Non è morto ciò che può attendere in eterno

di WhiteRaven_sSR
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Livin' la vida loca ***
Capitolo 2: *** Stubborn vs passionate ***



Capitolo 1
*** Livin' la vida loca ***


cap1
 So poco della notte
ma la notte sembra sapere di me,
e in più, mi cura come se mi amasse,
mi copre la coscienza con le sue stelle.
Forse la notte è la vita e il sole la morte.
Forse la notte è niente
e le congetture sopra di lei niente
e gli esseri che la vivono niente.”
Alejandra Pizarnik

Madrid, 2017

L'estate iniziava ormai a inoltrarsi e scemare, per lasciare spazio pian piano a quel clima temperato che sarebbe subentrato nelle settimane successive. Non che per la capitale spagnola la cosa rappresentasse un problema, poiché per tutto il mese di settembre, nessuno le avrebbe tolto la media stagionale di 25-30°C con quel caldo ventilato, qualche pioggia di tanto in tanto e delle mattinate con una sottile brezza, benché non vi fosse alcuna traccia di acqua come invece potrebbe considerarsi normale nelle zone marittime.
A differenza di Londra, con il suo Big Ben, Parigi e la sua maestosa Tour Eiffel, Berlino, quasi sormontata dalla Porta di Brandeburgo o anche solo Roma stereotipata nel suo famoso anfiteatro, il Colosseo, se si dovesse pensare a Madrid, probabilmente non verrebbe subito in mente nessun particolare monumento di norma disegnato sulle cartoline o spedito come augurio di buon viaggio per coloro che si recano nella città per la prima volta. Forse verrebbe in mente un toro, la Corrida, e perché no, una bella bottiglia di Sangria dal color rosso rubino. O il Museo del Prado. Nessuna persona comune penserebbe al Giardino Botanico Reale, al Palazzo Reale anche chiamato Palazzo d'Oriente, il Museo della Regina Sofia, molto più contemporaneo, o semplicemente Plaza Mayor, famosa per il suo antico mercato e i numerosi incendi subiti. Così come a nessuno verrebbe in mente il “Vida Loca”, locale notturno situato nel quartiere di Chueca, a nord della città vecchia, non troppo distante dal caos della Gran Via.
Un locale semplice nella sua sregolatezza, dalle linee moderne ricercate nel ricreare uno stile Art Nouveau, misto al contemporaneo nel corridoio d'ingresso, con le pareti in piccole tessere disordinate di vetro colorato attaccato assieme a formare un guazzabuglio di colori e luci, illuminate dai faretti stroboscopici appena superata la soglia. Un solo bodyguard all'ingresso a cui presentare il biglietto regolare acquistato chissà dove o semplicemente fuori da qualche distributore ambulante assunto appositamente dal locale a fare pubblicità, intento a controllare che la fila venisse rispettata e nessuno scoppiasse in inutili risse o problematiche di sorta, specie tra le ragazze intente a sfidarsi una con l'altra con gli sguardi e frasi poco carine su chi presentasse un abbigliamento migliore. O anche il fisico, le unghie, rigorosamente finte, i capelli gonfiati per la maggior parte da extension artificiali, quel trucco pesante che misto all'auto abbronzante le avrebbe potute far somigliare più a delle parenti del semaforo all'angolo, piuttosto che a persone vere. Non che negli ultimi tempi i ragazzi fossero da meno. Capelli rasati ai lati e impomatati di gel sul ciuffo, fissati perché non si muovessero mentre si scatenavano in pista, giacca elegante abbinata a dei jeans stinti con il risvolto alla caviglia, che Dio solo sa quanto avrebbero sofferto di reumatismi con l'avanzare dell'età. E litri di profumo, quello lo avrebbe percepito anche un idiota con il raffreddore. Maschili, femminili, speziati, fruttati, dalle note dolci o decise. Di diverse marche o fatture, poco importava: quando lo scopo era cercare di attirare un partner, fosse esso stabile o l'avventura di una notte, il profumo giocava un ruolo importante nel tutto.
Tutti tirati a lucido per la serata, tra tubini coprenti a malapena il sedere abbinati a un tacco dodici e tuxedo che manco si fossero dovuti presentare a un matrimonio imminente, tutti perfettamente eleganti, eccetto lui.
Bryan Fitzpatrick: perché già il cognome non era abbastanza singolare, pure quella “y” di troppo doveva mettercisi. Un metro e settantacinque per qualche chilo “di troppo poco” per raggiungere il peso forma e una zazzera piena di capelli bruno-rossiccio a indicare le proprie origini irlandesi, intento per lo più a guardarsi attorno, fotografando con la propria Reflex ogni singolo dettaglio del locale o delle persone. Un tipo ordinario, un turista qualsiasi all'apparenza, non si poteva certo dire che spiccasse per la bellezza o bruttezza, ma a vederlo sembrava solo un idiota con una fotocamera intento ad entrare in uno dei locali più trendy della città per lavorare al proprio blog, piuttosto che divertirsi. Vestito si con jeans come la maggior parte degli adolescenti, scuri giusto per staccare, e una semplice t-shirt volutamente stinta in alcuni punti per dargli un effetto etnico, color azzurro scuro, non pareva tuttavia ci avesse messo particolare impegno. Perfino i capelli sbarazzini andavano per conto loro, come si fosse appena alzato dal letto e fosse uscito di casa senza pettinarsi.
Se fosse lì per lavoro o per vero turismo, non si sarebbe potuto dire a un primo sguardo, munito di biglietto come tutti gli altri, intento a fare la fila nel tentativo di accedere al locale, un sorriso semplice e naturale stampato in volto.
Come al solito una volta giunto il proprio turno, il gorilla all'ingresso gli chiese un documento. Come biasimarlo dal momento che a vederlo così, con quel visetto sbarbato e dai tratti delicati, ancora gli capitava di essere scambiato per un diciassettenne. Otto anni in più di norma dovrebbero fare la differenza. Non per lui.
Dimostrata la propria età, venne fatto accedere al locale, stabilito su due piani, con l'accesso a quello inferiore, la musica alta a sufficienza da dover urlare per sentirsi, se solo fosse stato accompagnato da qualcuno. Ai lati dell'enorme sala da ballo, erano stati posti tavolini e divanetti in tessuto scuro, un simil velluto per richiamare l'atmosfera tetra ed elegante allo stesso tempo, mentre sul fondo un piccolo palco affiancato per la serata da due gabbie in metallo sufficientemente grandi da contenere una persona, si elevavano poco al di sopra della folla. Sia il piccolo palco, sia le gabbie erano riempiti da ballerini e ballerine del locale, forse qualcuno anche come spogliarellista, sebbene il locale cambiasse spesso in base al tema della serata. A quanto aveva capito Bryan, quella serata non avrebbe avuto un tema in particolare, sapeva solo che ci sarebbe stato un piccolo spettacolo con le gabbie e non avendone mai visti prima di così singolari, aveva deciso di fare un salto sul posto per scoprire con i propri occhi di cosa si trattasse.
Per lo più l'inizio serata sembrava promettere bene. Attorno a sé, infatti, ragazze e ragazzi si muovevano per ballare o spostarsi alla ricerca di una nuova vittima o di un drink da recuperare alla destra della pista, non distante dal palco. Gli occhi nocciola del ragazzo passavano dalla realtà all'obiettivo della macchina, le dita intente a scattare l'ennesima foto, per poi tornare a rilassarsi senza tuttavia distaccarsi troppo dal pulsante di scatto, come se l'indice fosse sempre pronto a seguire l'ordine dell'occhio, una volta trovato il giusto soggetto. A volte la giusta prospettiva gli si presentava così in fretta che doveva essere rapido a scattare. Un gesto, un sorriso, una luce speciale pronta a illuminare un volto o dei particolari dell'espressione, qualsiasi cosa gli sarebbe andata bene se fosse rientrata nei propri canoni di bellezza e proporzione.
La musica aiutava solo maggiormente a fondere il tutto in un connubio perfetto ed equilibrato.
Mentre tutti ballavano e si divertivano, lui si divertì a modo proprio a scattare diverse foto, ritraendo ben bene il fisico dei ballerini per cui, diciamocelo, aveva una predilezione particolare. Fisico da urlo, perfettamente curati e in ordine, spesso con vestiti succinti o provocanti. Chiunque gli sarebbe caduto ai piedi.
Non si rese conto del tempo finchè la gola non iniziò a chiedere pietà, urlando di essere idratata neanche si fosse trattato del deserto del Sahara. Si diresse quindi verso il bancone, coprendo l'obiettivo con una mano per paura di finire addosso a qualcuno, proteggendo la macchina da eventuali urti.
Si accorse ben presto che l'intero bancone era stato decorato con luci led lungo tutta la sua estensione, verso l'esterno, in modo che i clienti potessero apprezzarlo. Luci bianche, fredde, come se quel colore tanto luminoso potesse dare l'impressione di potersi amalgamare con il ghiaccio nei drink e rinfrescare quel clima sin troppo torrido, ora che all'interno del locale le persone tendevano a stare a stretto contatto una con l'altra.
