sapeva. Infatti, mi guardò sorpreso ma molto compiaciuto. Mi diede un bacio sulla nuca:
-Ti amo, non mi stancherò mai di ripetertelo- e io sorrisi, felice come non mi ero mai sentita.
-Marina-
Mi voltai sentendo qualcuno che mi stava chiamando e vidi Mara venirmi incontro.
-Ciao Mara- feci con un sorriso -Già tornata dal mare?-
Lei annuii:
-Si, sono di ritorno. Sto aspettando Andrea che è andato a prendere le pizze ed andiamo a mangiare insieme-
Sorrisi, Andrea e Mara stavano insieme da tre anni, erano davvero molto teneri.
-Mara, lui è Ivan- feci presentandoli -Lei è la mia migliore amica-
Mara lo guardò strabuzzando gli occhi.
-Ma...Ivan il tuo ragazzo?- fece sbalordita stringendogli la mano.
-Bhe si, chi altri se no?- chiesi divertita.
-Ma...cioè..- era senza parole e la cosa mi fece ridere.
-è venuto a trovarmi- spiegai con dolcezza. Mara ci guardò intenerita e ci regalò un sorriso davvero felice.
-Che dolce. Bhe...è un piacere conoscerti finalmente, Marina parla così tanto di te-
Ivan sorrise lusingato:
-Vale lo stesso-
-Vi lascio allora- mi fece l'occhiolino prima di darmi un bacio sulla guancia come era solita a fare e si allontanò.
-Le cose tra di voi sono sistemate?- mi chiese Ivan guardandola andare via.
-Bhe...sicuramente sono cambiate ma...si c'è ancora molto affetto tra noi quattro- risposi. Sapevo che era difficile mantenere i contatti e, soprattutto, rimanere molto legate essendo così lontane, ma facevano troppo parte di me perché potessi lasciarle andare così.
Ivan mi diede un tenero buffetto sulla guancia e io sorrisi:
-Torniamo a casa?- chiesi. Si erano fatte ormai le sei e mia madre era sicuramente tornata da lavoro. Volevo che passasse almeno un po' di tempo con Ivan così che si abituasse alla sua presenza e lo conoscesse così che potesse darmi completamente la sua approvazione.
Ripercorremmo i nostri passi e ci allontanammo dal centro per imboccare la strada verso casa.
-Ben tornati- sentii dire da mia mamma appena aprii la porta. Appoggiai le chiavi sul tavolo mentre Ivan si puliva educatamente le scarpe sullo zerbino. Vidi mia madre comparire sulla soglia del salotto:
-Ciao Ivan-
-Buona sera signora Rinaldi-
Vidi mia madre sorridere:
-Chiamami Giorgia. Infondo, potresti essere il mio futuro genero- fece strizzando l'occhio.
-mamma!- esclamai, diventando color pomodoro.
-Bhe, potrebbe essere cosi!- si giustificò lei tornando in cucina.
Guardai Ivan imbarazzata:
-ecco...scusala, sai le mamme- feci una risata nervosa ma lui scosse la testa.
-Stai tranquilla- rise, ma era una risata simpatica, non altezzosa.
La cena fu uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita: mi ero dimenticata di quanto i padri potessero essere protettivi nei riguardi della loro figlia. Il mio, poi, un caso disperato. Appena ci sedemmo, cominciò a porre una serie di domande a me e ad Ivan riguardanti la nostra relazione: da quanto stiamo insieme, come si è sviluppata la situazione a casa giù a Firenze, come hanno reagito Pietro e Serena. Quando, dopo un altro boccone di riso freddo, ci scrutò e chiese: "avete per caso dormito insieme?" io e Ivan ci guardammo subito dopo essere sbiancati. Non stavamo ancora insieme ma era successo a causa di July. Nello stesso letto per una settimana, nonostante lui avesse insistito per dormire per terra.
-Ehm...è una lunga storia- feci vaga. Mio padre perse la presa della forchetta e ci guardò:
-Voi...voi due...-
-No papà!- mi affrettai a dire. -è davvero una lunga storia-
Ripercorsi gli eventi di quella settimana frenetica, raccontando di July e del nostro piano, in collaborazione con Serena. Mio padre continuava ad annuire ma si era calmato e la cosa mi fece tirare un sospiro di sollievo. Alzati da tavola, io e Ivan ci dirigemmo con una ciotola di ciliegie sul portico, seduti vicini. Appoggiai la testa alla sua spalla ed inspirai l'aria di quella giornata che stava per finire in compagnia dell'unica persona che volevo davvero fosse vicino a me.
 
-Noi usciamo -
Erano le tre del pomeriggio, ed avevamo deciso di andare nella piscina comunale, tanto per rinfrescarci visto che il caldo non ci dava tregua. Preparammo un borsone ciascuno in fretta ed uscimmo di casa, salutando mia madre. Infilai gli occhiali da sole per poi afferrare la mano del mio pigrone preferito e ci dirigemmo verso la fermata dell'autobus più vicina per poter arrivare alla piscina comunale. Una decina di minuti più tardi stavamo varcando la soglia diretti verso il banco per pagare l'entrata.
-Ci vediamo all'uscita- feci, dirigendomi verso lo spogliatoio femminile. Mi infilai in un box per poter indossare il mio bikini blu in tranquillità. Raccolsi le mie cose e camminai verso l'uscita.
-Eccomi qua- feci con un sorriso. Ed arrossii, rimanendo a bocca aperta. Non mi ero mai resa conto di quanto fosse dannatamente bello Ivan, di quanto il suo fisico fosse perfetto, asciutto. Le sue spalle larghe, gli addominali abbastanza accentuati e quelle adorabili fossette che segnavano l'inizio dell' inguine...bhe erano la parte che amavo di più. I suoi occhi grigi stavano indugiando su di me, e mi sembrò di notare un certo imbarazzo: era la prima volta che ci vedevamo così.
-Andiamo?- chiesi, cercando di ricompormi.
-Sicuro-
Mi prese nuovamente la mano ed uscimmo verso la piscina esterna, piena di urla entusiaste dei bambini e di ragazzi. L'odore del cloro arrivò forte alle mie narici che dovettero abituarsi in fretta a quell'odore. Distendemmo i nostri asciugamani in una zona abbastanza all'ombra, essendo che non ero un'amante del prendere il sole. Neanche il tempo di voltarmi che Ivan mi aveva preso in braccio e si avvicinava minaccioso al bordo della piscina.
-Ivan!!- esclamai appendendomi al suo collo -Mettimi giù- piagnucolai.
Lui rise. La sua risata per me, era come un tintinnio di campanelli, ne rimanevo affascinata ogni volta.
-Va bene- mi fece la linguaccia e,come promesso, mi mise giù. Entrai in acqua scendendo per la scaletta lentamente in modo che l'impatto con l'acqua fredda non fosse troppo diretto. Il freddo dell'acqua mi diede un immediato sollievo da quella giornata afosa e cominciai piano piano a nuotare e ad immergermi completamente. Ivan mi raggiunse e nel vederlo con i ricci appiccicati alla fronte risi.
-Non sembri neanche tu amore- feci con la voce inframmezzata dalle risate.
Lui, fintamente offeso dalle mie parole, mi colse di sorpresa schizzandomi con l'acqua, dando inizio ad una pseudo guerra tra noi due.
-Basta, basta Ivan- feci ridendo mentre lui stava avendo la meglio su di me. Sorrise soddisfatto e mi afferrò i polsi.
-Dì, "Ivan sei il migliore"-
Lo fissai corrucciata:
-A giocare con il fuoco si rischia di bruciarsi- feci alludendo alla mia pazienza.
Sorrise sgembo avvicinandosi al mio orecchio:
-Bhe, se tu sei il fuoco allora amo bruciarmi- sussurrò facendomi arrossire.
-Ivan, sei il più forte- mormorai, infine, imbarazzata.
Sorrise soddisfatto e si riavvicinò al mio volto, per darmi un bacio sulla fronte, socchiudendo gli occhi.
-La mia piccolina- mi strinse a se con dolcezza e passione:
-Il mio scemo- dissi, schernendolo.
-Questo scemo ti fa impazzire, io lo so- e io annuii, infondo era la più grande verità.
I suoi occhi grigi mi accarezzarono dolcemente, mi osservavano pieni di desiderio ma conservando il mio pudore.
-Prima sei arrossita- mi disse ad un tratto.
-Mmm?-
-Quando mi hai vista in costume-
-Bhe ecco...io..- balbettai indietreggiando. Mi prese per le spalle tirandomi a se.
-Anche tu non sei niente male-
Lo guardai confusa.
-Il tuo fisico- insistette lui e io rimasi scioccata.
-Ma...sei un pervertito- esclamai mentre le mie guance si tingevano nuovamente di rosso. Lui scoppiò a ridere e mi abbracciò felice.
 
Tornammo a casa verso le cinque e trovammo un biglietto di mia madre che diceva di essere uscita.
-Allora, io mi faccio la doccia giù. Tu usa pure il bagno di sopra-
Lui annuì e mi schioccò un bacio sulle labbra lasciandomi con il sorriso.
L'acqua scivolò sul mio corpo, togliendo il cloro dalla mia pelle e dandomi una sensazione di pulizia. Misi un po' di bagnoschiuma alla vaniglia sul palma della mano e lo strofinai delicatamente. Grattai la cute delicatamente con uno shampoo all'aloe e, dopo essere sciacquata, uscii dalla doccia avvolta da un telo bianco. Salii le scale tamponando i capelli con un asciugamano ed entrai in camera mia, per prendere biancheria pulita. Mi vestii con una canottiera viola e un paio di pantaloni corti. Mentre mi dirigevo verso il bagno per prendere una spazzola, lo incrociai nella sua bellezza da divinità greca. Ivan uscì dal bagno con indosso un  paio di jeans, a torso nudo e i piedi scalzi: sexy era l'unico aggettivo che mi venne in mente. Si avvicinò a me sorridendo mentre io cercavo di riprendermi.
-Devo...devo prendere la spazzola- feci entrando in bagno. Mi guardai allo specchio: avevo nuovamente le guance rosse. Perché riusciva a ridurre così le mie difese?
-Vieni, te li spazzolo io- mi propose e io annuii. Entrammo in camera mia e ci sedemmo sul mio letto. Ivan cominciò a spazzolarmi i capelli delicatamente mentre io pensavo, pensavo a tante cose su di noi...su di lui, in realtà. La sua voce mi distrasse:
-ecco qua- mi scioccò un bacio sulla cute umida e io sorrisi.
-Grazie-
Esitai un secondo prima di guardarlo negli occhi e chiedergli il permesso per fargli una domanda per me importante. Lui mi guardò un po' preoccupato ma acconsentì.
-Quando...ecco si quando tu e Rosalba stavate insieme- cominciai balbettando e leggermente imbarazzata -Voi due...avete....lo avete fatto?- finii la frase quasi sussurrando. Mi stavo pentendo di averglielo chiesto: in fondo, era la sua intimità e non era affar mio.
La mia domanda lo mi in imbarazzo, me ne accorsi. Aveva sbarrato i suoi bellissimi occhi grigi e mi guardava sorpreso.
-Scusami io...-
-Non preoccuparti- mi interruppe subito lui -Non me lo aspettavo, tutto qua-
Prese un gran respiro prima di rispondermi.
-Si...lo abbiamo fatto-
La sua risposta non mi aveva lasciata indifferente. Insomma, in tre anni di relazione non ci si può tenere solo per mano. Ma mi infastidiva lo stesso.
-E...se posso sapere, dopo quanto tempo dal vostro fidanzamento?-
-Dopo due anni. Ci siamo fidanzati a tredici anni, eravamo piccoli. Lo abbiamo fatto quando anche lei compì quindici anni...si insomma, a pensarci bene era presto comunque- fece riflettendo ma il rossore sulle sue guance non era ancora sparito.
-Scusami per la domanda- feci -Non volevo metterti in imbarazzo-
Scosse la testa e mi sorrise.
-Va tutto bene- si distese sul letto puntellandosi con i gomiti -E tu invece? Con...il tuo ex?-
Scossi la testa:
-Non me la sentivo. è per quello che mi ha tradita e io l'ho lasciato-
Ivan mi osservò sorpreso e sconvolto:
-Ti ha tradita perché non te la sentivi di farlo? Ma...ma è un bastardo- sibilò a denti stretti e io concordai con lui con un cenno con la testa.
-Quindi...nemmeno con gli altri ex? Insomma...- insistette riprendendo l'argomento.
-Gabriele è il mio unico ex- feci giocherellando con i capelli.
Ivan mi fissò nuovamente, queste volta molto sorpreso:
-Stai scherzando?-
-Bhe no...-
-Ma la gente in questo paese è stupida?- si sedette a gambe incrociate.
-Come possono non accorgersi di una ragazza bella come te?- mi sfiorò le guance con l'indice facendomi rabbrividire.
-Sei sempre il solito esagerato- borbottai ma in realtà ero molto lusingata.
-Quindi...- fece ritraendo la mano e sogghignando -Sei vergine...-
Gli diedi una spinta che lo fece barcollare.
-Stupido!- esclamai irritata e nuovamente imbarazzata.
-Ehi scema!- fece con sguardo serio. In un attimo, mi spinse giù sul materasso e quando aprii gli occhi, che avevo chiuso nel mentre, lui mi sovrastava.
-Sono davvero felice di questo- mi disse guardandomi negli occhi.
-Perché così...posso essere io il primo a farti mia, completamente mia- fece con voce roca e dannatamente sexy. I nostri occhi si incastonavano alla perfezione, il cielo grigio e il verde della natura, infiniti e vasti.
 
Loving him is like driving a new Maserati down a dead-end street
Faster than the wind, passionate as sin, ending so suddenly
Loving him is like trying to change your mind once you're already flying through the free fall
Like the colors in autumn, so bright just before they lose it all

 
Si avvicinò a me e io sorrisi: non avrei mai creduto che l'amore potesse essere così forte. Non lo avrei mai pensato se non avessi incontrato lui, ne ero sicura.
Le nostre labbra si incontrarono ma subito cercammo di rendere quel bacio più profondo, intenso e passionale. Quel giorno volevo spingermi oltre.
Catturai la sua lingua non appena mi fu libero l'accesso alla sua bocca. Vorticavano insieme con più lussuria del solito. Ivan si staccò dalle mie labbra per dedicarsi al mio collo, tracciando una scia di baci umidi e scese fino all'incavo dei miei seni. Esitò un po', lo notai subito.
-Non...non fermarti-
-Marina...-
-Non fraintendermi!- esclamai rossa in volto -Non...insomma non me la sento ancora. Ma...puoi conoscere il mio corpo con il tatto ecco-
Mi sorrise.
-Io ti aspetterò piccola. Non ti metterò fretta e tu non preoccuparti...perché voglio che tu sia mia e di nessun altro. Ti aspetterò tutto il tempo necessario-
E con quelle parole capii davvero cos'era l'amore.
 
Losing him was blue like I'd never known
Missing him was dark grey all alone
Forgetting him was like trying to know somebody you never met
But loving him was red

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Oddio la sdolcinatezza di questo capitolo! I miei piccoli ahaha la canzone alla fine è "Red" di Taylor Swift, a me piace tantissimo! La trovo un sacco adatta...e per molti altri capitoli ho usato dei pezzi suoi, vi avviso!
un bacio
Lena

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Capitolo 13
*** Esperienze ***


13- ESPERIENZE
 
La settimana passata con Ivan passò davvero troppo in fretta, così tanto che non riuscii a capacitarmi che sarebbe partito alla volta di Firenze. Quel venerdì sera, avevamo programmato un'uscita con Mara e Andrea in un locale sulla spiaggia di Caorle. Era un Karaoke, per cui ero super entusiasta. Ero davanti allo specchio quando Ivan entrò:
-Sei pron...wow- si bloccò sulla soglia della porta e mi fissò sbalordito. Indossavo un vestito nero molto semplice, con dei ricami bianchi sul corpetto. La gonna scendeva armoniosamente fin sopra la metà della coscia. I capelli erano raccolti in una coda alta e un filo di trucco mi illuminava il viso.
-Ehi, arrivo- feci con un sorriso prendendo la borsa. Notai che continuava a guardarmi estasiato e risi un po' in imbarazza. Si avvicinò e mi prese la mano:
-Sei bellissima amore-
-Anche tu stai molto bene-feci. Quella sera indossava una camicia blu notte e un paio di pantaloni che gli arrivavano al ginocchio. Mentre scendevamo le scale sentii una scia di profumo: indossava il "one million", profumo che mi faceva impazzire.
Sentimmo il suono del campanello ed intuimmo che Mara fosse arrivata. Presi un paio di tacchi neri dalla scarpiera e li indossai.
-Noi andiamo ciao- feci salutando i miei.
-Divertitevi- disse mia madre con un sorriso.
Chiusi la porta dietro di noi e ci avviammo verso Mara che ci aspettava con un sorriso.
-Ciao Marina, ciao Ivan- ci salutò.
Ricambiammo il saluto e salimmo in auto dove c'era Andrea che ci salutò a sua volta. La strada fino a Caorle era lunga, perciò ci abbandonammo a un po' di chiacchiere.
Appena smontammo dall'auto, l'aria salmastra mi colpii subito. C'era una leggera brezza che mi colpiva dandomi sollievo e appena potei incontrare la vista del mare, sorrisi nostalgica. Amavo la vista del mare al tramonto, la trovavo romantica ed incredibilmente dolce.
Sentii Ivan cingermi le spalle con dolcezza.
-Ehi-
Mi strinsi a lui socchiudendo gli occhi.
-Vorrei poter fermare il tempo in quest'istante. Ivan...rimaniamo così per sempre...-
Mi diede un bacio sulla nuca.
-Vorrei tanto piccola mia...-
Ci avviammo verso il locale in riva al mare e ci sedemmo ad un tavolo per bere qualcosa.
La serata passò tranquillamente, tra un bicchiere ed una risata, finché non cominciò la gara di Karaoke.
-Piccola, dovresti partecipare- mi suggerì Ivan. -Le stracci quelle- e fece un cenno alle campionesse in carica, due smorfiosette dallo sguardo saccente.
Non capii se era per l'alcool che scorreva tra le mie vene o se era semplicemente la voglia di mettermi alla prova, ma annuii e mi avviai verso il palco.
-Abbiamo una nuova concorrente- annunciò il presentatore dopo che ebbi parlato con l'addetto del karaoke. Salii sul palco con un sorriso e fissai il pubblico. Chiusi gli occhi per qualche secondo prima di riaprirli: ero nel mio mondo.
-Come ti chiami bella signorina?-
-Marina Rinaldi- risposi -Vorrei cantare "Man of the silver mountains" dei Rainbow.-
-Abbiamo una fan di musica rock eh? A voi Marina con "Man of the silver mountains"-
 
I'm a wheel, Im a wheel
I can roll, I can feel
And you cant stop me turning
cause I'm the sun, I'm the sun
I can move, I can run
But you'll never stop me burning

 
Guardavo Ivan che era la mia forza anche in quei momenti di piccola tensione. Ma appena presi la spinta ed il coraggio, risentii quell'amore per il palcoscenico, quella voglia di esibirmi e, soprattutto, di divertirmi cantando, facendo una cosa che amavo.
 
Come down with fire
Lift my spirit higher
Someones screaming my name
Come and make me holy again
I'm the man on the silver mountain
I'm the man on the silver mountain

I'm the day, I'm the day
I can show you the way
And look I'm right beside you
I'm the night, I'm the night
I'm the dark and the light
With eyes that see inside you

Come down with fire
Lift my spirit higher
Someones screaming my name
Come and make me holy again
I'm the man on the silver mountain
I'm the man on the silver mountain


Feci un leggero inchino ringraziando il pubblico per la standing ovetion che mi stavano regalando. Scesi dal palco verso Ivan che mi attendeva a braccia aperte.
-Bravissima- mi diede un bacio sulla nuca dolcemente mentre io mi facevo cullare da lui.
Mara ed Andrea mi abbracciarono a loro volta, piacevolmente sorpresi, non avendomi mai sentito cantare in quel modo, diversamente dal mio Ivan che ormai ci era abituato.
-Sei davvero migliorata tantissimo- fece Mara mentre tornavamo a sederci al nostro tavolo, aspettando che anche gli ultimi partecipanti si esibissero.
Mentre ero impegnata a chiacchierare con i miei amici, una donna si avvicinò a noi con un sorriso.
-Scusami- mi chiamò e mi voltai curiosa.
-Marina giusto?-
Io annuii.
-Mi chiamo Miriam Zimbetti. Sei davvero una cantante bravissima-
Sorrisi lusingata e la ringraziai.
-Faccio parte di un gruppo di animazione estivo per villaggi turistici ed alberghi, e appena ti ho sentito cantare, ho pensato che saresti perfetta per il nostro programma di musica!-
Mi porse un volantino che afferrai un po' titubante, non essendo pratica con l'animazione o con l'esibirmi frequentemente.
-Il mio gruppo sta lavorando a Sottoguida, nelle Dolomiti. Vorresti lavorare con noi? Ovviamente sarai pagata-
La prospettiva di un lavoro estivo mi allettava parecchio, così che i miei genitori non dovessero spedirmi sempre una quantità esagerata di soldi quando ero a Firenze, e in modo da non avere solo quelli vinti dai concorsi. Già immaginavo di riuscire ad avere quella bellissima tastiera che avevo visto nel negozio di musica in centro a Firenze.
-Ok, ci sto- feci sorridendo. Miriam esultò entusiasta.
-Parlane pure con i tuoi e chiamami per avvertirmi! Sarà un vero piacere lavorare con te- disse, stringendomi la mano. Si allontanò a passo sicuro e sparì tra la folla.
Ivan mi guardò raggiante:
-Fai colpo tu- mi strizzò l'occhio e risi.
-Ho già fatto colpo su chi dovevo- sussurrai guardandolo intensamente. Mi prese la mano per stringerla, e sentii l'improvviso bisogno di sentire le sue dita sfiorare tutto di me. Quel discorso sul sesso che avevamo fatto qualche giorno prima era rimasto nella mia mente, mi torturava anche se sapevo che non era il momento, che io non ero pronta. Ma la sola immagine delle sue dita sfiorarmi il corpo mi faceva fremere. Scossi la testa con vigore, ero arrossita, sentivo le orecchie in fiamme.
-Piccola, tutto bene?- fece Ivan, accorgendosi del mio scuotere la testa inusuale.
-N..no cioé, si, tutto ok- balbettai. Lui continuò a guardarmi interrogativo ma poi alzò le spalle, intuendo forse che non avevo voglia di parlarne.
Le esibizioni finirono e venimmo chiamati tutti sul palco dove, dopo qualche minuto dove i giurati si confrontavano, il presentatore salì sul palco con una busta in mano. Sorrise al pubblico e lo ringraziò per la calorosità dimostrata.
-Il vincitore del nostro Karaoke è...- aprì la busta e vidi le campionesse in carica sorridere altezzosamente ed avvicinarsi verso di lui per ritirare la coppa.
-Marina Rinaldi-
La folla scoppiò in un applauso che mi fece perdere l'udito e mi fece capire che dovevo muovermi e realizzare che avevo vinto. Meravigliata, avanzai verso il presentatore che mi attendeva e mi consegnò la coppa. Era a forma di microfono con una targhetta "Quinto concorso di Karaoke a Caorle" e realizzai davvero che le mie capacità erano migliorate tanto in un anno. Sorrisi: "sei cresciuta Marina" fu ciò che pensai.
Era circa l'una e mezza quando rincasammo. Cercammo di salire le scale senza fare rumore in modo da non svegliare i miei. Stringevo la coppa saldamente e non vedevo l'ora di raccontare alle mie amiche fiorentine di quella serata.
-Allora...buona notte piccolina- fece Ivan, distraendomi dai miei pensieri.
-Mmm- mugugnai stringendolo forte -No ti prego, stai ancora qui con me-
Mi accarezzò dolcemente la testa:
-rimarrei accanto a te sempre- disse con voce roca. -ma lo sai che devo prendere il treno domani...-
Strinsi con le dita la sua camicia, mi inebriai del suo profumo, come a volerlo tenere stretto e non lasciare alla mia mente la possibilità di dimenticarlo. Mi allontanai imbronciata ma gli sorrisi ugualmente.
-Buona notte- mormorai prima di abbandonarmi alle sue labbra.
Così come mi addormentai, ovvero con il pensiero delle sue labbra sulle mie, mi svegliai la mattina della sua partenza e fu proprio un suo bacio a ridestarmi. Aprii lentamente gli occhi che si incastonarono con i suoi anche nella penombra.
-Ciao- mormorai sbadigliando -Che ore sono?-
-Le nove- fece lui -Ho il treno alle undici ma volevo stare ancora un po' con te-
Sorrisi e gli feci spazio sul letto accanto a me. Si distese e potei appoggiare la testa sul suo petto, ascoltando il battito del suo cuore. Mi diede un bacio sulla nuca e cominciò ad accarezzarmi con le sue grandi mani, esplorandomi. Io lo lasciavo fare perché non desideravo altro, il mio corpo urlava di accarezzarmi e lui sembrava averlo capito. Con un colpo di reni mi ritrovai sotto di lui; il suo respiro mi sfiorava le labbra, le scaldò prima di impossessarsene. Le sue mani scendevano lungo il mio corpo, il collo, il ventre, le cosce e poi risalivano per ricominciare la capo. Si staccò dalle mie labbra per baciare ogni centimetro del mio corpo, dal lobo dell'orecchio che succhiò avidamente, al mio collo. Quando arrivò all'incavo dei seni non esitò come la volta prima ma avanzò attraverso quel sentiero che era proibito per chiunque all'infuori di lui. Mordicchiò la porzione di seno scoperta dal reggiseno ed un gemito uscii dalle mie labbra.
-Ivan- sussurrai accaldata. -Meglio...fermarsi qui per oggi- dissi. Lui si fermò all'istante e mi sfiorò le labbra con le sue:
-Come vuoi- fece con dolcezza. Lessi nei suoi occhi la voglia di avermi, ma io...io non ero in grado di dargli quello. Non ero pronta e lo sapeva.
-Ehi- fece intuendo i miei pensieri. Mi accarezzò le guance. -Io ti aspetterò. Ricordatelo- ed io annuii con un sorriso innamorato.
Il binario uno ero pieno di persone pronte per prendere il treno diretto a Bologna. Sospirai sentendo l'annuncio dell'arrivo imminente del treno che avrebbe portato Ivan a casa. Incrociai il suo sguardo e mi sorrise.
-Tornerò a vivere in camera tua lo sai vero?- fece lui scherzandoci su e io sorrisi tristemente. Faceva così male allontanarsi di nuovo da lui.
-Ehi- con l'indice mi forzò ad alzare il mento per incrociare il suo sguardo di nuovo -Ti amo-
Sorrisi:
-Anche io. Ricordatelo sempre-
Mi diede un bacio sulla guancia e poi ghignò.
-Hai un po' di segni sul collo per ricordarti di me- fece alludendo ai succhiotti che mi aveva fatto quella mattina.
Gli feci la linguaccia indietreggiando sul binario:
-Scemo- borbottai mentre lui rideva.
Vidi il suo treno arrivare dall'orizzonte e respirai profondamente quando frenò davanti a noi. Ci guardammo per pochi secondi prima che le nostre labbra si incollassero tra di loro, per scambiarsi un romantico bacio.
-Ciao piccola- mormorò teneramente.
-Ciao Ivan- sussurrai.
Salì sul treno e io continuavo a guardare verso di lui, a sospirare finché una lacrima non scese quando il treno partì portandolo lontano da me.
 
-Quindi posso salire già domani-
Ero al telefono con Miriam e ci stavamo accordando per il lavoro da soubrette che mi era stato proposto. I miei genitori avevano accolto la cosa con molto entusiasmo e, soprattutto, sarei riuscita, oltre che a guadagnare qualche soldo, anche a migliorarmi come cantante.
-Va bene Marina! Ti aspettiamo con impazienza-
Sorrisi e riagganciai per continuare la preparazione della mia valigia. Sospirai mentre piegavo delle t-shirt: ormai, vivevo la mia vita preparando valigie, non avendo ancora capito quale sia il posto in cui voglio rimanere.
Continuavo a camminare avanti ed indietro per la stanza, con un'inquietudine di con non capivo l'origine. Non capivo se fossi nervosa per quella nuova avventura o se ci fosse qualcos'altro che mi frullava per la testa.
Il telefono squillò distraendomi da quei pensieri.
-Pronto-
-Ciao Mary- fece la voce allegra di Elisa dall'altro capo del telefono.
-Come stai Elisa?- chiesi distendendomi sul letto, felice di sentire la sua voce.
-Bene, ma mi manchi tanto-
Sorrisi a quella affermazione, felice di essere così importante per qualcuno.
-Anche tu. Pensa che domani parto ancora-
-Per quel lavoro di cui ci avevi accennato?-
-Esatto- confermai -Sono parecchio emozionata- feci con una risatina nervosa.
-Sarai perfetta- fece lei -Ehi, devo raccontarti un sacco di cose!- esclamò.
-Sono tutta orecchi-
Passammo l'ora successiva a parlare del ragazzo che aveva conosciuto in quei mesi, un musicista di un complesso con il quale aveva lavorato. Io ascoltavo, cercando di darle qualche consiglio. Dopo essersi completamente sfogata, la sentii sospirare per poi chiedermi:
-E tu...come stai davvero?-
-Cosa intendi?- chiesi perplessa.
-Bhe sai...con Ivan lontano da te...-
-Non credevo che sarebbe stata così dura- ammisi senza girarci troppo intorno -Lo amo davvero tanto...non pensavo che mi sarei innamorata così- dissi con un certo imbarazzo.
Sapevo che Elisa stava sorridendo, con uno dei suoi sorrisi dolcissimi.
-Tesoro mio...pensa per ora al tuo lavoro, a guadagnare qualche soldo. Poi,quando tornerai qui lo avrai sempre vicino a te. Ma lo sai, che anche ora ti sta vicino con il cuore, come tutti noi.-
-Elisa...-feci dolcemente -Ti voglio tanto bene- volevo conservare quelle parole dentro di me, in modo che nei momenti bui, potessi essere in grado di ricordamele.
-Anche io- disse -Ora vado, ci sentiamo presto- e riagganciò mentre io passai lo sguardo prima sulla mia valigia pronta e poi sul mio riflesso.
-Sono pronta-
 
Arrivammo a Serrai di sottoguida, un bellissimo paese sulle dolomiti verso le undici. Avevo passato qualche vacanza lì da piccola e, appena scesi, oltre che a respirare quell'aria pura e fresca, ripensai alla mia infanzia trascorsa lì. Una piccola Marina che camminava tra i mercatini d'artigianato, che ammirava le marmotte nascosta dietro ad un albero. Risi nel ricordandomi di quanto fossi esuberante anche da piccola. Presi la mia valigia e mi avviai con i miei genitori verso l'albergo dei Serrai dove, appena varcai la soglia, vidi Miriam parlare con un gruppo di ragazzi e ragazze. Appena mi vide sorrise allegramente e mi venne incontro.
-Ciao Marina ben arrivata- mi disse stringendomi le mani.
-Grazie Miriam, è un piacere essere qui- risposi, ricambiando il saluto.
Dopo le dovute presentazioni con i miei genitori, Miriam mi accompagnò alla reception dove mi sottopose il contratto per quel mese di lavoro, e insieme ai miei genitori lo analizzammo con attenzione.
-Firmate qui- fece Miriam quando finimmo di leggerlo. Presi la penna che mi stava porgendo e firmai con una calligrafia chiara, seguita poi dalle firme dei miei genitori.
-Bene Marina- fece mia madre -Fai la brava e divertiti- mi diede un bacio sulla guancia ed una leggera scompigliata sui capelli.
-Sei sempre in giro ormai- fece mio padre, schernendomi un po' ma, anche se stava scherzando, ammisi che era proprio vero e salii in me il senso di colpa.
-Mi dispiace...- mormorai ma subito mi diede una leggera pacche sulla schiena.
-Scherzavo! Fare esperienze non ti fa male. Ciao- mi salutò con un cenno e li vidi uscire dall'albergo, mentre io mi ritrovavo catapultata in una nuova avventura. Miriam mi sorrise incoraggiante e mi prese per un braccio, trascinandomi verso i ragazzi con cui stava parlando prima che arrivassi io.
-Ragazzi, lei è la nuova recluta del nostro team. Si chiama Marina- fece presentandomi. Salutai con un sorriso e loro ricambiarono .
-Sarà la nuova soubrette- fece Miriam allegramente. -Quindi lavorerà molto con voi- si rivolse a due ragazzi e ad un ragazza in particolare, probabilmente musicisti o comunque esperti in quel settore. La ragazza mi sorrise e mi porse la mano.
-Io sono Chiara- disse e io le strinsi la mano.
-Piacere di conoscerti- dissi cortesemente, osservando i suoi capelli castani, lunghi quasi quanto i miei. Subito il mio sguardo cadde sui due ragazzi, uno biondo e l'altro moro.
Il moro mi sorrise e mi porse la mano a sua volta.
-Ciao Marina, io sono Stefano- disse con gentilezza e, mentre ricambiavo il saluto con un sorriso, feci fatica a distogliere il mio sguardo da quegli occhi azzurri come il mare, quasi ipnotici. Il biondo mi rivolse un cenno con la mano e mi sorrise.
-Io sono Mauro-
Poi fu il turno del resto del gruppo a presentarsi ma subito mi persi con i nomi, sentendomi quasi in colpa per non riuscire a ricordarmeli tutti.
Miriam si rivolse nuovamente a me:
-Marina, tu e Chiara condividerete la stanza e questa è la tua copia delle chiavi- fece porgendomele.
-Puoi pure portare le tue cose di sopra-
Presi le chiavi e sorrisi a Miriam, ringraziandola. Chiara mi toccò la spalla, offrendosi di aiutarmi ma io scossi la testa, declinando gentilmente la sua offerta, desiderosa di fare da me, di abituarmi all'ambiente per conto mio. E poi, esiste una sola persona con cui svuoto le valigie ed era lontana chilometri da me.
Salii le scale della fila D ed arrivai fino al quarto piano. Il lungo corridoio profumava di legno e di pino e compresi che, per quel mese, sarebbero stati i profumi che sarebbero rimasti più impressi in me. Arrivai davanti alla camera 427, infilai la chiave nella toppa e la aprii. L'odore di pulito mi avvolse, e sentivo anche un certo profumo, probabilmente delle cose di Chiara. Davanti a me c'era un piccolo salottino con due poltrone, un tavolino con la televisione mentre la porta che su affacciava da lì era quella della nostra camera da letto. Trascinai la mia valigia lì per poter cominciare a sistemare almeno in parte i miei vestiti.
Sentivo dentro di me tante emozioni contrastanti che non riuscivano a mettersi d'accordo su cose sentire e su cosa provare. Una cosa era sicura: ero pronta a mettermi in gioco.
Scesi nuovamente verso la hall dopo una decina di minuti, ed il gruppo di animazione era ancora lì che mi aspettava.
-Marina, questa è per te- fece Miriam, porgendomi una t-shirt nera che guardai con curiosità.
La presi e la osservai: subito sorrisi nel vedere che c'era scritto "Serrai animation" e, sul retro, c'era scritto il mio nome.
-è stupenda- feci -Grazie mille Miriam-  e lei ricambiò il sorriso dandomi una pacca sulle spalle.
-Ora, lascia che ti faccia fare un piccolo tour- disse e fece per farmi un cenno quando qualcuno la chiamò.
-Miriam! C'è bisogno di te ora!- esclamò un uomo grassotto che dedussi fosse il direttore.
Lei sospirò, evidentemente seccata e mi guardò.
-Scusami Marina, se vuoi puoi aspettarmi-
-Miriam la guido io- si propose Stefano.
Miriam sorrise:
-Grazie Stefano, è nelle tue mani allora, io scappo- e corse incontro all'uomo che la aspettava con le braccia conserte.
-Andiamo?- fece la voce di Stefano che mi costrinse a distogliere lo sguardo dalla figura di Miriam che si allontanava, e voltarmi verso di lui.
Sorrisi ed annuii. Cominciò mostrandomi la sala hobby, la nostra zona di lavoro con un palco abbastanza grande dove presto mi sarei esibita. Poi passammo a rassegna le due sale da pranzo, la zona dedicata al relax, il bar e la sala giochi. Stefano risultò molto simpatico ed estroverso fin da subito, cercando di coinvolgermi e di farmi sentire a mio agio. Così cominciai a raccontargli dell'accademia a Firenze, e in generale di com'era nata quell'avventura.
-Wow- esclamò lui mentre tornavamo verso la hall -Sei davvero incredibile! Io faccio parte della band che ti accompagna, sarà un vero piacere suonare per te- mi disse con un sorriso che io ricambiai lusingata.
-Quindi vivi con una famiglia a Firenze?- mi chiese cambiando argomento.
-Si, ora sono come una seconda famiglia per me- risposi pensando a loro e a quanto mi mancassero.
-Tu, invece, cosa studi?- chiesi.
-Faccio il liceo artistico a Treviso- mi rispose con una luce negli occhi.
-Mi piacerebbe vedere qualche tuo disegno- feci curiosa. I suoi occhi si illuminarono ancora di più guardandomi con felicità.
-Va bene- acconsentì lui.
Raggiungemmo nuovamente il gruppo di animazione e io cominciai subito a lavorare ad alcune canzoni con il gruppo con il quale riuscii a relazionarmi abbastanza bene ed a trovare sintonia. Erano le sei e mezza quando staccammo per cenare con il resto dello staff dell'albergo. Mi sedetti vicino a Chiara, in modo da conoscere meglio la mia compagna di stanza. Mi raccontò della sua famiglia a Trento e del suo ragazzo.
-E tu? Ce l'hai il ragazzo?- mi chiese ed io annuii.
-Si chiama Ivan- feci, mentre nella mia mente vidi comparire l'immagine dei suo volto.
Le raccontai brevemente di Firenze e dell'accademia, e l'ora di cena passò tra fitte chiacchiere che non permettevamo a nessuno di interrompere.
-Quindi ha preso un treno ed è venuto fino da te?- esclamò stupita ed io annuii, ridendo.
-Cara mia, tienitelo stretto- fece con sguardo serio che mi fece sorridere.
-Non ho alcuna intenzione di lasciarlo andare via- mormorai sorridendo.
La mia prima esibizione sarebbe stata la sera successiva ma, per la maggior parte delle canzoni, avrei usato la base digitale, visto che era complicato che il gruppo si imparasse tante canzoni con così poco preavviso. Dopo aver osservato un po' com'erano strutturate le serate di animazioni, salii verso la mia stanza, stanca ma entusiasta.
Con Chiara intenta a lavorare, potei farmi un bagno caldo con tutta tranquillità, canticchiare com'era solita a fare. Uscii dal bagno avvolta in un telo di spugna e, mentre strofinavo i miei capelli su un asciugamano, sentii il telefono squillare. Mi sedetti sul bordo del letto e lo recuperai dalla borsa. Sorrisi leggendo il nome di chi mi stava chiamando e risposi.
-Ciao Ivan- feci distendendomi.
-Ehi! Allora, com'è andato il primo giorno?- mi chiese.
-Prove su prove per ora! Ma tutto bene, mi piace l'ambiente. Tu come stai?-
-Bene, ora sono a Rimini con i ragazzi in vacanza- mi rispose e sentii, per l'appunto, delle voci famigliari provenire dall'altro capo della cornetta.
-Salutameli tanto- feci -C'è...anche Rosalba?- chiesi.
-Certo, non potremmo mai andare senza lei. Vuoi che te la passi?- chiese.
-Mmm non disturbarla tranquillo. Volevo solo sapere...- dissi vaga.
Ammisi a me stessa di essere molto gelosa del tempo che trascorrevano insieme. Ora erano amici, ma mi chiesi come fosse possibile essere amici di un ex così importante, a cui hai dato te stesso, il tuo amore...e la tua prima volta.
Sentii ancora delle voci provenire dall'altra parte della cornetta che chiamavano Ivan, che dicevano di venire con loro e di sbrigarsi. Risate che mi infastidirono.
-Devi andare- feci piccata.
-Eh già- disse lui ridendo, cosa che mi irritò ancora di più. -Ci sentiamo piccola, ciao- e riattaccò prima che potessi dire altro. Rimasi lì, ferma con il telefono in mano.
-Ivan Innocenti, te l'hanno mai detto che sei uno stupido?- sibilai.
Andai ad asciugarmi i capelli, cercando di smaltire quella rabbia che provavo che non sapevo bene da cos'era nata. Forse l'insicurezza, la sensazione di non essere abbastanza, la paura della distanza. Spensi il phon e mi guardai allo specchio: dovevo davvero ridurmi così solo per dei pensieri infondati? Uscii dal bagno con indosso un maglioncino ed un paio di leggins e feci per dirigermi verso la camera da letto quando qualcuno bussò alla porta.
Perplessa raggiunsi l'ingresso e la aprii. Mi ritrovai davanti ad un Stefano sorridente.
-Ehi- feci sorpresa di vederlo.
-Ciao. Ecco, volevo farti un po' di compagnia visto che Chiara è giù a fare animazione-
Sorrisi e lo ringraziai, facendolo entrare.
-Scusa il caos, non ho ancora finito di sistemare le cose- feci mortificata.
-Ah non preoccuparti! Non hai visto la camera mia e di Mauro- fece ridendo. Ci sedemmo nelle poltrone del salottino.
-Marina, posso davvero farteli vedere alcuni dei miei disegni?- mi chiese guardandomi dritto negli occhi.
-Certo- esclamai io. Mi sedetti sul bracciolo della sua poltrona, sporgendomi verso lo schermo del suo telefono dove aveva qualche foto fatta ai suoi disegni. Li scorrevo e ne rimanevo affascinata: rappresentava dei paesaggi meravigliosi, e l'uso dei colori era impeccabile. Poi, l'ultimo che mi fece vedere era fatto in carboncino: raffigurava un grotta sottomarina con una sirena seduta su un trono.
-Questa mi piace un sacco!- esclamai entusiasta, prendendo il telefono dalle sue mani per guardarla meglio.
-Ci ho lavorato parecchio. Ti piace davvero?- mi chiese.
-Certo!- feci sorridendo, ridandogli il telefono.
-Mi fa piacere-
Ci guardammo negli occhi per diversi secondi prima che io scostassi lo sguardo. Vidi il display del mio telefono illuminarsi e lo presi: era un messaggio di Ivan. Sospirai e appoggiai nuovamente l'oggetto sul tavolino.
-Non rispondi?- chiese Stefano.
Mi morsi l'unghia del pollice, un po' in conflitto con me stessa.
-No, aspetterà un po'- dissi infine.
Rimanemmo a chiacchierare fino a quando non tornò Chiara, esausta.
-Io vado- fece, quindi, Stefano.
Io e Chiara annuimmo e, mentre lei si fiondava in bagno per fare la doccia, io lo accompagnai alla porta.
-Grazie per avermi fatto compagnia- gli disse.
-Figurati- disse infilando le mani in tasca -Sarà un vero piacere lavorare con te- mi disse.
-Anche per me- dissi, un po' imbarazzata. Si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia.
-Buona notte- disse mentre io ancora sotto shock per quel gesto, lo osservai allontanarsi.
Rientrai in camera, afferrai il telefono e mi distesi sul letto.
Vidi che Ivan mi aveva mandato diversi messaggi, si era preoccupato perché non avevo risposto subito. Irritata, gli risposi che ero impegnata e non aggiunsi altro. Spensi il telefono e rimasi immobile a fissare il soffitto finché non mi addormentai.
Fu Chiara a svegliarmi il mattino seguente, così come per tutti i giorno a venire. Più i giorni passavano, più amavo lavorare con la band, provare e ricevere soldi per fare qualcosa che amo. Potei anche migliorare le mie abilità da ballerina esercitandomi nella palestra dell'albergo durante il tempo libero.
L'amicizia con Stefano divenne molto forte, mentre suonava ci guardavamo sempre, cercavamo contatto tra di noi, dandoci fiducia.
Era una sera come le altre mentre mi stavo preparando per l'esibizione. Ero in uno stanzino che usavamo come camerino e guardaroba e mi stavo truccando, cercando di rendermi il più presentabile possibile. Avevo appena finito di parlare al telefono con Ivan: la rabbia mi era passata ma, per la prima volta da quando l'avevo conosciuto, non era riuscito a capire cosa stavo provando. Avevo anche chiamato Rosalba, parlandole chiaramente e chiedendole se provasse ancora qualcosa di forte per lui. Lei mi rassicurò dicendomi che non dovevo preoccuparmi e che non mi avrebbe mai tradita, ma non rispose apertamente alla mia domanda. Preoccupata ed in crisi, chiamai Erica chiedendole di tenerli d'occhio senza che sapessero nulla. Lei ascoltò tutte le mie paure pazientemente e acconsentì con l'aiutarmi.
Ci pensai mentre mi truccavo, al fatto che ero insicura e troppo paranoica. Ma lui non sarebbe geloso al posto mio? Infondo, ero gelosa perché lo amavo.
Qualcuno bussò alla porta e mi voltai curiosa: vidi Stefano entrare con un sorriso.
-Ehi, sei pronta?- mi chiese ed io annuii. Mi alzai e lo vidi squadrarmi da capo e piedi.
-Sei davvero carina-
-Oh...ehm grazie- feci imbarazzata stirando la gonna del mio vestito rosa con le mani. Uscii diretta verso il palco con lo sguardo basso.
L'esibizione andò come da copione: tre canzoni per serata, e quel giorno decisi di riportare "A thousand miles" che non cantavo dall'esame all'accademia.
Cercavo il contatto con tutti i membri del gruppo, con il pubblico e con i bambini che sembravano davvero entusiasti, tanto che vollero salire sul palco con me, cosa che mi rese molto felice.
Scesi dal palco appena finii di cantare l'ultima canzone della serata e mi radunai con la band, facendoci i complimenti a vicenda.
Andammo verso il bar dove si teneva una piccola festa dello staff. Mi sedetti al bancone e subito Stefano mi raggiunse.
-Ehi, ti piacciono i bambini?- mi chiese sorridendo ed io annuii.
-Alcuni sono davvero adorabili- feci ridendo.
-Saresti un'ottima mamma di sicuro- disse facendomi l'occhiolino e io risi.
-Chissà...-mormorai. In quel momento non ero nemmeno una brava fidanzata. Sospirai guardando il display del telefono: Ivan era fuori con la compagnia di teatro per una festa e io in quelle settimane non riuscivo a stare tranquilla.
-Marina qualcosa ti turba?- disse Stefano preoccupato. Lo guardai e scossi la testa.
-Tutto ok- mentii.
-Hai voglia di uscire e prendere un po' d'aria?- mi chiese ad un tratto.
-Va bene- risposi. Uscimmo e solo allora mi resi conto di indossare ancora il vestito per l'esibizione e che, quella sera, faceva parecchio freddo. Cercai di stringermi tra le mie stesse braccia ma continuavo a tremare. Ad un tratto,  sentii un improvviso calore e mi voltai: Stefano aveva appoggiato il suo giubbotto sulle mie spalle.
-Grazie- mormorai -Ma non hai freddo?-
Lui scosse la testa:
-Tu mi scaldi Marina-
Lo guardai confusa e sorpresa: cosa voleva dire? Sentii improvvisamente il cuore accelerare i battiti non appena i nostri occhi si incontrarono.
-Marina...mi piaci. Mi piaci davvero tanto-
Le sue parole rimbombavano nella mia testa senza logica. Non riuscivo a connettere e nemmeno a capire. Lo sguardo di Stefano era serio, mi studiava cercando di capire cosa stessi pensando. Deglutii e lo guardai negli occhi.
-Stefano io...ho il ragazzo- mormorai facendomi forza.
-Ah...-esclamò con delusione -Non lo sapevo-
-Già- feci, rivolgendo lo sguardo verso le stelle.
-Non me ne hai mai parlato...come mai?- chiese con fare provocatorio, come ad insinuare che non ci tenessi abbastanza.
-Ero un po' arrabbiata con lui, tutto qua- risposi pacata -Ma lo amo con tutta me stessa.- sostenni lo sguardo e lo fissai intensamente.
-Bhe...non mi è sembrato-
Nel sentire quella frase scattai, infuriata.
-Cosa ne sai di me che mi conosci da due settimane?- sbraitai -Non sai nulla di noi due, ne di cosa abbiamo passato.-
-Scusami Marina- fece scuotendo la testa -Non ho il diritto di dirti questo hai ragione.-
Mi calmai un po' nel sentire quelle parole e accennai un sorriso.
-Stefano mi dispiace...sì, di non poter ricambiare quello che provi- dissi impacciata. Non ero per nulla abituata a quel genere di situazioni.
Lui si appoggiò alla ringhiera e sorrise:
-Non preoccuparti. Non devi dispiacerti-
Mi avvicinai a lui timidamente ed intimorita, rivolgendo nuovamente lo sguardo verso il cielo scuro.
-Lui...è davvero fortunato-
Lo guardai interrogativa.
-Il tuo ragazzo- continuò lui sorridendomi -è fortunato ad averti-
Abbassai lo sguardo imbarazzata ma anche molto lusingata.
-Esagerato-
Lui scosse la testa.
-No Marina. Devi credermi.-
Mi sfiorò la guancia con le dita, facendomi rabbrividire.
-è stato bellissimo conoscerti Marina. Bhe...buona notte-
In un nano secondo, si avvicinò ancora di più a me e posò un bacio sulla mia guancia.
-Bu..buona notte- balbettai, ridandogli la giacca che mi aveva prestato. E sentii all'improvviso tanto freddo.
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Che bello, sono finalmente riuscita ad aggiornare! Le sfighe con i computer mi hanno perseguitata! E poi sono sotto maturità, tra poco avrò finito ma intanto sono parecchio in tensione, e infatti scrivo poco.
Scusatemi già da ora ma gli aggiornamenti andranno ancora più a rilento purtroppo! Comunque eccomi qua con un nuovo capitolo. Piccole situazioni di crisi insomma...come la affronteranno questi due?
Eh vi dico solo, tenetevi pronte...ma abbiate fiducia in me!
Un bacio
Lena

