Covered in Darkness

di Angie96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- You are my friend ***
Capitolo 2: *** 2- Playing Heroes ***
Capitolo 3: *** 3- Talent ***
Capitolo 4: *** 4- Hunting Season ***
Capitolo 5: *** 5- Unfair + Epilogue: I'm sorry ***



Capitolo 1
*** 1- You are my friend ***


1-You are my friend
Il secondo di scuola elementare era cominciato con un venticello primaverile a cullarlo, quasi come a cercare d'infondergli coraggio, di dirgli che anche quell'anno sarebbe andato tutto per il meglio, che gli bastava ignorare la gente intorno a lui e le giornate sarebbero passate più velocemente.
A Garou non piaceva andare a scuola: nonostante non gli dispiacesse imparare cose nuove e fosse anche piuttosto curioso su certe cose, l'idea di svegliarsi la mattina presto e mettersi a pulire la classe e sistemare le cose nel doposcuola non gli piaceva, soprattutto se doveva aver a che fare con gente che gli stava praticamente antipatica a pelle.
L'idea di dover guardare la sezione a cui era stato assegnato e scoprire di avere ancora tutti quegli idioti intorno gli faceva venire voglia di chiedere a sua madre di venirlo a prendere dopo aver inscenato un malanno.
Quando si ritrovò davanti il cartellone, forse troppo in alto per permettergli di vedere bene in mezzo alla folla composta da altri bambini un po' più alti di lui, quasi sbuffò.
La metà delle persone nella sezione 2 sono gli scemi che avevo in classe lo scorso anno, pensò, mentre cercava di alzarsi sulle punte quanto più possibile: accanto a lui, si sentivano dei rumori a intervallo irregolare, simili a quelli di un salto, talmente fastidiosi da costringerlo a girarsi verso la fonte del suono che, in mezzo alle risate, le urla, le voci e gli schiamazzi della gente, erano diventati talmente fastidiosi da fargli venire voglia di urlare contro al bambino dai capelli di un castano così strano da sembrare rosso che, intanto, non faceva altro che fare rumore coi suoi saltelli.
 