Due ragazze al bancone sembravano intente a baciarsi, ma la cosa non lo sorprese. Chueca infatti era un quartiere famoso per i locali LGBT friendly, dove dieci anni prima si era svolto anche un famoso Pride europeo. Non che il ragazzo lo avesse scelto per caso.
Cosa ti porto, dolcezza?” chiese il barista, un ragazzo giovane e avvenente dalla muscolatura scolpita e diversi tatuaggi, oltre a un trucco sobrio sugli occhi.
Qualcosa di fresco, scegli tu per me” rispose Bryan, sorridendo con gentilezza.
Rimase a osservare prima il barista, poi attorno a sé fin quando non venne servito, lasciandosi poi sussurrare senza troppe remore dall'altro un invito a tornare al bar, con palese malizia in sottofondo.
Per uno come lui, abituato a quei paesi di provincia in cui la città più grande conta qualche decina di migliaia di abitanti, trovarsi in una città così grande, era stato un po' spiazzante, all'inizio. Si trovava lì da un paio di mesi e non poteva certo dire di essere passato inosservato, ma di per sé non si riteneva certo un modello da palestra quotidiana. Fisico asciutto e visetto dolce avevano fatto il loro lavoro e si poteva dire che non fosse esattamente un santo, ma nemmeno il tipo di persona capace di uscire tutti i giorni alla ricerca di divertimento. Poche esperienze, ma tranquille, nulla di eccessivo e soprattutto nulla che avesse a che fare con il proprio posto di lavoro.
Aveva trovato un buon posto come aiuto cuoco in uno dei locali del centro, volendo iniziare a far carriera anche al di fuori del proprio paese, girando il mondo alla ricerca di esperienze sempre nuove da cui poter imparare. Se la fotografia era il proprio hobby preferito, cucinare per vivere era il proprio sogno.
Avances del barista a parte, dopo averlo ringraziato portò il bicchiere alle labbra, constatando ben presto che il liquido aranciato al suo interno doveva essere composto da frutta fresca con un bel po' di ananas come base. Sicuramente anche pesche e qualche fragola e vodka, vodka a non finire.
Sorseggiò qualche istante la bevanda, rimanendo a guardarsi attorno con noncuranza finchè non si accorse di ciò che stava accadendo presso uno dei divanetti più vicini. Un ragazzo dai capelli scuri sembrava intento a flirtare con una giovane donna bionda, stringendola a sé sul fianco, come farebbe chiunque ricercasse un contatto stretto con qualcuno, nulla di forzato.
Lei sembrava a suo agio e del tutto consenziente, non fu tanto quello ad agitarlo, quanto l'insistenza del ragazzo nel volerla mordicchiare tra il collo e la spalla, decidendosi infine a conficcarle i denti nella carne, da cui sembravano trarre entrambi diverso godimento. Diamine, l'ennesima coppia fissata con Twilight!
Sebbene Bryan ne fosse esasperato, qualche scatto non glie lo avrebbe negato nessuno. Non che non sopportasse solo quell'opera in sé, ma per l'idea generale che la gente si metteva in testa dopo quei film fantasy, ormai sempre più di moda al cinema. Vampiri, lupi mannari, demoni, angeli. Mancava solo il pazzo convinto di essere un supereroe della Marvel che andasse in giro in calzamaglia e poi le aveva viste tutte! Per modo di dire, ma se non dal vivo, internet forniva una buona realtà delle cose, non solo per i cosplayer eccessivi.
Diciamocelo, anche lui era un nerd appassionato di certe cose, finchè si trattava di giochi innocenti che finita la sessione tornavano a stare nel cassetto fino alla settimana successiva, con seguito della storia, master a narrare l'ennesima avventura epica e amici muniti di patatine e pop corn con cui divertirsi per quelle poche ore. Ma il giorno dopo sarebbero tornati tutti alla realtà e alla prima lamentela inerente a storia, personaggi, sistema di gioco e quant'altro, lui sarebbe stato il primo a gettare la spugna, non avendo tempo da perdere in simili cavolate, quando aveva un lavoro a cui pensare.
Insomma, il gioco è bello finchè dura poco, e quando la cosa iniziava a degenerare portando la gente a litigare per un gioco fantasioso che dovrebbe invece aiutare a staccare la testa dalla vita esasperante di tutti i giorni, lui era il primo a stufarsi e ad andarsene da qualsiasi gruppo.
Lo stress in cucina era già abbastanza alto, se avesse dovuto badare anche a simili piccolezze, o sarebbe impazzito, o avrebbe iniziato a fare vittime alla mo di serial killer. Già vedeva i titoli sarcastici sul giornale: “Giovane ragazzo assassina gli amici per l'esasperazione. - Vivevano nel mondo delle favole, qualcuno avrebbe dovuto svegliarli! - le sue parole.”
Ridacchiò da solo a pensarci. Non sarebbe mai stato in grado di farlo, ovviamente, sin troppo paziente e a tratti ingenuo.
Tuttavia no, non fu nemmeno quello il particolare che quasi lo fece strozzare con il drink, bensì lo sguardo del ragazzo intento ad “assalire” quella malcapitata vittima consenziente, che sembrò voltarsi a guardarlo quando Bryan si mise a ridere da dietro l'obiettivo. Come, con tutta quella musica alta non era ben chiaro, ma pareva essersi proprio accorto della sua risata.
Doveva esserselo inventato. Così come doveva essersi inventato quegli occhi luminosi attorniati da un alone strano tutt'attorno, come se quella persona non solo fosse munita del tapetum lucidum di alcuni animali, ma anche come se fosse e non fosse lì allo stesso tempo, alla mo di fantasma dei telefilm.
Da brivido. Poco ma sicuro, avrebbe scoperto il trucco che quello lì usava per sembrare così vero. Vero per modo di dire, visto che le leggende sulle creature sovrannaturali erano varie e diverse a seconda dell'epoca e delle opere.
Era certo di non avere nulla di cui temere, quindi fu proprio lui a fare il primo passo, avvicinandosi ai due, sentendo e vedendo lo sguardo dell'altro addosso, un verde del tutto normale sotto alle luci del locale, come se quell'effetto strano di poco prima non fosse dovuto a queste, quanto all'obiettivo della macchina. I capelli corvini erano talmente lucidi da poter quasi brillare da sé quando non nascosti in zone buie, forse dovuto all'effetto del gel indossato.
Una volta giunto di fronte ai due, Bryan notò che la ragazza bionda sanguinava appena laddove il moro l'aveva morsa e si stava sporgendo verso lo stesso partner per poter avere altre attenzioni di quel tipo. Dovevano essere proprio fanatici del fantasy a giudicare dall'espressione rapita della donna. Eppure i vestiti erano semplici, nulla di pomposo: jeans e maglietta abbinati a una giacca elegante per lui, vestito corto alla coscia, con scollo a cuore e pieghe, per lei. Va bene, tutto rigorosamente nero con qualche punto luce qua e la sul vestito della ragazza, ma nulla di più.
L'irlandese fece per parlare, ma venne interrotto dallo sconosciuto.
Perchè mi stavi fotografando?”
Per questa sera sono un fotografo di passaggio, ho visto che siete dei fan del fantasy e mi è sembrata una cosa interessante da ritrarre. Da dove vengo io non è così facile trovare amanti del genere.” annuì Bryan.
L'altro lo squadrò dall'alto, sebbene fosse ancora seduto alla sua postazione assieme alla ragazza, che poco dopo allontanò con il braccio, come ne avesse abbastanza della sua presenza e la stesse congedando. Lei, in tutta risposta, si alzò quasi offesa, mettendo un finto broncio all'apparenza adorabile, per poi girare al largo senza troppe remore, sventolando le dita con fare adorabile, come se si aspettasse di essere invitata una seconda volta in un'altra giornata o qualche ora dopo.
Il moro fece quindi segno a Bryan di accomodarsi accanto a lui, come se invitare persone appena conosciute fosse la cosa più normale del mondo e altrettanto normale fosse accettare senza pensarci due volte. Quel tipo era bello, non avrebbe potuto dirgli di no nemmeno volendo!
Come ti chiami?” chiese Bryan, una volta accomodatosi, sportosi verso l'altro per farsi poter sentire.
Javier” si limitò a rispondere l'altro.
Una “j” aspirata la sua iniziale, come qualsiasi nome d'impostazione spagnola, altisonante in un certo senso.
Ma puoi chiamarmi Javi, se preferisci” riprese, sorridendo.
Disarmante quel sorriso, bianco come la neve nonostante le luci variabili e quella parte di lui ancora immersa nell'ombra rassicurante del divanetto, né troppo esposto alle luci della pista, né troppo al buio per non poter essere notato. A giudicare dal suo modo di porsi, quell'allargare le braccia sullo schienale per mettere in mostra il corpo dal fisico praticamente perfetto, non sembrava decisamente una persona timida. Solo a un attento sguardo si sarebbe potuto notare il sottile strato di glitter su collo e viso, come se fosse imperlato da un lieve trucco non eccessivo, che gli avrebbe fatto risaltare la pelle color avorio sotto alle luci stroboscopiche del locale. Un velo di matita sugli occhi inoltre faceva sembrare il suo sguardo dalle iridi verdi ancora più distaccato e freddo, come avesse potuto esplorare l'anima altrui con una sola occhiata.
