Total Drama: How to make a ‘reality’

di Le VAMP
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First: Follow the wave ***
Capitolo 2: *** Second: Study the market ***
Capitolo 3: *** Third: Love your public. Always ***
Capitolo 4: *** Fourth: Sacrifice yourself for your character ***
Capitolo 5: *** Fifth: Make United Front ***



Capitolo 1
*** First: Follow the wave ***


First: Follow the wave

Chiunque avesse lavorato alla sceneggiatura di Total Drama sapeva che c’erano quattro regole fondamentali:

1) Ogni stagione doveva essere divertente. I pezzi grossi s’erano messi d’accordo che l’idea di Hawkins[1] necessitava di venire incontro ad un pubblico ampio; un pubblico fatto di giovani, e per questo la serie si componeva di gags demenziali, canzoni, ogni tipo di stereotipo sulle nuove generazioni ed eccentricità

2) Spettacolarità. Che si trattasse di qualcosa di grezzo come un rutto interminabile, una catena di vomiti o un giro intorno al mondo la cosa fondamentale era che tutto ciò che poteva essere spettacolo doveva essere spettacolo

3) Romanticismo. Dalla prima stagione s’era deciso che ci sarebbe stata una coppia protagonista, due star, due personaggi che si sarebbero prese le attenzioni e la maggior parte dei pettegolezzi

4) Sadismo. McLean aveva su di sé la responsabilità di rappresentare un business-man che facesse da capro espiatorio alla troupe e ai produttori che ci lavoravano dietro: per il pubblico era il boss di Total Drama, il conduttore che prevaleva su tutti, che maltrattava gli assistenti e i concorrenti e che, soprattutto, lo facesse conquistando il cuore degli spettatori

Da pomeriggio si era fatta sera, Hall[2] non aveva scritto nemmeno una parola di quella che doveva essere la quarta stagione. Batteva il piede a ritmo delle lancette dell’orologio, teneva una matita fra i denti e fissava a turno lo schermo del portatile o il foglio che teneva a fianco.
Alla fine quella decisione sarebbe giunta: dovevano cambiare cast.
Dirlo ad Hawkins la mattina seguente non fu molto facile; prima di tutto perché doveva trovare un momento in cui fosse libero. Appena giunto agli studios gli stette col fiato sul collo e lo seguì in giro per i corridoi sostenendo che c’era da discutere di un argomento piuttosto importante; alla fine riuscì a farsi dire: “ci vediamo nel mio ufficio a mezzogiorno”.

Era il momento migliore della giornata; la luce del sole illuminava la stanza e rendeva cocenti le moderne sedie girevoli in pelle.
«Hai iniziato a scrivere qualche bozza?»
«Non ancora, però-»
«Ti sei consultato con Barney? Era questo di cui volevi parlarmi? Quel pezzo di merda ha intenzione di tornare su Wawanakwa, investire tutto in quel set ed inserire animali mutanti. Ci costerà un sacco di soldi» e senza nemmeno starlo ad ascoltare si mise cercare dei fogli nei cassetti. Hall fu costretto a prorompere nel discorso:
«Ci serve un nuovo cast» e allora l’altro finalmente si interruppe. Lo fissò incredulo per qualche secondo, come uno stoccafisso.
«Stai scherzando, vero?»
«Pensaci, per favore. I contratti che abbiamo non possono più garantirci nulla, Wilson si è fatta più debole; il triangolo tra Barlow, Nelson e Fahnlenbock[3] l’abbiamo spolpato fino all’osso, mi ha stancato e sono pronto a scommettere che abbia stancato anche il pubblico; in più abbiamo l’agente di Crown addosso che vuole farci causa per lo stato mentale di quella poveraccia. Cosa ne pensi, Bob?»
Questo ebbe da sospirare. Stette a riflettere: forse non aveva tutti i torti. I newcomers dell’ultima stagione al momento non avevano altro da mostrare; Obonsawin[4] si era rivelata un fiasco e tecnicamente Burromuerto era ridotto in cattive condizioni per il loro pubblico, quindi non avrebbero potuto sfruttarlo per un po’ di tempo.
«McLean ed Hatchet restano» gli puntò il dito addosso come se volesse minacciarlo, e infine lasciò Hall tutto solo.

Il business prevedeva cose del genere: decisioni da prendere in maniera frettolosa, istantaneamente, cogliere l’attimo e saper andar incontro ai colleghi.
Che lavoro frustrante.

 


[1] Ipotetico produttore di Total Drama, seguendo un approccio realistico

[2] Ipotetico sceneggiatore della serie

[3] Ipotetici cognomi dei personaggi -per quei personaggi che non hanno dei cognomi propri-, che in realtà corrispondono a quelli dei loro doppiatori originali; quindi: Heather Wilson, Courtney Barlow, Duncan Nelson, Gwendolyn (Gwen) Fahnlenbock ed Isabella (Izzy) Crown

[4] Sierra Obonsawin

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La scelta del contesto sulla quarta stagione deriva da due cose: la prima è che si tratta dell'ultima che ho seguito, la seconda è che questo caso rappresenterebbe il primo in cui, in un certo senso, si ripete tutto da capo; con la differenza sostanziale rispetto alla prima stagione che ora c'è qualcuno con più esperienza che ha qualcosa da dire a proposito di questo mondo. 

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Capitolo 2
*** Second: Study the market ***


Second: Study the market

Ci vollero più di cinque mesi per preparare i nuovi personaggi e cercare nuovi attori. I veterani non avevano reagito poi così male nel sapere che avevano chiuso: molti di loro erano soddisfatti di tutto quello che avevano costruito in quei tre anni –i ritmi di produzione erano incredibilmente veloci–; approfittavano della celebrità per realizzare progetti personali, qualcuno si lanciò per davvero nel campo della musica (McGrady non scherzava quando diceva di voler incidere dei dischi), ed altri erano semplicemente stanchi.

Fu presa un'importante decisione sul nuovo cast: la maggior parte di loro sarebbero stati dei dilettanti. Avevano calcolato i rischi, ma alla fine fu considerata l’idea di rendere i personaggi scoppiettanti e realistici, per rendere tutto ancora più assurdo e spettacolare. Sarebbero stati personaggi veri, tranne che per due attori: i due finalisti Cameron Corduroy Wilkins e Rudolph "Lightning" Savage sarebbero stati attori di quel circolo -dovendo scontrarsi fino all’ultimo episodio i produttori avevano preferito non rischiare- e le due star ovviamente, la coppia di turno: Mike Doran e Zoey Moore[1]: forse fu anche per questo motivo che il numero di concorrenti era stato dimezzato.  

