Il regno di Calandof - La missione di Roh

di Lire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Cavaliere ***
Capitolo 2: *** In viaggio verso sud ***
Capitolo 3: *** Il quartiere degli alchimisti ***



Capitolo 1
*** Il Cavaliere ***


Il Cavaliere era inquieto, sentiva che qualcosa era cambiato. Qualcosa di grave minacciava l'equilibrio del mondo. Non sapeva cosa fosse, era qualcosa, qualcuno, un pericolo che non si era ancora formato, era nel suo stadio iniziale, ma sapeva che presto si sarebbe rivelato. Qualcuno doveva intervenire, lui non poteva, non aveva mai potuto intervenire in questioni simili e anche questa volta avrebbe dovuto delegare ad altri. Molte persone avevano deciso di seguirlo e una di queste forse sarebbe stata adatta all’incarico.

Il viaggiatore proseguiva con passo svelto attraverso la neve. Sapeva dove si trovava, i monti del Kesh, ma non sapeva dove era diretto: quei monti sembravano essere invalicabili! Stringendosi nei suoi pesanti abiti malediceva il tempo, che era stato inclemente durante quei lunghi giorni di viaggio. Era sempre stato in grado di cavarsela in qualunque situazione, ma questa stava cominciando a sopraffarlo, eppure non voleva cedere. Un’improvvisa folata di vento lo fece rabbrividire, un’altra tempesta di neve stava giungendo. Cercò riparo, ma non sembrava esserci nemmeno una sporgenza nella roccia o nel ghiaccio. Lui non se ne preoccupò, era preparato a tutto, come sempre. Appoggiò lo zaino a terra e prese la vanga, che gli era stata utile in innumerevoli occasioni. “Se non posso proteggermi sopra la neve, mi ci rifugerò sotto!” pensò e con questo iniziò a scavare. Non erano trascorsi che pochi minuti quando giunse la tempesta. Questa lo colse alla sprovvista. Tentò di ignorarla, ma più scavava, più neve si accumulava dove la vanga procedeva nel suo lavoro. Decise che era meglio rimettersi in viaggio. Rapidamente raccolse tutto ciò che aveva posato, prima che scomparisse sotto al manto bianco, e s’incamminò. Nonostante tutti i suoi sforzi anche proseguire stava divenendo impossibile e ogni passo che faceva lo prosciugava di una parte delle poche energie che gli rimanevano. Incespicò, le forze lo stavano abbandonando e lui si sentiva svenire. Sentì una voce nella bufera: – Quindi sei tu Roh di Torrefredda.
La voce era quella di un vecchio, ma era forte e chiara, come se le intemperie non la potessero turbare. Roh si guardò intorno, ma non vide nessuno, forse era stata un’illusione, forse la sua mente, ormai stremata, lo aveva ingannato. Anche se sapere non sarebbe servito a nulla rispose: “Sì, cosa volete da me?”. Passarono alcuni interminabili secondi. Il vento non portò alcuna risposta. Quando Roh decise che era meglio ricominciare a muoversi si trovò steso sulla neve, non riusciva più a reggersi in piedi. Cercò di trascinarsi in un posto riparato ma non vedeva nulla che potesse avere tale funzione. Qualcosa lo toccò su una spalla. L’uomo pensò di essere ormai morto e non oppose resistenza a quello che stava per succedergli. Tentò di vedere cosa lo avesse toccato, era una mano umana. Improvvisamente si sentì pieno di rinnovato vigore, sembrava che il suo corpo si fosse risvegliato dallo stato di dormiveglia in cui era caduto. Si rialzò senza alcuna fatica e cercò la figura del suo salvatore sullo sfondo bianco del ghiacciaio. Vide soltanto un’ombra che si stava allontanando e la seguì.
