Il fiore nell'armatura

di summer_time
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Speciale 1: Kyros ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO


Quando non ti aspetti una profezia, quella subito arriva. Sconvolge la vita di tutti i semidei presenti, comprese le loro famiglie mortali, e se va bene, non ci scappa il morto, altrimenti c’è solo da pregare che i drappi siano abbastanza numerosi per coprire tutti i cadaveri.

Sapevo che dopo la Grande Profezia di Gea, gli oracoli e lo stesso dio Apollo erano entrati in crisi, in modo oserei dire quasi totale: la cosa si era risolta definitivamente qualche anno fa, dopo quasi vent’ anni di inattività. Le profezie per le missioni semplici erano riprese, seppur lentamente, e la normalità si era impadronita del Campo, facendo dimenticare - e non conoscere – alle nuove generazioni di eroi greci e romani il dolore della guerra e il pericolo reale delle missioni.


Il tempo trascorso in un luogo che doveva essere stato creato per insegnarmi a sopravvivere,  si susseguiva lento, placido, interminabile, monotono per una come me: le stesse attività tutti i giorni, ogni settimana, di ognuno dei tre mesi estivi. Se ti andava bene. Altrimenti passavi tutta la tua giovinezza incastrata in un recito magico, preda della voglia di evadere da un posto che non avevo mai sentito come casa.

Non mi ero mai adattata a convivere con gli altri semidei: il terrore nei loro sguardi ogni volta che mi vedevano erano un motivo più che sufficiente per non avvicinarmi; passeggiavo abitudinariamente e  silenziosamente nella foresta, chiacchierando ogni tanto con le ninfe dei boschi oppure mi nascondevo nelle fucine della Casa 8, martellando e modellando metalli o per semplicemente stare vicino al fuoco asfissiante. Nessuno dei ragazzi mi aveva mai negato l’accesso anzi sembravano quasi gradire i miei piccoli suggerimenti in materia: il tempo allora sembrava più vivo e veloce grazie ai loro complimenti. Non partecipavo a quasi nessuna delle attività proposte dal Campo: ogni tanto Chirone mi obbligava a patteggiare per una o l’altra squadra nella Caccia alla Bandiera ma perlopiù mi limitavo a nascondermi in qualche affranto nella foresta e rimanere ferma fino a che quello stupido gioco non finiva. All’ora di cena, mangiavo frettolosamente in solitudine, per scappare immediatamente nel mio piccolo rifugio sicuro – ovvero la mia stanza, vicina alla soffitta della Casa Grande.

A volte uscivo, se riuscivo ad eludere la guardia delle arpie, salendo sul tetto: allora in quel momento, e solo quando toglievo la maglietta azzurrina del pigiama insieme alle solite cinghie – ormai quasi logore - e alle bende, solo in quel preciso momento mi sentivo libera di essere me stessa e non un’emarginata. Sul tetto finalmente dispiegavo le mie ali rosse come il sangue, costrette a essere ripiegate su sé stesse per molti giorni, legate con delle bende e cinghie di cuoio solo per apparire come un’adolescente normale: tutti sapevano che in realtà avevo ali, ma non sarei mai riuscita a sopportare lo sguardo di disprezzo che mi riservavano, l’avevo già provato e non mi era piaciuto, proprio per niente.

Volare era una cosa meravigliosa: il vento fresco della notte muoveva i miei lunghi capelli, facendo svolazzare anche i miei pantaloncini blu. Ruotare su me stessa, piroette nell’aria, danzare a pelo dell’acqua, lasciarmi precipitare nel vuoto per poi riprendere il controllo solamente muovendo qualche muscolo della schiena mi faceva sentire bellissima e potente. Per qualche secondo poi mi illudevo di sentire anche degli occhi puntati su di me, ma scorgevo soltanto le ombre delle Case.

Questo era il mio unico svago, l’unica cosa bella di quel stupido posto. Ero stanca di quella protezione così asfissiante: ormai i mostri non si facevano più vedere in ondate così massicce, ormai anche i bimbi freschi del primo anno sapevano come abbattere un lestrigote con un semplice stiletto. Squadre intere di semidei avevano cercato possibili raggruppamenti o alleanze tra loro ma nulla era stato trovato: tutto taceva. Almeno fino a quella maledetta giornata. Che forse chiamarla maledetta non è proprio il termine corretto, ma al momento non mi viene in mente un sostituto migliore.

Io sono Iris. Questa è la mia storia, di come sono arrivata al Campo, dopo un’infanzia felice e spensierata. Di come la profezia mi ha scelto, di come abbia scelto la squadra e di come sono morta. Circa.
 
ANGOLO AUTRICE:

L’idea per questa interattiva mi è balenata in testa questa mattina durante l’ora di inglese e non ho potuto non pubblicare almeno il prologo, nonostante sia cortino, perché mi ha rapito il filo conduttore della storia (che per altro è nella mia mente quindi è come se mi fossi auto-persa nei miei pensieri…mmm).

Passiamo alla parte meno eccitante di questo angolino: le regole e la scheda di iscrizione.
 
  • Massimo due OC a testa: ho in mente di selezionare circa 10 semidei in totale. Vi chiedo di fare i vostri personaggi separati l’uno dall’altro, poiché potrei scegliere di accettarne solo uno.
 
  • I semidei possono essere dei due campi: attenzione pero! Se vedete che nelle altre recensioni tutti hanno optato per il Campo Mezzosangue, evitate di mandarmene un altro, anche perché i miei OC fanno parte proprio di quel Campo
 
  • I semidei possono discendere anche da divinità minori: l’unico limite che vi metto è questo: non andate a cercare la divinità del nodo del sandalo nell’antica Grecia, perché vi scarto l’OC a priori. Niente Genitori divini “troppo” strani pls.
 
  • I semidei possono anche essere figli di altri semidei: ovvero possono essere figli di una coppia Canon. Le coppie possibili sono: Percy&Annabeth / Jason&Piper / Leo&Calipso / Nico&Will / Clarisse&Chriss / Frank&Hazel. Per quanto riguarda il possibile figlio/a di Nico e Will, dovrà essere un ragazzo/a adottato/a
 
  • Non sparite: ecco su questo non transigo. Se il vostro personaggio viene scelto, si sollecito vivamente a recensire almeno ogni due capitoli: ho già fatto esperienza riguardanti decessi vari di personaggi, cui autrici erano scomparse subito dopo la scelta. Perciò sappiate che ho la falce della morte molto facile.
 
  • Le iscrizioni: sono aperte per una settimana. La scheda deve essere inviata entro il 27/01 dopo il mio ok alla vostra richiesta di partecipazione. Nella recensione dovrete esplicitare quanti OC volete inviarmi, di che sesso, di quali Campi, con che genitori divini e se è una figlia di due semidei o no.


Siate creativi! E ora la scheda:

NOME E COGNOME:
SOPRANNOME*: 
ETA’:
DATA DI NASCITA:
CAMPO DI APPARTENENZA:
DESCRIZIONE FISICA:
PRESTAVOLTO:
DESCRIZIONE CARATTERIALE:
RAPPORTO FAMILIARE:
STORIA PERSONALE:
RUOLO ALL’INTERNO DEL CAMPO (valido principalmente per i semidei romani):
ARMA:
TRATTI DI FORZA:
TRATTI DI DEBOLEZZA:
POTERI (per chi ha doppia discendenza divina, veda quale parte privilegiare; a tutti si ricorda di non esagerare):
COSA AMA:
COSA ODIA:
ORIENTAMENTO SESSUALE:
PERSONE DA CUI POTREBBE ESSERE ATTRATTO (descrivete i caratteri sia degli amici sia dell’anima gemella):
INIMICIZIE:
REAZIONE ALLA VISTA DELLE ALI DI IRIS (per ora SOLO ai semidei greci):
ALTRO*:
FRASE CHE LO CARATTERIZZA:
*  sta per “non obbligatorio”

Vi presento invece i miei OC:

Iris (Prestavolto: Emma Stone) “You can’t separate peace from freedom because no one can be at peace unless he has his freedom” Malcom X



Micheal Baey (Prestavolto: Hayden Christensen) “Alcuni pensano che io sia una persona orribile ma non è vero. Io ho il cuore di un bambino – in un barattolo sulla mia scrivania” Stephen King


Spero di vedervi in molti! Un bacio

Summer_time

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Era incominciato tutto con una solita e straziante Caccia alla bandiera…
 

 

Il rumore ritmico del martello sull’incudine era un suono rilassante e infondeva sicurezza sulla piccola figura di Iris. Il braccio sinistro si alzava e abbassava con precisione, nonostante l’urgenza di dover modellare il ferro caldo in breve, mentre con l’altro arto girava la pinza e il futuro rettangolo laminato in ferro. Alcune ciocche dei capelli rossi, sfuggite dalla coda alta, si erano attaccate al suo collo a causa delle alte temperature delle fucine, costringendola ogni tanto a toglierseli dal volto.

Con soddisfazione, immerse il frutto del suo lavoro nella tinozza di acqua gelata, raffreddando istantaneamente il laminato e generando una coltre di vapore acqueo facendo appiccicare i suoi capelli al collo ancora di più. Sbuffando per il leggero fastidio, Iris depose il rettangolo sul tavolo, nello scompartimento a lei dedicato, mentre si riprometteva di legarsi i capelli in uno chignon stretto; pulì la parte della fucina che aveva usato e salì per tornare alla superficie, decisa a farsi una doccia prima di pranzo.

Accennò un saluto timido con la mano ai pochi ragazzi ancora presenti nella Casa di Efesto, per poi uscire e affrettarsi verso la Casa Grande, tentando di non incrociare nessuno sguardo e evitando abilmente i gruppetti di semidei non occupati in una delle attività proposte dal Campo. Sorrise leggermente mentre vedeva avvicinarsi l’ingresso, il grande portone era lì, pronto a lasciarla passare e poi proteggere quando una ragazza le venne addosso, sospingendo Iris, che quasi perse l’equilibrio: la ragazza aveva una carnagione ambrata e lineamenti del viso delicati; quando poi incontrò i suoi occhi notò che erano castani, grandi. Lei le sorrise dolcemente e le chiese scusa, per poi superarla e dirigersi verso l’arena. Iris si voltò guardandola allontanarsi, vedendo il suo capello castano dorato, legati in una coda alta, muoversi a ritmo con i suoi passi. La giovane scosse la testa, si era appena scontrata con Julie Watson ma non le aveva lasciato neanche il tempo di rispondere che se n’era andata; Iris percorse il rimanente tragitto, venendo inglobata dall’edificio: stava quasi per raggiungere le scale che l’avrebbero portata nella sua cameretta quando una voce strascicata la fermò. Si voltò immediatamente, inginocchiandosi e aspettando di sapere cosa volesse da lei.

“Mi piacciono le persone reattive come te, Irina”
“Iris, signore”
“Sisì, Irvina, lo so qual è il tuo nome, non è di questo che ti volevo parlare”

Dioniso squadrò dall’alto al basso quella piccola creatura: non sarebbe dovuta neanche esistere se Eros si fosse fatto gli affari suoi. Ma quello stupido cherubino aveva deciso di impicciarsi nella relazione di quell’arpia e quel ciclope, creando non pochi casini. Il dio del vino lo maledisse almeno un milione di volte prima di proseguire.

“Per oggi pomeriggio è stata indetta una Caccia alla Bandiera, penso tu ne abbia sentito parlare – no, non rispondermi, lo so già che ne sei al corrente – e volevo esortarti, per non dire obbligarti, a partecipare. Devi pur far vedere che in questo Campo impari qualcosa oltre a forgiare metalli. Sono stato abbastanza chiaro?”
“Sì, signore”

Iris invece si sentiva morire dentro: la Caccia probabilmente era l’attività più odiosa al Campo, al pari con i combattimenti nell’arena. Ma non poteva disubbidire a un ordine preciso degli dei. Ingoiò la sua reticenza e alzò gli occhi solo per vedere il dio scomparire e l’entrata di Chirone: si alzò in piedi per guardarlo intensamente, sperando in un suo intervento per salvarla da quella scomoda situazione. Il centauro sembrava rilassato ma l’agitarsi della sua coda segnalava il contrario.

“Noto che oggi parteciperai a una delle attività proposte del Campo”
“Non che io abbia molta scelta. Devo partecipare.”

Chirone sospirò pesantemente guardando la sua interlocutrice: Iris era la semidea più difficile da coinvolgere che gli fosse mai capitata. Nessuna esternazione di piacere ma solo sofferenza nei suoi occhi quando la si obbligava: eppure nei primi tempi era riuscito a inserirla insieme agli altri semidei e sembrava felice. Poi lei aveva rivelato l’esistenza delle sue ali e tutto era precipitato: aveva solo undici anni ma la batosta psicologica che aveva avuto a causa delle prese in giro di semidei più grandi era ancora molto presente e condizionava ogni attimo della vita di Iris.

Le sorrise incoraggiante ma lei si voltò, scomparendo nella tromba delle scale. Chirone vide anche il profilo nascosto delle bende e il suo sorriso si spense.

 

₪₪₪


Il clangore delle spade risuonava in tutta l’arena: una katana nera, incisa d’oro, si scontrava con una spada templare dall’aria antica provocando quasi delle scintille elettriche. Entrambi i loro possessori si osservavano in cagnesco. Il maggiore improvvisamente diede una spallata al ragazzo più piccolo, dopo una potente stoccata, facendo scivolare il suo avversario a terra: con la punta della spada vicino alla gola, il perdente si arrese, lasciando la sua katana a terra come prova.

“Non male Arthur, dobbiamo lavorare ancora sulla massa muscolare ma per precisione e agilità siamo apposto”

Con una mano tesa aiutò il figlio di Ade a rimettersi in piedi, recuperandogli anche la katana e porgendogliela con decisione. Arthur Kirkner guardò il suo migliore amico con uno sguardo scherzosamente astioso, per poi aprirsi in un sorriso e assicurare la sua katana alla schiena, prima di porgere a Micheal una borraccia piena d’acqua.

“Non posso modificare la mia costituzione come mi pare. Magari fossi un po’ più alto!”
“Potresti sempre chiedere a tuo padre, nano che non sei altro!”

Arthur scoccò uno sguardo tra il scocciato e il divertito: Micheal aveva la pessima abitudine di chiamarlo nano nei momenti meno opportuni, punzecchiandolo sia sul suo fisico basso e mingherlino, sia sull’incapacità del dio dei morti di lasciarlo in pace e vivere tranquillo la sua vita. Da quando Nico di Angelo, suo fratellastro, molti anni prima aveva riscattato la nomea dei figli di Ade, garantendo a quest’ultimo un rispetto non indifferente, il dio aveva avuto la bella idea di supportare i suoi futuri figli in modo quasi assillante. Per Arthur era quasi un incubo vivente, forse era anche per quello che evitava di addormentarsi la sera come tutti, e rimaneva occupato a leggere o guardare il cielo: evitare suo padre era un lavoro a tempo pieno che le sue occhiaie violacee confermavano al mondo intero.

“Arthie non perderti come al tuo solito”
“Non mi sono perso, sei tu che sei noioso”     

Borbottò contrariato mentre con sua grande soddisfazione Micheal sobbalzava a contatto con le sue mani gelide: con un sorriso furbo ricambiò lo sguardo omicida che il figlio di Phobos gli riservò per poi camminare a fianco a fianco per andare alle docce: era una bella giornata ma l’allenamento era stato pesante. Con la cosa nell’occhio vide una ragazza dal pallore quasi malaticcio in deciso contrasto con i suoi capelli rosso fuoco, camminare svelta verso la Casa Grande: aggrottò le sopracciglia e fece per domandare se era arrivata una nuova semidea al Campo a Micheal ma lui sembrava perso a osservare proprio lei. Quando scomparve dalla vista di entrambi, Arthur si girò verso il figlio di Phobos ma lui riprese a camminare verso le docce: quella semidea l’aveva fatto incupire e Arthur si chiese il motivo. 

Stava per raggiungerlo quando fu fermato da Neos Handmaid, simpatico quanto impiccione figlio di Ebe: con una nota allegra lo informò che la Caccia alla Bandiera era stata confermata per quel pomeriggio e che tutti i semidei avrebbero dovuto partecipare. La sua parlantina era un continuo blablabla di informazioni inutili e dettagli che non c’entravano assolutamente niente; con poca delicatezza Arthur lo piantò da solo in mezzo al sentiero, non riusciva proprio a sopportarlo più di due minuti.

 

 ₪₪₪


“Florian Charles Pride”
“Ninette Violet O'Banion, che piacere immenso vederti“
“Anche per me. Come avrai sicuramente sentito, la Caccia alla bandiera è stata confermata. Immagino la tua contentezza”

La ragazza sogghignò sentendo il lamento strozzato con cui il figlio di Afrodite accolse la notizia, l’ennesima conferma di quella maledetta attività. Quando le prestò di nuovo attenzione, Ninette colse un’imprecazione verso il sudore e le attività fisiche che la fece sogghignare ancora di più: il principino era delicato come una rosa.

“Ti concedo di allearti con noi ancora una volta, figlia della Miseria, sentiti onorata”
“Mi sento molto onorata, principe”

Ninette mostrò il suo sorriso più falso mentre gli occhi di Florian si assottigliavano pericolosamente. Sibilando, il capo cabina della Casa di Afrodite si avvicinò all’avvenente figlia di Achlys.

“Non giocare con me, miserabile. La tua Casa non avrebbe nessuna fazione con cui stare se io non avessi deciso di allearmi con te in questa stupida attività, ricordalo!”

Ninette strinse il suo sorriso, inferocita: certo lei e i suoi fratellastri non avevano nulla in comune, tranne la madre, ma non per questo erano da considerarsi deboli, anzi: i figli della miseria giocavano duro quando la situazione lo chiedeva. Nessuno infangava il nome della sua casa. Senza degnarli di un ulteriore sguardo, Ninette girò i tacchi e s’incamminò verso il falò, era quasi ora di pranzo e lei cercava in tutti i modi di mangiare quando non c’era tutta questa folla, odiava il contatto fisico: era una tragedia i primi anni, quando ancora non era stata riconosciuta, vivere nella Casa di Ermes. Troppo affollata, tutti che si abbracciavano, toccavano, in un continuo scambio di calore. Le faceva ancora schifo.

Con una grazia felina si accomodò al suo tavolo, accavallando le gambe e facendo un’occhiolino a un figlio di Ares:  era da una settimana circa che flirtava con lui, ben sapendo che l’aiuto della sua Casa avrebbe incrementato le possibilità di successo nella Caccia di questo pomeriggio. Finendo il suo pranzo decise di scoprire qualcosa in più: Chirone aveva annunciato una novità alla fine di tutto e sperava di strappargli qualche informazione in più, per prepararsi.

Mentre sedeva composta su un divanetto di vimini in attesa del centauro, Ninette vide passare accanto a sé una ragazza magra e bassa, con una maglietta del Campo arancione decisamente di tre taglie più grande. Inarcò un sopraciglio, non riconoscendo la figura dai capelli rossi voltarsi e guardarla: i suoi occhi verdi la osservarono in un primo momento spaesati, per poi girarsi e scappare in fretta e furia. La figlia della miseria assottigliò lo sguardo, osservandola allontanarsi verso la Casa di quei metallari dei figli di Efesto. Eppure non si ricordava di averla mai vista in giro.

 

₪₪₪


E così stava per cominciare quella stupida attività: Iris si sentiva molto sottopressione e insicura. Aveva assicurato con le solite cinghie e bende le sue ali, e messo la sua armatura al di sotto di esse, assicurandomi i miei due sai alla vita. Sembrava un tramonto, con i suoi parastinchi e paravambracci rossi, l’unica parte dell’armatura che si notava, e la maglietta del campo arancione che copriva i pantaloncini neri.

Le due fazioni erano già divise: da un lato erano presenti i figli di Afrodite, Achlys, Ares, Apollo, Ebe, Dioniso, Tiche mentre dall’altra erano presenti la casa di Ade, Nemesi, Efesto, Demetra, Ermes, Ecate. In entrambe erano presenti anche altri semidei, e lei in particolare facevo parte del secondo gruppo.

Posarono la bandiera nera, simbolo della casa di Ade, vicino alla spiaggia e si divisero nei vari gruppi di attacco e difesa: con sua contenuta gioia, la misero nell’armata principale e questo significava combattimento nel bosco, luogo dove poteva trovare un affranto e nascondersi, senza creare troppo problemi. Si sentiva leggermente osservata: non facendosi vedere spesso in giro, i semidei mormoravano su di lei in modo quasi incessante; colse in flagrante un semidio, un figlio di Phobos se non si sbagliava, osservarla intensamente: si sentì quasi a disagio e distolse in fretta i suoi occhi verdi dai suoi occhi scuri e mostruosamente profondi.

Sentimmo il corno e la caccia alla bandiera iniziò ufficialmente: incominciò a correre, insieme al suo gruppo. Correva a perdifiato staccandosi ben presto dagli altri, ringraziando anche la sua struttura fisica alleggerita rispetto ai normali semidei: sentì le pupille contrarsi e la sua vista acuirsi mentre al contempo sfilava i due sai dalle loro custodie. Per nascondersi avrebbe dovuto allontanarsi dal campo di battaglia e sicuramente per farlo avrebbe dovuto aprirsi la strada: con agilità schivò il primo figlio di Ares, saltando sopra di lui ma fu circondata da altri quattro semidei. Fece roteare i due sai nelle mani e si mise in posizione di attacco, concentrata: non si allenava mai con loro, ma quando era da sola o di notte era tutt’altra storia, s’impegnava al massimo insieme alle ninfe e a volte anche ai satiri.

Lo scontro con loro incominciò e subito capirono che era a un altro livello: li destreggiava senza fatica mentre loro stessi spesso s’intralciavano tra di loro, Iris pensò che probabilmente erano qui solo da due anni, al massimo. Fece volare tutte le loro armi al suolo con qualche trucco imparato con l’esperienza e, disarmati e disorientati, li superò, sfrecciando verso uno degli alberi più antichi, in modo da nascondersi.

Superava scontri senza farsi coinvolgere, evitando anche nubi strane create dei figli della miseria, ben sapendo che fossero velenose: ne aveva sentito parlare dai figli di Apollo, forse per quello si erano coalizzati con loro questa volta. Respirò a fondo prima di scivolare sotto una delle coltri velenose, che le si era parata davanti all’improvviso, sentendo però gli occhi pizzicarle leggermente; scartò un paio di semidei e corse a perdifiato verso il suo albero prescelto. Correva, correva ma un grande boato risuonò alla sua sinistra: si voltò sentendo un leggero odore di bruciato, fermandosi per capire meglio cosa diamine stesse succedendo. L’odore di bruciato si faceva sempre più forte e un leggero bagliore illuminò la foresta, nonostante il sole splendente: luce e fumo. Caldo. Tanto caldo. La sua mente collegò subito: fuoco. La foresta stava bruciando!

Si mosse immediatamente, mentre tanti ragazzi in preda al panico andavano nella direzione opposta verso la Casa Grande, verso il posto sicuro; Iris correva verso il fuoco perché l’aveva già fatto una volta e poteva farlo di nuovo, nonostante il compenso fosse stato l' esclusione sociale: corse velocemente, rinfoderando le armi e togliendosi la maglietta arancione, sapendo che se doveva aiutare qualcuno, tanto valeva aiutarlo per bene e al massimo delle sue capacità. Più si avvicinava, più sentiva caldo e la luce aumentava, insieme al fumo. Quasi tutti i semidei erano andati nella sua direzione opposta, sapeva che Chirone e i semidei più anziani stavano lavorando per allontanare tutti quanti ma udì distintamente un lamento tra l’incendio: provò a richiamare l’ attenzione del centauro ma era troppo lontana e il crepitio del fuoco copriva la sua già flebile voce. Il lamento si stava facendo sempre più debole e Iris era lì, poteva salvarlo. Un deeja-vu. Con la lama di uno dei suoi sai tagliò le bende e sciolse successivamente le cinghie: scrollò le spalle e sospirò estasiata quando le sue ali si spalancarono in tutta la loro grandezza.

 

E poi s’immerse nelle fiamme.


Il calore e le fiamme lambivano la pelle e le ali, ma Iris sentiva soltanto un tepore caldo. Volò a rasoterra per raggiungere al più presto la fonte del suono e fortunatamente riuscì a prendere una giovane figlia di Ermes prima che questa cadesse a terra, svenuta dall’inalazione di fumo. Con dolcezza la prese in braccio e spiccò il volo, sbattendo le ali rosso cupo velocemente, trattenendo le lacrime a causa del fumo e sperando di fare in fretta. Doveva assolutamente sbrigarsi e doveva anche pensare a come farla arrivare all’infermeria senza che nessuno la vedesse. Non voleva sperimentare di nuovo gli sguardi pieni di odio che le avevano riservato in passato.
 


 

ANGOLO AUTRICE


Ecco qui il primo capitolo, spero che vi sia piaciuto! C’è una brevissima introduzione di tutti i semidei che parteciperanno a questa storia :) Nonostante le mie previsioni, ho scelto di tenere solo 5 semidei e questo per alcuni motivi: ci sono schede che non mi sono state inviate, nonostante il mio ok alla recensione, oppure gli autori si sono ritirati o, per alcuni semidei, non riuscivo a incastrarli nella storia.
Mi dispiace per questi ultimi, che non sono stati accettati, forse li metterò come comparse nella storia per ringraziare le autrici di aver comunque partecipato!

Ecco qui i semidei scelti:

 Julie Watson (Prestavolto: Nina Dobrev) “Sii come il mare, che pur infrangendosi contro gli scogli trova sempre il coraggio di riprovarci


Florian Charles Pride (Prestavolto: Nathan Saignes )  “Just like the alphabet, bitch. I come before U


Ninette Violet O'Banion (Prestavolto: Freyja Vanden Broucke ) “In this world, is kill or be killed


Arthur Kirkner (Prestavolto: Asa Butterfield) “Se tu avessi una sola chance, una sola opportunità, per afferrare tutto ciò che hai sempre desiderato, in un momento, la coglieresti o te la lasceresti scappare?” - Eminem


Neos Handmaid (Prestavolto: Chris Colfer) “Se sei da solo… io sarò la tua ombra… se vuoi piangere, sarò la tua spalla; se desideri un abbraccio, sarò il tuo cuscino; se hai bisogno di essere felice, io sarò il tuo sorriso; ma in qualsiasi momento avrai bisogno di un amico, mi limiterò ad essere me stesso "


Spero vi piacciano!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

I polmoni le bruciavo. Nonostante salisse velocemente, il fumo acre le provocava un prurito non indifferente alla gola, al naso, agli occhi; anche la ragazzina che portava in braccio continuava a tossire e gemere debolmente. Con un ultimo sforzo, Iris uscì dalla foresta in fiamme come un proiettile sparato nel cielo, creando nella nuvola di fumo nero e denso uno squarcio, ben presto però ricolmato.

Volteggiò due volte su sé stessa, stringendo il suo prezioso carico, prima di scendere e planare silenziosamente vicino a Chirone, depositando la ragazza sull’erba e controllando i suoi parametri vitali. Ringraziò mentalmente il centauro per essersi appostato lontano dalla massa di semidei urlanti e spaventati, ben sapendo che lei non era a suo agio con le altre persone. Nonostante ciò, né lei né il centauro avevano intenzione di parlare per primi: Iris sapeva bene di essersi esposta per com’era realmente a tutto il Campo e certamente la sua figura non sarebbe passata inosservata a tutti i semidei; d’altro canto, Chirone temeva che una parola sbagliata avrebbe rotto il fragile equilibrio creato dalla ragazza alata. Si era appositamente spostato in un luogo più riparato per consentirle di atterrare in tutta privacy, portando con sé una maglia di ricambio e altre cinture che Iris usava per bloccare le sue ali.

“Avrò bisogno di nuove bende, quelle vecchie le ho strappate”

Il professore le sorrise a suo malgrado, tentando di rassicurarla. Le porse la maglietta arancione e le cinghie nuove, ricevendo un piccolo ringraziamento.

“La ragazza è intossicata dal fumo, appena possibile è bene che un figlio di Apollo la veda in infermeria”

Iris tentò di utilizzare un tono neutro e calmo per colmare il silenzio imbarazzante che si era creato, anche a costo di sottolineare l’ovvio. Infatti, Chirone annuì rigidamente per poi osservare gli alberi bruciare e le ninfe disperarsi: l’incendio si era propagato in maniera insolitamente veloce, considerando che il giorno prima aveva piovuto per tutto il pomeriggio. Troppo veloce, si ripeté nella mente il centauro prima di accorgersi che alcuni ragazzi del Campo, attirati probabilmente dalla figura volante rossa di Iris atterrata prima, si erano avvicinati e ora osservavano spaesati Iris.

Lei era in preda al panico e si poteva ben vedere: spostava lo sguardo incessantemente da destra a sinistra, chiedendo mutamente aiuto al direttore del Campo, stringendo spasmodicamente la maglia a sé, tentando di darsi una sicurezza che non aveva. Alcuni di quei ragazzi la stavano fissando come se fosse stata un animale da circo, con tanto di bocche spalancate e mormorii incessanti, alcuni di ammirazione soprattutto tra i più giovani e innocenti, altri più maligni e la cosa mandò Iris su tutte le furie: lei non era uno scherzo della natura! Anche lei aveva dei sentimenti, ma a nessuno sembrava importare!

 
₪₪₪

Lei era di nuovo lì, nella sua forma originaria. Con le sue ali aperte, con il loro colore caratteristico, il rosso cupo, la facevano splendere su tutti gli altri. Era bellissima ma sembrava che solo lui la vedesse per com’era realmente: il resto dei suoi stupidi compagni d’arme la stavano fissando, chi troppo shoccato per contenere almeno un po’ la loro incredulità, chi decisamente disgustato.