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Capitolo 14
*** Passione ***


14- PASSIONE
 
L'ho già detto che la mia vita è fatta di valigie? Svuotare e riempire, arrivare e partire. Ma, questa volta, la cosa non mi pesava così tanto. Stavo tornando a Firenze dopo un'intensa estate. Nonostante tutto, io e Stefano eravamo rimasti buoni amici anche se vedevo spesso una certa tristezza nei suoi occhi ogni qual volta Ivan mi chiamava. Ero tornata dalla montagna due settimane prima della partenza per Firenze, così da poter stare in famiglia e spendere ogni minuto con loro. Organizzammo alcune gita, proprio per questo motivo, in modo da sentirci più uniti.
Stavo davvero diventando abile nel fare le valigie. Fu quello il pensiero che mi attraversò non appena finii di passare in rassegna le mie cose. La mia stanza era nuovamente vuota, proprio com'era diventata un anno prima. Presi la foto sul mio comodino e poggiai delicatamente le labbra sulla cornice: stavo tornando da loro.
Anche quella volta, la mia famiglia decise di accompagnarmi risparmiando ore di treno.
Caricati i bagagli, partimmo verso le sei e mezza del mattino. Il giorno prima ero stata con le mie amiche sul portico di casa, a chiacchierare e a goderci gli ultimi momenti insieme.
Era davvero esausta, infatti dormii per quasi tutto il viaggio. Mi svegliai non appena riconobbi il paesaggio fiorentino e subito un sorriso comparve sul mio volto. Mi stiracchiai leggermente, stropicciandomi gli occhi.
-Dormito bene?- mi chiese mio fratello, prendendomi un po' in giro.
Mi massaggiai il collo e risi.
-Bhe non è stato il migliore sonnellino della mia vita- dissi facendogli la linguaccia.
Nicola scoppiò a ridere e mi abbracciò dolcemente come solo un fratello sapeva fare.
Non appena riconobbi la strada di casa Innocenti mi illuminai. Due minuti e scendemmo dall'auto. Fremevo mentre prendevo le mie valigie, non vedevo l'ora di entrare. Ormai avevo un mazzo di chiavi mio, perciò non suonammo il campanello, ma potei finalmente aprire quella serratura. L'immagine di quel soggiorno ordinato ed allegro si parò davanti ai miei occhi. I divani di pelle bianca, il tavolino di legno, le tende verdi, il caminetto, la cucina adiacente con un mobilio moderno.
-Sono...sono tornata- feci.
Vidi Serena avanzare e, in un attimo, mi ritrovai tra le sue braccia.
-Ciao Marina- esclamò dandomi un bacio sulla nuca.
-Ciao Alessando, Giorgia, Nicola- salutò la mia famiglia dando un abbraccio ciascuno.
-Ciao Marina!!-
Eccola, la piccola di casa, bella e raggiante come al solito, scese le scale di fretta per poi fiondarsi tra le mie braccia.
-Ciao Sorellina- feci con entusiasmo -Ma che bella abbronzata che sei!- feci sorridendo.
Anche Pietro venne a salutarmi con entusiasmo e, mentre ci accomodavamo e i genitori cominciavano le loro chiacchiere, io mi guardavo intorno: la sensazione che provavo in quel momento era completamente diversa rispetto a quella che avevo provato l'anno precedente.
Era tutto accogliente, famigliare...sentivo tutto così mio.
Serena mi guardò e mi sorrise gentilmente.
-Vai di sopra Marina. E vai a svegliare quel pigrone.-
Risi: erano le undici ed era ancora nel mondo dei sogni. Tipico di quello scemo.
Salii le scale con passo deciso. Sorrisi nel vedere il pianerottolo con le tre porte delle camere da letto, e nel vedere l'altra serie di scale per la mansarda (camera di Celeste) e il bagno. Non esitai ed entrai in quella che era la mia camera, sapendo che lo avrei trovato lì. E non mi sbagliavo. La luce filtrava leggera, potevo vedere la camera nella penombra, ma ebbi un tuffo al cuore nel vederla così vuota come l'avevo lasciata. Ma c'era una differenza: un ragazzo che dormiva beatamente nel mio letto. Sorrisi e mi avvicinai al bordo del letto. Mi sedetti e lo guardai, immerso nel suo sonno profondo: era così bello quando dormiva. Mi avvicinai e posai un bacio sulla nuca.
-Ivan...-sussurrai vicino all'orecchio.
Mugugnò qualcosa prima di aprire gli occhi lentamente.
-Buon giorno pigrone! Ma lo sai che ore sono?- lo rimbeccai.
Si alzò, stropicciandosi gli occhi e mi guardò confuso. Sbatté le palpebre un paio di volte prima di strabuzzare gli occhi.
-M...Marina!! Marina sei qui!- esclamò. Subito, senza che avessi il tempo per rispondergli a tono, mi trovai catapultata tra le sue braccia, in una stretta che mi lasciò senza fiato.
-Sei tornata, sei qui davvero-
-Certo che sono qui, brutto idiota!- esclamai dandogli una leggera spinta -Arrivo qui, dopo un viaggio stancante e mi aspettavo di trovarti fuori pronto ad accogliermi con mazzi di fiori, e pronto a darmi un super bacio da film...e invece eri qui a dormire- mi finsi offesa per il semplice gusto di prenderlo un po' in giro.
-se mi permetti- cominciò lui, scostando le lenzuola -Hai il tuo ragazzo semi nudo nel tuo letto...ora spiegami cosa vuoi di più.- puntualizzò lui facendomi la linguaccia.
-Un bacio...voglio solo questo- dissi dolcemente, sporgendomi verso di lui.
Ivan sorrise, mi prese una mano e la portò sulla sua nuca. Mi cinse i fianchi e si avvicinò socchiudendo gli occhi. Non appena trovai il contatto con le sue labbra, mi sentii davvero nel posto giusto. Ci staccammo per poterci guardare negli occhi, sorridere, e rituffarci nelle labbra dell'altro. Approfondimmo il bacio per renderlo subito più profondo, cercando di colmare la voglia che avevamo dell'altro, per saziare la fame d'amore. Lui si stese e mi trovai sopra di lui, con mio grande piacere. Strusciò il naso sul mio collo, e sentii il suo sorriso sulla mia pelle.
-Mi è mancato così tanto il tuo profumo... -
Lo guardai e accarezzai la sua guancia con dolcezza. Lo vidi chiudere gli occhi, come se si stesse beando del mio tocco. Mi chinai per riprendere a baciarlo con foga, accarezzandolo con dolcezza. Le mia mani vagavano sui suoi addominali e sulle sue spalle perfette. Poi, un lieve gemito uscii dalla mia bocca. Stupore era la parola esatta per esprimere ciò che sentivo, subito accompagnato dall'imbarazzo. Insomma...è normale che in una situazione del genere lui si senta eccitato. Ma era la prima volta che sentivo il suo sesso pulsare sulla mia parte più intima.
-M..Marina scusami!- esclamò lui, accorgendosi della situazione e mettendosi subito in posizione seduta. Notai un lieve rossore anche sulle sue guance, cosa che mi fece intenerire. Scossi la testa:
-Non preoccuparti...ecco...sono felice che, insomma, che ti eccito...ecco-
Ivan mi prese il volto tra le mani.
-Sei così sexy...e non te ne rendi conto- appoggiò la fronte alla mia e mi sentii davvero in paradiso.
Scendemmo al piano di sotto dopo che Ivan si era vestito. Salutò la mia famiglia allegramente, con un po' di imbarazzo per la sua indole da pigrone dormiglione che lo aveva portato a dormire fino a quell'ora. Il pranzo passò tranquillamente, con molta più armonia e complicità rispetto all'anno prima. Ormai era proprio come fossimo un'unica famiglia.
Dopo una passeggiata nei dintorni, si fece l'ora di salutare i miei. Dopo aver dato un grande abbraccio a tutti e tre, dopo aver sentito le loro raccomandazioni li salutai con un nodo alla gola. Quel momento continuava a fare male e avrebbe sempre continuato a farlo.
-Ciao- feci con tristezza mentre gli accompagnavo al cancello.
-Ciao Marina- fece mia madre, dandomi un ultimo caldo bacio sulla fronte: un piccolo in bocca al lupo per il primo giorno di scuola.
Dopo l'immancabile sistemazione delle mie cose con Ivan, tra un bacio ed un altro, potemmo sederci vicini (sempre con la porta della camera perennemente aperta) a chiacchierare un po'.
-Quindi a lavoro...tutto bene?-
-è stato molto bello- feci con un sorriso -Ho fatto anche conoscenze interessanti-
-Tipo?-
-Bhe...la mia compagna di stanza, Chiara, con cui ho legato davvero molto. Poi Alessandra, Alberto, Angelo, Filippo, Mauro...Stefano-
-Mi sembra che tu abbia legato molto con ragazzi- mi lanciò un'occhiata che non mi lasciò indifferente: non sembrava troppo felice della cosa.
Lo guardai con perplessità:
-Occhio, fai conquiste sempre e comunque tu- sembrava offeso, era così geloso e così adorabile allo stesso tempo.
-Scemo- feci io, dandogli un bacio sulle tempie. Ma non volli raccontargli di ciò che era accaduto con Stefano: si sarebbe ingelosito per nulla e non ero intenzionata a rovinargli l'umore.
-Scusa se sono geloso- disse imbronciato.
-Bhe...chi è che è andato in vacanza la sua ex?- feci io per puntualizzare.
Ivan mi guardò negli occhi, sorpreso della mia affermazione.
-Ma...eri gelosa? era per questo che eri fredda con me?-
-Mi pare più che normale!- esclamai io -Come faccio a stare tranquilla? Lei prova ancora qualcosa per te, è evidente!-
Ivan scosse la testa, e mi guardò con un'intensità tale che mi fece girare la testa.
-Anche se fosse a me non interessa-
Mi prese il volto tra le mani ed appoggiò la fronte sulla mia. Il suo respiro inondò i miei timpani. Prese una mia mano e se la portò al petto. Sentii il battito del suo cuore, così armonioso ma accelerato rispetto al solito.
-Lo senti Marina? E non solo questo! Questa mattina...hai sentito la mia eccitazione. Queste sono prove che dimostrano che io amo e voglio solo te-
-Scusami se sono insicura- mormorai, beandomi della sua dolcezza -è che ho paura di perderti-
Lui scosse la testa:
-Non mi perderai-
Annuii convinta, volendo credere a ciò che le sue labbra avevano appena pronunciato.
Vidi il suo sorriso che mi rassicurava e mi tranquillizzai.
Ci sedemmo sul balcone, osservando l'ultimo giorno d'estate che se ne andava.
Riprendere il ritmo ed immergersi nuovamente nella routine è traumatico. Non appena la sveglia suonò, sbuffai e la spensi, con il solo desiderio di dormire ancora. Sbadigliai e fissai la stanza buia per alcuni secondi, prima di decidermi ad accendere la luce ed alzarmi. Sempre sbadigliando, andai verso l'armadio ed indossai un semplice paio di jeans e una maglietta bianca e scesi le scale. Nemmeno il caffé riuscii a svegliarmi ma ci riuscii il bacio sulla fronte che mi diede Ivan appena arrivammo in fermata. E mi resi conto che stava iniziando il mio secondo anno in accademia, e che avrei rivisto le mie amiche. Per tutte le vacanze eravamo rimaste in contatto, raccontando ogni minima cosa che ci succedeva ma non poterle vedere fu duro, perciò da un lato, non mi pesò così tanto scendere nella zona delle scuole e vedere nuovamente l'imponente accademia che avevo davanti. Salutai Ivan e Celeste e, con ancora un po' di quella emozione che avevo l'anno prima, varcai la soglia.
Salii le scale insieme al fiume di studenti ed entrai nella mia amata 4B. Appena vidi Aria seduta in terza fila, mi illuminai e, senza salutare gli altri, mi tuffai tra le sue braccia.
-Ciao Aria!- esclamai felice.
-Piccola Mary!!- urlò, quasi assordandomi, ma la sua voce mi era mancata tantissimo. Non volevo più staccarmi da quell'abbraccio, stavo così bene ma dovetti, per poter salutare anche tutti i miei compagni che avevo ignorato, sentendomi in colpa.
-Ahh mi sei mancata così tanto- esclamò Aria sedendosi. -Guarda qua! Terza fila! Io e te qua e Elisa ed Amanda davanti a noi! Il contrario dello scorso anno-
Appoggiai lo zaino per terra ed annuii sorridendo.
Osservai la nostra classe, dov'erano già stati appesi attestati ai concorsi a cui avevamo partecipato, e fui felice di vedere che c'era scritto anche il mio nome con un carattere elegante.
-Allora- cominciò Aria sedendosi -Quando facciamo la nostra famosa uscita a quattro?-
-Proprio questo volevo chiederti!- esclamai -Tu ed Alex quando siete liberi?-
La mia amica ci pensò su:
-Il sabato non dovrebbe lavorare...quindi sarebbe perfetto-
Sorrisi raggiante.
-Credo vada bene anche per lui, chiederò-
L'arrivo di Elisa e di Amanda ci distrasse e ci catapultammo da loro e, non appena mi strinsi a loro, sentivo che tutto stava piano piano tornando al giusto posto.
 
-Va bene per me-
Eravamo in autobus, dopo un intenso primo giorno di scuola. Era stato bello rivedere Berto e tutti gli altri professori salutarci allegramente ma il pensiero fisso di tutti, era il fatto che bisognava dare ancora di più quell'anno.  Anche Ivan la pensava così, il liceo scientifico non era per nulla una passeggiata ma lui era un genio, il mio genio. Gli avevo raccontato della proposta di Aria ed aveva accettato volentieri. Mi appoggiai alla sua spalla mentre scrivevo un messaggio alla mia amica per darle conferma.
-Ivan...non hai paura del futuro?- chiesi ad un tratto. Mi guardò perplesso, probabilmente sorpreso.
-Come mai questa domanda?-
-Perché è il mio chiodo fisso da un po'.- non volli aggiungere altro per non voler esternare completamente le mie paure. Ci pensò su mentre mi accarezzava il braccio dolcemente.
-Penso sia normale avere paura...non sai cosa ti aspetta e forse non sarà positivo come vuoi. Però...da un lato potrebbe riservarti grandi cose. Sta a noi  decidere che strada prendere-
Le sue parole mi entrarono nel cuore. Le aveva dette con una tale serietà, con una tale passione che ero sicura che non avrei mai potute dimenticarle.
-Hai ragione..- mormorai mentre la mia pelle vibrava a causa delle sue carezze.
-Ma io ho una certezza...e sei tu piccola mia- mi prese il volto tra le mani, costringendomi a guardarlo negli occhi. Il suo sguardo così caldo, così piacevole mi stava uccidendo l'anima.
Nonostante dovessi essere felice per quelle parole...ero inquieta. Come se dentro di me, qualcosa mi dicesse "Il peggio deve ancora arrivare"
La prima settimana di scuola passò con una lentezza inverosimile, cosa che mi portò a chiedermi se erano davvero passati solo cinque giorni quando arrivò il tanto agognato sabato. Saremmo usciti verso le sette per fare una breve passeggiata nel centro di Firenze e cenare insieme al sushi wok preferito di Aria. Nel primo pomeriggio potei abbandonarmi al riposo totale, di cui avevo davvero bisogno. Mi misi davanti al portatile a chattare con Caterina, anche lei a casa quel sabato pomeriggio. Per il resto, mi abbandonai alla musica com'ero ormai solita a fare. Quell'anno ero intenzionata ad imparare a suonare il pianoforte ed il violino, strumenti che amo con tutto il cuore, che riescono a darmi un senso di tranquillità ed armonia davvero sconvolgente. Ero davvero molto ansiosa di cominciare le lezioni di musica con Bernardi che mi avrebbe accompagnata anche in questa avventura.
Verso le sei, mi alzai e spensi il portatile, cominciando a prepararmi per l'uscita, con calma. Indossai un vestito nero semplice dalle maniche di pizzo e delle parigine bianche, abbinando i miei stivali bianchi con il tacco. Ivan mi stava aspettando in salotto, bellissimo come al solito. Si alzò dal divano non appena mi vide scendere le scale. Mi prese la mano e la strinse con la sua.
-Sei bellissima- mormorò con voce rauca.
-Anche tu- feci, arrossendo per il complimento che mi aveva appena fatto. Eh sì, ogni cosa che diceva mi mandava in tilt.
-Siete pronti?-
Serena avanzò velocemente verso la porta d'ingresso e ci guardò con un sorriso. Io ed Ivan annuimmo e la seguimmo a ruota verso l'auto, parcheggiata nel vialetto.
Aria e Alex ci aspettavo nel Piazzale delle scuole. Io e Ivan salutammo Serena e camminammo verso di loro. Erano immersi in una conversazione molto tranquilla, probabilmente parlavano del più e del meno. Mi soffermai sui tratti maturi del viso di Alex: era più alto di Aria, i capelli scuri un po' ribelli, e la barba leggera che contornava le sue labbra. Aria ci vide e ci salutò sbracciandosi. Sorrisi e la salutai con la mano.
-Ciao Marina! Ciao Ivan- fece non appena li raggiungemmo.
-Ehi!- esclamai sorridendo. Mi rivolsi ad Alex che ci osservava:
-è un piacere conoscerti finalmente!- feci contenta.
-Anche per me Marina!- ricambiò il mio sorriso e mi strinse la mano calorosamente.
-Io e te ci eravamo già visti no?- si rivolse ad Ivan in quale annuì.
-Grazie per aver accettato l'invito- riprese.
-Grazie a voi!- dissi io, parlando anche a nome di Ivan, che mi prese per mano.
Dopo un giro per Firenze, verso le otto raggiungemmo la nostra effettiva destinazione, parecchio affamati. Ci sedemmo in un tavolo vicino alle grande vetrate, e cominciammo a servirci da noi, grazie dal buffet di vari tipi di sushi e piatti tipicamente orientali. Tornai a sedermi soddisfatta e cominciai a mangiare, cercando di conservare un minimo di eleganza.
Finimmo di mangiare e, a pancia piena e con sorrisi stampati sulle labbra, riprendemmo a chiacchierare, così per rimanere insieme ancora.
-Alex, che strumenti sai suonare?- chiesi curiosa, mentre portavo alla bocca un sorso d'acqua.
-Chitarra principalmente. Ma anche batteria, basso, ukulele e flauto traverso-
-Potreste fare dei duetti insieme voi due! Magari suonare per qualche locale!- osservai guardandoli. Li immaginavo già sul palco insieme, ed ero sicura che nel cantare insieme, avrebbero brillato di luce propria. Guardai Ivan e gli diedi una leggera gomitata.
-Devi imparare a suonare uno strumento anche tu- feci imbronciata -Così possiamo cantare insieme-
Lui rise e mi scompigliò i capelli:
-Lo aggiungerò alla lista di cose che devo imparare, promesso-
Vidi un luccichio nei suoi occhi e capii che non lo aveva detto tanto per dire. Lo avrebbe davvero fatto per me?
-Ti amo- sussurrai arrossendo e mi sorrise, un sorriso capace di uccidermi.
La serata trascorse in armonia, facendo un ulteriore giro per Firenze, città che ormai adoravo per la storia che conteneva. Passammo di fronte alla chiesa di Santa Maria del Fiore e ne osservai la cupola, ricordandomi dai miei studi passati di storia dell'arte, di come Brunelleschi era riuscito a costruirla posizionando i mattoni a spina di pesce. Sorrisi mentre la guardavo, non capendone bene il motivo. Gli altri mi guardavano perplessi, e Ivan si avvicinò a me.
-Tutto bene?- mi chiese ed io annuii.
-è che sono felice- mormorai -e ho paura possa finire in fretta questa sensazione.-
Ivan sbuffò:
-Perché devi essere così paranoica piccola?- mi prese la mano e mi trascinò verso Alex ed Aria che ci stavano aspettando.
Tornammo a casa verso le undici. Dopo aver dato la buona notte a Serena, salimmo le scale diretti nelle rispettive camere.
-Buona notte- dissi ma lui mi prese per un braccio e mi fermò. Lo guardai interrogativa ma non rispose subito al mio sguardo. è un attimo: mi prese in braccio e mi trascinò nella sua camera. Mi adagiò sul letto, continuò a guardarmi intensamente, a leggermi dentro. Socchiuse gli occhi e cominciò a baciarmi lentamente, una lentezza esasperante.
Dal mio collo si avventò, famelico, sulle mie labbra, lasciandomi senza fiato e facendomi perdere la ragione. Morse le mie labbra, mi strappò gemiti di piacere ed iniziai a sentirmi accaldata. Ansimai mentre le sue mani si insinuavano nel mio vestito, ma non lo fermai, non volevo  si fermasse. Mi sfilò il vestito che cade a terra e riprese a baciarmi, dal ventre fino al collo per ricominciare di nuovo. Socchiusi gli occhi mentre mi beavo delle sue labbra ma non volevo accontentarmi: volevo potergli dare ciò che stava dando a me. Con una leggera spinta lo faccio stendere e mi posiziono a cavalcioni su di lui. Mi guardò sorpreso - ricordo ancora quello sguardo- ma subito sorrise e chiuse gli occhi come per dirmi "Fai di me ciò che vuoi". Le mie mani vagavano sotto la sua maglietta così da potergliela sfilare. Ammirai il suo corpo che amo da morire, le sue spalle perfette, gli addominali accentuati e cominciai farli conoscere anche alle mie labbra, oltre che alla mia vista. Il lobo dell'orecchio fu il primo punto che volli assaporare. Mi ci avventai vogliosa ed affamata di lui, succhiandolo e mordicchiandolo, mentre le mie mani continuavano ed accarezzare il suo corpo. Lo sentivo gemere leggermente e sorrisi per aver raggiunto il mio intento.
-Mi farai impazzire così- sussurrò baciandomi il collo.
-Anche tu. Mi stai mandando fuori di testa Ivan. Ma amo il modo in cui lo fai-
Sorrise contro la mia pelle. Circondò con le braccia i miei fianchi, stringendomi forte a lui. Di nuovo quella sensazione. La sua mascolinità pulsava, la sentivo ma non reagii come qualche giorno prima. Lo eccitavo, lui mi voleva.
-Ti amo tanto- mormorai prima di alzarmi e posargli un bacio sulla fronte.
-Perché vai via?- si lamentò corrucciandosi.
-Lo sai che regole ci sono state imposte- dissi recuperando il vestito dal pavimento.
-Ma io voglio stare con te- si imbronciò, sembrava un bambino. Risi e lo baciai a fior di labbra.
-Lo so- sussurrai -Anche io ma sono stanca. Buona notte-
Mi sorrise tristemente.
-Notte piccola-
 
 
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Buona seraa
sono la prima che ringhia quando le storie che segue non vengono aggiornata, e sto andando a rilento anche io. Le ragioni principali sono due: la prima è l'università che mi sfianca e non mi lascia tempo per scrivere; la seconda è che, oltre al poco tempo, sono anche bloccata con un capitolo più avanti. So bene come finire la storia ma non come arrivare a quel punto. è da quasi due anni che la sto scrivendo, sono tantissimiii! Comunque, questo capitolo è di passaggio, è pieno di sdolcinatezza che vomito arcobaleni quasi. Ma sono così carini i nostri due innamorati! Vero? Ad ogni modo, ci vediamo al prossimo aggiornamento
Baci
Lena

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Capitolo 15
*** Fermami e sarai fermato ***


15-FERMAMI E SARAI FERMATO
 
Si dice che nei sogni ci immergiamo in un mondo tutto nostro, così da sollevarci almeno per un po' da quei problemi che invece ci da' la realtà. Tutto svanisce mentre le immagini prendono il sopravvento. Noi nel nostro piccolo mondo. Ma quella notte non fu per nulla così. Ero immersa nel buio, nella solitudine, chiusa a bozzolo, frastornata. Alzai il volto e due figure si posero lì davanti a me. Ma quando le vidi chiaramente, sprofondai ancora ed ancora. Aprii gli occhi di scatto per liberarmi da quell'incubo. Respiravo affannosamente ed ero terrorizzata.  L'immagine di Ivan mentre si allontanava da me mano nella mano con un'altra ragazza alleggiava nella mia mente e non mi dava tregua. Calma Marina, era solo un sogno. Continuavo a ripetermelo ma non riuscivo a calmarmi sul serio. Strinsi le ginocchia al petto, tirando giù la maglia larga che indossavo per dormire. Il battito del mio cuore tornò normale piano piano, mentre le immagini di quel sogno continuavano a scorrere nella mia mente. Tutto ciò stava per caso a significare che non mi fidavo davvero di lui? che ero ancora piena di dubbi stupidi? Fino a poche ore prima mi stava baciando, sussurrando che mi amava e io lo sapevo, ne ero perfettamente conscia. E allora perché stavo così? Mi buttai nuovamente sul materasso come fossi un peso morto, e pensai che non fosse il caso di insistere e pressarlo quando lui stesso mi dimostrava ogni giorno quanto mi amava. Avrei finito col diventare una di quelle odiose fidanzate appiccicose che si vedono spesso in giro.
Purtroppo, nonostante i miei buoni propositi e lo sforzo nel ricordarmi tutte le sue parole di amore, non riuscii più a chiudere occhio. Mi presentai a colazione con il volto stanco ed assonnato. Alla domanda di Serena su come stavo, mormorai che avevo troppi pensieri per la testa che disturbavano il mio sonno. Non volle approfondire ulteriormente il discorso, ma mi diede un bacio sulla testa con dolcezza.
-Grazie mamma- mormorai. Lei mi guardò stupita e sorrise.
-Nonostante mi avessi chiesto il permesso, non mi avevi mai chiamata mamma-
Mi resi conto dopo di quello che avevo detto ma prima che potessi dire altro, vidi il suo sorriso dolce comparire sul suo viso.
-Sono felice che tu mi consideri come una mamma-
Sorrisi a mia volta, per quanto la mia stanchezza me lo permise.
-Lo sei ormai. Siete la mia casa-
Firenze era davvero diventata la mia casa. L'accademia, le amiche, la danza e il canto erano ciò che componeva la mia essenza, la mia anima. Ciò che era capace di farmi ritornare il buon umore, e si, anche il buon senso. Tutto insieme, riusciva poco per volta a farmi intraprendere la giusta strada. Strinsi la maniglia della custodia del violino mentre aspettavo l'autobus con Ivan e Celeste, stanca si, ma con una strana energia che stava finalmente tornando a darmi vita.
-Mi sembri molto stanca- fece Ivan ad un tratto.
-Ho fatto un brutto sogno- spiegai buttando indietro la testa.
-Ti ha turbata così tanto?- mi prese la mano mentre io chiusi gli occhi per la stanchezza.
-Sì abbastanza- mormorai -Ma non preoccuparti-
Mi diede un lieve bacio sulla nuca per lasciarmi riposare ed immergermi nei miei pensieri.
Il tragitto per arrivare a Firenze mi sembrò infinito quella mattina. Mentre Ivan mi stringeva tra le sue braccia, io guardavo fuori dal finestrino, quasi incantata dal cielo nuvoloso che mi metteva un po' di malinconia. Scendemmo dal bus non appena frenò davanti alla piazzetta.
Davanti a noi, ci trovammo un'allegra Rosalba che ci sorrise. Ivan la salutò allegramente con la mano, mentre io sbiancai, ricordando il mio sogno.
-Buongiorno!- ci salutò allegramente, avvicinandosi con il suo passo elegante.
-Ciao Roxy- fece Ivan, ricambiando il sorriso.
-Ehi- mormorai io, accennando un sorriso.
-Ivan, allora, oggi pomeriggio sei libero? Vieni da me?-
-Si va bene! Così mi aiuti in fisica. Non ho proprio capito quella cosa lì- i loro sorrisi complici mi fecero sentire in più. Strinsi la cinghia dello zaino e presi un grande respiro mentre continuavano a parlare tra di loro.
-Bhe io vado, Aria mi sta aspettando. Buona mattinata-
Ivan mi guardò e sorrise
-Ciao piccola, anche a te-
-Si, ciao Marina- fece eco Rosalba, rimanendo lì con lui e riemergendosi nei loro fitti discorsi.
Amareggiata, mi diressi verso l'accademia, con un tremendo amaro in bocca che speravo se ne sarebbe andato a breve.
Ma, purtroppo, non fu così. Dopo cinque intense ore di lezione, salutai le mie amiche con un sorriso, e mi avvicinai alla fermata dell'autobus dove vidi Ivan e Rosalba chiacchierare animatamente. Lei sorrideva allegramente, passando ogni tanto una mano sui capelli per sistemarseli. Sospirai e mi feci forza, avvicinandomi a loro.
-Ehi, ciao- esclamai fingendomi allegra, poggiando un bacio sulla guancia di Ivan.
-Ciao Mary- mi risposero all'unisono.
Rosalba guardò l'orologio e sobbalzò:
-Ah devo andare a prendere il treno. Ci vediamo oggi pomeriggio Ivan- si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia, socchiudendo gli occhi. Mi morsi un labbro ed abbassai lo sguardo.
-Ciao Marina- disse guardandomi negli occhi e io mormorai un saluto non molto convinto. L'autobus arrivò e salii subito, senza dire una parola. Mi sedetti vicino al finestrino accavallando le gambe. Infilo lentamente gli auricolari nelle orecchie, affogando nel piacere della musica, sperando che la mia gelosia potesse sparire.
Ivan si sedette di fianco a me e mi guardò perplesso.
-Com'è andata oggi?-
-Bene- lo liquidai con una risposta fin troppo fredda, senza nemmeno riuscire a guardarlo negli occhi. Perché ero sicura che i suoi occhi sarebbero riusciti a far ottenere il mio perdono. Erano una maledizione: così dannatamente belli che guardarli quando ero arrabbiata era solo una maledizione.
Mi passò le dita tra i capelli e, con tono preoccupato, chiese:
-Marina, cos'hai?-
Scossi la testa:
-Scusami sono stanca- mentii. Ero fatta così: non ero capace di dire cosa non andava. E continuavo a tenermi tutto dentro invece di dire chiaramente cosa pensavo.
Mi prese per una spalla e mi costrinse a guardarlo. Terra e cielo si incontrarono, ma non c'era più l'armonia di sempre. Mi prese per il mento, tenendolo tra pollice ed indice.
-Marina...-
Mi sottrassi alla sua presa e mi morsi un labbro.
-è tutto ok-
-Non si direbbe- soffiò arrabbiato, ma quella infuriata ero io e non lui. Non ne aveva il diritto.
Fu il telefono a distrarmi, per evitare un qualunque tipo di litigio. Sospirai e lo presi dalla tasca. Il nome di Niccolò mi fece sorridere. Un po' sorpresa, risposi.
-Ehi-
-Scema, indovina dove sono?-
-E come faccio a saperlo?- borbottai risentita.
Lo sentii ridere dall'altro capo del telefono.
-Molto vicino a te...sono a Firenze!-
-Cosa?- esclamai, cercando di trattenere il volume della voce, ma fu impossibile evitare delle occhiatacce da parte di tutto l'autobus, sopratutto da parte di Ivan.
-Ma sei serio?- mi sedetti comodamente sul sedile, mordendomi l'unghia del pollice.
-Si è vero! Ho superato il test d'ingresso all'università, e avevo bisogno di cambiare aria.-
-Sono troppo felice Nic! Potremmo vederci spessissimo-
-Esatto! Ho tanta voglia di vederti! Domani puoi?-
-Certo!- dissi senza esitare -Non vedo l'ora-
-Anche io! Ciao Mary-
Riattaccai con un dolce sorriso sulle labbra. Ivan mi guardò cupo, con faccia scura.
-Chi era?-
-Niccolò- risposi, riponendo il telefono nella mia tasca. -è il mio migliore amico-
-si è trasferito nelle nostre zone?-
Mi sembrò che avesse accentuato in modo molto pensante quel nostre, come convincermi che quello era il mio posto, che Padova non esisteva più per me. Ma si sbagliava.
-Già, frequenta l'università a Firenze.-
Giocherellai con l'orlo del giubbotto, sapendo, anzi sperando, che fosse almeno un po' geloso proprio come mi sentivo io.
-Ah, bhe se siete così amici sarà bello vedervi! Ma non mi hai mai parlato di lui..almeno, non mi risulta-
-era il migliore amico di Gabriele, ora hanno litigato. Ho passato il capodanno con lui, non ti ricordi?-
Lo vidi socchiudere leggermente gli occhi, come stesse andando indietro con la memoria.
-Ah già- commentò alla fine.
Sorrisi per rivolgere nuovamente il mio sguardo al finestrino ed appoggiare la testa contro il vetro freddo. Respirai profondamente, per scacciare una brutta sensazione che si stava facendo largo dentro di me.
Subito dopo aver pranzato, mi rifugiai in camera, spalancando le finestre per ossigenare la stanza ma, soprattutto, me stessa. C'era qualcosa di terribilmente sbagliato. Io ed Ivan non avevamo mai avuto veri problemi o litigi, ci amavamo da morire. Io lo amavo da impazzire. E allora perché mi sentivo così improvvisamente insicura sulla nostra relazione? Mi sedetti su una delle poltrone di pelle, stringendo le ginocchia al petto. Si, avevo bisogno davvero di vedere Niccolò, di parlare con lui come facevamo una volta.
Mordevo impazientemente l'unghia del pollice mentre cercavo di capire cosa stava succedendo dentro di me. Sospirai rassegnata, e cominciai a studiare, cercando di sopprimere le immagini di quell'incubo che ancora erano presenti nella mia testa, insieme agli eventi di quella mattina. Aprii il libro di storia ed il raccoglitore per tentare di farmi entrare in testa qualcosa, ma fu più complicato del previsto. E non fu facile, soprattutto, sentire Ivan salutare Serena, dicendo che stava uscendo. Sospirai, stufa della mia gelosia. Ma era così difficile non darle retta.
 
