Ti Salverò

di Flos Ignis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chiamata urgente ***
Capitolo 2: *** Una vita nelle proprie mani ***
Capitolo 3: *** Un brav'uomo ***
Capitolo 4: *** Un giorno, sicuramente, sarai mia ***



Capitolo 1
*** Chiamata urgente ***



Chiamata urgente





Ospedale Militare San Zaratras



Più che un ospedale quel luogo, che puzzava di disinfettante e pullulava di voci che urlavano frenetiche, sembrava una fortezza. Forse perché era stato ricavato dalle rovine di un castello andato distrutto più di due secoli prima, forse per la presenza equivalente di gente con il camice bianco tipico delle strutture sanitarie e di persone con la divisa militare.

Si trattava di un agglomerato unico nel suo genere, i passi veloci e fluidi di medici e infermieri si mischiavano al suono deciso e marziale dei soldati che andavano e venivano. Non era un'area particolarmente grande, ma per la città di Lionesse, sede della principale forza armata del Regno, si era rivelata indispensabile. Si trovava a due passi dal palazzo reale, posizione strategica per la protezione e la sicurezza di entrambi i luoghi, ma soprattutto monito a non dimenticare mai il passato che aveva portato al loro presente, incoraggiandoli a costruire un futuro migliore.

Il castello della famiglia reale si trovava nel cuore della cittadina, che proprio quella sera avrebbe festeggiato l'anniversario della sua fondazione con una grande festa piena di musiche e danze, giochi di prestigio e intrattenimenti vari, cibi esotici e alcolici provenienti da ogni dove.

Tra i vari entusiasti per quella celebrazione, un uomo dai corti capelli bianchi e una vistosa cicatrice da ustione sul collo avrebbe voluto partecipare, più per poter assaggiare le migliori birre in circolazione che altro. Mentre sedeva in modo scomposto su uno dei divanetti d'attesa dell'ospedale, il soldato albino pensava solamente che invece di trovarsi in quel luogo apatico avrebbe voluto andare ad abbuffarsi fino a scoppiare e poi a ubriacarsi, magari in compagnia del Capitano Meliodas, l'unico membro della loro squadra a reggere i suoi ritmi, nonché suo migliore amico. 

Suo malgrado invece si ritrovava bloccato in quel salottino ospedaliero, in attesa di sapere il motivo per cui era stato convocato con tanta urgenza. Il primario di un reparto che non si era dato pena di ricordare aveva inviato una richiesta ufficiale direttamente al Re, per cui neppure volendo avrebbe potuto infischiarsene e tornare in missione. Il Capitano, conoscendolo meglio di chiunque altro al mondo, lo aveva portato fino alle bianche soglia dell'ospedale letteralmente di peso, ordinandogli con il tono più serio che possedesse, ovvero l'unico a cui nessuno della loro piccola squadra speciale avrebbe mai disobbedito, di “non riportare le chiappe alla soglia del suo bar se non avesse prima risolto quella faccenda, pena l'astinenza forzata dal bere qualsiasi tipo di alcolico fino alla morte”. 

Sì perché, tra una missione speciale e l'altra, affidate direttamente dal re in persona, i soldati d'elite dei Sette Peccati Capitali trovavano riposo e accoglienza al “Boar Hat”, il pub di proprietà del loro Capitano. Ovviamente la sua gestione veniva affidata ad un paio di fidati amici quando dovevano partire, ma se veniva fatto notare a Meliodas quanto fosse strano che un soldato fosse il proprietario di un bar, lui rispondeva semplicemente: -Ma come, non comprendete la bellezza di una bottiglia di birra a qualsiasi ora, sempre a disposizione?-

L'uomo sospirò, sconsolato. Lui sì che lo capiva bene, ma era sicuro ci fosse dell'altro dietro il perenne sorriso del suo amico e Capitano. Era stato lui a fondare la squadra, aveva raccolto sei criminali dagli angoli più sudici di vari regni e li aveva sottratti ad una vita di miseria o alla condanna capitale, prendendoli sotto la sua protezione e supervisione. Tutti loro avevano capacità particolari, indubbiamente utili, ma nessuno aveva un passato immacolato: nonostante fosse una regola non scritta quella di non parlarne mai, tutti loro potevano vedere l'ombra dei loro peccati negli occhi dei propri compagni, compreso Meliodas, il Drago dell'Ira.