Micheal li odiava, li odiava tutti quanti: nessuno si poteva permettere di farle del male, anche solamente con il pensiero oppure con le parole. Ora che aveva la forza necessaria, poteva proteggerla e lo avrebbe fatto con i denti e con le unghie, nessuno si poteva permettere di dire una sola frase fuori posto, altrimenti gli avrebbe strappato il cuore ancora pulsante a mani nude, parola di Micheal Baey.

 
Lei era sua. E qualunque cosa fosse sua, andava trattata con reverenza e guanti bianchi.

Lei era stata sua fin da quando erano solo due bambini, quando ancora lui non si rendeva conto di ciò che realmente la parola Amore significava: era stata la prima ad avvicinarsi a lui, il primo e per ora unico figlio di Phobos, senza subire il suo potere, che allora non controllava. Poi tutto quell’idillio era finito grazie a quattro stronzi a cui piaceva vederla piangere, quattro bulletti da strapazzo che se la prendevano con lei poiché non reagiva in modo violento alle loro provocazioni; a causa loro, lei aveva smesso di farsi vedere da tutti i semidei, da chiunque, sopratutto da lui. E la cosa gli aveva fatto male, molto male.  Ma quelle carogne avevano pagato, eccome se avevano saldato il loro debito, se ne era occupato personalmente. E non si pentiva di ciò che aveva fatto.

Micheal avrebbe voluto avvicinarsi e chiederle se si ricordava di quel ragazzino biondo e spaventato, a cui nessuno prestava attenzione, se non quando il suo potere scoppiava e Chirone era costretto a sedarlo. Sentiva il spasimante desiderio di stringerla tra le braccia, di risentire il suo profumo quasi ferroso e portarla via, nella sua casa del Campo, lontana da tutti e al sicuro, sotto il suo vigile sguardo. Ma non poteva farlo, altrimenti si sarebbe spaventata e sarebbe andata via, di nuovo: avrebbe dovuto riconquistare la sua fiducia con calma, farla aprire, risvegliando i ricordi che lo riguardavano per capire se c’era anche solo una possibilità per riottenere le sue attenzioni. Si sarebbe fatto bastare anche il suo odio, se questo avrebbe alleviato il dolore dell’essere ignorato dall’unica persona che per prima lo aveva fatto sentire accettato. E benvoluto, quasi amato. L’importante, l’unica cosa che contava, era essere nei suoi pensieri.

 
“Ibrido”

Quella parola appena sussurrata alla sua sinistra lo fece gelare sul posto: chi aveva osato fiatare? Chi aveva solo pensato di pronunciare quella parola così disgustosa sulla sua Iris?

Si voltò di scatto, scandagliando con gli occhi i pochi semidei presenti: si soffermò particolarmente su un figlio di Demetra, basso e tozzo come pochi che stava mormorando tra sé e sé piccoli insulti diretti a Iris. Come indemoniato, Micheal si fece largo tra il gruppetto, pronto ad afferrare il colletto della maglia del suo obiettivo quando vide Iris voltarsi e scomparire nella foresta in fretta e furia. La speranza morì nel suo cuore, insieme alla possibilità di parlare con lei: tutta la sua felicità, il barlume di una vita felice scomparì e la causa era solo di quella dannatissima parola di uno stupido figlio di Demetra.  Sentì la rabbia ribollirgli nel petto e il solito prurito alle mani, un avvertimento del suo corpo.

“Andate tutti via. Ora”

Aveva usato una voce chiara ma fredda. Le mani stavano diventando sempre più bianche e quasi dolevano.

“Micheal cosa vuoi fare?”

Arthur guardò con apprensione il suo amico: era da molto tempo che non lo vedeva così fuori di testa. Se non ricordava male, era da quasi tre anni che non gli capitavano più attacchi d’ira del genere. Con un gesto secco della mano Micheal interruppe la sua domanda e Arthur si zittì angosciato, allontanandosi lentamente: si sarebbe calmato - affermò nella sua testa, convinto - con il tempo, mentre lui si sarebbe fatto una bella doccia, ragionando sulla ragazza alata che si era rivelata la stessa che aveva intravisto al mattino.

Gli altri semidei, al contempo, guardarono Micheal colmi di terrore, incominciando anch’essi ad allontanarsi: molti di loro sapevano bene, per esperienza personale, che fare arrabbiare il ragazzo non era mai una buona idea, a causa sia del suo temibile potere sia per la sua abilità nel corpo a corpo, esperienza di tutta una vita passata al Campo.

“No, tu no. Tu rimani”

Con la mano destra Micheal strinse la spalla del malcapitato, con un sorrisetto inquietante sul volto.  Sentiva l’idiota tremare vistosamente e se ne compiacque: gli avrebbe fatto un discorsetto che non avrebbe dimenticato fino alla fine dei suoi giorni. E con questo avrebbe mandato un messaggio a chiunque nel Campo: tutti dovevano sapere che qualsiasi commento non gradito su Iris sarebbe stato punito.

 
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Iris sbatté la porta della sua camera in preda alle lacrime: era furiosa con sé stessa, con i semidei, con Chirone e tutti gli dei messi insieme. Malediceva il suo aspetto così diverso dalla massa ma soprattutto malediceva la sua debolezza: odiava le lacrime che scendevano sul suo volto, erano salate e ferrose e non c’era sua mamma Ella ad asciugarle con dolcezza. Nessuno dei suoi genitori era presente lì, nessuno che la difendesse da tutte quelle angherie, dai soprannomi crudeli o dalle prese in giro. Perché anche lei aveva sentito e ancora una volta le si era spezzato il cuore. Non ne poteva più di quella situazione, voleva scappare da quel posto, il Campo, diventato troppo stretto per i suoi gusti.

Urlò contro il morbido cuscino del letto, prendendo anche a pugni il materasso e le coperte a scacchi bianchi e azzurri. Voleva andarsene. E lo avrebbe fatto, decise, quella sera: sarebbe fuggita per tornare nelle fucine dei Ciclopi, con o senza il consenso dei suoi genitori; si alzò di scatto, ancora lacrimante, volgendo lo sguardo più agguerrito possibile al suo riflesso nello specchio: non c’era tempo da perdere, doveva farlo prima di cambiare idea.

 
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“Ecco a te le carotine Jac, e a te Son. Ma chi sono i miei amorini? Chi sono? Ma siete voi!”
“Cosa stai facendo Neos?”

“Uhm? Oh ciao Julie cara! Cosa ti spinge a venire dal tuo adorato Neos?”
“Ruffiano che non sei altro! Smetti di viziare quei poveri criceti e ascoltami: volevo chiederti cosa sai del casino che ha fatto Baey a Kallaghan. L’ho visto di striscio in infermeria pestato a morte, tremava ancora come una foglia nel lettino, se ci penso ancora mi vengono i brividi”

Julie non aveva mai provato repulsione o paura nei confronti di Micheal, nonostante sapesse da molti della sua crudeltà. Eppure la visione di Noel Kallaghan, figlio di Demetra, l’aveva scossa a tal punto da farle venire i brividi pure a lei: un singhiozzo uscì dalle sue labbra, involontario e subito venne cullata dalle braccia di Neos che si erano serrate sulle sue esili spalle.

“Shhh Julie…respira insieme a me. Piano, così…brava. Inspira ed espira. È stata una brutta immagine ma vedrai che starà meglio”

Neos la abbracciava strettamente, continuando a mormorarle frasi tranquillizzanti. Era il migliore in quei casi: sapeva esattamente come e cosa dire per mettere a suo agio l’interlocutore ed era una cosa che ammirava molto in lui. Capo del centro ascolto del Campo, e dire che non esisteva neanche una cosa del genere: ma tutti sapevano che se avevi bisogno di qualcuno con cui parlare, Neos era la persona giusta. Julie amava abbracciarlo per il calore che trasmetteva ed era felice di essere riuscita a diventare sua amica.

“Grazie Neos – Julie si staccò per ricomporsi – bene ora raccontami tutto!”

Il ragazzo s’illuminò e la invitò a sedersi sul suo letto nella casa di Ebe: questo significava succulenti novità

“Ho sentito dire, da alcune figlie di Atena che lo hanno sentito a loro volta dai figli di Ermes che stavano per fare uno scherzetto ai figli di Apollo che ne stavano a loro volta parlando, che Micheal è praticamente tornato al suo stadio iroso di tre anni fa e il tutto a causa di una semidea. - Neos fece una pausa a effetto per creare l’atmosfera di suspense - E questa semidea è un tipetto tutto particolare: i ragazzi che l’hanno vista dicono che abbia delle ali rosse come il sangue e che sia terribilmente timida e schiva. E che appena sia scappata via, dopo aver tra l’altro salvato Aysha Meghara, Micheal abbia dato di matto”

“E tu hai saputo tutto questo da dei semplici giri di parole? Mi stupisci ogni volta”

Julie rise insieme a Neos per la sua battuta, accettando volentieri un pezzo della barretta alla frutta e una tazza di the fumante, facendo felice anche il ragazzo.

 
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La cena era appena iniziata e Florian avrebbe già voluto strozzare, con una sciarpa di Chanel,  Fatima Karou una figlia di Ecate, che si stava allegramente intrattenendo, con una parlantina assolutamente lagnosa, con uno dei suoi scagnozzi dalla testa vuota. Avrebbe volentieri mandato a quel paese entrambi, lui voleva soltanto evitare che le continue fitte di disgusto nei confronti della ragazza lo assillassero per tutta la durata della cena, ma doveva portare pazienza, soprattutto poiché Chirone aveva da poco annunciato una sorpresa e lui adorava le sorprese. Perciò con noncuranza intimò alla ragazza di tapparsi quell’insulsa bocca che si trovava.

Con attenzione seguì tutti i movimenti del centauro, torcendo leggermente il naso per lo sbattere degli zoccoli al richiamo del silenzio. E finalmente incominciò a parlare.

“Eroi! Questa sera abbiamo finalmente dopo molti anni una vera e propria profezia!”

Florian alzò un sopracciglio, quasi deluso dalla notizia

“E la profezia ha dato i nomi degli eroi che parteciperanno a questa impresa!

 Che si facciano avanti: Micheal Baey, figlio di Phobos – Florian lo vide pigramente farsi avanti, stringendo mollemente la spada al suo fianco, quanto gli stava antipatico - Arthur Kirkner, figlio di Ade – ecco l’amico sempre appiccicato al templare - Florian Charles Pride, figlio di Afrodite…

– credette davvero di sentire male, in un primo momento. Era letteralmente impossibile che la profezia riguardasse anche lui, era totalmente inesperto nonostante non lo volesse ammettere. Con passo fintamente sicuro, affiancò gli altri semidei e il centauro, aspettando che Chirone finisse –

… Ninette Violet O’Bainon, figlia di Alchys – la sua alleata preferita, notò Florian sarcastico -  Julie Watson, figlia di Tiche – e lei chi diamine era? Ma da dove sbucava? - Neos Handmaid, figlio di Ebe. – oh no, il fissato del gruppo inesistente dell’ ascolto – e per finire, l’ultima semidea, è Iris, figlia degli eroi di guerra Ella e Tyson.”

Florian ricapitolò mentalmente i presenti: c’erano uno psicopatico, la sua ombra, la figlia della miseria, una sconosciuta, il pazzo e per finire la ragazza che, a detta delle sue sorellastre, era un’arpia rossa. Già s’immaginava il finale disastroso, per fortuna che partecipava pure lui. Delle voci insistenti della massa di semidei davanti a lui lo riportò alla realtà: Chirone stava per pronunciare l’intera profezia.

 
“La Fortuna viva cammina insieme all’apparente Morte
Avanzando insieme alla Giovinezza, arrivando alle liquide porte.
Chi si nasconde nelle ombre della Miseria e dell’Amore
Sa che nell’armatura cresce sempre un fiore.
Il Caos spirante e avvolgente s’innalzerà
Se la Fenice, amante del Dolore, dal fuoco non sorgerà”
 


 

ANGOLO AUTRICE:

Buon S. Valentino a tutti! Come state?
Spero che per tutti sia stato un giorno felice, che sia tra le braccia del vostro amato/amata oppure tra le morbide spire del piumone, insieme a qualche dolcetto (come la sottoscritta ma, shhh è un segreto!). Sono anche contenta di essere riuscita a pubblicare oggi questo capitolo, dove s’introduce il perno della storia, la profezia – finalmente direte voi.

Abbiamo anche scorci del passato di Iris e Micheal, carini insieme, mi piacciono troppo (sì, lo so, li ho creati io, ma è come se li leggessi sempre per la prima volta. No, non sono normale, so anche questo, ma mi sa che dovrete sopportarmi. I love U). E a voi? Che ve ne pare di questa strana accoppiata? V’ispira oppure siete un po’ scettici?

Aspetto con trepidazione le vostre impressioni! Davvero ditemi, che ve ne parre della profezia? Vi piace? Avete o v’immaginate le possibili sfide? Inoltre volevo chiedervi se potete scrivermi: come il vostro personaggio reagisce alla scoperta di essere uno/una della profezia; insomma sentimenti, se è felice o meno, se è entusiasta oppure spaventato, cosa si aspetta, etc. Questo lo ritengo importante per la vostra partecipazione, così non vi annoiate solo a leggere :)

Dimenticavo, ho scelto apposta il punto di vista di Florian, spero che nessuno ne sia offeso/a: vedrete verso la fine il motivo che mi ha spinto a questa scelta e spero, anzi, confido che vi piacerà.

Vi aspetto numerosi, un bacio

Summer_time

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3


Volente o meno, Iris si era ritrovata lì insieme ad altri sei ragazzi, in vista di una spiegazione di una profezia che lei non aveva neanche sentito pronunciare, visto che non era presente alla cena del Campo. Dioniso stesso l’aveva fermata, dal suo tentativo di fuga, con una semplice frase. Paralizzata all’inverosimile, sapeva che non si scherzava con il dio e sentiva nel suo tono di voce il chiaro avvertimento di non compiere nulla di stupido; aveva perciò dovuto lasciare la sua valigia nel corridoio, e seguire il dio del vino in una stanza calda, arredata con un semplice tavolo rotondo e molte sedie, alcune delle quali occupate dagli altri semidei. Chirone l’aveva vista entrare e aveva richiamato su di sé l’attenzione, ripetendo a suo beneficio la profezia e incominciando a spiegarla almeno in parte, per dare almeno una base dove tutti loro potessero muoversi e risolvere il rompicapo.

“Bene, ora ci siamo tutti. Sono contento che le imprese siano ricominciate, ma non mi aspettavo che ci fosse subito un pericolo di morte per il Mondo. – sospirò Chirone affranto – Dovrete partire domani mattina alle prime luci, avete un lungo viaggio da affrontare fino alla Foresta Amazzonica, in Brasile, perciò prima partite e prima arrivate, si spera.”

“Come prego? Lei davvero si aspetta che io mi alzi, addirittura prima delle fondamentali otto ore di sonno, con il rischio di occhiaie e rughe sulla mia fronte? Io la rispetto Chirone, davvero, ma non voglio ritrovarmi come il cadavere ambulante qua a fianco!”

Florian scandalizzato spostava lo sguardo pieno di orrore dalle profonde macchie violacee di Arthur agli occhi severi del centauro, scuotendo la testa in segno di dissenso. Per nulla al mondo quella stupida missione avrebbe rovinato il suo viso di porcellana, a costo di fare trattamenti d’urgenza all’aloe e alghe marine. Avrebbe dovuto chiedere a Neos se gli procurava entro quella sera la crema per le mani all’argilla che, nonostante gli seccasse ammetterlo, faceva miracoli.

“Pride non so se te ne sei accorto, ma questa è una missione seria. Hai paura di sporcarti i pantaloni di Zara?”

Ninette sorrise beffarda allo sguardo astioso del figlio di Afrodite, mettendosi poi a gambe incrociate sulla sedia e inclinare la testa, in attesa di ulteriori sviluppi.

“O’Banion ha ragione, non so perché tu ci sia in questa profezia, per me potremmo benissimo lasciarti qui a piagnucolare, ma ormai sei dentro. Vedi di evitare il melodramma d’ora in poi”

“Cos’è Baey, paura che io mi riveli migliore di te? Ah già, scusa figlio di Phobos, io sono già migliore di te. E questa missione non può avere successo senza di me, ma che, stiamo scherzando? Ma vi siete visti? Guardatevi, davvero, siete tutti completamente out!”

“Principino giuro che se non ti chiudi la bocca te la sigillo io, per sempre però.”

“Oh dolce Ninette, ogni volta che apri bocca diventi amabile come il miele. Quando imparerai che io faccio sempre come voglio?”

“Smettetela. Tutti quanti.”

I semidei si ammutolirono: Chirone li guardava uno a uno con occhi fiammeggianti e arrabbiati. Con un gesto secco fece avvicinare Iris al tavolo e le parlottò all’orecchio indicando più volte una mappa consunta del Brasile; la ragazza si faceva sempre più cupa ad ogni parola del centauro, fino a una completa smorfia della bocca: con un debole cenno tornò a sedersi sotto il vigile sguardo di Micheal. Chirone poi si rivolse di nuovo al gruppo.

“Nessuno di voi domani deve essere qui! Partirete senza discutere e porterete a termine questa missione. Ne va la salvezza del Campo Mezzosangue, del Campo Giove e del Mondo intero.”

Micheal borbottò in sottofondo un “E ti pareva.” mentre il volto di Arthur diventava ancora più bianco di quanto non fosse già. Neos, dopo qualche secondo di riflessione, espose la sua domanda, sorta spontanea, trovando l’approvazione muta di Julie.

“Come mai non ci sono semidei romani? Potrebbero aiutarci, dato che ormai siamo alleati stabili.”

 “I romani, a discapito di quanto pensiate, ci hanno già aiutato. Quando arriverete in Brasile, troverete una base sicura che potrete utilizzare per riposarvi e completare questa missione: il nemico non viene esplicitamente detto nella profezia, sappiamo soltanto, da altre fonti sicure, che potrete trovare informazioni nella Foresta Amazzonica, più precisamente nella città di  Manaus, uno dei porti più grandi sul Rio delle Amazzoni.”

“Questa missione va di male in peggio. Cosa devo aspettarmi? Serpenti giganti che strisciano indisturbati tra la gente come se fossero semplici passanti? Zanzare con sei ali?”

“Pride smettila! Anche io sono preoccupata per questa missione, forse anche più di quanto tu non abbia già espresso, ma non mi lamento come te!”

Julie era esasperata dal figlio di Afrodite: come tutti aveva quel sottofondo di paura che la metteva in guardia dai mille pericoli che quella missione richiedeva. Inoltre anche Neos era coinvolto, aveva paura per lui, per la sua incolumità. Eppure tutto questo pericolo la eccitava, sentiva finalmente di poter avere un’opportunità per brillare in questa missione. Poteva portare un po’ di fortuna. E per essere sicura di partire bene, avrebbe pregato sua madre e gli altri dei, sperava di ottenere la loro benevolenza.

“Almeno non sono sciatto come te, Juliette cara. Ma ti sei vista, quella maglietta malva ti sta veramente da schifo, tra poco si strappa da quanto è aderente.”

“Ma come ti permetti!”

“Ehi la maglietta le sta molto bene invece, il colore rosato richiama il nastrino della sua coda.”

Neos intervenne istintivamente a difesa dell’amica: quando si trattava di parole cattive su di lui, non gli interessavano per nulla ma Julie era una persona splendida e nessuno, nemmeno Florian “faccio quello che mi pare” Pride, poteva trattarla male. Uno sguardo pieno di compassione e scherno fu tutto ciò che ottenne, ma non se ne curò molto: detestava chi credeva di controllare tutti e trattare le altre persone come stracci. Intanto Chirone aveva lasciato la stanza per lasciare ai semidei l’opportunità di conoscersi. O almeno sperava di trovarli tutti al mattino seguente.

“Direi che la possiamo piantare qui di litigare. Credo che la nostra nuova amica voglia dirci qualcosa. Non è vero, cara?”

Tutti i semidei si girarono contemporaneamente prima verso Ninette, che sorrideva sorniona - con l’aria di chi vuole mettere a disagio la propria preda - e poi verso Iris che non aveva aperto mai bocca da quando era entrata nella stanza. La ragazza si mosse realmente a disagio sulla sedia, chiedendosi come mai la figlia di Achlys le avesse ceduto la parola: non sapeva sinceramente che dire, non conosceva quelle persone, nella mente aveva un ricordo molto sbiadito solo del figlio di Phobos. Ma nulla più.

“Amica, non ho tutto il giorno.”

Iris si concentrò sul ragazzo chiamato Florian Pride, palese figlio di Afrodite. Lo guardò dritto negli occhi chiari e leggermente corrucciati, scrutandolo quasi a volerne carpire i segreti. Florian, per un istante, si sentì a disagio, quasi minacciato dagli occhi verdi smeraldo di Iris e quindi distolse leggermente lo sguardo, quasi timoroso che il suo segreto fosse stato scoperto, nonostante nessuno avesse detto nulla.

“Io non so cosa dire. – iniziò a parlare così Iris, scrollando le spalle: la verità era la scelta migliore, convenne – Non so voi cosa aspettiate da me, ma personalmente io non vi conosco e quindi non ho nulla da dimostrarvi. Chirone prima mi ha solo spiegato l’aspetto della casa sicura in Brasile, ma nient’altro che ci possa essere utile.”

Iris tacque, aspettando una reazione dai presenti: non aveva idea che le sue parole avevano stritolato l’anima di Micheal. Al ragazzo sembrava impossibile essere con lei nella stessa stanza e prima aveva dovuto faticare non poco per auto-controllarsi e non andare verso di lei ad abbracciarla; ma quelle parole gli avevano fatto più male di una pugnalata: lei non si ricordava di lui, di quanto fosse stata dolce e bella. Il dolore doveva averle fatto dimenticare, convenne sconsolato Micheal, e lui ne sapeva più di chiunque altro di dolore e paura.

“Beh visto che dovremmo passare un po’ di tempo insieme, direi che potremmo incominciare a conoscersi con una presentazione molto semplice? Che ne dite?”

Neos propose entusiasta l’idea per lui assolutamente vincente: oltre ad incominciare a conoscere il gruppo, con cui avrebbe lavorato per almeno le future tre settimane successive, avrebbe al contempo fatto un po’ di gossip su di loro. E lui adorava fare gossip.

“E’ l’idea più stupida che tu abbia mai partorito Neos.”

“Sono stranamente d’accordo con Pride. E se sono d’accordo io con Pride, vuol dire che siamo messi male.”

“Oh figlio degli Inferi, così mi commuovi.”

“Il tuo sarcasmo mettilo pure da parte, non attacca con me.”

Arthur e Florian si osservarono in cagnesco per un millesimo di secondo, per poi ricominciare a insultarsi pesantemente. Entrambi si erano alzati in piedi e, se Florian stava dritto in piedi, inarcando sopraccigli e mimando il suo disgusto con le espressioni facciali, Arthur gesticolava talmente tanto che per poco non dette uno schiaffo sulla nuca a Micheal, che era seduto sulla sedia vicino a lui. Con un appena accennato “Hey”, il ragazzo si spostò verso Neos e Julie, in prevenzione a possibili altri schiaffi nella sua posizione precedente. Intanto anche il figlio di Ebe e la figlia di Tiche avevano preso posizione contro Florian che, a discapito di tutti, ben si destreggiava a insultare tutti e tre i semidei in contemporanea, quasi fosse lusingata da così tanta attenzione. L’unica che ancora non partecipava era Ninette, che però lì osservava divertita.

Iris li osservava tutti quanti, in silenzio, per poi soffermarsi infine su Ninette e fissarla: sentendosi osservata la figlia della miseria si girò di scatto e le due ragazze si osservarono negli occhi. Probabilmente qualcuno le avrebbe definite quasi simili, sorelle probabilmente: entrambe con i capelli rossi – in Iris leggermente più accesi – e gli occhi chiari – blu intenso per Ninette e verdi smeraldo per Iris – un fisico asciutto. Certo Ninette sarebbe stata la sorella più grande e più bella, appariscente, popolare e formosa mentre Iris sarebbe stata la sorellina piccola e minuta, riservata e timida. Eppure erano notevolmente diverse.

 Nessuna delle due staccava il contatto visivo: Ninette sapeva istintivamente che Iris stava cercando qualcosa in lei, ma non sapeva cosa esattamente e non le piaceva questa sensazione.

“Li puoi fermare, per favore?

Ninette aveva sentito molte volte le persone dire “per favore”, ma il tono usato ogni volta era colmo o di smielata dolcezza, quando tentavano di corromperla, o di paura – di lei, del suo carattere, di una sua possibile vendetta sul malcapitato – o ancora di sarcasmo, soprattutto quando la sottovalutavano. Ma in quel “per favore” non sentì nulla di tutto questo, e ciò la destabilizzò per un istante: quelle due semplici paroline erano solo messaggere di una richiesta che poteva benissimo non compiere. Spostò lo sguardo sui litiganti e poi nuovamente su Iris, rimasta ferma a guardarla.

“Perché dovrei intervenire?”

Vidi Iris puntare il dito su Pride

“Figlio di Afrodite. Arrogante, viziato, prepotente, critico e terribilmente permaloso, si nota appena apre bocca. – il dito si spostò su Kirkner – Figlio di Ade. Orgoglioso, difensore dei propri diritti, critico anche lui e odia essere calpestato, si nota da come risponde a Pride. – la mano si mosse nuovamente indicando prima Handmaid e poi Watson – Figlio di Ebe. Caritatevole, socievole, energico ma terribilmente pettegolo e chiacchierone, il primo che ha proposto di presentarci per conoscerci. Figlia di Tiche. Orgogliosa, timida e dolce, poco incline a parlare, quando l’ha fatto, è stata pizzicata dalle battutine di Pride. E poi ci sei tu, figlia di Achlys, ti nascondi dietro a delle maschere e ti adatti, sopravvivenza oserei dire ma non ne sono sicura, sarei davvero curiosa di capire chi c’è sotto. Ma per ora non voglio saperlo e tu non ti vuoi mostrare, quindi il problema non si pone.”

Ninette rimase in silenzio mettendosi improvvisamente in guardia: quella ragazzina li conosceva da un’ora scarsa e già aveva catalogato correttamente quasi tutte le persone presenti in sala. Un leggerissimo brivido le passò sulla schiena, ma lo represse immediatamente. Lei non aveva paura di nessuno.

“Empatia, ho una sorta di immedesimazione quasi completa nelle persone che non conosco. E’ grazie a questo che ora ho un’idea di chi voi siate, almeno in superficie.”

Iris scrollò le spalle e tornò a fissare con sguardo leggermente vacuo i semidei che ancora litigavano: nessuno demordeva dalla propria posizione. La ragazza si passò le mani tra i capelli: sarebbe stata una bella sfida far andare tutti d’accordo. E dovevano andare fino in Brasile, come minimo.

“Non hai risposto alla mia domanda. Perché dovrei fermarli?”

“Perché non dovresti? In fondo meno litighiamo, prima finiamo la missione.”

“Io non prendo ordina da nessuno, tanto meno da te. Anzi, voglio proprio sapere chi sei tu.”

Iris fece una smorfia, ma si aspettava prima o poi una domanda del genere. Sentendosi quasi un robot, scese dalla sedia e, nonostante sapesse di avere sotto la sua armatura speciale, diventò tutto rossa quando si tolse la leggera maglia arancione del Campo. Ninette inarcò un sopracciglio, senza capire dove volesse arrivare la rossa; con la cosa dell’occhio vide Micheal fissare possessivamente la giovane, con uno sguardo metà tra l’adulazione e la bramosia.

Tutto il torace e l’addome erano coperti da bende e cinghie. Nei meandri della sua mente Ninette già sapeva con chi aveva a che fare, eppure vedere in pieno splendore quelle ali rosso cupo la colpì più di quanto volesse ammettere. Spostò per due secondi lo sguardo su quelle che identificò come le catene di quelle ali, che per lei rappresentavano l’idea di una libertà impossibile: decisamente andava meglio così, non aveva senso reprimere quelle meraviglie. E il colore poi, lo adorava, le ricordava il sangue.

“Che figata!”

Quel mormorio di apprezzamento da parte della figlia della miseria sorprese sia Iris che Micheal, anche se quest’ultimo nascose in fretta le sue emozioni. Nel frattempo Iris si era rivolta di nuovo alla sua interlocutrice.

“Avrei voluto che tu li avessi fermati perché tanto non siete voi a dover morire, sono io; non dovreste neanche preoccuparvi. Mi spiego: a casa mia la parola risorgere indica sempre una morte correlata, ed io sono soprannominata la Fenice, almeno lo ero fino a qualche anno fa. Purtroppo soltanto il mio aspetto evidentemente  bizzarro è riuscito a distrarre i litiganti.”

E così era stato: Arthur, Julie, Florian e Neos la stavano guardando e tutti ebbero reazioni diverse.
Julie, la più sensibile del gruppo si spostò leggermente all’indietro, intimorita da quelle ali così grandi e rosse, ma si diede della sciocca un istante dopo: la sua reazione non era stata ignorata da Iris e l’ombra di delusione sul suo volto era percepibile a tutti; Julie si morse la lingua, avrebbe dovuto pensare che questo sua atteggiamento avrebbe potuto ferire i sentimenti di quella ragazza. Al contrario Neos avanzò per vederle meglio, squittendo a ogni nuovo particolare che trovava nelle piume; le chiese pure se poteva toccarle, ma Iris negò con un sorriso triste: per lei era già difficile farsi vedere così, figuriamoci se riusciva a tollerare delle mani estranee sul suo corpo. Arthur rimase in silenzio ma andò a sedersi, spostando la sua attenzione su Micheal: era riuscito a estrapolargli soltanto poche parole, durante il pomeriggio, ma da quanto aveva capito Iris era una persona molto importante: si impose di scoprire qualcosa in più entro il mattino successivo. La peggiore reazione fu sicuramente quella di Florian.