Passai ancora una nottata intrisa di incubi, per poi alzarmi distrutta il giorno dopo. Non sarei mai stata in grado di affrontare una giornata scolastica intensa come quella che avevo davanti ma dovevo, non potevo lasciare che delle stupide emozioni prendessero il sopravvento su di me. Nonostante la giornata fosse piena di sole, colorata grazie alle foglie, il mio umore non si rispecchiava proprio con essa. Raccolsi i capelli in una coda alta che ricadde delicatamente sulle spalle e passai parecchi strati di correttore sulle occhiaie. Mi guardai allo specchio e sospirai: che cavolo ti succede Marina?
Lei era lì anche quella mattina: con quel sorriso angelico che mi dava la nausea.
-Ciao Ivan, ciao Marina- ci salutò venendoci incontro nella sua aria di perfezione.
-Vado in classe- feci, senza ricambiare il saluto. Ivan mi guardò perplesso ma non ci feci caso ed avanzai verso l'accademia, furente di indignazione.
-E la cosa peggiore- in classe cerco di sfogarmi apertamente con le ragazze, che ormai sono la mia ancora di salvezza per ogni cosa.
-è che lui lo sa quanto io sia tremendamente gelosa! E io so che Rosalba è ancora pazza di lui!-
Mescolai lo zucchero del caffé e portai il bicchierino alla bocca, mordendone l'estremità.
-Marina, Ivan ti ama e lo sai!- esclamò Elisa.
Sospirai,battendo nervosamente le dita sul tavolo:
-Ho paura...-
Aria mi strinse a sé dolcemente.
-Non devi! Andrà tutto bene-
Cercai di rifugiarmi in quelle parole, per sentirmi almeno un po' sollevata. Presi un respiro profondo ed annuii, finendo di bere il caffé, che cercò di scacciare il freddo dentro di me.
Dopo l'interminabile ora di chimica, alla seconda ora ci dirigemmo verso lo studio di danza. Eravamo in pieni preparativi per lo spettacolo di dicembre, e io avrei ballato anche quel natale. Per me era in programma una coreografia di coppia insieme a Federico. Quando la professoressa De Luci ce lo comunicò, io sbiancai e lo guardai di sottecchi. Non ci eravamo parlati molto da quell'uscita dove aveva confessato che gli piacevo, quindi ero terrorizzata che non saremo mai riusciti a ballare bene insieme. Avremmo ballato una coreografia molto sensuale sulle note di Blue Jeans di Lana del Ray, che avrebbe cantato Sophie. La professoressa De luci era molto rigorosa, aveva già scelto i vestiti che avremmo dovuto indossare, provavamo molto di più rispetto agli altri. Ci teneva molto, dovevamo avere un'intesa perfetta. Uno scambio di sguardi sensuale che non saremo mai riusciti ad ottenere, ne ero sicura. Ma ci mettevamo davvero l'anima e quel giorno non eravamo da meno. Mi appoggiai alla sua schiena, mentre le sue mani si intrecciavano con le mie. Si voltò e mi prese per i fianchi, sollevandomi e portandomi sulla sua spalla, dove mi sedetti ed alzai il braccio con eleganza e sguardo dolce. Mi prese in braccio facendomi rotare e poi scesi, con il capo rivolto all'indietro, accarezzando il suo con una mano. La prof ci guardava a braccia incrociate, dandoci suggerimenti ogni tanto, ma annuendo spesso, segno che stavamo andando bene. Mi sentivo sollevata quando vedevo quell'espressione, potevo ballare senza pensieri. Gli applausi entusiasti della classe e della prof si diffusero per la sala, insieme ai nostri respiri affannati colmi di stanchezza.
-Ci siamo quasi, ma sembrate ancora un po' diffidenti. Non abbiate paura delle emozioni. Siete due partner di ballo, dovete creare un'intesa perfetta. Insisterò molto su questo- ci disse avvicinandosi, guardandoci con sguardo serio. Sospirai e guardai Federico, che si portava le mani sui fianchi ed inspirava profondamente.
-Prof credo che qui siamo già al massimo- disse lui, bevendo un sorso d'acqua.
Lei sbuffò.
-Potete fare di meglio, ne sono sicura.- tornò indietro a dare istruzioni ai prossimi ballerini in prove, mentre io mi sistemavo lo chignon e andavo a sedermi per terra, stanca.
Mentre facevo un po' di stretching, mi guardavo intorno ed osservavo i miei compagni con attenzione. Li osservavo ballare ed ascoltare i consigli della De Luci. Sospirai e mi alzai, per riprovare alcuni passi che non mi riuscivano nel modo corretto. Mi esercitai nell'ejambet che ancora non era perfetto, per passare a rapide piroette. Ma girai così troppo che persi l'equilibrio finché due forti braccia non mi fermarono: alzai lo sguardo e vidi gli occhi di Federico.
-Tutto bene Marina?- mi chiese.
-S...sì grazie- mi teneva saldamente tra le sue braccia, in una stretta che, purtroppo per me, era dannatamente piacevole. Mi sollevò delicatamente e io mi portai una mano sulla tempia, socchiudendo gli occhi.
-Non stai bene?-
-Non molto- confessai, vedendo il mondo sottosopra e sentendo una fastidiosa nausea.
-Ti accompagno in infermeria?- mi propose lui ma io scossi la testa con un sorriso:
-Non preoccuparti, mi passerà, devo riposarmi un attimo- feci, ammiccando.
Lui mi guardò serio e, per qualche motivo, mi sentivo catturata da quegli occhi. No Marina, tu sei confusa, stai soffrendo e vedi la tua salvezza dove non c'è nulla.
-Ascolta- fece, mentre io cercavo un asciugamano dalla mia borsa -Ti andrebbe se ci trovassimo per provare ogni tanto?- mi propose.
Alzai la testa dalla mia borsa, guardando il muro della palestra che era davanti a me. Mi voltai lentamente e lo osservai, un po' stupita.
-Sei sicuro?- chiesi. -Cioè...mi farebbe piacere ovviamente ma...- non sapevo come giustificarmi quindi tacqui, sperando che capisse da se. Mi sorrise.
-Va tutto bene, non ci sono problemi-
-Ok allora...quando hai tempo me lo dici- mi sentivo parecchio impacciata ma, per qualche motivo, il suo sorriso mi rassicurava.
-Mercoledì hai grossi impegni? Perché per me è fattibile-
-No no va benissimo-
Sentimmo la campanella suonare in lontananza e ci guardammo nuovamente negli occhi. Raccolsi la mia borsa da per terra e mi diressi velocemente verso lo spogliatoio.
Mentre spazzolavo i capelli, Elisa venne verso di me e mi diede una leggera spinta.
-Ehi, tutto ok?-
Finì di farmi la coda e sistemai la spazzola nella borsa, che presi e sistemai nella spalla.
-Si dai...solo che ,non so...la coreografia...-
Elisa mi capì subito e mi cinse le spalle.
-Guarda che era perfetta. Non preoccuparti Mary. La De luci dovrà accontentarsi un po' questa volta-
Guardai la mia amica mentre salivamo le scale verso la nostra classe e mi morsi un labbro.
-Ci incontreremo per provare...io e Fede. Questo mercoledì-
Sentii Elisa sospirare, non troppo convinta.
-Mary...-
-Lo so Elisa, lo so. Probabilmente è ancora interessato. E io sono debole ora. Ma voglio che riesca bene quella coreografia e lui è il mio partner-
-Le cose tra te e Ivan si sistemeranno Marina. Devi solo avere fiducia.- disse con tono serio.
-è giusto che tu provi la coreografia con Fede ma non sei debole come credi. Quindi puoi reagire-
Appoggiò la mano sulla mia spalla, guardandomi intensamente. Lo sguardo di Elisa era serio come il tono che aveva usato prima. Mi ricordava quando mi disse di seguire il mio cuore prima di uscire con Federico. In quell'occasione aveva ragione, ed avevo fatto comunque di testa mia. Ero una testarda inguaribile, ormai mi conoscevo e non c'era nulla da fare. Ma, da quando conoscevo Elisa, avevo imparato molte cose anche su di me. Tra le amiche che avevo, lei aveva un'abilità meravigliosa di farmi ragionare, di farmi capire cosa non andava e mi dava il potere di risolvere il tutto, senza saperlo. Oltre ad essere un'ottima cantante e abile con la batteria, io la vedevo davvero bene ad intraprendere una carriera da psicologa. Sorrisi e le diedi un forte abbraccio.
-Grazie amica mia- mormorai. Sorpresa dal mio gesto, mi guardò perplessa.
-Marina...-
-Per tutto ciò che hai fatto per me, Elisa.- insistetti -Mi dai sempre degli ottimi consigli e mi fai sempre riflettere...quindi grazie- le sorrisi spontaneamente, sentendomi in dovere di poter ricambiare tutto quell'aiuto in qualche modo.
-Marina, sei una delle mie migliori amiche. Quindi è il minimo. Dai veloce che siamo in ritardo- mi strattonò verso la classe per un'ora di storia, ma con più serenità dentro di me.
Quando suonò la campanella che segnava la fine delle lezioni, indossai la mia giacca ed insieme alle ragazze, scesi le scale per uscire da scuola. Parlavamo serenamente, io stavo molto meglio, e nemmeno la vista di Ivan e Rosalba parlare insieme mi turbò quel giorno. Era tutto merito di Elisa ma, in generale, delle mie meravigliose amiche.
-ciao Mary a domani!- mi salutarono, ed andammo tutte e quattro di direzioni diverse.
Raggiunsi la fermata, ma quel giorno, aspettai l'autobus da sola, lasciando i due ex a parlare, mandando giù quel boccone amaro che avevo in bocca da troppo tempo ormai. Mentre il mio sguardo era perso nell'orizzonte, una mano si appoggiò sulla mia spalla. Mi voltai e vidi Federico salutarmi.
-Ehi, ci vediamo domani-
-Certo! Prova ancora da solo la coreografia oggi- suggerii, con un fare entusiasta.
Rise ma annuì.
-Lo farò. Anche se sarà difficile senza di te-
Arrossii, anche se in realtà, era vero. Quando si ha un partner è dura esercitarsi senza di lui e Federico intendeva quello di sicuro.
-Allora io vado, ciao- fece, accarezzandomi il braccio. Lo salutai con la mano e seguii la sua figura allontanarsi con lo sguardo.
-Marina- la voce di Ivan mi distrasse e mi voltai, accennando un sorriso.
-Ehi. Rosalba?- chiesi, non vedendolo, stranamente, in sua compagnia.
-é andata a prendere il treno. com'è andata oggi?- si avvicinò per darmi un bacio sulla guancia. Improvvisamente, quel tocco così leggero mi diede fastidio. Solitamente lo amavo così tanto, mi faceva stare bene...e invece in quel momento mi infastidiva.
-Tutto bene- sorrisi un po' forzatamente mentre guardavo l'autobus frenare davanti a noi.
Per tutto il tragitto, Ivan mi tenne vicino a me in modo quasi ossessivo. Mentre rispondevo ai messaggi di Niccolò, per accordarci per quel pomeriggio, era fastidiosamente invadente, come non era mai stato. Non lo capivo: passava tutto il tempo con Rosalba ed era geloso se non pensavo a lui? Quella stretta che era la mia salvezza, ora la vedevo come un'ancora...che mi mandava a fondo però. Non appena raggiungemmo la fermata di fronte alla via di casa, mi catapultai fuori per ossigenarmi un po'. Mangiai di fretta per mettermi subito a studiare, visto che Niccolò sarebbe venuto direttamente a casa Innocenti. Nonostante avessi insistito per uscire, lui mi aveva detto che il tempo stava peggiorando e mi diceva di non preoccuparmi. Ma ero preoccupata. Si, perché se l'atteggiamento appiccicoso di Ivan si era fatto valere solo nel leggere messaggi, figuriamoci cosa sarebbe successo se lo avesse visto con i suoi occhi.
Erano le quattro quando sentii il campanello, che mi distolse dallo studio di matematica. Mi alzai dalla scrivania sorridendo, e scesi le scale nel momento in cui Serena aprì la porta.
-Salve, cerco Marina...- sentii dire dalla calda voce di Niccolò.
Finii di scendere le scale e corsi fuori.
-Nic!- urlai, correndo per il vialetto. Serena aprì il cancello, così che potessi fiondarmi tra le braccia del mio migliore amico, più affascinante del solito.
-Ciao Marina- mi strinse dolcemente a se, e quella stretta sì che mi fece sentire al sicuro.
-Oddio non ci credo che sei qui- sospirai, annusando a pieni polmoni il suo profumo. Ci guardammo negli occhi e ci sorridemmo a vicenda.
-Ehm Marina?-
La voce di Serena mi fece ritornare con i piedi nel vialetto. Ogni volta che vedevo Niccolò tornavo indietro con la mente, tornavo a Padova, al Liceo Dante Alighieri, alle chiacchiere nel corridoio. Ma tornai lì a Firenze, in quella situazione poco chiara. Serena era lì, con la porta aperta e lo sguardo perplesso.
-Serena, lui è il mio migliore amico Niccolò- feci, tenendoci a precisare ciò che era per me.
La sua espressione si rilasso, in effetti, e sorrise. Niccolò avanzò verso la porta, per stringerle la mano e presentarsi.
-Piacere signora Innocenti, sono Niccolò Ferrante- fece molto cortesemente.
Serena ricambiò cortesemente la stretta.
-è un piacere conoscere un amico storico della piccola Marina. Vieni dentro, accomodati-
Si pulì educatamente le scarpe sullo zerbino ed entrò. Mormorò un permesso e si guardò intorno.
-Dammi la giacca, la metto nell'armadio- feci, con un sorriso.
Lui annuì e me la porse. La appesi in una delle stampelle nell'armadio a muro vicino alla lavanderia e tornai da lui, proprio mentre Serena stava camminando frettolosamente verso la porta.
-Marina, io vado a fare la spesa, ciao!- mi disse di fretta, prendendo la borsa ed uscendo di casa. Risi ed invitai Niccolò a sedersi.
-Allora, come stai? Com'è la nuova vita qui?- chiesi, mentre scaldavo il the.
-Tutto nuovo! Sei stata coraggiosa tu, veramente! Una piccola Marina che si avventura verso nuovi orizzonti- mi prese un po' in giro, ma io risi semplicemente.
Mi sedetti vicino a lui, accavallando le gambe.
-Dovresti solo ammirarmi- feci, gonfiando le guance.
Mi accarezzò dolcemente la testa.
-Si piccola Mary, va bene- si guardò intorno -Il tuo ragazzo?-
-è dalla sua ex- feci, senza guardarlo negli occhi, per non fargli capire quanto la cosa mi infastidisse. Capì ciò che provavo e non mi chiese altro. Spensi il gas, e versai il the in due tazze e feci per voltarmi, ma lui era già lì, dietro di me. Mi strinse da dietro, appoggiando la testa sulla mia spalla.
-Non preoccuparti Mary. Tu sei fantastica e lui lo sa. Deve rendersi conto di quanto è fortunato ad averti. In molti vorrebbero essere al suo posto.-
Chiusi gli occhi e sorrisi, lasciandomi trasportare dal suo abbraccio.
-Grazie Nic...grazie di essere qui.-
Prese una delle due tazze di the che avevo preparato e se la portò lentamente alle labbra, sorseggiando lentamente.
-Bevi Mary. Ti scalderà e starai meglio. Non devi più preoccuparti. Ci sono io- mormorò sorridendo. -Ci penso io a te, piccola Marina-
-Nic...ma cosa..?-
Appoggiò la tazza sul ripiano, per chinarsi e darmi un bacio sulla testa.
-Bhe...vorrei pensarci io a te. Ma è lui che dovrebbe. Ti conviene ricordarglielo-
Annuii ma poco convinta. Ci trasferimmo con le tazze sul divano, per parlare un po' come facevamo sempre quando ero a Padova. Per quelle orette mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo, anzi, meglio. Come se il tempo si fosse fermato, come se tutti i problemi non esistessimo ma ci fossimo solamente noi due, a ridere e scherzare. Ero praticamente distesa sulle sue gambe, mentre mi raccontava dei primi giorni in facoltà, quando sentimmo la porta aprirsi.
-Sono a casa- fece la voce di Ivan. Alzai il busto e gli sorrisi.
-Ehi-
Il suo sguardo stanco si posò su di me, sorridendomi. Un sorriso che sfumò non appena vide un ragazzo che non era lui, seduto troppo vicino a me. Lo vidi irrigidirsi e chiudere gli occhi per diversi secondi prima di avvicinarsi.
-Ciao piccola- si avvicinò e mi diede un bacio sulla fronte. La sua mano premeva sulla mia nuca come per dire "Lei è mia" e,se per le altre ragazze poteva essere un gesto che dimostrava l'amore che lui prova per te, per me era una semplice presa in giro.
Sorrisi in modo forzato non appena i suoi occhi incontrarono i miei.
-Lui è Niccolò, il mio migliore amico- feci, presentandolo. Ivan gli strinse la mano educatamente e disse:
-Io sono Ivan, piacere-
-Piacere mio! Mary parla sempre di te-
Fulminai Niccolò con lo sguardo, mentre Ivan sorrideva lusingato.
-Bhe lei mi ha parlato anche di te- disse lui, andando in cucina.
Lo vidi armeggiare per prepararsi un caffè, ed ero sicura che si sarebbe messo lì con noi, appiccicato a me in modo ossessivo. Sospirai e guardai Niccolò, in cerca di un appiglio a cui aggrapparmi. Sembrò capire il mio sguardo ed annuì di conseguenza.
-Marina, io vado che devo studiare- mi disse.
Sorrisi ed annuii.
Ci alzammo e lo accompagnai verso la porta. Si infilò il giubbotto e mi abbracciò forte.
-Stai tranquilla, si risolverà tutto- mi sussurrò vicino all'orecchio, prima di schioccarmi un bacio sulla guancia.
-Grazie- mormorai. -Mi ha fatto tanto piacere rivederti- gli sorrisi teneramente ed aprii porta e cancello.
-Mi ha fatto piacere conoscerti Ivan- fece ad alta voce rivolta verso il mio ragazzo.
Ivan sorrise e disse:
-Anche a me- per poi tornare a rivolgersi al suo caffé.
Alzai gli occhi al cielo, leggermente esasperata, e mi rivolsi nuovamente a Niccolò, con un sorriso.
-Ci vediamo presto- mi disse, dandomi un bacio sulla nuca. Socchiusi gli occhi a quel contatto e sorrisi.
-Ciao, buono studio- e chiusi la porta. Sospirai e feci per salire le scale quando Ivan si schiarì la voce.
-Non avevo idea che sarebbe venuto qui-
-è anche casa mia questa- commentai acidamente.
-No bhe pensavo faceste un giro, tutto qui- cercò di giustificarsi. Il caffè salii e il rumore della moca lo distrasse.
-Vuoi un caffè?- mi chiese.
-No, non mi va- salii le scale e mi chiusi in camera, parecchio nervosa.
Perché doveva comportarsi cosi? Perché io non potevo essere gelosa della sua ex ma lui poteva esserlo del mio migliore amico? E perché è tutto così un casino?
Mi sedetti sul bordo del letto per rimuginare, ma non sarei mai riuscita a capire cosa cavolo potevo fare. Scossi la testa ed afferrai il mio telefono appoggiato sul comodino e composi il numero di Aria.
-Ehi Mary-
-Aria, non ce la posso fare- piagnucolai.
-Marina...-
-Dovevi vederlo! Niccolò era qui da noi e quando Ivan lo ha visto ha fatto una faccia! Si è comportato davvero male!- spiegai, distendendomi.
-Marina...ascolta...secondo me non state più comunicando! Dovete ritrovare quell'armonia. è quello che ora vi manca-
Stavo per ribattere ma, in cuor mio, sapevo che Aria aveva ragione. Parlavamo poco...è che ero troppo arrabbiata per poter parlare tranquillamente.
-Hai ragione Aria...grazie!- dissi, infine, anche se per ora, non ero intenzionata a parlare con lui. Almeno non quel giorno.
-Prego darling! Ci vediamo domani! E stai tranquilla-
-Ci proverò, ciao!- riagganciai e fissai lo sfondo sul telefono: era una foto mia e di Ivan che Mara aveva scattato quell'estate. Ci stavamo dando un bacio con il tramonto dietro di noi. Sorrisi tristemente. Bloccai il telefono e lo appoggiai nuovamente sul comodino, distendendomi nuovamente sul letto.
Affrontai una delle peggiori giornate scolastiche: sembrava che non me ne volesse andare bene nemmeno una. Feci una delle peggiori verifiche di matematica mai fatte in tutto la mia vita,  non riuscii a seguire le spiegazioni di italiano e la lezione di canto fu un completo disastro, tanto che Berto mi chiese se lo stessi prendendo in giro. Non ero pronta per immergermi in ore di prove con Federico, non ero abbastanza concentrata. Fu strano non prendere l'autobus, ma seguirlo per diverse stradine di Firenze. Ero un vero zombie quel giorno, non riuscivo nemmeno a conversare, ma accennavo qualche mugugno e davo risposte monosillabiche. Arrivammo a casa di Federico: era una casa modesta e molto accogliente.
-Prego- fece, invitandomi ad entrare. Appoggiò le chiavi sul mobiletto vicino all'entrata mentre io entrai timorosa e mi sfilai la giacca, per appenderla nell'attaccapanni.
Eravamo da soli, i suoi genitori erano via per lavoro, e sua sorella aveva scuola fino a tardi. Mangiammo in modo molto leggero e poi mi guidò al secondo piano.
-Abbiamo trasformato lo studio di mio padre in una palestra da quando ho cominciato l'accademia- mi spiegò.
-Ah, bello avere una stanza ampia dove poter ballare- commentai, invidiosa.
Lui sorrise. Aprì la porta e mi meraviglia di quella visione: era una stanza simile a quelle dedicate alla danza classica, con travi e qualche attrezzo. La parete di fronte alla porta era ricoperta dagli specchi. Sorrisi entusiasta:
-Possiamo cominciare quindi?- chiesi felice. Quando cominciai a scaldarmi e a provare i primi passi, fu come se quella giornata disastrosa non fosse mai accaduta. Andava tutto bene, stavo ballando, ero nel posto giusto. Ad ogni prova diventavamo più sicuri sia su di noi come ballerini ma anche tra di noi, come partner. La De Luci lo diceva sempre che conoscersi tra partner era fondamentale, anche solo passare del tempo insieme. Nonostante non fossi nell'umore in quei giorni, quelle ore in compagnia di Federico non mi pesarono per nulla.
-Attenta in questo punto Mary- mi disse, alludendo al passaggio dalla seconda strofa al ritornello. -Se ti allontani troppo non puoi raggiungermi in fretta e rischiamo di non essere a tempo-
Mi accucciai per un attimo, respirando profondamente.
-Mmm...quindi non devo allontanarmi troppo con l'ejambet- feci, riflettendo.
-Più che altro non puoi prendere troppo la rincorsa-
Annuii e mi alzai, battendo le mani.
-Lo riproviamo?-
Lui annuì soddisfatto e fece ripartire la musica. Quando ci ritrovammo schiena contro schiena, presi lo slancio per fare una spaccata in aria, atterrare e scivolare nuovamente vicino a lui.
-Andava bene così?- chiesi, insicura.
-Non preoccuparti Marina, sei bravissima!- mi fece l'occhiolino sorridendomi. Si avvicinò e mi diede una leggera scompigliata ai capelli in modo affettuoso.
-Ma sei sicuro? Cioè dimmelo se...-
Appoggiò l'indice sulle mie labbra facendomi arrossire.
-Era perfetto, davvero-
Si allontanò da me per andare a bere, lasciandomi lì a guardare il pavimento, imbarazzata.
Non fu solo quella volta, ma anche nelle settimane successive, Federico compiva dei gesti che non capivo bene, delle frasi che mi diceva guardandomi dritto negli occhi , facendomi fremere, sentire strana. Riusciva a farmi bloccare in mezzo al corridoio, imbambolata mentre ripensavo a ciò che mi aveva appena detto; e, ogni volta, Elisa mi trascinava per un braccio, riuscendo anche a smuovermi dai miei pensieri. Non potevo essere davvero così confusa, non aveva senso. Ma, se fino a pochi mesi prima i miei pensieri erano rivolti solo verso Ivan, ora nella mia testa c'era una grande confusione. Con il mese di Dicembre, per mia fortuna, avrei avuto l'occasione di tornare a Padova, per staccare un po' e chiarirmi le idee. Forse era ciò che mi serviva: stare lontana da Firenze, da Federico, dall'accademia...e da Ivan e la sua gelosia oppressiva. Mi trattava come fossi un peluche, da coccolare solo quando ti fa comodo, per poi gettarmi via e dedicare l'attenzione ad altro. E io ero così spaesata che non riuscivo a dirgli nulla, mi ero davvero trasformata nel suo peluche.
Quella situazione mi stava stressando e non poco. Ma nonostante la soluzione sarebbe stata parlare con lui, non riuscivo a prendermi coraggio per farlo. Mi ritrovavo distesa sul letto a fissare il soffitto con espressione vuota, come mi sentivo io in quei mesi. Vuota. Qualcuno bussò alla porta ma il mio sguardo rimase puntato lì, sul soffitto.
-Avanti- dissi lentamente. Il mio dilemma comparve sulla soglia, e richiuse la porta dietro di se.
-Marina- chiusi gli occhi e sospirai.
-Marina...cosa ti sta succedendo?- si sedette sul bordo del letto e mi accarezzò la guancia.
Aprii di nuovo gli occhi e mi voltai per guardarlo. No, non potevo guardarlo. Lo amavo ancora e guardarlo dritto negli occhi mi fa perdere la ragione. Mi morsi il labbro ma non risposi.
-Sono settimane che ti vedo così...assente. Cosa sta succedendo?-
-Dimmelo tu- sbraitai. Sentivo come se ci fosse un leone dentro di me, pronto per ruggire tutto ciò che avevo dentro. Mi sedetti a gambe incrociate e lo guardai:
-Si può sapere perché passi tutto quel tempo con Rosalba? è da quando sono tornata che siete sempre insieme, che parlottate tra di voi!-
-Marina siamo molto amici...tutto qui- il suo sguardo era esitante, non mi stava dicendo tutta la verità. Ed io ero stanca.
-E serve passare da lei così tanti pomeriggi?-
-Studiamo insieme Marina...e proviamo per il corso di recitazione. Non mi sembra di averti detto nulla per le tue prove di ballo con quel Federico...o quando esci con Niccolò-
-Federico è il mio partner. E ci passerò al massimo un pomeriggio ogni tanto. - spiegai, come se dovessi giustificarmi. Ma non dovevo farlo, non era necessario.
-Niccolò è il mio migliore amico, ma non è il mio ex!-
-Non è possibile essere tanto amici della propria ex fidanzata?- chiese lui, arrabbiato.
-Non se lei ti ama ancora! Non se è stata la tua prima volta-
Non ci stavamo ascoltando, stavamo solo esprimendo il dolore che avevamo dentro, mescolato con i dubbi ed urla.
-Lei non mi ama ancora- soffiò lui -E cosa centra il fatto che lei è stata la mia prima volta?-
-Ma sei cieco? è ovvio che ti ama, che ti vuole! E centra! Centra perché la rivedi tua, la immagini come non dovresti immaginarla!-
-La ragazza che vorrei immaginare come credi tu, non è pronta! Forse...perché non si fida di me?- quelle ultime parole mi fecero tornare indietro nel dolore, indietro a Gabriele. Tremavo, ero arrabbiata.
-Forse...perché per me è importante fare l'amore! Invece...voi siete tutti uguali- sibilai.
-Non è quello che intendevo Marina!- esclamò, guardandomi negli occhi.
-Già...ultimamente non capisco proprio cosa intendi- mormorai.
-Marina si può sapere qual è il problema?- mi chiese spazientito.
-Nessuno...no nessuno! Passa pure tutto il tuo tempo con Rosalba, stammi vicino solo quando ti fa comodo. Passerò con Niccolò tutto il tempo che tu non hai passato con me in questi mesi, appena tornerò in Veneto-
A quelle parole, mi afferrò per un braccio, stringendomi e costringendomi a guardarlo negli occhi.
-Tu non tornerai in Veneto- sibilò. Cercai di divincolarmi, ma lui mi tirava, mi obbligava a guardarlo negli occhi.
-Padova è casa mia!- feci furiosa.
-Non ti allontanerai ancora da me!-
Mi strinse forte, appropriandosi delle mie labbra avidamente, mordendole, facendomi quasi male. Le sue unghie mi graffiavano facendomi gemere, facendomi male. Tentai di liberarmi dalla sua presa, non volevo che mi baciasse, non potevo perdonarlo così. Fu un attimo: liberai una mano e gli tirai uno schiaffo sulla guancia, il più forte che avessi mai tirato.
Chiuse gli occhi, la guancia iniziava ad arrossarsi, probabilmente pulsava. La mia mano era ancora alzata, il palmo aperto. Ci misi un po' per capire cosa avevo fatto, cos'era successo. Quando lo sguardo di Ivan si posò di nuovo su di me, ebbi paura. Era carico di rabbia, non lo avevo mai visto così.
-Non puoi fermarmi- mormorai io, tremando -Non puoi impedirmi di tornare a casa-
Non disse nulla, ma si alzò ed uscì dalla mia stanza, lasciandomi lì, in confusione.
Il 23 dicembre arrivò in fretta. Io e Ivan non ci parlavamo ed avevo il sentore che fosse finita. Non riuscivamo nemmeno a salutarci la mattina guardandoci negli occhi.
Non vedevo l'ora che anche lo spettacolo passasse e potessi tornare finalmente a casa, in tranquillità. La giornata a scuola fu molto tranquilla ed allegra. Appena entrai in classe, la vidi decorata con lucette intorno alla lavagna, e un piccolo alberello sulla cattedra. Sorrisi nel vedere Camilla e Elisa sistemare qualche addobbo dorato nell'armadio. Appoggiai la borsa al mio posto e mi avvicinai:
-Serve una mano?- chiesi gentilmente.
Elisa si voltò e mi diede un bacio sulla guancia.
-Tranquilla, abbiamo finito Mary- mi disse sorridendo. Annuii e cominciai ad unire qualche banco insieme per riporre il cibo che avevamo portato. Sistemai alcune candele natalizie che avevo portato al centro. Mi voltai e mi ritrovai Federico ad un centimetro da me. Indossava ancora la giacca, doveva appena essere arrivato e non me ne ero accorta. Sentivo il suo fiato caldo sul mio volto.
-E..ehi- balbettai accennando un sorriso.
-Ciao Marina! Pronta per sta sera?- mi chiese ed io annuii convinta. Mi diede una leggera scompigliata ai capelli e se ne andò, per sistemare le sue cose. Mi morsi un labbro e scossi la testa: non potevo ridurmi in quel modo, non dovevo. Fui sollevata nel vedere Aria entrare in classe con il suo buon umore contagioso. Le sorrisi e le diedi un grande abbraccio.
-Ciao Mary- esclamò lei, accarezzandomi dolcemente i capelli.
-Cosa hai portato di buono?- le chiesi, osservando la borsa di plastica che teneva in mano.
-Tronchetto natalizio-
-Mmm...che buono!- ma mi bloccai subito: era il dolce preferito di Ivan. In un attimo, mi tornò in mente una conversazione avvenuta quell'estate, a casa mia, mentre eravamo seduti sul portico ad osservare il sole mentre  tramontava.
 
-Mi insegneresti a cucinare?- gli avevo chiesto all'improvviso, mentre lo guardavo addentare un'albicocca. Si pulì la bocca con un tovagliolo ed annuì entusiasta.
-Certo piccola! Ti insegnerò tutto quello che so-
-Grazie! Vorrei imparare a cucinare bene per te- arrossii nel dirlo. Lui lo notò e mi guardo teneramente.
-Ti amo- disse guardandomi negli occhi, accarezzandomi la guancia con il dorso della mano.
-Anche io- mormorai felice.
Lui mi sorrise e mi baciò la fronte.
-Cucineremo insieme in tronchetto natalizio questo Natale! è il mio dolce preferito- fece ammiccando e stringendomi a se.
-Me ne ricorderò- sussurrai io, mentre guardavo le luci rosee del tramonto.
-Brava! Me ne aspetto uno ogni anno!-
Gli feci la linguaccia:
-Approfittatore-
Lui scoppiò a ridere e mi fissò teneramente.
-Era per dirti che ti voglio accanto a me-
 
Mi ripetevo che vagare nei ricordi era inutile ormai, che bisognava superare tutto ed andare avanti. Ma non riuscivo, non in quel momento in cui avevo iniziato a pensare, a vagare nella mia mente.
-Marina tutto ok?- mi chiese Aria, accarezzandomi la spalla preoccupata.
-Si, tutto bene- feci sorridendo, anche se stavo mentendo. E non volevo ammettere a me stessa che mi mancava.
Fu una giornata molto intensa, dedita a prove, perfezionamento di ogni cosa...e nel fare le valige. Questa volta, però, non avrei avuto nessuno che mi avrebbe aiutato nel farla. E, probabilmente, nemmeno a disfarla. Presi il mio grande trolley da sotto il letto e sospirai, mentre cominciavo a riempirlo svogliatamente. In quei mesi erano successe davvero troppe cose e io avevo bisogno di staccare la spina. Volevo che arrivasse quella sera, poter esibirmi ed aspettare il giorno seguente per tornare a casa. Quando, finalmente, la sera scese, preparai la mia borsa con tutto l'occorrente. Scesi le scale e vidi la famiglia Innocenti che mi stava aspettando.
-Sei pronta Marina?- chiese Serena.
-Si mamma- feci io, avendo ormai preso un certo gusto nel chiamarla così.
Accennai un sorriso e li seguii verso l'auto, mentre osservavo Ivan, cercando di non farmi notare. Era davvero elegante, bellissimo, così tanto che avrei voluto buttarmi tra le sue braccia, fare finta che non fosse successo nulla, ma non potevo. Avevo ancora una dignità, ed ero troppo testarda per darla vinta a qualcun altro. Il viaggio mi sembrò infinito, forse perché mi sentivo terribilmente a disagio seduta accanto a colui a cui stavo donando me stessa. Quei pensieri mi stavano rovinando, ne ero consapevole, ma non ero in grado di reprimerli. Schizzai fuori dall'auto non appena arrivammo, correndo verso i camerini con la scusa di essere in ritardo. Marciai nel corridoio a grandi passi ed aprii una porta a caso. Mi ritrovai sola ma la cosa non mi dispiacque molto, anzi, forse era meglio così. Presi dalla mia borsa il vestito nero che la De Luci mi aveva procurato, e lo indossai. Osservai la mia immagine riflessa allo specchio ed abbozzai un sorriso: il vestito era bellissimo, mi piaceva davvero molto. Le maniche in pizzo  erano molto leggere, giuste per non morire di caldo sotto i riflettori; molto semplice il corpetto attillato ma meraviglioso, così come la gonna voluttuosa, composta da più gonne di diversi tessuti come tulle e raso. Mi legai i capelli in uno chignon e mi truccai con ombretti verdi e un filo di eyeliner. Sospirai ed uscii dal camerino, diretta verso le quinte ma, non appena percepii l'allegria che regnava, per qualche motivo mi tirai indietro, sentendo una forte tristezza pervadermi. Mi morsi un labbro e tornai sui miei passi, verso le vetrate, lontana da lì. Con la scusa di scaldarmi un po', iniziai a muovere qualche passo e a fare dello stretching. Mi piaceva avere uno spazio tutto per me per poter ballare come volevo. Mentre provavo qualche slancio della gamba, il malumore se ne andò, e continuò a svanire ad ogni passo che facevo. Iniziai a piroettare quando urtai qualcuno e caddi a terra.
-Ahi- mi lamentai dolorante.
-Mary tutto bene?-
Riconobbi la voce di Federico ed aprii gli occhi, e lo vidi davanti a me che mi tendeva la mano. Il suo sorriso mi colpì, era meraviglioso. Afferrai la sua mano, annuendo.
-Sei nervosa?- mi chiese. Scossi la testa, guardando fuori e perdendomi nel buio di Firenze.
-Sono sovrappensiero- spiegai, accennando un sorriso.
-Avevo notato che eri strana in questi giorni- disse avvicinandosi. Mi accarezzò delicatamente la schiena e, lentamente, posai lo sguardo su di lui. I suoi occhi castani indugiavano sui miei, ma subito scostò lo sguardo.
-Dai, andiamo- mi disse con un sorriso incoraggiante e io annuii, non potendo fare altro.
-EHi Marina!-
Aria mi venne incontro saltellando e mi abbracciò, piena di entusiasmo. Spostò lo sguardo da me a Federico, e poi nuovamente a me.
-Tutto bene?- fece, alzando un sopraciglio.
Sospirai. La trascinai lontano per poter parlare tranquillamente.
-Le cose con Ivan...non vanno bene- mormorai. Il suo sguardo cambiò, e subito mi abbracciò.
-Cos'è successo?-
-Abbiamo litigato...non vuole che torni a casa. Sembra diverso. Non riusciamo più a parlare come prima. E mi manca...-
Aria mi prese le mani.
-Qualunque cosa accada, ti starò sempre accanto-
Accennai un sorriso ed annuii.
Finii il riscaldamento cercando di calmarmi, e pensando che il giorno dopo, a quell'ora, sarei stata tra le braccia di mia madre. Io e Federico eravamo i sesti ad esibirci, ed ebbi tutto il tempo per focalizzarmi su ciò che andava fatto. Mi sedetti dietro le quinte accanto alle mie amiche che, al corrente di ciò che stavo passando, fecero di tutto per farmi sentire meglio.
Sentii, ad un tratto, una mano posarsi sulla mia spalla.
Federico mi sorrise:
-Pronta?-
-Certo- feci alzandomi. Sistemai il vestito e aspettammo entrambi la presentazione da parte della De Luci, la quale avanzò dolcemente dopo l'esibizione di Rea e Kevin. Era come una regina, elegante, bella e solenne.
-Il prossimo numero, l'ho curato totalmente, dall'inizio alla fine, insieme al professor Berto. I due ballerini hanno lavorato tantissimo per arrivare a questo livello, e io sono davvero fiera del loro lavoro. E la cantante è riuscita a rendere questa canzone proprio come la volevamo. Accogliete "Blue Jeans" cantata da Camilla Lucci e ballata da Federico Graziati e Marina Rinaldi-
Io e Federico sorridemmo ed avanzammo verso il centro del palco. Camilla avanzò insieme a noi, stringendo l'asta del microfono, segno che era pronta, esattamente come lo eravamo noi. Alle prime parole, alzai la testa, ponendo il mio sguardo verso il mio partner, che prese a girarmi intorno, tenendo lo sguardo fisso su di me. Mi prese le mani, mi avvicinò a sé per poi farmi allontanare di nuovo e, piroettando, procedetti con uno slancio veloce della gamba destra, piroette ed enjambet. Federico mi afferrò per i fianchi, non appena tornai vicino a lui dopo alcuni slanci della gamba destra all'indietro, che cercai di eseguire il più elegantemente possibile. Alzai le braccia elegantemente, con le quasi mi aggrappai a lui non appena mi fece scendere. Mi prese in braccio facendomi roteare insieme a lui. Finalmente toccai terra, ed allontanandomi con qualche passo elegante, eseguii una rebaltata, che ero riuscita ad imparare solo grazie all'aiuto di Lara. Fu verso la fine, che la stanchezza, lo stress vennero fuori. Mancavano solo pochi passi, ma i miei muscoli in tensione, stavano cedendo per la stanchezza accumulata. Federico se ne accorse e subito, mentre finivo una serie di piroette, mi avvolse tra le sue braccia proprio quando- per nostra fortuna- la canzone finì, prima di cadere rovinosamente sul palcoscenico. Mentre il pubblico applaudiva entusiasta, io e Federico non riuscivamo a staccarci da quella stretta. Eravamo in completa connessione, con la vista e con il corpo.
-è tutto sbagliato- mormorai spaventata. Mi allontanai subito da lui, mordendomi il labbro. Sembrò confuso, ma non poteva capire che lo ero di più io, in quel momento.
Dopo l'inchino per salutare il pubblico, scappai via, lontano da tutto e da tutti. Aria mi guardò preoccupata, ma la ignorai per andare via. Non capivo cosa mi fosse preso, ma avevo paura di ciò che stava succedendo nella mia testa. Volevo urlare, sfogarmi, far si che quel dannato macigno che avevo dentro se ne andasse, mi lasciasse vivere. Mentre stavo correndo verso i camerini, vidi lì davanti alle scale, la fonte di quel casino. Così dannatamente bello ma così pericoloso per il mio cuore. Il suo sguardo era assente ma era puntato verso di me e mi faceva paura.
-Hai già trovato qualcun altro da abbracciare?- sussurrò.
-Cosa stai dicendo?- ribattei tremando -Insinui che per una lite mi dimentichi già di te?-
-Mi sembra che tu ti sia dimenticata di me molto tempo fa-
Qualcosa scattò in me, qualcosa che stavo tenendo dentro da troppo tempo: una rabbia accumulata pronta ad esplodere. Mi avvicinai a lui, infuriata come non lo ero mai stata.
-Sei tu quello che si è dimenticato di me! Eri troppo preso a stare con la tua ex, piuttosto che capire di cosa avevo bisogno! E ti permetti anche di fare queste scenate del cavolo- urlai come non avevo mai fatto prima d'ora, ferita ed indignata.
-Ne abbiamo già parlato mi pare- il suo sguardo non cambiò, ancora freddo ed insensibile.
-A me sembra di esserti stata vicino...ma tu ti sei allontanata!-
-Eri appiccicoso nel momento sbagliato! Non puoi farlo con la maglietta che sa ancora del profumo di Rosalba...non devi permetterti!-
-Sei tu che non hai fiducia in me! Dovresti farti qualche domanda-
Presi un profondo respiro, trattenendo le lacrime, pronta per ciò che stavo per dire.
-Hai ragione dovrei...pormene tante e trovare risposte. Quindi...forse dovremmo prenderci una pausa-
-Già...dovremmo-
-Bene!- Lo superai e salii velocemente le scale verso il camerino, sentendo la voce di Rosalba chiamare Ivan, mentre una lacrima mi rigava il volto.
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Alt. Abbassate i forconi fan della ship Ivan x Marina. So che mi odiate. So che avete letto le ultime righe pensando "Lena cosa cavolo hai fatto?". Vi dico solo..bhe...così è. Era troppo facile se filava tutto liscio. Annoiava ecco. Già una storia d'amore di per sé, non ha grandi sconvolgimenti in sé, se non proprio litigi, malintesi. Non sapete la fatica per scrivere questo capitolo. Davvero. Sofferente come non mai. La mia Marina ha il cuore spezzato! Come si evolverà la cosa? Bhe...lo scoprireta tra qualche capitolo! Intanto...penso ci vedremmo al prossimo anno con l'aggiornamento...contavo di finire tutta la storia quest'anno, ma ho troppo poco tempo purtroppo. Buon Natale e buone feste <3
 

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Capitolo 16
*** Un taglio netto ***


16- UN TAGLIO NETTO
 
Era come se, dentro di me, risuonassero solo canzoni tristi. Come un'interminabile colonna sonora senza fine. Non c'era spazio per altro in me, non in quel momento. Non avevo pronunciato una parola dalla sera precedente, non ne avevo, così come non avevo voglia di fare finta che andasse tutto bene. La mattina della vigilia di Natale, mi sentivo uno straccio, fisicamente e mentalmente. Non vedevo l'ora di prendere quel treno, tornare a casa, lontano da Firenze, lontana da lui. Ero stata così stupida a lasciarmi abbindolare dall'amore, da un sentimento così...così... mentirei a me stessa se dicessi che quei mesi non siano stati i più belli mai passati. Ma era davvero difficile ammetterlo. Erano stati mesi burrascosi, ma meravigliosi...pieni di emozioni, di amore, di esperienze nuove. Era la prima volta che provavo qualcosa di così forte per qualcuno...ed era finito così, in un attimo. Mi alzai, passando una mano tra i capelli e presi il telefono dal comodino, sbloccandolo e fissando la foto di me e di Ivan che avevo come sfondo. Faceva male. Velocemente la cambiai, non riuscivo a guardarla senza che un fastidio mi avvolgesse. Ignorai tutti i messaggi, volevo rimanere da sola, per quanto fosse la cosa peggiore da fare. Mi vestii con le prime cose che trovai, ma non poterono attenuare il freddo che sentivo. Mi sarebbe servito un abbraccio per stare meglio, ma ero cosciente, che la persona da cui lo volevo non poteva darmelo. Sapevo che non avrei potuto più sentire il suo calore, le sue mani, le sue labbra. E, per quanto volessi fare la forte, mi sarebbe mancato tutto da morire. Scesi solo per pranzare, il più in fretta possibile, senza alzare gli occhi dal mio piatto. Non sarei stata capace di vedere i suoi occhi, così dannatamente belli. Così ancora dentro di me. Mi rifugiai velocemente in camera, a passo svelto ma mascherando un sorriso, per convincere tutti- compresa me stessa- che tutto andasse bene. Le ore passarono troppo lentamente e pesantemente, e l'unica cosa che feci, fu guardare il telefono ossessivamente, solo per controllare lo scorrere dei minuti. Mi stavo uccidendo da sola. Dovevo smettere di farmi del male...non potevo lasciare che qualcuno mi buttasse giù così. No, non potevo. Acciuffai le cuffiette dalla borsa e presi ad ascoltare la mia adorata Taylor Swift a tutto volume. Dovevo distrarmi, non pensare. Scorsi la playlist, scorrendo con gli occhi i diversi titoli. Premetti play ingenuamente, ma alle prime note di quella che era la mia canzone preferita, mi sentii perfettamente dentro ad essa.

"And I just wanna tell you
It takes everything in me not to call you.
And I wish I could run to you.
And I hope you know that every time I don't
I almost do,
I almost do."

 
Ruotai il capo verso il comodino, verso quella foto che raffigurava me, Ivan e Celeste così felici, come se fossimo davvero legati da un qualcosa di indissolubile. Sospirai e chiusi gli occhi, ero incorreggibile. Spensi l'ipod, per metterlo nella borsa a tracolla, pronta per l'essenziale, appoggiata alla sedia della scrivania. Presi il portatile dallo zaino e, puntellandomi sui gomiti, cominciai a riguardare Hunger Games per la millesima volta. Fu come un'ancora di salvezza, che permise al tempo rimasto di volare via, e alla mia mente piena di pensieri di staccare.
Spensi il tutto quando fu l'ora di partire. Presi tutte le valigie e borse varie ed uscii dalla mia stanza, dando un'ultima occhiata veloce, in religioso silenzio, prima di spegnere la luce. Simulai un sorriso non appena scesi le scale, desiderosa di salire su quel treno e buttarmi tra le braccia della mia famiglia.
-Hai tutto Marina?- mi chiese Serena. Io annuii. Salimmo in auto silenziosamente. Si capiva che nell'aria qualcosa non andava, ma nessuno voleva approfondire ed indagare troppo. O forse, non ne avevano nemmeno la forza. Arrivammo in stazione e scesi velocemente, inspirando l'aria a pieni polmoni. Mi voltai verso la famiglia Innocenti e sorrisi:
-Buon Natale- Serena mi diede due baci sulle guance.
-Fai buon viaggio.- mi disse. Pietro mi diede una pacca sulla spalla seguita da un dolce abbraccio di Celeste. E poi, il mio sguardo incontrò quello di Ivan. Forzai un sorriso.
-Buon Natale Ivan-
-Buon Natale Marina-
Scostai velocemente lo sguardo prima che lacrime calde potessero cominciare a scorrere. Corsi verso il binario, affondando il viso nella sciarpa che portavo al collo, senza voltarmi indietro ma guardando il cielo, sospirando. Il treno arrivò, facendomi sentire sollevata, come se avessi un peso in meno. Avevo davvero bisogno di andare via ma...sarei stata capace, poi, di tornare?
Padova era immersa nella nebbia quella sera, mi trasmetteva una certa tristezza. Trascinai il trolley verso la biglietteria alla ricerca di mia madre. Ma, con mia grande sorpresa, non c'era lei ad aspettarmi, ma un bellissimo Niccolò, con le mani in tasca e lo sguardo che guizzava da una persona ad un'altra. Per quanto frequentasse l'università a Firenze, ci vedevamo molto di rado. Sorrisi e lo raggiunsi, buttandomi tra le sue braccia.
-Ciao Nic- mormorai, inspirando il suo odore.
-Buona sera principessa-
Lo guadai imbronciata..
-Non chiamarmi così- protestai. Lui mi fece la linguaccia e mi diede un bacio sulla nuca.
-Allora- cominciò, aiutandomi con le valigie -Vorrei chiederti come stai ma...dal cambio di immagine profilo un po' ovunque..-
-Sto bene- lo interruppi io -Credo-
-Non devi fare per forza la forte Marina- mi ammonì lui.
-Cosa dovrei fare?- chiesi scettica, salendo in auto.
-Piangi se vuoi piangere...urla, sfogati-
-Mi hai mai vista piangere Nic? Piango il minimo...ma da quando lo conosco, capita troppo spesso-
Mise in moto e mi guardò.
-Per qualunque cosa...sono qui per te- mi disse dolcemente.
-Lo so- sorrisi, passandomi le dita tra i capelli. Li guardai: ero sempre stata fiera di loro, mi piaceva tenerli lunghi, ma in quel momento, li sentivo come un peso in più, mi davano fastidio.
-Nic, credi che tua madre potrebbe darmi un appuntamento per tagliarmi i capelli?- chiesi ad un tratto.
-Penso di sì, anzi sarà felice di vederti-
-Grazie. La chiamo dopo allora-
-Tranquilla faccio io- mi strizzò un occhio. -Ma cosa vuoi fare di preciso?-
-Un taglio netto. Un segno che ho chiuso con il passato- feci, appoggiandomi al sedile.
Niccolò mi accompagnò a casa- era stata mia madre a chiederglielo- e, dopo averci fatto gli auguri di Natale, lo salutai un po' tristemente. Adoravo stare con lui, era davvero la mia salvezza. Lo guardai allontanarsi e lo salutai con la mano.
-Allora piccolina, tutto bene?- mi chiese mia madre. Quanto odiavo quella domanda.
-Sì, dai- mentii.  Non avevo proprio voglia di parlare di come mi sentivo per davvero.
-Voi come state?- chiesi, dando un abbraccio alla mia famiglia, sentendomi al sicuro tra le loro braccia. Dopo una cena tranquilla, passata a raccontarci diverse cose successe in quei mesi, raccolsi le mie cose e mi rifugiai in camera. Accesi la luce e sorrisi, nostalgica. Era così vuota, ma quelle poche cose rimaste mi fecero annegare nei ricordi. Appoggiai zaino e borsa sul letto, e trascinai la valigia verso l'armadio, vicino ad una bacheca piena di foto appesa al muro. Sfiorai con tenerezza le foto che raffiguravano me, Mara , Lucia e Caterina. Risalivano a due anni prima...eravamo così spensierate. Subito accanto, una foto di quel fatidico concentro di Natale. Ero appena salita sul palco, il mio sguardo era puntato sul pubblico; gli occhi brillavano, pieni di emozione. Foto di me e Mara da bambine, dei miei primi saggi di danza spuntarono poco dopo. La nostalgia mi invase sempre più e cominciai, lentamente e senza fretta, a sistemare le mie cose, per poi buttarmi sul letto, come un peso morto. Era davvero tempo di una rivoluzione.
Fu bello poter passare il Natale con i parenti, mi erano davvero mancati moltissimo. Corsi subito ad abbracciare nonna non appena scesi dall'auto.
-Marina, sei sempre più bella- mi disse, stringendomi forte.
-Esagerata- replicai, sorridendo. Entrai in quella casa che fu teatro della mia infanzia e venni accolta da tanti saluti e sorrisi dai miei zii, che non vedevo dal Natale precedente. Deniza e Martina mi vennero incontro e anche Lorenzo, mio cugino di ventisette anni, si avvicinò per abbracciarmi.
-Signorina, come stai?- mi chiese lui.
Strinsi i denti a quella domanda, ma simulai un sorriso.
-Bene dai, voi come state?- feci, rivolgendomi anche alle mie cugine.
Mi immersi in una fitta conversazione con le mie cugine, che mi raccontarono diversi aneddoti su cose successe quell'anno. In quelle ore ritrovai la serenità, lasciando dietro di me tutti i miei problemi, tutti quei pensieri che mi stavano torturando.
Tornai a casa felice e con la pancia piena, rilassata come non mi sentivo da tempo.
-Sei felice Marina?- mi chiese mio padre, posando le chiavi sul tavolo della cucina. Io annuii soddisfatta, togliendomi scarpe e giubbotto.
-Il tuo regalo da parte nostra ti aspetta a casa Innocenti-
Il mio sorriso sbavò nel sentire quel cognome, ma la curiosità era più forte.
-Cos'é?- chiesi.
-Sorpresa- disse mio padre.
Misi il broncio ma subito scoppiai a ridere -Va bene. Grazie di cuore, qualunque cosa sia-
Mi diede un bacio sulla nuca e io socchiusi gli occhi. Salii le scale e sentii il telefono squillare. Mi buttai sul letto e risposi.
-Pronto?-
-Ciao Mary- fece la voce calda di Niccolò -Buon Natale-
-Anche a te!- esclamai.
-Ho parlato con mia mamma e ha detto che puoi venire dopodomani-
-Oh, ringraziala tanto-
-Sarà felice di vederti. Sei...sicura? Insomma, per una ragazza i capelli sono importanti-
-Sono sicura- tagliai corto -Ne ho bisogno-
-Mary...se è andata così, voleva dire che non era quello giusto.-
-Non voglio parlarne- esclamai dura, forse troppo.
-Scusami...- si schiarì la voce. -Che fai a Capodanno?-
-Niente per ora. Perché?-
-Vieni da me? Non ho molta voglia di feste...volevo fare una cosa tranquilla...io,te, Lucia e qualche amico del liceo-
-Va bene- feci sorridendo -Non vedo l'ora-
-Ci vediamo dopodomani. Ciao principessa-
-Non chiamarmi così!- lo sgridai, ma subito mi addolcii -Ciao Nic-
 
Non erano così corti. Certo, era un cambiamento non da poco. Guardai i capelli che fino a poco prima ricadevano fino al mio seno, per poi volgere il mio sguardo alla mia immagine riflessa allo specchio, sentendomi strana.
-Stai davvero bene Marina, fidati- mi disse la mamma di Niccolò, facendomi l'occhiolino.
-Grazie- dissi sorridendo. Mi alzai dalla sedia sentendomi davvero più leggera. I miei capelli neri ora arrivavano poco sopra le spalle, ed era da quando ero piccola che non facevo un taglio così drastico, ma ero soddisfatta.
-Ti ringrazio Angelica- dissi sorridendo alla mamma del mio migliore amico.
-Prego cara-
-Noi andiamo mamma, ci vediamo più tardi- fece Niccolò, prendendomi sottobraccio.
-Va bene. Ciao Marina, stammi bene-
-Ci proverò. Ciao e grazie ancora-
Uscimmo dal negozio di Angelica e cominciammo a camminare verso il centro.
-Soddisfatta?- mi chiese Niccolò.
-Sì, direi di sì. Devo farci l'abitudine, tutto qua-
Lo guardai mentre camminava tranquillamente, lo sguardo rivolto in avanti.
-Sto...bene? Con i capelli così?- chiesi timidamente, il viso immerso nella sciarpa. Niccolò mi guardò sorpreso ma subito sorrise.
-Sì Marina, sei bellissima davvero- mi guardò negli occhi, facendomi arrossire.
-Grazie- mormorai felice.
-Che scema sei!- disse lui ridacchiando. Lo guardai interrogativa.
-Perché?-
-Perché sì- rispose lui, facendomi la linguaccia.
-Non è una risposta!- protestai ma lui mi ignorò, ridacchiando.
Mi riaccompagnò a casa dopo un veloce giro in centro. Mi sentiva tranquilla ed al sicuro con lui, era un po' come un altro fratello maggiore.
-Ci vediamo il 31, principessa-
Si chinò e mi diede un leggero bacio sulla fronte.
-Ciao- mormorai io. Mentre entravo in casa, pensai che, probabilmente, per lui io non ero solo una sorella minore.
 