Prestò si trovò di fronte a una caverna nel ghiaccio, che prima non aveva notato, e si inoltrò in quella. La temperatura era innaturalmente alta per il luogo dove si trovavano, tanto che dovette togliersi le pesanti pellicce che portava. Tolti i suoi abiti si guardò riflesso sul ghiaccio. Era un uomo di mezza età, con una grande esperienza, particolarmente alto e robusto, tanto da incutere timore negli uomini che si trovava di fronte, eppure tutto questo pochi istanti prima non gli era servito a nulla. Proseguì verso l’interno della montagna per quasi un minuto, rimanendo sempre più stupito di come potesse esistere un luogo simile. Giunse infine in un ampio salone riccamente arredato con mobilio in legno e ogni sorta di oggetto necessario alla sopravvivenza. Al centro della stanza si trovava un tavolo con due sedie accanto. Su una di esse stava un vecchio che sorseggiava da una enorme tazza stretta tra le sue mani scheletriche. La lunga barba bianca e i radi capelli che gli ricadevano sulle spalle gli davano un aspetto pittoresco, ma i suoi occhi azzurri, color del ghiaccio, trasmettevano una grande severità. L’anziano non attese che Roh parlasse, ma prese la parola:
– Perché ti sei inoltrato in queste montagne, sai che non è concesso superarle! – Fece una pausa carica di attesa – Ma tu sai anche che non sarei dovuto intervenire se non mi fosse stato ordinato, nessuno deve provare a valicare questi monti senza assumersi la responsabilità delle conseguenze che questo comporta. Ma tu sei fortunato! Oh, sì, forse troppo! – Un’altra sosta interruppe la conversazione – Mi ha mandato il Cavaliere in persona per affidarti un incarico di vitale importanza. Ha percepito qualcosa di anomalo in queste terre, qualcosa di malvagio. Non ha potuto comprendere cosa fosse, il pericolo è ancora troppo vago, ma serve che qualcuno intervenga prima che dilaghi.
Con un gesto indicò la sedia libera a Roh, e una volta che si fu seduto gli porse una tazza ricolma di  un liquido scuro e caldo.
– Bevi, bevi… Ecco cosa devi fare – prese da sotto la sua leggera veste un rotolo di pergamena e lo pose sul tavolo. – Dovrai indagare sul pericolo, probabilmente è un essere umano, forse un negromante, almeno, questo è quello che sono riuscito a sapere raccogliendo le testimonianze di altri Guardiani. Spero riuscirai a risolvere rapidamente la questione ma se non ci riuscissi dovrai tornare a Torrefredda e portare in un luogo più sicuro Vilia, la ragazza che hai portato lì diversi anni fa, ti ricordi chi è?
Solo allora Roh prese a parlare: – Come potrei non ricordarmene! Dopo aver conosciuto la sua storia non è possibile dimenticare chi sia, so anche quali pericoli potrebbe correre…
L’anziano riprese: – Sappi che una gilda di assassini la vuole morta, puoi immaginare il perché, ma fa attenzione, non sono persone normali, qualcosa è successo loro…
Roh rimase in silenzio, sorseggiando e pensando al compito che gli era stato affidato, poi fece per alzarsi, ma il vecchio lo fermò ancora una volta: – Riposati su questo letto, domani ti risveglierai nella tua casa, da lì cominceranno le tue ricerche.
L’uomo fece un profondo inchino e, prima di coricarsi, disse ancora: – Grazie Venerabile.

