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Sonotutto solo in questa stanza dove non c’è nessuno
Non c’è nessuno, ci sono solo io
Misto al buio, parlo senza fine
Se il sole entrasse, tutto scomparirebbe
Non voglio vedere nulla
Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno
Disprezzatemi, sono patetico
Lasciatemi solo…
Kageyama camminava per i vicoli ormai bui e deserti della
città assorto nei suoi pensieri. Era ormai la terza volta che quell’uomo,
Garshield, aveva insistito per parlare con lui, continuava a promettergli tante
cose, l’unica cosa che chiedeva in cambio era che il ragazzo passasse dalla sua
parte. Ma Reiji non si fidava, non voleva fidarsi, anche se le proposte che
quell’uomo gli faceva diventavano sempre più allettanti: un futuro migliore,
essere rispettato dagli altri, non essere più vittima di nessuno, Kageyama
desiderava quelle cose con tutto se stesso, ma quel briciolo di fiducia nel
prossimo che era rimasta in lui rifiutava completamente l’idea di tradire
l’unica persona che aveva tentato di essere gentile con lui: Daisuke Endou.
Così, il ragazzo aveva rimandato la scelta anche questa volta ed ora se ne
stava tornando a casa, riflettendo su cosa fare la prossima volta. Il suono di
una risata sguaiata proveniente da una squallida bettola davanti alla quale era
appena passato catturò l’attenzione di Kageyama, era una risata che conosceva
fin troppo bene.
-…Allenatore?
Sorpreso, Reiji entrò nel locale, trovando Daisuke Endou
seduto al bancone con un boccale di birra in mano in compagnia di due uomini
che il ragazzo riconobbe subito.
“Che ci fa lui con gli
scagnozzi di Garshield?”
L’uomo, dal canto suo, si accorse solo dopo svariati minuti
il ragazzino che lo stava fissando contrariato e gli sorrise con fare
estremamente ebete.
-Reishi! Che sci fai qui? Devi
andare a casha a studiare oppure andrai male anche al
prosshimo compito! Non devi lamentarti poi se i professhori ti fanno la ramanscina!
Kageyama sospirò, il suo allenatore era ubriaco fradicio ed
istintivamente si chiese da quanto tempo fosse lì a bere.
-Endou-san, dovrebbe tornare a casa…
-Eeeeh? Ancora un goscino, non ho voglia di tornare a casha!
-Ha ragione, dai ragazzino, lascialo bere ancora un po’.
Reiji fulminò con lo sguardo i due uomini vestiti di nero
seduti al fianco del suo allenatore, poi tirò la manica dell’uomo, spingendolo
ad alzarsi.
-Niente storie, è ora di tornare a casa.
Daisuke emise un lamento degno di un bambino di cinque anni,
ma si alzò barcollando e pagò il conto, per poi uscire dal locale, accompagnato
dal ragazzo che voleva assicurarsi che trovasse la strada di casa. Scelta molto
saggia, visto che dopo nemmeno dieci metri Kageyama fu costretto a sostenere il
suo allenatore che aveva rischiato più volte di cadere. Reiji sospirò, quella
scena gli riportava alla mente tanti ricordi spiacevoli su suo padre, anche se
Daisuke era ben diverso: non tornava ogni sera ubriaco a casa e di certo non si
faceva vedere in quelle condizioni dalla sua bambina. E, per quanto Kageyama
invidiasse quella bambina con tutto il cuore, come invidiava ogni altra persona
che vedeva con un sorriso sincero sulle labbra, non avrebbe permesso che Endou
si presentasse così conciato davanti a lei, era una questione di principio.
Mentre passavano in un vicolo illuminato dalla fioca luce di un lampione mezzo
rotto, Daisuke afferrò Reiji e lo inchiodò contro il muro. Il ragazzo si
massaggiò la testa, che aveva sbattuto contro il muro, e diede subito in
escandescenza.
-Ma che cosa le è pre-… so…
Quando incontrò lo sguardo freddo ed inespressivo del suo
allenatore, Kageyama non fu più capace di dire una parola. Si sentiva come di
fronte ad uno sconosciuto. L’uomo allegro e solare che lo allenava tutti i
giorni era scomparso, ed al suo posto c’era uno sconosciuto minaccioso che lo
teneva in trappola. Il ragazzo provò un istintivo terrore, terrore che crebbe
sempre di più quando sentì le mani di Daisuke iniziare a spogliarlo in tutta
fretta. Reiji non aveva una bella vita, ma di certo non si era mai immaginato
che potesse diventare peggio di quanto non lo fosse già.
Stanco e dolorante, Kageyama si stava lentamente rivestendo,
quando due uomini in nero emersero dall’ombra, ridendo di gusto.
-Non posso crederci, l’ha stuprato sul serio! Oh signore,
quello che dicono sulla nuova droga che gli abbiamo dato è vero, trasforma sul
serio le persone!
I due uomini scoppiarono di nuovo in una risata, mentre Reiji
li guardava sconvolto.
-C-CHE AVETE DA RIDERE?!
Il ragazzo aveva urlato con tutta la forza che gli era
rimasta, sforzandosi di non mettersi a piangere, non voleva mostrarsi ancora
più debole di quanto non fosse davanti a quegl’individui.Il secondo uomo, quello che ancora non aveva
detto una parola, afferrò Kageyama per i capelli, costringendolo a guardarlo in
faccia.
-Questo è quello che ti meriti per aver mandato all’aria la
nostra missione, stupido moccioso, ancora un bicchiere e quell’idiota stanotte
sarebbe morto nel sonno, apparentemente per cause naturali.
L’individuo in nero osservò meglio il volto contratto dal
dolore del ragazzo e non fece a meno di trattenere un ghigno sorpreso, facendo
poi cenno al suo compagno di avvicinarsi.
-Ehi, ma questo non è il moccioso a cui si era interessato il
capo?
L’altro si avvicinò e assunse la stessa espressione
piacevolmente sorpresa del primo.
-Hai ragione, è proprio lui! Anche se non penso che ora gli
interesserà più di tanto.
-Già, a lui piace solo traumatizzarli ancora più di quanto
non lo siano normalmente.
L’uomo che teneva Kageyama per i capelli lo mollò e si alzò,
pulendosi le mani come se avesse toccato qualcosa di sporco, prima di
allontanarsi con il suo compagno.
-Non gli interesso più…? Che significa…?
Nemmeno Reiji sapeva dove aveva trovato la forza per fare
quella domanda, ma voleva una risposta, anche se in cuor suo la conosceva già.
I due sconosciuti si girarono, sorpresi che il ragazzo avesse avuto il coraggio
di porgere loro quella domanda e gli sorrisero con fare terribilmente crudele.
-Perché, davvero credevi che a qualcuno importasse davvero
qualcosa di te? Sei solo un giocattolo ed ora che sei rotto non interessi più a
nessuno! Sei da buttare, tutto qua.
Già, a chi
può importare di me?
È colpa mia.
È colpa mia
che ci ho creduto.
Chissà se si
prova la stessa cosa per una delusione d’amore?
In fondo sono
entrambe delle bugie infinite.
Non voglio
vedere nulla
Non è colpa
di nessuno
È tutta colpa
mia
Lasciatemi
solo
Non voglio
vedere niente.
Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno.
Disprezzatemi,
sono patetico.
Lasciatemi solo.
Non venite qua
Non da me.
~~~~~~~~
Angolino
rotondo
Non
fate domande. Non chiedete perché. Ho solo scritto ciò che mi passava per la
mente, per il semplice sfizio di dar forma ad una mia fantasia. Interessa a
qualcuno? Ovviamente no. C’è qualcuno che sta leggendo? Nessuno leggerebbe
questa cosa nemmeno a morire. Ma anche se nessuno leggerà queste note fatemi
esprimere liberamente: io amo No More di HatsuneMiku. È una canzone tristissima, ma che mi ha sempre
trasmesso tanto. Una canzone composta solo da pianoforte e voce canora, la
prova concreta che da semplici cose possono scaturire grandi sentimenti. Ho
conosciuto questa canzone molto tempo prima di conoscere InazumaEleven, ma due giorni fa, rileggendo il testo
tradotto in italiano, mi è venuto naturale pensare a Kageyama, mi sono chiesta se
si fosse mai ripetuto frasi del genere. Da lì è nato ciò che avete letto. Le
strofe all’inizio e alla fine sono tratte dalla traduzione italiana che si
trova su youtube, basta cercarla lì. Penso di dovere
delle spiegazioni anche in merito al piano che stavano eseguendo gli uomini di
Garshield, ma per quello serve un angolino a parte, quindi inauguriamo…
L’angolino del Detective Conan!
Qui
sveleremo tutti i misteri di Garshield, ed iniziamo subito con questa droga
nominata dai suoi uomini. Gli scienziati che lavorano per Garshield sono
riusciti a creare una sostanza che induce gli uomini a cambiare radicalmente il
loro carattere fino a farlo sembrare l’opposto di come sono normalmente. L’effetto
non è ovviamente permanente, ma se la droga viene usata per un tempo molto
prolungato porta a sviluppare una doppia personalità. La sostanza, ingerita in
dose massicce, porta ad overdose e morte, ma non lascia tracce nell’organismo,
quindi è ottima per assassinare la gente, l’unico problema è che ha un sapore
molto forte, per questo va somministrata in piccole dosi in modo che non venga
scoperta. Gli uomini di Garshield stavano tentando di uccidere Daisuke
disciogliendo bicchiere dopo bicchiere la droga nella birra, ma Kageyama li ha
involontariamente fermati prima che il piano giungesse a termine.
Fine.
Tornando
a noi, se continuerete a leggere questa storia (e se io avrò voglia di
continuarla) sappiate che le tematiche varieranno molto ma saranno sempre tristi
e problematiche. Probabilmente si concentreranno in maniera principale sulla
società giapponese, che è forse una delle più crudeli, razziste e distruttive
del mondo. Chissà, forse sarà anche una specie di denuncia verso la gente che
si diverte a spese degli altri senza provare a capirli. Boh, dipende da come
gira il mio cervello…
-Kageyama Reiji, apri immediatamente questa porta!
Il ragazzo sospirò e si nascose sotto le coperte, chiedendosi
quando sua zia si sarebbe arresa ed avrebbe smesso di urlare dietro la porta di
casa. Si chiese anche da quanto tempo andasse avanti quella sceneggiata, non
aveva nemmeno un orologio a portata di mano, ma non è che la cosa gli
interessasse più di tanto. Era ormai passata una settimana dalla notte in cui
Daisuke Endou aveva abusato di lui, e da allora si era rifiutato di uscire di
casa. Non vedendolo venire a scuola, i suoi insegnanti si erano presi la
“premura” di mandare a casa sua un compagno di classe per sapere il motivo
delle sue assenze. E Reiji, molto gentilmente, gli aveva risposto che non
sarebbe più venuto a scuola, prima di sbattergli la porta in faccia. Così i
professori, allarmati, avevano avvisato i suoi zii ed i suoi nonni materni che,
dopo la scomparsa dei suoi genitori, si occupavano di lui. Kageyama sospirò di
nuovo e si raggomitolo meglio, tentando di ignorare la donna che, dopo una
breve pausa, si era rimessa ad urlare e a bussare alla porta. Da un po’ di
giorni gli era tornata alla mente una canzone triste. Non ricordava tutte le
parole, ricordava a malapena la melodia, non ricordava nemmeno l’occasione in
cui l’aveva sentita, ma era da un po’ di tempo che non riusciva a fare a meno
di pensarci, così incominciò a cantilenare le poche strofe che ricordava.
-Non voglio vedere nulla… Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno…
Disprezzatemi… Sono patetico… Lasciatemi solo…
In quel momento il ragazzo sentì il chiaro rumore della
serratura della porta che scattava.
“Merda… La chiave di
riserva!”
Reiji scattò giù dal letto e corse a chiudere la porta della
sua camera a chiave, appena in tempo perché subito dopo sentì sua zia bussare
con forza.
-Reiji, esci immediatamente di lì!
-No, non voglio vedere nessuno!
Non ho
bisogno dell’aiuto di nessuno
Kageyama si lasciò scivolare contro la porta, con le strofe
della canzone che gli rimbombavano nella testa.
Disprezzatemi,
sono patetico
-Lasciatemi solo…
Il ragazzo strinse le ginocchia al petto e rimase lì,
rannicchiato contro la porta, combattendo istintivamente il bisogno di
piangere. Fuori dalla stanza invece la zia di Kageyama, stanca di urlare, tirò
un calcio alla porta e si fece indietro.
-Tesoro, non essere così violenta, non penso aiuti…
La donna fulminò con lo sguardo il marito.
-Aiutare?! E cosa dovrebbe aiutare visto che il nostro caro
nipotino si rifiuta anche solo di vederci?!
-È testardo, proprio come sua madre.
-Come suo padre vorrai dire!
L’uomo più anziano presente nella casa sospirò, sapeva bene
che sua figlia non faceva altro che dare la colpa della morte di sua sorella a
Kageyama Tougo e questo si ripercuoteva anche su Reiji, tanto simile
nell’aspetto a suo padre che la zia lo vedeva uguale a lui, e gli affibbiava le
stesse colpe.
-Allora, che dovremmo fare secondo voi? Si rifiuta di uscire,
non vuole dirci che gli è preso, secondo me dovremmo farlo internare in un
ospedale, magari riescono a scucirgli qualcosa una volta tanto!
-Ma no, lasciamolo stare, quando si sentirà pronto si lascerà
aiutare da qualcuno.
Una signora anziana dall’aria dolce si avvicinò alla porta e
bussò delicatamente.
-Reiji, ora noi ce ne andiamo, ti ho lasciato qualcosa da
mangiare sul tavolo, fatti sentire per telefono ogni tanto, mi raccomando.
-V-Va bene…
La donna tornò indietro e, con un cenno della testa, invitò
tutti ad uscire, ordine a cui nessuno osò opporsi. Una volta che le due coppie
si furono avviate per strada, la più giovane delle due donne riprese a
lamentarsi.
-Beh, lo lasciamo così? Non lo sorveglia nessuno?
-No, Reiji è sempre stato un bravo nipote, sa badare a se
stesso e alla casa, noi ci limiteremo a pagare i conti come abbiamo sempre
fatto.
-E per la spesa? Se si rifiuta di uscire di casa non andrà
nemmeno a fare la spesa.
-Non preoccuparti, a tutto c’è una soluzione.
-Eh? Kageyama hai detto?
Una ragazza dai corti capelli castani guardò incredula il suo
datore di lavoro.
-Si, è un ragazzo che vive qui vicino, non dovresti avere
problemi a consegnargli la spesa.
-Si, solo non mi aspettavo di dover consegnare la spesa
proprio ad un mio compagno di scuola…
Il proprietario del mini-market si grattò la nuca, perplesso.
-È vero, non ci avevo pensato, anche tu vai alla Raimon…
L’uomo sospirò, incrociando le braccia.
-Beh, avevo deciso di mandare te proprio perché hai la sua
stessa età, magari contando il fatto che andate nella stessa scuola con te si
deciderà ad aprirsi.
-Ne dubito fortemente…
La castana sospirò, aveva una cotta per quel ragazzo dal
primo momento in cui l’aveva visto e le sue compagne di classe non perdevano
occasione per rinfacciarglielo. Erano sempre girati strani pettegolezzi su
Kageyama Reiji a scuola, ma da quando si era rintanato in casa i pettegolezzi
erano aumentati a dismisura, diventando sempre più strani ed assurdi. La
ragazza odiava il modo in cui i suoi coetanei sparlassero di Reiji, la trovava
una cosa odiosa ed insensibile, come si può parlare male di qualcuno senza
nemmeno tentare di capire la ragione dei suoi gesti? Il gestore del negozio
diede una pacca sulla schiena alla castana.
-Forza Andrei, questo è l’ultimo incarico della giornata, poi
potrai andartene a casa.
Cassandra sospirò ed iniziò a caricare la merce da consegnare
sulla sua bicicletta per poter compiere la consegna.
Reiji sentì il campanello suonare e si alzò lentamente dal
letto. Ormai passava gran parte del suo tempo steso a fissare il soffitto della
sua camera, non sentiva lo stimolo per fare qualcosa, aveva anche rinunciato a
guardare la televisione: ogni volta che vedeva quelle persone che sorridevano
in maniera tanto falsa alla telecamera sentiva una grande rabbia crescergli
dentro, rabbia che finiva per sfogare sugli oggetti presenti nella casa.
Evitando i vari cocci rotti e gli oggetti che si trovavano praticamente
dappertutto sul pavimento, il ragazzo raggiunse la porta d’ingresso ma, una
volta aperta, si irrigidì di colpo trovandosi davanti una ragazza della sua
età.
-C-Ciao Kageyama, mi chiamo Cassandra Andrei, andavamo a
scuola assieme…
Reiji chiuse immediatamente la porta con violenza.
-Va’ via! L’ho già detto a tutti gli altri che non ho
intenzione di tornare a scuola!
-N-No! Mi hai frainteso, vengo per conto del mini-market per
consegnarti la spesa!
Il ragazzo esitò per un attimo, riflettendo sulla sincerità
della ragazza. In effetti Kageyama stava proprio aspettando la consegna
settimanale della spesa, se no non si sarebbe mai sognato di fare tutta quella
strada per aprire la porta a chissà chi. Così il ragazzo riaprì appena la
porta, quel tanto che gli bastava per assicurarsi che la castana avesse davvero
con se le buste della spesa, per poi spalancarla completamente.
-Va bene, dammi le cose.
Cassandra consegnò le varie buste al padrone di casa, per poi
guardare perplessa le due casse d’acqua che si era portata dietro.
-E per quelle?
Reiji sbuffò contrariato. Di solito lasciava entrare i
commessi del mini-market per far portare a loro le casse d’acqua nella cucina,
ma sapeva benissimo che una ragazza non ce l’avrebbe mai fatta.
-Lasciale lì, poi le porto dentro io.
-Posso farlo anche io! S-Sempre se vuoi, è ovvio…
Il ragazzo fece una smorfia infastidito.
-Si, come no. Senti, evita di prendermi in giro, tanto fra un
attimo ti pago e te ne puoi andare.
Cassandra gli lanciò un’occhiataccia furiosa.
-Pensi che non possa sollevare quella roba? Te lo faccio
vedere io!
La ragazza prese le due casse d’acqua e le sollevò senza il
minimo sforzo prima di guardare con aria di sfida Kageyama, che la osservo in
silenzio per qualche secondo prima di avviarsi in casa.
-Entra e seguimi.
La castana eseguì gli ordini senza fiatare anche se rimase un
attimo interdetta appena entrata in casa. Sembrava che fra quelle quattro mura
si era scatenato un tornado. Oggetti di ogni sorta, rotti o meno, erano
sparpagliati sul pavimento insieme a bottiglie di plastica vuote, carte ed
involucri vari ed una marea di polvere. Notando che il padrone di casa si stava
allontanando, la ragazza riprese a seguirlo, continuando però a guardarsi intorno.
D’un tratto inciampò in chissà cosa e finì stesa sul pavimento.
-Attenta a dove metti i piedi.
Cassandra si sentì morire, aveva fatto la classica figura
dell’imbecille davanti al ragazzo che le piaceva, quando un portafoto sommerso
da varie carte e cocci di vetro attirò la sua attenzione. Lentamente la ragazza
si alzò ed andò a raccoglierlo, osservando la foto: ritraeva la famiglia di
Kageyama quand’era ancora al completo. Reiji, che all’epoca della foto non
doveva avere più di sei anni, sorrideva felice stretto nell’abbraccio dei suoi
genitori, anch’essi con un’espressione felice dipinta sul volto.
Istintivamente, la ragazza provò una dolorosa fitta al petto e lasciò che
qualche lacrima scivolasse sul vetro del portafoto. Solo quando si accorse che
il padrone di casa la stava osservando si asciugò gli occhi e tentò di fare un
sorriso convincente.
-S-Scusami, è solo che quando penso a tutto quello che dicono
i nostri compagni su di te senza pensare a quanto possano farti stare male mi
arrabbio tanto che mi viene da piangere!
La castana abbassò lo sguardo, non riuscendo a sostenere
quello del ragazzo di fronte a lei.
-Ma in fondo a te probabilmente non importa niente di quello
che dicono, figurarsi quello che penso io…
Cassandra posò la cornice sul mobile più vicino e riprese le
casse d’acqua, per poi seguire Kageyama fino in cucina, senza dire una parola.
Una volta che Reiji l’ebbe pagata, Cassandra fece per andarsene, ma Kageyama la
fermò, trattenendola per una manica.
-Senti… Dì al tuo capo che voglio anche una bottiglia di tè
ed un pacco di biscotti secchi… E vieni a consegnarmeli tu domani…
La castana guardò stupita il padrone di casa.
-O-Ok, glielo riferirò…
Reiji mollò la ragazza e rientrò in casa, guardandola
un’ultima volta prima di chiudere la porta.
-Allora a domani…
-A domani…
Una volta che la porta si chiuse, Cassandra rimase lì
impalata ancora per qualche minuto, in completa catalessi, prima di scrollarsi
e ritornare alla sua bicicletta.
~~~~~~~~
Angolino
rotondo
Lettori e
lettrici (che non ho), ecco a voi il secondo capitolo di No More! In questo
capitolo ho introdotto una montagna di nuovi personaggi: gli zii di Kageyama, i
suoi nonni (perché mi rifiuto di pensare che dopo la morte dei suoi genitori
nessuno si sia occupato di lui) ed infine la mia OC, Cassandra. Non so come vi
sembra, fatto sta che è la mia unica e sola OC e le sono molto legata. In un
anno è passata da essere personaggio appena accennato a personaggio con una
storia ricca di sentimenti e di desideri dietro. Questo principalmente grazie a
Mari, la mia Straw part adorata ed il suo fantastico
progetto di cui mi ha resa partecipe. Un grazie enorme a lei, se non ci fosse
stata dubito seriamente che avrei mai scritto questa fic
e tutte le altre che ho postato. Grazie davvero. Ed ovviamente grazie a chi
legge e a Sum che recensisce, grazie per il supporto che mi date!
La ragazza fece cenno di si con la testa ed il suo capo le
scompigliò i capelli sghignazzando contento.
-Davvero, non ci posso credere! Sei riuscita a fare
l’impossibile Andrei! Ormai stavo perdendo anche io le speranze che quel
ragazzo tornasse ad aprirsi con qualcuno! Sono davvero felice di aver mandato
te oggi!
Cassandra si sistemò i capelli.
-Penso sia stata una coincidenza… A primo impatto non è stato
molto felice di vedermi…
-Qualcosa gli avrà fatto cambiare idea.
La castana ci pensò su: non le sembrava di aver fatto niente
di particolare.
“Che sia stato ciò che gli
ho detto quando ho trovato la foto…?”
La ragazza si scrollò, ripetendo a se stessa che era inutile
pensarci, ora doveva concentrarsi su altro.
-Per oggi hai finito Andrei, puoi andare a casa! E domani, ti
prego, cerca di aiutare quel ragazzo.
Il giorno dopo Cassandra rimase stupefatta quando Kageyama la
invitò a rimanere un po’ da lui dopo aver effettuato la consegna, ma accettò
comunque: anche quel giorno aveva finito il suo turno di lavoro al mini-market
quindi poteva permettersi una piccola sosta. Così, poco dopo, la ragazza si
ritrovò seduta al tavolo della cucina del ragazzo, davanti a lei un bicchiere
pieno del tè che aveva appena consegnato e al suo fianco seduto Reiji, con in
mano un bicchiere della stessa bevanda. Il silenzio più totale regnava nella
stanza, un silenzio che metteva Cassandra terribilmente in soggezione. Per
rompere un po’ la tensione la castana portò il bicchiere alle labbra e bevve un
po’, sentiva la bocca impastata per l’agitazione ed il tè l’aiutò a
riprendersi. Dopo aver finito la ragazza lanciò un’occhiata al padrone di casa,
aveva appena bevuto anche lui un sorso di tè ed aveva un’espressione
infastidita.
-Cosa c’è? Non ti piace?
-Mh? No, il tè non mi è mai
piaciuto…
“E allora perché mi hai
chiesto di portartelo?”
Cassandra si trattenne dal fare quella domanda e si concentrò
ad osservare la stanza. Il giorno prima era stata nella cucina solo per qualche
attimo, ma si notava che Kageyama aveva tentato di dare un minimo di ordine
alla stanza: il tavolo era stato pulito, i piatti sporchi di cui era pieno il
lavabo il giorno prima erano stati lavati e riposti nel loro armadietto,
armadietto che la castana si era messa ad osservare già da un po’ visto che era
semi-aperto ed il suo contenuto minacciava di crollare fuori e schiantarsi sul
pavimento da un momento all’altro, minaccia che Cassandra sventò appena vide i
piatti iniziare a scivolare verso l’esterno, scattando a chiudere lo sportello
che si stava spalancando.
-Ehi, che ti è preso?
La castana sentì lo sguardo di Reiji scrutarla sospettoso e
tentò di mantenere il controllo, nonostante l’estremo imbarazzo che provava.
-I-I piatti stavano cadendo…
Il padrone di casa si alzò e raggiunse la sua ospite,
spingendola a farsi da parte.
-Lascia fare a me.
Reiji spalancò gli sportelli ed un piatto che era rimasto in
bilico cadde dalla pila e fu quasi sul punto di colpire il ragazzo, ma
Cassandra lo afferrò prontamente prima che ciò accadesse. Dal canto suo
Kageyama lanciò un’occhiataccia alla castana, contrariato dal suo intervento.
-Ti avevo detto di lasciar fare a me!
La ragazza posò il piatto e abbassò lo sguardo, mortificata.
-S-Scusa…
Il padrone di casa si morse le labbra pentendosi dello scatto
d’ira appena avuto.
-…Grazie comunque.
Cassandra ritrovò il sorriso in un attimo.