Ero sempre stata nostalgica fino al midollo. L'inverno mostrava ancora di più questa mia caratteristica. Ero pronta per andare da Niccolò, ma non per salutare il vecchio anno. O forse, per dare il benvenuto a quello nuovo. Ero lì, intenta a fissare il cielo scuro, a perdermi in esso. Bussarono alla porta e mia madre si affacciò.
-Pronta tesoro?-
Io annuii e mi alzai, afferrando la mia borsa. Salutai mio padre e Nicola, indossando scarpe e cappotto, e dieci minuti dopo, ero davanti a casa del mio migliore amico. Salutai mia madre e scesi dall'auto. Venne subito ad aprirmi, bello ed intrigante come sempre.
-Ciao- feci sorridendo.
-Ciao Mary- mi diede due baci sulle guance e mi fece entrare. Entrai nel salotto che, quella sera, era a nostra disposizione, e subito Lucia si voltò sorridendomi:
-Ciao Marina!- si alzò di scatto per venire ad abbracciarmi.
-Ciao dolcezza- risposi, stringendola forte a me.
-Devo ancora abituarmi ai tuoi capelli così- fece, passando le dita su di essi.
Ridacchiai e mi sedetti, presentandomi a quelle persone che conoscevo solo di vista.
Fu una serata molto tranquilla, ma altrettanto piacevole. Spaparanzati su divani e puff, parlavamo a ruota libera, alternando il bere e il mangiare.
-Quindi Marina, tu diventerai famosa- disse Mauro, un ex compagno del liceo di Nic, mentre sorseggiava una birra.
-Esagerato- risi io, appoggiata al petto di Niccolò.
-Bhe, è molto probabile- fece Lucia -Potresti diventare una cantante dopo l'accademia- e mi strizzò l'occhio.
-Mmm...non penso- replicai.
-Sei diventata molto brava da quando sei lì. Mai dire mai, Mary- disse Niccolò. Sorrisi per il complimento.
-Vogliamo sentirti adesso!- esclamò Irene, un'altra delle ex compagna del liceo di Nic.
-Sì dai Mary- esclamò Niccolò d'un tratto.
Mugugnai un po' controvoglia, ma annuii. Niccolò mi indico il bellissimo pianoforte poco distante.
-Usalo dai-
Mi sedetti sullo sgabello e sfiorai i tasti sorridendo. Provai i pedali e qualche accordo prima di cominciare a cantare una versione acustica di "In the reign of flies" degli About Wayne, tentando solo di seguire il ritmo originale con tutta la band. Amavo da morire quella canzone, e poterla suonare mi rendeva davvero felice e solo la musica era capace di rendermi così spensierata. Quando finii, i presenti applaudirono entusiasti.
-Complimenti davvero- mi disse Irene. Sorrisi imbarazzata e ringraziai. Mentre tutti ricominciarono a parlare e a riprendere l'atmosfera di festa, Niccolò mi toccò la spalla, facendomi cenno di seguirlo. Mi portò fuori dal salotto e lo guardai interrogativa.
-Tutto ok?- chiesi.
-Sì, volevo darti una cosa-
Fregò tra le tasche e mi porse un pacchetto rosso. Alzai lo sguardo confusa.
-è il tuo regalo di Natale, un po' in ritardo-
-Ma non serviva!- obiettai ma lui rise.
-Non rompere! Aprilo su-
Scartai il pacco ed aprii la scatolina: c'era un braccialetto dalla catenina sottile, con un ciondolo raffigurante una ballerina stilizzata
-è stupendo Nic! Ma davvero, io non ti ho preso nulla- feci, abbassando il capo, sentendomi in colpa. Lui scosse la testa.
-Va bene così, davvero-
Sorrisi dolcemente e lo indossai vicino a quello che mi avevano regalato Mara, Lucia e Caterina prima della partenza.
-Grazie di cuore- mormorai, buttandomi tra le sue braccia.
-Ricordati sempre Marina, che sei forte abbastanza per affrontare tutto questo. Sarò sempre vicino a te- mi sussurrò tra i capelli.
-Spero di essere forte come dici- sospirai. Guardai il braccialetto che mi era appena stato regalato e sorrisi. Guardai ancora Niccolò, e spinta dal desiderio di essere coccolata ancora per un po', tornai tra le sue braccia, inspirando il suo profumo. E, quando incontrai i suoi occhi, mi sembrò di scorgere del grigio, dove in realtà non c'era. Le sue labbra si fecero vicine ma non vidi più lui davanti a me, bensì l'unico che avrà sempre un pezzo del mio cuore.
-No...-mormorai, scuotendo la testa. Mi allontanai di scatto e mi morsi un labbro.
-Niccolò perdonami- e scappai per tornare nel soggiorno, cercando di cancellare la sua immagine dalla mia mente. Lucia notò subito che qualcosa non andava perché non riuscii a parlare, ad interagire con gli altri come avevo fatto poco prima. Mi sentivo in colpa perché non potevo lasciarmi Ivan alle spalle. Infondo, eravamo in pausa, non ci eravamo davvero lasciati; odiavo ammetterlo, ma lo amavo con tutta me stessa, e non potevo dimenticarlo, non con tutto quello che aveva fatto per me. Non avevo il coraggio di guardare Niccolò, lui per me era il miglior amico del mondo, e tenevo tantissimo alla sua amicizia per buttarla via in una relazione che non avrebbe avuto futuro. Passai la nottata come uno zombie, priva di vita, la testa così per aria che non mi resi nemmeno conto che fosse arrivata mattina. Mi buttai sul divano come un peso morto e mi addormentai, esausta. Un lieve tocco mi ridestò dal mio sonno. Sbattei le ciglia e mi ritrovai il viso di Niccolò davanti. Mi stropicciai gli occhi.
-Che ore sono?- biascicai.
-Le due passate- mi rispose, sedendosi vicino a me.
-Potevate svegliarmi!- protestai.
Lui rise: -Mi sembravi esausta, ho preferito di no- mi guardò negli occhi.
-Scusami per ieri sera-
Scossi la testa: -Non fa niente-
Mi scostò i capelli e sorrise.
-Purtroppo mi piaci davvero molto Mary...ho approfittato della tua debolezza in questo momento...sono imperdonabile-
Sorrisi per la sua dolcezza.
-Tu sei un tesoro Niccolò...vorrei solo...poterti dare il mio cuore. Ma, purtroppo, lo ha già preso qualcun altro, e ci sta giocando, facendomi male-
Mi accarezzò teneramente la guancia -è un idiota...non riesce a capire quanto sia fortunato ad averti..-
Un sorriso amaro mi sfuggì dalle labbra. Rimasi lì, immersa nel calore del mio migliore amico, ma con il cuore a chilometri di distanza.
Osservavo la valigia riempita per metà, con le ginocchia al petto, lo sguardo assente. Stavo davvero per tornare a Firenze, ma non ero pronta per davvero. Una parte di me, mi stava urlando di scappare, di rimanere a casa mia solo per qualche altro giorno. Ma poi? Cosa sarebbe cambiato? Non potevo fuggire per sempre, ne ero consapevole. La musica che proveniva dal mio stereo mi aiutò a rilassarmi, a farmi ragionare razionalmente. Non potevo rinunciare a tutto ciò che avevo costruito, solo a causa sua. Appoggiai la fronte sulle ginocchia, chiudendo gli occhi, e subito la sua immagine comparve davanti a me. Il suo sorriso mi colpii, facendo sussultare il mio cuore. I suoi occhi grigi mi guardavano, mi catturavano. Le sue labbra, le sue mani e la sua voce, così sexy, che mi ripeteva "sarò sempre vicino a te, non avere paura". Aprii di scatto gli occhi, sentendo il cuore esplodere.
-Erano solo parole vuote. Ivan, sei uno stupido ma...perché non riesco ad odiarti?- mormorai, ma la risposta la conoscevo fin troppo bene. Mia madre entrò in camera con un sorriso, porgendomi la biancheria pulita.
-Cosa c'è tesoro?- mi chiese preoccupata, sedendosi sul bordo del letto. Scossi la testa e forza un sorriso.
-Nulla, sono un po' triste per la partenza-
Mi accarezzò teneramente i capelli, dandomi un bacio sulla nuca.
-Sicura sia solo per questo?- chiese sospettosa.
-Certo! Per cos'altro...dovrebbe essere?-
Mi abbracciò teneramente ma non disse nulla, forse capii che non volevo parlare, che volevo rimanere immersa nei miei pensieri. Uscii dalla mia camera e io mi distesi sul letto, distrutta. Sentii il telefono squillare e sorrisi nel leggere il nome di Niccolò.
-Ehi-
-Ciao principessa...a che ora parti domani?-
-Verso le cinque del pomeriggio-
-Passo a trovarti in mattinata- non era una richiesta, né un permesso. Era un'affermazione decisa che mi fece sorridere.
-Ti aspetto- dissi sorridendo, stendendomi sul letto.
E fu davvero così. Con lo sguardo assonnato scesi in cucina in pigiama, e poco dopo, Niccolò era davanti al cancello di casa. Mi abbracciò forte non appena varcò la soglia di casa mia.
-Sei gelato!- feci rabbrividendo e spingendolo via, con fare scherzoso.
-E bhe, fa freddo fuori- ridacchiò, tentando di immergersi nel mio calore. Con le sue labbra altrettanto fredde, posò un bacio sulla mia guancia, teneramente come solo lui sapeva fare.
-Ti faccio il caffé- dissi con un sorriso, mentre lui si levava il giubbotto per appenderlo nell'attaccapanni.
-Sei pronta?- mi chiese ad un tratto con voce seria. Continuai ad osservare la moca sul gas, trafficando con le tazze, tentando di evitare quella domanda.
-Quanto zucchero?- chiesi senza voltarmi.
-Sai che lo bevo amaro. Non cambiare discorso- mi rispose serio.
Sospirai servendogli il caffé e sedendomi di fronte a lui.
-No Nic, non lo sono. Ma questo non cambia che mezza mia vita sia lì. Non esiste solo Ivan!- era la prima volta in due settimane che pronunciavo il suo nome, e riuscire a dirlo senza sentire profonde fitte al cuore, mi sorprese e non poco. Che fosse un segno? O mi stavo solo illudendo? Niccolò sorrise. Allungò il braccio e accarezzò la mia guancia, strofinando teneramente il pollice, facendomi chiudere gli occhi, così che potessi bearmi del suo tocco.
-Sono felice di sentirtelo dire. Sei forte Marina. Ho fiducia in te-
Sorrisi ed annuii.
-Grazie- mormorai. Il solo parlare con lui era la mia cura, ciò che maggiormente mi rassicurava. Gli volevo un gran bene ed averlo vicino mi dava sicurezza. Ma forse, era ora di cercarla dentro di me.
-Mi raccomando Mary. Chiamami per qualsiasi cosa...in ogni momento- disse, stringendomi forte. Inspirai il suo profumo e mi godetti il suo calore.
-Non preoccuparti. è tempo di affrontare tutto questo-
Un lieve bacio sulla fronte dato con tenerezza, mi fece socchiudere gli occhi, e lo sentii come fosse un incoraggiamento molto più forte di qualsiasi parola.
-Ti sarò sempre vicino principessa- mormorò prima di strizzarmi l'occhio.
-Non chiamarmi così!- esclamai imbronciata, per l'ennesima volta, mentre le sue risate invadevano le mie orecchie.
-Devo andare adesso- disse, guardando l'ora -Buon viaggio, ci vediamo presto-
Annuii e lo salutai con la mano ed un mezzo sorriso.
Salii lentamente le scale infreddolita, per rifugiarmi in camera e potermi vestire. Dopo aver indossato un paio di pantaloni neri e un maglioncino rosso, mi guardai allo specchio, prima di schiaffeggiarmi le guance, per darmi forza.
-Coraggio Marina- dissi decisa. Ma, in cuor mio, sapevo che non sarebbe stato così facile.
Salutare nuovamente Padova mi provocò una fitta allo stomaco. Il tabellone delle partenze lampeggiava, avvisando che il treno da Mestre stava per arrivare. Mi voltai verso mia madre e, anche se con fatica, causata da valigie e borse, la abbracciai per salutarla, e per imprimere sempre più il suo profumo nella mia memoria.
-Ciao piccola mia- mi disse -Ci sentiamo presto-
Annuii e salii in treno, che aveva appena frenato rumorosamente davanti a me, e io sapevo che sarebbero state le tre ore più lunghe della mia vita.
Con i miei amati Simple Plan sulle orecchie, guardai fuori dal finestrino per la maggior parte del tempo. Mi tennero compagnia anche durante il cambio a Bologna, quell'odiosa stazione dove temevo di perdermi ogni volta. Presi un caffé da portare via al volo, prima di scappare in treno, per poterlo sorseggiare lì, aspettando la partenza. La sera a Bologna, così scura e tenebrosa, aveva un che di misterioso. Ricordava quei film gialli che gli piacevano così tanto.
"Non vedi con che maestria cercano di risolvere ogni rompicapo? E come l'antagonista della situazione riesca sempre a sfuggire fino alla scena finale?". I suoi occhi brillavano ogni volta in cui guardavamo un film di tale genere insieme. Sembrava un bambino felice davanti ad un regalo che aveva sempre desiderato.
"O forse lo è davvero" pensai, sorseggiando il mio caffé.
Sentii il mio telefono vibrare dalla tasca del cappotto e lo presi, un po' perplessa.
-Pronto?-
-Ciao Mary- sentii esclamare dalla voce allegra di Amanda.
-Ciao Ama! Tutto bene?-
-Io si...tu piuttosto...scusami se non sono riuscita a chiamarti prima...sono appena tornata da Trento-
-Non preoccuparti- feci, giocherellando con la cerniera della mia borsa.
-Scusami, avrei dovuto starti più vicina- si scusò ancora.
Sorrisi, pensando a quanto fossi fortunata ad avere un'amica come lei.
-Va tutto bene Ama, davvero! Non preoccuparti- mi affrettai a dirle. La conoscevo abbastanza bene e sapevo quanto ci tenesse a stare vicino a chi teneva.
-Allora...ecco...sii onesta con me...come stai? E intendo, davvero-
Sospirai, arresa davanti a quelle parole, che stavano facendo crollare tutti i muri che mi ero costruita.
-Mi manca- mormorai -E pure parecchio-
La sentii sospirare, probabilmente perché tentava di capire ciò che stavo provando.
-Mary, io sono sicura che tutto si risolverà! è che vi siete persi in un mare di malintesi-
-Non ne sono così sicura Ama- mormorai -Insomma...vorrei crederci però..-
-Se vuoi crederci allora fallo! Pensaci bene tesoro...voglio che tu sia felice-
Sorrisi -Grazie Amanda...sei un'amica meravigliosa-
-è il minimo Mary! Ti voglio bene, non dimenticarlo mai-
-Anche io! Ci vediamo domani a scuola?-
-Certo dolcezza! A domani- e riagganciò.
Guardai ancora per qualche minuto il display del mio telefono, senza un vero motivo, ma giusto per perdermi nel vuoto, mentre il treno macinava fermate, pronto per riportarmi lì facendo aumentare l'inquietudine in me.
Nevicava lievemente a Firenze Rifredi. Mi strinsi al mio cappotto e scesi le scale del sottopasso per raggiungere Serena, che mi aveva avvisata poco prima che sarebbe venuta a prendermi. Mi trascinai verso la sala d'aspetto come fossi un peso morto, stanca per quelle ore di viaggio che mi avevano portata a rimuginare davvero troppo. Accennai un sorriso non appena la vidi cercarmi con lo sguardo, e corsi verso di lei, per quanto le valigie tentassero di impedirmelo.
-Ciao Marina- esclamò, dandomi una lieve carezza -Stai benissimo con i capelli così!- fece, un po' stupida di quel cambiamento.
-Grazie- feci, toccandoli lievemente.
-Tutto bene? Passate bene le vacanze?- mi chiese, aiutandomi con le valigie.
-Si, molto ehm...rilassanti- risposi, accennando un sorriso. Mi sentivo molto a disagio a parlare con lei, per quanto volessi davvero molto bene a Serena.
Deglutii -E voi invece? Tutto bene?-
Lei mi sorrise  mentre mise in moto.
-Si grazie, tutto regolare. Ivan poi è tornato dal campo della compagnia di recitazione proprio ieri, quindi ora vi ho tutti a casa-
-Ah era ad un campo?- chiesi a mezza voce.
-Sì, non lo sapevi?- mi chiese perplessa.
-Sì, sì hai ragione, che sciocca, me lo aveva detto- mentii, fingendo una risata. Serena non sembrò convinta della mie parole ma cercai di rassicurarla e feci credere che tutto andasse bene.
Quando scesi dall'auto, guardai la facciata della casa con timore, perdendo tutta la sicurezza che avevo o che credevo di avere. Sospirai mentre Serena prendeva le chiavi per aprire il cancello di casa e trascinai le mie valigie verso il vialetto fino all'entrata di casa. Ero lì di nuovo, ero tornata.
-Ciao Mary!- urlò Celeste non appena varcai la soglia di casa. Sorrisi appoggiano le valigie per terra per poter abbracciarla.
-Ciao dolcezza- feci sorridendo. Mi guardò e mi sfiorò i capelli.
-Stai benissimo! Oddio sembri molto più adulta!- fece entusiasta.
-Grazie- sorrisi lusingata. Pietro si affiancò alla figlia e non appena si allontanò da me, mi diede un amorevole abbraccio per salutarmi.
-I tuoi genitori ti hanno detto del regalo no?-mi chiese.
Io annuii. -Cioè mi hanno detto che è da parte di entrambi e vi ringrazio molto, qualunque cosa sia-
Serena mi sorrise, dandomi una tenera carezza sulla schiena.
-Sono sicura che ne sarai entusiasta!- mi disse ridacchiando.
Celeste mi tirò per un braccio.
-Sorellona, devo raccontarti un sacco di cose!-
-Certo tesoro, va bene- esclamai ridendo.
Nel  voltarmi, il mio sorriso sfumò nel vederlo scendere le scale. E, per quanto volessi odiarlo, era troppo difficile per me. Lo amavo troppo per riuscirci, ma non potevo cedere. E continuavo solo a ripetermi "Lui non ti vuole". Deglutii quando i nostri occhi si incontrarono, tentano di accennare un sorriso che nascondesse il mio dolore.
-Ciao- dissi, tentando di non scostare lo sguardo.
-Ehi- fece lui con un cenno -Bentornata- continuava a fissarmi, facendomi sentire terribilmente a disagio. Sentii lo sguardo di Celeste posarsi su di me perplesso, ma lo ignorai.
-Vado a sistemare le mie cose- feci, prendendo le mia valigie. Senza aspettare risposta, salii le scale il più velocemente possibile, diretta verso la mia camera. Quando accesi la luce, notai subito che c'era qualcosa di nuovo. Una poltrona era stata spostata per fare spazio ad una tastiera. Mollai di colpo tutto ciò che avevo in mano e corsi verso di lei. La sfiorai meravigliata, incantata per qualche secondo.
-Oddio- mormorai quasi scioccata.
Corsi di nuovo fuori, scendendo le scale di corsa, la famiglia Innocenti mi guardava divertita.
-è..è stupenda! Io...oddio grazie!- esclamai in confusione. Serena rise e mi venne incontro.
-Prego tesoro! Ma è per la maggior parte merito dei tuoi genitori!-
Ero troppo euforica e non riuscivo a fare altro che balbettare. Abbracciai forte Serena così all'improvviso che la sentii sussultare lievemente.
-Grazie di cuore- mormorai. La sentii ancora ridere con la sua risata dolce e per nulla fastidiosa. Scesi dall'ultimo gradino sul quale mi ero bloccata, per raggiungere gli altri membri della famiglia e ringraziare anche loro. Quando mi allontanai dall'abbraccio di Pietro, incontrai nuovamente quelle pozze grigie che mi fecero perdere un battito. Si avvicinò a me e il mio cuore prese a battere forsennatamente. Mi diede una lieve carezza sui capelli che mi fece socchiudere gli occhi.
-Non c'è di che- mormorò lui. Mi ritrassi come se mi avesse bruciata e sorrisi.
-La cena è pronta- esclamò  Serena.


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ehhh ditelo che non ve lo aspettavate un aggiornamento così presto! E invece! Dovete sapere che questo capitolo e quello dopo, all'inizio erano uno solo...e ci ho messo SEI DANNATI MESI per scriverlo. S E I. Sono riuscita a finirlo dopo la maturità, ho, penso, urlato. E pure tanto. Sono troppo sofferenti. Quando ho iniziato a scrivere questo, ricordo che ho iniziato ad ascoltare una caterba di musica deprimente, per entrare nel mood di Marina. è stata dura. Voglio inoltre annunciarvi...che la storia è conclusaaa. L'ho definitivamente finita qualche giorno fa! Rileggero gli ultimi cinque capitoli che ho scritto tutti tra novembre- dicembre perché sono confusionari e vedrò di portarveli presto.PS: so che sono fissata con Taylor Swift. Ma non posso farci nulla ahahah Alla prossimaa!
 

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Capitolo 17
*** Le Chain Of Dreams ***


 
17-LE CHAIN OF DREAMS
 
-Piccola Mary!- la voce di Aria mi ridestò dai miei pensieri. Era il primo giorno dopo le vacanze di Natale e ne avevamo di cose di cui parlare, solo che non riuscivo a rimanere lì con la mente.
-Ciao Aria- le dissi con un sorriso. Mi stritolò come da suo solito, e ancora una volta, mi ritrovai a pensare a come fossi fortunata ad averla con me.
-I tuoi capelli!- esclamò lei stupita -Ti stanno benissimo!-
-Grazie- feci lusingata.
-Ci prendiamo il primo caffé dell'anno?- mi chiese ed io accettai.
Qualche minuto dopo ci sedemmo sul banchetto vicino alla nostra classe, con i classici bicchierini del caffé macchiato in mano.
-Hai passato bene queste vacanze?- le chiesi mescolando lo zucchero.
Lei annuì -Tutto abbastanza regolare, grazie. Come sei presa per il concorso?-
Ogni anno la scuola veniva selezionata per un importante concorso a Milano, all'insegna della musica. Il concorso si chiamava "Music and art expo" e si teneva a Febbraio. La nostra classe fu una delle scelte per rappresentare l'accademia, e da quando ci era stato comunicato, lavoravamo davvero molto tutti i giorni. Il concorso si svolgeva a partire dalla seconda settimana di febbraio, ed eravamo tutti molto nervosi. Saremo partiti il pomeriggio del sette febbraio. A pensare a quella data, una profonda tristezza mi avvolse: era il mio anniversario con Ivan. Ma ora che la nostra relazione era così incerta, aveva ancora lo stesso significato? Scossi la testa e mi concentrai solo sul focalizzare il concorso e le mie varie esibizioni: mi sarei esibita come ballerina, danzando sotto le note di "Let me go" di Avril Lavigne. Avevo provato davvero molto la coreografia durante quelle vacanze e mi sentivo pronta e sicura. Per quanto riguardava il canto, non ero dello stesso avviso. Ci tenevo molto a cantare "Look back in Anger" degli Oasis, ma per quanto non fosse così difficile dal punto di vista vocale, non mi convinceva.
-Più o meno con la coreografia ci sono ma..-
Sentii Aria sbuffare.
-Guarda che sei tu paranoica Mary! La canzone viene-
Mugugnai qualcosa prima di alzarmi e buttare il bicchiere nella spazzatura. Aria appoggiò la sua piccola mano sulla mia spalla.
-So che non dovrei chiedertelo ma...come va? Intendo...-
-Fa male viverci insieme e non potermi buttare tra le sue braccia- mormorai rassegnata alla verità.  -Ma cosa vuoi che sia? Passerà!- feci, stiracchiandomi.
-Dai, andiamo in classe!- esclamai prendendola per un braccio. Elisa ed Amanda si catapultarono da noi non appena arrivammo in classe.
-Marina!- esclamò Elisa abbracciandomi.
-Ciao Eli, ciao Ama- esclamai sorridendo alle mie amiche-
-Pronte per due intense ore di prove con Berto?- fece Amanda ridendo. Le nostre facce sostenevano l'esatto contrario, e subito scoppiammo a ridere, senza un preciso motivo. Ma avevo così bisogno di ridere, che non mi interessavano nemmeno le occhiatacce che ci stavano lanciando.
-Marina moltissimo- commentò Aria, ironicamente. Le feci la linguaccia.
-Dai Aria! Sai come sono fatta- esclamai offesa.
-Sì, sei paranoica! Ti viene bene la canzone!- sbuffò lei.
-Sei preoccupata per quello Mary?- chiese Amanda.
-Non mi piace come viene- feci io.
-Parlane con Berto. Sicuramente ti darà qualche consiglio- mi suggerì Elisa.
-Forse è meglio- feci sospirando.
Al suono della campanella, Berto entrò sorridendo.
-Bentornati ragazzi! Andiamo in aula di musica- ci fece cenno di seguirlo verso il terzo piano ed ognuno di noi raccolse ciò che gli serviva per immergerci in due intense ore.
-Allora- cominciò non appena fummo arrivati tutti -Ora come ora dovete dare ancora più il meglio di voi. Manca davvero poco alla partenza e so che siete dei ragazzi fantastici, quindi diamoci dentro-
A quel discorso deglutii, sentendo che probabilmente lo avrei profondamente deluso. Guardai Aria di fianco a me e lei mi diede un buffetto sulla spalla.
-Tranquilla Mary!- mi sussurrò.
Berto ci guardò in modo rapido.
-Marina, vuoi iniziare tu?-
-Ecco- sibilai, alzandomi. Mi avvicinai verso di lui e presi il microfono dall'asta, sospirando.
-Tutto ok Marina?- mi chiese.
-Come no-
Mi guardò interrogativo.
-Prof, lei è sicuro che mi venga bene? Perché a me non piace per nulla- confessai un po' abbattuta.
-Certo Marina! Non devi preoccuparti-
Annuii ma non totalmente convinta. Fece partire la base e tentai di concentrarmi. Ma con così tante complicazioni e brutti pensieri, cominciai ad irrigidirmi e a non sentirmi per nulla a mio agio.
-Prof non ce la faccio- feci ad un tratto bloccandomi, in pieno panico. Berto interruppe la base e venne vicino a me.
-Marina, devi ricordarti sempre una cosa, ovvero che devi divertirti-
Mi passai una mano sui capelli disperata.
-Prof, ho un'idea-
Aria si era alzata insieme ad Amanda, Elisa e Lara e credetti stessero venendo verso di noi. Invece, ci superarono ed andarono a prendere rispettivamente, due chitarre elettriche, un basso e i vari amplificatori. Elisa si sedette sullo sgabello e provò le varie parti della batteria. Aria sistemò i vari cavi e si posizionò vicino ad Amanda, suonatrice del basso. La piccola Lara strimpellò qualche accordo con l'altra chitarra e fece un cenno ad Elisa, la quale battè il tempo con le bacchette. Sorrisi e mi misi vicina a loro:
 
 
Slip inside the eye of your mind
Don't you know you might find
A better place to play
You said that you'd never been
But all the things that you've seen
Will slowly fade away

So I start a revolution from my bed
'Cos you said the brains I had went to my head.
Step outside, summertime's in bloom
Stand up beside the fireplace
Take that look from off your face
You ain't ever gonna burn my heart out

And so Sally can wait, she knows it's too late as we're walking on by
Her soul slides away, but don't look back in anger I heard you say

Take me to the place where you go
Where nobody knows if it's night or day
But please don't put your life in the hands
Of a Rock n Roll band
Who'll throw it all away

I'm gonna start a revolution from my bed
'Cos you said the brains I had went to my head
Step outside 'cos summertime's in bloom
Stand up beside the fireplace
Take that look from off your face
'Cos you ain't ever gonna burn my heart out

So Sally can wait, she knows it's too late as she's walking on by
My soul slides away, but don't look back in anger I heard you say

So Sally can wait, she knows it's too late as we're walking on by
Her soul slides away, but don't look back in anger I heard you say

So Sally can wait
She knows it's too late as she's walking on by
My soul slides away
But don't look back in anger
Don't look back in anger
I heard you say

Era molto più divertente cantare ed avere loro, le amiche più care che avevo, che suonavano insieme a me. Fu così che tutti i brutti pensieri che avevo mi abbandonarono, lasciandomi libera di divertirmi come più amavo fare. Rallentammo per continuare con l'ultima riga, che recitava: "At least not today". Chiusi per un attimo gli occhi, ascoltando le ultime note che le mie amiche stavano suonando, prima di guardarle sorpresa.
-Oddio ma...-
-Prof, che ne pensa?- chiese Aria.
-Funzionate molto bene! Sono davvero sorpreso!- esclamò lui, confuso quanto me.
-Siete perfette insieme! Al concorso la facciamo così! Ma dovete provare ancora un po'! Dovreste unirvi in una band!-
Le guardai sorridendo.
-Magari potremmo pensarci! Che ne dite?- chiesi timidamente.
 
-Assolutamente- mi risposero e non potei non sorridere, felice di averle nella mia vita.
 
 
-Ragazze...grazie di cuore!- feci, dopo le due intense ore di prove. Avevamo provato altre due volte, seguendo i consigli di Berto, e trovammo l'armonia perfetta. Elisa mi diede una tenera carezza, stringendomi a sé.
-Prego squilibrata! Sei troppo tesa e nervosa in questo periodo. E lo sappiamo bene come mai...ma ricordati che noi ti siamo vicine!-
Annuii felice, guardandole una ad una. Così diverse, scopi e sogni diversi, eppure eravamo unite e forti insieme.
-Chain of dreams- mormorai ad un tratto.
-Mmm?- Aria mi guardò perplessa.
-Potremmo chiamarci così..vi piace?-
-Chain of dreams? è molto bello!- commentò Lara entusiasta. -Come mai questa scelta?-
-Bhe, perché abbiamo sogni diversi, obiettivi diversi ma siamo unite e legate una all'altra, come in una catena-
Lara sorrise dolcemente.
-è una cosa tenerissima Marina! A me piace un sacco.
Anche le altre furono dello stesso avviso e la cosa mi rese molto felice-
-Mi fa piacere vi piaccia!- dissi con un sorriso -Quindi, da oggi, noi siamo le COD-
Amanda rise e allungò il braccio. La fissammo interrogative-
-Su, mettete le mani sopra la mia!-
Ubbidimmo ritrovandoci perfettamente in cerchio, le mani unite una sopra l'altra.
-Insieme...Chain of dreams!- esclamò entusiasta.
-Chain of dreams-
 
Le note di "Stairway to heaven" dei Led Zeppelin mi stavano tenendo compagnia. Mentre canticchiavo l'intro con la bocca chiusa, gironzolavo per la camera per prendere tutto ciò che mi sarebbe servito a Milano. Il 7 febbraio era già arrivato e la mia mente era troppo occupata con le valigie per ricordarmi che giorno fosse. Per quanto fosse un periodo di pausa, sembrava che io ed Ivan ci fossimo già lasciati. A parte qualche breve scambio di parole per pura necessità, l'unico momento dove davvero gli parlai di mia spontanea volontà, fu per fargli gli auguri di compleanno, la mattina del 29 gennaio. Mi accennò uno di quei sorrisi che, appena lo conobbi, odiavo a morte, ma che in quel momento trovavo bellissimo. Per quanto non avessi dovuto farlo, per conservare ancora quel poco di orgoglio rimasto, avevo deciso di fargli dei biscotti. tentai di darglieli appena scendemmo dal bus quella mattina, ma Rosalba me lo rubò non appena misi piede sull'asfalto. Ed erano ancora lì quel sette febbraio, sopra la mia scrivania. Mentre prendevo il body dalla cassettiera, vidi quella scatoletta di alluminio, e sorrisi amaramente. E pensare che io e Rosalba eravamo perfino diventate buone amiche. Scossi la testa: era inutile pensarci, era troppo tardi. Finii di fare la valigia e la chiusi, ricapitolando mentalmente se avevo messo tutto. Staccai il telefono dalla carica e sorrisi, guardando il nuovo sfondo di blocco.
La storia della band ci aveva appassionate molto, tanto che avevamo preso a provare anche il pomeriggio per conto nostro. Ci trovavamo molto in sintonia ed amavo cantare insieme a loro. E, soprattutto, ero felice che la piccola Lara avesse rafforzato il rapporto con le mie tre matte. Nel gruppo su Whatsapp dove precedentemente eravamo noi quattro, è stata aggiunta anche Lara, e il nome divenne "Le COD". Fu grazie a questo gruppo che tutti i brutti pensieri si dissiparono, lasciando solo la musica e l'accademia nella mia mente. O almeno, mi sforzavo di tenere la mia mente occupata. Spostai lo sguardo dal mio telefono  alla vaschetta di alluminio sulla scrivania. Mi alzai dal bordo del letto e mi avvicinai. Aprii la vaschetta, presi un biscotto e lo portai alla bocca.
-Sono ancora buoni- mormorai. Mi morsi un labbro e sospirai: stavo per fare un errore, ne ero consapevole. Lo presi in mani e inspirai profondamente. Uscii dalla mia camera e bussai alla sua porta. Entrai con un sorriso che si spense nel vedere Ivan e Rosalba ridere e scherzare distesi sul letto. Mi guardarono appena entrai e smisero. Li fissai e strinsi la presa alla maniglia della porta.
-Scusate- dissi prima di richiuderla dietro di me. Rimasi lì immobile, non sapendo cosa pensare. Che ingenua. Mi sentivo così  stupida: lui era andato avanti e forse era tempo che lo facessi anche io. Tornai in camera a prendere la mia valigia ma non riuscii a chiudere la porta che lui mi bloccò con aria seria.
-Cosa volevi Marina?-
-Non preoccuparti, torna pure dalla tua Rosalba- feci cercando un foulard.
-Si può sapere cosa cavolo vuoi?- fece lui aggressivo, con un tono che non avevo mai sentito. Mi voltai arrabbiata. Presi la valigia, la borsa e la scatola di alluminio, posandogliela in mano.
-Buon anniversario- soffiai arrabbiata, prima di scendere le scale.
Serena mi stava aspettando per accompagnarmi in stazione.
-Tutto bene tesoro?- mi chiese, notando il mio volto arrossato e lo sguardo nervoso.
-Sì, non preoccuparti- feci io. Giocherellai con la collana che avevo al collo prima di salire in auto, non pronta a ciò che sarebbe successo.
 
La freccia rossa era in arrivo e salutai Serena, promettendo di chiamarla presto. Salii e trovai la mia classe, che era salita in stazione centrale di Firenze.
-Ehi Mary- mi salutarono. Feci un cenno di saluto e mi sedetti vicino ad Aria.
-Sei pront...ehi- notò subito che qualcosa non andava nel mio sguardo.
-Cos'è successo?-
Scossi la testa e sorrisi.
-Tutto ok. Devo solo imparare ad andare avanti-
Aria non disse nulla ma mi strinse a sé. Ormai sapeva che era meglio un abbraccio rispetto a mille parole. Il viaggio in treno mi distrasse, e scacciai quella scena lontano dalla mia mente, grazie ad una classe allegra e piena di energia. Avere Aria vicino a ,e mi fu molto d'aiuto, anche per caricarmi per l'intensa settimana all'insegna della musica, danza ed adrenalina, mescolata alla paura.
Arrivammo a Milano attorno alle nove, stanchi ed assonnati. Scendemmo dal treno devastati. Mi stiracchiai e scroccai il collo rumorosamente.
-Ragazzi ci siamo?- chiese Berto. Ci guardammo ed annuimmo tutti in contemporanea. Uscimmo dall'immensa stazione per andare verso il bus che ci stava aspettando. L'hotel dove alloggiavamo era molto vicino, quindi dopo una manciata di minuti fummo davanti ad uno sciccosissimo hotel di Milano. Dopo aver ritirato le chiavi, salimmo le scale trascinando sia noi che le valigie verso le rispettive camere. Guardai Aria e Lara, le mie compagne di stanza per quella settimana e sorrisi, sapendo che mi sarei divertita un mondo. Salutammo Rea, Amanda ed Elisa, che avevano la camera vicino alla nostra ed aprii la porta. Accesi la luce e tirai la tenda, per vedere una meravigliosa Milano notturna e mi appoggiai al termosifone per scaldarmi lievemente le mani.
-Vi spiace se faccio una doccia?- chiesi alle mia compagne di stanza.
-Vai pure, tranquilla- fece Aria facendomi l'occhiolino.
Presi dalla valigia il mio beautycase e la biancheria pulita prima di sparire in bagno. Aprii il rubinetto e il getto della doccia mi colpii, eliminando il freddo che sentivo, soprattutto quello del mio cuore, per potermi concentrare solo su ciò che mi faceva sentire bene. Cancellai dalla mia mente le scene di poche ore prima, lasciandole scivolare come stava facendo l'acqua sul mio corpo. Mi avvolsi in un asciugamano e mi asciugai lentamente, così rilassata che, quella sera, crollai non appena la mia testa sfiorò il cuscino.
Le note di una canzone che riconobbi come Flyers, la sigla di Death Parade, mi fecero svegliare con il sorriso.
-Buon giorno- mormorai con gli occhi chiusi. Un mugugnio di Lara mi rispose, facendomi ridere mentre sentivo già i passi di Aria diretti verso il bagno. Mi stiracchiai sbadigliando e mi alzai dal letto lentamente.
-Piccola Lara sveglia- feci dandole una lieve scrollata. La sentii mugugnare ancora e risi nel vederla con i capelli arruffati e gli occhi assonnati.
-Buongiorno- mormorò sorridendomi. Le diedi un tenero buffetto sulla guancia e mi spogliai dal pigiama, per indossare una felpa larga nera e dei leggins. Pettinai i capelli e scattai velocemente in bagno non appena Aria uscii, bella e solare come sempre.
Dopo essermi lavata il viso ed aver mascherato le occhiaie con il correttore, uscii dal bagno e mi sedetti sul letto.
-Quindi, oggi prove generale e sta sera inizia la prima parte del concorso?- chiesi,  ricapitolando quello che ci aspettava.
-Yes- confermò Aria -Saranno giornate molto intense, e non vedo l'ora!- fece entusiasta e le sorrisi. Aria saltellava felice, pettinando i capelli rossi, piena di entusiasmo e io volevo davvero avere tale energia. Non appena anche Lara fu pronta, scendemmo per la colazione.
-Buongiorno!- esclamò Elisa, uscendo dalla sua stanza.
-Buongiorno a voi!- esclamò Aria, andando ad abbracciare le nostre amiche. Amanda rise e le accarezzò la testa. Quando Aria si riaffiancò a me, la guardai e le chiesi.
-Come fai ad essere così allegra?-
Mi guardò un po' perplessa.
-Perché dovrei essere triste? Insomma, non ne ho motivo. Ho così tante cose per essere felice- mi disse sorridendomi. Mi diede una tenera carezza sulla spalle, un po' come se tentasse di condividere con me quella allegria e quella spensieratezza. -E sono qui con le mie migliori amiche-
La guardai e la abbracciai -Ti voglio bene- le sussurrai con affetto.
-So che è un brutto periodo per te, ma sei meravigliosa Marina, e ne uscirai-
-Piano piano, ce la sto facendo- esclamai, per la prima volta davvero convinta di quello che stavo dicendo. Dopo un'abbondante colazione, alle nove fummo pronti e partimmo alla volta di un piccolo studio di danza, che ci avrebbe ospitati per le prove. Furono ore intense di prove non stop, dove però mi divertii da morire. In quei momenti di risate e musica, mi sentii libera e spensierata, stavo facendo quello che amavo con persone che condividevano la mia stessa passione, concentrandomi sul mio obiettivo, ossia vincere quella competizione. Ero decisa a ricevere uno dei primi del concorso grazie alle COD. Dell'esibizione da solista come ballerina mi importava poco in quel momento. Preferivo dare il massimo insieme al mio gruppo, insieme alle mie migliori amiche, che erano state vicino a me in quei momenti bui. La prova generale fu un incentivo, che mi fece credere che avevamo davvero qualche speranza di farcela. Berto sembrava soddisfatto e davvero fiero di noi, ed avere un totale appoggio da parte di colui che ha fatto scattare l'idea, significava molto per tutte noi. Tornammo in hotel verso le cinque, per poterci preparare per la prima parte del concorso. Dopo una veloce rinfrescata, e un cappuccino per me, cominciammo a prepararci, sia fisicamente, che psicologicamente. Indossai un paio di jeans attillati e una canottiera nera monospalla, con un giubbotto di pelle a scaldarmi. Infilai un semplice paio di scarpe nere ed osservai Lara ed Aria prepararsi. Le mie due chitarriste stavano discutendo delle prove che avevamo fatto il pomeriggio, scambiandosi opinioni e consigli. Aria era colorata, con una camicetta rossa e dei jeans bianchi dalle decorazioni dorate. Lara indossava una maglia a fiori, degli shorts e delle parigine. Ci guardammo negli occhi e sorridemmo, determinate, segno che eravamo pronte.
La sala del Piccolo teatro studio Melato era piena, il tavolo dei giurati davanti al palco metteva una certa pressione. Guardai i nostri avversari, che sembravano carichi quanto noi, ma non volevo lasciarmi sconfiggere.
-Ragazzi ci siete?- Berto ci chiamò, facendo cenno di avvicinarci. Gli andammo incontro e lo circondammo, alcuni si sedettero, altri rimasero in piedi, come me, che continuavo a saltellare da un piede ad un altro.
-Ragazzi, sapete quanto questo concorso sia importante, ma ricordatevi che il palco è casa vostra. Quindi, difendetela, ma rilassatevi e divertitevi. Se ci riuscirete,per me avrete vinto-
Annuimmo e io sorrisi, inglobando in me quelle parole, come a stringerle in me per ricordarmelo e non scordarlo mai. Elisa mi diede una leggera pacca sulla spalla e mi volta verso di lei:
-Pronta Mary?-
Sorrisi determinata -Andiamo a risplendere-
Salimmo sul palco non appena arrivò il nostro turno. Gli applausi di cortesia e di incoraggiamento ci caricarono come non mai. Mentre le ragazze sistemavano la strumentazione e suonavano qualche accordo, io sistemavo l'asta del microfono,presentandoci. Guardai Elisa che ci fece l'occhiolino e scandì il tempo con le bacchette. Guardai Aria e Lara cominciare a suonare le prime note, che subito mi fecero immergere nella musica. Amanda le affiancava, suonando il basso perfettamente, e amavo come fosse concentrata ma non perdesse mai il sorriso. Quando cominciai a cantare, fu come se ogni elemento esterno a noi e alla musica non fosse presente, ma ogni cosa fosse scomparsa. C'eravamo solo noi in quel momento, noi e la nostra musica. Se una volta, ero una timida Marina ferma sullo stesso posto, come immobilizzata, in quel momento mi resi conto di quanto fossi cresciuta anche artisticamente. Con un microfono in mano, sentivo di avere una forza che non credevo di possedere. Volevo poter trasmettere le mie emozioni con lo sguardo, con i miei movimenti e soprattutto con la voce. Amavo scuotere i capelli a ritmo, lasciarmi andare e divertirmi sul palco, divertirmi facendo qualcosa che amavo fare.
Quando finimmo di suonare, fu come tornare bruscamente nella realtà. Sorrisi inchinandomi gentilmente verso il pubblico e la giuria, e guardai le mie compagne, fiere di loro come non lo ero mai stata. Quando scendemmo dal palco, le abbracciai fino quasi a farle soffocare.
-Grazie- mormorai semplicemente.
-Di cosa?- chiese Lara.
-Di...tutto. Davvero. Mi sono divertita un mondo ad esibirmi con voi-
Le vidi sorridermi e ricambiare abbracci, anche tra di loro, incoraggiandosi e lodandosi a vicenda. Anche Ludovico, Filippo e Roberta ci vennero incontro per congratularsi con noi.
-Siete stati eccezionali!- esclamò Roberta -Eravate davvero fenomenali, in completa connessione tra di voi-
-Grazie!- esclamammo in coro, lusingate. In mezzo all'allegria e all'adrenalina di chi doveva ancora esibirsi, presi la borsa che avevo lasciato su una sedia dietro le quinte, e uscii cercando i bagni del teatro. Presi il telefono in mano, ricordandomi che avevo promesso a Niccolò di chiamarlo non appena avessimo finito l'esibizione. Non appena sbloccai il telefono, notai che Daniele mi aveva chiamata una decina di volte, oltre ad avermi lasciato un messaggio.
-Qualcosa non va- pensai. Daniele ed io ci parlavamo, certo, ma non avevamo chissà quale rapporto confidenziale. Le dita mi tremavano, una brutta sensazione dilagava in me. Daniele mi aveva mandato un link ad una pagina delle notizie fiorentine. I miei occhi scorsero velocemente l'articolo, e il mio cuore crollò, così come la maschera da dura e forte che avevo tentato di costruire.
"Ultima ora, ragazzo di diciassette anni investito verso le cinque del pomeriggio nei pressi del liceo "Dante Alighieri" a Firenze. Trasportato in ospedale in condizioni gravi. La vittima è stata riconosciuta con il nome di Ivan Innocenti".
E nel leggere quel nome, le ginocchia cedettero, la paura mi invase, mi bloccò lì. E cominciai a piangere come non avevo mai fatto in vita mia.