Cadde in un sonno profondo, libero da sogni, e, quando si svegliò, si ritrovò a Torrefredda. Nella stanza vicina vide Vilia dormire sul suo letto e pensò: – Quali sofferenze deve ancora provare prima di poter vivere in pace quella povera ragazza?

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Capitolo 2
*** In viaggio verso sud ***


Le si avvicinò, sovrappensiero, cercando di non svegliarla. Il suo volto era molto bello, le orecchie leggermente a punta le davano un aspetto fatato, tipico dei pochi elfi rimasti in quelle terre. Probabilmente molti l’avrebbero considerata un abominio, per metà di razza elfica e metà umana. Ma lui no, da quando l'aveva conosciuta aveva sempre provato un profondo affetto verso quella fragile creatura.
Decise che non era opportuno sostare oltre, forse era anche meglio che non si facesse vedere da lei. Tutti i suoi propositi furono vani, infatti la ragazza si mosse e lentamente riaprì gli occhi. Visto l’amico si alzò rapidamente tentando di rimettere in ordine i suoi lunghi capelli neri, gli sorrise e lo salutò con una voce ancora assonnata.
– Ciao Roh! ... Ehm ... Scusami ma sono impresentabile in questo momento! Non ti aspettavo di ritorno così presto! Non volevi scalare la montagna?
Lui sorrise di rimando, rimanendo immobile a guardarla mentre cercava ora di sistemare la sua veste, ora di allontanare delle ciocche scure dagli occhi. Dopo una breve paura rispose un po’ impacciato.
– Oh, sì, hai ragione, Vilia … Ma vedi … A causa delle intemperie ho preferito ritirarmi, sai la montagna non è mai abbastanza sicura. Pensavo di prendermi qualche giorno di riposo prima di riprovarci, credo partirò per un viaggio, circa un mese, poi sarò di ritorno. Se avrò ancora l'entusiasmo di alcuni giorni fa sicuramente tenterò nuovamente l'arrampicata!”.
Dicendolo si vergognò per tutte le menzogne che le aveva raccontato da quando l'aveva conosciuta. Raramente era stato sincero con lei, sempre per la sua sicurezza, ovviamente, si ripeté, ma non riusciva a crederci nemmeno lui stesso. Vilia, stropicciandosi gli occhi, riprese – Fantastico! Allora adesso posso accompagnarti! Questa volta non partirai nuovamente per la montagna, vero?
 Roh era quasi terrorizzato all’idea di doverle mentire ancora ma una a cosa era certa, non ci sarebbe stata scelta peggiore di permetterle di venire con lui.
– No, no, ascolta, non ha senso che tu venga, sarà solo un viaggio con Fal. Affari con alcuni mercanti in città.  Gli servono degli materiali rari, quindi probabilmente impiegheremo parecchi giorni prima di poter tornare!
Il sorriso sul volto della ragazza scomparve – Ma possibile che tu ti debba sempre circondare di gente antipatica! Lascia perdere questo viaggio inutile, Fal può cavarsela benissimo da solo, non deve sempre venire a dar noie a te!
Roh tirò un sospiro di sollievo, gli aveva creduto ancora una volta.
– Ma non mi sembra educato, gli avevo parlato ieri quando sono tornato e gli ho promesso il mio aiuto, non posso tirarmi indietro ora.
Vilia non credeva alle parole di Roh e capiva quando si trattava di una verità o un modo per non dirle il suo reale intento, ma non poteva farci nulla, disubbidirgli non sarebbe stato saggio. Roh le voleva bene e avrebbe sempre fatto il possibile per aiutarla.
­– Come vuoi … Spero tu possa tornare presto.
Dette queste parole si allontanò verso la cucina. Roh avrebbe voluto fermarla per parlare ancora un po’ ma sarebbe stato controproducente. Uscì di casa e si diresse di malavoglia da Fal. Non sapeva del suo piano ma lo avrebbe di sicuro aiutato, lo faceva sempre.
Il sole non era ancora alto nel cielo, ma la temperatura nella valle era già mite. Ancora sull'uscio della propria abitazione fece un respiro profondo: da giorni ormai non aveva più sentito il piacevole tepore del sole sulla pelle.
La casa dell’amico era enorme e le sue mura in pietra scura incutevano timore ai passanti, inconfondibile in mezzo agli altri edifici anche per la singolare architettura. Bussò alla porta e questa, quasi immediatamente si spalancò. Ne uscì un fumo denso che ricopriva interamente il pavimento. Roh sapeva che non doveva farsi impressionare, ma era difficile non essere turbati da una stranezza di simile. Dalla penombra si delineò una figura scura, era Fal. Nonostante fosse di statura minuta le sue apparizioni lo facevano sempre sembrare un essere proveniente dagli inferi, almeno fino a quando non si riusciva a distinguere il suo aspetto: un uomo attempato, con capelli incredibilmente rossi, che risaltavano sulla sua figura. Il volto era contorto in una smorfia e il suo naso aquilino gli dava un aspetto grottesco. Anche il suo muoversi era sgraziato: oscillava a causa di una gamba che gli doleva sempre, ricordo di una ferita che aveva subito durante uno dei suoi pericolosi esperimenti. Passava il suo tempo a praticare alchimia e costruire complesse macchine di cui lui solo sembrava comprenderne il funzionamento.
Tossì numerose volte, poi si rivolse a Roh con tono acido.
– E tu che diamine vuoi adesso, ho già dei problemi per conto mio! ­– Solo allora sembrò accorgersi di chi aveva di fronte e la sua voce si fece più calma. – Oh, scusami, ma ultimamente sta andando tutto storto, e ci sono dei seccatori in giro che non mi lasciano mai in pace, ti serve qualcosa?
Roh per poco non scoppiò a ridere, ma si trattenne. Tentò di far comprendere a Fal in che guaio si trovasse. – Ti ricordi del favore che mi avevi chiesto ieri, di accompagnarti fino in città per quei materiali che ti mancavano?
Fal lo guardò un attimo senza dire nulla, dal suo sguardo si intuiva tutta la sua disapprovazione per aver mentito alla ragazza: quando l'amico veniva da lui con domande simili era sempre per la stessa ragione.
L’alchimista aveva già deciso si aiutare Roh nonostante tutto.
– Oh, sì, certo, che smemorato che sono, vado a prendere la mia roba e partiamo.
Rientrò nella sua abitazione e ne uscì pochi istanti dopo con uno zaino, un mazzo di chiavi e una creatura meccanica di forma sferica che lo seguiva.
Chiuse le innumerevoli serrature della casa e senza aggiungere altro partirono.