-Di niente! Anche io vivo da sola ed una cosa del genere mi è
capitata!
Quell’affermazione conquistò pienamente l’attenzione di
Reiji.
-Vivi da sola? Come mai?
-Beh, ecco, i miei genitori vivono qui in Giappone per lavoro
e due anni fa si sono dovuti trasferire a Tokyo, io invece ho preferito
continuare i miei studi qui.
La ragazza osservò attentamente la reazione di Kageyama,
sembrava deluso.
-Mh, non è che sia stata una grande
scelta alla fine…
La castana ridacchiò.
-Già, ma va bene così.
“Dopotutto così ho potuto
conoscere te!”
Cassandra si curò di tenere anche quel pensiero per se, non
voleva fare nessun passo falso, non voleva che Reiji la allontanasse e non
voleva nemmeno deludere le aspettative del suo capo. La ragazza si guardò
intorno.
-Senti, vuoi una mano per le pulizie di casa? Immagino che
sia difficile pulire tutta casa tua, il mio appartamento è molto più piccolo
eppure è comunque problematico da tenere pulito…
Kageyama ci pensò su.
-Tornerai anche domani?
-Credo proprio di si, non penso di riuscire a pulire tutto in
un paio d’ore.
-Allora va bene…
Così, per un’intera settimana, Cassandra passò da casa di
Reiji ogni pomeriggio dopo aver finito di lavorare al mini-market per aiutare
il ragazzo a pulire casa. In realtà più che aiutare era Cassandra a pulire
mentre Kageyama passava il tempo osservando ogni sua mossa e studiandola, ma la
ragazza ci fece presto l’abitudine, in fondo era davvero felice di poter
aiutare Reiji e di passare del tempo con lui, anche se si scambiavano giusto
due parole. Di solito Cassandra riusciva a pulire una camera al giorno se le
andava bene, ma sabato, avendo la giornata libera dal lavoro, era andata prima
a casa di Kageyama, decisa a finire con le pulizie quel giorno stesso: in fondo
le rimanevano solo tre camere da pulire. Dopo essersi dedicata al bagno, che
per sua fortuna era tenuto abbastanza bene, la castana fece per entrare nella
seconda stanza, ma la trovò chiusa a chiave.
-Uh? Kageyama, non posso entrare qui?
-È la stanza dei miei genitori, è inutile che la pulisci, è
in ordine.
La ragazza guardò il padrone di casa preoccupata: mentre
pronunciava quelle parole le aveva dato le spalle, staccando per la prima volta
lo sguardo dalla sua ospite da quando era entrata in casa quel pomeriggio, ma
Cassandra tentò di mantenere il suo solito sorriso rassicurante.
-Beh, lascia almeno che dia una spolverata!
Reiji esitò un attimo, poi prese una chiave dal cassetto ed
aprì la porta, per poi allontanarsi nuovamente ed andare in salone. La castana
non ci fece molto caso ed entrò nella stanza. Era perfettamente in ordine come
aveva detto Kageyama, forse fin troppo ordinata: si sentiva che mancava
qualcosa. In compenso però c’era un sacco di polvere. La ragazza sbuffò e si
mise a lavoro: odiava la polvere, la faceva innervosire, tanto che dopo un po’
si mise a sbraitare da sola.
-Ma guarda quanta ce n’è! Da quand’è che qualcuno non mette piede
in questa camera?!
-Tre anni.
Cassandra s’irrigidì di colpo, non si era resa conto che
Reiji la stava osservando sulla soglia della camera.
-Mia madre è morta quando avevo sette anni, mio padre se n’è
andato quando ne avevo undici, da allora nessuno è più entrato qui dentro.
La ragazza si morse le labbra e abbassò lo sguardo,
sentendosi in colpa.
-Scusa, non volevoessere invadente…
-Non fa niente, in fondo non mi importa neanche tanto.
Cassandra fece un sospiro profondo per poi sorridere al
ragazzo.
-Vedi che appena finisco qui tocca alla tua camera, quindi se
hai qualcosa che vuoi nascondere agli occhi di una ragazza ti conviene farlo in
fretta!
Kageyama fece un verso stizzito, ma dopo un minuto di
riflessione si ritirò in camera sua a nascondere chissà cosa.
Dopo aver finito con la camera dei genitori di Reiji, la
castana passò alla camera di quest’ultimo, rimanendo a bocca aperta appena
varcata la soglia. In quella stanza era impossibile camminare senza inciampare
in qualcosa: per terra c’erano dappertutto vestiti, libri, soprammobili, penne,
matite, borse vuote o piene, pacchi di patatine finiti o meno, bottiglie vuote.
Sulla scrivania e sul comodino si trovavano anche dei piatti sporchi e qualche
bicchiere mentre il letto era scomparso sotto una catasta enorme di vestiti. Insomma,
il caos più totale.
-Kageyama… Ma come fai a vivere in una stanza del genere?
-Mh? In realtà sono due settimane
che dormo sul divano in salone…
Cassandra fece per ribattere ma alla fine si limitò a
sospirare profondamente e mettersi a lavoro.
Dopo aver terminato la titanica impresa di pulire la camera
di Kageyama, la castana si andò a sedere sfinita sul divano, raggiunta subito
dopo dal ragazzo che si sedette anche lui, anche se a debita distanza dalla sua
ospite.
-Uuuuuh… Sono a pezzi… Pensavo di
non finire più…
-Beh, invece hai finito no?
Reiji si raggomitolò, stringendo le gambe al petto.
-Da domani non verrai più?
-Se vuoi che venga anche domani basta che me lo dici.
Il giovane fece una smorfia.
-In realtà non lo so…
Poi le strofe della canzone che lo tormentavano da tempo
riaffiorarono nella sua mente e cantilenò la prima strofa.
-Non voglio vedere nulla…
Non ho
bisogno dell’aiuto di nessuno
Disprezzatemi,
sono patetico
-Lasciatemi solo…
Kageyama si voltò sorpreso. Cassandra aveva pronunciato
l’ultima strofa cantilenandola sottovoce.
-Tu… Tu conosci questa canzone?
~~~~~~~~
Angolino rotondo
Ecco qui il terzo, attesissimo (?)
capitolo.Devo ammettere che questa
storia mi sta prendendo molto più di quanto avessi immaginato penso che la
pubblicherò fino alla fine. Anche perché, stranamente, ho pensato ad un finale!
Oggi non ho molte idee quindi l’angolo sarà un po’ corto. Ringrazio come al
solito chi legge e Sum e la mia Nyunya che mi hanno
recensito nel capitolo precedente! La prossima cosa a cui mi dedicherò sarà il
prossimo capitolo di Complexed Life, non mi sono
dimenticata di quella raccolta!
Cassandra guardò Kageyama altrettanto stupita, poi distolse
lo sguardo.
-Conoscevo chi l’ha composta…
-Conoscevi?
-Già…
Reiji strinse di più le gambe al petto, vergognandosi di ciò
che stava per chiedere alla ragazza.
-Andrei, ecco… P-Potresti cantarmela?
La castana tornò a guardare sorpresa il padrone di casa per
poi mordersi le labbra e fissare il pavimento. Kageyama rimase a guardarla in
silenzio per qualche minuto, poi sospirò e si alzò, diretto in camera sua.
-Dare moinaiheya ni hitori
dare moinaiwatashihitori…
Sono tutta sola in questa
stanza dove non c’è nessuno
Non c’è nessuno, ci sono
solo io
Reiji si fermò. Cassandra aveva iniziato a cantare. Il
ragazzo si girò lentamente a guardarla: era rimasta seduta sul divano,
composta, occhi chiusi ed aria concentrata. Il padrone di casa tornò a sedersi
sul divano, continuando ad osservare la sua ospite come ipnotizzato: non erano
solo le parole di quella canzone a suonargli familiari, anche la voce della
ragazza gli ricordava qualcosa.
-Yami ni shimebatowa no katari hikarisasebasubetekiete
nani momitakunai
dare no te moiranai kawaisou da to sagesun de hotteoite
Mista al buio, parlo senza
fine
Se il sole entrasse, tutto
scomparirebbe
Non voglio vedere nulla
Non ho bisogno dell’aiuto di
nessuno
Disprezzatemi, sono patetica
Lasciatemi sola
Kageyama deglutì a fatica, sentendo un groppo alla gola.
Ascoltando le strofe che l’avevano tormentato per tutto quel tempo gli
tornarono alla mente molti ricordi: la morte di sua madre, la scomparsa di suo
padre e poi quella maledetta sera, la sera in cui aveva definitivamente perso
la fiducia nel prossimo. Il ragazzo serrò gli occhi, tentando di ricacciare
dentro le lacrime. Nella sua mente l’immagine vivida degli occhi crudeli ed
inespressivi di Daisuke lo terrorizzava. Nemmeno lui riusciva a credere quanto
quel ricordo potesse farlo soffrire. In quel momento voleva sparire, voleva
scomparire dalla faccia della terra. Non voleva davvero vedere nessuno, non
voleva essere aiutato da nessuno. Voleva essere lasciato solo con il suo
dolore. Ed una piccola parte di se lo portava a disprezzarsi a causa di quel
desiderio.
-Kaerimichiwaitsumohitori maigo ni naritaitoshigoro koi ni yamebatowa no katari hitomisakebasubetesamete
Torno sempre a casa da sola
Sono un’adolescente, e mi
perdo di proposito
Una volta, ho ricevuto una
delusione d’amore. Una bugia infinita.
Se riposassi i miei occhi,
tutto si sveglierebbe
Un sorriso amaro si dipinse sul volto di Reiji. Una bugia
infinita, anche lui aveva pensato una cosa del genere scoprendo qual era il vero
interesse di Garshield nei suoi confronti. “Sei solo un giocattolo. Non
interessi a nessuno.” Il castano non voleva ammetterlo, però quelle parole
l’avevano ferito profondamente. Ma in fondo era la verità, a nessuno importava
niente di lui. Anche suo padre non importava, oppure non l’avrebbe abbandonato.
E i suoi parenti, loro si occupavano di lui per semplici doveri familiari. Era
solo al mondo, anche la ragazza al suo fianco in realtà non provava alcun
interesse per lui: faceva la carina solo perché le era stato detto di fare
così. Poi un singhiozzo attirò la sua attenzione.
-Nani momitakunai
dare no sei de monai warui no wazenbuwatashina
no hotteoiteyo
Non voglio vedere nulla
Non è colpa di nessuno
È tutta colpa mia
Lasciatemi sola
Cassandra piangeva, ma continuava a cantare, sempre ad occhi
chiusi, con voce tremante. E non le tremava solo la voce: il suo intero corpo
era scosso da brividi, dovuti probabilmente ai singhiozzi che tratteneva per
continuare a cantare. Poi improvvisamente smise, strinse con forza la stoffa
del divano e continuò.
-Nani momitakunai
dare no te moiranai kawaisou da to sagesun de hotteoite hairanai de watashi no naka ni
Non voglio vedere niente
Non ho bisogno dell’aiuto di
nessuno
Disprezzatemi, sono patetica
Lasciatemi sola
Non venite qua
Non da me
La ragazza aveva cantato con voce ferma, decisa, quasi
urlando. Aveva smesso di tremare, sembrava tesa come una corda di violino. Gli
occhi, ora spalancati, erano pieni di rabbia e frustrazione. L’unica cosa che
era rimasta come prima erano le lacrime che continuavano a solcarle il viso.
Poi, tornando a rilassarsi, Cassandra pronunciò sottovoce le ultime due strofe
della canzone.
-Dare moinaiheya ni hitori
dare moinaiwatashihitori…
Sono tutta sola in questa
stanza in cui non c’è nessuno
Non c’è nessuno, ci sono
solo io…
Il silenzio calò nella stanza, rotto appena dal respiro
pesante di Cassandra. Kageyama le passò un fazzoletto perché si asciugasse gli
occhi.
-Si può sapere che hai da piangere adesso?
La castana prese il fazzoletto ma si asciugò le lacrime con
una manica, sorridendo debolmente.
-Scusa, è che ho appena rotto una promessa importante…
-Cantando?
La ragazza annuì e Reiji sbuffò stizzito.
-Se ci tenevi così tanto potevi anche evitare di cantare…
-Tengo di più a te.
Il padrone di casa lanciò un’occhiata sospettosa alla sua
ospite.
-Impossibile. Ci conosciamo da pochissimo.
-Lo so, ma io ci tengo comunque!
Kageyama odiava la gente sorridente. La maggior parte di loro
era gente falsa, altri invece sorridevano senza curarsi minimamente della
sofferenza degli altri. Ecco perché non si capacitava del fatto che il sorriso
di Cassandra lo facesse sentire così tranquillo. Non era un sorriso falso, non
era un sorriso superficiale, rispecchiava sempre gli stati d’animo della
castana. In fondo era per quello che le aveva permesso di stare con lui, il
sorriso della ragazza sembrava renderla incapace di mentire. Ma Reiji
continuava comunque a tenere le distanze: era stato tradito troppe volte, non
voleva che la cosa si ripetesse un’altra volta.
-Sai Kageyama, mi hai sorpresa! Non sono in molti a conoscere
quella canzone.
Il ragazzo strinse le spalle, facendo finta di essere poco
interessato all’argomento.
-Nemmeno io ricordo dove l’ho sentita, solo da un po’ di
tempo mi è ritornata in mente. L’avrò sentita da qualche parte…
La castana ridacchiò con un tono triste.
-Un po’ improbabile…
-Perché?
-Quella canzone è stata trasmessa per non più di un mese da
una piccola radio locale, poi non è mai più stata trasmessa. Esistono solo
cinque cd che contengono quella canzone.
-E tu come fai a sapere queste cose?
-Te l’ho detto, conoscevo chi l’ha composta!
Cassandra si rattristò di colpo.
-La canzone fu trasmessa in occasione della sua morte…
Reiji rimase in silenzio per qualche secondo, poi si alzò dal
divano.
-Beh, si è fatto tardi, dovrai tornare a casa prima o poi no?
La castana sospirò avviandosi verso la porta, aveva l’impressione
che il ragazzo la stesse cacciando per sempre. Poi però, quando Cassandra era
in procinto di avviarsi verso casa, Kageyama la fermò trattenendola per una
manica.
-Domani voglio sentire il resto della storia. Voglio capire
quando e dove ho sentito quella canzone.
Detto questo il ragazzo chiuse la porta, lasciando ancora una
volta la castana interdetta davanti alla porta. Incamminandosi finalmente verso
la sua dimora, Cassandra non poté trattenere un sorriso: iniziava a piacerle
quello strano modo che usava Reiji per dirle cosa voleva.
Cassandra aspettava pazientemente Reiji seduta sul divano. La
ragazza era così agitata all’idea di raccontare qualcosa di se a Kageyama che
non aveva chiuso occhio per tutta la notte e, approfittando del fatto che fosse
domenica, si era presentata alle sette del mattino a casa del ragazzo,
svegliandolo. Reiji, dopo essersi lavato e vestito, raggiunse la sua ospite nel
salone, visibilmente scocciato.
-Tsk, la prossima volta vedi di
presentarti a casa mia ad un orario accettabile anche dai comuni mortali, miss
mi-sveglio-alle-sei-la-domenica-mattina-fresca-e-riposata.
-S-Scusa…
Kageyama rimase a guardare la sua ospite per qualche secondo,
per poi distogliere lo sguardo. Non c’era niente da fare, non riusciva ad
arrabbiarsi con la castana. Ogni volta che vedeva quel suo sorriso, sempre così
sincero, si sentiva rassicurato, iniziava ad aver voglia di sorridere anche
lui, ma i suoi dolorosi ricordi lo bloccavano. Il ragazzo si alzò ed andò in
cucina per prendere due bicchieri ed una bottiglia di tè per poi tornare in
salone e sedersi vicino a Cassandra.
-Allora, inizia a raccontare qualcosa o mi addormento di
nuovo.
La castana arrossì lievemente per la vicinanza con Kageyama,
poi fece un profondo sospiro per calmarsi ed iniziò.
-Beh, è una storia parecchio lunga…
-Non fa niente, ho tutto il tempo di questo mondo.
La ragazza guardò con aria seccata il padrone di casa.
-Allora non interrompermi mister non-ho-un-cavolo-da-fare.
Reiji ricambiò l’occhiata scocciata di Cassandra, poi
quest’ultima scoppiò in una sonora risata.
-Ok, ok, comincio a raccontare… Allora, la prima vola che ho
incontrato la compositrice di quella canzone avevo sette anni.
-Compositrice? Era una ragazza?
Cassandra annuì convinta.
-Esattamente, era la cugina di uno dei miei compagni del club
di musica: si chiamava Katrin Sherr.
Il padrone di casa guardò turbato la sua ospite.
-Era straniera?
-Si. Austriaca come il cugino.
-Strano vedere due ragazzi di origini europee nella stessa
scuola qui in Giappone…
-Beh, non lo è per chi frequenta una scuola come la Saint
Justin!
L’espressione turbata di Reiji si trasformò in puro stupore.
-Hai frequentato una scuola elementare tanto prestigiosa?!
La castana distolse lo sguardo, visibilmente imbarazzata.
-Si, i miei genitori mi hanno iscritto ad una scuola a stampo
internazionale perché volevano che crescessi conoscendo le origini del mio
continente… Però non mi piace andare a dirlo in giro, appena dico di venire
dalla Saint Justin tutti iniziano a starmi incollati come mosche al miele.
Il ragazzo sospirò ed annuì. Conosceva bene i suoi coetanei,
appena capitava loro davanti qualcuno ricco, famoso o che avesse frequentato
scuole prestigiose tentavano di farci amicizia nel tentativo di beneficiare
indirettamente delle fortune degli altri.
-Ho capito l’antifona, non lo dirò a nessuno. Ora però vai
avanti…
-Ok. Katrin si è trasferita con i suoi genitori in Giappone
quando lei aveva tredici anni. Era un genio del pianoforte e componeva un po’
di canzoni già allora…
La ragazza fece una pausa, sorridendo in modo triste.
-Noi del club di musica la adoravamo, ci insegnava un sacco
di cose e ci lasciava suonare i pezzi che componeva, era il nostro idolo.
Reiji guardò preoccupato la sua ospite.
-E poi?
-Poi iniziarono i problemi. Non so con certezza il perché, ma
la gente nella sua nuova scuola iniziò a prendere di mira Katrin e presto
divenne la vittima preferita di tutti i bulli della scuola.
Un brivido scosse Kageyama. Conosceva benissimo cosa
significasse essere vittima del bullismo, lui stesso era stato più volte
tormentato dai bulli a causa di suo padre, ma aveva sempre cercato di reagire,
finendo spesso per peggiorare la sua situazione. Il ragazzo fece un sospiro
profondo per calmarsi e tornò a guardare la sua ospite.
-Non ne voleva parlare con nessuno, suo cugino era il suo
unico confidente. Katrin veniva spesso a giocare con noi, ci diceva sempre che
avevamo un sorriso contagioso, che riusciva a sorridere solo quand’era in
nostra compagnia. Così io, suo cugino e le altre due ragazze con cui studiavamo
musica decidemmo di fare una prima promessa.
-Quale?
Cassandra guardò Reiji con uno sguardo pieno di affetto.
-Sorridere sempre, per far stare bene ogni persona intorno a
noi.
Il ragazzo arrossì e distolse lo sguardo, tentando di celare
il suo imbarazzo.
-Beh, cos’hai da guardarmi così? Vai avanti!
La castana tornò di colpo terribilmente seria.
-Poi Katrin smise di sorridere anche quand’era con noi.
Quell’affermazione ricatturò l’attenzione di Kageyama.
-Come mai?
-Si era innamorata dell’unico ragazzo che le rivolgeva la
parola, un appassionato di musica che aveva un piccolo programma pomeridiano
nella radio locale. Il problema era che il ragazzo era fidanzato… Fu in quel
periodo che scrisse No More.
-No More…?
-È il titolo della canzone che mi hai chiesto di cantare. È
una canzone semplice, ci sono solo voce e piano. Ha sempre insistito per non
insegnarcela, ce la fece sentire solo una volta, esattamente un giorno prima
che si suicidasse.
Il padrone di casa si irrigidì di colpo: immaginava che
quella ragazza fosse morta da come ne parlava Cassandra, ma non pensava che
avesse messo fine alla sua vita con le sue stesse mani.
-A-ah… Capisco… Ed è stato allora che hanno trasmesso la
canzone alla radio?
La castana fece segno di no.
-Quella canzone la conoscevamo solo noi, Katrin non ne aveva
mai parlato a nessuno. Due mesi dopo io ed il mio gruppo del club di musica dovevamo
esibirci nell’annuale concerto di fine anno scolastico, ma il cugino di Katrin
non voleva partecipare, così rimanemmo in tre. Allora decidemmo di suonare No
More in ricordo del nostro idolo che ormai non c’era più.
La ragazza prese la sua borsa ed iniziò a frugarci dentro,
tirando fuori un cd che porse a Reiji.
-Qui c’è la canzone originale, ho pensato che ti avrebbe
fatto piacere averlo.
Kageyama esitò un attimo, poi accettò il cd dalla sua
ospite ad andò subito ad inserirlo nel piccolo stereo che aveva in salone,
ascoltando l’unica traccia presente sul disco come incantato. Cassandra si
avvicinò timidamente.
-Ti piace davvero così tanto?
-Si. È una canzone triste, però mi da uno strano senso
di nostalgia…
D’un tratto il ragazzo si accorse di una cosa.
-Ma… Aspetta… La voce della cantante è la tua!
La castana arrossì di botto e distolse lo sguardo,
visibilmente imbarazzata.
-S-si, sono io a cantare. Però in questi due anni la
mia voce è cambiata un sacco! Non sono più brava come prima!
Reiji la guardò infastidito. Non gli sembrava
possibile che Cassandra parlasse seriamente, gli piaceva la voce della ragazza,
anche se non l’avrebbe mai ammesso apertamente. Improvvisamente Kageyama si
sentì terribilmente solo. Represse a malapena l’istinto che lo portava ad
abbracciare la ragazza alle sue spalle che, intanto, continuava a parlare,
nonostante il padrone di casa avesse già da tempo smesso di ascoltarla.
-Andrei… Ecco, non è che mi spiegheresti più o meno
dove siete arrivati col programma a scuola?
Vedendo come la sua ospite lo guardava confusa, Reiji
tentò di non mostrarsi troppo a disagio, con scarsi risultati.
-S-sono solo curioso! Non farti strane idee!
-Ok, se vai a prendere i tuoi libri ti spiego
qualcosa.
Il ragazzo fece come gli era stato detto senza
obbiettare, poi raggiunse Cassandra e si sedette il più vicino possibile a lei,
nella speranza che quel contatto potesse mitigare la profonda solitudine che
provava in quel momento. La castana, dal canto suo, fu messa terribilmente a
disagio nell’essere così vicina al ragazzo che le piaceva, ma fece un respiro
profondo e iniziò a spiegare le varie materie a Reiji. Il ragazzo non era
realmente interessato, ma sentire la voce della sua ospite lo faceva sentire
talmente tranquillo che dopo un po’ si addormentò. Notando che Kageyama si era
assopito, Cassandra smise di parlare ed approfittò del momento per dare un
leggero bacio sulla guancia del ragazzo, per poi rimanere seduta vicino a lui
fino al suo risveglio.
~~~~~~~~
Angolino rotondo
E così siamo
sopravvissuti anche al 21 Dicembre 2012. Siete felici? Io no, avevo scommesso
con i miei compagni di classe che oggi sbarcavano gli alieni e ci facevano
tutti loro prigionieri ed ora mi tocca portare un bel po’ di schifezze gommose
a scuola come pegno. Ma lasciamo perdere le mie cavolate apocalittiche e
parliamo del capitolo. Innanzitutto mi scuso per non aver messo l’angolino nel
capitolo scorso, me ne sono completamente dimenticata. In questo capitolo si
scopre un qualcosa di striminzito su Cass, ma ne parlerò un po’ di più nei
prossimi capitoli. Forse l’improvviso bisogno di affetto da parte di Kageyama
può suonare un po’ strano però tutti hanno bisogno di un po’ di affetto una
volta ogni tanto!
Va
beh, visto che non so più che dire la finisco qua. Grazie a chi legge e chi
recensisce, alla prossima!
Un forte schiaffo raggiunse la guancia di Kageyama,
scaraventando a terra il ragazzo.
Perché? Perché si sta
ripetendo tutto di nuovo?
Reiji si massaggiò il volto per poi guardare alle sue spalle
e, vedendo l’uomo che l’aveva colpito avanzare verso di lui, non riuscì a
trattenere un singhiozzo. Avrebbe voluto alzarsi, scappare, ma l’unica cosa che
riusciva a fare era tremare, seguendo con lo sguardo la figura in ombra che,
arrivata abbastanza vicina al castano, lo afferrò per le caviglie e lo trascinò
vicino a lui. Kageyama chiuse gli occhi e tentò nuovamente di convincere l’uomo
a fermarsi, pur sapendo che non sarebbe servito a nulla.
-Endou-san… La prego, si fermi…
Il castano non ottenne alcun tipo di risposta e, sentendo il
suo aggressore afferrargli saldamente i fianchi, iniziò a singhiozzare
convulsamente, mentre una vocina dentro la sua testa gli chiedeva
disperatamente di opporsi a quella violenza.
-No… Basta… Smettila. SMETTILA!
