Wonder Monday - You Can Survive

di Axia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


pansy 11

#WONDER MONDAY

(Tutti conoscete i disclaymer e il copyright, sapete cosa appartiene a chi qui sotto)

(Buon Natale pecorelle)

 

 

 

 

 

 

« Sometimes you do something, and you get screwed. Sometimes it’s the things you don’t do and you get screwed.»
- Chuck Palahniuk

 

 

 

 

 

 

 

Latitudine: 51°30'30? N
Longitudine: 0°07'32? W
Camden Town – Londra

 

 

 

 

 


Le sette del mattino.
Le fottute sette del fottuto lunedì mattina.
Glorya Malfoy si Materializzò in mezzo alla strada precipitando così in mezzo a un cumulo di neve nel buio più totale.
Cristo, non sembrava neanche giorno ancora.
Prince Albert Road era praticamente deserta, anche quelle due deficienti del 204B che facevano jogging con la grandine e il monsone si erano dileguate.
Ma non lei, no, perché l’inculata era arrivata la notte prima verso le dieci.
Se Gilda Tempest Mandrake, sottolineando il doppio cognome, chiamava allora i soldatini dovevano scattare in piena notte, mettersi sull’attenti e correre da lei a Notting Hill per sostituirla con l’alieno, che da due settimane non faceva che provare la nuova capacità vocale.
Il bastardello li aveva fregati tutti. Nato il 29 novembre, aveva passato i primi quattordici giorni di vita nel silenzio più totale, facendo cadere tutti gl’imbecilli nella sua trappola.
Coccolato, vezzeggiato, il piccolo amore della mamma.
E sti cazzi.
Era molto probabile che quell’esperienza l’avesse segnata a vita.
Doveva informarsi: l’assicurazione sanitaria copriva un’isterectomia totale di emergenza? Perché non era più sicura di volersi affidare unicamente agli anticoncezionali canonici.
Gli ospedali facevano storie con certe richieste? Magari poteva incastrare Lucas con una vasectomia se sbatteva abbastanza le ciglia. O lo sbatteva abbastanza per un week end intero tanto da fargli fumare le orecchie.
C’era anche la seria possibilità che tutti i suoi ovuli sani si fossero suicidati agli strilli uditi quella notte e i pochi sopravvissuti stavano tentando di ammazzarsi fra di loro per farsi un gesto di cortesia.
No, sul serio, ma che problemi avevano i neonati per gridare a quel modo? E le poppate? E pesarli prima e dopo ogni bevuta? I cambi di pannolino, il rigurgito, il vomito, gli acuti…
Il suo totale disinteresse per i bambini aveva finalmente avuto senso. Era spirito di conservazione all’ennesima potenza, magari legato alle sue visioni. Sì, non poteva esserci altra spiegazione.
Ian Mortimer Mandrake l’aveva vaccinata. Con un po’ di fortuna avrebbe vaccinato anche Lucas una volta che Colin, sull’orlo del collasso, avesse lasciato il suo erede a quei quattro imbecilli dei suoi amici per fare i babysitter.
Ian le avrebbe fatto un servizio gratuito.
Poi chissà, magari se avessero così tanto voluto crescere un essere umano avrebbero potuto adottarne uno già grandino. Sulla ventina.
Chissà se Lex sapeva come eseguire la procedura, rimuginò fra sé ciondolando pericolosamente con la testa avanti e indietro, gli occhi che le bruciavano come quando ad Halloween aveva dormito per dodici ore senza togliersi le lenti a contatto colorate.
Potevano addormentare Lucas, allungarlo sul tavolo in cucina e Lex poteva fare due tagli netti. O legare quello che andava legato…
La confusione mentale per la notte insonne proseguì fino ai gradini del suo palazzo.
Il portiere ebbe la decenza di non dirle nulla, forse qualcosa delle sue occhiaie spiritate lo mosse a compassione. Il che era dire molto, Mr Gandolfi non era esattamente il tipo di uomo che qualcuno vuole far irritare, specialmente i visitatori inaspettati in quel palazzo dove abitavano a tempi alterni Jonny Buckland, la chitarra solista dei Coldplay e l’amante gay, perché l’altra amante etero stava a Chelsea, di un militante del partito liberale inglese.
Senza farlo apposta avevano preso in affitto la loro prima casa insieme in una specie di covo per reclusi e Mr Gandolfi, che secondo Lucas e Houser era un ex CIA, gestiva quel palazzo con il pugno di ferro. Una volta il gay del quinto piano aveva lasciato detto di non far salire l’amante/compagna di sesso etero del deputato, così si era scatenata una specie di piccola rivolta in quel legame poliamoroso fino a trasformarsi in una vera e propria rissa da bar in mezzo all’androne, cui gran parte dei coinquilini avevano assistito scommettendo su quale dei due amanti alla fine avrebbe avuto la meglio.
Non per la prima volta da quando cinque mesi prima si erano trasferiti tutti e tre a Camden Glory pensò che quel quartiere fosse troppo. Troppo tutto.
Era già stato sufficientemente imbarazzante chiedere ai suoi genitori la controfirma in banca per un mutuo su cui alla fine avevano deciso di comune accordo di non imbarcarsi (Lex e la sua lungimiranza, alleluia!), quindi c’era stata l’altra non poco indegna questione dei conti cifrati dei due Phyro da sistemare, il che li rendeva praticamente due mendicanti visto che il governo americano aveva alzato loro il dito medio se non lasciavano al Fisco una bella mancia e alla fine Glory aveva detto addio alla sua barca, con non poco rammarico ma conscia di non voler toccare la sua eredità prima del tempo.
Inoltre a Camden Town qualunque cosa era eccessivo e sopra le righe. I colori, la gente, il mercato e gli artisti di strada, i turisti in cerca di divertimento. Ma sempre meglio di Shoreditch, dove Faith abitava nella sua scatoletta o dei quartieri bene di Kensington dove i Potter-Malfoy ancora proliferavano, troppo costosi perfino per le tasche di due mercenari e di una Veggente che praticamente prevedeva il mondo spaccando l’atomo. E i secondi.
Ma a differenza sua i suoi vagabondi coinquilini si erano dimostrati spudoratamente entusiasti del nuovo loft quando l’avevano trovato grazie a una conoscenza di Linnie, modella di venticinque anni pronta al pensionamento e lanciata nel prestigioso mondo del cinema per fare la comparsa aliena nel prossimo Star Trek.
Non era un’ingrata. Le piaceva l’appartamento, non era né cieca né stupida. Stanze ampie e soffitti alti, parquet e mobilio moderno, il loft era appartenuto alla modella per poco tempo ed era stato usato solo come base tra uno spostamento e l’altro quando la tizia voleva tenersi lontana dal casino del centro.
Perciò fra l’entusiasmo di Lucas per la loro nuova vita insieme, Lex che le aveva assicurato che potevano considerarla solo una sistemazione temporanea e il fatto che l’affitto non li avrebbe svenati nel giro di un mese, aveva accettato di vivere a Camden schiacciata di fronte a quella magnifica macchia verde che era Primrose Hill Park nel quartiere degli alternativi.
Ma Glory non l’aveva mai sentita davvero davvero casa.
Anche la sua barca dopo essersene andata dalla Lucky House e poi dal cottage sull’Isola di Skye erano stati solo delle sistemazioni di fortuna. Possibile che anche insieme a Lucas e Lex non potesse trovare un posto da sentire davvero suo?
Le porte dell’ascensore si aprirono all’ultimo piano e l’unica cosa che le giunse al naso, gli altri sensi erano ormai fuori uso, fu il profumo del caffè.
Abitare di nuovo con Lucas non era stato chissà che shock. Le vecchie abitudini erano rimaste tali e ben poche si erano evolute: continuava a dormire in boxer scoperto anche d’inverno anche se ora prediligeva il lato del letto che dava verso la porta, aveva sempre il sonno leggero di un soldato in trincea, lasciava tazze da the nei posti più strani e rompeva per prendere un cucciolo.
Di che specie non era stato chiarito ma al momento lei e Lex lo stavano impalettando verso la zona canidi e felini domestici, più che piranha in vasca o altre amenità del genere.
Lex…Lex era un’altra storia.
Quell’uomo faceva orari strani. Studiava il suo algoritmo da nerd come un forsennato chiuso all’interno dello sgabuzzino, non capivano se stesse meditando di passare al crudismo tanto per far incazzare Houser così da chiuderlo fuori casa e a bilanciare il suo disturbo ossessivo compulsivo per l’ordine dei loro libri (centinaia) in ordine alfabetico c’era la sua straordinaria capacità di far sparire la Zoppa-Non-Più-Tanto-Zoppa prima che lei arrivasse.
Amava quell’uomo. Era ordinato, sapeva cucinare e ricucirsi un dito tutto da solo, come Lucas girava in boxer completamente incurante di tutto e tutti e nonostante la piccola enorme pecca che comprendeva il suo farsi la Sharp, era raro che Lex gliela lasciasse vagabondare sotto al naso.
Lex Saxton rendeva la vita più bella.
Anche Lucas, nudo di mattina era una favola, ma Lex che si preoccupava di tenerle alla larga quella demente era ancora meglio.
Glory non fece in tempo a togliere la chiave dalla serratura che la giornata, già iniziata male, finì direttamente nel cesso. Si rimangiava tutto. Lex Saxton era uguale a suo padre. Se non peggio.
Victoria Sharp saltellava nell’open space su uno stivale solo, intenta a chiudersi la zip della gonna con una mano e a schiacciarsi fra braccio e fianco un plico di cartelle del tribunale.
Dietro di lei quel bastardo figlio di un Mangiamorte stava seduto sullo schienale del divano, sorbendo la miscela messicana regalo di Miss Cruz come nulla fosse.
- Buongiorno.- ebbe il coraggio di dirle, giulivo – Pronta per il primo giorno di lavoro?-
Lo ignorò. Come ignorò la Sharp che la guardava spaventata di potersi prendere qualcosa da lei dato il suo aspetto da zombie. Ignorò il bagno occupato, il caffè quasi finito, scavalcò il cappotto della Squala che stazionava in mezzo al corridoio e seguendo la luce che proveniva dalla terra promessa raggiunse la sua camera da letto.
Si buttò di peso a faccia in giù fra le morbide lenzuola calde di Phyro appena uscito dal sonno.
Scoprì la beatitudine. Bellissimo. Un’esperienza mistica.
La sveglia digitale segnava le 07.09 minuti.
Alle 07.10 precise Lucas Potter spalancò la porta in una folata di vapore, allegro come un furetto sotto steroidi ed ebbe il coraggio di darle una pacca sul culo passandole a fianco.
- Forza tesoro, sveglia! È ora di andare a lavorare, primo giorno! Edward deve passarci il nostro primo caso! Hai mezz’ora per prepararti!-
La vita era crudele. Crudele e pallosa.
Fanculo il lavoro, poteva farsi mantenere da quei due o potevano fare tutti e tre i barboni, magari i parassiti dei loro genitori…prima o poi qualcuno delle loro famiglie sarebbe morto e sarebbe stata ora di raggranellare un po’ di cash.
Sapeva cosa l’aspettava. Un primo caso orripilante, intrighi politici, capi spocchiosi e colleghi da entrambe le barricate coperti da una buona dose di razzismo.
Il primo caso della Squadra Omega di lunedì mattina.
L’unico raggio di sole in quel lungo cammino di penitenza che li attendeva era l’incontro con Gil.

 

 

 

 

 

 

 

Latitudine: 51°30'30? N

Longitudine: 0°07'32? W

Westminster, fra Broadway e Victoria Street

 

 

 

 

 

 

 

 

- Ehi, guarda dove vai ciccio palla!-

Mancò poco che il caffè gli finisse sul cavallo dei pantaloni, il che bollente com’era sarebbe stato un guaio. Fu così una fortuna quando, appena uscito dalla metro e andato a sbattere contro un giocatore di basket a occhio e croce, la miscela incandescente gli finì dritta in faccia.

Avrebbe potuto darsi fuoco ai baffi e avrebbe ottenuto lo stesso risultato.

Spalancò la bocca in un gemito a malapena trattenuto mentre il giocatore dell’NBA gli lanciava un’occhiata disgustata e s’infilava nel vagone quasi calpestando una vecchia.

Classica fretta del lunedì, classica cortesia dei londinesi a quell’ora del mattino e classico garbo verso la sua pancetta, ormai non più tanto discreta sotto al cappotto, anzi.

La sua rotondità a forma di uovo gli aveva causato non pochi soprannomi da parte dei colleghi e d’altronde non c’era ambito come quello degli spogliatoi della polizia per alimentare i pettegolezzi.

La metro sferragliò verso la fermata seguente ripartendo con un sibilo, portando con sé una folata d’aria calda e un turbine di pagine di giornale mescolate al tanfo dei tunnel.

Si rimise in marcia.

Albert “Gil” Pierce era un Babbano. Un ordinario Babbano.

Tutto in lui gridava comune, nella media. Piuttosto spesso anche sotto la media. I capelli biondo sporco un po’ radi alle tempie, le cravatte assurde comprate da sua madre a ogni compleanno, il gilet in tweed.

A vederlo nessuno gli avrebbe dato una cicca, altro fatto che sua madre amava rammentargli.

Era un uomo che aveva superato la quarantina, scapolo, con la tipica espressione negli occhi di chi conosce a menadito ciò che la vita ha in serbo per lui.

Un baratro di solitudine, con colleghi sanguisughe pronte a fregargli le promozioni e i giorni liberi, una madre che si ostinava a vivere per ripicca e solo un timido criceto ad attenderlo a casa.

Era in momenti come quello, ammirando la propria immagine goffa nelle pubblicità plastificate della galleria o nelle vetrine, che Gil Pierce si fermava.

Ostinato si piantava sul cemento e si domandava se davvero un affastellarsi di giorni tutti uguali fosse quello che meritava, quello che il destino aveva in mente per lui.

Ok, era un omuncolo represso e un tantinello troppo romantico per le moderne donne dell’epoca e il suo aspetto fisico non lo aiutava di certo, ma da qualche parte doveva esserci qualcosa che lo attendeva.

Un’avventura.

Una donna gentile che non lo trovasse eccessivamente repellente.

Il caso più importante della sua carriera magari, quello che avrebbe potuto farlo balzare da semplice detective capo di una squadra di lavativi a Capitano.

Nessuno lo avrebbe detto ma era bravo nel suo mestiere, anche svolgendo la maggior parte del lavoro da solo. I suoi tendevano più che altro a firmare i verbali, ecco.

Quindi sì, fissandosi nella platinata pubblicità di un farmaco prostatico, alimentò come ogni mattina la speranza che qualcosa stesse per accadere.

Che ci fosse una sorpresa ad aspettarlo in ufficio.

Sì, pensò raddrizzando le spalle. Doveva solo crederci.

Quel giorno tutto sarebbe cambiato.

Un secondo più tardi un senzatetto urinando nell’angolo lì accanto, girandosi per chiedergli degli spiccioli ancora nel mentre dell’azione, gli centrò in pieno le scarpe.

- Buon lunedì mattina! Grazie signore e Buon Natale!-

Così lo salutò il barbone qualche minuto più tardi, in mano il caffè ricomprato che avrebbe dovuto bersi Gil e un muffin ai mirtilli.

Le sue scarpe fradicie non gli fecero sconti nella sua camminata verso il 35 Victoria Embankment e con trenta centimetri di neve mal spazzolati dalle strade quando entrò nello Yard tutto ciò indossava sotto al ginocchio era da buttare via.

Zuppo, piedi gelati, faccia ustionata, camicia sporca, affamato.

- Buon lunedì mattina Gil!- lo salutò Henry, la guardia sveglia, perché c’era anche Rupert con lui, la guardia che dormiva più o meno fino all’ora di pranzo.

- Albert. Albert!- mugugnò fra sé, masticando il suo nome fra i denti come un osso che non riusciva a mandar giù. Ma in fondo erano vent’anni che Gil era entrato nel vocabolario comune.

Ecco Gil-Road Pierce gente! Quello che da matricola in Gilroad Street un giorno fece scattare un allarme anti incendio in un ristorante coreano per salvare poi alla fine un semplice gatto rosso.

E perdersi la più grossa partita di eroina che Londra ai tempi avesse mai visto, perché con il casino scatenato dall’allarme un gruppo di trafficanti era fuggito e Gil aveva fatto saltare una retata che il Commissario, ai tempi, aveva organizzato da circa un anno.

Così era stato messo a fare le multe per la bellezza di ventiquattro mesi e cavolo se ce n’era voluto per rifarsi una reputazione. Il nome però, no, Gil gli era rimasto impresso come il marchio di un prosciutto di qualità.

- Ehi Gil! Ho i documenti che cercavi sul caso Rastogi!-

La segretaria del Capitano Hollander gli mollò in braccio una fila impressionante di cartelle, passando come una scheggia su tacchi da dieci centimetri – Vuole i primi risultati per l’ora di cena! Ah, ti cercava Dunn!-

Cinque secondi dopo passò Dunn per l’appunto, strizzata in un tailleur senza grinze e la faccia imbestialita da pechinese sotto acidi.

- Gil, hai svolto le ricerche sulla professoressa? Hollander vuole sapere a che punto siamo con le ricerche in casa sua!-

Notare, Georgia Dunn era una sottoposta da tre anni.

- Non dovevate occuparvene tu e Cronin?- le chiese col naso nascosto dalla pila di documenti che la collega non si sognò neanche di spartire per aiutarlo. Infatti, come da copione, la Dunn storse il naso guardandolo come si studia un vecchietto di memoria corta.

- Io e Adam siamo stati alla conferenza su quel nuovo metodo di archiviazione impronte, ricordi?-

- Non era giovedì scorso?-

- Si ma abbiamo dovuto studiare le statistiche per tutto il week end, Dio è stato così stressante!-

Un altro tizio, stavolta con una ciambella glassata in bocca, gli passò a fianco e con un sorriso sporco di cioccolata gli piazzò un altro file sotto agli occhi.

- Ehi Gil, ecco il rapporto che volevi su quella polvere trovata nel salotto della Rastogi. Si tratta di un misto di erbe, sai, roba per quei pazzi che frequentano i maghi. Tranquillo, mi ringrazierai con una bistecca stasera! Alle 20 da De Amicis.-

- Ehi, aspetta Will… di che erbe parliamo? Ehi! Perfetto.- sbuffò, andando a piazzarsi nella sua affollatissima scrivania d’angolo, proprio incastrata fra gli scaffali della cancelleria e la porta del bagno dei uomini. Fece del suo meglio per tenere in bilico quel nuovo plico di carta straccia sulle torri già esistenti sul suo tavolo, ma neanche farlo apposta qualcuno usciva sempre dal bagno e ne buttava a terra un bel po’.

Praticamente passava metà delle sue mattine accucciato per terra e fu lì, a carponi, che lo trovò il capo. Da come stava messa la sua vena sul collo doveva aver ricevuto novità poco gioiose.

- Capitano.- salutò rimettendosi ritto.

- Gil.- Hollander non era male. Era della vecchia scuola. Rasato, alto e ben piazzato per uno che va verso i sessanta. Aveva sopportato i cambi di generazione, la buoncostume e l’arrivo dei maghi insieme a tutte le nuove leggi. Era uno tosto, che sapeva spronare i suoi e trattava tutti con rispetto.

Due sole persone riuscivano a farli saltare i nervi e non erano né stupratori né gli omicidi.

La moglie si trovava in vacanza, un ritiro spirituale nel Devon o roba del genere. L’altra persona era il tizio super strano, super ambiguo e super giovane che comandava i maghi.

Da quelle parti non passava spesso e Hollander generalmente apprezzava che non facesse numeri da circo del suo distretto ma quella mattina presto doveva essersi presentato in pompa magna perché ora il capo puzzava di fumo di sigaretta e artigliava le nocche come se fra le dita avesse avuto delle noci che voleva frantumare.

- Riunione per la tua squadra fra dieci minuti. Il Capo degli Auror ci manda qualcuno per il caso di Priya Rastogi, lavoreranno con voi.-

Metà dell’ufficio si fermò. Il tipico ronzare dei pc, il chiacchiericcio, le penne che cozzavano sui tablet, perfino la macchinetta del caffè sembrò bloccarsi.

Adam Cronin fu il primo a riprendersi, scavalcando Gil con un balzo.

- Capo non abbiamo bisogno di quei pagliacci!-

Georgia Dunn ci mise del suo in un secondo – Non possiamo fare affidamento su quelli! Si prenderanno tutto il merito del caso! Non sono neanche in grado di comportarsi normalmente, è follia poter pensare di attuare il progetto del Sindaco!-

Nello spazio di breve tempo il distretto si tramutò in un pollaio, Hollander venne letteralmente sommerso di lamentale più o meno accorate che passavano subito a un light movie di razzismo neanche tanto velato. Da parte sua Gil si rimise a sistemare le pratiche che Cronin, sempre un suo sottoposto, gli aveva buttato a terra passandogli di fronte.

Personalmente non aveva granché contro questo nuovo progetto del Sindaco Sadiq Khan. Era dal 2016 che il sindaco ci provava e ora sembrava che in sordina lui e gli altri capi dello Yard fossero riusciti a infiltrare un piccolo nugolo di maghi fra le loro file. Gil quasi non poteva credere che avrebbero lavorato insieme soprattutto al caso Rastogi.

Come mai erano stati scelti proprio loro?

Certo, avevano un buon tasso di risoluzione dei casi, ma non erano certo la omicidi o il reparto di analisi comportamentale.

Probabilmente era dovuto proprio alla sparizione di Priya.

Un’attivista donna rapita nella propria casa nonché famosa professoressa di Cambridge che faceva conferenze in tutto il mondo e nota simpatizzante della Fusione Pro Magia doveva essere salita in cima all’interesse della stampa. Quale modo migliore per promuovere una liaison fra le due forze dell’ordine?

- Bella merda Gil, bella merda!- sbottò Cronin risvegliandolo dai suoi macchinamenti – Non potevi dire qualcosa anche tu? Ora avremo a che fare con streghe, spiritelli e folletti e col cavolo che risolveremo il caso!-

- Io non lavoro con quelli, sono diversi da noi!- sbuffò anche Georgia – Non sanno niente dei nostri metodi, è assurdo! Ci faranno solo perdere tempo!-

- O forse troveremo la professoressa e avremo tutti il week end libero.- ironizzò bruscamente Gil, dando loro le spalle per riordinare la scrivania – Prima troviamo la Rastogi e prima sarà al sicuro sana e salva. C’è una donna rapita, tengo a ricordarvelo.-

- E con quelli fra le palle non risolveremo niente.- Cronin gli puntò il dito addosso, scrutandolo con aria di compatimento – Vedrai se non ho ragione.-

C’erano molti lati negativi nel lavorare con due come la Dunn e Cronin. Erano spesso in ritardo, lavoravano lo stretto necessario dopo mezzogiorno di venerdì e non erano mai reperibili.

I lati positivi? Tendevano a non interessarsi delle opinioni altrui, dando per scontato di essere tali affabili oratori da convincere tutti delle loro idee, quindi nessuno si aspettò che Gil avesse qualcosa da dire contro le loro stoiche e lapidarie osservazioni.

Lui infatti era intento a leggere il rapporto della scientifica su alcune prove rinvenute in casa Rastogi.

Nel salotto della professoressa erano state rinvenute tracce di radice di mandragora, comune edera e bacche di vischio. Lui non ci capiva niente, figurarsi, faceva morire anche le piante grasse ma erano un inizio: dopo aver battuto a tappeto per gli ultimi due giorni i contatti di Priya e i suoi movimenti bancari era arrivato al punto di doversi affidare alla sorda vicina di casa della sua vittima, una donna che li aveva fatti sgolare per mezz’ora prima di dire loro che aveva il the sul fuoco e non voleva essere disturbata.

Beh, se non altro i maghi avrebbero saputo rispondere alle sue domande quasi subito, magari quell’indizio sarebbe stato decisivo. Ne era sicuro, erano a una svolta!

Si girò di scatto per attaccarsi al telefono ma facendolo andò a sbattere di striscio contro qualcuno e per l’ennesima volta tutti i faldoni sulla sua scrivania traballarono, tanto che il plico dei movimenti bancari di Priya finì giù dall’angolo su cui stava in bilico.

Non piombarono mai a terra però, rimasero inspiegabilmente a galleggiare a pochi centimetri dal pavimento. Ne rimase così sconvolto da non accorgersi subito della ragazza dai capelli biondo platino apparsa al suo fianco.

Mosse semplicemente le dita, le unghie tinte di un bel blu notte, e tutti i fogli si mossero velocemente per rimettersi in ordine atterrandogli diligenti fra le mani.

Dalla sua bocca spalancata non uscì un suono tanto la cosa gli parve surreale.

La bionda invece gli regalò un fugace sorriso.

- Ciao Gil.-

Era alta, magrissima, molto avvenente, con gli occhi di due colori diversi e stava insieme a tre uomini e un ragazzo più giovane ma nessuno di loro sembrava uno dei maghi il cui aspetto canonico risiedeva nell’immaginario della gente.

Erano vestiti normalmente, come andavano in giro ora i ragazzi seguendo la moda. Skinny jeans, pantaloni cargo, parka, piumini e sciarpe.

Al massimo due di loro potevano sembrare pazzi perché indossavano giacche ridicolmente leggere per il clima, ma niente sembrava gridare “bizzarro” se non fosse stato per l’uso della magia fatto dalla ragazza.

Tentò di articolare qualche vocabolo, restando penosamente a bocca asciutta.

- Ehi, è lui Gil?- le chiese quello moro con cui stava a braccetto.

- È lui. Ragazzi, vi presento il detective Albert Pierce, Gil per fare prima.-

Ancora più sconvolto, stavolta riuscì a forzare fuori una frase di senso compiuto.

- Sa…salve. Ci conosciamo?-

- Non ancora. Ma lei sa anche di che colore porti le mutande.- mugugnò il tizio di colore che stava nelle retrovie, guardandosi attorno con fare circospetto – Il vostro capitano dov’è?-

Hollander scelse quel momento per mettere il naso fuori dalla porta vetri del suo ufficio e vedendoli sospirò, scrutandoli uno a uno con quanta più educazione possibile mentre il piccolo gruppetto iniziava ad attirare i primi sguardi incuriositi dell’ufficio.

- Mr Dalton mi ha detto che sareste arrivati.- disse Hollander piazzandosi di fronte alla bionda, cui strinse la mano – Mi ha detto che sarà lei la nostra referente. Miss Malfoy, esatto?-

- Glorya Malfoy, prego.- si presentò la ragazza annuendo – Cos’altro le ha detto Mr Dalton?-

- Che vi sareste arrangiati da soli senza la sua presenza.-

- Tipico.-

Molto in imbarazzo ed evidentemente fuori dai suoi schermi Hollander fece loro segno di seguirlo nel suo ufficio. Nella manciata di minuti in cui rimasero soli Gil notò che la tensione nelle spalle del suo capo si allentava, nonostante avesse più volte mosso la testa a scatti, come se le parole dei maghi lo avessero colto di sorpresa.

Sembravano giovani. Adatti al lavoro più fisico delle ricerche. Tutti dai venticinque ai trent’anni e mentre l’afroamericano parlava con un accento di New York, tutti gli altri erano inglesi, forse addirittura di Londra.

- Sembrano così normali.- borbottò Ida, la segretaria del Capitano, appostandosi dietro alla sua sedia e senza neanche provare a far finta di fare qualcos’altro che non fosse spiarli – Non me li immaginavo così. Cosa ti hanno detto?-

- La donna. Lei sapeva il mio nome…- bofonchiò Gil, troppo intento a seguire i movimenti delle labbra da lontano per darle corda – Ha sistemato tutti i miei fascicoli senza battere ciglio usando la magia... è stato stranissimo.-

- Allora può farci da cameriera.- ironizzò Cronin in sottofondo, quindi si fece più sprezzante – Ora dobbiamo anche insegnare a quei pivelli come stare al mondo.-

- Se il Capo degli Auror ce li ha mandati devono essere speciali.- fece Gil, ignorando l’altro che roteò gli occhi – Finché non sappiamo che cosa sanno fare ti consiglierei di usare cautela. Ricordi quel bancario un paio di mesi fa? Fece delle avance a una strega in mezzo alla strada e quella gli ha fatto comparire la scritta PORCO in fronte formata da pustole. Non vuoi che ti capiti, vero Adam?-

- Cazzo Gil, ma da che parte stai?-

- Da quella della professoressa Rastogi.- replicò immediatamente, perdendo la pazienza – Qualunque aiuto mi fa comodo. Me ne frego se fanno uscire conigli dai cilindri. E ora muovete le chiappe, tutti in sala riunioni.-

Sarebbe stato divertente se l’essere spiati come pesci in un acquario non avessero reso la situazione così patetica.

La sala riunioni aveva le pareti trasparenti come gran parte degli uffici dello Yard e tutti quelli che passavano si sentivano in diritto di schiacciare faccia e naso contro i vetri, fissando i loro ospiti come scimmie allo zoo.

Una situazione davvero imbarazzante. Gil si sarebbe seppellito di vergogna per quella mancanza di serietà ma anche volendo quei cinque erano talmente singolari da risvegliare in lui un lato indiscreto che non credeva di possedere. Avevano delle bacchette? Da quanto praticavano la magia? Che lavoro facevano quando non aiutavano le persone normali? C’era una task force di maghi che si occupava di gente scomparsa? Come mai Miss Malfoy sapeva il suo nome?

- Allora…- attaccò il Capitano con tono deciso, dimentico del suo precedente nervosismo per tentare di mettere subito pace in quel clima teso. Si guardò attorno, conscio che sarebbe stata un’impresa disperata. I suoi erano barricati nella parte destra del tavolo ovale, facce ingrugnite che non tentavano neanche di mascherare la loro avversione per quella situazione. L’unico era Pierce, ma Gil era l’unico dei suoi uomini che sembrava avere un interesse personale nel caso e l’unico a gradire i cambiamenti, di tanto in tanto.

Era in piedi all’angolo, teneva le sue cartelle come uno scolaretto eccitato e non staccava gli occhi dai presenti all’altro lato della barricata, seduti compostamente attorno alla bionda a fare cerchio.

E ora lui aveva l’ingrato compito di spiegare le novità.

- Allora, come vi avevo informato questa mattina avremo un aiuto specifico nel caso Rastogi. Signori, vi presento la Squadra Omega del Quartier Generale degli Auror, ce l’ha mandata Mr Dalton perciò si tratta di una questione ufficiale.-

- Con ben poca fanfara.- commentò Cronin.

- Sì, è stato deciso insieme al sindaco e i capi dello Yard. Al momento questo nostro primo incarico verrà trattato con riserbo e senza pubblicità…-

- Nel caso sia un fiasco totale.- bofonchiò la Dunn.

Hollander guardò entrambi come due mosche moleste e a quel punto decise con delizia e un pizzico di meschinità di dare tutti i dettagli.

- Si tratta del primo caso a cui la Squadra Omega viene affidata e non sono Auror, ecco perché Mr Dalton li ha scelti per questo caso in comunione con Scotland Yard.-

L’incazzatura precedente dei suoi sottoposti stava tramutandosi in sdegno, anzi, in puro panico.

Solo Pierce là in fondo sembrò abbastanza collegato al cervello da fare domande giuste.

Alzò la mano come a scuola, ma senza attendere un cenno spiò i cinque maghi con aria stranita.

- Quindi non siete forze magiche ufficiali.-

Glorya Malfoy gli rispose con un cenno affermativo.

- Il nostro lavoro è ufficiale per il Quartier Generale, ma non abbiamo la carica di Auror.-

- Non siete neanche poliziotti quindi…- fece Georgia Dunn.

- No.- rispose di nuovo la strega placidamente – Siamo stati scelti perché siamo maghi, ma abbiamo capacità in diversi settori e sappiamo infiltrarci nei campi in cui la presenza Babbana opera per la maggior parte.-

- Avete esperienza con…noi, quindi, esatto?- le chiese Gil.

- Sì. Mr Saxton, Mr Houser e Mr Potter hanno lavorato per gli ultimi anni della loro carriera per il governo americano. Mr Houser faceva parte dell’esercito e dei SEAL, nel caso vogliate credenziali più specifiche.-

Né a Glory né a Gil sfuggì come Hollander fosse leggermente impallidito sentendo il cognome di Lucas, ma decise di proseguire con le presentazioni.

Indicò il ragazzo più giovane al suo fianco – Mr Wade è l’unico Auror di livello nella nostra squadra, è uscito dall’accademia a pieni voti e conosce la Londra occulta come le sue tasche. È il nostro tracker. Da ultima in un ufficio a sua scelta la nostra analista informatica Miss Archibald sta lavorando insieme ai tecnici del governo del sindaco e di Scotland Yard nello sviluppo del nuovo programma di ricerca che unirà i dati Babbani a quelli di noi maghi per facilitare il lavoro di tutti.-

- Ne ho sentito parlare!- fece Gil, illuminandosi, poi vedendo gli sguardi di fuoco dei due colleghi si smontò lievemente – È un progetto rivoluzionario. Indicherebbe immediatamente alla polizia la tipologia di mago, se il sospettato lo fosse, a cui daremmo ipoteticamente la caccia. Potrebbe salvare vita e velocizzare i tempi del nostro lavoro.-

- Ed ecco perché il sindaco ha spinto per questa “prova” diciamo così, fra le nostre squadre. Ora, Miss Malfoy a quanto ne so lei è una Veggente…-

- Veggente?- Gil interruppe il Capitano senza vedere il suo sguardo esasperato, avvicinandosi al tavolo come un golden retriever eccitato – Tipo…carte, palle di vetro e tazze da the?-

Ci fu qualche risata sommessa, toni gentili dai maghi e più sprezzanti dai detective i quali chiaramente non tentavano più neanche di contenere il proprio sdegno, ma prima che Gil potesse pentirsi di aver aperto la sua boccaccia pensando di essere stato inopportuno o addirittura villano, la bionda gli sorrise di nuovo in modo del tutto indulgente.

- Dietro alle mie spalle.- disse, squadrandolo attentamente con i suoi occhi bicolore mentre tutti fissavano la stanza principale della sezione – C’è un uomo con una cravatta rossa. Tra due secondi riceverà una telefonata.-

Si trattava di Bill Bronson, un veterano dello Yard. Come aveva detto Miss Malfoy gli squillò il cellulare, attaccandovisi con aria preoccupata.

- È una telefonata importante. Sta per sorridere…ha ricevuto una bella notizia. Un figlio. No, un nipote. Femmina.-

In brevissima sequenza Bronson fece esattamente ciò che lei aveva predetto, staccandosi del cellulare per mettersi a dire a tutti che sua figlia aveva appena avuto una bambina. Tutto l’ufficio si congratulò con lui.

- Sembra uno di quei trucchi/truffa che ci insegnano a riconoscere durante i corsi di aggiornamento.- commentò Georgia Dunn.

Non contenta, anche Glory perseverò con la tipica espressione di famiglia che stava a indicare un carrarmato pronto ad asfaltare gl’imbecilli.

- La donna bionda con lo chignon all’ingresso. Il postino le rovescerà il caffè addosso e sarà molto arrabbiata perché un po’ del caffè le finirà sulla gonna e lei voleva usarla per far colpo su di lei, Mr Cronin, ma non serve a molto perché vi incontrate nello stanzino durante la pausa pranzo da circa un mese e mezzo. Lei dal canto suo sta meditando di tenersela buona non sapendo come potrebbe finire l’appuntamento con la detective Dunn che ha in programma per oggi. Nella tasca ha due biglietti per la tribuna a Epsom e nonostante la sua collega non sia né una fan dei cavalli né dell’essere la sua seconda opzione riuscirà a trascinarcela, ma punterà sul cavallo sbagliato dopo che l’avrà convinta a prestarle trecento sterline. Piccolo spoiler detective Dunn, non glieli dia.-

Se una formica avesse fatto dei piccoli passetti nella stanza anche un sordo l’avrebbe sentita, perché non volò più una mosca per numerosi secondi dopo quell’ultima battuta.

Wow, wow, wow.

Gil era tutto un fremito, non poteva crederci.

Ma conosceva abbastanza Georgia per sapere che stava per esplodere in una tirata poco lusinghiera, così si rivolse a Cronin, stringendosi nelle spalle.

- O ci fai vedere le tasche o è il caso che andiamo avanti Adam.-

Tutta una serie di espressioni che variavano dall’omicida all’imbarazzo sfumarono via via sulle facce dei due che alla fine a denti stretti si misero composti. E muti.

- Molto bene.- bofonchiò Hollander passando a Gil il comando della lavagna multimediale – Ora che ci siamo tutti quanti acclimatati, direi di presentare il caso.- guardò quindi Glory di sottecchi – Per chi non lo conoscesse già, parliamo del rapimento della professoressa Priya Rastogi, sparita due giorni fa dal suo appartamento cittadino qui nella capitale. Pierce, presenti tu?-

Gil non se lo fece ripetere due volte, si rivolse unicamente ai maghi e mostrò subito il primo piano del viso di Priya che gli procurò un nodo alla gola.

La foto mostrava una donna sulla cinquantina, indiana, con un colorato foulard attorno ai capelli neri e una pesante collana di piena dure al collo. In una seconda immagine la si vedeva a capo di un sit in di protesta con megafono e striscioni, una valanga di gente alle spalle e davanti a un poliziotto in tenuta da sommossa.