Per una frazione di secondo Bryan si sentì avvampare come una liceale davanti al poster del suo idolo preferito, come se quello avesse potuto fissarlo veramente. Venticinque anni per arrivare in un locale qualsiasi di una città qualsiasi in cui si era trasferito da poco e rendersi la persona più imbecille del mondo in un nanosecondo di fronte a un bel ragazzo. Fantastico, hai fatto proprio centro, Bryan!
Vide Javier leccarsi le labbra a quel proprio avvampare, rimanendo imbambolato a fissarlo a propria volta con un'espressione da ebete in viso, mentre lo spagnolo lo spogliava con gli occhi. Tensione, ecco cos'era quella. Tensione per i fremiti sottili che il corpo dell'irlandese non avrebbe potuto ignorare nemmeno se fosse stato etero! Andiamo, da come lo stava fissando era chiaro dove sarebbe voluto arrivare.
Lo vide sporgersi nella propria direzione e per un attimo si chiese che avesse in mentre, sentendo poi le sue labbra sul viso, all'altezza della guancia, quasi sullo zigomo, non come se si fosse trattato di un bacio romantico o lieve, più come se il moro avesse voluto cercare una sorta di contatto lieve con quel rossore. La sapeva fare proprio bene la parte del vampiro, altro che i giocatori su internet o quegli squilibrati del gioco di ruolo dal vivo! Qualcuno era anche bravo, ma lui era riuscito a calarsi nella parte in modo magistrale, con quei gesti sottili e lievi, quasi impercettibili, il respiro flebile, come avesse potuto imitare davvero la mancanza di un battito cardiaco e respirazione annessa, uno charme dannatamente perfetto che unito a quel profumo di rosa selvatica avrebbe lasciato chiunque ai suoi piedi. Ogni dettaglio era stato curato alla perfezione.
Non che Bryan fosse esattamente la persona più innocente e ingenua del mondo, solo un ragazzo nella media, quindi capì ciò che lui stava facendo, era una delle classiche tecniche di rimorchio in quei locali notturni, lo sapeva bene. Eppure pareva che la cosa non gli importasse. Non era impegnato, né una suora! Ci sarebbero voluti ancora millenni prima di convincerlo a prendere i voti, cosa che ovviamente non rientrava nemmeno lontanamente nella propria testa, quindi con un bel tipo del genere a fargli la corte in quel modo, non si sarebbe certo tirato indietro!
L'idea era quella di iniziare un dialogo rilassato, lasciando intendere velatamente che lo avrebbe seguito anche in capo al mondo, se solo glie lo avesse chiesto, facendo un po' il prezioso, giusto per fingere di negarsi e rendersi più appetibile, come una ragazzina che non vede l'ora di essere rincorsa, per rendersi conto di quanto sia desiderata. Invece no, l'altro interruppe ogni propria buona iniziativa con poche, semplici parole, fin troppo dirette, sussurrate al proprio orecchio in modo talmente sensuale da rischiare lo scioglimento imminente del corpo, percorso da brividi, manco fosse stata lanciata una bomba nucleare a devastare i ghiacci del nord!
Ti voglio per me. Ora.”
Ora?! Lì, nel bel mezzo del locale o cosa? Il rossore si fece più vivido sulle guance dell'irlandese, sebbene il corpo urlasse di essere preso in spalla e portato via all'istante, gli occhi sbarrati per la sorpresa. Non che fosse la sua prima volta in una situazione simile, ma un invito del genere nel bel mezzo di un locale affollato sarebbe risultato “difficile da applicare” per chiunque!
Usciamo, allora.” replicò piano Bryan, in una sorta di invito velato.
Javier era stato fin troppo diretto e la cosa non gli era dispiaciuta, mentre lui con i propri inviti velati si considerava piuttosto misurato in certe cose.
Il moro non se lo fece ripetere due volte, afferrando la mano di Bryan con salda decisione, la pelle tiepida con un sottofondo freddino, come fosse una di quelle persone con la circolazione lenta, che a causa di un cuore grande o di poco spostato tendevano ad avere le estremità del corpo sempre sul congelato andante, sebbene lui sembrasse essersi riscaldato.
Imboccarono assieme l'uscita del locale e il seguito all'esterno fu un susseguirsi di vicoli e piccole stradine per sì e no cinque minuti, a giudicare dalla vicinanza della casa dello spagnolo rispetto al locale. Per strada le persone giravano ancora, nonostante l'orario, talvolta mosse dall'aria di festa proveniente dai club con la loro musica alta e gli ospiti agghindati per la serata, talvolta riunite accanto ad abitazioni e monumenti in piccoli gruppi sparsi, con bottiglie di birra tra le dita, vestiti stravaganti e diversi “tesoro!” rivolti agli amici più stretti, quando si univano alla compagnia.
Le stradine della città erano suggestive come sempre, illuminate da uno spicchio di luna nel cielo e i diversi sistemi cittadini, a rendere il quartiere ancora più vivo e allegro, comune nella cultura popolare del luogo.
Casa di Javier, rimasto silenzioso per tutto il tragitto, frettoloso nel passo, distava ben poche centinaia di metri e a vederla da fuori sembrava esattamente una di quelle vecchie costruzioni delle zone popolari, forse un tempo adibita pure a zona commerciale, ora ridotta ad uno dei tanti vicoli in cui la gente s'infila solo se conosce bene la strada. Per uno come Bryan quello era solo l'ennesimo dedalo di viottoli e stradine che l'indomani si sarebbe dimenticato.
Nella parte inferiore dell'edificio vi era un negozio etnico, uno di quei posti in cui oltre a vestiti, borse, incensi e quant'altro, si potevano comprare anche diversi gioielli in pietra dura, statue del Buddha e campane tibetane al modico prezzo di un rene e un polmone. L'irlandese era cresciuto con la cultura celtica, capiamoci, quindi di Buddha e cose varie non è che ne capisse poi molto.
L'ingresso per gli appartamenti era posto poco dopo, con una classica porta in legno spesso, color verde bottiglia, che il moro si preoccupò di aprire con le chiavi. Finto vampiro bravo nel suo ruolo e a recitare la parte finchè non si trattava di porte sbarrate: a quel punto anche lui doveva ricorrere alle chiavi come un qualunque mortale! La cosa fece ridacchiare Bryan, che si ritrovò lo sguardo curioso del moro addosso, ora intento a fare strada su per le scale.
Tre piani per il duo, una cosa semplice e classica, nulla di imponente per l'edificio, che i due salirono senza troppe remore o problemi, come fossero stati amici dell'università che rientrano a casa dopo la serata passata in giro a far baldoria.
Ennesima porta per l'ingresso all'appartamento, che entrambi si decisero a superare una volta aperta, all'interno del quale Bryan si accorse che le pareti erano state sostituite quasi del tutto da colonne portanti, per creare uno spazio aperto più simile a un loft che a uno degli appartamenti dell'epoca in cui era stato costruito l'edificio. Insomma, come un regalo la cui carta esterna sembra provenire dall'armadio della nonna con all'interno un gioiello degno di Tiffany!
La cosa un po' spiazzò Bryan, rimasto sulla soglia ad osservare il lusso in netto contrasto con l'esterno di poco prima, con tanto di tecnologia di ultima generazione, un caminetto finto nella zona soggiorno e una cucina contemporanea. Quella cucina per poco non gli fece cacciare un urlo. Stupenda e perfettamente ordinata, con ogni utensile appeso o posto nell'apposita scatola, contenitore, cesto, dotata di ogni accessorio possibile e immaginabile. Per lui che sognava da sempre di diventare uno chef professionista e non ne aveva mai avuto la possibilità, quello era un paradiso in terra.
Si sarebbe voluto voltare per dirgli quanto già amasse quel posto, almeno per fargli i complimenti visto che sapeva bene quanto la cosa non sarebbe durata, ma nel sentire le mani dell'altro addosso, a cingergli pian piano la vita con una dolcezza indicibile e le sue labbra sul collo, ogni parola gli morì in gola. Brividi, brividi ovunque per l'irlandese che sentiva le gambe cedere e il corpo reclamare libertà dai vestiti. Siamo realisti, i complimenti avrebbe potuto farglieli anche dopo, primo, e secondo non era colpa sua se quello era così perfetto! Perché resistere a tanta bellezza? Lo aveva seguito volontariamente, ma forse non si sarebbe aspettato quella sensualità nei gesti, che non aveva ritrovato in nessun altro con cui aveva avuto un rapporto occasionale.
Mi piacciono gli amanti dolci” disse, sorridendo con tranquillità.
Lo sospettavo”
Dolce nel tono, essere trattati con del riguardo avrebbe fatto piacere a chiunque, lui non faceva eccezione. La reflex ancora addosso tramite apposita cordina venne spostata dal ragazzo, che si premurò di appoggiarla su un mobile, laddove non sarebbe potuta cadere o rompersi per qualche disgraziato motivo. La sua “bambina” gli era costata un occhio della testa, comprarne un'altra sarebbe significato rinunciare a un mese e mezzo di stipendio o quasi, contando l'affitto e le bollette da pagare.
E gli amanti passionali, ti piacciono?” chiese Javier a un certo punto, rimanendo a sussurragli all'orecchio, le mani a scorrere sul corpo dell'irlandese come cercasse di arrivare sensualmente alla sua maglia, per poi infilarvele al di sotto, tastando il suo corpo.