Si era seduto al banco in ultima fila nella colonna centrale in anticipo per allontanarsi da tutte le urla e le voci di quelli che in tutta probabilità sarebbero stati i suoi nuovi compagni di classe: contrariamente a cosa un insegnante avrebbe detto ad un bambino della sua età, a Garou piaceva la tranquillità. Il non sentire nulla se non il soffiare del vento, nessun passo troppo rumoroso o voce, era tutto così rilassante che probabilmente avrebbe finito per addormentarsi, se avesse appoggiato la testa sul banco anche solo per qualche secondo.
Si era perso così tanto nei suoi pensieri che quasi trasalì quando vide la classe riempirsi con i propri gruppetti, lasciando ovviamente il posto accanto al suo completamente vuoto: probabilmente aveva abbastanza fortuna da scoprire che il suo compagno di banco era malato o magari non sarebbe addirittura mai più venuto a scuola; quasi ci sperava, perché da quell'ammasso di volti vecchi e nuovi voleva solo essere lasciato in pace, e non avrebbe mai sopportato ritrovarsi qualcuno di rumoroso accanto a lu-
«Ta-dan! È arrivato Justice Man!»
Come non detto.
Lo stesso bambino che prima aveva saltato in modo insopportabile per vedere il tabellone con la nuova disposizione delle classi era entrato, esibendo una posa tanto ridicola da scatenare due diverse reazioni tra i presenti: delle risate e delle espressioni confuse.
Il suo compagno di banco rumoroso era arrivato, e già due bambine nel banco davanti al suo stavano ridacchiando sul fatto che quel tizio fosse riuscito a rompere una sedia nel primo anno usando come scusa il fatto che “non riuscisse a stare fermo”, pareva che quell'episodio surreale fosse diventato abbastanza famoso in tutta la scuola e che la maestra non sapesse neanche come punirlo, data la natura dell'evento stesso.
In pratica aveva firmato la sua condanna, pregando di poter rimanere da solo.
«Posso sedermi qui?»
Era arrivato lì, parlando con un tono amichevole, senza che Garou se ne fosse accorto: mosse il capo in segno d'assenso, cominciando ad osservarlo cercando di mascherare la curiosità che aveva; il suo nuovo vicino di banco si era seduto con una pesantezza che era sicuro che avrebbe finito per rompere qualcos'altro.
Lo vide aprire lo zaino, lasciato per terra in precedenza con la delicatezza di un elefante, per tirare fuori l'astuccio e il quaderno, iniziando poi a rovistare lì dentro per cercare qualcosa con impazienza: lo vide tirare fuori un giocattolo abbastanza datato, prima di riposizionarlo dentro con cura.
Aveva seguito bene ogni suo movimento, nonostante avesse cercato in tutti i modi di sembrare il meno interessato possibile facendo finta di guardare un punto indefinito della classe mentre si girava verso il lato opposto al quale si era seduto il suo compagno di banco, fino a quando non si sentì tirare la manica della maglietta che stava indossando proprio nello stesso istante in cui la maestra era entrata in classe.
«Ehi…»
Si era sentito chiamare a voce bassa, tra il silenzio dell'intera classe: ignorandolo deliberatamente, fece per far ticchettare piano la matita che aveva in mano.
Si sentì scuotere ancora più forte, tanto da costringerlo a girarsi verso la fastidiosa presenza accanto a lui
«Vuoi essere mio amico?»
Una richiesta accompagnata da un sorriso raggiante, che lo fece rimanere immobile, con gli occhi spalancati dallo stupore, perché era una cosa che nessuno gli aveva mai detto: la sua maschera d'indifferenza si stava spezzando nel momento in cui ogni fibra del suo corpo, a parte la propria voce, stava gridando “Sì!”.
Così tanto che, quando annuì in modo affermativo con una timidezza che non aveva mai saputo di avere, gli occhioni scuri del bambino accanto a lui si erano illuminati dalla gioia
«Sono così felice, sei il primo amico che riesco ad avere a scuola! Come ti chiami? Io sono Taichi, ma se vuoi puoi chiamarmi Tacchan!» Taichi gli afferrò la mano, stringendola dall'euforia, mettendolo ancora più in imbarazzo, nonostante stesse parlando a voce bassa per non farsi sentire, costringendolo a girarsi dall'altra parte per non guardarlo negli occhi, pronunciando «Mi chiamo Garou» con un filo di voce, sperando che Tacchan lo lasciasse in pace dopo le presentazioni ancora per un po', ma quello non pareva essere nei piani del nuovo amico, dato che si era messo a fare complimenti sul suo nome, cercando in tutti i modi di dare il via ad una conversazione.
Così per qualche minuto buono, dove non faceva altro che parlare di un anime vecchio che stava per ricevere una nuova serie
«Tu guarderai la nuova serie di Justice Man?»
Una domanda, che piú avanti si era trasformata in una promessa.
Una promessa che, a lungo andare si sarebbe trasformata in un incubo.

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Capitolo 2
*** 2- Playing Heroes ***


2 – Playing heroes
L'autunno, con la messa in onda dell'anime di Justice Man, all'inizio, aveva portato qualche cambiamento ai suoi rapporti con gli altri bambini: se all'inizio erano solo lui e Tacchan a passare i pomeriggi insieme a giocare, quando il supereroe che il suo amico amava tanto aveva cominciato a raccontare le sue avventure ogni domenica mattina, il loro gruppo aveva cominciato ad espandersi.
Prima cinque persone, poi solo i maschi, tutta la classe e, infine, buona parte della scuola aveva cominciato a rispettare Tacchan, a voler giocare con lui: ironicamente, quello che solo un mese prima era bollato come uno dei bambini "strani", era diventato così popolare da essere conosciuto anche tra i senpai.
E giocare agli eroi era diventata la routine: Garou, insieme ad altri due bambini, facevano gli aiutanti, Tacchan era Justice Man mentre un povero malcapitato scelto dal piccolo eroe doveva fare il mostro.
Le vittime erano sempre bambini piuttosto tranquilli ed emarginati, che fossero più piccoli, coetanei e più grandi non importava: erano sempre i più deboli a dover fare il "cattivo di turno", all'inizio magari beccandosi solo uno spintone e basta, neanche tanto forte.
Ecco, era quello il problema: nessuno reagiva. Non importava quanto fosse fastidioso, nessuno osava opporsi a Tacchan tanto che, a lungo andare, quelle "innocenti" spinte erano diventate calci, pugni e schiaffi, anche abbastanza forti; capitava che le povere vittime scappassero via piangendo, sotto lo sguardo dell'eroe che guardava la scena con lo sguardo trionfante
«Perché lo hai fatto?»
Garou lo trovava ingiusto: perché gli altri erano arrivati a far venire un'epistassi a un bambino del terzo anno con un calcio senza alcun motivo? Credeva che quello fosse un gioco, non una rissa ai danni del più debole: stava cominciando a dargli fastidio vedere quello scenario.
«Eh? Perché lo chiedi? Ho solo dato al mostro la lezione che si meritava!»
Tacchan sembrava convinto di quello che diceva, per lui sembrava tutto un gioco.
«Perché è pericoloso, gli hai fatto male!»
Degli sguardi delusi puntati addosso e Tacchan, davanti a loro, a pronunciare una sola frase
«Non sei divertente, Garou»
 
