Albuquerque, sola andata di crimsontriforce (/viewuser.php?uid=1320)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pensieri trascritti tra aeroporto e vulcano ***
Capitolo 2: *** Mi siedo sulle stelle e piango ***
Capitolo 3: *** La mia anima ha piccoli pini ***
Capitolo 4: *** Effetto Truman ***
Capitolo 5: *** Il panorama nella pagina voltata ***
Capitolo 6: *** Un souvenir del viaggio ***
Capitolo 7: *** Quasi un post-it sull'Arco ***
Capitolo 1 *** Pensieri trascritti tra aeroporto e vulcano ***
È quello che deve essere. T3h
self-insertion to end all self-insertions, se volete, o
semplici
cronache di viaggio. A Yeesha.
Indice della raccolta
Introduzione
Pensieri trascritti tra aeroporto e
vulcano
Buffo: a vederlo così sembra D'ni.
Ma quello era in Medio Oriente, no?
L'Inutile Introduzione Ignorabile. Ma
questa raccolta doveva iniziare così, dal principio.
Perché dello
Straniero sappiamo tutti qualcosa, mentre ogni esploratore è
un
mondo a sé.
1.
Mi siedo sulle stelle e piango
Primo impatto con la realtà.
Stereotipi @ Criticoni:
“Self-insertion” (ma dai ma giura ma non l'avrei
mai detto). E
self-insertion schietta schietta così com'è
accaduta, senza
concessioni alla narrazione: la prima tappa del Viaggio mostra le sue
brutture e non c'è bambagia di pixel che regga.
2.
La mia anima ha piccoli pini
Nessuno, qui, ha perso il filo del
discorso.
"Metareferenzialità" @ True Colors (e
già, perché il resto della raccolta no?) e
"straniero lungo la strada" @ contest di Harriet. E in rima,
perché... perché sì.
3.
Effetto Truman
Il problema è che ci vuole poco ad abbindolarmi:
basta la promessa di “Un'avventura surreale che
diventerà il tuo mondo” e sono già alla
cassa sventolando 50€. Figuriamoci qui.
Challenge special #6 di it100, in onore della risata isterica
più clamorosa e più isterica di tutto il Viaggio.
4.
Il panorama nella pagina voltata
Quando
per la prima volta scesi in caverna con i miei piedi, quell'avviso
“L'ultima barca parte alle 5” mi restò
in corpo come una
pugnalata e scrissi di coni e di pini e di pianti per esorcizzare la
disperazione. Sono passati due anni. Non vadano perse le
lezioni della solitudine; sia benedetta l'intensità del
Viaggio. Ma
non è per quello che due gruppi di zucconi si sono
accapigliati da
vent'anni e più: oltre i fallimenti di entrambi, oggi
vediamo...
F3.U.CK.S. Fest di Fanfic_Italia, terza settimana a.k.a.
unknown_fandom (e grazie... XD). 8 febbraio 2010, un ringraziamento. Autotradotta e pubblicata sul libretto commemorativo del Mysterium 2010.
5.
Un souvenir del viaggio
Tornerò in quel luogo solo nella memoria.
"Ricordati che c'è un buco in mezzo" @ fanfic_italia. Sissignora...
6.
Quasi un post-it sull'Arco
C'è una guerra là fuori, non fumo e specchi. Una cronaca di due settimane, un tuono che non è un presagio ma un richiamo di tempesta.
Gennaio 2011, stormo (sciame...?) di Bahro avvistato intorno all'Arco.
Pensieri trascritti tra aeroporto e
vulcano
1 ( | | | )
Ci sono opere che ci cambiano.
Alcune ci crescono addosso e quasi non
ce ne accorgiamo. Un libro importante che ci accompagna dalla prima
adolescenza, con le pagine sgualcite e il dorso ormai illeggibile per
i troppi segni. Il film che nostra madre cita a ogni occasione buona.
Con infinita pazienza, coltivano i nostri rami.
Altre si piantano da un giorno
all'altro, radici e tutto.
La mia mi ha aspettata per dieci anni
ed è un videogioco.
2 ( |) | )
Mai tenuto un diario. Mai mai. Mai
sentito l'impulso di farlo, nonostante quegli aggeggini tutti nastri,
perline e con le chiavette d'ottone avessero attirato spesso le mie
ambizioni di mocciosa.
Oggi invece, che devo dire? Se lo fanno
Atrus e Catherine lo faccio anch'io, punto. Ed eccomi qui, con
l'ennesimo quadernino di fanfiction dirottato su un resoconto di vita
vissuta.