L'imbarazzo non fu il sentimento predominante tra i due, sottile nella mente di Bryan, assente in quella dello spagnolo, quanto più il desiderio. Volontario in quella crociata che sperava si sarebbe rivelata solo piacevole, sapeva a cosa sarebbe andato in contro nel seguirlo, non desiderava altro.
Anche quelli, se non mi fanno troppo male...”
Un modo gentile e carino per dire che sì, si sarebbe prestato ben volentieri a certe cose, ma entro limiti ben stabiliti. Nulla alla “Cinquanta sfumature” per intenderci, niente rituali satanici o cosplay strampalati in cui lui gli avrebbe rivelato di essere davvero un vampiro o cazzate simili. Non è che Bryan non fosse un nerd, ricordiamolo, ma i limiti andavano stabiliti, come nella vita quotidiana, così anche in camera da letto, specie tra due sconosciuti.
La presa sul proprio corpo si trasformò in un abbraccio velato, accompagnato da una risatina di divertimento soffiata tra le labbra per il moro avvolto nel mistero.
Non farò nulla che tu non desideri, anche se so già che me ne chiederai ancora.” sussurrò ancora una volta, portando le mani alla maglia di Bryan per poterlo liberare da quell'impedimento.
Modesto, dicono. A quanto l'irlandese aveva capito, “modestia” non era certo il suo secondo nome, ma la cosa non pareva infastidirlo più di tanto.
Ancora perso in quelle risposte tanto sincere e dirette, sentì l'altro muoversi per spingerlo con il suo corpo verso il bancone della cucina, cosa che fece fremere l'irlandese con tutto sé stesso. Aiuto in cucina, aspirante chef, un sogno nel cassetto che si portava dietro da quando era bambino e avrebbe potuto non desiderare altro che farlo sul bancone perfetto di uno sconosciuto?! Doveva essere un sogno. O un incubo se quello avesse preso un coltello e lo avesse sgozzato, trasformando la loro fuga di passione in un episodio di C.S.I.
Pose le proprie mani sul bancone in metallo lucido, percependo gli ansimi farsi strada tra le membra per fuoriuscire come vulcani in eruzione dalla gola, misti a sottili mugolii di piacere nel percepire le mani dell'altro addosso. Essere toccato, spogliato, quelle labbra sul collo che lo stavano baciando ora con sempre maggior insistenza era qualcosa che non avrebbe potuto lasciarlo indifferente.
Sentì il suo corpo addosso, diverse parti del suo corpo a dire il vero, che non si limitavano alle sole sporgenze degli arti, ma diciamocelo, la cosa non solo non lo infastidiva, ma gli donava più piacere del previsto. La pressione esercitata dal padrone di casa, mista a quell'insistenza tipica delle popolazioni del sud, passionali e focose, iniziava a dargli alla testa. Sentì le sue mani sui propri pantaloni e ben oltre, così come a propria volta provò a raggiungere quella zona con le dita, nel tentativo di scoprire anche il suo corpo, ma la frenesia di Javier era tale che si sarebbe solamente voluto abbandonare alle sue braccia per lasciargli fare tutto ciò che desiderava.
Il calore emanato dai loro corpi, quel muoversi uno contro l'altro, gli ansimi che da emissioni di semplice aria calda mista a mugolii si trasformarono in veri e propri gemiti, sarebbero stati troppo per qualsiasi essere umano.
Lo sentì mordere a un certo punto, probabilmente come aveva fatto con la ragazza, in quel punto tra la spalla e il collo che sembrava piacergli tanto, ma a parte il lieve dolore iniziale dovuto alle protesi dentali, il seguito fu puro piacere, che misto alle emozioni già in atto nel proprio corpo, lasciarono Bryan stordito, completamente in balia di quello sconosciuto che avrebbe potuto fare di lui tutto ciò che desiderava.

Il mattino seguente, se così si poteva chiamare “l'alba di mezzogiorno”, Bryan si svegliò nel letto di Javier, per metà rannicchiato tra le coperte, sebbene facesse ancora caldo, per metà del tutto scoperto. In tutti i sensi visto che i vestiti avevano preso il volo la notte precedente e nemmeno ricordava dove fossero, o quasi. Inoltre, sebbene quello fosse il letto dello sconosciuto che se lo era portato a casa dopo averlo rimorchiato al locale, dello stesso padrone di casa non c'era nemmeno l'ombra. In parte Bryan sperava se ne fosse andato, così avrebbe potuto recuperare le proprie cose e andarsene senza disturbare troppo, ma a giudicare dal caos lasciato tra le coperte e probabilmente anche fuori, scapparsene inosservato con un passo laterale sarebbe stato difficile.
Andiamo, il padrone di casa non era lui, Javier sapeva che avrebbero messo a soqquadro l'appartamento, ora toccava a lui pulire!
L'irlandese si trasse a sedere, constatando che il fondo schiena stava bene e non aveva nulla di rotto o dolorante, salvo quel morso a metà tra il collo e la spalla che ora iniziava a sentire appena. Ci aveva dato dentro, quel deficiente! Vabbè, stupido anche lui ad andare a letto con uno che ha il fetish per i vampiri. Ora aveva poca importanza dal momento che avrebbe dovuto lavorare più tardi per il servizio serale a cui lo avevano messo di turno.
Buongiorno, ti ho portato una tisana, se ti fa piacere” disse Javier, sbucando dal nulla o quasi, silenzioso come un gatto.
Bryan cacciò un urlo degno di una donnicciola alle prese con un topolino e per poco non fece un infarto, portandosi una mano al petto per lo spavento.
Credevo fossi uscito!”
E' casa mia, mica la tua”
Sì, ma...”
Dopo un bel respiro, Bryan ringraziò il moro, accettando la tisana di buon grado. Se non altro era stato gentile, non se lo aspettava, diciamocelo.
Rimase a sorseggiare la tisana per un po', senza dire nulla, guardandosi in giro di tanto in tanto, potendo notare diverse cose etniche simili, se non uguali, a quelle del negozio sottostante. Qualche cristallo qua e là per illuminare la casa, una fontanella a ricircolo con tanto di fumo colorato posta quasi in un angolo. Tutto in quella casa era armonico e perfettamente preciso, come se ogni cosa si fosse scelta da sola il proprio posto, donando un senso di pace a chiunque vi entrava. Solo la luce soffusa avrebbe potuto mettere a disagio chi non era abituato, ma lasciando entrare qualche spiraglio dalle persiane in legno, l'effetto luminoso sui cristalli donava un'atmosfera rilassante e semplice.
Hai una bella casa” disse, cercando lo sguardo del moro.
Javier sorrise, annuendo con naturalezza.
Ti ringrazio, ho impiegato un po' per arredarla.”
Un tipo silenzioso, ecco come gli pareva Javier così su due piedi. Senza troppo da dire, per dirlo al momento giusto, senza dare aria alla bocca inutilmente.
Quindi...sei un vampiro?” chiese Bryan ridendo dolcemente, lasciando intendere la battuta.
Javier lo guardò con aria confusa, sfarfallando le ciglia un paio di volte come se non avesse capito bene la domanda.
Non era evidente da quando mi hai incontrato?” chiese in risposta.
L'irlandese scosse la testa, ridendo composto, la tazza ancora tra le mani con qualche strascico di fumo ancora presente a innalzarsi dal liquido all'interno.
Com'è nata questa passione, se posso chiedertelo...?”
Ovvio che non prendesse la cosa seriamente, chiunque lo avrebbe preso per un cosplayer pazzo o qualcosa del genere, senza contare che protesi a parte, non aveva nulla delle tipiche cose stereotipate dei vampiri classici.
Lascia stare, è un discorso lungo e tedioso” rispose l'altro, ridacchiando a propria volta.
Misterioso quello sconosciuto di cui conosceva solo il nome, gli dava l'impressione che volesse evitare le risposte dirette. Per quel poco che avevano avuto occasione di parlare, s'intende. Sì, era calato nella parte molto bene, ma alcuni accorgimenti lasciavano intendere che era una persona come tutte le altre, a partire dal fatto che era mattina ed era già sveglio.
Quindi come richiesto dallo spagnolo, Bryan lasciò perdere, chiacchierando a grandi linee del più e del meno, lasciandosi illustrare dove avrebbe potuto trovare i migliori locali della città, alcune attrazioni da poter fotografare nel tempo libero e cose simili.
Dopo aver terminato la tisana, si decise a rivestirsi dopo aver trovato i vari pezzi dell'abbigliamento, messi in ordine da Javier perché non si sporcassero, infine recuperò la macchina fotografica da dove l'aveva lasciata, ancora lì, al suo posto.
Ringraziato Javier per l'ospitalità, in un certo senso, lo salutò senza troppi problemi o imbarazzo, ben sapendo che se anche lo avesse incontrato in giro per strada, non avrebbe avuto nulla di cui preoccuparsi. Non si vergognava della serata, anzi, era stata fin troppo piacevole, ma il lavoro chiamava e sarebbe voluto passare a casa per darsi una lavata e cambiarsi prima di prendere servizio in cucina.