Reiji si svegliò e scattò a sedere sul letto, sudato e con
il fiatone. Istintivamente si guardò intorno, ma fu subito costretto a
reprimere un conato di vomito. Il ragazzo fece appena in tempo a scendere dal
letto e raggiungere il bagno prima di rimettere. Una volta che si fu liberato,
Kageyama riuscì finalmente a calmarsi del tutto e fece una smorfia disgustata:
era passato molto tempo dall’ultima volta che aveva passato una nottataccia del
genere. Dopo che Daisuke l’aveva stuprato, il ragazzo si era trovato più volte
a fare incubi di quel genere, ed una volta sveglio sentiva sempre l’impulso di
vomitare, ma di recente riusciva a dormire tranquillamente. Reiji si portò una
mano sulla fronte e sospirò: doveva avere la febbre, si sentiva a pezzi ed
aveva una forte emicrania. Il giovane barcollò fino al lavandino per pulirsi il
viso, poi aprì il cassetto dei medicinali per trovare qualcosa che gli
permettesse di dormire tranquillo ma si rese conto che tutti i farmaci erano
scaduti. Con un sospiro ancora più profondo Kageyama chiuse il cassetto e si
trascinò nuovamente nella sua camera, per poi ributtarsi sul letto. I suoi
occhi si posarono sullo stereo che teneva sul comodino e gli balenò un’idea in
mente.
Forse dovrei avvisare
Andrei di non venire domani, potrei infettarla.
Poi il ragazzo emise un verso contrariato, ricordandosi che,
nonostante fosse da più di un mese che Cassandra passava i pomeriggi con lui,
non aveva mai chiesto alla castana il suo contatto telefonico. Reiji rimuginò
un po’ sul da farsi: lui non aveva alcuna intenzione di passare il pomeriggio
da solo, ma allo stesso tempo non voleva che la sua amica stesse male a causa
sua. Il castano affondò la testa nel cuscino, lamentandosi dell’emicrania che
si faceva più forte. Inconsciamente, i suoi pensieri tornarono a Cassandra:
voleva assolutamente vederla al più presto, voleva sentire la sua voce ed
averla vicina. Kageyama fece una smorfia, dandosi dello stupido. Si era ormai
reso conto di aver maturato dei sentimenti per la ragazza, ma voleva in ogni
modo evitare di ammetterli alla diretta interessata. Non voleva far sapere a
nessun altro della loro amicizia, aveva paura che, se si fosse venuto a sapere,
Cassandra sarebbe divenuta un bersaglio per tutta quella gente che si prendeva
gioco di lui e lo maltrattava. A quei timori si aggiungeva anche quello di
essere abbandonato dalla ragazza: aveva paura che, una volta raccontatole ciò
che Daisuke gli aveva fatto, Cassandra l’avrebbe lasciato solo. Un sorriso
amaro si dipinse sul volto di Reiji.
-Già… Chi mai vorrebbe stare con uno che ha perso la
verginità in un modo così disgustoso?
Lo sguardo del ragazzo tornò a posarsi sullo stereo, lo
prese e si infilò completamente sotto le coperte. Poi, noncurante del fatto che
fosse notte fonda, accese l’apparecchio per poter ascoltare il disco che
Cassandra gli aveva regalato. Cullato dal ritmo malinconico della canzone,
Kageyama si riaddormentò, domandandosi quale reazione avrebbe avuto la castana
se le avesse confidato il suo segreto.
-Kageyama, tutto ok?
Cassandra osservò perplessa il padrone di casa: non sembrava
molto in forma.
-Stanotte ho dormito male ed ho un po’ di febbre, tutto qua.
Ti conviene andare direttamente a casa oggi o rischi di ammalarti anche tu.
La castana allungò una mano posandola sulla fronte del
ragazzo, ma subito questo si spostò imbarazzato.
-In effetti scotti, non hai qualche medicinale per la
febbre?
Reiji fece una smorfia e si andò ad accasciare sul divano,
seguito dalla sua ospite.
-Tutti scaduti. Devo buttarli via.
-Beh, te ne compro degli altri alla farmacia più vicina!
Il padrone di casa fulminò Cassandra con lo sguardo: non
aveva i soldi per ripagarla e non voleva avere debiti con lei.
-No, non ce n’è bisogno. Un po’ di riposo e sarò come nuovo.
La castana esitò un attimo, poi si fece coraggio e continuò
a parlare.
-S-Sei sicuro di non esserti ammalato perché… Perché stai
sempre chiuso in casa?
Kageyama si irrigidì a sentire quella domanda: in effetti
non ci aveva pensato, ma erano tanti i casi di persone che si ammalavano spesso
a causa della loro abitudine di rimanere chiusi in casa, ma il ragazzo non
aveva alcuna intenzione di uscire, nemmeno per una passeggiata. Ogni volta che
provava anche solo ad accostarsi al pensiero di uscire di casa si sentiva
paralizzato dalla paura. Sapeva che non c’era niente da temere se stava
attento, ma non riusciva nemmeno a mettere un piede fuori dalla soglia,
riusciva a stento ad aprire la porta a chi suonava. Reiji sospirò prima di
rispondere alla sua ospite.
-Ma figurati, sarà solo l’influenza d’inizio estate.
Il pensiero dell’estate colse Kageyama alla sprovvista: presto
sarebbero iniziate le vacanze estive e subito si chiese quali programmi avesse
Cassandra e se potesse trovare un po’ di tempo per stare insieme a lui.
Impacciato all’idea di ciò che stava per chiedere, il padrone di casa guardò di
sottecchi la sua ospite, grattandosi nervosamente la nuca.
-Ehm… Andrei, potresti darmi il tuo numero di telefono?
La castana osservò con aria interrogativa il ragazzo di
fronte a lei, che tentò subito di correre ai ripari.
-T-Te l’ho chiesto così posso chiamarti quando ho bisogno di
qualcosa, tutto qui!
Un sorriso radioso illuminò il volto di Cassandra.
-Certo! Puoi chiamarmi quando vuoi!
Nonostante il forte vento che ululava fuori dalle finestre,
Cassandra dormiva beatamente. Sembrava che niente potesse destare la ragazza
dal suo sonno, ma le bastò sentire l’allegro motivetto che aveva come suoneria
del cellulare per spingerla a svegliarsi e rispondere in fretta e furia.
-Pronto? Chi è? Che succede?
-A-Andrei…
Sentendo la voce di Reiji dall’altra parte del telefono la
castana tirò un sospiro di sollievo, poi tornò a preoccuparsi.
-Kageyama, cosa c’è?
Cassandra sentiva il ragazzo respirare affannosamente,
agitato, e questo aumentò la sua preoccupazione.
-Puoi venire a casa mia? I-Intendo ora…
La castana osservò la sveglia sulla sua scrivania: erano le
due di notte e lei aveva scuola quella mattina, ma non poteva ignorare così la
richiesta di Reiji.
-Cos’è successo? Ti senti male? Perché vuoi che…
La ragazza non riuscì a finire la frase. Una folata di vento
più forte aveva creato ancora più frastuono e, subito dopo, Kageyama aveva
lanciato un urlo, lasciando cadere il cellulare.
-No! Non voglio! Non voglio essere stuprato di nuovo!
Cassandra non seppe più cosa dire. Reiji non le aveva
parlato direttamente, e, con il vento che creava tutto quel rumore, doveva aver
capito male le parole del ragazzo.
-K-Kageyama, di cosa stai parlando…?
La castana non ricevette alcuna risposta, sentiva solo il
respiro affannoso del suo interlocutore interrotto ogni tanto da dei
singhiozzi. Dopo aver superato l’iniziale smarrimento, la giovane si concentrò
per mantenere un tono di voce tranquillo e si mise ad urlare in modo che Reiji
potesse sentirla.
-Tranquillo Kageyama, il tempo di vestirmi e sono lì da te!
Dopo qualche attimo di silenzio la castana fu sicura di aver
sentito un debole “grazie” in risposta e subito dopo il suo interlocutore
chiuse la chiamata. Cassandra si fiondò fuori dal letto e recuperò i suoi
vestiti in fretta e furia. Una volta che si fu resa presentabile, la ragazza
afferrò le sue chiavi di casa, quelle della catena della sua bicicletta e
lasciò l’appartamento, ringraziando il cielo di non vivere sotto lo stesso
tetto dei suoi genitori: spiegare quell’uscita notturna ai suoi sarebbe stato
alquanto problematico. A causa del vento, la castana ebbe non poche difficoltà
a recuperare la sua bici ma aveva tutt’altro per la testa: voleva arrivare il
più in fretta possibile alla casa del suo compagno per capire cosa stesse succedendo.
Ma il brutto tempo non fu solo causa di problemi: Cassandra non incontrò
nessuno sulla sua strada e la ragazza pensò che, con quel ventaccio, persino il
peggiore dei malviventi sarebbe rimasto chiuso in casa piuttosto che
scorrazzare per le strade. Arrivata a destinazione, la giovane assicurò la sua
bici al palo più vicino e corse subito alla porta di casa di Kageyama,
fermandosi solo un attimo per riprendere fiato prima di bussare. Quello che
successe dopo accadde così in fretta che Cassandra non se ne rese quasi conto: un
attimo prima era ancora sulla soglia di casa, un attimo dopo si trovava fra le
braccia del ragazzo. Reiji la stringeva forte, tremando in maniera
incontrollata.
-Perché… Perché ci hai messo tanto brutta idiota?!
Kageyama tentava di mantenere il suo solito tono strafottente,
ma gli riusciva molto male. La castana rimase interdetta un momento, poi
ricambiò l’abbraccio del padrone di casa, stringendolo e accarezzandogli la
schiena con fare rassicurante.
-Ehi Kageyama, va tutto bene… Stai tranquillo…
Dopo un po’ Reiji riuscì a calmarsi e liberò l’ospite dalla
sua stretta. Cassandra rimase un attimo ad osservarlo: aveva il fiatone, era
pallido, sudato e continuava a tremare. La ragazza posò la mano sulla sua
fronte per misurargli la febbre e notò che, rispetto a quel pomeriggio, la sua
temperatura si era alzata di molto.
-Kageyama.. Devi tornare subito a letto e cercare di
dormire. Io intanto vado a cercare una farmacia aperta.
-NO!
Reiji tornò a stringere la giovane ancora più spaventato di
prima.
-Tu… Tu non puoi lasciarmi solo! Non te lo permetto! Io… Io…
Il ragazzo non riuscì a terminare la frase a causa dei
singhiozzi che non riusciva più a trattenere. Cassandra riprese a confortarlo,
persa nei suoi pensieri: Kageyama stava davvero male e lei non sapeva che fare
se non andargli a comprare qualche medicina. L’unica cosa che le rimaneva da
fare era costringerlo a riposarsi.
-Va bene, rimango qui con te. Però ora devi tornare a letto,
devi riposare.
Se fosse stato possibile, il castano avrebbe tremato ancora
più forte mentre nascondeva il volto contro la spalla della sua ospite.
-No… Non voglio… Se mi metto a dormire io… Lui…
Cassandra avrebbe dato qualsiasi cosa per capire cosa lo terrorizzasse
tanto, ma sapeva che quello non era il momento adatto per indagare. Si scostò e
prese il volto di Reiji fra le mani per poterlo guardare negli occhi.
-Qualsiasi cosa succeda sarà solo un incubo e ci sarò io a
vegliare su di te, quindi non hai nulla da temere.
Lo sguardo tenero ed affettuoso della ragazza convinse
Kageyama che la prese per mano e la guidò verso le camere da letto. Ma
non entrò nella sua, bensì in quella dei suoi genitori. Reiji si infilò nel
letto mentre Cassandra si sedette sul materasso, osservando il castano:
continuava a tremare e sembrava decisamente provato. La ragazza sospirò,
sperando che con un po’ di riposo la temperatura di Kageyama tornasse alla
normalità ed iniziò a pensare a qualcosa che la tenesse sveglia per tutto il
resto della notte, ma il filo dei suoi pensieri fu bruscamente interrotto
quando sentì qualcosa di caldo afferrarle la mano. Si voltò e vide Reiji
fissare con aria stanca la sua mano intrecciata a quella della sua ospite, poi
il ragazzo chiuse gli occhi ed iniziò a dormire. Cassandra rimase stupita da
quel gesto: era certa che, in una situazione normale, il castano non avrebbe
mai nemmeno pensato di prenderla per mano, ma non poté fare a meno di sorridere
mentre sentiva il suo cuore che batteva sempre più forte. La ragazza strinse a
sua volta la mano di Kageyama e rimase in silenzio ad osservare l’oscurità
della stanza sorridendo felice.
~~~~~~~~
Angolino rotondo
E
dopo un secolo o due torno ad aggiornare anche questa fic.
Devo dire che questo capitolo si è rivelato impegnativo, non perché non avessi
idee ma perché non trovavo la maniera adatta per esprimerle! Non so che dire e
devo andare dal dentista, quindi questo angolino lo termino qui. Mi rifarò col
prossimo che sarà decisamente più lungo! Grazie a tutti i lettori e al prossimo
capitolo!
Kageyama si svegliò a mezzogiorno inoltrato ma,
nonostante questo, decise di rimanere ancora un po’ a letto. Si sentiva
rintontito ed un po’ confuso, ma stava decisamente meglio rispetto alla sera
prima. Il ragazzo si coprì gli occhi con un braccio per ripararsi dalla luce
che inondava la stanza. Non ricordava molto della notte precedente: aveva
rimesso di nuovo ed aveva sognato di avere un attacco di panico. Un mezzo
sorriso spuntò sul volto di Reiji.
Non è stato
un incubo tanto brutto dopotutto.
Al pensiero di Cassandra che veniva a consolarlo nel
sogno l’umore del castano migliorò notevolmente, così si rannicchiò meglio nel
grande letto a due piazze e chiuse gli occhi, nella speranza di fare qualche
altro sogno del genere.
-Oh, ti sei svegliato?
Sentendo quella voce femminile Kageyama spalancò gli
occhi, iniziando a sudare freddo.
No, non può
essere vero, è impossibile.
Il ragazzo si mise a sedere ed osservò Cassandra a
bocca aperta, come se fosse uscita direttamente dal suo sogno.
-Beh, cos’hai da guardarmi così? Lo so, avevo promesso
di starti vicino finché non ti svegliavi, ma avevo bisogno di andare in bagno.
La giovane raggiunse il letto e si sedette prima di
poggiare una mano sulla fronte del padrone di casa per misurargli la
temperatura.
-Almeno la febbre si è abbassata… Ti senti meglio
vero?
Reiji deglutì a fatica ed annuì, troppo perso nello
sguardo affettuoso della sua ospite per dire una sola parola.
-Bene! È praticamente ora di pranzo, vuoi alzarti e
mangiare qualcosa o preferisci riposare un altro po’?
-Vengo a mangiare.
Il ragazzo si alzò e seguì in cucina la castana a
testa bassa: quella situazione lo metteva in imbarazzo. Ma quando notò che la
sua ospite iniziava ad armeggiare con i fornelli, il giovane si riprese e
scattò in avanti per bloccarla.
-Cosa stai facendo? Cucino io.
-Assolutamente no! Sei malato e devi riposare, ci
penso io a preparare il pranzo.
-Beh, io sarò malato ma tu sei sempre un'ospite! Ci
penso io.
Detto questo Kageyama prese il coltello che Cassandra
teneva in mano e si sistemò con prepotenza davanti alla cucina, impedendole
così di dare una mano. Per tutta risposta la ragazza incrociò le braccia ed
assunse un'espressione arrabbiata.
-Potresti infettare il cibo.
-Na...
-Potrei ammalarmi se mangiassi qualcosa preparato da
te.
-Naaa...
La castana incominciò a perdere la pazienza.
-Non mangerò niente allora!
-Non mangiare...
-Ma...
-Senti Andrei, la situazione è già abbastanza
imbarazzante per me senza che tu pretenda di farmi da infermiera!
Evitando di guardare negli occhi la sua ospite, Reiji
tornò a concentrarsi sulle verdure che stava tagliando, sperando che Cassandra
smettesse di insistere: ammettere di sentirsi in imbarazzo era già tanto per
lui. Con enorme sollievo del ragazzo, la sua ospite si allontanò senza
aggiungere una parola e lui poté cucinare senza problemi. Una volta finito di
preparare tutto, Kageyama mise un piatto davanti alla castana e si sedette di fronte
a lei, iniziando a mangiare tranquillamente. La ragazza continuò a fulminare
con lo sguardo il padrone di casa.
-Ho detto che non mangerò nulla preparato da te.
-Lascia pure, me lo mangio io più tardi.
Stizzita da quell’affermazione, Cassandra si decise a
prendere un boccone di ciò che aveva cucinato Reiji ed il suo umore cambiò
immediatamente.
-Ma è buonissimo! Cucini davvero bene, Kageyama!
Il giovane fece un mezzo sorriso, divertito da quel cambiamento improvviso, ma
non disse nulla. I due continuarono a mangiare in silenzio ed una volta che
ebbero finito il padrone di casa si alzò per sparecchiare e lavare i piatti, ma
la castana fu più veloce e tolse le stoviglie per prima.
-Ehi, ho detto che faccio io!
-Ma tu mi hai offerto il pranzo, lascia che ti ripaghi
almeno in questo modo!
Il ragazzo aprì la bocca per replicare, ma guardando
il sorriso sul volto della sua ospite non riuscì a dire una parola, così si
lasciò ricadere sulla sedia poggiando poi la testa sul tavolo, leggermente
imbronciato. Passarono diversi minuti in cui nessuno dei due disse nulla, poi
Cassandra ruppe il silenzio.
-Senti Kageyama… Posso chiederti una cosa?
Il castano si girò verso la sua ospite, senza alzare la testa dal tavolo.
-Che cosa?
-Ecco… Ieri notte, quando mi hai chiamato, hai parlato di qualcosa che non ho
capito… Insomma, c’era un sacco di rumore e tu non parlavi direttamente al
telefono, quindi posso aver frainteso io ma… Per caso hai detto che “non volevi
essere stuprato di nuovo”…?
Quella frase gelò il sangue nelle vene di Reiji.
Non è
possibile… Non posso averlo detto sul serio, non sono così stupido!
Il ragazzo tentò disperatamente di ricordare
esattamente cosa avesse detto a Cassandra la notte prima, ma la sua memoria
continuava a rifiutarsi di collaborare.
-Kageyama…?
Il castano si girò nuovamente verso la sua ospite, che lo osservava confusa in
attesa di una risposta, ed aprì più volte la bocca per poi richiuderla senza
dire nulla. Avrebbe voluto dirle che si era sbagliata, che lui non aveva mai
detto nulla del genere, ma non ci riusciva. Inoltre sapeva che una qualsiasi
risposta data dopo tutto quel tempo non sarebbe stata credibile e non aveva
alcuna intenzione di dire la verità.
-Kageyama…
Cassandra si avvicinò al padrone di casa, ma questo si alzò di scatto.
-Non mi sento bene, vado a stendermi.
-No, aspetta!
Ma Reiji ignorò la richiesta della ragazza ed andò
subito a chiudersi in camera. Una volta che ebbe chiuso la porta alle sue
spalle, il ragazzo si accasciò sul suo letto, nascondendo il volto contro il
cuscino. Gli bruciavano gli occhi e, se il suo orgoglio gliel’avesse permesso,
avrebbe versato volentieri qualche lacrima per sfogarsi.
Sono uno
stupido… Sono uno stupido… Come ho fatto? Come ho potuto farmelo sfuggire?!
Il giovane digrignò i denti, pensando a quello che
sarebbe successo da quel momento in poi: immaginava Cassandra che cercava scuse
per non passare più i pomeriggi insieme a lui, che lo guardava con uno sguardo
pieno di pietà, poi immaginava che sarebbe andata a dirlo a qualche professore,
la voce si sarebbe sparsa ed i suoi coetanei avrebbero preso a deriderlo e a
commiserarlo ancor più di prima. Il suono di qualcuno che bussava alla porta
della camera distolse Reiji dalle sue fantasie.
-Kageyama, posso entrare?
Il giovane si irrigidì, avrebbe voluto dire alla sua ospite di andarsene, di
non entrare, ma come prima non riuscì a dire una parola, così la castana entrò
ed andò a sedersi sul letto, a fianco al padrone di casa.
-Volevo chiederti scusa, non dovevo essere così
diretta… Se non vuoi rispondermi non sei costretto a farlo.
Reiji, sentendo quelle parole, non riuscì a reprimere
una risata. Non era una risata gioiosa o scettica, era una risata forzata,
molto simile ad un lamento. E Kageyama continuò a ridere, sempre più forte,
mettendosi a sedere ma tenendo la testa bassa, evitando accuratamente di
guardare Cassandra.
-È inutile che ti risponda, no Andrei? L’hai già
capito che non hai frainteso quello che ho detto al telefono ieri. Si, mi hanno
violentato! Mi hanno stuprato, rotto il culo, come lo vuoi chiamare tu, ma
resta il fatto che l’hanno fatto! Ed io mi sono rintanato in casa, nella
speranza di poter morire al più presto da solo, lontano da tutti. Ma no, tu ed
i miei parenti dovevate impicciarvi, dovevate farvi venire degli scrupoli nei
miei confronti e starmi vicino!
La strana risata del ragazzo venne pian piano
sostituita dai singhiozzi, mentre questo si stropicciava gli occhi, tentando di
ricacciare dentro le lacrime che gli offuscavano la vista.
-Avrei fatto meglio ad uccidermi appena arrivato a
casa…
Uno schiaffo raggiunse la guancia del castano, che
finalmente decise di alzare lo sguardo sulla sua ospite: Cassandra era rossa in
volto e gli occhi erano pieni di lacrime quanto quelli di Kageyama.
-Non dirlo… NON DIRLO NEMMENO PER SCHERZO!
Reiji si toccò la guancia arrossata dallo schiaffo,
ritornando a fissare il materasso. In quel momento odiava tutto: Cassandra, perchè lo faceva sentire così in colpa, Daisuke, che
l'aveva spinto in quella situazione, i suoi genitori, che l'avevano abbandonato
al suo destino, ma più di tutti odiava se stesso per essere così debole. Il
ragazzo nascose il viso tra le mani nell'ennesimo, vano tentativo di reprimere
le lacrime che ormai gli rigavano il viso.
-N-No...
La castana abbracciò il padrone di casa per
consolarlo.
-Mi dispiace, non volevo farti male...
Kageyama tentò una debole resistenza, voleva scappare
ed andare a sfogarsi in completa solitudine, ma la sua ospite lo strinse di
più.
-Ma il suicidio non è mai la risposta a nulla.
Il padrone di casa scoppiò in una roca risata rotta
dai singhiozzi.
-Tanto a nessuno importa niente di me, farei solo un
piacere al mondo.
Cassandra lo strinse ancora più forte.
-A me importa di te. Mi è sempre importato. Scusami,
non volevo farti soffrire…
-Tutte balle…
-Cosa?
Reiji si morse le labbra, indeciso per qualche attimo
se continuare o meno.
-Sono tutte balle… A nessuno può importare qualcosa di
me! Sei una bugiarda! Ti odio!
Con uno strattone il ragazzo si liberò dall'abbraccio
della castana, che rimase a guardarlo a bocca aperta, profondamente ferita da
quelle parole. Ma, nonostante tutto, Cassandra sorrise ed accarezzò la guancia
di Kageyama ancora arrossata a causa del suo schiaffo.
-Va bene, se la mia presenza ti fa soffrire me ne
andrò e non ti cercherò mai più. Prima però...
La ragazza abbassò lo sguardo sospirando e la sua voce
si fece fredda.
-Dimmi chi è stato a stuprarti.
Reiji rabbrividì, sorpreso dal cambiamento della sua
ospite.
-C-Che t'importa?
-Tu dimmelo.
-No, non ti dirò nulla fino a quando non mi spieghi a
che ti serve saperlo!
La castana digrignò i denti, stringendo la stoffa
delle lenzuola con rabbia fra le mani.
-Così posso ucciderlo.
Un altro brivido scosse Kageyama.
-Non ne saresti capace.
-E perché no? Fare del male a qualcuno è così
semplice! E poi...
La ragazza rialzò la testa, sorridendo meccanicamente.
-Odi sia me che lui. Se me lo dici lui morirà ed io
andrò in prigione, prenderai due piccioni con una fava!
Il padrone di casa fece per ribattere ma le parole gli
morirono in gola. Si morse le labbra, maledicendosi per aver dato della
bugiarda a Cassandra, ed iniziò a pensare a qualcosa che potesse sitemare la situazione.
-Forza, dimmi chi è stato.
-Non voglio....
La castana fissò scettica Reiji.
-Perché non vuoi?
-Non voglio che tu uccida qualcuno...
-E perché no? Tanto mi odi!
Kageyama perse la pazienza: era stanco di tutte quelle
domande e del tono strafottente della sua ospite, così si mise ad urlare.
-Se ti odiassi sul serio non saresti qui a dirmi
queste cose assurde!
Cassandra rimase in silenzio, guardando il ragazzo con
aria triste.
-Ma io ti ho fatto soffrire...
-E ti sembra un buon motivo per mandarti ad ammazzare
qualcuno?!
La giovane prese il volto di Reiji tra le mani,
asciugandogli delicatamente le lacrime che il castano aveva versato poco prima.
-Se può aiutarti a farti stare meglio si.
Kageyama rimase senza parole, si sentiva completamente
svuotato da tutta la rabbia ed il dolore che lo stavano tormentando. Poggiò una
mano su quella della sua ospite. Non riusciva a capire come mai quella ragazza
fosse pronta a rovinarsi la vita per lui anche se le aveva dato della bugiarda
e le aveva detto di odiarla.
-Ma... Ma perché? Non provi disgusto a starmi vicina?
Sai quello che mi hanno fatto!
-E allora?
Cassandra poggiò la fronte contro quella del padrone
di casa.
-Non è stata mica una tua scelta, non vedo il motivo
di provare disgusto nei tuoi confronti.
-Allora mi stai vicina per pietà...?
-No, anzi, ti ammiro: per tutto questo tempo sei
rimasto in silenzio, non hai detto niente a nessuno, hai tenuto dentro tutto il
dolore... È stato difficile, vero?
Il castano annuì appena, di nuovo sul punto di
piangere. Si sentiva finalmente sollevato, si sentiva, per la prima volta dopo
tanto tempo, compreso e la cosa lo rendeva felice. Reiji si staccò dalla sua
compagna e si asciugò gli occhi, respirando profondamente per calmarsi, poi
alzò di nuovo lo sguardo su Cassandra: la ragazza era tornata a sorridere in
maniera dolce e naturale e la cosa rassicurò ancora di più il padrone di casa.