Durante il viaggio non incontrarono alcun imprevisto. Che il venerabile uomo si fosse sbagliato? Che il Cavaliere si fosse sbagliato? Non un solo pericolo si era manifestato, nemmeno la tanto temuta gilda di assassini!
Sbaglio... Errore... Tutti potevano ingannarsi. Roh scosse la testa. No! il Cavaliere non sbagliava, se nulla si era manifestato allora voleva soltanto dire che aveva previsto la minaccia con troppo anticipo. Il pericolo era ancora latente, ma avrebbe costituito una grande minaccia, di questo ne era certo.
Giunsero in città all'alba del decimo giorno e si divisero: Fal sarebbe andato ad acquistare alcuni oggetti utili per i suoi esperimenti, lui invece doveva raggiungere lord Zofus, il supervisore della magia e guardiano di quelle terre, nonché suo grande amico.
Quella mattina faceva stranamente freddo e una leggera nebbiolina stagnava nelle vie che stava percorrendo. Ciò nonostante la vita in città era movimentata come tutti i giorni, come poteva non esserlo? Il grande mercato, dove la maggior parte della gente si dirigeva, aveva luogo sulla piazza sulla quale sorgeva la torre del supervisore. Roh non voleva farsi vedere da tante persone, non gli era mai piaciuto che qualcuno sapesse dove era diretto, semplice diffidenza, forse, ma lo aveva spesso aiutato a non finire nei guai.
L'entrata dell'abitazione era enorme, ci sarebbe potuto entrare un gigante senza fare lo sforzo di piegarsi, pensò mentre bussava energicamente sulla porta di ferro scuro. Quasi immediatamente uno spettro gli comparve al fianco.
- Desidera, signor...
- Dica Roh di Torrefredda, il padrone capirà.
- Come desidera.
L'inserviente scomparve, pochi istanti dopo la porta si stava già aprendo, mostrando dall'altra parte una sfarzosa sala dove accogliere gli ospiti. Il fantasma ora era nella penombra della sala a riordinare alcuni soprammobili - Zofus la aspetta all'ultimo piano, sa come arrivarci?
- Sì, non ti preoccupare, svolgi pure le tue mansioni.
Possibile che con tutta la magia in suo possesso il mago non fosse in grado di far riconoscere le persone ai suoi servitori? Gliene avrebbe parlato, oh, e gli avrebbe anche detto che tutte quelle scale erano troppe! Poi si riscosse, ovviamente non era lì per parlare di comodità, gli servivano delle informazioni e subito.