-Soldato speciale Ban, la Volpe dell'Avarizia?-

-Era ora che veniste a chiamarmi. Si può sapere cosa volete da meeeee?-

Non si scomodò a togliere i piedi dal tavolino in cristallo, restando comodamente seduto su quei morbidi cuscini color avorio, limitandosi a sollevare lo sguardo. Era quasi un'ora che l'avevano fatto precipitare in quel luogo tutt'altro che ameno, eppure l'avevano fatto attendere lì seduto, senza neppure il permesso di uscire a fare quattro passi o bersi una birra per ingannare il tempo. A quanto pareva, tutti coloro che non erano dottori o non facevano parte del personale ospedaliero dovevano essere accompagnati da un addetto ovunque, per una questione di sicurezza e privacy dei soldati e delle loro famiglie, gli unici pazienti di quel piccolo ma indispensabile reparto.

Il medico che era appena entrato e gli si era rivolto con quel tono gelido strinse le labbra, irritato dal suo comportamento, ma fu svelto a nasconderlo. Questo almeno ad un occhio poco allenato, cosa che il soldato di fronte a lui non era. Nonostante facessero parte dell'unico corpo speciale ai diretti ordini di sua maestà re Bartra, erano in molti a temere od odiare i Peccati Capitali, nonostante le notizie sui loro crimini fossero state secretate. Era normale per lui suscitare sguardi di timore o disprezzo, ormai ci era talmente abituato che non ci badava più. Persino tra gli altri soldati c'era chi non poteva soffrirli, ma questo atteggiamento era probabilmente dovuto ai privilegi di cui godevano. Primo tra tutti, l'esenzione dall'obbligo di portare la divisa.

-La prego di seguirmi, nel mio studio potremo parlare.-

-Potrebbe almeno presentarsi, non crede? Lei sa chi sono, non vedo per quale motivo dovrei seguire uno sconosciuto.-

Ma chi si credeva di essere quello? Voleva uscire da lì il prima possibile, ma non avrebbe mai più permesso a nessuno di trattarlo come una pezza da piedi. Ricordava fin troppo bene come veniva usato e picchiato dalla famiglia che l'aveva preso con sé, piccolo orfano senza nome, al solo scopo di farlo lavorare di giorno e rubare di notte. Il suo corpo di uomo conservava ancora le ustioni che gli avevano scavato la carne quando aveva appena dieci anni, quando il piccolo errore di un istante comportava giorni di lacrime e suppliche. Se non avesse incontrato Zhivago, che l'aveva salvato da una misera morte sul ciglio della strada, probabilmente sarebbe morto di fame e di dolore. Lui gli aveva salvato la vita, gli aveva insegnato a leggere e scrivere, a combattere, ad amare... quando era morto aveva perso quello che per lui era praticamente un padre, l'unica famiglia che aveva ed era caduto, ormai adolescente, in un vortice di autodistruzione da cui solo il suo Capitano era riuscito a tirarlo fuori.

Ricordava troppo della sua infanzia per permettere ancora a qualcuno di mancargli di rispetto, ma per fortuna del dottore aveva imparato da Zhivago e Meliodas cosa fosse la giustizia e alzare le mani contro qualcuno che non aveva le capacità per difendersi non era qualcosa che avrebbe fatto. Non più.

-Sono il Dottor Zeldris. Abbiamo fretta, la paziente per cui è stato fatto chiamare così urgentemente non ha tempo per i suoi capricci, per cui venga con me. Non mi costringa a chiamare mio fratello per farmi ascoltare, sarebbe spiacevole per entrambi.-

-E chi diavolo sarebbe suo fratello?-

-Il Capitano Meliodas.-

-...faccia strada. Meglio se il Capo resta fuori da questa storia. Comunque come fate a essere parenti? Non vi somigliate per nieeeeente.-

-Mai sentito parlare di gemelli eterozigoti?-

Ora che lo osservava meglio, i lineamenti del viso potevano suggerire un legame di sangue, ma i capelli lunghi li nascondevano parzialmente e un tatuaggio sullo zigomo sinistro deformava illusoriamente la forma del volto. 

Sembra la versione scolorita e incazzosa del Capitano...

Smise di fare rimostranze e lo seguì: litigare con quella famiglia portava solo guai, lo aveva imparato a sue spese. E la cicatrice sul suo collo glielo ricordava costantemente.




 

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Capitolo 2
*** Una vita nelle proprie mani ***




Una vita nelle proprie mani





-Si sieda. Ne avrà bisogno.-

Con la ormai conclamata mancanza di gentilezza il medico gli fece quell'invito. Si trovavano ora in una piccola stanza ingombra di cartelle cliniche, tuttavia si poteva notare un certo ordine in quel caos. O forse era solo lui a notarlo, dato che quelle quattro mura sembravano la fotocopia ospedaliera della camera-ufficio della loro conoscenza in comune. Si era sempre chiesto come il suo migliore amico facesse a destreggiarsi tra vestiti e rapporti delle missioni con tanta nonchalance, ma supponeva sarebbe rimasto un mistero per sempre.