Ad esempio Dakota Milton e Samson Froud erano per davvero una ragazzetta ricca di città e un nerd appassionato di videogame: i giovani spettatori si sarebbero immedesimati maggiormente!
Anche se, dovevano ammetterlo, c’erano dei casi piuttosto particolari, per l’esattezza tre.
Il primo riguardava un soldato proveniente dall’esercito, Brick McArthur, un ex cadetto che avrebbe dovuto infondere simpatia nelle forze armate; aveva accettato di recitare delle gags anche piuttosto imbarazzanti sul conto del suo personaggio, sarebbe stata una bella sfida.
Mai arduo quanto l’incarico di Scott Wallis: veniva dalla campagna, e a lui era stato affidato il personaggio “villain” della stagione. Erano di quelle folli idee che vennero ad Hall e al regista mentre cercavano un volto che potesse incarnare il nuovo cattivo e furono colpiti dall’ispirazione: di tanto in tanto capitava anche negli studios che qualcuno si credesse un vero artista; e per ultima c’era Dawn Medrek, che dovettero rivoltare come un calzino affinché assomigliasse al personaggio stravagante di una famosa saga fantasy: il carattere dell’attrice era perfetto, i produttori l’avevano inizialmente vista come un’ottima garanzia di profitto per avvicinare i giovani appassionati del sovrannaturale, e c’era perfino qualcuno che ammetteva di voler investire in qualche effetto speciale spettacolare…probabilmente questo qualcuno non aveva tenuto in considerazione i costi per le spese chirurgiche che aveva affrontato la ragazza.

I provini furono registrati e mandati in onda per circa un mese, si avvicinava il giorno in cui sarebbe stata girata la prima puntata. Durante la cena d’inaugurazione erano tutti lì, nuovi e vecchi “concorrenti”: tutti loro erano divenuti delle celebrità grazie a quel reality. A quale prezzo?
Nessuno del nuovo cast se lo stava chiedendo, impazienti di lavorare e stare al contratto che avevano firmato, il famoso contratto che, nel loro caso, li avrebbe incastrati alla Starsky per una stagione; la paga era buona: dovevano solo vendere la loro immagine e costruire il personaggio che gli era assegnato anche fuori dallo show.
Anche Beth Gadon era lì, disfattasi degli occhiali e dell’apparecchio, mentre scherzava su come ora le servissero delle lenti: prima ci vedeva benissimo, purtroppo le cose per lei andarono male da quando le chiesero di indossare occhiali veri per rendere il tutto più realistico. Erano affamati di realismo, tutto quello che accadeva doveva essere verosimile agli occhi degli spettatori, dovevano soffrire davvero insieme ai loro concorrenti preferiti.
Ognuno per quella sera s’era trovato qualcuno con cui discutere: i due futuri finalisti parlavano fra loro e Rudolph Savage andava lamentandosi per la parte del palestrato senza cervello che gli era stata assegnata; non poteva credere che gli avessero dato un ruolo così stupido, tuttavia vi era costretto: il contratto era ottimo e gli serviva un trampolo di lancio sperando che qualcuno lo notasse.

Improvvisamente McLean entrò nella sala furibondo, borbottando tra sé e sé
«Che branco di incompetenti, stanno cadendo troppo nell’assurdo. Saranno investimenti inutili, sì, andrà a finire male» si prese un bicchiere di champagne che servì per il brindisi a cui mancò, lo bevve d’un sorso e poi se ne andò, lasciando parte degli invitati perplessi.

Non poté mancare il duo dei super cattivi che andarono a studiare il loro “discendente”: sembrava fin troppo pensieroso per buttarsi nel mondo dello spettacolo.
«Signor Wallis?»
Che non l’avesse sentita o non le volesse rispondere era comunque un brutto segno. Sia Wilson che Burromuerto, perfettamente in salute ed elegantemente abbigliato come tutti gli altri, decisero di sedersi vicino al novellino per capire se sarebbe stato in grado di gestire le nuove situazioni.
«Voi vi siete costruiti un piano d’azione o avete lasciato tutto ad Hall? Io non ho mai pensato a vere e proprie strategie…che dovrei fare?» era visibilmente turbato. Non riusciva a sostenere entrambi gli sguardi, teneva una mano poggiata alla nuca.
Heather fu la prima a intervenire e spiegare in fretta come stavano le cose:
«Il punto è guadagnarsi l’odio del pubblico. Ci sono tanti ragazzini idioti che seguono il programma: il nostro è uno dei ruoli più facili» facili da recitare, non da sostenere. Sarebbe stato tutto più semplice se i loro contratti fossero stati quelli di comuni attori, per questo comprese appieno la risposta del ragazzo maggiormente inquietato
«Stiamo scherzando? È la nostra faccia che mettiamo, non stiamo recitando la parte di qualche personaggio. Intendo: lì mi conosceranno come Scott, e Scott è il mio nome!» ed allora fu Alejandro a dire la sua, poggiandosi sulle ginocchia per raccogliere i propri pensieri
«Qui dipende da come riesci a lavorarti i produttori. Nel programma vogliono tre cose: demenzialità, sadismo e pettegolezzi. Sono stato io ad avere l’idea di inserire quel tipo di relazione tra i nostri due personaggi» indicò con un cenno la collega Wilson «perché non mi piaceva tutta quell’invincibilità che mostrava “Alejandro” nello show, volevo alleggerire. Gli ho convinti parlando di quanto potenziale avesse un problematico rapporto con Heather come rivali alla pari, poi loro hanno insistito per mettere in mezzo un inserto romantico e ci siamo sistemati così, anche se non era proprio quello che avevo in mente. Devi conoscere il mercato»

In quel momento giunsero le sceneggiature delle prime due puntate, entrò James Hall con i colleghi e lo stesso Hawkins che andò a congratularsi personalmente con le nuove star e tutti gli operatori che si trovavano lì: ciascun attore ne ottenne una copia. I tre villains lessero insieme la parte, e dopo qualche occhiata scettica venne la resa finale della signorina Wilson
«Perfetto, dovrai giocarti tutto sull’ignoranza»
«Vorresti insinuare qualcosa?» a quella reazione piccata ella si spiegò meglio
«Crea un buon contrasto. Se reciti la parte del cattivone maldestro vedrai che riuscirai a guadagnarti una buona fetta di pubblico, se proprio non vuoi scatenare l’odio degli spettatori»

Oltre a quel confronto c’era anche quello tra Sierra Obonsawin e Zoey Moore: le stava spiegando come era nata l’esigenza di costruire il suo personaggio
«Diciamo che oltre a rappresentare la figura della tipica “fangirl” scatenata serviva qualcuno che sostituisse le pazzie di Isabella…stava diventando sempre più complicato gestirla secondo le sceneggiature previste»
«E poi? Non ti hanno voluta più?»
«Non so, forse sono arrivata troppo tardi. Comunque non preoccuparti, sono sicura che tu invece andrai benissimo» ma dietro quell’occhiolino ci vedeva una persona che soffriva.