Dalla propria zona abitativa, Chueca distava circa venti minuti a piedi, meno in metro, se si contavano la precisione degli orari e la comodità del viaggio. Senza contare che la linea cinque lo avrebbe portato a destinazione in un attimo. Non si sorprese per l'affollamento della metro, così come della rapidità del mezzo, tutto nella norma. Sceso a Puerta de Toledo, si poteva dire che fosse appiccicato a casa, dato l'appartamento preso in affitto in Calle de Toledo. Qualche metro dopo essere uscito dalla stazione, imboccata la porta giusta sullo stradone ed eccolo arrivato a destinazione.
L'appartamento semplice sprizzava luce da ogni finestra, ristrutturato a nuovo per chi come lui si trasferiva in città per qualche mese o poco più, si trovava in una posizione comoda e pratica, vicino a diverse attrazioni della città, quasi in pieno centro. Oltre a essere tenuto bene, dall'arredamento semplice, in stile Ikea per così dire, economico, ma classico, tendente al bianco e nero opaco.
Raggiunta la propria stanza, l'unica camera da letto dell'appartamento, Bryan si buttò sul letto, sorridendo rilassato nel volersi riposare un po' di più prima del lavoro.
La doccia avrebbe potuto aspettare, non aveva fretta, quindi avrebbe potuto dedicarsi al proprio hobby senza troppi pensieri. Recuperato il portatile dalla scrivania, dopo averlo acceso in tutta calma, si decise a collegare la reflex per poter trasportare le foto sul computer, magari stampandone qualcuna, volendo osservare se ce ne fossero di sfocate ed eventualmente correggendole. Si accorse tuttavia che qualcosa non tornava. Il programma non trovava nessuna fotografia. Aprì quindi lo sportello in cui di norma era posizionata la memory card e con proprio enorme stupore rimase pietrificato, come se qualcuno lo avesse pugnalato all'improvviso e lo avesse privato dell'aria. La memory card era sparita.

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Capitolo 2
*** Stubborn vs passionate ***


Quel figlio di...vabbè, lasciamo perdere! Ladro oltre che falso vampiro. Doveva averla presa lui la scheda, poco ma sicuro.
Un sospiro fuoriuscì dalle labbra dell'irlandese, seccato più che mai di dover tornare a casa dell'altro per recuperare la propria memory. Se l'avesse fatto di proposito, inoltre, come diavolo avrebbe fatto a convincerlo a restituirla? Non è che il proprio fisico fosse esattamente portato per gli scontri violenti. Per non parlare del fatto che non ne vedeva alcuna utilità in quel gesto. Va bene, forse allo spagnolo aveva dato fastidio essere fotografato al locale, ma andiamo, da lì a rubare le cose altrui...
No, quello era uno sconosciuto e lui si era fatto infinocchiare alla grande. Un po' in tutti i sensi, ma sorvoliamo questo piccolo particolare.
Bryan tornò quindi a stendersi sul letto, osservando il soffitto con aria imbronciata, mille pensieri per la testa sul perché o il per come quello sbandato gli avesse rubato la schedina. Ormai però era andata, non aveva senso rimuginarci troppo sopra e star lì a piangersi addosso: dopo il lavoro sarebbe tornato a casa sua e lo avrebbe convinto a ridargli ciò che gli apparteneva. E gli avrebbe fatto una bella ramanzina. E lo avrebbe preso in giro per la sua stupida fissa. E...insomma, troppi “e” da aggiungere man mano che pensava a tutte le imprecazioni che avrebbe voluto sputargli addosso in toni ben poco carini.
Quindi trascorse quel poco tempo rimastogli a giocherellare con il telefono, di tanto in tanto emettendo qualche mugolio corrucciato, borbottando tra sé e sé parole velenose.
Di per sé Bryan aveva un carattere gentile ed era sempre disponibile con tutti, e a volte sì, i suoi comportamenti prendevano dei connotati ingenui, ma tutto ciò era troppo.
Una doccia veloce poi non glie la tolse nessuno, giusto per calmare i bollenti spiriti, infine dopo aver recuperato la borsa a tracolla sportiva, di quelle che si usano comunemente a scuola, e averci buttato dentro alla buona le chiavi e quelle quattro cose di cui necessitava, si avviò verso il posto di lavoro, non troppo distante. In fondo finchè casa e lavoro si trovavano in centro, non gli serviva poi molto per spostarsi, una ventina di minuti a piedi o in metro e si sarebbe trovato ben presto in tutti i luoghi più trendy della città. Comodo vivere in centro, non si era pentito di quella scelta.
Quartiere Salamanca. Ecco la meta da raggiungere tramite la ormai solita linea 5, che dalla fermata Toledo lo avrebbe portato ad Alonso Martinez senza bisogno di cambi, tra gente di corsa per rientrare al lavoro, mamme con bambini intente ad andare al parco del Reitiro o giovani che saltavano scuola. Nulla sembrava poter disturbare la quiete di Bryan, fatta eccezione per la scoperta di poche ore prima. Ma sì, meglio non pensarci. Avrebbe dovuto lavorare ora.
Sceso alla fermata giusta, Calle de Génova gli sembrò sempre più lunga di quanto ricordasse, ma ormai era all'ordine del giorno. Non avrebbe comunque impiegato troppo ad arrivare in fondo, svicolando poi a destra e a manca per i vicoli del quartiere in stile ottocentesco, sede di diverse figure politiche del passato e del presente. In effetti a pensarci bene quel quartiere aveva tutto ciò di cui lui avrebbe avuto bisogno, a partire dai ristoranti di lusso, fino al prestigioso museo delle cere, per terminare con la stessa architettura in un ampliamento urbanistico portato a termine durante il regno di Isabella II. Un quartiere per ricchi e nobili, insomma, tutto ciò che un ragazzetto di campagna abituato alle mucche al pascolo o quasi, avrebbe sempre desiderato.
Una volta raggiunta la meta eccolo lì, il tanto amato locale: due piani di lusso e sfarzo, nonché cristalleria sui tavoli, imbellettati da tovaglie di ricercato tessuto ricamato in un pattern di fine damascato bianco, a rendere il tutto più luminoso. Anche all'esterno le posate in argento, poste su tovaglioli bordeaux altrettanto fini, risplendevano sotto ai raggi del sole, sempre battente in quella città, nel paese delle spiagge limpide, delle lotte con i tori nello sterrato polveroso, della Sierra selvatica e ostile.
Il sommelier all'entrata stava servendo una coppia, fidanzati a giudicare dagli sguardi romantici, dal risolino di lei in contrapposizione a quella ostentata sicurezza del cavaliere che le sostava davanti, in una scena da cartolina con tanto di perfetto ambiente luminoso e raffinato, dove tutto spende e chissà, forse le avrebbe anche chiesto di sposarlo.
Per un attimo Bryan rimase in contemplazione del locale, come perso nei propri pensieri e in quel velato romanticismo che dava speranza anche a uno come lui. Avrebbe trovato la persona giusta, si sarebbe spostato e avrebbe adottato qualche bambino per rendere la propria famiglia perfetta, dove papà e papà si sarebbero occupati di tutto come una dolce coppia di sposini felici. Un sogno a occhi aperti. Nel vero senso della parola.
Bryan che ci fai lì fuori?! Entra, muoviti!”
La voce di Miguel, il cuoco, nonché proprietario del locale, lo riportò alla realtà. Non che fosse scortese o cosa, solo un po' brusco nell'esprimersi, di tanto in tanto.
Ma quell'essere richiamato all'ordine lo fece voltare nella sua direzione, per far crollare un'altra volta tutti i suoi sogni di giovane venticinquenne in erba, deciso più che mai a farsi una vita decente, invece di passarla in quello che era davvero il proprio posto di lavoro: un tapas bar con tavola calda e piatti tipici della zona. Di fronte al ristorante meraviglioso di due secondi prima, ovviamente.
Perché “El lobo serrano” non aveva proprio niente a che fare con l'eleganza del “Cervantes” lo stesso che dava il nome al famoso istituto di lingua e sì, anche a quel bel locale elegante in cui si vedeva già sposato con figli, fino a pochi secondi fa!
Bryan sospirò, scuotendo la testa qualche istante prima di avviarsi verso il posto di lavoro, entrando nel locale senza troppa enfasi, incontrando i colleghi intenti a finire di sistemare, qualcuno come Miguel uscito a fumare una sigaretta per qualche minuto.
Ciao ragazzi...” salutò, sospirando ancora.
Quel posto non era una topaia o chissà quale strambo locale in cui si mangia male o cosa, Miguel in effetti era molto bravo e sapeva gestire tutto, nonostante ogni tanto gli desse buca per qualche serata, ma all'irlandese sembrava di perdere il proprio tempo in quel posto. Troppo rustico, ecco la verità. Tra tavolini e bancone di legno all'entrata e la saletta più interna, giusto un po' più ricercata nel design e nell'ordine, non era nulla di speciale. Niente damascato e lampadari con cristalli a goccia per il “lobo serrano”, no, solo tanto legno, manco si trovassero all'interno di una nave pirata!