I suoi tentativi di far smettere Tacchan lo avevano trasformato in una delle vittime: ogni volta che se ne presentava l'occasione, Tacchan trovava il modo per farlo giocare a quello stupido gioco, finendo per essere pestato in ogni caso. L'eroe era quello che aveva sempre ragione e non importava quanto fossero discutibili o scorrette le sue azioni, la massa lo avrebbe sempre accettato ed acclamato.
E Garou sapeva che Tacchan non aveva nulla di eroico, per quello, quella stessa mattina, aveva deciso di scontrarsi con lui: sperava in tutti i modi che, così facendo lo avrebbe lasciato in pace, non gli importava se sarebbe stato odiato dai suoi due leccapiedi e da tutta la classe, non ce la faceva più a subire.
Ed era finita malissimo: tutta la classe si era messa contro di lui, mentre Tacchan se la dava a gambe, e lui si era reso conto che la maestra non aveva avuto alcun interesse ad ascoltare la sua versione, finendo per fargli chiedere scusa e chiamando i suoi genitori.
E quello che era peggio, fuori da scuola si era beccato tante di quelle botte che se Tacchan non fosse stato così lento a correre, probabilmente sarebbe ancora lì a "pagare" per quello che aveva fatto.
Quando si era fermato ai piedi di quella scalinata, si era finalmente accorto di quanto gli facessero male tutti quei lividi, di quanto, effettivamente, quel ginocchio sporco di sangue fosse la prova di quanto Tacchan fosse spaventoso.
Se quello è un eroe, allora non voglio diventare come lui!
Tremando, non faceva altro che guardarsi intorno con le lacrime agli occhi: non voleva più andare a scuola, e non aveva neanche voglia di sentirsi rimproverare dai suoi genitori quando lui era solo la vittima.
Voleva solo scappare.
Rimase con il viso premuto sulle ginocchia per cercare di smettere di singhiozzare: in quella via, nonostante fosse ancora pomeriggio, non passava nessuno.
Perché nessun passante si era fermato a chiedergli come stava, com'era successo con le altre volte al parco.
Quel posto era così tranquillo da risultare quasi inquietante tanto che, quando cominciò a sentire un rumore di passi avvicinarsi verso di lui, si raggomitolò ancora di più su se stesso, sperando che chiunque fosse lì si allontanasse il prima possibile
«Oh!»
Non ho voglia di essere consolato
«Ehi, piccolo»
La voce e i passi non facevano altro che avvicinarsi, insieme ad una voce abbastanza roca dal tono gentile.
Alzò il viso per qualche secondo, prima di tornare alla posizione di prima: davanti a lui, con un'espressione a metà tra il sorpreso e il preoccupato, c'era un signore anziano con dei folti baffi che lo stava fissando con un sacchetto per la spesa in mano.
Lo sentì borbottare qualcosa su un bambino spaventato a bassa voce, prima di sentirlo parlare di nuovo
«Non aver paura, non ho intenzione di farti del male»
Non rispose, alzando la testa di nuovo verso la persona che si era accucciata alla sua altezza
«uhm... non va bene: sei pieno di lividi e ferite, se i tuoi genitori ti vedessero conciato così sarebbe un bel problema»
Non era come le altre persone, non stava facendo finta: per qualche strano motivo, quel vecchio era sinceramente preoccupato per lui.
Lo vide alzarsi e riprendere il sacchetto della spesa, facendo cenno di seguirlo
«Può sembrare lunga all'infinito, ma sono solo mille gradini!» lo sentì dire ridacchiando: Garou, in tutta risposta, strinse le bretelle dello zaino e deglutì.
«Non riuscirò mai ad arrivare in cima» disse, a bassa voce.
Erano mille scalini, avrebbe fatto meglio a trovare una scusa per svignarsela e tornare a casa, magari cercando di pensare a che scusa usare con i suoi genitori sia per le ferite che per le bugie che la maestra aveva raccontato a loro.
Sì, avrebbe fatto così.
«Beh, se non ci provi non puoi esserne sicuro. E poi, se ci riesce un vecchio come il sottoscritto, non credo ci saranno problemi per un giovanotto come te»
Gli mise una mano tra i capelli, arruffandoglieli in un modo che gli diede abbastanza fastidioso, facendo per incamminarsi a passo lento senza guardarsi indietro, quasi come se fosse sicuro che l'avrebbe seguito.
Ormai era evidente che era stato incastrato, ed aveva anche un ottimo udito, se era riuscito a sentirlo prima.
«Ah, scusa se non te l'ho chiesto prima, ma qual è il tuo nome?»
Sentì ancora una volta quella voce parlargli, questa volta con lo stesso tono di qualcuno che si era appena ricordato di fare una commissione importante.
Esitò per qualche secondo, prima di pronunciare solo «Garou» sottovoce, mentre saliva le scale abbastanza velocemente da arrivare accanto al vecchio che era partito prima di lui
«Io sono Bang, piacere di fare la tua conoscenza! Garou, lo vedi quell'edificio sopra di noi? Quello è il mio dojo, e sarà anche la nostra destinazione»
 