E la giovane ci stette a pensare per un bel po’ di tempo. Ci pensò fino a quando arrivò il giorno in cui dovettero girare la prima puntata: le vennero dei terribili crampi quando aveva i truccatori attorno che ultimavano i preparativi, dovette prendere dei medicinali.
Andò in giro per il set a ripetere le battute, guardare cosa facessero i macchinisti, ed ebbe anche l’occasione di stringere la mano a Doran –con cui non aveva avuto modo di parlare durante la cerimonia–: era la nuova "gallina dalle uova d'oro" dei produttori. Certo, gestire cinque personaggi in uno non era roba da niente.
Prima che arrivasse il segnale del regista e iniziassero le riprese ci fu Hall ad andare incontro ai due ragazzi e prenderli per le spalle: «Mi raccomando: occhioni dolci dai primi minuti. Il pubblico è vostro».

3, 2, 1…Ciack, si gira.


[1] Cognome fittizio

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Invito all'ascolto, in particolar modo per i due capitoli successivi oltre che questo, del brano
Psycho Circus dei Kiss, portare attenzione al testo e provare a dare un'interpretazione. 

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Capitolo 3
*** Third: Love your public. Always ***


Third: Love your public. Always.

Era stato colpito al viso dalla palla di neve sbagliata e Dawn Medrek gli si era avvicinata: «Hai avuto un’infanzia difficile, non è vero?»
Heather Wilson accigliò lo sguardo concentrandosi su ciò che le mostrava lo schermo della sua televisione: quindi era così che avevano deciso di agire. C’era da dire che si erano mossi subito a sua differenza; ne aveva sopportato di cotte e di crude lei prima di farsi accettare. Forse quei dannati sceneggiatori avevano imparato la lezione su cosa volesse dire umanizzare un cattivo che non potesse mostrarsi diversamente da com’era nel reality, magari il novellino li aveva convinti a renderlo più goffo anziché “malvagio”, oppure la sua vicenda, quella della “Calcolatrice”, era servita a qualcosa.
D’impulso Heather spense quell’aggeggio e si alzò dal divano, poi cercò nel guardaroba i suoi costumi di scena e una volta cambiatasi prese una piccola videocamera; schizzò veloce nella sua camera da letto.

La sistemò su un treppiedi, sedendosi infine sul letto e strofinandosi di continuo le mani. Stava per compiere un atto estremamente rischioso, ma sentiva il bisogno di agire in qualche modo. Tra poco sarebbe partita la registrazione.
«Tecnicamente starei per realizzare qualcosa che non rispetterebbe i miei obblighi contrattuali, ma non riesco più a starmene buona…sento la necessità di sfogarmi almeno in questo video che prego, a chiunque capiti di guardarlo, che rimanga privato» fece una pausa, un lungo sospiro.
«Anni fa, prima di essere coinvolta nel progetto di Total Drama, ero un’ingenua ed ambiziosa attrice proveniente da una rinomata accademia che sperava di sfondare nel mondo dello spettacolo: quando lessi che tra le parti volevano qualcuno ad interpretare “la Calcolatrice” dello show mi interessai immediatamente alla faccenda; ma non sapevo che firmare un contratto della Starsky volesse dire condizionarti la vita per sempre»
Lavorare insieme a tutti loro era stata un’esperienza incredibile: fare la parte dell’attaccabrighe, ripetere numerose volte le scene in cui maltrattava Lindsay e Beth perché tutte e tre cominciavano a ridere a crepapelle non appena aprissero bocca, e poi girare l’episodio in cui doveva mettere in difficoltà Gwendolyn e farle credere di aver filtrato con Trent fu la parte più divertente; peccato che fu l’ultima: gli spettatori non sapevano nulla, nessuno conosceva le loro risate sul set.
Tutto cominciò quando i giorni successivi cominciò a tenere in considerazione delle misteriose minacce di morte che alcuni squilibrati le inviavano prima sui suoi profili Internet, poi da anonimi come messaggi sul cellulare.