“Sei realmente una ragazza-uccello!”

Iris arrossì violentemente, socchiudendo gli occhi per un nuovo insulto da digerire. Definire la sua persona in questo modo era forse, insieme alla parola ibrido, la cosa che la faceva più stare male; il suo enorme disagio era palpabile e se ne sarebbe andata, se fosse stata libera, invece doveva sopportare per riuscire a terminare la missione.

Micheal dal canto suo avrebbe volentieri sgozzato Florian ma doveva darsi una calmata, altrimenti sapeva che avrebbe fatto un macello. Due persone che insultavano la sua Iris in un giorno solo potevano seriamente minare la sua sanità mentale, ma non per questo Florian sarebbe rimasto impunito: a fine di questa riunione gli avrebbe spiegato due o forse tre re golette da rispettare, se voleva uscirne vivo da tutto ciò.

“Sì, come puoi ben vedere. Ho le ali e direi che si notano abbastanza bene. E so volare, come tutti gli uccelli. Ma non sono un’arpia.”

“Quindi sei un ibrido.”

Se possibile il volto di Iris si fece ancora più rosso e sentiva la sua voce tremolare leggermente mentre gli rispondeva nuovamente.

“Sì. Sono umana ma mi hanno innestato queste ali dalla nascita. E con questo excursus sulla mia vita, direi di trovarci domani mattina alle quattro pronti a partire.”

Tutti i semidei annuirono senza porre problemi, tutti tranne Florian che riprese a lamentarsi come un bimbo viziato ma ormai nessuno gli dava più ascolto. Ognuno se ne andò a preparare il borsone per il lungo viaggio che gli aspettava, sapendo anche che non sarebbe stato semplice.

 
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“Micheal parla. O giuro su Zeus che ti porto davanti a Cerbero e ti faccio sbranare da lui.”

“Cosa vuoi sapere, per l’amor del Cielo. E poi a Cerbero sto simpatico, non mi farebbe niente.”

“Iris. Chi è e cosa c’entra con te. Voglio, e pretendo, di saperlo, Michealuccio caro.”

“Non tirare troppo la corda, nano da giardino.”

“Senti, si vede lontano un miglio che ci tieni a lei, in modo quasi preoccupante.”

“Senti Arthur, davvero,  sto bene e Iris non c’entra nulla. Lasciala stare.”

“Ah no? Quindi ti ho aspettato per niente mentre tu ti gongolavi a minacciare Pride, così a caso, sulla sua possibile morte, se avesse ancora chiamato la tua bella in quei modi veramente offensivi.”

“Iris non è la mia bella.”

“Però ammetti che lei c’entra eccome sul tuo comportamento. Avanti dillo pure che ho ragione e che tra voi due c’è qualcosa.”

“Non potrà mai esserci niente, lei si è dimenticata di me. E io ora non so come fare per riavvicinarmi.”

“Quindi ho ragione.”

“Arthie per favore. Non infierire. Fa male vederla li, l’unica persona che so che potrebbe stare al mio fianco, l’unica cui io permetterei di stare al mio fianco. Li, bellissima e senza alcuna memoria del passato che abbiamo condiviso.”

“Dici che abbia dimenticato? Magari no, però non sa che sei tu il ragazzo del suo passato. Ma vedila in questo modo: tu la conosci e sai cosa le piace, circa, perciò non dovrebbe essere difficile ritornare ad avvicinarti. Prova a fare quello che aveva fatto lei in passato con te. Se tu avessi una sola chance, una sola opportunità, per afferrare tutto ciò che hai sempre desiderato, in un momento, la coglieresti o te la lasceresti scappare?”

“ La coglierei, per lei e per un nostro futuro, che sento sia giusto. Deve accadere durante la missione, altrimenti perderò ogni speranza.”

Arthur soddisfatto entrò nella propria cabina e salutò Micheal. Quella profezia lo aveva intimorito all’inizio ma adesso l’adrenalina incominciava a scorrergli nelle vene. Rapidamente andò verso il piccolo altare nero e argento presente nella cabina e s’inginocchiò: se suo padre era all’erta di un suo segnale, come al solito, non avrebbe tardato a rispondere alla sua preghiera.

 
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Florian quasi non credeva ai suoi occhi: tutti i suoi fratelli e le sue sorelle erano placidamente addormentati nelle pose più assurde. Chi buttato sul letto ancora vestito, chi occupava il letto di altri o in tre sullo stesso materasso, chi in pigiama ma disteso sul tappeto o addirittura rannicchiato sul proprio baule e ancora chi utilizzava un altro figlio di Afrodite a mo’ di cuscino. Ma soprattutto era la figura snella e formosa, seduta sulla sua poltrona in raso, a focalizzare la sua attenzione: era una donna bellissima, impossibile da descrivere a parole, talmente bella da mettere persino lui in soggezione. Florian s’inginocchiò, come tutti i semidei erano tenuti a fare di fronte a un dio diverso dal Signor D., aspettando che sua madre Afrodite smettesse di limarsi le unghie e gli spiegasse cosa ci facesse li.

“E’ davvero comoda questa poltrona, sono così contenta che i miei gusti siano stati tramandati anche a te, Florian caro. Ma non me ne dovrei stupire più di tanto, Jade aveva sempre avuto un occhio di riguardo sui mobili.”

“Sono contento che ti piaccia madre.”

“Uhm, già. Alzati Florian, non si deve mai sprecare un’occasione per vedere un bel viso. Ecco così va meglio. Cosa hai visto oggi?”

“Visto? Sono praticamente nel mezzo di una profezia e –

Afrodite interrupe il monologo di Florian con un gesto annoiato della mano per poi guardarlo intensamente negli occhi: Florian aveva degli occhi chiari, espressivi, perfetti per uno come lui ma non si avvicinavano nemmeno minimamente agli occhi divini della madre, quasi caleidoscopici.

“Non mi importa di quella stupida profezia, ce ne saranno altre mille come quella. Come non mi importava quando al Campo c’erano Percy Jackson e la sua dolce metà, non mi importa neppure adesso. Sai molto bene di cosa parlo, Florian, e sai bene che, in queste questioni, non si deve mai perdere tempo.”

“Io…ho visto qualcosa oggi”

Afrodite gli fece cenno di continuare con la mano, posando la limetta nella piccola pochette dorata. Florian tentò di controllare il tremolio della sua voce mentre raccontava alla madre cosa aveva visto e soprattutto riguardo a chi.

“Micheal Baey, il figlio di Phobos, è assolutamente il semidio con l’aurea più pura che io abbia mai visto  al Campo. È quasi la perfezione del sentimento stesso, ed è vero, sincero.”

“Così mi piace il mio ragazzo. Immagino tu sappia a chi la sua aurea si riferisca, il vostro diverbio si è sentito da qui. Altro?”

“Anche in Arthur Kirkner, figlio di Ade, esiste ma è molto flebile e debole, non capisco ancora perfettamente a chi sia rivolta e con quale intensità. So solo che c’è.”

Afrodite annuì soddisfatta. Si alzò dalla poltrona del figlio e gli si avvicinò sorridente, consegnandoli un piccolo rotolo di pergamena. Con un’occhiata ammonitrice lo fece desistere dall’aprirlo, facendolo riporre nell’impugnatura della preziosa spada di cui Florian era in possesso, al di sotto di un rubino.

“Questa pergamena t’impedirà di perdere la spada, almeno fino a che il mio regalo sarà incastrato sotto il rubino.”

“A cosa serve?”

“Dovrai scegliere cosa vorrai diventare figlio mio. Solo in quel momento potrai aprire il rotolo ed eseguire ciò che è scritto al suo interno. Più di così non posso aiutarti.”

Florian abbassò il capo in segno di riconoscenza per l’aiuto quasi insperato di sua madre: le era sempre stato grato ma la considerava sempre come una figura lontana, amorevole certo, ma eterea e irraggiungibile. Con una carezza sul suo volto, Afrodite svanì in un turbinio di colombe candide, lasciando Florian a prepararsi all’imminente impresa.

₪₪₪

Nei suoi sogni di solito non si trovava a tavola insieme alla madre. Neos quasi si perse nell’osservare il turbinio di piatti ricchi di pietanze alzarsi e posarsi sul tavolo incessantemente, come lo era per le caraffe ricolme di liquidi colorati e profumati. Il semidio si accorse però che non riusciva ad afferrare niente di tutto quello che vedeva, quasi come se fosse stato formato d’aria.

“Non sei realmente qui.”

Sua madre, Ebe dea della giovinezza, lo guardava con affetto. Sorridente Neos si avvicinò a lei, fino a sedersi a fianco della dea, avendo quel piccolo spazio riservato solo a lui.

“Sei pronto a questa nuova avventura? Non sarà facile.”

“Lo so ma è mio compito partecipare, non mi posso tirare indietro. E poi vedrai, ti renderò orgogliosa di me.”

Ebe sorrise con dolcezza a Neos, accarezzandogli il volto. I suoi occhi poi si adombrarono perdendosi nell’osservare la ricca tavolata davanti a loro. Sapeva ma non poteva interferire. L’unica cosa che le era concessa, per aiutare Neos, era un passaggio in autobus fino alla capitale del Guatemala, l’unica meta ancora accessibile ai suoi poteri di dea. Confidò il suo contributo al viaggio al figlio che, come previsto da Ebe, si alzò di scatto per abbracciarla in uno slancio di puro affetto. Ebe contraccambiò l’abbraccio ma pose anche fine al loro incontro, lasciando scivolare Neos in un sonno profondo.

₪₪₪

Per quanto Julie stesse pregando sua madre, la dea non dava segni di risposta. Così la giovane si era stancamente messa il pigiama, dopo aver preparato tutto l’occorrente per la futura e imminente partenza, e si era addormentata placidamente. Tiche osservava la figlia dormire, con il cuore stretto in gola: ogni figlio o figlia per lei era una gioia immensa e li amava tutti allo stesso modo, senza tralasciare nessuno; sapeva di non poter cambiare il destino di quei sette semidei, il suo potere non riusciva a contrastare il volere del Fato ma avrebbe provato a regalare a Julie un piccolo aiuto personale per rimandare l’inevitabile.
 

ANGOLO AUTRICE

Buongiorno ragazzi!
Come state? Siete pronti per qualche giorno di vacanza? Finalmente il sole splende e il caldo sta arrivando <3
Riguardo al capitolo: le cose stanno per smuoversi lo giuro; il viaggio incomincerà male, proseguirà peggio, e incominceranno anche i primi problemi, ve lo assicuro!

Fatemi sapere nella recensione se questo capitolo vi è piaciuto o meno, cosa ne pensate insomma :) Ricordo anche alle autrici di Neos e Ninette che non hanno recensito la scorsa volta. Se vedrò che non recensite neanche il prossimo, vi manderò un messaggio privato per ricordarvelo e dandovi tempo un giorno circa per scrivere una recensione o di mandare a me un messaggio privato. Se vedrò che non mi sarà arrivato nulla allo scadere del giorno previsto, dovrò prendere provvedimenti – anche se spero vivamente di non farlo.

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Capitolo 5
*** Speciale 1: Kyros ***


Speciale 1: Kyros

Nella fredda caverna, un giovane stava osservando in un catino pieno d’acqua, alcune figure leggermente sbiadite, scrutando con attenzione i comportamenti di ciascuno: passava da uno all’altro con un semplice gesto della mano, annoiandosi nel non trovare alcun pericolo evidente nelle loro azioni. Con noncuranza si tolse la coperta, ormai quasi totalmente bagnata dalla condensa. Ormai il freddo non gli faceva nessun effetto, da una vita il gelo si era appropriato delle sue ossa e le aveva rese forti, resistenti agli sforzi. I suoi muscoli avevano imparato a non contrarsi per scaldarsi ma anzi, restare rilassati e lasciare che un leggero color violaceo o grigio permeasse sempre la sua pelle.

Con cura sfilò la sua sottile spada dal fodero della schiena e con lentezza disarmante, si tagliò il palmo della mano: le gocce di sangue incominciarono a cadere copiose nell’acqua, tingendola man mano di un rosso vivo, quasi traslucido.

“Che il sangue della stirpe maledetta vi marchi e possa farvi vedere ai miei occhi, sempre.”

L’acqua dopo un turbinio iniziale, tornò a essere chiara e limpida come all’inizio, solo che le immagini erano più nitide e distinte. Un sorriso compiaciuto nacque sul volto dell’esecutore, mentre con delle garze si fasciava la mano ferita.



Kyros!

L’interpellato abbandonò in fretta la sua postazione di osservatore, per correre verso il suo signore e inginocchiarsi, in attesa di ordini da eseguire. La voce profonda – quasi cavernosa – e perennemente rauca era il centro della sua vita, tutto ciò che aveva fatto fino adesso, lo aveva compiuto per il risultato finale, comprendendo le missioni, i rapimenti, gli omicidi.

I semidei.

“Sì mio signore. Si stanno per muovere, come aveva previsto.”

Uno sbuffo gelato gli arrivò sul volto ma Kyros restò fermo, in attesa del suo nuovo compito da svolgere: erano ormai più di cinque anni che con dedizione svolgeva mansioni per il suo padrone, come prima aveva fatto suo padre, fino alla morte, e come aveva fatto il padre di suo padre, così come anche il suo di padre e tutti i suoi antenati lungo i secoli. La sua famiglia era stata legata al suo signore fin dalla notte dei tempi e Kyros si sentiva così orgoglioso di portare avanti una simile tradizione, che non solo lo esaltava, ma gli dava anche prestigio agli occhi degli altri adepti.

Voglio due semidei. Mi serve il loro sangue, Kyros.

“Si mio signore, lasci provvedere a me, posso –“

No. Mi servi qui. Devi preparare tutto l’occorrente per il loro arrivo.

Kyros ingoiò la delusione per non essere stato scelto, lasciato in secondo piano come se tutti i suoi sacrifici fossero stati vani. Ma non replicò, si costrinse ad essere onorato del compito che gli era stato affidato, in fondo anche rendere perfetto l’ambiente per spezzare il sigillo era un compito che richiedeva precisione e assoluto tempismo per quando sarebbe arrivata l’ora di quei sciocchi combattenti.

“Sarà fatto signore. Posso sapere chi manderà al posto mio?”

Non deve interessarti chi manderò. Preoccupati che il nostro amato nemico invece non intralci con i nostri piani: lo sento muoversi, nell’ombra, nelle viscere della terra e nelle nubi del cielo. Si diverte a farmi impazzire ma avrò la mia vendetta. Su di lui e sul colui che per primo mi ha incatenato qui, trascinando che il povero Caino, tuo lontano antenato.

“Lo so, master. E non sarò mai in grado di ripagare il grande debito che la mia famiglia ha con lei.”

Uno sbuffo ancor più gelato del primo penetrò nei suoi vestiti fino al suo cuore. Si alzò e dopo il consueto inchino, si allontanò per tornare alla sua postazione di osservatore: l’acqua cristallina s' increspò nuovamente per mostrare alcuni giovani ragazzi intenti a preparare grossi zaino mimetici, e a parlottare tra loro. Kyros si accigliò nel vedere la strana creatura, metà umana e metà uccello, dare indicazioni su una cartina: il giovane non riusciva a comprendere le parole, l’audio era troppo storpiato per riuscire a sentire anche una sola sillaba.

Tentando di capire i vari semidei, Kyros si accorse di un punto fragile nel gruppo: un tipo moro, slanciato e ben vestito, stava bisticciando con un ragazzo basso, sempre moro. Quel ragazzo sarebbe stato la sua pedina principale, lo avrebbe confuso fino a farlo morire.


ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti!
Come potete vedere, questo non è il capitolo vero e proprio, ma uno special: questo poichè fino al 16/03 non potrò postare - sono via a NY - e non avevo assolutamente voglia di lasciarvi così tanto tempo senza nulla da leggere, anche perchè il capitolo deve essere revisionato e non ho nessuno che lo possa postare al posto mio (la sfiga è con me, sappiatelo -.-")

Giuro che appena torno, pubblico il capitolo vero e proprio.
Intanto vi lascio nelle abili mani di Kyros, che avrà il suo ruolo in questa storia, leggermente nefasta, lol


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Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


“Dobbiamo davvero salire su questa…cosa?”

Florian stava guardando scandalizzato il piccolo pulmino verde acqua che gli si era presentando davanti: a detta di Neos, quello era il loro rumoroso, quanto scialbo, passaggio per il Guatemala. Il giovane scosse violentemente la testa, chiaramente non ben intenzionato a salire su quella catapecchia ambulante: oltretutto non sarebbero stati solo loro – e già sopportare gli altri semidei sarebbe stato un bel problema –ma erano anche insieme a una comitiva di chiassosi vecchietti, dall’aria tutt’altro che sveglia.

Si stava profilando, per suo sommo orrore, uno dei peggiori scenari della sua vita: lui, il meraviglioso Florian Charles Pride, unico figlio di Afrodite impegnato in quella missione suicida – e già andare a spasso in una foresta gigante era tutt’altro che eccitante – doveva rimanere seduto in mezzo a dei vecchietti da ospizio, esaltati dalla gita annuale, nella speranza di non sclerare contro tutto e tutti. Dei, ma perché tutto questo a lui?

Si voltò a destra e sinistra per cercare almeno qualche supporto nei suoi compagni e fortunatamente persino la miserabile sembrava scontenta del loro passaggio: con una smorfia ben visibile sul volto stava passando i suoi piccoli bagagli all’autista del pulmino e quando anche quelli suoi, immancabilmente firmati Dior, furono caricati negli appositi spazi, la ragazza salì per prima fulminando al contempo Neos con lo sguardo. Persino l’ibrido era alquanto perplesso dal mezzo di trasporto, ci girò attorno più volte per valutarlo, ma accennò un sorriso a Neos per ringraziare sua madre e salì, seguita a ruota da Baey e il morto vivente. Probabilmente solo quella pazza di Julie, che continua a blaterare sul dono ricevuto, era effettivamente contenta della cosa.

Con riluttanza Florian salì i pochi gradini che lo separavano dal terreno e lo introducevano al contempo al suo inferno personale: si impose di essere superiore a tutte quelle persone spaventosamente piene di rughe, bavose e piene di malattie, avanzò dritto fino alla fine del pulmino dove gli altri semidei si erano accomodati. Ringraziò mentalmente Ninette per la saggia scelta del posto: c’erano almeno due file di sedili che li separavano dalla comitiva e per fortuna si era accaparrato un intero posto vicino sulla destra, appoggiando la testa sul finestrino ed allungando mollemente le gambe sull’altro sedile. Di fronte a lui stavano seduti Julie e Neos – l’accoppiata vincente – mentre dietro di loro sui sedili rialzati si erano messi tutti gli altri, in particolare dietro di lui, e quindi vicino al finestrino, stava la sua ragazza preferita ovvero Ninette e a distanza di un posto c’era l’ibrido, Baey e Kirkner.

Con uno scatto l’autista mise in moto il pulmino e Florian imprecò sonoramente a causa dei violenti scossoni del mezzo: gli altri semidei non erano da meno e addirittura Iris si stava tenendo al sedile con il volto bianco con un lenzuolo, non essendo mai stata abituata ai mezzi a motore. Il viaggio sarebbe stato un incubo, Florian ne era certo.

 
₪₪₪

Appena aveva visto con cosa sarebbero dovuti andare fino in Guatemala, Ninette pensò a uno scherzo di cattivo gusto: se già svegliarsi ed essere pronta alle quattro era bastato a rovinarle la giornata, la mancanza dei figli di Ermes a indicare lo scherzo in quello stupido pulmino era sufficiente a farle desiderare di strozzare Neos con le sue stesse mani. Forse poteva rifilargli della tetra tossina senza che se ne accorgesse, sarebbe stato divertente vedere la sua faccia diventare blu a causa della mancanza di fiato e ridere delle sue convulsioni, oppure poteva iniettargli nel collo della semplice cono tossina e divertirsi a guardare il suo corpo gonfiarsi come una palla.

Non fece niente di tutto ciò solo perché Baey le chiese di passare i suoi bagagli all’autista e venne poi distratta da Iris che, come un cagnolino, stava girando intorno al pulmino come se non ne avesse mai visto uno. Sorrise quasi incredula quando la ragazza compì addirittura tre giri prima di decretare mentalmente la sua approvazione: da parte sua, Ninette salì sul mezzo lanciando un’occhiataccia a Neos, dirigendosi il più possibile lontano da quei vecchietti prossimi alla morte. I sedili in fondo sarebbero stati perfetti per lei, non aveva decisamente voglia di intrattenere una conversazione insieme alla signora iper-truccata di rosa sull’esistenza dei pony.

 Il suo sguardo disgustato dovette essere visto da Iris poiché la sentì ridacchiare sommessamente alle sue spalle: si voltò giusto per vedere gli occhi della rossa chiudersi appena e le labbra stringersi per non far vedere all’esterno la sua risata. In quel preciso istante Ninette trovò Iris molto più vera di quanto non avesse potuto notare l’altra sera; spostando lo sguardo leggermente più in alto, un’altra cosa la lasciò interdetta: non aveva mai visto Micheal Baey così rilassato come lo sembrava ora. I suoi occhi scuri e torbidi si posavano morbidi su tutta la piccola figura di Iris, la sua postura era rilassata e si notava che era felice: il suo viso era disteso e Ninette sorrise involontariamente quando il figlio di Phobos appoggiò con fare casuale una mano sul fianco della ragazza, diventando tutto rosso e balbettando delle scuse assurde quando Iris si era voltata di scatto al contatto.

Si sedette in modo scomposto sul sedile più vicino al finestrino, stiracchiandosi e togliendosi la felpa bianca e leggera che indossava: in quel pulmino faceva un caldo infernale eppure lei sperava comunque di riuscire a chiudere un occhio, almeno di recuperare quelle poche ore di sonno che aveva perso; ma il viaggio sarebbe stato disastroso, se lo sentiva.

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Julie alternava lo sguardo dal volto di Neos, corrucciato come non lo aveva mai visto, alla tazzina colma di thè preso dal thermos nello zaino del ragazzo. Neos era rimasto molto male dalle critiche di Florian e Ninette, nonostante il piccolo sorriso di incoraggiamento di Iris: si era buttato sul sedile, vicino al finestrino sinistro, e si era ammutolito per lungo tempo, cosa totalmente estranea a un tipo chiacchierone e pettegolo come lui; Julie si era seduta vicino a lui, conscia che al momento aveva bisogno di qualcuno al suo fianco e lei era sua amica: le venne in mente l’unica frase che Neos le ripeteva all’infinito, ormai la sapeva a memoria ed in quel momento la fece sua per lui, per supportarlo; se la ripeté mentalmente: “Se sei da solo, io sarò la tua ombra; se vuoi piangere, sarò la tua spalla; se desideri un abbraccio, sarò il tuo cuscino; se hai bisogno di essere felice, io sarò il tuo sorriso; ma in qualsiasi momento avrai bisogno di un amico, mi limiterò ad essere me stesso.” e strinse la mano del ragazzo guardandolo intensamente. Neos la guardò a sua volta, e le sorrise rinfrancato invitandola a finire il suo thè prima che il liquido diventasse totalmente freddo.

Julie si sentì orgogliosa di sé stessa: era riuscita a rinfrancare il suo migliore amico ed era decisa più che mai a non permettere più a nessuno – neanche al principino – di buttare giù moralmente Neos. E senza neanche accorgersene  scivolò sulla sua spalla, inspirando il suo profumo che ricordava dolcetti alla frutta, addormentandosi dolcemente. Venne svegliata da Iris: con sguardo ancora assonnato si accorse che anche Neos si era appena svegliato, sempre grazie a Iris e gli sorrise felice. Chiese il motivo della sosta e la rossa le informò che era un break: erano arrivati a una piazzola di sosta per fare una pausa, soprattutto in bagno e per la colazione; con passo felpato la giovane scese dal pulmino lasciando seduti nei sedili ancora i due ragazzi, ormai gli unici rimasti. Julie effettivamente si accorse che doveva assolutamente andare in bagno, colpa anche del the bevuto in precedenza: strabuzzò gli occhi nel vedere che avevano viaggiato per quattro ore e mezza, considerando che erano le nove di mattina.

Velocemente entrambi scesero dal pulmino e quasi corsero fino al piccolo grill dell’autostrada: come una freccia Julie si fiondò nel bagno delle donne miracolosamente quasi senza coda; si avvicinò a Ninette e Iris appoggiate in silenzio al muro, in attesa del loro turno e quasi timorosa chiese com’era andato il viaggio. Ninette fece una smorfia sofferente e s’infilò in un bagno appena liberato, scavalcando alcune signore in fila; Iris sorrise alla scenetta e voltandosi verso Julie la informò che i vecchietti avevano cantato per tutto il tempo vecchie canzoni popolari, in un coro stonato ma molto convinto e che non si spiegava come fossero riusciti lei e Neos a dormire così pacificamente: ridacchiando confessò di averli invidiati un po’ ma era stato fantastico vedere Micheal, Florian e Ninette tentare di non otturarsi le orecchie con la stagnola. Sia Iris sia Arthur erano scoppiati a ridere nel vedere Florian indossare dei paraorecchie blu di pelo di coniglio pur di attutire le voci sgraziate della comitiva.

Julie si immaginò la scena e sorrise istintivamente, per poi indicare alla rossa due bagni appena liberati: con grande sollievo della ragazza nel suo c’era ancora un rotolo pieno di carta igienica e addirittura delle salviettine monouso profumate alla lavanda per le mani. Appena ebbe finito, fece scorta delle salviette e si lavò le mani, ricongiungendosi alle due ragazze che l’aspettavano sullo stipite della porta: probabilmente era stata Iris a chiedere a Ninette di fermarsi – dato che non le aveva rivolto né parola né sguardo – ma nonostante tutto era grata a entrambe.

Il brontolio allo stomaco le ricordò di avere una certa fame e sperò ardentemente di riuscire a trovare una morbida ciambella calda con dentro del cioccolato: guardò intensamente il cassiere davanti a lei che la informò di aver appena ricevuto un vassoio della sa ciambella preferita. Julie sorrise divertita, pagando quanto richiesto: la fortuna vuole la ciambella.

 
₪₪₪

Arthur sbuffò per l’ennesima volta, nel sentire per la quarta volta in mattinata “Hit the road Jack”: ormai era sera, si erano fermati altre tre volte per il pranzo, la cena e un’altra pausa bagno ma sperava di fermarsi al più presto per la notte, magari in un bel hotel per far riposare i suoi timpani dalle voci dei vecchietti.

Guardò i suoi compagni: Neos e Julie stavano giocando a carte, avevano provato a inserire anche lui e Ninette ma avevano dovuto rinunciare; Florian invece si era isolato da tutto e tutti con la sue cuffie da almeno due ore e Arthur si prese la briga di osservarlo: le gambe lunghe erano distese sul sedile e le scarpe di Gucci con gli strass brillavano a contatto con la luce, che a sua volta rendeva gli zigomi ancora più pronunciati. Arthur osservò poi l’ orecchino tondo all’orecchio destro e i due anelli alle dita, ben sapendo che c’era anche un braccialetto d’argento al polso. Il suo sguardo critico venne interrotta da Micheal che con sguardo preoccupato era lui a osservarlo: forse poteva aver intuito qualcosa ma non era ancora pronto per parlarne. Non ancora.

Con la coda dell’occhio vide invece proprio Micheal restare rigido e fermo: non si capacitò di questo suo strano atteggiamento finché non vide la testa di Iris appoggiata mollemente sulla spalla del suo amico; le sue sopracciglia saettarono in alto per la sorpresa: possibile che Micheal avesse già conquistato la sua fiducia? Probabilmente il ragazzo biondo intuì la sua muta domanda e scosse piano la testa

“È scivolata pian piano ma non me ne lamento assolutamente anzi: oggi è la giornata più bella da almeno tre anni a questa parte”

Arthur scosse la testa quasi perplesso dal sorrisone spuntato sul volto del suo amico

“Felice perché l’hai toccata due volte?”

“Felice perché sono di nuovo vicino a lei senza il terrore che ci assalga o la paura. Sono in pace”

Vide il biondo chiudere gli occhi, appoggiare la testa prima sullo schienale del sedile e poi scivolare pian piano verso Iris, appoggiandosi delicatamente sopra la sua testa. Arthur sorrise a quel gesto decisamente poco naturale e il suo sguardo venne intercettato dalla figlia di Alchys: anche Ninette aveva osservato la scena ma al contrario di lui non accennava neanche lontanamente a sorridere intenerita anzi tutto il contrario, il suo sguardo era così serio e profondo che Arthur si mise in guardia. Ma Ninette tornò  guardare fuori dal finestrino.

Le sue preghiere finalmente vennero ascoltate: l’ autista avvisò che l’intera comitiva – e loro compresi – avrebbero fatto sosta in un motel già prenotato e pagato; Arthur si domandò chi avesse pagato per loro ma  probabilmente la dea Ebe aveva pensato anche a quello. Presero i propri bagagli e attesero l’autista con le chiavi delle loro camere vicino al pulmino: appena l’ebbero in mano, tirò un sospiro di sollievo nel vedere che erano attaccate e non molto distanti da dove il mezzo era parcheggiato. Tutto il gruppo stancamente raggiunse le porte delle camere e si divise: nonostante non avessero fatto praticamente niente, stare seduti quasi un giorno intero sui sedili non era stato piacevole

 
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Cinquant’otto ore. Questo era il tempo per arrivare a Città del Guatemala da New York, ovviamente in autostrada e con un traffico normale. Neos avrebbe voluto addormentarsi per poi svegliarsi direttamente nella città, senza compiere direttamente quel viaggio che soltanto il primo giorno era stato stancante: ora che tutti loro erano distesi  sui propri letti, sentiva su di se la responsabilità di quel viaggio. Sua madre aveva regalato un enorme passaggio per il gruppo, riducendo sensibilmente la durata della missione ma questo significava che era lui responsabile della salute del gruppo, almeno fino a che il mezzo non sarebbe più servito.