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Zan zaan colpo di scena!! Io me lo sento che mi state odiando. Non avevo previsto di aggionare così presto, ma ho appena finito di studiare e ci stava prima di andare a dormire.
Cosa è successo ad Ivan? E come farà Marina ad esibirsi con la mente proiettata a Firenze? Lo scoprirete presto.
Lena

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Capitolo 18
*** Tu vali più di tutto ***


18-TU VALI PIU' DI TUTTO
 
Ero bloccata per terra, spaventata. Le lacrime che avevo tanto tentato di reprimere non smettevano di uscire e rigarmi le guance.
-Ivan- singhiozzai, stringendo forte la collana con il mio nome.
Chiusi gli occhi e lo vidi disteso a terra, in una pozza di sangue.
-No!- urlai, alzandomi di scatto. Dovevo tornare a Firenze e subito. Corsi verso le quinte, tirando la pesante porta e mi ritrovai Aria davanti, con un sorriso che sfumò nel vedermi ridotta in quel modo.
-Marina, cos'è successo?-
La abbracciai forte, singhiozzando disperata- Sentii una mano posarsi sulla mia spalla e vidi Berto preoccupato dietro di me.
-Rinaldi, ti senti male?- chiese preoccupato.
-Ivan..è stato investito- singhiozzai. Dire quelle parole faceva così male, e mi fece capire come fossi sveglia e che quella fosse la realtà.
Aria mi guardò sconvolta e mi strinse a lei più forte.
-Tesoro va...tutto bene- cercò di tranquillizzarmi ma era impossibile.
-No! Non va tutto bene! è in condizioni gravi e...- guardai Berto -Prof devo tornare a Firenze! Subito!-
-Marina...non posso lasciarti andare da sola, sei minorenne. E né io né la professoressa De Luci possiamo accompagnarti- tentò di spiegarmi.
-Non mi interessa! Lei non capisce, io non posso stare qui!- esclamai.
Berto si massaggiò le tempie.
-Marina io capisco cosa provi, ma sei sotto la mia protezione-
-Sappia..che io andrò lo stesso. Non mi interessa l'espulsione. Lui vale più di ogni cosa. E ora ha bisogno di me!- esclamai.
-Marina!- mi sgridò severo, ma capì che era inutile. Il mio sguardo era deciso e non intendevo mollare.
-Vado a parlare con Agata. Aria la porti a prendere un the?-
La mia amica annuì, e mi prese per un braccio, portandomi nel bar più vicino. Continuava a dirmi parole di conforto per infondermi coraggio, durante il breve tragitto, ma mi sentivo come un guscio vuoto, privo di anima. Il barista ci salutò cordialmente e si preoccupò nel vedermi con il trucco sciolto, gli occhi arrossati e lo sguardo assente, ma la cosa non mi importava. Mi sedetti al primo tavolo che trovai libero mentre Aria ordinava un the verde per me. Presi il telefono e tentai di contattare Serena o Daniele ma entrambi risultavano irraggiungibili.
-Marina- mi chiamò Aria .Vedrai che andrà tutto bene-
-Come fai a dirlo?- chiesi scettica, lanciandole un'occhiata trucida.
-Perché credere ti serve ora!- esclamò lei.
-No, mi serve essere lì con lui. E pregare lì con lui-
Aria mi guardò triste e tacque, capendo che non era il caso di continuare. Fissavo la tazza, senza un particolare interesse, ma subito bevetti un sorso che mi scaldò lievemente. Le mani tremavano per la tensione, tanto che facevo molta fatica a tenere la tazza in mano, per quanto era forte il tremolio. Presi il telefono, cercando di contattare nuovamente Daniele, ma senza successo. Sospirai rassegnata, e ripresi a fissare la tazza, mentre una forte nausea mi opprimeva, mi distruggeva lo stomaco. Affrontai le mani nei capelli, tentavo di ragionare ma il cuore non voleva ascoltare la parte razionale di me. Perché lui mi stava dicendo di alzarmi e prendere un treno. Aria si guardava intorno, il silenzio tra di noi non poteva essere colmato. Ad un tratto, alzai lo sguardo e la vidi porgermi una cuffietta.
-La musica è la tua cura Marina. è un'amica fedele che vuole starti vicina anche ora. Permettiglielo- mi disse, guardandomi. Accennai un sorriso e misi la cuffietta nell'orecchio. Le note di "Stairway to heaven" riuscivano sempre a tranquillizzarmi in qualche modo, e farmi ragionare come si deve. Era come se la musica potesse darmi concentrazione ma anche aiuto per farmi riflettere.
-Grazie Aria- mormorai con un lieve sorriso sulle labbra. Lei mi sorrise teneramente e mi prese le mani.
-Ci sono io con te Mary! Non dimenticarlo mai-
-Lo so è...che ho paura- un'altra lacrima mi rigò il volto e la asciugai in fretta con il polso.
All'improvviso, vidi Federico camminare frettolosamente verso di noi, prima che Aria potesse rispondermi.  Lo guardai perplessa, mentre si avvicinò a noi e mi porse la mano:
-Marina andiamo!-
Lo guardai confusa.
-Ti porto a Firenze!- mi disse deciso. Il mio sguardo confuso si posò prima su Aria, e poi nuovamente su Federico.
-Non scherzare- dissi tremando.
-Marina, io e Kevin siamo gli unici ad aver perso un anno e maggiorenne, ora come ora, sono solo io. Quindi alzati che andiamo!- la sua mano era ancora rivolta verso di me. La afferrai senza esitare.
-Aria, grazie...ti chiamo appena arrivo. Scusati con le ragazze da parte mia-
La mia amica annuì, dandomi un bacio sulla guancia. Corsi insieme a Federico fuori alla ricerca di un taxi. Non appena lo trovammo, salimmo chiedendo di portarci in stazione centrale, e mi appoggiai al sedile non appena partì.
Guardai Federico ed accennai un sorriso.
-Grazie per accompagnarmi- gli dissi, davvero grata per quello che stava facendo per me. Lui mi sorrise.
-Ordini di Berto, non preoccuparti- mi guardò un po', esitando leggermente -Mi dispiace Marina...si riprenderà, non temere-
Scostai lo sguardo e lo rivolsi verso la notte milanese che vedevo scorrere dal finestrino -è ciò che spero e per cui prego-
Erano ormai le otto passate quando riuscimmo a salire sul treno per Verona. Faceva freddo, lo sentivo nelle mie ossa, a causa dell'abbigliamento leggero che avevo indosso dall'esibizione ma non mi importava: volevo arrivare a Firenze il prima possibile. Spostai il mio sguardo dal finestrino a Federico, seduto di fronte a me, e vidi che mi stava porgendo la sciarpa di lana che aveva avuto al collo fino a quel momento.
-Tieni- mi disse e io la afferrai timidamente. La indossai, tentando di avvolgermi in quel calore, sperando che si facesse largo tra il freddo.
-Grazie- mormorai.
-Ho avvisato il capotreno, la coincidenza per Bologna ci aspetterà. Ho avvisato che era un emergenza-
Non dissi nulla ma annuii. Ero troppo stanca e scossa per parlare. Sarebbe stato un viaggio angosciante, pieno di cambi e di impazienza. E, arrivati a Bologna, dovevamo cercare un qualche autobus notturno per non passare la notte in quella stazione orribile. Federico mi diceva di non preoccuparmi, che ci avrebbe pensato lui, ma non riuscivo a tranquillizzarmi.
-Come ti senti?- mi chiese Federico ad un tratto.
-Perché mi fate tutti la stessa identica domanda? Non è ovvio?- sbottai adirata. Lo fissai per un po', l'acidità della frase appena sputata ancora in bocca. Abbassai lo sguardo mortificata.
-Scusami, non volevo risponderti male. è solo che...da quando siamo in pausa, odio quella domanda. é difficile ammettere quanto sto male senza di lui. Sto dannatamente male- accentuai la risposta con quella sorta di imprecazione detta solo nella mia mente, ma probabilmente chiara a molte persone che mi erano state accanto. Era difficile sciogliere quella maschera di indifferenza dietro la quale mi ero nascosta.
Federico scosse il capo.
-Posso immaginarlo e mi dispiace così tanto. é una domanda così banale  e scontata, solitamente detta per cortesia...eppure può fare davvero molto male-
Annuii concordando con lui.
-Aspetto solo il giorno in cui potrò rispondere sinceramente- confessai, appoggiando la testa al finestrino, lasciandomi cullare dal movimento oscillatorio del treno.
Scendemmo a Verona verso le nove e un quarto e sentivo già in me quell'aria veneta, l'aria della mia patria farsi vicina, ma dovevo correre per lasciarla dietro di me. Salimmo velocemente nel treno diretto a Bologna, che ci stava aspettando. Ringraziammo il capotreno e partimmo, macinando chilometri.
-Come faremo non appena arrivati a Bologna?- chiesi, nuovamente, con tono assonnato.
-Un amico di mio padre gestisce il trasporto notturno in autobus extra urbano. L'ho chiamato e ha detto che ci darà un passaggio lui. Per mezzanotte saremo a Firenze-
Sorrisi rincuorata.
-Federico...grazie. Per essere qui nonostante tutto.-
-Sono un tuo compagno di classe Mary. E non torni a casa per un semplice capriccio ma per qualcosa di davvero importante. Ed è giusto così-
-Lo so ma..non eri tenuto a farlo. Eppure sei qui- Era lampante come lui provasse ancora quel tipo di interesse per me, ma sembrava davvero sincero e gli sarei sempre stata grata. Mi chiese cosa sarebbe successo se fosse riuscito a farmi innamorare di lui. Avrei evitato quella sofferenza no? Ma...sarei stata la persona che ero in quel momento?
-Va bene così Marina. Solo devi farmi un favore- mi disse con tono serio, che quasi mi fece preoccupare.
-Certo-
-Non permettergli di farti soffrire così ancora- Il suo sguardo serio era fisso suoi miei occhi, e mi fece quasi sorridere. Se avessi potuto, lo avrei fatto molto tempo prima, ma non glielo dissi. -Quando si tratta di lui, è tutto complicato- dissi -è tutto diverso e io sono diversa-
-Sei innamorata-
-Innamorata persa- commentai quasi con ironia. Federico non rispose più ma prese a fissare fuori, lo sguardo stanco perso nel vuoto. Risposi a qualche messaggio delle ragazze, prima di chiudere gli occhi per quelli che mi sembravano pochi minuti. Li riaprii quando mi sentii scrollare lievemente.
-Siamo arrivati-mi comunicò Federico. Mi stiracchiai lievemente e sbadigliai, prima di scendere dal treno. Bologna era ancora una volta immersa nella nebbia e nell'umidità intrisa dallo smog e sporco. Tremante, seguii Federico verso il piazzale fuori dalla stazione, il cuore palpitante per la paura.
-Stammi vicina- disse Federico, notando la mia inquietudine ed io annuii, facendomi forza e ripetendomi che mancava davvero un ultimo sforzo. Lo sguardo di Federico si illuminò nel vedere un autobus arrivare. Mi fece cenno di seguirlo. Camminammo velocemente fino a raggiungere la vettura che, nel frattempo, aveva aperto le porte. Salimmo i gradini e vidi un uomo di mezz'età alla guida, vestito con una felpa blu sotto ad un giubbotto pesante, un po' rovinato, e da dei jeans scuri. Rivolse il suo sguardo verso di noi, uno sguardo frizzante, gli occhi color nocciola vispi nonostante l'ora.
-Ciao Federico! Tutto apposto?- si alzò e strinse la mano al mio amico, che gli sorrise riconoscente.
-Tutto bene grazie! E grazie per riportarci a Firenze-
L'uomo sorrise -Non preoccuparti. Dovere- scostò lo sguardo da Federico e lo rivolse a me.
-Tu sei Marina vero?- ed io annuii.
-Io sono Massimo- e mi porse la mano, che strinsi timidamente.
-La ringrazio di cuore per quello che sta facendo- mormorai, accennando un sorriso stanco.
-Non preoccuparti signorina. Andate a sedervi-
Non me lo feci ripetere, e mi sedetti dietro al posto di giuda, con le cuffiette nelle orecchie che tentavano di rilassarmi, ma sapevo che era impossibile, non in quel momento dove dominava l'ansia. Durante il viaggio tentai di dormire almeno un po', ma più ci avvicinavamo, più avevo paura. Paura di scoprire cos'era successo, di vederlo disteso in un letto all'ospedale...di sapere come stava. Sfrecciavamo per l'autostrada, ma mi sembrava stessimo andando sempre più lenti, come se non fossimo mai arrivati a destinazione, come se il mondo fosse andato avanti senza di noi. Guardavo le luci dei lampioni che tentavano di farsi largo tra le nebbia. Daniele non mi aveva richiamata e continuavo a fissare il display del telefono sospirando. Non appena riconobbi il paesaggio di Firenze, sentii l'ansia farsi presente in me in modo molto più forte rispetto a prima. Massimo accostò davanti alle porte dell'ospedale di Firenze e il mio cuore prese a battere sempre più forte. Non appena appoggiò le mani sulla leva che fece aprire automaticamente le porte con uno sbuffo, le mie gambe si alzarono senza che io glielo comandassi.
-Grazie di tutto davvero. Io...devo correre- feci, parlando quasi troppo velocemente.
Federico si avvicinò a me e mi strinse forte.
-Andrà tutto bene!- mi disse sorridendo.
-Cosa farai tu?- chiesi, un po' imbarazzata per quel contatto.
-Domattina tornerò a Milano. Per ora vado a casa a riposare-
-Buon riposo- dissi con un sorriso.
-Ciao signorina, stai attenta- Massimo mi fece l'occhiolino.
-Certo! Grazie ancora una volta- feci un cenno con la mano e scesi dall'autobus. Strinsi la cinghia della borsa e mi incamminai verso l'ingresso. Nella sala d'aspetto c'era ancora qualche paziente che, evidentemente, aspettava una qualche visita d'emergenza. Mi guardai attorno, cercando un'infermiera a cui poter chiedere informazioni. Sembrava tutto così tranquillo, per quanto dentro di me, invece, ci fosse un caos tremendo. Intravidi con la coda dell'occhio la piantina dell'ospedale, e mi avvicinai. I piani per i ricoveri erano molti, ma decisi di non scoraggiarmi e di partire dal terzo, non avendo idea di dove potessero aver ricoverato Ivan. Non appena le porte dell'ascensore si aprirono, notai un banco di accoglienza. Timidamente, mi avvicinai all'infermiera in turno e mi schiarii la voce.
-M..mi scusi, saprebbe dirmi dov'è ricoverato Ivan Innocenti?-
L'infermiera alzò lo sguardo stanco e mi sorrise.
-é ricoverato nella stanza 327 ma...è tardi signorina, l'orario di visita è finito da un pezzo-
-Lo so è che...sono tornata da Milano non appena ho saputo e...-
L'infermiera mi squadrò e notò la stanchezza nei miei occhi. Avevo ancora la sciarpa di Federico stretta al mio corpo infreddolito.
-Devi essere esausta. Vuoi davvero rimanere qui?- mi chiese preoccupata.
-Non si preoccupi per me. Lui...come sta?- posi la fatidica domanda di cui avevo paura.
-Il trauma cranico è abbastanza grave e...è entrato in coma-
Quelle parole mi uccisero. Sentii le gambe tremare e cedere.
-Si...si risveglierà?- chiesi con un filo di voce.
-è probabile di sì. Abbiamo avuto casi molto peggiori-
Sospirai, un minimo rincuorata, per quanto il terrore che da sveglio sarebbero potute sorgere complicazioni, continuava a tormentarmi.
-La ringrazio- feci un inchino e mi diressi verso quella stanza. Quando vidi il cartellino con scritto 327 inciso in oro, mi fermai. Sapevo che non potevo entrare, ma il desiderio di vederlo era troppo forte. Afferrai la maniglia ed inspirai profondamente. Lentamente la tirai giù ed aprii la porta. La stanza era totalmente buia, tranne che per le luci degli apparecchi medici in funzione. Chiusi la porta dietro di me e mi avvicinai silenziosamente. Due letti erano presenti nella stanza, ma solo uno non era vuoto. Con il cuore in gola, mi avvicinai e i miei occhi, finalmente, si abituarono al buio e così lo vidi. Disteso con un camice indosso, sembrava un angelo a cui avevano tarpato le ali. Vedere la mascherina su bocca e naso per farlo respirare. l'ago della flebo sul suo braccio, che lo nutriva, e varie ventose che registravano il suo battito cardiaco, mi fecero capire come quella fosse la realtà in cui ero immersa. Mi inginocchiai vicino al suo letto e lo guardai più da vicino. Le mie dita tremavano, come se, sfiorandolo, avessi potuto fargli del male.
-Ciao Ivan.,,sono tornata- sussurrai, convinta che potesse sentirmi. La mia voce prese a tremare proprio come le dita della mia mano. Subito ritirai la mano e la congiunsi con l'altra, vicino al petto.
-Tu sei forte...io lo so. Nulla può scalfirti- mormorai. La stanchezza cominciò a farsi sentire e approfittai del letto vuoto per coricarmi. Era tutto così freddo e strano ma ero troppo esausta per pensarci, e riuscii ad addormentarmi subito. Caddi in un sonno agitato, dominato da incubi, sangue e figure confuse. La vibrazione del telefono mi strappò da quei sogni confusi. Mi alzai di scatto e lo presi dalla borsa.
-Pronto?- biascicai.
-Marina?- riconobbi la voce di Daniele dall'altro capo della cornetta.
-Daniele! Ho tentato di contattarti tutta ieri sera!- esclamai, tentando di tenere basso il tono di voce.
-Scusami, mi era morto il telefono. Ascolta hai...-
-So tutto- confermai, interrompendolo. -Com'è successo?- chiesi, appoggiando la schiena al muro.
-Ieri Ivan era strano...qualcosa lo turbava, era evidente. Per tutta la giornata la sua mente era assente. Avevamo rientro ieri, ma ci siamo fermati a chiacchierare ed erano le cinque quando stavamo tornando a casa. Lui disse che voleva camminare un po' prima di prendere il bus. E...non si era accorto che...- Daniele deglutì, non riuscì più a continuare e io non volevo sforzarlo. Avevo capito ciò che doveva provare.
-è stata colpa mia- sussurrai con un filo di voce.
-Cosa dici Marina? Come puoi..-
-Abbiamo litigato il giorno prima- feci-Io...non credevo...io..-
Era stata davvero colpa mia? Quelle mie parole erano entrate nella sua mente a tal punto?
-Marina non fartene una colpa! Un litigio capita, soprattutto con il casino tra di voi. Tu non centri!- per quanto Daniele tentasse di sollevarmi il morale, di consolarmi, sentivo comunque qualcosa dentro di me, che mi sussurrava che ero davvero responsabile.
-Concentrati sul concorso Mary-
-Non sono a Milano- affermai-Sono qua a Firenze..in ospedale nella stanza di Ivan-
-Tu...cosa?-
-Sono tornata appena ho potuto- risposi.
-Marina...sei..-
-Innamorata, Daniele!- lo interruppi di nuovo -E non potevo rimanere lì ad esibirmi, a fingermi perfetta su un palcoscenico. Non con lui qui-
Sentii silenzio dall'altro capo, e poi un lieve sospiro.
-Sei una brava ragazza Marina. Vedrai che andrà tutto bene-
Giocherellai con i capelli:
-Lo spero...-sopirai e guardai Ivan di fianco a me.
-Vado a scuola, aggiornami su qualunque cosa- mi disse Daniele e io annuii.
-Certamente. Buona mattinata.- e riagganciai. Fissai Ivan ancora per un po' prima di alzarmi dal letto e dargli una lieve carezza sul viso.
-Buongiorno- mormorai. Presi la mia borsa ed uscii dalla stanza, guardandomi intorno con circospezione, prima di sedermi in una delle sedie di plastica li vicino. Mancava poco all'inizio dell'orario di visita e ormai, aspettare non mi causava impazienza come un tempo. Con la poca batteria rimasta, chiamai Aria. Picchiettai sulle gambe mentre ascoltavo gli squilli dall'altro capo della cornetta, aspettando di sentire la voce squillante della mia amica.
-Ehi Mary!- sentii il suo tono preoccupato e subito cercai di sembrare tranquilla.
-Ciao Aria! Come vanno le cose?-
-Insomma! Siamo tutti preoccupati per te!- mi rispose e mi scappò un sorriso, quasi lieta che qualcuno si preoccupasse per me.
-Sto bene- feci -SOno stanca più che altro. Ho passato la notte in ospedale dormendo clandestinamente nella camera dove lui è ricoverato-
-Marina tu sei pazza!- esclamò Aria, quasi sgridandomi.
-Sì lo sono. Sono diventata pazza a causa sua- affermai.
-Marina...io capisco ciò che provi. Ma lui non merita tutto ciò che stai facendo-
-Pretendi che io mi esibisca fingendo che tutto vada bene mentre lui è qui, in coma?- sibilai, con fin troppa cattiveria. Sentii Aria sospirare, probabilmente alla ricerca delle parole giuste da usare. Sapeva quanto fossi testarda.
-Riposati tesoro- disse con un tono dolcissimo. Non potevo avercela con lei, era la mia migliore amica e quindi sorrisi, e mi addolcii anche io.
-E voi date il meglio-
-Quello sempre. E lo faremo anche per te-
-Grazie- mormorai -Ci sentiamo presto-
Riagganciai e fissai il telefono per un po' finché non sentii dei passi. L'infermiera della sera precedente si avvicinò e mi guardò perplessa.
-Sei qui...da ieri sera?- mi chiese ed io annuii.
-Ma starai morendo di fame!- esclamò.
-Nemmeno troppo- feci, accennando un sorriso. Ero troppo in ansia per riuscire a mangiare.
-Vieni- aprì la porta della stanza di Ivan e la seguii. Aprì le serrande mentre io guardavo il mio angelo addormentato. L'infermiera uscì dalla stanza e tornò poco dopo con un vassoio sopra ad un carrello bianco. Mi porse un piatto con qualche biscotto e una tazza di the e mi invitò a sedermi. Accettai di buon grado e bevetti un sorso di the, mentre l'infermiera cambiava i liquidi nelle flebo di Ivan. Io la guardavo armeggiare, esprimendo tra me e me una preghiera perché lui stesse bene.
-Come ti chiami?- mi chiese ad un tratto.
-Marina- feci, dopo aver finito di masticare un biscotto secco.
-Io sono Manuela- mi disse avvicinandosi a me.
-Piacere- feci porgendole educatamente la mano che lei strinse.
-Devi voler molto bene a Ivan, se sei corsa da Milano fino a qui- osservò, versandosi del caffé in una tazzina.
-Sono la sua ragazza- dissi, tenendo lo sguardo fisso sul poco the rimasto -Cioè...lo ero. Siamo in pausa- mormorai, mordendomi il labbro.
-è ancora più ammirevole- commentò Manuela. -Nonostante tutto, sei qui-
Sospirai -Abbiamo preso a litigare, a non comunicare e ne abbiamo passate di tutte i colori ma...non potevo rimanere lì-
-Lo ami molto vero?- mi chiese Manuela.
-Dovrei odiarlo ma non ci riesco...è stato il mio primo vero amore- dissi, accennando un sorriso carico di nostalgia. Insieme ad essa, però, c'era molta amarezza. Quella sensazione di come un anno fosse già volato, senza che io fossi riuscita a godermi con il cuore tutti quei momenti passati.
Manuela mi guardò con un po' di tristezza mentre sorseggiava il suo caffè in silenzio.
-Non appena si sveglierà, devi parlargli. Perché ragazze come te è raro trovarle-
Sorrisi per la sua gentilezza ma io sapevo che, non appena si sarebbe svegliato, avremmo solo chiuso definitivamente. Ma, nonostante tale consapevolezza, non riuscivo ad allontanarmi da lui. Finimmo silenziosamente la colazione e osservai Manuela sparecchiare ed aprire la porta mentre lo tirava verso di sé. La ringraziai prima di sparire nel corridoio bianco dell'ospedale. Presi una sedia e mi sedetti vicino al letto di Ivan. La luce, ormai, aveva invaso la stanza e potei notare come fosse tremendamente pallido  e pieno di graffi il suo volto. Gli strinsi lievemente la mano tiepida, rimanendo in religioso silenzio.
-Marina?-
Mi voltai nel sentire quella voce così sorpresa e vidi Serena sulla soglia, sbalordita nel vedermi lì.
-Ciao- feci, accennando un sorriso.
-Cosa fai qui?-
Sospirai:
-Non potevo restare a Milano. Non con lui qui.- dissi, guardandola negli occhi.
Serena sospirò -Chi te lo ha detto?- mi chiese con tono serio.
-Tu non volevi che io lo sapessi?- chiesi a mia volta, accigliata.
-Non volevo rovinare la settimana del concorso! Ti sei impegnata così tanto!-
-Non è importante! La sua vita conta molto di più di un concorso-
-è ovvio Marina! Solo...non avrei mai creduto che tu potessi tornare nel bel mezzo della notte...indossi ancora gli abiti con cui ti sei esibita giusto?- mi chiese, squadrandomi, ed io annuii. Si avvicinò e mi diede una carezza sulla spalla. -Sei coraggiosa Marina...sei una ragazza incredibile- mi diede un lieve bacio sulla nuca -Ma vai a casa a dormire un po'-.
-Non serve- protestai, ma dovevo darle pienamente ragione: ero esausta.
-Se hai un po' di pazienza, ti porto a casa io- mi disse.
-Non preoccuparti, fai con comodo- dissi sedendomi.
La vidi avvicinarsi tristemente al figlio e gli diede una lieve carezza, con sguardo quasi vuoto.
-Ciao amore- gli sussurrò. Prese da una borsetta, un mezzo di fiori che non avevo mai visto.
-Che fiori sono?- chiese, dunque, curiosa.
Serena li sistemò nel vaso con cura e mi rispose, ma senza guardarmi.
-Sono fiori di musco- mi rispose -Sono l'emblema dell'amore materno-
Tacqui e la osservai in religioso silenzio. Non potevo fare a meno di pensare che, se non fossi andata da lui il giorno prima, se avessi semplicemente buttato via quei biscotti, lui non sarebbe in quella situazione.
-Marina, possiamo andare- mi disse Serena, facendomi riemergere dai miei pensieri. Io annuii e presi la mia borsa, abbandonata sul pavimento. Serena mi guardò perplessa.
-Marina ma...le tue valigie?-
-Sono a Milano. Non ho fatto in tempo a prenderle- le spiegai -Aria e le ragazze me le porteranno giù- feci.
-Marina, non posso crederci che tu abbia fatto questo  solo per tornare qui, senza perdere tempo-
Guardai Ivan -E, invece, l'ho fatto sul serio-
Serena mi riportò a casa e salii le scale come uno zombie. Nel vedere la porta aperte della aperta della stanza di Ivan, il cuore mi si strinse. Mi morsi un labbro, in lotta con me stessa, ma seguii una qualche vocina dentro di me, ed entrai. Il letto ero sfatto ed erano appoggiati i vestiti di quel maledetto giorno. Mi avvicinai e i sfiorai lentamente: probabilmente, Serena non aveva avuto la forza di lavarli o, semplicemente, gettarli via.
Rivolsi lo sguardo altrove e notai il suo zaino appoggiato alla scrivania e, un minuscolo pensiero mi tartassò. Vergognandomi, presi a frugare fino a trovare il suo cellulare. Me lo rigirai tra le mani e, infine, lo sbloccai. La foto di sblocco lo ritraeva insieme al gruppo di teatro. Trascinai il dito fino a far comparire la home, dove come sfondo aveva sostituito una nostra foto con una di un tramonto meraviglioso, che però, riconobbi come la foto che scattò una sera quando andammo a Jesolo con la mia famiglia. Deglutii e cercai la chat di messaggi con Rosalba. Gli ultimi messaggi risalivano a quella domenica.
"Grazie per la chiacchierata di oggi" aveva scritto lei.
"Non preoccuparti, sai che ci sono per te"
"Tu stai bene?"
"Potrei stare decisamente meglio. Ma forse sono io uno stupido. Buona notte"
"è lei che non capisce Ivan. Notte"
 
Dedussi che la "lei", fossi io. Cos'era che non capivo? Cosa stava succedendo? Un forte mal di testa mi stava tartassando, a causa della mancanza di sonno, quindi decisi di lasciar perdere e andare a concedermi un po' di riposo. Mi buttai sul letto, distrutta, e crollai tra sogni assurdi pieni di angoscia.
Mi svegliai di scatto, intontita e scombussolata, nel buio della mia stanza. Tastai sul comodino ed accesi la lampada. Il mio telefono lampeggiava ossessivamente ma lo ignorai e scesi le scale. Guardai l'ora, e notai come fossero ormai le quattro del pomeriggio, e in casa dominava il silenzio. Accesi la luce in cucina e mi misi a prepararmi un the, con lentezza. Mentre aspettavo l'ebollizione dell'acqua, guardai la casa con occhi diversi. Come potevano sentirsi tutti nel sapere in quelle condizioni un loro familiare? Pensavo,soprattutto, a Serena e la cosa mi spezzava il cuore. Soprattutto, pensando che fosse colpa mia, e non  potevo smetterla di pensare a ciò. Misi il the in infusione e corsi a prendere il telefono in camera mia. Mi sedetti sul bordo del letto e composi il numero di Daniele, mentre battevo impazientemente le dita sul comodino, fino a quando non sentii la sua voce.
-Ehi Mary-
-Daniele, ciao, scusa se ti disturbo- dissi subito, sentendomi in colpa.
-Non preoccuparti- era sincero, lo capii dal suo tono, e gli fui davvero tanto grata. -Dimmi pure-
-Senti...hai fatto caso a come Ivan e Rosalba fossero molto uniti in questo periodo?- chiesi. Di per sé, era una domanda retorica, era impossibile non farci caso e, infatti, la risposta di Daniele fu affermativa.
-Sai il perché? Cioè...ecco...ho dato un'occhiata all'ultima conversazione tra loro due e...Rosalba ha detto che "lei non capisce". Sono io quella lei vero?-
-Marina, non sta bene curiosare nei telefoni degli altri!- mi sgridò, e aveva ragione, mi sentivo una persona orribile.
-Lo so- feci mortificata -Non so cosa mi sia preso.-
Sentii Daniele sospirare -Da un lato ti capisco moltissimo- mi confessò.
-Con Erica credo farei lo stesso. Comunque, bhe penso di sì, stavano parlando di te. Mi hai detto che avevate litigato quel giorno no?-
-Sì- confermai -Ma...cos'è che non capisco?-
-Marina mi dispiace...io non so cosa intendessero dire- mi disse con una velata tristezza.
-Non preoccuparti- mi affrettai a dire -è solo che...sembrava così triste in quelle risposte che continuo a pensare che sia davvero colpa mia- mormorai.
-Non è stata colpa tua!- esclamò, arrabbiato che continuassi a dirlo.
-Marina, lui si riprenderà. E allora, voi potrete chiarirvi una volta per tutte- riprese poi, quasi tentando di trasmettermi la sua determinazione.
-mi basterebbe anche solo che si riprendesse e stesse bene. Il resto non mi importa-
Ero sicura che, in quel momento, stesse sorridendo; un sorriso carico di comprensione che dedicava spesso al suo amico.
-Lo ami molto, vero?-
-Lo sai- feci decisa -Non importa cosa succederà andando avanti. Lui è stato il mio primo amore, e sarà sempre importante per me- affermai.
-Anche per lui tu sei importante Marina, non scordarlo mai-.
Sentire quelle parole fu importante, forse perché avevo bisogno di sentirle. Perché non le avevo sentite vere in quei mesi, e non ci avevo creduto.
-Grazie Daniele, grazie di cuore- mormorai, davvero grata.
-Di nulla Mary. Ora ti saluto, ci sentiamo presto-
-Certo, scusami per il disturbo, ciao- e riagganciai.
Mi distesi sul letto per un po', fissando il vuoto con una miriade di pensieri nella mente, ma tra tutti, tornare in ospedale si fece strada. Bevetti il the in fretta, presi borsa e cappotto al volo, e corsi verso la fermata del bus. Con la musica che mi faceva compagnia, da brava amica che non mi abbandona mai, mi diressi fino a Firenze per quanto la stanchezza mi urlasse di tornare a casa e riposare ancora. Scesi alla fermata del bus più vicina all'ospedale e, infreddolita, camminai tirando lievemente su la sciarpa. Quando l'edificio fu dinanzi a me, aumentai il passo. Salutai cordialmente  Manuela, che era di turno al bancone di accoglienza.
-Marina!- mi guardò sorpresa, ma io le sorrisi.
-Ho dormito fino ad ora, sto bene, non preoccuparti- le dissi, felice che si fosse preoccupata per me. Mi sorrise e mi fece un cenno con il capo.
-Sono venute anche la madre e la sorella oggi- mi informò. Dopo averla salutata, salii le scale verso quella stanza che avrei imparato ad odiare con tutto il cuore.
Il corridoio percorso da luci al neon era molto trafficato a quell'ora, il via vai costante di infermiere e persone, mi fece capire che ero nel pieno orario di visite. Sbadigliai e mi incamminai verso la stanza 327. Mi affacciai sulla soglia e vidi Serena parlare con il medico, e Celeste seduta vicino al fratello, gli occhi tristi. Entrai, un po' titubante, mormorando un "permesso" poco convinto. Serena mi guardò e mi sorrise, facendo un lieve cenno con la mano, per poi tornare a parlare con il dottore, uscendo fuori dalla stanza. Celeste alzò la testa e il suo sguardo si illuminò almeno un po'.
-Ciao Marina!- mi salutò con un cenno e un piccolo sorriso appena accennato.
-Ciao piccola mia-  le risposi e mi avvicinai al letto, sfiorando la sedia su cui era seduta Celeste.
-Ciao Ivan- mormorai, sfiorando il lembo delle lenzuola. Diedi un lieve bacio sulla fronte a Celeste, per tentare di impedire che troppa tristezza si impossessasse di me, come ad aggrapparmi alla serenità che, solitamente, era tipica sua.
-Come stai?- le chiesi.
-Distrutta. Esattamente come stai tu- mormorò prima di buttarsi tra le mie braccia, facendo barcollare la sedia. Le accarezzai teneramente la nuca ma non dissi nulla, quella sua frase mi aveva colpita per la profonda verità che conteneva. Distrutta. Sì, mi sentivo esattamente in quel modo. Distrutta, disperata, mortificata e devastata. Perché? Perché la mia testa non faceva altro che focalizzarsi su di lui?
-Si riprenderà- le dissi, con un sorriso che tentava di infonderle sicurezza.
-Andrà tutto bene-
-Come fai a dirlo?- mormorò lei, mentre una lacrima le rigava la guancia.
-Perché...Ivan è come un temporale improvviso, come una bella notizia durante una giornata storta, come un gesto gentile da chi non ti aspetti. è imprevedibile. Ed è forte, proprio come te. Tu lo sai Celeste, sì risveglierà. Credici, e vedrai che accadrà-
La piccola Innocenti mi guardò, gli occhi pieni di lacrime, ma un sorriso le sfuggì dalle labbra. Annuì e si voltò a guardare il fratello, sfiorandogli la mano.
-Andrà tutto bene- continuai a mormorare. Volevo crederci così tanto, che abbracciarmi a quel pensiero, era l'unica cosa da fare. Rimanemmo così per un po', abbracciate a tentare di consolarci a vicenda con qualche racconto in confidenza. Mi voltai quando sentii la porta aprirsi, e vidi Serena rientrare, con sguardo inquieto e le mani tremanti. Mi avvicinai a lei preoccupata.
-Serena, cosa succede?- chiesi preoccupata. Non volevo bugie, non volevo semplici "va tutto bene, ma la cruda verità.
-Ivan...potrebbe aver perso la memoria- ci comunicò. Sentii la testa girare e la gola secca. Sbigottita. Devastata. Cercai di connettere bene ciò che avevo appena sentito. Ivan avrebbe potuto svegliarsi ed aver dimenticato tutta la sua vita.
-è solo una possibilità ma...-
-Andrà tutto bene mamma- le dissi, ma la mia voce tremava troppo perché le mie parole potessero infondere coraggio.
Serena abbracciò forte sia me che Celeste, che rimasta leggermente in disparte, non aveva capito bene cosa fosse successo. Mi immersi in quel calore, per quanto dentro di me, sentissi tanto freddo.
Rimanemmo in ospedale per un altro po' prima di tornare a casa, in un viaggio di ritorno in completo silenzio. Salii lentamente le scale fino alla mia stanza, chiudendo la porta dietro di me. Mi avvicinai alla tastiera con un'improvvisa voglia di soffocare tutto ciò che provavo nella musica. Mi sedetti sullo sgabello e presi a suonare con una profonda tristezza le note date dal mio cuore. Tremavo dentro di me, la tristezza mi avvolgeva come se avesse sempre fatto parte di me. Eppure, mentre le mie dita si muovevano agilmente tra i tasti, mi sentii come se ci fosse davvero speranza; era come se la musica stesse tentando di farsi largo tra la tristezza che era non solo in me, ma anche in tutta la casa. E, solo alla fine, un lieve sorriso sfuggì dalle mie labbra.
 
He said, "Let's get out of this town.
Drive out of the city, away from the crowds."
I thought heaven can't help me now.
Nothing lasts forever, but this is gonna take me down
He's so tall and handsome as hell
He's so bad but he does it so well
I can see the end as it begins
My one condition is

Say you'll remember me
Standing in a nice dress,
Staring at the sunset, babe
Red lips and rosy cheeks
Say you'll see me again
Even if it's just in your
Wildest dreams, ah-ha oh,
Wildest dreams, ah-ha oh.

I said, "No one has to know what we do."
His hands are in my hair, his clothes are in my room
And his voice is a familiar sound,
Nothing lasts forever but this is getting good now
He's so tall and handsome as hell
He's so bad but he does it so well
And when we've had our very last kiss
My last request is

Say you'll remember me
Standing in a nice dress,
Staring at the sunset, babe
Red lips and rosy cheeks
Say you'll see me again
Even if it's just in your
Wildest dreams, ah-ha oh,
Wildest dreams, ah-ha oh.

You see me in hindsight
Tangled up with you all night
Burning it down
Someday when you leave me
I bet these memories
Follow you around

Say you'll remember me
Standing in a nice dress,
Staring at the sunset, babe
Red lips and rosy cheeks
Say you'll see me again
Even if it's just pretend

Say you'll remember me
Standing in a nice dress,
Staring at the sunset, babe
Red lips and rosy cheeks
Say you'll see me again
Even if it's just in your

Wildest dreams
 
 
 
Era una di quelle canzoni che mi ricordava l'autunno, i colori e quei tramonti meravigliosi che osservavo sempre dalla mia camera. Nella mia mente, la figura di Ivan comparve, e lo immaginai mentre mi stringeva forte a sè, mi annusava lievemente strusciando il naso sul mio collo, mentre mi baciava. Smisi di suonare di scatto, e aprii gli occhi di scatto. Mi alzai ed aprii la finestra per uscire nel balcone. Guardai il cielo scuro di quella sera di febbraio, le luci deboli dei lampioni illuminavano il quartiere. Chiusi nuovamente gli occhi e mi appoggiai alla ringhiera.
-Dimmi che non ti dimenticherai di me- mormorai
 