Quando una sera rientrò a casa sua, ultimate le riprese quotidiane, trovò le uova spiaccicate sui vetri delle finestre. In quel periodo preferiva coprirsi ogni volta che usciva, non farsi riconoscere, ed il suo umore cambiava; si stava trasformando sempre di più in Heather di Total Drama. Un solo evento la fece tornare in sé: la sfuriata di Lindsay Mills nella puntata in cui doveva essere eliminata. Non era stato detto a nessuno di quel cambio di programma, l’attrice ed Hall se l’erano tenuti per loro, e il risultato fu un’ottima interpretazione da parte di tutti il cast: erano per davvero sorpresi. Quando udì gli applausi della troupe e comprese che la ripresa era conclusa andò personalmente a congratularsi con la ragazza e si strinsero le mani.
«Hai dato una bella svolta…complimenti»
«Con questo dovrebbero lasciarti in pace per un po', Wilson» e con ciò le sorrise, quella volta fu l’ultima in cui la vide tanto serena sul set.
Le aveva fatto un gran favore: quando un eroe si vendica in qualche modo di un cattivo il pubblico si calma, e se il pubblico è sereno i produttori sono al settimo cielo. Da allora diede il suo meglio, tornò la Heather crudele di sempre, fino all’ultimo episodio in cui le rasarono i capelli –per quella scena dovette solo tagliarseli in modo che la maschera di gomma aderisse per bene al suo capo–, ma a qualcuno dei loro spettatori l’idea doveva essere piaciuta così tanto da scassinarle la porta, rapinarla, e riempire la sua casa di parrucche prese da qualche costume di Halloween. Si ricordò, appena fu assunta, di un’indicazione che diedero a tutti loro: “qualsiasi cosa possa accadere, amate sempre il vostro pubblico. Se qualcuno dovesse fare mosse azzardate ci andremmo di mezzo tutti. Tanto prima o poi finirà tutto, si dimenticheranno di voi e potrete intraprendere altri ruoli”. Si ritrovò con le mani legate.
Non fu facile riprendere a girare la seconda stagione poiché Heather Wilson se ne stava sempre in casa, preferiva non uscire, e quando tornò al lavoro fu terribilmente pericolosa: era adirata, e aveva assunto un agente.
«Se non tenete a bada la crudeltà della Calcolatrice mi ritirerò dal programma. Contratto o non contratto» sbatté i pugni sulla scrivania.
Del resto c’era un nuovo aspirante cattivo che né James Hall né Bob Hawkins volevano minimamente prendere in considerazione, ma alla fine, date le circostante, furono costretti ad accettare: per un po’ ci fu Justin Reid a coprire il ruolo del villain, e diedero a Wilson una tregua. Non andò poi così male: quella svolta fu decisiva per l’idea di inserire un personaggio come Alejandro nella stagione seguente.
«E con questo non ho nient’altro da aggiungere, spero soltanto che un giorno Hawinks e quelli della Starsky comprendano quanto possa essere fatale etichettare un attore e continuare la farsa fuori dal set»

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Capitolo 4
*** Fourth: Sacrifice yourself for your character ***


Fourth: Sacrifice yourself for your character

Sarebbe piuttosto strano per gli appassionati del programma sapere che tra Duncan Nelson, Gwendolyn Fahnlenbock e Courtney Barlow la vera punk sia proprio quest’ultima.

Chi l’avesse vista in quel momento avrebbe continuato a non crederci neppure così: dis-impegnata a scrivere una nuova canzone, con la sua vecchia chitarra acustica, buttatasi sul divano e con i piedi poggiati sul tavolino. Era da giorni che non si preoccupava di lavarsi i capelli, né si curava di mettere in ordine la sua camera…odiava la Perfettina, l’aveva sempre odiata. Squillò il cellulare, e per alzarsi fece cadere qualcosa dal tavolo; quando la raccolse non cambiò affatto la sua smorta espressione che aveva da tempo sul viso: era una vecchia foto che la vedeva protagonista, lei e il suo gruppo musicale, con ciuffi rossastri, orecchini, piercing al naso e con un microfono tra le mani; il totale opposto del suo alter-ego.
L’evento veramente ironico, nel primo periodo in cui fu mandato in onda il programma, fu l’episodio in cui avrebbe dovuto infatuarsi del personaggio di Nelson, che a sua volta avrebbe mostrato alla ragazzetta il gusto di trasgredire: ad Hall –lo storico sceneggiatore– venne l’idea quando notò i due attori intenti a confrontarsi tra loro; infatti fu proprio Courtney Barlow ad insegnare al borghese e inesperto Duncan come si facesse ad essere dei veri punk, con i vari stereotipi che ne derivavano. E pensare che lei voleva solo un posto di lavoro che le garantisse il sostentamento della sua band –che fu costretta ad abbandonare–.
C’era Wilson al telefono, le aveva chiesto se le andava di passare a casa sua a guardare il quinto episodio della nuova stagione. Si vestì in fretta, facendo cadere una siringa sul pavimento: non se ne accorse nemmeno, quindi la lasciò lì ed uscì.

Si sistemarono con un po’ di cibo, bibite e quant’altro mentre aspettavano la messa in onda del nuovo episodio.
«Come va ultimamente? Qualche nuovo progetto?»
Barlow sbuffò. Da quando aveva lasciato alle spalle la sua carriera non aveva mai pensato di dedicarsi ad altro: le sembrava senza senso provare ad avere una vita normale quando mezzo mondo la conosceva oramai come l’isterica, la perfettina, la principessina Courtney. Era complicato essere presa sul serio, solo chi si ritrovava a fare la loro stessa vita poteva capire. Soltanto attori non creditati come loro.
«Nulla. Ispirazione zero. E tu?»
Avevano cominciato a parlarsi seriamente, quelle due, da quando la giovane andò a dire ad Heather che apprezzava il modo in cui avesse cercato di ribellarsi ai produttori: era stata tosta, l’aveva spronata ad imprimere il suo marchio.
Era accaduto infatti che dopo il suo intervento altri attori della serie cominciarono a cercarsi un agente come aveva fatto lei per tutelarsi, e da quel momento era stato deciso di parodiare la nuova situazione rendendo Courtney particolarmente fastidiosa nella seconda stagione facendole parlare di come i suoi avvocati avessero il coltello dalla parte del manico: quei bastardi erano riusciti a ridicolizzare un atteggiamento tanto umano quanto la difesa personale; per questo l’ex-punk le era andata incontro dicendole che l’ammirava. Il mercato, in fondo, era spietato.

Da allora, stavamo a dire, anche lei cercò di influenzare l’andamento del programma: aveva insistito perché inserissero un episodio legato al mondo della musica –e riprendere in mano una chitarra elettrica su un palco, seppur fosse uno stupido giocattolo, fu l’esperienza più bella che potesse desiderare sul set–; convinse perfino i produttori a puntare di più sul mercato musicale, e sebbene molti brani fossero perlopiù melodici finalmente aveva ripreso a cantare. Dava il suo meglio quando recitava la parte della ragazza isterica e viziata, soprattutto nel Tour: era in visibilio; quando tornava a casa si metteva a canticchiare da sola, e qualche volta proponeva nuovi testi da inserire negli episodi. Possiamo ammettere che scrisse oltre il 70% delle canzoni di Total Drama: aveva imparato a crescere, esprimersi in molti altri generi, aveva imparato a convivere con il suo personaggio finché non si fusero in una cosa sola: si divertiva ad impersonarla anche quando terminavano le riprese, spaventando e divertendo allo stesso tempo i suoi colleghi.

