Christmas without you

di Rinalamisteriosa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** .1. ***
Capitolo 2: *** .2. ***
Capitolo 3: *** .3. ***



Capitolo 1
*** .1. ***


Nickname sul forum e su EFP: Rinalamisteriosa

Titolo raccolta: Christmas without you

Personaggi e pairing (se presente): Cecily Herondale, Ella Herondale, William Herondale, Theresa Gray-Herondale (Accenno Will/Tessa e accennino Tessa/Jem)

Numero Parole: 1152 in totale

Note autore: Non sono solita immaginare il Natale di una persona che ha appena perso qualcuno, che sia un parente o l’amore della sua vita. Immaginare l’ultimo Natale dei piccoli Herondale e il primo dopo la morte di Ella, appunto. Oppure pensare al primo Natale di Tessa senza Will. Ci ho voluto provare, spero di aver fatto un buon lavoro ^^

Disclaimer: I personaggi non mi appartengono e non ho scritto a scopo di lucro.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Natale, 1872 (178 parole)

 

 

 

Era l’ultimo Natale di Ella Herondale, ma ancora nessuno poteva saperlo.

Durante la notte, in Galles, aveva nevicato abbastanza: un manto candido di neve aveva ricoperto interamente il terreno fuori casa, il lago ghiacciato, gli alberi intirizziti, le montagne eleganti.

Will si svegliò mettendo a fuoco il sorriso radioso di Ella che lo trascinava fino alla finestra dai vetri appannati d’umidità.

Era normale l’impazienza della piccola Cecy, che scalpitava per poter andare fuori a giocare, mentre la più grande richiedeva giusto un minimo di tempo per intrecciare i suoi capelli scuri, una caratteristica che loro tre avevano ereditato dalla madre.

Quando Ella ebbe finito, venne il tempo dei giochi spensierati, che fu bello e divertente; fecero fantasiosi pupazzi di neve e si sfidarono in una chiassosa battaglia a palle di neve, in cui Ella Herondale uscì trionfante, a discapito dei piccoli.
L’ultima immagine che Will rammentava, oltre all’ostentata fierezza e al sorriso così simile a quello della mamma, fu la pacca sulla spalla che lei gli diede mentre il padre li richiamava a casa per prepararsi al pranzo abbondante di Natale.

 

 

 

 

 

 

Natale, 1873 (220 parole)

 

 

 

Con Ella – la fiera, impavida, saggia Ella – era stato abbattuto uno dei pilastri fondamentali dell’infanzia di William Herondale.

Dalla sua morte, nulla era stato più come prima, il ragazzino fuggì lontano dalla sua famiglia rifiutando ogni contatto con loro.

Aveva pensato che, rinchiudendosi dentro l’Istituto di Londra e accettando di essere addestrato come lo Shadowhunter che doveva essere, perché quel destino ineluttabile ce l’aveva scritto nel sangue, avrebbe protetto madre, padre e sorellina dalla maledizione che aveva stroncato brutalmente la vita di Ella.

Così, Will vergava lettere che non spediva mai, faceva qualunque cosa per non pensare alla sua famiglia, serbava i suoi veri sentimenti nei recessi della propria anima.

Sì comportò male con tutti all’Istituto, poiché, se fossero arrivati ad affezionarsi a lui, sarebbero incorsi in una tragica fine. Si rese sgradevole e odioso anche alla festa di Natale, un dodicenne davvero ingrato e dalla lingua tagliente, mentre il grigiore uggioso di Londra veniva schiarito dalla lieve caduta della neve.

E quando rimase solo, Will sprofondò tristemente nella consunta poltrona accanto al camino e iniziò a leggere Il Canto di Natale di Charles Dickens. Almeno sembrava interessante, la storia del vecchio avaro Ebeneezer Scrooge.

«Nessun vento turbinoso era più aspro di lui, nessuna neve in tormenta più costante nei suoi propositi, nessuna pioggia insistente meno condiscendente alle suppliche: il tempo più orribile non lo toccava».

 

 

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Capitolo 2
*** .2. ***


Natale, 1872 (364 parole)

 

 

Quella mattina invernale, Cecily Herondale si destò nell’udire la voce forte e chiara della sorella maggiore che svegliava il fratello.

Stropicciandosi gli occhietti chiari, la bambina scostò le coperte di lana, gattonò fino al bordo del letto, balzò giù e li raggiunse, non nascondendo una genuina meraviglia davanti al bellissimo paesaggio innevato fuori dalla finestra della camera di Will.