 - Priya Rastogi, 48 anni, divorziata. Nata ad Agra, in India, i suoi genitori sono immigrati qui quando lei aveva cinque mesi, entrambi in vita. Ha la doppia cittadinanza. Laureata a Cambridge in Diritto Civile, ha conseguito altre due lauree e ora insegna nella sua alma mater, fa anche conferenze in tutto il mondo. Fu una dei primi docenti britannici a comporre una tesi con tema sulla Magia. Ha studiato la vostra storia, il vostro ordinamento politico e nelle sue lezioni al college istruisce i suoi studenti sui basilari diritti civili che la nostra società necessita per un’integrazione totale.-

- Una vera attivista d’altri tempi.- commentò L.J. fissando le foto che si susseguivano sullo schermo – Guardate, quella è la marcia di tre mesi fa a Leicester Square.-

- Prima ancora a Piccadilly.- annuì Lucas – Non se n’è fatta sfuggire una.-

- La professoressa Rastogi non è fra i capi del Movimento d’Integrazione Magico.- disse Lex, dimostrando di aver fatto i compiti a casa nei cinque minuti in cui Edward li aveva ragguagliati su ciò a cui andavano incontro – Ma è sempre in prima fila insieme ai rappresentanti fondatori. Non sarebbe male farci due chiacchiere.-

- Ci abbiamo provato.- disse Gil – Fino ad oggi nessuna risposta, ma sappiamo dove è stata rapita. Priya ha due appartamenti. Uno di città per stare accanto ai suoi ad Acton, nelle vicinanze di Heathrow. L’altro si trova nei pressi della facoltà a Cambridge. Era in città per una conferenza che doveva tenere sugli ostacoli che hanno le coppie miste nello sposarsi se uno dei due è dichiarato persona magica, ma non è mai arrivata a destinazione.-

- Chi ha dato l’allarme?-

- La sua segretaria. Interrogata, non ha saputo dirci nulla delle sue abitudini personali e Priya non era una donna discreta.- proseguì Gil – Al momento non frequentava uomini, l’ultima relazione risale ad alcuni mesi fa e il tizio è in un qualche posto sperduto fra gli sherpa per meditare. Ho controllato. La porta di casa è stata scardinata, c’è voluta molta forza. All’interno c’erano pochi segni di lotta, non mancava nulla se non il portatile della professoressa e la scientifica ha rinvenuto alcune tracce nel suo salotto su cui voi forse potreste fare luce.-

Eccitato mosse i documenti verso Glory, finalmente riuscendo a sedersi dopo tanta adrenalina.

- Mandragora, edera e bacche di vischio?-

- È insolito?- le domandò Hollander.

- Sono ingredienti che possono comparire in molte pozioni.-

Fregandosene dei gemiti di Cronin e della Dunn, Gil la incalzò – Qualcosa di specifico?-

- Che tipo di donna è?- gli domandò il moro con gli occhi celesti, mostrando al polso sinistro uno spesso bracciale di metallo – Come ve l’hanno descritta? Una…festaiola? Una che amava stare con i suoi studenti?-

- Di certo non stava a casa a fare la calza.- commentò Hollander – Una vera combattente per i diritti. Dagli anni ’80 fa parte di un gruppo femminista, non ha mai smesso di fare beneficienza nei centri abortisti del paese ed era in piazza a urlare con i megafoni quando hanno votato per i matrimoni omosessuali. È una che si fa sentire.-

- E ha pestato i piedi sbagliati.- borbottò Cronin.

- Sarebbe a dire?- gli chiese Lucas.

- Andiamo, chiunque lotti per una causa si fa sempre dei nemici e la Rastogi era una molto vocale nel Movimento Integrazione. Un sacco di maghi incazzati conoscono lei, i suoi libri e le sue conferenze. All’università abbiamo trovato un cassetto pieno di bizzarre lettere minatorie.-

- Lettere parlanti eh?-

- Che cazzo, strillavano come invasate!-

- Quindi pensate che sia stata rapita da maghi?- domandò Glory – Sono loro i primi indiziati?-

- In verità non abbiamo nessun indiziato per ora.- le disse Gil – Ho seguito i conti bancari, tampinato il telefono dei suoi genitori in caso di riscatto, nessuno ha chiamato e nessun corpo è stato ritrovato per fortuna. Ho i suoi amici attivisti attaccati alla porta che vogliono sapere cosa le sia accaduto giorno e notte e tutto quello che ho sono quelle erbe. Il vostro aiuto mi farebbe davvero comodo.-

- Siamo riusciti a lavorarci la stampa, ma la cosa scoppierà fra non molto, quindi avete poco tempo.- disse Hollander – Pensate di potercela fare?-

Glory studiò i compagni, quindi annuì verso il Capitano – Conosciamo gente fra gli Anti- Fusione e anche Babbani che non vedono di buon occhio il Movimento d’Integrazione. Dopo aver studiato l’appartamento della professoressa andremo direttamente a interrogarli. A noi non serve un mandato.-

- Mr Dalton sa come fare le cose.- commentò il Capitano con una leggera punta di disapprovazione – So che vi ha lasciato carta bianca, spero che sappiate cosa fate perché il mio dipartimento non risponderà di eventuali denunce. Chiaro?-

- Cristallino.- gli dissero in coro quei cinque.

Hollander si sentì improvvisamente esausto – Vi serve altro?-

La bionda si alzò, il piumino in mano – Solo Gil, ce lo portiamo via.-

Da bravo “ultima scelta” nella vita in generale, il detective si perse del tutto. A scuola era stato il classico ragazzino cicciotto che viene preso in giro, usato come bersaglio con le palle o scelto per ultimo quando era ora di fare le squadre. Nelle questioni di cuore era stato messo da parte dalle sue due uniche conquiste per uomini con un po’ più di addominali e un po’ meno resistenze a fare vite avventurose. In ufficio lo obbligavano a fare tutto, quindi quando venne selezionato con tanta nonchalance il suo cervello andò in corto.

Non sentì le lagne dei suoi sottoposti, non udì i lamenti della Dunn che non voleva farsi mettere in panchina da un branco di fattucchieri, non gli arrivarono all’orecchio neanche le raccomandazioni di Hollander che gli consigliava di fare attenzione.

Non si sa come si ritrovò nell’atrio, attorniato da cinque giovincelli freschi come violette a caccia di una donna rapita, senza mandati e senza supporto. Parlavano uno sull’altro, agitando bacchette e sbraitando ai cellulari ma Gli era quasi certo che sul bracciale di metallo del moro ci fosse un drago e che quel drago lo stesse fissando storto.

Gli sembrava di stare su una nuvola.

Gli sembrava quasi un’avventura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Latitudine: 51°30'30? N

Longitudine: 0°07'32? W

East Acton – Londra

 

 

 

 

 

 

 

Non tra le zone più famose di Londra, Acton era vastissimo con quartieri diversissimi tra di loro. La parte a nord era decisamente post industriale con vecchie fabbriche quasi tutte in disuso, mentre a est si estendevano caseggiati economici a perdita d’occhio.

Quando vi si Smaterializzarono i ragazzi furono accolti da una pozzanghera di neve annacquata color topo, dopo di che il povero Gil si piegò a novanta gradi, preso da una nausea assassina.

- Prima volta eh?- gli domandò Lex, chiedendogli di fare lunghi respiri – Tranquillo detective, ora le passa.-

- Io ancora non ho capito perché ce lo siamo portato dietro però.- borbottò Houser, che non aveva fatto scattare tutti i metal detector dello Yard solo perché Lucas gli aveva confiscato le pistole per darle a un barbone.

- Perché è Gil.- gli rispiegò Glory per l’ennesima volta, aiutando il Babbano a non cadere a faccia in giù nelle pozzanghere d’acqua – Lo sai perché. Lui viene con noi, punto. Allora, l’indirizzo?-

Josh Wade, che aveva fatto la grazia alla Veggente di unirsi all’unità Omega quando erano stati ufficiosamente assunti dal Quartier Generale degli Auror, era stato una vera manna dal cielo e anche quel giorno dimostrò che aveva fatto bene a chiedergli di far parte del gruppo.

Entrato tardi in accademia Josh era riuscito comunque ad uscirne a pieni voti in gran fretta, sbaragliando la concorrenza e chi pensava che una testa calda come lui non avrebbe mai combinato nulla nella vita. Inoltre i suoi anni sabbatici passati a non fare un cavolo insieme ad Artie Haviland gli aveva dato una conoscenza di Londra e degli stronzi che l’abitavano assai utile.

Si poteva quasi dire che Josh Wade conoscesse tutti in città e quando le aveva confermato di conoscere molti dei Babbani del Movimento per l’Integrazione, anche la falange meno pacifica, Glory aveva mentalmente fatto i salti di gioia e il motivo era molto semplice.

Qualcosa nella Rastogi non andava.

Nel senso che proprio non capiva dove fosse.

Certo, riusciva a vederla al momento legata al termosifone di un comune bagno inglese (bianco e blu) ma ogni volta che Glory tentava di percepirne le intenzioni, sue e dei rapitori, qualcosa si sballava e tutto il futuro diventava un ammasso inconsistente di frammenti d’immagini e decisioni prese a metà.

In poche parole, la testa di quella donna era un gran casino.

I rapitori erano in quattro al momento e tutti, dal primo all’ultimo, avevano una maschera da carnevale veneziano sulla faccia il che oltre a rendere palese i loro gusti pacchiani li rendeva anche irriconoscibili.

Parlavano in faccia alla donna, uno di loro le stava fisicamente molto vicino ma a Glory la professoressa non sembrava particolarmente intimidita, anzi, sembrava parlare a voce alta a ripetizione. Quello a fianco doveva essere il capo e portava sul collo un cerotto di garza quadrato, che probabilmente copriva un tatuaggio fresco.

La cosa era estremamente frustrante.

Avrebbe dovuto risolvere quel caso in quattro e quattr’otto ma che Merlino bruciasse, non sembrava in grado di prevedere cosa sarebbe successo quella volta.

La cosa la irritava da morire.

E l’appartamento della vittima?

Wow. Un’accozzaglia di suppellettili affastellati ovunque, orpelli di ogni genere di religione appesi qua e là, il manifesto del movimento di liberazione femminile appeso sopra un caminetto usato come libreria improvvisata dato che sulle pareti sembrava non esserci più spazio neanche per la polvere.

E lo studio? Fogli ovunque. Ovunque. Post it appesi persino sullo schermo del pc fisso, scritte a pennarello indelebile sui vetri delle finestre, citazioni o pagine di giornale pinzate sulle tende.

- Questa donna lavora anche mentre dorme.- commentò Houser entrando nella stanza con aria impaurita – Ma che cazzo…capisco l’attivismo, ma tesoro prenditi una pausa ogni tanto.-

- Mi sa che la pausa se la sta prendendo adesso attaccata alla stufa di un qualche maniaco di estrema destra.- disse Lex dalla cucina e non era difficile sentirsi, quel piccolo monolocale sarebbe stato abbastanza spazioso per una persona se non fosse stato per la massa di oggetti che sembravano far crollare le pareti addosso a chi entrava.

- Termosifone.- chiarì Glory.

- Come ti pare, ma la prof ha bisogno di un hobby.- sentenziò L.J. andando a sedersi sulla sponda della vasca, anche questa ricolma di vecchi libri dai titoli assai noiosi – Ehi detective, nessuno ha visto niente vero?-

- No e la vecchia qua accanto è sorda.-

- Ehi gente, ma le avete lette le credenziali di questa donna?-

Oltre alla laurea in Diritto Civile spiccavano vari trattati su importanti figure stregate nella storia umana (la prof ci aveva azzeccato sia su Maria la Sanguinaria sia su Roosevelt, ma col cavolo che Napoleone era stato uno di loro) e l’ultima sua laurea risaliva a due anni prima in una bizzarra diramazione storica tanto da sembrare ridicola, ma che in quei tempi doveva essere stata parecchio all’avanguardia.

- Occultamento magico e i cataclismi culturali ad esso legato.- lesse Josh, spiando sul suo tablet mentre continuava a studiare attentamente il minuscolo soggiorno del monolocale – Potrebbe trattarsi di una semplice fanatica, ma le sue posizioni non sono estreme. Richiede semplicemente pari diritti per entrambe le categorie quindi non la definirei una vera fissata. Guardate, ha numerosi libri di magia di seconda mano, tipo quelli che avevamo noi a Hogwarts ai primi anni…-

- Hogwarts?- riecheggiò Gil.

- È la scuola di magia dei maghi.-

Il detective sbatté le ciglia più volte, fissandoli allibito.

- Avete una scuola di magia?-

Lucas ridacchiò – Certo bello, dove pensi che impariamo a usare i nostri poteri? Ce ne sono altre in Gran Bretagna, Hogwarts è la più famosa.-

- Io pensavo…non so, che vi venisse naturale.-

- Beh, certo, ma per affinare la magia servono anni.- gli spiegò anche Lex, dalla cucina – I bambini e gli adolescenti hanno delle severe restrizioni in quanto all’uso della magia fuori dagli istituti. Alla maggiore età siamo liberi e tecnicamente abbastanza dotati d’intelligenza per non farci beccare. Almeno, così accadeva quando eravamo adolescenti noi, poi la magia è stata svelata e…-

Si guardarono intorno, accerchiati dai trattati e dalle tesi della professoressa Rastogi.

- È proprio affascinata dalla magia.- commentò Glory – E ossessionata dal rivelare quanta più verità possibile sul nostro mondo, ma non mi sembra impaurita. Da una che è nata negli anni settanta però non c’è di che stupirsi.-

- Già, è una guerriera in svariati campi.- Gil annuì più volte, tutto convinto – E non ha mai avuto paura neanche in strada, voglio dire, purtroppo oggi la polizia subisce cariche diverse dagli anni passati. Sono obbligati alla tuta anti sommossa anche durante le manifestazioni civili. Trovarsi di fronte a un manganello non è facile, neanche agitarlo su una donna armata solo di un cartellone di polistirolo e buone intenzioni. Ma Priya…wow, non si fermava mai. Va a ogni riunione, scrive i loro manifesti, incontra le vittime della burocrazia. Ha devoluto i ricavati del suo ultimo libro per pubblicità alle coppie miste che vogliono sposarsi, promuove persino delle giornate nelle scuole affinché i più giovani sappiano cosa sta succedendo.-

- Ah ah. E da quand’è che tu e la prof ci date dentro?-

La domanda di L.J. sembrò buttare il Babbano nello sconforto più totale. Il che sarebbe stato divertente in altre occasioni, anche con il resto della squadra che lo guardava male.

- Che c’è?- sbuffò Houser all’occhiataccia di Josh – La prof almeno è una donna. Provaci anche tu ogni tanto Wade, non ti farebbe male.-

- Eccolo che ricomincia.-

- Dico solo che non dovreste sbandierare il vostro stile di vita indecoroso di fronte a me. Già devo sopportare quei due…- disse, rivolto a Lucas e Lex – Cruz e Imogen, ma anche tu… Dio, ho vergogna per tutti voi.-

Gil rosso come un peperone li guardò con aria interrogativa.

- Come sapete di me e Priya? Cioè…non che ci sia qualcosa, giuro…-

- Dovevamo abbandonare Houser in autostrada.- sibilò Josh, ignorandolo completamente per abbassarsi sotto il letto e bingo! C’era una grossa scatola buttata di traverso sotto al materasso, abbastanza pesante da obbligare il giovane Auror a faticare per farla uscire.

Una volta aperta però venne fuori un pandemonio. Una quindicina di Strilettere schizzarono fuori indemoniate, iniziando a gracchiare tutte insieme ma queste infami a differenza delle sorelle non si sbriciolarono a messaggio finito, anzi, continuarono le loro tiritere minacciose a gran voce, cercando di parlarsi l’una sull’altro. Le zittirono subito, agitando bacchette con la facilità con cui lui si grattava il naso.

La differenza di metodologia durante l’indagine non era poi tanto diversa, Gil aveva potuto appurarlo durante uno dei tanti corsi di aggiornamento con gli Auror a cui aveva partecipato volontariamente, a differenza di altri che ci erano stati spediti a calci dal capitano, ma quei ragazzi non facevano che strabiliarlo. Erano giovani, si muovevano con la tipica irruenza dei primi tentativi da matricola in campo investigativo facendo una valanga d’ipotesi assurde per poi cremarne ben poche ma decisamente valide. Erano rapidi nel cercare le tracce e trovare collegamenti ma alcuni di loro lo lasciavano davvero spaesato, prima fra tutti la medium.

Le bastava toccare qualcosa per ottenerne delle visioni, da quello che aveva visto poi al distretto non aveva nemmeno bisogno del tatto. Era come se avesse occhi un paio di passi avanti nel futuro e ben piantati su qualunque cosa si muovesse.

Gil si scoprì ad avere un’altra tonnellata di domande per loro e al momento non sapeva cosa lo frenasse dal gettarle tutte addosso al suo nuovo gruppetto. Solo la scomparsa di Priya calava un’ombra scura su quel nuovo avvincente incontro…

- Fra queste in casa e quelle all’università ci saranno almeno un centinaio di lettere di minaccia. Non ci sono solo Strilettere, la maggior parte qua è scritta da Babbani.- fece Josh, passandone a manciate un po’ a tutti.

Ne lesse una a sopracciglia alzate – “Contamini i nostri figli e le nostre tradizioni. Muori strega, brucia all’inferno.” Wow. Che fantasia.-

- Questa è pure firmata, è la moglie di quel predicatore che danno in tv la domenica. “Sei la sposa del diavolo, tu e le tue sorelle infangate il ruolo della donna e della madre, partorendo creature impure e idee malsane. Pentiti!”- sghignazzò Lucas, scuotendo la testa – Merlino, che ha la gente nel cervello? La professoressa ha mai fatto denuncia Gil? Qualche seccatore più insistente degli altri?-

- Già controllato. No. Prendeva queste missive col sorriso sulle labbra, ha sempre detto che non fai bene il tuo lavoro se non ricevi degli insulti dai filistei. Per questo volevo parlare con la sua segretaria stasera, lei sa vita morte e miracolo della carriera accademica di Priya. Se c’erano dei problemi Tzi lo saprà di sicuro.-

Venne fuori comunque molto presto che scrivere lettere minatorie non era il forte di tanta gente. A parte le firme, belle in grassetto in calce alla fine di ogni frase violenta, c’erano pure lettere che sembravano uscite da un film thriller: ogni sillaba era stata ritagliata nei fogli di giornale e non bastando certi imbecilli erano tanto spavaldi da firmare a nome di un partito intero.

Fu una specie di scarabocchio simile a un timbro ad attirare l’attenzione di Josh, che con una smorfia la passò a Lex e Glory.

- Non è un partito o un movimento. Sono quegli imbecilli di Kramer Creek.-

- Kramer Creek?- domandò la Veggente – Non sono ricettatori di gioielli rubati?-

- Lance lo è. Il suo capo, quello che sembra dell’est e fa finta di avere l’accento rumeno ma è del Galles si chiama Malcolm, era fra quelli che un paio di estati fa hanno provato a incendiare i primi centri di ritrovo per Babbani e maghi. Non gliene frega un cazzo della magia ma non vuole che i Magonò gli freghino il territorio e quei centri erano in mezzo alla sua zona. Tottenham Hale.-

- A Tottenham Hale c’è un alto insediamento di case popolari che vengono offerte anche ai maghi di questi tempi.- disse loro Gil – Un’altra delle tante battaglie di Priya.-

- Da una parte abbiamo un sacco di Babbani incazzati, dall’altra abbiamo radici di Mandragora, dell’edera e delle bacche di vischio, componenti di molte pozioni avanzate.- Lex si appoggiò alla porta della camera, poco convinto – Inoltre quel tipo di Mandragora non è alla portata dei Babbani qualunque, non ci sono molti negozi che l’avrebbero venduta alla professoressa. Possiamo chiedere a Imogen di cominciare a  fare qualche controllo.-

- Dall’altra parte della strada c’è un market aperto ventiquattro ore su ventiquattro.- aggiunse Josh, buttando un occhio dalla finestra – Diciamole di controllare le telecamere che puntano sulla strada, non si sa mai.-

- Direi di pranzare e dividerci i compiti. Un paio di noi andranno dalla segretaria della Rastogi a Cambridge, cerchiamo di capire se frequentava dei maghi nel privato o se i suoi studenti che manifestavano insieme a lei hanno ricevuto le stesse minacce. Gli altri andranno a Tottenham a trovare quelli di Kramer Creek.- disse Glory, allungando a L.J. e Lucas una Strilettera ammutolita che aveva colto la sua attenzione.

C’erano due tipi di maghi e streghe che non approvava la Fusione.

Il primo gruppo comprendeva gente frustrata e incazzosa che non stava al passo coi tempi, ma che sostanzialmente incarnavano la tipologia di leone da tastiera. Gente che dava aria alla bocca, insomma.

Il secondo tipo…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Mangiamorte?-

Gil si scosse e si guardò attorno allarmato dalla propria voce alta, notando per fortuna che all’interno del fast food nessuno si era neanche accorto della loro presenza. E perché mai d’altronde? Erano perfettamente mischiati tra la folla delle tredici al Baileys Fish and Chips a Fulham, parecchio lontano da Acton.

Ma spostarsi? Con quei tizi?

Era il massimo. Niente metro, niente attese, niente parcheggi. Certo, un po’ di nausea c’era visto che era come essere risucchiati dall’ombelico verso il centro della terra e ritorna, ma cosa poteva mai essere a confronto con un breve calcolo di quanto poco importante fosse la distanza per quella gente?

La scelta del posto per il pranzo, quella sì che era stata un bel casino.

Gil aveva ormai capito che l’americano, L.J. si chiamava, abbaiava parecchio ma non l’aveva ancora visto mordere e non poteva certo dire che non avesse ragione, perché si lamentava per tutto il tempo della cucina inglese.

Gli mancava casa. Gli hamburger decenti. Un pasto decente.

Non aveva torto. Così erano finiti da Baileys e per farlo stare zitto ci erano volute tipo tre porzioni di pesce e patatine, quando Gil stava ancora sbocconcellando la sua e non aveva neanche tanto appetito, era troppo intento a vomitare una sequela di quesiti uno dietro all’altro.

Erano parecchio gentili a rispondergli, si rendeva conto di essere parecchio indiscreto, però c’era la possibilità che dopo quel lavoro i maghi sarebbero stati assegnati alla omicidi, quindi doveva imparare tutto ciò che poteva nel minor tempo possibile, saziando anche la sua inguaribile curiosità.

Quello più giovane, che sembrava avere 22, 23 anni ma ne aveva in realtà 27 ed era stato l’ultimo ad uscire dall’accademia degli Auror si chiamava Josh Wade e conosceva davvero la città come il palmo della sua mano. Essendo anche l’unico Auror si aspettava che fosse il responsabile della loro squadra e invece era la ragazza, Glorya di cui Gil era palesemente affascinato.

Incarnava tutto ciò lui pensava potesse essere una strega.

Aveva un aspetto etereo da fiaba ma al contempo c’era qualcosa di minaccioso e sinistro in lei e quei suoi occhi cangianti gli davano l’esatta sensazione che lei potesse davvero vedere qualsiasi cosa, qualunque persona, in qualunque luogo della terra.

Quando le aveva chiesto se fosse stancante, lei aveva sorriso.

Quel sorriso breve e appena accennato, ma tanto impregnato di sentimento.

- Lo è.- gli aveva risposto con un’ammissione forzata – Ma aiuta la gente e mi fa sentire bene. Ho cominciato ad aiutare gli Auror facendo soffiate e alla fine Edward, Mr Dalton, ha capito che potevo fare molto di più mettendomi in campo. L’aspetto da pazza è perché un neonato mi ha tenuta sveglia tutta la notte.-

- Oh, avete un bambino?- domandò, rivolgendosi anche al suo ragazzo, Lucas Potter, perché era chiaro che lo fosse. Non stavano di per sé incollati l’uno all’altro, ma Gil aveva già visto due esseri umani gravitare in quel modo attorno all’altro.

Lucas per tutta risposta emise una risata cristallina, beccandosi sguardi minacciosi dalla compagna alla quale lui sembrò non dare peso.

Agitò la mano davanti alla faccia, come a negare che ci avessero anche solo pensato e dirottò l’argomento ma stando sullo stesso genere.

- Che ne dici di Kensington Gardens?-

- Cristo, di nuovo.- sibilò L.J. – Possiamo mangiare in pace senza che ce lo meni con questa storia per due minuti?-

Ancora una volta Lucas lo ignorò come un cucciolo di mosca.

- Ci siamo cresciuti praticamente. Facciamo lì la cerimonia.-

- In mezzo al verde? Alla gente?- replicò Glory addentando una patatina – Se vogliamo far morire la metà dei miei parenti, il che sarebbe una buona idea, ma è meglio ce ci pensiamo bene. E ti ho già detto che voglio una cosa intima, se cominciamo a invitare gente alla Lucky House la cosa ci sfuggirà di mano.-

- Ma io ho Lex e i ragazzi, mi servono cinque testimoni. Sei, se conti la bestia.- perseverò Potter come un trapano con Houser in sottofondo a mugugnare che non voleva andare a un altro matrimonio di bianchi.

- E io ho solo la pazza isterica, quindi la mia risposta è col cavolo che facciamo le cose in grande.-

- Ma pensa alla festa…-

- Lucas…-

- Il cibo, andiamo.-

- Lucas, no.-

- La torta.-

- La torta l’avremo anche senza una cerimonia enorme.-

- Quindi niente sei testimoni?-

Pareva sinceramente sconcertato, tanto da guardarla come se gli avesse appena cancellato l’abbonamento a Netflix. Cercò in ogni faccia amica un po’ di supporto ma nessuno osò aprire bocca, finché Lucas non sbuffò gettando il tovagliolo nel cestino del pesce ormai vuoto.

- Ok. Lex dille qualcosa.-

Il biondo preso in causa continuò a prestare interesse solo al filetto in pastella che stava masticando.

- Qualcosa.-

- Molto divertente. Convincila o col cazzo che avrai aiuto da me in futuro.-

- A me non serve niente, grazie tesoro.-

A quell’affermazione sia Josh che Houser risero con una palese nota sarcastica nella voce, ottenendo occhiatacce al vetriolo per aver toccato un nervo scoperto.

- Quindi la convivenza con l’avvocato va bene.- tubò L.J. godendo nelle disgrazie altrui – Complimenti bionda,- e Glory gli alzò un dito medio in faccia – sei un simbolo di tolleranza e bontà. Non so come fai, cioè, vivessi a tempi alterni con l’ex della mia ragazza… non so, io tirerei fuori il ferro.-

- Quando mai ce l’hai ritirata la pistola.- sibilò Josh acidamente – Da quando lavoro con voi sto cominciando a diventare sordo.-

- Chissà come si lamentano i tuoi amici succhiasangue.-

- Mai quanto ci lamentiamo noi, Houser, di non essere altrettanto sordi.- lo rintuzzò Glory – Comunque ne parliamo dopo e lasciate fuori la Sharp dal mio piccolo angolo di paradiso. Ok. Josh vai con L.J da quelli di Kramer Creek, seguite la pista dei Babbani. Noi seguiamo quella dei maghi e parliamo con la segretaria, nel frattempo Imogen avrà messo le mani su qualche telecamera e speriamo di ottenere delle tracce migliori.-

- Mi è arrivata una mail adesso.- confermò Lex, fissando lo schermo il cellulare – La radice di Mandragora che abbiamo spedito al Quartier Generale è di ottima qualità, chiunque l’abbia data alla Rastogi deve per forza essere passato dai rivenditori di maghi e streghe. Non avrebbe potuto ottenerla da sola.-

- Bene, allora cominciamo con Tzi Ma, la segretaria di Priya e dai suoi studenti.- Glory si rivolse a Gil, cercando la sua approvazione – Dobbiamo andare a Cambridge.-

- Mi sembra una buona idea.- annuì il detective – Grazie a voi potrò almeno parlare con gente che fino a stamattina pensava fossi uno gnomo.-

- E noi ci infialiamo nei bassi fondi.- cinguettò Lucas, già troppo allegro per i gusti di Josh – Tranquilli, saremo dei veri gentiluomini.-

- Parla per te,- mugugnò L.J. in sottofondo.

- Niente casini ragazzi, non scherzo. Edward ha detto che non ne vuole sapere almeno per un altro paio di casi.-

- Io ho sentito anche che potevamo fare tutto quello che volevamo a parte stupri e incesti. O stupri e incesti allo stesso momento.-

- Houser sei un porco, non scherzo. Andate a Tottenham e trovatemi qualcosa.-

- Ci rivediamo a casa.- disse Lucas, chinandosi a baciarla e ricevendo una gomitata che lo fece sbellicare quando tentò di allungare le mani e altre appendici dentro la bocca della fidanzata – Ciao amore, buona caccia! Tienimela d’occhio Lex. O il contrario…va bene uguale. Ciao Gil!-

Fuori era spuntato il sole, cosa insolita per il periodo e per l’aria dannatamente fredda che sembrava tagliare la pelle. C’era da dire che almeno sembrava finalmente Natale.

Come detective si concedeva di rado uscite del genere durante la giornata, Cronin e la Dunn lo costringevano a svolgere la maggior parte del lavoro di scrivania e vedere le luminarie della capitale fece ricordare a Gil di non aver fatto un albero.

O addobbato il suo triste monolocale da single.

Tutti intorno a lui si muovevano alla ricerca di un posto per pranzare, armati da pacchetti e pacchettini, borse con i loghi dei negozi più famosi, in compagnia della propria famiglia, di bambini e anziani.

Era un periodo magico e si ritrovò a pensare a Priya, rinchiusa da qualche parte.

Sola. Alla mercé di qualche pazzo che non era in grado di metabolizzare le opinioni illuminate altrui.

Facendo una smorfia, si girò verso Lex. Non si stupì neanche che non appena si mise una sigaretta in bocca questa si accese da sola.

Gliene offrì una e fu costretto a declinare. Il dottore dello Yard gli stava col fiato sul collo.

Colesterolo e peso eccessivo, una gioia.

- Come facevate a sapere che conosco la professoressa Rastogi?-

Il biondo rise, spostandosi per far passare una congrega di teenagers.

- A parte il modo in cui la chiami per nome da quando siamo entrati stamattina nei vostri uffici? Direi da come ne parli. Non sembrano nozioni imparate sugli appunti o gli interrogatori fatti a chi la conosce.- lo guardò di sottecchi – Com’è successo?-

- Beh, la sera in cui la incontrai avevo preso in custodia un informatore di Piccadilly. All’anticrimine ne abbiamo un sacco. Lo stavo portando dentro per interrogarlo, l’ho messo in una delle celle di custodia perché era completamente pieno d’alcol e fra le sbarre accanto a lui c’erano alcune persone arrestate per schiamazzi e manifestazione non autorizzata. Priya era fra di loro. Dovevi vederla. Una vera leonessa. Senza alzare mai la voce elencava le sue argomentazioni a tutti gli agenti che passavano, ti confesso che ha cercato di rimorchiarne anche un bel po’ e…il suo modo di parlare. Non so spiegartelo. Dovresti sentirla, non ti stancheresti mai di ascoltare ciò che ha da dire. E lei ha molto da dire. Sull’uguaglianza, l’integrazione, pari diritti per le donne, sulle leggi razziali, i diritti LGBT. Quella notte ho pensato che ci sono migliaia di uomini al mondo pronti ad abbracciare la religione più estremista possibile, seguendo le parole di un qualche pazzo omicida e sociopatico. Però c’è anche gente come lei…donne come Priya. Ha studiato una vita intera, cercando di riscattare le sue umili origini. Sua madre era iraniana espatriata in India durante gli anni 50, il padre era un commerciante di spezie. Non avevano molti soldi ma lei si è spaccata la schiena, ha aderito a ogni movimento possibile per cambiare le cose e quando siete arrivati voi per lei è stato bellissimo. Le feci fare la sua telefonata e a fine del mio turno lei mi invitò a prendere un caffè, così seppi della sua storia. Le chiesi perché voi, perché fosse una tale fan dell’Integrazione e lei mi ha detto che la magia era solo un altro fattore di diversità, un altro elemento che la gente usa per sottomettere gli altri. Razza, sesso, religione, cultura, ora la magia. Era contro ogni forma d’ignoranza. A favore di ogni gesto di gentilezza che potesse migliorare questo pianeta.-

Si sentì gli occhi pericolosamente umidi e tossicchiò, tentando di darsi un tono.

- È un’ottima donna. Una gran persona. Voglio ritrovarla.-

Ora sia Lex che Glory lo guardavano con un comprensivo sorriso stampato in faccia. La sua palese cotta doveva essere davvero divertente.

- Quindi…stai per sposarti. Wow, deve essere fantastico.- buttò lì, nel non poco imbarazzante tentativo di farli smettere di guardarlo in quel modo – Sei eccitata?-

- Non è la parola che userei.- replicò Glory, che con estrema gratitudine di Gil fece finta di non notare il suo palese cambio di discorso – La nostra situazione è un po’ particolare. Ci sono di mezzo molte variabili e il nostro inconciliabile interesse nel fare una cerimonia che non sia un completo circo. Nel mio caso il mio futuro marito vuole qualcosa di grosso, sfarzoso e chiassoso, casomai la gente su Marte non avesse ancora capito che è felicissimo di mettersi un anello al dito.-

- E a parte la sua fissa per le cerimonie pompose che altri problemi avete?-

- Parenti.- gli spiegò – I suoi sono famosi, i miei sono dei pazzi omicidi.-

I grandi occhioni azzurri di Gil la guardarono allarmati.

- Non come pensi tu. O meglio, sì, alcuni sì, ma la maggior parte sono già stati ad Azkaban e non hanno alcuna intenzione di tornarci quindi siamo salvi sotto quel punto di vista. In poche parole, la mia famiglia è piuttosto antica, ha radici fra i peggiori esseri umani che tu possa immaginare. Lucas invece è il figlio di Harry Potter, se i vostri seminari combinano qualcosa di buono dovresti sapere chi…-

Gil la interruppe subito, stralunato – Quel Harry Potter?-

- Lui.- ghignò Lex camminando a fianco della Veggente.

- Intendi davvero il vostro…non so neanche come definirlo, quando lo raccontano a noi lo descrivono come una sorta d’incrocio fra un rivoluzionario e Rambo, con una spruzzata di Mandela. Lucas è suo figlio? Ma ho visto le foto, sembrano al massimo fratelli!-

- Magia, Harry non invecchia come gli altri. Comunque, per fartela breve lui è figlio di Mandela e della fata turchina del nostro sport nazionale. Io di Satana e della maga Magò.-

- Ah.-

- Ecco perché vorrei qualcosa di più semplice, non voglio che i Malfoy mi rovinino la giornata con le loro stupidaggini da Mangiamorte. Ci pensa già mio padre a farci venire un esaurimento nervoso. Ora aggrappati forte. Sai com’è ormai.-

Smaterializzarsi a Cambridge fu come la prima e la seconda volta. Un trauma.

Certo, il panorama era magnifico e l’ateneo innevato era da togliere il respiro, tutte cose che non aiutarono granché quando il fish and chips minacciò di farsi una risalita nel suo esofago.

- E tu Gil?- gli chiese candidamente Glory a tradimento, afferrandolo per il gomito per sostenerlo – Come va la tua vita? Figli? Mogli?-

A quel punto poteva scommettere che lei sapesse quasi tutto di lui. Come L.J. gli aveva detto quella mattina appena conosciuti, Glory doveva vedere tutta la sua vita solo standogli vicino, ma le sue domande sembravano genuine e dopo tutte quelle a cui li aveva bombardati, il minimo che potesse fare era raccontare loro qualcosa della sua vita molto molto monotona.

- No, niente mogli.-

Lex scosse la testa, forse avendo pena di lui e del suo vano tentativo di scrollarsi di dosso certe domande. Con la sua leggerissima giacca di pelle arrancò facilmente nella neve per raggiungere la strada pavimentata, dandogli il tempo di attendere che le ondate di nausea passassero.

L’ingresso era caldo, monumentale, dove pochi studenti veleggiavano pronti alla partenza per il riposo invernale o ancora sotto stress per gli ultimi esami.

Si allontanò per chiedere di Tzi Ma, la segretaria della Rastogi.

- C’è ancora tempo.- disse improvvisamente la strega, facendolo sobbalzare.

- Anche per i bambini.- aggiunse più dolcemente.

Cavolo, come ne avrebbe voluti.

Gil non era esattamente il tipo che si commiserava, era solo pienamente conscio delle proprie possibilità. A vent’anni era stato un triste cadetto di polizia troppo squattrinato anche solo per immaginare di chiedere a una ragazza di uscire dopo che era stato piantato dalla sua prima fidanzata storica. A trenta era appena diventato detective e il suo aspetto fisico non esattamente piacente si era trasformato nel suo peggior nemico.

Il suo faccione rubicondo aveva fatto il resto, classificandolo nella classifica del cuore femminile come un eterno miglior amico o al massimo il tizio della notte della sbornia, di cui era meglio non parlare più.

Aveva una sorella non troppo opprimente che gli aveva regalato due nipotini eccezionali.

Era più di quanto sperasse.

- Ne avrei voluti. Tanti.- ammise verso la bionda – Ma quel treno è passato.-

Fu allora che lei lo stupì, strizzandogli l’occhio dorato e dandogli una pacca sulla spalla.

- Non ancora.- sussurrò, poi più forte – Andiamo, la ragazza ci riceve finalmente. Metti su la faccia da duro, servirà.-

Tzi Ma non ciò che ci si poteva aspettare dalla segretaria/supplente/dottoranda di una donna frizzante come Priya Rastogi. Era una ragazza minuta, bassina, esile come una ballerina classica, di una bellezza travolgente che celava dietro a spessi occhiali e abiti androgini color oliva.