-Beh, ti senti un po’ meglio adesso?
-Si...
Andrei sbadigliò e Kageyama si ricordò di colpo che la
giovane era rimasta sveglia tutta la notte.
-Sei stanca?
-Un pochino... Sto bene, tranquillo!
-Puoi usare la camera dei miei genitori per riposarti.
-Non preoccuparti, non ne ho bisogno!
Sentendo quelle parole il castano tornò ad
arrabbiarsi.
-Andrei, sei rimasta sveglia tutta la notte, fammi il
piacere e vai a riposarti.
-Ma...
-Niente ma! Non ho alcuna voglia di raccoglierti da
terra se crolli a dormire in piedi!
La ragazza non seppe più come ribattere: era troppo
felice di vedere il suo compagno tornato quello di sempre per inventarsi una
scusa credibile. Così si alzò, fermandosi un attimo per accarezzare la testa di
Reiji.
-Va bene, allora vado a chiudere gli occhi dieci
minuti. Tu riposati un altro po', non vorrai rischiare una ricaduta, vero?
Il giovane borbottò un "Si, si" di risposta,
distogliendo lo sguardo, ma osservò con la coda dell'occhio la sua ospite
mentre se ne andava. Quando fu certo che la ragazza non sarebbe tornata, si
rigettò sul letto, ripercorrendo con la mente gli ultimi avvenimenti. Era
stanco e sconvolto, ma i troppi pensieri per la testa gli impedivano di
prendere sonno. Continuava a tornargli alla mente la voce fredda di Cassandra
quando aveva annunciato di voler uccidere chiunque l’avesse stuprato ed il
ricordo gli metteva i brividi. Era rimasto sorpreso da quel cambiamento
improvviso, ma doveva ammettere che quella non era l'unica cosa ad averlo
sorpreso quel pomeriggio: stentava ancora a credere che la ragazza avesse
accettato di stargli vicino anche dopo tutto quello che le aveva detto, ma
l'idea di aver trovato qualcuno che riuscisse a capirlo almeno un po' lo
rendeva estremamente felice. Il castano si rotolò sul letto, ridacchiando eccitato
fino a quando il suo sguardo non si posò sull'orologio sopra il comodino: era
già passata una mezz'oretta da quando Cassandra era andata a riposarsi e
Kageyama, ricordandosi che la sua ospite aveva detto che si sarebbe riposata
solo dieci minuti, decise di andare a vedere dove fosse finita la sua ospite.
-Andrei…?
Reiji entrò nella camera dei suoi genitori e trovò
Cassandra stesa sul letto, con un braccio steso ed uno sul viso a coprirle gli
occhi e dormiva profondamente. Il ragazzo si sedette sul bordo del letto,
guardando la sua compagna: voleva starle vicino ma aveva timore di svegliarla.
Il suo sguardo si posò per qualche attimo sul braccio steso della castana, poi
si sdraiò delicatamente anche lui sul letto, poggiando il viso sul braccio di
Cassandra. Kageyama rimase teso per qualche istante, poi, vedendo che la
ragazza non dava segni di risveglio, si rilassò, rannicchiandosi meglio al
fianco della castana. Il giovane chiuse gli occhi, godendosi meglio il calore
di quel contatto che, seppur minimo, lo faceva sentire incredibilmente bene.
Lentamente anche Reiji si mise a dormire con un sorriso beato stampato sul
volto.
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Angolino rotondo
Se vi state chiedendo se posterò
mai ad orari umani la risposta è no, non accadrà mai.Sono un animale notturno io. E’ passato un
bel po’ di tempo dallo scorso aggiornamento ma fa niente, l’importante è
aggiornare! Beh, questo è un altro capitolo dal sapore agrodolce e ci sono
stati un po’ di cambiamenti, ma nel prossimo ci sarà una rivelazione shock e
dovrò fare un angolino piuttosto lungo per spiegare il tutto… Dovrò anche
cambiare gli avvertimenti forse! Inoltre dal prossimo capitolo cambierà
finalmente un po’ l’ambientazione di questa storia… Ma ora ho spoilerato troppo. Ringrazio chi ha letto e chi recensirà,
alla prossima!
La prima cosa che Cassandra avvertì quando riaprì gli
occhi fu il formicolio al braccio destro e, una volta che si fu girata per
capire la causa di quella sensazione, dovette trattenere un urletto di
sorpresa: non si aspettava di trovare Kageyama placidamente addormentato al suo
fianco con la testa poggiata sul suo braccio. Facendo molta attenzione a non
svegliare il ragazzo, la castana si girò per poterlo osservare meglio: Reiji
aveva ripreso colorito rispetto a prima, segno che la sua temperatura doveva
essere tornata alla normalità. In cerca di ulteriori conferme, la ragazza gli
poggiò una mano sulla fronte, rasserenandosi nel notare che il suo amico non
aveva più la febbre, poi spostò quella stessa mano sul fianco di Kageyama,
accarezzandolo leggermente. Cassandra non riuscì a fare a meno di ridacchiare
quando vide il ragazzo girarsi ed accoccolarsi dall’altra parte, dopo aver
fatto una smorfia infastidita. Avendo finalmente il braccio libero, la castana
lo mosse un po’ per riattivare la circolazione sanguigna, poi tornò a guardare
Reiji, senza dire o fare nulla di particolare, ascoltando semplicemente il
suono del suo respiro. I due rimasero così per diversi minuti, poi Cassandra si
ricordò una cosa e si girò in fretta verso il comodino alle sue spalle, dove
controllò l’orario su una sveglia.
Merda, il
lavoro!
Veloce come un fulmine, la ragazza scese giù dal letto
e si fiondò in bagno per darsi una sistemata, poi recuperò le sue chiavi e si
diresse verso la porta d’ingresso, fermandosi di colpo proprio mentre stava per
aprirla. I suoi pensieri tornarono a Reiji: non poteva andarsene senza
avvisarlo, come avrebbe reagito scoprendo che lei se n’era andata mentre
dormiva? Cassandra era sicura che non ne sarebbe stato felice, così tornò in
camera da letto ed iniziò a scrollare il castano.
-Kageyama, svegliati…
Seppur a malincuore, il ragazzo riaprì gli occhi e
guardò la sua ospite con un’espressione intontita.
-Cosa vuoi, Andrei?
-Devo correre a lavoro, ti volevo avvisare. Tu rimani
a letto e continua a riposare o rischi una ricaduta.
Mossa dalla fretta, Cassandra tornò a dirigersi verso
la porta d’ingresso, ma si fermò a metà strada sentendo la voce di Reiji.
-Quando hai finito tornerai qui, vero?
La ragazza non sapeva dire il perché, forse a causa
del tono stanco o dalle parole usate, ma la richiesta del castano le suonò
tanto come quella di un bambino.
-Certo che torno Kageyama, come ogni pomeriggio! Tu
aspettami qui!
Dalla camera da letto, il padrone di casa sentì
chiaramente la porta d’ingresso richiudersi alle spalle di Cassandra e sbuffò.
-Tu aspettami qui… Come se me ne andassi sul serio da
qualche parte…
E, detto questo, il ragazzo tornò a dormire.
Tre ore dopo, Kageyama fissava corrucciato l’orologio
della cucina: Cassandra era in ritardo di mezz’ora, cosa mai successa prima, ed
il castano iniziava a preoccuparsi. Poi, proprio quando Reiji si era deciso a
chiamare la ragazza al cellulare, l’oggetto dei suoi pensieri bussò alla porta
ed il padrone di casa si affrettò ad aprirle.
-Sei in ritardo.
Cassandra si accomodò, ridacchiando imbarazzata.
-Scusami, ero andata a prenderti queste.
Dopo aver titubato un attimo, Kageyama prese la busta
che la castana gli stava porgendo e ci guardò dentro: la ragazza aveva comprato
tutti i medicinali necessari a curare i malanni più comuni. Sconvolto, Reiji si
girò verso la sua ospite per protestare, ma lei lo zittì prontamente.
-Non voglio sentire una parola, tu accetti quei
medicinali e basta! Non mi devi nulla, li ho comprati per te di mia spontanea
volontà. Preferisco spendere tutti i miei soldi piuttosto che vederti di nuovo
nello stato di ieri sera.
Vergognandosi un po’ per l’ingratitudine che stava per
mostrare nei confronti della castana, Kageyama bofonchiò un grazie di risposta
e poi si diresse in bagno per mettere a posto i medicinali nuovi e buttare
quelli scaduti. Una volta terminata l’operazione, il ragazzo tornò in salone e
si sedette al fianco di Cassandra, che si era già accomodata sul divano. Reiji
non sapeva cosa dire, aveva ancora impressa nella mente la discussione avuta
quella mattina con la castana e quel ricordo lo spingeva a desiderare un qualche
contatto con la ragazza, ma non sapeva proprio come ottenerlo. Nella sua mente
si affollarono, sbiadite e frammentate, le scene romantiche dei pochi film che
aveva visto in vita sua, anche se Kageyama non sapeva bene a cosa gli potessero
servire. Reiji si scrollò e chiuse gli occhi, cercando il coraggio per
decidersi a prendere per mano la sua ospite, poi avvertì qualcosa di caldo
sulla sua fronte. Riaprì gli occhi e vide Cassandra che gli misurava la
temperatura con la mano, cosa che lo mise un po’ in imbarazzo, ma la lasciò
comunque fare. Una volta che fu sicura di aver sentito bene la temperatura del
ragazzo, Cassandra si staccò sorridendo.
-La febbre ormai è passata del tutto, meno male.
Kageyama fece segno di sì con la testa, segretamente
contrariato dal fatto che la castana si era allontanata da lui, ma si sentì
subito meglio quando la ragazza intrecciò la mano con la sua. Quella stretta
fece rilassare Reiji, felice di aver ottenuto ciò che voleva senza faticare
troppo, anche se sapere che era stata la sua ospite a fare tutto lo feriva un
po’ nell’orgoglio, ma decise di non darci troppo peso e godersi il momento. I
due rimasero in silenzio, mano nella mano per alcuni minuti, poi Cassandra
parlò.
-Senti Kageyama… Vorrei proporti una cosa, ma non so
se è molto fattibile visto quello che mi hai confessato prima…
Il ragazzo guardò la castana incuriosito ed un po’
corrucciato.
-Tu proponi, poi decido io se è fattibile o meno.
Dopo aver fatto un bel respiro profondo Cassandra
continuò.
-Questo domenica vado a vedere l’alba in un parchetto
vicino a casa mia, mi chiedevo se ti andava di venire con me.
Sentendo quelle parole Reiji si irrigidì: come sempre
il solo pensiero di uscire fuori di casa lo angosciava. Anche se non voleva
ammetterlo aveva paura di relazionarsi ancora con le persone, aveva paura di
essere ferito di nuovo, sia psicologicamente che fisicamente. Capiva bene
perché la sua amica avesse dei dubbi nel proporgli qualcosa del genere: se
fosse stato qualcun altro a chiederglielo il ragazzo avrebbe rifiutato a
priori, senza nemmeno pensarci, ma era stata Cassandra a proporglielo e, in
fondo, anche lui desiderava uscire da quella casa. Non voleva essere
prigioniero delle sue paure, lo faceva sentire terribilmente debole, come se
avesse perso una partita con la vita e lui odiava perdere. Kageyama fece un bel
respiro profondo per calmarsi e si mise a riflettere bene sulla proposta:
vedere l’alba significava muoversi quando tutte le altre persone stavano
dormendo, le probabilità che avevano di incontrare qualcuno per strada erano
minime, inoltre sarebbero andati a vederla di domenica, quindi nessuno si
sarebbe svegliato presto per andare a lavoro. L’unica cosa su cui aveva dei
dubbi era la distanza fra il parchetto di cui parlava la castana e casa sua.
-Quanto dista questo parco da qui?
-Uh? Più o meno quindici minuti a piedi.
Quindici
minuti per andare, quindici per tornare… Quanto durerà un’alba? Non penso
tanto… In un’ora dovrei essere di nuovo a casa!
Reiji chiuse gli occhi: ormai aveva preso la sua decisione.
-Va bene, visto che ci tieni verrò con te a vedere
l’alba.
Cassandra guardò sorpresa il padrone di casa: non
pensava davvero che avrebbe accettato.
-Ne sei davvero sicuro? Non ti voglio costringere, se
non te la senti non devi…
Un’occhiataccia più che eloquente del ragazzo fece
zittire la castana.
-Ho detto che verrò con te, è la mia decisione
definitiva, chiaro?
Cassandra annuì, un po’ spaventata dall’aria
arrabbiata del compagno, ma la paura scomparì subito quando vide Kageyama un
po’ agitato ed in imbarazzo.
-P-Però vienimi a prendere qui a casa mia, io non
conosco la strada.
Sorridendo serena, la ragazza chiuse gli occhi e
poggiò la testa sulla spalla del ragazzo.
-Va bene, verrò a prenderti alle quattro meno un
quarto, fatti trovare pronto.
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Angolino rotondo
Sì signori, sono ancora viva e vegeta e sono ancora
pronta a scassarvi i maroni con questa long. Ovviamente come sempre posto ad
orari indecenti perché se no non sono io, ma ehi! Io ho promesso di postare questo
nuovo capitolo entro la fine del weekend e per un po’ il weekend non è ancora
finito quindi SONO IN ORARIO! Cercate di capirmi, per me è un miracolo: sono
nata in ritardo e ritardo in ogni cosa della mia vita. Quasi in ogni cosa. Va
beh, non attacchiamoci ai dettagli. In questo capitolo non ci sono eventi molto
particolari perché è un po’ un capitolo di transizione, ma il prossimo sarà più
emozionante, promesso. E no, non dovrete aspettare secoli anche per quello. In
particolare voglio dedicare questo capitolo a Yissis:
spero che la tua settimana scorra leggera e piacevole! Grazie a tutti per aver
letto.
Kageyama inspirò profondamente l’aria della notte e
tornò a guardare male il limite che divideva il suo appartamento dal
pianerottolo. Da quando si era svegliato aveva cercato di varcare quella soglia per
essere pronto la mattina successiva ad uscire insieme a Cassandra, ma non era
ancora riuscito a mettere un piede fuori di casa. Ogni volta che trovava il
coraggio di provarci qualcosa andava storto: squillava il telefono, una folata
di vento faceva chiudere la porta, qualcuno usciva dagli appartamenti affianco,
un rumore improvviso lo spaventava e puntualmente Reiji doveva di nuovo trovare
il coraggio di uscire fuori, cosa non proprio facile per lui. Mancava ormai un
quarto d’ora all’appuntamento con la sua amica ed il ragazzo stava tentando
ormai il tutto e per tutto: fece un altro respiro profondo, chiuse gli occhi,
raccolse tutto il suo coraggio e… Sentì bussare alla porta, la SUA porta. Il
rumore improvviso fece sobbalzare il castano che riaprì gli occhi, cercando di
capire cosa l’avesse provocato e non impiegò molto a scoprirlo: da dietro la
porta aperta faceva capolino Cassandra. Kageyama tirò un sospiro di sollievo
prima di rivolgersi alla ragazza.
-Che ci fai qui? Non sono ancora le quattro meno un
quarto.
Avendo ormai rivelato la sua presenza, la castana fece
un passo avanti, fermandosi di fronte al suo amico.
-Beh, sono venuta a vedere come stavi. Sei nervoso?
Reiji distolse lo sguardo, mordendosi le labbra: era
nervosissimo, aveva ancora il battito accelerato a causa dello spavento preso
prima e non accennava a tornare normale. Dal canto suo, Cassandra aveva già
intuito quanto il ragazzo fosse agitato e volle chiedergli la stessa cosa che
gli chiedeva ormai da giorni.
-Sei davvero sicuro di voler venire? Lo sai che non
sei costretto…
Kageyama fulminò con lo sguardo la sua amica,
decisamente arrabbiato: era stanco di sentire sempre la stessa domanda che non
lo aiutava per niente a calmarsi.
-Te lo ripeto per l’ennesima volta Andrei: sì, sono
sicuro!
La castana annuì: non voleva forzare in alcun modo il
suo amico, ma pensava che fosse meglio per lui ricominciare ad uscire qualche
volta. Cassandra gli tese la mano, guardandolo decisa.
-Allora andiamo.
Appena sentì quelle parole, Reiji venne scosso da un
brivido: si sentiva di nuovo in preda al panico.
-D-Dammi solo un attimo.
Delicatamente, la ragazza lo prese per mano e lo tirò
appena verso di sé.
-Va tutto bene, ci sono io qui con te. Si tratta di
fare solo un piccolo passo, non avere paura.
Leggermente rassicurato da quelle parole, Kageyama
decise di dar nuovamente fondo a tutto il suo coraggio e si gettò letteralmente
fuori dalla porta, finendo addosso a Cassandra che lo sostenne prontamente. Appena
si rese conto di quello che aveva appena fatto, il castano venne colto da una
fortissima crisi di panico ed iniziò a tremare in maniera talmente
incontrollata che se non ci fosse stata la ragazza a sorreggerlo con molta
probabilità sarebbe crollato a terra. Essendo Cassandra l’appiglio sicuro più
vicino, Reiji ci si attaccò con tutta la forza che aveva in corpo mentre
iniziava a ridere in maniera decisamente isterica. Non si sentiva in grado di
muovere nemmeno un passo e, nonostante si fosse allontanato dal suo
appartamento di pochi centimetri, nella sua mente si era già formata l’idea che
non sarebbe mai riuscito a tornare illeso a casa. Cassandra rimase leggermente
spiazzata da quel comportamento: non si aspettava una crisi di panico tanto
grande e non si era preparata di conseguenza. Inoltre il ragazzo la stava
stritolando.
-K-Kageyama, calmati, va tutto bene! Ci sono qui io a
proteggerti.
La risata del castano si fece più forte mentre era sul
punto di scoppiare a piangere.
-Proteggermi?! Ma fammi il piacere Andrei, sei la metà
di me, come dovresti proteggermi?!
-Calmati e guarda!
La ragazza allungò un braccio verso la ringhiera del
pianerottolo e Reiji seguì il suo dito con lo sguardo: nel punto indicato dalla
ragazza c’era uno zainetto dall’aria ricolma da cui spuntava anche una mazza da
baseball in metallo.
-Ho portato tutto quello che mi sembrava utile per
proteggerti e farti sentire al sicuro, non devi preoccuparti…
Sentendo quelle parole, Kageyama si rilassò di colpo:
gli sembrava qualcosa di surreale, com’era possibile che Cassandra si fosse
presa tanto disturbo per uno come lui? Sentendo la pressione dell’abbraccio
allentarsi, la castana si allontanò leggermente per recuperare lo zaino.
-Se ti fa sentire più al sicuro girerò con la mazza da
baseball in mano. Non permetterò a nessuno di farti del male, dico davvero…
Il ragazzo annuì: si sentiva stupido ed infantile, ma l’idea
di avere qualcuno armato e pronto a proteggerlo in caso di pericolo lo
rassicurava parecchio. Sorridendo appena, Cassandra tirò la mazza da baseball
fuori dallo zaino, caricandosi poi quest’ultimo sulle spalle e porgendo
nuovamente la mano a Reiji.
-Forza, andiamo.
Kageyama annuì e le strinse la mano, pronto a
seguirla. I due impiegarono il doppio del tempo per arrivare a destinazione: la
ragazza procedeva lentamente, sempre un passo davanti al suo compagno per poter
verificare che il passaggio fosse sicuro. Il castano, invece, continuava ad
essere teso come la corda di un violino, bastava il minimo rumore a metterlo
sulla difensiva, ma l’atteggiamento cauto di Cassandra lo faceva sentire più
tranquillo: osservandola riusciva a capire quanto la ragazza prendesse sul
serio la sua paura, sapeva che lei avrebbe fatto davvero tutto il possibile per
difenderlo e metterlo a suo agio. Se in quel momento Reiji si fosse trovato
davanti alla scelta di chi l’avrebbe protetto per il resto della sua vita
avrebbe scelto Cassandra senza esitazioni. Alla fine i due ragazzi arrivarono
al parco senza incontrare nessuno per la strada. Una volta che si fu seduto su
una panchina, Kageyama si rilassò completamente: il silenzio regnava sovrano
quella notte, non tirava un filo di vento e niente si muoveva nell’oscurità.
Sembrava come se il tempo si fosse fermato. Fu il suono metallico della mazza
che veniva posata sulla panchina a rompere la quiete notturna: Cassandra si era
seduta e stava cercando qualcosa nello zaino. Il ragazzo la guardò interessato
e la vide tirare fuori un thermos e due bicchieri in cui versò il contenuto
biancastro del recipiente termico prima di porne uno a Reiji.
-Tieni, è latte caldo con miele. Pensavo che avrebbe
potuto aiutarti a distendere i nervi.
Il castano la ringraziò sottovoce e prese il
bicchiere, iniziando subito a bere a grandi sorsi il latte. Il liquido caldo
che gli scendeva per la gola gli diede la sensazione che il suo corpo si stesse
sciogliendo: non era più teso, non aveva più paura, quello gli sembrava un
sogno in cui non aveva nulla da temere. Si lasciò scivolare lungo lo schienale
della panchina, perdendosi a guardare il cielo nero come i suoi occhi.
-Va tutto bene?
Kageyama spostò lo sguardo verso la sua amica: aveva
un’aria davvero preoccupata, così ragazzo arrivò alla conclusione che non
doveva avere uno splendido aspetto in quel momento. Fece un sorriso stanco ed
annuì per rassicurarla, poi decise di fare un po’ di conversazione per non
addormentarsi.
-Come mai volevi venire a vedere l’alba?
-Lo facevo ogni anno con mio padre, abbiamo deciso di
mantenere questa specie di tradizione anche ora che siamo separati. Io la vedo
da qui e lui la vede dalla sua nuova casa.
Reiji abbassò la testa, invidioso del legame che la
sua amica aveva con il suo genitore.
-Sei fortunata…
-È vero, lo sono.
Cassandra gli prese la mano, stringendogliela forte.
-Però potrebbe diventare un momento speciale anche per
te. Rilassati e goditi lo spettacolo.
Reiji strinse a sua volta la mano della ragazza,
tornando a guardare il cielo. Dopo pochi minuti il sole iniziò a sorgere.
Kageyama rimase a bocca aperta mentre vedeva il cielo schiarirsi velocemente:
era la prima volta che vedeva sorgere il sole e gli sembrava davvero uno
spettacolo mozzafiato. Al suo fianco, Cassandra sorrideva serena: per lei
quello era uno spettacolo familiare, ma era davvero felice di vedere il suo
amico tanto entusiasta. Man mano che il sole si alzava, sul viso del castano si
allargava un sorriso pieno di meraviglia: tutto quello gli sembrava solo un bel
sogno, e dovette stringere ancora più forte la mano della sua amica per
convincere di essere ancora sveglio. Poi, una volta che il sole fu sorto del
tutto, il vento iniziò a soffiare e gli uccellini iniziarono a svegliarsi e cinguettare.
A Reiji sembrò che qualcuno avesse spezzato un incantesimo che fermava il tempo
in quel luogo. Poco dopo Cassandra si alzò, stiracchiandosi, per poi girarsi
verso il ragazzo.
-Allora, ti è piaciuto?
Kageyama si alzò quasi di scatto, pieno di entusiasmo.
-È stato bellissimo!
Il castano si vergognò subito di quel comportamento, a
suo parere, molto infantile, ma la sua amica lo abbracciò forte.
-Sono felice di vederti tanto contento.
Dopo un attimo anche Reiji ricambiò l’abbraccio: non
si pentiva minimamente di aver seguito la ragazza in quella piccola avventura,
aveva superato una sua paura ed era stato ricompensato con uno spettacolo
bellissimo. Dopo qualche secondo, Cassandra si separò dall’abbraccio,
recuperando lo zaino e la mazza per poi tornare a guardare il suo amico con il
solito sorriso dolce dipinto sul volto.
-Allora, torniamo a casa?
Kageyama annuì convinto e la prese per mano: da quel
momento in poi non voleva più nascondersi, era pronto ad affrontare tutto ciò
che lo spaventava.
Voleva tornare ad essere padrone della sua vita.
~~~~~~~~
Angolino rotondo
Ecco qui, come promesso questo capitolo è arrivato
relativamente presto. Di sicuro ho impiegato meno tempo a scriverlo del
precedente e lo sto pubblicando anche ad un orario decente! Ormai il peggio è
passato, i prossimi capitoli saranno più leggeri e spensierati, anche se sarà
solo una breve pausa, purtroppo. Non mi dilungo troppo perché in realtà non so
cos’altro dire. Grazie a voi che avete letto, spero che il capitolo vi sia
piaciuto!