Ma le fanfiction su cosa le scrivo,
ora?
3 ( |< | )
“Alla fine, era o questo o vacanze a
Monkey Island.”
Oppure: “Sto seguendo le orme del
viaggio in America dei miei genitori”, che sarebbe anche vero
ma me
ne sono resa conto che stavo già facendo le valigie, quindi
suppongo
che non valga.
Ancora: “È il richiamo della grande
avventura!”, un po' come Indiana Jones.
Posso raccontarmene tante, la verità è
che non ho la più pallida idea del perché sono
qui. C'era un volo
per Albuquerque in offerta e sono partita.
Eh, mi piacciono i deserti.
4 ( | ,-| )
Un anno fa non avrei noleggiato un'auto
per girare a vuoto lungo strade infinite (e certo non in un altro
continente).
Un anno fa non avrei osservato ogni
dettaglio del mondo che mi circonda con tanto interesse, cercandone
logica e legami.
Nemmeno l'avrei ascoltato.
Un anno fa avrei chiamato
un'amica di cui non ricordavo il citofono, non l'avrei dedotto
dalla pulsantiera.
Un anno fa la mia opera mi stava ancora
aspettando, perché ci eravamo già scambiate una
promessa da oltre
uno scaffale polveroso: sapeva che un giorno avrei seguito i lumi
accesi nel cuore del suo albero blu e sarei tornata da lei.
5 ( |--| )
Dev'esserci un cinque, vero? C'è
sempre un cinque.
Scrivo appoggiata al cancello di una
staccionata che recinta il vulcano. È qui. Se non cede lei,
cederò
io: scavalcherò e correrò verso l'origine di
questa storia, una
nostalgia struggente che mi ha trascinata passo dopo passo, miglio
dopo miglio, verso un passato che mi appartiene ma non so
riconoscere.
Qualcosa mi chiama.
Rispondo.
|
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Capitolo 2 *** Mi siedo sulle stelle e piango ***
Mi siedo sulle stelle e piango
C'è una lanterna, sopra di me. Arde.
Ma getta più fumo che luce nell'aria di questa caverna in
cui tutto
si ricopre di un velo di blu.
Nei giochi non era così.
Nei giochi c'era un obiettivo. C'era il
raggiungimento di un obiettivo.
Imprigiona Gehn. Salva Releeshahn.
Implicito: già che sei lì, aiuta quel povero
cristo a tornare a
casa sua.
Fatto, fatto, signorsìssignore.
Anche nei finali cosiddetti buoni non
c'era felicità o, se c'era, era comunque legata a filo
doppio con
una tristezza più profonda e me ne sono avveduta troppo
tardi,
quando già era tutto finito, presa com'ero dall'orgoglio del
mio
successo e magari da un sorriso saggio e lieve sulle labbra di Sheila
Goold.
Qui? Cosa sto facendo qui? Per che cosa
esploro e ragiono, Yeesha, se i torti che mi mostri sono sepolti dai
secoli? Cosa posso fare? C'era una città ed era costruita
sul
sangue. C'è una città ed è morta e
temo che non risorgerà grazie
a un enigma risolto o due. Avevo provato affetto per quegli edifici e
il suo popolo, quando ancora li credevo fittizi. Cosa ho guadagnato
da queste visioni? Solo disgusto. Non c'è dolcezza nella
verità:
qualunque storia amica sperassi di ritrovare quando, nell'albero, ho
toccato il pannello di Relto s'infrange qui e ora.
D'ni è marcia dentro e la mia guida è
incerta.
Le storie sussurrano orrori.
Non doveva andare
così. So cosa dicono da queste parti dei finali, ma non
è un
pensiero che consoli.
Mi siedo sul bordo della piattaforma di
pietra, con i piedi che dondolano su un mare di stelle. Il pensiero
segue di qualche lunghezza il cuore e lentamente ci arriva anche lui:
È la Fessura. La Fessura Stellata.
La frattura fra i
mondi, lo spazio gentile. 'La Divina Provvidenza in versione locale',
come scherzosamente la chiamavo da oltre lo schermo di un televisore.
È commovente, nelle sue profondità infinite.
Il vederla sotto di
me, il sentire la qualità diversa del suo spazio sulla
pelle, mi
svuota e scaccia anche il ragionevole dubbio che potrebbe riportarmi
a casa, o che se così fosse, e se in questo momento mi si
sfilasse
una scarpa, questa avrebbe una possibilità su qualche
milione di
finire in testa al signor Zandi.