Sentì giusto velatamente i colleghi rispondere al proprio saluto, avviandosi verso il retro dove avrebbe indossato abiti meno ricercati, per quanto jeans e canottiera lo potessero essere, passando a pantaloni scuri e maglia a maniche corte bianca, giusto un po' più formale. Ringraziava Dio ogni volta per non aver fatto venire in mente a Miguel la bella idea di mettere in dotazione una qualche sorta di cappellino con visiera, di quelli stupidi che spesso si vedono nei fast food o cose simili. Già i propri capelli non stavano in ordine di loro, figurarsi se avesse preso l'abitudine di indossare un cappello!
Abiti convenzionali: fatto. Giornata intensa causa lavoro: fatto. Sorriso smagliante per accogliere i clienti...beh, possiamo lavorarci.
Il solo pensiero di iniziare a lavorare gli fece venire voglia di fuggire. Non che fosse colpa del povero Miguel, ci mancherebbe, ma quando lo avevano assunto per aiutare in cucina, tutto si sarebbe aspettato tranne un locale simile. Era stato troppo felice di avere quell'opportunità, all'estero tra l'altro, quindi si era detto che si sarebbe adattato e avrebbe fatto del proprio meglio in ogni circostanza. Nulla di più sbagliato.
Il turno di per sé non sembrò durare molto, per fortuna, tra clienti esagitati per la fretta, le tipiche famiglie in vacanza e i gruppi di ragazzi intenti a passare lì la pausa pranzo, prima di dover poi rientrare a scuola.
Bryan aveva preferito i corsi di formazione, all'università, che già di per sé aveva trovato fin troppo difficile. Quindi si era dato a una serie di corsi e master nelle discipline più disparate, volendo imparare le basi di tante specialità diverse. Prima aveva iniziato nel proprio paese, poi si era spostato a Londra e una volta saputo di Madrid, ne era stato entusiasta. Almeno finchè non aveva messo piede in quel locale e ci aveva lavorato per una settimana.
A volte il turismo e la folla erano talmente tanti da fargli desiderare li lanciare fuori dalla porta tutti i clienti con un paio di scarpate nel sedere a testa. Aveva passato l'inverno precedente a fare un corso di spagnolo avanzato, ma il turismo era talmente aumentato che gli erano capitate persone da tutta Europa e quando nessuno parlava né spagnolo, né inglese, la cosa si era rivelata un problema.
Una volta terminato il servizio, decise di uscire a prendere una boccata d'aria sul retro, prima di cambiarsi. Fu lì che trovò Miguel intento a fumare l'ennesima sigaretta, canticchiandosela con un banjo, o qualcosa di simile, alla mano.
Oh, scusami, non volevo disturbare.” disse Bryan, accorgendosi di lui.
Miguel si limitò a sollevare la mano, per sventolarla a mezz'aria senza troppi problemi, rimanendo seduto sulla cassa di birra, probabilmente appena arrivata.
Un armadio di uomo, ecco come lo si poteva definire. Un metro e novanta buono per due spalle larghe da nuotatore e quella barba perennemente incolta, oltre a un sorriso invidiabile. L'allegria dello spagnolo avrebbe potuto stendere anche la persona più seria, finendo inevitabilmente per farla ridere, facendola aggiungere al gruppo vuoi di lavoro, vuoi di semplice bevute, fosse una giornata normale o nel pieno dei festeggiamenti.
Ragazzo, lasciatelo dire, hai una pessima cera, oltre che un pessimo odore addosso. Ma dove diavolo sei stato?” sbottò Miguel, prima di scoppiare in una sonora risata.
Non era il tipo di Bryan, con tutto il rispetto. Oltre a essere il suo capo.
Ho fatto tardi sta notte, sono rimasto in un club di Chueca fino a una certa ora e poi sono andato via con un tipo.”
Lo stesso imbecille che gli aveva fregato la memory card! Se non altro lavorare gli aveva fatto dimenticare tutto quel caos giusto per qualche ora. Poi gli venne un'illuminazione, come se improvvisamente si fosse ricordato qualcosa.
Conosci un certo Javier? Alto, moro...” riprese.
Un fisico da urlo, per non parlare di quegli occhi magnetici...ah, sì, giusto, crede di essere un vampiro. Meglio lasciar perdere.
Ma chi, quel vampiro? E' conosciuto in città.” chiese l'uomo, scoppiando poi a ridere. “Non dirmi che sei andato a letto con lui! Bryan, sapevo dei tuoi gusti particolari, ma diamine, uno svitato come quello potevi anche evitartelo.”
Un tiro alla sigaretta, mentre le corde dello strumento non vennero mosse di un millimetro. Miguel sapeva bene che a Bryan piacevano i ragazzi, non ne aveva mai fatto un dramma in una città simile, di mentalità molto aperta, ma evidentemente conosceva quella sottospecie di pipistrello succhiasangue e anche lui gli dava dello svitato. A sentirgli dire certe cose, il rossore si palesò sul viso dell'irlandese, vergognoso come poche altre volte.
Che c'è, era un bel ragazzo! Lo so che è scemo e pensa di essere una specie di...di pipistrello con le ali, ma non si può negare che fosse attraente!” sbottò.
L'agitazione lo fece pure straparlare. Pipistrello con le ali...genio, tutti i pipistrelli le hanno! Sospirò poco dopo, cercando di calmarsi, vedendo l'altro ridacchiarsela di gusto.
Ragazzo, fai attenzione a quello lì. Cioè, dicono sia un bravo ragazzo e pare non beva sangue umano, ma sul serio, i tipi come lui non mi piacciono molto. E non perché dice di essere un vampiro, non ho nulla contro i vampiri, ma quello è il tipo di persona che non cambierà mai.”
Normale che usasse quell'appellativo, “ragazzo”, vista la differenza d'età. Un momento, come sarebbe a dire che non ha nulla contro i vampiri?! Pure lui ci si metteva con questa storia? L'espressione di Bryan la diceva lunga, non sapeva se credere di più alle parole premurose del proprio datore di lavoro, o a questo punto, di Javier stesso. Insomma, parliamone, un vampiro gira per la città e tutti ne parlano come se fosse normale? Assurdo.
Miguel sembrò pensieroso e l'irlandese stava per fare l'ennesima domanda, quando uno dei colleghi li interruppe, aprendo la porta che dava sul retro, da cui erano usciti entrambi.
Capo, la settimana prossima vai via tre giorni, giusto?” esordì il collega.
Sì, segnalo pure sul calendario, così ci organizziamo come facciamo sempre e magari...metti Bryan come vice. Sono curioso di vedere che sa fare questo piccoletto.”
Per un attimo al ragazzo mancò un battito. Vice chef, un titolo così importante anche solo per mezza giornata era come ricevere un milione di euro. Oddio, “chef” era una parola grossa. E no, un milione di euro forse era troppo.
Gli occhietti vispi del ragazzo si posarono in quelli di Miguel, che pareva guardarlo come fosse il padre fiero dell'anno, certo di aver riposto la propria fiducia in buone mani, a vederlo così impettito. Altro che armadio, a vederlo da quell'angolazione pareva ancora più imponente. Dallo sguardo dell'irlandese si evinceva tutta la gratitudine che sprizzava fuori dai pori senza freni e lo chef non fece altro che sorridere e sghignazzare poco dopo, scuotendo la testa come se lo trovasse adorabile. Probabilmente era così, ma al momento a Bryan non importava.
Non tornò sull'argomento “vampiro”, tanto sarebbe dovuto andare di nuovo a casa di quel cretino in ogni circostanza, preferendo ringraziare per la possibilità datagli e rientrare a cambiarsi gli abiti, terminato il turno di lavoro. Ovviamente nessuno di loro lavorava troppe ore filate, ma ridendo e scherzando si era fatto pomeriggio inoltrato, quindi avrebbe dovuto sbrigarsi a recuperare ciò che gli apparteneva.
Ricordava ancora la strada, ormai memore delle viuzze più improbabili della città, visti i locali che era solito ricercare per le fotografie e per il proprio piacere personale. L'Irlanda rispetto a quel paese baciato dal sole era totalmente diversa, poco ma sicuro, di conseguenza ogni scusa era valida per andarsene in giro a cercare nuovi scorci e nuovi locali da esplorare.
Aggiungendoci il caos frenetico della vita del sud e l'accoglienza degli spagnoli, non era difficile immaginare come sarebbe andata a finire in ogni caso, per un tipo espansivo come lui. Espansivo, ma pur sempre nel limite della propria privacy e questo non fece che fargli mantenere in testa quel tarlo della memory per tutto il tragitto fino al quartiere Chueca, che trascorse comodamente a piedi, talvolta borbottando tra sé e sé da solo. A chiunque non farebbe piacere, andiamo!
Raggiunto l'edificio in questione, si prese la briga di dare un'occhiata in giro, per assicurarsi di essere nel posto giusto, ma così su due piedi, gli parve di sì.
Cercò quindi il campanello con il nome corretto, senza tuttavia ricordarsi di una cosa: quel tipo gli aveva fornito solo un nome, del cognome non c'era traccia. Senza contare che da buon spagnolo avrebbe pure potuto averne due o tre. C'erano diversi “Ramones” ed “Espinoza”, “Gonzales” e “Sanchez” da far invidia a un'anagrafe!