«Vado a prendere il kit di primo soccorso, tu siediti pure dove ti pare» gli era stato detto dal vecchio di nome Bang, mentre spariva in tutta fretta verso l'unica porta che aveva visto tra le quattro mura dell'enorme palestra del dojo in cui erano entrati: Garou cominciò a guardarsi intorno, camminando per la stanza con un'espressione visibilmente curiosa, cercando di capire come mai non ci fosse alcun materiale o qualsiasi cosa utile a quella sorta di "sport" perché, effettivamente, gli era capitato di vedere gente in grado di distruggere tavole di pietra con le mani o con i piedi, e i combattimenti erano belli da vedere nonostante non fosse stato realmente mai interessato ad imparare.
«Adesso è spoglio perché oggi non ci sono gli allenamenti, ma di solito è un posto parecchio affollato»
Il vecchio si era avvicinato a lui con un kit di primo soccorso in mano, invitandolo a sedersi mentre prendeva il disinfettante e un po' di cotone, cominciando a metterlo a contatto con una ferita sul ginocchio sinistro; bruciava così tanto da fargli quasi lacrimare gli occhi e la cura con cui lo stava medicando era tale da sembrare che avesse tanta esperienza con quel tipo di ferite
«Quanti allievi hai?» chiese, mentre vedeva Bang applicargli l'ennesimo cerotto, questa volta all'altezza della fronte.
«Non saprei, non li ho mai contati, ma credo siano più di duecento in tutto» fu la risposta del vecchio, che aveva parlato con un tono pensieroso e con una calma che lo aveva fermato dall'urlare "così tanti?", lasciandolo infine con un'espressione tra il sorpreso e il perplesso «A giudicare dalla tua espressione non sembri credermi, e questo non va bene» lo vide continuare, mentre applicava una benda all'altezza del ginocchio che aveva disinfettato per primo «Con questa abbiamo finito. Vuoi vedere qualcosa di bello?»
Garou cominciò a guardare Bang con interesse, mentre lo vedeva mettersi in posizione: in un attimo, lo vide fare un movimento preciso con le braccia e le mani, così veloce che gli sembrò di vedere dei fasci muoversi insieme ad esse, quasi fosse acqua. Rimase quasi incantato a guardarlo, perché oltre ad esprimere calma, dava l'impressione di essere una tecnica estremamente letale, un flusso d'acqua corrente in grado di rompere qualsiasi cosa
«Questo era il Flowing Water Rock Smashing Fist, una tecnica che ho inventato e migliorato io stesso: pare che sia una tecnica difficile da imparare, dal momento che non c'è stato allievo che sia stato in grado di eseguirla correttamente, ma almeno se vuoi avere nuovi iscritti funziona»
Lo guardò rapito, vedendolo ridacchiare mentre parlava: il nome di quella tecnica era famosissimo, si diceva che colui che l'aveva inventata fosse il maestro d'arti marziali più forte al mondo e che, nonostante avesse centinaia di allievi, la maggior parte finiva per mollare per via degli allenamenti duri.
Quel vecchio era una sorta di leggenda in quel panorama.
«Pare che io sia riuscito ad ottenere l'effetto desiderato anche con te. Se vuoi, la prossima volta puoi tornare con i tuoi genitori: per i bambini sotto i dieci anni c'è uno sconto del 30% su tutte le lezioni»
Ancora incantato da quello che aveva visto in precedenza, l'unica cosa che era riuscito a dire fu un «Va bene» quasi sottovoce, prima d'incamminarsi verso l'uscita di quell'enorme stanza.
 