Poi il
pensiero riprende lo stacco accumulato e tutto quello che so
è che
voglio tornare a casa.
Prendere il primo aereo e andarmene. Chiudere le orecchie a questa
storia che è dura e fredda come la pietra su cui si fonda e
piazzarmi al computer e poter tornare a scrivere di un lieto fine in
fondo a questa storia di specchi in cui più mi osservo e
più mi
perdo nel labirinto di riflessi.
Poi
resta ancora indietro di un'incollatura. La
verità di un
uomo si trova nell'oscurità sotto la superficie. La
luce di Teledahn cosa mi ha mostrato su di me, e sono disposta a
vederlo?
E Yeesha da una
registrazione invisibile parla di sentieri, parla di seguire le orme
di suo padre, del suo adorato padre, e tutto diventa un po' meno
straniero – un po' più Straniero, a voler esser
leziosi – e c'è
ancora un fardello sulle spalle di quell'uomo e di sua figlia che
proprio non posso lasciare intatto, pena la dignità.
Ma resta troppo dannatamente
complicato. E triste.
Così, piango. Piango a lungo, piango
per sfogo, piango perché ne ho una voglia disperata e quando
sento
di non poter piangere più mi alzo, sfioro il glifo luminoso
che
sembra guardarmi con gli stessi occhi eterni di Yeesha, sento la sua
voce tornare a parlare di un Viaggio che non capisco e scoppio ancora
in un pianto dirotto.
La roccia porosa della caverna assorbe
tutto e lo trattiene con sé. Se anche qualche Bahro mi sta
osservando, lassù dagli anfratti bui, non viene in mio aiuto.
Anche nei giochi ero sola.
Ma nei giochi non era così.
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Capitolo 3 *** La mia anima ha piccoli pini ***
@ phend, should you ever come by this
page: in your honour, sir. Yours and your blessed journal's.
Più nel concreto, è dedicata a Shey,
che la votò in una one-man survey per le fanfic illustrate
preferendola ai coni. Alla fine al tempo scelsi comunque questi
ultimi perché, beh, coni! X3, ma gliela
(e me la) dovevo. E
al QI: vi voglio bene a tutti ç_ç anche ai lurker
con cui non ho
mai parlato ç_ç
Recita un foglio scritto a conchiglia
sullo strapiombo del vecchio ascensore,
abbandonato dal suo scrittore
che di un salto nell'ignoto trovò
voglia:
La mia anima ha piccoli pini
C'era una volta un filo conduttore che
abbracciava le immagini di decine di mondi. Era un filo robusto, di
grande spessore, lo credevo intessuto da signori giocondi.
Legava un uomo alle sue creazioni,
legava quattro generazioni in un gioco di specchi deformante e
ingrato. Legava a stento, lì sfilacciato, uno spazio ricolmo
di
stelle e almeno a questo lo costringeva: a svelare che fra quelle
c'è
sempre la via per la porta di casa. Una casa. La propria. Il filo
teneva.
Quando uscì dallo schermo e da quella
stessa porta io lo seguii, stregata e poco accorta, perdendolo in
mezzo a una distesa abbagliante. Ho camminato a lungo in quella piana
e altrove, nel corso del viaggio ne ho viste tante e sotto ogni cielo
sempre di nuove: atteso la pioggia sotto un carciofo, giocato a
campana su un sentiero di sassi, pigiato tutto (com'è la
prassi),
scoppiato poi dei sacchi come un gioco.
E nel girare attorno alla spirale mi
guardavo intorno come una persona comune, senza volere scopo, senza
cercare un lume: il filo era recluso nella storia originale. Non era
mia impressione: con metafora geniale mi è stato riferito,
qualche
giorno addietro, che l'immagine di me è meno ancor che un
prato. È
un'isola secca, nient'altro ha che arbusti – e piccoli pini.
Non ho
le radici robuste di Anna, di Atrus e dei successori (Phil, Watson e
Zandi e, credo, altri ignoti), cortecce coriacee o gran sognatori
che, quali che fossero le loro doti, condussero il filo con le loro
mani cingendo davvero mondi a decine. Si rifiutarono di scrivere Fine
cercando sempre un migliore domani.