Lucas l’avrebbe chiamata Edna, sbraitando che i mantelli erano assolutamente out.

Non che la tizia avrebbe mai capito la citazione, perché da come reagì trovandosi Lex a due passi forse non vedeva né cartoni né ombra di scopate selvagge da almeno due anni.

- Detective Pierce!- abbozzò, quando riuscì a staccare gli occhi dal Phyro – Salve, come posso aiutarla? Ha delle novità?- chiese quindi subito ansiosa – Avete trovato Priya?-

- Non ancora, ma questi miei colleghi hanno delle domande da farti.- le rispose e come Glory aveva suggerito a differenza dei loro precedenti incontri non tentò di tranquillizzare la ragazza, ma anzi, usò un certo distacco – Miss Malfoy e Mr Saxton lavorano per gli Auror.-

- Maghi?- la ragazza si rizzò come un fuso, arrossendo – Accidenti. Wow. Voglio dire…wow. La professoressa Rastogi ne sarebbe felice. Prego.- indicò la cattedra vuota su cui erano impilati una decina di tablet – Sedetevi. Come posso aiutarvi?-

Lex e Glory si diedero un’occhiata veloce e decidendo chi avrebbe fatto la poliziotta cattiva, il biondo non perse tempo a girarci intorno.

- Il detective Pierce ci ha detto che lei non è solo un’allieva della professoressa, è anche la sua assistente personale. Mi dica, chi fornisce le erbe magiche alla Rastogi?-

In un attimo Miss Tzi divenne di un pericoloso colorito cinereo, cosa che Lex ignorò andando avanti imperterrito – Abbiamo certe conoscenze anche noi. Le tracce rinvenute nel suo monolocale ad Acton sono piuttosto interessanti. Se ci fornisse dei nomi potremmo aiutare il detective a chiudere il caso, ritrovando la sua mentore ancora viva.-

- Non c’interessa l’uso di allucinogeni…- buttò lì Glory, sfiorando con la punta dei polpastrelli ogni angolo della scrivania – La sua boss può farsi di elio per palloncini nel privato.-

- No, sono anni che Priya ha smesso perfino con l’erba. Diceva che era roba per giovani.- Tzi scosse violentemente la testa – Siete in errore.-

- Allora chi porta erbe di uso magico in casa sua?- Gil non era uno che perdeva facilmente la pazienza. Il fatto di essere personalmente legato alla professoressa però stava logorandogli i nervi e quella ragazzetta lo aveva fatto girare a vuoto per giorni – Parliamoci chiaro, entrambi conosciamo Priya ed entrambi sappiamo delle lettere minatorie che riceve costantemente. Il fatto che tu mi abbia deliberatamente nascosto alcune cose sulla vita della professoressa non va a tuo favore. C’è anche il fatto che oltre ad intralciare le mie indagini mi hai fatto perdere tempo. Tempo prezioso per Priya. Quindi dimmi, Ma, devo portarti in centrale e accusarti di intralcio e magari di favoreggiamento in rapimento o vuoi vuotare il sacco qui e ora, risparmiandoti un richiamo sul tuo immacolato curriculum?-

- Non credo che i tuoi futuri datori di lavoro apprezzeranno una dipendente con la fedina penale sporca. Fidati, ci sono passato.- gli diede man forte Lex, mentre quella impallidiva fino a diventare bianca come un lenzuolo.

- Allora?- la incalzò Gil, con Glory ferma con entrambi i palmi aperti sui tablet.

- Va bene. Ok.-

Balbettò e tremò, una voragine nera si era appena squarciata sul suo brillante futuro e come colta da mancamento la ragazza si dovette sedere, le mani dentro il perfetto caschetto corvino a rovinare un po’ la sua immagine candida.

- Parla, non abbiamo tempo da perdere.- la esortò Gil estraendo il suo taccuino – Voglio nomi, date e indirizzi. E non prendermi più in giro signorina, so che conosci a menadito ogni singolo anfratto della carriera di Priya.-

- Detective, deve capire che ho taciuto solo per il bene di Priya.-

- Andiamo, a lei non frega un accidente di una denuncia. Di nessun genere.-

- Ma la gente mormora detective, non dica che non è vero! Ho cercato di metterla più volte in guardia, spesso il suo legame con gli studenti veniva additato, lei riceveva insulti neanche molto velati. Poi… poi uno dei suoi studenti si è fidanzato con una strega. Sono state presentate e da quel momento Priya ha passato più tempo possibile con quei due.-

- Una strega.- ripeté Lex, arcuando un sopracciglio – Nome dello studente?-

- Jordan Milligan. La sua ragazza si chiama Bernadette, ma la chiamano tutti Bernie. Il cognome credo sia…-

Glory la interruppe, gli occhi chiusi e il capo leggermente inclinato alla sua sinistra come se fosse in ascolto di una melodia suonata a basso volume.

- Alta uno e settanta circa, capelli biondo grano con meches viola e azzurre. Sulla ventina circa. È allegra e spigliata in gruppo, sembra trovarsi a suo agio fra i Babbani. Porta una spilla di buona fattura sulla tracolla…- poi si bloccò e questo fece mettere Lex immediatamente sull’attenti. Quando riaprì le palpebre le stava già passando il parka, che si affrettò a infilare facendo cenno a Gil di prendere subito la porta – È la figlia di Dora Rosier.-

- Merda.- ringhiò Lex, scattando fuori dalla porta attaccandosi al telefono.

Mentre all’interno dell’ufficio una concitata Miss Tzi chiedeva cosa stesse accadendo e Gil a sua volta tentava di stare al passo, Imogen rispose in pochi squilli.

Tentò di precederlo dandogli le informazioni sulle telecamere ad Acton, subito però sentendo il tono frenetico del Phyro si mise in ascolto.

- Abbiamo poco tempo, quindi stammi a sentire. Devi trovarmi tutti quello che puoi su Jordan Milligan, Babbano. La sua ragazza invece è una strega e anche la nipote di un noto Mangiamorte. La madre della ragazza risponde al nome Dora Rosier, figlia di Evan Rosier, morto in uno scontro con gli Auror, era uno dei più vicini a Tu-Sai-Chi. La strega che cerchiamo ha una ventina d’anni, bionda con meches colorate, si chiama Bernadette. Hackera la il Dipartimento di Controllo Famiglie a Rischio se serve.-

- Lex, il programma di quel Dipartimento è altamente off limits. Mi spediranno ad Azkaban per questo!- si lamentò Imogen Archibald, che però nel frattempo smanettava alla sua postazione come una piccola invasata – Trovato Milligan su Facebook. Noioso. Scrive citazioni di Star Wars e sotto ci piazza le foto di Spock.-

Il tono della giovane hacker si fece tetro – Spero sia morto.-

- Imogen!-

- Ok, ok. Morgana sei peggio di Houser…vedo post sui corsi che frequenta, selfie con gli amici, un centinaio di altre con la fidanzata. Bernie.-

- È lei. Riesci a trovarla? La nipote di Evan Rosier non uscirebbe con un Babbano e non darebbe erbe magiche a un’attivista per l’Integrazione e a meno che il mondo non stia girando alla rovescia è il caso di controllare il più in fretta possibile. Ora io e Glory prendiamo Gil e andiamo per raggiungere gli altri, inviami tutto quello che trovi su di lei. Indirizzo di casa suo e della madre, proprietà che sono rimaste intestate alla famiglia dopo i giudizi in tribunale. Tutto.-

- Santo Chuck, avete trovato Gil!- cinguettò improvvisamente l’Archibald sprizzando gioia da tutti i pori, assordandolo – Dimmi com’è! Fantastico come lo descrive Glory? Quando me lo portate a conoscere? Oh, dimenticavo! Josh mi ha chiesto di fare una ricerca su quei tizi di Tottenham che sono andati a cercare. Uno di loro si chiama Malcolm, hai presente?-

- Sì, lo sfigato che fa finta di essere rumeno. Cos’hai trovato?-

- Una cosa che non vi piacerà.-

- Imogen…-

- È un Magonò. Non registrato, quindi passa come Babbano. La famiglia di suo padre possedeva un vecchio negozio di artigianato proprio in mezzo a Ferry Lane e per negozio di artigianato intendo una specie di covo di ricettazione, ma senti questa. Tre anni fa ci sono state numerose esplosioni inspiegabili in strada appena fuori dalla loro porta a cui la polizia non ha trovato nessuna spiegazione e i suoi sono morti. A quei tempi Malcolm Kramer usciva con una ragazzina, i giornali locali ci andarono a nozze demonizzandolo non solo per gl’incendi, ma anche per la giovane età dell’adorabile donzella. Ti ho mandato una foto, dai un’occhiata.-

Più giovane, viso acqua e sapone. Niente meches.

Glory annuì, seria e cupa – È lei. Dobbiamo raggiungere i ragazzi subito. Le cose stanno degenerando in fretta.-

- Ragazzi dovete dirmi che succede.- s’impuntò allora Gil – Qualcuno è in pericolo?-

- Peggio, ci si è messa di mezzo anche una Mangiamorte adesso.- ringhiò Lex afferrandolo per il braccio – Andiamo, dobbiamo sbrigarci!-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Latitudine: 51°30'30? N

Longitudine: 0°07'32? W

Tottenham Lane, Seven Sisters Pub – Londra

 

 

 

 

 

 

 

Il Seven Sisters era, per descriverlo con parole più delicate possibile, un cesso.

Lucas e L.J. negli anni avevano frequentato ogni genere di bettole e così entrando nel pub con i cappucci calati sulla testa non ebbero granché da ridire sulla decadenza del posto.

Un bancone con un tizio simil skinhead che serviva birra, quattro tavoli da biliardo, tavoli e sedie in legno sgangherato, un cartello che diceva vietato fumare usato come bersaglio per le freccette e un pesante lezzo di sbronza, odori corporei maschili e fumo a formare una cappa sul soffitto.

Avevano seguito Josh all’interno guardandosi attorno senza dare troppo nell’occhio ma era stato quasi impossibile non notare il silenzio che era calato dopo il loro ingresso, cosa che non fece battere ciglia a Wade quando trovò chi cercava in fondo alla sala.

Tre poltrone, un demente con denti quasi marci alla destra e una pistola infilata praticamente sul davanti dei pantaloni. Doveva essere il famoso Lance e dalla vacuità del suo sguardo o era fatto o era mentalmente ritardato.

Ma Wade non lo vide neanche, fissando l’uomo sui trentacinque anni seduto sbracato sulla poltrona centrale. Di fronte a sé il tavolino era ingombro di bottiglie di birra vuote, una polvere bianca alquanto poco credibile come zucchero a velo e una Sig Sauer posata accanto a un rotolo di sterline.

Sul collo una benda di garza bianco cangiante.

- Ciao Malcolm. Come va?-

Josh prese una sedia, la girò al contrario e si piazzò lì davanti.

Lucas ne ammirava il fegato, la cosa già gli piaceva. A Malcolm Kramer invece un’espressione infastidita distorse il viso quadrato.

- Josh Wade.- mugugnò il tizio alla destra – Hai davvero le palle per mostrare la tua faccia da queste parti dopo quello che tu e il tuo compare vampiro avete combinato qui la volta scorsa. Dammi una buona ragione per non far saltare la testa a te e alle tue puttane.-

Un istante dopo quell’insulto il pugno chiuso di L.J. si scontrò con la faccia di Lance Bowman, spedendolo a terra a gambe all’aria in meno di un secondo. Svenuto.

In rapida successione scattarono una decina di grilletti alle loro spalle, ma bastò che Lucas si accendesse come una torcia affinché Kramer, raddrizzandosi con esemplare self control facesse segno alla cricca di darsi una calmata.

Evidentemente lo spettacolo lasciò a tutti l’esatta sensazione che Lucas desiderava e poco dopo, seppur avvertendo la tensione nell’aria, tutti tornarono a farsi i fatti loro.

A L.J. la cosa non piacque affatto. Lavativi. Nessuna rissa? Neanche un piccolo tentativo?

- Come va Malcolm?- richiese allora Josh, placido come un laghetto d’acqua.

- Cosa vuoi stavolta?- gli chiese Kramer,  – Vieni qui a fare casino portando questa gente. In casa mia, nel mio quartiere. E non dirmi che ti sei portato i tuoi amici per presentarmi gente che vuole rivendere mobili antichi. So bene cosa fai ora, sei uno sporco Auror.-

- Già. Beh allora vado al punto, evitiamo le cazzate come piace a te. Pochi mesi fa hai mandato delle lettere minatorie a una donna. Si chiama Priya Rastogi, è una professoressa e un’attivista. E prima che mi racconti puttanate dicendomi di non conoscerla, i tuoi decerebrati hanno firmato a tuo nome e tu sai ogni cosa che quello spostato di Lance fa, perché a uno come te Malcolm non sfugge nulla perciò mi sono detto, ehi, perché non venire a trovarti? Magari avresti voluto renderci le cose facili e dirmi dov’è.-

- Io non so un cazzo.-

- La donna è stata rapita e fra le tante minacce la vostra ci è sembrata incredibilmente specifica.- perseverò Wade senza aver dato l’impressione di aver sentito - E sai un’altra cosa? Ho un’amica Veggente e lei ha visto i quattro coglioni che hanno rapito la prof. La tengono in un bagno, ma la cosa interessante è che uno dei rapitori ha un cerotto sul collo…più o meno dove ne hai uno tu.-

Kramer serrò i denti, sporgendosi in avanti sul tavolino ingombro.

- Vaffanculo. Cosa ti fa pensare di poter venire qui ad accusarmi?-

- Il fatto che presto avremo le riprese delle telecamere di tutta Acton. Il fatto che non mi sei mai piaciuto, più le visioni della mia amica e anche che mi hai sempre rotto le palle, perché sei uno stronzo Malcolm, una vera merda. Quindi ecco come andranno le cose adesso. Tu mi dici quello che sai e dove si trova la professoressa oppure non solo questo mio amico darà fuoco al pub con te dentro, ma da stasera io dirò a tutti che sei un infame e una spia dei poliziotti e io conosco un casino di gente. Nessuna retata per te, Malcolm. Nessun carcere, nessuna cauzione.-

- O ci dai la donna o hai chiuso.- gli disse L.J. poggiato alla parete – E non credere che lui sia l’unico in grado di bruciarti la baracca.-

- Maghi di merda.- ringhiò Kramer – Sei morto Wade. Morto!-

Come ogni bettola che si rispettasse anche il colpo di scena con annesso botto fu messo in conto.

Quello che i ragazzi non si aspettavano però furono le proporzioni esagerate della risposta avversaria.

Accadde tutto talmente in fretta che quando il risucchio dell’aria all’interno del Seven Sisters li mise in allarme Glory e Lex erano già apparsi dietro di loro: li afferrarono per darsela a gambe prima che l’onda d’urto dell’incantesimo li prendesse in pieno, giunti col rotto della cuffia.

Sfortunatamente tutta la loro velocità e precisione non li salvò dal contraccolpo, sballando la traiettoria della Smaterializzazione tanto da spedirli fuori per la strada in mezzo al cemento, scaraventati come bambole di pezza fra le macchine che inchiodavano con stridore di freni.

L’enorme esplosione fu assordante, un vero inferno di calore e fiamme.

In pochi minuti del Seven Sisters non rimasero che pilastri anneriti e le grida dei pochi superstiti, ma da sdraiata sull’asfalto con mani e ginocchia sbucciate Glory poteva quasi sentire una vocina pericolosamente simile a quella di suo padre sghignazzare.

Primo giorno, maledetto lunedì.

Doveva solo superare quel primo giorno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In un posto a lei completamente sconosciuto, Priya Rastogi stava seduta a terra su un gelido pavimento di pietra, i brividi che la squassavano tutta.

Un bel cambiamento dal caldo bagnetto di Mr Kramer.

Forse tutto sommato non era stata una mossa geniale prendere a calci le tubature a vista del water inondando la stanza d’acqua. Che poteva dire, ci aveva provato anche se quel deficiente di un custode non aveva sentito le sue grida da oltre la benda che le avevano ficcato sulla bocca dopo appena tre minuti in sua compagnia.

Che spreco, pensò fra sé rammentandosi che fra i suoi rapitori c’era anche il giovane Milligan.

L’amore era cieco e nel caso di quel ragazzo anche completamente deficiente, se era arrivato ai livelli di rapire una persona per tenersi Bernadette accanto.

Ragazza deliziosa, non c’era che dire.

Una grandissima stronza.

Priya avrebbe voluto strozzarla, era tutta colpa sua.

Ma lei si era cacciata in quella ridicola situazione dando corda a una pazza zelota e lei se ne sarebbe tirata fuori. Doveva solo capire come prendere di sorpresa i suoi nuovi aguzzini. Maghi.

Non maghi qualunque.

Estremisti Anti Integrazione.

Prima i Babbani, ora i maghi.

Quel Natale per Priya si stava trasformando in una vera e propria rottura, dopo tutto il lavoro che aveva fatto per preparare le sue ultime ricerche e il fiato sprecato ai suoi corsi per illuminare i giovani… ecco a cos’era servito. A un maledetto accidenti di niente. Da qualche parte doveva pur aver fallito, come si spiegava altrimenti che fosse stata rapita da non uno, ma ben due fazioni contro la Fusione? Che aveva la gente in testa di quei tempi?

No, non era una situazione accettabile quella. Doveva andarsene subito e tornare a raddrizzare il mondo e la visione di quei poveri decerebrati.

E doveva cucinare il pranzo di Natale.

Si, avrebbe dovuto invitare il detective Pierce. Un uomo insolito.

Dannatamente arrapante con la sua aria goffa e la parlata gentile.

Se fosse sopravvissuta infilare un po’ di raziocinio nelle teste di quei folli e farsi Gil Pierce sarebbero state le sue prime missioni.

Basta scuse.

Doveva tirarsi fuori da quel pasticcio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


wonder 2

 

 

 

« The unreal is more powerful than the real. Because nothing is as perfect as you can imagine it. Because its only intangible ideas, concepts, beliefs, fantasies that last. Stone crumbles. Wood rots. People, well, they die. But things as fragile as a thought, a dream, a legend, they can go on and on. If you can change the way people think. The way they see themselves. The way they see the world. You can change the way people live their lives. That's the only lasting thing you can create.»
- Chuck Palahniuk

 

 

 

 

 


Latitudine: 51°30′30″ N
Longitudine: 0°07′32″ W
Tottenham Lane, quel che resta del Seven Sisters Pub – Londra

 

 


Glory non aveva mai avuto un capo nella sua vita, a differenza di Lucas e Lex che le avevano descritto il Generale Houser come una specie di Vulcaniano con svariate scope infilate in più orifizi.
L.J. bontà sua non aveva negato, limitandosi a rabbrividire ogni qual volta si menzionava il loro ex capo/padre incazzoso, il che le faceva immaginare un omone grande e grosso, che sbraitava ai quattro venti come i marine che si vedono nei film di guerra americani con tanto di corna e forcone.
Così di fronte al suo attuale boss non seppe esattamente cosa aspettarsi.
Non aveva mai avuto un principale, era sempre bastata a sé stessa e anche nei suoi giorni da informatrice anonima aveva parlato al massimo con qualche segretaria compiacente, con Auror che rispondevano a post it rapidi e indolore, quindi davanti a quella nuova interazione col calore delle fiamme ad intiepidire l’aria optò con un cordiale e mesto mutismo.
L’espressione di Edward Dalton invece di mesto non aveva granché.
L’aveva raggiunta mentre stava seduta sull’ambulanza e di fronte a ciò che restava del Seven Sisters Pub e in effetti cominciò a rassomigliare all’idea che si era fatta del Generale.
Internamente, s’intende. Senza strilli, senza fuoco e fiamme dagli occhi, senza lingua biforcuta che gli usciva dai denti, Edward le dava l’impressione di sfrigolare da dentro, tipo burro in padella.
Le dava pure l’idea che avesse voglia di metterle le mani al collo e stringere un po’, davvero, giusto un pochino.
- Siete in servizio da meno di otto ore.- esordì, rauco, come se fino a pochi secondi si fosse sgolato al telefono con qualcuno.
- Ciao Edward.-
Lui di colpo di fece tutto melenso, facendole patpat sulla testa color platino sporca di fuliggine in più punti, l’altra mano fintamente posata sul cuore – Oh ciao tesoro, non sai che paura mi avete fatto prendere! Stai bene? Vuoi che ti porti un the? Dio, non oso pensare cosa poteva capitarvi! Siete così delicati…- le indicò Lucas e Lex, che si stavano guarendo a vicenda semplicemente stando vicini. Quello stronzo del suo fidanzato si accese persino una sigaretta usando il fuoco ancora acceso su un ciocco di legno volato fuori dalle macerie.
-…così professionali…- Edward si spostò alla destra, mostrandole L.J. che giocava al tiro alla fune col dalmata dei vigili del fuoco, usando un pezzo sopravvissuto dell’insegna del defunto pub.
-…siete la luce della mia esistenza. Pensa che stamattina mi sono svegliato e avevo un bel presentimento. Avevo l’assoluta convinzione che questo lunedì sarebbe stato privo di sorprese, mancano una manciata di giorni a Natale, cosa vuoi che capiti sotto Natale, no? Quale stronzo mi farebbe saltare per aria un bar in mezzo a Tottenham Hale tanto per il gusto di farlo? Anche perché vi ho affidato il caso di un’attivista scomparsa, una donna sana di mente che mai nella vita metterebbe piede in una bettola come questa. Quindi, capisci, mi sono svegliato avendo l’assoluta certezza che voi cinque ve la sareste cavata alla grande. E guarda qua!- tubò giulivo, con Glory in sottofondo che non tentava neanche di infilare una sillaba qua e là a sua discolpa – Guarda che magnifica situazione in cui ci troviamo. Vigili del fuoco, Scotland Yard, il detective Pierce che vi era stato affidato con un trauma cranico…-
Dall’ambulanza vicino, Gil mostrava un vistoso cerotto sulla fronte ma era per lo più illeso.
- Oh, si figuri signore, io sto benone! È stato bellissimo!-
- Il detective si è divertito persino!- ripeté Edward alzando il suo tono di un’ottava – Alleluya, ora mi si rischiara la giornata!-
- Edward.- borbottò Glory.
- No, no, no! Perché è tutto perfetto ora. Tutto va a meraviglia!- dopo di che sbottò, scattando come una vipera a cui era stata pestata la coda girandosi verso L.J. – Houser che cazzo, lascia in pace quel cane prima che uccidiate anche lui!-
- Ok,- disse allora la Veggente mettendosi in piedi nonostante le ginocchia sbucciate – prima di tutto non abbiamo accoppato nessuno. Non direttamente. Non siamo stati noi a far saltare quel cesso di bar. Siamo solo arrivati in tempo per impedire che ammazzassero Lucas, Josh e L.J. Siamo stati sparati fuori quando c’è stata l’esplosione e si, grazie Edward, sto bene per davvero a parte il fischio che ho nelle orecchie.-
Il Capo degli Auror assottigliò pericolosamente gli occhioni blu e Glory si sforzò di ricordarsi sempre che quell’uomo leggeva nella mente altrui. Un gran bel casino. Come faceva a fare il boss?
Non era estenuante sentire i pensieri dei propri sottoposti?
- Sì, lo è. Specialmente per la loro stupidità.- le rispose incrociando le braccia al petto – Sentiamo, come mai per trovare la mia attivista nonché rompiscatole part time scomparsa siete venuti qui? Sono veramente curioso.-
- Conosce Priya?- gli chiese Gil facendosi timidamente avanti con una borsa del ghiaccio premuta sulla testa. Faceva quasi pena, pover’uomo. In più di vent’anni di polizia aveva estratto la pistola una manciata di volte, ucciso un solo malvivente e non aveva mai avuto tante emozioni come quel giorno, ma un brillio vivace si era innescato nel suo sguardo tanto che Edward fu costretto ad inalare più volte per non esplodere.
Il fatto che i suoi avessero quasi ridotto in poltiglia un Babbano di Scotland Yard non sarebbe piaciuto né al sindaco né al Ministro della Magia, Clarice Bones, un’altra strega di belle speranze della famiglia Bones che saliva alla ribalta in politica quando lui non aveva mai dato il suo voto neanche a sua cugina dieci anni orsono.
- Sì, è difficile far parte degli ingranaggi del Ministero e non conoscere la professoressa Rastogi.- gli spiegò controllando rapidamente il suo completo bruciacchiato in più punti, il gilet slacciato, i capelli biondo sporco tutti scarmigliati in varie direzioni.
- Ha la curiosa mania di darti il tormento finché non le dai retta, con metodi più o meno decorosi. Il che mi fa tornare al mio quesito precedente. Come cazzo è successo questo casino? Perché siete finiti qua? E perché Wade parla con la stampa, maledizione!?-
Anche Glory e Gil si voltarono, osservando ciò che stava mandando Dalton fuori dai gangheri.
Si era detto di non fiatare con nessuno e Josh, sporco e lacero, stava in un angolo a blaterare sommessamente con due ragazzi dall’aria da topi di biblioteca che al collo indossavano un cartellino del Mirror. Sembravano a malapena tirocinanti.
- Mi serve del Valium.- sibilò Edward tornando a rivolgerle tutta la sua rabbiosa attenzione. Era in quei momenti che sembrava tale e quale a Linnie.
- Ti faccio un riassunto.- buttò lì Glory, rimettendosi dolorosamente a sedere sul gradino dell’ambulanza – La scientifica dello Yard ha trovato tracce di radici di Mandragora pura nel suo appartamento, cose su cui non si può mettere le mani facilmente a meno che tu non sia del giro, un alchimista o uno degli uffici di Everland. Inoltre fra le tante lettere minatorie e Strilettere che la Rastogi aveva in casa una ce n’è saltata all’occhio in particolare che proveniva dalla banda di Kramer Creek.- additò col pollice il Seven Sisters – Era la base di Malcolm Kramer.-
- Quegli idioti hanno firmato le minacce?-
- Per favore, tutti hanno firmato le minacce alla professoressa.- disse Glory – Era come se ci trovassero gusto, provando orgoglio a mettere il proprio nome sulle prove del reato.-
- Ma cosa diavolo c’entrano dei Babbani con un giro di ricettazione?-
- È quello che pensavamo anche noi, uno sparo nel buio, ma mentre io, Lex e Gil parlavamo con l’assistente della Rastogi scoprendo che, ops, la prof s’intratteneva con svariati studenti di cui uno è fidanzato con niente meno che Bernadette Rosier…- a quel nome Edward chiuse definitivamente le palpebre, assumendo un malsano color verdognolo in faccia -…lo stesso Kramer discuteva con i ragazzi all’interno del pub dei suoi affari. Nelle mie visioni uno dei quattro rapitori aveva un cerotto sul collo, probabilmente per coprire un nuovo tatuaggio. Kramer aveva lo stesso cerotto nella stessa posizione ed è documentato che da anni usciva con Bernadette Rosier. È quasi sicuro che lei gli abbia dato una mano a uccidere i suoi genitori tre anni fa, erano Babbani, facendoli saltare per aria come ha fatto oggi con noi.-
- La nipote di Rosier?-
Glory annuì, mentre Dalton stava ancora ostinatamente a occhi chiusi.
Ora poteva vedergli una vena pulsare sulla fronte, il che era strano per qualcuno che dimostrava esattamente la sua età. Chissà se col fisico graziato dal Lazzaro gente come Edward o come suo padre potevano farsi venire un infarto. Era possibile? Oddio, se lo avessero ucciso?
- Glory dacci un taglio.- la bloccò sul nascere continuando a leggerle nella mente come se fosse stata un libro aperto e lo ammetteva, era abbastanza fastidioso. Rompeva anche lei le palle con le sue visioni a quel modo?
- Si, allo stesso modo.- sibilò massaggiandosi le tempie – Mi serve davvero del Valium. E un altro segretario.- inspirò e tentò di darsi una parvenza di decenza, cosa che non ottenne fino a che non fu Gil a spiegargli meglio la faccenda – Signore, posso solo immaginare che situazione si verrebbe a creare se si venisse a sapere di un attacco Mangiamorte ai danni di un’attivista del Movimento d’Integrazione. Mi creda, prenderemo tutte le precauzioni e se non fosse stato per questa…- additò vacuamente l’incendio morente -…questa piccola debacle non ci saremmo mai avvicinati al reale rapitore.-
- Sono morti in sette.- gli ricordò Edward fra i denti – Sette Babbani.-
- Li ho visti in faccia, non avevano poi tanto di che campare.- commentò Lex raggiungendoli dopo che Lucas aveva litigato con il capo dei vigili del fuoco, facendosi insultare perché aveva detto a tutti che il fuoco avrebbe potuto spegnerlo da solo visto che era un Phyro.
- Tu non mi parlare neanche.-
- Dai Edward, mica è colpa nostra.-
- No, la colpa è mia. Mia che metto le più grosse calamite per guai dopo i vostri vecchi in giro per le strade di Londra a risolvere crimini. Quindi dopo Babbani che non vogliono la Fusione ora abbiamo sette morti, fra cui un Magonò non registrato che stava insieme a Bernadette Rosier che a sua volta si sbatte uno degli studenti Babbani della professoressa Rastogi. Cristo, quella donna porta solo rogne!-
- Ma anche una botta di culo pazzesca.- disse loro Josh, zoppicando verso di loro col telefono in mano – Ho appena parlato con due blogger di Greenwich, avete presente Il Meridiano Verità?-
- Non è un blog per i fissati sui complotti?-
- Oh, salve capo.- fece Josh, avvedendosi solo in quel momento di Dalton che persa ogni speranza si fece accendere una sigaretta da Lex – Non l’avevo vista. Comunque, i due con cui parlavo sono i blogger creatori del Meridiano. Scrivono di complotti politici, tresche elettorali, campagne diffamatorie, cose del genere e lo fanno pro bono, sono piuttosto attenti alla loro credibilità. Pare che seguissero la carriera della Rastogi perché circa tre mesi fa alla cena di compleanno del sindaco la prof ha insultato pesantemente il rappresentante del MAF.-
- George Trevelian? Il Movimento Anti Fusione?- sopperì Gil, osservando gli sguardi vacui degli altri – L’ho visto in alcuni ritagli di giornale nell’ufficio di Priya. È un mago, non una gran brava persona a quel che dicono.-
- E di chi è zio George Trevelian?- proseguì Josh – Guarda caso è il cognato di Dora Rosier, madre della nostra Bernadette.-
- Dio, questa storia sta diventando un vero casino.- sospirò Glory – Prima avevamo solo due indiziati e ora siamo contro tutto il MAF?-
- Questi non sono solo integralisti, questi sono Mangiamorte nascosti dalla loro condotta politica pacifica.- disse Edward – Che altro ti hanno detto quei blogger?-
- Che la Rastogi era sulla lista nera dei bodyguard ai raduni, ma Imogen ha fatto un controllo e secondo i social, Bernadette si è messa insieme al nostro stimato studente di Diritto esattamente in quel periodo. A proposito, avete cinquanta sterline? Devo pagare i tizi.-
Prima che qualcuno potesse urlargli addosso qualcosa di poco elegante, L.J. tornò dal suo giro dell’isolato insieme a Lucas e il quartiere non gli era piaciuto granché.
- Questo posto brulica di polacchi ed ebrei.-
- Mi sembra leggermente razzista. Giusto un po’…- mugugnò Gil sottofondo.
- Comunque, il perimetro è pulito. La stronza ha lanciato un Bombarda contro le bombole del gas del pub, ci è andata bene che non abbia fatto crollare anche i palazzi accanto.- fece Lucas.
L.J. non lo lasciò finire - Almeno abbiamo un testimone. Miss Polka…-
- È bulgara,- lo corresse Lucas prima che uscisse qualcos’altro sul tema – Varvara Botev.-
- Quello che ho detto. La rumena ha visto tutto e penso fosse una del giro di Malcolm. Ma non parlerà granché.-
- Perché no?- domandò Gil – Se le serve protezione…-
- Le serve senz’altro adesso.- ironizzò L.J. con uno dei suoi rari sorrisi – È una battona. O voi pallidoni avete un termine più elegante per chiamare le prostitute?-
- Com’è se io ti do del poc sono razzista ma tu puoi chiamarmi pallidone e la cosa non viene considerata offensiva?- borbottò Josh, più per sana curiosità che per altro.
- Così va la vita bello.- rispose Houser – E non darmi del poc.-
- E tu non chiamarmi checca ogni cinque secondi. Vediamo se ci riesci.-
- Figurarsi. Ehi Capo, senti un po’ quand’è che parliamo del mio contratto? Quegli stronzi dell’Immigrazione Magica mi rompono le palle per la carta viola.- tubò il sergente cambiando completamente argomento – No, sul serio, mi rimpatriano se non dimostro di avere un’occupazione.-
- Ok, mi avete rotto il cazzo.- sbottò Edward lanciando la sigaretta in direzione dei vigili del fuoco che in risposta gli sollevarono dietro alle spalle un dito medio – Glory vai a parlare con la bulgara, poi levatevi dai piedi. Sul serio…fatevi una doccia e datevi una sistemata, fate pena. E per l’amor di Morgana, se fate scoppiare qualcos’altro prima di Natale giuro sui miei figli che vi spedisco a pulire le latrine di Azkaban.-
- Ehi Edward, che te ne pare di Kensington per sposarsi?-
Non rispose alla domanda di Lucas. Ignorò il broncio di Lex e l’aria scazzata del resto di quel patetico gruppetto.
Li guardò uno per uno con aria sufficientemente minacciosa da instillare in quei deficienti un minimo di professionalità, poi si Smaterializzò via con tutta l’intenzione di andare a farsi una flebo di tranquillanti, perché da come si presentavano le cose quelle vacanze si sarebbero rivelate una vera merda.