-Andrò dritto al punto. In quanto ex criminale lei è stato inserito nell'IBMDR, il registro dei donatori di midollo osseo: la legge consente di farlo senza il consenso della persona stessa, nel caso si tratti di condannati all'ergastolo o alla pena capitale. Nonostante il suo reintegro in società, grazie alla sua affiliazione ad un corpo speciale militare, lei si ritrova ora in questa situazione. Data la rarità di una compatibilità al di fuori del nucleo familiare, e suppongo anche a causa di una certa negligenza da parte del personale competente, non è stato né informato né preventivamente cancellato da questo programma, perciò quando stamane è stata ricoverata una paziente con la necessità urgente di un midollo e lei è stato identificato come donatore compatibile, l'ho fatta chiamare immediatamente tramite una richiesta urgente al re.-

-Ohi ohi, rallenta, mi stai dicendo che dovrei donare ad uno sconosciuto una parte del corpo?-

Il dottore sollevò un sopracciglio, prendendolo in giro con lo sguardo per la sua scelta di parole.

-Detta così sembra un'operazione più cruenta di quanto non sia in pratica: appena finiremo di parlare la accompagnerò a fare un predeposito di sangue autologo, controlleremo il suo stato di salute e se sarà tutto in ordine potrà uscire senza alcuna conseguenza due giorni dopo il trapianto.-

-Ho capito solo la metà di quel che ha detto. L'idea di farmi tagliuzzare continua a non entusiasmarmi. Cosa accadrebbe se mi rifiutassi?-

Ban affondò leggermente nella poltroncina, si mise le mani nelle tasche e allungò le gambe sotto la scrivania del dottore. Tutto nel suo atteggiamento urlava a chiare lettere quanto fosse menefreghista e svogliato nei confronti del compito che gli era piombato addosso tra capo e collo coma una dannata ghigliottina.

Salvare una vita... ma quando mai. Chi vorrebbe ricevere qualcosa da uno come me? Qualcosa di cui non puoi sbarazzarti, dato che farà parte del tuo corpo finché non muori. Che situazione del caaaaazzo.

-Non puoi rifiutarti. Comunque, suona strano sentire un soldato di mio fratello aver paura di essere "tagliuzzato", credevo che voi Peccati Capitali foste tutti dei pazzi come lui.- forse il dottore si accorse di essere andato un po' troppo fuori tema, dato che strinse le labbra e riprese a parlare in tono più professionale. Chissà che tipo di rapporto c'era tra i due fratelli? Ban si ritrovò ad essere abbastanza curioso, ma per qualche motivo tenne per sé quella domanda.

-Non sarà necessario "tagliarla", preleveremo una piccola quantità di midollo tramite agoaspirato in più punti dalle ossa del bacino. Le praticheremo un'anestesia spinale, o totale se preferisce essere totalmente addormentato, che durerà meno di un'ora. Al termine di questa operazione le reinfonderemo il sangue predeposto che tra poco le preleveremo, la terremo sotto osservazione per quarantotto ore come imposto per procedura, dopodiché sarà libero di andare per la sua strada come nulla fosse accaduto.-

Male che poteva andare, sarebbe stato tre settimane senza andare in missione. Ban ci pensò seriamente, anche se era un ordine del re non si sarebbe abbassato a fare una cosa del genere senza esserne convinto in prima persona. Era un tempo considerevole per lui, ma non sarebbe stata la prima volta che restava inattivo tanto a lungo: dato che la loro squadra era composta da individui estremamente dotati, era capitato che venissero mandati separatamente in supporto ad altri plotoni, anche se in quei casi il Capitano tendeva a seguirli personalmente. Proprio in virtù delle loro speciali abilità, non capitavano tutti i giorni missioni tanto pericolose o delicate da richiedere il loro intervento. Sotto quel punto di vista poteva quindi stare relativamente tranquillo... ma restava un problema non indifferente. Gli scocciava notevolmente fare una domanda simile a quel medico beffardo, ma non aveva alternative.