«Qualche volta li vado a trovare sul set...non hai idea, sono così teneri nei loro primi approcci, accidenti» il sarcasmo dipingeva un furbo sorriso sulle labbra della Calcolatrice «ricordi le prime volte che Anderson ci diceva di ripetere la scena da capo?» e l’altra le lanciò una stanca occhiata, stanca ma divertita: «Non va bene…poco espressivi! Voglio più vita, più vita!» si mise ad imitare il loro regista ingigantendo i gesti e compiendo ampi movimenti con le braccia, come se volesse gridare la sua esasperazione; scoppiarono entrambe a ridere, poi cominciò la puntata.

«Ah, ecco Bridgette» l’asiatica intrecciò le braccia, la compagna si mise ad indicarla: «Come nasconde gli scazzi lei credo che non sappia farlo nessun’altro. Forse solo Chris» e si misero a ridere di nuovo. Nessuno avrebbe mai creduto alle loro parole se avessero detto che la dolce surfista Bridgette Fairlie era un’irascibile giovane che perdeva spesso la pazienza, seconda solo a McLean per la capacità di mostrare tanti falsi sorrisi alla macchina da presa. Anche se, alla fine, non era male come persona: non riusciva a nascondere le sue risate nel vedere come Eva Chantrey la prendesse in giro. Se avesse potuto esprimere se stessa probabilmente non sarebbe stata nemmeno così; doveva essere colpa dello stress a cui tutti loro andavano spesso incontro. Quando l’episodio terminò furono alquanto perplesse: era difficile credere che si fossero sbarazzati di Dawn così presto.
Courtney continuò a rifletterci su prendendo altre patatine dalla ciotola
«Insomma, ci avevano investito tanti soldi»
«Forse non dovrei sorprendermi così tanto: iniziava ad avere problemi legali con Hawkins. Stava cominciando a diventare un po’ troppo...“ribelle”, forse era destino che la dovessero buttare fuori» quindi si mise a parlare delle ultime novità che apprendeva dagli studios. L’altra continuò a mangiare, affievolendo la sua meraviglia
«Ah sì, eh? Va a finire sempre così con questi stronzi»
«Un po’ mi ricorda quello che è successo a te: eri un osso duro alle tue prime esperienze» tutto ciò che ottenne dalla giovane Barlow fu un sorriso malinconico. Era stata sì un osso duro…

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Avevano bisogno di nuovi strumenti, e un po’ di soldi per assumere un manager. Un giorno le capitò sottomano un volantino in cui per un ottimo compenso cercavano alcune parti per realizzare un finto reality show, il ruolo che le interessò immediatamente fu quello del “Marcio”, anche la “Gotica” le sarebbe andata bene, ma il colloquio non andò nel modo migliore
«Che? E vorreste spiegarmi perché non posso avere io una di quelle parti?»
«Beh, mi dispiace signorina Barlow, ma i giovani di oggi vogliono il “ragazzo dannato” e la donna isterica, oppure vogliono una giovane malinconica, dolce, non come dice lei…il tipo di ragazza che vuole proporre lei non va molto di moda»
«Cosa?» incollerendosi non andò da nessuna parte, difatti la mandarono via. Quelli non capivano nulla, il suo era un modo di essere, non una moda. Alla fine, tuttavia, fu costretta a cambiare idea quando licenziarono la leader del gruppo dal suo lavoro: quel denaro sarebbe stato perfetto per investirlo nella loro band. Non sapeva che per recitare il ruolo che le avrebbero assegnato le sarebbe stato vietato di vedersi con i compagni in pubblico; probabilmente fu anche per questo che alla fine si allontanarono definitivamente da lei.
Lei odiava la Perfettina, all’inizio l’unico modo che aveva per riuscirle bene era farsi di eroina. Appena le avevano dato in mano il copione l’unica cosa che disse fu: “ma che razza di rompicoglioni è questa?”. Per i truccatori ed i costumisti della troupe era il loro progetto più ambizioso, alla fine se ne affezionarono come una figlia: dovevano spesso sistemarle il colletto, i capelli le vennero perfettamente tagliati e in ordine, privi delle loro ardenti ciocche rosse, e il suo viso divenne pulito. Ce n’era una, tra quelle truccatrici, che ora era in pensione: la vecchia Rachel sapeva come prendere ciascuno di loro, anche se li stava preparando ad esporli ad un grande pubblico. Era il macellaio che sussurrava parole dolci al bue prima che questo venisse massacrato.
L’unico modo per sopravvivere in quel mondo era fraternizzare con chi si trovava nelle sue stesse condizioni, l’aveva capito da quando si affezionò tanto a Duncan Nelson quanto all’intellettuale
 Gwendolyn Fahnlenbock: alla fine ebbero davvero modo di divenire buone compagne, spesso le aveva dato alcuni consigli su come rendere al meglio la sua parte. Gwen forse era una delle poche a cui il personaggio si associava davvero al suo carattere.

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Le sue memorie s’interruppero udendo la sconvolgente notizia data da Heather, che nel frattempo era andata a prendere dell’acqua:

«La sai una cosa? È diventata mezza sorda» si fece immediatamente seria. Dawn Medrek, l’aveva vista, era già da subito diventata una spina nel fianco di Hawkins: era risentita per quanto l’avessero resa diversa da come era prima, e spesso rinfacciava le battute del suo stesso personaggio facendogli perdere la pazienza, rendendosi fin troppo serena, a volte lo ripeteva quasi istericamente: “Andare contro Madre Natura non è mai una buona cosa”, e altre di quelle frasi da hippie che hanno come solo obbiettivo distruggere la mentalità capitalistica. Heather l’aveva vista: un avvenimento come quello le avrebbe fatto perdere la ragione.
«Davvero?» Barlow rispose con apatia, delusa. Delusa da tutti
.
«Nell'ultimo intervento ci ha rimesso un orecchio: quei rimbambiti volevano allungargliele come quelle di un elfo» Wilson aveva assistito all' ultima scenata che la ragazza avesse mai potuto permettersi sul set: la cicatrice, per quanto i truccatori fecero del loro meglio per nasconderla, si notava.
«Cazzo, mi ricorda un po' il caso di Owen. A quel poveraccio presto o tardi verrà un infarto» parlava dei casi in cui molti dei loro colleghi erano costretti a modificare il loro aspetto fisico, Owen McCord doveva essere uno di quelli in cui terminato il tutto ci sarebbe stato un istruttore a fargli recuperare una linea corretta; peccato che il ragazzo non ci riuscì, ormai il metabolismo del suo corpo era cambiato. La compagna non interveniva, quindi Courtney continuò a parlare tra sé e sé:

«E secondo me nemmeno quello nuovo è messo troppo bene»
«Intendi Beverly? Come, non l'hai riconosciuto? È stato il direttore della fotografia l'anno scorso»

In fondo Courtney Barlow non era da accusare: lì c’erano tanti di quei volti che andavano e venivano che la giovane attrice non ci faceva neanche più caso.