-Non ci credo!-
Era passata la settimana del concorso e quel lunedì ero entrata in classe molto timidamente ma, non appena vidi il sorriso di Aria, corsi ad abbracciarla. Sedute sopra ai nostri banchi, Aria mi raccontò del concorso, e mi informò di come, con la nostra esibizione con "Look back in Anger", vincemmo il secondo premio come miglior gruppo. Esultai ed abbracciai la
mia amica.
-è tutto merito vostro- dissi con un sorriso sincero -Grazie..-
-Merito nostro! Di tutte noi, piccola Mary- mi corresse, dandomi una dolce carezza.
-Però...senza di voi non sarei mai riuscita a cantare- mormorai, con lo sguardo puntato verso i suoi occhi. Aria emise un urletto tipico suo, ributtandosi tra le mie braccia. Poi, si sporse verso il suo zaino, ed estrasse una medaglia, che mi mise al collo.
-Ti voglio bene piccola Marina- mi disse, mentre me la metteva.
-Marina!- Elisa entrò in classe e si fiondò ad abbracciarmi come non aveva mai fatto, ed ero davvero felice e quasi lusingata di tutto quell'affetto, che mi sembrava irreale.
-Come stai?- mi chiese con sguardo serio.
-Insomma- tornai seria a quella domanda. Ero stata tutti i giorni in ospedale, ma non c'era nessuna novità. -Potrebbe aver perso la memoria e..ho paura- mormorai. Le mie amiche mi guardarono senza dire nulla, ma mi accarezzavano, tentando di farmi rilassare e stare bene. E, per quanto fosse impossibile, apprezzai molto ogni loro gesto e gentilezza nei miei confronti. Mi stavano vicine anche quando, all'uscita da scuola, incrociavo per sbaglio. Vederla mi metteva una gran rabbia e stringevo forte le nocche, fino a farle diventare bianche.
Passavo la maggior parte dei pomeriggi in ospedale, incontrando compagni di classe e di teatro di Ivan che, a quanto pare, mi conoscevano almeno per sentito dire. Alcuni mi sorridevano , altri mi lanciavano sguardi che facevo fatica a decifrare.
Ogni qual volta veniva Rosalba (troppo spesso per i miei gusti), per mia fortuna c'era Celeste a salvarmi, perché da sola con lei non avrei mai potuto farcela. Mi ritrovai per un mese e mezzo a studiare in ospedale, passavo lì ogni momento libero, nella speranza di poter rivedere quegli occhi grigi. Anche quel giorno ero lì insieme a Serena, entrambe sedute su due sgabelli accanto al letto. Tentavo di studiare storia della musica per il giorno dopo, e mentre lo facevo, mi mordevo un'unghia, nervosa.
-Vado a prendere il caffé- disse Serena, rompendo il silenzio tra noi. -Ne vuoi uno?- mi chiese alzandosi, ma io declinai l'offerta. Quando fu uscita, spostai nuovamente lo sguardo su Ivan.
-Ti prego Ivan- mormorai, stringendo con le mani tremanti la sua, tiepida e morbida.
-Svegliati...non puoi abbandonare tutto così. Non voglio, non posso sopportare di vederci ancora in questo stato. Anche se le cose tra noi tra noi due non si risolveranno...io voglio ancora sentire la tua voce, vedere i tuoi occhi.-
Portai la sua mano alla mia bocca, la strofinai sulla mia guancia con tenerezza e, l'unico pensiero che avevo in quel momento fu "Ti prego, torna da me". E poi, sentii un lieve movimento tra le mie mani: dita affusolate si mossero lentamente, rispondendo alle mie carezze ed accarezzandomi a loro volta. Aprii gli occhi di scatto, che avevo chiuso per riflesso, il cuore martellante nel petto che stava per esplodere. Lentamente, le sue palpebre si alzarono, mostrandomi i suoi occhi grigi, di cui sarei sempre stata innamorata. Di scatto, quasi inciampando, corsi fuori verso la macchinetta di caffè di quel piano.
-Serena!- urlai, ignorando gli sguardi trucidi delle persone nel corridoio.
-Si è svegliato!- esclamai, non appena si voltò verso di me. Mi guardò scioccata, gli occhi che brillavano, lucidi per le lacrime. Camminò in fretta verso la stanza del figlio mentre io andavo a chiamare il medico che si era preso cura di lui, che mi seguii velocemente, entrando nella maledetta stanza 327. Lui era ancora disteso, ma i suoi occhi erano colmi di paura e guazzavano ovunque, alla ricerca di risposte.
-Ivan!- esclamò Serena, mentre le lacrime continuavano ad uscire dai suoi occhi. Lui la guardò, lo sguardo un po' confuso.
-La mia testa!- gemette -Cos'è successo?-
-Hai avuto un incidente- disse Serena, avvicinandosi al letto -Ti ricordi come ti chiami e chi sono io?-
A quella domanda, trattenni il fiato. Ivan guardò Serena un po' perplesso.
-Ma che domande fai mamma! Sono Ivan Innocenti- fece lui, ma subito si chinò, tenendo la testa tra le mani.
-Dobbiamo visitarlo ed è meglio non sforzarlo. è meglio se uscite- disse il dottore, e noi annuimmo. Io non ero ancora riuscita a dire una parola. Ero così felice che si fosse finalmente svegliato e che la sua memoria- almeno apparentemente. fosse integra, che non riuscivo  a parlare. Uscii dalla stanza, ma gli rivolsi uno sguardo fugace. Il mio cuore perse un battito, quando i nostri occhi si incontrarono. E, velocemente, mi girai per piangere in libertà.
-Marina?- Serena mi accarezzò dolcemente la schiena. -Va tutto bene- mi disse mentre un'ennesima lacrima mi rigava il volto. Annuii, accennando un sorriso.
-Vado a prendermi un the- dissi, asciugandomi le lacrime. Mi alzai, stringendo il portamonete in mano, la testa bassa e le lacrime solitarie,che tentavano ancora di scendere dai miei occhi. Le asciugai con rabbia, e avanzai verso le macchinette, selezionando un the, con in mente l'idea che potesse farmi stare meglio. Quando mi voltai con il bicchierino in mano, incrociai lo sguardo di Daniele. Vedendomi con gli occhi rossi e gonfi, si avvicinò preoccupato.
-Si è svegliato Dani- gli comunicai, mentre nuova lacrime scorrevano sul mio volto.
-Oh mio Dio- Daniele mi abbracciò, appoggiando il capo sulla mia spalla.
-Come sta?- mi chiese, guardandomi serio.
-Sembrerebbe tutto bene ma...non saprei.
-Ehi!- Daniele mi diede una lieve carezza -Starà bene, andrà tutto bene!-
-Spero-
Tornammo verso la stanza di Ivan, mentre sorseggiavo il the lentamente.
-Ciao Daniele- Serena lo salutò con un cenno e un mezzo sorriso.
-Ciao Serena...come sta?-
-Lo stanno ancora visitando- rispose lei. Ci sedemmo entrambi in silenzio, per quelle che a me sembrarono ore. Quando, finalmente, la porta si aprì, scattammo tutti e tre in piedi, aspettando il verdetto. Il  dottore ci guardò e sorrise.
-è sano come un pesce! è stato davvero fortunato. Dovrà restare qui ancora per una settimana, è un po' confuso e un braccio si è rotto durante la caduta.- ci spiegò. Sentendo che stava bene, mi sentii incredibilmente più leggera.
-Andate pure a trovarlo, ma non sforzatelo, e state pochi minuti!- ci disse il dottore, con sguardo serio. E, mentre diceva questa frase, dentro di me c'era un groviglio di emozioni. Ero così felice che stesse bene, ma non riuscivo a parlarci, a guardarlo negli occhi come nulla fosse.
-Io...vado a casa- mormorai, e senza aspettare risposta, corsi via, verso la fermata del bus.
Non riuscii più ad andare a trovarlo in quella settimana. Non sapevo cosa dire, come comportarmi con lui. Passavo le giornate a sforzarmi di fare qualcosa, a concentrarmi  sulla scuola, per tornare a dare il meglio di me ed alzare la media dei miei volti. Ma la mia mente tornava sempre da lui. Era ancora una volta, una dura lotta con me stessa.
Dopo quella settimana passata in una sottospecie di limbo, arrivò il giorno della sua dimissione. Quel giorno decisi di venire anche io, ma rimasi in auto, mentre Serena entrò per l'ultima volta in quella stanza. Accennai un lieve sorriso quando entrò in auto, ma spostai subito lo sguardo per terra. Fu una fortuna che Celeste fosse in mezzo a noi due, perché non sarei riuscita a stare vicino a lui, senza toccarlo, abbracciarlo. Celeste abbracciò subito teneramente il fratello, che la accarezzò sorridendo. Fu lei che tenne vivo il viaggio, era sempre così allegra e riusciva a contagiarci, in qualche modo. Arrivammo a casa e scendemmo dall'auto, e io continuavo a dirmi che dovevo parlare con Ivan. Sapevo che dovevo farlo. Ma, non appena stavamo per entrare in casa, una voce chiamò Ivan, il quale si voltò, e vide una Rosalba in lacrime. Le sorrise e andò verso di lei, fuori dal cancello. Lei si buttò tra le sue braccia, singhiozzando, mentre lui le accarezzava lentamente la schiena, dicendole che era tutto apposto. Mi morsi un labbro nel vedere quella scena, e mi voltai, entrando in casa e salendo in camera mia, chiudendo velocemente la porta alle mie spalle. Mi buttai sul letto, gli occhi chiusi e un dolore al petto, il mio cuore sempre più in frantumi. Non ricordo quanto tempo passò, ma aprii gli occhi di scatto, quando sentii qualcuno bussare alla porta. Mi irrigidii quando vidi Ivan entrare in camera mia,e il mio cuore accelerò maggiormente i battiti, quando lo vidi sedersi sul bordo del mio letto.
Mi sedetti a mia volta, a gambe incrociate, ma lo sguardo fisso per terra.
-Mamma ha detto che sei tornata da Milano da sola, appena saputo dell'incidente-
Sussultai nel sentire la sua voce rivolgersi a me dopo così tanto tempo.
Annuii lentamente, lo sguardo ancora puntato a terra.
-Perché?- mi chiese lui.
Già, perché? Mi morsi un labbro.
-Come potevo stare lì, mentre tu eri stato investito?- chiesi con rabbia.
-Ed è sempre per questo che sei venuta a trovarmi tutti i giorni? Anche per molte ore?-
Il mio sguardo rimase fisso sul pavimento, non riuscivo a rispondere e nemmeno a guardarlo. Sentii le sue dita sollevarmi il mento, facendo pressione così da incatenare i nostri sguardi.
-Marina rispondimi!- mi ordinò lui.
-Cosa dovrei dirti Ivan?- sbraitai io -Tu pensi davvero che io ti abbia dimenticato così? Che abbia smesso di pensarti, di stare male per te?- ancora una volta, le lacrime cominciarono ad uscire dagli occhi, rigandomi le guance, senza che io potessi fare nulla.
-Non ti ho mai vista piangere- mormorò- Lentamente, mi asciugò le lacrime con le dita, ma le lacrime non volevano smetterla di uscire da miei occhi.
-Fa male cavolo! Fa male vederti sempre in compagnia di Rosalba, il vostro rapporto così bello e pieno di complicità. Vederla tra le tue braccia mi uccide!- urlai, singhiozzando.
Lui non disse nulla, ma continuò ad asciugarmi le lacrime e a starmi vicino, mentre, finalmente, potevo piangere liberamente, senza fingere di essere forte. Pensai a come, un tempo, ero stata capace di evitare le lacrime davanti agli altri. Da quando avevamo litigato, sentivo i miei occhi umidi troppo facilmente. Mi calmai lentamente, e presi un grande respiro.
-Ivan, io non so più cosa siamo. Se vuoi lasciarmi ufficialmente...fallo. Non ha più senso se...non mi ami più-
Ivan mi guardò serio.
-Davvero Marina credi alla cazzata che hai appena detto?-
Lo guardai, stupita dalle sue parole, e molto confusa.
-Spiegami come faccio a non pensarti più, a smettere di volerti, perché se c'è un modo, devi dirmelo! Non ho mai smesso per un singolo istante di amarti, stupida!-
Quelle parole urlate con rabbia entrarono in me, facendomi mancare un battito.
-Ivan...-
-Sai perché ero sempre da Rosalba? Perché mi stava insegnano a suonare il pianoforte, per poter cantare insieme a te!-
Di colpo, mi ricordai di quando avevo espresso il desiderio che lui cominciasse a suonare. Lui aveva fatto tutto per me. E io,a causa della mia insicurezza, ero stata diffidente e cieca, Rosalba aveva ragione: io non capivo.
-Lo hai fatto davvero per me?- sussurrai.
-Certo! Lo vuoi capire che io voglio solo te? Che con Rosalba non ho mai provato quello che provo con te? Sei sempre tu nella mia testa, io non posso più stare senza di te!- esclamò, mentre la sua mano prendeva la mia, e i nostri occhi si incontrarono, ritrovando quella profonda armonia, che da mesi mancava.
-Baciami allora- sussurrai.
Vidi come il suo viso si rilassò di colpo, metabolizzando ciò che avevo appena esclamato. Lentamente sorrise sornione, i suoi occhi si chiudere e si avvicinò lentamente a me. Sentii il suo fiato sulle mie labbra, le nostra mani erano strette in una salda presa e, finalmente, dopo incomprensioni, mesi freddi pieni di lacrime, tutto tornò come doveva essere. Non appena sentii le sue labbra sulle mie, subito il contatto mi fece fremere. Mi erano mancate da morire. Era come se non avessi davvero respirato in quei mesi. Subito presi a morderle, a succhiarle avidamente, e quando la sua lingua mi sfiorò le labbra, gli permisi di entrare e sfiorare la mia, per accarezzarsi, sentirsi. Ci staccammo ansanti, ma subito cercammo un nuovo contatto, più voraci che mai. Cercò di stendermi, ma il gesso gli impediva di reggersi bene sopra di me. Sorrisi maliziosa.
-Starò io sopra questa volta-
Lui rise, la sua meravigliosa risata che non sentivo da mesi. Si distese e potei mettermi a cavalcioni su di lui, per baciarlo, morderlo come non facevo da mesi.
-Ti amo- gli mormorai contro le sua labbra.
-Anche io scema...e scusami-
Scossi la testa -Scusami tu-
Ivan mi accarezzò il volto, e passò le dita tra i miei capelli.
-Ho bisogno di te Marina. Sei tutto ciò di cui ho bisogno.-
Lo strinsi forte a me. Quanto mi era mancato il suo profumo, il suo calore, il suo fiato sul mio collo.
-Vale lo stesso per me. Sono stati mesi duri perché tu non eri al mio fianco.-
-Non accadrà più- mi promise guardandomi negli occhi. Mi diede un bacio sulla fronte, e io socchiusi gli occhi, mentre in me dilagava una felicità che mi mancava da mesi. Sentire le sue mani accarezzarmi, vedere i suoi sorrisi tutti per me, baciarlo lentamente...mi fece capire quando avessi bisogno di lui per far filare tutti liscio.
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Ho aggiornato in ritardo, ma spero che questo capitolo valga l'attesa! è anche abbastanza lunghetto rispetto al solito (mi pare, almeno) Siamo a -4 capitoli dalla fine!! Che tristezza!
Un bacio
Lena
 

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Capitolo 19
*** Chiarimenti ***


 
19-CHIARIMENTI
 
Eravamo rimasti diverso tempo abbracciati, immersi l'uno nell'altro e non volevo più allontanarmi dalle sue braccia. Dovevo rifarmi per tutti i mesi in cui ero stata lontana da lui. Era disteso sul fianco, la testa appoggiata alla mia pancia, il braccio ingessato mi circondava la vita. Gli accarezzai i capelli, mi sembrava un bambino.
-E quindi...con il pianoforte come va?- gli chiesi.
Lui si alzò di scatto senza dire nulla, ma mi prese la mano, trascinandomi verso la tastiera. Lo guardai mentre si sedeva sullo sgabello. Fece una smorfia di dolore mentre alzò il braccio ingessato e lo aiutai, avvicinando uno sgabello alto, cosicché potesse appoggiare il gomito all'altezza giusta. Mi guardò sorridendo, ringraziandomi con lo sguardo. Cominciò a suonare una melodia che riconobbi come un arrangiamento di "Do I wanna know" degli Arctic Monkeys. Ovviamente, faceva diversi errori in tempistica, e note, ma quel ritmo lento era così bello e lo apprezzai moltissimo.
-è meravigliosa- commentai, guardandolo compiaciuta. Gli diedi un bacio sulla nuca.
-Ma perché non hai chiesto a me di insegnarti?- gli chiesi un po' perplessa.
-Volevo farti una sorpresa- mi rispose lui.
-Potevi dirmelo prima, però- borbottai, imbronciata.
-Orgoglio, amore mio- mi guardò e il broncio svanì. Gli sorrisi, accarezzandogli i capelli.
-Grazie per aver imparato per me-
Si alzò dallo sgabello e mi abbracciò d'impulso.
-Quando mi sei mancata- mormorò tra i miei capelli.
-Anche tu..- gli dissi, mentre sfregavo il naso sulla sua spalla -Non ne hai idea-
Mi erano mancate molto le chiacchierate su ogni cosa, seduti sulle poltrone, spaparanzati. Quella sera in particolare, tentammo di chiarirci per bene, parlando di tutte le cose che ci avevano infastidito. E mi resi conto che non ero la persona forte e matura che credevo di essere diventata. Ero debole, fragile, insicura, impaurita. Un insieme micidiale di sensazioni che mi avevano fatta sentire la Marina di anni prima, quando tornavo a casa da scuola piangendo perché nulla andava mai bene, perché avevo paura di ogni cosa.
Aria aveva ragione tutte quelle volte che mi aveva detto che avrei dovuto parlarci. Mi avrebbe riempita di "Te lo avevo detto", ne ero cosciente, ma in quel momento mi importava poco.
-Perché ti sei tagliata i capelli?- mi chiese Ivan ad un tratto.
Presi una ciocca tra le dita e ci giocherellai.
-Bhe ecco...volevo cambiare un po'. Non ti piacciono?-
Scosse la testa:
-No, stai bene! Tu sei sempre bella Marina. Solo ero sorpreso quando ti ho vista con i capelli così corti-
-Non sono bella- mugugnai.
Si alzò dalla poltrona su cui si era seduto, e si sedette sul bracciolo della mia.
-Vero. Sei bellissima-
Mi guardò dritto negli occhi quando me lo disse, facendomi arrossire e diventare rovente.
-Scemo- tentai di distogliere lo sguardo, ma le sue dita si imposero sul mio mento, costringendomi a voltarmi verso di lui, e stamparmi un bacio.
Come avevo fatto a sopravvivere in quei mesi?
La mattina successiva, mi svegliai con un sorriso che forse non avevo mai sfoggiato prima di allora. Quando aprii la porta, pronte e vestita per quella giornata, incrociai lo sguardo di Ivan, e non dovetti più scostare il mio, come avevo fatto per mesi, ma gli augurai il buongiorno con un bacio. Era come se tutto fosse tornato perfetto. Come se ogni tassello della mia vita fosse tornato al giusto posto. Perché, per quanto muovessi e spostassi quei tasselli, lui era l'unica chiave per risolvere il rompicapo. Erano mesi che in autobus mi sedevo vicino a qualche sconosciuto, piuttosto che arrendermi e sedermi vicino a lui. Quel giorno, con l'aria frizzante e gelida di febbraio, con la solita sciarpa al collo, salii sul bus, ma ero di nuovo accanto a lui. E, quando Daniele ci vide, si alzò per abbracciare forte il suo amico, uscito dal coma, e me, colei che aveva passato le ultime settimane più in ospedale che a casa.
-Sono così felice di vedervi nuovamente insieme!- esclamò.
Sorridemmo, leggermente imbarazzati, come fossimo due innamorati alle prime armi, in imbarazzo per ogni commento ci venisse fatto. Era una giornata che mi sembrava, in apparenza, perfetta. Scesi dall'autobus, e notai che Ivan stava guardando la folla di studenti, come se gli fosse mancata durante quell'assenza. Era come se tentasse di assaporarsi ogni singolo momento, anche il più banale, dopo aver rischiato così tanto. Gli presi la mano a la strinsi, finché non spostò lo sguardo dalla folla ai miei occhi. Mi guardò prima con perplessità, ma poi mi sorrise, portandosi la mia mano vicino alla labbra e baciandola con dolcezza.
-Va tutto bene Marina. Sto bene!- mi disse per rassicurarmi. Mi sembrava molto confuso e, forse, anche leggermente ansioso. Gli accarezzai il viso con delicatezza, incastonando i nostri occhi, prima di sollevarmi sulle punte e dargli un bacio, tentando di infondergli la positività che gli serviva.
-Buona giornata, amore. Andrà tutto bene- gli dissi. Semplicemente, con una dolcezza che non sapevo di avere. Mi sorrise teneramente, augurandomi lo stesso.
Scomparvi tra la folla e mi avviai verso la mia amata Accademia, con tanta serenità e, soprattutto, con passo svelto, per evitare di incrociare Rosalba, che me l'avrebbe fatta svanire.
Entrai in classe raggiante, e abbracciai Aria di sorpresa, senza lasciarle il tempo di replicare.
-Ciao Aria!- esclamai.
-Ehi signorina! Come mai così felice?- mi chiese con curiosità.
Mi nascosi tra le sue braccia, quasi imbarazzata.
-Ivan è tornato a casa- le mormorai -E...ci siamo chiariti-
Aria fece un passo indietro, facendomi barcollare.
-State di nuovo insieme?- mi chiese, con tono serio.
Io annuii sorridendo.
-Oddio, finalmente!- mi stritolò come di consueto. -Vieni fuori e raccontami tutto!- mi disse, prendendomi per un braccio. Ci appoggiammo al termosifone, e cominciai a parlare senza freno, a raccontarle nei minimi particolari il nostro incontro-scontro, di ciò che ci eravamo detti. Aria ascoltava, senza mai interrompermi, ma con un sorriso che cresceva sempre di più. Quando finii, mi resi conto che, lo stesso sorriso che le illuminava gli occhi, lo potevo vedere riflesso in me.
-Sono così contenta!- esclamò, battendo le mani -Voi due siete fatti per stare insieme! E tutto questo ne è la prova!-
Affondai il viso sulla sua spalla -Grazie Aria. Cosa farei se non ci fossi tu?- Aria mi accarezzò la testa con la sua solita dolcezza.
-Marina, tutto questo è successo grazie alla tua forza. Io ho fatto solo il mio dovere di amica-
La abbracciai forte e mormorai:
-E te ne sono molto grata-
Penso di non aver mai sorriso tanto durante una mattinata scolastica. Alcuni compagni, con cui ero poco in confidenza, mi chiedevano se era successo qualcosa di bello, quasi divertiti. Io scrollavo le spalle,ma non riuscivo a togliermi quel sorriso dalle labbra. Ero solita a pensare come la felicità sia uno stato d'animo passeggero, di come era meglio non viziarsi ad averla. Ma, in quel momento, pensavo solo a rifornirmi di tutti quei mesi bui. Elisa mi punzecchiò un po', si divertiva a vedermi con lo sguardo perso nel nulla, ma d'altra parte, era anche un po' preoccupata per me.
Scolasticamente, ero davvero calata. Inizialmente, i docenti, saputo cos'era successo ad Ivan, credevano fosse per quello, e tentavano di chiudere un occhio. Ma, dopo un certo punto, non era più possibile farlo.
-Marina Rinaldi!- mi sgridò Elisa, dopo aver visto il mio ennesimo cinque e mezzo in matematica. -Devi impegnarti!-
Sbuffai -Lo sai che sono una capra in matematica!-
Elisa mi fulminò con lo sguardo -Ma te la sei sempre cavata! Coraggio Mary! Ti serve un po' di impegno in più!-
Sapevo che aveva tremendamente ragione, ma avevo avuto tantissime cose per la testa, e lo studio era finito infondo a tutto. Sospirai e fissai affranta il voto scritto in rosso.
-Devo chiedere aiuto ad Ivan....- mormorai.
-Secondo me, fareste di tutto tranne che studiare!- commentò, con un pizzico di malizia.
-Elisa!-la sgridai imbarazzata, mentre Aria e Amanda ridevano. Mi schiarii la voce.
-Abbiamo studiato insieme spesso, ed è sempre stato intransigente su ciò-
La mia amica mi diede una carezza sul capo -Impegnati!- e io sorrisi per la sua premura.
 
Fissai Ivan intensamente, cercando di leggere la risposta di quel quesito di matematica nei suoi occhi.
-Non devi guardare me!- mi rimbeccò ancora lui.
-Ma tu sei più bello di queste cose!- esclamai io, cercando un bacio.
Ivan mi guardò serio e io sbuffai.
-Non riesco Ivan! Sono una capra in matematica!- commentai afflitta.
-Sì che ce la fai!- insistette lui, dandomi un buffetto sulla guancia, mentre io tenevo il broncio al foglio di esercizi che avevo davanti.
-Su! Riprovaci!-
Mordicchiai il cappuccio della penna, cercando di concentrarmi. Provai a risolvere il logaritmo che avevo davanti, ma ero sempre più insicura dei passaggi.
-Aspetta aspetta Mary...guarda bene! Qui non puoi semplificare-
Sbuffai.
-Ivan non ce la faccio-
-Non dire così! O mi arrabbio! - esclamò lui con fare serio. Mi morsi un labbro, lo stavo facendo impazzire.
-Ivan lascia stare. Non voglio farti diventare di cattivo umore!- dissi. Lui scosse la testa e mi sorrise.
-Non devi preoccuparti! Sai che farei di tutto per te- mi diede un tenero bacio sulla nuca.
-Solo che...se in chimica riesco ad aiutarti, in matematica do' forse troppe cose per scontate. Cose che faccio in automatico. Quindi non riesco ad aiutarti come vorrei-
Mi guardò dritto negli occhi quando me lo disse. I suoi meravigliosi occhi grigi erano posati suoi miei.  Scossi io la testa, questa volta.
-Non darti colpe! Sai che sono una testa dura!-
Lui rise. Poi si fece pensieroso.
-Ecco...io so chi potrebbe aiutarti...-mormorò -Ma...l'idea non ti piacerà-
Lo guardai perplessa. E, dopo qualche secondo, capii.
-Oh..no Ivan, no!-
Ma, nonostante avessi detto così, mi ritrovai un'ora dopo, davanti a casa di Rosalba.
Tremavo. Ero nervosa e non poco. Non volevo vederla, figuriamoci lasciare che mi aiutasse in matematica.
-Dai Marina! Dovete parlarvi...e questa è una occasione-
-E non posso aspettare la prossima?- commentai acidamente.
Prima che potesse rispondermi, la porta si aprì. Rosalba comparve sulla soglia e sorrise.
-Ciao ragazzi, entrate-
Mi morsi un labbro e varcai la soglia di casa, stringendo tra le dita un lembo della felpa di Ivan. Lui mi guardò serio
-Marina, ti prego- sibilò lui e io sbuffai, lasciandolo.
-Allora...-cominciò Rosalba -cominciamo subito, ti va?-
In realtà non mi andava affatto, ma annuii.
-Io torno più tardi- disse Ivan. Sentire quella frase mi fece disperare, ma tenni quella frustrazione per me, e semplicemente lo salutai con la mano.
Lo vidi allontanarsi e, prima di uscire da casa, si voltò e mi guardò, sorridendomi incoraggiante.
Quando il silenzio piombò su di noi, mi voltai verso di lei, lei che era sempre avvolta nel suo alone di perfezione, gentilezza, bellezza. La verità, era che la invidiavo. Essere una tipa come lei, era sempre stato il mio sogno fin dalle medie. Mi sentivo ancora così piccola insignificante.
-Allora iniziamo?-
Tirai fuori i miei libri, e a mezza voce, le spiegai brevemente dove riscontravo problemi. Lei mi ascoltava attentamente, concentrata.  Compresa la situazione, cominciò a spiegarmi da capo tutto l'argomento dei logaritmi, facendomi esempi passo passo. Non lo avrei mai creduto, ma quell'oretta volò. Riuscì a spiegarmi tutto ciò su cui avevo dubbio, senza trattarmi come una stupida, ma con semplicità.
-Ti ringrazio!- dissi alla fine, quando fui sicura di aver appreso tutto per bene.
-Non preoccuparti- mi rispose lei. Cominciai a mettere via le mie cose, e l'unico rumore che si sentiva, era il trambusto che stavo facendo io.
-Senti Marina...credo che...sia il caso di parlare..- cominciò lei, ed io annuii.
-Ivan è stato anche il mio primo amore- mi disse guardandomi negli occhi. -Quindi capisco ciò che senti. So che hai dei dubbi su di me, che non ti fidi. Che...è colpa mia, in parte, se è successo ciò che è successo. Ma, posso assicurarti, che non c'è nulla tra di noi, se non una grande amicizia- i suoi grandi occhi mi guardavano decisi. Urlavano di crederle.
-Anche perché...bhe io sono fidanzata da qualche mese. E, le cose non sono così semplici. Anche per questo, sono molto attaccata ad Ivan. Perché è mio amico, e lui c'è sempre per me!-
La guardai sorpresa, per le troppe informazioni che mi erano state rivelate in quei secondi. Lei era fidanzata. Di colpo, mi tornò in mente, il messaggio che Ivan le aveva scritto la sera prima dell'incidente: "Sai che ci sono sempre per te". Ecco a cosa si riferiva. Probabilmente, Rosalba aveva avuto bisogno del suo conforto per come le cose stavano andando con il suo ragazzo.
Mi sentivo una stupida.
-Rosalba, non ne avevo idea. Scusami...non sono stata giusta con te. E nemmeno con lui. Avrei solo dovuto parlare apertamente di ciò che mi tormentava. Ma sono così testarda ed orgogliosa, che non ne ho avuto coraggio.- dissi mortificata.
Lei scosse la testa.
-Ti capisco...sai, credo che al posto tuo, avrei fatto le stesse cose. Quando si è innamorati non si ragiona più in modo lucido.-
Sorrisi. Ero lieta che, piano piano, tutto si stesso risolvendo. In quei mesi, ripensavo spesso a quanto mi ero avvicinata a Rosalba precedentemente, e mi sentivo così presa in giro. Ora, lentamente stavo capendo ogni cosa, stavo sistemando la mia vita.
-Vorrei potessimo avere un rapporto..civile ecco. Molto più di prima- le dissi, un po' in imbarazzo. Lei annuii e mi sentii molto più tranquilla.
Ivan arrivò poco dopo, guardandomi subito negli occhi, chiedendomi se andava tutto bene con lo sguardo. Sorrisi ed annuii, rassicurandolo.
Afferrai la mia borsa e mi diressi verso la porta. Mi voltai verso di lei, e feci un piccolo inchino.
-Grazie per la tua pazienza Rosalba. Per la tua gentilezza...ecco sì, per tutto- le diedi due baci sulle guance , con fare molto impacciato. Si irrigidì per un attimo, ma poi la sentii rilassarsi, e sporgersi per darmi un lieve bacio sulla guancia per salutarmi. Le sorrisi e la salutai con la mano. Vidi Ivan avvicinarsi e mormorarle qualcosa. Lei sorrise.
-Ciao ragazzi, a domani!- ci disse, prima di chiudere la porta.
Camminammo fino a casa mano nella mano. Ero curiosa di sapere cosa si erano detti, ma non volevo essere invadente, non ora che eravamo tornati così uniti. Ma, senza bisogno che dissi nulla, Ivan mi disse:
-Le ho detto "Grazie". In realtà, anche lei era parecchio a disagio e arrabbiata con te. Siamo molto legati e lo sai...tu sei colei che mi ha fatto soffrire, per lei. Ma le ho spiegato bene cos'è successo e...penso lo abbia fatto anche tu- mi guardò negli occhi. Io annuii.
-Sono stata bene...e sono felice di essere riuscita a parlare un po' con lei...- confessai.
Mi diede un bacio sulla nuca: -Sono felice di ciò. Siete entrambe molto importanti per me. In modo diverso, ma lo siete-
Lentamente, stavo imparando ad accettarlo. Mi bruciava ancora un po', ma sapevo che era giusto così. Dovevo lavorare molto su di me, e ne avrei approfittato a scuola finita.
-Lo so- gli dissi, quindi -Ed è giusto. Sono contenta per te! Dico davvero- ed ero sincera.
Mi strinse a sé, in mezzo alla strada, in quella giornata assurda, dove io avevo capito matematica, ed avevo parlato con quella che credevo fosse la mia rivale più grande.
-Sei la mia piccola.- percorse con la punta del naso il mio collo. Sentivo il suo respiro, mi fece rabbrividire, ma quanto lo amavo. Amavo ogni cosa di lui, ci pensai non appena tornammo a casa. Eravamo stati così lontani, così distanti, che ora apprezzavo ogni minima cosa di lui. Anche la più banale. Sentivo sempre di più, quel desiderio di stargli accanto, di ridere, stare con lui...mi morsi un labbro. Stavo diventando pazza? La risposta era sì, decisamente.
E i mesi passarono...e io ero sempre più pazza...di lui.
Ma piano piano, riuscii ad alzare la media dei voti, anche grazie all'aiuto di Rosalba, con la quale iniziai ad avere un rapporto civile. E, in men che non si dica, mi ritrovai sul palco del teatro della scuola, ad esibirmi in un duetto con Elisa, a guardare il pubblico immerso nel buio del teatro...a guardare il mese di giugno con tristezza.
Stavo per tornare a casa di nuovo. Nonostante lì ci fosse la mia infanzia, la mia vera famiglia...perché la sentivo così poco casa mia?
Era il dieci giugno. Il giorno dopo sarei ripartita alla volta di Padova e stavo analizzando ciò che era stato quell'anno scolastico. Intenso era dire poco. Travolgente? Strano? Angosciante? Pieno di emozioni. Tantissime. Non propriamente tutte positive. Mi alzai dal letto e fissai la libreria. Scorsi i titoli dei libri, fino a quando non trovai un libricino verde. Lo presi e sorrisi. Era il mio diario, che non aggiornavo da un bel po'. Lo aprii e mi resi conto, di come l'ultima volta che avevo dedicato un po' di tempo a riflettere e a mettere nero su bianco ciò che pensavo, era stato appena tornata a Firenze quel settembre. Mi morsi un labbro e camminai verso la scrivania. Presi una penna distrattamente, mordicchiai il cappuccio e cominciai a scrivere.
 
10-06
Caro Diario
Sono diventata incostante. Ma, in questi mesi, ne sono successe di tutti i colori. Non è una scusa, anzi, se fossi stata più spesso a scrivere su ciò che mi faceva paura, che mi tormentava, forse nulla di tutto ciò sarebbe successo. Io e Ivan abbiamo passato mesi di crisi, tormentati, tempestosi. Eravamo in una situazione indefinita, di pausa, di non comunicazione. Io ero gelosa, arrabbiata che passasse così tanto con Rosalba, ed essere allo stesso tempo, troppo appiccicoso ed invadente quando non doveva. Non lo sopportavo più. Avevo bisogno di lui...ma allo stesso tempo odiavo che mi stesse appiccicato quando non doveva. Dopo un incontro- scontro, dove mi voleva impedire di tornare a casa, mi sentivo distrutta. Era possessivo con ancora il profumo di Rosalba sulla maglietta. E non potevo sopportarlo. Il giorno del concerto di Natale della scuola, ci siamo definitivamente messi in pausa. Da lì, ogni cosa ha iniziato a precipitare. Ogni cosa era strana, sbagliata.
A capod'anno, Niccolò ha cercato di baciarmi, mandandomi ancora più in confusione. Non nascondo che ho sempre provato una certa attrazione per lui, attrazione fisica di quelle platoniche. Ma è il mio migliore amico. Non potrei mai rovinare la nostra amicizia, e lui lo sa, lo ha capito. A febbraio, siamo partiti per Milano, per un concorso con la scuola. Siamo partiti il sette febbraio, giorno dell'anniversario mio e di Ivan. E io avrei tanto voluto riavvicinarmi per quel giorno. Ma non è stato così. Anzi, abbiamo litigato e discusso poco prima che io partissi. Ed è stato turbato dalle mie parole...che è stato investito il giorno dopo. L'ho saputo dopo la mia esibizione con le ragazze su quel palco. Penso di non aver mai pianto ed urlato così tanto. Ero distrutta, ansiosa, preoccupata. E sono tornata a Firenze di notte, facendo una delle più grandi pazzie della mia vita. Lui era lì, in quella maledetta stanza 327, disteso su un letto bianco, in coma. Sono state settimane  dove non mi sentivo per nulla viva. Non con lui in quelle condizioni. Capisci, mi sentivo devastata. Volevo, più di ogni altra cosa al mondo, rivedere quei meravigliosi occhi, volevo che stesse bene, e non mi importava cosa sarebbe successo dopo tra di noi. Avevamo paura che avesse perso la memoria, che la sua vita fosse stata compromessa da uno stupido incidente, di cui mi sentivo causa. Ma poi si è svegliato, dopo circa tre settimane di coma. Ho provato troppe emozioni nello stesso momento. Smisi di andare a trovarlo, però, non avendo il coraggio di affrontarlo. Ero una vigliacca. Dicevo tante belle cose, ma in realtà, sono una debole. Sono, perché sono sicura di esserlo ancora. Quando è tornato a casa e ho visto che Rosalba era fuori da casa nostra, pronta per abbracciarlo, piangendo sul suo petto, mi sono sentita distrutta più di prima. Volevo esserci io al suo posto. Volevo stringermi io al suo petto, sentire il battito del suo cuore attraverso la maglietta. Mi rifugiai in camera mia quel giorno, fino a quando..lui non venne da me. Per parlare, per chiedermi spiegazioni. "Perché sei tornata da Milano?". Urlai tutto ciò che avevo provato. Lui mi disse che non mi aveva mai vista piangere. Non ha idea che io non piangevo mai in pubblico ma che piangevo come una bambina da quando eravamo in crisi. Che era lui la causa delle mie lacrime.
E poi mi rivelò come passasse così tanto tempo con Rosalba, perché voleva imparare a suonare il piano per me. Per cantare con me. E pensai a quanto amavo quel ragazzo. A quando voglio dargli l'anima. E, quando mi baciò, sentii che tutto era come doveva essere. Ora sono qui, che ripenso a questi mesi angoscianti, con la valigia mezza fatta per tornare a casa. E ho paura. Ho paura di allontanarmi di nuovo da lui, che le incertezze prendano il sopravvento. Ma lo amo. Lo amo da impazzire. E voglio stare bene con lui vicino a me.
 
Sorrisi, chiusi il diario e lo risposi sullo scaffale. Sentii dal piano di sotto, Ivan rincasare. Era uscito un po' con Daniele. In quei mesi avevamo iniziato a prenderci delle serate per dialogare, dire apertamente se c'era qualcosa che non andava. Stavamo imparando sempre più a conoscerci e mi resi conto che avremmo dovuto fare ciò molto prima. Continuai a riempire la mia valigia, fino a quando la porta non si aprì. Sorrisi e vidi Ivan reggere un vassoio, con due tazze di the freddo. Sorrisi dolcemente, scuotendo la testa.
-Sei un amore- dissi, alzandomi ed avvicinandomi a lui.
Appoggiò il vassoio sul tavolino e mi strinse così forte, da farmi quasi urlare.
-Sei mia!- disse ridendo, trascinandomi sul letto. Cominciò a farmi il solletico, mentre io mi dimenavo, pregandolo di smettere. Quando lo fece, sempre tra risate e qualche urletto da parte mia, mi resi conto di come io fossi sotto il suo possente corpo; le sue braccia mi imprigionavano a letto, così come le sue gambe. Sorrisi quando lo vidi chinarsi su di me e baciarmi. Le sue labbra soffici premevano egoisticamente sulle mie, avide ed insaziabili. Mi guardò negli occhi, con fare premuroso, e si rituffò tra le mie labbra. Lentamente, le succhiava, le mordeva senza fretta. Le sue labbra scesero fino al mio collo. La sua lingua mi stava assaggiando, e mi ritrovai ad annaspare aria, ad ansimare...a sentirmi eccitata. Lo faceva spesso, eppure perché mi sentivo così destabilizzata quel giorno? Appoggiò la fronte alla mia spalla, dopo avermi torturato il collo, e rimase così,  inspirando il mio odore.
-Di più- mi ritrovai a mormorare. Ivan si alzò e mi guardò: dovevo avere sicuramente le guance arrossate.
-Dammi di più Ivan- sussurrai. Non stavo più ragionando.
-Marina...- soffiò sul mio viso.
-Voglio solo che mi tocchi un altro po'- dissi imbarazzata.
Ivan trattenne il respiro per un po'. I suoi grandi occhi grigi indugiavano sul mio corpo. Con una lentezza straziante, la sua mano cominciò a sfiorarmi, prima delicatamente il viso, fino a scendere lentamente. L'altra mano, si insinuò sotto la mia camicetta blu, facendomi rabbrividire. Velocemente, la tirò quasi subito fuori, con mio iniziale disappunto.
-Shht- mi zittì lui, divertito.
Cominciò a sbottonare la mia camicetta, mentre io lo guardavo. Notai che aveva le gote leggermente rosse, e la cosa mi intenerii tantissimo. Si ritrovò a fissare la mia camicia aperta, da cui si poteva vedere il mio reggiseno blu. Mi sfilò la camicetta e io lo aiutai, sollevandomi per facilitargli il compito. Mi aggrappai alle sue spalle, e lo baciai con prepotenza. Feci scivolare le mie mani, e lentamente, gli sfilai la maglia a mia volta. Non appena vidi il suo fisico perfetto per me, la muscolatura che stava sviluppando con alcuni allenamenti in palestra che aveva iniziato a praticare, sentii il sangue ribollire. Non ci vidi più. Lo feci distendere sotto di me, il suo sguardo perplesso mi colpì. Gli presi le braccia e le posi attorno alla mia vita, cosìcché potesse tenermi stretta. Volevo sentire le sue dita sulla mia schiena. Cominciai a baciare ogni lato del suo busto meraviglioso, a leccare lembi di pelle. Lui teneva gli occhi chiusi, mugugnando qualcosa ogni tanto. Risalii verso la clavicola, dove posai un altro bacio.
-Marina mi stai uccidendo così- mi sussurrò.
Risi
-è una morte piacevole?- gli chiesi divertita.
-Moltissimo- la voce roca lo rendeva ancora più sexy di quando non fosse già ai miei occhi.
Mi ritrovai a mordermi il labbro inferiore. Era così che ci si sentiva quando si era in piena balia del partner?
-Marina tutto bene?- mi chiese.
-Scusa riflettevo- mi sedetti, lasciandogli la possibilità di sedersi.
-A cosa pensavi?- mi abbracciò da dietro, la mia schiena appoggiata al suo petto.
Girai la testa per riuscire a guardarlo negli occhi, spostandomi un po' di lato.
-A quanto ti amo. A quanto sono in balia di te, a quanto mi senta eccitata anche solo quando mi tocchi.-
Lui mi sorrise e mi strinse le mani tra le sue.
-Vale la stessa cosa e lo sai. Non mi sono mai sentito così- ammise, lievemente imbarazzato. Come poteva essere strafottente e dolce allo stesso tempo?
Mi appoggiai al suo petto, chiudendo gli occhi.
-Dai andiamo a bere il the- dissi, prendendogli la mano.
Ci sedemmo sulle poltrone a bere il the che aveva portato su con tanta premura, sapendo quando ero amante di quella bevanda.
Appoggiò il bicchiere sul tavolino.
-Dai su, andiamo a finire la valigia- mi porse la mano che io afferrai.
Mi faceva ridere fare la valigia con lui. Sceglieva i vestiti e le maglie da portare nuovamente a casa, in base a quanto fossero scollate/ provocanti, e mi faceva ridere davvero moltissimo.
"Il tuo corpo è di mia proprietà, quindi decido io" mi ripeteva. Trovavo adorabile come mascherasse la sue lieve gelosia e possessività in quel modo.
-Ricordati che fa caldo Ivan!- lo rimbeccavo, per concedermi qualche canottiera. Lui rideva, e me ne lanciava due. Avrei voluto fermare il tempo in quello stesso istante.
Ma non fu possibile. Mi ritrovai in stazione dei treni con la velocità di un battito di ciglia. In quel momento, per quando mi mancasse la mia famiglia, le mie amiche, volevo solo rimanere lì. Passare l'estate a Firenze sarebbe stato perfetto. Eppure non potevo.
Mi voltai, come ogni volta, verso la famiglia Innocenti e li salutai, con abbracci affettuosi e tanti ringraziamenti. Quando mi rivolsi verso Ivan, mi ritrovai un sorriso triste sulle sue labbra.
-Ehi!- gli mormorai -Andrà tutto bene-
Aveva paura anche lui, come me, che quei mesi di distanza ci facessero male. Non voleva lasciarmi andare, lo sapevo, ma sapeva che era giusto così. Mi strinse forte a sé, dandomi un bacio sulla nuca.
-Buon viaggio- mi disse  e poi si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò un tenero -Ti amo-, che mi fece sciogliere.
-Anche io- risposi, timidamente.
Mi allontanai a mala voglia da lui, e mi voltai, sorridendo.
-Ciao e grazie-
Corsi verso quel treno, che sentivo mi avrebbe portato lontano dalla mia felicità.
Se qualche mese prima non volevo più tornare lì, ma arrendermi, in quel momento era esattamente come un anno prima. Era difficile.
Quando rividi la mia Padova, sentii di essere nel posto sbagliato. Davvero, quando si è innamorati, ci si sente così? Mi sentii meno sola quando vidi mia madre aspettarmi, perché, nonostante il caldo di quella giornata, dentro di me sentivo tanto freddo. Sentivo come un'angoscia, una sofferenza nel mio cuore che non riuscivo ad eliminare.
Poter riabbracciare la mia famiglia fu un vero tocca sana. L'unica cosa che mi mancava davvero a Firenze erano loro. Stare lontana da loro per così tanti mesi, faceva male. In quei mesi di sofferenza, mi sarebbe piaciuto avere mia madre vicina. Con Serena non avrei mai potuto parlare del figlio. Ma un consiglio di mia madre mi avrebbe fatto piacere.
-Con Ivan come va?- mi chiese mamma non appena ci fummo seduti a tavola per la cena.
-Oh tutto bene ora. Abbiamo avuto un brutto periodo ma va tutto bene- risposi, arrossendo un po'.
-Come pensate di fare per l'anno prossimo?- mi chiese.
La guardai un po' perplessa.
-Bhe- cominciò -Siete al quinto anno. E tu tornerai qui per sempre la prossima estate no?-
disse, addentando un pezzo di carne. Mi bloccai. Aveva ragione. Non ci avevo mai pensato.
Alla fine del mio quinto anno, io sarei tornata lì, a Padova. Avrei lasciato quella stanza, vuota com'era quando ci ero entrata la prima volta. Mi sentii male.
-Non lo so- mormorai quindi, finendo di mangiare.  Finsi sorrisi e risate per un'oretta, per stare tutti insieme, fino a quando non mi chiusi in camera mia. Mi distesi sul letto, le valigie ancora da finire di svuotare. Cominciai a pensare. Come avevo fatto a non pensare mai a ciò che sarebbe accaduto dopo? Mi morsi un labbro e mi girai su un fianco. In un anno, potevano succedere ancora tante cose. Ma una cosa era certa: se tornare a vivere a Padova significava abbandonare lui, non lo avrei mai fatto.
 