Da quel giorno Kageyama iniziò ad impegnarsi al
massimo per combattere le sue paure. Il suo primo passo fu aspettare Cassandra
sul pianerottolo di casa: le prime volte era costantemente teso e sull’attenti,
si tratteneva a malapena dallo scappare dentro casa appena incontrava un suo
vicino, ma migliorò molto velocemente vedendo che, dopo qualche occhiata
stranita, non si curavano più di lui. Il suo secondo passo fu quello di
aspettarla per strada: visto che il minimarket dove lavorava la castana distava
solo pochi isolati da casa sua, il ragazzo pensava di aspettare la sua amica
ogni giorno qualche metro più avanti rispetto a casa sua. I primi giorni andò
tutto come previsto da Reiji, anche in quel caso la tensione iniziale andò pian
piano affievolendosi intanto che il castano si accorgeva che i passanti non gli
prestavano la minima attenzione. Un giorno però, quando ormai aveva superato
metà della strada che divideva casa sua dal minimarket, successe qualcosa che
mandò completamente nel panico Kageyama: incontrò dei ragazzi della Raimon. In
realtà non si può parlare di un vero e proprio incontro: l’attenzione di
Reijivenne attirata da degli schiamazzi
in lontananza e vide che un gruppo di ragazzi con la divisa della Raimon stava
camminando verso di lui. Un istintivo terrore si appropriò della mente del
castano, impedendogli di ragionare lucidamente: probabilmente non conosceva
nemmeno quei ragazzi, ma lui ne aveva paura comunque. Non sapendo cosa fare,
Kageyama si nascose dietro ad un grosso palo della luce alle sue spalle e
rimase immobile, trattenendo il fiato, fino a quando il chiassoso gruppetto non
l’ebbe superato. Una volta che i ragazzi si furono allontanati a sufficienza,
Reiji iniziò a tremare: si sentiva in pericolo e non sapeva cosa fare, non
c’era un valido riparo nei paraggi, quindi aveva solo due possibilità: tornare
a casa sua o raggiungere Cassandra. Resosi conto che i ragazzi erano andati
proprio in direzione di casa sua, il castano optò per raggiungere la sua amica:
prese un respiro profondo e poi iniziò a correre come un razzo in direzione del
minimarket, senza fermarsi un attimo e non guardando in faccia nessuno. Corse così
velocemente che impiegò meno di cinque minuti a raggiungere il minimarket, in cui
si fiondò come se fosse inseguito da chissà chi. Una volta che le porte
automatiche si chiusero alle sue spalle, il ragazzo si piegò su se stesso per
riprendere fiato: in quel posto si sentiva al sicuro, in fondo lì si trovava
Cassandra, ma quando rialzò lo sguardo e vide il proprietario del minimarket
che lo guardava scioccato non si sentì più così sicuro. L’uomo, dal canto suo,
non sapeva che dire o fare: non solo aveva visto un ragazzino irrompere nel suo
negozio alla velocità della luce, ma quel ragazzo era proprio Kageyama Reiji,
il giovane recluso a cui consegnava la spesa da qualche mese. Per lui era quasi
come vedere un fantasma. Dopo essersi ripreso un attimo dalla sorpresa, il
proprietario cercò di rivolgere la parola a Reiji, che gli sembrava decisamente
spaventato.
-Ehm… Posso aiutarti?
Kageyama fece un passo indietro, timoroso: non aveva
ancora provato a rivolgere la parola a nessuno all’infuori di Cassandra e dei
suoi familiari, ma cercò di farsi coraggio ripetendosi che non aveva nulla da
temere, doveva solo trovare la sua amica.
-Io… Io sto cercando Andrei…
La voce del castano era così flebile che l’uomo non
capì una parola di quello che aveva detto.
-Scusa, non ho capito. Puoi ripetere?
Quella semplice domanda fece agitare ancora di più Reiji:
per lui sussurrare quelle quattro parole era già stato uno sforzo titanico, non
aveva proprio idea di dove trovare la forza per alzare la voce. Sentì di nuovo
l’impulso di scappare, ma una vocina nella sua testa continuava a ricordargli
che lì c’era la persona che stava cercando, fuggire non avrebbe fatto altro che
peggiorare la situazione. Nel frattempo il proprietario rimaneva a guardarlo
senza dire nulla: poteva quasi avvertire il disagio di Kageyama, ma non sapeva
cosa fare e questo lo turbava non poco. Ricordava ancora la prima volta in cui
l’aveva visto entrare in negozio, mentre dormiva tranquillo nella carrozzina
sospinta da sua madre. Avere la famiglia di un grande campione che si serve
abitualmente nel negozio di sua proprietà per l’uomo era un evento più unico
che raro ed in quel modo aveva visto Reiji crescere anno dopo anno. Si era
affezionato al ragazzo, soprattutto sapendo quali difficoltà aveva dovuto
sopportare e l’idea di non poterlo aiutare lo infastidiva. Ma a rompere il
silenzio che si era venuto a creare ci pensò una terza persona.
-Kageyama…? Che ci fai qui?
Sentendo quella voce conosciuta, il castano si girò di
scatto: Cassandra era appena comparsa da qualche corridoio alle sue spalle e lo
guardava con un’espressione sorpresa. Vedendo la sua amica, gran parte
dell’ansia che Reiji provava scomparve quasi immediatamente: si sentiva così
sollevato che avrebbe potuto piangere. Corse incontro alla ragazza e la
abbracciò forte. Dal canto suo la castana, già sorpresa nel vedere il suo
compagno nel negozio, esitò qualche attimo prima di ricambiare l’abbraccio. Aveva
un sacco di cose da chiedere al ragazzo, ma si trattenne il tempo necessario
per permettere a Kageyama di calmarsi del tutto, poi si separò dall’abbraccio
e, tossicchiando per vincere l’imbarazzo causato del sorriso felice dipinto sul
volto del suo datore di lavoro, decise di prendere in mano la situazione.
-Ehm… Signore, posso prendermi una piccola pausa?
-Oh, certo! Usa pure la stanza per lo staff!
Ancora un po’ a disagio, la ragazza prese per mano
Reiji e lo condusse nella stanza che usavano i dipendenti durante le pause.
Appena ebbe chiuso la porta alle sue spalle, Cassandra sospirò.
-Beh… Vederti qui è di sicuro una sorpresa! Kageyama,
cos’è successo?
Il castano si morse un labbro: ripensandoci a mente
lucida il suo comportamento gli sembrava quello di uno stupido.
-Ecco, io… Ti stavo aspettando come al solito, però
poi…
Sospirò prima di continuare.
-Ho visto dei ragazzi della Raimon avvicinarsi e…
Ho avuto
paura…
Era quello che voleva dire, ma Reiji si vergognava
troppo ad ammetterlo.
-E ti sei sentito minacciato, vero?
Gli occhi di Kageyama si illuminarono ed annuì
energicamente. Non capiva come Cassandra ci riuscisse, ma adorava il modo in
cui riusciva a dire le cose, lo faceva sempre sentire a suo agio. Dal canto
suo, la castana sospirò.
-Non ti devi preoccupare, non è colpa tua. È
abbastanza normale che tu ti senta così dopo quello che ti è successo, ti stai
già impegnando tantissimo per uscire di casa…
La ragazza assunse un’aria pensierosa.
-A proposito, quando finisco il turno vuoi venire a
casa mia? C’è una cosa che vorrei darti…
Il castano annuì di nuovo, pieno di curiosità ma anche
un po’ dubbioso.
-Ok, ma io che faccio mentre ti aspetto?
Andrei sorrise e gli lanciò una rivista.
-Fai come fossi a casa tua, il mio turno finisce fra
un quarto d’ora.
Reiji si guardava intorno con aria sospettosa mentre
camminava al fianco della sua amica: nonostante si sentisse più tranquillo in
sua compagnia, il ragazzo temeva sempre che qualcuno spuntasse all’improvviso e
tentasse di fare del male a lui o a Cassandra. Anche la castana era piuttosto
attenta, non ad eventuali pericoli intorno a sé, ma all’aria tesa del suo
compagno. Avrebbe voluto dirgli di stare tranquillo, che non aveva nulla da
temere, ma sapeva bene che sarebbe stato inutile, se non controproducente. Di
solito ci impiegava dieci minuti in bicicletta per tornare a casa, ma visto che
era in compagnia stava portando il suo mezzo a mano. Ad un certo punto le venne
un’idea.
-Ehi Kageyama, sai andare in bici?
Il ragazzo guardò corrucciato la sua amica, non gli
sembrava un argomento così importante da distrarlo.
-No, mai imparato.
La castana si fermò e montò sul sellino.
-Allora stai dietro!
Reiji si corrucciò ancora di più.
-Perché dovrei farlo?
-Perché così arriviamo prima! E poi su un mezzo
saremmo un bersaglio meno facile per eventuali malintenzionati.
Anche se il ragionamento della ragazza non gli
sembrava sbagliato, Kageyama non era ancora del tutto convinto.
-Cadremo.
Cassandra fece un verso noncurante.
-Non è la prima volta che lo faccio, fidati di me.
Il castano sospirò e montò anche lui sulla bici,
sedendosi sulla parte di sellino che Cassandra aveva liberato. Non ci si
trovava per niente comodo, ma per arrivare a destinazione più in fretta era
disposto a qualche sacrificio.
-Tieniti a me, se no te ne voli. Alza le gambe e
tienile abbastanza dietro per non intralciare il movimento dei pedali, ma fai
attenzione a non toccare la ruota posteriore o finiamo a gambe all’aria!
Reiji seguì alla meglio le indicazioni dell’amica,
anche se era convinto che sarebbero finiti a gambe all’aria comunque. Quando fu
soddisfatta della posizione che aveva preso il suo passeggero, la ragazza si
diede una bella spinta e partì, recuperando subito l’equilibrio ed una velocità
costante ma non troppo elevata. Kageyama si guardò intorno, scettico.
-Tutto qui?
Cassandra ridacchiò.
-Di sicuro stiamo andando più veloci di prima!
Smettila di brontolare e goditi il momento.
Reiji se la prese un po’ per quell’ultima frase, ma la
cosa non durò molto: iniziò davvero a godersi il momento, provando qualcosa che
non aveva ancora mai provato stretto alla ragazza che gli piaceva. Chiuse gli
occhi e cercò di non pensare a nulla, concentrandosi solo sul rumore prodotto
dalla bicicletta. Rimase così fino a quando non arrivarono a destinazione.
-Allora, piaciuto il giretto?
Chiese la ragazza mentre parcheggiava la bici nel suo
posto preferito.
-Mh, pensavo peggio…
Rispose Kageyama, mentre pensava fra sé che, se fosse
stato meno orgoglioso, avrebbe potuto chiedere alla sua amica di insegnargli ad
andare in bici.
La prima cosa che Reiji notò entrando in casa di
Cassandra era il tavolo quasi completamente coperto di libri e fogli. Si
avvicinò e spiò i titoli dei libri: trattavano tutti di psicologia. Nel
frattempo la ragazza aveva iniziato a frugare nei cassetti della casa,
brontolando parole incomprensibili.
-Come mai hai tutti questi libri di psicologia?
-Mh? A-Ah, quelli! Non sono
niente, volevo solo informarmi sulla materia.
Notando l’imbarazzo della sua amica, Kageyama si
insospettì ed iniziò a leggere i brani evidenziati: parlavano tutti di grandi
traumi e dei trattamenti consigliati per farli superare, cosa che fece
inviperire non poco il castano.
-Li hai presi a causa mia?
Cassandra, che aveva smesso di frugare nei cassetti,
fece energicamente segno di no con la testa.
-No, no! Cioè, un po’ sì… La psicologia mi
incuriosisce davvero e pensavo che mi avrebbero dato consigli su come aiutarti
a superare il tuo trauma…
Reiji incrociò le braccia, indispettito.
-Non mi serve l’aiuto di quei libri, posso superare
perfettamente la cosa da solo!
La ragazza sospirò.
-Kageyama, sai che non è vero…
-È verissimo invece!
Cassandra sospirò ancora, più profondamente: sapeva
che era inutile continuare la discussione, sarebbero finiti a ripetere “invece
sì, invece no” finché uno dei due non si sarebbe stancato e la castana non
credeva di riuscire a spuntarla.
-Cambiamo argomento, ok? Sai, mi è sempre piaciuto
vederti giocare a calcio…
Kageyama avvampò di colpo, ma tentò di nascondere la
cosa.
-M-Mi hai visto giocare…?
-Oh sì, sono andata a tutte le partite del club di
calcio e secondo me tu eri uno dei più bravi: sei molto intelligente, capisci
in fretta le strategie dell’avversario, poi sei molto veloce e lo raggiungi in
un baleno ed hai abbastanza forza per commettere azioni davvero fallose…
Il ragazzo emise un verso contrariato: in fondo quella
era la ragione principale per cui passava gran parte delle partite in panchina.
Ma la castana continuò comunque.
-Sai, queste tue qualità possono servirti anche in
caso di una futura aggressione. Puoi capire facilmente se qualcuno ha cattive
intenzioni e con la tua velocità potresti seminare chiunque! Certo, magari non
sei abbastanza forte da fronteggiare aggressori troppo grossi, ma in caso
questo ti può aiutare.
E, detto questo, Cassandra diede in mano al suo amico
una piccola bomboletta spray. Reiji se la rigirò tra le mani, osservandola, per
poi alzare lo sguardo confuso sulla padrona di casa.
-Spray al peperoncino?
La castana annuì.
-Sì, quello per autodifesa. Pensa: capisci che
qualcuno ha cattive intenzioni, lo stordisci con quello e corri il più
velocemente possibile in un posto sicuro! È utile, no? Può farti sentire più al
sicuro…
Kageyama sorrise appena, sedendosi su una sedia: sì,
in effetti qualcosa del genere poteva farlo sentire davvero più sicuro, poi gli
venne un dubbio.
-L’hai letto su uno di quei libri?
Cassandra non riuscì a trattenere un sorrisetto rassegnato.
-Sì. Dicono che, una delle cose che bisogna fare per
le persone nella tua situazione, è aiutarle a ritrovare sicurezza. Pensavo che
facendoti sapere quali sono le armi a tua disposizione e magari fornendotene
una potevi sentirti più sicuro…
Il ragazzo riabbassò lo sguardo sulla bomboletta che
rigirava tra le mani: in effetti la cosa lo rassicurava un po’. Forse i
consigli di quei libri non erano tanto malvagi…
-Ma come mai hai qualcosa del genere, Andrei?
-Beh, mio padre pensa che una ragazzina che vive da
sola ha bisogno di qualche strumento con cui difendersi.
Subito Kageyama rialzò lo sguardo, fulminando la sua
compagna che cercò subito di correre ai ripari.
-Ehi ehi, tranquillo! Quella
è la bomboletta di riserva, ne ho una per me, non ti allarmare.
Reiji si calmò e ritornò a giocare con la bomboletta.
Ancora una volta era grato alla ragazza per il suo aiuto.
-Ehi Andrei, magari il prossimo fine settimana mi
insegni il modo corretto per usarlo, che ne dici?
Cassandra sospirò, sedendosi.
-In realtà il prossimo fine settimana parto…
Il castano sussultò sentendo quelle parole.
-Parti…?
Andrei annuì.
-Sì, vado ad Okinawa per una settimana…
Kageyama si sentì morire dentro: Okinawa era
lontanissima e non avrebbe potuto vedere la sua amica per un’intera settimana,
un’idea insopportabile per lui. Le parole che riuscì a pronunciare subito dopo
le disse quasi inconsciamente.
-Posso venire con te…?
~~~~~~~~
Angolino rotondo
Non dico più niente, non faccio più promesse perché
tanto non riuscirei a mantenerle. Ringrazio solo chi ha la pazienza di seguirmi
ancora, a tutti voi vi lecco di bene. A chi ha letto e non sopporta più i miei
ritardi chiedo scusa e vi ringrazio comunque che la pazienza che avete dimostrato.
Non è colpa vostra, sono io che puzzo. Ora vi saluto che come al solito
pubblico ad orari poco decenti…
Kageyama abbassò lo sguardo ed annuì timidamente. La
ragazza si morse le labbra, combattuta.
-Dovrei chiedere a chi mi ospita se è possibile... E poi
Okinawa è lontana, sei davvero sicuro di voler allontanarti così tanto da casa
tua?
Il ragazzo continuò a fissare il pavimento: erano
passati quasi dieci anni dal suo ultimo viaggio fuori porta, la sua casa era
l'unico posto che considerava davvero sicuro in quella città, ma solo perché
era l'unico luogo in cui era certo di non incontrare persone sgradevoli come i
suoi compagni di scuola, vicini pettegoli, professori invadenti e debitori
arrabbiati. Okinawa era davvero lontana da quel suo posto sicuro, ma allo
stesso modo era lontana da tutto ciò che Reiji voleva evitare, le probabilità
di incontrare qualcuno che conoscesse lì erano pochissime. E poi avrebbe avuto
Cassandra vicina ventiquattro ore su ventiquattro, se fosse stato in difficoltà
la sua amica sarebbe subito corsa in suo aiuto. Per il castano il gioco valeva
la candela.
-Io... Io sono convinto di riuscire a farcela. È solo
una settimana e se riesco a fare questo potrò fare qualsiasi cosa!
Andrei sospirò, non essendo molto convinta della cosa.
-Ci saranno anche i miei amici lì, dovrai provare a
legare almeno un po' con loro. Te la senti?
Kageyama annuì ancora, ormai deciso su cosa fare, e la
castana sospirò nuovamente.
-Va bene, vedrò cosa è possibile fare. Ma tu dovrai
dirlo ai tuoi nonni, no?
Il ragazzo si irrigidì: non aveva tenuto conto
dell'opinione dei suoi parenti, potevano dirgli di no. Ma Reiji si scrollò,
ritrovando la sua decisione, li avrebbe convinti ad ogni costo.
Fischiettando tranquillamente, Cassandra svolgeva come
ogni pomeriggio le mansioni che le erano state affidate dal proprietario del
mini-market. Stava giusto lavando il pavimento quando il suo cellulare squillò.
La ragazza prese il telefono e guardò il nome comparso sul display: “Kageyama
Reiji”. Appurato che fosse una cosa importante la castana si girò verso il suo
superiore, facendo cenno al cellulare.
-Capo, è una cosa importante, posso fare una piccola
pausa?
L’uomo fece cenno di sì e Cassandra rispose.
-Kageyama, dimmi!
-A-Andrei, ecco… Ehm…
La giovane si incuriosì: il suo amico sembrava un po’
ansioso.
-Qualcosa non va?
-Beh… Ho parlato con i miei nonni del viaggio e…
-Ti hanno detto di no?
-No, non mi hanno detto niente in realtà…
-Mh, che intendi?
-Vogliono conoscerti prima di dirmi sì o no…
Cassandra sorrise inconsciamente.
-Tutto qui? Per me va benissimo! Quando dovrei
incontrarli?
-Oggi…
-Dopo il lavoro a casa tua?
-Sì...
-Come al solito allora, nessun problema!
La castana sentì il suo amico fare un verso
contrariato prima di avere una risposta vera e propria.
-A dopo allora...
Il ragazzo chiuse la chiamata e Cassandra poté tornare
al suo lavoro.
Kageyama sedeva sul divano con le braccia e le gambe incrociate e
picchiettava velocemente le dita sul suo braccio. Era nervosissimo, ma non
poteva mostrarlo apertamente davanti ai suoi nonni, quindi stava facendo
l’impossibile per contenersi. Era la prima volta che presentava un amico ai
suoi parenti e per di più questo suo “amico” non solo era una ragazza, ma era
anche la ragazza per cui provava qualcosa. Se avesse potuto avrebbe camminato
nervosamente per tutta la casa, ma la presenza dei suoi nonni lo frenava e la
cosa lo stava uccidendo. Come a completare quel quadretto pieno di stress si
aggiungeva il fatto che Cassandra era in ritardo e il castano non sapeva se chiamarla
al telefono, rischiando di far avvertire la sua agitazione ai nonni, oppure
stringere i denti e sperare di non esplodere. Dopo un’altra manciata di minuti
si sentì suonare al campanello ed il ragazzo scattò in piedi come una molla e
andò subito ad aprire.
-Sei in ritardo.
Cassandra ridacchiò, cercando di ignorare il fatto che il padrone di casa
la stesse fulminando con lo sguardo.
-Scusami, è che mi sembrava scortese presentarmi a mani vuote, così mi sono
fermata in una pasticceria a prendere qualcosa!
Reiji sospirò e si spostò, permettendo alla castana di entrare. Lei si
diresse subito in cucina dove i due anziani stavano bevendo un tè in attesa
dell’arrivo dell’ospite. Appena la ragazza comparve sulla soglia, la coppia le
sorrise e la nonna di Kageyama fu la prima a rivolgerle la parola.
-Oh, benvenuta cara. Quindi tu saresti la ragazza di cui ci ha parlato
nostro nipote?
La giovane fece subito un inchino formale per salutarli.
-Piacere di conoscervi signori, il mio nome è Cassandra Andrei.
Il sorriso della donna si allargò, piacevolmente sorpresa dalle buone
maniere della ragazza.
-Il piacere è nostro Andrei. Reiji ci aveva accennato il fatto che eri una gaikokujin, ma
non lo sembri per niente. Parli il giapponese in maniera perfetta.
Cassandra si rialzò, sorridendo a sua volta.
-Abito qui da quando ho tre anni, sapere la lingua è il minimo! Ah, ho
pensato che fosse scortese presentarmi a mani vuote, così ho portato dei
dolcetti.
Dopo qualche minuto si ritrovarono tutti e quattro seduti al tavolo a chiacchierare.
Kageyama rimaneva teso come una corda di violino: temeva che la ragazza non
piacesse abbastanza ai parenti e che questi ultimi gli proibissero non solo di
andare in viaggio con lei, ma anche di vederla ancora. Ma, nonostante le paure
del castano, sua nonna sembrava andare d’accordo con Cassandra, infatti
chiacchierò per diversi minuti con la ragazza sul perché la sua famiglia si
trovasse lì in Giappone, sul lavoro dei suoi genitori, sulla sua rendita
scolastica e sui suoi interessi prima di passare al sodo e chiedere del
viaggio.
-Reiji non ci ha detto molto su questa settimana, solo che dovreste passare
una settimana ad Okinawa…
Cassandra annuì, senza perdere il sorriso.
-Sì, in poche parole in questo consiste il viaggio. Si tratta di una piccola
rimpatriata con alcuni miei amici delle elementari, staremo insieme per una
settimana e niente di più!
La donna annuì tranquilla.
-Capisco. In questo caso però Reiji non sarebbe un po’ di troppo?
-Oh no, non si preoccupi per questo! Sono più che felice di far conoscere
Kageyama ai miei amici e poi sono convinta che uscire un po’ di casa gli faccia
bene, non trovate anche voi?
I volti dei due anziani si tesero per un momento: sì, pensavano che uscire
di casa facesse bene a loro nipote e quella sembrava una situazione
irripetibile, in fondo era stato il ragazzo stesso che aveva chiesto loro di
partire per quel viaggio.
-Sì, anche noi pensiamo che gioverebbe alla sua salute, però vorrei
chiederti qualche informazione in più se non ti dispiace. Per prima cosa non
sarete da soli, vero? Ci sarà un adulto a controllarvi, no?
-Certamente! Saremo ospiti da una mia amica, suo padre è il direttore di un
hotel e ci mette un paio di camere a disposizione, saremo sotto la sua
supervisione.
-Ottimo, ottimo, così sarà anche più facile avere un recapito telefonico.
Dimmi, qual è il nome dell’hotel?
Cassandra sussultò un attimo, poi arrossì appena, decisamente imbarazzata.
-È il Ritz-Carlton Hotel…
I due anziani e il loro nipote rimasero a bocca aperta: si trattava di una catena
di hotel di lusso, la camera più economica superava spesso i cinquantamila yen.
La donna fu la prima a riprendersi dallo shock e a riprendere la sua aria
sorridente.
-Il padre della tua amica è il direttore di un hotel così lussuoso? Non è
certo una cosa molto comune, sarebbe un vero peccato far perdere a Reiji
un’occasione simile.
Kageyama si mise a guardare sua nonna con gli occhi che brillavano,
aspettando di ricevere il suo consenso per terminare la discussione. L’anziana
guardò suo nipote, ancora incerta: rimaneva un problema da risolvere prima di
dare il via libera.
-Bisogna ancora vedere per l’aereo però, non sappiamo se ci sono ancora dei
posti disponibili…
-A quello avevo già pensato io, ho parlato con l’agenzia con cui mi sono
organizzata e sul mio volo ci sono ancora alcuni posti disponibili! Se mi date
subito una risposta posso passare lì prima della chiusura e fare il biglietto
anche per Kageyama!
La donna rimase nuovamente sorpresa, sempre in maniera positiva: quella
ragazza aveva pensato proprio a tutto, si vedeva che in fondo voleva
intraprendere quel viaggio insieme a Reiji.
-Allora nonna, posso?
L’anziana spostò lo sguardo su suo nipote: per quanto tentasse di
trattenersi si poteva ben intuire quanto fosse impaziente di ricevere una risposta.
-Beh, ormai è tutto sistemato, ho capito che ti sto affidando a persone per
bene e responsabili. Ti do il permesso, ma ad una sola condizione…
-Quale?
-Alla fine della pausa estiva vorrei che tu provassi a tornare a scuola.
Kageyama rimase come pietrificato: tornare alla Raimon significava
affrontare non solo le malelingue e i bulli che lo tormentavano, ma anche
Daisuke e la squadra di calcio. Il solo pensiero gli riportava alla mente
troppi brutti ricordi. Il ragazzo chiuse gli occhi per un momento, facendo un
respiro profondo per calmarsi e cercare di non esitare troppo prima di dare una
risposta.
-Ok, ci proverò.
Il castano continuò a ripetersi che se riusciva ad affrontare quel viaggio
poteva anche affrontare la sua scuola e cercava di farsi coraggio al pensiero
che Cassandra sarebbe stata solo in qualche classe più in là rispetto alla sua,
pronta ad aiutarlo in caso di bisogno.
-Allora va bene, hai il permesso di partire.
Gli occhi del giovane si illuminarono di una luce tutta nuova mentre si alzava
ed invitava la sua ospite a seguirlo in modo da poterle consegnare i documenti
necessari alla prenotazione di un biglietto aereo. Quando i due ragazzi furono
usciti dalla stanza l’anziana donna sospirò sollevata. Suo marito però rimase
un po’ corrucciato.
-Qualcosa non va caro?
-Siamo davvero sicuri che questa sia la cosa migliore per Reiji? Insomma,
non ci ha ancora detto perché tutto d’un colpo non è più voluto uscire di casa.
-È vero, ma sono convinta che si sia aperto un po’ con quella ragazza. Sembrano
parecchio uniti, ed in fondo lei è la prima amica che ci presenta da… Da una
vita in verità. Lasciamo che lo aiuti lei, sembra in gamba e si vede che gli
vuole bene. Fra giovani si capiscono di più!