Si rigirò sotto le coperte, maledicendo quei stupidi sedili quando la sua schiena protestò sonoramente con inquietanti scricchiolii: il ragazzo si morse l’interno guancia per la tensione accumulata sulla schiena per colpa solo di quelle seggiole imbottite e provò a stendersi sul fianco destro, sperando in un miglioramento che però non arrivò. Si rigirò perciò sul fianco opposto ma la situazione non stava migliorando.

“Ehy amico se non la pianti di muoverti ti spedisco fuori di qua in due secondi!”

Neos costrinse il suo corpo a rilassarsi nonostante la minaccia di Pride: doveva solo stare calmo, nessuno gli avrebbe fatto del male e persino quel sbruffone non avrebbe alzato neanche un dito, soprattutto anche per la presenza Baey e Kirkner in stanza.

“Pride, lascialo stare, se Neos vuole rigirarsi può farlo quanto vuole. Perciò taci Pride”

La voce assonnata di Baey era accorsa in sua difesa e Neos se ne sentì rincuorata ma sogghignò, ben sapendo il motivo del buonumore del figlio di Phobos: Iris si stava rivelando sempre di più una sorpresa per lui e ammirava come senza muovere un muscolo, calmasse l’iroso ragazzo. Chissà se tra i due c’era stato un qualcosa in passato.
E con questo pensiero si addormentò.


ANGOLO AUTRICE

Ehm. Lo so, davvero: vi giuro sto male io per prima per questo mostruoso ritardo ma ho una giustificazione più che valida. Il mio computer, appena tornata, ha deciso di prendere un brutto virus e mi ha paralizzato il computer: ho perso un sacco di cose, tra cui i due capitoli pronti che dovevo postare. L'assistenza, grazie a dio mi ha recuperato la maggior parte dei documenti ma ho dovuto riscrivere i capitoli purtroppo.

Spero però che l'attese ne sia valsa la pena. Fatemi sapere cosa ne pensate!

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


 

Capitolo 5

 
“Sto per vomitare, giuro”
 
All’ennesimo scossone, a causa della pavimentazione disastrosa della strada, Julie si portò una mano sullo stomaco, quasi sincerandosi che la sua cena rimanesse ben ancorata all’interno del suo organo. Forse non era stata poi una così grandiosa idea mangiare la zuppa di funghi prima di riprendere il viaggio: eppure il loro profumo l’aveva mandata in estasi e il sapore alla fine era semplicemente divino; probabilmente solo Ninette e Iris avevano preso qualcosa di diverso da una delle molteplici e deliziose zuppe che il catering della pensione offriva. Julie pensò fosse uno spreco non scegliere quelle delizie, ma concentrarsi su un’insalata leggera ma in quel preciso istante le stava solo che invidiando. Stupida zuppa!
 
“Okay Julie, respiri profondi e regolari. Altrimenti non ti passerà mai e vederti ridotta in questo stato sta facendo salire la nausea anche a me”
 
La ragazza balbettò qualche scusa a Neos, prima di concentrarsi sul suo malessere: fortunatamente entro una mezz’oretta sarebbero arrivati a Città del Guatemala, dove sarebbero scesi da quel pulmino infernale e sarebbero partiti verso il Brasile, per trovare la base protetta di proprietà dei romani. Con uno sguardo carico di sofferenza, guardò il resto del suo gruppo: purtroppo solo il loro primo giorno di viaggio era stato relativamente tranquillo, dal secondo fino a quel momento erano saliti almeno una trentina di anziani e tutti i semidei si erano dovuti compattare sul fondo, con strilli e lamentele da parte di Florian e qualche borbottio dei ragazzi.
 
Julie si lasciò scivolare sul figlio di Ebe, sperando che il suo mal di stomaco si placasse e aspettò pazientemente, mentre vedeva Ninette sibilare minacce a Florian: quei due non la smettevano un secondo a punzecchiarsi e piantare de sani litigi nel bel mezzo del nulla; probabilmente il figlio di Afrodite aveva criticato nuovamente i semplici vestiti chiari che la ragazza indossava oppure l’aveva toccata una volta di troppo e Ninette, ben lungi da essere una persona molto paziente, gli stava riversando tutto il suo veleno a parole. L’unica cosa positiva di ciò era che non ci si annoiava con loro, ma questo a Julie non sembrava granché.
 
Borbottando soddisfatta quando la nausea cessò di affliggerla, la figlia di Tiche ritornò composta sul proprio sedile, pescando dalla tasca esterna del suo zaino un mazzo di carte che Neos intelligentemente si era portato dal Campo: ormai era diventata un’abitudine tra loro due, e due figlie di Demetra, riunirsi appena dopo mangiato e giocare tra di loro; in questa pericolosa missione Neos aveva voluto portare uno sprazzo di quotidianità e Julie ne era grata. La partita venne interrotta dall’autista che, dopo cinquant’otto ore di viaggio più il tempo di fermate varie, finalmente annunciava il capolinea: erano giunti alla loro prima tappa!
 
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“Si, grazie mille davvero. È stato un piacere, arrivederci!”
 
Neos finì di salutare gli ultimi simpatici vecchietti che si erano raccomandati ai semidei, con una preoccupazione degna dei reali nonni, di fare attenzione in una così grande e sconosciuta città. Il figlio di Ebe si era sentito in dovere di rassicurarli e promettere di tenere gli occhi bene aperti e addirittura di vegliare sulle tre fanciulle della comitiva, affinché nessun malintenzionato le importunasse. Come se qualcuna di loro tre avesse problemi a difendersi da sola: la sua Julie, se provocata sfoderava l’artiglieria pesante e potevi ritrovarti a inciampare nei tuoi stessi piedi; Ninette, se provavi a toccarla senza che lei lo volesse, ti staccava l’intero braccio senza darti il tempo di provare a flirtare mentre Iris aveva due sai con se e un paio di ali, sommati a Micheal, praticamente un’arma vivente a sua completa disposizione. Erano decisamente in grado di difendersi da sole.
 
Accelerò per raggiungere il resto del gruppo, che si era appostato fuori dalla biglietterie della fermata delle corriere internazionali, per fare insieme il punto della situazione: grazie a sua madre, avevano risparmiato del tempo prezioso ma ora dovevano trovare il modo di arrivare a Manaus, in Brasile, senza rimetterci la vita nel farlo. Anche perché quella non era la tappa finale, da quanto gli sembrava di aver capito dalla profezia e dalla spiegazione di Chirone: in Brasile avrebbero trovato solo degli indizi per scoprire cosa caspita stava accadendo e come fermarlo. Ma già sapere dove si doveva andare, ed essere arrivati alla prima fase era già un buon risultato, pensò ottimisticamente il ragazzo.
 
Silenziosamente si avvicinò alla sua amica e le sorrise rassicurante, per poi concentrarsi su ciò che Arthur e Ninette stavano esaminando: la cartina dell’America Settentrionale data a Iris da Chirone, segnalava la loro base lungo il Rio delle Amazzoni a Manaus, ma per arrivare lì il mezzo più veloce era l’aereo e ci sarebbero volute altre otto ore di viaggio. Un’agonia quasi infinita.
 
“E’ il mezzo più rapido e sicuro al momento: non esistono linee per  corriere o autobus, andare a piedi o in macchina è escluso a priori, se prendessimo il treno dovremmo fare non so quanti scali e non abbiamo la certezza di arrivare proprio a Manaus. L’aereo è ciò che ci conviene di più”
 
Persino Pride non ribatté al ragionamento di Arthur mentre Iris se ne stava in disparte, a lei alla fine non cambiava molto. Ninette si mise a scrutare la piantina della loro meta finale: l’aeroporto della città distava dal loro covo almeno un’altra ora di viaggio, avrebbero dovuto trovare un passaggio fino a lì senza che i mortali sapessero esattamente il luogo dove erano nascosti. Non i sarebbe mai fidata di loro.
 
“Vedremo come arrivare più avanti, al momento la priorità è arrivare a quel maledetto aeroporto e prendere il primo volo possibile. E se non arriviamo entro due ore, il prossimo è domani”
 
Micheal guardò Neos, come se da lui potesse sbucare fuori un jet privato per caricare tutti i semidei e portarli direttamente in Brasile. Ma il ragazzo scosse la testa rassegnato, Ebe aveva già dato il suo contributo.
 
“Potrei eseguire un viaggio ombra. Credo di essere sufficientemente in forze da trasportare tutti voi”
 
“Tu non hai mai fatto un viaggio del genere, neanche da solo”
 
Arthur scoccò un’occhiataccia raggelante al suo migliore amico: se solo avesse aspettato due secondi prima di stroncare così la sua proposta, avrebbe saputo perché si proponeva.
 
“Michealuccio caro, lo so da me che non ho mai provato a fare niente del genere. Si dà il caso, però, che mio padre mi abbia concesso in maniera totalmente straordinaria di poter usufruire, per tre volte, del viaggio-ombra assicurandomi di arrivare perfettamente nella destinazione prescelta: direi che questo è un buon momento per usarlo, non ti pare?”
 
Con un gesto stizzito, Arthur ripiegò la cartina, dopo aver focalizzato per bene il luogo dove sarebbero dovuti arrivare, incominciando a formare una catena umana, dando la mano proprio a Micheal e a Neos: nello stesso momento Julie si attaccava ansiosamente al figlio di Ebe, Ninette a Micheal e Iris prese per mano Florian, trascinandolo verso il gruppo.
 
“Oh grandioso! Giuro che se vado a finire addosso a un palo, ti uccido con le mie stesse mani, Kirkner”
 
Totalmente infastidito, Florian cercava di divincolarsi dalla presa ferrea della rossa, fallendo miseramente: di malavoglia tesa l’altra mano alla figlia di Tiche, chiudendo così il cerchio.
 
“Pride, nessuno andrà a sbattere contro qualcosa. A meno che voi non lasciate la mano al vostro compagno, in quel caso non rispondo di cosa potrebbe accadervi”
Confidando nella Foschia, il figlio di Ade inspirò profondamente, prima di sparire nell’ombra di un grosso faggio, trascinando con se tutti i semidei.
 
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“Succo d’arancia, mela o ananas?”
 
“Niente, sono apposto così”
 
Con fare stizzito Micheal mandò via la hostess che per la quarta volta gli aveva cortesemente chiesto se desiderava bere qualcosa. Sentì Arthie ridere sommessamente e lo fulminò con lo sguardo: anche al Campo era sempre così, ragazze petulanti che lo inseguivano ovunque, mantenendo però una certa distanza a causa del suo carattere irascibile, che chiocciavano come galline in un pollaio e Arthur che quasi rotolava per terra dalle risate visto che lui non le calcolava per niente. Fino a pochi giorni fa neanche il suo migliore amico sapeva il perchè non le considerasse, ma ora che aveva scoperto la sua cotta platonica per Iris non la finiva mai di trovare spunti per punzecchiarlo: doveva trovare il modo di fargliela pagare a quel nanetto irriverente. Ma questo sarebbe stato uno dei suoi ultimi problemi.
 
Tornò a guardare fuori dall’oblò, rilassando appena le spalle e i muscoli del collo quando vide Iris volare tranquilla tra le nuvole, accanto all’aereo: se fosse dipeso da lui sarebbe stato legato all’ala del veicolo solo per restare fuori con lei ma la sua idea sarebbe stata ostacolata da un gran numero di problemi, che al momento non potevano permettersi. Aveva perciò preferito rimanere in silenzio, nonostante avesse voluto proporre anche di mettere Iris in stiva, tutto per non lasciarla la fuori sola: invece si trovava con i nervi a fior di pelle.
 
“Stai tranquillo Romeo, la tua Giulietta è ancora là viva e vegeta”
 
“Arthur non sei simpatico, proprio per niente”
 
“Eddai, come avremmo potuto fare altrimenti! È già tanto se Pride si sia reso utile per la prima volta in vita sua: dobbiamo un gran favore a questo Marc, ci ha pagato gli ultimi biglietti rimasti per questo volo. E Iris si è offerta volontaria di spassarsela fuori: non mi pare faccia molta fatica a tenere il passo dell’aereo e poi l’hai già vista sedersi sull’ala del veicolo in caso si stanchi troppo”
 
“Ho un brutto presentimento Arthie. Sta per succedere qualcosa, me lo sento”
 
“Non essere pessimista Micheal, altrimenti la situazione peggiora e non ce lo possiamo permettere”
 
“Lo so ma non mi sento al sicuro okay? Sento come se dovessero sbucare da un momento all’altro i nostri misteriosi nemici”
 
“Micheal ti preg-“
 
La mano di Ninette stringeva la spalla di Arthur indicando l’oblò dell’aereo con fare agitato: Iris non c’era più.
 
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Se le avessero detto qualche mese prima che avrebbe affrontato un gruppo di Ate, nel bel mezzo di una missione suicida, mentre stava quasi scortando un aereo carico di mortali e dei suoi compagni, ci avrebbe riso sopra fino a farsi venire le lacrime agli occhi.
In quel momento Iris invece pensò che avrebbe voluto solo nascondersi tra le forti braccia di suo padre e lasciarsi cullare da lui: non aveva mai voluto partecipare a questa missione ma non aveva potuto dire la sua; non aveva scelto lei come arrivare in Brasile, nonostante il prezioso passaggio offerto falla dea Ebe e non aveva neanche capito come diavolo erano riusciti a passare dal centro città all’aeroporto in un battito di ciglia. Tutte quelle novità la stavano disorientando.
 
Ma al momento la sua priorità era di impedire a quegli spiriti, generati ovviamente dalla dea degli inganni, della rovina e della dissennatezza, di mettere piede dentro all’aereo: se il mortale che guidava il veicolo fosse stato toccato da una di loro, sarebbe stato condotto in errore e centinaia di vite – comprese quelle dei suoi primi amici – sarebbero state spezzate. Lei era l’unica in grado di tenere testa, o almeno provarci, a quegli spiriti non propriamente amichevoli. Si era allenata tutta la vita per quello.
 
Ringraziandosi mentalmente per aver avuto l’accortezza di indossare la sua armatura al completo, sfoderò i suoi due sai, pronta a ricacciare chiunque si fosse azzardato ad attaccare l’aereo e quel gruppetto sembrava non voler recepire il messaggio. Si diede quindi lo slancio con le gambe e si scontrò con il primo spirito che, preso alla sprovvista dalla ragazza, venne trapassato da una delle lame e si dissolse nell’aria con un grido straziante: Iris sorrise leggermente, per poi dare un poderoso colpo con le ali e alzarsi in volo, schivando il tocco di un altro spirito gemello; ne erano rimasti solo quattro: sarebbe stata una battaglia aerea impegnativa ma doveva vincere. Con questo pensiero si calò sugli occhi un paio di occhialini da aviatore costruiti dal padre, le sarebbero stati d’aiuto sia contro l’aria negli occhi sia per amplificare la sua visione notturna: poveri spiriti, ancora non avevano capito che nascondersi dietro l’ala dell’aereo, sopra o sotto di esso, non serviva a proteggerli dei suoi occhi; fece roteare le due armi nelle sue mani e si lanciò in picchiata pronta a colpire per uccidere quelle entità: dopotutto, pensò sarcastica ricordando le parole di Florian, era metà animale.
 
Schivando per un pelo il risucchio della ventola dei motori, riuscì a mandarci dentro uno di quei spiriti, facendolo disintegrare e sentendo nuovamente un grido, come se fosse il loro marchio di fabbrica. Gli ultimi due invece non smettevano di inseguirla e Iris le aveva provate tutte per darsi almeno un piccolo vantaggio: nonostante tutte le sue acrobazie aeree, i suoi inseguitori si stavano facendo sempre più vicini fino al momento in cui un’Ate riuscì a toccare la caviglia della ragazza: subito Iris non si sentì più padrona del suo corpo, le ali si fecero improvvisamente immobili e più pesanti mentre sentiva l’aria sferzare i suoi capelli e vedeva l’ala dell’aereo avvicinarsi pericolosamente.
 
Con sforzo immane, riprese pian piano il controllo ma l’ala si stava avvicinando velocemente: conscia di non poterla evitare in quelle condizioni, Iris riuscì a piantare il suo sai nel metallo – producendo uno stridore infernale - e nonostante il dolore alla spalla e allo sterno a causa del contraccolpo, si issò, strisciando e gattonando fino all’oblò dell’aereo con il fiatone. La spalla destra le mandava fitte allucinanti, tastandola leggermente Iris si accorse che la pelle si stava gonfiando come stava accadendo anche per lo sterno: le sarebbero venute sicuramente delle macchie violacee, sperando non ci fossero danni più gravi.
 
Un tonfo la riportò alla realtà: i due spiriti si stanziavano in piedi su di lei, con due sorrisi crudeli e gemelli sul loro volto. Un’Ate sfilò dalla cintura che portava un piccolo stiletto, pronta a dare il colpo di grazia alla ragazza quando lo spirito gemello ululò dal dolore: esso si portò le mani sul capo, scuotendo la testa e gridando nella notte, cadendo in ginocchio. Il secondo spirito, dopo un momento di smarrimento, inspiegabilmente incominciò ad avere il respiro affannoso, a toccarsi con la mano il collo e poi la testa. Entrambi urlarono, presi da un dolore inspiegabile ed entrambi erano in ginocchio davanti alla rossa: Iris era spaventata da tutto ciò, non riusciva a capire, a spiegare, cosa stava accadendo a quegli spiriti, in un primo momento così “sani”. L’agonia nelle loro grida erano palpabili ma prima che potesse fare o muovere un singolo muscolo, entrambe le entità esplosero da sole, dissolvendo nella notte una leggerissima polvere argentata.
 
La rossa non aveva forza di alzarsi ma si voltò verso gli oblò, sperando che nessuno l’avesse vista ma ciò che lei vide la lasciò di sasso: Micheal, il figlio Phobos, la guardava con così tanta intensità da sentirsi quasi nuda sotto il suo sguardo e ciò la fece arrossire. Distolse lo sguardo per chiudere gli occhi e appoggiare la testa al freddo metallo dell’aereo: ancora poche ore e sarebbero arrivati a destinazione.
 

ANGOLO AUTRICE

 

Eccomi qua! Capitolo postato a tempo record nel tentativo di recuperare il tempo perduto! Fatemi sapere sempre cosa ne pensate ;)

Domanda per voi: come reagiranno i vostri OC alla vista del rifugio?

 
Summer_time

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Appena atterrati, Micheal spintonò una vecchietta davanti a sé che gli stava intralciando la strada verso Iris: radunato il gruppo, il figlio di Phobos premeva per ricongiungersi con la ragazza alata, sordo alle deboli proteste di Florian. La ragazza in questione, invece, stava dondolando mollemente le sue gambe nel vuoto in tranquillità seduta ancora sull’ala sinistra dell’aereo, ma scese aggraziatamente a terra, quando vide il gruppetto di semidei quasi correre verso di lei, pronta a partire verso il rifugio. Di altro avviso, Micheal si avvicinò e, incurante dei suoi buoni propositi sul farla avvicinare con calma per conquistare la sua fiducia, le prese il volto tra le mani, ispezionando minuziosamente con i suoi occhi scuri la pelle diafana di Iris, alla ricerca anche di un singolo, insignificante graffio.

Passò lentamente le dita sulla pelle con piccoli movimenti circolari. Gioì internamente quando sentì sotto i polpastrelli il rossore della ragazza, presa alla sprovvista da quell’atteggiamento così insolitamente premuroso nei suoi confronti, e lasciò che le sue dita accarezzassero quel volto tanto desiderato quando la sua ispezione non trovò niente di anomalo. Quasi le sorrise raggiante nel vederla con le guance rosate, ma non voleva esagerare con i gesti dolci e soprattutto non davanti a tutti gli altri.
 

Florian li vedeva così vicini tanto che i suoi occhi erano come arsi da un fuoco tenue ma così sconvolgente, da farlo barcollare per qualche istante all’indietro: quei due potevano bruciare l’intera piazzola senza muovere un singolo muscolo da quanto le loro anime si stavano incendiando. Prese un profondo respiro, doveva stabilizzare il suo cuore, partito all’impazzata alla dimostrazione di come l’amore potesse creare un’armonia così perfetta: in fondo al suo animo, Florian credeva davvero in quella coppia così strampalata, nonostante Beay fosse un Romeo psicopatico e Iris una donna-uccello. E quella dimostrazione, l’unione delle loro anime in quel meraviglioso fuoco, gli faceva credere ancor più fermamente nell’Amore senza confini; se solo anche per lui fosse stato così semplice, così fortunato a trovare il suo partner perfetto: doveva spremere un po’ di fortuna dalla figlia di Tiche e sperare di ricavarne un po’.
 


Tentò di ricomporsi, avvicinandosi a O’Baion e Arthur per trovare la posizione esatta del rifugio, segnato da un puntino rosso da Iris ancora nel viaggio in pullman. Concordato con tutto il gruppo il cammino, dalla durata di circa una mezz’oretta a piedi, tutti presero i propri bagagli e uscirono dal piccolo aereoporto; Micheal guardò di sfuggita i volti dei suoi compagni: ognuno di loro era distrutto, non dormivano decentemente da quasi ventiquattro ore e la stanchezza del viaggio si faceva sentire in maniera preponderante. Le ricerche sul misterioso nemico della profezia avrebbero dovuto attendere ancora un po’, la prima cosa da fare era riposarsi e riprendere le energie.

 
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Il rifugio era arroccato su una grande parete rocciosa, circondato dalle fronde della grande Foresta Amazzonica: sembrava un vecchio e dismesso cottage, ma dal prato accuratamente tagliato in determinate zone chiave, come vicino la pompa dell’acqua potabile, Ninette capiva l’aiuto dei romani e lo apprezzava, seriamente. Ma lo apprezzò ancora di più quando l’interno si rivelò una vera sorpresa: nonostante l’aspetto decadente dell’esterno, l’interno conservava ancora un aspetto funzionale, austero ma completo di ogni cosa necessaria a una convivenza forzata prolungata. Sentì distrattamente il principe incominciare a lamentarsi: e questo cos’era, ma quello perché era lì, cosa ci trovavano i romani nella mancanza di comfort, ma dov’era la vasca da bagno e altre cazzate simili.

Con nonchalance buttò la sua sacca sul primo letto disponibile di una camera doppia: stropicciò gli occhi e incominciò a togliersi i vestiti ormai completamente stropicciati dal viaggio e dalla camminata, noncurante di possibili guardoni molesti, per indossare una semplice maglia a maniche corte bianca, infilandosi sotto il leggero lenzuolo. Tirò poi le zanzariere, poste a protezione per la notte, sentendo la sua schiena dolere leggermente per lo stress accumulato.

“Posso?”

La voce di Iris fece capolino nella stanza seguita dalla sua cascata di capelli rossi come il fuoco; Ninette le fece un cenno, non prendendo neanche la pena di risponderle. Con lentezza esasperante la vide chiudere la porta, sistemare le sue cose e fermarsi davanti al suo letto come in attesa.

“Potresti aiutarmi?”

Nuovamente Ninette la degnò soltanto di un sopracciglio alzato

“Ho bisogno di qualcuno che mi leghi le bende nuove. Non ci riesco da sola”

Ninette aspetto due secondi per assimilare bene ciò che Iris le aveva appena chiesto. Una richiesta di aiuto, una richiesta fatta nonostante l’imbarazzo che doveva sicuramente provare per la sua natura; Ninette continuò a non parlare ma aprì le zanzariere e aspettò. Vide la ragazza diventare praticamente tutt’uno con i suoi capelli ma passarle le medicazioni, umidicce da una pomata messa su di esse in precedenza, e spogliarsi ugualmente, sedendosi poi sul letto di Ninette, dandole la schiena : le cinghie furono la prima cosa che colpirono la figlia di Alchys, cinghie ben strette intorno alle due ali rosse, ripiegate con cura; le bende vecchie, ormai logore, vennero tolte da entrambe le ragazze e Ninette si stupì di quanto lavoro Iris dovesse fare per curare le sue ali, per evitare la loro atrofizzazione; la ragazza poi aspettò pazientemente che Ninette srotolasse il nuovo pacco di bende, aiutandola a fissarle sulla schiena. A lavoro finito Iris si alzò in piedi, prese la carta, le bende ridotte a stracci e una cinghia da buttare, e fece per uscire dalla camera, ringraziando con un sussurro Ninette per l’aiuto fornitole. La figlia di Alchys ancora una volta non le rispose ma non si addormentò, costrinse il suo corpo a rimanere sveglio e attivo nonostante il freddo e la sonno, solo per sentire i passi leggeri di Iris e le sue zanzariere chiudersi: solo allora crollò nel buio.

 
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“Quasi non ti riconoscevo con quei cosi addosso”

“Pride piantala, o giuro che ti faccio prelevare dal Cocchio della Dannazione!”

“Dai sei così ridicolo con quegli occhiali addosso! Sei tutto magro e basso, in più sei pure cieco”

“Pride!”

Arthur ormai era esasperato: maledetto Micheal che si era accaparrato l’unica camera singola dell’intero rifugio, e maledetto pure Neos che aveva deciso di fare comunella con Julie! Proprio a lui doveva toccare di finire in stanza con il principino? Ma perché a lui, perché tutto questo accanimento?

Vide il soggetto dei suoi pensieri ghignare, mentre con aria superiore sistemava le lenzuola del letto, spruzzando quintali di gocce di Gucci nell’ambiente. Arthur roteò gli occhi, preparandosi al suo meritato riposo, implorando mentalmente un sonno profondo e senza interruzioni

“Il pigiama è un’usanza sconosciuta per quelli come voi?”

Florian lo guardava con aria scandalizzata: il suo completo in seta color vinaccia strideva con la semplice canotta nera del figlio di Ade. Arthur incurvò leggermente le labbra, senza neanche prendersi la pena di rispondere a un’ennesima provocazione: depose gli occhiali dalla semplice montatura nera squadrata sul piccolo comodino e si apprestò a dormire.


Magro, basso e con gli occhiali. Credeva davvero che sarebbe potuto morire se fosse stato anche senza maglietta. Porco Zeus, era così attraente. 

ANGOLO AUTRICE

Ciao ragazzi! Mi scuso per questo capitolo un po' così, non mi è uscito benissimo in effetti. Spero comunque che voi abbiate apprezzato, fatemi sapere nelle vostre recensioni!
Piccolo appunto: alla scorsa domanda solo l'autrice di Florian mi ha risposto (grazie, almeno tu!) e la cosa mi ha mortificato un pochino, poichè speravo di fare una panoramica del rifugio da un punto di vista generale ma confido ancora nel prossimo capitolo; in più dell'autrice di Ninette non ho più notizie :(

Spero di pubblicare presto! 

Summer_time

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Era mattino presto ma la curiosità aveva ribollito nella mente di Arthur per tutta la notte: avrebbe voluto fare un ampio e accurato giro di esplorazione dell’intero fortino ma si era reso conto che la sera ormai era calata e quindi aveva rimandato al giorno seguente. Ovvero ora. Dopo aver trafficato con il suo zaino, vestendosi con le prima cose capitate sottomano, abbandonando tra l’altro i suoi miseri tentativi di sistemare quei dannati capelli, uscì di buona lena per avventurarsi nella camera attigua e buttare giù dal letto Micheal. Silenziosamente si avvicinò al suo migliore amico e, con nonchalance, gli infilò le mani perennemente gelide al di sotto della leggera canotta grigia, che l’amico indossava, gustandosi al contempo l’espressione di sofferenza nel volto del moro al contatto.

Con un urlo strozzato Micheal si svegliò immediatamente e per ripicca diede una gomitata sulle costole a quel dannato nano che si ritrovava come amico: come osava strapparlo a Ipno in questa maniera brutale! In più si sentiva ancora stanco dal lungo viaggio dei giorni precedenti, avrebbe solo voluto tornare a dormire sotto la morbida coperta che si era portato dietro: ma Arthur non gli diede neanche un minuto di tregua e, tutto pimpante, gli aprì le imposte, riversando nella stanza un’abbondante – quanto fastidiosa- luce solare. Imprecando Micheal si decise ad alzarsi, sbuffando come una locomotiva a vapore e uscì dalla stanza in canotta e boxer, senza preoccuparsi minimamente di cambiarsi, avviandosi verso quella che la sera prima gli era sembrata una cucina per prepararsi la colazione: non cominciava mai la giornata senza aver mangiato un boccone. Sorrise ferino quando nella stanza trovò già alzata e totalmente sveglia Iris, affiancata invece da una ancora assonnata e scorbutica Ninette: abilmente schivò le occhiate dell’acida del gruppo per concentrarsi sulla rossa, visibilmente contenta della sua colazione ma che era anche  leggermente arrossita nel vederlo entrare.

Dal canto suo, Arthur stava pregando ogni dio o dea esistente affinché Ninette stesse buona a spalmare il burro sulla fetta di pane davanti a lei e non saltasse al collo al suo amico, che era riuscito a instaurare una conversazione normale con Iris: le stava chiedendo della colazione – ma che argomento di conversazione era? – e di cavolate simili. Arthur ridacchiò tra se e se nel vedere Micheal diventare un panino di burro fuso davanti alla ragazza alata: avrebbe voluto conoscere Iris prima, sarebbe stata un fantastico diversivo e allo stesso tempo calmante per Micheal dei primi anni; ancora ricordava gli scatti d’ira del più vecchio ai danni di semidei come loro: il ragazzo non si era risparmiato con la potenza dei suoi attacchi e il suo potere aveva alzato il suo livello di pericolosità tanto che aveva sentito il Signor D. pensare di spedirlo dai Romani a causa della sua in gestibilità. Quando glielo aveva riferito, Micheal non aveva detto nulla ma si era improvvisamente calmato e solo ora Arthur riusciva a capire il perché: se andava al Campo Giove, avrebbe perso di vista Iris probabilmente per sempre. Ne era innamorato pazzo, constatò con una punta di invidia.