-Al tuo paziente andrà davvero bene? Avere il midollo di un criminale...-

-Avrà salva la vita, il resto è irrilevante. Per di più, si tratta di una ragazzina e anche se non posso rivelarti i dettagli, ha una storia tale che risulta difficile crederla capace di farsi problemi di questa natura.-

-Voglio che sia questa "ragazzina" a dirlo. Se non sarà lei a dare il suo consenso, non vi permetterò di prelevarmi neppure una goccia di sangue. Mi porti da lei.-

-Gli ordini del re...-

-Me ne fotto, avete fatto i vostri comodi senza il mio permesso fin'ora, adesso si fa come dico io. Su, si muova: l'ha detto lei che non c'è molto tempo, mi paaaaare.-


*****


Accompagnato dal dottor Zeldris, la Volpe dell'Avarizia si trovò fuori da una stanza piuttosto isolata, bianca e silenziosa. Il lettino più vicino a loro era vuoto, perfettamente rifatto, mentre nella postazione accanto alla finestra si intravedeva una piccola figura, probabilmente addormentata.

-Le presento colei che necessita del suo aiuto. Ha sedici anni e soffre di leucemia mieloide acuta...-

Il soldato albino ignorò la spiegazione, per lui incomprensibile, che il medico iniziò a sciorinare a gran velocità. Tutta la sua attenzione era per quell'esile figura che riposava serenamente, appena illuminata dalla luce che filtrava dalle tende.

Era talmente piccola e magra che a malapena le avrebbe dato dodici anni, di certo non sedici. I fini capelli biondi incorniciavano come una brillante aureola un volto pallido, le labbra fini e di un rosa eccessivamente chiaro si confondevano con il volto esangue, mentre gli occhi restavano celati dalle palpebre ornate da ciglia chiare come fili d'oro.

Nonostante il caldo di quella giornata, un sottile lenzuolo proteggeva il suo piccolo corpo, lasciando scoperto solo il volto e una piccola mano dalle dita sottili. Una mano di fata che il soldato afferrò nella sua, guidato da un istinto indomabile.

-Come si chiama?-

-Non sono autorizzato...-

-Me lo dica. Voglio parlare con leeeeei.-

Si sfidarono con lo sguardo per qualche secondo, poi il medico moro sbuffò, decretando mentalmente che tutta quella faccenda era un'enorme seccatura e che lui era stato invischiato da quel dannato di suo fratello. Gli mise in conto anche la pazienza che stava esercitando con il suo subordinato, oltre al già notevole debito che il biondo fratello aveva contratto imponendogli di occuparsi di quel caso.

-...Elaine. Il suo nome è Elaine.-


 

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Capitolo 3
*** Un brav'uomo ***



Un brav'uomo




-Come ha fatto ad ammalarsi tanto gravemente, quando lei è così piccola?-

-Come cervavo di spiegarle, questa è una malattia dalle cause ancora parzialmente sconosciute... ma nel suo caso, abbiamo constatato che a indebolire il suo sistema immunitario è stata la prolungata esposizione a una serie di radiazioni. Il suo fisico era già molto provato per una lunga prigionia, ma non sappiamo altro. La ragazza è stata portata in salvo solo ieri, ma la priorità non era certo raccogliere campioni per indagare sul tipo di radiazioni che ha subito.-

Il dottore lo fissò in modo strano, chiedendosi forse quanto avrebbe potuto dire e cosa avrebbe fatto meglio a tacere. A vincere fu probabilmente l'incuranza e il menefreghismo nei confronti delle regole che, Ban lo sapeva meglio di chiunque altro, possedeva anche il suo Capitano. 

Questi due fratelli sono più simili di quanto si possa intuire ad una prima occhiata...

-Non abbiamo la possibilità di tornare a controllare, dato che ora il posto è stato fatto saltare in aria. Da due dei tuoi colleghi, per essere precisi.-

Ban aggrottò le sopracciglia, confuso. I suoi colleghi? Non era stato informato sui dettagli, ma il Capitano e Harlequinn l'Orso dell'Accidia, chiamato affettuosamente King, erano spariti per alcuni giorni diretti verso una meta sconosciuta. Avevano fatto un fracasso infernale quando erano rientrati la notte precedente! Quando si era svegliato Meliodas lo aveva afferrato per il colletto e portato di corsa di fronte al San Zaratras, per cui non aveva neppure fatto in tempo a chiedere dettagli o a dare il suo personale bentornato a King, consistente di una manata in testa e una gara a chi beveva più birre, offerte poi dal perdente.

-Quindi è stato il Caaaaapo a salvarla. Ehi, signorina, svegliati.-

Le strinse la mano delicatamente: nonostante i suoi modi rozzi non avrebbe mai scosso o maltrattato una ragazzina malata. Aveva imparato l'onore da suo padre, e la giustizia dal suo Capitano. Per il rispetto che portava a entrambi, non sarebbe mai tornato l'uomo che era stato...