Dopo un po’ che stettero in silenzio alla fine fu Wilson ad avere l’ultima parola mentre cambiava canale: «Beh, ora è sicuro che quel Wallis se lo mangeranno vivo»
«Chi?»
«Quelli del fandom ovviamente»

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Faccio qui un appunto che probabilmente avrei dovuto fare prima, ma che ritengo importante metter in particolar modo ora: se non ho messo l'avviso OOC è perchè, così facendo, mi sarebbe sembrato di prendere in giro i ragazzi ed i problemi che vengono denunciati in questa fanfiction: qui, definirli IC o OOC vorrebbe dire, in un certo senso, giudicare le loro performance: quanto in questi momenti si stiano adattando al loro personaggio, legarli unicamente a ciò che sono nel reality, e piuttosto che cadere in questo paradosso ho preferito contraddire l'usanza che si ha qui su Efp 

PS: Visto che se ne è parlato nel capitolo (ovvero il punk) ne approfitto per consigliare un brano dei Sex Pistols, Anarchy in the U.K., con la relativa traduzione

Il prossimo capitolo sarà l'ultimo o il penultimo, devo analizzare un paio di cose...quest'avventura sta quasi per finire, spero che ispiri qualcuno a scrivere di piccoli aneddoti o avvenimenti curiosi riguardo il cast di Total Drama. Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Fifth: Make United Front ***


Fifth: Make United Front

«Si chiama subconscio, testa di salame»
«Stop! Di nuovo…riprova»
«Si chiama subconscio, testa di salame!»
«No no no, non ci siamo!»
«Si chiama subconscio!»
«Non va bene!»
«Io ho chiuso!»

Cercavano di far ripetere a Mike Doran le battute del vecchio Chester da più di un’ora: non gli piacevano come interpretava i suoi alter-ego quel giorno. Andò a finire che il ragazzo abbandonò il set incazzato nero.
McLean era lì, a vedere come andassero le riprese: era incredibile quanto gli somigliasse; così giovane e già così sfacciato. Eppure Chris non era del tutto estraneo a quegli impulsi di collera, ultimamente capitava spesso anche a lui.
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Probabilmente, quando era ragazzo, molti dovevano aver confuso la sua passione per le crime stories come qualcosa che andava a formargli una mentalità perversa: si stupì che tra questi ci fosse anche Hawkins.
Anni fa Chris McLean non era diverso dai ragazzi con cui aveva recitato in Total Drama: pieno di speranze e ambizioni. Fu così sin da bambino, quando spesso rispondeva alle domande poste dall’insegnante senza nemmeno alzare la mano; era impaziente di mostrare quanto valesse.
Aveva conosciuto Bob al college, quando ancora faceva parte dei Fametown: non avrebbe mai detto che avrebbe lasciato il gruppo per lui. Erano diversi, l’uno quieto e silenzioso, l’altro il suo opposto: McLean appassionato a Pulp Fiction in voga in quegli anni, Hawkins ancora legato alla Nouvelle Vague francese, eppure condividevano entrambi la medesima quantità d’ambizione, ma avevano strategie differenti. Erano come la cicala e la formica: Hawkins passava ore sui libri, preparava schemi, pianificava le persone con cui stringere legami, e presto riuscì ad inserirsi in una casa di produzione che vide la sua nascita negli anni ’80: la Starsky.
Christian al contrario cercava di vivere alla giornata: cominciava un lavoro, ne lasciava un altro, e nel periodo in cui fece il fattorino un produttore ci vide in lui qualcosa che l’avrebbe portato lontano: si trattava di quell’espressione così particolare, di quel sorrisetto da delinquente per cui fu scambiato spesso per un poco di buono.
Pochi sapranno, se non sua madre, che in realtà era diviso a metà tra la spensieratezza e un rigido codice morale acquisito dai primi anni di vita; e questo dualismo gli portava sempre guai: prima mentiva e poi si pentiva; prima rubava e poi rimetteva tutto al suo posto con un biglietto di scuse; prima si lasciava guidare dall’impulsività e si ritrovava coinvolto in risse, poi veniva colto dal rimorso e abbandonava l’avversario con le labbra spaccate dai suoi pugni; non gli era nuova l’accusa di essere un codardo.
Ci credette per molto tempo, fu il suo tormento più grande, il difetto che non riusciva a correggere: soltanto andando avanti con gli anni realizzò che quello che chiamava difetto, la ragione, era l’unico vero pregio di cui poteva vantarsi.
Prima cominciò come macchinista, poi trovò il modo di farsi notare...
La sua carriera da conduttore televisivo fu breve ed intensa: per cinque anni lo chiamarono a presentare un programma di canto, poi di cucina, e anche uno riguardante le macchine. Gli chiedevano spesso di mantenere “il suo tipico sorrisetto”, dicevano che avrebbe fatto impazzire gli spettatori: in quei tempi era lontano da casa, in U.S.A., e non si sentiva più con Bob da molto tempo, da quando lui se n’era andato a studiare proprio in America. Un giorno McLean lo rivide, ma preferì non parlarci: aveva compiuto la sua metamorfosi. Abbigliato di giacca e cravatta, intento a chiacchierare con alcuni vecchi a cui piaceva molto, l’avrebbero reso un pezzo grosso.
Quel giorno Chris fu particolarmente risentito, non seppe di preciso cosa gli accadde: si mise a fare battute di pessimo gusto, interrompeva i concorrenti, rideva sguaiatamente quando questi parlavano delle loro ambizioni.
Non troppo tardi lo cacciarono via, e per un po’ di tempo tornò a fare il fattorino a Saint John's, e di tanto in tanto qualcuno lo riconosceva; c’era perfino qualche ragazzetta che a vederlo faceva strani risolini: era conosciuto come “quel poco di buono di McLean”, e presto la sua fama lo precedette in maniera più concreta, come accadeva ai protagonisti delle gangster stories che lo appassionavano; ebbe anche diverse relazioni finite male.
Sfortunatamente il tempo continuava a passare, ed il giovane stava ormai raggiungendo la soglia dei trent’anni: a quell’età, allora come ora, si deve considerare il lavoro come un tesoro prezioso di cui essere gelosi, ed invece non riuscì a tenersi stretto nemmeno quell’impiego. In quella fase della sua vita se n’era tornato nella casa di sua madre che aiutava in pasticceria.