Non cosciente del flusso di pensieri del figlio di Ade, Micheal continuava la sua crociata personale: ora che Iris lo considerava di nuovo, e lo considerava come un membro della squadra affidabile e capace, avrebbe passato ogni momento possibile in sua compagnia. E questo suo proposito venne infatti mandato all’aria da Arthur che quel giorno aveva deciso di irritarlo allo sfinimento: il suo amico voleva fare un giro esterno della casa, per cercare altre vie di fuga o indizi per incominciare la loro misteriosa ricerca. Stava per mandarlo a quel paese, doveva ancora finire il suo caffè nero e non aveva voglia di smuoversi da quella cucina, ma l’idea entusiasmò Iris, che si offrì volontaria per coprirli dall’alto: come non poteva accettare in quel caso? Lui adorava ispezionare case!

“Torneremo subito, tu fai pure quello che vuoi”

Con un sorriso stampato in faccia e ricevuto un cenno d’intesa da parte di Ninette, Iris e Arthur si fiondarono nelle camere a prendere il necessario per l’escursione mentre Micheal si rintanava a cambiarsi. La rossa si mise la sua armatura e spalancò le sue ali, pronta per questa emozionante avventura: aveva la possibilità di conoscere il mondo esterno in una delle sue forme, non se la sarebbe fatta scappare per nessun motivo al mondo; con un piccolo slancio, si calò dalla finestra della camera e aspettò i due ragazzi davanti all’ingresso. Micheal la raggiunse poco dopo, completamente in mimetica, tranne per la lunga spada templare appesa al fianco sinistro: Iris dovette sforzarsi per vederlo come era vestito al momento e non come si era presentato a colazione, cosa che l’aveva fatta arrossire, se lo sentiva; per superare l’imbarazzante silenzio, incominciò a chiedergli curiosità sulla sua spada, per poi svirgolare su di lui e la sua storia: non sapeva esattamente perché ma le pareva di aver già sentito alcuni episodi della sua infanzia e tanti deja-vu non erano una
coincidenza.

 
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“Cosa stai facendo.”
“Sto prendendo solo alcune cose, poi ti lascio dormire di nuovo.”
“Dove vai.”
“Io, Iris e Micheal facciamo un giro esterno della casa e vediamo se riusciamo a scoprire qualcosa in più sulla missione.”
 “Ma è presto.”
“Tecnicamente sono quasi le nove  e mezza, devo sbrigarmi”
“Appunto è presto!”
“Florian, torna a dormire ok? Torno presto.”

Con un leggero sospiro Arthur uscì dalla sua stanza e velocemente si diresse verso l’entrata, sicuro che i suoi due compagni fossero là ad aspettarlo. Mannaggia, di solito non era mai in ritardo, su niente, ma quella mattina Pride sembrava un bimbo di cinque anni con la paura di non vedere più la mamma tornare dal lavoro; sbuffando e borbottando si scusò con Micheal e Iris, intenti fino a prima ad esaminare i sai della ragazza, così il gruppetto incominciò a incamminarsi, scoprendo pian piano ciò che li circondava.

La foresta pluviale racchiudeva il piccolo cottage, costruito in una posizione invidiabile - infatti controllava tutto il piccolo spazio piano che misteriosamente era presente nell’intricata foresta; come una piccola scimmia, Iris svolazzava tra liane, rami e tronchi, osservando attentamente tutto ciò che poteva risultare fuori posto nell’ambiente dall’alto, mentre i due ragazzi si fecevano strada nel fitto fogliame a suon di spade: non esisteva un sentiero battuto, se si escludeva quello da dove erano arrivati la sera precedente, ed entrambi dovevano fare anche attenzione agli animali pericolosi presenti persino nelle foglie; rapidamente Micheal tagliò quelle che al momento gli sbarrano la strada, lanciando al contempo uno sguardo verso l’alto per accertarsi che Iris fosse sempre presente.

“Non sentite anche voi un borbottio?”

Il moro alzò nuovamente lo sguardo per poi girarsi verso Arthur: nessuno dei due aveva sentito niente ma il figlio di Phobos sapeva che Iris aveva un udito più fine rispetto al loro. Probabilmente c’era un corso d’acqua nelle vicinanze, che i timpani semidivini non riuscivano a cogliere: chiese perciò alla ragazza di condurli lì, forse sarebbe stata una buona scorta di acqua potabile se purificata poi da tutti i microbi – potenzialmente mortali – presenti in essa.

Camminarono per altri venti minuti prima di trovare effettivamente il corso d’acqua che Iris aveva sentito, ma questi non era un rigagnolo che Micheal si aspettava: non era altro che il Rio delle Amazzoni, il più grande fiume dell’America e uno dei più grandi corsi d’acqua al mondo. Il gruppo ripose le proprie armi e ammirò per qualche secondo l’immensa portata d’acqua che il corso offriva: la rossa e Arthur si guardavano estasiati intorno, cercando anche un mortale a cui chiedere alcune indicazioni, per chiarire la loro posizione rispetto al fiume e per spillare anche informazioni su possibili fatti strani avvenuti recentemente.

“Io, se fossi in voi, percorrerei il fiume, troverete sicuramente delle risposte”

Sia Micheal sia Arthur in una frazione di secondo sfoderarono nuovamente le loro spade e si aprirono a ventaglio, pronti a combattere contro la delicata figura femminile che appariva davanti a loro, proprio da dove erano usciti dalla foresta; dall’altra parte Iris, se in un
primo momento fu scioccata, si inginocchiò rapidamente

“Mia signora, è strano per me vedervi qui”

I due ragazzi la guardarono di sbieco, proprio non riconoscevano chi stava davanti a loro. Iris strattono i bordi delle loro magliette, sibilando di inginocchiarsi e in fretta.

“Devo dire, mia cara Iris, che i tuoi amici sono molto protettivi nei tuoi confronti. Nonostante non mi abbiano riconosciuta, e ciò volge a loro sfavore, sono alquanto sorpresa dall’intensità che sento vibrare nell’aria”

La fanciulla che si presentava a loro poteva avere al massimo vent’anni ed era incredibilmente bella, aggraziata e dalla voce morbida. Micheal però sentiva su di sé i suoi occhi diventati freddi e questo sguardo gravò su di lui per alcuni minuti fino a che non si riconcentrò di nuovo sulla ragazza del gruppo.

“È qui per aiutarci, mia signora?”

“Effettivamente dopo che mio marito si è preso a cuore la causa dei tuoi genitori, devo ammettere che mi sei sempre stata cara: nonostante tutto, siamo pur stati noi che ti abbiamo creata e devo dire che sei venuta su splendidamente. Perciò sì, sono venuta qui ad aiutarti, per quanto il tempo e il Fato me lo permettano. Il mio consiglio – e aiuto – è quello di costeggiare il Rio, andando verso la sua sorgente. Troverete delle risposte.”

“Come faremo a capire quali sono queste risposte, se non sappiamo neanche cosa domandare?”

“Oh figlio di Ade – la dea lo squadrò, per poi addolcire lo sguardo – non sempre serve sapere. A volte basta solo credere in ciò che gli altri ci dicono. Soprattutto se sono persone amate. Fidati di me, l’ho sperimentato sulla mia pelle.”

“Cosa ci dobbiamo aspettare?”

“Le risposte che il fiume vi darà non saranno solo e strettamente legate alla vostra missione, vi avverto. E con ciò, il mio aiuto e il mio prezioso tempo finiscono qui. Ti saluto mia cara Iris e vedrai che anche tu diventerai come me alla fine.”

Con un sorriso sulle labbra carnose, la dea scomparve in un turbinio di farfalle rosa e oro, lasciando i tre semidei soli, ancora inginocchiati e pieni di domande.

“Chi diamine era quella?”      Micheal sembrava leggermente infastidito dall’ultima parte del discorso
“Ragazzi – Iris si passò una mano sul volto con fare rassegnato – vi presento a voi la Dea Psiche, protettrice delle fanciulle e sposa di Eros, dio dell’Amore”

 
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“Quanto ci impiegano a tornare?”

Florian si stava limando le unghie dal nervoso che lo stava attanagliando da parecchi minuti: il gruppetto composto da Baey, la ragazza-uccello e Kirkner ancora non si faceva vivo, nonostante fossero passate ben tre ore. Eppure il figlio di Ade gli aveva detto che sarebbero tornati subito, era solamente una perlustrazione del perimetro esterno della casa: perché non tornavano? Con stizza, ripose nel suo astuccio da viaggio firmato Armani la limetta, chiudendo con un gesto secco la cerniera.

“Smettila”

Il sibilo di O’Banion lo riscosse appena dal suo flusso di pensieri ma la sua irritazione non era dovuta solo al suo comportamento – certo lui era irritante e adorava esserlo – ma sentiva che persino il gatto nero, la ballerina di strada irlandese era preoccupata per i suoi compagni: la tensione si stava accumulando e Florian giurò a se stesso che se non fossero tornati entro due minuti avrebbe fatto una lavata di capo a quel demente del suo compagno di stanza. Come osava permettersi di dirgli che sarebbero tornati subito quando in realtà avevano saltato il pranzo! E ancora non si vedevano! Sapeva che la rabbia non aiutava a mantenere la sua pelle liscia e giovane ma proprio si sentiva mortalmente offeso: dovevano essere già tornati, sia lui sia quella stupida volatile!

“Se continui così giuro che ti avveleno e ti seppellisco in giardino!”

“Dolce Ninette, le tue emozionanti parole non hanno effetto su di me. In più sul serio? Le mezze maniche sono passate di moda secoli fa! A-G-G-I-O-R-N-A-T-I”

“Prova ancora a criticare il mio look, stupido principino che non sei altro e ti spedisco nel Tartaro!”

“Provaci se hai coraggio gattaccio, quelle come te alla fine tornano sempre dove sono nate, ovvero la strada!”

“Pride, stai zitto! Sempre meglio la strada che diventare un damerino da strapazzo, tutto cotonato e riverito”

“Ma davvero? Allora perché non lasci il campo e insegui questo tuo sogno, almeno ci liberiamo di te”

Entrambi i ragazzi erano in piedi, l’uno di fronte l’altro, ben intenzionati a non cedere davanti a nulla o nessuno.
“E tu perché allora non sostieni chi è come te? Ah già, hai paura persino di te stesso e di cosa sei!”

Le pupille di Florian si dilatarono dallo stupore per un affronto così basso. Stava per rispondergli per le rime, sorvolando sull’ultima violenta stoccata quando la voce di Iris riecheggiò nella stanza, arrabbiata

“Piantatela. Entrambi.”

Sia Ninette che Florian si sedettero a tavola di malavoglia mentre anche Arthur entrava in cucina e Micheal arrivava con Neos e Julie alle calcagna. Con sguardo duro Iris prese posto a capotavola con Micheal e Ninette ai lati, Arthur in mezzo tra Micheal e Florian e Neos vicino a Ninette e Julie. La rossa interruppe sul nascere qualsiasi protesta da parte del resto del gruppo, tralasciò il litigio appena concluso e incominciò a raccontare ciò che era successo nella loro esplorazione. Nessuno fiatò fino alla fine, anzi Ninette era molto concentrata e Julie si stava scrivendo alcuni appunti sul block-notes: concluso il racconto Iris chiese se c’erano domande o supposizioni.

“La dea non ha detto di raggiungere la sorgente ma solo di risalire il Rio: quindi non avrebbe senso utilizzare un viaggio-ombra per un qualcosa a cui non dobbiamo neanche indicativamente arrivare”

Tutti approvarono il piccolo ragionamento di Julie: le risposte si trovavano lungo strada, non nella meta.

“Avete visto se c’è qualcuno che risale il fiume? Ci vorrebbe una barca ma dubito che i romani ne abbiano una, considerando la loro flotta.”

“Abbiamo intravisto alcune persone al villaggio vicino che potrebbero portarci – Iris e Micheal annuirono all’intervento di Arthur -. Abbiamo visto anche le loro barche e ce n’è una abbastanza grande per tutti noi, addirittura a noleggio. Purtroppo però nessuno di noi sa pilotare quell’affare”

“Il problema si può risolvere chiedendo a uno di loro di portarci. Lo pagheremo, è ovvio, sperando di non trovare mostri nelle vicinanze”

Ovviamente era l’unico modo. Per quanto sperato da Neos però, di mostri la foresta ne era piena e i tre ragazzi potevano confermare con molti esempi: al ritorno avevano dovuto cambiare strada almeno una decina di volte a causa di segugi infernali, dracene e idre selvatiche. Era a quello il motivo del ritardo. Florian sbuffò pesantemente, prima di far scemare i battiti cardiaci del suo cuore: sapeva perché e lo incominciava a vedere anche su sé stesso, ma non era una buona cosa.

“Potremmo incominciare subito una prima perlustrazione del fiume. Infondo è abbastanza presto per andar e tornare no?”
“Neos ha ragione, abbiamo perso molto tempo e ora dobbiamo sbrigarci a finire questa maledetta missione: le zanzare mi stanno mangiando vivo. Direi che prendiamo le nostre robe e partiamo direttamente.”

 
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“Sicuri che questa cosa regge?”

“Per favore non ne parliamo altrimenti Baey ci scuoia, entrambi”

Julie e Neos erano seduti sul bordo sinistro della fatiscente imbarcazione: era la più vantaggiosa in basa al prezzo e alla sua capacità di solcare le acque ma nessuno dei semidei si era molto convinto della sua resistenza. Per evitare di perdere altro tempo Baey li aveva minacciati tutti – tranne per ovviamente Iris che non si era fatta molti problemi a salire – di scuoiarli vivi in caso di ulteriori lamentele.  La minacce aveva sortito l’effetto voluto e ora tutto il gruppo si sforzava di cercare degli indizi alle sponde del fiume, pregando di riuscire a scovarli non sapendo cosa cercare.

I due ragazzi non avevano molta voglia di andare per nave, anzi per quella baracca, ma se questo era necessario ed era oltretutto consigliato – per non dire ordinato – da una dea, doveva essere fatto. La ragazza si perse a osservare l’acqua e le sue increspature, a come sembrava nitida quando veniva solcata dallo scafo e a come si scuriva sempre di più nel letto del fiume. Vedeva anche delle increspature vicino alla barca ma non create da essa ma non ci fece molto caso, erano pur sempre in un ambiente selvaggio e qualche animale doveva esserci.

“Ragazzi si sta avvicinando qualcosa di velenoso”

Tutti si girarono verso Ninette: la ragazza era molto nervosa e continuava a spostare il suo sguardo sul letto del fiume e sulle sponde, temendo l’arrivo di un qualcosa.

“In che senso qualcosa di velenoso?”
“Ragazzi preparatevi, ci sono visite!”

La figlia della miseria si posizionò come per attaccare, stringendo la sua lancia e preparandosi a uno scontro immediato; Baey e Kirkner la imitarono, sfoderando le loro spade; Julie non fu da meno e preparò il suo xiphos mentre Neos imbracciò la balestra e preparò al contempo i futuri dardi; con un battito di ali, Iris si alzò in volo e sguainò i due sai che portava appesi alla cintura, controllando al tempo stesso l’acqua dall’alto mentre Florian, spada preziosissima in mano ma zero esperienza nell’usarla, si rinchiuse insieme al pilota di quella baracca galleggiante, forse l’ultima disperata difesa per continuare a far navigare la nave contro un nemico ancora sconosciuto.

“Ragazzi lo vedo, preparatevi!”

L’urlo di Iris impiegò un secondo a essere recepito da tutti ma bastò un nulla per far apparire il loro nemico, anzi i loro nemici: due enormi serpenti marini dalle infinite spire si ergevano sopra la barca, totalmente intenzionati a farla colare a picco. I loro occhi erano iniettati di sangue e le piccole membrane verdognole si agitavano in guizzi irregolari, mentre il loro fiato inondava tutto il gruppo di semidei, causando un senso di vomito generale a causa della puzza di pesce marcio e carne in decomposizione.

“Ragazzi questi sono i serpenti inviati dalla dea Atena nella guerra di Troia! Cosa ci fanno nel Rio delle Amazzoni?”
“La domanda giusta, cara la mia semidea, è cosa sperate voi di ottenere nell’impresa?”

Un giovane dalla pelle a metà tra il violaceo e il grigio stava comodamente seduto su una delle tante creste serpentinee: li fissava intensamente, con un sorriso sfrontato e una lunga, ma sottile spada, alla mano.

“Mi serve il vostro sangue, giovani semidei”


 

ANGOLO AUTRICE

Lo so. Avevo detto che pubblicavo presto e invece siamo a metà luglio. Davvero mi dispiace, ormai è passato un mese e sono sicuro che alcuni di voi mi abbiano maledetto allo sfinimento. Sorry.
Ma è ora che si entra nel vivo dell’azione perciò non abbandonatemi e ditemi cosa ne pensate del capitolo e cosa vi aspettate per il futuro. In più, riconoscete chi è il misterioso giovane? Sono sicura di si!

Summer_time

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

“Continua a colpirlo!”
“Ci sto provando!”

Caos. Quello sicuramente era la rappresentazione del caos in battaglia: e loro erano decisamente in svantaggio. Era riuscita a togliere un occhio alla testa del serpente che tentava in continuazione ad azzannarle le ali, mentre nello stesso istante Neos tentava di trovare una zona particolarmente sensibile dove colpire la bestia con i suoi dardi avvelenati. Iris sapeva che la bestia la stava stancando di proposito, colpendola violentemente con il suo enorme testone da rettile per indurla a distrarsi e così avventarsi sulla barca: ma la ragazza non aveva intenzione di cedere a quel gioco e ogni volta il serpente tentava di muoversi in direzione di uno dei suoi compagni, lei puntualmente lo fermava. Fortunatamente Neos le stava dando una mano, all’incirca: le squame del mostro erano così dure e ben riunite da non far trapelare nessuna zona particolarmente sensibile.

Con una sterzata, vide chiudersi i denti del mostro a meno di una decina di centimetri dal naso; Iris ne approfittò per tirare un calcio direttamente sulla mascella del serpente, con l’unico risultato di farlo infuriare ancora di più: a quanto sembrava, niente riuscita a scalfirlo, neanche il bronzo celeste. Con il fiatone, Iris tornò alla carica, ben intenzionata a impedire che quel mostro distruggesse la loro imbarcazione: alcuni dardi, lanciati dalla balestra di Neos, si andarono a conficcare nell’orbita sanguinante del serpente, facendolo sibilare dal dolore e rallentando le sue reazioni ai tentativi di attacco della rossa.

“Bel colpo Neos!”

La ragazza esultò per il magro successo, sperando intimamente in una vittoria ormai molto lontana, voltandosi poi verso il suo compagno: ma si Neos non c’era traccia. Iris incominciò a perlustrare freneticamente con gli occhi l’imbarcazione, muovendo la testa quel poco che bastava a visualizzare l’intera barca ma non c’era traccia del ragazzo. Il cuore di Iris incominciò a pompare se possibile ancora più veloce mentre l’affanno si faceva strada nei suoi polmoni: non riusciva a vederlo, non lo vedeva, com’era possibile? La gente non spariva così a caso, lei doveva riuscire a vederlo. Perché non ci riusciva, dove si era nascosto Neos?
E mentre Iris si affannava a cercare il suo compagno, fece l’errore più grave in quella battaglia: diede le spalle al serpente. E intanto che lei si lamentava interiormente, il rettile si fece più vicino. E la morse.

 
₪₪₪
 
“Combatti bene per essere un bestione di un quintale”
“Arthur, direi che non è proprio il momento di distrarsi”

Avevano provato di tutto ma non riuscivano ancora a ferire quel brutto muso da rettile: i serpenti che li stavano attaccando, erano stati già usati nella guerra di Troia dalla dea Atena contro Lacoonte, reo di aver quasi convinto i Troiani a non accettare il cavallo di legno come dono degli Achei per la pace; il poveretto si era visto stritolare i figli sotto i propri occhi e alla fine pure lui era stato strangolato dagli animali: un’agonia infinita, pensò Micheal.

Come infiniti erano stati i loro tentativi – tutti rigorosamente vani – di staccare la testa una volta per tutte al rettile: le squame si stavano rivelando dure persino a una spada come la sua e, nonostante gli aiuti di alcuni scheletri evocati dal figlio di Ade, ancora non riuscivano a trovare una sola parte del corpo abbastanza fragile da essere colpita. Frustrato come non mai, infilzò con sadica soddisfazione l’intera lama della sua spada sulla lingua del mostro, per poi mozzarla con un deciso movimento del braccio: la carne molla e bavosa atterrò sulla barca, spargendo sangue ovunque, facendo anche rivoltare lo stomaco ad Arthur che la guardò per un momento schifato, prima di adocchiare il cielo alla sua sinistra.

“Sta ancora bene”

Lo disse quasi urlando, per sovrastare il verso di dolore che il serpente stava producendo, al suo compagno d’armi che fece un cenno d’assenso.

“Sarà meglio per loro che continui a stare bene”

Con un balzo, Arthur vide Micheal saltare da una spira all’altra, infastidendo il rettile e costringendolo a contorcersi nel Rio a causa dei danni alle membrane spinali, uniche parti del corpo che riuscivano a tagliare, seppur non danneggiassero in modo decisivo il mostro: decise di seguire il suo amico, onde evitare che la testa del mostro si rivolgesse unicamente a lui. Con qualche balzo, salì in groppa al mostro e incominciò a risalire verso il capo, in modo da punzecchiarlo senza rischiare di essere preso a morsi: tagliò diverse membrane con la katana lungo la sua strada, inclinandosi e aggrappandosi allo stesso corpo del mostro quando questi si muoveva, nel tentativo di rovesciare la barca.

Rapidamente, e non senza un grande sforzo di equilibrio, si mise in piedi e incominciò a infastidire il mostro, infilzando la katana lungo le pieghe della bocca, del naso e degli occhi: certo mica era semplice evitare che ti sbattesse in aria e ti mangiasse al volo, ma Arthur era pur sempre coperto da Micheal, che non mancava di irritare il serpente in ogni secondo disponibile.

Con la cosa dell’occhio, il figlio di Ade vide Ninette essere sbattuta contro un cumolo di reti da pesca dal loro misterioso nemico: non aveva più la sua lancia e non era messa molto bene fisicamente; senza starci più di tanto a pensare, Arthur saltò letteralmente giù dal mostro – dopo tutta la fatica che aveva fatto per salire, si trovò ironicamente a pesare – per atterrare, senza alcuna grazia, sul ponte della loro imbarcazione: dopo essersi lamentato interiormente di quanto male gli facessero le caviglie, lanciando qualche imprecazione sulle altezze, raggiunse quasi zoppicando Ninette, parando un fendente che mirava al suo addome.

Con aria di sfida, il ragazzo davanti a lui perse ogni interesse per la figlia della miseria e si concentrò sul suo nuovo nemico, che se non ricordava male era un figlio degli inferi e lì ghignò sadicamente: sapeva molto bene dove colpirlo. Con uno scatto che sorprese Arthur, Kyros corse verso la cabina di pilotaggio della barca, verso colui che avrebbe piegato il figlio dei morti e lo trovò quasi subito, con gli occhi sbarrati dallo spavento e l’insulsa spada nella mano tremante. Che stupido mezzosangue, quella spada innanzitutto doveva essere usata con due mani ed era visibilmente troppo pesante per un mingherlino come lui: troppo magro, niente muscoli a contrastarlo, c’era poco da divertirsi notò amaramente, lo avrebbe infilzato fin troppo facilmente. Con un sorriso freddo sul volto, fece per affondare la sua lama sul viso pallido e affusolato di Florian, quando Kyros si sentì trascinare verso il basso: grosse mani scheletriche si stavano arrampicando lungo i suoi pantaloni, trascinandolo verso il basso, verso gli Inferi. Il tanfo - poi - che risaliva da quelle braccia in decomposizione, era rivoltante e per poco Florian, già scosso di suo, non rimise il pranzo: riuscì a contenersi e schivando Kyros grazie al suo istinto di sopravvivenza, prese al volo Kirkner, ormai esausto per tutti i morti che si era visto costretto a richiamare.

Florian non badò molto se il loro nemico si fosse già liberato o no, trascinando Arthur fuori dalla cabina e sentendosi subito in mezzo a un pericolo ancora maggiore quando vide i due serpenti ancora totalmente illesi. Strillando a più non posso e facendosi maledire addirittura dal ragazzo che stava goffamente mettendo in salvo, Florian si trovò a scaricare un esausto Arthur vicino al corpo di Ninette, che aveva perso conoscenza e stava perdendo sangue da numerosi tagli su braccia e gambe. Si girò di scatto quando sentì una risata malvagia accompagnata da dei passi avvicinarsi: con la poca convinzione della sua superiorità rimastagli, Florian tese la sua spada, tempestata da mille pietre preziose, impugnandola con entrambe le mani, pronto – forse per la prima volta – a duellare al meglio delle sue capacità per salvare Arthur. Si prefiggeva già uno scontro impari, con lui purtroppo perdente, ma tra lui e Kyros si mise in mezzo improvvisamente il figlio di Ebe, Neos con la sua balestra puntata dritta al collo del ragazzo nemico. In un battito di ciglia scoccò un dardo potenzialmente mortale.

Eppure la freccia fu deviata dalla sottile spada di Kyros che sorrise quasi intenerito dalla patetica difesa da parte di Neos su Florian. Il cuore del figlio di Ebe batteva velocemente, molto veloce, la sua giugulare lasciava intravedere lo scorrere ritmico e forsennato del sangue alla testa: Kyros si leccò sensualmente le labbra cianotiche, sorridendo poi ferino e prendendo nella mano destra una piccola fiala. E poi attaccò. Brutale, feroce, veloce come gli era stato insegnato, trapassò in un battito di ciglia la gola di Neos: il fioretto nemico si tinse di rosso acceso, sangue fluido colava in piccole gocce sul pavimento, scorreva sulla lama fino alla mano di Kyros, continuava a sgorgare imperterrito dalla gola di Neos. Gorgogliava qualcosa, il povero figlio di Ebe, con gli occhi spalancati dallo shock e la balestra caduta ai suoi piedi. Tentava di parlare ma la voce era ormai spenta e le fredde mani di Thanatos pronte a prenderlo: e così fu.
Florian era ancora lì, paralizzato, a vedere la morte di un suo compagno senza che lui, che nessuno, riuscisse a impedirlo. Vide il cadavere scivolare fino ad accasciarsi al suo, vide quel pazzoide raccogliere in una dannata boccetta parte del sangue che ancora colava dalla ferita aperta. Lo vide ridere di gusto e udì un grido sopra di lui, un grido di dolore e in un secondo anche Iris cadde al suolo, urlante e agonizzante mentre con la mano tentava di toccarsi un’ala, gravemente danneggiata e insanguinata: la vide palpare ogni singola penna fino a che la vide estrarre un dente seghettato, ricolmo di un liquido violastro.

“No, no, no”

Ecco cosa riusciva a mormorare: veleno, era stata morsa e quindi avvelenata da quello stupido biscione gigante. E neanche in questo caso lui aveva potuto fare niente.

“Ecco, uno è pronto. Ora passiamo al secondo”

Di nuovo quel sorriso malefico. E lui era ancora lì, fermo, con la spada nelle mani volto a proteggere Arthur e O’Bainon. E Iris, se fosse stata più vicina. Una lacrima gli scese, scorrendo veloce sulla guancia perché Florian sapeva che non sarebbe mai stato in grado di proteggere nessuno in modo efficace.

“Sei così patetico, un bimbo viziato – Kyros gli sorrise, ferino, leccando via del sangue rimastogli nelle dita della mano – ma almeno sai che ti ucciderò. Poiché ho preso il sangue di un maschio, devo prelevare due di voi, un maschio e una femmina, per vedere quale sangue il mio signore gradisce di più. Perciò, spostati in modo che io ti possa uccidere più facilmente”

Un’altra lacrima scese sulle guance di Florian. Lui non serviva, lui sarebbe stato ucciso. E Iris stava morendo, agonizzando nel veleno del serpente mentre al contempo sentiva i rantolii di O’Bainon che si stava riprendendo.

“Ma forse mi servirà solo il maschio, il figlio di Ade: i miei sottoposti hanno catturato un’affascinante figlia di Tiche”

Florian strinse l’impugnatura della sua lama, piangendo silenziosamente. Era un codardo, lo sapeva, ma era la sua natura. Lui non poteva sconfiggerlo, non avrebbe mai potuto farlo. Kyros lo stava per uccidere, lo vedeva nei suoi occhi quando vide Micheal avvicinarsi molto lentamente verso Iris: sapeva cosa stava per accadere e doveva trovare un riparo, molto, molto velocemente. Arthur era incosciente, non avrebbe subito nessun danno ma la figlia della miseria era appena rinvenuta, sarebbe impazzita: gli sanguinava il cuore a doverlo lasciare la ma doveva farlo. Continuò a piangere mentre mollava di scatto la sua spada, prendeva le braccia di O’Bainon e la trascinava il più lontano possibile ma non fu abbastanza veloce.