Seduta, mi dondolo sullo strapiombo e
su di un foglio scrivo il mio credo. Promesse di luci mi ammaliano in
fondo, ma senza motivo mi giro e vedo che un
filo sciolto del mio maglione è rimasto impigliato
nell'altra
stanza. D'ni di nascosto, in silenzio, fermandone un capo
afferma la nostra importanza.
L'autocritica era cosa ingrata:
salto nell'eco della mia risata.
Leap without truly
understanding what lies beneath
and let a glimpse of the
future rise up to meet you.
(Richard A. Watson,
17/1/04)
Partecipa con un ovvio
“Metareferenzialità” all'ormai consueto
“Quel certo non so
che” di True Colors. Ovvio perché non ci vuole una
scienza a farci
quadrare qualunque aspetto della materia in esame
e, in
effetti, è almeno la quarta volta che ne scrivo. Spero senza
ripetermi troppo.
Con qualche aggiustata in più, ma non
troppe, partecipa anche al quarto
contest di Harriet perché LOL. Cioè XD
Farlo apposta non veniva
XD Il prompt è:
Forestiero che cerchi la dimensione
insondabile:
la troverai fuori città, alla fine della strada
e io
'fuori Città' – anche se in verticale, qualche
centinaio di metri
sopra – e alla fine di una strada che mi sono ostinata a non
capire
fino all'ultimo (“Bene, ho ricalibrato il Great Zero, e ora?
*visualizza balle di sterpi che rotolano felici in
superficie*”)
ho trovato le mie coordinate, che avevo perso nell'incertezza del
presente: è facile, per contro, dare un senso ad avvenimenti
vecchi
di duecento anni, ma ci passa la stessa differenza che fra cronaca e
storia. E, anche a parte la mancanza di prospettiva, qui il senso
è
davvero più sottile, impalpabile.
Per l'ambito premio speciale "Ma chi me l'ha fatto fare?", non
c'è dialogo e il filo conduttore appare quattro volte: prima
come intessuto da una sceneggiatura, poi richiamandosi a quello stesso
significato, poi accorgendosi che la storia è vera e quindi
non l'ha mosso uno sceneggiatore ma i grandi uomini passati e presenti,
infine riconoscendo che viene consegnato anche a noi esploratori. E
poi, uhm, è in rima. So che non era nelle
difficoltà della lista, ma comunque XD
Note:
@ strapiombo del vecchio ascensore:
Great Shaft! Spero fosse chiaro, sia per “strapiombo”,
sia per
“ascensore”, sia per “salto
nell'ignoto”, sia per la
citazione finale dal diario che sta lì a fianco.
@ signori giocondi: mmmmh...
@ uomo e sue creazioni: nelle Ere di
Atrus, io leggo (ehr XD) moltissimo di Atrus stesso.
@ quattro generazioni: paralleli e
differenze fra l'educazione di Anna, Gehn, Atrus e degli
scassamaroni. Quel che della sua esperienza ogni genitore ha cercato
di dare o non dare ai figli. Vengono fuori paragoni affascinanti.
@ spazio ricolmo di stelle ecc: fino a
Riven, era lecito pensare che la Fessura portasse in qualunque luogo
adatto a lasciare intatto un libro per trent'anni e quindi, con
quest'unica indicazione geografica che girava in cerchio, lo
Straniero poteva essere veramente chiunque.
@ distesa abbagliante ecc: in ordine
Cleft, Eder Kemo, Kemo pond, lol ovunque, fine Teledahn.
@ metafora geniale: "It will be your soul, showing who you are", Yeesha
dixit, parlando di Relto - e
dei suoi piccoli pini.
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Capitolo 4 *** Effetto Truman ***
it100, D'ni-izzato in it125, quinto
giro. L'ultima volta era UNA COSA SERIA? Non sia mai! Torniamo alle
boiate, presto!
Per le cose serie ci sono le storie più lunghe!
Effetto Truman
This was my
dream, but
now my dream has flown
(Oasis)
La risata nasce stridula. Rimbalza
sull'acqua e rotola e galleggia fino all'isola, dove stormisce fra le
foglie rosate degli alberi. Prende forza. Si espande in un cerchio
perfetto fino al punto in cui il cielo tocca il mare, trasportata da
quel vento così regolare, meccanico e in definitiva
così finto
che, forse-forse, un sospettino poteva anche venire.
Non, però, di fronte a fortezze di
pietra sull'acqua all'orizzonte. Non di fronte a una chimera di
slanci sugli scogli, di vette traforate e appuntite da mano aliena,
le cui finestrelle tonde ancora brillano di vita. Di queste immagini
sono fatti i sogni – i miei, almeno.