A pensarci bene, avrebbe potuto premerli tutti e chiedere di Javier, ma nel caso ce ne fosse stato più di uno nel palazzo, sarebbero stati guai. Potè quasi percepire il proprio corpo sudare freddo, la testa permeata di pensieri bui, certo che non avrebbe mai più rivisto la propria scheda di memoria, neanche avesse avuto al suo interno qualche segreto di stato. Ma a giudicare dall'espressione sconsolata dell'irlandese, quella era una tragedia. Una tragedia greca che lo fece imprecare un paio di volte, indeciso sul da farsi mentre avvicinava a un campanello o all'altro il dito, senza tuttavia riuscire a premerne nessuno.
Avrebbero potuto scambiarlo per uno stalker! Sì, uno di quei pazzi depravati che dopo aver conosciuto un ragazzo in discoteca, lo pedinano come fosse una loro proprietà, illudendosi che un giorno lui sarebbe stato loro. La cosa lo fece rabbrividire e arrossire non poco per l'imbarazzo.
Non si accorse di una presenza alle proprie spalle, talmente silenzioso da poter aggredire il più feroce dei predatori, senza nemmeno farsi percepire.
Che diavolo ci fai tu qui?”
Per poco Bryan non fece un infarto nel riconoscere la voce di Javier alle proprie spalle, emettendo una sorta di squittio non ben definito per lo spavento.
Nel voltarsi a guardarlo, avrebbe voluto imprecargli dietro con tutta la rabbia che provava per ciò che lui gli aveva fatto, ma riuscì solamente a fissarlo per diversi secondi, la bocca aperta con le parole morte in gola, lo sguardo a posarsi sul corpo dello spagnolo come si fosse trovato davanti una statua greca. Un respiro, due, tre, tutti nel tentativo di sbloccare gli insulti che avrebbe voluto vomitargli addosso di violenza, ma nulla. Solo un'espressione da pesce lesso e una sorta di bagliore negli occhi per quel corpo stupendo.
Le gambe fasciate dai jeans fin troppo aderenti, a vita bassa, quelle spalle che spuntavano fuori dalla canottiera, costituita da troppa poca stoffa, praticamente un filo accanto al collo, a percorrere dapprima le clavicole sul davanti, poi le scapole dietro, in una X non ben definita che lasciava intravedere praticamente ogni centimetro di pelle possibile almeno fin quando la stoffa non si allargava a coprire il ventre e la parte inferiore della schiena. Perché petto e parte superiore non è che fossero molto coperti visti quegli archi a tratti profondi, dettati da un tessuto morbido, di moda in questo periodo.
Inutile dire che Bryan sentì il corpo fremere. Ma perché si sentiva di nuovo in quel modo?! Forse perché detta molto francamente un tipo del genere non sarebbe passato inosservato nemmeno a un cieco? Che si trattasse di donne o uomini, chiunque lo avrebbe guardato, poco ma sicuro! Una pelle perfetta, addominali scolpiti, ma senza esagerare nel definire il tutto con un asciutto tonico e resistente. Perché ormai il “crash test” lo avevano fatto, sapeva quanto fosse resistente. Più lo guardava e più rimaneva imbambolato, non desiderando altro che l'ennesima notte assieme, come la precedente.
Javier sollevò le sopracciglia, sospirando poi nel scuotere la testa, quasi seccato.
Se sei uno di quegli stalker patetici che credono di essere il mio fidanzato dopo una nottata passata insieme, puoi anche girare i tacchi e andartene.” disse, fin troppo diretto, acido quasi.
Bryan scosse la testa per riprendersi, sfarfallando le ciglia per un istante. Sentì poi la scocciatura, perché di vera rabbia non si trattava, risalirgli lungo la spina dorsale.
Hai preso tu la mia memory card dalla macchina fotografica? E' da sta mattina che è sparita e ieri sera l'avevo lasciata nella macchina”
Ovviamente l'ho presa io”
Come fosse scontato e logico e si stesse beffando di lui. La cosa fece innervosire l'irlandese, che per quanto si arrabbiasse, diciamolo, con quel faccino rimaneva sempre e comunque fin troppo adorabile. Pose in avanti il braccio, la mano aperta con il palmo verso l'alto, diretto al vampiro.
Restituiscimela”
Javier si mise a ridere. La cosa spiazzò non poco Bryan, che per un attimo pensò di aver fallito miseramente nel proprio tentativo di minaccia e non avrebbe mai più rivisto la schedina. Non che si potesse dire il contrario.
Non ridere e restituisci ciò che è mio! Non si rubano le cose alle persone!” alzò la voce l'irlandese.
In risposta l'altro si avviò verso la porta d'entrata, cercando le chiavi per aprirla e poter salire nell'appartamento.
No. Ora tornatene a casa, bimbo.”
Un tono secco, deciso, di chi si oppone senza la minima ombra di dubbio e canzona pure. Sguardo di sufficienza per il vampiro, ancora una volta nel proprio ruolo del bello e tenebroso, tanto per cambiare, ma ripetiamo che lo scherzo è bello finchè dura poco e lui stava iniziando a calcarci troppo la mano.
Bryan tuttavia non si lasciò intimidire. Testardo finchè basta, sapeva a cosa sarebbe andato in contro, ma decise di provare comunque, aggrappandosi al braccio dello spagnolo, provando a strattonarlo più per riflesso psicologico che altro. Non aveva mai messo le mani addosso a nessuno, non era un buon motivo per iniziare.
Ho detto che la rivoglio!”
Javier non si mosse di un millimetro. Non solo per il suo essere visibilmente irritato, ma nemmeno per gli strattoni dell'irlandese, che ci rimase male non poco. Ok, o quello era fatto di piombo o la cosa era inspiegabile. Fosse pesato anche solo 70kg, almeno un po' avrebbe dovuto smuoverlo.
Per una frazione di secondo i loro sguardi s'incontrarono e Bryan ebbe il timore che Javier lo avrebbe aggredito. Cazzate sui vampiri a parte, avrebbe potuto rompergli un braccio o tirargli un pugno sul naso da un momento all'altro. Come sarebbe andato al lavoro con il naso rotto? Ma soprattutto come lo avrebbe spiegato a Miguel?
Chiuse gli occhi alla svelta, incassando la testa nelle spalle, voltando il viso di scatto per non essere colpito in pieno, spaventato dall'idea che avrebbe potuto fargli del male.
Eppure Javier sospirò di nuovo, deciso a salire in casa dopo aver aperto la porta. Bryan fu veloce nel capire che quello stava per defilarsi e s'infilò subito dietro di lui, senza volerne sapere di mollare la presa. In parte sapeva che avrebbe dovuto lasciar perdere, ma dall'altra voleva indietro quella schedina a tutti i costi.
Allora, me la restituisci?” chiese, retorico o quasi.
No”
Vide lo spagnolo avviarsi per le scale e lo seguì senza troppi preamboli, standogli appiccicato come una zecca, a costo di portarlo all'esaurimento nervoso.
Puoi anche provare a lasciarmi chiuso fuori, ma non me ne andrò finchè non avrò recuperato ciò che mi appartiene!”
Ennesima minaccia ed ennesimo sospiro da parte del vampiro. Che nervi quell'idiota, nemmeno la soddisfazione di farlo arrabbiare! Qualsiasi cosa Bryan gli dicesse, sembrava scivolargli addosso come acqua, senza fargli un graffio, rendendolo solamente più sexy ogni secondo di più.
Quando fu il momento di aprire la porta, l'irlandese si frappose davanti, impiegando il proprio corpo come scudo, le braccia allargate come avesse potuto davvero impedirgli di fare qualcosa.
Lo sguardo focoso e deciso per un attimo lasciò perplesso lo spagnolo, che tuttavia non sembrava intenzionato a lasciar continuare oltre quello stupido gioco.
Pensi davvero di potermi fermare?” chiese Javier, in tono di sufficienza.
Eccolo ripartire con quella stupida recita degna di Anne Rice e dei suoi personaggi. Anche uno come lui doveva avere dei limiti a quei giochi idioti e fin troppo fantasiosi, quindi no, Bryan non si sarebbe spostato di un millimetro, rimanendo a fissarlo seriamente, il più possibile minaccioso, per quanto la cosa potesse riuscirgli.
Apri bene le orecchie, vampiro dei mie stivali: il gioco è bello finchè dura poco! Mi sono divertito e se vuoi sfogare le tue voglie di cosplayer represso, non m'interessa, ma non muoverò un muscolo finchè non mi avrai ridato le mie cose! Potresti essere anche Thor in persona, ma non. Mi. Interessa!” rispose l'irlandese, alzando il tono verso la fine.
Bryan aveva notato quell'aria di sufficienza dell'altro e seppur apparisse piuttosto deciso, in realtà dentro sé il cuore gli batteva a mille. Preoccupato a morte che quello potesse fargli del male, le gambe non erano cedute per miracolo. Coraggio da vendere, nulla da dire, un degno rappresentante di casa Grifondoro, se si fossero trovati nel mondo di Harry Potter.
Lo sguardo fisso in quello dello spagnolo non durò a lungo, visto lo sporgersi di Javier nella sua direzione, lento nel piegare appena il busto, cercando con il viso quello di Bryan, arrivando al suo orecchio per mantenere un tono basso e melenso.