 
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La sua Iris. La sua bellissima Iris aveva urlato di dolore: quel bastardo l’aveva morsa, aveva morso un’ala e lei era caduta, come una stella, sulla barca. L’aveva vista, agonizzante mentre tentava di alzarsi, ma falliva a ogni tentativo. Micheal ringhiò, mentre correva verso di lei, fino a soffermarsi e inginocchiarsi: Iris tremava e si agitava mentre con disperazione tentava di non cedere al veleno. La vedeva, piangeva e singhiozzava, tremante e ferita. Le mani di Micheal scesero, con piccoli scatti, verso il suo corpo e la cinsero fino a stringere al petto il corpo spasimante della ragazza.

“Micheal. Mi fa male”

Singhiozzava e tremava sulla sua spalla, sentiva la sua vita scivolare via. Si stava stringendo debolmente a lui e Micheal sentiva il suo dolore, la sua paura. E lui aveva promosso, si era promesso di mantenerla al sicuro, di non vederla mai più piangere a causa del dolore inferto da altri. Le passò un braccio sotto le ginocchia e una sulla schiena, prendendola così in braccio come se fosse una bambina addormentata. Poi scoppiò il pandemonio.

Il suo potere esplose in una terrificante onda d’urto che fece sbattere Florian e Ninette contro una parete della barca, respingendo i due serpenti – che stavano per rovesciare l’imbarcazione - in acqua, così come in acqua finirono un’incosciente Arthur, il cadavere di Neos e gli scagnozzi di quello sociopatico. Micheal lo odiava, dal profondo del suo cuore: si concentrò su di lui, era colpa sua se Iris stava piangendo e lui doveva pagare, doveva pagarla cara. Si insinuò nella sua mente e gli rivoltò contro le sue paure, i suoi segreti più oscuri, lo sentì arretrare, tentare di sfuggirgli ma alla paura nessuno sfugge e Micheal lo sapeva bene, era l’unico figlio di Deimos – il dio della paura; sentiva l’odore inebriante della paura che gli stava suscitando e le deboli proteste di quel rifiuto umano che per sfuggirgli si buttò in acqua: stava per riconnettersi con la sua mente – l’acqua lo stava disturbando – quando Iris singhiozzò più forte e si strinse maggiormente al suo collo: il suo desiderio di vendetta si placò all’istante sostituito dal desiderio di proteggere la rossa: a grandi falcate si avvicinò a una disorientata Ninette, depose ai suoi piedi la ragazza alata per poi schiaffeggiare con forza la figlia della miseria, per farla tornare in se.

“Curala. Muoviti sta morendo!”

Ninette era ancora confusa, non riusciva a capacitarsi di cosa fosse successo e del perché Pride fosse malconcio accanto a lei, ma si concentrò sul presente e con grandi fatiche attivò il suo controllo sui veleni, ordinando alle tossine di uscire dal corpo di Iris, di non arrecare più danni: una copiosa quantità di tossine violacee uscì dalla ferita sull’ala inflitta dal serpente fino a che Iris stessa si concesse un sospiro rilassato. Poi Ninette svenne.

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao ragazzi! Che dite di questo capitolo tutto concentrato su fighting scene? Vi piace? Vi aspettavate qualcosa di più? 
Come al solito, fatemi sapere, in una recensione o via messaggio privato, ci tengo!

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

Iris si sentiva terribilmente leggera. Percepiva il suo corpo fluttuare in quella che doveva essere – o almeno sembrava - un’immensa distesa d’acqua: vedeva piccole bollicina ripiene di gas salire dal basso e perdersi verso l’alto, vicine a una luce tenue. Ma lei veniva trascinata da una corrente invisibile ed estremamente forte verso il basso e poi verso destra, cambiando poi direzione e andando a sinistra, in un percorso a zig zag molto complesso. La rossa provò a muovere le dita dei piedi, delle mani, mosse le braccia e tentò di opporsi debolmente a quella forza sconosciuta ma nulla cambiava, anzi era ancora più stanca: decise quindi di lasciar perdere, abbandonandosi al flusso, non rendendosi conto che respirava.

Scorse molte figure, sbiadite e lontane, muoversi freneticamente attorno a una fonte massiccia di potere: Iris tentò di aguzzare la sua vista ma si accorse che stava andando esattamente contro di loro, perciò aspettò tranquilla di arrivare più vicino e capire dove diavolo era. Come da lei previsto, man mano che si avvicinava, le figure assunsero contorni definiti, fino ad avere anche suoni propri: Iris non riusciva a riconoscere nessuno di questi personaggi, neanche uno sguardo vagamente famigliare, forse ricordava di aver studiato alcuni dei mostri presenti al Campo, ma non ne era sicura.

“Kyros, il tuo compito è stato assolto con successo. Vedrai, Lui ti ricompenserà a dovere!”

Una voce stridula e graffiante, leggermente ovattata,  si complimentò con il giovane che li aveva attaccati sul Rio: Iris – dopo un primo momento di panico – fece per prendere i suoi fedeli sai legati alla cintura dei suoi pantaloni, ma le sue dita incontrarono solo il vuoto: sconcertata, la ragazza si guardò e, con completo stupore, notò che la sua armatura era stata completamente sostituita da una lunga, calda e bianca camicia da notte. Spaventata tentò di muoversi e nascondersi, prima che Kyros o chiunque di loro si accorgesse della sua presenza, ma venne trapassata completamente da uno sconosciuto, impegnato ad assolvere i suoi doveri.

“Non sono realmente qui. Questa è una visione, io non sono con loro davvero.”

Se in un primo momento il pensiero la rincuorò, un brivido di paura le scorse sulla schiena: dov’era esattamente il suo corpo allora? E come faceva a tornare indietro? Poteva tornare indietro?

Ma prima che potesse spaventarsi più di quanto non lo era già, Iris vide due ragazzi in catene essere trascinati vicino alla parete, inchiodati con le braccia sollevate al muro e poi derisi violentemente da due uomini. La rossa vide anche Kyros allontanare stizzito il proprietario di quella voce così irritante e andare verso i due malcapitati, come a volerli studiare attentamente, come se loro fossero carne da macello; Iris lo seguì, più per non restare  da sola che per capire cosa stava succedendo ma si coprì ben presto la bocca con le mani quando identificò i due giovani appesi al muro: erano Arthur e Julie, i suoi compagni di squadra! Erano entrambi pieni di graffi e ferite, di cui alcune che ancora sanguinavano, privi di forze e non del tutto coscienti: Arthur in particolare sembrava totalmente spaesato mentre Julie aveva l’occhio stanco ma vigile, come se temesse un attacco ai danni del figlio di Ade.

Iris, aggirando per riflesso Kyros, provò a toccare le braccia dei ragazzi, non ottenendo però nessun risultato soddisfacente; provò allora a sussurrare brevi parole, con la paura di essere udita: quando notò che nessuno stava avendo interesse per lei, riprovò a parlare ai due ragazzi con più vigore, tentando di scuoterli dal loro sonno ma neanche loro sembravano accorgersi di lei. Disperata, Iris incominciò a parlare a voce alta, tentando di scuotere il figlio di Ade e la figlia di Tiche ma ancora una volta nessuno dei due la sentiva, nessuno dei due reagiva a lei; provò pure ad urlare prima che il panico e la tristezza prendessero il sopravvento.
Con le lacrime agli occhi, Iris si scostò dai suoi amici e si focalizzò sull’ ambiente: si trovava sicuramente in una specie di groppa sotterranea, lo sentiva dal gelo e dall’umidità che le facevano venire piccoli brividi e creavano nubi di condensa quando le persone parlavano; probabilmente era la base dove il loro nemico operava e dove Kyros abitava: ma dov’era questo maledetto posto?

“Bene bene, c’è qualcuno che ci osserva!”

La ragazza si irrigidì in preda al panico, mentre vedeva Kyros, uno degli oggetti dei suoi pensieri, girare a vuoto nel grande salone. Era forse diventata visibile?

“Non so dove sei, piccola spia, ma sento il tuo odore. Il metallo non passa inosservato da queste parti. Avanti, fatti vedere”

La voce del ragazzo era morbida e suadente ma ricca di veleno: ragione per cui Iris incominciò a cercare in tutti i modi di tornare al suo vero corpo ma niente. Tutti i suoi sforzi erano vani.

“Piccoli semidei, avete le vostre spie che vi hanno trovati, complimenti! Mi congratulo sinceramente, neanche io saprei come cercarvi se fossi all’oscuro di questo posto: le Ande e i loro oscuri tesori, non trovate sia un buon titolo? Oppure, le Ande e i vulcani, cosa c’è sotto di misterioso?”

La lama affilata e affusolata del giovane fece un nuovo taglio sul braccio di Julie, procurandole un gemito strozzato e un’ulteriore  perdita di sangue: Iris si maledì per essere inutile di fronte a questo atto di pura crudeltà ma i contorni delle cose si fecero sempre più sfumate, fino a che non vide il buio.


E poi la luce. Con uno scatto improvviso Iris si mise a sedere su quella che doveva essere una brandina improvvisata: era all’interno di una tenda – se così si potevano definire qualche lenzuola legate, appese e sostenute da dei pali in legno – dove alcuni tappeti coprivano il suolo e gli zaini erano ordinatamente disposti in fila. Persino lei era distesa su un tappeto rosso e coperta da una semplice giacca blu: guardandola meglio però si potevano vedere i marchi di Calvin Klein impressi nei polsini, come di marca era la felpa che indossava – non sua – mentre la semplice maglia e i pantaloni erano di un blu confetto, senza particolari loghi.

Aveva un po’ di nausea ma sembrava che il resto del suo corpo stesse bene, persino le ali erano guarite dall’attacco del mostro;  a fatica Iris si alzò, andando verso l’esterno per trovare i restanti suoi compagni: Florian e Ninette erano seduti attorno a un piccolo falò mentre di Micheal non c’era traccia. Fu Ninette la prima ad accorgersi che era sveglia e in un lampo le si accostò, aiutandola a camminare fino al fuoco e poi a sedersi.

“Come ti senti?”
“Ho mal di testa ma penso perché mi sono alzata di botto. Tutto sommato mi sento anche abbastanza bene”

Ninette non parlava ma scrutava il suo volto alla ricerca di un indizio sul suo effettivo stato di salute: quanto sembrò vedere bastò per avere il suo lasciapassare, così Iris stette insieme a loro.

“Cos’è successo? E dov’è Micheal? E perché indosso cose non mie?”

“Il tuo fidanzato psicopatico sta facendo il turno di guardia, l’unica cosa che ancora gli permette di non impazzire totalmente: dico io, è possibile che uno sia così over-protettivo da rischiare di ucciderci pur di occuparsi di te? Non credo proprio! Dovresti fargli un bel discorso a mr. Vi-faccio-tutti-a-pezzi, non è molto carino quello che ci ha detto e fatto! Mancava poco che lei – Florian indicò con un gesto elegante della mano Ninette - gli saltasse addosso o lo uccidesse nel sonno, nascondendo il cadavere qui da qualche parte, e piangendo la sua prematura scomparsa, con la mia totale approvazione -”

“Lui non è il mio fidanzato”
Ninette si accorse del repentino cambio di sguardo in Iris e per evitare di far chiudere a riccio a ragazza, s’intromise nel sproloquio di Florian.

“Florian non intendeva dire letteralmente questo ma da come si comporta, da come ci ha trattati quando stavi praticamente agonizzando, non posso fare a meno di chiedermi se sei al corrente di come lui diventi quando sei in pericolo”
“Non è sempre stato così”

Ninette vide Iris mordersi piano un labbro, corrugò la fronte, decisamente presa di sorpresa da questa rivelazione: guardò Florian in una muta richiesta di spiegazioni ma neanche il figlio di Afrodite sapeva di cosa Iris stesse parlando.

“Anni fa, c’è stato l’incidente con un drago meccanico che i figli di Efesto stavano tentando di costruire vicino alla foresta, non so se vi ricordate”
“Sì – Ninette annuì pensierosa, non capendo bene cosa centrasse questo con Baey - pensavano che avesse potuto aiutare a proteggere i confini e allontanare alcuni mostri dalla foresta invece risultò difettoso e scoppiò, lanciando lamiere ovunque. I figli di Apollo e Asceplio fecero gli straordinari quella settimana”

“Io sono stata colpita alla testa da uno di quei pezzi volanti mentre stavo tornando alla Casa Grande”
“E questo cosa centra con Baey?”

“Io e lui eravamo amici da bambini, o così mi disse Chirone. A causa di quell’incidente, ho perso la memoria del mio primo periodo al Campo e tutt’ora ricordo solo sprazzi: da quello che so, io ero l’unica sua amica in quel periodo dove non riusciva a controllare gli scatti d’ira mentre lui era l’unico che volesse parlare con me, per via delle mie ali e anche a causa della mia insicurezza. Ma poi non gli ho più parlato, non l’ho neanche più cercato perché non sapevo chi era, non mi ricordavo di lui”

“E questa sarebbe una spiegazione possibile a ciò che successe dopo: Micheal è esploso in violetti attacchi prima di riuscire a calmarsi e controllarsi, ha persino mandato in infermeria parecchi semidei più grandi di lui”

Per Ninette questa sì che era una rivelazione alquanto strana: persino il principino era rimasto shockato dalla notizia bomba e se ne stava con gli occhi sgranati a fissare Iris come se fosse un capo di Gucci in saldo; tentando di recuperare un po’ di buonsenso ma soprattutto di contatto con la realtà, Ninette cambiò totalmente discorso, informando la ragazza di come era riuscita a salvarla e di come si erano arrangiati nella loro piccola – e alquanto sprovvista – base sicura.

Le raccontò di come lei e Florian fossero tornati indietro a recuperare tutto ciò che poteva essere utile dal relitto della barca, alla fine affondata per le troppe ingiurie, mentre Micheal si assicurava di trovare un posto riparato e protetto da occhi indiscreti dove lasciarla guarire in pace; alla fine erano riusciti anche a rubacchiare qualcosa, come i tappeti, da una piccola imbarcazione mercantile di passaggio nel Rio. Le raccontò anche della sua febbre alta e degli effetti collaterali veleno, delle notti dove il figlio di Phobos faceva la guardia mentre Florian in silenzio le passava degli stracci, bagnati per l’occasione, sulla fronte e sulle braccia, pulendo il sudore accumulato.
Vide Iris sorridere genuina e di slancio abbracciare in una morsa ferrea il figlio di Afrodite, che colto alla sprovvista, non riuscì a respingerla fino alla fine dell’abbraccio: Ninette vide le gote del ragazzo assumere una lievissima tonalità rosea, come se fosse orgoglioso che finalmente qualcuno gli desse il merito per qualcosa che aveva fatto, nonostante di piccola entità. Persa nei suoi pensieri pure Ninette non riuscì a salvarsi dalla morsa di Iris che abbracciò anche lei, ringraziandola per averla salvata: se in un primo momento le diede fastidio quel contatto umano così ravvicinato e soprattutto non richiesto, goffamente tentò di ricambiare con dei veloci colpetti sulla schiena della ragazza che immediatamente sciolse la presa e le sorrise tutta grata.

E Ninette girò a se stesse che se avesse mai visto qualcuno di felice, di realmente felice lo avrebbe paragonato a come Iris stava sorridendo in quel momento, scarna e provata da giorni di malattia ma splendente di gratitudine verso due persone che probabilmente al Campo avrebbero riso di lei. La vide alzarsi, con calma, e chiedere dove fosse Micheal: Florian inaspettatamente volle accompagnarla, probabilmente per vedere se Iris avrebbe litigato con il ragazzo, cosa che dallo sguardo molto agguerrito – rispetto al precedente – della ragazza poteva benissimo essere vero.

“Ninette secondo te come mi vede Micheal?”

La ragazza in questione ci pensò un poco, prima di dare la sua risposta: voleva essere semplice e chiara.
“Come una ragazza fatta di vetro, fragile e con il costante bisogno che qualcuno la sorvegli. Riconosce le tue capacità ma ha paura a lasciarti libera”

Iris annuì con decisione prima di inoltrarsi nella foresta con Florian al suo fianco: per Ninette quella ragazza avrebbe rivoluzionato totalmente il figlio di Phobos.

 
₪₪₪

Florian amava i litigi, sia che fosse lui a condurli, sia nel guardarli. Sentiva già nell’aria l’odore di guai per Baey mentre vedeva Iris camminare tranquillamente verso il ragazzo: la calma prima della tempesta, ghignò il moro. Ed infatti appena Baey scorse Iris e si avvicinò raggiante per abbracciarla, lei lo fermò con un semplice gesto della mano, segno inequivocabile che non voleva essere toccata da lui: Florian quasi ghignò vittorioso nel vedere il potente Micheal Baey guardare smarrito la ragazza davanti a lui, ignorando cosa ci fosse di sbagliato.

“Sai Micheal, durante questa missione ho sempre visto il tuo interesse verso di me come un qualcosa di carino, strano certo considerando cosa sono, ma piacevole sotto un certo punto di vista. La cosa avrebbe potuto avere un risvolto migliore se tu non mi vedessi in quel modo”

Florian dovette trattenersi dal ridere: e chi lo pensava che sotto quelle piume Iris nascondesse la sottile arte del litigio, certamente non del suo livello, ma con quelle parole quasi smielate aveva fatto allarmare il figlio della paura. E paura ora l’aveva lui.

“Non credi sia oltraggioso nei miei confronti? Oppure credi che, siccome sono stata un’emarginata al Campo, io non abbia imparato a difendermi? Credi che io abbia il desiderio costante di un supporto dove piangere e lamentarmi come una bambina?”

“Io non penso niente di tutto questo Iris, ma –“

“Oh sì che lo pensi invece. Micheal Baey non mentirmi!”

Florian non sapeva più da che parte guardare: a fianco a lui c’era Iris con gli occhi verdi piantati come coltelli in quelli carbone di Baey, pieni di paura e affanno. Avrebbe voluto registrare il litigio e poi riguardarselo in camera almeno una decina di volte, poiché era di una potenza emotiva sconvolgente: due aure quasi complementari in conflitto tra loro: una cosa emotivamente distruggente.

“Iris per me sei la cosa più importante in questo mondo: niente e nessuno può farti del male, altrimenti dovrebbero passare sul mio cadavere!”

“E tu pensi di farmi vivere in una bolla? La povera e indifesa Iris che guarda dall’alto mentre il mondo muore per lei. Ma ti pare? Ti pare che io abbia bisogno di un trono dove stare seduta immobile? Praticamente mi stai considerando come un soprammobile da spolverare ogni tanto, giusto per non fargli prendere polvere, alla fine sta fermo e buono: è così che mi vuoi? Ferma e buona nelle tue mani con te padrone della mia vita? Perché se è così non ci sto Micheal: se è così le tue attenzioni puoi anche risparmiartele perché preferivo morire per quel veleno, piuttosto che guardare inespressiva la mia vita scorrere con te che minacci tutti di morte. Hai minacciato i tuoi stessi compagni! Cosa potevi pretendere di più da loro due! Mi hanno salvata e curata da un veleno mortale: hai pensato di chiedere a loro come stavano o pensavi soltanto a me? Oh, non occorre che rispondi, so già la risposta: no. Siamo tutti tuoi compagni di squadra, dovresti pensare un po’ a tutti e meno a me: sono sopravvissuta in ogni occasione, non mi serve una balia.”

“Iris ti prego, posso aver esagerato e mi scuserò, davvero, ma rimani con me, ti prego”

“Non così Micheal.Non puoi pensare di poter fare tutto quello che vuoi su di me o sugli altri e poi scusarti se le tue parole hanno ferito i sentimenti di qualcuno. D’ora in avanti, fino a prove che mi dimostreranno il contrario, la tua parola non varrà niente per me: scuse, insulti, promesse saranno come il silenzio.”

E con questa dichiarazione ad effetto, Iris si voltò e tornò da dove era venuta insieme a Florian che sorrise estasiato per tutto il percorso: lasciarono Micheal, con un accenno di lacrime agli angoli degli occhi scuri, nella sua postazione a rimuginare su ciò che la ragazza gli aveva detto e su ciò che lui pensava.

“Credi che abbia capito il messaggio?”

Florian guardò di sottecchi la rossa, e ci pensò su per qualche secondo. Sinceramente neanche lui sapeva se le parole della ragazza avessero avuto effetto ma una cosa che aveva imparato nei fumetti era che se la donna amata dall’eroe litigava con lui, l’eroe cambiava solitamente in meglio: forse funzionava anche così per loro due. Fece le spallucce, quasi a voler sottolineare un po’ il suo menefreghismo per quella faccenda ma Iris non se la prese.

“Dov’è Neos?”

A quella domanda Florian si irrigidì, ricordandosi solo in quel momento che lei non sapeva nulla degli ultimi avvenimenti: non sapeva neanche degli altri due dispersi, Arthur e la figlia di Tiche.
“E’ morto. E gli altri due sono dispersi”

Vide Iris rimanerci male, corrucciare le labbra e la fronte, prendere un bel respiro e lasciare che piccole lacrime scendessero dal suo volto, per poi asciugarle con il dorso della mano.

“Non è una bella notizia. Avete recuperato il cadavere? Lo avete bruciato?”
“No, totalmente disperso. Ninette ha cercato per un paio di giorni, ma non lo ha trovato, neanche un pezzo: probabilmente la corrente lo ha portato via e i pesci lo staranno mangiando”
“Non è decisamente una bella notizia. Almeno ho visto gli altri due”

E al suo sguardo decisamente incredulo, Iris gli raccontò la sua visione.


ANGOLO AUTRICE

Heylà giovani! Come stanno andando le vacanze? 
Spero che il capitolo vi soddisfi e che questa nuova parte di Iris vi abbia lasciato una buona impressine di lei :) Fatemi sapere! In più mi scuso per il ritardo nel postare il capitolo ma mi sono trasferita nel mio nuovo appartamento e mi sto un pochino ancora abituando!

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

Se avesse dovuto assegnare un nome al sentimento che provava in quel momento, sicuramente il termine giusto sarebbe stato frustrazione. Aveva fallito in tutti i campi: come amico, come fratello, come amante; Neos era morto, Arthur era scomparso insieme alla piccola Julie e ora Iris aveva deciso di torturarlo togliendogli la parola: non sapeva neanche lui ormai dove battere la testa, dove poter incominciare a rialzarsi, come fare per risolvere tutto il casino che si era creato. Michael si prese la testa tra le mani, la fida spada ben piantata al suolo, pieno di sconforto: sapeva nel profondo di aver esagerato con Ninette e Florian, gli unici rimasti del gruppo ancora in buona salute, ma non ci aveva più visto quando aveva sentito l’urlo di Iris. A mente fredda si malediceva per la sua troppa sensibilità e la sua morbosa apprensione: probabilmente se si fosse concentrato sul loro nemico per farlo andare via e non sul fatto di farlo soffrire, ora almeno Arthur sarebbe ancora con loro e non disperso lungo il fiume.

“Maledizione!”

Con uno scatto d’ira il figlio di Phobos brandì la sua spada e conficcò la lama in uno dei tanti tronchi vicini, facendo tremolare i sottili rami che pendevano pigramente, per poi ripiantare l’arma nuovamente al suolo e sedersi vicino a essa, quasi non riuscisse più a sostenere il peso delle sue azioni. E ci sarebbe rimasto probabilmente fino alla fine dei suoi giorni in quella posizione, se non avesse udito una roca risata e una presenza molto potente intorno a sé: scattante si pose sulla difensiva, scandagliando il fogliame alla ricerca di quella presenza.

“Non riuscirai a risolvere niente così”
 
Michael si voltò alla sua sinistra, ma non vide nulla. Un’altra risata e un’altra ancora lasciavano il figlio di Phobos confuso e parecchio irritato.

“Credi di potermi individuare così facilmente? Non sembravi così sciocco”

“Mostrati e vediamo chi tra i due lo è veramente!”

Alla sua minaccia seguirono in ordine un’altra risata carica di divertimento e qualche minuto d’innaturale silenzio. Michael pensò addirittura di essere vittima di qualche allucinazione, probabilmente aveva mangiato qualcosa di strano o forse lo avevano ingannato e gli avevano fatto mangiare delle tossine: Ninette aveva preparato la cena la scorsa sera, sicuramente per vendicarsi gli aveva rifilato alcuni funghi velenosi per metterlo a tappeto senza affrontarlo di petto. Strinse la mascella innervosito, domandandosi quindi se anche la sua non-conversazione con Iris fosse il frutto della sua immaginazione e delle sue paure: se così era, allora la ragazza non si era ancora svegliata.

“I tuoi pensieri assurdi mi stanno facendo venire un mal di testa tremendo. Povero fanciullo, così potente e così disperatamente attaccato al volere di una singola ragazza”

“Smettila!”

Micheal sibilò contrariato, sentendo le dita strette intorno all’elsa pizzicare leggermente. Non riusciva a individuare concretamente il nascondiglio del suo nemico, di quell’entità così potente da aver occupato tutta l’area con la sua sola presenza. Poi si sentì un sibilo, troppo innaturale per essere semplicemente una foglia in caduta: si spostò giusto in tempo per evitare un piccolo dardo che si piantò in profondità invece al centro di un tronco di un albero. Micheal si sentiva fortunato ad averlo udito, poiché il dardo era mirato al suo cuore: non gli piaceva quella situazione, meno che meno sapeva cosa volesse da lui.

“Sono venuto semplicemente a vedere come la mia figlioccia se la cava. Niente di personale, ma io e te dobbiamo farci una chiacchierata”

E finalmente Micheal vide il suo presunto avversario e si morse la lingua: era stato uno stupido a sfidare così apertamente un dio, soprattutto quel dio. Aveva passato anni a pregarlo nella speranza di ottenere una risposta e ora che sembrava intenzionato a parlargli ecco che lui stava per mandare tutto a rotoli: meno male che sembrava non avesse nessuna intenzione di attaccarlo.

“Già, non pensi che io sia una persona deliziosa?”

Il cuore di Micheal perse un battito nel sentire quella voce maschile così vicina al suo orecchio e si voltò di scatto, lasciando cadere a terra la sua spada che fino a quel momento aveva stretto furiosamente.

“Mossa saggia. Come ben sai all’Amore non puoi né resistere né puoi combattere. Ci si può solo arrendere”
“Eros”

L’uomo davanti a lui era sicuramente l’individuo perfetto ma anche il più crudele: i suoi occhi rossi lo scrutavano con divertimento mentre si sistemava una ciocca di capelli corvini che erano sfuggiti all’elastico della piccola coda. Le sue ali candide, così diverse da quelle rosse di Iris, erano mollemente ripiegate mettendo in bella luce la faretra e l’arco, le armi del dio.

“Tecnicamente al momento sono più romano che greco, perciò Cupido. Ma noto che mi hai riconosciuto in fretta, eviterò di farti soffrire più del dovuto”

“Non che la sostanza cambi molto, sei pur sempre il dio dell’Amore. Un dio crudele sotto certi punti di vista.”

Gli occhi di Cupido se possibile divennero ancora più rossi mentre si accigliavano leggermente, ma un leggero sorriso increspò le labbra del dio.

“Micheal Baey, semidio figlio di Phobos. Non credere che io sia stato sordo alle tue preghiere così accorate, così piene di passione e di amore per la mia bella figlioccia: non credi che io e mia moglie abbiamo fatto un dannato capolavoro? E fidati non è stato semplice”

“Figlioccia?”

Cupido rise di fronte allo sguardo perplesso e pieno di domande del ragazzo. Lo guardò intensamente prima di aprirsi in un ghigno, decidendo che sì, quel ragazzo aveva la stoffa necessaria per completare la profezia.

“Iris è la mia creazione! I suoi genitori erano e sono tuttora incompatibili sessualmente ma il loro amore aveva un profumo così afrodisiaco che non ho potuto resistere: la loro felicità era minata dall’ostacolo della progenie e così io ho deciso di fargli un dono a patto che la ragazza seguisse il destino per lei tracciato. Non mi hanno potuto dire di no.”

Micheal vide un sorriso sornione sulle labbra di Cupido e si accigliò: ogni tanto ripensava a come Iris sapesse che doveva morire, come fosse possibile che non reagisse dinanzi alla morte. Ma se Cupido diceva il vero, allora lei era destinata fin dalla nascita a morire: come si poteva essere più crudeli?

“È una crudeltà quello che le hai imposto, solo per tuo diletto personale!”

“Micheal Baey io sono un dio! E questo mi da dei privilegi, tra cui vedere qualche scorcio nel destino di tutti gli esseri viventi, persino nel tuo. E ammettilo che se non fosse stato per Iris saresti solo una bambola pronta a scoppiare. L’Amore ti ha cambiato! L’Amore cambia tutti!”

“Non posso sopportare di doverla perdere!”

Cupido se possibile rise ancora di più, deliziato dall’accanimento del figlio di Phobos

“Questa è una delle possibili conseguenze dell’Amore: la Morte incombente. Una cosa che mi ha sempre deliziato: Thanatos sa fare divinamente il suo lavoro. E non per nulla è un dio”
“Perché mi sta dicendo queste cose? Cosa vuole in realtà da me?”

Cupido abbandono la sua aria giocosa sentendo il dolore nella voce del semidio: se voleva che tutto andasse come previsto, doveva avvalersi dell’aiuto di quel ragazzo.

“Dovrai aiutarla. Dovrai aiutarla a morire.”
₪₪₪

 “Micheal! Dove diamine ti sei cacciato!”