L’uomo sospirò, ancora un po’ preoccupato.
-Spero davvero che possa aiutarlo…
-Cerchiamo di avere fiducia nel nostro piccolo Reiji. È combattivo come sua
madre in fondo, se la caverà…
La donna sorrise e bevve un ultimo sorso di te, ripensando alla sua defunta
figlia. Per quanto fisicamente Kageyama somigliasse terribilmente al padre,
l’anziana aveva sempre pensato che per carattere il nipote somigliasse molto
più alla madre e quel pensiero riusciva sempre a rasserenarla: sua figlia
continuava a vivere non solo nei ricordi dei suoi cari, ma anche in alcuni atteggiamenti
di suo figlio.
Gaikokujin = parola usata dai giapponesi per indicare le persone straniere.
Letteralmente significa “persona da una terra esterna”
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Angolino rotondo
C’è voluta la neve a Taranto per farmi
aggiornare, la neve.Non so se avete
presente Taranto, ma la mia è una città così marinara che non ci basta un mare,
ne abbiamo due. Comunque parliamo della fic: questo è
un altro capitolo di transizione, sta per iniziare una parte interessante che
darà una bella svolta alla storia quindi preparatevi. Ma tanto per la prossima
volta che aggiornerò ve ne sarete già dimenticati.O forse no, visto che il numero delle persone
che mi minaccia di morte se non aggiorno è aumentato potrei aggiornare più in
fretta! Ho detto potrei, non prometto niente.
Auguri a tutti ragazzi, passate un buon
capodanno ed iniziate il 2015 con stile!
Kageyama era nervosissimo: stare lì, nell’aeroporto gremito di gente, lo
metteva in agitazione. A peggiorare la situazione poi ci si metteva anche sua
zia che non faceva che lamentarsi con i suoi nonni del fatto che lui stesse
partendo per una vacanza quando non aveva fatto niente per settimane. Reiji
avrebbe voluto con tutto il cuore urlarle di stare zitta, dire che non sapeva
niente di quello che aveva passato e rinfacciarle il fatto che lo odiasse senza
un motivo valido, ma si trattenne: in fondo mancavano pochi minuti al suo
appuntamento con Cassandra, presto se ne sarebbe andato e non avrebbe più visto
e sentito quell’arpia di sua zia per una settimana intera. Infatti, poco dopo,
il ragazzo vide la sua amica venire verso di lui, accompagnata da due adulti. Per
poco il giovane non si prese un colpo realizzando che da lì a poco avrebbe
conosciuto i genitori della sua amica e molto probabilmente questi ultimi
volevano sapere qualcosa in più sul compagno di viaggio di loro figlia, quindi
si doveva preparare a rispondere a un numero imprecisato di domande.
-Eccoti qui Kageyama, con tutta questa gente pensavo di non trovarti più!
Dopo aver salutato Reiji, Cassandra si rivolse sorridendo ai nonni del ragazzo
e fece un piccolo inchino.
-È un piacere rivedervi signori Hisakawa,
perdonatemi se vi ho fatti attendere.
Poi lo sguardo della castana si posò sulla zia del suo amico.
-Salve, lei chi è?
La donna fece un sorriso fintissimo e le strinse la mano.
-Io sono la zia di Kageyama,AkemiTanabe. Piacere di
conoscerti, Andrei.
-Il piacere è mio signora. Ah, permettetemi dipresentarvi i miei genitori! Mamma, papà,
loro sono i nonni e la zia del mio amico!
-È un piacere conoscervi.
Mentre gli adulti si scambiavano i convenevoli, Reiji rimase muto ed
immobile, attendendo di essere notato, cosa che non si fece attendere molto
visto che, appena ebbe finito di presentarsi, il padre della ragazza puntò gli
occhi su di lui.
-Quindi tu sei Kageyama, Cassandra ci ha parlato un po’ di te. Piacere di
conoscerti.
-I-Il piacere è mio, signore…
L’uomo sorrise con aria rassicurante.
-Non c’è bisogno di essere così teso, non ho intenzione di mangiarti.
Per rasserenare ulteriormente Reiji intervenne la signora Andrei.
-In realtà non sappiamo molto di te, non abbiamo avuto molto tempo per
chiacchierare con Cassandra ultimamente, ma se ti ha invitato ad Okinawa vuol
dire che siete buoni amici. Spero che vi divertirete insieme!
Il ragazzo non sapeva proprio cosa dire: parlare con gli adulti in maniera
così amichevole lo metteva in difficoltà e non capiva proprio quale fosse il
modo migliore per conversare con loro. A salvare la situazione ci pensò la
castana che prese sottobraccio l’amico e guardò i suoi genitori con aria
severa.
-Staremmo qui a chiacchierare ancora un po’, ma ci conviene iniziare a
superare i controlli di sicurezza.
La coppia non riuscì a trattenere una risata ed anche sul volto dei nonni
di Kageyama spuntò un sorriso.
-Hai ragione cara. Su, andate e mi raccomando: non cacciatevi nei guai e
chiamateci appena atterrate.
Cassandra annuì alle raccomandazioni dei genitori ed iniziò a tirare il suo
amico verso i check-in, salutando i genitori nel frattempo.
-Ciao mamma, ciao papà! Ci vediamo tra una settimana!
Dal canto suo Kageyama era ancora troppo in preda all’ansia per salutare i
suoi nonni con più di un gesto, quindi si limitò a farsi trascinare da
Cassandra, profondamente grato alla ragazza per averlo liberato da quella
situazione così imbarazzante. Una volta raggiuntala zona dei controlli, la castana lasciò il
compagno e si mise in fila, sospirando.
-Perdona i miei genitori, non sono molto abituati a parlare con i miei
amici giapponesi, quindi spesso li mettono in imbarazzo senza volerlo. Comunque
stai bene? Come va con l’ansia?
Il ragazzo si scosse per mandare via gli ultimi residui di imbarazzo prima
di rispondere a Cassandra.
-Tutto bene, sono giusto un po’ nervoso.
-È la prima volta che prendi l’aereo?
-Teoricamente no, ma ero troppo piccolo per ricordare i viaggi in aereo che
ho fatto.
La castana gli sorrise.
-Allora lascio a te il posto accanto al finestrino, il paesaggio che si
vede da un aereo in volo è sempre fantastico.
Il ragazzo provò a spiegare all’amica che non ce n’era bisogno, ma quest’ultima
insistette per cedergli quel posto e, una volta sul velivolo, lo costrinse a
sedersi accanto al finestrino.
Kageyama non trovò molto emozionante il viaggio: dopo il fastidio iniziale
dovuto al decollo non ci fu più niente degno di nota per lui. Provò ad
osservare il paesaggio, ma non vedeva cosa ci fosse di tanto eccitante nella
distesa di nuvole sotto di loro: in fondo si trattava solo di vapore acqueo
condensato, una cosa naturalissima. Eppure Cassandra era incantata da quella
vista. Il ragazzo sorrise appena: trovava abbastanza infantile tutto
quell’entusiasmo, eppure non lo infastidiva minimamente. Con quell’espressione
estasiata la castana sembrava ancora più bella agli occhi di Reiji, che passò
quasi tutto il resto del viaggio a guardare la sua compagna.
-Allora,
sei pronto?
Kageyama
deglutì nervosamente, annuendo. Stava per affrontare probabilmente il momento
più importante di quel viaggio: conoscere gli amici di Cassandra. Lui odiava
rapportarsi con altri coetanei, ma questa volta era inevitabile e doveva anche
cercare di sembrare amichevole per non rovinare quella vacanza. La ragazza lo
osservò un po’ preoccupata, sperando che andasse tutto bene, poi guidò l’amico
verso l’uscita dell’aeroporto. Appena lasciarono l’area di sbarco, Cassandra fu
assaltata da due ragazze che la abbracciarono con tale foga che per poco non
caddero tutte e tre. Kageyama guardò con aria perplessa la sua amica che
scoppiava a ridere e ricambiava l’abbraccio delle due ragazze, ma soprattutto
osservò queste ultime: la prima ragazza doveva essere una loro coetanea, era
vestita in maniera semplice ma elegante ed i suoi lunghi capelli neri erano
tenuti lontani dagli occhi da un bel cerchietto scarlatto; l’altra invece
sembrava più piccola, doveva avere dodici anni per il ragazzo, aveva i capelli
biondi, corti e riccioluti, la sua pelle era molto abbronzata ed era vestita in
maniera più sportiva. Dopo qualche minuto che le ragazze passarono ridendo
abbracciate, attirando gli sguardi di parecchi passanti, un ragazzo che era rimasto
in disparte tutto quel tempo si schiarì la gola per farsi notare dal gruppetto.
-Ragazze,
anche io sono felice di rivedere Cassandra, ma diamoci un po' di contegno.
Siamo in pubblico dopotutto...
Senza
perdere il loro sorriso, le ragazze si separano e la castana fu libera di
abbracciare il giovane.
-Anche tu
mi sei mancato Nik, mi siete mancati tutti e
tre!
Vedendo
quella scena Reiji sentì montare dentro di sé un'incredibile gelosia: non aveva
problemi con le due ragazze, ma vedere Cassandra che abbracciava quel suo amico
lo faceva arrabbiare e non capiva il perché. Di cosa aveva paura? Cosa lo
faceva sentire così minacciato? Il castano si mise ad osservare con aria truce
il giovane sconosciuto: occhi azzurri, capelli biondi, aspetto curato, sembrava
uscito da uno di quegli shojo manga che attiravano
tanto le ragazze. A Kageyama non piaceva affatto.
-Comunque
ragazzi, questo è l’amico di cui vi ho parlato, Kageyama Reiji! Reiji cadde dalle nuvole sentendosi tirare in causa e si rese conto che
tutto il gruppo lo stava guardando, cosa che lo fece sentire parecchio a
disagio. Si fece forza, imponendosi di non scappare, e cercò di parlare in
maniera più chiara possibile.
-P-Piacere di conoscervi…
Sul volto della più piccola spuntò
un sorriso entusiasta e si fece avanti,porgendo la mano al ragazzo.
-Piacere mio Kageyama, io sono Dalila!
Reiji le strinse la mano, titubante: di solito chi era più
piccolo non erano così intraprendente nei confronti dei più grandi. Il suo
turbamento non rimase inosservato, infatti la giovane dai capelli neri si
lasciò scappare una risata.
-Mi sa che ti ha presa per una bambina, Dali.
La biondina gonfiò le guance, arrabbiata.
-Vedi che ho la tua età! Il castano le lasciò la mano e si fece
indietro di qualche passo.
-S-Scusami…
A quel punto Cassandra si fece avanti per aiutare il suo
amico.
-Ragazze, ora basta. Non ti preoccupare Kageyama, non c’è una
persona che riesce ad indovinare l’età di Dalila, la scambiano tutti per una
bambina!
Questa affermazione spostò le ire della ragazzina da Reiji a
Cassandra. Nel frattempo che le due battibeccavano, la corvina decise di
presentarsi.
-Mi ‘spiace, non volevo metterti in difficoltà. Io sono Abigail, mentre il nostro amico qui è Nikolas.
Siamo davvero felici di conoscerti.
Kageyama salutò con un cenno entrambi, poi, prima che la
conversazione continuasse, Dalila interruppe tutti.
-Visto che le presentazioni sono state fatte andiamo! Se lo
facciamo aspettare troppo Joe inizia a lamentarsi
come una vecchietta!
La bionda iniziò a far strada verso l’uscita, seguita subito
dai suoi amici. Cassandra invece rimase un po’ indietro con Reiji.
-Va tutto bene?
Il ragazzo annuì anche se non era completamente convinto.
-Sì, tutto bene…
Cassandra gli sorride, cercando di tranquillizzarlo.
-Lo so, sembrano strani, ma vedrai che farete subito
amicizia!
Kageyama annuì, questa volta però la sua convinzione era
praticamente nulla: troppe volte aveva fallito nel fare amicizia, non capiva
perché quella volta doveva essere diverso.
Il gruppo si spostò nel parcheggio dell’aeroporto, dove un
ragazzo sui vent’anni biondo ed abbronzato quanto Dalila li aspettava vicino
alla macchina.
-Oh, finalmente! Ve la siete presa comoda!
Andrei gli sorrise, non facendo caso al tono scorbutico del
più grande.
-Ciao Joe, non ci si vede da un po’!
Il biondo ricambiò il sorriso con aria cattiva.
-Ehilà Cass, ti sei portata dietro il fidanzatino?
La castana non perse il suo
sorriso.
-Non siamo fidanzati, solo amici.
Reiji ebbe un sussulto: già, lui e
Cassandra erano solo amici, niente impediva a qualche altro ragazzo di
corteggiare la castana, né c’era qualcosa che impediva alla ragazza di fidanzarsi
con qualcuno. Kageyama si morse un labbro, angosciato, ma cercò di non farlo
notare. Lasciò che Joe caricasse il suo bagaglio
sulla macchina e poi andò a sedersi. L’auto aveva otto posti e lui si mise
nella fila più dietro, raggiunto poco dopo da Cassandra. Per tutto il viaggio
Reiji rimase in silenzio a riflettere, mentre Andrei ed i suoi amici chiacchieravano
animatamente su quello che era capitato loro durante l’anno in cui non si erano
visti. In quei minuti il castano si rese conto di quanto era fuori luogo in
quel contesto: quella era una rimpatriata tra amici che non si vedevano da
tanto tempo ed avevano tanto da raccontarsi, lui di troppo. Quella sensazione
gli era fin troppo familiare: per tutta la vita Kageyama si era sentito di
troppo e si diede dello stupido per aver pensato che quella volta sarebbe stato
diverso. Notando il silenzio del suo compagno, Cassandra si girò verso di lui.
-Tutto ok?
Reiji evitò di guardarla:
apprezzava il fatto che fosse preoccupata per lui, ma non c’era niente che
potesse farlo sentire meglio.
-Sì, tutto ok.
Quella era una bugia bella e buona
ed il castano pregò che la sua amica non indagasse di più. Per sua fortuna,
Cassandra, dopo un attimo di esitazione, tornò a parlare con gli altri.
Kageyama si mise a guardare fuori dal finestrino, riflettendo. Quella sarebbe
stata una lunga settimana per lui.
L’hotel dove erano ospitati era
veramente grande e lussuoso: le piscine ed i campi sportivi si sprecavano e gli
interni erano arredati con mobili costosi. Le presentazioni con la famiglia
diDalila, che li ospitava, durò poco:
Cassandra cercò di limitare la conversazione al minimo indispensabile e gli
impegni da direttore che legavano il padre della biondina lo convinsero a non
fare troppe domande al giovane appena arrivato. Subito dopo il gruppo si avviò
verso le loro stanze. Era stata data loro una stanza per due persone per i
ragazzi ed una da tre persone per le ragazze. Reiji odiava l’idea di dividere
la stanza con qualcuno, ancora di più il fatto di doverla dividerla con un
ragazzo tanto vicino a Cassandra, ma non voleva lamentarsi. Ma, con sua
sorpresa, fu Cassandra ad aprire la stanza dei ragazzi.
-Ok, quindi io e Kageyama dormiremo
qui!
Il castano la guardò confuso: pochi
minuti prima il padre di Dalila aveva spiegato loro la sistemazione, quindi non
capiva che passasse in mente alla ragazza. Cassandra gli sorrise.
-Mi sono messa d’accordo con gli
altri, dividiamo noi la stanza. Però non diciamolo a nessuno!
Reiji sorrise debolmente: anche con tutte le preoccupazioni ed i pensieri
negativi che gli passavano per la testa non riusciva a rimanere impassibile di
fronte alla dolcezza che la ragazza gli dedicava. Il gruppo si separò in modo
che Kageyama e Cassandra potessero sistemarsi e rilassarsi. Proprio quando
Reiji aveva finito di disfare la valigia la sua amica si avvicinò a lui.
-Senti Kageyama, io e gli altri
dovremmo discutere di una cosa importante… Non ti dispiace se li raggiungo?
Il castano fece una smorfia senza
farsi vedere. Sì che gli dispiaceva, quella frase lo fece sentire malissimo.
-No, vai pure…
Cassandra gli sorrise.
-Grazie, ci vediamo per la cena!
Reiji aspettò che la ragazza
uscisse, poi emise un gemito lamentoso. Era triste, deluso, e quella vacanza
era appena iniziata. Il giovane andò sul terrazzo a guardare il tramonto. Non
voleva essere un peso, né rovinare la vacanza alla sua amica, ma non sapeva
proprio come integrarsi in quel gruppo. La sua mente era ancora bloccata all’idea
che Cassandra avrebbe potuto fidanzarsi con chiunque: lui le voleva bene e
pensava che anche la ragazza provasse qualcosa per lei, ma l’unica cosa che li
legava era l’amicizia. Chiunque avrebbe potuto mettersi tra loro, non solo un
vecchio amico come Nikolas, e Kageyama non voleva
accettarlo, ma l’unico modo per cambiare quella situazione era fare qualcosa
che il castano non aveva mai immaginato prima.
-Non permetterò che mi portino via
anche lei…
Oramai Reiji era deciso, doveva solo
trovare il momento giusto per mettere in atto il suo piano.
~~~~~~~~
Angolino rotondo
Son passati quasi sette mesi dallo scorso
aggiornamento, purtroppo inizio a trovare difficile portare avanti questa
storia, ma non intendo abbandonarla.Volevo pubblicare questo capitolo oggi come regalo di compleanno per
Sissy. Tanti auguri, mi dispiace non poterti dedicare tanto tempo come un anno
fa, ma gli impegni sono tanti e lo stress di più. Una volta finiti gli esami
cercherò di portare avanti più progetti, compreso questo. In fondo il prossimo
è uno dei capitoli più importanti della storia. Grazie a tutti voi che avete
letto.
Raggomitolato sul suo letto, ben
abbracciato alle sue ginocchia, Kageyama guardava con disinteresse la
televisione. Aveva deciso di dichiararsi a Cassandra, ma più ci pensava e più
si rendeva conto di non sapere cosa dire, dove farlo e come comportarsi, ma
soprattutto non sapeva a chi chiedere consiglio. Chiamare i suoi nonni solo per
informarsi su come si fossero conosciuti gli sembrava inappropriato ed
imbarazzante. Così, ricordandosi qualche conversazione tra ragazze che aveva
colto a scuola, aveva deciso di cercare consiglio in qualche film o telefilm
romantico. Trovarne uno non era stato per niente difficile, gli era bastato
fare qualche minuto di zapping e così, per ingannare l’attesa fino al ritorno
dell’amica, si era messo a guardarlo, ma tutte quelle situazioni poco credibili
e melense lo avevano stancato dopo pochissimo.
A quanto pare quello che aveva
trovato era un telefilm abbastanza lungo, infatti non capiva niente della
trama, ed in più la puntata che stava andando in onda non conteneva nessuna
dichiarazione, solo un disperato tentativo di un ragazzo di non farsi mollare
dalla sua fidanzata.
“Non
puoi lasciarmi!”, gridava l’attore sotto la pioggia ad una ragazza che stava
entrando in una limousine, “Tu sei tutto
il mio mondo!”.
Reiji sbuffò, poco impressionato:
come poteva qualcuno restringere il proprio mondo ad una sola persona? Gli
sembrava qualcosa di stupido ed una vera esagerazione, per rendere possibile
qualcosa del genere bisognava smettere di uscire di casa, di fare ed
interessarsi a qualsiasi cosa ed escludere dalla propria vita chiunque tranne
la persona amata, per poi basare ogni azione della propria giornata sul
pensiero del proprio interesse romantico.
Non è esattamente quello che stai facendo tu?
Kageyama avvampò a causa di quel
pensiero che sembrava essersi formato spontaneamente nella sua testa. Ma no, la
sua era una situazione completamente diversa! Si era sì isolato, ma non certo
per Cassandra. Era vero però che tutti le decisioni che aveva preso negli
ultimi tempi le aveva prese per la ragazza o grazie a lei. E poi che c’era di
sbagliato nel rendere la castana il suo mondo? Lei era gentile con lui,
comprensiva e paziente come nessun altro era mai stato, non aveva bisogno delle
altre persone, Andrei era tutto ciò di cui aveva bisogno.
Certo, lei può essere il tuo mondo, ma tu non sei il suo.
Reiji si morse il labbro: era vero
anche quello, la sua stessa presenza lì confermava quel suo pensiero. A differenza
sua Andrei aveva degli amici, degli interessi e delle attività da mandare
avanti, nonostante le attenzioni che gli riservava Kageyama era sicuro che la
ragazza non aveva occhi solo per lui. Ma in fondo era anche per questo che si
voleva dichiarare, così da avere con lei un legame più solido che non venisse
minato da altre “distrazioni”. Questo però lo riportava al punto di partenza:
come fare, cosa dire?
Andrei,
tu sei il mio mondo, mettiti con me!
No, una cosa del genere era troppo
patetica, non avrebbe mai funzionato. In quel momento il ragazzo sentì che la
porta della camera si stava aprendo e, preso dal panico, afferrò alla velocità
della luce il telecomando e spense la televisione giusto un attimo prima che
Cassandra entrasse nella stanza.
-Oh, ti ho disturbato?
Kageyama scosse la testa, mostrando
un sorriso nervoso.
-No, no, figurati! Voi avete finito
di parlare delle vostre cose?
Cassandra annuì, sorridendo in
maniera molto più naturale rispetto al suo amico.
-Sì, sono venuta a prenderti per
andare a cena. Gli altri sono andati a prendere un tavolo, li raggiungiamo?
Reiji trattenne a malapena un sospiro
e si alzò dal letto, avvicinandosi alla compagna.
-Va bene, andiamo…
La castana iniziò a fare strada e
il ragazzo ne approfittò per guardarsi intorno: anche quel grande e lussuoso
hotel gli ricordava quanto il mondo di Cassandra fosse vasto e a lui
sconosciuto. Tutto lì era in stile occidentale, molte cose per Kageyama erano
strane e bizzarre, eppure quella erano le cose a cui la sua amica era abituata.
Lui invece non sapeva nemmeno pronunciare correttamente il nome della sua
compagna.
-CassandoraAndurei…
-Mh? Mi
hai chiamata?
-No, non ho detto niente!
Reiji deglutì a fatica: non andava
bene, per quanto lui preferisse il silenzio alle chiacchiere, in quel momento
doveva parlare. Doveva trovare un appiglio per potersi dichiarare, inoltre
chiedere qualcosa alla sua amica non gli avrebbe fatto male.
-Allora… Questo posto ti piace?
-Certo! È così lussuoso e
sfavillante, non è un posto in cui si alloggia tutti i giorni!
-Casa tua è molto diversa da questo
posto? Intendo quella che hai in Italia…
-Beh, sì! Non abbiamo una vera e
propria casa, i miei nonni hanno un piccolo allevamento, quindi è tutto molto
rurale. Ma in Italia gli stili delle case cambiano da regione a regione, è
difficile da immaginare per chi non le ha mai viste! Comunque io la trovo una
casa fantastica, anche se non è un palazzo come questo.
Il ragazzo fece una smorfia: altre
cose che non condivideva con la sua amica, iniziava a pensare che forse tra
loro non avrebbe funzionato.
No,
Cassandra è la cosa più bella che mi è mai capitata nella vita, non voglio
perderla!
Kageyama cercò di non far morire la
conversazione, ma quando raggiunsero gli altri non si sentì più di dire nulla.
Durante la cena il castano non spiccicò parola, preferì ascoltare il gruppo di
amici che rievocava storie sulla loro infanzia, era comunque un modo per conoscere
meglio Cassandra, ma ad un certo punto quel suo silenzio attirò l’attenzione
degli altri.
-Scusa, ti stiamo annoiando?
Reiji sussultò, colto alla
sprovvista.
-No, anzi. È piacevole ascoltarvi…
Dalila si chinò in avanti,
sorridendo.
-Perché non ci racconti anche tu
qualcosa?
Il ragazzo aprì la bocca, cercando
qualcosa da raccontare, però gli tornavano in mente solo cose spiacevoli che
non voleva condividere.
-Una volta ha quasi rotto una gamba
ad un suo compagno di squadra.
Istintivamente Kageyama si girò
verso Andrei, che aveva parlato al posto suo, per risponderle come rispondeva a
tutti quando tiravano fuori quell’episodio.
-Non l’ho fatto apposta, mi
intralciava!
Il gruppo rimase in silenzio per un
secondo, per poi scoppiare a ridere.
-Cavoli, dall’aspetto non sembri
uno in grado di spezzare le gambe a qualcuno, devi essere forte!
-Oh sì, in campo è un fenomeno! Quando
lo fanno giocare…
Questa volta fu Nikolas a parlare.
-Quindi fai sport? A cosa giochi?
Reiji esitò prima di rispondere: di
solito quando diceva che giocava a calcio qualcuno diceva “oh, come tuo padre”,
mettendolo estremamente a disagio.
-Io… Io gioco a calcio.
Abigail sorseggiò un po’ di tè prima
di intervenire.
-Calcio, eh? In America non è molto
apprezzato, di solito è uno sport considerato da ragazze.
-È perché gli americani sono dei violentoni fissati con il football.
L’italiana venne guardata malissimo
da entrambe le sue amiche.
-Ehi, lo prendiamo come un insulto,
sai?
Il gruppo scoppiò nuovamente a
ridere e questa volta anche Kageyama abbozzò un sorriso: alla fine non era così
male stare con loro.
Finito di cenare i ragazzi
tornarono nelle rispettive camere per andare a dormire. Reiji però andò di
nuovo sul terrazzo a pensare: rendere una persona tutto il proprio universo
poteva sembrare un’idea romantica, ma era chiaro che non era una cosa sana.