Spero di rivederti ancora!
Le parole di quel vecchio, per quanto fossero state solo un saluto, gli erano rimaste impresse nella mente per tutto il tempo, insieme a quella tecnica che aveva finito per provare ad imitare per strada mentre correva verso casa: di solito le povere vittime erano dei pali della luce o qualche povero albero che, per propria sfortuna, si erano trovati sulla sua strada, mentre immaginava di farli cadere solo con la forza delle proprie mani.
Quando varcò la soglia di casa, nonostante si aspettasse una strigliata da parte dei propri genitori, la prima cosa che ricevette fu un abbraccio commosso dalla madre e un sorriso sollevato del padre, dopo aver scoperto di essere tornato alle otto di sera e di averli fatti preoccupare così tanto da averlo quasi dato per disperso.
Nei giorni seguenti, Garou riuscì a convincere i suoi genitori a iscriverlo in quel dojo in periferia dove quel vecchio strambo gli aveva mostrato quella tecnica tanto affascinante quanto letale
«Oh, bentornato!»

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Capitolo 3
*** 3- Talent ***


3 – Talent
Al dojo di Bang c'erano persone di praticamente tutte le età: che avessero trent'anni oppure solo dieci, erano tutti lì perché provavano profondo rispetto per il loro maestro. Garou se n'era accorto quando aveva cominciato ad andare le lezioni, scoprendo di essere l'allievo più giovane: erano tutti degli allievi diligenti, sembrava quasi che in pochi si divertissero mentre si allenavano, tutti così seri e precisi.
E più passava il tempo, più sembravano volersi impegnare di più ogni volta che si vedevano; era cominciato tutto quando Bang, due mesi dopo il suo ingresso nel dojo, aveva cominciato a prenderlo di parte per fargli fare degli allenamenti individuali quando gli altri non c'erano: a volte gli capitava di andare via mezz'ora dopo rispetto gli altri, altre di venire ad allenarsi quando non c'era nessuno, senza spiegazioni.
Gli allenamenti individuali, da quello che gli era stato detto, solitamente venivano fatti quando qualcuno era così indietro con il programma da aver bisogno di allenamenti extra: tra l'altro, quando era da solo, a volte veniva un certo Bomb ad osservare i suoi progressi, finendo spesso per discutere con il suo maestro di cose che non era mai riuscito a sentire, nonostante fosse sicuro che parlassero di lui.
«Sono così scarso?» chiese dopo l'ultimo, sfiancante esercizio, a voce tanto alta da riecheggiare tra le quattro mura della palestra: si sedette a gambe incrociate sul pavimento, fissando i due vecchi che, a loro volta, dopo essersi resi conto che qualcuno aveva fatto loro una domanda, stavano ricambiando le sue occhiate frustrate con degli sguardi sorpresi
«Perché devo allenarmi più degli altri? Cosa mi manca rispetto a loro?» chiese di nuovo, non ricevendo alcuna risposta «Devo venire al dojo anche quando non ci sono le lezioni, e non so nemmeno perché»
Vide Bang alzarsi, cominciando a camminare verso di lui
«Tu che dici? Secondo te ti faccio fare gli allenamenti extra perché non sei allo stesso livello degli altri?»
Lo vide sedersi accanto a lui, mentre parlava con il solito tono gentile, sorridendo lievemente, mentre l'altro stava cercando disperatamente di soffocare le risate mettendo le mani davanti alla bocca, cercando di calmarsi in tutti i modi
«Non è per quello che mi alleno più degli altri?»
Garou lo guardò con aria interrogativa.
«Io te lo avevo detto che il ragazzo non avrebbe capito, fratello»
Bomb sospirò, alzandosi a sua volta per andare verso di lui
«Bang ha cominciato a farti fare degli allenamenti extra perché tu sei il moccioso più talentuoso che lui abbia mai allenato» disse, abbassandosi per arruffargli i capelli «Nel giro di due o tre anni potresti ritrovarti allo stesso livello degli adulti che si allenano qui da decine d'anni»
Garou non disse nulla, girandosi verso Bang quasi come a chiedere conferma di ciò che aveva appena sentito dall'altro vecchio
«Quello che ha detto Bomb è vero: hai una capacità d'apprendimento davvero fuori dal comune, ti basta osservare una mossa una sola volta per memorizzarla e riprodurla quasi alla perfezione, gli allenamenti extra servono per farti le ossa e per evitare che il tuo talento non venga "sprecato"»
Il suo maestro parlava con tono tanto serio da quasi spaventarlo, ma aveva più o meno capito qual era il punto di quella conversazione
«In poche parole, potresti essere in grado di imparare la mia tecnica»
 