Riformulo la domanda: pensi davvero di potermi fermare?”
Era come essere passati dalla trincea della guerra mondiale al bordello più lascivo della città in un nanosecondo. Quel tono caldo, sensuale, misto alla vicinanza dei loro corpi, per poco non lo fece cadere a terra sulle ginocchia. Brividi lungo tutto il corpo nel tentativo di rispondergli a tono, di imporre il proprio volere e di contrastarlo in tutti i modi possibili. Modi che si trasformarono ben presto nei peggiori pensieri lascivi immaginabili. La testa era partita da un pezzo, per non parlare del fisico, già in trazione da quando si erano incontrati al pianterreno. Bryan ci provò a trattenersi, ci provò con tutte le proprie forze fin quando non si ritrovò le labbra di Javier sul collo, intento a baciarlo in modo fin troppo spinto, ansimando qualche parola a caso, non ben definita.
La mossa successiva per il vampiro fu aprire la porta senza la minima difficoltà e senza volerne sapere di staccarsi dalla preda, perché a dirla tutta, il caro Bryan era finito dalla padella nella brace. Senza ormai un briciolo di integrità mentale, il pensiero della memory sembrava lontano anni luce per l'irlandese, che pareva non desiderare nient'altro che il corpo dell'altro, come ne avesse una necessità impellente, aria dopo diversi minuti in totale assenza.
Le proprie labbra cercarono quelle di Javier, più concentrato invece in altre zone del viso e della parte alta del corpo, come stesse decidendo dove soffermarsi, che rispose alla sua ricerca con nervosismo, soffiando come un gatto, mostrando i denti affilati e appuntiti. No, non le aveva tolte quelle dannate protesi, erano ancora lì.
Ovvio che Bryan lo squadrò qualche istante, cercando poi di infilare le mani al di sotto della sua canottiera per poterla levare, se non fosse stato bloccato dallo spagnolo con una salda presa sui polsi.
Perchè la rivuoi? La scheda, intendo.” chiese Javier, senza il minimo accenno di fiatone.
A differenza di Bryan, già perso con la mente, intento a fissarlo tra i sottili ansimi di piacere, come se si fosse ricordato ora della memory.
Ci sono le mie foto. I miei ricordi. Ci sono cose importanti che desidero mantenere vive.”
Perché le fotografie per lui erano vive, come fosse riuscito a intrappolare parte di qualcosa in quelle immagini, avendone catturato l'essenza in modo che nonostante il cambiamento nel tempo, quella parte di anima sarebbe rimasta lì, inalterata. Un pensiero profondo e filosofico, certo, e molto importante per lui che della fotografia ne faceva la propria ragione di vita, assieme alla cucina. La cucina è per rendere felici gli altri, la fotografia per sé stesso.
Per un attimo gli parve di vedere una scintilla negli occhi di Javier, qualcosa che non gli aveva mai visto addosso, come se lo avesse scosso più del previsto.
Facciamo un patto: io ti restituirò la tua roba, se riuscirai a riprenderla con la forza.” riprese lo spagnolo, estraendo dalla tasca memory e custodia in plastica trasparente.
Come la vide, gli occhi di Bryan si sgranarono e ancora peggio fu quando vide l'altro sollevarla sopra alla testa, guardandolo con quell'evidente aria di sfida, più che mai deciso a risolvere la cosa con uno scontro fisico.
L'irlandese era quasi convinto di lanciarglisi addosso, ma sapeva che se non era riuscito a smuoverlo prima, poco ci avrebbe risolto ora. Quindi optò per una mossa intelligente, o almeno così gli era parsa. Cercò non solo di agguantare la schedina saltando, per coprire la loro differenza di altezza, ma di fatto l'idea era quella di arrampicarsi letteralmente addosso a Javier, pur di riprendere ciò che era suo.
Nulla di più sbagliato. Quella vicinanza era una tentazione, sarebbe stato impossibile riuscire nell'intento senza arrossire o ritrovarsi con il corpo bloccato dalla vergogna. Insomma, avere addosso uno che nell'arrampicarsi si struscia addosso in quel modo, non si sarebbe certo potuto dire poco imbarazzante.
Non mi hai chiesto che ti succederà se dovessi perdere” incalzò Javier.
Non ne ho bisogno.”
Talvolta la testardaggine di Bryan lo faceva sragionare. Non aveva accettato che fosse un vampiro, figurarsi fermarsi dal raggiungere il proprio scopo per una persona comune. Va bene, forse Javier non si era mosso di un millimetro quando lui lo aveva provato a tirare per il braccio, ma doveva essere sicuramente un gesto calcolato, qualche impiego particolare della forza come viene insegnato nelle arti marziali o roba simile. Bravo a recitare e abile nelle arti marziali, peggio di così non sarebbe potuta andare!
Provò di nuovo a fargli abbassare il braccio, aggrappandosi con tutto il proprio peso, sollevando le ginocchia per far sì che i piedi non toccassero terra, ma nulla da fare. Così come non risolse nulla nel cercare di porre il piede su una delle sue gambe, ben dritte e fin troppo scivolose. Non voleva arrivare a fargli del male e detta francamente, nemmeno ci sarebbe riuscito.
Bryan iniziò davvero a sentirsi impotente. Quante storie per una stupida memory card da quattro soldi! Si erano messi a litigare come bambini per una questione così futile.
Non gli restava altro da fare. Lo sguardo vittorioso di Javier era qualcosa di talmente irritante, che la propria testardaggine sapeva gli avrebbe fatto commettere cose stupide. Ma quella sottospecie di Batman fasullo voleva la guerra e lui glie l'avrebbe data!
Il corpo si mosse da solo, appiccicandosi a quello dello spagnolo nel tentativo di provocarlo. Gli sarebbe bastato strofinarsi appena contro di lui per ottenere la reazione che voleva, quello era sicuro. Le braccia portate sulle sue spalle, attraversavano la sua figura per far si che le mani poco dietro intrecciassero le dita tra loro, in una posa da quadretto romantico o quasi, come una ragazzina innamorata, mentre i baci successivi vennero elargiti come un cucciolo alla ricerca di attenzioni da parte del padrone. Prima sul collo, sottili, dolci, provocanti, poi sul viso, sempre più vicino alle labbra, ricercando quel contatto flebile, un tentativo di cedimento da parte dell'altro, che a giudicare dalla muscolatura, parve rilassarsi.
Venduto finchè bastava l'irlandese, ma se avesse potuto recuperare i propri averi, sarebbe stato disposto a far cedere l'avversario anche in quel modo.
Sentì il corpo di Javier reagire, nonostante avesse già preso lui stesso ad ansimare sottilmente, la presa delle sue mani sulla propria schiena, come a tentare di avvicinare i loro corpi ulteriormente, salda e passionale a differenza dei gesti di Bryan, quasi timidi in certi punti. Aspetta...mani? Se lo spagnolo le stava impiegando entrambe, la memory doveva essere stata posata da qualche parte, oppure era ancora tra le dita di una delle due.
Con uno scatto, Bryan cercò le mani di Javier con le proprie, facendogliele aprire per controllare dove fosse l'oggetto tanto ambito, ma nulla, nemmeno l'ombra della scheda. Quindi diede un'occhiata in giro, decidendosi infine a tornare a fissare il suo viso e al di sopra.
Rimase paralizzato nel vedere che la memory era ancora lì, a diversi centimetri sopra le loro teste, intenta a levitare come per magia. Ma non fu solo quello a sconvolgerlo, no, la cosa che lo fece immobilizzare, fu il sottile strato di una sostanza rossastra semitrasparente, ad avvolgerla, come un liquido disperso in quella bolla di acqua e aria, dai filamenti ben definiti, che si spostavano a destra e sinistra. Fumo liquido, rosso, ecco cosa sembrava.
Ovvio che così di primo impatto, pensò a un gioco di prestigio. Un sistema di calamite con liquido metallico o qualche vaccata simile, quindi spostò lo sguardo sul viso di Javier, con quell'aria da presa in giro tipica di chi è scettico, con tanto di sopracciglia sollevate.
Lo spagnolo sospirò ancora, socchiudendo gli occhi per qualche secondo prima di riaprirli e fissare Bryan con seria noia. Dal verde semplice che di norma lo caratterizzava, le iridi avevano assunto un colore rosso vivo, luminoso, un effetto mai visto prima nella realtà, solo nei film fantastici con tanto di effetti speciali a portata di schermo. Man mano che lo sguardo si illuminava con maggiore o minore intensità, la sfera di gas e liquido sopra di loro vorticava, facendo assumere forme fluide al pigmento rossastro e conformazioni sempre più strampalate alla stessa sfera, che da tondeggiante diventò prima dotata di punte della stessa trasparenza, poi quadrata, poi piramidale e via dicendo.
Il cervello dell'irlandese impiegò diversi secondi a realizzare che era davvero Javier a modellare quella struttura di natura non ben definita a seconda del suo volere, senza nemmeno aver bisogno di impiegare le mani, ancora ben salde sui propri fianchi.
La reazione fu semplice e più naturale del previsto: Bryan cacciò un urlo degno di una banshee e di lì a poco tutto si fece nero, lasciandolo privo di sensi tra le braccia di quello che ormai aveva realizzato essere davvero un vampiro.

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