 

 


Varvara Botev abitava in un tugurio poco lontano, a un paio d’isolati di distanza e tutto nel suo appartamento o puzzava di sigaretta o di latex.
Quando Glory sprofondò sul suo divano poté contare mentalmente i numero di porno che ci erano stati girati sopra. Ed era quasi sicura che si fosse seduta sulla punta di un dildo perduto fra i cuscini.
- Sì ma io non so un cazzo, ok? In che altro modo ve lo devo dire?!-
La tizia aveva il classico accento dell’est, bruciature chimiche sotto alle narici di chi sniffa detersivi e un paio di tette tonde come meloni che rendevano difficile persino a Josh guardarla in faccia.
Di soldi doveva farne parecchi e probabilmente li spendeva tutti in droga.
Fortunatamente per loro L.J. era più razzista che arrapato e stava conducendo l’interrogatorio con il suo solito charme.
- Per me stai raccontando solo cazzate e se per due secondi pensassi al tuo culo anoressico invece che a quello stronzo del tuo ex, pace all’anima sua, forse capiresti di trovarti nella merda fino al collo bella. E non è la solita merda bianca in cui sguazzi tesoro. Dì addio alla tua pista serale, perché quando Bernadette saprà che hai cantato tornerà qui a finire il lavoro.-
Guardò la donna, rossa in volto per il suo ex pappone.
- Vuoi saltare per aria?- la incalzò L.J. – No perché così ci togli la fatica di mettere qualcuno a proteggerti.-
- Andiamo, signorina Botev.- gli diede man forte Gil con toni assai più delicati – Cos’ha da perdere? La sua vita è in pericolo, Miss Rosier ha dimostrato di non avere scrupoli facendo saltare per aria un intero edificio. Noi vogliamo catturarla. Aiutandoci potrebbe salvarsi la vita. E magari cambiare area di specializzazione. Non le piacerebbe?-
- È un suo modo educato per intendere che potresti smetterla di fare pompini dieci sterline l’uno.- disse Houser.
- Sempre meglio di quello che fai tu, testa di merda!-
- E lavati la bocca.-
- Ok, ok.- Lex si mise fisicamente in mezzo separando i due, visto che Gil era quasi arrivato a qualcosa. Ricondusse la testimone sul divano, tentando di calmarla.
- Bene. Ora per favore dicci quello che sai di Bernadette e di Jordan Milligan.-
- Sì, ma io non so niente! Quella stronza entrava e usciva dalla vita del mio Malcolm come se fosse la padrona! Stavo lavorando quando è successo questo casino!-
- Si immagino.- bisbigliò L.J.
- Ero in macchina con un cliente coglione, avevo appena finito e l’ho vista camminare per la strada. Ha visto voi tre che entravate al Seven Sisters e ho pensato che foste dei tipi pericolosi perché si è fermata ed è corsa a nascondersi nel vicolo dove al pub buttavano la spazzatura.-
- Come diavolo ha fatto a riconoscerci?- Josh non sembrava convinto – Mi sembra strano.-
- Non lo so, ok? Non lo so, ma si è presa una paura fottuta. Dopo un po’ sono andata a vedere se aveva qualcosa da vendermi…insomma, che cazzo ci vai a fare in un vicolo di merda? Mi ha cacciata come se fossi una pezzente quella stronza e lì per lì me ne sono andata, poi però ho pensato di infilarle un tacco nel culo, giusto per insegnarle l’educazione no?-
- E già.- annuì Lucas – E lì l’hai vista.-
- Sì. Ha estratto la sua bacchetta e boom,- enfatizzò la donna – un casino enorme! Guarda qua che roba!-
Mostrò i gomiti, i palmi delle mani, le ginocchia. Tutte ridotte nello stesso stato di quelle della Veggente.
- Potevo morire! Figlia di puttana…sapevo che quella portava guai. C’è sempre stato qualcosa di storto in quella stronza. Faceva la fighetta coi soldi di mamma ma le piaceva bazzicare i bassi fondi. Si è scopata il mio Malcolm per anni. Come ha potuto ucciderlo…- gli occhi vacui le divennero vitrei, annacquati come un drink malfatto.
- Siamo tutti in lutto.- sibilò L.J.
Gil si sporse un po’ dalla poltrona, posandole una mano sul braccio.
- Varvara, sai dirci dove abita? O se lei e Malcolm avevano un posto in cui s’incontravano lontano da qui?-
Tirando su col naso come un’aspirapolvere quella fece mente locale, ora placida come una bambina. Forse la botta iniziava a farle effetto.
- Andavano in un hotel a ore a dieci minuti da qui quando l’appartamento di Malcolm era sotto sopra. L’Orange Inn. Carta di credito e niente telecamere, parcheggio interno. Malcolm diceva di sì ma non è mai stato da lei. Una sera lui e Lance hanno discusso su come gestire il boy toy di Bernie una volta che se ne fosse liberata.-
- Quindi era chiaro a tutti che lei avesse un secondo fine con Jordan Milligan?- le chiese Gil.
- Beh, direi. L’avete visto in faccia? Quello ha l’acne e non sa distinguere una canna piena di erba da una rollata con la cicoria. So solo che Bernadette se lo trascinava in giro come un cucciolo per fargli vedere che gente tosta frequentasse, Malcolm l’ha riempito di chiacchiere anche se voleva spaccargli la faccia e dopo un mese se lo rigiravano come un calzino.-
- E così l’hanno convinto a rapire la professoressa Rastogi.- concluse Glory, stremata – Che situazione del cazzo. Abbiamo l’indirizzo dei Milligan?-
- A casa sua tornava solo per lavare la biancheria. Attualmente risiede nello studentato a Cambridge,- cinguettò Imogen dal vivavoce del cellulare di Lex come una moderna Siri – sto scavando nella sua vita privata, datemi un’altra ora.-
- Sì, comunque io non c’entro un cazzo bionda. Un cazzo.- sottolineò la Botev con enfasi – Non me ne importa un cazzo di quella Babbana fuori di testa, come non me ne importa niente delle faccende politiche di questo schifoso paese. Tutte cazzate.-
- Una vera valanga di cazzi gratis. Sarà una favola per te.- sibilò Houser già alla porta, beccandosi un posacenere dietro che scansò all’ultimo momento.
Da lì la situazione precipitò in fretta. Varvara li cacciò fuori nella sua lingua madre usando ampi gesti con le dita che non lasciavano spazio all’immaginazione e non accettò nemmeno di farsi scortare in centrale dai colleghi del detective, per essere messa sotto protezione.
In mezzo alla strada, alla neve, sporchi di fuliggine e puzzolenti di fumo il gruppo decise che c’era una cosa sola da fare.
Presero Gil e se lo portarono a casa per cena senza neanche dargli il tempo di defilarsi.
Atterrati a Camden direttamente di fronte alla porta del loro appartamento, Glory ebbe una sgradevole sensazione di orticaria fulminante sentendo le voci provenire dall’interno.
I casi erano due.
O Elettra aveva portato loro del cibo, cosa che faceva a giorni alterni servendosi di una banda di facchini tutto fare o, cosa assai più probabile, la stronza aveva le chiavi di casa loro.
La Sharp aveva le chiavi.
E infatti Vicky era nella loro cucina in camicia di seta, gonna a tubo e tacchi alti dodici centimetri, parlando al telefono e contemporaneamente occupata a spostare una vagonata di cibo da asporto dai contenitori ai piatti con l’aiuto di Imogen Archibald, i cui capelli da biondo fragola nelle ultime ventiquattro ore si erano fatti celesti, intrecciati come fosse uscita da Game of Thrones. Una frangetta spessa le cadeva a strapiombo su un paio di finti occhiali da vista dalla forma tonda e larga, molto vintage e molto assurdi.
Glory avrebbe potuto mettersi a urlare se i due luminosi occhi di Faith Potter non si fossero puntati su di loro come fanali, il che stava a significare una sola cosa.
Festeggiamenti da primo giorno.
Faith fu felice di vederli proprio come un furetto sotto steroidi, ma notando il suo naso arrossato forse era meglio parlare di antipiretici, e fece per accogliergli fingendo che non avessero l’aspetto di cinque a cui era stato fatto esplodere un pub in testa ma a un passo da loro si fermò, spalancando la bocca di fronte a Gil.
Gil che se ne stava inconsciamente ben nascosto dietro alle spalle di Houser e che guardava stralunato le foto appese alle pareti che si muovevano.
Gil con un cerotto in testa e una busta di ghiaccio secco in mano, col cappotto strappato, i pantaloni da buttare e il gilet aperto.
- Santa Morgana l’avete portato!- urlò Imogen vedendoli, correndo da loro in un turbine di gonna balze nera a pois bianchi piazzandosi direttamente accanto a Faith.
- Lei è Gil, il detective Pierce!- tubò la giovane Potter fregandosene altamente delle condizioni di suo fratello, degli amici e pure del suo “affettuoso uomo nero” come Vicky amava definire Houser quando erano sole a chiacchierare. Sorridente si sporse e strinse la mano a Gil.
Che ora oltre che confuso era anche leggermente intimidito.
– Perfetto, non aspettavamo altro che di conoscerla! Si ferma a cena vero?-
- Certo che si ferma a cena!- fece Imogen, come indignata dalla possibilità che se ne andasse – Abbiamo ordinato per un esercito e d’altronde qui c’è sempre qualche bidone che mangia troppo.-
Dalla cucina invece Victoria aveva momentaneamente staccato l’orecchio dal telefono, rimasta a guardarli tutti con aria assai meno eccitabile.
Forse era lo stato del loro abbigliamento a farle storcere il naso.
- Cosa vi è successo?- domandò con cautela.
- È esploso un pub a Tottenham.- le spiegò Lex levandosi la giacca di pelle – Con noi dentro.-
- Che cosa?- sbottarono tutte e tre le ragazze.
Imogen spalancò la bocca, stavolta seriamente sdegnata per non essere stata messa al corrente.
- Che razza di bastardi siete? Facciamo squadra, mi fate navigare per ore sulla rete nel torbido di quello stupido Babbano che non sa distinguere un vulcaniano da Nosferatu, vi fate esplodere e non me lo dite? Neanche tu Josh?-
Wade preferì non rispondere, dicendo che andava a lavarsi le mani e avendo capito rapidamente che il cesso era la via per la salvezza, in quattro seguirono Josh per lasciare Gil agli squali.
La sua faccia supplichevole non impedì loro di scappare in veloce successione e in camera, di fronte allo specchio, Glory si buttò giù di faccia come aveva fatto quella mattina alle sette di ritorno da casa di Gilda.
Era tornata al punto di partenza il che stava a indicare la merda in cui il loro primo giorno di lavoro era finito a nuotare.
- Mi fa male tutto.- mugugnò con la bocca nel piumino.
Non che Lucas capisse. Primo, era novanta chili e per addestramento era difficile che qualcosa meno forte di un agente in tuta anti sommossa potesse lasciargli dei lividi. Secondo, lui e Lex si guarivano stando vicini. Terzo, un’esplosione a parte renderli sordi a quei due avrebbe fatto ben poco.
Lo odiava. Odiava il suo futuro marito.
Poi lo sentì levarle delicatamente gli stivali, con dita ancora più caute sbottonarle i jeans attento alle sue ginocchia. Infine il massaggio alla schiena e con un grugnito lo lasciò fare, ma poteva immaginarlo sorridere mentalmente, tutto contento dei suoi exploit.
- E tu ti diverti. Io mi sono spiaccicata sul cemento e tu sei felice che i bei vecchi tempi andati siano di ritorno.- perseverò con tono cavernoso, i polpastrelli caldi del Phyro a premere delicatamente sulle sue vertebre – Ti odio.-
- Vedrai che la trovi.-
- Come faccio a trovarla se cambia le sue intenzioni ogni dieci secondi?- sbottò mettendosi a sedere e trovandoselo a due centimetri, praticamente solo in boxer, Merlino lo benedicesse – Continuo a perderla, non riesco a capire dove sia finita! Cos’ha quella donna nel cervello per fottermi così la Vista, eh? Se si spargesse la voce col cavolo che lavorerei più!-
- Tesoro, calmati.-
- Tu calmati, non sei tu che ti sei fatto ingannare da una Babbana attivista!-
L.J. pose fine al loro amabile diverbio spalancando la porta della loro camera, una felpa di Lex addosso e l’aria incazzosa di chi non vuole un raffreddore ma ha altrettanta voglia di limonare, senza successo.
- La cena è pronta. E non venite in mutande.- e richiuse la porta, poco prima di sentire la bomba a orologeria all’interno di Glorya Malfoy agli ultimi scatti prima della detonazione.
Il fatto che Lucas e Lex fossero attaccati per il culo e per la vita da principio non era stata una rottura di palle di quei livelli, quindi usò il tempo che gli altri dedicarono a cenare e a fare il terzo grado a Gil per progettare il suo futuro.
Uccidere la Sharp era sempre stata un’opzione valida e anche se negli anni aveva etichettato suo padre come una regina del melodramma ogni volta, circa ogni cinque minuti, in cui si lamentava di Harry Potter e del fatto che si ostinasse a vivere, non l’aveva considerata un pericolo reale fino a quando al matrimonio di Gilda e Colin era accaduto qualcosa che aveva spostato l’asse dell’esistenza di Lex Saxton, deviandolo dal percorso che fino a quel momento aveva sempre visto per lui.
Al matrimonio qualcosa era successo. Non sapeva cosa, l’esatto momento o chi aveva innescato il cambiamento ma da un secondo all’altro le motivazioni della vita di Lex l’avevano acciecata, cambiando in un turbinio di colori e decisioni lasciandola spiazzata a tal punto che non aveva aperto la bocca la mattina in cui, con il loft ancora invaso di scatoloni, si era ritrovata la Sharp seduta al loro bancone a fare colazione con i suoi cereali. Semi nuda.
L.J. aveva avuto ragione per una misera, schifoso, pidocchiosa volta nella sua vita.
Era ora di tirare fuori il ferro. O una qualunque arma di distruzione di massa.
Così non si poteva andare avanti.
- Samosa?-
Faith non si era ancora convertita allo stile vegano, Imogen lo era da due mesi e secondo Houser il suo mangiare gremiglie l’aveva resa ancora più lesbica, ma quel giorno la sua consumata cognata le mollò del piatto una quantità abnorme di cibo indiano anche se Glory era più da Thai, infatti mentre nessuno guardava si era fatta fuori mezzo pad thai e lasciato appena un mestolo di Tom Yum soup.
I carnivori erano andati di sushi, tikka masala, biryani e ogni piatto cinese a base di maiale che esistesse sul menù d’asporto.
Farsi saltare per aria di certo faceva bene all’appetito.
- Quindi, fammi riassumere…- Gil si passò un tovagliolo di carta unto sulla bocca ed era uno spasso con i capelli sparati in ogni direzione, la camicia sbottonata e le maniche tirate fin sui gomiti – Ci sono gli Auror e ci sono i Mangiamorte. Ma i Mangiamorte seguivano un tizio che è morto. Tuo padre l’ha fatto fuori.-
Lucas annuì, una forchetta fra i denti mentre cercava di usare il pane naan per raccattare tutto ciò che gli restava nel piatto.
– Già.- mugugnò, tentando di non strozzarsi – Poi quegli stronzi hanno fiutato la nipote di faccia schiacciata e hanno seguito lei. Più un paio di altri stronzi che non sto qua a nominarti.- buttò un’occhiata da cucciolo a Lex, carezzandogli la spalla come il Giuda che era – Scusa.-
- Ma figurati.- rispose il biondo, proseguendo a sua volta – Gli stronzi in questione hanno elaborato un piano attorno alla nipote di Lord Voldemort, che era la tizia apparsa dieci anni fa al Tower Bridge.-
- Angelica Riddle.- sopperì Gil.
- Esatto. Ci attaccò, cercò di ucciderci, di prendere Glory perché le interessavano le sue visioni e poi…-
- Il drago!- lo interruppe Gil eccitatissimo – Forse per voi è normale…-
- No, fidati, non lo è stato. Niente di quel drago è normale.- s’intromise Faith a bassa voce, ma non tanto da non farsi sentire.
-…ma non per noi. Quando è successo il nostro mondo è finito sotto sopra. Vi ricordate alla tv? L’apocalisse è arrivata, il mondo sta per finire.- tuonò il Babbano con voce da telegiornalista – La gente è impazzita, lo scetticismo anche di fronte alle testimonianze di chi era stato presente, persino i video su Youtube non sembravano fasulli. Per non parlare delle prove sul ponte, gl’incidenti dei mesi prima per tutta la capitale. Palazzi che svanivano, scuole scomparse. C’è stato il caos, la paura più totale, ricordo le teorie di terrorismo, quelle sulla più grande mistificazione della storia umana.-
Percependo il rimorso del Phyro, Glory allungò la mano sotto al tavolo per carezzare la gamba a Lucas.
- Tu dov’eri?- chiese a Gil – Te lo ricordi?-
L’uomo sorrise, i grandi occhi celeste pallido pieni di brio forse per qualche bicchierino di sakè di troppo – Stai scherzando? Me lo ricorderei anche fra un milione di anni! Ero al Tower Bridge. Ci ero proprio sopra. Ecco perché sapevo che era tutto quanto reale.-
Tutti quanti strabuzzarono gli occhi, seriamente colpiti dall’affermazione.
- Stai scherzando? Eri sul ponte?- sbottò Josh staccandosi dalla birra.
- Eccome se c’ero. Ero un agente anziano pronto al grande salto a detective, sapete, ma pattugliavo ancora la città e quel giorno, non lo scorderò mai, c’era stata una rissa sul ponte per un piccolo tamponamento. Una stupidaggine, perché poco dopo mezzo cornicione fece fuori il tettuccio della decappottabile che era stata investita. Alzi gli occhi e lo vidi. Immenso.-
Forse non era il sakè, capirono i ragazzi.
Erano gli occhi. Completamente diversi dai loro, abituati a una realtà completamente differente e quegli occhi ancora in quel momento a dieci anni di distanza sembravano rivedere lo spettacolo a cui erano stati testimoni.
Meraviglia.
Sgomento.
Incredulità.
Paura.
E ancora la più grande meraviglia che mente umana possa concepire.
- Le sue ali erano enormi, hanno oscurato la poca luce del sole che passava dalle nuvole, aveva piovuto tutta la notte. Poi arrivò lei. Era come una macchia scura, camminava scalza sul cemento e anche se sembrava tanto giovane…quelle iridi rosse.- Gil deglutì, guardando improvvisamente in basso sul suo piatto spazzolato – Fu terrificante. Falciava chiunque vedesse e la cosa assurda per me all’epoca era il modo in cui la mia mente si fosse completamente inceppata. Non capivo, sapete? Non riuscivo a capire come ci riuscisse, non potevo arrivarci, neanche come un drago di venti metri sopra la testa ma tutti coloro che lei indicava cadevano a terra come bambole. Stavo schiacciato sulla strada insieme a un tassista e alla proprietaria della decappottabile, le tenevo giù il capo…e mi sono accorto solo più tardi che lei era già morta. Quella luce verde l’aveva colpita in pieno, passandomi a pochi centimetri dalla faccia.-
Gil tirò su col naso e sorrise, quando Imogen sull’orlo delle lacrime gli strinse forte la mano.
- Poi il drago scese dalle torri del ponte e ricominciò il casino. Salvò tutte le persone rimaste.-
Piano piano il silenzio avvolse quella che fino a poco prima era stata una tavola allegra e piena di vita.
Gil era tante cose, un ciccio palla come lo definivano i colleghi alle spalle e anche un somaro, come gli aveva detto Priya una volta quando durante una discussione aveva scambiato Emmeline Pankhurst con una delle sue figlie (gli aveva tirato un falafel addosso) ma era anche piuttosto bravo a leggere le persone o col cavolo che sarebbe sopravvissuto tanto in polizia lavorando praticamente da solo sobbarcandosi anche i compiti della sua squadra.
Capito quindi che l’argomento non solo agitava lui ma anzi metteva i ragazzi in un qualche modo a disagio, si rivolse a Imogen deliziato (o quasi) dal suo accento di New York e dal suo bizzarro aspetto.
- E tu?- le domandò con un eccesso brio – Come sei finita qui?-
Venne così fuori che Imogen Archibald era niente meno che la figliastra del fratello di Tim Cook, che aveva lavorato alla Apple più o meno da quando aveva imparato a battere le dita sulla tastiera e che quando il governo americano l’aveva catalogata come black hat, si era ritrovata costretta per ordine giudiziario a due scelte. O la galera o Google.
- Hai scelto la galera?- riecheggiò Vicky, quella storia proprio non la sapeva – Ma sei fuori?-
- Io non lavoro per Google, là dentro sono fermi al latte parzialmente scremato e i capi fanno le uscite fra maschi a fumare sigari.-
- E non le piace il mento di Larry Page.- concluse Lucas.
- Dico ma avete visto la faccia di quell’uomo?- sbottò Imogen levandosi infervorata gli occhiali – Quello per me la notte fa a fette le persone e le mette nel suo frigorifero per mangiarle il giorno dopo.-
- Comunque era nella top 10 list del governo come black hat, così un giorno mandano gente in divisa a parlare con lei prima che quelle del braccio C se la ripassino, con sua grande gioia aggiungerei.- proseguì L.J. beccandosi un dito medio dall’interessata – Le fanno vari colloqui, sorvolano sui suoi discutibili gusti sessuali e alla fine l’assumono per lavoretti saltuari, fino al giorno in cui non ce l’hanno scaricata.-
- Voi Neanderthal non sapreste neanche scaricare la rubrica dei vostri telefoni senza di me.- lo rintuzzò Imogen – Prima che arrivassi io usavate dei Motorola del 2004! Non avete idea di cosa sia la classe, senza offesa Lex.-
- Ma figurati.- rispose il biondo, troppo concentrato sui noodles scampati alla razzia di Glory – Per farla breve il Generale Houser ce l’ha affidata e da allora stiamo tutti meglio.-
- Parla per te, siamo sommersi da pervertiti fino al collo.- sbuffò Houser.
- Devi farti due chiacchiere con la Rastogi non appena la ritroveremo.- sentenziò Imogen con occhi fiammeggianti – Quella donna è un mito e tu un povero essere unicellulare appena uscito dalla melma. Cruz ha ragione, sei un fossile che pensa col manganello.-
- Tutta invidia la tua.-
- Ci sono le protesi per queste cose L.J.- ghignò Lucas.
- Gay, lesbiche, trans narcotrafficanti messicani e Phyro che non bevono alcol. Ecco la mia vita.- sbottò Houser esibendo un bianchissimo sorriso maniacale – Bene, confessioni fatte. Dicci di te Gil, da quanto ti ripassi la prof?-
Verso mezzanotte il detective era steso sul divano del salotto, coperto da un plaid e distrutto dalla sua cotta per Priya ammessa di fronte a così tanta gente. Sul balcone i ragazzi lo guardavano, chi più chi meno deliziato mentre in sottofondo la vita chiassosa di Camden Town accendeva le strade e il quartiere.
- E quello sarebbe la nostra nuova aggiunta.- bofonchiò Josh perplesso, rivolto a una Glory imbacuccata fino al naso e attaccata alla vodka, vecchia amica (grazie Vlad) – Non che mi dispiaccia, è meglio di Houser…- dicendolo fece cincin col bicchiere contro alla bottiglia della Veggente -…ma sei sicura? È un Babbano.-
- Sicurissima.-
In braccio a Lucas, Imogen sorrise felice – Io già lo adoro. A differenza di voi ignoranti sa usare un pc e scaricare porno senza fare danni.-
- Alti standard.- commentò Vicky seduta dall’altra parte del tavolo, vicino a quella caldaia che era Lex. Mano nella mano. Glory avrebbe voluta tirarle la bottiglia in testa e da come il biondo la fissò capì che dalla sua faccia si doveva intuire ogni sua subdola intenzione.
- L’ho visto arrivare. Ed è qui per rimanere, quindi cerchiamo di non farlo ammazzare, ok?-
- Cerchiamo anche di ritrovare la Rastogi, è pazzo di lei.- tubò Imogen – Ma avete sentito come ne parla? È cotto perso. Sono così carini.-
- Sì, come una scossa alle chiappe.- disse L.J. lugubre come un corvo ma mentre tutti ignoravano il suo consueto umore nero, Faith abbarbicata contro alla ringhiera lo spiò di sottecchi senza farsi notare troppo, il che era abbastanza facile quando iniziava le sue tiritere razziali anti politically correct.
In sei mesi di frequentazione quasi giornaliera aveva imparato a conoscere il suo affettuoso uomo nero oltre che a sviluppare lo stesso self control di Lucas e Lex, impedendole di ucciderlo con un cuscino, perciò poteva dire tre cose sul sergente Straccia Palle.
Uno, ad Houser mancava casa sua, ma non tanto da fargli parcheggiare il culo su un aereo solo andata per NY. Due, L.J. era un uomo in grado di complottare un colpo di stato e prendere magari Buckingham Palace in una notte, ma la questione della carta viola lo stava sfinendo.
Non era assolutamente in grado di occuparsi della sua permanenza in Gran Bretagna senza stressarsi, il che stressava Edward, tutti quelli del Quartier Generale degli Auror e finché i documenti non fossero stati compilati e consegnati Houser sarebbe stato quasi inservibile, intimorito dall’idea di essere rispedito in America.
E tre, L.J. Houser poteva abbaiare, strepitare e anche mordere, ma era chiaro come il sole a Faith che quell’uomo amava stare con loro. Poteva non amare Londra o gli inglesi, ma amava loro.
Amava suo fratello, amava Lex, amava perfino Miss Cruz.
Amava la Squadra Omega e amava lei.
O se l’amava.
Più volte al giorno.
- È inquietante come lo guardi a volte.- le sussurrò Vicky all’orecchio, maliziosa.
- È inquietante quello che gli fai a volte.- aggiunse Glory sull’altro suo fianco, ottenendo smorfie di riprovazione piuttosto vocali da Josh e Imogen.
- Sei malata.- le disse Vicky – Non puoi smetterla di spiare tutto quello che fanno gli altri?-
- Ti ricordo, testa di cazzo, che è solo grazie a me se la settimana scorsa ti sei evitata una sparatoria in tribunale.-
- E io ti ricordo per l’ennesima volta, faccia da culo, che devi smetterla di fare la guardona per quanto riguarda la mia vita privata.-
- Muori.-
- Fottiti.-
- Magari più tardi.-
Faith si mise fisicamente in mezzo, bloccando quella diatriba – Cambiamo discorso.-
- Ecco appunto. Parliamo delle proprietà dei Milligan e di quei mostri dei Rosier.- s’intromise Imogen sollevando l’IPad – Dio, dovevate avvisarmi che avrei dovuto cavarmi gli occhi prima di leggere i loro files. Sono dei mostri.-
- Benvenuta nella patria dei Mangiamorte.- commentò Glory sporgendosi verso la collega – Che hai trovato?-
- A parte una montagna di panni sporchi e insanguinati? Evan Rosier era un vero torturatore di Babbani, solo cinque anni fa il Dipartimento Famiglie a Rischio è riuscito a stilare una cifra approssimativa delle vittime della sua bacchetta durante i suoi anni come luogotenente dei Mangiamorte.-
- Dove eseguivano le torture?- domandò L.J.
- Bella domanda. La sua famiglia possedeva proprietà da qui al Galles ma sono state espropriate dopo la prima morte di Voi-Sapete-Chi quando un Auror uccise Rosier in combattimento.-
- Malocchio Moody.- sopperì Lucas.
- Esatto. Dopo la sua morte la vedova e la figlia Dora Rosier, ai tempi aveva dieci anni, vissero praticamente alla canna del gas, l’umiliazione pubblica per essersi schierati come famiglia dalla parte di Lord Voldemort fu catastrofica. Andiamo avanti di vent’anni e Dora Rosier si sposa con Joseph Trevelian, fa una figlia e a sua volta rimane vedova. George Trevelian, attualmente il nostro presidente del MAF, è suo cognato e risolleva i conti della famiglia Rosier.-
- Sarà stato felice di essersi imparentato con un branco di assassini.- commentò Lucas – Ha ricomprato le loro proprietà?-
- Non avrebbe potuto, il vostro governo dopo averle espropriate le ha reindirizzate in esperimenti sociali. Centri di accoglienza, raduni per le comunità, una loro casa in campagna è diventata un circolo di pet therapy e un’altra ancora è stata rasa al suolo per farci sopra una chiesa.-
Uscì qualche risata sarcastica, alla faccia di tutti i bastardi morti per la loro causa malata.
- E lo stronzo è pulito?- le chiese Lex – È sempre un Mangiamorte, anche se travestito da politico pacifista.-
- Per controllare anche Trevelian mi ci vorrà più tempo. Datemi fino a domani, riguardo alle nostre Rosier invece ho continuato a girare dagli uffici del catasto ai server del loro notaio di famiglia. Mi ci è voluto un po’ ma ho craccato il suo firewall e ora ho un paio di posti in cui mandarvi a controllare. E nel remoto caso che Milligan sia un deficiente patentato mi sono collegata al suo portatile. Appena lo accende avrò accesso alla sua web cam.-
- Nel frattempo speriamo che la Rastogi se ne stia buona e mi lasci vedere qualcosa.- sbuffò Glory, riattaccandosi alla bottiglia – Questa storia mi fa diventare matta.-
- Con un po’ di fortuna domani ci andrà meglio.- la rassicurò Lucas con positività – Forza, andiamo tutti a letto. Voi vi fermate?- chiese, rivolgendosi a L.J. e sua sorella mentre Josh e Imogen se la squagliavano per evitare i piatti sporchi.
- Grazie ma no, me ne vado.- disse Houser fra i denti, indicando Glory e Vicky che già litigavano per chi avesse diritto per prima al bagno con la doccia che portava sei persone.
- Vado anch’io, non lo lascio in giro da solo a quest’ora. Potrebbe far del male a qualcuno.- cinguettò Faith con voce nasale, baciando Lex e suo fratello – Ci sentiamo e per l’amor del cielo, evitate di farvi saltare ancora per aria, ok? Non saprò spiegarlo a papà due volte.-
Uscirono fra strepiti e insulti neanche tanto signorili, ma Faith non avrebbe mai potuto ammettere ad alta voce che adorava quelle due.
Erano comiche, cosa poteva farci? Le minacce di morte potevano essere vere, ma sapere che Glorya Malfoy e Victoria Sharp dividevano il quotidiano da brave inquiline, wow, rendeva radiosa anche la peggiore delle giornate. Senza contare che erano la barzelletta del loro gruppo.
Linnie aveva ricominciato a prendere scommesse su chi avrebbe gettato la spugna per prima e mentre Aidan gettava soldi a pioggia dando Victoria per morta, Artie mostrava la sua vena sadica teorizzando che la coabitazione forzata le avrebbe rese sue schiave, stile Sindrome di Stoccolma, e che per la fine dell’anno o si sarebbe ammazzate a vicenda o sarebbero finite di nuovo a letto insieme, stavolta senza abiti da sposa o manette di peluche.
Non appena misero piede in strada pesanti fiocchi di neve ricominciarono a cadere a velocità sostenuta, belli secchi e soffici, ideali per il Natale e ideali per mandare completamente nel panico Londra, che con mezzo metro di neve quell’anno era riuscita a mandare in tilt non solo la gente, ma anche qualche servizio di prima necessità.
Non Camden Town però, nossignore.
Le magnifiche luci natalizie coloravano ogni angolo del quartiere, così tanto ricco di turisti da ogni parte del mondo e negozi ancora aperti, affastellato di banchetti mobili dei primi imprenditori maghi che offrivano a Babbani in vena di avventura Burrobirra calda, thè allo zenzero, Lava cupcake bollenti con cioccolato fuso e mirtilli salterini.
Camminando fra quella gente così varia, in quel mescolio di abiti ordinari e stramberie di maghi e streghe, Faith riusciva a scordare i tempi in cui aveva camminato per un paese le cui strade erano state disseminate di cadaveri. C’erano giorni in alzandosi dal letto il suo primo pensiero non andava al cratere che risiedeva sulla collina di Dunnotar Castle in Scozia, alla devastazione che vi aveva visto, alla lotta a cui aveva partecipato.
Giorni in cui la guerra sembrava non essere mai avvenuta.
Ora invece camminando per le strade affollate non faceva che pensare a un possibile ritorno di quel male marcio e violento. Al ritorno del caos, dell’orrore, della paura.
Pensava a Gil, unico Babbano con cui avesse mai speso più di qualche ora in compagnia parlando della Rivelazione della Magia, capendo che razza di finimondo i maghi avessero creato nel suo universo controllato e preciso.
Ricordò Angelica Riddle.
Poi si guardò attorno e si chiese quando qualcun altro avrebbe riprovato a risvegliare la bestia dormiente.
Poi di colpo L.J. si fermò a un banchetto, pagò una birra scura per sé e un thè allo zenzero per lei.
Posandoglielo di fronte al naso parlò in fretta, distogliendo subito lo sguardo.
- Domani la ritroveremo. Viva.-
- È una persona importante. Se verrà fuori qualcosa su questa storia non mancherà molto prima che qualcun altro ci riprovi.- rispose a sua volta, sollevata e al tempo stesso frustrata da come avesse letto facilmente l’ansia dal suo sguardo – Non sai com’era qui dieci anni fa. È tutto ciò che Gil ha descritto e al tempo stesso molto peggio. Molti dei nostri amici sono morti. Mio padre è sopravvissuto per miracolo e quello che i Mangiamorte hanno fatto…- Faith alzò la testa, puntandogli gli occhi addosso – Per un anno circa il Ministero della Magia dibatté per reintrodurre la pena di morte.-
- Non potrebbe accadere di nuovo la stessa storia.-
- Come lo sai?-
- Perché ora tutti sanno.- L.J. le indicò la strada, piena di vita, di voci, di tante storie diverse – Ora il mondo sa della magia. Non accetteranno mai che la storia si ripeta.-
- Non idea di quello di cui è capace quella gente.-
- Uomini del genere pensano di essere unici e speciali. Ma la realtà è che magia o no, dittatori, assassini, terroristi…sono tutti uguali. Tutti quanti. Ognuno di loro sa raccogliere attorno a sé una marea di personalità passive, deboli, che preferiscono la violenza al confronto con le loro paure. Ma per ogni stronzo che cammina questa terra c’è gente come tuo padre che si sbatte per spedirli tre metri sotto o dietro alle sbarre. L’opinione pubblica insorgerebbe, fidati.-
- Ma altri potrebbero morire di nuovo.-
Con una smorfia le diede il braccio, lasciando che glielo prendesse mentre ricominciavano a camminare – La gente muore tutti i giorni.-
- È sempre un sollievo chiacchierare con te.-
- Fanculo, se qualcuno di quelle testa di cazzo tira su la testa gliela faremo saltare, ok? Ti piace di più?-
- Immensamente.- tubò Faith grondando sarcasmo – Hai parlato con Edward?-
Non ricevendo risposta la strega emise un sospiro disperato.
- Houser accidenti!-
- Lo so, lo so!-
- Vuoi farti cacciare a calci? Ma che hai in testa?-
- Ogni volta che gli parlo il capo va in paranoia ok? Non sa ancora come autorizzare la nostra squadra sulla carta. Il suo team di avvocati sta lavorando ma quei bastardi non si danno una mossa!-
- Di questo passo la carta viola te la scordi.-
- Non mi stressare anche tu, ti prego!- rispose vibrando mentre le luci natalizie sfarfallavano pericolosamente sopra le loro teste – L’ultima cosa che ho voglia di fare è vedere mio padre di persona. Skype basta e avanza. Troverò una soluzione.-
- Certo, come quella che cercavi l’altra mattina sui giornali di annunci intimi? Che facciamo, ci mettiamo a cercare una prostituta nera per fartela sposare?-
- Quello è il piano B.- ammise riluttante, gemendo appena quando ricevette una gomitata fra le costole – Ok, ok. Prometto che gli parlerò di nuovo!-
- È il minimo. O puoi sempre restare qui come clandestino!-
Alla sparata gli occhi della stessa Faith si accesero di goliardico sadismo, godendo di come si fosse mortalmente indignato al solo pensiero di essere etichettato come clandestino.
Un immigrato.
Il trip mentale che si stava facendo sarebbe peggiorato a livelli catastrofici, complici l’ansia per il lavoro e lo stress causato dalla carta viola, e sebbene fosse assolutamente uno spasso da vedere tanto da portarla a fargli uno scatto che inviò a tutti gli altri su Whatsapp, per evitare un totale tracollo nervoso seguito da una caduta a spirale nell’indecenza Faith decise di prendere la situazione in mano e di agire in fretta.
Come tanti uomini anche L.J. ragionava meglio dopo una notte di sonno preceduta dallo sfinimento fisico, perciò si piazzò di fronte a lui in mezzo alla strada e si sollevò sulle punte, gettandogli le braccia al collo.
Sorrise posando la bocca sulla sua, per essere sicura che lui lo percepisse durante quel bacio.
Sotto la neve, fra le luminarie, a pochi giorni dal Natale, ad esplorare la cavità orale di un super cultore della razza nera che la notte era capacissimo di dormire con una maglietta che portava a grandi lettere lo slogan dei Black Panther. E lei lo adorava.
Se non era amore quello, Faith non sapeva come altro chiamarlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Latitudine: 51°30'30? N

Longitudine: 0°07'32? W

23 Dicembre – Locazione ignota

 

 

 

 

 

Jordan Milligan era una larva.

E Priya lo odiava. No, più che odiarlo avrebbe voluto pulire il pavimento gelido su cui il suo culo stava parcheggiato da almeno due giorni con la sua faccia brufolosa, specialmente dopo che andò a portarle il rancio e per l’ennesima volta che mise sotto al naso del pollo.

Il coglione lo faceva apposta allora.

- Molto divertente.- sibilò Priya Rastogi, docente straordinaria e attivista che pativa la fame da almeno trentasei ore perché quell’idiota del suo studente non solo era diventato la vittima di una vedova nera, mangiauomini, pazza omicida, infida sanguisuga Mangiamorte col moccio al naso, ma a quanto pareva si era pure scordato che era vegetariana dalla nascita.

Fissò prima il vassoio poco invitante, poi di nuovo il suo ex studente (ci avrebbe pensato lei a farlo diventare tale, galera o becchino non le importava più ormai) e con la punta del piede mosse di alcuni centimetri quell’orrore lontano da sé.

Ci avrebbe anche sputato dentro ma le mancava la saliva.

Jordan la fissò costernato, incredulo e infine rabbioso.

- Professoressa, deve mangiare.-

Capitan Ovvietà si era scordato qualche piccolo dettaglio.

Il primo ovviamente era la carne bianca, il secondo abnorme dettaglio glielo aveva gettato in faccia giusto quella mattina, quando gli aveva lanciato letteralmente addosso le uova e la pancetta della colazione.

Ma non era colpa di Jordan. L’unica colpa del signor Milligan era essere sostanzialmente un idiota.

Priya non era completamente di pietra, sapeva che l’amore rende ciechi, pazzi, sordi, a volte persino degli assassini quando la controparte ti dà sui nervi e questo lei lo capiva perfettamente.

Accoltellare quel fedifrago del suo ex marito era sempre stato un suo sogno nel cassetto, anche se alla era stato sufficiente mandarlo sul lastrico col divorzio e scoprire che la sua ultima fiamma ventenne per cui l’aveva lasciata gli aveva attaccato la sifilide.

Perciò capiva che l’amore può far dare di matto, ne era consapevole. Quasi lo capiva.

Ma cascarci con Bernadette? Quale idiota decerebrato s’invaghiva di una donna che voleva distruggere la sua stessa razza? Quale idiota masochista pende dalle labbra di un altro essere umano che vuole, per suo stessa candida ammissione, la distruzione della razza “Babbana”?

E la ragazza di recente non era stata neanche molto sottile nel celare il suo evidente disgusto per loro, loro i Babbani, parola che nella bocca di quell’invasata suonava come un sacchetto pieno di scarafaggi.

Data la sua verve e il suo bell’aspetto poteva capire che Jordan si fosse innamorato di lei.

Perfino Priya ci era cascata. Mesi di frequentazioni, discussioni in facoltà, alta dialettica e alti i morali, comizi. Insomma, Bernadette Rosier si era presentata ovunque nelle loro vicinanze e Priya neanche per un secondo aveva immaginato fosse una strega o peggio ancora…una Mangiamorte.

L’aveva catalogata come una ragazza piena di curiosità e di ideali un po’ naïve all’inizio. Jordan gliel’aveva introdotta dopo una lezione, orgoglioso come i maschi sanno essere di aver trovato una compagna che possa reggere la loro presenza per più di due minuti e semplicemente c’era stato un click fra di loro.

Priya era rimasta colpita da lei in modo genuino. Una pensatrice, una rivoluzionaria un po’ ingenua data la sua giovane età ma che parlantina. Che fegato alle riunioni, alle proteste, mai che avesse abbassato la testa, mai che avesse smesso di fare domande, di spingere, di chiedere a voce sempre più alta. Bernadette era giunta come una ventata fresca nella sua vita costellata da pallide imitatrici che volevano somigliarle in tutto e per tutti, come Tzi, la sua borsista.