Più passava il tempo, più diventava bravo nelle arti marziali: all'età di soli dodici anni aveva cominciato ad allenarsi insieme agli adulti, continuando anche la sua sessione di allenamenti extra. Che fossero tornei o sessioni di lotta amichevoli, riusciva ad uscirne quasi sempre vincitore anche contro avversari più forti di lui, tanto che Bang aveva cominciato a fargli fare sessioni d'allenamento insieme, per quanto si rendesse conto che era impossibile anche solo pensare di batterlo; era strano, perché ogni volta che si allenavano insieme trovava sempre un modo per insegnargli qualcosa di nuovo o di ripetergli che aveva bisogno di affinare le proprie tecniche, o non sarebbe mai riuscito a batterlo.
Era anche ironico il fatto che avesse anche cominciato a imparare a percepire le intenzioni del suo nemico con un solo sguardo, senza neanche accorgersene: ogni volta, sembrava di essere ancora come quando si allenava ancora da solo, nonostante fossero passati circa sette anni da quel periodo.
 
Era al primo anno di liceo quando Bang, ufficialmente, disse a tutti i suoi studenti che si era unito ad un gruppo chiamato "Associazione Eroi" da qualche mese, senza però riportare alcun dettaglio della vicenda; da quello che sapeva, quell'organizzazione era stata creata per proteggere l'umanità da varie calamità o esseri misteriosi che la gente comune non poteva affrontare. Nonostante contasse solo un anno d'attività, era così famosa per tutti i successi che aveva raggiunto che tutti si fidavano così ciecamente da affidare le loro vite completamente a chi ci lavorava: gli eroi.
Quella notizia, che invece era stata accolta dagli altri con molta felicità e contentezza, lo aveva infastidito non poco: nonostante non gli avesse fatto nulla, il suo maestro era diventato un'enorme ombra nera, proprio come tutte le persone che odiava tanto
Traditore
Lo stupido show che guardava da bambino gli tornò in mente, insieme a quel gioco ancora più stupido, a Tacchan e altro.
Il ricordo che aveva dimenticato per tanto tempo.

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Capitolo 4
*** 4- Hunting Season ***


4- Hunting Season
Da quando era riuscito a farsi cacciare da Bang dopo aver mandato all'ospedale e fatto scappare chissà quanti altri allievi, Garou aveva cominciato a percepire una scarica d'adrenalina che, in un certo senso, non aveva fatto altro che aumentare ogni volta che il suo "allenamento" individuale dava i suoi frutti: dojo distrutti per sfogare tutta la frustrazione che aveva provato in quell'anno e mezzo in cui era rimasto ad allenarsi solo per poter diventare abbastanza forte da, almeno, credere di poter battere il suo ormai ex maestro, evitare il dojo del fratello del vecchio per non poter incontrare nessuno dei due e, ironicamente, partecipare al suo ultimo torneo con le vesti di un altro partecipante solo per mettersi alla prova e vincere senza alcuna difficoltà, gli aveva dato la consapevolezza che ormai era pronto.
Quello che aveva pianificato da ormai molto tempo era diventato qualcosa di concreto, per il quale avrebbe avuto la possibilità di vincere: odiava così tanto quegli eroi da quattro soldi che, dopo averli ignorati per un po' di tempo, sentiva che quell'organo fatto d'ipocrisia e arroganza andava annientato, perché alla gente sembrava quasi andare bene anche quando intere città venivano quasi spazzate via per l'incompetenza dei loro beniamini.
O semplicemente perché a loro non importava più di tanto di chi doveva essere salvato da loro, mettendo al primo posto la missione: sembrava di essere in quello stupido anime che guardava da bambino, in un mondo dove, qualsiasi cosa sarebbe successo, l'Associazione Eroi avrebbe continuato a ricevere l'appoggio degli idioti che, alla fine, volevano solo qualcuno che li proteggesse dal mondo esterno.
Quella sera era stata l'occasione che stava cercando per poter cominciare ad estirpare quel cancro alla radice: aveva seguito qualche teppista che aveva cominciato a parlare di quanto l'Associazione fosse disperata a chiedere aiuto ad una categoria di persone che lei stessa disprezzava, finendo per arrivare al quartier generale insieme ad una folla composta da carne da macello. Il piano era quello di ascoltare tutto il discorso che aveva da dire il dirigente che era venuto lì per spiegare la situazione, insieme ad alcuni eroi che gli facevano da guardie del corpo, e decidere il da farsi, ma quando si cominciò a parlare di "collaborazione" per via di una profezia che si sarebbe avverata nel giro di sei mesi, e privilegi in cambio che si sarebbero potuti avere decidendo di fare gli "eroi" e altro, il clima divenne più pesante, tanto da creargli un pretesto per intervenire.
Una massa di bifolchi a cui non trovava alcun divertimento nel spaccare loro la faccia, insieme a qualche eroe di classe A che serviva come avvertimento per la sua entrata in scena: a differenza della folla, fare del male a quelle tre guardie del corpo era stato tanto appagante da dargli una scarica d'adrenalina e fargli venire voglia di andare a fare casino facendo il giro di tutto l'edificio per poter incappare, magari, in qualche classe S, ma decise che non sarebbe stato divertente far avverare la profezia in una sera, oltre al fatto che non era ancora abbastanza forte per battere gente del calibro di King o Tatsumaki, preferendo andarsene con il suo spettacolo da debuttante appena concluso.
 