-La signorina è sotto sedativi, le ci vorrà almeno un'altra ora prima che si svegli.-

-Vorrà dire che aspetterò qua.-

-Gli ordini del re...-

-Come ho già deeeeetto, non mi farò prelevare nemmeno una goccia di sangue se lei stessa non acconsentirà. Si vada pure a fare un giro, che qua ci penso io.-

Il dottor Zeldris avrebbe tanto voluto ribattere, era evidente, ma poi parve giungere ad una conclusione soddisfacente. Il soldato sapeva che a breve ne sarebbe stato informato visto il sorrisetto condiscendente che gli lanciò, perciò si mise comodo, pronto ad ascoltare la replica e a pazientare il risveglio di quella vita che avrebbe potuto salvare.

-Faccia come crede, in ogni caso Meliodas non tornerà a prenderla finchè io stesso non lo farò chiamare e lei non è libero di girovagare per la struttura. In sintesi, è bloccato qui. Chiacchieri pure con la mia paziente se la fa sentire meglio, ma lei farà quel prelievo e in seguito il trapianto. Verrò personalmente a prenderla e la seguirò passo passo fino alle sue dimissioni. Diventerò la sua ombra.-

Ban non era uno che si impressionava facilmente, e per sua fortuna. Il ghigno minaccioso sul volto del medico era piuttosto credibile e gli donava terribilmente; era davvero un dottore quel tipo?

Se lui fosse stata una persona meno temprata, avrebbe tremato di fronte a quella minaccia.

Per tua sfortuna, bello mio, io sono di un'altra pasta...




Come preventivato dal medico, ci volle un'ora abbondante prima che la macchina cui era attaccata quella ragazzina iniziasse a mostrare i segni di un prossimo risveglio.

Prima ancora di aprire gli occhi, le mani si erano posate davanti al volto in un istintivo gesto di protezione, ed il respiro aveva accelerato il suo ritmo. Ban era un esperto in materia di incubi, sapeva riconoscerne al volo i sintomi e lei li stava manifestando tutti.

-Dove...sono?-

-Ehi, ciao ragazzina. Non è il posto migliore per fare conoscenza questo, vero?-

Lei sussultò alla sua voce, come se non si fosse accorta di non essere sola. Probabilmente nemmeno si era resa conto di dove fosse, visto che era stata la prima cosa che aveva chiesto... La sua brutta abitudine di ascoltare con un orecchio solo era dura a morire e non se ne era mai fatto un cruccio, ma in quel momento Ban se ne rammaricò un po'.

-Siamo in un ospedale. Il San Zaratras, della città di Liones, anche se non so se lo conosci. Sei al sicuro qui, il posto è leggermente noioso, ma in qualche modo si trova sempre il modo per passare il tempo!-

-Tu chi sei?-

In quel momento, per la prima volta, lei sembrò rilassarsi leggermente, abbassando le braccia che le avevano coperto il volto. Lei aprì gli occhi, e Ban sentì un sorriso dolce aprirglisi in faccia. Non era solito lasciarsi andare alla dolcezza, ma quelle polle dorate fisse su di lui gli smuovevano qualcosa in quell'organo avvizzito nel suo petto.

Gli occhi di quella ragazzina erano ancora un po' spaventati, ma la curiosità probabilmente aveva avuto la meglio. Ora lo fissava, in atttesa di una risposta... e forse di una rassicurazione, perchè vedeva ancora i suoi muscoli tesi, come se stesse per scappare.

-Mi chiamo Ban. Sono un soldato dei Sette Peccati Capitali, piacere di conoscerti! Vuoi dirmi il tuo nome?-

Anche se gli era stato confidato da un riluttante dottor Zeldris, ciò che davvero voleva era che la ragazzina si fidasse di lui. Senza quel primo passo, non c'era verso che si potesse arrivare dove sperava... alla salvezza di...

-...Elaine.-

Lui la gurdò, estremamente sorpreso che si fosse fidata così in fretta di lui.

-Il mio nome è Elaine, è un piacere fare la tua conoscenza- lo disse sorridendo dolcemente, ogni traccia di diffidenza sparita e, nonostante i lividi e la debolezza, si alzò a sedere per porgergli la mano. 

Quando la prese tra le sue, più grandi e forti, vi posò galantemente un bacio facendola arrossire lievemente.