Poi c’erano stati vacui momenti in cui alcuni pensieri di Bernadette sulla catalogazione dei diritti civili degli individui avrebbero dovuto metterla in guardia, sciocca lei a non averli colti.

Perché sì, la verità era che Priya non era poi tanto diversa da Jordan.

Milligan almeno aveva la scusa di esserci andato a letto per amore o la cosa più malsana che potesse avvicinarsi a quel sentimento.

Priya ci era andata a letto per sentirsi giovane, per succhiare un po’ di quella linfa vitale che Bernadette Rosier sembrava avesse nelle vene, che le scorreva dentro come un fiume in piena.

Quindi chi era stato il vero idiota? Il tizio col pene o lei, che combatteva per i diritti dell’uomo e della donna da quando aveva almeno dodici anni e per una stilla di fugace vanità era finita a letto praticamente con una nazi-strega?

- Prof, mi ascolta?-

- No.-

Priya gettò un’altra occhiata di sdegno al pollo, poi allo studente, quindi ingoiò i crampi allo stomaco e si girò dall’altra parte, cosa che fece sbuffare pesantemente Milligan.

- Lei non sarà contenta.-

- Lei probabilmente affama i Babbani per divertimento, idiota.- sibilò di rimando piazzandogli addosso il suo famoso sguardo di riprovazione – Perché cavolo sono ancora qui Jordan? Come diavolo hai fatto a entrare a Cambridge me lo spieghi? Sei un imbecille se pensi che la passerai liscia o se anche solo per un istante ti ha sfiorato il pensiero di aver un vissero felici e contenti con Bernie! Ti ucciderà non appena non le servirai più.-

- Bernie sapeva che l’avrebbe detto.-

Priya non riusciva a crederci. Fra l’età che avanzava, la fame e lo scazzo, lo fissò forse vedendolo per la prima volta.

- Vuoi davvero dirmi che credi nelle parole di una Mangiamorte?-

- Bernie non è come gli altri.-

- Non è che come gli altri?- riecheggiò la donna sbarrando occhi e bocca – Quindi non vuole uccidere le altre persone normali, solo me. E ti sta bene?-

Milligan ebbe almeno la decenza di arrossire, cosa che quello sbarbatello faceva dai tempi del primo anno. Tuttavia neanche il prospetto della futura morte della sua professoressa, essere umano vivente e respirante e non un numero qualunque su una pagina di storia, sembrava smuoverlo.

Poteri della vagina.

Wow.

- Bernie dice che lei è un pericolo per la sua famiglia.-

- Sono maghi e streghe, che posso mai fare?-

- Pare che abbia creato dei seri problemi alla campagna politica di suo zio.-

- Quindi secondo te la soluzione al problema è uccidermi?-

Non credeva a chi aveva davanti. Era quello che capitava ai tg, no? Vicini di casa e amici che dicevano quanto fosse impossibile che l’assassino fosse veramente un omicida.

Una persona così pacifica. Un uomo tanto buono.

Sti cazzi, non sarebbe stata un’altra vittima di quella follia.

- E che mi dici dei tuoi complici, eh?- inquisì, sfidandolo a replicare – Ero nell’appartamento di quel tizio, che tra parentesi Bernie conosceva piuttosto bene dato il bacio a trivella che gli ha dato…-

- Lei non osi…!-

- Oh, sta zitto sciocco idiota! Ti sta usando! Come ha usato quel cretino che mi teneva rinchiusa nel suo cesso! E ora pensi che tenermi blindata nella sua cantina per giorni e giorni servirà a farle scordare che sei solo una sua pedina!?-

- Come diavolo fa a sapere dove siamo?-

Come ci era entrato quello a Cambridge, sul serio?

- Siamo in una cantina piena di vino con etichette che si muovono. È passato un fantasma di una vecchia che si chiama Amelina Rosier che ha urlato per la presenza di una sporca Babbana nella sua casa paterna e per finire non sono bendata, coglione, c’è lo stemma di famiglia appeso sull’architrave sopra alla porta da cui sei entrata.-

Lo fissò di nuovo, facendosi indietro con aria perplessa.

- Ti hanno mai diagnosticato un ritardo?-

La porta si aprì sulla rispostaccia di Milligan, lasciando entrare la vera fonte dei loro problemi.

Spariti gli abiti da hippy un po’ retro e un po’ chic che andavano di moda adesso. Sparito il gusto per la moda “Babbana”. Addio ai jeans, addio alle extension colorare, addio ai tatuaggi sulle dita e al sorriso semplice, ma fiducioso nel mondo.

Entrò un’estranea che dimostrava più dei suoi vent’anni con un vestito violaceo senza maniche lungo fino ai piedi, scalzi dalle unghie tinte di un lieve grigio perla.

I capelli un tempo biondo cenere erano ora di un bel color grano maturo, tenuti stretti alle tempie in un paio di trecce alla francese, il resto lasciato libero lungo la schiena nuda.

Via il trucco, via gli smalti colorati.

Non appena fu loro vicino Jordan scattò immediatamente sull’attenti, perdendo lo sguardo di compartimento che gli lanciò Priya, alla quale però non fu impedito di vedere che a sua volta Bernadette levò gli occhi al soffitto.

Un cieco dalla nascita avrebbe notato il suo fastidio, ma non Jordan, non lui che si fiondò verso di lei e per poco non si cavò un occhio sulla punta della sua bacchetta.

Un lampo di felicità illuminò il viso di Bernie, per tramutarsi in delusione quando il cretino schivò all’ultimo e le prese la mano, contrito.

- Non vuole mangiare, tesoro.-

- Già.- disse Bernadette le cui dita letteralmente sfuggirono dalla presa del ragazzo come se fosse una secca ambulante di ebola. Se quella era la reazione a toccargli la mano, si domandò quanta dedizione quella ragazza avesse trovato dentro di sé per farci del sesso e intortargli il cervello.

- Ci lasceresti da sole per favore, Jordan?-

- Ma Bernie…-

- Tesoro.- il vezzeggiativo era uscito male, ma davvero male, come se glielo stessero cavando di bocca con l’uncino e Priya cominciava a non essere più tanto strabiliata dalla sua interpretazione – Io e la professoressa Rastogi abbiamo molto di cui parlare. È una questione personale fra me e lei. Quindi ti prego, lasciaci sole.-

La porta non si era neanche chiusa che subito Priya si ritrovò la bacchetta puntata in mezzo agli occhi.

Con la bocca secca e il cuore al galoppo mosse la testa all’indietro, schiacciandosi con la schiena contro la parete fredda della cantina ma nulla al confronto della punta di legno di quell’arma.

Una semplice bacchetta di legno, così tanto denigrata nei primi anni dopo la Rivelazione. Le risate erano cessate subito alla vista dei video della morte e della distruzione che semplici pezzi di legno potevano generare nelle mani giuste.

Facendosi forza distolse gli occhi scuri dalla bacchetta e li rialzò, incontrando quelli grigio verdi di Bernadette.

- Ciao prof.-

- Bernadette.-

La strega alzò appena un angolo della bocca, fissandola attentamente.

- Ho sempre invidiato il tuo sangue freddo, sai Priya. Il modo in cui stai dritta sui palchi, sei forte e dritta come un fuso. Allo stesso tempo sei completamente diversa durante le manifestazioni, non c’è grazia lì, non stai né eretta né parli con toni pacati da maestrina, ma il tuo corpo si protende in avanti e anche in quelle situazioni c’è una sorta di forza in te…-

Dall’ammirazione si passò al disgusto. Bernadette Rosier contorse la bocca rosea e si sedette di fronte a lei, afferrando una sedia per guardarla dall’alto in basso.

Con la gamba accavallata, usò il piede per sfiorare i capelli neri della sua vittima e continuare a scrutarla con fare pensieroso.

Senza darle la soddisfazione di parlare per prima, la Rastogi tentò di capire cosa diavolo volesse anche se in fondo lo sapeva benissimo.

La sua umiliazione pubblica. La sua morte.

Un richiamo per tutti i vermi che dieci anni prima erano strisciati via, a nascondersi al buio.

- Vuoi fare di me un esempio.- le uscì di bocca, scrutando la giovane con lampi negli occhi.

- Questo è il piano tesoro.- replicò Bernadette tranquilla, anche la bocca la tradiva.

Continuava ad arricciarsi, così come le palpebre, che si strizzavano e si assottigliavano.

- Tre mesi mi ci sono voluti e avrei potuto farlo molto prima, spero che tu lo sappia. Dai troppa fiducia.-

Priya serrò la mascella – Pare che sia un mio difetto.-

- Avrei potuto ucciderti a casa tua persino, quella sera di fine settembre. Quando è stata la prima volta? Dopo quella svenevole manifestazione a Piccadilly?-

- Sì.-

- Già. È stata dura, lo ammetto. Mantenere la copertura durante le proteste rischiava di spezzarmi i denti. A forza di digrignarli dovrò farmeli sistemare. Altra seccatura per cui alla fine pagherai. Ma non temere.- le sorrise, maniacale, con occhi sbarrati da lunatica – La tua fine è quasi vicina, così come la mia soddisfazione.-

- Perché trascinarla ancora?- le chiese la Rastogi – Falla finita Bernadette, so che vuoi farlo.-

- Oh, niente più Bernie ora?- la cantilenò l’altra.

- Cosa vuoi davvero?-

- Cosa voglio davvero? Non sei stupida Priya,- sibilò la strega afferrando nuovamente la bacchetta – fatti due conti! Hai offeso il nome della mia famiglia!-

Tacere.

Oh, no. Tacere non era mai stato il forte di Priya Rastogi.

- Quale nome? La tua famiglia ha un’unica reputazione da ciò che so adesso.- replicò a tono, la voce ferma e la testa alta mentre Bernadette Rosier con l’arma puntata alla sua faccia spalancava la bocca, sdegnata e intrisa di disprezzo – Quindi non venire qui a parlarmi di dignità e reputazione, ragazzina, perché se pensi che legarmi in un angolo possa far magicamente scordare a me e a tutto il mondo ciò che siete e cosa la tua famiglia ancora oggi si vanta di aver fatto allora hai commesso un clamoroso buco nell’acqua!-

Da principio avvertì uno scoppio dietro agli occhi, come una cascata di scintille, dopo di che avvenne qualcosa di mostruoso da dentro di lei, qualcosa che le sembrò ancora più orribile da come la colse completamente di sorpresa.

I muscoli le si contrassero tanto velocemente da farla sentire di pietra, ma più questi si tendevano e più il dolore aumentava, fino a squassarla tutta come una potentissima corrente di energia elettrica che le attraversava ogni parte del colpo, senza avere pietà neanche per la punta delle sue dita.

Accartocciata a terra, le grida a sorpresa strappate dalla sua sola, rantolò per tirare su il capo o anche solo per respirare ma solo quando la sua faccia arrivò a contatto col pavimento di pietra capì di essere stata liberata.

Non che le fosse molto utile. Strisciò a terra annaspando, il dolore che la colpiva a ondate, la saliva che le inondava la gola per scivolarle giù dai denti, dalle labbra, rotolandole lungo il mento.

Una volta che il fiato tornò a scorrerle normalmente nei polmoni, e di tempo ne servì parecchio, Priya strizzò le palpebre per trovarsi di fronte, oltre alla vista appannata, i piedi nudi di Bernadette.

Sovrastava su di lei, che cliché di poco gusto, e prima che un’altra scarica la ripercorresse tutta strappandole gemiti e strilla (Priya sapeva di non essere fisicamente in grado di resistere) la sua aguzzina si chinò ad accarezzarle la testa, come a un cane.

- È stato divertente, lo ammetto. Più con te che con Jordan. Almeno a letto tu sai cosa stai facendo.- commentò la giovane Rosier con fare casuale mentre il corpo sotto di lei si contorceva una seconda volta.

Lo guardò diventare rigido e poi dimenarsi, la bocca distorta dalle urla, le dita artigliarsi.

Poco a poco non poté più nascondere il suo reale piacere e un debole sorriso le piegò le labbra pallide.

La grande Priya Rastogi sarebbe stata la candida perfetta.

Una parte di lei quasi si dispiaceva, se non altro a un puro livello antropologico quella donna sarebbe stata capace di apportare miglioramenti all’umanità, cosa che Jordan Milligan di certo non sarebbe stato in grado di fare.

Ma sgozzare Jordan al prossimo raduno segreto del MAF non avrebbe scosso le fondamenta della politica della Gran Bretagna, di lui e della sua stupidità nessuno avrebbe scritto pagine intere di giornali, della sua morte non se ne sarebbe parlato poi granché alla televisione.

No, Jordan Milligan non era importante.

La sua morte e la sua vita non avrebbero avuto alcun impatto.

Ma la professoressa Rastogi…oh, la sua dipartita per morte violenta da parte dei Mangiamorte avrebbe dato uno scossone considerevole alla sonnolenta apatia che era calata sul suo paese da dieci anni a quella parte.

Presto, pensò Bernadette tornando a sedersi in poltrona.

Presto il mondo avrebbe assistito alla rinascita dei Mangiamorte, con la sua famiglia a capo di una rivolta tale che stavolta neanche il grande Harry Potter sarebbe stato in grado di combattere.

Forse persino lui molto presto sarebbe finito ai loro piedi.

- Tu non hai idea di ciò che mi aiuterai a scatenare.- mormorò, osservando Priya piantare i palmi aperti a terra, i molti anelli d’ambra tintinnanti contro la pietra fredda, per issarsi a sedere.

- Non hai idea…- perseverò la bionda strega con voce febbrile -…di quello che ci aspetta. Le tue pidocchiose battaglie per i diritti delle donne, delle coppie miste, non erano niente paragone a ciò che io voglio.-

- Tu vuoi quello che tanti prima di te hanno voluto.- sibilò Priya con voce rauca. Rialzò la testa e un rivolo di sangue le scivolava dalla nuca, causato probabilmente da un colpo autoinflitto mentre si era contorta a terra come un sacco colmo di bisce – Non sei diversa da tutti quelli che prima di te ci hanno provato. Fallendo.-

- Proprio non riesci a tacere, vero?- sbottò Bernadette rabbiosa – Sai che incantesimo era quello che ti ho lanciato prima?-

- So esattamente cos’era.- replicò la donna, il mento alto e sprezzante – Cruciatus, una delle tre maledizioni imperdonabili fra voi maghi. Scagliarlo significa una sicura pena detentiva, senza avvocati, giudici o giuria. Non che a te importi, se non sbaglio.-

- E non è stato l’ultimo per te, mia cara. Solo il primo di una lunga serie. Quando saremo di fronte a tutti gli altri…-

- Cerca di non mostrarti troppo soddisfatta, ragazzina. Stai mostrando i tuoi veri colori.-

Bernadette si sporse dalla poltrona come un’indemoniata verso di lei, gli occhi sempre un po’ più sbarrati. Sempre un po’ più folli.

- Bene! Che si sappia di che pasta siamo fatti noi Rosier. Questo paese può essersi scordato che è stato fondato sulle schiene di maghi purosangue, ma non io. Il Signore Oscuro è morto, sua nipote è sparita per mano degli Auror, ma restiamo noi suoi fedeli sempre e comunque, per troppo tempo abbiamo mantenuto le teste nascoste nell’ombra ma ora ne abbiamo abbastanza. Tutto ciò che tu rappresenti col tuo sangue impuro e la tua lingua biforcuta sta per giungere al termine.-

Muovendosi come un gatto scattò verso la sua prigioniera, le afferrò la mascella e con unghie incuranti affondò nella carne della sua guancia. E strinse. Strinse forte.

Si beò delle pupille dilatate dal dolore della professoressa.

Si beò dei suoi gemiti di dolore.

Godette nella paura che lesse in fondo alle sue orbite.

- Voi sporchi Babbani siete arrivati alla fine del vostro dominio. La vostra debolezza non verrà più premiata con leader che cercano di scendere a patti con i vostri meschini capi, non più Fusione, non più maghi e streghe nascosti dietro a muri, in vicoli sbilenchi e scuole di magia protette da cupole invisibili, perché noi scenderemo sulla vostra gente in sciami e prima che possiate capire cosa vi sta succedendo, da brave formiche che siete verrete bruciate come insetti sotto una lente.-

Con un sospiro Bernadette mosse in avanti le labbra, sfiorando quelle di Priya.

Quella tentò di scansarsi, ma la strega l’afferrò per la folta chioma corvina, passandole lascivamente la lingua sulla bocca.

- Eri morta nel momento in cui mi hai conosciuta. Morta quando hai dormito con me. Morta quando hai pensato anche solo per un secondo che quelli della mia razza potessero abbassarsi a respirare la vostra stessa aria. E morirai stanotte, quando di fronte a un centinaio fra maghi e streghe io userò un altro incantesimo su di te, un incantesimo che scommetto conosci altrettanto bene. Te ne andrai come avevi sempre sperato. Fra applausi e grida di giubilo.-

Un altro bacio, l’ultimo.

Un bacio di Giuda sulla guancia.

Priya aveva la sensazione che non sarebbero stati né gli applausi o grida gioiose ad accompagnarla alla morte.

Ma piuttosto fauci di lupi e lunghe maschere scheletriche.

Sola, a poche ore dall’amara fine che l’attendeva, si lasciò andare contro il pilastro di quell’orribile cantina tra fantasmi biancastri che la infestavano piangenti per le loro dipartite, sommersa nell’oscurità più totale.

Sarebbe morta uccisa da una setta di pazzi, triste storia.

Non era esattamente come si era immaginata il suo trapasso, ma sua madre le aveva fatto notare agli inizi della carriera che un tempo le donne come lei venivano messe a rogo, perciò non avrebbe dovuto stupirsi se un giorno molto più avanti, a un passo dal diventare mangime per i vermi, si sarebbe ritrovata ad affrontare una morte non ordinaria.

Una morte insolita per una vita vissuta all’insegna del non sprecare neanche un secondo.

Ormai tremante, dolorante, impaurita, la professoressa pensò che la sua unica speranza stava in un uomo solo. Sciocco a dirsi, per una femminista convinta, ma era abbastanza sicura da sapere che se qualcuno la stava cercando, quel qualcuno poteva essere solo Gil Pierce.

Tuttavia dopo qualche istante si augurò di non essere mai ritrovata. Avrebbe messo Gil in pericolo, rischiando che finisse nella sua stessa situazione e non poteva fargli questo.

Non con uno dei pochi bravi uomini che avesse mai conosciuto a quel mondo, dopo suo padre.

Quando la vennero a prendere non tremava più.

Il sorriso di Gil Pierce le annebbiava ancora la mente quando tre maghi, due uomini e una strega, vestiti in ampie palandrane nere vennero a prenderla.

Non aveva più paura.

Quegli animali volevano uno spettacolo.

Beh, lei gliene avrebbe dato uno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Latitudine: 51°30'30? N

Longitudine: 0°07'32? W

Moorgate Underground – Londra, 23 dicembre

 

 

 

 

 

Era ormai calata la sera, lo si poteva percepire dall’aria più rigida che giungeva persino lì nella metro e il freddo, se non altro, aiutava a rarefare il lezzo persistente dei tunnel.

Quel giorno c’era stato un mezzo proclamo per chiudere tutto dato che una nevicata la notte prima aveva quasi sommerso metà degli ingressi ai sotterranei della capitale, così fra il ghiaccio, il gelo acuto, la gente che correva invasata per le strade imbiancate in cerca dell’ultimo regalo perfetto servito da qualche commesso giunto al limite, Gil sentiva che tutto gli stava scivolando fra le dita.

Compresa la vita di Priya.

Erano passati tre giorni dall’inizio delle loro ricerche, tre giorni serrati in cui lui e la squadra Omega avevano fatto di tutto a parte uccidere un indiziato per ottenere tracce su dove Priya Rastogi fosse detenuta ma giunti a quel 23 sera, a poche ore dal rintocco della Vigilia, il detective cominciava a perdere ogni speranza.

Seduto su un sedile sgangherato di un anonimo vagone coperto di graffiti della metro, black line fermata di Moorgate, l’uomo guardava la baruffa che stava avvenendo a pochi passi da lui dopo essersi slacciato la cravatta.

La corsa gli aveva segato le gambe, il che non era incoraggiante dato che ogni parola del medico di Scotland Yard gli rombava nelle orecchie insieme al sangue.

Meno carboidrati, meno zuccheri, meno bibite gassate, niente ciambelle, colesterolo, colesterolo, fare moto…lei ha le gambe corte, detective!

Distrutto, si era lasciato cadere su un sedile e ora eccolo lì, senza più fiato e con le nocche arrossate per un pugno ben assestato a un mago fanatico della razza pura.

Davanti a lui una vera ammucchiata fra alcuni membri dell’underground police, una mezza dozzina di Auror accorsi sul luogo, la Squadra Omega e due sospettati, rispettivamente Neal Harrington e Amos Guzby, che dopo un rocambolesco inseguimento per le strade di Londra erano finiti per Smaterializzarsi in mezzo al vagone in movimento di quella linea.

Gil non ricordava di aver mai visto tanto caos da dieci anni a quella parte.

La lotta era durata sostanzialmente pochi minuti, ma fra incantesimi che cozzavano su ogni superficie della carrozza, la gente che strillava e scappava calpestando chiunque e qualunque cosa, era tanto se da povero Babbano non ne fosse uscito con qualche osso rotto.

I due sospettati erano seduti a terra a gambe incrociate, i mantelli tutti laceri. Uno di loro, Guzby, aveva anche un braccio completamente pietrificato e Gil la trovava una cosa straordinaria, nonostante le sedici persone che quei bastardi avevano mandato all’ospedale.

Erano giunti a quei due grazie a una visione di Glory. Secondo la Veggente infatti, che più Gil conosceva e più trovava follemente eccezionale, quei due una mezz’ora prima erano entrati nella cantina in cui Priya era stata rinchiusa negli ultimi tre giorni dopo che il Seven Sisters Pub era saltato per aria e l’avevano portata via.

Non era riuscita a vedere dove l’avessero condotta, ma aveva colto alla perfezione il volto di Bernadette Rosier e i due faccioni di quegli energumeni che nonostante la loro stazza erano finiti ben presto KO dopo un attacco del sergente Houser.

Sempre a lui si doveva il blocco della metro, avendo mandato in corto circuito mezzo quartiere.

Ed ecco perché l’arrivo dell’underground police, degli Auror e di un paio di avvocati bizzosi, fra cui per fortuna uno a loro difesa, Miss Victoria che Gil aveva conosciuto a cena alcuni giorni prima.

In quel pollaio di voci era quasi impossibile quindi distinguere gl’insulti dei sospettati, le minacce legali degli avvocati e gli sbuffi di Houser.

In generale un vero disastro.

-…e paralizzare il traffico di ogni metro e tram da qui a alla Bank of England non vi bastava vero?!- urlò a quel punto in tizio impettito, indicando rabbioso i due criminali a terra – Tutto per due uomini? Avete idea del disastro che avete creato alla città? Ritardi proprio sotto Natale!-

- Parlando di ritardi, quale parte di “questi sono Mangiamorte” non le è chiaro?- gli disse L.J. torreggiando su tutti come una specie di gufo bizzoso – Sono pericolosi criminali, avrei dovuto lasciarli girare nella vostra metro come niente fosse? Che razza d’imbecilli dirigono il traffico in questo paese?-

- Perché non se ne torna a casa e non fa un favore a tutti?! Razza di bifolco ignorante…-

- Ok, ok, ok.- a quel punto si mise in mezzo Miss Victoria di cui Gil ammirava molto la classe e la pazienza, perché al suo arrivo dopo essere stata chiamata in fretta e furia non si era dimostrata certo molto allegra nei loro confronti – Lascerei da parte gl’insulti razziali se non vuole che i miei clienti la denuncino!-

- Io non ho aperto bocca, è stato il suo pinguino alto due metri a darmi del bianco pallidone!-

Vicky guardò di striscio Houser, quindi Lex, come per promettergli notti lunghe e solitarie d’ora in avanti ma si riprese, dimostrando assai più disgusto per gli uomini imbavagliati ai loro piedi.

- Mi rendo conto che la Squadra Omega ha creato un lieve ritardo negli spostamenti odierni, ma diciamoci la verità. È tardi e la città è sommersa dalla neve, molte linee sono già state chiuse, quindi anche contando il disturbo arrecato, i miei clienti hanno salvato un intero vagone di Babbani dall’attacco di questi maghi che ora gli Auror prenderanno in consegna. Per qualunque richiesta vogliate farci siete pregati di contattare me a questo numero. O direttamente il Quartier Generale degli Auror, al Ministero della Magia.-

- Tutto qui?- ulularono praticamente i poliziotti.

Un paio degli Auror che Gil aveva intravisto avevano un aspetto assai insolito e forse fu il loro aspetto a zittire quel vespaio. Si trattava di una donna dai lunghi capelli neri, pallidissima e di un tizio alto quanto L.J. con due occhi inquietanti color fiamme del caminetto, per intendersi.

Secondo Gil e i suoi appunti ai vari seminari, la ragazza doveva essere una vampira. La stessa, dopo che i poliziotti se ne furono andati cacciando in malo modo la stampa, diede un sonoro scappellotto a Lucas e una manata in testa a Glory.

- Siete imbecilli o cosa?- ringhiò con voce melodiosa.

- Già, siete imbecilli o che cosa?-  abbaiò anche Miss Victoria – Non vi bastava distruggere un pub, ora avete anche mandato in tilt la metro! Che diavolo avete nel cervello?-

- Scusate, questi stronzi come li chiamate?- rispose Josh additando Harrington e Guzby – Queste merde sono Mangiamorte, tanto per la cronaca, e sanno dove si trova la nostra vittima di rapimento.- poi si girò e fissò Gil con attenzione – Stai bene bello? Vieni, questi due non mangiano nessuno.-

- Per il momento.- commentò Asher Greyback, puntando le iridi fiammeggianti sui due uomini catturati – Siete sicuri siano Mangiamorte?-

- So che sono simpatizzanti e non hanno fatto una piega prendendo una donna legata in una cantina per trascinarla via, chissà dove, mentre Bernadette Rosier rideva dicendo che presto l’avrebbero fatta secca.- replicò Glory con un sorriso soave – Ti basta?-

- Non fa di loro Mangiamorte.- fece Vicky.

- Non siamo in tribunale, a me non importa un tubo per chi votano. Non fossero complici di rapimento e segregazione potrebbero anche votare Trump, per quello che mi riguarda. Sta zitto L.J.- continuò, zittendo il sergente, rinomato repubblicano – Ora facciamoli parlare, perché giuro che non riesco a vedere più quella donna.-

- Come mai?- le chiese Gil – Ti senti bene?-

- Si, ma Bernadette Rosier deve aver fatto qualcosa per proteggersi e noi siamo punto e a capo.-

- Questi stronzi possono non sapere niente, ma perché non procedere su questa pista?- fece Lex – Allora facciamoci due conti, Bernadette è giovane, discende da grandi Mangiamorte e fin da ragazzina ha dimostrato un profondo odio per i Babbani ma tende a sfruttarli a suo piacimento. Ora ha una grande esponente della Fusione fra le mani, l’ha rapita meditando un piano con mesi di anticipo.-

- Harrington e Guzby non sono certo due geni del male, sono al massimo due galoppini.- aggiunse Trix ignorando le occhiate velenose dei due imbecilli – Non erano sul nostro radar.-

- Forse è per questo che Bernadette Rosier li ha scelti. È brava a leggere i punti deboli della gente.- replicò il biondo Phyro – Ha sfruttato Malcolm Kramer e l’odio per i suoi genitori, poi si è buttata su Milligan, trovandolo facile da manipolare. È arrivata persino abbastanza vicina a una donna sveglia come la professoressa, quindi in qualche modo questi due idioti sono stati al massimo dei muli e li abbiamo beccati vicino alla Torre di Londra. I tempi sono stretti, non possono essere andati molto lontano dal luogo in cui Bernadette si è fatta scaricare per deviare l’attenzione.-

- E la stronza mi ha bloccata in un qualche modo, quindi è in un posto facilmente controllabile tramite Rune Occulte. Posti del genere non sono facili da trovare, ma non così impossibili da collocare se ci mettiamo d’impegno. Le Rune Occulte si nutrono di magia, quindi sono solitamente luoghi che possono contenere molte persone.- disse Glory.

- Tipo stadi? Centri commerciali?- le chiese Gil.

- Non esattamente, serve un posto dove maghi e streghe siano liberi di muoversi, la chimica dei nostri poteri in certi luoghi è come un suono amplificato da casse acustiche e le Rune Occulte si cibano di queste chimiche, bloccando svariati tipi di capacità. La Veggenza è solo una di queste. Anche una Sensistrega come Claire non troverebbe Priya in un posto del genere, neanche se se la trovasse sotto al naso.-

- Noi tendiamo a nascondere posti così. Ci mettiamo sopra Incantesimi Trasfiguranti o Babbano Repellenti per tenervi lontano. Il posto può essere una reggia ma per te assomiglierebbe a un tugurio.- gli spiegò Lucas – Non so, una palazzina in disuso per esempio. Una fabbrica abbandonata.-

- Sì ma cosa porterebbe tanti Mangiamorte tutti insieme nella stessa notte?- fece L.J. – È Santo Voldemort oggi?-

- Ha ragione, ci sarebbe giunto alle orecchie anche un minimo bisbiglio su un radino così.- sentenziò Trix fra i denti aguzzi – Non è possibile che ce lo siamo lasciato scappare.-

- Beh, non lo definirebbero certamente un raduno per Mangiamorte, no?- domandò Gil – Forse…- socchiuse le palpebre, colpito da un’improvvisa epifania. E fu chiaro.

Oh, fu così chiaro. Talmente tanto che ora si sentiva un perfetto imbecille.

- Forse non è un raduno per Mangiamorte, perché questo nome ai simpatizzanti non porterebbe alcun giovamento. L’avete detto voi, li bracciate come conigli, quindi Bernadette sapeva che non poteva convocare tanti maghi e streghe per la sua causa usando questo stratagemma. Ma c’è un posto dove tanti maghi e streghe che non vogliono i Babbani intorno si riuniscono. E senza che nessuno li chiami Mangiamorte, senza alcuna conseguenza legale.-

Il silenzio fu tale per pochi istanti, momenti in cui il cervello di ognuno dei ragazzi compì lo stesso identico procedimento e come Gil, anche loro non potevano credere a quanto idioti fossero stati.

- Un incontro del MAF.- sussurrò Vicky.

- Un incontro di gente che non vogliono la Fusione, Cristo è chiaro come il sole!- sbottò Josh – Quanti ce ne sono di questi incontri? Almeno una a settimana?-

- Già, chiamo Imogen. Mi faccio dire quand’è il prossimo.- fece Lex, attaccandosi freneticamente al cellulare – Voi sellate i cavalli. Ci serve sapere il numero dei presenti, entrate e uscite, almeno due squadre di supporto e dobbiamo far evacuare le strade intorno al perimetro.-

- Io avviso Edward,- annuì Glory mentre Lucas e Wade si attardavano con Trix e Asher, probabilmente per chiedere che guardassero loro le spalle – Quella pazza della Rosier vuole uccidere la professoressa davanti a tutti, sperando di incitare quella cloaca di psicopatici ad andarle dietro. Grande detective. Bel lavoro.-

L’uomo le sorrise compiaciuto, al telefono a sua volta col vicecomandante Hollander.

- Gente, abbiamo l’obiettivo!- urlò Lex da poco lontano – Cuore della city, le rovine di St Dunstan! A metà fra il London Bridge e la Torre!-

- Ok.- li richiamò la Veggente - Partiamo fra meno di cinque minuti, armati o no come vorremmo, non sappiamo quanto tempo resta alla professoressa. E per l’amor di Dio, L.J. fai ripartire il generatore! Non possiamo lasciare questo coso bloccato qui!-

La carrozza ripartì davvero, ma col leggero sobbalzo in avanti tipico della metro.

Quel movimento che tutti nella vita almeno una volta hanno sentito, aggrappati all’asta principale in mezzo ai sedili.

Era proprio lì che Glory e Vicky si trovavano, faccia a faccia, così quando Houser diede un leggero scossone alla metro per assicurarsi di non aver fuso qualcosa questa si mosse in avanti, spedendo leggermente in avanti anche Victoria.

Di seguito, in una frazione di secondo, Houser soddisfatto tolse la corrente riconcentrandola nelle sue mani e la carrozza si fermò, inchiodando. Glory finì per andare a cozzare, senza rendersene conto, contro la Sharp in un ondulato movimento di schiena per attutire i bruschi sbalzi della metro.

Lo schiocco di labbra fu inevitabile come un asteroide che centra in pieno la Terra.

Un avvenimento cataclismico a cui solo Houser assistette. E Dio forse, con sommo orrore della Malfoy. Ma nessuno osò fiatare.

Nessuno aveva visto per davvero quello scambio indesiderato, a parte il sonoro smack avvenuto fra le due paia di labbra innocenti o almeno così decisero entrambe, facendo finta che il meteorite non fosse caduto e che sei mesi prima non avessero condiviso una nottata folle, un letto vestite entrambe da sposa o che la cicatrice quasi invisibile sul piede di Glory non ricordasse ancora l’epico tatuaggio “Vicky’s Little Girl”.

Niente di tutto ciò era mai accaduto, quindi guardando fisso di fronte a sé Vicky salutò tutti quanti con occhi insolitamente sfocati, augurò loro la buona fortuna e marciò fuori dal vagone metro a testa bassa come se qualcuno le stesse frustando il sedere per farla muovere più veloce.

Glory invece rimase ferma dov’era, conscia che se solo avesse mosso un muscolo la sua precaria stabilità mentale avrebbe avuto un crollo.

Lo sapeva.

Sapeva che sarebbe successo qualcuno di altrettanto indecoroso prima o poi.

Era questo che era accaduto negli anni a suo padre e a Harry. Si erano odiati a morte tutta la vita, insulti a colazione, pranzo e cena, eppure i Bracciali li avevano tenuti incollati, incatenati per vent’anni e alla fine se li ricordava la sera tardi a bere, seduti di fronte al caminetto.

O a tormentare il loro vicino fuori di testa, facendo a gara a chi lo costringeva a chiamare per primo la polizia. Piccoli sintomi d’intimità forzata che alla fine li avevano davvero reso come vittima della Sindrome di Stoccolma.

Lucas e Lex sembravano non avere quel genere di problemi, erano talmente appiccicati stile cozze allo scoglio da far pensare che Houser avesse ragione a chiamarli Moglie1 e Moglie2, eppure dall’arrivo della Sharp in casa loro le cose erano andate peggiorando per lei.

Non solo se la ritrovava nel bagno la mattina, anzi, letteralmente sotto la doccia perché quella cretina era sempre di fretta, ma più di una volta era uscita dall’appartamento indossando senza farci caso le sue scarpe. O una sua borsa. Memorabile la sera in cui Glory era uscita per sbaglio indossando un suo vestitino nero che chissà come era finito nella sua roba da ritirare in lavanderia. Neanche la settimana prima la Sharp le aveva messo di fronte alla porta un suo maglione d’angora, preso chissà quando e in che occasione.

Quella era la lenta tortura della goccia che scava la terra.

Stava diventando anche lei vittima della Sindrome di Stoccolma, ma il suo aguzzino non era la Sharp. Non per davvero. Erano i Bracciali, il destino, la sfiga, insomma quell’oscura figura dietro alle quinte che aveva spinto Lex fra le braccia e le cosce di quell’orribile gnoma zoppa.

Doveva fare qualcosa.

Era una mosca nella ragnatela ed era fottuta.

Fottuttissima.

Poi nell’ovattata bolla di panico che si era formata attorno alla sua testa, zittendo ogni suo senso, penetrò un rumore insolito. Qualcosa che non aveva mai sentito prima.

Si girò, mettendo a fuoco la faccia accartocciata di Houser e per un istante pensò che fosse stato ferito e nessuno di loro se ne fosse accorto, ma a poco a poco si avvide: il bastardo non piangeva e non era ferito, dolorante o in punto di morte.

Il bastardo stava ridendo.

Oddio, il rumore sconosciuto che le era arrivato all’orecchio era la risata sguaiata di quel bastardo!

Eccolo lì, che si sbellicava letteralmente fino ad avere gli occhi lucidi, tenendosi lo stomaco piegato in due e annaspando a poco a poco per la mancanza d’ossigeno fra una sghignazzata e l’altra.

Non ci poteva credere!

Nessuno ci poteva credere, perché anche gli altri cominciarono a guardarli male dimentichi della preoccupazione nata da un primo impulso.

- Che succede?- fece Asher in sottofondo, indeciso.

- Ah ha, muoiono Babbani, che ridere.- commentò Josh – Che diavolo hai?- non ottenendo risposta allora passò a fissare lei – Ma cos’ha?-

- È perché Harrington è un bianco e Guzby di discendenza armena?- abbozzò Lucas – No, perché se è così siamo leggermente in ritardo.-

- Direi che ritardo è la parola chiave.- sibilò Josh – Di nuovo.-

- L’ho visto ridere così solo una volta, stavano disperdendo una manifestazione in mezzo a Times Square e un paio di vecchie repubblicane hanno picchiato un povero travestito con i dildo commestibili che lei aveva prima tirato addosso alla polizia in tenuta anti sommossa.-

Sotto lo sguardo inquisitorio di Lex, assai più perspicace, Glory saltò su come una molla – Non ha niente! Avanti, i cinque minuti sono passati! Muoviamoci! Gil hai tutte le protezioni che potevamo darti, ma se succede qualcosa tieni la testa bassa e buttati a terra, ok?-

Gil stavolta si fece trovare pronto.