Si stupì la sera in cui Hawkins lo telefonò: voleva parlargli, aveva un grande progetto per lui. Si incontrarono la mattina successiva in un caffè; quel giorno McLean pareva un boscaiolo, era da un po’ che non si rasava.
Ricordava di aver aspettato Bob fino a che il sole non si fece caldo, e quando arrivò non lo riconobbe: era diverso, troppo sicuro di sé; stava facendo carriera alla Starsky. Quando gli disse che si trattava di un reality show in cui dei presunti concorrenti avrebbero superato delle sfide su un’isola e lui avrebbe dovuto impersonare il conduttore perverso e senza cuore storse il naso: «È un’idea costruita su di te Chris, dovrai solo tornare a fare lo stronzo in televisione»
«Non lo so Bob, non ho avuto molta fortuna l’ultima volta, e poi-»
«Andiamo, Christian, sono sicuro che invece sarà meraviglioso: qui ci sarà da riflettere, non sarà una comune parodia sui reality show! Anzitutto nessuno dei concorrenti vincerà quei soldi, perché voglio che chi ci guardi impari che inseguire il denaro porta solo ad un’infelice ricerca senza fine, e poi l’idea delle prove da superare…l’idea che uno ad uno i partecipanti vengano eliminati, un po’ come funziona nel mercato in cui il più debole ci rimette le penne; e dovrai rappresentare questo mondo perverso; avrai tu questa grande responsabilità»
«Non voglio» Chris lo fissò dritto negli occhi, sperando che almeno in quel modo lo ascoltasse. L’entusiasmo del vecchio amico si affievolì poco alla volta, fino a che questi non fece un lungo respiro e poi ricambiò l’intenso e severo sguardo
«Non sarà come l’ultima volta» e l’altro si fece nuovamente incerto, poi sentì nei toni di Hawkins una nuova speranza:
«James sa già cosa fare con te» era un sorriso estremamente convinto, quello di un calcolatore che aveva pianificato la sua vita.

I primi tempi in cui tornò agli studios gli sembrò d’essere in uno di quei sogni che aveva fatto da liceale: le luci, i numerosi operatori, e poi l’isola. Un ambiente selvaggio, metafora primordiale della lotta per la sopravvivenza, ci mise un po’ per esplorarla tutta. Anche i suoi occhi, in quei giorni, erano tornati a risplendere di speranza. Conobbe anche il famoso James Hall: scoprì che aveva partecipato a diverse collaborazioni, tra cui molti dei programmi che lo stesso McLean presentò; sapeva il fatto suo.
Ben presto Chris rivelò il suo caratterino: molti operatori già lo adoravano, lo consideravano “forte”, “uno a posto”, parecchi in fondo erano dei fortunati giovani che avevano avuto modo di trovare subito un posto di lavoro. Il problema venne quando dovettero ultimare di elaborare gli ultimi character design, e McLean si stava divertendo come suo solito mentre si stava discutendo dell’idea di creare un villain metodico ed infallibile: quello pensò al suo vecchio amico Bob
«Perché non ci costruiamo sopra un personaggio? Ci starebbe alla grande, sono sicuro che farebbe tanta strada» e li convinse, la maggioranza votò per realizzare un “Calcolatore” ad immagine di Bob Hawkins. Da quel giorno i due non si parlarono più.

In quel periodo conobbe Chef Hatchet, suo futuro partner: quell’uomo era quanto si mostrava in televisione, non aveva nulla da nascondere. Era un po’ burbero e un po’ sentimentalista; inoltre doveva mostrare sadici sorrisi falsi alla cinepresa quando l’avrebbero inquadrato nel preparare poltiglie ai ragazzi. Non ebbe modo di approfondire il rapporto col collega fino all'inizio della seconda stagione, quando dovette convincerlo ad indossare un abito da sera femminile di fronte alle telecamere: sarebbero diventati grandi amici da allora, e Hatchet l’avrebbe soprannominato, dandogli spintoni, il suo bambinone preferito.
Chris ebbe modo di notare la differenza tra loro, i conduttori, ed i concorrenti. Poteva dirsi fortunato nell’avere una parte studiata appositamente per lui: quei ragazzi dovevano sbattere la testa contro il muro per recitare ruoli che non gli appartenevano; dopotutto il budget investito negli attori non era molto alto confrontandolo a tutte le altre spese.
Tra questi ce ne fu una che cominciava ad attirare di sé interessati fischi di approvazione: tutti conobbero presto Lindsay Mills anzitutto per il dubbio che faceva venire riguardo la naturalezza delle sue forme; molti credevano che fossero interventi fatti appositamente per avere delle parti, e poi perché era una lontana parente di Hall.
In ogni caso una parte la ottenne: quella della pollastrella senza cervello. Fuori dal set era l’unica che non socializzava, che terminate le riprese si cambiava immediatamente e tornava a casa –si assicuravano tutti di non dare nell’occhio poiché il pubblico credeva che dormissero nel campus, ma lei pareva una ladra che doveva sparire dopo aver fatto un colpo–; quando McLean ebbe l’idea di invitare tutti i membri del cast a prendersi una birra insieme dopo una giornata di riprese lei fu l’unica a non partecipare. Nessuno conosceva come fosse il suo carattere fuori dal set, ma qualcuno diceva, di tanto in tanto, di udire dei pianti dalla toilette femminile. Il conduttore non ci mise molto a collegare quelle dicerie alle necessità dell’attrice di doversi sistemare il trucco ogni volta che stavano per girare; la tenne d’occhio per un po’. Dal giorno in cui notò che anche Heather Wilson scomparse in quei bagni vide che le due cominciarono a passare del tempo assieme. Una volta decise di intervenire anche lui: mentre la giovane stava per fuggire via com’era solita fare, egli la fermò un istante donandole due pacche sulle spalla
«Siete tutti straordinari, davvero: io non ce la farei a mostrarmi così diverso da come sono»
Poi, non seppe esattamente come accadde, ma la ragazza cominciò a nutrire un certo interesse nei suoi confronti; ogni sera iniziò ad aspettare che tutti se ne andassero per parlargli. Discutevano di molte cose: scoprì in Mills una fragile giovane donna che cercava di fare carriera per poter guadagnarsi l’indipendenza dalla sua famiglia, ed in particolar modo da James, suo cugino di terzo grado, che ogni volta era costretto a farle fare certi ruoli per garantire un certo profitto ai produttori tramite il fanservice.
Di una cosa, a quel tempo, McLean fu sicuro: cominciava a sentirsi terribilmente vecchio. Quando la ragazza cercava di avvicinarsi di più cresceva un certo disagio, proporzionalmente ad un’improvvisa ed infinita tristezza nel sentire le voci che principiarono a diffondersi tra i colleghi e che preferiva ignorare.