Era ormai luglio. In quel periodo, anche Niccolò era tornato a casa, dopo un'intensa sessione esami. Era stressato e non poco.
-Dai, usciamo un po'!- mi propose subito non appena tornò e non potei non accettare.
Mi vestii come un lampo quel giorno, con una maglia e una gonna nera e corsi fuori dal cancello dopo aver indossato dei sandali al volo.
Mi abbracciò forte non appena mi vide.
-Piccolina mia- mi disse, dandomi un bacio sulla nuca.
-Come stai? Come sono andati gli esami?- gli chiesi camminando.
Si passò una mano tra i capelli, con un sorriso soddisfatto.
-Tutti bene grazie! Tu raccontami!-
-Cosa vuoi sapere?- chiesi, un po' vaga.
Lui mi guardò storto.
-Non fare la scema. Con Ivan-
Risi.
-Tutto bene. Ci siamo chiariti bene e ora parliamo di ogni minima cosa che ci da' fastidio. Siamo molto uniti- gli dissi, mentre ci dirigevamo verso il centro di Padova.
-Sono felice di sentirtelo dire! Finalmente si è svegliato!-
-Letteralmente- sospirai.
-Scusami, non volevo fare riferimenti infelici riguardo al suo coma..- disse mortificato.
Scossi la testa.
-Non preoccuparti. è che...ci penso davvero tanto. Non so cosa avrei fatto se non si fosse svegliato...- mormorai. Niccolò mi strinse, lì, in mezzo al marciapiede.
-Ma sta bene. è con te e ti ama. Non pensare a queste cose brutte-
Sorrisi, ringraziandolo. Non avrei mai potuto perdere l'amicizia di Niccolò. Era troppo importante avere anche una opinione maschile. Ad un tratto, sempre immersi nelle nostre chiacchiere, notai una figura familiare davanti a noi, nel mezzo del trafficato centro di Padova.
-Oh no- sibilai. Niccolò si fermò proprio come me, nel vedere Gabriele davanti a noi.
Aveva lasciato crescere leggermente barba e capelli. Gli occhi ci scrutavano, l'espressione era indecifrabile. Non lo vedevo dal capo d'anno dell'anno prima.
-Niccolò- lo salutò con voce piatta. Poi si rivolse a me -Marina-
Sussurrò quasi il  mio nome, come se dirlo gli provocasse fastidio.
-Ciao- dissi io, con tono sicuro. Infondo, non avevo nulla da temere.
-è tutto quello che hai da dire?- sibilò Niccolò a pugni stretti. -Non credi di dovere delle scuse ad entrambi?-
-Per cosa?- fece lui distrattamente.
-Ti distruggo- sibilai arrabbiata. Perché tutte le scene di anni prima stavano tornando?
-Tu vorresti fare cosa? perché non torni nel tuo mondo da diva?- ringhiò. Poi riprese.
-Si può sapere qual è il tuo problema?-
-Vedi tu! Hai qualche ricordo di un certo Capo d'anno di un anno fa?-
-Sì. Ricordo qualcosa- disse con sufficienza.
-Bene. Allora dimmi...che versione hai raccontato a tutti quando ti ho lasciato? Perché non ero pronta a fare sesso? E hai pure avuto il coraggio di dirmi, da ubriaco, che ti mancavo! - sbraitai.
Lui non rispose subito. Guardò prima me, poi Niccolò.
-Sono passati due anni Marina- mi fissò serio, come se non volesse ricordare.
-Oh sì. Io sto benissimo. E tu?- feci.
-Cos'è questo interrogatorio?- sbottò lui.
-Sei un idiota Gabriele, fattelo dire- disse Niccolò, con tono carico di rancore.
-Tu stai zitto! Eri innamorato di lei da quando stavamo insieme!- si avvicinò minaccioso, pronto per prenderlo a pugni. Fu un attimo. Mi misi in mezzo, prendendo il suo pugno in pieno volto. Barcollai.
La gente attorno a noi cominciò a fermarsi preoccupata.
-Non preoccupatevi- dissi io,appoggiando la mano sulla guancia dolorante. -Va tutto bene-
-Marina!- Niccolò mi strinse a sè.  Guardò Gabriele con odio.
-Ti uccido, stronzo!-
Lui era immobile. Tremava, gli occhi erano spalancati.
-Ma-Marina mi dispiace- mormorò.
Mi asciugai il sangue che usciva dal labbro.
-Voglio parlare con te- spiegai, nonostante il dolore che sentivo.
-Cosa vuoi sapere?- mi chiese lui. Per un attimo, mi parve di rivedere quel ragazzo di due anni prima, quello a cui volevo bene.
-Perché mi hai tradita?- chiesi, mentre del sangue mi colava dal viso.
-Era la mia scopa amica. Ed era tornata qui a Padova. Ero vulnerabile, tu non volevi...e ci sono andato a letto-
Sorrisi quasi. -Bene. Grazie per la spiegazione dovuta dopo due anni.-  lo guardai, sentendomi quasi più leggera.
-Voglio che tu sappia...che io ho scoperto cosa vuol dire amare, solo con il mio attuale ragazzo. E spero che tu possa provare lo stesso prima o poi- dissi, e mi voltai, per tornare a casa e mettere un po' di ghiaccio sulla guancia, e poter definitivamente archiviare quella storia.
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Mi rendo conto che il ritardo è parecchio imperdonabile da parte mia. Sono la prima a lamentarmi quando gli aggiornamenti vanno a rilento. Il fatto è che questo 2017 è stato senza dubbio l'anno più brutto e difficile della mia vita. Tra le varie cose, rileggendo questa storia era sparito tutto l'entusiasmo e ho iniziato a notare solo i difetti. Non è sicuramente una storia emozionante, piena di colpi di scena, ma è molto semplice. è anche vero che non sono una scrittrice, scrivo per hobby...alla fine è un work in progress continuo, si migliora piano piano.
In generale, non sono proprio stata bene di "testa", diciamo così, ho avuto parecchi problemi...le cose non sono ancora risolte e non so quanto ci vorrà ancora... Però mi seccava lasciare la storia a metà...quindi eccovi qua un nuovo capitolo.
Vedrò di finire gli aggiornamenti presto, promesso. Come al solito, se ci sono errori provvederò a correggere in seguito
Un saluto
Lena

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Capitolo 20
*** L'anniversario di matrimonio ***


20- L'ANNIVERSARIO DI MATRIMONIO
 
I mesi non passavano più. Quando, finalmente, arrivò settembre, mi svegliai immaginando già il profumo dell'autunno nell'aria. Scesi in pigiama per farmi un caffé:  io e Ivan avevamo appuntamento in videochiamata quella mattina. Lo facevamo almeno una volta alla settimana ed era un'idea davvero carina per poter vedere il suo volto, anche se attraverso uno schermo. Avevamo imparato a nostro discapito quanto fosse importante parlare e comunicare di più (che è una cosa così banale se ci pensiamo), e ormai ci dicevamo qualsiasi cose, anche le cose che valutavamo sciocche, e potevo dire che il nostro rapporto fosse evoluto molto di più in quei mesi che quando eravamo vicini.
-Ciao Mary!- mi disse non appena accettai la chiamata. Si stava stropicciando gli occhi assonnati e risi.
-Ciao! Come stai?-
-Bene, sapendo che tornerai tra poco!- sorrise soddisfatto. Era un amore.
-Ivan senti..- divenni seria, ricordando ciò che mamma aveva detto all'inizio dell'estate. -L'anno prossimo è l'ultimo anno di accademia. E...io...dovrò tornare a Padova. Dalla mia famiglia- dissi. Lui assunse un'espressione triste, che mi strinse il cuore. L'immagine glicciata della webcam sicuramente non rendeva bene quell'espressione così affranta.
-Ne parleremo quando sarai qui. Una cosa per volta- disse infine. Mi trovai d'accordo con lui, e ci promettemmo di non pensarci almeno per il momento.
-Raccontami qualcosa! Come vanno le cose lì?-
-Non so se hai sentito Rolsaba, ma ha deciso di troncare la sua relazione- disse un po' amareggiato. -Non si trovava per nulla bene con lui, e stava soffrendo un sacco-
-Mi aveva accennato che le cose non stavano andando benissimo, ma non la sento da qualche giorno...mi dispiace tanto- mormorai mogia.  Non potevo sicuramente definire Rosalba un'amica, ma a volte mi chiamava e ci scrivevamo ogni tanto, e la cosa mi faceva piacere.
-In realtà lei è molto più serena ora.- mi confidò Ivan. -Ha già messo gli occhi su un altro ragazzo- ridacchiò lui. Sorrisi.
-Sono contenta per lei. Ma sei sicuro che stia davvero bene? Sai...l'amore uccide- chiesi. Lui si corrucciò.
-Ne abbiamo parlato, ma magari mi nasconde qualcosa. Se me ne vorrà parlare potrà farlo- il ragazzo si voltò verso la porta dopo aver sentito la voce di Serena che gli ordinava di aiutarla nelle pulizie.
-Mamma c'è Marina, vuoi salutarla?-
Vidi Serena avvicinarsi e guardare confusa il computer.
-Oh ciao Marina! Come stai?- mi chiese allegramente.
-Sto bene grazie, tu?- sorrisi alla mia seconda madre.
-Se Ivan e Celeste mi dessero più una mano starei meglio!- disse e fulminò con lo sguardo il figlio. Risi.
-Dai,vai! Ci sentiamo dopo. Ciao Serena!- salutai agitando la mano e interruppi la chiamata con un'allegria che durò tutto il giorno.
 
Passai gli ultimi giorni a Padova con le mie amiche, a riunirci come facevamo una volta.
-Vi rendete conto?- esclamò Lucia -Già in quinta...non mi sembra vero!-
Mara si dondolò sulla sedia :
-Sarà così strano la prossima estate pensare di non essere più in quella scuola.-
Io rimanevo in silenzio, ascoltando i loro progetti per l'università. Io non avevo idea di cosa volevo per il mio futuro. Ero confusa.
-E tu Mary?-
-Mmm?-
Mi ridestai dei miei pensieri e fissai Caterina, che  mi stava guardando.
-Cosa farai dopo l'accademia?-
Giocherellai con i capelli.
-Non lo so- mormorai -Ho troppe cose per la testa e non ne ho idea.
Le ragazze mi guardarono perplesse, ma le ignorai. Il futuro mi spaventava. L'accademia era stata una scelta giusta, in quegli anni ne ero convinta, ma non sapevo se fare della musica il mio futuro.
Mara scrollò le spalle.
-Hai ancora tempo per decidere! Devi pensarci attentamente! Troverai  le risposte ne sono sicura!-
Sorrisi, volendo credere a quelle parole ma, in realtà, ero spaventata.
Mi ritrovai a pensare a tutti quegli anni, al mio percorso di studi. Dal liceo linguistico per la mia passione per le lingue, e ora all'accademia, percorso in conclusione. Cosa volevo fare dopo? Chiudendo gli occhi, mi immaginavo in un palco. Era buio davanti a me. Indossavo un vestito blu, semplice ed i miei capelli erano raccolti. Sentii una musica diffondersi, e fu come se i miei piedi si muovessero da soli. Agile, aggraziata, leggera. Così mi sentivo. Così volevo sentirmi. Volevo che il palco fosse casa mia. E vedevo quella sensazione vicina non appena tornavo a Firenze.
-Sapete..sembra sciocco, ma ecco...vorrei diventare una ballerina. O una cantante- dissi, arrossendo un po'. Non mi importava essere famosa. Volevo essere libera.
Mara sorrise.
-è per quello che sei in accademia, scema che non sei altro!-
-Ho sempre pensato che dovessi inseguire quel sogno sopito- aggiunse Caterina. -noi ti sosterremo-
Lucia annuì, concordando.
Avevo sempre pensato che avrei perso ogni tipo di rapporto con loro, con il mio trasferimento. Eppure, continuavano a sostenermi sempre, nonostante la distanza. Non potei non ringraziarle con tutto il mio cuore.
-Io anche io vi sosterrò sempre...promesso- dissi, abbracciando ognuno di loro.
 
Quel giorno era arrivato, lo aspettavo con tante emozioni. Erano le sette del mattino quando caricai le mie valige in auto. Fu il viaggio più lungo di sempre. Trepidavo nervosa.
Sentii un certo calore nel mio cuore, quando svoltammo in quella stradina. Aprii la portiera, stiracchiandomi. Per la terza volta, presi le valigie da quel bagagliaio con l'aiuto di mio fratello, ed aprii la porta d'ingresso. Erano intenti a preparare la tavola e si voltarono nel sentirmi dire:
-Sono tornata!-
Ivan fu il primo a correre verso di me.
-Ciao Marina- mi strinse fino a farmi mancare il respiro.
-La soffochi!- lo ammonì Serena, mentre i miei genitori ridevano.
-Scusa!- disse lui allontanandosi, un po' divertito.
Tossicchiai un po' per scena, ma poi mi unii alle risate generali.
Dopo il solito pranzo pieno di chiacchiere e racconti, verso le tre la mia famiglia si alzò da tavola.
-Noi andiamo! Mi raccomando Marina! Le solite cose- mia madre mi guardò con un pizzico di severità -So che sei grande ormai, ma ricordati..-
-Di essere rispettosa, educata, aiutare nei lavori di casa e studiare. Di fare l'ordine per l'antistaminico in primavera e stare attenta ai movimenti bruschi quando ballo- la interruppi, ripetendo la solita cantilena e poi risi.
-Non preoccuparti-
Mi accarezzò dolcemente e mi abbracciò forte.
-Fai la brava!-
Poi mi sussurrò.
-Ricordati di prendere la pillola tutte le sere- arrossii lievemente. Da quando avevo iniziato ad usarla, mia madre mi guardava sempre un po' sospettosa.
C'era sempre un po' di dolore nel vederli andare via. Ogni anno, ripensavo alla mia infanzia e a come mi stessi allontanando anche da essa. Ivan mi scostò da quei pensieri stringendomi forte a sè.
-Ben tornata- mormorò tra i miei capelli.
-é bello essere qua-
-Su, andiamo di sopra!- mi disse.
Mi trascinò al piano di sopra, e invece di aiutarmi con le valigie, mi scaraventò sul letto facendomi il solletico, e baciandomi fino a farmi mancare il respiro.
-Ivan!- esclamavo ridendo tra un bacio e un altro.
-Cosa?-
-Mi soffochi!- ridevo e mi dimenavo per i suoi attacchi di solletico. Si bloccò, e mi fissò intensamente.
-Sei così bella quando sorridi-
Arrossii. Eliminava ogni mia difesa, mi riduceva a una ragazzina.
Ero così felice che mi amasse così tanto. E non avrei potuto chiedere di meglio. Qualunque cosa fosse accaduta da lì in avanti, volevo solo tenermi stretta quella felicità.
 
-Ora che ci siamo tutti, possiamo dare inizio alla riunione- Celeste era in piedi su una delle mie poltrone, con le braccia conserte. Io e Ivan la guardavamo divertiti, il suo braccio sulle mie spalle, per potermi stringere forte.
-Tra poco è il venticinquesimo anniversario di nozze di mamma e papà.- cominciò lei seria.
-Sarebbe carino fargli un regalo tutti insieme! Qualcosa di speciale!-
-è un'idea dolcissima!- esclamai. Serena e Pietro erano una delle coppie sposate più carine di sempre. Facevano un sacco di cose insieme, si aiutavano a vicenda ma erano sempre molto impegnati. Avevano bisogno di riposo.
-Servirebbe una bella idea romantica!- feci io, con sguardo sognante.
-Ehi romanticona! Frena- mi punzecchiò Ivan. Lo guardai imbronciata:
-Cosa vuoi tu?-
-Voi due! Poi preparerò qualcosa anche per quando vi sposerete voi, ma ora concentratevi!- feci Celeste, con un pizzico di malizia. Io e Ivan arrossimmo e scostammo lo sguardo. Mi schiarii la voce.
-Se gli offrissimo un viaggio? Nel week end.-
Celeste ci pensò su.
-é davvero una bella idea! Marina cosa ne dici di Venezia? La consiglieresti?- mi chiese guardandomi negli occhi.
Sorrisi.
-In questi mesi autunnali e soleggiati è bellissima. Poi ci sono tantissime cose interessanti da vedere! Dovrebbero andarci!-
-Allora è deciso!- fece Ivan. Sembrava entusiasta anche lui come noi.
Celeste batté le mani felice.
-Oggi esco con Elena e andiamo a prendere la smart box!-
Afferrai la borsa e presi il portafoglio. Lo aprii e presi qualche banconota.
-Ti do' questo per ora! Poi facci sapere bene il costo!-
Lei afferrò le banconote e sorrise.
-Certo! A dopo!- e scappò via.
 
Quando scendemmo quella mattina, li trovammo come al solito indaffaratissimi.
Ci avvicinammo con un sorriso, guardandoli.
-Buon anniversario!- esclamammo  in coro.
Serena ci guardò teneramente.
-Siete dei tesori! Grazie-
Celeste le porse il regalo, e loro ci guardarono perplessi.
-Non dovevate!-
Si sedettero a tavola; Serena guardava Pietro scartare la carta colorata e sussultarono nel vedere la scatolina bianca, con i disegni di Venezia sopra.
-Abbiamo pensato che un week end per voi vi servirebbe!- disse Ivan.
Serena sorrise e strinse la mano a Pietro.
-Ti andrebbe amore? Un viaggio io e te? I ragazzi sono grandi infondo!- 
Pietro le diede un bacio sulla nuca.
-Va bene! Ci farà bene!- poi si rivolse a noi -Grazie ragazzi! è stato un pensiero molto bello!-
Vedere il loro sorriso pieno di amore e gratitudine mi fece sentire come fossi davvero un'altra figlia.
Decisero di partire quello stesso week end, non avendo avuto il tempo per andare in ferie quell'estate.  Il venerdì pomeriggio, tornati da scuola, iniziammo ad aiutarli a fare le valigie e a sistemare un po' casa. Io e Celeste avevamo preso molto seriamente la cosa, tanto da sentirci delle guerriere della pulizia, facendo ridere tutto il resto della famiglia.
-Se avete bisogno chiamate!- disse Serena, trascinando la valigia verso l'ingresso.
Ivan sbuffò. -Non preoccupatevi! Godetevi questi due giorni!-
Ci lasciarono una miriade di raccomandazioni, bigliettini appesi al frigo, un bacio ed un abbraccio a tutti e tre, e poi uscirono di casa quel venerdì sera.
-Bene!- Ivan batté le mani -Vi va di guardare un film?- ci propose.
-Che film volete vedere?- chiesi, seduta a gambe incrociate sulla sedia.
-Facciamo una maratona! Il primo che crolla addormentato perde!- disse Celeste ridendo.
-Ci sto!- feci io, alzandomi in piedi. -Direi di guardarci tutti i quattro film di Hunger Games!-
Ivan rise:
-Li sai a memoria!- mi punzecchio ma avevo ormai un sorriso gigante in viso. Amavo quella saga, e lui lo sapeva bene!
-Per me va bene!- disse Celeste, entusiasta. -Ci facciamo delle super piadine da mangiare e poi film!-
Era da tanto che non facevo una cosa del genere. E farlo con la mia nuova famiglia era davvero importante per me.
Ci piazzammo davanti alla tv, a cui avevamo collegato il mio pc portatile, ognuno di noi con un piatto in mano e una calda piadina sopra.
Mi appoggiai sulla spalla e ripresi a guardare incantata Katniss, interpretata dalla bellissima Jennifer Lawrance e seguivo tutto come fosse la prima volta.
-Guarda che bel vestito!- esclamai, arrivati al secondo film della saga, riferendomi al meraviglioso vestito da sposa che indossava.
-Bhe, potresti chiederne uno così quando vi sposerete!- ci punzecchiò ancora Celeste.
-Celeste!- esclamammo in coro, imbarazzati. E per tutto il resto del film ebbi in mente me stessa vestita da sposa.
Ricordo di aver retto fino all'inizio del terzo film, prima di crollare sul divano.
Fu un raggio di sole a svegliarmi, intontita. Mi stropicciai un occhio.
Il computer era in stand by, la televisione spenta. Celeste era distesa abbracciando un cuscino, la gambe raggrumate. Ivan mi aveva stretto a sè, ed ero appoggiata sul suo petto. Mi stringeva con dolcezza e cura. Sbadigliai e mi sollevai. Guardai l'ora e cacciai un urlo.
-Ivan! Sveglia sono le sette! Il bus passa tra un quarto d'ora!- feci, scrollandolo. Mi alzai e diedi un bacio sulla fronte a Celeste.
-Anche tu piccolina! è tardissimo!-
Corsi in cucina a preparare la colazione in fretta e furia, prima di scappare in bagno per lavarmi il viso e pettinarmi i capelli. Raggiungendo la cucina, notai che i due fratelli si erano alzati e stavano versando latte e caffè per ognuno di noi.
-Direi che abbiamo perso tutti e tre- disse Ivan, prendendo i biscotti dalla dispensa.
Risi, sedendomi. Mangiai velocemente e bevetti con altrettanta foga, prima di schizzare di sopra, prendere gli zaini di tutti e tre.
-Le chiavi le hai tu Ivan?- chiesi, afferrando il cappotto.
-Sì non preoccuparti!-
Uscimmo velocemente di casa, iniziando quella giornata frenetica. Arrivammo puntualissimi a scuola, ma mi sentii come fosse in ritardo. Salutai i due fratelli e salii le scale per andare in classe.
-Ehi!- salutai Aria, che mi guardò divertita.
-Marina tutto bene?-
Mi resi conto di indossare i vestiti del giorno prima totalmente stropicciati. Sbuffai e presi un piccolo beauty case dallo zaino.
-Mi accompagni in bagno?- le chiesi e lei acconsentì.
-Allora- cominciò, dopo aver chiuso la porta dietro di sè -Che ti è successo?-
-Serena e Pietro sono partiti- cominciai, stendendo il correttore -E abbiamo fatto maratona di film davanti alla tv. Siamo crollati tutti e tre e ci siamo svegliati tardi-
Aria rise.
-Che cosa carina però!-
Io annuii sorridente. Poi arrossii lievemente
-Ivan mi ha tenuta stretta tutto il tempo.- mormorai. Poi ripresi a passare un po' di cipria sotto lo sguardo di Aria.
-Siete davvero molto belli insieme! Non smetterò mai di dirlo-
La mia amica mi abbracciò e mi sentii felice di averla al mio fianco.
Fu un sabato molto tranquillo e quando suonò la campanella della fine delle lezioni, mi sentii molto più leggera. Salutai le mie amiche e mi diressi da Ivan. Lo vidi parlare con Daniele con un fare quasi losco. Sembrava imbarazzato. Fu Celeste a distrarmi.
-Marina! Mi ero dimenticata...sta sera sono a dormire da Elena! Mamma lo sa quindi non preoccuparti-
Annuii.
-Chiamo Serena dopo ma va bene-
Celeste sbuffò.
-Non mi dai fiducia?-
Le scompigliai i capelli.
-Voglio essere sicura-
Quando mi voltai, vidi Ivan avvicinarsi a noi. Sembrava nervoso.
-Tutto bene?- chiesi preoccupata, accarezzandogli dolcemente un braccio.
-Mmm?- si voltò verso di me -Sì non preoccuparti-mi diede un bacio sulla nuca.
Ma non gli credetti.
Mi appoggiai come da mio solito sulla sua spalla, e lo sentii irrigidirsi un po', prima di rilassarsi.
-Celeste non c'è sta sera.- dissi.
-Ah vero...lo aveva detto ora che ci penso-
Mi alzai e lo guardai.
-Potevi avvertirmi- borbottai.
-Scusa non ci ho pensato-
Scossi la testa.
-Tranquillo- risi e tornai ad appoggiarmi alla sua spalla.
Eravamo quasi arrivati, che notai Daniele ed Erica alzarsi. Lui guardò Ivan ed ammiccò.
-Buon week end-
Ivan gli tirò un'occhiataccia e io li guardai perplessi.
Scesi dal bus, stavamo decidendo cosa mangiare a pranzo. Ivan era un ottimo cuoco, quindi io e Celeste non ci preoccupavamo minimamente del sapore. Ogni cosa fatta da lui era fantastica.
Ci sedemmo a tavola a mangiare il risotto, lo aiutammo a spreparare.
-Marina lavo io i piatti- mi disse, riempendo l'acqua nel lavabo.
-Sei sicuro? Guarda che lo faccio volentieri-
Mi diede un bacio sulla guancia
-Non preoccuparti, lo faccio volentieri! Posso chiederti di portarmi lo zaino di sopra?- mi chiese distrattamente.
-Certo-
Afferrai lo zaino e nel farlo, sentii qualcosa cadere da una delle tasche esterne. Perplessa mi chinai a raccogliere l'oggetto in questione. E mi bloccai. Imbarazzata, mi rigirai tra le mani una scatolina che riconobbi come una scatola di preservativi. Il mio cuore accelerò i battiti. Subito la rimisi nella tasca e portai su sia il suo zaino che il mio, prima di buttarmi nel mio letto a pensare. In realtà, ero spaventata ma al contempo felice. Sapere che mi desiderava mi lusingava. D'altronde, era normale che un ragazzo sentisse tali bisogni, soprattutto a diciotto anni. Ma ero spaventata. Lui aveva già avuto esperienze del genere, mentre io no. Lui era il primo per ogni cosa, per me. Mi sentii nervosa quel pomeriggio. Ma capii come fosse arrivato davvero il momento. Erano mesi che mi ero resa conto di quando anche io volessi lui dal punto di vista fisico. Solo che mi vergognavo e non poco.
Sentii suonare il campanello e dedussi fossero venuti a prendere Celeste. Scesi anche io, e quando incrociai lo sguardo di Ivan, arrossii.
-Ci vediamo domani!- disse Celeste salutandoci. Le diedi un bacio sulla nuca e salutai Elena e i suoi genitori. Quando la porta si chiuse, il mio cuore iniziò a battere sempre più forte. Eravamo solo io e lui.
-Cosa vuoi mangiare?- mi chiese. Mi resi conto che erano già le sei e mezza, e il pomeriggio era volato tra riflessioni e pensieri.
-Quello che vuoi tu- gli diedi una leggera scompigliata ai capelli.
-Vado a farmi la doccia-
Mi ritrovai a guardarmi nuda allo specchio, aspettando che la vasca si riempisse. Sentivo dentro di me che era ora di superare le paure, e dare retta alle mie sensazioni. Rimasi immersa nell'acqua calda per un po' di tempo, per godermi il calore sulla pelle. Mi asciugai i capelli in fretta, mi vestii e scesi a vedere se Ivan aveva bisogno di una mano. Scendendo dalle scale, sentii un odore buonissimo che mi fece chiudere gli occhi, giusto il tempo di godermelo un po'. Finii di scendere le scale e subito notai che la tavola della cucina era preparata, con due candele rosse sopra. C'era un vaso  con delle rose rosse dentro.
Lui era impegnato ai fornelli. Stava cucinando arrosto con le patate al forno. Lo vidi servire con maestria nei piatti. Si voltò e mi guardò sorridendo.
-Speravo ci mettessi di più- mi disse ma io ero senza parole. Mi avvicinai a lui e lo strinsi forte a me.
-Ti amo da morire- mormorai.
-Anche io- mi prese le mani e le baciò dolcemente.
-Dai, siediti o si fredda-
Mangiai con gusto e mi resi conto di quanto sarebbe stato un bravo marito. Mi tornarono in mente quelle parole dette per scherzo da Celeste qualche giorno prima. Io e Ivan sposati. Sarebbe mai potuto capitare? Eravamo ancora così piccoli.
-Marina tutto bene?- mi chiese, notando che mi ero bloccata a fissare il piatto.
-Sì scusami, pensavo-
Presi fiato, e ripresi a parlare.
-Senti ecco...ti andrebbe, sì cioè, vorresti...dormire con..con me questa notte?- balbettai imbarazzata. Lo vidi arrossire lievemente ma sorrise.
-Certo-
Guardammo qualche cavolata in televisione insieme, dopo aver sistemato la cucina, le sue braccia mi avvolgevano con dolcezza. Si stava così bene abbracciata a lui. Erano le undici, quando mi diede un bacio sulla nuca e mi disse:
-Vado a lavarmi. Mi aspetti a letto?-
Io annuii. Entrai in camera sua e, dopo essermi cambiata, mi infilai sotto le coperte, raggrumata ed imbarazzata. Passò qualche minuto prima che lo sentissi entrare. Si mise vicino a me, assaporando il mio calore. Il mio cuore batteva forte: ero convinta che me lo avrebbe chiesto da un momento all'altro. Sentivo il ticchettio dell'orologio, che mi rendeva nervosa. Mi girai sul fianco sinistro per poterlo osservare nella penombra. Mi feci coraggio e gli sfiorai il braccio.
-Ivan?-
Lo sentii rispondere con la sua voce roca.
-Ecco...ho...ho trovato i preservativi nel tuo zaino-
-No..- sibilò tra i denti e di scatto accese la luce della lampada sul comodino. Mi guardò negli occhi agitato.
-Mary non è come sembra!- esclamò preoccupato.
-Me li ha dati Daniele, cioè non che li volessi eh- riprese agitando le braccia.
-Ivan-
-Te lo giuro, lo sai che ti aspetterò per tutto il tempo necessario-
-Ivan!- insistetti.
-Me li ha dati per essere sicuri, cioè, se tu per caso..-
-Ivan!- esclamai più forte, e lui si fermò tacendo. Gli sorrisi, come per dire che capivo e che non c'era problema. Mi avvicinai a lui lentamente
 -Io uso la pillola-
Mi guardò sorpreso e fui sicura che al suo cuore mancò un battito.
-Marina.?-
-Ecco io...io lo voglio davvero - non riuscii a guardarlo negli occhi, e sentivo improvvisamente tanto caldo. Dovevo essere tremendamente rossa in viso.
Passò le dita fra i miei capelli dolcemente.
-Sei sicura?-
-Non devi preoccuparti...lo sono- sussurrai, portando una mano sul suo collo.
-è solo che sono un po' imbarazzata- ridacchiai nervosamente. Lui sorrise e cominciò ad accarezzarmi la nuca, e lentamente mi calmai. Sentivo l'ansia e la paura chiudermi lo stomaco, e presi un respiro profondo. Socchiusi gli occhi lentamente, come un invito a baciarmi in quello stesso istante, invito che accettò. La sua mano si appoggiò dolcemente al mio volto, mentre con il braccio mi spinse contro di lui. Appoggiò delicatamente le sue labbra alle mie, ma subito cominciò a succhiarle, a morderle come amavo facesse. Adoravo quel modo in cui mi mordeva il labbro inferiore, quasi a volermelo strappare. Incontrai i suoi meravigliosi occhi, due pozze grigie che erano capaci di farmi arrossire non appena posava gli occhi su di me. Lo amavo da impazzire...e sono diventata pazza a forza di amarlo. Mi sembrò quasi che le nostre bocche  dovessero vivere l'una per l'altra. Erano così dannatamente perfette per me, ed era l'unica che volevo mi baciasse. Non avrei mai voluto altre labbra sulle mie, se non le sue, e speravo davvero che per lui fosse la stessa cosa. Sentiva anche lui tutte quelle farfalle nello stomaco che stavo sentendo io?
 Ero sotto di lui, ansimante e le labbra gonfie per i baci. I miei occhi si soffermarono su di lui, e lo guardai mentre si toglieva la t-shirt che usava per dormire, lanciandola a terra.
Lui mi sorrise teneramente e si rituffò sulle mie labbra, molto più voracemente. Gli circondai il collo con le mie braccia e, d'istinto, sollevai una gamba, circondandogli anche il bacino. Quel gesto non passò inosservato, ma anzi, conoscendolo, gli fece salire l'adrenalina. Continuava a succhiarmi le labbra sempre più ferocemente mentre le sue mani scendevano e mi accarezzavano prepotentemente, come a dirmi "sei mia". I miei respiri diventavano più pesanti e forti sospiri uscirono dalle mie labbra. Brividi mi percorsero quando le sue morbide labbra si posarono sul collo, sulla clavicola, mentre io ruotavo la testa, per facilitargli il compito. Le sue dita sottili passavano dolcemente sulle mia braccia, mentre le sue labbra scendevano a suon di baci.
-Ora ci divertiamo, piccola mia-
Stavo per conoscere un nuovo lato di lui, ma la cosa non mi spaventava per nulla, anzi, mi eccitava da morire. Con i denti, afferrò la spallina e la fece scivolare dalle mie spalle, sfiorando la mia pelle con le labbra. Fece scivolare via del tutto la mia canottiera, lasciando il mio seno libero, privo di stoffa a separarlo da lui e istintivamente mi coprii con fare pudico. Lui mi diede un bacio sulla fronte.
-Non devi vergognarti! Sei così bella Marina- sussurrò e vidi nella penombra un sorriso dolcissimo comparire sul viso.
Non dissi nulla ma lasciai cadere le braccia sui fianchi.
Vidi un scintillio nei suoi occhi e cominciò lentamente a saziarsi di ogni centimetro del mio corpo e sentire le sue magnifiche labbra conoscere il mio corpo era qualcosa di indescrivibile. Scese verso il mio ventre, baciandolo, e iniziò a strofinare le labbra sempre più vicino alla mia intimità. Era il momento di conoscere l'unica parte di me ancora inesplorata dalle sue dita. Mi sfilò pantaloncini e slip, e io li calciai via, schiudendo le gambe senza che lui dovesse fare alcun tipo di pressione. Il mio cuore aumentò i battiti, imbarazzata che mi stesse guardando, per la prima volta, completamente nuda. La mia mente era completamente annebbiata mentre lui giocava con la mia intimità, ricordo solo quanto stavo ansimando e di come non riuscivo a credere al fatto che l'imbarazzo se n'era andato lentamente.
Baciò lentamente la guancia, il collo, il mento e mi guardò.
-Sei pronta?- mi chiese, per accertarsene. Sorrisi per quanto si preoccupasse sempre per me.
Io annuii lentamente. Si posizionò tra le mia gambe, e d'istinto, mi appresi al suo collo, intrecciando le mani.
Lui entrò lentamente in me e nel mio volto comparve una smorfia di dolore.
-Va tutto bene. Rilassati-
Mi baciò la tempia, le labbra per distrarmi e riempiendomi di carezze. Con una spinta più forte, si prese la mia verginità. E solo lui poteva averla. Il dolore mi invase e una lacrima scese dai miei occhi.
-Marina passa subito, scusami-
Scossi la testa.
-Non devi scusarti- sussurrai. Il dolore scemò ed istintivamente, cominciai a muovere i fianchi. Cominciò a muoversi dentro di me, ed era meraviglioso, unico, perfetto. Le mie unghie graffiarono la sua schiena meravigliosa. Spinse sempre più forte, sempre più profondamente dentro di me, facendomi impazzire. Davamo libero sfogo ai nostri gemiti, mentre ci sussurravamo parole dolci anche in quel momento. Gli baciai il collo, esplorai il suo corpo con le mani, per poi tornare a cercare le sue labbra.
-Ivan- sussurrai dopo aver appoggiato la fronte sulla sua -Sto...- Sentii una sensazione nel basso ventre fortissima che non avevo mai provato.
-Anche io. Va tutto bene-
Ci abbandonammo all'orgasmo, che ci avvolse forte e travolgente dopo poche altre spinte. Ci adagiammo sul materasso, accaldati, stremati. Uscì da me e mi abbracciò forte. Non disse niente ma si preoccupò di coprirmi con una coperta per tenermi al caldo. Vorrei tanto poter dire che mi addormentai subito - come nei grandissimi cliché dei romanzi rosa- ma in realtà continuai a rimuginare, a prendere fiato totalmente intontita e felice.
 
Sbattei le palpebre leggermente, ancora intorpidita dal sonno: alla fine ero riuscita a dormire. Ero immersa in un calore bellissimo. Provai a muovermi ma non ci riuscii bene. Perplessa, ruotai la testa. Ivan dormiva beato accanto a me. Il suo respiro mi solleticava l'orecchio,le sue braccia mi stringevano forte, le nostre gambe erano avvinghiate tra di loro. E ricordai la sera precedente. Avevamo fatto l'amore. Ed era stato davvero meraviglioso. Riappoggiai la testa sul cuscino e sorrisi rilassata, godendomi quel tepore. Chiudendo gli occhi, rivivevo la sera prima. Ne volevo altre così. Volevo ancora sentirmi così.
Un mugugno mi distrasse dai miei pensieri. Ivan si mosse per un po', lasciando la presa su di me, prima di sbattere le palpebre e stiracchiarsi lievemente.
-Buongiorno- mormorai guardandolo.
-Buongiorno a te-
Con ancora gli occhi chiusi, mi strinse tra le sue braccia nuovamente.
-Come stai?- mi chiese, baciandomi la nuca.
-Mai stata meglio- dissi ed ero sincera -Tu?-
-Potrei dire lo stesso-
Finalmente aprì gli occhi e mi sorrise.
-Se potessi svegliarmi ogni giorno accanto a te, sarei l'uomo più felice del pianeta-
Arrossii lievemente e mi nascosi tra il suo petto, ma pensavo la stessa cosa. Avevo amato dormire con lui e avrei voluto farlo ancora ed ancora. Sentivo il suo profumo addosso a me, il suo calore avvolgente.
Si schiarì la voce e guardò il soffitto.
-Ieri sera...sei stata magnifica. Dico davvero Marina.-
-Oh bhe...sono contenta - arrossii nuovamente, non sapendo cosa dire.
-é stata la migliore nottata della mia vita- dissi accarezzandogli il braccio. Mi sporsi e gli posai un bacio sulla guancia, socchiudendo gli occhi.
-Non hai idea di quanto io sia felice- disse lui guardandomi.
-Credo di capirlo- mi sporsi di nuovo, questa volta verso le sue labbra.  Non appena le sfiorai, sentii già il ricordo della passione della sera prima riaccendersi. Rividi le scene nella mia mente. Rivedevo mentre mi faceva sua. Ne volevo ancora.
-Ho fame Ivan- mormorai, sfiorandogli una guancia.
-Andiamo giù a fare colazione allora...- fece per alzarsi ma glielo impedii.
-Ho fame...di te- dissi. Lui prima rise, poi si catapultò su di me, baciandomi, toccandomi. Riesplorò il mio corpo con le labbra, e io mi sentii ancora bruciare. Ansimavo mentre le sue dita giocavano con ogni punto sensibile. Tra un bacio e una carezza, scivolò nuovamente in me. E facemmo ancora l'amore.
Erano le nove quando ci alzammo dal letto per fare colazione. Questa volta, ero davvero affamata. Mi legai i capelli e preparai del caffè per entrambi. Sentii nuovamente due braccia familiare avvolgermi. Ivan appoggiò la sua fronte sulla mia spalla, ricoprendo il mio collo di piccoli baci. Strofinò il suo naso sul mio collo, ispirando profondamente.
-La smetti di provocarmi?- chiesi, gli occhi chiusi per godermi quel momento.
-Mai- con la dita, spostò la spallina della canottiera e mi morse la spalla, succhiando avidamente la mia pelle.
-Non sei stanco dopo tutto quel movimento?- chiesi alzando un sopracciglio.
-Se si tratta di te, non sono mai stanco- disse cercando le mie labbra. Gli diedi un fugace bacio prima di servire il caffè in due tazze. Solo allora mi lasciò ed andò a sedersi. Quando mi voltai e lo vidi seduto a tavola, mi sembrò quasi fossimo sposati. Era un pensiero stupido, per quanto ci amassimo stavamo insieme da poco. Ma il futuro è così inaspettato, che non aveva senso parlare prima del tempo. Dopo quella veloce colazione, andammo entrambi al piano di sopra.
-Ecco..Ivan è meglio se cambi le lenzuola- dissi imbarazzata.
Lui rise ed annuii.
-Vuoi una mano?- gli chiesi ma lui scosse la testa.  -Non preoccuparti-
Sorrisi ed andai in camera a vestirmi con dei pantaloni da ginnastica e un top pronta per allenarmi un po'. Dopo una serie di squat ed esercizi per scaldare i muscoli, iniziai a provare qualche vecchia coreografia per scaldarmi, e successivamente provai quella che stavamo studiando in quel periodo, sotto le note di "Immortal" dei Fall out boys.  Dopo un'ora di allenamento, misi una felpa e scesi con la chitarra verso il garage, per poter esercitarmi senza disturbare Ivan. Perdevo la cognizione del tempo ogni volta che iniziavo a suonare, e dopo quelli che a me sembravano solo una manciata di minuti, Ivan entrò in garage e mi guardò:
-Cosa vuoi per pranzo?-
-è già così tardi?- feci io sorpresa. Meccanicamente accarezzai la chitarra.
-Sei proprio persa- disse ridendo. Gli feci la linguaccia.
-Quello che vuoi tu comunque- risposi con un sorriso.
-Va bene!- uscì dal garage e io lo seguii. Amavo guardarlo mentre cucinava. Era così concentrato ed adorabile. Probabilmente, lo guardavo nello stesso modo in cui lui guardava me mentre provavo canzoni o coreografie.
-Ecco qua!- servì un piatto con la pasta alla carbonara.
-Buon appetito- dissi, prima di iniziare a mangiare.
A pranzo finito, mi offrii per pulire e lavare i piatti. Ivan mi ringraziò con un bacio sulla nuca e andò di sopra. Era molto stressato per la verifica di matematica del giorno dopo e sperai che almeno la nottata insieme fosse riuscito a rilassarlo.
Tornai di sopra anche io dopo aver finito, per studiare letteratura inglese, cercando di concentrarmi nonostante l'euforia che dilagava in me.
Verso le tre, Celeste tornò a casa. Ci salutò gridando non appena entrò in casa. Risi dalla mia camera, e tornai a studiare.
Dopo qualche minuto, qualcuno bussò alla porta. Mi voltai e vidi proprio Celeste entrare.
-Ehi piccolina- la salutai -Ti sei divertita?-
Lei annuii con un sorriso. Si sedette sul mio letto e mi guardò con il sorriso di una che la sa lunga.
-Alloraaa- cominciò e la guardai stranita -Com'è andata?-
-Cosa intendi?- chiesi io vaga.
Celeste sbuffò.
-Sono più piccola ma non stupida. Tu e mio fratello avete fatto sesso?-
-Celeste!!- esclamai imbarazzata. Non era il genere di conversazione da avere con la sorella del mio ragazzo.
-Dai dai! Non fare la santarellina-
-Non mi sembra il giusto argomento di cui parlare con la sorella del mio ragazzo- dissi, coprendomi il volto con le mani.
-Ma sono anche una tua amica! Dai voglio sapere- insistette lei.
Mi morsi un labbro.
-S..sì - mormorai e il mio cuore fece una capriola nel dirlo.
Lei quasi esultò.
-Sono felice per voi! Io penso che sia più del mero rapporto fisico, ma qualcosa di molto più emozionale-
Annuii.
-Penso lo stesso. Per questo ho voluto aspettare-
-Prenderò esempio da te- disse lei con un sorriso. Mi alzai e mi sedetti vicino a lei.
-Io non mi pento di aver aspettato. C'è chi si sentiva pronto prima, c'è chi si sentirà pronto con qualche anno in più. L'importante è che tu ti senta a tuo agio con te e con il tuo partner. E non avere fretta. Se qualcuno ti obbliga, me lo devi dire e lo sistemo io!-
 Celeste mi abbracciò e mi ringraziò timidamente.
-Voglio diventare zia eh! Il bambino a quando?- scherzò lei.
-Celeste!- esclamai nuovamente, dandone una lieve spinta. Lei rise ed uscì dalla mia stanza.
 
Fu più o meno la reazione che ebbe Aria quando, quel lunedì, le raccontai tutto in confidenza durante il nostro caffè di rito.
-Voglio diventare zia!- esclamò facendomi ridere.  Bevette un sorso del caffè e si rivolse di nuovo a me.
-Com'è stato?- mi chiese, quasi con malizia.
-Ecco...bhe meraviglioso. Perfetto, passionale, selvaggio ma dolce, tenero...troppe cose insieme. Io non avevo idea...- mi coprii il viso con le mani imbarazzata.
Aria mi strinse leggermente.
-Sono contenta che tu ne abbia parlato con me.- mi disse, dandomi un bacio sulla nuca.
-Bhe sei la mia migliore amica!- esclamai, quasi offesa che pensasse che non avessi fiducia in lei.
-Sono così contenta. Per tutto- sorrise ed aveva un sorriso davvero perfetto.
Alzai la testa e fissai il soffitto.
-So che sembra sciocco...- ripresi l'argomento precedente -Ma ora mi sento...completa-
-Anche io mi sono sentita così la prima volta con Alex. è come...se si raggiunge la piena complicità. -
Annuii, completamente d'accordo. La campanella suonò e tornammo in classe, immerse fittamente nelle nostre chiacchiere e confessioni. Anche in quel momento mi sentii completa.

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Ho temuto tanto questo giorno: il giorno in cui avrei pubblicato questo capitolo, al limite della sdolcinatezza, vomito arcobaleni. Ricordiamoci che l'ho scritto più di un anno fa! Mi vergognavo un sacco, a dirla tutta, perché non sono in grado di scrivere scene a rating "rosso" (l'ho tipo riscritto tre volte, ma mi ero rotta e l'ho lasciato così).

è che Ivan e Marina sono tipo quella coppia che vedi nei telefilm e li shippi, e li ami, ma essendo che li ho scritti io mi sono sentita una mamma in imbarazzo...wait, detta così sembra incesto.

Ordunque, manca sempre meno alla fine di questa storia al limite dello sdolcinato, spero tanto che avrete voglia di seguirmi anche nelle prossime (saranno un po' più carine, almeno spero).