Però Cassandra era felice nel suo mondo, con lei tutto sembrava più bello e
luminoso, da piccola aveva vissuto delle belle esperienze, aveva dei buoni
rapporti con i suoi parenti ed anche i suoi amici non erano male. Lui non
poteva chiudersi completamente intorno alla sua compagna, ma forse poteva
entrare a far parte del suo di mondo.
Andrei intanto in camera si stiracchiò.
-Che ne dici se andiamo a letto
Kageyama?
Il castano non aveva alcuna voglia
di andare a dormire, il giorno dopo sarebbero andati al mare e chissà quando
sarebbero riusciti a stare di nuovo da soli. No, doveva prolungare la serata e
riuscire a dirle ciò che provava per lei.
-Non lo so… Mi accompagni a fare un
giro?
Cassandra rimase sorpresa dalla
richiesta, ma acconsentì ed i due uscirono nel giardino dell’hotel. Per quasi
tutto il tempo nessuno dei due disse nulla ed Andrei, trovando l’atmosfera un
po’ pesante, cercò qualcosa per iniziare una conversazione.
-…Oh, guarda che bel gatto!
La ragazza si avvicinò al felino per farci amicizia, mentre Reiji rimase
indietro a guardarla. Ormai era sicuro: doveva dichiararsi in quel momento, era
un “ora o mai più”, doveva solo raccogliere tutto il suo coraggio e parlare.
-A-Andrei!
Cassandra si girò, colta alla
sprovvista dal tono di voce insolitamente alto dell’amico.
-Kageyama…? Cosa c’è?
Il ragazzo aveva chiuso gli occhi,
nervoso. Sentiva il cuore battergli all’impazzata ed aveva l’impressione che il
suo viso stesse per andare a fuoco, ma ormai aveva iniziato e non poteva, anzi,
non doveva tirarsi indietro.
-T-Tu mi piaci molto! Sei tutto il
mio mondo!
Reiji si maledisse mentalmente per
aver detto quell’ultima cosa, era terribilmente imbarazzante e gli riportava
alla mente tutti i discorsi ed i dubbi che gli erano venuti quella sera.
Cassandra intanto si era riavvicinata a lui e, delicatamente, gli diede un
bacio sulla guancia. Kageyama riaprì gli occhi e la sua mente si svuotò di ogni
pensiero di fronte alla vista della sua compagna imbarazzata e rossa quanto
lui.
-A-Anche tu mi piaci molto,
Kageyama…
Il ragazzo provò uno strano senso
di leggerezza sentendo quelle parole, ma poi si ricordò di dover chiedere a Cassandra
la cosa più importante.
-V-Vuoi essere la mia ragazza?!
La castana ridacchiò, divertita dal
fatto che, per l’imbarazzo, Reiji continuasse ad urlare, preso com’era dall’emozione.
-Sì, per me sarebbe un onore…
Kageyama era sicuro di non essere
mai stato così felice in vita sua, ma nonostante questo il suo corpo reagì male
all’emozione ed il ragazzo si piegò in due, cercando di contenere la nausea.
-Credo di star per vomitare…
Andrei gli accarezzò la schiena,
cercando di aiutarlo.
-Beh, cerca di non farlo qui o attirerai
una marea di gabbiani!
Il ragazzo si girò verso la sua neo
fidanzata, chiedendole con lo sguardo se davvero stava pensando ai gabbiani in
un momento del genere. Cassandra rise, sempre rossa per l’imbarazzo.
-Scusa, è che quando sono
emozionata tendo a fare battute stupide per sdrammatizzare…
-Mi piace quando cerchi di
sdrammatizzare… In realtà mi piace tutto di te…
La castana non commentò oltre, era
troppo elettrizzata per farlo. Aspettò semplicemente che
Kageyama si sentisse abbastanza
bene per stare di nuovo in piedi, poi lo prese per mano.
-Torniamo in camera? Non dovremmo
essere fuori a quest’ora e penso di aver già sopportato troppe emozioni per stasera!
Reiji annuì e si fece guidare da Cassandra verso la loro camera. Quella
vacanza era iniziata con il piede sbagliato, ma con ciò che era riuscito a fare
quella sera il ragazzo era sicuro di essere riuscito a trasformarla nella più
bella vacanza della sua vita.
~~~~~~~~
Angolino rotondo
Sì, ormai pubblico questa long due volte
all’anno. MA NON PENSIAMOCI, SI SONO MESSI INSIEME, FESTEGGIAMO! Io sono in
super ritardo per una festa quindi sarò super breve. Proposito per l’anno
nuovo: finire questa fic! Spero che il capitolo sia
piaciuto!
La mattina dopo i due ragazzi,
prima di scendere a colazione, decisero di non dire nulla al resto del gruppo
della loro nuova relazione. Non perché volessero tenerla segreta, semplicemente
Cassandra non vedeva la necessità di fare un annuncio in grande stile: i suoi
amici se ne sarebbero accorti da soli e al massimo avrebbero chiesto a lei una
conferma. Durante il pasto mattutino Kageyama non si sentiva più fuori posto
come prima, anche se un po’ di gelosia nei confronti di Nikolas rimaneva visto
quante volte Cassandra gli rivolgeva la parola, di solito per informarsi di
come andassero le cose in Europa o su novità in campo musicale, ma Reiji
invidiava comunque quella confidenza, soprattutto visto che si incentrava
principalmente sulla musica e lui di quello non ci capiva nulla.
Dopo la colazione si ritirarono
tutti nuovamente nelle loro stanze per lavarsi i denti ed infilarsi i costumi
prima di farsi accompagnare dal fratello di Dalila in spiaggia. Cassandra e
Kageyama si misero d’accordo per cambiarsi a turno in bagno, ma prima di tutto
dovevano trovare i loro costumi che, essendo quelli blu scuro di plastica
scadente che utilizzavano durante le lezioni di nuoto a scuola, si confondevano
perfettamente col fondo delle loro valigie. Una volta recuperati gli indumenti,
Kageyama si chiuse per primo in bagno, mentre Cassandra attendeva pazientemente
con il suo costume poggiato su un braccio. Poco dopo si udì bussare alla porta
e la castana andò ad aprire, trovandosi faccia a faccia con Abigail, già in
tenuta da spiaggia.
-Allora, a che punto siete?
-Scusa Abi, ci stiamo ancora
cambiando.
Gli occhi della corvina si posarono
sul pezzo di plastica che l’amica teneva ancora poggiato su un braccio.
-Non vorrai scendere in spiaggia
con quello addosso spero.
Cassandra guardò il suo costume,
chiedendosi cosa ci fosse di male nell’indossarlo.
-Sì, Kageyama ed io avevamo solo i
costumi della scuola in casa, quindi utilizzeremo questi.
La giovane americana guardò la
compagna come se l’avesse insultata nel peggior modo possibile.
-Cassandra Andrei, non ti
permetterò di andare da nessuna parte conciata in quel modo!
Abigail pronunciò quelle parole con
fare autoritario, attirando l’attenzione di Reiji che socchiuse la porta del
bagno per vedere cosa stava succedendo. La corvina lo notò subito e si rivolse
a lui con fare arrabbiato.
-Ti sei già cambiato?
Non capendo cosa stesse succedendo,
il ragazzo si limitò ad annuire.
-Beh, levati quell’obbrobrio che chiami
costume di dosso e sbrigati, andiamo a fare shopping!
Con grande disappunto di Cassandra,
lei ed il suo fidanzato vennero trascinati in un negozio poco lontano
dall’hotel per comprare dei costumi che Abigail trovasse accettabili. Kageyama
non era per niente felice della cosa: non aveva voglia di spendere i suoi pochi
soldi per qualcosa che non trovava necessario, ma non c’era possibilità di
scelta, quindi il ragazzo andò verso i costumi più economici e in pochi minuti
era già pronto a pagare. Alla sua compagna di viaggio non andò altrettanto
bene: Dalila ed Abigail insistettero con Cassandra perché si provasse più di un
paio di modelli prima di sceglierne uno e quindi la cosa avrebbe richiesto un
po’ di tempo. Sbuffando, Reiji cercò qualcosa da fare: visto che le fanciulle
del gruppo erano tutte occupate, l’unica persona rimasta con cui parlare era
Nikolas. Nonostante il biondino ancora non gli andasse a genio, il giovane calciatore
pensò che fosse una buona occasione per farci un po’ di conversazione e capire
un po’ quali fossero i suoi rapporti con Cassandra.
-Non mi avete ancora raccontato i
dettagli di come vi siete incontrati voi e Cassandra…
Il ragazzo austriaco sussultò, non
aspettandosi che l’altro gli rivolgesse la parola. Sfoggiando un timido
sorriso, Nikolas si apprestò a rispondere.
-Beh, frequentavamo la stessa scuola…
Durante una lezione congiunta di musica e storia stavamo ascoltando dei brani
ispirati alla guerra e, ehm, Cass scoppiò a piangere…
Reiji trattenne appena una risata, non tanto
perché trovasse la cosa divertente, ma perché immaginava l’imbarazzo che doveva
provare la sua fidanzata rievocando quella storia.
-Ma dai, davvero si è messa a
piangere nel mezzo di una lezione?
Il biondo annuì, prima di osservare
malinconicamente il camerino affollato dalle sue amiche.
-Tu e Cassandra vi conoscete da
poco, quindi dubito che te l’abbia detto… Vedi, suo nonno ha combattuto in
guerra insieme alla resistenza quando era solo un ragazzo e per questo ha
sempre cercato di insegnare a sua nipote le ingiustizie che un conflitto
comporta. La cosa ha segnato molto Cass, soprattutto quando era più piccola,
quindi ascoltando quella canzone particolarmente triste su un soldato che
perdeva la vita non è riuscita a trattenere le lacrime.
Il ragazzo fece una breve pausa per
ridere.
-Cass quel giorno sembrava
inconsolabile, neanche la maestra sapeva come farla smettere! Alla fine ci
facemmo avanti io, Dalila ed Abigail per tenerla d’occhio mentre l’insegnante
andava a chiamare i suoi genitori. Ci vollero le migliori smorfie di Dali per
strapparle un sorriso, ma alla fine ci riuscimmo. È in quell’occasione che
abbiamo fatto amicizia.
Kageyama guardò con aria torva
Nikolas: il suo obbiettivo di chiacchierare col ragazzo per diminuire la
gelosia nei suoi confronti gli si era completamente rivoltato contro,
aumentando quel sentimento malsano. In quel momento Abigail si rivolse al suo
amico di vecchia data per avere una mano.
-Nik, puoi mettermi a posto questi
costumi? Io devo assicurarmi che Cass non scappi!
Il biondo disse di sì e si addentrò
nel negozio, lasciando Reiji da solo. Il calciatore sbuffò nuovamente, scocciato,
e cercò qualcos’altro con cui intrattenersi. Sul bancone della cassa era
presente un espositore pieno di occhiali da sole ed il ragazzo decise di
provarne qualcuno in attesa degli altri. Molti modelli non gli piacevano o li
trovava scomodi, ma un paio con le lenti piccole ed ovali riscontravano i suoi
gusti: con quelli addosso era impossibile vedergli gli occhi e, di conseguenza,
capire cosa gli passasse per la testa. Kageyama apprezzava particolarmente la
cosa, ma quegli occhiali non gli erano strettamente necessari, quindi il
ragazzo decise, seppur a malincuore, di rinunciare a comprarli.
-Ti piacciono?
In quel momento sopraggiunse Cassandra
con il suo acquisto e Reiji le sorrise in maniera nervosa, colto alla
sprovvista.
-Uh sì, sono carini, ma niente di
che… Non penso di comprarli.
-Ti stanno bene, te li prendo io!
Kageyama si irrigidì e subito si
girò verso la sua compagna per rimproverarla, ma questa giocò d’anticipo e
prese il viso dell’altro tra le mani, guardandolo con aria dolce ed amorevole.
-Vedilo come un regalo per
festeggiare l’evento di ieri…
Il ragazzo arrossì e sorrise
appena, non aggiungendo altro. Normalmente si sarebbe opposto, ma per una volta
voleva evitare di fare problema ed accettare quello che era in via ufficiale il
primo regalo della sua fidanzata.
Finiti gli acquisti il gruppo passò
il resto della loro giornata alla spiaggia, in una zona isolata e tranquilla
conosciuta solo da Dalila e suo fratello. Il tempo era bello e l’atmosfera
gradevole, Cassandra e Dalila passarono tutto il tempo a scherzare e giocare in
acqua, costantemente supervisionate da Abigail, che voleva controllare che le
sue amiche non si facessero male, ma finiva per essere trascinata anche lei nei
giochi. Nikolas invece, a causa della sua pelle chiara, preferiva rimanere
sotto l’ombrellone che si erano portati dietro per evitare scottature e
Kageyama rimase a fargli compagnia, sentendosi a disagio ad essere l’unico
maschio a giocare con tre ragazze. I due giovani chiacchierarono parecchio e il
biondo finì anche per confessare all’altro di essere felice di averlo lì, in
quanto anche lui provava un po’ di imbarazzo ad essere l’unico maschio in quel
gruppo pieno di fanciulle energiche. La gita dei ragazzi si prolungò fino al
tramonto, poi tornarono all’hotel ed andarono subito a mangiare. Finita la
cena, si ritirarono nella stanza in cui dormivano Dalila, Abigail e Nikolas per
guardare un film, poi si salutarono ed i due fidanzati tornarono nella loro
camera. Dopo essersi concessi entrambi una doccia veloce, i ragazzi si infilarono
nei loro letti per la notte, ma invece di addormentarsi subito la castana
decise di fare un po’ di conversazione.
-Kageyama… Sei felice?
Il giovane non si aspettava una
domanda del genere, ma non aveva dubbi su come rispondere.
-Sì, molto.
La sua compagna gli sorrise con
aria sollevata.
-Meno male… Ero molto in ansia per
questo viaggio: avevo paura che stare così tanto fuori di casa ti facesse
sentire a disagio o che i miei amici non ti piacessero.
Reiji sorrise appena: per una volta
si sentiva amato incondizionatamente e la cosa gli piaceva un sacco.
-Sto bene Andrei, in fondo non
siamo mai in posti troppo affollati ed i tuoi amici non sono così male.
Cassandra rise, sapendo di dover
prendere come positivo quell’ultimo commento, ma era un’altra la cosa su cui si
voleva concentrare.
-Perché non inizi a chiamarmi per
nome? Vista la nostra situazione…
Kageyama arrossì pensando al suo catastrofico
tentativo del giorno prima di pronunciare il nome della ragazza, ma non voleva
deluderla, così decise di provarci di nuovo.
-Cassandora…
La castana ridacchiò nuovamente
ascoltando il suo nome storpiato dalla pronuncia giapponese.
-Devi cercare di far vibrare la
lingua, così! Cassand-rrrrr-a.
Il giovane ci provò di nuovo, ma
nulla, non ci riusciva. Andrei si aspettava questa cosa, nessun suo coetaneo
giapponese era mai riuscito a dire in modo corretto il suo nome, non ci
riuscivano nemmeno gli insegnanti a scuola, ma lei aveva una soluzione a
questo.
-Chiamami semplicemente Cass, per
te è più facile da pronunciare e a me piace di più.
Reiji annuì.
-Va bene, ma chiamami per nome
anche tu.
I due ragazzi si scambiarono uno
sguardo dolce prima di decidere di andare finalmente a dormire, quindi spensero
le luci sui loro comodini.
-Buonanotte Reiji…
-Buonanotte, Cass.
~~~~~~~~
Angolino rotondo
Oggi è il compleanno di qualcuno~ E come l’anno scorso, al compleanno di questo
qualcuno, aggiorno questa fic~ Buon compleanno Sissy, spero che il regalino ti
piaccia! Un capitolo particolarmente dolce questo, pieno di piccoli eventi poco
importanti, ma volevo far sentire il cambiamento di atmosfera dopo gli eventi
del capitolo precedente. Non mi sono dimenticata del mio fioretto al capitolo
precedente e l’anno è ancora lungo, prometto almeno un paio di aggiornamenti
prima di quello di fine anno, non preoccupatevi!
I giorni di vacanza a Okinawa
trascorsero tranquilli e spensierati per Kageyama. Dopo una prima titubanza il
ragazzo era riuscito a integrarsi nel gruppo di amici della sua fidanzata,
aiutato dal fatto che questi rispettassero il suo bisogno di calma e non lo
spingessero a parlare di sé. Contrariamente a quanto avrebbe mai immaginato, la
persona con cui Reiji legò di più fu proprio Nikolas: l’essere gli unici maschi
del gruppo e la loro tendenza al silenzio li aveva portati a passare più tempo
insieme, sviluppando così un timido rapporto di amicizia. Dopo aver capito che
il biondo non provava alcun interesse amoroso per Cassandra e che il gruppo li
supportava pienamente in quella relazione, Kageyama abbandonò completamente la
gelosia, che si tramutò più che altro in un desiderio di ricevere attenzioni da
Cassandra, che non erano troppo difficile ottenere.
Il loro momento speciale era la
sera, quando si ritiravano in camera: lontani dal resto del gruppo, i due
ragazzi passavano un po’ di tempo seduti vicini a guardare la televisione. In
quei minuti non parlavano molto, si limitavano a ricercare timorosamente l’una
il contatto dell’altro, sfiorandosi appena le dita tentando di capire i
desideri e i pensieri dell’altro.
Le notti di sonno invece non
trascorrevano mai pienamente serene: per quanto cercasse di pensarci il meno
possibile, Reiji era preoccupato per il suo ritorno alla Raimon. Il ragazzo
provava paura all’idea di dover affrontare i professori, i compagni di classe,
la squadra di calcio, Daisuke… Non era raro che il giovane calciatore si
svegliasse nel cuore della notte, angosciato da quei pensieri, e non riuscisse
più a riaddormentarsi, non da solo almeno.
Infatti il più delle volte
Kageyama, sconfitto il senso di colpa al pensiero di disturbare la sua
fidanzata, svegliava Cassandra per chiederle supporto. La castana, nonostante
la stanchezza, non si rifiutava mai di aiutare il compagno e, anzi, lo invitava
nel suo letto per poterlo tranquillizzare meglio. Se in una situazione normale
Reiji sarebbe morto dall’imbarazzo al solo pensiero di dormire al fianco della
ragazza, durante quelle notti non si faceva ripetere due volte l’invito,
volendo disperatamente scacciare il senso di oppressione che gli attanagliava
il petto e gli faceva venire voglia di scappare via. Fortunatamente le carezze,
le dolci promesse e soprattutto il calore dell’italiana scioglievano quel
disagio in poco tempo, permettendo a entrambi di passare il resto della notte a
riposare.
In quello scintillante hotel pieno
di ogni lusso, Kageyama passava molto tempo ad ascoltare ogni cosa: origliava
le conversazioni degli altri ospiti, cercando di capire la loro provenienza e
di cosa stessero parlando, si faceva narrare dagli altri del gruppo storie
sulla loro infanzia e sulla loro vita quotidiana, innamorandosi sempre di più
del mondo occidentale e dell’Europa in particolare, ascoltava la musica che
Cassandra e i suoi amici gradivano e soprattutto si beava delle melodie che il
gruppetto intonava per gioco o esclusivamente per lui.
Quel continuo ascoltare aveva
portato il giovane calciatore ad apprendere molte cose, per esempio la data di
nascita della sua fidanzata, purtroppo solo il giorno prima del suo compleanno,
cosa che lo portò a fare una corsa a perdifiato per mezza isola alla ricerca di
un regalo.
Un'altra cosa che Reiji aveva
scoperto era l’argomento di discussione della “riunione” che avevano avuto gli
altri la sera del loro arrivo: volevano parlare della promessa che avevano
fatto anni prima, quella di abbandonare la musica in memoria di Katrin, la
cugina di Nikolas morta suicida a causa dei maltrattamenti subiti a scuola.
Tutto il gruppo trovava difficile stare lontano dalla musica, tutti infatti
cercavano di compensare in qualche modo, ma non era come suonare o cantare per
mano propria. Avevano deciso di riprendere i loro vecchi strumenti e usare la musica
per aiutare chi si trovava in difficoltà. Cassandra, aveva confessato al suo
ragazzo, aveva avuto quest’idea proprio grazie a lui. Kageyama si era sentito
fiero di sé sentendo quelle parole.
Lontano da Inazuma-cho, Tokyo, il
calcio e le altre persone, Reiji aveva avuto la possibilità di provare cose
nuove e riscoprire passioni dimenticate: aveva ricordato il piacere del nuoto,
che gli permetteva di svuotare la mente, e, grazie alle continue scuse che
doveva inventarsi per depistare il fratello di Dalila ogni volta che i suoi
compagni gli facevano uno scherzo, aveva scoperto di essere un ottimo attore.
Per la prima volta dopo tanto
tempo, Kageyama riusciva a guardare al futuro in maniera positiva.
-Una volta finito con gli studi
voglio andare a vivere in Europa.
Aveva detto a Cassandra una sera,
mentre erano da soli nella loro stanza. La castana rimase sorpresa da quell’affermazione,
ma poi sorrise e si accoccolò di più vicino all’altro.
-Sai, i miei nonni in Italia
possiedono un’attività agricola ben avviata, mio nonno vuole passarla a me
quando sarò grande. Io sarei più che felice di prendermi questa responsabilità,
pensavo già di frequentare un’università apposita in Italia… Potresti venire
con me, sarei felice di supportarti qualunque cosa tu decida di fare in futuro.
Reiji strinse forte la mano della
sua fidanzata, col cuore che batteva forte dall’emozione al pensiero che,
forse, lo attendeva un futuro migliore di quanto avesse mai immaginato.
Il problema era raggiungere quel
futuro.
Il viaggio di ritorno fu
particolarmente angosciante per Kageyama, sapeva che a breve avrebbe dovuto
affrontare tutto ciò che lo aveva inquietato durante la vacanza. Per Cassandra
non fu difficile interpretare il silenzio del suo compagno e per tutto il volo
non fece altro che stringergli la mano e tranquillizzarlo con dolci parole.
-Non preoccuparti Reiji… Andremo a
scuola insieme, affronteremo questa cosa insieme.
Kageyama sorrise in maniera poco
convinta.
-Ci saranno cose che dovrò
affrontare da solo…
La castana lo tirò a sé e si
strinse forte al suo braccio.
-Non sarai mai solo, mai. Ti sarò
accanto, ti aiuterò a studiare e a parlare con i professori, mentre se sento
qualcuno rivolgerti anche solo un piccolo insulto gli faccio saltare tutti i
denti!
Il sorriso del ragazzo si fece più
sciolto e tranquillo: sapeva che Cassandra parlava seriamente, aveva capito
quanto la castana fosse forte e sincera quando diceva quelle cose e, sentendola,
Reiji si sentiva più forte a sua volta.
-Hai ragione, ma cerca di contenere
la violenza, se ti espellono poi si che sono nei guai.
Cassandra sorrise e continuò a
stringere il fidanzato, che intanto posò gli occhi sul ciondolo che la giovane
teneva al collo, il regalo che le aveva fatto per il compleanno.
Era un ciondolo semplice,
costituito da una piccola sfera di corallo imprigionata in sottili filamenti di
acciaio brillante. Nikolas lo aveva aiutato molto nella scelta, gli aveva
indicato quel regalo sia per la sua esoticità che per il colore della sfera, un
rosso acceso che, secondo il biondo, rispecchiava molto la personalità di
Cassandra. Solare e vivace, pronta a discutere e combattere per le persone a
cui voleva bene, l’italiana era agli occhi di Kageyama una creatura strana e
misteriosa, completamente diversa da lui.
Nonostante la diversità, il giovane
calciatore si trovava in armonia con la ragazza e riusciva a pensare di
prenderla d’esempio per essere più forte. Si sarebbe fatto aiutare, non aveva
senso non farlo dopo tutto quello che lui e Cassandra avevano passato. Ma una
cosa l’avrebbe fatta da sola: aveva deciso di lasciare la squadra di calcio.
Aveva deciso di affrontare Daisuke, aveva deciso di parlargli e convincerlo a
lasciarlo in pace. Lo avrebbe fatto da solo per superare ciò che aveva subito,
lasciarsi alle spalle il calcio e guardare al futuro in maniera più serena.
~~~~~~~~
Angolino rotondo
Ormai l’aggiornamento di capodanno è tradizione! Allora allora, questo è un
altro capitolo di transizione in cui ho voluto un po’ sintetizzare la vacanza
dei ragazzi, svilupparla tutta sarebbe stato troppo pesante. Mamma mia questa
fic sta attraversando talmente tanti stadi della mia vita che ogni capitolo
sembra avere uno stile diverso!
Comunque nel prossimo capitolo si ritornerà alla vita di tutti i giorni,
quindi ai problemi e all’angst!
Proverò a rompere l’abitudine di due soli capitoli all’anno, se non ci
riuscissi ci si sente il 20 giugno.
Il collo
alto e inamidato della divisa scolastica dava a Kageyama l’impressione di avere
un cappio intorno alla gola. Sapeva che quella sensazione derivava solo dalla
sua ansia, ma dava comunque la colpa a prigione di tessuto blu delimitata da
bottoni dorati che era costretto a indossare. Deglutendo a vuoto per l’ennesima
volta in quella mattina, Reiji chiuse gli occhi e cercò di regolare il suo
respiro: doveva tornare a scuola, non poteva sottrarsi a quella prova. Aveva
fatto una promessa ai suoi nonni, ma soprattutto doveva riprendere le redini
della sua vita e lavorare sodo per raggiungere i suoi nuovi obbiettivi.
Un
anno e mezzo, si tratta di resistere solo un anno e mezzo.
Un anno e
mezzo era un lungo periodo, ma Kageyama cercava di convincersi del contrario.
Dopo aver
recuperato tutto il necessario per la scuola e aver controllato di non aver
dimenticato nulla, Reiji si avventurò all’esterno.