Dopo tre giorni di quei giri in giostra non aveva più la nausea.

Aveva picchiato un Mangiamorte, corso per la metro all’inseguimento di due sospettati, assaltato un vagone ed evitato una ventina di incantesimi potenzialmente letali.

Aveva persino delle magie di protezione specifiche apposta per lui, sulla sua persona.

Priya era viva e gliele avrebbe mostrate, decise afferrando il braccio a Glory.

Priya non solo avrebbe adorato le sue ultime avventure, ma l’avrebbe invitata a cena e lei avrebbe accettato. Viva, respirante, salva da quell’orribile branco di assassini razzisti.

Sarebbe rimasta estasiata ad ascoltare le descrizioni dei suoi nuovi amici, di quei ragazzi che l’avevano accolto nel loro gruppo e che da tre giorni non si davano pace per aiutarlo nelle ricerche.

Priya sarebbe vissuta.

L’avrebbe invitata a cena e conscio di un possibile rifiuto le avrebbe comunque confessato di trovarla la donna più passionale, decisa, forte e più testarda che avesse mai incontrato.

Un attimo dopo, venne risucchiato via insieme agli altri verso la loro meta.

Verso Priya.

 

 

 

 

 

 

St Dunstan era ciò che non ti aspettavi.

Nascosto fra i palazzoni tutti metallo e vetro della city, fra asfalto e traffico, St Dunstan sembrava uno spicchio di giardino segreto cresciuto nel cemento, divenuto giardino pubblico per ospitare le rovine della chiesa ormai sconsacrata.

Distrutta prima dal Grande Incendio e poi dai blitz durante la prima guerra mondiale, St Dunstan era stata ricostruita numerose volte fino a quando, nel ’71 circa, la commissione municipale di Londra decise di lasciare le rovine fra le braccia dell’incantato giardino pubblico da cui era circondata, piantando un’imponente fontana di pietra nel bel mezzo di quella che un tempo era stata la navata centrale.

Tutt’ora le uniche pareti superstiti erano quella nord e quella sud in puro stile gotico, più la torre seicentesca sulla quale numerosi rampicanti la facevano da padrone, quasi soffocando la struttura.

Le ginocchia non la ressero quando apparve insieme a Bernadette di fronte alle vecchie rovine e Priya cadde in avanti, preda dal digiuno e della debolezza fisica.

Quell’apparire e scomparire da maghi era terribilmente nauseabondo, non che le venne dato del tempo per riprendersi. Alzò appena la testa sentendo i palmi e le ginocchia sanguinarle anche attraverso lo strato di neve accumulatosi a terra e di colpo vide dozzine e dozzine di mantelli comparire qua e là.

Lunghi cappotti, pellicce non tanto ecologiche, dita che calzavano guanti e affusolate bacchette che spuntavano come artigli.

Tuttavia la sua presenza doveva aver generato un certo scalpore, forse non era stata presentata a dovere perché gran parte dei volti che la fissavano ora erano completamente scioccati.

Molte espressioni perplesse, molti visi sconcertati.

- Signori, signore.- salutò Bernadette afferrandola per i capelli e tirandola crudelmente in piedi – Benvenuti alla consueta riunione del MAF. La mia famiglia insieme a quella del deputato Trevelian ha pensato a cosa poteva gratificare la vostra unione e la vostra devota fede per il Movimento quest’anno. Così ho personalmente cercato l’ospite ideale per questo nostro incontro prima delle festività. Vi presento la professoressa Rastogi, una delle famose teste della Fusione Magico Umana. Non devo certo specificarlo, la nostra cortese ospite è Babbana. Prego, entrate. Entrate.-

Priya gemette sentendo il mormorio indistinto della folla attorno a lei mentre i capelli sulla nuca quasi le venivano staccati alla radice, ma niente era paragonabile alla disillusione che la riempì tutta osservando i volti che la circondavano.

Sconcerto, domande, ansia, indecisione.

Poi i primi sorrisi compiaciuti. Insieme ai primi che si Smaterializzarono via.

I primi ghigni, i primi applausi. Coloro che invece se ne andarono a piedi, scuotendo la testa per quella mancanza di galateo.

Portava una Babbana a un raduno, che scortesia.

Qualcosa tuttavia morì in lei quando nessuno mosse un dito per aiutarla.

Nessuno domandò a Bernadette cosa stesse realmente accadendo.

La lasciarono lì in piedi, immobilizzata dalla magia in posizione eretta con le mani legate da due brillanti bende colme di luce che a ogni suo movimento si premunivano di spine che andavano a piantarsi senza pietà nei suoi polsi.

- Che storia è questa, Rosier?- urlò qualcuno dal fondo della chiesa in cui non cadeva magicamente nemmeno un fiocco di neve – Perché è qui?-

- Già, non vogliamo Babbani qui!- gridò un’altra voce maschile – Maledetti Babbani, devo già lavorarci tutto il giorno! Cosa ce ne facciamo di questa donna?-

- Beh, Mr Bromsky, è una domanda assolutamente legittima.- rispose Bernadette con tono dolce e pacato, la vecchia Bernie dei tempi di Cambridge – Perché portare qui una dei capi della Fusione? Un’attivista dei diritti dei Babbani e dei maghi che vogliono unirsi in matrimonio? Perché portarla qui? Lasciate che ve la presenti meglio. Miss Rastogi è una docente di una prestigiosa…- emise una risatina, seguita a ruota da crudeli risate dal pubblico -…prestigiosa università per i non maghi. Lei insegna diritto civile. Vedete, Priya è convinta che maghi e Babbani possano ma non solo, debbano coesistere.-

I buuuu si sprecarono.

Tuttavia l’esperienza le aveva insegnato subito a distinguere gli idioti da un reale pericolo, un fan sfegatato da un hooligan violento.

Bernadette non se ne accorse, continuando la sua tirata.

- Questa donna ha posto la sua vita ai piedi della causa. La cancellazione della razze, il miscuglio del sangue, la fusione fra culture, diritti civili per i deboli e gli inetti.- con rabbia, puntò la bacchetta sulla nuca di Priya che serrò forte le mascelle – Questa donna nemmeno tre mesi fa ha descritto mio zio, il nostro amato portavoce Mr George Trevelian come un verme che striscia in terra! Dico bene zio?-

Trevelian annuì tutto soddisfatto, seminascosto in un angolo insieme a una decina di maghi e streghe del suo entourage. Inquadrandola, le regalò uno spregevole ghigno a cui la Rastogi rispose sputando ai suoi piedi, questo ovviamente provocando un’ondata di sdegno fra un pubblico frammentato.

Sì, potevano esserci molti imbecilli interessati a quell’umiliazione popolare, ma mano che le parole di Bernadette prendevano forma in un discorso più ampio, molti iniziavano forse a intravedere le sue vere intenzioni. I bisbigli si quintuplicarono.

- Cosa sta succedendo qui, veramente?- chiese una donna a gran voce, in prima fila.

- Succede che la mia famiglia non tollera le onte, Mirna!- urlò la giovane Rosier spingendo Priya in avanti – Succede che troppo a lungo ci siamo nascosti, troppo a lungo abbiamo patito sotto la sconfitta come cani bastonati fino al punto che una sporca Babbana ha alzato la cresta e ha insultato la mia famiglia! Deve pagare!-

La stessa strega di prima in mezzo a un levarsi di cori che non fecero che alterare la Rosier, fissò prima lei, poi la professoressa quindi di nuovo Bernadette. Era evidente che credeva fosse tutto uno scherzo, quindi balbettò un poco quando sputò letteralmente la frase: – Ma sei impazzita? Vuoi uccidere una Babbana? State scherzando vero? E ci avete condotti tutti qui col preciso intento di ammazzare un’esponente della Fusione?-

- Ci avete ingannato!- gridò un vecchio con un bizzarro copricapo arancio cangiante poco dietro la strega – Ci metterete tutti nei guai Trevelian! Tieni a bada tua nipote!-

- Non prenderemo parte a questa follia!- sbottò la moglie del suddetto mago, ancora più assurda di lui bardata in una pelliccia color melanzana – Solo essere qui in questo momento è passabile per legge! Gli Auror potrebbero sbatterci tutti ad Azkaban!-

- Gli Auror sono diventati grassi e pigri!- ringhiò Bernadette scuotendo Priya come una bambola di pezza – Guardatela! Questa donna professa tutto ciò che odiamo! Ci ha insultati, ci ha derisi! Vorrebbe che ci accoppiassimo con quelle bestie della sua razza, ma cosa vi prende? Un tempo eravate forti e gloriosi, un tempo avete versato il sangue dei vostri nemici per poter dire di essere fedeli alle vostre famiglie, al Lord Oscuro!-

Bernadette scosse la testa, quasi più incredula di coloro che si muovevano alla spicciolata per andarsene o dell’entourage di suo zio, che stava prendendo provvedimenti per bloccare tutti all’interno della chiesa.

- Se lui fosse qui…se lei fosse qui! Avete perso parenti, figli, genitori e amici per mano degli Auror e ora che un insetto come questa donna che predica quasi in loro nome vi viene messo ai piedi voi non avete nemmeno il fegato di calpestarla! Siete patetici! Il Signore Oscuro si sarebbe liberato di servi come voi molto tempo fa! Ma non io! No, non sarò mai codarda quanto voi!-

Se fosse stato un film Priya l’avrebbe descritto come il classico momento quando tutti tirano fuori le pistole, ma la realtà fu ben diversa.

Trevelian e il suo entourage estrassero le bacchette puntandole dritte sulla folla, il che fu un problema per i bastardi che sembravano aderire all’idea di far fuori una persona innocente per sport ma fu un problema altrettanto grosso per gli esagitati che non avevano la minima intenzione di scatenare un polverone ammazzando una Babbana solo per ripicca.

Una ripicca vecchia di dieci anni.

Insomma, si scatenò una rissa in piena regola e più maghi e streghe strillavano fra di loro, più Priya avvertiva che la magia che la teneva imprigionata si stava lentamente allentando, il che era strano, Bernadette la teneva sott’occhio come un cane da punta, anche se col dono tutto femminile del multitasking riusciva a minacciare pure le brave persone del MAF.

Quindi perché si stava liberando? Qualcuno la stava forse aiutando?

- Mi vergogno di essere vostro leader!- sbraitò anche Trevelian, tuonando dalle spalle della nipote.

- Non finiremo ad Azkaban o morti per voi!- strillarono altri dal pubblico.

Poi Priya lo vide.

Era un ragazzo sulla trentina con capelli biondissimi, quasi platino e due occhi grigio ferro che sembravano distanziarsi da quel marasma. Pareva addirittura indispettito da quella che si era trasformata in una serata piuttosto impegnativa e scioccato, si era appena messo il cellulare fra spalla e orecchio quando con due movimenti rapidi di dita le fece segno di abbassarsi.

Incredula sbatté palpebre chiedendosi se non stesse gesticolando con i gorilla di Trevelian, ma con aria sempre più stizzita le fece segno di inginocchiarsi e poi, mimando le parole sillaba per sillaba, le disse chiaramente “GIÙ” come se fosse una povera imbecille.

Non seppe cosa s’impossessò di lei per fidarsi di un tizio che quasi sicuramente era un Mangiamorte o un simpatizzante, eppure eseguì il suo ordine. Abbassò appena la testa e in quell’esatto secondo le voci gracchianti di Bernadette e di George Trevelian vennero spezzare da un incantesimo in piena regola, lanciato su di loro come una cascata d’acqua.

Priya li vide schizzare indietro con la coda dell’occhio e tutta la chiesa si zittì all’unisono, fissando prima lei, poi il presidente del MAF spiaccicato contro la parete nord. Infine tutti si volsero a scrutare il suo salvatore.

Lui però fece un ghigno tirato, che svanì non appena trovò linea riattaccandosi al sul cellulare come nulla fosse.

– Sfregiato, ciao. Sono io. Sì, senti sono a St Dunstan, hai presente fra il ponte e la Torre? Sono a un raduno del MAF…- la sua voce rimbombava in quel mutismo tombale condito da shock – Beh, io vado dove mi pare, sono affari miei che ci faccio qui. Ti dispiacerebbe venire con almeno tre squadre? Subito tipo, perché il candidato Trevelian e sua nipote hanno appena cercato di uccidere una Babbana di fronte a me e ad altre settanta persone. E ora probabilmente creperò anch’io per aver cercato di aiutarla. Già. Ti spiace venire subito? Grazie.-

Il bip della chiamata terminata segnò anche la fine della bandiera bianca.

Ora sulla tavola sacrificale ci erano finiti in due.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Fine Penultimo Capitolo -

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


wonder3

 

 

 

 

«It's like I have a loaded gun in my mouth and I like the taste of metal.»

- Robert Downey Jr.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Latitudine: 51°30'30'' N

Longitudine: 0°07'32'' W

St. Dunstan – Londra, 24 dicembre

 

 

 

 

 

 

Qualcuno avrebbe potuto argomentare che sotto le feste natalizie di norma si dovrebbe mettere in mostra, almeno in apparenza, un comportamento positivo e aperto, amando il prossimo e rinnovare così le speranze di un gioioso futuro.

La neve scendeva, le luminarie venivano accese per tutta Londra, la gente era felice.

Insomma, il clima ideale per essere tutti più buoni.

Qualcun altro al contrario avrebbe potuto tirare acqua alla propria tesi, secondo cui il Natale non era altro che una festa messa in piedi a scopo puramente lucrativo e che l’unico sentimento positivo che doveva essere dimostrato apertamente era l’amore per un buon eggnog bevuto al buio.

La neve era bagnata, le luminarie potevano provocare attacchi epilettici e la gente faceva schifo.

Draco Lucius Malfoy faceva parte di questa seconda categoria ed era abbastanza certo che se non fosse stato soccorso subito un futuro non ce l’avrebbe più avuto.

Era ormai la mattina della viglia di Natale e sapeva senza ombra di dubbio che non solo quelle feste sarebbero state come un simpatico braccialetto di fil di ferro legato alle palle, ma che se ne fosse uscito vivo sua moglie si sarebbe assicurata personalmente di mettergli un cappio al collo ammanettandolo (non nel modo divertente) alla sua scrivania, per far sì che non avesse mai più potuto mettere piede fuori di casa.

Fra il pensare di salvarsi la vita e l’idea di dover spiegare a Hermione Granger-Hargrave del perché una Babbana gli fosse stata quasi fatta secca di fronte al naso le cose non si mettevano bene per lui.

Aveva sempre saputo che un giorno Mangiamorte o esseri simili sarebbero tornati per vendicarsi delle sue bravate giovanili, cioè sfanculare la sua famiglia e la causa perché forse non era il caso di darsi a sfrenati genocidi per il gusto di seguire Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, ma non aveva mai immaginato che la sua dipartita sarebbe avvenuta durante una semplice e insignificante riunione del MAF.

Il che di per sé era seccante.

Tutta quella maledetta situazione lo era.

Com’è che lo Sfregiato, sua moglie, mezza famiglia Weasley e pure metà dei suoi colleghi al Quartier Generale potevano andare a tutti i loro perfidi comizi Pro-Fusione, sbandierando l’integrazione e vomitando unicorni e arcobaleni ma lui non poteva neanche respirare verso la direzione di un piccolo pidocchioso raduno del MAF?

Non era giusto! Il MAF negli anni era stato il suo piccolo porto sicuro lontano da una moglie liberale e da quel rompipalle di Potter, un posto dove lamentarsi dei Babbani che la mattina gli rubavano l’ultimo Zenzerotto alla caffetteria perché adesso la roba la vendevano pure a loro, del vicino che minacciava ancora oggi di chiamare la polizia quando una piccola esplosione nel suo laboratorio distruggeva il muretto separatorio delle loro case o dei loro maledetti marmocchi che afferravano la sua scopa ai giardini, pretendendo che lui ce li facesse salire sopra per un giro.

Al MAF si era fatto qualche amico che non voleva uccidere i Babbani, ma neanche avrebbe sputato su uno di loro nel caso lo avesse visto andare a fuoco; gente che metteva firme per avere vagoni separati in metro, settori divisi al ristorante e non più bagni in comune, bravi maghi e streghe che non si sarebbero mai sposati con quei cosi.

Non per questo avrebbero fatto saltare per aria un gruppo di Babbani rimostranti con un Bombarda, ecco. Magari sarebbe scappato un Crucio di striscio, ecco, ma niente di eccessivo. E Draco conosceva gente eccessiva, i suoi conoscenti non erano selvaggi violenti!

Uno Schiantesimo gli sfrecciò accanto all’orecchio sinistro, portandosi via una parte dell’altare ribaltato dietro a cui si era nascosto e almeno il 30% del suo udito.

Ne seguirono urla e strilli inferociti, un vero coro di battaglia.

- Venite fuori, bastardi!-

Quei ritrovi settimanali erano stati la sua boccata d’aria fresca ed ora eccolo lì, il cielo lo puniva perché votava no alla Fusione tanto da farlo stare accucciato come un barbone dietro a un misero pezzo di roccia, poca cosa per la sua personale sicurezza, insieme a Babbana stordita che a quanto aveva sentito aveva pestato la coda alla nipote di George Trevelian, trasformandola in un’erinni vendicativa.

Non ci poteva credere! La cazzo di Vigilia di Natale e lui era infognato in una situazione assurda insieme a un’ordinaria umana che l’aveva guardato con sospetto da quando avevano iniziato a piovere incantesimi! Come se il cattivo lì fosse lui!

Ma la conosceva quell’espressione, oh si, e che quella donna non tentasse neanche di farlo sentire in colpa! Hermione aveva brevettato quella faccia e quell’aria di disappunto fin da prima del loro matrimonio, anzi, ai tempi di Hogwarts, quindi se la Babbana pensava di sottometterlo in quel modo si sbagliava di grosso!

Almeno fino a quando un grosso pezzo del frontone della chiesa, già di per sé precaria (St. Dunstan era una maledetta rovina e quelli si mettevano a lanciarci dentro incantesimi, cervello zero) non piombò sul suo scudo strappandogli un gemito, dato che tenerlo in piedi dopo un colpo simile gli costò uno sforzo immane.

La donna si rannicchiò più vicina a lui, imprecando qualcosa nella sua lingua.

- Stai bene?- gli chiese.

- No.- rispose con un ringhio, mentre la magia del suo scudo sfrigolava pericolosamente pronta a cedere da un momento all’altro – Siamo nella merda.-

- Il tuo telefono?-

Malfoy sollevò il cellulare frantumato di fronte alla faccia della sua nuova recalcitrante amica, che arricciò la bocca disperata. Forse pensava che la polizia sarebbe intervenuta, perché tanto i poliziotti Babbani erano sempre felici di buttarsi in una rissa fra maghi. Come no.

- Uscite fuori!- urlò la voce rabbiosa di George Trevelian – Sappiamo entrambi che non puoi resistere Malfoy! Dammi la professoressa e ti lasceremo andare.-

- Cosa?- sbottò in lontananza la voce acuta di sua nipote, Bernadette – Zio dobbiamo farli a pezzi!-

Mentre l’uomo gracchiava alla nipote di chiudersi quella maledetta fogna, Draco guardò di sottecchi la tizia per cui tutti sembravano accanirsi tanto. Chi diavolo era? E perché era così importante da meritarsi una pubblica esecuzione?

- Si può sapere che ha fatto?- domandò mentre la diatriba continuava nelle retrovie.

La professoressa Rastogi, così Draco ricordava, lo guardò a bocca spalancata per lo sdegno.

- Qualunque cosa io abbia fatto, e non ho certo ucciso nessuno, non mi meritavo di venire ammazzata da quella nazi strega squilibrata di fronte a un branco di Neanderthal!-

- Ti prenderò Priya!- strillò Bernadette sentendosi tirata in causa – Ti ammazzerò con le mie stesse mani!-

La risposta della professoressa lo deliziò, anche se si guardò ben bene dal mostrarlo.

La tizia alzò il dito medio in aria, gli occhi che roteavano pericolosamente per il nervoso.

- Va a succhiarlo a tuo zio Bernie!-

Ecco, quello andava meno bene. Le afferrò la mano e gliela tirò giù prima che venisse tranciata di netto e la pioggia di attacchi riprese, più forte di prima. Se San Potter non si fosse dato una mossa sarebbe finita davvero male. Addio eggnog, addio sbronza al buio nel suo studio. Addio moglie.

- Farla incazzare ancora non è saggio.- sibilò rafforzando come poteva le sue difese – Immagino che nessuno la stia cercando.-

- Ho un amico nella polizia. Lui mi sta cercando di sicuro, ma se anche fosse vicino di certo non vorrei che mi scovasse qui!- replicò Priya ad alta voce – I tuoi soccorsi? Come faranno a salvarci?-

- Sono Auror, ce la faranno!-

- Auror?- la donna lo squadrò di nuovo, di sottecchi e con aria ancora più diffidente – Hai amici Auror?-

- Io sono un Auror!- sbottò Draco perdendo la pazienza e infilando la bacchetta sopra il bordo dell’altare, riuscendo a infilare un Bombarda decente che scatenò una serie di acute grida prese in contropiede – Sono un Auror, ok? Da più di vent’anni! Vengo qua per starmene in pace da quell’arpia liberale di mia moglie…-

- Sei un ragazzo…-

- Sono più vecchio di te!- abbaiò, facendole incassare la testa nelle spalle con un broncio in faccia – Sono un Auror, sono vecchio e ne ho le palle piene! Fanculo il Natale.- ringhiò, inginocchiandosi per guardare oltre il loro riparo.

Un rapido calcolo gli confermò che lui e la piantagrane erano spacciati. Fanculo, fanculo, fanculo!

Che situazione di merda, a quell’ora avrebbe potuto starsene tranquillo a sentire metà MAF inneggiare contro i presepi viventi dei Babbani in mezzo a una decina di piazze della città, ipotizzando piani folli per spaventare quei dementi magari spargendo un’orda di folletti sbronzi fra la mangiatoia e la Madonna e invece eccolo, nascosto come un ladro insieme a una Babbana cafona!

Il momento tanto temuto non si fece comunque attendere troppo: in pochi secondi un attacco di gruppo frantumò il suo scudo e sebbene riuscì a sospingere indietro almeno cinque degli sgherri di Trevelian, altri quattro si Smaterializzarono tutti intorno a lui con l’aria più agguerrita che mai, il che di per sé era esilarante: gente come quella seguiva il denaro e Trevelian doveva pagarli parecchio, ma certamente non abbastanza per odiare il prossimo in quel modo. Venne fuori che si sbagliava, perché oltre a quattro bacchette puntate in faccia, si beccò anche del volgare traditore, del bastardo e pure della serpe voltagabbana.

Roba vecchia e ritrita insomma.

Così ecco la situazione. Era fottuto, accerchiato e con una donna incazzosa attaccata alla sua schiena che sembrava pronta nonostante tutto a cavare gli occhi a un’altra donna, la cara nipotina di George Trevelian.

Non che Draco ne avesse sentito realmente parlare, ormai quasi più nessuno di filava i Rosier e nel malaugurato caso qualcuno di loro rimasto indenne alle guerre avesse osato strisciare fuori dalla buca in cui si erano rintanati, era difficile che l’opinione pubblica non sopperisse con una gogna mediatica sulla Gazzetta del Profeta. Quindi c’era da capire il suo sconcerto quando mezz’ora prima vedendo Bernadette Rosier inneggiare alla morte di una Babbana lui avesse preso la scena con le dovute precauzioni e una buona dose d’incredulità.  Però poi la cosa aveva preso una brutta piega e sfortunatamente non c’era più stato verso di girare gli occhi dall’altra parte, far finta di trovarsi a miglia di distanza.

- Bene, bene, bene. Chi abbiamo qua.- sibilò Bernadette fissando trucemente i due passando fra gli uomini di suo zio – Draco Malfoy. Il figliol prodigo di ritorno…dimmi, chi ti ha informato? Tua figlia? Si, deve essere lei, so che è una Veggente, mi stava addosso un paio di giorni fa. O c’è una spia fra di noi? Allora?- lo incalzò, incurante dell’espressione incredula del biondo mago – Chi ti ha informato?-

- Tesoro, sono socio del MAF dalla sua fondazione.-

- Non mentirmi!- gracchiò quella furibonda ma prima di mettersi a strillare Cruciatus ai quattro venti, fortunatamente suo zio tossicchiò, attirando l’attenzione della pazza.

- È vero.-

- Cosa?- riecheggiò Bernadette con tono cavernoso.

- È nostro socio. Dal 2002.-

L’imbarazzante momento in cui tutti guardavano tutti e quei tutti alla fine puntavano gli occhi a fanale prima su Trevelian, considerandolo evidentemente un imbecille e poi su di lui, catalogandolo un’altra sottospecie di mentecatto, durò abbastanza a lungo da permettere alla professoressa Rastogi di dare a Draco una sberla sulla testa.

- Vergogna! Un Auror che viene in questo orribile posto! Non hai senso del dovere? Dove sta la tua etica professionale?-

Se non avesse già chiamato Potter probabilmente avrebbe meditato di farla secca, tuttavia dare soddisfazione a quel branco di pazzi era ormai fuori discussione. Scoccò a Priya un’occhiata bizzosa, quindi tornò a sorridere piacevolmente verso i loro avversari.

- Non imparerai mai a tacere, vero prof?- ironizzò acidamente Bernadette – Beh, goditi la lingua finché puoi usarla. Riguardo a lei Malfoy, dopo più di vent’anni dalla prima volta e dieci da Dunnotar, avrà finalmente ciò che si merita.-

- Vi siete immerdati da soli, non provate neanche a dare la colpa a me. Questa era la mia oasi di pace prima che voi stronzi decideste di mettere in piedi questo numero da circo. Ma siete seri? Pensavate davvero di farla franca?-

- Quello che penso io è che avrebbe fatto meglio a starsene a casa sua stasera, insieme alla sua sporca moglie mezzosangue.- replicò Trevelian.

- Attento a come parli bello.-

Bernadette rise, sprezzante – Perché, non è forse vero?-

- No, ma tende a prendersela quando la chiamo in quel modo.- rispose Draco, che al momento non le stava prestando nessuna attenzione, privilegiando alcuni uccelli scuri che volavano in cerchio sopra l’Incantesimo di camouflage sulle loro teste. Nascosti al mondo certo, ma loro potevano ancora vedere al dì fuori delle macerie. Se solo quel branco di idioti si fosse dato la pena di guardarsi alle spalle.

Troppe chiacchiere, sempre il solito punto debole.

Troppe chiacchiere da lunatici e troppa poca attenzione ai dettagli.

Senza indugiare oltre afferrò Priya e si gettò a terra.

 

 

 

 

Harry J. Potter amava il Natale, ma era flirt recente il suo.

Da bambino i Dudley avrebbero dovuto essere ingabbiati dagli assistenti sociali e per troppi anni Harry aveva visto il cenone dal buco della sua porta nel sottoscala, ma da Hogwarts e dall’ingresso nella sua vita di amici, di Molly Weasley e in particolar modo di Elettra, le feste erano diventate finalmente un periodo gradevole. L’arrivo di Lucas e Faith aveva coronato la sua piccola nuvola rosa.

Quella mattina della Vigilia però la sua felicità stava raggiungendo picchi di inaudita goduria.

Perché ci sono belle notizie, ottime notizie e poi c’è la vincita alla lotteria della fortuna.

Malfoy si era fatto beccare a una riunione di estremisti a meno di ventiquattro ore dal 25 e Merlino solo sapeva quanto lui, Ron e le squadre che erano intervenute gratis fuori dal loro orario di lavoro si stavano impegnando per non sganasciarsi dalle risate.

Dopo la telefonata che da principio era stata catalogata come una presa in giro, c’era gente che si era detta disponibile a pagare pur di imbucarsi a quella retata; altri probabilmente non avrebbero neanche messo quelle ore in straordinario e altri ancora degli uffici amministrativi si erano uniti ai Veggenti dei piani bassi al Ministero per seguire in diretta ciò che stava accadendo lì a St. Dunstan.

Edward non era parso neanche stupito quando Harry l’aveva buttato giù dal letto per avvisarlo che forse quell’avvenimento sarebbe stato ben più interessante del cuscino.

- Ok,- borbottò Ron al suo fianco strappandolo da quei deliziati pensieri - Come...- una risatina quasi femminea gli uscì di gola, provocando l’ilarità generale di chi stava loro intorno - Come...- un’altra, stavolta meno trattenuta - Come vogliamo entrare?-

- Forse dovremmo aspettare. Lui e la donna di cui ha parlato al telefono sono tenuti come ostaggi.- borbottò Asher sull’altro fianco di Harry - Dovremmo mandare qualcuno a parlamentare.-

- O forse dovremmo pagarli per entrare.- ridacchiò Anele Jabari, giovane Mutaforma che militava nella squadra di Jess Mckay da circa un anno e mezzo.

L’uomo a sua volta alzò debolmente le mani in segno di resa, come a dire che non aveva né la forza per mettere in riga i suoi né tantomeno quella per far finta ancora a lungo che tutta quella situazione non fosse di uno spasso planetario.

Il buon senso avrebbe consigliato a un certo punto di limitare l’ilarità il più possibile, perché per quanto fosse spassosa la situazione in cui Draco si era cacciato tutti quanti avrebbero dovuto sapere ormai che scherzare attorno a sua moglie, per di più una moglie inferocita, non era saggio.

Quindi Harry cercò di darsi un tono, davvero, ci provò fino allo sfinimento.

Ma come accadeva anche a Hogwarts Ron non sembrava essere in grado di fare altrettanto neanche sotto lo sguardo di riprovazione di Hermione Granger-Hargrave.

Lo spirito di sopravvivenza del suo miglior amico con gli anni non era granché migliorato e infatti anche quella volta Ron lo cacciò in un mare di guai, senza contare che non sarebbe stato lui a dover passare le feste minuto per minuto con un’Hermione furibonda.

Come poteva darle torto? Anche lui, venendo a scoprire che Elettra frequentava il MAFla Vigilia di Natale forse non l’avrebbe presa bene. Però…

- Oh, andiamo!- sbottò Ron che faticava a tenersi dritto, entrambe le mani sullo stomaco e gli occhi pieni di lacrime per le troppe risate – Dai Herm, che ti aspettavi?-

- Cosa mi aspettavo?- riecheggiò lei, uscendo finalmente dal suo mutismo, altra solenne fonte di torture.

- Cosa mi aspettavo?- sbraitò quindi più forte, ma tanto neanche il suo tono impedì a Weasley di sganasciarsi a crepapelle di fronte a lei – Mi aspettavo di non aver sposato un completo serpente, ecco cosa mi aspettavo!-

- Ma dai, magari era lì per caso…- bofonchiò Asher facendo un gesto vacuo verso le luci magiche che sprizzavano sulle pareti del St. Dunstan. Zittito dalla strega con una semplice occhiata al veleno, la tirata riprese più forte di prima.

- Sembra che anche questa mia ultima speranza sia letteralmente finita nel cesso, visto che abbiamo appena scoperto…e non solo noi!- abbaiò, indicando le squadre di Auror alle loro spalle e un Edward appena Smaterializzato con metà camicia del pigiama aperta sotto un piumino e sciarpa – Sì, visto che avviamo appena scoperto che mio marito partecipa ai raduni di quei pazzi esaltati estremisti!-

- Oh, andiamo, è il MAF. Sono un branco di perdenti.- rise Ron – Due mesi fa quelli del turno di giorno li hanno multati perché hanno tirato della Burrobirra addosso ai passanti Babbani fuori da King’s Cross.-

- E la tizia che secondo il mio futuro ex marito stanno per uccidere?- inquisì allora Hermione, gli occhioni dorati lampeggianti.

- Beh…- Harry fece mente locale, pensando all’ufficiale fama di Trevelian e dei suoi (ovvero un branco di caproni ignoranti) contro alla notizia ricevuta da Malfoy per telefono. Non ce li vedeva proprio. Sapeva, perché un tempo era stato legato al Malefico tramite i Bracciali che frequentava certi movimenti al conservatorismo fin dal loro diploma da Auror. Gli era sempre stato bene, in fondo Malfoy aveva diritto di votare per chi gli pareva e considerati i precedenti in famiglia era già tanto che non si arrampicasse sui muri, perciò Harry aveva sempre considerato innocua quella sua fissa anti Babbana. Draco non sarebbe mai stato una di quelle bestie che uscivano di casa per lanciare Cruciatus sulla folla, ecco perché non ne aveva mai fatto parola con Herm, anche abbastanza convinto che lei sapesse e girasse gli occhi altrove.

Come si era sbagliato. Avrebbe dovuto saperlo che Hermione non era donna da nascondere la testa nella sabbia né Draco un uomo tanto folle da sfidare il suicidio, ammettendo alla moglie le sue particolari tendenze politiche anche post guerre contro i Mangiamorte.

- Sentite, perché non facciamo l’inquisizione spagnola a Malfoy dopo che l’abbiamo salvato?- propose Edward,  spostatosi dietro alla loro amica per massaggiarle la schiena, rigida come un asse da stiro – Vedrai che c’è una spiegazione razionale a tutto questo e sono sicuro che sarà anche soddisfacente ed esaustiva. Ma è da poco passata la mezzanotte, è più mattina che altro e io vorrei tornarmene a dormire senza stare qui a sentirmi le paranoie sulle idee conservatrici di tuo marito.-

- Io sono vedova.- sibilò Hermione lugubre.

- Ehi, dici che esce di casa vestito in un certo modo e ficca il mantello col cappuccio a punta nel borsone della palestra?- ridacchiò Ron in lontananza, più imbecille che mai – Magari hanno anche un saluto segreto. O una password per entrare. Tipo “MuggleOut1” o “D13Muggl3”?-

- La seconda mi sembra più plausibile.- commentò Asher, serissimo, inconsapevole di essere a un passo dallo scotennamento.

- Ragazzi, ragazzi…- li bloccò Jess, tornando verso di loro con un CannOcchio Svelto, l’ultimo modello in quanto a materiale standard per gli Auror attivi – Stiamo per ricevere compagnia. Dal Quartier Generale ci informano che le reclute che abbiamo mandato a casa di Trevelian hanno contato una trentina di uomini del suo entourage personale Smaterializzarsi. Stanno venendo qui.-

- Trenta uomini più quelli già dentro per attaccare Malfoy?- Harry era impressionato – Wow, facciamo le cose in grande stanotte. Ok, tutti ai vostri posti. Andiamo a liberare quel deficiente e l’ostaggio. Non ingaggiare prima di esserci assicurati che l’ostaggio non sia in linea di tiro. Vi ricordo che Draco ha menzionato una Babbana.-

- Cerchiamo di non scatenare un incidente col Sindaco.- continuò Edward – Voglio un lavoro pulito e quegli stronzi simil Mangiamorte nelle mie celle giù alla casa basa entro un’ora al massimo. Contenete i fuggitivi e i loro attacchi, se escono dal perimetro della chiesa inseguiteli anche in cielo se necessario. Qualche domanda?-

- C’è un’altra cosa strana.- gli disse Jess, staccandosi dal CannOcchio Svelto – C’è gente in arrivo.-

Sotto gli sguardi stupiti dei presenti indicò in aria, fra le stelle, direzione sud ovest.

- Cinque scope. Sei passeggeri.-

McKay passò l’attrezzò a Harry che lo lasciò a Dalton.

- Vanno di fretta, direi che stanno per piombare qui.-

- Ma che cazz…- Edward tacque per qualche secondo, strizzando forte le palpebre. Incredulo.

Ci volle qualche secondo affinché la verità di ciò che stava vedendo si sedimentasse nel suo cervello, ma quando le cinque scope planarono in picchiata su di loro come missili non ebbe più dubbi.

Sarebbe bastato l’urlo disumano del detective Pierce a confermare la sua teoria.

- Chi è che urla in questo modo?- fece Hermione stranita.

- Non rallentano.- fece Jess.

- Attacchiamo?- gli chiese allora l’altra capo squadra, Serinda Gordon e tutti si voltarono in sua direzione. In attesa di qualche perla di saggezza.

Da lui, che stava in pigiama e probabilmente stava lentamente subendo la rottura di vena nel cervello, sul trampolino di lancio di per un fantastico aneurisma cerebrale.

Ma per quanto avesse voluto, si, vi prego, buttateli giù da quelle scope, Edward si fece una violenza inaudita per dire un secco no.

No, non fate fuori quei sei bastardi. No, non potete, perché anche se lo vorrei come non ho mai voluto niente fino ad oggi, poi finiremmo tutti nei casini per aver ammazzato il figlio di Harry Potter mentre stava facendo un lavoro del cazzo per l’operazione del cazzo che io stesso, sommo idiota, ho affidato agli Omega.

- Un momento.- sbottò Harry, levandosi il CannOcchio dal naso scoprendo finalmente l’arcano – Quello è Lucas!-

- Cosa?- fece Ron sconcertato – Come diavolo fa ad essere Lucas?-

Un istante più tardi, proprio come nei film, Edward fu costretto a chiudere le palpebre più forte possibile per accogliere la folle speranza che se non vedeva la colonna di fuoco che si era appena abbattuta sulla chiesa facendo esplodere le protezioni di Trevelian e i suoi, la cosa non sarebbe davvero successa.

Ma era successa.

In sei erano piombati dall’alto come bombe della seconda guerra mondiale e ora all’interno delle rovine era scoppiato un caos pazzesco. Grida allarmate, strilli, magie di protezione strepitate a gran voce e scintille che volevano ovunque.