-So che non è un argomento di conversazione adatto al primo incontro, ma temo che se rimandassimo troppo quell'orribile medico tornerà a pretendere le sue assurdità.-

Nei termini più delicati che conoscesse, le riassunse la sua conversazione con il primario sulle sue condizione e sul proprio ruolo nella vicenda.

-Perciò, Elaine, sembra proprio che tu abbia bisogno del mio midollo osseo. Ma ti ho spiegato che io sono un criminale... reintegrato, ma tale resterò per sempre. Dovresti convivere per sempre con qualcosa di marcio come lo sono io. Se tu decidessi di non volerlo non mi importa cosa potrebbero farmi, non lascerò che mi prelevino nulla. Sta a te decidere.-

-Tu sei un uomo strano, Ban. E anche un po' stupido.-

Di tutte le reazione che aveva previsto, quella proprio non se l'aspettava. Perchè lo stava fissando come se fosse un cretino? D'improvviso si sentì tornare bambino, a quando Zhivago gli spiegava perchè rubare era sbagliato, e poi a qualche anno prima, quando il suo capitano lo aveva rimproverato per la noncuranza che aveva avuto della sua vita e dei suoi talenti. Le uniche persone per cui provava un sincero rispetto, ironicamente, erano le uniche che lo avevano mai rimproverato per la sua condotta autodistruttiva. Si era anche beccato diversi pugni da entrambi, ma era stato diverso rispetto alle botte crudeli che aveva ricevuto da bambino.

Perchè poi suo padre gli arruffava i capelli con un sorriso, dicendogli che aveva fiducia in lui e nell'uomo che poteva diventare, perchè era il suo bambino e gli voleva bene.

Perchè poi il suo migliore amico gli offriva una birra e un sorriso gigantesco, dicendogli che poteva contare su di lui per qualunque suo problema, che non li avrebbe più affrontati da solo e che se avesse cercato di superare nuovamente il limite lui l'avrebbe riportato in riga a calci se necessario.

Il modo in cui lei lo guardava era lo stesso. Come qualcuno che teneva a lui e che disapprovava il suo comportamento.

-Ma, Elaine...-

-Tu non sei marcio. Lo dimostra quello che hai appena affermato, per quanto stupido. Non mi conosci, eppure hai messo la mia volontà sopra ogni cosa, anche se questo potrebbe costarti caro. Non sono stupida, lo so che disubbidire ad un ordine del re comporta gravi conseguenze e tu sei pronto ad affrontarle per il benessere di una sconosciuta. Sei una persona straordinaria, non dovresti sottovalutare te stesso così tanto. Se tu volessi aiutarmi e donarmi il tuo midollo per permettermi di guarire, per me sarebbe solo motivo d'orgoglio. Perchè potrei affermare di essere stata salvata da un brav'uomo.-

Lo guardò con quelle sue sfere dorate, splendenti come il sole e dolci come il miele, definendolo un brav'uomo. Lui. Che portava il segno del suo peccato inciso nella carne e anche più a fondo, nel sangue e nelle ossa, fino a quel midollo che, a quanto pareva ...

-Chissà che fine ha fatto quel dottore da strapazzo... prima di iniziare devo farmi prelevare del saaaaangue.-

... avrebbe salvato una vita.




 

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Capitolo 4
*** Un giorno, sicuramente, sarai mia ***




Un giorno, sicuramente, sarai mia





I giorni successivi erano stati pieni di esami, camici bianchi e momenti di infinita noia.

Tra un esame e l'altro, Ban aveva passato tutto il tempo possibile a chiacchierare con la sua nuova, improbabile amica, che si era rivelata ancora più interessante di quanto non gli fosse sembrata durante quel loro primo incontro.

Gli aveva confermato di avere un fratello, Harlequinn - eccheccazzo, allora tu sei davvero la sorellina di King! Certo che non vi somigliate proprio per niente... -, ma che lui se n'era andato di casa, un giorno come un altro, senza darle alcuna spiegazione. Era venuta a conoscenza del suo arruolamento nei Sette Peccati Capitali solo recentemente, e quello in apparenza era il motivo per cui era stata rapita.

Quando gli aveva raccontato confusamente di quei giorni pieni di nebbia e dolore, droghe e allucinazioni, Ban aveva seriamente rischiato di compiere una strage. A trattenerlo era stata solo la piccola mano di lei, aggrappata alla manica della sua giacca come ad un'ancora di salvezza, e l'espressione terrorizzata dei suoi occhi.

Non sapeva neppure lei cosa le avessero fatto, per cui aveva chiesto spiegazioni al dottor Zeldris, che pur di levarselo dai piedi gli aveva concesso una spiegazione sommaria.