La sua storia lo spinse a riflettere: in quegli anni aveva sbagliato tutto. La costruzione di quel reality era sbagliata, il suo litigio con Bob era sbagliato, il mondo della televisione era sbagliato. Dovendo vendersi ad un mercato tanto crudele tutto ciò che potevano fare le vittime di questo mondo, ovvero chi ci lavorava, era cercare di farlo insieme. Una sera si spiegò finalmente con Lindsay Mills dicendole come stavano i fatti, e sopperì immediatamente la sua nascente delusione convincendola ad aprirsi agli altri; la stessa sera, inoltre, chiese perdono ad Hawkins.

Quando la ragazza litigò con Hall, il giorno prima di far cambiare per sempre il rapporto tra il suo personaggio e quello di Wilson, McLean ricordava che Mills chiuse la porta della stanza, lo notò per i corridoi, ed andò a ringraziarlo.
Non aveva mai capito il perché, se non dopo tanto tempo, quando vide che finalmente la giovane aveva cominciato a lottare: ogni giorno da allora iniziava, infatti, a trattare dei compromessi con gli sceneggiatori e i produttori per ciò che riguardava il suo personaggio, “la Gatta Morta”. Terminata la prima stagione furono tutti pronti per andarsene, e lei ebbe un modo suo di salutarlo: gli sorrise dicendogli che nemmeno lui era diverso da tutti loro; in fondo si mostrava alle telecamere come quel perverso e sadico conduttore che in realtà non era. Ricambiò l’insolito saluto.

Quello fu il primo giorno in cui Hatchet gli parlò fuori dal set: «ottimo lavoro McLean». Pareva alquanto soddisfatto. Passarono del tempo assieme finché non cominciò l’inizio della seconda stagione; ed una sera l’uomo andò a parlargli dell’idea di far interagire di più il suo personaggio con i ragazzi:
«Vorrei tanto dire ad Hall la mia idea: pensa, il cuoco che stringe un’alleanza con quel mezzo matto di DJ e lo spinge a diventare “uomo”. Che ne dici? Non so, più ci penso più mi sembra un’idea piuttosto stupida». Non credeva che, tra un singhiozzo e l’altro, il collega fosse in grado di rispondergli:
«Io credo invece che faresti una bella figura come maestro di Devon: ha un personaggio tutto stralunato quello, è carino che Chef Hatchet si prenda cura di lui».
Si mise a ridere mentre lo vedeva addormentarsi sul bancone: eccolo lì, il suo bambinone preferito. Stette in sua compagnia fino all’alba, quando riprese i sensi.
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McLean imparò a lungo da quei ragazzi, per questo gli dispiacque molto quando venne a sapere che sarebbero stati rimpiazzati. Erano cambiate molte cose: semplicemente ci volevano sempre più soldi per produrre la serie. Si sentì ancora più vecchio nel mostrarsi così incollerito e nostalgico dei “vecchi tempi”, in cui a rendere speciale quel programma erano i personaggi che ne facevano parte, non degli animali mutanti.
Girare “Total Drama: The Reverenge of Island” fu un’impresa sotto molti punti di vista, in particolar modo perché ci fu uno scontro di generazioni. Tuttavia, il caro “vecchio” Chris, aveva imparato la lezione: prima che Mike Doran se ne andasse lo fermò un istante, lo prese per una spalla e lo invitò per quella sera a consumare una birra insieme, dicendogli che c’erano delle cose di cui voleva parlargli.

Quella sera gli raccontò le sue esperienze fatte girando Total Drama, e di come ciascuno di loro lottava per sopravvivere al di fuori del reality.
Gli episodi continuarono ad essere realizzati: Hawkins notò con un sorriso che l’attore stava perdendo la sua presunzione e cominciava, ogni giorno che passava, a divenire più paziente e socievole con gli altri: il gesto della pacca sulla spalla cominciò ad essere comune anche al nuovo cast.

Sfortunatamente le cose non andarono sempre per il meglio: dopo la quarta stagione ci fu la quinta e poi la sesta, ma gli umori erano differenti poiché il denaro stava prendendo il comando, nemmeno Hawkins fu in grado di arrestare la sua tirannia: prima aveva infierito sui personaggi, poi sulla stessa Wawanakwa chiamata in seguito con un altro nome, che lasciò sempre di più il posto alle macchine. Non c’erano più anime in quegli studios, solo numeri e statistiche.
Ultimate le riprese di “Total Drama: Pahkitew’s Island” Christian McLean annunciò il suo momentaneo ritiro, ammettendo di necessitare di un po’ di riposo: in realtà era una decisione che voleva prendere da tempo, per questo Topher lo prendeva spesso in giro anche fuori dal set.
Era giunta l’ora di una nuova ondata; il mondo stava cambiando.   
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«Ok, carrellata all'indietro...ecco così! Immobili per qualche secondo e...»
McCord disse che aveva bisogno di scappare in bagno.
«Non posso crederci, ogni anno la stessa storia!» Anderson si lamentò grattandosi freneticamente il capo: girare la sigla era un momento a lui sacro, ma non riusciva mai a realizzare una ripresa perfetta al primo ciack.



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L'analisi in questione riguardava il personaggio di Lindsay e la riflessione che volevo portare a fare sulla ragazza. 
Per la parte in cui si parla di lei c'è un brano che consiglio vivamente di ascoltare: Sweet Child O'Mine dei Guns N' Roses (qui per leggere la traduzione del testo dai toni molto teneri). 
Alternativamente alla versione originale propongo questa cover più "soft", ma a mio avviso molto molto bella. 

 

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