Piena immunità, aveva garantito a quei ritardati.

Fate come volete ma risolvetemi i casi. Un pub esploso, il casino nella metro e ora questo.

Trovatemi la professoressa Rastogi.

Ecco il bel risultato.

Un’operazione Auror interrotta, la corrente elettrica che cominciava a lampeggiare nei quartieri circostanti e l’assoluta convinzione che stavolta quei cinque avrebbero ucciso qualcuno.

Detective Pierce compreso.

 

 

 

 

Lucas era perfettamente conscio del fatto di aver pestato i piedi a qualcuno.

Grazie a L.J. negli anni aveva sputtanato abbastanza operazioni sotto copertura da farsi numerosi nemici e prendere una valanga di richiami disciplinari, ma il buon senso impediva di mettersi in mezzo quando una fazione è a trenta metri dal tuo bersaglio già pronta ad entrare in azione.

Non che avessero avuto altra scelta.

Quando Glory nonostante le ingerenze di Bernadette Rosier era riuscita a vedere una lama alla gola di Priya durante il volo sul Tamigi era già stato troppo tardi per i gusti di tutti, specialmente di Gil.

Il loro nuovo amico non solo aveva messo insieme i pezzi del puzzle scoprendo dove la vittima fosse stata condotta ma non si era nemmeno fermato di fronte all’impossibilità di Smaterializzarsi nelle vicinanze di St. Dunstan e fino ad allora aveva rifiutato di cedere al panico: Priya Rastogi non era donna da morire facilmente. O in silenzio.

Secondo lui avrebbe lottato anche a mani nude contro una bacchetta, vendendo cara la pelle quindi non dovevano disperarsi ma raggiungere il più in fretta possibile.

Il volo in scopa, anzi, addirittura il sollevarsi da terra, oh, quello sì che aveva buttato Gil nel panico.

Non era esattamente un peso piuma ed era come portare un bambino piccolo per la prima volta sulle spalle, si era agitato per tutto il tempo urlando come un pazzo ma a un certo punto Lucas si era girato guardando il Babbano appena sopra la spalla e…

Forse per la prima volta aveva capito lo stupore puro, totale.

La capacità di guardare la magia con meraviglia e di restarne completamente storditi e affascinati e persino terrorizzati. Questo aveva visto negli occhi chiari di Albert Gil Pierce, quando cercando sul suo volto paffuto aveva letto paura, per essere tanto in alto. E stupore sincero di una sensazione che cresce da dentro, trasformandosi piano piano in un sentimento chiaro.

Con il riverbero notturno dell’acqua sotto di loro, le stelle in cielo, l’aria gelida fra i capelli.

Un Babbano aveva scoperto la magia sulla propria pelle.

E aveva visto la bellezza in essa.

Restandone innamorato. E urla non erano state di orrore o paura.

Quelle grida erano state pura esaltazione.

E forse col senno del poi avrebbero dovuto pensare meglio, prima di portare un Babbano eccitato in scopa, tranciare la linea di difesa di un nugolo di squadre di Auror già appostate fuori da St. Dunstan e fiondarsi sulla chiesa in rovina dopo aver bruciato letteralmente gli scudi protettivi apposti sopra di essa. Ma quelle in fondo erano inezie se paragonate all’epocale casino che crearono lanciandosi fra fiamme in espansione, grida, magie strillate, pezzi di pietra che cadevano dal soffitto divelto e Mangiamorte furibondi.

E dire che St. Dunstan era sopravvissuto, per modo di dire, al Grande Incendio e ai bombardamenti della capitale durante le guerre mondiali.

Quando atterrarono le cose si erano fatte abbastanza inguardabili, almeno dal lato architettonico.

Dal lato pratico, una ventina di loschi figuri armati puntava le loro bacchette spianate su un gruppo di sparuti maghi dall’aria scossa, tanto da sembrare tutti presi in ostaggio.

Al centro del cerchio degli sgherri di quello che Josh aveva detto essere Trevelian, spiccavano due teste bionde. La prima era Bernadette Rosier, ben lontana dalle foto dallo stile hipster che avevano raccolto in rete.

L’altro capo color platino era quello di…

Lucas si sentì male.

- E tu cosa diavolo ci fai qui?- sbottarono lui e Glory insieme.

Allo stesso momento, l’identica uguale domanda venne loro posta da Draco Malfoy, accucciato a terra e coperto da almeno due centimetri di polvere. Ma sotto di lui…oh oh!

- Beccata!- sbraitò L.J. scendendo dalla scopa come un cowboy, un coltello quasi fra i denti, pistola nella mano sinistra e bacchetta nella mano destra – Spiacenti bastardi, la tizia è nostra.-

- Priya!-

Se Houser era sembrato John Wayne, il detective Pierce scendendo con le sue gambette tozze dalla scopa inciampò goffamente come un marinaio alle prime armi di fronte a una tempesta. Mancò poco pure che vomitasse, si trattenne per fortuna e anzi, si rizzò con tutto il potere da alpha che riuscì a raccogliere ed estrasse la pistola.

Puntandola su Draco.

- Signore, sono il Detective Albert Pierce, Scotland Yard. Si allontani da quella donna.-

- Gil!-

La faccia arrossata e smunta di Priya fece capolino dalle spalle di Malfoy, che in quel casino sembrava non saper più su chi posare gli occhi o su chi riversare le sue bestemmie, dato che Potty ancora non si era fatto vivo.

- Priya!- tubò il Babbano, illuminandosi per qualche secondo come un ebete, prima di tossire e riassumere la sua miglior aria da duro – Professoressa Rastogi, sta bene?-

- Ho fame e sono sfinita, ma a parte aver cercato di uccidermi questi stronzi non sono male.- sibilò quella con livore.

- Cercato?- ringhiò Bernadette furibonda – Non abbiamo ancora finito noi due!- quindi si volse verso i ragazzi, sprizzando furore dalle pupille – Credevo di avervi fatti fuori!-

- Beh, hai sbagliato i calcoli.- le disse Glory – Siete circondati, avete un sacco di accuse a carico e abbiamo abbastanza prove da spedirvi tutti ad Azkaban senza passare prima dal Wizengamot. Vuoi che continui?-

- Questo è un oltraggio!- urlò Trevelian – Quest’uomo e questa Babbana ci hanno attaccati!-

Lex fu l’unico a non esalare un commento sarcastico verso l’arguzia di quella scusa, ma l’uomo era un politico, quindi pagato e abituato a sparare cazzate. Strinse i denti e puntò di nuovo la bacchetta contro Draco – Quella donna è pericolosa! Mi ha minacciato mesi fa a una riunione in comune, proprio di fronte al Sindaco Babbano! La sua è diventata un’ossessione, ha perfino cercato d’irretire mia nipote con la sua volgare propaganda!-

- Ma che stronzate.- dissero Priya e Draco in coro.

- Stia zitto Malfoy!-

- Sta zitto papà.- gli disse anche Glory – Avanti, possiamo risolvere le cose in due modi. Con calma o con molta violenza.-

- Noi siamo numericamente avvantaggiati.- le rammentò Bernadette Rosier – Avrei giusto voglia di piantarti un Cruciatus in fronte Veggente. A te a questi Babbani con cui vi accompagnate con tanta gioia.- dopo di che fissò Gil, il disgusto che le colava dalle papille a ogni parola che sputava fuori, insieme al suo veleno – Sono il cancro della nostra società. Sono deboli, lenti e grassi. Dovremmo farne ciò che vogliamo mentre voi idioti vi mettete pure a lavorare con loro.-

- Cristo, non la smetti mai di parlare?- bofonchiò L.J.

- Farò fuori anche voi. Siete spazzatura in fondo, farò il mio dovere civico eliminandovi.-

- Non sarà comunque tutta quanta ragazzina.- le disse allora Priya, la rabbia che iniziava a farle fremere le membra – Non tutta quanta.-

- Ok, calmiamoci.- s’intromise Lex che a differenza dei soci stava rapidamente facendo il calcolo delle loro probabilità di uscire intatti da lì dentro (o quasi) – Trevelian, fino ad ora lei non ha fatto niente. È stata sua nipote. Ha rapito un’importante figura di spicco della politica Babbana, ma non è ancora troppo tardi.-

- Quindi sono davvero qui per te.- fece Draco, buttando un’occhiata obliqua alla sua compagna di sfighe – Si può sapere chi cavolo vi ha mandati? E dove accidenti sta Potter? A quest’ora potevo essere spalmato sul pavimento o fatto a pezzettini e lui neanche ha la decenza di presentarsi! No, tu non vali!- ringhiò verso Lucas, che s’immusonì come un bambino.

- Voi forse ancora non capite!- urlò Bernie dando conferma d’isteria – Non c’è via d’uscita e mio zio non mi venderà di certo per salvarsi la pelle! Morirete tutti, uno dopo l’altro e se per una fortuna scelta del caso Harry Potter metterà piede qui dentro…-

Una risata amara la squassò tutta e il suono fu abbastanza fastidioso da far mettere Draco in posizione di difesa.

- Oh, uccidere Harry Potter. Sarebbe magnifico.-

- Continua a sognare.- la rintuzzò Lucas, vedendo che qualcosa finalmente si smuoveva nell’espressione di Trevelian. Forse stava cominciando a osservare davvero sua nipote, forse riusciva finalmente a vederla per ciò che stava facendo, oltre alla retorica. Oltre alla politica.

– Posate le armi,- ridisse allora Lucas - e ce ne andremo tranquilli con la professoressa Rastogi. A nessuno di voi verrà fatto del male.-

- E tu pensi che m’importi? Sarete voi a non uscire vivi da qui!-

Non poteva crederci e neanche i suoi amici a dire il vero, che la Rosier stesse facendo sul serio.

Per mesi aveva premeditato un rapimento con omicidio, ingannando una donna scaltra come la professoressa Rastogi, ingoiando politica liberare a cucchiate nonostante la sua dottrina Mangiamorte e ora, circondata da nemici di fronte a una fine quasi certamente violenta, non sembrava voler cedere.

Uccidere la professoressa era diventato l’osso che non voleva mollare. Sebbene più viscida e più organizzata, anche Bernadette Rosier era caduta nella stessa tana del coniglio che molti Mangiamorte prima di lei aveva sconfitto.

L’ossessione. La loro fissazione.

L’odio che li fomentava li rendeva ostinati, fino alla fine, fino all’eccesso, verso quella che pensavano sarebbe stata una morte giusta o una sanguinosa vittoria, calpestando cadaveri di innocenti per il gusto di vedere il loro antico maestro idolatrato e temuto.

Scambiandosi rapide occhiate con Glory e L.J. capì che gli altri stavano pensando la stessa cosa.

Non importava quanti Auror ci fossero fuori dalle rovine, che quelle stesse pietre che traballando li proteggevano a malapena stessero per piombare loro addosso.

Non importava neppure che Harry Potter fosse lì fuori, pronto a porre fine alla loro brillante carriera da sovversivi radicali.

Sarebbero andati fino in fondo.

Bernadette Rosier sarebbe andata fino in fondo.

A costo di passare sul cadavere di suo zio per giungere ad avere fra le mani la gola tagliata di Priya Rastogi.

“Prendiamo ancora tempo” disse mentalmente a Lex “Facciamo uscire i civili”.

Il biondo Phyro si spostò leggermente alla sua sinistra, lasciando uno spazio di visuale minimo ma accettabile per gli Auror all’esterno, specialmente per i membri speciali delle squadre.

“Ho l’impressione che preferisca ammazzarli tutti, piuttosto che ammettere che non la volessero seguire.”

Una trentina di maghi infatti stava ancora asserragliata sotto la minaccia delle bacchette dell’entourage di Trevelian e a parte il tizio che si era preso un manrovescio in faccia da Wade, appena entrati, gli altri erano in piedi e sembravano più che pronti a una lotta.

“Se Draco si sposta con Priya verrà attaccato.”

“Ma se riusciamo ad avvicinarci noi due possiamo alzare una barriera. Non l’attraverseranno, non sono pazzi.” fece Lucas, muovendo le dita con un paio di gesti secchi che attirarono lo sguardo attento di Houser.

“Qualunque cosa vogliamo fare è meglio farla alla svelta. C’è troppa tensione qui dentro.”

Quella santa donna della Rastogi, neanche fosse telepate, comprese che la storia stava volgendo nel peggiore dei modi e anche se preda di una rabbia visibile si rivolse alla Rosier che se fosse stata ancora una sua intima amica, più conscia della strega che di quel passo sarebbe sicuramente morta colpita durante la lotta che lei stessa aveva cominciato.

- Bernie…-

Quella fischiò, interrompendola subito – Wow, siamo tornati a Bernie.-

Priya la ignorò – Non ti starò a chiedere se pensi che valga la pena morire per quello in cui credi. Sei una donna intelligente e abbiamo in comune almeno questo. Amiamo ciò che cui ci battiamo.-

- Ben detto.- sibilò l’altra, puntandole la bacchetta contro e infastidita che Draco fosse ancora in mezzo a loro due – Quindi chiediti, vuoi far morire un innocente, si fa per dire, a causa tua o esci fuori dalle spalle di Malfoy e la facciamo finita?-

- La mia morte non è un favore che posso concederti. E non dovresti nemmeno tu.-

- Queste perle di saggezza puoi risparmiartele.-

- Hai già ucciso molte persone Bernie.- le disse Priya – Per quanto ancora vuoi andare avanti? Uccidere me, quest’uomo, il detective Pierce e gli Auror qui fuori non ti farà sentire in pari col mondo.-

- Vuoi scommettere?- la incalzò la bionda, sogghignando – Voi menti pie mi fate veramente morire dal ridere. Sempre il solito bel discorso del perdono, dell’essere superiori. La vendetta non ti farà stare meglio tesoro,- le fece il verso, usando il suo stesso tono di voce – Beh, ti sbagli! La vendetta mi farà godere come non mai. Vuoi sapere cos’ha fatto quello strisciante sentimento che ora chiamate Fusione alla mia famiglia? Cacciati e braccati come animali, spediti ad Azkaban, mio nonno ucciso da un Auror come un cane e per cosa? Per il nome di Harry Potter, per salvarvi da noi Mangiamorte! Per voi!- gridò, puntando prima la bacchetta sulla professoressa, poi deviando fino a incrociare Gil.

- Vale la pena di morire per schiacciarvi?- riecheggiò, gli occhi ormai sgranati, in preda a un puro attacco nervoso – Sì. Non siete come noi. Siete merce avariata. Insozzate il nostro sangue e vi prendete ciò che spetta a noi di diritto, nascondendovi dietro al vostro perbenismo politico, alla barbara idea di uguaglianza che sembra regnare l’ideologia di questo secolo. Ho smesso di guardare la magia e il nostro sangue diluirsi nelle vene di bastardi generati insieme a voi. Quindi, Priya cara, ecco perché io non muoverò un solo muscolo per lasciarvi andare ed ecco perché le tue parole per me sono solo lerciume.-

Regnò il silenzio per qualche istante.

A parte il crepitio del fuoco che divorava le pareti in rovina intorno a loro, gli avversari si guardavano l’uno l’altro. Sotto tiro, in attesa.

Chi avrebbe fatto la prima mossa, chi avrebbe commesso il primo sbaglio.

Chi era destinato a prevale. Chi a soccombere.

Fu il clic del grilletto della pistola del detective Pierce a fermare lo stallo dei giochi e stavolta nella voce dell’uomo qualcosa era cambiato. Non vi era paura nel suo timbro.

O alcun tremore. Calmo era il suo respiro, nonostante il bollente fiato del fuoco che li circondava.

- Signorina, questo è il mio ultimo avviso. Sono autorizzato a usare la forza. Si allontani dalla professoressa Rastogi e da quell’uomo o sarò costretto a sparare.-

Bernie spalancò gli occhi e subito rise con una ghigno amaro, rimbombante e così fecero Trevelian e il suo entourage sopravvissuto al crollo.

- O cosa? Avanti, cosa vorresti farmi Babbano?- lo incalzò  la strega facendo un paio di teatrali passi indietro, le mani alzate come la vittima di una rapina – Pensi che una pallottola possa farmi qualcosa?-

- Pensa che abbia portato pallottole normali con me?-

La domanda la mise in una sorta di stasi.

Lex colse l’occasione per quello che era. Bluff o verità la Rosier si era come bloccata di fronte alla sfrontatezza di Gil, colpita dal suo sangue freddo e dalla possibilità, così remota e assurda, che un Babbano armato potesse ferirla.

- Balle.- ringhiò sdegnata, ricomponendosi – Non avete l’abilità per creare qualcosa che possa combattere la nostra magia.-

- Ne sei sicura?- le domandò allora Glory, forse conscia di ciò che stava per succedere.

- Non mi metta alla prova.- le disse Gil senza cedere di un millimetro, anzi, facendo un passo avanti seguendola con la canna della pistola.

Come uno specchio Bernadette senza rendersene conto ne mosse uno ancora più indietro.

Allontanandosi abbastanza da Priya e Draco, praticamente la posizione perfetta.

Come ogni azione che compivano insieme, Lucas e Lex si mossero in perfetta sincronia. Dove Lex li proteggeva levando uno scudo, Lucas scattò in avanti afferrando Priya e Draco quanto più velocemente possibile. Al che tutto divenne questione di secondi. Frazione di secondi, il tempo che impiegano i neuroni umani a sparare i loro impulsi al cervello.

Dapprima ci fu l’esplosione di un proiettile, poi i primi risucchi da Smaterializzazione. Prima uno, poi due, frammentati di grida rabbiose e incantesimi lanciati a casaccio per tentare di colpire qualcuno, chiunque. L’adrenalina nelle orecchie diventò il sottofondo ovattato ideale per coprire l’incredibile fracasso e quando Lucas ancora coperto dallo scudo vide anche Glory Smaterializzarsi via dopo aver lanciato un Bombarda contro i Mangiamorte, seppe che era il momento giusto.

Avvertì Lex al suo fianco come sentiva il sangue pompargli nelle vene.

Un braccio proteso in avanti a difesa, l’altro in aria e le bacchette rapide com’erano salite discesero verso il pavimento andando a sfiorare la pietra solida con un unico singolo colpo.

Tutto si fece rosso.

Dapprima una piccola ragnatela di luce strisciò sulla pavimentazione, dipanandosi come una vena che fratturò St. Dunstan in due parti e solo allora si scatenò l’inferno. Un vero inferno, perché una colata di fiamme risalirono al contrario verso il soffitto, sbucando da sotto i loro piedi in un turbine d’aria calda bollente che sventrò del tutto le vecchie rovine.

Dal dì fuori lo spettacolo fu ancora una volta terrificante. Magnifico al tempo stesso perché laddove il fuoco era vivo, centinaia di visi, mani e corpi si protendevano in esso in una danza macabra che mise in fuga molti dei Mangiamorte.

I pochi che rimasero dimostrarono di essere fatti di una pasta diversa.

Più pericolosa.

 

 

 

 

 

Quando Gil Pierce si riprese non fu proprio una sveglia gradita.

Aveva la faccia nella neve, un dolore alla spalla sinistra, la sua giacca andava a fuoco proprio sul culo e quasi due metri di americano lo stavano rotolando malamente sul terreno per estinguere la fonte del bruciore e si poteva dire tutto di L.J. Houser, ma non che brillasse per delicatezza.

Vigorosamente castigato Gil si rimise immediatamente in piedi alla ricerca di Priya, resosi conto di essere stato Smaterializzato a metà strada fra i giardini del St. Dunstan e la strada, dove almeno una ventina fra auto e bus di turisti si erano dovuto fermare perché sotto i loro occhi si era scatenata una vera e proprio battaglia senza quartiere.

Aveva già visto maghi combattere, anche durante le rare riprese della guerra, e come allora una sorta di muta angoscia gli schiacciò il torace. Non potendoselo più permettere ripensò agli ultimi attimi prima della fuga, mentre l’ex chiesa in rovina collassava su sé stessa inondando il cielo notturno di un fiabesco color arancione.

- L’hai beccata?- gli chiese Houser, mettendosi a protezione di fronte a lui.

Ripensandoci, sì, l’aveva presa. Aveva sparato a Bernadette Rosier!

- Incredibile.- ghignò L.J. parando un incantesimo che gli venne lanciato addosso come nulla fosse, girandosi a malapena verso di lui – Chi avrebbe mai pensato che quella pallottola funzionasse?-

- Non ne eri certo?- gracchiò il detective strabuzzando le palpebre – Sei fuori? Poteva farmi secco!-

- Ma va, hai tutte le protezioni. Potrebbe cascarti un divano addosso dal trentesimo piano di un palazzo e non sentiresti niente!-

- Sì, perché sarei morto spiaccicat…- non finì la frase, troppo intento ad accucciarsi con le mani sopra alla testa quando un nugolo di nubi nere iniziarono ad affastellarsi attorno a loro. Fra essere volavano le scie di Smaterializzazione degli Auror, entrambe le parti intente in un complicato combattimento aereo che non lasciava scampo. Dal loro cozzare scappava ogni sorta di scintilla, esplodeva ogni genere di incantesimo d’attacco.

Una decina piombarono a terra rotolando e finalmente Gil rivide Priya, avvolta come un salame nel cappotto che era appartenuto al signor Malfoy, atterrato praticamente accanto a lei con un tonfo sordo.

Precipitandosi le s’inginocchiò a fianco nonostante la magia che sfrecciava sopra le loro teste, prendendole il viso fra le mani per controllare il vistoso taglio che aveva in fronte.

- Eccoti finalmente.- fece la donna, nessun problema al mondo se non strattonare un lembo del lungo piumino nero rimasto sotto i regali glutei del Malefico.

Il sorriso che gli risolve cancellò automaticamente quelle ultime quarantotto ore di ricerca affannata, di preoccupazioni, di paura.

– Stai bene Gil?-

- Questo taglio non mi piace, dobbiamo metterti al sicuro.- le disse, ignorando la sua retorica.

- Ecco bravi, fuori dai piedi.- commentò Draco lanciando a casaccio un Crucio che per fortuna prese Ernest Pendregast, il segretario di Trevelian, facendolo schiantare nell’erbe alta – E dove diavolo sono tutti gli altri?-

- Giù!- gridò da qualche metro L.J. giusto poco prima di lanciare un coltello che centrò in pieno un altro dell’entourage dell’ormai ex capo del MAF, trafiggendolo alla mano che impugnava la bacchetta.

- Santo cielo che casino!- sospirò Priya, appoggiandosi a Gil per rimettersi in piedi.

- Dobbiamo levarci da qui. Sapete dove sono Glory e gli altri?-

Fu Josh a rispondere, comparendo insieme a Harry Potter in persona e a un altro paio di Auror che disarmarono i restanti avversari con una manciata di colpi.

- Lex e Lucas sono insieme a lei verso le rovine, hanno catturato Trevelian e il resto della sua scorta ma non troviamo Bernadette. Gil? Tutto bene?-

- Sono intero.-

- Così lei è la famosa professoressa Rastogi.- disse Harry facendosi avanti – Sapevamo che era sparita ma non potevamo immaginare di trovarla qua. È un sollievo vederla tutta intera, nonostante gli sforzi di qualcuno nella direzione opposta.-

La donna ci mise qualche secondo di troppo a capire chi le stesse rivolgendo la parola, non si poteva dire che la prigionia l’avesse trattata bene e aveva la sua età ormai, il tempo di festini e balli sfrenati era finito, tuttavia riconobbe il Salvatore dei maghi tanto da rimanere completamente a bocca aperta.

- Oh, ella tace.- brontolò Draco mentre Harry le dava la mano, divertito dal suo stato di trans.

- Oh, egli è vivo.- cinguettò invece sadicamente Potter rivolto al biondo – Come va? Tutto bene Draco? I Mangiamorte cattivi ti hanno fatto il lavaggio del cervello? O ti hanno stracciato la tessera di rappresentanza del partito?-

- Vai a farti fottere.- fu l’elegante replica – E qualcuno mi dia un mantello, maledizione, sto gelando!-

- Ho sentito bene? Avete sparato a Miss Rosier?-

Gil annuì, interdetto – Sì, i ragazzi mi hanno dato questi proiettili speciali. Hanno delle incisioni sopra?- si volse, confuso e guardò L.J. – Dove li avete presi?-

Tutti stavolta puntarono gli occhi a fanale su Houser.

La vendita di armi e manufatti bellici di origine magica era un grosso divieto per il Governo britannico, specialmente che questi manufatti finivano in mano Babbana. La scusa, tuttavia, era abbastanza bastarda da mettere a tacere le proteste.

- Me li ha dati Cruz.-

Draco corrucciò le sopracciglia – Non puoi dare la colpa a quella per tutto.-

- Quella è un lui, quante volte devo dirglielo?- sbottò Houser saltellando fra i cumuli di neve per raggiungerli – Dovrebbe portare le mutande di latta ogni volta che le si avvicina. E poi sono una manciata di proiettili standard, servono solo a bucare i Protego. Le ha sforacchiato un braccio, sai che roba.-

- Quindi fatemi capire bene. Voi cercavate Miss Rastogi e siete finiti nella mia operazione per salvare il Malefico?- domandò Harry.

- Sì.- annuirono Josh, L.J. e Gil in coro. Da bravi bambini.

- Complimenti per l’entrata in scena, un’opera davvero sottile.-

- Grazie.- fecero di nuovo, all’unisono.

- Era sarcasmo il mio. È stato un macello di proporzioni colossali, ci sono Babbani che ci scattano fuoco ovunque e ora dobbiamo anche risponderne al sindaco.-

- Andiamo Harry, non è colpa loro.- intercedette Jess, tirando in piedi un paio degli sgherri di Trevelian – Non del tutto. Volevano solo ritrovare la professoressa sana e salva.-

- Fortuna che c’era lei, Auror Malfoy.- ridacchiò Ron in lontananza, scatenando l’ilarità generale mentre dietro di loro un’altra esplosione si alzava dalle ceneri di ciò che era stato il St. Dunstan.

Se tanto gli dava tanto, suo figlio era sicuramente laggiù.

Deciso a lasciar stare la sua progenie satanica si rivolse ai pochi Auror restanti al suo fianco, cominciando a dare ordini.

- Ok. Servono Medimaghi per i feriti e dei privati per la professoressa Rastogi. Qualcuno mi prende un’ordinanza per un arresto coatto. Finiamola con questa pulizia. Arrestate tutti.-

- Davvero?- gli chiese Anele Jabari, la mutaforma di Jess, con un entusiasmo quasi indecente – Tutti quanti? Anche i soci del MAF?-

- Oddio, non saprei.- cinguettò Potter Senior – Che dici Draco, ti va di passare una notte al fresco?-

- Sai una cosa, mi basta mia moglie per questa rottura di palle ok? Non mi servi anche tu a rovinarmi la serata che poi ormai è mattina.- poi gettò un’occhiataccia a Priya – E lei! Lei ha mandato tutto a puttane!-

- Io?- allibì la donna – Cosa accidenti ho fatto io?-

- Non lo so, ma qualcosa di sicuro ha combinato per rovinarmi la vita.- si lamentò Malferret prendendo con rabbia i guanti e la cuffia nera che gli vennero passati fra il giubilo dei colleghi – Dov’è l’arpia?-

- Con Edward a recuperare quelli intrappolati fra le macerie. Avrà già chiesto il divorzio a quest’ora.-

- Bene, finché stiamo lontani andrà tutto bene.-

- È Natale.- gli fece presente Harry.

- Fanculo il Natale.- e si voltò per andarsene il più lontano possibile dal raggio d’esplosione di sua moglie ma uno scintillio color smeraldo nell’oscurità lo bloccò dov’era inchiodandolo con gli stivali affondati nella neve.

Arrivò come una furia dopo aver sicuramente colpito alle spalle i compagni nelle vicinanze, stordendoli o peggio, pensò Draco in quei bravissimi istanti. Uccidendoli.

Passando fra di loro, silenziosa come un gatto. È folle come chi un tempo l’aveva preceduta.

Riconobbe quella scintilla nel buio come l’aveva già fatto decenni prima.

E stava arrivando dritta dritta su di loro o forse su una sola persona.

Una persona che sarebbe stata molto importante da morta. Molto più di Priya.

- Avada Kedavra!-

L’urlo di Bernadette squarciò la notte. La sua voce acuta era resa rauca dal dolore mentre la magia senza perdono veniva scagliata dalla sua mano destra, la sinistra che pendeva sanguinante e immobile lungo il suo fianco.

E i suoi occhi…folli, iniettati di sangue, delirio, odio.

Come un animale affamato la coltre magica marciò su di loro spostando aria, sciogliendo la neve, frantumando persino il terreno su cui passò.

La memoria del Tower Bridge mosse gli arti di Gil prima che il panico si potesse impadronire di lui e afferrando Priya con tutta la sua forza si gettò a terra insieme a lei, coprendola con la sua mole di cui per una volta fu enormemente grato. Cadendo tuttavia, una buona parte di sé si rammaricò e vergognò di essere riuscito ad afferrare solo lei e non Harry Potter che rimase in piedi e poi venne investito.

Ma non mosse un passo.

Non indietreggiò.

Lasciò la magia lo centrasse in pieno a occhi chiusi, che si arrestasse e infine si dissolvesse.

Quando tutto finì rimase il silenzio, scaglionato unicamente dai lunghi respiri di Bernadette Rosier il cui pesante fiato pareva stare per tramutarsi in un severo attacco d’asma.

O di panico.

- Tu.- sibilò a bassa voce, la testa bassa ma gli occhi chiari ben puntati sul Bambino Sopravvissuto, che lentamente si spostò di qualche centimetro per coprire entrambi.

Quale sensazione avere di fronte la schiena di quell’uomo, essere dietro di lui di fronte a un nemico.

Con la mano tremante e coperta di neve Gil si rannicchiò in ginocchio, continuando a coprire Priya.

Come lui, anche la sua cara amica gemeva per il freddo e la fatica, i muscoli tesi come corde di violino per l’aver assistito, forse per la prima volta dal vivo, alla potenza e alla crudeltà dei maghi.

- Harry Potter.- continuò Bernadette da lontano, avvicinandosi con piccoli passetti pesanti, il capo ciondoloni, una scia di sangue che macchiava lo strato gelido al suo passaggio.

- Posa quell’arma, Miss Rosier.- le disse l’Auror.

- Tu cederesti la tua vita?- gli domandò – Lo faresti per due…- indicò Priya e Gil, ridacchiando istericamente -…due insetti? Tua madre lo fece per te, vogliamo ripagare il favore quasi cinquant’anni dopo?-

Il moro le sorrise, allargando le braccia – Anche se te lo spiegassi, non capiresti. Ho capito tempo fa che quelli come te non hanno la capacità di…-

- Di fare cosa? Di fare cosa? Di abbassarmi al loro livello di bestie? Di livellarmi al loro essere inferiore così da poter essere insignificantemente ordinaria per buona pace di chi ci vuole a cantare insieme kumbaya? Io sono un universo lontano da loro!-

 Aleggiava nell’aria quello che stava per succedere ed Harry si era ritrovato in quella situazione tante volte. In guerra aveva combattuto e abbattuto i suoi nemici, li aveva uccisi quando era stato necessario e non si era guardato indietro, correndo a perdifiato tra esplosioni e duelli attaccando e difendendosi da ogni angolo. Sempre pronto.

Sempre in agguato, per sconfiggere chiunque gli si parasse davanti.

Per difendere chiunque avesse alle spalle, per proteggere i suoi compagni.

Gl’indifesi.

Quella situazione avrebbe potuto mescolarsi ai ricordi del suo passato con un nemico di fronte a sé e quei due Babbani che aveva unicamente lui come scudo.

Ma forse era l’età.

Forse non poteva più semplicemente puntare la bacchetta su quella ragazza, tornare a casa e mettersi a tavola per festeggiare il Natale.

Forse non poteva più sopportare l’idea di vedere ragazzi tanti giovani colmi di odio, gente che ancora immergeva la propria mente in quella di Voldemort, assorbendo il suo marciume come una spugna per poi rovesciarlo su coloro che non potevano difendersi.

L’Avada Kedavra era ancora caldo su di lui, pizzicava la pelle e sapeva di per certo che la sua avversaria ne avrebbe potuti scagliare altri cento fino a farsi sanguinare le dita e la gola.

Piegando la testa intravide Draco di sfuggita, stava bene.

Tentennava a sua volta.

Non erano di fronte a una nuova Angelica Riddle.

Erano in presenza di una mente ordinaria. Un altro debole essere umano che aveva preferito la strada della violenza e dell’odio, uno dei tanti.

Abbassando il capo si ritrovò a scuotere la testa, infastidito dalle sue grida.

- Proprio non ho voglia di farlo stasera, Miss Rosier.-

- Quello che tu vuoi, Harry Potter, non è mai stato rilevante!- strillò quella – Tu mi hai rovinato la vita! Hai rovinato la vita a centinaia di discendenti delle più onorate famiglie di questo paese e nessuno osa fare un fiato in tua presenza! Ti chiamano eroe, ti acclamano, vieni ricordato come una leggenda ma non scordarti mai l’altra faccia della medaglia! Per ogni Mangiamorte che hai messo in prigione ci sono i suoi figli pronti nell’ombra a darti la caccia.-

- È lì che finirai.- replicò Potter Senior con tono quieto, così distaccato dai toni vibranti di Bernadette – Finirai in prigione. Marcirai ad Azkaban per tentato omicidio e per crimini d’odio. Sono vent’anni senza sconti, Miss Rosier e nessuno crederà che tu sia pazza.-

- Davano del folle anche a Tu-Sai-Chi, ricordi? Oh, sì che lo ricordi. Te lo leggo in faccia.- Bernie mosse un paio di passi avanti, spiando nelle iridi verdi dell’Auror ora messi in mostra, dopo che i suoi incantesimi avevano fatto volare via i suoi occhiali – Ti nascondi ancora sotto le coperte come quando eri bambino? Tremi ancora quando un nuovo caso e Marchio Oscuro compaiono sulla tua scrivania? Pensi mai che un giorno una persona stramaledettamente comune come me possa arrivarti alle spalle e ucciderti nel più sciocco dei modi? La fine del grande Harry Potter. Il bambino sopravvissuto a Lord Voldemort, ucciso da un’accolita qualunque.-

Bernie rise, vacua – I miti vanno sfatati prima o poi, no?-

- Così pare.-

- Quindi cosa vuoi fare? Vuoi degnarti di combattere o startene lì a proteggere due sporchi Babbani? Magari però ho scelto i bersagli sbagliati per farti smuovere. Forse dovrei provare a usare Mr. Malfoy.- abbozzò, spostandosi lievemente alla sua destra, dove Draco non aveva mosso un muscolo per tutto il tempo – O i tuoi figli. Dio, il tuo primogenito ti assomiglia moltissimo. Anche se credo abbia preso gli occhi da sua madre. Tua moglie. Come sta? Vivete sempre in una di quelle grandi case di fronte a Kensington Gardens?-

- Non funzionerà Miss Rosier.-

- Qualcosa lo troverò, devo solo sforzarmi ancora un poco.- disse in un sibilo – Tutti hanno un punto debole. Per Priya è stato facile.- sghignazzò, inquadrando il volto della donna poco sopra la spalla dell’Auror – Per lei è stato l’insegnamento. Fare da mentore, allargare le giovani menti. Si è sbrodolata quando ha avuto fra le mani un po’ di materia grigia sopra la media. Usare la vanità di mio zio è stato altrettanto facile, quando la professoressa l’ha insultato di fronte a tutti i suoi colleghi mi ha praticamente consegnato le chiavi del regno.-

- Hai manipolato tutti, Bernie.- le disse Priya – Ma ormai è finita. Non capisci? Il tempo in cui incutevate l’orrore è passato. Il mondo intero ha visto centinaia di streghe e maghi alzarsi per combattervi, nessuno è fuggito spaventato, nessuno ha deciso di ficcare la testa sotto la sabbia. Tutti vi hanno visto per quello che siete. Gente malvagia che può essere sconfitta.-

- Ancora quella tua brutta abitudine di parlare troppo…-

Scostandosi appena un poco dalle braccia del detective Pierce, Harry sentì la Rastogi farsi più vicina. Avrebbe preferito fosse rimasta completamente immobile ma nell’oscurità fra gli alberi che attorniavano il parco qualcosa attirò la sua attenzione: una mezza dozzina di occhi di svariate sfumature rossicce e dorate si era palesata, informandolo dell’arrivo dei paraumani.

Mutaforma, Diurni, Asher e Trix.

Si stavano avvicinando.

Era questione di pochissimo tempo.

-…davvero vuoi morire così Bernie?- stava dicendo la professoressa, mentre il detective di Scotland Yard le intimava di fermarsi – Davvero vuoi buttare via la tua vita con una colossale sconfitta?-

- Non sarà una sconfitta se mi porterò dietro qualcuno di voi!-

Lo scoppio nella sua voce, fino a pochi secondi prima ancora sotto controllo, salì come un’impennata e così fece la sua bacchetta, rialzata nella mano buona con letale desiderio.

Perse di nuovo nel suo delirio, scoccò un Bombarda urlando l’incantesimo con quanto fiato aveva in gola e poi ancora e ancora. Ogni magia andò a cozzare col doppio scudo formato da quello di Harry e da quello di Draco, Smaterializzatosi accanto a lui per sostenerlo nella difesa.

– Anche imprigionata non smetterò mai volervi tutti morti!- urlò fra un attacco e l’altro, vicina, sempre più vicina, fuori di sé per ogni colpo che andava a vuoto – Non mi fermerò mai! Mai!-

Lo sparo rombò nell’oscurità, sorprendendoli.