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Capitolo 3
*** Il quartiere degli alchimisti ***


Giunse infine nella stanza che reputava la più strana della casa, ovunque c'erano scrittoi, fogli di carta scarabocchiati e ampolle con le più variopinte sostanze. Questa volta però non ci fece caso, ai suoi occhi erano inutili suppellettili.
Sentendolo entrare il mago si voltò.
– Oh, caro amico! Come stai?
– Non troppo male, per ora almeno – e sapendo che il mago tendeva a dilungarsi troppo in chiacchiere inutili lo interruppe subito, più bruscamente di quanto in verità avrebbe voluto – Non sono qua per questo, mi serve il tuo aiuto.
Zofus corrucciò la fronte, sembrava preoccupato, Roh non chiedeva mai aiuto se non era indispensabile. Si raddrizzò e sospirò – Dimmi cosa c'è che non va, ti aiuterò come posso.
– Ed ecco che arriviamo al problema: cosa c'è che non va? Devi sapere che sono stato incaricato dal Cavaliere di investigare su qualcosa che sta minacciando queste terre e mi è anche stato detto che una gilda di assassini vuole la vita della ragazza che ospito a Torrefredda. Sono venuto nella speranza che tu potessi dirmi qualcosa di più: nessuno degli altri guardiani ti ha riferito di fatti strani o inquietanti? Ormai sei divenuto il nostro coordinatore poiché ti trovi nella posizione più facilmente raggiungibile e più centrale...
– Sì, sì, lo so! Me lo avete detto un'infinità di volte! ... Bene, per rispondere alla tua domanda non posso fare altro che dirti di non saperne nulla. Se puoi fermarti qualche giorno qui da me potrei inviare dei messaggeri a tutti gli altri e farti sapere le loro risposte.
– No, troppo tempo!
Roh si fermò a riflettere, senza quella risposta tanto cosa poteva fare? Attraversare tutto il regno avanti e indietro un paio di volte? Sarebbe stata una perdita di tempo ancora maggiore!
– E va bene, hai ragione, per quanto tempo tu possa impiegarci è la soluzione più rapida.
– Allora preparo tutto, lasciami da solo, mi serve tutta la concentrazione possibile.
Schioccò le dita e improvvisamente riapparve lo spettrale servitore al quale ordinò di fare strada all'ospite verso il piano sottostante, ma Roh declinò l’offerta, dicendo che avrebbe fatto un giro per la città, troppo in ansia per restare semplicemente fermo ad aspettare.
Lasciato lo sfarzoso e allo stesso tempo solenne edificio l’uomo si trovò ancora una volta per le strade della cosiddetta capitale della magia, anche nota come Rasnot, nome che a sua volta era anticamente portato dal primo fondatore di un ordine di incantatori nel regno. Sebbene la città in sé fosse molto ricca e offrisse innumerevoli passatempi, nessuno di essi era adatto al genere di missione che ora Roh doveva portare a termine e di sicuro non poteva sprecare del tempo prezioso a divertirsi. Guardandosi intorno cominciò a pensare. Qualcuno dei suoi contatti all’interno della città forse lo avrebbe potuto aiutare; di certo non si aspettava di ricevere molte informazioni, ma alcune monete date alle giuste persone potevano essere più che sufficienti per sciogliere qualche lingua. Dopo aver camminato per più di un’ora raggiunse una via stretta e buia, decisamente diversa dalla maggior parte delle altre dove il passaggio tra un edificio e l’altro era sufficiente per allestire bancarelle su entrambi i lati della strada. La via in questione portava ad un quartiere della città separato dal resto, era il distretto degli alchimisti i quali avevano bisogno di una minima esposizione alla luce solare per evitare il deterioramento dei loro ingredienti più delicati. Al contrario di quello che uno straniero potesse pensare, il luogo godeva di un’ottima fama e gli affari erano numerosi e proficui come in qualunque altro angolo della città, anche se alcuni degli alchimisti ultimamente avevano cominciato a vendere merce di natura più discutibile.