Impaziente, era stata la prima a coprirsi dalla testa ai piedi per uscire fuori e supplicò infantilmente Ella di fare presto con quelle sue trecce scure, ricevendo in cambio una risatina leggera e una battuta sul fatto che la neve non si sarebbe mica sciolta soltanto perché lei stava concedendo un minimo di tempo ai propri capelli.

L’aria che li investì una volta fuori era sì gelida e pungente, ma anche piacevole e rivitalizzante, ogni residuo di stanchezza svanì sostituito dall’euforica prospettiva di poter giocare tutti insieme con la neve.

Cecily si vantò di aver realizzato i due pupazzi di neve più belli, finché non avvertì una palla gelata colpirle in pieno la spalla destra e rispose al ghigno di suo fratello abbassandosi per ricambiare rapidamente il gesto.

Tuttavia, Ella la anticipò e centrò prima il fratellino, per poi mirare a lei.

I tre si divertirono moltissimo in questa improvvisata ed esaltante battaglia a colpi di neve, anche se Ella si mostrò più esperta e veloce di loro come in ogni cosa che faceva, che si trattasse di arrampicarsi sui rami più alti degli alberi o di vincere a nascondino.

Dopo che la vide dare una pacca sulle spalle a Will, Cecily, seppur avesse tenuto un adorabile broncio per la sconfitta subita, si fece contagiare dalle loro risate e pregò il fratello di portarla in spalla fin dentro casa.

«Come mai, Cecy? Non dirmi che ti sei sbucciata un ginocchio, perché c’è la neve e ciò è impossibile, avrebbe attutito ogni caduta!» la canzonò il ragazzino, e intanto si piegava per farla salire.

Cecily scosse la testa in segno di diniego e si aggrappò a lui, le guance ancora arrossate per l’euforia causata dai giochi e i ridenti occhioni azzurri.

«Gwilym, promettimi che giocheremo ancora. La prossima volta saremo noi a battere Ella!» esclamò, quando non erano a portata d’orecchi della maggiore, prima di pranzo.

 

 

 

 

 

Natale, 1873 (220 parole)

 

 

Cecily non era ancora abbastanza grande per capire gli avvenimenti sconvolgenti dell’ultimo periodo.

La mattina del dieci novembre ormai trascorso, si era svegliata e suo padre l’aveva tenuta lontana dalle camere dei due maggiori.

Aveva sentito distintamente le urla strazianti di dolore della madre provenire dalla stanza di Ella.

E nell’attimo in cui Cecily era riuscita a intravedere suo fratello, l’aveva visto pallido e terrorizzato come se lui avesse visto un fantasma, oppure un’anatra gigante. Suo padre si ostinava a dirle con voce spezzata che andava tutto bene, di non preoccuparsi, ma la bambina non capiva perché stesse mentendo, soltanto per tenerla buona?

Quella notte, Cecily si era assopita con il proposito di raggiungere, appena sveglia, il fratello e la sorella, stavolta nemmeno i suoi genitori l’avrebbero fermata!

Ma era troppo tardi: Will era fuggito mentre tutti dormivano ed Ella giaceva dentro una cassa sigillata, che più tardi Cecily avrebbe scoperto trattarsi di una triste bara.

Non vide più i suoi fratelli, non importava quanto la bambina piangesse o urlasse per la loro mancanza.

Quel Natale, i suoi genitori non se la sentirono di festeggiare.

Quel Natale, però, Cecily smise di versare le sue lacrime. Il tempo dei giochi era finito.

Era l’unica figlia rimasta a Linette ed Edmund Herondale, lei doveva essere forte per crescere, per sostenerli meglio in futuro e per riportare a casa il fratello perduto.

 

 

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Capitolo 3
*** .3. ***


Natale, 1937 (170 parole)

 

 

 

Per Tessa Herondale, quel Natale non esisteva veramente, non era mai arrivato, si trattava di un giorno senza importanza, senza gioia, senza vita.

Il tempo si era bloccato quando Will, il suo Will, era spirato fra le sue braccia.

E allora il sole aveva smesso di brillare per lei, mentre metà del suo cuore moriva con lui, che per anni era stato tutto quanto, il centro del suo mondo, la fonte della sua felicità, il padre dei suoi figli. Figli adorati ai quali augurava ogni bene, che amava incondizionatamente, ma che la perdonassero per questo, non poteva più vivere con la sua famiglia.

La vista di un altro caro in fin di vita le avrebbe realmente inflitto il colpo di grazia.

Era meglio starsene da sola, viaggiare, convivere con dolore e ricordi, accontentandosi di un solo giorno all’anno dedicato all’incontro con l’unico rimasto che potesse comprenderla fino in fondo e darle un motivo per non impazzire.

Un motivo per continuare a sperare, ad aggrapparsi all’amore che non moriva mai veramente.

 

 

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