Ninette era da circa mezz’ora che girava a vuoto nelle vicinanze dell’accampamento alla ricerca di Micheal, che non si era più fatto sentire da quando Iris era andata da lui. Ormai era ora di cena e la ragazza voleva spiegare sia a lei sia al semidio cosa aveva visto durante il suo coma forzato, se non andava errato aveva visto sia Julie sia Arthur e sperava sapesse l’esatta ubicazione dei loro compagni di squadra: prima si riunivano tutti insieme, prima avrebbero potuto finire la loro missione; ormai erano almeno da tre settimane che mancavano al Campo e non erano ancora riusciti a mettersi in contatto con Chirone. E ora Baey non si faceva trovare.
Prima di maledire altri dei minori, finalmente la figlia della Miseria riuscì a scovare il semidio, seduto a terra con la sua spada accanto a sé: se in un primo momento la cosa non la sorprese, si accigliò nel constatare lo sguardo vuoto e residui di lacrime sul volto del ragazzo. Probabilmente stava ancora pensando a come fare per farsi perdonare da Iris e come risolvere tutto il caos precedente.

“È pronta la cena Baey. Cavolo, potevi farti trovare un po’ prima, è da mezz’ora che ti cerco e Iris te raccontarci cosa ha visto durante la sua convalescenza. Muoviti!”

Senza aspettarlo oltre, Ninette si girò e tornò affamata verso gli altri membri della squadra, non vedendo Micheal asciugare le lacrime che continuavano a cadere nel mentre la seguiva.
₪₪₪

“Quindi, ricapitolando: Kirkner e Watson sono prigionieri del simpaticone che ci ha attaccato, e sono in una specie di groppa sotterranea; sono vicini a un corso d’acqua o a un lago perché tu ci sei arrivata sprofondando in esso ma Kyros, il nostro grande amico, ha detto che sono sotto un vulcano delle Ande. Scusate ma non ci capisco niente”

Florian non aveva la più pallida idea di quali vulcani fossero presenti nelle Ande, figuriamoci se sapeva i nomi dei vulcani vicino a un bacino d’acqua: era tanto se si ricordava le catene montuose americane. La cosa positiva del racconto di Iris era almeno che due dei loro compagni dispersi respiravano ancora: certo non erano nel migliore dei posti ma li avrebbero tirati fuori da li, se lo sentiva, ci credeva. Doveva crederci, dovevano completare quella stupida missione insieme, altrimenti nessuno sarebbe uscito vivo e lui doveva prendere l’ultimo volume di The Amazing Spiderman e andare a quella sfilata di moda di Cavalli a New York, dove forse riusciva a comprare quegli splendidi anelli che aveva adocchiato prima di partire per il Brasile: aveva decisamente troppe cose da fare per morire.

Distrattamente stava giocando con l’impugnatura della sua spada, quando si ricordò del regalo della madre Afrodite: la piccola pergamena era ancora incastrata sotto il grosso rubino rosso, pronta per essere letta. Florian esitò un attimo, estraniandosi dalle congetture della Gatta o di quel psicopatico di Baey, non sapendo se era giunto il momento di tirare fuori quel suo aiuto o rimandare per un’occasione successiva: ma quale sarebbe stata quell’occasione? In quel momento erano più soli che mai, non riuscivano a prendere contatto con il campo, i loro compagni erano vivi ma dispersi chissà dove in balia di un altro psicopatico: e lui era lì fermo. Era stanco di essere fermo, voleva fare qualcosa, qualsiasi cosa: così prese il rotolo e lo aprì. E per poco non lo fece cadere dall’emozione mista a eccitazione quando lesse quelle poche righe:
Caro Florian,
hai scelto cosa vuoi essere. Vai al vulcano Llaima, in Cile, lì la missione terminerà, nel bene o nel male.
Non deluderti.

Stava per morire al solo pensiero di sapere dove andare e cosa fare per curarsi dello sguardo ebete che aveva assunto. Quasi non sentiva la voce preoccupata di Iris e le frecciatine sarcastiche di O’Bainon, da quanto si sentiva utile, da quanto si sentiva potenzialmente invincibile. Il suo volto si aprì in un sorriso tendente al ghigno nell’assaporare questa sua nuova emozione.

“Pride, capisco che tu ti sia fumato il cervello a forza di stare qui ma mi spieghi cosa diamine hai da sorridere? Se non te ne fossi accorto stiamo tentando di capite cosa fare”

Florian si mise a ridere stupendo tutti. Rideva per il sollievo, rideva e basta. Piccole lacrime gli vennero agli occhi da quanto stava ridendo e doveva sembrare impazzito totalmente per suoi compagni.

“Oh mia cara Gatta, è come l’alfabeto: io vengo prima di te. Ed io so dove andare. Preparatevi, si parte per il Cile!”

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao ragazzi :) com'è ripresa la scuola? E soprattutto, chi è come me incastrato all'Università?
Ma veniamo al capitolo: chissà cosa ha detto Cupido a Micheal! E chi di voi si pensava del regalo di Afrodite a Florian?
Scusate per il capitolo non proprio lunghissimo, spero vi abbia fatto comunue piacere! La prossima volta vediamo come se la cava Kyros con Julie e Arthur :)
Un bacio,


Summer_time

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Capitolo 13
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

Julie sentiva la sue testa girare come una trottola: ormai aveva perso il conto delle ore in cui era rimasta sveglia nel patetico tentativo di vegliare su un Arthur completamente privo di sensi. L’unica consolazione era che nessuno era venuto a importunarli, in quella prigione gelata e umida, solo il ragazzo che li aveva attaccati - Kyros - era venuto una volta a portargli personalmente dell’acqua, nonostante l’unico scopo del ragazzo fosse quello di farli arrivare vivi entro la sera: già, entro quella sera tutte le loro fatiche, l’intera loro missione sarebbe stata conclusa nel bene o nel male.  E per Julie al momento l’unico risvolto possibile era quello negativo: i loro compagni non sapevano dove erano e loro due erano legati, imprigionati ma soprattutto privi di forze; nemmeno un briciolo del suo potere riusciva ad accelerare la guarigione delle sue ferite. Si sentiva così persa sapendo che improvvisamente tutto stava per cambiare in peggio: lei e Arthur erano le vittime sacrificali, contenitori di sangue da versare come lo erano, ai loro tempi, i semidei della profezia dei sette. Solo che loro di eroi non avevano che una piccola parte: Julie aveva paura di morire e non si vergognava a dirlo. Avrebbe dato qualsiasi cosa per uscire incolume da quella situazione e tornare al Campo insieme a Neos e al resto della squadra, insieme persino a quell’arrogante di Pride. Avrebbe voluto dare un segno ai loro compagni, qualsiasi cosa, per segnalare la loro presenza, per guidarli fino al gelido covo e salvarli dalla morte – e salvare ovviamente il Mondo.

Girò lentamente la testa verso destra, per scrocchiare le vertebre del collo che si stavano intorpidendo troppo in fredda a causa del freddo, quando vide un nidiata di piccoli ragni neri: gli aracnidi erano tutti ammassati sotto un antro della roccia mentre tessevano le loro trappole invisibili, indaffarati e indisturbati, tranne per alcune pozze d’acqua condensata vicine. Julie si sentiva come un insetto al momento: legata e imprigionata senza che potesse fare nulla per impedirlo, in balia del volere dei suoi aguzzini: il paragone non l’aiutò a tirarsi su il morale anzi, la fece sprofondare ancora di più nel pessimismo.

Continuava a guardare gli animali al lavoro, osservando la loro meticolosa preparazione, un lavoro di squadra eccellente. Li guardava con intensità, tanto che i suoi occhi incominciarono a fare male, da quanto non sbatteva le palpebre, e il suo collo chiedeva pietà per quella torsione prolungata ma Julie non desisteva: non sapeva esattamente neanche lei perché osservasse con cos’ tanto ardore quel nido di ragni. E persino gli aracnidi smisero di lavorare alle loro tele: incominciarono a sciamare verso la semidea, stando ben attenti a non incappare nelle pozze d’acqua, per liberare l’antro e far uscire la loro progenitrice, un grosso ragno nero con una piccola striscia rossa ad avviso della sua velenosità. Il ragno in questione si avvicinò lentamente a Julie e zampettando si posò sul ventre della ragazza, come in attesa di un ordine. Julie ancora guardava stupita l’animale ma poi si riscosse: Ninette era famosa per la sua propensione agli animali velenosi, tanto valeva tentare.

“Trova Ninette O’ Bainon, guida lei e i miei amici qui nel sottosuolo. Portali qui!”

Lo disse sibilando, sperando nel suo potere – nella sua fortuna – sperando anche di non aver preso un abbaglio. Eppure il ragno, il grosso aracnide che nulla aveva a che fare con i semidei, zampetto velocemente verso il soffitto e scomparve fuori dalla cella, seguito fedelmente dalla sua progenie. E Julie non restò che aspettare l’inevitabile.
₪₪₪

“Come troviamo tutti quei soldi? Non ci sono banche dove possiamo ritirare i soldi che la madre di Florian potrebbe depositare e in quattro non riusciamo neanche ad arrivare a cento dollari”
“Potremmo contrattare, vediamo se hanno bisogno di qualcosa e speriamo di essere capaci nel procurarla”
 “È una delle idee più stupide che sia mai venuta fuori Iris”
“Sto cercando una soluzione Florian, non possiamo più aspettare”

Ninette si passò la mano sul collo: Florian aveva sorpreso tutti due sere prima, sua madre – la dea Afrodite – aveva indicato la via da seguire con una precisione quasi inquietante. L’ unico problema era che ora dovevano arrivarci in quello stupido vulcano: arrivare in Cile era stato anche tutto sommato facile, con un viaggio pieno di soddisfazioni: Micheal si era scusato sinceramente sia con lei sia con Pride, non replicando neanche alle battute di impazienza del figlio dell’Amore, e tutto ciò senza che Iris lo vedesse. Questo significava che le sue parole dovevano averlo segnato in qualche modo e Ninette in fondo ne era contenta, le fratture nel gruppo al momento non erano gradite. Focalizzandosi sul presente, dovevano racimolare soldi per arrivare con un taxi: il viaggio era lungo e dovevano fare in fretta, se lo sentiva.

“E se ci proponiamo di esibirci? Qui c’è un volantino dove offrono delle ricompense per chi allieta i clienti di questo pub”

Ninette prese incuriosita il piccolo pezzo di carta che Iris aveva trovato negli annunci che stavano setacciando: effettivamente il compenso poteva aiutarli a raggiungere la quota che chiedevano ma per arrivare alla cifra totale tutti avrebbero dovuto esibirsi e lei non sapeva in cosa eccellevano gli altri.

“Possiamo provare. Ormai è una delle nostre ultime possibilità. Fortunatamente è qua vicino, magari riusciamo a parlare con il proprietario”

Baey si incamminò verso il pub incriminato, seguito a ruota da Iris e a un lamentoso Pride che come al solito, stava blaterando sullo sporco del posto e sulla stupidità umana nel non costruire banche ovunque; Ninette le raggiunse con calma all’interno del locale, non prima di aver fatto un giro intorno all’edificio e aver individuato una seconda possibile via di fuga in una porta di servizio; li trovò intenti a contrattare con il barista, che doveva essere anche il gestore dell’attività mentre decidevano sulla paga e sul tipo di attività ludica da esporre.

“Niente da fare ragazzi, mi serve una ballerina come minimo. Mi piace l’idea però del lancio di coltelli, creerebbe una certa suspense e i mie clienti potrebbero scommettere sul malcapitato.”

“Avete un violino?”

L’uomo, un individuo sulla cinquantina grasso e unto, squadrò da capo a piedi Florian prima di accennargli allo strumento, abbandonato sul palco.

“Però è leggermente scordato, ti avviso. Beh quindi siamo a quota due persone, manca una terza che balli e io vi do tutti i soldi che chiedete per quel viaggio. Ci state?”

Baey stava per rispondergli che lui non sapeva ballare quando Ninette lo anticipò e rispose in modo affermativo: avrebbe ballato lei, ballare le piaceva nonostante non le riportasse alla mente ricordi piacevoli. La ragazza si avvicinò a Florian, che nel frattempo stava accordando alla meno peggio il violino, per sapere le sue intenzioni come musicista: sinceramente non sapeva neanche suonasse il violino e la sua richiesta era infatti presa da tutti come uno scherzo. Quante cose stavano venendo fuori di Florian Pride da questa missione.

“Cosa pensi di suonare?”
“Comptine d'un Autre Eté: l'Après Midi, di Yann Tiersen. La conosci?”
“No, ma improvviserò come ho sempre fatto”
“Beh almeno ora sai come comportarti, figlia della strada e della miseria, qui siamo nel tuo ambiente”
“È un modo poco carino per dirmi che ora sono io che devo dirvi come comportarvi?”
“Prendilo come ti pare”

Ninette non replicò, infondo aveva ragione: in quel momento le pareva di essere tornata nell’infanzia, a quando il suo unico scopo era rubare orologi, portafogli e cellulari per rivenderli al miglior offerente e guadagnarsi da vivere. La strada non perdonava chi era troppo debole, il mondo non lo faceva. In questo mondo, era uccidere o essere uccisi, non c’era una via di mezzo e lei lo sapeva bene; alla fine anche Pride era come lei, usava la sua lingua tagliente per difendersi dal mondo, senza fidarsi di nessuno.
Si tolse scarpe e calzini, si sciolse i lunghi capelli ramati e si sistemo la sua lunga maglia grigia a mo’ di vestito, liberandosi dei pantaloni in tela – che l’avrebbero sicuramente intralciata - per sostituirli con un paio di corti pantaloncini anch’essi grigi. Poi chiuse gli occhi e si preparò mentalmente, sciogliendo le articolazioni di polsi, caviglie e spalle. Doveva farcela, doveva ballare. Ballare come se ci fosse la fine del mondo.

“Siamo pronti?”

Il proprietario era davanti a loro, ansioso di poter finalmente dare un po’ di spettacolo nel suo pub: Ninette vide Iris annuire, con lunghi coltelli da cucina - non ovviamente suoi - in mano. Allora era lei la lanciatrice di coltelli, non Baey.
“Bene ragazzi, prima la ballerina e il musicista, poi la lanciatrice di coltelli. Se andrà tutto bene avrete i vostri soldi. Provate a fare schifo e non avrete niente, anzi.”

Con quella minaccia velata, i giovani semidei si prepararono: Iris le si avvicinò, si informò se era pronta sul serio e se voleva un abbraccio ma la figlia della Miseria negò con gentilezza; la rossa allora le sorrise per poi avvicinarsi a Florian e a stritolarlo in un abbraccio che il ragazzo non aveva neanche chiesto: eppure non si lamentò troppo del contatto.
Poi la musica arrivò, dopo qualche minuti di silenzio: limpida e struggente, una celebrazione della potenza dei sentimenti. Potente e avvolgente. Ninette iniziò a ballare.  

 
₪₪₪

Arthur si svegliò mentre due gorilla gli stavano togliendo le catene: ancora confuso, tentò di capire dove diamine era, soprattutto dov’era Julie, l’unica del gruppo che ricordava di aver visto di recente. Si sentì sollevare di peso e malamente trascinato e spostato da quella piccola stanzina, che assomigliava terribilmente a una cella, a un’ampia sala dove la temperatura era in netto contrasto con quella precedente: dall’umidità gelata all’afa torrida.

Guardandosi attorno, Arthur vide la sala circondata da una moltitudine di uomini e mostri, capeggiati da un unico individuo: Kyros. Il ragazzo stava fermo, immobile come una statua, al centro della stanza ma soprattutto accanto a due altari sacrificali: Arthur sentì le sue pupille dilatarsi e cercò di muoversi , di divincolarsi da quella morsa ferrea ma nulla anzi la sua ripresa di coscienza fece irritare ancora di più l’idiota che lo stava trascinando verso la sua futura morte.

Con disperazione tentò di almeno individuare Julie e fortunatamente – o forse no - la vide essere trascinata da un altro bestione anch’essa verso l’altare. Tentò di parlarle, nonostante la notevole distanza ma si accorse di avere la gola secca, arida come il deserto persino deglutire gli faceva male, sentiva di avere una sorta di nodo grosso alla laringe. E si sentiva così stanco, così confuso che quasi non si accorse di essere stato posato sull’altare e che gli stavano legando le caviglie e le mani ai lati con delle grosse catene così anche Julie: provò a porre una leggera resistenza ma venne subito bloccato e le catene strette fino quasi a fargli fermare la circolazione.

“Signori”

La voce chiara, limpida e fremente di eccitazione di Kyros lo spaventò perché sapeva come sarebbe finita la cosa: male, molto male e precisamente con loro due morti e con la fine del mondo conosciuto.

“Oggi è il giorno in cui si compiono i nostri destini, il giorno che abbiamo aspettato per secoli. Oggi finalmente, ci innalzeremo a vincitori contro gli assurdi veneratori di dei e dei loro figli. Oggi, noi, risorgeremo!”

La folla sembra impazzita, urla, grida avvolgono l’intera sala, dando al ragazzo in piedi accanto ai due semidei  l’assoluta certezza nel compiere il sacrificio per distruggere le catene del suo Padrone.

“Grazie a questi figli, sangue e carne dei nostri nemici, noi oggi liberiamo colui a cui dobbiamo tutto, a cui dobbiamo la vita, il nostro scopo, la nostra felicità. Il nostro Essere.”

Altre urla, altre grida di approvazione. E il tempo a loro disposizione sta per finire.

“E siccome voglio essere galante, partiamo con la nostra adorabile fanciulla, la piccola Julie che da quanto sappiamo, è una figlia di Tiche. La Fortuna ti ha creata e scelta giovane semidea: con il tuo sangue libererai il mio Padrone, non c’è fortuna più grande!”

Arthur tentò di liberarsi, tirava strattoni alle catene, tentava il tutto pur di non far accadere ciò che stava per avvenire: Kyros aveva preso un pugnale sacrificale, bellissimo e lucente, con l’impugnatura tempestata di pietre preziose e ghirigori, e si stava avvicinando a Julie ormai completamente paralizzata dal terrore e in preda alle lacrime.

“Io, Kyros, discendente della famiglia di Caino, ultimo mago del sangue e dei fluidi, offro a te questo sangue semidivino puro per farti risorgere dall’ombra e farti tornare a essere il sovrano del Mondo! A te, Leviatano, signore incontrastato, io offro quest’anima!”

Julie si girò di scatto verso di lui. E, nel riflesso dei suoi occhi, Arthur vide la luce spegnersi e la vita abbandonare il corpo giovane di Julie Watson. E il ragazzo incominciò a piangere silenziosamente perché era il secondo compagno che moriva davanti ai suoi occhi senza che lui potesse fare niente. Non voleva vedere il coltello piantato nel cuore della giovane, voleva continuare a vedere gli occhi dolci e scuri della ragazza, ancora umidi di lacrime. Voleva guardare solo quello. Anche quando Kyros si avvicinò per finire ciò che aveva appena iniziato: incominciò a ripetere tutta la litania di prima, questa volta incitando ancora di più la folla, già ubriaca di felicità. Lo vide preparare un altro pugnale sacrificale, non meno bello ed ornato rispetto al precedente, pronto a piantarlo nel suo cuore: l’unica cosa bella era che avrebbe avuto una morte rapida e sarebbe tornato nel regno di suo padre. Una magra consolazione.

Vedeva il coltello alzato su di lui ma distolse lo sguardo per puntarlo nuovamente negli occhi di Julie: non voleva che la sua ultima immagine da vivo fosse quella del pugnale nel suo petto. Almeno gli occhi di Julie erano belli, molto più belli. Sentì il sibilo della Morte – del pugnale - e si preparò ma non avvertì alcun dolore, solo un clangore metallico.

“Non farai risorgere nessuno oggi, stronzo!”

ANGOLO AUTRICE

Hey ragazzi!
Ecco il capitolo come promesso, incentrato sui superstiti del gruppo in mano a Kyros. come avete notato, beh, anche Julie ci ha lasciato. Mancava poco che persino Arthur andasse a trovare il padre :)
Che ne pensate? Vi è piaciuto o pensavate in qualcosa di meglio? Fatemi sapere!

Summer_time

P.s. per chi fosse interessato, il duetto di Florian e Ninette è completamente preso da questo video, di cui lascio il link. Mi piaceva troppo e sono contenta di essere riuscita a inserirlo! (
https://www.youtube.com/watch?v=wbikPfj76eY)
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12 

Successe tutto in fretta. Micheal piombò come una furia su Kyros: il figlio di Phobos prima aveva lanciato la sua spada contro il pugnale sacrificale con una precisione millimetrica, salvando la vita di Arthur, e ora si era letteralmente lanciato addosso alla figura pallida del ragazzo – loro nemico – intenzionato a suonarle di santa ragione a quel pazzo; Ninette invece correva per tutta la stanza, lasciando scivolare da una grossa tanica un liquido maleodorante e oleoso, mentre stava al contempo comandando un’orda intera di ragni e serpenti velenosi, che assalivano senza pietà la folla intorno gli altari sacrificali: sulla spalla della rossa troneggiava trionfante un grosso aracnide con una striscia rosso sangue sull’addome, quasi compiaciuto dal lavoro impeccabile - e mortale - portato avanti dalla sua numerosa prole.

Florian arrivò trafelato all’altare dove Arthur era ancora legato: tentò in un primo momento di sciogliere le catene, poi a sfilarle ma niente riusciva a smuoverle. Spazientito dalla situazione pericolosa e dalle continue domande del figlio di Ade, prese la sua preziosa spada e colpì ripetutamente le grosse catene, sfogando tutta la sua frustrazione, la sua rabbia e la sua preoccupazione – creando scintille rossastre a ogni contatto tra i due metalli. Con qualche aiuto tecnico di un Arthur ormai completamente sveglio e attento ma debilitato, Florian riuscì a spezzare le catene che tenevano inchiodato il moro, liberandolo: il figlio di Afrodite fece cadere la sua spada a terra e aiutò Arthur a sedersi, frugando nelle tasche della sua giacca di Trussardi alla ricerca di una barretta di ambrosia e una piccola borraccia di nettare; gli fece bere e mangiare alla svelta, il ragazzo doveva assolutamente riprendere forze per aiutarli a tirarsi fuori di lì e a fermare la fine del Mondo.

“Ce la fai?”

Arthur annuì, l’ambrosia stava facendo già effetto, il dolore alla testa era sparito del tutto e sentiva la forza tornargli nei muscoli ma avrebbe dovuto aspettare qualche minuto per esserne certo. Intanto si guardò intorno, con il cuore più leggero: i suoi compagni l’avevano inspiegabilmente trovato, l’avevano salvato da una morte orribile. L’avevano trovato, lui che temeva di morire disperso chissà dove, solo e in mezzo a gente nemica.

“Al volo!”

Quasi non sentì l’urlo di Iris, impegnato com’era a rimuginare nella sua testa: la ragazza stava volando a una velocità inaudita in tondo alla stanza, impegnata a tener lontano da loro due possibili mostri; inoltre gli aveva lanciato la sua katana, custodita probabilmente in uno dei tanti depositi del covo ma era stato Florian a prenderla al posto suo, nonostante avesse corso il rischio di farla cadere due o tre volte. Una scena comica in un contesto decisamente triste e sconsolato ma a Arthur servì: non tutto era perduto. Loro erano ancora là e avrebbero combattuto fino alla morte pur di sconfiggere il Leviatano, pur di salvare il mondo, i loro amici, le loro famiglie. Fino a che c’erano persone a lui care ancora vive, avrebbe rischiato la sua vita in battaglia.

Con uno sforzo prese la sua katana, la maneggiò per qualche secondo poi guardò Florian: era pallido come un fantasma ma stringeva la sua spada tra le mani. Non l’aveva mai visto così deciso come lo era in quel momento, l’intera missione lo aveva cambiato, lo aveva trasformato tirando fuori un Florian meno superficiale e più serio. Il ragazzo in questione annuì alla sua domanda muta posta però con gli occhi, pronto a scendere anche lui in campo, a combattere e uccidere: con decisione entrambi si lanciarono al fianco di Ninette, schiena contro schiena, per la gloria e per l’onore.

 
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“Hai ferito la ragazza di sui sono innamorato da sempre.”

Due lame si scontrarono, producendo stridori assordanti. Micheal aveva recuperato la sua fedele arma e ora si confrontava contro Kyros, in un duello a tutti gli effetti mortale: non si erano mai scontrati prima, durante l’attacco sulla barca Kyros aveva avuto modo di sperimentare solo il potere semidivino del giovane ma tanto gli era bastato per capire di non dover sottovalutare Micheal e la sua furia.

“Hai rapito e quasi ucciso il mio migliore amico!”

Parò un fendete e tentò di colpire il fianco sinistro del semidio ma Micheal riuscì a evitare la lama, spostandosi lateralmente e, piroettando, assestò una dolorosa gomitata sul naso di Kyros che indietreggiò irritato.

“Hai ucciso due miei compagni. Due ragazzi innocenti. Due semidei.”

Le lame si scontrarono più e più volte: Micheal era veloce e possedeva una discreta forza ma Kyros era preciso e combatteva per uccidere, conscio che avrebbe potuto utilizzare anche il sangue del figlio di Phobos per liberare il suo Signore, nonostante non si trovasse sull’altare e non stesse utilizzando il pugnale sacrificale ma il suo fidato fioretto.

“Vuoi uccidere tutti. Non te lo permetterò!”

Con urlo di rabbia Micheal tornò a duellare con il nemico più abile contro cui si era mai scontrato: stava trattenendo il suo potere solo per permettere ai suoi compagni di recuperare Arthur, e a Iris di trovare il modo per impedire la fine del Mondo. Dovevano farcela. Doveva farcela, anche a costo di ucciderlo.

 
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Iris stava impazzendo. Aveva cercato ovunque, setacciato tutte le stanze che era riuscita a trovare ma non aveva risolto nulla di concreto. Si stava facendo prendere dal panico, sentiva le sue mani tremare vistosamente ma non doveva cedere, non ora. Doveva trovare una soluzione e alla svelta. Tornò nel salone principale, dove il caos regnava sovrano: si liberò in fretta di un gruppo di mostri, trapassandoli tutti con i suoi due fidati sai. Vedeva Ninette, Florian e un ritrovato Arthur combattere fianco a fianco, si davano una sorta di turno di riposo mentre gli altri due combattevano contro tutti: erano una strampalata macchina da guerra ma sembravano funzionare, in qualche modo; Micheal invece teneva impegnato Kyros, duellando contro un avversario forse più forte d lui: Iris sapeva di doversi muovere per permettere al ragazzo di utilizzare il suo potere per mettere in ginocchio l’intera sala.

Si librò in aria, scendendo poi in picchiata, avvicinandosi ai due altari sacrificali: se non aveva trovato niente nelle stanze probabilmente c’erano dei simboli incisi sul pavimento vicino a essi o sui stessi altari. Con  un nodo alla gola si avvicinò al cadavere di Julie, ancora con il pugnale piantato nel cuore: amaramente si trovò a pensare che se ne andavano sempre i più giovani in guerra, in qualsiasi guerra di qualunque periodo storico. Si prese un momento per dimenticarsi del macello della realtà in cui ancora viveva e si concentrò in una bolla – una bolla solo sua – dove con una calma apparente prese una dracma e l’appoggiò sopra la lingua della semidea, per poi chiuderle con delicatezza gli occhi. Non avevano trovato il cadavere di Neos, almeno per Julie voleva fare le cose per bene. Meritava la sua dracma e meritava i Campi Elisi: sperò  in una sua rinascita, sperò che fosse più fortunata e si trovò a sorridere amaramente alla sfortuna della figlia della Fortuna.

Tornare alla realtà fu dura ma doveva resistere, per Julie e Neos. Iris s’inginocchiò, cercando incisioni sia sugli altari sia sul pavimento dove poggiavano e finalmente ne trovò alcune: il sangue di Julie – rosso, scuro, denso – era colato lungo un solco apposito fino all’esatto centro della stanza, dove si era raccolto in una conca. Essa era piena a metà – l’altra metà avrebbe dovuto riempirla Arthur con il suo sangue – e attorno a essa erano incise delle parole in greco antico in una spirale, leggermente sbiadite a causa del tempo.

“Qui giace il Leviatano – Iris incominciò a leggere, speranzosa di trovare una soluzione – custode del gelo e del caos. Sangue divino si deve versare se il sigillo si vuole spezzare, calore ustionante si deve dare se il sigillo si vuole riparare.”

Calore ustionante. E lei dove lo trovava il calore? Era in senso metaforico o letterale? Perché tutte le cose e le persone strane capitavano nella sua vita!

Stizzita, Iris si alzò e si prese la testa fra le mani, non sapendo più cosa fare: non aveva risposte per le troppe domande che la sua mente continuava a porre. Si guardò nuovamente attorno, stordita: erano ancora tutti vivi, stavano combattendo, stava rischiando la loro vita e lei era ferma. Poi sentì la folata di vento freddo, freddissimo, gelido, penetrare la sua armatura e raggiungere la pelle della sua schiena e
corrucciò le sopracciglia: com’era possibile esistesse del vento in una caverna sotto un vulcano e vicino a un lago?

“Già. Sotto a un vulcano…”

E partì.
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“Questo è per Neos!”

Lo squarcio sul petto avrebbe dovuto sanguinare copiosamente: in realtà Kyros strinse i denti ancora più forte, controllando che il suo sangue non uscisse dalla ferita ma che comunque iniziasse a cicatrizzarsi mentre continuava a tenere testa alla furia di Baey. L’arrivo di quei semidei non era previsto, certo aveva sentito la presenza di uno di loro alcuni giorni prima ma non si immaginava riuscissero a trovare l’entrata, a superare tutti i posti di controllo e a piombare in mezzo alla sala, interrompendo il rito sacrificale e mandando tutto il suo lungo e duro lavoro all’aria.

“Questo è per Julie!”

Purtroppo il rito l’aveva sfiancato, nonostante fosse completo a metà, e in più il figlio di Phobos non gli dava un attimo di tregua: a un altro profondo taglio – questa volta sul braccio dominante e causato da un suo attimo di distrazione – dovette impegnare le sue risorse di controllo sul sangue, ma a lungo andare sapeva che avrebbe dovuto rinunciare a qualcosa poiché era sul petto che doveva curarsi.