Nel vicolo, fino ad alcuni mesi prima, viveva uno di quelli che non si faceva problemi a commerciare in qualunque tipo di merce, informazioni comprese. Conosceva inoltre molte persone e riusciva spesso ad indicare qualcuno in grado di aiutare, se il problema era al di là delle sue competenze. Come prima tappa della giornata sembrava essere una buona scelta e con una certa fortuna poteva anche rivelarsi la soluzione alla missione che il Cavaliere gli aveva affidato. Ci mise quasi mezz’ora per raggiungere la bottega cercando di dare il meno possibile nell’occhio, ma con sollievo ritrovò il negozio ancora aperto. Anche il proprietario non era cambiato: dietro ad un massiccio tavolo sedeva un individuo che a prima vista poteva sembrare un bambino. Jeref era di bassa statura e, osservato con più attenzione, si riconoscevano in lui i tratti tipici dei nani anche se, al contrario dei suoi cugini che lavoravano la pietra e i metalli, la sua famiglia si era stabilita da molte generazioni in città e alcune delle caratteristiche tipiche della sua razza sembravano essere scomparse. Era di corporatura sottile e fisicamente molto meno temprato, inoltre non portava la barba, elemento quasi distintivo tra i nani. L’individuo, illuminato dalla sola luce di un focolare portò una mano al volto per togliersi lo spesso paio di occhiali con i quali stava leggendo le istruzione da un vecchio e consunto formulario. Vedendo l’ospite di eccezione posò immediatamente tutto quello che aveva con sé per andare a salutare Roh.
– Cominciavo a pensare che non ti avrei più rivisto dopo tutto questo tempo, in quali pasticci ti eri andato a cacciare, vecchio mio?
– Suvvia, non è trascorso tutto questo tempo dall’ultima volta che ci siamo visti! Da allora non ho nemmeno fatto molto, un breve viaggio verso le coste e poi negli ultimi tempi una lunga, ma infruttuosa, scalata. – rispose Roh con fare sbrigativo.
– Conoscendoti, però, non sei qua per fare due chiacchiere, vero? In cosa ti sei cacciato questa volta? Devi comprare qualche antidoto, cercare qualche pozione, svelare qualche mistero dell’occulto o semplici informazioni?
– Subito agli affari, eh? Va bene… Ho sentito dire che ci sono stati dei disordini ultimamente, qualche subbuglio nei ‘piani bassi’ – disse queste ultime parole con un tono tale da lasciar intendere una cosa soltanto: le organizzazioni che si nascondevano dalle autorità – e che stiano dando la caccia a qualcuno. – Sebbene fosse alla ricerca di notizie certe non poteva lasciar trasparire il motivo per il quale le voleva ottenere, quindi rimase il più possibile vago, anche se sapeva che la probabilità di ottenere una risposta soddisfacente in questo modo diminuiva drasticamente.
– Oh, davvero? Qual è la tua fonte?
– Gente affidabile, non ti preoccupare, ma tu non mi sai dire nient’altro?
– Fammi pensare… Avevo sentito dire che dopo l’intervento delle spie del sovrano le acque si erano calmate. Ma se mi dici che c’è sotto qualcosa di grosso lo devono tenere ben nascosto.
L’uomo comprese che viste le circostanze doveva affidarsi alla domanda di riserva.
– E a chi potrei chiedere per sapere qualcosa di più?
– Ci sarebbe un mio cliente che mi deve un po’ di soldi, se coprissi per lui quel debito credo che potresti ricavarne qualcosa.
– Di chi si tratterebbe per avere delle informazioni che tu non hai?
– Se fidarti o meno è una scelta tua, si tratta di un giovane indovino che si sta facendo una certa fama. Inoltre, se non ricordo male, prima di intraprendere questa professione lavorava con una gilda di assassini. Le sue doti erano utilizzate per rintracciare e tenere sott’occhio gli obiettivi della gilda. Una capacità molto ricercata, non trovi?
Gli occhi di Roh si illuminarono, forse era davvero la persona giusta da avvicinare, ma d’altro canto poteva essere pericoloso. Soppesò per un momento i rischi e i vantaggi di una tale azione.
– È sicuro chiedere ad una persona simile? Se fosse ancora in contatto con i suoi vecchi ‘datori di lavoro’ rischio grosso a cercare informazioni di questo tipo.
– Credi davvero che qualcuno possa lasciare un’associazione di assassini? Se sapessero che è ancora vivo di sicuro … non lo resterebbe a lungo. – Concluse con una sonora risata.
– Probabilmente hai ragione… Quanti soldi ti deve?
La contrattazione per saldare il debito durò poco, il nano ricevette meno del previsto ma se le voci riportate da Roh erano vere avrebbe, in futuro, ricavato ben altro.

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