A quanto pareva lei era stata mentalmente indebolita da alcune droghe per farle rivelare alcuni segreti di cui i banditi suoi rapitori erano convinti lei fosse a conoscenza, presumibilmente informazioni sul fratello. Non avevano avuto fortuna, dato che King non aveva dato sue notizie ad Elaine per quasi due anni, il periodo di tempo in cui era stato arruolato.

Ban si era domandato cosa diavolo fosse successo al suo smilzo amico per farlo allontanare in quel modo dalla sua famiglia: lui che ne aveva una, avrebbe dovuto tenersela stretta...

Ricacciò l'amaro in bocca. Non era la sua storia quella, non era la sua famiglia ad essere in gioco. Si stampò il migliore dei suoi sorrisi in volto, prima di entrare nella stanza decontaminante.




Una volta che erano stati sicuri del consenso di entrambi gli interessati, i medici avevano immediatamente iniziato il procedimento per preparare la loro paziente a sopportare un trapianto. Lui doveva semplicemente starsene buono e tranquillo e farsi fare un piccolo prelievo giornaliero, ma per lei la situazione era ovviamente più complessa.

Aveva subito un bombardamento radioattivo che le aveva azzerato completamente le difese immunitarie, eliminando ogni traccia del suo midollo dall'organismo. Era una fase indispensabile, se volevano evitare qualsiasi tipo di reazione di rigetto nei confronti del nuovo midollo che le avrebbero trapiantato.

Ban non era stupido, sapeva che dietro le rassicurazioni del medico - rivolte esclusivamente alla ragazzina, mica a lui: si evitavano il più possibile, era evidente quanto si stessero sull'anima a vicenda - esisteva una concreta possibilità di fallimento.

Ma a quello... no, non voleva pensarci. Era inutile farlo, perchè il Fato non dipendeva da nessun fattore influenzabile. Loro stavano facendo tutto il possibile, il resto sarebbe venuto da sè.

Una volta che gli fu concesso di entrare nella stanza asettica in cui riposava la sua piccola amica, Ban sospirò mentalmente. Si era affezionato a lei, dire di non temere qualche risvolto negativo equivaleva a mentire spudoratamente e lui era tante cose, ma un bugiardo sicuramente no.

-Ban! Sono felice di rivederti!- in quella stanza bianca, l'oro dei suoi capelli e il miele nei suoi occhi erano gli unici luoghi in cui si potesse scorgere un po' di vitalità. Specialmente quando lei sorrideva in quel modo solo per il semplice piacere di vederlo arrivare a farle compagnia.

-Ciao Elaine. Pronta per l'operazione?-

-Non credo che si possa essere pronti o meno. Ormai è ora, tutto qui.-

-Mi hanno concesso mezz'ora, poi mi tocca andare a prepararmi. Sia mai che io faccia aspettare una così splendida dama!-

Lei rise leggermente, noncurante della fatica che le costava un gesto così semplice. Era come ascoltare le vibrazioni di un fragile cristallo, stupendo e struggente.

-No, non lo faresti mai, hai ragione! Temo però che tu abbia fatto aspettare tutte le dame del festival di cui mi hai parlato.-

-Se ne faranno una ragione, sono sicuro che il mio Capitano si sarà egregiamente occupato anche della mia parte di donzelle!-

Di nuovo risero insieme come vecchi amici, ignoranto il ticchettio dell'orologio che segnava l'avvicinarsi, di secondo in secondo, di un pericoloso ed inevitabile evento.

-Ban, come ti hanno convinto a entrare qui all'ospedale?-

-In che senso?-

-Mi hai raccontato della conversazione che hai avuto con il dottore appena sei entrato qui in ospedale, ma come ti hanno convinto a venire qui? Mi hai raccontato che hai un pessimo rapporto con questi posti...-

-Non mi piace ricordare il ricovero di mio padre in effetti, ma non potevo fare altrimenti. Re Bartra ha ordinato al Capitano di farmi venire qui, perciò immagino di non aver avuto scelta.-

Inaspettatamente, lei fece un piccolo sbuffo divertito, come se avesse apena ascoltato un'enorme sciocchezza.