Volevo visitarle. Eccomi.
Tiro un pugno all'impalcatura
arrugginita. Il dipinto della fortezza scricchiola e ondeggia e si
riassesta pacifico.
Fanbagno, Kadish.
E io ci cascai come una pecora. Non so
voi. Appena linkata su Ahnonay ero lì a bocca aperta avvinta
dalle
'rovine', coi neuroni che si alternavano fra
“fiiiiiiiiiiiiigo” e
“voglio andaaaaaaaaaaaaaaarci” (e nessun neurone
rimasto per
osservare bene il bilanciere, ma questa è un'altra
figuraccia per un
altro giorno). Il
resto, come
si suol dire, è
storia.
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Capitolo 5 *** Il panorama nella pagina voltata ***
Non starebbe a me parlarne. Questa cosa
è troppo bella e grande, io sono l'ultima arrivata e non
starebbe a
me parlarne. Però butto lo stesso i miei proverbiali due
cent,
rimandando eventuali lettori interessati a urublogs
e compagnia cantante
per letture
più dense, sentite e complete in argomento.
Pensata e sentita appena sono riuscita
a Collegarmi là sotto e infine scritta ora con la scusa
della terza
settimana del fest di Fiffi, unknown_fandom (I'm my own fandom, bite
me).
Il panorama nella pagina voltata
Ae'gura,
8 febbraio 2010
o
qualche giorno dopo
(i
voli erano pieni)
C'è una premessa.
Per me, la Chiamata è sempre stata legata a doppio filo con
la
consapevolezza di essere arrivata tardi. Tardi per trovare un fandom,
prima; tardi per tutto, poi, con la prima orma
lasciata in
Caverna a fare da spartiacque. Era una spinta violenta verso un
centro vuoto e solo – un male fisico, per la miseria
– e io
strattonata inciampavo e scendevo e vedevo e capivo e crescevo, ma al
nucleo di tutto restava la storia ingiusta di una città
deserta.
Tante lezioni, nessun lieto fine. Nient'altro che sabbia fra le mani,
alla fine, e singhiozzi.
C'è un inizio.
Arrivo tardi anche oggi. Ma di poco.
Lo spazio familiare del porto si
materializza attorno a me, con gli stessi mosaici spezzati in
penombra, lo stesso lago di sempre e le sue alghe che lottano per
generare una luce incerta. Ma il silenzio assordante che ricordo
è
sommerso da uno sciabordare di risate, gente che va, gente che viene
e gente che vive, e scoppi di saluti in tutte le lingue del mondo,
con uno strascico di sgrammaticati “Shorah” a
legarli assieme.
Scatta qualcosa. La Chiamata resta salda, in ogni mio respiro,
urgente e disperata com'è sempre stata, ma riecheggia e
s'intreccia
con tutti gli altri percorsi che passano da qui, da ora, in questo
luogo che per definizione è consacrato a nuovi inizi, e
trova una
sua pace e un senso.
C'è un ramo in fiore.
Torniamo.
Ethan si sbraccia e mi chiama dalla
cima delle Grandi Scale. Vorrei rispondergli, ma esce solo un
risolino acuto a mascherare il groppo in gola. Accelero il passo,
salto qualche gradino. Attorno a me, nel profondo della terra buia e
fertile, l'albero cresce.
Torniamo.
E la fine non è ancora stata scritta.
Note:
@ titolo: La riapertura della Caverna segna un cambiamento, un voltar
pagina. E nella nuova pagina c'è l'immagine di un luogo
–
rettangolare, centrata, si muove... :p
@ 8 febbraio 2010: guesswhatguesswhatguesswhat!
@ Shorah sgrammaticati: è il saluto al singolare, se
l'intento è –
come spesso era – “Salve mondo che bello essere di
nuovo qui”,
dovrebbe andare al plurale.
@ Ethan: EthanEver, autoproclamato
NumbSkull e proclamato (da me) persona adorabile.
È stato
davvero il primo a salutarmi e non riuscivo davvero a rispondergli,
ero così impappinata!
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Capitolo 6 *** Un souvenir del viaggio ***
Un'ideale conclusione di qualcosa che
per definizione ha fini 'non ancora scritte'... forse, in un futuro
lontano.
Ah, e ideale mezzo seguito di un altro
capitolo di questa raccolta, a titolo Per diverse strade.
Quando l'avrò completato lo sposterò appena prima
di questo.