Buona serata
Lena

 

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Capitolo 21
*** Il mio futuro ***


21- IL MIO FUTURO
 
 
I giorni passavano fin troppo in fretta, tra ansie e preoccupazioni per la maturità che ci sembrava fin troppo vicina, anche se mancavano ancora mesi. Eravamo tutti davvero troppo stressati. La maggior parte dei pomeriggi io e Ivan nemmeno ci vedevamo. Spesso mi trovavo con le ragazze per studiare insieme in biblioteca e prenderci una cioccolata nel bar vicino. Tutto questo rendeva quei mesi scolastici molto meno stressanti. Almeno una volta a settimana, solitamente il sabato, io e Lara ci vedevamo per provare qualche passo di danza insieme. Lei era una ballerina ed una ginnastica bravissima, e fu la mia maestra per quei mesi, accogliendo il mio desiderio di migliorare come ballerina. Mi rilassava passare due ore ad allenarmi, tra potenziamento, stretching e coreografie. A dicembre tornai a casa come al solito, e fu allora che mi resi conto di come giugno fosse fin troppo vicino e io non avevo ancora idea di cosa avrei fatto. Eravamo stati così pieni di cose da fare e da pensare che non avevamo avuto il tempo di parlarne con calma. Soprattutto, il pensiero che forse non sarei mai più tornata lì mi mandava in totale depressione e non era il caso di lasciare che ciò accadesse.
Fu al ritorno dalle vacanze, che la mia vita venne nuovamente scombussolata.
Era lunedì, un inizio settimana come tanti. Ero seduta fuori con Elisa a ripetere storia della musica. Continuavo a passarmi le mani tra i capelli con fare nervoso mentre ripetevo il periodo Barocco.
-Rinaldi!- alzai la testa e vidi la professoressa De luci venirmi incontro insieme alla piccola Lara, con ancora indosso il giubbotto, segno che era appena arrivata.
-Ho bisogno di parlare con entrambe-
Annuii, anche se avevo bisogno di ripetere ancora per l'interrogazione, essendo insicura. Lasciai il mio libro ad Elisa e le raggiunsi.
-Allora- cominciò lei -Ho una proposta da farvi. Al Saggio di dicembre, erano presenti delle persone molto importanti.- ci guardò seriamente. Al saggio di quel dicembre, io e Lara avevamo ballato insieme, probabilmente, per l'ultima volta. La canzone scelta era "Style" di Taylor Swift, cantata da Emilia. E no, non l'ho obbligata io, ma l'ha scelta da sola.
 Indossavamo un body blu dalle frange argentate che arrivavano a metà coscia. In camerino ci truccammo a vicenda, parlando e ridendo. Mi trovavo in perfetta sintonia con lei, era la mia partner e non riuscivo a sincronizzarmi con nessun altro se non con lei. La coreografia appareva inizialmente semplice, con movimenti di testa iniziali, piccoli passi e giravolte, per poi scoppiare con salti acrobatici, dove spesso ci aiutavamo a vicenda. Mi sentii pienamente soddisfatta non appena finimmo l'esibizione, contenta e la custodivo nei miei ricordi come la migliore performace fatta in quegli anni, quindi sentirne parlare dalla De Luci mi fece tornare il sorriso e mi fece anche sentire parecchio orgogliosa.
-Erano presenti dei talent che mi hanno contattata questo week end. Sarebbero interessati ad allenarvi, con il mio supporto ovviamente, per farvi diventare ballerine professioniste, in uno studio di danza-
Troppe informazioni in quelle poche parole. Trattenni il fiato con il cuore che batteva a più non posso.
-Davvero?- mormorò Lara.
La prof annuì con un sorriso.
-Sono rimasti colpiti dalla vostra passione, la vostra grazia e la vostra complicità, e vorrebbero farvi studiare ed esibire in diversi teatri-
-Non ci credo!- esclamai io emozionata e felice. Il mio sogno nel cassetto forse poteva realizzarsi.
Lara mi abbracciò forte e io ricambiai la stretta.
-Dovete sapere...-proseguì la De Luci -Che questo sarà un viaggio di allenamento dove io vi seguirò per allenarvi. Uno stage potremmo dire. E durerà tre anni.-
Il mio sorriso si affievolì, sentii una forte stretta al cuore. Tre anni. Tre lunghi anni. Mi morsi un labbro e guardai Lara, leggermente turbata come me.
-è una decisione da ponderare. Quindi pensateci. Per fine maggio devo dare una risposta, avete tutto il tempo-
Annuimmo e la ringraziammo. La campanella suonò e lei se ne andò, probabilmente a fare lezione. Guardai Lara.
-Cosa intendi fare?- le chiesi.
Lara sospirò.
-è molto tempo. Ma è un'occasione imperdibile dal mio punto di vista!- disse lei decisa.
Io rimasi zitta ma andai in classe. Aria, Elisa ed Amanda ci guardarono entrare, probabilmente preoccupate.
-Tutto bene?- mi chiese Aria quando mi sedetti accanto a lei.
-Vi racconto dopo- dissi, prendendo il libro di storia della musica da Elisa.
Non ho idea di come riuscii a prendere un bel voto in quella interrogazione. La mia mente era altrove, sperduta mentre pensava a cosa fare. Tornai a casa, con le parole delle mia amiche in mente. Anche secondo loro era un'occasione imperdibile, dovevamo assolutamente andare. Ma avevo paura. Vedevo il futuro così nero.
Ivan notò subito che qualcosa non andava, e dopo pranzo mi seguì in camera per parlare.
Mi sedetti sul letto a gambe incrociate, lui mi guardava impaziente.
-Hanno offerto a me e a Lara la possibilità di partire per un allenamento per diventare ballerine professioniste- dissi, guardandolo negli occhi.
Ad Ivan si illuminò lo sguardo.
-Amore ma è meraviglioso! Come mai sei così seria?-
-Perché...è un allenamento di tre anni in giro per l'Europa. Tre anni lontana dall'Italia...e lontana da te-
Il suo sorriso sfumò lievemente. Io guardavo per terra non sapendo cosa provare. Mi sembrò di tornare indietro a tre anni prima, alla scelta per entrare in Accademia. Era stato così difficile anche quella volta, ma in quel momento mi sembrò mille volte peggio.
Ivan si avvicinò a me e mi strinse forte.
-Di cosa hai paura Marina?- mi chiese.
Respirai profondamente, la testa mi girava.
-Ho paura...di ciò che mi perderò in questi anni; di capire che non è la mia strada fare la ballerina. E...ho paura di perdere te- confessai, guardandolo.
Ivan appoggiò una mano sulla mia guancia. Era calda e delicata e socchiusi gli occhi a quel contatto.
-Marina...non pensare a nulla se non a te stessa. Nessuno sa che cosa gli riserverà il futuro. Ma se non provi, non saprai. Io sarò qui, a fare il tifo per te. E ad amarti anche da distante. Te lo prometto- mi baciò la fronte e mi lasciai cullare dalla sua stretta.
Tacqui e chiusi gli occhi. Sentii le sue labbra percorrere il mio collo.
-Pensaci bene. Io ti appoggerò sempre- disse contro il mio collo. Il suo fiato caldo colpì la mia pelle e sorrisi lievemente.
-Ti amo- dissi con voce tremante. Senza che me ne accorgessi, le lacrime iniziarono a uscire dai miei occhi. Non so perché. Forse lo stress, la tensione, la paura di sbagliare, tutto insieme, mi fece esplodere. Ivan non disse nulla, ma mi fece stendere e rimanemmo lì, immobili, uno accanto all'altro.
Quella sera chiamai mia madre. Le raccontai tutto, essendo davvero molto confusa e non sapendo cosa fare. Avevo così bisogno di un consiglio, del suo aiuto. Lei rimase in silenzio per un po' e io aspettavo, impaziente, che dicesse qualcosa.
-Marina ascolta...sono già tre anni che sei lontana da casa per studiare musica. Sei sicura che sia questo quello che vuoi?-
Ero particolarmente sensibile in quei giorni, e sentire una tale risposta mi uccise.
-Io avrei bisogno del tuo sostegno- mormorai.
-Cosa vuoi che ti dica Marina? Ormai fai sempre di testa tua! Non so nemmeno più se sono tua madre o no!-
Mi sentii morta. Le lacrime cominciarono ad uscire nuovamente.
-è il mio futuro mamma!- dissi, singhiozzando.
-Fai come vuoi! Ormai non so più cosa dirti-
Non riuscendo ad ascoltare altro, chiusi la chiamata e lanciai il telefono. Ero distrutta. Fissai il soffitto e piansi, confusa come non ero mai stata. Mi svegliai, stanca come se non avessi dormito. Mi ero addormentata vestita, truccata e con gli occhi pieni di lacrime. Dovevo avere un aspetto terribile. Non avevo la forza di andare a scuola quel giorno. Volevo solo rimanere sotto le coperte. Scesi, passandomi il polso sotto l'occhio, per asciugare i residui di lacrime e mascara.
-Marina!- esclamò Serena preoccupata.
-Mamma io...- mi fece male dire quella parola quindi mi interruppi -Serena io non mi sento bene. Torno a dormire-
Lei si avvicinò preoccupata.
-Non vuoi mangiare?- mi chiese ma io scossi la testa e tornai di sopra. Sulle scale incrociai Ivan che mi salutò allegro, ma io non dissi nulla e lo sorpassai.
Feci appena in tempo ad infilarmi sotto le coperte, che lui entrò senza bussare.
Si sedette sul gradone di marmo e mi guardò, mentre io fissavo lui.
-Cos'hai?- mi chiese, passando le dita tra i miei capelli.
-Ho litigato con mia madre ieri sera-
Lui continuò ad accarezzarmi.
-Non è d'accordo che io parta per lo stage di tre anni. è quasi...arrabbiata anche per la scelta dell'accademia. Avrei così bisogno del suo appoggio- mormorai, immersa tra le coperte.
Ivan si alzò e si distese accanto a me.
-Ci sono io. So che vuoi l'appoggio anche della tua famiglia, è normale. Ma ci sono io. E ti sosterrò sempre.-
Tirai su con il naso e sorrisi.
-Sei la cosa migliore che sia mai stata mia- mormorai, baciandolo. Lui sorrise.
-E questa...è la cosa più bella che mi abbiano mai detto-
Nonostante le sue parole, decisi comunque di restare a letto, per riflettere, pensare a cosa fare. Alla fine, per stanchezza, stress e forse anche una leggera influenza, mi addormentai come un sasso e mi svegliai quando Serena tornò a casa da lavoro, con una fame da lupi.
La aiutai con il pranzo e mangiai, per la prima volta, da sola con lei e Pietro. Sentivo come se ora fossero loro i miei genitori, e quindi raccontai anche a loro dell'offerta propostami.
-Marina ma è incredibile! Si vede che hai talento- fece Pietro, compiaciuto.
-Ma sei in crisi eh?- fece Serena, conoscendomi ormai molto bene. Annuii e raccontai della discussione con mia madre.
Lei mi guardò seria.
-Penso che sia normale che Giorgia provi quelle cose. Infondo sei lontana, ti sente lontana. Ma dalle del tempo Marina. Lei capirà- mi fece l'occhiolino e mi calmai per davvero.
Quel pomeriggio studiai con impegno, eliminando dalla mia testa quei problemi, almeno per il momento. Passarono dei giorni, prima che mia madre si facesse risentire.
Ebbi un tuffo al cuore quando vidi il suo nome sul display del telefono.
-Marina...-
-Dimmi..-
La sentii sospirare.
-Io e tuo padre abbiamo parlato. Capiamo come ti senti. Scusami se ho reagito male l'altra sera. Ascolta, se è ciò che vuoi vai. Noi faremo il tifo per te. So che è il tuo sogno e io non sono nessuno per impedirlo-
-Sei sicura?- le chiesi.
-Non importa che io sia sicura o meno Marina. è il tuo futuro, non il mio -
-Grazie mamma- dissi riconoscente.
-Sappi- ripresi -Che mi mancate veramente tanto, che vi penso sempre e che Padova sarà sempre casa mia-
-Vorrei essere lì per abbracciarti forte-
 Rimanemmo a parlare molto, anche più di un'ora e mi sentii nuovamente piena di speranza.
Anche Lara aveva deciso per il sì, quindi lo comunicammo alla De Luci circa un mese dopo.
-Sono contenta che abbiate fatto questa scelta! Mi duole allontanarmi dall'Accademia, ma non voglio lasciarvi totalmente da sole!-
-Grazie, davvero!-
Era anche il giorno del mio secondo anniversario con Ivan. Gli dovevo davvero molto, sia per amarmi e sopportarmi, ma, soprattutto, per supportarmi in ogni momento, in ogni scelta, ogni indecisione. E ogni giorno lo amavo sempre di più. Decisi io, di fargli una sorpresa. Lo portai a cena fuori a mangiare sushi, solo io e lui. Sembrava un bambino mentre sfogliava il menù.
Dopo cena, uscimmo per andare a camminare. Mi venne in mente che, esattamente due anni prima in quella serata, ero uscita con Federico facendo esattamente le stesse cose: cena e camminata lungo una Firenze notturna. E anche con Ivan, ammirai l'Arno illuminato dalle luci. Ma aveva un gusto totalmente diverso. Vidi Ivan frugare tra le tasche del giubbotto e risi, divertita. Prese una scatolina di velluto dalla tasca interna e la porse davanti a me. La aprì e prese il braccialetto contenuto all'interno. Sorrisi: era semplice, una catenella dorata con un cuore.
-Buon anniversario- disse semplicemente.
Io ero senza parole. Lo presi e notai l'incisine all'interno del cuore: "7-02-14."
-Mettimelo tu- dissi, mentre la mia voce tremava.
Lui eseguì. Non so per quale motivo chiusi gli occhi, forse per rendere tutto più magico, ma sentii le dita delle sue mani sfiorarmi il collo mentre agganciava la collana.
Lo abbracciai con slancio, facendolo barcollare.
-Grazie mille...davvero-
 
Mi resi conto di essere tremendamente cresciuta, quando fu il mio turno all'esame orale della maturità. Era in cinque luglio ed entrai tremante in quell'aula per l'ultima volta. Vidi la commissione davanti a me, tra cui Berto, la professoressa Rizzo e la professoressa Galli, che mi trasmettevano sicurezza. Esposi la mia tesina sulla "Disarmonia" spaziando dai musicisti come Wagner, alla letteratura con Baudelaire e Joyce. Ero riuscita ad unire le mie materie preferite in un argomento che trovavo molto interessante. Dopo il giro di domande di tutti, che mi sembrava non finire mai, sentii le magiche parole.
-Può andare. Buone vacanze- che segnarono la fine e la mia libertà. Uscii quasi correndo, andando ad abbracciare Ivan, che aveva sostenuto l'esame orale il giorno prima.
-é finita! Oddio è finita!- continuavo a dire immersa nell'abbraccio di Ivan, che rideva e mi accarezzava.
-è finita piccola mia! L'Accademia è solo un ricordo!-
-In realtà mi fa tristezza - feci, mentre ci incamminavamo fuori da quelle mura.
-Sono stati...gli anni più belli di sempre. E mi dispiace siano finiti-
Vari ricordi arrivarono in flashback nella mia mente. Il primo giorno di accademia, la prima interrogazione, il primo spettacolo. L'esame di ammissione, le prove insistenti, gli scleri, le amicizie. Le confessioni con le amiche, i caffé alle macchinette. Le risate con i professori, la nascita delle COD. In quegli anni era diventata una componente fondamentale di me. Amavo trovarmi e provare con loro. Mi faceva sentire libera. E ora...rimaneva il ricordo anche di quello. A settembre sarei partita, e chissà cosa avrei trovato al mio ritorno.
Quel pomeriggio lo passai proprio con le mie amiche a casa di Aria. Volevamo provare per l'ultima volta tutte insieme. E per fare un tuffo nel passato, provammo proprio "Look back in Anger", ricordando come tutto era iniziato.
Mi sembrò di tornare indietro di un anno, alla lite con Ivan ma alla gioia di avere delle amiche come loro. Quando finimmo di provare quella canzone, decidemmo di provarne altre mai fatte, giusto per lo sfizio e per divertirci. Io stonavo qualcosa, Aria e Lara non si accordavano, sbagliavamo tempistica, ma non avevo mai riso così tanto.
Poi, Aria scomparve in cucina, e tornò con una confezione bianca presa dalla pasticceria vicino scuola. Lei la aprii: dentro c'era una torta alla nocciola ricoperta con decorazioni fatte con la panna e la pasta di zucchero. Con la glassa al cioccolato c'era scritto "Buona fortuna Marina e Lara".
-Non dovevate!- esclamò Lara.
-Shht invece si!- intervenne Amanda. Tutte e cinque ci stringemmo in cerchio, abbracciandoci.
-In bocca al lupo anche a voi per il vostro futuro- dissi ad un tratto. Stavo piangendo di nuovo. Piangevo davvero troppo spesso
-Ehi! Andrà tutto bene- disse Aria, dandomi una lieve carezza sul braccio.
Ed era l'unica cosa a cui volevo davvero credere.
 
Prima della grande partenza, tornai a casa dai miei genitori a Padova. Stavo svuotando quella camera, e quella volta era l'ultima. Dopo quei tre anni, non sapevo se sarei tornata a Firenze, non avevo idea di cosa sarebbe successo, ma sapevo che quella camera avrebbe sempre avuto un pezzo di me. Quando sentii bussare alla porta, sorrisi sapendo che sarebbe entrato Ivan. E fu così. Mi sorrise, stando in piedi di fianco a me.
-Perchè mi fissi?- gli chiesi.
-Aspetto-
-Cosa aspetti?- chiesi, mentre riempivo la valigia grande.
-Che tu ti alzi, lasci stare questa valigia e ti dedichi a me-
Lo guardai divertita.
-Mi dai gli ordini?- dissi alzandomi.
-Ti piace che prende le redini, no?- mi prese per i fianchi e mi fece aderire a sé. Oh, volevo andasse avanti. Dovevo godermi ogni minimo istante.
Mi spinse sul letto e mi contemplò per diverso tempo.
-Smettila di fissarmi così, e prendimi ora!- feci lamentosa. Lui rise.
-Devi pazientare-
-Non voglio pazientare!- sbuffai, mentre gli levavo la maglietta.
-Da quanto sei diventata così maliziosa?- mi chiese, mentre, con  una lentezza esasperante, insinuava le sue dita sotto la mia canottiera.
-è colpa tua. Sappilo- risposi chiudendo gli occhi.
Sarebbe stata l'ultima volta. L'ultima volta per tre anni dove aver sentito il suo respiro sulla mia pelle, le sue labbra sul mio corpo, il suo ansimare mentre gli davo piacere. I suoi occhi incastonati con i miei mentre entrava in me, le sue dita raggiungere ogni punto possibile del mio corpo. I suoi sussurri vicino al mio orecchio, mentre mormorava che mi amava, mentre mi chiedeva se stavo bene. I gemiti trattenuti mentre raggiungevamo l'orgasmo, per evitare che ci sentissero al piano di sotto. Le sue labbra che mi baciavano la fronte dopo aver fatto l'amore, le sue braccia che mi cullavano. Era l'ultima volta.
Lo guardai mentre si rivestiva. Era di schiena, seduto sul bordo del mio letto. Era perfetto per me. E mi sarebbe mancato tantissimo, era naturale. Lentamente, mi alzai anche io per rivestirmi. Il giorno dopo sarei partita verso casa, e poi verso il mio futuro. Ero agitata. E non ero pronta.
Mi sedetti nuovamente sul bordo del letto vicino a lui.
-Ascolta...- cominciò lui prendendomi le mani -Non avere paura. Io sarò sempre qui ad aspettarti. E se hai paura che ti tradisca, allora sei scema- mi rimproverò con severità.
-Sai che sono scema- dissi io, abbassando lo sguardo. Ma lui mi prese il mento tra le dita:
-Sei la mia scema. E questo non cambierà mai!-
-Ivan, grazie. Per ogni cosa. Perché conoscerti ha reso questi tre anni indimenticabili e perfetti. Io non avrei mai creduto di innamorarmi, che qualcuno potesse amarmi con tanta intensità. Io sono solo...io. Non sono nulla di che eppure...- lui mi interruppe, appoggiando l'indice sulle mie labbra.
-Tu sei perfetta. Anche se non ti piaci, anche se dici che non sei nulla di che. Tu sei perfetta, per me. E questo basta-
Scossi la testa, sorridendo imbarazzata. Lo abbracciai, ed appoggiai la fronte sulla sua spalla.
-So che non mi credi, ma non mi interessa. Tu sei davvero perfetta per me.- mi mormorò vicino all'orecchio, leggendomi nel pensiero. Infatti non gli credevo. Ma mi trovai a pensare, che anche io pensavo le stesse cose. Lui per me era perfetto. La sensazione doveva essere la stessa. Ma lui non dimostrava le sue insicurezze come facevo io.
L'ultima notte in quella stanza mi procurò una grande angoscia. Vedevo nella penombra la stanza praticamente vuota. Sentivo che la mia vita era una grande incognita. Non riuscivo a tornare a Padova e vederla come casa mia. Qualcosa non tornava.
Quando la sveglia suonò la mattina successiva, mi chiesi come avevo fatto ad addormentarmi.  La spensi con poca voglia e mi alzai. Indossai i vestiti che avevo lasciato fuori dalle valigie e scesi. Salutai tutti con un sorriso malinconico.
-Buongiorno- mi salutò Serena e mi diede un bacio sulla nuca. Sorrisi a quel contatto e mi sedetti a tavola. I miei sarebbero venuti a prendermi qualche ora dopo.
Mangiai con poca voglia, lo stomaco era chiuso per le troppe emozioni che stavo vivendo.
Sentendomi osservata, alzai lo sguardo. La famiglia Innocenti mi guardava. Li guardai a mia volta, perplessa. Serena sorrise e mi porse un pacchettino.
-Questo è da parte nostra. Per augurarti buona fortuna, per dirti che sei come una figlia per noi-
-Non dovevate!- li sgridai subito. Ma mi scappò un sorriso. -Grazie..-
Lo scartai: dentro c'era un medaglione tondo, dalla lunga catenella. Era un medaglione spesso, e notai che si poteva aprire. Feci scattare il meccanismo e si aprì a metà: dentro c'era una foto di Pietro e Serena sulla sinistra, mentre sulla destra, una foto con me, Celeste ed Ivan. Sul retro del medaglione c'era inciso "Famiglia Innocenti". Ero senza parole.
-è il più bel regalo di sempre- dissi con la voce che tremava. -Grazie mille- mi alzai per abbracciare ognuno di loro, cercando di trattenere le lacrime. Non dovevo piangere.
-Prego, piccola Marina- Serena mi chiamava spesso così, lo trovavo dolcissimo.
Continuavo a rigirarmelo tra le mani anche dopo averlo indossato. Ero come in uno stato di trance. Quando il campanello suonò, mi svegliai da quello stato per tornare alla realtà.
Era arrivato il momento. Vidi la mia vera famiglia entrare in casa, salutare tutti con gioia, mentre io non riuscivo ad essere altrettanto gioiosa. Mi aiutarono a caricare tutte le mie cose, svuotando per davvero quella camera. Quando tornai per prendere la valigia più piccola, mi fermai lì dalla soglia della porta.
-Ciao- mormorai, come se lei potesse capirmi, se fosse un'amica che aveva sopportato i miei pianti, i miei dubbi, la mia musica, i miei problemi. Come se avesse vissuto con me ogni cosa. Caricai in macchina anche l'ultima valigia e guardai il bagagliaio pieno per poi guardare la facciata della casa. Ivan mi distrasse da quei pensieri.
-Ehi. Andrà tutto bene-
-Ti amo Ivan Innocenti.- dissi all'improvviso, guardandolo negli occhi.
-Anche io, Marina Rinaldi-
Mi strinse forte e mi baciò teneramente, per l'ultima volta. Mi venne in mente il nostro primo bacio. Mi tornarono in mente tanti ricordi. Sembrava passata una vita, invece erano solo un paio di anni. Ma sapevo, che quei 730 giorni mi sarebbero mancati. Perché ero stata felice dopo anni di scuola dove era sola. Avevo imparato ad amare, a conoscere me stessa e gli altri. E forse quello era il tesoro più prezioso di tutti.
-Marina è ora di andare- disse mia madre, rompendo quella magia. Mi allontanai contro voglia da Ivan. Rientrai in casa per salutare tutti, ringraziarli, abbracciarli e ringraziarli di nuovo. Perché una volta non bastava. Guardai Ivan che mi sorrise.
-Buona fortuna- mi disse e io gli augurai lo stesso. Volevo baciarlo un'altra volta, ma mi trattenni perché sapevo che poi non sarei più riuscita a separarmene.
Poi salii in macchina, salutando Firenze, salutando la mia vita in Accademia, e salutando l'amore della mia vita.
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Se quando Marina ha detto "sei la cosa più bella che sia mai stata mia" avete pensato a "Mine" di Taylor Swift, avete pensato bene.
...

Ok sono l'unica scema che ci ha pensato. (e la parte sul "sei perfetta per me" era un riferimento a "Perfectly perfect" dei Simple Plan. Entrambe sono canzoni che vi consiglio tantissimo di ascoltare, se vi va!) Daje manca un capitolo, love you all. Poi si inizia a pubblicare la nuova storia (che ho già iniziato a pubblicare su Wattpad, dove mi trovate sempre come "Lena Railgun". Mi faccio spam da sola, what is my life?)
Comunque finisce bene, ve lo giuro
Baci, buona giornata
Lena

 

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Capitolo 22
*** Ivan e Marina ***


22-IVAN E MARINA
 
(tre anni dopo)
 
 
"Sire, tra il sogno e la veglia risponderò confuso. Giuro che finora non so com'io sia qui venuto.
Forse - il vero vorrei dirvi! - or che ricordo, ecco dev'essere così; qui io venni con Ermia. Intendevamo fuggircene da Atene, eludendo la minaccia delle leggi ateniesi..."
Recitai. Tenevo il copione in mano per darmi sicurezza ma, in realtà, non ne avevo bisogno.
"Basta così! Duca, non più! Ciò vi sia sufficiente! Invoco la legge, la legge sul suo capo! Avrebbero voluto fuggirsene via, caro Demetrio. Questo, avrebbero voluto! Me e te defraudando. Te di tua sposa, e me del mio consenso... del consenso al vostro matrimonio. "
Ripose il mio compagno di corso Antonio. Il battere delle mani della nostra docente ci fermò.
-Bene così! Il tempo a disposizione è scaduto! Finite di leggere il quarto atto per la settimana prossima! Arrivederci- si congedò, ed uscì a suon di tacchi.
-Ivan complimenti!- mi disse Rosalba. Io le sorrisi e la ringraziai.
-Sai che amo Shakespeare- le dissi, scendendo dal palco.
-Sì che lo so- mi diede un bacio sulla guancia e io la strinsi forte a me.
-Rosalba! Sono geloso!- la richiamò Antonio, il suo attuale ragazzo nonchè nostro compagno di corso. Lei gli fece la linguaccia e corse da lui. Stavano molto bene insieme, ed ero felice per lei. Era bello vederla così felice, dopo lunghi periodi di crisi. Guardai l'orologio e sussultai.
-Io devo scappare, ci vediamo domani!- feci, raccogliendo la mia borsa con i libri.
-Non vieni a bere qualcosa con noi?- chiese Chiara, un'altra compagna di corso, mettendo il broncio.
Scossi la testa.
-Oggi non posso. Lei sta tornando a casa-  e me ne andai.
-Chi è questa lei?- sentii la voce di Chiara borbottare quelle parole a Rosalba. Lei rise.
-La sua ragazza. Sta tornando dopo tre anni di viaggio in Europa-
-Ma come? Ha la ragazza?- sentii esclamare Chiara, parecchio scocciata.
Risi senza farmi sentire e scappai via.
Finalmente era giunto quel giorno. Avevo deciso di iscrivermi all'Accademia di teatro e doppiaggio, realizzando così il mio grande sogno. Volevo tenermi vicino qualcosa che mi rendesse felice appieno, all'inizio forse per capriccio, ma andando avanti capii quanto fosse quello che volevo fare. Ma quei tre anni non passavano più. La sentivo tutti i giorni, ci chiamavamo, ma tra i suoi allenamenti e spettacoli, aveva sempre meno tempo. Spesso mi chiamava la notte, a spettacoli finiti, ma io mi arrabbiavo perché era sempre stanca e si capiva dal tono di voce. Lei ribatteva, sostenendo che sentire la mia voce la faceva stare meglio. E io avrei solo voluto teletrasportarmi lì da lei e stringerla forte a me. Spesso le varie esibizioni che faceva insieme a Lara le potevo vedere in televisione e io e la mia famiglia ci radunavano in salotto per poterla ammirare. Io la guardavo estasiato: era migliorata tantissimo ed ero davvero fiero di lei.
Finalmente stava tornando da me. Era tornata in Italia da qualche settimana, ma aveva deciso di tornare a Padova per un po', sia per stare con la sua famiglia, sia per capire cosa voleva fare. E aveva deciso che voleva vivere con noi, più precisamente con me.
I suoi genitori non erano molto entusiasti della cosa. In quei sei anni era stata più in giro che a casa con loro. Ma, a ventun anni, era ormai cosciente di quello che voleva, appunto perché era stata poco a casa in una teca di vetro.
Tornai a casa dopo un'intensa mattinata di corsi e salutai mia madre e mia sorella, Celeste. Guardai l'ora: erano le tre del pomeriggio  e lei stava per arrivare. Lasciai la borsa vicino al divano e mi catapultai fuori di nuovo, fuori dal cancello. La giornata era particolarmente grigia, ma lei avrebbe riportato il sole. Guardavo dritto davanti a me e aspettavo, agitando il piede con impazienza. E poi vidi una figura in fondo alla strada. Sentivo il rumore delle ruote del trolley che correvano sull'asfalto. La figura si fece più vicina: era avvolta da un cappotto blu, e indossava dei jeans; i capelli erano cresciuti, lunghi come li aveva sei anni prima, ed erano sciolti incorniciandole il viso perfetto. Lei guardava  la zona con nostalgia, i suoi occhi correvano verso il quartiere. E mi vide. Si fermò e sorrise. Non resistetti più.
Corsi verso di lei, corsi come non avevo mai fatto, come se potessi perderla nonostante fosse a tre metri da me. Lei mollò le valigie e le borse lì, e spalancò le braccia con gli occhi pieni di lacrime. E finalmente, il suo corpo caldo ed accogliente.
-Bentornata Marina!- dissi non appena la strinsi a me.
-Sono a casa... Ivan!- singhiozzò sulla mi spalla. Era lì con me, era tornata.
-Non ti lascio più! Non esiste!- dissi mentre la guardavo negli occhi. Le asciugai teneramente le lacrime con i pollici e lei rise. La sua risata giunse alle mie orecchie come un richiamo d'amore. E, ancora una volta, non resistetti oltre. La baciai con fare possessivo, rude. Era mia ed era tornata da me. Lei mi circondò il collo con le braccia, le sue dita giocherellavano con i miei capelli. Ero avido di lei,  avido delle sue labbra che succhiavo e mordevo tentando di saziarmi,
-Marina!- Celeste gridò fuori dalla porta di casa. A mala voglia, mi staccai da lei e la aiutai a portare le sue cose in casa.
-Grazie- mi disse lei sorridendo. Quanto mi era mancata.
-Sono...sono a casa- disse lei entrando.
Mia madre corse ad abbracciarla.
-Ciao Marina! come stai?- le chiese.
-Bene! Un po' stanca- disse ridendo - Voi come state?- chiese.
-Ci sei mancata tanto- disse Celeste abbracciandola.
-Anche voi- mormorò lei.
Mamma aveva preparato il the per tutti, sapendo quanto lei lo amasse. Si levò il cappotto e lo appese sull'attaccapanni. Indossava un maglioncino nero attillato, le stava d'incanto. I suoi occhi verdi guardavano la casa come ad assicurarsi che fosse tutto in ordine. E io non riuscivo a smettere di guardare lei.
-Vieni!- la incitò mamma. Lei si sedette a tavola, accavallando le gambe e si scaldò le mani con il the bollente.
-Raccontaci tutto!- la incitò Celeste.
Io mi sedetti accanto a lei. Sorrise e fissò la tazza.
-Allora...io e Lara ci allenavamo in studi di danza diversi ogni sei mesi. Siamo passate da Monaco, a Parigi, a Londra, a Stoccolma...grandi città ecco.- iniziò a raccontare. -L'ultimo periodo ci siamo spinte fuori dall'Europa, a Mosca, visto che la De Luci è nata lì e ha studiato lì danza. Giravamo per i teatri delle città vicine per esibirci almeno una volta a settimana.-
Ad un tratto prese la borsa ed iniziò a frugarci dentro. Ne estrasse quattro pacchetti.
-Ecco, questi sono per voi!-
Ne diede uno ciascuno. Il mio era un pacchetto verde dalla carta lucida. Serena e Celeste la ringraziarono davanti ai vestiti che le aveva regalato. Io aprii lentamente il mio.
I miei occhi si illuminarono davanti ad una copia in inglese di "Romeo e Giulietta", di "Amleto" e de "La Tempesta".
-Grazie Marina!- esclamai abbracciandola.
-Bhe ti conosco un po', direi- mormorò lei. Passò l'ultimo a mia madre -Questo è per Pietro- esclamò.
Ci raccontò dei teatri, delle esibizioni fatte che più le erano piaciute, e ci fece vedere molte foto che aveva fatto in quegli anni. Avevamo passato ormai due ore a parlare, non solo di lei, ma anche di tutto ciò che era accaduto in quegli anni.
-Come va in Accademia?- mi chiese, appoggiando la testa sul palmo della mano.
-Benissimo! Stiamo proprio studiando "Sogno di una notte di mezza estate"-
Le si illuminarono gli occhi.
-Quando lo porterete in scena?-  mi chiese.
-Se tutto va bene, in primavera-
-Non vedo l'ora di vederlo- sembrava entusiasta. Era il mio tesoro.
-Tu cosa farai ora?- le chiesi.
-Bhe ecco...ho deciso di entrare in conservatorio. Voglio accantonare la danza per un po'. Alla fine, in questi tre anni è come se avessi lavorato da ballerina, sono stata pagata bene, ma ho lasciato stare il canto e mi dispiace- ci comunicò.
-Quindi...mi preparerò per l'esame di ammissione e vivrò qui-
-Buona fortuna Marina!- esclamò mia madre -Hai dei progetti ammirevoli! e sono felice che vivrai ancora qui con noi-
Marina arrossì. Era così bella quando arrossiva.
-Anche io, molto-
-Ti aiuto con le valigie- mi offrii, alzandomi da tavola.
Lei mi ringraziò. Afferrai alcune delle sue cose e salii le scale. Aprii la porta di quella che era e sempre sarà la sua stanza, ed entrai, appoggiando i suoi bagagli sul pavimento.
Lei mi seguì. Entrò e si guardò intorno con nostalgia. Alcune cose erano rimaste lì, come ad esempio la tastiera. Mentre lei si avvicinava ad essa, io chiusi a chiave la porta. Prima che potesse raggiungere la tastiera, le afferrai il polso e la feci aderire alla parete. Mi guardò spaesata. Le mie mani erano strette sui suoi polsi sottili.
-In questi giorni, dovrai compensare per tre anni di attesa. Ti aspettano giorni molto duri- le comunicai con un ghigno. Lei scrollò le spalle.
-Non ho paura.- disse sostenendo lo sguardo.
-Si inizia subito. Fai l'amore con me, Marina-
Lei rise.
-Non ero io quella impaziente?-
Sorrisi a quella affermazione che avevo fatto io tre anni prima.
-Me lo devi-
Mi fiondai sulle sue labbra, saporite e morbide. Non me ne sarei mai stancato. Erano le uniche labbra che volevo baciare e in quei tre anni ne avevo sentito la mancanza, quasi che credetti di non aver mai respirato fino a quando non furono di nuovo mie.
Mi staccai dalle sue labbra solo per sfilarle il medaglione che le avevamo regalato tre anni prima, e il maglione. Non indossava la canottiera ma un reggiseno rosso a balconcino. Sentii il flusso sanguineo aumentare a quella visione. Sono pur sempre un uomo no? Appoggiai una mano sulla guancia e ripresi a baciarla, sfiorandole l'orecchio e qualche ciocca di capelli. Poi le mie mani scesero fino al bordo dei suoi jeans. Li slacciai e li feci scivolare per terra. Lei li scalciò via, e si insinuò sotto la mia felpa prima di togliermela. Si morse un labbro e prese a baciarmi ancora. La guardavo con desiderio. Mi era mancato tutto di lei, e quasi non credevo che fosse davvero qui con me. Slacciai il reggiseno che cadde per terra e vidi le sua guance imporporarsi. Ed era adorabile. Mi impossessai del suo collo, facendo aderire i nostri petti, sentendo ognuno il battito dell'altro. Il battito del suo cuore era armonioso, forsennato. Alle mie orecchie giunse la sua voce ansimante. Con le labbra scesi per riesplorare quel corpo che amavo da morire. Appoggiò le sua mani sulle mie spalle, lasciandosi andare. Scesi fino all'orlo dei suoi slip e li afferrai con i denti, fino a far scivolare anche quelli. Le morsi l'interno coscia, ricoprendolo, poi, di baci, e risalii verso la sua bocca. Mi slacciò i miei jeans e i miei boxer, facendo sì che raggiungessero la mia felpa. La afferrai per le natiche, lei agganciò le sue gambe alle mia vita e la feci nuovamente. Mi era mancato vederla ansimare, implorare, gemere; vedere ogni sfaccettatura del suo viso e delle sue espressioni. Quando l'orgasmo ci travolse, strinsi a me il suo colpo caldo ma tremante uscendo da lei.
-Non lasciarmi mai più per così tanto tempo- le dissi, mentre le infilavo il reggiseno e il maglione. Scrollò i capelli spettinati e mi guardò.
-Penso che non sopravvivrei più nemmeno io-
Ok, avrei voluto farla ancora mia, ma non era il momento. Doveva essere esausta. Dopo essersi rivestita, si buttò sul letto a pancia in giù.
-Non addormentarti signorina- la rimbeccai.
Lei mugugnò.
-Perché?-
-Perché c'è una sorpresa per te sta sera! E se ti addormenti ora farai una tirata fino a domani mattina- la punzecchiai.
Si voltò a pancia in su.
-Ma io sono stanca- si lamentò.
Le diedi un bacio sulla fronte.
-Fai un piccolo sforzo. Ti farà felice-
Lei sorrise.
-Va bene, ma allora voglio un caffé-
-Subito- le diedi un altro bacio sulla fronte e scesi al piano di sotto.
 
 
Guardavo la mia stanza, era stata vuota per tre anni. Rimasi distesa ancora un po', con ancora la sensazione del corpo di Ivan sul mio. Furono tre anni lunghi, dove mi chiedevo spesso come stava, cosa stesse facendo.  Dopo quel momento, avevo capito come gli ero mancata esattamente come lui era mancato a me. Mi fece felice saperlo.
A gran fatica, mi alzai dal letto e iniziai a disfare almeno un po' le mie valigie. Soprattutto, se aveva una sorpresa per me, dovevo almeno prendere qualche vestito decente, sepolto chissà dove. Dopo un'ora ero riuscita a sistemare tutto, cercando di disporre tutto come era tre anni prima. Presi, quindi, un vestito rosso dalla gonna che arrivava a mezza coscia, con delle calze sotto. Pettinai i capelli e infilai un paio di scarpe con il tacco. Lui mi aspettava fuori dalla porta, bellissimo come sempre.
-Quindi dove andiamo?- chiesi curiosa.
-Ogni cosa a suo tempo!- mi rispose lui.
Io sbuffai. Aveva ragione, non avevo per nulla pazienza.
-Noi usciamo!- disse Ivan e io salutai con la mano.
Mi aprii la portiera dell'auto di Serena.
-Prego-
Io salii e mi misi comoda. Era la prima volta che salivo in macchina mentre guidava lui.
Guardavo la strada scorrere davanti a noi, mentre lui guidava senza fretta, ma alla giusta velocità. Nonostante il buio, riconobbi il tragitto verso il centro di Firenze, verso l'Accademia. Ivan parcheggiò e io scesi, un po' disorientata. Mi prese per mano senza dire nulla, ma iniziò a camminare. Sorpassammo la zona scuole, mentre io la guardavo nostalgica. Mi fermai davanti all'Accademia e sentii una tristezza crescere in me. Chiusi gli occhi e mi ritrovai per quei corridoi, con le mie amiche; nella sala prove con i miei insegnanti, o nel teatro ad esibirmi. Ivan mi diede un lieve strattone e io riaprii gli occhi sorridendogli. Camminammo ancora un po', verso vie dove non ero mai stata. Sulla nostra sinistra, c'era una pizzeria, dove Ivan entrò. Io lo seguii, un po' perplessa. Il cameriere, che sembrava conoscerlo, invitò Ivan e me a proseguire verso una saletta qualche gradino più in basso, dritta davanti a noi. Lì vidi Lara, che si guardava intorno.
-Ciao Lara!- esclamai, andandole incontro.
-Ehi Mary!- mi abbracciò.
-Anche tu qui?- le chiesi.
-è stato Ivan a chiedermi di venire!-
Guardai Ivan perplesso. Lui ci fece l'occhiolino e scostò la tenda davanti alla sala. Era buio.
-Attenzione ai gradini- ci prese le mani e ci guidò nel buio. Dopo aver tirato nuovamente la tenda, le luci si accesero all'improvviso.
-Bentornate!-
Davanti a noi, era riunita tutta la ex 5B. Aria, Amanda ed Elisa in primis, che ci vennero incontro, tra lacrime ed urla.
-Non ci credo!- feci io sorpresa.
-è stato Ivan ad organizzare questo- mi confessò Aria. La mia amica era cambiata in quei tre anni! I capelli le arrivavano sopra il seno, e non erano più rossi come quando la conobbi, ma castani, il suo colore naturale, con le punte blu, bellissime. Amanda quella sera aveva i capelli lisci, non l'avevo mai vista con i capelli lisci. Elisa, invece, aveva tagliato i capelli, sembrando molto più adulta.
Mi voltai verso Ivan.
-Grazie- dissi semplicemente. Mi baciò la nuca e mi sentii, per davvero, a casa.
Ci sedemmo a tavola, parlando, ricordando ogni nostra avventura. Io e Lara parlammo molto della nostra avventura in giro per l'Europa, e tutti loro raccontarono a turno cosa studiavano o dove lavoravano.  Ad esempio, Elisa voleva tornare a Lucca, la sua città d'origine, ma rimase a vivere con gli zii per studiare psicologia a Firenze, e tornava a casa il week end, un po' come faceva al liceo. A giugno, probabilmente, si sarebbe laureata ed ero fiera di lei. Amanda si buttò su conservazione dei beni culturali, seguendo qualche corso con Elisa. Aria aveva preso una pausa dagli studi, iniziando a lavorare nel negozio di strumenti dove lavorava Alex, e dando lezioni di chitarra in oratorio. Messi soldi da parte, entrò in conservatorio l'anno prima.
-Sono contenta di avervi rivisti tutti- dissi, a cena finita, fuori dal locale. Si erano fatte le undici, e molti il giorno dopo lavoravano o dovevano correre in facoltà.
-Dobbiamo farlo più spesso- esclamò Emilia.
-Andata!- esclamò Matteo.
-Ciao e grazie!- disse Lara. Salutammo tutti e ognuno andò per la sua strada.
Camminai mano nella mano con Ivan verso la macchina.
-Sei felice?- mi chiese ad un tratto.
-Moltissimo. Cosa ho fatto per meritarti?-
Lui si fermò e mi guardò.
-Cosa ho fatto IO per meritare te- precisò, scandendo quell' io. Si chinò e mi baciò. Era più alto di me, nonostante indossasse i tacchi. Dovetti alzare un pochino la testa per guardarlo negli occhi, mentre stringevo tra le dita la sua camicia. Sorridevo come un'ebete, ero piuttosto certa di questo. Ma andava bene così.
Tornati a casa, salimmo le scale in punta di piedi.
-Bhe..è stata una giornata intensa-
Lui annuì e rise, grattandosi la testa. Sembrava un po' inquieto.
-Vieni!- mi prese per un braccio e mi guidò in camera sua.  Lo guardai perplessa mentre apriva un cassetto dalla scrivania.  Prese qualcosa e tornò da me.
-Marina...so che siamo, probabilmente, una coppia assurda- cominciò lui. Io lo guardavo, non capendo cosa volesse dirmi. -Tu sei una ballerina, io un attore. Tu ami il dolce, io il salato. Tu ami il freddo, io lo detesto. Sei un'amante del the, del caffé, mi dai del pigrone ma nemmeno tu scherzi- nel dirlo rise, mostrando le sue adorabili fossette - Tu sei una testarda allucinante, una ragazza timida ma passionale. Hai mille facce diverse e io le amo tutte. Tu sei Veneta e quando provi a parlare il vostro dialetto mi fai un sacco ridere. Io sono Fiorentino, e ridi per come parliamo noi. Tu sei mia. E io sono tuo. E detto questo..-
Mi sembrò che il tempo rallentasse in quel frangente. Si inginocchiò davanti a me, e mi mostrò cosa aveva preso. Era una scatola rossa. La aprì: dentro c'era una fede argentata.
-Marina Rinaldi, vuoi sposarmi?-
Mi mancò il fiato.
-Ivan...ma abbiamo ventun anni...cioè-
-Non adesso scema!- esclamò lui irritato -Ma tra qualche anno. Quando avrai finito il conservatorio, e quando io avrò finito l'accademia. Ma voglio che, se litighiamo, se ti arrabbierai...se starai per tradirmi, tu ti ricordi di questo istante. Del fatto che ti amo. Che ho provato qualcosa per te dalla prima volta che ti ho visto, anche se non te l'ho mai detto. Che voglio passare il resto della mia vita con te-
Lo fissai imbambolata. Mi portai una mano sulla bocca e iniziai a singhiozzare. Piangevo davvero troppo spesso da quando mi ero trasferita li.
-Sì- dissi tra le lacrime -Sì lo voglio!- mi inginocchiai e lo abbracciai.
-Qualunque cosa accadrà tu devi sapere che il mio posto è dove sei tu. E tutto è sbagliato se non ci sei. Quindi sì, mille volte sì- dissi tra i singhiozzi.
-Vale lo stesso. -
E fu quello, probabilmente, il giorno più bello della mia vita.
 
La vera proposta me la fece alla soglia dei ventisei anni. Avevamo vissuto sotto la stesso tempo per praticamente nove anni, ci consideravamo una coppia sposata che abitava con i genitori. E la cosa faceva ridere. Quando capitava di litigare, pensavo davvero a quella proposta fatta e mi bloccavo. Mi ripetevo quanto lo amavo e quanto davvero lo volevo nella mia vita per sempre.
I miei genitori erano venuti a trovarci. Lo facevano spesso. E fu allora che Ivan decise di chiedere la mia mano a mio padre. Ormai, anche loro si erano abituati all'idea, e quindi acconsentirono. Io ero uscita dal conservatorio proprio quell'anno, ed avevo deciso di studiare per diventare un'insegnante di canto. Non mi ci vedevo a fare la cantante, ma volevo fare di quella passione il mio lavoro. Ivan si stava dedicando alla carriera di doppiatore. Lavorava già per piccoli ruoli ed ero fiera di lui.
Oggi è il giorno del matrimonio. O per lo meno, lo è stato. La cerimonia fu gradevole. Aria, Elisa ed Amanda erano le mie damigelle, bellissime come sempre. Furono loro ad aiutarmi a scegliere il vestito, insieme a Serena e a mia madre. Lo trovai subito. è bianco avorio, le maniche in pizzo, la scollatura a cuore, il corpetto con perline bianco perla, la gonna dallo strascico, che avevo sempre amato fin da piccola. Il velo mi ricadeva fin sulla schiena scoperta, facendomi sentire una donna bellissima e speciale. Mio padre mi ha accompagnata all'altare porgendomi il braccio al quale mi ero ancorata con sicurezza e, quando lo lasciai per raggiungere il mio bellissimo sposo, ho sentito come se la parte più piccola di me fosse rimasta vicina a mio padre. Quando, oggi pomeriggio, ho pronunciato quel fatidico sì, mi sono sentita davvero completa. Ho sentito che la mia vita sarebbe iniziata. Ora sono qui, nella camera di casa Innocenti che mi ha ospitata per tutti questi anni. è vuota, spoglia dalle mie cose. Mi fisso allo specchio, mi guardo nel mio abito da sposa. Sono sposata. Sorrido allo specchio come una bambina. La sera sta calando, vedo le luci del tramonto. In me risuonano mille canzoni diverse.
-Amore- mi volto e vedo mio marito entrare.
-Dobbiamo andare, la nostra nuova casa ci aspetta-
Si affianca a me e mi bacia sulla nuca. Lo fa sempre per coccolarmi.
-Non ti fa nostalgia entrare qui?- gli chiedo, mentre mi prende la mano per guidarmi fuori da lì.
-Sì..e pure molta. Per questo ti porto fuori. Perché non voglio vederti triste-
-Ma io non potrei essere più felice di così!-  ribatto, fermandomi sulla soglia.
-Ok, ma un po' nostalgica. è normale. Mi sembra ieri che sei arrivata qui la prima volta- dice lui, allentando il nodo della cravatta.
Annuisco, pensando la stessa cosa. Quegli anni erano stati turbolenti, ma mi avevano dato tanto. Mi avevano resa felice.
Rimango a guardare la stanza ancora qualche secondo. Poi mi volto verso Ivan e dico:
-Andiamo-
Mentre chiudo la porta, ho l'impressione di vedere una Marina di quindici anni entrare per la prima volta in quella stanza, trascinando zaini e valigie, piena di paure e preoccupazioni;  e insieme a lei, c'è uno scorbutico Ivan, pieno di pregiudizi e scheletri nell'armadio, che la aiuta a svuotare la valigia. E non ha idea, che sarà la prima di molte.
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Non ci sto credendo che siamo arrivati alla fine! Ho iniziato a pubblicare il tutto più di due anni fa! Sono andata veramente a rilento per un sacco di motivi diversi, mi vergogno di me stessa. Spero non accada più!
Grazie a chi ha letto questa storia piena di zucchero e miele, sdolcinatezza e amore (che io mai riceverò, AAA cercasi un Ivan, grazie)
Penso che comincerò a pubblicare anche la nuova storia (che pubblico anche su Wattpad) tra qualche giorno.

Vi auguro una buona Pasqua, spero passiate una bella giornata. Io sono seduta sul letto ad osservare la pioggia che scende inesorabilmente da quando i 5 Seconds of summer sono arrivati qua in Italia, e rido. No, in realtà sto piangendo perché non sono andata al loro concerto giovedì, ma it's ok.
Vi lascio qualche social dove potete addarmi se vi va:
Twitter: LenaRailgun
Instagram: silvia.lena27
Wattpad: Lena Railgun

Ancora grazie!
Lena

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