Sordo e assordante che riecheggiò per tutto il parco.

Fra le cime degli alberi, fra le rovine della ex chiesa, nelle orecchie di Auror e poliziotti che si erano radunati.

Harry non era mai stato molto vicino alle armi da fuoco Babbane, ma l’odore della polvere dopo il colpo era persistente, quasi amaro sulla lingua.

Si girò ancora prima di sentire lo strepito strozzato della Rosier che cadeva a terra, tenendosi la mano destra con l’altra incolume, nonostante fosse già stata ferita precedentemente alla parte superiore del bicipite sinistro.

La sua bacchetta di noce era spezzata a metà e il suo palmo, forato da un proiettile, grondava copiosamente sangue.

Si girò e vide il detective Pierce con l’arma fumante fra le dita.

La mascella serrata, un’espressione illeggibile in faccia e negli occhi la precisione con cui aveva atterrato l’indiziata, coperta solo dalla violenza che aveva dovuto fare su sé stesso per ignorare il suo addestramento.

Ovvero sparare per rimuovere un indiziato.

Rimase a guardare mentre Bernadette Rosier rannicchiata nella neve teneva le mani strette al petto, ululando come un animale in gabbia, mentre a poco a poco Auror da ogni dove ci chiudevano intorno a lei a cerchio.

Finita, pensò Harry Potter tirando finalmente il fiato.

Era finita.

- Detective, vuole l’onore?- chiese a Gil, mettendosi al suo fianco.

L’uomo annuì, senza dimostrare soddisfazione o felicità nell’aver praticamente risolto il caso dell’anno, senza gioire del triste spettacolo che avevano di fronte.

Come Harry, forse anche quel semplice Babbano pensava che catturare quelli come Bernadette Rosier non fosse una vittoria.

La vera sconfitta era stato il proliferare di quell’idea e la loro totale incapacità di strappare quel velenoso germoglio alla radice.

- Bernadette Rosier, la dichiaro in arresto sotto mandato di Scotland Yard. Essendo una strega secondo i Trattati Pacifici fra Maghi e Umani lei ha diritto al suo avvocato che l’accompagnerà nell’iter che l’accuserà per tentato omicidio della professoressa Priya Rastogi. Dovrà rispondere inoltre di rapimento, l’incendio di un locale e sei morti legati ad esso. Al tentato omicidio Scotland Yard premerà affinché le vengano mosse accuse con l’aggravante per crimini d’odio, incitazione politica alla violenza e incitazione all’omicidi. Dopo di che spero che i maghi l’accusino anche di terrorismo.-

Non mosse un muscolo quando Trix afferrò Bernie, tirandola rudemente in piedi.

- Ha il diritto a restare in silenzio, tutto quello che dirà verrà usato contro di lei in un tribunale composto equamente da umani e da maghi. Le è tutto chiaro?-

Come una belva la strega tentò di scagliarsi su di lui, usando l’ultima arma che le restava a disposizione, i denti, ma l’irremovibile forza di Trix la tenne bloccata nonostante i suoi sforzi per dimenarsi.

Comunque, durò poco. La perdita di sangue la scontò cara quando appena sorpassata Priya, che si godette un ultimo fiammeggiante sguardo colmo d’odio seguito da improperi omicidi, Miss Rosier si accasciò letteralmente in ginocchio non riuscendo più a tenersi dritta sulle gambe.

Svenne dopo che fu ammanettata in un’ambulanza prima dai poliziotti e poi dagli Auror, che usarono un paio di geniali Manette Soppressive entrate da poco in vigore.

Era buffo, ma seppur in piedi in mezzo a una strada transennata che grondava neve sciolta e passanti a frotte, guardando le porte dell’ambulanza richiudersi sul lettino della Rosier avvertì la pace. Una pace che lasciava un gusto acido in bocca, aveva pur sempre sparato a una giovane ragazza due volte e ogni volta lei si era rifiutata di retrocedere.

Tanto era il suo odio per loro.

Possibile che dopo dieci anni quell’odio fosse ancora vivo?

Ciò che aveva visto al Tower Bridge era tanto impossibile da estirpare?

Tuttavia, sorrise quando sentì i borbottii di Priya, seduta a sua volta in un’ambulanza mentre un paio di medi maghi uniti ai primi soccorritori tentavano di infilarle una flebo e prenderle la pressione.

- È una donna che non ha paura di parlare troppo.-

Il commento giunse alle sue spalle e Gil annuì, sospirando mentre Harry Potter gli si avvicinava.

- Ha ragione.- rispose prendendogli la mano con vigore e ringraziandolo – Senza di lei saremmo già morti. Conosco quella magia. So cosa può fare.-

L’Auror parve sinceramente intristito nel sentire quelle parole.

- Allora a nome della mia gente le chiedo scusa. Non siamo tutti come loro.-

- Oh, lei no di certo.-

Harry ridacchiò con una nota appena percettibile di malinconia – Sa, non sono mai stato come lei. Come la sua amica.-

- Difficile esserlo.- commentò Gil, proprio quando un infermiere venne malamente mandato a quel paese per averle mancato una vena.

- Io ho solo combattuto nella mia vita. Non ho mai fatto grandi discorsi o pensato a chi sarebbe venuto dopo. Non mi è mai passato per la testa che una buona istruzione potesse aiutare a salvare delle vite così come lo è la guerra. La sua professoressa invece illumina la mente e lo fa così bene da crearsi dei nemici Mangiamorte. Questo mi fa pensare che ha fatto bene il suo lavoro.-

- Non dica così signore.- fece Pierce rizzandosi tutto – Lei ha fatto molto. Ha dato l’esempio. Alcuni di noi combattono, altri insegnano ai giovani laddove genitori sbagliati hanno commesso molti errori. Ma alla fine non sta a noi cambiare davvero le cose.-

Guardò Harry, sorridendo tristemente – Uno deve voler ascoltare per sentire davvero, non pensa? E poi,- aggiunse con vigore – anche lei ha insegnato bene a suo figlio. Ho passato gli ultimi quattro giorni con lui e i suoi amici e mi creda, le lezioni necessarie gli sono arrivate. O non avrebbe mai lavorato con un uomo così diverso da voi, no? Lucas e Glorya mi hanno aiutato in ogni modo possibile, mi hanno protetto quando le cose si facevano troppo complicate per una palla al piede senza magia, sono stati dei veri amici. Mi hanno perfino dato consigli amorosi non richiesti, quindi si fidi. La prossima generazione è in buone mani.-

Così quello era il famoso Gil Pierce di cui tanto Glory aveva parlato in quei mesi.

Il Babbano che aveva visto arrivare nelle sue visioni.

Il Babbano che sarebbe rimasto nelle loro vite quindi, citando la Veggente alla lettera, tutti loro avrebbero dovuto fare la loro parte affinché si fosse sentito accettato e in famiglia.

Sospirando gli diede una pacca sulla spalla, spingendolo verso l’ambulanza.

- Forse è ora che segua i consigli dei ragazzi allora. Vada dalla sua amica. Noi ci rivedremo prossimamente per i nostri rapporti. È stato un piacere, detective.-

- È stato un onore.- lo corresse Gil – Sul serio, grazie signore. E Buon Natale.-

Tutto il mondo sembrava felice di essersi tolto dai piedi una pazza omicida sotto le feste ma non Priya, no, perché lei non festeggiava il Natale e guardava malissimo chiunque in quell’ambulanza le chiedesse se fosse ebrea.

Cosa che tra l’altro aveva fatto anche Houser, ma con tono più antisemita islamico non capendo o fregandosene che la Rastogi fosse di origini indiane e non di quei bei paesi che a lui piacevano tanto per andare a comprare armi illecite.

- Ehi.- tubò Gil andando a sedersi accanto a lei.

E fu tutto davvero perfetto.

La sua amica era viva, al caldo, al sicuro. Affamata e stremata, certo, ma viva come lo era la sua scintilla combattiva e la sua convinzione che anche un piccolo passetto in avanti potesse aiutare a cambiare il mondo.

Sorridendo Priya gli posò la testa sulla spalla, i lunghi capelli neri che scivolavano sul suo giaccone sporco e zuppo.

- È bello rivederti, detective.-

- È bello rivedere te viva prof.- disse mesto – Stavo perdendo le speranze, sapevo che ti era successo qualcosa ma ci eravamo arenati. Poi sono arrivati loro.-

Priya riaprì un occhio, esausta, per inquadrare i cinque squinternati che le avevano fatto cadere una chiesa in fiamme sulla testa. Tutti e cinque se ne stavano mogi a farsi sgridare da quel bell’uomo del signor Dalton, a cui Priya personalmente aveva fatto un pensierino più volte.

Non fosse stato per la fede nuziale…ah!

C’era anche il biondo che l’aveva salvata dallo sgozzamento, solo che lui stava inseguendo una donna in rosso con una folta massa di capelli ricci che camminava come un’ossessa davanti a lui per poi fermarsi di botto quando le arrivava all’orecchio una scusa forse troppo stupida per quella debacle notturna. Piantandosi a terra faceva in modo che il biondino le andasse a sbattere addosso e subito riprendeva ad abbaiargli in faccia.

Sul quel faccino sarcastico tirò anche una palla di neve.

Romanticismo allo stato puro insomma.

- Ti sei fatto nuovi amici.-

- Già.- cinguettò allegro.

- E com’è stato?- gli chiese, richiudendo le palpebre pesanti – Lavorare con loro?-

Com’era stato?

- È stato bellissimo.- le disse, sentendola sogghignare delicatamente. Sentendola felice per lui, Priya che era una dei pochi a conoscere la profondità del suo desiderio di evadere, di poter essere qualcosa di più.

Di poter vivere una vita più importante e più significativa.

- Una vera avventura.-

Aveva viaggiato per Smaterializzazione, assaggiato piatti assurdi dai colori e dalle forme improponibili, era stato quasi mangiato vivo da un branco di Strilettere inferocite, aveva inseguito Mangiamorte per tutta la metropolitana, si era fatto leggere il futuro da una vera Veggente, visto maghi avvolti da fiamme e da fulmini, conosciuto Harry Potter e aveva volato in scopa sul Tamigi.

Il Gil di quattro giorni prima era svanito.

Ora c’era solo l’uomo che aveva lottato per salvare un’amica e l’uomo che aveva sparato, alla fine, quando era stato necessario.

Quando non c’era più stata altra via d’uscita.

- Priya?-

- Mh?- mugugnò la donna insonnolita.

- Verresti a cena con me?-

- Ce ne hai messo di tempo detective.-

- Vegetariano?-

Le uscì una risatina ancora più ovattata, pronta a svenire del tutto.

- Facciamo vegano crudista.- scandì seria – Tutto a vapore.-

A Gil non poteva venire in mente programma più disgustoso.

E ne gioì come un ragazzino.

 

 

 

 

 

 

Godette per tipo metà giornata.

Erano le sei passate del pomeriggio della Vigilia e il mondo aveva deciso che era stato troppo bello per essere vero, troppo generoso.

Ecco perché al tramonto di una giornata che era stata infernale, ed era un eufemismo, costellata di riunioni col sindaco, un pisolino di mezz’ora all’ora di colazione, una riunione a Scotland Yard con gli alti capi, una con Mr. Dalton al Ministero della Magia (wow, che posto! Meglio di Disneyland) e un altro pisolino da 45 minuti all’ora del brunch, arrivò per Gil solenne e crudele una somma inculata.

Ma roba grossa.

Roba che un uomo non può mandar giù o semplicemente piegarsi a novanta e accogliere ad occhi chiusi.

Il fatto era che Priya avrebbe dovuto incontrarsi con lui e i ragazzi in ufficio, per offrire la sua prima versione ufficiale insieme ad avvocati, procuratori, scribacchini dei tribunali, poliziotti, Auror.

Una vera ammucchiata.

Solo dopo avrebbero potuto uscire a cena. Gil si era preparato mentalmente per tutto il pomeriggio, arrivando al punto da farsi venire una crisi di nervi sulla scelta della cravatta.

Glory le aveva definite orribili entrambe, il che aveva risolto la questione sul come presentare il suo notevole peso all’appuntamento con la donna più meravigliosa e straordinaria che avesse mai incontrato.

Peccato che Priya non si fosse presentata né in ufficio né avesse risposto al telefono.

Quando L.J. e Josh erano andati a cercarla all’hotel in cui Mr. Dalton l’aveva parcheggiata perché la sua casa era ancora sotto sopra non avevano trovato nulla di incriminante a parte le prove che la professoressa si fosse vestita e fosse uscita.

Da sola.

- Io quella la uccido.- fu la pura e sacra esclamazione di L.J. quando tornò insieme a Wade – È uscita da sola senza aspettare la scorta, io l’ammazzo! Giuro che la secco quella maledetta portoricana!-

- Viene dall’India.- bofonchiò Lucas in sottofondo.

- Ha nemici da qui alla Scozia e lascia pure il telefono sul letto, complimenti! Dio, sono così stufo di queste cazzate da bianchi! Prima i Mangiamorte, poi quella disagiata della Rosier che tenta una mossa alla Hannibal Lecter contro le infermiere e adesso quella sparisce! La Vigilia! È sparita di nuovo alla Vigilia di Natale!-

Lex roteò gli occhi sul commento razziale verso i bianchi, conscio che far notare ad Houser quanto fosse inappropriata la t-shirt delle Pantere Nere che stava indossando sarebbe stato l’ennesimo spreco di tempo.

La maglietta inneggiava così caldamente al potere nero che un paio di Babbani di Scotland Yard gli avevano chiesto l’amicizia su Twitter.

- Calmiamoci.- propose Josh attaccandosi al cellulare – Ora Imogen controllerà le telecamere, Glory sbircerà qualunque cosa spii di solito e…-

- SPARITA A NATALE!- abbaiò L.J. con tutta l’ugola.

- Da quando ti piace il Natale?- bofonchiò Lucas – Neanche torni a casa tua.-

- Il Ringraziamento mi è bastato, grazie tante, quello che mi rompe è che dopo aver corso per tutta questa maledetta città e aver ritrovato quella cambogiana in mezzo a un covo di satanisti ora siamo punto e a capo! Che palle!-

- Priya è indiana.- mugugnò Gil con la testa poggiata sulla scrivania.

- Tu sta’ zitto, non hai diritto di parola visto che vuoi portartela a letto.-

- Tu vuoi solo andartene a casa mia a bere l’eggnog dei Malfoy.- si lamentò Lucas puntandogli il dito addosso – Ma ti ricordo che il nostro lavoro è appeso a un filo, se non ritroviamo Priya verremo tutti quanti sodomizzati da Edward, nessuno escluso.-

- Già e poi che ne sarà di te?- ghignò Josh fra una chiacchiera e l’altra con uno dei suoi informatori – Farai il clandestino senza permesso di soggiorno? Faith potrebbe nasconderti in uno sgabuzzino, magari prima che la tua storia finisca su tutti i giornali. Già vedo i titoli a caratteri cubitali: “Immigrato dall’America sventa un rapimento con omicidio ai danni di una Babbana.” e il sottotitolo “Rimpatriato perché senza carta viola, è la vergogna del suo paese.”-

- Sai una cosa Wade, puoi farmi una ricca sega.-

- Questo ti renderebbe gay.- gli spiegò Lex pazientemente.

- Non è vero, non se me la fa lui.-

- Ah,- fece Lex ammaliato da quella genialità – ho capito.-

- Ha tutto più senso.- borbottò Lucas senza preoccuparsi di nascondere il suo sarcasmo.

- Non per te, deviato bianco bastardo.-

- Ok, basta.- disse Gil fermando quella diatriba – Calmiamoci e riflettiamo. L’abbiamo trovata una volta, possiamo farlo di nuovo. Chi può averla rapita?-

- Non c’erano segni di scasso o di lotta nella sua stanza.- fece Josh – Abbiamo controllato gli archivi della Smaterializzazione e nessun mago o strega si è presentato in camera sua o nelle vicinanze della reception da almeno cinque ore. Gli Auror di guardia hanno già negato che qualcuno sia entrato o uscito e solo i suoi genitori sono passati a trovarla.-

- Polisucco?- ipotizzò Lex.

- No, fra quelli di ronda c’era Iris Blackwater. È una Segugio e ha straordinari poteri alla vista, non come Glory però, i suoi occhi riescono a svelare qualunque Trasfigurazione. Se qualche stronzo avesse tentato uno scherzo se ne sarebbe sicuramente accorta. La sto cercando al telefono, datemi un attimo.-

Persone con meno sangue freddo avrebbero spaccato la baracca per la frustrazione.

Glory, messa in un angolo buio dell’ufficio a fianco da cui poteva sentire lo sciamare di Scotland Yard e il relativo delirio che l’ennesima sparizione di Priya Rastogi aveva causato, ammetteva di non essere quel genere di donna.

Una dal sangue freddo.

Una che non voleva seccare la prof per quel fottuto disturbo.

Non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma possibile che quella stramaledetta Babbana dovesse scomparire come un coniglio nel cilindro sotto le feste natalizie? Perché proprio a lei?

Perché lei aveva dovuto sorbirsi la Rastogi come primo caso?

Erano licenziati, tutti licenziati.

Mentre i ragazzi si beccavano come galline su chi fosse più gay fra Artie Haviland e Josh e su perché Iris Blackwater si lamentasse di dover lavorare con loro, tutto il mondo della Veggente di sgretolava.

Come avrebbero pagato l’affitto? Come avrebbero pagato le rate del divano? Oddio e l’estrattore? Sarebbero finiti a chiedere l’elemosina a Linnie magari o peggio ancora, ad Aidan!

Poteva quasi percepire le particelle atomiche nel cervello di Edward che prendevano la decisione di silurarli per l’esplosione del pub, per i morti ben arrostiti e in generale per la rottura di balle che gli avevano causato.

Si vedeva povera, sporca, affamata, accucciata sotto un ponte con Lex e Lucas e tutti e tre avrebbero dovuto vendere L.J. per una sheperd pie calda o una dose di caffè.

Disonore sui Potter, sui Malfoy, sulla loro mucca.

Erano la rovina di…

Glory spalancò le palpebre, rialzando la testa di scatto come se qualcuno l’avesse frustata a sangue.

Oh, mio Dio.

Vedeva Priya Rastogi!

Vedeva nitidamente quella dannata megera, chiara come se fosse giorno!

La vedeva e sapeva benissimo dove quell’orribile mostro liberale si trovasse e specialmente… in compagnia di chi!

Non poteva crederci, non poteva essere vero!

- Ma porca puttana!- urlò, terrorizzando a morte mezzo Scotland Yard.

Altro che Natale e buoni propositi, pensava marciando fuori dagli uffici seguita a ruota da cinque uomini confusi e furiosi. Altro che essere tutti più buoni!

Non c’era al limite alla cattiveria umana.

Non c’era limite alla perversione del prossimo.

Priya Rastogi era in pericolo, si.

Era finita in un guaio letale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Latitudine: 51°30’30'' N

Longitudine: 0°07’32'' W

Londra – Lucky House

 

 

 

 

 

-…questo è un naturale principio di autodeterminazione, è talmente palese che ogni essere umano messo di fronte a questa realtà non può che ritrovarsi in piena accordanza con esso. La Fusione è diritto che rimanda all’altro diritto, quello più importante di tutti. La coabitazione pacifica. Posto che non esiste una definizione unanime fra maghi e umani comune, per comunità possiamo proprio intendere quel gruppo di persone accomunate da intenti e fini che spontaneamente si ritrovano d’accordo nel perseguire un nuovo ordinamento statuale. Non è questo in fondo che si trova insito nell’essere umano? La capacità di aggregarsi, di evolvere in meglio, di vedere oltre le barriere e ciò che ci divide?-

Draco Malfoy era all’inferno.

All’inferno in casa sua, alla Vigilia di Natale, prigioniero di una Babbana. Privato del suo eggnog.

Priya Rastogi stava cercando di ucciderlo e lui era troppo sobrio per anestetizzare il dolore che derivava dalle sue chiacchiere politiche.

E sua moglie l’aveva aiutata. Era preda di un diabolico piano che vedeva sua moglie come la mente dietro a quella crudele tela omicida.

Eccola lì Priya Rastogi, un tripudio di abiti tradizionali del Sahara o da qualunque paese magrebino arrivasse, piazzata di fronte a lui, in casa sua, davanti al suo camino nel suo salone.

Alla sua festa con tanto di cenone del 24.

E perché? Tutto perché sua moglie, l’esimia Hermione Granger-Hargrave non sapeva lasciar andare una piccola onta ed era talmente malvagia da lavare gl’insulti personali col sangue.

Il suo sangue.

Quindi aveva invitato la Rastogi a cena. Splendido, no? Una favola.

Una Babbana al cenone di Natale. Una Babbana liberale Pro-Fusione e per di più vegana crudista.

La signora Niente Proteine Animali Non Cotto sopra i 40° era asserragliata alla sua persona da un’ora e cinquanta minuti, ovvero da quando lei e quei due piccioni grigi dei suoi genitori si erano presentati sulla loro soglia ed Hermione gioendo come un maiale in una pozza di fango li aveva fatti entrare sorridendo tanto da spaccarsi le mandibole per la contentezza.

Ecco quanto era crudele sua moglie.

Quelli erano gli abissi di depravazione che riusciva a raggiungere.

Anche se l’ultima infame cattiveria erano state le teglie stracolme di roba che quei tre mostri si erano portati appresso, abbracciando un ignaro San Potter (che si era tuttavia ben guardato dal fare obiezioni) che li fece entrare senza osare aprir bocca.

Il codardo aveva tentato di fare domande ma a un’occhiata di Hermione era corso in cucina, osservando con aria disperata le “prelibatezze” portate dai Babbani: involtini di bietola con verza, funghi e rape, curry di lenticchie rosse, polpette di fave e topinambur, zuppa di ceci alla curcuma e cumino, tartine crudiste con zucchine e senape e per finire gazpacho piccante di cui però erano sconosciuti gl’ingredienti.

Draco per la contentezza avrebbe voluto iniziare a sparare.

Così, a caso.

Ed adesso era lì seduto in salotto, sprofondato quanto più possibile nella poltrona di fronte al camino, fosse mai che gli venisse voglia di darsi fuoco, con la professoressa piantata al suo fianco a farlo diventare matto. Tanto di cappello, moglie. Tanto di cappello.

Certa malvagità non conosceva limiti o vergogna.

- Le sue tesi sono così accattivanti.- commentò Miss Cruz, la cui soglia del dolore sembrava anch’essa senza limiti per aver accettato la loro compagnia in primo luogo – Così lei ha viaggiato in lungo e in largo. Ha avuto una vita davvero fantastica prof. A quando il suo prossimo seminario?-

- Ah, cara, dopo questa gita credo che mi fermerò per qualche mese.- disse la Rastogi, che però trincava l’eggnog tradizionale dei Black-Malfoy come acqua – Mi sento stremata.-

- Lo posso immaginare. Questi maghi…- ghignò Cruz, mostrando un’impressionante dentatura candida e due pupille grosse come piatti (ecco il segreto antidolorifico) – Gentaglia! Vero Tom?-

Draco si girò in tempo per ritrovarsi un piatto da portata con sopra disposte numerose tartine.

Non l’ombra di un carboidrato da lì alla cucina del loro vicino.

- Un involtino di bietola?- gli chiese Tom Maximilian Riddle, dolcezza extraordinaire, mentre girava fra gli ospiti come un perfetto cameriere a cinque stelle – Polpetta di fave?-

Non sudò neanche sotto lo sguardo omicida del cugino, infatti sorrise come un miele e andò a molestare Sirius e Remus, piazzati sulla porta della cucina forse per controllare Elettra. Forse per sapere dove si tenessero le scorte di cibo spazzatura in caso di evenienza.

- Comunque mi sembra che la sua prima incursione con tanto di morti e feriti coi maghi non l’abbia strapazzata troppo prof.- perseverò Miss Cruz – Ha un aspetto magnifico e sono sicura che il suo appuntamento la penserà in questo modo. Hermione dice che dovrebbero arrivare da un momento all’altro.-

- Che donna intelligente e cortese che è tua moglie.- disse Priya rivolta a Draco, ignorando la sua smorfia melliflua – È stata davvero gentile a invitarci.-

La suddetta apparve dal nulla alle spalle del suo adorato marito, facendolo scattare in poltrona come una molla. Si sedette e prese a massaggiargli le spalle, il tocco caldo e premuroso.

- Grazie a lei, professoressa.- cinguettò Hermione – Era il minimo che io e mio marito potessimo fare dopo l’orribile situazione in cui si è trovata negli ultimi giorni. Fortunatamente il mio tesoro l’ha protetta come si deve.-

Le mani della strega si piantarono su Draco come macigni.

- Vero amore?-

- Come no.- rispose con tono piatto, per poi sorriderle vacuamente stile cervo di fronte ai fari.

- Davvero, siamo felici che ci abbiate fatto l’onore di venire a cena. I suoi genitori sono proprio speciali Miss Rastogi, capisco da chi ha preso.-

- Ti prego cara, chiamami Priya, ormai siamo oltre certi perbenismi.-

- Assolutamente e sa, non vedo l’ora di ascoltare a tavola i dettagli della sua ultima ricerca per il matrimonio misto. So che vuole presentare la mozione nei prossimi dibattimenti in Comune e al Ministero della Magia.-

Draco ricevette un bacio sulla testa e si sentì gelare.

- Mio marito non sta più nella pelle, adora aprire la mente a nuove idee.-

Bastardi. Bastardi tutti quanti. Potter che non usava le sue misere palle per chiedere che cavolo ci facessero dei Babbani in casa loro e maledetta Hermione. Maledetta Hermione.

Tutto per una misera seduta del MAF.

Che ora come minimo avrebbe chiuso i battenti, perfetto. Fantastico.

Super.

Il delirio si scatenò dieci secondi più tardi quando sua figlia, unica luce in un mondo di tenebra, spalancò la porta di casa come un’ossessa e con occhi laser puntò loro nel salone.

- Oh Gil, salve tesoro!- tubò la Rastogi vedendo il detective con i cinque Auror, del tutto incurante delle facce a metà fra lo spiritato e il posseduto dei nuovi arrivati – Mi hanno che saresti venuto, ora ci siamo tutti finalmente! Com’è andata la seduta con gli avvocati?-

Strilli, recriminazioni, insulti non tanto gentili, Glory che sembrava pronta a tramutarsi in un’Arpia tanto era furibonda (la cui strigliata fu fermata solo da Tom quando le mise sotto al naso una tartina con zucchine e senape) e finalmente le finali presentazioni.

Draco ed Harry non seppero dire bene come ma la professoressa riuscì con un semplice abbraccio a mettere in stand by ogni lamento da cornacchia dei principianti, strizzandoli uno a uno (pure Houser e la leggenda narrava che nessun essere umano al di là dell’Italia e sopra la Germania avesse mai sfiorato il suo corpo) fino a far capire quanto fosse grata a tutti loro per la dedizione con cui l’avevano cercata.

- Spero non ti dispiaccia, ma Miss Hargrave ci teneva a invitarci.- disse poco dopo Priya a Gil, tenendogli la mano – Farà bene anche ai miei genitori stare con me stasera.-

- No, assolutamente.- fece Pierce tirando un sospiro – Capisco, ma la prossima volta ti prego mandami un messaggio.-

- Miss Hargrave dice che sei invitato anche tu, tesoro.-

- Cosa?-

- Ma certo, più siamo e meglio è!- tubò una raggiante Elettra apparendo dalla cucina con un improponibile pullover rosso sgargiante cosparso di renne e gnomi – Oh, lei deve essere Gil! Venga, Glory mi ha parlato tantissimo di lei!-

Da lì in poi ogni persona sana di cervello decise di lasciarsi trascinare dalla corrente e sorvolare su qualunque stranezza, tanto non ci sarebbero stati chiarimenti né delucidazioni perciò perché affannarsi?

Quell’anno il premio maleducazione comunque (stranamente) lo vinse Houser, infatti la sua maglietta del potere nero batté a mani basse quella di Draco che testualmente diceva “Kill a Potter, save a DeathEater” come ultima opera di ribellione a sua moglie.

Ma L.J. aveva altre carte in mano. Sparì per qualche minuto dopo aver mandato al diavolo Miss Cruz per tornare con un regalo per la padrona di casa che rischiò di rompere il precario equilibrio zen raggiunto dai più.

- Oh, mio Dio, mioddio!- urlò Elettra al colmo della gioia quando Houser le piazzò in mano un porcellino rosa come un confetto, tutto fatto su in un volgarissimo gilet natalizio. Qualche idiota, forse Faith, gli aveva persino ficcato in testa un cerchietto con corna da renna e fu la fine.

La cena fu ritardata di un’ora e benché la famiglia Potter mantenesse da anni circa sei maiali adulti che venivano affidati a una famiglia del Devon in possesso di una cascina, Daisy fu la nuova aggiunta alla grande collezione di maiali di Elettra.

Altri, ben più depressi, si erano augurati che Houser le avesse fatto quel regalo in previsione della cena vegana ma no, non furono tanto fortunati.

Lo scambiò però, oh, lo scambio fu molto peggio.

Ancora estasiata per la maialina, Elettra tornò dallo sgabuzzino con una specie di lungo oggetto tubolare incartato (male) che minacciava di sbilanciarla in avanti col suo peso.

- Ecco qua!- fece giuliva piazzandolo con un tonfo ai piedi dell’allibito ex seal - Per il tuo primo Natale con noi! Spero che ti piaccia, non sapevo decidermi ma il signore che me l’ha venduto mi ha detto che questo è vintage e che sicuramente ti sarebbe potuto servire.-

Ne venne fuori qualcosa che fece brillare gli occhi pece di Houser.

E si, era un’arma. Un’arma enorme.

- È un lanciarazzi mamma!- sbottò Lucas a bocca aperta mentre L.J. si metteva a saltellare, parlando a vanvera di un RPG-7 con una munizione di 85mm di diametro dell’ogiva e 40mm per il motore a razzo – Perché gli hai comprato un dannato lanciarazzi?-

- Lo so cos’è, sciocco!- celiò Elettra con semplicità – L’ho anche usato, è stato divertente. Mr. Cooper è stato tanto gentile, abbiamo sparato tutto il pomeriggio nella sua riserva e mi ha detto che questo modello è degli anni ’70.-

- Mr. Cooper? E te l’ha dato così?- replicò Lex sconvolto.

Cruz lo era più di lui – Dove sei stata, in Texas?-

- Sì, ad Austin!- dopo di che Elettra continuò, imperturbabile mentre L.J. deliziato come un bambino si posava in spalla la sua creatura - Più americano di così non si può. Spero che ti ricordi casa.-

Unicorni e arcobaleni si sprecarono e Houser arrivò al punto di abbracciare un’altra donna bianca (dopo Faith) ed era una donna bianca completamente vestita, insomma, era un grandissimo passo.

- Ti adoro.- borbottava il sergente seguendola in cucina con un anatroccolo, l’RPG-7 in braccio come lei si teneva il porcellino cornuto stretto al petto – È la cosa migliore di sempre, dico davvero. Ti è piaciuto il Texas? È uno dei miei posti preferiti, dobbiamo portartici per il quattro luglio!-

- Qualcuno ha fame?- chiese Tom spezzando il silenzio.

- Forza,- disse anche Lucas – tutti a tavola. E state lontani da Houser.-

 

 

 

 

L’eggnog dei Black poteva essere usato per far partire le macchine, per accedere un fuoco e per sgrassare l’argento ma per Glory sapeva di casa perché era una Malfoy e loro morivano da eroi.

Sbronzi.

Piacevolmente ubriaca e piena da scoppiare di portate che non avrebbe mai più assaggiato se ne stava seduta sui gradini del giardino d’inverno a godersi da brilla la bellezza dei bagliori delle lanterne natalizie contro i vetri mentre tutt’intorno la sua strana famiglia allargata si dava ai festeggiamenti. In grembo teneva stretto un libro che le era stato regalato da sua madre e fra le dita un piccolo bucaneve pallido colto da una delle piante del giardino.

Da qualche parte in quel momento Gilda e Colin si godevano il loro primo Natale a tre. Morty era in braccio a suo padre ed entrambi guardavano Gilda appendere una luminescente stella comoda sopra alla punta di un abete imbiancato.

Da qualche parte Jason Stein camminava su un selciato innevato e teneva per mano suo figlio, mentre Mia li attendeva sulla soglia della porta di casa. Un sorriso lieve stampato in viso.

Da qualche parte Phin, Roger e Leo Weasley si preparavano per la consueta recita di Natale insieme alle loro compagne, mentre a Piccadilly Circus Aidan Howthorne e Artie Haviland seguivano uno spettacolo di luci organizzato dai maghi in mezzo alla grande piazza.

Uniti, abbracciati.

Poteva scorgere Gil e Priya seduti alle sue spalle di fronte al caminetto acceso, dimentichi dell’insignificante esistenza di persone come Bernadette Rosier. Le mani congiunte, troppo persi nei loro sguardi e in quella strana girandola multicolore in cui si era trasformata la loro vita per accorgersi di essere giunti fin lì da loro per restare.

Ancora non sapevano in quali altre follie sarebbero stati coinvolti. Ancora non immaginavano che razza di adrenalinico futuro li attendeva.

Glory vedeva Linnie, su un volo diretto a Londra pronto ad atterrare.

Vedeva le persone che l’aspettavano al gate. Fra queste Derek. E Chris e sua madre.

Poteva quasi sentire il profumo degli ellebori gialli che Derek le aveva comprato.

Edward era stato lì, poco prima, così come ora era in viaggio per l’aeroporto. Era venuto in gran stile, dando a tutti loro degli idioti incompetenti e solo dopo aver atteso che firmassero dei regolari contratti, uno dei quali avrebbe permesso a L.J. di ottenere la carta viola senza diventare un immigrato irregolare, se n’era andato facendo a tutti i migliori auguri di buone feste.

E di sopravvivenza a quel nuovo anno.

Glory vedeva A.R.E.S. il tatuaggio sulla schiena di Lex, proprio al livello del cuore.

Ma vedeva anche molto di più. Intravide un futuro che le fece storcere il naso e poi scorse qualcun altro.

Scorse Eris. Così si sarebbe chiamata.

E sarebbe arrivata presto. Tanto presto che…

- Che hai?-

Glory rispose con una smorfia disgustata, lasciando che Lucas le si mettesse dietro e la scaldasse col proprio corpo. Figurarsi. Lucas Potter avrebbe fatto i salti di gioia.

- Ricordi quando ti dissi che avevo predetto a Gilda la sua gravidanza e lei mi rise in faccia?-

- Sì. E?- il Phyro fece una smorfia – Oddio, non parlerai mica di Faith?-

- Cosa? No, sei fuori? Ci manca solo che Houser muoia al pensiero dei bambini falsi neri.-

- E allora chi…? Oddio, sei incinta?-

- COSA?- gracchiò Draco dall’altra parte della sala.

- Fatela finita.- mugugnò Glory annoiata – No, non sono incinta. Ma ho visto a chi tocca la prossima croce e la cosa mi rompe. Ma tu scoppierai di gioia, fidati.-

- Grande. Un altro bambino!- tubò Lucas alzandosi dopo aver sentito suonare il campanello – Scusa, abbiamo Vicky per uno Scotch, torno subito. Fai la brava.-

Fai la brava, osava dirle sbaciucchiandola.

Sarebbe stato meglio per la stronza fare la brava e mollare con l’alcol giusto per qualche altro mese. Non voleva che la figlia di Lex uscisse con tre teste o una coda, ma non si azzardò a dirlo ad alta voce e poi c’era Lex in ballo. Lei e Lucas dovevano tenerselo stretto.

Come stretto, purtroppo, d’ora in avanti sarebbe diventato il loro appartamento. Quell’equilibrio precario costruito negli ultimi cinque mesi sarebbe andato distrutto e la loro via avrebbe subito un altro cambiamento per plasmarsi in una nuova forma.

Per evolversi.

Da ultimo richiuse gli occhi e in una nebbiolina brillante un’ultima porzione di futuro venne avanti.

Era fine primavera e l’aria era calda e zuccherata. Sotto il sole l’abito candido che un tempo aveva rubato a Mia Garland splendeva di luce propria.

Lucas sarebbe stato un bellissimo sposo.

Lex era al suo fianco, così Jason, Colin, Phin, Roger e…Gil.

Tutti insieme, a cerchio intorno a loro sotto una parata di lanterna tonde e alberi dalle lunghe fronde spioventi.

Un matrimonio splendido.

Il giorno perfetto.

Così sarebbe andata, perciò tentennare non era più un’opzione.

Doveva prepararsi alla battaglia e così facendo chiuse il piccolo bucaneve fra le pagine del libro, tornando dalla sua famiglia mentre poco lontano proprio fra la neve congelata della notte un’altra manciata di piccole testoline bianche di quello stesso fiore iniziava a fare capolino da quella dura e fredda scorza che le opprimeva.

Sempre indomite, un nuovo inizio dopo l’inverno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

« Possiamo passare la vita a farci dire dal mondo cosa siamo.

Sani di mente o pazzi.

Stinchi di santo o sesso-dipendenti.

Eroi o vittime. A lasciare che la storia ci spieghi se siamo buoni o cattivi.

A lasciare che sia il passato a decidere il nostro futuro.

Oppure possiamo scegliere da noi.

E forse inventare qualcosa di meglio è proprio il nostro compito.»

- Chuck Palahniuk

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

THE END  -

 

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