Un souvenir del viaggio
E quando il mio sguardo si farà troppo
sicuro, quando smetterò di dubitare dei fili che legano la
realtà
che mi circonda, allora tornerò su Relto. Tornerò
sulla mia isola,
che sarà verde e vibrante come l'ho lasciata, ricca di
pioggia e
fresca di resina; siederò sulla sua panca, voltando la
schiena
all'orizzonte infinito, e ricorderò il giorno in cui in
mezzo a quel
terriccio c'era stato un buco. Un solo giorno. Qualche minuto. Pochi
istanti: ma nelle viscere della terra si era aperta una distesa di
stelle, e pulsava di vita. E di tutti i mondi mai esistiti, di ogni
momento incastonato nel tempo, non mi aveva riportata al mio.
Quando quel miracolo sarà tornato in
me potrò proseguire per la mia strada, ovunque essa porti.
Tutto ciò per dire che D'ni Riltagamin
mi fa una paura dannata °_°;;; “Return here
alone when you wish
to remember the cycle of things”? No grazie Yeesha, una volta
m'è
bastata...
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Capitolo 7 *** Quasi un post-it sull'Arco ***
Premessa: in data che non ricordo ma
comunque a gennaio, strane cose accadono ad Ae'gura e uno stormo di
Bahro prende a volteggiare attorno all'Arco di Kerath. Il 4 febbraio,
Watson si fa vivo con quest'annuncio.
C'è una
guerra là fuori, non fumo
e specchi. Una cronaca di due settimane, un tuono che non è
un
presagio ma un richiamo di tempesta.
Quasi un post-it sull'Arco
Una parola risuona senza posa nella
Caverna, dagli spiazzi del porto dove ha origine fino alla vetta di
Rezeero: Bahro. Lo stormo circola attorno all'Arco da giorni, cupo
come una nube di tempesta, allargando a volte pesanti ali di cuoio
fino a coprire le rive, sempre alto sulle nostre teste. Si parla di
incontri ai Quartieri, altre apparizioni fugaci. Bahro.
Chi ricorda pronuncia il nome con
cautela, osserva meditabondo appoggiato alle balaustre, schermandosi
con la mano dalle luci azzurre accecanti che confondono i pensieri. I
nuovi sono troppo impegnati a scendere a patti col miracolo per
ricordarsi dei moniti letti su internet e non è raro vedere
qualcuno
inginocchiarsi in cima ai moli. Bahro. Da giorni, una nuvola scura
instancabile sull'Arco. Cosa presagisce il loro volo? C'è
chi ha
solo letto di Wheely ed è più spaventato di chi
c'era, evita
Ae'gura per quanto gli è possibile, pur sapendo che non
è una
prevenzione più efficace del costruire una diga con paletta
e
secchiello. Altri cercano risposte nelle vecchie profezie e
sostengono a volte di aver trovato qualcosa. Senza dimenticare che un
occhio parziale può trovare versi perfino per dei coni, non
è da
escludere: l'Osservatore ha già dato prova di conoscerci
meglio di
quanto noi stessi a volte facciamo.
I giorni passano. Ancora, a ogni fuso
orario, capannelli di persone si radunano al terminal e sul piazzale
della biblioteca, guardano e non capiscono.
Infine ci dicono che è un'illusione.
Non è per questo che siedo da ore di
fianco al memoriale del pub, scuotendo la testa con gli occhi
socchiusi, e non è per questo che vorrei che il bancone
vicino
servisse qualcosa di più forte dell'acqua di lago nelle
finzioni
giocose degli esploratori. Non m'importa di aver perso una sera col
naso per aria a guardare aria fina. Ma assieme all'illusione ci
dicono che la guerra continua. Lontano dalle sponde di Ae'gura e
delle Ere che calpestiamo, a tre anni dall'ultimo messaggio e sotto
la stessa condottiera (era già stanca allora), la guerra
continua.
Lontano lontano dalla memoria, dai pensieri di tutti e stasera
apriamo una porta? Troppo lontano per sembrare guerra.
Per chi ricorda, e per chi ha letto i
log, lo stormo sull'Arco col messaggio che porta è un rombo
di tuono
che scuote nel profondo. Un rombo falso, ma non importa: l'eco di un
tuono, se vogliamo, che dovrebbe rimanere nelle orecchie di tutti. Le
nuvole tornano ad affacciarsi sui nostri orizzonti.
Bahro.
Yeesha, le nostre radici sono forti.
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