-Non trattarmi come una sciocca, Ban: hai voluto parlarmi in primo luogo per sapere se obbedire o meno all'ordine del re, avresti potuto benissimo ignorare l'ordine a monte.-

-Beh, suppongo di sì, ma se l'avessi fatto il Caaaaapo mi avrebbe tagliato le scorte di alcool. E quando lui minaccia, mantiene seeeeempre le promesse. E giusto per essere sicuro che non sarei scappato, mi ha trascinato fino alla porta dell'ospedale di peso.-

-Quindi sei venuto qui per poter bere liberamente...-

-Suppongo tu possa vederla così.-

-...mi sarebbe piaciuto che il motivo per cui sei venuto fosse per conoscere me... per salvarmi e portarmi con te.-

Lui guardò le sue guance rosse di vergona, le labbra fini che si stava mordendo leggermente, gli occhi serrati con forza per nascondere il suo turbamento interiore dovuto alla sua confessione.

E Ban mandò al diavolo il buon senso che l'aveva fatto restare al suo posto negli ultimi giorni.

-Se è questo che vuoi, si può rimediaaaaare.-

Lei riaprì di scatto gli occhi, sentendo le labbra di Ban premere sulle sue con decisione, ma senza farle male, attente a non farle fare alcuno sforzo.

Certo, ad eccezione del cuore, che era partito in quarta a fare gli straordinari.

Si allontanò di qualche centimetro dopo pochi secondi, per farle il suo migliore sorriso sghembo, al quale lei rispose con uno scintillio adorante negli occhi luminosi come il sole.

-Ban, perchè...?-

-Perchè tutto questo ti dia un motivo per superare le difficoltà che ti aspettano. Perchè un giorno, sicuramente, sarai mia.-*




Non si erano detti altro. Poco dopo era entrata un'infermiera, una certa Margaret, per prendersi cura di Elaine e lui era stato allontanato controvoglia dalla sua ragazzina, diventata talmente rossa da poter far invidia al fuoco.

Si rividero solo due ore dopo, stesi su due barelle che viaggiavano in contemporanea in direzione della sala operatoria. Girati l'uno verso l'altra, Ban cercava di rassicurare con lo sguardo quello spaurito della ragazza, la quale stava ignorando completamente le parole dell'infermiera che si era occupata di lei in quei giorni.

Intorno a loro gli ultimi preparativi erano in corso, una febbrile attesa rendeva l'aria elettrica, ma i due protagonisti assoluti di quell'evento prestavano attenzione solo all'altro.

-Elaine, andrà tutto bene.-

-Ban, dimmelo un'altra volta...che sarò tua. Per favore...-

Non lo aveva confessato esplicitamente, ma era chiaro come il sole che avesse paura di non rivederlo mai più una volta che l'operazione si fosse conclusa.

In quel momento Margaret le fece un'inizione per darle l'anestesia, mentre un'altra infermiera la faceva respirare da una mascherina dicendole di contare alla rovescia da dieci.

Si affrettò a risponderle, sapendo per certo che l'ossigeno avrebbe accelerato l'effetto dell'anestesia dacendola addormentare nel giro di pochi secondi.

-Ma certo, Elaine... Un giorno, sicuramente, tu sarai...-

La mano che aveva cercato di afferrare cadde fuori dal lettino su cui era appoggiata, gli occhi si erano chiusi contro la volontà della loro proprietaria e in quel momento furono tutti pronti per far addormentare anche lui.

Alla fine aveva optato per un'anestesia totale, ma non per paura del dolore: voleva solo essere addormentato insieme alla sua piccola Elaine, nella pur sciocca speranza che potesse tenerle compagnia anceh nell'incoscienza.

Prima che addormentassero anche lui, replicò con un filo di triste ironia.

-Potevi almeno farmi finire la frase...-






*Non credo ci sia bisogno di precisarlo, ma questa è la frase cardine nella storia di Ban ed Elaine, perciò ho voluto usarla anche in questa mini-long.


Note:

E voi direte: ma è questa la fine?

E io vi rispondo: sì... e no.

Prima ancora di avere in mente la storia, avevo scelto esattaemnte questo finale. Per cui sì, QUESTA storia finisce qui, proprio così.

Ma siccome ho altro da dire ho intenzione di renderla una serie, in cui i protagonisti saranno altri Peccati Capitali, e nei quali si verrà a sapere ache come sarà andata a finire questa vicenda.

Non so quando le scriverò, ma per ora posso dirvi GRAZIE di essere arrivati fin qui, di aver letto fino in fondo questo piccolo omaggio ad una delle coppie in assoluto più belle non solo di questo manga, ma di tutta la storia dei manga a mio modesto parere.

Spero davvero di avermi emozionato, almeno un po'.

Non so quando deciderò di pubblicare il seguito, tenete d'occhio la mia pagina se vi va di scoprirlo! Fino ad allora...

Kisu, con tanto affetto <3

Flos Ignis




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