"Mostro umano", "cacciatore di eroi", "un mostro feroce che attacca gli eroi e li lascia andare in fin di vita": il quotidiano ufficiale dell'associazione eroi riportava le sue "gesta" in modo tanto dispregiativo e negativo da farlo quasi ridere, specie dopo tutto quello che era successo nello scontro con Tank Top Master.
Invitavano la gente ad allontanarsi qualora vedessero questo essere misterioso di fattezza umana con tanto di immagine dimostrativa completamente diversa dalla realtà.
Nella prima sera di caccia aveva riportato tante di quelle vittime da farla sembrare una carneficina, e le conseguenze erano arrivate subito.
Dal suo nascondiglio non faceva altro che immaginarsi quale strategia sarebbe andata bene per combatterli uno ad uno, nonostante sapesse poco o nulla su di loro.
Di buono c'era che, al parco della città S, c'era un bambino che possedeva la guida ufficiale agli eroi, con aggiornamenti settimanali e tutte le informazioni che l'Associazione mostrava al pubblico; una sorta di arma a doppio taglio, in un certo senso.
 
Alla fine, il momento era arrivato: non bastava l'arrivo di Demon Cyborg subito dopo la battaglia contro il gruppo di classe A e B, ora erano arrivati pure il vecchio e suo fratello a scontrarsi contro di lui.
Aver sentito la sua voce gli aveva dato così tanto sui nervi da fargli venire voglia di scontrarsi con lui e fargli passare la voglia di usare ancora quel tono quasi compassionevole
«Ne è passato di tempo, Garou»
La cosa che più gli dava fastidio era la consapevolezza che, in quello scontro, nello stato in cui era messo, non ne sarebbe mai uscito vincitore.

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Capitolo 5
*** 5- Unfair + Epilogue: I'm sorry ***


5- Unfair + Epilogue: I'm sorry
Stava andando tutto così bene. Dopo un inizio abbastanza burrascoso, in quella notte aveva ottenuto tutto quello che desiderava: diventare il mostro perfetto, quello che neanche tutti i classe S messi assieme sarebbero stati in grado battere, talmente potente da essere in grado di resistere alla telecinesi di Tatsumaki.
Stava andando tutto così bene, ma evidentemente non bastava.
L'Associazione Eroi aveva tirato fuori la loro arma segreta, un eroe di classe B talmente forte da essere in grado di schivare anche i suoi colpi più potenti: era così ingiusto da sembrare irreale, una sorta di Deus ex Machina vivente che non faceva altro che ripetergli che combattere contro di lui era divertente.
Divertente. Era nel bel mezzo dello scontro che avrebbe determinato le sorti dell'umanità, e lui lo trovava divertente.
Quello stupido eroe pelato, fin da quando si erano incontrati per la prima volta, non aveva fatto altro che prendersi gioco di lui; doveva essere una presa in giro anche il suo essere tanto forte, perché più andava avanti lo scontro, più si rendeva conto di quanto gli stesse dando su nervi, quella situazione.
Il mostro perfetto stava perdendo contro l'eroe perfetto, e quella situazione sembrava così dannatamente uguale ad un episodio della serie di Justice Man da chiedersi se quella era effettivamente la realtà o se fosse intrappolato in un incubo senza fine: i suoi pugni erano talmente potenti che l'unico motivo per cui era riuscito a schivarli era stato il fatto che le sue mosse erano così prevedibili da permettergli di anticiparle.
In poche parole, era solo uno scontro tra tecnica e forza fisica.
«Perché hai deciso di diventare un eroe?»
Una domanda semplice.
«Non lo so. Per me è solo un hobby»
Una risposta altrettanto semplice, ma che gli aveva dato il pretesto per odiarlo ancora di più.
Sto combattendo contro un clown.
 