“Questo è per Arthur!”

Non vide neanche arrivare la lama, concentrato sul controllare il suo stesso sangue per prestare la dovuta attenzione allo scontro, ma sentì il sapore del sangue in bocca e il dolore alla tempia sinistra che aveva battuto sul terreno: sentiva il taglio percorrergli la parte destra del volto, quasi tagliandogli la guancia a metà. Si rialzò a fatica, disorientato e con il volto pregno di sangue, alzando il fioretto in un gesto meccanico di protezione: Baey lo guardava con odio, non ancora soddisfatto della sua prestazione ma ancora una volta non gli diede il tempo di metabolizzare le sue ferite e riattaccò, aggressivo e deciso come non mai. Kyros non lo biasimava, sapeva che il ragazzo per sconfiggerlo totalmente avrebbe dovuto eliminarlo con una ferita profonda, tanto che neanche la sua magia avrebbe potuto curare una simile ferita.

Con uno sgambetto Kyros finì a terra e una pestata sul suo polso lo costrinse a mollare l’impugnatura del fioretto. Vide la sua arma venir calciata lontano, troppo lontano. Sentì alcuni denti saltar via quando Baey lo prese a pungni e si vide messo a sedere su una sedia, miracolosamente intatta. Guardò, per quello che vedevano i suoi occhi ora gonfi, il viso del semidio che lo stava per giustiziare: aveva fallito. Non aveva tenuto conto di tutto e questa era la sua punizione. Ma sarebbe rinato e ci avrebbe riprovato, un’altra volta, come suo padre aveva fatto, e suo padre prima di lui fino a raggiungere il loro capostipite, Caino. Sarebbe tornato per uccidere tutti i semidei. L’aveva giurato.

Micheal Baey non gli riservò una parola. Vide la sua lama arrivare verso il collo – veloce, silenziosa e letale come la peggior vipera – ma non riuscì a guardare oltre: chiuse li occhi. Era un codardo.


 
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Iris corse a perdifiato, corse fino ad agguantare per la maglietta Arthur e a salvarlo da un fendente diretto alla schiena di quest’ultimo: la ragazza non perse tempo e colpì il mostro, disintegrandolo. A gesti radunò anche Ninette – sporca di schizzi di sangue su tutti i vestiti chiari e sul volto – e Florian – vistosamente zoppicante e con la sua maglia a brandelli.

“Ho trovato il modo per risolvere questo casino!”

Lo disse quasi urlando a causa del continuo chiasso di grida. Tutti la guardarono speranzosi ma Iris stava cercando Micheal, l’unico che ancora mancava all’appello e che non aveva visto.

“Dov’è Micheal?”

Non lo vedeva ma non poteva essere morto. No. Non l’avrebbe accettato, non ora.
Con sollievo lo vide correre verso di loro, anche lui completamente coperto di sangue come se fosse stato un vero templare. La sua spada era più rossa che altro ed Iris non sapeva se il sangue fosse suo o di qualcun altro: ma sinceramente non voleva neanche saperlo, lui era lì e questo era l’importante.

“Ho trovato il modo!”

Micheal annuì attento, aspettando come tutti una spiegazione: avevano poco tempo per parlare prima che i mostri tornassero alla carica.

“Ho trovato una portone sbarrato da un potente sigillo. Quel sigillo emanava freddo, un vento talmente gelido da avermi quasi congelato le ali. È il portone che collega la camera magmatica del vulcano a questa sala ed è stato chiuso chissà quando: il calore aumenta la potenza del sigillo che tiene imprigionato il Leviatano mentre il freddo lo indebolisce, insieme al sangue.”

“Perfetto, come facciamo a disattivare questa cosa?”

Florian aveva il fiatone, probabilmente se tutto finiva per il meglio, avrebbe appeso la sua spada sopra il letto e avrebbe detto addio a missioni, combattimenti, palestre e sudore. Iris gli sorrise, nonostante la pessima situazione.

“È scomparso. Non so come, non so perché ma meglio per noi. Perciò sono qua: dovete andare via. Ora.”

Lo sguardo atterrito di Ninette sarebbe stato per sempre impresso nella sua mente, se sarebbe sopravvissuta: era una domanda muta, condivisa da tutte le facce stravolte e confuse che la circondavano.

“Uno di noi deve rimanere a tenere le porte di questo portone aperte, affinché il magma invadi la sala e riempia ‘sto schifo di posto. E io sono stata creata per questo: anche la profezia ne parla. È il mio destino, l’ho sempre saputo che sarei dovuta morire in questa missione. Ma voi no, vi dovete salvare.”
“Non esiste, non ti lasciamo qua!”

Florian guardava Iris scandalizzato, quella ragazzina con i capelli rossi come il fuoco e gli occhi verdissimi, due ali a renderla diversa: ormai era una delle poche che fosse riuscita ad andare più a fondo nel suo animo. Come poteva decidere di morire senza il consenso di Florian Pride?
Ninette guardava Iris senza parole, quando aveva sentito per la prima volta dire che doveva morire, ancora nella Casa Grande del Campo, aveva fatto una smorfia ma niente di più: pensava scherzasse. Che fosse una espediente per calmare le acque. Come aveva potuto lo stesso accettare la missione sapendo del destino incombente su di lei? E perché Baey se ne stava zitto? Perché, per una volta che serviva fare il fidanzato geloso e iper-protettivo, se ne stava in silenzio, senza muovere un muscolo?

“Iris ha ragione. Arthur, un viaggio ombra per la superficie e allontanati dal vulcano, non sappiamo se erutterà o meno con l’apertura delle porte.”
“Come? Non se ne parla!”

Arthur pensò di aver sentito male ma vide Iris mettere via i suoi sai e Micheal – il suo migliore amico, il ragazzo che sarebbe morto pur di difendere la rossa – rinfoderare la sua spada. Non poteva crederci, era un enorme sbaglio, non potevano lasciarla lì da sola a morire, in preda ad atroci sofferenze causate dal fumo e dal magma. Non era concepibile. Vide la ragazza sorridere a una Ninette visibilmente incredula e abbracciare con trasporto Florian, che si stava ripetendo che non era possibile lasciarla lì; la vide prendere la mano destra di Micheal – ancora coperta da sangue - a testa bassa e mormorargli qualcosa, ricambiata dalla voce spezzata del ragazzo. Poi la vide avvicinarsi e cingergli le spalle leggermente.

“Te li affido. E pensa a Micheal se non tornerò.”

Gli sorrise triste e si allontanò leggermente da loro. Micheal avvicinò tutti i ragazzi e li fece prendere per mano. Poi guardò Iris per l’ultima volta probabilmente, fino a che Arthur, completamente a malincuore e completamente controvoglia, eseguì l’ordine: l’ombra inghiottì i quattro ragazzi, lasciando Iris sola contro il Leviatano.

 
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Era davanti alla porta, spaventata. E rassegnata. E decisa. E tremante. Sapeva che quello era il suo destino, lo sapeva da quando era nata, era stata progettata per quello.
Il sigillo gelato era scomparso, lei doveva aprire solo la porta e tenerla aperta: cosa ci voleva?

Si sistemò la sua armatura e tolse un po’ di polvere per poi avvicinarsi: incominciò a forzare le porte e le vide aprirsi lentamente, doveva aprirle di più se ci teneva a finire questo lavoro in fretta. Aumentò la forza di colpo e di rimando le porte si aprirono consistentemente di scatto, lasciando entrare copiosamente il magma: Iris si alzò in volo, per evitare di essere scottata – era sì immune al fuoco ma quello non era fuoco. Fumo e gas solfurei riempirono tutta la sala mentre essa si riempiva e si scaldava, inglobando e bruciando cadaveri, cose, mostri ancora vivi. Tutto.

Iris continuò a tenere aperte le porte anche quando la terra iniziò a tremare – probabilmente lo spostamento di magma stava raggiungendo un nuovo equilibrio oppure era il Leviatano che ruggiva inferocito – e strinse i denti per il dolore lancinante, doveva tenere le porte aperte, anche quando il magma si riversò velocemente e occupò tutto lo spazio disponibile, anche quando ormai non sentiva più le sue gambe, coperte dal bollente strato semiliquido. Il dolore stava raggiungendo livelli troppo elevati per la sua soglia del dolore e inoltre lei stava per morire asfissiata, dai gas, e bruciata. Avrebbe voluto lasciarsi andare ma doveva ancora resistere, solo un altro po’: con un urlo disumano Iris spalancò il portone e venne inghiottita dalla lava che finì di riversarsi sulla sala.

 
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Appena sbucarono all’ombra di una casa, Micheal si mise a piangere come solo un bambino poteva fare. Non gli importava che tutti lo vedessero, che i suoi compagni lo osservassero preoccupati, per lui ormai nulla aveva importanza: la sua luce si era spenta e niente avrebbe potuto portarla indietro. E con lei si era spento anche lui: Eros o Cupido - quello che era maledizione! – lo aveva obbligato ad assistere alla morte della sua amata senza che potesse cambiare il suo destino e lui aveva accettato perché altrimenti sarebbe stato il Mondo a pagarne le conseguenze e in ogni caso Iris sarebbe morta. Almeno così aveva avuto una morte onorevole, una magra consolazione anche se nessuno, tranne i semidei, avrebbero saputo del suo coraggio.

Tirò un pugno sul muro della casa, accecato dalla tristezza e dall’impotenza. Nessuno degli altri tre semidei stava parlando, nessuno provava a consolarlo e di questo Micheal gli fu grato: non aveva bisogno di parlare ora, lui avrebbe voluto solo tornare indietro e morire insieme a Iris, al suo fiore nell’armatura. E invece doveva guardarla morire: la sua vita era uno schifo.

Il grande boato e il tremore della terra riscosse non solo l’attenzione dei semidei ma anche quella dei mortali cileni: molti iniziarono a gridare, indicando il grande vulcano Llaima da cui uscivano copienti vampate di fumo nero e cenere, altri si fecero prendere dal panico, altri filmavano il tutto con i propri  telefonini, altri caricavano la famiglia e i pochi averi preziosi su automobili sgangherate e partivano a tutta velocità. Solo il gruppo di semidei restava fermo e in silenzio perché l’eruzione significava solo una cosa: le porte erano aperte, la missione era compiuta e Iris era morta.

Videro cenere, lapilli e bombe di lava riversarsi sulla foresta ai piedi del vulcano, sul lago poco distante ma non sembrava volesse eruttare in modo massiccio, sembrava solo uno scarico di gas tossico e cenere. I lapilli e le bombe si fecero più grandi e più veloci, alcune di queste raggiunsero il villaggio dove i semidei erano sbucati, colpendo alcune case, incendiando alberi e scatenando il panico generale.

“Dovremmo andarcene da qui.”
Ninette fu la prima a parlare ma neanche lei era molto convinta. Era ancora scossa ma non voleva rischiare la sua vita, ancora. Aveva già perso abbastanza oggi.
“Ancora cinque minuti. Poi partiamo per il Campo. Vi prego, solo cinque minuti.”

Tutti annuirono alla richiesta di Micheal, neanche Florian aveva voglia di replicare. La pioggia di bombe infuocate continuava, incominciando a tempestare il villaggio e dandolo presto alle fiamme; alcune creavano crateri infiammati sulle strade, altri distruggevano tetti, altri atterravano su giardini fino a che una di queste creò un largo solco sulla strada senza però incendiare niente. E le urla di una donna, che indicava proprio il nuovo cratere fu quello che spinse Ninette ad andare a vedere, curiosa e ormai senza più nulla da perdere: a prima vista neanche lei riuscì a capire bene di cosa si trattava, una palla di terra bordeaux che però – sì era calda, ma non così calda; Ninette guardò meglio, non sembrava terra ma non riusciva a capire di cosa era fatto questo piroclasto, aveva delle pieghe e sembrava coperto di sangue incrostato: a dire la verità a Ninette sembrava pelle bruciata da un’ustione di quarto o terzo grado. Sembrava pelle. Il suo cuore perse un battito e si lanciò su quella che in realtà era una persona: si avvicinò e cercò la testa, il volto, doveva essere lei, poteva essere lei. Stava respirando, flebilmente ma lo faceva, la figlia della Miseria trattenne fiato e lacrime quando vide il volto, il suo volto coperto di ustioni, senza gli indomabili capelli rossi, senza le sue ali ma con due enormi ferite sanguinanti sulla schiena.

“Micheal!”

 

ANGOLO AUTRICE

Questo è in assoluto il capitolo più lungo che io abbia mai scritto per questa storia! È stato lungo, è stato impegnativo, è stato difficile ma ce l’ho fatta e ne sono molto orgogliosa. Ma ora spetta a voi l’ardua sentenza: ne sarà valsa la pena?
Ormai siamo agli sgoccioli! Il prossimo capitolo è l’epilogo quindi tenetevi stretti ;)

Summer_time

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Capitolo 15
*** Capitolo 13 ***


 Capitolo 13

Stava sognando di trovarsi in una grande bolla rosa, morbida e profumata alla vaniglia. Una bolla che t’invogliava a rimanere comodamente su di lei, così invitante e comoda che Iris non voleva più andarsene. E il bello era che poi cambiava colore, passando dal rosa a un blu elettrico, con sapore di mirtilli e more, cambiando in un verde delicato, menta e lime, e a un giallo allegro, miele dorato e profumato, cambiando ancora in un arancione vivace, arancia caramellata e zenzero. E poi di nuovo rosa, in un circolo vizioso ma avvolgente: Iris non ne voleva sapere di staccarsi da quella bolla multicolore, così bella e perfetta: era la sua giusta ricompensa per tutto ciò che aveva dovuto sopportare, per ciò che era stata costretta a fare, per ciò che aveva dovuto lasciare. Sì, questo era il suo premio di consolazione.

Galleggiava senza peso in quello spazio indefinito, beandosi della sua pace, del silenzio che la avvolgeva, della comodità della sua bolla, della calma che la circondava: si sentiva un po’ sola, era vero, ma avrebbe imparato a conviverci, ne era certa.

“Pensi di rimanere a crogiolarti qui ancora a lungo?”

Pigramente Iris volse la testa: in realtà era stata spaventata a morte, era la prima voce che sentiva da quando era arrivata in quel posto indefinito, ma la sua reazione al rallentatore era dovuta proprio alla calma che la bolla e ciò che la circondava emanavano su di lei. Strizzando gli occhi verdi mise a fuoco una figura alata di un giovane, molto bello come solo gli dei potevano essere, circondato da papaveri vermigli che sbocciavano fiorenti man mano che il dio si avvicinava alla ragazza.  

“Divino Ipno, cosa la porta qui?”

“Sono venuto a vedere cosa ti tratteneva ancora qui, giovane fanciulla. Avresti dovuto lasciare questo posto molto prima del mio arrivo”

“Perché dovrei lasciarlo? Non è forse il mio premio per aver sconfitto il Leviatano ed essere morta per questo?”

“Ti pare di essere morta dolce fanciulla? Credi che non dovresti trovarti di fronte al cospetto di un dio diverso?”

“Non è forse il mio Esilio questo? Perché mi torturate ancora, cosa devo fare ancora?”

Il dio guardò dolcemente Iris: la sua natura rilassata e lenta placò l’iniziale irritazione della ragazza, che tornò a sprofondare nella sua bolla.

“Non credi sia tempo di svegliarti? E questo, detto da me, sembra quasi un ossimoro”

“Impossibile. Io sono morta!”

Iris si alzò di scatto, ignorando l’impellente bisogno di tornare a sdraiarsi e godere dell’atmosfera, avvicinandosi velocemente al dio alato, fermandosi vicino ai papaveri rossi. Il dio non sembrava per nulla turbato, anzi era quasi compiaciuto da questa sua presa di posizione.

“Non sei morta, fanciulla, altrimenti sarebbe la mia controparte a parlarti. Questo è uno spazio onirico, il mio personale spazio se vogliamo precisare, dove tutti – mortali, semidei, persino dei – possono trovare riposo e conforto per riprendersi da scontri ardui. L’unica pecca è che nessuno vorrebbe mai andarsene se dipendesse dalla loro spontanea volontà ed è per questo che sono io l’unico che può dettare legge qui: nemmeno Zeus, il nostro re, può opporsi alla mia volontà qui.”

“Impossibile.”

Era l’unica cosa che era riuscita a dire, un sussurro appena accennato: non riusciva a capacitarsi di ciò, era impossibile che lei fosse sopravvissuta al magma, all’eruzione. Non era fisicamente possibile, neanche per lei che era un ibrido.

“Non ricordi cosa diceva la profezia?”

“Certo che lo ricordo! La profezia diceva chiaramente che dovevo morire, io sono la fenice. E sono morta.”

“Diceva risorgere, fanciulla. E tu sei risorta, hai sconfitto il Leviatano. Ora devi tornare dei tuoi compagni e questo è un ordine”

“Ma..”

Prima che potesse anche solo replicare, Ipno schioccò le dita e Iris vide nero.

 
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Erano ormai passati quasi due mesi. Due mesi di fuoco e d’insonnia per Micheal: si aggirava come un fantasma per l’infermeria, passando intere giornate a sorvegliare, come un fedele guardiano, il corpo bruciato e martoriato di Iris. Se ne andava solo qualche minuto prima del coprifuoco del Campo e tornava la mattina successiva all’alba, mangiando e bevendo solo ciò che Arthur gli portava; con la sua terribile spada appesa al fianco o piantata nel pavimento della stanza, osservava alternativamente Iris, la porta d’ingresso della stanza e la piccola finestra, unica fonte di luce: doveva assicurarsi la sua incolumità, ora che lei non era cosciente.

A volte veniva spedito fuori da Florian e Ninette, obbligato almeno a lavarsi e a mangiare decentemente un pasto ma poi tornava sempre accanto alla ragazza aspettando un suo risveglio, sempre più improbabile man mano che il tempo passava. I figli di Apollo e Asceplio continuavano a curarle le scottature, cambiandole giornalmente le bende per non rischiare di contrarre infezioni, guarendo pian piano la pelle e ricucendo le due profonde ferite alla schiena ma nulla sembrava svegliarla dal profondo coma in cui era caduta. A volte le accarezzava la mano da sopra le bende, unico contatto che si concedeva di tanto in tanto, lasciando trasparire tutto il suo dolore eppure quando qualcuno entrava era sempre sull’attenti, con la spada in mano e lo sguardo affilato.

Un rumore leggero lo distrasse dai suoi pensieri, un rumore vicino alla porta che lo portò a stringere l’elsa della sua spada, pronto a sfoderarla, quando fece capolino la testa di Arthur e con lui i suoi capelli perennemente arruffati. Si rilassò leggermente e tornò ad appoggiare la schiena sullo schienale della sedia

“Ancora niente?”

Micheal scosse la testa e guardò il volto di Iris, inespressivo.

“Andrà meglio domani, vedrai. Ormai la pelle è guarita quasi del tutto, tranne alcune parti sulla schiena dove le rimarranno delle cicatrici profonde”
“Sono prova del suo coraggio. Le porterà con fierezza”

Arthur annuì, non sapendo bene cosa dire. Iris era in coma da più di tre mesi e Micheal aveva perso quasi dieci chili nel frattempo: più lei peggiorava, più lui si spegneva e non c’era nulla che Arthur avesse provato che lo avesse fatto stare meglio. Nulla. Uscì dalla stanza, sperando.

 
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Maledizione a Ipno: sentiva un dolore sordo pulsare ritmicamente, si sentiva immobile, si sentiva stretta e aveva freddo. O forse era caldo? Aprì di scatto gli occhi, per poi richiuderli quasi subito a causa della luce che le aveva ferito le pupille, non vedeva niente e non capiva i pochi suoni che le arrivavano alle orecchie, si sentiva soffocare, la gola le bruciava e la schiena, per Zeus, le sembrava fosse sopra una grattugia rovente e gigante. Provò a togliersi ciò che le impediva di respirare bene, la cosa che la stava soffocando, tentando di aprire di nuovo gli occhi, anche se in realtà continuava a non vedere niente. Qualcosa la bloccava, bloccava i suoi polsi ma dovevano lasciarla, doveva respirare! I suoni erano ancora confusi, non capiva niente e non riusciva a distinguere le prime forme sfuocate che i suoi occhi erano riusciti a vedere.

Le mani erano di nuovo libere e Iris tentò di graffiare, di difendersi da quell’ombra scura e indefinita che le era sopra, ma vennero di nuovo bloccate e tenute verso sinistra mentre un qualcosa di caldo e asciutto le toccava la faccia. Incominciò a distinguere i colori, a mettere a fuoco sbattendo più volte le palpebre, incominciando a sentire più voci attorno a lei, voci che sapeva di conoscere ma che erano ancora troppo ovattate per distinguerle; tornò a guardare l’ombra sopra di lei, ancora sfuocata ma non più scura da cui proveniva una delle tante voci, la più forte e chiara. Fino a che non mise totalmente a fuoco, finché non riuscì a distinguere suoni e colori, continuò a dimenarsi, tentando di scacciare via da se quella presenza ignota, cercando di liberare il suo collo da ciò che lo stringeva. Fino a che non vide chi le stava impedendo di farsi del male.

Fu un sussurro, colpa delle corde vocali inutilizzate, dell’emozione e dell’incredulità.

“Micheal”

Iris si alzò di scatto per abbracciare il ragazzo seduto sul letto al suo fianco, ignorando il dolore alla schiena e il mal di testa. Lo strinse più forte che poté sentendo le braccia del ragazzo stringerla gentili, quasi tremanti. Scoppiò a piangere, anche se di lacrime non ne aveva più, ma in quel momento voleva scaricare tutta la paura e l’ansia precedenti, sentendo le dita del ragazzo percorrere leggere la sua schiena: di scatto si allontanò, realizzando un’orribile presente. Tentò di toccarsi le sue ali, le sue splendide e forti ali ma trovò solo il vuoto: un attacco di panico incominciò a farsi strada, il respiro accellerò come i battiti del suo cuore.

“Iris, Iris, va tutto bene, davvero, non importa, sei viva. Iris, ascoltami”

Micheal le prese il volto tra le mani, poggiando la sua fronte contro la sua, infondendole una calma improvvisa.
Aveva perso le sue ali: ora non era più possibile scambiarla per un ibrido. Ora era un’umana totale, era rinata: come la fenice. Ma dovettero passare molti minuti prima che Iris accettasse la sua nuova fisionomia, così diversa dalla precedente.

“Ora vado a chiamare un medico, torno subito ok? Aspettami”

Micheal le lasciò un deciso bacio sulla fronte e sparì oltre la porta tornando immediatamente, come promesso, con un figlio di Apollo. Il ragazzo incominciò subito a visitarla.

Due ore e mezza più tardi, dopo attente cure e valutazioni anche da parte di Chirone, Iris veniva trasferita nella sua camera nella Casa Grande: completamente incapace di muoversi per le gravi ingiurie, Micheal l’aveva presa in braccio come se fosse stata una piuma e l’aveva trasportata velocemente, attraversando il Campo a grani falcate. L’aveva poi deposta sul materasso, attento a non farle male.

“Hai un aspetto orribile lo sai?”

Il ragazzo si voltò a guardarla per poi scoppiare a ridere: Iris non capiva il motivo di quella ridarella improvvisa ma fu contenta di vederlo ridere, era bello Micheal quando rideva di gusto. E poi era davvero ridotto male, con delle occhiaie violacee spaventose e la barba bionda sfatta.

“Ho avuto giorni migliori lo ammetto. Non che tu sia messa tanto meglio, coperta di bende come sei”

Iris arrossì per l’imbarazzo, colta in contropiede. Stava per replicare quando un vociare acuto la distrasse: proveniva da fuori della sua camera e la voce acuta di Florian le stava perforando i timpani. Con uno strattone, la sua porta si aprì facendo entrare il ragazzo, Arthur e Ninette, ancora intenti a litigare tra di loro: la scena era talmente comica che sia Iris sia Micheal scoppiarono a ridere in contemporanea.

“Tu! - con il dito puntato sulla figura bendata di Iris, Florian si avvicinò minaccioso – Non provare più a morire, mi sono spiegato?! Non avevamo discusso i termini e le condizioni per la tua morte, perciò d’ora in avanti dovrai chiedermi il permesso per morire, intesi?”

La rossa rise, scossa dall’ilarità della scena mentre Florian, con la faccia tutta rossa, continuava a blaterare su permessi e contratti. Persino la morte doveva avvenire con la compiacenza di Florian Pride e Iris decise di accettare la cosa: gli sorrise, asciugandosi qualche lacrima fuggita, e annuì con decisione prima di trovarsi stretta in un abbraccio che credeva impossibile – già Florian Pride, il principe del Campo, la stava abbracciando di sua spontanea volontà. Non chiedeva regalo migliore da lui.

Quando si staccò e si sedette accanto a lei – con la scusa che era terribilmente stanco – Iris lo vide passarsi una mano sul volto ma non commentò: se Florian piangeva e lo faceva con un pubblico senza vergognarsene troppo, voleva dire che era serio. Alla sua sinistra invece si sedette Ninette, che non fiatò ma le sorrise con calore, prendendole la mano tra le sue, contenta di vederla ancora in vita, nonostante le bende sulla maggior parte del corpo, nonostante i capelli ancora troppo corti dovuti alla ricrescita.

“Beh ragazzi. Cos’è successo? Io non so niente e vorrei capire come siamo arrivati qua senza troppi problemi”

Arthur ridacchiò in risposta, con gli occhi scuri ridenti e rilassati ma intenzionati a rispondere.

“Con il viaggio ombra, l’ultimo che avevo a disposizione, vi ho portati dal Cile qui al Campo. Io poi sono svenuto per lo sforzo ma per fortuna ci hanno portato tutti in infermeria: tu ovviamente eri quella più grave, sei stata due mesi in coma”
“Cosa? Due mesi? Così tanto?”

Tutti annuirono e Iris si sentì mancare il fiato, due mesi erano tanti, in quelle condizioni non si sarebbe svegliata se Ipno non le avesse detto di farlo: il suo incontro con il dio però preferì tenerlo segreto.

“Purtroppo non possiamo restare qui, Chirone ci ha permesso solo un saluto veloce, ma domani ti verremo a trovare, promesso!”

Iris salutò i suoi compagni di missione e li vide uscire dalla porta: sapeva che sarebbero tornati, si fidava. Però sentiva che c’era qualcosa che non andava.

“Micheal. Puoi fermarti un secondo?”

 
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“Cosa pensi di fare questo week-end Ninette?”
“Resterò qui al Campo, come al solito. Anche perché dopo tutto quello che abbiamo passato, non mi va di fare niente.”
“Ti capisco. Tu invece Florian?”

“Tornerò a casa, ho l’operazione per il tendine che mi hanno quasi reciso. In più c’è una manifestazione a cui voglio andare.”
“Ah si? Io invece vado al Gay Pride che si terrà a New York, per fortuna che è vicino”

Arthur vide Florian impallidire: preoccupato gli chiese se stava bene e il ragazzo, diventato improvvisamente rosso rispose:

“Credo che ci vedremo là.”

 
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“Stai comoda?”

Micheal la vide annuire mente le stava accarezzando i cortissimi capelli, certo avrebbe preferito fossero come prima – lunghi boccoli rossi fuoco – ma non si lamentò: Iris era viva e sveglia, vicina a lui. Era rimasto spiazzato quando la ragazza gli aveva chiesto se per quella notte poteva rimanere accanto a lei, ma non si era tirato indietro. Chirone probabilmente gli avrebbe fatto una lavata di capo il mattino seguente ma la cosa non lo preoccupava più di tanto: Iris era al suo fianco.

Tutto si era risolto, certo non era una bella conclusione felice: Neos e Julie erano morti per permettere al mondo di vivere, Arthur li aveva visti morire davanti ai suoi occhi senza poter fare niente, Florian rischiava di rimanere zoppo a vita, Ninette aveva continui incubi e attacchi di panico, Iris era appena uscita dal coma e lui era perennemente in allerta per colpa dello stress post-traumatico. Il loro era un fine rattoppato ma era una fine.

Diede un bacio sulla fronte di Iris, ormai addormentata, e chiuse anche lui gli occhi.


 

ANGOLO AUTRICE

Oddio ragazzi. E' finita! E' finita davvero, ancora non ci credo. La storia di Iris, Micheal, Arthur, Florian, Ninette, Neos e Julie è terminata e io mi sa dovrò abituarmi alla loro assenza.

L'epilogo è giunto, nonostante il mio solito ritardo, e con lui arrivano anche i miei ringraziamenti: davvero questa storia è stata resa possibile da un sacco di persone.
In primisi, gli autori dei vari personaggi: grazie per aver voluto partecipare, per aver condiviso con me le vostre creazioni e per avermi supportato (e anche sopportato!) nei miei aggiornamenti. Iris e Micheal, senza di loro, non avrebbero combinato un granchè da soli :)
Ringrazio poi chiunque abbia lasciato una recensione per apprezare il mio lavoro e chiunque abbia provato a partecipare: spero che i vostri personaggi siano stati presi in altre interattive per compensare la mia!
Ringrazio anche tutte le persone che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate e a tutti i lettori sileziosi, un bacio immenso anche a voi!

Vi lascio immaginare il loro futuro come più vi pare e piace, lasciandovi qualche domanda-guida: Iris e Micheal alla fine si metteranno insieme? Tra Florian e Arthur succederà qualcosa? Si riprenderanno dalla missione? Kyros tornerà con la sua vendetta?
Se vi va mandatemi un mp - o scrivetelo nella recensione - dove mi descrivete ciò che avete pensato possa accadere e in cambio io vi dirò la mia idea ;)

A voi il mio ultimo bacio,

Summer_time

 

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