Compiere
il tragitto fino al luogo in cui si sarebbe incontrato con Cassandra fu per lui
un’impresa titanica e, una volta arrivato a destinazione, cercò di distrarsi
pensando alla ragazza. Kageyama non aveva ancora mai visto Cassandra in divisa
scolastica, quindi cercò di indovinare di che colore fossero le sue calze e
cosa avesse scelto tra fiocco e cravatta, tenendo gli occhi chiusi per
focalizzarsi meglio sull’immagine della fidanzata. Rimase così a lungo, fino a
quando non udì la sua compagna chiamarlo in lontananza. Una volta riaperti gli
occhi però Kageyama si ritrovò una sgradita sorpresa davanti: Cassandra non era
sola, al suo fianco camminavano altre due ragazze, una dai capelli lunghi, neri
e mossi legati in una coda alta e ampia e l’altra dai capelli castani tagliati
a caschetto che le davano un’aria infantile. Nonostante fosse in compagnia,
l’italiana scattò verso il fidanzato, lasciando indietro le alte.
-Perdonami
Reiji, le mie amiche hanno voluto farmi una sorpresa venendomi a prendere
stamattina e non me la sentivo di cacciarle…
Kageyama
provò a deglutire, ma la sua bocca era secca come un deserto, così cominciò a
mordersi nervosamente un labbro.
-Non fa
niente. Sono tue amiche dopotutto…
Già,
Cassandra aveva delle amicizie anche lì e non poteva trascurarle, anche se
Reiji desiderava fortemente il contrario. I due vennero presto raggiunti dalle
altre due compagne, che Kageyama osservò meglio: della ragazza con i capelli
neri aveva sentito parlare, si chiamava Emi Kimura e l’anno precedente aveva
rischiato l’espulsione, mentre non aveva la più pallida idea di chi fosse la
tipa col caschetto. La corvina passò qualche secondo a studiarlo, con
un’espressione perplessa dipinta sul volto.
-Kageyama,
giusto? È da un bel po’ che non ti si vede a scuola…
Reiji non
sapeva cosa rispondere, ma Cassandra intervenne al suo posto.
-Già,
oggi torna dopo tanto tempo! Non vi dispiace se fa la strada con noi, vero?
Emi e
l’altra ragazza si scambiarono delle occhiate confuse, ma alla fine risposero
con un sì titubante.
-Grazie!
Potete iniziare ad avviarvi? Noi vi raggiungiamo tra un attimo!
Sempre
più perplesse, le due studentesse acconsentirono e iniziarono ad allontanarsi.
-Allora…
Sei pronto?
Kageyama
guardò negli occhi la sua fidanzata: no, non era affatto pronto, ma non aveva
scelta.
-Devo
farlo.
Cassandra
annuì, porgendo poi la mano all’altro. Reiji rimase a osservarla per qualche
secondo prima di accettare l’invito, abbandonandosi al ricordo di quando la
ragazza aveva compiuto il medesimo gesto per aiutarlo a uscire di casa. Una
volta stretta la mano a Cassandra, questa lo tirò verso di sé per averlo più
vicino.
-Non ti lascerò
da solo. Passerò ogni ora a controllare come va, ti accompagnerò a parlare con
i professori, ti invierò un messaggio ogni volta che posso. Quindi non
preoccuparti, va bene?
Trovarsi
di colpo così vicino alla sua fidanzata fece battere più forte il cuore a
Kageyama, ma il dolce imbarazzo e il senso di protezione che l’altra gli
trasmetteva lo aiutarono a calmarsi. Il ragazzo riuscì ad abbozzare un sorriso.
-Va bene,
mi fido di te.
Una volta
arrivati di fronte alla Raimon, Reiji si prese un attimo per farsi coraggio
prima di entrare.
-Vuoi che
ti accompagni fino in classe?
Il
ragazzo fece cenno di no.
-Ricordami
solo la tua sezione.
-Oh… Sono
della sezione 4, la nostra aula è vicina al laboratorio audio-visivo.
-Mh, non
me la ricordo… Mostramela.
Con
quella scusa Kageyama insistette per accompagnare la ragazza alla sua classe e
andare da solo nella sua. Non voleva che i suoi compagni lo vedessero con
Cassandra, non in quel momento: lo avrebbero importunato abbastanza senza
vederlo in compagnia di una ragazza.
Quando il
giovane varcò la soglia dell’aula nella stanza calò il silenzio. Senza farci
caso, Kageyama si avviò al suo banco, ignorando ogni suo compagno, sistemandosi
nel suo angolo in fondo alla classe e tirando fuori i suoi libri di testo per
cominciare a studiare.
Purtroppo
quella calma non durò a lungo e uno dei ragazzi si sedette sul banco di fronte
a quello di Reiji, per poi piazzare i piedi sul banco dell’altro.
-Ehi
Kageyama, pensavamo fossi morto!
Il
calciatore alzò gli occhi spenti sul compagno, riportandoli sui libri di testo
dopo un attimo.
-Sono
stato male.
Il
ragazzo scoppiò a ridere.
-E che
razza di malattia ti sei preso per stare chiuso in casa così tanto? Sicuro che
non sia contagiosa?
Reiji
sospirò mentre le battute e le risatine si facevano strada in tutta la classe.
Aveva smesso di far caso a quei commenti quasi un anno prima, il suo timore era
che se ne aggiungessero di nuove, relative a quello che gli era successo e alla
sua relazione con Cassandra. Fortunatamente i suoi compagni sembravano
all’oscuro di tutto e, con l’arrivo del professore, il ragazzo poté
concentrarsi sulla lezione e non pensare ad altro.
Scappando
dalla classe ogni volta che poteva, Kageyama riuscì ad arrivare senza grandi
problemi alla pausa pranzo, che passò insieme a Cassandra e le sue due amiche.
Il calciatore aveva scoperto che la ragazza col caschetto si chiamava Aina
Kimura e che era molto brava in cucina. Infatti la fanciulla aveva preparato
per Cassandra un pranzo speciale, un modo per festeggiare il compleanno che non
avevano potuto passare insieme, e l’italiana era stata più che felice di
condividerlo col suo fidanzato. Cassandra non si era fatta problemi a informare
Emi e Aina della sua relazione con Reiji e le due non sembravano turbate dalla
cosa. Questo confortò molto Kageyama, che era spaventato all’idea che la sua
ragazza potesse essere maltrattata a causa del loro legame.
Passate
anche le ultime ore di lezione, il ragazzo si ricongiunse velocemente a
Cassandra, sapendo che l’avrebbe dovuta salutare da lì a poco.
-Devo
andare in sala professori…
-Per le
assenze?
-Probabilmente
sì… Tu devi andare a lavoro?
-Ho chiesto un giorno di permesso. Vuoi che venga con te?
Reiji
sbatté più volte le palpebre.
-Ti sei
presa un giorno di permesso per me?
-Te l’ho
detto che non ti lasciavo da solo!
Il
ragazzo sorrise appena, sentendosi viziato dalla ragazza.
-Non
penso sia il caso di farti entrare insieme a me… Mi aspetteresti fuori dalla
sala?
-Certo!
Salutata
Cassandra sulla soglia della porta, Kageyama entrò nella stanza, dove già lo
attendeva il professore responsabile della sua classe.
-Kageyama…
È da tanto che non ci vediamo.
Reiji
deglutì un attimo prima di parlare.
-Sono
stato male.
Era la
sua unica scusa, non aveva intenzione di raccontare tutta la verità. Il
professore sospirò, iniziando a picchiettare una penna sulla scrivania.
-Deve
essere stata una malattia molto grave per averti fatto saltare quasi un intero
trimestre. Hai anche mancato gli esami finali di luglio… Questo influirà molto
sul tuo andamento, capisci?
Reiji
rimase in silenzio e un altro sospiro lasciò la bocca del professore.
-Sei
sempre stato uno studente diligente e mi dispiace dirlo, ma rischi di perdere
l’anno.
Quelle
parole gelarono il sangue a Kageyama. Perdere un anno sarebbe stato un incubo,
significava rimanere indietro rispetto a Cassandra e dover sopportare quella
scuola un anno in più. Senza contare che in terzo si sarebbe trovato solo a
fronteggiare Daisuke…
-N-No, mi
impegnerò al massimo per recuperare!
L’insegnante
si portò la penna alle labbra, riflettendo.
-I
prossimi esami sono tra un mese, se tu riuscissi a non calare troppo nella
classifica scolastica forse la scuola potrebbe chiudere un occhio… Ma si tratta
di recuperare le lezioni di un trimestre in pochissimo tempo, anche se tu
iniziassi ora non so-…
-Ho già
iniziato!
Il
professore rimase stupito da quella risposta. In fondo Kageyama aveva rifiutato
di vedere i suoi compagni e lo staff scolastico, anche solo per farsi dare gli
appunti delle lezioni, quindi come poteva aver già iniziato a recuperare? Il
ragazzo capì al volo i dubbi del suo insegnante e decise di dissiparli.
-Cassandra
Andrei della sezione 4 mi sta dando una mano…
Il
professore tornò a riflettere.
-Andrei?
È una brava studentessa con voti simili ai tuoi, ma non so quanto sia adatta a
fare da tutor.
-Io mi
sto trovando molto bene con lei…
Kageyama
si azzardò a dare quell’informazione, nella speranza che la scuola gli
affiancasse ufficialmente la fidanzata per farlo recuperare. Dopo qualche
secondo di silenzio il professore si sporse verso un suo collega.
-Professor
Kurosawa, è lei il responsabile della classe del secondo anno nella sezione
quattro, vero?
-Sì
professor Hiroka, come posso aiutarla?
-Secondo
lei Andrei potrebbe svolgere il ruolo di tutor?
-Oh,
sicuramente! Si impegna già ad aiutare una sua compagna nello studio e sta
ottenendo ottimi risultati.
-Bene…
Il
professor Hiroka sistemò una pila di compiti prima di alzarsi.
-Se ti
trovi tanto bene con lei le spiegherò nel dettaglio le lezioni che dovrai
recuperare.
Reiji
annuì entusiasta, quel colloquio non poteva andare meglio.
-Ah
Kageyama, un’ultima cosa…
-Sì
professore?
-Ti rendi conto che non potrai continuare le tue attività con il club di calcio
se intendi recuperare?
Il solo
sentir nominare quel club faceva accelerare il battito al ragazzo.
-L’avevo
già messo in conto, avevo intenzione di comunicare il mio ritiro appena finito
di parlare con lei.
L’insegnante
annuì soddisfatto.
-Sei un
ragazzo ragionevole Kageyama, impegnati al massimo in queste settimane.
Il
professor Hiroka si avviò verso la porta della stanza e, aprendola, fece
sussultare Cassandra che attendeva all’esterno. L’insegnante guardò sorpreso la
ragazza per qualche attimo prima di rivolgerle la parola.
-Andrei,
stavo venendo a cercare proprio te! Posso parlarti un attimo? Kageyama, tu poi
andare.
-Sì
professore!
Nel
momento in cui Reiji si incrociò con la ragazza che entrava la tirò a sé per
poterle sussurrare a un orecchio.
-Devo
sistemare una cosa al club di calcio, ci vediamo fuori.
-Va bene,
cerco di raggiungerti prima possibile
Nascosto
dietro a un angolo dell’edificio scolastico Kageyama osservava la sede del club
di calcio, stranamente deserta. Era già da un po’ che stava lì a guardare senza
fare nulla, chiedendosi se era proprio necessario parlare a Daisuke di persona.
Forse potrei lasciare una lettera in cui annuncio il mio
ritiro, così non dovrò incontrarlo.
Convintosi
della bontà di quella soluzione, il ragazzo si mise a cercare un foglio bianco
e una penna nella sua cartella, ma venne interrotto dal suono di una voce
familiare.
-Kageyama,
eccoti! I ragazzi mi hanno detto che eri tornato e ti ho cercato ovunque.
Girandosi,
Reiji si trovò faccia a faccia con Daisuke Endou. Nonostante l’allenatore sfoggiasse
un sorriso radioso e rassicurante, Kageyama non riusciva a levarsi dalla mente il
ricordo della violenza. Il ragazzo si trovò paralizzato, incapace di parlare o
di dare sfogo alla nausea che lo assaliva.
Vedendo
Kageyama sbiancare e tremare, Daisuke provò a toccarlo.
-Ehi, che
ti prende? Sembra che tu abbia visto un fantasma!
Osservare
quella mano che si avvicinava a lui per fargli chissà cosa risvegliò Reiji, che
reagì allontanandosi bruscamente dall’allenatore.
Parla! Di’ quello che devi dire e vattene!
-N-Non
voglio più far parte del club di calcio…
La voce
del ragazzo era bassa e incerta, ma Daisuke riuscì comunque a comprendere le
sue parole.
-Eh?
Perché? So che devi concentrarti sugli esami adesso, ma dopo non vuoi tornare
ad allenarti con noi?
-No, non
voglio più avere niente a che fare con voi!
Aveva
alzato la voce, aveva pronunciato quelle parole senza riflettere e aveva fatto
un errore. Reiji sapeva che Daisuke era un gran testardo, quella risposta lo
avrebbe spinto a fargli ancora più domande.
-Non
capisco… Che è successo? Hai litigato con qualcuno? C’è qualche problema con il
resto della squadra? Pensavo ti piacesse il calcio!
Lacrime
di rabbia inondarono gli occhi del ragazzo. No, non gli piaceva il calcio, gli
aveva rovinato la vita, era entrato nel club solo perché Daisuke insisteva e
non lo lasciava in pace.
-Non è
vero! Non mi piace il calcio, IO LO ODIO!
Reiji
sussultò: stava piangendo, aveva iniziato a piangere e non se n’era neanche
reso conto. Alzò gli occhi sull’allenatore che lo guardava sconvolto, senza
parole.
-Non
voglio far parte della squadra di calcio…
Disse
solo questo prima di iniziare a scappare, ignorando le urla di Daisuke che gli
chiedeva di fermarsi e qualsiasi altra cosa. Aveva sbagliato, avrebbe dovuto
parlare lucidamente a Daisuke per convincerlo a lasciarlo in pace, invece
adesso l’allenatore era pieno di dubbi e sarebbe venuto a chiedergli
spiegazioni.
Ricordava
i primi mesi dell’anno precedente, quando Daisuke lo seguiva fino a casa per
convincerlo a entrare in squadra. Non voleva ripetere quell’esperienza, non
dopo tutto quello che era successo.
Kageyama
continuò a correre, uscendo dal cancello e percorrendo le strade alla cieca.
Voleva solo scappare da quella situazione, da sé stesso e dai passi veloci che
sentiva dietro di sé, ma quei passi si avvicinavano, diventavano sempre più
forti e alla fine il ragazzo si sentì afferrare, cosa che lo fece cadere a
terra insieme al suo inseguitore.
Steso
sull’asfalto nero e caldo, Reiji riaprì gli occhi e la prima cosa che vide fu
un ciondolo rosso che ondeggiava al ritmo del respiro affannoso del
proprietario. Cassandra era sopra di lui, senza fiato e senza parole. Nell’incontrare
lo sguardo confuso della ragazza, Kageyama riprese a lacrimare e si strinse a
lei, facendosi scappare un singhiozzo.
-Mi
dispiace… Non ce la posso fare…
~~~~~~~~
Angolino rotondo
Sono in super ritardo, come al solito. Questo capitolo doveva uscire ieri
ma sigh, sono inondata di lavoro e non sono riuscita a pubblicare per il
compleanno della cara Sissy. Comunque un po’ ho rimediato, il capitolo è
decisamente più lungo del solito. Lo so, è una magra consolazione vista la
scarsità degli aggiornamenti, ma prometto che mi impegnerò di più su questa
long.
Fino a fine giugno sarò impegnata, ma nell’estate voglio riprendere e
terminare i miei progetti!
Spero comunque che la storia vi sia piaciuta, dopo un po’ di capitoli di calma
tornano i problemi e ci vorrà un po’ per risolverli. Grazie per essere arrivati
fino a qui.
Kageyama
riaprì pigramente gli occhi. Cassandra, seduta sul divano affianco a lui
continuava a carezzarlo teneramente. Vedendo il suo ragazzo in estrema
difficoltà, l’italiana l’aveva portato a casa sua, permettendogli di sfogarsi e
rimanendogli sempre vicino. Lentamente Reiji si era calmato, cullato dalle
attenzioni della fidanzata, ed era crollato in un sonno leggero.
Svegliandosi
però l’ansia era tornata, anche se differente da quella di prima. Il ragazzo si
mise dritto, tenendosi la testa.
-Devo
mettermi a studiare…
Subito
anche Cassandra si mise a sedere composta.
-Ma Reiji…
Sei sicuro?Si sta facendo tardi e tu
hai avuto una giornata intensa…
Il
ragazzo si lasciò scappare un singhiozzo, il suo volto era una maschera di
preoccupazione.
-Se non
mi posiziono decentemente ai prossimi esami mi bocciano! Non voglio passare un
altro anno in quel buco infernale…
La
castana si chinò sul suo fidanzato, carezzandogli la schiena per rassicurarlo.
-Andrà
tutto bene Reiji, se ti impegnerai riuscirai di sicuro a ottenere un buon
risultato.
Cassandra
sapeva che la cosa era difficile: Kageyama aveva da recuperare un sacco di
lezioni su tutte le materie e lei stessa avrebbe voluto iniziare ad aiutarlo da
quel pomeriggio, ma dopo ciò che era successo a scuola non era stato possibile.
Un’idea
balenò in testa alla ragazza che iniziò a sorridere dolcemente, facendo alzare
il volto al suo fidanzato.
-Che ne
dici di dormire qui con me stasera? Così non dovremo preoccuparci di fare
troppo tardi!
Reiji la
guardò con occhi languidi. Non desiderava altro che rimanere con lei al sicuro
in quella casa piccola e accogliente, tanto diversa dalla sua, fredda e vuota.
-Sì, mi
piacerebbe! Però le mie cose…
Il
ragazzo non voleva tornare al suo appartamento per recuperare il necessario per
la notte, non voleva affatto tornare a casa in realtà. Aveva paura di trovare
Daisuke ad aspettarlo.
Non era
strano, l’allenatore l’aveva raggiunto spesso a casa per parlargli e un nuovo
confronto con lui era l’ultima cosa che Kageyama voleva.
Cassandra
gli carezzò una guancia, continuando a sorridere.
-Non ti
preoccupare, passo io a recuperare tutto! Tu rimani qui e inizia pure a
studiare. Non ti vergogni se metto mani tra le tue cose, no?
Con il
tono scherzoso dell’ultima affermazione la ragazza riuscì a strappare un
sorriso al fidanzato.
-No,
certo che no… Vai pure Cass, e grazie…
Dopo aver
istruito Reiji su cosa studiare e da dove iniziare, Cassandra uscì.
Rimasto
solo, Kageyama aprì un libro e iniziò a far scorrere pigramente gli occhi sulle
parole stampate, ancora troppo stanco per concentrarsi appieno nello studio.
La sua
mente si faceva rapire facilmente dalla fantasia, immaginandosi una vita
insieme a Cassandra, lontani da quella città e da tutto il dolore che gli era
stato inflitto lì.
Il ragazzo
indugiò a lungo sul pensiero di quando la ragazza sarebbe tornata, di quanto
sarebbe stato bello accoglierla con calore e da quanto tempo era passato dall’ultima
volta che aveva detto “bentornato” a qualcuno.
Quando
sentì la serratura della porta scattare, il cuore di Reiji saltò un battito.
Vedendo
la sua ragazza tornare, con le guance arrossate per la corsa appena fatta e i
capelli scompigliati a causa del vento, Kageyama non poté fare a meno di
sorridere. Probabilmente se non fosse rimasto intrappolato in quella serie di
eventi sfortunati non avrebbe mai avuto occasione di rivolgere la parola a
Cassandra, non avrebbe scoperto quanto quella ragazza poteva essere gentile,
divertente e rassicurante. Era davvero felice di averla incontrata, anche se
quello significava accettare tutto quello che gli era successo. Il pensiero di
essere legato all’italiana rendeva il tutto più sopportabile.
-Cass…
Bentornata.
Sentendosi
rivolgere la parola, Cassandra si girò subito verso il fidanzato, sorprendendosi
nel vederlo sorridere. Nonostante questo ricambiò con un sorriso pieno di
calore.
-Scusa se
ti ho fatto aspettare, sono a casa!
I due passarono
la serata a studiare, con Cassandra vicino Kageyama riusciva a essere più
concentrato e l’italiana lo metteva in condizioni di non pensare ad altro,
cucinando per lui e sistemandogli una stanza per la notte.
La
mattina dopo i due si avviarono a scuola tenendosi per mano e Reiji non mollò
la presa sulla ragazza neanche quando furono raggiunti dalle amiche di lei.
Il castano
era troppo stanco per provare imbarazzo, non aveva il tempo né la voglia di
preoccuparsi per cose così futili. Le amiche di Cassandra poi non creavano
grossi problemi.
-Dove
siete finiti ieri? Abbiamo provato ad aspettarvi ma siete completamente
scomparsi.
Disse Emi,
scrutando i due con aria pensierosa.
-Scusatemi,
volevo venire a salutarvi, ma Kageyama si è sentito male e l’ho accompagnato a
casa…
Reiji
sapeva che era tutta una scusa, ma il tono di Cassandra era così gentile e
dispiaciuto che per un attimo il ragazzo pensò che fosse esattamente come
diceva lei.
-Non ti
sei ancora rimesso del tutto, Kageyama?
Con la sua
bassa statura e i suoi occhi grandi, Aina sembrava ancora una bambina delle elementari,
ma la timida preoccupazione con cui si rivolgeva al ragazzo le conferiva un
senso di maturità, come una sorella maggiore che si preoccupa per i suoi
fratelli.
-Sì, mi
capita ancora di stare male… Ma non posso permettermi di stare a casa, ho già
troppe lezioni da recuperare.
Una sonora
pacca raggiunse la schiena del ragazzo, facendolo quasi cadere.
-Beh, se
hai bisogno di una mano e Cass non si trova non farti problemi a chiedere a
noi. Sei il fidanzato della nostra amica, dopotutto!
Vedendo
Reiji a un passo dal capitombolo per la pacca di Emi, l’italiana fulminò l’amica
con lo sguardo, cercando poi a gesti di allontanarla dal ragazzo per evitare
che facesse altri danni.
Un’atmosfera
così cordiale sembrava strana a Reiji: abituato a essere un solitario anche
prima di chiudersi in casa, essere circondato dalle risate di altri ragazzi,
essere vittima di scherzi innocenti e oggetto delle premure di qualcun altro erano
esperienze nuove, che non gli dispiacevano così tanto. Non riusciva però a
farsi trasportare da quell’atmosfera rilassata, la paura di incontrare Daisuke
e l’angoscia degli esami imminenti lo inchiodavano alla realtà.
Neanche
una volta raggiunta la Raimon Reiji volle lasciare la mano della fidanzata. L’accompagnò
fino alla sua classe, riluttante all’idea di separarsi da lei per la giornata
scolastica. Mentre ascoltava sovrappensiero le chiacchiere delle tre ragazze,
Kageyama vide con la coda dell’occhio una figura familiare che gli fece gelare
il sangue nelle vene.
-Ah,
Kageyama! Finalmente ti sei degnato di tornare!
Hibiki
Seigou, il capitano della squadra di calcio della scuola, faceva lezione proprio
nell’aula affianco a quella di Cassandra e vedendo il suo ex compagno non si
era fatto problemi a rivolgergli la parola.
Di tutti
i ragazzi della squadra, Hibiki era forse la persona con cui Reiji aveva il
rapporto migliore. Nonostante questo il castano non aveva voglia di parlarci,
voleva tagliare i ponti con tutto ciò che gli ricordava Daisuke. Non rimanendo
molto sorpreso dal silenzio dell’altro, Seigou continuò a parlare.
-È vera
la storia che lasci il club di calcio?
Kageyama
deglutì a fatica, evitando di guardare l’altro negli occhi.
-Sì…
Hibiki
alzò le spalle.
-Comprensibile,
in fondo sei stato assente un sacco di tempo. Avrai da studiare un sacco, non
ti saresti concentrato sugli allenamenti… Va beh, il problema sarà farlo capire
al coach. Non sai che testa ci ha fatto stamattina chiedendoci di te, se
sapevamo cosa ti fosse successo… Ha detto che ieri gli hai urlato contro e
quando è andato a casa tua per parlarti una ragazza gli ha tirato un libro in
testa quando gli ha chiesto di te. Secondo me ha bisogno di una vacanza…
I quattro
ragazzi rimasero in silenzio, guardando Hibiki esterrefatti. A interrompere
quel momento ci pensò il suono della campana che annunciava l’inizio delle
lezioni.
-Beh,
meglio andare. Ci parlo io con l’allenatore, gli dico di lasciarti stare almeno
fino agli esami. Ci vediamo in giro, Kageyama.
Anche dopo
che Hibiki si fu congedato i quattro ragazzi rimasero in silenzio, sconvolti da
quello che avevano appena sentito.
Kageyama
sapeva che più o meno tutto quello che gli era stato riferito era vero, ma la
parte sulla ragazza era nuova anche per lui. Reiji si girò verso la sua
fidanzata, che era diventata rossa come un peperone. Era lei la ragazza di cui
Hibiki stava parlando? Per Emi era così, infatti la corvina scoppiò in una sonora
risata proprio in faccia dell’amica.
-Hai tirato
un libro al coach Endou?!
Cassandra
cercò disperatamente di tappare la bocca all’altra, ancora più rossa di prima.
-Zitta!
Guai a te se lo racconti in giro.
Guardando
il comico bisticcio tra le due ragazze, Kageyama sorrise appena. Cassandra era
davvero pronta a fare di tutto per lui.
~~~~~~~~
Angolino rotondo
Ahahahahah, e anche questo capodanno capitolo! Non ho avuto tempo di
betarlo, sarà pieno di errori ecce cc ma sono di fretta. Se quest’anno non
aggiorno più spesso avete il diritto di fustigarmi. Ora vado che sono (come al
solito) in ritardo. Buon anno a tutti!