Faceva strano ritrovarsi di nuovo ai piedi di quella scalinata dopo così tanto tempo: oramai erano passate più di due settimane da quando era uscito sconfitto dallo scontro con quello strano eroe e, tutto sommato, la sua vita era ritornata normale: nei giorni precedenti, appena uscito da scuola, si dirigeva verso alcuni dei dojo che aveva attaccato per chiedere scusa a tutti e, per quanto alcuni dei maestri fossero stati molto calmi ed avessero accettato le sue scuse di buon grado, ce n'erano stati altrettanti che avevano voluto un prezzo da pagare per tutto quello che "l'ex pupillo di Silver Fang" aveva fatto ai loro allievi, finendo per picchiarlo come unica valvola di sfogo con tutta la loro forza.
C'erano momenti in cui tornava a casa messo così male che era quasi contento che sua madre lavorasse fino alla sera tardi, almeno da permettergli di medicarsi e ferite e di nascondere tutto ciò che poteva essere nascosto per non farla preoccupare, nonostante finisse comunque per sembrare un ragazzo sopravvissuto a un pestaggio: un cerotto enorme sulla guancia era stato messo a causa di un regalino del giorno prima da parte dell'ultimo dojo che aveva dovuto visitare prima della sua meta; era strano, perché la prima persona cui avrebbe dovuto chiedere scusa in ginocchio era proprio quella di cui aveva più ansia e paura, soprattutto dopo tutte le conseguenze che la caccia agli eroi aveva portato.
Sospirò, cominciando a salire quell'enorme scalinata quasi ad occhi chiusi, che ci fosse un gradino un po' storto o uno quasi completamente rotto, la sua memoria era così buona da ricordarsi bene anche della posizione in cui si trovavano come se fossero numerati, dato che era una sorta di giochino che aveva fatto sempre quando era piccolo, tanti da non rendersi nemmeno conto di essere arrivato in cima
«Oh, Garou!»
Un tono sorpreso proveniente dalla stessa voce familiare che due settimane prima, insieme al moccioso e all'eroe pelato, lo aveva difeso contro il giudizio di tutti gli altri eroi
«Come mai da queste parti?»
La voce di Bang, quasi mischiata al profumo di cibo che proveniva dalla palestra, gli era sembrata quasi ovattata, nonostante fosse riuscito a sentirla: deglutì, inchinandosi così tanto da aver quasi formato un angolo da novanta gradi
«Vecch... Maestro Bang, sono venuto a chiederle scusa per tutti i problemi che le ho causato»
Un tono di voce alto, l'ansia e quella punta d'imbarazzo che si era ritrovato a provare quando, dopo qualche secondo di silenzio, l'unica risposta che era riuscito a ricevere fu la mano del suo ex maestro che gli arruffava i capelli
«Beh, credo che perdonare sia il compito di ogni maestro, ma ricorda: la prossima volta che lo farai ti ucciderò sul serio»
Avrebbe dovuto aspettarselo, eppure quel tono gentile mentre gli parlava quasi lo costrinse a rialzare il busto, guardando quel vecchio con un'espressione stranita
«Non credo che lo rifarò ancora, ci tengo alla mia pelle» disse, con tono quasi ironico, prima di girarsi al lato opposto e salutandolo con la mano «Ora devo andare, ma uno di questi giorni tornerò a trovarti»
Cominciò a camminare a passo rilassato verso l'inizio della discesa di quella scalinata quando, quasi in lontananza, non si sentì chiamare di nuovo
«Aspetta! Oggi ho comprato delle aragoste per la cena, non dirmi che vuoi lasciare questo povero vecchio da solo!».





L'angolo dell'autrice:
Non riesco a credere di essere riuscita a finita.
Voi non avete idea di quanto sia stato un parto completare questa fanfiction, perché letteralmente ho consegnato tutta questa pappardella all'ultimo secondo, e metà fanfiction è stata scritta gli ultimi due giorni, giusto per farvi capire quanto sono stata tirata.
All'inizio avrebbe dovuto includere parecchio di più, ma sono abbastanza contenta di come sia uscita, quindi spero sia piaciuta anche a voi com'è piaciuta alla giudiciA (che vorrei ringraziare tantissimo per aver creato questo contest sui villains) quando l'ha letta per la prima volta, hahahahah.
Grazie a tutti per aver letto fino a qui!
Un abbraccio,
Angie96

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